The Delinquent and The Little Princess

di Xenjas_translations
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rain ***
Capitolo 2: *** Unstable ***
Capitolo 3: *** Change ***
Capitolo 4: *** Choise ***
Capitolo 5: *** Remember ***
Capitolo 6: *** Child ***
Capitolo 7: *** Rebel ***
Capitolo 8: *** Realise ***
Capitolo 9: *** Pursued ***
Capitolo 10: *** Resist ***
Capitolo 11: *** Morning ***
Capitolo 12: *** The Delinquent and the Little Princess ***



Capitolo 1
*** Rain ***


Rain
 
La prima volta che la incontrai era un giorno di pioggia scrosciante…
 
Non mi ricordo… o non voglio ricordare? Come sono arrivato qui ? Ah, ora ricordo, la giornata era iniziata come ogni normalissima giornata scolastica, prima di concludersi con una nota tragica.
 
Camminavo per i locali della scuola in cerca della mia ragazza. L’avevo vista stamane, qui a scuola, perciò doveva essere ancora qui, da qualche parte, ma il problema era proprio questo! Il primo posto in cui la cercai fu nell’aula di arte, lei di solito era lì, ma questa volta non c’era nessun segno della mia dolcezza dalla pelle di porcellana. La cercai anche in biblioteca, dove ci ritrovavamo tutte le mattine, ma neanche lì c’era. Poi cercai vicino alla palestra, un tetro capannone grigio, dove certe volte ci fumavamo una sigaretta o bevevamo un po’ insieme a degli amici, ma, nemmeno lì la trovai.
Avevo dei vaghi sospetti...
Non so per quale strano impulso, il mio istinto mi riportò all’interno dell’edificio scolastico, vicino all’aula di musica.
L’unico rumore che potevo sentire erano le suole delle mie scarpe che ticchettavano e rimbombavano nel corridoio ogni volta che facevo un passo.
Poi però sentii un suono, una sorta di gemito.
Mi bloccai e tesi le orecchie per cogliere anche il minimo rumore che potesse attraversare quel corridoio deserto.
Poi il gemito si sentì di nuovo, ma questa volta più forte e, non potevo negarlo, quello era un gemito di piacere.
Ma c’era qualcosa in quella voce di gemeva, qualcosa di familiare, troppo familiare.
Percepii una voce bassa che sussurrava qualcosa, ma non abbastanza bassa per non permettermi di capire ciò che diceva…
“Sh, tenete la voce bassa! Volete che vi beccano?” sbiascicai.
“Non ci riesco, anche se solo D… sono morta!” La persona che parlava si interruppe a metà frase, ma ciò non mi importò perché quella voce era così familiare, così…! Una rivelazione orribile, quasi certa, mi colpì come un lampo a ciel sereno.
No, no vi prego, non può ess…
Ma come aprii la porta che portava alla stanza dalla quale provenivano i gemiti, i miei sospetti, orribili sospetti, furono confermati.
Davanti a me, stesa su un antico pianoforte a coda, con i lacci del top slegati che coprivano la sua pallida pelle da Dea, nuda, la mia ragazza giaceva sudata sotto il corpo del mio migliore amico. Era palese, stava facendo sesso e per lo più quando lei era ancora la mia ragazza! I suoi grandi occhi di un profondo verde pieni di lacrime di vergogna mi fissavano. I suoi capelli corvini dalle striature bluastre erano arruffati e parevano quasi maligni e questo mi aveva sempre fatto andare fuori di testa perché erano sempre così quando finivamo di farlo, ma ora, ora questo mi faceva solo stare male.
“Gwen… perché?” chiesi senza poter più nascondere il fiume di emozioni che provavo in quel momento. Lei aveva appena strappato il mio cuore per tritarlo in un milione di pezzi con il suo, nero e pieno di chiodi.
“Duncan…” supplicò la ragazza gotica.
“Da quanto tempo” sibilai.
“Duncan…”
Io la interruppi tagliando in due la sua patetica frase “Da quanto cazzo di tempo stai con lui?” urlai, cercando di combattere contro la mia furia.
“Un mese” sussurrò. Fu come una coltellata al cuore, come se stesse cercando di perforare il mio cuore in cerca di ogni debolezza nascosta all’interno di esso.
“Duncan, mi dis…”
“No, sta zitta! Non voglio sentire le tue stupide parole perché sono solo fottute menzogne proprio come lo eravamo noi!” ringhiai.
A queste parole si rannicchiò dietro quell’individuo dalla pelle abbronzata mentre i suoi occhi di quel profondo verde smeraldo erano pieni di rammarico. Trent mi guardò con sguardo di perdono, ma io mi voltai e feci per andarmene.
Udii dei leggeri passi correre verso di me e una mano umida afferrare il mio braccio. Mi bloccai disgustato.
“Duncan fammi spiegare, ti prego” le sue labbra tremavano incredibilmente e mentre lei pronunciava quelle parole io risi in modo spudorato.
“Non c’è un cazzo da spiegare! Sarebbe tutto falso, proprio come voi due e il nostro amore!” sputai.
“Duncan, ti prego!” supplicò.
“Non mi toccare, puttana! Tu mi vuoi morto! Morto!” Aggrottai le sopracciglia e tolsi quelle mani sudate dalle mie braccia. Mi voltai per andarmene e l’ultima cosa che vidi fu lei, i suoi occhi verdi scuro pieni di dolore e la maglia verde di Trent che le copriva il corpo.
Non la mia maglia, ma quella del mio migliore amico!
Credo che questa immagine rimarrà impressa per il resto della mia vita dentro la mia testa…
Camminai fuori dalla scuola ignorando gli insegnati che urlavano e le persone, tutte false, che mi fissavano pietosi nei miei confronti, perché ormai era ovvio che tutti sapevano ciò che stava accadendo tra Gwen e Trent, tutti tranne me, almeno fino ad ora.
Camminai sotto la pioggia sperando che questa lavasse via tutto il mio dolore, ma non fu così. Mi fermai su quella strada deserta che portava a casa mia e rimasi solo, ancora, immobile, morto per poi urlare e cadere sui miei piedi.
Rimasi così: seduto ammollo nel canale di scolo, sotto la pioggia, bagnato fradicio. Pensavo fosse solo colpa del karma, forse avevo fatto qualcosa di male ad altri cuori schiacciati, come lo è il mio ora.
Sì, credo sia proprio il karma, pensai.
Gwen credeva in questi generi di cose…
Perciò supposi che fosse tornato indietro a prendersi la rivincita ed avevo vinto. Mi sentivo così male, così morto dentro. Non potrò mai più amare, né ora né mai, mi dissi sconsolato nella mia mente.
Non capivo perché mi sentissi in quel modo, voglio dire, non era la prima volta che venivo lasciato da una ragazza, ma ora che avevo finalmente avuto un assaggio della mia medicina, l’amore, credetti che di non poterne ricevere mai più un secondo.
Credevo fosse amore, vero amore, dato che avevamo avuto qualcosa, qualcosa di apparentemente serio, ma mi sbagliavo, mi sbagliavo fottutamente!
Ti odio Karma!
“Scusami, stai bene?” Sentii chiedermi, alle mie spalle, ma pensai di essermi immaginato tutto. Mi sentivo così male che mi stavo immaginando tutto, cazzo!
Forse sono morto… oh, quanto lo vorrei!
“Scusami, ti senti bene?” ripeté la voce, più chiaramente.
Portai la mia testa fuori dalle braccia e dalle ginocchia. La pioggia battente mi offuscava la vista che lentamente divenne più nitida e rimasi come spiazzato nel vedere la persona che stava davanti a me.
Una bambina di undici o dodici anni era lì, sotto un ombrello. Sbatté le palpebre sui suoi graziosi occhi, rapidamente, come se non credesse a quello che stesse vedendo… neanch’io potevo credere a quello che stavo vedendo. I suoi occhi erano di un colore profondo, come quello cioccolato caldo e liquido. Aveva setosi capelli castani che le incorniciavano il volto e le carezzavano le spalle e una pelle color caffelatte con delle lentiggini che le costellavano il nasino all’insù.
Era come un angelo che illuminava la pioggia e l’oscurità di quella giornata.
Per qualche strana ragione, avrei tanto voluto accoccolarmi tra le sue braccia per un po’ di felicità e calore.
“Stai bene?” ripeté con una nota di preoccupazione e compassione nella voce e improvvisamente mi sembrò una persona ostile perché io non volevo la sua compassione. Misi la testa su un braccio sperando che se ne andasse. Ma lei rimase lì, in piedi a fissarmi senza una parola. Sentii la sua presenza, il suo calore e di nuovo fui invaso dalla tentazione di abbracciarla.
Vattene, ti prego, stupida bambina! implorai nella mia testa.
Perché non se ne andava?
Era così interessante la mia sofferenza?
Improvvisamente la pioggia smise di infradiciarmi più di quanto non lo ero già e sentii un calore piacevole invadere la mia spalla sinistra… forse era una mano che mi toccava?
Sì, quella ragazzina toccò la mia spalla e io non rabbrividii a quel calore.
“Tutto bene, Mr. Delinquente?” chiese preoccupata. Forse se le avrei risposto, mi avrebbe lasciato in pace. Scossi la testa sperando che se ne andasse, ma non lo fece.
Ma i suoi genitori non le hanno insegnato che non si parla con gli sconosciuti?
“Qualcuno ti ha fatto del male?” sussurrò quell’angelo di fanciulla. Annuii, ma non capii perché le stavo rispondendo perché io non volevo risponderle!
“Per caso una ragazza?”
Mi irrigidii. L’immagine di Gwen insieme a Trent si stagliò nella mia mente.
“Scommetto che tu, povero, povero Delinquente, non ti offenderai se mi prenderò cura di te” bisbigliò vicino al mio orecchio, sfiorando con le labbra il freddo metallico dei miei piercing per poi trasformarlo in un calore che se ne andò quasi subito come la freddezza della pioggia che mi bagnava poco prima la faccia.
“Mr. Delinquente” annunciò guardandomi negli occhi che bruciavano ed erano probabilmente rossi per il pianto. La guardai anch’io negli occhi e rimasi incantato, non riuscivo a distogliere lo sguardo da quei due pozzi di cioccolata, ero come intrappolato “Ti porterò a casa con me così ti ripulirai e starai al caldo” sorrise felice. Sbattei le palpebre e mi sarei messo a ridere se mi fossi trovato in altre circostanze, ma con lei non riuscivo. L’unica cosa che riuscivo a fare era fissarla incredulo. Alzai un sopracciglio, incerto, ma lei assunse un aspetto ancor più determinato, se possibile.
“Sul serio Mr. Delinquente, ti porterò a casa mia, che ti piaccia o no” si lamentò. Prendere una decisione del genere era un po’ presto vista la sua giovane età.
E poi i suoi genitori non  le hanno insegnato che non si invitano a casa sconosciuti?
I suoi lineamenti dapprima seri, si addolcirono rivelando quell’angelo di bambina che doveva essere.
“Per favore, lascia che ti aiuti. Basta che prendi la mia mano e io mi prenderò cura di te, promesso” sussurrò dolcemente, come se non potesse alzare il tono delle voce per il rischio che si frantumi.
Mi tese una mano e piccole goccioline d’acqua colpirono la sua pelle. Volevo scappare, ma non ci riuscii, non volevo lasciarla sola.
Esitante allungai con cautela la mano, come fosse tossica. Posai la mia grossa mano nella sua, minuscola in confronto alla mia e un calore benevolo mi invase.
No, non avrei mai lasciato la sua manina.
Le sue piccole dita erano avvolte intorno alle mie e lentamente mi aiutò ad alzarmi. Camminammo mano nella mano mentre lei faticava un po’ per cercare di coprirmi con l’ombrello vista la mia altezza superiore alla sua.
Mi accompagnò all’interno di un vialetto che portava ad una grande villa dal prato perfettamente curato. Lasciò la mia mano e sentii improvvisamente freddo, stavo congelando.
Inciampai e lei mi sostenne per non farmi cadere, per poi accompagnarmi all’interno del locale. Era caldo e accogliente.
La bambina si tolse l’impermeabile viole e gli stivaletti da pioggia neri, poi sgattaiolò in giro per casa in cerca di qualcosa mentre io stavo in piedi di fronte all’uscio, senza sapere che cosa fare.
La vidi risbucare dalla stanza accanto con un  asciugamano, me lo porse, ma io non riuscii a prenderlo perché la mia mano non rispondeva ai miei comandi, era congelata.
“Oh mio Dio, stai diventando blu!” squittì conducendomi vicino al grande camino e indicandomi il divano.
Io feci per sedermi, ma lei mi fermò “Stop!” ordinò spalancando gli occhi, le sue guance si tinteggiarono di rosso “Voglio dire, posso mettere i tuoi vestiti nell’asciugatrice?” mormorò imbarazzata prima di andare a prendere qualche altro indumento da mettermi addosso.
Tolsi i miei vestiti bagnati FRADICI e li posai sul mattone del caminetto.
Mi porse una coperta per coprirmi e poi mi spinse sul morbido divano vicino al fuoco.
Mi voltai in direzione della ragazza e lei sorrise orgogliosa, ma angelica.
Prese la mia mano e sussurrò dolcemente “Tranquillo, va tutto bene. Vedrai che i tuoi brutti ricordi se ne andranno presto. Ora riposa” a quelle sue ultime parole scivolai pian piano nel sonno.
 
Faceva troppo caldo! A casa mia non faceva mai tutto questo caldo, tenevo sempre la temperatura bassa. Io odiavo il caldo!
Sentii un fruscio alla mia sinistra… non ricordavo di vivere con qualcuno… Io vivevo solo!
Il mio cuore iniziò a battere come un martello nel mio petto, avevo paura?
La paura è un’emozione a me sconosciuta, non avevo paura di niente, assolutamente niente, tranne di… Mi voltai di scatto verso destra per colpire la prima persona che mi capitava di fronte, ma la prima figura che mi si stagliò davanti fu una ragazzina dalle sembianze angeliche.
“Ti sei svegliato, finalmente” gridò entusiasta. Io battei le palpebre cercando di ricordare che cosa facevo in quell’ambiente a me sconosciuto.
Poi tutto mi travolse… scuola… Gwen… Trent… puttana… camminare… pioggia… bambina… calore.
Strinsi la testa fra le mani e mi costrinsi a non piangere anche se volevo… ma non potevo, non davanti a un angelo.
“Mr. Delinquente, tutto bene?” mi chiese la fanciulla angelica sporgendosi verso di me e avvicinandosi per potermi osservare meglio. Io mi allontanai verso il bordo del divano.
Che cosa ci faccio qui?
Ah, già. Quell’angioletto sciocco mi ha portato qui, nella sua sciocca casa e quella sciocca ragazzina stava pensando che ero un delinquente. Purtroppo per lei non ero di buon umore e il mio carattere non era uno dei più gentili, specialmente in questi casi.
La fissai con sguardo quasi maligno, ma lei non batté ciglio e mi fissò a sua volta, come se trovasse qualcosa di interessante in me.
“Stai bene? Perché non mi sembra che tu stia bene, oppure sto err..” Le balzai addosso stringendo le mie grosse mani introno alla sua bocca, i suoi occhi lacrimavano, le pupille dilatate e piene di terrore.
Sorrisi sadico “Leggi bene le mie labbra, Piccola Principessa. Io non ho bisogno che tu ti preoccupi per me perché le tue sono solo menzogne, proprio come loro lo sono stati con me per tutto il tempo, non voglio la tua pietà perché se lo farai ti farò molto, molto male” urlai. La lasciai andare e lei inciampò all’indietro, non cadde, ma si voltò a fissarmi con i suoi occhi di un color cioccolato ardente. Mi si precipitò addosso e mi tirò i capelli talmente forte che credetti di diventare calvo.
“Stammi bene a sentire, Mr. Delinquente, ti sembra questo il modo di trattare qualcuno che sta solo cercando di aiutarti e che si sta prendendo cura di te?” sussurrò duramente liberando i miei capelli dalla sua presa ferrea. Mi strofinai il capo fissando gelidamente quel sorrisetto che regnava sul volto della ragazzina.
“Dopo potrai giocare con me, ma ora i tuoi vestiti sono asciutti così puoi cambiarti e andare in cucina” mi buttò addosso i vestiti per poi girarsi e andarsene, ma si fermò “Ti chiedo cortesemente di astenerti dal tuo istinto criminale e non rubare niente, grazie” concluse con aria di sufficienza prima di andarsene. Mi sedetti stordito. Mi ero fatto maltrattare da una bambinetta delle elementari?
Mi cambiai e poi, strofinandomi la testa ancora dolorante, entrai in cucina.
La principessa era in piedi su uno sgabello mentre trafficava con qualcosa, non disse niente, nemmeno quando mi sedetti su una sedia lì vicino.
Passarono circa cinque minuti fino a quando non si girò a guardarmi. La principessa degli angeli mi sorrise e mi posò una tazza di cioccolata calda sotto il naso.
Io la fissai scettico.
“Accidenti, non è mica avvelenata o robe simili!” disse.
Alzai le sopracciglia e lei sospirò impaziente. Prese la tazza e bevve un sorso, poi la riposò davanti a me.
No, non era avvelenata.
“Perfetto” dissi mentre esitante prendevo la tazza e assaggiai la cioccolata.
Mmmmmmh, era squisita!
“Devi aver problemi di fiducia o qualcosa del genere, Mr. Delinquente. Voglio dire, sono solo una bambina che sta cercando di aiutarti. Se qualcuno deve aver paura qui, sono io! Ma io non sono una fifona e cerco sempre di rendermi utile” dichiarò mentre si versava da bere. La guardai intensamente e nel momento in cui deglutì mi punto i suoi occhietti addosso.
“Qualcosa non va, Mr. Delinquente?” chiese lei sorpresa.
“No, niente… Ehi, perché continui a chiamarmi così? E’ un po’ fastidioso…” chiesi e lei mi guardò come fosse la cosa più ovvia al Mondo.
“Beh, io non conosco il tuo nome e quindi non so come chiamarti. Allora, come ti chiami?” domandò.
“Duncan” mormorai.
Un attimo! Perché lo ho appena detto il mio nome?
“Bene, io sono Courtney. Courtney Rosemarie Ashton” disse con fare orgoglioso. Io soffocai una risata e lei mi fissò duramente “Che cosa c’è di così divertente?” ringhiò.
“Niente. Ho solo pensato che ti chiamassi Principessa o qualcosa di simile” dissi sorridendo.
“Che cosa? Ma che razza di nome è? Le principesse sono snob, nervose..” si fermò a pensare per un secondo “Aspetta! Tu pensi che io sia snob e nervosa!” strillò.
Io scoppiai in una risata. Courtney mi fissò furiosa, anche se pochi secondi, perché dopo pure lei scoppiò a ridere e non ci fermammo fino a quando non ci mancò il fiato. Calò il silenzio. L’unico suono che sentivamo era la pioggia che batteva sulle finestre.
Guardai Courtney, così bella e angelica e… ma a cosa stavo pensando?
Non potrei stringere amicizia con questa bambina di undici o dodici anni e poi i suoi genitori che cosa sarebbero andati a pensare? Che io sia una specie di pedofilo? Mi alzai di scatto e Courtney mi guardò sorpresa.
“Duncan, stai bene?” chiese esitante.
“Cioè… voglio dire… non lo so.. devo andare prima che arrivino i tuoi genitori. Ehm… grazie per tutto ciò che hai fatto, sei stata molto gentile. Ehm, devo andare ora” mormorai prima di voltarmi e andarmene, ma qualcosa mi afferrò il braccio.
“No, puoi restare. Tanto i miei genitori sono sempre in ritard..”
“Courtney, io…” cercai di dirle, ma lei mi interruppe.
“Ti prego. Duncan puoi restare ancora un po’. Insomma, non mi puoi lasciare da sola…” mormorò stringendo il mio braccio. Sentii l’umidità delle sue lacrime sul mio braccio.
Merda, l’ho fatta piangere!
“Senti Courtney, non posso restare. Devo assolutamente andare a casa, grazie per tutto quanto, ci rivedremo un giorno o l’altro” certo, dovetti mentire. Non potevo rivederla di nuovo perché mi avrebbe solo portato guai. Smise di piangere e mi fisso con i suoi adorabili occhioni da cerbiatta.
“Davvero mi prometti che usciremo insieme qualche volta?” tirò su col naso e mi fissò nuovamente con i suoi occhi cioccolato.
Merda, perché è così difficile mentire a questa bambina? Io mento sempre e non me ne pento mai, ma ora? Ora fa male!
“Sì, lo prometto!” Mentii a fatica e lei mi sorrise debolmente, prima di accompagnarmi alla porta.
“Oh, ecco la tua cartella, l’ho trovata poco fa” sorrise consegnandomela.
“Grazie Courtney… ci vediamo!” Feci un passo fuori dalla porta, sotto la pioggia. Corsi lungo il vialetto, poi mi voltai e vidi Courtney ancora ferma sulla porta. Agitò la manina in segno di saluto prima di rientrate in casa. Il sorriso sul mio volto scomparve nel momento in cui lei si chiuse la porta alle spalle.
Ma a cosa diavolo mi sta succedendo?
Cominciai a correre sotto la pioggia che batteva sulla mia pelle.
Faceva male, cavolo, molto male! Mi ero appena reso conto che la menzogna raccontata a Courtney mi stava facendo contorcere lo stomaco. Le ho mentito e quando lei se ne renderà conto, sarà come se le avessi strappato il cuore, il suo cuore da bambina…
Come cavolo posso pensare una cosa simile? 
Sul mio viso un liquido caldo e salato iniziò a rigarmi le gote.
Perché sto piangendo? Per cosa cazzo sto piangendo?
La pioggia mi faceva sentire coperto di merda… per quello che ho fatto, che ho detto…
Ma per quale fottuta ragione mi sento uno schifo?
 
Quando la incontrai, era una giornata di pioggia scrosciante. E quando mi guardavo indietro, non riuscivo ancora a capire se quel giorno fu un buono… o un cattivo presagio.
 
~  Written by Silent Unheard Child
~ Translated by Xenja
 
Angolo della traduttrice
Salve, oh popolo! Sono Xenja, un’autrice del Fandom e, beh, ho chiesto all’autrice della storia, tale Silent Unheard Child, se potevo tradurre questo vero e proprio capolavoro *-*
Non farò i miei soliti angoli di trenta righe, ma voglio solo dire che questa storia non è ancora completa, per ora è arrivata al capitolo 10, e quindi quando avrò finito di tradurre tutti e 10 i capitoli attenderò gli aggiornamenti dell’autrice. Morale: se non aggiorno per un mese non è colpa mia
Eccovi il link della storia originale
https://www.fanfiction.net/s/7077344/1/The-Delinquent-and-The-Little-Princess
E dell’account dell’autrice https://www.fanfiction.net/u/2338940/
Ultima cosa: RECENSITE, VI PREGO! Non fatelo per me, ma per Silent che sta dando tempo e anima a questa sua bella storia ♥
Grazie,
Xenja ~

 

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Capitolo 2
*** Unstable ***


Unstable
 
Passarono un paio di giorni da quando scoprii che la mia ragazza, ex ragazza, mi stava tradendo con il mio migliore amico, da quando incontrai quella ragazzina, Courtney, che si era presa cura di me senza sapere chi fossi e che mi fece giurare che ci saremmo rincontrati.
Non ho mantenuto la promessa.
Forse in quel momento Courtney mi odiava per questo, ma io credevo che se ne era già dimenticata, sia chi fossi che il mio nome.
Insomma, quale ragazzo di18 anni fa amicizia con una ragazzina di 11 anni? E’ ridicolo! E poi ci siamo incontrati nel posto sbagliato, nel momento sbagliato!
No, stavo solo cercando dirmi che quello che avevo fatto a quel piccolo angelo era una cosa giusta e inevitabile vista la nostra grande differenza d’età… ma erano tutte balle. Continuavo a sentire uno strano, spiacevole dolore allo stomaco, per non parlare della stretta al cuore che mi impediva di respirare. Continuavo a supporre che fosse una cosa normale e passeggera, ma questa non andava via…
Certo, uscire al freddo e al gelo con la pioggia che veniva giù a più non posso e sedersi su un marciapiede ad aspettare che il dolore passi non era una grande idea. Così, dopo un paio di giorni di permanenza in casa, decisi di tornare in quel buco infernale chiamato scuola… ma stavo iniziando a pensare che tornare non fosse stata una grande idea!
 
Le persone mi stavano fissando con sguardi simpatici e continuavano ad indicarmi sin da quando ero entrato in quel cazzo di edifico e stavano davvero incominciando a darmi sui nervi! Di solito non ho bisogno di pacche sulle spalle o incoraggiamenti, la gente nemmeno ci prova se non vuole trovarsi sbattuto a terra quasi morto… ma da quando si era sparsa la voce che quella puttana di gotica mi tradiva, le persone continuavano a tormentarmi! Me!
Voglio dire, non è che se ero stato tradito, allora bisognava trattarmi come un mollaccione e guardarmi senza un briciolo di paura nei miei confronti. L’unica ragione per cui ero così ‘simpatico’ era perché mi sentivo troppo triste e deluso per prendere uno di quegli insolenti per il collo e menarlo lì, davanti a tutti!
Forse stavo impazzendo… ma è tutta quella cazzo di gente che mi dava fastidio! E anche questo freddo!
“Ehi Duncan!” qualcuno mi chiamò, ma non ci pensai nemmeno a fermarmi e girarmi per vedere chi era. Continuai solo a camminare per i corridoi. Non poteva mica avere il coraggio di avvicinarsi…
“Ehi, amico! Ho sentito parlare che tu e Gwen avete avuto qualche, beh…” commentò Geoff mentre mi dava amichevoli pacche sulla schiena, questa era una delle poche persone che tieneva veramente a me, non era falso come gli altri “Ah, amico, andiamo! Ti fissano tutti qui e tu non gli hai nemmeno spezzato il collo o dato un’occhiataccia!” mi disse Geoff come se io fossi così stupido da non averlo notato…
“Quindi?” sbiascicai. Non avevo voglia né di parlare né di tirare il collo alle persone, avevo cose migliori da fare, come trovare un sacchetto per il vomito.
“Amico! Non è proprio da te! Di solito sei più simpatico, anche se un grande stronzo… ma ora sembri uno zombie che cammina! O forse questa storia ti ha trasformato in una mammoletta...” balbettava Geoff mentre mi aumentava la nausea. Avevo bisogno di quel dannato sacchetto! E di sicuro quelle stupide teorie buttate al vento non mi facevano sentire meglio, anzi, non facevano altro che aumentare il mio dannato mal di testa che mi stava uccidendo la fronte!
“Chiudi quella cazzo di bocca!” gli urlai in faccia stordendolo.
“Amico, cosa cazzo ti ho fatto?” ribatté lui. Ero a pezzi.
“Non mi hai fatto niente! Sono malato, cazzo! Il mal di testa mi sta uccidendo e il tuo balbettio non lo sta di sicuro migliorando, mi sento fiacco e devo vomitare e tutto quello che mi serve non è altro che un dannato sacchetto! Non voglio sentire le tue teorie su ‘che cosa cazzo ho fatto a Duncan’ perché io sto perfettamente bene se togliamo il fatto che posso svenire da un momento all’altro! Quindi, sta zitto e lasciami stare!” la mia faccia era rossa e gonfia per la rabbia. Corsi lungo i corridoi per cercare di uscire al più presto da quel dannato edificio.
Pochi minuti dopo mi ritrovai nel cortile della scuola ringraziando il cielo che quella merda di giornata fosse finita. Improvvisamente un conato di vomito mi strinse le budella dello stomaco. Barcollai cercando di appoggiarmi contro il muro di mattoni e la sensazione del vomito che stava per arrivare quando nel mio stomaco non c’era praticamente nulla era schiacciante.
Forse non mangiare per tutta la giornata era stata una cattiva idea…
Ero appoggiato al muro, quando la vista iniziò a divenire sfocata e saettate di dolore mi attanagliarono l’addome, il respiro cominciò a mancarmi e faticai a riprendere una respirazione regolare.
Nonostante fossero solo dieci minuti, sembrarono passate ore prima che tutto ritornasse ad avere un senso e, anche se la nausea mi faceva girare la testa, riuscii a ritrovare l’equilibrio… o forse no. Mi riappoggiai al muro cercando sostegno e ricominciando a respirare irregolarmente, quando all’improvviso sentii delle voci al di fuori del cancello. Mi sforzai ad ascoltare e mi pave di sentire voci maschile e una voce femminile. Mi feci attento per capire ciò che dicevano…
“Vieni bambina, vieni a giocare con noi! Promettiamo che sarà un bel gioco!” ridacchiò una voce.
“Credi che io sia stupida? Io non gioco con dei ragazzi immaturi e poi, sono qui per aspettare qualcuno” dichiarò la ragazza.
“Chi dice che devi essere d’accordo con noi? E comunque, penso che ti divertirai un sacco, principessina!” rise maligno l’altro. Uno strano pensiero mi passò per la testa…
“Giuro su Dio, se mi tocchi ti prendo a calci così forte che non camminerai più per una settimana” dichiarò la ragazzina con voce minacciosa, peccato che la sua voce un poco tremante di paura, tradì tutta quella sicurezza.
Quella voce mi era famigliare un po’ come… click!
Mi lanciai fuori dal cancello di ferro battuto per trovarmi faccia a faccia con una scena inquietante. Una coppia di ragazzi sui quindici o sedici anni tenevano fermi una ragazzina e uno dei due giovani teneva la faccia della piccola tra le mani mordendole di tanto in tanto un lembo di collo esposto. Gli occhi color cioccolato della bambina era pieni di lacrime… poi incontrarono i miei. Si spalancarono dal terrore perché sapevano quello che stavo vedendo. Quella scena spaventosa stava avvenendo davanti ai miei occhi che avevano avuto la sfortuna di vedere la vittima: Courtney.
Una sensazione d’impotenza mi salì rapida per le vene, per poi trasformarsi in rabbia e infine in un furore incontrollabile. Mi precipitai verso i due bulletti trappando la ragazzina delle loro grinfie. Poi lo colpii con un pugno talmente forte che la sua testa scattò all’indietro. Cadde a terra perdendo sangue dal naso e dalla bocca. Guardai gli altri con aria di sfida e loro fecero qualche passo all’indietro, terrorizzati.
“Che cosa cazzo fate? Credete che questa ragazzina scopi con delle merde come voi? Sparite dalla mia vista prima che cambi idea e vi faccia fuori a tutti!” ringhiai. Loro presero per le ascelle il compagno semi-cosciente e scapparono.
Mi voltai verso la ragazzina tremante accanto a me. Courtney mi guardò attraverso le sue calde lacrime.
“Loro mi… loro mi avrebbero…” le sue labbra tremavano mentre cercava di formare una frase, anche se io avevo capito che cosa intendeva. Annuii scioccato e subito le lacrime iniziarono a ricadere dai suoi occhi color cioccolato, prima che lei svenisse.
La bloccai appena in tempo ed evitai che picchiasse a terra la testa. Il suo corpicino svenuto ciondolava sospeso tra il terreno e il mio corpo, completamente inerte. Iniziai a dirigermi verso la strada di casa con la ragazzina svenuta al sicuro, tra le mie braccia.
Per fortuna mi ricordavo a grandi linee dove si trovava la casa di Courtney, anche se qualche informazione mi sfuggiva di mente dato che quando lei mi accolse non ero proprio così in forma per ricordarmi tutto per filo e per segno. Ma una cosa la ricordo molto bene: la chiave stava nascosta sotto un vaso di fiori spinosi ed inquietanti.
Feci scivolare la chiave nella toppa e mentre la giravo, pregavo che i genitori di Courtney non fossero a casa. Le mie preghiere furono esaudite.
Portai la piccola principessa in sala e la posai sul divano. Poi mi voltai per andarmene e lasciarla sola, ma non ci riuscii. Mi fermai e guardai la ragazza sdraiata sui cuscini del divano, inerme. Mi vennero i brividi.
Sospirai e mi sedetti sul pavimento, vicino alla testa della bambina, iniziando ad accarezzare i suoi capelli di seta castana- Courtney si rannicchiò nel mio abbraccio e sospirò dolcemente.
“Duncan…” piagnucolò e subito mi bloccai. Nessuno aveva mai pronunciato il mio nome con una nota tanto amorevole nella voce! Mi sorpresi per quella strana sensazione calda che mi aveva invaso le guance e mi maledissi per il mio comportamento così gentile e per aver salvato quella ragazzina. Io non ero gentile e tanto meno un salvatore… giuro, non lo farò mai più!
 
Dovevo essermi appisolato perché quando mi svegliai mi ritrovai sotto una calda coperta e di Courtney non c’era traccia. Mi prese il panico. Mi alzai di scatto perdendo l’equilibrio per la nausea e cadendo sul pavimento con un sordo tonfo.
“Merda!” imprecai un po’ troppo forte. Sentii dei passi veloci arrivare dalla stanza accanto.
Merda, merda, merda… pregai sperando che non fossero i genitori di Courtney.
Improvvisamente mi trovai in faccia un paio di grandi occhioni pece che mi guardavano di sbieco con la faccia rivolta verso il pavimento, come quelli di un piccolo angelo seduto a gambe incrociate sul freddo legno.
“Duncan! Ti sei svegliato finalmente! Pensavo fossi morto o quasi… ma poi ho pensato che era stupido pensare che fossi morto perché tu respiravi e i morti non respirano. Comunque, ho notato che hai la febbre, credo che l’hai presa l’altro giorno quando eri sotto la pioggia e credo anche che sia colpa mia perché non ti ho curato per bene… quindi mi dispiace che tu ti sia ammalato ” finalmente si bloccò per riprendere il fiato. Si sedette sulle mie gambe togliendosi dal freddo del pavimento e poi mi fissò con i suoi occhioni da cerbiatta, la colorazione calda di quelle iridi sciolse le mie, fredde.
Prese esitante le mie mani congelate tra le sue.
Rimasi lì seduto, immobile, anche se avrei voluto alzarmi e andarmene.
“Duncan” Courtney esitò e il suo respiro accelerò un poco, prima di posizionare il suo volto di fronte al mio “Duncan, ti sono grata per avermi salvato oggi… non posso neanche immaginare che cosa mi sarebbe successo se tu non fossi stato lì, in quel momento. Non potrò mai ringraziarti abbastanza per quello che hai fatto oggi per me, così ti ringrazio e basta sperando che un giorno potrò ricambiare il tuo favore” Courtney finì quella frase in un sussurro e gli occhi, che erano stati fissi per tutto il tempo nei miei, si riempirono di lacrime. Si sporse e mi baciò una guancia. Un brivido improvviso mi attraverso il volto arrivandomi al cuore e facendo venire a galla tutti i miei sensi di colpa.
Courtney si ritrasse subito, rossa in viso lasciandoci immersi in un silenzio imbarazzante, mentre lei ancora sedeva sulle mie gambe.
Poi qualcosa di molto importante attirò la mia attenzione “Courtney”
Lei fece un ‘Mmmmmh’ di risposta.
“Perché oggi sei venuta alla mia scuola?” chiesi e lei subito si irrigidì.
“Io, ehm… si che ero… ehm” inciampò sulle sue stesse parole più volte cercando di trovare una buona scusa.
“Ti sei resa conto ti che cosa ti sarebbe potuto accadere? Hai capito? Capisci che cosa poteva succedere se non ci fossi stato?” urlai irato.
“Sì, ma…” mormorò.
“Hai capito che ti stavano per violentare?” gridai io in tono duro. Courtney trasalì e i suoi occhi iniziarono a versare lacrime su lacrime.
“Non ti rendi conto dei tuoi errori…” sospirai, ma lei mi fissò con un’intensità tale che mi sentii bruciare.
Alzò la testa e fece combaciare la sua fronte con la mia “Non ho fatto niente di male! Hai fatto tutto tu! Tu mi avevi promesso che ci saremmo rivisti, ma non hai mantenuto il nostro patto!” gridò. Cercai di interromperla, ma lei continuò “Ho aspettato e aspettato che tu venissi a trovarmi, ma invece non sei mai venuto! Perché hai rotto il nostro patto? Eh, perché? Volevo solo avere un amico, solo questo volevo. Un amico! Solo un amico!” sussurrò tristemente facendo scorrere fiumi di lacrime lungo le gote.
Io la ascoltavo, stordito e un’angoscia profonda mi invadeva. Ecco il segreto di questa bambina: un amico. Lei voleva solo un amico… e Dio le ha scelto il peggior amico del Mondo.
“Ma… Courtney, perché io?” mormorai.
“Perché…”
“Perché… insomma, io sono la persona peggiore del Mondo con cui si possa fare amicizia. Perché proprio io?” chiesi sperando di reprimere quella stupida fantasia che si era creata nella sua giovane mente.
“Perché tu sei l’unica persona che mi ha detto che il vero. Mi hai detto che ti facevo solo arrabbiare, al posto di aiutarti. Perché tu sei più vecchio di me e quindi più maturo e in grado di tollerarmi sia quando voglio parlare seriamente o quando sono prepotente. Tu mi sai ascoltare quando io voglio confidarmi con qualcuno e con te posso essere me stessa. Volevo solo qualcuno che sarebbe stato mio amico, Duncan. E io vorrei che quella persona fossi tu” mi confessò e il mio cuore perse un colpo, facendomi sentire strano… non so che genere di sensazione era, ma sapevo di non averla mai provata.
“Courtney, tu ti rendi conto che io sono una persona spregevole? Che diritto ne ho io di essere tuo amico?” le chiesi debolmente. Lei annuì.
“E ti rendi conto che probabilmente questo è il più grande errore della tua vita che potrebbe rovinare la tua reputazione?” insistetti. Lei annuì nuovamente e io annuii con lei, dando il mio consenso a quell’amicizia, una strana amicizia. Il suo volto si illuminò con il sorriso più bello e angelico che avessi mai visto. Mi si avvicinò e mi abbracciò talmente forte che credetti di rimanere stritolato tra quelle braccine.
“Oh, Duncan! Grazie! Grazie tante!” strillò allegramente.
“Non c’è di che” sospirai felice.
“Prometto che sarò l’amica migliore che tu abbia mai avuto” promise Courtney stringendomi ancora.
“Di certo, Principessa!” risposi accarezzandole i capelli setosi.
Non so per quanto tempo rimanemmo lì, seduti sul pavimento e abbracciati. Quando alla fine ci lasciammo, quel piccolo sorriso che avevo stampato sul volto si allargò gioioso. Una leggera pioggerellina iniziò a cadere e per la prima volta la benedii per il bene e il male che mi aveva portato in quei giorni.
E fu così che iniziammo questa strana, imprevedibile e instabile amicizia. Un Delinquente e una piccola Principessa.
 
~ Written by Silent Unheard Child
~ Translated by Xenja

 
ANGOLO DELLA TRADUTTRICE
Salve gente!
In questo angolo volevo solo ringraziare tutte quelle persone che hanno recensito la storia e messa nelle preferite/ricordate/seguite. Grazie tante, da parte mia e dell’autrice che mi ha detto di essersi quasi commossa per le 9 recensioni ricevute. Thank you so much *-*
Solo un piccolo avviso: come avete potuto vedere, la storia è scritto con un linguaggio molto colorito e con scene un po’ volgari o violente, beh, non saranno le uniche. Questa storia è un po’ violenta, volgare, con presenza di parolacce o parole a riferimenti sessuali, ma, ripeto per l’ennesima volta, io non sono l’autrice e non mi posso permettere di cambiare le parole della storia!
Con questo vi ringrazio ancora per la vostra simpatia, gentilezza e disponibilità,
La traduttrice
Xenja
~


 

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Capitolo 3
*** Change ***


Change
Saltare le lezioni pomeridiane non fu probabilmente una delle mie idee migliori, ma per questa volta bisognava biasimarmi. Non ero il primo e nemmeno l’ultimo che saltava le lezioni.
Stavo aspettando Courtney davanti alla sua scuola elementare e quando sentii suonare la campanella sperai di vederla correre subito da me. Chinai leggermente il capo seguendo il ritmo della musica sparata a tutto volume nelle mie orecchie osservando quell’intera mandria di studenti uscire dai cancelli
Alcuni bambini mi guardavano come intimoriti dalla mia presenza e altri genitori arricciavano il naso squadrandomi, ma, onestamente, me ne infischiavo.
Lanciai uno sguardo al di sopra della mia testa dove troneggiava la mia cresta verde fluo che copriva il vero colore corvino dei miei capelli. Credevo che i miei capelli più i piercing e il mio look trasandato non mi aiutavano molto ad apparire un “bravo ragazzo”. Mi misi a giocare con la lingua e la pallina di metallo attaccata ad essa mentre un pensiero mi passo per la testa.
Non sarà il caso di togliermi tutti questi aggeggi metallici?
“Duncan!” mi gridò una voce giovanile che già sapevo a chi appartenesse. Alzai lo sguardo e vidi la piccola Principessa corrermi incontro mostrando orgogliosa la sua nuova magnifica acconciatura: due codini fermati da dei nastri colorati.
Mi tolsi le cuffie e le infilai frettolosamente nella tasca della giacca mentre mi preparavo per ricevere un inevitabile abbraccio.
Courtney si aggrappò al mio corpo stringendolo forte a sé e io non potei fare a meno di sorridere affettuoso. Alcune persone ci osservavano curiose mentre altri ragazzini soffocavano battutine che si rimangiavano subito dopo notando il mio sogghigno. Alla fine Courtney mi liberò dalle sue braccine sorridendomi entusiasta.
“Ecco” sussurrai dolcemente mentre prendevo tra le dita un nastrino sciolto e lo riannodavo.
Un color purpureo invase le sue guance e i suoi occhi evitarono i miei mentre io legavo il nastro un po’ a casaccio. Alcune giovani madri iniziarono a guardarmi, bisbigliare e ridacchiare. Diedi un ultimo strattone e il nastro fu allacciato.
“Non è annodato molto bene, ma almeno non cade”  mormorai grattandomi goffamente la testa.
Courtney esitò un momento, ma si rianimò subito e mi prese per mano “Voglio un gelato” borbottò lei scherzosamente mentre mi trascinava via cercando di ignorare le persone che la fissavano stranite per la mia presenza.
 
“Arrrgh! Queste persone sono così ficcanaso! Non possono farsi gli affaracci loro?” sbottò Courtney scuotendo il cono gelato con un po’ troppa energia. Annuii taciturno mentre continuavo ad ascoltare le sue lamentele e mangiare la mia coppa di gelato.
“Il tuo problema, Principessa, è che ti preoccupi troppo delle apparenze, cosa pensano di te gli altri e robe simili” affermai.
“Beh, scusaci tanto se non tutti andiamo matti per dei capelli di un colore così ridicolo e non ci decoriamo la faccia! Buon per te che non ti vergogni di apparire così in pubblico” sbottò lei acida.
Sbuffai infastidito e ancora una volta il pensiero di togliermi tutti quei piercing mi attraversò la mente. Courtney sembrò un po’ vergognarsi per ciò che aveva appena detto, ma non sembrò avere intenzione di scusarsi in alcun modo.
Quella monella testarda!
Finita la mia coppa di gelato mi lasciai cadere sull’erba e chiusi gli occhi oscurando il mondo intorno a me. Restammo in silenzio a lungo, troppo a lungo, che quasi mi addormentai se non fosse stato per la crisi di sensi di colpa di Courtney.
“Mi piacciono i tuoi piercing… e i tuoi capelli. Tu hai il coraggio di esprimere chi sei… non hai paura di dimostrarlo” borbottò Courtney imbarazzata e supposi fosse il suo strano modo per chiedere scusa. Scivolai vicino a lei e l’abbracciai delicatamente. Lei in tutta risposta s’irrigidì, ma non fece alcun gesto per spingermi via.
Qualcosa nel profondo del mio petto si strinse forte.
Le cose stavano cambiando…
 
“Cosa?” gridai incredulo.
Courtney evitò il mio sguardo e i suoi capelli castani le ondeggiarono davanti al volto.
“Ripeti” sibilai mentre lei continuava a ignorarmi “Ripetilo ancora una volta!” le urlai in faccia. Le sue gote erano rosse di rabbia e nei suoi occhi color cioccolato potevo veder ardere scintille infuocate.
“Ti ho solo chiesto di venire! E’ così difficile da capire?” sbraitò  la ragazzina “Non verranno i miei genitori, lo so che non lo faranno… così ho pensato… non importa” si interruppe rossa di vergogna. Io mi passai una mano sul viso, esasperato.
Dio! Adesso sì che sono nei casini!
Era stata una buona giornata, tutto era andato per il meglio, fino a quando lei non aveva mandato tutto in rovina! Solo perché eravamo amici non significa che io dovevo sostituire i suoi genitori, ero troppo giovane e inesperto per un simile impegno.
Mi voltai verso di lei. Le tremavano le labbra mentre tratteneva a stento le lacrime, ma la sua espressione di sfida non mancava mai.
“Perciò andrò a fare questa cosa con te?” sospirai scompigliandole delicatamente i capelli.
Lei alzò il suo sguardo verso di me con un luccichio di speranza negli occhi “Allora verrai?” chiese esitante. Le lanciai uno sguardo duro e impassibile, ma lei non si tirò indietro e questo mi rese orgoglioso del suo carattere.
“Sicuro… Verrò al vostro stupido carnevale dello sport o come si chiama” gemetti io, ma ne valse la pena pur di ammirare il meraviglioso sorriso di Courtney che sprizzava felicità da tutti i pori.
E quel sorriso mi portò a un’immediata vampata di calore e di battiti cardiaci… stavo cambiando.
 
“Accidenti Principessa, non ti piace proprio perdere, vero?” chiesi scompigliandole i capelli.
Lei mi guardò di traverso e borbottò qualcosa sul non rovinarle il codino.
“Perdere non è mai stata una cosa da me. Mi piace vincere” dichiarò Courtney orgogliosa. Non potei fare a meno di non deridere quella sua maturità infantile. Mi riusciva difficile, a volte, credere che lei fosse la più giovane fra noi due tanto che la più parte delle volte me lo dimenticavo completamente.
Courtney richiamò la mia attenzione mentre ci dirigevano verso la staffetta, ma io stetti il più possibile in disparte a osservare. Genitori, insegnanti e studenti mi avevano lanciato occhiatacce e per tutta la mattinata, non che questo mi desse fastidio, ma… Concentrai la mia attenzione su Courtney che non aveva fatto altro che chiacchierare per tutto il tempo.
“Duncan, stai prestando attenzione a ciò che dico?” mi chiese annoiata mentre mi agitava una mano davanti alla faccia cercando di distrarmi.
Scossi la testa.
“Scusami, ero sovrappensiero. Stavi dicendo qualcosa sul non voler entrare qualcos’altro, giusto?” mormorai cercando di ricordare.
“Sì, ma non credo che entrerò nella gara degli 800 metri… voglio dire, devo pur dare a qualcun altro la possibilità di vincere…” tirò sul con naso e si mise a giocare con una ciocca di capelli. Stava mentendo.
“Oh, andiamo Principessa, non ci riesci proprio a perdere?” la canzonai. Lei mi fissò per un attimo lanciando stilettate.
Bingo!
“Sta zitto!” mi urlò spingendomi via mentre ancora ridevo per quella risposta piena di rabbia.
Adoro prenderla in giro!
“Facciamo un patto, se tu vinci io ti porto fuori a pranzo o a fare qualcos’altro che ti aggrada. Le piace questa idea, Principessa?” la affrontai sapendo che non si sarebbe mai tirata indietro di fronte a una sfida. Ammirai quel sorriso di assoluta determinazione che le si dipinse in volto e che copriva la sua ansia per la gara.
Andata!
Accettò la sfida senza rivolgermi una parola. Raggiunse il campo della gara a grandi passi e con un po’ di spavalderia che mi strappò qualche risata, si mise in posizione dietro la linea bianca della partenza e concentrò tutte le sue energie e sforzi per quella singola corsa. Poi l’eco del colpo di pistola risuonò nelle mie orecchie.
 
Come previsto, Courtney vinse ogni gara, compresa la corsa degli 800 metri, e le venero dati molti nastri blu per le sue vittorie. Inutile dire che ero orgoglioso di lei come ogni genitore poteva esserlo per il proprio figlio.
La tormentai per tutto il resto della giornata per sapere che cosa voleva come ricompensa dato che aveva vinto, ma l’unica risposta che ottenni fu uno sguardo compiaciuto.
Finimmo di mangiare  a casa sua e poi oziammo sul divano mentre guardavamo noiose anime in TV. I genitori di Courtney era fuori città per lavoro e questo mi permise di passare più tempo con la ragazzina.
“Principessa, basta! Ti prego!” gridai esasperato coprendomi gli occhi con una mano per non vedere lo schermo del televisore.
“Non vuoi guardare un altro episodio?” piagnucolò lei sollevandomi delicatamente la mano.
“Diavolo, no! Domani dobbiamo andare a scuola, è ora di andare a letto adesso”
Mi sorrise sapendo che a causa degli esami avevo ancora qualche giorno di riposo, ovvero niente scuola per me, ma non per lei!
Courtney mise un finto broncio, estrasse il dischetto dal lettore e chiuse la custodia con una rabbia che non aveva.
“Forza ragazza, è ora di andare a letto” risi mentre ci lanciavamo su per le scale rincorrendoci e buttandoci sul pavimento della sua stanza. La lasciai un attimo sola per farla cambiare e indossare il pigiama, poi, dopo un paio di minuti, ritornai in camera e me la ritrovai davanti tutta sorridente e in una camicia da notte bianca.
“Dai, a letto! Vengo sotto le coperte con te” sorrisi dolcemente e Courtney arrossì. Certo, non ero il ragazzo più grazioso e gentile a questo mondo, ma ammetto che insieme a questa piccola ragazzina mi sentivo più sensibile e compassionevole. Courtney mi aveva fatto scoprire un qualcosa che non avevo mai saputo di possedere prima d’ora.
Mi misi sotto le coperte tirandomele su fino al mento e le carezzai facendo in modo che si adattassero al piccolo corpicino di Courtney che sembrava quasi inghiottita da quel mare di coperte. Così fragile e innocente.
“Ora devo andare” le sussurrai dopo qualche minuto e feci per scendere dal letto, ma una piccola manina mi catturò impedendomelo. Osservai la piccola Principessa con curiosità e striscia vicino a lei.
“Non ti ho ancora detto che cosa voglio come ricompensa…” mormorò nervosamente, il mio cuore mi balzò nel petto.
“Che cosa vuoi allora, Principessa?” ingoiai tutta l’ansia che mi bloccava la gola e i suoi occhi cioccolato si fusero con i miei color cristallo.
“Un bacio…” sussurrò Courtney piano. Mi bloccai e il mio cuore prese a battere sempre più forte nella mia cassa toracica.
La guardai critico, cercando di spaventarla e di toglierle dalla testa questa stupida idea ridicola che aveva formulato la sua mente da bambina. Ma lei non esitò, anzi chiuse gli occhi lentamente e dischiuse le labbra. Non mi resi conto di quanto, nel frattempo, mi ero avvicinato a lei, come fossi un magnete. Le mie labbra sfiorarono l’angolo della sua bocca dalla quale sfuggì un rantolo, i miei capelli si mischiarono ai suoi e io inalai tutto il suo profumo assaporandolo.
E come succedeva ogni volta, mi sentivo strano, diverso…
Borbottai un ciao e scappai fuori per le strade immerse nel buio. Il mio cuore batteva a mille nel mio petto, anche lui voleva scappare. Strinsi la mia camicia sul cuore e provai a controllarlo per rallentare i battiti, ma tutto quello che riuscivo a sentire, tutto quello a cui riuscivo pensare era la morbidezza della sua pelle, in particolare, dell’angolo della sua bocca…
Courtney
Stavo cambiando…
Forse per il peggio.
 
~Written by Silent Unheard Child
~Translated by Xenja

ANGOLO DELLA RITARDATARIA TRADUTTRICE
Ehm, Salve ^.^
Ok, so che qui, fuori dalla porta di casa mia, c’è già pronto un patibolo e una mandria di folla inferocita per non aver aggiornato prima, ma… LA SCUOLA MI STA UCCIDENDO!
Che ci crediate o no, è così, perciò o bigio per tradurre i capitoli o vado a scuola e i capitoli li traduco quando ho tempo -.-“
Però ho una buona notizia: la scrittrice ha finito di scrivere la storia!
-Che bello…-
Sì, è una bella cosa ^.^
E un piccolo Spoiler per il prossimo capitolo, ovvero, ci sarà una “sorpresa” alcuni più gradita e ad altri penso meno… ma io non sono una chiromante e non sapevo che l’autrice avrebbe fatto una tale scelta, quindi… C’est la vie ^.^
Grazie a tutti quelli che seguono, recensiscono e solo leggono *-* Sappiate che Silent vi ringrazia davvero tanto ;)
La traduttrice,
Xenja

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Capitolo 4
*** Choise ***


Choise
Accartocciai la lettera nella mia mano usando tutta la forza che avevo, la spinsi nella mia cartella, in profondità, e la coprii con tutte le cose che mi ritrovavo sotto mano. Tutto era veloce e casuale.
Dovevo mettermi in testa che questa era l’unica cosa giusta da fare, ma era così difficile!
Scossi violentemente la testa cercando di liberarmi di questi inutili, ma ricorrenti pensieri. Questa era la mia scelta, punto e basta!
Corsi per la stanza poco illuminata, raccolsi tutto l’occorrente e diedi un pugno alla schermata per inserire il codice. Trascinai fuori i blocchi di denaro facendoli cadere tutti accuratamente nella mia borsa, per poi richiuderla.
Dovrei avere tutto quello che mi serve… quasi tutto…
C’era ancora una cosa che dovevo fare.
 Chiusi la serratura della porta della casa dei miei per l’ultima volta. Non avevo mai voluto ritornare in questo posto… e infatti ora me ne sarei andato in un altro…
Mi mossi veloce attraverso la notte, silenzioso come un’ombra. Mi passai una mano tra i capelli appena spuntati, corti come erano sempre stati. Mossi la mia lingua tra i denti cercando la pallina metallica che ora non c’era più. Nel posto in cui stavo andando nessuno avrebbe dovuto riconoscermi…
 
Finalmente arrivai a destinazione, ma iniziò a farsi largo una certa pesantezza sul mio petto per quello che stavo per fare.
Tutto questo era così sbagliato… eppure era l’unica cosa che potevo fare, per lei, non per noi. Trovai la chiave sotto un vaso e aprii tranquillamente la porta, tanto sapevo che i suoi genitori non erano a casa. Non avrebbe mai sospettato nulla e questo mi rese le cose molto più facili.
Salii i gradini a due a due, stando molto attento a non svegliare la mia Principessa addormentata.
Per mia fortuna, la porta della sua camera era aperta e io striscia dentro con facilità. Giaceva nel suo letto, la mia Principessa, ignara di cosa stesse accadendo attorno a lei. Era così fragile, così innocente. Uno sguardo torvo attraversò mi attraversò gli occhi che andarono a posarsi sul suo volto così giovanile. Quelle ciglia così lunghe, quelle guance rosee e quelle piccole labbra socchiuse che respiravano lentamente…
Mi passai una mano sul volto graffiandomi. Dio, non volevo farle questo, ma dovevo!
E riscesi le scale…
 
Le tende svolazzavano al vento e alla luce della luna che illuminava la stanza. La carta crepitava dolcemente nel lieve respiro della notte e forse fu proprio quello a svegliarla. Si strofinò gli occhi stancamente e si guardò attorno, a disagio. Il suo cuore si bloccò come di colpo, ma poi ricominciò a battere, c’era qualcosa che la turbava… Si rigirò sul cuscino per ammirare la luna, ma nella luce scorse qualcosa appoggiato sul suo comodino. Si mise a sedere e allungò una mano aprendo la massa di carta accartocciata . Già dalla scrittura disordinata poté capire chi era il mittente…
Iniziò a leggere quell’ammasso di ghirigori così familiari.
Le lacrime cominciarono a scorrere come un torrente sul suo viso senza che lei se ne rendesse conto e rilesse, rilesse e rilesse quella lettera più e più volte. Non era vero… non poteva essere vero.
Devo stare sognando pensò, ma nel fondo del suo cuore sapeva che non era vero. Strinse i suoi piccoli pugni fino a tremare per lo sforzo, singhiozzando. Lasciò cadere la lettera in grembo, poi notò un oggetto scintillante d’argento. Lo raccolse, era leggero e solcato da un piccolo panello luccicante solcato da una scritta in corsivo Principessa.
Gridò di disperazione “No! No, per favore. Oh, ti prego, Dio no!” strinse il braccialetto al petto dolorante.
Saltò giù dal letto e corse alla finestra e giurò di vedere una figura correre in lontananza.
“Duncan!” urlò Courtney nella notte.
C’era disperazione in quel grido, proprio come quando qualcosa che ami così tanto viene strappato via dalla tua vita, così, un grido di dolore ti fa piangere.
Pianse e ripianse ogni giorno, da quando lui aveva lasciato la sua Piccola Principessa. Da quel momento gli anni, i giorni iniziarono a passare lenti, il tempo parve fermarsi. Courtney sapeva, aveva capito perché Duncan l’aveva lasciata… era per quello che provava per lei, era sbagliato quello che provava, sbagliato. Lei era così giovane, una bambina… Allora, non aveva capito che sentimenti provava per Duncan, pensò che fosse solo amore innocente come quello che nutriva per una madre o un padre. Ma non era così.
Mentre crebbe, iniziò a rendersi conto che si trattava di un altro tipo di amore, un amore sinuoso, incontrollabile… e ora sapeva perché Duncan era arrivato a tanto. Duncan era veramente innamorato di lei e lo sapeva. Il suo era li tipo di amore che ti tiene sveglio fino a tarda notte, agitato al solo pensiero di lei… e ora l’aveva capito, ora che era più donna che bambina... e tutto questo lo costrinse a lasciarla.
…e Courtney amò Duncan sempre di più ad ogni giorno che passava…
 
Una giovane ragazza correva per i corridoi della scuola verso la sua classe. I suoi lunghi capelli castani svolazzavano in una coda a cavallo tenuta legata da un nastro con appeso un piccolo teschio mentre l’unica sua ciocca verde era libera di ondeggiare fuori da nastro.  Rimbalzava ad ogni suo aggraziato passo, i suoi occhi si socchiudevano ad ogni ragazzo che osava rivolgerle uno sguardo, le catene tintinnavano contro il suo corpo e la sua corta gonna grigia della tenuta scolastica. Mentre gli anfibi si schiacciavano contro lo sporco pavimento di linoleum, lei svoltò l’angolo ed entrò nella sua classe di tecnologia.
Courtney si sedette sull’ultima di una delle molte panche e posò sul tavolo malconcio una mano ammirando la catenina d’argento che pendeva dal polso. Fissò il pannello di legno con nostalgia. Si chiedeva spesso di lui, di Duncan, cosa stava facendo, dove si trovava… Sospirò e iniziò a giocare con i suoi capelli e la ciocca color smeraldo. Courtney pensava soprattutto a lui l giorno del suo compleanno perché, la notte in cui l’aveva lasciata, era la notte del suo compleanno.
L’insegnante richiamò l’attenzione della ragazza, ma lei si limitò a contemplare il suo braccialetto d’argento che a volte stringeva al petto, ma non per molto. Quel bracciale le dava sempre uno strano calore che piano piano si trasformava in un vero incendio per la sua anima. Le sue guance iniziarono a rigarsi al pensiero di Duncan e dovette girarsi per nasconderle alla classe.
Ma non servì a molto, dato che si era appena resa conto che lui era lì, nell’aula.
“Duncan…” sussurrò quel nome che marcava costantemente le sue labbra.
L’uomo era lì. Capelli corti neri senza più nessuna colorazione particolare e il volto svuotato da tutti i piercing. Era molto più vecchio, più definito e magro e il suo abbigliamento era elegante e appropriato.
Duncan era cambiato, ma Courtney era riuscita ugualmente a riconoscerlo a causa degli inconfondibili occhi cristallini che una volta stava ore ed ore ad ammirare.
Dio, doveva essere un sogno quello… perché lei stava sognando giusto? Dopo sette anni di pianto e solitudine che gli divoravano le viscere, lui era qui.
Courtney si aggrappò saldamente al tavolo di legno per paura di corrergli incontro e stringersi tra le sue calde braccia.
Duncan si guardò attorno osservando uno per uno tutti gli alunni della classe, prendendo nota di ogni singolo volto. Poi i suoi occhi si posarono su di lei e il cuore di Courtney perse un battito congelandosi, ma Duncan non la fissò per nemmeno un secondo e passò al suo compagno… era come se lei non esistesse.
Il cuore della ragazza si sbriciolò in quel preciso istante e una sola lacrima scese lungo la sua guancia.
Lui non… lui non mi ha riconosciuto…
L’aveva dimenticata…
… e tutto il mondo cadde in frantumi.
 ~  Written by Silent Unheard Child
~ Translated by Xenja
Angolo della traduttrice
Duuuunque… chi vuole uccidere Duncan alzi la mano ù.ù
*si alzano un numero incalcolabile  di mani*
Bene, ci sarà da divertirsi… muahahahahahah
Però dobbiamo dividerci i pezzi quindi… facciamo una lista
*le mani si abbassano tutte*
Grazie -.-“
Beh, che cosa posso dire su questo capitolo?


VOGLIO PIANGERE :’’’’’’(
Duncan bastardo e cattivo ù.ù
Ma vedremo che cosa accadrà nel prossimo capitolo
Ultima cosa: come avete notato le vicende di Duncan sono narrate in 1° persona mentre quelle di Courtney in 3°, non chiedetemi il perché…
Ultimissssima cosa: l’età dei personaggi qual è? Fate un po’ di conti. Courtney aveva 12 anni e ora ne sono passati sette… esatto! Lei 18 e lui 25… Duncan è vecchio!
La traduttrice disperata,
Xenja ♥

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Capitolo 5
*** Remember ***


Remember
 
Le lacrime caddero una dopo l’altra senza più fermarsi. Non riusciva a capire… non si ricordava più di lei! Eppure lei era sempre la stessa, un po’ più invecchiata, ma sempre la stessa Principessa di una volta.
Strinse i pugni con tutta la forza che aveva in corpo e digrignò i denti fino farli scricchiolare mentre stentava a trattenere ulteriori lacrime che ben presto avrebbero ribagnato i suoi occhi. No, non era vero, non poteva essere vero… Duncan… Duncan… l’amava. Il suo cuore era in agonia, straziato dall’angoscia. Era tutto sbagliato, doveva succedere in modo diverso… Duncan si sarebbe dovuto ricordare di lei dato tutto quello che avevano passato da quando si erano conosciuti… lui doveva…
“Signorina Ashton, si sente bene?” la richiamò l’insegnate notando la sua frustrazione e le sue lacrime. Courtney alzò il suo sguardo di cioccolata su Duncan, che se ne stava in piedi, impassibile per il suo crollo emotivo. Questo la fece imbufalire. L’espressione menefreghista negli occhi un tempo amorevoli del ragazzo le diede alla testa.
“Tu! Brutto bastardo!” strillò a Duncan davanti a tutta la classe allibita, ma a lei non gliene fregava niente. Courtney si alzò di scatto e si diresse rapidamente verso Duncan che aveva dipinta sul volto un’espressione sorpresa e spiazzata.
Courtney lo tirò per la cravatta fino a portare il suo viso a livello del suo e lo fissò con un assoluto odio che copriva tutta la sua sofferenza.
Il tempo parve fermarsi e l’intera classe, insegnante compreso, si era come congelata alla vista di quella scena.
“Figlio di puttana, come hai potuto dimenticarmi?” strillò Courtney digrignando i denti, ma Duncan non ebbe nessuna reazione se non ignorarla e questo aumentò ancora di più l’odio e la sofferenza della ragazza.
“Come hai potuto dimenticare la tua piccola Principessa?” sussurrò lei con voce piena di dolore. Gli occhi di Duncan ebbero un sussulto e qualcosa balenò tra quei cristalli, ma prima che potesse dire qualcosa Courtney lo colpì con un potente pugno. Lasciò andare la cravatta e Duncan cadde a terra strofinandosi la guancia confuso.
Courtney corse fuori dalla stanza, in lacrime.
Come aveva potuto dimenticarla? Lui la amava… la amava così tanto… così tanto…
Non la amava più.
 
“Sta bene?” mi chiese l’insegnante, anch’esso confuso, offrendomi una mano per alzarmi.
“Sto bene” mormorai prima di drizzarmi sulla schiena e girarmi verso la porta da cui Courtney era uscita. Mi passai una mano sul viso, forse non era stata una buona idea tornare qui… mi aveva appena dato un pugno perché la ignoravo!
Maledetta bambina! Dovevo aspettarmelo un pugno da parte sua, di sicuro, ma me lo meritavo.
Ma che cosa dovevo fare? Quando l’ho vista seduta lì mi ha preso il panico e ho brillantemente pensato che facendo finta di non conoscerla mi sarei calmato.
Non mi sento bene…
Mi strinsi forte il petto dove il cuore batteva furiosamente. Vederla così, all’improvviso, dopo tutti questi anni, dopo tutti i tentativi per dimenticarla, ora, eccola qui. Sono scappato dalla mia città natale per evitarla, ma lei mi aveva in qualche modo ritrovato e in tutti questi anni era divenuta una giovane donna davvero bella… e questo non andava bene.
 
Courtney irruppe nella sua stanza del dormitorio chiudendosi la porta a chiave alle spalle e buttandosi afflitta sul letto. Tremava scossa dai singhiozzi mentre la sua faccia era affondata nel suo cuscino e piangeva come una bambina.
“Stronzo” soffocò Courtney “Avevi promesso che non mi avresti mai dimenticato…” il cuore le si strinse in una morsa dolorosa ripensando alla lettera che le aveva scritto anni fa.
Io non ti dimenticherò mai, mia piccola Principessa quelle parole riecheggiarono nella sua mente e tutto quello a cui riusciva a pensare in quel momento era che lui le aveva mentito. Tutte le volte che pensava di non avere bisogno di lui calde lacrime iniziavano a rigarle il viso. Eppure lei aveva provato e riprovato a reprimere i suoi sentimenti per Duncan, ma tutte quelle volte aveva fallito… aveva provato troppe volte…
Courtney fu sospesa per un’intera settimana per aver picchiato Duncan , confinata nella sua stanza a riflettere sulle sue azioni, fino a quando, entro il fine settimana, non sarebbe dovuta andare da Duncan per chiedergli scusa. Temeva che quel fine settimana si avvicinasse troppo velocemente, ma non perse l’occasione di aggiungerci un po’ di romanticismo, come nelle anime giapponesi. Era quello il suo modo di affrontare le situazioni difficile, si comportava come i personaggi delle anime giapponesi… perché le ricordavano che cosa aveva perso quel giorno.
Courtney si sedette sul letto, di fronte al suo computer portatile dato che era l’unica cosa che le era permesso usare. Il personale non si era reso conto che il computer era ancora lì, nonostante nei giorni di punizione tutti i dispositivi elettronici avrebbero dovuto essere confiscati fino alla fine della settimana.
Era Venerdì.
Dio, Courtney voleva che quel Venerdì non arrivasse mai e invece ora doveva andare da quello stupido idiota per scusarsi per aver colpito il suo splendido viso. Lanciò una nervosa occhiata all’orologio del suo portatile per sapere tra quanto tempo sarebbe dovuta andare ad affrontarlo.
Voleva dissolversi nel nulla…
 
Mi mossi nervosamente sulla sempre più scomoda sedia del mio ufficio posando le mani sul torace e cercando di pensare a qualcos’altro. Mi alzai di scatto e mi misi a sistemare la stanza, Dio, avevo bisogno di distrarmi! Pensai all’alcool che avevo nascosto per casa, ma i miei pensieri si rivolsero di nuovo verso Courtney. Insomma, non poteva provare più niente per me, sono passati troppi anni… Orami si erano dissolti tutti! E poi durante questi anni sono stato con un’altra donna.
Una sommesso bussare alla porta mi distolse dai miei pensieri e il petto mi si strinse di nuovo in una dolorosa morsa.
Mi schiarii la voce “Avanti” dissi senza alcuna emozione nella voce.
 
Courtney trasse un grosso respiro ed entrò nella stanza, sbattendo la porta, buttandosi sulla sedia e mettendo i piedi sul tavolo. Era stato tutto appositamente studiato da giorni. Ma, naturalmente, lei non si rendeva conto che, con quella posizione, dava una chiara visione a Duncan di ciò che si intravedeva sotto la gonna… Duncan si sedette rapidamente, fissando gli anfibi sporchi di Courtney posizionati comodamente sulla sua scrivania.
“La prego di togliere le sue scarpe dalla mia scrivania, miss Ashton” scattò Duncan nervoso, ma Courtney gli fece una linguaccia che dipinse un’espressione sorpresa sul volto del ragazzo.
“Che ne dici di togliere la tua stupida tenuta da scimmia? Allora forse potrei togliere le mie scarpe sporche dalla tua pregiata scrivania incontaminata” lo sfidò Courtney.
Duncan si prostrò in avanti con un piccolo sorriso sulle labbra “C’è un certo codice nell’abbigliamento, miss Ashton, in particolare un divieto per le gonne particolarmente… corte. Ma queste regole non sembrano essere seguite” dichiarò Duncan e Courtney arrossì lievemente togliendo i piedi dal tavolo “E ad ogni modo, per te sono Mr. Evans, ragazzina”
“Beh, Mr. Evans” Courtney sputò quel titolo con amarezza “Avete mai sentito parlare di violenza sessuale? Oh, ma certo che ne avete già sentito parlare…” Courtney sorrise furba sapendo che Duncan avrebbe capito a che cosa alludesse. Era stato un colpo basso, lo sapeva, ma lei era così incazzata che se ne fregava.
Duncan impallidì e batté le mani sulla scrivania alzandosi di scatto. Courtney ciondolava sulla sedia, divertita da quella reazione. Era ovvio che lui si ricordava di lei, stava solo fingendo… quel bastardo.
“Non ho idea di che cosa stia parlando, Miss Ashton” dichiarò Duncan a denti stretti. Courtney si alzò dalla sedia facendola cadere e si appoggiò alla scrivania puntando la sua faccia contro quella di Duncan.
“E invece penso proprio di sì, Mr. Delinquente” ringhiò lei maliziosa e la faccia di Duncan si contorse in un’espressione di rabbia.
“E’ stato davvero stupido pensare che uno studente che colpisce in faccia il suo insegnate, si sarebbe scusato” sospirò il ragazzo tirandosi indietro i capelli corvini con una mano.
“Puoi andare avanti a fingere quanto vuoi, ma so che ti ricordi di me. So che mi amavi e che mi stavi attaccato come una sanguisuga, io non sono più un’innocente bambinetta ingenua ed è meglio che sputi il rospo, ora!” ringhiò Courtney. Duncan la guardò come se non capisse le sue parole, era assorto nei suoi pensieri ricordando quando erano più giovani. Rimasero ostinatamente in silenzio per un po’, contemplando ogni loro singola mossa.
Fu Courtney la prima a parlare “Perché fingi di non conoscermi?” sussurrò più a sé stessa che a lui.
Duncan, per tutta risposta, sospirò profondamente.
Courtney si mise a giocherellare con il suo braccialetto che lui le aveva regalato.
Duncan la osservava distratto.
Courtney doveva scusarsi, ma Duncan non si meritava lei sue scuse, anzi era il contrario. Ma il ragazzo era sempre più tranquillo e lei sempre più infuriata ad ogni secondo che passava.
“Perché?! Perché, maledizione? Rispondimi!” gridò sfinita.
Duncan la fissò sbalordito.
Courtney sentì le lacrime appesantirle le palpebre. Chiuse gli occhi, ma li riaprì subito sentendo Duncan che la tirava a sé. Lei si divincolò, Dio, voleva tirargli un pugno! Si alzò, serrò le dite di una mano e colpì gridando “Perché?!”
Ma il suo pugno non trovò il volto del ragazzo, ma bensì le sue calde mani che la catturarono. Le lacrime scorrevano ancora lungo il suo viso, il suo sguardo vacillò e la sua rabbia si trasformò in disperazione.
“Perché mi hai fatto questo? Perché mi hai lasciata? Perché poi sei ritornato nella mia vita se poi non ti posso avere?” piagnucolò la giovane e Duncan la fissò intensamente, uno sguardo che nei suoi occhi non aveva mai visto prima.
“Perché sei diventata così maledettamente bella?” mormorò Duncan sottovoce.
Courtney si agitò “Che cosa sono diven…” ma non riuscì a finire la frase. Courtney spalancò gli occhi spaventata… e le sue labbra erano state catturate da quelle di Duncan, in un bacio appassionato.
Si stavano baciando…
 
~  Written by Silent Unheard Child
~ Translated by Xenja
 
Angolo della traduttrice
*Happy Birthday to you
Happy Birthday to you
Happy Birthday Gemellina
Happy Birthday toooo youuuuuuuuu*

No, tranquilli non sono impazzita… ho solo cantato una canzoncina di Buon compleanno alla mia gemellina Lana ♥
Auguri Gemellina Mia *-*
*Traduttrice, lettori e festeggiata mangiano tutti insieme una torta alle fragole e affogate al cioccolato*
GNAM ♥

Tornando nei Mondo delle persone “normali”
Allora… chi si offre volontario per strozzare quell’idiota??? Stava solo fingendo e ha fatto piangere Courtney con il suo orribile carattere menefreghista :’(
BASTARDO!
Però, oggi è un giorno importate e quindi… allegria  ♥.♥
Ultima cosa: come già detto, questa storia è un po’ erotica e dal prossimo capitolo inizierà a diventar lo. Non me la sento di mettere il rating rosso, è esagerato, le scene non sono descritte così a fondo e poi la maggior parte di voi non potrebbe leggere e mi dispiacerebbe ♥
Ora vado e… Silent vi abbraccia forte e vi ringrazia ♥
E fa gli auguri a Jwooww ♥
La traduttrice,
Xenja

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Capitolo 6
*** Child ***


Child

Non potevo stare con lei un minuto di più. Quell’espressione che aveva sul volto quando era arrabbiata mi dava uno strano calore…
Tutti quegli anni passati a desiderare e a pensare che le cose avrebbero potuto andare in un modo diverso…
E le cose avrebbero dovuto andare in modo diverso se non fosse stato per la mia stupida età adolescenziale, ma ora… ora tutto sembrava andare per il verso giusto. Il mio desiderio represso nei suoi confronti e la mia frustrazione stavano traboccando dentro di me. Andava tutto per il verso giusto… appunto.
“Da quando sei diventata così bella?” sussurrai con passione, tanto che lei mi guardò stranita. Courtney disse qualcosa, ma io non riuscii a sentire… non volevo. Le sue labbra carnose e setose mi distraevano e le parole cadevano sulle mie orecchie sorde.
Tutti quegli anni di tentato autocontrollo svanirono nello stesso momento in cui catturai le labbra di Courtney nelle mie. Lei era immobile, nel panico. Se Courtney non mi avesse più amato, o peggio, non provava più nulla per me, non avrebbe risposto al bacio. Provai a scacciarla per vedere la sua reazione, ma lei strinse i lembi della mia camicia con entrambe le mani e mi abbracciò stringendomi al suo corpo formoso.
Si accese un fuoco nei luoghi più profondi del mio stomaco e si consumò tutto all’interno di me, stretto in un caldo abbraccio.
Lei ansimò contro le mie labbra e la mia mano percorse tutto l’arco della schiena, fino ai sinuosi fianchi. Le nostre labbra si rimodellavano continuamente sulle nostre bocche che si muovevano in sincronia. Contenni a stento un gemito, mordendo accidentalmente le labbra di Courtney che piagnucolò contro la mia bocca.
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Buttai a terra tutti gli oggetti che popolavano ordinatamente la mia scrivania, ma in quel momento non me ne fregava niente. Feci sdraiare Courtney sulla scrivania e inizia a tempestare la sua delicata gola di baci. Poi tornai a baciare la sua bocca ed il nostro bacio divenne sempre più pieno di passione.
Desideravo ogni singolo poro della sua pelle.
Courtney era impaziente e sarei bugiardo se dicessi che io non lo ero. Lei gemeva e borbottava incomprensibile mentre io elogiavo il suo splendido corpo da donna. Era veramente cresciuta durante quegli anni e me ne accorsi quando sentii contro il mio petto la morbidezza della sua carne.
Si strappò la camicetta di dosso e rivelò il suo seno ai miei occhi. Mi guardò eroticamente, le sue labbra brillarono di baci umidi e le gote arrossarono.
“Duncan” gemette Courtney abbracciandomi “Ho bisogno di te, Duncan…” e il suo sguardo scintillò nel mio con lussuria. Non avevo mai voluto qualcuno così tanto come in quel momento e ora ero disposto a prendermi la sua innocenza, qui. Ma qualcosa mi bloccò stringendomi il cuore.
Courtney era cresciuta molto… ma in fondo la sua mente era ancora innocente e il suo volto infantile.
E’ ancora una bambina.
La scostai da me bruscamente, lasciandola senza fiato e con sguardo perplesso.
Oh Dio, che cosa sto facendo? Pensai passandomi una mano sul volto mentre cercavo di allontanare la mente dal pensiero del suo corpo.
Merda, ero andato troppo a fondo. Avevo perso il controllo e come poteva essere… Courtney era così bella… e giovane… e innocente. Era ancora in tempo per non cascare nei peccati dell’età adulta. Resistetti all'irrefrenabile tentazione di far cadere lo sguardo sul suo petto nudo perché sapevo che non sarei riuscito a mantenere il controllo una seconda volta.
“Courtney… devi andare” dissi senza guardarla sapendo che era ancora sdraiata sulla mia scrivania con le vesti aperte e le gambe troppo scoperte.
Dio, avevo fatto fin troppo… che genere di adulto fa questi generi di cose a un bambino? Avevo provato una sensazione provata anni fa, quando strisciai il mio pollice su un corpo nudo. Una sensazione proibita, un peccato che aveva segnato la mia coscienza.
“Ma perché?” sussurrò Courtney avvilita, potevo sentire un tremore nella sua voce.
“Lo sai. Questo è sbagliato… per entrambi” mormorai.
La sua mano si posò sulla mia spalla e mi costrinse a voltarmi per guardarla. La tristezza sul suo volto era insopportabile e i suoi occhi di cioccolato colmi di miseria furono una pugnalata al cuore.
“Non sono più una bambina, io sono adulta… per me va bene se… ora ci sentiamo e facciamo cose… simili” arrossì di un profondo rosso. Rapidamente prese la mia mano e la poggiò sul suo seno sinistro. La mia mente vacillò sulla morbidezza della sua carne richiusa a coppa nella mia mano. Premetti inconsciamente e Courtney gridò di piacere.
E’ sbagliato.
Tolsi subito la mano e la sua tristezza si tramutò in rabbia.
“Come ti permetti di fare questo a me? Andare così in fondo e poi fermarti? Non hai la minima idea di come ho sperato e pregato che arrivasse questo momento! Eh?” Courtney mi urlò in faccia, ma iniziò a sbottonarsi la camicetta più di quanto già non fosse. Rimasi lì, a fissarla, sconcertato… quando iniziò a togliersi le vesti.
Dio, era così sbagliato eppure volevo stringerla a me più di ogni altra cosa.
Il suo temperamento deciso e la sua cruda determinazione non erano cambiati negli anni, ma erano cresciuti insieme al suo corpo da Dea. Courtney si tolse la gonna e rimase lì, di fronte a me con solo gli indumenti intimi addosso. Arrossi e guardai altrove senza sfiorare la sua forma seminuda.
“Duncan” sussurrò il mio nome come fosse una preghiera e non potei far altro che ascoltarla.
Posai il mio sguardo su di lei e Courtney iniziò a far scivolare il suo reggiseno lungo il suo petto.
Non riuscivo più a trattenermi…

Duncan guardò Courtney mentre giocherellava con il reggiseno. Nessuno l’aveva mai guardata così prima d’ora e il desiderio sfrenato dei suoi occhi cielo le fece andare il corpo in fiamme. Non era sicura di quello che stava facendo, Dio, era così imbarazzata e scioccata dalla sua lontananza. Ma Courtney voleva Duncan più di ogni altra cosa a questo Mondo.
Improvvisamente, Duncan si spostò in avanti, verso di lei. Stava per abbracciarla, lei lo sapeva, e così chiuse gli occhi.
Lo sbattere della porta risuonò nelle sue orecchie. Duncan l’aveva lasciata.
Courtney scivolò sul pavimento dell’ufficio, disorientata e umiliata oltre ogni limite. Si coprì il petto nudo con le braccia, cercando con gli occhi ciechi dalle lacrime la sua camicetta. Il suo corpo rabbrividì e tremò di singhiozzi silenziosi mentre lentamente si rimetteva i vestiti.
Restò in ufficio per un po’, non poteva uscire visto il suo corpo tremante e il volto devastato dalle lacrime.
Alla fine, si calmò e fece ritorno nel suo dormitorio. Si lasciò cadere sul letto, senza abiti, e rimase lì. Courtney non riusciva più a piangere a causa delle troppe lacrime che aveva versato nel corso dei suoi anni. Milioni e milioni di diamanti liquidi erano stati sprecati dai suoi occhi per un uomo che non l’amava, un uomo che la vedeva come una bambina.
L’avrebbe dimenticato una volta per tutte.
Il cuore di Courtney si strinse dolorosamente nel suo petto e si ritrovò a stringerlo nel tentativo di calmare la sua anima.
Ormai è tutto chiaro. Tu mi vedi come una bambina che una volta non era la donna che ora sono diventata.

L’acqua  fredda si infranse contro la mia pelle, in modo da rinfrescarla. Sentii i miei peccati scivolarmi via, tutte quelle assurdità che avevo compiuto. Misi la testa contro le piastrelle gelate cercando di dimenticare quanto avevo desirato i tocchi di Courtney. Ma ora stavano diventando sempre più forti. Non c’era modo di attutirli, né con l’acqua fredda né con l’alcool.
Avevo dato sfogo e allo stesso momento distrutto i suoi sentimenti, l’avevo lasciata sola, di nuovo.
Picchiai pugni e pugni sulle piastrelle finché l’acqua gelida non mi calmò.
Lo sapevo, cavolo, lo sapevo che lei non era più una bambina! Ma la mia mente era rimasta ferma a quando lei era piccina, tanti, troppi, anni fa…
Girai per la cucina del mio appartamento con l’asciugamano attorno alla vita, sperando di calmarmi ancora di più bevendo qualcosa. Ma un familiare luccichio argenteo sul pavimento davanti alla porta di entrata, attirò la mia attenzione. Esitante, mi avviai verso l’ingresso e mi chinai per raccogliere l’oggetto luccicante. La mia mano si aprì rivelando il braccialetto che avevo lasciato a Courtney tanti anni fa.
No… no…
Il corpo senza forze si abbandonò sul pavimento, sprofondando. Una lacrima cadde sulla scritta argentata Princess.
Desolazione e dolore mi inzupparono facendomi affondare sempre di più…
Non c’era modo di tornare indietro…
Avevo fatto un altro casino… ma questo sarebbe stato l’ultimo.

~  Written by Silent Unheard Child
~ Translated by Xenja

Angolo della traduttrice
Sigh… sigh… sebbene non sia la prima volta che io legga questo capitolo… tradurlo è stato davvero difficile, oltre che deprimente :*
Devo dire che la prima parte lascia totalmente scandalizzati, ma la seconda… Dei, io ho pianto come una fontana la prima volta che l’ho letto :(
Sto stronzo… sta… non dico cosa è Courtney, ma sapete quello che penso ù.ù
Insomma erano così baci e abbracci e poi? POI???
Scusatemi ma io sto sclerando… davvero! Non ce la faccio più!!!
Comunque, notizia moooolto più confortante (forse): l’autrice, vista la sua gratitudine nei vostri confronti per aver recensito la sua storia con tutti quei complimenti, vuole scriverne un’altra e, se voi siete d’accordo, ho intenzione di tradurla… quando avrò finito con questa, ovviamente…
Ci state?
Attendo la vostra risposta tramite recensione o messaggio (a entrambi gli account ^^)
Grazie per la vostra attenzione e pazienza
La traduttrice,
Xenja ♥

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Capitolo 7
*** Rebel ***


Rebel

Non parlavamo da quella notte. Erano un paio di settimane che non c’erano segni di miglioramento tra noi, anzi, sembrava andare sempre peggio. Quando Courtney mi lasciò, pensai che non c’era niente di peggio che essere lasciati, ma in realtà essere totalmente ignorati era molto più angosciante.
Durante le ore di lezione, faceva di tutto pur di farmi incazzare…
Picchiai irritato un pugno sulla cattedra mentre supervisionavo la mia classe del 12° anno.
Mi piaceva stare con quei ragazzini anche se a volte mi davano sui nervi. Per esempio, quel ragazzino spagnolo faceva il filo a Courtney, nonostante lei fosse più grande di lui.
Ora che Courtney aveva “rinunciato a me”, aveva iniziato a prestare attenzione agli altri scolari del sesso opposto tanto per ottenere un po’ del mio disprezzo, a meno che lei non avesse gli occhi fissi su di me.
Ma adesso tutto stava cambiando.
Non si poteva negare che Courtney non fosse una donna giovane e splendidamente bella, ideale per i giovani ragazzi della sua età, un frutto maturo pronto per il raccolto. E ora lei ce le aveva sempre tutte vinte, visto che con il suo approccio sensuale riusciva ad ottenere tutti i ragazzi che voleva.
Quindi, questo nuovo caratterino di Courtney che presta attenzione a tutti gli uomini tranne che al sottoscritto mi stava facendo apparire piuttosto scortese, tanto che questa mattina avevo fatto una vera e propria sfuriata per poter utilizzare un bagno. Ad essere onesti, io sapevo che tutto questo era successo solo per colpa mia… solo mia.
Se solo avessi potuto passare sopra al fatto che lei non era più una bambina, avrei potuto di nuovo esternare i miei sentimenti per lei, il che sarebbe fantastico. Ma a quanto pare la mia mente stupida non ne voleva sapere di accettare la cosa. La falsa risata di Courtney mi portò fuori dai miei pensieri per atterrare sul pianeta Terra, dove Courtney stava flirtando con quello stupido spagnolo. Le mie dita si serrarono sul legno scheggiato.
Peccato che l’omicidio sia illegale…

Courtney segretamente roteò lo sguardo annoiata nello stesso momento in cui lo studente spagnolo finì di parlare con lei. Dio, quel ragazzo era seccante oltre che disgustoso! Lei farebbe anche a meno di parlare con quel depravato, anche se avvicinarsi a lui era stata una sua scelta, un modo per dimenticare Duncan. Dimenticare il modo in cui lui la guardava, come lei si sentiva pensando a lui, il modo in cui le sue labbra leggermente screpolate e il suo corpo muscoloso premevano su quello di lei…
“Courtney?” il ragazzo davanti a lei richiese nuovamente la sua attenzione e lei arrossì ai suoi pensieri. Lui, ovviamente, credette che il suo rossore fosse dovuto all’imbarazzo di essere in sua compagnia, così continuò a blaterale stupidate a cui Courtney non importava un fico secco.
Argh, ma tutti i ragazzi sono così egocentrici come questo qui? Forse, la maggior parte…
Courtney si ritrovò di nuovo a pensare a Duncan, a come fosse cresciuto e al fatto che ormai lui non era più un ragazzo, ma un uomo. Un adulto, e poteva confermarlo dal modo in cui lui ora la guardava, dal modo in cui l’aveva baciata e da come il suo corpo aveva reagito a contatto con quello di lei… Courtney scosse la testa mentre le guance divenivano ancora più rosse. Non era il momento di pensare a Duncan… Già, doveva smetterla di pensare a queste cose perverse! Lei era una donna adulta, ormai, una donna il cui fascino sessuale era apparentemente molto desiderabile. Essendo stata concentrata solo su Duncan tutti questi anni si era isolata dal mondo esterno, dimenticando che là fuori c’era uomini molto più attraenti di Duncan. E’ solo che lei non voleva stare con altri uomini che non fossero lui. Ma non l’avrebbe mai detto a quel bastardo.
“Courtney” gridò una voce. Lei alzò lo sguardo verso il suo interlocutore solo per trovarsi di fronte un paio di occhi cristallini. Gli lanciò la miglior occhiataccia che poteva permettersi.
“Che cosa vuoi?” sputò lei. Lo studente spagnolo, il cui nome era estraneo alla mente di Courtney, sgranò gli occhi davanti a quelle parole così dure per essere rivolte ad un insegnante.
Oh, se solo sapesse tutta la verità…
Duncan non batté ciglio.
“Ti voglio nel mio ufficio a fine lezione. Dobbiamo parlare della tua punizione” affermò seccamente prima di girare i tacchi e rivolgersi ad un altro studente senza nemmeno darle la possibilità di ribattere. Vaffanculo alla punizione pensò Courtney Sarà un’altra scusa per parlarmi ed umiliarmi. O forse voleva solo ridarle il braccialetto che le aveva regalato. Sinceramente, si sentiva persa senza il freddo dell’argento attorno al polso e sapeva che quella sensazione non era affatto buona cosa. Lo studente spagnolo si rigirò per tornare a chiacchierare con Courtney, anche se lei sembrava più impegnata a scarabocchiare su un foglio di carta iniziando a temere il discorso che avrebbe dovuto tenere con Duncan.

Presi posto dietro la scrivania mentre Courtney entrava nel mio studio sbattendo la porta. Mi assaporai quella piccola vittoria. Era un miracolo che lei fosse venuta qui, oggi, a parlare con me dopo due settimane di silenzio. Lei incrociò le braccia al petto con aria di sfida e mi fissò crudelmente.
“Che cosa vuoi? So che non mi hai convocato per darmi una stupida punizione. Non sono un’idiota, lo sai” sibilò Courtney. Alzai un sopracciglio in risposta riconoscendo che lei idiota non era. Avevo scoperto che Courtney aveva il massimo dei voti in tutte le materie sin da quando frequentava la seconda elementare… Scossi la testa e spinto dall’orgoglio gonfiai il mio petto. Sospirai e puntai lo sguardo in quei gelidi occhi cioccolato.
“Guarda che quello che stai facendo è del tutto inutile. Mi ignori e improvvisamente prendi atto di tutti gli studenti di sesso maschile che ci sono in questa scuola. Ti conosco e nemmeno io sono un idiota. Se stai cercando di ingelosirmi ti suggerisco di smetterla perché il tuo piano non sta funzionando” mentii a denti stretti. Lo sguardo di disappunto sul suo viso si tramutò in compiacimento.
Merda…
“Ah! Non sei geloso, Duncan? Stronzate! Solo il fatto che mi stai facendo questo discorso vuol far significare che sei geloso” rise Courtney, senza che io ne trovassi il senso. La mia faccia divenne incandescente dall’irritazione. Aveva ragione ed entrambi lo sapevamo. Dio, che incazzare! Ma perché avevo detto una tale cazzata?
“Beh, forse qualcuno poteva evitare di comportarsi come una totale puttana!” urlai fuori di me, ma mi pentii subito di quella frase. L’espressione sul suo viso si contorse in rabbia. Si alzò e diede un calcio alla sedia sulla quale era seduta con una tale potenza da mandarla dall’altro lato della stanza, per poi farla sbattere contro il muro con un gran frastuono. I suoi occhi erano inondati da odio puro.
“Sarei io la puttana? Bene!” Courtney uscì dalla stanza, non prima di rivolgermi un sorriso maligno.
Ho combinato un altro casino…

Una puttana! Come osa chiamarmi in quel modo? Sono ancora vergine e non ho mai toccato un uomo, se non lui, in tutta la mia breve vita! Certo, Duncan sapeva tutto ciò, ma lei non l’aveva fermato nell’udire quelle parole. Voleva che si pentisse amaramente per quello che le aveva detto. Courtney corse attraverso le sale della scuola fino alla sua classe, quando notò l’adolescente spagnolo di prima. Si fermò di colpo mentre un’idea contorta vagò per la sua mente.
“Ehi, tu!” lo chiamò. Lui si voltò rivolgendole un sorriso mozzafiato e si incamminò verso di lei…
Perfetto!

Camminai lentamente svoltando l’angolo mentre sbadigliavo e mi stiracchiavo. Pattugliare i dormitori durante la notte era una cosa insopportabile per me, ma purtroppo essenziale in un collegio, anche in uno di quelli ricchi e di livello superiore. Credevo che erano proprio i ragazzi più ricchi quelli più incontrollabili. Loro pensavano che, essendo benestanti, nessuno poteva toccarli dandogli l’onore di fare ciò che volevano. Passai la torcia prima in una mano poi nell’altra mentre salivo le scale fino ad arrivare al piano superiore. Questi ultimi erano i più anziani di tutto il collegio e quindi i più inclini a fare le classiche ragazzate della loro fascia d’età. La maggior parte si portava alcolici nelle camere per poi organizzare dei ritrovi notturni e bere a più non posso. Questo non mi dava alcun fastidio, almeno fino a quando non me li ritrovavo completamente sbronzi, e la maggior parte delle volte era così. Ma, a volte, c’erano anche i ragazzi più coraggiosi che si portavano le ragazze, solitamente di grado inferiore, nei propri dormitori tanto per divertirsi un po’. Ridacchiai tra me e me iniziando a perlustrare il piano, ma per niente preparato a quello che avrei visto dopo.
La porta si aprì con molta cautela e la testa nervosa di Courtney fece capolino guardinga. Subito dopo di lei entrò lo spagnolo che con un gesto di galanteria la incitò a proseguire. Peccato che le sue idee non fossero altrettanto galanti… Appena li vidi strinsi la torcia nelle mie mani con una forza tale da spezzarla in due.
“Fermi lì!” ruggii godendomi i loro corpi che si bloccavano dallo shock. Onestamente, non mi interessava quanto sarebbe stato forte il pugno che avrei tirato a quel ragazzo, ma continuavo a chiedermi a che gioco Courtney stesse giocando. Alcune teste si alzarono dai propri cuscini. Mi precipitai verso una Courtney tremante e uno spagnolo che pareva pietrificato. Afferrai con forza un braccio di Courtney e la spinsi lontano da lui.
“Cha cosa diavolo pensi di fare?” gridai al ragazzo che mi fissava terrificato. A quanto pare riuscivo ad apparire spaventoso come un tempo. Lui non rispose e sussurri preoccupati iniziarono a riempire i corridoi. Spinsi Courtney ancora più lontano e poi mi rigirai sui tacchi.
“Se ti becco un’altra volta mentre cerchi di portare una ragazza in camera tua, mi occuperò personalmente di te e vedrai che non sarai più in grado di avvicinarti ad una ragazza”  La mia penosa minaccia fu in grado di mettere paura a quel bamboccio che annuì vile. Trascinai Courtney lungo il corridoio per riportala al suo dormitorio.
La buttai sul suo letto e mi chinai su di lei. Mi guardò con occhi spaventati rannicchiandosi sotto le pesanti coperte.
“Cosa diavolo avevi in mente? Sei davvero così idiota? Quello scemo ha dormito con talmente tante donne che nemmeno si possono contare sue entrambe le mani!” sibilai silenzioso, ma stressatissimo. Courtney mi lanciò un’occhiata truce.
“Oh, tu invece non l’hai mai fatto!” sputò mentre io le ringhiai contro.
“Ovviamente tu pensi che io abbia dormito con più donne di quante ne abbia ora. Ma non è questo il punto. Stai esagerando, Courtney. Al posto di farmi diventare geloso, mi istighi all’omicidio. Ti rendi conto che avrei potuto ammazzare quell’idiota se gli avessi permesso di toccarti? Eh? Ovviamente non è accaduto perché non sei così stupida da fare una cosa simile” le urlai in faccia sapendo che mi avrebbero sentito. Courtney non disse nulla. Mi guardò ansimando un po’ per la paura.
“Ti preoccupi?” piagnucolò tanto che l’udii appena mentre le sue guance si tinsero di un rosa intenso. Mi bloccai scoprendo che ora ero sopra di lei, fin troppo vicino al suo volto. I miei occhi si spalancarono e si richiusero subito dopo. Le mie lunghe ciglia solleticarono le guance di lei e le sue labbra di dischiusero leggermente attirando le mie.
Merda, non va bene! Non va bene!
Mi prese il panico. Le mani di Courtney carezzarono il mio viso, ma io le strappai via. Corsi fuori dalla stanza, chiusi la porta e scappai verso la fine del corridoio. A metà strada, mi lasciai andare sul pavimento spingendo la mia testa martellante contro le piastrelle
Questo è troppo!

~  Written by Silent Unheard Child
~ Translated by Xenja


Angolo della traduttrice

Buh!
Bene, ce l’ho fatta a tradurre anche questo capitolo! Scusatemi se ci ho impiegato un secolo, ma ora ho 2 storie da tradurre… e la seconda è una vera faticata! Mi piace, ma è complessa e i pensieri molto intricati… Uff! Mi ha portato via un bel po’ di tempo.
Ma non mi posso dimenticare questa FF ♥
Ok, diciamo che tra Duncan e Courtney, non so ancora chi sia il più idiota, ma… passiamo oltre…
Riguardo agli anni scolastici in Australia, posso solo dirvi che il 12° anno,  NON è la nostra seconda media, ma se non erro, la nostra 3° superiore.
Ultima cosa: scusate se negli ultimi due capitoli non ho risposto alle vostre recensioni, ma sto attraversando un periodo piuttosto difficile e non sono molto presente sul sito. Ma, se vi fa piacere, una fan accanita Duncney che odia Duncan con tutto il suo cuore, ha iniziato un campagna PISD (Pronto Intervento Sterminio Duncan). Chiunque  volesse farne parte può andare al banco iscrizioni che è da quella parte *indica luogo sconosciuto*
Ok, ho finito di dire scemenze!
Il prossimo capitolo è già tradotto per metà, se questo può rendervi felici ♥
La traduttrice,
Xenja ♥

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Capitolo 8
*** Realise ***


Realise

L’incidente dell’altro giorno… mi stava facendo pensare e pensare, scavando dentro la mia mente dove si trovava la risposta al mio stupido problema. Non parlavo con lei da quel giorno, eravamo tornati al punto di partenza. Sebbene  mi sorprendevo a fissarla intensamente senza nemmeno rendermene conto, stavo iniziando a preoccuparmi. Courtney non aveva più alcun contatto con me, né visivo né vocale. Diedi la colpa al fatto che si sentisse imbarazzata e provasse vergogna per ciò che aveva fatto. Lei sapeva di essersi spinta troppo oltre. Pensare a che cosa sarebbe potuto accadere se io non fossi stato lì, mi faceva accapponare la pelle. Strinsi i pugni meditando sull’idea di scovare quello spagnolo e riempirgli la faccia di cazzotti.
Improvvisamente la campanella suonò e io lasciai la classe per dirigermi verso l’ufficio. L’ora successiva non dovevo tenere alcuna lezione così decisi di prendermi del tempo per pensare. Lasciandomi cadere sulla poltrona di pelle, posai i piedi sulla scrivania e chiusi gli occhi. Ero stanco, davvero stanco, siccome passavo le notti insonni a riflettere su cose inutili che non avrebbero di sicuro migliorato la mia situazione. Riaprii gli occhi e raggiunsi il mio cassetto. Lo aprii e cercando tra tutto quel disordine, un bagliore famigliare mi strinse il cuore.
Con tutta questa confusione, è meglio che questo lo tenga io.

Courtney batté le nocche sulla porta di legno ancora per una volta, ma non ottenne risposta. A questo punto poteva anche andarsene, ma lei aveva bisogno di chiedergli scusa per la bravata dell’altra sera. Piegò la testa di lato e la ciocca verde scivolò fuori posto dal dietro le sue orecchie. La fissò brevemente facendosi una nota mentale sul ritingere la ciocca dato che il verde si stava scolorendo. Posizionò velocemente il ciuffo colorato dietro l’orecchio ed esitante aprì la porta dell’ufficio di Duncan. Il cuore di Courtney perse un battito e le sue guance si riscaldarono ammirando la vita di fronte a lei. Duncan sedeva addormentato sulla sua poltrona, le gambe incrociate sulla scrivania e un’espressione pacifica scolpita sul suo bel volto. Cautamente chiuse la porta alle sue spalle e si appoggiò ad essa, fissando incantata l’uomo che dormiva.
“Duncan” sussurrò Courtney, senza però volerlo svegliare. Strisciando contro la porta si diresse lentamente verso il ragazzo addormentato. I suoi capelli neri avevano ricominciato a crescere toccando il suo naso lievemente all’insù, ricordandole che quando era più giovane se l’era rotto durante qualche rissa. Gliel’aveva detto quando erano entrambi più giovani e lei si ricordava ancora tutto quello che le raccontava. Courtney poteva ancora ricordare quando lui aveva tutti quei piercings, di come era orgoglioso di tutto quel metallo sulla faccia o della sua cresta verde che faceva pandan con gli occhi cristallini. Ma ad ogni modo, il vecchio e nuovo Duncan, le piaceva allo stesso modo. Canticchiando, pettinò i capelli del ragazzo togliendoli dalla fronte senza pensare che avrebbe potuto svegliarlo, ma per fortuna non successe. Courtney ricordò che Duncan le aveva confessato di avere un sonno molto profondo e in questa situazione le faceva molto comodo. Courtney arrossì un poco, quanto poteva andare a fondo senza svegliarlo? Quel pensiero lievemente perverso si visualizzò e subito dopo consumò nella sua mente. No, non poteva… ma moriva dalla voglia! Solo un piccolo bacio, non può svegliarsi… pensò Courtney mentre fissava con desiderio quelle sottili labbra da far invidia a quelle di cupido. Duncan non lo saprà mai… si auto-rassicurò sporgendosi verso il collo del ragazzo, inalando tutto il suo profumo che le fece venire l’acquolina in bocca. Duncan era così dannatamente delizioso che Courtney avrebbe voluto divorare ogni singolo centimetro della sua esistenza. Diminuendo sempre di più la distanza tra i due, Courtney inclino la testa di lato, senza nemmeno accorgersi di come fossero vicini. Chiuse i suoi occhi cioccolato scorgendo un bagliore argenteo e uno scorcio di luce acquamarina, ma questo svanì non appena le labbra di Courtney catturarono quelle di Duncan. Il bacio durò solo pochi secondi, ma a Courtney sembrò un’intera vita e il suo cuore batteva sempre più forte nella sua cassa toracica. Subito prese il bagliore argenteo tra le mani di Duncan e se ne andò, non prima di dare un nuovo veloce bacio al ragazzo. Courtney fuggì dalla stanza dimenticandosi totalmente delle scuse e della vergogna perché quell’argento la faceva sentire a casa.

Mi portai la mano alla testa sospirando agitato.
“Principessa sciocchina” sussurrai dolcemente stringendo la presa sul braccialetto che ormai non era più lì.
Merda pensai mentre, tremante, scesi dalla sedia, lasciai l’ufficio e mi diressi verso la sala del personale. Entrai sbadigliando e notai che non c’erano molti professori, solo un paio che andavano avanti e indietro e una professoressa piuttosto giovane ferma alla macchinetta del caffè. Pensai che anche a me serviva una buona dose di caffeina e sperai di trovare della Coca Cola in frigo perché il caffè lo odiavo e di bere cioccolata calda non se ne parlava perché… beh, perché sì!
La giovane donna alzò lo sguardo per incontrare i miei occhi e io sorrisi, poco prima di aprire lo sportello del frigo. Per fortuna erano rimaste un paio di lattine. Ne presi una e con un netto click l’aprii, sorseggiando una buona parte di liquido frizzante. Mi poggiai contro una panchina perché non avevo voglia di stare qui troppo a lungo. Non è che non mi piacevano i professori, io ero uno di loro, ma non erano molto socievoli.
“Mi scusi, è lei Duncan?” mi chiese una voce sensuale. Io mi voltai per vedere in faccia il mio interlocutore e notai che era stata la giovane professoressa a porgermi la domanda. Alzai leggermente un sopracciglio.
“Sono io” risposi secco mentre prendevo un altro sorso del mio drink. Le sue labbra colorate si aprirono in un sorriso di seduzione. Normalmente quel sorriso mi faceva provare qualcosa, ma ora ero completamente disinteressato. La donna fece scorrere i suoi lunghi capelli neri lungo le spalle e contrasse le sue sottili labbra. Onestamente, mi ricordava Gwen, eccetto per i capelli più neri, l’essere meno gotica, ma più troia.
Che noia! pensai.
“Posso aiutarti?” chiesi sperando che non le servisse niente. Lei rise un poco e assottigliò subdolamente i suoi occhi grigi.
“Beh, mi stavo chiedendo se tu volessi uscire con me, qualche volta” domandò, facendomi evidentemente intendere che sarebbe stato qualcosa di più di un solo ‘uscire’. Non ero stupido e nemmeno nato ieri perciò sapevo che cosa voleva da me. Il modo in cui mi scrutava dalla testa ai piedi, mordendosi seduttivamente le labbra… Dio, ci stava provando in un modo così evidente? La osservai per un attimo. Certo, non era il mio tipo… ma Courtney… Courtney… dovevo dimenticarla.
“Certo. Va bene stasera?” non volevo dirlo… ma l’avevo detto. I suoi occhi si illuminarono di lussuria.
“Stasera è perfetto. Vieni nel mio ufficio finite le lezioni e non fare tardi” sorrise subdolamente prima di uscire. La guardai camminare, quella gonna stretta e un po’ corta che le delineava perfettamente i glutei. Teoricamente dovevo essere eccitato per stasera, ma ero solo terrorizzato.

Courtney canticchiava allegramente sorpassando la classe d’inglese. Era sera tardi ormai e non molte persone era fuori dai dormitori. Attraversò il suo scompartimento quando Duncan svoltò l’angolo. Lei quasi gridò, ma si trattenne come vide un’altra persona che camminava con lui. Era straordinariamente bella e Courtney notò che era l’insegnante di educazione fisica, ma il modo in cui raggirava Duncan non le piacque. Il suo buon umore si disintegrò e i suoi occhi si sgranarono per lo shock nel vedere i due mentre si dirigevano nello scompartimento dei dormitori per insegnanti. Assolutamente no… non è possibile. E’ tutto un incubo, Courtney Pensò sul limite della disperazione. Corse verso il suo letto, si coprì con le coperte fin sopra la testa e pianse.

A quanto pare questa donna non vedeva l’ora di farlo con me… appena entrai nel suo appartamento mi saltò letteralmente addosso. Ora giacevo sotto di lei, nudo. Battei le palpebre, sorpreso di essere sdraiato su un divano e di non trovarmi in camera da letto. Doveva essere una vera maniaca. Iniziò ad attaccare le mie labbra con voracità stringendomi a lei. Sembrava un animale in calore e questo era disgustoso, togliendo il fatto che lei era praticamente nuda.
“Mmmmmh, sei più appetitoso di quanto mi aspettassi” mi sussurrò lei come se stesse facendo le fusa e io rabbrividii. Era passato così tanto tempo dall’ultima volta che ero stato con una donna? Fin da quando avevo lasciato Courtney, quando era ancora una bambina, non avrei mai pensato di toccare ancora una donna. Courtney… questa donna non è lei. Mi concentrai su quella specie di animale che continuava a baciarmi, ma non ci riuscii.
E’ con Courtney che voglio stare.
Quel pensiero mi colpì come una tonnellata di mattoni e io mi alzai di scatto dal divano. La professoressa mi guardò con uno sguardo folle, ma io inizia a raccogliere i miei abiti e a indossarli velocemente, tanto che non mi abbottonai nemmeno la camicia. Prima di andarmene, mi voltai verso quella pazza, nuda, sul divano.
“Mi dispiace deluderti, ma io amo un’altra” dissi semplicemente prima di correre fuori. L’unica cosa a cui pensava ora la mia mente era andare nel dormitorio di Courtney.
Bussai con cautela alla porta e nel frattempo mi guardai intorno sperando che nessuno mi vedesse. Dopo quella che sembrò un’eternità, Courtney aprì la porta e i sensi di colpa presero il sopravvento. Courtney aveva gli occhi rossi e gonfi e un profondo cipiglio attraversava il suo viso. Senza pensarci due volte la spinsi nella stanza e richiusi la porta alle nostre spalle, rimanendo nell’oscurità.
“Che ci fai qui? Non dovresti essere con quella tua puttana di insegnante?” sibilò Courtney nel buio, potei solo vedere il contorno nero del suo corpo. L’afferrai per le spalle e l’attirai a me, contro il mio petto. Courtney s’irrigidì a quell’abbraccio improvviso, forse perché non indossavo la camicia.
“Non ho dormito con lei” mormorai affondando il volto nei suoi capelli, ma lei ovviamente non mi credette.
“Lasciami andare stronzo!” gridò lottando contro la mia stretta.
“No, non lo farò. Non ho intenzione di lasciarti andare di nuovo, Principessa, non di nuovo” ansimai sul suo collo sentendola congelare all’uso di quel nomignolo.
“Se non avrò te, non avrò nessun’altra. Voglio solo te, Courtney, non vedi?” Le sorrisi nel buio, ma lei non si mosse. La allontanai cercando di capire che espressione fosse dipinta sul suo viso, ma mi era impossibile con quel buio. Courtney si sedette sul letto senza una parola e io la raggiunsi. Mi fissò.
“Diventa mia” mormorai inginocchiandomi ai suoi piedi e iniziando a baciarle le nocche, ma lei ancora non parlò. Iniziavo a preoccuparmi.
“Courtney, io ti am…” feci per dire, ma lei mi interruppe.
“No” affermò semplicemente. Ero sicuro di aver frainteso.
“No, cosa?” sussurrai pateticamente nel buio. Trasse un lungo respiro prima di parlare.
“Non sarò mai tua” disse neutra. Ci doveva essere un errore… avevo capito bene?
“Non sarò mai tua” disse per la seconda volta, prima di scivolare sotto le coperte.
Lei non mi ama più…

~  Written by Silent Unheard Child
~ Translated by Xenja

Angolo della ritardataria e scioccata traduttirce
Ok! Ci Sono! Ce l'ho fatta!
Ancora non ci credo... avrò provato a tradurlo una decina di volte, ma a causa di forze maggiori non sono mai riuscita a finirlo!
Ma ora è tutto ok... anzi, no! E' tutto sbagliato!
Non so se in Australia ci sono davvero insegnanti così... ma... ma... insomma, non ho parole! Secondo Silent, in Australia ci sono insegnanti molto giovani e nei collegi posso succedere cose con quelle descritte nei capitoli precedenti, ma tipo quella tra Duncan e la "pazza"... non credo proprio -.-"
Vabbeh, altro dramma da parte di Courtney e Duncan che non ne vogliono sapere di mettersi insieme .-.
Scusate ma sono di fretta... Ah, prima si dimenticarmi, per chiunque segue Prinzessin, il prossimo capitolo è pronto, lo devo solo revisionare e poi aggiorno ^^
Vado,
la traduttrice,
Xenja ♥

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Capitolo 9
*** Pursued ***


 
Pursued
 
Non sarò mai tua
Quelle parole tambureggiarono e gridarono nella mia mente, rantolai cercando di dare un senso a ciò che avevo udito. La mano delicata di Courtney si sciolse dalla mia stretta mentre ancora fissavo il suo viso appena illuminato. Ciò che aveva appena detto era crudele, ma la sua espressione in volto esprimeva solo pietà.
“Ma perché?” chiesi in un tono evidentemente disperato. Avevo bisogno di una spiegazione, una risposta sul perché non riusciamo a stare insieme, ora che ero pronto per stare con lei, dopo tutti questi anni.
“Non posso stare con una persona che mi vede come una bambina” dichiarò Courtney seccamente mentre scrutava il buio della stanza. Rimasi scioccato. Era vero che io la consideravo una bambina, ma solo precedentemente, ora avevo capito che lei non era più quella bambina di tanti anni fa. Credevo che Courtney lo sapesse… Presi le sue morbide guance nella mia mano e mi accorsi che rispetto alle mie mani fredde, irradiavano calore.
“Lo so che non sei più una bambina, Courtney. Lo so e sono pronto a stare con te, Principessa, perché ti amo” sussurrai dolcemente, accarezzandola con le mi accorate parole. Lei mi guardò, sbattendo le palpebre un paio di volte e tingendosi di rosso. All’improvviso si alzò, facendomi alzare con lei e buttandomi sul letto. Rimasi a dir poco sconcertato quando lei iniziò a lanciarmi coperte e peluche, carezzandomi dolcemente il viso. I suoi occhi cioccolato si fusero in un fiume di amore e passione, tutti per me. Il mio cuore batteva fortissimo nella mia cassa toracica, quasi da cercare di liberarsi e di volare via. Courtney si chinò sulle mia labbra, fermandosi a pochi centimetri, respirai profondamente.
“Duncan…” sussurrò seducente. Non riuscii a muovermi, la sua voce mi teneva prigioniero “Duncan… facciamo l’amore” mormorò nervosamente prima di sigillare la sua bocca alla mia. Il mio cuore smise di battere, rimanendo immobile nel mio petto. Un sentimento indescrivibile scivolò su di me, impossessandosi di me e delle mie labbra.
Courtney voleva… fare… l’amore con me, non sesso, solo amore e il significato del secondo era completamente diverso dal significato del primo. Nessuna donna mi aveva mai chiesto di fare l’amore.
Mi girai, posizionandomi sopra Courtney e iniziando a baciare il suo collo. Lei gemette e piagnucolò quando inizia a baciare la sua colonna vertebrale, degustando ogni singolo lembo della sua pelle. Inconsciamente, le mie mani avevano iniziato a vagare verso l’orlo della sua camicia da notte, corta, arrivava alle cosce. Una parte del mio sguardo iniziò saziarsi di quell’aspetto nascosto di Courtney, come dei suoi lunghi capelli che incorniciavano il suo volto e dei suoi occhi bruciati di passione.
Facciamo l’amore…
Quelle parole ondeggiarono intorno ai miei pensieri, cogliendone il vero senso. Scesi dal letto.
E’ ingiusto.
Courtney si coprì il petto, ansante, iniziando a fissare il mio di petto.
Deglutii.
“Che cosa c’è che non va ora?” mi chiese lei. I suoi occhi cioccolato avevano smesso di fondersi, indurendosi.
“Questo non è giusto, non è fare l’amore questo…” Persi subito la parola. Passai una mano tra i miei capelli disordinati, detta così, quella frase suonava terribile. Nono riuscivo a guardarla, non potevo, sapevo che quel suo sguardo mi avrebbe crepato il cuore.
“Devo andare…” sussurrai appena udibile, ma ero sicuro che lei mi aveva sentito. Varcai la porta e la richiusi alle mie spalle, appoggiandomi ad essa e sospirando tremante. Tornai afflitto al mio appartamento.
Devo andare…
 
Courtney capì perché Duncan se ne era andato la sera prima, l’aveva davvero capito, perciò non poteva essere arrabbiata con lui. Però, ciò che le dava fastidio era il fatto di non essersi presentato oggi alle lezioni, non lo vedeva dalla scorsa notte. Aveva solo detto che doveva andare… ma non per sempre, giusto? Onestamente, non ne era sicura, Duncan era imprevedibile.
Sbadigliando, si avvicinò al supplente di Duncan e si schiarì la gola.
“Mi scusi, signore, mi chiedevo dove fosse Dun… voglio dire, il professor Evans, oggi?” chiese Courtney.
L’insegnante la guardò incuriosito “Il professor Evans se ne è andato” dichiarò semplicemente, prima di tornare a leggere il suo libro. Courtney non si mosse. Aveva davvero lasciato? Era stata lei che l’aveva spinto ad andarsene? Per sempre? Inciampò nel legno della scrivania e tornò al proprio posto.
Se ne è davvero andato a causa mia?
 
Riposi un solo fiore sul perfetto marmo, sulla fredda pietra e mi rialzai in piedi. Guardai con affetto le due foto incassate nella tomba dall’effetto dissolvenza. Sì, era la tomba giusta, lo sapevo, dopotutto, era dei miei genitori. Il cielo brontolò infelice lasciando cadere qualche lacrima, bagnandomi, ma io non mi spostai. Ero contento qui. I miei genitori se ne erano andati per via della loro anziana età, lasciandomi nella solitudine, che piano piano venne a farsi sentire sempre meno. Sorrisi triste e posai delicatamente una mano callosa sulla fredda pietra. Alzai lo sguardo verso il cielo, osservando la pioggia che iniziò a cadere su quel luogo sacro. Era bello come tutto si stava ripulendo, dentro di me. Come tutta quella sporcizia che avevo assorbito negli anni, se ne stava andando, lentamente.
“Che sollievo” mormorai, in parte ai miei genitori, in parte a me stesso. Ora però dovevo tornare in quel collegio, quei due giorni di riflessione mi erano bastati. Durante quel paio di giorni ero tornato nella mia città natale, dove un tempo abitava anche Courtney, alcuni miei vecchi amici e dove erano sepolti i miei genitori defunti. Avevo fatto visita a tutti, vivi e morti.
Annuendo leggermente alla tomba dei miei cari, mi allontanai attraversando la pioggia pesante ed entrai in macchina.
E’ ora di tornare da Courtney.
 
Crollai sulla sedia del mio ufficio, raccogliendo tutta la carta sparsa sulla scrivania.
“Avrei dovuto ripulire prima di andarmene…” mi maledissi ad alta voce, continuando a raccogliere i fogli. Li infilai uno zaino, me lo caricai in spalla e poi uscii di nuovo sotto la pioggia battente. Correndo, mi diressi verso il mio condominio, quando vidi una figura a piedi sotto la pioggia.
L’impermeabile che indossava era trasparente e questo mi permise di vedere i jeans strappati, un maglione sfilacciato e un lampo verde smeraldo tra la chioma. Sapevo che era: Courtney.
“Courtney” chiamai. Lei si girò di scatto, sorpresa, iniziò a corrermi incontro. Mi baleno un sorriso genuino, un sorriso tutto gocciolante di acqua piovana e sempre più entusiasta mentre i miei occhi scrutavano quelli di Courtney correre verso di me. Mi si gettò tra le braccia, agitata, gridando il mio nome. Le carezzai la testa coperta dall’impermeabile, tentando di consolarla.
“Pensavo, pensavo che mi avevi lasciata. Pensavo che fossi scomparso di nuovo e mi avresti lasciata sola” singhiozzò Courtney. Allora io la strinsi ancora di più a me, temendo che il mio cuore si potesse strappare a quelle parole.
“Non potrei mai farlo, non di nuovo. Ti porterò con me, te lo prometto” sussurrai dolcemente, prima di baciarla affettuosamente sulle labbra umide. La pioggia era troppo fitta quindi nessuno ci poteva vedere, anche se non mi interessava molto, ero troppo preso a baciare Courtney. Ci staccammo per un attimo e lei carezzò la pelle bagnata del mio volto, sorridendo.
“Ti amo Duncan” confessò Courtney, facendomi perdere un battito.
“Ti amo anch’io, principessa, ti amo troppo” dissi prima di chinarmi alla sua altezza e baciarla nuovamente.
Finalmente, ci incamminammo verso casa, il mio appartamento. Potemmo asciugarci e rilassarci e io, come sempre, potei riflettere su qualcosa che non avevo mai notato prima. Credevo che fosse sempre stata Courtney a rincorrermi, ma in realtà, ero sempre io che correvo da lei, dalla mia piccola principessa.
 
Angolo dell’autrice che merita di essere lapidata
Alloooooora… da quanto tempo non aggiorno? Un mese? Ma che brava -.-“
No, sul serio, adesso iniziano le vacanze, niente scuola e finisco la storia… dopotutto mancano solo quattro capitoli!
A proposito, avrete notato anche voi che l’autrice originale è leggermente pervertita (parole sue) perciò, un capitolo, l’undici, sarà a rating rosso e lo pubblicherò a parte ^^”
Bene, finalmente i nostri piccioncini sono tornati insieme ♥ YUPPI!
Che felicità :*
Ok, vi lascio, prima che mi facciate fuori .-.
La traduttrice,
Xenja ♥

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Capitolo 10
*** Resist ***


Resist
 
“Signor Evans” urlò Courtney per la sala da pranzo, attraversata da un fastidioso brusio. Tutte le teste si girarono verso di noi e io resistetti nel ringhiare a tutti di farsi gli affari propri. Ma il sorriso di Courtney sciolse quei miei pensieri negativi e io mi focalizzai sul suo viso lentigginoso. Courtney poggiò il vassoio sul tavolo e scivolò di fronte a me.
“Ciao” mormorò timidamente Courtney, posando la ciocca verde dietro un orecchio. Le sorrisi un po’ prima di vederla sbuffare davanti al cibo della mensa. Anche le mense per ricchi avevano un cibo non molto appetitoso.
“Allora, come è andata la scuola stamane?” chiesi mentre ero intento a sgranocchiare una coscia di pollo. La ragazza alzò lo sguardo dal suo cibo e sorrise dolcemente. Il mio cuore perse un battito.
“Solita roba noiosa e poco interessante” disse seccamente torturando il cibo con la forchetta.
Sghignazzai cercando di non soffocarmi “Ah! Beh, non è colpa della scuola se non è abbastanza divertente per voi alunni, è troppo intelligente per voi” sorrisi e Courtney mi fece una linguaccia.
“Non rimettere in bocca quella lingua, lascia fare a me” sussurrai profondo. Courtney fece cadere la forchetta e strabuzzò gli occhi. Ridacchiai cupamente prima di riprendere a mangiare, mentre Courtney cercava di darsi un contegno. Ci piacerebbe dichiararci finalmente come coppia fissa, ma per ora cerchiamo di mantenere un normale rapporto studente - insegnate, nascondendo la verità a occhi indiscreti. Tutto ciò si stava rivelando molto più difficile del previsto, infatti, appena iniziammo a parlare amichevolmente e a mangiare insieme, gli studenti iniziarono a parlottare fra di loro. Potei sentire alcuni mormorii e non mi piacquero affatto, erano irritanti. Provai a concentrarmi sul cibo che stavo cercando di consumare, ma improvvisamente persi l’appetito. Strinsi la forchetta nelle mie mani e pugnalai letteralmente il cibo. Ad un tratto, qualcosa mi colpì la gamba. Sorpreso, guardai Courtney che mi sorrise dolce, come cercando di consolarmi e di calmarmi. Sorrisi anch’io, malgrado tutto, solo lei poteva farmi sorridere e tranquillizzarmi.
La campana suonò e Courtney si alzò riluttante.
“Ci vediamo dopo scuola?” le chiesi speranzoso.
Lei diede una rapida occhiata intorno a sé, gli studenti stavano già lasciando la mensa “Certo” borbottò e poi corse via.
Avrei voluto baciarla, come ogni normale coppia… solo che noi due non eravamo una delle tante normali coppie. Io ero un insegnate e lei una mia studentessa, niente di più!
E invece c’era di più, molto di più e questo era un problema.
“Ci vediamo più tardi” sussurrai.
Camminai verso il mio ufficio, quando un insegnate mi fermò “La direttrice la vuole vedere” annunciò seccamente.
Non è un buon segno…
 
“Mi scusi?” esclamai sconcertato da quello che avevo appena udito. Cha accusa infamante!
“Mi ha sentito bene! Ci sono voci che circolano per tutta la scuola! Lei ha una relazione illecita con una studentessa, la signorina Courtney Ashton, si dice. Una nostra studentessa modello, tra l’altro” dichiarò la direttrice scrutandomi, come se cercasse di farmi crollare davanti a quello sguardo gelido. Fortunatamente, ero esperto in materia.
“Io non ho alcun rapporto illecito con la signorina Ashton. La ragione della nostra vicinanza amichevole è perché abbiamo scoperto di esserci già conosciuti, quando eravamo più giovani. Io ero il suo babysitter quando lei frequentava le scuole elementari, ma questo è del tutto irrilevante. Non siamo niente più che amici, non abbiamo avuto alcun rapporto di nessun tipo!” mentii, anche se c’era una traccia di verità. Avevo mescolato la realtà con una buona dose di bugie, il tutto per coprire sia me che Courtney. Mi guardò al di sopra degli occhiali e di nuovo mi fissò, voleva indurmi a confessare. Ma ciò non stava accadendo. Perciò si tolse gli occhiali e si strofinò il lungo naso.
“Voglio scegliere di credere a quello che mi hai appena detto, ma le consiglio di tenere a bada questa amicizia altrimenti sarà licenziato” mi disse la preside, aprendo un cassetto della scrivani ed estraendo degli antidolorifici. Non appena ebbi lasciato l’ufficio, sospirai preoccupato. Merda se aveva ragione! Era vicinissima alla verità, come faceva a sapere tutto questo? Dovevo subito parlare con Courtney… e questo mi spaventava.
 
Accatastai i mucchi di fogli su cui stavo lavorando sulla mia scrivania, appena vidi Courtney entrare nella stanza, non molto felice.
“Sei in ritardo” dissi senza alzare gli occhi dal mio lavoro
“Hai una pezza o qualcosa di simile?” mi rispose la ragazza iniziando a girovagare nel mio ufficio. Io alzai lo sguardo, accertandomi che ciò che stavo pensando fosse uno sbaglio.
Le presi le mani e vidi sangue. Croste di sangue sulle nocche delle dita e sui palmi. Battei un pugno sulla scrivania.
“Courtney! Che diavolo…? Perché hai le mani ricoperte di sangue?” urlai, ma lei si strinse convulsamente la testa. Fece una smorfia ed evitò il mio sguardo.
“Che cos’è successo?” le chiesi severamente.
“Forse… ho picchiato uno” mormorò.
“Che cosa?” le urlai.
“Oh, taci! Anche tu ti picchiavi con i tuoi compagni! E poi quello lì mi ha insultato e ti ha chiamato pedofilo!” mi urlò Courtney di rimando. Delle lacrime riempirono i suoi occhi color cioccolato. Silenziosamente, presi dei panni di stoffa e le pulii le dita insanguinate.
“La preside ci accusa di avere una relazione seria” dissi con nonchalance mentre continuai a pulire le sue eleganti mani. Courtney si irrigidì in risposta.
“Che cosa ha detto di preciso?” mi interrogò, dimenticando la sua rabbia.
“Secondo te? Cosa pensi che possa aver detto?” le sorrise e le bacia la fronte, urtandola con gli occhiali. Mi spostai verso la scrivania e mi sedetti, immergendomi nuovamente nel mio lavoro. Courtney rimase immobile, appoggiata alla scrivania, pensierosa.
“Principessa, se vuoi torna pure al tuo dormitorio. Ho un mucchio di roba da fare e terminerò tardi” dessi e continuai a scarabocchiare con l’inchiostro rosso. Courtney rimase in silenzio, fece per andarsene, ma tornò indietro.
“Comunque, gli occhiali ti fanno sembrare molto sexy, Duncan. Spero che lo studente che ti ha insultato sia punito” mi disse con tono seducente, prima di chiudersi la porta alle spalle. La seguii con lo sguardo e quando uscì sospirai, tornando al mio lavoro.
Lasciai l’ufficio dopo le undici di sera, mentre un acquazzone si stava scatenando sulla mia testa, come al solito. Il clima invernale stava portando molta pioggia in questa stagione e non è che mi dispiaceva, io amavo la pioggia. Camminai velocemente e malvolentieri su per le scale del condominio per gli insegnati. La mia schiena mi stava uccidendo e la mia mano era sul punto di cadere per il tanto scrivere.
Sbloccai la porta del mio appartamento e appesi il mio impermeabile al gancio vicino alla porta, prima di farmi strada verso il bagno. L’acqua calda della doccia mi bersagliò deliziosamente la pelle tesa per lo stress e la fatica incastonata nella mia carne scivolò giù dal mio corpo. Mi asciugai e inconsciamente notai che il pavimento era bagnato… anche quando era arrivato a casa era bagnato. Feci una smorfia perplessa, ma non mi curai più di tanto di quel fatto.
Avvolsi un grande asciugamano attorno alla vita e mi diressi verso la camera da letto, sbadigliando. Un tuono rimbombò all’esterno e la pioggia continuò a scrosciare. Ah, quei rumori erano come una ninna nanna per me. Aprii la porta della mia camera e un fulmine congelò il locale.
“Ci hai messo un bel po’ di tempo” mormorò una voce fievole, ma abbastanza forte da sentirsi nonostante la pioggia.
Lì, nel bel mezzo del mio letto, sedeva Courtney e quando un lampo illuminò nuovamente la stanza, mi resi conto che era completamente nuda. La sua pelle era completamente esposta a me ed emanava tutta la sua bellezza. In tutta la mia vita, non avevo mai amato qualcuno quanto amavo Courtney, la amavo più di me stesso.
Courtney protese le braccia verso di me, nel buio, e la pioggia cadde ancora più violenta.
“Vieni qui, Duncan. Facciamo l’amore” mi chiamò. Improvvisamente, non mi potei più trattenere. Erano anni che cercavo di mantenere un certo contegno pensando a lei. Crollai davanti alla sua bellezza, lasciai scivolare l’asciugamano a terra e mi avvicina al letto su cui sedeva.
  
Angolo traduttrice
Bene, gente!
-Sei in ritardo per l’ennesima volta!-
Ops… beh, dai… almeno ci sono ^^”
Dunque, Courtney e Duncan sono nei guai e ora che non si sanno più “trattenere”, speriamo solo che la preside non venga a sapere questa storia. Come si può intuire il prossimo capitolo è quello “rosso” che pubblicherò a parte in un secondo momento ^^
Allora, il prossimo capitolo (escluso quello rosso) sarà il penultimo *-*
Chissà se la preside li sgama o no? Boh… xD
Alla prossima,
BACIONI
Xenja ♥

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Capitolo 11
*** Morning ***


Morning
 
La mattina dopo, fu dura risvegliarsi e accettare la realtà.
Il sole sorgeva languidamente sopra la mia camera da letto illuminando i nostri corpi abbracciati a aggrovigliati nelle lenzuola. I primi raggi di sole mi svegliarono infastidendo le mie palpebre. Tentai di girarmi, ma qualcosa, anzi qualcuno, mi teneva stretto impedendomi qualsiasi movimento. Sorrisi, sfiorando con le dita la striscia verde sui capelli di Courtney. La rigirai un po’ tra le mie dita, solleticando il naso della mia compagna. Courtney gemette, aprendo i suoi grandi occhi color cioccolato e fissandoli su di me. Soffocai una risata per il suo sguardo assassino, a quanto pare non era di buon mattino.
“Io ti uccido” sibilò minacciosamente. Alzai un sopracciglio facendole notare la nostra situazione. Courtney parve ricordare lentamente ciò che accadde la sera prima e il suo volto si tinse di un delizioso rosso. Subito, la timidezza si trasformò in qualcosa di opposto e divenne malinconia e realizzazione. Sperai di evitare tutto questo, almeno finché potei, volevo prolungare l’inevitabile, ma prima o poi sapevo che sarebbe accaduto. Il mio cuore divenne pesante e un dolore profondo mi intristì. Mi sporsi in avanti, baciai la fronte di Courtney, stringendo il suo corpo al mio petto, cercando di non pensare alla realtà.
“E ora che cosa facciamo?” chiese Courtney a bassa voce, tremando leggermente. Sopirai e guardai il suo volto sepolto nel mio petto, le carezzai i morbidi capelli.
“Suppongo che dovremmo farci una doccia” suggerii e Courtney annuì. Volevo rimandare il discorso, non volevo affrontarlo ora. Sapevo che ci stavamo avvicinando sempre di più a quell’argomento, ma entrambi avevamo già capito da tempo che sarebbe accaduto. Mi sciolsi dall’abbraccio e gettai indietro le coperte del letto. Sbadigliai, allungandomi sulla schiena, senza infastidirmi troppo per il fatto che entrambi fossimo nudi.
Un guaito improvviso attirò la mia attenzione. Immediatamente Courtney si poggiò al muro stringendosi il ventre. Le fui subito accanto, reggendola per un braccio, evitando di farla cadere.
“Bastardo…” sputò, spingendomi via e avviandosi verso il bagno.
“Ehi! Non è solo colpa mia!” dissi raggiungendola “Ti ho fatto così male?” mi preoccupai e a Courtney parve piacere la mia preoccupazione. Mi sorrise.
“No, era solo un piccolo shock. Sto bene” sorrise entrando nel box doccia. Regolò la temperatura dell’acqua e mi fece cenno di entrare. Ubbidii contento e saltai nel box.
“Non credi che sia un po’ troppo calda?” chiesi riferendomi al getto d’acqua.
“Non proprio… mi serve così calda per lavarmi i capelli” mi disse Courtney innocente e non potei fare a meno di sorridere teneramente. Afferrai lo shampoo, ne misi un piccola quantità sulla mano e iniziai a massaggiarlo sui suoi capelli. Rise e iniziò a guazzare nell’acqua. Presi lo spray per il balsamo e iniziai a spruzzarlo a grandi quantità sulla sua testa.
Le colò sul volto e lei rise nuovamente “Duncan! Non è per lavarsi la faccia!”
Cosparse la lozione per il suo corpo e mi porse la spugna “Mi lavi tu?” mi chiese simpaticamente e le sue gote si colorarono di un profondo rosso. Presi la spugna e iniziai a passarla dolcemente sul suo corpo, ma non c’era nessun atto impudico in questo. Nemmeno quando lei mi cosparse di doccia schiuma e iniziò a carezzare il mio petto creando tante bolle che scivolavano giù per il mio stomaco. Poggiò le dita nelle fossette delle mie ossa iliache mentre io le sorrisi affettuoso, poggiandole la testa sul mio petto. Non oppose resistenza e trovai quell’atto molto confortante. Rimanemmo in quella posizione per un lungo minuto, lasciando che la pioggia d’acqua portasse i residui di quella notte giù per lo scarico. Alla fine, l’acqua divenne sempre più tiepida, ne stavamo consumando troppa. Uscimmo dalla doccia, rinfrescati e puliti. Courtney si avvolse nell’asciugamano morbido come i suoi giovani occhi. Strinsi l’asciugamano intorno alla mia vita e mi diressi in cucina seguito dalla ragazza.
Le feci cenno di sedersi sulla sedia, ma lei saltò sul bancone e io sospirai per il suo infantilismo. Improvvisamente l’atmosfera divenne pesante e irrespirabile. Presi la morbida mano di Courtney tra le mie e lei fissò assente le nostre dita intrecciate. Carezzò con il pollice il dorso della mia mano e aprì la bocca la bocca per dire qualcosa. Ma le sue labbra non formarono parole, feci in tempo a bloccarle con le mie. Erano così morbide e calde e mi inondarono dei ricordi della sera prima. Inaspettatamente, lei si tirò indietro, fissandomi dura in volto.
“Io so… io so che questa sarà la prima e ultima volta in cui staremo insieme. So che sarà così… ma… io voglio solo… ti amo” Courtney inciampò e inciampò nelle sue parole mentre cercava di fermare le lacrime, voleva dimostrare di essere cresciuta, ormai, di essere adulta, ma non lo era. Alla fine l’unica cosa che poteva dire era la cosa che veramente di più: lei mi amava.
“Anch’io ti amo, Principessa, e ti amerò per sempre, fino al giorno della mia morte e oltre” proferii tentando di apparire forte, anche se dentro di me qualcosa si stava sgretolando.
Courtney si morse il labbro e seppellì il volto nel mio petto, abbracciandomi forte, tenendo i pugni chiusi contro la mia schiena. Faticai a staccarmi da lei e respirai il suo profumo per un’ultima volta, bruciandomi le narici e scolpendo quell’aroma nella mia mente.
Courtney si lasciò cadere giù dal bancone e si fece strada per arrivare fino alla mia stanza, mentre io rimasi congelato come una statua fino al suo ritorno. Spostai nervosamente il peso prima su un piede, poi su un altro, quando Courtney mi raggiunse era completamente vestita. Evitò il mio sguardo e non potei fare a me di notare le sue lacrime che sfuggivano dai suoi occhi. La tirai verso di me, la strinsi a me e le baciai le labbra febbrile, forse era stato il bacio più intenso e significativo che avessi mai dato. Courtney rispose immediatamente e mi abbracciò a sua volta, mettendo tutto il suo sentimento in quell’emozione, in quell’ultimo bacio appassionato. Sembrava che dovesse andarsene per l’eternità. Mi guardò amorevolmente negli occhi cristallini, prima di uscire dalla porta principale. Fece per chiudere la porta alle sue spalle, ma si voltò indietro guardandomi con nostalgia.
“Ti amo” soffocai per l’ultima volta.
Non fu il caso di dirci che cosa fu quel giorno per noi. Credo che già entrambi sapevamo che tutto ciò era inevitabile. Quella crudele e dura mattina era finalmente arrivata. La luce del mattino trafiggeva con forza le persiane della mia stanza, nonostante ciò tornai a letto e mi nascosi sotto le coperte. Il sorgere del sole aveva portato alla luce tutta la realtà imperdonabile che da quel giorno avremmo dovuto affrontare.
Ma entrambi sapevamo che non importava ciò che sarebbe successo poi. Noi ci saremmo sempre amati, ora, domani, fino alla nostra morte e anche dopo… per sempre.
 
Angolo della traduttrice
Snif, io piango… ma che carini!
No, ok, ho voluto tradurre subito questo capitolo perché mi ricordavo che era dolcissimo e… io sto piangendo!
Ma che ammoVi che sono ♥
Li amo, li AMO!
Ok, sto sclerando… ma sono così teneri *-*
Sto andando fuori di testa…
Mi scuso per eventuali errori, ma potete ben capire che, sebbene abbia ricontrollato più volte, leggere e rileggere il capitolo mi fa star male… che nostalgia di loro ♥
Il prossimo capitolo sarà l’epilogo e poi addio a tutti :*
BACIONI
Xenja ♥

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Capitolo 12
*** The Delinquent and the Little Princess ***


Angolo della traduttrice (l’ultimo per vostra fortuna)
Salve, vi scrivo prima della storia per non rovinarvi il gran finale con le mie scemenze…
L’autrice e io vi ringraziamo tantissimo per aver letto e seguito questa storia. Per averla apprezzata ed aver resistito per ben 12 capitoli a tutta questa Apocalisse.
Silent vi è davvero grata, non avrebbe mai immaginato che la sua storia potesse arrivare ad essere apprezzata anche da stranieri (noi italiani), dato che quello che ha scritto è la vita (riadattata per una storia) che si svolge dove lei vive, in Australia.
Io vi ringrazio per aver sopportato la mia traduzione, i miei ritardi e i miei scleri giornalieri.
Vi siamo entrambe riconoscenti anche perché questa storia è arrivata nella top 40 del sito, cosa che nessuna delle due si aspettava.
Grazie mille!
Prima di andare vi volevo chiedere se per voi andrabbe bene se io usassi questo account come account "per tutte le traduzioni", ovvero se ogni cosa che traduco la pubblico qui, mettendo i vari link?
Ora me ne vado veramente e vi lascio al finale

BACIONI
Silent e Xenja ♥

 
 
The Delinquent and the Little Princess
 
Avevo sempre trovato questi tipi di cerimonie stupide e frivole. Voglio dire, certo, questi studenti avevano appena concluso tredici tortuosi anni di scuola, ma dovevamo davvero organizzare una formale, costosa e stravagante festa di laurea? Questa svolta mi sembra una pazzia. Ma è anche vero che questi sono ragazzi ricchi che frequentano scuole altrettanto prestigiose. Comunque, a me questo non importava, l’unico problema fu che io dovetti assistere alla cerimonia circondato da marmocchi viziati. L’unico lato positivo di tutto ciò fu che ebbi un pasto abbastanza decente e soprattutto gratis, il lato più negativo fu che dovetti indossare quell’odioso smoking che mi faceva sembrare una scimmia. Argh, io odiavo quegli insulsi abitini, in particolare quelle demenziali cravatte.
Guardai gli studenti ballare e scatenarsi, dopo la fine della presentazione e tutte le altre formalità. Presi un sorso, gli insegnanti al mio tavolo continuavano a chiacchierare e bere animatamente tra loro di cose noiose, perciò decisi di allontanarmi.
Non c’era nessun rimpianto in me nei confronti delle persone che stavo per lasciare, mi sentivo bene. Giorcherellai con il tappo della bottiglia mentre mi chiedevo per quanto tempo ancora avrei dovuto prender parte ai festeggiamenti. La musica pulsava e strillava per tutto il locale, le luci tremolavano e cambiavano continuamente colore ad ogni nota del sistema audio. Improvvisamente, qualcuno mi toccò leggermente la spalla. Mi voltai. Courtney. Era bella, ancor più maestosa del solito per via delle luci mutevoli e del buio che la circondava.  Il suo abito viola seguiva tutta la lunghezza del pavimento e la gonna leggermente vaporosa si aggrappava al corpetto con un’infinita di piegoline, sembrava davvero una principessa. Courtney inclinò leggermente la testa a sinistra, lasciando che i riccioli castani le sfiorassero le spalle. La ciocca verde di un tempo era svanita, mi ricordo ancora che dopo quella notte decise di togliere quella tinta. Arrossi leggermente al ricordo di noi due.
“Ehi… ehm, hai…” Courtney giocò nervosamente con uno dei suoi riccioli.
La presi per mano e la condussi sulla pista da ballo. Gli altri studenti ci fissarono con interesse per qualche secondo, poi tornarono a ballare. Non ero certamente stupido per sapere che alla fine Courtney mi avrebbe fatto una ramanzina, ma io non feci caso a quel pensiero e la presi tra le mie braccia. La musica da discoteca stonava con i nostri passi da balletto, ma poco mi importava.
“Allora, sei contenta di aver finalmente finito la scuola?” chiesi curioso.
Dopo quella notte, parlavamo raramente e interrompemmo quasi tutti i contatti tra noi, questo mi faceva star male, mi faceva sentir troppo lontano da lei. La guardai nei suoi occhi profondi e sotto il mio sguardo cristallino lei mi sorrise angelicamente.
“Sì… sono contenta che sia finita” urlò, cercando di farsi sentire per via della musica alta. Restammo ancora un po’ in silenzio.
“Complimenti per tutti i premi che hai ricevuto. Non ne hai lasciato nemmeno uno per gli altri, eh, Principessa?” ridacchia, notando che Courtney era arrossita.
“Ah, grazie. Ma non è stato un grosso affare…” mormorò nervosamente voltandosi di scatto, preoccupata.
“Beh, non so te, ma per me, ottenere il punteggio più alto nei test era una cosa più unica che rara”
Sorrise e io mi chinai per sussurrarle all’orecchio parole che la fecero arrossire. Nonostante il suo aspetto ribelle, Courtney era estremamente intelligente e studiosa. Ma era anche un’adolescente e anche io lo ero stato.
“Allora… i tuoi genitori vivono ancora a casa con te?” chiesi in un altro tentativo per cercare di chiacchierare. All’improvviso il suo volto si indurì e ancora una volta si voltò infastidita.
“No… si sono trasferiti in un posto esotico o qualcosa del genere. Non mi interessa particolarmente” sputò con disprezzo. Decisi di evitare il tema genitori, sapevo che non abitavano più con Courtney, ma dovevo sapere se abitavano ancora qui in città. Di nuovo, un silenzio imbarazzante si istaurò tra noi due. Le mani di Courtney iniziarono a tremare nervose.
“Ehm è davvero molto carino il tuo… smoking” mormorò lei timidamente, iniziando a giocherellare con la mia giacca. Arrossii, distolsi lo sguardo e mi voltai verso gli insegnanti che ci fissavano mormorando dal loro tavolo.
Fottuti pettegolezzi pensai, capendo il motivo del nervosismo di Courtney.
“Ah, grazie, anche se personalmente mi sento vestito da scimmia. Ma tu sei bella, sei davvero mozzafiato” confessai dolcemente, iniziando a sentirmi più a mio agio. Mi lanciò uno sguardo imbarazzato e io lasciai scivolare delicatamente la sua mano dalla mia. Il calore che mi aveva pervaso svanì mentre camminavo lontano da lei senza nemmeno un saluto. Superai il tavolo degli insegnati e mi precipitai verso la porta della sala, senza mai voltarmi indietro perché sapevo che quello sguardo profondo mi avrebbe riportato subito da lei, tra le sue calde braccia.
 
Buttai l’ultima borsa nel bagagliaio della macchina, chiudendolo violentemente. Era appena passata mezzanotte e avevo già finito di preparare le mie valigie, di metterle in macchina e di chiudere definitivamente quell’orribile appartamento. Mi stavo già preparando da settimane per quel momento atteso da mesi. Mi voltai verso i dormitori femminili e in contemporanea accesi il motore dell’auto, questo era un addio.
Un addio…
Pensai un po’ malinconico, ma non esitai a uscire da quel parcheggio e guidare verso la mia città natale.
Casa
Era un concetto strano e quella parola sembrava indugiare nella mia mente, ma per qualche strana ragione mi faceva sorridere. Era un lungo viaggio notturno in auto, sotto un cielo di luci appese a un filo invisibile che le sospendeva nel cielo senza fine. Gettai uno sguardo al sedile del passeggero, assaporando l’invisibile tepore che mi avrebbero donato le coperte lì dietro. No, ora dovevo pensare a guidare e a concentrarmi sulla strada. Era notte, la strada era poco illuminata e questo era pericoloso. Sbadigliai per la milionesima volta, uscii dall’autostrada e imboccai un’altra grande strada. Ero sempre più vicino a casa, alla mia casa
“Dio, non mi ricordavo che il viaggio fosse così lungo” mormorai infastidito dalla mia stanchezza. Se non fosse stato per quella maledetta festa, avrei dormito molto di più. Ma anche se non ci fosse stata quel party, sarei stato pieno di impegni… Dovevo farmi forza, stavo tornando a casa. La vecchia casa dei miei genitori, non avrei mai potuto venderla, era l’unica cosa che avevo di loro. Lo avevo giurato sulle loro lapidi che non avrei mai venduto quella casa!
Svoltai verso un open-shop 24 ore e presi qualcosa da mangiare, oltre ad essere stanco morte ero pure affamato. Mi incamminai in direzione della macchina dopo aver comprato alcune barrette di cioccolato e un caffè per tenermi sveglio per il resto del viaggio. Poggiai il tutto nel porta bicchieri e partii di nuovo per la mia destinazione, sorseggiando di tanto in tanto del caffè.
La prossima volta mi conviene viaggiare in giornata pensai tra me e me, mangiucchiando la cioccolata, prima di accorgermi del cartello che indicava la mia città.
“Merda!” soffocai accelerando. Ero ansioso di arrivare a casa! Erano solo le cinque di mattina ed ero già sull’orlo dell’esaurimento. Per fortuna era arrivato! Era stata la nottata più dura della mia vita!
Svoltai ed entrai nel vialetto, spensi il motore e mi accasciai sul sedile.
“Dio…” sbadigliai, trascinando stancamente una mano sul mio viso. Lentamente presi le coperte dal sedile del passeggiero, mi chiusi la portiera alle spalle e mi avviai verso casa. Aprii la vecchia porta di legno e salii su per le scale, gemendo per la stanchezza. Mi meravigliai di come fosse tutto in ordine e pulito per il mio arrivo, sebbene i mobili fossero scarsi. Entrai in camera da letto, naturalmente il letto aveva solo il materasso senza lenzuola né niente, era per questo che avevo portato le coperte. Sbadigliai dolcemente, portandomi la matassa di lana al petto e stringendola a me. Due grandi occhi da cerbiatta ammiccarono verso di me e si spostarono inquieti tra le mie braccia.
“Siamo arrivati?” mi sussurrò una voce mielosa e calma. Mi chinai e le baciai la testa, costringendola a ridacchiare un po’.
“Sì, siamo a casa, Principessa” sorrisi teneramente, posandola sul letto sfatto. Courtney si mosse attraverso le coperte  coprendosi gli occhi per la luce che filtrava attraverso la persiana. Mi sdraiai al suo fianco, guardandola amorevolmente e facendomi scompigliare i capelli dalle sue mani affettuose.
“Ti amo” mormorai debolmente iniziando cadere vittima del sonno. Courtney sorrise dolcemente, si alzò e si spogliò del suo abito formale che era riuscita ad indossare per tutto il viaggio. Io la fissai pigramente e confuso dal sonno. Il suo abito cadde a terra, così come le numerose spille nei capelli. Rimase solo in biancheria intima. Salì nuovamente sul letto, rannicchiandosi vicino a me. Il mio volto si incendiò, così come il mio stomaco, ma il sonno vinse sulla mia eccitazione.
“Sono contenta… sono davvero molto contenta” sussurrò. La presi tra le mie braccia, avvicinandola ancora di più a me.
Sì, tutto si era risolto nel migliore dei modi.
Dopo quella notte, decidemmo di non vederci fino a quando Courtney non si fosse laureata, poi ci saremmo trasferiti nella nostra città. E ora poteva finalmente stare insieme. Non dovevamo più nasconderci o fingere, potevamo essere una normalissima coppia. Non più un adolescente e una bambina o un insegnante e una studente, ma amati. Nulla ci era proibito e nulla si sarebbe intromesso nella nostra relazione, ci eravamo finalmente liberati da quelle maledette catene che ci vincolavano.
Carezzai il braccialetto d’argento che ora adornava il sottile polso della mia compagna, salii con la mano fino alla sua guancia e Courtney si lasciò andare a quella carezza.
“Sarai per sempre la mia Principessa” dissi consumato dal sonno e da qualche parte nella mia mente notai il drastico cambiamento della temperatura della guancia.
“Per sempre, anche dopo la morte, tu sarai sempre il mio Delinquente” mi sorrise Courtney. Mi baciò sulle labbra dolcemente, ma con passione, diffondendo in me tutto il suo amore. I nostri sguardi si fusero in un unico sguardo.
“Principessa…” iniziai, ma il sonno mi colse a tradimento.
Caddi addormentato senza preoccupazioni perché sapevo che quando mi sarei svegliato, lei sarebbe stata lì, accanto a me, per sempre. Dopo i nostri anni di lotta, per combattere per la nostra libertà, finalmente potevamo stare insieme, senza più ostacoli al nostro amore.
E così la vita del Delinquente e della sua piccola Principessa ebbe inizio.
 
THE END

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