la seconda caduta dell'angelo

di just a gay cookie lover
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ali di disperazione ***
Capitolo 2: *** atterraggio ***
Capitolo 3: *** petali di ciliegio ***
Capitolo 4: *** fantasmi del passato ***
Capitolo 5: *** amore ***



Capitolo 1
*** ali di disperazione ***


L’altalenante frastuono delle campane in lontananza segnava le 12.00 .
I suoi occhi erano fissi sulla fredda lapide marmorea, inginocchiato su un rado tappeto d’erba impreziosito da una rugiada di disperazione sgorgata da due occhi violacei. Daniel era lì, prostrato difronte a quella pietra senza vita, gli occhi velati di lacrime non gli permettevano di vedere chiaramente. Indossava un paio di jeans piuttosto mal ridotti e sporchi di terra, la fredda terra che ora lambiva quel corpo. Una t-shirt grigia come quel cielo pesante di nubi plumbee che gravava come un masso sulle scapole che un tempo lei aveva definito “fatte apposta per essere abbracciate”, o almeno così ricordava. Si passava ogni tanto una mano tra i biondi capelli tentando di ricordare come fosse accarezzare quella chioma nera come la notte. Fece scorrere l’indice sull’incisione dell’epitaffio.
“Qui giace Lucinda Price”
Non sarebbe bastata un’intera parete per descrivere la sua delicata bellezza, la sua pelle di luna, il suo sguardo indagatore che le dava un’aria alquanto buffa ma allo stesso tempo affascinante. I suoi meravigliosi capelli che dal nero erano divenuti biondo platino per poi tornare scuri, ma sarebbe stata perfetta anche senza.
La lapide si tinse di un bagliore violaceo, le lacrime che brillavano tra i fili d’erba erano ora accecanti prismi di luce. Digrignò i denti, strinse in un pugno una manciata di terra, rivolse di scatto il volto verso quel cielo di pietra. Gridò il suo nome.
Il grido si trasformò presto in un pianto disperato. Iniziò a singhiozzare rumorosamente, si coprì gli occhi con una mano.
-Luce! Perdonami, non sono riuscito a salvarti. Io, io credevo che sta volta sarebbe stato diverso. Te ne sei andata di nuovo e non ho potuto fare nulla!
Una mano si posò delicatamente sulla sua spalla.
-Basta Daniel, hai sofferto abbastanza per oggi, non è piangendo che la riavrai indietro.
Era Arianne, tra lei e Luce c’era una certa somiglianza. Entrambe rivestite da una pelle perlacea e dal volto incorniciato da capelli neri come piume di corvo. Capelli che le erano ricresciuti dopo che se li fece tagliare dalla stessa Luce alla Sword&Cross, lo definiva un taglio originale. C’era però una sostanziale differenza, al contrario di Luce i suoi occhi erano grandi e costantemente spalancati, le davano decisamente un’aria da sociopatica, che in effetti la rispecchiava.
Daniel scostò violentemente la mano della ragazza e si girò rapidamente lanciandole un’occhiata allo stesso tempo furibonda e distrutta.
-Fai silenzio! Cose ne puoi sapere tu, cosa ne puoi sapere di cosa si prova nel vedere l’amore della tua vita bruciarti tra le braccia migliaia di volte? Di cosa si prova nel non poter fare altro che stare a guardare la persona che ami diventare fuliggine tra le tue mani? Voi altri angeli siete esseri spregevoli, caduti dal paradiso per semplice noia, ma io sono diverso, io l’ho fatto per amore ed ecco com’è andata a finire! Questa volta non è come le altre, lei non tornerà ed è stata solo colpa mia!
Arianne lo percosse con un sonoro schiaffo.
-Credi che anche io non soffra per Luce? Lei era probabilmente la persona a cui tenevo di più, come puoi credere che non capisca. C’ero anche io quando è arsa tra le tue braccia, dalla prima all’ultima volta. Come puoi credere che io non stia soffrendo?
La sua voce era divenuta stridula, aveva iniziato a piangere come una bambina che ha perso la madre. Daniel non poté che intenerirsi e solo in quel momento si accorse della durezza delle sue parole. Ancora una volta aveva fatto soffrire qualcuno. Pensò a tutte le famiglie che Luce aveva avuto, a tutte le madri che aveva fatto piangere, a tutti i sogni che aveva infranto, alle sorelle che come lui hanno pianto davanti ad una tomba. Una consapevolezza nacque in lui, irruppe nella sua mente come un torrente di disperazione che riesumava milioni di tristi ricordi, di lacrime, morte.
-Sei solo un pericolo.
Diceva una voce dentro di lui
-Non sai fare altro che procurare sofferenza.
Era vero? Dalla sua caduta in poi era solo questo che aveva portato con se? Cominciò furiosamente a scavare nella sua memoria alla ricerca di un’antitesi, ma non la trovò. Accarezzò il viso di Arianne e le diede le spalle.
-Daniel, cosa hai intenzione di fare?
-Fin ora non ho portato altro che sofferenza, la mia esistenza non è altro che un parassita che stanco di devastare il paradiso è passato alla terra. Devo porre fine a tutto ciò, non importa se soffrirò perché è quello che merito, ma non posso continuare ad esistere ed è giunto il momento di estirpare questo parassita.
-Daniel fermati! Sei un angelo, anche provandoci non puoi ucciderti, rischi solo di soffrire inutilmente!
Non la ascoltò. Inarcò la schiena e da due fori della maglietta affiorarono due spruzzi di piume che si trasformarono ben presto in un paio d’ali immense, candide come la neve appena caduta, lucenti come una stella.
-Questo è un addio Arianne.
La ragazza nel frattempo era stata scagliata a terra dalla folata di vento delle ali, ma ci mise poco a rialzarsi.
-Fermati! Non è così che risolverai i tuoi problemi!
Troppo tardi, l’angelo stava già volato verso l’orizzonte . Ora un paio di stupende ali comparve sulla schiena di Arianne, sembravano più da farfalla che da angelo. Erano costellate di prismi trasparenti che originavano ipnotici giochi di luce sul suolo. Era pronta a spiccare il volo, ma una voce la fermò.
-Lascialo andare, questa è la sua battaglia.
Si girò rapidamente
-Cosa?...Tu?!
 
Daniel era già lontano, non aveva  idea di dove fosse diretto né di cosa avesse intenzione di fare, ma nella sua testa le più che ragionevoli considerazioni di Arianne risuonavano come un eco lontano. Ripensò a quando lui e Luce nuotarono nel lago e poi la vide allontanarsi su quell’aereo. Come era morta? Non ricordava nemmeno lui chiaramente le dinamiche ma non riusciva a spiegarsi perché Luce non fosse bruciata nel momento del loro primo bacio. Non era battezzata, e ciò aveva impedito l’inevitabile, ma allora perché? Tutto quello a cui riusciva a pensare era il suo viso, la sua espressione sognante poco prima di…
Atterrò su un’altura molto elevata, dava su un bosco ed era contornata di cipressi. Davvero un bel paesaggio se non fosse che non era lì per farsi qualche foto con la telecamera interna e caricarla su Instagram con ashtag come “#natura#scampagnata#selfie”. Le sue intenzioni erano molto diverse. Si fermò sul ciglio del dirupo e ritrasse le lucenti piume, era piuttosto evidente il suo scopo. Teneva lo sguardo fisso nel vuoto, allargò le braccia come in croce, come fossero ali spiegate nel disperato tentativo di continuare a volare.
-Se solo un amore impossibile può essere eterno, significa che continuerà nell’aldilà. Non so come ma ti raggiungerò Luce, dovessi arrivare a trafiggermi con una stella saetta io ti troverò, ti amo Luce!
Chiuse gli occhi e si gettò senza pensarci, non gli importava del dolore che avrebbe provato se fosse servito a rivederla. Non esiste sofferenza al mondo che non valga la pena affrontare per stare accanto alla persona che ami, e Daniel non aveva di certo paura, ma gli mancò comunque il coraggio di aprire gli occhi. Sentiva il vento sferzargli il volto, da quanti secondi stava precipitando? 1…2…3…
Il suo corpo si accartocciò contro il duro suolo, emise un gemito. Cominciò a ruzzolare per il pendio mentre la sua pelle veniva continuamente lacerata dai cespugli. Sapeva che non sarebbe morto, ma che importanza poteva avere ormai? Quel mero atto poteva certamente essere inteso come autolesionismo, ma improvvisamente si chiese cosa avrebbe pensato Luce di questo. Ovviamente non avrebbe approvato, ma cos’altro poteva fare?
Urtò qualcosa, ebbe la sensazione che fosse un corpo, sentì un grido di dolore. Aprì con fatica gli occhi, una sagoma slanciata, capelli neri e brillanti occhi verdi, fu tutto quello che riuscì a vedere prima di perdere i sensi.

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Capitolo 2
*** atterraggio ***


-Aspetta! Fermati!
Stava correndo barcollante in un luogo che non riusciva a riconoscere, tutto appariva sfocato e le sue orecchie erano continuamente bombardate dal vociare di presenze viscide che gli volteggiavano divertite intorno. Gli annunziatori. Tutto quello che vedeva davanti a lui era una ragazza; maglione nero, jeans scuri e capelli che raggiungevano a mala pena la base del collo. Continuava a correre dietro accerchiato dalle viscose ombre, non sapeva il perché. I capelli della ragazza ora andavano allungandosi e divenendo biondi, il maglione e i jeans ora lasciavano il posto ad un prendisole rosso. Cosa stava accadendo? L’unica cosa a cui riusciva a pensare è che non era in grado di tenere il passo di quella figura sfuggevole, dove l’aveva già vista, dove aveva già sentito quella risatina enigmatica?
-Ti prego fermati!
Inutile.
Nel frattempo quei capelli biondi tornarono corvini e si raccolsero in una coda, il prendisole mutò in una camicetta bianca; la ragazza si arrestò. Anche lui fermò esausto la sua corsa. Perché era lì, come ci era arrivato, chi era quella ragazza?
Si avvicinò a lei con passo veloce, non sapeva per quale ragione ma voleva venire a capo di questa storia. Lei era ancora di spalle, immobile, gelida. Fece per toccarle una spalla.
-Scusami puoi dirmi dove mi trovo?
Non appena la toccò nella sua mente apparve la vaga immagine del volto di una donna, non riuscì a riconoscerla ma notò un tratto familiare. Un ampio sorriso, a chi apparteneva?
Venne sbalzato violentemente indietro di vari metri, giaceva a terra semicosciente ma riuscì a tenere gli occhi aperti abbastanza a lungo per riuscir a vedere la ragazza voltarsi. Ora appariva tutto più che nitido, quei tratti delicati, quello sguardo, era lei.
Non ebbe nemmeno il tempo di gridare il suo nome, venne avvolta dagli annunziatori e scomparve in una mastodontica vampa brillante.
-Luce!
Daniel spalancò gli occhi ansimando, era su un vecchio tavolo mal ridotto e scricchiolante. Le abrasioni che ricoprivano il suo corpo bruciavano come l’infero, erano state appena disinfettate, da chi? Cominciò a guardarsi attorno sbigottito, ovviamente non era solo. Notò una figura accostata ad un abbozzo di caminetto improvvisato che si voltò. Capelli neri come la pece, occhi di smeraldo lucente ed un sorrisetto accattivante.
Cam.
-Potresti anche evitare di gridare così tanto mentre te ne stai a sonnecchiare sul mio tavolo.
-Come sono arrivato qui? Cosa ci fai tu qui? Dove sono?
Daniel era troppo confuso per avanzare ipotesi, ricordava solo di essersi gettato da un pendio ed ora era là con il suo storico rivale.
-Intanto dovresti darti una calmata, non è di certo colpa mia se mentre ero a farmi gli affari miei nel bosco mi è rotolato addosso un idiota, ora voglio proprio sentire che intenzioni avevi angioletto.
Daniel non sopportava il tono arrogante di Cam, ma non riusciva a distogliere lo sguardo dai suoi occhi indagatori, dalle sue labbra perfette. Si rizzò a sedere sul tavolo traballante, cercò in tutti i modi di evitare il suo sguardo, nemmeno lui si spiegava il perché di tanta goffaggine difronte ad un suo nemico.
-Stai tranquillo me ne vado subito, non vorrei recare disturbo alla vostra signoria e trattenermi ancora nella vostra magione, comunque i miei affari non ti riguardano.
Si guardò intorno analizzando la baracca di legno in cui si trovavano, si reggeva a mala pena in piedi e odorava di muffa ma aveva qualcosa che lo invitava a restare, e fece fatica ad ammettere con se stesso che era la presenza dell’angelo.
Scese dal tavolo e non appena appoggiò il peso sulla gamba una fitta lancinante gli strappò un gemito. Cadde a terra dolorante, si sentiva semplicemente ridicolo nei confronti del suo eterno rivale, lo stesso che lo aveva salvato. Il suo torace fu lambito da una stretta possente ma allo stesso tempo dolce e piena di accortezza.
-Non in queste condizioni Grigori, non vorrai finire il tuo tempo accasciato nella boscaglia preda di un qualche animale?
Lo aiutò a rialzarsi, entrambi arrossirono inevitabilmente.
-Tu cosa ci facevi nel bosco?
-Ero in ricognizione, considero quest’area il mio regno e tutto deve filare liscio.
-Egocentrico.
Borbottò Daniel tra se e se mentre era ancora avvolto nel poderoso braccio di Cam.
-E dimmi, nella tua “perlustrazione” è avvenuto qualcosa di eclatante?
Cam infilò la mano nella giacca.
-Beh se così possiamo definirla.
Estrasse un’asta argentata adornata da spirali di incisioni, Daniel la conosceva bene come ogni altro angelo.
-Ma quella è una…
-Una stella saetta, te la ricordi bene vero? L’unica arma in grado di uccidere un angelo, roba che scotta.
-Dove l’hai trovata?
Chiese Daniel con poco interesse.
-Nei pressi del cimitero, vicino alla sua… alla sua tomba.
Daniel sbarrò gli occhi in un impeto d’ansia, Arianne era lì l’ultima volta che l’aveva vista.
-Dobbiamo andare al cimitero, presto!
-Cosa? Non sei in condizione di volare.
-Non m’interessa! Sbrighiamoci.
Daniel si rinfilò la maglietta frettolosamente, Cam lo seguì confuso, i due angeli varcarono la soglia.

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Capitolo 3
*** petali di ciliegio ***


-Daniel mi dici dove stiamo andando?!
Quella che prima era una leggera nota di disappunto nel tono di Cam ora era frustrazione pura, comprensibile visto che Daniel lo stava trascinando per un braccio come fosse un cane al guinzaglio.
-Arianne potrebbe essere in pericolo, smettila di lamentarti. Che razza di angelo sei? Hai continuato a farti gli affari tuoi dopo aver rinvenuto niente meno che una stella saetta, non ti capisco proprio!
Daniel camminava dritto senza nemmeno voltarsi verso Cam, temeva di incrociare nuovamente il suo sguardo, i suoi occhi, non si era mai sentito tanto in soggezione verso qualcuno.
-Sai io avevo tutta l’intenzione di investigare ma qualcuno mi è rotolato addosso come se niente fosse. Potresti anche evitare di farmi la predica dal momento che sei TU l’angelo tanto stupido da tentare il suicidio pur sapendo di non riuscirci.
Si sentì subito in colpa per quelle parole affilate, non aveva chiesto il motivo di quel mero atto a Daniel ma l’aveva intuìto facilmente. Anche lui aveva amato Luce, ma il suo sentimento non era abbastanza profondo da logorarlo come invece accadeva all’altro angelo. L’unico momento che i due avevano condiviso senza competere era stato lo scontro con gli esclusi nel giardino di Luce nel giorno del ringraziamento, sembravano quasi amici. Fu in quel rimembrare che Cam trovò l’illuminazione.
-Hey Daniel, hai considerato l’ipotesi che ci possano essere gli esclusi dietro tutto questo?
Daniel inarcò le sopracciglia e rispose con tono frustrato
-Certo che sopravvalutavo la tua intelligenza Cameron, che motivo avrebbero di attaccarci dal momento che Luce… non è più tra noi?
Cam si arrestò improvvisamente strattonando Daniel che si girò verso di lui, fu subito penetrato dallo sguardo irato del primo.
-Stammi a sentire, io ti ho raccolto dai cespugli dopo che mi sei rotolato addosso, io ti ho medicato e tu non fai altro che criticarmi! Visto che sei tanto sveglio perché non proponi cosa fare o chi andare a cercare! Ma soprattutto spiegami perché devo venire con te!
Cam stava gridando come uno di quegli anziani che si sgolano urlando “vattene dal mio prato!”.
Daniel arrossì di colpo lasciando la presa dal braccio dell’angelo. Iniziò a balbettare co un filo di voce.
-Io..io…
Cam abbozzò un sorrisetto beffardo.
-Non ti sento, potresti parlare un po’ più forte per favore?
Quel piccolo ghigno divenne presto una smorfia di goduria.
-Io…io non riesco a volare e ho bisogno che tu mi porti lassù!
L’espressione di Cam cambiò nuovamente. Aveva tirato indietro il collo e fissava Daniel quasi impaurito.
-Stai scherzando vero?
 
-Ancora non capisco come tu abbia fatto a convincermi, pesi una tonnellata!
-Zitto e continua a sbattere le ali, e poi la mia è una tonnellata di muscoli!
-Come no, guarda che per medicarti ti ho tolto la maglietta e credo che la tua tartaruga si sia girata dall’altra parte, ti sei lasciato andare alla vita da single?
-Fai silenzio, ho comunque avuto più ragazze di te!
-Non credo che valga contare la stessa per migliaia e migliaia di volte e vedi di abbassare i toni, ti ricordo che sono io quello che ti sta trasportando e potrei lasciarti cadere quando voglio!
Cam stava trasportando Daniel tenendolo attaccato al suo petto con le virili braccia, le sue maestose ali dorate oscillavano pesantemente, i loro volti erano l’uno di fianco all’altro. Daniel poteva sentire il suo ansimare stremato, i battiti del suo cuore vibrare sulla sua schiena. Nonostante la paradossale situazione si sentiva quasi al sicuro, trovava stranamente confortante quella stretta poderosa che a malapena lo faceva respirare. Improvvisamente si accorse che di non stare pensando a Luce e non riuscì a capire se fosse un bene o un male.
-Siamo arrivati.
Borbottò Daniel fingendosi scocciato.
I due atterrarono goffamente e per poco non caddero l’uno sopra l’altro.
-Ma vuoi stare attento?
-Scusa ma non è facile eseguire un atterraggio perfetto se si trasporta una zavorra, oltretutto molto fastidiosa!
Daniel si trovò nuovamente davanti a quella lapide, fu preso da un sussulto improvviso che non passò inosservato a Cam. Il giovane stava per lanciare una delle sue frecciatine quando una strana vibrazione colse i due angeli. Non c’era un alito di vento e le nubi grigie non si erano ancora liberate dell’acqua che portavano con loro.
-L’hai sentito anche tu?
-Sembra la presenza di qualcuno.
-Arianne, è molto debole, deve essere qui vicino.
Daniel si avviò a passo svelto verso quel fievole barlume di energia vitale che riusciva a malapena a percepire, Cam lo seguì perplesso. I due attraversarono a grandi falcate il prato incolto, entrambi avevano un espressione alquanto preoccupata.
Giunsero sotto un ciliegio in fiore, albero piuttosto insolito da trovare in quella zona.
Arianne non era lì.
-Arianne dove sei? Sei ferita?
Nessuna risposta. Il tono ansioso di Daniel stava facendo preoccupare Cam, era davvero in pensiero per il suo nemico? Non era nemmeno più sicuro se fosse pertinente etichettarlo come tale.
-Daniel…
-Fa silenzio o non riuscirà a sentirmi!
-Daniel!
Cam vibrò un poderoso schiaffo sul suo volto, a quanto pare quel giorno era “la giornata della violenza gratuita nei confronti degli zigomi dei Grigori”.
-Arianne non è qui e sai anche tu che può voler dire solo una cosa!
-Sta zitto! Lei non può essere morta, non così!
Daniel guardò il palmo della sua mano tremante, ripensò al modo con cui aveva trattato un’amica che cercava solo di aiutarlo, non poteva accettare la morte di un’altra persona sotto i suoi occhi.
Le fronde del ciliegio oscillarono delicatamente sotto un leggero soffio di vento. Un minuscolo petalo roseo si sollevò leggiadramente da terra posandosi impercettibilmente sul palmo di Daniel.
Cam si avvicinò incuriosito e sfiorò con un dito quel frammento di fiore. Avvertì una forte vibrazione risalire il braccio, rimase di stucco.
-Daniel…quel petalo…
L’angelo fissava incredulo il suo palmo, i suoi occhi cominciarono ad inumidirsi. Strinse il petalo nella mano, poteva sentire quell’alito di energia scemare rapidamente. Cadde sulle ginocchia mentre alcune lacrime solcavano il suo volto spento. Iniziò a farfugliare con un filo di voce che andava facendosi stridula.
-Perché…perché ogni persona che mi è vicina è destinata ad andarsene? Perché ogni persona a cui tengoscompare?
Cam si inginocchiò davanti a lui e gli sollevò delicatamente il viso con la mano per guardarlo negli occhi.
-Daniel calmati, non può essere colpa tua, cerca di reagire!
Nemmeno con un tono così dolce Cam riuscì a raggiungere il cuore di Daniel.
-Perché Cam, dimmi perché.
Il suo tono andava rafforzandosi ed il tutto era reso più inquietante dal suo sguardo gelido rivolto verso il vuoto. Cam fu preso da una premente angoscia, come poteva farlo ragionare? Provò nuovamente a comunicare.
-Daniel ascoltami!
-Perché Cam, tu lo sai il perché vero?
-Basta Daniel!
Quest’ultimo alzò lo sguardo incrociando gli occhi impauriti di Cam che, impietrito, non poté che agire d’istinto.
L’angelo chiuse gli occhi quasi spaventato di condividere lo stesso destino di Luce, prese a due mani il volto di Daniel. Le loro labbra si incontrarono in un bacio timido, Daniel riprese la sua lucidità spiazzato dall’irruenza degli avvenimenti ma non si spostò. Lo trovava strano ma piacevole, il cuore cominciò a martellargli il petto, le mani tremanti cinsero quasi come per un riflesso involontario le spalle di Cam, chiuse gli occhi. Proprio lì, nel cimitero dove giaceva l’amore della sua vita stava baciando un’altra persona, un ragazzo, un angelo oscuro. Iniziò a piovere. Nessuno dei due si sarebbe aspettato che ben presto quel cimitero si sarebbe popolato di viscidi messaggeri di morte.

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Capitolo 4
*** fantasmi del passato ***


Cam riaprì gli occhi.
Quell’improvviso coraggio che lo aveva colto andò scemando, le sue labbra stavano per staccarsi, fu allora che Daniel prese le redini di quel bacio. Cam fece scivolare timidamente le mani tremanti dagli zigomi perfetti dell’angelo che senza esitare trattenne con le sue. Entrambe le mani si staccarono dalle guance di Daniel, le loro dita si cercarono per qualche istante e si intrecciarono dolcemente. Le labbra di Daniel si spostarono lentamente verso il collo del ragazzo che emise un gemito, gli mise una mano tra i capelli. Tutto ciò era paradossale, due angeli di due fazioni diverse, fino a pochi istanti prima nemici che avevano combattuto per la stessa ragazza, Luce… la Luce che ormai non c’era più. Un’idea sfiorò la mente di Cam, se fosse stata Luce ad impedire il loro amore? Non erano di certo i primi angeli ad infrangere il dogma del confine tra luce ed ombra, ma ciò non significa che non ci sarebbero state conseguenze.
Daniel sollevò dolcemente le labbra da Cam e gli scostò una ciocca corvina dalla fronte, sussurrò con un filo di voce
-un cimitero non è di certo un posto adatto per delle effusioni, ora che sto meglio che ne dici di volare da un’altra parte?
Sembrava quasi che si fosse scordato di Arianne, fino ad un attimo prima stava versando lacrime in ginocchio, ora abbozzava un sorriso. Cosa era cambiato in lui? Era bastato un bacio a cancellare la morte di un’amica?
-Forza Cam, spiega le ali!
-Dove stiamo andando?
-in un posto speciale.
 
I due angeli erano in volo ormai da una decina di minuti, la luce del sole che tramontava originava spettacolari riflessi cremisi sulle ali auree di Cam che stava volando sopra Daniel. Le sue maestose ali candide oscillavano silenziose come quelle di un predatore notturno. Ondeggiavano sinuosamente, sembrava quasi planare. Quelle di Cam invece, più piccole, sembravano quasi sostenerlo a stento mulinando furiosamente, era nervoso. Non aveva idea della loro meta, tutto quello che vedeva erano le lagune paludose della Georgia. Indagando il suolo scorse un gruppo di edifici grigi ed una chiesa, la Sword&Cross. Voleva davvero portarlo in quel luogo? L’idea lo fece rabbrividire, era lì che che Daniel aveva conosciuto Luce, l’ultima di una lunga serie, lì per lei si erano presi a pugni sotto la pioggia.
I due superarono l’istituto e Cam tirò un sonoro sospiro di sollievo. Ma allora dove erano diretti?
-Ci siamo quasi.
Daniel cominciò a perdere quota, Cam lo seguiva perplesso. Mentre si avvicinavano al suolo l’angelo intravide un laghetto vicino ad una grande roccia rossiccia e in quel momento fu preso da un’amara consapevolezza. I due atterrarono, Cam non emise un fiato.
 
Nel cimitero c’era un gran fermento, da ogni ombra strisciavano fuori annunziatori.
Tutti quanti sembravano dirigersi nella stessa direzione, il ciliegio. Iniziarono a turbinare intorno all’esile tronco per poi sparpagliarsi tra le lapidi, in fine si raggrupparono in un’enorme nube. Da quel banco di nebbia scura affiorarono improvvisamente due mani quasi grigiastre seguite da due braccia sottili avvolte da una giacca nera elegante. In pochi istanti emerse una figura che aveva l’aria di essere umana, o quasi. Un uomo, completo nero, carnagione color asfalto, fronte alta solcata da innumerevoli rughe, capelli ispidi come lana grezza, un cappello stile gangster abbinato alla giacca. Teneva tra i denti un sigaro che sembrava non consumarsi e ad ogni tiro delle venature violacee sul suo volto si illuminavano. Rivolse gli occhi di pietra verso il ciliegio che appassì in pochi secondi, gli stessi annunziatori che lo avevano traghettato lì sembravano temerlo. Iniziò a muovere passi lenti verso quel che restava dell’albero mentre dal sigaro cadeva leggera della cenere scura che raccoltasi a terra prendeva quello che era l’aspetto di un annunziatore.
-Ah accidenti, deve essere qualcosa di serio se mi hanno convocato qui.
Fece passare le dita tra i fili d’erba che si ripiegarono su di loro appassendo, con un leggero colpetto fece cadere qualche granello di cenere sul prato, si trasformò rapidamente in un annunziatore che scomparve in pochi istanti nelle sue narici. L’espressione nel suo volto pareva quasi estasiata, le venature violacee iniziarono a brillare molto più di prima, separò leggermente le labbra sospirando in modo rumoroso.
-Roba che scotta, ma un semplice bacio non mi sembra qualcosa di così eclatante e disastroso da infrangere il confine tra paradiso e inferno.
 Oh vedo che non è tutto…
Raccolse un minuscolo petalo da terra e lo ricoprì di cenere, un altro annunziatore strisciò come fumo nelle sue narici.
-Quella donna è fuori di testa, uccidere un angelo come se niente fosse, aggirandosi con un’arma come quella… ma in fondo si tratta solo di un angelo, inoltre caduto.
Si rialzò in piedi spolverandosi la giacca nera.
-Dovrebbero convocarmi per avvenimenti seri, non bacetti e angioletti morti.
Mosse qualche passo e svanì avvolto da una nube di annunziatori.
 
Daniel si tolse la t-shirt grigia, Cam rimase dietro di lui senza dire una parola.
La luce del tramonto dava alla pelle dorata di Daniel un aspetto così morbido e vellutato che fu tentato di accarezzarla, ma in quel momento aveva altre intenzioni.
L’angelo si avvicino alla riva e voltatosi verso l’altro incrociò uno sguardo colmo di tristezza, ma inizialmente lo ignorò.
-Che ne dici di farci una nuotata? Con questo caldo è quello che ci vuole.
Stava sfoggiando un sorrisetto idiota che fece traboccare il vaso della frustrazione di Cam che strizzò gli occhi e strinse i pugni.
-Davvero Daniel? Nel laghetto? Lo stesso dove hai portato lei? Era quello che temevo, tu non fai altro che rivederla in me! Non provi nulla! Hai continuato a vivere nei ricordi per tutto questo tempo!
Daniel si avvicinò lentamente a lui.
-Cam ora calmati…
-No io non mi calmo! Mi hai solamente sfruttato, stavo cominciando a sentire qualcosa per te, qualcosa di vero! Non voglio essere la sua ombra…
La sua voce si era fatta stridula, aveva cominciato a piangere come non aveva mai visto fare a nessuno.
-Io non voglio essere la sua ombra…non voglio!
Iniziò a percuotere il petto scolpito di Daniel con piccoli pugni maldestri, come quando si bussa furiosamente ad una porta, ma senza fargli male. Daniel fermò delicatamente i suoi polsi e in un istante Cam si ritrovò con la fronte premuta contro il suo petto mentre veniva cinto dal suo abbraccio dolce.
-Hai ragione, non riesco a dimenticarla, ma ciò non vuol dire che non provi nulla di vero per te. Sei la prima persona che mi ha fatto tornare a sorridere dopo la sua morte, quando sono con te sento che posso tornare finalmente ad amare, che posso ricominciare.
Gli asciugò una lacrima e lo guardò dritto negli occhi.
-Anche se ci volesse tutta la vita, spero che tu mi aspetterai.

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Capitolo 5
*** amore ***


Daniel fece scendere le braccia dalle spalle al ventre di Cam, gli sfilò la maglietta lentamente. La schiena dell’angelo fu attraversata da un brivido che gli fece inarcare la schiena, senza le ali si sentiva così vulnerabile. Daniel allontanò lentamente il suo torace dal volto ancora grondante di lacrime di Cam e lo guardò intensamente negli occhi smeraldo.
-Prima che il sole tramonti è meglio che entriamo in acqua, diventerà troppo fredda.
Si tolse i pantaloni rimanendo con un paio di boxer bianchi che fecero arrossire Cam in maniera imbarazzante, si voltò e dopo aver mosso qualche passo si tuffò nel lago. Non una sola goccia d’acqua si mosse. Riemerse imperlato da quell’acqua gelida che brillava colpita dal sole.
-Beh, che aspetti?
Cam era ancora lì a guardarlo sbigottito e appena la consapevolezza che si sarebbe dovuto togliere i pantaloni lo raggiunse rischiò lo svenimento.
-Veramente io…
Una gamba cominciò a tremargli e non si accorse che si stava dondolando sull’altra.
-Allora?
Daniel sfoggiava il suo solito sorrisetto spavaldo.
-Non credo che questa sia la stagione adatta per fare il bagno…
-Guarda che se non ti depili le gambe non è un problema, siamo maschi, chi lo fa?
-Non è questo…
Daniel inarcò un sopracciglio.
-Non sai nuotare?
Cam tirò indietro il collo, effettivamente non sapeva nuotare, ma il problema era un altro.
-Cam non avrai mica paura? Lo spavaldo angelo oscuro che ha paura di affogare in un metro d’acqua.
Cam strizzò gli occhi, aveva l’aria comprensibilmente stressata, gli iniziarono  a tremare le mani e le ginocchia.
-Sei davvero un seccatore Grigori.
Iniziò a sbottonare lentamente i pantaloni mentre le sue guance arrossivano catastroficamente. Il vero problema era che in quel preciso giorno Cam aveva scordato una cosa in particolare, qualcosa di piuttosto importante.
Lasciò calare i jeans lungo le cosce, e fu in quel momento che toccò a Daniel arrossire.
Aveva scordato le mutande.
I pantaloni erano ormai arrivati alle caviglie, aveva ancora gli occhi chiusi e appena li riaprì si trovò a pochi metri di distanza la faccia sbalordita di Daniel sui toni del cremisi.
Cam era nel panico, cosa avrebbe dovuto fare? Era lì, nudo e inoltre davanti all’ultima persona al mondo difronte alla quale avrebbe mai pensato di spogliarsi. Tutto quello che poté fare era ragionare alla Cam e tentò di uscirne nel modo più naturale possibile. Alzò il mento e con aria di sufficienza si diresse ancheggiando come un’oca verso la riva del laghetto.
Daniel non distolse il suo sguardo incredulo da lui nemmeno per un istante.
-Beh cos’è che hai da guardare in quel modo? Non hai mai visto la perfezione fisica?
Un fiasco. Entrando fu colto da un brivido gelido, urtò imprecando un sasso con l’alluce e cadde a faccia avanti dove l’acqua era ancora troppo bassa per attutire l’impatto. Daniel era ancora troppo scioccato per trovare il tutto divertente. Da quelle poche dita d’acqua emergevano solamente le spalle di Cam, la sua nuca scura, i suoi talloni e il suo…posteriore. Per poco tempo non si mosse.
-Cam... sei tutto intero?
La visione del posteriore scolpito del ragazzo era imbarazzante ma allo stesso tempo ipnotica. Alcune bolle cominciarono ad emergere nei pressi della testa di Cam, emanava un rumore sommesso. Daniel fu colto da una nota di terrore.
In pochi istanti la testa di Cam si levò dall’acqua scagliando schizzi ovunque, quello che prima era un rumore ovattato ora era un qualcosa a metà tra un grido di dolore e il richiamo di un cetaceo
-FREDDA FREDDA FREDDA!
Iniziò a rabbrividire ad una velocità impressionante avvolgendosi il torace con le sue stesse braccia, preso da quell’attacco di ipotermia non si accorse che Daniel si era avvicinato a lui. Lo cinse con le sue imponenti e calde braccia e lo strinse al suo petto. Smise gradualmente di tremare, la sua pelle era quasi eterea, le sue labbra violacee. Le stesse che dopo pochi istanti furono avvolte da quelle di Daniel in un bacio nella situazione più inusuale di sempre.
Cam staccò le labbra ancora tremanti ma che stavano riprendendo colore.
-Io non so nuotare…
-Chi ha bisogno dell’acqua?
Daniel gli tese la mano e insieme uscirono dal laghetto. Cam aveva ripreso a tremare come un telefono in modalità silenzioso.
-Tieni questa, hai lasciato i tuoi vestiti troppo vicini alla riva e si sono bagnati.
Daniel porse a Cam la sua t-shirt grigia, se la infilò. Arrivava a malapena sotto l’inguine e dato che il corpo di Cam era ancora umido si attorcigliò intorno ai suoi addominali. I due si distesero sull’erba bagnata che gli solleticava le dita rivolti verso il cielo che andava imbrunendosi. Daniel cingeva con il suo braccio il collo di Cam che si era rannicchiato al suo fianco poggiando la testa sulla sua spalla. Il sole era ormai tramontato e alcune stelle iniziavano ad impreziosire il cielo. Cam rivolse lo sguardo verso Daniel, stava guardando il cielo, sorrideva. Chissà se lo guadava in quel modo tutte le volte. Non resistette alla tentazione di affondare le dita nei suoi capelli biondi appena sopra l’orecchio. Erano così morbidi.
-Daniel…
-Che c’è?
-A te manca il paradiso?
Di certo non si aspettava una domanda del genere ma non ci mise molto a rispondere.
-Per niente.
-Perché?
-Perché qui ci sei tu.

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