Passeggiando per Narnia

di Calmoniglio
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prime conoscenze ***
Capitolo 2: *** Re e regine ***
Capitolo 3: *** La foresta ***
Capitolo 4: *** Il risveglio ***
Capitolo 5: *** Il ballo ***
Capitolo 6: *** Un dono ***



Capitolo 1
*** Prime conoscenze ***


Driin. La sveglia. L’inizio di una nuova giornata. Ma non sarebbe stata una giornata qualunque, oggi era il primo giorno di scuola. Io e la mia famiglia ci eravamo da poco trasferiti nella caotica Londra, per motivi di lavoro. Avevo lasciato tutto: amici, familiari ma, soprattutto, la mia “campagna”. Vivevo in una bella casa in campagna, che non era molto distante dalla città, insieme ai miei genitori e a mia sorella minore. Vicino c’era un boschetto, ci andavo sempre, quando dovevo pensare oppure quando volevo semplicemente  starmene da sola. Spesso facevo lunghe passeggiate, assaporando il silenzio della natura.  Era così rilassante, a volte mi pareva di sentire gli alberi che respiravano ma, forse, era solo la mia immaginazione. Ormai la natura era una mia amica, una parte di me. E io, una parte di essa.
Mi preparai velocemente, non volevo far tardi. Avevo già visitato la scuola quindi sapevo dov’era la mia classe. Ero pronta, dovevo solo prendere lo zaino. Andai in camera e mi fermai a guardare la foto sul comodino. Era una foto piuttosto vecchia. Eravamo io e mio nonno con la zappa in mano, pronti per andare a lavorare. Aiutavo sempre il nonno, insieme a mio cugino e mia sorella. Quanto tempo era passato?
- Lily!- mia madre mi stava chiamando, facendomi tornare alla realtà. Le 7.55. Oh cavolo ero in ritardo!
-Arrivo! Arrivo! Mi porti fino a scuola?- Forse, con il suo passaggio, sarai arrivata in tempo alla lezione.
- No, cara. Devi andare a piedi. Io non posso proprio portarti.- quella donna mi rendeva la vita così difficile!
Uscì di casa, sbattendo forte la porta, ero arrabbiata. Anzi no, ero furiosa. Mi misi a correre, forse ce la facevo ancora ad arrivare in tempo. Ero brava nella corsa e, trovato il passo giusto, raggiunsi la scuola in un quarto d’ora. Alcune aule era già chiuse. C’erano solo alcuni alunni per i corridoi. Continuai a correre, sforzandomi di ricordare dove fosse l’aula. C’ero stata solo 2 settimane prima, come facevo a scordarmi dov’era! Non era possibile, tutte le aule sembravano uguali, i corridoi erano come labirinti. Mi girava la testa. Perché? Perché doveva succedere tutto a me? No, non poteva andare così. Non smisi di correre con la rabbia che mi ribolliva nelle vene per aver fallito. Tornai indietro, imboccai una porta e uscì dall’edificio. A pochi passi c’era una panchina, mi sedetti e lasciai che le lacrime accarezzassero il mio viso. Forse era sola un sogno. No, era la realtà. E adesso cosa avrei detto ai miei genitori? Loro ci tenevano così tanto, e io l’avevo delusi. Sentivo che qualcuno si stava avvicinando, c’erano più voci che borbottavano qualcosa su una povera ragazza. Forse ero io, non lo so. Non mi importava, ma la mia curiosità ebbe la meglio. Alzai lo sguardo e notai un gruppo di ragazzi e ragazze di età differenti. Erano due ragazzi e due ragazze. Si soffermarono a guardarmi … facevo così pena?
Fu la più piccola ha parlare, aveva una voce dolce – Ciao, hai bisogno di aiuto?-
Non sapevo di cosa avevo bisogno. La guardai, era piccola ma sembrava saper il fatto suo. – No, non ho bisogno di niente. Grazie-
-Sei sicura? Sembri un po’ scossa … - Questa volta fu la ragazza più grande a parlare.
- Si, sono sicura. Comunque io sono Lily, sono nuova di qui.- meglio cambiare discorso.
- Io sono Lucy, questa è mia sorella Susan. Loro sono i miei fratelli: Peter e Edmund.- disse la più piccola indicando i fratelli. Quello più grande si chiamava Peter, mi ricordava tanto mio cugino, mentre Edmund era il più piccolo.
-Allora, che ne dici di asciugarti quelle lacrime e raccontarci cos’è che non va?- disse Peter sorridendo. 

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Capitolo 2
*** Re e regine ***


-Allora, che ne dici di asciugarti quelle lacrime e raccontarci cos’è che non va?- disse Peter sorridendo.
Il suo sorriso era contagioso, così gli sorrisi di rimando. Si avvicinò, estrasse un fazzoletto e lasciai che mi asciugasse il viso dalle lacrime. Fu un attimo, all’improvviso mi sembrava di essere tornata bambina. Io e mio cugino facevamo una gara a chi arrivava prima in casa. Ero in netto vantaggio quando inciampai in un sasso e caddi, sbucciandomi un ginocchio. Faceva male, mi bruciava tutto. Iniziai a piangere, finché non mi raggiunse mio cugino. Era evidente che non sapeva che fare. Così, prima che arrivasse il nonno, mi asciugò le lacrime e improvvisò una barzelletta, era pessima ma almeno non mi faceva pensare al ginocchio. Soddisfatto, mi sollevò da terra e mi portò a casa sulle sue spalle, sperando che il nonno non facesse troppe domande. No, non ero più lì. Quel tempo era finito.
Adesso c’era Peter. Mi ero incantata, pensando al passato. Stavo velocemente diventando rossa e sperai vivamente che nessuno lo notasse.
- Allora- disse Peter –  ti va di raccontarci qualcosa?- perché voleva saperne di più? D’altronde io ero una ragazza come le altre. Anzi no, io ero decisamente peggio. Continuavo a tacere, mi sentivo in imbarazzo. Mi stavano guardando tutti, in attesa della mia risposta. Feci un respiro profondo e inizia a raccontare del lavoro nuovo di mio padre, del trasloco, di come avevo lasciato tutti e tutto, del ritardo a scuola e, infine, del mio fallimento. Finito il racconto, fu Susan a parlare per prima stupendomi  – Io, cioè … a noi ci dispiace per quello che stai attraversando. Vedrai, passerà tutto, ne siamo certi.- disse infine sorridendo.
- Abbiamo intenzione di stare qui tutta la mattinata? Potremmo andare a fare una bella passeggiata!- disse Edmund, cambiando immediatamente discorso – Prendiamo la metropolitana e andiamo a casa nostra! Dai, so che non vedete l’ora anche voi! –  continuò Edmund. Gli altri si scambiarono uno sguardo veloce e concordarono con la sua idea, evidentemente non avevano niente di meglio da fare, tipo andare a scuola. Ed io, cosa avrei fatto? Presero gli zaini, che nel frattempo erano su una panchina poco distante, e s’incamminarono verso la metropolitana. Io stetti lì a guardarli, insomma … non potevo mica prendere e andare con loro? Lucy mi vide, prese la mia mano e mi disse – Oh avanti! Vieni con noi, ormai sei dei nostri! – si voltò per chiedere conferma e gli altri annuirono con entusiasmo. Mi potevo fidare di loro? “Ormai sei dei nostri”, ero loro amica quindi? Ci conoscevamo da così poco, erano ancora degli sconosciuti. No, loro sono tuoi amici! Sussurrò una vocina. Ormai il danno era fatto.  Presi lo zaino e mi avviai con loro verso la metropolitana. In quei 5 minuti per arrivare alla metropolitana, notai che ognuno aveva un carattere diverso. Lucy era la più piccola ma anche la più spensierata. Edmund invece cercava sempre di fare il buffone. Susan era la più calma mentre Peter era una specie di capogruppo, cercava di tenere d’occhio tutti. Erano una vera famiglia, ed io mi sentivo un’intrusa. Rallentai il passo, osservando bene quel gruppetto. Distrattamente incrociai lo sguardo di Peter che si soffermò per aspettarmi.
- Come ti sembra Londra per ora?- chiese subito.
- Ehm, niente male-  non volevo essere maleducata, anche se Londra non mi piaceva proprio.
- Davvero?- disse scherzando. Non feci in tempo a rispondere, non mi ero accorta che eravamo già arrivati al binario. Tirava molto vento per essere in una metropolitana, non che ne fossi un’esperta, ma c’era qualcosa di strano.
- Ragazzi, pensate … - disse Susan
- Non lo so, forse, potrebbe … - Iniziò Lucy. Perché nessuno finiva la frase?
- Teniamoci per mano. – Urlò Peter. La sua mano prese subito la mia, stringendola forte. Il vento stava aumentando di velocità. Fogli e giornali svolazzavano avanti e indietro. In fondo alla galleria vidi il treno, tra poco questa storia assurda sarebbe finita. Ma il treno non si fermò, andò dritto, continuando la sua corsa. La stazione si stava pian piano sgretolando, come i fogli sul tavolo che con il vento prendono il volo. E … BAMM! Non eravamo più nella stazione. C’era più luce e l’aria era più fresca. Eravamo in una foresta, gli alberi erano così alti che sembravano toccare il cielo. Davanti a noi c’erano degli animali che stavano letteralmente parlando e alcuni nani. Okay, stavo immaginando tutto. Forse l’aria della metropolitana mi aveva fatto male. Ero agitata, per non dire spaventata. Com’era possibile? Un attimo prima erano in metropolitana e adesso … dov’erano precisamente? Stavo per chiedere spiegazioni a Peter quando i nani e gli animale si inchinarono dicendo – Bentornati re e regine di Narnia!-

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Capitolo 3
*** La foresta ***


– Bentornati re e regine di Narnia!-
Re e regine? Cos’era e dov’era Narnia? Stavo male. Si, forse erano le allucinazioni dovute all’aria della metropolitana. Doveva essere così.  A quanto pareva, ero la sola ad aver la paura disegnata sulla faccia. Qualcuno vicino a me stava cercando di dirmi qualcosa, ma non riuscivo a capire, le parole mi entravano da un orecchio e uscivano dall’altro. Niente aveva un senso. Era uno di quei momenti in cui avrei voluto nascondermi, magari dietro Peter.
Come da piccola, quando il nonno mi presentava dei suoi amici. Tutti sorridevano e mi riempivano di complimenti, ma io non ascoltavo mai. Correvo a rifugiarmi dietro la gamba di nonno. C’erano delle risate, poi lui mi prendeva in collo e cercava di tranquillizzarmi, d’altronde per me erano solo sconosciuti. Col passare degli anni, mi dissero che quella era solo timidezza. Essere timida faceva perdere molte occasioni, ma con le prime amicizie sparì anche quella, o almeno venne meno.
- Peter il Magnifico, Susan la Gentile, Edmund il Giusto e Lucy la Valorosa è un piacere rivedervi. In questo momento abbiamo bisogno del vostro aiuto. Ma, come ben sapete, io non posso dirvi niente. Vi invito perciò a venire a palazzo con me. - disse un nano tutto d’un fiato, cercando di essere più preciso possibile. I ragazzi e le ragazzi si guardarono e poi acconsentirono. Non sembravano sconvolti, erano tranquilli. Come se fosse tutto normale. Essere catapultati in un altro mondo ed essere chiamati re e regine. Normalissimo. 
Gli occhi del nano si concentrarono su di me. – Posso sapere chi siete voi?- mi chiese gentilmente. Adesso anche gli occhi degli animali mi osservavano.
 – Lily. Io sono Lily – dissi cercando di essere tranquilla, ma era evidente che ero agitata.
 – Posso solo dire che è un piacere conoscervi , io sono Krun – rispose il nano. Sorrisi, non avevo mai ricevuto simili trattamenti. Il nano mi arrivava più o meno alla vita, aveva delle pelli di animali sulle spalle e una spada sul fianco destro. Aveva una cicatrice biancastra che attraversava l’occhio sinistro.
Non appena il nano finì la frase, Lucy chiese speranzosa – Aslan?-. Il nano iniziò a parlare a proposito di un luogo. Ma la mia attenzione era altrove. Alzai lo sguardo per poter ammirare ciò che avevo intorno.
La foresta non doveva essere molto grande ma, in compenso, era alta. Conoscevo molte specie di alberi ma alcuni non li avevo mai visti. Era strano, me ne intendevo di natura, sapevo riconoscere ogni albero solamente dalle foglie. Mi esercitavo spesso, ormai la natura non aveva segreti per me.  Molti erano coperti di edera, altri da sconosciuti rampicanti. No, c’era qualcosa di ancora più insolito. Sembravano … respirare. Sentivo le radici che cercavano l’acqua, gli scoiattoli che si muovevano da ramo a ramo, gli uccellini che facevano nidi. Era viva, ecco cos’era. La foresta era davvero viva. E poi le voci, tante, tante voci tutte insieme. Che parlavano, cantavano. La testa mi stava iniziando a girare. I rumori diventavano più forti, le voci si sovrapponevano a vicenda. Lasciai la mano di Peter per mettermi le mani alle orecchie, cercando di diminuire i rumori. Non stava affatto funzionando, i suoni erano sempre più forti. Caddi sulle ginocchia, comprimendo ancora di più le mani. La terra divenne cielo e il cielo terra. L’ultima cosa che vidi fu lo sguardo preoccupato di Peter, poi scivolai in un sonno senza sogni.

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Capitolo 4
*** Il risveglio ***


Aprì gli occhi e sbattei più volte le ciglia. Con le poche forze che avevo, cercai di tirarmi su, a sedere. Ero in una stanza fatta completamente di marmo. C’erano molte decorazioni : alcune rappresentavano scene, altre erano semplicemente figure geometriche o ornamentali. La poca luce che c’era entrava dalle grandi finestre, l’una accanto all’altra. C’erano vari mobili come grossi armadi e scrivanie. Io ero comodamente sdraiata  in un letto non molto grande, da un lato della stanza. In fondo al letto, seduta su una sedia, c’era una piccola bambina che teneva la testa sul letto. Dormiva emettendo buffi suoni con la bocca. Ad un tratto ricordai tutto. La metropolitana, gli animali, Krun e la foresta. Com’era possibile sentire gli alberi cantare o parlare? Poi quelle voci, erano tutte insieme. Non riuscivo a capire tutto, mi arrivavano solo qualche parole come “è qui”, “è lei” oppure “Siamo sicuri?”. Quelle parole non avevano senso. Io ero solo arrivata lì per caso, non c’era un vero e proprio motivo. Non come … loro. Re e regine avevano esclamato tutti. Ma chi erano davvero?
Decisi di alzarmi. Dovevo aver dormito parecchio tempo dato che il mio stomaco brontolava. Fortunatamente, alla destra del letto, c’era un comodino con sopra un vassoio pieno di prelibatezze: frutta, dolci e quant’altro. Iniziai a divorare velocemente il pasto, ignorando le buone maniere. Non avevo ancora finito di mangiare quando la bambina si svegliò. Riconobbi subito quel volto tenero. Lucy. Rimase un po’ turbata vedendo il letto vuoto e si alzò subito di scattò, come se fosse successo il peggio,  poi mi vide. Vide una ragazzina in camicia da notte con la bocca piena di frutta che teneva il vassoio come un suo piccolo e personale tesoro. Rimase lì a guardarmi, poi iniziò a ridere. Finii il boccone e iniziai a ridere anch’io. Era una scena così buffa. Ridemmo per un po’, poi Lucy mi corse incontro e mi abbracciò forte. Sobbalzai, non mi aspettavo un gesto simile, e la strinsi ancora più forte.
Quando ci sciogliemmo dall’abbraccio iniziò subito a parlare – Dio quanto ci hai fatto preoccupare!Insomma hai iniziato a urlare dicendo di smetterla perché non ce la facevi più. Non so cosa sia successo, davvero! Io ho avuto tanta paura. E poi Susan e Edmund e … Peter erano così preoccupati! Hai dormito per circa … due giorni. Facevamo a turno per non lasciarti mai sola. ” quando finì la frase, riprese fiato. Ero spaesata, non sapevo cosa dire – Ecco, insomma … mi dispiace. Non volevo … spaventarvi.- non riuscivo a dire altro. Lucy continuò – Adesso gli altri sono a una specie di riunione, ma fidati, torneranno prestissimo.-
Erano passati solo pochi minuti quando la porta si aprì e entrarono Edmund, Susan e Peter. Erano vestiti con una specie di uniforme. Susan portava un arco, mentre Edmund e Peter una spada. Peter  fu il primo ad accorgersi di me – Lily – gridò, venendomi in contro. Ero contenta di vederlo, lo devo ammettere. Mi alzai in piedi, ma le mie gambe non ressero il peso. Feci per appoggiarmi al comodino ma Peter mi afferrò prima. Mi prese per fianchi e mi appoggiò delicatamente sul letto.
- Grazie- riuscì a dire. Bene, ero svenuta nei miei primi minuti a Narnia e adesso questo!
- Oh, di niente- disse Peter sorridendo. Era un ragazzo solare, sorrideva sempre. Volevo aggiungere qualcosa ma Lucy chiese subito della riunione. Evidentemente era troppo piccola per prenderne parte.
- Glielo dici te?-  disse Peter a Susan. Susan annuì e iniziò – Okay Lucy, non ti allarmare troppo, andrò dritto al sodo. Aslan non si trova. L’hanno cercato dappertutto. – Lucy stava per dire qualcosa ma Susan la fermò – Aspetta. A quanto pare dopo la scomparsa di Aslan gli alberi hanno cominciato ad ammalarsi. Cioè, esteriormente stanno bene. Ma nel profondo c’è qualcosa che non va. Gli animali lo possono sentire. Il consiglio non ci ha detto altro, dobbiamo aspettare una decina di giorni per saperne di più. Poi decideremo sul dar farsi. -  concluse Susan. Gli alberi malati interiormente? Normalmente gli alberi si ammalano sia esteriormente che interiormente, anche se con tempi diversi. Ma, d’altronde, lì niente era normale.
Passammo qualche minuto in silenzio, poi Edmund disse – Perché non andiamo a fare un giro fuori? Andiamo! È una bella giornata!- indicando la finestra. Aveva ragione, il sole splendeva in un cielo limpido. Ho sempre odiato stare in casa quando fuori era una bella giornata. Non so perché ma quel pensiero mi portò nuove forze – Edmund ha ragione. Potremmo andare … non so, in città.- proposi, meglio stare lontana dalla foresta per ora. Sì, mi sentivo piena di vitalità. Forse era la dormita che mi aveva rigenerato, oppure solo l’idea di stare all’aperto.
- A proposito- aggiunsi sorridendo -  è un onore avere degli amici di così alto rango come voi-  dissi con un tono altezzoso mentre cercavo di inchinarmi. Edmund fu il primo a ridere e presto contagiò tutti.  
Chiesi subito dove potevo cambiarmi e Lucy mi accompagnò in una specie di bagno, nella stanza accanto alla mia. I vestiti erano appoggiati su un piccolo mobile, così mi cambiai velocemente. Mi soffermai guardandomi allo specchio. I capelli marrone chiaro erano raccolti in una treccia un po’ disordinata. Indossavo dei pantaloni marrone scuro, una maglietta nera e un paio di stivaletti dello stesso colore. Ero piuttosto soddisfatta del mio fisico. Ero alta e robusta, grazie al lavoro nei campi del nonno, perciò ero più muscolosa di alcuni miei compagni. Non avevo nemmeno un portamento da donna, ero goffa ma quando volevo ero agile e veloce.                                                                                
Uscì dal bagno e trovai Lucy, Edmund e Susan poco lontano che chiacchieravano mentre Peter mi aspettava fuori dalla porta. – Pronta, bella addormentata?- mi chiese scherzosamente.
- Prontissima- risposi sorridendo.
 

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Capitolo 5
*** Il ballo ***


Raggiungemmo Susan, Edmund e Lucy proprio nel mezzo di un discorso.
- Sarebbe davvero bello, sai? Proprio come hai vecchi tempi. – stava dicendo Lucy – Vi ricordate? – chiese agli altri.
– Come scordarcelo Lu, tutte quelle decorazioni e quante persone! – esclamò Susan.
- Ehm … posso sapere di cosa state parlando? – Chiesi con una punta di curiosità.
- Ogni anno, di tanto tempo fa, si organizzava un ballo chiamato “il ballo delle lanterne”, dopo la festa uscivamo in giardino e insieme agli abitanti lanciavamo in aria le lanterne esprimendo desideri. Ebbene, questa festa si celebra oggi. – concluse Susan.
 – Quindi dobbiamo organizzare le decorazioni, gli invitati … tutto praticamente! E tutto questo in una sola giornata! – finì Edmund.
- Perché non cominciare subito allora.– dissi con un alzata di spalle, come se fosse una cosa normale – prima iniziamo, prima finiamo no? –
- Sentito Lily, a lavoro! – disse Peter scherzando. Ridemmo tutti e dopo ci dividemmo i ruoli da compiere. Lucy sarebbe andata ad avvertire tutti: dal consiglio agli abitanti persino ai re e regine di altri luoghi. Susan e io avremmo preparato tutte le decorazione della sala comune mentre Peter e Edmund avrebbero pensato al resto.
-Okay, questi sono ruoli, quindi iniziamo subito. – disse Susan.
 Detto questo ci salutammo tutti e ognuno prese una direzione diversa ed io ovviamente seguì Susan che stava passando da un corridoio all’altro.
 – Da dove partiamo? – chiesi.
– Dalla sala principale – rispose Susan.
Dopo varie scale giungemmo in un grande salone anzi ,oserei dire, enorme. In fondo alla stanza, sopra tre gradini, c’erano 4 troni, uno per ogni fratello e sorella pensai. Erano proprio belli, pieni di gemme preziose e decorazioni. Il resto della stanza, tutta in marmo, era decorata con magnifici disegni e mobili: scrivanie, scacchiere, divani, sedie e quant’altro. Intorno alla stanza c’erano grandi finestre con delle tendi verdi che raffiguravano alcuni animali.
 – Bella vero? – chiese Susan – anch’io la prima volta ero come te, mi guardavo continuamente intorno, soltanto che avevo migliaia di occhi puntati su di me e non potevo certo stare con il naso all’insù – rise, così mi unì a lei.
– Com’è che siete re e regine? – domandai. – é una buffa storia – disse – fu Lucy la prima a scoprire Narnia. All’inizio la credevamo pazza, ma ci ricredemmo quando attraversammo l’armadio. Non so come sia accaduta questa volta, ma la prima volta entrammo da un armadio di pellicce, la seconda invece … Comunque venimmo qui e sconfiggemmo una perfida strega che si era autoproclamata regina di Narnia. Era sempre inverno e mai Natale. Poi arrivò Aslan e insieme sconfiggemmo la strega, così facendo si avverò la profezia e … adesso siamo qui. – Era stata un po’ sbrigativa, ma almeno adesso ne sapevo di più. C’era ancora un dettaglio che ancora mi sfuggiva. Aslan. Quel nome mi dava una strana sensazione allo stomaco, ero felice e triste allo stesso tempo come …  
- Lily, andiamo che dobbiamo iniziare. – chiamò Susan. Così ritornai con i piedi per terra e iniziammo a decorare la stanza. Avevamo ancora gli scatoloni in mano quando  arrivarono donne, uomini, bambini, nani e … fauni? Insomma, arrivò un bel po’ di gente a darci una mano. Come prima cosa mettemmo dei tavoli e delle sedie lungo i lati della sala, poi aggiungemmo le tovaglie ed il resto. Aggiungemmo dei lunghi tappeti colorati ed infine qualche decorazione alla stanza come delle luci. C’era voluto qualche ore ma il risultato era ottimo. A proposito di ore … che ora era? Mi affacciai alla finestra più vicino a me e, guardando il sole, dovevano essere circa le due di pomeriggio. Il mio stomaco non tardò a confermare il tutto, nonostante avessi mangiato da poco.
- Okay qui abbiamo finito. Oh ecco gli altri! – disse Susan, che nel frattempo si era avvicinata a me.  
- Noi abbiamo finito e anche Lucy – disse Peter. – Quindi adesso abbiamo sistemato tutto. Non ci resta che … -
- Mangiare!- rispose Edmund, finendo la frase. – Si, mi pare una buona idea – confermò Lucy.
Senza aggiungere altro tre fauni arrivarono con piatti di argento colmi di cibo. – Bhé … Buon appetito! – disse Edmund prendendo un coscio di pollo.
 
***
 
Il pomeriggio era volato: finito il pranzo ci dirigemmo nel giardino reale dove parlammo un po’ del più e del meno, finché un fauno non venne a chiamarci per i nostri preparativi. Ci divedemmo tra femmine e maschi, così salutammo Edmund e Peter e ci avviammo nelle camere dove un personale staff ci avrebbe sistemato.
Lucy e Susan avevano già i vestiti pronti perciò non ci misero molto a prepararsi. Erano bellissime. Lucy portava un lungo abito rosa e i capelli raccolti in una coda. Susan, invece, portava un abito arancione con qualche sfumature di rosso via via che si avvicinava ai piedi, i capelli mossi che le ricadevano dolcemente sulle spalle. Infine indossavano entrambe le corone piene di gemme.
- Lily! – aveva esclamato Lucy – bisogna trovare qualcosa anche per te! Avanti cara, vieni con me! – prendendomi per mano.
 In tutto quel tempo io me ne ero stata tranquillamente seduta su una comoda poltrona, osservando i preparativi. Mi portò davanti ad uno di quei grandi armadi, quelli che sembrano non finire mai. Lo aprì e mi ritrovai davanti a me un centinaio di vestiti di tonalità diverse.
Prese una decina di vestiti e disse  – Okay, questi sono quelli più belli. Provali pure – non sapevo cosa dire e così, imbarazzata, balbettai un grazie e mi inizia a provare i vestiti, uno dopo l’altro. In tutta la mia vita non mi era mai capitato di dover indossare un vestito. Ero sempre vissuta in campagna con il fango e le polveri. Era una sensazione del tutto nuovo. Dopo varie prove, alla fine decidemmo per il vestito azzurro. Mi calzava a pennello, non aveva maniche e aveva una fascia che mi stringeva sotto il seno. Il resto era fatto a falde una azzurra e una rosa chiaro fino al ginocchio. Sciolsi i capelli, erano mossi grazie alla treccia e decisi di lasciarli così. Mancavano le scarpe. Un bellissimo paio di scarpe basse, solo con un piccolissimo tacchetto, celesti. Mi guardai un’ultima volta allo specchio, era come vedere un’altra me. No, decisamente non ero io.
– Sei bellissima – dissero entrambe le sorelle. – e adesso andiamo, i nostri fratelli ci aspettano – disse Lucy. Uscimmo dalla stanza e ci incamminammo verso la sala. Dalla cima degli scalini si poteva benissimo ammirarla, era leggermente diversa da come l’avevamo lasciata. Ma era pur sempre favolosa. Le persone stavano iniziando ad entrare, così come gli animali. In fondo alle scale c’erano Edmund e Peter che parlavano allegramente con un ... cavallo con la testa da uomo? Centauri disse una vocina dentro di me.
Sia Edmund che Peter portavano un bellissimo smoking nero e le loro rispettive corone. Non avevamo ancora finito di scendere le scale quando Peter mi guardò – Wow sei … ecco, bellissima – disse imbarazzato. – Anche te non stai male – risposi. Stupida! Certo che non stava male, era solamente il re di tutta Narnia! Si stava avviando una di quelle pause imbarazzanti così Lucy disse – Vogliate scusarmi Re Supremo,  ma potete fare anche dei complimenti alle vostre sorelle … sempre se ne avete tempo – Edmund e Susan iniziarono a ridere insieme a Lucy. –  Certo, complimenti davvero – rise di rimando. Subito dopo il nostro arrivo un fauno annunciò la cena e tutti andarono ai propri posti. Lucy, Edmund, Susan e Peter  andarono in cima alla tavola. C’era un posto vuoto accanto a Edmund, così mi misi a sedere vicino a lui.
Non vorrei annoiarvi troppo parlando della cena, basta solo dirvi che furono servite portate su portate, su piatti d’oro e d’argento, una più buona dell’altra.
Finita la cena, iniziarono le danze. La verità era che io non ero affatto brava a ballare, non avevo mai imparato. Così mentre tutti si alzarono per andare a ballare, io rimasi a sedere insieme a pochi altri che, evidentemente, erano nella mia stessa situazione. Ammiravo i movimenti buffi che facevano alcune persone cercando di non ridere troppo. Erano uno spettacolo, c’era chi sapeva realmente ballare e chi invece si limitare a fare qualche passetto oppure altri che sembravano fare ginnastica.
 – Allora, vuoi startene lì seduta tutta la notte? – mi chiese una voce un po’ grottesca.
Mi voltai e trovai un nano che conoscevo, anzi, l’unico. – Krun! – esclamai!
 Il nano sorrise – Allora? – replicò. – io … non, ecco … io non so ballare. – dissi imbarazzata.
– Ma mia cara, è così semplice. Devi solo lasciarti andare. – rispose il nano.
Certo semplicissimo per qualsiasi persona, tranne che per me.
  – Come fai a saperlo se non ci hai mai provato? – continuò il nano. I nani potevano leggere anche nel pensiero?
In quello stesso momento arrivò Peter  – Ehi, cosa aspetti a venire a ballare? Tra poco usciremo fuori per le lanterne. Avanti questi sono gli ultimi balli! Su! –
Non ebbi nemmeno il tempo di replicare perché, mentre Peter mi prendeva per mano, Krun mi alzava dalla sedia e, in men che non si dica, mi ritrovai sulla pista da ballo. Fortunatamente Peter ci sapeva fare e non mi restò che assecondarlo. Devi solo lasciarti andare. In un certo senso era vero. Dopo le prime incertezze volteggiavo come se lo avessi sempre fatto. Era davvero buffo, come si poteva ben vedere da fuori. Continuavo a muovermi e a ridere allo stesso tempo. Mi girava un po’ la testa ma non ci feci molto caso. Poi la musica rallentò e partì un lento, o almeno quello che sembrava un lento. Ecco se prima ero in imbarazzo adesso lo ero ancora di più. Non sapevo che fare, la musica era cambiata quindi doveva cambiare anche il tipo di ballo, immaginai. Fu Peter che fece la prima mossa prendendomi per i fianchi.
 – Appoggia le mani sulle sue spalle – disse qualcuno alle mie spalle. Con la coda dell’occhio vidi Krun, così non mi resto altro che fare come mi aveva consigliato.
 Adesso eravamo vicini, molto vicini. – Allora ti piace Narnia? – disse Peter cercando di smorzare la tensione.
 – Certo, ha qualcosa di … magico – risposi.
– Sono contento che ti piaccia – aggiunse.  
Abbassai lo sguardo e quando lo rialzai Peter mi stava guardando. Era strano, con lui mi sentivo al sicuro. Era un sentimento nuovo e allo stesso tempo così diverso da tutti gli altri. Non sapevo dove mi trovavo e non mi ricordavo niente. L’importante adesso era lui davanti a me, il resto del mondo poteva sparire. Ancora più vicino, ormai potevo sentire il suo respiro caldo sul mio corpo.
- Peter  andiamo che è or ... – disse Lucy ma appena ci vide bene assunse un’aria colpevole.
– Si, certo. – disse Peter, cercando di non far sentire la sorella troppo in colpa. Ma in fondo, che colpa aveva?
 – Andiamo – Mi sussurrò Peter prendendomi per mano. Così , mano nella mano, ci avviammo nella terrazza. La terrazza era molto grande e quasi tutti era pronti con le lanterne in mano. – Re supremo – disse un nano vicino a noi, consegnandogli una lanterna. Peter lo ringraziò poi prese la lanterna con un mano e con l’altra appoggiò la mia mano sulla lanterna. Mi guardò rapido, come a cercare una conferma.
 – Pronti? – Urlò Peter. La folla, in tutta risposta, iniziò ad urlare per l’eccitazione. Peter guardò Lucy che era al suo fianco insieme ad Edmund  – Via! – urlò Lucy, con tutta la sua voce.
Dato il segnale, le lanterne partirono in aria. Erano a centinai, forse anche di più. Le lanterne parevano ballare nel cielo stellato provocando uno spettacolo stupendo. Non sapevo chi faceva più luce, se le lanterne o le stelle.
Guardai gli altri,erano tutti lì, con il naso all’insù ridendo e chiacchierando. Alcuni bambini stavano giocando fra loro, altri erano con le mani unite nell’intento di esprimere un desiderio. Vidi anche delle persone con delle corone, i re e le regine di cui parlava Lucy. Mi sembrava che Susan fosse lì, insieme ad un ragazzo con un lungo mantello e dei capelli neri. Lucy stava parlando con un fauno, mentre Edmund con altri ragazzini della sua età.
Il mio sguardo cercò quello di Peter ma non lo trovò, eppure era qui vicino a me poco fa. All’improvviso sentì delle braccia calde stringermi da dietro. Era Peter. Ma non era un abbraccio qualunque,era uno di quelli caldi e colmi d’affetto. Così mi girai, lo guardai dritto in faccia e lo strinsi forte a me. Sorrisi, come non avevo mai fatto prima. Poi sentì qualcosa nello stomaco, qualcosa che faceva il solletico.
 
***
 
La sera si era prolungata per altre ore, io e Peter avevamo passato una serata fantastica ridendo e scherzando con gli altri. Era notte inoltrata quando la gente iniziò ad uscire, così quando la stanza era ormai vuota ce ne andammo anche noi. Peter mi accompagnò davanti alla mia stanza.
– Bene, eccoci qua – dissi.
– Eccoci qua – fece eco Peter.
Restammo qualche attimo in silenzio – Io … - esclamammo insieme. Iniziammo a ridere, scherzandoci su. – Bella serata – disse infine Peter.
 – Ottima, direi – risposi io.
 – Allora buonanotte – conclusi.
 – Buonanotte – ripose lui avvicinandosi verso di me e baciandomi sulla guancia – sogni d’oro – sussurrò infine.  Entrai in camera e mi sdraiai sul letto ancora vestita, sentivo i passi che si stavano lentamente allontanando. Chiusi gli occhi ripensando alla serata passata, nel farlo, non mi accorsi nemmeno di star sorridendo.
 

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Capitolo 6
*** Un dono ***


Il sole non era ancora sorto quando mi svegliai. Mi misi a sedere massaggiandomi dolcemente la testa, ripensando agli eventi di ieri. Peter. I ricordi vennero a galla da soli regalandomi un sorriso. Era così bello avere una persona accanto a me, era da tanto che non succedeva. Andava tutto bene eppure io avevo paura. Paura che prima o poi questo sarebbe finito. Magari Peter avrebbe preferito una ragazza più bella, più signorile di me. D’altronde lui era un re, invece io ero … una qualunque. Basta, dovevo smettere di pensarci. Avevo bisogno di schiarirmi l’idee, dovevo uscire da quelle quattro mura.
Mi vestì e in poco tempo uscì dalla mia stanza. Presi un corridoio a caso, sperando che mi portasse all’uscita. Anche se alcune volte dovetti tornare sui miei passi, alla fine ne trovai una.

L’aria fresca mi avvolse. Le foglie stavano danzando nell’aria. C’era qualcosa di strano nell’aria stessa, sembrava che avesse un vero e proprio corpo con due braccia e una specie di coda al posto delle gambe, proprio come le sirene, con qualche foglia che girava intorno. Stava prendendo sempre di più sembianze umane, adesso era una bellissima ragazza con dei lunghi capelli che le ricadevano sulle spalle. Faceva degli strani gesti e con il dito stava indicando qualcosa. Voleva che la seguissi, immaginai. Ma dove esattamente?
La mia curiosità ebbe la meglio, inoltre avevo smesso di farmi strane domande, così seguì la ragazza che nel frattempo aveva cambiato di nuovo forma: adesso era un vivacissimo coniglio che si divertiva saltando da muro a muro.
Attraversai la città ancora addormentata, solamente poche luci erano accese e le strade erano pulite e silenziose. Dopo qualche minuto di corsa ero fuori città.
Mi voltai curiosa e vidi il castello. Era enorme, come avevo immaginato, provvisto di molte torri. Ai suoi piedi sorgeva la città, molto più piccola a confronto ma era tutta così … “ordinata”. E pensare che la prima volta ero svenuta, già ,proprio una bella figura …
 Finii di osservare la città, squadrandola nei suoi minimi dettagli come una foto ricordo, e quando mi voltai ero di fronte ad un bosco. Più precisamente una foresta.
Ero lì, impalata sulla soglia con le mani che sudavano. La ricordavo bene.
Non aver paura” disse una voce “Entra pure”. La voce era così suadente perciò, con il poco coraggio rimasto, entrai nella foresta. La mia amica aria se n’era andata, adesso ero sola.
“Ma non sei sola”  disse la prima voce.
– Chi sei? – chiesi, guardandomi intorno e continuando a camminare.
“Chi siamo vorrai dire”. Bene, erano più di uno, qualunque cosa fossero.
“Noi siamo degli spiriti che, ormai da migliaia di anni, abitano gli alberi. Ci chiamano con molti nomi diversi, noi preferiamo essere chiamati Frinn. Forse non hai mai sentito parlare di noi, anzi sicuramente. Non ci riveliamo mai a nessuno, siamo ... come dire, riservati”
- Perché io posso sentirvi allora? – la domanda mi sorse spontanea.
“Esistono alcune specie che riescono ad interagire con noi, ma sono rare anzi, uniche. Devo ammettere, che te sei la prima.” Disse la seconda voce.
- Perché proprio io? – domandai, di nuovo.
“Perché, perché, perché … non sempre abbiamo la risposta giusta. Sappiamo solo che sei tu, tu quella che ci salverai”. Continuò la prima.
- Io … cosa? – dissi. Allucinazioni. Si, dovevano essere arrivate. Da quando gli alberi parlano?
“Si cara, siamo malati come ben sai. Ci manca qualcosa, qualcosa che è indispensabile per la nostra sopravvivenza. Quelli sciocchi degli umani continuano a ricoprirci di acqua, come se non fossimo in grado di prenderla! Fatto sta, che tu, come abbiamo già detto, ci salverai”. Disse una voce nuova femminile.
- Io, che la prima volta sono svenuta dopo due minuti, dovrei salvarvi? – la testa iniziò a pulsare, mancava solo svenire di nuovo!
“Si cara, proprio tu! E adesso smetti di fare domande e muoviti!” urlò la prima voce un po’ spazientita.
“Cornelius!” gridò di nuovo la voce femminile “Zucca vuota che non sei altro! Ti pare questo il modo di rivolgersi ad una persona?! Avanti non fare il maleducato!” Cornelius, o come si chiamava, sbuffò e la voce femminile riprese “Allora devi sapere che noi spiriti viviamo grazie ad un frutto, il frutto di Folmes che ci aiuta a sopravvivere. Ma adesso è successo qualcosa, non sappiamo bene cosa. E qui entri in gioco tu. Sei la sola che può realmente aiutarci.”  Continua la voce femminile.
Si stavano sbagliando, non potevo essere io. Non volevo essere io.
- Io … - iniziai “No cara, vai! Il consiglio si riunirà tra poco!”
-Il consiglio? No, manca ancora una decina di giorni.
“ No, è stato anticipato a oggi! Corri e aiutaci”
Si, okay. Dovevo arrivare a castello, andare in un consiglio a cui non ero stato invitata di cui non sapevo neanche l’esistenza e infine dire tutta la verità. Facile no?
“Avanti, non aver paura ci siamo noi qui con te e adesso non perdere altro tempo” Continuò la voce femminile. Le mie gambe agirono da sole e ben presto mi ritrovai a correre. Ero ormai arrivata sulla soglia senti un voce nuova, più calda e sicura, diversa da tutte le altre. “Hai un dono, non scordarlo”.
La città si stava iniziando a svegliare, le strade si stavano popolando e la confusione stava lentamente crescendo. Mi infilai in una strada poco trafficata, che mi pareva aver fatto prima, e in una decina di minuta arrivai al castello. Ringraziai mentalmente la professoressa di ginnastica che mi spremeva al massimo durante la corsa e la resistenza, adesso sapevo perché.
Non avevo tempo da perdere così inizia a chiedere a fauni e quant’altri dove potevo trovare una specie di sala per il consiglio. Finalmente trovai una gentile signora mi indicò la strada ed io la presi a corsa. Dovevo cercare una porta grande fatta in legno massiccio.
Mi guardai intorno. Quella no, quell’altra nemmeno.
Eccola, era laggiù in fondo.
Ero stanca e tutta sudata. Feci un ultimo sforzo e corsi incontro alla porta. Spinsi con le ultime forze rimaste e mi ritrovai in mezzo al consiglio. Non scorderò mai la figura che feci quel giorno.
Come in un film, mi ritrovai esattamente nel mezzo al consiglio che si era disposto a cerchio. Davanti c’erano i due re e le due regine. Le altre persone le avevo viste vagamente alla festa di ieri. Non sapevo descrivere bene le facci che fecero la famiglia reale. Era un misto tra sorpresa, confusione, imbarazzo e rabbia, forse con un pizzico di curiosità.
- Lily cosa … ? – iniziò Peter.
- No … fammi … fammi parlare – lo fermai ansimando. Avevo il fiatone dovuto alla corsa. Ripresi fiato mentre alcune persone stavano già borbottando qualcosa.
Feci un altro respiro, poi svuotai il sacco.

- Spiriti? – disse uno – frutti? Mai sentita una storia più ridicola! – iniziando a ridere.
- Ma non sto mentendo, è la verità! – protestai io gesticolando.
- Si certo, e io sono un unicorno! – disse lo stesso. Altre risate.
Non ci potevo credere nessuno mi credeva. Eppure era la pura e semplice verità.
- Silenzio! – urlò un uomo piuttosto vecchio. Portava una lunga veste color grigio. Aveva due occhi piccoli nascoste da delle grossi lenti, insieme ad un lunga barba. – Cosa vi assicura che questa non sia la verità? – disse guardando tutti.
- Avanti, Senn! Non crederai mica alle parole di questa ragazzina? – chiese sempre lo stesso uomo ridendo e indicandomi.
- No, siete voi – indicando lui e tutti i suoi compagni – che non capite – finì Senn, osservandoli uno a uno.
- Credo che ognuno debba riflettere attentamente su questa faccenda – osservò infine re Edmund, per fortuna.
- Il consiglio si riunirà di nuovo, a data da prestabilire. Dichiarò il consiglio sciolto – concluse Peter con solennità.
Finito il consiglio io, Susan, Edmund, Peter e Lucy ci riunimmo in camera di mia dove raccontai di nuovo la storia.
- Frinn … non ne ho mai sentito parlare – disse Susan con fare interrogativo.
- Direi che è piuttosto strano … - affermò Peter.
- Ragazzi, lo giuro, non sto mentendo. Quelle voci … erano vere! Almeno voi, per favore! – non mi ero resa conto che le lacrime erano iniziate a scendere. Forse mi ero davvero immaginata tutto dall’aria alle voci. No, era tutto reale. Ero sicura … ma allora perché stavo piangendo? Più cercavo di smettere, più le lacrime continuavano a scendere.  – Io … – le parole mi si bloccarono in gola e iniziai a singhiozzare.
- Ragazzi, forse è meglio che usciate. Vi chiamo io tra poco – disse Peter, guardando gli altri.
Edmund mi strinse una mano sulla spalla, Susan fece uguale e poi uscirono. Lucy mi guardò a lungo e mi abbracciò forte – io ti credo – sussurrò con quella sua voce dolce. Io risposi con grazie e poi uscì anche lei dalla stanza.
Peter si avvicinò a me e ci sedemmo sul letto. Evitavo il suo sguardo, avevo paura. Ma paura di cosa? Della sua reazione?
 – Lily, sappi che io ti credo – disse stringendo la mia mano.
 Le nostre dita si intrecciarono, come se lo avessero fatto centinaia di volte. Alzai lo sguardo, incrociando il suo. Non mi veniva niente da dire così sorrisi. Un sorriso tirato ma sincero. Non sapevo cosa dire, qualcosa nella pancia faceva il solletico e non riuscivo a pensare ad una frase di senso compiuto.
Lo guardai, non potevo farne a meno. I miei occhi fissi sui suoi. I suoi chiari. I miei scuri. Non capivo più niente, la stanza sembrava girare. L’unico punto fermo era Peter. Si avvicinò ancora, lentamente. Adagio, adagio. Continuavo a sentire qualcosa nella pancia, stavolta stava correndo avanti e indietro. Una tempesta in piena regola. Chiusi gli occhi d’istinto. Sentivo che continuava ad avvicinarsi. E poi arrivò … le sue labbra sulle mie, calde e appassionate. Lasciò la mia mano e con le sue mi cinse i fianchi. Eravamo una cosa sola.
Mi staccai da lui e lo guardai. Sorrisi automaticamente.
Non c’era assolutamente niente da dire.

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