Sealife

di ssj4gohan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Sealife



Capitolo I


La notte era finita. Il buio pian piano si trasformava in un chiaro ricordo, presentando il nuovo giorno come un meraviglioso dipinto dalle striature violacee. Il sole si stagliava all’orizzonte, oltre il mare. Il cielo aveva assunto uno strano colore, non v’era più la presenza della notte ma il lieve venticello continuava a soffiare. Le cime delle palme ondeggiavano senza mai avvertire senso di disagio. La sabbia era fredda, umida, densa. Le impronte, i castelli di sabbia e le buche sparse su tutta la spiaggia ormai appartenevano a ciò che il giorno stava cancellando. Finalmente un po’ di serenità dopo una lunga fatica. Sarebbe stato un giorno di riposo, eppure Shawn era lì, seduto in riva al mare, tracciando delle linee sulla sabbia.

Il suo sguardo era rivolto verso il sole, gli occhi semichiusi, cercando di non perdersi lo spettacolo mattutino. Lo faceva spesso, anzi quasi ogni mattina. Una sorta di rituale per lui contemplare ciò che il nuovo giorno potesse offrire al mondo. Già, il mondo poteva ancora offrire ciò che molti ormai reputavano superfluo: indifferenza verso le cose ritenute scontate e banali. Continuò a fissare il movimento del sole che per farsi osservare si innalzava sempre più nel cielo, rendendo tutto il paesaggio ancora più luminoso.

Una mano toccò la spalla di Shawn. Non si voltò a vedere chi fosse. Sapeva già che si sarebbe seduta accanto a lui.

«Sarebbe meglio che tu andassi dentro a vestirti. Potrebbe venire gente e noi non sembriamo proprio degli isolani.»

Sebbene non vedesse il suo volto, Shawn immaginò un sorriso.

«Quanto durerà ancora?» questa volta il ragazzo abbassò lo sguardo, tracciando questa volta sulla sabbia dei segni con le dita. La forma risultante era simile ad un pesce, con un cerchio ovale a formare un corpo ed un triangolo alla sommità come una coda.

«Sarei la prima a dirtelo. Purtroppo non mi è stato concesso il dono della preveggenza ma dopotutto meglio così, mi sarei persa tutte le sorprese.»

Questa volta il ragazzo fu preso per un braccio e quasi obbligato ad alzarsi. Non oppose molta resistenza e lasciò accompagnarsi mentre si drizzava in piedi. Si pulì le gambe meglio che poteva, lasciando che i granelli di sabbia venissero trasportati dal vento.

«Ogni giorno diventa più bello vedere il mattino. Forse perché vorrei che tutto svanisca insieme al buio.» si portò la mano tra i capelli neri, cercando per lo meno di sistemarseli al meglio.

«Non ti libererai tanto facilmente di me.» intervenne seccata la ragazza, ma il suo tono era molto ironico tanto da far sorridere Shawn.

«Di cosa mi lamento, poi. Non mi manca nulla. Ho una splendida isola su cui restare in vacanza tutto l’anno. Una ragazza stupenda. Un mare meraviglioso. Splenditi turisti che fanno sembrare la fatica del lavoro come una giornata in un parco divertimenti. Non mi manca proprio nulla.» guardò per un attimo la forma del pesce da lui disegnato sulla sabbia.

«A parte… A parte questa ossessione.» con uno scatto d’ira cancellò la sua opera che assunse successivamente la forma di un piede. Visibilmente arrabbiato, la ragazza lo seguì con lo sguardo mentre entrava nel bungalow, successivamente osservò la sua impronta sulla sabbia. L’immagine durò pochi secondi, prima che l’acqua cominciasse a rendere il tutto un impasto omogeneo.

La ragazza rimase per un momento a guardare la spiaggia, cercando di non bagnarsi i piedi, ricordando da quanto tempo Shawn fosse del tutto intrattabile soprattutto quando voleva a tutti i costi ritrovare la memoria.

A dire la verità anche lei lo voleva, ma forse era meglio non sapere quello che il destino voleva tenere nascosto. Con un ultimo, grande respiro, la ragazza seguì Shawn nell’abitazione.

Lo trovò disteso sull’amaca accanto alla finestra che dava sul mare. Stava dondolandosi delicatamente facendosi leva con un braccio accanto alla parete. Era ancora nudo.

«Potresti rivestirti per cortesia?»

Shawn la guardò, senza espressione. Era evidente che pensava ad altro. D’un tratto agitò la testa come per scacciare incubi ad occhi aperti. Si alzò dall’amaca per recuperare gli indumenti posti sul letto.

«Ti chiedo scusa, non so cosa mi prende quando cerco di scavare tra i miei ricordi. Sembra come se stessi attraversando un ponte e all’improvviso cado rovinosamente in un baratro. Sarà la curiosità di sapere chi ero, cosa facevo e come ero soprattutto. La cosa che mi fa più paura è pensare che tu sia mia sorella, Maya.»

La ragazza lo guardò quasi divertita. Si scostò i lunghi capelli neri, ancora umidi a causa della brezza marina. La sottili labbra rosee gli fecero perdere i dubbi.

«E’ dunque per questo che qualche volta non mi parli? Credi davvero di essere mio fratello? Anche io vorrei ricordare, ma purtroppo credo ci voglia del tempo, ne abbiamo già parlato. Vuoi passare tutta la tua vita nella speranza che il passato ritorni? Come hai detto tu, non ci manca nulla, stiamo bene così anche senza il passato e per questo motivo smettila e rivestiti!»

Shawn avrebbe potuto interpretare male quelle parole ma nella voce di Maya non c’era durezza, solo un po’ di rassegnazione associata ad ironia. Era anche la verità dopotutto.

Dopo essersi rimesso calzoncini marroni e camicia hawaiana verde, si sfregò le mani.

«Bene, ora levati quella camicetta striminzita e andiamo a fare una passeggiata sulla collina. Almeno lì fa meno caldo e staremo lontani dai turisti. La barca sarà in compagnia di Cody.»

Per l’ennesima volta, Shawn vide Maya sorridere.


Il sole era già alto ormai. I raggi solari filtravano attraverso i rami degli alberi. La passeggiata era stata meno monotona del solito. Avevano occupato il tempo raccontandosi ricordi ipotetici ed un falso passato. Era l’unico modo per riuscire a non pensare veramente al triste buco che presentava la loro mente. Erano quasi giunti nei pressi della cascata sulla cima della collina, nel bel mezzo della vegetazione.

«Sai, non so se te l’ho raccontato, una volta il solito Generale McCanzie… Te lo ricordi vero? Quello dai grossi baffi bianchi ed i calzoni larghi.»

Maya annuì ridendo, strattonandogli la mano per riuscire a superare un piccolo sentiero in salita cosparso di piccole pietre.

«Sì, dunque, mi chiese se potevo recuperare la pistola di suo nonno. Si trovava sul fondo del mare dopo che la sua nave affondò.»

Maya annuì ancora e questa volta si aggrappò con forza al braccio di Shawn perché stava per scivolare.

«Sì, ricordo che stava facendo la stessa fine della nave. Alla fine hai recuperato anche lui dal fondo. Per fortuna non ha ingoiato anche la pistola oltre che l’acqua.»

Shawn rise di gusto ed aiutò la ragazza a oltrepassare il sentiero sorreggendola per i fianchi.

«Già, un vero peccato però scoprire poi che si trattasse della nave sbagliata. Tutta quella fatica per niente.»

«Dai, vedila in un altro modo. Avresti potuto lasciarlo lì ad affogare nella speranza di compiere qualcosa in cui credeva.»

Shawn si rabbuiò. Si fermò di colpo ed abbassò lo sguardo. Maya lo sentì borbottare qualcosa ma non capì le sue parole. Quando girò la testa per vederlo negli occhi si accorse che stava pensando ad altro.

«Shawn?” lo chiamò. «Che succede?»

«Vidi un pesce…» riuscì a sussurrare il ragazzo. «Un pesce…»

«Shawn… Ascolta.»

«Mi parlò. Capisci? Mi parlò!» la interruppe a voce alta. Alzò di colpo la testa come contrariato.

«Mi parlò dicendomi…»

A quel punto aprì la bocca come per parlare ma non ne uscì alcun suono. Stava boccheggiando come i pesci fanno sott’acqua.

Maya scoppiò a ridere e gli mise una mano d’avanti alla bocca. «Stasera ne avrai la possibilità. A momenti credevo fossi annegato in compagnia di McCanzie.»

Col sorriso sulle labbra, entrambi udirono lo scroscio dell’acqua proveniente da dietro i cespugli.

Maya scostò le foglie delle piante per ammirare ancora una volta lo spettacolo provocato dalla cascata. La seguì Shawn che rimase al suo fianco dopo aver oltrepassato la vegetazione.

La cascata scorreva lungo il dorso di una collinetta e terminava in un bacino naturale costeggiato da alberi e flora locale. Maya strattonò Shawn affinché la seguisse nei pressi del bacino.

«Meno male che i turisti non hanno il permesso di arrivare fin qui, altrimenti non avremmo potuto avere un angolo di paradiso tutto per noi.» sintetizzò Maya.

Shawn sembrava nervoso e si guardava attorno.

«Io ho sempre la strana sensazione di essere osservato. Sai che su queste cose non mi sbaglio.» tornò a guardala, questa volta con aria piuttosto preoccupata. «Senti, oggi non facciamoci il bagno, solo per oggi. Accontentami, ti prego.»

Maya lo guardò inclinando da un lato la testa. Sorrise per qualche secondo prima di sfiorargli la guancia con la mano.

«Non c’è bisogno di essere così cupi. Mi bagno solo un po’ i piedi, va bene?»

Shawn rimase in silenzio. Continuava a guardarsi attorno e ogni tanto osservava il terreno ai bordi dell’acqua. Il suo respiro si faceva più affannoso.

«Ti prego. C’è qualcuno che ci guarda.»

Maya si guardò intorno. Si udiva solo il cinguettio degli uccelli sugli alberi e il rumore provocato dalle onde sulla scogliera, e ovviamente la cascata.

«Sì, c’è qualcuno. Va bene, stendiamoci qui e aspettiamo.»

«Non credo ci abbiano visto in questi giorni mentre venivamo qui. Sarebbero già scappati.»

«In effetti, vedere te nudo fa una certa impressione.» ironizzò Maya.

«Grazie per il complimento. La prossima volta appenderò una tua foto al bar di Cody.»

Maya rise e stendendosi, chiuse gli occhi.


«Maya. Svegliati!»

La ragazza si destò di soprassalto. Aveva il battito del cuore accelerato e respirava con affanno. Guardò Shawn. Era accanto a lei. Forse si era addormentata, eppure non voleva dormire, aveva solo chiuso gli occhi. Le era bastato un attimo per addormentarsi. Forse era successo altro. Sì, sentiva la sua mano bagnata. L’aveva immersa nell’acqua e si era rilassata a tal punto di riposare.

Shawn le porse un piccolo asciugamano che portava nello zainetto. «Tieni, ti sei addormentata quasi subito. Non è successo nulla, non preoccuparti, solo, è giunto il tempo di tornare a casa.»

Maya non disse una parola, si limitò ad annuire e con foga si asciugò la mano. La respirazione non si normalizzò e le ci volle un po’ per calmarsi.

Si rimise in piedi e dando una mano a Shawn si avviarono per far rientro al bungalow. Il solito sentiero le causava come al solito l’opportunità di scivolare e di arrivare con largo anticipo alla spiaggia.

«Sai che ore sono? Mi sembra abbastanza presto.» chiese Maya guardandosi il polso privo di orologio.

«Presto. Guarda lì, bagnanti!» cambiò discorso Shawn indicando dei turisti mentre facevano il bagno nella baia.

Il ragazzo si sedette sulla panca in legno fuori dal bungalow ed osservava alcuni surfisti a diversi metri dalla riva. Il mare non era particolarmente agitato ma la corrente marina sembrava più forte del vento.

Più in lontananza notò una canoa con una sola persona a bordo. Stava superando i surfisti in un’attraversata della baia. Gli strani tipi in tuta nera attillata stavano facendo ritorno. Shawn li vide seccati, probabilmente per l’assenza di onde che avevano causato il mancato divertimento. Gli passarono accanto ancora bagnati fradici e lo salutarono con un cenno della mano. Con le tavole sotto braccio stavano proseguendo verso il sentiero che conduceva al bar di Cody per poi far rotta all’albergo.

Maya uscì dal bungalow con un bicchiere di limonata e un panino già preparato. Shawn la guardò mentre si sedette accanto a lui sulla panca.

«Tranquillo, sono per te.» sorrise la ragazza mentre gli porgeva quello che doveva essere un pranzo sostanzioso.

Shawn cominciò a deglutire la limonata e a mandar giù qualche boccone. Dopo la passeggiata mattutina ci voleva proprio.

Maya indicò qualcosa in mare aperto. «Guarda, è una bambina, sola con una piccola canoa. I genitori sono proprio incoscienti a farla andare da sola verso il largo.»

Shawn continuò il pranzo. «Starà solo facendo l’attraversata della baia. Dall’altra parte ci sarà Cody col suo bel vestitino ad urlare per farla rientrare.»

Maya scosse la testa e rubò di mano la limonata a Shawn.

«Saranno sempre incoscienti. Ai tuoi figli darai questa stessa educazione?»

Il ragazzo la guardò mentre trangugiava la sua limonata. Rimase ancora con la mano a mezz’aria in presa sul bicchiere.

«Perché no? Dopo una certa età i figli dovrebbero avere la libertà di fare quello che vogliono. Solo non pretendo le giustificazioni per ciò che accade in seguito.»

«Sei un egoista Shawn! Dici questo solo perché a parlare per te è uno…» Shawn la guardò sott’occhio «uno… Oh al diavolo Shawn, lo sai bene.»

«Sarà mica la povera bestiola che c’è in te ad avere compassione dei cuccioli? Ma ovvio che non vorrei far fare ai miei figli la stessa cosa, ciò non vuol dire che non bisogna far provare cose sbagliate. Come puoi far capire ciò che è giusto e ciò che non è giusto se prima non hanno qualcosa con cui confrontarsi?»

«Magari esiste qualcosa simile all’esperienza.»

«Appunto!» Shawn agitò le braccia come segno di resa. «Se non fai fare esperienza ai tuoi figli come vuoi che capiscano cosa non dovranno fare e cosa invece è giusto?»

«Io parlavo di comunicazione. Bisogna comunicare loro che c’è stato qualcuno in precedenza che ha sbagliato e che quindi è giusto non ripetere l’errore.»

Shawn scosse la testa rammaricato.

«Voi siete esperte di comunicazione. E’ per questo che noi siamo la rappresentazione di ciò che c’è negli animali e voi il baluardo della civiltà. Anche noi comunichiamo ma non con i vostri metodi.»

«E’ vecchia Shawn. So come siete fatti voi. Tu piuttosto non ci comprendi. E ricordati che noi rappresentiamo la parte più bella del... Shawn!» urlò infine indicando la canoa in mezzo al mare.

Il ragazzo ebbe il tempo necessario per vedere la canoa ribaltarsi a causa di un’onda alzatasi improvvisamente. La forza era stata tale da far sobbalzare la piccola imbarcazione e di capovolgerla. I turisti che per un momento erano stati estranei all’evento, cominciarono ad urlare all’indirizzo della bambina rimasta intrappolata sotto la canoa. Maya vide i suoi genitori correre in mare per andare a recuperarla e intanto gridavano aiuto.

Maya guardò per un istante Shawn. Il suo volto era teso e in quegli occhi azzurri si capiva ciò che le labbra non riuscivano a dire.

«Non se ne parla nemmeno.» fu dura la reazione di Shawn che parve molto meno preoccupato della ragazza.

«Tu sei più veloce di me, ma se rifiuti ci andrò io. Hai tre secondi di tempo per rifletterci. Puoi arrivarci prima di tutti Shawn. Salva quella bambina per la miseria!»

«Tutti devono prendersi le proprie responsabilità!» urlò all’unisono il ragazzo.

«Ne discuteremo dopo. Ci vado io.»

Maya si era alzata dalla panca e stava levandosi la maglietta per poi raggiungere il mare. Shawn scosse la testa e si portò una mano tra i capelli. Si strofinò gli occhi prima di alzarsi e fermare Maya.

«Ne parleremo dopo…» le sussurrò prima di passarle accanto.

Il ragazzo superò tutti quelli che erano corsi in mare per cercare di raggiungere la bambina. Molti stavano riprendendo tutta la tragedia col cellulare. Maya ascoltò alcuni bagnanti mentre ricostruivano tutta la scena ma erano rimasti immobili perché incapaci di intervenire. Avrebbe voluto buttarli in mare uno ad uno per vedere chi di loro sarebbe riuscito a trascinarsi fino a riva con le proprie forze.

Gli uomini erano cambiati, lo sapeva. Erano veramente pochi quelli che si davano realmente da fare, tutti gli altri erano fermi, tutti lì, a guardare. La bambina non si sarebbe salvata solo col supporto spirituale, e per sua fortuna, forse, poteva essere ancora portata in salvo da Shawn. L’unica cosa che aveva dimenticato a dirgli era quella di non spaventarla.

Shawn cominciò finalmente a nuotare. Nuotava più agilmente ora che si era liberato dei vestiti. Ad un tratto fu risucchiato in acqua e sparì. I turisti emisero un altro grido e questa volta all’indirizzo del ragazzo.

Era rimasto sotto la superficie per troppo tempo e nessuno lo vide risalire. Nel frattempo un gruppo di volontari si diresse verso l’albergo per chiedere aiuto alla guardia costiera. Maya incrociò le dita e si inginocchiò sulla sabbia.

La situazione peggiorò ancora quando un piccolo gruppo che si era mobilitato per salvare a nuoto la bambina intravide in lontananza la sagoma di una pinna: uno squalo. I soccorritori cercarono di tornare indietro. Lo squalo sembrava intenzionato solo alla bambina e per fortuna era distante dalla riva.

Maya era impassibile. Teneva le dita incrociate e apparentemente sembrava tesa e preoccupata.

Shawn ti prego, sta’ attento!” continuava a ripetere tra sé e sé.

D’un tratto ci fu uno stupore generale. Si intravide il giubbottino giallo della bambina tornare a riva in maniera repentina. Improbabile che la stessa bambina fosse così veloce nel nuoto. Il problema vero era rappresentato dalla pinna dello squalo che le era dietro. I bagnanti continuarono, nonostante la strana situazione, a filmare l’accaduto come testimonianza.

A dieci metri dalla riva il giubbottino si fermò di colpo e la pinna dello squalo cambiò direzione verso il mare aperto fino a scomparire del tutto sotto le profondità. Maya intravide quello che probabilmente poteva essere il padre della bambina. Corse in acqua cercando di riprendersi sua figlia. Un comportamento naturale, come tutte le altre specie di animali.

Quando un proprio figlio è in difficoltà, è il coraggio dei propri genitori a ridargli la vita. Questo era quello che aveva sempre pensato Maya, ma a quanto pare non era sempre così.

La bambina continuò ad avvicinarsi alla riva, ma questa volta sembrava spinta da qualcuno. Un ragazzo emerse dall’acqua e prese in braccio la bambina. Non aveva indumenti e per fortuna si fermò fino a quando l’acqua gli lambiva l’ombelico. Consegnò ad un padre il proprio figlio e si diresse verso Maya. La ragazza fu pronta a porgergli almeno gli indumenti di ricambio. Poco importava se questi si bagnarono, in fin dei conti erano sempre immersi nell’acqua.

I soccorsi erano ormai arrivati e caricarono la bambina sul loro mezzo per portarla in ospedale. Qualche giorno in balia dei medici l’avrebbe fatta tornare in mare molto presto e di questo Maya ne era profondamente contenta.

Shawn cominciò a tremare e subito si allontanò entrando nel bungalow, nonostante gli applausi e le grida dei turisti. Con un’ovazione e uno scroscio di applausi invocavano il nome dell’eroe che però era già fuggito.


«Ti prego asciugami, mi sento… male!» continuava a gemere il ragazzo. Era in preda a convulsioni e gli spasmi causati da un dolore all’addome lo facevano contorcere sull’amaca.

Maya prese un asciugamano ampio e lo coprì in modo tale da asciugarlo. Avvertiva il rumore causato dalle vertebre al solo tocco con le dita. Dalla bocca gli fuoriuscì del liquido gelatinoso che però cadde sul pavimento.

«Tieni qui, su. Forza Shawn, metti la mano qui! Vado a prenderti qualcosa da bere.»

Il ragazzo tenne stretto un lembo dell’asciugamano e cominciò a tremare di meno.

«La prossima volta… non ti darò ascolto.» riuscì a dire balbettando.

«Sei stato bravo.» lo rincuorò Maya. «Dai apri la bocca, da bravo. Ahm…» gli imitò con la bocca aperta il gesto da compiere.

Shawn mandò giù un po’ acqua prima di espellere tutto il liquido gelatinoso che aveva ancora dentro di sé. Si sentì ancora male ma durò solo per qualche istante.

«Vattene! Avrei dovuto lasciarla lì a morire piuttosto che sentirmi così.»

«Avete un brutto carattere voi. Per fortuna non ne faccio parte anche io altrimenti chissà quanta gente innocente avremmo fatto soffrire. E poi, guardati, fai schifo.»

Shawn rise aprendo la bocca. Gli colava ancora un po’ di quello strano liquido ma dopotutto sembrava stare meglio.

«E’ strano il tuo modo di essere premurosa con me. Invece di dirmi se sto meglio, ammetti che faccio schifo.»

«Ma è la verità.» sorrise. «Ti senti meglio ora?» lo aiutò ad asciugarsi la bocca.

«Capisci ora la provenienza dei miei dubbi?» concluse sputando per terra ed alzando lo sguardo per incrociare quello di Maya.

«E sarei io quella che cerca di non comunicare? Shawn oggi hai fatto una cosa per la quale sarò sempre fiera di te. Ora ripulisciti, esci fuori e prenditi ciò che ti spetta.»

«Non voglio ricompense.»

«Il rispetto è quello che conta di più. Potremo forse rivivere un altro giorno così?»

«Spero di no. Anzi ora vado da Cody ad ubriacarmi.» si congedò alzandosi dall’amaca e recuperando i vestiti nuovi.

«Aspetta, vengo anche io a salutarla. Dopo che avrò recuperato i tuoi vestiti dal mare, si intende.»

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo II


Il bar di Cody era a qualche centinaio di metri dal Westin Hotel, direttamente sulla spiaggia in modo tale che i turisti potessero dissetarsi per far fronte all’afa estiva. Era un chioschetto circolare di piccole dimensioni, con la capannina ricoperta da foglie di palma ed una grande insegna dipinta a mano: Cody’s Pit.

Shawn vide la ragazza di spalle mentre agitava uno shaker. L’osservò riempirsi un bicchiere di vetro con uno strano liquido azzurro. L’aspetto era molto invitante.

«Sarà mica per me?» ironizzò Shawn.

La ragazza si voltò per poi ammiccare. Aveva lunghi capelli neri che le scendevano fin sulle spalle e lineamenti tipici di una tailandese. Indossava una canotta rossa attillata e calzoncini scuri molto corti che mettevano in mostra le lunghe gambe abbronzate. Sul braccio aveva tatuato un sinuoso drago il cui artiglio si snodava a ridosso del seno. Gli era sempre piaciuto il ghigno beffardo di quell’animale, reso ancora più in evidenza nel momento in cui agitava le braccia per preparare qualche cocktail.

«Ciao Shawn, Maya ti ha lasciato solo oggi?»

Il ragazzo mostrò una smorfia, arcuando il labbro inferiore, prima di fare spallucce.

«Sta recuperando i miei indumenti sparsi in mare. Tra un po’ credo che il tuo bar sarà preso sotto assedio da coloro che vogliono ringraziarmi se mi vedono qui.»

La ragazza aveva un’aria perplessa e non capiva quello che Shawn stava dicendole. Evidentemente la notizia non le era ancora giunta all’orecchio.

«Ho salvato una bambina che era caduta dalla canoa, in mezzo al mare. Per di più ho dovuto disimpegnarmi contro uno squalo che voleva trovare il pretesto di pranzare. Per fortuna che ci sono molti anfratti lungo il fondale quindi non è stato un problema ma ho dovuto usare i miei vestiti come esca altrimenti a quest’ora quell’animale avrebbe avuto la pancia piena.»

«Capisco.» rispose la ragazza con un sorriso. «Ne deduco che sei giunto fin qui per avere un premio come miglior salvatore della giornata. Tieni, lo stavo facendo per me.»

Cody gli porse il bicchiere azzurro e si affrettò per prepararne un altro.

«Non fare il prezioso. E’ un Blue Angel, non tanto dissetante ma per alleviare i problemi è ottimo.»

«Non ce l’hai una bella birra ghiacciata?» rifiutò alzando le braccia.

«Non farti pregare Shawn. Offro io, e poi è bello vederti qui ogni tanto. Dimmi, Papà Nonda come sta? Sono due giorni che non lo vedo.»

Shawn afferrò il bicchiere e cominciò a sorseggiare un po’ prima di rispondere. L’alcol gli bruciò un po’ lo stomaco ma non era poi così invasivo visto che il ghiaccio all’interno del bicchiere offriva una fresca alternativa alla solita birra.

«Sai com’è fatto, va a pescare dall’altra parte dell’isola, dove ci sono meno turisti. Quando ci vediamo non fa altro che ricordarmi la prudenza nel portarli in giro per il mare.»

Un altro sorso di alcol rappresentava un piacevole intermezzo. La ragazza si appoggiò al bancone e si sorresse il mento con la mano.

«Con tutta sincerità, Nonda è preoccupato per voi due. Mi capita spesso di sentirgli dire di aver paura di perdervi. Ne soffrirebbe molto se partiste.»

Shawn guardò la ragazza negli occhi e si sistemò i lunghi capelli in modo che non gli ricadessero sugli occhi.

«Perché dovremmo andarcene?»

Cody scrollò le spalle. «Chi lo sa, forse nello stesso modo in cui siete arrivati, così potreste andarvene.»

Il ragazzo abbassò lo sguardo e rigirò il bicchiere tra le dita. «Guarda, siete stati tutti molto gentili con noi. Ci avete dato un lavoro, ci avete accolto magnificamente, ma credo che il momento di conoscere la verità si avvicini.»

Cody rimase impassibile e non si mosse dalla sua posizione. Dopo poco abbassò lo sguardo e sospirò.

«Maya è d’accordo con la tua posizione?»

Shawn scosse la testa ed appoggiò il bicchiere sul bancone. «Maya non capisce cosa è più importante di quest’isola. Forse perché a lei il passato non importa o forse perché ha paura di cosa possa essere stato, però io non posso vivere nel dubbio della mia esistenza. A te non piacerebbe sapere chi eri e cosa facevi?»

«E’ proprio così importante ora?»

«Ti ci metti anche tu?» il ragazzo si voltò dall’altra parte, verso il mare. Si appoggiò con i gomiti sul bancone e guardò le onde del mare mentre bagnavano la sabbia.

«Io ho paura che un giorno qualcuno arrivi su quest’isola per reclamare ciò che è stato perso nel tempo. Ho paura per tutti quelli che sono qui e non parlo di turisti. Cosa accadrebbe se succedesse qualcosa a te o a Papà Nonda, o perfino a Connor, o… Beh, tutti quelli che son presi cura di noi.»

«Ma chi potrebbe venire?»

«E’ proprio questo che vorrei sapere, magari avete ragione, tu e Maya, quando mi dite che non c’è pericolo, che abbiamo solo avuto un incidente in mare e ci avete accolti qui, ma se tutto questo fosse solo un bel sogno? Se la realtà fosse diversa? Per quanto ne so potremmo essere anche pericolosi terroristi che avrebbero voluto far saltar in aria l’isola solo per un misero compenso.»

«Allora chiamala pure una seconda opportunità per cominciare una nuova vita. Hai mai visto un posto più bello di questo? Sì, arrivo subito!» si interruppe per l’arrivo di un turista voglioso di dissetarsi.

«Vorrei che tu avessi ragione Cody. Per il momento cercherò di tenere a freno questi miei dubbi.»

Cody gli puntò l’indice contro e Shawn fu costretto nuovamente a guardarla. «Un motivo in più sarebbe quello di goderti la giornata da eroe. Va’ in piscina, corri in albergo, firma autografi a tutti e prega di diventare famoso per il salvataggio più bello dell’anno. Anzi, vi preparerò qualcosa per questa sera.»

«No, niente feste. Sai benissimo che io non sono il tipo da baccano. Preferirei passare la serata con Maya, alla cascata, da soli.»

«Nulla in contrario, ma vieni almeno in piscina. Connor ti riserverà un tavolino per una cenetta a lume di candela. C’è musica di sottofondo e luci soffuse la sera che riflettono l’acqua della vasca. Dai!»

Shawn scosse la testa, fermo sulle sue intenzioni.

«Parlerò con Maya allora. Tanto la vedrò prima di stasera. Sì, arrivo. Un attimo!» Cody cominciò a spazientirsi quando uno dei turisti la chiamò per l’ennesima volta.

«Dai, vai da coloro che ci pagano. Vedremo se sarà possibile per oggi.»

«Guarda che potrei offendermi!» concluse sorridendo prima di dargli le spalle.


Molti dei turisti erano ancora vicino al bungalow di Shawn. Il ragazzo avrebbe voluto voltarsi per evitare la folla. Non gli piaceva mettersi in mostra, tanto più essere portato sul monte degli Dei per aver fatto qualcosa di utile. Ormai era troppo tardi per scappare e dovette affrontare gli applausi ed i ringraziamenti prima di entrare a fatica dalla porta principale. Dopo i vari accenni di mano ed i falsi sorrisi per far contenta la gente, finalmente ritrovò la sola persona che voleva vedere. Maya era alle prese con i suoi indumenti. Era pronta per portarli fuori ad asciugare.

«Ti avevo detto di aspettarmi e te ne sei andato. Mi hanno sommersa di domande!» ruppe il silenzio in tono seccato.

«Avevo bisogno di un po’ di libertà.» le rispose toccandole le spalle. La ragazza era voltata dall’altra parte, dandogli la schiena, intenta a riempire il cestello di vimini con gli abiti ancora bagnati. Aveva i capelli umidi ma nonostante ciò profumavano come sempre.

«Senti, che ne diresti se… Dunque, come posso dirtelo…»

Shawn abbassò per un attimo lo sguardo e Maya si voltò per fronteggiarlo. Gli spostò i capelli all’indietro e gli alzò il viso sorreggendogli il mento con la mano.

«Si?» gli chiese abbassando il capo in modo da guardarlo negli occhi. Shawn sorrise e le diede un piccolo bacio sulle labbra. Aveva un sapore salato, ma l’acqua di mare non gli dette particolarmente fastidio.

«Connor ha prenotato un tavolo al Westin. A bordo piscina. Cody ha insistito così tanto che non so se rifiutare, perciò se tu sei d’accordo potremo andarci prima di andare alla cascata e da Papà Nonda.»

Maya sorrise e ricambiò il piccolo bacio. «E’ da tanto che volevo andarci ma tu vuoi sempre restare da solo. Lo capisco ed è per questo che ti sto sempre vicino.»

Shawn si allontanò per un attimo da lei. Si appoggiò al davanzale della finestra per vedere ancora la moltitudine di turisti che chiamavano a gran voce il suo nome.

«Non è colpa mia, è che non sono abituato a star in contatto con la gente, cioè a parte il lavoro, vorrei la tranquillità rappresentata solo dallo stare insieme. Non voglio altri che si intromettano.»

Maya gli si avvicinò e lo abbracciò da dietro. Cominciò a baciarlo lievemente sul collo e si strinse forte a lui.

«Col passare del tempo ho imparato a conoscere i tuoi pensieri, non c’è bisogno che ti giustifichi. Io vorrei stare sempre in mezzo alla gente, perché mi diverte, ma so che per te non è lo stesso e lo comprendo bene. Se tu non vuoi andare per me va bene lo stesso. Non devi sentirti obbligato a farlo solo per farmi piacere.»

Shawn si voltò e questa volta l’abbraccio fu più affettuoso. Le accarezzò i capelli, le diede un bacio sulla fronte e la strinse forte a sé.

«Devo smettere di essere così egoista con te. Prima la smetterò e più mi libererò di questo fardello.»

L’allontanò e le prese le spalle, tenendo una certa distanza. «Sto parlando proprio come vorrebbe lui, non è vero? Gli assomiglio di più ogni giorno che passa, giusto?»

Maya scrollò le spalle.

«E allora? Che c’è di male? Anche così mi piaci.»


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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo III


Il sole stava calando. Un altro giorno era in procinto di essere ricordato. Il mare si era calmato e nemmeno il leggero vento soffiava tra le palme. Sarebbe stata davvero una bella serata.

Shawn indossò una camicia nera e pantaloni lunghi, adatti ad una serata elegante. Si pettinò i capelli all’indietro usando solo dell’acqua. Maya da canto suo seguì la stessa linea. Apparve con una maglietta bianca non molto lunga, mettendole allo scoperto l’ombelico, e pantaloni anch’essi dello stesso colore, abbinati a saldali scuri. Si legò i capelli a formare una lunga coda e cominciò a truccarsi d’avanti allo specchio.

«Forse troverai qualche scheggia.»

Shawn indicò lo specchio non appena Maya si voltò verso di lui, non avendo compreso bene le sue parole.

«Lo specchio intendo. Io sono così brutto che forse l’ho rotto.»

La ragazza sorrise e continuò a provare il rossetto sulle labbra. Essendo un po’ sottili, l’effetto fu quello di aumentarne la carnosità. A Shawn non dispiaceva il suo viso al naturale, ma di certo ora era molto più bella.

«Ho indossato il costume, casomai andassimo alla cascata. Poi se incontrassimo Papà Nonda, non vorrei avesse un infarto vedendomi così elegante. Lui che va in giro sempre mezzo nudo potrebbe avere un eccesso di pudore.»

Shawn si sedette sul letto in attesa che Maya finisse di prepararsi. Rossetto a parte, passò col sistemarsi le ciglia.

«Et voilà… Come sto?»

Il ragazzo inclinò da un lato la testa mentre Maya assumeva una posizione da passerella, gambe unite, braccio sinistro sul fianco e mano destra sopra la testa. Gli occhi azzurri erano ancora più evidenti, messi in contrasto con quei capelli nerissimi, per di più tirati indietro.

«Hai qualcosa di strano, sarà forse il muso.» ebbe da ridire Shawn.

La ragazza smise di sorridere e mise il broncio. «Devi per forza dire quella parola?»

«Tu puoi dirmi che faccio schifo e io non posso dire la verità?»

Maya scosse la testa e si voltò verso lo specchio per spruzzarsi un po’ di profumo.

«Così ti rovini l’abbronzatura. Un vero peccato avere la pelle squamata.» mentre lo diceva, Shawn mostrò una smorfia come per provocare Maya.

«Sarà sempre migliore della tua. Assomigli sempre di più ad un coccodrillo. Comunque possiamo andare e speriamo la serata vada meglio.»

Shawn si alzò dal letto ed insieme uscirono fuori dal bungalow. Per fortuna i turisti erano spariti, anche perché con l’arrivo della sera si erano rintanati in albergo o erano rientrati negli altri vari alloggi disseminati in spiaggia.

I due si presero per mano e proseguirono lungo il sentiero che portava prima al bar di Cody e poi al Westin Hotel, l’albergo sulla spiaggia dell’arcipelago Grand Bahama.

Il Cody’s Pit era naturalmente chiuso, c’erano solo le foglie di palma sul tetto che rendevano il tutto più scenografico. Il sentiero che portava all’albergo era costeggiato da una parte dal mare e dall’altra dalle colline. Lungo tutto il percorso erano tenute accese delle torce per mostrare la strada da seguire. Il mare era calmissimo. L’acqua limpida lambiva la sabbia. Shawn ebbe un desiderio irrefrenabile di tuffarsi e dar sfogo a tutta la sua libertà, ma dovette reprimere tale desiderio per far fronte a necessità più importanti. Maya notò la sua espressione rivolta al mare ma non osò chiedere nulla. Da solo, il suo viso spiegava tutto.

Dopo poco tempo avvistarono le prime luci dell’albergo, una maestosa struttura che si ergeva a ridosso di una scogliera. I vari piani erano illuminati, solo alcune finestre erano tenute chiuse e prive di luce.

L’ingresso dell’albergo si presentava con un ampia arcata ai cui lati erano disposte delle fiaccole per far spazio ad una pedana in legno che portava alla piscina. C’era molto viavai di gente in costume che preferiva rinfrescarsi facendo un bagno o usufruiva delle diverse sdraio messe a disposizione dalla direzione dell’albergo.

A bordo piscina erano stati abbelliti dei tavoli per chi decideva di pranzare o prendere solo un drink sotto le luci soffuse nidificate in tutti i gazebo attorno al bordo vasca. Superata la pedana in legno c’era un piccolo bar che serviva bevande a chi alloggiava.

Shawn intravide la sagoma di Cody che lavorava come una forsennata per produrre aperitivi e drink ai molteplici turisti. Decise di non andare a salutarla o avrebbe rischiato un’insurrezione dei consumatori.

«Alla fine siete venuti.»

Maya sorrise voltandosi e riconobbe la voce di Connor che stava passando accanto a loro con un vassoio pieno di tartine e calici da champagne. Shawn non ebbe nemmeno il tempo di salutarlo che subito volò via verso i tavoli. Sentì solo qualcosa di vagamente simile ad arrivo subito.

Come suggerito, i due si fermarono a bordo piscina. Le luci poste sotto la superficie dell’acqua erano accese. Per fortuna non erano invadenti. Formavano sfumature azzurro-violacee di non troppa intensità, tanto che i bagnanti non tentavano nemmeno di nuotare ma erano sdraiati su dei materassini traslucidi e attendevano un risveglio a causa del troppo relax.

Maya sospirò. Evidentemente voleva passare anche lei una serata di perfetta serenità a pelo d’acqua su uno di quei materassi. Un giorno avrebbero anche potuto concederselo.

Connor fu di parola e fece presto ritorno. Era un ragazzo giovane, dalla pelle scura e molto slanciato, più alto di Shawn di almeno una manciata di centimetri, fisico atletico e con capigliatura da perfetto hawaiano, biondo scompigliato e abbronzatura di chi passa ore e ore sotto una lampada. Aveva una mascella robusta e la voce che non si addiceva al suo aspetto, un po’ troppo seria per i gusti di Shawn, ma pur sempre un gran bravo ragazzo ed un amico affidabile, alla pari di Cody.

«Scusate l’attesa, Cody mi ha chiesto di riservarvi un posto sotto un gazebo. Dovevate vedere la faccia del signor Gordon. Stava per buttarsi in piscina non appena gli ho detto a chi era riservato il tavolo. Sembra proprio che qui tutti vi vogliano bene ragazzi.»

Shawn fece dondolare un po’ la testa e innalzò le sopraciglia. «La verità è che siamo stati fortunati.»

«Non chiamarla fortuna Shawn.» rispose con sincerità Connor. «La verità è questa. Non tutti al mondo sono cattivi e imbroglioni. Esiste anche tanta brava gente. Il mondo sarebbe davvero migliore se ci fosse gente come voi e come noi.»

«Può anche darsi, ma il mondo va avanti anche senza di voi e senza di noi.»

Maya colpì con il gomito il fianco di Shawn e gli lanciò uno sguardo di sfida. Il ragazzo alzò le braccia come il suo solito segno di sconfitta e si rilassò.

«Scherzavo Connor, sai che il mio senso dell’umorismo è simile ai gentleman inglesi.»

Connor rise di gusto e indico i ragazzi di seguirlo. «Lo sanno tutti che è il mare a ridere per te. A proposito, avete sentito del salvataggio di oggi? Quel ragazzo deve aver avuto un gran coraggio. Non è che vi è capitato di assistere in diretta all’episodio?»

«Scherzi?» intervenne Maya sorridendo. «Il vero salvatore è con noi questa sera, ma spero vivamente per lui che nessuno lo riconosca qui altrimenti la nostra serata la passeremo brindando con gli altri.»

«Non mi dire, Shawn. Sei stato proprio tu! Ah. L’ho sempre saputo che qui alberga un gran cuore.»

Connor fece la finta di strappargli il cuore dal petto, e toccandolo causò una risata da parte di Shawn per via del solletico.

«Ci guardano tutti... Finiscila.» lo costrinse a smettere, guardandosi intorno.

«Questo è il vostro tavolo. Prendete quello che volete e non preoccupatevi, appena Gordon saprà la vera identità di Superman, ti donerà anche l’albergo. Comunque, seriamente ragazzi, è tutto a vostra disposizione e non pagherete nulla.» ripeté con convinzione Connor allargando le braccia.

«Anche se non mi piace, ma va bene.» fu costretto a controbattere Shawn dopo lo sguardo minaccioso di Maya.


La serata proseguì tranquilla, tra un bicchiere di vino e buon cibo, per di più gratis. C’era molta tranquillità nei pressi della piscina. La musica soft rendeva tutto molto coinvolgente. Maya si allungò sulla sedia e portò indietro la testa. Shawn finì di ingoiare l’ultimo boccone di pesce fatto alla brace. Si pulì la bocca col tovagliolo e tentò di dire qualcosa. La sua voce venne strozzata a causa del cibo. Si ricordò che non doveva sempre parlare con la bocca piena.

«Un giorno di questi finirai per boccheggiare.» gli confermò Maya non cambiando posizione.

Shawn deglutì un po’ di vino per liberarsi da quella situazione. Si guardò intorno per osservare tutta quella gente che non faceva altro che pranzare sotto le stelle in melodica compagnia.

«Alle volte mi chiedo se la vita sia più o meno così. Non ci fanno mancare nulla, ci mantengono…»

Maya rialzò la testa, osservandolo negli occhi.

«Voglio dire, non ti pare un po’ da parassiti?»

La ragazza inarcò le sopracciglia e si avvicinò al tavolo, appoggiando i gomiti.

«C’è sempre qualcosa di sbagliato se la gente si aiuta? Noi non approfittiamo di nulla e questo loro lo sanno. Cavolo Shawn, lavoriamo anche noi per il signor Gordon; portiamo la gente da una parte all’altra dell’isola, facciamo fare loro escursioni, li facciamo divertire, anche noi abbiamo bisogno di conforto. Proprio non ti capisco.»

Shawn afferrò la bottiglia di vino posta nel cestello di ghiaccio, in mezzo al tavolo. Ne versò un po’ nel bicchiere e attese qualche istante prima di assaggiarlo. Rigirò il bicchiere tra le dita, lo sguardo perso nel vuoto.

«Come al solito hai ragione, solo che non voglio che un giorno mi rinfaccino qualcosa di cui non ho colpa.»

Maya sorrise appena e gli sfiorò la guancia con la mano. Stava per dirgli qualcosa ma Connor scelse il momento più opportuno per andare a trovare i suoi clienti.

«Spero che la cena sia stata di vostro gradimento. Desiderate altro?»

Shawn deglutì e fece cenno con la mano di non volere altro. Anche Maya scosse la testa e prima di ringraziarlo venne fermata per l’ennesima volta.

«Perfetto.» li sorprese Connor voltandosi verso Cody. «Una bottiglia di Champagne per questo tavolo!»

Shawn fece cadere la testa, rassegnato. Maya allargò le braccia in segno di discolpa.

«Hai visto qui? Guarda… Si vede la pinna! Qui invece non c’è più. Era proprio dietro! Mai vista una cosa così…»

Un giovane ragazzo passò accanto al loro tavolo. Con lui c’erano anche altri due coetanei e un uomo adulto, probabilmente il padre di uno di loro. Era chiaro che parlavano del salvataggio di Shawn con tanto di video sul cellulare che riprendeva lo squalo.

Per fortuna si allontanarono in fretta ma Maya riuscì comunque ad origliare la parola internet. Che forse qualcuno si era già accorto della situazione in cui si trovavano? Con tutto il cuore desiderava di no.

Cody arrivò giusto in tempo, portando il famoso champagne.

«Non andate via subito perché le sorprese non sono terminate.» riuscì a confessare stappando la bottiglia. Si udì un forte scoppiettio seguito da una lieve fontana di bollicine che finì sulla testa di Shawn.

Il ragazzo rimase impassibile, gomito appoggiato al tavolo che sorreggeva il mento. Le sue labbra scoprirono una smorfia ma non pronunciò una parola.

«Era questa la sorpresa?» domandò divertito Connor mentre cercava di asciugare Shawn, ormai trasformatosi in una statua.

Cody mostrò un sorriso e versò lo champagne in due lunghi bicchieri di vetro. Maya sembrava più preoccupata per la reazione di Shawn ma visto il suo comportamento, si tranquillizzò.

Terminato il servizio, Cody li lasciò per andare a preparare qualcosa al bar, vista la mole di clienti. Connor si rimise il tovagliolo sul braccio e con un mezzo inchino cercò di congedarsi.

«Bene signore, spero sia stato tutto di suo gradimento, con permesso.»

Non dette nemmeno il tempo a Shawn di controbattere che già stava servendo un altro tavolo, proprio dietro di loro.

«Va bene, sentiamoci tutti allegri.» parlò tra sé e sé il ragazzo.

Maya scosse la testa e sorrise. «Perché devi prendere sempre tutto in maniera brusca? Il tempo dei depressi è finito. Quando te ne renderai conto sarà troppo tardi.»

«Io sarei depresso?» sbottò indicando sé stesso. «C’è una bella differenza tra me e te. Tu non riesci a capire l’importanza che ha per me il fatto di non essere scoperto. La conferma l’hai avuta da quel ragazzino che mostrerà a tutto il mondo il video con quello squalo.»

«Credevo non lo avessi sentito.» ammise con sofferenza Maya abbassando la voce.

Shawn sospirò.

«Cosa accadrebbe a tutti e due? Non mi importa dello squalo, lo sai, mi interessi solo tu…»

A Maya ritornò il sorriso e distolse lo sguardo forse per non mostrare qualche sua debolezza.

«Signore e signori, un attimo di attenzione prego!»

A distoglierli dai loro pensieri ci pensò Cody, che afferrato un microfono, si cimentò come speaker e aiutante dj. C’era un bel po’ di movimento dietro il bar e Shawn tentò di guardare meglio. Intravide una ragazza vestita in modo particolare ma scomparve subito dietro Cody.

Il volto di Maya si frappose tra la vista di Shawn. Gli passò addirittura una mano d’avanti agli occhi. «Che stai guardando? Vuoi forse che mi alzi?»

Lo sguardo di Shawn ritornò su di lei e scrollò le spalle. «Certo che no. Notavo solo il lavoro di Cody.»

Le prese la mano mentre con l’altra a disposizione afferrò il lungo bicchiere pieno di champagne. Lo sollevò all’altezza degli occhi, potendo osservare attraverso le bollicine il volto radioso di Maya.

«Il passato non ritorna mai per farci comprendere la nostra storia, ma il futuro sarà sempre ben chiaro. Il presente rappresenta una porzione troppo sfuggente per poter assaporare i momenti felici e per questo motivo mi riterrò per sempre fortunato di averti con me per il tempo che mi resta. Sarà una domanda stupida e per niente intelligente, ma la tua voglia di restare con me in quale evento temporale si colloca?»

La ragazza gli accarezzò il dorso della mano fino ad arrivare alle nocche ed abbassò lo sguardo. Sorrise senza farsi notare da Shawn.

«Anche se il presente rappresenta un’alternativa certa, io scelgo il domani. Possiamo deliziarci di ricordi persuasivi se qualcosa va male ma in questo momento preferisco ricordare ciò che sto vivendo.»

Shawn abbassò il calice e alzò gli occhi al cielo. C’erano disparate stelle che si stampavano sulla retina, dimostrando la loro piccolezza rispetto al cosmo e di una immensa volontà equiparata al loro splendore. Com’era rilassante osservare lo spazio lontano da tutti i pensieri cattivi che circondavano il mondo.

«Promettimi che resterai sempre con me.» continuò Maya stringendogli la mano. «Promettimi che qualunque cosa accada non permetterai mai ai tuoi pensieri di trasformarmi in un cattivo ricordo.»

Ci fu un attimo di pausa. Shawn continuò a fissare il cielo e a tenersi stretta quella sensazione di pace.

«Hai visto quante stelle? Paragonate a loro tu sei di gran lunga quella più luminosa. Io non sarei degno di brillare al tuo fianco ma se ciò ti rendesse felice, sarei lieto di farlo per te.»

Maya si accorse troppo tardi che i suoi occhi scintillavano. Non era causato dalle luci soffuse e nemmeno dalla lieve brezza serale, ma dall’emozione che stava inondando il suo viso.

«Lo avevo detto che nessuna di loro mi avrebbe dato quella luce.» sussurrò Shawn raccogliendo un rivolo di lacrima che attraversava la guancia di Maya.

«Questo sarà il mio più bel ricordo che porterò con me.» continuò in silenzio portandosi il dito verso le labbra.

L’atmosfera avvertita da Maya terminò presto visto che Cody interruppe quel momento con una delle sue uscite da vocalist. La musica cambiò a discapito del volume.

Shawn vide la giovane ragazza tailandese avanzare verso il loro tavolo, seguita da altra gente che non riusciva a vedere. Durante il cammino, cercava di coinvolgere tutti battendo le mani a ritmo di musica e muovendo il corpo per assecondare la melodia.

«Mi permetto di provare questo giovane ragazzo che tanto ha offerto oggi.» sparò ai quattro venti Cody con l’ausilio del microfono.

«Cody, ti prego, non…» cercò di non farsi coinvolgere Shawn.

Troppo tardi. Cody tirò indietro la sedia, separandolo dal tavolo e dalle mani di Maya. Quasi cercò di riprenderle mentre veniva allontanato da lei. Si rilassò solo quando vide il sorriso sul suo volto.

Shawn venne trasportato nei pressi della piscina con tutta la sedia. La gente cominciò ad alzarsi dai tavoli per poter osservare meglio. Ciò che videro era solo un ragazzo seduto a bordo piscina con un’addetta dell’albergo che parlava al microfono.

«Faremo un gioco…» si udì la sua voce dagli altoparlanti mentre avvicinava il microfono alle labbra del ragazzo.

«Shawn.» rispose in tono serio.

«Giusto. Faremo un gioco Shawn. Tu resterai immobile su questa sedia, mentre ascolterai un po’ di musica. Una ragazza si avvicinerà a te e tu dovrai solo cercare di prenderle un campanello che ha legato alla gamba con un laccetto. Attento però, non potrai usare le mani, anzi, tienile incrociate dietro la sedia così non avrai tentazioni.» un sorriso maligno apparve improvvisamente.

Shawn aggrottò la fronte e scosse la testa. Stava per controbattere la proposta ma Cody gli mise un dito sulle labbra per zittirlo.

«La ragazza ballerà vicino a te quindi dovrai scegliere bene le tue mosse e soprattutto avrai tempo fino allo scadere della musica per riuscirci. Avrai una brutta sorpresa se la prova dovesse fallire. Tutto chiaro?»

Shawn non avendo alternative di ribellione dapprima sospirò e suo malgrado annuì.

«Bene, parta la musica!» urlò allontanandosi dal ragazzo.

A sostituire Cody fu ragazza vestita con camicetta bianca e kilt scozzese. Aveva dei capelli rossi che le scendevano sulle spalle ed una pelle chiara. Consono al suo abbigliamento, la musica scozzese provocata dal suono di cornamuse, flauti e percussioni tambureggianti, confezionarono un’atmosfera di puro intrattenimento e anche allegoria. Non era solo Shawn a trovarsi al centro del divertimento ma anche tutta la gente dell’hotel sembrava divertirsi a ballare.

Si sarebbe aspettato qualcosa di più cupo, con quella musica roboante che gli faceva sanguinare le orecchie, invece la situazione era completamente diversa dalle aspettative.

Mentre la ragazza gli ballava accanto facendo ondeggiare i fianchi, sentiva il tintinnio di un campanello che probabilmente era sotto il gonnellino scozzese.

Cominciò a guardasi attorno in cerca dello sguardo di Maya e cercare in lei la giusta scelta da fare. Poteva tentare di superare quella buffa prova senza farla ingelosire?

Che diamine, era solo un gioco, lo sapevano tutti.

La ragazza gli si sedette sulle gambe e Shawn capì di aver di fronte una complessa situazione maliziosa. Non avvertiva il campanellino a ridosso delle sue cosce, almeno quella era la prima impressione. Istintivamente cominciò a sbottonare la camicetta con i denti. Sfortunatamente i piccoli oggetti volarono via a causa di una presa troppo forte. La ragazza sorrise e continuò a muoversi contro il corpo di Shawn.

Si sollevò da lui solo quando tutti i bottoni scomparvero, quindi si levò di dosso l’indumento lasciando trasparire un reggiseno dalla stessa colorazione del kilt, rosso con disegni quadrettati. Il campanello non c’era.

La musica stava per finire e la ragazza danzava con i fianchi a ridosso della testa di Shawn. Si girò da un lato per permettergli di vedere le fibbie del gonnellino. Il ragazzo cercò con i denti di slacciarle verso il basso ma con scarsi risultati; erano troppo piccole per morderle. Cercò quindi di infilare la testa sotto il kilt e osservò con stupore che il laccetto era ben saldo nella parte alta della gamba. Non fece caso al corpo della ballerina e afferrò velocemente il piccolo oggetto fonte del tintinnio.

Diede uno strappo così forte che perse l’equilibrio dalla sedia trascinando con sé anche la ragazza. Maya vide Shawn e la ballerina scozzese cadere in piscina con tanto di tonfo nell’acqua.

La gente cominciò a incitare Shawn affinché risalisse con la ragazza priva degli indumenti. In effetti passò qualche attimo prima di veder riaffiorare i due. Shawn aveva tutti i capelli sugli occhi ma nonostante l’ingombro riuscì a far sedere a bordo piscina la ragazza.

Maya accorse in aiuto di Shawn, prendendosi cura solo di lui e lasciando perdere tutti gli altri divertimenti. Anche Cody non volle perdersi lo spettacolo e mentre il ragazzo ritornava sulla terra ferma si congratulò con tutti.

«La riuscita della prova avrebbe dovuto prevedere il bagno del trofeo, invece in questo modo tutto è fallito, peccato. Comunque sia andata, questo è il giusto premio a chi oggi ha rischiato la propria vita per salvare una bambina dalle grinfie di uno squalo!»

Uno stupore generale accompagnò un plauso di ringraziamento. Decine di persone si ammassarono per sommergere di domande Shawn che disorientato cercava solo il conforto di Maya.

La trovò lì, accanto a lui che gli stringeva la mano. Con energia cercava di farsi largo tra la gente per portarlo via. Sapeva che la confusione di Shawn poteva solo nuocere in quella situazione. Sapeva che Cody aveva agito in buona fede ma solo lei poteva immaginare la reazione che avrebbe avuto il ragazzo. L’indomani avrebbe spiegato ogni cosa agli amici ma in quel momento la cosa importante era portare Shawn lontano dalla gente.


«Stai meglio ora?»

Maya era inginocchiata al fianco di Shawn. L’amaca ondeggiava in maniera armoniosa ed era quasi difficoltoso restare ancora svegli. Quella calma era meravigliosa. Avrebbe dovuto andar via prima dall’albergo. Era anche vero che non ricordava benissimo quello che era successo lì, o almeno non ancora.

«Tu come ti senti?» riuscì a dire a bassa voce con lo sguardo perso sul soffitto.

«A me viene da ridere…» mentì a sé stessa e a Shawn, pensando fosse la cosa migliore da fare. Sviare l’accaduto forse lo avrebbe tranquillizzato.

«Avresti dovuto vedere la tua faccia mentre cadevi in acqua. Forse eri troppo impegnato a vedere cosa ci fosse sotto la gonna della scozzese.»

Shawn aggrottò la fronte e la guardò negli occhi questa volta.

«Ma sotto il kilt, gli scozzesi cosa portano?»

Maya scosse la testa e sorrise. «Ti va di fare un gioco?»

«Un altro?» si agitò Shawn nel tentativo di alzarsi dall’amaca. Maya annuì e si indicò la camicetta.

«Non portavi una maglia?» domandò dubbioso il ragazzo.

«Non potevo certo tenermi addosso tutto il cloro della piscina. Ti propongo di fare la stessa cosa che hai fatto a quella ragazza, solo… Niente sedia.»

Shawn scosse la testa confuso.

«In acqua. Mi devi ancora una serata romantica tra i coralli e la quiete che solo il mare può darmi.»

Il ragazzo si mise a sedere e fissò Maya negli occhi. Erano ancora luminosi e per un attimo ripensò alle stelle. Scese dall’amaca e la prese per mano.

La portò sulla spiaggia. Lieve onde si stampavano sulla sabbia e il rumore provocato dalla musica era appena percettibile a quella distanza.

Si incamminarono nell’acqua fino a quando la loro testa scomparve nel mare. Per tutto il tempo si tennero per mano pensando alla loro solitudine. Il fondo marino cominciò a farsi profondo e i due si abbracciarono. Trattennero il respiro sfiorandosi reciprocamente i capelli. Shawn aprì gli occhi ed aspettò un cenno da parte di Maya.

La ragazza annuì e si liberò da lui. Si distese aprendo le braccia. Shawn cominciò a levarle gli indumenti fino a quando la pelle della ragazza cominciò a cambiare aspetto. Shawn non smise di toccarla. Cominciò ad assumere uno strano colorito pallido, diventando sempre più liscia e vellutata. Il suo corpo si arcuò sovrastando la statura di Shawn. Maya prese la mani del ragazzo. Le dita si affusolarono fino a fargliele scomparire. I lunghi capelli neri si ritrassero per lasciare spazio ad una fronte ampia e liscia. La bocca le si ingrandì permettendole di mettere in mostra una fila di lunghi denti d’avorio. Il naso aggraziato scomparì.

Shawn le accarezzò la schiena trovando il punto dove lei soffriva maggiormente il solletico. Era come farle il solletico sul naso e lo trovava sempre divertente farglielo.

Maya emise un suono e si divincolò. Aprì la bocca larga facendo fuoriuscire l’aria che aveva nei polmoni.

«Smettila! Non riesco a trattenermi ogni volta che lo fai.»

Poi ritornò nuovamente seria. Gli occhi affusolati lo guardarono intensamente.

«Ti piaccio più così o hai nostalgia di quella ragazza che ti teneva per mano mentre osservavi il cielo?»

Shawn scosse la testa e si allontanò di poco. La sua pelle assunse un colore più cupo. I suoi arti si allungarono e svilupparono una nuova massa muscolare. Anche i suoi capelli scomparvero per lasciar spazio ad una fronte acuminata dove far collocare gli occhi sottili. All’altezza della gola stavano formandosi delle aperture che ad intervalli regolari si aprivano e si chiudevano. Con uno slancio, compì un giro su sé stesso mostrando una pinna robusta sul dorso.

«La stessa domanda vale per te ovviamente.»

La sua voce era rauca, fuoriuscita da una cavità dove erano presenti lunghi denti acuminati sovrastati da una possente mandibola.

«Dici che la ragazza scozzese mi avrebbe fatto prendere il campanellino ora?»

Maya rise emettendo un suono stridulo. «Ne dubito. Al limite l’avrei spinta dall’altra parte della piscina, dritta sugli ombrelloni!»

Shawn la prese per mano e scosse la testa. La trascinò con se verso il largo, dove il fondale restava immutato e la corrente marina si affievoliva. Piccoli pesci colorati scappavano non appena passavano loro accanto. L’acqua era limpida e pulita. Nuotare in quel mare era come svuotarsi di tutti i pensieri cattivi relativi al passato. Nuotarono fino ad arrivare nei pressi di una conca, dove i coralli erano sparsi per tutta l’ampiezza dell’ambiente.

I pesci più piccoli erano immobili, nascosti tra anemoni e alghe, presi dalla stanchezza della giornata e cercando un riparo per la notte. Ogni specie era addormentata al fianco di un suo simile, trovando un po’ di conforto.

Sul fondale c’erano dei massi adornati da alghe fluorescenti e da anemoni. Si sedettero su un masso tenendosi per mano.

«Te lo ricordi questo posto vero?» domandò Shawn indicando i coralli ancorati alle pareti dei massi.

«Qui è dove mi sono risvegliata, e dove tu eri già accanto a me…» sospirò Maya.

Shawn annuì, per quel poco che poteva fare con il capo. I suoi movimenti erano diversi ora in quella forma. Aveva una grande agilità in acqua ma i movimenti motori fuori da quell’ambiente erano molto limitati.

«In quel momento credevo di poter vedere altri come noi, ma vidi solo te. Perché siamo così?»

«Stai nuovamente ricordando il passato. Forse è una caratteristica di voi squali. L’unica cosa che mi domando è il perché tu non sia come me.»

«Quindi anche tu hai delle domande senza risposta?»

Maya tracciò dei cerchi nell’acqua con le lunghe dita. «Ci risiamo. Era ironico Shawn.»

«Davvero? Guarda solo la mia pinna allora sta ridendo. D’accordo hai ragione tu, dove eravamo rimasti?»

I due si avvicinarono e per quanto poco umano fosse stato, il loro bacio aveva un’essenza ben più profonda di un’effusione umana.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo IV


Un rumore di passi riempiva l’ampio corridoio. Un uomo stava correndo con dei documenti sottobraccio. Incurandosi di urtare altra gente presente nell’edificio, continuò la sua marcia anche dopo aver avvertito un grosso fiatone. Arrivò d’avanti ad una massiccia porta color cenere ed infilò nel codificatore la sua tessera magnetica. Un cicalino fuoriuscì dalla strana scatoletta metallica ed una luce verde si accese.

La stanza non presentava finestre, c’era solo un ampio tavolo circolare in vetro e delle sedie contrassegnate da etichette, certamente il nome di chi obbligatoriamente sedeva. Un enorme schermo televisivo era posto sulla parete più lontana dal tavolo, mentre altri più piccoli fungevano da satelliti a poca distanza.

C’erano quattro uomini nella stanza. Uno di essi smise di indicare la mappa disegnata dalla grande sorgente luminosa e aggrottò la fronte all’indirizzo dell’uomo appena entrato.

«Mi scusi Signore, abbiamo un grosso problema.» annaspò l’uomo mentre cercava di riprendere fiato. Tirò fuori dalla cartella che aveva sotto braccio un documento con una busta gialla sigillata. L’etichetta riportata era chiara.

«Direi che abbiamo un’emergenza più grande di questa, signori. Dovremmo poter preparare gli uomini al massimo entro quarantott’ore, quindi un discreto margine di tempo. Ora, se volete scusarmi, ho una questione più urgente di cui occuparmi.»

I tre uomini seduti sulle rispettive sedie raccolsero i loro berretti militari e lasciarono la stanza in silenzio. Probabilmente conoscevano già i loro compiti vista l’assenza di domande.

La persona che li comandava si sedette proprio dove vi era segnato il suo nome e indicò all’uomo appena entrato di fare lo stesso.

«Spero non sia quello che penso Robert.» riuscì a dire sistemandosi sul naso i sottili occhiali da vista. Era un uomo robusto, vestito in maniera elegante. Non sembrava un militare, d’altronde non doveva esserlo ma i suoi poteri dicevano il contrario. Ormai data l’età i suoi capelli si erano schiariti, dando l’idea di un uomo dalla grande esperienza. I lineamenti marcati e le ciglia folte erano un esempio dei tanti anni di servizio prestati al paese.

«Signore, credo che nessuno si sarebbe aspettato tutto questo.» anticipò la questione l’uomo.

Il Segretario alla Difesa aprì con calma la busta gialla e avvicinò la cartella per poterla leggere. All’interno della busta c’era un disco.

L’uomo si distese sulla sedia causando uno stridio da parte della spalliera. Cominciò a leggere i documenti e sospirò. Di tanto in tanto scuoteva la testa e si toccava la tempia. All’uomo, incaricato di inviare quelle informazioni, parve che il Segretario stesse sudando nonostante l’ambiente ben ventilato.

«Quanto sono attendibili queste notizie Robert?» si lasciò andare ad una domanda legittima, restando nella sua attuale posizione.

«Tanto da cominciare a preoccuparcene Signore.» rispose con calma l’uomo, intrecciando le dita ed appoggiando i palmi sul tavolo.

Il Segretario si alzò e gli dette le spalle. Si levò gli occhiali e si strofinò gli occhi.

«Metta il video.»

L’uomo prese il disco che era stato appoggiato accanto alla busta e lo ripose una fessura sul tavolo. Una strana finestra televisiva apparve sulla superficie di vetro.

Il Segretario si voltò nuovamente per visionare il contenuto del disco, restando questa volta in piedi.

La sua espressione fu simile allo sconcerto mentre osservava le immagini e di tanto in tanto lanciava delle occhiate al suo collaboratore.

Il video non durò molto ma più che sufficiente a fargli abbassare lo sguardo e respirare più profondamente.

«Abbiamo la fonte di queste informazioni?»

«Sì, Signor Segretario, il video è stato girato in maniera amatoriale da un ragazzo col proprio cellulare ed è finito nella rete globale. Ovviamente ho preso tutte le precauzioni possibili, cancellando i contenuti dove presenti. Tutto il reparto è passato al setaccio di eventuali informazioni nascoste.»

Il Segretario sospirò ancora e arricciò le labbra. Stava pensando. Era un gesto abitudinario che mostrava le sue azioni.

«Venga con me Robert e preghi che i suoi uomini facciano il possibile per tenere nascosto questo evento.»

«Prima non dovremmo ascoltare il Colonnello Strass?»

«Strass è un imbecille! Operazioni del genere non dovevano essere condotte in così tale segretezza. Se solo non fosse stato così testardo da adottare la sua folle linea, tutto questo non sarebbe ricaduto su di noi. Questa è l’ultima volta che sono costretto a correggere i suoi errori. Nemmeno il Presidente dovrà essere informato di questo o rischiamo di far saltare tutto il paese.»

L’uomo annuì e frettolosamente recuperò tutti i documenti consegnati al Segretario per poi uscire dalla stanza insieme a lui.


La stanza era silenziosa e buia. Il pavimento era ancora bagnato ma non c’era da preoccuparsene. La sensazione di nausea era finalmente sparita e la sola cosa migliore da fare era cercare di riposare. Cosa alquanto improbabile vista la mancanza di impegni rispettati durante il giorno.

«Non essere così triste. Vedrai che Papà Nonda capirà. Ormai è tardi per andare a trovarlo e lui si sarà messo già a dormire. Ci andremo domani, quando finirai di lavorare.»

Shawn non rispose. Restò sdraiato sul letto, fissando il soffitto. Il braccio di Maya gli cingeva il petto. Sentire la sua pelle liscia contro la sua più ruvida lo rilassava.

Maya appoggiò la sua testa sulla spalla di Shawn e sospirò visto il silenzio del ragazzo. Cercò di dire qualcos’altro per rassicurarlo ma decise di non aggiungere altro.

«Sai.» la sorprese Shawn. «Non sono sempre stato così. Una volta ero sulla spiaggia. Mi piaceva raccogliere tutto quello che il mare lasciava con le sue onde, pezzi di corallo, conchiglie, tutto quanto di più bello il mare rigettava tra noi. Raccolsi così tante conchiglie che le misi nella mia stanza. Sì, avevo una stanza.» si voltò per incrociare gli occhi di Maya. «Era grande, con un letto, un’amaca con vista sul mare, una bella casa. Comunque.» riprese il discorso guardano nuovamente il soffitto. «Un giorno, al mio rientro qualcuno aveva rubato tutto. Ero così infuriato che dalla rabbia ho morso la porta di casa.»

Shawn sorrise pensando a quanto fosse stata buffa la scena, con lui rimasto a penzolare mentre cercava di ingoiare la maniglia della porta.

«Veramente hai fatto questo?» lo schernì Maya dandogli un colpetto sulla spalla. «Io invece ricordo quando un ragazzino mi regalò tante conchiglie che a me piacevano tanto. Era stato gentile da parte sua privarsi di tanti bei ricordi, ma il mio sospetto fu quello di credere che nel suo pensiero c’era comunque sofferenza e avrebbe fatto qualcosa di stupido pur di giustificare le sue azioni. Perché non dici la verità a te stesso Shawn. Le conchiglie non ti sono state rubate, le hai semplicemente date a me, ma siccome da sempre pensavi di non interessarmi sei stato attaccato di più alle conchiglie. Ora sono qui con te e i tuoi preziosi ricordi ci sono ancora.»

Shawn socchiuse gli occhi. «Scusami se ti ho mentito. E’ vero, non mi sono state rubate, ma quale giustificazione potevo trovare per ciò che realmente a quel tempo mi era stato rubato?»

«Solo perché credevi che a me non importava delle tue conchiglie? Sarebbe stato naturale se io non ti avessi più visto, ma ora è diverso.»

Shawn toccò i capelli della ragazza con delicatezza e sorrise.

«E’ la mia fortuna. La tua invece è svanita quando non hai avuto qualcuno simile a te. Tu sei troppo gentile e premurosa per me, anche se a dire la verità non mi dispiace.»

Maya si fermò un attimo ad ascoltare il rumore delle onde che si infrangevano sulla spiaggia. Ricordava ancora il fondale marino e tutte le meraviglie che il mare poteva offrire loro. Era forse meglio scappare da quella vita? Lei riteneva ingiusto rifiutare ciò che la vita le aveva dato.

«Non dire così. So bene come diventi quando vedi la pinna di uno squalo in lontananza.»

«Potrebbe anche essere la pinna di un delfino, per questo ogni volta guardo per vedere se sei con me. Sono sempre pronto a tuffarmi.»

Maya si sollevò per osservarlo meglio. I suoi capelli ora non erano più ordinati ed erano diventati così lunghi da ricoprirle il viso. Shawn le scostò una ciocca in modo tale da poter vedere meglio i suoi occhi e le accarezzò una guancia.

«Per quanto mi riguarda, nessuno squalo e nessun delfino ha i tuoi occhi e io ho bisogno di quelli ogni mattina.» confessò Shawn tirandosela verso di sé.

Si addormentarono, entrambi abbracciati e cercando di ricordare solo i momenti più belli offerti dal mare.


«Cosa significa questa visita?»

Il Colonnello Strass era intento ad organizzare il solito addestramento per i suoi uomini. Era un uomo di alta statura, capelli corti da militare e fisico atletico. La sua carriera era piena di medaglie dategli dalle più alte cariche militari nel corso della sua permanenza sul campo nel corpo dei Navy Seals. I suoi occhi color cenere cercavano di avere le risposte necessarie da parte del Segretario alla Difesa.

Patrick Gates sbatté con forza i documenti, consegnategli dal responsabile della sicurezza informatica, sul grosso tavolo utilizzato come plancia di briefing.

«Sai spiegare cosa diavolo è questo?» ruggì Gates indicando le carte.

Strass mugugnò qualcosa e sfogliò frettolosamente i fogli. Aggrottò la fronte spaziosa e si limitò a scuote la testa.

«Queste sono informazioni riservate. Non dovreste averle voi.» si limitò a difendersi.

«Colonnello, questa operazione è stata trattata anni fa direttamente con il visto del Presidente degli Stati Uniti. Al tempo ci furono durissimi scontri su quello che le conseguenze avrebbero portato, per non parlare dei dispendi economici. Il fatto stesso che ora se ne sia parlato in rete, rende il tutto molto più chiaro delle teorie.»

«Non so di cosa stia parlando Signore. L’operazione sarebbe dovuta scattare solo dopo l’approvazione del progetto, cosa che non è avvenuta, come lei stesso è a conoscenza.»

Gates estrasse dalla tasca il disco visionato poco tempo prima nell’ufficio al Pentagono.

«Le prove sono in questo supporto. Ora le chiedo di dirmi tutto quello che ha fatto e come ci è riuscito. Per il momento il Presidente deve restare all’oscuro della faccenda e fino a quando lo sarà dovremo risolvere la questione.»

Strass lo guardò in cagnesco e tentò di prendere il disco per poter vedere con i suoi occhi quello che Gates gli stava dicendo.

«Tutti fuori!» ordinò agli uomini che c’erano nella stanza.

Attese fino a quando nella sala furono solo presenti lui e Gates per poter inserire il disco nella fessura dell’elaboratore.

Le immagini confuse, ricavate dalla fotocamera di un cellulare, mostravano una situazione complessa e affascinate allo stesso tempo.

«Non mi dica che crede ad una ripresa del genere. Chiunque abbia un computer acquistato dal vicino può modificare filmati. Servirebbe un po’ di tempo per verificare la reale attendibilità del video, ma fino a quel momento mi asterrei dal fare simili accuse.»

Gates sembrava spazientito e spintonò di poco il Colonnello.

«Strass, nessuno conosce le direttive del suo progetto e questo video è il risultato di ciò che era ritenuto top secret.»

Il Colonnello cercò di fronteggiare Gates cercando un duello di sguardi.

«Signore, quando presentai il progetto avevo le migliori intenzioni di rifondare i Navy Seals ma mi fu negata la possibilità. Ora, per quanto mi riguarda, se tutto ciò fosse vero, ne deduco che qualcuno all’interno dei nostri reparti abbia agito da solo. Questo lo si potrà scoprire solo analizzando il video. Se per assurdo la sua teoria sia esatta allora dovremo concentrarci sui responsabili ed allora la cosa non sarà in mano mia.»

Gates lo toccò con l’indice sulla spalla in modo insistente. Strass poté avvertire la pressione esercitata dal dito sui suoi muscoli.

«Se per qualche ragione la causa è lei Colonnello, sarò costretto a sollevarla dall’incarico e a farla arrestare, come giusto che sia.»

Strass sorrise ed inclinò la testa da un lato come alternativa ad un inchino plateale.

«Ovviamente non ho il minimo sospetto che il tutto sia riconducibile ad una colossale bufala.»

Gates sfilò il disco dal lettore e lo sbatté sul petto di Strass con forza.

«Ovviamente ha settantadue ore di tempo per provarlo.» concluse dandogli le spalle.

Strass trattenne il disco sul petto ed aspettò che Gates uscì dalla stanza. Con passo moderato si avvicinò al tavolo e si sedette con calma. Ripose il supporto magnetico accanto ai documenti e si allungò sulla sedia, incrociando le mani sulla testa. Si dondolò di poco sulla sedia e pensò alla sua prossima azione.

Afferrò il telefono e compose un numero. La persona a cui aveva telefonato ci mise un po’ di tempo per rispondere e nel frattempo ticchettò le dita sul tavolo per alleviare lo stress.

Finalmente l’impulso del segnale libero terminò e qualcuno rispose.

«Garner, mi serve una squadra operativa tra un’ora. Quando è tutto pronto riceverete ulteriori dettagli. Il mio numero privato non è cambiato.»

Dopo queste poche parole, Strass chiuse la comunicazione e si affrettò a lasciare la stanza portando con sé tutta la documentazione.


Il sole stava per sorgere. Le onde del mare tracciavano una linea regolare sulla sabbia. Ormai la notte era quasi lontana e Shawn era seduto accanto alla riva ad osservare l’orizzonte. Tracciava sulla sabbia la forma di un sole con dei raggi che si dirigevano in acqua. Maya dormiva ancora per cui era sgattaiolato senza fare rumore per poter ammirare, come di consuetudine, la bellezza dell’alba.

Ormai era un’abitudine iniziare la giornata con qualcosa che rendesse tutto meno oscuro e più gratificante. Sarebbe stato il classico giorno da lavoro con relativo lieto fine a fine serata, ma questa volta sarebbe dovuto andare da Papà Nonda per raccontargli tutto l’evolversi della giornata, come faceva tutte le sere.

«Sei ancora qui?»

La voce di Maya era ancora più calda del sole. Sapeva che si sarebbe destata ma non così presto. Avrebbe voluto ritornare in camera per evitare che lei sentisse la sua mancanza.

«Sai che non riesco a dormire per troppo tempo, e poi mi rilassa guardare la vista di questo paradiso ogni volta che nasce.»

Maya annuì sedendosi accanto al ragazzo. Lo abbracciò e si strinse forte a lui. Shawn rimase immobile a fissare il mare.

«Immagina vederlo tutta la vita. C’è gente che lo giudicherebbe monotono.»

«Forse perché lo si crede superfluo. Molti preferiscono la compagnia eterna del denaro piuttosto che un breve momento di serenità.»

«Gli aspetti economici non mi interessano, ciò non toglie che diano felicità.»

«Quella non è felicità. E’ solo morbosità.»

«Senti chi parla. Proprio ieri mi assillavi con una porta di casa per cena a causa di conchiglie e ora parli di attaccamento agli oggetti.»

Shawn rise e questa volta l’abbracciò.

«Solo tu mi fai essere così sereno. Se non ci fossi immagina che animale feroce sarei.»

«Forse è per questo che siamo destinati a stare insieme. Immagina io quanto sarei stata fragile e sottomessa se tu non mi proteggessi.»

«Tu non hai bisogno di protezione. In certi momenti sei anche più aggressiva di me, basta guardare certi miei lividi.»

Maya gli schiaffeggiò il braccio e rise di gusto.

«Dai, preparati. Cody ti starà aspettando vicino la barca. Non dovresti farla aspettare.»

I due si rialzarono e si diressero verso il bungalow, la loro dolce casa.


L’ascensore emise un lieve sussulto mentre scendeva. Un ronzio fastidioso accompagnava il bagliore delle spie luminose che si accendevano intermittenti sul pannello dei comandi.

Il Colonnello Strass si sistemò la divisa e il berretto da ufficiale prima che le porte potessero aprirsi. Alle sue spalle c’era un enorme specchio e ne approfittò per controllare il suo aspetto. Avvicinò il viso per potersi osservare meglio le borse sotto gli occhi a causa di un mancato riposo. Con le dita si strofinò la parte inferiore degli occhi per limitare al minimo quell’aria da dopo sbornia.

Le porte dell’ascensore si aprirono mostrando un ampio corridoio illuminato pieno di personale in camice bianco.

Prese il primo corridoio a destra e proseguì in linea retta, costeggiando un fascio di tubi che servivano per alimentare l’impianto di respirazione.

Le stanze che attraversava in linea di massima erano composte da vasche di media dimensione utilizzate per l’allevamento naturale di fauna marina, mentre il vetro rinforzato che fungeva da parete mostrava il mondo sottomarino in tutta la sua bellezza.

Strass si trovava a cinquanta metri sotto il livello del mare nel laboratorio di ricerca biomarina più grande che fosse mai stato costruito: il Sealife.

Il laboratorio era sovvenzionato dal Governo degli Stati Uniti in minima parte, o almeno quello richiesto in via ufficiale dal centro ricerca, mentre la restante parte, ben più cospicua, dalla gestione privata. Questo rendeva il centro di ricerca biomarina poco gestito dal Governo e più manovrabile dall’esterno.

Gli studi effettuati sulla flora marina erano comunque legali ed il ciclo di studio comprendeva la nascita delle specie in estinzione fino al monitoraggio delle abitudini di tutto l’ecosistema marino. Eccezion fatta per le ricerche private, dove nessuno, nemmeno i militari, conoscevano.

Strass stava percorrendo tutto l’intero corridoio osservando i lavori dei vari studiosi all’interno delle stanze. Roba irrilevante e di poco conto, fino a quando arrivò nei pressi di una grande porta di vetro. Sulla destra era presente una pulsantiera a codice numerico e uno scanner di impronte digitali. Il Colonnello fornì tutte le credenziali di accesso e la porta si aprì.

L’ambiente interno era spazioso. Una sola camera circolare con le pareti in vetro. Si trovava nella parte terminale del laboratorio di ricerca.

Si fece avanti uno scienziato tutto vestito di bianco. Strass verificò il suo tesserino di riconoscimento posto al lato destro del camice: Dottor James Wittman.

Ovviamente il nome era abbinato alla relativa foto, così come richiedeva il protocollo del Sealife.

«Colonnello Strass, non sono stato informato della sua visita.»

Il dottor Wittman indossava anche una cuffia protettiva, mettendo in luce solo una parte del viso. Quegli occhi neri incassati nelle orbite e quella voce stridula avevano sempre dato un certo senso di disagio in Strass che distogliendo lo sguardo, si concentrò sulle varie teche dislocate nel laboratorio.

«C’era bisogno di farmi annunciare dottore?» puntualizzò Strass ritornando su di lui, con uno scatto così fulmineo da farlo indietreggiare di qualche passo.

«Certo che no.» sorrise preoccupato. «Ma se vuole dei risultati le avevo già chiarito i tempi di sviluppo.»

Strass scosse la testa. «Non sono qui per avere risultati, ma per riavere ciò che è andato perduto.»

Wittman socchiuse gli occhi e tentò di dire qualcosa ma Strass lo anticipò.

«Dottore lo sa chi è che paga qui e sa anche che il mio appoggio è essenziale. La mia vecchia garanzia che fine ha fatto?»

Il dottore indietreggiò ancora cercando il conforto di qualche sguardo tra i suoi collaboratori ma non riuscì a trovarne.

«Credevo di essere stato chiaro. Non c’è nulla per il momento, ci serve ancora tempo e può guardarlo lei stesso. Le teche sono vuote proprio perché non c’è nulla.»

Strass si strofinò gli occhi con una mano e parlò molto lentamente.

«Dottore, non sono venuto qui per sapere cosa non c’è ma cosa non ho. Credo sia chiara la differenza. Se i finanziatori scoprissero quello che è successo, le nostre vite cesserebbero in questo istante e la mia linea di operato non avrà più ragione di esistere. Per questo motivo non glielo chiederò due volte, l’ho già fatto prima.»

Wittman cominciò a sudare e dovette usare la manica del suo camice per eliminare il senso di disagio dal suo viso.

«E’ chiaro che possono esserci dei disguidi.»

Strass si allontanò dal dottore per avvicinarsi alle teche. Si trattava di quattro cilindri pieni d’acqua alti un paio di metri e fissate ad una basetta di metallo. Dei tubi in fibra di carbonio erano collegati alla basetta immettendo ossigeno all’interno delle teche. In questo modo l’acqua poteva sempre essere pulita.

Il Colonnello toccò la superficie cilindrica delle teche. Il vetro era freddo e piccole bolle d’aria si innalzavano verso la sommità.

Wittman lo seguì tenendo le mani nel camice e spiegando la situazione.

«Come dicevo, l’esito è stato negativo per via del…»

Strass colpì con uno schiaffo la guancia del dottore. Tutti i ricercatori presenti in sala smisero di lavorare fissando il diverbio tra i due.

«Dove sono i soggetti!« urlò Strass ormai fuori controllo emotivo.

Il dottore, arretrato a causa del contraccolpo, restò sbalordito e non proferì parola.

Con una smorfia, Strass afferrò Wittman dal camice e lo trascinò verso la console principale. Inserì il disco dati che portava nella giacca nel lettore ottico e fece partire la riproduzione.

«Questo cos’è! Cosa è questo!» continuò ad urlare.

Wittman scosse la testa e balbettò qualcosa di incomprensibile.

«Come?» chiese a voce alta Strass avvicinando l’orecchio alla bocca del dottore.

«Sono loro vero?»

Questa volta il dottore annuì. Strass gli diede un forte spintone che ne causò la collisione con altro ricercatore e quasi finirono a ridosso di una delle teche.

Il Colonnello afferrò immediatamente il suo cellulare e compose un numero.

«Garner hai trentasei ore per riportarli qui. Agisci come meglio credi ma portameli qui vivi!»

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