Due paia d'occhi di smeraldo

di IlrespirodelleOnde
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incantesimo. ***
Capitolo 2: *** Un libricino nero. ***
Capitolo 3: *** Lezioni private ***
Capitolo 4: *** Promesso. ***
Capitolo 5: *** ((angst)) ***



Capitolo 1
*** L'incantesimo. ***


Due paia d'occhi di smeraldo

 

 

I padri non sanno nulla dei loro figli.

Né i figli dei loro padri.

 

La Sala del Trono era deserta, colmata solamente dai singhiozzi ovattati della ragazza, ancora in preda ad una crisi respiratoria per il susseguirsi troppo movimentato degli eventi in quegli ultimi giorni.

Da quando suo padre era tornato lei non aveva avuto un attimo di pace. La notte riusciva ad evocare solo i suoi occhi verdi, assottigliati e perfidi, canzonatori, che lui le aveva rivolto dietro il vetro trasparente delle prigioni. Le parole che le aveva detto in quella settimana la tormentavano riaffiorando nella sua mente ogni qualvolta il vento soffiava tra le chiome degli alberi ricordandole il suo tono allusorio, traditore e sottile. L'echeggiare dei lampadari di ferro sopra la sua testa, confuso con il rumore prodotto dalle spade che si scontravano nella palestra in cortile, le ricordava le catene che avvolgevano i polsi di quel mostro impedendogli di ucciderla, perchè di questo ne era certa: lui la voleva morta.

A questo pensiero il suo respiro si fece ancora più affannato e la voce del padre tornò a tormentarla fino a scortarla al confine con la pazzia. Lilith si alzò reggendosi malamente sulle gambe, ondeggiando pericolosamente sul primo gradino della scalinata del trono dove era seduta secondi prima, violando, per altro, una legge sacra di Asgard, ma questo non la preoccupava. In un' altra situazione avrebbe chiuso gli occhi per qualche minuto aspettando che la crisi fosse passata, ma le sue palpebre si rifiutavano di chiudersi perchè non vedere ciò che aveva davanti significava essere scoperti, in pericolo. La testa le girava, non osò muovere un altro passo, sentiva i piedi pesanti come piombo e le braccia non rispondevano ai comandi del suo cervello.

Poco a poco la voce del padre si fece più insistente, le urlava contro, furioso, arrabbiato con lei per colpe che neanche conosceva, colpe non sue. Ci mise un secondo: chiuse di colpo gli occhi e smise di respirare. Sentì due braccia possenti trattenerla dal rompersi il collo giù per la scalinata e tirarla dolcemente verso la salvezza. Fu questo che percepì quando Thor la sollevò da terra preoccupato reggendola con entrambe le braccia al suo petto, si sentiva a casa e anche se i suoi polmoni non prendevano aria a lei andava bene così.

La calma innaturale che la pervadeva venne spezzata dalla voce grave del dio che ordinò vioentemente a due ancelle di chiamare il guaritore. Il calore che la abbracciava cessò di esistere quando Thor la poggiò a terra reggendole la testa con una mano grande quanto la faccia di Lilith.
Lo sentiva parlare, ma non distingueva le parole, ogni tanto un po' di ossigeno filtrava attraverso le labbra schiuse, ma non abbastanza da permetterle di ragionare coscientemente. Dei passi veloci venivano nella sua direzione, un suono ritmico, preciso, veloce esattamente il doppio del suo cuore.

Thor la lasciò di scatto e venne presa dal panico. Chiuse le labbra del tutto, sentiva un formicolio incessante sotto la sua pelle, mille scheggie di ghiaccio che la perforavano.
Il guaritore muoveva velocemente le mani all'altezza del cuore e dei polmoni di Lilith, ma non sembrava funzionare. Per quanto tempo sarebbe riuscita a resistere in quelle condizioni?

Avrei dovuto ucciderti subito.”

Stava piangendo.
Non si accorse nemmeno di essere stata portata nella Stanza della Guarigione tanto il dolore che provava nel petto era forte.
Non si capacitava di tutto quel male, perché le interessavano tanto le parole di un traditore e assassino? Eppure il cuore le faceva male. Non respirava ancora e poco a poco le voci attorno a lei svanirono, diventando fiebili e confondendosi tra loro in una danza sfrenata.

Piangeva tutto il suo dolore, trasportato all'esterno da copiose lacrime, ma ne aveva così tanto da non riuscire ad alleviarlo in questo modo, allora smise di crucciarsi e distese i muscoli fino a non sentirli più.

Un colpo al petto, forte, diretto al suo cuore.

Sgranò gli occhi non per il dolore, quanto per l'ossigeno che era tornato a circolarle nel sangue tutto ad un tratto, da zero a cento in una frazione di secondo riportandola velocemente nell'oblio, anche se, ora, con due polmoni quasi funzionanti.
Richiuse gli occhi non prima di aver distinto tra le figure in piedi attorno a lei Thor, figlio di Odino e dio dei fulmini, Frigga, moglie di Odino, e quest'ultimo, una mano al mento, segno evidente che si stava crucciando per capire quale motivo avesse spinto una ragazzina così giovane ad impazzire; l'altra mano appoggiata al capezzale del letto, leggermente tremante.
Ovviamente c'era anche il guaritore, quello che per poco non le aveva spiaccicato un organo vitale con un pugno, ma lui non era importante e se ne andò subito.
Chiusi gli occhi svenne. Era la quinta volta in tre giorni.

Chi sei?”

Tua madre non ti ha menzionato il mio nome, ragazzina?”

Non ho conosciuto mia madre.”

Giusto, dimenticavo che sei stata cresciuta dai miei stessi genitori.”

Loki...?”

Avrei dovuto ucciderti subito.”

Lilith si svegliò urlando qualche ora dopo, in preda ad un attacco respiratorio molto forte e un tremolio violento dovuto alla febbre. La fronte imperlata di sudore e le labbra blu confermarono la paura delle due ancelle ferme sui lati del letto: la principessina aveva avuto un crollo psicologico.
Entrambe si mossero in fretta per rimettere la ragazzina a letto tirandole le coperte fin sotto il bacino, in modo da scaldarla a sufficienza senza accaldarla troppo.
Le misero un panno bagnato sulla fronte, ma furono costrette a levarlo in fretta dato che alla malata non piaceva per nulla.

Lilith respirava a fatica, aveva le gote arrossate e un'espressione persa nel vuoto.
Hlin, l'ancella che l'aveva cresciuta insieme a Frigga, si sentì male e lasciò la stanza dopo aver baciato la fronte alla bambina spensierata che raccoglieva le viole di campo insieme a lei nel bosco e che acchiappava a mani nude le lucertole o si nascondeva tra le chiome degli alberi perché non la trovasse. Quella bambina non c'era più o, se era ancora viva, non era abbastanza forte per manifestarsi in quegli occhi verdi e grandi, che un tempo erano stati pieni di vita.

La ragazza voltò il capo a sinistra, distrattamente, per soffocare il formicolio che le assaliva una guancia e ci mancò poco che non svenisse di nuovo quando realizzò di non essere sola con l'ancella in quella stanza.

Vin, l'ancella rimasta, non si prese il disturbo di girarsi, sapeva benissimo chi c'era con loro in quella stanza e, nonostante si fosse opposta al Padre degli Dei con tutta l'autorità che le era concessa, questi le aveva dato l'ordine di lasciare soli padre e figlia.
Salutò con lo sguardo Lilith e si incamminò verso l'uscita.

“Vin” la chiamò spaesata Lilith, al limite delle forze, “dove vai? Non te ne andare, te ne prego.”

“Signorina” sciolse il groppo che aveva in gola costringendosi a non tornare indietro, “tornerò al più presto, ve lo prometto.”

“No!” urlò arrabbiata l'altra senza riuscire a mettersi seduta, “Non lasciarmi sola con lui, vuole uccidermi!”
Vin se n'era già andata e la risata malefica dell'uomo riempì la stanza.
Si sentì mancare, aveva freddo e riprese a piangere, in preda al terrore.

Chiuse gli occhi, quello doveva essere un sogno, Odino non l'avrebbe mai lasciata con un mostro pronto ad ucciderla, nemmeno Thor e Frigga, che le volevano bene come una sorella e figlia. Pianse tanto senza riuscire a fermarsi e le voci ci misero poco a tornare, faceva fatica a capire se erano frutto della sua mente o uscivano dalle labbra dell'assassino seduto nella stanza con lei.

“Crollo psicologico, mi sbaglio?” domandò pacato Loki, che non aveva ancora smesso di sorriderle.
La sua voce riuscì a calmare Lilith, incredibilmente, e questa si trovò presto ad asciugarsi le lacrime con l'orlo delle coperte, molto più distesa di prima, ma ancora preoccupata per la sua vita.

“Vuoi uccidermi?” domandò a sua volta con un fil di voce senza avere il coraggio di guardarlo.
Voleva alzarsi da quel letto, ma aveva terribilmente freddo e sentiva che i suoi polmoni non avrebbero retto una fatica tanto grande. Ci provò lo stesso, lentamente.

“No” rise Loki, “avrei dovuto farlo prima, come ho già detto.”
Uno sforzo alla volta. Dopo essersi seduta realizzò la risposta del dio e le vennero i brividi.

Se da una parte era sollevata dalla confessione del padre, dall'altra chiamarlo in tale modo le provocava un fitta fortissima al cuore, come se un macigno troppo grande le venisse messo sul petto, impedendole di respirare. Lui non poteva essere suo padre. I padri giocano con i figli, insegnano loro a leggere e scrivere, a tirare di spada e vanno a caccia con loro. Lui non era suo padre, non le importava che sangue scorresse nelle sue vene.

Loki si alzò lentamente, non rideva più, le sue labbra erano dritte e tese, il corpo invece rilassato, tutto il contrario di quello della ragazza quando ebbe realizzato che la sedia accanto al letto era vuota.

“Stai fermo o chiamo Vin.” lo minacciò con voce troppo tremante perchè venisse presa sul serio.

“Oh” la canzonò lui, “farò meglio a scappare, allora.”

“Non avvicinarti a me, assassino.” lo avvertì fredda Lilith arretrando, ma rimanendo pur sempre sul materasso.

“Prima di essere un assassino sono tuo padre, mostra un po' di rispetto.”

Il macigno era tornato e la testa prese a girarle più forte di prima. L'idea che quel mostro fosse suo padre le dava la nausea. Era un traditore, un bugiardo, un pazzo, non un padre.
Nella confusione dei suoi pensieri le passò davanti agli occhi il ricordo della sera di una settimana prima, quando aveva scoperto di essere la figlia di Loki Laufeyson. Non ricordava tanto, in effetti, perchè tutto ciò che era riuscita a fare era andare in iperventilazione e svenire. Crollo psicologico, aveva detto i guaritore e tutti i presenti avevano avuto modo di verificare nei giorni seguenti che non avrebbero dovuto prendere la diagnosi alla leggera.

Lilith aveva smesso di mangiare, persino di leggere e dormire, tutte cose fondamentali per lei. Non si allenava più, né andava a trovare Thor nelle sue stanze per parlare di caccia. Si era chiusa in se stessa interrogandosi su quale fosse la verità. Si era rifiutata categoricamente di credere alle parole di Odino: “Sei nata da una ninfa dei boschi e dal Dio degli Inganni, hai tanto potere quanto non te ne immagini nemmeno, Lilith.”

“V-vattene.”
Si aspettava che Loki ridesse, invece si avvicinò a lei. Nemmeno lui riusciva a spiegarsi per quale motivo lo infastidiva che Thor le insegnasse a combattere, o che Frigga le insegnasse antichi alfabeti e Odino la legge asgardiana; ogni volta che sentiva il nome della ragazza uscire dalle labbra di quei traditori, il sangue gli saliva al cervello.

Era convinto di una cosa, ovvero che loro non erano in grado di proteggerla da ciò che l'attendeva là fuori e la prova era quella che gli si parava davanti: un'adolescente in pieno crollo fisico e psichico. Se non sapevano proteggerla all'interno delle mura del castello, immaginarsi fuori.
Lui poteva darle ciò che tutti loro messi insieme non possedevano nemmeno: un motivo per combattere. Più la osservava in quello stato, però, più si convinceva che forse quella stupida bambina forse possedeva la stoffa della madre, una ninfa dei boschi, creature deboli. Non per niente la madre di Lilith era morta durante il parto.

Le si avvicinò cauto e percepiva ad ogni passo mosso nella sua direzione la tensione crescente che li separava e univa al tempo stesso. Ma non era l'unica cosa che sentiva. Un'energia più forte di qualsiasi altra mai provata dal dio, vorticava attorno al corpo della ragazzina senza che lei nemmeno se ne rendesse conto.

“Mi temi?” le chiese squadrandola curioso. Era la prima volta che la osservava così da vicino. Una settimana prima, esattamente la prima volta che la vide, pensò che era una ragazza bellissima, soprattuto per i suoi capelli rarissimi, unici in tutto il regno: lunghi ricchi neri come la pece e due occhi verdi smeraldo, identici ai suoi. Quando Odino l'aveva chiamata per nome il suo cuore aveva perso un battito e si era morso la lingua con troppa foga per non urlare, anche se, in ogni caso, la mordacchia che gli serrava le labbra, avrebbe attutito ogni suo atto.

Vieni, Lilith, avvicinati.” l'aveva convocata al suo trono il Padre degli Dei.

Lilith, 'la luna nera', nome che le avevano assegnato le ninfe poiché la neonata nacque di notte e le nuvole oscuravano la luna, e che lui era venuto a sapere per caso tramite la voce del vento. Si era rifiutato di conoscere quella bambina rimasta orfana appena prima di nascere. Lui non si era certo invaghito di una ninfa, creatura infima per quanto bella, ma comunque inferiore ad un dio, per lui era stata una notte di noia che aveva represso nel letto della bella creatura, tutto qua.
Non era certo sua abitudine comportarsi così, ma aveva sentito tanto parlare il fratellastro, Thor, di quanto fossero belle certe creature, che si era lasciato trasportare dalla curiosità.

“Mi è stato a lungo narrato delle tue vicissitudini non esattamente... pacifiche.” disse risoluta Lilith asciugando con la manica del vestito le ultime lacrime rimaste. Loki la trovò di un'innocenza disarmante. Quella era sua figlia.

Erano faccia a faccia, entrambi aspettavano la mossa dell'altro così da limitarsi a perdersi uno negli occhi dell'altro, occhi identici, magnetici. Il dio non ricordava nemmeno la faccia della madre della ragazza, ma se la immaginò con gli stessi tratti delicati di Lilith, dato che di lui aveva solo i colori: verde smeraldino, nero dei lunghi boccoli e bianco latteo della carnagione.
Ridipinse nella sua mente il volto dolce di una ninfa, le labbra sottili e fragili, di un rosa insicuro, pallido e la pelle bianca come la sua, unica altra cosa che aveva ereditato. Le gote arrossate dalla malattia e i capelli corvini scompigliati, di un nero opaco e misterioso, non esattamente come il suo.
Per un solo attimo si pentì di averla dimenticata per tutto quel tempo, ma cancellò istantaneamente questo pensiero, rabbrividito dall'aver dimostrato tanta debolezza. I sentimenti non erano una cosa alla quale lui amava abbandonarsi, a meno che questi non fossero negativi o un mezzo per tradire.

“Diciamo che i miei sforzi non sono stati apprezzati su Midgard.” distolse lo sguardo ritrovandosi a fissare le pareti della camera.

“Perchè Odino ti ha permesso di incontrarmi?”
Loki corruciò la fronte, pensieroso. Ci aveva pensato, in effetti: Odino, Padre di Tutto, che lo abbandonava senza alcuna precauzione (fatta eccezione l'avergli tolto tutti i poteri magici) nella cameretta di una ragazzina indifesa. Cos'è? Voleva forse che si riappacificassero dopo quindici anni? No, non doveva essere quello.

Ci pensò a lungo e non le rispose, rimase a fissare un punto nel vuoto, aspettandosi che lei lo rimboccasse, ricordandogli che non le aveva dato alcuna risposta. Nessuno parlò. Lilith si alzò dal letto, ovviamente dalla parte opposta a quella dov'era il padre, e si mosse traballante verso la specchiera. Il dio la osservava divertito, chiedendosi quanto ci avrebbe messo a cadere a terra. Passo dopo passo Lilith arrivò alla sedia e posò il braccio sul tavolo dove era attaccato lo specchio; Loki si accorse solo ora che una fasciatura macchiata di sangue e succo di erbe curative le stringeva l'intero braccio. Si chiese come potesse essersi procurata una tale ferita, ma non trovò una risposta plausibile. Lilith le sembrava una ragazza mansueta, non certo una guerriera, quindi tutto quel sangue non era spiegabile.

“Avrei dovuto stare alla larga dai Giganti di Ghiaccio.” sembrò avergli letto nella mente lei che, tra l'altro, tradì tutte le aspettative del padre rivelandosi un'abile combattente.
Loki si irrigidì a quelle parole. Che la ragazzina sapesse della sua natura e quella fosse una provocazione? O piuttosto lei ignorava del tutto la faccenda?

Di certo Odino non le aveva parlato della cosa dato che lei cominciò a raccontare al dio delle sue avventure su Jotunnheim con aria noncurante: “Era inverno” esordì levando le spille che tenevano insieme la medicazione, “non avrei mai pensato che degli esseri così poco aggraziati potessero forgiare armi 'sì tanto affilate.”
Lo squarcio nella sua carne era netto e di nuovo il dio s'irrigidì. Non aveva prestato attenzione alle parole della figlia, quanto al braccio martoriato da graffi di ogni genere, tutto quel rosso risaltava sulla pelle bianca e giovane.

“Erano una ventina” continuò indistrubata pulendo il taglio dal sangue, “per fortuna non troppo allenati.”
Loki si avvicinò a lei che trasalì quando se lo vide alle spalle nel riflesso allo specchio.

“E poi?” chiese con finto interesse lui, osservandola come se nulla di quello che aveva udito o visto lo turbasse. Sperava vivamente che prima o poi gli si sarebbe presentato il momento giusto per rifilare alla ragazzina tutta la verità sulle sue origini, una mezza Gigante di Ghiaccio.
Lilith si corstrinse di restare impassibile, immobile seduta alla specchiera mentre le sue piccole mani lavoravano sulla ferita. Le faceva malissimo, un dolore che le arrivava dritto al cuore, ma non avrebbe mai dato a Loki la soddisfazione di vederla piegare al male.

“Un loro pugnale mi è scivolato nel braccio senza che nemmeno me ne accorgessi” continuò il racconto, “solo quando ho visto il sangue ho capito che era successo qualcosa.”
Lilith pensò che fosse meglio non menzionare il fatto che un gigante le aveva stretto con forza la gola a palmo aperto e che lei aveva semplicemente tossito per un po' appena libera dalla morsa.
Chiunque venisse anche solo sfiorato da uno Jotun bruciava irrimediabilmente la sua pelle dove essa era entrata in contatto con la creatura, mentre la sua gola era sana e salva, pallida come il resto del corpo. In un primo momento aveva pensato che lo Jotun avesse potuto avere dei guanti, ma, scartata quell'idea perchè poco attendibile, smise semplicemente di pensarci, dedicandosi a curare l'unica ferita ben visibile che quello scontro le aveva lasciato.

Loki si piegò leggermente verso di lei, che si spostò istintivamente in avanti andando a sfiorare rovinosamente la ferita che riprese a sanguinare copiosamente. Nessuno dei due aveva fatto caso a quello, però. Lilith respirò più cautamente, come se quel gesto potesse farlo allontanare; sentirlo così vicino la inquietava e il dio si limitò a sorriderle mellifluo nel riflesso.

“Strano” soffiò gelido sulla guancia della ragazza in un sussuro, “che nessuno in quella ventina ti abbia sfiorato.”
Il dio tornò al suo posto, muovendo pochi passi si riavvicinò al letto, sedendovisi sopra in attesa di una mossa dell'altra.
Lilith non sapeva cosa dire e giurò che quella fu l'unica volta che le capitava una cosa simile. Non disse nulla, attendendo che Loki si spiegasse meglio, ma non arrivò nessuna spiegazione.

“Non ti disturberò più.” si alzò dal letto e se ne andò.

Lilith non ebbe nemmeno il tempo di protestare che subito Vin entrò nella stanza e la raggiunse con un'espressione preoccupata in volto. La benda intrisa di sangue a fianco alla ragazza doveva averla allarmata.


“Vi siete tolta i medicamenti?” domandò allibita, nemmeno stesse osservando un cadavere, “Venite, ci penso io.”

“Sto benissimo” la liquidò con un gesto della mano, quella sana, Lilith, “voglio restare sola.”
Vin squadrò la signorina con la fronte corruciata e le labbra rigide, non di aspettava certo un rifiuto così netto, ma d'altronde doveva ubbidire.
Fece un breve inchino e richiuse la porta alle sue spalle.
Appena il rumore sordo della porta riempì la stanza Lilith pianse.

Non ne aveva motivo e questo faceva fluire le sue lacrime molto più abbondanti: si detestava e la frustazione che aveva in corpo era tale da impedirle di fare altro che piangere e disperarsi. Il dolore che la ferita le procurava aumentava sempre di più fin tanto che quasi credette di morire dissanguata, ma di sangue non ce n'era. Risistemò una benda pulita attornò al braccio, la fissò in tutta fretta e si alzò dalla sedia, pentendosi amaramente di un comportamento tanto debole da parte sua, la stessa ragazza che Thor in persona aveva definito come più promettente giovane guerriera di Asgard.
Non poteva farcela, le gambe non l'avrebbero retta fino al letto. Si risedette aspettando che il dolore fisico passasse. Rimase ferma su quella sedia circa mezz'ora prima che Thor entrasse e corse da lei con la stessa espressione di Vin.

“Lilith” le sussurrò piegandosi sulle ginocchia così da poterla guardare negli occhi, “mia piccola, cosa succede, di grazia?”
Non voleva dire niente a Thor, voleva stare da sola per altre ore, forse giorni. Voleva che lui se ne andasse, ma non trovò il coraggio per dirglielo, quindi si limitò ad abbracciarlo, stanca e abbattuta.

Le spalle del dio erano forti e larghe tanto da fornirle un appoggio perfetto per la nuca e lei rimase lì per un tempo indefinito, aspettando che lui la cullasse come quando era bambina. Il suo profumo di polvere e idromele le riempiva le narici e le ricordò di quando lui la portava nel bosco a tirare con l'arco. Lui era stato la figura maschile che le era sempre mancata da quando Loki l'aveva abbandonata, era stato lui a crescerla come una sorella, amata e protetta. Non l'aveva mai considerato un padre, perchè quel ruolo era spettato ad Odino, ma certamente passava molto più tempo con Thor che con il Padre degli Dei.

Si accoccolò maggiormente contro il petto di Thor facendo attenzione a non schiacciare il braccio dolorante, poi chiuse gli occhi e riascoltò per l'ennesima volta quelle voci. Non le sentì più derisorie e maligne come lo erano state all'inizio, ora le parole si confondevano in mormorii, vociare debole che le arrivava distorto, frasi colme di parole che non gli appartenevano, discorsi confusi, ma più vicini, più intimi, come quando lui le aveva sussurrato nell'orecchio davanti alla specchiera. Non si prendeva gioco di lei, non la stava insultando o deridendo, il tono era allusorio, misterioso, parole che ne celavano altre non dette, frasi lasciate a metà. In quel preciso istante ne fu certa: c'era qualcosa che non doveva essere detto, qualcosa di segreto, ma che lei doveva sapere, in un modo o nell'altro.

Alzò lentamente la testa e rivolse al dio un sorriso stanco, chiaro segno che lui non era il benvenuto lì, tanta era la sua voglia di dormire. Nella sua mente non vorticavano più le offese del padre, ma le ultime parole che le aveva rivolto prima di andarsene di lì: "Strano che nessuno in quella ventina ti abbia sfiorato."
Che intendeva con quella frase? Avrebbe dovuto spiegarsi meglio se voleva che lei capisse. Forse il punto era proprio quello, lui non voleba che lei capisse, non subito almeno.

Si rimise in piedi in poco tempo e Thor si premurò di accompagnarla fino al letto, rimboccandole persino le coperte fin sotto il mento. Le piaceva ricevere quelle attenzioni, di solito, Thor era sempre stato tanto premuroso con lei, ma ora, in quel dato momento, avrebbe tanto voluto che al suo posto ci fosse stato Loki, suo padre.

"Se c'è qualche problema basta chiamare, lo sai" le disse confortante Thor, carezzandole la guancia, "dirò a Vin di stare nei paraggi."
Lilith si limitò a sorridergli per assicurarsi che lui se ne andasse senza troppe preoccupazioni per la testa, aveva bisogno di avere il campo libero per quello che doveva fare. Lasciò che passassero cinque o sei minuti dopo che Thor se ne fu andato prima di sgusciare fuori dalle coperte.

Le gambe la reggevano sì e no, quindi decise che si sarebbe prima abituata a camminare invece che uscire subito allo scoperto. Questo le fornì altri minuti di tregua in cui i suoi muscoli si risvegliarono di poco dopo l'intorpidimento e ripresero a sopportare il suo peso.
Camminò avanti e indietro a fianco al letto assicurandosi di avere sempre un appoggio in caso le gambe non l'avessero retta a sufficienza, dopodiché aprì delicatamente le porte della stanza, stando ben attenta a non fare rumore e uscì.

Il castello era avvolto dal silenzio, dalle stanze superiori provenivano vaghi rumori ovattati di passi, probabilmente quelli di Vin, intenta a spolverare qualche stanza. Il corridoio era deserto e la polvere che fluttuava nell'aria veniva catturata da vaghi spiragli di luche che trapelava dalle finestre. Era giorno, probabilmente pomeriggio, ma faceva freddo. Era a piedi nudi. Non poteva rientrare e mettersi delle ciabatte, avrebbe solo perso tempo prima che Loki fosse isolato nelle prigioni. Doveva trovarlo e parlare con lui. Le serviva un diversivo.

Conosceva abbastanza bene Odino per dire che non avrebbe mai lasciato il prigioniero incustodito, quindi con lui si trovavano sempre almeno due guardie, facilmente corrompibili, certo, ma pur sempre soldati. Padre avrebbe voluto certamente parlare con Loki prima di rispedirlo in cella per sapere qualcosa sul colloquio con Lilith, ma il vero problema era che Frigga, Thor e i Guerrieri sarebbero stati nei paraggi, troppo vicino a Loki perchè lei potesse interrogarlo. Non aveva un piano, ma doveva comunque lasciare quel corridoio prima che arrivasse qualcuno, avrebbe elaborato qualcosa strada facendo.

Si avviò con passo felpato fino alle scale principali del castello, quelle che l'avrebbero portata all'entrata della Sala del Trono, le stesse che Thor aveva percorso con lei in braccio quando era svenuta. Le scese facendo attenzione a qualsiasi essere vivente vedesse, fortunatamente ancora nessuno, poi si nascose in uno spiraglio strettissimo che aveva scoperto da bambina fra il terz'ultimo gradino della scalinata e il pavimento, aspettando il passaggio di qualche ancella.

Quel piano della reggia era sempre molto più frequentato degli altri, aveva più stanze, molte delle queli enormi e che quindi necessitavano più attenzione delle altre. La Sala del Trono si trovava ad una ventina di passi da dov'era nascosta, ma non riusciva a sentire nulla della conversazione che era sicura si stesse tenendo proprio accanto a lei in quella stanza. Distese i muscoli, tentando di rilassarsi e non sprecare energie in allarmismi, quindi sentì dei passi e la prima ancella le passò a fianco senza notarla. Dopo pochi secondi fu il turno di Vin, che si stava recando al piano superiore per essere più a portata di voce della malata, ma Lilith era sicura che non sarebbe entrata nelle sue stanze e, se anche l'ancella avesse deciso di buttare un occhio, avrebbe trovato due cuscini infilati sotto la coperta, trucco vecchio quanto efficace.

All'improvviso udì una voce svettare sopra le altre, carica di rabbia e rancore: Loki.
Le parole le arrivavano confuse e distorte senza che lei potesse carpirne il significato nonostante attorno a lei tutto taceva. Allungò meccanicamente il collo verso l'entrata bloccata della sala e riuscì a isolare una parola dal discorso irato del dio: ragazzina. Stavano quindi parlando di lei? Ma certo, questo avrebbe potuto benissimo dirlo prima di sentirsi nominata da Loki, ma c'era qualcosa di profondamente angosciante nel tono del dio, qualcosa che se ne stava ben nascosto sotto strati d'odio che lei interpretò come paura, pura e viva nella voce dura di suo padre.

Il corridoio era ancora deserto, ma uscire allo scoperto sarebbe stato troppo rischioso. D'altro canto la curiosità stava logorando il buonsenso, annebbiandole la ragione. Lei voleva, doveva, sapere quello che Loki andava dicendo e, soprattutto, ciò che Odino gli avrebbe risposto. Non poteva correre il rischio di arrivare tardi per udire le loro parole e, più il tempo scorreva, più questo pericolo diveniva reale.

Poggiò la testa contro la superficie fredda alle sue spalle e chiuse gli occhi, frustrata, le giancie rosse accese di rabbia. Il braccio le faceva terribilmente male, tutto d'un tratto, come se la carne bruciasse dall'interno fino a liberarsi sulla sua pelle bianca in fiamme ardenti. Il sangue pulsava contro le tempie e l'unica cosa a cui riusciva a pensare era che il tempo non si era certo fermato, mentre lei si disperava senza agire aspettando chissà cosa.

Tutto taceva, ora, nella Sala del Trono e la rabbia si impossessò di lei. Sbattè con violenza entrambe le palme delle mani sulla fronte madida di sudore premendo con forza le dita sulla nuca, infuriata come mai prima perchè aveva perso per l'ennesima volta. Quando mai aveva vinto, in vita sua?

Non riusciva a piangere, né ad urlare, ma ci mancò poco perchè le sue unghie corte e sottili tagliassero la pelle della testa tanta era la pressione che vi esercitava, quando tutto attorno a lei parve risplendere di una luce bluastra e tutto si fermò: le gocce di sangue che scivolavano lungo il suo braccio arrestarono la loro corsa verso il basso, nemmeno la testa pulsava più e ciò che provò era la sensazione vagamente rilassante di essere sospesa nel vuoto.

Le voci non c'erano più, ma percepiva la presenza di Loki, quella di Thor, Odino e sua moglie Frigga, persino i Tre guerrieri e Lady Sif accanto a lei, pericolosamente vicino.
Si voltò istintivamente sentendosi scoperta e osservata, ma nessuno la stava guardando. La stessa cosa non si poteva però dire di lei: la porta della sala era svanita nel nulla, così come parte del muro attorno ad essa, i cui bordi sfumavano nella luce blu attorno alle persone nella sala. Lilith dovette stropicciare gli occhi più e più volte per convincersi che non fosse il male a farla delirare, ma dopo la quinta volta che strofinava con forza le palpebre chiuse e queste furono rosse e irritate, ancora non riusciva a credere a ciò che stava osservando. Le figure che lei conosceva bene si muovevano e parlavano tra di loro, chi con enfasi, altri solo per punzecchiarsi, e lei era lì, li sentiva bene e forte tanto quanto il suo battito del cuore, ma ancora non riusciva a crederci.

“Rovinerai la sua esistenza!” stava urlando Sif rivolta a Loki, le guancie paonazze e la mano sull'elsa della spada pronta sguainarla in caso il dio avesse mosso anche solo un passo verso di lei.
Thor si grattava la testa facendo vagare lo sguardo tra Odino e il fratellastro, intervallando il tutto con qualche pesante sospiro sconsolato. Evidentemente la discussione non era di suo gradimento.
Lilith vide anche Frigga, in piedi al fianco del trono e del marito, una profonda tristezza dipinta negli occhi chiari, rivolti al figlio in catene davanti a lei.

“Padre degli Dei” parlò quindi Loki, ma Lilith non poteva vedere le sue spalle, dato che lui stava dando le spalle alla porta, magicamente svanita, quindi a lei, “voi davvero pensate che mi aggradi avere una mocciosa tra le scatole?”
A Lilith si strinse lo stomaco. Quindi era questo che stava dicendo Loki: non la voleva e Odino gliela stava rifilando. Oppure no, altrimenti perchè Sif aveva insistito con tanta violenza contro il dio degli inganni? Se quello che Lilith pensava era corretto, allora Sif non aveva motivo di inveire contro di lui dal momento che stavano dicendo la stessa cosa.

“Ma quando verrà il momento” riprese cupo il dio, “quello che voi le avete sempre nascosto, allora solo una persona potrà aiutarla e non è nessuno di voi, ma è in questa stanza.”
Ma di cosa stava parlando? Quale momento?

“Frigga le insegnerà ciò che insegnò a te da bambino e si prenderà cura di lei a dovere” fece sbrigativo Odino, “se è questo che ti preoccupa.”
Una risata amara riempì l'aria. A Lilith sembrò quasi di poter vedere le labbra incurvate del dio e i suoi occhi sinceramente divertiti.

“Ignorate troppe cose, Padre degli Dei e voi tutti” continuò il dio delle malefatte, “tanto che non avete mai prestato attenzione in questi anni alla malia della ragazza, mentre io l'ho saputo dal giorno in cui la vidi.” Fece una pausa. I presenti sembravano non capire, tutti tranne Odino e Frigga, che osservavano seri il figlio, “L'energia che la accompagna ovunque vada, l'energia che ho percepito è talmente grande che Madre non potrà nulla.”

Odino si alzò irato dal trono indicando Loki a braccio teso, ferito da quella mancanza di rispetto e dall'arroganza che ancora lui mostrava nei suoi confronti dopo che gli era stata risparmiata la pena di morte, ma Padre non aveva parole e non parlò. Il suo unico occhio era fisso sul mostro che Loki era diventato e in quello sguardo di ghiaccio il dio ci trovò solo la vittoria, mescolata al dolce sapere che lei era lì, e li stava guardando.

 





angolino autrice
Arrivati? 
Beh, se state leggendo questo certamente sì e ringrazio innanzitutto chiunque lo abbia fatto, invitandovi a lasciarmi il vostro pensiero, sempre gradito :)

Passiamo alla pratica, però: Loki ha una figlia (yeeeeee!) e addirittura ne ha una speciale. D'altronde, con un padre così!
Volevo (e voglio)che le vicende siano incentrate sul bel dio e la figlioletta, loro in particolare, e per questo ho volutamente tralasciato molte informazioni sulla madre. 
Detto questo spero vogliate regalarmi una recensione, ma ancor di più spero abbiate trovato la storia di vostro gradimento.

Al prossimo capitolo,

Layla 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Un libricino nero. ***


Tornata nelle sue stanze, Lilith chiuse a chiave la porta e vi si sedette contro imponendosi la calma, mentre goccioline di sudore le imperlavano la fronte bollente. Aveva caldo nonostante l'unica cosa che indossasse fosse una tunica di seta bianca, che fu costretta a cambiare poichè madida.

Di che energia andava parlando Loki? Un'energia forte, l'aveva definita, ma più di questo non sapeva nulla, se non che lui l'aveva percepita subito.
Loki era un bugiardo, certo, ma anche abile nell'uso della magia più di chiunque altro Lilith conoscesse, quindi non aveva alternativa. Se prima era decisa a parlarci, ora la sua curiosità aveva di gran lunga vinto il buonsenso, ma si costrinse comunque ad aspettare qualche tempo.
Odino avrebbe rinchiuso il dio nelle prigioni, allora lei vi si sarebbe recata al più presto per interrogare il prigioniero sull'energia che pareva possedere.

Le mani le pizzicavano come se tanti spilli vi fossero stati conficcati sottopelle e, cosa ancor più strana, erano avvolte dalla luce blu che aveva fatto scomparire il portone della Sala del Trono permettendole di vedervi all'interno. Il bagliore le accarezzava le dita ondeggiando dolcemente a destra e sinistra senza che lei lo percepisse fisicamente. Di quella luce le arrivava solo il formicolio fastidioso alle palme delle mani, niente di più, ma lei sapeva, forse per questioni di sesto senso, sentiva, che quell'energia era in tutto il suo corpo e che in quel preciso momento scorreva nelle sue vene.
Non voleva provare a riutilizzarla, né pensava ci sarebbe riuscita senza un aiuto. Forse Loki avrebbe potuto spiegarle, oltre a cosa fosse, a come utilizzarla. In fondo lui era l'asgardiano più istruito su certe cose...

Perchè?”

Strinse entrambe le mani in un pugno nel vano tentativo di bloccare la sensazione di prurito che si stava impossessando persino delle sue braccia e capì che c'era qualcosa che non andava.
C'erano cose che lei non sapeva ed erano troppe, ne era certa, cose che nessuno aveva mai voluto spiegarle che ora la opprimevano. E Lilith capì essere le domande che l'avevano assalita quando la sua gola era tornata di un bianco pallido dopo lo scontro con il Gigante di Ghiaccio.

Non fatevi toccare!” aveva gridato qualcuno mentre un guerriero cadeva a terra sotto i suoi occhi per essere stato sfiorato dalla mano di uno di quei mostri.
Si era voltata di scatto pugnalandone uno all'altezza del cuore e poi una morsa d'acciaio le aveva stretto la gola, sollevandola a tre piedi dal suolo.

Fece scattare la serratura e uscì dalle sue stanze sotto lo sguardo attonito di Vin, che le stava venendo a portare nuovi medicamenti e dell'acqua immaginandola debole e malata. Lilith sfilò davanti a lei senza concederle nemmeno un'occhiata prima di sparire lungo il corridoio che portava alle prigioni. Se Loki non fosse stato ancora lì lei lo avrebbe aspettato.
Scese a due a due i gradini che portavano alle segrete immergendosi in un buio denso e tetro squarciato dal fuoco delle fiaccole appese lungo le pareti.

Non era mai stata in quella parte dei sotterranei, Thor non glielo aveva mai permesso perchè pieno zeppo di individui malvagi e dall'aspetto sgradevole, o almeno questa era la scusa da lui utilizzata quando aveva a che fare con la Lilith bambina. Ora, l'unica cosa che la preoccupava erano le guardie, le quali avrebbero di sicuro avvertito il dio del tuono della sua presenza nelle prigioni.

Si disse che non aveva altra scelta se non quella di mentire e così si apprestò a fare mentre percorreva il corridoio stretto che portava alle prigioni di massima sicurezza, ovvero quelle limitate dalla magia oltre che da semplici sbarre di metallo. Loki sarebbe stato rinchiuso lì di sicuro, poichè, nonostante privo della sua malia, Odino conosceva bene la sua astuzia.

Le prime guardie erano appostate in quattro ai lati della breve scalinata verso le prime celle e nel vederle Lilith provò una stretta allo stomaco: non le piaceva mentire, né era certa di saperlo fare.

“Madre mi ha raccomandato di non fare parola con nessuno della mia visita” disse risoluta sforzandosi di sembrare convincente, “non le sembra conveniente dare ulteriori preoccupazioni a Padre e Thor in questo momento.”
Ringraziò mille volte l'oscurità delle prigioni per celare il sudore sulla sua fronte e il rossore delle guancie e, dopo quello che le parve un secolo, la prima guardia le rivolse un breve inchino.

“Come vuole, Lady Lilith.”
Si incamminò tra le prime celle senza guardare le creature che la fissavano da dietro un vetro mettendola in soggezione, soddisfatta dell'effetto della sua bugia.
Le voci ovattate dei prigionieri erano trattenute da un sottile specchio avvolto in un alone giallastro, dello stesso colore delle pareti e delle rifiniture. Faceva freddo, là sotto, tanto che il respiro era visibile sottoforma di nuvoletta di vapore, che svaniva a contatto con il calore emanato dalle fiaccole.

Camminò ancora per qualche metro finchè la voce grave di Odino la raggiunse facendola sussultare; si nascose dietro ad una colonna e ascoltò in silenzio le parole del Padre degli Dei.

“Non posso più sopportare la tua arroganza, Loki” diceva cupo in volto, pensò Lilith, per nascondere la stanchezza che da qualche tempo lo seguiva ovunque andasse, celandosi nel suo sguardo, “né sono disposto a farlo – fece una pausa – poiché, per quanto mi sforzi di vedere in te mio figlio, io non vedo altro che un traditore e ingrato.”

Si era aspettata quelle parole; persino lei, al posto di Odino, avrebbe parlato tanto duramente a Loki. E ciò per cui si crucciava era, ancora una volta, perché? Cosa aveva fatto Padre per meritarsi tanto disprezzo da parte del figlio?

Trattenne il fiato come sott'acqua fin quando il re non se ne fu andato e pregò ancora una volta gli dèi perché le guardie non facessero parola con lui della sua visita. Aspettò qualche secondo ancora per assicurarsi di essere rimasta sola con i prigionieri, allora uscì.

Il cuore pareva scoppiarle nel petto tanto batteva forte e Lilith temette di doversi fermare a respirare per non cadere a terra. In quella breve distanza che separava lei e Loki, doveva riordinare le domande che le soffocavano il cervello, ma erano troppe. Ogni volta che le sembrava di aver trovato il quesito più urgente da porgli, ecco che ne sorgeva un altro che bramava di ricevere risposta.

Il passo seguente smise di pensarci e lui la vide, malcelando lo stupore e qualcos'altro che Lilith lesse nei suoi occhi come ammirazione, ma non poteva esserne certa.
Si fermò ad osservarlo a pochi metri dal vetro trasparente e non poté fare a meno di notare il suo portamento fiero che nemmeno le prigioni gli avrebbero strappato, o almeno così credeva.

Indossava vestiti leggeri, non più l'armatura nera e verde intarsiata d'oro, e sorrideva sornione alla figlia, stando a debita distanza dalla luce giallastra.
Nessuno dei due aprì bocca per molto tempo e Loki pensò fosse per paura, quella che lui stesso aveva provato la prima volta che aveva lanciato un incantesimo e per mesi non ne aveva fatto parola con nessuno. Lui sapeva di essere diverso, lo aveva sempre saputo, fin da bambino, ma riceverne la conferma lo aveva distrutto tanto intimamente da fargli tornare i brividi ogni volta che si rivedeva davanti al Tesseract, con quello che aveva sempre chiamato padre accasciato a terra.

Paura di essere denigrato, di non potersi mostrare per quello che si è.
Delusione, per aver buttato via anni della sua vita a rincorrere un trono che mai sarebbe stato suo.
Rabbia verso chi gli aveva mentito e chi aveva scelto per lui cosa fosse meglio, quando non spettava a nessuno della casa di Odino farlo.
Ma più di tutto il dolore, perchè Loki era stato ingenuo. L'amore che provava verso la sua famiglia, o quello che aveva creduto esserlo, gli aveva impedito di vedere chiaramente come stavano le cose. Era stato lui a rendersi cieco nutrendo se stesso di illusioni e sempre lui ad essersi costruito un castello di falsi miti dov'era il figlio amato, dove nessuno voleva ferirlo.
Il dolore che gli schiacciava il cuore perché non vi era nessun'altro da incolpare se non Loki, il bugiardo, l'assassino, il traditore.

“Vattene.” si spense il sorriso sulle sue labbra, turbato da questi pensieri, e si voltò dandole le spalle.
Lilith non si mosse, o meglio, fece un passo verso di lui, i battiti che impazzavano nel suo petto avevano di poco rallentato la loro corsa.

“Voglio farti delle domande.” disse lentamente, come per accertarsi che lui capisse e desse il giusto peso alle sue parole, ma Loki rimase impassibile. Sembrava più concentrato sul tavolino ai suoi piedi che alla ragazza.

“Ti ho detto di andartene.” ripeté deciso, alzando il capo.

“Perchè io non...”
Prima delle parole di Lilith arrivò il colpo di Loki al vetro trasparente che la fece risplendere di tanti quadratini dorati e di una luce abbagliante che accecò la ragazza per un'istante. Il rumore fu forte, ma la parete rimase intatta.

“Vattene!” urlò il dio in contemporanea, occhi accesi da una scintilla che Lilith non gli aveva mai visto in viso: frustrazione, rabbia, dolore insieme. Era qualcosa di terrificante.
Lo spavento fu tanto che cadde a terra, colpendo il pavimento con la schiena all'altezza dell'osso sacro talmente forte che le mancò il respiro. Trattenne le lacrime per il dolore lancinante al fondoschiena e stropicciò con un gesto veloce le palpebre chiuse.

Entrambi erano tesi come corde di violino, Loki consapevole di aver esagerato, lei di essere la causa del dolore che leggeva nei suoi occhi.
Questo pensiero la allarmò, gli aveva fatto del male. Si alzò da terra a fatica, spaventata, pronta a correre nelle sue stanze e rimanerci fino alla fine dei suoi giorni.
Con lei anche Loki si rilassò e maledisse la barriera che li separava per non poter andare a prenderla e farla restare.

“Risponderò alle tue domande.” disse a voce abbastanza alta perchè lei potesse sentirlo, ma Lilith era già due celle più avanti alla sua e, seppur sentendolo, continuò a camminare spedita, la vista offuscata dalle lacrime.

I contorni di tutto ciò che la circondava erano sfocati e lontani. Riusciva a distinguere le alte colonne e gli arazzi che tanto l'affascinavano e rapivano ogni volta che passava di lì, ma nulla le interessava adesso; la sensazione soffocante di aver ferito Loki, la consapevolezza di averlo fatto, ancor di più della prima, la costrinsero a fermarsi a metà della strada verso le sue stanze.

Non le importavano più le domande, che andassero tutte ad Hel, maledette. La curiosità e la sete di sapere erano svanite in lei quando aveva incontrato gli occhi del padre, tristi e vulnerabili. Lei non era come tutti gli altri asgardiani e uno dei motivi per cui era sicura di ciò era che lei non odiava Loki, a differenza loro, e per lui, ne era certa, avrebbe combattuto anche tutta la vita. Nessuno doveva permettersi di fargli del male, pensava, e pianse lacrime amare ignoiandole tutte al pensiero di essersi contraddetta poco prima, nelle prigioni.

Chiuse le mani attorno al viso, incapace di alzarsi da terra, quando una voce familiare le giuse alle orecchie, roca e cavernosa: Volstagg; seguita da altre due voci maschili e il tintinnio dell'elsa della spada di Sif contro la sua corazza di metallo.
Prima di riuscire ad asciugare le guancie umide saltò in piedi e corse silenziosamente per tutta la lunghezza del corridoio fino a rintanarsi nella camera e chiudersi la porta alle spalle.

L'idea di piangere ancora le faceva venire il mal di testa, solo pochi minuti prima aveva replicato la patetica scena di adesso e non ci teneva ad aggiungere voci alla lista dell'autocommiserazione.
La prima cosa che fece fu applicare i medicamenti che Vìn le aveva portato sulla ferita, che, nonostante avesse smesso di sanguinare, era rossa e gonfia.
Spalmò una crema di colore giallastro lungo tutto l'avambraccio e decise lì per lì di lasciarlo libero dalle bende per farlo respirare. Quando ebbe terminato di giocare all'infermiera si voltò stando seduta sulla sedia in modo da scrutare la libreria a muro dietro di lei in cerca del volume che facesse al caso suo.

L'ordine maniacale era sempre stato il suo pregio e difetto (più quest'ultimo, in effetti), così che trovò velocemente quello che stava cercando, anche se non poteva dirsi certa che quelle pagine ingiallite avrebbero risposto alle sue domande.
Si alzò facendo attenzione a non sporcare di crema il vestito e raggiunse con molta calma gli scaffali ricoperti da libri e libri e un sottile strato di polvere. Quello era l'unico posto cui Vìn non poteva mettere mano nemmeno per dare una ripulita veloce.
Scorse con l'indice le copertine spesse rovinate dal tempo, soffermandosi in particolare sul libro di fiabe che Frigga le leggeva quando era bambina, o Thor per lei, anche se quest'ultimo non poteva dirsi affine alla lettura. Ricordò a malincuore le notti fredde in cui se ne stava avvolta nelle coperte e la testa persa nel cuscino morbido mentre la voce dolce della donna la cullava nelle braccia del sonno. Ricordava bene anche la neve, le rare volte che l'aveva vista e si era alzata a metà racconto dal materasso sotto lo sguardo intenerito della Madre degli Dei.

La neve.

La guardava posarsi leggera sui tetti della Cittadella Celeste assaporandone il bianco splendore.

Tornava a letto sorridendo senza distogliere lo sguardo dai fiocchi candidi, desiderando ardentemente di poter essere come loro, un giorno: tutti diversi tra loro, ma tanto simili, anche.

Ad Asgard non si era mai sentita così.

Un rumore di passi nel corridoio la svegliò dal ricordo, riportandola alla copertina verde scuro posata sullo scaffale liscio. Estrasse il volume con delicatezza meravigliandosi di trovarvi un segnalibro a forma di fata all'inizio di quella che ricordò essere stata la sua fiaba preferita.
Si intitolava 'Il Bosco dei Giganti' e Mamma Frigga gliela leggeva molto spesso.
Lilith non conosceva altre storie che magnificassero i Giganti di Ghiaccio in quel modo, descrivendo il colore blu della loro pelle come la cresta del mare al sole e non come un cielo oscuro in tempesta. Il racconto esaltava la loro forza e, soprattutto, la lealtà innata che dovevano ai loro simili.

Le pagine erano ruvide al tatto, una sensazione vagamente piacevole, ma non la stessa di molti anni prima, quando le sue dita erano troppo piccole persino per reggere in mano l'interno libro.
Sorrise tra sé e sé leggendo una riga dal testo, sbiadita ma ancora leggibile: “...allora Enik strinse con vigore la sua ascia e la scagliò contro l'invasore che aveva colpito suo fratello.”
Lei non ce lo aveva un fratello, ma le sarebbe piaciuto; in realtà anche una sorella le sarebbe andata bene, però non le risultava che Loki avesse altri figli all'infuori di lei.
Continuò a leggere con un sorriso ebete stampato sulle labbra.

Emek, più giovane di Enik di qualche luna, stava bene, ma lo scontro lo aveva sconcertato e fu così che mai più alcuno lo vide con un'arma in mano, mentre altri lo videro dilettarsi con delle erbe per curare la ferita eterna che l'aggressore gli aveva inferto.”

Chiuse il libro, non era ciò che cercava, ma le fece piacere scoprire che la frase seguente era già nella sua testa, tornata da tempi antichi.
Recitò a memoria riponendo l'oggetto tra altri due uguali: “Fu così che Enik combatté sempre, e ancora combatte, per salvare i suoi fratelli dagli invasori. Il Gigante della Guerra. Mentre Emek cura gli sventurati e coraggiosi che vengono feriti nella lotta. Il Gigante della Medicina.”

Pochissime erano le persone convinte che, su Jotunnheim, esistessero dei giganti fatti a specchio degli dei, ovvero, come detto nel racconto, un Gigante della Medicina, uno delle Arti, magari persino uno dell'Inganno, come lo era suo padre.
Frigga lo credeva, o almeno, non gliene aveva mai parlato apertamente, ma glielo aveva ben lasciato intendere attraverso le parole lette nelle fiabe e altre che Lilith aveva scoperto essere state aggiunte dalla dea Madre, poichè inesistenti su carta.
Le aveva detto, una volta, che la magia dei Giganti delle terre del ghiaccio era tanto forte da poter distruggere un mondo intero, per questo motivo Odino e tutti gli Aesir li allontanavano e schernivano in quel modo.

Alzò lo sguardo impaziente tutt'ad un tratto, desiderosa di trovare le risposte per le quali si era scomodata dalla sedia. Vagò per una decina di minuti in cerca di qualcosa, finchè non giunse ad un volumetto di venti pagine e anche meno, senza titolo né disegni in copertina. Era rilegato in cuoio, leggero come una piuma e incredibilmente raffinato nelle venature dorate che lo ornavano.

Lilith si sedette sul letto, convinta che, se non si fosse trattato di ciò che andava cercando, in ogni caso non c'era altro nascosto tra i libri. Sospirò, rendendosi conto che l'agitazione le era montata in corpo disturbando la sua attenzione.
Non sfogliò le pagine. Rimase ferma, il piccolo oggetto tra le mani.

C'era qualcosa di sbagliato, si sentiva parte di un mosaico che pareva completo, ma in realtà mancante di una piccola tessera al centro. Chiunque avrebbe osservato si sarebbe accorto della mancanza, lei la percepiva.
Non fece nulla, il silenzio l'accompagnò per molti minuti, in attesa, come lei, di una risposta che piombasse dal cielo.

L'assenza di rumore pareva essersi estesa anche al di fuori della sua camera, i passi delle ancelle si erano arrestati, le guardie che sorvegliavano le stanze accanto alla sua avevano messo fine al tintinnio metallico e vagamente fastidioso delle loro else di spada contro la cintura.
Forse si trattava solo di una sua impressione ma vide davanti a lei, chiari ed espressivi, gli occhi di suo padre. Fece cadere il volume che teneva tra le mani e chiuse il viso per l'ennesima volta tra le mani, tremando.

Quando si risollevò non c'era più nulla attorno a lei, solo buio e una coinvolgente sensazione di pace. Si meravigliò dei piccoli consueti rumori che avevano ripreso a riempire la sua camera e l'interno castello, ma non riusciva a collocarli nello spazio. Si affollavano circolando alcuni lontani altri più vicini a lei. Sbatté le palpebre disorientata prima di riacquistare la vista e rendersi conto che il piccolo libro nero era volato fino alla scrivania.
Non riuscì a sollevarsi dal letto finché la mano leggera di Vìn batté contro la porta. I suoni erano tornati ai loro posti, il volumetto no.

“Signorina” udì la voce timida della donna, “è permesso?”

Fosse stata sfacciata e arrogante la metà del padre avrebbe liquidato l'ancella in due parole, ma nutriva rispetto per lei e per tutti gli abitanti di Asgard. Comportarsi con loro come faceva Loki significava per lei toccare il fondo. Come puoi vivere con la coscienza impregnata degli insulti della gente (soprattutto se sai di meritarteli)?
Invitò Vìn ad entrare con un cenno del capo, presente con il corpo ed altrove con la mente. Avrebbe voluto non essere scappata dai sotterranei, ma ormai era passato, ora doveva concentrarsi sul presente, poiché la sua vita, come quella di tutti, era il presente, non il futuro né il passato.
Lanciò uno sguardo preoccupato al libro nero per un'ultima volta prima che l'ancella le si avvicinasse con cautela, stranita dal silenzio della ragazza, per, novità, occuparsi della poltiglia che Lilith si era spalmata sul braccio.

Nessuna delle due aveva voglia di parlare, stettero in silenzio finché Vìn le diede un bacio sulla fronte sfiorandole la pelle con i lunghi capelli biondi raccolti in una crocchia dimentica di qualche ciocca ribelle. Profumava di sole ed erba appena tagliata. Era troppo giovane per essersi presa cura di Lilith da bambina, ma la conosceva bene e l'amava come una figlia. Seppe leggere nel suo sguardo che c'era qualcosa che non andava, ma ebbe la riservatezza del silenzio, congedandosi dalle stanze della ragazza con un piccolo inchino.

Lilith, da parte sua, non pensò a nulla in quei pochi minuti se non al padre, rinchiuso come un mostro dietro sbarre di luce ed energia, lontano da lei. Forse lontano lo sarebbe stato comunque anche trovadosi al suo fianco, ma così era diverso.

Le domande che avrebbe voluto porgli volteggiavano sopra la sua testa, pronte a piombarle addosso da un momento all'altro, per questo era necessario che lasciasse stare il volumetto almeno per un altro po'. C'era qualcosa in quelle poche pagine che la obbligava a tenersi a debita distanza, la stessa forza che le aveva fatto girare la testa e provare le vertigini al solo sfioramento della copertina in pelle.
A mente lucida realizzò che non poteva essere altro che un incantesimo, restava solo da scoprire di chi. Fu molto più facile di quello che si aspettava.

Chissà per quale motivo non aveva visto l'incisione sul dorso del volumetto. Ora pareva risplendere di un bagliore identico a quello che le aveva avvolto le mani, ma di una curiosa tonalità verde. Stando ferma riuscì a vedere la scritta: si trattava di un alfabeto, molto probabilemente runico, formato da diverse lettere.Assottigliò gli occhi per vederci meglio, allungando anche la testa. Erano simboli, decisamente rune.

Le lesse e un brivido le attraversò la schiena: Diario di uno Jotun.





 

 



angolino autrice

Il mistero s'infittisce...
Un bacio,

Layla <3

Ps. Aspetto i vostri pensieri a cuore aperto :)

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Capitolo 3
*** Lezioni private ***


“Perché non me lo avete detto?”
La voce di Lilith rimbalzò tra le pareti della Sala del Trono tornandole sfocata e lontana alle orecchie, come l'ultima ripetizione morente di un'eco.
Erano tutti riuniti – Odino sul suo trono d'oro, Frigga al suo fianco, Sif, che sembrava essere impassibile all'argomento, con i guerrieri e Thor, divenuto senza parola appena era stato fatto il nome del fratellastro – e la osservavano inquisitori, esaminandola in attesa di cosa lei non seppe dirlo.
Non aveva lacrime, né vedeva il motivo di spenderle per quegli assassini, perché ora capiva e mai più, si promise, li avrebbe confusi con il bene. Loro erano il coltello che aveva ucciso suo padre, la lama fatta di bugie e silenzi che l'aveva trafitto e Lilith le vide, le menzogne. Aleggiavano sopra le loro teste, pronte a crollare con il minimo spostamento d'aria; appesantivano lo spazio riducendolo ad un fazzoletto in cui respirare, poiché tutto s'era fatto soffocante tra quelle mura.

Rivide gli occhi di Loki nell'unica orbita di Odino con le mani tremanti. Oh!, se solo avesse potuto mostrargli il dolore che aveva in corpo, Padre degli Dei non si sarebbe permesso di affrontare a testa alta il Dio dell'Inganno mai più nella sua vita, mentre avrebbe sparso petali al suo passaggio.
Ma Lilith non lo biasimava per questo, un re non può comprendere l'inadeguatezza.
Odino, dall'alto del suo trono, taceva inerme reso muto dallo sguardo accusatorio di quella che aveva cresciuto come una figlia e che ora seguiva la strada tracciata da Loki. Lesse in lei il dolore che il dio aveva manifestato con l'odio e la vide spegnersi nel fuoco del rancore a poco a poco come suo padre.
Prima di vederlo, Padre lo percepì: uno spostamento improvviso d'aria celato ai sensi inesperti quali quelli di Thor e i suoi guerrieri, ma chiaro come l'acqua per lui; poi una luce che accecò il suo altro occhio, un rumore assordante e il buio.
Il silenzio che ne seguì gli fece presagire il peggio, la fine che si meritava, il debito da pagare per l'omertà di cui si era caricato ben due volte. Forse, pensò, sarebbe stato meglio così, per tutti. Ma il risveglio arrivò ben presto seguito da una luna pallida e le mani della moglie ad accarezzargli premurose le rughe del viso e il petto fasciato da bende. Sarebbe tornato indietro se avesse potuto, ma la realtà era un'altra e molto differente. Lui avrebbe impedito al figlio di andarsene, l'avrebbe allevato nella verità e nell'amore che era stato distrutto dalla rivelazione, lo avrebbe curato e trattato al pari di Thor seppur non fosse un guerriero e avrebbe preso posto al fianco di Frigga nelle notti temporalesche per rassicurarlo tra le sue braccia.
Odino avrebbe urlato a pieni polmoni il suo amore al figlio, se avesse potuto, ma non era già ciò che faceva?
Era stato uno sbaglio portarlo via dalle lande desolate di Jotunheim? Uno sbaglio permettergli lo studio dei libri che tanto amava? No, no, certo, ma come una goccia d'aceto rovina il sapore di un boccale di vino, le menzogne avevano offuscato la mente di Loki, eliminandovi ogni ricordo felice, eliminando l'amore con cui era stato cresciuto.
Oh!, se Odino fosse stato più forte e meno debole, se non si fosse vergognato del figlio non guerriero e della sua attitudine verso la magia, se non avesse anteposto Thor a lui, forse sarebbero la famiglia che gli era mancata. Mancata ad entrambi, s'intende.

 

 

Voi non siete la mia famiglia!” aveva urlato a pieni polmoni colpendo con un'energia che ancora non conosceva le pareti che la circondavano. Si era sentita mancare, aveva avuto paura e l'aveva letta negli occhi di Frigga che osservavano il marito steso a terra, riverso su un fianco.
Era arretrata, gli occhi vispi e lucidi, ed aveva provato sulla sua pelle l'inadeguatezza di cui Loki era vittima, visse seppur per un solo secondo la vergogna nel guardare Sif, I cui occhi sembravano urlarle: 'Mostro!', senza tregua.
Si era sentita sola, ma mai come adesso.
Thor la guardava, allibito, incapace di scorgere in lei altro se non la figura di Loki. Fu un salto indietro nel tempo per tutti, meno che per Lilith, sparita oltre la porta con Sif alle calcagna.

Fermati!” le aveva urlato la guerriera e lei aveva continuato a correre senza meta scivolando tra stretti corridoi e in stanze segrete che aveva scoperto da bambina. Sif non ci mise molto a perderla di vista, solo allora, Lilith di fermò, col fiatone e le lacrime roventi sulle guancie. Non riusciva a respirare, ma, chissà perché, la cosa non le risultava strana.
Scoppiò in un pianto liberatorio senza riuscire a fermarsi, intervallando ai singhiozzi delle scariche di luce grandi quanto zoccoli di cavallo che, scaturite dalle sue dita, andavano a frantumanrsi insonoramente contro la parete. Lo trovò rilassante.
Come era stato giorni precedenti con le parole del padre, ora erano quelle di Odino a soffocarle I pensieri e lei non sapeva se dirsi arrabbiata o ferita o entrambe.

Sapevo che prima o poi l'avresti scoperto” aveva detto stringendo un bracciolo della seduta reale ricoperto da velluto rosso, il tono grave di sempre, “ma, sinceramente, speravo sarebbe stato tuo padre a svelarti la verità.”
Ricordava ancora la sensazione di euforia che l'aveva pervasa. Aveva ragione, qualcosa le era stato nascosto e ora quel qualcosa stava per vedere la luce davanti a lei. Non avrebbe mai pensato che avrebbe potuto farle del male, in fondo, lei si fidava di Odino.
Questo pensiero fece cadere il candelabro sopra il caminetto della stanza, provocando una scarica bluastra che echeggiò per tutto il castello, facendone tremare le fondamenta. Si ritrovò in piedi prima che potesse accorgersi di essersi mossa, ad osservare il profondo buco procurato dalla sua malia.

Tuo padre è abile nella magia non solo per averla appresa da Frigga” aveva continuato Odino e a Lilith parve di scorgere del sudore tra le sue sopracciglia folte grigie, “certi tipi di malia si acquistano per nascita.”
Il potere che provò fu annientato dalla paura, come sempre, e questa, a sua volta, dal senso di colpa, seguito dal dolore. Tremava tutta, chiedendosi cosa sarebbe successo a lei e a suo padre quando e se Asgard avesse scoperto la verità.
Lui l'avrebbe protetta? No, Lilith era abbastanza certa che non l'avrebbe fatto, e poi ora si trovava in cella.
Si sentì impotente e subito dopo abbattuta. La rabbia era scemata, lasciandole un vuoto al centro del petto, una lacuna grande quanto l'amore che il padre non le aveva mai dato.

Loki di Jotunheim, tuo padre.”

Si voltò dando le spalle ai resti del candelabro, quando un piccolo oggetto di forma rettangolare, nero, scivolò dalla tasca del suo vestito, l'unica, sulla sinistra, cadendo a terra con un rumore leggero e un frusciare di pagine. Osservò il libricino con la bocca dischiusa, la fronte corruciata e la ferma convinzione di non averlo portato con sé nella Sala del Trono.
Ne aveva abbastanza di magie e trucchetti e tutto quel blu! Persino le rune erano... Raccolse da terra in velocità il volume osservandone sconcertata l'incisione: le lettere parevano essere vive, colorate da una fiamma acquamarina che – verificò sfiorandola – non bruciava.
Gli incantesimi, quei pochi che aveva avuto modo di osservare, non erano che l'inizio.

 

 

Le segrete avevano tremato con il resto del castello, scosse da un'energia che Loki non percepiva da molto tempo. Si alzò da terra, dove stava sfogliando distrattamente pagine di un libro che aveva già letto, e andò a posizionarsi di fronte allo specchio di luce gialla, in attesa di qualcosa che era certo sarebbe arrivato. Una visita, un'altra scossa.
Chiuse gli occhi e, finalmente, riuscì a trovare la sensazione di appagamento e soddisfazione che aveva perduto tempo prima. Il suo piano si era appena compiuto.
Insieme alle piacevoli emozioni che lo avevano avvolto se ne aggiunse un'altra che Loki non riuscì ad identificare, ma che distrusse come un alito di vento un castello di carte la pace che aveva guadagnato. Un'incognita del suo piano a cui finora non aveva dato importanza, ora si rivelava fondamentale e influente sul resto dell'operazione. Non aveva calcolato, come raramente accadeva, una sfaccettatura che il piano avrebbe potuto prendere e che – lo percepiva nell'aria – aveva preso vita.
Camminò avanti e indietro per la cella, alla ricerca di una soluzione per ciò che era accaduto e stava ancora accadendo. Non avrebbe permesso a nessuno di trasformare sua figlia in ciò che lui era, questa era una condizione al piano che non era disposto a sorvolare.
Respirò a fondo riordinando le idee: Lilith aveva trovato il diario, di questo ne era certo, poiché lui stesso lo aveva incantato e, quando la ragazza lo aveva scoperto, una scarica elettrica lo aveva scosso piacevolmente ricordandogli dell'asso nella manica. Seconda cosa, Odino doveva averle detto delle sue origini e, stando alla negatività dell'energia che circondava Asgard intera, lei non l'aveva presa molto bene. Qui le cose si complicavano, pensò il dio, poichè non era certo che la figlioletta sarebbe venuta a riprenderselo dalle prigioni. Ricordò di quando aveva appreso la notizia e di come si era sentito. Usato, ma questo non era il caso di Lilith, lei non aveva niente a che fare con guerre e battaglie inconcluse, tradito, questa opzione lo spaventava già di più. Da chi si sentiva tradita Lilith? Da chi l'aveva cresciuta e, per forza di cose, gli aveva mentito, oppure dal padre tornato dal nulla dopo anni?
Rifletté a lungo senza trovare risposte ai suoi interrogativi. Vincere era sempre stato difficile, ma non ad Asgard, popolata da stolti senza cervello, mentre ora le difficoltà vi prendevano piede come fiori su un campo in primavera e lui non poteva dirsi che impacciato.
Non vi era ordine nei suoi pensieri, né nella mente. Si disse che ormai non poteva fare più niente e non mentiva, quindi si adeguò alle vecchie abitudini, rimanendo impassibile per il resto della giornata.

 

 

Lilith lanciò un'ultima occhiata incredula alla copertina del diario che teneva diffidente tra le mani, prima di aprirlo e constatare con sorpresa che era un quadernino, scritto a mano con tratti tipici delle piume d'oca. Si sedette nuovamente a terra, riprendendo fiato. Quanto tempo aveva prima che qualcuno avesse scoperto il suo nascondiglio? Poco, ogni secondo un minuto in meno.
Un rumore al di là della porta la sorprese constringendola a ri-infilare il quadernino nella tasca e dimenticarvelo lì per qualche tempo. Le sembrò strano, ma avvertiva calore alla gamba, esattamente all'altezza della tasca.

“Lady Lilith” riconobbe la voce baritonale di Thor, sembrava solo, “conosco il vostro piccolo nascondiglio, avanti, uscite.”
Lei non voleva uscire, che il dio aprisse pure la porta, si disse, lei non si sarebbe mossa finché non le fosse stata rivelata tutta la verità.
Il dio bussò alla porta altre volte, minacciando bonariamente che sarebbe entrato e lei lo fece entrare, attendendolo in piedi di fronte ai resti del camino, le mai incrociate dietro la schiena nella più rassomigliante quanto involontaria caricatura del padre che Thor avesse mai visto.
Esitò nel vederla tanto simile al fratello e il pensiero che ormai fosse troppo tardi lo sfiorò ben più di una volta.
Le si avvicinò impacciato, scontrandosi con la sicurezza che la ragazza aveva ereditato dal padre e ricavato dal tradimento. Lei aveva paura, ne aveva tanta da essere costretta a nasconderla, ma, si promise, non avrebbe mai più permesso a nessuno vederla spillare dai suoi occhi o trapelare dai gesti.
Era cambiata, se in meglio o in peggio non seppe dirlo.

“Voglio fare delle domande a mio padre.” disse ferma, severa, voltandosi a guardare Thor. Il dolore la colpì in pieno petto provocandole un'altra ferita che non si sarebbe mai chiusa. Non sopportò lo sguardo disperato del dio, ingenuo, vero, ma colpevole. Non poteva permettersi di dimenticarlo, loro erano tutti colpevoli.
Sorrise a vuoto con le sue labbra sottili e pallide, triste senza farlo notare, prima di abbandonare la stanza per dirigersi nei sotterranei.

 

 

I suoi passi echeggiavano contro le pareti buie, esattamente com'era stato la prima volta che aveva incontrato lì suo padre, ma ora era diverso. Non degnò di uno sguardo le guardie appostate alla porta, continuando a camminare decisa dove sapeva essere la cella di Loki. Non la turbava più neanche la varietà di creature che posavano gli occhi su di lei, studiandola. Aveva da fare, non si sarebbe fatta distrarre inutilmente.
Strinse i pugni, faceva freddo. Esitò pochi passi prima del vetro luminoso, chiedendosi se davvero fosse quella la cosa giusta da fare. Indietreggiò inspirando profondamente, confusa. Le sembrava di sapere ciò che voleva, risposte, voleva sapere, e invece a qualche metro dalla verità il suo corpo sembrava rifiutarsi di continuare a camminare. Ma che aveva fatto?
Fu assalita dal rimorso e le mancò l'aria. Odino, Thor, Frigga, come aveva potuto appellarli traditori? Aveva voglia di piangere se ripensava a ciò che aveva pensato di loro. Era lei la traditrice.

“Pensavo ci avresti messo di meno.” la accolse con disinvoltura la voce di Loki, in attesa di quella visita. Lilith si era aspettata un tono sprezzante, suo solito, lo aveva addirittura immaginato, le sue parole, l'espressione di scherno. Invece il dio sembrava aver concentrato la paternità di una vita perduta in una sola frase. Come ne era capace?, pensò lei riaprendo gli occhi senza poter smettere di sentirsi male.
Sbaglio dopo sbaglio, li avrebbe pagati tutti, in primis quello di essere scesa nelle segrete senza ragionare, una delle sue solite decisioni prese d'istinto, sempre sbagliate da qualche tempo.
Osservò la figura alta e asciutta del padre avvicinarsi al vetro lentamente, ogni passo sembrava costargli molta fatica. Lilith si sentì a disagio con i suoi occhi addosso. Era come se lui potesse … leggerle i pensieri. Gli si avvicinò riluttante, armandosi di pazienza e coraggio, fino ad arrivare al suo cospetto, a qualche centimetro d'altezza in meno.

“Sei un Gigante di Ghiaccio?”
Loki sollevò il mento e assottigliò gli occhi, divertito dalla piega che stava prendendo la conversazione. Mosse qualche passo senza una meta precisa, piegandosi solo per raccogliere uno dei tanti libri che giacevano sul pavimento della cella.

“Chi ti ha detto questo?” le domandò senza voltarsi, ma la voce tradiva curiosità.

“Odino” rispose Lilith, dedicando un fugace sguardo alle guardie ancora appostate alla porta, “ma io lo sto chiedendo a te.”
Aspettò paziente la risposta che già conosceva, senza staccare gli occhi dalla figura di Loki.

“E' così” ammise posando il volume su un tavolino basso, incrociando le braccia al petto, “ma tu sei venuta qui per altro.”
Era bravo, doveva ammetterlo, e per ora non importava averla vinta o meno contro la sua arroganza. Avrebbe ottenuto le informazioni che desiderava, in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo possibile.

“Parlami della mia malia.” gli ordinò, sorprendendosi quando lui cominciò a parlare senza opporre resistenza alcuna. Lilith notò che la sua voce poteva essere incredibilmente piacevole, nonostante Loki la trattasse ancora con sufficienza.
Si sedette davanti alla cella e lui fece lo stesso su una sedia in fronte a lei, senza frenare per un momento la lingua.


“Hai ereditato qualche abilità da me, è vero” aveva cominciato, “ma non puoi nulla senza un adeguato allenamento.”

Vallo a dire allo stupido caminetto che ho disintegrato.” si era detta Lilith costringendosi a stare zitta.

“Puoi utilizzare la tua energia come arma e come difesa, gli usi sono molteplici.”

“Quando Odino ti ha convocato nella Sala del Trono io...”

“Lo so” la interruppe con un cenno della mano, “posso avvertire la tua malia, motivo per cui sono a conoscenza del fatto che tu hai scoperto il mio diario.”

“Il tuo diario?”
Stava cominciando a capirci qualcosa, ma non era sazia delle risposte del padre. C'era qualcosa di più e lui sembrava tirare il tutto per le lunghe. Chissà quando Thor sarebbe sceso per riportarla in camera sua.

“Cosa non è chiaro?” domandò scocciato Loki a sua volta, versandosi dell'acqua da una brocca dorata in un bicchiere altrettanto sfarzoso.

“E' protetto da un incantesimo, vero?”

“Ma allora non sei così ottusa” constatò senza poter fare a meno di vaneggiare, “per un momento ho creduto che Thor ti avesse contagiato con la sua ignoranza.”

“Non lo ha fatto con te, perché avrebbe dovuto funzionare su di me?” chiese retoricamente sorridendogli.

“Io e te non siamo uguali.”

 


“Lasciateli soli.”
La voce di Odino fendette l'aria, bassa e autoritaria, facendo arretare le guardie e il figlio biondo, in procinto di entrare nei sotterranei. Frigga lo seguiva addolorata con un ancella al seguito, mentre Sif riusciva solo a pensare a quanto odiasse Loki e la sua progenie.

“Padre” cercò di farlo ragionare Thor, “Loki è sempre stato un abile manipolatore, lui...”

“Lui è padre tanto quanto lo sono io e mai un padre può manipolare i figli” lo fermò Odino, categorico, ordinando un dietro – front immediato alle guardie, “per questo motivo, Lady Lilith uscirà dai sotterranei quando più l'aggrada e con le sue gambe.”
I passi del Padre degli Dei risuonarono deboli contro le pareti, portandosi appresso la stanchezza di una vita e la triste consapevolezza di un lavoro volto al fine, con sua nipote e suo figlio. Aveva mentito ad uno e deluso l'altra. Era in debito con loro e lo sarebbe stato per tutta la vita. Poteva concedergli ancora qualche tempo, in fondo.

“Hai fatto la cosa giusta” lo raggiunse la dolce moglie, sostenendolo per un braccio, “lei è salva al fianco di Loki, sono destinati a danzare insieme per l'eternità.”

“Non sai quanto io desideri sapere che le tue parole sono vere.” ammise Odino, sempre più affaticato.

“Io l'ho letto negli occhi di entrambi e in quelli del fato, hai mai visto due anime tanto simili?”
 

 

“... io posso aiutarti a migliorare la tua malia.” aveva concluso Loki nel frattempo, comodamente seduto sulla stessa sedia.
Lilith aveva ascoltato attentamente tutto ciò che il padre le aveva detto, ma ancora una cosa non riusciva a capire: perchè lui le stava offrendo aiuto? Cosa voleva in cambio?
Non glielo chiese. Stette in silenzio, illudendolo di stare pensando alla sua offerta, mentre la sua mente escogitava un piano per avere quello che desiderava, ovvero delle lezioni di magia, senza compromettere tanto la situazione di Loki. Prima di tutto non lo avrebbe mai liberato dalla sua cella, questo era sicuro e mai e poi mai avrebbe messo in pericolo la vita di tutta Asgard per lui.

“Oh, avanti” la esortò alzandosi e spalancando le braccia, teatrale “ho percepito quanta malia hai in corpo, ma non puoi controllarla, bambina mia, lo sai.”

“Non ti libererò da questa cella.”

“Certo che non lo farai, non sei una stupida” fece indignato facendo scorrere un dito contro il vetro luminoso, “però potresti entrarci.”

“E fare lezione con te lì dentro?” domandò scettica. La prigione era piuttosto piccola, seppur accogliente e ben arredata, ma I libri sparsi ovunque limitavano maggiormente lo spazio, così che lei e Loki avrebbero dovuto fare miracoli per starci in due.

“Sì, sciocchina, dove sennò?”

“Odino non me lo permetterà mai.” gli fece notare.

“Non ti facevo così sprovveduta.” la canzonò stringendosi nelle spalle.

“Modera i termini, altrimenti d'ora in poi non mi vedrai più nemmeno al di fuori della tua cella.” disse alzando il tono di voce, seccata dalla mancanza di rispetto del dio.

“Questa è la mia bambina” sorrise compiaciuto l'altro, “allora ci vediamo domani?”

Lilith se ne andò velocemente senza nemmeno salutarlo, soddisfatta per essere riuscita a trattare ragionevolmente con lui, mentre Loki non poteva dirsi altrettando allegro. Si sdraiò sul letto con le mani congiunte dietro la nuca e lo sguardo rivolto al soffitto, le labbra non più piegate in un sorriso debole, ma tirate e severe. Solo il pensiero di aver ritrovato un riflesso di sé nella figlia riuscì a farlo sorridere e realizzò che lei aveva la sua parte migliore, quella che aveva perso da tempo e che dimorava in Lilith. La sua malia era potente e lui poteva aiutarla, ma non era questo che si preparava ad affrontare, quanto la crisi che aveva attraversato anche lui da ragazzo e si sorprese di sorridere di nuovo. Lui era stato solo in quel terribile periodo, non Thor, né Frigga osavano avvicinarglisi. Lilith aveva lui al suo fianco e, anche se poteva risultare di poco aiuto, era meglio di niente.

Forse stava impazzendo, probabilmente era così, ma si promise che non l'avrebbe abbandonata a se stessa.

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Capitolo 4
*** Promesso. ***


“Per prima cosa non abbassare mai lo sguardo dal punto esatto dove vuoi colpire” stava spiegando Loki con inattesa pazienza alla figlia, “avrai una mira più precisa.”
Lilith provò a concentrarsi con tutta se stessa, ma il colpo che scaturì dalla sua mano fu tanto forte da far tremare l'intera cella. Non c'erano ancora.

“Ho detto 'barattolo'” fece scocciato il dio, lisciandosi gli abiti, “colpisci il barattolo, non 'fai esplodere tutto ciò che ti pare', solo quello stupido barattolo.”

“A me sembra di averlo colpito...” mormorò dispiaciuta.
In effetti dell'oggettino non vi era più traccia e la bruciatura nera grande quanto due pentapalmi obesi donava alla stanza lucente un che di... innovativo.

“Oh, ma certo” le rispose sarcastico, guadagnandosi più di un'occhiata furente da parte della ragazzina, “e quando dovrai colpire un nemico in procinto di uccidere un tuo alleato li farai esplodere entrambi! In fondo avrai ucciso il cattivo, no? E I funerali dell'altro poveretto...”

“Ho capito, va bene, ci riprovo.” sospirò andando a posare il decimo (o giù di lì) barattolo su di uno sgabello senza poggia schiena e non perché fosse un difetto degli artigiani, semplicemente non aveva retto alla seconda scarica di malia e ora ne restava qualche trucciolo sparso ai piedi di Loki.

Stavolta Lilith si prese tutto il tempo necessario per centrare il suo 'sé interiore', come l'aveva chiamato Loki, e riuscì, finalmente, a sentire l'energia scorrerle nelle vene, poi tentò di incanalarla nel braccio, fino a sentir vibrare la punta di tutte e cinque le dita. Si sentiva svuotata della sua energia, interamente concentrata tra la spalla e la mano, come se quell'unica parte del suo corpo fosse utile allo scopo, mentre il resto solo una parte morta di lei.
Tenne i piedi ben saldi al pavimento: la prima volta si era sollevata a quattro piedi da terra e Loki si era dovuto riparare dietro al letto per evitare di essere colpito in pieno dalla malia rilucente.

Fuori di qui!” aveva sbraitato arrabbiato contro di lei, ma infine non era realmente riuscito a farla andar via. Ricordò della sua prima esperienza magica e soffocò un sorriso mentre le immagini di lui che dava fuoco ai capelli di Thor gli passavano davanti agli occhi della mente.
La durata di una frazione di secondo, poi il rinculo la fece sbattere contro il muro alle sue spalle e cadde a terra, stremata.

“Lilith!”
Loki le si avvicinò aiutandola a rimettersi in piedi e sistemandole i capelli disordinati con piccoli gesti precisi e delicati. La trovò con le guancie arrossate e un'espressione atterrita in volto. Si voltarono entrambi nello stesso momento per constatare la riuscita o meno del colpo.

“Ce l'ho fatta!” urlò talmente forte Lilith da otturare un timpano al dio, “Ce l'ho fatta, hai visto? Oh miei Dèi, guarda!”
Loki non se la sentì di rivelarle che in realtà quello era solo il primo passo (più che altro insignificante), di un lungo e tormentato cammino. Sorrise con lei, meravigliandosi della gioia che lo invadeva nel vederla così felice.

“Bene” disse tornando serio, “per ora basta, direi.”

“Cosa?” gli domanandò delusa, desiderosa di imparare quanto più possibile.

“Domani potrai tornare, ora sei stanca, Lilith, va' a riposare.”
Represse l'impulso di accarezzarle la testa, abbracciarla, o fare qualsiasi altra cosa della quale si sarebbe pentito.
Lilith lo guardò supplichevole, il labbro inferiore leggermente sporto in avanti.

“Ancora qualche minuto, ti prego.” chiese.
Aspettò che Loki ebbe riposto alcuni dei libri caduti a terra, senza parlare più, allora si avviò verso la porta dopo averlo ringraziato.

“Lilith” la chiamò il dio e lei lo ascoltò, “non essere arrabbiata con loro.”
Lilith non capì subito, non capì per quale motivo lui le stesse dicendo una cosa del genere, quando pareva il primo a detestare suo padre e Thor.
Aspettò paziente una spiegazione, ma non arrivò mai, allora sgusciò fuori dalla cella e si direse verso il giardino di Frigga.

Era pomeriggio inoltrato. Si accorse di non aver messo nulla sotto I denti solo quando arrivò nel frutteto e il profumo dei frutti della Madre degli Dei le arrivò al naso.
Le piaceva quel posto. Solitamente ci si recava spesso per studiare in solitudine o leggere un libro sulle rune. Non rivelava mai a nessuno dove scompariva per ore senza avvisare nessuno.
Andava lì.

I frutti, lì, crescevano senza tempo, ad una velocità incredibile e senza riguardo per le stagioni.
Frigga mandava delle ancelle a coglierli e a portarli alle cucine, ma Lilith aveva imparato a conoscere I loro orari, in modo da non trovarsele tra I piedi. Non voleva che facessero parola con Frigga delle sue scappatelle diurne, mentre invece doveva trovarsi a lezione con gli altri ragazzi.

Non aveva nessun libro con sé quel giorno. Ne aveva portati un paio a Loki, perché s'immaginava che il tempo passasse più lentamente chiuso in una cella senza nulla da fare.
Lui non l'aveva ringraziata, le era sembrato freddo e a disagio quando avevano iniziato.
Per la prima mezz'ora le aveva parlato solo di teoria degli incantesimi e storia della malia. Si era concentrata molto, lo aveva ascoltato pazientemente ed era stata in qualche modo ripagata. Nelle ore seguenti Loki le aveva mostrato I colpi principali da esercitare agli inizi e lei lo aveva osservato meravigliata, senza più fiatare.
Provava ad imitarlo, ma con scarsi risultati.

Gli aveva domandato come fosse possibile che non avvertisse più un'energia così forte come quella che le aveva permesso di mandare in frantumi il caminetto. Un'energia che si era mossa dentro di lei con tanta irruenza da sfuggirle di mano. Non l'aveva direzionata, né controllata in alcun modo. Energia pura si era impossessata di lei colpendo senza mira la prima cosa che le capitava.
Loki l'aveva ammonita riguardo a questo e lei intendeva dargli completamente ascolto.
Le aveva raccontatato di quando era piccolo e ancora un principiante in fatto di malia. La rabbia era il fattore scatenante di un'energia così grande e lei non poteva permettergli di prendere il comando.
Mentre le spiegava con minuzia di particolari della sua esperienza e di come lei poteva evitare che la rabbia s'impossessasse di lei e della sua malia, Lilith ebbe l'impressione che Loki avesse paura.

Basta parlare” aveva detto ad un certo punto, come risvegliandosi da un sonno inquieto, “passiamo alle cose divertenti.”
Lilith gli aveva sorriso radiosa, alzandosi dal letto e disponendo con precisione gli oggetti che lui le indicava pigramente: una sedia, un barattolo, qualche contenitore di ferro.
Li dispose esattamente dove lui voleva venissero disposti e poi si era sforzata di non incenerire tutto ciò che la circondava nel tentativo di colpirli.

Camminava da qualche minuto quando sentì la voce di Frigga: stava parlando fitto fitto con un'ancella. Sentiva le due donne avvicinarsi a lei con passo affrettato e lei finì per nascondersi dietro uno dei tanti alberi che la circondavano, rannicchiata dietro l'imponente tronco di un melo.
Attese con pazienza di sentirle arrivare, trattenendo persino il respiro per non essere scoperta, ma le due sembravano essersi fermate o, meglio ancora, aver preso un'altra direzione.
Non si mosse ancora per un paio di minuti, riprendendo a respirare con cautela.

Non aveva carpito nulla di ciò che le due si erano dette. Forse, si disse, erano solo indicazioni sul raccolto o su come dividere I frutti da recapitare alle cucine.
Lilith aspettò fino a che attorno a lei non ci fu che il cinguettio degli uccelli e nemmeno il rumore silenzioso di un alito di vento.
Si alzò barcollante sulle gambe intorpidite dalla posizione scomoda e buttò uno sguardo circospetto attorno a lei.

Riprese a camminare lentamente, ma non era più spensierata come prima.
A quell'ora avrebbe dovuto trovarsi in biblioteca con altri suoi compagni per una ricerca, mentre invece gironzolava per il frutteto senza nulla di meglio da fare che origliare conversazioni che non la riguardavano.

Decise che sarebbe tornata a casa nel giro di qualche ora, non avrebbe tardato molto.
In fondo, nessuno sapeva delle sue lezioni private con Loki, né avrebbe dovuto saperlo, data la scarsa simpatia che tutti gli abitanti di Asgard parevano nutrire per il dio. 
Thor lo detestava e di questo ne era certa, poiché non si sarebbe mai permesso di contraddire Lady Sif, anche se da Heimdall in persona Lilith aveva saputo che il dio del tuono aveva un'amica mortale.
Poi c'era Odino, che da quanto ne sapeva lei, non aveva nessun motivo per essere clemente col figlio adottato. Voci dicevano che I due si detestavano persino quando Loki era bambino e nonostante lei non ci avesse mai creduto, le occhiate che si lanciavano quando si trovavano entrambi nella stessa sala facevano presagire tutt'altro che il contrario.

Forse l'unica persona che Lilith non riusciva ad odiare per nulla era Frigga e non le era difficile credere che anche per Loki fosse così.
Lui non aveva mai offeso sua madre come faceva con Odino e Thor o con qualunque altro asgardiano. Quando Lilith parlava di lei, il dio smetteva di fare altro e la ascoltava. Non faceva mai domande, ma sembrava interessato ai racconti su di lei.
Probabilmente le mancava e lei lo capiva. Pensava che se anche lei avesse avuto una madre così vicina a lei come lo era Frigga con Loki, le sarebbe mancata altrettanto. Ma sua madre era morta durante il parto e ne era certa poiché era stato lo stesso Loki a dirglielo. Credeva sempre a tutto ciò che lui diceva, non tanto perché si fidava, ma perché non pensava di essere in grado di contraddirlo.

Arrivò fino alla fine del Giardino, la sua parte preferita di quella distesa di erba e alberi. Da lì si poteva entrare nel bosco, anche se non tutti ne erano capaci: bisognava conoscere bene quel luogo o l'entrata sarebbe passata facilmente inosservata.
Lei l'aveva scoperta quando era ancora una bambina e scappava dai compagni di classe che si prendevano gioco di lei perché non era brava come loro nella corsa o nei giochi di squadra.
Lilith detestava I giochi di squadra perché nessuno sembrava voler fare squadra con lei. Nessuno faceva mai affidamento su di lei, né la sceglieva per prima o almeno non per ultima quando I due team sfidanti dovevano essere formati.

La ragazza rimase a lungo a fissare l'orizzonte. Fosse stato per lei, non sarebbe tornata a casa. Le piaceva la tranquillità di quel posto.
Represse l'istinto di sedersi, perché sapeva che una volta seduta non si sarebbe più rialzata e avrebbe tardato alla cena.
Si voltò velocemente, allontanando lo sguardo dal cielo della sera e si diresse verso il castello.
 


Lilith sgattaiolò nella sua stanza passando per la finestra. Aveva imparato ad arrampicarsi quando era molto piccola e non aveva più smesso.
La camera sembrava più piccola del solito a causa delle pile di libri accatastate ovunque e dei fogli sparsi a terra.
Chiuse la finestra alle sue spalle e diede un'occhiata veloce all'orologio. Non avrebbe avuto tempo di farsi una doccia, né di cambiarsi I vestiti. Un'estremità della giacca era bruciata e un buco considerevole si apriva sulla gamba sinistra dei suoi pantaloni.
Non aveva tempo nemmeno di pensare ad una scusa, così si diresse verso la sala da pranzo.

Era da qualche tempo che Odino non cenava con loro e Thor era spesso in giro, mentre Sif e I guerrieri se ne stavano nelle loro stanze a consumare I pasti.
Nonostante ciò, le piaceva stare da sola con Frigga. Lei era gentile e quando Lilith non aveva nulla da dire non la sommergeva di domande, né il silenzio che si era creato le metteva a disagio.
Arrivata nella sala la trovò deserta.
Era in ritardo di una decina di minuti e, almeno teoricamente, Frigga avrebbe dovuto aspettarla sorridendo, come faceva sempre. Quella sera il tavolo non era nemmeno apparecchiato.

Lilith si diresse verso le cucine, trovandole indaffarate come sempre, ma nessun piatto era pronto per essere portato in tavola.
Tentò di fermare un'ancella, ma questa si rintanò in una delle tante camerette riservate a loro e sparì dalla sua vista.
Perché non c'è nessuno?, si domandò tra sé e sé, continuando a camminare.

“Lilith!”
La ragazza non fece in tempo a voltarsi che Thor le fu accanto. Non sorrideva come suo solito, ma anzi sembrava turbato.
La guardava senza dire niente e a Lilith non piacque per nulla la sua espressione commiserevole.

“Perché non c'è nessuno a tavola?” domandò al dio, indicando vagamente la sala alle loro spalle, “E perché non riesco a trovare Frigga? Lei mi dice sempre di...”

“Pensavo che Madre te lo avesse detto” la interruppe spaesato Thor, portando una mano alla nuca, pensieroso, “ora devo andare, sono già terribilmente in ritardo, principessa.”

“In ritardo per cosa?” mormorò incredula, mentre il dio la lasciava lì, dirigendosi altrove.
Lilith considerò l'opzione di seguirlo, ma non aveva idea di dove fosse diretto e forse era una cosa che riguardava solo lui. Si sentiva triste e dimenticata.
Perché non c'era nessuno?, continuava a domandarsi senza trovare risposta.

“Signorina Lilith!”
Un'ancella correva verso di lei, trafelata, reggendo il grembiule tra le mani per non inciamparvi. In altre condizione avrebbe riso della sua comicità.
Aspettò che la donna le fosse vicina per domandarle cosa stesse succedendo, ma questa l'anticipò.

“Signorina vi ho cercata ovunque, ma dov'eravate?” domandò la donna senza quasi più fiato.

“Io ero...” tentò di rispondere, rendendosi conto di dover scegliere bene le parole, dato che qualunque cosa avesse detto, avrebbe rivelato che non si trovava a lezione.

“Lady Frigga mi ha detto di riferirvi che questa sera non potrà cenare con voi.” continuò l'ancella senza degnarsi di attendere una risposta.

“Per quale motivo?”

“Questo non mi è possibile dirvelo, signorina.” scosse la testa la donna, mortificata.

“Allora lo scoprirò da sola.” disse Lilith, voltando le spalle all'ancella senza nemmeno ringraziarla.

“Non mangiate nulla?” la rincorse la voce della donna nel corridoio.
Lilith non rispose, dirigendosi con passo sicuro verso la Sala del Trono. Se doveva succedere qualcosa di importante, era sicura sarebbe successa lì.
Temeva di non essere ammessa, ma a dire il vero lei non necessitava di essere ammessa: sarebbe semplicemente entrata, si disse, perché anche lei voleva sapere ciò che succedeva ad Asgard, in quanto non era più una bambina.
Due guardie controllavano la porta della Sala del Trono e altrettante se ne trovavano all'interno, ma dubitava che le avrebbero impedito di entrare.
Thor stava giusto infilandosi nella sala e le porte chiudersi dietro di lui, che Lilith sgattaiolò dentro con lui, sorprendendolo non poco.

“Che ci fai qui, Lilith?” le domandò sottovoce, come per non disturbare il sonno di qualcuno, mentre invece la sala era immersa in un vociare disordinato.

“Cosa succede? Perché sei qui? Anche io voglio sapere quello che succede!”

“Shh! Non ora, Lilith, ti prometto che quando la riunione sarà conclusa ti dirò tutto” tentò di trovare un compromesso il dio, guardandosi attorno come se qualcuno potesse scoprirli, “verrò nella tua camera personalmente, ora va' via.”

“Non ci penso nemmeno!” urlò quasi la ragazza, destando l'attenzione di qualche ancella e persino dei Quattro Cavalieri.
Sif la guardava in cagnesco, mentre gli altri sembravano solo meravigliati di trovarla lì.

“Che ci fai qui, Lilith?”
La voce di Frigga raggiunse entrambi e Thor si fece da parte ad un cenno della Madre.
La donna si avvicinò a Lilith sorridendo, ma non era uno dei suoi soliti sorrisi: sembrava nascondere un'autentica agitazione e Lilith stava per esplodere dalla curiosità e frustrazione che le si agitavano dentro.

“Cosa sta succedendo?” chiese, stremata dalla ricerca di una risposta.

“Io non sono sicura che tu voglia assistere, Lilith” le sussurrò Frigga, posandole una mano sulla spalla, “questa riunione potrebbe turbarti senza motivo, ora è meglio che tu vada a mangiare qualcosa e riposarti.”

“Turbarmi?”
Se prima voleva una risposta, ora la esigeva, ma nemmeno Frigga sembrava disposta a parlare con lei dell'argomento della riunione, che da quello che aveva capito era il motivo d'agitazione generale che avvolgeva il castello.
Frigga sospirò.

“Ascoltami bene, Lilith” disse, “promettimi che se te lo dico tu te ne andrai.”
La ragazza annuì più e più volte, rapita dalle parole della donna.

“E' stato convocato un Consiglio” continuò, “per esaminare le azioni di Loki e determinare una giusta punizione.”

“Lui sta già scontando una pena” contestò tempestiva la ragazza, “è chiuso nelle prigioni, pensavo che...”

“Queste sono questioni più grandi di te e non fraintendermi Lilith, quando sarà tutto finito ne parleremo insieme, non ora.”
Frigga fece un cenno alle guardie, che scortarono Lilith fuori dalla sala.
Le porte si chiusero nuovamente e Lilith rimase lì, a guardare il legno rosso intriso di segreti che lei non avrebbe mai conosciuto.
Sentì le mani pizzicarle e sentì il bisogno di rompere qualcosa, quasiasi cosa, persino il pesante portone davanti a lei sarebbe andato bene.
Invece corse via, andando a nascondersi nella sua camera.

Cosa volevano tutti loro da suo padre?, chiuso nelle prigioni del castello in pochi metri di cella senza nemmeno la possibiltà di ricevere visite (fatta eccezione per lei, ma in fondo nessuno l'aveva autorizzata e di fatto nessuno poteva andare a trovarlo).
Voleva tornare da lui, ma cosa avrebbe potuto dirgli? Tutto ciò che sapeva si limitava alla convocazione del Consiglio per discutere delle sue azioni; non era molto.
Si cambiò giacca e pantaloni in meno di un minuto e uscì dalla sua camera, ovviamente attraverso la finestra.
Forse Loki sapeva del Consiglio e non le aveva detto nulla per non farla preoccupare, anche se effettivamente le veniva difficile da credere.
Era più probabile che anche a lui non fosse a conoscenza di nulla e in questo caso forse Lilith avrebbe fatto a bene ad avvertirlo.

Corse fino all'entrata segreta delle prigioni e vi entrò senza difficoltà.
Durante il tragitto pensò a cosa il Consiglio avrebbe potuto decidere. Non conosceva le pene assegnate ai criminali, né riusciva a figurarne una per Loki.
Forse lui le conosceva e avrebbe potuto prevedere quale gli sarebbe stata assegnata.

Arrivò alla cella e trovò Loki seduto a terra, con un libro in grembo e un altro tra le mani. Lilith riconobbe essere I due libri che gli aveva portato quella mattina.

“Loki.” lo chiamò, bussando sul vetro con un pugno chiuso che nascondeva le chiavi della cella.
Lui la guardò sorpreso, piegando leggermente la testa, come ad osservarla meglio.

“La lezione è finita.” si limitò a dire, tornando sui suoi libri.

“Devo dirti una cosa” continuò la ragazza, “è importante.”

“Hai idea di cosa possono farmi se ti trovano qui sotto? Vattene.” le ordinò imperterrito, alzandosi per riporre sul tavolo entrambi I volumi.

“Odino ha convocato il Consiglio per discutere delle due azioni e stabilire una pena.”
Loki le dava le spalle, ma Lilith lo vide chiaramente sospirare, prima di farle un cenno, dandole il permesso di entrare.
Lilith non se lo fece ripetere due volte e fu dentro la cella prima che il dio potesse girarsi.

“Chi te lo ha detto?” le domandò cupo, andando a sedersi sul letto.

“Frigga.” rispose la ragazza.

“Non ti ha detto nient'altro?”

“Ha detto che me ne parlerà non appena sarà finito” continuò Lilith, “potrei tornare e dirti cos'hanno deciso.”

“Temo che qualunque cosa decidano, io lo saprò prima di te.”
Lilith non capiva.

“Io pensavo che fosse questa la tua punizione, stare qui.”
Loki le rivolse uno sguardo veloce, prima di spostarsi a lato e farle spazio.
Lilith si sedette accanto a lui. Era felice, perché quella era la prima volta che Loki le permetteva di essergli così vicina, mentre dall'altra parte si sentiva pugnalata dalla tristezza. Non poteva immaginare un'altra pena per lui e non voleva che glielo portassero via.

“Certo che no” asserì sconsolato il dio, “per quello che ho fatto, questo non basta.”

“Cosa ti faranno?” domandò l'altra.

“Non penso tu voglia saperlo davvero.” rise il dio, poggiando la testa contro il muro.

“Ti manderanno lontano da qui?”

“Perchè ti interessa tanto?” domandò perplesso il dio, “Puoi continuare ad esercitare la tua malia anche senza di me.”
Lilith non rispose, nonostante conoscesse la risposta: le sue giornate erano più felici, sapendo che ad una certa ora del giorno aveva lezione con lui.
Non voleva fare la figura della bambina e forse il suo era un pensiero da bambini. Questo non lo sapeva ancora.

“E' che loro non mi dicono mai molto.” si limitò a dire, abbassando la testa. Si rese conto dopo che questo pensiero era ancor più stupido della verità, ma ormai era fatta.
Loki non disse nulla per qualche tempo, ma tornò presto vicino a lei, piegato in avanti coi gomiti sulle ginocchia.

“C'è un posto che si chiama 'La Piana'” le disse, “di solito le persone come me vengono mandate lì.”

“Che differenza c'è tra il madarti lì da solo e stare qui?”

“Fai troppe domande, ragazzina.”

“Non importa” asserì Lilith, offesa, “andrò a cercarlo da sola.”
Si alzò, dirigendosi verso la porta.

“C'è un serpente” continuò Loki, “dicono che viva nella Piana e da quanto ne so nessuno è mai uscito vivo di lì.”

“Ti condanneranno a morte?”
Lilith si sentì male.

“Davvero non sospettavi nulla?”
Loki non pensava davvero che a Lilith sarebbe sfuggito questo particolare e forse anche per questo aveva evitato di parlarne.
Non sembrava, invece, che Lilith fosse a conoscenza di tutto questo.
Prese le chiavi della cella poggiate sul tavolo. Non voleva piangere davati a lui, non ancora.

“Dove stai andando?”
Loki si sentì in colpa. Non riusciva a liberarsi dal dolore che gli provocava l'idea di averla ferita nuovamente, senza volerlo.
La raggiunse prima che lei potesse aprire la porta e la fermò.

Lilith immaginò il dio, da solo nella Piana con il serpente a pochi metri e il suo sangue sparso ovunque a terra.
Nascose il viso tra le mani, nascondendo le lacrime.
Cosa sarebbe successo se Loki se ne fosse andato?

“Non è ancora detto che decidano questo destino per me, Lilith.”

“Non glielo permetterò.”
Loki fu percorso da un brivido. Non doveva lasciare che lei venisse coinvolta in quella vicenda, altrimenti non solo la sua vita sarebbe stata in pericolo, ma anche quella della ragazzina.
Le si avvicinò fino a quando non le fu accanto. Tutto di lei lasciava trapelare un'infinita tristezza e nonostante lui le fosse tanto vicino, si sentiva lontano e inutile.

“Non essere sciocca” disse, accompagnandola delicatamente a voltarsi, “tu devi stare qui al sicuro.”
La vide piangere e in lui si mosse qualcosa. Si sentì vulnerabile e ferito, ferito dallo stesso dolore che stava distruggendo lentamente la ragazza. Non voleva abbandonarla e non poteva permettere che lei si sentisse così, abbandonata, come si era sentito lui da ragazzo.

“Non voglio che ti uccidano.” disse Lilith con la voce strozzata da pianto.
Loki si tese verso di lei e la abbracciò.
Era da tanto tempo che non stringeva tra le sue braccia qualcuno, pensò.
Sentiva il corpo della ragazzina scosso dai singhiozzi e tremante contro di lui; I capelli contro il suo collo fargli solletico e le sue mani contro la schiena, che a suo volta lo circondavano.

Rimasero fermi in quella posizione per qualche tempo. Lilith non sembrava essere più calma.
Non lo aveva mai fatto, eppure gli venne piuttsto naturale: le accarezzò la testa, lentamente, intimandole di respirare e calmarsi.
Non andava tutto bene, quello no, ma almeno lui era con lei e viceversa e questo in qualche modo bastava ad entrambi.

“Non mi uccideranno, te lo prometto.”
Ora Loki non poteva più sfuggire.
Una promessa era una promessa.

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Capitolo 5
*** ((angst)) ***


Se suo padre doveva morire allora lei lo avrebbe accompagnato.
Non era un pensiero razionale, non aveva mai avuto pensieri razionali riguardanti suo padre.
 
Dopo averlo visitato, Loki le aveva sorriso e lei era stata felice. Frigga non era venuta a trovarla e nemmeno Thor, nonostante glielo avessero promesso. Lilith aveva notato che entrambi rispettavano la parola data solo nei limiti che la convenienza permettesse. Loki non era così, perché Loki era sua padre, era come lei e le aveva promesso che sarebbe rimasto vivo.
Lilith si addormentò pensando a questo e non si svegliò prima dell’alba, a differenza di tutte le notti di quella settimana. Sognò la sua infanzia, fatta di immagine sfocate e dalla mancanza di suo padre.
 
Frigga si presentò in camera sua con la colazione su un vassoio d’argento. Il profumo dei dolci appena sfornati arrivò prima che lei aprisse la porta della stanza.
Lilith si sforzò di sorriderle anche se non ne aveva voglia. In qualche modo sapeva che qualcosa stava per colpirla.
 
“Buongiorno, tesoro.”
Frigga poggiò il vassoio sulle coperte stropicciate e si piegò a baciarle la fronte. Profumava di fiori, era stata nel giardino, pensò la ragazza, adocchiando una fetta di torta alle ciliegie ancora calda. Non si era resa conto di quanta fame avesse, la sera prima non aveva cenato.
 
“Buongiorno, Madre degli Dei.” rispose Lilith addentando la torta.
 
“Sai che non voglio che mi chiami così, bambina” la rimproverò bonariamente, “e non parlare con la bocca piena di cibo.”
 
“Scusa.” disse lei con la bocca piena di cibo.
La donna rise, scuotendo leggermente la testa senza staccare gli occhi da quelli della ragazzina. Le faceva male vederla tanto simile a Loki e fra tanti motivi, solo per uno: suo figlio era in prigione e lei non poteva fare a meno di pensarci ogni volta che Lilith scuoteva le lunghe ciglia nere o si aggiustava con le dita pallide i ricci scuri.
 
“Ieri sera non hai mangiato nulla.” disse.
 
“Non avevo fame.” rispose Lilith allungandosi verso un’altra fetta di torta, stavolta al cioccolato.
 
“So dove sei andata, Lilith, e non c’è bisogno di dirti che non approvo quello che hai fatto.”
La ragazza la guardò e rimise la torta sul vassoio. Non pensava sarebbe stata così diretta e non aveva pensato a cosa dirle, così le disse la verità.
 
“Mi manca.” disse.
Frigga non pensava che Lilith sarebbe stata così diretta e nemmeno lei sapeva cosa dire, quindi non disse niente e pianse in silenzio, così che la ragazza, che aveva reclinato il capo, non l’avrebbe vista. Le diede un altro bacio sui capelli.
 
“Devi andare ad allenarti oggi” disse solamente, “hai voluto combattere così tanto, ora non puoi saltare le lezioni.”
 
“Va bene.”
 
Quando Frigga chiuse la porta, Lilith finì tutti i dolci sul vassoio e bevve il suo latte, poi si lavò e vestì, convinta che sarebbe andata ovunque, tranne che a lezione.
 
<-> 
 
Loki avvertì i passi della ragazzina prima di riuscire a vederla.
Non si meravigliava più di vederla lì ogni giorno, ma non per questo non dava valore alle loro visite. Soprattutto quel giorno, perché con tutta probabilità quello sarebbe stato il loro ultimo incontro.
 
Lilith non entrò nella cella quel giorno.
 
“Cosa ti faranno?”
 
“Oh, sono sorpreso! Tu sì che hai del tatto, bambina.” fece il dio, sarcastico, voltandosi a guardarla. Era ancora spettinata dalla notte.
 
“Dimmelo.”
 
“Non lo so, principessa, non assillarmi” sbuffò Loki, “è ancora presto.”
Lilith si avvicinò al vetro, le guance arrossate dalla rabbia.
Loki smise di guardarla. Non aveva bisogno di vedere i suoi occhi per sapere cosa brillava in essi.
 
“Tu pensi che sia un gioco, questo, non è vero?” sibilò talmente piano che il dio fece fatica a sentirla.
Rabbia, lui l’avvertì come una scintilla elettrica attraverso la voce della ragazza.
 
“Spiegami in che modo mi sarebbe utile preoccuparmi come fai tu, ti prego.” non era più sarcastico, non ne aveva più la forza. Il suo tono rimase piatto e disperato.
 
“Troverai un modo.”
Loki non ne aveva la forza.
 
“Troverai una via d’uscita come hai sempre fatto.”
Le aveva mentito ancora per non farla soffrire e ora sopportava un dolore troppo grande da sopportare.
 
“Magari Odino avrà pietà…”
Erano venuti quella mattina prima dell’alba a comunicargli la decisione del Consiglio.
 
“…oppure Frigga lo convincerà a non punirti ancora.”
Gli avevano detto che se fosse morto sarebbe stato fortunato.
 
“Siamo una famiglia, dopotutto.”
Loki si asciugò una lacrima e chiese a Lilith che se ne andasse, ma lei rimase.
 
“Dovresti andare, bambina, dico davvero.” le ripeté, senza voltarsi.
 
“Perché? Aspetti qualcun altro?”
Perché verranno a prendermi, pensò Loki, e mi porteranno via e non voglio che tu veda tutto questo.
 
“Pensavo avessi delle lezione alle quali partecipare.” disse invece, mascherando come poteva il dolore nella sua voce.
 
“Cos’è questo rumore?”
 
Quelli che Lilith sentiva erano i passi delle guardie echeggiare contro le pareti delle segrete e la voce ovattata del Padre degli Dei che dava ordini, ma era tutto ancora troppo distante.
 
“Loki…”
 
“Vattene, Lilith.”
 
Lilith vide Odino e Frigga e Thor.
C’erano quattro guardie ornate d’oro con le lance e i Quattro Guerrieri.
Nessuno avrebbe voluto vederla lì e così la ignorarono.
 
“Loki di Asgard.”
La voce di Odino si fece forte del potere del quale era investito.
Lilith posò una mano sul vetro della gabbia.
Loki si voltò a guardarli tutti, uno per uno.
 
“A seguito di una serie di crimi dei quali sei stato accusato…” continuò il Padre.
Quando ebbe terminato di squadrare chi lo aveva tradito, Loki si avvicinò a Lilith, incurante della voce di Odino che riempiva le segrete.
 
“… tra i quali assassinio, tradimento, furto, rapimento…”
Si piegò sulle ginocchia fino a raggiungere il livello della ragazzina e poggiò anche la sua mano sul vetro, sovrapponendola a quella di Lilith.
 
“Non potete farlo” gridò lei, “voi non potete farlo!”
Odino si fermò. Per la prima volta Lilith vide una ferita aprirsi dentro di lui e la sua corazza rompersi.
 
“… sei condannato…”
Riprese a parlare, perché doveva farlo, perché lui era il re e quello era il suo compito.
Frigga piangeva al suo fianco.
 
“No… per favore, voi non potete” ripeté Lilith, le lacrime le rigavano le guance, “Madre, vi prego…”
Frigga non riusciva a muoversi, né a parlare. Quel giorno stava perdendo due figli.
 
“… a morire nella Gola.”
Nessuno si mosse più. Nessuno sembrava respirare più.
Tranne Lilith. Lilith piangeva forte come il giorno in cui aveva conosciuto suo padre e ora piangeva perché non riusciva a immaginare di non vederlo più.
Le girava la testa e si sentiva mancare, ma sapeva che nessuno l’avrebbe aiutata, nessuno avrebbe potuto aiutarla più, perché la ferita che le avevano inflitto non si sarebbe più chiusa.
 
“Lilith” la chiamò l’unica voce che voleva sentire, “bambina, ascoltami.”
 
“Ti prego, papà, non lasciare che lo facciano.”
 
“Lo faranno, principessa, e io e te non possiamo fare nulla. Non serve credere alle favole quando vivi nella realtà, ma io ti ho fatto una promessa, te lo ricordi?”
 
Lilith annuì, cercando di stringere le mani di suo padre dietro il vetro.
 
“Tornerò da te, bambina mia, tornerò sempre dove sei tu.”
 
Lilith urlò quando lo portarono via e si dimenò fino a che due guardie non vennero a tenerla ferma.
Pianse fino a non poterne più e svenne sfinita tra le braccia di Frigga svariati minuti dopo, sognando il giorno in cui avrebbe rivisto suo padre.














I am back.
Scusate per l'attesa. Scusate la lunghezza ridicola di questo capitolo, mi sono fermata perché stavo piangendo sulla tastiera del laptop #sorrynotsorry
Questa è la cosa più angst che abbia mai scritto. Torno a piangere.

Layla

PS magari ci metto altri due anni, ma non è ancora finito- Loki ha promesso.

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