Cenere e Pane.

di MerasaviaAnderson
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Pochi Minuti. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: A cuor leggero. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: Mani calde. ***
Capitolo 5: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


PREMESSA: questa storia è ambientata prima dei Giochi
di Peeta e Katniss e molte scene e azioni dei personaggi 
verranno cambiate.
Spero che vi piaccia lo stesso. :)



 



PROLOGO
 
 
 
È il giorno della Mietitura, per l’ennesima volta mi ritrovo qui, con il timore che da quel contenitore possa uscire il mio nome, e quest’anno la cosa che mi preoccupa di più è che possa uscire il nome di Prim, ma il suo nome c’è  solo una volta e non le permetterò  mai di prendere le tessere.
Detesto vivere  qui, sono a mio agio solo nei boschi, con Gale.
A proposito, aspetto Gale da alcuni minuti, ma sembra che non voglia farsi vivo; ieri mi sembrava piuttosto nervoso, come non capirlo? È la sua ultima Mietitura e ha fin troppe nomine dentro quel contenitore, vorrei che tutto finisse, vorrei poter finalmente vivere in pace con le persone che amo.
Sobbalzo quando qualcuno mi tocca la spalla. «Ehi, Catnip!»
«Gale!»esclamo in tono canzonatorio «Mi hai fatto prendere un accidente!»
«Scusa, Catnip!» mi risponde ridendo come uno scemo, strano, sembra di buon umore.
Si siede silenziosamente accanto a me e penso a quanto silenzioso possa essere un cacciatore, non il minimo rumore per spaventare la preda.
Gale si sdraia sul terreno cacciando un sospiro e mi chiedo cosa gli frulli per la testa, ormai mancano poche ore alla Mietitura.
«Gale?» lo chiamo con tono serio e leggermente preoccupato.
«Si?»
«Tu non hai paura?» gli chiedo.
Sembra cosi spensierato, a volte sembra che non abbia paura di nulla .
«Di cosa?»
Sempre quel tono senza un briciolo di paura, sembra che lui non ne abbia passate tante anche lui, sembra che non abbia una famiglia sulle spalle.
«Della Mietitura, è l’ultima per te e …»
«Ed ho quarantadue nomine, lo so.» non mi ha dato il tempo di finire «Non c’è bisogno che me lo ricordi.»
Ha quarantadue nomine, ventidue più di me, ci sono quarantadue biglietti con il suo nome, e questo mi uccide, non voglio perderlo.
«Scusa» mormoro «non volevo …»
«Non devi scusarti.»
Non abbiamo bisogno di parole, ci capiamo anche solo guardandoci negli occhi, è come se fosse un fratello maggiore.
«Hai preso un bel po’ di roba.» dice indicando i due scoiattoli e i quattro conigli appena catturati.
«Sì, ci faremo un bel gruzzoletto al Forno!» esclamo sorridendo.
«No, è meglio se li teniamo per noi, almeno per oggi.»
«Non capisco» ribatto «perché non oggi?»
«Oggi il distretto brulica di pacificatori!»
«Vendiamo sempre pacificatori» dico acida e fredda «non vedo perché  non dovremmo vendere loro, oggi.»
«Oggi è il giorno della Mietitura, Katniss, non ci saranno solo Cray o Darius, se ci prendono ci fustigano, ci tagliano la lingua e ci ammazzano come carne da macello.»
Mi ero quasi scordato della Mietitura, la cosa bella di Gale è che mi contagia e mi fa dimenticare dei pensieri che mi attanagliano la mente, sto bene con lui e pensare che in quel contenitore ci sono ben quarantadue maledetti bigliettini con il suo nome mi terrorizza.
Il pensiero che potrebbe essere estratto con una facilità estrema mi fa contorcere lo stomaco per il nervosismo.
Perché proprio a me?
Perché proprio a lui?
Perché proprio a noi?
Anche se, in tutta sincerità, spero che si trovi un lavoro migliore del minatore, saperlo sottoterra mi fa venire i brividi, ma è sempre meglio di vederlo morire in una stupida Arena di Capitol City.
«Non lavorare in miniera.» gli dico tremando come una foglia mossa dal vento autunnale.
«Quale altra scelta avrei?»
È triste, ma determinato, forte e vuole cambiare le cose, ma non può, qui le cose non possono cambiare.
Non so perché, ma mi prende il terribile pensiero che andando in miniera potrebbe morire, come papà.
«mio padre ci è morto in miniera!» non riesco più a riflettere, gli urlo contro con tutta la voce che ho dentro, ma il pensiero che anche lui potrebbe morire lì dentro mi toglie il fiato.
Perché non lo capisce?
«se ricordi bene, anche il mio è morto insieme a tuo in quel posto schifoso!» lo vedo rosso di rabbia  e noto che tenta di ricacciare indietro le lacrime.
Lui non piange mai.
Lui è forte.
Capisco che non è il momento di essere egoisti, ma avevo quasi dimenticato che anche suo padre è morto lì sotto «avevo 14 anni, katniss e ho dovuto mantenere da solo una famiglia di cinque persone, e i miei fratelli erano solo dei bambini! ho dovuto fare da padre a tre bambini, ho dovuto cacciare di frodo col rischio di farmi uccidere e la mia famiglia non avrebbe avuto più nessuno su cui contare. ti pare poco tutto questo?»
Lascia uscire tutti i suoi pensieri senza fare alcuna pausa, dà sfogo a tutto ciò che voleva urlare da sempre, voleva solo potersi sfogare con qualcuno ed io gli ho dato lo spunto per farlo.
Anche io ho dovuto subire quello che ha subito lui, io avevo una sorella piccola, ma era solo una, mia madre era quello che era, ma comunque riusciva a gestirsi un po’.
Mi butto fra le sue braccia, cercando di non farlo piangere, ma lui non lo farà, lui non lo fa mai, è forte come la roccia su cui è seduto ad ammirare quel fantastico paesaggio schiavo di Capitol City.
«Catnip» sussurra quasi impercettibilmente «è vero.»
Non capisco.
«Cosa?»
«Ho paura.» mi dice guardandomi con quegli occhi identici ai miei, forse solo un po’ più grandi, ma dentro le sue iridi c’è la stessa tempesta di nuvole grigie che domina i miei e quelli di tutte le persone del Giacimento.
Ha paura della Mietitura, come me, come Prim, come suo fratello Rory e come tutte quei ragazzi che oggi v parteciperanno,
Pensando mi rendo conto di una cosa: per Gale, questo non è l’ultimo anno e non lo sarà finché il suo fratello più piccolo non avrà compiuto diciotto anni.
Per Rory, Posy e Vick Gale non è un fratello, per loro Gale è un padre, è colui che ha portato avanti la sua famiglia perché sa che i quattro stracci che Hazelle lava non bastano per sfamare tutti, quella che lo considera un fratello sono io: lui c’è sempre, in qualunque situazione, bella o brutta che sia, lui è con me.
«Ah, quasi dimenticavo!» mi dice cercando qualcosa nelle tasca del giubbino «Tieni!»
È incredibile, mi porge un pezzo di pane, e sembra fresco.
Non ci credo, non è possibile!
Non mangio pane da … forse quattro anni, da quando il figlio del fornaio me ne aveva lanciato un pezzo che aveva bruciato, credo che senza quel pezzo di pane la mia famiglia non avrebbe mangiato, quella sera.
Detesto essere in debito con qualcuno, ma adesso sono in debito con … Peeta Mellark, mi pare che si chiami, e lo sarò per sempre.
«E’ pane?» chiedo stupita «Pane vero?»
«Sì. Contenta?» mi dice sorridendo, come se qualche minuto fa non stesse per scoppiare in lacrime.
Mi stupisce sempre.
Spezzo il panino a metà e gliene porgo un pezzo uguale al mio.
«Felici Hunger Games» mi dice burlandosi di Effie Trinket, la signora Capitolina che estrae i nomi della Mietitura.
Ed io gli dico di rimando «E possa la fortuna sempre essere a vostro favore.»





Angolo della Scrittrice:
Buona sera/notte, tributi.
Se siete qui vuol dire che avete letto la storia e vi ringrazio per questo!♥
Il prologo, forse, è un po' breve rispetto ai capitoli che seguiranno, ma spero che vi sia piaciuto lo stesso.^-^
Come avete potuto notare, sia Katniss che Gale sono molto OCC (specialmente Gale), ma volevo scrivere da tempo la scena in cui faceve "esplodere" la sua rabbia contro il destino che gli ha portato via una delle persone più importanti della sua vita.
Per ultimo, dico che avrei voluto fare un trailer - come ho fatto con quasi tutte le mie long - ma per questa non ho trovato le scene necessarie, quindi il progetto ... è saltato!
Se volete contattarmi in privato potete mandarmi un messaggio qui su Efp o sul mio profilo Facebook (
Meras Efp
), o su Ask (Meras9100) o se preferite su Twitter (zollettadiOdair) o in alternativa sulla mia pagina Facebook (Merasavia.)
Insomma, come avrete potuto intuire: sono ovunque. Hahahahah.
Adesso mi sa che è meglio andare, domani mi attende una lunga, lunga giornata!
Ciao a tutti, dolcezze!♥


 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: Pochi Minuti. ***




CAPITOLO 1:

Pochi Minuti.
 
 
 
Ogni anno stessa procedura: ragazzi da una parte e ragazze dall’altra.
Guardo la folla dei bambini e un’onda ti terrore mi pervade tutto il corpo quando vedo Prim tra loro, tutto il corpo mi trema, ma … no, non può uscire il suo nome, lei ha solo un biglietto.
Anche Gale è preoccupato come me perché quest’anno anche suo fratello Rory dovrà partecipare alla Mietitura.
Come Prim, anche lui ha solo una nomina e so per certo che Gale non permetterà mai che i suoi fratelli prendano le tessere. Preferisce tenersi quarantadue nomine lui, che darne cinque in più a suo fratello.
Ad un certo punto vedo salire sul palco il Sindaco Undersee, il padre di Madge, seguito da Haymitch, il vecchio vincitore alcolista che vinse la Seconda Edizione della Memoria. Barcolla e non si regge in equilibrio, infatti, appena Effie Trinket si avvicina al microfono, lui cade dal palco, guadagnandosi l’attenzione di tutti.
Nel frattempo Effie Trinket dà due colpetti al microfono e inizia a parlare con il tipico accento Capitolino che tanto detesto, scrutando i nostri volti spaventati con un sorriso smagliante.
«Benvenuti! Benvenuti! Benvenuti!» esordisce, per poi far iniziare al nostro sindaco un discorso sui Giorni Bui. Come ogni anno siamo costretti a ricordare il vero motivo per cui siamo qui, in attesa di essere mandati al macello dentro un’Arena.
Dopo che il padre di Madge finisce il discorso, Effie Trinket si avvicina al contenitore alla sua sinistra, per estrarre il nome di chi dovrà andare incontro alla morte.
«Prima le signore!» esclama estraendo un foglietto.
Guardando quel bigliettino, il mio cuore inizia a battere come un matto, come se volesse uscire dal petto e privarmi della vita; vengo assalita dal terrore che lì dentro ci sia il nome di Prim, o il mio.
La donna Capitolina apre il biglietto con un sorriso così orrendo e controverso da far venire il vomito, e poi recita a voce alta il nome del Tributo femmina di quest’anno.
«Delly Cartwright!»
Tiro un piccolo sospiro di sollievo: Prim è salva. Io sono salva.
Conosco un po’ Delly Cartwright, è una ragazza da i capelli biondi che vive in città, la vedo spesso a scuola e sta sempre appiccicata al figlio del fornaio del villaggio, credo che si piacciano.
La vedo salire sul palco tremante di paura, con gli occhi persi e pieni di lacrime. Effie Trinket sorride disgustosamente, mentre infila la mano nel contenitore che contiene i nomi dei ragazzi.
Fa che non sia Gale.
Fa che non sia Gale.
Fa che non sia Gale.
Dopo aver estratto il biglietto, Effie lo apre e lo legge con voce disgustosamente soddisfatta, come se la persona che corrisponde a quel nome riceverà un grosso privilegio.
«Rory Hawthorne!»
Il mio cuore perde un colpo, non posso crederci: Rory aveva solo una nomina, è ancora piccolo e … non può essere vero! Com’è possibile che tra tutti quei biglietti, la mano della Capitolina abbia preso proprio l’unico che apparteneva a Rory?
Mi giro verso Gale e vedo il suo volto irrigidirsi, chiude gli occhi per non far scendere le lacrime che probabilmente premono per uscire dagli occhi, guarda il suo fratellino salire spaventato sul palco, consapevole del destino che lo attende.
Mi volto a guardare anche io mentre il piccolo Rory si posiziona vicino Delly, ma proprio nel momento in cui meno me lo aspetto un urlo squarcia il silenzio.
«mi offro volontario! mio offro come tributo volontario!»
Riconoscerei ovunque quella voce, così carica di rabbia, di odio, di dolore … La voce che appartiene al mio migliore amico, colui che pochi istanti prima aveva chiuso gli occhi per non piangere mentre vedeva suo fratello salire sul palco per essere mandato nell’Arena.
Il piccolo Rory inizia a piangere e con lui anche io, ogni tentativo di resistenza è stato inutile davanti all’immagine di Gale che sale sul palco scortato da due Pacificatori e abbraccia il suo fratellino.
Non può essere vero, Gale non può andar via così.
Devo salutarlo, devo dirgli addio anche per l’ultima volta, ma se non dovesse farcela … io non so cosa farei, non avrei più nessuno su cui contare; mia madre è quella che è e Prim è ancora troppo piccola. Se Gale dovesse morire, perderei la mia unica roccia sicura. Non posso perderlo, non voglio.
Appena finisce la Mietitura, portano i Tributi al Palazzo di Giustizia per dare la possibilità ai loro familiari di salutarli, così dico a Prim di tornare a casa con nostra madre e mi unisco a Hazelle, Rory, Vick e Posy davanti all’edificio.
Guardo Hazelle piangere disperata e non riesco ad immaginare neanche lontanamente il dolore che sta provando … quattro anni fa, quell’esplosione in miniera si portò via anche suo marito e Gale era l’unica persona sulla quale potesse fare riferimento, ma adesso perderà anche lui.
Le lacrime continuano a rigarmi il volto, mentre lancio uno sguardo a Rory, che tiene Posy per mano e a Vick che si aggrappa ad Hazelle spaventato.
Io non so che fare, se non stare a guardare, vorrei provare a dire qualche parola di conforto, ma so che sarebbe inutile, così mi limito a fissare il cielo e a piangere.
Dopo qualche minuto (che a me è sembrato un’eternità) un Pacificatore ci fa entrare dentro al Palazzo e scorta Hazelle e i suoi figli nella stanza dove hanno portato Gale. Io li seguo silenziosamente, asciugandomi le lacrime che ancora mi scendono dagli occhi.
Hazelle e i bambini entrano e mentre io aspetto fuori vedo uscire dalla stanza accanto a quella di Gale i signori Cartwright tristi e amareggiati, noto che un ragazzo biondo con due splendenti occhi azzurri si ferma per abbracciare la signora e poi stringe la mano a suo marito. Quegli occhi azzurri, quell’espressione triste e dolce al tempo stesso mi fanno ricordare chi è veramente quel ragazzo: è Peeta Mellark, il figlio del fornaio, il ragazzino che quattro anni fa mi lanciò del pane quando stavo morendo di fame. Ho ancora un debito con lui … e non l’ho mai ringraziato. Dopo aver congedato i Cartwright il ragazzo entra nella stanza di Delly e chiude la porta.
Dopo pochi minuti, Hazelle e i bambini escono, sembrano essersi rassegnati all’idea che Gale non tornerà più … ma c’è qualcosa che mi colpisce nello sguardo di Rory, lui non è rassegnato, lui è sicuro, sembra quasi convinto che suo fratello tornerà vincitore al distretto, ma io so che non sarà così.
Prima di entrare, poso una mano sulla spalla di Hazelle che mi rivolge un sorriso triste, anche lei sa che Gale ha scarse probabilità di vittoria … Benché sia forte ed esperto di sopravvivenza ci sono persone molto più forti di lui, quelli dei Distretti favoriti – l’1, il 2 e il 4 – sono spietati, vincono quasi ogni anno.
Varco la porta di quella stanza e vedo Gale seduto sul divanetto di velluto rosso, si tiene la testa tra le mani, disperato. Forse sa che non riuscirà a tornare.
«Gale?» mormoro avvicinandomi a lui. Vedo che non risponde, così insisto. «Gale, ti prego … »
Senza proferir parola, si alza dal divano, venendomi incontro per abbracciarmi. Mi perdo nella stretta delle sue braccia forti e sento nuove lacrime rigarmi il viso. E’ il mio migliore amico, una delle persone più importanti che ho. Non voglio perderlo.
Restiamo così per un tempo che mi sembra interminabile, con lui mi accarezza i capelli ed io che piango silenziosamente stretta a lui. Più di una volta ho sentito qualcosa bagnarmi la spalla. Erano lacrime, le sue lacrime.
Piange.
«Gale … » mormoro.
«No, Catnip.» mi blocca. «Non dire nulla.»
«Vincerai.» gli dico in tono poco convinto.
«Questo non lo so.» mi risponde, come se gli avessi posto una domanda.
«Gale, non era una domanda.» mi stacco da lui per poterlo guardare negli occhi, dove regna perennemente quella tempesta di nuvole grigie.«Tu vincerai.»
Il mio tono è poco convinto, la mia voce è spezzata dalle lacrime che non vogliono smettere di uscirmi dagli occhi, nonostante mi stia imponendo di non piangere.
«Catnip» mormora Gale, mentre mi accarezza una guancia, asciugandomi le lacrime «Non piangere. Tu sei forte, va bene?»
«Vinci, ti prego.»
È quasi una supplica, un’implorazione. Non riesco a far a meno di tornare ad abbracciarlo, voglio godermi questi ultimi momenti con lui.
«Ci proverò, te lo giuro.» sussurra al mio orecchio, quasi impercettibilmente.
Sento il rumore della porta che si apre e la mano forte di un uomo mi sta staccando via da Gale e trascinando via. Non lo rivedrò mai più, posso solo cogliere il ricordo dei suoi occhi terrorizzati.
Mi stanno strappando via anche le ultime persone che mi vogliono veramente bene.
«prenditi cura della mia famiglia, katniss!» urla, mentre mi portano via da lui «ti prego, non farli morire di fame!»
E poi la porta si chiude, portandomi via l’unico vero amico che abbia mai avuto, imponendo questa grande distanza tra noi.
Non riesco neanche a pensare che tra pochi giorni Gale sarà nell’Arena, costretto ad uccidere bambini innocenti e forse non tornerà mai più a casa, perché qualcun altro ucciderà lui. Ed Hazelle, Rory, Vick e Posy perderanno tutto, anche l’ultima speranza di vivere una vita un po’ serena andrà distrutta.
Improvvisamente sento di avere il peso di un’altra famiglia sulle spalle.
Camminando verso l’uscita del Palazzo di Giustizia, scortata da due pacificatori, il mio pensiero va a quei pochi minuti. Quei pochi minuti che ci sono stati concessi per salutarci un’ultima volta, quei pochi minuti  che avrei voluto che non finissero mai.
Appena uscita dal Palazzo di Giustizia trovo la mia paperella che mi aspetta, anche se le avevo detto di tornare a casa, ma adesso non importa. Non è il momento di rimproveri.
Abbraccio forte Prim, che stringe le sue braccine deboli intorno alla mia vita.
«Andrà tutto bene, Paperella.» mormoro «Proverà a vincere. Me l’ha promesso.»
Anche io voglio promettere una cosa a me stessa, voglio farlo per Gale. Se dovesse morire, farò tutto quello che avrebbe dovuto fare lui, insegnerò a Rory a cacciare, cercherò anche di aiutare Hazelle e … a mio discapito, prenderò anche delle tessere al posto suo. Credo che si possa fare.
Gli devo tanto ed e se dovesse succedere … se dovesse morire, io lo farò. Ormai l’ho promesso a me stessa e giuro che lo farò.


 
Angolo della scrittrice:
*Si nasconde dietro Peeta* Bene, voglio essere chiara,
questa volta non troverò scuse, perché sì, non ho avuto a disposizione 
tutto il tempo del mondo, ma è anche vero che mi annoiavo a ricopiare il
capitolo su word. hahahah 
Sì, sono pigrissima! :3
Vi prego di perdonarmi.
In compenso, spero che questo capitolo vi sia piaciuto;) 
Mi raccomando, recensite in tanti! Ricordo che anche le 
critiche sono ben gradite!;)
Adesso scappo!♥
Un bacio a tutti voi, tributes!♥
-Meras9100

P.s. Anche questo banner è opera mia:)

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: A cuor leggero. ***





CAPITOLO 2:

A cuor leggero
 
 
È terribile. È praticamente terribile starsene qui a vedere ragazzini costretti ad uccidersi a vicenda e non poter far nulla per loro. E in mezzo a quei ragazzini c’è lui, il mio Gale.
Gale è mio. Io sono sua. Qualsiasi altra cosa è impensabile.
I giochi sono iniziati sei giorni fa e Gale è ancora vivo. È da anni che un tributo del 12 non arriva al sesto giorno, ma con la grande sorpresa di tutti, anche Delly Cartwright è ancora viva. Si è alleata con il ragazzo del 7 e la ragazza del 9 e sembrano cavarsela abbastanza bene.
Sono rimasti in nove.
BOOM.
Otto.
BOOM.
Sette.
BOOM.
Sei.
Il branco dei favoriti ha appena sterminato il gruppo di Delly e dei suoi alleati che si erano appisolati vicino agli alberi per recuperare le notti insonni. Mossa poco saggia.
Ma Gale è vivo, e conta solo questo.
Ha riportato solo una piccola ferita al braccio, ma nel complesso sembra stare bene. Più tempo passa e più sorge in me la paura che muoia, ma si ravviva anche la speranza che potrebbe farcela; ogni cannone che spara, ogni tributo che muore è un punto a suo vantaggio.
boom.
Scatto sulla sedia per vedere chi è appena morto, temendo che quel maledetto cannone abbia segnato la fine di Gale, ma è un falso allarme. Un ibrido ha aggredito il branco dei Favoriti e la ragazza dell’1 ci ha appena lasciato le penne.
Gli altri Favoriti scappano lontano da quelle belve, lasciando lì quella biondina arrogante in modo che l’hovercraft possa prenderla e riportarla al suo distretto.
I Favoriti avanzano nella foresta e solo adesso mi accorgo che sono proprio a pochi metri da Gale.
No. Scappa via, Gale. Scappa!
Il suo esperto orecchio da cacciatore li individua quasi subito e mentre cercano di coglierlo in agguato e ucciderlo lui inizia a correre verso il folto della foresta.
Scappa, Gale.
Mi rendo conto che potrebbe morire, ha i Favoriti alle calcagna e potrebbero farlo fuori da un momento all’altro.
No. Lui non può morire.
Vede un albero abbastanza alto e inizia ad arrampicarsi, anche se quella ferita al braccio compromette un po’ la situazione, riesce ad arrivare ad un punto abbastanza alto da non poter essere preso.
Grazie al cielo ce l’ha fatta.
La telecamera inquadra il suo viso da vicino e non ricordo di averlo mai visto così preoccupato. Presto avrà fame o sete e non ha altro che due pezzetti di mela essiccata, una borraccia d’acqua piena a metà e un coltello che ha rubato alla ragazza del 6 durante il secondo giorno.
Resisti, Gale. Resisti.
So già che prima o poi l’alleanza dei Favoriti si scioglierà e inizieranno a scannarsi l’un l’altro, ma ricordo che c’è stato un anno in cui i Favoriti non si sono sciolti se non prima avevano ucciso tutti i tributi che non facevano parte del loro “branco”.
Se faranno così anche quest’anno, Capitol City non accetterà mica la noia e sicuramente manderà qualche altro ibrido per fare show e ammazzare almeno quattro tributi e sono più che sicura che punteranno su Gale. È solo e insomma … è del 12.
Vorrei tanto poter fare qualcosa.
 
 
È già notte e Gale è ancora lì, su quell’albero. Non dorme, o meglio, cerca di scacciare il sonno giocando con un coltello.
Lui non ha ucciso nessuno in questi giorni, non ne sarebbe mai capace, usa quel coltello solo per cacciare animali, non persone.
Mamma e Prim sono già andate a dormire, ma io non riesco a staccarmi dalla TV, non dormo da quasi una settimana solo per vedere questi stupidi Giochi. Non sapere cosa succede mi terrorizza, ho paura che Gale muoia e io non lo venga a sapere.
È come se fosse mio fratello, è parte della mia anima e non posso aiutarlo in nessun modo, se non stando qui a guardare, con la sola speranza che possa sopravvivere.
Iniziano a tornarmi in mente tutti i momenti passati assieme a Gale: quando ci siamo conosciuti, tutti i pomeriggi passati nel bosco, l’unico posto in cui sorridevo, diceva sempre. Chissà se sorriderò ancora tornandoci?
Quella mattina, prima della Mietitura, se lo sentiva, era così nervoso … sono bastate poche parole per farlo andare su tutte le furie e si è messo anche a piangere, pensando a suo padre … pensando che forse l’avrebbe rivisto.
Vorrei essere lì, ad abbracciarlo, a dirgli che andrà tutto bene, ma sento gli occhi appesantirsi.
Ho molto sonno, sento che potrei crollare qui sul tavolo.
Solo cinque minuti.
 
 
Mi sveglio di soprassalto sul tavolo della cucina, ho il corpo tutto intorpidito e sento che il collo potrebbe spezzarsi da un momento all’altro.
Il sole filtra dalla finestra, non volevo dormire per così tante ore, ma alla fine sono sprofondata in un sogno senza sogni.
Prim e la mamma sono già sveglie, che guardano quell’orrore in TV. Gale è ancora vivo.
Non do neanche il buongiorno a mia sorella e mi alzo maldestramente dalla sedia per andare in bagno a sciacquarmi il viso e risistemarmi la treccia.
Gale è ancora vivo.
Ieri pomeriggio sono andata a caccia e abbiamo abbastanza cibo, così passerò un’altra giornata a dannarmi l’anima davanti alla televisione per guardare quei stupidi Giochi. Devo prepararmi ad un’altra dose di sangue, morte e terribili ibridi.
Mi risiedo davanti al malconcio televisore, a lasciare che la giornata scorra senza tener conto di nulla.
Gale è ancora rifugiato nel bosco, che sta mangiando un pezzo di mela essiccata, mentre guarda due uccellini cantare su un ramo davanti a lui.
 
 
Non succede nulla di interessante per tutta la mattinata, solo il ragazzo del 2 si è fatto una piccola ferita al collo, ma tutto sommato sta bene.
Con il logoro cucchiaio giro nauseata lo stufato di erba saetta che Prim ha cucinato, non ho per niente fame e ho lo stomaco praticamente in subbuglio.
La ragazza dell’1 si è allontanata un po’ dal gruppo dei Favoriti per cercare Gale, mentre entrambi i tributi del 2 stanno cercando del cibo nelle provviste, con scarso risultato.
Passano circa tre quarti d’ora e la biondina dell’1 cerca ancora Gale, ma lui è furbo. Non si farà trovare. No. Non lo farà.
Ma la ragazza dell’1 è forte, se lo trovasse lo ucciderebbe in un baleno, infondo, non è così distante da lui. Solo che è stupida e non capirebbe mai dove si nasconde, o almeno così mi auguro.
E sale di nuovo, mi sale quell’immensa paura che potrebbe non farcela.
E sento nuovamente le lacrime premere sugli occhi, che cercano di liberarsi sulle mie guance, ma io sono forte e non mi farò vedere debole. Non piangerò, neanche davanti mia madre e mia sorella.
Io sono forte. Continuo a ripetere a me stessa.
Io sono forte.
Io sono forte.
Io sono f- …
 
BOOM.
 
Sento il cannone e spalanco gli occhi terrorizzata, il battito del mio cuore si accelera e il mio respiro si fa sempre più affannato.
Lo schermo mostra un corpo inerme, trafitto da parte e parte da una freccia, come un animale cacciato da me e Gale la domenica mattina.
E poi li vedo, vedo quei occhi grigi e senza vita fissarmi dallo schermo, due occhi spalancati, che non volevano perdere la loro luce così presto.
E quei capelli scuri, sporchi di polvere e cenere.
Le lacrime scendono senza sosta sul mio viso scavato, le mani mi tremano e sento gli occhi di Prim e della mamma puntati su di me.
Io sono … fragile.
«GALE!» urlo. Urlo come una pazza perché non capisco più nulla.
Urlo il suo nome a squarciagola, fino a farlo diventare un sussurro tra i singhiozzi e i tremiti del pianto.
Mia sorella mi chiama, cercando di calmarmi, facendomi amorevoli carezze sulla testa, ma io le sfuggo.
Mi alzo violentemente, apro la porta e scappo via, cercando di celare le lacrime. E’ morto. Un’altra delle persone a cui volevo più bene a questo mondo è morta e a causa di quegli stupidi Giochi.
Gale.
Gale.
Gale.
Perché sei andato via, Gale?
Sembra che le lacrime non vogliano più finire.
Gale, dove sei?
Sono sola per le strade del Giacimento e senza neanche pensarci prendo quella che porta verso il Prato, pensando ad Hazelle, a come per la seconda volta ha visto il mondo crollarsi addosso.
Per la prima volta, non ho il coraggio di guardare il bosco oltre la recinzione. Troppi ricordi.
Tu dovevi vincere Gale, perché ti sei arreso?
Rivedo l’immagine della freccia della ragazza dell’1 privare Gale delle vita, così … a cuor leggero.
Senza neanche pensare un attimo che Gale aveva una famiglia che lo aspettava.
Mi rintano in un angolo nascosto del Prato, a piangere tutte le lacrime che mi sono rimaste, ma sembrano non voler finire più. Non voglio essere debole, ma lui non c’è. Lui non è più con me.
Perché sei andato via, Gale?
Ho perso mio padre, la mia famiglia, la mia felicità, tutto ciò che avevo … e ora ho perso persino te.
Chi farà ridere Prim nelle giornate buie?
Chi porterò con me nel bosco?
A chi mostrerò il mio raro sorriso, ora che non ci sei?
Come mi hai potuto lasciare così, a cuor leggero?
Sento dei passi farsi sempre più pesanti verso di me, ma non ho la forza di scappare. Chiunque sia, mi vedrà debole perché non riesco a muovere neanche un muscolo.
Vorrei solo morire, vorrei solo poter andare da Gale … e da papà.
Forse lo avrei fatto da un pezzo se non ci fosse stata Prim.
Sento i passi farsi ancora più vicini, sempre di più, sempre di più. Stanno venendo verso di me.
Sarà forse la morte che è venuta a prendermi per portami via con sé?

 

Angolo dell'Autrice:
Buonanotte people of EFP!
Ebbene sì, siamo al secondo capitolo di Cenere e Pane.
Gale è ... Okay. Non riesco a dire che Gale è morto.
Okay. Ho ucciso il MIO Gale. Non è possibile.
Pazienza, serviva per la trama.
Beeeeene, che dire?
In questo capitolo vediamo una Katniss leggermente OOC, che si è lasciata 
andare al pianto appena ha visto gli occhi di Gale privi di vita. Voi che ne pensate di questo "cambiamento"?
Non so, ma io l'ho trovato necessario per lo sviluppo della trama,
perché credo che se Gale dovesse morire davvero Katniss ne uscirebbe
praticamente distrutta.
Vorrei saper anche una piccola cosuccia: di chi credete che siano i passi che Katniss
sente nell'ultima scena?
Uhmmm ... io lo so, ma non ve lo dico!:P
Va be', per finire dico che anche questo banner è opera mia. Spero che vi piaccia!:)
Aspetto le vostre opinioni!;)
Un bacio a tutti voi.♥
_merasavia. (aka Meras9100)

 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3: Mani calde. ***





 
CAPITOLO 3:
Mani calde
 
 
 
Sento che i passi che venivano verso di me si fermano. Forse sono morta. Forse sono di Gale o di papà che sono venuti a prendermi.
Poi mi ricordo di Prim e della mamma. No! Non posso essere morta, loro hanno bisogno di me.
Tremante di rabbia e paura alzo gli occhi per guardare la persona davanti a me e vedo la figura di un uomo, con indosso dei vestiti bianchi, piuttosto sporchi. Ha i capelli grigi e gli occhi neri come la pece. Lo riconoscerei ovunque. È il vecchio Cray, capo dei Pacificatori.
Puzza di alcool e non si regge in piedi, evidentemente è ubriaco fradicio fino al midollo. Andrebbe d’accordo con Haymitch, il nostro unico vincitore perennemente ubriaco che fa da mentore ai ragazzi che devono partecipare agli Hunger Games.
«Ora che l’amichetto è morto chi darà da mangiare alla tua famiglia, eh?!» mormora con un ghigno divertito sul volto.
Mi alzo in piedi con le poche forze che mi rimangono e lo guardo dritto in quei suoi occhi viscidi.
Come osa dire queste cose? Come osa fare anche una minima allusione alla morte di Gale?! Come osa questo verme capitolino parlarmi in questo modo?
Non cedere Katniss. Tu sei forte. Non farti vedere debole.
«Ho sfamato la mia famiglia da sola per anni, verme bastardo». Gli rispondo acida, cercando di nascondere la paura che ho negli occhi.
Gale, perché non sei qui?
«Sicura di non aver bisogno di … un aiutino?» mi dice con fare divertito sul viso, prendendosi gioco di me. E in più ho i conati per la puzza di alcool.
Le sue intenzioni non sono affatto buone, intende divertirsi con me, usare il mio corpo e lasciarmi qualche moneta. Non lo farei neanche se mi pagasse con tutto l’oro del mondo.
Mi guardo attorno ed è tutto isolato. Saranno tutti a casa, a guardare gli Hunger Games. Siamo soli, e ho paura.
«Sto bene così, grazie. Non ho bisogno di nessun aiuto». Lo guardo in modo truce e cerco di allontanarmi il più possibile da lui. «Con permesso».
Faccio per andarmene in qualche altro luogo che non mi ricordi Gale, ma in un attimo lui mi prende per i polsi e mi blocca tra il muro contro il cui ero accovacciata e il suo corpo.
«Lasciami!» urlo. Ma nessuno può sentirmi, non c’è nessuno in giro. Nessuno che possa aiutarmi, qualcuno a cui importi di me. Solo a Gale importava di me, ma adesso lui non c’è più.
Cray mi tappa la bocca con una mano e … e inizia a giocare con me. Per quanto mi dimeno, lui non mi ascolta. Sento di nuovo le lacrime scendere sulle mie guance e cerco di sfuggire alla sua presa, ma lui è forte. Mi userà, mi … sfrutterà come un giocattolo e poi mi butterà via come uno straccio sporco.
No. Non voglio. Non voglio!
Cerco di urlare, lo impreco di lasciarmi andare, mi dimeno come una pazza, ma tutto questo non basta. Lui non mollerà la presa e io non diventerò altro che una pedina del suo Gioco.
Sento le labbra di Cray sul mio collo e la sua mano libera azzarda a giocare con i bottoni della mia camicetta.
Non ce la faccio. No, non può accadere questo.
Cray toglie la mano dalla mia bocca per bloccarmi le braccia e automaticamente inizio ad urlare aiuto, ma la mia voce è debole, roca e il distretto continua ad essere deserto.
Mi impongo di non piangere, ma ogni mio tentativo pare essere inutile. Non riesco a controllare le mie emozioni e sento che potrei morire da un momento all’altro.
Gale, dove sei?
Voglio che qualcuno venga a salvarmi, perché per la prima volta capisco di non potercela fare da sola. È difficile riuscire a cavarsela da soli quando si ha avuto una persona affianco per molto tempo. E adesso la vita mi ha portato via anche questa persona.
Mi è rimasta solo Prim, l’unica ragione per lottare ancora, perché lei ha bisogno di me ed io ho bisogno di lei. E anche la mamma ha bisogno di me.
Mi sento improvvisamente libera. Il corpo di Cray è caduto a terra con un tonfo ed io resto qui, con le spalle contro al muro, terrorizzata e tremante di paura, con le lacrime agli occhi.
Mi lascio cadere a terra, nascondendomi il volto con le mani, scossa da lacrime e paura.
Perché sono così fragile?
Sento qualcuno che mormora il mio nome e delle mani accarezzarmi i capelli, cercando di farmi alzare il viso.
Alzo il viso e vedo chi ho di fronte: è un ragazzo poco più alto di me, con dei riccioli biondi che gli scendono sulla fronte e due meravigliosi occhi azzurri che mi guardano con fare preoccupato. Lo riconoscerei ovunque. È lui, il Ragazzo del Pane.
«Katniss! Katniss!» mi chiama dolcemente, mentre mi prende tra le braccia «Basta, Katniss. Va tutto bene, adesso».
Katniss.
Il suo nome detto da lui ha un suono nuovo. Più dolce.
Come sa come mi chiamo?
Mi stringe forte fra le sue braccia e mi scosta i capelli dal viso con le sue mani calde, calde come il pane che cuoce ogni giorno, prima di venire a scuola.
«Katniss, guardami!» mi dice alzandomi i viso per guardarmi negli occhi terrorizzati e colmi di lacrime. «Va tutto bene, ok?»
Annuisco debolmente lui inizia ad abbottonarmi la camicia, sfiorandomi appena con le mani. Io resto a guardarlo terrorizzata.
«Ti ricordi di me?» mi chiede abbozzando un sorriso triste, ma rassicurante «Sono Peeta Mellark, il figlio del fornaio».
Oh, Peeta Mellark, come potrei scordarmi di te?
Continuo ad annuire, ricordando quel momento di quattro anni fa, quando mi lanciò quelle pagnotte per sfamare la mia famiglia.
«Mi hai dato da mangiare, una volta».
Lui sorride, abbassando lo sguardo e noto che il suo viso latteo si arrossa un po’ sulle guance «Già».
C’è un momento di silenzio, in cui lui è occupato a sistemarmi la camicia ed io lo guardo tremando.
Ma devo chiedergli di non dire nulla a nessuno, anche se so che non lo farà.
«Peeta?» lo chiamo.
Lui alza lo sguardo verso di me e mi sistema una ciocca di capelli.
«Non dirò nulla a nessuno, tranquilla».
«Neanche alla mamma e a Prim, ti prego».
«Va bene».
Come fa a sapere tutto? Quale potere magico ha?
Colpisce ogni mia emozione al volo, come se mi conoscesse da anni, invece questa è la prima volta che parliamo in sedici anni.
Peeta Mellark, come fai a sapere tutto di me?
Nonostante il Ragazzo del Pane mi infonda sicurezza, non riesco ancora a smettere di tremare e improvvisamente mi ritrovo sospesa tra le sue braccia, in viaggio verso chissà dove.
Vorrei dire di mettermi giù, di lasciarmi andare, ma mi rendo conto che comunque non riuscirei a camminare.
Mi sento come se qualcuno mi avesse strappato l’anima dal corpo e Peeta Mellark, lui … sta facendo così tanto per me. E adesso ho ben altro che un conto da saldare. Gli devo la vita.
 
Mi risveglio da sola nel mio grezzo letto del Giacimento. Devo essermi addormentata lungo il tragitto e Peeta Mellark deve avermi portata a casa.
Sento delle voci provenire da dietro la porta della mia stanza, aperta per metà. È Prim.
«Grazie, Peeta». Dice la mia paperella dolcemente, mentre si fionda tra le sue forti braccia per ringraziarlo. Noto che ha un po’ di paura e non vuole lasciarlo andare.
«Dai, Prim. Va tutto bene». Il tono di Peeta è dolce, sincero, affettuoso, come quello di un fratello maggiore o addirittura di un padre.
Peeta Mellark, com’è che sei così perfetto?
Sposto lo sguardo sulla finestra e vedo gli ultimi raggi di sole nascondersi tra gli alberi. È già il tramonto: quanto ho dormito?
Dei passi rumorosi si fanno strada verso la mia camera e vedo un Peeta Mellark sorridente davanti a me.
«Come ti senti, Katniss?»
Mi tiro a sedere sul letto e mi gira un po’ la testa, sono ancora un po’ sotto sopra per lo shock, ma tutto sommato sto meglio di prima.
«Un po’ meglio». Gli rispondo con voce impastata dal sonno e passandomi una mano tra i capelli scompigliati.
Lo vedo avvicinarsi un po’ al mio letto e la paura mi percorre per tutto il corpo. Cosa vuol fare?
«Vuoi vedere una cosa bella?» mi chiede porgendomi una delle sue mani calde.
Io esito per un attimo. Ho paura.
E se avesse le stesse intenzioni di Cray?
Ma poi guardo quei suoi occhi azzurri, colmi di speranza e un sentimento che non saprei come definire. Forse amore?
Afferro la mano di Peeta, senza capire il vero perché, so solo che posso fidarmi di colui che sfamò la mia famiglia quattro anni fa e che mi ha salvato la vita poche ore prima.
Usciamo di casa, ma non riesco a capire dove mi stia portando. Forse al Prato? O in qualche altra zona del Distretto che non ho mai visitato.
Ma non ci bado molto, non mi importa dove sia, l’importante è che sia con lui, che non se ne vada.
Peeta Mellark, come fai a stregare le persone così?
Appena ci fermiamo vedo il volto di Peeta distendersi in un sorriso, uno di quei sorrisi stupendi, riservati solo alle poche cose belle che accompagnano le nostre giornate, qui al 12.
«E’ bellissimo». Afferma.
In un primo momento non riesco a capire a cosa si stia riferendo, ma poi guardo davanti a me e lo vedo: vedo il sole che inizia a nascondersi tra i grandi e maestosi alberi del nostro Distretto; vedo quell’arancione così caldo, di cui è il cielo si è colorato magicamente.
Resto incantata da quel paesaggio mozzafiato e stringo ancora più forte la mano del Ragazzo del Pane.
«Hai ragione» gli dico stupita, mentre continuo a guardare quello spettacolo «E’ bellissimo».


Angolo Autrice:
Bene, bene, bene.
Stasera ci riesentiamo ancora una volta con un nuovo capitolo di Cenere e Pane!;)
Sinceramente sono molto preoccupata per questo capitolo
perché ho dovuto trattare un argomento molto delicato e non so 
che effetto possa fare su voi lettori.
Non ho mai trattato argomenti così delicati e non so se sono 
stata in grado di far capire le emozioni che prova Katniss, ad ogni modo, ho fatto del mio meglio
per non rendere la cosa banale.:)
E ora entra in scena il nostro Peetonzolo, che ha nuovamente salvato Katniss.
Lei si fida subito di lui (Anche se è molto OOC, ma nelle Note l'OOC è segnalato) 
anche se quando la vuole portare a vedere il tramonto le ritorna un po' di 
paura, ma credo che nel contesto sia del tutto plausibile.
E ... niente, spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e che recensirete in tanti u.u
Ah! Volevo dirvi un'altra cosa.
Ahimé (o buon per voi, come preferite) il prossimo capitolo segnerà la fine della storia.
Inizialmente è stata ideata come un mini-long di 3 capitoli, ma poi si è estesa a cinque perché
ho ritenuto necessario aggiungere alcune scene.
Be', spero di aggiornare in fretta, perché in questo periodo sono un po' incasinata
con gli esami, che mi portano via molto tempo.:(
Vi mando un abbraccio Pandoso a tutti voi!♥
_merasavia.

 

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Capitolo 5
*** Epilogo. ***


 

 
Quest’ultimo capitolo lo dedico a te, amica mia,
che anche se conosci poco e niente Hunger Games sopporti i miei
scleri da mattina a sera. E sei una delle persone più belle che abbia
mai conosciuto.
 
Lo dedico anche a te, Ranuncola, che anche se non hai voluto leggere
Cenere e Pane per via della mia spietata crudeltà mi hai sempre sostenuta
in tutto e per tutto, anche nei momenti più bui.
 
E la dedico a te, amico mio,
e non importa se non conosci Hunger Games e non  sai dell’esistenza
di questa fic, ma mi hai sempre tirato su il morale,
anche quando facevi lo stupido.
Non te l’ho mai detto, ma infondo infondo ti voglio bene.
 
E per finire, la dedico a voi tutti, che mi avete supportata durante questa
piccola avventura.
Che avete recensito, o soltanto letto la storia, rimanendo silenziosi.
Vi ringrazio tanto.
 
 
 
 
EPILOGO
 
 
Respiro il fresco odore dell’aria autunnale, che mi invade le narici facendole solleticare un po’ al meraviglioso odore di terra bagnata.
Sento finalmente di aver raggiunto la serenità e tutto questo grazie a lui.
Peeta Mellark, il figlio del fornaio del villaggio, da quel giorno maledetto è entrato a far parte della mia vita, non so come, o perché, so soltanto che è diventato il mio respiro, la mia ombra. Siamo una cosa sola.
Non avrei mai potuto immaginare che mi sarei innamorata del Ragazzo del Pane, di quel ragazzino che di dodici anni che cinque anni fa mi salvò dalla fame.
Ci sono stati momenti in cui ho pensato che noi due non fossimo fatti per stare insieme, in quanto lui è del villaggio e io del Giacimento, ma quando lo vedevo sorridere, mentre mi portava del pane di nascosto da sua madre, tutti quei sentimenti svanivano. Quindi perché avrei dovuto rinunciare all’amore che provo per Peeta?
Quell’amore che si è sviluppato pian piano, tra i miei pianti isterici e le sue calde pagnotte rubate di nascosto dalla panetteria.
È passata un’altra Mietitura, un’altra estate, dopo la morte di Gale e non riesco ancora ad accettare la sua mancanza nella mia vita. I boschi non mi sono mai sembrati più fitti, più bui, ma Peeta è con me e mi incoraggia ad andare avanti.
Quest’anno, per la Mietitura, ho preso sette tessere. Tre le ho tenute per noi e quattro le ho date alla famiglia di Gale.
Peeta è contrario al fatto che io prenda tutte queste tessere, si è anche offerto di prenderle lui al mio posto, ma non gliel’ho permesso e mai glielo permetterò e sa che farei di tutto per farlo arrivare all’ultima Mietitura con meno nomine possibile.
Il terrore di perderlo è troppo grande.
A volte porto Rory a caccia, gli insegno ad usare le trappole di Gale e il suo arco, gelosamente conservato nel tronco cavo all’inizio del bosco.
E non sono mancate le volte in cui, a casa di Hazelle, sono scoppiata in lacrime guardando la foto di Gale sul vecchio camino.
Ma ora va tutto bene così, tutti ci stiamo riprendendo e anche Hazelle sembra che stia tornando a vivere. Il dolore per la perdita di un figlio è una cosa che una madre non dovrebbe mai provare.
Ancora non riesco a non piangere al pensiero di Gale, ma Peeta è sempre con me, a stringermi tra le braccia e accogliere le mie lacrime.
Mi sta chiedendo spesso di portarlo nei boschi con me, non so il motivo per cui lo fa, ma sembra che anche lui voglia entrare a far parte del mio mondo, quel mondo in cui Gale diceva che sorridevo sempre.
Mi ha raccontato di quando mi sentì cantare a scuola e di come si innamorò di me e di quando suo padre gli disse che avrebbe dovuto sposare mia madre.
«Peeta?» mormoro, mentre lo scuoto un po’ per svegliarlo «Peeta?»
Lui farfuglia qualcosa di incomprensibile con la voce impastata di sonno e poi si mette seduto sul tappeto di foglie su cui era disteso … e addormentato.
Si strofina gli occhi per mettere meglio a fuoco e si passa una mano tra i ricci color grano.
«Ben svegliato, pigrone.» mormoro con voce dolce, decisamente non da me, mentre mi sporgo a poggiargli un bacio sulle labbra. Lui ricambia il bacio, dolcemente, poi mi guarda e mi fa un mezzo sorriso, ancora con gli occhi gonfi di sonno.
«Quanto ho dormito?» mi chiede.
«Tutto il pomeriggio. Eri molto stanco.»
«Già.»
Lo vedo perdersi nel tramonto di fronte a noi, vedo i suoi occhi contemplare quelle sfumature di arancione che lui ama tanto. Ma vorrei tornare a casa prima che faccia buio.
«Sarà meglio tornare a casa.» faccio per alzarmi, ma sento la sua mano che mi blocca, facendomi restare seduta al suo fianco, tra le sue braccia calde.
«Mi canti una canzone?»
Questa domanda mi lascia senza parole. È da molto che non canto qualcosa e ora vuole che canti per lui. Sento un brivido percorrermi la schiena. Freddo? No, amore.
«Va bene.» rispondo «La conosci “L’albero degli Impiccati”?»
Mi chiedo come possa conoscerla, visto che è proibita. Solo papà aveva il coraggio di cantarla ad alta voce e ricordo che mamma si arrabbiava.
Ma qui nei boschi chi potrebbe sentirmi?
«L’ho sentita una volta.» risponde Peeta «Da tuo padre.»
Io rimango spiazzata, sento le mie mani tremare e la testa mi gira. Peeta ha sentito mio padre cantare, ha sentito come gli uccelli si azzittivano mentre lui cantava.
«Cantala.» mi incita, con un sorriso.
Vacillo per un momento, ma poi mi scordo di tutto e inizio la prima strofa.
Ricordo le parole a memoria.
 
Verrai, verrai,
all’albero verrai,
cui hanno appeso un uomo
che tre ne ha uccise, o pare?
Strani eventi qui si son verificati
e nessuno mai verrebbe a curiosare
se a mezzanotte ci incontrassimo all’Albero degli Impiccati.
 
Appena finisco di cantare, mi sembra di risentire la stessa melodia, riprodotta dal canto di un uccello, rimbombarmi nelle orecchie.
«Cos’è questo suono?» chiedo a Peeta, curiosa.
«Ghiandaie imitatrici.» risponde lui guardando degli uccelli che svolazzano tra gli alberi davanti a noi «Durante i Giorni Bui, Capitol City aveva creato degli ibridi per intercettare le comunicazioni, venivano chiamati Ghiandaie Chiacchierone, ma dopo la fine dalla guerra alcune di esse si accoppiarono con il Mimo, perdendo la capacità di parlare. Ora possono solo riprodurre delle melodie.»
Non conoscevo questa parte di storia e ammetto che sono un po’ scossa. Capitol City ha generato queste creature come arma, ma ora sono solo parte delle bellezze che popolano i boschi.
«E’ terribile.» mormoro.
«Già.»
Le Ghiandaie Imitatrici smettono di cantare ed io riprendo la mia malinconica melodia.
 
Verrai, verrai,
all’albero verrai,
là dove il morto implorò
l’amor suo di scappare?
Strani eventi qui si son verificati
e nessuno mai verrebbe a curiosare
se a mezzanotte ci incontrassimo all’Albero degli Impiccati.
 
Le Ghiandaie, che fino a quel momento avevano fatto silenzio, riprendono a cantare.
«Persino gli uccelli si azzittiscono quando canti.» mi dice Peeta, con sguardo sognante e perso nelle sfumature dell’arancione.
«Facevano così anche con papà.»
Lui non dice nulla, mi stringe ancora di più a sé e ci beiamo del canto delle Ghiandaie.
Loro finiscono di nuovo, ed io ricomincio. È un po’ come un gioco.
 
Verrai, verrai,
all’albero verrai,
ove ti dissi: “Corri se ci vuoi liberare!”?
Strani eventi qui si son verificati
e nessuno mai verrebbe a curiosare
se a mezzanotte ci incontrassimo all’Albero degli Impiccati.
 
Stavolta non diciamo niente, aspettiamo soltanto che le Ghiandaie imitatrici esauriscano il loro canto contro gli alberi.
E ora viene l’ultima strofa. Una delle più belle, secondo me. Quando il ragazzo preferisce che la sua Amata muoia piuttosto che viva una vita piena di dolore.
 
Verrai, verrai,
all’albero verrai,
di corda una collana insieme a dondolare?
Strani eventi qui si son verificati
e nessuno mai verrebbe a curiosare
se a mezzanotte ci incontrassimo all’Albero degli Impiccati.
 
Le ghiandaie cantano, nell’attesa di un’altra strofa da ripetere, ma la canzone è finita.
Finisce così, con i due amanti che muoiono insieme, forse anche troppo giovani per sposarsi.
«E’ finita?» mi chiede Peeta ridestandomi dai miei pensieri.
«Sì.»
«E’ molto triste.»
«Lo so.»
Mi accoccolo a lui, appoggiando la testa sul suo petto e ispirando il profumo della sua maglia, che profuma di pane e dolci.
Qualche volta l’ho visto lavorare, di nascosto, per non farmi vedere da sua madre e ripenso a quanto è bello quando cuoce il pane o quando decora le torte. È serio, ma dolce al tempo stesso, con i riccioli che gli ricadono sulla fronte, un po’ sudati per il calore del forno. Tutte le volte che mi vede, appena finisce di lavorare, si sciacqua le mani e viene a salutarmi. È una delle cose più belle che mi sia capitata.
Quando viene a casa, per farci visita o semplicemente per venirmi a prendere per una passeggiata per il distretto, ci porta sempre del pane.
Passa anche molto tempo con Prim, con la quale va molto d’accordo e quando sua madre non c’è la porta sempre in panetteria, per regalarle una fetta di torta.
Mi sento inequivocabilmente felice, ci sono momenti in cui ho dei crolli, ma lui è sempre qui con me e non mi lascia mai. Amo i suoi baci, le sue carezze, il modo con cui mi guarda con quei suoi occhi color cielo. E, davvero, posso giurare di essere la persona più felice del mondo, nonostante tutto.
 

 
 
“Quello di cui ho bisogno è il dente di leone che fiorisce a primavera.
Il giallo brillante che significa rinascita anziché distruzione.
La promessa di una vita che continua, per quanto gravi siano le perdite che abbiamo subito.
Di una vita che può es s ere ancora bella.
E solo Peeta è in grado di darmi questo.”

[Suzanne Collins – Hunger Games: Il canto della Rivolta]
 
 
FINE
 
 
 
 
 
Ringraziamenti:
 
Volevo ringraziare soltanto ringraziare tutte quelle persone che hanno seguito la storia, che hanno recensito o meno. Le recensioni non contano per me, spero soltanto che la storia vi sia piaciuta.
Però, un ringraziamento speciale va a Kimmy_chan, che ha seguito e recensito tutta la storia con passione, dandomi dritte e consigli di cui non potrò mai far a meno e che mi emoziona sempre con le sue stupende fan fiction, andate a leggerle, non ve ne pentirete.
E per ultimo, vorrei ringraziare tutte quelle persone che – su EFP o nella “vita reale” – mi supportano e mi incoraggiano a scrivere, ricordandomi di avere un dono che ben pochi hanno.
Vi ringrazio tutti di cuore.


Angolo Autrice:
E con oggi, si conclude questa avventura che ha avuto inizio nel gelido mese di febbraio.
Davvero, non so cosa dire, ma ammetto che ho esitato un momento per cliccare su "Completa".
Da ora in poi sarà strano non progettare più la trama dei capitoli e scrivere pezzi di trama a tarda ora o nei luoghi più assurdi.
Ricordo ancora come mi è venuta in mente "Cenere e Pane":
stavo guardando Catching Fire, per l'ennesima volta, con una tazza fumante di cioccolata calda in mano, e c'è stata una scena in cui la telecamera si è spostata sulle mani di Gale sporche di carbone. Da lì è partita la scintilla: la trama ha iniziato a radicarsi nella mia mente e nonostante all'inizio nutrivo dubbi e perplessità, mi sono fatta coraggio e mi sono buttata in questa avventura.
Volevo anche chiarire una cosa con voi, e questo è il colore dei banner che cambia di capitolo in capitolo:
Nel prologo il banner era verde per simboleggiare il mondo dei boschi, che apparteneva solo a Katniss e Gale;
Nel secondo capitolo il banner era blu, per simboleggiare la cupezza della Mietitura;
Nel terzo capitolo abbiamo visto un banner rosso, per rappresentare il sangue di Gale, la sua morte;
Nel quarto capitolo abbiamo visto un banner giallo, simbolo del Dente di leone che portava rinascita;
E, infine, qui nel prologo c'è un banner arancione, come il colore dei tramonti che Peeta ama, per rimboleggiare che la rinascita si sta compiendo.
E, chiariti questi dettagli con voi, e dopo avervi ringraziato per l'ennesima volta, non mi resta che dirvi ...
ARRIVEDERCI!
E possa la fortuna sempre essere a vostro favore.
_merasavia.



 

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