Anna - La Fille de la tragédie

di Yume no_Hana
(/viewuser.php?uid=521564)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo Capitolo ***
Capitolo 2: *** Secondo Capitolo ***
Capitolo 3: *** Terzo capitolo ***
Capitolo 4: *** Quarto capitolo ***
Capitolo 5: *** Quinto Capitolo ***
Capitolo 6: *** Sesto capitolo ***
Capitolo 7: *** Settimo capitolo ***



Capitolo 1
*** Primo Capitolo ***


Era finito, era tutto finito.
La guerra tra Montecchi e Capuleti, ma anche la vita dei due innamorati e salvatori di Neo-Verona, Romeo e Giulietta, si era conclusa.
Ormai l'unica cosa che gli abitanti potevano fare era andare avanti, non potevano tornare agli scontri di un tempo, ma non si poteva comunque pretendere la pace, così, su due piedi. Lo sapevano tutti.
Ci voleva tempo e pazienza, ma alla fine ci sarebbero riusciti...
Cordelia sospirò. Erano passati due giorni dalla caduta di Neo-Verona, ma sentiva ancora la paura che aveva provato in quel momento come se fosse successo pochi minuti prima.
Il cuore martellante, le grida dei presenti, le lacrime che cercavano di uscire,...
Un pianto di bambina, ma non una bambina qualsiasi. Quella bambina, con il ciuffo rosso e gli occhi azzurri, di cui pochi sono a conoscenza.
La donna si ricorda ancora quando l'ha vista la prima volta...

La giornata prima della strage, davanti alla casa di Cordelia si presentò Giulietta, completamente fradicia per via della pioggia. Indossava un mantello scuro, il cui cappuccio le copriva il viso, ma si vedeva che sotto di esso, all'altezza della pancia teneva qualcosa di abbastanza ingombrante.
Appena Cordelia le fece segno di entrare, Giulietta si avvicinò al caminetto, in cui scoppiettava un piccolo fuocherello, e si tolse il cappuccio, rivelando per l'ennesima volta la sua chioma rosso fuoco.
Aveva un espressione spaventata, il che fece preoccupare la donna, che le chiese subito cosa fosse successo.
La Capuleti si tolse del tutto il mantello, mostrando oltre al viso anche il vestito maschile e un bambino addormentato tra le braccia. A quella vista Cordelia sgranò gli occhi, iniziando a balbettare furiosamente.
-E questo?- urlò contro Giulietta, che in tutta risposta abbassò lo sguardo e fece un lieve cenno, mentre delle goccie le cadevano dal mento. Erano pioggia o lacrime?
Solo dopo aver sbollito un pò la rabbia, la povera donna si sedette al lungo tavolo, tenendo con una mano la testa e toccandosi un poco la fronte.
-E' tuo figlio?-chiese solamente, non guardandola. La risposta non tardò ad arrivare con la dolce voce del'erede del casato Capuleti:
-Si, è mia figlia. Mia e di Romeo.-
A quel nome Cordelia iniziò a guardarla, cercando tentennamento nella voce o un piccolo sbalzo d'umore nell'espressione, ma niente, la faccia di lei faceva intendere solo serietà, e la sua voce decisione.
-Quando?- "Quando è nata?"
-Ieri, è nata ieri.- il fatto che Giulietta avesse risposto prontamente e senza chiedere spiagzioni sulla domanda intendeva che loro due non avevano perso la loro capacità di capirsi con un occhiata.
Cordelia si alzò lentamente e abbracciò l'amica, cercando di non schiacciare la bambina. Nessuno pianse in quel tempo di appena pochi minuti, ma sapevano entrambe ciò che provavano.
Erano amiche, sorelle.
-Allora, qual'è il nome di questa dolcezza?- chiese allontanadosi per andare ad accarezzare la bambina che era ancora tra le braccia di Giulietta e che lei aveva continuato a cullare per tutta la loro discussione.
-Ho deciso che la chiamerò...Anna.-
Non era certo uno dei nomi più usati, ma era comunque molto grazioso, come diceva il nome stesso.
Suonarono le campane, la rivoluzione inizierà tra poche ore.
-Cordelia, tienila tu per la durata della rivoluzione.-
Non era una richiesta, nè un ordine, era una supplica. La donna accettò, seppur con titubanza, prendendo in braccio la neonata, che si era svegliata dal lungo sonno e aveva iniziato a sbadigliare.
Dopo che Giulietta ebbe dato un bacio sulle guancie di entrambe, si diresse verso quella che sarebbe stata la sua fine.


Cordelia prese in braccio Anna, che iniziò a tranquillizzarsi dopo pochi minuti. In un certo senso l'aveva presa in simpatia, anche se non sarebbe mai stata come la madre.
Per un attimo la donna si chiese se la ragazza sapesse che quella sarebbe stata l'ultima volta che le avrebbe viste, ma non riuscì a darsi risposta, poteva semplicemente attendere, certa che la risposta sarebbe arrivata da sola.





 
Angolo dell'autrice *^*
Non so come ho fatto a scrivere una storia del genere...Ma mi è venuta così, di getto!!!
Non è corrispondente alla storia originale, ma...uff, non ci posso fare niente! ç_ç
Comunque, riguardo al nome Anna: ho usato il nome della moglie di Shakespeare: Anne, e ho usato il nome italiano ù.ù poi il significato di Anna sembra essere "graziosa" quindi ecco perchè ho scritto così....
Spero recensiate e che vi sia piaciuta ^^
Nel capitolo seguente, inizierà la vera avventura ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Secondo Capitolo ***


 Capitolo 2


 
-Anna, porta quei fiori a Francesco, per favore.- disse Curio, indicando un mazzo di fiori sul vecchio tavolo. Non la stava guardando dato che stava pensando ad occupardi del negozio, e bisogna dire che questa fosse una fortuna.
Anna si avvicinò al mazzo, lo prese tra le mani e sentì il profumo di quei fiori dalle sfumature chiare. Le piaceva l'odore dei fiori, aveva qualcosa di nostalgico.
Si diresse con un paio di passi davanti alla porta e l'aprì, per poi uscire con un saluto veloce. Solo in quel momento Curio si girò, vedendo la figura della sedicenne fuggire.
-Non mi dire che ti sei ancora vestita da ragazzo?!- urlò, ma purtroppo Anna era già lontana. Si mise una mano sulla fronte e gli sfuggì una risatina.
-E' proprio uguale a lei...- ritornò al lavoro, certo che ad Anna non sarebbe successo niente.
---
Intanto Anna si era già diretta alla via per il palazzo, dove di certo Francesco stava svolgendo qualche pratica per i paesi circostanti alla capitale.
Il sole di mezzogiorno la illuminava come se fosse una dea, con i lunghi capelli rossi che le arrivavano a metà schiena e gli occhi di azzurro mare.
Ogni tanto alzava lo sguardo, diminuendo il passo, e si metteva a guardare il cielo azzurro, era il suo sogno. Lei voleva volare via, come avevano fatto persone prima di lei. Non lo voleva per libertà o perchè si trovasse male in quella città, voleva semplicemente sentire il vento sulla pelle e guardare le cose da un'altra prospettiva. Voleva aumentare i suoi orizzonti.
Degli applausi la distrassero dai suoi sogni a occhi aperti. Era in corso un matrimonio e i neo-sposi stavano seduti nella gondola tutta addobbata apposta per l'occasione.
Anna ci pensò un attimo, poi disse che un fiore in più o uno in meno non contavano più di tanto e tirò una rosa verso gli sposi. Il fiore atterrò esattamente sul grembo della sposa e quando essa se ne accorse fece un cenno verso Anna, mimando con le labbra un grazie.
Di certo non si poteva iniziare meglio la giornata.
Arrivò finalmente al palazzo e chiese dove fosse Francesco a un soldato. Lui le disse che era ancora in riunione e lei si diresse nelle sue stanze per aspettarlo.
Uno degli ordini di Curio è sempre stato di darlo al cliente, non a terze persone. Lei stava solo eseguendo.
La stanza di Francesco era molto ordinata, su questo non c'era dubbio, ma forse perchè era molto vuota. In fondo lui non stava molto in quella camera, non si poteva pretendere ci fossero chissà quali oggetti.
L'unica cosa che un pò stonava era un iris secco appoggiato sul comodino. Si era sempre chiesta perchè non l'avesse messo in un vaso o buttato, ma le sembrava troppo invadente da chiedere.
Si aprì la porta della camera ed entrarono due uomini, uno con i lunghi capelli biondi raccolti in una coda bassa, Francesco, l'altro con i capelli neri corti e uno sguardo penetrante, che appena la vide le regalò un sorriso.
-Zietto, quando sei tornato?- disse lei andando ad abbracciarlo.
Lui ricambiò sorridendole e dicendole che era tornato solo quella mattina verso le otto.
-Tebaldo, che ne dici di mostrarle quello?- disse Francesco, interrompendo il momento familiare tra zio e nipote.
Il moro fece un cenno e i due uomini si diressero alle stalle, seguiti da Anna che molto curiosa, gli saltellava dietro, ancora con in mano il mazzo di fiori.







Angolo autrice :3
Che ne dite? Ho messo subito il secondo capitolo...Ho fatto in fretta ma non sarà sempre così!!!!
Aggiornerò ogni venerdì, dato che per sabato non ho mai compiti, essendoci solo materie pratiche e quindi niente da studiare ^^ Ma ci potrebbero essere volte in cui posterò prima, se mi viene l'ispirazione...
*impossibile*
Allora, vi piace la storia di Anna????
A me sta simpatica e come ha detto Curio, assomiglia molto alla madre di carattere *^*
Recensite per dirmi la vostra opinione ^^ Nel frattempo arrivederci!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Terzo capitolo ***


Capitolo 3


Francesco e Tebaldo non sembravano voler dire alla ragazza ciò che le avrebbero fatto vedere, nemmeno fosse un segreto per la salvezza di Neo-Verona!
-Allora zietto? Cos'è? Cos'è?- continuava a chiedere la curiosa Anna, girando intorno al moro e facendo ridere il biondo Francesco. Tebaldo non rispose, continuando a camminare.
-Com'è vivere con Curio, madamigella Anna?- le chiese il biondo, girando di poco il volto verso la ragazza.
-Bene, bene, ma ormai sono sette anni che me lo chiedi! E poi non chiamarmi madamigella...-
-Va bene, madamigella Anna. Ma io te lo chiedo solo perchè ci vediamo così poco...- rispose lui, facendo finta di essere triste. Non era colpa di nessuno se il gruppo non poteva più riunirsi come prima.
Gli unici che si vedevano regolarmente erano Curio e Anna, dato che vivevano insieme da più di sette anni. Tra loro due non c'era alcuna relazione sentimentale, affatto. Anna non pensava mica all'amore, più che altro aiutava  Curio al negozio, per rendersi utile in qualche modo.
Un uomo con un grande mantello bianco si avvicinò, facendo notare ancora di più i ricami oro sulle maniche. Costui si mise a sussurrare all'orecchio di Francesco, che, preoccupato, se ne andò, scusandosi. Doveva essere successo qualcosa di grave per abbandonarli così, senza spiegazioni nè niente.
Tebaldo e Anna, comunque, non si fermarono, finendo davanti ad una massiccia porta in legno di ciliegio chiusa da un lucchetto su cui si vedeva chiaramente un simbolo di Iris.
Anna sbarrò gli occhi a quella vista, rimanendo con la bocca spalancata per lo stupore di vedere ancora una volta quella porta.
-M...ma avevate detto che non potevo entrare!- urlò lei, mentre indicava con l'indice della mano destra il portone, appena sopra l'enorme lucchetto. Tebaldo, finalmente, si volta verso di lei e, dopo aver aperto il lucchetto, le fa segno di entrare.
-Ma ora ti sto dicendo di farlo. Apri la porta e troverai la sorpresa.-
Lei non se lo fa ripetere due volte, buttandosi sulla porta, che si apre, facendola cadere a terra come una scema. Quando si alzò, si trovò davanti  un muso.
-C..cosa?!- indietreggiò finche non finì tra le braccia di Tebaldo, che le disse di stare tranquilla.
Quello che si presentò davanti a lei era uno dei suoi più bei sogni, un cavallo-drago bianco latte, con qualche richiamo all'azzurro. Cielo si presentava maestoso e stupendo agli occhi di Anna, ancora immobile come una statua di granito.
-Anna, ti presento Cielo.-
Il cavallo abbassò le testa, come se si stesse inchinando di fronte alla ragazza, mettendosi ad annusarla.
-Dev'essere il tuo profumo. Cielo adora gli iris, o almeno così mi ha detto il suo vecchio proprietario...-
La quindicenne iniziò poco a poco a prendere confidenza, accarezzando dolcemente la criniera di Cielo.
-Per cosa? Insomma, per quale evento mi avete fatto questo regalo?- chiese titubante lei.
-E' il tuo 16esimo compleanno o sbaglio?-
-Ma il mio compleanno è tra un mese...- rispose lei, sospirando.
-Semplicemente un regalo anticipato.- disse lui, mettendo fine al discorso con una carezza sui capelli rossastri di Anna e mettendoli a soqquadro. Lei, in tutta risposta, mette un piccolo broncio, gonfiando le guancie come un tenero scoiattolo, per poi cercare di aggiustrali con forcine e retina.
Il sorriso di Tebaldo a poco a poco si spense e come per magia, la sua espressione divenne triste.
-Manca solo un mese...- un mese per arrivare a 16 anni pace, ma anche 16 anni di ricordi bruciati e dimenticati volontariamente.
Anche se lei non l'avrebbe mai potuta dimenticare nessuno, e come avrebbero potuto?






Angolo autore ^^
Come promesso, ecco il terzo capitolo ^^ Era già pronto da un pò, ma dovevo trascriverlo sul pc e quindi ci ho messo molto *^*
Sono caduta nel banale con Cielo come regalo? Beh, lei adora volare, quindi credo non ci siano problemi...
Spero che vi sia piaciuto lo stesso ^^ recensite per dirmi il vostro pensiero, così potrò farmi una piccola idea di come continuare...
Dato che credo che la Tebaldo x Anna non sarà ben accetta, che vi giuro, mi è venuta in mente solo in questo capitolo...
Anche la Curio x Anna non credo sarà ben accetta....
ma comunque, ringrazio I25 per la recensione e chi l'ha messa tra le ricordate e chi tra le seguite ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Quarto capitolo ***


Capitolo 4
-Non ti sembra di averlo accarezzato abbastanza?- la voce roca la interruppe mentre continuava ad abbracciare Cielo.
Lei fece una smorfia, girandosi verso il ragazzo e prendendolo in giro:
-Hai superato i 25 anni e ancora non hai imparato a farti gli affari tuoi?!-
Un verso tagliente degno di lei, che fece arrendere Antonio, appena arrivato da uno dei suoi viaggi in compagnia di Willy, che però sembra essere già andato al teatro.
Era diventato grande, Antonio, irrobustendosi ancora di più e riuscendo a difendersi da solo. Peccato che le ragazze che stravedevano per lui, non fossero quelle che gli interessavano...
Il ragazzo prese Anna per i fianchi, facendole salire in groppa al cavallo drago con delicatezza, forse per non spaventarla. (come se avesse potuto)
Lei lo lasciò fare, per poi lanciargli un occhiata e alzando il sopracciglio sinistro, in una tacita richiesta di spiegazioni.
-Vola, no?-
La faccia di Anna fu impagabile, gli occhi sgranati e la bocca che formava una "o", come se non avesse mai pensato che con Cielo avrebbe potuto volare. E appunto non l'aveva fatto, i cavalli-draghi eran fatti per volare, ma lei non ci aveva pensato.
Oramai sembrava si fossero completamente dimenticati di Tebaldo, ma lui, alla fine, era sempre stato abituato a stare nell'ombra.
Anna, sempre un pò titubante, prese in mano le redini e le tirò, facendo fare qualche passo a Cielo. Aveva paura di fare casino come suo solito e di sbagliare, essendo la sua prima volta in volo da sola.
Piano piano, riuscì a far alzare in volo il bianco destriero, fino ad arrivare alla fine delle mure della stanza, dato che non aveva soffitto.
Una goccia, due goccie.
E iniziò a piovere sulla piccola quindicenne, che però non accennava voler smettere di stare in aria. Restava ferma in quel punto, con la bocca spalancata e gli occhi luccicanti, a contemplare Tebaldo e Antonio, che adesso erano così piccoli in confronto a prima.
Quel momento per lei era la perfezione, da lei sognata per anni, troppi. Ma come sempre, i momenti perfetti finiscono.
Una fitta di dolore alla spalla, Cielo imbizzarrito e il tonfo del suo corpo che atterrava sul pavimento da quasi cinque metri di altezza sembrano essere i suoi ultimi ricordi, poi nella mente di Anna iniziò a esistere solo il buio.


 
Angolo :'C
Mi dispiace di nn aver aggiornato la scorsa settimana, ma non avevo ispirazione, e come vedete, il capitolo non è granchè...
E' un capitolo di passaggio ^^
Spero vi sia piaciuto, recensite!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Quinto Capitolo ***


-Antonio pov-
Una freccia è arrivata dal nulla e ha colpito Anna, che ` subito caduta da cavallo.
Quando è arrivata a terra io e Tebaldo siamo subito accorsi a prenderla. Perdeva molto sangue, tanto che tutta la camicia era rossa, e teneva gli occhi serrati.
Sembrava soffrire molto.
L' abbiamo portata immediatamente da un dottore, o meglio da due apprendisti dottori.
Adesso stiamo solo aspettando nella camera affianco alla loro da circa mezz'ora.
Sono nervoso, e come sempre mi metto a battere il piede sul pavimento velocemente. Anche Tebaldo sembra preoccupato, è pallido come un cencio.
Pensare che prima lui era senza sentimenti, capace di uccidere a sangue freddo chiunque, perfino il proprio padre.
Un sorriso malinconico si forma sulle mie labbra, ricordando il passato, o meglio ricordando lei.
Ormai Giulietta mi sembra più un fantasma che una persona che ha vissuto con me per così tanto tempo. La sto dimenticando poco a poco, per questo torno a Neo-Verona, perchè il viso di Anna è uguale a quello di sua madre.
La porta si apre rumorosamente, mostrando le figure preoccupate di Cordelia e Curio.
-Come sta?- sussurra Cordelia, mentre cerca di riprendere fiato per via della corsa. Tebaldo risponde che non lo sappiamo, ma che è comunque in buone mani.
Cordelia si lascia cadere pesantemente sulla sedia vicino alla mia, mentre Curio inizia a camminare avanti e indietro per la camera.
Quando sto per rimproverare Curio per via del fatto che la sua camminata mi fa innervosire ancora di più, finalmente l'altra porta (quella della camera in cui stanno curando Anna) si apre ed escono due ragazzi.
Tebaldo si avvicina subito a loro per chiedere come sta Anna.
Uno dei ragazzi è alto e con capelli e occhi neri, l'altro invece è abbastanza basso, biondo e con gli occhi azzurri.
Non riesco ancora a capire come facciano ad andare così d'accordo, anche l'aura che emanano è differente.
Il biondo ti mette sempre a suo agio con un semplice gesto, il moro ti osserva come se stesse capendo i tuoi pensieri, ti mette in soggezione con uno solo sguardo.
Dal sorriso che sta raffiorando dalle labbra di Tebaldo, direi che è andato tutto bene.
Per sicurezza il biondo dice:
-E' andato tutto bene, abbiamo tolto la freccia dalla spalla e abbiamo fermato l'emorragia. Per quanto riguarda la caduta,...-
-Non era niente di grave, non ha sbattuto la testa. Solo che potrebbe avere capogiri per un pò di tempo, quindi non fatela muovere troppo in fretta.-lo interrompe il moro, ma l'altro continua come niente fosse:
-E' tutto, per la spalla ci vorranno due settimane. Per allora portatela di nuovo qui.-
Sorride ancora.
Il moro invece è tornato dentro la camera per controllare se Anna si è svegliata. Ad un tratto sentiamo uno strano rumore provenire da lì e ci precipitiamo all'interno.
La situazione sembrerebbe abbastanza comica, con Anna che ha le gote rosse per rabbia e imbarazzo e il ragazzo con uno strano segno violaceo sulla guancia destra...

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Sesto capitolo ***


-Questa tipa è un idiota!- urlò il ragazzo, indicando Anna con una mano, mentre con l'altra si massaggiava la guancia dolorante. La ragazza fece per dire qualcosa di poco consono per una quindicenne di quell'epoca, ma fu subito fermata da Cordelia, che le tappò la bocca con il palmo della mano.
Antonio era sdraiato per terra, tenendosi la pancia e continuando a ridere. Per lui la situazione era troppo comica, al contrario di come la pensavano i due protagonisti della vicenda.
Anche Curio riusciva a malapena a trattenere le lacrime, mentre Tebaldo si era solamente lasciato sfuggire un sorriso, ripensando a quando lui era ancora giovane. Cordelia non aveva avuto tempo nemmeno di quello, si era fiondata tra le braccia di Anna, abbracciandola con forza.
Il ragazzo biondo arrivò da quella che doveva essere la cucina con del ghiaccio in mano, che porse all'amico. Quest'ultimo lo prese bruscamente, borbottando quello che doveva essere un grazie, e lo appoggiò sul viso.
Solo allora gli occhi azzurri di lui si rivolsero ad Anna:
-Tu sei Anna, giusto? Io sono Mondred, piacere.- finì, come sempre, con un sorriso.
-Piacere...- rispose lei, tendendogli la mano, che lui strinse amichevolmente. Fra di loro si era già instaurato un bel rapporto, tanto che il moro borbottò:
-Che melensi...-
Mondred, senza nemmeno voltarsi, sussurrò:
-Arthur, non provare a fare il grande, alla fine tu sei stato picchiato da una ragazza...-
*FlashBack*
Quando Arthur è entrato nella stanza, Anna stava ancora dormendo profondamente.
Si era avvicinato piano, per vedere se le fasce avevano retto. Le sistemò all'altezza del petto, stando però attento a non toccarle il seno. Ma purtroppo lei si svegliò lo stesso, sentendo solletico. Ella, trovandosi a meno di cinque centimetri un ragazzo, e vedendolo "armeggiare" con il bottone della camicia, gli tirò uno schiaffo, facendolo finire a terra con un tonfo e un imprecazione. La ragazza prese la coperta e la tirò fino al collo, sentendo le guancie farsi mano a mano più calde.
*Fine*
Arthur abbassò il capo, colpevole.
-Come se qualcuno volesse mai vederla senza ve...-
Anna gli aveva tirato il cuscino con il braccio sano, non facendogli finire la frase. Un sorrisetto di vittoria le occupò le labbra, mentre prendeva il cuscino da terra e glielo lanciava, purtroppo mancandola di pochi centimetri.
Sembravano due bambini, forse per questo gli altri del gruppo si sbellicavano dalle risate.
-Comunque, tesoro, stai bene?- chiese Cordelia alla ragazza, che annuì prontamente e si alzò dal letto per abbracciarla. Per Anna, Cordelia era una sicurezza, forse perchè c'era sempre, forse perchè la considerava come una madre, o forse perchè le bastava sentire il suo profumo alla vaniglia per stare bene.
-Su, su, ora è meglio andare.- le divise Tebaldo, mentre loro facevano il broncio e si dirigevano verso la porta, sbuffando. In questi casi sembravano quasi avere la stessa età. Antonio e Curio le seguirono, mentre Tebaldo chiuse la fila, salutando con un cenno Arthur e Mondred.
Quando dovevano aver già superato l'angolo, Anna tornò indietro e fece la linguaccia ad Arthur fuori dalla finestra, per poi correre dietro al gruppo. Solo Mondred si accorse che il moro aveva tirato un pugno al muro quando lei se n'era andata, mentre una lacrima gli solcava il viso.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Settimo capitolo ***


Capitolo 7 *leggere note autore*
Anna aveva sempre odiato stare ferma, quella sensazione di tranquillità che le faceva addormnetare i muscoli le dava fastidio come poche cose e di certo un braccio rotto non l'avrebbe fatta rimanere a letto come invece le aveva consigliato, o meglio, ordinato, Cordelia. Alla fine tutti quanti si erano arresi e decisero di lasciarla fare, aiutandola solo con le cose più pesanti o in casi di estrema difficoltà. Si sapeva che la ragazza fosse testarda. Anna non poteva essere più felice, dopo una settimana passata d'inferno, in cui tutti la trattavano come se avesse bisogno di aiuto per tutto, dall'andare in bagno al bere un bicchiere d'acqua, finalmente era libera.
Quel giorno era già il dodicesimo dopo il suo "infortunio", ma doveva aspettare ancora un paio di giorni prima che le togliessero le fasciature, mentre sarebbero passati minimo sei mesi prima che Cordelia smettesse di starle con il fiato sul collo. Anche Curio era preoccupato per lei, così la mandò in città, dicendole  che se fosse tornata prima dell'ora di pranzo, non le avrebbe fatto mangiare il dolce. A nulla erano valse le proteste di lei, infattiin pochi minuti si ritrovò per le vie di Neo-Verona, senza una meta e senza nemmeno la voglia di trovarla. Sarebbe voluta andare da Antonio o da Tebaldo, ma se il primo era di nuovo partito il giorno prima per un'altra città, il secondo sembrava essere scomparso, o quantomeno sembrava volerla evitare, visto che ogni tanto sentiva Cordelia e Curio parlare di una ricerca su cui Anna non sapeva e non chiedeva nulla. La ragazza sospirò, appoggiandosi al muro di una casa, guardando il via vai delle persone che passavano per andare al mercato.
"Piccola Anna! Cosa ci fai qui?" la chiamò qualcuno con uno strano accento inglese. La ragazza si voltò sorridendo, perchè era impossibile non riconoscere la voce dello sceneggiatore William Farnese, detto Willy.  Lo abbracciò, quasi saltandogli addosso. "Willy, come stai?" gli chiese, mentre lui si sistemava i ciuffi del caschetto biondo. "Sto bene, tesoro, stavo andando a fare una cosa, vuoi venire? Così mi racconti ciò che è successo al tuo fragile braccio." rispose indicando le fasciature. Anna annuì con foga, seguendolo pur non sapendo dove volesse andare. Si incamminarono verso la periferia, Anna che spiegava quello che era successo circa due settimane prima e Willy che annuiva silenziosamente.
"Mi hanno detto che hai picchiato un ragazzo, è vero?" le chiese, spostandole una ciocca rossa dietro l'orecchio in un gesto paterno. Lei arrossì, per poi sbuffare, rispondendo: "Potrebbe essere vero..."
Aveva volontariamente omesso quella parte del discorso, visto che provava imbarazzo a parlarne. Lo sceneggiatore si mise a ridere, per poi dichiarare:
"Sei proprio uguale a tua madre." Quella frase fece rattristare la ragazza, che rimase zitta fino a destinazione. Si fermarono davanti ad un maestoso albero, a cui piedi erano appoggiati alcuni mazzi di fiori bianchi e rossi. "Qualcuno è venuto prima di me, vedo..." disse lui, inchinandosi così da poter appoggiare una mano sulle lapidi di fronte, seguendo con i polpastrelli le incisioni che formavano i nomi. "Perchè siamo qui?" chiese la ragazza, stringendosi nelle spalle per una ventata molto forte e fredda. La portavano in quel posto quando era piccola, ma non le era mai piaciuto, le faceva venire in mente brutte cose. Morte, rimpianto e tristezza erano solo poche delle tante. "Lo sai cos'è questa?" lui non si voltò, continuando ad accarezzare la pietra lavorata. "Una tomba..." annuì lei. "Due. Sono due tombe." la corresse, avvicinandosi a lei.
"Sai chi è sepolto qui?"
"I miei genitori."
"I loro nomi?"
"Giulietta Fiammata Astro Capuleti e Romeo Candore Montecchi." disse lei, confusa per quel piccolo interrogatorio.
"I simboli delle famiglie?"
"Iris per i Capuleti e Rose per i Montecchi." indicò i mazzi di fiori appoggiati sulle radici.
"Esatto, come sai, l'anniversario della loro morte è tra circa quindici giorni, ma io domani parto per Mantova, quindi ho voluto fare un saluto prima di andare." le spiegò, pur non facendole capire perchè tutte quelle domande. Le raccontavano la storia dei suoi genitori come favola della buona notte, quindi non avrebbe mai potuto dimenticarla. "Piccola Anna, ormai sei grande, a quest'età avresti dovuto prendere in potere Neo-Verona, essendo tu l'erede di sangue di tutte e due le famiglie. Avrei solo voluto che con te ci fossero anche Giulietta e quel ragazzo." sospirò "Sai, loro non vogliono che te lo dica. Ma non mi sembra giusto che tu rimanga all'oscuro, tra poco compirai sedici anni. Devi sapere che a Neo-Verona, o comunque nei dintorni, qualcuno sta cercando di uccidere tutte le persone che hanno avuto il minimo contatto con le due casate."
"In poche parole, tu sei il bersaglio principale, principessa." proferì qualcuno alle sue spalle, facendola voltare di scatto. Il tono in cui l'aveva detto non prometteva niente di buono, specialmente il modo in cui l'aveva chiamata, sembrava come se lo stesse sputando, come se la stesse chiamando con termini volgari. Le si strinse il cuore.
"Arthur, è un piacere vederti, è passato tanto tempo. Sei cresciuto molto dall'ultima volta che sei andato via...avevi sei anni, giusto?" prese parola lo sceneggiatore.
"Sette anni, signore." rispose, senza però degnarlo di uno sguardo, i suoi occhi erano rivolti verso la quindicenne e la guardavano con l'odio negli occhi, tanto che Anna fece un passo indietro, bianca in volto. Deglutì, senza però smettere di rispondere ai suoi occhi. "C-Che ci fai qui?" gli chiese, lasciando perdere il fatto che stesse balbettando.
"Non credo siano affari tuoi cosa ci faccia davanti ad una tomba." detto questo, si avvicinò alle tombe, spintonandola così che si spostasse. In mano aveva un mazzo di fiori e lo buttò vicino alle lapidi in un gesto rude, per poi prendere un coltello e infilzarlo nei petali, distruggendo gli iris che inziarono a volare portati via dal forte vento. Anna si accigliò.
"Cosa stai facendo?!" si avvicinò alle lapidi, spingendolo in modo che non le fosse d'intralcio, e si mise a sistemare ciò che lui aveva fatto. Il ragazzo la osservava dall'alto con occhi assenti, finchè lei si alzò. In quel momento la strattonò per un braccio e le puntò il coltello alla gola, facendola sussultare.
"Principessa, non metterti in mezzo in cose che non ti riguardano, rischi di farti del male. In questi casi non puoi dire che sei una Capuleti, e nemmeno che sei una Montecchi, perchè solo dirlo sarebbe la tua fine." enunciò, con un tono che la fece tremare. Willy li guardava senza accennare a muoversi, ma ad Anna sembrava come se non ci fosse. Perchè non l'aiutava? Perchè non si avvicinava? Perchè rimaneva immobile?
La ragazza deglutì, anche se aveva la bocca asciutta, gli occhi azzurri sgranati che passavano dal fissare quelli del ragazzo al coltello che le sfiorava il collo. Provò a fare un passo indietro, ma la stretta sul suo polso si intensificò, facendola gemere dal dolore. Solo in quel momento lui la lasciò, abbassando la lama e mettendola alla cintura in un gesto fulmineo. La ragazza riprese a respirare e il viso si ricolorò. Cadde sulle proprie gambe, mettendo una mano sul cuore per cercare di calmare i battiti, ma loro non smettevano di battere incessantemente.
Il ragazzo la osservava dall'altro, negli occhi si potevano distinguere la pietà e il disgusto, anche se miste ad altre emozioni. Si diresse verso William, sussurrandogli qualcosa all'orecchio, per poi andarsene e rivolgersi ad Anna senza voltarsi:
"Te l'avevo detto, solo perchè hai nelle vene il sangue delle due grandi case devi stare zitta. Basta quello e le persone ti ucciderano. Cerca di stare più attenta, principessa."
Però la ragazza non sapeva come interpretare quella frase.
*
Quella sera, a casa di Curio, la ragazza rimase per tutto il tempo zitta, mangiando poco e niente di ciò che aveva nel piatto. Aveva raccontato a Curio quello che era successo al cimitero, ma non riusciva a non pensarci. L'uomo la guardava preoccupato dall'altro lato del tavolo, ma restava zitto, quindi la cena si svolse in silenzio.
"Non capisco perchè mi odi così tanto..." sussurrò a sè stessa Anna, mettendosi a letto e rimboccando le coperte. Quando chiudeva gli occhi, le tornavano in mente quegli occhi neri pieni di odio, quindi rimase a guardare il soffitto. Fu una delle poche notti che passò insonne.




Angolino mio...
*usa un tavolino come scudo*
Si, scusate, sono scomparsa... e non ho aggiornato per....5 mesi?
Ho fatto il capitolo un pochino più lungo per farmi perdonare...ma non so quando aggiornerò di nuovo.
Avrei dovuto aggionìrnare tempo fa, ma tra lutto, ricovero, il cambio di scuola, l'estate e la non ispirazione, alla fine ho ricominciato a scrivere solo verso settembre circa.
Riguardo al leggere le note, volevo farvi una specie di indovinello. Sapete, il nome Arthur non l'ho messo a caso, c'è un motivo! Voi dovete indovinarlo, visto che nei prossimi capitoli lo scriverò...
Scrivetelo per recensione, oppure mandatemi un messaggio...
Si, lo so, in questi casi c'è bisogno di un premio, ma lo inventerò al momento...
Direi di aver finito, scusate ancora e Byeeeee


 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2457970