Redenzione di adrienne riordan (/viewuser.php?uid=17847)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - versione innocente ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 6 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Ciao,
benvenuti/e al primo capitolo della mia fanfic su Frozen. La storia
è
incentrata sul pairing Hans/Elsa, avrà un capitolo a rating
rosso non-con (non
consenziente). Un matrimonio combinato, atmosfera tutt’altro
che allegra. Però
la figura di Hans mi ha intrigato non poco: non essendomi rassegnata
all’idea
che sia stronzo al 100%, userò questa fic per
“redimerlo”, ecco la ragione del
titolo Redenzione, che poi è anche il prompt che ho usato
per il p0rnfest
istituito dalla community fanfic_italia.
Buona
lettura!
Capitolo
1
Elsa
stentava a ricordare un tempo in cui era stata schiava della paura e
prigioniera della solitudine.
Essere
regina non era una passeggiata, eppure non era passato un solo giorno,
negli
ultimi quattro anni, che non avesse vissuto pienamente, con gioia e
gratitudine.
Elsa
non aveva recriminato gli anni in cui era stata convinta di essere un
mostro
pericoloso in quanto non riteneva necessario dover sprecare
un’altra singola
frazione del suo tempo in pensieri negativi. Aveva ritrovato una
famiglia che
la reclamava e la regina non trovava compito più piacevole
che accontentarla.
Non si trattava solamente di sua sorella Anna, e nemmeno delle new
entries,
ossia Olaf, Kristoff e… sì, anche quella
simpatica canaglia di Sven!
Arendelle,
con ogni suo singolo abitante, era la sua nuova famiglia allargata.
Arendelle
era stata cara a sua madre e suo padre, ed Elsa percepiva, nel
passaggio di
consegne che aveva rappresentato l’incoronazione, il legame
con loro.
Amava
Arendelle perché l’avevano amata i suoi genitori,
perché era casa, e
perché sapeva che il suo amore
era ricambiato. Elsa aveva subito scoperto che l’inverno
perenne che aveva
scatenato quattro anni addietro era stato accettato da tutti come un
incidente,
e come tale era stato presto archiviato nella memoria collettiva del
Regno.
Proprio
in virtù dell’amore che i suoi sudditi le
dimostravano, la giovane regina si
impegnava al massimo per assolvere ai suoi doveri ed era decisa a
difendere e
proteggere il popolo che gli era stato affidato.
Mai
avrebbe sospettato che tale inclinazione al dovere l’avrebbe
messa nella
condizione di dover rinunciare alla propria
felicità…
La
ruota della fortuna gira e gira, e a nulla valgono gli sforzi per
opporsi alla
sorte avversa: presto o tardi, sarebbe giunto il momento in cui una
Nazione
sarebbe stata chiamata ad affrontare una crisi che poteva mettere a
repentaglio
il futuro della Nazione stessa. Poteva essere una catastrofe naturale,
una
crisi economica, agitazioni politiche interne, il coinvolgimento in una
guerra
sanguinosa: poco importava la natura della crisi, un giorno questa
avrebbe
bussato alla sua porta.
Arrivò
il periodo in cui Arendelle fu chiamata ad affrontare una delle
più spaventose
crisi economiche della sua storia. Era difficile rintracciare una
causa;
semplicemente, un giorno la moneta del Regno aveva subito una brusca
svalutazione, e per questo motivo l’acquisto di
indispensabili beni d’importazione
si era fatto proibitivo.
Elsa
aveva tentato, su consiglio dei suoi ministri, più strade
per raggiungere nuove
trattative commerciali, ma invano. Fiutato l’affare, non
soltanto il Regno di
Weselton, ma tutte le Nazioni confinanti erano disposte a suggellare
trattative
capestro, che potevano essere attuate solo accettando una svendita
totale dei
beni e delle risorse di Arendelle: un suicidio, per
l’indipendenza di un Regno.
Nemmeno
l’opzione di richiedere prestiti era percorribile: le Nazioni
confinanti erano
sì disposte a concederli, ma con tassi di interesse
elevatissimi.
Alla
fine, i ministri fecero presente alla loro sovrana che non le rimaneva
che un’unica
cosa da fare, se davvero voleva salvare il Regno…
Se
solo Anna l’avesse saputo, pensò tristemente Elsa
… beh, l’avrebbe saputo
comunque. Tanto valeva farglielo sapere il prima possibile.
***
“Un
matrimonio di Stato?” chiese Anna senza capire.
Le
due sorelle si trovavano in uno dei tanti saloni del castello, sedute a
un
tavolo, davanti a una tazza di tè fumante e a un piatto di
buonissimi biscotti
che però non erano riusciti ad attirare
l’entusiasmo della minore, catturata
dalle parole della maggiore.
“A
quanto pare, è l’ultima carta che mi è
rimasta da giocare” rispose Elsa con un
sorriso mesto e gli occhi spenti.
“Ma…
l’amore? Come puoi anche solo pensare di poter sposare una
persona che nemmeno
conosci?” esclamò Anna. Elsa si guardò
bene dal farle notare che proprio lei
era la prima che doveva risparmiarsi quella frase. Da tempo il verme delle Isole del Sud e il suo falso
doppiogioco non trovavano più posto nelle conversazioni tra
le sorelle, ed Elsa
non poteva che ringraziare il cielo che la sorella avesse imparato a
imporsi di
conoscere meglio le persone, prima di accordare loro la fiducia.
E
comunque, aveva capito perfettamente la natura dell’obiezione
di Anna.
“Oh,
si può eccome… molte teste coronate si sono unite
in passato, e si uniscono
ancora, in matrimoni di Stato”.
“Mamma
e papà si amavano!”.
“Nostra
madre e nostro padre non si sono trovati coinvolti in una crisi
finanziaria di
tale portata”.
Anna
tacque un momento ma subito riprese a obiettare “Ma non
è giusto che tu…”
“Anna,
non devi preoccuparti per me” la interruppe Elsa
“in fondo non è detto che non
troverò una brava persona con la quale instaurare un
rapporto basato almeno sul
rispetto e sulla simpatia reciproci!”.
“Non
mi sembra una bella cosa comunque” rispose Anna con una
espressione afflitta in
volto. Non sapendo cosa dire per distogliere la sorella da quella che
considerava pura follia, si portò alle labbra la sua tazza
di tè.
“A
me sta bene! Sai che ho molto più senso pratico di te! E
appunto, parlando di
te, il nostro Mastro fornitore di ghiaccio ti ha fatto finalmente la
dichiarazione o si nasconde ancora dietro a Sven?”.
Anna,
sentendo nominare Kristoff, sputò il tè che stava
bevendo emettendo versi assai
poco principeschi e avvampò per l’imbarazzo, tra
le risate della sorella
maggiore.
Elsa
aveva colpito nel segno: Anna era partita per la tangente e aveva
iniziato a
parlare a raffica del suo argomento preferito (Kristoff, appunto).
Sentiva
proprio il bisogno di lasciar cadere nel vuoto l’argomento
matrimonio di Stato
e fingere, ancora per poco, che tutto andasse bene.
***
Cosa
aveva detto ad Anna? Che avrebbe sposato una persona con la quale
avrebbe
instaurato un rapporto basato almeno sul rispetto e sulla simpatia
reciproci?
Quale dio burlone aveva permesso che accadesse una cosa del genere?
Il
giorno precedente, Elsa aveva appreso che soltanto la famiglia reale di
un
regno confinante aveva preso in considerazione la proposta di
matrimonio.
Esatto,
proprio il Regno delle Isole del Sud.
Che
fortuna, aveva commentato Anna, avrebbero avuto il verme come cognato.
“Te
le immagini le visite di famiglia durante le feste comandate? Dovremmo
accogliere gentilmente quell’essere spregevole? Io non ci
penso nemmeno!”
commentò con fervore.
“No,
non succederà” rispose Elsa
“fatalità, proprio nei giorni di festa ci
sarà
sempre così freddo che il mare ghiaccerà. E
dubito che il verme sarebbe
disposto ad affrontare bufere di neve solo per venire a porci di
persona gli
auguri di Natale!”.
Se
il bene di Arendelle doveva dipendere dal matrimonio con uno dei
fratelli di
Hans, allora Elsa si sarebbe rassegnata. Dubitava potesse esistere una
persona
peggiore di quel verme.
***
Aveva
ragione. Dalle notizie raccolte dai ministri, sembrava che gli undici
fratelli
di Hans fossero delle brave persone. Il fratello maggiore era
l’erede al trono
del suo Regno e pertanto non era candidabile come promesso sposo.
Arendelle
doveva restare indipendente, il matrimonio con un membro cadetto di
un’altra
Casa Regnante avrebbe imposto quest’ultima il vincolo
d’onore di aiutare la
nuova famiglia reale di un regno alleato in difficoltà senza
l’imposizione di
vincoli usurai.
L’esperienza
passata proprio con il più giovane (e il meno desiderato)
dei pretendenti aveva
messo in guardia la regina di Arendelle dal fidarsi ciecamente del
report dei
suoi ministri (come Hans si era dimostrato un ottimo attore, anche il
resto
della famiglia avrebbe potuto vantare medesime abilità
“artistiche”) ma era
consapevole di non potersi permettere il lusso di essere schizzinosa.
Il matrimonio
ci sarebbe stato, ma poteva sempre pensare di adottare delle
contromisure da
prendere in caso di necessità.
***
Ciò
che Elsa aveva trascurato di fare era stato prendere in considerazione
il fatto
che, come lei aveva valutato i suoi pretendenti, così anche
gli altri avevano
espresso dei giudizi su di lei. Questo però, la giovane lo
venne a sapere
soltanto il giorno seguente all’offerta di matrimonio della
casa reale del
Regno delle Isole del Sud.
“Mi
state dicendo che i principi sono spaventati da me?” chiese
la regina ai suoi
consiglieri.
Anna
e Kristoff non avevano mai sentito la voce della donna così
arrabbiata, sebbene
Elsa avesse mantenuto un contegno algido e regale, di tutto rispetto.
Di
norma le persone non nobili non erano ammesse alle udienze private tra
la
regina e i suoi consiglieri, ma Anna, che essendo la sorella della
sovrana poteva
presenziare ma non era obbligata a farlo, aveva insistito per conoscere
subito
il destino della sorella, soprattutto da quando il Regno delle Isole
del Sud
era tornato nella loro vita. Essendo Kristoff conosciuto per la sua
capacità di
tenere a bada la giovane, gli era
stato accordato il privilegio eccezionale di partecipare,
purché restasse in
disparte e, naturalmente, non pretendesse il diritto di prendere la
parola.
“Maestà,
non si può negare che quanto accaduto quattro anni fa abbia
portato grande
turbamento nei regni confinanti. Di fatto, non hanno mai avuto modo di
comprendere la natura del vostro potere. E ciò che non viene
compreso può
diventare fonte di paura”.
Elsa,
a quelle parole, si rabbuiò ulteriormente. Era forse giunto
il momento di
pagare pegno per quella vecchia storia considerata ormai da tutti acqua
passata?
“Poteva
andare peggio” intervenne un altro dignitario “di
solito, la gente cerca di
distruggere ciò che non è in grado di
comprendere. Dopotutto, nessuno dei Regni
confinanti ha mai mosso guerra contro di noi”.
“Capisco
quello che intendete dire ma spero possiate comprendere
perché non riesco a
fare i salti di gioia alle vostre parole” rispose la regina,
alla quale il
sarcasmo non faceva certo difetto.
“Resta
il fatto” proseguì il ministro preferendo ignorare
il commento della giovane
“che l’unico Paese che ha accettato
l’accordo matrimoniale è anche quello che
conosce i fatti perché riportati da qualcuno che ha potuto
vederli di persona.
Mi riferisco al principe Hans, l’ultimogenito della Famiglia
Reale”.
“Suppongo
che non mi abbia fatto una buona pubblicità”
“Direi
che pessima sia la parola
più adatta,
Maestà. Per farla breve, quasi tutti i principi sono
convinti che voi siate una
strega dalla quale guardarsi le spalle, non il genere di moglie che
qualcuno
vorrebbe avere al proprio fianco”.
“Ehi,
vacci piano con le offese, brutto vecchiac…UHM
UHHHHHM!!”
“Prego,
non faccia caso a noi due” intervenne Kristoff con senso
pratico mentre teneva
la mano ben salda sulla bocca della principessa, col volto paonazzo di
rabbia,
seduta al suo fianco.
“Devo
dunque concludere che la proposta di matrimonio è stata
ritirata?” chiese Elsa,
sforzandosi di dominare le proprie emozioni per
più di un ragionevole motivo e di ignorare
l’interruzione della sorella.
“Al
contrario, uno dei principi si è dichiarato disposto a
onorare l’accordo”
rispose il capo del Consiglio, che appariva sempre più a
disagio mano a mano
che il suo discorso stava per giungere al termine.
“Si
tratta… si tratta… ecco, vostra
Maestà, si tratta del principe Hans”.
Anna,
a quelle parole, rimase letteralmente di stucco, e Kristoff si
sentì abbastanza
certo di poterle togliere la mano che le tappava la bocca senza
rischiare i
timpani.
“Kristoff…
ti sembra il momento di farmi le coccole?” mormorò
scioccata la principessina.
“Ti rendi conto di quello che il vecchio ha appena
detto?”.
“Sì
Anna, ho sentito benissimo. E per la precisione, non ti sto coccolando,
ti sto
scaldando. Non ti sei
resa conto che la
temperatura della stanza è appena scesa sotto gli 0
gradi?!”.
Già,
Anna non si era proprio accorta della temperatura, e nemmeno sua
sorella, ma
gli altri presenti nel salone sì, oh sì che se ne
erano accorti.
Per
il bene di tutti, era giunto il momento di chiudere quella sciagurata
riunione.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Capitolo
2
Non
era un pupazzo di neve molto
grazioso ma al bambino non importava. Lo aveva fatto lui, tutto da
solo, e ne
era soddisfatto. Aveva ispezionato con cura i sassolini per trovare
quelli più
piccoli e candidi che nell’insieme avessero tutti
più o meno la medesima
dimensione per creare la dentatura; era sgattaiolato nelle cucine alla
ricerca
di una patata rossa che fungesse da naso; i bottoni di un cappotto
divenuto
troppo stretto diventarono occhi brillanti; infine, aveva usato i suoi
vecchi
guanti, la sua vecchia sciarpa e un suo vecchio berretto
affinché il pupazzo
avesse qualcosa di suo in regalo. Come tocco finale, il bambino diede
alla sua
opera un nome, con l’orgoglio di un padre che impone il nome
al proprio figlio:
Knut.
Naturalmente
il bambino non poteva
provare affetto paterno per la sua creatura, aveva soltanto cinque
anni!
Provava affetto, quello sì. La prima volta che lo aveva
guardato, completamente
formato e “vestito” di tutto punto, aveva deciso
che Knut sarebbe diventato il
suo migliore amico.
Del
resto, il bambino non aveva
molta scelta. Educato a palazzo da un precettore, non aveva che
contatti
sporadici con i figli degli altri nobili. Di immischiarsi coi figli dei
servitori non se ne parlava nemmeno: era stato educato a tenere in
elevata
considerazione il suo altolocato lignaggio; non che al bambino, troppo
piccolo
per comprendere una cosa così astratta, importasse qualcosa,
quando dalla
finestra osservava i bambini poveramente vestiti divertirsi a
rincorrersi nel
cortile dell’area riservata alla servitù, tuttavia
non aveva mai pensato di
disobbedire al suo rispettato padre.
Quest’ultimo
non riteneva
importante trovare dei compagni di giochi per il figlio più
giovane: con dodici
fratelli a disposizione, pensava, era impossibile soffrire di
solitudine!
Se
solo il padre avesse speso per
il bambino almeno un quarto del tempo che riservava alle questioni di
Stato e
all’allevamento del figlio maggiore, suo erede, avrebbe
compreso quanto errato
fosse stato il suo giudizio.
I
figli maggiori, data la grande
differenza d’età, non davano bado al piccolo, non
lo prendevano mai sul serio,
e comunque avevano altri interessi e impegni che inevitabilmente li
tenevano
lontani.
Le
cose non andavano meglio coi
fratelli più giovani, e il bambino doveva ancora capire se
erano preferibili i
dispetti e l’essere escluso dai giochi oppure
l’essere totalmente e palesemente
ignorato, come avevano iniziato a fare tre tra i più
bulletti dell’intera
nidiata di figli.
Sarebbe
rimasta l’opzione diventare
mammone attaccato alle gonne della sua regale madre ma, ahilui, la
donna non
aveva tempo materiale da dedicare al figlio, divisa tra i mille impegni
familiari e di lavoro. La governante che gli fece da nutrice durante la
prima
infanzia? Per lei l’allevamento dei figli altrui era soltanto
un lavoro, punto.
Come
risultato di tutto ciò, il
piccolo Hans crebbe con la solitudine nel cuore, oltre che fuori, ma
ora Knut
era con lui.
Hans
passava ore e ore all’aperto,
sfidando le rigide temperature invernali, a raccontare storie o,
più
semplicemente, i propri pensieri. E siccome il pupazzo non poteva
rispondere,
Hans parlava per entrambi.
Quella
piacevole avventura fu dura
a morire. Alla prima neve di una nuova stagione invernale, Hans tirava
fuori
dal suo cassetto segreto bottoni, sassolini, sciarpa, guanti e
berretto,
conservati gelosamente per restituirli puntualmente al suo legittimo
proprietario, e correva ad incontrare, dopo tanti mesi, il suo caro
amico.
“Nasco
bianco, fresco e bello
con
la faccia da monello,
del
bel sole ho un gran terrore:
mi
distrugge in poche ore.
Ho
la testa, ma non ragiono:
insomma,
chi sono?”
Hans
ridacchiava allegramente
mentre finiva di sistemare la sciarpa intorno al collo del pupazzo di
neve.
“Sono Knut e amo gli amici sinceri!” rispose
alterando la voce.
Lo
abbracciò e continuò a ridere,
felice come non mai.
***
Si
scrutarono in cagnesco per lunghi, interminabili minuti, e nessuno dei
due
sembrava intenzionato a infrangere il pesante silenzio che era calato
dal
momento stesso in cui avevano messo piede nella stessa stanza.
La
norma richiedeva la presenza dei
diretti interessati, in quanto maggiorenni e vaccinati, alla stipula
del
contratto prematrimoniale indispensabile per il via libera alle nozze
di un
monarca con un membro di un altro Casato. La norma avrebbe
altresì richiesto la
presenza di ministri di ambo le parti, a supporto degli interessi del
proprio
signore, ma avendo previsto il clima glaciale
(in senso più figurato che letterale) che si sarebbe potuto
creare, alla fine
avevano disertato tutti, lasciando alla regina di Arendelle e al
principe del
Regno delle Isole del Sud l’ardua impresa di arrangiarsi con
la stipulazione
del contratto senza spargimenti di sangue.
Elsa
prese mentalmente nota di fare un discorsetto ai suoi ministri per il
tiro
mancino che le avevano tirato, ma si sforzò anche di vedere
il lato positivo
della faccenda: niente riunione dei ministri, minori
possibilità di avere
intorno Anna. Elsa voleva tenere la sorella il più lontano
possibile dal verme e
l’avrebbe fatto fino a che le fosse stato possibile.
Rivolgere
la parola all’essere che le sedeva di fronte e che la stava
guardando con
un’espressione a metà tra la rabbia e
l’inquietudine la seccava enormemente, ma
era consapevole che farlo le avrebbe permesso di prendere in mano le
redini
della conversazione, arrivare al sodo e chiuderla il prima possibile.
Aveva ben
chiaro cosa avrebbe ottenuto da quel matrimonio ma anche, e
soprattutto, cosa
avrebbe rischiato, ed Elsa aveva tutte le intenzioni di preservare se
stessa ed
Anna da possibili futuri incidenti.
“Principe
Hans” pronunciò il nome marcando bene
l’acidità nella sua voce “avevo sperato
che la vostra famiglia avesse preso provvedimenti nei confronti di
qualcuno
colpevole di aver coperto di vergogna il proprio casato, e invece
eccovi qui, a
proporvi come mio sposo” un’altra dose di
acidità impregnò in modo quasi
palpabile la parola sposo “mi auguro che abbiate una buona
spiegazione per
questa faccenda”.
Hans
rimase in silenzio per qualche istante prima di rispondere.
“Regina Elsa”
ricambiò il titolo con la medesima cortesia “non
dubitate, i miei fratelli mi
hanno riservato un trattamento che non potrò dimenticare
finchè vivo. Vi
rammento tuttavia che sono passati quattro anni”.
“Ad
Arendelle, un tentativo di regicidio viene punito con
l’ergastolo, quando non
con la pena di morte” .
“È
così anche nelle Isole del Sud, ma vedete” fece
affiorare sul bel volto un
sorrisino beffardo “io non ho
attentato alla vita del sovrano del Regno delle Isole del Sud, ma a
quello di
un altro Paese. E la grazia per un
tentativo di omicidio di un monarca straniero in terra straniera arriva
in
fretta se sei un membro della Famiglia Reale che ti deve
giudicare”.
Elsa
strinse gli occhi in una espressione di disgusto malcelato.
“Non avete risposto
alla mia domanda. Perché siete qui?”.
“Perché
nessuno dei miei fratelli, per quanto tentati dalla
possibilità di stabilire
un’alleanza tra famiglie regnanti, la mia e la vostra, vi
voleva come consorte.
Quindi hanno mandato me per penitenza”.
“Penitenza?”.
Stramaledettissimo stronzo!
“Chiamatela,
se preferite, espiazione, tentativo di redenzione o altri sinonimi, ma
vi giuro
che penitenza è la parola che hanno usato i miei
fratelli”.
“Certamente,
io mi fido dei vostri giuramenti”.
“M’importa poco di ciò che
pensate” il principe piantò
bene gli occhi fissi in quelli della regina che cercavano di non
tradire la
sorpresa di trovarci una freddezza che poteva competere con il suo
ghiaccio
“Voglio Arendelle. Questo vi è stato chiaro
quattro anni fa, vi è chiaro anche
adesso. È per questo motivo che vi sposo di mia libera
scelta”.
Elsa
scattò in piedi “Non sarete mai
re di
Arendelle!” esclamò “Sono io
la
regina! Voi non sarete altro che il principe consorte”.
“Mi
sta benissimo!” esclamò di rimando Hans, restando
seduto al suo posto.
“Sarà
scritto nero su bianco, così che non vi sia alcun dubbio su
questo fondamentale dettaglio. Non
solo”
proseguì la donna “Se mai dovesse accadere
qualcosa di grave a me o ad Anna
(tipo, che so, morire) sappiate che
basterà l’ombra del sospetto che dietro ci sia una
vostra manovra e passerete
il resto dei vostri giorni in una delle nostre celle con
l’accusa di alto
tradimento!”.
“Nessun
problema, mi accontenterò del ruolo di principe consorte.
Sarà sempre meglio di
niente. Ad ogni modo, guardatevi bene, voi e vostra sorella, dal
muovere false
accuse per liberarvi di me!”.
“Non
fate l’errore di giudicare me o Anna sulla base del vostro
deprecabile metro di
giudizio. Quello che state insinuando è un’azione
che voi avete commesso in passato.
Comportatevi bene, e state pur certo che
ricambieremo il favore!”.
“Benissimo”.
“Non
è finita qui. Se dovessi morire comunque di morte prematura,
Anna diventerà
reggente di Arendelle fino a quando il suo futuro figlio primogenito
avrà
raggiunto la maggiore età, e allora sarà lui a
ereditare il trono. Allora il
vostro ruolo di principe consorte diverrà totalmente
marginale”.
“In
altre parole, dovrò augurarvi lunga vita e una buona morte
nella vecchiaia per
poter godere dei privilegi di principe consorte di
Arendelle”.
“Esattamente”.
Hans
si soffermò a pensare per interminabili minuti sulle
condizioni poste dalla
regina.
“Sia
come desiderate, regina Elsa. Tuttavia voglio anch’io una
garanzia. Non
dimenticate che non siete nella posizione di decidere su tutto quando
è il mio Paese che deve
aiutare il vostro!”.
Odioso
piccolo verme che gira il
dito nella piaga….
“E
sarebbe questa garanzia?”
“Sarò
principe consorte, con tutti gli onori e gli oneri che la posizione
richiederà,
eccezion fatta della reggenza in caso di vostra morte prematura. Ma
anche la
mia vita dovrà essere al sicuro da aggressioni, soprattutto
dal congelamento
che sappiamo essere la vostra attività preferita”.
Ma
che razza di insinuazioni..?!
“Potete
stare tranquillo: voi fate il bravo e non vi prenderete nemmeno un
raffreddore
a causa mia!”
“Desidero
che sia messo tutto per iscritto.”
“Accordato”.
***
Fu
così che, superate le formalità, Arendelle venne
vestita a festa per la celebrazione
del matrimonio tra l’amata regina Elsa
l’affascinante principe Hans del Regno
delle Isole del Sud.
La
popolazione era raggiante per l’evento: ricordavano il grande
cuore che il
giovane aveva dimostrato di avere quando, nei gelidi giorni che erano
seguiti
all’incoronazione di Elsa, si era prodigato nel portare
soccorso e conforto
alla gente infreddolita, senza mai far mancare il proprio sostegno alla
sovrana
lontana anche quando tutti avevano iniziato a cedere alla paura e,
quindi, al
sospetto che la regina fosse un pericolo per Arendelle.
La
gente non poteva sapere ciò di cui erano a conoscenza solo i
diretti
interessati e la ristretta cerchia dei ministri, cioè che
dietro l’avvenenza e
i modi cortesi si celava di fatto un’anima nera, pronta a
servirsi dell’inganno
e dell’omicidio pur di raggiungere i suoi egoistici scopi.
Basandosi
su poche informazioni a disposizione, la gente comune, nella sua
semplicità,
aveva concluso che la regina si era sinceramente innamorata di un
ragazzo
d’oro, e che l’unione regale avrebbe condotto
Arendelle fuori dalla crisi che
imperversava.
Anna
aveva capito le ragioni della sorella ma non le condivideva. Aveva
assistito ai
preparativi per il ricevimento di nozze e si era dovuta trattenere dal
dire a
chicchessia la verità su quel matrimonio, ossia che era il
risultato di una
coercizione anziché di una libera scelta.
“Lascia
che almeno loro si godano la festa” le aveva detto Elsa
“lo sa il cielo se
nell’ultimo periodo non hanno avuto altre occasioni per
essere allegri”.
Anna
aveva ubbidito ma non era così brava a celare i suoi
sentimenti nella maschera
di riserbo che Elsa aveva da anni imparato a indossare magistralmente.
Talvolta
capitava che qualche servitore le chiedesse il motivo del suo essere
giù di
corda. La risposta, uscita di getto la prima volta, ma via via resa
sempre più
raffinata nella sua premeditazione, era sempre la stessa:
“Mi
sembra così strano che d’ora in avanti non
avrò più la mia sorellona tutta per
me! Ma allo stesso tempo, mi rende impaziente di sposarmi presto
anch’io”.
Anna
aveva imparato che, se accennava al suo desiderio, i servitori si
sforzavano di
mettere la ragazza di buon umore chiedendole del suo è-soltanto-un-amico-sì-ma-chi-ci-crede-più
Kristoff, e così la
faccenda “sguardo afflitto” veniva presto rimossa
dalla testa degli
interlocutori con qualche vivace e sincera risposta della principessina.
***
“Io,
principe Hans delle Isole del Sud, prometto di esserti fedele sempre,
nella
gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e
onorarti tutti
i giorni della mia vita”.
Il
cuore di Anna batteva furiosamente nel petto. Visione deliziosa nel suo
abito
da damigella d’onore, si trovava in una posizione
privilegiata, in piedi dietro
alla sposa, per notare quanto sentimento il verme ci stesse mettendo
nel
recitare i voti nuziali.
Sembrava
così sincero, un vero sposo innamorato…
Represse
un brivido. Nei piani di Hans, quelle parole erano destinate a lei. La
dolcezza
della sua voce, la carezza dei suoi sguardi… erano tutte
falsità. E ora
recitava la vecchia parte con una nuova protagonista, la quale, a
differenza
della precedente, non tradiva alcuna emozione mentre ripeteva la
formula
davanti a tutta la corte riunitasi all’interno della
cattedrale.
Solo
in un momento Anna avrebbe giurato di aver visto la determinazione
della
sorella vacillare. Era stato durante lo scambio degli anelli: le mani
di lei
erano scosse da un lieve tremito mentre toccava quelle del suo sposo
allo
stesso modo con cui avrebbe toccato le spire di un serpente pronto ad
attaccare.
Possibile
che nessuno, a parte lei, si accorgesse di quanto stava accadendo?
Distolse
lo sguardo e cercò Kristoff. No, Kristoff e Olaf, entrambi
elegantemente
vestiti per quel gioco degli sponsali, uno con un completo da cerimonia
e l’altro
con un vistoso papillon dai colori caldi, non si erano lasciati
ingannare, e le
loro espressioni stonavano tra gli altri partecipanti commossi e
felici.
Sembravano degli attori che si erano preparati per uno spettacolo
diverso da
quello che stava andando in scena. Due personaggi drammatici nel bel
mezzo di
una commedia. Ma i protagonisti del dramma erano quattro, loro due,
Anna ed
Elsa.
“Vi
dichiaro marito e moglie”.
Aspetta
aspetta aspetta… è il
momento del bacio?!
Cioè,
lui deve baciare…? No no NO!!!
Si
trattenne dal saltare davanti ad Elsa. Stavolta non c’era una
spada pronta ad
affondare nelle sue carni eppure il carnefice era ancora lì,
davanti a loro,
pronto a colpire, e stavolta il dovere le imponeva di non salvare la
sua amata
sorella e di guardare le belle labbra del principe sfiorare quelle
immobili
della regina.
Il
popolo proruppe allora in un fragoroso applauso e in un tripudio di
felicitazioni ai neosposi, senza minimamente sospettare che il riserbo
della
sposa potesse avere una ragione totalmente, lontanamente diversa dalla
timidezza.
FINE
Buonsalve
a tutti!
Approfitto di questo spazio per ringraziare non solo in privato ma
anche
pubblicamente chi ha commentato (è vero che non si scrive per ricevere le recensioni, ma
è cosa risaputa che i feedback
positivi sono un balsamo per l’anima di un fanwriter!) e chi
ha letto e
apprezzato il primo capitolo. Spero di mantenere la trama
all’altezza delle
vostre aspettative! Un abbraccio e ci si trova la prossima settimana!
^_^
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Era
la prima volta, in quei quattro anni, che Elsa avrebbe desiderato
chiudere
nuovamente le porte e buttare fuori tutti, incluso il fresco maritino.
Uniche
eccezioni, ovviamente, Anna, Olaf, Kristoff e Sven. Loro li avrebbe
sequestrati
e rinchiusi nella sua stanza, dove si sarebbe rannicchiata
abbracciandoli come
fossero stati una enorme coperta di Linus umana.
E
invece, ora si ritrovava regina, e questo andava bene, E moglie.
Moglie
di Hans…!
Le
sue dita pizzicavano nascoste dai soliti guanti (erano
un’utile barriera, le
facilitavano il controllo della magia, quindi non aveva mai smesso di
usarli)
ma stavolta di un bianco verginale in accompagnamento al delizioso,
semplice ma
raffinato, abito da sposa. Come avrebbe potuto liberarsi di quel
fastidioso
pizzicore? Congelando o strozzando il marito a mani nude? Questo era il
dilemma! No, il dilemma più grande era che non poteva fare
né l’una né l’altra
cosa, anche se, oddio, come lo avrebbe desiderato, mentre il verme le
prendeva
la mano e l’accompagnava al centro del salone per aprire le
danze.
“La
mano sulla schiena, toglila da
lì! Ma guardalo come ci sta prendendo gusto! Guarda che so
che hai capito
benissimo quello che voglio, piccolo verme schifoso, sennò
non faresti quel
sorrisetto compiaciuto! Oh, guardiano che sei rimasto nel mio castello
di
ghiaccio sulla Montagna del Nord, quanto sto rimpiangendo la tua
assenza in questo
momento!”.
Fortunatamente,
avevano avuto l’obbligo di aprire le danze, non danzare
sempre insieme.
Al
termine del ballo Elsa
si allontanò con
nonchalance e nessuno ci trovò nulla di male. Nessun altro
ospite poté ballare
con la sposa, solito riserbo ormai accettato come parte della
personalità della
regina, che cosa ci si può fare? Elsa venne reclamata da
Anna, Kristoff (anche
per la coppia solo un ballo, dietro minacce della dolce Anna al suo
cavaliere,
che non voleva mostrarsi per troppo tempo come l’impedito,
zotico elefante nel
negozio di cristalleria) e Olaf. Per ovvie ragioni, la renna non era
stata
ammessa alla sala, ed Elsa, pur essendo regina, avevo deciso di
accondiscendere
a tale scelta. Non per impedire il guasto di una caduta di stile nel
solenne
ricevimento reale, sia chiaro, ma per avere l’ottima scusa di
tagliare la corda
e uscire con i tre amici a far compagnia
a Sven.
“Oh
Elsa!” il lamento di Anna suonò straziante
nell’animo di Elsa mentre le sorelle
si abbracciavano con trasporto. Lì all’aperto,
nella solitudine dei pressi
delle scuderie reali dove alloggiava Sven, non c’era bisogno
di fingere che
tutto andasse bene (non ci sarebbero stati mai più segreti
tra le sorelle, Elsa
lo aveva giurato sulla memoria dei genitori).
“Tutto
sommato, le cose potevano andare peggio” disse Elsa, e Anna
si separò
guardandola sgomenta. Il verme a casa loro. Poteva davvero andare
peggio?
“Devo
soltanto sopportare la presenza di un verme al mio fianco. Non ci
farà del
male, non potrebbe farcene senza rimetterci. Ora, mi aspetto che non
sia
abbastanza idiota per farlo”.
“Esatto
Elsa” Kristoff aveva ormai raggiunto abbastanza
familiarità con la sorella
della sua … a-hem … amica,
da poter
dare del tu alla regina, con il benestare della sovrana ovviamente.
“Devi
soltanto tenerlo al suo posto. Se c’è qualcuno che
può farlo quella sei
sicuramente tu!”.
“Certamente,
e se non dovesse capire bene la situazione, un paio di stalattiti dove
non
batte il sole non gliele toglie nessun al nostro principe!”
esclamò Olaf.
Le
sue parole ebbero subito un effetto sdrammatizzante sul terzetto, che
immaginò
anche senza volerlo il povero Hans
alle prese con le peggio cose che una mente vendicativa poteva
concepire.
“Oh,
Olaf, se non esistessi dovrebbero inventarti!” .
“A
questo proposito Elsa” proseguì baldanzoso il
pupazzo “potresti inventarne
quanti ne vuoi, di pupazzi di neve! Non mi dispiacerebbe avere un
amico. Non
fraintendetemi” si affrettò ad aggiungere
“voi siete miei amici e vi voglio un
mondo di bene, ma qualche volta penso a come sarebbe bello avere vicino
qualcuno che mi assomigliasse!”.
“Penso
di capire cosa intendi” rispose Elsa “tu sei un
pupazzo e noi esseri umani.
Cerchi qualcuno non diverso da te”. Elsa poteva capire
eccome. Non aveva idea
se, al mondo, esisteva qualcuno come lei, con strani e pericolosi
poteri. Anche
se ce ne fossero, chissà quanto lontani erano …
chissà, se ne avesse conosciuto
qualcuno durante l’infanzia, avrebbe avuto così
paura di se stessa?
“Elsa,
non è un’idea malvagia! Potremmo creare una
fidanzatina per Olaf!” esclamò
Anna.
“Ci
risiamo!” sospirò Kristoff, scuotendo la testa
davanti alla ragazza entrata nuovamente
in modalità romanticismo da diabete.
“Un
amico maschio andrà benissimo” borbottò
Olaf, che su certi argomenti non era
tanto diverso dal montanaro.
“Allora
proverò subito!” esclamò Elsa. A parte
il fatto che voleva pensare a tutto meno
che al verme che probabilmente l’attendeva
all’interno del castello (ma più
probabilmente si stava gustando il ricevimento da protagonista
assoluto), il
pizzicore alle dita non era ancora passato, segno che la magia anelava
di
manifestarsi.
Si
tolse i guanti mentre si allontanava di pochi passi dal gruppetto. Si
fermò e,
ad occhi chiusi, concentrò in sé
l’energia e la diresse verso le sue mani. Non
era molto diverso rispetto al lavoro di un artigiano, seppur con le
ovvie
differenze soprannaturali (ricordò che la similitudine
gliel’aveva suggerita
Kristoff): con un’idea in testa e la propria energia, le mani
come strumento e
il ghiaccio come materiale, poteva creare meraviglie.
Sotto
il suo controllo, vide la luce un nuovo pupazzo di neve.
Non
era graziosissimo ma nemmeno brutto, comunque Olaf non aveva mai visto
un
pupazzo più bello di quello, a parte lui, beninteso. Era
eccitatissimo come un
bambino la mattina di Natale.
Mentre
sistemava sopra la testa della sua creazione la nuvoletta di neve che
gli
avrebbe garantito la sopravvivenza, Elsa si sentì
commuovere, come sempre e
accadeva ogni volta che, col suo potere, donava un po’ di
felicità a qualcuno.
Il
nuovo pupazzo aprì gli occhi chiari (erano semplici solchi
disegnati sulla
neve) e si guardò intorno con espressione incerta. Il
sorriso composto da bianchi
sassolini si allargò quando udì la voce di Olaf
che si stava avvicinando a lui.
“Ciao,
io sono Olaf e amo i caldi abbracci! Tu chi sei?” gli chiese
con aspettativa.
“Nasco
bianco, fresco e bello
con
la faccia da monello,
del
bel sole ho un gran terrore:
mi
distrugge in poche ore.
Ho
la testa, ma non ragiono:
insomma,
chi sono?” recitò il nuovo.
Il
sorriso si fece un po’ incerto.
“Non
me lo ricordo. E comunque” proseguì ancora rivolto
in direzione di Olaf e
del gruppetto ammutolito ma senza guardare
nessuno “Non è che potreste accendere la luce?
È tutto buio qui!”.
FINE
Buondì
a
tutti carissimi!
Vi chiedo
scusa per il lieve ritardo, ho avuto degli impegni improrogabili che mi
hanno
tenuta lontano dal computer per diverso tempo.
Voglio
ringraziarvi tutti per il sostegno che date alla mia fanfic! Spero di
non
deludervi!
See you next
week, people! ;)
Adri
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 - versione innocente ***
Buonasera
cari lettori
e care lettrici, vi prego di scusarmi per il lieve ritardo sulla
tabella di
marcia. Comunque, spero che la lunghezza del capitolo vi soddisfi e vi
induca a
perdonarmi per il ritardo. Ho una comunicazione abbastanza importante
da farvi:
questo capitolo è in doppia versione, una
“innocente” (che è quella che vi
apprestate a leggere) e una a rating rosso, che è pubblicata
in un capitolo
extra in contemporanea a questo (il titolo sarà lo stesso,
Redenzione?, con il
punto di domanda obbligatorio visto che Hans, qui, ha toppato
clamorosamente
…). Come ben sapete, il regolamento di EFP è
chiaro a proposito di scene di
sesso descritte esplicitamente, e così devo adeguarmi.
Sì gente, sesso
esplicito: siamo alla prima notte di nozze (qualcuno aveva chiesto dei
colpi di
scena?)
MA…!
Dubito fortemente
che un minorenne sia così innocente, soprattutto dopo aver
visto certe robette
in altri fandom o certe role su Facebook. Pertanto, chi è
curiosa di leggere la
parte p0rn e ha raggiunto almeno 13/14 anni (vabbè che non
chiedo la carta di
identità ma non voglio nemmeno corrompere ragazzine con una
sola cifra nella
loro età quindi siate oneste!) mi mandi un mp e
invierò senza problemi un link esterno
a EFP che porterà liberamente al capitolo a rating rosso.
Non credo che questo
annuncio sia contrario al regolamento di EFP, se così prego
l’amministratore
eventualmente interpellato di avvisarmi e suggerirmi la via da
intraprendere.
Beh,
buona lettura! ^^’
Adrienne
CAPITOLO
4 – Rating innocente
Non
c’era possibilità di far durare un ricevimento per
sempre, ed Elsa si sentì
sollevata e inquieta allo stesso tempo quando le danze si chiusero
definitivamente e la regina dovette fare i suoi saluti mentre gli
invitati
porgevano gli ultimi omaggi alla coppia reale. In mezzo alle altre
persone era
stato facile non avere a che fare con il verme al di là
delle finzioni di
cortesia che il protocollo aveva richiesto, ma ormai era giunto
inesorabile il
momento in cui avrebbe dovuto trovarsi faccia a faccia con lui, da
soli, per
mettere in chiaro un altro paio di cosette.
… avrebbe preferito
congelarlo all’istante
piuttosto che rivolgergli ancora la parola ma pazienza.
Anna
e Kristoff si erano congedati anzitempo, mentre erano ancora fuori
nelle
stalle: Anna era inconsolabile, come Elsa aveva previsto, e tutti
avevano
preferito salutarsi lontano da occhi indiscreti che avrebbero
finalmente colto,
senza ombra di dubbio, tutto il dramma celato dietro
all’atmosfera di gioia che
aveva caratterizzato la giornata di tutti gli abitanti di Arendelle.
Anche
Olaf era partecipe della situazione pesante, ma era altrettanto preso
dal nuovo
amico, il pupazzo smemorato che sembrava turbato dal non ricordare il
proprio
nome. Anna, una volta, aveva raccontato ad Elsa del suo primo incontro
con Olaf
mentre stava cercando la sorella sulla Montagna del Nord, e il pupazzo
non
l’aveva riconosciuta, né sembrava ricordare il
giorno in cui era stato
costruito dalle sorelle bambine. Probabilmente la stessa amnesia era
presente
nel nuovo pupazzo. Eppure Olaf aveva ricordato il proprio nome e la
propria
caratteristica principale, amare i caldi abbracci, mentre
l’altro pupazzo
ricordava soltanto quella strana filastrocca … per non
parlare della sua
cecità. Era strano che il nuovo pupazzo sembrasse turbato
solo dalla sua
amnesia e non dalla sua menomazione agli occhi. Che fosse sempre stato
cieco?
Certo questo avrebbe spiegato il suo comportamento, e certo avrebbe
placato il
timore della sovrana di aver in qualche modo provocato lei quella
menomazione …
Tempo
di abbandonarsi a quei pensieri, e appena Elsa tornò al
presente, si accorse
che il salone era ormai deserto, fatta eccezione per la sgradevole
presenza al
suo fianco, che la scrutava con divertita indifferenza.
“Siete
così stanca che vi addormentate in piedi, moglie?”
mormorò Hans accennando un
sorrisetto beffardo.
No,
decisamente non voleva iniziare alcuna conversazione col verme.
Girò i tacchi e
si diresse a passo sostenuto verso l’ala privata del
castello.
Il
verme la stava seguendo, senza fretta apparente ma sostenendo il passo
allo
stesso modo. Non intendeva raggiungerla, né fermarla,
semplicemente la seguiva.
Era irritante.
Giunti
davanti alla porta della camera da letto, Elsa ritrovò la
sicurezza che, lungo
i corridoi, sembrava essere stata sul punto di abbandonare. Non dormiva
più
nella stanza in cui aveva vissuto da bambina. Era l’area
della nursery,
dopotutto, e ora lei era la regina, senza contare poi il fatto che
proprio non
aveva alcun desiderio di dormire tra le mura dove era stata tanto
infelice.
No,
adesso la sua stanza da letto era una stanza regale, da donna adulta,
con al
centro, appoggiato al muro, il talamo nuziale. Ma nonostante il grande
cambiamento, Elsa era decisa a ripristinare una sua vecchia tradizione,
stavolta senza alcun dispiacere: chiudere a oltranza la porta in faccia
a
qualcuno di indesiderato.
Sfortunatamente
per lei, la mano saldamente appoggiata alla porta, che le impediva di
chiuderla
dietro di sé, fece ben comprendere ad Elsa che
l’impresa non sarebbe stata così
semplice come lo era stata anni addietro con Anna.
“Buonanotte,
principe Hans” disse a denti stretti la regina, facendo forza
con le mani per
chiudere la porta.
“Non
potete tenermi fuori dalla porta, Elsa” ribatté il
verme, e per sicurezza pose
il piede tra la porta e intercapedine per evitare che la ragazza
raggiungesse
il suo scopo.
“Oh
sì che posso. Il castello non manca di stanze da letto.
Trovatene un’altra”.
“Se
non vi spiace, vorrei dormire con mia moglie”.
“In
effetti sì, mi dispiace”.
“Non
vorrete suscitare i pettegolezzi dei domestici?”
“I
nostri domestici sanno essere molto discreti. Come credete che abbia
fatto a
tenere nascosto il mio potere per oltre dieci anni?”.
“Ci
siete riuscita per perché voi
volevate tenere nascosto il vostro potere. Cosa vi fa credere che io voglia tenere nascosta la vostra
reticenza?”.
“Principe
Hans …” sospirò con lieve esasperazione
Elsa.
“Se
desiderate, potete chiamarmi soltanto Hans. Siamo sposati
ora”.
“…
Principe Hans, appunto, siamo
sposati. Avete il titolo che avevate tanto ambito. Il vostro scopo
è stato
raggiunto” .
“Dunque
è questo che pensate” mormorò il
giovane, più a se stesso che alla donna
davanti a lui.
“Elsa,
ascoltatemi. Non vi toccherò nemmeno con un dito ma
è indispensabile che
chiariamo alcuni punti il prima possibile, e possibilmente, non
separati dalla
porta. Fatemi entrare e sarò un galantuomo”.
All’espressione scettica di Elsa,
si vide costretto ad aggiungere con un sospiro “Non ci tengo
a dare spettacolo
ai domestici che potrebbero accorrere alle vostre grida”.
“Non
avrei bisogno di chiamare alcun aiuto, fareste bene a ricordare che
posso
difendermi da sola” a conferma delle sue parole, una
leggerissima brina
ghiacciata fece la sua apparizione sullo stipite.
“Non
mi riferivo a grida di paura o di aiuto” prima che Elsa
potesse cogliere
allusioni poco lusinghiere, si affrettò ad aggiungere
“Proprio per via del
vostro potere, potete sentirvi al sicuro dalle mie eventuali cattive
intenzioni.
Lasciatemi entrare. Per favore”. Aggiunse lo stesso sguardo
che le aveva
rivolto nella cella delle segrete quattro anni prima, mentre la
supplicava di
far tornare l’estate.
Che
essere falso. Ma aveva ragione, non poteva farle nulla di male. Elsa
lasciò la
porta aperta e si allontanò da essa senza mai dare le
spalle. Lasciò entrare il
giovane che richiuse la porta mentre lei indietreggiava fino al camino
che i
domestici avevano provveduto ad accendere prima del loro arrivo.
“Ebbene,
ditemi quello che avete da dire e poi uscite da qui!”
esordì la regina senza
tanti preamboli.
Hans
si avvicinò al fuoco. Un po’ di calore gli avrebbe
dato la forza per resistere
a quelle parole di ghiaccio come colei che le aveva pronunciate.
“Pensate
davvero che abbia ottenuto tutto ciò che desidero stasera?
Siete mia moglie e
siete una bellissima donna. Niente mi renderebbe più felice
che toccare la
vostra pelle e sentire se è liscia come il ghiaccio che
sapete evocare”.
“Non
pensate di poter lusingarmi con belle parole come avete fatto con mia
sorella!
Anzi, farmi ricordare ciò che le avete fatto rende ancor
più controproducente
tutto quello che avete appena detto!”.
“Oh, ma io sono
sincero questa volta. Elsa,
voi sapete chi sono, sapete cosa ho fatto, sapete cosa ho sempre
voluto. Perché
dovrei nascondere la mia indole se già l’avete
scoperta?”.
“Quindi
siate esplicito anche questa volta: cosa volete ancora da me?”
“Voglio
voi, Elsa. Stringervi tra le mie braccia e farvi mia stanotte, la notte
successiva e quella successiva ancora, finché morte non ci
separi”.
Elsa
rimase letteralmente a bocca aperta davanti a quella … oltraggiosa pretesa. Ma la sorpresa
durò pochi istanti, mentre una
gelida rabbia si impossessava di lei. Come osava
anche solo pensare di fare con lei quelle … cose!
Si
costrinse a mantenere la grazia che la contraddistingueva anche in
quella
situazione così scomoda.
“Non
ci tengo minimamente a farmi sfiorare da una persona viscida come voi,
principe
Hans. Non vi farei toccare nemmeno le mie scarpe, se dipendesse da me.
Invece è
già troppo aver dovuto baciarvi in chiesa. Fatevelo bastare
per il resto della
vostra subdola esistenza!”.
“No”
rispose Hans senza scomporsi.
“No?”
ripeté Elsa innervosita oltre misura.
“Quel
bacio è stato piacevole, malgrado la scarsa collaborazione
da parte vostra, e
non desidero proprio rinunciarvi d’ora in avanti”.
“Lo
farete invece. Avete detto voi stesso che non avreste alzato un dito su
di me
senza il mio consenso.”
“Lo
avrò”.
“Vaneggiate”
“No,
sono realista.”
“Siete
così sicuro che io possa desiderare … qualunque
cosa con voi?!”
“Approfondiamo
quel qualunque cosa” disse il principe accennando un
sorrisino malizioso.
Elsa
ignorò l’imbarazzante allusione. “Siete
davvero pieno di voi se credete che io
possa condividere i vostri desideri”.
“Non
dovete per forza condividerli.”
“Cosa
state dicendo?”
“Il
contratto, Elsa” la voce di Hans divenne improvvisamente
gelida come quello che
aveva tenuto Elsa ... fino a quel momento
“Cosa
c’entra il contratto adesso?” chiese
Elsa, inquieta come mai era stata in tutta la giornata – il
calore del fuoco
nel camino iniziava a perdere la sua battaglia contro il freddo che
stava
aumentando nella stanza.
“Voi
stessa avete accettato i termini del contratto nuziale che abbiamo
stipulato.
Arendelle avrebbe goduto dei vantaggi economici stipulati col mio
Paese, e io
avrei goduto dei privilegi di principe consorte”.
“Questo
è esatto” convenne Elsa, non capendo dove volesse
andare a parare ma allo
stesso tempo timorosa di scoprirlo.
“Sono
vostro marito, Elsa. Non credete forse che condividere il talamo
nuziale con la
regina sia un diritto del principe consorte?”.
“Ciò
che dovrebbe accadere nell’intimità del talamo
nuziale non ha a che fare con la
politica. Il matrimonio è un contratto politico, il
matrimonio è stato
celebrato, il resto è solo un fatto privato!”
Elsa
era profondamente convinta di quello che aveva detto, sulla base di
questa
convinzione aveva ingoiato il rospo e acconsentito ad unire la sua vita
con
quella del verme che la guardava così intensamente da farle
distogliere lo
sguardo, ora fisso imperterrito verso il camino, da cui le fiamme
uscivano
sempre più deboli.
Il
tono di voce del principe tradiva la risatina repressa dalla sua
risposta: “Un
matrimonio non è valido se non è consumato.
Potreste richiederne l’annullamento
in qualsiasi momento.”
Quelle
parole ebbero un effetto potente su Elsa. Le fiamme del camino si
spensero
all’istante, sconfitte dal clima gelido che si impose
prepotente nella stanza.
La maggior parte della luce era data dal fuoco del camino, le
sporadiche
candele accese nei candelabri non potevano emanare una chiara
illuminazione. Le
finestre erano ancora aperte; era molto tardi ma il cielo
“era sveglio”. Il
bagliore dell’aurora boreale contribuiva a dare alla stanza
una tenue ma
inquietante illuminazione spettrale che ben si conciliava con
l’animo della
regina.
La
donna non aveva mai pensato che un matrimonio, per essere valido,
necessitava
di essere consumato! Lo sapeva dai suoi studi di politica, eppure era
genuinamente convinta di non interessare al verme da quel punto di
vista, lui
voleva il trono, era stato esplicito su questo! Ma possibile che nessun
ministro un po’ più navigato di lei avesse pensato
di metterle la pulce
nell’orecchio? … Come avrebbero potuto immaginare
di doverlo fare, lei non
aveva mai espresso esplicitamente il suo desiderio di conservare la
propria
verginità, non era certo argomento da esternare a cuor
leggero!
“Non
chiederò mai l’annullamento, principe
Hans” tentò di temporeggiare Elsa “voi
non volete me, volete Arendelle. Ora l’avete. In condivisione
con me, però
l’avete. Non datevi pena nel dover adempiere ai doveri coniugali, non siete obbligato a
farlo”.
“Forse
allora non sono stato abbastanza chiaro” Hans si
avvicinò alla donna e si mise
di fronte a lei, in modo da guardarla negli occhi e dare
così forza alle sue
parole. “Voglio tutti i privilegi che, in quanto principe di
Arendelle, mi
spettano. Tra questi privilegi, vi sono anche i diritti
coniugali, Elsa. Voglio Arendelle e voglio la
sua regina”.
Il
gelo si fece più intenso, Hans iniziò a tremare
ma mantenne imperterrito il suo
contegno, deciso a imporsi. La voce di Elsa si fece, suo malgrado,
più sottile
e tesa.
“Non
voglio farlo. Avete detto che non mi avreste forzata”.
“È
vero. Non vi prenderò con la forza. Che ci crediate o meno,
non sono quel tipo
d’uomo. Ma in questo caso” aggiunse con una pausa
significativa “sarò io
a chiedere l’annullamento, e tutti
gli accordi prematrimoniali andranno in fumo. Tornerò al mio
Paese, e voi vedrete sprofondare
nella miseria il
vostro!”.
Hans
tremava ancora, ma a quelle parole anche Elsa iniziò a
rabbrividire, sebbene
per una ragione diversa. Scattò lontano dal principe,
dandogli le spalle, per ragionare
sulle sue parole.
Una
via di fuga, doveva esserci una scappatoia a quel pasticcio! Ma non lo
trovava.
Era un ricatto bello e buono, ma era perfettamente legittimo. Aveva
accettato
gli accordi, avrebbe dovuto pensarci prima. Era in trappola. E a
malincuore, si
vide costretta a cedere al ricatto del verme. Non aveva speso notti
insonni ad
aspettare quel matrimonio per poi permettere al principe di mandare
tutto
all’aria. Aveva bisogno del sostegno del Regno delle Isole
del Sud e l’avrebbe
ottenuto. Doveva solo … estraniarsi dall’atto che
doveva compiere. Tutto
sarebbe finito presto.
“Solo
per stanotte. Con- consumeremo il matrimonio, e che sia
finita”.
“Ti
avrò ogniqualvolta lo desideri”
continuò imperterrito il principe.
“Questo
non è giusto!” sbottò Elsa e il vento
iniziò a sibilare nella stanza portando
con sé piccoli cristalli di neve.
“Questo
è il matrimonio!” sbottò a sua volta
Hans, iniziando a stufarsi della
situazione (e del freddo, tanto per essere onesti). “Se la
cosa ti può
tranquillizzare, non ci tengo a stare con una donna che non desidera
divertirsi
assieme a me. Accadrà una volta ogni tanto, non sempre. Sono
un uomo, non un
monaco. Te lo dico ora, giusto per confermarti quanto detto
all’inizio: non
sento il bisogno di nasconderti niente”.
“Almeno su una
cosa siamo d’accordo” un
sottile strato di neve iniziò a posarsi su tutte le
superfici e i mobili della
stanza “non ci divertiremo. Né tu né
io. Né stanotte né in tutte le notti che
seguiranno”.
Non
si voltò, non si mosse, non sentì il bisogno di
fare altro che mantenere bassa
la temperatura. Aveva finito di protestare.
Sentiva
i passi del verme farsi più vicini e il rumore di qualcosa
di leggero che
toccava terra.
“Così
sia” mormorò il principe dietro il suo orecchio.
***
…
Finalmente, per la gioia di entrambi, tutto finì. Hans si
liberò in Elsa con un
sospiro travagliato mentre la donna gemeva per lo schifo. Aveva gradito
il non
essere stata imbrattata dal sangue di quel maledetto, ma a poco valeva
quel
gesto quando si rese conto di esser stata sporcata con altro.
Una
volta libera dallo scomodo abbraccio, si scostò da lui con
la stessa rapidità
che avrebbe avuto a contatto col fuoco, e si rifugiò oltre
la porta comunicante
che dava alla stanza da bagno attigua alla camera da letto.
Hans
poteva percepire il freddo farsi via via meno intenso ma la cosa non lo
rincuorava. Si alzò dal letto, ignorando il suo sangue ma
con lo sguardo fisso
su altro sangue, in posizione distante rispetto a quello perso dalla
spalla,
poche macchie scarlatte di piccole dimensioni. Non ci voleva un genio
per
capire che quel sangue non era suo, ma di Elsa. Dunque lui era stato il
suo
primo uomo. Lo aveva immaginato, eppure non si sentiva per nulla
compiaciuto.
Si
riallacciò i pantaloni e si diresse verso il camino, dove
alimentò il fuoco per
riscaldare la stanza. Non fece nulla per rimuovere la stalattite che
Elsa gli
aveva conficcato a sorpresa nella spalla, il fuoco l’avrebbe
sciolta e allora
avrebbe curato la ferita. Non era arrabbiato per l’uso che
Elsa aveva fatto dei
suoi poteri. Non l’aveva ucciso, come avrebbe potuto fare
facilmente, né lo
aveva ferito in modo serio. Lui aveva ferito lei e lei aveva ferito
lui.
Sentiva piuttosto di essersi rimesso in pari con lei, sebbene non ne
fosse così
sicuro.
Tuttavia
non poteva farci niente. C’era un piano da rispettare, un
piano a cui avrebbe
volentieri fatto a meno di partecipare, ma ormai c’era dentro
e non poteva più
fermarsi.
FINE
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Buonasera
a tutti! Voglio approfittare di questo spazio per ringraziare chi ha
lasciato i
commenti ai capitoli precedenti! Grazie Grazie Grazie! Sono davvero
parole le
vostre che scaldano il cuore e mi invogliano a scrivere sempre meglio!
E
mi sento molto colpevole per essermene dimenticata fino a oggi ma non
è mai
troppo tardi per rimediare: ringrazio la mia carissima e storica beta
reader,
Yuki Delleran, per avermi impedito di pubblicare strafalcioni
grammaticali da
fustigazione perenne all’Accademia della Crusca!
E
ora, buona lettura!
Adri
CAPITOLO
5
Elsa
si strofinò la pelle con un panno bagnato di acqua tiepida
fino ad arrossarla,
nell’attesa che l’acqua sulla stufa si scaldasse a
sufficienza per poterla
versare nella vasca. Voleva togliere via ogni più piccolo
segno del passaggio
del verme su di sé.
Ancora
non riusciva a capacitarsi del fatto che fosse successo davvero!
Perché
era dovuto capitare proprio a lei? Come avrebbe voluto cancellare con
un colpo
di spugna … tutto! Quello che aveva subito, il ricordo di
quel matrimonio da
incubo, cancellare lo stesso Hans dalla faccia della terra!
E
invece no, il verme stava là fuori, nel suo letto, tutto
bello soddisfatto,
mentre lei sarebbe dovuta uscire da lì prima o poi!
“Dai
acqua, sbrigati a scaldarti!” .
Se
soltanto il verme si fosse accontentato di tormentarla quella volta
soltanto!
Invece no, voleva fare … quella
cosa
di nuovo!?
Elsa
non era sicura di riuscire a guardare in faccia Hans senza sprofondare
nella
vergogna, figuriamoci riuscire a farsi toccare di nuovo da quel
maledetto senza
essere sopraffatta da conati di vomito. E poi non doveva sottovalutare
il fatto
che più il verme se la portava a letto e più
aumentavano le probabilità che lei
restasse …
Elsa
si immobilizzò all’istante, improvvisamente
consapevole.
No
… NO!
Portare
dentro di sé il figlio di una violenza, il figlio di Hans!
Sarebbe morta
piuttosto!
Adorava
i bambini, davvero, ma quel bambino
…
sarebbe stato la materializzazione di un incubo. Se si imponeva di
pensare all’eventualità
di una gravidanza, provava solo il panico di una preda chiusa in
trappola e
pronta a ricevere il colpo di grazia.
Ah,
quel dannato
contratto! Se solo non fosse
mai stato scritto non si sarebbe mai trovata in quella situazione!
Un
nuovo fremito d’orrore la scosse con la forza di una
secchiata di acqua diaccia
in pieno volto. Invece era solo la temperatura della stanza che, di
nuovo,
precipitava inesorabilmente sotto lo zero.
Il
contratto! Che cosa prevedeva il contratto nel caso di nascita di un
figlio di
Hans? Nulla, assolutamente nulla.
Era
stato scritto nero su bianco che, in caso di sua prematura morte,
sarebbe stato
il primogenito di Anna ad ereditare il trono, ma era scontato senza
alcuna
ombra di dubbio che il figlio della regina avesse la precedenza
nell’ereditare
il trono. Anche fosse stato messo per iscritto, nessun contratto
avrebbe potuto
annullare il diritto di primogenitura.
Messa
così la situazione, se Elsa avesse partorito un figlio di
Hans e dopo le fosse successo
qualcosa …
La
donna era sicura, nel contratto non c’era alcun riferimento
su a chi sarebbe spettata
la cura di suo figlio in caso di morte prematura, ed era più
che ovvio che tale
compito sarebbe ricaduto sul padre della creatura! E perché
avrebbe dovuto
pensarci, lei non aveva certo
creduto
di rimanere coinvolta nei preamboli necessari per farne uno!
Ma
il verme doveva saperlo di sicuro. Per la seconda volta quella notte,
il
dannato contratto prematrimoniale le si era ritorto contro: in caso di
sua
precoce dipartita e con suo figlio erede al trono, Hans sarebbe
diventato
reggente di Arendelle per conto del figlio almeno fino al compimento
della sua
maggiore età! Avrebbe ottenuto ciò che aveva
sempre voluto, la vita di Elsa
sarebbe stata nuovamente in pericolo e, come se non bastasse, sua
sorella Anna
si sarebbe ritrovata a sottostare ai comandi di quel maledetto per il
resto
della sua vita!
“No,
acqua, ti prego, non gelare proprio adesso!” ma Elsa non
poteva farci niente,
la superficie del pentolone dove stava scaldando l’acqua
divenne dura e liscia
come uno specchio.
“Niente
emozioni, niente emozioni, niente emozioni!” ma la brina
stava cominciando ad
attaccarsi sulle pareti della stanza.
Che
cosa poteva fare per togliersi dai guai!?
Non
se ne rese conto subito, ma presto avvertì una sensazione
fastidiosa scendere
lungo le cosce. Ghiaccio.
Ciò
che il verme le aveva imposto di ricevere dentro di sé
usciva ora da lei in un
rivolo di giaccio gelatinoso. Elsa fu disgustata da tale vista e prese
a
strofinare via quello schifo con la pezzuola, vigorosamente,
desiderando ora
più che mai sprofondare nella calda acqua della vasca per
tornare di nuovo
pura!
Lavò
via con cura ogni singola goccia cristallizzata di schifo,
e una parte della sua mente realizzò che, ghiacciata
com’era, era impossibile che una cosa così
innaturale potesse …
L’acqua
sul braciere tornò all’istante al suo stato
liquido. Sì, realizzò
improvvisamente la regina, era impossibile concepire in quelle
condizioni!
Sì
sentì liberata di un peso, e flebili onde di vapore acqueo
iniziarono a
risalire dalla pentola. Elsa non attese un minuto di più,
versò l’acqua nella
vasca ed vi entrò dentro. L’acqua era appena
tiepida ma ad Elsa non importava,
e vi si immerse completamente, desiderosa di tornare pulita.
Avvertiva
una cupa soddisfazione all’idea di aver mandato
all’aria i piani del principe.
Il verme avrebbe potuto forzarla alle sue voglie tutte le volte che
voleva ma
lei non gli avrebbe mai dato
ciò che
bramava sul serio. Avrebbe sopportato le sue disgustose carezze come
avevano
fatto in passato le nobili che non avevano potuto avere il privilegio
di
scegliere l’uomo da sposare, se questo significava fare il
bene del proprio
regno. Non doveva perdere di vista l’obiettivo: doveva
portare Arendelle fuori
dalle difficoltà che era stata chiamata ad affrontare e
avrebbe tenuto stretta
la magra consolazione di rompere le uova nel paniere al bellimbusto che
probabilmente stava sperando di poter cantare vittoria alla notizia che
diventerà papà.
Una notizia che non riceverà
mai.
Uscendo
dalla vasca provò un ulteriore moto di fastidio nei
confronti del fresco
marito: il suo livello di cinismo era senza limiti se davvero avrebbe
messo in
mezzo un bimbo innocente pur di sedere sul trono di Arendelle da solo!
Una
volta asciugata sentì di aver ripreso il controllo
abbastanza da poter tornare
nella sua stanza. Avrebbe dovuto dividere il letto con il verme e
cercare di
addormentarsi a pochi centimetri dal suo fianco, ma era nulla in
confronto a
quello che aveva dovuto subire … avrebbe sopportato anche
questo.
***
Elsa
avanzò verso la sua parte di letto senza fare rumore e si
sdraiò il più lontano
possibile e con cautela per non svegliare il verme che dormiva. Non si
trattava
della premura di non disturbare il suo riposo, naturalmente, a muoverla
era piuttosto
il desiderio di non aver più a che fare con lui fino
all’indomani (avrebbe
preferito fino al giorno del “mai più”,
ma ciò non era possibile).
Hans,
per contro, fingeva di dormire e non si mosse al frusciare delle
coperte che lo
informavano dell’arrivo della donna. Nemmeno lui voleva
affrontare di nuovo il
suo sguardo accusatore.
Buffo,
era stato sul punto di ucciderla con la sua spada, e si sentiva a
disagio per
quello che era appena successo. Ma a pensarci bene, non era poi
così strano.
Quattro
anni prima, quando era arrivato per la prima volta ad Arendelle, non
aveva
conosciuto davvero la regina e la principessa. Non erano persone, erano
obiettivi. Aveva visto in Anna il mezzo per ottenere Arendelle e in
Elsa l’ostacolo
che si frapponeva tra lui e la sua meta. Di fatto poi, non aveva dovuto
fare
granché: far innamorare di sé quella una
ragazzina era stato così facile che
l’aveva considerata una scioccherella non degna di stima,
mentre Elsa, quando
stava per ucciderla, era di spalle, quindi non
era una persona. Aveva visto la sua espressione distrutta
quando le aveva
mentito dicendo che sua sorella era morta a causa sua, eppure non si
era
sentito in colpa. Sarà stato il desiderio di trovare un
sistema per far cessare
la tormenta di neve, sarà stato il fastidio
di saperla così affezionata alla sorella, e da Anna
così fermamente ricambiata
nell’affetto, che aveva considerato quella menzogna una sorta
di inspiegabile rivalsa. Dopotutto,
nemmeno gli zotici
pastori si commuovono alla vista dello sguardo atterrito degli
agnellini al
macello, doveva mostrare un cuore tenero proprio lui, che aveva
ricevuto un
addestramento militare?
Invece
ora …
Se
solo la regina avesse continuato a mantenere la sua freddezza e avesse
agito solo
con ostilità nei suoi confronti, sarebbe stato facile
possederla senza tanti
problemi.
Invece
… quell’espressione dietro la maschera della
rabbia, lui l’aveva vista. Era
un’espressione che lo aveva indotto a un desiderio di
protezione, e non era
stato affatto piacevole constatare che era da lui stesso che Elsa
doveva essere
protetta. Aveva visto il dolore, ed era consapevole di essere stato lui
a
provocarlo.
No,
non ci teneva ad avere a che fare con lei troppo presto.
Ad
essere onesti, non avrebbe nemmeno messo piede ad Arendelle, se solo
non fosse
stato costretto. Invece avrebbe ancora dovuto tormentare la regina
– e se
stesso - per tutto
il tempo che sarebbe
stato necessario.
Ne
andava della sua vita.
|
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Capitolo 6 *** CAPITOLO 6 ***
Ehm…
*Fissa la data dell’ultimo
aggiornamento* 31
marzo….
I’M
SO SORRY! I APOLOGIZE!!!!!
T_T Real life sucks! Lavoro, studio e lavoro…. E mai
‘na gioia!
D’ora
in avanti cercherò di
pubblicare almeno una volta al mese, comunque non preoccupatevi,
c’è un canovaccio
fatto e finito, ma a volte non so come riempire un capitolo (e infatti,
il the
day after dei due sposini in questo capitolo è stato
difficile da immaginare,
almeno per me) e per questo il tempo di pubblicazione lievita
… ma giuro che
questa storia s’ha da finire e finirà!
E
dopo sta paraculata, vi auguro
buona lettura.
CAPITOLO
6
Svegliarsi,
quella mattina, fu
un’impresa più ardua del solito. Elsa aveva dolori
dappertutto, e soprattutto
una forte emicrania che martellava più forte non appena la
donna accennava a
muoversi.
Era
sola nel letto; il verme si
era dileguato prima del suo risveglio, con sommo sollievo di Elsa, che
non
volle guardare per più di un secondo le fredde lenzuola
coperte di sangue. Sì,
ricordava di aver ferito il verme con una stalattite di ghiaccio, ma
non se ne
curava. Se avesse voluto restare incolume, avrebbe potuto risparmiarsi
di
metterle le mani addosso.
Elsa
voleva uscire al più presto
da quella stanza, teatro della peggiore delle esperienze che era stata
costretta a vivere; allo stesso tempo, aveva timore di cosa avrebbe
dovuto
affrontare, al di là della porta. Ma non aveva scelta. Non
sapeva che ora
fosse: sebbene non avesse mai mancato al suo dovere di essere
mattiniera per
seguire gli affari di Stato e le riunioni con i suoi ministri, quella
mattina
tutto era passato in secondo piano.
Doveva
raggiungere la sorella.
Con il verme in giro per il castello, Elsa sentiva di dover vegliare
con
maggior attenzione su Anna. Dopo quella notte, sentiva tutte le sue
certezze e
la sua stessa sicurezza ridotte a un cumulo di foglie secche portate
via dal
vento. Non voleva più sottovalutare niente che avesse a che
fare con Hans:
aveva ridotto Elsa uno straccio, cosa avrebbe potuto fare a sua
sorella, se
fosse lasciato libero di agire come gli pareva?
Con
quei pensieri angosciosi,
Elsa si impose di alzarsi e vestirsi. Si diresse verso la sala da
pranzo dove
lei e Anna erano solite consumare la colazione assieme.
Trovava
desolante sapere che,
d’ora in avanti, non avrebbero più potuto
condividere da sole il piacevole
pasto del mattino.
***
“Principe
Hans, almeno per
qualche giorno dovrete limitare i movimenti al braccio, per non
lesionare
ulteriormente i tessuti del muscolo. È una fortuna che
… ecco … la stalattite
non abbia colpito l’articolazione della spalla. Entro una
settimana vi verranno
rimossi i punti. Verrò a disinfettare la ferita ogni giorno
e vi cambierò
personalmente il bendaggio”.
Il
principe Hans, si era limitato
a chiedere i servizi di un medico e a spiegare a
quest’ultimo, in tono
asciutto, che era la ferita era stata conseguenza di un incidente con
la
moglie, cosa che, in assenza di ulteriori spiegazioni, ebbe
l’infausta
conseguenza di venire considerato un giochetto erotico finito male. Il
medico
di corte era perplesso per la dinamica dell’incidente del
consorte della sua
regina, ma sapeva essere molto discreto e si era limitato a curare con
perizia
la ferita e a togliere il disturbo.
Hans
si fece aiutare a
riabbottonarsi la camicia – ignorando lo sguardo malizioso
del paggio sui
graffi che ricamavano la schiena del principe – e si fece
condurre alla sala da
pranzo.
***
“Elsa, ti ho
aspettato per un’ora intera! Come
mai ci hai messo tanto?” Anna si avventò con
sguardo preoccupato sulla sorella,
stranamente pallida e costretta in uno strano contegno.
“Non
hai fatto ancora colazione?
Potevi cominciare senza di me!” esclamò pacata la
sorella maggiore, in un
penoso tentativo di sottrarsi a un’indagine di Anna. Sapeva
essere molto
insistente, quando voleva.
“Che
mi importa della colazione,
ti stavo aspettando per sapere come stai, non per riempirmi la pancia
di
croissant!”.
“Ma
ora che sono qui, che ne
diresti di iniziare subito a mangiarne uno?” Elsa si
precipitò al suo posto a
tavola e prese in fretta un croissant dal vassoio, aprendolo in due, ma
senza dar
segno di volerlo mettere in bocca.
“Allora?”
chiese Anna mentre
prendeva posto vicino alla sorella.
“Allora
cosa?” chiese
nervosamente la regina.
“Elsa…
niente più segreti. Me
l’avevi promesso”.
“Formula
la domanda e forse saprò
darti una risposta” sospirò rassegnata la
maggiore; rassegnata a raccontare una
menzogna che avrebbe messo il cuore in pace la sorellina, ovviamente.
“Beh…”
all’improvviso Anna non
sapeva cosa dire.. o meglio, come
dirlo. “Anzitutto … stai bene?”.
“Potrei
stare meglio” rispose
Elsa in tono piatto. Era la verità, dopotutto.
“Non
hai l’aria di aver dormito
molto” proseguì l’altra con titubanza.
“Grazie
Anna” replicò mantenendo
la piattezza nel suo tono di voce.
“Quel
verme ha disturbato il tuo
sonno?” continuò con voce lievemente alterata.
Scusa, che sta dicendo adesso?!
La perplessità della regina non
trovò mai voce: la conversazione delle
sorelle venne interrotta dall’ingresso nella sala del verme.
Il
principe Hans non aveva il suo
solito sorrisetto beffardo, piuttosto un’espressione
imperscrutabile, ma per le
sorelle non faceva alcuna differenza: la sua presenza era fonte di
innegabile
fastidio per entrambe.
Senza
una parola, il principe si
sedette al tavolo, dove gli venne servito il tè dalla
cameriera.
Non
si sentì volare una mosca per
tutta la durata della colazione.
Il
tè era freddo ma nessuno osava
lamentarsi.
***
Per
Anna fu penoso veder andar
via la sua sorellona fianco a fianco con il verme, pronti a prendere
parte alle
riunioni del mattino con il suo – ormai il
loro – staff di ministri. Era stata Elsa stessa a
non chiedere pause che
potessero anche solo essere scambiate per una luna di miele –
ufficialmente,
per poter mettere al più presto in atto contromisure
efficaci alla crisi
economica, oltre che per mostrare ai sudditi un basso profilo per
rispetto alle
difficoltà finanziare della maggior parte della popolazione
… ufficiosamente,
perché non aveva proprio intenzione di stare da sola col
verme pure di giorno,
quando aveva clamorosamente fallito il tentativo di scrollarselo di
dosso (in tutti i sensi) almeno di
notte.
Anna
avrebbe potuto andare con
loro, ma non era obbligata a farlo. In realtà, era fin
troppo afflitta per
poter fingere serenità agli occhi del mondo (come facesse
sua sorella a esibire
una faccia da poker così perfetta sarebbe rimasto sempre un
mistero per lei) e aveva
preferito raggiungere Kristoff fuori dal castello.
Attese
pazientemente che l’amico
concludesse le operazioni di scarico del ghiaccio raccolto dalla sua
squadra di
lavoratori e di pronta consegna alle imbarcazioni dirette verso le
isole e le
altre zone di Arendelle più distanti dalle montagne.
Kristoff
restava sempre il
giovane ragazzone serio e affidabile, un po’ troppo grezzo
per l’educazione
raffinata che Anna aveva ricevuto fin da piccola, ma era comunque un
modello di
lealtà e bontà che la principessa ammirava
enormemente – dopotutto aveva
imparato l’amara lezione di come dietro modi cortesi e
leziosi potesse
nascondersi una mente malvagia, quindi non avrebbe più fatto
l’errore di
giudicare dalle apparenze. Tuttavia la principessina non era cieca: la
responsabilità che il nuovo ruolo di Mastro consegnatore di
ghiaccio di
Arendelle comportava aveva conferito al giovane una compostezza meno
“zotica”, affinata
dall’impossibilità di poter sfuggire ai contatti
umani. L’obbligo di contattare
fornitori, commercianti e locandieri, e contrattare con loro in modo
più
professionale rispetto a come si era comportato l’ultima
volta con il
commerciante dell’Emporio Querciola Vagabonda, aveva fatto
miracoli sulla
socialità del ragazzo, passato così dallo status
di “troll umano dall’odore un
po’ ruspante” ad “animale sociale
più o meno addomesticato”. Riservato, timido,
ma almeno non più burbero come un tempo.
“Con
questo caldo, se si
togliesse la maglia, sarebbe una visione celestiale!”
Aspetta, che?
No,
non l’aveva pensato lei. Non
aveva detto una cosa del genere ad alta voce perché non
l’aveva pensata lei –
anche se la frase era dannatamente vera!
Anna
si voltò sorpresa verso la
direzione della voce dal tono ammirato e malizioso e rimase sorpresa
dall’essere così vicina a una donna che stava
osservando con interesse il
montanaro. Ma quando si era avvicinata? E come aveva fatto a non
accorgersene?
Forse aveva contemplato l’amico
un
po’ troppo intensamente …
“Non
trovate anche voi,
principessa Anna?” chiese la sconosciuta, mostrando di sapere
che si trovava al
cospetto della principessa di Arendelle e tuttavia abbastanza incurante
del
protocollo, dato che si permetteva di rivolgersi in modo
così diretto a una
nobile, peraltro senza presentarsi. Non che ad Anna facesse fastidio
tale schiettezza,
visto che era anche una sua caratteristica (la punta di fastidio,
semmai, era
per come la donna stava guardando
il suo Kristoff) eppure, a prima
vista, si
sarebbe istintivamente aspettata un atteggiamento più
raffinato.
Non
aveva dubbi di trovarsi
davanti a una nobile, e non solo per il vestito che indossava, di
tessuto
pregiato e foggia elegante, ma anche … non sapeva come
definire la sensazione,
la percepiva come una persona che avrebbe dovuto essere una maestra di
bon ton
e se ne fosse dimenticata. Non riusciva a spiegarsi tale
perplessità.
“Ehilà,
c’è qualcuno in casa?”
proseguì divertita la donna, passandole una mano a pochi
centimetri dalla
faccia, come a voler richiamare la sua attenzione.
L’educazione,
questa sconosciuta.
Ma Anna non giudicava male la ragazza per questo motivo. Oddio, il
fastidio
rimaneva, leggero e in fondo alla sua coscienza, ma continuava a
credere fosse
solo per gelosia.
“Sì,
sono presente!” che cavolo di
risposta …
“Mi
fa piacere!” rise la donna
distogliendo lo sguardo.
“Voi
mi conoscete?”. Anna aveva
passato molto tempo fuori dalle mura del palazzo reale, e conosceva la
gente
del porto e quella che viveva relativamente vicino conosceva il volto
della
principessa e la salutava con deferenza. Nei giorni precedenti al
matrimonio di
sua sorella, Anna aveva incontrato un sacco di volti nuovi; il giorno
stesso
del matrimonio poi era stata costretta a salutare e ricevere inchini e
riverenze da tanti di quei nobili del proprio Paese e dei Regni
confinanti da
non aver nemmeno il ricordo dei loro volti. Era quindi più
che probabile che la
sconosciuta fosse una forestiera e Anna aveva bisogno di inquadrarla
per
proseguire la conversazione.
“Direi
di sì, dato che vi ho
salutata durante il ricevimento di nozze di vostra sorella”
rispose tranquilla
e per nulla piccata dalla dimenticanza di Anna, cosa che avrebbe potuto
offendere a morte qualche altra nobile.
“Sono
spiacente, ieri ero
piuttosto … confusa” cercò di togliersi
d’impaccio con una mezza verità. Di
fatto, tutta la sua attenzione era rivolta alla sorella, non gliene era
importato un fico secco degli invitati che erano lì solo per
far scena.
“Parola
mia, sembravate più che
confusa” ribattè con superficialità la
donna. “Avevate l’aria di partecipare a
un funerale, anziché a un matrimonio. Almeno in tre si erano
chiesti ieri sera
se avevate qualche problema serio. Detto tra noi” si
avvicinò ad Anna col busto
“dovreste imparare a nascondere meglio le vostre emozioni.
L’ambiente in cui
vivono i nobili non consente di esprimere liberamente i propri
pensieri”.
“Io
sono ciò che sono! Non voglio
nascondermi!” esclamò Anna, indignata non solo dal
tono di confidenza che si
era presa la donna (insomma, ancora non sapeva chi diavolo fosse!) ma
anche
dall’insinuazione che tutti recitassero e si aspettassero che
lei facesse
altrettanto.
La
sconosciuta fece spallucce “In
tal caso, aspettatevi di cadere nei tranelli di altre persone. Forse
gli
inganni di mio fratello non vi hanno insegnato abbastanza bene la
lezione”.
Aspetta, CHEEEE???
La
donna accennò una breve
riverenza “Principessa Lene delle Isole del Sud. Sorella del
Principe Hans e
cognata di Vostra sorella, la regina Elsa. Di nuovo, piacere di fare la
vostra
conoscenza”.
A
proposito di educazione e
compostezza tra nobili, ora toccava d Anna dare sfoggio di
sé: le si allentò la
mascella. Ecco spiegato
perché si
sarebbe aspettata maggior compostezza ed eleganza dalla sconosciuta:
somigliava
al verme, maestro nel mostrare modi garbati e cortesi,
l’eleganza fatto uomo!
La
ragazza teneva i lunghi, lisci
e ramati capelli sciolti dietro le
spalle, aveva leggeri lentiggini proprio come il verme, ma per il resto
le
mancavano i tratti virili (per fortuna, eh!) nel volto e nel fisico,
più
sottile e minuto. Ed era più vecchia di Hans, forse di una
decina d’anni. Ma
scusa, Hans non aveva detto di avere solo
fratelli? Dodici, per l’esattezza?
Incurante
della reazione di Anna,
Lene si azzardò ad allungare la mano verso la principessa,
chiudendole
dolcemente la bocca sospingendo il mento verso l’alto. Altro
strappo del
protocollo inammissibile in una situazione formale.
“Pensate
che vostra sorella
accetterà di concedermi un’udienza?”.
***
Hans
aveva tradito un certo
fastidio nel vedere la sorella comparire a palazzo accompagnata da
quella
stupidina di sua cognata, ed era rimasto ancor più
contrariato quando
quest’ultima si era rivolta a Elsa, non
a
lui, chiedendole ospitalità nel Regno di
Arendelle. Fortunatamente la
mogliettina non sembrava disponibile ad avere Lene tra i piedi
più di quanto lo
fosse lui. Lo aveva bellamente ignorato per anni, continuava
a farlo, e chiedeva ospitalità? Sfacciata!
“E
la vostra famiglia ha acconsentito
alla vostra permanenza nel mio Paese?” domandò
lievemente infastidita la
regina.
Lene
abbozzò un sorrisetto mentre
rispondeva “I fratelloni non si sono nemmeno accorti che sono
scesa alla
chetichella dalla nave questa mattina, Maestà. Dovete sapere
che l’aria a casa
mia si sta facendo … un po’ pesante …
per una sorella zitella” proseguì
guardando per una frazione di secondo il fratellino a fianco della
consorte.
“Come
se fosse il tuo restare
nubile il problema” commentò asciutto Hans.
“Non
credo sia una buona idea che
restiate senza aver prima informato la vostra famiglia” disse Elsa con tono
apparentemente
indifferente (ma chissà come, i quattro avevano intuito che
era tutta una
scusa. Un verme a palazzo era più che sufficiente) e
ignorando volutamente le
parole del neo marito.
“Quando
avrete il permesso dei
vostri regali genitori, sarete la benvenuta” concluse la
regina in tono
definitivo che non ammetteva repliche.
Lene
non fece in tempo a
mostrarsi abbattuta che il fratello girò i tacchi e fece per
uscire
rapidamente.
“Hans,
dove vai?” chiese la
sorella.
“A
inviare un messaggio alla
nostra famiglia. Se faccio in fretta, magari riesco a far tornare
indietro la
nave prima che arrivi al porto delle Isole del Sud”.
“Nuuuu fratellino, non rimandarmi da
quelli là!” esclamò Lene in
tono di supplica.
“Da
quelli là ci sono stato
io controvoglia, da quelli là
ci resti tu. Non abbiamo bisogno di svitati piromani, qui
ad Arendelle”.
“Cattivo!!!”
si lamentò la
sorella, vicina ad iniziare a fare i capricci come avesse cinque anni
(invece,
s’è saputo durante il colloquio coi nuovi sovrani
di Arendelle, la donna aveva
trentun anni, sette anni più di Hans).
“Non
si direbbe che tra i due
fratellini scorra buon sangue” commentò sottovoce
Elsa rivolta solo ad Anna,
ignorando i battibecchi dei due fratelli.
“Se
almeno una delle cose che mi aveva
detto il verme in passato è vera, pare che i fratelli
maggiori non lo avessero
mai trattato bene, povero piccolo” commentò
acidamente quest’ultima.
“Ah
davvero? Se le cose stanno davvero
così …” Elsa alzò la voce,
in modo che i fratellini adorati sentissero, e si
rivolse a Lene “Benvenuta ad Arendelle cognata. Spero ti
troverai bene qui al
castello”
“Ma
Elsa!” esclamarono in coro,
sorpresi, Anna e Hans.
“Sìììììì!”
esclamò improvvisamente
contenta la principessa (ma le lacrime di due secondi fa
dov’erano finite?) che
non trovò niente di meglio da fare che rompere nuovamente il
protocollo:
abbracciò di slancio Elsa, sotto lo sguardo sbigottito di
fratello di lei e
sorella dell’altra, nonché della regina stessa.
“Sei
la mia cognata
preferita!!!!!” trillò felice Lene.
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