Redenzione

di adrienne riordan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - versione innocente ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Ciao, benvenuti/e al primo capitolo della mia fanfic su Frozen. La storia è incentrata sul pairing Hans/Elsa, avrà un capitolo a rating rosso non-con (non consenziente). Un matrimonio combinato, atmosfera tutt’altro che allegra. Però la figura di Hans mi ha intrigato non poco: non essendomi rassegnata all’idea che sia stronzo al 100%, userò questa fic per “redimerlo”, ecco la ragione del titolo Redenzione, che poi è anche il prompt che ho usato per il p0rnfest istituito dalla community fanfic_italia.

Buona lettura!

 

 

Capitolo 1

 

Elsa stentava a ricordare un tempo in cui era stata schiava della paura e prigioniera della solitudine.

Essere regina non era una passeggiata, eppure non era passato un solo giorno, negli ultimi quattro anni, che non avesse vissuto pienamente, con gioia e gratitudine.

Elsa non aveva recriminato gli anni in cui era stata convinta di essere un mostro pericoloso in quanto non riteneva necessario dover sprecare un’altra singola frazione del suo tempo in pensieri negativi. Aveva ritrovato una famiglia che la reclamava e la regina non trovava compito più piacevole che accontentarla. Non si trattava solamente di sua sorella Anna, e nemmeno delle new entries, ossia Olaf, Kristoff e… sì, anche quella simpatica canaglia di Sven!

Arendelle, con ogni suo singolo abitante, era la sua nuova famiglia allargata. Arendelle era stata cara a sua madre e suo padre, ed Elsa percepiva, nel passaggio di consegne che aveva rappresentato l’incoronazione, il legame con loro.

Amava Arendelle perché l’avevano amata i suoi genitori, perché era casa, e perché sapeva che il suo amore era ricambiato. Elsa aveva subito scoperto che l’inverno perenne che aveva scatenato quattro anni addietro era stato accettato da tutti come un incidente, e come tale era stato presto archiviato nella memoria collettiva del Regno.

Proprio in virtù dell’amore che i suoi sudditi le dimostravano, la giovane regina si impegnava al massimo per assolvere ai suoi doveri ed era decisa a difendere e proteggere il popolo che gli era stato affidato.

Mai avrebbe sospettato che tale inclinazione al dovere l’avrebbe messa nella condizione di dover rinunciare alla propria felicità…

La ruota della fortuna gira e gira, e a nulla valgono gli sforzi per opporsi alla sorte avversa: presto o tardi, sarebbe giunto il momento in cui una Nazione sarebbe stata chiamata ad affrontare una crisi che poteva mettere a repentaglio il futuro della Nazione stessa. Poteva essere una catastrofe naturale, una crisi economica, agitazioni politiche interne, il coinvolgimento in una guerra sanguinosa: poco importava la natura della crisi, un giorno questa avrebbe bussato alla sua porta.

Arrivò il periodo in cui Arendelle fu chiamata ad affrontare una delle più spaventose crisi economiche della sua storia. Era difficile rintracciare una causa; semplicemente, un giorno la moneta del Regno aveva subito una brusca svalutazione, e per questo motivo l’acquisto di indispensabili beni d’importazione si era fatto proibitivo.

Elsa aveva tentato, su consiglio dei suoi ministri, più strade per raggiungere nuove trattative commerciali, ma invano. Fiutato l’affare, non soltanto il Regno di Weselton, ma tutte le Nazioni confinanti erano disposte a suggellare trattative capestro, che potevano essere attuate solo accettando una svendita totale dei beni e delle risorse di Arendelle: un suicidio, per l’indipendenza di un Regno.

Nemmeno l’opzione di richiedere prestiti era percorribile: le Nazioni confinanti erano sì disposte a concederli, ma con tassi di interesse elevatissimi.

Alla fine, i ministri fecero presente alla loro sovrana che non le rimaneva che un’unica cosa da fare, se davvero voleva salvare il Regno…

Se solo Anna l’avesse saputo, pensò tristemente Elsa … beh, l’avrebbe saputo comunque. Tanto valeva farglielo sapere il prima possibile.

 

***

 

“Un matrimonio di Stato?” chiese Anna senza capire.

Le due sorelle si trovavano in uno dei tanti saloni del castello, sedute a un tavolo, davanti a una tazza di tè fumante e a un piatto di buonissimi biscotti che però non erano riusciti ad attirare l’entusiasmo della minore, catturata dalle parole della maggiore.

“A quanto pare, è l’ultima carta che mi è rimasta da giocare” rispose Elsa con un sorriso mesto e gli occhi spenti.

“Ma… l’amore? Come puoi anche solo pensare di poter sposare una persona che nemmeno conosci?” esclamò Anna. Elsa si guardò bene dal farle notare che proprio lei era la prima che doveva risparmiarsi quella frase. Da tempo il verme delle Isole del Sud e il suo falso doppiogioco non trovavano più posto nelle conversazioni tra le sorelle, ed Elsa non poteva che ringraziare il cielo che la sorella avesse imparato a imporsi di conoscere meglio le persone, prima di accordare loro la fiducia.

E comunque, aveva capito perfettamente la natura dell’obiezione di Anna.

“Oh, si può eccome… molte teste coronate si sono unite in passato, e si uniscono ancora, in matrimoni di Stato”.

“Mamma e papà si amavano!”.

“Nostra madre e nostro padre non si sono trovati coinvolti in una crisi finanziaria di tale portata”.

Anna tacque un momento ma subito riprese a obiettare “Ma non è giusto che tu…”

“Anna, non devi preoccuparti per me” la interruppe Elsa “in fondo non è detto che non troverò una brava persona con la quale instaurare un rapporto basato almeno sul rispetto e sulla simpatia reciproci!”.

“Non mi sembra una bella cosa comunque” rispose Anna con una espressione afflitta in volto. Non sapendo cosa dire per distogliere la sorella da quella che considerava pura follia, si portò alle labbra la sua tazza di tè.

“A me sta bene! Sai che ho molto più senso pratico di te! E appunto, parlando di te, il nostro Mastro fornitore di ghiaccio ti ha fatto finalmente la dichiarazione o si nasconde ancora dietro a Sven?”.

Anna, sentendo nominare Kristoff, sputò il tè che stava bevendo emettendo versi assai poco principeschi e avvampò per l’imbarazzo, tra le risate della sorella maggiore.

Elsa aveva colpito nel segno: Anna era partita per la tangente e aveva iniziato a parlare a raffica del suo argomento preferito (Kristoff, appunto).

Sentiva proprio il bisogno di lasciar cadere nel vuoto l’argomento matrimonio di Stato e fingere, ancora per poco, che tutto andasse bene.

 

***

 

Cosa aveva detto ad Anna? Che avrebbe sposato una persona con la quale avrebbe instaurato un rapporto basato almeno sul rispetto e sulla simpatia reciproci? Quale dio burlone aveva permesso che accadesse una cosa del genere?

Il giorno precedente, Elsa aveva appreso che soltanto la famiglia reale di un regno confinante aveva preso in considerazione la proposta di matrimonio.

Esatto, proprio il Regno delle Isole del Sud.

Che fortuna, aveva commentato Anna, avrebbero avuto il verme come cognato.

“Te le immagini le visite di famiglia durante le feste comandate? Dovremmo accogliere gentilmente quell’essere spregevole? Io non ci penso nemmeno!” commentò con fervore.

“No, non succederà” rispose Elsa “fatalità, proprio nei giorni di festa ci sarà sempre così freddo che il mare ghiaccerà. E dubito che il verme sarebbe disposto ad affrontare bufere di neve solo per venire a porci di persona gli auguri di Natale!”.

Se il bene di Arendelle doveva dipendere dal matrimonio con uno dei fratelli di Hans, allora Elsa si sarebbe rassegnata. Dubitava potesse esistere una persona peggiore di quel verme.

 

***

 

Aveva ragione. Dalle notizie raccolte dai ministri, sembrava che gli undici fratelli di Hans fossero delle brave persone. Il fratello maggiore era l’erede al trono del suo Regno e pertanto non era candidabile come promesso sposo. Arendelle doveva restare indipendente, il matrimonio con un membro cadetto di un’altra Casa Regnante avrebbe imposto quest’ultima il vincolo d’onore di aiutare la nuova famiglia reale di un regno alleato in difficoltà senza l’imposizione di vincoli usurai.

L’esperienza passata proprio con il più giovane (e il meno desiderato) dei pretendenti aveva messo in guardia la regina di Arendelle dal fidarsi ciecamente del report dei suoi ministri (come Hans si era dimostrato un ottimo attore, anche il resto della famiglia avrebbe potuto vantare medesime abilità “artistiche”) ma era consapevole di non potersi permettere il lusso di essere schizzinosa. Il matrimonio ci sarebbe stato, ma poteva sempre pensare di adottare delle contromisure da prendere in caso di necessità.

 

***

 

Ciò che Elsa aveva trascurato di fare era stato prendere in considerazione il fatto che, come lei aveva valutato i suoi pretendenti, così anche gli altri avevano espresso dei giudizi su di lei. Questo però, la giovane lo venne a sapere soltanto il giorno seguente all’offerta di matrimonio della casa reale del Regno delle Isole del Sud.

“Mi state dicendo che i principi sono spaventati da me?” chiese la regina ai suoi consiglieri.

Anna e Kristoff non avevano mai sentito la voce della donna così arrabbiata, sebbene Elsa avesse mantenuto un contegno algido e regale, di tutto rispetto.

Di norma le persone non nobili non erano ammesse alle udienze private tra la regina e i suoi consiglieri, ma Anna, che essendo la sorella della sovrana poteva presenziare ma non era obbligata a farlo, aveva insistito per conoscere subito il destino della sorella, soprattutto da quando il Regno delle Isole del Sud era tornato nella loro vita. Essendo Kristoff conosciuto per la sua capacità di tenere a bada la giovane, gli era stato accordato il privilegio eccezionale di partecipare, purché restasse in disparte e, naturalmente, non pretendesse il diritto di prendere la parola.

“Maestà, non si può negare che quanto accaduto quattro anni fa abbia portato grande turbamento nei regni confinanti. Di fatto, non hanno mai avuto modo di comprendere la natura del vostro potere. E ciò che non viene compreso può diventare fonte di paura”.

Elsa, a quelle parole, si rabbuiò ulteriormente. Era forse giunto il momento di pagare pegno per quella vecchia storia considerata ormai da tutti acqua passata?

“Poteva andare peggio” intervenne un altro dignitario “di solito, la gente cerca di distruggere ciò che non è in grado di comprendere. Dopotutto, nessuno dei Regni confinanti ha mai mosso guerra contro di noi”.

“Capisco quello che intendete dire ma spero possiate comprendere perché non riesco a fare i salti di gioia alle vostre parole” rispose la regina, alla quale il sarcasmo non faceva certo difetto.

“Resta il fatto” proseguì il ministro preferendo ignorare il commento della giovane “che l’unico Paese che ha accettato l’accordo matrimoniale è anche quello che conosce i fatti perché riportati da qualcuno che ha potuto vederli di persona. Mi riferisco al principe Hans, l’ultimogenito della Famiglia Reale”.

“Suppongo che non mi abbia fatto una buona pubblicità”

“Direi che pessima sia la parola più adatta, Maestà. Per farla breve, quasi tutti i principi sono convinti che voi siate una strega dalla quale guardarsi le spalle, non il genere di moglie che qualcuno vorrebbe avere al proprio fianco”.

“Ehi, vacci piano con le offese, brutto vecchiac…UHM UHHHHHM!!”

“Prego, non faccia caso a noi due” intervenne Kristoff con senso pratico mentre teneva la mano ben salda sulla bocca della principessa, col volto paonazzo di rabbia, seduta al suo fianco.

“Devo dunque concludere che la proposta di matrimonio è stata ritirata?” chiese Elsa, sforzandosi di dominare le proprie emozioni per più di un ragionevole motivo e di ignorare l’interruzione della sorella.

“Al contrario, uno dei principi si è dichiarato disposto a onorare l’accordo” rispose il capo del Consiglio, che appariva sempre più a disagio mano a mano che il suo discorso stava per giungere al termine.

“Si tratta… si tratta… ecco, vostra Maestà, si tratta del principe Hans”.

Anna, a quelle parole, rimase letteralmente di stucco, e Kristoff si sentì abbastanza certo di poterle togliere la mano che le tappava la bocca senza rischiare i timpani.

“Kristoff… ti sembra il momento di farmi le coccole?” mormorò scioccata la principessina. “Ti rendi conto di quello che il vecchio ha appena detto?”.

“Sì Anna, ho sentito benissimo. E per la precisione, non ti sto coccolando, ti sto scaldando. Non ti  sei resa conto che la temperatura della stanza è appena scesa sotto gli 0 gradi?!”.

Già, Anna non si era proprio accorta della temperatura, e nemmeno sua sorella, ma gli altri presenti nel salone sì, oh sì che se ne erano accorti.

Per il bene di tutti, era giunto il momento di chiudere quella sciagurata riunione.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

Non era un pupazzo di neve molto grazioso ma al bambino non importava. Lo aveva fatto lui, tutto da solo, e ne era soddisfatto. Aveva ispezionato con cura i sassolini per trovare quelli più piccoli e candidi che nell’insieme avessero tutti più o meno la medesima dimensione per creare la dentatura; era sgattaiolato nelle cucine alla ricerca di una patata rossa che fungesse da naso; i bottoni di un cappotto divenuto troppo stretto diventarono occhi brillanti; infine, aveva usato i suoi vecchi guanti, la sua vecchia sciarpa e un suo vecchio berretto affinché il pupazzo avesse qualcosa di suo in regalo. Come tocco finale, il bambino diede alla sua opera un nome, con l’orgoglio di un padre che impone il nome al proprio figlio: Knut.

Naturalmente il bambino non poteva provare affetto paterno per la sua creatura, aveva soltanto cinque anni! Provava affetto, quello sì. La prima volta che lo aveva guardato, completamente formato e “vestito” di tutto punto, aveva deciso che Knut sarebbe diventato il suo migliore amico.

Del resto, il bambino non aveva molta scelta. Educato a palazzo da un precettore, non aveva che contatti sporadici con i figli degli altri nobili. Di immischiarsi coi figli dei servitori non se ne parlava nemmeno: era stato educato a tenere in elevata considerazione il suo altolocato lignaggio; non che al bambino, troppo piccolo per comprendere una cosa così astratta, importasse qualcosa, quando dalla finestra osservava i bambini poveramente vestiti divertirsi a rincorrersi nel cortile dell’area riservata alla servitù, tuttavia non aveva mai pensato di disobbedire al suo rispettato padre.

Quest’ultimo non riteneva importante trovare dei compagni di giochi per il figlio più giovane: con dodici fratelli a disposizione, pensava, era impossibile soffrire di solitudine!

Se solo il padre avesse speso per il bambino almeno un quarto del tempo che riservava alle questioni di Stato e all’allevamento del figlio maggiore, suo erede, avrebbe compreso quanto errato fosse stato il suo giudizio.

I figli maggiori, data la grande differenza d’età, non davano bado al piccolo, non lo prendevano mai sul serio, e comunque avevano altri interessi e impegni che inevitabilmente li tenevano lontani.

Le cose non andavano meglio coi fratelli più giovani, e il bambino doveva ancora capire se erano preferibili i dispetti e l’essere escluso dai giochi oppure l’essere totalmente e palesemente ignorato, come avevano iniziato a fare tre tra i più bulletti dell’intera nidiata di figli.

Sarebbe rimasta l’opzione diventare mammone attaccato alle gonne della sua regale madre ma, ahilui, la donna non aveva tempo materiale da dedicare al figlio, divisa tra i mille impegni familiari e di lavoro. La governante che gli fece da nutrice durante la prima infanzia? Per lei l’allevamento dei figli altrui era soltanto un lavoro, punto.

Come risultato di tutto ciò, il piccolo Hans crebbe con la solitudine nel cuore, oltre che fuori, ma ora Knut era con lui.

Hans passava ore e ore all’aperto, sfidando le rigide temperature invernali, a raccontare storie o, più semplicemente, i propri pensieri. E siccome il pupazzo non poteva rispondere, Hans parlava per entrambi.

Quella piacevole avventura fu dura a morire. Alla prima neve di una nuova stagione invernale, Hans tirava fuori dal suo cassetto segreto bottoni, sassolini, sciarpa, guanti e berretto, conservati gelosamente per restituirli puntualmente al suo legittimo proprietario, e correva ad incontrare, dopo tanti mesi, il suo caro amico.

“Nasco bianco, fresco e bello

con la faccia da monello,

del bel sole ho un gran terrore:

mi distrugge in poche ore.

Ho la testa, ma non ragiono:

insomma, chi sono?”

Hans ridacchiava allegramente mentre finiva di sistemare la sciarpa intorno al collo del pupazzo di neve. “Sono Knut e amo gli amici sinceri!” rispose alterando la voce.

Lo abbracciò e continuò a ridere, felice come non mai.

 

***

Si scrutarono in cagnesco per lunghi, interminabili minuti, e nessuno dei due sembrava intenzionato a infrangere il pesante silenzio che era calato dal momento stesso in cui avevano messo piede nella stessa stanza.

La norma richiedeva la presenza dei diretti interessati, in quanto maggiorenni e vaccinati, alla stipula del contratto prematrimoniale indispensabile per il via libera alle nozze di un monarca con un membro di un altro Casato. La norma avrebbe altresì richiesto la presenza di ministri di ambo le parti, a supporto degli interessi del proprio signore, ma avendo previsto il clima glaciale (in senso più figurato che letterale) che si sarebbe potuto creare, alla fine avevano disertato tutti, lasciando alla regina di Arendelle e al principe del Regno delle Isole del Sud l’ardua impresa di arrangiarsi con la stipulazione del contratto senza spargimenti di sangue.

Elsa prese mentalmente nota di fare un discorsetto ai suoi ministri per il tiro mancino che le avevano tirato, ma si sforzò anche di vedere il lato positivo della faccenda: niente riunione dei ministri, minori possibilità di avere intorno Anna. Elsa voleva tenere la sorella il più lontano possibile dal verme e l’avrebbe fatto fino a che le fosse stato possibile.

Rivolgere la parola all’essere che le sedeva di fronte e che la stava guardando con un’espressione a metà tra la rabbia e l’inquietudine la seccava enormemente, ma era consapevole che farlo le avrebbe permesso di prendere in mano le redini della conversazione, arrivare al sodo e chiuderla il prima possibile. Aveva ben chiaro cosa avrebbe ottenuto da quel matrimonio ma anche, e soprattutto, cosa avrebbe rischiato, ed Elsa aveva tutte le intenzioni di preservare se stessa ed Anna da possibili futuri incidenti.

“Principe Hans” pronunciò il nome marcando bene l’acidità nella sua voce “avevo sperato che la vostra famiglia avesse preso provvedimenti nei confronti di qualcuno colpevole di aver coperto di vergogna il proprio casato, e invece eccovi qui, a proporvi come mio sposo” un’altra dose di acidità impregnò in modo quasi palpabile la parola sposo “mi auguro che abbiate una buona spiegazione per questa faccenda”.

Hans rimase in silenzio per qualche istante prima di rispondere. “Regina Elsa” ricambiò il titolo con la medesima cortesia “non dubitate, i miei fratelli mi hanno riservato un trattamento che non potrò dimenticare finchè vivo. Vi rammento tuttavia che sono passati quattro anni”.

“Ad Arendelle, un tentativo di regicidio viene punito con l’ergastolo, quando non con la pena di morte” .

“È così anche nelle Isole del Sud, ma vedete” fece affiorare sul bel volto un sorrisino beffardo “io non ho attentato alla vita del sovrano del Regno delle Isole del Sud, ma a quello di un altro Paese. E la grazia per un tentativo di omicidio di un monarca straniero in terra straniera arriva in fretta se sei un membro della Famiglia Reale che ti deve giudicare”.

Elsa strinse gli occhi in una espressione di disgusto malcelato. “Non avete risposto alla mia domanda. Perché siete qui?”.

“Perché nessuno dei miei fratelli, per quanto tentati dalla possibilità di stabilire un’alleanza tra famiglie regnanti, la mia e la vostra, vi voleva come consorte. Quindi hanno mandato me per penitenza”.

“Penitenza?”. Stramaledettissimo stronzo!

“Chiamatela, se preferite, espiazione, tentativo di redenzione o altri sinonimi, ma vi giuro che penitenza è la parola che hanno usato i miei fratelli”.

“Certamente, io mi fido dei vostri giuramenti”.

“M’importa  poco di ciò che pensate” il principe piantò bene gli occhi fissi in quelli della regina che cercavano di non tradire la sorpresa di trovarci una freddezza che poteva competere con il suo ghiaccio “Voglio Arendelle. Questo vi è stato chiaro quattro anni fa, vi è chiaro anche adesso. È per questo motivo che vi sposo di mia libera scelta”.

Elsa scattò in piedi “Non sarete mai re di Arendelle!” esclamò “Sono io la regina! Voi non sarete altro che il principe consorte”.

“Mi sta benissimo!” esclamò di rimando Hans, restando seduto al suo posto.

“Sarà scritto nero su bianco, così che non vi sia alcun dubbio su questo fondamentale dettaglio. Non solo” proseguì la donna “Se mai dovesse accadere qualcosa di grave a me o ad Anna (tipo, che so, morire) sappiate che basterà l’ombra del sospetto che dietro ci sia una vostra manovra e passerete il resto dei vostri giorni in una delle nostre celle con l’accusa di alto tradimento!”.

“Nessun problema, mi accontenterò del ruolo di principe consorte. Sarà sempre meglio di niente. Ad ogni modo, guardatevi bene, voi e vostra sorella, dal muovere false accuse per liberarvi di me!”.

“Non fate l’errore di giudicare me o Anna sulla base del vostro deprecabile metro di giudizio. Quello che state insinuando è un’azione che voi avete commesso in passato. Comportatevi bene, e state pur certo che ricambieremo il favore!”.

“Benissimo”.

“Non è finita qui. Se dovessi morire comunque di morte prematura, Anna diventerà reggente di Arendelle fino a quando il suo futuro figlio primogenito avrà raggiunto la maggiore età, e allora sarà lui a ereditare il trono. Allora il vostro ruolo di principe consorte diverrà totalmente marginale”.

“In altre parole, dovrò augurarvi lunga vita e una buona morte nella vecchiaia per poter godere dei privilegi di principe consorte di Arendelle”.

“Esattamente”.

Hans si soffermò a pensare per interminabili minuti sulle condizioni poste dalla regina.

“Sia come desiderate, regina Elsa. Tuttavia voglio anch’io una garanzia. Non dimenticate che non siete nella posizione di decidere su tutto quando è il mio Paese che deve aiutare il vostro!”.

Odioso piccolo verme che gira il dito nella piaga….

“E sarebbe questa garanzia?”

“Sarò principe consorte, con tutti gli onori e gli oneri che la posizione richiederà, eccezion fatta della reggenza in caso di vostra morte prematura. Ma anche la mia vita dovrà essere al sicuro da aggressioni, soprattutto dal congelamento che sappiamo essere la vostra attività preferita”.

Ma che razza di insinuazioni..?!

“Potete stare tranquillo: voi fate il bravo e non vi prenderete nemmeno un raffreddore a causa mia!”

“Desidero che sia messo tutto per iscritto.”

“Accordato”.

 

***

 

Fu così che, superate le formalità, Arendelle venne vestita a festa per la celebrazione del matrimonio tra l’amata regina Elsa l’affascinante principe Hans del Regno delle Isole del Sud.

La popolazione era raggiante per l’evento: ricordavano il grande cuore che il giovane aveva dimostrato di avere quando, nei gelidi giorni che erano seguiti all’incoronazione di Elsa, si era prodigato nel portare soccorso e conforto alla gente infreddolita, senza mai far mancare il proprio sostegno alla sovrana lontana anche quando tutti avevano iniziato a cedere alla paura e, quindi, al sospetto che la regina fosse un pericolo per Arendelle.

La gente non poteva sapere ciò di cui erano a conoscenza solo i diretti interessati e la ristretta cerchia dei ministri, cioè che dietro l’avvenenza e i modi cortesi si celava di fatto un’anima nera, pronta a servirsi dell’inganno e dell’omicidio pur di raggiungere i suoi egoistici scopi.

Basandosi su poche informazioni a disposizione, la gente comune, nella sua semplicità, aveva concluso che la regina si era sinceramente innamorata di un ragazzo d’oro, e che l’unione regale avrebbe condotto Arendelle fuori dalla crisi che imperversava.

Anna aveva capito le ragioni della sorella ma non le condivideva. Aveva assistito ai preparativi per il ricevimento di nozze e si era dovuta trattenere dal dire a chicchessia la verità su quel matrimonio, ossia che era il risultato di una coercizione anziché di una libera scelta.

“Lascia che almeno loro si godano la festa” le aveva detto Elsa “lo sa il cielo se nell’ultimo periodo non hanno avuto altre occasioni per essere allegri”.

Anna aveva ubbidito ma non era così brava a celare i suoi sentimenti nella maschera di riserbo che Elsa aveva da anni imparato a indossare magistralmente.

Talvolta capitava che qualche servitore le chiedesse il motivo del suo essere giù di corda. La risposta, uscita di getto la prima volta, ma via via resa sempre più raffinata nella sua premeditazione, era sempre la stessa:

“Mi sembra così strano che d’ora in avanti non avrò più la mia sorellona tutta per me! Ma allo stesso tempo, mi rende impaziente di sposarmi presto anch’io”.

Anna aveva imparato che, se accennava al suo desiderio, i servitori si sforzavano di mettere la ragazza di buon umore chiedendole del suo è-soltanto-un-amico-sì-ma-chi-ci-crede-più Kristoff, e così la faccenda “sguardo afflitto” veniva presto rimossa dalla testa degli interlocutori con qualche vivace e sincera risposta della principessina.

 

***

 

“Io, principe Hans delle Isole del Sud, prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita”.

Il cuore di Anna batteva furiosamente nel petto. Visione deliziosa nel suo abito da damigella d’onore, si trovava in una posizione privilegiata, in piedi dietro alla sposa, per notare quanto sentimento il verme ci stesse mettendo nel recitare i voti nuziali.

Sembrava così sincero, un vero sposo innamorato…

Represse un brivido. Nei piani di Hans, quelle parole erano destinate a lei. La dolcezza della sua voce, la carezza dei suoi sguardi… erano tutte falsità. E ora recitava la vecchia parte con una nuova protagonista, la quale, a differenza della precedente, non tradiva alcuna emozione mentre ripeteva la formula davanti a tutta la corte riunitasi all’interno della cattedrale.

Solo in un momento Anna avrebbe giurato di aver visto la determinazione della sorella vacillare. Era stato durante lo scambio degli anelli: le mani di lei erano scosse da un lieve tremito mentre toccava quelle del suo sposo allo stesso modo con cui avrebbe toccato le spire di un serpente pronto ad attaccare.

Possibile che nessuno, a parte lei, si accorgesse di quanto stava accadendo?

Distolse lo sguardo e cercò Kristoff. No, Kristoff e Olaf, entrambi elegantemente vestiti per quel gioco degli sponsali, uno con un completo da cerimonia e l’altro con un vistoso papillon dai colori caldi, non si erano lasciati ingannare, e le loro espressioni stonavano tra gli altri partecipanti commossi e felici. Sembravano degli attori che si erano preparati per uno spettacolo diverso da quello che stava andando in scena. Due personaggi drammatici nel bel mezzo di una commedia. Ma i protagonisti del dramma erano quattro, loro due, Anna ed Elsa.

“Vi dichiaro marito e moglie”.

Aspetta aspetta aspetta… è il momento del bacio?!

Cioè, lui deve baciare…? No no NO!!!

Si trattenne dal saltare davanti ad Elsa. Stavolta non c’era una spada pronta ad affondare nelle sue carni eppure il carnefice era ancora lì, davanti a loro, pronto a colpire, e stavolta il dovere le imponeva di non salvare la sua amata sorella e di guardare le belle labbra del principe sfiorare quelle immobili della regina.

Il popolo proruppe allora in un fragoroso applauso e in un tripudio di felicitazioni ai neosposi, senza minimamente sospettare che il riserbo della sposa potesse avere una ragione totalmente, lontanamente diversa dalla timidezza.

 

FINE

 

Buonsalve a tutti! Approfitto di questo spazio per ringraziare non solo in privato ma anche pubblicamente chi ha commentato (è vero che non si scrive per ricevere le recensioni, ma è cosa risaputa che i feedback positivi sono un balsamo per l’anima di un fanwriter!) e chi ha letto e apprezzato il primo capitolo. Spero di mantenere la trama all’altezza delle vostre aspettative! Un abbraccio e ci si trova la prossima settimana! ^_^

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Era la prima volta, in quei quattro anni, che Elsa avrebbe desiderato chiudere nuovamente le porte e buttare fuori tutti, incluso il fresco maritino.

Uniche eccezioni, ovviamente, Anna, Olaf, Kristoff e Sven. Loro li avrebbe sequestrati e rinchiusi nella sua stanza, dove si sarebbe rannicchiata abbracciandoli come fossero stati una enorme coperta di Linus umana.

E invece, ora si ritrovava regina, e questo andava bene, E moglie.

Moglie di Hans…!

Le sue dita pizzicavano nascoste dai soliti guanti (erano un’utile barriera, le facilitavano il controllo della magia, quindi non aveva mai smesso di usarli) ma stavolta di un bianco verginale in accompagnamento al delizioso, semplice ma raffinato, abito da sposa. Come avrebbe potuto liberarsi di quel fastidioso pizzicore? Congelando o strozzando il marito a mani nude? Questo era il dilemma! No, il dilemma più grande era che non poteva fare né l’una né l’altra cosa, anche se, oddio, come lo avrebbe desiderato, mentre il verme le prendeva la mano e l’accompagnava al centro del salone per aprire le danze.

“La mano sulla schiena, toglila da lì! Ma guardalo come ci sta prendendo gusto! Guarda che so che hai capito benissimo quello che voglio, piccolo verme schifoso, sennò non faresti quel sorrisetto compiaciuto! Oh, guardiano che sei rimasto nel mio castello di ghiaccio sulla Montagna del Nord, quanto sto rimpiangendo la tua assenza in questo momento!”.

Fortunatamente, avevano avuto l’obbligo di aprire le danze, non danzare sempre insieme.

Al termine del ballo Elsa si allontanò con nonchalance e nessuno ci trovò nulla di male. Nessun altro ospite poté ballare con la sposa, solito riserbo ormai accettato come parte della personalità della regina, che cosa ci si può fare? Elsa venne reclamata da Anna, Kristoff (anche per la coppia solo un ballo, dietro minacce della dolce Anna al suo cavaliere, che non voleva mostrarsi per troppo tempo come l’impedito, zotico elefante nel negozio di cristalleria) e Olaf. Per ovvie ragioni, la renna non era stata ammessa alla sala, ed Elsa, pur essendo regina, avevo deciso di accondiscendere a tale scelta. Non per impedire il guasto di una caduta di stile nel solenne ricevimento reale, sia chiaro, ma per avere l’ottima scusa di tagliare la corda e uscire con i tre amici a far compagnia a Sven.

“Oh Elsa!” il lamento di Anna suonò straziante nell’animo di Elsa mentre le sorelle si abbracciavano con trasporto. Lì all’aperto, nella solitudine dei pressi delle scuderie reali dove alloggiava Sven, non c’era bisogno di fingere che tutto andasse bene (non ci sarebbero stati mai più segreti tra le sorelle, Elsa lo aveva giurato sulla memoria dei genitori).

“Tutto sommato, le cose potevano andare peggio” disse Elsa, e Anna si separò guardandola sgomenta. Il verme a casa loro. Poteva davvero andare peggio?

“Devo soltanto sopportare la presenza di un verme al mio fianco. Non ci farà del male, non potrebbe farcene senza rimetterci. Ora, mi aspetto che non sia abbastanza idiota per farlo”.

“Esatto Elsa” Kristoff aveva ormai raggiunto abbastanza familiarità con la sorella della sua … a-hem … amica, da poter dare del tu alla regina, con il benestare della sovrana ovviamente. “Devi soltanto tenerlo al suo posto. Se c’è qualcuno che può farlo quella sei sicuramente tu!”.

“Certamente, e se non dovesse capire bene la situazione, un paio di stalattiti dove non batte il sole non gliele toglie nessun al nostro principe!” esclamò Olaf.

Le sue parole ebbero subito un effetto sdrammatizzante sul terzetto, che immaginò anche senza volerlo il povero Hans alle prese con le peggio cose che una mente vendicativa poteva concepire.

“Oh, Olaf, se non esistessi dovrebbero inventarti!” .

“A questo proposito Elsa” proseguì baldanzoso il pupazzo “potresti inventarne quanti ne vuoi, di pupazzi di neve! Non mi dispiacerebbe avere un amico. Non fraintendetemi” si affrettò ad aggiungere “voi siete miei amici e vi voglio un mondo di bene, ma qualche volta penso a come sarebbe bello avere vicino qualcuno che mi assomigliasse!”. 

“Penso di capire cosa intendi” rispose Elsa “tu sei un pupazzo e noi esseri umani. Cerchi qualcuno non diverso da te”. Elsa poteva capire eccome. Non aveva idea se, al mondo, esisteva qualcuno come lei, con strani e pericolosi poteri. Anche se ce ne fossero, chissà quanto lontani erano … chissà, se ne avesse conosciuto qualcuno durante l’infanzia, avrebbe avuto così paura di se stessa?

“Elsa, non è un’idea malvagia! Potremmo creare una fidanzatina per Olaf!” esclamò Anna.

“Ci risiamo!” sospirò Kristoff, scuotendo la testa davanti alla ragazza entrata nuovamente in modalità romanticismo da diabete.

“Un amico maschio andrà benissimo” borbottò Olaf, che su certi argomenti non era tanto diverso dal montanaro.

“Allora proverò subito!” esclamò Elsa. A parte il fatto che voleva pensare a tutto meno che al verme che probabilmente l’attendeva all’interno del castello (ma più probabilmente si stava gustando il ricevimento da protagonista assoluto), il pizzicore alle dita non era ancora passato, segno che la magia anelava di manifestarsi.

Si tolse i guanti mentre si allontanava di pochi passi dal gruppetto. Si fermò e, ad occhi chiusi, concentrò in sé l’energia e la diresse verso le sue mani. Non era molto diverso rispetto al lavoro di un artigiano, seppur con le ovvie differenze soprannaturali (ricordò che la similitudine gliel’aveva suggerita Kristoff): con un’idea in testa e la propria energia, le mani come strumento e il ghiaccio come materiale, poteva creare meraviglie.  

Sotto il suo controllo, vide la luce un nuovo pupazzo di neve.

Non era graziosissimo ma nemmeno brutto, comunque Olaf non aveva mai visto un pupazzo più bello di quello, a parte lui, beninteso. Era eccitatissimo come un bambino la mattina di Natale.

Mentre sistemava sopra la testa della sua creazione la nuvoletta di neve che gli avrebbe garantito la sopravvivenza, Elsa si sentì commuovere, come sempre e accadeva ogni volta che, col suo potere, donava un po’ di felicità a qualcuno.

Il nuovo pupazzo aprì gli occhi chiari (erano semplici solchi disegnati sulla neve) e si guardò intorno con espressione incerta. Il sorriso composto da bianchi sassolini si allargò quando udì la voce di Olaf che si stava avvicinando a lui.

“Ciao, io sono Olaf e amo i caldi abbracci! Tu chi sei?” gli chiese con aspettativa.

“Nasco bianco, fresco e bello

con la faccia da monello,

del bel sole ho un gran terrore:

mi distrugge in poche ore.

Ho la testa, ma non ragiono:

insomma, chi sono?” recitò il nuovo.

Il sorriso si fece un po’ incerto.

“Non me lo ricordo. E comunque” proseguì ancora rivolto in direzione di Olaf  e del gruppetto ammutolito ma senza guardare nessuno “Non è che potreste accendere la luce? È tutto buio qui!”.

 

 

 

FINE

Buondì a tutti carissimi!

Vi chiedo scusa per il lieve ritardo, ho avuto degli impegni improrogabili che mi hanno tenuta lontano dal computer per diverso tempo.

Voglio ringraziarvi tutti per il sostegno che date alla mia fanfic! Spero di non deludervi!

See you next week, people! ;)

Adri

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - versione innocente ***


Buonasera cari lettori e care lettrici, vi prego di scusarmi per il lieve ritardo sulla tabella di marcia. Comunque, spero che la lunghezza del capitolo vi soddisfi e vi induca a perdonarmi per il ritardo. Ho una comunicazione abbastanza importante da farvi: questo capitolo è in doppia versione, una “innocente” (che è quella che vi apprestate a leggere) e una a rating rosso, che è pubblicata in un capitolo extra in contemporanea a questo (il titolo sarà lo stesso, Redenzione?, con il punto di domanda obbligatorio visto che Hans, qui, ha toppato clamorosamente …). Come ben sapete, il regolamento di EFP è chiaro a proposito di scene di sesso descritte esplicitamente, e così devo adeguarmi. Sì gente, sesso esplicito: siamo alla prima notte di nozze (qualcuno aveva chiesto dei colpi di scena?)

MA…! Dubito fortemente che un minorenne sia così innocente, soprattutto dopo aver visto certe robette in altri fandom o certe role su Facebook. Pertanto, chi è curiosa di leggere la parte p0rn e ha raggiunto almeno 13/14 anni (vabbè che non chiedo la carta di identità ma non voglio nemmeno corrompere ragazzine con una sola cifra nella loro età quindi siate oneste!) mi mandi un mp e invierò senza problemi un link esterno a EFP che porterà liberamente al capitolo a rating rosso. Non credo che questo annuncio sia contrario al regolamento di EFP, se così prego l’amministratore eventualmente interpellato di avvisarmi e suggerirmi la via da intraprendere.

Beh, buona lettura! ^^’

Adrienne

 

CAPITOLO 4 – Rating innocente

 

Non c’era possibilità di far durare un ricevimento per sempre, ed Elsa si sentì sollevata e inquieta allo stesso tempo quando le danze si chiusero definitivamente e la regina dovette fare i suoi saluti mentre gli invitati porgevano gli ultimi omaggi alla coppia reale. In mezzo alle altre persone era stato facile non avere a che fare con il verme al di là delle finzioni di cortesia che il protocollo aveva richiesto, ma ormai era giunto inesorabile il momento in cui avrebbe dovuto trovarsi faccia a faccia con lui, da soli, per mettere in chiaro un altro paio di cosette.

  avrebbe preferito congelarlo all’istante piuttosto che rivolgergli ancora la parola ma pazienza.

Anna e Kristoff si erano congedati anzitempo, mentre erano ancora fuori nelle stalle: Anna era inconsolabile, come Elsa aveva previsto, e tutti avevano preferito salutarsi lontano da occhi indiscreti che avrebbero finalmente colto, senza ombra di dubbio, tutto il dramma celato dietro all’atmosfera di gioia che aveva caratterizzato la giornata di tutti gli abitanti di Arendelle.

Anche Olaf era partecipe della situazione pesante, ma era altrettanto preso dal nuovo amico, il pupazzo smemorato che sembrava turbato dal non ricordare il proprio nome. Anna, una volta, aveva raccontato ad Elsa del suo primo incontro con Olaf mentre stava cercando la sorella sulla Montagna del Nord, e il pupazzo non l’aveva riconosciuta, né sembrava ricordare il giorno in cui era stato costruito dalle sorelle bambine. Probabilmente la stessa amnesia era presente nel nuovo pupazzo. Eppure Olaf aveva ricordato il proprio nome e la propria caratteristica principale, amare i caldi abbracci, mentre l’altro pupazzo ricordava soltanto quella strana filastrocca … per non parlare della sua cecità. Era strano che il nuovo pupazzo sembrasse turbato solo dalla sua amnesia e non dalla sua menomazione agli occhi. Che fosse sempre stato cieco? Certo questo avrebbe spiegato il suo comportamento, e certo avrebbe placato il timore della sovrana di aver in qualche modo provocato lei quella menomazione …

Tempo di abbandonarsi a quei pensieri, e appena Elsa tornò al presente, si accorse che il salone era ormai deserto, fatta eccezione per la sgradevole presenza al suo fianco, che la scrutava con divertita indifferenza.

“Siete così stanca che vi addormentate in piedi, moglie?” mormorò Hans accennando un sorrisetto beffardo.

No, decisamente non voleva iniziare alcuna conversazione col verme. Girò i tacchi e si diresse a passo sostenuto verso l’ala privata del castello.

Il verme la stava seguendo, senza fretta apparente ma sostenendo il passo allo stesso modo. Non intendeva raggiungerla, né fermarla, semplicemente la seguiva. Era irritante.

Giunti davanti alla porta della camera da letto, Elsa ritrovò la sicurezza che, lungo i corridoi, sembrava essere stata sul punto di abbandonare. Non dormiva più nella stanza in cui aveva vissuto da bambina. Era l’area della nursery, dopotutto, e ora lei era la regina, senza contare poi il fatto che proprio non aveva alcun desiderio di dormire tra le mura dove era stata tanto infelice.

No, adesso la sua stanza da letto era una stanza regale, da donna adulta, con al centro, appoggiato al muro, il talamo nuziale. Ma nonostante il grande cambiamento, Elsa era decisa a ripristinare una sua vecchia tradizione, stavolta senza alcun dispiacere: chiudere a oltranza la porta in faccia a qualcuno di indesiderato.

Sfortunatamente per lei, la mano saldamente appoggiata alla porta, che le impediva di chiuderla dietro di sé, fece ben comprendere ad Elsa che l’impresa non sarebbe stata così semplice come lo era stata anni addietro con Anna.

“Buonanotte, principe Hans” disse a denti stretti la regina, facendo forza con le mani per chiudere la porta.

“Non potete tenermi fuori dalla porta, Elsa” ribatté il verme, e per sicurezza pose il piede tra la porta e intercapedine per evitare che la ragazza raggiungesse il suo scopo.

“Oh sì che posso. Il castello non manca di stanze da letto. Trovatene un’altra”.

“Se non vi spiace, vorrei dormire con mia moglie”.

“In effetti sì, mi dispiace”.

“Non vorrete suscitare i pettegolezzi dei domestici?”

“I nostri domestici sanno essere molto discreti. Come credete che abbia fatto a tenere nascosto il mio potere per oltre dieci anni?”.

“Ci siete riuscita per perché voi volevate tenere nascosto il vostro potere. Cosa vi fa credere che io voglia tenere nascosta la vostra reticenza?”.

“Principe Hans …” sospirò con lieve esasperazione Elsa.

“Se desiderate, potete chiamarmi soltanto Hans. Siamo sposati ora”.

“… Principe Hans, appunto, siamo sposati. Avete il titolo che avevate tanto ambito. Il vostro scopo è stato raggiunto” .

“Dunque è questo che pensate” mormorò il giovane, più a se stesso che alla donna davanti a lui.

“Elsa, ascoltatemi. Non vi toccherò nemmeno con un dito ma è indispensabile che chiariamo alcuni punti il prima possibile, e possibilmente, non separati dalla porta. Fatemi entrare e sarò un galantuomo”. All’espressione scettica di Elsa, si vide costretto ad aggiungere con un sospiro “Non ci tengo a dare spettacolo ai domestici che potrebbero accorrere alle vostre grida”.

“Non avrei bisogno di chiamare alcun aiuto, fareste bene a ricordare che posso difendermi da sola” a conferma delle sue parole, una leggerissima brina ghiacciata fece la sua apparizione sullo stipite.

“Non mi riferivo a grida di paura o di aiuto” prima che Elsa potesse cogliere allusioni poco lusinghiere, si affrettò ad aggiungere “Proprio per via del vostro potere, potete sentirvi al sicuro dalle mie eventuali cattive intenzioni. Lasciatemi entrare. Per favore”. Aggiunse lo stesso sguardo che le aveva rivolto nella cella delle segrete quattro anni prima, mentre la supplicava di far tornare l’estate.

Che essere falso. Ma aveva ragione, non poteva farle nulla di male. Elsa lasciò la porta aperta e si allontanò da essa senza mai dare le spalle. Lasciò entrare il giovane che richiuse la porta mentre lei indietreggiava fino al camino che i domestici avevano provveduto ad accendere prima del loro arrivo.

“Ebbene, ditemi quello che avete da dire e poi uscite da qui!” esordì la regina senza tanti preamboli.

Hans si avvicinò al fuoco. Un po’ di calore gli avrebbe dato la forza per resistere a quelle parole di ghiaccio come colei che le aveva pronunciate.

“Pensate davvero che abbia ottenuto tutto ciò che desidero stasera? Siete mia moglie e siete una bellissima donna. Niente mi renderebbe più felice che toccare la vostra pelle e sentire se è liscia come il ghiaccio che sapete evocare”.

“Non pensate di poter lusingarmi con belle parole come avete fatto con mia sorella! Anzi, farmi ricordare ciò che le avete fatto rende ancor più controproducente tutto quello che avete appena detto!”.

 “Oh, ma io sono sincero questa volta. Elsa, voi sapete chi sono, sapete cosa ho fatto, sapete cosa ho sempre voluto. Perché dovrei nascondere la mia indole se già l’avete scoperta?”.

“Quindi siate esplicito anche questa volta: cosa volete ancora da me?”

“Voglio voi, Elsa. Stringervi tra le mie braccia e farvi mia stanotte, la notte successiva e quella successiva ancora, finché morte non ci separi”.

Elsa rimase letteralmente a bocca aperta davanti a quella … oltraggiosa pretesa. Ma la sorpresa durò pochi istanti, mentre una gelida rabbia si impossessava di lei. Come osava anche solo pensare di fare con lei quelle … cose!

Si costrinse a mantenere la grazia che la contraddistingueva anche in quella situazione così scomoda.

“Non ci tengo minimamente a farmi sfiorare da una persona viscida come voi, principe Hans. Non vi farei toccare nemmeno le mie scarpe, se dipendesse da me. Invece è già troppo aver dovuto baciarvi in chiesa. Fatevelo bastare per il resto della vostra subdola esistenza!”.

“No” rispose Hans senza scomporsi.

“No?” ripeté Elsa innervosita oltre misura.

“Quel bacio è stato piacevole, malgrado la scarsa collaborazione da parte vostra, e non desidero proprio rinunciarvi d’ora in avanti”.

“Lo farete invece. Avete detto voi stesso che non avreste alzato un dito su di me senza il mio consenso.”

“Lo avrò”.

“Vaneggiate”

“No, sono realista.”

“Siete così sicuro che io possa desiderare … qualunque cosa con voi?!”

“Approfondiamo quel qualunque cosa” disse il principe accennando un sorrisino malizioso.

Elsa ignorò l’imbarazzante allusione. “Siete davvero pieno di voi se credete che io possa condividere i vostri desideri”.

“Non dovete per forza condividerli.”

“Cosa state dicendo?”

“Il contratto, Elsa” la voce di Hans divenne improvvisamente gelida come quello che aveva tenuto Elsa ... fino a quel momento

 “Cosa c’entra il contratto adesso?” chiese Elsa, inquieta come mai era stata in tutta la giornata – il calore del fuoco nel camino iniziava a perdere la sua battaglia contro il freddo che stava aumentando nella stanza.

“Voi stessa avete accettato i termini del contratto nuziale che abbiamo stipulato. Arendelle avrebbe goduto dei vantaggi economici stipulati col mio Paese, e io avrei goduto dei privilegi di principe consorte”.

“Questo è esatto” convenne Elsa, non capendo dove volesse andare a parare ma allo stesso tempo timorosa di scoprirlo.

“Sono vostro marito, Elsa. Non credete forse che condividere il talamo nuziale con la regina sia un diritto del principe consorte?”.

“Ciò che dovrebbe accadere nell’intimità del talamo nuziale non ha a che fare con la politica. Il matrimonio è un contratto politico, il matrimonio è stato celebrato, il resto è solo un fatto privato!”

Elsa era profondamente convinta di quello che aveva detto, sulla base di questa convinzione aveva ingoiato il rospo e acconsentito ad unire la sua vita con quella del verme che la guardava così intensamente da farle distogliere lo sguardo, ora fisso imperterrito verso il camino, da cui le fiamme uscivano sempre più deboli.

Il tono di voce del principe tradiva la risatina repressa dalla sua risposta: “Un matrimonio non è valido se non è consumato. Potreste richiederne l’annullamento in qualsiasi momento.”

Quelle parole ebbero un effetto potente su Elsa. Le fiamme del camino si spensero all’istante, sconfitte dal clima gelido che si impose prepotente nella stanza. La maggior parte della luce era data dal fuoco del camino, le sporadiche candele accese nei candelabri non potevano emanare una chiara illuminazione. Le finestre erano ancora aperte; era molto tardi ma il cielo “era sveglio”. Il bagliore dell’aurora boreale contribuiva a dare alla stanza una tenue ma inquietante illuminazione spettrale che ben si conciliava con l’animo della regina.

La donna non aveva mai pensato che un matrimonio, per essere valido, necessitava di essere consumato! Lo sapeva dai suoi studi di politica, eppure era genuinamente convinta di non interessare al verme da quel punto di vista, lui voleva il trono, era stato esplicito su questo! Ma possibile che nessun ministro un po’ più navigato di lei avesse pensato di metterle la pulce nell’orecchio? … Come avrebbero potuto immaginare di doverlo fare, lei non aveva mai espresso esplicitamente il suo desiderio di conservare la propria verginità, non era certo argomento da esternare a cuor leggero!

“Non chiederò mai l’annullamento, principe Hans” tentò di temporeggiare Elsa “voi non volete me, volete Arendelle. Ora l’avete. In condivisione con me, però l’avete. Non datevi pena nel dover adempiere ai doveri coniugali, non siete obbligato a farlo”.

“Forse allora non sono stato abbastanza chiaro” Hans si avvicinò alla donna e si mise di fronte a lei, in modo da guardarla negli occhi e dare così forza alle sue parole. “Voglio tutti i privilegi che, in quanto principe di Arendelle, mi spettano. Tra questi privilegi, vi sono anche i diritti coniugali, Elsa. Voglio Arendelle e voglio la sua regina”.

Il gelo si fece più intenso, Hans iniziò a tremare ma mantenne imperterrito il suo contegno, deciso a imporsi. La voce di Elsa si fece, suo malgrado, più sottile e tesa.

“Non voglio farlo. Avete detto che non mi avreste forzata”.

“È vero. Non vi prenderò con la forza. Che ci crediate o meno, non sono quel tipo d’uomo. Ma in questo caso” aggiunse con una pausa significativa “sarò io a chiedere l’annullamento, e tutti gli accordi prematrimoniali andranno in fumo. Tornerò al mio Paese, e voi vedrete sprofondare nella miseria il vostro!”.

Hans tremava ancora, ma a quelle parole anche Elsa iniziò a rabbrividire, sebbene per una ragione diversa. Scattò lontano dal principe, dandogli le spalle, per ragionare sulle sue parole.

Una via di fuga, doveva esserci una scappatoia a quel pasticcio! Ma non lo trovava. Era un ricatto bello e buono, ma era perfettamente legittimo. Aveva accettato gli accordi, avrebbe dovuto pensarci prima. Era in trappola. E a malincuore, si vide costretta a cedere al ricatto del verme. Non aveva speso notti insonni ad aspettare quel matrimonio per poi permettere al principe di mandare tutto all’aria. Aveva bisogno del sostegno del Regno delle Isole del Sud e l’avrebbe ottenuto. Doveva solo … estraniarsi dall’atto che doveva compiere. Tutto sarebbe finito presto.

“Solo per stanotte. Con- consumeremo il matrimonio, e che sia finita”.

“Ti avrò ogniqualvolta lo desideri” continuò imperterrito il principe.

“Questo non è giusto!” sbottò Elsa e il vento iniziò a sibilare nella stanza portando con sé piccoli cristalli di neve.

“Questo è il matrimonio!” sbottò a sua volta Hans, iniziando a stufarsi della situazione (e del freddo, tanto per essere onesti). “Se la cosa ti può tranquillizzare, non ci tengo a stare con una donna che non desidera divertirsi assieme a me. Accadrà una volta ogni tanto, non sempre. Sono un uomo, non un monaco. Te lo dico ora, giusto per confermarti quanto detto all’inizio: non sento il bisogno di nasconderti niente”.

 “Almeno su una cosa siamo d’accordo” un sottile strato di neve iniziò a posarsi su tutte le superfici e i mobili della stanza “non ci divertiremo. Né tu né io. Né stanotte né in tutte le notti che seguiranno”.

Non si voltò, non si mosse, non sentì il bisogno di fare altro che mantenere bassa la temperatura. Aveva finito di protestare.

Sentiva i passi del verme farsi più vicini e il rumore di qualcosa di leggero che toccava terra.

“Così sia” mormorò il principe dietro il suo orecchio.

 

***

 

… Finalmente, per la gioia di entrambi, tutto finì. Hans si liberò in Elsa con un sospiro travagliato mentre la donna gemeva per lo schifo. Aveva gradito il non essere stata imbrattata dal sangue di quel maledetto, ma a poco valeva quel gesto quando si rese conto di esser stata sporcata con altro.

Una volta libera dallo scomodo abbraccio, si scostò da lui con la stessa rapidità che avrebbe avuto a contatto col fuoco, e si rifugiò oltre la porta comunicante che dava alla stanza da bagno attigua alla camera da letto.

Hans poteva percepire il freddo farsi via via meno intenso ma la cosa non lo rincuorava. Si alzò dal letto, ignorando il suo sangue ma con lo sguardo fisso su altro sangue, in posizione distante rispetto a quello perso dalla spalla, poche macchie scarlatte di piccole dimensioni. Non ci voleva un genio per capire che quel sangue non era suo, ma di Elsa. Dunque lui era stato il suo primo uomo. Lo aveva immaginato, eppure non si sentiva per nulla compiaciuto.

Si riallacciò i pantaloni e si diresse verso il camino, dove alimentò il fuoco per riscaldare la stanza. Non fece nulla per rimuovere la stalattite che Elsa gli aveva conficcato a sorpresa nella spalla, il fuoco l’avrebbe sciolta e allora avrebbe curato la ferita. Non era arrabbiato per l’uso che Elsa aveva fatto dei suoi poteri. Non l’aveva ucciso, come avrebbe potuto fare facilmente, né lo aveva ferito in modo serio. Lui aveva ferito lei e lei aveva ferito lui. Sentiva piuttosto di essersi rimesso in pari con lei, sebbene non ne fosse così sicuro.

Tuttavia non poteva farci niente. C’era un piano da rispettare, un piano a cui avrebbe volentieri fatto a meno di partecipare, ma ormai c’era dentro e non poteva più fermarsi.

 

FINE

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Buonasera a tutti! Voglio approfittare di questo spazio per ringraziare chi ha lasciato i commenti ai capitoli precedenti! Grazie Grazie Grazie! Sono davvero parole le vostre che scaldano il cuore e mi invogliano a scrivere sempre meglio!

E mi sento molto colpevole per essermene dimenticata fino a oggi ma non è mai troppo tardi per rimediare: ringrazio la mia carissima e storica beta reader, Yuki Delleran, per avermi impedito di pubblicare strafalcioni grammaticali da fustigazione perenne all’Accademia della Crusca!

E ora, buona lettura!

Adri

 

 

CAPITOLO 5

 

Elsa si strofinò la pelle con un panno bagnato di acqua tiepida fino ad arrossarla, nell’attesa che l’acqua sulla stufa si scaldasse a sufficienza per poterla versare nella vasca. Voleva togliere via ogni più piccolo segno del passaggio del verme su di sé.

Ancora non riusciva a capacitarsi del fatto che fosse successo davvero!

Perché era dovuto capitare proprio a lei? Come avrebbe voluto cancellare con un colpo di spugna … tutto! Quello che aveva subito, il ricordo di quel matrimonio da incubo, cancellare lo stesso Hans dalla faccia della terra!

E invece no, il verme stava là fuori, nel suo letto, tutto bello soddisfatto, mentre lei sarebbe dovuta uscire da lì prima o poi!

“Dai acqua, sbrigati a scaldarti!” .

Se soltanto il verme si fosse accontentato di tormentarla quella volta soltanto! Invece no, voleva fare … quella cosa di nuovo!?

Elsa non era sicura di riuscire a guardare in faccia Hans senza sprofondare nella vergogna, figuriamoci riuscire a farsi toccare di nuovo da quel maledetto senza essere sopraffatta da conati di vomito. E poi non doveva sottovalutare il fatto che più il verme se la portava a letto e più aumentavano le probabilità che lei restasse …

Elsa si immobilizzò all’istante, improvvisamente consapevole.

No … NO!

Portare dentro di sé il figlio di una violenza, il figlio di Hans! Sarebbe morta piuttosto!

Adorava i bambini, davvero, ma quel bambino … sarebbe stato la materializzazione di un incubo. Se si imponeva di pensare all’eventualità di una gravidanza, provava solo il panico di una preda chiusa in trappola e pronta a ricevere il colpo di grazia.

Ah,  quel dannato contratto! Se solo non fosse mai stato scritto non si sarebbe mai trovata in quella situazione!

Un nuovo fremito d’orrore la scosse con la forza di una secchiata di acqua diaccia in pieno volto. Invece era solo la temperatura della stanza che, di nuovo, precipitava inesorabilmente sotto lo zero.

Il contratto! Che cosa prevedeva il contratto nel caso di nascita di un figlio di Hans? Nulla, assolutamente nulla.

Era stato scritto nero su bianco che, in caso di sua prematura morte, sarebbe stato il primogenito di Anna ad ereditare il trono, ma era scontato senza alcuna ombra di dubbio che il figlio della regina avesse la precedenza nell’ereditare il trono. Anche fosse stato messo per iscritto, nessun contratto avrebbe potuto annullare il diritto di primogenitura.

Messa così la situazione, se Elsa avesse partorito un figlio di Hans e dopo le fosse successo qualcosa …

La donna era sicura, nel contratto non c’era alcun riferimento su a chi sarebbe spettata la cura di suo figlio in caso di morte prematura, ed era più che ovvio che tale compito sarebbe ricaduto sul padre della creatura! E perché avrebbe dovuto pensarci, lei non aveva certo creduto di rimanere coinvolta nei preamboli necessari per farne uno!

Ma il verme doveva saperlo di sicuro. Per la seconda volta quella notte, il dannato contratto prematrimoniale le si era ritorto contro: in caso di sua precoce dipartita e con suo figlio erede al trono, Hans sarebbe diventato reggente di Arendelle per conto del figlio almeno fino al compimento della sua maggiore età! Avrebbe ottenuto ciò che aveva sempre voluto, la vita di Elsa sarebbe stata nuovamente in pericolo e, come se non bastasse, sua sorella Anna si sarebbe ritrovata a sottostare ai comandi di quel maledetto per il resto della sua vita!

“No, acqua, ti prego, non gelare proprio adesso!” ma Elsa non poteva farci niente, la superficie del pentolone dove stava scaldando l’acqua divenne dura e liscia come uno specchio.

“Niente emozioni, niente emozioni, niente emozioni!” ma la brina stava cominciando ad attaccarsi sulle pareti della stanza.

Che cosa poteva fare per togliersi dai guai!?

Non se ne rese conto subito, ma presto avvertì una sensazione fastidiosa scendere lungo le cosce. Ghiaccio.

Ciò che il verme le aveva imposto di ricevere dentro di sé usciva ora da lei in un rivolo di giaccio gelatinoso. Elsa fu disgustata da tale vista e prese a strofinare via quello schifo con la pezzuola, vigorosamente, desiderando ora più che mai sprofondare nella calda acqua della vasca per tornare di nuovo pura!

Lavò via con cura ogni singola goccia cristallizzata di schifo, e una parte della sua mente realizzò che, ghiacciata com’era, era impossibile che una cosa così innaturale potesse …

L’acqua sul braciere tornò all’istante al suo stato liquido. Sì, realizzò improvvisamente la regina, era impossibile concepire in quelle condizioni!

Sì sentì liberata di un peso, e flebili onde di vapore acqueo iniziarono a risalire dalla pentola. Elsa non attese un minuto di più, versò l’acqua nella vasca ed vi entrò dentro. L’acqua era appena tiepida ma ad Elsa non importava, e vi si immerse completamente, desiderosa di tornare pulita.

Avvertiva una cupa soddisfazione all’idea di aver mandato all’aria i piani del principe. Il verme avrebbe potuto forzarla alle sue voglie tutte le volte che voleva ma lei non gli avrebbe mai dato ciò che bramava sul serio. Avrebbe sopportato le sue disgustose carezze come avevano fatto in passato le nobili che non avevano potuto avere il privilegio di scegliere l’uomo da sposare, se questo significava fare il bene del proprio regno. Non doveva perdere di vista l’obiettivo: doveva portare Arendelle fuori dalle difficoltà che era stata chiamata ad affrontare e avrebbe tenuto stretta la magra consolazione di rompere le uova nel paniere al bellimbusto che probabilmente stava sperando di poter cantare vittoria alla notizia che diventerà papà. Una notizia che non riceverà mai.

Uscendo dalla vasca provò un ulteriore moto di fastidio nei confronti del fresco marito: il suo livello di cinismo era senza limiti se davvero avrebbe messo in mezzo un bimbo innocente pur di sedere sul trono di Arendelle da solo!

Una volta asciugata sentì di aver ripreso il controllo abbastanza da poter tornare nella sua stanza. Avrebbe dovuto dividere il letto con il verme e cercare di addormentarsi a pochi centimetri dal suo fianco, ma era nulla in confronto a quello che aveva dovuto subire … avrebbe sopportato anche questo.

 

***

 

Elsa avanzò verso la sua parte di letto senza fare rumore e si sdraiò il più lontano possibile e con cautela per non svegliare il verme che dormiva. Non si trattava della premura di non disturbare il suo riposo, naturalmente, a muoverla era piuttosto il desiderio di non aver più a che fare con lui fino all’indomani (avrebbe preferito fino al giorno del “mai più”, ma ciò non era possibile).

Hans, per contro, fingeva di dormire e non si mosse al frusciare delle coperte che lo informavano dell’arrivo della donna. Nemmeno lui voleva affrontare di nuovo il suo sguardo accusatore.

Buffo, era stato sul punto di ucciderla con la sua spada, e si sentiva a disagio per quello che era appena successo. Ma a pensarci bene, non era poi così strano.

Quattro anni prima, quando era arrivato per la prima volta ad Arendelle, non aveva conosciuto davvero la regina e la principessa. Non erano persone, erano obiettivi. Aveva visto in Anna il mezzo per ottenere Arendelle e in Elsa l’ostacolo che si frapponeva tra lui e la sua meta. Di fatto poi, non aveva dovuto fare granché: far innamorare di sé quella una ragazzina era stato così facile che l’aveva considerata una scioccherella non degna di stima, mentre Elsa, quando stava per ucciderla, era di spalle, quindi non era una persona. Aveva visto la sua espressione distrutta quando le aveva mentito dicendo che sua sorella era morta a causa sua, eppure non si era sentito in colpa. Sarà stato il desiderio di trovare un sistema per far cessare la tormenta di neve, sarà stato il fastidio di saperla così affezionata alla sorella, e da Anna così fermamente ricambiata nell’affetto, che aveva considerato quella menzogna una sorta di inspiegabile rivalsa. Dopotutto, nemmeno gli zotici pastori si commuovono alla vista dello sguardo atterrito degli agnellini al macello, doveva mostrare un cuore tenero proprio lui, che aveva ricevuto un addestramento militare?

Invece ora

Se solo la regina avesse continuato a mantenere la sua freddezza e avesse agito solo con ostilità nei suoi confronti, sarebbe stato facile possederla senza tanti problemi.

Invece … quell’espressione dietro la maschera della rabbia, lui l’aveva vista. Era un’espressione che lo aveva indotto a un desiderio di protezione, e non era stato affatto piacevole constatare che era da lui stesso che Elsa doveva essere protetta. Aveva visto il dolore, ed era consapevole di essere stato lui a provocarlo.

No, non ci teneva ad avere a che fare con lei troppo presto.

Ad essere onesti, non avrebbe nemmeno messo piede ad Arendelle, se solo non fosse stato costretto. Invece avrebbe ancora dovuto tormentare la regina – e se stesso -  per tutto il tempo che sarebbe stato necessario.

Ne andava della sua vita.

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Capitolo 6
*** CAPITOLO 6 ***


Ehm… *Fissa la data dell’ultimo aggiornamento*  31 marzo….

I’M SO SORRY! I APOLOGIZE!!!!! T_T Real life sucks! Lavoro, studio e lavoro…. E mai ‘na gioia!

D’ora in avanti cercherò di pubblicare almeno una volta al mese, comunque non preoccupatevi, c’è un canovaccio fatto e finito, ma a volte non so come riempire un capitolo (e infatti, il the day after dei due sposini in questo capitolo è stato difficile da immaginare, almeno per me) e per questo il tempo di pubblicazione lievita … ma giuro che questa storia s’ha da finire e finirà!

E dopo sta paraculata, vi auguro buona lettura.

 

CAPITOLO 6

 

Svegliarsi, quella mattina, fu un’impresa più ardua del solito. Elsa aveva dolori dappertutto, e soprattutto una forte emicrania che martellava più forte non appena la donna accennava a muoversi.

Era sola nel letto; il verme si era dileguato prima del suo risveglio, con sommo sollievo di Elsa, che non volle guardare per più di un secondo le fredde lenzuola coperte di sangue. Sì, ricordava di aver ferito il verme con una stalattite di ghiaccio, ma non se ne curava. Se avesse voluto restare incolume, avrebbe potuto risparmiarsi di metterle le mani addosso.

Elsa voleva uscire al più presto da quella stanza, teatro della peggiore delle esperienze che era stata costretta a vivere; allo stesso tempo, aveva timore di cosa avrebbe dovuto affrontare, al di là della porta. Ma non aveva scelta. Non sapeva che ora fosse: sebbene non avesse mai mancato al suo dovere di essere mattiniera per seguire gli affari di Stato e le riunioni con i suoi ministri, quella mattina tutto era passato in secondo piano.

Doveva raggiungere la sorella. Con il verme in giro per il castello, Elsa sentiva di dover vegliare con maggior attenzione su Anna. Dopo quella notte, sentiva tutte le sue certezze e la sua stessa sicurezza ridotte a un cumulo di foglie secche portate via dal vento. Non voleva più sottovalutare niente che avesse a che fare con Hans: aveva ridotto Elsa uno straccio, cosa avrebbe potuto fare a sua sorella, se fosse lasciato libero di agire come gli pareva?

Con quei pensieri angosciosi, Elsa si impose di alzarsi e vestirsi. Si diresse verso la sala da pranzo dove lei e Anna erano solite consumare la colazione assieme.

Trovava desolante sapere che, d’ora in avanti, non avrebbero più potuto condividere da sole il piacevole pasto del mattino.

 

***

“Principe Hans, almeno per qualche giorno dovrete limitare i movimenti al braccio, per non lesionare ulteriormente i tessuti del muscolo. È una fortuna che … ecco … la stalattite non abbia colpito l’articolazione della spalla. Entro una settimana vi verranno rimossi i punti. Verrò a disinfettare la ferita ogni giorno e vi cambierò personalmente il bendaggio”.

Il principe Hans, si era limitato a chiedere i servizi di un medico e a spiegare a quest’ultimo, in tono asciutto, che era la ferita era stata conseguenza di un incidente con la moglie, cosa che, in assenza di ulteriori spiegazioni, ebbe l’infausta conseguenza di venire considerato un giochetto erotico finito male. Il medico di corte era perplesso per la dinamica dell’incidente del consorte della sua regina, ma sapeva essere molto discreto e si era limitato a curare con perizia la ferita e a togliere il disturbo.

Hans si fece aiutare a riabbottonarsi la camicia – ignorando lo sguardo malizioso del paggio sui graffi che ricamavano la schiena del principe – e si fece condurre alla sala da pranzo.

 

***

 “Elsa, ti ho aspettato per un’ora intera! Come mai ci hai messo tanto?” Anna si avventò con sguardo preoccupato sulla sorella, stranamente pallida e costretta in uno strano contegno.

“Non hai fatto ancora colazione? Potevi cominciare senza di me!” esclamò pacata la sorella maggiore, in un penoso tentativo di sottrarsi a un’indagine di Anna. Sapeva essere molto insistente, quando voleva.

“Che mi importa della colazione, ti stavo aspettando per sapere come stai, non per riempirmi la pancia di croissant!”.

“Ma ora che sono qui, che ne diresti di iniziare subito a mangiarne uno?” Elsa si precipitò al suo posto a tavola e prese in fretta un croissant dal vassoio, aprendolo in due, ma senza dar segno di volerlo mettere in bocca.

“Allora?” chiese Anna mentre prendeva posto vicino alla sorella.

“Allora cosa?” chiese nervosamente la regina.

“Elsa… niente più segreti. Me l’avevi promesso”.

“Formula la domanda e forse saprò darti una risposta” sospirò rassegnata la maggiore; rassegnata a raccontare una menzogna che avrebbe messo il cuore in pace la sorellina, ovviamente.

“Beh…” all’improvviso Anna non sapeva cosa dire.. o meglio, come dirlo. “Anzitutto … stai bene?”.

“Potrei stare meglio” rispose Elsa in tono piatto. Era la verità, dopotutto.

“Non hai l’aria di aver dormito molto” proseguì l’altra con titubanza.

“Grazie Anna” replicò mantenendo la piattezza nel suo tono di voce.

“Quel verme ha disturbato il tuo sonno?” continuò con voce lievemente alterata.

Scusa, che sta dicendo adesso?!  La perplessità della regina non trovò mai voce: la conversazione delle sorelle venne interrotta dall’ingresso nella sala del verme.

Il principe Hans non aveva il suo solito sorrisetto beffardo, piuttosto un’espressione imperscrutabile, ma per le sorelle non faceva alcuna differenza: la sua presenza era fonte di innegabile fastidio per entrambe.

Senza una parola, il principe si sedette al tavolo, dove gli venne servito il tè dalla cameriera.

Non si sentì volare una mosca per tutta la durata della colazione.

Il tè era freddo ma nessuno osava lamentarsi.

 

***

Per Anna fu penoso veder andar via la sua sorellona fianco a fianco con il verme, pronti a prendere parte alle riunioni del mattino con il suo – ormai il loro – staff di ministri. Era stata Elsa stessa a non chiedere pause che potessero anche solo essere scambiate per una luna di miele – ufficialmente, per poter mettere al più presto in atto contromisure efficaci alla crisi economica, oltre che per mostrare ai sudditi un basso profilo per rispetto alle difficoltà finanziare della maggior parte della popolazione … ufficiosamente, perché non aveva proprio intenzione di stare da sola col verme pure di giorno, quando aveva clamorosamente fallito il tentativo di scrollarselo di dosso (in tutti i sensi) almeno di notte.

Anna avrebbe potuto andare con loro, ma non era obbligata a farlo. In realtà, era fin troppo afflitta per poter fingere serenità agli occhi del mondo (come facesse sua sorella a esibire una faccia da poker così perfetta sarebbe rimasto sempre un mistero per lei) e aveva preferito raggiungere Kristoff fuori dal castello.

Attese pazientemente che l’amico concludesse le operazioni di scarico del ghiaccio raccolto dalla sua squadra di lavoratori e di pronta consegna alle imbarcazioni dirette verso le isole e le altre zone di Arendelle più distanti dalle montagne.

Kristoff restava sempre il giovane ragazzone serio e affidabile, un po’ troppo grezzo per l’educazione raffinata che Anna aveva ricevuto fin da piccola, ma era comunque un modello di lealtà e bontà che la principessa ammirava enormemente – dopotutto aveva imparato l’amara lezione di come dietro modi cortesi e leziosi potesse nascondersi una mente malvagia, quindi non avrebbe più fatto l’errore di giudicare dalle apparenze. Tuttavia la principessina non era cieca: la responsabilità che il nuovo ruolo di Mastro consegnatore di ghiaccio di Arendelle comportava aveva conferito al giovane una compostezza meno “zotica”, affinata dall’impossibilità di poter sfuggire ai contatti umani. L’obbligo di contattare fornitori, commercianti e locandieri, e contrattare con loro in modo più professionale rispetto a come si era comportato l’ultima volta con il commerciante dell’Emporio Querciola Vagabonda, aveva fatto miracoli sulla socialità del ragazzo, passato così dallo status di “troll umano dall’odore un po’ ruspante” ad “animale sociale più o meno addomesticato”. Riservato, timido, ma almeno non più burbero come un tempo.

“Con questo caldo, se si togliesse la maglia, sarebbe una visione celestiale!”

Aspetta, che?

No, non l’aveva pensato lei. Non aveva detto una cosa del genere ad alta voce perché non l’aveva pensata lei – anche se la frase era dannatamente vera!

Anna si voltò sorpresa verso la direzione della voce dal tono ammirato e malizioso e rimase sorpresa dall’essere così vicina a una donna che stava osservando con interesse il montanaro. Ma quando si era avvicinata? E come aveva fatto a non accorgersene? Forse aveva contemplato l’amico un po’ troppo intensamente …

“Non trovate anche voi, principessa Anna?” chiese la sconosciuta, mostrando di sapere che si trovava al cospetto della principessa di Arendelle e tuttavia abbastanza incurante del protocollo, dato che si permetteva di rivolgersi in modo così diretto a una nobile, peraltro senza presentarsi. Non che ad Anna facesse fastidio tale schiettezza, visto che era anche una sua caratteristica (la punta di fastidio, semmai, era per come la donna stava guardando il suo Kristoff) eppure, a prima vista, si sarebbe istintivamente aspettata un atteggiamento più raffinato.

Non aveva dubbi di trovarsi davanti a una nobile, e non solo per il vestito che indossava, di tessuto pregiato e foggia elegante, ma anche … non sapeva come definire la sensazione, la percepiva come una persona che avrebbe dovuto essere una maestra di bon ton e se ne fosse dimenticata. Non riusciva a spiegarsi tale perplessità.

“Ehilà, c’è qualcuno in casa?” proseguì divertita la donna, passandole una mano a pochi centimetri dalla faccia, come a voler richiamare la sua attenzione.

L’educazione, questa sconosciuta. Ma Anna non giudicava male la ragazza per questo motivo. Oddio, il fastidio rimaneva, leggero e in fondo alla sua coscienza, ma continuava a credere fosse solo per gelosia.

“Sì, sono presente!” che cavolo di risposta …

“Mi fa piacere!” rise la donna distogliendo lo sguardo.

“Voi mi conoscete?”. Anna aveva passato molto tempo fuori dalle mura del palazzo reale, e conosceva la gente del porto e quella che viveva relativamente vicino conosceva il volto della principessa e la salutava con deferenza. Nei giorni precedenti al matrimonio di sua sorella, Anna aveva incontrato un sacco di volti nuovi; il giorno stesso del matrimonio poi era stata costretta a salutare e ricevere inchini e riverenze da tanti di quei nobili del proprio Paese e dei Regni confinanti da non aver nemmeno il ricordo dei loro volti. Era quindi più che probabile che la sconosciuta fosse una forestiera e Anna aveva bisogno di inquadrarla per proseguire la conversazione.

“Direi di sì, dato che vi ho salutata durante il ricevimento di nozze di vostra sorella” rispose tranquilla e per nulla piccata dalla dimenticanza di Anna, cosa che avrebbe potuto offendere a morte qualche altra nobile.

“Sono spiacente, ieri ero piuttosto … confusa” cercò di togliersi d’impaccio con una mezza verità. Di fatto, tutta la sua attenzione era rivolta alla sorella, non gliene era importato un fico secco degli invitati che erano lì solo per far scena.

“Parola mia, sembravate più che confusa” ribattè con superficialità la donna. “Avevate l’aria di partecipare a un funerale, anziché a un matrimonio. Almeno in tre si erano chiesti ieri sera se avevate qualche problema serio. Detto tra noi” si avvicinò ad Anna col busto “dovreste imparare a nascondere meglio le vostre emozioni. L’ambiente in cui vivono i nobili non consente di esprimere liberamente i propri pensieri”.

“Io sono ciò che sono! Non voglio nascondermi!” esclamò Anna, indignata non solo dal tono di confidenza che si era presa la donna (insomma, ancora non sapeva chi diavolo fosse!) ma anche dall’insinuazione che tutti recitassero e si aspettassero che lei facesse altrettanto.

La sconosciuta fece spallucce “In tal caso, aspettatevi di cadere nei tranelli di altre persone. Forse gli inganni di mio fratello non vi hanno insegnato abbastanza bene la lezione”.

Aspetta, CHEEEE???

La donna accennò una breve riverenza “Principessa Lene delle Isole del Sud. Sorella del Principe Hans e cognata di Vostra sorella, la regina Elsa. Di nuovo, piacere di fare la vostra conoscenza”.

A proposito di educazione e compostezza tra nobili, ora toccava d Anna dare sfoggio di sé: le si allentò la mascella. Ecco spiegato perché si sarebbe aspettata maggior compostezza ed eleganza dalla sconosciuta: somigliava al verme, maestro nel mostrare modi garbati e cortesi, l’eleganza fatto uomo!

La ragazza teneva i lunghi, lisci e ramati capelli sciolti dietro le spalle, aveva leggeri lentiggini proprio come il verme, ma per il resto le mancavano i tratti virili (per fortuna, eh!) nel volto e nel fisico, più sottile e minuto. Ed era più vecchia di Hans, forse di una decina d’anni. Ma scusa, Hans non aveva detto di avere solo fratelli? Dodici, per l’esattezza?

Incurante della reazione di Anna, Lene si azzardò ad allungare la mano verso la principessa, chiudendole dolcemente la bocca sospingendo il mento verso l’alto. Altro strappo del protocollo inammissibile in una situazione formale.

“Pensate che vostra sorella accetterà di concedermi un’udienza?”.

 

***

Hans aveva tradito un certo fastidio nel vedere la sorella comparire a palazzo accompagnata da quella stupidina di sua cognata, ed era rimasto ancor più contrariato quando quest’ultima si era rivolta a Elsa, non a lui, chiedendole ospitalità nel Regno di Arendelle. Fortunatamente la mogliettina non sembrava disponibile ad avere Lene tra i piedi più di quanto lo fosse lui. Lo aveva bellamente ignorato per anni, continuava a farlo, e chiedeva ospitalità? Sfacciata!

“E la vostra famiglia ha acconsentito alla vostra permanenza nel mio Paese?” domandò lievemente infastidita la regina.

Lene abbozzò un sorrisetto mentre rispondeva “I fratelloni non si sono nemmeno accorti che sono scesa alla chetichella dalla nave questa mattina, Maestà. Dovete sapere che l’aria a casa mia si sta facendo … un po’ pesante … per una sorella zitella” proseguì guardando per una frazione di secondo il fratellino a fianco della consorte.

“Come se fosse il tuo restare nubile il problema” commentò asciutto Hans.

“Non credo sia una buona idea che restiate senza aver prima informato la vostra famiglia”  disse Elsa con tono apparentemente indifferente (ma chissà come, i quattro avevano intuito che era tutta una scusa. Un verme a palazzo era più che sufficiente) e ignorando volutamente le parole del neo marito.

“Quando avrete il permesso dei vostri regali genitori, sarete la benvenuta” concluse la regina in tono definitivo che non ammetteva repliche.

Lene non fece in tempo a mostrarsi abbattuta che il fratello girò i tacchi e fece per uscire rapidamente.

“Hans, dove vai?” chiese la sorella.

“A inviare un messaggio alla nostra famiglia. Se faccio in fretta, magari riesco a far tornare indietro la nave prima che arrivi al porto delle Isole del Sud”.

Nuuuu fratellino, non rimandarmi da quelli là!” esclamò Lene in tono di supplica.

“Da quelli là ci sono stato io controvoglia, da quelli là ci resti tu. Non abbiamo bisogno di svitati piromani, qui ad Arendelle”.

“Cattivo!!!” si lamentò la sorella, vicina ad iniziare a fare i capricci come avesse cinque anni (invece, s’è saputo durante il colloquio coi nuovi sovrani di Arendelle, la donna aveva trentun anni, sette anni più di Hans).

“Non si direbbe che tra i due fratellini scorra buon sangue” commentò sottovoce Elsa rivolta solo ad Anna, ignorando i battibecchi dei due fratelli.

“Se almeno una delle cose che mi aveva detto il verme in passato è vera, pare che i fratelli maggiori non lo avessero mai trattato bene, povero piccolo” commentò acidamente quest’ultima.

“Ah davvero? Se le cose stanno davvero così …” Elsa alzò la voce, in modo che i fratellini adorati sentissero, e si rivolse a Lene “Benvenuta ad Arendelle cognata. Spero ti troverai bene qui al castello”

“Ma Elsa!” esclamarono in coro, sorpresi, Anna e Hans.

“Sìììììì!” esclamò improvvisamente contenta la principessa (ma le lacrime di due secondi fa dov’erano finite?) che non trovò niente di meglio da fare che rompere nuovamente il protocollo: abbracciò di slancio Elsa, sotto lo sguardo sbigottito di fratello di lei e sorella dell’altra, nonché della regina stessa.

“Sei la mia cognata preferita!!!!!” trillò felice Lene.

 

 

 

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