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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Primo settembre ~ L’adulto è sciocco e immemore, quando sottovaluta la giovinezza. *** Capitolo 2: *** Benvenuti a Hogwarts ~ Una magia che supera tutte quelle che noi facciamo qui. *** Capitolo 3: *** Giorni di scuola ~ Sono le scelte che facciamo, Harry, che dimostrano quel che siamo veramente, molto più delle nostre capacità. *** Capitolo 4: *** Giorni di festa ~ La verità è una cosa meravigliosa e terribile... *** Capitolo 5: *** Diagon Alley ~ ... e per questo va trattata con cautela. *** Capitolo 6: *** Quidditch ~ Ora, il Quidditch è abbastanza facile da capire, anche se giocare non lo è altrettanto. *** Capitolo 7: *** Giorni dolci ~ Dentro alle Cioccorane ci sono delle figurine... sai, per fare collezione... ‘Streghe e maghi famosi’. *** Capitolo 8: *** Corsi supplementari ~ Scegli le materie in cui sei forte, Harry. ***
Capitolo 1 *** Primo settembre ~ L’adulto è sciocco e immemore, quando sottovaluta la giovinezza. ***
Pigna, pizzicotto, manicotto, tigre ~
~ once
uponanother tale.
I
Primo settembre
{ L’adulto
è sciocco e immemore, quando sottovaluta la giovinezza. }
# Binario nove e tre
quarti
Si
guarda intorno eccitato. Orde di ragazzi, ragazze, gabbie urlanti, caos
dappertutto. Per l’ennesima volta nell’arco di pochi minuti stringe la presa
sulla pergamena frusciante vergata d’inchiostro verde nella tasca, ancora
incredulo, eppure è tutto vero, tutto vero.
Siamo
lieti di informarla che lei è stato ammesso...
Da oggi nella sua vita cambia tutto. Niente più
incomprensioni, né freddo; niente più silenzi opprimenti, niente più palle di
neve contro un muro che non le può distruggere.
La piattaforma brulica di studenti vecchi e
nuovi, accompagnati da familiari ansiosi coi fazzoletti già pronti in mano. La
sua solitudine gli pesa ora meno che mai. Un gruppetto vociante a poca distanza
ha tutta l’aria di conoscersi da una vita; lui osserva con interesse il
tarchiato, il ciccione e i due gemelli, finché un fulmine rosso non arriva dal
nulla a sparpagliarli in tutte le direzioni.
«Permesso, permesso, scusate.»
Il tarchiato urla qualcosa agitando un pugno, ma
la minaccia è sciupata dal suo ruzzolare per terra, appena prima del baratro
che si apre sui binari. Lui non ha il tempo di spostarsi: il fulmine rosso gli
è addosso, e così da vicino si direbbe che più che un fulmine è una ragazza.
Scontro frontale, come previsto.
«Ahi! Levati dai piedi, quello scompartimento è mio.»
Si è sentito invisibile per tanto di quel tempo
che ritrovarsela tra le braccia non gli dà alcun fastidio, ma questo la
ragazza-fulmine non deve saperlo. Le sogghigna a un palmo dal naso. «Non sono
mica io ad averti investito.»
La ragazza si divincola sbuffando forte. Jack ha
appena il tempo di vedere che ha gli occhi azzurri, sotto quel mare di riccioli
rossi, prima che lei riparta alla stessa velocità verso il treno fumante e se
lo lasci alle spalle, ancora ridacchiante e incerto se aiutare o meno il tipo
con i piedi sulle rotaie che non riesce in alcun modo ad alzarsi da solo.
# Espresso per Hogwarts
«Shh, dai, ti prometto che tra un po’ ti lascio uscire.»
Il micio non sembra fiducioso. Continua a
miagolare a un volume assordante e a graffiare meticolosamente le sbarre della
gabbietta, e il cigolio sinistro di artigli su ferro non aiuta i suoi nervi già
messi a dura prova. Lo blandisce, intrufola tra le sue zampine nere il gomitolo
delle emergenze, ma Sdentato non ci sta.
«Posso farti una domanda?» gli giunge, come un
soccorso celeste, una voce melodiosa.
Si volta, un po’ troppo in fretta forse, verso
la ragazza che condivide lo scompartimento con lui. Dire che lo incuriosisce
sarebbe un eufemismo, ma si è trattenuto fino alla fine dal rivolgerle la
parola – d’altro canto Sdentato non gliel’avrebbe permesso – e certo non si
sarebbe aspettato che lei distogliesse l’attenzione dal libro per farlo al
posto suo. Non è poi così abituato a parlare con la gente.
«Il tuo gatto... Come mai ha quel nome buffo?»
«Oh...» Si sente arrossire, guardando in tralice
Sdentato che ha rizzato le orecchie in direzione della sconosciuta, in accorto
silenzio. «Una scemenza. La prima cosa che ha fatto quando l’ho trovato è stata
mordermi, così...» La voce gli si perde in un borbottio. La ragazza lo crederà
sicuramente un idiota: già sorride, e non è mai buon segno quando la gente ti
sorride, non se tuo padre ha avuto la disgraziata idea di affibbiarti il nome
di un tic.
«Che carino» cinguetta lei.
Non le risponde, poiché non ha idea di cosa
voglia intendere con quel ‘carino’ – se Sdentato, la situazione o magari lui
stesso, che se ne sta lì a guardarla senza parole come un pesce rosso. Si
schiarisce la gola e racimola tutto il suo coraggio. Un po’ ne ha, in fondo. E
lei gli deve una domanda.
«Uhm... Scusa, ma... I tuoi capelli...»
La ragazza sorride e di colpo è come se il sole,
in tutta la sua luce, filtrasse dalle nuvole fitte oltre i finestrini del treno
in corsa. Stringe una ciocca all’altezza della guancia, come un fiore. «Ti
piacciono?»
Hiccup non osa andare oltre e
si dà l’aria di chi ha sempre frequentato gente con capelli lunghi quindici
metri. A ben pensarci, comunque, sono molto più bizzarre le improvvise fusa di
Sdentato.
# Primo anno da questa
parte
«Non
più di quattro per battello» raccomanda l’essere gigantesco, e Jack s’incammina
alle spalle dei due ragazzi usciti dallo scompartimento prima del suo. Una dei
due ha i capelli così lunghi da doverli tenere in braccio, letteralmente, per
non calpestarli. Sorride tra sé e non fa battute, consapevole di avere tutto il
tempo del mondo per ricominciare a ridere, tutto
il tempo.
Scelgono una barca in cui è già seduta una
persona. Jack sorride di nuovo: è la ragazza-fulmine. Lei alza gli occhi, lo
vede, lo riconosce; gli mostra la lingua e poi rivolge tutta la sua attenzione
al lago nero spalancato di fronte a loro, come un immenso cielo visto a testa
in giù.
La biondina col suo carico di capelli prende
posto con una leggerezza sorprendente, il ragazzo col gatto nero nella
gabbietta la raggiunge e Jack, senza riuscire a trattenere l’entusiasmo, salta
a bordo facendo oscillare pericolosamente la barca intera. La biondina ride, il
ragazzo stringe forte la gabbietta e la ragazza-fulmine-rosso torna a
guardarlo, stavolta con una traccia di simpatia.
Silenzioso come il primo incantesimo della
notte, comincia il viaggio verso il castello.
Spazio
dell’autrice
A un passo dalla conclusione della
mia precedente – e insperatamente fortunata! ;///; – crossover sui Big Four, sono felicissima di presentarvi l’esordio della famosa
Hogwarts!verse che mi decido finalmente a pubblicare.
Confesso di farlo soprattutto come stimolo mio personale: magari sottoporre al
vostro giudizio i primi capitoli mi aiuterà a sbloccarmi con i successivi –
anche questa è narrata in forma di pseudo-raccolta, e vi assicuro che spesso e
volentieri mi perdo tra ciò che voglio dire e ciò che non voglio dire. Perché, come forse avrete già notato, malgrado l’AU
anche qui i personaggi hanno molto altro da raccontare, molto al di là del
fluff generale che è Hogwarts... In particolare ho il
sospetto di trattare sempre malissimo Jack e Hiccup. Poveri
cari. *li coccola*
Anyway,
ci siamo! So che come prologo dice poco più di nulla, ma mi farebbe piacere
sapere cosa pensate dell’idea. Ogni capitolo sarà incentrato su un certo numero
di prompt tratti da un ‘tema’ unico: qui è la volta
del primo settembre, il giorno dell’arrivo al castello. Malgrado il travestimento
da raccolta, questa storia si propone comunque di ripercorrere gli eventuali
anni dei protagonisti a scuola in modo assolutamente cronologico (ergo sì, qui
i personaggi hanno undici anni!), anche sulla base di alcune citazioni tratte
direttamente dalla saga di Harry Potter,
le più rappresentative di ciò che intendo raccontarvi. Questa prima introduzione
firmata Silente è tratta da Il Principe
Mezzosangue. Mi sembra superfluo specificare che anche il titolo della
raccolta è un volutissimo omaggio al personaggio più foriero di citazioni dell’intera
saga.
Per quanto riguarda gli altri pg con
cui Jack, Hiccup, Merida e Rapunzel interagiranno, non aspettatevi nessuno degli
studenti originali di zia Jo: questo vuole essere un
universo completamente alternativo, per cui dovrete aspettarvi invece tutti
quegli altri protagonisti di film d’animazione in computer grafica con cui mi
piace shippare ora l’uno ora l’altro dei Big Four. /O/ Capirete più avanti, be sure.
Altra noticina più o meno
importante: non citerò mai i nomi degli insegnanti, per lo stesso motivo per
cui non ho voluto inserire studenti letterari di Hogwarts.
L’essere gigantesco qui citato
potrebbe essere Hagrid, ma potrebbe anche essere
Ralph Spaccatutto... A voi la scelta!
Beh, spero di incuriosirvi di nuovo.
Al prossimo capitolo, se vorrete.
Capitolo 2 *** Benvenuti a Hogwarts ~ Una magia che supera tutte quelle che noi facciamo qui. ***
Pigna,
pizzicotto, manicotto, tigre ~
~ once uponanother tale.
II
Benvenuti
a Hogwarts
{ Una magia che supera tutte quelle che noi
facciamo qui. }
# Sala Grande
Il
primo giorno di scuola Merida scende a colazione di buon
umore, ed è una cosa che non le era mai successa prima di varcare i confini del
castello. In parte dev’essere merito del posto meraviglioso in cui gli studenti
si raccolgono a mangiare. Il soffitto riflette le condizioni del cielo esterno:
oggi c’è un luminosissimo sole, quindi forse l’incantesimo riflette allo stesso
modo il suo stato d’animo. Anche le candele sospese a mezz’aria ieri sera, in
occasione dello Smistamento, avevano un’aria indiscutibilmente magica, ma quel
soffitto è la cosa più bella che Merida abbia mai
visto – e lei è cresciuta in un posto da favola come la Scozia, eh.
C’è solo una cosa che non le piace di questo
posto, riflette fermandosi sulla soglia con le mani sui fianchi della sua
uniforme nuova fiammante; non le va che le Case siano così fisicamente divise, non le sta bene. Uno studente dovrebbe avere la
possibilità di sedersi a mangiare con chi gli pare e piace. Ha subito fatto
amicizia con Hip, la trova simpaticissima, ma non vuole sentirsi costretta a fare colazione con lei...
Basta con queste continue distinzioni. È già stato abbastanza seccante
trascorrere l’estate a convincere quell’ottusa della mamma che i tempi sono
cambiati e che non c’è niente di indecoroso nel trasferirsi in un collegio con
classi miste, santo cielo.
Lascia scorrere lo sguardo sulla sala, sempre
più lontano dal tavolo a lei destinato, fino a scorgere un viso conosciuto.
Cammina sicura nella sua direzione.
Il ragazzo siede al suo posto come sforzandosi
di occupare meno spazio possibile, scarabocchiando su una pergamena con la mano
sinistra solcata da un paio di graffi rossi. Dev’essere stato il gatto, non
aveva l’aria di trovare piacevole la traversata sul lago. Merida
si ferma davanti a lui, punta le mani sulla tavola e lo saluta con un
«Buongiorno!» squillante.
Lui sussulta, guarda lei, guarda tutt’intorno
come in attesa di una punizione e infine di nuovo lei. Ha le lentiggini. Merida decide subito che le è simpatico.
«Eravamo nella stessa barca ieri sera» gli
ricorda, dondolandosi sui piedi. «Così ti hanno messo a Corvonero,
eh?»
«Mh...» Il ragazzo
tenta un vago cenno d’assenso. «Già.»
«Io sono a Grifondoro»
sorride lei, cercando di non suonare troppo compiaciuta. «Stavo pensando che eravamo
tutti così eccitati che non ci siamo presentati, così sono venuta a farlo ora.
Ciao, io sono Merida!»
Il ragazzo arrossisce di botto. «Uh, lo so,
io... Ho sentito quando ti chiamavano per lo Smistamento.»
«Davvero?» Merida gli
sorride ancora – le fa piacere che qualcuno ricordi il suo nome. «Io però non
ho sentito il tuo... Ero così nervosa» confida.
Il ragazzo arrossisce ancora di più, poi sembra
prendere una decisione grande quanto il mondo. «E va bene. Ho capito. Mi chiamo
Hiccup. Ecco. Ridi pure.»
Merida non ride. Non ne vede
il motivo. D’altro canto ha passato tutta la notte a chiacchierare con una
ragazza che si chiama Hip. Continua a guardarlo finché lui non cambia
espressione; poi, a poco a poco, cominciano a ridere insieme. Hiccup le piace, e le dà l’impressione di aver bisogno di
tanti amici.
Ci mette un po’ a ricordarsi che quello non è il
suo tavolo.
# Sala comune
Una
ciocca, poi l’altra, poi l’altra. Daccapo. Una ciocca, poi l’altra, poi
l’altra.
Hiccup l’ha aspettata per un
po’, ma alla fine Rapunzel gli ha suggerito di andare
a colazione senza di lei, tanto ci avrebbe messo un bel pezzo a prepararsi. È
stata una sciocca – nell’eccitazione della notte scorsa si è addormentata
tardissimo e non è riuscita ad alzarsi in tempo per pensare ai capelli... Ora
la treccia rischia di venirle tutta storta e lei probabilmente salterà la
colazione; bene, le servirà da avvertimento futuro. Da domani in piedi
all’alba.
«Senza offesa, ma non credi sia più pratico un
bel taglio netto?»
Rapunzel sussulta e quasi si
lascia sfuggire i capelli dalle dita, ma si riprende in tempo perché il lavoro
di mezz’ora non vada sprecato. Ormai è quasi arrivata alle punte... Si guarda
alle spalle e per un attimo le manca il respiro: un’invasione nella torre!
«Che ci fai tu
qui?» lo aggredisce, consapevole di non essere molto minacciosa con le braccia
così ridicolmente occupate a mezz’aria. «Questa è la sala comune di Corvonero. Tu sei
un Serpeverde, se non sbaglio.»
Il ragazzo alza le sopracciglia, senza smettere
di guardarsi intorno con una sfrontatissima aria da turista in vacanza. «Sei
sveglia, biondina. Ci credo che sei finita a Corvonero...
Sto facendo un tour del castello» spiega, girandosi e strizzandole l’occhio,
«ti va di venire con me?»
Rapunzel assicura con una certa
difficoltà la base della treccia finalmente terminata e lo affronta a braccia
incrociate. «Stai scherzando, spero. Come hai fatto a entrare?»
Lui fa un gesto noncurante con la mano. «Ti
prego, l’indovinello delle tre zampe alla sera lo conoscono anche i quadri alle
pareti.»
«Non è giusto, te ne è capitato uno facile»
sbuffa Rapunzel. Lo guarda da capo a piedi e nota una
serie di cose strane. «Sei più pallido di un fantasma» osserva.
«Perché sono albino.» Il ragazzo si tira una
ciocca di capelli sulla fronte. «Bianchi, vedi?»
Certo, avrebbe dovuto intuirlo. «Umpf. E come mai non hai le scarpe?»
«Mi piace sentire la terra sotto i piedi quando
cammino.»
«Certo che sei strano.»
«Disse la ragazza con i capelli lunghi un
chilometro.»
«Non sono lunghi un chilometro!» protesta lei, punta nel vivo. «E il perché li porto
così non sono affari tuoi.»
«Mi sembra giusto» concede il ragazzo
avvicinandosi, «ma l’invito resta valido. Andiamo a farci un giro o no?»
Rapunzel si ritrae
ostentatamente, afferra lo zaino già pronto ai piedi della poltrona e si dirige
all’uscita. «Tu te ne devi andare
comunque. Non è la tua sala comune, questa. E io sono in ritardo per la colazione, se vuoi scusarmi.»
Non le giunge risposta, ma sente distintamente
una risata mentre lui le scivola alle spalle per uscire a sua volta.
# Parco
In
realtà non gli è mai piaciuto fare i compiti all’aperto – non che si distragga
facilmente, però dai, chiunque
continuerebbe a sollevare il viso al vento e al sole che tramonta dimenticando
a poco a poco qualsiasi libro – ma dopo due ore passate nelle segrete del
castello a rimestare insetti e inalare fumi densi e puzzolenti, sentiva davvero
il bisogno di un po’ di aria pulita e di qualche insetto vivo e vegeto.
Sdentato è rimasto in sala comune: gli ha tenuto
il muso per tutto il giorno, lasciandosi coccolare soltanto da Rapunzel che sembra avere un ascendente tutto particolare
su di lui. L’ultima volta che l’ha visto, stava cercando di prendere possesso
dello zaino della ragazza e farne la sua nuova casa. Bene, è sempre piacevole
vederlo fare nuove amicizie più in fretta di lui.
Anche se, in effetti, quest’anno sembra andare
meglio... Durante l’intervallo Merida è venuta a
sedersi all’ombra delle serre accanto a lui, e quando l’ha incrociato più tardi
nel corridoio del terzo piano lo ha salutato con una certa allegria. Anche Rapunzel è gentile, è stato bello – nonostante tutto – ritrovarsi nella sua stessa Casa. Hiccup non ha mai cercato di farsi illusioni, ma d’altro
canto, si dice mentre alza inevitabilmente gli occhi dalle pagine e guarda il
cielo, le cose non devono per forza non
cambiare mai... E suo padre non deve per forza aver ragione a considerarlo
meno che un singhiozzo.
La copia di Gli
animali fantastici: dove trovarli fa capolino sotto un angolo del libro di
Pozioni. Hiccup si chiede se valga davvero la pena di
svolgere i compiti giorno per giorno invece che ridursi all’ultimo minuto come
fanno solitamente tutti gli studenti del mondo magico e non. C’è un capitolo
sui draghi là dentro, l’ha visto la prima volta che l’ha sfogliato. Magari solo
una sbirciatina...
Un’ombra si staglia oltre le sue spalle,
disegnando una linea scura sull’erba curata del parco del castello. Ha giusto
il tempo di chiedersi se possa trattarsi di un professore prima che il nuovo
arrivato si accucci al suo fianco e abbassi la testa fin quasi tra gli steli
per distinguere il volume ancora seminascosto.
«Uh, sembra interessante» commenta il ragazzo
dai capelli bianchi che ha attraversato il lago con lui, Rapunzel
e Merida.
Hiccup lo guarda di sottecchi,
cercando di capire se lo stia prendendo in giro o no. Per ora sembra di no.
«Però non dirmi che stai studiando sul serio»
continua lui, sedendosi più comodo nel prato al suo fianco, «non il primo giorno.»
«No» borbotta Hiccup,
«non proprio.»
«Ah, bene» sbuffa il ragazzo sbottonandosi il
colletto della divisa, «allora sei a posto, credo. Io sono Jack.»
Rotola sulla schiena, si tira su a sedere e
finge di allacciarsi una scarpa per poter nascondere la faccia. Merida e Rapunzel non hanno riso,
ma non è sempre vero che non c’è due senza tre... «Hiccup.»
Anche senza guardarlo lo sente sorridere.
«Simpatico. Ti si addice.»
Ancora una volta, non sembra che lo stia
prendendo in giro. Forse è questo a fargli coraggio, come sul treno con Rapunzel, come a colazione con Merida.
«Non credevo che un Serpeverde
potesse rivolgere la parola a un umile Corvonero.»
Jack lo guarda con un’espressione strana, a metà
disgustata, a metà divertita.
«Non credevo fossi uno che etichetta le
persone.»
Hiccup si sente arrossire.
«C-cosa? Io non... non etichetto le
persone.» E intanto, quasi senza rendersene conto, si ritrova a chiudere tutti
i libri che ha portato con sé.
# Biblioteca
Rapunzel continua a sbuffare, sperando in cuor suo
che la bibliotecaria non fraintenda. La treccia si sta disfacendo e i ciuffi
sfuggiti ai lacci le ricadono di continuo sul viso, costringendola a soffiarli
via e distraendola ogni due righe. È sul punto disperato di sciogliere tutto e
avvertire la donna di fare attenzione a non inciampare, quando una voce
sconosciuta le viene in aiuto.
«Ti prego, posso farlo io?»
Si volta per ritrovarsi faccia a faccia con la
ragazza dai riccioli rossi che ha già avuto modo di notare più volte. Dal suo
sorriso e dalle sue mani gesticolanti d’impazienza capisce che si riferisce
alla sua treccia. Rapunzel si morde il labbro,
imbarazzata; non permette mai a nessuno di toccarle i capelli...
«Tranquilla» ride lei, Merida,
a bassa voce per non attirare l’attenzione della bibliotecaria; «non sono una
psicotica o roba simile. Ma di capelli me ne intendo» fa notare scuotendo i
suoi, foltissimi, «e visto che stai leggendo quel libro dall’aria così
magneticamente interessante posso pensarci io ad aggiustare tutto.»
Rapunzel non riesce a non
ricambiare il sorriso, rendendosi conto che quella ragazza è la prima persona
che abbia incontrato, dall’Espresso per Hogwarts in
poi, a non guardare alla sua considerevole chioma con aria stralunata e a non
aver fatto nessun commento di nessun tipo. Persino Hiccup,
pur nella sua timidezza, ha detto qualcosa in proposito; invece lei si è solo
offerta di sistemarglieli... Forse non è poi così sbagliato lasciarla fare.
«Mi faresti un grande favore» ammette, appena
prima che un ciuffo della frangia le copra gli occhi, facendo ridere entrambe.
Merida si avvicina e con mani
davvero esperte assicura tutte le ciocche ribelli al loro posto. Rapunzel quasi si aspetta che lei le parli adesso, che le
chieda magari come mai non li abbia mai tagliati o che scherzi sul tempo che le
ci vuole a lavarli e pettinarli – e davvero non potrebbe farlo in giornata più
appropriata!... Invece restano tutte e due in silenzio, e a Rapunzel
vengono in mente altri momenti, altre mani che la pettinavano così, labbra che
non dicevano nulla, solo qualche volta cantando una canzone che parlava di
fiori. Stringe le palpebre mentre le pagine di Storia di Hogwarts si fanno più confuse
sotto il suo sguardo.
«Ecco fatto» annuncia Merida
dopo un tempo incalcolabile. «Sei più bella di prima.»
Rapunzel rinuncia alla lettura e
con un sorriso intimidito si alza per valutare l’effetto della spessa treccia
che le dondola all’altezza delle caviglie. «Un giorno dovrai lasciarmi
ricambiare il favore.»
Merida sorride come se non
vedesse l’ora.
In quel momento, dalla finestra rivolta ai
giardini del castello, echeggia un grido.
# Infermeria
Quando
lo vede aprire gli occhi, è come se qualcuno gli liberasse il petto da un
macigno più pesante di tutto l’oro della Gringott.
«Mi dispiace» comincia subito a scusarsi, «è
stata colpa mia, non sapevo di quell’albero, è stata tutta colpa mia.»
«Ehi» bofonchia Hiccup,
con un sorriso fin troppo simile a una smorfia di dolore, «stai calmo. Non
potevi saperlo. Sono io che mi sono avvicinato troppo...»
Jack si passa le mani sul volto e si accorge che
tremano. Non ha il coraggio di sostenere lo sguardo dell’altro. Di certo si
chiederà perché se la prenda tanto, perché si colpevolizzi così, e lui non è
pronto, no, non è pronto a dirglielo, non è pronto a dirlo a nessuno, è per questo che era così
felice di essere qui... Ma adesso ha visto come un pezzo di storia ripetersi,
un fantasma del passato bussare a una porta non del tutto chiusa, e non avrebbe
mai immaginato che facesse ancora così male. Così freddo.
Hiccup non aggiunge altro, non
chiede nulla, e Jack gliene è grato. L’infermiera ha aggiustato la sua gamba
ferita in meno di un minuto, ma non è bastato a far sentire meglio lui.
Quando alla fine riesce a ricacciare in un posto
lontano e segreto la paura e il gelo, alza gli occhi e si accorge di non essere
più l’unico visitatore. La ragazza bionda di Corvonero,
con i capelli strettamente raccolti in una lunghissima treccia, arriva fino al
letto di Hiccup con il gatto nero tra le braccia.
«Audrey mi ha detto che hai fatto conoscenza col
Platano Picchiatore» sussurra con una vocina sottile, neanche fosse colpa sua, risvegliando tutti i sensi di colpa
di Jack – che per una volta, la prima da
che è arrivato, vorrebbe solo tornare a sentirsi invisibile. «Se non altro
adesso sappiamo perché si chiama così» tenta di scherzare. Poi si china e
lascia che il micio balzi sulle lenzuola. «Sdentato è voluto venire a
trovarti.»
Hiccup distoglie lo sguardo
imbarazzato da lei per concentrarsi sul gatto ronfante e del tutto a suo agio,
che in quel momento inizia a impastargli su un ginocchio. Assume un’aria
sostenuta. «Così ti sei preoccupato, eh? Che c’è, mi vuoi bene di nuovo ora che
hai tutto un castello a tua disposizione?»
Rapunzel sorride e continua a
farlo anche quando incrocia lo sguardo di Jack – che ora si sente un po’ meglio, appena un po’.
«Ti conviene stare attento a quel tipo, Hic: ha
l’aria di uno cui piace far finire la gente nei guai.»
Jack reprime un gemito e da sopra la spalla
lancia un’occhiataccia alla ragazza-fulmine-rosso, quella Merida
o come diavolo si chiama, che se ne sta appoggiata alla porta dell’infermeria a
guardare dritto verso di lui con l’aria di chi la sa lunga. Non è d’aiuto. Non
è assolutamente d’aiuto.
«È stato un incidente» si affretta a dire Hiccup. «Jack non c’entra nulla, sarebbe successo anche se
fossi stato lì da solo... Insomma, tu te lo aspetteresti di calpestare la
radice di un albero che reagisce prendendoti a sberle?»
Le ragazze scoppiano a ridere. Anche Jack sente
nascere un sorriso, da qualche parte sotto il freddo. Hiccup,
dal canto suo, si guarda intorno come se vedesse degli esseri umani per la
prima volta; poi abbassa di nuovo gli occhi sul gatto nero e lo gratta tra le
orecchie.
«Beh, niente male come primo giorno di scuola.
Tu che ne dici?»
Sdentato socchiude gli occhi, godendosi le
coccole.
Spazio dell’autrice
Il primo capitolo diceva veramente troppo
poco, così ho deciso di aggiornare molto in anticipo sulla tabella di marcia
(?) e darvi subito un’ulteriore anteprima di ciò che vi aspetta. Qui il filo
conduttore è Hogwarts intesa in senso fisico – il posto
più bello del mondo merita un pensiero tutto suo, vi pare? ♥ – e la citazione, pur mutilata, viene da La Pietra Filosofale: Silente si
riferisce alla musica, ma io ho voluto sottintendere di riferirmi all’amicizia.
Ora,
i dettagli. L’headcanon più diffuso alla base dell’Hogwarts!verse prevede un Hufflepuff!Hiccup,
ne sono consapevole; tuttavia io penso che le sue buone qualità tipiche di Tassorosso non saltino meno all’occhio della sua intelligenza
e della sua capacità di guardare oltre,
caratteristiche queste tutte riconducibili a Corvonero:
e ho preferito assegnarlo a tale Casa piuttosto che all’altra anche per
questioni pratiche – considerate che il prossimo capitolo vuole ripercorrere le
materie di scuola con relative lezioni, e se ciascun protagonista fosse
appartenuto a una Casa diversa le occasioni di interazione sarebbero state
molto più limitate. È vero che ci saranno altri personaggi in scena oltre ai
Big Four, ma nessuno avrà l’importanza che avranno
loro. Sono il mio OT4 in fondo. u__ù
Parlando
appunto di personaggi secondari, l’Hip citata da Merida
è l’adorabile protagonista de I Croods, mentre l’Audrey menzionata da Rapunzel è la stessa di Lorax: il guardiano della foresta.
Capitolo 3 *** Giorni di scuola ~ Sono le scelte che facciamo, Harry, che dimostrano quel che siamo veramente, molto più delle nostre capacità. ***
Pigna,
pizzicotto, manicotto, tigre ~
~ once uponanother tale.
III
Giorni
di scuola
{ Sono le scelte che facciamo, Harry, che
dimostrano quel
che siamo veramente, molto più delle
nostre capacità. }
# Incantesimi
Si
era aspettato di tutto, davvero di tutto,
ogni sorta di difficoltà e di ostacoli – persino di rivelarsi un Magonò; ma se qualcuno gli avesse detto, qualche settimana
fa, che il suo problema più grande a Hogwarts sarebbe
stato questo probabilmente gli avrebbe
riso in faccia.
L’aula è piena di oggetti volanti: piume per il
livello base e cuscini per gli allievi più portati, ma il tizio grande e grosso
che per qualche oscuro motivo chiamano ‘Gambedipesce’
è riuscito a far schizzare in aria il professore in persona. Hiccup mordicchia la bacchetta cercando di recuperare il
controllo. Non può cedere adesso, avanti; non è un motivo serio per pensare di mollare tutto.
«Devi farlo al contrario» sussurra Rapunzel nel banco accanto al suo, mostrandogli lentamente
il ruotare sicuro del polso: è riuscita a padroneggiare l’incantesimo al terzo
tentativo. «Prova a farmi da specchio.»
E Hiccup prova. La
guarda e cerca di muovere la mano sinistra specularmente alla destra di lei,
maledicendo il suo ennesimo fallimento, quello di non essere mai riuscito a
diventare almeno ambidestro.
«Non ci credi abbastanza!» Rapunzel
si ferma e lo guarda con aria severa; intorno a loro c’è una tale confusione
che non devono neppure sforzarsi di tenere bassa la voce. «Non pensare di dover
fare diversamente perché la tua maniera è sbagliata. Devi pensare che la tua maniera è quella giusta, altrimenti
non riuscirai mai in niente.»
Hiccup ricambia lo sguardo in
silenzio, favoleggiando su un gesto estremo come l’alzarsi in piedi, gettarsi
ai suoi piedi e abbracciarla di fronte a tutta la classe in subbuglio, perché
nessuno gli ha mai detto nulla del genere e anzi,
tutti l’hanno fatto crescere nella consapevolezza del contrario – che non è il
mondo ad adeguarsi a te, sei tu a doverti adeguare al mondo, è così che vanno le cose.
A meno che
tu non uccida un drago.
Prima che le sue confuse idee folli possano
tradursi anche solo in una parola di ringraziamento, Rapunzel
sorride e gli mostra daccapo il movimento della mano e della bacchetta. «Dai, riprova.
Voglio che entro domani riusciamo a fare una gara di cuscinate magica, noi
due!»
E Hiccup riprova.
# Trasfigurazione
Il
suo fiammifero è diventato ago da un pezzo, ma gli altri sono ancora alle prese
con le basi. L’insegnante, rimasta rigida alla cattedra fino all’ultimo minuto,
si è rassegnata a incamminarsi tra i banchi per correggere pronunce e posizioni
di bacchette; Jack si dondola sulle gambe posteriori della sedia, guardando la
ragazza dalla parte opposta dell’aula che tamburella sul banco con le unghie
smaltate di nero. Anche lei ha svolto in pochi minuti quel loro primo vero
test. Quando la curiosità si fa insostenibile, lascia ricadere la sedia con un
piccolo tonfo e strappa un pezzo di pergamena, sul quale si china a
scribacchiare una domanda.
Pochi secondi dopo, il biglietto è tra le mani
di lei.
Tutti i
vampiri sono bravi in Trasfigurazione?
La vede sorridere e impugnare la sua piuma per
scrivergli una risposta; si volta a controllare che la prof gli dia ancora le
spalle, constata che è tutta presa dai miseri tentativi dei gemelli Thorston e si volta di nuovo, in tempo per intercettare il
ritorno del biglietto.
Un vampiro
deve pur avere un qualche talento, per ottenere un permesso speciale di
frequentare Hogwarts.
Jack ridacchia pianissimo, colpito dalla sua
capacità di soprassedere così sui pregiudizi che la circondano. Le lancia uno
sguardo e vede che ora il suo sorriso è rivolto direttamente a lui.
E io che
pensavo bastasse minacciare il preside di succhiargli il sangue.
Si solleva per dare più slancio al tiro; lei
afferra il foglio al volo e poco dopo glielo restituisce nello stesso modo.
Mio padre
ha dovuto assicurargli il contrario, anche se non ci ha messo molto entusiasmo.
Ancora lui.
Che
soluzione banale.
Ancora lei.
È quella che
chiamano realtà, Jack. (Ti chiami Jack, giusto?)
Alcuni studenti hanno preso a osservare il loro
silenzioso scambio, approfittando del diversivo per dimenticare per un attimo i
loro fiammiferi; molti fanno scorrere dall’uno all’altra degli sguardi sconcertati.
Quasi nessuno ha instaurato un vero contatto con Mavis fin dalla sera dello
Smistamento, quando le candele della Sala Grande hanno illuminato la sua pelle
bianca e i suoi canini appuntiti. Di solito lei resta sola, nella sala comune
di Serpeverde, e Jack non è certo che le sue compagne
di dormitorio non la tengano a distanza con spicchi d’aglio appesi ai
baldacchini. Si chiede ancora una volta come abbia potuto resistere all’impulso
di mordere loro il collo per puro dispetto, ma probabilmente la risposta si
trova nello sguardo tranquillo che Mavis gli rivolge in questo momento.
Stavolta le risponde soltanto strizzandole
l’occhio.
È qui da un mese, più o meno, e non fa che
incontrare gente che gli dimostra che essere se stessi non è un male per nessuno.
AmaHogwarts.
# Pozioni
Se
non altro ha già capito qual è la materia che le piace meno.
Hiccup sembra sempre seccato
quando si tratta di scendere nelle segrete e sorbirsi due ore di fuoco lento e ragni
morti, però poi riesce a destreggiarsi senza problemi con la preparazione
dell’intruglio di turno, e il professore, sempre pronto a commenti più acidi
dei suoi filtri, ogni volta passa accanto al suo piano di lavoro senza nessuna
parola di biasimo. Rapunzel invece si è già
assicurata l’antipatia imperitura di quell’uomo inquietante, con i suoi capelli
troppo lunghi e le sue mani troppo impacciate: è abituata a mescolare colori
per dipingere, non lingue di rospo e code di salamandre!, e poi non sa restare
ad aspettare che una pozione fermenti contando i minuti senza fare altro. Ha
davvero l’impressione che, se non fosse per Hiccup
che le bisbiglia suggerimenti al riparo del calderone, la bocciatura sarebbe
assicurata.
Peccato che il professore non si lasci
imbrogliare facilmente.
«Ti avevo detto di non aiutare la tua compagna,
signor Haddock. Cinque punti in meno per Corvonero. E adesso filate a lavare le attrezzature.»
La classe si alza rumoreggiando e Rapunzel si concede qualche brontolio. Insieme a Hiccup s’incammina verso la fontana a forma di bocca di gargoyle, in fondo alla segreta.
«Mi dispiace» mormora Hiccup
senza guardarla, mentre si chinano a risciacquare mortai e pestelli nell’acqua
gelida dando le spalle all’aula.
«Non dire così» lo rimprovera lei, «se non mi
avessi aiutata ce ne avrebbe tolti dieci, poco ma sicuro.»
«Non dovete prendervela.» A parlare è un ragazzo
di Tassorosso, alto e con i capelli neri, appena
arrivato al lavatoio con le proprie cose – a Rapunzel
piace che alcune lezioni mescolino le Case: nel caso specifico, le dà l’idea di
non essere la sola ad attirare l’attenzione del professore. «Fa così perché voi
siete di Corvonero, e per antonomasia i più
intelligenti, quindi una minaccia per la vittoria di Serpeverde
alla fine dell’anno...»
Hiccup fa la faccia di chi
giunge di colpo a un’illuminazione. Rapunzel si volta
a guardare il ragazzo: ha un’aria simpatica, ma sta fissando con un po’ troppo
interesse i suoi capelli. Sorride alla battuta, ma non sa se sorridere a lui –
non si è ancora abituata a tutti quegli sguardi, pur sapendo che dovrebbe
averlo fatto, ormai...
«Beh, meno male che siamo i più intelligenti»
sbuffa, raccogliendo e asciugando le attrezzature pulite, «me ne ricorderò la
prossima volta che non saprò preparare una pozione da sola.»
Il ragazzo dai capelli neri ridacchia.
# Erbologia
La
serra numero uno è così piena di profumi, di colori e di rumorini strani che Merida trova difficilissimo concentrarsi. Il fatto poi che
la lezione consista nel semplice studiare le proprietà di una piantina di
aconito rende l’ambiente circostante ancor più distraente.
Il Tassorosso con cui
divide il tavolo non fa che scribacchiare appunti, ma deve aver notato il suo
continuo guardare qua e là, perché a un tratto alza lo sguardo e la imita. Merida lo intercetta e lui si stringe nelle spalle.
«Pensavo cercassi qualcosa in particolare, e
volevo aiutarti» la stuzzica a mezza voce.
Lei non avverte il minimo imbarazzo. Si assicura
soltanto che la professoressa sia fuori portata d’orecchio, prima di rispondere
all’allusione con la pura e oggettiva verità.
«Scusami, sai, se penso che l’aconito non sia la
cosa più interessante qui dentro.»
Il ragazzo sorride e di colpo cambia argomento, come
se non avesse fatto altro che aspettare il momento giusto per le presentazioni
ufficiali. «Tu sei Merida, giusto? Ti ho vista spesso
con quei due di Corvonero, sai, quello con le
lentiggini e quella con i capelli lunghiss...»
Merida non gli dà il tempo di
finire la frase. «Sì, e allora?» Non le piace che la gente parli dei capelli di
Rapunzel. Come se di lei contassero solo i capelli.
«Oh, niente! Dicevo così» si schermisce lui. «Li
ho conosciuti a Pozioni. Sembrano simpatici.»
Merida si rilassa; forse non
si tratta dell’ennesima persona ansiosa di conoscere le più segrete motivazioni
che si celano dietro l’aspetto di Rapunzel. Posa la
piuma sulla pergamena ancora intonsa e gli tende la mano. «Il mio nome lo sai.
Il tuo qual è?»
Lui la stringe avvolgendola quasi completamente
con le dita, lunghe e agili, da musicista. «Once-ler.»
Questa volta scoppia a ridere. D’accordo, ne ha
già sentiti di strani, ma...! «E che
razza di nome è, Once-ler?»
«Di certo un nome intriso di personalità,
signorina Ferguson. E ora vorresti gentilmente tornare alla tua piantina?»
La voce della professoressa, spostatasi
silenziosa alle loro spalle, la fa sussultare. Merida
si sforza di obbedire, ma ancora una volta non è imbarazzata. Il fatto è che
questa scuola non riesce a non emozionarla, e qui anche parlare per la prima
volta a un compagno si rivela un’esperienza degna di nota. Once-ler, poi, ha un sorriso così simpatico.
La piantina di aconito se ne sta tranquilla nel
suo vaso sopra il tavolo, cercando inutilmente di focalizzare su di sé la sua
attenzione.
# Difesa contro le Arti
Oscure
«Hai
preso il mio posto. Di nuovo.»
Per via della sortita in bagno dell’insegnante,
la classe di Serpeverde ha invaso l’aula ben prima
dell’uscita dei Grifondoro; si sa, le vecchie faide
sono dure a morire, ma Jack ha ignorato l’istantaneo rinascere dei bisticci
quotidiani tra le due Case per dirigersi subito al suo posto preferito – e lì,
non per la prima volta, ha trovato una Merida
ritardataria alle prese con uno zaino riempito alla rinfusa.
Lei non lo guarda neanche, ma non si lascia
intimidire. «Fino a prova contraria sei tu che sei venuto a prendere il mio.»
«Ah, beh, quanto a questo, se aspetto ancora un
po’ dovrò correre a cena...»
«Tu ti approfitti del fatto che nonostante tutto
ti trovo divertente, Frost.» Merida si alza con tutta
calma, incurante dell’accigliarsi di lui all’uso del cognome – non gli piace il
suo cognome, odia il suo cognome, possibile che nessuno se ne sia ancora accorto? – e comincia ad allontanarsi tra
le fila di Serpeverde che le fanno ala come a una
qualche strana creatura contagiosa. «E comunque farei volentieri a meno di
perdere il mio tempo qui, il programma di quest’anno è di una noia mortale...
Sono i vampiri quelli che voglio combattere, non i Pixie
e gli Avvincini.»
Jack la guarda farsi strada sulla scia degli
altri Grifondoro e aspetta fin quasi l’ultimo secondo
prima di gridarle una risposta alle spalle.
«Io ho un’amica vampira, sai.»
Già oltre la porta, Merida
si volta a lanciargli uno sguardo attonito, con uno svolazzo dei riccioli
tutt’attorno al viso; d’altro canto non sembra più sorpresa dei Serpeverde che circondano Jack. La comparsa del professore
sulla soglia e il suo invito ad affrettarsi impedisce commenti, ma Jack
distingue una risatina ormai familiare da qualche parte dietro di sé, una
risata che sa di bianchi denti aguzzi.
Si siede sulla sedia ancora calda del corpo di Merida, ben deciso a non sorridere.
# Storia della Magia
Questa è la materia più noiosa
di tutte e nessuno potrebbe dire il contrario. Hiccup
cerca di resistere e prendere appunti finché può; Rapunzel
ha già perso gran parte dell’entusiasmo iniziale e ora chiacchiera a bassissima
voce con la sua amica Audrey – solo Gambedipesce
scribacchia nomi su nomi e date su date: la lezione non è neanche a metà e lui
ha già consumato due rotoli interi di pergamena e quasi tutta una boccetta
d’inchiostro, e la sua concentrazione non si è smussata di un pollice.
Hiccup stiracchia le gambe
sotto il banco, sperando di non farsi notare. Ha perso il filo. Il professore,
del resto, non accenna a voler dare spazio a eventuali domande: prosegue
imperterrito nella sua cronaca nuda e cruda e con quella sua voce monocorde
riuscirebbe a far suonare scialba persino la storia della fondazione di Hogwarts. Tanto vale rassegnarsi.
Sempre più spesso s’impone di distogliere lo
sguardo dai capelli di Rapunzel, che a onor del vero sono una distrazione degna di questo nome –
tutti, in classe e al di fuori, hanno già lanciato almeno un paio di occhiate
perplesse a quella chioma così bizzarra, «persino
per una Corvonero» – e suo malgrado si ritrova a
osservare quelli di Audrey e a constatare che sono quasi della stessa tonalità
di rosso di quelli di Merida. Poi si rende conto che
se continua così lo prenderanno per una specie di maniaco, e no, grazie, lui ha
già dato al mondo abbastanza motivi per considerarlo uno ‘strano’. Torna ad
abbassare gli occhi sul banco e soltanto in quel momento si accorge di un
pezzetto di pergamena che sporge da un piccolo foro nel legno.
Il professore continua a parlare e Hiccup afferra al volo un nome, lo trascrive nei suoi
appunti senza avere la minima idea di cosa lo colleghi a tutto il resto e
subito dopo si dedica alla difficile estrazione del biglietto. Ci perde un po’
di tempo e già è grato allo sconosciuto scrittore di avergli dato almeno un
motivo per non crollare per qualche minuto ancora.
Quando la pergamena è ben spiegata tra le sue
dita – nessuno si è accorto di niente: la noia là dentro è più spessa della
nebbia che ammorba le segrete durante Pozioni – viene alla luce un messaggio
che per poco non lo fa scoppiare a ridere.
O
intrepido che ti accingi in questo periglioso quanto mortalmente tedioso
percorso, ATTENTO!
Storia
della Magia è quanto di peggio ti aspetta tra queste fantastiche mura. Puoi
farcela solo se sei un secchione mancino pieno di lentigginosa buona volontà,
ma anche così avrai dei problemi, sappilo. Ti scrivo direttamente dal fronte,
ti metto in guardia e ti trasmetto tutto il mio comprensivo appoggio.
Una Grifondoro estremamente annoiata ~
(Se sei
Hic, in bocca al drago: questo è pane per i tuoi denti. Se sei Punzie, passa il messaggio a Hic, grazie. Se sei chiunque
altro, peggio per te, ma magari passa il messaggio comunque. J)
Hiccup quasi soffoca, e
intanto non può fare a meno di immaginare una Merida
che muore di noia e si riprende solo rivolgendo un pensiero ai suoi poveri
amici Corvonero diretti al suo stesso destino. Beh,
perché no? Non è una cattiva idea. E tra l’altro sentirsi dare del secchione
non gli ha mai fatto così piacere.
È già sul punto di passare il biglietto a Rapunzel, ma poi cambia idea, afferra la piuma e, con tutta
l’aria di chi segue intensamente una lezione, comincia a pensare a una risposta
sullo stesso tono.
# Astronomia
Quello
di Astronomia è l’unico corso che i Corvonero seguono
insieme ai Grifondoro, e Merida,
pur sbadigliando costantemente, ha sempre un sacco di cose da raccontare quando
arriva la notte del mercoledì: Rapunzel studia
affascinata orbite e costellazioni, ma non le dispiace mai troppo che le parole
dell’amica la distraggano ogni volta. Naturalmente ciò è però un disturbo per,
beh, altri, e anche stavolta la
professoressa si ritrova costretta a dividerli; e così ora Hiccup
prende posto mogio mogio accanto a un ragazzo Grifondoro, Merida saluta con la
mano Gambedipesce e Rapunzel
scuote il capo sorridendo in una postazione vuota, proprio in fondo al
terrazzo. Non le dispiace troppo neanche restare sola insieme al suo telescopio.
La lezione si svolge senza ulteriori intoppi
finché lei, sollevandosi dalla mappa in cui ha segnato la posizione di Nettuno,
volge lo sguardo alla balconata e si lascia sfuggire uno strillo.
Tutti si voltano, ma non vedono nulla di strano.
Rapunzel accenna in fretta dei gesti perché credano
che la sua tempia si sia violentemente scontrata con il telescopio – è facile
crederci, cose del genere le capitano di continuo – e solo al via libera,
quando anche Hiccup e Merida
hanno già distolto gli occhi, si volta ancora verso il punto in cui tre secondi
fa ha visto Jack.
«Dove sei finito?» borbotta, sporgendosi – e
dall’altro lato della balaustra le dita bianche di Jack issano le sue braccia, il
suo busto e così via, finché i loro occhi si trovano allo stesso livello.
«Ehi, biondina, vedi di non urlare tutte le
volte che mi vedi.»
Rapunzel vorrebbe mangiarselo
seduta stante, ma trova più saggio assicurarsi prima che nessun altro lo abbia
visto. Appurato che è così, lo fulmina con gli occhi e abbassa la voce fino a
un sussurro.
«Che cosa diavolo sei venuto a fare quassù? Non
è la tua lezione.»
«Oh, lasciami pensare» sogghigna Jack,
dondolando una gamba oltre il parapetto, «una scena del genere non l’abbiamo
già vissuta?»
«C’è poco da ridere! Se ti vedono ti spediscono
dritto dal custode, e allora sì che riderò io.»
«In effetti sono abbastanza tranquillo finché so
che ci sei tu a coprirmi.»
Rapunzel si sente arrossire e
ringrazia mentalmente il buio. Lancia un’altra occhiata alla classe e alla
prof, quindi al telescopio e alla mappa abbandonati. Cerca di comportarsi come
se niente fosse successo, e riprende con Nettuno da dove l’aveva lasciato.
«Non mi hai risposto» sibila. «Che ci fai qui?»
«Pensavo che un aiutino ti sarebbe piaciuto.
Sono bravo in Astronomia, e vedo che Hic è lontanuccio...»
Rapunzel apre la bocca per
obiettare che ci vede benissimo anche da sola, ma proprio in quel momento Jack
la raggiunge alla postazione, guida la sua mano sul telescopio e sposta il suo
punto di vista di qualche grado a est. Davanti agli occhi di lei sorge la luna,
piena e bellissima.
«Ecco il vero
motivo per cui sono quassù» sussurra Jack. «A te non dà l’impressione di
nascondere tanti segreti da scoprire?...»
E poi se ne va, veloce e silenzioso come è
apparso, lasciandola lì un po’ seccata a chiedersi che accidenti intendesse
dire.
# Volo
Così
è quella la famosa vampira? Merida la guarda
chiacchierare con Jack mentre il coro di «Su!»
s’intensifica, così come i colpi in faccia. Quei due sono riusciti a farsi
obbedire dalle proprie scope in un attimo, e Merida
rimugina per un po’ sul fatto che non è poi così equo che un vampiro frequenti una scuola di maghi – non per la
questione della specie, ci mancherebbe, però insomma: quella lì deve avere già un futuro assicurato da Animagus, perciò in Trasfigurazione sarà una bomba, e di
certo sarà notevolmente avvantaggiata in Difesa contro le Arti Oscure e ovviamente basterà quel suo stesso
potenziale da pipistrello a sollevarla da terra... Poi si scuote, si
schiaffeggia mentalmente, perché non è giusto pensare così di una persona che
neanche conosce e perché al momento ci sono altre priorità.
Tipo quella di urlare «Su!» più forte di tutte e due le classi messe insieme, balzare
sulla scopa e con un sorriso fare un giretto tutt’intorno a Jack.
Forse ha appena fatto perdere un po’ di punti a Grifondoro, ma quella sua espressione contemporaneamente
divertita e impressionata è senza prezzo.
Spazio dell’autrice
Il
mio bisogno di andare avanti a scrivere questa AU continua a scontrarsi con il
mio (ennesimo) blocco. Così, vi lascio un nuovo aggiornamento nella speranza di
recuperare l’ispirazione perduta. *imbarazzo*
Si parla
di materie e lezioni, come vi accennavo, ed entrano in scena un paio di
personaggi secondari che non potevo non includere: ultimamente ho sviluppato un
amore viscerale per Once-ler e, nonostante in Hotel Transylvania
siano Johnny e Dracula i personaggi che mi sono più entrati nel cuore, anche
per Mavis, al punto che sto seriamente considerando l’idea di scrivere in
futuro su quello che sta diventando un OT6... Ho riflettuto a lungo in
particolare sull’eventualità di rendere Mavis un’umana a tutti gli effetti,
perché non sono affatto certa che un vampiro potrebbe frequentare Hogwarts e condurvi una vita scolastica ‘normale’ – ma poi
ho pensato al Sanguini del Principe
Mezzosangue, e mi sono detta che se un vampiro ha la possibilità di essere
invitato a una festa studentesca come ospite d’onore, beh, allora potrebbe
anche garantire una frequentazione sicura dello stesso ambiente, specie se
dietro raccomandazione! XD In ogni caso mi piaceva troppo l’idea di lasciare
Mavis Dracula così com’è in originale... Penso che prima o poi capirete il
perché. Sempre che riesca ad arrivarci, lol.
Per
quanto riguarda invece le ‘comparse’ di turno, Gambedipesce
e i gemelli Thorston, trattasi degli stessi personaggi
di Dragon Trainer già comparsi
(innominati) in un breve cameo nel primissimo brano del primo capitolo insieme
a Moccicoso.
Avrete
inoltre notato che continuo a non nominare gli adulti e/o insegnanti di turno,
ma che tendo a rispecchiare il carattere di quelli che conosciamo – il
professore di Pozioni potrebbe tranquillamente passare per SeverusPiton, considerato l’accenno di Once-ler al suo essere parziale riguardo Serpeverde...
Il punto è che avevo iniziato a buttar giù una lista di personaggi adulti (tratti
dagli stessi film d’animazione che mi è piaciuto rielaborare qui) che potessero
accostarsi a Silente, a Piton, alla McGranitt e a tutti gli altri – ma mi sono bloccata su Rüf, la Sprite e la Bumb, che non
ho saputo in nessun modo rivisitare. Quindi, insomma, per la cronaca quel tipo
così apparentemente simile a Piton avrebbe voluto
essere Pitch de Le 5 Leggende, ma
meglio mantenere l’anonimato e via. XD
Ah,
un’altra cosa: non ricordo nella maniera più assoluta dove abbia letto che i Grifondoro e i Corvonero seguono insieme le lezioni di Astronomia, né
posso dire se fosse una notizia fondata o una semplice supposizione dei
lettori; ma insomma, mi sembrava giusto che un qualche corso mescolasse anche
queste due Case!, e così l’ho data per buona.
La citazione
iniziale è tratta naturalmente da La
Camera dei Segreti.
Oh,
e – GRAZIE per il sostegno. Seriamente, grazie. Suonerà ripetitivo ma, dopo
tante letture e recensioni come le vostre, non so davvero cos’altro dire. ;///;
Capitolo 4 *** Giorni di festa ~ La verità è una cosa meravigliosa e terribile... ***
Pigna,
pizzicotto, manicotto, tigre ~
~ once uponanother tale.
IV
Giorni
di festa
{ La verità è una cosa meravigliosa e
terribile... }
# Halloween
Guarda
dubbiosa gli zuccotti di zucca che Merida le porge
con il sorriso delle grandi occasioni. «Non sono ancora sicura che sia una cosa
giusta, sapete.»
«Tanto meglio.» Jack sbuca dal nulla e le sfila
il dolce da sotto il naso, mangiandolo in due morsi ed evitando agilmente il
colpo di vassoio di Merida. «Vorrà dire che ce ne
sarà di più per me.»
Rapunzel apre la bocca per dire
che non si riferiva agli zuccotti, ma prima di riuscirci scoppia a ridere. In
più, Hiccup sta sorridendo come non fa quasi mai, e a
lei proprio non va di smorzare l’entusiasmo generale.
Siedono tutti e quattro tra le zucche giganti
dell’orto, le poche che non hanno trovato posto nella Sala Grande. Rapunzel soffoca un altro fiotto di sensi di colpa quando
si decide ad accettare – dallo stesso Jack, ancora a bocca piena – uno dei
dolcetti che Merida ha «ricevuto in anteprima» nella
sua più recente escursione nelle cucine. A ben pensarci neanche questo è giusto, in effetti; gli elfi
domestici avranno certo dovuto lavorare di più per supplire alla mancanza e...
«Smettila di fare quella faccia!» Merida si sporge a pizzicarle una guancia. «Non sono mica
rubati. E noi non stiamo saltando una lezione, solo una cena.»
Jack si butta disteso nell’erba con le braccia
spalancate, commentando qualcosa circa l’assenza dei soliti libri di Hiccup; lei li ascolta ridere – è un bel suono – e ricambia
la smorfia di Merida.
«Le scope per svignarcela dalla torre non le
abbiamo chieste a nessuno, però.»
«Oh, beh, ma quello è un prestito implicito...»
«La verità è che la vuoi sempre vinta tu.»
«La verità, invece, è che tu ti preoccupi
troppo, Punzie.»
Merida non ha ancora chiuso
bocca che Hiccup comincia a tossire. Rapunzel si volta per scoprire che uno zuccotto lo ha quasi
fatto soffocare – ovviamente, si
rende conto non appena incrocia lo sguardo di Jack, nessuno ha pensato di
portare anche qualcosa da bere.
Sospira e impugna nervosamente la bacchetta.
«Qualcuno dovrà pur farlo... se vogliamo arrivare tutti vivi all’anno nuovo.
Sta’ fermo, Hic.»
# Natale
La
Sala Grande è uno spettacolo, questo non può negarlo, ma non riesce a non
guardare a tutta quella neve incantata e a tutti quei festoni inconsapevoli con
una buona dose di astio. Guarda oltre, vede Mavis imbattersi sulla soglia in un
ragazzo Tassorosso dai capelli impossibili; li vede
sussultare entrambi sotto il vischio che li sovrasta e sogghigna, ma non sente
il sorriso arrivare agli occhi.
«Ho come la sensazione che il Natale non sia
proprio la tua festa.»
Si volta per scoprire un Hiccup
infagottato in una lunga sciarpa, il naso rosso e la neve tra i capelli. Jack
si costruisce un altro ghigno, pronto a chiedergli se ha davvero tanto freddo –
tanto quanto ne ha lui – ma si blocca
non appena si rende conto che Hiccup sta tirando la
stoffa fin sotto gli occhi solo per nascondere l’imbarazzo di aver parlato.
A quel punto, non può fare a meno di domandarsi
quanto sia evidente, nella luce del giorno di Natale, il fantasma che si porta
dentro.
Hiccup continua a
giocherellare con la sciarpa senza più guardarlo, e lui vorrebbe dirgli che va
bene, che ha ragione, che anzi gli è grato di averlo raggiunto appena in tempo,
appena prima che i ricordi e i rimpianti annegassero anche lui...
Abbassa gli occhi su Sdentato che è appena
venuto a strusciarglisi contro le caviglie, e l’attimo passa.
«Pensavo fossi tornato a casa per le vacanze.»
Più che vederlo, intuisce il lieve scuotere la
testa di Hiccup. «Nah, ho
cambiato idea. Meglio rimandare il primo vero confronto familiare dopo lo
Smistamento... Preferisco restare qui.»
Jack annuisce, chinandosi a coccolare Sdentato,
fingendo di non aver rilevato la brusca interruzione dell’amico – e i
sottintesi che il suo nuovo silenzio vuole nascondere.
Forse non è il solo a fuggire da qualcosa,
dopotutto. E forse, forse, chissà,
questo Natale riuscirà a parlarne almeno con lui.
# San Valentino
«Hic,
perché Rapunzel non mi parla?»
«Sospetto che non ti abbia perdonato per aver
riso della sua cioccolata.»
«Ma non è giusto. Scherzavo. Era tanto per
ridere. Dille di perdonarmi.»
Hiccup volta pagina,
profondamente consapevole della mano di Jack che gli tira la manica
dell’uniforme così come dei capelli di Rapunzel che
gli sfiorano appena l’altro braccio. E invoca pazienza. «Rapunzel,
Jack vuole che lo perdoni per aver riso della tua cioccolata.»
«Di’ pure a Jack che non gli basteranno queste
misere imitazioni di scuse per mangiare la mia cioccolata.»
«Rapunzel ha detto di
no, Jack.»
«Di’ a Rapunzel che
non mi è mai passato per la mente di mangiare la sua cioccolata, Hic.»
«Ehi, Hic, ho una lettera per i miei e non mi va
di scomodare un gufo. Non è che la consegneresti tu? Mi sembri abituato.»
«Grazie di questa sintesi illuminante, Merida.»
«Oh, insomma!»
Rapunzel sbotta così all’improvviso che Sdentato,
acciambellato ai suoi piedi, rizza il pelo e la testa e la fissa con gli occhi
spalancati, le pupille ridotte a due fessure verticali. Hiccup
cerca di restare concentrato sul suo libro, ma inevitabilmente si scopre a
sbirciare a sua volta la ragazza che si alza di scatto, supera una Merida sghignazzante, tira fuori un mucchio di cioccolatini
dallo zaino e torna verso di loro per scaraventarli tutti addosso a Jack.
«Tieni, ingrato. Ma non pensare di averne diritto anche l’anno prossimo.»
Jack si sforza di assumere un’aria contrita, ma Hiccup è troppo vicino per non notare il suo divertimento.
Si accomoda meglio contro il tronco del faggio che è diventato il loro posto
– miracolosamente: non aveva mai avuto un posto suo, figuriamoci se avrebbe mai immaginato di poter averne uno da condividere – e cerca di recuperare il
paragrafo giusto, ma viene distratto ancora una volta da un’ombra che si
staglia sulle pagine. Alza gli occhi e si ritrova un cioccolatino a un soffio
dal naso, e il rossore sul viso di Rapunzel poco più
in là non sembra affatto quello di una persona arrabbiata.
«Vi ho detto che ne avevo fatti per tutti, no?»
Hiccup giura a se stesso che,
se Jack sceglierà proprio questo momento per rimettersi a prenderla in giro,
gli caccerà direttamente la bacchetta in un occhio.
# Pasqua
Merida fissa a bocca aperta l’uovo coloratissimo e il
fiocco rosso che lo accompagna: a San Valentino il cioccolato per tutti, e
adesso questo.
Dal canto suo, Rapunzel
la fissa come se si sentisse sotto esame. «Non ti piace? Oh, no, non ti piace.
Pensavo di aver capito che il tuo colore preferito era il rosso. Forse l’ho
confuso con il giallo? No, il giallo piace più a Hiccup,
vero? Dai, dimmelo, non mi offendo!»
Merida alza le mani per
bloccare quel fiume in piena di apprensioni; i compagni al suo tavolo cominciano
a mostrare interesse per quella Corvonero con le mani
pasticciate di colore – e davvero, soltanto Rapunzel
riesce a farla preoccupare degli
sguardi allarmati degli altri. Le sorride con autentica gratitudine.
«No, no, Punzie. Mi piace
tantissimo. Stavo solo pensando che sei... sei troppo buona, ecco. Non dovevi
disturbarti...»
Rapunzel s’illumina come un
albero di Natale, scuote la testa con leggerezza e poi si allontana, cestino di
uova al braccio, la treccia svolazzante sopra le spalle, sicuramente per
distribuire altri segni del suo immenso affetto al tavolo dei Tassorosso che la guardano avvicinarsi con tanto d’occhi –
il coniglietto di Pasqua più solerte del mondo. Tra tutti, Merida
distingue l’aria vagamente impaziente di Once-ler e
non può fare a meno di ridere tra sé.
Torna al suo uovo, ma non prima di aver lanciato
un «Beh?» in direzione delle folte sopracciglia alzate di Hip.
Anche questo nuovo cioccolato ha la stessa
dolcezza di Punzie, ma d’altro canto, non è chissà
quale scoperta.
# Vacanze estive
Avevo una sorella.
«Promettete di venire a trovarmi? Dai, mi
sentirò sola senza di voi.»
In pratica
l’ho uccisa.
Suona così sincera, e seria, anche, che Jack non
se la sente di risfoderare il suo amico sarcasmo. Si guarda intorno nello
scompartimento per osservare le reazioni degli altri: Rapunzel
che non vede l’ora e Hiccup che nasconde un «Mmm, sì, certo, verrò anch’io» tra le sbarre della
gabbietta di Sdentato. Merida si rivolge a lui,
radiosa.
«E tu, Jack?»
Faceva
così freddo.
Ha detto loro, a tutti loro, che cosa ha fatto e
che cosa ha vissuto e che cosa si è sentito per anni. E alla fine non è stato
neanche il Natale a costringerlo. L’ha fatto perché ha voluto, perché ha
pensato che loro meritassero di sapere, perché ha sentito che infine sarebbe
stata una liberazione – lavede ancora gridare sull’orlo del baratro
nel ghiaccio spalancato dai suoi passi stupidi di bambino curioso, ma quasi non pensa più che è stata tutta colpa sua.
Loro sono stati l’autunno e la primavera, hanno disperso il freddo; e il
vecchio Jack, quello che rideva, quello che ormai ha ricominciato a ridere,
sorride apertamente all’estate degli occhi di Merida
che lo invita ancora più vicino al calore del sole.
In
pratica...
«Io? Sono già lì.»
Anche Hiccup e Rapunzel sorridono, del sorriso di chi si ferma per strada
ad aspettare chi è rimasto poco indietro.
L’Espresso per Hogwarts
corre verso casa, e per una volta sembra proprio che il ritorno non faccia male
a nessuno.
Spazio dell’autrice
Prima
di tutto lasciatevelo dire: SIETE DELLE BELLISSIME PERSONE. ;////;
Rendetevi
conto del fatto che mi avete lasciata senza parole, ed è solo per questo che
reagisco con un goffo silenzio ai vostri commenti meravigliosi. Ecco. Sappiate
questo. Sappiatelo. *abbraccia e bacia tutti*
È la
volta delle feste; le feste a Hogwarts vengono
vissute in un modo tale da appassionare anche un’antifesta
come me! E tuttavia questo è il capitolo che finora mi ha dato più pensieri –
volevo che fosse il preludio ad alcune rivelazioni più specifiche circa il
passato dei personaggi, ergo la citazione iniziale incompleta da La Pietra Filosofale, ma per non
smorzare l’atmosfera generalmente fluff e hurt/comfort
ho messo l’angst decisamente in secondo piano e il
risultato è che non ne sono per niente soddisfatta. Vedete, il mio Jack nel suo
essere giocherellone e spensierato ha causato la morte della sorellina nel
giorno di Natale (pensate alla scena del film, e rovesciatela nel modo in cui non avreste mai voluto vederla ;__;), ed
è una cosa difficile da superare, ma anche da raccontare. Mi sarebbe piaciuto
concentrarmi su di lui che confidava tutta la storia agli altri, che ammetteva
più o meno ad alta voce di non essere più esistito
finché non sono arrivati loro a non
giudicarlo colpevole – ma appunto, il dolore sarebbe stato insostenibile, fin
troppo ai fini della storia. E d’altro canto non potevo neppure rimandare;
questa è una condivisione da primo anno, meglio mettere subito le cose in
chiaro quando un amico capisce che c’è un motivo se odi tanto il ghiaccio, la
neve, il freddo e il significato del tuo stesso cognome... E così boh. Boh. Ti
tratto troppo male, Jack. *dà cioccolato*
Spero
comunque di non deludervi. Spero sempre
di non deludervi.
Ah,
sì: il ragazzo Tassorosso incrociato da Mavis sotto
il vischio non è altri che il suo Johnny – perché certe coppie canon sono canon SEMPRE e
COMUNQUE /O/
Appuntamento
al secondo anno a Hogwarts, se vorrete.
Capitolo 5 *** Diagon Alley ~ ... e per questo va trattata con cautela. ***
Pigna,
pizzicotto, manicotto, tigre ~
~ once uponanother tale.
V
Diagon Alley
{ ... e per questo va trattata con cautela. }
# Il Ghirigoro
Rapunzel volteggia estasiata da uno scaffale
all’altro. Hiccup non si stancherebbe mai di
guardarla, con quello sguardo incantato, i fiori – tanti – nei capelli sempre
lunghissimi e l’aria di chi, anche a distanza di molto tempo, continua a
chiedersi se la bellezza del mondo circostante non sia altro che un lungo sogno
fantastico. È così grato di averla incontrata anche qui, anche ora. È così
diverso dalla sua prima, intimorita visita nella sua nuova vita...
Lascia scorrere gli occhi sui corridoi, sugli
stessi passi che appena un anno fa ha percorso al fianco di suo padre – suo
padre che non era mai stato così fiero, prima, né dopo, mai così burberamente emozionato come mentre lo guidava
verso i titoli più altisonanti dell’intera libreria: Sulle orme dei draghi; De interfectordraconis: grandi
cacciatori del nostro tempo; Storie
di draghi e di uomini. In pratica la storia della sua famiglia.
Si ferma davanti all’espositore di un volume
spesso e rigido, dalla copertina di pelle finemente trattata fino a incresparsi
con naturalezza nelle forme di un drago elegante e nero come la notte. «Un
giorno» gli ha detto lui, «tra quelle
pagine vedrai anche il tuo nome.» Ma Hiccup non ha
bisogno di veder scritto il proprio nome, non ce l’aveva allora e non ce l’ha
adesso; non ha avuto il coraggio di dirgli che, piuttosto che appendere un
cranio maestoso sul caminetto della stanza per gli ospiti e vantarsi del
coraggio e della forza necessari per garantire loro un tale fregio, il suo vero sogno non è più presuntuoso
dell’ammirare la linea di due immense ali in volo, una forza che trascende
l’aria e la terra, perché creature come quelle non vanno comprese, non vanno
distrutte, forse vanno soltanto ammirate.
Egoista o
codardo?
Rapunzel è al suo fianco e Hiccup torna al presente, alla sua vicinanza buona. Si
volta e vede che anche lei è caduta nell’incantesimo della copertina che sembra
animata di vita propria.
«Ehi, Hic. Pensi che un giorno volerai su un
drago?»
Hiccup cerca di non ridere,
perché lei non sa, non immagina – non potrebbe essere più lontana da quel mondo
di aspettative e delusioni che erano e sono gli occhi di suo padre.
«Uh, non saprei.» Si passa una mano dietro il
collo, ostentando incuranza. «Non ho intenzione di essere l’ennesimo Haddock che diventa famoso per aver salvato una città
dall’attacco di un drago selvaggio... Ma immagino che volare sarebbe... forte,
invece.» Batte le palpebre: non riesce a credere di aver detto così tanto, così, senza pianificarlo.
Rapunzel lo guarda col capo
inclinato e con la curiosità di una bambina, e Hiccup
quasi si aspetta un fuoco di domande, ma vede subito che lei non lo giudica, si
limita a sorridere.
«Beh, vedi di venire a prendermi, quando lo
farai.»
E ricambiare il sorriso è così naturale e
semplice che gli ultimi echi di quelle aspettative e delusioni – e di quella domanda – si spengono del
tutto.
«Voi due! Ma insomma, devo trovarveli io i libri
di testo?»
Hiccup sussulta, poi ride e
segue Rapunzel verso l’impazienza chiassosa di Merida, lasciandosi alle spalle il Libro dei Draghi e le sue serie impietose di ‘estremamente
pericoloso – uccidere a vista’.
# Accessori di Prima
Qualità per il Quidditch
«Ehi,
dov’è finito Frost?»
«Uh, deve aver seguito Rapunzel
al...»
«Ma dai.
E se ne va così? Mi pianta nel bel mezzo di un acceso confronto tra le attuali
scope più veloci del mondo? Non posso crederci! Che ne è del suo spirito di
competizione?»
Hiccup scrolla le spalle. È
immobile al centro del negozio, le mani sprofondate nelle tasche, e non guarda
nulla in particolare – ma Merida potrebbe giurare che
tutta la sua attenzione è monopolizzata dall’ultimo modello di Nimbus a meno di tre passi da lui. Sorridendo, gli si porta
accanto.
«Ho intenzione di provare a entrare nella
squadra di Quidditch di Grifondoro,
quest’anno» annuncia.
«Dovresti risparmiarle per quando avrò superato
l’audizione, Hic.»
«Sì, scusa.»
Merida sogghigna tanto che
sente gli angoli della bocca sfiorarle quasi le orecchie. «Frost sarà
sicuramente nella squadra di Serpeverde. L’ho visto
volare, è in gamba. Cioè, non andrò a dirglielo in faccia, però lo è. Sarebbe
un peccato se tutto il divertimento spettasse solo a lui...»
«Mmm.»
«Ho visto volare anche te, sai.»
Hiccup sobbalza come se avesse
preso la scossa. Finalmente si concentra su di lei, dimentico della Nimbus. «C-cosa? Q-quando?»
Lei scrolla le spalle. «Mah, a Storia della
Magia, credo. Mi annoiavo, così mi sono messa a guardare la tua lezione di volo
dalla finestra. Dubito che qualcuno se ne sia accorto.»
Hiccup si rabbuia.
«Fantastico. Fa davvero piacere sapersi spiati, sul serio.»
«Intanto che ironizzi sulla cosa per non darmi a
vedere che ti vergogni come un ladro di caramelle» lo stuzzica Merida, e lui arrossisce proprio del rossore tipico da ladro di caramelle, «non ti va di
prendere in considerazione l’eventualità di seguire il mio esempio? So che il
Cercatore di Corvonero si è diplomato l’anno scorso.»
Gli indica la Nimbus, fingendo di non immaginare
neppure di sfuggita che l’abbia fissata fino a cinque secondi fa. «Ti ci vedo
bene, su quella.»
Hiccup bofonchia ancora
qualcosa di incomprensibile, fissando la scopa come se gli avesse fatto un
torto, ma con una traccia appena percettibile di struggente desiderio.
Merida non osa forzare troppo
la mano, ma la verità è che muore dalla voglia di volare con lui.
# Serraglio Stregato
«Non
so cosa dicesse la tua, biondina, ma la mia
lettera d’ammissione all’epoca parlava chiaramente di un gufo o un gatto o un rospo.»
Rapunzel sbuffa, senza smettere
di osservare con attenzione la gabbietta in piena vista sul bancone. Jack sa
essere davvero polemico, a volte. «Merida mi ha
raccontato di un ragazzo Grifondoro che si è portato
un topo: nessuno gli ha mai detto niente.»
Anche di spalle lo sente distintamente
sospirare. «Beh, se vogliamo credere a tutto quello che dice Merida...»
«Ohh!» Rapunzel si scioglie letteralmente quando la bestiola nella
gabbia decide di abbassare le difese e farsi più vicina alle sbarre: ora può
vedere il suo colore naturale, e si sente un po’ una privilegiata per questo.
«Ma sei adorabile. Sì, ho deciso...
Ti chiamerò Pascal. Ti piace Pascal? Lo prendo» aggiunge ad alta voce, rivolta
alla strega dietro il banco, che con un sorriso e un assenso si prepara ad
accogliere il suo acquisto.
Jack si appoggia con una spalla all’unico angolo
di parete sgombro da mensole e trespoli; Rapunzel si
sente il suo sguardo addosso per tutta la durata dello scambio tra gabbietta e
galeoni. Quando infine si volta, col suo nuovo amico sotto il braccio, vede che
la fissa con un’aria esageratamente stralunata.
«Giuro su tutto quello che vuoi che non ti
facevo un tipo da rane.»
Rapunzel si acciglia. «Pascal è
un camaleonte.»
«Quello che è.» Jack si avvicina per scrutarne
la figurina, tornata di un colore indefinibile. «Sei proprio sicura che nessuno
ti farà storie, eh?»
«Beh» ride lei, «se proprio volessero impedirmi
di tenerlo, prima dovrebbero trovarlo,
ti pare?»
Come per dare conferma alle sue parole, Pascal
si accoccola sul fondo della gabbietta, ne assume l’esatta tonalità e diventa
quasi del tutto invisibile.
«Oh, diabolica.» Senza muoversi, Jack la scruta
di sotto in su, da vicino. «Tu chi sei, che hai fatto alla vera Rapunzel?»
Rapunzel ridacchia, un po’ a
disagio – sarà anche un anno che si conoscono, ma è praticamente la prima volta
che Jack la chiama per nome: fa uno strano effetto – e volta il viso per
scoprire che la strega si è dileguata nel retro del negozio; gli animali non
devono gradire l’improvvisa mancanza d’attenzioni, perché scelgono proprio
questo momento per iniziare a stridere, squittire, miagolare e strillare in
vari toni.
«Sembra quasi che si stiano mettendo in mostra.»
Rapunzel intrufola un dito nella gabbietta per
giocare con Pascal, ritraendosi perché Jack si guardi intorno. «Tu non hai
intenzione di prendere un animale?»
«Non direi» fa lui, di malavoglia. «I rospi non
mi attirano e Testa di Tufo è allergico ai gatti...»
«Chi è Testa di Tufo?» chiede Rapunzel, curiosa.
«Un idiota.» Jack cammina con aria annoiata
davanti ai posatoi per volatili. «Quanto ai gufi, non saprei che farmene. Non
ho a chi scrivere. O comunque non saprei cosa
scrivere.»
Rapunzel vorrebbe prendersi a
schiaffi per non averci pensato prima. Già, anche la sua famiglia non è tutta rose e fiori... Ma poi un lampo di bianco,
uno splendido bianco latte, attira la sua attenzione: si avvicina agli
espositori e si ferma appena alle spalle di Jack, indicandogli la civetta più
piccola che abbia mai visto.
«Non è che devi prenderne uno per usarlo, e basta. Vedi come ti sta
guardando? È evidente che vuole fare amicizia!»
Jack segue il suo dito senza entusiasmo. La
civetta, scoprendo ricambiato l’esame, si gonfia tutta e comincia a
pavoneggiarsi.
# Gelateria Fortebraccio
«Che
carina.»
Jack le scocca un’occhiata indagatrice sopra il
confine del cono gigante, cercando di capire se lo stia prendendo in giro o no,
ma Merida sta guardando la minuscola civetta con un
sorriso vero. Si rilassa un po’.
«Mh» assente, «sai, la
biondina ha insistito tanto.»
«Oh, sono sicura di sì.» Merida
si sporge dall’altro lato del tavolo per accarezzare con un dito il becco della
bestiola, all’apparenza ignara del gelato che già le si scioglie nell’altra
mano. «A quale specie appartiene?»
«Pare che sia una civetta delle tane» risponde
Jack senza particolare enfasi, anche se in cuor suo quell’animale gli piace, e
molto: vive in un piccolo posto tutto suo, caldo
e sicuro – non si può dire lo stesso
di tutti i volatili, anzi, la libertà non è quasi mai sicurezza. «Non ho capito
di preciso come mai questa qui sia così lontana dal suo ambiente naturale, ma
magari è stata allevata in cattività.»
«Sembra quasi che ti abbia... beh... riconosciuto.» Merida
solleva uno sguardo luminosissimo e Jack, confuso, comincia a chiedersi quanto
tempo ci voglia a Madama McClan per aggiustare le
divise di Hiccup e Rapunzel.
È raro che Merida scivoli verso il sentimentale, e in
tutta onestà lui da solo non sa affatto come gestirla. «Le hai già dato un
nome?»
Jack mordicchia il cono. Scruta la civetta. Sarà
il caldo, perché fa caldo adesso, o
forse sarà Merida, perché no?; fatto sta che non ha voglia di scherzare neanche lui. E
all’improvviso sa esattamente qual è il nome giusto.
«Dente da Latte.»
Merida sembra sorpresa. «Uhm.
Le civette hanno i denti?»
«Non lo so e non m’importa» le risponde, e senza
accorgersene fa scivolare a sua volta una mano tra le sbarre per sfiorarle la
testolina, le piume lisce e morbide come i capelli di una bambina fiduciosa.
«Ma è così che chiamavo mia sorella.»
Ormai non la guarda più in viso, ma non gli
serve questo per sapere che sta sorridendo.
«È bello sentirti parlare di lei.»
Jack vorrebbe dirle tante cose, davvero,
vorrebbe. La verità è che, in cuor suo, sotto strati e strati di quel ghiaccio
protettivo solcato appena da crepe sottili – le stesse crepe che sono loro, Hiccup, Rapunzel, Merida – palpita come un sole l’esigenza di dirle quanto
conti il fatto di averli incontrati, quanto gli abbia fatto bene il tocco
gentile della timidezza dell’uno, della dolcezza dell’altra, del calore di lei;
vorrebbe farle sapere che è grato al caso, alla sorte, a qualunque cosa sia
stata a metterlo sulla sua strada il giorno dell’Espresso per Hogwarts, quando si è sentito travolto per la prima volta
dal fulmine rosso, perché non gli ci è voluto molto per scoprire che il fulmine
rosso aveva tutta la forza necessaria a spaccare il ghiaccio e sciogliere la
neve e...
Alza gli occhi e sogghigna trionfante. «Parlerei
di qualsiasi cosa, Ferguson, pur di distarti abbastanza da farti sprecare un
gelato.»
Merida si ricorda di colpo,
abbassa gli occhi sulle proprie dita pasticciate di cioccolato e fragola e
comincia a borbottare, cercando di salvare il salvabile. Jack si prende
volentieri tutti i suoi insulti, benevoli o meno che siano, senza quasi
rendersi conto che per tutto il tempo ha continuato a coccolare la sua nuova
piccola Dente da Latte.
# Il Paiolo Magico
«Se
mia madre mi vedesse adesso le verrebbe una crisi isterica, poco ma sicuro.»
Jack sghignazza e Hiccup
armeggia ostentatamente con le coperte, nascondendo così il viso, anche se è
facile individuare di tanto in tanto le sue orecchie rosso fuoco. Dal canto
suo, Rapunzel si limita a scuotere la testa
sorridendo, senza smettere di pettinarsi con cura. Hanno sempre sentito Merida lamentarsi delle vedute ristrette della signora
Ferguson – «talmente all’antica da organizzarmi persino un matrimonio
combinato, ve lo dico io!» – ma qualche volta le viene il dubbio che l’amica
esageri un po’. Per quanto, deve ammetterlo, anche lei in un primo momento si è sentita un filino a disagio all’idea
di condividere una stanza con i ragazzi, la notte prima della partenza per Hogwarts... Anche se lei non ha più una mamma da
contrariare oppure no.
Merida gattona sul suo letto
fino ad arrivarle alle spalle; Rapunzel la sente,
prima ancora che vederla nello specchio, e in qualche modo sa che lei sa a cosa
sta pensando.
«Com’era?»
Sorride. C’è stato un tempo in cui era difficile
parlarne. C’è stato un tempo, lungo e doloroso, in cui l’unica cosa giusta da
fare sembrava starsene immobili e in silenzio a veder crescere i propri
capelli, quei capelli che alla mamma
piacevano tanto, a guardare la luce del sole attraversarne ogni singola
ciocca e vincere l’impulso di odiarla. Oggi non è più così, riflette abbassando
il pettine e voltandosi per abbracciare con lo sguardo tutta la stanza – Hiccup che dà la caccia a Sdentato sotto le coperte senza
guardarla, nel suo solito modo di dare spazio agli altri senza guardarli, e
Jack che non ride più ma non ha neppure quell’aria arrabbiata che ogni tanto lo
assale ancora, quella che sa che la
spaventa tanto e che cerca di non mostrarle più, e Merida,
naturalmente, che usa parole e voce e domande soltanto perché è il suo modo di
starti vicina. Sono tutti così diversi, e tutti così speciali.
Si accoccola meglio sullo sgabello, si abbraccia
le gambe, e canta loro quella stessa canzone che parla di fiori.
Capiranno. Capiscono sempre.
Spazio dell’autrice
Seconda
parte della stessa citazione da La Pietra
Filosofale; come vi accennavo, qui anche i background degli altri
protagonisti si fanno un po’ più chiari.
Volevo
assolutamente lasciare il destino di Hiccup legato ai
draghi, e sì, so che nel mondo potteriano i draghi
selvaggi vengono ‘domati’ in luoghi come la Romania, ma mi piaceva l’idea che
Hic provenisse da una lunga stirpe di cacciatori dediti ad abbattere le bestie
incontrollabili e a salvare paesi interi – più o meno come nel canon, insomma. E anche il mio Hiccup
semplicemente non c’entra nulla con il suo mondo. Ricordate l’accenno che ha
fatto a Jack sul voler rimandare il primo confronto familiare post-Smistamento?
Ebbene, questo perché la sua famiglia si aspettava di vederlo a Serpeverde, in nome appunto di un’antica tradizione, e lui
invece è finito a Corvonero... perché è il primo
della sua gente a guardare oltre.
Posso sembrare disarticolata ma alla fine ho sempre un headcanon
che collega tutto, d’oh!
Per
quanto riguarda Merida e Rapunzel,
le loro sono family!issues sicuramente meno angst, ma allo stesso modo ho voluto mantenere il rapporto
conflittuale tra Merida e sua madre e alludere al
fatto che Rapunzel abbia perso la sua e ne sia
rimasta profondamente toccata – e potete benissimo indentificarla come Gothel: sono convintissima che Punzie
non supererà mai la perdita della donna che comunque, al di là di tutto, nel
film è stata il suo unico punto di riferimento per diciotto anni, e mi piace
sempre tornarci su. E in effetti non sono neanche sicura che sia una storia
meno angst di quella di Hiccup.
Infine,
era doveroso introdurre Pascal e Dente da Latte, anche se quest’ultima è stato
l’ennesimo pretesto per angstizzareanche su Jack /O/ Sono pessima. (Oh, BTW: ho conosciuto le civette delle nevi grazie al romanzo Hoot e non sono certa che se ne trovino di bianche, così come d’altro canto sono sicurissima che non se ne trovino in Inghilterra... Invoco la licenza poetica per qualsiasi strafalcione in merito. XD)
Con
questo se ne vanno i capitoli che avevo già pronti da una vita e mezza... Ora,
beh, spero proprio di sbloccarmi.
Sempre
grazie, grazie, GRAZIE. Non sarei mai arrivata a questo punto senza il vostro
entusiasmo. Love youall.
Capitolo 6 *** Quidditch ~ Ora, il Quidditch è abbastanza facile da capire, anche se giocare non lo è altrettanto. ***
Pigna,
pizzicotto, manicotto, tigre ~
~ once uponanother tale.
VI
Quidditch
{ Ora, il Quidditch
è abbastanza facile da capire, anche se giocare non lo è
altrettanto. }
# Grifondoro
vs Tassorosso
Gli
spogliatoi echeggiano dell’incedere sicuro del passo delle due nuove
Cacciatrici di Grifondoro. I giocatori più grandi
hanno imparato fin dal primo allenamento ad evitare battute sui loro capelli
– Merida ha già faticato abbastanza per
mettere a tacere Jack, coi suoi irritanti «Non lo sapevi? Nella tua Casa
quello è un chiaro segno di
raccomandazione!», e in cuor suo ringrazia il cielo che Hip abbia preso a
mostrare i denti ogni volta che qualche compagno di squadra pronuncia la parola
‘rosso’ – ma oggi,
si dicono con gli occhi mentre emergono dalle divise fiammanti con i cappucci
bordati d’oro, oggi è tempo di sfatare il mito e dimostrare la
propria bravura al grande pubblico.
Hip è la prima a scuotersi
dall’istante di meditazione, battendo un pugno contro il palmo per
assestarsi i guanti, o forse solo per colpire qualcosa. «Andiamo?»
«Ti raggiungo» fa Merida. Non lo confesserebbe neanche sotto tortura, ma ha
bisogno di un altro po’ di tempo, prima di uscire ad affrontare per la
prima volta lo stadio gremito.
Hip gonfia il considerevole petto e
s’incammina con aria arcigna, da primate, verso lo spogliatoio dei
ragazzi. Appare così buffa che Merida deve
soffocare una risata. È già sparita oltre la porta quando sulla
parete di fronte a lei si disegna l’ombra familiare di uno spilungone.
«Allora, signorina Ferguson, pronta a
inaugurare la tua carriera sportiva mangiando la polvere?»
Merida assume
un’espressione scandalizzata, voltandosi a guardare un inedito Once-ler che ostenta una sorprendente espressione alla Jack
Frost.
«Cosa? Tu
osi dire una cosa del genere a me? Tu non fai neanche parte della tua
squadra, Oncie,
secondo le mie fonti.»
«Questo perché io non gironzolo in giro sulle scope a fare figuracce»
l’ammonisce lui con quel suo lungo dito da strimpellatore. «Sono
abbastanza sicuro che, alla fine della partita, tra noi due non sarò io
quello che si vergognerà di più.»
Merida incrocia le braccia e
s’imbroncia, in una fedele imitazione di Rapunzel.
«Tu non sei il mio Oncie, vero? Sei, non so, il
suo gemello malvagio di Serpeverde. Ecco, sì,
così ha senso. E ci scommetterei che sei pure l’amichetto del
cuore di Frost. Vattene via, prima che mi metta a strillare.»
Once-ler è
ancora sulla soglia che dà sull’esterno dello stadio, stagliato in
controluce, ma Merida ha la netta impressione che sia
arrossito, e non sul ‘Serpeverde’ ma sul
‘mio’. Sorride trionfante
– missione compiuta: ora non resta che vincere la partita,
dopodiché la giornata sarà definitivamente positiva.
«E va bene, Grifondoro,
io ti ho avvertita...»
«Aspetta!» Ci ripensa, lo ferma
appena prima che lui se ne vada col naso all’aria. Once-ler si volta di nuovo, per metà, con fare sostenuto.
«Che ne dici di una scommessa? Se vinciamo noi, alla prossima partita di Tassorosso tu te ne vai a sederti nella tifoseria
avversaria.»
Una parte di lei si aspetta di vederlo saltare
per aria – dopotutto, si è presentato nel suo spogliatoio appositamente per fomentare la
concorrenza, o no? – ma, per
una qualche misteriosa ragione, Once-ler si esibisce
in un nuovo sogghigno che non promette niente di buono.
«Mi sta bene. Se invece vinciamo noi, tu
mi farai un favore.»
Merida resta a lambiccarsi per
un pezzo sul significato oscuro delle sue ultime parole, anche dopo che lui
è sparito come Hip dietro una porta chiusa. Chissà, forse
l’ipotesi del gemello malvagio di Serpeverde
non è del tutto da escludere.
# Tassorosso
vs Corvonero
«Uhm,
permesso? Scusate. Mi spiace. Ahia. Ehi, è libero quel posto?»
Rapunzel è così
concentrata su Hiccup – concentrata,
soprattutto, nell’inviare pensieri positivi oltre la sua espressione
terrorizzata, impegnando nell’impresa ogni fibra del proprio essere
– che ci mette un po’ a rendersi conto che qualcuno, incastrato in
un gruppetto urlante, sta parlando con lei. A malincuore si guarda intorno; il
qualcuno è Once-ler, che ha appena calpestato
un piede di Audrey e ora si sta profondendo in scuse, accolte dal sorriso
paziente di lei. La preoccupazione per Hiccup
è ancora così pressante che, di nuovo, Rapunzel
non si rende subito conto dell’incongruenza della scena, limitandosi a
far cenno al ragazzo di raggiungerla nel posto accanto al suo, per riportare
subito gli occhi sul campo, dove i due Capitani si stringono la mano e le due
squadre si preparano a schizzare in aria sulle scope... Soltanto quando Once-ler, superata Audrey e poi lei stessa, le si è ormai
seduto vicino, Rapunzelrealizza e si volta a guardarlo con uno scatto tale che la spessa
treccia bionda gli colpisce forte un braccio.
«Ahi!
Senti, sul serio, io mi faccio gli affari miei e non ti chiedo spiegazioni sui
tuoi capelli, però...»
«Ma tu che ci fai qui?» lo
interrompe Rapunzel, talmente attonita da
dimenticarsi quasi di Hiccup e del suo nervosismo che
riesce a dilagare lassù fino a lei. «Questa è la tribuna di
Corvonero!» Bizzarro; cose del genere è
più abituata a dirle a Jack.
Once-ler sospira e a
sua volta guarda il campo. «È una lunga storia. Chiedi a Merida.»
«Oh.» Rapunzel
si riconcentra su Hiccup. Potrebbe anche farsela
bastare, come spiegazione – Merida a volte le
riserva sorprese così – ma in effetti è curiosissima.
Acclama la partenza insieme a tutti gli altri, ma poi, pur continuando a
seguire l’amico con lo sguardo e con tutta l’intensità dei
suoi pensieri positivi, non può fare a meno di rivolgersi ancora a Once-ler. «Hai perso una scommessa, per caso?»
«Però, sei brava! L’anno
prossimo ricordati di scegliere Divinazione.» Once-ler
segue con lei la traiettoria di Hiccup, che vola
adesso con incredibile agio al di sopra di tutti, alla ricerca del Boccino.
«Hic mi sembra in forma. Due secondi fa avevo l’impressione che
stesse per vomitare.»
«Sì, lui è fatto
così.» Rapunzel non riesce proprio a
trattenersi, anche se sa benissimo che né il luogo né il momento
sono i più adatti per una discussione anche solo vagamente concernente Merida. «Una scommessa su che cosa?»
«Diciamo che tipi come me e te, Punzie, devono starsene bene alla larga dal Quidditch e rimanere con i piedi piantati per terra»
risponde Once-ler, adottando le espressioni
più tipiche di Merida, ma in tono un po’
più mogio.
«Chi è il Cercatore di Tassorosso?» li interrompe Audrey, il naso in su
– sembra trovare perfettamente ordinaria la presenza di un Tassorosso tra le fila di Corvonero
sovreccitati dal tifo. Rapunzel individua una zazzera
rossa alle calcagna di Hiccup, e intanto si chiede se
l’amica non voglia approfittare di Once-ler per
strappargli informazioni sul nemico. Oh, accidenti. Il Quidditch
la rende paranoica.
«Ah, è Johnny. Johnny Harker. È del mio anno e penso abbia una cotta per
la vampira, ma non so dirti se sia in gamba. Ho capito che ne capisco molto
meno di quanto pensassi...»
Rapunzel osserva attentamente
Johnny Harker, chiedendosi se a Hiccup
non servirà qualcosa in più che i suoi semplici pensieri
positivi, e al contempo sforzandosi di non contagiarlo con il suo, di nervosismo, ora che lui sembra
così tranquillo e sicuro di sé, il tutto continuando a fare
congetture circa la misteriosa scommessa tra Once-ler
e Merida.
«Va bene» si arrende – non può reggere tutte quelle
domande insieme. «Dimmi solo una cosa. Che sarebbe successo, se avessi
vinto tu?»
Non ha staccato gli occhi dal gioco nemmeno per
un secondo, eppure, chissà perché, è sicurissima che ora
Once-ler stia sorridendo.
«Assolutamente niente di speciale.»
Rapunzel vorrebbe insistere, ma Gambedipesce ha appena parato un bel tiro e nello stesso istante
Hiccup ha avvistato il Boccino – per oggi,
preoccuparsi per la partita le dovrà bastare.
# Grifondoro
vs Corvonero
Dopo
la sua prima partita, culminata nella sensazione di freddo calore che era il
Boccino ben stretto tra le sue mani – e il pubblico che impazziva, e
laggiù la chioma inconfondibile di Rapunzel
che ballava di gioia accanto a... Once-ler? – per un periodo, un periodo di una
lunghezza un filo imbarazzante, Hiccup si è
visto riconoscere e salutare nei corridoi e Hogwarts
non gli è parsa più la stessa. Per settimane non ha avuto le idee
chiare su come comportarsi, e anche lontano da quelle nuove attenzioni, da
solo, a notte fonda, non ha saputo determinare se fosse il caso di scrivere a
suo padre che dopotutto c’è
qualcosa d’inerente al volo che sappia fare, anche se non prevede l’uccidere draghi... Jack è stato
l’unico in tutta la scuola a investirlo bonariamente del sentimento
opposto, ricordandogli che a battere Tassorosso
«non ci vuole niente» e che «devi ancora vedertela con me,
Hic, e considera sempre che Ferguson si sta preparando da mesi a mangiarti in pubblico in un sol boccone. Ammesso che ci
riesca, dal momento che giocate in due ruoli completamente diversi...»
Hiccup non si è
aspettato niente, la prima volta che ci ha pensato, quando Merida
gli si è portata accanto davanti a quella Nimbus,
a Diagon Alley. Non ha pensato che potesse
significare qualcosa per lui o per qualcun altro, sapendo solo quello che ha
sempre saputo, da tutta la vita. Volare
sarebbe forte.
«Stai contando le farfalle o aspetti che
un drago emerga dal centro della terra?»
Alla sua prima partita era così nervoso
da non riflettere quasi su ciò che faceva e sentiva e viveva. Alla sua
seconda partita, oggi, mentre i riccioli di Merida
gli sfiorano di sfuggita il viso come scie di comete in fiamme, Hiccup deve lottare con se stesso per ricordarsi che il Quidditch è uno sport, e uno sport ha uno scopo, e
lui dovrebbe sfrecciare all’inseguimento di quello scopo e non restarsene così a
mezz’aria a godersi, nel volo, quello strano senso di libertà.
Ma per questo gli ci vuole un minuto, un minuto
di una lunghezza un filo imbarazzante.
# Serpeverde
vs Tassorosso
Non
è che non se ne fosse accorto, insomma, è dallo scorso Natale che
ha dei fondati sospetti. Ricorda molto chiaramente il vischio, forse più
chiaramente di Mavis – che ha sempre fatto di tutto per schermirsi, salvo
poi tradire sussulti più o meno immotivati al passaggio dei Tassorosso accanto al loro tavolo a colazione. E, in tutta
coscienza, non può certo aspettarsi che la squadra avversaria non
ricorra a ogni espediente pur di trarre il meglio dall’ultima
possibilità di rimettersi in pista: al loro posto farebbe esattamente le
stesse cose, ricorrerebbe agli stessi meschini mezzucci, compreso l’amoreggiare con il nemico.
Resta però il fatto che lui, che Mavis,
che praticamente tutti loro hanno
qualcosa da dimostrare.
«Datti una sveglia, Nosferatu!»
sbraita Astrid spazzando la via di fronte a loro,
strappando la Pluffa al Cacciatore Tassorosso di turno, mentre per l’ennesima volta
– accidentalmente o meno – Mavis s’imbatte in Harker e rimane imbambolata.
Jack vorrebbe urlarle di piantarla di chiamarla
così, ma la sua voce non vincerebbe su quella di Moccicoso che copre
alle spalle la ragazza ululando il suo perpetuo «Oy, oy, oy!»
Esasperato, si ferma in un punto qualsiasi del
campo e rimane immobile per un paio di secondi, a guardarsi intorno. La sua
squadra è composta da una coppia di Battitori che nei momenti di noia si
prendono a bastonate l’un l’altro, una coppia di Cacciatori in cui lui è più interessato a lei che alla Pluffa,
e una terza Cacciatrice attualmente troppo presa dal Cercatore avversario per
segnare anche una sola rete. Altro che Boccino; prima bisognerebbe trovare un
po’ di credibilità, in
questa partita.
La strategia dei Tassorosso
è fin troppo chiara: posti di fronte alla possibilità di tornare
in classifica sconfiggendo una squadra di primini, non devono giudicare troppo
disdicevole che Harker approfitti del suo ascendente
su Mavis così che i Serpeverde non possano
contare su di lei – tanto, per quanto lei si sforzi, tutta la scuola se
n’è accorta. La vampira centododicenne
che si trasforma in gelatina per un Tassorosso
qualsiasi! Jack sarebbe volentieri il primo a prenderla in giro fino alla
morte, non fosse che è anche la sua
squadra quella che oggi si gioca la faccia.
Passato il momento, e senza ancora veder traccia
del Boccino, si lancia verso Mavis evitando il Bolide che Testa Bruta ha appena
spedito allegramente addosso al gemello. La raggiunge in tempo per evitare che,
di nuovo, Harker le sbarri la strada e la distragga.
«Non che la cosa non mi diverta» le
dice con tutta l’indulgenza possibile, mentre volano affiancati
sfiorandosi le ginocchia, «ma potresti cercare di fingere, almeno, che il gioco t’interessi il minimo
indispensabile?»
L’espressione che Mavis gli rivolge,
accompagnata dalle parole che la seguono, appare assurdamente fuori luogo.
«Non sarai mica geloso, Jack?»
Jack non coglie il nesso, all’inizio. Poi
qualcosa negli occhi di lei lo fa sentire un idiota: finora ha creduto che
fosse Harker ad approfittarsi di Mavis, e invece è esattamente il contrario.
Troppo occupato a distrarre lei, lui stesso dimentica di fare il suo dovere...
Tutto ciò gli esplode in mente in meno di
un secondo, e allora si guarda intorno improvvisamente frenetico; e come in
miracolosa risposta, ecco, il Boccino è lì, dall’altra
parte del campo, lontanissimo dal Cercatore di Tassorosso
già pronto a piombare nuovamente su Mavis.
«Sei un genio» le lancia a mo’
di commiato, prima di spingere al massimo la velocità della Thornado. «Un genio.
Adesso sì che sono geloso.»
Si lascia alle spalle la sua risata di denti a
punta, euforico.
# Corvonero
vs Serpeverde
L’impatto
è improvviso, fortissimo e assolutamente non premeditato.
Hiccup ha la sensazione di
precipitare per un tempo infinito, anche se alla fine sa bene che non volava
molto in alto, quando si è ritrovato davanti alla ragazza a una
velocità troppo sostenuta per potersi fermare. Sente la scopa di lei
intrecciarsi con la sua in una sorta di goffa danza, cerca invano di recuperare
il controllo della propria, e poi, prima del previsto, arriva il contraccolpo
del terreno duro sotto di sé.
In un primo momento pensa di essere svenuto, ma
quando apre gli occhi il dolore alla gamba sinistra – la stessa che il
Platano Picchiatore ha avuto la gentilezza di marcargli a vita – è
percorsa da fitte dolorosissime, troppo anche per perdere i sensi. Sopra di lui
è tutto un brulicare di figure colorate e lontane, piccole come api. Si chiede
confusamente se qualcuno penserà di fermare la partita... Poi, un gemito
sonoro gli ricorda la ragazza: incapace di sollevarsi, volta la testa e se la
ritrova addosso, incastrata in qualche modo illogico insieme a lui, che lo
fulmina con gli occhi.
«M-mi dispiace» è la prima
cosa che riesce a dirle, appena prima di un «Ti sei fatta male?»
del tutto circostanziale, visto che ha già la sua gamba di cui
preoccuparsi e ora come ora non si sente un modello di altruismo.
«Non tanto quanto ne farò a te» ringhia lei, e Hiccup deglutisce suo malgrado. Nota che ha i capelli
biondi stretti in una treccia, come Rapunzel, ma Rapunzel non gli è mai sembrata così
minacciosa.
Una scopa solitaria scende più vicina al
loro livello, e lo sconosciuto cavaliere grida qualcosa che suona come «Datti una sveglia, Hofferson!»
La Serpeverde
incastrata a Hiccup sembra imbestialirsi ancora di
più. Lui si chiede con sincera curiosità se si tratti di un
qualche tipo di messaggio in codice. Dalla voce sembrava Mavis, la ragazza-vampiro.
Dopo qualche attimo imbarazzante di
districamenti improvvisati, nel corso dei quali la gamba malridotta di Hiccup non cessa di protestare, quando è ormai
evidente che la partita va avanti – figurarsi se la si ferma per una
bazzecola come uno scontro tra giocatori – Jack atterra, nello stupore
generale tradotto in un «Oh!» di mille bocche, accanto a loro.
Con sufficienza, come un bambino che distrugga
metodico un puzzle, li stacca l’uno dall’altra e tira Hiccup in piedi, non senza strappargli un lamento: il
dolore si è appena trasmesso alla schiena.
«Oh, scusa.» Jack guarda la ragazza
come per sincerarsi che stia bene, ma sembra subito dimenticarsene, e gli
scocca il solito sogghigno. «Ehi, almeno stavolta non è colpa mia.»
Hiccup borbotta qualcosa d’indistinto,
massaggiandosi il ginocchio, e mentre – con un’ultima occhiataccia –
la Hofferson riparte a una velocità disumana all’inseguimento
della Pluffa, si ritrova ad alzare gli occhi verso
gli spalti.
Il pubblico sembra aver perso interesse per la
partita. Tutti sono visibilmente curiosi di sapere cosa ci faccia il Cercatore
di Serpeverde al malconcio cospetto di quello di Corvonero, con il Boccino d’Oro che vaga indisturbato
da qualche parte là sopra, forse a miglia e miglia di distanza
verticale.
«E perché saresti venuto
quaggiù?» bofonchia Hiccup.
«Oh, bel ringraziamento!» Jack alza
le sopracciglia. «Pensi che sia divertente
fare la mia parte, se tu non sei in campo?»
Hiccup sospira e si lascia
cadere a sedere a terra, di nuovo, troppo ammaccato per rimontare sulla scopa.
Tiene il viso chino. «Va’ a fare quello che devi, per favore. Io
per oggi ho chiuso.»
Spera con tutte le sue forze residue che Jack non
veda il sorrisetto che gli è spuntato sulle labbra.
# Grifondoro
vs Serpeverde
«Era
chiaramente fallo, Frost, e lo sai benissimo.»
«Invece non ho la minima idea di cosa tu
stia parlando.»
«Oh, sì che ce l’hai. L’hai
visto anche tu, Hic, vero che l’hai visto?»
«Non potresti tenermi fuori, per una
volta?»
«Sì, Ferguson, perché non lo
tieni fuori, per una volta? Non sei in grado di sostenere una tua tesi da sola?
Ai M.A.G.O. come farai?»
«Se non fossi stanca morta giuroche...»
«Ragazzi, vogliamo darci un taglio? È
stato divertente o no?»
Rapunzel si staglia davanti a
loro con quella sua aria da maestrina buona ma autoritaria, le mani sui
fianchi, gli occhi che saettano dall’uno all’altra come se un
minimo accenno di obiezione minacciasse di farla esplodere – anche se
poi, si sa, Punzie non esplode mai. Però ci
tiene sempre a far capire loro cosa è davvero importante. Forse è
un bene che non giochi a Quidditch, si dice Merida; nel loro gruppo c’è davvero bisogno di
qualcuno come lei. Non rinuncia comunque a scoccare un’altra occhiata in
tralice a Jack, prima di allontanarsi perentoria verso i giardini, dove Hip si
è fermata ad aspettarla.
«A domani, allora.»
«A domani.»
Anche gli altri tre si dividono. Merida vede Hiccup e Rapunzel tornare insieme al castello, Jack che si riunisce alla
sua squadra. Raggiunge Hip e si accorge solo allora di Once-ler,
il braccio appeso al collo, reduce palese dell’infermeria: le sta
correndo incontro con l’aria abbattuta di chi si è perso una bella
giornata.
«Allora è già finita, eh? Lo
sapevo. Chi ha vinto?»
Merida lo prende sottobraccio –
quello funzionante, naturalmente – e lo guida di nuovo verso Hogwarts. «Perché, importa qualcosa?»
Spazio dell’autrice
Questo
capitolo è stato un parto. Era
in progettazione da mesi, perché volevo rappresentare tutte le possibili
partite tra Case ma non avevo idea di come strutturarlo, ed è finita che
ho coinvolto i personaggi secondari in un modo che non avevo esattamente
previsto, e così eccoci qui. Sarà meglio che vi spieghi brano per
brano tutto ciò che ho volutamente lasciato non detto.
Primo,
la scommessa di Once-ler: vi confesso candidamente
che ero incerta tra fargli chiedere a Meridao un appuntamento con Rapunzelo un
appuntamento con lei stessa. La men che scarsa possibilità per gli
studenti di avere appuntamenti prima di poter andare a Hogsmeade
non è stato il motivo principale che mi ha spinta a lasciare inespressa
la sua posta; in realtà l’ho fatto soprattutto perché, come
forse non mi sono mai curata di chiarire, vorrei che i miei lettori
percepissero dal mio headcanon le ship
che più amano (per me non è un problema darvi hints su chiunque, io ne ho così tante che mi sta
bene praticamente qualsiasi combinazione XD), e dunque niente, voglio solo dire
che potete interpretarla come più volete, questa situazione come tutte
le altre. I riferimenti all’inesistente gemello malvagio di Oncie sono invece un’allusione
alla sua presunta doppia personalità in Lorax – più lo
immagino a Tassorosso, più mi dico che forse
non sarebbe stato poi tanto male a Serpeverde. *ride*
Secondo,
l’Oy! Oy! Oy! di Moccicoso. Qui voglio precisare che non me lo
sono inventato sotto effetto di stupefacenti. È davvero il suo grido di
battaglia e lo si scopre nella serie animata Dragons, spin-off di Dragon Trainer che se non conoscete vi
consiglio caldamente di guardare, anche perché amplia di molto i
personaggi che nel film restano inesorabilmente nell’ombra [dell’immensità]
di Hiccup e Sdentato.
Terzo,
il finale, l’ultima partita, quella decisiva circa la Coppa di Quidditch: l’ho lasciato così, con quel «Perché, importa qualcosa?»
di Merida, perché non sapevo a chi
assegnare la vittoria XD non volevo dare troppa importanza al torneo in
sé. Voglio dire, in questa storia ho visto il Quidditch
soprattutto come un [ulteriore] punto di contatto, ergo l’indugiare di Hiccup nel suo senso
di libertà; mi piaceva l’idea di concludere il capitolo con
una vittoria non meglio specificata (Merida accusa
Jack di fallo, ma Grifondoro potrebbe benissimo aver
vinto) proprio per sottolineare che alla fine l’importante stava altrove.
Ah,
sì, un’altra piccola annotazione circa il cognome di Johnny: gli
ho attribuito ‘Harker’ perché
è quello dell’omonimo Jonathan nel romanzo Dracula, né più, né meno. Alcuni cognomi li ho
davvero inventati di sana pianta – Ferguson ad esempio viene chiaramente
da Fergus, padre di Merida – ma ci tenevo a
dire che questo potrebbe essere il
vero cognome di Johnny in Hotel Transylvania.
La citazione
iniziale è tratta, come certo saprete, da La Pietra Filosofale ed è pronunciata da Oliver Baston. *loda il discorso sportivo più chiaro e
lineare di tutti i tempi*
Chiudo
queste note con un doveroso annuncio. Tutti quanti avrete visto o anche solo
sentito parlare di Frozen,
l’ultimo capolavoro (è il caso di dirlo!) firmato Disney. Bene,
devo dunque avvertirvi che il mio crossover arriverà a toccare anche gli
incantevoli abitanti di Arendelle, ma poiché
la storia aveva già da tempo una sua scaletta, per questioni di trama
dovrete aspettare un bel po’ per vederli. Soprattutto Elsa, ma, shh, niente spoiler! Insomma, just so youknow.
Pensavo vi facesse piacere.
Quel
che è certo è che a me non potrebbe fare più piacere la
vostra attenzione: grazie di essere qui, come sempre! :)
Capitolo 7 *** Giorni dolci ~ Dentro alle Cioccorane ci sono delle figurine... sai, per fare collezione... ‘Streghe e maghi famosi’. ***
Pigna,
pizzicotto, manicotto, tigre ~
~ once uponanother tale.
VII
Giorni
dolci
{ Dentro alle Cioccorane
ci sono delle figurine... sai, per fare collezione... ‘Streghe e maghi
famosi’. }
# Cioccorane
Rapunzel è abbastanza sicura che sia
l’ennesima cosa sbagliata che abbia fatto da quando ha messo piede a
scuola per la prima volta – beh, più che altro dal pomeriggio in
cui si è ritrovata in infermeria con Hiccup e
Jack e Merida e ha avuto la netta impressione che non
avrebbe desiderato altro che stare con loro per molto, molto tempo.
Forse non le sembrerebbe così
inopportuno, se ci fossero soltanto loro quattro, se avessero almeno la
giustificazione dell’essere «il solito gruppetto tiranneggiato
dalla rossa e da quella specie di gabbiano pelle e ossa», come una volta
li ha definiti molto poco simpaticamente la bibliotecaria. Forse Jack e Merida riuscirebbero a starsene persino più tranquilli, se il loro pubblico non si
fosse esteso ad altri che non a lei e Hiccup. Forse,
solo forse, la cosa non sarebbe
degenerata se uno Once-ler sfaccendato non si fosse
ritrovato a passare in biblioteca per puro caso, o se la ragazza dagli
inquietanti denti a punta non si fosse alzata dal suo posticino in disparte a
quel tavolo gremito di Serpeverde per venire a
sedersi accanto a Jack con l’aria più naturale del mondo.
Hiccup deve pensarla
esattamente come lei, perché ha in faccia un’espressione nella
quale Rapunzel si rispecchia alla perfezione.
«Non eravamo qui per studiare?» fa
notare, non per la prima volta, mentre Merida sfila
tre figurine dal mucchio davanti a lui per sostituirle con altre due.
Jack alza gli occhi al cielo. «Voi due non
imparerete mai a rilassarvi» sbuffa, includendo Rapunzel
nell’accusa senza che lei abbia neppure aperto bocca – e facendola
arrossire.
«Non è che non sappiamo
‘rilassarci’. È che dovevamo studiare» gli sibila, guardandosi rapidamente alle spalle nel
timore costante che la bibliotecaria venga a cacciarli via a colpi di bacchetta
da un momento all’altro. «Dopotutto è questo che si dovrebbe
fare in biblioteca, Jack, o
sbaglio?»
«Sì, sì, come vuoi,
biondina.» Jack osserva le figurine che Merida
ha scambiato con quelle di Hiccup, e intanto scarta
la settima Cioccorana. «Tanto lo sappiamo che
ti stai divertendo anche tu.»
Rapunzel cerca disperatamente un
libro nel quale tuffare la faccia – e così non dare troppo a
vedere quanto lui abbia ragione: non lo ammetterà mai, mai, mai –
ma il loro tavolo è ormai talmente sommerso di cartine di dolciumi che
ogni residuo di intenzione iniziale è sparito da un bel pezzo.
«Punzie?...
Sbaglio o hai tre Merlino?»
Rapunzel alza gli occhi un
po’ sconcertata sul sorriso puntuto di Mavis, che si sporge verso di lei
e guarda affascinata il suo mucchietto di figurine. Non l’ha mai chiamata
‘Punzie’ prima. Ora che ci pensa non si
sono mai neanche parlate prima.
È davvero strano – ricorda che i cattivi nelle storie della mamma
avevano sempre i denti a punta,
eppure Mavis sembra così simpatica...
«Oh... Davvero?» farfuglia,
osservando le figurine a sua volta. In realtà sa benissimo di avere tre
Merlino. Solo che non ha nessuna
intenzione di darla vinta a Jack e Merida.
«Io non sono mai riuscita a trovarne
nemmeno uno» la invidia Mavis in tono sognante.
«Cavolo, allora non dev’essere da
molto che collezioni Cioccorane» ridacchia Merida, sopra la testa china di Jack che le separa.
«Mio padre è sempre stato un
po’ contrario a tutto quanto riguarda il mondo magico» ammette
Mavis, tornando a sedersi composta alla destra di Jack; Rapunzel
si concentra su di lei e si accorge che tutti stanno facendo lo stesso. Del
resto, la natura di Mavis è di quelle che continuano a incuriosire anche
una volta sfatati i pregiudizi. «Diceva sempre che non importava il fatto
che i maghi, a differenza dei Babbani, sapessero di
noi – restavamo comunque degli emarginati. Mi ci è voluta
un’eternità per convincerlo a lasciarmi frequentare Hogwarts. Non era solo una questione di... di prendere
provvedimenti per seguire le lezioni all’aperto, sapete, alla luce del
sole... Sospetto che pensasse che già durante lo Smistamento si
sarebbero levati i forconi.»
«Capisco come ti sia sentita»
borbotta Once-ler a voce bassissima. Rapunzel lo sbircia e si chiede cosa voglia dire –
Once-ler non parla mai della sua famiglia.
Mavis si scuote di colpo, come tornando al
presente. «Così, beh, questa è in pratica la mia prima
sessione di scambio di figurine di Cioccorane»
ride, con quei suoi denti inquietanti ma inspiegabilmente graziosi.
Rapunzel pesca dal mucchio un
Merlino e glielo posa direttamente in palmo di mano. «Allora devi
assolutamente ampliare la collezione, no?»
Dicono che i vampiri non hanno più sangue
nelle vene, ed è per questo che i più di loro bevono quello umano
per sostenersi. Eppure il modo in cui il viso di Mavis s’illumina
suggerisce cose completamente diverse sul suo conto.
«Ehi, uhm... Johnny, giusto?»
Le dita di Mavis sussultano sotto le sue, e Rapunzel si volta a guardare Hiccup,
che in effetti già da un po’ era tutto preso nella contemplazione
di un tavolo a un paio di file di distanza. Seguendo il suo sguardo individua
il ragazzo dalla zazzera rossa che è stato il suo avversario nella
primissima partita di Quidditch di Corvonero.
Il tipo, seduto ai margini di un gruppetto di Tassorosso alle prese con i libroni di Storia della Magia,
sobbalza e assume un’espressione colpevole. «I-io?»
«Sì, tu.» Hiccup
gli fa un cenno verso il posto vuoto alla sua destra, di fronte a Merida. «Vieni a sederti con noi?»
Johnny avvampa; con quello sguardo perplesso
sembra proprio un pesce rosso. Poi, a sorpresa, si alza e raccoglie la sua
roba.
Rapunzel fissa Hiccup, che si guarda intorno consapevole che tutti lo stanno fissando.
«Che c’è?» si
schermisce, accennando a Mavis. «La scruta da quando si è seduta
con noi, tanto vale che lo faccia da vicino...»
Merida scoppia a ridere
fortissimo. Jack scrolla le spalle e ruba una Cioccorana
intera dalle mani di Once-ler, che protesta
oltraggiato. Rapunzel nota il sorrisetto di Mavis,
quando Johnny raggiunge la panca e si lascia cadere al fianco di Hiccup, e decide che, tutto sommato, non le importerebbe
nulla se la bibliotecaria piombasse su di loro investendoli con
l’ennesima strigliata.
Beh, quasi
nulla.
# Gelatine TuttiGusti+1
«Ma
che noia.»
Ci è voluto un po’, ma alla fine
– e Hiccup prova una certa soddisfazione, che
è sempre più difficile reprimere e non far affiorare in forma di ghigno
– Rapunzel l’ha avuta vinta. Dopo una
serie di compiti non esattamente brillanti, e un richiamo chiaro e tondo da
parte del più esigente insegnante di Pozioni, Jack e Merida
hanno chinato mogi i volti sulla pila di ripassi incompiuti e Rapunzel li ha spremuti ben bene, costringendoli in
biblioteca e confiscando tutte le figurine di Cioccorane
fino a nuovo ordine. Ogni tanto Merida li sorprende
mentre si scambiano mezzi sorrisi e li apostrofa come «sadici secchioni Corvonero guastafeste», ma per il resto,
l’unico interludio che Rapunzel concede a lei e
a Jack è quello di lamentarsi a gran voce – cosa che nessuno dei
due manca di fare, ovvio.
Per fortuna o per sfortuna, dipende dai punti di
vista, Once-ler e Mavis – che pure non
rientrano nel Progetto Recupero Totale – sono sempre bendisposti a
sottoporsi allo stesso trattamento, portandosi dietro una scia di buonumore con
conseguente incremento di piccole pause. Qualche volta è un
aggiornamento sul tira e molla silenzioso tra Mavis e Johnny, altre volte un
banale «che noia» condiviso.
«Smettila di lamentarti, Jack»
è la prima reazione di oggi di Rapunzel,
«siamo qui da meno di un quarto d’ora e tutto ciò che hai
fatto è stato scrivere la traccia del tuo tema di Incantesimi.»
«Che bisogno ho di scrivere un tema, se so
fare così?» Jack ruota con il busto sulla panca e punta la
bacchetta verso il tavolo dove siede il solito gruppetto di Corvonero
studiosi. «Locomotormortis.»
Un tonfo sonoro annuncia che Gambedipesce, preda
prediletta dell’Incantesimo della Pastoia, è crollato a terra.
«Visto? A che mi serve scrivere un tema se so mettere in pratica
la...?»
Rapunzel non lo sta neanche a
sentire: è schizzata in piedi con una specie di squittio e già
corre verso Gambedipesce con la controfattura
pronta in punta di bacchetta – non è permesso usare la magia in
biblioteca, Jack lo sa benissimo, ma è evidente che non potrebbe mai
fare a meno di metterla in agitazione.
«Bene! L’ora dei dolci»
annuncia infatti a tutti gli altri, e in perfetta sincronia lui e Merida tirano fuori dalle tasche un mucchio considerevole
di Gelatine TuttiGusti+1: il veto sulle Cioccorane
non deve esser stato un incentivo sufficiente a smettere di fare merenda in
biblioteca.
Le gelatine cominciano a fare il giro del tavolo
e Hiccup esita a lungo, combattuto tra
l’alzarsi per dare almeno un sostegno morale a Rapunzel
– e a Gambedipesce – e l’addentare
senza pensarci il confetto color dell’oro che Merida
gli agita sotto il naso... Di cosa potrà mai sapere? Ananas? Crema
pasticcera?
«Non che sia particolarmente
divertente» fa Mavis, dopo qualche attimo di scrupolosa masticazione;
«almeno con le Cioccorane ci si possono
scambiare le figurine...»
«Tu hai un problema di fissazione, amica
vampira» replica Jack amabile, la bocca piena di succo di gelatina blu.
«No, invece ha ragione» sbuffa Merida, cacciandosi quasi controvoglia tra i denti il
dolcetto che Hiccup ha esitato fin troppo ad
accettare. «Dovremmo trovare un senso
anche allo scambio di gelatine. Tipo, io ti do una gelatina, tu mi racconti un
tuo segreto... Una cosa così...»
«Se volete ve lo dico io, un
segreto.»
Hiccup sussulta. Per un
secondo e mezzo è sicurissimo che la voce che gli è appena
risuonata alle spalle appartenga a Rapunzel –
ora comincia a sentirsi in colpa per non esserle corso subito dietro in
soccorso di Gambedipesce: e se lei pensasse che abbia
agito in tacito accordo con Jack? – ma, quando si volta, scopre che la
nuova arrivata è una ragazzina Tassorosso del
primo anno, con i capelli castano-rossicci raccolti in due trecce. Hiccup ricorda vagamente di averla vista allo Smistamento
lo scorso settembre, ma non ha ulteriori indizi su chi sia.
«E tu che ci fai qui?»
l’accoglie invece Once-ler, che certo la
conosce meglio.
La ragazzina si rivolge direttamente a lui e
gonfia le guance. In effetti, considera Hiccup,
somiglia un pochino a Rapunzel.
«Mi avevi promesso di insegnarmi a suonare
la chitarra. E poi sei sparito.»
«Non ti ho promesso un bel niente»
sospira Once-ler con l’aria di un perseguitato,
appena prima che Jack gli dia di gomito.
«E bravo Oncie,
a quanto pare ti sei trovato una fan...»
«È in momenti come questi che
vorrei essere a Serpeverde» sospira ancora
Once-ler, schiaffandosi sugli occhi il primo libro
che gli capita – giusto quello che aveva in mano Hiccup.
«Almeno lì la gente si fa gli affaracci suoi.»
«E non sono un Serpeverde,
io?» continua a pungolarlo Jack, tra le risate di Mavis e Merida.
«Tu
sei improponibile.» Anche senza
riemergere dal libro, Once-ler riesce a puntargli con
precisione l’indice nello sterno. «Con te il Cappello Parlante
è andato in confusione, e ti ha messo nella Casa che ti avrebbe fatto
più concessioni. Così avresti potuto andartene in giro a fare lo
spaccone senza macchiare la reputazione di Grifondoro,
o a fare il saccente senza far vergognare i Corvonero,
o...»
«Oh.
È un’interpretazione interessante» commenta Jack,
mordicchiando un’altra gelatina e fingendosi pensoso. «E io che
credevo di essere un cattivo ragazzo... Mi hai aperto un mondo, Oncie.»
«Insomma, volete sentirlo il mio segreto o
no?»
Hiccup sussulta di nuovo,
ricordandosi di colpo della presenza della ragazzina – presenza che,
è evidente, lei ci tiene a
ricordare a tutti loro. Difatti approfitta del silenzio che si è creato
per fare il giro del tavolo e prendersi in tutta tranquillità una delle
gelatine di Merida. Hiccup
aspetta una protesta che non arriva: Merida osserva
la ragazzina con rispettosa simpatia.
«Allora, il mio segreto è
questo...» La nuova arrivata si atteggia in un’aura di
gravità. «La mia sorellona è una Veela. Perciò, chi lo sa?,
forse anch’io sono un po’ Veela. Ecco
qua. Meravigliatevi, adesso.»
«Non fatelo» bisbiglia Once-ler a un volume udibilissimo. «Fa così
perché vuole disperatamente trovarsi un fidanzato.»
Le ragazze scoppiano di nuovo a ridere mentre la
primina Tassorosso fa per mollargli un pugno, ma Jack
le trattiene gentilmente il polso mostrando interesse, e lei lo guarda e
arrossisce.
«Una Veela, eh?
E in che Casa è? Strano che non l’abbiamo notata tutti!»
Questa volta Merida e
Mavis si scambiano un’occhiata un po’ freddina, una di quelle che Hiccup ha imparato a riconoscere talvolta anche in qualche
occasionale scambio tra Rapunzel e Audrey, e che
pressappoco si traduce così: Maschi.
«Oh, lei non frequenta Hogwarts»
risponde a Jack la ragazzina, e all’improvviso si rattrista.
«È... complicato.»
Cade un altro breve silenzio, stavolta
interrotto da quella che è indiscutibilmente
la voce di Rapunzel – una voce, al momento,
piuttosto contrariata.
«State mangiando?!»
Hiccup scatta in piedi e
scavalca la panca in un sol movimento. «Ho c-cercato di fermarli!»
«No, non è vero» lo smentisce
Merida.
«State zitti tutti.» Rapunzel si staglia davanti a loro con severità, le
narici dilatate, la treccia in disordine, la bacchetta usata per disimpastoiareGambedipesce
ancora sguainata e più che mai minacciosa. «La biblioteca è
un posto in cui si studia. E io non
voglio che nessuno di voi venga
rimandato in nessuna materia.
È chiaro? Fate sparire quelle
cose! All’istante!»
Hiccup osserva Jack, Merida, Once-ler e Mavis
pasticciare un po’ imbarazzati con le gelatine, e non può non
chiedersi se Rapunzel sappia di aver appena imbastito
una confusione tale da sovrastare un banchetto. L’arrivo della
bibliotecaria è previsto tra cinque, quattro, tre...
«Io devo andare» si sente la vocina
della ragazza di Tassorosso, appena prima che lei si
allontani strisciando oltre Rapunzel, che la guarda
allontanarsi con le sopracciglia alzate.
«Ehi, Anna!» la richiama Once-ler. «Tienimi la chitarra pronta, va bene?»
Hiccup ha appena il tempo di
vedere il sorriso di Anna prima che la tempesta si scateni.
Spazio dell’autrice
Questo
capitolo è così stupido e inutile che è quasi il mio
preferito. X’D
Allora,
volevo tantissimo dedicare qualche prompt ai dolci, che sono l’ennesimo aspetto
del mondo potteriano che adoro – e sono
abbastanza sicura di non essere sola *^* – ma non avevo grande
ispirazione per roba come gli zuccotti di zucca o i Topoghiacci,
che sono quelli che più vorrei provare; così mi sono soffermata
sui due articoli universalmente noti, e muovendo dallo scambio di figurine e
gelatine ne ho approfittato per lasciar filtrare un pochino delle family!issues di Mavis e Once-ler,
proprio per dimostrarvi che se li accosto così volentieri ai Big Four è perché riscontro anche nelle loro
storie alcuni dei punti salienti delle vicende che potrebbero legare quei
quattro: Mavis ha una storia molto simile a quella di Rapunzel,
condita oltretutto dell’inner!angst dell’essere
vampiro, e Oncie nel suo film si lascia alle spalle
una famiglia che non vede assolutamente nulla in lui, un po’ come succede
a Hiccup prima di Sdentato. (Ah, sì, Once-ler che si porta a Hogwarts la
chitarra è canon, ok? Ok.)
Al tempo
stesso, ebbene sì, compare
Anna. E Anna compare perché, pur se stando alla mia scaletta ci vorranno
ancora circa sei capitoli all’entrata in scena di Elsa, non potevo
aspettare così tanto prima di toccare anche solo di sfuggita l’universo
di Frozen.
Spero di averla resa abbastanza in character come
undicenne giocherellona. (E a proposito di Elsa, del suo essere Veela e del non frequentare Hogwarts...
Ho accennato a qualcuno delle mie intenzioni su come muoverla in questa fic, ma mi piacerebbe fare una sorpresa a chi ancora non se
l’aspetta. Sshh, no spoiler, va bene? :3)
Per
finire, ho paura di aver dato di Rapunzel un’idea
troppo secchiona. Ahimè, il mio intento era di renderla più che
altro molto preoccupata sulle sorti del rendimento scolastico di Jack e Merida – non volevo hermionizzarla,
e se questa è l’impressione che invece ne avete ricavato,
linciatemi pure. *si prostra*
La
citazione iniziale è di Ron, yay! Ovviamente da La
Pietra Filosofale.
Capitolo 8 *** Corsi supplementari ~ Scegli le materie in cui sei forte, Harry. ***
Pigna,
pizzicotto, manicotto, tigre ~
~ once uponanother tale.
VIII
Corsi
supplementari
{ Scegli le materie in cui sei forte, Harry. }
# Divinazione
La
torre immersa nei vapori del tè e degli incensi vari è di un
caldo soffocante. «Un anno così e muoio» è il primo
commento di Merida, mentre prende posto con Rapunzel a un tavolino basso e tondo, sventagliandosi la
faccia con le mani.
«Non è proprio il modo migliore
d’iniziare, no?» Rapunzel sorride
nervosamente; nonostante i suoi sforzi si vede che è a disagio, e magari
le è persino di consolazione la vicinanza di lei. Certo, quella non
sembra nemmeno una vera e propria aula – Punzie
dev’essere terrorizzata, sotto
sotto.
Merida sospira.
«Guardati intorno. Quanti studenti seguono questa lezione?»
Rapunzel obbedisce, docile.
«Otto.»
«Bene. Quanti Grifondoro?»
Rapunzel esegue un rapidissimo
conteggio. «Due. Solo tu e Hip.»
«Quanti Corvonero?»
«Solo Guy ed
io.» Si volta a guardarla con un accenno di cipiglio. «Dobbiamo andare
avanti? Dove vuoi arrivare?»
Merida lancia
un’occhiata neutra a quel Guy, che Rapunzel non si è mai data pena di menzionare prima,
che al momento condivide il tavolo di Hip e non sembra interessato ad altro che
a lei. «Volevo solo farti notare che siamo talmente in pochi ad aver
scelto questo corso che la prof ha dovuto rassegnarsi a unire le Case, pur di
non far lezione a solo un paio di studenti per volta. Date le premesse,
concedimi di essere un po’ scettica, vuoi?»
Con aria di vaga comprensione, Rapunzel si guarda di nuovo intorno e finisce con
l’osservare i gemelli Thorston, che non hanno
atteso l’entrata dell’insegnante per cominciare a giocare con le
rispettive tazze di tè, schizzandosi addosso a vicenda il liquido
fumante e sghignazzando. «Beh, sì, capisco. Però... tu
perché hai scelto Divinazione, tanto per cominciare?»
Merida scrolla le spalle,
abbozzando una smorfia all’indirizzo del ragazzo robusto di Serpeverde che ricorda di aver investito una volta sul
binario nove e tre quarti – appena prima di Jack – e che, a
giudicare dal languore da pesce lesso con cui la sta esaminando, non ha memoria
dello stesso episodio. D’altro canto uno che volontariamente si fa chiamare Moccicoso
non può avere questo gran cervello.
«Diciamo che non volevo lasciarti sola in
questo branco di esaltati, ecco. A proposito» aggiunge subito, prima che Rapunzel le scocchi come al solito uno di quei suoi sorrisi
di bimba felice ela metta in imbarazzo, «tu perché l’hai
scelta?»
Rapunzel imita la sua reazione,
stringendosi nelle spalle e giocherellando con l’estremità della
treccia che ha raccolto in grembo. «Oh, non so, mi incuriosiva.» Come se non avesse già indicato altre
due materie integrative che la
incuriosivano ugualmente!, si dice Merida.
«Deve essere bello riuscire a leggere il futuro nelle stelle... E poi,
sai, l’anno scorso Once-ler ci ha scherzato
sopra e...»
Merida la fissa con tanto
d’occhi. «Perciò saresti qui su consiglio di Once-ler?» esclama, scandalizzata. «Tu scegli una
materia perché ci hai scherzato su con Once-ler? E ti sembra un motivo valido
per condizionare quello che potrebbe essere tutto il tuo futuro? Ma io strabilio, Punzie!
Che fine ha fatto la tua integerrima coscienziosità Corvonero?»
Rapunzel arrossisce e la
colpisce con il libro di testo. Merida si guarda bene
dal farle notare che scherzava, perché a ben vedere è davvero
felice di non averla lasciata sola là dentro.
# Babbanologia
Jack
scruta con una certa gravità le figure dei libri sparsi attorno a Mavis.
La sala comune è vuota e lei ne ha approfittato per prendersi tutto lo
spazio possibile – e chissà, forse si è persino risparmiata
un altro motivo di richiamo di
attenzioni indesiderate: a memoria d’uomo, o di vampiro, di certo non
c’è mai stato un Serpeverde che abbia
scelto di studiare i Babbani – e immergersi
letteralmente in un mondo che è per lei l’ennesima novità.
«Ma sul serio esiste questa roba?»
Jack si china sulla rappresentazione grafica
completa di didascalie di un ‘telefono’, qualsiasi cosa esso sia.
Mavis quasi gliela strappa di mano, nella foga delle spiegazioni entusiaste che
ne derivano.
«Certo che esiste! I Babbani
devono inventarsi un sacco di metodi per tenersi in contatto senza la magia.
Insomma, loro non hanno né Polvere Volante, né scope volanti,
né niente. E ovviamente non possono mica trasformarsi in pipistrelli... Questo si usa per sentire la voce di una
persona a distanza, ci crederesti? Invece per vedersi di persona devono proprio
mettersi in viaggio e incontrarsi,
altrimenti niente! E guarda qui» prosegue senza prender fiato, cercando
spasmodica tra le pagine e indicandogli infine il disegno di quello che sembra
un enorme e stranissimo serpente di metallo, o qualcosa del genere,
«questo è un grammofono.
Serve per ascoltare la musica. Johnny me ne ha parlato, sai, lui è un
nato Babbano, conosce un sacco di cose che io non
avevo mai...» A quel punto s’interrompe di botto. Jack sorride,
consapevole che, se solo avesse abbastanza sangue in corpo, la vedrebbe
avvampare.
«Immagino che tutto ciò che ha a
che fare coi Babbani sia affascinante, per te.»
«Oh, piantala, Jack.»
«Ma guarda che non era
un’insinuazione!»
«Sì, come no.» Mavis si
caccia i capelli neri e corti dietro le orecchie, tornando a concentrarsi sui
fogli che la circondano. «E comunque sì, è così, se
vuoi saperlo... Sai com’è, ho una voglia matta di conoscere meglio
quelle creature che se m’incontrassero in una strada buia si coprirebbero
subito il collo e cercherebbero di impalarmi il cuore.»
Jack s’incupisce. «Non ti stavo
prendendo in giro.» Non te. Tu sei
come mi sentivo io. Anche se non glielo dirà mai.
«Lo so.» Mavis pronuncia quelle due
parole in un tono che lo porta a chiedersi se non gli abbia letto nel pensiero
– che stupidaggine. Poi
sorride, i canini che spuntano quasi timidi tra le labbra nere, e tende alla
sua stupida giustificazione un appiglio che sa di gratitudine. «Scusami,
è solo... È così facile parlare con te che non smetterei
mai.»
Jack si siede sul pavimento accanto a lei,
chiedendosi se dopotutto c’è davvero bisogno di leggere nel pensiero
per sapere certe cose.
«Mi auguro che tu non l’abbia detto
a Johnny, questo.»
«... Idiota.»
# Antiche Rune
«Ti
sta ancora fissando» bisbiglia Rapunzel al
riparo del suo libro.
Hiccup lancia un breve sguardo
alla propria sinistra, ma dura così poco che lei stessa se ne accorge a
malapena. «Mh. Così pare.»
«Secondo te che problema ha?»
AstridHofferson
sembra scegliere quel preciso istante per spezzare di netto la piuma che
stringe in pugno. Rapunzel e Hiccup
sussultano come colti sul fatto, mentre lei richiede con voce chiara e sonora
all’insegnante il permesso di prenderne una nuova dall’armadietto
delle scorte. Rapunzel non ha il tempo di domandarsi
come mai non se ne sia portata, come sarebbe logico, una di riserva –
senza neppure aspettare la risposta, Astrid si alza e
passa davanti al loro banco in tutta calma, senza però riservarsi di
dedicare a Hiccup l’ennesima occhiata
raggelante. Rapunzel percepisce con tutti i sensi il
suo farsi piccolo piccolo nella sedia accanto.
Cerca di concentrarsi sulla traduzione,
sfogliando il dizionario fino a trovare la runa sulla quale è rimasta
incartata da una buona mezz’ora, ma quando si accorge che Astrid è tornata al suo posto non può fare a
meno di riprendere il discorso.
«Allora, cosa le sarà preso? Non ti
conosce nemmeno.»
«Uh... Io credo che voglia
uccidermi.» La mano sinistra di Hiccup trema di
quello che probabilmente è isterismo, tracciando sulla pergamena una
serie di rune indecifrabili. «A differenza di te, lei non dev’essersi scordata di quando l’ho travolta a Quidditch.»
«Ma è stato secoli fa!» sibila Rapunzel,
cercando di arginare il disastro della sua scrittura malferma con un colpo di
bacchetta. I caratteri si fanno un filo meno tremolanti. «E poi non
l’hai certo fatto apposta. Chiunque
lo capirebbe.»
«Mai pensato che forse non tutti sono
buoni come te?» bofonchia Hiccup cancellando
furiosamente l’ultima riga del suo compito, un po’ rosso in faccia.
Rapunzel sbircia di nuovo Astrid. All’inizio ha pensato che si sentisse in
dovere di mostrarsi sulla difensiva – dopotutto è l’unica Serpeverde del corso: lei
si sentirebbe sola e smarrita al posto suo! – ma non c’è
dubbio, le sue sono proprio occhiatacce. Altro che difensiva. E le sembra
assurda anche l’idea di serbare rancore così a lungo...
«Sei fortunato che non ci sia Jack. Di
sicuro ti direbbe che si è presa una cotta per te.»
«Sì, beh» Hiccup prende fuoco del tutto.
«Anche tu non mi sei esattamente d’aiuto.»
Rapunzel si morde la lingua. Merida glielo dice sempre, che ha il vizio di mettere in
imbarazzo gli altri. Forse è davvero il caso di tornare alla traduzione.
# Aritmanzia
«C’è
una cosa che non capisco. Per quale arcana ragione hai scelto questo
corso?»
Di norma, Hiccup tende
a farsi gli affari suoi. Jack se n’è accorto più o meno dal
primo istante, dopo quella prima e unica non
tanto velata allusione alla spocchia generale della sua Casa – e non
può escludere che sia uno dei motivi per cui ormai lo considera il suo
migliore amico. Però, a quanto pare, volente o nolente ha appena toccato
il punto limite della sua pazienza. In effetti non sarà il massimo
dell’agio, cercare di studiare dei complicatissimi calcoli magici nel
banco che si divide con un Serpeverde insofferente.
Jack non smette di giocare a tris con Mavis
– un passatempo che le ha insegnato Johnny – e risponde a Hiccup con l’angolo della bocca, perché in fin
dei conti non ci tiene poi così tanto a urtare subito i nervi di un
professore che ancora non conosce abbastanza da sapere fino a che punto valga
la pena spingersi.
«Sono andato per esclusione, Hic. I Babbani li lascio ai vampiri» sente Mavis sbuffare e
subito ritira la mano dalla punta affilata della sua piuma, «e ho smesso
di preoccuparmi del futuro da un sacco di tempo.» Si augura che il suo
tono di voce non sia cambiato di una nota. Qualche volta gli succede ancora;
non spesso, ma succede. «Tra
Antiche Rune e questo, ho scelto il male minore... I numeri, almeno, non devo
cercarli in un dizionario.»
«Molto comodo.» Hiccup
volta una pagina del libro al centro del banco ed esamina le proprietà
del numero quattro. Eternità,
scarabocchia in un angolo non troppo lontano dallo sguardo annoiato di Jack.
«Troppo comodo, anzi. Non so se
ti credo. Dev’esserci qualcos’altro.»
Jack sogghigna, tracciando una linea sulle tre x che ha allineato in diagonale.
«E se ti dicessi che è tutto un trucco per assicurarmi di poter
copiare qualcosa da te?»
«Ah» sospira lui, «ecco.
Così è già più credibile.»
«Ingenuo. Potrei mentire adesso. Potrei
essere qui solo per farti notare che» si sporge teatralmente oltre la sua
testa, adocchiando Astrid e fingendo di averla notata
ora per la prima volta, «quella lì ce l’ha a morte con te,
cosa che porta a solo un paio di possibili spiegazioni...»
Un sonoro schiarirsi la gola
dell’insegnante gli impedisce di specificare a quale ipotesi creda di
più. Jack finge di scrivere qualcosa, e intanto sente Hiccup che sospira ancora e borbotta tra sé.
«Immagino di dover persino essere grato alla faccenda del male
minore...»
«Perché? Che vuoi dire?»
«Niente, niente.»
# Cura delle Creature
Magiche
Non
ha ancora iniziato e già sa
che è la sua materia preferita.
Praticamente trascina Rapunzel
per un braccio, anche se sono in anticipo, anche se la lezione dei Serpeverde e dei Grifondoro non
è ancora finita e ai bordi del recinto – cosa ci sarà dall’altra parte?... Ma no, deve
smetterla di pensare in grande, saranno solo banali Asticelli
– s’intravedono le teste riconoscibilissime di Jack e Merida che parlottano o forse bisticciano. Rapunzel ride della sua fretta, senza opporre resistenza,
ma è costretta a fermarlo prima che lui si butti nel gruppo e cominci a
prendere appunti alla cieca.
«Fermati un attimo, Hiccup,
abbiamo tempo!»
Hiccup si ferma a quella che
giudica una distanza ragionevole. Cerca di sbirciare oltre la fila di studenti,
ma non vede nulla di voluminoso o comunque caratteristico. Devono essere
proprio Asticelli.
Lungo il sentiero si avvicina una sagoma
familiare. Hiccup lascia che sia Rapunzel
a salutare Once-ler e, prima di rendersene conto, si
avvicina al recinto, con passi che non sembrano dettati dalla sua
volontà. E intanto si dà dello stupido perché sa benissimo
che in nessuna di quelle lezioni potrà studiare faccia a faccia
ciò che gli interessa di più, ma comunque, stupidamente, continua a sperare che...
«Oh, eri tu quello a cui piacevano i
draghi, vero?»
Trasale e scopre ai margini della classe Mavis,
infagottata tra sciarpa e cappello per proteggersi dal sole del pomeriggio, che
lo guarda con simpatia.
Jack deve avergliene parlato, riflette Hiccup. Chissà poi per quale motivo. E come
avrà fatto a capire che pensava proprio ai draghi? Annuisce e riprende
l’esame del retroscena della lezione, solo vagamente consapevole che
Mavis si sta staccando dal suo gruppo per raggiungerlo a metà strada tra
recinto e collina. La sente parlare come da molto lontano.
«Mi spiace non averlo saputo prima. Avrei
potuto invitarti da me per le vacanze. Vivo in Romania, sai... Lì
è pieno di draghi.»
Hiccup ci mette un paio di secondi
a sentire le parole e a metabolizzarne il senso. Si volta, e non
c’è più la lezione, non ci sono più Jack e Merida che studiano ipotetici Asticelli,
non ci sono più Rapunzel e Once-ler che chiacchierano appena alle sue spalle –
c’è solo il fatto che Mavis gli sorride e vive in Romania.
«Hai programmi per agosto?»
«Agosto? N-no. Proprio nessuno.»
Spazio dell’autrice
Sono
sotto esami e sono qui a pubblicare. Cioè. Cioè, o non sto bene o
sono questi quattro a farmi un bruttissimo effetto. O tutte e due le cose, perché
no.
Ebbene,
siamo ormai al terzo anno! Le materie supplementari a Hogwarts
non sono un argomento tanto ispirante, sapete. Zia Jo
ci parla nel dettaglio solo di quelle seguite da Harry, e cioè
Divinazione e Cura delle Creature Magiche, e tutto il resto bisogna
praticamente immaginarselo. Comunque, dal comportamento di Hermione
che rinuncia a Divinazione e Babbanologia per riavere
un orario normale si evince che se ne
possono scegliere fino a tre, e io da brava mi sono fatta la scaletta con tutte
le possibili scelte dei grandi quattro e non solo: Babbanologia
era l’unica che non vedevo di grande interesse per nessuno dei
protagonisti, così in quel punto sono tornata a giocare sul
Johnny/Mavis, anche se temo che la necessaria presenza di Jack nel brano abbia
confuso le idee a me per prima. XD Ripeto, scegliete pure le ship che volete in questa storia, a me tutti stanno bene
con tutti, più o meno.
Oh,
a proposito. Nei libri i Grifondoro seguono
Divinazione da soli, mi pare di capire, mentre invece Cura delle Creature
Magiche è accorpata con i Serpeverde; dal
momento che ho immaginato pochissimi iscritti al corso di Divinazione ho messo
quella battuta sulla bocca di Merida – il fatto
dell’aver dovuto unire le classi per forza di cose – ma non ho la
minima idea di come funzionino le cose per le altre tre materie integrative,
perciò prendete la mia licenza poetica per quello che è. Case
miste isbetter.
Altri
appunti random: Guy è ovviamente il
coprotagonista de I Croods
insieme a Hip (yay, un’altra shipcanon!); la presenza del
telefono tra gli argomenti di studio di Babbanologianon vuole indicare una precisa ambientazione
temporale, dacché l’unione di contesti così cronologicamente
diversi (dal medioevo di Ribelle e Rapunzel all’epoca
contemporanea di Le 5 Leggende e Hotel Transylvania)
presuppone necessariamente un momento storico del tutto indefinito – si può
considerare quel telefono come uno dei primissimi esemplari, oppure come uno
dei giorni nostri, a vostra totale scelta; la Transilvania corrisponde a parte
dell’odierna Romania ed è questo il punto di contatto che (finalmente)
ho costruito tra Hiccup e Mavis: ho tutta l’intenzione
di tornare su questa faccenda delle vacanze insieme, e dei draghi, ma ci vorrà un po’.
La
citazione iniziale è tratta da La
Camera dei Segreti ed è pronunciata da PercyWeasley.
...
Con questo siamo praticamente a metà storia. E non sapete quanto spero
di riuscire ad arrivare fino alla fine. *balla la danza dell’ispirazione*
BTW, GRAZIE PER TUTTI I VOSTRI COMMENTI. Mi scuso per le mancate risposte. Ma
voglio che sappiate che – GRAZIE. DI CUORE. T///T