MAGIC WARS di lyrapotter (/viewuser.php?uid=34170)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Tradimenti e compleanni ***
Capitolo 3: *** Scoperte ***
Capitolo 4: *** L'ultima notte ***
Capitolo 5: *** Un futuro incerto ***
Capitolo 6: *** L'Ordine della Fenice ***
Capitolo 7: *** Decisioni importanti ***
Capitolo 8: *** Lezioni, segreti e un cane bavoso ***
Capitolo 9: *** Cambio di piani ***
Capitolo 10: *** L'accordo ***
Capitolo 11: *** Doppio inganno ***
Capitolo 12: *** Missione suicida ***
Capitolo 13: *** Nella tana del lupo ***
Capitolo 14: *** Una verità sconvolgente ***
Capitolo 15: *** Un attimo di pace (1) ***
Capitolo 16: *** Un attimo di pace (2) ***
Capitolo 17: *** Un debito da saldare ***
Capitolo 18: *** Problemi, di nuovo! ***
Capitolo 19: *** Incontri spiacevoli ***
Capitolo 20: *** Trattative ***
Capitolo 21: *** Dentro al giro ***
Capitolo 22: *** Le Segrete della Casa ***
Capitolo 23: *** La vasca di serpenti ***
Capitolo 24: *** Nuove complicazioni ***
Capitolo 25: *** Un primo faccia a faccia ***
Capitolo 26: *** Contrattacco ***
Capitolo 27: *** L'Arma I ***
Capitolo 28: *** L'Arma II ***
Capitolo 29: *** Tradimento ***
Capitolo 30: *** Un addio ***
Capitolo 31: *** Il cimitero di croci bianche ***
Capitolo 32: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
MAGIC
WARS
DISCLAIMER: Harry Potter e tutti i suoi personaggi appartengono a JK Rowling e
a chi ne detiene i diritti. I personaggi nuovi invece provengono dalla mia mente
malata.
N.B. le parti in corsivo sono i pensieri dei
personaggi.
PROLOGO
Luglio 1998,
da qualche parte nel Galles
LA GAZZETTA DEL PROFETA
CROLLATO IL GOVERNO BABBANO
La notte scorsa, con un attacco improvviso e
repentino, un gruppo di Mangiamorte ha attaccato la sede del parlamento Babbano,
seminando la morte tra i capi di stato. Nelle prime ore dell’alba è stato
annunciato che il Primo Ministro Babbano e tutto il suo gabinetto sono stati
assassinati. La stessa sorte è toccata i gruppi di "poliziotti" (i responsabili
della sicurezza Babbani) e ai pochi Auror, capitanati da Alastor "Malocchio"
Moody, intervenuti per tentate di sedare la rivolta. Il numero di vittime non è
ancora stato accertato; è comunque certo che Moody sia riuscito a mettersi in
salvo. Sono ancora chiare le intenzioni di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato,
anche se appare molto probabile un’incorporazione delle istituzione Babbane a
quelle del nostro Ministero, da tre mesi sotto il quasi totale controllo del
Signore Oscuro. (continua a pag. 3)
LA GAZZETTA DEL PROFETA
COLUI-CHE-NON-DEVE-ESSERE-NOMINATO RIVELA LA
MAGIA AI BABBANI
La comunità magica può ufficialmente
smettere di nascondersi! A pochi giorni dal colpo si stato che ha unificato
sotto un unico governo maghi e Babbani, il Signore Oscuro, neo-eletto ministro,
ha infranto, in una lunga conferenza stampa, lo Statuto Internazionale di
Segretezza, rivelando alla comunità babbana l’esistenza della magia. Nella
stessa occasione sono state soppresse tutte le istituzioni giuridiche, civili e
sociali babbane, che saranno riorganizzate a partire da domani da una
commissione creata appositamente e capitanata da Lucius Malfoy, noto
Mangiamorte. È stata anche ufficializzata la definitiva chiusura del
Dipartimento Auror, giudicato troppo inaffidabile dal Signore Oscuro. (continua
a pag. 5)
LA GAZZETTA DEL PROFETA
NESSUNA PIETÀ PER SANGUESPORCO* E
TRADITORI
In una lunga conferenza tenutasi questo
pomeriggio, la Mangiamorte Bellatrix Lestrange ha annunciato quali saranno i
primi provvedimenti del governo oscuro. La donna ha annunciato un bando di
caccia per tutti coloro che non possono provare di avere almeno un parente mago
nel loro albero genealogico. I cosiddetti Sanguesporco verranno convocati al
Ministero per essere interrogati e, in caso si riveli necessario, scortati in
strutture adeguate per ulteriori accertamenti. Per coloro che non si
presenteranno all’interrogatorio, saranno emessi appositi mandati di cattura,
che prevedranno anche l’eliminazione, in caso di resistenza. In secondo luogo
sono stati comunicati tutti i nominativi dei membri dell’Ordine della Fenice,
nota organizzazione sovversiva, fondata da Albus Silente durante la Prima Guerra
e tuttora in attività. Per costoro, e tutti coloro che daranno loro rifugio o
aiuto, il ministero ha previsto la pena capitale per alto tradimento. Le
indagini sono state affidate a un giovane Mangiamorte, noto solo come Sylar, da
poco nelle file del Ministro. (continua pag. 4)
Organizzazione sovversiva? Alto tradimento?
Furibondo, Sirius Black gettò via il giornale che stringeva in mano, spedendolo
a fare compagnia alle vecchie copie della Gazzetta che infestavano il pavimento
della stanza. Non ci consideravate traditori però, fino a qualche settimana
fa, quando vi salvavamo le chiappe, pensò con astio, lasciandosi sfuggire un
ringhio furioso. Erano due settimane che lui e gli altri membri dell’ordine si
nascondevano come topi: avevano trovato rifugio in una vecchia casa in uno
sperduto paesino gallese, ben sapendo che presto avrebbero dovuto spostarsi di
nuovo. Con quel nuovo bando di cattura, poi, era solo questione di tempo, perché
qualcuno li riconoscesse. E a quel punto avrebbero dovuto andarsene: ma per
andare dove? Nessun luogo era più sicuro, non ora che anche i Babbani si
sarebbero messi sulle loro tracce come segugi famelici. Sirius batté forte il
pugno sul tavolo, facendo cadere una bottiglia vuota di Whisky Incendiario:
dalla stanza accanto risuonò il pianto di un bambino, probabilmente dovuto al
baccano, ma Sirius lo ignorò. Qualcuno se ne sarebbe occupato.
Come aveva fatto la situazione a degenerare
così in fretta, si chiese, per l’ennesima volta in quelle due dannatissime
settimane. Non seppe trovare risposta: tutto quello che poteva dirsi era che
tutto era cominciato con quel bambino che ora gridava a pieni polmoni e la
scomparsa di Harry. Una fitta di dolore gli attraversò il cuore al pensiero del
figlioccio. Lo avevano cercato disperatamente per giorni, senza risultato. Alla
fine, anche per far fronte alla valanga di problemi che era loro piovuta
addosso, avevano dovuto desistere: d’altronde era improbabile che fosse sfuggito
alle reti di Voldemort, ovunque fosse. E se lo aveva fatto, non ci sarebbe
riuscito ancora per molto. Sirius stava ormai accettando l’idea di aver perso
Harry per sempre. Proprio mentre si alzava, con l’idea di prendere un’altra
bottiglia di Whisky, la porta si aprì. Sirius socchiuse gli occhi alla luce
improvvisa, ma riconobbe comunque la sagoma del suo migliore amico, Remus Lupin,
che lo fissava con sguardo di muto rimprovero.
«Vieni di sotto» gli disse asciutto.
«Dobbiamo parlare» e uscì senza aspettare risposta.
L’Animagus sbuffò. Perché non lo lasciavano
in pace a crogiolarsi nel dolore? Tuttavia seguì l’amico al piano di sotto.
Quando fece il suo ingresso in cucina, trovò alcuni membri dell’Ordine ad
aspettarlo: Hermione Granger stava preparando il the per tutti, sotto lo sguardo
vigile di Ron Weasley, il suo fidanzato; Kingsley Shacklebolt stava
distrattamente facendo delle parole crociate, seduto al fianco di Malocchio, che
esibiva ancora una fasciatura dopo il tentativo di bloccare il colpo di stato a
Londra; chiudevano il quadro Remus, che teneva sulle ginocchia una bambina di
circa due anni dai vivaci capelli rosa caramella, e sua moglie Ninfadora Tonks,
che invece cullava dolcemente un neonato, lo stesso che poco prima piangeva.
Sirius evitò volutamente di guardare il bimbo, mentre prendeva posto al fianco
di Ron. Quando anche Hermione si fu seduta e tutti ebbero una tazza di the di
fronte, Sirius si decise a parlare.
«Allora? Che sta succedendo?»
Nessuno parlò, limitandosi a scambiarsi
alcune occhiate tra loro. Alla fine Malocchio disse:
«Mentre tu ti bruciavi il cervello
ingollando Whisky, noi abbiamo preso alcune decisioni riguardo al nostro
futuro».
Intervenne Kingsley: «Visti i recenti
sviluppi, abbiamo concluso che sia opportuno spostarci al più presto. Questo
posto non ci terrà al sicuro per sempre».
Dimmi qualcosa che non so già
pensò Sirius, ma non disse nulla.
«Perciò» riprese il nero «Charlie e Bill
sono andati a cercare un nuovo nascondiglio. Dovrebbero tornare presto. Poi
vedremo se la via per la Tana è libera. Potremmo riuscire a recuperare parte
degli averi di Arthur e Molly. E le cose per Andrew» aggiunse, accennando al
piccolo, che dormiva placidamente nella piccola culla dove Tonks l’aveva
adagiato.
«In secondo luogo» continuò Remus, mettendo
a terra la bambina, che lo guardò leggermente offesa, «abbiamo deciso che devi
smettere di fare la vedova in lutto. Stiamo soffrendo tutti per quello che è
successo ultimamente, ma non è trangugiando tutto il Whisky Incendiario su cui
metti le mani che farai ricomparire Harry o farai tornare Ginny, Arthur e Molly.
Ci servi sobrio per affrontare la situazione. Ok?»
Sirius fissò l’amico sorpreso: erano forse
le parole più dure che Remus gli avesse mai rivolto. E forse fu per questo che
fecero breccia dentro di lui: all’improvviso si rese conto di quanto era stato
infantile e stupido il suo comportamento. Remus aveva ragione, doveva smetterla
e darsi da fare per cercare di uscire da quella situazione d’inferno.
«Ok» disse. «Niente più alcool. Promesso.
C’è nient’altro?»
«In effetti» intervenne Ron, che fino a quel
momento era rimasto in silenzio «Ci sarebbe ancora una cosa. Dobbiamo discutere
di cosa fare con Andrew».
Gli sguardi sorpresi che si scambiarono gli
altri suggerirono a Sirius che l’intervento di Ron fosse un fuori programma.
«Che cosa intendi dire?» chiese Tonks. E poi
aggiunse rivolta alla bambina, che cercava strenuamente di attirare la sua
attenzione: «Non ora, Allison. La mamma ha da fare». La bimba le rivolse uno
sguardo offeso, sedendosi poi a terra, a braccia e gambe incrociate e un buffo
broncio stampato in volto. Nessuno le prestò troppa attenzione, rivolgendola
tutta a Ron, che riprese:
«Beh» cominciò il rosso impacciato «non sono
sicuro che nella situazione in cui ci troviamo adesso, sarebbe un bene tenerlo
con noi. Non abbiamo le risorse per poterlo crescere come si deve. Senza contare
che se i Mangiamorte ci attaccano, sarebbe una preda anche troppo facile. Non
fraintendetemi: sono io il primo a volere che resti con noi, in fondo è il
figlio di mia sorella, ma dobbiamo considerare i fatti, quello che è meglio per
lui».
Per quanto odioso, il discorso di Ron non
faceva una piega; senza contare che il ragazzo si era limitato a sollevare i
dubbi che aleggiavano più o meno nella mente di tutti loro. Quasi in simultanea
rivolsero lo sguardo verso il bambino che dormiva placidamente nella culla,
ignaro che nella stanza si stava discutendo del suo destino.
«E allora» chiese Kingsley, «cosa suggerisci
di fare?».
Ron si strinse nelle spalle: non aveva
risposte a questa domanda. Calò il silenzio, rotto soltanto dal ticchettio
dell’orologio e dai passetti della bimba, Allison, che si era avvicinata alla
culla e fissava il neonato con educato interesse.
«Beh» intervenne alla fine Remus «si
potrebbe mandarlo in un orfanotrofio, anche se non so quanto l’idea si buona. Di
certo avrà episodi di magia accidentale e il ministero lo capterà. A quel
punto…»
«…Sarebbero cavoli amari» concluse Sirius
per lui. «O lo scambiano per un Nato Babbano e lo fanno fuori oppure lo
riconoscono per il figlio di Harry Potter e preferisco non pensare a quello che
gli farebbero».
«Ok» disse Hermione. «Scartata l’ipotesi
orfanotrofio. Ci sono altre possibilità?».
Di nuovo, nessuno rispose. Restarono in
quella vecchia cucina polverosa per quasi un’ora, proponendo alternative una più
improbabile dell’altra. Alla fine fu Tonks a trovare la soluzione al
problema.
«E se lo affidassimo ai suoi
parenti?».
Gli altri si scambiarono occhiate confuse,
poi compresero.
«Gli zii di Potter, intendi?» chiese
Malocchio.
«Siamo sicuri che non lo avvelenerebbero?»
domandò invece Ron. «In fondo tra loro e Harry non è mai corso buon
sangue».
«Beh» disse Remus «se gli spiegassimo la
situazione…»
«O meglio» intervenne Sirius «se li
minacciassimo a dovere…»
Remus gli rivolse uno sguardo esasperato ma
non disse nulla.
«Ok» s’inserì Kingsley. «Direi che è la
miglior opzione proposta finora. Secondo me potrebbe funzionare: basta spiegare
loro tutta la storia, dire che non ci sono alternative. Alla fine accetteranno.
Inoltre c’è pure il vantaggio che potremmo sempre tenerlo sott’occhio: nel caso
succeda qualcosa di spiacevole, potremmo sempre riprenderlo».
«Perfetto» esclamò Malocchio. «Allora chi ce
lo porta a Little Whinging, il piccolo furfante? Direi che è meglio se vanno in
due o tre, in caso di attacco».
«Mi raccomando, sempre ottimista, vero
Malocchio?» lo schernì Tonks, facendo sghignazzare tutti.
Il veterano la ignorò. «Allora,
volontari?»
«Vado io» disse subito Ron, guadagnandosi
un’occhiata preoccupata da Hermione. «È mio nipote» si giustificò. «Voglio
essere certo che starà bene». La ragazza annuì, senza tuttavia lasciar cadere
l’espressione preoccupata.
Dopo Ron, si offrirono Sirius e
Remus.
«Anche solo per tenerti d’occhio» disse il
secondo all’indirizzo di Sirius. L’Animagus gli fece la linguaccia, guardandolo
storto. Tutti ridacchiarono.
«Quando?» domandò Hermione.
Gli altri si scambiarono un’occhiata.
«Stasera. Prima è, meglio è» rispose alla
fine Ron. Nessuno obiettò e la riunione fu chiusa.
Mentre tutti si alzavano, Sirius e Remus si
tirarono in disparte.
«Pensi sul serio che sia una buona idea?»
chiese Sirius, lanciando un’occhiata di sbieco alla culla.
«Sinceramente?» ribatté il licantropo.«Credo
preferirei combattere da solo con venti Mangiamorte piuttosto che affidare il
figlio di Harry e Ginny a quei soggetti. Ma d’altronde, che alternativa abbiamo?
Ron ha ragione: non possiamo badare a lui nelle attuali condizioni. Ha più
probabilità di sopravvivere stando con i Dursley piuttosto che con noi, lo
sappiamo entrambi».
«Già, ma detesto comunque
l’idea».
«Anch’io, Padfoot**, anch’io». Remus abbassò
improvvisamente lo sguardo: Allison gli stava strattonando il braccio, cercando
di attirare la sua attenzione. «Papà, papà, vieni a giocare?» chiese, mettendo
su una faccina da cucciolo bastonato.
Remus inarcò un sopracciglio, sorridendo. «E
questo trucchetto chi te lo ha insegnato, eh?» e gettò un’occhiata a Sirius, che
sembrò stranamente interessato alla struttura del soffitto.
«E va bene» disse poi. «Vengo principessa.
In fondo ti abbiamo ignorato anche troppo negli ultimi tempi».
Con un largo sorriso, Sirius lo guardò
svanire in salotto al seguito della figlioletta. Tornò poi a osservare il
piccolo Andrew, con un lungo sospiro. Mai come in quel momento desiderò che gli
avvenimenti delle ultime settimane non fossero mai avvenuti, che Voldemort non
fosse mai salito definitivamente al potere e Harry e Ginny fossero lì, ad
abbracciare il loro bambino.
* A differenza dei libri, traduco in modo
diverso i termini inglesi "Mudblood" e "Halfblood", rispettivamente resi con
Sanguesporco e Mezzosangue.
** Per chi non lo sapesse, "Padfoot" è la
versione inglese di Felpato, mentre "Moony" (che userò in seguito) è il
corrispondente di Lunastorta. Ho deciso di usare la versione inglese perché la
preferisco a quella italiana, se a qualcuno da fastidio me lo faccia notare e
comincerò a usare il nome italiano.
LYRAPOTTER’S CORNER
Buon giorno, o prodi che siete giunti alla
fine di questo primo capitolo della mia prima log-fic (spero senza riportare
danni cerebrali). Soprattutto spero che la lettura di questa cosa vi sia
piaciuta o perlomeno abbia stuzzicato la vostra curiosità sulla continuazione.
Comunque mi sembra doveroso fare qualche noticina integrativa. Prima di tutto
l’idea di scrivere questa ff mi è nata mentre mi gustavo la vecchia trilogia di
"Star Wars" (per intenderci quella di Darth Vader e Luke Skywalker). Al che mi
sono chiesta come sarebbe stato adattare la storia di base a Harry Potter. E
questo è ciò che ne è venuto fuori. Ci tengo comunque a precisare che non mi
terrò fedelissima alla trama dei film, ma mischierò un po’ le carte, aggiungendo
qualcosa di mio, anticipando eventi, cambiando personaggi ecc. Almeno i primi
capitoli comunque si avvicineranno molto alla trama originale, perciò se tra voi
ci sono estimatori della mitica saga di Lucas saprete più o meno cosa succederà
nei prossimi capitoli (e qui vi ho già rovinato la sorpresa!!).
In secondo luogo, la mia fedeltà ai libri si
HP: diciamo che non tiene conto del settimo (perciò niente spoiler, almeno per
ora), parzialmente del sesto e del quinto. A questo proposito altre due cose
importanti: come avrete notato, Sirius non è morto e farò quanto sarà in
mio potere per farlo restare tale (sono una sua fan sfegatata, non si era
capito?); in secondo luogo, ho modificato un po’ la linea temporale della coppia
Remus/Tonks, anticipando di un anno gli eventi a loro relativi (esigenze di
copione, scusate!). Spero vivamente che questi cambiamenti non infastidiscano
nessuno.
Un’ultima cosa, questo è solo un prologo,
all’inizio non era nemmeno previsto, ma poi ho pensato potesse essere utile a
voi lettori per capire la trama. Per la cronaca, segnatevi i nomi dei nuovi
personaggi che ho citato, presto o tardi torneranno tutti.
Bon, penso di avervi detto tutto, tranne
ovviamente di recensire: ne ho bisogno essendo alle prime armi, i vostri pareri
buoni o cattivi mi farebbero comodo. Spero di aggiornare presto, il prossimo
capitolo è già pronto, ma prima vedo come la giudicate. Allora, che dite? La
continuo o meglio che lasci perdere?
Bacibaci!!!!!!
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Capitolo 2 *** Tradimenti e compleanni ***
MAGIC WARS
CAPITOLO I: TRADIMENTI E
COMPLEANNI
Giugno 2016
Da qualche parte
Nel silenzio della notte, una figura
ammantata aspettava nell’ombra. Il vicolo in cui attendeva da più di due ore
mandava uno sgradevole olezzo di pesce misto a inquinamento, tipico dell’aria
intorno al porto. La donna, tuttavia, non ci faceva nemmeno caso: in fondo era
lei ad aver scelto quel luogo per l’appuntamento e in ogni caso aveva sopportato
cose ben peggiori negli ultimi diciassette anni. Si guardò intorno spazientita:
l’uomo che doveva incontrare era in ritardo di oltre un’ora. E la sua esperienza
le suggeriva che questo non prometteva nulla di buono. Nutriva ben poca fiducia
nei confronti del soggetto che avrebbe dovuto incontrare, per quanto una
denuncia al ministero fosse improbabile, visto che era un ricercato anche lui.
Ma il tradimento arriva sempre da chi meno te l’aspetti: un'altra cosa che le
aveva insegnato l’esperienza. E in ogni caso il rischio che correva era
necessario: non solo per lei, ma per tutto l’Ordine, per la fiamma di resistenza
che ancora resisteva. Poteva essere la loro ultima possibilità di trovare un
modo di fermare quella follia: se la sua missione fosse fallita, stando a quanto
dicevano le loro spie, Voldemort sarebbe diventato inarrestabile. Ed era per
questo che non doveva e non poteva fallire. Un improvviso crac la fece voltare
verso l’entrata del vicolo, la bacchetta già sguainata e pronta. Il nuovo
arrivato si rivelò essere un uomo basso e tarchiato, con una disordinata zazzera
nera e occhietti penetranti da donnola. Indossava abiti perfino più laceri di
quelli della donna e mandava un puzzo di alcool che le fece arricciare il naso.
L’uomo la fissò e poi a mezza voce disse:
«Anche le colline hanno occhi». La
donna sorrise, mormorando a sua volta: «Bada di non farti vedere». Entrambi
parvero un po’ più rilassati, ora che si erano riconosciuti a vicenda. La donna
gli rivolse uno sguardo astioso, esclamando: «Sei in ritardo!»
«Cause di forza maggiore, pulzella»
ribatté l’altro. «Ho dovuto seminare alcuni Mangiamorte che mi stavano alle
costole. O forse preferivi che arrivassi puntuale e me li portassi dietro?»
aggiunse sarcastico.
Lei si morse le labbra per trattenere
una risposta a tono: non era decisamente il momento o il luogo appropriati per
discutere con quel rifiuto della società. «Ce li hai?» chiese invece con tono
impaziente. A quel punto desiderava solo finirla, prendere ciò per cui era
venuta e tornare al Quartier Generale.
«Ovviamente» rispose indignato
Occhi-Da-Donnola. «E tu hai i soldi?»
«Prima i piani» disse lei, estraendo
un sacchetto di velluto dal mantello. Il tintinnio che si udì era un suono
inequivocabile per l’avido criminale che aveva di fronte.
«Prima i soldi» ribatté comunque. «O
non li vedi nemmeno con il binocolo i tuoi preziosi piani!»
Lei sorrise, guardandolo
furbescamente.
«Prima i piani, o io me ne vado con
il tuo denaro. E tu te ne resti con delle inutili carte senza un valore che sia
convertibile in rhum da quattro soldi».
Lui esitò, affannandosi a cercare una
soluzione a suo vantaggio. Evidentemente non ne trovò, perché dopo alcuni
istanti le allungò una cartellina nera, con inciso sopra il marchio nero, che
aveva estratto dal capotto lacero. La donna l’afferrò e l’aprì velocemente per
assicurarsi che fosse quello che cercava, dopodiché gli allungò il sacchetto con
i soldi.
Si allontanò per Smaterializzarsi,
quando l’uomo la richiamò indietro. Lei si voltò e scorse un lampo di genuina
malvagità in quegli occhietti.
« Lo sai» disse, «tutto sommato non è
che questo accordo mi abbia soddisfatto più di tanto».
«Che vuoi dire?» domandò la strega,
improvvisamente ansiosa. « Se desideri altri soldi non ne ho,
perciò…»
«No, di denaro ne ho fin troppo
ormai. Sai, tra questo e la taglia che ho ricavato mezz’oretta fa, starò bene
per un po’ di tempo ».
Prima che la donna potesse cogliere
il significato implicito nella frase, nel vicolo comparvero all’improvviso dieci
Mangiamorte, a bacchette sguainate. Solo i suoi sensi addestrati le impedirono
di finire Schiantata sul posto. Repentinamente si abbassò estraendo la bacchetta
e cominciando a lanciare incantesimi. Riuscì a metterne fuori gioco un paio,
rompendo così il cerchio e creandosi una via di fuga che si affrettò a
imboccare. Corse per una decina di metri, continuando a scagliare anatemi,
mettendo alla fine un po’ di distacco tra lei e i suoi inseguitori. E poi finì
dritta in un vicolo cieco. Imprecando, tentò di Smaterializzarsi senza successo:
era in trappola. E dietro di lei i Mangiamorte si avvicinavano. Era fregata, e
lo sapeva. Ma non avrebbe permesso che si riprendessero le carte, altrimenti il
suo sacrificio sarebbe stato inutile. Mormorò un incantesimo: subito l’immagine
di un gufo luminescente le si parò davanti, prese la preziosa cartella e si
involò nella notte. Nello stesso istante i suoi nemici la circondarono. Ne colpì
due, prima di essere schiacciata dall’evidente superiorità numerica. Altri due
la immobilizzarono e ammanettarono, mentre un terzo la perquisiva. Il capo della
spedizione si fece avanti, strappandole il cappuccio, rivelando una folta chioma
riccia, che faceva da cornice a un volto scarno e pallido.
«Hermione Granger» disse.
«Draco Malfoy» ribatté l’altra,
mantenendo l’espressione fredda e impassibile.
«Finalmente abbiamo preso
l’inafferrabile Granger. L’Oscuro ne sarà soddisfatto. Ti dichiaro in arresto
per alto tradimento. Dove sono i documenti trafugati?» chiese poi, rivolto a uno
dei suoi scagnozzi.
«Non ci sono, capo».
Il sorriso gongolante di Malfoy si
affievolì notevolmente. «Come sarebbe non ci sono? Devono esserci! Che cosa ne
hai fatto, schifosa Sanguesporco?!»
Il viso di Hermione si illuminò in un
sorriso di trionfo. «Andati» disse.
«Andati?» ripeté Malfoy perplesso e
preoccupato.
«Andati. Con un Gufo Messaggero.
Spiacente, Malfoy, forse i tuoi capi non saranno poi così
soddisfatti!»
Lui la guardò quasi pietrificato.
«Molto bene. Vorrà dire che ne dovrai rispondere al ministero. Lord Sylar sarà
certamente interessato a sentire la tua storia».
Fece un cenno ai suoi uomini, che la
trascinarono via. Hermione scorse Occhi-di-Donnola che gongolante contava i suoi
soldi. «Traditore» gli sibilò rabbiosa.
«Spiacente, pulzella» ridacchiò lui.
«Ma il guadagno è guadagno».
La donna distolse lo sguardo,
arrabbiata con se stessa. Doveva saperlo, il tradimento arriva sempre da chi
meno te l’aspetti.
29 giugno 2016
Privet Drive, n°4
Little Whinging
Surrey, Inghilterra.
Privet Drive non era certo quello che
si poteva definire un quartiere interessante: vi vigevano l’ordine, la
tranquillità e la normalità assolute. Era sempre stato così e così probabilmente
sarebbe sempre stato. Gli abitanti di Privet Drive erano sempre stati fieri di
vantare il più basso tasso di criminalità e stranezze di tutto il Surrey, se non
addirittura di tutta l’Inghilterra. Ma ovviamente ogni cielo blu ha anche la sua
nuvoletta, e la nuvola di Privet Drive erano senza ombra di dubbio gli abitanti
del numero 4, con la loro pessima abitudine di sobbarcarsi bambini comparsi dal
nulla. Era avvenuto nel lontano 1981, allorché Petunia e Vernon Dursley si erano
fatti carico del nipote Harry, rimasto orfano di entrambi i genitori, morti in
un incidente stradale. Il ragazzo si era poi rivelato un piccolo criminale,
tant’è vero che a diciotto anni aveva avuto la bella idea di mettere incinta una
ragazza e poi sparire. Le voci dicevano che lei fosse in seguito morta di parto;
in ogni caso per la seconda volta in meno di vent’anni un neonato era stato
lasciato alla porta dei Dursley. E per la seconda volta Petunia e Vernon avevano
accolto il bimbo senza fare un fiato, cosa che sorprese non pochi, conoscendo i
rapporti che i due avevano con il nipote. Alla loro morte, la tutela del
ragazzino era passata al loro unico figlio, Dudley, e alla sua novella moglie,
Elizabeth. A sorpresa di tutti, il piccolo Potter, come lo si chiamava nel
quartiere sebbene avesse da tempo assunto il cognome dei tutori, si era rivelato
un ragazzino a modo, educato e rispettoso delle regole. Tutto il contrario del
padre, dicevano coloro che abitavano a Little Whinging da più tempo e
ricordavano Harry Potter come l’incubo del quartiere. E nonostante ciò, era
spesso guardato con sospetto, quel genere di sospetto che i residenti di Privet
Drive riservavano a tutto ciò era appena diverso dalla norma o fuori
dall’ordinario, come appunto lo era un bambino lasciato davanti a una porta una
sera d’estate.
Drew Potter Dursley socchiuse gli
occhi, leggermente irritato, cercando di capire cosa lo avesse svegliato.
Stiracchiandosi e sbadigliando, si tirò a sedere e individuò subito la causa del
suo risveglio: la sera prima si era dimenticato di tirare le tende e così i
raggi del sole erano filtrati all’interno, colpendolo dritto in volto. Guardò
l’orologio: le 8.45. Poco male, si disse, tanto Elizabeth mi avrebbe
comunque svegliato tra un quarto d’ora. Decise perciò di battere la tutrice
sul tempo, si alzò e cominciò a vestirsi. Solo dopo essersi infilato una T-shirt
e un paio di jeans, si ricordò che giorno fosse: il 29 giugno, il suo
compleanno. Accidenti,pensò, come ho fatto a dimenticarlo. È una
settimana che mi fanno una testa così, dicendo che oggi divento maggiorenne
eccetera, eccetera. Scommetto che di sotto ci sarà una torta grande come una
casa. Sorridendo al pensiero, afferrò una spazzola, sedendosi di fronte allo
specchio. Il riflesso parve quasi deriderlo, mentre cercava di domare, con
scarsi risultati, la chioma rossa. Tale e quale a tuo padre, gli ripeteva sempre
Dudley. E spesso Drew si chiedeva cosa avesse fatto di male per meritarsi quella
punizione. D’altronde non è che avesse preso molto altro da suo padre: se si
escludevano gli occhi, era molto più simile a sua madre, almeno basandosi su
quanto gli aveva raccontato il cugino. Magro, piccolo per i suoi anni, capelli
bruni, occhi verde bottiglia, occhiali tondi: così era suo padre alla sua età. E
guardandosi allo specchio, Drew aveva sempre visto ben poco di quest’immagine:
alto e dinoccolato, capelli rosso fiamma, niente occhiali, volto lentigginoso.
Solo gli occhi erano quelli di Harry Potter, che a sua volta li aveva ereditati
da sua madre, Lily Potter. Per questo Drew aveva stabilito di aver preso in
massima parte da sua madre, sebbene non sapesse nemmeno come fosse fatta. Dudley
non l’aveva mai vista, né possedeva sue foto, perciò la figura della donna che
gli aveva dato la vita restava un mistero perfino più di suo padre. Perlomeno di
quest'ultimo conosceva il nome e l’aspetto, di sua madre sapeva solo che era
morta dandolo alla luce.
Punto. Fine. Stop.
Non che gli pesasse più di tanto:
come puoi sentire la mancanza di qualcosa che non hai mai conosciuto? Drew era
sempre stato felice di quello che aveva: i suoi tutori, Dudley ed Elizabeth, si
erano sempre prodigati affinché non gli mancasse nulla, come fosse figlio loro.
Il che risultava incredibile soprattutto se considerava i rapporti che c’erano
tra Dudley e Harry: i due cugini si erano sempre odiati a morte. Solo poco prima
che Harry sparisse, i loro rapporti si erano un po’ scongelati. Sparisse, già.
Era questa la cosa che più infastidiva Drew: che della sorte di suo padre non
sapeva assolutamente nulla. Dov’era finito? Era morto? Era vivo? E se lo era,
perché non era mai venuto a prenderlo? Su questo argomento i Dursley, tanto
Dudley quanto i suoi prozii, erano sempre stati schivi e restii a parlare, come
se sapessero cose che non volevano o non potevano dire. E perciò era un
argomento che aveva sempre stuzzicato la curiosità del ragazzo: da piccolo si
divertiva a immaginare che suo padre fosse una spia o qualcosa del genere e che
un giorno sarebbe venuto a prenderlo per portarlo in qualche luogo esotico a
vivere fantastiche avventure. Il tempo aveva poi sfumato quei sogni da bambino,
lasciando solo una vaga amarezza: erano solo fantasie irrealizzabili in fondo.
Suo padre probabilmente si era limitato a filarsela quando sua madre era rimasta
incinta poco più che diciassettenne. Una voce al piano di sotto lo riscosse dai
suoi pensieri.
«Drew, scendi. La colazione è
pronta».
Il ragazzo si affrettò a riporre la
spazzola e scendere in cucina. Quando aprì la porta, fu letteralmente investito
da una valanga di coriandoli e festoni, mentre quattro voci in coro gridavano
"Buon compleanno". Sorrise tra sé: tutto come da programma. Prima di poter fare
un passo, suo cugino Ethan, nove anni, gli saltò al collo, cantando a
squarciagola "Tanti auguri a te".
«Ehi, campione!» biascicò.«Così mi
strangoli!»
«Ethan!» intervenne Elizabeth,
guardando severamente il figlio. «Scendi subito e rimetti seduto».
Il bambino ubbidì, senza però
smettere di cantare. Drew si fece avanti, sedendosi accanto Kitty, la figlia
maggiore di Dudley e Elizabeth, di dodici anni. La ragazzina gli lanciò un
sorriso e lo abbracciò, in modo decisamente più pacato del fratellino. Il
festeggiato sorrise in risposta e lanciò poi un’occhiata al tutore di fronte a
lui, intento a leggere il giornale. In gioventù Dudley era stato decisamente in
carne: la sua fortuna (o sfortuna, a seconda del punto di vista) fu il
matrimonio con Elizabeth, assidua salutista, che lo aveva obbligato a una dieta
povera di grassi e zuccheri per quasi due anni, fino a fargli raggiungere un
peso proporzionato all’altezza, per quanto ancora in eccesso. Ma d’altronde
nemmeno lei poteva abbattere completamente i geni della famiglia Dursley, da
sempre contraddistinta da gente piuttosto "rotonda". In ogni caso Drew aveva
visto delle foto di Dudley alla sua età: aveva più o meno le proporzioni di un
ippopotamo su due zampe. Ed era certo che Elizabeth potesse ritenersi più che
soddisfatta del suo lavoro.
La donna si girò verso di lui, con un
sorriso a trentadue denti, reggendo una grossa torta al cioccolato, la preferita
di Drew.
«Buon compleanno, caro» cinguettò,
prima di poggiare il dolce sul tavolo.
«Grazie, disse Drew, ma non era
necessario fare tutto questo».
«Oh, non essere sciocco!» esclamò
Elizabeth, quasi scandalizzata. «Diciassette anni si festeggiano una volta sola.
Perciò è giusto festeggiare come si deve».
«E a questo proposito» intervenne
Dudley, «ho un regalo per te».
«Non dovevi!» esclamò il ragazzo.
«Buffonate. Te lo meriti, soprattutto
dopo i bei risultati degli esami» e gli porse una busta, tirata fuori dalla
tasca interna della giacca. Drew la prese esitante e la aprì. Appena ebbe visto
il contenuto, incredulità e sorpresa si dipinsero sul suo volto.
«Voi siete completamente matti»
biascicò, estraendo il colorato biglietto aereo per un viaggio in
Italia.
«Niente di che. Ci sei sempre voluto
andare, e dato che ora sei maggiorenne, puoi farti un bel viaggetto e goderti un
po’ la vita. A mie spese» aggiunse rapidamente.
«Questo è davvero…davvero…accidenti,
non lo so, grazie!» balbettò il rosso. Dudley fece un gesto con la mano, come a
voler liquidare la questione. «È già tutto pagato: viaggio, hotel in varie
città, spostamenti interni, eccetera. Idem per i documenti di viaggio:
fortunatamente quei dannati burocrati non hanno fatto troppe storie…».
Drew annuì in silenzio. Da quando il
Lord era salito al potere, più o meno diciassette anni prima, la vita per i
Babbani come loro non era certo stata facile: decine di controlli anagrafici,
pile di documenti, controlli strettissimi. La loro situazione era comunque
meglio di quella dei Sanguesporco: loro avevano subito una persecuzione che
rasentava il genocidio. O provavi di avere almeno un antenato magico o avevi un
biglietto di sola andata per Azkaban, se ti andava bene. Se andava male, finivi
direttamente nel braccio della morte. Per i Babbani, invece, il Lord aveva
preferito adottare una politica restrittiva, forse un po’ persecutoria, ma senza
raggiungere tali livelli: probabilmente perché si era presto reso conto che
erano proprio loro la linfa vitale del suo impero. Senza Babbani, non ci
sarebbero stati contatti con gli altri paesi, commercio, produzione di beni di
prima necessità, come cibo, vestiti, energia. E senza tutto ciò, il dominio del
despota avrebbe avuto vita breve. Così si era limitato a emarginare i Babbani e
rendere la loro vita quanto più complicata possibile, senza disdegnare qualche
sano massacro le sere che lui e i suoi Mangiamorte non avevano nulla da
fare.
«Comunque» riprese Dudley, «è tutto
in ordine, devi solo fare i bagagli e decidere quando partire».
Drew annuì. «Grazie, è davvero
stupendo. Grazie, grazie mille!»
Nel frattempo Elizabeth aveva preso i
piatti e tagliato una fetta di torta per tutti. A nessuno sfuggì che la fetta di
Dudley fosse più piccola delle altre. L’uomo prese i bicchieri e disse: «A Drew,
un augurio di buon compleanno».
"a Drew" ripeterono in coro gli altri
tre Dursley, sollevando i calici. Poi cominciarono tutti ad attaccare la
squisita torta preparata da Elizabeth.
Mentre mangiava, Drew pensava che
dopotutto era davvero fortunato. Aveva una famiglia che gli voleva bene, un
promettente futuro e un viaggio in Italia in programma. Sì, la sua vita era,
forse non perfetta, ma comunque felice. Probabilmente l’unica cosa che davvero
gli mancava in quel momento erano risposte sul suo passato. Ancora non sapeva,
Drew, che di lì a poche ora quelle risposte sarebbero arrivate, cambiando la sua
vita per sempre.
LYRAPOTTER’S CORNER
Bonjour à tout le monde, e per coloro
che non conoscono il francese, buon giorno a tutti. Ecco a voi il secondo
capitolo, sperando sia di vostro gradimento.
Ho notato che molti hanno letto, ma
quasi nessuno recensito, perciò rinnovo l’invito: non fa niente se la storia non
vi piace, se le critiche sono costruttive saranno ben accette, ne ho davvero
bisogno, essendo alle prime armi. Perciò recensite numerosi, in positivo e
negativo.
A questo proposito un enorme grazie a
Ino Chan, tesoro sono davvero felice che la mia prima storia ti stuzzichi. Mi
conosci, non posso vivere senza Sirius!!!! Continua a leggere e a
recensire!!!
Grazie anche alle due persone che
hanno inserito questa storia tra i Preferiti e a tutti i lettori silenziosi. Ora
fate i bravi e andate a cliccare su quella bella scritta blu qui sotto e
dedicate due minuti per dirmi se la storia vi piace o no.
Per la cronaca il prossimo capitolo è
già pronto, ci saranno un po’ di risposte per Drew, l’introduzione di un nuovo
personaggio e il ritorno di uno vecchio.
A presto,
bacibaci!!!!!!
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Capitolo 3 *** Scoperte ***
MAGIC
WARS
CAPITOLO II:
SCOPERTE
Ministero della
Magia,
Londra, Inghilterra.
Il Ministero era notevolmente
cambiato da quando Voldemort ne aveva preso il possesso diciassette anni. Nel
momento stesso in cui era stata rivelata la magia ai Babbani, nascondere la sede
del potere sotto terra si era rivelato scomodo e inutile. Così Voldemort aveva
fatto costruire un edificio a due piani, direttamente collegato con il ministero
sottostante, dove l’attività rimase più o meno invariata: il primo piano era
riservato all’Ufficio Anagrafe, il secondo alle alte sfere. Il primo assorbiva
tutti gli incarichi un tempo riservati al vecchio governo Babbano, oltre a
essere l’unico accesso per i reparti del Ministero magico sottostante; il
secondo raggruppava in un unico piano tutte le personalità più influenti, in
altre parole una stretta schiera di Mangiamorte, da sempre legati all’Oscuro
Signore, sebbene la maggior parte di loro, essendo anche capo di qualche
Dipartimento, aveva perlomeno un altro ufficio al piano corrispondente.
Uno di questi locali era
occupato da Lord Sylar. Il mago era entrato nelle fila di Voldemort piuttosto
tardi, specie se comparato al grado che ricopriva nella scala gerarchica: solo
diciassette anni di servizio, contro i tempi ben più lunghi di personalità del
calibro dei Malfoy o Bellatrix Lestrange. Eppure si era in breve fatto strada,
al punto da essere diventato il braccio destro di Voldemort e temuto quasi
quanto lui, sia dentro che fuori dal Ministero. Il suo carattere inflessibile,
per non dire spietato era ben noto, tanto che la maggior parte degli impiegati
aveva paura anche solo a guardarlo: poteva benissimo essere l’ultima azione
della tua vita, se lo beccavi in una giornata no. E nonostante il suo ruolo di
rilievo, ben poco si sapeva del misterioso mago. Nulla si sapeva di lui prima di
essere stato marchiato, poco prima che Voldemort prendesse il potere, nemmeno il
suo vero nome, dato che tutti sapevano che Sylar era un nome fittizio.
Praticamente nessuno lo aveva mai neppure visto in volto. Portava sempre
maschera e cappuccio, che non lasciavano intravedere nulla, se non gli occhi e
la bocca. Decisamente una figura attorniata nel mistero, ma non per questo meno
pericolosa, anzi: data la sua diciamo intimità con l’Oscuro Signore, ne era
praticamente il vice, il che gli garantiva l’immunità e un controllo quasi
assoluto della situazione politica, ma non solo, di tutta la Gran
Bretagna.
Quel giorno Sylar sedeva
nel suo ufficio, piuttosto irritato, a dir la verità. L’Ordine della Fenice era
nuovamente riuscito a mettere il bastone tra le ruote: Dio solo sa come, erano
arrivati a scoprire il nuovo progetto del Ministero e avevano perciò cercato di
entrare in possesso di preziosi piani. Fortunatamente per lui la persona cui si
erano affidati per trafugarli si era rivelata un vero volta faccia e aveva senza
rimorso venduto i ribelli, dietro lauto pagamento. Certo, il rischio era stato
comunque alto: il fatto stesso che l’Ordine fosse a conoscenza di fatti tanto
riservati era preoccupante. Spie, pensò con astio, piccole luride spie.
È l’unica soluzione. Trovarle però non sarebbe
certo stato facile. Guardò le colonne di fascicoli che aveva davanti. Black.
Granger. Lovegood. Lupin. Solo i primi nomi della lista di quel pugno di ribelli
che ancora dava loro del filo da torcere. Niente più che insetti, ma sempre
insetti dannatamente tenaci. E bravi a nascondersi. Dopo la cattura di Ronald
Weasley di due anni prima, erano diventati più sfuggenti del fumo. Decine di
nascondigli, parole d’ordine, incantesimi di protezione di livello
avanzatissimo: solo alcune delle precauzioni che avevano preso. Così vicini, eppure così lontani, si
disse. E nonostante fossero una ventina scarsa, riuscivano ancora a provocare
danni. Il caso di quel giorno ne era una prova lampante. Poco male. Il
giovane Malfoy dovrebbe riuscire senza problemi a riprendersi le carte.
Anzi forse con un po’ di fortuna potrebbe catturare qualcuno di quei
ribelli.
Qualcuno bussò. Sylar rispose
con un secco "avanti", alzando lo sguardo. Draco Malfoy entrò nella stanza, un
espressione insieme timorosa e soddisfatta dipinta sul volto. Sylar lo scrutò,
sondandogli con leggerezza la mente. Il biondo trasalì al contatto, ma non si
ribellò: era chiaro che il superiore fosse già irritato, meglio non contrariarlo
ulteriormente. Invece disse, piegando leggermente il capo in segno di rispetto:
«Mio signore, Sylar».
L’altro interruppe la
perlustrazione della mente: «Draco. Mi auguro tu sia portatore di buone nuove»
ribatté, in tono assolutamente neutro.
«In effetti sì» confermò
Malfoy. «Sono riuscito a catturare uno dei ribelli».
Il secondo mago parve farsi
improvvisamente più attento. Si rizzò a sedere: le sue migliori aspettative
sembravano realizzarsi.
«Davvero!» esclamò. «Molto
bene Draco. E chi sarebbe costui?»
«Costei, signore. Si tratta di
Hermione Granger».
Se non fosse stato per la
maschera, Malfoy avrebbe potuto giurare che il viso dell’uomo di fronte si era
letteralmente illuminato. Comunque il luccichio degli occhi e il sorriso quasi
di trionfo furono sufficienti a tranquillizzare un po’ il
Mangiamorte.
«Ho ordinato di portarla in
una delle celle al secondo livello, signore. Immagino vorrete interrogarla
subito».
«In effetti sì» rispose
l’altro alzandosi. «Hai fatto davvero un ottimo lavoro, Draco. L’Oscuro ne sarà
soddisfatto. Ma prima, riconsegnami le carte. Le metterò personalmente in luogo
sicuro, dove nessuno potrà più trovarle» e tese la mano. Il biondo parve
improvvisamente a disagio. Si guardò le scarpe, non osando dare una risposta.
L’irritazione del superiore gli arrivò chiaramente, attraverso una scarica che
gli trapassò dolorosamente il cervello. «Draco, le carte, per
cortesia!».
«Veramente» cominciò esitante,
«non le ho. Prima che potessimo acciuffarla, è riuscita a evocare un Gufo
Messaggero e affidargli i documenti. Non siamo riusciti a ferm…». La spiegazione
fu interrotta da una seconda scarica, talmente forte che lo fece quasi gridare.
Il biondo si accasciò a terra, gemendo, sentendo la figura torreggiante
dell’altro incombere su di lui.
«Mi stai forse dicendo» sibilò
Sylar, «che tutti quei preziosi, quanto segreti, dati sono ora nelle mani delle
uniche persone che possono usarle per ostacolare i nostri piani? È questo che
dici? Ti rendi conto delle conseguenze che potrebbero derivarne? Ha una vaga
idea di quello…?»
La sfuriata fu interrotta da
un sommesso toc-toc. «Sì?» domandò Sylar, senza nemmeno alzare lo sguardo. Un
giovane impiegato entrò. Sembrava terrorizzato, e quando vide Malfoy gemente in
terra lo divenne ancora di più. Il mago oscuro non lo riconobbe, ma ne avvertì
l’aura magica. «Cosa c’è? Ho da fare».
«Perdonatemi, signore» pigolò
l’altro. «Ma c’è una cosa che dovreste vedere. È arrivata alcuni giorni fa dalla
filiale dell’Ufficio Anagrafe di una cittadina del Surrey, Little Whinging »
aggiunse leggendo un nome dalla cartellina rossa che teneva in mano. Sylar lo
fissò, improvvisamente interessato. «Little Whinging, hai detto?». L’altro
annuì. «Sì, riguardo i documenti di viaggio di un certo Andrew Dursley,
dichiarato figlio di Dudley ed Elizabeth Dursley. I colleghi si sono
insospettiti quando per un controllo non hanno trovato il certificato di
nascita. L’hanno girato alla sede principale, che dopo qualche controllo l’ha
passato a noi. E abbiamo scoperto che non esiste traccia di questo Andrew
Dursley nei nostri archivi. Abbiamo approfondito le ricerche e abbiamo
localizzato un aura magica a Little Whinging. Non registrata. Indagando
ulteriormente è venuto fuori che i Dursley sono parenti di Harry Potter. A
questo punto abbiamo ritenuto doveroso informarla» e gli porse la
cartella.
Sylar quasi gliela
strappò dalle mani, l’aprì e cominciò a sfogliare i fogli, fino all’ultimo. Una
foto, probabilmente presa da qualche annuario scolastico. La foto di un ragazzo
di circa sedici anni, con disordinato capelli rossi e occhi color smeraldo che
sorrideva all’obiettivo. Andrew H. Dursley, recitava la didascalia. «Potter»
sibilò rabbioso. Scacciò l’impiegato, che parve ben felice di dileguarsi, e
tornò alla sua scrivania. Come era possibile? Come era possibile che il figlio
di Harry Potter fosse stato sotto il loro naso per diciassette anni, senza
essere notato da nessuno? Come aveva fatto ad essere così stupido da non pensare
di tenere più sott’occhio la famiglia Dursley. Come? Come? C’era lo zampino
dell’Ordine, poco ma sicuro. Bene, gliela farò
fatta pagare, si disse.
«Signore?» la voce un po’
ansante di Malfoy si levò nel silenzio. Sylar si era perfino dimenticato che
fosse lì. Improvvisamente i piani trafugati non sembravano più così
importanti.
«Va a chiamare Bellatrix»
disse. «Ho un lavoretto per lei».
Little Whinging,
Surrey, Inghilterra.
La sera calava su Little
Whinging. Un altro giorno trascorso nella più assoluta normalità. Drew Potter
camminava tranquillamente lungo Magnolia Crescent. Aveva approfittato di un
momento di pace per uscire a farsi una passeggiata e sfuggire alle attenzioni
dei Dursley. Voleva bene alla sua famiglia, ma a volte tendevano a essere un po’
troppo assillanti, specie quel giorno. Il suo giorno. Eppure non si
sentiva più vecchio, anche ora che era maggiorenne e disponeva finalmente del
suo destino. Benché non sapesse ancora bene cosa farci. Per il momento si
sarebbe concentrato sul futuro prossimo, ovvero il viaggio in Italia e magari
trovarsi un lavoro per quando fosse tornato. Dopodiché, chissà? Forse avrebbe
potuto cercare notizie dei suoi genitori. Magari poteva provare a rintracciare
suo padre. Gli sarebbe piaciuto provare a dare una forma alle sue
origini. Forse determinare il mio futuro sarà più
facile dopo, si disse, quando avrò delle
risposte certe, non semplici speculazioni o vaghi discorsi come quelli di
Dudley. Imboccò l’incrocio di Privet Drive e si
trovò davanti un vecchio. No, vecchio era esagerato, constatò a una seconda
occhiata. Aveva su e giù cinquant’anni. Tuttavia era piuttosto malridotto.
Camminava appoggiandosi pesantemente a un bastone, con un leggero affanno,
zoppicando vistosamente dalla gamba destra. I capelli, castano chiaro, erano
pesantemente striati di grigio, mentre rughe precoci gli solcavano il volto,
accompagnate da alcune profonde cicatrici. Eppure negli occhi ambrati si poteva
ancora scorgere un guizzo di forza di volontà, quasi di sfida, come se
nonostante tutto, potesse ancora dare battaglia. Si aggirava in girò quasi in
tondo, borbottando a mezza voce, in evidente ricerca di
qualcosa.
«Mi scusi» disse il ragazzo
«posso aiutarla?». L’altro si girò verso di lui, lo scrutò per un lungo secondo
e poi sgranò gli occhi.
«No, grazie» disse con voce
roca. «Penso di aver trovato ciò che stavo cercando. Tu sei Andrew Potter, non è
vero?»
Drew rimase basito. Come
faceva quel uomo a conoscerlo? E soprattutto a conoscere il suo vecchio cognome,
il cognome di suo padre. Dopo la morte di Vernon e Petunia, Dudley aveva
insistito per cambiargli il cognome in Dursley. Drew all’epoca aveva appena
quattro anni, perciò non gli era sembrato un grave cambiamento. Solo una volta
cresciuto, si era domandato cosa avesse spinto il tutore a cambiargli il
cognome, e soprattutto a insistere affinché non usasse più il nome di suo padre,
soprattutto in pubblico. Praticamente nessuno fuori dal quartiere sapeva quale
fosse il suo vero nome di battesimo. Eppure quel uomo lo conosceva, un uomo che
era sicuro di non aver mai visto prima di allora.
«In effetti sì» disse
sorpreso. «Però il mio nome è Dursley, non Potter. Ma lei chi è? Come fa a
conoscermi?»
L’uomo ridacchiò.
«Dursley, eh? Bene, sembra che allora qualche consiglio lo abbia seguito il
giovane…mmm…Dudley, giusto?» chiese esitante. Drew si limitò ad annuire: quel
tipo si stava rivelando sempre più strano e sospetto. Forse è meglio filarsela, si disse.
Stava appunto per farlo, quando l’altro lo agguanto per un braccio, con uno
scatto decisamente sorprendente per uno nelle sue condizioni.
«Frena i motori, Andrew,
sono qui per parlarti. E non te ne andrai finché non avrai sentito tutto ciò che
devi sentire». Si guardò intorno circospetto e poi aggiunse: «Meglio
allontanarci da qui, però. Non si sa mai chi potrebbe stare ad ascoltare». E
risoluto imboccò la via che Drew aveva appena percorso, trascinandosi dietro il
ragazzo stupefatto. Quest'uomo
ha una presa d’acciaio. Non lo si
direbbe così forte a guardarlo.«Scusi, ma lei chi è?» ripeté un’altra volta.
Lo guardò con un sorrisetto.
«Cocciuto, eh? Tale quale a tuo padre». Quelle parole colpirono Drew come una
frustata. «Lei conosce mio padre?» Domandò, incredulo e speranzoso a un
tempo.
«Ma certo. E anche tua madre.
Lasciati dire che porti il nome Weasley stampato in faccia!»
«Weasley?» ripeté perplesso
Drew.
L’altro annuì. «Ginny Weasley.
Tua madre. Una cara ragazza. Una brava strega» aggiunse, quasi distrattamente,
guardando davanti a sé.
«Una strega?» esclamò Drew,
improvvisamente spaventato. «Mia madre non era una strega!»
«Oh, ho tutte le prove del
contrario. Io stesso sono stato suo insegnante, un anno. E anche di tuo padre
Harry». Drew scosse il capo, incredulo. I suoi genitori, dei maghi? No,
impossibile. I suoi non potevano essere due di quei mostri.
«Un momento!» quasi strillò.
«Anche lei è un mago?» L’uomo si voltò verso di lui e parve leggere sul suo
volto la paura che lo stava scuotendo.
«Oh, per Merlino!» sbottò.
«Sono proprio un’idiota. Ovvio, se sei cresciuto con i Babbani… meglio
cominciare dal principio. Vieni, siediti» e gli indicò una panchina. Drew
ubbidì, riluttante. Ma la curiosità ebbe la meglio sulla paura.
«Chi è lei?» ripeté per la
terza volta.
«D’accordo, d’accordo. Mi
chiamo Remus Lupin. E sì, sono un mago. Ma non lavoro per il Lord, come di certo
lo conoscerai tu. Non lavorerei per quell’essere nemmeno se ne andasse della mia
vita». Le ultime parole erano talmente cariche di collera repressa, che Drew si
ritrasse. Lupin lo guardò, gli sorrise affabile, poi riprese. «E ti conosco
perché conoscevo i tuoi. Anzi, ero presente la sera che sei nato».
«Davvero?» domandò sorpreso il
ragazzo. Quel uomo si stava rivelando una vera fonte di sorprese: un vecchio
amico dei suoi genitori, un mago che odiava il Lord. E che lo ammetteva pure.
Praticamente nessuno era così pazzo da dire ad alta voce di detestare il Lord. E
quei pochi che lo facevano, di solito non si rivedevano più.
«Davvero» confermò Lupin,
sorridendo. «Anzi, sono stato una delle ultime persone a parlare con tua madre
prima che morisse».
«Non ci credo!» esclamò,
sempre più incredulo, il ragazzo. «Davvero conosceva così bene i miei
genitori?»
L’altro annuì. «Certo, abbiamo
diviso un notevole lasso della nostra vita. Erano due persone straordinarie,
sai. Così innamorati. Purtroppo non hanno avuto un destino felice…»
Drew abbassò il capo: non
sapeva esattamente di cosa parlasse Lupin, ma ne parlava con tanta tristezza,
che ne fu pervaso anche lui. E poi un pensiero gli attraversò il cervello: se i
suoi genitori erano maghi, allora…
«Sono un mago anch’io,
allora?»
«Molto acuto» disse Remus.
«Sì, anche tu sei un mago. Dovresti, almeno. Ti è mai capitato di compiere
qualche gesto strano, quando sei per esempio arrabbiato o
spaventato?»
Drew esitò. «Beh, una volta ho
fatto levitare una lampada, quando avevo dieci anni. Può valere?»
«Decisamente sì» affermò
l’altro. «Magia latente. È una fortuna che il ministero non ti abbia mai
localizzato prima. Sarebbe stato un bel guaio!»
Drew, che aveva cominciato a
sentirsi euforico alla prospettiva di essere un mago, rimase
sconcertato.
«Perché? Se i miei erano
maghi, non dovrei avere problemi. Già, è vero. Se sono un mago perché non mi
hanno mai contattato. Non esiste una scuola di magia?»
«Hogwarts» confermò Lupin. «Ma
non è nel tuo sangue il problema. È tuo padre».
«Mio padre?»
«Hai mai sentito parlare del
Prescelto?»
«A scuola, mi pare» rispose il
ragazzo. «Non era colui che avrebbe dovuto sconfiggere il Lord? Non è stato
ucciso poco prima della Rivoluzione?»
«Sì» confermò Lupin. Esitò un
istante, poi continuò: «Tuo padre era il Prescelto».
Le parole furono seguite da un
silenzio di tomba. Suo padre, il Prescelto. Sembrava impossibile. Eppure quella
mattina avrebbe definito impossibile anche quella conversazione.
«Ma…ma questo è…è assurdo»
sbottò alla fine.
«Davvero?» domandò Remus. «Non
ti sei mai chiesto perché tuo cugino non ti ha mai parlato della tua vita di tuo
padre? Perché ti abbia cambiato il cognome? Perché insistesse per farti passare
per figlio suo? Perché il cognome Potter, se fosse giunto alle orecchie
sbagliate, sarebbe stata una condanna a morte senza possibilità d’appello. Pensi
sul serio che Voldemort lascerebbe andare in giro il figlio di Harry Potter come
se niente fosse? Il figlio del Prescelto?»
«Immagino di no» confermò
Drew, mentre le parole del mago più anziano facevano montare il panico dentro di
lui.
«Certo che no. È per questo
che quando tua madre morì e tuo padre scomparve, decidemmo di portarti in un
luogo sicuro, il più lontano possibile dagli occhi di Voldemort e dei suoi
accoliti. E così ti affidammo ai tuoi zii. E quando anche loro morirono, facemmo
pressione su Dudley affinché ti cambiasse anche il cognome. E finora ha
funzionato».
«Scusi» fece Drew perplesso,
«chi sarebbero i "noi"?»
«Noi, l’Ordine della Fenice.
Immagino la conoscerai come una specie di società terroristica».
«Lei fa parte dell’Ordine?
Anche i miei erano parte dell’Ordine?»
«Indirettamente. Erano troppo
giovani. Però essendo il Prescelto, tuo padre era comunque sempre in prima linea
nella lotta. Ma non è importante adesso. Quello che conta adesso, sei
tu».
«Io? Ma cosa vuole
dire?»
«Il ministero ti ha scoperto.
O perlomeno ci sta andando vicino. Non so come, ma il fatto resta. E per questo
sono venuto: dobbiamo portarti in un luogo sicuro, prima che…». Ma si interruppe
bruscamente: Drew era scattato in piedi, sorpreso, impaurito e anche un po’
arrabbiato, tutto insieme. «Ma chi si crede di essere?» urlò. «Come può pensare
di comparire così all’improvviso e credere che la seguirò e basta? Mica posso
andarmene e tanti saluti! Ho una vita, degli amici, una famiglia. Che ne sarà di
loro se me ne vado senza nemmeno dare spiegazioni?»
«Andrew…» provò Lupin,
ma il ragazzo ormai non l’ascoltava più. «E poi come faccio a sapere che non è
tutto una balla quello che mi sta dicendo? Come faccio a sapere che non una
trappola o qualcosa del genere? Non mi fido di lei: per quel che ne so potrebbe
essere lei lavorare per il Ministero…»
«Andrew…» tentò di nuovo
l’uomo. « No! » gridò lui. Sa che le dico: vada all’inferno!» e prima che Lupin
potesse fare alcunché, corse via, percorse a rotta di collo la strada fino a
casa ed entrò sbattendo la porta. È ridicolo,
assurdo. Tutta questa storia è assurda. Mio padre non
può essere il Prescelto…E mia madre non può essere una
strega. Andiamo, una strega! Vivo nella cittadina più noiosa del mondo, nella casa della
famiglia più normale della Terra. Come possono i miei
genitori a essere maghi? È impossibile. Di certo quel
tipo, Lupin, è un pazzo che non aveva niente di meglio da fare che rompere le
scatole a me. E poi mica ha parlato dell’Ordine della Fenice? È pure un
criminale, oltre che matto. Dovrei denunciarlo…La
girandola dei suoi pensieri fu interrotta dalla voce trillante di Elizabeth, che
comparve dalla cucina.
«Ehi» esordì.
«Cominciavo a preoccuparmi. Ti sei divertito?». Drew annuì meccanicamente.
L’ultima cosa di cui aveva voglia erano le cure da mamma chioccia di Elizabeth.
La donna dovette notare qualcosa di strano perché aggiunse
«Stai bene, Drew? Hai una faccia strana».
«Tutto bene» rispose.
«Voglio solo farmi una doccia» e si eclissò su per le scale, per chiudersi in
camera sua e gettarsi sul letto, tutt’altro che tranquillo e con le parole di
Lupin che gli risuonavano in testa.
Remus rimase a fissare
l’angolo dietro cui Drew era sparito, attonito. Ma in
fondo, pensava mentre si alzava e a piccoli passi iniziava a
trascinarsi in direzione del n°4, come avrebbe
dovuto prenderla? La sua reazione è dettata da paura più che da reale ostilità.
Ha solo bisogno di tempo per digerire la notizia. Il problema è che non ce n’è,
di tempo. I Mangiamorte possono piombarci addosso da un momento all’altro. E a
quel punto saranno guai! Arrivato davanti alla
residenza dei Dursley, esitò. Cosa poteva fare? Dubitava che là dentro
sarebbe stato ben accolto: non si sarebbe stupito se
l’avessero cacciato fuori a calci. Per questo aveva avvicinato Drew da solo:
sperava di poterlo convincere a seguirlo senza problemi. Harry lo aveva fatto in
fondo. Ma Harry aveva anche
undici anni, gli ricordò una fastidiosa vocina dentro il suo
cervello, ed era infelice. Andrew ha una vera vita
qui, con persone che gli vogliono bene. E questo rende tutto più
complicato. Sospirò: sapeva di non poter
aspettare. Se qualcuno lo vedeva, rischiava di finire
ad Azkaban, se non peggio. Ma non poteva nemmeno lasciare Drew da solo senza
protezione.
E poi nella luce morente
del tramonto scorse un cane. Un grosso cane nero. Accucciato tra le begonie
della casa di fronte, che puntava dritto sul numero quattro. Un senso di
sollievo lo pervase. Avevano la soluzione, probabilmente azzardata, ma l’unica.
Sarebbe dovuto bastare fino al giorno successivo in fondo: a quel punto Drew
avrebbe avuto una notte per riflettere e con un po’ di fortuna li avrebbe
seguiti senza storie. E in caso contrario, Sirius avrebbe sempre potuto portarlo
via di peso. Fece un cenno, quasi casuale, nella direzione del canide, che
ricambiò con un leggero abbaio. Più che sufficiente.
Sii prudente,
Padfoot pensò, prima di
incamminarsi verso un vicolo poco illuminato, dove sparì con un sonoro
crac.
LYRAPOTTER’S CORNER
Rieccomi con il terzo
capitolo, sperando ovviamente che sia di vostro gradimento. A me è piaciuto
molto scriverlo, non peraltro, ho fatto tornare il mio lupacchiotto preferito e
ho introdotto Sylar, che diventerà il mio cattivo principale. Ah, prima che mi
dimentichi, il nome Sylar lo preso dal telefilm "Heroes" (stupendo, vorrei
aggiungere), ma il mio personaggio avrà ben poco a che fare con quel Sylar:
semplicemente ho cominciato a chiamarlo così e il nome gi è rimasto
appiccicato.
Chiedo inoltre scusa per
avervi fatto aspettare tanto l’aggiornamento: mille impegni e troppo poco
tempo!!!!! Avviso da subito che non ci saranno aggiornamenti fino a settimana
prossima, visto che, tempo permettendo, me ne andrò i montagna qualche giorno,
per sfuggire al caldo.
E ora, spazio ai
ringraziamenti. Grazie ai numerosi lettori silenziosi, alle 3 persone che hanno
messo questa storia tra i Preferiti e soprattutto alle due stelline che mi hanno
lasciato una recensione:
Crystal e
Namida, sono felice che ti
piaccia la mia storia, grazie mille per il commento!
Ino chan, grazie anche a te, tesoro!!!!!! Per quanto riguarda
Draco, ho cercato di mantenermi più IC possibile, perciò era inevitabile che mi
uscisse carogna. Come puoi vedere la sua punizione l’ha già
ricevuta!!!!
Bon, con questo ho concluso,
esorto nuovamente i lettori a lasciarmi un commento, anche in negativo. Dai
fatemi questo piacere *Lyra fa sguardo da cane bastonato*. A presto,
bacibaci!!!!!!
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Capitolo 4 *** L'ultima notte ***
MAGIC WARS
CAPITOLO III: L’ULTIMA NOTTE
Little Whinging,
Surrey, Inghilterra.
Sdraiato a pancia in su sul letto, Drew
fissava il soffitto con espressione corrucciata. Aveva da poco finito di cenare,
o meglio aveva da poco finito di mangiucchiare svogliatamente il cibo che
Elizabeth gli aveva messo davanti. Neppure si ricordava cosa fosse: aveva lo
stomaco talmente annodato e la testa così stracolma di pensieri che il desiderio
di mangiare era pressoché nullo. Le parole di Lupin, per quando avesse deciso di
non pensarci più, continuavano a ritornargli nella mente come un fastidioso
ritornello.
"Tale quale a tuo padre".
"Ginny Weasley…Una brava strega".
"Anche tu sei un mago".
"Tuo padre era il Prescelto".
"Il ministero ti ha scoperto".
"Dobbiamo portarti in un luogo
sicuro".
A tratti quella conversazione gli sembrava
tanto assurda da dubitare perfino che si fosse mai tenuta; per contro in altri
momenti, se si soffermava a rifletterci, non sembrava più così irrazionale,
perlomeno non tutta quanta. In fondo, si disse,
potrei benissimo essere un mago sul serio. Quegli
episodi di…com’è che l’ha definita il pazzoide…magia latente ci sono stati
eccome. Ricordo ancora il calcione che mi rifilò Dudley quella volta che feci
esplodere quella cassetta delle lettere a nove anni…Ma tutto il resto: che mio
padre fosse il Prescelto, che il Ministero mi sta dando la caccia, eccetera. È
tutto troppo…irreale. Però se sono un mago, perché non mi hanno mai convocato
per iscrivermi in quella scuola di magia, Hogwarts? A meno che Lupin non abbia
detto la verità…Sospirò pesantemente. Comunque la rigirasse, finiva
sempre in quel punto. Se era un mago e lo erano anche i suoi genitori, perché il
Ministero non lo aveva contattato? Cacciò la testa sotto il cuscino, trattenendo
a stento la voglia di urlare di frustrazione. Forse ho
agito troppo d’impulso, quando ho mandato Lupin a quel paese. Forse avrei dovuto
dargli retta. Forse, forse, perché ci sono soltanto forse. Fino a quattro ora fa
la mia vita era così semplice. Perché è dovuto cambiare tutto?
Perché?
Un urlo strozzato al piano di sotto, attirò
la sua attenzione, facendolo rizzare a sedere. Balzò giù dal letto e aprì la
porta, perplesso.
«Elizabeth? Dudley?» chiamò. Nessuna
risposta.
Sempre più perplesso scese di sotto e entrò
in soggiorno. Si trovò davanti una scena devastante: il caminetto murato era
esploso (Drew si chiese vagamente perché non avesse sentito nessun rumore),
lanciando detriti e fuliggine per tutto il lindo salotto di Elizabeth. I due
Dursley stavano rannicchiati sul divano, fissando terrorizzati davanti a loro. E
dove un tempo stava il televisore, torreggiavano adesso quattro figure ammantate
di nero, che puntavano lunghe bacchette di legno contro i due Babbani. Dudley lo
scorse e se possibile la sua espressione si fece ancora più spaventata. Fece un
velocissimo segno di diniego nella sua direzione. Nello stesso momento, uno dei
Mangiamorte, una donna, che doveva essere anche il capo della spedizione,
chiese:
«Bene, direi di non renderla più difficile
di quanto non sia. Diteci dov’è Potter e ce ne andremo senza torcervi un
capello. Allora, dov’è?».
Drew trattenne a stento un gemito. Lupin
aveva ragione. Rimase congelato sul posto, indeciso. Il suo buonsenso gli
gridava di scappare a gambe levate, ma gli bastava vedere i Dursley sul divano,
indifesi, per indugiare. Come poteva abbandonarli al loro destino così, dopo
tutto quello che avevano fatto per lui? Incontrò nuovamente lo sguardo di
Dudley: i suoi occhi sembravano dargli un ordine perentorio. Vattene. Vattene e
non voltarti! Drew esitò ancora un istante, ma alla fine si decise a
indietreggiare lentamente. E inciampò fragorosamente nel fucile giocattolo che
Ethan aveva abbandonato in mezzo al corridoio. Riuscì per un pelo a evitare di
rovinare a terra, ma il rumore attirò comunque l’attenzione. Elizabeth si
nascose il volto tra le mani, Dudley abbassò il capo sconfortato. Quattro teste
incappucciate si girarono simultaneamente verso di lui. Su quello della donna
che aveva parlato per prima si dipinse un sorriso, soddisfatto e
terrificante.
«Bene, bene, bene. Potter, giusto? Mi hai
risparmiato la fatica di doverti cercare».
Il ragazzo si guardò intorno, alla disperata
ricerca di qualcosa da dire. Per un attimo accarezzò l’idea di sparare una bugia
pietosa, ma aveva il sospetto che non sarebbe servito a nulla.
«Non fategli del male» intervenne
improvvisamente Elizabeth balzando in piedi, fiera come una leonessa che difende
i suoi cuccioli. «Lui non ha fatto niente».
La Mangiamorte le rivolse uno sguardo
sprezzante e seccato. «Taci, inutile Babbana. Non mettere il becco in cose che
non ti riguardano e forse ti risparmierò la vita» e con un veloce movimento
della bacchetta la rispinse sul divano.
«Lasciateli stare». La voce di Drew si levò
più coraggiosa più di quanto il ragazzo si sentisse in realtà. «Loro non
c’entrano nulla, in questa storia».
Di nuovo quel sorrisetto malefico. «Ma tu
guarda, stesso spirito di sacrificio di quell’idiota di tuo padre. Lasciami
indovinare, stai per fare qualcosa di estremamente stupido per tentare di
salvare la tua patetica e inutile famiglia, vero?».
Drew non disse nulla. Non sapeva nemmeno lui
cosa fare: voleva solo evitare che succedesse qualcosa a Dudley ed Elizabeth per
colpa sua.
La Mangiamorte rise di gusto, vedendolo in
difficoltà. «O forse non farai nemmeno quello? Beh, ci semplifichi il compito.
Vieni con me senza fare storie, Potter, e risparmierò l’inutile vita di questa
feccia» e indicò i Dursley.
Al che, Elizabeth scattò improvvisamente in
piedi avventandosi contro la donna. «Tu, dannata Mangiamorte. Non lo porterai
via » gridò. L’altra la scagliò indietro con un semplice gesto della bacchetta.
Nei suoi occhi si poteva leggere una rabbia folle. «Come osi, lurida Babbana?
Come osi tentare di attaccare me, Bellatrix Lestrange, fedele serva del Signore
Oscuro? Ma forse la Maledizione Cruciatus ti insegnerà un po’ di rispetto…».
Puntò la bacchetta contro un atterrita
Elizabeth, ma prima che potesse pronunciare l’incantesimo, Drew fece qualcosa di
estremamente stupido.Balzò in avanti, spintonando la Mangiamorte, che quasi
cadde a terra. Bellatrix gli si rivoltò contro, furibonda, gridando «Crucio». Il
corpo del ragazzo fu attraversato da un dolore inimmaginabile: era come essere
immersi nel fuoco e contemporaneamente colpiti con decine di pugnali. Urlò,
rantolando a terra. Sentiva, in lontananza, il pianto disperato di Elizabeth, la
risata pazza di Bellatrix, ma era tutto sfocato nella sofferenza. Finalmente
tutto terminò e si ritrovò scagliato contro la parete opposta.
«Impara» disse Bellatrix, « a trattare i
superiori col dovuto rispetto, Potter. Tuo padre non lo ha fatto, e guarda com’è
finito».
Drew si alzò in ginocchio, sudato e
tremante. «Non parlare così di mio padre, pazza assassina!».
La Mangiamorte fece un passò avanti,
colpendolo dritto in faccia con uno schiaffo e alzando la bacchetta. Drew,
nuovamente a terra, si preparò a una nuova ondata di torture, ma all’ultimo,
Bellatrix sembrò cambiare idea, gli rivolse un sorriso serafico e sibilò «Poteva
essere tutto più semplice, se ci seguivi senza fare storie. Ora ti insegnerò
cosa succede a chi mi manca di rispetto. INFLAMO!».
Le fiamme scoppiarono nella stanza,
avvolgendola nel loro abbraccio caldo e mortale. Drew urlò, nel vedere i Dursley
investiti dalle vampe infuocate, scattò in avanti, ma prima di poterli
raggiungere fu colpito da dietro da una fattura. Rantolò a terra, rialzandosi
subito.
I suoi brillanti occhi verdi si incontrarono
con i pozzi neri di Bellatrix, che ridacchiò soddisfatta.
«E ora a te, piccolo Potter. Salutami tuo
padre quando lo vedi. Avada Kedavra!».
Drew serrò istintivamente gli occhi,
aspettando il colpo che avrebbe posto fine alla sua esistenza. Un colpo che però
giunse dalla parte sbagliata: una forte spinta alla schiena e si ritrovò con il
naso spiaccicato contro il pavimento. Quando rialzò lo sguardo, scorse un grosso
cane nero che ringhiava in postura d’attacco verso Bellatrix. Quest’ultima gli
rivolse uno sguardo di puro odio, mentre anche gli altri Mangiamorte, che finora
erano rimasti immobili a guardare, puntavano le bacchette verso
l’animale.
Drew sbatté le palpebre cercando di capire
perché gli invasori avessero paura di un semplice cane, per quanto minaccioso.
La risposta non tardò ad arrivare: prima ancora di poter finire di formulare il
pensiero, il cane scomparve, lasciando il posto a un uomo, alto e piuttosto
magro, con lunghi capelli corvini e un sorrisetto sghembo stampato in faccia.
Tra le mani stringeva una bacchetta, indirizzata contro il petto di Bellatrix.
Drew non aveva dubbi su chi fosse: Sirius Black, il noto terrorista
pluri-omicida. Ma siccome era anche il noto terrorista pluri-omicida che lo
aveva appena salvato, Drew pensò che dopotutto così malvagio non poteva
esserlo.
«Salve cuginetta» esclamò Black con voce
roca. «Come ti va la vita? »
Bellatrix gli rivolse uno sguardo che
avrebbe incenerito perfino una pietra.
«Sirius» sibilò. «Cugino adorato, hai la
sorprendente capacità di arrivare sempre al momento sbagliato».
«Beh» osservò Sirius, «tutta questione di
punti di vista. Per me e il ragazzo era senza dubbio il momento migliore per
arrivare. Sai, Bella forse dovresti perfino ringraziarmi».
L’altra lo guardò stralunata. «Ringraziarti?
E di cosa, di grazia?»
«Del mio intervento tempestivo» ribatté
tranquillamente il secondo. «Neanche stessero facendo una conversazione sul
tempo. «Infatti, dubito che il tuo padrone sarebbe stato soddisfatto, se, al
posto di un nuovo giocattolino da torturare, gli avessi portato soltanto un
cadavere. Già la faccenda della casa ti costerà parecchi guai, Bella. Insomma,
un incendio che scoppia all’improvviso, in cui ci rimettono la vita due
persone». L’uomo scosse il capo, in segno di rimprovero. «Eh, sei sempre stata
troppo impulsiva. E permalosa. Ma per questo devo ringraziarti io: se non avessi
fatto saltare per aria il salotto, probabilmente mi sarei reso conto di tutto
troppo tardi. Perciò, grazie mille» e fece pure la mossa di alzare il capello in
segno di gratitudine.
Bellatrix lo guardò furibonda e Drew
stralunato e leggermente ammirato: certo ne aveva di faccia tosta quel uomo, per
parlare così a una pericolosa Mangiamorte.
E quest’ultima non sembrava intenzionata a
far passare l’affronto. «Tu, lurido traditore del tuo sangue!» e gli lanciò
contro una maledizione, che Sirius riuscì a evitare senza difficoltà.
I due cugini ingaggiarono un duello che
poteva definirsi solo con spietato: gli incantesimi e le maledizioni scagliate
si susseguivano a una tale velocità, che si riusciva a malapena a riconoscere
gli incantesimi lanciati. Eppure nessuno dei due duellanti era stato anche solo
sfiorato dall’altro o dava segno di voler cedere la vittoria. Erano animati da
qualcosa di ben più profondo di una rivalità tra parti: un odio intenso che
affondava le radici in un passato lontano e quasi dimenticato, ma che tuttavia
bruciava ancora come il primo giorno. Bellatrix vedeva il cugino che aveva
macchiato il suo nome con il tradimento, infangando l’intera famiglia; Sirius
vedeva un altro membro della famiglia che tanto disprezzava.
Mentre i due maghi duellavano, Drew cominciò
a trascinarsi verso il lato opposto, cercando di evitare le maledizioni vaganti.
Solo quando fu sul lato del corridoio che dava sull’ingresso, notò con orrore
che le fiamme stavano velocemente propagandosi nel resto della casa. Se fossero
giunte in cucina, dove stavano i fornelli con il gas…Dobbiamo uscire subito
da qui. Rischiamo di saltare tutti per aria. Il suo pensiero corse subito a
Kitty e Ethan, rimasti al piano di sopra. Devo portarli fuori da qui.
Fece per correre su per le scale, ma fu bloccato da uno degli sgherri di
Bellatrix. Accidenti, si era quasi dimenticato di loro! L’uomo gli puntò contro
la bacchetta, mentre dietro di lui, gli altri due facevano lo stesso.
«Andrew Harry Potter, ti dichiaro in
arresto» annunciò con fare pomposo.
Drew sbuffò. Pure quello gli doveva
capitare. «Spostati, idiota!» gridò. «Questa casa rischia di esplodere. Non so
tu, ma io non voglio essere qui se e quando avverrà».
Il Mangiamorte parve messo in difficoltà da
quelle parole, ma prima che potesse decidere cosa fare… PUM, qualcosa di grosso
e dall’aria pesante lo colpì dritto sulla testa, facendolo stramazzare al suolo.
Prima che Drew potesse capire cosa stava succedendo, anche gli altri due
scagnozzi furono spediti tra le braccia di Morfeo da misteriosi proiettili. Il
ragazzo alzò lo sguardo, giusto in tempo per vedere i suoi fratelli adottivi
scendere a precipizio le scale, in pigiama e terrorizzati. Ethan stringeva tra
le mani quello che dopo un attimo di esitazione, Drew riconobbe come il gatto in
ceramica che Elizabeth teneva sul comodino.
«Drew!» gridò Kitty.«Cosa sta succedendo?
Chi sono questi uomini? Dove sono mamma e papà?».
Il fiume di domande fu interrotto da un
grido di Ethan, che per un pelo aveva schivato un raggio verde venuto da chissà
dove.
«Aaaaahhhhh!» strillò Kitty. «Sirius Black!»
L’urlo distrasse il diretto interessato, che
distolse per un secondo lo sguardo da Bellatrix per concentrarlo sui tre
giovani. Un secondo che rischiò di essergli fatale, perché la Mangiamorte ne
approfittò per far breccia nelle sue difese. La maledizione lo colpì al fianco
facendolo stramazzare a terra con un gemito.
«Ah!» esclamò Bella con espressione
trionfante. «E adesso, cugino, ti aspetta l’inferno. Avada…»
Ma non riuscì a terminare la formula:
qualcosa, per la precisione un gatto di ceramica, la colpì sulla nuca, facendola
crollare a terra come una bambola rotta.
Drew sorrise al ragazzino. «Ottima mira,
campione!», ringraziando mentalmente Dudley, che aveva insistito per farlo
entrare in una squadra di baseball.
Qualcuno lo afferrò per la spalla,
facendogli fare un salto dallo spavento. Si voltò e tirò un sospiro di sollievo:
era solo Sirius, che si stringeva il fianco sinistro con aria
sofferente.
«Usciamo da qui. In fretta!» ordinò
perentorio, tanto che nessuno dei tre osò disubbidire. Drew lanciò comunque un
ultima occhiata alle spalle, quasi sperando, infantilmente, che Dudley o
Elizabeth potessero spuntare fuori e raggiungerli.
«Non puoi fare niente per loro». La voce di
Black lo prevenne dal fare un’altra stupidaggine.
Giunsero sulla strada e Sirius, sempre
stringendo Drew per la spalla, cominciò a pilotarlo verso un vicoletto poco
lontano.
«Ehi, tu!» gridò Kitty con voce battagliera.
«Lascialo andare!» e si avventò verso l’uomo, che, preso alla sprovvista, cadde
a terra, sotto la spinta della ragazzina, che cominciò a tempestarlo di
pugni.
Drew, che era riuscito a evitare di cadere,
afferrò la cugina da dietro, gridando: «Kitty, Kitty, fermati. Non vuole farci
del male. Mi ha salvato la vita».
A quelle parole, lei smise di dimenarsi,
rivolgendo comunque un’occhiata sospettosa a Sirius, che si stava rialzando,
massaggiandosi il collo e stringendo il fianco offeso. Drew notò che
sanguinava.
L’uomo sospirò. «Per la barba di Merlino!»
esclamò. «Picchi duro, ragazzina. Dopo un duello con Bellatrix, era decisamente
quello che mi ci voleva!»
«Sta bene?»domandò Drew ansioso.
«Sono stato peggio» affermò. «Ma questo non
è il luogo per parlarne. Al ministero non ci metteranno molto a capire cosa è
successo e a inviare una pattuglia a controllare. E per allora noi dovremo
essere molto lontani da qui. E più tardi se ancora vorrai» aggiunse rivolto a
Kitty,«potrai tornare a picchiarmi!».
«Come facciamo a fidarci di te? Sei un
pericoloso assassino» ribatté la ragazzina, sempre più sospettosa.
Sirius rise apertamente. «Se fossi un
assassino, non mi sarei preso la briga di difendervi, non ti pare? Semmai, sono
qui per salvarvi la pelle…o meglio, per salvare la tua, di pelle!» e indicò
Drew.
Il ragazzo rimase basito un istante.
«Perché…» cominciò, ma poi fu colto da un’illuminazione improvvisa: «Lei è un
membro dell’Ordine, non è vero? Come quel tipo di questo pomeriggio,
Lupin?»
L’Animagus annuì. «Sì, e avresti fatto
meglio ad ascoltare Remus…ci saremmo risparmiati questo pasticcio!», accennando
poi alla casa in fiamme dietro di loro.
La verità sulla sorte dei Dursley piovve
loro addosso come una doccia fredda: Ethan si strinse al fianco del cugino,
mentre le lacrime gli spuntavano sul viso, mentre Kitty smise di guardare in
cagnesco Sirius per lasciare il passo a un’espressione affranta. Drew, dal canto
su, non poté non sentirsi in colpa. Se avessi dato retta a
Lupin e l’avessi seguito, niente di tutto questo sarebbe mai avvenuto. Dudley ed
Elizabeth sarebbero ancora vivi: è tutta colpa mia se sono morti in modo tanto
atroce. Guardò di nuovo la casa. L’incendio sembrava essersi domato
quasi completamente, tuttavia si era lasciato dietro ben poco: l’intera
struttura era ridotta in cenere. Mentre accanto a lui Ethan aveva cominciato a
singhiozzare senza ritegno, anche Drew si sentì le lacrime agli occhi. «Mi
dispiace» mormorò, senza rivolgersi a nessuno in particolare. Una mano forte gli
si posò sulla spalla e lo costrinse a voltarsi.
«Non avresti potuto fare nulla, Andrew»
disse Sirius, guardandolo dritto negli occhi. «Quando Bellatrix si scatena come
ha fatto stasera, niente può fermarla. Tranne un bel lancio a effetto, a quanto
pare!». Tutti ridacchiarono.
«Non portare il peso dei morti, Andrew. Te
lo dice uno che lo ha fatto per fin troppo tempo. E se non vuoi rendere vano il
loro sacrificio, continua a vivere anche per loro, guarda avanti e non
rimpiangere il passato. Quel che è stato è stato e niente può cambiarlo, ok?
»
Drew annuì, asciugandosi le lacrime con la
mano. «Grazie. E comunque, di solito mi chiamano Drew, non Andrew».
«Perfetto. Allora Drew, possiamo andare o
preferisci un altro tête-à-tête con i Mangiamorte? Ti avviso che dubito di
poterli affrontare, anche se possiamo sempre aizzargli contro questa piccola
pugile!»
Kitty arrossì, mentre Drew, sorridendo, fece
cenno di andare. Sirius li guidò fino al vicolo tra le due case di fronte. Lì
cominciò a cercare qualcosa. «Dunque vediamo, dovrebbe esserci qualcosa…ah sì,
questo può andare», lo sentirono mormorare, seguito da una formula magica
«Portus!». Quando si voltò verso i tre, reggeva una vecchia bottiglia di vetro
tra le mani. «Forza, venite qui e toccate questa. Ci vorranno solo pochi
secondi».
Drew e i due fratelli si scambiarono sguardi
perplessi, ma ubbidirono, poggiando la mano sulla bottiglia. Sentirono Sirius
contare alla rovescia «3…2…1» e poi avvertirono uno strappo all’altezza
dell’ombelico, il marciapiede svanì sotto il loro piedi e furono risucchiati in
un vortice, diretti verso la loro nuova casa.
LYRAPOTTER’S CORNER
Patapum! Ne ho fatte succedere di tutti i
colori in questo capitolo, vero? Spero comunque sia di vostro gradimento, a me
scriverlo è piaciuto un sacco: adoro scrivere di Sirius e poi diciamocelo,
secondo me la parte in cui Bellatrix viene messa fuori gioco da Ethan merita
proprio di essere letta!!!!!Mi dispiace solo di aver ucciso Dudley ed Elizabeth,
ma purtroppo era necessario.
Comunque, passando ad argomenti più lieti
(anche se non so se posso definirli così!!!!), ieri mi hanno dato il foglio rosa
e oggi (per la precisione fra sei ore circa) farò la prima lezione di guida. Non
so se devo essere eccitata o terrorizzata per questo, voi accendete un cero
sperando che non mi spiaccichi contro il primo palo della luce e se dovete
andare in Svizzera, non passate da una lieta cittadina di nome Chiavenna
(provincia di Sondrio), perché è lì che vivo!!!!!!!!
Ok, visto che dei fatti miei, non ve ne
importa niente, passo ai ringraziamenti. Sono felice di dover dedicare sempre
più spazio a rispondere alle recensioni, significa che qualcuno tra le 41
persone che hanno letto l’ultimo cap, ci tiene a farmi contenta!!!!!! Perciò,
grazie a
Ino chan, che
commenta sempre e che spero aggiornerà presto le sue storie. Grazie anche per il
consiglio, tenterò di seguirlo. Continua a commentare!!!!!!
Lily_Snape, grazie anche a te, spero che questo cap sia di tuo
gradimento.
SakiJune, prima di tutto scusa se non ti ho avvisato: non sapevo se potesse
interessarti. Facciamo così d’ora in poi ti avviserò sempre se posto qualcosa di
nuovo, ok? In secondo luogo, non sai quanto mi abbia fatto piacere leggere il
tuo commento, sono felice che la mia storia ti piaccia. E se vuoi un consiglio,
la saga di Star Wars merita davvero di essere vista, se ti va
ovviamente!!!!!!!
Grazie anche alle 8 persone che hanno
messo questa storia tra i Preferiti.
Va bene, ora vi lascio in pace, mi
raccomando lasciate un commento,
bacibaci!!!!!
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Capitolo 5 *** Un futuro incerto ***
MAGIC
WARS
CAPITOLO IV: UN FUTURO INCERTO
Casa Riddle,
Little Hangleton
Inghilterra.
Drew atterrò sul suolo bagnato con un tonfo
sordo. Ovviamente Kitty e Ethan caddero sopra di lui.
«Ehi, ragazzi!» disse. «Mi state
schiacciando!»
«Oh, scusa», rispose Kitty, desolata,
tirandosi su e portandosi dietro il fratellino.
Drew si mise a sedere, massaggiandosi la
fronte lì dove aveva sbattuto contro il terreno e guardandosi intorno, spaesato.
Non aveva la benché minima idea di dove fossero finiti. Di certo non a Little
Whinging. Forse addirittura non erano più nemmeno nel Surrey. Si trovavano in
quello che un tempo doveva essere stato un meraviglioso giardino, ma che anni di
incuria avevano trasformato in una giungla di erbacce. Poco lontano si scorgeva
un sentiero che conduceva ad una fatiscente quanto enorme villa che svettava
poco lontano. Un brivido involontario percorse la schiena di Drew. Quella casa
aveva un non so che di spaventoso: sembrava la classica casa da film
dell’orrore. Ci mancano giusto i tuoni e i
lampi, pensò tra sé.
All’improvviso, qualcuno sbucò dalla
sterpaglia. I tre ragazzi trattennero l’impulso di gridare, quando alla luce
fioca che emanava dalla bacchetta riconobbero Sirius Black, che si faceva strada
verso di loro, borbottando qualcosa come "dovrei procurarmi un
giardiniere!".
L’uomo si avvicinò e sorrise, rassicurante.
«Tutto bene? Forza, in piedi e silenzio».
I tre si affrettarono a ubbidire. Drew
indicò la vecchia bottiglia, che giaceva inutile e innocente poco lontano. «Che
cos’era quella?» domandò. «Dove siamo?».
Sirius gli fece cenno di rimanere zitto.
«Più tardi» sussurrò. «Ora seguitemi. E mi raccomando zitti e mosca. Non si sa
mai chi potrebbe ascoltare!» e si avviò su per il sentiero, con Drew e i giovani
Dursley che gli trottavano dietro. Più volte i ragazzi rischiarono di cadere,
inciampando in qualche radice infida che si trovava lungo la strada.
Il sentiero conduceva sul retro della casa,
dove Sirius si fermò di fronte a una porta chiusa. Drew giudicò che stonava
parecchio con il resto dell’edificio: sembrava nuova di zecca. Pensò di
sbirciare dalla finestra, per vedere se l’interno rispecchiava l’esterno
dell’abitazione, ma cambiò subito idea: era talmente buio che non si riusciva a
scorgere nulla.
Nel frattempo Sirius aveva cominciato ad
armeggiare con la bacchetta alla serratura, borbottando incantesimi, che non
sembravano sortire il minimo effetto: la porta restava saldamente chiusa a
chiave. Dopo alcuni minuti di infruttuosi tentativi, il mago finalmente capì
quale fosse il problema. «Ma certo! Che scemo che sono!". Si voltò verso i tre
ragazzi in attesa e puntò loro la bacchetta addosso, mormorando una lunga
formula magica. Drew, Kitty e Ethan furono avvolti da uno strano alone dorato,
che dalla testa li circondò fino ai piedi per poi svanire nel nulla. Kitty si
ritrasse, gridando terrorizzata. Prima che Drew o Ethan potessero dire qualcosa,
Sirius si fece avanti, mettendole una mano sulla bocca. La ragazzina cercò di
divincolarsi da quella presa d’acciaio, senza successo.
«Calmati »tentò di rabbonirla l’Animagus.
«Non voglio farti del male!»
«Che cos’era quello?» chiese
Drew.
Sirius sbuffò, sempre trattenendo Kitty, per
niente rassicurata dalle sue parole. «Era soltanto un Incantesimo di
Riconoscimento» spiegò. «Per permettervi di superare le barriere protettive che
circondano la casa. È assolutamente innocuo. Ma perché si agita
così?».
«Ha paura della magia» rispose Drew. «Quando
aveva otto anni un gruppo di Mangiamorte ha attaccato per divertimento il parco
giochi dove lei andava tutti i giorni…».
«Ok, ho capito» lo interruppe l’altro. «I
Mangiamorte possono traumatizzare anche gente più vecchia di una bambina di otto
anni. Ascolta» aggiunse poi, rivolto a Kitty,«non voglio farti del male.
Quell’incantesimo non avrà nessun effetto negativo su di te, te lo assicuro. Ma
adesso calmati, per favore. Non vorrei attirare attenzioni
indesiderate…».
La ragazzina sembrò calmarsi almeno in
parte, così Sirius la lasciò andare e tornò a dedicarsi alla serratura, mentre
Kitty andava a rifugiarsi tra le braccia del fratello acquisito. Alcuni istanti
dopo, si sentì finalmente la serratura scattare.
«Bene» disse Sirius, girandosi verso i
ragazzi. «Ora silenzio. Statemi vicino finché ve lo dico io…»
«Ma scusa» intervenne Ethan, con molta
faccia tosta, «non dovrebbe essere un luogo sicuro, questo?»
«La prudenza non è mai troppo, piccoletto.
Ricorda quello che diceva sempre un mio vecchio amico: Vigilanza Costante. Ti
sarà utile, in tempi come questi. E ora, dentro!».
Spinse con cautela la porta, che si aprì con
un sinistro cigolio. Sirius entrò per primo, la bacchetta levata e pronta, Drew,
Ethan e Kitty subito dietro. Il giovane Potter si guardò intorno, cercando di
scorgere qualcosa nell’oscurità. Gli parve di distinguere la sagoma di un
tavolo, prima che la luce, chiara e abbagliante, si accendesse, rischiando di
accecarlo. Come un felino, Sirius si girò verso sinistra, una fattura già pronta
sulle labbra, quando…
«Sirius, fermo! Sono io!» gridò una voce
femminile.
Il mago si rilassò all’istante,abbassando la
bacchetta. «Luna, buon Merlino! Mi hai fatto quasi venire un
infarto!».
«Anche tu a me» ribatté la donna. «Ho
sentito un rumore, pensavo fosse un Mangiamorte o chissà che altro…».
Drew si girò a sua volta in direzione della
voce e vide, incorniciata sotto una porta che probabilmente conduceva in
corridoio, una donna. Era alta e piuttosto magra, con lunghi e fluenti capelli
biondi, dall’espressione un po’ svanita, sognante, anche se forse erano solo gli
occhi un po’ sporgenti a dare quell’impressione. O forse era lo strano
accostamento dei suoi abiti: indossava una lunga gonna di un brillante color
arancia matura, a cui aveva abbinato una camicetta azzurro cielo decorata a
fiori bianchi. Drew pensò che quella donna dovesse essere considerata una
persona
particolare, per non dire stramba, perfino
secondo gli standard dei maghi.
Sirius e Luna si scambiarono un’occhiata,
poi in coro chiesero: «Ma che cosa ci fai qui?»
Luna ridacchiò lievemente, prima di
rispondere: «Tonks era piuttosto nervosa stasera, così Remus mi ha chiesto di
portarla qui a riposare un po’. E tu che ci fai?»
«Le cose a Little Whinging sono andate
peggio del previsto» fu la laconica risposta. «E a questo proposito, avrei
bisogno di una medicazione veloce»e indicò il fianco, dove si era allargata una
grossa macchia di sangue. Luna sobbalzò alla vista. «Dovrebbero esserci ancora
delle pozioni curative di sopra. Vado a prenderle e torno» e corse
via.
Quando riapparve, Sirius e i ragazzi si
erano seduti al tavolo. Solo in quel momento, la donna notò davvero i tre:
squadrò rapidamente i due Dursley, che si guardavano intorno con aria smarrita
(Ethan aveva di nuovo i lucciconi agli occhi), per poi soffermarsi su Drew, che
provò un vago senso di disagio. Gli occhi della donna si riempirono di
commozione. «È…» cominciò esitante. Sirius annuì. «Ragazzi, vi presento Luna
Lovegood. Anche lei è un membro dell’Ordine. Luna, loro sono Drew Potter
e…accidenti, mi rendo conto solo ora che non conosco nemmeno i vostri
nomi!».
«Io mi chiamò Kitty».
«E io Ethan».
«Piacere di conoscervi, disse Luna,
sedendosi di fronte a Sirius e appoggiando boccette e flaconi sul tavolo.
«Allora, mi dici cosa è successo?».
«Mangiamorte. Quattro, tra cui Bellatrix.
Hanno attaccato il numero quattro e l’hanno letteralmente fatto saltare in aria.
E se non fosse stato per quello, non mi sarei nemmeno accorto del pericolo.
Devono aver usato degli Incantesimi Silenziatori o qualcosa di simile. Comunque
sono arrivato giusto in tempo, per evitare che lo uccidessero. Ahia, fa un po’
attenzione!».
«Zitto e non fare il bambino» lo rimbeccò
Luna, che nel frattempo gli aveva sollevato la camicia e gli stava medicando il
fianco. «Deve essere stata una brutta Fattura Tagliuzzante. E se non la
disinfetto per bene, c’è il rischio che faccia infezione. Potresti attirarti
contro sciami di Afalee e sarebbe un bel guaio».
Drew corrugò la fronte. «Cosa sono le
Afalee?» chiese a Kitty, sottovoce. La ragazzina alzò le spalle.
«E i Dursley?» domandò Luna. «Dove sono
finiti?»
Sirius non rispose, limitandosi ad abbassare
gli occhi. Fu più che sufficiente per capire. «Mi dispiace" mormorò, rivolta ai
ragazzi.
Calò il silenzio nella vecchia cucina, rotto
soltanto da alcuni occasionali scricchiolii o da un leggero ticchettio
proveniente dal piano di sopra. Alla fine Luna sollevò lo sguardo e osservò la
fasciatura che circondava il bacino di Sirius.
«Ecco fatto» disse. «Dovrebbe andare. Se non
fa infezione guarirà con qualche giorno di riposo. Evita di trasformarti, per
non sformare le bende!»
«Ok, mamma!» rispose l’uomo con un
sorrisetto ironico, mentre si riallacciava la camicia.
«Sentite» intervenne improvvisamente Kitty,
«non vorrei sembrare sgarbata, ma si può sapere che diamine sta succedendo?
Perché i Mangiamorte erano a casa nostra? Che volevano? E dove siamo adesso?
Come facciamo a fidarci di voi? Che cosa…»
«Calmati Kitty» disse Drew. La ragazzina gli
lanciò uno sguardo infuocato. «No che non mi calmo. Sei invischiato anche tu, in
tutta questa faccenda?».
Il ragazzo rimase zitto: che poteva dirle?
Che era tutta colpa sua se i Mangiamorte li avevano attaccati? Che era tutta
colpa sua se non avevano più una casa? Che era tutta colpa sua se Dudley ed
Elizabeth erano morti? Perciò aggirò la domanda della cugina e si rivolse a
Sirius e Luna. «Dove siamo?» domandò.
«In un luogo sicuro» rispose Sirius. «Uno
dei nostri nascondigli. Dell’Ordine, intendo. Siamo in una piccola cittadina
chiamata Little Hangleton. Questa casa era disabitata da una sessantina d’anni
quando l’abbiamo, diciamo, presa in affitto. Sta pure tranquillo che qui non ci
trova nessuno!».
«Perciò, riprese Drew, esitante, «resteremo
qui d’ora in poi?».
L’Animagus rise fragorosamente. «Bontà
divina no!» esclamò. «Siamo solo di passaggio, per stanotte. Domani ci
sposteremo al nostro Quartier Generale, a Londra».
«A Londra?!, ripeté Drew, stupito. «Volete
dirmi che il vostro nascondiglio principale si trova praticamente a un passo dal
Ministero?».
Luna sorrise. «Sai, una caratteristica delle
persone è spesso quella di non vedere ciò che sta proprio sotto il loro
naso».
«Già» continuò Sirius, «anche questa casa ne
è la prova. Qui viveva il padre di Voldemort, Tom Riddle. E a nessuno del
Ministero è mai venuto in mente di venire a dare un’occhiata!». Rise, una risata
simile a un latrato, a vedere le espressioni sulle facce dei ragazzi. Erano
l’immagine stessa della sorpresa!
«Non ci posso credere» biascicò Drew. «Il
padre del Lord!»
«Fammi capire» domandò Sirius, con un
sorrisetto ironico, «sei più stupito dal fatto che questa sia la casa del padre
di Voldemort o dal fatto che Voldemort abbia avuto un padre?!»
Drew lo guardò male. «Ma fa sempre così?»
domandò rivolto a Luna.
«Oh, sì» rispose lei. «Remus dice che non è
capace di fare il serio per più di dieci secondi!». Sirius le fece la
linguaccia, Drew rise. Era strano: cominciava a sentirsi a suo agio in quella
nuova situazione. Dopotutto era quello il suo mondo, quello a cui realmente
apparteneva.
«Sentite» intervenne di nuovo Kitty, «tutto
questo è stupendo, ma resta ancora il fatto che io e Ethan non sappiamo cosa sta
succedendo!»
«Giusto, hai ragione» disse Sirius. «Allora
chi vuole cominciare?»
«È colpa mia» borbottò Drew guardando il
tavolo. Ecco fatto: ora probabilmente mi odieranno.
«Ah, subito con le note dolenti" ridacchiò
Sirius, guadagnandosi uno scappellotto dietro la nuca da parte di
Luna.
«Tua?» ripeté Kitty, stupefatta. «Come può
essere colpa tua, Drew?». Ethan era semplicemente senza parole: fissava il
fratello acquisito come se gli fosse appena spuntata una seconda
testa.
Il giovane Potter annuì. «I Mangiamorte
erano venuti per me».
«Ma…ma perché?» balbettò la ragazzina. «Che
cosa hai fatto? Non sei nemmeno un mago!»
Stavolta Drew rivolse gli occhi a Sirius e
Luna in cerca di aiuto.
«Con i tempi che corrono» disse Sirius, «non
è sempre necessario commettere un delitto per finire nei guai con il nostro
governo. Non è stata colpa tua Drew: hai solo la colpa di essere nato dal padre
sbagliato».
«Sì» ribatté Drew. «Ma se avessi dato retta
a Lupin, invece di mandarlo a quel paese…»
Sirius fece un gesto non curante con la
mano. «Ah, io non do quasi mai retta a Remus. Anzi, lo mando spesso a quel
paese: ormai ci è abituato. Ma non è questo il punto: sai cosa sarebbe successo
se avessi seguito Remus quando vi siete parlati? Tu a quest’ora staresti al
Quartier Generale. E Bellatrix sarebbe comunque andata a Privet Drive e non
trovandoti, ne avrebbe dedotto che i Dursley ti nascondevano da qualche parte,
si sarebbe arrabbiata e li avrebbe spediti tutti ad Azkaban o all’altro mondo.
Compresi i due signorini qui presenti» aggiunse indicando Kitty e Ethan, che
rabbrividirono.
Drew annuì, non del tutto convinto. Checché
ne dicesse Sirius, era sicuro che si sarebbe portato dietro quel senso di colpa
che gli attanagliava il cuore per un bel po’.
«Ma, allora» riprese Kitty, più che
determinata ad avere tutte le risposte che voleva, «tuo padre era
un…»
«Un mago» sì, rispose il ragazzo. «E non un
mago qualsiasi: sembra che mio padre fosse il Prescelto».
Kitty sgranò gli occhi, sbalordita. Invece
Ethan esclamò: «Che forza!».
Tutti, senza eccezioni si girarono verso il
bambino. «Che forza?» quasi strillò la sorella. «Cioè lui se ne esce con "mio
padre era il Prescelto" e tu dici "che forza"?!»
«Beh» si giustificò l’altro, «mi sembra
incredibile che papà fosse imparentato con un mago, per di più il Prescelto:
finora ci ritenevo la famiglia più noiosa nella storia delle famiglie noiose. E
invece, siamo addirittura imparentati con uno dei maghi più famosi della storia.
È davvero una forza!»
Sirius rise fragorosamente. «Lo sai, Ethan,
penso proprio che mi piacerai!». Kitty sbuffò, spazientita. «Sei senza
speranza!». Drew sorrise: era proprio il tipico atteggiamento di Ethan, vedere
il bicchiere mezzo pieno.
«Perciò» continuò Kitty, dopo alcuni minuti
di silenzio, «se tuo padre era un mago, lo sei anche tu, giusto?»
«Immagino di sì». La risposta di Drew uscì
piuttosto esitante: non era ancora sicuro di potersi considerare un mago.
Insomma, d’accordo i suoi genitori lo erano e a rigore avrebbe dovuto esserlo
anche lui, ma di magia non sapeva assolutamente nulla. Non aveva nemmeno la
bacchetta; e anche se l’avesse avuta, non avrebbe saputo che farci, a parte
ficcarla negli occhi della gente. «In realtà, non ne sono sicuro» ammise alla
fine.
«Come sarebbe?, esclamò Sirius indignato.
«Certo che lo sei! Nelle tue vene scorre il sangue d ben due tra le più antiche
famiglie purosangue* della nazione. Ci mancherebbe che fossi uscito
Magonò!»
«Ma io non so un bel niente di magia, sangue
o non sangue!»
ribatté Drew.
«Imparerai, imparerai» fu la pronta risposta
di Black.
«E come? Sono addirittura senza
bacchetta!».
«Una bacchetta te la procuriamo, non temere.
E dopo ti insegneremo anche come usarla. Se buon sangue non mente, non avrai
problemi».
La risposta positivista di Sirius rincuorò
un Drew. «Sul serio pensi sia possibile?» chiese, ancora incerto.
«Assolutamente». L’Animagus cercò con lo
sguardo l’appoggio di Luna, che annuì con fare entusiasta. «Certamente. I nostri
insegnamenti non saranno certo al livello di quelli di Hogwarts, ma comunque il
più completi possibile».
Drew sorrise, contagiato dalla sicurezza dei
due maghi.
«E noi?» chiese Kitty. «Che ne sarà di me e
Ethan?».
Luna e Sirius si scambiarono un’occhiata.
«Domanda interessante, disse Sirius. «Onestamente non ne ho idea. Ovviamente la
vostra presenza qui non era prevista, perciò dovremmo discuterne prima con gli
altri membri dell’Ordine. Vedremo».
Drew provò un lieve senso di panico: e se
avessero deciso di mandarli via? In fondo non erano maghi, erano vulnerabili
agli attacchi dei Mangiamorte. E non voleva perdere quel poco che gli era
rimasto della sua famiglia.
«Vabbé, è inutile parlarne adesso»
intervenne Luna con la sua voce sognante. «Secondo me è meglio se andate a letto
tutti e tre. Avete avuto una giornata lunga e avrete bisogno di
riposare».
Come in risposta all’affermazione della
strega, Ethan sbadigliò.
«Forza» continuò allora risoluta, «vi
accompagno di sopra. E niente storie» aggiunse, vedendo che Drew sembrava pronto
a controbattere. «Domani avremo tutto il tempo per parlare». Si alzò in piedi,
imitata subito dai tre ragazzi, e uscì dalla cucina. Drew e gli atri due la
seguirono, dopo aver fatto un cenno di saluto a Sirius.
Da un enorme sala d’ingresso, Luna scortò i
ragazzi su per una rampa di scale scricchiolanti. Arrivati in cima, Drew
sobbalzò per la sorpresa. Seduta sul ultimo gradino, stava, come se fosse la
cosa più naturale del mondo, una donna. I capelli, di un vivace rosa caramella,
le ricadevano smorti sul volto. Fissava con sguardo perso la base del corrimano,
mentre ne seguiva gli arabeschi con il dito. Non sembrava pericolosa, eppure
Drew sentì che c’era qualcosa di spaventosamente sbagliato in quella donna.
Sensazione che fu confermata quando Luna sospirò pesantemente, chinandosi verso
di lei.
«Dora, disse con voce gentile, «che cosa fai
qui? Dovresti stare a letto. Forza, vieni». Fece per sollevarla, ma l’altra si
ritrasse, scuotendo il capo. «No, no, no!» esclamò con voce eccessivamente
squillante. «Non mi piace quella stanza buia!». I suoi capelli cambiarono
improvvisamente dal rosa al blu notte, mentre continuava a scuotere
violentemente il capo.
Luna sospirò di nuovo. «D’accordo. Stai qui,
io torno subito. Venite, ragazzi» concluse rivolta ai ragazzi, che si
affrettarono a ubbidire. Drew lanciò un’ultima occhiata alla donna: era tornata
a fissare il vuoto.
«Chi è quella?» chiese alla loro
guida.
Luna gli rivolse uno sguardo interrogativo.
«Chi, Dora? È un membro dell’Ordine. Oltre che la moglie di Remus».
Il ragazzo sgranò gli occhi sorpreso: quella
Dora sembrava troppo giovane per essere la moglie di Lupin. Dopo aver pensato
questo, si ricordò che probabilmente Lupin non aveva nemmeno sessanta anni, ma
che li portava semplicemente male.
«Che cosa le è successo? » chiese. Notò che
Luna si era adombrata. «Non è questo il momento buono per parlarne, disse.
«Diciamo che Voldemort non perdona facilmente i tradimenti».
Il tono con cui lo disse fece capire a Drew
che non avrebbe aggiunto altro, perciò tacque. Luna si fermò di fronte a una
porta sul lato destro del corridoio, la spinse e quella si aprì con uno
scricchiolio. Furono introdotti in una grande, quanto polverosa stanza da letto,
con un enorme letto a baldacchino che capeggiava al centro. Luna fece un rapido
movimento con la bacchetta e subito altri due letti comparvero ai lati del
primo.
«Ecco fatto. Per stanotte dovreste essere a
posto. Avete bisogno di altro?» domandò. I tre scossero il capo, così Luna
rivolse loro un sorriso e disse: «Allora, buona notte» e uscì silenziosamente
dalla stanza.
Drew e i due cugini si scambiarono
un’occhiata, dopodiché Ethan si avventò sul letto a baldacchino, facendo
cigolare le molle del materasso. Drew ridacchiò. «Bene. Penso che abbiamo deciso
chi dormirà nel letto più grande». Senza aggiungere altro, lui e Kitty si
diressero rispettivamente verso il letto di sinistra e verso quello di destra.
Dopo essersi seduto, Drew si rivolse ai due cugini, che lo stavano guardando.
«Sentite» esordì, «mi dispiace per tutto quello che è successo stasera. Non
volevo che accadesse».
«Non ti preoccupare, Drew» disse Kitty, con
un sorriso gentile. «Mica è stata colpa tua!».
Il ragazzo sgranò gli occhi, un pochino
sorpreso. «Non ce l’avete con me, quindi?».
«Macché, scherzi?» esclamò Ethan indignato.
«Sei il nostro fratellone. Non potremmo mai avercela con te! E poi, aggiunse
dopo averci pensato un po’, tutta questa storia di maghi, complotti, eccetera è
una vera forza!».
Drew rise: soltanto Ethan poteva dire una
cosa del genere di quella faccenda!
«Grazie ragazzi, disse. «Siete i migliori.
Vi voglio bene».
«Anche noi» fu la risposta.
Dopo questo piccolo chiarimento, Drew sentì
il desiderio di dormire: in fondo era stata sul serio una giornata pesante. Si
infilò sotto le coperte e spense la luce. Dopo circa mezz’ora, in cui si era
girato e rigirato, cercando di prendere sonno, sentì qualcuno accanto a sé che
lo chiamava. Aprì gli occhi, per trovarsi la faccia di Ethan a due metri dalla
propria. «Ehi, campione!» sussurrò. «Che succede?».
«Non riesco a dormire» fu la
risposta.
Drew sospirò: aveva immaginato sarebbe
successo qualcosa del genere. Al buio, tutta quella storia non doveva più
sembrare tanto grandiosa. «Dai» disse, «vieni qui» e si fece da parte, per
permettere al cugino di sistemarsi al suo fianco. «Ora cerca di dormire». Ethan
annuì. Ma poco dopo lo chiamò di nuovo. «Sì, cosa c’è?» chiese il
ragazzo.
«Credi che la mamma e il papà siano volati
in cielo».
Drew sospirò di nuovo, sentendosi più che
mai colpevole. «Ne sono convinto» bisbigliò. «E sono molto orgogliosi di te». Il
ragazzino assentì con il capo, mentre nuove lacrime cominciavano a scendere.
Drew non disse nulla: si limitò ad abbracciarlo, aspettando che si
addormentasse. Quando il respiro del cugino divenne regolare, Drew fece
scivolare via il braccio, cercando una posizione più comoda possibile per
prendere sonno. Per la prima volta in vita sua, era davvero ansioso di scoprire
cosa gli avrebbe riservato il futuro.
Privet Drive,
Little Whinging,
Surrey, Inghilterra.
Lord Sylar fissava con sguardo impassibile
ciò che restava del numero quattro di Privet Drive. Erano state circa le tre del
mattino, quando un terrorizzato impiegato del Ministero era venuto nel suo
ufficio, per dirgli che a Little Whinging c’erano stati dei problemi, che
avevano coinvolto anche i vigili del fuoco. Quell’uomo poteva dirsi fortunato di
essere ancora vivo. Perché per quanto la sua espressione fosse neutra, Sylar
stava letteralmente bollendo di rabbia: non si sarebbe nemmeno stupito se
qualcosa nelle vicinanze fosse esploso. Distolse gli occhi dalle ceneri della
casa per rivolgerlo ai quattro Mangiamorte bruciacchiati che aspettavano,
pazienti e atterriti, la loro punizione.
L’attenzione dell’uomo fu subito per il capo
di quella semplice spedizione. «Bellatrix» chiamò. La Mangiamorte si fece
avanti, mettendosi in ginocchio e tenendo gli occhi bassi. «Mio signore»
mormorò.
«Bellatrix» ripeté Sylar con voce suadente.
«Mia cara, carissima Bellatrix. Posso farti una domanda? Dunque, se non ricordo
male tu stasera sei venuta qui, per catturare il figlio di Harry Potter. Dico
bene?».
«Sì, mio signore» disse Bellatrix in tono
sottomesso.
«Perfetto. E, sempre se ricordo bene, avevi
le precise istruzioni di portarlo al ministero evitando di farti notare.
Giusto?».
«Sì, mio signore».
«Molto bene, continuò, sempre mantenendo
quel tono falsamente gentile. «Se non sbaglio, ti avevo anche ordinato di non
uccidere i Babbani traditori, ma di lasciarli stare. Ricordi cosa ti ho detto,
quando sei venuta nel mio ufficio? »
Bellatrix deglutì. «Avete detto…che ce ne
saremmo occupati in seguito».
«Esattamente, esattamente. Perciò, alla luce
di tutto ciò, vorresti dirmi» e cominciò a urlare, «come cavolo ti è venuto in
mente di incendiare la casa, uccidendo i proprietari, senza per di più catturare
Potter?!».
Tutti indietreggiarono spaventati: era raro
vedere Lord Sylar perdere le staffe in quella maniera. Era noto per mantenere la
calma, anche nelle situazioni peggiori. Non che non si arrabbiasse, tutt’altro:
ma veramente di rado alzava la voce in quella maniera. E in effetti sembrò
pentirsi subito di quell’eccesso, perché tornò subito a un tono di voce più
tranquillo.
«Allora, Bellatrix?» chiese. «Hai qualche
giustificazione per il tuo sconsiderato comportamento?»
«Mio signore» cominciò lei esitante, «è
stato Sirius Black. Lui ha…». La risposta fu interrotta da una dolorosa scarica
mentale. «Non provarci neppure, Bellatrix. Ho già rovistato per bene nella mente
di quegli idioti dei tuoi aiutanti. So perfettamente che Black è intervenuto
DOPO che tu hai appiccato l’incendio».
«Mio signore…» tentò la Mangiamorte, ma fu
nuovamente interrotta. «No, Bellatrix» disse Sylar. «Non ci sono scuse che
tengano. Mi hai profondamente deluso. Dovremmo trovare una punizione che ti
faccia capire la gravità dei tuoi errori. Dunque vediamo, proseguì con tono
meditabondo, cosa potrebbe essere? Ah, sì, ho trovato. CRUCIO».
Bellatrix si accasciò sul marciapiede,
gemendo e urlando dal dolore. Quando, dopo alcuni minuti, Sylar si ritenette
soddisfatto e interruppe la maledizione, la Mangiamorte rimase a terra, con il
fiato grosso e lacrime di dolore agli occhi.
«Portateli via» disse Sylar asciutto,
facendo un cenno a uno dei Mangiamorte che l’avevano accompagnato. Quello si
affrettò a ubbidire: non voleva certo essere il prossimo.
Sylar tornò a fissare i resti del numero
quattro, facendo poi spaziare lo sguardo tutto intorno al quartiere. In diciasette anni, questo posto non è cambiato per niente
si disse, osservando i volti dei vicini curiosi che si affacciavano alle
finestre per vedere cosa stava succedendo. Sbuffò irritato. Non hanno ancora niente di meglio da fare che impicciarsi dei fatti
altrui! Rivolse la sua attenzione ai due sacchi neri dove avevano
raccolto il poco che restava di Dudley ed Elizabeth Dursley. Si avvicinò
lentamente, facendo scappare i due impiegati addetti al compito di portare via i
resti. Ridacchiò divertito a quella scena. Conigli! Si
chinò con eleganza davanti al sacco, la cui etichetta recitava D.V. Dursley. Perché lo hai
fatto Dudley?, domandò silenziosamente alle ceneri, perché? Sapevi quello che ti sarebbe costato ospitare e crescere il
figlio del Prescelto. Eppure lo hai fatto comunque. Sylar scosse
tristemente il capo. Forse ti ho sempre giudicato
male, Dudley. Riposa in pace. Si alzò in piedi,
spolverandosi i pantaloni. Fece un cenno agli impiegati di riprendere il proprio
lavoro, mentre si allontanava. Aveva ancora parecchie cose di cui occuparsi al
Ministero, perciò assegnò il comando delle operazioni a uno dei Mangiamorte e si
Smaterializzò.
*Tanto per chiarezza, parlo dei Weasley e
dei Potter (prima del matrimonio tra Lily e James, anche la famiglia di James
era Purosangue). Questo a scanso di equivoci.
LYRAPOTTER’S CORNER
All’alba delle undici e mezza, ho finalmente
finito di rileggere e ritoccare questo capitolo. Questo lungo capitolo, vorrei
aggiungere. Ma non ho potuto evitarlo: praticamente si è scritto da solo, a
discapito del fatto che è passata una settimana dall’ultimo aggiornamento. Sono
lenta a scrivere, cari lettori, mi dispiace. E il prossimo aggiornamento
probabilmente tirerà per le lunghe: devo ancora cominciare a buttarle giù il
quinto capitolo(anche se ho già in mente cosa succede). Voi aspettate, presto o
tardi arriverò, dovessi metterci cent’anni.
In secondo luogo sarete felici di sapere che
sono già alla mia quarta lezione di guida e non ho spianato nessuno (anche i
pali della luce sono tutti ancora al loro posto). O magari non ve ne importa un
fico secco. Comunque il 28 avrò l’esame di teoria, fatemi gli auguri e
incrociate le dita.
E dopo la mia dose giornaliera di sproloqui,
passo ai ringraziamenti. Pochini in verità, visto che ho ricevuto una sola
recensione. Ho sperato fino all’ultimo che si smovessero le cose, ma
evidentemente non era destino.
Perciò un grandissimo abbraccio a SakiJune, il mio faro in questa notte buia. Per
l’incontro con l’Ordine al completo, dovrai aspettare il prossimo
capitolo.
Grazie anche a coloro che hanno messo questa
storia tra i Preferiti (siamo a quota 10) e ai
tanti, troppo lettori silenziosi. Vi prego fatemi sentire la vostra voce *Lyra
fa occhioni da cerbiatto*.
A presto,
bacibaci!!!!!!
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Capitolo 6 *** L'Ordine della Fenice ***
MAGIC
WARS
CAPITOLO V: L’ORDINE
DELLA FENICE
Casa Riddle
Little Hangleton
Inghilterra
Quando Drew si risvegliò la mattina
successiva, non capì subito perché il solito raggio di sole malandrino non
l’avesse svegliato. Né ricordò perché c’era qualcun’altro nel letto insieme a
lui. Comunque gli fu sufficiente aprire gli occhi e vedere Ethan, ancora
profondamente addormentato, raggomitolato al suo fianco, perché il ricordo della
notte precedente gli cadesse addosso come una doccia fredda. Stiracchiandosi si
tirò a sedere, guardando la lugubre e decrepita stanza in cui aveva dormito.
Solo una prima occhiata gli fu sufficiente per individuare almeno una ventina di
ragnatele e diverse macchie di umidità, che stavano causando la lenta e
inesorabile caduta della carta da parati. Decisamente la
casa ideale per un film dell’orrore. Ci manca solo il passaggio segreto e il
mostro di Frankenstein. Sgattaiolò fuori dalle coperte e quasi inciampò in
una pila di vestiti lasciata ai piedi del letto. Imprecando a mezza voce si
chinò e prese in mano una T-shirt bianca con il disegno di un maiale e la
scritta "Si è ciò che si mangia". Ridacchiando, pensò questo è senza dubbio un regalo di Sirius. Si guardò
intorno e vide che anche alla base degli altri due letti c’erano due mucchi
identici di vestiti. Probabilmente un’idea di Luna per non farli andare in giro
in pigiama. Mentre si vestiva, anche Kitty si sveglio. La ragazzina si guardò
intorno, leggermente smarrita, prima di mormorare: «Allora non era solo un
brutto sogno».
«Temo di no, Kitty» disse Drew. «Lì ci sono
dei vestiti per te».
Al che anche lei si alzò e cominciò a
vestirsi. Il campionario di vestiti comprendeva: per Drew, oltre alla T-shirt,
un paio di jeans scuri e le scarpe da ginnastica; per Kitty invece una maglietta
verde mela, abbinata a una gonna bianca e un paio di ballerine.
«Dici che dovremmo svegliarlo?» domandò
Kitty, indicando il fratellino ancora addormentato.
«Non saprei» rispose Drew. «Se non lo
svegliamo si offenderà a morte perché non lo abbiamo fatto. Se lo svegliamo,
probabilmente si incavolerà come una biscia».
«Prospettive molto allettanti» replicò
Kitty, mentre si specchiava per pettinarsi i lunghi capelli corvini. «Io direi
di svegliarlo» riprese la ragazzina. «Tanto le sue arrabbiature durano
poco».
Drew annuì, così si avvicinò al cugino e lo
scosse dolcemente. «Ethan» chiamò. «È ora di alzarsi».
Per tutta risposta, il ragazzino si ficcò il
cuscino sulla testa, mormorando un laconico «Ancora cinque minuti».
Al che si fece avanti Kitty. «Aspetta»
disse.«Faccio io». E imitando la voce del padre, si mise a gridare: «Ethan
Dursley! In piedi, subito o ti spedisco alla scuola militare! ». Il diretto
interessato saltò fuori come un petardo, dicendo «Signorsì, signore!», tra le
risate di Kitty e Drew.
Mentre Ethan cominciava a vestirsi,
borbottando improperi, Drew, sempre ridacchiando, disse: «Io cominciò ad andare
di sotto. Lo aspetti tu?». Kitty annuì, così Drew si avviò al piano di sotto,
sperando in cuor suo di non incrociare Dora. Il breve incontro della sera prima
era stato anche troppo inquietante. Per il suo sollievo, arrivò in cucina sano e
salvo, trovando Sirius che beveva una tazza di caffè e Luna che si affaccendava
ai fornelli per preparare la colazione. La donna, vedendolo entrare, gli rivolse
un luminoso sorrise, esclamando «Buon giorno! La colazione è quasi pronta.
Intanto siediti».
Drew ubbidì, andando a posizionarsi accanto
a Sirius, facendogli un cenno di saluto, al quale l’Animagus rispose con un
grugnito.
«Non badarci» disse Luna. «È sempre
intrattabile se non beve la sua dose mattutina di caffeina. I tuoi cugini stanno
ancora dormendo?».
«No, no» rispose Drew. «Stanno
arrivando».
La strega annuì, dopodiché gli mise davanti
una tazza e un piatto di frittelle. Dopo aver ringraziato, Drew prese la tazza,
bevendo un lungo sorso di quello che credeva the. Se ne pentì subito. Oh, mio Dio, pensò. Guardò Luna: per fortuna era tornata
ai fornelli. Con attenzione, il ragazzo risputò il sorso nella tazza, con una
faccia schifata. «Che cos’è questa roba? Sa di panni sporchi!» mormorò
all’indirizzo di Sirius, che ridacchiava di gusto. «Quello» rispose «è l’idea di
Luna di the al limone. Perché, non ti piace?».
«Per niente. Perché non mi hai
avvertito?».
«E perdermi la tua faccia? Naaaa, sarebbe
stato uno spreco!».
Drew gli fece un gestaccio, mentre tornava a
guardare perplesso la tazza, per poi lanciare un’occhiata sospettosa alle
frittelle. «Immagino che anche quelle non siano commestibili» disse. «Che cosa
dovrei fare?».
Sirius tirò fuori la bacchetta, puntandola
sui piatti. Le pietanze fumarono leggermente, poi tornarono normali. «Ecco
fatto» assicurò, rinfoderando la bacchetta. «Ora poi mangiare senza
pericolo».
Drew diede un breve sorso prudente al the e
sospirò sollevato: ora sapeva sul serio di the al limone. Cominciò a mangiare di
gusto. Luna gli rivolse un altro sorriso. «Ti piace?» domandò. Drew annuì, non
osando dire qualcosa che potesse tradirlo. La risposta fu più che sufficiente
per la strega, che nel frattempo aveva preparato altri due piatti per Kitty e
Ethan.
La stessa scena si ripeté poco dopo, quando
anche i due Dursley si sedettero per mangiare. Ancora una volta, Sirius venne in
loro soccorso, trasfigurando il cibo.
«Scusa» domandò Drew a Sirius, sempre
sottovoce, «ma perché la lasci cucinare, se sai che non è capace?».
«Per due validi motivi» rispose l’Animagus.
«Primo, io non ne sono assolutamente capace. Secondo, perché lei non lo sa, di
non saper cucinare. Sono circa quattordici anni che uno di noi cerca di
dirglielo».
«E perché non lo fate?» domandò
Kitty.
«Perché cucinare la rende allegra. Più
allegra del solito. E con la vita che facciamo, un sorriso in più è sempre un
sorriso guadagnato. Perciò acqua in bocca: in ogni caso, non ha mai avvelenato
nessuno».
La discussione poteva considerarsi chiusa,
perciò ognuno tornò a mangiare in silenzio. Drew ebbe il vago sospetto che
presto avrebbe rimpianto le squisite e nutrienti colazioni di
Elizabeth.
Luna guardò l’orologio. «Se vogliamo tornare
al Quartier Generale in mattinata, sarà meglio sbrigarsi» disse. «Sirius, se hai
finito potresti andare a prendere Tonks. Di solito a te dà retta».
L’uomo annuì, finendo di bere il caffè.
«Vado e torno», disse, prima di alzarsi e uscire.
Drew seguì Sirius con lo sguardo,
domandandosi di nuovo cosa fosse successo a Tonks di tanto brutto. Tuttavia non
chiese nulla: era più che certo che Luna l’avrebbe liquidato di nuovo una scusa
qualunque. Comunque questo non gli impediva di fare domande su qualcos’altro.
Finalmente poteva sapere tutto quello che voleva sapere sul suo passato, sui
suoi genitori. E non aveva dubbi su ciò che desiderava domandare per prima
cosa.
«Luna» chiese, «conoscevi mia madre?
».
Lo sguardo della donna si riempi di
commozione. «Certo che la conoscevo» rispose. «Ginny Weasley era la mia migliore
amica. Anzi, è stata la mia prima amica. Sai, quando andavo a scuola, la maggior
parte dei miei compagni mi evitava o mi prendeva in giro. Mi chiamavano
"Lunatica". Questo perché credevano fossi strana, anormale. Buffo,
no?».
Drew la guardò un attimo, analizzando quel
poco che aveva appreso di quella donna, non ultimi i suoi vestiti (un paio di
pantaloni verde smeraldo e una camicetta rosso ciliegia) e la collana di quelli
che sembravano tappi di bottiglia che indossava, e giudicò che, se Luna non era
cambiata dai tempi della scuola, non era poi tanto buffo che i suoi compagni la
giudicassero strana. Gli adolescenti sapevano essere davvero crudeli con le
persone diverse dalla norma. L’aveva imparato sulla sua pelle: il non conoscere
le sue origini, per non parlare degli strani (e ora sapeva magici) incidenti che
gli capitavano, gli avevano sempre reso difficile farsi degli amici.
«Comunque» riprese Luna, «Ginny divenne mia
amica. Una cara amica. E dopo di lei, anche tuo padre. È soprattutto grazie a
loro, se oggi sono qui, a combattere. Prima come membro dell’ES e poi
dell’Ordine, appena finii la scuola».
«Scusa» la interruppe Drew, «che cos’è l’ES?
»
«L’ES era una specie di organizzazione
sovversiva» fu la risposta. «La sigla di Esercito di Silente. La creò Harry
quando faceva il quinto anno per contrastare le azioni di una nostra
professoressa. Quando poi il dominio di Voldemort si fece sempre più evidente,
diventò una specie di succursale scolastica dell’Ordine. All’epoca però non lo
guidava più tuo padre».
«Come mai? » domandò Drew.
«È piuttosto complicato, in verità. Ci
metterei troppo a raccontarti tutta la storia. Il succo, comunque, è che Harry
si era ritirato da scuola con un anno d’anticipo, per poter combattere
Voldemort. E noi, io, tua madre e un nostro amico, Neville, prendemmo le redini
dell’ES per far vedere i sorci verdi ai Mangiamorte. Poco dopo, tuttavia, anche
tua madre fu costretta a lasciare la scuola».
«Perché? Se era così impegnata nella
rivolta…»chiese Drew perplesso.
«Per colpa tua, in effetti» rispose Luna.
Vedendo che Drew sembrava ancora più sbalordito, riprese: «Vedi, Ginny non ce lo
disse mai esplicitamente, ma sia io che Neville sapevamo che approfittava di
certe gite fuori dalla scuola per potersi incontrare in segreto con tuo padre.
Non ti occorrerà una sfera magica per capire quello che facevano. Si amavano
tanto, i tuoi genitori. Ricordo che dopo i loro incontri clandestini, Ginny
diventava una fontana. Aveva sempre il terrore di non rivederlo più, capisci.
Ogni volta poteva essere l’ultima. Non era certo una vita facile. Quando rimase
incinta, capimmo subito che non poteva continuare così. Perciò quando tornò a
casa per le vacanze di natale, decise di rimanerci, sotto la protezione
dell’Ordine, almeno fino alla nascita del bambino. In questo modo era al sicuro
e poteva vedere più spesso Harry, che andava a trovarla ogni qualvolta ne aveva
l’opportunità».
«E poi?» chiese Drew. «Cosa andò
storto?».
Luna sospirò pesantemente. «Ginny si
nascondeva a casa dei tuoi nonni, la Tana. E i tuoi nonni erano parte attiva
dell’Ordine. Non so esattamente cosa successe. In quel periodo ero ancora a
scuola…».
«Posso dirtelo io».
Drew sobbalzò: era talmente preso dal
racconto di Luna che non si era nemmeno accorto che Sirius fosse ritornato,
accompagnato da Tonks. La donna, con l’aiuto dell’Animagus, si mise a sedere,
per poi osservare con distaccato interesse i presenti, indugiando in particolare
sui volti nuovi. A disagio, Drew distolse lo sguardo e rivolse la sua attenzione
a Sirius.
«Vedi» cominciò l’uomo, «eravamo in piena
guerra, all’epoca. Il Ministero era caduto nelle mani di Voldemort già da alcuni
mesi, così come Hogwarts. Eravamo rimasti praticamente solo noi dell’Ordine a
opporci. I tuoi nonni, Arthur e Molly, si nascondevano alla Tana, insieme a tua
madre, protetti da ogni sorta di incantesimi di protezione. Resta ancora un
mistero come abbiano fatto i Mangiamorte a superare tutte quelle barriere
difensive: sta il fatto che ci riuscirono. Piombarono loro addosso di sera,
subito dopo cena. Il colmo della sfortuna è che scelsero proprio il momento in
cui in casa c’erano solo Ginny e i tuoi nonni. Tua madre era già a gravidanza
avanzata e non era certo nelle condizioni di Duellare con degli agguerriti
Mangiamorte. So per certo che loro non si aspettavano di trovarsi davanti una
sedicenne incinta: il loro scopo era uccidere quanti più membri dell’Ordine
possibile. Non si può certo dire che abbiano fallito: sia Arthur che Molly
morirono per dare a Ginny il tempo di fuggire e lei stessa, prima di riuscire a
scappare attraverso la Metropolvere, rimase gravemente ferita. Puoi immaginare
il nostro shock, quando ce la trovammo sul pavimento del nostro Quartier
Generale, sanguinante e sconvolta. I due giorni successivi furono tra i peggiori
della mia vita: tua madre era grave e non potevamo nemmeno avere l’assistenza di
un Guaritore degno di questo nome. La curammo come meglio ci fu possibile, ma
non potevamo fare molto, né per lei né per il bambino. Oltretutto non riuscivamo
neppure a metterci in contatto con Harry. Dopo due giorni di assoluta angoscia,
tua madre entrò in travaglio. Immagino sia stato il trauma oppure la forza della
disperazione di tua madre, che non voleva morire portandoti con sé. Ad
assisterla c’eravamo io, Remus, Dora e due dei suoi fratelli. Ti assicuro,
vedere che eri sano e stavi bene ci parve un vero miracolo. Tua madre visse
un’altra ora: il tempo di tenerti in braccio e poterti dare un nome. E, siccome
il destino sa essere particolarmente crudele, poche ore più tardi, tuo padre
tornò al Quartier Generale. E come puoi immaginare non la prese per niente bene.
Non mi diede nemmeno il tempo di dirgli che suo figlio era nato e stava bene. Mi
voltò semplicemente le spalle e corse via sconvolto. Pensavamo che una volta
smaltito parte del dolore, sarebbe tornato. Invece…».
«Invece non si rivide più» concluse Drew per
lui.
«Invece non si rivide più» confermò
Sirius.
Calò il silenzio. Drew fissava il tavolo,
cercando di assorbire tutto quello che Sirius e Luna gli avevano detto. Aveva le
lacrime agli occhi: non avrebbe mai pensato che la storia dei suoi genitori
potesse essere così…tragica. Certo, sapeva che sua madre era morta di parto, ma
mai avrebbe immaginato che li fosse accaduto tutto questo.
«Va bene» disse Luna dopo un po’, rompendo
la tensione. «Direi che è ora di andare. Di certo gli altri ci stanno
aspettando».
Sirius annuì. «A proposito, ci sono state
notizie di Hermione?».
Luna scosse il capo. «No» rispose. «Ma io me
ne sono andata subito dopo di te, perciò nel frattempo sarà tornata. Con i
piani, probabilmente».
«Speriamo».
«Scusate» intervenne Kitty, dando voce anche
alle perplessità di Drew e Ethan, «ma di che state parlando? ».
«Di una nostra compagna» rispose Luna.
«Aveva una faccenda piuttosto importante da sbrigare ieri. Tra poco
probabilmente sapremmo come è andata. Voi avete qualcosa da prendere di sopra?
».
I tre scossero il capo. «Perfetto!» esclamò
Sirius. «Allora possiamo andare».
Si avvio verso il salotto; gli altri lo
imitarono. Drew lo vide prendere un piccolo vaso e guardare il
contenuto.
«Mmmmm» disse, «la Polvere è quasi finita.
La prossima volta che veniamo qui dovremmo portarne un po’».
«Appunto mentale preso» disse Luna, che
teneva Tonks per mano. La donna le trotterellava allegramente dietro, con un
placido sorriso stampato in volto.
Sirius gettò un’abbondante manciata di
Polvere Volante nel camino: subito scoppiarono delle vivaci fiamme smeraldine.
Drew, Ethan e Kitty si ritrassero istintivamente. Sirius rivolse loro un sorriso
rassicurante. «Non preoccupatevi. Questa è Polvere Volante. Immagino che almeno
in teoria ne abbiate sentito parlare…».
«La usate per spostarvi con i camini,
giusto?» chiese Ethan, che senza esitazione si avvicinò al camino,
curioso.
«Esattamente!» esclamò Sirius. «Allora
questo camino è a una sola uscita. In altre parole è collegato solo al camino
del nostro Quartier Generale. Perciò vi sarà sufficiente entrare e lasciarvi
trasportare via. Arriverete senza danni. Allora, chi va per primo?».
«Vado io» disse Luna. «Con Tonks. Così
vedono che non c’è pericolo». Sirius si fece da parte con un inchino. «Apres
vous, mesdames!» esclamò, con un sorriso. Luna roteò gli occhi. «Andiamo, Dora»
disse, dopodiché si avvicinò al camino e con delicatezza spinse dentro la donna,
che scomparve fra le fiamme. Luna la seguì subito.
Sirius sorrise ai tre ragazzi, che fissavano
ancora timorosi il fuoco verde scoppiettante. «Visto? Non è difficile. Chi va
per primo?».
Drew scambiò un’occhiata con i cugini, poi
si fece avanti. «Vado io» disse. «Devo solo entrare, giusto?»
«Giusto» rispose Sirius. «Di certo
dall’altra parte vi staranno aspettando. Ah, meglio se chiudi gli occhi e ti
stringi le braccia al corpo».
Drew annuì, deglutì e si avvicinò con
cautela al camino, incapace di decidersi a saltare dentro. Sirius sbuffò. «Mica
abbiamo tutto il giorno!» esclamò, prima di spingerlo con forza nel camino.
E Drew si ritrovò a vorticare. Solo dopo
alcuni istanti si ricordò di chiudere gli occhi: e fu una vera fortuna per il
suo stomaco, altrimenti avrebbe rischiato di vomitare tutta la colazione. Dopo
quella che gli parve un eternità, atterrò con un sonoro tonfo sul pavimento.
È la seconda volta in meno di ventiquattro ore che atterrò
di faccia. Ancora un po’ e mi ritroverò un naso simile a quello di un
carlino. Si tirò a sedere, massaggiandosi il naso e guardandosi
intorno. Si trovava in un piccolo salotto, ben arredato e in stato decisamente
migliore di quello di casa Riddle.
«Se fossi in te, mi toglierei da lì» disse
improvvisamente qualcuno. Drew sobbalzò girandosi: Remus Lupin era comparso
nella stanza e lo guardava con un sorriso pacato dipinto sul volto. Il ragazzo
annuì, spostandosi a destra. Appena in tempo: subito dopo Ethan venne sputato
fuori dal camino. Il ragazzino saltò subito in piedi, esclamando «Che forza!».
Nel giro di altri due minuti, anche Kitty e Sirius li avevano
raggiunti.
«Ah, casa, dolce casa!» disse Sirius,
alzandosi in piedi e spolverandosi via la cenere dai vestiti.
«Buon giorno, Padfoot!» lo salutò Remus,
avvicinandosi.
«Remus. Buon giorno anche a te!» disse
l’altro, porgendo la mano a Kitty per farla alzare. «Ragazzi, lui è Remus Lupin.
Moony, loro sono Kitty, Ethan e Drew. Ma immagino che voi vi conosciate già,
giusto?".
«In effetti, sì» fu la pacata risposta
dell’altro. «Se non ricordo male, ci siamo salutati con un "vada all’inferno"
».
Drew si guardò i piedi, arrossendo
imbarazzato: non c’era rimprovero nella voce di Remus, solo un leggero
divertimento, tuttavia non poté non sentirsi colpevole per il modo in cui lo
aveva trattato. «Sì, beh» cominciò, impacciato, «mi dispiace, per come l’ho
trattata ieri. Ero solo…».
«Sconvolto» concluse per lui Remus. «Non
preoccuparti, Andrew: consideriamola acqua passata e ricominciamo. E a
proposito, dammi pure del tu. Sono circa diciassette anni che nessuno mi dà più
del lei».
«Io ti batto, Moony» disse Sirius ridendo.
«Credo che l’ultima volta che qualcuno mi ha chiamato signore sia stata nel
lontano 1981 o giù da quelle parti…».
Remus gli scoccò uno sguardo esasperato.
«Rinuncio perfino a rimproverarti. Tanto le parole ti entrano da un orecchio e
ti escono dall’altro. A proposito, Ted vuole dirti due paroline per il modo in
cui te la sei svignata ieri pomeriggio. Era piuttosto alterato…».
«Tu, brutto cagnaccio pulcioso!». L’urlo
iracondo si levò dal corridoio e fu seguito da un uomo, con radi capelli bianchi
e con una leggera pancia.
Drew lanciò un’occhiata al "cagnaccio
pulcioso": per la prima volta sembrava sul serio a disagio, quasi
preoccupato.
«Ted…»lo salutò l’Animagus, con sguardo
vagamente intimidito.
«Non provarci neppure, Sirius» lo interruppe
l’altro. «Non ci sono giustificazioni per il tuo comportamento. Si può sapere
come ti è saltato in mente di prendere e andartene senza dire niente a
nessuno?»
«A mia difesa» tentò Sirius, «posso dire che
se non l’avessi fatto, a quest’ora questi tre sarebbero ridotti a un mucchietto
di cenere…».
«Non interrompermi, sottospecie di meticcio
puzzolente. La mia era una domanda retorica. Non puoi decidere da solo cosa fare
e cosa no: siamo una squadra. Dobbiamo lavorare come una squadra. Eravamo
preoccupati come pochi, quando sei sparito ieri pomeriggio…».
Remus ridacchiò divertito, poi si rivolse a
Drew e i due Dursley, che facevano saettare gli occhi da Ted, che continuava la
sua filippica indisturbato, a Sirius, che di tanto in tanto cercava di
interromperlo per giustificarsi.
«Suggerisco di spostarci in cucina» disse.
«Questi due andranno avanti ancora per un po’» e si avviò, appoggiandosi al
bastone. I tre ragazzi lo seguirono.
«Ma dovremmo preoccuparci?» chiese
Kitty.
«Per quei due?» ribatté Lupin.
«Assolutamente no. Ted è quel genere di persone che urla, urla e non conclude
mai niente. Fidatevi, la peggiore conseguenza che deriverà da questa sfuriata
sarà un brutto mal di gola».
Kitty annuì, non del tutto convinta.
Arrivati in cucina si sedettero: Remus si accomodò di fianco a Tonks, che stava
giocando con dei mattoncini colorati. Dietro di lui, Luna rivolse un sorriso ai
tre ragazzi.
«Ted l’ha trovato?» chiese, sempre
sorridendo e indicando la porta del corridoio, da dove giungevano i soavi toni
dell’uomo. Remus annuì. «E gli sta facendo passare cinque brutti minuti. Come è
andata stanotte?», domandò poi accennando alla donna seduta di fianco a lui.
Drew si era quasi dimenticato che fosse sua moglie: erano decisamente una coppia
stranamente assortita.
«Abbastanza bene» rispose Luna. «Ha avuto
qualche incubo verso le tre di notte, ma niente che una pozione calmante non
potesse gestire. E parlando di pozioni…» aggiunse, porgendogli una boccetta
piena di liquido rossastro. Remus fece una smorfia di disgusto, ma bevve la
pozione senza protestare.
«A cosa serve quella?» chiese Drew,
incuriosito.
Remus gli rivolse un sorriso. «Ho qualche
problema di cuore» rispose. «Mi serve per tenerlo sotto controllo. L’unico
problema è che è disgustosa».
Luna inarcò un sopracciglio. «Parli proprio
tu che devi bere pozioni rivoltanti tutti i mesi praticamente da
sempre».
Subito parve pentirsi di quello che aveva
detto: gettò un’occhiata ai tre ragazzi, poi disse «Ehm, vado a controllare che
Sirius sia ancora vivo» e uscì dalla stanza con un po’ troppa fretta.
Drew la seguì con lo sguardo, perplesso.
«Che intendeva dire? Non dirmi che hai sempre avuto problemi di
cuore…».
Remus sorrise, anche se sembrava a disagio.
«No, quelli ce li ho solo da tre anni. Luna si riferiva a qualcos’altro…».
Esitò, ma prima che potesse aggiungere altro, Luna, Ted e Sirius rientrarono: la
prima con il suo solito sguardo sognante, il secondo con la faccia rossa e il
respiro affannoso, il terzo con l’aria, probabilmente falsamente,
pentita.
«Finita la sfuriata?» domandò Remus,
visibilmente sollevato per essere stato interrotto.
«Solo perché Luna mi ha fermato» fu la
scocciata risposta di Ted.
«Tanto lo sai che è inutile» ribatté la
donna. Ted si limitò a sbuffare, prima di sedersi.
In quel momento entrarono altre due persone:
due uomini, dai capelli rosso fiamma e identici fino all’ultimo dettaglio,
tranne per il fatto che a uno dei due mancavano un paio di dita della mano
destra.
«Ehi, Sirius!» lo salutò allegramente uno
dei due, sbandierando un giornale. «Non sapevamo ti fossi dato all’incendio
doloso. Certo hai fatto un bel lavoretto…».
«Prego?, chiese l’Animagus, perplesso.
«Fred, George, non ho idea di cosa stiate parlando».
«"L’inferno si scatena in un piccolo
sobborgo nel Surrey" » cominciò a leggere quello che teneva il giornale. «E
ancora: "Il noto criminale terrorista Sirius Black ha colpito di nuovo la notte
scorsa. All’incirca alle nove di ieri sera, Black ha assalito una tranquilla e
innocente famiglia di Babbani, a Little Whinging, nel Surrey. Dopo aver
crudelmente torturato i poveri Babbani, non sazio, ha appiccato fuoco alla loro
abitazione. Vani sono stati i pronti soccorsi delle squadre d’emergenza del
Ministero: le vittime, Dudley ed Elizabeth Dursley, con i loro figli Kitty ed
Ethan, sono morti tra le fiamme, mentre Black è riuscito a fuggire di nuovo".
Dobbiamo continuare?».
«No, grazie. Mi sono fatto un idea» li
interruppe Sirius. «Ragazzi» aggiunse, «se non lo avete notato, abbiamo degli
ospiti» e accennò a Kitty, Ethan e Drew seduti in silenzio sulle loro
sedie.
Come era accaduto già con Luna, l’attenzione
dei gemelli fu subito calamitata verso quest’ultimo.
«Tu» disse uno dei due, quello senza dita,
«tu sei senza dubbio un Weasley. Andrew, giusto?».
«Drew» lo corresse quasi automaticamente il
diretto interessato. «Comunque, sì. E voi siete?».
«Fred…» disse quello senza dita. «…E George
Weasley» concluse l’altro.
«Weasley?» ripeté Drew. Perciò siamo
parenti?».
«Affermativo» confermò Fred. «Siamo i tuoi
zii, i fratelli di Ginny, nonché gli ultimi fieri rappresentanti della famiglia
Weasley ancora in vita. A parte te, ovviamente» continuò George. «Ma tu» riprese
Fred, «conti solo a metà, visto che il tuo cognome è Potter».
Drew li guardò un attimo, prima di dire:
«Sapete, questo vostro finire uno le frasi dell’altro mi sta facendo andare al
manicomio».
«Benvenuto nel club» borbottò Sirius.
«Mandano al manicomio tutti»
«Ragazzi» riprese Fred, dopo aver lanciato
un’occhiataccia all’Animagus, «abbiamo delle novità interessanti. George?».
Il gemello gli rivolse un sorriso
smagliante, ma non disse nulla. Remus inarcò un sopracciglio. «Sì?» chiese
educatamente. George ammiccò. «Scusa. Volevo creare un po’ tensione. Comunque,
guardate cosa ci ha portato un Gufo Messaggero» e trasse dal nulla una lucida
cartellina nera. Sul frontespizio faceva bella mostra di sé il Marchio Nero,
simbolo di Voldemort e del Ministero.
Nella stanza calò un silenzio di tomba,
mentre gli occhi di tutti si spostavano sul fascicolo.
«Sono…»cominciò Ted, incredulo.
«I piani dell’Arma, sì. Abbiamo controllato»
confermò Fred. «Però» continuò George, «sono tutti in codice. Ci metteremo un
po’ a decriptarli. Ma ce la faremo».
«Ne sono più che certo» disse Sirius.
«Comunque l’importante per ora è essere riusciti a entrarne in
possesso».
«Scusate se vi interrompo…» intervenne Drew.
Cominciava a sentirsi un pochino noioso, oltre che frustrato: possibile che non
capisse mai di che cavolo parlassero gli altri. «Che sono quelli?».
«Certo, voi non potete sapere…» osservò
Remus, prima di rispondere. «Questi sono i piani segreti dell’ultimo progetto
del Ministero. Loro la chiamano l’Arma. Purtroppo non abbiamo idea di cosa sia:
quello che è certo è che in quelle carte c’è tutta la sua progettazione,
incluso, come speriamo, qualche punto debole».
«Perciò» riprese Drew, «il vostro piano è di
trovare quest’Arma e distruggerla, quando avrete decodificato i
piani?».
«È quello che contiamo di fare» rispose
Sirius.
«E come hanno fatto ad arrivare qui?» chiese
Kitty perplessa.
I membri dell’Ordine si scambiarono
un’occhiata. «Ottima domanda, Kitty» osservò Luna. «Dov’è finita
Hermione?».
Drew finalmente comprese, ricordando quello
che Luna e Sirius gli avevano detto a Little Hangleton su una missione
importante che una loro compagna doveva sbrigare. Quindi
si trattava dei piani di quest’ Arma, pensò.
«Avete detto che sono arrivati con un Gufo
Messaggero?» domandò Sirius ai gemelli, che si limitarono ad annuire. L’Animagus
scosse il capo, visibilmente preoccupato. «Ho un gran brutto presentimento»
disse.
Quasi in risposta alla sua affermazione, la
porta della cucina si aprì di botto, facendo sobbalzare dallo spavento tutti i
presenti. Una ragazza, con lunghi ricci castano chiaro e un giovane dai capelli
neri entrarono nella stanza. Entrambi erano trafelati, sconvolti e indossavano
una veste con il marchio del Ministero cucito sopra. Alla vista di quel simbolo
maledetto, il primo istinto di Drew fu quello di balzare in piedi e attaccare,
ma fu trattenuto da un gesto di Remus.
«Christie, Keith, che cosa succede?» li
accolse Sirius: l’uomo era balzato in piedi e osservava i due giovani
boccheggianti, non con ostilità ma con perplessità e interesse.
«Sono nostre spie all’interno del Ministero»
disse Luna, per informare Drew e i due Dursley, che si rilassarono di nuovo
sulle sedie.
«Abbiamo fatto il prima possibile» disse il
ragazzo, mentre tentava di riprendere fiato.
«Cosa è successo?» domandò nuovamente
Sirius.
I due si scambiarono un’occhiata, dopodiché
Christie mormorò: «Hermione è stata catturata. Si trova nelle celle del
Ministero adesso».
LYRAPOTTER’S CORNER
Ragazzi, sono estremamente orgogliosa di me
stessa. Devo essere stata presa da un raptus improvviso, vista la velocità con
cui ho scritto questo capitolo. Ovviamente spero sia di vostro gradimento.
Purtroppo non potrò cominciare a scrivere il prossimo fino a lunedì: quel giorno
ho l’esame di teoria per la patente, perciò sarò troppo nervosa per
scrivere.
In secondo luogo, sono stata felicissima di
vedere che Luna ha riscosso successo: è uno dei miei personaggi preferiti,
perciò ci tenevo a renderla bene (cosa che secondo me non è facile: Luna è un
personaggio a mio parere molto complesso). Per quanto riguarda Sylar, ho fatto
venire i dubbi a un po’ di gente, ma siccome non voglio rovinare la storia a
nessuno, mi atterrò a una politica "No Comments". La risposta arriverà più
avanti, vi basta continuare a leggere. E per chi non avesse voglia di aspettare,
potete sempre guardarvi la vecchia trilogia di Star Wars (mmm, dovrei farmi
pagare da Lucas per tutta la pubblicità che gli faccio XDXDXD).
Terzo (e stavolta parlo ai commentatori), mi
avete reso la vongola più felice dell’oceano, dico sul serio. Cinque recensioni,
quando le ho lette non mi sembrava nemmeno vero. Nello specifico, grazie
a:
Lily_Snape, Hermione arriva nel prossimo capitolo, mentre Sylar è anche il
cattivo del telefilm "Heroes". Infatti ho preso da lì il nome. Continua a
leggere e a commentare!!!!
vickiN, un
nome nuovo, uao, me entusiasta!!!!!! Sono felice ti piaccia la mia storia, non
ti preoccupare, le risposte arriveranno!!!!!
Deidara, un
altro nome nuovo!!!!!!! Su Sylar, come ho già detto sono in silenzio
stampa!!!!!
SakiJune, mon
amour, che bel commento lungo che mi hai lasciato *Lyra batte la mani
estasiata*. Grazie per i complimenti e non preoccuparti: la storia non
l’abbandono, dovessi metterci cent’anni la porterò fino alla fine (anche perché
di idee in testa ne ho tante!!!). e ti assicuro, ero più che sincera quando ti
ho definita mio faro nella notte.
Ino chan, quando ho letto la tua recensione, ho riso per tre quarti d’ora,
giuro (mia sorella mi ha lanciato un’occhiata del tipo "ma questa è
matta"!!!!!!!!). Dai, non è mica una tragedia, per stavolta ti perdono. Mi
dispiace tanto per Tonks, a breve dirò cosa le è successo.
Ok, io ho finito, ora me ne vado a letto che è tardi. Mi
raccomando, commentate (non smontatemi subito un’altra volta), al prossimo cap,
bacibaci!!!!!!
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Capitolo 7 *** Decisioni importanti ***
MAGIC WARS
CAPITOLO VI: DECISIONI IMPORTANTI
2015
Prigione del Secondo Livello,
Ministero della Magia,
Londra.
Seduta immobile in una buia e quasi
claustrofobica cella di due metri quadri, Hermione Granger aspettava. Aspettava
che la porta di aprisse e qualcuno venisse a comunicarle il suo destino. Non che
ne avesse bisogno: sapeva che la tappa successiva del suo viaggio sarebbe stata
Azkaban e subito dopo il patibolo. Quella era la sorte destinata ai traditori.
Non che le importasse più di tanto di morire: erano due anni che aveva perso
ogni voglia di vivere, da quando aveva perso Ron, il suo amico, il suo compagno,
una delle poche ragione per cui ancora si alzava la mattina. Anche quando ogni
loro sforzo sembrava vano, ogni resistenza inutile, Ron era sempre stato colui
che l’aveva spinta a continuare. La sua morte era stata un colpo orribile, sia
per lei che per l’Ordine, ormai ridotto all’osso. Per settimane non aveva
nemmeno avuto la forza di alzarsi dal letto, ma alla fine ce l’aveva fatta,
aveva stretto i denti ed era tornata alla vita, in parte animata dalla speranza
di poter vendicare l’omicidio di Ron, un giorno. E invece stava per
raggiungerlo, magari perfino per mano dello stesso uomo. Chissà, si disse, magari anche Ron ha aspettato i suoi carcerieri in questo
buco. Sorrise tristemente nella semi oscurità. Almeno aveva portato a
termine il suo compito: i piani dell’Arma di certo erano già nelle mani
dell’Ordine. E presto avrebbero potuto usarli per distruggere quest’ultima
creazione di Voldemort, qualunque essa fosse. Ma lei non ci sarebbe
stata.
Atrium,
Ministero della Magia,
Londra.
Battendo con impazienza il piede, Lord Sylar
aspettava che le porte dell’ascensore si aprissero. Aveva appena finito di
liquidare i giornalisti, che come mosche al miele si erano avventati sulla
storia dell’incendio. Ovviamente avevano intuito che sotto c’era qualcosa di
grosso: il Ministero non avrebbe certo inviato Bellatrix Lestrange fino nel
Surrey per l’ennesimo attacco terroristico di un folle. Per il momento Sylar
aveva posto veto su qualunque domanda al riguardo: sapeva comunque che la vera
notizia, l’esistenza di un erede del Prescelto, non avrebbe tardato a trapelare.
I giornalisti erano bestie infide: persone del calibro di Rita Skeeter (tuttora
in attività, malgrado i ripetuti tentativi del Ministero di metterla al bando)
non avrebbero smesso di scavare finché non avessero trovato quello che
cercavano, ovvero tutto quello che avrebbe potuto rivelarsi utile per uno scoop.
E un Potter ancora in vita era senza dubbio pane per i loro denti. Sylar sbuffò.
Dovremo batterli sul tempo, si disse. Dare la notizia, prima che la
scoprano da soli. Non possiamo mantenere il segreto in ogni caso: tanto vale
mettere insieme una storia che possa tirare acqua la nostro mulino.
Le porte dell’ascensore finalmente si
aprirono: Sylar entrò, premendo il pulsante che portava al secondo livello.
Tutti nel piccolo spazio gli rivolsero un educato e a tratti spaventato cenno di
saluto, che l’uomo ignorò. Aveva troppe cose di cui occuparsi, per preoccuparsi
anche dei subalterni. Oltre tutto la maggior parte di loro era più che felice di
essere ignorata: voleva dire che non avevano fatto nulla di male.
Con un din, le porte dell’ascensore si
aprirono e una fredda voce femminile annunciò: "Secondo livello: Ufficio
Applicazione Della Legge Sulla Magia". Sylar uscì e a passo svelto si avviò
lungo il corridoio. Lo percorse per buona parte, cambiando diverse volte
direzione, fino ad arrivare alla Zona delle Celle. Un tempo quella parte del
livello era occupata dal Dipartimento Auror. Dopo lo smantellamento di
quest’ultimo, l’area era stata convertita in una zona della massima sicurezza
dove detenere i criminali in attesa di essere interrogati o puniti. Sylar si
avvicinò al custode del corridoio e rudemente gli chiese: «Qual è la cella di
Hermione Granger?».
«La numero dieci, signore. Tenete la chiave»
e gliela porse. Sylar la prese e si allontanò senza aggiungere altro. Arrivato
davanti alla porta con inciso sopra il numero dieci, infilò la chiave, facendola
girare tre volte. La porta si aprì con un lieve scricchiolio e l’uomo entrò,
richiudendosela alle spalle. Attese un paio di secondi perché i suoi occhi si
adattassero alla penombra, dopodiché rivolse la sua attenzione alla prigioniera.
Al vederlo entrare, Hermione era scattata in
piedi, mentre dentro si sentiva ribollire di odio puro.
«Lord Sylar» lo salutò con tono
canzonatorio. «Sono davvero onorata della vostra presenza: non credevo di essere
così importante da meritarmi una vostra visita!».
«Buon giorno, signorina Granger» rispose
l’altro, tranquillo. «Mi auguro stiate gradendo la nostra
ospitalità».
Hermione gli rivolse uno sguardo di fuoco,
prima di ribattere. «Ho visto di meglio. E in ogni caso, io sono Hermione
Weasley, non Granger».
Sylar la guardò, vagamente irritato. «Per
me, lei si chiama ancora Hermione Granger, dato che il suo matrimonio con Ronald
Weasley non è mai stato riconosciuto dallo stato…».
Furiosa, Hermione fece per avventarglisi
contro. «Non osare dire il suo nome, sporco assassino!».
Sylar la respinse indietro con un semplice
movimento di bacchetta. «Attenta signorina Granger» la minacciò. «Non abusi
della mia pazienza».
Hermione lo ignorò mentre si rialzava in
piedi, massaggiandosi il fianco lì dove era stata colpita. «Che cosa vuoi da
me?» gli chiese.
«Farle un’offerta» fu la sorprendente
risposta.
«E sarebbe?».
«Mi dica quello che sai e le farò ottenere
la libertà. Risponda alle mie domande e potrà andarsene oggi stesso».
Hermione lo guardò stranita un istante.
«Domande? Sull’Ordine, presumo. E se rispondo, tu mi lasceresti andare? Certo è
una proposta allettante: dimmi quali sarebbero queste domande?».
«Niente di complesso» rispose Sylar. «Dove
vi nascondete? Quanti siete di preciso? Chi sono le vostre spie? Cose
così».
«Beh» osservò Hermione, avvicinandosi a lui,
«certo potrei anche farlo. Tradire vilmente i miei compagni per salvarmi la
pelle. C’è soltanto un piccolissimo problema in questo quadro».
«Cioè?». I due erano ormai vicinissimi:
potevano addirittura sfiorarsi. «Io non sono una viscida voltagabbana» gli alitò
in faccia Hermione. «E non sono interessata alla tua pietà. Non ne hai mostrata,
quando hai ucciso un uomo debole e disarmato. Perciò puoi prendere la tua
offerta, infilarti la tua lingua biforcuta tra i denti e sparire!». Detto
questo, gli sputò in faccia, prima di allontanarsi.
Sylar l'afferrò per il gomito,
costringendola a voltarsi. «Ronald Weasley si scelse il suo fato. Sappi che non
provo il benché minimo rimorso per averlo ucciso. Era solo un traditore porta
guai».
Hermione si divincolò dalla presa. «Non
credo che tu possa provare rimorso» gli disse. «Non sono nemmeno sicura che tu
sia umano. Ora vattene: questa conversazione è assurda e completamente inutile.
Non ti dirò nulla di quello che vuoi sapere».
Sylar sorrise, serafico. «Ero più che certo
che sarebbe stato inutile. Pazienza, troverò altri modi per ottenere ciò che
voglio…»
«La tortura non mi spaventa, Sylar» ribatté
la donna. «Né qualunque altra cosa tu vorrai farmi. Non puoi più ferirmi in
alcun modo ormai».
«Ne è così certa, signorina Granger?»
domandò placidamente il Mangiamorte. «Non si è chiesta perché abbia aspettato
così tanto prima di venire da lei?».
Hermione non ribatté, spiazzata. Non si
aspettava una domanda del genere. Ma effettivamente aveva ragione: cosa poteva
esserci di tanto urgente da lasciarla macerare in una cella per quasi
ventiquattro ore, prima di venire a interrogarla? A meno che…In un lampo
ricordò che il giorno precedente anche un altro membro dell’Ordine aveva una
missione importante da compiere. Andrew.
«Molto acuta come sempre, signorina Granger»
disse Sylar.
«Fuori dalla mia testa, maledetto!»esclamò
Hermione, schermandosi la mente contro l’improvvisa intrusione.
«Comunque, ha visto giusto. Abbiamo fatto
una visita non programmata a Little Whinging poche ore fa. È stato, direi, molto
interessante».
Hermione lo fulminò con un'altra occhiata.
«Che cosa hai fatto?» mormorò.
«Io?» ribatté Sylar. «Veramente proprio
nulla. È stata Bellatrix a portare a termine il lavoro».
«Portare a termine?» ripeté la donna, mentre
un orribile sospetto si faceva strada dentro di lei.
Sylar annuì. «Sono desolato di informarla,
signorina Granger, che i vostri sforzi sono stati vani. Il figlio di Harry
Potter è morto».
Hermione boccheggiò, mentre le ginocchia le
cedevano e cadeva a terra. Non è possibile, non è possibile…
«Temo» riprese Sylar, «che invece sia
possibile. Bene, vorrà stare da sola con i suoi pensieri, immagino. Arrivederci,
signorina Granger ». Esitò, prima di andarsene e aggiunse: «Ha visto? Un modo
per ferirla esiste ancora». E con un sorrisetto malvagio dipinto in volto si
girò e uscì.
Hermione sentì la serratura della porta
scattare e poco dopo la voce del Mangiamorte dire al guardiano: «Tenetela a
digiuno un paio di giorni, dopodiché manda a chiamare uno degli addetti agli
interrogatori. Vedremo se è così forte come dice».
Inutile, è stato tutto inutile. Tutti questi
anni passati a nasconderlo, aspettando il momento giusto: tutto inutile!
"Dobbiamo proteggerlo, per Harry, per
Ginny". Questo le aveva detto Ron la sera che l’avevano portato dai Dursley. E
lei aveva risposto: "Lo faremo, Ron: te lo prometto". Le lacrime cominciarono a
scivolarle lungo le guance. Mi dispiace, Ron: ho fallito.
Quartier Generale
Dell’Ordine delle Fenice,
Londra.
Purtroppo Hermione non poteva sapere che
Sylar le aveva mentito e che, in realtà, Drew Potter sedeva sano e salvo nella
cucina del Quartier Generale dell’Ordine, al sicuro.
«Hermione è stata catturata. Si trova nelle
celle del Ministero adesso».
«Che cosa?!» esclamò Sirius, balzando in
piedi.
«Hermione catturata?» ripeté Luna,
incredula.
«Maledizione!» imprecarono Fred e George in
coro.
«Ragazzi!». La voce pacata di Remus riportò
il silenzio. «Ne siete certi?» domandò poi a Christie e Keith.
I due giovani annuirono. «Ne sta parlando
praticamente tutto il Ministero» disse Keith. «I pezzi grossi sono esaltati come
pochi».
«Sapete dove la tengono?» chiese Ted,
cercando di rimanere calmo.
Stavolta ci fu un doppio cenno di diniego.
«Certamente al secondo livello: vorranno interrogarla» disse però Christie. «Ma
non sappiamo dove con certezza, visto che non lavoriamo lì».
«Porco Merlino!». L’imprecazione di Sirius
diede voce più o meno ai pensieri di tutti i presenti.
«E adesso che facciamo?» chiese Luna: il
sorriso le era morto sulle labbra, per lasciare il posto a un’espressione
funerea.
«Innanzitutto cerchiamo di mantenere la
calma» disse Remus, dopo alcuni secondi di esitazione. «In secondo luogo, prima
di tutto dobbiamo scoprire di preciso dove si trova: magari c’è un modo per
tirarla fuori…».
«Per piacere, Remus!» esclamò Sirius. «Non
prendiamoci in giro. Ci saranno come minimo un trilione di sentinelle e
altrettanti incantesimi anti-intrusi, intorno alla sua cella. Figurati se Sylar
e Voldemort si lasceranno sfuggire quest’occasione di fare una bella figura.
L’unico modo per tirarla fuori di lì sarà condurla al patibolo!».
Nessuno disse nulla: sapevano che Sirius
aveva ragione, per quanto fosse brutto da accettare. Hermione era perduta: per
loro l’entrata del Ministero equivaleva a un buco nero. Tutto entrava, ma nulla
poteva uscire.
«E allora?» chiese di nuovo Luna, incapace
di accettare la realtà. «Significa che non faremo nulla? Che lasceremo al suo
destino? Non è giusto!».
«Luna» disse Ted, «lo so che non è giusto,
ma non possiamo fare niente. Se proviamo a entrare al Ministero per farla
evadere, otterremo solo di andare a farle compagnia».
«Questo è un vero schifo!» esclamò la donna,
prima di sedersi e prendersi il volto tra le mani.
«Concordo con Luna» disse Fred. «Siamo
sicuri di non poter fare niente?» gli fece eco George, facendo saettare lo
sguardo a tutti i membri.
«Temo che Sirius e Ted abbiano ragione» disse Keith alla
fine. «Ho sentito Dolohov dire che
intensificheranno le misure di sicurezza in tutta la Zona delle Celle. Neanche
noi che lavoriamo al Ministero potremo accedere a quell’area senza un permesso
speciale ».
Nessuno aggiunse altro: la questione poteva dirsi chiusa,
anche se nessuno era soddisfatto della decisione presa.
«Almeno avete preso i piani dell’Arma?» chiese
Christie.
I gemelli annuirono, mostrando la cartelletta nera. La
ragazza si limitò a fare un cenno d’assenso.
«Cambiando argomento…» intervenne nuovamente Keith,
rivolgendosi a Sirius. «Che diavolo hai combinato nel Surrey? Quando sono
arrivato, l’Atrium era invaso di giornalisti. E la vecchia befana sembrava
piuttosto pesta, quando l’ho intravista…».
Sirius ridacchiò. «Per quello che riguarda la mia cara
cuginetta, mi sono limitato a difendermi: credo che le abbia prese da Sylar più
che da me. E dal giovanotto qui presente» aggiunse accennando a Ethan, che si
strinse nelle spalle.
Sia Christie che Keith fissarono prima il ragazzino, per
poi passare a Drew e Kitty: nella fretta e nell’angoscia del loro arrivo non li
avevano nemmeno notati.
«Io vi conosco» disse Christie, soffermandosi in
particolare sui due Dursley. «C’era la vostra foto sulla Gazzetta stamattina:
dicevano che eravate morti nell’incendio. E lui chi sarebbe?» concluse indicando
Drew.
«Lui»rispose Sirius, «è il motivo per cui ieri io, Remus e
Bella abbiamo trascinato i nostri sederi fino nel Surrey. E il motivo per cui
Bellatrix ha dato fuoco al numero quattro d Privet Drive. Questo è Drew Potter,
per servirvi».
I due impiegati del Ministero sgranarono gli occhi.
«Potter?» ripeté Keith, incredulo. «Il figlio di quel Potter?».
«A quanto sembra» disse Drew. Cominciava a sentirsi
davvero a disagio: il suo cognome era peggio di un proclama con tanto di
trombe.
«Per mille gargoyles galoppanti» esclamò Christie. «I
giornalisti ci sguazzeranno come pesci in un acquario quando verrà
fuori».
«Il che sarà molto presto, temo» disse Remus. «Il
Ministero non può certo sperare di tenere il segreto a lungo».
A quelle parole, Drew trattenne a stento l’impulso di
battere la testa contro il tavolo: sarebbe stata quella la sua vita d’ora in
poi? Tutta sguardi, occhiate e bocche spalancate, con il Ministero perennemente
alle costole? Tutto perché mio padre era il
Prescelto…Ma che razza di giustizia è questa?
«Beh» disse Ted, «non possiamo fare nulla per evitarlo,
purtroppo. Anche in questo caso, abbiamo le mani legate. È già una fortuna che
Drew sia qui, sano e salvo».
«E adesso?, chiese Drew. «Che cosa faremo
adesso?".
I membri dell’Ordine si scambiarono un’occhiata. «Resterai
qui» disse Remus. «Per te è senza dubbio il luogo più sicuro. E inoltre potrai
imparare la magia».
A nessuno dei tre ragazzi sfuggì che l’uomo aveva usato il
singolare. «E io e Ethan?» domandò prontamente Kitty. «Noi che dovremmo fare.
Ufficialmente siamo morti».
«Beh» disse Fred, «una soluzione ci sarebbe.
Fleur».
«Chi?» chiesero in coro i tre.
«Fleur è nostra cognata» rispose George. «Dopo la morte di
suo marito (nostro fratello, Bill) è tornata in Francia, dalla sua famiglia».
«Però» riprese Fred, «ci teniamo ancora in contatto: di certo sarebbe felice di
aiutarci. Basterebbe procurarvi dei documenti falsi e predisporre una
Passaporta».
«È un’idea» osservò Sirius. «In questo modo il problema
sarebbe risolto».
«Posso mandarle un Patronus anche subito» disse uno dei
gemelli. Stava già estraendo la bacchetta, quando Kitty esclamò, indignata:
«Francia? Cioè, volete mandarci fino in Francia? Non se ne parla
nemmeno!».
«Cosa?» chiese Ted, spiazzato, come tutti nella stanza del
resto. Anche Drew era stupito: per quanto non gli piacesse che i suoi cugini se
ne andassero, l’idea che restassero lì, proprio al centro del ciclone, gli
piaceva ancora di meno.
«Sì» riprese Kitty. «Io in Francia non ci vado nemmeno
morta. Ma per cosa mi avete preso? Per un pacco postale, che potete spostare qua
e là a vostro piacimento? Penso si parlare anche a nome di mio fratello se dico
che senza Drew non andremo da nessuna parte!».
«Assolutamente» le fece eco Ethan, per poi rivolgersi
direttamente al fratello acquisito: «Drew, non voglio perdere anche
te!».
Colpito e affondato, pensò
Drew. Neanche lui voleva perderli, ma non voleva nemmeno metterli in pericolo:
già due persone erano morte per colpa sua. «Ragazzi, è la soluzione migliore…»
tentò, cercando di convincere anche sé stesso.
Kitty e Ethan lo guardarono come se lo vedessero per la
prima volta. «Me ne infischio!» esclamò Kitty, arrabbiata. «Io non me ne vado,
né in Francia, né da nessun’altra parte. Se proprio ci tenete, dovrete
legarmi!».
«Anche me!» aggiunse Ethan risoluto. I due Dursley erano
balzati in piedi e fronteggiavano i membri dell’Ordine, che li guardavano
allibiti.
«Ragazzi…» provò di nuovo Drew, anche se sapeva che
sarebbe stato inutile.
Infatti Kitty lo interruppe subito. «Niente scuse, Drew:
se resti, restiamo anche noi. E questo è quanto!».
Remus sospirò. «Vi rendete conto del rischio che correte,
vero? Noi siamo costantemente in pericolo: se i Mangiamorte
attaccassero…»
«Ce la caveremo» lo interruppe Kitty. «E se dovessimo
cambiare idea, la Francia non andrà da nessuna parte».
Ted scosse il capo. «Non è una buona idea». Siccome
nessuno aggiunse altro, l’argomento fu dato per concluso e Kitty e Ethan si
risedettero, soddisfatti.
«Noi dobbiamo andare» intervenne Keith, guardando
l’orologio. «Non vorrei notassero la nostra assenza".
Christie annuì. «Vi faremo sapere, se succede
qualcos’altro". Dopodiché i due si alzarono e uscirono.
Anche Luna si alzò in piedi, guardando l’orologio. «È
quasi ora di pranzo» disse. «Volete qualcosa i particolare?».
«Qualunque cosa andrà bene, Luna» le rispose Sirius. A
nessuno era sfuggito che la ragazza non aveva più parlato durante la riunione,
né che non sorrideva: di certo, come tutti, non aveva ancora digerito la
faccenda di Hermione.
Nel silenzio quasi più totale (rotto soltanto da Tonks,
che per tutto il tempo aveva continuato imperterrita a giocherellare), Luna si
mise ai fornelli e cominciò a cucinare.
Drew guardò dispiaciuto la donna. Poteva capirla: doveva
sembrarle una specie di tradimento abbandonare un’amica in quel modo. Possibile che non ci sia proprio nulla da fare?, si
chiese. Ma in fondo se non conoscono loro il modo d’agire
del Ministero…non sarebbero arrivati a questa decisione se c’era un
alternativa.
Per spezzare la tensione, intervennero di nuovo i gemelli,
rivolgendosi direttamente al nipote.
«Senti, Drew, che ne dici se ti facciamo fare un giro
della casa?»
«Ovviamente potete venire anche vi due» aggiunse l’altro
indicando i Dursley. «In fondo questa diventerà anche casa vostra».
«Sì, d’accordo!» rispose Drew: tutto pur di allontanarsi
da quell’atmosfera pesante.
Il gruppetto, capitanato da Fred e George, si avviò fuori
dalla cucina.
«Signore e signori» cominciò Fred assumendo un tono da
guida turistica, «la premiata ditta Weasley&Weasley è orgogliosa di
presentare "Il Super Mega Tour del Quartier Generale dell’Ordine della Fenice"
».
«Prego» continuò George, «rimanete insieme al gruppo, non
toccate gli oggetti esposti e niente foto con il flash. Grazie!».
Ripresero a camminare lungo il corridoio, fino ad arrivare
nel salotto. «Alla vostra sinistra» riprese Fred, «potete ammirare il magnifico
salotto, arredato in stile tardo Lovegood, con un aggiunta di stile Granger e
Tonks».
«Di fronte a noi, il grande caminetto, con il suo
immancabile vasetto di Polvere Volante: un’ottima via di fuga e un eccellente
mezzo di riscaldamento. E davanti ad esso il magnifico divano giallo limone,
decorato con superbe macchie scure non meglio identificabili: Quartier Generale
dell’Ordine della Fenice può inoltre vantare il divano dai cuscini più morbidi
della Gran Bretagna, l’ideale per una seratina romantica accanto al fuoco.
Purtroppo non capitano molte occasione simili».
«Sulla sinistra della stanza, osservate le magnifiche
finestre adornate da tende viola pervinca, da cui si gode una magnifica vista su
Chalmers Road, Londra».
Mentre i gemelli continuavano la loro entusiastica
descrizione, neanche stessero cercando di vendere la casa, Drew gironzolò qua e
là per il salotto. Ad attirare la sua attenzione erano state soprattutto alcune
foto appoggiate sopra al caminetto e "allo straordinario armadietto in legno di
quercia con pregiatissimi intagli", come lo aveva appena definito George. Prese
in mano il primo portafoto, che ritraeva un folto gruppo di persone, quasi tutte
con i capelli rossi. Pur avendo intuito chi fossero, Drew domandò: «Chi sono
questi?».
I gemelli si voltarono verso di lui e guardarono la
fotografia che teneva in mano. Entrambi sorrisero.
«Questa è la nostra famiglia. L’intero clan Weasley al
completo» rispose George.
«Questi» continuò Fred indicando la coppia al centro,
«sono i nostri genitori Arthur e Molly. Questo è Bill, con sua moglie Fleur. Poi
Charlie e Percy. Questi ovviamente siamo noi due. Ron, con Hermione, la sua
fidanzata. E gli ultimi due sono i tuoi genitori: questa è Ginny e lì,
abbracciato a lei, Harry».
Drew concentrò la sua attenzione sugli ultimi due: in
fondo era la prima volta in vita sua che vedeva un’immagine dei suoi genitori.
Notò subito che Dudley aveva ragione: lui e suo padre non si somigliavano per
niente, se escludevi gli occhi e i capelli perennemente spettinati. Anche
paragonandosi con gli altri personaggi della foto, si capiva subito che lui era
un Weasley fatto e finito. Guardò di nuovo sua madre e suo padre abbracciati:
sembravano l’immagine stessa della felicità. Lui era raggiante, lei
semplicemente radiosa: sembrava quasi emanare luce tanto doveva essere
felice.
«Quando l’avete scattata?» chiese, con un groppo in
gola.
«Dunque» rispose George, con espressione concentrata, «se
non ricordo male, quello è stato l’ultimo natale tutti insieme, perciò sul
finire del ’97».
Subito dopo che mia madre aveva scoperto di essere
incinta si disse Drew. Alla luce di questo gli
sembrò ancora più chiaro perché i suoi sembrassero tanto felici. «È davvero
bella» commentò, prima di riappoggiare la foto al suo posto. Si era
improvvisamente ricordato una cosa che gli avevano detto i gemelli, quando si
erano conosciuti poco prima. "Gli ultimi fieri rappresentanti della famiglia
Weasley ancora in vita". Il che significava che tutte le altre persone in quella
foto erano morte. Passò alle foto successive, riconoscendoci senza difficoltà
rappresentati della famiglia Weasley che lo salutavano, sorridendo.
Infine si avvicinò all’armadietto di quercia, su cui
capeggiavano due cornici. Prendendo la prima, Drew non riuscì a riconoscere
nessuno, tranne Sirius e Remus in prima fila e i Weasley sparsi qua e
là.
«E questi?» chiese.
«L’Ordine della Fenice all’inizio del ’97. Prima che
Voldemort prendesse il Ministero».
Seguì una lista di nomi, ciascuno abbinato a una di quelle
persone, intrappolate per sempre dentro una foto: Alastor "Malocchio" Moody,
morto in un’imboscata dei Mangiamorte portandosene dietro otto dei dieci che
l’avevano attaccato; Kingsley Shacklebolt, catturato e imprigionato ad Azkaban,
per finire Baciato da un Dissenatore poco dopo; Sirius, uguale e identico al
presente; Remus e Tonks, abbracciati (Drew faticò un poco a credere che quella
giovane sorridente fosse la stessa donna che ora stava in cucina); Rubeus
Hagrid, ucciso in un attacco dei giganti; Severus Piton, il Mangiamorte pentito,
ucciso ad Azkaban da Voldemort stesso; Albus Silente, il capo dell’Ordine, che
morì pochi mesi dopo ad Hogwarts; Minerva Mcgranitt, crudelmente eliminata per
aver difeso con le unghie e con i denti Hogwarts e tutto ciò che rappresentava;
e poi tutti i Weasley, catturati o presi in imboscate o durante qualche missione
per l’Ordine nel corso degli anni.
Drew aveva ascoltato quella lista di tragedie con gli
occhi spalancati.
«Il Ministero, o meglio Voldemort, non perdona nessuno»
concluse Fred con sguardo triste.
«Che cosa hai fatto alla mano?» chiese Drew, indicando
l’arto senza dita.
«Una maledizione Sectumsempra mi sfiorò di striscio circa
cinque anni fa. Me le trancio di netto…».
Drew annuì: si sentì un incredibile vuoto nello stomaco
guardando quella foto e tutte quelle persone, morte per quello in cui credevano.
Per distrarsi rivolse la sua attenzione alla seconda
cornice: stavolta riconobbe subito Remus e Tonks. Tra di loro sedeva una bambina
di circa sei anni.
«Chi è la bambina? » chiese. I gemelli sembrarono
improvvisamente a disagio. «È la figlia, Allison».
«Remus e Tonks hanno una figlia?» ripeté Drew, incredulo.
«E dov’è?».
Fred e George evitarono il suo sguardo. «Non è qui» disse
Fred. «E ora riprendiamo il tour, forza!» concluse George. I gemelli si
allontanarono, riprendendo a tessere le lodi della stanza.
Drew li seguì perplesso: perché tutte le volte che faceva
una domanda sul passato dei Lupin si finiva sempre con spostare il discorso a
qualcos’altro. Era successo con Remus il giorno prima, con Luna e ora con Fred e
George. Cosa poteva essere successo di tanto brutto?
La visita della casa proseguì al piano superiore, per
concludersi alla fine nella stanza dei gemelli.
«E con questo si conclude il nostro giro. Proseguire a
destra per trovare l’uscita e il negozio di souvenir, grazie!».
«Dove dormiremo noi?» chiese Kitty a quel
punto.
«Ci sono ancora un paio di stanze libere» disse Fred. «In
fondo al corridoio. Probabilmente dovrete stare tutti e tre insieme, ma non
preoccupatevi: non vi lasciamo sul pavimento» concluse George,
sghignazzando.
«Un’ultima cosa» disse poi Fred. Abbiamo un regalo per te»
e indicò Drew.
«Per me?» ripeté Drew perplesso.
«Beh, sì. In fondo ieri era il tuo compleanno, no?.
George?».
Il gemello annuì, si voltò e cominciò a frugare dentro
l’armadio. Drew lo sentì borbottare qualcosa del tipo "Eppure era qui, da
qualche parte…". Alla fine il ragazzo riemerse: tra le mani stringeva un lungo
astuccio.
«Che cos’è?» chiese Drew incuriosito, prendendo la
scatoletta che lo zio gli stava porgendo.
«Apri» fu la semplice risposta. Il ragazzo ubbidì e si
trovò davanti una lunga, splendente bacchetta. Drew spalancò la bocca, sorpreso.
«Come…?» iniziò a chiedere, ma Fred lo interruppe. «Questa» disse, «era la
bacchetta di Ginny».
«Pensiamo sia giusto che d’ora in avanti la usi tu, visto
che non puoi averne una tua, per il momento» concluse George.
«Ragazzi, il pranzo è pronto». La voce di Luna risuonò dal
piano di sotto.
«Evviva si mangia!» esclamarono i gemelli. Si avviarono di
sotto, con i Dursley alle costole.
Drew esitò un istante prima di seguirlo. Con mano
tremante, strinse il pugno contro il legno liscio. La bacchetta di sua madre.
No, ora era la sua bacchetta. E le avrebbe fatto onore.
LYRAPOTTER’S CORNER
Evviva sono riuscita a finirlo. E dire che avevo paura
venisse troppo corto: alla fine mi sono dilungata ed è quasi successo il
contrario. Pazienza, più roba da leggere per voi: ci tenevo a far finire il
capitolo con Drew che riceve la bacchetta. Probabilmente leggendo della strage
che ho appena compiuto, mi detesterete tutti. Mi detesto da sola, ho silurato
tanti personaggi che adoro, ma ho dovuto essere pratica: in pochi contro
un’intera nazione non si può mica fare miracoli. Spero vivamente non me ne
vorrete troppo. In secondo luogo, mi sono appena resa conto di aver sbagliato i
conti per la data di ambientazione, perciò ad inizio di capitolo ho corretto il
tiro: siamo nel 2015, non nel 2016 (scusate, ma io e la matematica viviamo su
due mondi diversi!!!!).
Poi, ho passato l’esame di teoria della patente,
perciò sono a meta strada per diventare un pericolo pubblico (non agitatevi,
l’esame di guida è ancora lontano un paio di anni luce).
Ed ora i tanto sentiti ringraziamenti. Grazie
a:
Ino chan, una
fan di Star Wars, uao, Lyra è molto felice di leggerlo!!!!! Povero Harry,
davvero!!!!!!!
vickyN, quello
che è capitato a Dora si saprà nel prossimo capitolo o al massimo in quello
dopo….
Deidara, grazie
per gli auguri e probabilmente hai ragione, ho detto troppo.
Pazienza!!!!!
SakiJune, andiamo, sei po’ cattiva, povera Hermione!!!!! Non preoccuparti,
niente infarti per Remus nel suo prossimo futuro (credo *Lyra si liscia con
noncuranza il forcone e le corna da diavoletto*). Per quanto riguarda Dora, non
posso dirti dove, come, quando e perché, ma posso anticiparti che prima della
fine della storia si riprenderà. Non aspettarti una cosa in tempi brevi,
comunque, ci sarà da aspettare!!!!!!
Lily_Snape, eccoti servita. In effetti sì, purtroppo ne muoiono tanti.
Per concludere, un piccolo spazio pubblicità: se vi
interessa, ho pubblicato una one-shot su Remus e Tonks, dai toni decisamente più
allegri. Se vi va dateci un’occhiata.
Alla prossima,
bacibaci!!!!!!!
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Capitolo 8 *** Lezioni, segreti e un cane bavoso ***
MAGIC WARS
CAPITOLO VII: LEZIONI, SEGRETI E UN CANE
BAVOSO
Quartier Generale
Dell’Ordine della Fenice,
Londra.
«Avanti, concentrati!».
Drew sbuffò, fissando con odio il vaso che
in teoria avrebbe dovuto far levitare e che invece non voleva saperne di
muoversi.
«Cosa pensi abbia fatto negli ultimi
quarantacinque minuti?» chiese.
Remus lo guardò con un luccichio divertito
negli occhi. «Cosa credevi? Che bastasse una bacchetta a far di te un mago?
Occorrono pazienza e molto allenamento per imparare a padroneggiare la magia. E
questo implicherà molti noiosi pomeriggi a litigare con un vaso.
Forza!».
Drew annuì, riprendendo a concentrarsi.
Puntò la bacchetta verso il soprammobile e disse: «Wingardium
Leviosa».
Il vaso per tutta risposta rimase bello
immobile sul tavolino. Drew non si sarebbe stupito più di tanto se gli avesse
fatto un pernacchia!.
«È tutto inutile» borbottò. «Forse sono
uscito Magonò sul serio!».
«Ma va là!» esclamò Remus, avvicinandosi.
«Sbagli solo il movimento del polso. È tutta questione di tecnica. Guarda.
Wingardium Leviosa» e accompagnò le ultime parole con un delicato ma deciso
movimento del polso. Il vaso si sollevò di una decina di centimetri, dopodiché
Remus lo fece riatterrare.
«Pare facile» bofonchiò Drew. «Quel coso mi
odia!». Suonava infantile e stupido perfino alle sue stesse orecchie. Quasi si
aspettava che il suo insegnante lo cacciasse a calci. Invece Remus gli lanciò un
altro sorriso. «Certo!» affermò ironico. «È sicuramente quello il problema. Dai,
ci siamo passati tutti: basta un po’ di allenamento. Riprova. E ti avviso,
staremo qui finché tu e il "coso" non avrete fatto pace, perciò meglio che ti
metti d’impegno».
«Dittatore» mormorò Drew, prima di tornare a
prestare la sua attenzione al vaso e all’incantesimo di Levitazione. D’accordo, si disse, concentrati
Drew. Se possono farlo ragazzini di undici
anni, puoi farlo anche tu. Focalizza la tua attenzione e poi…agitare e colpire!
«Wingardium Leviosa!». E, con sua gioia e sorpresa, il vaso si levò a
mezz’aria. Con attenzione, lo pilotò con la bacchetta e lo fece riadagiare sulla
mensola di fronte a lui.
«Molto bene!» si complimentò Remus, con un
sorriso che gli andava da un orecchio all’altro. «Davvero molto bene! Visto, non
era così difficile».
«Già, è vero» confermò Drew, sentendosi
orgoglioso. Non era un granché, ma era pur sempre la sua prima magia.
«Bene: adesso riprova. Voglio essere sicuro
che non sia stato un caso».
E non lo era: dopo il vaso, Drew fece
Levitare anche un libro, una lampada, un cuscino e i portafoto sopra al
caminetto.
«Perfetto» disse Remus. «Direi che
l’incantesimo di Levitazione l’hai imparato. Prossimo passo: incantesimo di
Ingozzamento e incantesimo di Riduzione».
«Tiro a indovinare: servono a ingrandire e
ridurre gli oggetti?» chiese Drew,
«Uhm, sei perspicace. Comunque sì: questi
due incantesimi modificano le dimensioni degli oggetti o delle persone.
Comunque, per il momento ci limiteremo a questa» e tirò fuori dal mantello una
pallina da tennis, appoggiandola di fronte a Drew.
«Da quale cominciamo? ».
«Ingozzamento. La formula è "Engorgio".
Capito?».
«Engorgio» ripeté Drew.
«Afferrato».
«Ok, allora prova».
Furono necessarie quasi due ore e molti
tentativi a vuoto perché Drew arrivasse a padroneggiare anche questi due
incantesimi.
«Direi che per oggi é sufficiente» disse
alla fine Remus, dopo che Drew ebbe riportato senza incidenti la pallina alle
sue dimensioni originarie.
«D’accordo» rispose Drew. «Allora posso
andare?».
«Un’ultima cosa» lo trattenne Remus. L’uomo
gli porse un libro. «Questo è un manuale di incantesimi» disse allo sguardo
interrogativo di Drew. «Studiatelo. Prima consolidi le basi meglio sarà per
tutti».
Il ragazzo annuì. «Grazie, Remus». Prese il
libro e corse di sopra. Arrivato nella sua stanza, si chiuse la porta alle
spalle, gettandosi sul letto.
«Come è andata?» gli chiese Ethan. Il
ragazzino era seduto sul pavimento, intento a fare un puzzle.
«Meglio di ieri» disse Drew, strisciando
verso il fondo del letto in modo da vedere il cugino. «Ho imparato tre
incantesimi».
Gli occhi del piccolo Dursley si accesero di
curiosità. «Davvero? Quali? Posso vedere? Ti pregooooo!».
Drew ridacchiò davanti a quel torrente di
parole. «Calmati, campione. Comunque, ho imparato l’incantesimo di Levitazione,
quello di Ingozzamento e quello di Riduzione».
«Fammi vedere, fammi vedere!» lo incalzò
eccitato Ethan.
Drew esitò un attimo: era sicuro? Magari
rischiava di fare qualche guaio. In fondo non era certo di saper padroneggiare
quegli incantesimi al cento per cento. Meglio non rischiare.
«Un’altra volta» disse perciò. «Dov’è
Kitty?» chiese poi, per sviare il discorso.
«Si sta facendo una doccia. Approfittava del
fatto che non c’era nessuno in bagno. Sai, non penso si trovi tanto bene
qui…».
Drew guardò il cuginetto perplesso. «Cosa te
lo fa pensare?» chiese.
Ethan si strinse nelle spalle. «Non so: è
solo una sensazione. Tutta questa storia di magia…sai come la pensa al
riguardo».
Drew annuì. «Già. Forse le ci vuole solo un
po’ di tempo per abituarsi».
«Probabilmente» confermò Ethan.
In quel momento i due si interruppero: la
porta si era aperta e l’oggetto della loro conversazione era entrata.
«Ehi, ragazzi» salutò. «Di che
parlavate?».
«Delle mie lezioni» fu lesto a rispondere
Drew. «Oggi ho imparato qualche incantesimo».
Kitty annuì con un sorriso. «Bene. Sono
contenta per te».
Drew ricambiò il sorriso della cugina,
chiedendosi se dopo tutto Ethan non avesse ragione.
Remus entrò zoppicando in cucina, lanciando
una rapida occhiata alla moglie, seduta sul pavimento, persa nel suo mondo, per
poi accomodarsi di fronte a Sirius. L’Animagus gli rivolse un sorriso. «Allora?
Come è andata la lezione?».
Anche Remus si lasciò andare a un sorriso.
«Più che bene. Non ho mai visto una persona più portata per la
magia».
«Buon sangue non mente» osservò Sirius.
«Anche Harry in fondo è stato un mago molto potente. E James prima di
lui».
«Già. È un vero peccato che non abbia potuto
avere un’istruzione come si deve. A Hogwarts avrebbe fatto
scintille».
«È molto probabile. Vuoi una tazza di the,
Moony?» gli chiese, alzandosi.
«Sì, grazie. Comunque, se procediamo a
questo ritmo, tra un paio di settimane, potrebbe cominciare a studiare
incantesimi da Duello. A quel punto però sarebbe meglio subentrassi anche tu.
Nelle mie condizioni, non posso permettermi di farmi sbatacchiare più di
tanto…».
«Nessun problema, Remus. Ma sei sicuro di
poterti fidare e affidarlo alle mie abili manine? ».
Remus lo guardò con un ghigno, mentre
prendeva la tazza che l’amico gli porgeva. «Non troppo» disse. «Senza offesa, ma
l’insegnamento non fa proprio per te. Ma come Duellante, qua dentro sei senza
dubbio il migliore".
«Grazie, mon ami. Farò il possibile per non
ucciderlo al primo scontro».
«Sarebbe pure il colmo» osservò Remus.
«Ammazzarlo con le tue mani, dopo tutti gli anni passati a proteggerlo e
nasconderlo…».
I due compagni risero. «Tornando a questioni
serie…» riprese Sirius, quando si fu calmato. «Quando conti di dirglielo? Del
tuo problema peloso, intendo».
Remus si irrigidì, come sempre quando si
toccava l’argomento. «Non lo so» rispose alla fine, guardando il
tavolo.
«Presto o tardi dovrai farlo» osservò
tranquillamente l’altro.
«Pensi che non lo sappia? Ho solo paura
della sua reazione: è cresciuto nella convinzione che quelli come me siano
mostri assetati di sangue. Non voglio spaventarlo…».
«Non bendarti la testa prima di essertela
rotta» lo rimproverò l’amico. «Magari la prenderà bene. Ha già avuto modo di
conoscerti come persona. E non sembra il tipo che si ferma alle apparenze:
potrebbe anche non importargliene niente».
«Di che parlate?». Entrambi sobbalzarono,
mentre Drew entrava nella stanza. «Dalla vostra reazione, di me,
credo».
«No, no» si affrettò a negare Remus. «Non
parlavamo di te. Ci hai solo colti alla sprovvista. Vuoi qualcosa?».
«Solo sapere se c’era qualcosa di
commestibile» rispose il ragazzo. «Ethan sta facendo la terza guerra mondiale di
sopra».
«Aspetta» disse Sirius alzandosi. Senza
farsi vedere da Drew lanciò un’eloquente occhiata a Remus, sillabando la parola
"diglielo". L’uomo sbuffò. Avanti, Remus: via il dente via il dolore.
«Drew, puoi venire qui un attimo: devo dirti
una cosa».
«Oh, oh…che cosa ho fatto?» chiese l’altro
con un sorriso mentre si sedeva.
«Coda di paglia, eh?» ribatté Remus,
inarcando un sopraciglio. «Comunque, non hai fatto niente. Si tratta di
me…».
«Di te?», ripeté Drew. «Non
capisco».
Remus sbuffò, cercando le parole giuste. Nel
frattempo, ascoltava lo sproloquio di Sirius, immerso nella ricerca di qualcosa
da mangiare. «Dunque, vediamo, qui si sono dei biscotti…no, sono scaduti il mese
scorso. Delle barrette al cioccolato, no, sono qui da almeno tre mesi: ormai
avranno fatto la muffa. Un barattolo di sottaceti: ma chi li mangia? E questo
cos’è? Ah no, sono i croccantini del gatto…».
«Avete un gatto?» lo interruppe Drew. «Sono
qui già da due giorni e non ho ancora visto nessuno gatto».
«Ah, no?» domandò Sirius, girandosi verso di
lui. «Strano: di solito gira sempre qui intorno. Sentirà la mancanza della
padrona». Davanti allo sguardo interrogativo di Drew, aggiunse: «Il gatto di
Hermione, Grattastinchi. Ma Remus doveva dirti qualcosa: avanti parlate» e tornò
a frugare nella dispensa.
«Allora…» riprese Remus, esitante. «Ricordi
l’altro giorno, quando Luna ha detto quella cosa delle pozioni…».
«Che le devi prendere praticamente da
sempre?» chiese Drew. «Sì».
«Beh, non ti ho più detto a cosa si
riferiva». Remus prese un respiro profondo, prima di aggiungere: «Luna parlava
della pozione Antilupo».
«Pozione Antilupo?» ripeté Drew perplesso.
«Ma quella non è per i…».
A quel punto comprese dove l’altro volesse
andare a parare. Infatti Remus si limitò ad annuire e confermò il suo sospetto.
«Sono un lupo mannaro». Dopodiché tacque, studiando la reazione del ragazzo.
Drew gli rivolse uno sguardo a metà tra il sorpreso e il terrorizzato. «Guarda
cosa ho trovato: penso che per il piccolo squalo andranno bene». L’intervento di
Sirius, riemerso provvidenzialmente dalla sua ricerca con un sacchetto di
patatine, fu utile a spezzare la tensione. L’Animagus fece saettare gli occhi da
Drew che continuava a fissare Remus senza sapere cosa dire all’amico in attesa
di vedere come si sarebbe evoluta la situazione.
Ma prima che potesse dire o fare
qualcos’altro, la porta si aprì e Keith e Christie fecero il loro ingresso.
Quest’ultima stringeva tra le mani una copia arrotolata della Gazzetta del
Profeta. «Buon giorno» salutarono i due.
«Ciao, ragazzi», ricambiò Sirius. «Cosa ci
comunicate di bello oggi?».
«Di bello» rispose Keith, «nulla. Ma
qualcosa di interessante c’è. Christie?».
La ragazza annuì porgendo all’Animagus il
giornale. In prima pagina capeggiava una foto di Drew, e sotto queste
parole:
HARRY POTTER HA AVUTO UN FIGLIO
In una conferenza stampa shock tenutasi ieri
sera, il vice del Ministro, Lord Sylar, ha annunciato che Harry Potter, meglio
noto come il Prescelto, ha avuto un figlio prima di morire, diciassette anni fa.
Il ragazzo, Andrew Potter, sarebbe vissuto per tutti questi anni a Little
Whinging, nel Surrey, accudito dal cugino del padre, Dudley Dursley. Sembra
anche che Potter sia direttamente coinvolto nell’incendio che due giorni fa ha
ucciso l’intera famiglia Dursley e finora attribuito al noto criminale Sirius
Black. Il Ministero ha anche annunciato che per chiunque consegni il ragazzo o
possa dare informazioni utili sul suo attuale nascondiglio ci sarà un premio in
denaro. (continua a pagina 4).
«Bene» osservò Sirius, richiudendo il
quotidiano. «Adesso la notizia è ufficiale».
In salotto, sotto la supervisione di Sirius,
Drew si stava esercitando con gli incantesimi di Appello. Erano trascorsi tre
giorni dalla confessione di Remus, tre giorni durante i quali lui e il
licantropo non si erano quasi rivolti la parola. Non che fosse tutta colpa sua:
aveva il vago sospetto che Remus volesse evitarlo. Aveva sperato di poterci
parlare durante la lezione di Incantesimi, ma quando il giorno prima era sceso
in salotto, si era trovato davanti Sirius. La scena si era ripetuta praticamente
identica i due giorni successivi. A Drew dispiaceva: cominciava ad affezionarsi
a Remus, ma alla luce di quello che aveva scoperto non sapeva più come
regolarsi. E quel zuccone non gli rendeva certo le cose più facili.
«Sirius» chiese al suo insegnante, «Remus ce
l’ha con me?».
L’uomo lo guardò sorpreso. «È perché ti sta
evitando, vero?». Drew annuì.
«No, non ce l’ha con te. Più che altro ha
paura».
«Paura?» ripeté Drew, stupito. «E di
cosa?».
«Della tua reazione, immagino. Conosco
Remus: siamo amici da più di quarant’anni. Teme un tuo possibile rifiuto, il tuo
disprezzo o la tua paura che dir si voglia. È sempre stato così: colpa di una
società che non sa guardare oltre il suo naso».
«Ma io non voglio disprezzarlo» si difese
Drew, scandalizzato. «Avevo solo bisogno di un po’ di tempo, per assimilare il
tutto. Non lo considero un mostro».
Sirius lo guardò, con un sorriso stupito e
un po’ orgoglioso. «Purtroppo non esistono molte persone come te a questo
mondo».
«Il mondo è stupido» osservò Drew con un
moto di stizza.
«È molto probabile: ma non possiamo farci
nulla».
Drew annuì, tornando poi a guardare il
portafoto che avrebbe dovuto Appellare. «Accio!» esclamò. Con fare ubbidiente,
l’oggetto volò nella sua mano. «Ehi, ce l’ho fatta».
«Complimenti» si congratulò Sirius. «Stai
facendo passi da gigante, lo sai? Non sono in molti i maghi che sarebbero in
grado di Appellare con successo qualcosa dopo una settimana scarsa di
allenamento».
Drew sorrise, orgoglioso di sé stesso. Poi
guardò la foto che teneva in mano: senza volerlo aveva attirato quella di Remus
e Tonks con la figlia. Sembravano così felici: i due coniugi esibivano un
sorriso a trentadue denti. La curiosità ebbe la meglio su di lui e lo spinse a
chiedere: «Sirius, posso farti una domanda? Solo prometti di rispondere e non
sviare l’argomento come hanno fatto gli altri. Cosa è successo a Dora? E alla
bambina, Allison mi pare?».
Quasi si aspettava che anche lui evitasse in
qualche modo di rispondere. Invece l’Animagus sospirò, prendendogli di mano il
portafoto. Guardò per un attimo l’immagine, prima di riappoggiarla al su posto
sopra l’armadietto.
«Sì, la bambina si chiama Allison. Ally.
Dovrebbe avere circa diciannove anni, ormai».
«Dove si trova?» chiese Drew.
«Non lo so» fu la laconica risposta.
«Nessuno di noi lo sa, nemmeno Remus. Vedi» continuò, mentre si sedeva sul
divano e faceva cenno al ragazzo di fare altrettanto, «quando nacque Ally,
eravamo ancora in piena guerra. Ma finché potemmo contare sull’aiuto del
Ministero le cose andarono abbastanza bene. Ma il Ministero cadde e Voldemort
prese il potere. E ci ritrovammo a dover lottare contro un’intera nazione. A
doverci nascondere da un’intera nazione. Così, Remus e Tonks affidarono la
bambina, all’epoca aveva poco più di due anni, alla madre di lei, Andromeda. Lei
era una Black, come me, e il nostro nome contava ancora qualcosa davanti
all’autorità, malgrado avesse sposato un Sanguesporco. Riuscì a ottenere il
perdono delle sue colpe, con un finto divorzio e la promessa di non entrare più
in contatto con i suoi famigliari. In questo modo poté garantire a Ally
un’infanzia normale e un posto ad Hogwarts. Per salvare le apparenze le cambiò
perfino il cognome, da Lupin a Black. Ovviamente non mantenne la seconda parte
del patto: appena Remus e Dora ne avevano l’opportunità correvano a
riabbracciare la figlia. Quella foto fu scattata per il suo sesto compleanno, se
non vado errato».
«E poi?» chiese Drew. «Cosa è
successo?».
«Beh, con due genitori del genere, Ally non
poteva certo diventare una ragazzina come le altre. Fin da quando entrò a
scuola, fece di tutto per mettere i bastoni tra le ruote a insegnanti e
Mangiamorte. Spesso la scampò per un soffio. Sua nonna e i suoi genitori le
dicevano si smettere, che si sarebbe cacciata nei guai, ma lei era una testa
dura. Al quinto anno, con un gruppo di amici, cercò di riportare in auge l’ES. E
per certi versi ci riuscì, perché la sua attività sovversiva andò avanti per
oltre un anno. Finché, poco dopo l’inizio del sesto anno, non ne combinò una
troppo grossa. Disse pubblicamente tutto quello che pensava di Voldemort e del
suo governo e umiliò il preside con uno scherzo che avrebbe fatto venire i
capelli bianchi perfino a Fred e George. E il preside, stufo marcio delle sue
bravate, prima la espulse, poi la spedì dritta al Ministero, che mise in giro la
voce che sarebbe stata giustiziata. Ti lascio immaginare cosa è successo
dopo…».
«Remus e Tonks sono corsi in suo
aiuto».
Sirius annuì. «Si consegnarono in cambio
della vita della figlia. Puoi immaginarti le facce dei Mangiamorte: due membri
dell’Ordine in cambio della vita di una ragazzina inutile. Probabilmente
pensarono che il natale era arrivato con due mesi di anticipo: accettarono senza
pensarci due volte. Liberarono Ally e buttarono Remus e Tonks in pasto ai
Dissenatori, ad Azkaban. Andromeda cercò di intervenire per ottenere anche il
loro rilascio, ma Bellatrix colse la palla la balzo per dimostrare che era una
traditrice e la uccise. Non so cosa li abbiano fatto là dentro, probabilmente li
torturarono sperando di ricavare informazioni utili per incastrare il resto
dell’Ordine. Non so se conosci gli effetti che una Maledizione Cruciatus può
avere sul corpo e la mente di una persona…al di là del dolore,
ovviamente».
«Tonks è ridotta così per colpa della
Cruciatus?» lo interruppe Drew, mentre un brivido involontario gli percorreva la
spina dorsale.
Sirius annuì. «Quella e con tutta
probabilità anche cose peggiori. Gli addetti agli interrogatori del Ministero
non ci vanno mai leggeri: per loro ottenere informazioni è solo il secondo fine.
Il primo è vedere quanto le loro vittime resistono prima di perdere il
senno».
«E loro, quanto hanno resistito?» chiese
Drew con voce incrinata.
«Quasi tre settimane. Dopodiché scoprimmo
che stavano trasferendo Dora al San Mungo e con una mossa a sorpresa riuscimmo a
salvarla e a riportarla qui. Nello stato in cui si trova tuttora. Per i danni
che ha subito non esistono cure, e anche se esistessero, noi non possiamo
offrirgliele».
«E Remus?».
«Remus rimase nelle mani dei suoi aguzzini
per altri cinque giorni. Non ho mai capito dove trovò la forza di ribellarsi,
forse per merito della luna piena imminente. Comunque mise fuori gioco il
torturatore di turno, gli rubò la bacchetta e si Smaterializzò qui. Quando lo
trovammo era più morto che vivo e la trasformazione di due giorni dopo non aiutò
di certo. Comunque alla fine riuscì a spuntarla e cominciò a riprendersi, anche
se con danni non indifferenti: la sua gamba destra è quasi completamente
immobilizzata e il suo cuore è talmente indebolito che deve dipendere da quelle
pozioni se non vuole rischiare l’infarto. Il plenilunio poi è diventato un vero
e proprio calvario. Tuttavia le sue capacità mentali sono rimaste pressoché
intatte: e a essere sincero non so se sia un bene o un male. Per lui, vedere
Tonks in quelle condizioni è peggio di qualunque dolore fisico».
Drew annuì. «Immagino. Ma Ally? Dopo essere
stata rilasciata, non è tornata qui?».
«No, non l’ha fatto. È fuggita,
probabilmente divorata dai sensi di colpa per il disastro che aveva combinato.
Non si è più fatta vedere: l’ultima sua traccia fu una lettera che spedì a Remus
qualche settimana dopo il suo rilascio. Poi più nulla: per quel che ne sappiamo
potrebbe essere morta».
Calò il silenzio. Drew rimase a fissare il
vuoto davanti a sé per un tempo che non seppe ben definire. Si sentiva male
quasi fisicamente per quello che Sirius gli aveva appena raccontato. Voldemort distrugge tutto quello che tocca. Una famiglia
felice distrutta per un semplice gesto di ribellione. Ed è
solo la punta dell’iceberg: quanti altri Remus, quante Dora ci sono là fuori?
Perché la gente non fa niente per fermare questa follia?.
Sirius gli lanciò un’occhiata preoccupata.
«Drew? Tutto bene? Forse era meglio se non ti raccontavo questa
storia…».
«No, Sirius» lo interruppe il ragazzo, «sto
bene. Stavo solo pensando, perché nessuno, a parte noi, cerca di fermare
Voldemort?».
«Per paura, essenzialmente. Hanno tutti il
terrore che se provano ad alzare la testa, Voldemort ucciderà loro e le loro
famiglie. Non capiscono che questa non è una vera vita: vivere all’ombra di un
pazzo visionario sperando di non trovarselo un giorno davanti alla porta…».
Sirius scosse il capo, arrabbiato e frustrato.
«Ho capito» disse Drew. «Scusami, vado a
parlare un attimo con Remus».
Si alzò e corse al piano di sopra, facendo
gli scalini due a due, fino ad arrivare alla stanza del licantropo. Bussò,
aspettando la risposta. Poco dopo, la porta di aprì e Remus comparve sulla
soglia. «Drew!» esclamò sorpreso. «È successo qualcosa?».
Il ragazzo scosse il capo. «No, non è
successo niente. Volevo solo dirti che non mi importa se sei un lupo mannaro.
Non è mica colpa tua: sarebbe come odiare qualcuno perché ha i capelli biondi o
che so io…».
Remus gli sorrise, sorpreso e anche un po’
sollevato. «Grazie Drew. Significa molto per me, sul serio».
«Prego. Ah, volevo anche chiederti se per
favore potresti tornare tu a farmi da insegnante. Sirius è simpatico e tutto ma
non ha molta pazienza…".
«Dì pure che non ne ha per niente. Comunque
sì, sarò più che felice di riprendere le nostre lezioni».
«Bene. Allora vado a dire a Sirius che è
stato rimpiazzato».
«Usa molto garbo» lo avvertì Remus.
«Potrebbe prenderla male».
Drew rise. «Sì, sarà sicuramente disperato!»
e si allontanò, riscendendo lo scale.
Come prevedibile, Sirius fece una scena
madre degna delle migliori attrici teatrali, anche se era più che evidente che
era felice di lasciare il posto a una persona ben più portata di lui
all’insegnamento. Comunque, per le risate di Drew, andò avanti finché Luna non
comparve dalla cucina per interromperlo.
«Ma vuoi piantarla, regina del melodramma?»
lo rimproverò la donna. «Sei peggio di una prima donna!».
«Prima donna a chi?» la aggredì Sirius. Un
sorrisetto malvagio gli increspò le labbra. «Adesso pagherai per questo
affronto, Lovegood!».
Detto questo si trasformò in cane e saltò
letteralmente addosso alla donna, che aveva invano tentato di
scappare.
«Giù, giù, a cuccia, cane pulcioso!" disse
la donna, cercando di spingere via l’animale che le stava allegramente sbavando
su tutta la faccia, per il divertimento di Drew, che ormai si teneva la pancia
dal troppo ridere.
Remus comparve in quel momento dalla cima
delle scale, con una luce a metà tra il divertito e l’esasperato sul volto.
«Sirius Orion Black! È mai possibile che non ti posso lasciare da solo tre
secondi, che già tu combina qualche disastro. A cuccia forza!».
Il diretto interessato gli rivolse
un’occhiata interrogativa, seguita da un ghigno maligno (per quanto i cani
possano ghignare ovviamente), dopodiché con studiata lentezza si avvicinò al
licantropo. L’uomo capì le sue intenzioni e indietreggiò. «Ah, no. Non ci
provare…».
Troppo tardi: Sirius spiccò un altro salto,
atterrando a sacco di patate addosso a Remus e facendo capitombolare a terra
entrambi. Per un attimo, Drew temette che si fosse fatto male, finché non sentì
Remus ridere e sbuffare sotto il peso dell’Animagus. «Sirius, maledizione mi
stai schiacciando. Levati di dosso, cane rognoso!».
«Aspetta, ti aiuto» intervenne Luna. «Drew,
dacci una mano!».
«D’accordo, devo prendere il guinzaglio o
qualcosa del genere?».
«Non sarebbe una cattiva idea di
procurarcene uno» osservò Luna. «Avanti Sirius, a cuccia!» e cercò di
strattonare via il cane, tirandolo per la collottola. L’unico risultato che
ottenne fu di guadagnarsi un’altra leccata.
Quando cinque minuti dopo, comparvero i
gemelli, si trovarono davanti una scena decisamente comica: Sirius che
saltellava in giro per il salotto, inseguito da Remus, Luna e Drew, coperti di
bava da capo a piedi.
«Accidenti!» esclamò Fred. «Ci siamo persi
lo spettacolo!».
«Non potevate chiamarci?» gli fece eco
George.
«Andate a quel paese!» inveì Luna, gettando
verso di loro un’occhiata scocciata.
«Sirius, maledizione! Mi ha quasi cacciato
la lingua in gola!».
Tutti si girarono: Remus era stato
nuovamente atterrato e spinto sul divano, mentre Sirius, nuovamente umano, gli
si era comodamente seduto sopra. La scena era talmente esilarante che nessuno
riuscì a trattenersi dal ridere.
«Se tieni sempre la bocca aperta, mica è
colpa mia!» si difese l’Animagus.
«Non sapevamo di questa vostra tresca
amorosa!», disse Fred con le lacrime agli occhi dal ridere. «Da quant’è che va
avanti?» chiese George. «Siete davvero adorabili» aggiunse, portandosi una mano
sul cuore in gesto in commozione. Le battute non fecero che far crescere
l’ilarità della situazione.
«D’accordo», disse Remus alla fine, «la
sceneggiata è finito. Levati di dosso! Mi stai spaccando in due!».
Stavolta Sirius si lasciò spingere via e
andò a sedersi sulla poltrona. «Ora che la mia vendetta è stata compiuta,
tornate pure alle vostre faccende!».
Luna borbottò qualcosa che suonava molto
come "pagliaccio" mentre si riavviava in cucina, seguita da Fred e
George.
«Cavolo Sirius!», esclamò Drew, sedendosi
sul divano a fianco di Remus. «Mi sembra di avere bava di cane perfino nelle
orecchie!».
«Tu ti sei lasciato coinvolgere» osservò
Sirius con noncuranza. «Io mi sono difeso».
«Avresti bisogno di una balia ventiquattro
ore su ventiquattro, Padfoot» gli disse con stizza Remus.
«Grazie, Moony. Ti voglio bene anch’io!» gli
rispose Sirius ridendo.
«Da dove li avete presi questi soprannomi?»
chiese Drew.
«Non ti abbiamo ancora raccontato la storia
dei Malandrini?», domandò Sirius in risposta. Per mille cavoletti di Bruxelles,
allora dobbiamo rimediare subito!».
Drew si mise più comodo, mentre i due
malandrini si immergevano nel nuovo racconto.
LYRAPOTTER’S CORNER
Rieccomi qua, nuovo capitolo, nuova corsa. E
stavolta di morti non ce ne sono!!!!!!
Ragazzi, credo proprio di essermi imbarcata
in un impresa gigantesca: sono andata in montagna per il week-end e ho finito la
bozza dei capitoli della storia (saranno circa 28, salvo allungamenti non
previsti). In compenso mi sono trovata così piena di idee che sto già
programmando la trama del sequel e anche di un terzo episodio: sono caduta
esattamente nella trappola che voleva evitare, una trilogia come quella di Star
Wars. My God, la finirò intorno all’anno 2020, andando avanti con questo ritmo.
Non so se questo vi farà felici o meno, ma dovrete sopportarmi ancora per molto
tempo.
Sono rimasta piacevolmente colpita dal
vedere che il mio Sylar riscuote successo, nel senso che è un buon personaggio:
la mia peggior paura era cadere nella banalità. I cattivi sono senza dubbio i
personaggi più difficili da trattare, almeno a mio parere.
E adesso, grazie infinite a:
Lily_Snape, sì, lo so, sono un mostro crudele (almeno lo ammettoXDXDXDXD).
Grazie e continua a commentare!!!
vickyN, veniva
da piangere anche a me sai? Ai gemelli non potevo rinunciare, li adoro troppo (e
aggiungono un tocco di umorismo!!!!!!)
Deidara, come
puoi vedere la piccola Lupin non morta (così sadica non lo sono neanche io). Mi
dispiace, le tue supposizioni dovranno aspettare ancora un po’!!!!
SakiJune, ecco
finalmente svelato cosa è successo alla povera Dora, avevi indovinato!!!!!
Davvero pensi che scrivo meglio di te?? *Lyra mette su una faccetta
imbarazzata*. È il miglior complimento che potessi farmi!!!!!grazie anche per il
commento alla mia shot (chissà perché ero sicura che i nomi Alastor e Siria di
sarebbero piaciuti!!!!)
Con questo, ho concluso. Alla prossima e mi
raccomando, commentate. Bacibaci!!!!!!!
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Capitolo 9 *** Cambio di piani ***
MAGIC WARS
CAPITOLO VIII: CAMBIO DI
PIANI
Quartier Generale
Dell’Ordine della
Fenice,
Londra.
Un caldo afoso opprimeva
l’aria di Londra, mentre luglio cedeva velocemente il passo ad agosto. Seduto
nel salotto in solitudine (cosa abbastanza insolita per quella casa), Drew
Potter osservava il viavai di gente dalla finestra. Quattro settimane. Erano
trascorse quattro settimane da quando la sua vita era cambiata per sempre.
Quattro settimane da quando viveva con al Quartier Generale dell’Ordine, certo,
ma anche quattro settimane che praticamente non vedeva la luce del sole, se non
attraverso un vetro. Drew cominciava seriamente a detestare quelle quattro
pareti. Era sempre stato abituato a muoversi come voleva: per quanto protettivi
né Dudley né Elizabeth gli avevano mai impedito di andare a farsi una
passeggiata quando ne aveva la voglia o la necessità. Quella piccola libertà
invece gli era stata completamente tolta nel momento in cui Sirius aveva
trasportato lui e i cugini a Casa Riddle.
Non che avesse molte
alternative: aveva la netta sensazione che se avesse provato a mettere un piede
fuori dalla porta, dieci Mangiamorte sarebbero saltati fuori e l’avrebbero fatto
secco prima che lui capisse cosa fosse successo. Sensazione accentuata dai
rapporti quasi giornalieri di Christie e Keith: a quanto sembrava in Ministero
era intenzionato a rivoltare l’Inghilterra come un calzino pur di
trovarlo.
Per quanto grato della
protezione e dell’amicizia che l’Ordine gli aveva offerto, si sentiva in gabbia.
In quel momento avrebbe volentieri barattato la sua vita con quella di una
qualunque delle persone che passavano davanti alla finestra.
Sbuffò, cambiando posizione e
massaggiandosi la spalla sinistra. Due giorni prima, aveva sostenuto il primo,
quanto fallimentare duello con Sirius. Alla faccia delle rassicurazioni
dell’Animagus sul fatto di andarci leggero, si era beccato un Incantesimo
Respingente che l’aveva spedito contro il muro e gli aveva procurato un livido
grosso quanto una casa.
"Meno male che dovevi andarci
piano, Padfoot". Questo e parecchio altro gli avevano gridato dietro Remus e
Ted, rincorrendolo per tutta la casa.
Drew ridacchiò al ricordo.
Gettò poi un’occhiata poco entusiasta al manuale di incantesimi chiuso di fianco
a lui e che in teoria avrebbe dovuto studiare, prima di tornare a osservare la
strada. Era talmente assorto che non si accorse del sopraggiungere di Remus
finché questo non disse: «Mmmm, questo lo chiamo studiare?».
Drew sobbalzò, girandosi e
mettendo su un espressione colpevole. Remus lo osservava con il sopracciglio
inarcato e un ghigno dipinto in volto. «Ha qualche giustificazione per il suo
comportamento, signor Potter?» chiese in tono di finto rimprovero.
«Scusa, mi sono distratto» si
scusò Drew, facendo per prendere il libro.
Remus lo bloccò. «Lascia
perdere il libro. C’è qualcosa che non va? ».
«No, niente. Tutto ok,
davvero». Capì subito che queste deboli scuse non convincevano il lupo mannaro,
che gli lanciò uno sguardo alla "ma mi hai preso per scemo?".
L’uomo si avvicinò, sedendosi
di fianco al ragazzo. «Seriamente, Drew. Se posso aiutarti…».
Drew scosse il capo. «Non puoi
fare niente» affermò. «È un problema mio».
«Ne vuoi parlare?».
«Non è niente di che. È solo
questa dannatissima situazione. Vorrei andare a fare un giro, uscire di casa, ma
non posso perché rischierei di essere arrestato. Non mi fraintendere: vi sono
grato per tutto quello che avete fatto per me e per Kitty e Ethan, ma mi sento
chiuso in gabbia».
«Certo, immagino sia normale»
lo tranquillizzò Remus, sorridendo. «Purtroppo non possiamo farci
niente».
«Non pretendo certo che tu o
gli altri possiate fare qualcosa. Suppongo sia solo questione di abitudine:
presto o tardi mi adatterò a questa situazione».
Remus annuì, non del tutto
convinto. «Per oggi lasciamo perdere le lezioni» disse. «Direi che non sei nelle
condizioni ideali per concentrarti in modo adeguato».
Drew gli sorrise grato. Dalla
cucina li raggiunse la voce di Luna che inveiva contro Sirius, intento a farle
l’ennesimo dispetto. «Sia dannato il tuo nome, Sirius Black! Possibile tu non
abbia niente di meglio da fare?!».
«Piuttosto che darti fastidio?
Nessuna attività è altrettanto dilettevole!».
Lo schiamazzo che seguì
suggerì ai due spettatori che la donna non aveva gradito la risposta: a
giudicare dal rumore, aveva cominciato a tirargli contro le pentole.
«Sai» disse Drew, «a volte il
modo in cui Sirius si comporta con Luna mi ricorda quello di un mio vecchio
compagno di scuola: per attirare l’attenzione della ragazza che gli piaceva, era
solito tirarle le trecce e provocarla affinché si mettesse a
rincorrerlo».
Remus gli lanciò un’occhiata
eloquente.
«Noooo!» esclamò Drew
meravigliato. Sirius e Luna?».
Non riusciva nemmeno a
esprimere cosa lo avesse tanto sorpreso: in fondo poteva anche essere normale
innamorarsi passando tanto tempo insieme, come era successo a quei due.
Probabilmente a stupirlo era la differenza di età: avevano più di vent’anni di
differenza, avrebbero potuto tranquillamente essere padre e figlia.
«Già» confermò Remus. «Sirius
e Luna».
«Ma, ma» boccheggiò Drew,
«potrebbe essere sua figlia!».
«Pensi che lui non lo sappia?»
gli chiese Remus, evidentemente divertito della faccia sconvolta del ragazzo.
«Non fraintendere: non hanno mai fatto niente. Sirius ci ha messo anni solo per
ammettere di provare qualcosa di più di un’amicizia per Luna, figurati provarci
seriamente. E poi lei non è interessata a storie d’amore: è uscita scottata
dall’ultima».
«Cosa è successo?» chiese Drew
incuriosito.
«Quando Luna si diplomò, non
si unì subito all’Ordine: voleva evitare la guerra aperta, immagino per
proteggere suo padre. Quando era necessario, era comunque pronta ad aiutarci,
ovviamente. Più volte ci siamo nascosti a casa sua. E durante questo periodo ha
avuto una relazione con un tale Rolf Scamander, che non approvava le sue azioni
nella resistenza, per quanto passive. Quando poi Luna decise di unirsi a noi
attivamente, Rolf le fece una scenata e tentò in ogni modo di farle cambiare
idea. Luna non ebbe altra scelta che lasciarlo. Così lui per ripicca tentò di
venderla al Ministero. Per fortuna, quando i Mangiamorte attaccarono, sia lei
che suo padre se ne erano già andati. Come puoi immaginare Luna non la prese
molto bene quando lo scoprì».
«Tipo simpatico» osservò
Drew.
Remus rise. «Decisamente.
Comunque da allora Luna ha messo un veto assoluto a qualunque storia
romantica".
«Perciò» riprese Drew, «in
parole povere, Sirius le fa una corte non gradita».
Il licantropo esitò un istante
prima di rispondere. «Su questo non ci giurerei. Sono del parere che anche Luna
provi qualcosa per Sirius».
«E perché nessuno dei due dice
niente?».
«Essenzialmente perché hanno
tutti e tue la testa più dura di un muro. E perché piuttosto che compromettersi
facendo la prima mossa si farebbero cavare tutti i denti».
«Capisco» disse Drew. «Perciò
Sirius si accontenterà in eterno di questa specie di corteggiamento da bambini
senza fare mai nulla?».
«Chi lo sa?» rispose Remus,
stringendosi nelle spalle. «Forse un giorno capiranno che la vita è troppo breve
per sprecarla in questi giochetti e riveleranno i loro sentimenti».
Entrambi tacquero: Drew intuì
che il suo interlocutore stava pensando alla moglie, incapace perfino di
riconoscere la persona che più amava al mondo.
Il rumore della porta che si
apriva interruppe il giro dei suoi pensieri. Sia Drew che Remus si voltarono:
Keith era appena entrata e si stava slacciando il mantello.
«Salve, ragazzi» disse con
voce grave ai due uomini.
«Ciao, Keith» rispose Remus.
«Il tuo tono mi suggerisce che è successo qualcosa, vero?».
Il ragazzo annuì. «La notizia
è appena circolata. Hermione è stata condannata a morte. La sentenza verrà
eseguita la prossima settimana».
Quella sera un’atmosfera
pesante gravava sulla cucina del Quartier Generale. Tutto l’Ordine sedeva
riunito al tavolo, davanti delle tazze di the praticamente intatte. Non che la
notizia di quel pomeriggio li avesse colti di sorpresa: erano settimane che se
l’aspettavano, ma questo non rendeva certo più facile accettare il fatto che
stavano per perdere Hermione per sempre.
«Siamo sicuri che non si possa
fare niente?» chiese Luna, anche se sapeva già la risposta.
«Luna…» cominciò
Ted.
«Sì, sì, lo so» lo interruppe
la donna con un gesto stizzito. «Solo non lo trovo giusto».
«Nessuno di noi lo trova
giusto» la consolò Remus.
Luna sbuffò, frustrata,
prendendo la tazza che aveva davanti e bevendo un lungo sorso, per impedirsi di
continuare la discussione.
«Cambiando argomento,
intervenne Sirius, «come va la decriptazione dei piani?".
Fred e George si scambiarono
un’occhiata. «Ci stiamo lavorando» disse Fred. «Ma è un codice piuttosto
complicato» gli fece eco George. «Avremo bisogno di parecchio tempo per riuscire
a decifrarlo tutto».
«Ma ce la faremo, non
dubitatene».
«Non c’è fretta» li
tranquillizzò Ted, «meglio un lavoro fatto bene che un lavoro fatto in
fretta».
«L’unica cosa di cui dobbiamo
preoccuparci» osservò Keith, «è che qualunque cosa sia l’Arma non diventi
operativa prima che abbiamo scoperto come distruggerla».
«Non credo ci sia da
preoccuparsi» affermò Christie, «da quello che ho capito saranno necessari
ancora un paio di mesi".
«Beh, per allora contiamo di
esserci riusciti» assicurarono Fred e George.
L’argomento poteva
considerarsi chiuso. «Come vanno le lezioni di Drew? » chiese allora
Keith.
«Piuttosto bene» rispose
Remus. «Migliora ogni giorno. E continuerà a farlo se al prossimo Duello magico
Sirius non tenterà di nuovo di ucciderlo» aggiunse gettando un’occhiata in
tralice all’amico.
«Non è stata colpa mia, si
difese quello, stingendosi nelle spalle.
«Sì certo» confermò ironico
Remus. «Infatti quell’Incantesimo Respingente gli è piovuto addosso dal
soffitto».
«Senti, glielo abbiamo detto
come respingerlo. Se il suo Incantesimo Scudo non era abbastanza potente, la
colpa non è stata certo mia».
«Ok, basta così» li interruppe
Ted. «Il ragazzo sta bene. E non potevamo certo aspettarci che vincesse il suo
primo duello contro un mago decisamente più esperto. Sarebbe stato fin troppo
notevole».
«Grazie Teddy, gli disse
Sirius con un sorriso.
«Non chiamarmi Teddy, ribatté
l’uomo irritato. «Sai che detesto quel nomignolo».
«Parlando di Drew» intervenne
nuovamente Remus, «oggi abbiamo avuto una conversazione interessante. E credo
potremmo avere un piccolo problema tra le mani».
«Oh, oh, adoriamo i piccoli
problemi" dissero i gemelli ridacchiando.
«Di che si tratta, Remus? »
chiese Ted.
«Non è niente di serio, almeno
per il momento. La sostanza è che comincia a sentirsi soffocare a stare qua
dentro tutto il santo giorno tutti i giorni. Non è abituato a questa specie di
prigionia. Del resto, con tutti i cambiamenti che ha dovuto sopportare nelle
ultime settimane, mi sorprende che non ci siano stati altri
problemi».
«E cosa suggerisci di fare?»
domandò Sirius. «Ci sono troppi rischi a lasciarlo uscire…».
«Lo so anch’io» lo interruppe
Remus. «Penso solo che quello che per il momento è un piccolo problema potrebbe
diventare qualcosa di peggio».
«Beh» intervenne Christie, «io
domani ho la giornata libera. Volevo andare a Diagon Alley a fare un po’ di
compere. Se siete d’accordo potrebbe venire anche lui. Basterebbe un po’ di
Pozione Polisucco. Un paio d’ore e ve lo riporto sano e salvo».
Gli altri si scambiarono
occhiate poco convinte. «Non saprei» disse Sirius. «Potrebbe essere pericoloso.
Ci saranno in giro un sacco di Mangiamorte…».
«I controlli si sono piuttosto
allentati negli ultimi tempi» intervenne Keith. «I Mangiamorte hanno di meglio
da fare che controllare casalinghe intente a fare le loro compere».
«Senza contare che in questo
periodo, la via è sempre piuttosto affollata. Sarà più facile non dare
nell’occhio».
«Sei sicura di volerlo fare?»
chiese Remus, ancora perplesso. «Se vi scoprono…».
«Non lo faranno» assicurò
Christie. «Farò attenzione. E se volete, posso sempre evitare Diagon Alley e
andare nella Londra Babbana».
«Beh, se sei così sicura»
disse Ted, «immagino si possa fare».
Guardò gli altri per vedere se
avevano obiezioni da sollevare. Dopo alcuni minuti di silenzio, Sirius disse:
«Mi raccomando, riportacelo intero».
Christie annuì, sorridendo.
«Non preoccupatevi. Faremo attenzione».
Charing Cross Road,
Londra.
Drew percorreva a passo
tranquillo il marciapiede, con un sorriso che gli andava da un orecchio
all’altro. Quasi gli sembrava impossibile che gli avessero dato il permesso di
essere lì, in strada, diretto nella via dello shopping magico. Quando Sirius e
Remus glielo avevano detto, con una faccia vagamente preoccupata, aveva pensato
fosse uno scherzo. E invece era proprio vero: l’unica condizione che gli avevano
messo era di stare appiccicato tutto il tempo a Christie. Drew era stato più che
felice di accettare quella piccola restrizione se gli permetteva di andarsene a
fare un giro.
E adesso, nei panni del di un
tranquillo ventitreenne con corti capelli neri e occhi color nocciola ,
respirava a pieni polmoni l’aria di Londra, registrando tutto quello che vedeva.
In fondo era la sua prima visita nella capitale ed era più che intenzionato a
sfruttare al massimo quella possibilità, anche perché poteva essere una delle
poche.
«Per curiosità» chiese a
Christie che gli camminava a fianco, «a chi ho rubato la faccia?".
«A mio cugino John» rispose la
ragazza. «Vive in india, perciò le possibilità di incrociarlo per sbaglio sono
piuttosto scarse».
«Grazie per questa
possibilità. Ne avevo bisogno».
Christie annuì. «Posso
immaginare. Io credo impazzirei a dover vivere tutto il giorno chiusa in casa.
Oh, siamo arrivati» aggiunse, indicando un vecchio edificio all’angolo
successivo. L’insegna recitava "Paiolo Magico".
«Stammi vicino» raccomandò
Christie, prima di aprire la porta ed entrare nel Pub.
Il locale era decisamente
affollato: decine di maghi e streghe sedevano ai tavoli o al bancone,
chiacchierando e cicalando in un brusio confuso. Dietro al bancone lo sdentato
proprietario rivolse una fuggevole occhiata ai nuovi arrivati, prima di tornare
a dedicarsi ai suoi clienti.
Mentre percorrevano la
sala e si dirigevano sul retro, Drew ebbe la sgradevole sensazione di essere
osservato. Forse dipendeva dal fatto che tra i vari avventori aveva scorto più
di una divisa del Ministero. Rilassati, si
disse, è solo un’impressione. Non possono riconoscerti con
questo travestimento.
Fu comunque sollevato quando
lasciarono la stanza e arrivarono al vicolo sul retro. Christie si fermò di
fronte al muro, estrasse la bacchetta e batté sul terzo mattone dall’alto per
tre volte. Subito il muro si aprì rivelando l’affollata e frenetica Diagon
Alley.
Drew fissò a bocca aperta il
viavai di gente che discuteva i suoi acquisti. La sua attenzione fu calamitata
verso le sgargianti insegne dei negozi e le vetrine illuminate, dove facevano
bella mostra di sé le merci in vendita.
«È magnifica, vero?» disse
Christie, sorridendo dello stupore di Drew.
«Più che magnifica» confermò
Drew.
«E pensa, i miei genitori mi
hanno raccontato che prima che Voldemort prendesse il potere era perfino meglio.
Non c’erano certi orribili negozi. Forza, andiamo».
si fece velocemente strada
nella calca di persone, con Drew che le veniva dietro. Il ragazzo non ci mise
molto a capire quali fossero gli "orribili negozi" menzionati da Christie. Lungo
il lato destro della via, facevano bella mostra di sé tutta una serie di negozi
di manufatti oscuri e altri oggetti simili. Quella tetra catena proseguiva poi
oltre la banca Gringott fino a Nocturn Alley, facendo uno strano contrasto con
gli altri negozi.
Seguì Christie fino a metà
circa della via, dove la ragazza si infilò nella libreria "Il
Ghirigoro".
«Guardati pure in giro» gli
disse. «Solo, non attirare l’attenzione». Dopodiché si allontanò per parlare con
il negoziante dei libri che evidentemente aveva ordinato.
Drew cominciò a curiosare tra
gli scaffali, prendendo di tanto in tanto qualche libro per leggere la quarta di
copertina. Leggere gli era sempre piaciuto, magari avrebbe trovato qualcosa con
cui passare il tempo al Quartier Generale. Saltò a piè pari tutta la sezione
dedicata alle arti oscure e i libri che si occupavano di Voldemort o il suo
governo, concentrando la sua attenzione i romanzi e ai libri dedicati alle
creature magiche. Gironzolava senza meta da qualche minuto, quando Christie gli
si avvicinò, con tra le mani una busta.
«Trovato qualcosa di
interessante?» chiese.
«Niente di particolare»
rispose Drew, un po’ dispiaciuto.
«Allora possiamo
andare?».
Il ragazzo annuì e i due si
riavviarono fuori. La tappa successiva fu il negozio di animali, dove Christie
comprò dei croccantini per gatti.
«Per Grattastinchi» disse allo
sguardo interrogativo di Drew.
Il ragazzo si limitò ad
annuire: ricordava ancora il primo incontro con l’animale. Era stato due giorni
dopo la riappacificazione con Remus: quando si era svegliato al mattino, se
l’era ritrovato che ronfava a tre centimetri dalla sua faccia. Aveva lanciato un
grido che aveva messo in allarme tutta la casa e offeso a morte Grattastinchi,
che se ne era andato a coda alta in segno di disprezzo. In seguito aveva fatto
pace con il gatto, anche se l’animale si dimostrava ancora piuttosto diffidente
nei suoi confronti.
I due giovani continuarono il
loro giro di negozi. Alla fine, carichi di buste e soddisfatti, si riavviarono
verso il Paiolo Magico, quando Christie disse: «Ehi, che ne dici di un gelato,
prima di tornare alla base?» e indicò la gelateria lì di fronte. «Offro io»
aggiunse.
«Perché no?» disse Drew
entusiasta, seguendo la ragazza ad uno dei tavolini all’aperto.
Dopo aver ordinato due coppe
di gelato al doppio cioccolato fondente, Christie disse, indicando verso il
fondo della via: «Lo vedi quel negozio laggiù? Quello che vende attrezzi da
giardinaggio?».
Drew annuì. «E
allora?».
«Una volta quello era il
negozio di scherzi di Fred e George. Il Ministero lo confiscò e lo fece chiudere
alla fine della guerra».
«Accidenti!». Drew
guardò di nuovo il punto indicato da Christie, immaginando come apparisse il
negozio quando i gemelli ci lavoravano. Di certo era molto
più allegro di come è adesso.
La cameriera tornò con le loro
ordinazioni. «Cavolo, è gigantesca!» esclamò Drew guardando l’incredibile massa
di gelato che aveva davanti.
Christie ridacchiò. «Pensa che
queste sono coppe piccole. Dovresti vedere le maxi: basterebbero a saziare dieci
persone».
«E qualcuno le ordina?» chiese
Drew scettico, mentre prendeva il cucchiaio e cominciando a mangiare.
«In effetti, non credo» disse
Christie ridendo.
Stupendo perfino sé stesso,
alla fine Drew riuscì a mangiare quasi tutta la sua porzione. Christie invece
rinunciò arrivata a poco più della metà. «Buono» affermò, «ma riempie come
pochi. Se hai finito vado a pagare». Drew annuì, stiracchiandosi sulla sedia. Si
sentiva pieno come un uovo: aveva la netta sensazione che quella sera a cena non
avrebbe mangiato un granché. Guardò l’orologio: quasi le cinque. Gli effetti
della Polisucco stavano per finire. Cavolo! Ci siamo rilassati troppo!
Allungò il collo per vedere se Christie stava tornando, ma evidentemente
c’era coda alla cassa: della ragazza non si vedeva traccia. Era talmente
distratto che non si accorse del sopraggiungere del pericolo finché non fu
troppo tardi.
«Mi scusi, signore. C’è
qualche problema?».
Drew si voltò e si sentì
gelare. Tre funzionari del Ministero lo squadravano: e il peggio era che uno di
loro indossava la maschera da Mangiamorte. Merda!
Cercando di sembrare
rilassato, disse: «No, no, signore. Stavo solo controllando se arrivava mia
cugina: è dentro a pagare». Ma probabilmente glielo si leggeva in faccia che
stava mentendo: non dava il meglio di sé sotto pressione. E infatti il
Mangiamorte non si mosse. «Ne è sicuro? Sembra piuttosto…a disagio».
«Assolutamente sicuro,
grazie». Avanti, andatevene, per
favore.
Il Mangiamorte gli rivolse
un’occhiata scettica. «Potrei vedere i suoi documenti, per
cortesia?».
Panico: Drew non aveva mai
capito esattamente cosa intendessero con questa parola fino a quel momento. Era
il più assoluto blackout. Mentre si affannava frenetico in cerca di una scusa
qualunque per cui non poteva mostrare i documenti che non possedeva ricomparve
Christie. Drew fu più che certo di non essere mai stato tanto felice di vedere
qualcuno. La ragazza, che stava controllando il resto, rimase di sale vedendo
chi c’era in compagnia del giovane Potter. Abituata a queste situazioni scomode,
riacquisto comunque il controllo e si dipinse in volto un sorrise di
circostanza.
«Signor Nott, c’è qualche
problema?» chiese con finta deferenza.
Nott la squadrò dall’alto in
basso, come a volerla valutare, poi disse: «Non credo siano fatti suoi,
signorina. Ci siamo già visti?».
«In effetti» rispose Christie,
«lavoro al Ministero. Ufficio del Trasporto Magico. E direi che sono fatti miei,
visto e considerato che questo è mio cugino. Non mi pare abbia fatto qualcosa di
male».
«Si guardava intorno in
maniera sospetta. E sembra piuttosto nervoso per essere uno con la coscienza
pulita, signorina. Perciò gradirei i suoi documenti» e tese la mano verso
Drew.
«Non li ha al momento» fu
lesta a ribattere Christie. «È in visita dall’India, non credevamo fosse
necessario portarsi i documenti».
«Una grave mancanza,
signorina. Sa che i principali documenti d’identità devono essere sempre portati
con sé per essere mostrati alle autorità se necessario».
Drew guardò di nuovo
l’orologio: mancavano solo cinque minuti alle cinque. A quel punto il cugino
John sarebbe scomparso per lasciare spazio al ricercato numero uno.
«Christie…» tentò, ma la
ragazza era occupata a cercare di liberarsi di Nott e i suoi lacchè.
«Senta, signore. Se lo
desidera, domattina le porterò personalmente in ufficio tutto il necessario. Ma
adesso dovremmo proprio andare».
Il Mangiamorte la guardò poco
convinto. «Non è regolare» affermò. «La legge mi impone i trattenerlo finché non
sarà provata la sua identità. Se non ha fatto niente di male non ci sarà nessun
problema».
L’uomo fece per avvicinarsi,
Drew si ritrasse d’istinto.
«Ma signore…»cominciò
Christie, affannandosi in cerca di una qualunque scusa.
Poi in lontananza sentirono
risuonare il Big Ben. Drew si girò, dando le spalle a Nott. Merda!, pensò mentre sentiva gli effetti della Pozione
Polisucco svanire.
«Ma che cavolo…» borbottò
Nott, facendo per prenderlo per la spalla e voltarlo a forza.
Al che Christie gettò alle
ortiche ogni prudenza. Si frappose fra Drew e il Mangiamorte. «Drew, scappa
svelto!» gridò, mentre estraeva la bacchetta.
Il ragazzo non se lo fece
ripetere due volte: si divincolò dalla presa e corse via. Mentre entrava nel
Paiolo Magico, sentì Nott gridare: «Ehi, ma è Potter! Il figlio di Potter!
Prendetelo!».
Drew non si curò di verificare
se qualcuno eseguiva l’ordine: serpeggiando tra la folla, che tentava di
trattenerlo, sfrecciò verso l’uscita del locale. Arrivato su Charing Cross Road,
rischiò di andare addosso a una signora che portava a passeggio il cane.
Ignorando le imprecazione della donna, riprese a correre, senza nemmeno badare a
dove stesse andando.
LYRAPOTTER’S CORNER
Eh, eh, stavolta vi lascio con
il fiato sospeso. Scusate se ci ho messo un po’, ma sono entrata in una mini
crisi d’ispirazione, per due giorni non ho fatto che fissare il computer senza
capire come cavolo scrivere la scena che avevo in mente. Per fortuna un week-end
in montagna è stato salutare e così tra ieri e oggi ho buttato giù tutto ciò che
avete appena letto.
In secondo luogo, in questo
capitolo ho inserito un pairing quanto meno insolito, Sirius e Luna. Spero
vivamente non dia fastidio a nessuno, in realtà non era una cosa programmata, ma
scrivendo i vari momenti con loro e dal modo in cui interagivano, l’idea mi ha
stuzzicato e l’ho inserita. Lo stesso week-end in montagna poi mi ha fatto
venire in mente qualche ideuzza per quei due (mmmm, l’aria di montagna fa
proprio bene alla mia vena creativa, sarà tutto l’ossigeno in più che arriva la
cervello!!!!).
Una piccola precisazione, Rolf
Scamander è canon, per chi non lo sapesse, e anche il fatto che lui e Luna hanno
avuto una relazione: in realtà sono sposati, ma pazienza!!!!!
E dopo avervi annoiato con i
miei sproloqui, passo a ringraziare:
vickyN, dal mio punto di vista, Sirius è assolutamente
intoccabile, non preoccuparti (ma ti pare che lo grazio dalla morte grama nel
quinto libro, per ucciderlo io!!!!!!!)
SakiJune, ti dirò, è stato anche il tuo commento a convincermi
a inserire il pairing Sirius/Luna. Grazie come sempre della
recensione!!!!!
Lily_Snape, è vero, Andromeda non l’avevo contata, errore mio,
sorry!!!! Per quanto riguarda la faccenda gemella, ci avevo pensato, ma non
saprei più come infilarla dentro, perciò temo proprio che Drew resterà figlio
unico!!!!
Deidara, per quel riguarda Hermione, ci sto lavorando, non
preoccuparti, non l’abbandono al suo destino!!!!
Ok, ora vi lascio, ovviamente
commenti positivi o negativi sono sempre ben accetti. Hasta la
vista!!!!!!
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Capitolo 10 *** L'accordo ***
MAGIC WARS
CAPITOLO IX: L’ACCORDO
Londra
Ansia. Paura. Terrore. Tutto questo
affollava la mente di Drew, mentre percorreva alla massima velocità
consentitagli le affollate vie di Londra. Più volte rischio di farsi investire
da qualche auto mentre attraversava la strada, più volte finì accidentalmente
addosso a qualche passante innocente; rischiò perfino di spaccarsi l’osso del
collo scivolando su una pozzanghera. Ma non si fermò, né si guardò indietro per
verificare se qualcuno lo stava effettivamente inseguendo.
Furono le sue gambe e il suo sistema
respiratorio alla fine a imporgli di arrestarsi: con i polmoni in fiamme e le
gambe molli si appoggiò a un muretto, cercando di ricordarsi i principi base
della respirazione. Inspira, espira. Inspira, espira. Non
è difficile: l’hai fatto senza difficoltà per diciassette anni…
Spaventato, si guardò intorno: nessuno. La via era assolutamente sgombra, se
escludevi un cane randagio che rovistava in un secchio dell’immondizia. Gli
sembrava impossibile: contro ogni possibile previsione era riuscito sul serio a
scappare. Con un sospiro di sollievo si abbandonò contro il muretto: era più che
convinto che le gambe non lo avrebbero retto ancora per molto.
Più rilassato, si concesse un’altra occhiata
alla via, per approdare in un altro problema, non meno grave: non aveva la più
pallida idea di dove fosse. Ed era più che certo che non sarebbe mai riuscito a
tornare sui suoi passi fino al Paiolo Magico: aveva a malapena guardato davanti
a sé mentre fuggiva come un disperato, figurati controllare i nomi delle vie o
l’itinerario che aveva percorso. Ricordava vagamente di aver attraversato un
ponte ad un certo punto, ma poi era tutto una confusione di vetrine, auto,
incroci, passanti, semafori…Il che significava che si era irrimediabilmente
perso chissà dove nei sobborghi londinesi. Meraviglioso:
dalla padella nella brace!, pensò irritato con sé stesso, cercando
affannosamente intorno un qualunque indizio per capire dove si trovava o come
tornare a casa. L’unico lato positivo era che per il momento non si vedeva
nessuno, il che significava che nessuno poteva riconoscerlo come il figlio di
Potter e denunciarlo al Ministero.
Questo pensiero lo fece sentire
improvvisamente scoperto: era un ricercato dalla legge, con una taglia di fior
di galeoni sulla testa, in una strada sconosciuta e senza un nascondiglio degno
di questo nome. Peggio di così non può andare!
Non aveva nemmeno finito di formulare il pensiero che in lontananza risuonò un
tuono e una goccia d’acqua gli centrò la testa. Due minuti dopo si era scatenato
un diluvio universale. Oh, magnifico!, pensò
Drew riprendendo a correre. Girati un paio di angolo, scorse in lontananza
l’insegna di un pub: non esitò neppure un secondo, buttandosi a pesce verso la
porta ed entrando. Era rimasto sotto al pioggia non più di tre minuti, ma si
sentiva fradicio fino al midollo: perciò fu più che grato del tiepido tepore
dell’aria del locale. Sentendosi la brutta copia di un pulcino bagnato, Drew si
avvicinò al bancone guardandosi intorno con circospezione: fortunatamente
nessuno dei pochi avventori sembrava fare caso a lui. A parte un uomo
evidentemente sbronzo, seduto al tavolo vicino alla finestra che tesseva le lodi
di una certa Helena a voce fin troppo alta, solo un altro tavolo era occupato,
quello più lontano dalla porta: a occuparlo erano quattro persone, tre uomini e
una donna, immersi una fitta conversazione. Senza pensarci troppo, Drew si
sedette all’ultimo sgabello, lontano quanto più possibile dalla strada, fissando
il legno del bancone.
«Che cosa ti porto, gioia?». Il ragazzo
sobbalzò, alzando lo sguardo: un’annoiata cameriera lo fissava con sguardo
interrogativo.
«Ehm, una Burrobirra, grazie» rispose
automaticamente il ragazzo. Solo quando ebbe davanti la bottiglia piena si
ricordò di non avere denaro con sé e che quindi non poteva pagare. La mia situazione continua a migliorare: ora mi toccherà pure star
qui a lavare i piatti per pagare una bibita che nemmeno volevo. Ne
bevve comunque una lunga sorsata: il liquido gli scivolò in gola,
trasmettendogli un immediato senso di calore. Appena
finisce il temporale me la devo squagliare. E cercare di capire dove mi trovo e
come tornare al Quartier Generale. Gettò un’occhiata cupa fuori dalla
vetrina: la pioggia continuava a scendere a catinelle e non sembrava
intenzionata a smettere troppo presto. Per ingannare il tempo rivolse la sua
attenzione al quartetto che ancora discuteva a pochi passi da lui. I due uomini
che gli davano le spalle sembravano piuttosto nervosi, indossavano un pastrano
nero e parlavano a turno, molto concitatamente. Di tanto in tanto si gettavano
furtive occhiate intorno: evidentemente anche loro si trovavano a disagio in un
luogo pubblico. I loro interlocutori invece sembravano l’immagine stessa della
calma: l’uomo, una specie di gigante, con la testa rasata, stava in piedi alle
spalle della donna, in un atteggiamento che a Drew ricordò un po’ una guardia
del corpo. L’ultimo avventore, la donna, o meglio la ragazza, visto che
dimostrava vent’anni al massimo, aveva lunghi capelli biondi raccolti in una
coda di cavallo e occhi di un incredibile coloro ambra, occhi che fissavano con
interesse i due uomini di fronte. Nel complesso, calcolò Drew, era decisamente
carina. Stava giusto tornando a dedicarsi ai suoi problemi, quando lo raggiunse
la voce della ragazza.
«Quindi» chiese con tono casuale, quasi
annoiato, «se ho capito bene, voi sareste interessati a certi documenti che si
trovano nell’Ufficio Anagrafe, dico bene? E vorreste che sia io a
procurarveli?».
Drew drizzò le orecchie, improvvisamente
interessato alla conversazione.
«Si può fare?» domandò ansiosamente uno dei
due uomini.
La ragazza parve pensarci. «Si può fare»
confermò. «Ma vi costerà caro. Entrare al Ministero non invitati non è
propriamente una passeggiata…».
«Quanto?» chiese tra i denti l’altro.
«Duemila» rispose tranquillamente lei, come
se gli avesse appena domandato l’ora.
«Duemila?» ribatté il primo. «È una cifra
spropositata, assolutamente scandalosa…».
«Duemila» ripeté la biondina. «Non uno
zellino di meno. Se non vi interessa, quella è la porta. In ogni caso non
troverete nessun’altro che sia in grado di darvi ciò che volete».
I due confabularono un po’ tra di loro, come
a soppesare pro e contro di quell’offerta. La ragazza osservava lo scambio di
battute con calma, come se la discussione non la riguardasse
minimamente.
Alla fine, piuttosto malvolentieri e a denti
stretti, uno dei due sibilò: «E va bene. Accettiamo la tua offerta, anche se è
un furto…».
Lei si allargò in un sorriso soddisfatto.
«Eccellente. Ci incontreremo qui fra dieci giorni, a quest’ora: avrò quello che
desiderate. E voi farete meglio ad avere il denaro. Non vi conviene tentare di
fregarmi». L’ultima frase la disse con tono velatamente minaccioso e carico di
sottintesi. I due uomini annuirono con vigore, prima di alzarsi facendo grattare
le sedie e uscire in fretta e furia dal pub.
La ragazza si dondolò all’indietro sulla
sedia con aria soddisfatta, mentre l’energumeno alle sue spalle prendeva posto
di fianco a lei. I due afferrarono le bottiglie di Whisky Incendiario di fronte
a loro, facendole cozzare tra loro e bevendo un lungo sorso per festeggiare
l’affare concluso.
Drew distolse lo sguardo, concentrandolo
sulla Burrobirra di fronte a lui, la mente in subbuglio. Quella ragazza era in
grado di entrare al Ministero senza autorizzazione ufficiale. E, a giudicare dal
suo fare rilassato, era anche certa di poterne uscire. Possibile che potesse
aiutarlo a fare ciò che per l’Ordine era fuori portata? Possibile che potesse
aiutarlo a salvare Hermione da morte certa? Era davvero concepibile un’impresa
tanto folle? Guardò di nuovo i due al tavolo: sembravano così sicuri di sé,
neanche gli uomini in pastrano nero gli avessero chiesto di andare al parco,
invece che nel cuore politico della nazione.
Esitò, lambiccandosi il cervello. Doveva
azzardarsi? Ma già sapeva che se non l’avesse fatto avrebbe passato il resto
della sua vita a rimpiangere quella decisione. Certo, c’era sempre la
possibilità di finire arrestato, se quei due lo riconoscevano e decidevano di
consegnarlo: avevano l’aria di due che guardano prima al profitto e poi a chi
avevano davanti. Ma se c’era una per quanto remota possibilità di salvare
Hermione…Buttati: come andrà, andrà, gli disse
una vocina che gli ricordò molto quella di Sirius. E contro ogni buon senso,
Drew decise di darle retta. Prese un bel respiro, si voltò e disse: «Scusami,
non ho potuto evitare di ascoltare…».
La ragazza si girò verso di lui, sorpresa e
improvvisamente all’erta. «Sì?» chiese, guardinga, facendo scivolare la mano
sotto il tavolo, al suo fianco. Drew ebbe la netta sensazione di avere di fronte
una tigre pronta a saltargli alla gola. Tuttavia continuò, mantenendo un tono di
voce moderato per non farsi sentire dalla cameriera: «Puoi davvero entrare al
Ministero senza farti beccare?».
Sempre vigile, la ragazza lo squadrò da capo
a piedi. «Perché vuoi saperlo, ragazzino?».
«Perché» rispose Drew, un po’ offeso da quel
"ragazzino" pronunciato con tanta enfasi, «là dentro c’è qualcosa che mi
interessa. E pensavo che magari tu potessi aiutarmi…».
Più rilassata, lei lo scrutò di nuovo,
stavolta con un lampo di curiosità negli occhi. «Vieni qui. Parliamone a
quattr’occhi».
Drew obbedì, andando a sedersi in una delle
sedie occupate poco prima da uno degli uomini in nero.
«Doris, portaci altre due bottiglie» disse
la ragazza alla cameriera, che annuì. «Gli ombrelli sono passati di moda?»
chiese poi, ironica.
Drew la guardò, irritato. Era una sua
impressione o quella ragazza si divertiva a metterlo a disagio. Deciso a non
darle corda, bevve un altro sorso della sua Burrobirra. Lei gli lanciò un
sorrisetto divertito, mentre la cameriera posava le due bottiglie di Whisky e si
allontanava. «Allora, com’è che ti chiami, ragazzino?» gli chiese
poi.
Drew ebbe un attimo di blackout, dopodiché
sparò il primo nome che gli venne in mente. «Fred Tonks. E non sono un
ragazzino».
La ragazza lo osservò con interesse, quasi
soppesando quello che le aveva detto. Drew si sentì vagamente a disagio: per un
attimo temette che il nome venisse ricollegato a quello di Ted e Dora, anche se
nel mondo Babbano era piuttosto comune. I suoi timori furono placati quando lei
parlò di nuovo: «Bene, Fred Tonks. Chiamami Artemis. E lui è Ares. Che cosa
possiamo fare per te?».
Drew gettò un rapido sguardo al gigante
seduto di fianco alla ragazza: non lo aveva ancora visto aprire bocca.
«Ho bisogno del vostro aiuto» rispose, «per
entrare al Ministero».
«Sì, questo l’avevo capito» lo bloccò
Artemis. «Quello che voglio sapere è cosa vuoi dentro al Ministero…».
«Una persona».
Lo sguardo di Artemis si indurì
improvvisamente. «Non faccio assassinii su commissione. Se è questo che vuoi,
puoi anche andar-».
«Cosa?» la interruppe Drew, confuso e un po’
scandalizzato per l’equivoco. «Non voglio uccidere nessuno. Una mia amica è
imprigionata al Secondo Livello. La devo tirare fuori…».
Artemis lo fissò con gli occhi fuori dalle
orbite. «Stai scherzando, spero?».
«Direi proprio di no» ribatté Drew, sicuro
di sé.
«Allora sei completamente pazzo. Quello che
chiedi è assolutamente impossibile».
«E perché con quelli là era possibile?»
chiese Drew un po’ irritato.
«Perché» rispose Artemis in tono un po’
accondiscendente, «quei due idioti volevano solo dei documenti compromettenti
che si trovano negli archivi dell’Ufficio Anagrafe. Tu, invece, vuoi entrare
nella zona più sorvegliata di tutto l’edificio. Se non forse di tutta la Gran
Bretagna. Per curiosità, chi diavolo è così importante per te da farti rischiare
la libertà, oltre che la vita?».
Drew esitò, ma tanto presto o tardi avrebbe
comunque dovuto rivelare chi voleva salvare dal braccio della morte. «Hermione
Granger» rispose, aspettando la reazione della ragazza.
Artemis rimase muta, come folgorata. Di
certo, l’aveva preso in contropiede. «Hermione Granger?» ripeté. «Quella
Hermione Granger. Quella che verrà giustiziata martedì prossimo per
tradimento?».
Drew si limitò ad annuire.
La ragazza si fece pensosa. «Quanto puoi
pagare?» domandò.
«Pagare?» ripeté Drew,
interdetto.
«Sì, P-A-G-A-R-E. Sai, soldi, money, dinero,
geld, argent. Comprendi?».
Il ragazzo guardò il tavolo a disagio. Si
era dimenticato un piccolo dettaglio nel suo brillante piano. «Non ho denaro»
mormorò a mezza voce, sentendosi un po’ idiota. Ecco,
adesso mi caccia a pedate.
Ma non successe: alzò lo sguardo,
incontrando quello di Artemis. La ragazza lo fissava con espressione
imperscrutabile. «Quindi, se ho capito bene, tu mi stai chiedendo di entrare al
Ministero, arrivare al Secondo Livello, liberare la prigioniera più sorvegliata
del palazzo e uscire senza farmi catturare, senza per di più farmi pagare. Ho
dimenticato qualcosa?».
«Direi di no» rispose Drew. Non riusciva a
capire dove la ragazza sarebbe andata a parare.
«Penso proprio che me ne pentirò, ma credo
di poterti aiutare…».
«Stai dicendo che mi aiuterai?» chiese Drew,
più che stupefatto. Ormai non ci sperava più.
«Penso di sì. Ma dovrai fare qualcosa per
me».
«Che cosa?».
«Le condizione te le detterò in un luogo più
riparato di questo. Allora, accetti?».
Drew esitò: cosa poteva volere quella
ragazza? Sarebbe stato in grado di accontentarla? Ma d’altronde si era spinto
fin lì: che senso aveva rinunciare?
«Accetto» disse perciò, deciso.
«Eccellente». Per quanto la trattativa si
era risolta a suo sfavore, Artemis sembrava davvero soddisfatta. Afferrò la
bottiglia intatta di Whisky, brindando all’accordo. «Vai a pagare, Ares? È ora
di andare. Ah, paga anche la bibita del nostro amico». L’uomo si limitò ad
annuire, alzandosi. Drew notò che sembrava scontento. Forse non gli andava a
genio come si era conclusa la faccenda.
«Ma parla, qualche volta?». La domanda gli
uscì prima che riuscisse a trattenerla.
Artemis lo fissò divertita. «Solo quando è
strettamente necessario. Ma è un bravissimo ascoltatore. Andiamo».
Si alzò, dirigendosi all’uscita. Drew la
imitò.
Fuori aveva nel frattempo smesso di piovere.
Artemis e Ares presero a camminare a passo spedito lungo il marciapiede. Drew
dovette quasi correre per stare al loro passo.
Lungo il tragitto, studiò i due nuovi
alleati. Camminavano a testa alta, senza guardarsi intorno, sicuri di sé. Erano
entrambi vestiti di nero da capo a piedi: Ares con un elegante completo giacca e
cravatta, Artemis con una maglietta a maniche lunghe e un paio di pantaloni di
pelle e sopra un mantello da viaggio. Drew focalizzò la sua attenzione verso
quest’ultima: c’era in lei qualcosa di fastidiosamente familiare, come se
l’avesse già vista da qualche parte. Drew scosse il capo: non era possibile.
Nelle ultime settimane non aveva mai lasciato il Quartier Generale. Eppure
quella sensazione persisteva.
Era così immerso nei suoi pensieri che non
si accorse che i suoi compagni si erano fermati di fronte a un palazzo in
rovina. Ares si lanciò un’occhiata intorno, dopodiché i due si infilarono in un
vicoletto laterale che portava sul retro dell’edificio diroccato. Mentre li
seguiva, Drew occhieggiò preoccupato lo stato della struttura: sembrava sul
punto di crollare come un castello di carte. La maggior parte delle finestre era
sbarrata da assi di legno, i muri sembravano pronti a sbriciolarsi. Vide pure un
cartello che recitava "ATTENZIONE, edificio pericolante!". Non mi dire che abitano n questo posto? Il tetto rischia di
crollarci sulla testa! I suoi peggiori sospetti furono confermati
quando vide Artemis aprire la porta di servizio e addentrarsi all’interno,
seguita dal suo muto compagno. Esitante, Drew la imitò, trovandosi di fronte una
rampa da scale, in uno stato decisamente migliore dell’esterno. Anche le pareti
sembravano decisamente più solide, constatò mentre cominciava a salire. Giunti
nell’attico, si trovarono davanti una porta saldamente chiusa a chiave. Fu Ares
ad aprirla. L’interno lasciò Drew decisamente sbalordito: il locale era arredato
come le migliori case di lusso. Mobili raffinati e dall’aria decisamente
costosa. Una cucina moderna. Un enorme libreria stracolma di tomi. E in un
angolo faceva bella mostra di sé un portatile di ultima generazione.
«Fa come se fossi a casa tua» gli disse
Artemis, sganciandosi il mantello e gettandolo sul divano.
«Cavolo, questo posto è strabiliante!»
esclamò Drew guardandosi intorno. «Come puoi permetterti questi
mobili?».
«Guadagno bene» fu la laconica
risposta.
«Che cosa fai?» domandò Drew
curioso.
«Un po’ questo, un po’ quello. Ben poco di
legale, in ogni caso».
Drew non fece altre domande: probabilmente
era meglio non sapere. «Certo vi trattate bene» osservò però.
Artemis scrollò le spalle. «Non è niente di
che. Forza, ora passiamo agli affari, Fred Tonks».
Qualcosa nel modo in cui pronunciò il nome
fittizio fece sospettare a Drew che la ragazza non gli avesse creduto. Tuttavia
non fece commenti e la seguì alla scrivania. Quando le fu più vicino, notò che
aveva una pistola appesa alla cintura. «E quella?» chiese a disagio.
La ragazza ridacchiò. «È solo una misura
difensiva. Ma non guardare dentro quell’armadio se le pistole ti fanno problemi:
c’è una collezione d’armi che farebbe invidia a un marine».
Drew occhieggiò il mobile in questione per
un istante, poi rivolse la sua attenzione alla bionda. «Allora? Quali sono le
tue condizioni?».
«Sempre così diretto?» lo prese in giro
l’altra. «È una buona qualità: non perderla mai. Comunque, la mia condizione è
una soltanto. Dovrai consegnare una lettera a un mio amico, Zeus».
«Consegnare una lettera?» ripeté Drew,
incredulo. «E perché non lo fai tu?».
«Perché lo dico io. E sono curiosa di vedere
come te la caveresti».
«Tutto qui? Devo consegnare una lettera e tu
mi aiuterai a liberare Hermione?». Gli sembrava troppo strano: c’era sotto
qualcosa.
«Mamma mia, come sei diffidente!» lo schernì
di nuovo Artemis. «Comunque sì, è tutto qui».
Il ragazzo scosse il capo, confuso. «Ma
perché lo fai? Rischi seriamente di rimanere uccisa e in cambio vuoi solo che ti
faccia da piccione viaggiatore? ».
«Sì. Odio il governo di Vol-…del Lord. Sarà
un piacere per me mettergli il bastone tra le ruote. E aiutare voi
dell’Ordine».
«L’Ordine?» la interruppe Drew, un po’
spiazzato. Come aveva fatto a capire che faceva parte dell’Ordine?
Artemis rise della sua sorpresa. «Mica sono
nata ieri, sai? Nel codice del governo "tradimento" sta per "membro dell’Ordine
della Fenice". E se tu vuoi salvare Hermione Granger devi per forza far parte
dell’Ordine. Anche se sono un po’ stupita: non credevo arruolassero anche
ragazzi. Quanti anni, quindici, sedici?».
«Diciassette» rispose Drew
piccato.
«Fresco di Hogwarts, allora. E non fare
quella faccia: se fai parte dell’Ordine è ovvio che sei un mago. Ritornando alle
trattative: accetti o no?».
Drew esitò solo un istante: aveva il vago
sospetto che quella ragazza non gliela contasse giusta. Sembrava sapere troppo
cose. C’era sotto qualcos’altro, di certo. Ma era anche un’occasione
irripetibile. Perciò disse: «D’accordo, accetto».
Le labbra si Artemis si distesero in un
sorriso soddisfatto. «Eccellente. Perciò ho meno di una settimana per trovare il
modo di superare le difese del Ministero e uscire senza farmi catturare. Poteva
andare peggio».
Rivolse un’occhiata perplessa alle spalle di
Drew, poi il suo sorriso si allargò ancora di più. «Forza, Fred. La cena è
pronta».
Drew si voltò: Ares stava mettendo in tavola
quello che sembrava un delizioso arrosto con patate. Pure
esperto di cucina, pensò Drew alzandosi e seguendo la sua nuova
alleata.
*****
Era quasi mezzanotte quando Artemis sigillò
con cura la busta che conteneva la lettera che avrebbe inviato a Zeus tramite
Drew. Si stiracchiò sulla sedia, un pochino assonnata, poi rivolse un’occhiata
irritata al suo muto compagno.
«Vuoi smetterla di guardarmi in quel modo,
Ares?» gli chiese. «Se hai qualcosa dillo chiaro e tondo!».
«Sono solo preoccupato» rispose il gigante
in tono sommesso. «Perché hai accettato di aiutare il ragazzo? Non ci ha nemmeno
detto il suo vero nome…».
«Sai perché l’ho fatto» replicò Artemis con
un sbuffo irritato. «Non fare domande di cui conosci già la risposta. E
comunque, noi non siamo stati più sinceri di lui. Però sarei curiosa di sapere
chi è. Per essersi unito a loro così presto, devono avergli fatto qualcosa di
terribile…».
«Ma ci servono i soldi di quei due» osservò
Ares. «O ti sei dimenticata del debito che abbiamo con Nandes?».
«È ovvio che non l’ho fatto. Ma questo è più
importante!».
La ragazza si alzò, accostandosi all’uomo.
«Inoltre, nulla ci vieta di rispettare aiutare "Fred" e poi recuperare i
documenti che ci sono stati richiesti…».
«Non essere ingenua, Artemis» la rimproverò
Ares. «Anche ammesso di uscire vivi da questa missione suicida, le possibilità
di entrare abusivamente al Ministero due volte in due settimane sono pressoché
nulle».
Artemis non replicò: sapeva che Ares aveva
ragione. «Allora troveremo un altro modo per soddisfare la sanguisuga. Siamo
pieni di invettiva, in fondo. E ce la siamo sempre cavata».
Ares grugnì una risposta non meglio
identificabile. La ragazza lo guardò perplessa. «Non è solo per Nandes che sei
preoccupato, vero? C’è qualcos’altro…».
«Sono preoccupato per te» rispose l’uomo.
«Sei sicura di voler spedire quella lettera? Potrebbero esserci conseguenze
spiacevoli per te…».
Artemis evitò lo sguardo indagatore
dell’amico. Sapeva che aveva ragione. «È un’altra cosa necessaria. Deve sapere
cosa sta succedendo. Per essere pronto e…».
«…Venirci in aiuto, se sarà necessario?»
completò per lei la frase. «Pensi di essere pronta per affrontarlo
nell’eventualità?».
La ragazza scrollò le spalle. «Non sarò mai
pronta. Ma l’incontro con questo ragazzo potrebbe essere un segno del destino.
Forse è arrivato il momento…».
«Da quando credi nel destino, Artemis?» le
chiese Ares, con un sorriso sghembo.
Altra scrollata di spalle. «Quel che sarà,
sarà, amico mio. Adesso è meglio andare a letto. Buona notte».
«’notte, Artemis» rispose l’uomo,
osservandola mentre si avviava nella sua stanza.
Quartier Generale
Dell’Ordine della Fenice,
Londra.
Remus camminava su e giù per la cucina,
incapace di stare fermo, roso com’era dall’ansia. Erano più o meno sette ore che
non faceva che andare avanti e indietro, avanti e indietro. Da quando Christie
era tornata di corsa a Chalmers Road per riferire cos’era successo a Diagon
Alley.
«Remus, la vuoi smettere?» gli chiese Luna
stancamente. «Stai per fare un buco nel pavimento».
Non che lei si sentisse più tranquilla:
seduta al tavolo, ogni tre minuti allungava il collo per vedere se gli altri
erano di ritorno. E stava consumando la quarta tazza di caffè della serata. Non
poteva evitarlo: quando era nervosa, beveva caffè, il che contribuiva a renderla
ancora più nervosa.
«Scusa» Luna, rispose Remus, senza però
accennare a fermarsi. «Ma non riesco a star fermo senza far niente…».
In quel momento la porta si aprì e Sirius,
Christie e Keith entrarono in rapida successione.
«Allora?» chiese Remus, fermandosi al centro
della stanza. «L’avete trovato?».
Le loro facce furono una risposta più che
sufficiente, mentre si sedevano stancamente al tavolo.
«Niente» disse Keith cupo. «Sembra svanito
nel nulla».
«Nemmeno con il mio fiuto sono riuscito a
localizzarlo» aggiunse Sirius sconfortato. «Troppi odori che si confondevano tra
loro; dopo un po’ ho perso la pista…».
«È tutta colpa mia!» esplose a quel punto
Christie, prendendosi il volto tra le mani. «Non dovevo lasciarlo
scappare…».
«Non essere sciocca, Christie» la interruppe
Luna, poggiandole la mano sulla spalla. «Nessuno pensa che sia stata colpa tua.
È già un miracolo che tu sia qui, adesso».
Christie azzardò un mezzo sorriso: dopo che
Drew era fuggito, era riuscita a scagliare un Oblivion su Nott e i suoi
scagnozzi e a mescolarsi tra la folla prima che qualcuno capisse potesse
fermarla o riconoscerla. Un autentico colpo di fortuna.
«Ma è comunque colpa mia: l’ho lasciato
solo…».
«Basta!» intervenne Remus. «Colpevolizzarci
non risolverà la situazione. Ora dobbiamo solo pensare a trovare Drew prima che
lo facciano i Mangiamorte».
«Giusto» concordò Sirius. «Domani mattina
riprenderemo le ricerche. Da qualche parte dovrà pur essere…».
«Adesso è meglio se andiamo tutti a letto»
affermò Luna. «Un po’ di riposo farà bene a tutti».
Gli altri furono d’accordo e uno a uno
lasciarono la cucina. Mentre si dirigevano di sopra Remus bloccò Sirius davanti
alla porta della sua stanza.
«Che succede, Moony?» domandò
l’Animagus.
«So cosa stai pensando, Padfoot. Lo
troveremo vedrai. Drew non è Harry».
Sirius abbassò il capo: dannazione, Remus lo
conosceva troppo bene!
«Hai ragione: Drew è molto più inesperto, è
una preda più facile…».
«Non dirlo» lo interruppe Remus in tono
adirato. «Non dirlo nemmeno per scherzo. Drew non è uno sprovveduto: troverà il
modo di cavarsela».
«Ma…».
«Niente ma, Sirius. Drew tornerà presto a
casa. Fine del discorso, ok?».
«Sì, hai ragione, Remus. Sono
solo…»
«…Preoccupato» concluse per lui il
licantropo. «Anch’io lo sono. Ma dobbiamo essere positivi. Sono sicuro che
questa storia si risolverà al meglio. Buona notte, Padfoot».
«’notte, Moony» rispose l’Animagus, mentre
l’amico percorreva il corridoio, diretto nella sua stanza.
LYRAPOTTER’ CORNER
Scusate, scusate, scusate per il ritardo.
Stati giorni un po’ difficili: tra mia sorella che monopolizzava il computer,
mia madre sempre in giro e i compiti che ormai sono diventati una necessità
impellente, il tempo per scrivere non c’era mai. Inoltre qualche giorno fa,
girando su internet, ho letto una notizia che mi ha fatto completamente passare
la voglia di scrivere, tanto mi ha fatto incavolare…Se leggerete di una pazza
italiana che ha seminato la distruzione negli studi della Warner Bros, sapete di
chi si tratta.
Vabbè, stendiamo un velo pietoso, spero che
questo capitolo vi sia piaciuto, io personalmente morivo dalla voglia di
scriverlo più o meno da tre capitoli, per il semplice motivo che ho finalmente
inserito due personaggi che adoro, Artemis e Ares, ovviamente. Parlando di loro,
quando mi sono venuti in mente, stavo leggendo Artemis Fowl, che mi ha malamente
influenzato, soprattutto nella caratterizzazione di Ares, che mi è uscito molto
simile a un personaggio del libro (qui lo dico e che nessuno venga a dirmi di
aver plagiato). Comunque, spero piacciano anche a voi.
E ora, grazie a:
SakiJune, visto che non l’hanno preso? Il tuo commento è stato davvero
decisivo nel convincermi a inserire il pairing, anche se nella mia testa l’idea
gironzolava già…
Deidara, eccoti servito, spero che il mio stratagemma ti
piaccia!
Lily_Snape, hai visto, donna di malafede, che Hermione la sto salvando? Sarò
anche sadica, ma non l’abbandono al suo destino, povera Herm…
chichetta99, oh, una nuova arrivata. Felice di averti a bordo, mi raccomando
continua a commentare!
Ok, con questo ho concluso, mi raccomando
recensite e alla prossima!!!!!!!
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Capitolo 11 *** Doppio inganno ***
MAGIC WARS
CAPITOLO X: DOPPIO INGANNO
Casa di Artemis e Ares,
Londra.
Quando Drew aprì gli occhi la mattina dopo,
non ricordò subito dove fosse o come fosse arrivato. Dopodiché riconobbe la
piccola camera degli ospiti che Artemis gli aveva offerto la sera prima e tutto
quello che era successo gli ripiombò addosso con la forza di un ciclone: Diagon
Alley, Nott, la fuga, l’accordo che aveva stretto…Niente
male per una sola giornata, considerò, mentre si stiracchiava
sbadigliando e gettava un’occhiata alla sveglia sul comodino. Segnava le 7.30.
Piuttosto presto, pensò alzandosi e recuperando i
vestiti dal termosifone dove li aveva appoggiati prima di andare a letto per
farli asciugare. Si vestì in fretta e uscì dalla camera. Il grande salone era
vuoto e immerso nella semioscurità. Nessuna traccia dei suoi coabitanti.
Che strano! Avrei giurato che nessuno dei due era
tipo da impigrirsi a letto più di tanto. In punta di piedi cominciò a
esplorare la stanza, deciso ad approfittare dell’assenza dei suoi
ospiti.
Certo era stato arredato con molto gusto.
Drew sospettò che la scelta dei mobili fosse stata un’esclusiva di Artemis:
c’era un certo gusto femminile e non sembrava proprio il genere di Ares. Forse
erano i cuscini delle sedie intonati con il divano o il tappeto fantasia, ma
sembrava il classico appartamento di una ventenne…anche se non erano molte le
ventenni che tenevano una collezione di armi da fuoco in un armadio. Drew
osservò con una certa apprensione il mobile in questione, quasi temesse che un
fucile saltasse fuori da solo e gli sparasse. Che cosa
sciocca, si disse, riprendendo il suo piccolo giro.
Mentre osservava il solido soffitto e le
pareti bianche, si chiese come fosse possibile che il palazzo sembrasse così
diroccato visto da fuori e così solido dall’interno: non l’avrebbe nemmeno
creduta la stessa struttura se non l’avesse visto con i suoi occhi. Scrollò le
spalle: l’ennesimo mistero di Ares e Artemis. Era più che certo che quei due
nascondessero qualcosa: il modo in cui la ragazza aveva accettato di aiutarlo
era stato troppo repentino, specie considerando ciò che doveva fare in cambio.
Consegnare una lettera: una cosa che certamente Artemis avrebbe potuto fare
anche da sola. Un altro mistero. Come i loro nomi, ora che ci rifletteva. Ares,
Artemis Zeus: quelli erano i loro veri nomi come il suo era Fred Tonks. E c’era
anche quella fastidiosa sensazione di aver già visto Artemis da qualche parte:
per quanto si sforzasse non riusciva a scacciare quell’impressione. La ragazza
aveva qualcosa di famigliare e sconosciuto insieme. Sospirò, scuotendo il capo:
tutto sommato non è che avesse molta importanza: una volta tratta in salvo
Hermione, sarebbero andati ognuno per la sua strada e non si sarebbero rivisti
più. E lui non era stato tanto più sincero di loro, a pensarci bene.
Per scacciare quei pensieri molesti, si
avvicinò alla grande libreria che occupava quasi tutto il lato destro della
stanza. C’era una raccolta di volumi che avrebbe fatto invidia a una biblioteca:
romanzi di tutti i generi e periodi, ma anche libri di storia, geografia,
mitologia, cultura generale…perfino un’enciclopedia a 22 tomi. Certo, si
accompagnavano a manuali di manutenzione delle armi, guide di arti marziali e
titoli simili, ma sorprendeva di più l’enciclopedia in una casa di tipi del
genere. Di certo non sembrano patiti della lettura,
si disse, studiando una vecchia e piuttosto logora edizione di "Cime
Tempestose".
Con sua somma sorpresa, mentre prendeva
qualche libro a caso, si ritrovò all’improvviso tra le mani un manuale di
pozioni. La cosa in sé poteva anche non essere così strana: recenti piccole
concessioni del governo permettevano anche ai Babbani di studiare pozioni
elementari in particolare corsi universitari. Niente più che rudimenti, ma
comunque qualcosa. Ma quello che Drew stringeva non era certo un libro di
fondamenti: lo aprì sfogliandolo distrattamente. Era senza dubbio un manuale per
pozionisti esperti: Bevanda della Pace, Felix Felicis, Distillato della Morte
Vivente…roba ben al di là dei limiti di un Babbano. Senza contare che a bordo
pagina il testo era spesso integrato con annotazioni a mano. Perplesso, Drew
rimise a posto il libro, per scoprire che molti altri manuali dello stesso
genere affollavano gli scaffali vicini. E non finiva lì: libri di Erbologia,
Cura delle Creature Magiche, Difesa contro le Arti Oscure, Scienza Guaritrice,
perfino un paio sull’arte del Duello…una collezione che avrebbe fatto invidia a
qualunque strega o mago. Drew fissò i tomi, senza riuscire a capire: cosa se ne
facevano due Babbani di tutti quei libri di magia? Pur con tutta la buona
volontà del modo, quasi tutto ciò che era insegnato in quei libri era fuori
dalla portata di qualunque essere non magico.
A meno che…Mentre un incredibile dubbio si affacciava nella sua mente,
l’attenzione di Drew fu colpita da una serie di libri rilegati di nero che
giaceva nell’ultimo scaffale sulla destra. Incuriosito, ne afferrò uno: la
copertina era evidentemente fatta a mano e talmente lisa da lasciar supporre di
essere stata aperta molte volte. L’aprì: sulla prima pagina era scritto, a
caratteri eleganti, il titolo "Maledizione Cruciatus: effetti e possibili
rimedi". Seguivano decine e decine di pagine di annotazioni a mano, appunti e
cancellature, che terminavano con una lunga lista di ingredienti per una
pozione.
Improvvisamente la luce si accese. «Giri in
questo modo furtivo anche a casa tua?». La voce ironica di Artemis lo fece
sobbalzare. Sentendosi un ladro colto in flagrante, rimise velocemente il libro
a posto.
«Affatto» rispose poi, girandosi. «Scusa se
ti ho disturbato».
Rimase un attimo stupito nel vederla: i
capelli biondi le ricadevano sciolti, incorniciandole il viso, indossava un paio
di jeans e una maglia a maniche lunghe azzurra e piuttosto aderente. In quella
veste, più semplice di quella del giorno precedente, era perfino più
carina.
«Non mi hai affatto disturbata, lo rassicurò
la ragazza. «Mi sveglio sempre a quest’ora, se non prima. Cos’hai da guardare?»,
chiese, a disagio.
«Nulla, nulla, sembri solo…diversa. Rispetto
a ieri, intendo…».
Artemis ridacchiò, stringendosi nelle
spalle. «Quando non lavoro, mi piace stare comoda. E il nero non mi piace
troppo, a essere sincera. Vieni, la colazione è pronta».
Si sedettero al tavolo, consumando in
silenzio le uova e pancetta che un sempre muto Ares mise loro davanti. Fu
Artemis a rompere il silenzio.
«Ti piace leggere?» chiese.
Drew la guardò perplesso.
«Scusa?».
«Ti ho chiesto se ti piace leggere, Fred»
ripeté Artemis. «Ho notato che guardavi con un certo interesse la mia
libreria…».
«Oh, sì, mi piace leggere. Molto in
effetti!».
«Beh, sentiti pure libero di prendere
qualche libro, se vuoi. Basta che dopo lo rimetti a posto».
«Ok, grazie!». Drew esitò: doveva tirare in
ballo i libri di magia? Moriva dalla voglia di saperne di più, ma qualcosa gli
suggerì che con tutta probabilità la ragazza non avrebbe comunque risposto alle
sue domande, perciò decise di lasciar perdere. Invece, disse: «Sai, non ti
facevo amante della lettura…».
Artemis lo guardò imperscrutabile. «Perché?»
chiese. «Per come mi guadagno da vivere? Solo perché vivo ai margini della legge
non significa che non sappia apprezzare un classico come "Orgoglio e
pregiudizio"!».
«Hai letto "Orgoglio e pregiudizio"?» chiese
Drew, rendendosi conto troppo tardi di aver dato un intonazione un po’ troppo
incredula alla domanda.
Artemis lo fissò tagliente. «Cinque volte.
Non mi facevi neanche una fan di Jane Austen, vero? Beh, sbagliavi…».
«Scusa, non volevo offenderti. La mia era
solo una constatazione…».
«La prossima volta tieniti le tue
constatazioni per te!» lo liquidò la ragazza, tornando a fissare il
piatto.
Drew fece lo stesso, irritato, chiedendosi
come avesse fatto la conversazione a degenerare così in fretta. Mamma mia, se è suscettibile, però! Di certo ho fatto bene a non
nominare i libri di pozioni: mi sarebbe saltata alla gola!
Il resto della colazione fu consumato in un
pesante silenzio, rotto solo dal tintinnio delle posate contro i piatti. Finito
di mangiare, Drew decise di accettare l’offerta fattagli poco prima; per cui,
comodamente seduto sul divano, si immerse nella lettura de "L’isola del tesoro"
di Stevenson. Le sane avventure di Jim Hawkins e compagnia bella magari
sarebbero riusciti a distrarlo da tutto quello che gli stava succedendo. Ricordò
che da piccolo, quando aveva letto il romanzo per la prima volta, aveva sognato
per mesi di poter incontrare dei pirati e andare per mare a caccia di tesori e
avventure. Tutto sommato, rifletté, sarebbe decisamente meno pericoloso di tutto quello che sto vivendo
adesso. Lanciò un’occhiata ad Artemis, seduta davanti al suo
portatile. Se continuiamo a litigare per niente in questo
modo, mi sa che non ci arriviamo a salvare Hermione: ci ammazziamo prima!
Erano quasi le tre del pomeriggio e Drew era
nel frattempo passato a "I tre moschettieri" per variare un po’, quando Artemis
ruppe la barriera del silenzio. «Vieni qua».
«Perché?» chiese Drew, senza distogliere lo
sguardo dalla pagina.
Era più che certo che la ragazza l’avesse
guardato esasperata, perché quando rispose, sembrava irritata. «Perché ti devo
mostrare dove andare per consegnare la lettera. Vieni qua».
Stavolta Drew decise di ubbidire. Appoggiò
il libro sul divano, si avvicinò al tavolo e scoprì che Artemis stava fissando
una mappa digitale di Londra sullo schermo del computer.
«Allora» cominciò la ragazza, muovendo
veloce il mouse, «ascolta bene perché non te lo ripeterò un’altra volta. Noi
siamo qui» e indicò con il cursore un punto della mappa. «A tre isolati da qui,
in questa direzione, c’è una fermata della metro. Tu scendi e prendi la linea
numero cinque. Il biglietto te lo diamo noi. Scendi alla sesta fermata e
arriverai a Hills Road. Mi segui? Ok, allora prosegui dritto per un centinaio di
metri e poi giri a destra, in Park Street. Cerchi il palazzo n°83 e sali al
secondo piano, interno 9. Entri, non tocchi niente, non guardi niente, troverai
un piccolo camino nel salotto, con un vasetto di Polvere Volante appoggiato
sopra. Ne prendi una manciata e invii la lettera tramite quella. Dopodiché esci
e ripercorri a ritroso la strada fin qui. Domande?».
«Polvere Volante?» chiese Drew allibito.
«Quindi questo Zeus è un mago?».
«Anche i Babbani possono usare la Polvere
Volante, Fred» rispose Artemis. «Non ci vuole mica una grande abilità per
gettare una polverina nel fuoco e scandire un indirizzo!».
«Ma è illegale!». Solo dopo averlo detto si
rese conto di quanto l’affermazione suonasse stupida in quel
contesto.
Infatti Artemis scoppiò a ridere. «Ti sembro
una persona che si fa questo tipo di problemi? Ci potresti scrivere un romanzo
con la mia fedina penale, l’uso di un po’ di Polvere Volante non fa molta
differenza! C’è altro?».
Drew rifletté un secondo, poi chiese: «E
come entro nell’appartamento? Devo scassinare la serratura?».
«Visto che dubito tu sia un buon
scassinatore» osservò Artemis, ridacchiando, «questa è la chiave. Vedi di non
perderla…».
«Quando devo andare?» chiese Drew, prendendo
la chiave dall’aria piuttosto vissuta che Artemis gli porgeva.
La ragazza guardò l’orologio. «La prossima
metro passa tra mezz’ora. Approfittane per memorizzare la cartina».
Drew annuì, prendendo il suo posto davanti
allo schermo: l’itinerario che avrebbe dovuto seguire era sottolineato in
rosso.
Londra
Drew riemerse tossendo dai sotterranei della
metropolitana. Il viaggio era stato tutto sommato tranquillo, anche se il
ragazzo l’aveva trascorso teso come una corda di violino, nel terrore di essere
riconosciuto. Non che adesso, immerso nella chiassosa confusione del centro
londinese, si sentisse più tranquillo. La zona era pericolosamente vicina al
Ministero, poteva vedere il Big Ben svettare non troppo lontano. Non che facesse
molta differenza: vicino o lontano, per lui era un problema anche solo uscire di
casa. Non vedeva l’ora di tornare all’attico di Ares e Artemis.
Si mise perciò a camminare spedito in
direzione di Park Street: nella tasca interna della giacca leggera che
indossava, la busta chiusa con la lettera gli pesava come un macigno: prima se
ne liberava, meglio era!
Trovò senza difficoltà il palazzo
contrassegnato dal numero 83: la tipica palazzina ad appartamenti che si trovava
nel centro di Londra. Drew entrò e salì fino al secondo piano, dove scoprì che
la porta dell’appartamento n°9, oltre che dal numero in ottone come le altre,
era contrassegnata anche da un cartello che portava la scritta a caratteri
cubitali "VIETATO L’INGRESSO: SOTTO SEQUESTRO" e sotto, il Marchio Nero.
Però, questo Zeus deve essersi dato da fare!,
pensò Drew, prendendo la chiave e facendo scattare, con qualche scricchiolio
di protesta, la serratura piuttosto arrugginita. Prima di aprire, si diede una
furtiva occhiata intorno: dopo essersi assicurato che sul pianerottolo non ci
fosse nessuno, abbassò la maniglia e si infilò velocemente dentro, richiudendosi
la porta alle spalle.
L’appartamento era in uno stato desolante: i
pochi mobili ancora presenti erano mezzo distrutti e coperti da tre dita di
polvere, così come il pavimento di parquet. L’aspetto tetro era ulteriormente
alimentato dai pochi raggi di sole che riuscivano a filtrare attraverso le tende
spesse, che immergevano nella penombra il locale. Drew ebbe la netta impressione
che il posto non fosse usato da anni, ma non stesse a lambiccarsi più di tanto.
Si avviò verso il caminetto, posto di fronte a un cencioso divano, che, sotto la
polvere, doveva essere di un allegro rosa confetto.
Trovò senza difficoltà il vasetto colmo di
Polvere Volante, ne prese una manciata e la gettò nell’alcova del camino. Subito
le fiamme smeraldine si levarono sfavillanti. Drew estrasse la busta sigillata
dalla tasca, esitò solo un istante poi la gettò nel fuoco. Lettera e fiamme
sparirono quasi contemporaneamente. Solo allora, mentre si rialzava
spolverandosi i jeans, Drew realizzò che non aveva idea di dove la lettera fosse
stata spedita: Artemis non gli aveva dato nessuno indirizzo. Ne dedusse, visto
che la missiva era comunque sparita, che doveva essere un camino a una sola
uscita, come quello che collegava casa Riddle al Quartier Generale. Chissà dove conduce?, si chiese mentre usciva,
richiudendo a chiave, ben lieto di lasciare quel luogo triste. Probabilmente a casa di questo fantomatico Zeus, chiunque sia.
Sarei curioso di sapere come ha fatto Artemis ad avere la chiave di un
appartamento sotto sequestro…ma forse è meglio di no!
Ritornato in strada, sentendosi decisamente
più leggero, si stava riavviando verso l’ingresso della metro, quando una
ventina di passi avanti a lui vide tre uomini in mantello nero parlare fitto,
fitto tra loro. Impossibile non riconoscerli come Mangiamorte! Invocando il nome
di tutti i santi che gli venivano in mente perché non lo vedessero, Drew si
bloccò in mezzo al marciapiede; stava già facendo dietro-front, pronto a
svignarsela il più velocemente possibile, quando uno di loro lo indicò,
parlottando a mezza voce con gli altri due. Subito dopo si sentì apostrofare con
un "Ehi, tu, fermati un po’!", ma il ragazzo si era già lanciato a razzo nella
direzione opposta. Merda!, pensò sentendo i
passi dei tre che partivano al suo inseguimento. E stavolta non c’era nessuna
Christie a distogliere l’attenzione. Almeno riuscissi a
raggiungere la strada principale, forse potrei mescolarmi nella folla!
Appena finito di formulare questo pensiero, avvertì il fischio di una
maledizione passargli a dieci centimetri dal viso e andare a colpire la casetta
delle lettere davanti a lui, cosa che lo spinse ad accelerare ulteriormente
l’andatura e a estrarre la bacchetta. Non sapeva bene cosa avrebbe potuto farci,
considerato i brillanti risultati che aveva conseguito nel tentativo di Duello
con Sirius, ma di certo non si sarebbe lasciato catturare senza combattere. Si
chiese vagamente quanto avrebbe resistito prima che i limiti del suo corpo gli
imponessero di fermarsi e affrontare i suoi inseguitori. Non molto, considerò, sentendosi già il fiato mozzo.
Altro che salvare Hermione: finisco direttamente a farle
compagnia!
Si abbassò, schivando per un pelo uno
Schiantesimo e girò in una via secondaria, sperando di riuscire a seminare i tre
Mangiamorte. Lungo il tragitto, fece anche cadere qualche cassonetto
dell’immondizia, sperando di riuscire a rallentarli. Ma nulla servì: i passi
veloci dei tre risuonavano costantemente alle sue spalle, sempre più vicini,
accompagnati di tanto in tanto dal fruscio di un incantesimo
lanciato.
Cominciava ormai a disperare di riuscire a
cavarsela questa volta, quando, subito dopo aver girato un altro angolo, una
mano robusta lo afferrò per il bavero della maglia e lo trascinò in un vicoletto
laterale, mescolandolo con le ombre. Istintivamente, Drew si mise a scalciare
per tentare di liberarsi da quella presa ferrea, quando riconobbe il volto
severo di Ares.
«Fermo e zitto, ragazzo!», gli intimò secco
il gigante. Forse per la sorpresa di sentirlo finalmente parlare, Drew smise
all’istante di dimenarsi.
Immobili, i due attesero di vedere i tre
Mangiamorte passare e proseguire la loro corsa, finché l’eco dei loro passi non
morì in lontananza. Drew tirò un sospiro di sollievo, rilasciando il respiro che
quasi inconsciamente aveva trattenuto.
«Gra-» fece per dire, ma Ares lo sollevò
letteralmente di peso, caricandoselo in spalla, e senza sforzo si fece strada
tra i cassonetti del vicolo.
«Ehi, so camminare da solo» protestò Drew,
mollandogli qualche pugno che l’altro non mostrò nemmeno di sentire.
Ares si guardò intorno guardingo, dopodiché
mormorò con voce roca: «Tieniti forte!».
Prima di capire cosa volesse dire, Drew si
ritrovò stretto in un’oscurità soffocante, come se fosse stato infilato a forza
in un tubo di gomma. Quando poté di nuovo respirare e riaprì gli occhi, si rese
conto che si trovavano davanti all’ingresso che portava all’attico di Artemis.
«Ma cosa…» cominciò, mentre Ares si avviava
veloce su per le scale, sempre tenendolo in groppa, poi capì:
Smaterializzazione. Ares sapeva smaterializzarsi! Ma allora era un
mago!
Con la mente in subbuglio, fu scaricato
senza troppe cerimonie al centro del salone, trovandosi davanti una livida
Artemis, che stringeva tra le mani un giornale arrotolato.
«Cosa è successo?» chiese in tono
preoccupato ad Ares, il quale si stava sfilando la giacca.
«Tre Mangiamorte: niente di serio» la
rassicurò l’uomo.
La ragazza annuì distrattamente, poi rivolse
la sua attenzione a Drew. «Bene, ora io e te facciamo due chiacchiere» esordì,
chiaramente furibonda.
«Che succede?» chiese Drew, un po’ spaesato:
possibile che fosse così arrabbiata per l’incidente appena trascorso?
«Che succede?» ripeté Artemis. «Mi chiedi
pure che succede? Succede che sulla prima pagina del numero odierno del
"Profeta" capeggia la foto di un certo Andrew H. Potter, figlio di cotanto
padre. E indovina un po’: assomiglia tutto a te…» e gli gettò in faccia il
giornale.
Drew vide la vecchia foto dell’annuario, che
da un mese a quella parte appariva quasi quotidianamente sui giornali, e la
solita richiesta d’informazioni utili in cambio di denaro. Tornò poi a guardare
Artemis, senza sapere cosa dire. La ragazza gli lanciò un’occhiata che avrebbe
incenerito una pietra.
«Contavi di informarmi che davo asilo al
ricercato n°1 del paese oppure la ritenevi un’informazione superflua?».
«E che ne sapevo io di come avresti
reagito?» ribatté Drew, che cominciava a scaldarsi a sua volta. «Che ne sapevo
che non mi avresti consegnato?».
«Mi pare ti averti fatto capire abbastanza
chiaramente quanto odi il Ministero e tutti coloro che lo rappresentano! O mi
credi davvero così stronza?!».
Ormai urlavano tutti e due: era come se
nella stanza non ci fosse nessun’altro, solo loro due che litigavano. «Non ti
conosco neppure!» ribatté Drew. «Come potevo fidarmi di te fino a questo
punto?».
«Io NON tradisco le persone che mi accordano
la loro fiducia. Meno che meno coloro con qui stringo un affare di qualunque
tipo. E siccome metto in ballo anche la mia vita e la mia libertà, avevo tutto
il diritto di essere…».
«…Informata della mia identità?» la
interruppe Drew. «Perché? Avrebbe fatto differenza?».
«Ne avrebbe fatta eccome!» ribatté Artemis,
alzando ulteriormente il tono.
"Perché?» chiese Drew. «Non avresti aiutato
se avessi saputo la mia identità?».
«Ma certo che ti avrei aiutato!» rispose
lei, dando l’impressione di essere appena stata insultata.
«E allora?».
«Allora, tanto per cominciare non ti avrei
mandato a spalle scoperte in mezzo a Londra, facendoti correre il rischio di
farti catturare!».
«Ma non è successo! Sto bene!».
«Non è questo il punto!» obiettò la ragazza.
«Se vogliamo che questo accordo vada a buon fine dobbiamo essere sinceri tra
noi…».
«Artemis…». La voce di Ares si levò come un
monito nel salone, ma entrambi i ragazzi lo ignorarono.
Drew ormai non ci vedeva più: era sempre
così quando si scaldava, prendeva e partiva per la tangente. E l’ultima frase di
Artemis fece traboccare tutti i dubbi che si era tenuto dentro nelle ultime
ventiquattro ore.
«Sincerità?» ripeté, quasi incredulo.
«Tu vieni a parlare con me di sincerità? Senza offesa ma suona un po’
ipocrita da parte tua…».
«Di che parli?» chiese Artemis, presa in
contropiede.
«Parlo delle decine di libri di magia che ci
sono su quegli scaffali. E del fatto che il tuo amico, per riportarmi qui, si è
smaterializzato. Voi siete dei maghi, non è vero?».
«Cosa hai fatto?» esclamò invece Artemis,
rivolta ad Ares. «Ti sei smaterializzato?».
L’uomo si strinse nelle spalle. «Era il modo
più veloce e sicuro per tornare qui. Mi dispiace, ma il ragazzo ha ragione:
dobbiamo dire la verità».
«Ares, perché?» chiese la ragazza, con un
tono di voce che sorprese Drew: era colmo di sconforto.
«Non prendertela con lui e ammettilo: tu sei
una strega!» continuò il ragazzo.
«Io non sono una strega» ribatté però la
ragazza, sempre con quel tono triste, distogliendo lo sguardo.
Drew la guardò allibito: tutta la rabbia
della ragazza sembrava sparita, soppiantata da un vago disagio e da quella
rassegnata tristezza. Tuttavia Drew non voleva cedere: ora che aveva cominciato,
era più intenzionato ad arrivare fino in fondo a quella storia.
«Non hai appena finito di dire che dobbiamo
essere sinceri tra noi?» riprese perciò. «Ho visto quei libri: sono pieni di
cose che nessun Babbano potrebbe sapere. Sii sincera e di la verità: tu sei una
strega!».
«La verità?, gridò Artemis, girandosi verso
di lui. «Vuoi la verità? Eccola qui, la tua verità!».
Detto questo, con somma sorpresa di Drew, si
sfilò la maglia, scoprendosi il busto: sotto indossava solo un semplice
reggiseno nero. Il primo istinto di Drew fu distogliete lo sguardo, imbarazzato
a morte, senza capire cosa intendesse fare la ragazza. Poi qualcosa colpì la sua
attenzione: una macchia nera che dalla spalla destra si allungava già fino al
gomito. Guardando più attentamente, scoprì che era una specie di tatuaggio. Per
un istante pensò al Marchio Nero, poi ricordò che quello veniva tatuato
sull’avambraccio. Inoltre, vedendolo da vicino, scoprì che il disegno era
diverso: quello di Artemis ritraeva sì un serpente, con la bocca spalancata e le
zanne velenose in bella vista, ma attorcigliato intorno a una bacchetta magica,
spezzata a metà. Drew rimase a fissare allibito quello strano
marchio.
Dall’altra parte della stanza, Ares
osservava sconfortato la scena, non sapendo cosa dire o fare.
«Lo sai cos’è questo, Andrew Potter?» chiese
Artemis con voce atona. «Quelli a cui viene posto lo chiamano Marchio del
Diavolo; il suo vero nome è "Inibitore di magia volontaria". Pomposo, non
trovi?».
«Che cosa fa?» chiese Drew scandalizzato,
non osando credere a ciò che la ragazza gli stava dicendo.
Invece lei sorrise tristemente, rinfilandosi
la maglia. «Hai capito bene. Questo, questo …"coso"…mi impedisce di usare la
magia tramite una bacchetta. Se provassi a fare un incantesimo, anche il più
semplice, mi ucciderebbe. Perciò ciò che ti ho detto prima è vero: io non sono
una strega. Non più almeno».
Drew notò che aveva le lacrime agli occhi:
la ragazza se le asciugò con un gesto stizzito. Il ragazzo la osservava
allibito: come si poteva fare una cosa tanto orribile a una persona? Togliere a
un mago la sua magia era quasi come togliergli la vita stessa. Cosa poteva aver
fatto una ragazza poco più che adolescente di tanto grave da meritarsi una
simile condanna? C’è qualcosa che il governo di Voldemort
non ha ancora fatto? Quante vite sono state rovinate come quella di
Artemis?
La ragazza lo guardò, con un sorriso per
niente convincente dipinto sul volto. «Ti ho sconvolto, Andrew
Potter?».
I loro occhi si incrociarono per un istante,
verde contro ambra: Drew fu attraversato dalla netta impressione di aver già
visto occhi simili da qualche parte. Ma ancora una volta non riuscì a collegare
un volto a quella sensazione.
«Perché l’hanno fatto?» chiese incerto:
forse lei preferiva non parlarne.
Tuttavia, dopo un attimo di esitazione,
Artemis rispose: «Ho semplicemente pestato i calli alle persone sbagliate.
Quello che ho fatto non era abbastanza grave per farmi meritare la morte o
Azkaban, così i giudici ripiegarono su questo…Sono stata tra le prime a essere
"inibita", sai? Forse avrebbero fatto meglio ad uccidermi: in fondo mi avrebbero
fatto un favore. Una persona con il Marchio del Diavolo diventa niente per la
società; ho perso tutto: i miei amici, la mia famiglia, il mio futuro, la mia
vita…per questo mi sono data alla vita criminale: non avevo niente da perdere».
«Mi dispiace, Artemis» mormorò Drew,
sincero.
«Non mi occorre il tuo dispiacere» replicò
secca la ragazza. «In fondo sono passati tre anni: ormai ci ho fatto
l’abitudine. Più o meno!».
«Me ne devo andare?» chiese Drew, titubante,
dopo alcuni istanti di silenzio.
«Andare?» ripeté Artemis, stupita e
perplessa. «E perché di grazia?».
«Non sei arrabbiata con me?» replicò
Drew.
«Abbiamo stretto un accordo» gli ricordò la
ragazza. «E io mantengo sempre gli impegni presi. Dimentichiamo questo storia,
Andrew: abbiamo mentito entrambi».
«D’accordo» disse Drew, sorridendo
sollevato. «Ma chiamami Drew: mi chiamano tutti così».
Poi gli venne in mente una cosa che nella
foga del litigio aveva scordato. «Come ha fatto Ares a trovarmi?».
Artemis arrossì, un po’ a disagio. «Gli ho
chiesto io di andare a cercarti» ammise. «Dopo aver visto la tua foto sul
giornale, ho pensato che potessi aver bisogno di aiuto. Ares è l’ideale per
situazioni del genere».
La ragazza guardò con affetto il gigante,
che ora che la lite si era sedata e l’atmosfera era più leggera, si era seduto
al computer. Era evidente che era molto affezionata a quel l’uomo. Drew non
seppe trattenersi dal fare un'altra domanda. «Come vi siete
conosciuti?».
La ragazza lo guardò, con un ghigno
divertito. «Fai troppe domande Drew, osservò. «Vieni: sediamoci e ti racconterò
qualcosa della nostra vita».
Drew ubbidì, seguendo la ragazza sul divano
e preparandosi ad ascoltare la sua storia. Occhieggiò un attimo Ares, che non
sembrava minimamente interessato alla discussione, malgrado si stesse parlando
di lui.
«Dopo essere stata rilasciata» cominciò
Artemis, «ho vissuto per la strada. Vivevo alla giornata, rubacchiando per
mangiare, cercando di adattarmi alla vita da Babbana. Non sono stati mesi
facili: la frustrazione di non poter usare la magia, la fame, il freddo, la
mancanza della vecchia vita…Ma non sono mai stata il tipo di ragazza che si
piange addosso o rimpiange il passato. Puntavo a sopravvivere, mi accontentavo
di poco e tiravo avanti, nella speranza che il giorno dopo sarebbe andata
meglio. Dopo circa tre mesi…sì tre mesi, di quella vita, ho incontrato Ares. O
meglio diciamo che è stato lui a incontrare me. Ero poco lontano da qui, quando
quattro brutti ceffi mi hanno aggredito. Ti lascio immaginare cosa volessero
farmi…comunque Ares mi salvò. Avrai notato che non è il tipo che si fa mettere i
piedi in testa da qualcuno: cacciò via quei deficienti con la coda tra le gambe
e la faccia da cane bastonato. Non so cosa mi spinse ad attaccarmi a lui: forse
capii che era una persona speciale. E avevo ragione: diventai più o meno al sua
protetta. È solo merito suo se adesso sono qui a parlare con te e non in un
vicolo mezza morta di fame o qualcosa del genere».
Entrambi si girarono verso il diretto
interessato, che continuava imperterrito il suo lavoro davanti allo
schermo.
«Ma anche lui è un mago, vero?» chiese Drew.
«Insomma, si è smaterializzato!».
Artemis annuì sorridendo. «È un Babbano di
nascita, confermò infatti. «Quello che viene volgarmente detto
Sanguesporco».
«Credevo che fossero stati tutti uccisi dai
Mangiamorte…» disse Drew.
«Non tutti» rispose la ragazza. «Alcuni sono
riusciti a nascondersi. Tra questi c’è anche il nostro amico. Aveva venticinque
anni, quando Vol-…il Signore Oscuro prese il potere, e fu costretto a
nascondersi per sfuggire allo sterminio. Per non farsi rintracciare dal
Ministero smise di usare la magia quasi completamente, se non per estrema
difesa. A suo favore giocò il fatto che fosse un abilissimo Duellante. Uno dei
migliori: credo che prima di dovessi nascondere abbia vinto parecchie gare, ma
non ne sono certa. Parla di rado della sua vita di prima…in tutto questo tempo
non mi ha mai neppure detto il suo nome. Per me, lui è sempre stato solo Ares e
nient’altro».
«Come il dio greco della guerra, giusto?» la
interruppe Drew.
«Giusto» confermò la ragazza. «Direi che è
appropriato per un combattente quale è lui, no?».
«E tu perché ti fai chiamare come la dea
della luna?» chiese Drew incuriosito.
Artemis gli sorrise enigmatica. «Certo ne
sai di cose di mitologia greca, Drew Potter!» osservò. «Comunque, ti stavo
raccontando di Ares, no?» riprese, eludendo la domanda del ragazzo.
«Dicevo…poiché smise di usare quasi totalmente la magia, studiò a fondo le
tecniche di difesa babbane. Per guadagnarsi da vivere, cominciò a lavorare per
un contrabbandiere d’armi, anche se presto riuscì a distinguersi abbastanza da
mettersi in proprio. Così si è procurato quest’attico. Quando ci siamo
conosciuti, mi ha insegnato il mestiere, se così si può dire. Siamo diventati
una specie di società. E questa è la nostra storia. Soddisfatto?».
«Direi di sì» rispose Drew. Al ragazzo non
era sfuggito il modo in cui Artemis aveva svicolato la sua domanda, ma ormai
sapeva abbastanza di lei per capire che pressarla, l’avrebbe solo fatta
arrabbiare di nuovo.
«Che te ne fai di tutti quei libri di magia
se non puoi usarla?» chiese invece.
«Non sei mai sazio di risposte, eh?» osservò
la ragazza. «Non posso fare magie con la bacchetta: infatti di libri di
Incantesimo o Trasfigurazione non ne ho perché sarebbero inutili, almeno dal
lato pratico. Ma niente mi impedisce di fare pozioni, seppur alla maniera
Babbana, o allevare Snasi, se ne avessi voglia».
«Devi essere brava» considerò
Drew.
«Cosa te lo fa pensare?».
«Ho aperto uno dei tuoi libri: era pieno di
scritte a mano». Esitò un istante, ma decise che era meglio non citare il
manoscritto sulla Cruciatus.
Artemis annuì. «Molto tempo e pazienza mi
hanno portato ad affinare incredibilmente le mie capacità di pozionista. Sai,
quando ti tolgono tutto, ti concentri su quel poco che ti è rimasto».
Rimasero in silenzio per un po’, ognuno
immerso nei propri pensieri.
All’improvviso, Artemis esclamò: «Mi è
appena venuto in mente: tu mi hai raccontato un'altra bugia!».
Drew la guardò spaesato. «No, non è vero!»
si difese: non capiva di cosa stesse parlando la ragazza.
«Oh sì, invece, ribatté lei in tono leggero.
«Mi hai detto di essere fresco di Hogwarts, ma è ovvio che non puoi esserci
andato!».
«Oh no, cara» obiettò Drew, più rilassato.
«Tu l’hai detto: io semplicemente non l’ho negato!».
Artemis fece per replicare, ma si bloccò.
«Hai ragione» ammise. «È andata così. Ma questo non toglie che tu di magia ne
sappia quanto una pulce, dico bene…».
«Ehi!» protestò Drew offeso. «Potrei anche
offendermi, sai?». E mise su una faccia indignata, incrociando le braccia al
petto. Artemis lo guardò eloquente. «Ok, ok» borbottò il ragazzo. «È vero:
studio magia da un mese circa. Ma ho imparato in fretta. Cominciò a
destreggiarmi abbastanza bene…».
«E con i Duelli come te la cavi?» chiese
Artemis, curiosa.
Drew non rispose, mentre il ricordo
dell’unico penoso Duello magico della sua vita gli ritornava alla mente.
«Stendiamo un velo pietoso, che ne dici?».
La ragazza ridacchiò, una luce strana negli
occhi. «Mi è appena venuta in mente un idea pazza. Ares, hai programmi per la
prossima settimana?».
L’uomo la guardò interrogativo. «Niente più
del solito. Perché? Non mi piace quella faccia…».
«Neanche a me» gli fece eco Drew. «Cosa stai
tramando?».
«Tu» disse Artemis, indicando il ragazzo,
«prenderai lezioni da Ares e imparerai a Duellare».
La mascella di Drew quasi toccò il
pavimento, tanto spalancò la bocca. Rivolse un’occhiata dubbiosa ad Ares: se era
stato messo fuori gioco in meno di un minuto da Sirius, che comunque non era un
fuoriclasse, quanto ci avrebbe messo quello che una volta era un campione per
farlo fuori?
«Non se ne parla!» esclamò.
«Perché?» chiese Artemis, con un’espressione
delusa.
«Perché…perché…perché no!».
«Ottime argomentazioni. Non ti consiglio di
intraprendere la carriera di avvocato, Drew!».
«Non se ne parla» ripeté deciso il ragazzo,
incrociando le braccia.
«Andiamo: se vuoi venire anche tu a salvare
Hermione, devi pur essere in grado di difenderti…».
«Frena, frena un po’!» esclamò Drew balzando
in piedi e piantandosi di fronte alla ragazza. «Chi ha detto che verrò anch’io
al Ministero?».
«L’ho detto io! Se devo rischiare la mia
libertà, è giusto che lo faccia anche tu!».
«Ma non posso nemmeno uscire di
casa!».
«Pozione Polisucco, bello. Invenzione
prodigiosa! Gli altri dettagli sono ancora da definire…».
«Ma io…».
«Niente storie» lo interrupe la ragazza. «Tu
verrai. Ora scegli: puoi prendere lezioni da Ares e in questo modo evitare di
farti ammazzare oppure non farlo e venire fatto fuori da primo Mangiamorte con
una mira abbastanza buona. Che mi dici?».
Drew la fissò: la ragazza lo fronteggiava
con un sorriso soddisfatto in volto. E capì di aver perso: non avrebbe mai
potuto evitarlo. «D’accordo, lo farò» borbottò perciò, un po’
contrariato.
«Eccellente!» esclamò Artemis. «Per te non
ci sono problemi, vero, vecchio mio?».
Ares scosse il capo. «Sarà divertente!»
affermò
Drew guardò prima l’uomo, poi la ragazza
entusiasta e si sentì nervoso come mai prima d’allora. Perché ho l’impressione che sarà un
massacro?.
LYRAPOTTER’S CORNER
Ecco a voi il nuovo capitolo, stavolta
dopo "solo" una settimana. Mi dispiace, sono io la prima che vorrebbe
aggiornare, ma il tempo é quello che è (trovatemi una Giratempo, magari riesco a
pubblicare con più frequenza!!!!!).
Questo capitolo poi è un caso un po’
particolare: siccome il computer l’aveva sempre mia sorella quando mi veniva
voglia si scrivere, ho ripiegato sui cari vecchi carta e inchiostro. Erano un
paio di secoli che non scrivevo più a mano (se escludi la strutturazione dei
capitoli) e mi ero dimenticata quanto adorassi tenere in mano una penna.
Pensate, parte del capitolo l’ho scritta appollaiata su un sasso in riva al
fiume vicino a casa mia, una vera goduria!!!!!!! L’unico neo di tutto questo è
il doverlo poi ricopiare su Word per poter pubblicare, perciò non so come e
quando lo farò di nuovo!!!!!
Inoltre questo capitolo ha anche segnato
un altro importante passaggio: Magic Wars ha trovato ufficialmente una mascotte
ispiratrice, ovvero un asinello di peluche di nome Lollo (niente commenti sul
nome, aveva tipo otto anni quando l’ho battezzato) che ho per caso ripescato da
un baule e che d’ora in poi mi accompagnerà nella stesura della
storia!!!!!!!
Vabbè, ho finito con gli sproloqui e
passo perciò ai ringraziamenti.
Deidara, ehi, sei tornato dalle vacanze giusto in tempo!!!! Spero siano
andate bene e sono felice di averti sorpreso!!!!
SakiJune, accidenti, mi hai già beccato!!!!!!! E io che speravo di tenerti
sulle spine almeno per un altro capitolo, uffa!!!!! Per la questione Burrobirra,
io la vedo in questo modo: con i maghi allo scoperto, i beni magici di consumo
come cibo e bevande sono entrati anche nella vita dei Babbani. Perciò vengono
serviti anche nei pub Babbani. Vuoi vedere Remus contento? Aspetta ancora
un po’ e vedrai…
bulmettina, una nuova commentatrice, che bello!!!!! E una fan del mitico
Artemis Fowl! Spero che ti piaccia anche questo capitolo!!!!!
chichetta99, non preoccuparti, Ares e Artemis non sono dei male
intenzionati.
Approfitto per ringraziare di cuore
anche Caillean, che ha commentato la mia shot
su Remus e Dora. Siccome segui anche Magic Wars, so che leggerai questo
ringraziamento. Spero che commenterai anche questa storia!!!!!
Con questo concludo e vi saluto. Mi
raccomando recensite, bacibaci!!!!!!
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Capitolo 12 *** Missione suicida ***
MAGIC WARS
CAPITOLO XI: MISSIONE SUICIDA
Quartier Generale
Dell’Ordine della Fenice,
Londra.
Sirius fissava con sguardo perso e il mento
appoggiato contro il tavolo una bottiglia piena di Whisky Incendiario, diviso
tra la sua coscienza (dell’aspetto di un piccolo Remus vestito da angioletto)
che gli urlava a squarciagola che ubriacarsi non era la soluzione per nessuno
dei suoi problemi e il desiderio di cancellare almeno per qualche ora il senso
di angoscia che gli attanagliava il cuore, quando Luna entrò in cucina. La donna
fece saettare gli occhi dall’uomo alla bottiglia stappata di fronte a lui, fece
due più due ed esclamò, indignata: «Non azzardarti neppure Black, hai capito? »
e gli tolse da sotto il naso la bottiglia, veloce come un gatto, e ne rovesciò
il contenuto nel lavandino. Sirius non protestò: quando Luna lo chiamava per
cognome era sempre un brutto segno. E il fatto che non avesse nemmeno voglia di
darle fastidio lo era ancora di più. Con un gemito afflitto, tornò a fissare il
punto dove prima giaceva la bottiglia.
Luna lo guardò preoccupata, dando una veloce
girata allo stufato che contava di servire per cena.
«Ehi, Sirius?» disse poi titubante,
sedendosi di fianco all’Animagus. «Tutto bene?».
«Tutto bene un corno!» ribatté l’altro,
seccato. «Ho una maledetta voglia di rompere qualcosa. O meglio ancora, di
spaccare la faccia a qualcuno. Avrei giusto un paio di nomi in
mente…».
Luna gli poggiò una mano sulla spalla. «Ti
capisco. Ci sentiamo tutti così. Ma non è ubriacandoti che ci aiuterai a
ritrovare Drew…».
«Ora mi sembri Remus» ridacchiò Sirius,
sollevando lo sguardo verso la donna, sentendosi più vicino a lei ti quanto non
lo fosse mai stato.
La guardò con intensità, desiderando più che
mai di poter annullare la distanza che li divideva e baciarla, ma lei dovette
intuire i suoi pensieri perché si scostò bruscamente e tornò ai fornelli, rossa
in viso. «Lo prenderò per un complimento» borbottò, imbarazzata. «Comunque sai
che ho ragione» aggiunse, cercando di ridarsi un contegno.
Sirius annuì. Un passo
avanti e due indietro, pensò prima di dire: «Sì, lo so.
Razionalmente. Ma quando penso che ormai è sparito da quasi ventiquattro ore,
non posso evitare di pensare che…».
«Non dirlo!» esclamò Luna, interrompendolo e
riavvicinandosi a lui, l’imbarazzo dimenticato. «Drew sta bene, ne sono certa.
Più che certa. E presto sarà di nuovo a casa…».
«Remus ha detto più o meno lo stesso ieri
sera…» osservò Sirius, sempre in tono depresso.
«E allora, forse dovresti darci retta! Da
quando sei diventato così pessimista, Sirius?».
«Mmmm, fammici pensare…»rispose in finto
tono meditabondo. «Direi che sono più o meno diciassette anni che non riesco più
a pensare positivo al 100%, anche se ho avuto i miei alti e bassi…».
«Fammi indovinare, adesso sei in fase
bassa».
«Direi quasi sottoterra, bimba» e ritornò
alla sua posizione iniziale. Luna agì quasi d’istinto, passandogli la mano tra i
capelli in un gesto consolatorio. Sirius non si mosse, timoroso di spezzare quel
bel momento.
La porta d’ingresso si aprì di colpo,
lasciando entrare un trafelato Keith. Sia Luna che Sirius scattarono
all’indietro come molle, la prima nuovamente imbarazzata per l’attimo di
debolezza, il secondo improvvisamente desideroso di compiere un
omicidio.
«Qualche novità?» chiese Luna speranzosa,
fissando con intensità il giovane.
Keith scosse il capo desolato. «Ho cercato
dappertutto qualche traccia, ma è impossibile dire che strada abbia preso.
Forse, con Sirius avremmo più fortuna…».
«Stanotte» promise Sirius. «Continuerò a
cercare fino a farmi cascare il naso, se è necessario. Una qualche pista dovrà
pure averla lasciata».
«Ok» ribatté Keith. «Allora io e Christie
veniamo qua dopo cena. Ora scusate, devo tornare al Ministero; sono passato solo
per dirvi questo…».
«Vuoi una tazza di the?» chiese Luna
educatamente.
«No grazie, devo proprio scappare». Detto
questo, uscì di corsa. Luna e Sirius sentirono il crac mentre si
smaterializzava.
«Non lo invidio per niente» disse Luna,
allontanandosi di nuovo da Sirius. «Non oso immaginare la tensione che lui e
Christie devono provare ogni giorno…Credo proprio che impazzirei: il doppio
gioco non fa per me!».
«Sono d’accordo: deve essere davvero dura
per loro. Ma, perlomeno, se escono di casa non corrono il rischio di essere
fatti fuori…».
Luna aveva già sulle labbra una risposta,
quando dal salotto giunsero degli strani rumori: prima qualcosa di simile a una
fiammata e poco dopo un tonfo.
Sirius balzò in piedi, precipitandosi fuori
dalla cucina, con Luna alle calcagna e la bacchetta già in mano. Bacchetta che
gli scivolò tra le dita quando vide Remus, steso a terra di fronte al camino,
un’espressione sofferente dipinta sul volto, una mano stretta sul
petto.
«REMUS!» gridò, precipitandosi al fianco
dell’amico. «Luna, la pozione!».
Un richiamo inutile, visto che la donna era
già corsa in cucina e stava tornando con un flacone pieno di liquido scarlatto.
Sirius quasi glielo strappo di mano, lo stappò con foga e lo fece bere Remus,
riverso in terra, pallido come un cadavere. Lentamente, il respiro dell’uomo
tornò regolare, un po’ di colore riapparve sulle guance e il volto si
distese.
Anche Luna si rilassò e rivolse la sua
attenzione a Tonks, che seduta sul divano, si guardava intorno nervosa, messa in
agitazione da tutto quel trambusto.
«Ehi, Moony, tutto ok?» chiese Sirius
ansioso, ancora teso come una corda di violino.
«Credo di sì» mormorò l’altro facendo forza
sulle mani per tirarsi seduto. «Di certo sono stato meglio…» aggiunse,
massaggiandosi il petto.
«Sicuro?» domandò ancora Sirius. «Forse è
meglio se ti stendi un attimo…».
Remus scosse il capo con forza. «Sto bene»
Padfoot. «Non fare come Molly, per piacere!».
Sirius si finse scandalizzato per quel
paragone a suo parere poco lusinghiero.
«Cosa è successo?» chiese Luna, mentre
cullava lentamente Tonks nel tentativo di calmarla.
«Abbiamo sentito come una vampata…» le fece
eco Sirius.
«È arrivata questa. Il camino l’ha sputata
fuori…» e porse a Sirius un pezzo di pergamena stropicciato.
L’Animagus lo distese esitante e cominciò a
leggere: era una lettera. Fin dalla prima riga poté capire cosa avesse tanto
sconvolto Remus; e man mano che leggeva il suo stupore aumentava. Quando ebbe
finito, rivolse il suo sguardo all’amico che lo guardò a sua volta.
«Ti prego, dimmi che non me lo sono
immaginato…» mormorò il licantropo, con una luce di speranza e felicità negli
occhi.
«No, Moony» gli rispose Sirius, sorridendo.
«Non te lo sei immaginato. Forse le cose cominciano a girare dal verso
giusto».
Casa di Artemis e Ares,
Londra.
«Avanti, in piedi e riprova!».
Masticando un’imprecazione, Drew si tirò in
piedi, facendo forza contro il muro. Era più che certo di non essersi mai
sentito così male in vita sua: era convinto che non ci fosse più una sola parte
del suo corpo che non fosse coperta da qualche livido o botta di qualunque
genere. Ancora un po’ e gli avrebbero fatto male perfino le unghie dei piedi!
Questo era il prezzo che aveva dovuto pagare in cambio di sei giorni di
allenamenti quasi no stop con Ares.
E l’uomo non era certo uno che ci andava giù
leggero: durante il primo Duello che avevano tenuto, se di Duello si poteva
parlare, era stato messo fuori gioco prima ancora di sollevare la bacchetta. Era
stato sbattuto con tale violenza contro il muro che era quasi svenuto. Ares
l’aveva liquidato con un "Troppo lento: in piedi e riprova!".
E aveva riprovato. E riprovato. E riprovato.
Fino allo sfinimento. Ormai c’era un buco con la sua sagoma nel punto in cui
cozzava contro la parete! E ogni singolo duello che aveva sostenuto si
concludeva con lui che cozzava contro la parete. O se proprio gli andava bene,
sul pavimento. Non che si aspettasse seriamente di battere Ares: gli era bastato
il primo fulmineo scontro per capire che era un fuoriclasse e che le speranze di
sconfiggerlo erano meno di zero. Però un pochino di pietà non avrebbe fatto
male: le loro sessioni di allenamento duravano fino a dieci ore, tra mattina e
pomeriggio, e considerato che la durata media di un duello era di un minuto o
due al massimo, ne aveva fatti di voli! Ma l’uomo non si era mai scomposto: gli
aggiustava le ferite più gravi, quando c’erano, e gli diceva "In piedi e
riprova" con voce che non ammetteva repliche.
Maledizione a te, Artemis! A te e alle tue
idee pazze!, pensò mentre si rimetteva in
posizione di guardia.
«Pronto?» chiese Ares. Drew si limitò a
rispondere con un cenno del capo.
«Allora, in guardia». Quasi ancora prima di
finire la frase, la prima maledizione era già partita. Ma Drew almeno questo
l’aveva imparato: Ares aveva dei riflessi a dir poco fulminei. Perciò era
preparato ed evitò il fascio di luce gettandosi di lato. «Reducto!" gridò poi.
L’incantesimo fu parato da Ares apparentemente senza la minima
difficoltà.
Quel balletto botta e risposta, con Drew che
di fatto evitava le maledizioni e tentava invano di colpire l’avversario, durò
poco più di un minuto, prima che una serie di Incantesimo Respingenti in rapida
successione lo spedisse di nuovo contro il muro. La cosa
comincia a diventare ridicola!, considerò, mettendosi dolorosamente a
sedere e massaggiandosi il gomito destro.
«Ok, per oggi basta così» disse Ares a quel
punto, rinfoderando la bacchetta.
Merlino, ti ringrazio!, pensò il ragazzo, alzandosi lentamente in piedi e avviandosi fuori
dalla porta. Ares lo seguì, di nuovo silenzioso. L’ampia sala dove si
esercitavano si trovava al primo piano del palazzo dove vivevano Ares e Artemis.
Drew aveva il sospetto che fosse stata ricavata unendo alcuni dei vecchi
appartamenti, per permettere ad Ares di tenersi in esercizio.
Arrivato nell’attico, si gettò a peso morto
sul divano: aveva l’impressione di essere stato pestato a ripetizione. Artemis
lo guardò interrogativa, posando il libro che stava leggendo. «Allora, come è
andata?» chiese curiosa.
Drew emise un grugnito. «Come al solito»
borbottò.
Al che Artemis si rivolse ad Ares in cerca
di una risposta più esauriente. «Direi che va bene» osservò cauto l’uomo. «Ci
sono senza dubbio stati dei progressi notevoli in una sola settimana. Aveva
ragione dicendo che impara in fretta».
Drew fece un smorfia. Non gli sembrava di
aver fatto questi grandi miglioramenti: era solo diventato più bravo a evitare
gli incantesimi.
«Pensi che sia pronto per domani?» chiese
ancora Artemis.
«Sì, senza dubbio» rispose con sicurezza il
mago, avviandosi poi in cucina a preparare la cena.
Domani, ripeté
Drew fra sé. Se ne era quasi scordato: il giorno dopo era lunedì, il giorno
fissato da Artemis per liberare Hermione. Per un attimo si sentì il cuore
pesante come piombo.
Si rese conto che Artemis lo stava
osservando con intensità. Guardò la ragazza, un po’ a disagio. «Cosa
c’è?».
«Sei nervoso?».
"Un po’. Ma credo sia normale…».
«Immagino di sì, confermò la ragazza. «Andrà
bene, ne sono certa…».
«Quale sarebbe il piano?» domandò
Drew.
«Dopo cena, lo liquidò la ragazza. «Leggi
qualcosa».
Drew esitò, indeciso se accettare o no
l’invito. Alla fine, anche solo per aver qualcosa da fare, riprese in mano il
"Tom Sawyer" che aveva cominciato il giorno prima.
Dopo circa un’ora, Ares servì la cena. Drew
osservò gli altri due commensali: tutti i pasti che aveva consumato in quella
casa si erano sempre svolti in un silenzio quasi totale. Il ragazzo non poteva
dire se fosse per causa sua che gli altri due non parlavano, anche se ne aveva
il sospetto. Nonostante la sfuriata e le relative spiegazioni della settimana
prima, aveva ancora la sensazione che nascondessero qualcosa. Artemis in
particolare spesso sembrava sfuggente come il fumo. Quella ragazza era un vero
mistero: un minuto prima era distante e fredda come un ghiacciolo, quello dopo
aveva scoppi di loquacità che lo lasciavano spiazzato. Giusto il giorno prima si
era lanciata con lui in un concitato dialogo su pregi e difetti di alcuni libri
che avevano letto. Era come trovarsi davanti una persona dalla doppia
personalità: non sapeva mai come comportarsi perché non poteva mai dire quale
delle due Artemis avesse di fronte. Una cosa di cui era sicuro era che Artemis
sembrava voler reprimere la seconda: Drew sospettava che quella fosse una sorta
di riflesso di quello che la ragazza era prima. Prima di essere marchiata, prima
di diventare una criminale. Chissà come era
allora? Se il suo sospetto era giusto, doveva essere una ragazza
molto espansiva e piena di vita. Cosa poteva aver fatto per meritarsi quella
condanna tremenda? Se lo era già chiesto parecchie volte, ma non osava porre la
domanda alla diretta interessata: dubitava che gli avrebbe dato una risposta più
chiara di quelle che aveva già ottenuto.
La cena fu consumata accompagnata da tutti
questi pensieri. Quando si fu sparecchiato, Artemis si stiracchiò all’indietro,
rilassata. «Ottima come sempre, vecchio mio» mormorò. Ares si limitò a un cenno
di ringraziamento. Un’altra cosa che Drew aveva capito era che l’uomo non
parlava mai, solo lo stretto indispensabile.
««Bene» disse Artemis, «ora passiamo agli
affari. Vieni con me».
Si alzò, andando al computer: Drew e Ares la
seguirono.
Dopo aver acceso e digitato la password per
accedere al programma, Artemis cliccò su un icona in alto a sinistra. Tutto lo
schermo fu occupato da…
«La piantina del Ministero?» domandò Drew
incredulo. «Come…?».
Artemis sorrise serafica. «Molto tempo e
pazienza. Un supporto visivo ci sarà utile…».
«Allora, qual è il tuo piano? ».
«Entrare al Ministero non è uno scherzo.
Ancora meno accedere alla zona delle celle al Secondo Livello. Comunque una
volta superato il controllo all’Ingresso si procederà più o meno
lisci…».
«E come superiamo il controllo
dell’Ingresso?» chiese Drew, ansioso: più ne parlava, più quella gli sembrava
una missione suicida.
«Ares ci ha procurato dei documenti falsi.
Con dei pass speciali per accedere al Secondo Livello. Un po’ di Pozione
Polisucco completerà il tutto. L’importante è ricordarsi di rimanere calmi e
impassibili, qualunque cosa succeda. Ok?».
«Ok» rispose Drew non del tutto convinto. «E
dopo?».
«Dopo arriviamo alla Zona delle Celle. Il
difficile arriva a quel punto…».
Mosse veloce il mouse, facendo comparire la
mappa del Secondo Livello. Zoomò, per ingrandire la zona a destra. Una zona
molto vasta, osservò Drew.
«Questa è tutta la Zona» riprese Artemis.
«Come vedrai, è piuttosto grande. Purtroppo per un esterno al Ministero è
impossibile accedere ai dati d quest’area, perciò è impossibile per noi sapere
dove si trova Hermione».
«Quindi, che facciamo? Giriamo a vuoto
finché non la troviamo?».
«All’ingresso dell’area, c’è un custode
delle chiavi: lui ovviamente possiede tutti i dati di cui abbiamo bisogno.
Bisogna metterlo fuori gioco e rubargli la chiave. Poi arrivare fino alla cella
di Hermione, tirarla fuori e tornare all’ascensore, prima che…».
«Prima che…».
«Prima che il piano venga isolato. Tutta la
zona è monitorata, perciò mettere al tappeto il custode metterà in allarme le
guardie. Ho calcolato che avremo circa sette minuti, prima che arrivino a
bloccare l’ascensore e a intrappolarci al Secondo Livello. In quel caso saremmo
fregati».
Drew si limitò ad annuire. «E
poi?».
«Se riusciamo a evitare questa trappola e
sempre ovviamente che non blocchino l’ascensore con noi dentro, arrivati al nel
Atrium, è molto probabile che troviamo una calorosa accoglienza. A quel punto le
alternative che abbiamo sono due: o arriviamo ai camini e ce ne andiamo via
Metropolvere o tentiamo di raggiungere l’ingresso principale e filarcela dalla
strada. In entrambi i casi, avremmo bisogno di molta fortuna. Ci tengo a
precisare che a quel punto potrebbe essere necessario un "ognuno per sé": se i
Mangiamorte si rivelassero troppi, ciascuno tenterà di portare a casa la propria
pelle. E non si torna indietro» per nessuno. Qualche domanda?».
«Se ci bloccano nell’ascensore?» chiese
Drew, che preferiva non pensare all’opzione "ognuno per sé".
Artemis si strinse nelle spalle. «Volendo si
potrebbe salire nel condotto e tentare si arrampicarsi fino alle porte. Ma ci
metterebbe in una situazione scomoda: rischiamo di trovarci in un’imboscata e
non avere il tempo di difenderci. Perciò, spera di non rimanere bloccato
nell’ascensore…».
«Perciò» disse Drew, «ci sono almeno una
decina di cose che potrebbero andare storte e pochissime probabilità di uscirne
vivi, giusto?».
«Ehi, sei tu ad essere venuto da me!» si
difese la ragazza. «Io ne facevo volentieri a meno. Comunque in sostanza è
così».
«Perché lo fai?» chiese Drew per l’ennesima
volta.
«Mi annoio» fu l’ironica risposta. «Altre
domande?».
«Penso di no».
«Perfetto. Se fossi in te, mi eserciterei
ancora un po’…».
Drew deglutì: la prospettiva di dover
affrontare dei Mangiamorte lo atterriva.
«Non fare quella faccia» lo rimproverò
Artemis ridacchiando. «Ares dice che sei pronto».
Il ragazzo guardò il gigante. «Se lo dice
lui. A me sembra di essere una schiappa…».
Artemis rise. «Non puoi usare Ares come
termine di paragone. Non riusciresti a batterlo neppure se avessi sette anni di
scuola alle spalle e molta più esperienza. Ma solo perché non batti lui, non
significa che non batterai i Mangiamorte. Se lui dice che sei pronto, lo dice
perché è la verità. Non ti metterei in pericolo se non fossi certa che potrai
cavartela…».
«Ehi!» esclamò Drew ridacchiando. «Ti stai
forse preoccupando per me?».
Artemis arrossì, a disagio. Poi accadde una
cosa strana: per un istante, Drew ebbe l’impressione che i capelli biondi della
ragazza avessero cambiato colore in un rosso acceso e la ragazza assunse un
espressione sofferente. Poi il viso della ragazza si distese e i capelli
tornarono normali. Il tutto durò talmente poco che Drew pensò di esserselo
immaginato.
«Se non hai altre domande» cominciò Artemis,
di nuovo fredda, «ti consiglio di andare a esercitarti o di andare a dormire.
Domani sarà una lunga giornata…».
«Ok» rispose Drew, spiazzato dal cambiamento
repentino della ragazza. Il dottor Jekyll e Mr. Hyde, in confronto…,
pensò alzandosi e dirigendosi nella sua stanza. Si gettò sul letto, pensando. Di
lì a tredici ore o poco più, sarebbe entrato al Ministero, l’ultimo posto dove
sarebbe dovuto entrare di sua volontà, e salvare Hermione. Una missione suicida
a dire poco. Le possibilità di uscirne sano e salvo e ancora libero erano
davvero scarse. Poteva solo contare sul fatto che Artemis avesse previsto tutto
e che avessero un colpo di fortuna. Un colpo di fortuna bello grosso,
pensò. Si chiese come se la cavassero al Quartier Generale. Di certo erano
preoccupati come pochi, soprattutto Sirius e Remus. Dopo
una settimana, mi avranno già dato morto? Oppure mi
stanno ancora cercando? Chissà come stanno Kitty e
Ethan: saranno anche loro preoccupatissimi! Rifletté sul fatto che se
il giorno dopo le cose fossero andate storte, probabilmente non li avrebbe
rivisti mai più. Probabilmente se lui fosse morto, i membri dell’Ordine gli
avrebbero convinti a trasferirsi in Francia da Fleur o come cavolo si chiamava.
Si sentì improvvisamente in colpa: a causa sua, i suoi cugini erano stati
condannati a una vita da reclusi. Anzi, ufficialmente, erano morti nell’incendio
con Dudley ed Elizabeth. Gli ho rovinato la vita! Una altra ingiustizia,
niente di più. Sospirò, rigirandosi nel letto. Guardò l’orologio: erano appena
le nove. Meglio dormire e non pensarci più. Si sfilò le scarpe e i
jeans, poi si infilò sotto le coperte.
Per molto tempo rimase steso incapace di
prendere sonno, pensando a tutto quello che gli sarebbe successo il giorno
dopo.
*****
Raggomitolata su una vecchia poltrona nella
sua stanza, Artemis osservava dalla finestra la città addormentata, una tazza di
cioccolata bollente in mano. Ne bevve un lungo sorso, rischiando di ustionarsi
la lingua, mentre alzava lo sguardo a fissare il cielo notturno: mezza di luna
solcava indifferente la volta celeste, attorniato da decine di stelle. Circa due settimane, pensò, bevendo di nuovo.
«Ti disturbo?». La voce di Ares si levò
nella stanza buia, senza comunque coglierla di sorpresa: l’aveva sentito aprire
la porta.
«Ho sempre tempo per te, amico mio» disse
voltandosi. «Cosa c’è?».
«Credi che sia un’idea saggia portare anche
il ragazzo al Ministero? Sarà già abbastanza difficile…».
«Tu hai detto che è pronto» osservò la
ragazza. «Ci farà comodo una mano in più. E Hermione si fiderà di noi se avrà
davanti un volto noto…».
«Sei anche tu un volto noto» le ricordò
l’uomo.
«Tre anni fa ero un volto noto» specificò
Artemis. «Ora per loro sono un estranea quasi quanto te…».
C’era un che di triste nel modo in cui lo
disse: distolse lo guardò, tornando a rivolgerlo fuori dalla
finestra.
«Sei sicura di aver fatto la scelta giusta?»
chiese Ares, preoccupato. «Accentando di aiutare il ragazzo e inviando quella
lettera?».
«Se non l’avessi fatto mi sarei sentita
peggio», affermò la ragazza. «E comunque, una volta salvata Hermione, ognuno se
ne andrà per la sua strada: loro per la loro e noi per la nostra. Tutto tornerà
come prima…».
Ares la guardò non del tutto convinto. «Sul
serio pensi di potertene andare come se nulla fosse? Lui verrà a cercarti: non
ti lascerà scappare un’altra volta».
«E allora noi ci nasconderemo» disse Artemis
con una sicurezza che in realtà non provava. «Non sono ancora pronta per
affrontarlo…non lo sarò mai. Senza contare che c’è anche il debito con Nandes:
non posso coinvolgerlo. Se la vecchia carogna lo trovasse, lo userà per
ricattarmi. Io lo so e lo sai anche tu…».
«È probabile» confermò Ares. «Ma questo non
toglie che lui non vorrà perderti un’altra volta…».
Artemis annuì. «So anche questo» mormorò,
bevendo un altro sorso di cioccolata. Proprio come piace a lui, pensò. Le
tazze di cioccolata erano una delle poche cose a cui non era riuscita a
rinunciare quando aveva abbandonato la sua vecchia vita. Eppure non avevano più
avuto lo stesso sapore.
«Devi essere tu a decidere» la rassicurò
Ares. «Qualunque sarà la tua scelta, io ti appoggerò».
«Grazie, Ares» disse lei, sorridendo. «So di
poter contare su di te…».
L’uomo le sorrise. «Meglio dormire un po’.
Domani sarà una giornata impegnativa…».
«Vuoi dire oggi» scherzò la ragazza
indicando l’orologio: mezzanotte e dieci.
«Buonanotte, Artemis» disse l’uomo e uscì
dalla stanza.
La ragazza gli fece un cenno, tornando poi a
osservare la luna. In qualche modo la faceva sempre sentire più vicina a lui,
alla persona che più di ogni altra le mancava. Sospirò. Mi
manchi, papà.
LYRAPOTTER’S CORNER
Salve a tutti, o prodi lettori. Stavolta
sono davvero fiera di me stessa, un aggiornamento dopo soli cinque giorni, che
brava!!!!! Capitoletto di transizione e forse un po’ noioso, ma andava scritto.
Il prossimo sarà meglio e quello dopo ancora farà un po’ di scintille!!!!!!
Vabbè direi che ormai l’avete capito tutti chi è Artemis e per chi non l’aveva
ancora capito, questo capitolo è stato abbastanza chiarificatore. Un applauso a
Saki, che mi aveva beccato
subito!!!!
Poi, un piccolo annuncio: il mese più odioso
dell’anno, settembre, è alla fine giunto (ma và! Non ce n’eravamo accorti
NdLettori). E per le povere diciottenni lombarde come me significa una cosa
sola: lunedì levataccia e si torna tra i banchi. Questo perché ho la sfortuna di
vivere nell’unica regione d’Italia (o una delle poche, comunque) dove la scuola
ricomincia l’otto, evviva!!!!!! Sto seriamente pensando di trasferirmi in
Sicilia. Al di là di tutte queste mie sventure, cosa ve ne importa a voi? Ve ne
importa, perché purtroppo il tempo che potrò dedicare alla scrittura sarà presto
soppiantato da versioni di latino, equazioni e pomeriggi passati a maledire il
professore di turno, indi per cui gli aggiornamenti si faranno più radi, se non
da subito (conto di pubblicare almeno un altro capitolo prima di essere
totalmente rapita), almeno dalla seconda o terza settimana. Perciò mi scuso da
subito per il ritardi che sicuramente ci saranno e vi tranquillizzo: presto o
tardi aggiornerò, non pensate che vi abbia abbandonato.
Vabbè, ho finito di raccontarvi le mie
disgrazie, passo ai ringraziamenti:
Lily_Snape, ehilà, pensavo mi avessi abbandonato!!!!! Lo so che sono sadica, a
quanto pare non riesco a non far succedere qualcosa di tragico hai miei
personaggi!!!!!! Buona fortuna con il greco, a presto!!!!!
Emylovely, benvenuta a bordo!!!! Grazie infinite e continua a
commentare:
Caillean, grazie, grazie, grazie!!!! Sono felice di sapere di aver reso bene
l’introspezione dei personaggi, quello è un po’ il mio tallone d’Achille!!!!
Ovviamente, spero di risentirti…
SakiJune, tessò, visto che ti ho accontentata, Sirius e Luna sono arrivati e
gli ho fatto vivere qualche momento elettrico. Se qualcuno non l’aveva ancora
capito chi è Artemis, ormai ho fugato gli ultimi dubbi!!!!!! Allora non sono
l’unica pazza che capisce quanto sia bello scrivere a mano, che
bello!!!!!!!
Deidara, tre
settimane? mamma mia, che invidia!!!!!!! Per quanto riguarda Artemis, io non
dico nulla, ma il capitolo è stato abbastanza eloquente…
Concludo con un po’ di auto-pubblicità:
siccome amo particolarmente complicarmi la vita, ho cominciato a postare una
nuova fanfiction a capitoli, dai tono decisamente più colorati di questa. Il
titolo è "Babysitter per
caso", con protagonisti i malandrini e una piccola
Dora. Se vi va andate a darci un’occhiata.
Per il momento basta, a presto (spero) e
commentate (se no, mi deprimo), bacibaci!!!!!!
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Capitolo 13 *** Nella tana del lupo ***
MAGIC WARS
CAPITOLO XII: NELLA TANA DEL LUPO
Londra.
Coloro che alle undici di martedì 7 agosto
fossero passati sul ponte di Westminster, avrebbe potuto vedere tre persone, due
uomini e una donna percorrerlo a passo veloce e sicuro in direzione del vecchio
palazzo del parlamento. Erano tutti e tre vestiti in nero, con mantelli da
viaggio alla foggia dei maghi. La donna dimostrava all’incirca quarant’anni,
aveva corti capelli castano chiaro, un volto severo ed era alta, dal fisico
asciutto. Dei due uomini che l’accompagnavano, uno era leggermente più alto di
lei, di aspetto tipicamente scandinavo (occhi di ghiaccio e capelli così chiari
da sembrare bianchi), mentre il secondo, più giovane, aveva scuri capelli tenuti
lunghi fino a poco sopra le spalle e occhi castani. Un osservatore attento
avrebbe notato che dei tre era quello che sembrava muoversi con meno sicurezza,
anzi, sembrava quasi tentato dalla possibilità di fare dietro-front e tornare da
dove era venuto.
In effetti questa possibilità era stata pure
ventilata da Drew, mentre trottava dietro ad Artemis e Ares, diretto al
Ministero della Magia. Alla fine aveva però concluso che ormai era in ballo e
doveva ballare. In fondo Artemis sembrava sicura del fatto suo e, anche se le
possibilità di riuscita sembravano ed erano poche, almeno avrebbe potuto dire di
aver tentato. Potrebbe anche andare bene in fondo, si disse, seguendo i
suoi compagni verso l’entrata del Ministero. Ma non ci credeva molto nemmeno
lui.
Si fermarono davanti al portone d’ingresso.
Artemis si girò verso Drew, mormorando: «Nervi saldi, mi raccomando".
Drew si limitò ad un cenno d’assenso, mentre
sotto il mantello stringeva la mano sudaticcia contro la bacchetta. Il gesto gli
infuse un pizzico di coraggio, sufficiente per aprire la porta, cedendo il passo
Artemis e seguendola poi all’interno.
L’ingresso del Ministero era costituito da
una piccola sala circolare in stile gotico, piuttosto scura e opprimente.
Di certo non si sforzano di mettere a loro agio i
visitatori. Sul lato sinistro si poteva scorgere una scalinata che
conduceva al piano superiore, all’Ufficio Anagrafe e agli uffici delle alte
sfere, mentre su quello destro facevano bella mostra di sé le porte placcate in
oro di un ascensore, unico accesso al Ministero della Magia vero e proprio. Al
centro della hall capeggiava una grande scrivania in ebano, a cui sedeva una
segretaria sui trent’anni in tailleur, con i capelli raccolti in una stretta e
sobria crocchia alla sommità del capo.
Sentendo la porta aprirsi, la donna alzò il
capo, fissando con perplessità ed educato stupore i visitatori.
«Buon giorno. Benvenuti al Ministero della
Magia. In cosa posso esservi utile?» chiese in tono professionale e un sorriso a
trentadue denti.
Sempre con il suo passo sicuro e un sorriso
altrettanto falso, Artemis si avvicinò. «Buon giorno. Sono qui per vedere il
signor Avery, al Secondo Livello, per cortesia».
La segretaria la studiò un attimo come per
valutare quello che aveva appena detto. «Posso sapere il motivo della
visita?».
Artemis si finse seccata per
quell’insistenza. «Sono qui per ritirare dei documenti per conto del mio capo.
Il quale si seccherà molto se mi farà tardare».
«E chi sarebbe il suo capo?» insistette la
donna.
«Il nome Julius Osborne le dice niente?»
chiese ironicamente Artemis, spazientita.
Subito l’altra sgranò gli occhi,
improvvisamente impaurita. «Oh, perdonatemi, signora…non avevo
capito…».
Artemis sbuffò. «Sì, sì va bene. Il signor
Avery?».
«Oh, certo. Lo trova nel suo ufficio al
Secondo Livello. Potreste favorirmi i vostri documenti, per cortesia?» aggiunse
esitante, non sapendo quale reazione aspettarsi.
La sua interlocutrice si finse ulteriormente
irritata da quella domanda. «Immagino di non avere molte alternative, se questa
è la prassi» osservò cavando fuori da una tasca interna una carta d’identità
falsa e il finto permesso di accesso. Fece poi un cenno secco a Drew e Ares, che
la imitarono, porgendo poi le varie carte alla segretaria.
La donna fece un controllo veloce,
probabilmente impaziente di liberarsi di quei visitatori potenzialmente
pericolosi. Infatti dopo poche rapide occhiate, restituì il tutto ai legittimi
proprietari.
«Da quella parte, signori» li congedò
indicando l’ascensore. «Buona giornata».
«Anche a lei" rispose educatamente Artemis,
prima di dirigersi nella direzione indicata, tallonata delle sue "guardie del
corpo".
Quando le porte si richiusero e l’ascensore
cominciò a scendere, Drew si permise di rilassarsi e rilasciare il fiato che
aveva trattenuto. «Chi è Julius Osborne?» chiese, curioso.
Artemis lo guardò con un sorrisetto furbo.
«Osborne è un Mangiamorte. È probabilmente l’unico uomo al mondo quasi
totalmente immune agli effetti dei Dissenatori, per questo dopo la Rivoluzione
il Signore Oscuro l’ha messo alla direzione di Azkaban. Controlla anche la
sezione Interrogatori del Ministero ed è un’autentica carogna. Il tipo che prima
vede quanto urli forte e dopo ti fa le domande…».
«Credo di capire…» disse Drew, ricordando
quello che Sirius gli aveva detto sugli aguzzini di Remus e Tonks.
«Comunque» riprese la ragazza, «contavo sul
fatto che il solo nome di Julius ci risparmiasse troppe domande…».
«E ci sei riuscita!» esclamò lui. «Quella
poveretta era terrorizzata».
«Già. Meglio così!».
Il ding dell’ascensore che si fermava e
apriva interruppe la conversazione. Artemis ricostruì velocemente la sua
maschera di durezza e severità e si infilò nell’affollato e frenetico Atrium,
seguita dai due uomini.
Si mescolarono velocemente alla folla di
impiegati e Mangiamorte che sfilavano in tutti le direzioni, urtandosi spesso
tra loro, diretti ai loro uffici. Drew notò che non era molto difficile
distinguere i Mangiamorte dagli altri, nonostante le vesti sostanzialmente tutte
nere: i semplici dipendenti indossavano quasi tutti semplici completi giacca e
cravatta, abbinati a una sopraveste con ricamato il Marchio Nero, mentre i
Mangiamorte in genere giravano con la loro "divisa" ufficiale, spesso con la
maschera alla cintura o addirittura calata sul volto.
Mentre seguiva Artemis all’ascensore, Drew
ne contò almeno una ventina, sentendosi vagamente a disagio pensando che
probabilmente ognuno di loro moriva dalla voglia di acchiapparlo e farsi bello
agli occhi del suo Signore. Nella moltitudine gli parve di distinguere il volto
di Christie, ma se anche era la ragazza, svanì prima che potesse accertare la
sua identità.
Arrivati al Secondo Livello, la sensazione
di disagio si acuì ulteriormente quando Drew vide una sua foto fare bella mostra
di sé appesa alla parete, con la scritta a caratteri cubitali RICERCATO,
accompagnata da foto di altri membri dell’Ordine. Artemis gli rivolse una rapida
occhiata, probabilmente per assicurarsi che fosse ancora calmo e non stesse per
perdere la testa. Gli lanciò uno sguardo ammonitore, prima di mescolarsi tra gli
impiegati dell’ Ufficio Applicazione Della Legge Sulla Magia.
Man mano che proseguivano il viavai cominciò
a diradarsi, finché voltato un angolo, si trovarono in un corridoio vuoto. Drew
si chiese vagamente come avrebbero fatto a tornare all’ascensore senza essere
bloccati con tutta quella gente nei corridoi. Né Artemis né Ares sembravano
particolarmente preoccupati di questo, anzi, ora che si erano lasciati alle
spalle gli impiegati, apparivano senza dubbio più rilassati.
Il volto di Artemis si distese in un piccolo
sorriso. «Facile come bere un bicchier d’acqua!».
Drew la guardò stupefatto: ma come diavolo
faceva a essere così calma? Era quasi fastidiosa! Lui aveva l’impressione che il
cuore gli sarebbe schizzato fuori dal petto da un momento all’altro. Intensificò
ulteriormente la presa sulla bacchetta.
Artemis ricambiò lo sguardo. «Avanti!,
sbuffò. «Rilassati un po’: sei rigido come un manico di scopa!».
«Chissà perché?» ribatté l’altro
ironico.
Prima che la ragazza replicasse, furono
interrotti da un colpo di tosse di Ares, che li richiamò alla situazione
presente.
«Hai ragione, vecchio mio» concordò Artemis.
«Non è decisamente il momento. Andiamo!».
Ripresero a muoversi, Artemis sempre in
testa. La ragazza si muoveva senza esitazione nel dedalo di corridoi e cubicoli.
Drew non poté non provare una certa ammirazione: si muoveva con tale sicurezza
da poter credere che ci camminasse tutti i giorni. Si guardò intorno: la zona
era in uno stato di abbandono decisamente desolante. Probabilmente se non fosse
stato l’unico accesso alla Zona delle Celle, sarebbe già stato abbandonato
all’incuria più totale. Il ragazzo ricordò che un tempo quella era una parte
della sezione Auror del Ministero, che per ovvi motivi Voldemort aveva soppresso
appena salito al potere. Cercò di immaginare come doveva essere quella zona ai
suoi tempi d’oro, quando i cacciatori di maghi oscuri facevano il loro lavoro
nella speranza di vincere la guerra.
Artemis si bloccò di colpo, subito prima di
girare un angolo, si posò il dito sulle labbra, dopodiché sfilò la pistola dalla
cintura, togliendo la sicura. Ares e Drew inforcarono le bacchette, poi
svoltarono, comparendo in un piccolo spiazzo da cui si diramavano altri tre
corridoi, formando una croce. In un angolo, proprio di fronte a loro, stava una
scrivania di legno, che aveva tutta l’aria di essere un fondo di magazzino, a
cui sedeva un uomo sui cinquanta anni dall’aria annoiata, quasi
addormentata.
Alla vista dei tre nuovi arrivati, scattò in
piedi, spaventato dalla prospettiva delle conseguenze dell’essere stato sorpreso
a sonnecchiare sul lavoro.
«Perdonatemi» esordì. «Posso…», ma Artemis
lo prevenne. «Ti prego, non scomodarti ad alzarti…». E veloce come il fulmine,
Ares lo colpì con uno Stupeficium in pieno petto, sbalzandolo contro la parete e
poi per terra privo si sensi.
Quasi prima ancora che il corpo toccasse il
pavimento, Artemis era dietro la scrivania e scorreva veloce un registro, in
cerca dell’informazione che cercava.
«Cella numero dieci» esclamò poco dopo
trionfante. Frugò nei cassetti, estraendo una chiave. Il tutto era durato meno
di un minuto.
La ragazza, seguita da Drew e Ares, si
diresse verso il corridoio di destra, percorrendolo a passo più che sostenuto.
Ancora sei minuti, pensò Drew, mentre le correva dietro. Ma, proprio
mentre Artemis infilava la chiave nella serratura della porta numero dieci,
trovarono la prima sorpresa del Ministero. Ci fu un’esplosione e i tre furono
inondati da una pozione mista a fumo. Quando quella nebbia innaturale si diradò,
scoprirono di aver ripreso le loro vere sembianze, mentre le maschere create
dalla Polisucco erano state spazzate via.
«Quale sarebbe lo scopo?» chiese Drew
perplesso, mentre si restringeva i vestiti alla meglio per riadattarli alla sua
taglia.
«Sapere chi devono cercare» spiegò Artemis,
mentre litigava con la dura serratura. «Nella remota possibilità che riusciamo a
fuggire, avranno i nostri volti per fare un identikit. E così non potremo
mischiarci tra la folla…ah, finalmente!» esclamò poi, mentre la porta si apriva
con uno scricchiolio.
La ragazza si infilò all’interno, seguita a
ruota da Drew, mentre Ares restava fuori di guardia. In un primo momento
l’angusto e buio spazio parve loro vuoto, poi scorsero in un angolo una figura
rannicchiata, che si nascondeva il volto con una mano per proteggersi dalla luce
improvvisa.
«Hermione Granger?» chiese Artemis,
avvicinandosi alla donna, la quale si scoprì il viso, guardandoli con occhi
spenti, ma con un barlume di curiosità e perplessità.
Drew sentì un tuffo al cuore nel vederla: il
viso, pallido e smagrito, era solcato da graffi e ferite più o meno recenti, i
capelli ridotti a una stoppa inestricabile, i vestiti a brandelli che scoprivano
braccia e gambe, anch’essi segnati dalle tracce della tortura.
Anche lui si avvicinò. «Hermione? » la
chiamò in un sussurrò.
La donna rivolse gli verso di lui occhi
incavati, che si riempirono di lacrime. «Ron» sussurrò con voce roca. «Sei
venuto a prendermi?».
Drew la guardò perplesso. L’aveva preso per
suo zio! La morsa la cuore si fece ancora più intensa. «No, sono Drew. Andrew»
si corresse. «Il figlio di Harry. Siamo venuti a portarti via…».
Hermione parve confusa da quella risposta.
«No, Andrew è morto. Sylar ha detto che è morto: Bellatrix lo ha
ucciso…».
Drew si permise di lanciare un paio di
imprecazioni mentali verso il braccio destro di Voldemort prima di risponderle:
«Sylar ha mentito. Sono ancora vivo e sono qui per portarti via».
Hermione scosse la testa. «Tu sei Andrew?»
chiese, speranzosa.
«Non c’è tempo per questo» intervenne
Artemis in tono pratico. «Dobbiamo andarcene o questa diventerà l’evasione più
fallimentare della storia…».
A quelle parole, Hermione si voltò verso la
ragazza che tentava di tirarla in piedi. «Io ti conosco…» mormorò prima di
cedere alla volontà della ragazza e mettersi in piedi, piuttosto traballante.
Drew la sostenne mettendole un braccio intorno alle spalle.
«Ce la fai a camminare?» chiese preoccupato.
Hermione annuì.
«Prendi questa» intervenne Artemis
porgendole una bacchetta.
Hermione la prese ancora esitante, con un
debole sorriso. «Grazie».
«Dove l’hai presa?» chiese invece Drew,
mentre tornavano nel corridoio e si riavviavano verso l’uscita.
«Rubata al guardiano» fu la secca risposta.
«Tanto a lui non serviva più…».
Drew non fece commenti, troppo concentrato
sull’attuale situazione. Sapeva bene che la parte difficile arrivava
adesso.
Ma non aveva ancora realizzato quanto. Erano
appena arrivati alla saletta del custode, che giaceva ancora schiantato a terra,
quando un improvviso gelo invase la stanza. Drew si sentì invaso da un senso di
sconforto e disperazione, mentre quel gelo gli penetrava nel corpo.
«Merda!» esclamò Artemis, guardandosi
intorno: per la prima volta Drew la vedeva davvero presa alla sprovvista e
questo non era un buon segno!
«Che succede?» chiese tentando di combattere
contro quelle sensazioni.
«Dissenatori». La risposta giunse da
Hermione al suo fianco: la donna levò la bacchetta, ben sapendo che comunque non
era in grado di fronteggiarli da sola. L’Incanto Patronus era già difficile al
massimo della forma, nelle sua attuali condizioni avrebbe ottenuto a fatica
qualche sbuffo di fumo.
«Siamo nei casini» dichiarò Artemis. «Come
te la cavi con i Patronus, Drew?».
Il ragazzo la guardò tentando di non cedere
al panico. «Hai una domanda di riserva?».
«Come temevo. Ares tocca a te».
Il gigante annuì. Puntò al bacchetta,
esclamando: «Expecto Patronum!». Dalla punta della bacchetta scaturì una tigre
argentea, che cominciò a muoversi in circolò intorno ai quattro fuggitivi,
mostrando di tanto in tanto i denti. Drew sentì l’angoscia scemare leggermente,
rimanendo comunque in un angolo del suo cuore, pronta a tornare
all’attacco.
«Maledizione!, esclamò Artemis. «Devono
essere in parecchi. Muoviamoci prima che arrivino: se ci circondano siamo
praticamente fregati».
«Quanto ci resta?» chiese Drew mentre di
corsa si precipitavano verso l’uscita.
«Poco. Troppo poco. Tu corri!». E Drew
ubbidì, alla massima velocità permessagli, trascinandosi dietro
Hermione.
Ma la loro fuga ebbe vita breve: appena
giunsero nella parte ancora attiva del piano, trovarono una decina Mangiamorte
ad aspettarli, mentre dietro di loro li incalzavano i Dissenatori.
«Bene» mormorò Artemis. «Ora cominciano i
giochi. Drew mira a quelli di destra, Ares a sinistra. Pronti via!». E si buttò
nella mischia con slanciò, seguita a ruota da Ares. Drew esitò solo un istante,
dopodiché decise di relegare la sua parte razionale in un cassetto in fondo al
cervello e imitare i suoi compagni di avventura. Lasciò andare Hermione,
brandendo la bacchetta.
Un Mangiamorte lo vide e sicuramente lo
riconobbe, perché lasciò immediatamente perdere gli altri due duellanti per
dedicarsi a lui, forse immaginando gli onori che il suo Signore gli avrebbe
tributato se glielo avesse consegnato.
«La tua ora è giunta, Potter!» dichiarò,
lanciando una maledizione, che Drew schivò senza difficoltà. E capì cosa voleva
dire Artemis dicendo che Ares non poteva essere usato come termine di paragone:
il suo avversario, se paragonato al gigante, sembrava una tartaruga. E infatti,
dopo un veloce combattimento, Drew riuscì a centrarlo con uno Schiantesimo. Mise
fuori gioco altri due Mangiamorte, mentre Ares e Artemis si occupavano degli
altri. La ragazza era a dir poco stupefacente: i suoi riflessi sembravano quasi
inumani, si muoveva alla velocità di un ghepardo, colpendo i suoi avversari
indifferentemente con proiettili o calci e pugni ed evitando ogni incantesimo
che le veniva lanciato contro. Nel giro di pochi minuti la via era stata
liberata e i Mangiamorte messi KO.
Ma nel frattempo le lancette dell’orologio
erano corse inesorabili. Mentre si rimettevano velocemente in marcia e si
imbattevano in un secondo plotone, Drew capì che non sarebbero mai arrivati
all’ascensore in tempo. Non per questo aveva intenzione di perdersi d’animo: era
più che deciso a uscire dal Ministero in qualche modo, anche a costo di
schiantare ogni singolo impiegato dell’edificio. E i suoi compagni la pensavano
evidentemente come lui, visto che si battevano con la forza di leoni. Anche
Hermione faceva il meglio che poteva nelle sue precarie condizioni, parando le
spalle ai suoi salvatori. Non per niente, ai suoi tempi era stata una delle
studentesse migliori di Hogwarts.
Combattendo con ogni mezzo che avevano a
disposizione, spronati dalla forza della disperazione, sbaragliarono gli
avversari, colti di sprovvista di fronte a un’offensiva tanto violenta, e
giunsero presto all’ascensore, dove trovarono una spiacevole accoglienza:
Bellatrix Lestrange, un sorriso stampato in volto e un lampo soddisfatto negli
occhi, con la bacchetta sguainata e almeno venti Mangiamorte al seguito.
L’attenzione della donna fu subito
calamitata verso Drew, che ebbe la vaga sensazione che se gli sguardi avessero
potuto uccidere, a quell’ora lui sarebbe stato morto e sepolto. Di certo le
bruciava ancora la sconfitta dell’ultima volta.
«Bene, bene, bene» esordì Bellatrix.
«Guarda, guarda cos’abbiamo qui. Potter, rivederti è una piacevole quanto
inaspettata sorpresa. Ci hai fatto un immenso favore a infilarti da solo nella
trappola, sai…».
«Ognuno fa quel che può» ribatté Drew,
mentre faceva saettare intorno lo sguardo: l’unica via d’uscita, a meno di non
tornare indietro era quell’ascensore davanti a cui troneggiava la figura di
Bellatrix.
«Stavolta, nulla ti salverà, Potter. Il mio
indegno cugino non è qui a salvarti, questa volta…».
«Tecnicamente» osservò Drew, più spavaldo di
quanto si sentisse in realtà, «l’ultima volta è stato MIO cugino a metterti
fuori combattimento. Con un lancio a effetto, se non ricordò male…».
A quelle parole, Bellatrix avvampò,
furibonda, mentre intorno a lei si levavano delle risatine divertite. «Come osi,
piccolo insolente? Ti farò pentire di questo affronto!».
A quel punto intervenne Artemis, che disse
in tono spazientito: «Hai intenzione di continuare a chiacchierare ancora per
molto o possiamo tornare a faccende più serie?».
Bellatrix si voltò di scatto verso la
ragazza e, se possibile, la fissò con ancora maggiore astio, quasi l’avesse
insultata. «TU!» gridò, quasi come se la sua sola presenza fosse un
insulto.
«Io» ribatté l’altra tranquillamente,
sollevando la pistola. «Come te la passi, Bella? È un po’ che non ci si vede…non
mi hai nemmeno mandato una cartolina d’auguri per natale…».
Bellatrix la incenerì con lo sguardo. «Tu,
lurida feccia! Schifosa ibrida! Questa sarà l’ultima volta che macchi l’onore
della mia famiglia» e levò la bacchetta, una maledizione mortale già sulle
labbra, ma Artemis fu più svelta. Si gettò di lato e sparò, centrando Bellatrix
al braccio destro e costringendola a lasciar cadere la sua arma.
E si scatenò l’inferno: vedendo il loro
comandante ferito, i Mangiamorte cominciarono a sparare incantesimi tutti
insieme, colpendo qualunque cosa capitasse loro a tiro. Drew, lasciato confuso
dal breve dialogo che Artemis e Bellatrix si erano scambiate, dovette lasciar
perdere le altalene mentali e riprendere a combattere.
Si rigettò nella mischia, abbassandosi
appena in tempo per evitare un Anatema che Uccide vagante, che centrò il muro
dietro di lui. Abbandonò di nuovo la sua parte razionale, lasciandosi guidare
dal puro istinto di sopravvivenza, mirando a tutto ciò che indossava un
cappuccio nero con ogni maledizione che gli veniva in mente. Di tanto in tanto,
lanciava occhiate ai suoi compagni per vedere come se la cavavano, ma sia
Artemis che Ares reggevano più che bene il combattimento. Anche Hermione non se
la passava male: evidentemente ora che la libertà era così vicina, non aveva la
minima intenzione di tornare in cella.
«Idioti!» strillò Bellatrix, cercando di
riprendere il controllo. «Cosa fate? Mantenete i ranghi, mirate ai nemici, non
sparate a caso!».
Ma se anche la sentirono, i Mangiamorte non
le prestarono ascolto: anzi, parecchi, vedendo che molti loro compagni cadevano
svenuti o peggio, sotto i colpi del gigante e della ragazza soprattutto,
sembravano molto tentati dalla possibilità si darsela a gambe. Probabilmente era
solo il terrore delle spiacevoli conseguenze di una loro ritirata a
trattenerli.
«Idioti!» ripeté Bellatrix. «Compattatevi.
Non fateli arrivare all’ascensore». Nel frattempo, la donna cercava
affannosamente la sua bacchetta in terra. Ma nel momento in cui riuscì a
stringere le dita intorno all’arma, un piede le bloccò il polso sul pavimento.
Con un gemito di dolore alzò lo sguardo, trovandosi a fissare la canna di una
pistola e il volto di Artemis: un’espressione di puro odio storpiava i bei
lineamenti della ragazza.
«Fine della corsa, Bellatrix» disse con voce
piatta. Intorno gli incantesimi continuavano a volare, ma per le due donne il
tempo sembrava essersi fermato.
«Avanti, feccia» la incalzò Bellatrix in
tono rabbioso. «Fallo: questo non cambierà le cose, schifosa
mannara!».
La presa sulla pistola tremò leggermente, ma
Artemis non distolse lo sguardo. Ambra e pece si incontrarono per un istante.
«Questo» mormorò poi la ragazza, cominciando a fare pressione sul grilletto, «è
da parte di mia madre!».
E avrebbe sicuramente sparato, se in quel
momento Ares non l’avesse chiamata per nome. Artemis si voltò: Ares era riuscito
ad arrivare all’ascensore e aprire le porte. Drew e Hermione si stavano già
facendo strada verso la salvezza. E quel attimo di distrazione fu sufficiente a
Bellatrix per scivolare via dalla presa della ragazza e cercare di colpirla alle
spalle. Il puro istinto (istinto animale) la salvò, facendola girare e
abbassare, schivando l’incantesimo per un soffio.
«Non stavolta» mormorò, con un pizzico di
rammarico, colpendola con un calcio al petto e correre verso le porte
dell’ascensore spalancate.
Drew, il fiato grosso e la fronte sudata,
accolse un grandissimo sollievo il ding che annunciava che l’ascensore era in
movimento. Merlino, ti ringrazio!
«Per un pelo!» biascicò.
«Non rilassarti, lo rimproverò Artemis. «Il
difficile arriva adesso!».
«Dici?»
«Ne sono convinta. Altrimenti Bellatrix
avrebbe avuto più uomini. Non mi stupirei se ci fosse tutto il Ministero ad
aspettarci…».
«Siete stati dei pazzi» dichiarò Hermione.
«Non posso credere che Remus e Sirius ti abbiano lasciato venire…».
«Beh» rispose Drew, guardandosi i piedi,
leggermente a disagio, «in verità loro non sanno nulla…» e raccontò brevemente
quello che era successo nell’ultima settimana.
A ogni parola, gli occhi di Hermione si
sgranavano sempre si più. «E tu» esclamò rivolta ad Artemis, come se stesse
parlando a un bambino sorpreso a fare una marachella, «tu hai accettato di
aiutarlo? A tuo padre verrà un colpo!».
Artemis dal canto suo evitava lo sguardo
inquisitorio della donna come la peste. «Sono passati anni, dichiarò. «Non sono
più la ragazzina sprovveduta di allora…".
«Questo» la interruppe Hermione, «non devi
dirlo a me».
Con la vaga sensazione di essersi perso
qualche passaggio fondamentale, Drew stava per intervenire e chiedere
spiegazioni, quando con l’ormai noto ding li ricatapultò alla loro drammatica,
attuale situazione.
«Si ricomincia!» mormorò Artemis,
risollevando la pistola. Drew la imitò. Se ne usciamo
vivi, giuro che non farò mai più nulla di così stupido!, pensò,
mentre le porte si aprivano e venivano accolti da almeno una ventina di fasci di
luce sparati da ogni direzione.
La situazione nell’Atrium era perfino
peggiore di quanto avesse pensato: la sala pullulava letteralmente di
Mangiamorte. Per alcuni istanti, Drew pensò quasi di vederne alcuni appesi al
soffitto o alle pareti, ovviamente con una più alta concentrazione verso i punti
di fuga: camini e ascensore per arrivare all’ingresso.
La situazione era a dir poco drammatica: i
nemici erano talmente tanti che Drew non sapeva nemmeno a quali puntare la
bacchetta. Senza contare che lo attaccavano a gruppi di quatto o cinque per
volta. Se non ci fosse stata Hermione a parargli costantemente le spalle e
dargli manforte, di certo sarebbe già stato sopraffatto. E anche così, se la
cavava a malapena. Non sono preparato per tutto
questo! Cercò con gli occhi Ares e Artemis e scoprì che anche loro
cominciavano a trovarsi in difficoltà. Siamo
spacciati!
Soffocò subito questo pessimistico, seppure
veritiero pensiero: doveva essere positivo. Hermione, di fianco a lui, gli
strinse il braccio. «Comunque vada a finire, grazie del tentativo» gli sorrise
con dolcezza. «Sei proprio figlio di tuo padre».
Drew ricambiò il sorriso, grato. Almeno, se è destino che muoia oggi, morirò sapendo di aver fatto
qualcosa di buono. O comunque, di averci provato.
Stavolta, nonostante combattessero al più
delle loro forze, furono presto schiacciati dalla superiorità numerica degli
avversari. Quasi senza rendersene conto, Drew si ritrovò all’improvviso
circondato da ogni lato: ovunque si voltasse, vedeva il volto mascherato di un
Mangiamorte e una bacchetta puntata contro il petto. Poco lontano da lui e
Hermione, anche Ares e Artemis erano stati accerchiati e poi spinti verso i loro
compagni, in modo da averli riuniti tutti e quattro insieme.
Drew guardò Artemis, nella speranza che le
ragazza tirasse fuori un altro asso dalla manica, ma anche lei sembrava alla
frutta.
«Va a chiamare Lord Sylar. Sarà lui a
decidere la sorte di questa feccia».
L’ordine partì da un non meglio
identificabile Mangiamorte del gruppo, dal quale se ne stacco un secondo, che si
precipitò a eseguire il comando.
Drew sentì lo stomaco torcersi in una morsa
dolorosa ed ebbe una macabra visione del suo corpo stecchito sul pavimento.
«Qualche idea geniale?» sussurrò
disperato.
Artemis si limitò a ricambiare il suo
sguardo. «Ci sto pensando…». Nel frattempo, si guardava ansiosamente intorno,
forse sperando che la salvezza piovesse dal cielo.
Ares, dal canto suo, era tranquillo e calmo
come sempre, solo un po’ sudato; Hermione aveva l’espressione rassegnata di chi
ha già accettato la sua sorte.
E poi accadde: la salvezza piovve dal cielo.
O per meglio dire dal camino: in rapida successione uno, tre, cinque persone
piombarono nell’Atrium, bacchette alla mano, pronte a dar battaglia.
Con un moto di gioia e sollievo, Drew
riconobbe i membri dell’Ordine. Non si preoccupò di saper come fossero arrivati
lì o come facessero a sapere: di nuovo la possibilità di scappare non sembrava
più solo una remota illusione. Forza che ce la
facciamo!
Il combattimento riprese più vivo di prima,
con l’ovvio scopo di aprire ai fuggiaschi una via di fuga verso i camini.
«Ragazzi, da questa parte». La voce di
Sirius si levò forte al di sopra del frastuono. Drew si girò, felice come non
mai di vedere il volto dell’Animagus.
I quattro, duellando ferocemente, riuscirono
ad aprirsi un varco nelle file dei Mangiamorte e giungere al camino.
«Presto!» li incalzò Luna, che stava tenendo
a bada almeno quattro avversari.
«Forza, via tutti!» li richiamò Ted: i
membri dell’Ordine ubbidirono, riversandosi verso la loro unica via di
fuga.
Ma proprio quando la salvezza era a portata
di mano e Drew stava per imitare i suoi compagni, qualcuno lo afferrò per un
lembo della maglia.
«Tu non scapperai!» sibilò con rabbia il
Mangiamorte che lo aveva acchiappato.
«Drew!» gridarono Sirius e Artemis in coro,
precipitandosi verso di lui.
Nello stesso istante, dall’altro capo
dell’Atrium, comparve un uomo completamente vestito di nero, una maschera bianca
a celare il volto. Drew non lo aveva mai visto prima, ma seppe d’istinto chi
fosse. Sylar!
Il volto dell’uomo spaziò in tutta la sala e
alla fine si posò su di lui. Per un istante i loro sguardi si incrociarono, ma
fu sufficiente, per un uomo avvezzo alle Arti Oscure come Sylar.
Tu non scapperai, sibilò una voce estranea nella sua testa.
Drew avvertì la presa del Mangiamorte che lo
stringeva allentarsi, mentre Sirius e Artemis lo raggiungevano.
Sentì qualcuno chiamare il suo nome, ma non
riuscì a capire chi fosse.
Ti ho preso,
mormorò di nuovo Sylar nella sua mente e subito dopo tutto divenne
buio.
LYRAPOTTER’S CORNER
BWAAAAAAA!!!!!!!!! Ma quanto non sono
bastarda? Vi mollo proprio sul più bello. Ih, ih, ih *Lyra sghignazza
crudelmente*. Sclerate a parte, chiedo umilmente perdono per il ritardo, non
dite che non vi avevo avvisato comunque. Ad ogni modo, la situazione potrà solo
peggiorare, con mio sommo rammarico: avete presente cosa significhi morire dalla
voglia di scrivere, avere le dita che fremono e non trovare il tempo materiale
per farlo? Io mi sono sentita più o meno così negli ultimi giorni…Aggiungetevi
che sono reduce da una verifica di italiano sul Romanticismo, che per settimana
prossima ho tre verifiche programmate (più l’esame di patente) e quella
"simpatica" della mia prof di inglese (che è in pratica un incrocio tra Piton e
la Umbridge nei loro momenti peggiori) vuole già partire a interrogare e
capirete come mi sento. In pratica, sono già stufa marcia della scuola dopo sole
due settimane!!!!! Ho seriamente bisogno di un po’ di supporto
morale…
Vabbè, lasciamo perdere e passiamo a
ringraziare quelle anime pie dei miei recensori (ben sei!):
Ino chan, mon
amour, bentornata, ben due recensioni mi hai lasciato, che bello. E come vedi ti
sei rimessa in apri giusta, giusta per l’aggiornamento. Grazie mille per tutti i
"bella" e per i complimenti. Sono felice di sapere che ti piace la mia
creatura…per il peluche, non so gli altri, ma a volte capita anche a me (magari
siamo pazze i dueXD), solo con un certo lupacchiotto di nostra conoscenza…
Lily_Snape, hai ragione, hai ragione, ho fatto pensieri ignobili e per questo
mi sono punita dolorosamente. Per quel che riguarda Ares, anche se i dieci euro
mi avevano tentato, non sono ancora così sadica da creare ex novo un personaggio
e ucciderlo dopo tre capitoli…anzi, nella mia testa la storia è già molto più
avanti di così e per il momento Ares è ancora vivo e vispo…comunque, il liceo
scientifico l’ho schivato, io faccio il linguistico
SakiJune, ciao, carissima, sono davvero felicissima di aver ricevuto la tua
recensione, anche se in ritardo…non preoccuparti l’importante è che alla fine
arrivi. Come hai potuto vedere, non è che Drew si sia calmato granché durante la
notte, ma non lo biasimo, con tutto quello che gli combino. Ma cos’è che non hai
capito di Artemis? (per quanto riguarda Ares, vedi la risposta a Lily)
Caillean, i
commenti su quanto sono stata cattiva coi Lupin si sono sprecati, me lo avete
rinfacciato più o meno tutti (ma d’altronde è vero, malgrado adori Remus e Tonks
non sono riuscita a non essere cattiva con loro…). Chissà, magari Artemis
cambierà idea prima di quanto ti aspetti…grazie infinite e a
presto!!!!!!
Deidara, holà,
mio fedelissimo. Spero che il capitolo sia stato all’altezza delle tue
aspettative, visto che mi hai spronato più di tutti a salvare Hermione dal suo
gramo destino. A presto!!!!!!
chichetta99, thanks, thanks, thanks!!!!!!!! Continua a
commentare!!!!!
Ragazzi, cinque recensioni e arriviamo a quota 50, me lo
fate questo favore, vero????? Ovviamente anche di più sono bene accette!!!!! A
presto (spero), bacibaci!!!!!!!
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Capitolo 14 *** Una verità sconvolgente ***
MAGIC WARS
CAPITOLO XIII: UNA VERITÀ SCONVOLGENTE
Buio. Dolore. E quella voce che continuava a
rintronargli nella testa. Il resto del mondo era svanito: Artemis, Sirius, i
Mangiamorte, il Ministero…tutto. Ogni pensiero razionale sembrava come
soffocato: restava solo quella presenza estranea che gli penetrava nel cervello
e il desiderio che se ne andasse. Perfino il nulla sarebbe stato meglio di
questo.
-Lasciami stare! Vattene,
maledetto!
Lottava, cercava di resistere, ma ogni
sforzo era vano di fronte a quella potenza soverchiante.
Scordatelo, Andrew Potter, sibilò Sylar. Il Signore Oscuro ha
importanti progetti per te. Non lascerai questo posto!
-Cosa stai facendo?
I miei Mangiamorte stanno per sopraffare i
tuoi compagni. Il suono di una fredda e beffarda
risata. Gli sciocchi tentano di portarti via con
loro…non capiscono che è tempo sprecato!
-Sei tu lo sciocco, se non capisci…è
qualcosa che va oltre la tua comprensione che li spinge a volersi
sacrificare…
Non preoccuparti, se è morire che vogliono,
saranno presto accontentati.
-No!!!!!!
Qualcosa scattò dentro di lui, fece un
tentativo di ribellione per scacciare Sylar dalla sua mente…tentativo che l’uomo
rese vano anche troppo in fretta. Di nuovo risuonò quella risata.
Speri sul serio di potermi contrastare? I
miei poteri vanno ben oltre le tue limitate capacità…
Quasi a sottolineare quelle parole, una
scarica di dolore gli esplose nella testa, diffondendosi in tutto il corpo. Drew
urlò.
-Lasciami…in…pace. Sentiva le forze abbandonarlo e capì che Sylar aveva ragione. Non
poteva contrastarlo: tutto quello che aveva fatto era stato vano. Alla fine era
comunque caduto nella rete di Voldemort.
Così va meglio, mormorò con una nota soddisfatta il Mangiamorte. Non mi aspettavo una resa così veloce…ma mi faciliti le
cose!
-Lascia andare i miei amici…e farò tutto ciò
che vuoi.
Risate, forti e cristalline, quanto crudeli.
Perché dovrei farlo, Andrew Potter? Tu sei già in mano mia. Non c’è posto per contrattazioni:
i tuoi miserabili amici traditori avranno la sorte che
meritano. In effetti, dovrei anche ringraziarti: se
non fosse stato per il tuo sciocco tentativo di evasione, non li avremmo mai
presi.
Il senso di quelle parole schiacciò Drew
come un macigno: Sylar aveva ragione. Se Sirius, Artemis e chissà chi altro
venivano uccisi, sarebbe stata tutta colpa sua. Sua e della sua stupida idea. Fu
invaso da un soverchiante senso di colpa, sentimento su cui Sylar si affrettò a
fare leva per fa crollare definitivamente le sue difese.
Immagini cominciarono a riempirgli la testa,
immagini di morte e dolore: la casa di Privet Drive in fiamme e Dudley ed
Elizabeth che sparivano nel fuoco… Kitty e Ethan che lo guardavano con sguardo
inquisitorio, che lo accusavano della morte dei loro genitori…Sirius, privo di
vita in terra, pallido e freddo come il marmo…Remus, gli occhi sbarrati fissi
nel vuoto…Artemis, un rivolo di sangue che le colava dalla bocca…Ares, la
bacchetta ancora in mano, come si addice a un combattente …Luna, Fred e George,
Ted, Tonks, tutti coloro a cui voleva bene morti davanti ai suoi
occhi.
E infine si formò un'altra figura: Drew non
faticò a riconoscere il viso della dolce Ginny Weasley, sua madre, morta nel
darlo alla luce, che lo guardava con un’espressione colma di
tristezza…
Drew sentì qualcosa dentro di lui spezzarsi,
mentre osservava il volto di quella ragazza che aveva dato la vita per salvare
la sua.
-No! no! smettila! Smettila!,
urlò in preda all’angoscia. Intorno a lui, sentì
di nuovo risuonare la malvagia risata di Sylar.
E poi, accadde qualcosa: un’improvvisa forza
si scatenò dentro di lui, mentre la sua mente si ribellava a quel sopruso. Sentì
la sorpresa di Sylar mentre veniva bruscamente respinto indietro. L’oppressione
e il dolore si affievolirono e improvvisamente la sua testa si riempì di ricordi
non suoi.
Sta albeggiando: i primi raggi di un timido
sole d’inizio estate iniziano a scacciare le tenebre della notte. C’è un po’ di
nebbia, ma anche quella verrà presto cancellata dall’arrivo del giorno. Fa uno
strano effetto Londra alle prime luci del mattino: non c’è in giro anima viva,
solo qualche gatto randagio e un lattaio. Cammino, senza fare neppure caso a
dove sto andando. Non mi interessa minimamente: potrebbe anche passare un camion
in questo momento e probabilmente mi lascerei travolgere come se niente fosse.
Voglio solo camminare, camminare e sperare in qualche contorta maniera che tutto
questo si riveli solo un sogno. O meglio un incubo. Lo spero con tutte le mie
forze: il destino non po’ essere tanto crudele da togliermi la persona che amo
più della mia stessa vita. Mi do automaticamente dell’idiota: sto sognando a
occhi aperti. Lei è morta e niente potrà cambiarlo. Ho dovuto imparare fin
troppo presto che la vita non è giusta, a un anno, quando Voldemort a spazzato
via la mia famiglia. Il solo pensare a Riddle mi fa bruciare con intensità la
cicatrice sulla fronte. Ignoro anche questo: qualunque cosa mi è totalmente
indifferente a questo punto. Vivere o morire. Combattere o rinunciare. Ordine o
Mangiamorte. Horcrux o non Horcrux. Niente ha più senso.
Lacrime silenziose mi solcano le guance: non
so nemmeno più da quanto tempo sto piangendo. Due minuti o due settimane, chi lo
sa. Scuoto il capo: non sarà passata nemmeno mezz’ora da quando sono corso via
di Grimmauld Place, sbattendomi la porta alle spalle. Ho ancora chiara in mente
la faccia addolorata di Sirius mentre mi diceva che Ginny, la mia Ginny, era
morta. Sento ancora nelle orecchie la voce rotta di Hermione che mi chiamava per
tentare di trattenermi. Probabilmente Ron l’ha fermata per impedirmi di corrermi
dietro: è pericoloso girare per Londra, specie per me. Ma in questo momento, non
tenterei neppure di ribellarmi: mi farei semplicemente uccidere.
Qualunque cosa purché il senso di vuoto e
questo dolore straziante svaniscano. E il senso di colpa, questo schiacciante
senso di colpa: è colpa mia se Ginny è morta. Se non fosse stata la mia
fidanzata, forse sarebbe stata ancora viva. Se non fosse stata incinta, sarebbe
rimasta ad Hogwarts al sicuro. In senso relativo, ovvio. Mi colpisce un altro
pensiero: che ne sarà stato del bambino? Scuoto le spalle: mancava ancora più di
un mese al termine, sicuramente è morto anche lui…Motivo di più per non tornare
troppo presto al Quartier Generale: non ho proprio voglia di altre brutte
notizie. Anzi, non ho più voglia di niente.
Sospiro: pensare che quando siamo tornati,
mi sentivo così felice e leggero. Finalmente avevamo messo le mani su quella
dannatissima Coppa, l’ultimo Horcrux, oltre a Nagini, ovviamente. Incredibile
come il mondo ti possa crollare addosso in un istante: poche parole e tutto
quello che c’era prima non ha più avuto importanza. Due parole, "è morta", e
tutto è scomparso, nulla è rimasto se non la sofferenza.
Con un gesto automatico, mi asciugo le
lacrime: ho gli occhiali talmente appannati che quasi non vedo dove vado.
Improvvisamente, con un pizzico di sorpresa, mi rendo conto di essere poco
lontano dal Ministero. Senza volerlo mi sono addentrato dritto nella tana del
lupo: chissà, magari è stato un desiderio inconscio!
La cicatrice brucia con più forza e lui
compare, davanti a me: è solo. Strano: pensavo avrebbe voluto il pubblico mentre
mi uccideva. Ma una parte di me ne è felice: se non altro sarà una cosa
veloce.
Mi guarda con espressione imperscrutabile. E
poi mi sorride. "Salve, Harry".
Capisco subito che sa già tutto: di certo
sono stati i suoi Mangiamorte a dirgli quello che è successo alla Tana. Oppure
l’ha letto nella mia mente.
Continua a guardarmi e a sorridere. Sembra
molto soddisfatto.
"Piantala!" gli gridò infastidito, mentre
altre lacrime mi scivolano sul viso. Ma quanto può piangere una persona prima di
rimanere senza lacrime? Non mi importa nemmeno più di apparire debole ai suoi
occhi!
"Di fare che?" mi chiede, quasi
stupito.
"Di gongolare. Hai vinto. Uccidimi e falla
finita: non opporrò resistenza!". Per dare più enfasi alle mie parole, estraggo
dalla tasca la bacchetta e la gettò a terra.
"Finisce così, Harry Potter? Per una sola
ragazza rinunci a tutto?" ridacchia tra sé. "Non riuscirò mai a
capirti!".
"Questo perché non riesci a capire l’amore"
ribatto io. Incredibile: mi ero ripromesso di renderlo veloce e indolore, ma lui
riesce lo stesso a farmi rivoltare in qualche modo. Ma io non mi ribellerò,
ormai ho deciso. "Non riesci a capire cosa significa tenere a una persona più
della tua stessa vita…sei e sarai sempre un egoista!".
"E ho forse torto?" controbatte. "Dove ti ha
portato il tuo amore, Potter? Solo al dolore e alla morte. O mi
sbaglio?".
Non rispondo: so che dovrei trovare qualcosa
da dire, ribattere qualcosa, qualunque cosa. Ma non ci riesco. La ferita è
troppo fresca, il dolore troppo forte. Mi ritrovo a pensare che tutto sommato
Voldemort potrebbe anche aver ragione. Se tieni a troppe cose, il rischio di
perdere tutto è troppo alto. Guarda lui: non ha mai provato un sentimento umano
che fosse uno, non ha mai tenuto sinceramente a qualcuno ed è arrivato dove
nessuno era mai arrivato.
Subito dopo aver pensato questo, provo
disgusto per me stesso: ma cosa sto dicendo? Voldemort è il male: lui e i suoi
servi hanno ucciso decine di innocenti, non ultima la ragazza con cui volevi
passare la tua vita.
Mi guarda con intensità: c’è una luce strana
nei suoi occhi. Soddisfazione? Possibile? Che abbia intuito i miei
pensieri?
"Che stai aspettando? Quanto vuoi gongolare
ancora prima di ammazzarmi?".
"Harry, Harry, temo tu abbia frainteso le
mie intenzioni…".
"Che intendi?" gli chiedo sorpreso: non
vuole uccidermi?
"In questa stupenda mattina, non sono qui
per ucciderti, Harry. Sono qui per farti un’offerta".
"Un’offerta?" ripeto io come un pappagallo.
Il buonsenso mi suggerisce di non ascoltare oltre e andarmene, ma io non sono
mai stato particolarmente bravo ad seguire il mio buonsenso e non mi muovo di un
passo.
"Esattamente, Harry. Voglio che tu ti unisca
a me".
Incredibile a dirsi, quasi mi viene voglia
di scoppiargli a ridere in faccia. Non può certo dire sul serio. Faccio appello
a quel poco orgoglio Grifondoro che mi è rimasto: non sono ancora caduto così in
basso. "Io, diventare un Mangiamorte? Certo, in un’altra vita forse. O dopo aver
preso una botta in testa. Scordatelo: non diventerò lo schiavo dell’uomo che ha
ucciso i miei genitori!".
"Chi ha parlato di schiavi? Io ti voglio
come mio braccio destro. Il mio secondo, se preferisci…".
"Mai!". Non c’è esitazione nella mia voce.
"Come puoi credere che io possa anche solo pensare di accettare? Io, che più di
tutti mi sono adoperato per distruggerti!".
"Eppure oggi, quando siamo solo io e te, non
fai nulla. Non hai nemmeno tentato di attaccarmi. E hai anche ascoltato la mia
proposta. Perché?".
"Io…" cominciò, ma non riesco ad aggiungere
altro. Una nuova ondata di dolore mi scuote il corpo, mentre il ricordo di Ginny
si fa ancora più intenso.
Voldemort ridacchia ancora. "Una sola
ragazza, Harry! Per una sola ragazza, stai pensando di buttare tutto all’aria.
Molto eroico da parte tua!".
"Io…" tentò di rispondere, ma le parole
restano incastrate in gola. Le lacrime soffocano tutto il resto.
"Io non ti ucciderò oggi, Harry Potter" mi
dice con calma implacabile. "Non ho intenzione di dare questo aiuto al mio
nemico. Se e quando ti ucciderò, lo farò dopo un duello. Ma ricordati: il dolore
che provi in questo momento non svanirà mai, potrà solo crescere fino a
consumarti".
"E a te che importa?" riesco finalmente a
ribattere, anche se le parole sono poco più che un sussurro.
"Se tu accettassi la mia proposta, io potrei
aiutarti. Cancellare il dolore, relegarlo talmente in fondo al tuo animo che
scomparirà per sempre. Ma questo solo se accetterai la mia offerta".
Esito, indeciso. So che non dovrei
ascoltarlo, ma le sue parole hanno uno strano fascino. Non provare più questo
vuoto, richiudere la ferita che mi lacera il cuore: può farlo su serio?
Improvvisamente la sua proposta non mi sembra più così rivoltante, anzi
decisamente mi pare decisamente allettante. In un lampo i volti di Ron e
Hermione, di Sirius mi danzano davanti agli occhi: una voce, straordinariamente
simile a quella di Silente, mi ricorda che loro sono a casa ad aspettarmi o in
giro a cercarmi, pronti a confortarmi come hanno già fatto in passato. Per un
secondo questa voce sembra quasi vincere, ma poi il volto di Ginny riacquista
nitidezza, mi sfiora il pensiero che non potrò mai più abbracciarla, sentire il
suo profumo di fiori di campo, baciarla e capisco che non posso vivere con
questo peso nel cuore.
"D’accordo" mormoro, quasi senza rendermene
conto.
Voldemort mi guarda, senza nascondere la sua
soddisfazione.
"Eccellente. Avvicinati".
Scappa, mi urla la voce nella mia testa, ma
io la ignoro.
Mi avvicino a Voldemort e mi metto in
ginocchio, tendendo il braccio destro.
"D’ora in poi" mormora Voldemort, mentre
poggia la bacchetta sulla mia carne e spirali nere ne sgorgano fuori, "sarai
chiamato Lord Sylar: nessuno dovrà mai sapere chi sei in realtà. Hai
capito?".
Mentre il Marchio Nero si forma sul mio
braccio, sento il dolore cominciare ad affievolirsi e un piccola presenza in un
angolo della mia mente farsi più soverchiante, schiacciando la mia volontà. In
un lampo, capisco che Voldemort mi ha rigirato come un burattino, ma ormai è
troppo tardi. La cicatrice smette all’improvviso di bruciare. Harry Potter è
morto: Lord Sylar ha preso il suo posto.
Quartier Generale
Dell’Ordine della Fenice,
Londra.
Drew aprì lentamente gli occhi, senza
riuscire a mettere a fuoco la stanza. Capì comunque subito che non si trovava in
una cella del Ministero: di certo non si sarebbero dati la briga di dargli un
comodo letto, morbidi cuscini e una calda coperta. Confuso, si guardò intorno e
finalmente capì dove si trovava: la sua camera da letto al Quartier
Generale.
Erano riusciti a scappare!
Quasi non osava crederci. Forse sto ancora sognando
Cercò di mettersi a sedere, ma il suo corpo
gli mandò una vivida e piuttosto dolorosa protesta: gli doleva ogni singola
fibra del corpo. No, sono decisamente sveglio!
Fece mente locale e in un lampo ricordò: Sylar che lo stava possedendo, lo
stava torturando, era più che convinto che l’avrebbe ucciso, invece
all’improvviso era successo qualcosa…Aveva visto qualcosa: un ricordo di Sylar!
Chissà come era penetrato nella mente del mago oscuro e aveva rivissuto un
momento della sua vita. Corrugò la fronte, cercando di ricordare: aveva visto
tutto dal punto di vista di Sylar, aveva sentito quello che provava Sylar in
quel momento, tutto quel dolore. Drew si sentì oppresso al solo ricordo. Poi era
apparso Voldemort, avevano parlato, avevano stretto un patto: diventare un
Mangiamorte e in cambio cancellare il dolore.
Mentre la sua mente faceva i conti e
arrivava alla verità, una verità inimmaginabile, la porta si aprì e comparve
l’ultima persona che Drew si aspettava di vedere lì: Artemis, i capelli raccolti
in una mezza coda e con indosso degli abiti che avevano tutta l’aria di essere
stati presi dall’armadio di Luna, in mano una tazza fumante.
Quando lo sguardo della ragazza si posò sul
letto, il suo viso si illuminò. "Ehi, ben svegliato, dormiglione!" esclamò.
"Come ti senti?".
"Insomma" ammise Drew. "Ho avuto giorni
migliori. Cosa è successo?".
"Sylar ti ha posseduto. Sei stato
addormentato per quasi tre giorni…".
"Tre giorni?!" gridò Drew
stupefatto.
"Tre giorni" confermò la ragazza. "Tre
giorni mica da ridere: per la maggior parte del tempo non hai fatto che gridare
e agitarti…avevamo paura che subissi dei danni permanenti. Poi un paio di ore fa
ti sei calmato all’improvviso e hai cominciato a dormire tranquillo. Sarà un
sollievo per gli altri sapere che sei sveglio finalmente…e mi pare che le tue
capacità intellettive siano intatte, perciò…".
"Sto bene. Solo un po’ ammaccato. Ma tu che
ci fai qui?".
"Molto gentile da parte tua" disse lei in
tono piccato. "Io che mi sono quasi strappata i capelli nell’ansia di sapere se
ti saresti rimesso, io che ti ho assistito durante la malattia, io che sono
quasi stata ammazzata per aiutare te in una missione suicida a dire poco…ti pare
questo lo modo ti ripagarmi? Con un "Che ci fai qui?"?".
"D’accordo, d’accordo, smettila" la fermò
Drew, interrompendo quel monologo molto alla Sirius. "Intendevo che ci fai qui,
al Quartier Generale? Come hai fatto a convincere gli altri a farti
entrare?".
Artemis parve a disagio, distolse lo
sguardo, fissandolo verso il pavimento. "Diciamo che io i miei metodi…anche Ares
è qui, comunque. E prima che tu lo chieda, stiamo tutti bene. Hermione è un po’
pesta e Sirius si è beccato uno Schiantesimo in pieno petto, ma starà presto
bene anche lui…".
"Ce ne vuole per stendere Sirius" osservò
Drew.
"Già, è proprio vero…" confermò Artemis,
sorridendo.
Drew la guardò un po’ perplesso: come faceva
a saperlo? Lei, Sirius non lo conosceva. Qualcosa non tornava: ne era certo.
L’Ordine era troppo prudente per far entrare due sconosciuti al Quartier
Generale come se niente fosse. E Artemis ne parlava come se per certi versi li
conoscesse già. E ora che ci rifletteva, come avevano fatto Sirius e gli altri a
sapere dell’attacco suo e di Artemis e Ares?
Ma prima che potesse fare qualunque domanda,
la porta si aprì di nuovo, rivelando un Sirius piuttosto sottosopra: le pesanti
occhiaie suggerivano che non dormisse da giorni, non si era nemmeno curato di
radersi o pettinarsi e camminava con cautela, massaggiandosi di tanto in tanto
la zona dello sterno con espressione sofferente.
"Sirius, sembri un barbone!" lo prese in
giro Drew, ridacchiando.
Il volto dell’uomo si distese in un sorriso
sollevato. "Drew, finalmente sei sveglio. Eravamo preoccupati a
morte…".
"Sì, Artemis mi ha detto".
Sirius parve un attimo confuso, poi guardò
la ragazza in piedi di fronte a lui. Artemis evitò il suo sguardo.
"Devo andare…" mormorò e uscì a razzo dalla
stanza in uno svolazzo di vesti.
Sia Drew che Sirius rimasero a fissare il
punto dove era scomparsa, il primo perplesso, il secondo quasi
deluso.
L’Animagus si riscosse e tornò a fissare il
ragazzo steso nel letto. "Allora, come ti senti?".
"Per stavolta credo che sopravvivrò. Ma mi
sento ancora un po’ in subbuglio…".
"Ci credo" affermò Sirius, sedendosi al suo
fianco. "Non sono molte le persone che potrebbero sopportare una possessione di
quasi tre giorni senza riportare danni gravi. Fidati se ti dico che sentirsi un
po’ in subbuglio è ben poca cosa…hai una mente più forte di quanto mi
aspettassi…o ti quanto Sylar si aspettasse".
"Cosa è successo al Ministero?" chiese Drew,
avido di sapere. "Ricordo che un Mangiamorte mi aveva afferrato…".
Sirius annuì. "Quello l’ho messo fuori gioco
io. Poi Sylar ha fatto uno dei suoi giochetti bastardi: ti è entrato nella mente
e ha cominciato a torturarti…ti divincolavi come un matto, non riuscivamo a
portarti verso il camino dietro di noi. E così i Mangiamorte hanno ricominciato
a incalzarci, ci stringevano da ogni lato, stavamo per essere sopraffatti,
quando è successo qualcosa: hai urlato e smesso all’improvviso di agitarti. Per
un attimo ho pensato fossi morto, poi ho visto che respiravi ancora. Dall’altro
capo dell’Atrium, Sylar è stato sbalzato all’indietro, come se l’avesse spinto
una forza invisibile. Abbiamo approfittato della confusione per scappare…qui hai
ricominciato a dimenarti. Ti abbiamo messo a letto e aspettato…non potevamo fare
altro: qui nessuno ha sufficiente esperienza in Occlumanzia per anche solo
pensare di provare a metterci le mani. Per fortuna, come ho detto, sei più forte
di quanto pensassimo…".
Drew sorrise. Poi chiese: "Hai detto che
Sylar è stato spinto all’indietro?".
Sirius annuì. "È caduto come un birillo.
Siamo rimasti tutti piuttosto spiazzati, in verità. Tu sai cosa può essere
successo?".
Drew esitò, ma poi disse con decisione. "No,
non ne ho idea". Non voleva dire che era riuscito a entrare lui nella mente di
Sylar: non era sicuro di voler condividere quello che aveva visto, specie con
Sirius. Non era nemmeno sicuro di poter accettare lui stesso quello che aveva
visto e sentito in quel ricordo.
Per sviare l’argomento, fece un’altra
domanda che gli stava a cuore. "Come avete fatto a sapere del nostro
piano?".
Sirius lo guardò sinceramente stupito. "Ma
come? Non sai della lettera?".
"Lettera? Che lettera?".
"Quella che la scorsa settimana è arrivata
via camino. Pensavamo avessi dato tu il nostro indirizzo".
"Quella lettera era per voi?" chiese Drew,
non meno stupito. Ma a che gioco stavano giocando Ares ed Artemis? "Non ne avevo
idea. Io l’ho spedita da una casa nel centro di Londra. Non ho nemmeno dovuto
dare l’indirizzo: è partita da sola…".
Sirius lo guardò. "In che via? In che via si
trova questa casa?".
"Ehm" mormorò Drew, cercando di ricordare,
"Park Street mi pare…un appartamento sotto sequestro…".
Sirius ridacchiò. "Quella ragazza è un
genio" mormorò tra sé.
"Che intendi dire?".
"Quindi tu non lo sai?" chiese Sirius invece
di rispondere.
"Non so cosa?" domandò Drew sempre più
spazientito.
"Che la tua amica è la figlia di Remus e
Dora, Allison".
Drew spalancò talmente tanto la bocca che
quasi gli cadde la mascella. "Artemis è Allison?" disse incredulo. "Non ne avevo
idea…".
"Sì, la tua faccia me lo aveva suggerito.
Sul serio non te lo aveva detto?".
"No…" rispose Drew
sovrappensiero.
"Beh, se può consolarti, credo proprio che
se fosse dipeso da lei, non sarebbe nemmeno venuta qui. Sono tre giorni che ci
evita tutti come la peste. O stava qui o se la filava in qualche stanza vuota.
Ora che ci rifletto, non so nemmeno se ha mangiato…".
"Ares cucina" disse Drew. "Probabilmente le
preparava qualcosa quando voi non c’eravate…".
"Ares?" ribatté Sirius. "Quella sottospecie
di gigante? Sul serio cucina?".
Drew annuì. "E pure bene!".
"Mmmm, me lo devo ricordare…" mormorò tra sé
l’Animagus.
"Comunque non ho ancora capito come avete
fatto a ricevere quella lettera, Sirius…".
"Ah, sì. Beh, è piuttosto semplice, a dir la
verità. L’appartamento in Park Street dove sei entrato era l’abitazione di Tonks
quando lavorava come Auror al Ministero. Per un certo periodo, anche Remus ci ha
vissuto, dopo che si sono sposati. Quando Voldemort è salito al potere,
ovviamente è finito sotto sequestro. Tuttavia lo teniamo abusivamente collegato
al nostro camino, come via di fuga preventiva…".
"Come Casa Riddle?".
"Esatto, però quell’appartamento è la nostra
ultima risorsa. Nel caso il Ministero scopra che Casa Riddle è uno dei nostri
nascondigli…".
"Ho capito. E perciò in quella lettera,
Artemis vi ha informato del nostro piano…".
Sirius annuì. "Sì, l’altro giorno eravamo
tutti in fibrillazione: aspettavamo vostre notizie. Poi, Christie e Keith ci
hanno mandato un Patronus dove ci dicevano che probabilmente non sareste
riusciti a scappare e così abbiamo deciso di fare una puntatina…".
"Grazie, credo proprio che senza di voi a
quest’ora eravamo tutti in cella. O peggio!".
"E già" concordò Sirius. "Lasciati dire però
che cavolate del genere non le devi nemmeno più pensare. Siete stati degli
incoscienti. Tutti e tre!".
"Non ti preoccupare, non ho intenzione di
replicare troppo presto l’esperienza…".
"Bene".
In quel momento, la porta si aprì di nuovo e
stavolta entrò Ethan. Il ragazzino si illuminò letteralmente al
vederlo.
"Drew!" gridò saltando sul letto a tuffo
d’angelo e stringendo il cugino in una morsa.
"Ehi, fai piano campione!" rise Drew,
ricambiando l’abbraccio.
*****
Drew si abbandonò all’indietro sul letto,
sospirando pesantemente. Era appena riuscito a liberarsi di Ethan, che per tre
ore non lo aveva mollato un secondo, quasi avesse paura che il cugino potesse
prendere e sparire di nuovo. Oddio, non che gli altri dell’Ordine fossero tanto
meglio: aveva dovuto quasi cacciare fuori a calci Luna, che a detta di Sirius si
era quasi consumata dalla preoccupazione negli ultimi dieci giorni.
Adesso si godeva il ritrovato silenzio, per
cercare di riflettere un po’ e pensare a quello che aveva visto nel ricordo di
Sylar.
Ma prima ancora di potersi rilassare
completamente, qualcuno bussò alla porta.
"Sì?" chiese, piuttosto scocciato. "Ah, sei
tu" aggiunse, riconoscendo la testa bionda di Artemis fare capolino.
"Posso?" chiese la ragazza.
"Ormai sei entrata" osservò Drew,
gelido.
Artemis lo guardò stupita da tanta
freddezza. "Che succede?".
Drew ricambiò il suo sguardo, gli occhi
lampeggianti. "Mi chiedi pure che succede, Artemis? O dovrei dire
Allison?".
La ragazza fece una smorfia infastidita.
"Chi te la detto? Quella bocca larga di Sirius, vero?".
"Sì, me lo ha detto lui" scattò Drew,
mettendosi a sedere di botto. "E allora? Avresti dovuto dirmelo tu. O il fatto
che sei la figlia di una colonna dell’Ordine della Fenice era per te un
particolare di scarsa rilevanza? Non sei tu quella che ha detto "dobbiamo essere
sinceri fra noi"? Beh, senza offesa, ma sei un tantino ipocrita!".
"Non era importante ai fini della missione"
ribatté Artemis, che cominciava a scaldarsi a sua volta. "Anzi, non era
importante per niente. Io non volevo nemmeno venire qui, quindi chi fossero i
miei genitori non aveva la minima importanza!".
"Ma non pensi a loro?" esclamò Drew. "Sai
quanto Remus ci sia stato male quando sei sparita? Non posso credere che non
volessi rivederlo…".
"Non sono fatti tuoi quello che decido o non
decido di fare. Sono adulta e vaccinata e prendo le mie decisione da sola da un
pezzo!".
"Tuo padre aveva comunque il diritto di
sapere che stavi bene…".
"Mio padre starà meglio senza di me" disse
la ragazza in tono che non ammetteva repliche.
Drew sbuffò, irritato: era inutile. Quella
ragazza era testarda come un mulo, lo aveva capito durante la loro breve
convivenza.
"Immagino che tu non ci abbia ancora parlato
con Remus…" osservò con calma.
"No. Né voglio farlo. Volevo solo accertarmi
che tu stessi bene. Me ne andrò domani".
"Non credevo ci tenessi tanto a me…Perciò
sei venuta a salutarmi?".
"Sono venuta a vedere come stavi. Come
stai?".
Drew non rispose: non lo sapeva nemmeno lui
come stava…
"Abbastanza bene, disse alla fine, senza
guardarla. "Qualche dolore qua e la, ma niente di insopportabile…".
Artemis lo fissò con intensità, quasi stesse
cercarlo di trapassarlo. "Stai mentendo" affermò infine con
sicurezza.
Drew la fissò sbalordito. "Che?".
"Qualcosa ti turba, vero?".
"Che ne sai?".
"Leggo tra le righe" rispose la ragazza. "E
ti conosco abbastanza da sapere che non guardi la gente negli occhi quando
menti…".
Drew si abbandonò contro il cuscino
scoraggiato: l’aveva messo con le spalle al muro, un’altra volta! Quella ragazza
sapeva essere irritante e stranamente irresistibile al tempo stesso!
"Allora" lo incalzò la ragazza, "di che si
tratta?".
Drew esitò prima di rispondere: non se la
sentiva di dire la verità, ma era più che certo che se non si fosse confidato
con qualcuno al più presto sarebbe esploso. E se doveva farlo, di certo era
meglio farlo con Artemis che con chiunque altro dell’Ordine: la notizia li
avrebbe sconvolti, poco ma sicuro!
"Quando Sylar mi ha posseduto" cominciò, "è
successa una cosa strana: non so come cavolo ho fatto ma sono riuscito a entrare
nella sua testa, ho visto alcune cose…".
"Che cose? Brutte?" chiese Artemis, attenta
e incuriosita.
"Non proprio, un ricordo. Un ricordo triste.
Qualcosa che non avrebbe mai dovuto essere nella mente di Sylar".
"Cosa c’era nel ricordo?" lo incalzò
Artemis.
"Sylar e Voldemort che stringevano un patto:
la lealtà di Sylar, che in cambio avrebbe dimenticato il dolore…".
"Drew, non ci sto capendo niente" lo
interruppe la ragazza. "Che dolore? Personalmente trovo difficile credere che
quel uomo abbia mai provato dolore…".
"No, fidati, l’ha provato. Una sofferenza
così intensa da ucciderti" Drew represse a stento un brivido: era sicuro quella
sensazione non se la sarebbe mai dimenticata. "Sylar soffriva per la morte di
una persona, qualcuno che amava più di qualunque altra cosa al mondo. E credo
che quella persona fosse mia madre…".
Artemis lo guardò confusa. "Non capisco.
Perché Sylar dovrebbe soffrire per la morte di tua madre?".
"Perché" iniziò Drew in un sussurro: dirlo
ad alta voce era più difficile di quanto credesse, "credo che Sylar sia mio
padre".
Ministero della Magia,
Londra.
Lord Sylar sedeva nel suo ufficio, i gomiti
appoggiati alla scrivania, il volto tra le mani. La maschera, di solito
saldamente calcata sul viso giaceva poco lontano. In ogni caso a quell’ora non
rischiava certo che qualcuno entrasse: era quasi mezzanotte.
Sylar si stropicciò gli occhi, sbadigliando:
erano tre giorni che non chiudeva occhio, cosa eccessiva perfino per i suoi
ritmi. Dall’attacco al Ministero dell’Ordine e la conseguente fuga da sotto il
suo naso di Hermione Granger. Fuga che aveva coperto di ridicolo l’intero
governo e che era stata ripagata con il raddoppio dei turno di tutti i
dipendenti, dagli stagisti ai Mangiamorte, per tentare di salvare il
salvabile.
Ma non era stato certo quello a togliergli
il sonno, bensì il tentativo di possessione che aveva fatto ai danni di Andrew
Potter. Quel dannatissimo tentativo che gli si era in qualche modo ritorto
contro proprio quando aveva quasi vinto. Aveva sentito la volontà del ragazzo
cedere, ce l’aveva quasi fatta e invece era stato bruscamente sbalzato fuori,
fisicamente e mentalmente. La cosa l’aveva colto talmente impreparato che ci
aveva messo diversi minuti a riprendersi e a mettersi sulla difensiva,
schermandosi da Potter, che nel frattempo se ne era andato a zonzo per la sua
mente. Non era riuscito a liberarsi di quella presenza fino a poche ore prima,
quando finalmente era riuscito a sciogliere il laccio che sembrava averlo legato
al ragazzo. Solo le sue conoscenze in Legilimanzia e Occlumanzia gli aveva
permesso di comportasi in modo più o meno normale negli ultimi tre giorni, salvo
qualche raro scoppio.
E quello era anche il motivo per cui non
aveva potuto chiudere occhio: tenere la presenza di Drew sotto controllo ed
evitare che prendesse il sopravvento sulle sue azioni (possibilità remota ma non
impossibile) aveva richiesto una vigilanza costante di ventiquattro ore su
ventiquattro.
Ora si sentiva completamente prosciugato
sotto ogni punto di vista, magico e fisico: aveva assoluta necessità di un po’
di riposo per ricaricare le batterie. E poi avrebbe cominciato a preoccuparsi di
come avesse fatto un ragazzo senza conoscenze da Occlumante a sopraffarlo e
mandarlo quasi al manicomio. Perché se era certo di qualcosa, era che se non
fosse riuscito a respingere Drew, quella presenza avrebbe finito col farlo
impazzire!
Si tirò lentamente in piedi: meglio andare a
casa prima di crollare sulla scrivania. Si stava rinfilando la maschera, quando
il Marchio sul suo braccio bruciò all’improvviso con intensità.
Che diavolo c’è adesso?
Ti devo parlare. Subito. La voce di Voldemort fu poco più che in sussurro, ma perfettamente
udibile.
Stizzito, Sylar sbuffò. Si era aspettato
quella chiamata, ma aveva sperato sarebbe arrivata il più tardi possibile. E in
quel momento non sarebbe nemmeno riuscito a rispondere con l’adeguata forza alle
domande del suo signore.
Ma quando Voldemort chiamava bisognava
rispondere immediatamente! Si strinse nelle spalle e si avviò fuori dal suo
ufficio, percorrendo il corridoio fino in fondo. Lì spinse una porta nascosta
nella parete, rivelando un ampia sala immersa quasi totalmente nell’oscurità.
Ben pochi sapevano dell’esistenza di quella stanza e di quei pochi, ancora meno
erano in grado di raccontarlo.
Sylar entrò e si fermò nel cerchio di luce,
inginocchiandosi. "Mi avete chiamato, mio Signore?".
Dalle tenebre emerse il volto pallido di
Voldemort, che si avvicinò al suo secondo. "Sì. Cosa è successo con il figlio di
Potter?".
"Io…non lo so, mio signore" rispose Sylar:
lo sguardo chino in terra si posò su Nagini, acciambellata poco più in là in una
strana imitazione di un gatto domestico.
"Spiegami. O preferisci che lo scopra da
solo?".
Allarmato dai possibili effetti della
seconda ipotesi sulla sua mente provata, Sylar si affrettò a raccontare quello
che era successo. Tanto Voldemort l’avrebbe scoperto comunque, perciò era
inutile nasconderlo.
Quando ebbe concluso, alzò lo sguardo:
Voldemort lo fissava imperscrutabile.
"Interessante" disse alla fine, facendo
cenno a Sylar di alzarsi.
"Che cosa, mio signore?".
"Se quello che dici è vero, il ragazzo è più
potente di quanto potessimo pensare. Alla luce di ciò, sarebbe uno spreco
ucciderlo…".
"Che cosa intendete fare?" chiese
Sylar.
"Ancora non lo so. Ma per noi potrebbe
essere una risorsa proficua…".
Sylar guardò perplesso l’altro uomo. Non
sapeva cosa pensare, perciò lasciò cadere nel vuoto l’ultima affermazione e
disse: "Cosa volete che faccia?".
"Per ora nulla. Tienimi informato su
qualunque novità sul ragazzo: sono certo che potrà tornarci utile in qualche
modo. Puoi andare".
Sylar si inchinò e uscì dalla stanza,
sollevato di essere stato congedato senza pesanti conseguenza. Dietro di lui,
Voldemort sorrideva maligno, mentre si risedeva su una poltrona accarezzando la
testa squamosa di Nagini: un nuovo piano stava lentamente prendendo forma nella
sua testa.
LYRAPOTTER’S CORNER
Din, din, modulo aggiornamento attivato,
dopo due settimane di silenzio. Capitolo di grandi rivelazioni questo:
lasciatemi dire che la prima parte (il ricordo, di Harry in particolare) è stato
l’apoteosi della mia vena…sakijunesca, se mi passate il termine
(eventuali fan di Saki capiranno il paragone). Sinceramente penso mi sia venuto
abbastanza bene, ma a voi l’ardua sentenza. Questo capitolo piacerà anche a
quelli di voi che credevano che Voldemort stesse a giocare con le biglie mentre
gli altri si ammazzavano: il vecchio Lord è immerso in nuove macchinazioni…chi
sa che starà a combinare?
Poi, alcuni commenti recenti sul personaggi
di Ares di alcuni di voi hanno finalmente rimesso in moto il criceto che fa
girare la ruota del mio cervello: sto cominciando a progettare il terzo episodio
(per la serie mettiamo le mai avanti!!!!!!), qualche idea ce l’ho, devo riuscire
a darle una forma organica…In ogni caso, mancano qualcosa come un paio di
millenni prima di arrivare a quel punto, perciò non vale la pena di
preoccuparsi.
In ultimo chiedo di nuovo a tutti di avere
pazienza per gli aggiornamenti: Leopardi, Hugo, Wordsworth, Goethe, Leonardo,
Marx, le funzioni matematiche e le onde elastiche si sono alleati con i miei
prof per portarmi alla pazzia. E non sto assolutamente esagerando! Ma perché
Natale è così lontano!!!!!!!! Aggiungete anche che devo preparare una ricerca
d’arte e non ho la minima idea di cosa parlare. Eventuali suggerimenti saranno
bene accolti, se volte portare sostegno a questa povera ragazza
esaurita…
Vabbè, finito di stressarvi con i miei
sproloqui, via ai ringraziamenti:
Ino chan, mi
dispiace che le Ron/Hermione non ti piacciano, per me è un po’ una questione di
principio metterli, anche se in fondo non è decisamente il pairing centrale.
Sono felice di essere comunque riuscita a commuoverti, a presto,
baci!!!!
Lily_Snape, e
invece siamo proprio alla scena "Luke sono tuo padre", anche se per il faccia a
faccia tra i due ci sarà da aspettare. Lo so che è presto, ma, vedi, il fatto è
che questa fiction è nata come autoconclusiva e solo dopo si è evoluta in una
trilogia. A quel punto, tutta la storia era impostata sul fatto che Drew sapeva
già la verità e non potevo più cambiare. E mi dispiace, Bellatrix mi serve
ancora viva, altrimenti a chi le faccio fare tutte le peggiori carognate?
Continua a seguire, baci!!!!
Caillean, felicissima di vedere che continuo a rendere bene i personaggi, per
me è importantissimo. E sono particolarmente orgogliosa di quel pezzo, ce lo
avevo in testa da tanto…a presto, baci!!!!!
Deidara, ma
come? Cadi nel dubbio proprio al momento della grande rivelazione? Come vedi
avevi indovinato fin dall’inizio, complimenti!!!!!!
chichetta99, grazie mille e continua a seguire!!!!!
Non ho idea di quando potrò aggiornare di
nuovo, vista la mia attuale situazione. spero presto, mi raccomando recensite,
bacibaci!!!!!!!!
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Capitolo 15 *** Un attimo di pace (1) ***
MAGIC WARS
CAPITOLO XIV: UN ATTIMO DI PACE
(1)
Quartier Generale
Dell’Ordine della Fenice,
Londra.
Artemis frugava silenziosamente tra gli
armadietti della cucina, mentre il pendolo del salotto suonava la mezzanotte.
Dopo aver ascoltato la super bomba che Drew le aveva sganciato addosso, sentiva
l’assoluto bisogno di qualcosa di alcoolico…il problema era che in tutta la casa
la cosa più forte presente sembravano essere certi intrugli aromatici di Luna.
La ragazza richiuse con un gemito frustato le ante dell’ultimo armadietto.
Sbuffò. Quando era più piccola, era quasi facile scovare le bottiglie di Whisky
nascoste in qualche cantuccio. Una volta se ne era ritrovata in mano una mentre
prendeva una scatola di biscotti…evidentemente Sirius era dovuto diventare più
prudente nel corso degli anni.
Continuò a cercare, cominciando seriamente a
disperare di riuscire a trovare qualcosa, finché, nascosta dietro i tubi del
lavandino, non trovò una fiaschetta. Tombola. Ne ero sicura! Sganciò il
contenitore dal suo nascondiglio e lo stappò, annusando. L’odore non lasciava
dubbi: Whisky incendiario. Anche piuttosto pessimo, constatò bevendone
una lunga sorsata. Ma meglio di niente.
Solo dopo aver bevuto un altro paio di
sorsi, considerò la possibilità che Sirius potesse aver imboscato chissà dove
altre fiaschette come quella. Sarà meglio che lo dica a
qualcuno…se beve ancora…Preferì non
considerare l’ipotesi. Ricordava perfettamente la prima volta che aveva visto il
suo zio adottivo ubriaco. O meglio l’unica volta, perché dopo quell’occasione
suo padre e sua madre si erano premurati che non accadesse più. Aveva otto anni
e l’Ordine stava attraversando un periodo difficile. Avevano appena perso
Kingsley e il Ministero gli stava addosso come un mastino su un trancio di
carne. Oltre tutto, in quei giorni ricorreva anche l’anniversario della
scomparsa di Harry. Lei e sua nonna avevano deciso di approfittare di uno dei
pochi momenti in cui Remus e Dora erano entrambi al Quartier Generale per poter
fare una specie di festa di compleanno ritardata, visto che al suo vero
compleanno non erano riusciti a venire. Lei era andata in cucina, non sapeva più
a fare cosa, e lì aveva trovato Sirius, che fissava con sguardo perso la parete
e le almeno sei bottiglie vuote che aveva di fronte, in mano una settima mezza
piena. Lo aveva salutato, senza capire cosa stesse succedendo, e lui aveva
spostato gli occhi appannati dall’alcool su di lei, senza riconoscerla. Si era
allungato verso di lei ed era cascato a peso morto dalla sedia. Lei aveva
urlato, spaventata, i suoi genitori erano accorsi e sua madre l’aveva portata
via, mentre suo padre presumibilmente si occupava di Sirius.
Il ricordo le procurò un brivido
involontario, mentre beveva un altro sorso. Solo anni dopo aveva capito cosa
avesse Sirius quel giorno, che cosa si continuasse a fare, nonostante i ripetuti
tentativi di suo padre di farlo smettere una volta per tutte. Doveva ancora
capire come facesse l’Animagus a procurarsi il Whisky, visto che di certo non
glielo comprava nessun infiltrato dell’Ordine. Un
alcolizzato lo trova sempre il modo di procurarsi un altro bicchiere,
pensò. Quella fiaschetta ne era la prova: per quel che ne sapeva poteva
anche essere lì da anni!
Guardò di nuovo il contenitore, accigliata,
dopodiché versò decisa ciò che era avanzato nel lavandino. Scusa, zio Sirius, ma è per il tuo bene. Dopo averla
riempita di nuovo con dell’innocua acqua, la rimise al suo posto. Si stiracchiò,
sbadigliando, guardandosi intorno. All’improvviso, ricordò che mentre cercava
qualcosa di alcoolico, era per caso incappata in una bustina di cioccolata. La
tentazione fu troppo forte.
Due minuti dopo, un bollitore gorgogliava
allegramente sul fornello e Artemis cercava di rintracciare una tazza nel
caotico ordine di Luna.
"Hai intenzione di continuare a evitarmi
ancora per molto?".
Quella voce la fece congelare sul posto.
Lentamente si voltò: di fronte a lei c’era l’ultima persona con cui desiderava
parlare. Piantato sulla porta, Remus Lupin le rivolse un sorriso mesto,
fissandola.
"Non ti stavo evitando…" borbottò la
ragazza, distogliendo lo sguardo e puntandolo sul bollitore.
Il viso di Remus si indurì. "Se non vuoi
parlarmi d’accordo, ma almeno non prendermi in giro, Ally. Sono tre giorni che
ti aggiri in questa casa come un fantasma e ci eviti tutti come la peste.
Perciò, ripeto la domanda: hai intenzione di continuare a evitarmi ancora per
molto?".
Artemis sbuffò. Perché doveva essere tutto
così difficile? "No" rispose. "Domani io e Ares ce ne andiamo. Ci siamo fermati
anche troppo!".
Anche senza guardarlo, sapeva che il padre
la fissava con espressione ferita. Il cuore le si strinse in una morsa. Ma non
poteva cedere. "Perché, Ally?" chiese Remus, in un sussurro.
"Perché?" ripeté la ragazza, voltandosi.
"Perché sì, papà. Non possiamo restare…Non posso restare. Starete meglio senza
di me!".
"Lo pensi sul serio? Ally, non posso
perderti un’altra volta! Non ti lascerò andare via!".
La morsa al petto si fece più intensa. "Non
spetta a te decidere, papà. Io non voglio e non posso restare. E questo è
quanto!".
Veloce, lo superò e corse fuori. Ricacciò
indietro le lacrime che minacciavano di scivolarle lungo le guance, mentre
saliva le scale, senza nemmeno sapere dove stesse andando. Era esattamente
quello il motivo per cui aveva evitato Remus come la peste bubbonica. Sapeva che
se si fossero parlati la sua sicurezza avrebbe inevitabilmente vacillato. E non
doveva permetterlo: non poteva restare. Non riusciva nemmeno a guardare suo
padre in faccia senza provare un lancinante senso di colpa per come era ridotto.
Per come l’aveva ridotto.
Siccome non guardava dove stava andando,
arrivata in cima alla rampa di scale, inciampò in qualcosa, rischiando di
rompersi l’osso del collo. O meglio in qualcuno, per la precisione sua madre,
appollaiata nel buio sull’ultimo scalino, lo sguardo assente.
Artemis sentì il cuore sprofondarle sotto le
ginocchia. Sapeva delle condizioni di Dora, ma questo non rendeva certo la vista
meno agghiacciante.
"Oddio, mamma!" esclamò la ragazza con voce
rotta. "Mi dispiace tanto!". Non sapeva nemmeno se lo diceva perché le era
appena cascata addosso o perché si sentiva in colpa per come era ridotta la
donna.
Artemis si tirò a sedere, massaggiandosi il
ginocchio. "Mamma" chiamò poi. "Mi senti?".
Dora non accennò nessuna reazione; Artemis
si spostò di fronte a lei. "Mamma" ripeté, "vieni ti riporto in camera" e le
tese la mano.
Tonks la guardò perplessa un istante,
dopodiché sorrise leggermente e afferrò l’arto teso vero di lei. Anche Artemis
sorrise, mentre la riconduceva nella sua stanza e la metteva a letto. "Mi
dispiace, mamma" disse di nuovo. "Ora dormi".
La donna le rivolse di nuovo quel sorriso
assente, mentre ubbidiente si infilava sotto le coperte.
"Sei brava".
Di nuovo,
pensò Artemis voltandosi e trovando Remus che la fissava sorridendo, una tazza
fumante in mano.
"Che intendi dire?" chiese la ragazza,
maledicendosi da sola. Non doveva dargli corda, doveva uscire, rintanarsi in
qualche cantuccio e aspettare la mattina. O meglio, andare a svegliare Ares e
andarsene subito. Ma non poteva evitarlo.
"Intendo che nessuno, a parte me e tuo
nonno, riesce a trattare con tua madre tanto facilmente. Ah, ti sei dimenticata
questa di sotto" e le porse la tazza di cioccolata calda.
"E allora?" chiese ancora Artemis, prendendo
la tazza e bevendo un sorso.
"Non lo so. Penso che ti riconosca, a
livello inconscio…".
Artemis scosse le spalle. "Questo non cambia
le cose, papà".
"Possiamo parlare?".
"No".
"Perché?".
Artemis ignorò la domanda, bevendo una
sorsata di cioccolata calda ed evitando il suo sguardo.
"Ally?".
"Niente Ally, papà!" esclamò la ragazza,
girandosi verso di lui. I suoi occhi caddero inevitabilmente sul bastone a cui
Remus si stava appoggiando e i sensi di colpa la invasero. "Ally è morta"
aggiunse con voce atona.
Sentiva lo sguardo di Remus bruciarle
addosso e le lacrime minacciare nuovamente di scendere.
"Ally" ripeté Remus deciso, "guardami. Parla
con me: perché non vuoi restare?".
"Perché non ce la faccio, papà!" gridò
Artemis, alzando la voce senza nemmeno accorgersene. "Non ce la faccio a vedere
come sei ridotto…come è ridotta la mamma! Sono tre anni che mi consumo nei sensi
di colpa e stare qui peggiora solo le cose! È solo colpa mia: lo so io e lo sai
tu!".
"Colpa tua?" ripeté Remus, stupito. "Tesoro,
non mi sono mai pentito un solo istante di quello che ho fatto tre anni fa. E
tua madre ti direbbe lo stesso…è stata una nostra decisione, una decisione che,
anche con il senno di poi, prenderei senza esitare un secondo. Non è stata colpa
tua!".
"Per favore, papà!" lo interruppe Artemis.
"Se non fosse stato per il mio sciocco comportamento, non avreste dovuto
rischiare la vostra vita…".
Remus si avvicinò alla figlia. "Ally,
guardami" disse, prendendole il volto tra le mani. "Quello che è successo tre
anni fa, è stato soprattutto frutto di una scelta mia e di tua madre. Non ho mai
pensato nemmeno per un secondo di incolparti. Anzi, una parte di me è sempre
stata orgogliosa di te…".
"Orgoglioso? Papà, vi ho praticamente
consegnati a Voldemort…".
"Sì, ma l’hai fatto seguendo i tuoi ideali.
Tutto quello che hai fatto, il nuovo ES, la vostra ribellione, tutto, mi ha reso
estremamente felice di essere tuo padre…anche se la parte più assennata di me ti
consigliava di smettere!".
I due si guardarono. Artemis non poteva
credere a quello che aveva appena sentito. "Papà, io non posso…".
"Io non ti lascerò andare via di nuovo"
ribatté Remus, deciso. "Non voglio perderti di nuovo, anche a costo di
inseguirti fino all’altro capo del mondo, hai capito?".
Artemis si limitò ad annuire. "Ti voglio
bene, papà".
"Anch’io, tesoro, anch’io" rispose Remus,
attirando la figlia in un abbraccio, che la ragazza ricambiò dopo una leggera
indecisione. Non era certa che fosse la scelta giusta, ma in quel momento era
l’unica che potesse prendere: non ce l’avrebbe mai fatta ad andarsene dopo
quella conversazione.
I due si separarono. Remus sorrise alla
figlia, asciugandole una lacrima: Artemis non si era nemmeno accorta di
piangere. Quel gesto le fece provare un moto di felicità come non ne provava da
tempo. Sentì i capelli virare di colore e il Marchio sul braccio bruciare. Si
affrettò a riprendere il controllo, ma Remus si accorse degli strani
atteggiamenti della ragazza.
"Che succede? Hai già cambiato
idea?".
"No. Papà, c’è una cosa che devi
sapere".
Si slacciò la camicetta, lasciando
intravedere il Marchio del Diavolo sul suo braccio. Remus impallidì
all’improvviso, mentre il suo pugno si stringeva al manico del
bastone.
"Quando te l’hanno fatto questo coso?"
sibilò con rabbia.
"Subito prima di rilasciarmi" rispose
Artemis. "La definirono "una lezione"".
"Quei…quei…". Remus stava letteralmente
fumando.
"Papà, calmati. Il cuore…" si agitò Artemis,
ansiosa.
Vedendola così preoccupata, Remus si
rilassò. "Sto bene, tranquilla. Ally, mi dispiace".
La ragazza si strinse nella spalle. "È lo
scotto che ho dovuto pagare per le mie azioni. Ormai ci ho fatto l’abitudine".
Era una mezza bugia e Remus parve intuirlo, ma non risollevò la
questione.
"Non ne parliamo adesso. Non voglio
rovinarmi questo momento".
Artemis annuì. "Nemmeno io" e si
abbracciarono di nuovo.
*****
Drew si alzò la mattina successiva con la
sensazione di non essere mai andato a letto. In effetti non è che avesse dormito
molto: tutte le volte che era sul punto di prendere sonno le immagini del
ricordo di Sylar gli rimbalzavano davanti agli occhi. O forse doveva dire suo
padre? Non riusciva ad accettarlo…come poteva accettare che suo padre, Harry
Potter, il Prescelto, il Bambino-Che-È-Sopravvissuto e Lord Sylar, il braccio
destro di Voldemort, temibile quasi quanto il Signore Oscuro fossero la stessa
persona? Tutte le volte che si soffermava su quel pensiero provava una spontanea
sensazione di rigetto: era impossibile, Sylar non poteva essere suo padre! Quel
uomo aveva ucciso decine di persone, non ultimo Ron Weasley, il migliore amico
di Harry. E durante l’ incursione al Ministero non aveva esitato un istante ad
attaccare lui e l’Ordine. No, Sylar non poteva essere Harry Potter, era
inconcepibile, assurdo!
Ma ogni volta che arrivava a questa
conclusione, il ricordo in cui era involontariamente penetrato gli si
riaffacciava alla mente, chiaro e inequivocabile, senza margine di errore. A
quel punto era tornato al punto di partenza!
Drew chiuse gli occhi, scuotendo il capo,
frustrato. Gli stava venendo il mal di testa a furia di rimuginare su quella
storia. Ma era una cosa che non poteva evitare di fare: insomma, era suo padre…e
aveva tentato di ucciderlo!
Andava meglio quando credevo che papà fosse
morto! Perché lo ha
fatto? Ha voltato le spalle a tutto e tutti solo per
la morte di mamma…il suo tradimento alla fine si riduce a questo. Sì, era
decisamente meglio quando credevo fosse morto!
Sbuffò: doveva smettere di pensarci o
sarebbe diventato matto! Ma più si diceva di smettere, più ci pensava. In realtà
quello di cui aveva davvero bisogno era parlarne con qualcuno. Ma chi? Di certo
nessuno dell’Ordine: non osava nemmeno immaginare cosa sarebbe potuto succedere
se la notizia fosse giunta a loro…ne sarebbero usciti distrutti! Si sarebbe
tagliato la lingua piuttosto…C’era Artemis: la ragazza era rimasta abbastanza
sconvolta la sera prima, era uscita prima che potesse aggiungere qualunque cosa.
Ma con tutta probabilità, era già tornata al suo attico, a pensare ai suoi
affari. Il che voleva dire che per lui ormai era perduta: anche se avesse
voluto, non avrebbe più potuto raggiungerla, l’Ordine non avrebbe rischiato di
perderlo un'altra volta. E a dirla tutta, nemmeno lui era molto ansioso di
replicare l’esperienza!
Scartati Artemis e l’Ordine, restava senza
opzioni, a meno di non coinvolgere Kitty e Ethan, cosa che non voleva
assolutamente fare. Sospirò: si sarebbe tenuto tutto dentro, per forza. Arrivato
a quel punto, era evidente che quel demone avrebbe dovuto sconfiggerlo da solo.
Sospirò: non sarebbe stato facile, per niente. Perché lo
hai fatto, papà? Perché? Posso capire che tu fossi sconvolto per la morte della mamma, ma
avevi comunque delle alternative…
Era inutile continuare a rimuginarci: il
fatto era quello e non poteva cambiarlo in nessun modo. Prima l’avrebbe
accettato, prima sarebbe stato meglio. Con decisione si alzò: era stufo marcio
di stare a letto. Stava cominciando a vestirsi, quando qualcuno bussò alla
porta.
"Un secondo" disse, infilandosi la
maglietta. "Sì?".
Con sua somma sorpresa, fu Artemis ad aprire
la porta. "Luna vuole sapere se scendi per la colazione".
"Che ci fai ancora qui?" chiese Drew invece
di rispondere, perplesso. "Non te ne volevi andare?".
La ragazza si strinse nelle spalle. "Ho
cambiato idea".
Drew la guardò, sempre più stupito. C’era
qualcosa di diverso in Artemis: sembrava più…rilassata. Anzi no, era felice.
Glielo si leggeva in faccia che le era successo qualcosa di bello.
"Hai parlato con Remus, vero?"
chiese.
La ragazza annuì. "Avevi ragione, Drew. Non
me ne posso andare come se niente fosse…".
"Sono felice di sentirlo. Tu e Ares sareste
delle ottime risorse per l’Ordine…".
"Ehi, non correre troppo" lo rimproverò la
ragazza. "Ancora non abbiamo deciso quanto rimanere…".
"Andiamo, Ally!" rise Drew.
Inaspettatamente, lo sguardo della ragazza
si indurì. "Non chiamarmi in quel modo Drew. Preferisco Artemis…".
"Perché?".
"Perché io non sono Ally o Allison che sia.
Non completamente, almeno. Ally è morta tre anni fa in una cella di
Azkaban…".
"Non sapevo fossi stata ad Azkaban" osservò
Drew. "Credevo che fossi stata rinchiusa nella Zona delle Celle, al secondo
Livello".
"Sono stata anche lì" confermò la ragazza.
"Ma ho avuto l’onore di soggiornare al Azkaban per quattro giorni. Solo lì
applicano il Marchio del Diavolo…".
Drew intuì che l’argomento non era gradito
all’amica, perciò disse: "Ok, che Artemis sia. Come la dea della luna. Adesso ci
sono arrivato, sai?" aggiunse con un sorrisetto.
"A cosa?".
"Il significato del nomi. Ares per un
campione dei duelli, Artemis per una figlia della luna, anche se solo per metà e
Zeus che è il padre di Artemide".
La ragazza sorrise. "Molto acuto, Andrew
Potter. Molto acuto". Parve riflettere un attimo, poi chiese: "Tu come stai,
piuttosto? Ieri non abbiamo più parlato…".
"Non lo so, sinceramente" ammise Drew.
"Continuo a sperare di aver frainteso in qualche modo…".
"Non è possibile?" domandò Artemis. "Che tu
abbia interpretato male il ricordo o quello che era. Magari è stato Sylar a
creare quelle immagini, per sconvolgerti…".
"No, non c’era margine di errore. E sono
certo che quello fosse un ricordo autentico: era totalmente diverso dalle
immagini prima. Non so come, sono davvero entrato nella mente di Sylar e ho
visto quel ricordo…".
Artemis si morse il labbro, riflettendo.
"Anche questo è un bel mistero" osservò. "Sylar è un Legilimens secondo
probabilmente solo a Voldemort, mente le tue conoscenze di Occlumanzia, senza
offesa, sono praticamente…".
"…Nulle" concluse Drew per lui. "Lo so
anch’io. Ma sinceramente al momento è il minore dei miei problemi: qualunque
cosa abbia fatto, è l’unico motivo per cui sono ancora vivo. Altrimenti Sylar a
quest’ora mi avrebbe ucciso. O mio padre, se preferisci…bella famiglia, eh? Mio
padre ha cercato di uccidermi…". Sentì la voce incrinarsi senza
volerlo.
Artemis gli sorrise debolmente. "Posso
immaginare come ti senti. Mi dispiace".
"Lo so, grazie. Ma la colpa non è tua: è
solo sua. È lui ad aver deciso di diventare Mangiamorte…".
"Sì, ma questo non ti rende le cose più
facili" obiettò la ragazza.
Drew sospirò: aveva la voglia matta di
spaccare qualcosa. Perché, perché? Perché di tutte le persone proprio a lui e
alla sua famiglia? I Potter sono proprio nati sotto una
cattiva stella, pensò.
"Risolveremo questa storia" disse ancora
Artemis.
"Come?".
"Ancora non lo so. Ma nessun problema è
senza soluzione. Bisogna solo saperla cercare".
Drew annuì. "Non ne parliamo con nessuno
d’accordo?".
"Più che d’accordo. E se hai bisogno di
qualcosa, chiedi pure".
"Grazie, ‘Temis". Il diminutivo gli era
uscito prima che potesse evitarlo; tuttavia la ragazza non fece
obiezioni.
In quel momento dalla porta fece capolino la
faccia di Sirius.
"Luna vorrebbe sapere se avete finito di
fare comunella e scendete per la colazione o avete intenzione di stare qui fino
a natale".
"Veniamo, zio Sirius" disse Artemis in tono
pacato.
Drew li seguì al piano di sotto. In qualche
modo, sentiva che il nodo che aveva attorno allo stomaco si era attenuato un
po’.
LYRAPOTTER’S CORNER
Ebbene sì, sono ancora viva! Dite la verità,
cominciavate a rinunciarci? Chiedo umilmente scusa per questo ritardo (quasi un
mese, mio dio, mi faccio schifo da solo) e soprattutto per questo sputo di
capitolo, che sicuramente non vi ripagherà per le attese. In realtà è solo metà
del capitolo che avevo preventivato, altra metà è ancora tutta nel mio cervello
e non so quanto riuscirò a scriverla…il fatto è che a tutti i miei impegni
scolastici e nono si è aggiunto uno sciopero della mia musa ispiratrice, che ha
deciso di abbandonarmi: già questo mezzo capitolo è stato un vero travaglio e a
essere sincera non mi soddisfa completamente. Ma tant’è, piuttosto che farvi
aspettare ancora, ho deciso di aggiornare comunque. Avviso da subito che non so
quando potrò aggiornare di nuovo, tutto dipende da quanto sarò ispirata nei
prossimi giorni.
Nel frattempo, passo a ringraziare i miei
carissimi commentatori. Ragazzi, finirete col farmi arrossire:
CharmedAlis, a
nome di tutta EFP di do il benvenuto su questo magnifico sito. Non preoccuparti,
le recensioni vanno sempre bene, basta dire quello che si pensa. Mi raccomando
commenta ancora, eh?
chichetta99, mmmm, a quanto pare non ho colto di sorpresa nessuno, vero? Grazie
mille!!!!
Lily_Snape, grazie mille, mia cara Lily, almeno in parte ho risposto alle tue
domande, visto? Altri flash-back? Mmmm, per il momento non saprei, magari in
futuro. Ora ti svelo un segretuccio: anch’io adoro Darth Fener, specie nel
"Ritorno dello Jedi". A presto, bacibaci!!!!!
Ino chan, ti
ho sconvolta? Bene, in fondo lo scopo era quello…ma quando aggiorni le tu
fiction?
Deidara, grazie anche a te, sono davvero felice che il capitolo ti sia
piaciuto. Purtroppo, invece di velocizzarmi, ho rallentato, mi
dispiace…
Caillean, Drew
è un ragazzo forte e ora può contare sull’aiuto di Artemis per affrontare la
situazione. Lo so, la storia dei Lupin è molto triste, devo avere una strana
sindrome che mi spinge a tartassare i personaggi che adoro!!!!
SakiJune, non
gongolare troppo, mi raccomando…hai ragione, Voldemort non si abbassa a simili
volgari attività da Babbani, errore mio!!!!!!
Con questo ho finito, restate in ascolto, spero di farmi
risentire presto, bacibaci!!!!!!
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Capitolo 16 *** Un attimo di pace (2) ***
MAGIC WARS
CAPITOLO XV: UN ATTIMO DI PACE (2)
Quartier Generale
Dell’Ordine della Fenice,
Londra.
Quel pomeriggio, si tenne una nuova riunione
dell’Ordine, a cui tutti, con l’unica eccezione di Kitty e Ethan, furono
invitati a partecipare. In tutto il Quartier Generale sembrava aleggiare un’aria
nuova, di cui sembravano risentire più o meno tutti. Perfino Tonks appariva più
serena del solito. Sicuramente erano numerosi i fattori che contribuivano a
creare questa atmosfera: il quanto mai insperato salvataggio di Hermione, che
sedeva sorridente a capo tavola con un soddisfatto Grattastinchi raggomitolato
in grembo; il ritorno di Drew, di nuovo in piedi e in perfetta salute (almeno
fisicamente); la presenza di Artemis, che dopo tre giorni di assoluto mutismo
aveva ricominciato a chiacchierare con tutti, come se non fosse trascorso
neanche un giorno dal momento in cui era sparita.
In effetti, considerò Drew, che le era
seduto di fronte, la ragazza non era mai sembrata più felice, almeno da quel
poco che la conosceva lui. Era incredibile, in meno di ventiquattro ore si era
completamente trasfigurata. La chiacchierata con Remus
deve averle fatto proprio bene: chissà che si sono detti…
Osservandola a fianco del padre, Drew si chiese come non avesse potuto notare
prima la somiglianza tra i due: sembravano una la copia carbone dell’altro. Era
una cosa incredibile: anche prima di scoprire la sua vera identità, Drew aveva
avuto l’impressione che Artemis gli ricordasse qualcuno, ma solo adesso si
rendeva conto di chi fosse, Remus, suo padre. La cosa che senza dubbio spiccava
di più erano gli occhi, dello stesso intenso color ambra (anche se
riflettendoci, poteva pure essere una cosa voluta, visto che Artemis era in
origine una Metamorfomaga come sua madre). Ma non era solo l’aspetto fisico:
avevano anche lo stesso modo di muoversi e atteggiarsi. Bevevano perfino la
cioccolata allo stesso modo!
In quel momento Drew si rese conto di aver
osservato la ragazza per due minuti buoni, come incantato; per fortuna Artemis
non sembrava essersene accorta e il ragazzo si affrettò a distogliere lo
sguardo, per concentrarsi sulla riunione in atto.
"Allora?" esordì Hermione, accarezzando
distrattamente Grattastinchi. "Siete riusciti ad avere i piani
dell’Arma?".
Fred annuì. "Sono arrivati a destinazioni
sani e salvi. Grazie a te, cognatina".
"Purtroppo" proseguì George, "sono scritti
in un codice molto complesso. Stiamo facendo del nostro meglio per decifrarlo…".
"Avete ottenuto qualcosa?".
"Beh" ammise Fred, "non è semplice, ma si
comincia a capire qualcosa…".
"…e non cono cose buone" concluse
George.
"Che intendete?" chiese Luna. "Cosa avete
scoperto?".
"Chiariamoci: non abbiamo ancora idea di
cosa sia quest’Arma…".
"…cosa faccia…".
"…o dove sia nascosta".
"Ma scusate, ragazzi" li interrupe Remus.
"Allora cosa sapete?".
I gemelli si scambiarono un’occhiata cupa.
"Da quello che abbiamo capito, il Ministero intende usare questa cosa non tanto
per eliminare noi…".
"…quanto piuttosto per conquistare
l’Europa!".
"Che cosa!?" esclamò Sirius.
"Sono completamente impazziti!" dichiarò
Ted. Gli altri annuirono in segno di assenso.
"A quanto sembra" confermò Fred. "Ma è la
verità: l’Arma, qualunque cosa sia, è un mezzo di distruzione talmente potente,
che permetterà a Voldemort…".
"…e soci di assoggettare al suo dominio
tutta l’Europa in un arco di quattro-cinque anni al massimo" concluse
George.
"Partendo dalla Francia" riprese Fred. "Per
poi allargarsi in Spagna e Germania e via dicendo…".
"…fino alla Russia" concluse
George.
Per diversi minuti, nessuno osò parlare
nella cucina: il fosco ritratto che veniva evocato dalle parole dei gemelli era
stato più che sufficiente a far perdere la parola a tutti. Se il progetto di
Voldemort si fosse concretizzato, sarebbe stata la fine di ogni possibile
resistenza: contro una nazione potevano anche farcela, ma un intero
continente!
"Ma, scusate" intervenne Ted. "Voldemort
crede sul serio che il resto del mondo resterà fermo a guardare mentre lui
assoggetta stati a destra e manca? Potrà anche conquistare la Francia, ma dopo
si attirerà contro gli eserciti di tutti gli altri, maghi o Babbani che
siano…".
Fred si strinse nelle spalle. "Questo è il
quadro emerso da quanto abbiamo scoperto fin’ora".
"Probabilmente contano sull’effetto
sorpresa" osservò Remus. "L’ultima cosa che l’Europa si aspetta è un attacco,
dopo l’accordo diplomatico che sono riusciti a stipulare otto anni fa per
evitare l’isolamento politico…".
"E da quanto abbiamo capito" aggiunse
George, "l’Arma ha una forza distruttiva tale da mettere facilmente in ginocchio
una nazione…".
Calò di nuovo un cupo silenzio. Tutti
pensavano a quali sarebbero state le conseguenza se questo folle disegno si
fosse realizzato: se il regime di Voldemort fosse stato esteso al resto del
mondo, avrebbe significato la fine di ogni democrazia, di ogni libertà! Il
pensiero era raccapricciante!
"D’accordo" intervenne Artemis. "È chiaro
che questo piano folle deve essere fermato a qualunque costo. Non possiamo
permettere che si realizzi una cosa del genere…".
"Siamo tutti d’accordo" convenne Sirius. "Ma
non possiamo decidere o fare nulla finché non sappiamo con precisione cosa sia
l’Arma e soprattutto dove si trovi. Solo allora potremo decidere un piano
d’azione…".
Tutti annuirono. "Fred e George" disse
Remus. "A questo punto è di vitale importanza decifrare il resto dei codici il
prima possibile…".
"Faremo del nostro meglio" assicurano i
gemelli.
*****
Neppure l’atmosfera cupa generata delle
comunicazioni di Fred e George e le relative conclusione poterono impedire
quella sera al Quartier Generale dell’Ordine della Fenice si tenesse una piccola
festa. Tutte le pessime notizie in linea teorica avrebbero dovuto sopprimere sul
nascere qualunque idea festaiola, ma non si era fatto i conti con i gemelli, che
nonostante tutti gli anni di guerra non avevano perso la loro vena scherzosa.
Senza contare che dopo tutte le perdite subite, il ritorno non solo di Hermione,
ma anche di Artemis appariva come un vero miracolo ai membri
dell’Ordine.
C’era tuttavia qualcuno a cui non andava
proprio giù l’idea di festeggiare: pur con tutta la buona volontà del mondo,
Drew non riusciva ad entrare nell’ottica della festa, tanto che dopo un’oretta a
far finta di divertirsi si era silenziosamente defilato nella sua
stanza.
Quanti avrebbero ancora voglia di far
baldoria se rivelassi la verità su Sylar?, si
chiedeva foscamente, appollaiato sul davanzale della sua finestra con una
bottiglia di Burrobirra in mano.
Nessuno, sarebbero tutti distrutti e tu lo
sai, gli rispose una vocina nella sua testa. Era
appunto per questo che non poteva dire niente…ma allo stesso tempo, come avrebbe
fatto ad ascoltare Sirius e gli altri parlare di suo padre senza gridare che
Harry Potter era in realtà uno schifoso traditore che non avrebbe esitato un
istante a ucciderli tutti e che anzi si era già macchiato del sangue di molti
loro alleati?
"Ehi straniero, che fai?". La voce lo fece
sobbalzare e rovesciare metà della Burrobirra per terra.
Si voltò: Artemis lo stava fissando sulla
soglia con un sorriso sghembo stampato in volto.
"Accidenti, mi hai quasi fatto venire un
infarto!" esclamò Drew, facendo ridacchiare la ragazza.
"Non c’è niente da ridere" proseguì lui,
piccato. "Non potresti camminare come tutte le persone normali? Sei più
silenziosa di un’ombra!".
"Guarda che è intenzionale" ribatté Artemis
senza smettere di sorridere. "Se fai il mio lavoro, devi essere
un’ombra".
"Capisco. Ma adesso non mi pare che sei in
missione per rubare qualche diamante o saltare alla gola di qualche
contrabbandiere o roba simile. Sei a casa".
"È un riflesso incondizionato. L’abitudine…"
spiegò la ragazza. "Ad ogni modo non hai risposto alla domanda: che fai qui
tutto solo? La festa di sotto è anche per te…".
"E anche per te" aggiunse Drew. "Non mi
sentivo tanto in vena di festeggiare".
"Pensi ancora a Sylar, non è vero?" chiese
Artemis.
"Come fai ad esserne così
convinta?".
"Si capisce dalla faccia".
"Comunque sì, pensavo a lui" rispose Drew.
"Pensavo a come farò ad andare avanti a sentire le persone di sotto raccontare
che gran persona era mio padre, quando so cosa è realmente…".
C’era più acidità di quanto in realtà non
volesse in quelle parole e Artemis parve accorgersene.
"Non devi parlare così. Resta pur sempre tuo
padre…Non conosci tutti i possibili retroscena…".
"Che intendi dire?" domandò Drew, perplesso.
"Quel ricordo era chiaro come il sole…".
"Può darsi" confermò la ragazza. "Ma può
anche darsi che ci sia dietro qualcos’altro: Voldemort è un abilissimo
Legilimens. Potrebbe benissimo aver manipolato la mente di tuo
padre…".
"E l’avrebbe tenuto sotto il suo controllo
per diciassette anni?" ribatté Drew, scettico. "Le menti forti a questo tipo di
magia dopo un po’ si ribellano, no? E so che mio padre sapeva combattere la
maledizione Imperius…".
Artemis sbuffò. "Ma non capisci che ci deve
essere qualcosa sotto?" chiese, in tono seccato. "O preferisci pensare che stia
agendo di sua volontà?".
"Era un uomo distrutto dal dolore" osservò
Drew. "L’ho sentito. Qualcuno che prova un dolore così forte può essere capace
di tutto per dimenticarlo…". Ma non si sentiva nemmeno lui convinto di quelle
parole.
"Non lo saprai mai finché non ci
parli".
Drew rise senza allegria. "Che bella
conversazione ne verrebbe fuori! Ma secondo te posso andare da lui e dirgli
"Papà, hai cercato di uccidermi, ma posso passarci sopra se mi dici cosa diavolo
ti passava per la testa il giorno che hai deciso di unirti ai
Mangiamorte!"?".
Entrambi sorrisero per l’assurdità della
situazione. "Dico solo" proseguì Artemis dopo qualche minuto, "di non
condannarlo a priori. Ci sono molte cose che non sai…".
Drew si limitò ad annuire, non sapendo
cos’altro controbattere. Da un lato gli sembrava stupido continuare a parlarne,
visto che tanto non aveva altri elementi da analizzare, eppure anche solo
discuterne lo faceva sentire meglio.
"Hai bisogno di distrarti" dichiarò alla
fine Artemis. "Non puoi continuare a lambiccarti il cervello sull’oscuro passato
di tuo padre: diventerai matto!".
"Cosa proponi di fare, allora. Non puoi
cancellare quello che ho visto…".
"Vero" assentì la ragazza. "Ma posso
trascinarti di sotto e costringerti a divertirti. Chissà, magari dopo un po’
potrebbe anche cominciare a piacerti sul serio!".
"Immagino che protestare sia inutile, vero?"
domandò Drew, pur conoscendo già la risposta.
"Oh, sì!" confermò Artemis con un sorrisetto
vagamente maligno. "Ma ti posso assicurare che dopo un po’ che vedi Sirius e i
gemelli fare i cretini, riesci a dimenticarti anche le più oscure e terribili
disgrazie della vita!".
Senza attendere ulteriori potreste, la
ragazza afferrò Drew per un braccio e lo strascinò volente o nolente di sotto,
dove la festicciola era ancora in pieno svolgimento.
"Ehi eccovi" li accolse Sirius, ridendo.
"Dove eravate finiti?".
"A espletare la nostra amorosa e focosa
unione sul tuo letto, zio Sirius" rispose Artemis con tranquillità, strappando
un gemito metà tra lo scandalizzata e l’imbarazzato a Drew. "Ma che vai
dicendo?!" esclamò il ragazzo, arrossendo.
"Cosa avreste espletato voi due?" intervenne
Remus alle loro spalle.
"Tutto il nostro amore" ripeté Artemis. "E
se tutto va bene, tra nove mesi potresti diventare nonno. Contento?".
"Artemis!" quasi gridò Drew.
"Vergognoso!" lo prese in giro Artemis.
"Guarda che lo sanno che non dico sul serio…".
"Altrimenti a quest’ora saresti già morto"
gli assicurò Sirius, con il tono di chi parla del tempo. "Nessuno tocca la
nostra bambina…".
"E così parlò colui che riuscì nell’impresa
di portarsi a letto tutte le ragazze di Hogwarts dal quinto anno in su entro il
suo diciottesimo compleanno!" lo schernì Remus, ridendo.
"Ehi, la gioventù esiste per questo" si
difese Sirius. "Mica sono tutti come te, che sono arrivati puri e candidi come
neve fresca al loro dic-"
"Ok, la discussione sta degenerando" lo
interruppe Artemis. "Grazie, zio Sirius, ma preferisco non conoscere le
avventure sessuali di mio padre…".
"E io pure" intervenne Drew, desideroso più
che mai di porre fine alla conversazione.
"E detto in tutta franchezza, anch’io
preferisco che rimangano nella beata ignoranza, Padfoot!".
"D’accordo, d’accordo, mi piego alla
democrazia" disse Sirius e si allontanò, non prima di aver borbottato a mezza
voce qualcosa che suonava vagamente come "diciotto anni".
"Sirius, vieni qui che ti voglio bastonare
sugli stinchi!" disse allora Remus, rincorrendolo e lasciando i due ragazzi a
ridacchiare.
"Ma come ti è saltato in mente di dire
quella cosa?" soffiò Drew, adirato.
"Tanto lo sapevo che Sirius non mi avrebbe
preso sul serio" rispose Artemis con un’alzata di spalle. "O preferivi che
dicessi cosa stavamo sul serio facendo di sopra?".
"A dirla così" osservò Drew, "sembra che
abbiamo fatto davvero qualcosa di male, invece di parlare e basta. Comunque no,
questa cosa deve restare tra noi".
"Non ti preoccupare, non andrò certo a dirlo
a qualcuno. Ma stiamo tornando all’argomento proibito e io ti ho promesso di
farti divertire. E ti assicuro che non c’è niente di più divertente di mio padre
che cerca di bastonare Sirius…".
Non aveva neanche finito di dirlo che si
levò un grido dietro di loro. "Sirius, ma che cavolo fai?".
I due si voltarono e non poterono trattenere
una risata. Sirius, per sfuggire a Remus, che brandiva il bastone con fare
minaccioso, si era riparato dietro Luna, aggrappandosi alle sue
gambe.
"Affronta la tua punizione da uomo,
cagnaccio rognoso!" gridò Remus.
"Neanche morto!" ribatté Sirius,
stringendosi più forte alla gonna di Luna.
Tutti si erano immobilizzati e osservavano
il terzetto, incerti se ridere o mettere fine alla discussione.
"Sirius, stupido, mi fai cadere!" strillò
Luna, il cui equilibrio era messo a dura prova dalla salda presa dell’Animagus
sulle sue gambe.
"Perché ho l’impressione che la cosa stia
per degenerare in una battaglia campale?" sussurrò Drew ad Artemis, vagamente
preoccupato.
"Perché finisce sempre così" rispose Artemis
con convinzione. Non aveva nemmeno finito la frase che si sentì un tonfo: Luna
era caduta fragorosamente in terra e stava cominciando a lanciare maledizione
contro Sirius, che si affrettò a strisciare via, inseguito immediatamente da
Remus.
*****
Alcune ore più tardi, un Sirius decisamente
ammaccato sedeva sul divano nel salotto, massaggiandosi la gamba destra, dove
Remus era riuscito a beccarlo, neanche a farlo apposta nello stesso punto dove
Luna pochi secondi prima gli aveva assestato una poderosa pedata.
Dopo i bagordi, nella casa regnava un
silenzio quasi assoluto, rotto giusto dal ticchettare del vecchio pendolo, che
segnava le undici e quarantacinque.
Sirius sbadigliò. Sarà
meglio andare a letto, và! Stava appunto per alzarsi, quando Remus
entrò nella stanza.
"Ancora sveglio?" chiese stupito il
licantropo.
"Potrei farti la stessa domanda,
Moony".
"La gamba mi sta tormentando…Mi sa che
inseguirti su e giù per scale non è stata una buona idea…".
"Mi dispiace, vecchio mio" disse Sirius,
facendogli cenno si sedersi di fianco a lui. "Se può consolarti, è servito a
qualcosa: tra te e Luna, mi avete pestato per bene!".
Remus ridacchiò. "Parlando di Luna, era
proprio necessario coinvolgerla come tuo solito?".
"Cosa intendi dire, Remus?" domandò Sirius,
guardando dritto davanti a sé ed evitando gli occhi dell’altro.
"Non fare il finto tonto, Padfoot" lo
rimproverò Remus. "Lo sappiamo entrambi di cosa sto parlando".
"Allora non capisco perché tu mi faccia
domande, Moony. Non c’è niente da dire".
"C’è tutto da dire, invece" lo corresse il
licantropo. "Non credi sia ora di superare la fase James/Lily del vostro
rapporto e parlare seriamente a Luna dei vostri sentimenti?".
"Remus, per piacere: lo sai anche te che non
è possibile!".
"Perché?".
"Perché?" ripeté Sirius irritato. "Primo,
perché io potrei, senza usare eufemismi, essere suo padre. Secondo perché lei
non ne vuole sapere. E l’ultima volta che ho controllato, per poter costruire
una relazione sono necessarie due persone…".
Remus non poté trattenere un sorrisetto. "Da
quando sei così timido con le donne, Sirius? Ci tieni davvero tanto a Luna se ti
comporti così…".
"Cosa te lo farebbe dire, dottor Freud?" lo
prese in giro Sirius, gli occhi sempre fissi sul caminetto di fronte a
lui.
"Ti ricordo che per convincere James a
chiedere a Lily di uscire senza fare il cretino ci volle del bello e del buono.
Chi si somiglia…".
"D’accordo" lo interruppe l’Animagus. "Ti
odio: ma come fai ad avere sempre ragione?".
"È un dono" sorrise Remus. "Allora che conti
di fare?".
"Lasciare le cose esattamente come sono. No,
non mi interrompere, Remus: ammetto di tenere a Luna più che a qualunque altra
donna abbia mai avuto nella mia vita, forse la amo, ma ciò non toglie che lei
non è interessata a una relazione dai tempi di Rolf, quindi non vedo perché
rovinare il nostro rapporto e con tutta probabilità rendere invivibile questo
posto. E ora, cambiamo argomento per favore!".
Remus tacque sconfitto. "Due muli al vostro
confronto…" borbottò tra sé; Sirius non diede segno di averlo
sentito.
"Allora, Moony" riprese dopo alcuni minuti
di silenzio, "come ci si sente ad fare il padre di una
diciannovenne?".
Stavolta Remus non poté trattenere un
sorriso felice. "Meravigliosamente. Mi sembra ancora impossibile riaverla qui
con noi. Dopo tutto questo tempo, cominciavo a disperare di rivederla
più…".
"A volte il destino fa strani scherzi"
osservò Sirius. "Sono davvero felice per te…Anche se, a essere sinceri, a volte
non sembra nemmeno la nostra Ally".
"L’hai notato anche tu, eh?" chiese Remus.
"Solo un cieco muto e paralitico non
l’avrebbe notato, senza offesa. Solo per il fatto che non vola più giù dalle
scale o non capitombola per terra ogni tre passi… Era perfino peggio della madre
a volte!".
"Il che è tutto dire" rise Remus.
"Ed è molto meno solare ed espansiva.
Diciamo che ti somiglia di più, Moony: silenziosa, riflessiva, spesso
pensierosa. Prima era un vulcano come Dora!".
Remus annuì: le sue piccole streghe
multicolore, le chiamava. Sempre con il sorriso sulle labbra, sempre con il
piede in fallo, dalla parlantina facile, decise a prendere quello che volevano
quando lo volevano.
Che cosa ne era rimasto adesso, delle sue
piccole streghe? Una era ridotta alla pazzia, rinchiusa per sempre in un mondo
tutto suo e l’altra era appena rientrata nella sua vita, trasformata in una
ragazza che non aveva quasi nulla della figlia che aveva conosciuto.
"Sinceramente non mi importa, Sirius" disse
alla fine. "Sono solo felice di riavere mia figlia indietro, il resto verrà da
sé!".
Sirius gli sorrise. "Sono d’accordo con te,
Moony. Più che d’accordo".
Il pendolo batté in quell’istante la
mezzanotte. I due maghi si scambiarono uno sguardo. "Meglio andare a letto"
disse Remus. "Siamo troppo vecchi per fare i nottambuli!".
"Parla per te, Moony!" esclamò Sirius,
alzandosi.
Arrivati sulle scale, quasi si scontrarono
con Luna che veniva dalla direzione opposta in vestaglia.
"Ehi, Luna" la salutò Remus. "Come mai
ancora sveglia?".
"Controllavo che non ci fossero Nargilli in
giro" rispose la donna, come se fosse una cosa naturale. "Mi era sembrato di
sentire un rumore… E voi?".
"Chiacchiere di mezzanotte" rispose Remus.
"Niente di importante. Buonanotte" aggiunse, filando via a una velocità
sorprendentemente elevata, considerando la gamba offesa.
Moony, ti odio!, pensò Sirius, capendo al volo le intenzioni dell’amico. Lasciarlo
solo con lei!
I due rimasero fermi come statue per qualche
secondo, indecisi sul da farsi. La situazione era decisamente imbarazzante:
entrambi si sentivano vagamente a disagio, eppure non era successo
niente.
"Allora…" esordì alla fine Sirius, tentando
di spezzare la tensione. "Vuoi una mano a cercare i Nargilli?".
"No, grazie" rispose Luna, scuotendo il
capo. "Posso fare anche da sola, non è un problema. Tu va pure a
letto".
"Ah, ok. Buonanotte, allora".
Sirius aggirò Luna e riprese a salire le
scale a capo chino. Una vocina irritante che gli ricordava molto quella di James
gli gridava nelle orecchie che era un coniglio codardo e che avrebbe dovuto
farsi sotto, invece di andarsene con la coda tra le gambe.
Quasi senza rendersene conto, a metà della
rampa si bloccò e voltò: Luna era quasi arrivata in fondo alle scale e si
guardava intorno con attenzione.
"Ehi, Luna!" chiamò, prima di rendersi conto
di quello che stava facendo. Che diavolo, la chiami a
fare, pezzo di scemo? E ora che le
dici?
La donna si voltò, guardando Sirius
interrogativa. "Sì?" domandò con gentilezza.
Pensa veloce Sirius! Che cavolo le dico?
Decise di sparare la prima cosa che gli veniva in
mente. "No, nulla, mi era sembrato di vedere un Nargillo, lì vicino al pendolo,
ma era solo un gioco d’ombre. ‘Notte!" e si affrettò a tutta velocità su per le
scale fino alla sua camera da letto.
Se avesse potuto si sarebbe volentieri preso
a calci da solo. Ma come si fa a essere così
idioti? Ricorda, Sirius, vivi e lascia vivere: Luna è
zona vietata! Ma non poteva evitare di pensare a quanto la donna
fosse bella con quella vestaglia a fiori e a quanto la parte più adolescenziale
di lui desiderasse tornare indietro e baciarla.
E se Sirius avesse avuto il dono di leggere
nel pensiero, avrebbe scoperto che i pensieri di Luna non erano poi tanto
diversi dai suoi e forse, chissà, avrebbe trovato il coraggio di tornare
indietro e baciarla per davvero.
Ministero della Magia,
Londra.
Lord Sylar passò in rassegna le foto che
aveva di fronte: ogni foto, un volto, una storia, spesso una fine cruenta di cui
lui stesso o altri si erano macchiati.
L’Ordine della Fenice, quei piccoli
traditori che continuavano imperterriti come mosche a mettere i bastoni tra le
ruote al suo signore. Gli sembrava ancora incredibile che dopo diciassette anni
e dopo aver perso tanti compagni, riuscissero ancora a tirare avanti e
soprattutto a porre una resistenza attiva. Il furto dei piani dell’Arma era
stato un colpo tremendo e ancora di più la fuga della Granger. La Gazzetta del
Profeta, coadiuvata da Rita Skeeter, non aveva certo evitato di rimarcare
l’evento negli ultimi giorni, mettendo in ridicolo l’intero Ministero.
Sylar scacciò subito il pensiero: rischiava
di rompere qualcosa altrimenti. Il suo equilibrio psichico era già stato messo
sufficientemente alla prova nelle ultime settantadue ore senza soffermarsi anche
sul lavoro di un’irritante giornalista dalla penna velenosa. Fortunatamente
un’altra notte di sonno e tutto sarebbe tornato alla normalità.
Tornò a guardare le foto: non sapeva nemmeno
lui perché avesse ripreso in mano i vecchi fascicoli archiviati, quelli dei
ribelli che erano stati catturati e/o uccisi.
Sempre senza un particolare motivo, si
soffermò sul primo piano di Minerva Mcgranitt. La didascalia sottostante
recitava: "Insegnante a Hogwarts; sospettato membro dell’Ordine della
Fenice".
La buona, vecchia Minerva, disse tra sé Sylar. Ricordava ancora il giorno in cui l’aveva
uccisa.
Erano stato nove anni dopo che Voldemort
aveva preso il potere. In qualche modo l’anziana professoressa era riuscita,
nonostante le sue evidenti simpatie antiministeriali, a restare ad Hogwarts a
insegnare e contrastare il lavoro dei Mangiamorte per quanto le era possibile.
Severus Piton, che fino a quel momento aveva lavorato come Preside della Scuola,
si era appena rivelato per il traditore che era ed era stato eliminato. Quasi
sicuramente era stato Piton a proteggere la collega fino a quel momento. In ogni
caso, Hogwarts aveva bisogno di un nuovo preside, qualcuno che desse una bella
tirata di cinghia alla situazione e rimettesse la situazione sui giusti binari.
La scelta di Voldemort era ricaduta su Lucius Malfoy, ben felice cedere a Draco
il suo posto in prima fila e ritirarsi a una vita relativamente più tranquilla
tra le mura del castello. Sylar si era offerto di accompagnarlo e presentarlo
ufficialmente a colleghi e alunni, oltre che per verificare personalmente i
danni causati da Piton.
Ma Minerva si era rivoltata come un gatto,
con una forza e una veemenza per niente immaginabili a una donna della sua età.
Aveva detto che sarebbe morta piuttosto che permettere a Malfoy di diventare
preside di Hogwarts. Neppure le suppliche dei suoi colleghi poterono salvare la
donna. Lucius la consegnò nemmeno tre mesi dopo: Minerva era diventata una
presenza troppo scomoda per poter restare in vita. Al contrario della maggior
parte delle esecuzioni dei suoi compagni, fu una cosa pubblica: Voldemort
desiderava che fornisse un chiaro messaggio a tutti coloro che ancora cercavano
di mettersi sulla sua strada. Sylar in persona fu incaricato di eseguire: non
avrebbe mai dimenticato lo sguardo deciso, quasi di sfida, con cui la donna lo
squadrò subito prima di essere colpita dall’Anatema che Uccide. Non si era
piegata da viva e non l’avrebbe fatto nemmeno in punto di morte, questo era il
messaggio che voleva trasmettere.
Sylar scosse il capo e spostò la sua
intenzione su un’altra foto.
Neville Paciock: la sua morte era stata
quasi un incidente. Naturalmente sapevano delle sue attività come ribelle, fin
dal suo ultimo anno ad Hogwarts era stato un fiero assertore della Resistenza e
una volta diplomato non era certo cambiato. Ma d’altro canto era uno degli amici
più vicini a Harry Potter, era anche logico che scegliesse quella strada. Per
anni era stato quasi inafferrabile: arrivava, colpiva e spariva un’altra volta.
Sylar aveva spesso faticato a credere che quella macchina da guerra fosse lo
stesso ragazzino smemorato e impacciato che era stato a scuola. Finché un
giorno, si era per caso imbattuto in un gruppo di Mangiamorte che si dava alla
caccia al Babbano nei pressi di Oxford: per cercare di difendere i Babbani, era
rimasto coinvolto nella rissa ed era rimasto ucciso. Solo dopo avevano scoperto
la sua identità. Ironico in un certo senso, assassinato praticamente per caso,
quando aveva squadre intere di Mangiamorte che gli davano la caccia!
Subito dopo Neville, Malocchio Moody:
probabilmente l’unico che aveva dato più gatte da pelare del giovane Paciock.
Prima di essere fermato, il vecchio veterano aveva fatto fuori quattro intere
squadre mandate alle sue calcagna, senza contare tutti quelli che aveva
eliminato in missioni varie dell’Ordine. Una vera potenza, che sarebbe stata
molto utile nelle file di Voldemort, anche se la possibilità non era mai nemmeno
stata ventilata: l’ex-Auror si sarebbe unito ai Mangiamorte lo stesso giorno in
cui avesse nevicato nel Sahara!
Alla fine, Sylar si era trovato nella
situazione di non trovare più volontari disposti a tentare l’impresa. Aveva così
preso lui in mano la situazione, si era messo alla guida di nove Mangiamorte
accuratamente scelti e aveva preparato un’imboscata. La missione riuscì, ma solo
lui e un altro Mangiamorte sopravvissero: Malocchio aveva lottato fino
all’ultimo respiro ed era morto nello stesso modo in cui era vissuto,
combattendo.
Le riflessioni di Sylar furono interrotte da
un leggero e timoroso toc-toc alla porta.
"Sì?".
Era Avery e si guardava intorno come se
temesse di essere fulminato da un momento all’altro.
"Ah, Avery, entra, entra" lo accolse Sylar
in tono neutro. "Mi auguro tu sia portatore di buone notizie…".
"Assolutamente, mio signore. Stiamo
effettuando gli ultimi test sull’Arma…con un po’ di fortuna diventerà presto
operativa".
"Quantifica il presto" ribatté Sylar,
fissandolo dritto negli occhi.
"Un mese. Due al massimo" rispose il
Mangiamorte, abbassando lo sguardo, probabilmente temendo un eventuale controllo
mentale del suo superiore. Un controllo che Sylar non era comunque intenzionato
a fare, la sua mente era ancora troppo provata dalle recenti esperienze, ma gli
piaceva mantenere il controllo della situazione: e un po’ di paura era il mezzo
migliore per farlo.
"Bene. Molto bene. Forse tutto sommato il
furto di quei piani non si rivelerà una tragedia…".
"Non riusciranno a decifrare i codici, mio
signore" gli assicurò Avery. "Non in due mesi comunque…".
"Me lo auguro, Avery. Per il tuo bene". Il
velato tono di minaccia non sfuggì al Mangiamorte, che deglutì con fare
nervoso.
"Se è tutto, puoi andare" lo congedò Sylar.
L’altro non se lo fece ripetere. Malgrado gli anni di differenza che separavano
Sylar dalla maggior parte dei Mangiamorte più influenti, erano ben pochi quelli
che osavano fronteggiarlo: tutti lo consideravano più o meno alla stregua di un
erede naturale del Signore Oscuro e nessuno si azzardava a mettere in
discussione questa posizione.
Sylar gettò una nuova occhiata alle foto
sparse sulla sua scrivania. Alla fine rivolse la sua attenzione fu attirata da
quella di un ragazzo dai brillanti occhi verdi e disordinati capelli rossi
marchia Weasley: Andrew Potter. Quel ragazzo era un mistero: come aveva fatto a
respingerlo? Non riusciva davvero a spiegarselo. Come il fatto che
padroneggiasse così bene la magia dopo poco più di un mese che la studiava.
Aveva ascoltato attentamente le testimonianze degli impiegati al Secondo
Livello: il ragazzo si muoveva con una naturalezza e un’abilità molto al di
sopra del livello che avrebbe dovuto avere. Anche con allenamenti intensivi,
come aveva fatto a raggiungere una bravura tale in così poco tempo? Sì, il suo
signore aveva ragione: il giovane Potter nascondeva un potenziale prezioso, un
potenziale che dovevano trovare il modo di girare a loro vantaggio, se non
volevano rischiare di essere schiacciati…
LYRAPOTTER’S CORNER
Salve a tutti, o prodi lettori che avete
ancora la pazienza di seguire questa fanfiction! Sono felice di annunciarvi che
la mia crisi mistica sta volgendo al termine e che perciò dovrei riuscire a
riprendere un ritmo più o meno regolare. Leggete bene il condizionale, non si sa
mai… In realtà, questo capitolo avrei potuto postarlo già qualche giorno fa, ma
la scuola infame non mi ha lasciato respiro tutta le settimana e dovevo finire
di scrivere l’ultimo pezzo e ricontrollare tutto. Abbiate pazienza, sto
affrontando l’ultimo anno di liceo, è già tanto che aggiorni quando riesco ad
aggiornare…
Un’altra cosa, siamo entrati ufficialmente
nella seconda parte della fiction, che andrà avanti per un po’ e metterà Sylar e
soci un po’ in secondo piano. Dal prossimo capitolo, capirete meglio, giuro, se
volete qualche indizio, andate a rivedervi il capitolo 9, dove si parla di un
certo Nandes…
Ora, un’informazione di servizio: siccome
non ho niente di meglio da fare e non ho già abbastanza cose a cui star dietro,
la mia mente contorta (complice le lezioni mortalmente noiose di filosofia) sta
cominciando a lavorare a un prequel per questa fanfiction: per la precisione la
mia idea sarebbe di risalire agli albori, con Harry e Ginny molto innamorati e
il piccolo Drew in cantiere e da lì vedere che ne salta fuori. La trama si sta
delineando abbastanza chiara, dite voi se la cosa può interessarvi. In ogni
caso, non conto di postarla prima di aver finito questa e l’altra che ho in
corso, vedremo: a voi l’ardua sentenza!
E dopo avervi tediato con i miei sproloqui,
passo a ringraziare i miei cari commentatori, ossia:
Ino chan, vabbè, su Ron le nostre opinioni divergono totalmente, però sono
felice di sapere che adori la mia creatura… a essere sincera anche a me Artemis
piace molto!!!!!!
Lily_Snape, ecco fatto, più contenta di così non puoi essere, ho messo tutto
quello che mi hai chiesto: Sirius e Luna, la triste dipartita di Minerva e ho
anche raccontato che fine ha fatto Neville, are you happy?
SakiJune, scommetto che adesso mi odi, dopo aver descritto la morte di
Alastor e Neville in rapida successione, vero? Lo so, la povera Dora l’ho
proprio conciata male (abbi fede, la cosa alla fine troverà una soluzione). Mi
dispiace, Ron è stato sul serio ucciso da Harry, ho già in mente più avanti di
infilare un flash-back per far vedere come sono andate le cose, sorry!
Chichetta99, eccoti accontentata, grazie mille!!!!!!
Caillean, devo
essere sincera, quella scena piace molto anche a me!!!!! Sono felice di sapere
che rendo bene l’introspezione del vari personaggi, è un punto su cui mi sento
un po’
Deidara, mio
fedelissimo, è sempre un piacere leggere i tuoi commenti. Ti ho regalato
un’altra conversazione tra Artemis e Drew, anche se alla fine siamo sempre lì.
Mmmm, mi sa che le tue speranze su una rivelazione di Drew dovranno aspettare
parecchio…
CharmedAlis, lo so, con Ron sono stata davvero cattiva, ma lo sai: quello è
stato uno dei capi saldi fin dall’inizio, avevo bisogno che Hermione odiasse a
morte Sylar e non sono riuscita a inventarmi nulla di meglio. Per quanto
riguarda Luna e Sirius, la strada è lunga e tutta in salita, ma qualche
spiraglio c’è sempre…
Con questo concludo, mi raccomando la vostro
giudizio!!!!!!!
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Capitolo 17 *** Un debito da saldare ***
MAGIC WARS
CAPITOLO XVI: UN DEBITO DA SALDARE
Quartier Generale
dell’Ordine della Fenice,
Londra.
Un calderone pieno di pozione azzurrognola
gorgogliava allegramente sul fuoco, riempiendo la cucina di un fumo leggero,
sotto il vigile sguardo di Artemis. La ragazza ricontrollò per scrupolo la
ricetta sul libro che aveva di fronte, anche se la sapeva praticamente a
memoria: la Pozione Antilupo era stata forse la prima pozione che aveva imparato
a eseguire alla perfezione. Anzi, a dirla tutta non stava nemmeno seguendo la
ricetta canonica. Uno studio attento l’aveva portata a modificare leggermente la
vecchia pozione, per ovviare a quello che a suo parere era un grave difetto,
specie per chi come suo padre non aveva la possibilità o l’abilità per
rifornirsi tutti i mesi: la perdita in breve tempo di tutte le sue qualità
benefiche. Un paiolo di Pozione Antilupo secondo la ricetta classica andava bene
per un ciclo lunare, dopodiché era da buttare: diventava completamente inutile,
se non addirittura dannosa, se lasciata troppo a lungo a contatto con l’aria.
Siccome era un problema che sentiva molto vicino, Artemis si era impegnata a
fondo per risolvere questo inconveniente e alla fine aveva ottenuto risultati
proficui: con le sue modifiche, era possibile imbottigliare la pozione e
conservarla anche per mesi senza che subisse mutamenti, se conservata
correttamente.
Per questo non aveva particolari difficoltà
a ricordare a memoria la ricetta; la prudenza comunque non era mai troppa: un
solo piccolo errore, una dose sbagliata e avrebbe rischiato di trasformare la
miscela in un veleno micidiale.
Aggiunse tre mosche crisopa e abbassò la
temperatura della fiamma: la pozione gorgogliò più forte e divenne di un
brillante verde acido. Artemis sorrise soddisfatta: tutto in ordine.
Diede una veloce mescolata e fece partire il
cronometro per essere sicura di seguire i tempi giusti: la pozione doveva
bollire a fuoco lento per dodici minuti, dopodiché avrebbe dovuto aggiungere
l’essenza di belladonna, aspettare finché non diventava bianco latte e
distillarla. Ne aveva preparato a sufficienza per almeno cinque cicli lunari:
questo avrebbe reso a suo padre la vita decisamente più facile. Tra i membri
dell’Ordine, nessuno si distingueva per le sue capacità di pozionista: sapeva
che quando potevano, Keith e Christie compravano la pozione già preparata, ma
era molto costosa e molto difficile da trovare. Probabilmente, di tanto in tanto
succedeva che non la trovassero e Remus subiva trasformazioni complete, cosa che
considerate le sue condizioni di salute poteva essere molto rischiosa, se non
fatale. Già con la pozione antilupo era più che difficile. Anche durante il suo
periodo di esilio volontario aspettava il plenilunio con l’ansia nel cuore: ogni
mese temeva sempre che potesse essere l’ultimo.
Sapeva anche di essere fortunata: erano ben
pochi i figli di Licantropi che non avessero ereditato la maledizione della
luna. Almeno da quel punto di vista, aveva avuto una vita pressoché normale: la
luna piena tendeva solo a renderla iperattiva e a farle vedere le cose da una
prospettiva più "animale", se così si poteva definire… Non avrebbe mai
dimenticato quella volta che a dieci anni si era divorata tre intere bistecche
senza nemmeno cuocerle: aveva fatto quasi venire un accidente a sua nonna!
Negli ultimi tre anni, grazie a un solido
studio del proprio autocontrollo e a molto esercizio, aveva imparato a
incanalare e controllare gli istinti e la forza del lupo dentro di lei: era uno
dei motivi che la rendevano un avversario tanto temibile. Non poteva certo
aspirare a competere con un Licantropo completo, ma i suoi riflessi e la sua
velocità erano senza dubbio superiori a quelli di molti umani.
Sospirando, si sedette, controllando il
tempo: sette minuti. La sua attenzione fu poi calamitata da Tonks, seduta per
terra a gambe incrociate e apparentemente intenta a contare le piastrelle del
pavimento. Un leggero sorriso increspava il suo volto tirato e pallido, eppure
sereno, i capelli rosa cicca rallegravano l’ambiente. Era da quasi due
settimane, da quando Artemis era arrivata al Quartier Generale, che l’umore di
Dora sembrava incredibilmente migliorato: seppur ancora chiusa negli incubi
della sua mente, appariva quasi in pace. Quel sorriso incerto le aleggiava quasi
costantemente sul volto, con particolare intensità quando si trovava a contatto
con la figlia. Parlava di più, anche se per lo più restavano parole sconnesse e
senza senso, ma era comunque un netto miglioramento rispetto al quasi totale
mutismo precedente.
Tutti in casa erano concordi nel dire che
questi positivi cambiamenti fossero dovuti in gran parte, se non totalmente, al
ritorno di Artemis. Probabilmente hanno
ragione, rifletté tra sé la ragazza, osservando la madre. Era così
serena, tranquilla, non cosciente di quello che le accadeva intorno, eppure in
qualche modo consapevole. La mente umana è proprio
affascinante: sarei curiosa di sapere che cosa c’è dentro la sua
testa…
Immersa nei suoi pensieri, quasi non si
accorse che i dodici minuti erano scaduti: aggiunse rapida la belladonna e
riprese ad aspettare.
Stava giusto cominciando a distillarla nelle
boccette, quando entrò Ares nella stanza.
"Ehi, vecchio mio" lo salutò la ragazza.
"Che combini?".
Ares non rispose subito; perplessa Artemis
si voltò verso il socio. Gli bastò guardarlo in faccia per capire che era
successo qualcosa, qualcosa di grave: un’ombra scura gli attraversava gli occhi,
il viso tirato e rigido, i pugni serrati. Lo stomaco le si strinse in una morsa.
"Cosa è successo?".
"Ha chiamato JR" fu la cupa
risposta.
Artemis sentì il cuore scenderle da qualche
parte sotto le ginocchia. "Che voleva?" chiese, pur sapendo già la
risposta.
"Ricordarmi che domani scade il tempo a
nostra disposizione. Nandes era preoccupato perché non ha più avuto nostre
notizie".
"Ovviamente" sibilò Artemis tra i denti. "O
piuttosto era preoccupato per i suoi soldi…".
Si diede mentalmente della stupida:
impegnata com’era a cercare di riallacciare i vecchi ponti, aveva relegato
Nandes in un angolo della sua mente, dimenticandosi del debito che dovevano
saldare. E ora il tempo era scaduto! Il che significava una cosa sola: era già
praticamente morta e Ares con lei!
"Che facciamo, Artemis?" chiese
Ares.
La ragazza sospirò, massaggiandosi le
tempie: era finita e lo sapeva. Non avrebbe mai trovato tutti quei soldi in meno
di ventiquattro ore. Erano rovinati. Ma se dovevano andare a picco, non avrebbe
certo trascinato giù anche suo padre, Drew e tutti gli altri.
"Prepara le tue cose" disse, con una voce
che quasi non riconobbe come sua. "Ce ne andiamo appena cala la
notte".
*****
Artemis gettò un’ultima occhiata alla camera
da letto che aveva diviso con Luna e Hermione: entrambe le donne erano
profondamente addormentate. Facendosi forza, scivolò silenziosamente attraverso
la stanza e uscì. La maniglia scricchiolò appena quando l’abbassò, ma l’unica
reazione fu un mugugno di Luna che si voltò dall’altra parte e continuò a
dormire. Artemis si richiuse la porta alle spalle, lottando contro l’impellente
desiderio di tornare dentro e far finta che non fosse accaduto nulla. Ma non
poteva, lo sapeva bene: Nandes non ci avrebbe messo molto a mandare i suoi
galoppini sulle sue tracce e lei doveva essere il più lontano possibile dal
Quartier Generale quando fosse successo. Indossava di nuovo la sua divisa da
lavoro: maglietta nera aderente e giubbotto, pantaloni in pelle neri e stivali.
Aveva raccolto i capelli in una frettolosa coda di cavallo e alla cintura
pendeva chiaramente visibile la pistola.
Sospirò pesantemente, dirigendosi verso la
fine del corridoio, dove Ares l’aspettava in silenzio.
"Andiamo" fu l’unica cosa che Artemis disse,
avviandosi al piano di sotto.
L’uomo la scrutò attentamente, ma non fece
commenti: anche senza parlare, sapeva bene cosa frullava nella testa della sua
protetta. Quella era probabilmente l’ultima volta che vedevano quel
posto.
Avevano deciso di sgusciare fuori dalla
porta sul retro per non attirare l’attenzione di eventuali vicini guardoni,
benché fosse l’una di notte passata. Tuttavia, mentre attraversavano la cucina
silenziosa e immersa nel buio, si levò una voce.
"Ve ne andate senza nemmeno
salutare?".
Artemis sobbalzò, maledicendo Merlino,
Morgana e tutti gli stregoni del passato: perché proprio lui?
La luce si accese all’improvviso,
lasciandola per un attimo accecata. Quando ebbe di nuovo messo a fuoco la
stanza, vide suo padre seduto a capo tavola, le braccia incrociate,
un’espressione a metà tra il deluso e il rassegnato.
"Vai avanti" disse la ragazza ad Ares. "Ti
raggiungo subito. Sul serio" aggiunse all’occhiata poco convinta dell’altro.
Ares uscì senza fare ulteriori commenti.
A quel punto, Artemis rivolse la sua
attenzione all’uomo di fronte a sé. "Come hai fatto? Leggi nel pensiero come il
buon vecchio Severus?".
Il volto di Remus si distese per un attimo
in un sorriso. "Il buon vecchio Severus, pace all’anima sua, ti prenderebbe a
sberle se ti sentisse parlare di "leggere il pensiero"!".
"Probabilmente. Allora riformulo: sei
diventato un Legilimens? Oppure sono così trasparente?".
Remus scosse il capo, tornando serio. "No,
non sei affatto trasparente: direi piuttosto criptica. E le mie conoscenze di
Legilimanzia lasciano piuttosto a desiderare".
"E allora come hai fatto?".
"Tua madre capisce più di quanto non lasci a
intendere". Allo sguardo confuso della figlia, Remus continuò: " È da quando si
è addormentata che non fa che ripetere nel sonno una frase: "Non farla andare
via". Non mi ci è voluto molto per fare due più due, anche se speravo
ardentemente di aver frainteso!".
Artemis fece un sorrisetto. "Tradita dalla
mamma. Come ai vecchi tempi…".
"Perché?" chiese Remus, ignorando il
commento. "Non che non me l’aspettassi, ma speravo che saresti rimasta ancora un
po’".
La ragazza distolse lo sguardo: quel
colloquio rendeva tutto più difficile. "Non dipende da me, papà. Sono sorte
delle complicazioni…".
"Che complicazioni? Forse
posso…".
"No, non mi puoi aiutare, papà. È una
faccenda solo mia, in cui non voglio coinvolgere né te né gli altri. Quindi, per
favore, non insistere: tornerò appena mi sarà possibile".
Remus la scrutò a fondo, fino a incontrare i
suoi occhi: la ragazza distolse lo sguardo. "Non ti credo, Ally" disse infine.
"Questa volta non tornerai, lo so".
Artemis imprecò fra sé: tre anni che non si
vedevano e quel uomo riusciva ancora a leggerle dentro come se avesse una
radiografia dei suoi pensieri.
"Non c’è alternativa" disse dopo alcuni
secondi di silenzio, con voce rotta. "Se non me ne vado, vi metterò tutti in
pericolo!".
"Non ti voglio perdere un’altra volta"
protestò Remus. "Possiamo proteggerti…".
"No, non potete. E non permetterò che
rischiate di nuovo la vita a causa mia!".
Remus spostò lo sguardo al pavimento. "Non
c’è proprio niente che posso fare per farti cambiare idea, vero?".
La ragazza si limitò a scuotere il capo, la
gola stretta in una morsa. Si avvicinò e abbracciò il genitore, che ricambiò la
stretta come se non volesse più lasciarla andare.
"Torno presto, papà. Fidati di me" promise
la ragazza, quando sciolsero l’abbraccio: piangevano entrambi.
Remus sorrise, asciugando le lacrime della
figlia. "Non fare promesse che sai di non poter mantenere".
La baciò sulla fronte, Artemis gli rivolse
un ultimo sorriso e poi raggiunse Ares: i due sparirono presto nella
notte.
Remus rimase alla finestra a fissare il
buio, incerto. Infine, prese la bacchetta e pronunciò un incantesimo: un piccolo
gufo luminescente comparve nella stanza. I Gufi Messaggeri erano stati un’utile
invenzione di Harry ai tempi della guerra: il ragazzo di solito li usava per
comunicare con Ginny, poi erano stati adottati anche dal resto dell’Ordine.
L’incantesimo era piuttosto complesso, ma una volta imparato si rivelava
immensamente utile: erano più sicuri dei gufi in carne e ossa perché non
potevano essere intercettati e più pratici dei Patronus perché all’occorrenza
portavano anche lettere o messaggi scritti, il che permetteva di tenere le
informazioni segrete. Inoltre, quelle creature erano di grado di seguire e
spiare la gente e tornare a riferire a chi le aveva evocate. Ed era esattamente
a quest’ultimo scopo, che Remus aveva evocato il Gufo Messaggero quella
sera.
"Seguila e tienila d’occhio. Torna qui se le
succede qualcosa. Qualsiasi cosa".
L’uomo rimase poi a osservare l’animale
argenteo sparire a sua volta nell’oscurità. Scusa, Ally,
stavolta non ti lascerò scappare!
Casa di Artemis e Ares,
Londra.
Artemis non aveva nemmeno fatto in tempo a
entrare in casa e piazzarsi davanti al portatile, che il suo cellulare cominciò
a suonare. La ragazza non se ne stupì, malgrado l’ora tarda. Il male non
dorme mai!
"Sì?" rispose con voce forzatamente
tranquilla.
La voce vellutata e falsamente cordiale di
Nandes risuonò dall’altro lato dell’apparecchio. "Artemis, mia cara. Cominciavo
a pensare ti fossi dimenticata di me…".
"Come potrei, Nandes?" chiese sarcastica la
ragazza. "Cosa vuoi?".
"Solo sapere come stai. Non ti sei più fatta
sentire né vedere. Abbiamo sentito la tua mancanza".
Artemis sbuffò sprezzante. "Dì piuttosto che
eri preoccupato per i tuoi soldi, Nandes".
"Te lo concedo" ammise la voce. "Ma devi
capire: la mia pazienza ha un limite. Ti ho dato un mese e quel tempo scade tra
quattordici ore circa".
"Pensi che potessi dimenticarlo, Nandes?"
ribatté Artemis acida. "Non vedo l’ora di pagarti e liberarmi per sempre di
te!".
"Allora hai il denaro?" chiese la voce più
tranquilla.
"Dimmi solo dove e quando".
"Due in punto, al solito posto".
"Ci sarò" e chiuse la comunicazione. Si
prese il volto tra le mani, cercando di riflettere. Doveva esserci una
soluzione, doveva… Era sempre riuscita a scampare alle situazioni più critiche,
non poteva farsi mettere spalle al muro proprio in quel momento.
"Artemis?" la chiamò Ares.
La ragazza incontrò lo sguardo del suo
socio. "Mi dispiace. Nella mia fretta di aiutare Drew, ho perso di vista il
quadro generale…".
"Non te ne faccio una colpa" la interruppe
l’altro. "Hai agito come credevi giusto… E io avrei fatto lo stesso".
Artemis annuì, un po’ rincuorata. "Grazie,
amico mio. Ora riflettiamo: come possiamo trovare duemila galeoni in dodici
ore?".
Accese il computer, digitò velocemente la
password e cominciò a scorrere le file e file di cartelle, cercando qualcosa che
sapeva bene di non poter trovare: aveva un solo conto bancario reperibile in
così poco tempo e non era sufficiente a coprire quella cifra. Non amava tenere
troppo contante in giro: in genere i soldi che guadagnava preferiva spenderli il
prima possibile: meno tracce lasci, più è difficile farsi rintracciare! Se riesco a spuntarla, creerò un fondo emergenze per situazioni del
genere!
"È tutto inutile!" sbottò infine. "Qui non
c’è assolutamente nulla che possa farci mettere insieme quella
cifra!".
"Artemis" esordì Ares esitante. "Forse ho
un’idea. Ma è molto pericoloso…".
"Nulla sarà più pericoloso che presentarci a
mani vuote a quell’appuntamento. Spara!".
"Conosco un tipo che bazzica dalle parti del
porto… un falsario…".
"Un falsario?" ripeté Artemis, capendo dove
l’altro volesse andare a parare e rimanendone un po’ spaventata. "È molto, molto
pericoloso. Se Nandes si accorge che stiamo cercando di fregarlo…".
"È solo un diversivo" spiegò Ares. "Per
guadagnare altro tempo e trovare i soldi veri".
"Quando capirà l’inganno, e non ci metterà
tanto, non ci darà un’altra occasione, Ares. Ci ucciderà e basta" obiettò la
ragazza, in preda all’indecisione.
"Hai qualche alternativa?".
Artemis tacque, riflettendo. Se saldavano il
debito con soldi falsi, Nandes gli avrebbe uccisi. Ma se si fossero presentati a
mani vuote all’appuntamento, sarebbero morti comunque. In ogni caso, le
prospettive future erano piuttosto fosche.
"Questo tuo conoscente riuscirebbe a
procurarsi duemila galeoni falsi per le due di questo pomeriggio?" chiese
piuttosto scettica. Ma aveva sottovalutato il fattore Ares.
"Sì, se glielo chiedo io. Mi deve un
favore".
"Ma com’è che tutti ti devono sempre un
favore?" chiese Artemis, senza trattenere un sorriso.
Ares alzò le spalle. "È sempre utile avere
contatti utili. Allora, che facciamo?".
Artemis esitò: ma tra il morire subito e
l’avere almeno una pallida possibilità di salvezza, la seconda era decisamente
più allettante. "Chiama questo tipo".
Mentre Ares borbottava al telefono, Artemis
si allontanò e andò in camera sua. Senza esitare si diresse al grande armadio al
capo opposto della stanza e lo aprì. Gli abiti, tutti in ordine meticoloso,
erano nettamente divisi in due gruppi: a destra, si distinguevano capi a tinte
vivaci che Artemis prediligeva e usava normalmente, a sinistra, il colore nero
dominava in modo quasi opprimente, usati esclusivamente quando Artemis lavorava.
Il nero era utile per confondersi nelle ombre e conferiva un aria di sobrietà e
serietà nemmeno comparabile a quello delle tinte pastello, almeno nel suo
lavoro: c’erano già il sesso e l’età a pesare a suo sfavore nel ambiente in cui
si era inserita, aveva bisogno di tutto l’aiuto possibile per farsi rispettare,
specie ai primi incontri, quando immancabilmente i suoi clienti, se così
potevano definirsi, restavano basiti nel trovarsi di fronte una ragazza di
neanche vent’anni.
Tuttavia, quella notte si sentiva molto più
vecchia dei suoi diciannove anni: aveva il sinistro presentimento di chi sta per
infilarsi nella tana del lupo e sa che non ne uscirà più. Passò in rassegna il
suo guardaroba e alla fine prese un paio di jeans neri elasticizzati e una
maglia blu scuro a collo alto, a cui abbino un paio di stivali a punta con un
paio di centimetri di tacco e una giacca leggera lunga fin quasi alle ginocchia.
Non era proprio l’abbigliamento ideale per una giornata di metà agosto, ma
preferiva mettersi più comoda possibile. Inoltre il nuovo abbigliamento le
permetteva di mascherare meglio le armi supplementari che aveva intenzione di
portare con sé: non si sarebbe fatta cogliere impreparata, se fosse stato
necessario si sarebbe fatta largo tra gli scagnozzi di Nandes con i
denti.
Si guardò allo specchio, riflettendo sui
punti strategici dove avrebbe potuto nascondere il suo arsenale difensivo,
quando l’occhio le cadde su un pacchetto infilato in un angolo dell’armadio.
Appena si chinò su di esso, le fu chiaro cosa contenesse. Si morse un labbro,
pensando: i due oggetti giacevano praticamente inutilizzati da quasi tre anni e
se i suoi presentimenti erano giusti, probabilmente sarebbero rimasti a vegetare
lì in eterno. Senza contare che per certi versi li aveva rubati… uno dei due
almeno! Forse sull’altro poteva anche vantare un certo diritto d’eredità, in
quanto figlia di un Malandrino, ma il primo non le apparteneva: era stato solo
un prestito. Ed era giusto restituirlo al legittimo proprietario. Prima di
cambiare idea, afferrò il pacchetto e tornò in salotto.
"Mi porta il denaro alle nove" disse senza
preamboli Ares vedendola tornare. "Che cos’hai lì?".
"Ares, quanto ci metti a procurarmi un
gufo?".
Quartier Generale
dell’Ordine della Fenice,
Londra.
Drew ci mise parecchi minuti a capire cosa
l’avesse svegliato. Aprì un occhio assonnato e lo puntò sulla sveglia: le otto
del mattino. Il ragazzo grugnì il suo disappunto e poi qualcosa lo colpì forte
in testa, qualcosa di morbido e piumato. Drew si convinse ad aprire anche
l’altro occhio, sbadigliando e cercando di identificare quella sottospecie di
palla impazzita che sfrecciava sopra la sua testa e che Grattastinchi,
acciambellato ai piedi del suo letto, occhieggiava con sguardo famelico. Quando
la palla, passò di nuovo nel suo raggio d’azione, Drew l’afferrò fulmineo: era
un piccolo gufo, che a occhio e croce doveva essere un allocco non ancora
completamente adulto. L’animale lo fissò con sguardo altero e soddisfatto:
evidentemente lo scopo di tutto quello spettacolo era di attirare la sua
attenzione. Il gufo si liberò della presa di Drew e andò a posarsi sulla
scrivania, dove si trovava un piccolo pacco.
Perplesso, il ragazzo scivolò fuori dal
letto e prese il pacco in mano: incastrata tra i lacci che lo tenevano chiuso
c’era una lettera. Chi poteva scrivergli? Era più di un mese che non riceveva
lettere, da quando aveva cominciato la sua vita da reietto… E in ogni caso,
tutti i suoi conoscenti che avrebbero potuto usare la posta via gufo abitavano
sotto il suo stesso tetto. Incuriosito, sfilò il messaggio e lo aprì: riconobbe
subito l’ordinata calligrafia di Artemis. Cominciò a leggere, il cuore
attraversato da un sinistro presentimento, mentre il piccolo gufo si appollaiava
sulla sua spalla.
Caro D.,
non so come e quando riceverai questa
lettera: ho qualche dubbio sull’affidabilità di questo gufo, ma è il migliore
che sono riuscita a procurarmi in così poco tempo. Ti starai chiedendo perché ti
mando questo messaggio: me ne sono andata. Non per mia scelta, voglio essere
chiara: ho commesso un errore, un errore che probabilmente avrà per me e Ares
pesanti conseguenze. Ma non voglio entrare nei dettagli, la faccenda non ti
riguarda e non ti voglio coinvolgere: ti metterei inutilmente in pericolo e non
voglio che a te o qualcuno dell’Ordine succeda qualcosa per causa mia. Ti prego,
impedisci a mio padre di fare qualche stupidaggine, so già che non accetterà
facilmente la mia fuga.
Passando oltre, non è solo per accomiatarmi
da te che ti scrivo: sai bene che non sono tipo da certi sentimentalismi. Avrai
certo notato il pacchetto allegato a questa lettera: consideralo un mio regalo
per il tuo compleanno, anche se un po’ in ritardo. Sono sicura che lo troverai
molto utile.
Non cercarmi: mi farò viva io. Stammi
bene,
A.
P.S. Tieni pure il gufo, non so se potrà
esserti di qualche utilità, ma non si sa mai
Drew rilesse tre volte la lettera, prima di
accettarne appieno il significato: Artemis se ne era andata. Proprio come aveva
temuto: in silenzio, protetta dalle tenebre e senza dire nulla a nessuno. E
quanto traspariva dalla lettera, era in guai grossi, forse non l’avrebbe più
rivista. Appena l’ebbe formulato, scacciò quel pensiero: aveva già visto quando
in gamba fosse la giovane Lupin, se ne sarebbe tirata fuori senza difficoltà e
poi sarebbe tornata.
Pensò a Remus: la cosa l’avrebbe
distrutto.
Allontanò anche quei pensieri e si dedicò al
regalo che Artemis gli aveva inviato: doveva essere importante se si era presa
tutto quel disturbo. All’interno c’erano tre oggetti: un lungo mantello
argenteo, un foglio di pergamena talmente consunto che sembrava tenersi insieme
proprio per magia e un altro biglietto.
Questo era il Mantello dell’Invisibilità di
tuo padre, sono certa che mio padre e Sirius te ne hanno parlato. Probabilmente
non sapevi che l’avevo io: i miei me lo diedero quando cominciai la scuola,
pensavano mi sarebbe tornato utile (come in effetti e successo). Quando scappai,
lo portai con me. Ora te lo restituisco: appartiene alla famiglia Potter, perciò
è giusto che lo abbia tu. Quando alla pergamena, forse sai di cosa si tratta. In
ogni caso falla vedere ai Malandrini, gli farai fare un bel tuffo nel passato.
Loro ti daranno tutte le spiegazioni di cui hai bisogno.
Drew lasciò cadere il messaggio, afferrando
il Mantello. Il Mantello dell’Invisibilità di suo padre, quasi non riusciva a
crederci: in effetti si era chiesto dove fosse finito, dopo che Sirius e Remus
gliene avevano parlato. Alla fine, aveva concluso che probabilmente Harry
l’aveva portato con sé e perciò era in possesso di Sylar. Invece l’aveva
Artemis. Quella ladruncola, pensò, divertito.
L’ha avuto lei per tutto questo tempo. Lo
ammirò a lungo: certo sarebbe tornato utile presto o tardi. Se non a lui, ai
membri dell’Ordine.
Spostò la sua attenzione sulla vecchia e
consunta pergamena. Falla vedere ai Malandrini, diceva la lettera. Che fosse… la Mappa del
Malandrino? In effetti aveva senso che l’avesse Artemis: di certo quando
frequentava Hogwarts e capitanava il nuovo ES, le era molto utile per evitare di
farsi beccare. Riusciva quasi a figurarsela, una quindicenne Artemis con i
capelli rosa confetto stretta sotto il Mantello dell’Invisibilità e con il naso
immerso nella Mappa.
Il pensiero lo fece sorridere, ma il sorriso
gli morì sulle labbra quando fu colto da un dubbio improvviso: se Artemis gli
inviava quegli oggetti, non era perché era convinta che non si sarebbe più
rivisti? Che non avrebbe avuto occasione di darglieli personalmente? Possibile
che fosse in una situazione tanto disastrosa? Non sarebbe sul serio più
tornata?
Dovette respirare a fondo per evitare di
cedere a un attacco di panico: perché poi il pensiero lo sconvolgeva tanto?
Aveva incontrato Artemis meno di un mese prima, non poteva certo dire di
conoscerla bene: c’erano tante ombre nel suo passato che non poteva sperare di
dissiparle in così poco tempo. Neppure Remus, che era suo padre, era riuscito a
penetrare a fondo nella corazza che la ragazza si era costruita intorno. Eppure…
il pensiero che le potesse succedere qualcosa bastava a fargli battere
furiosamente il cuore. Che cosa gli era preso?
Prima che potesse trovare una spiegazione
razionale alla sua domanda, Ethan si svegliò.
"Ehi, cos’è quello?" chiese il ragazzino,
balzando a sedere eccitato. "Un gufo? Ti ha portato una lettera? Che cosa c’era
scritto? E quello che cos’è?".
Londra.
Quando Ares e Artemis giunsero al luogo
dell’appuntamento, con una decina di minuti d’anticipo, trovarono i cinque
uomini ad aspettarli. Artemis non si stupì troppo nello scoprire che Nandes
aveva mandato il suo secondo in persona a riscuotere. JR era un uomo alto, ben
piazzato, con capelli neri lunghi fin sotto le spalle e penetranti occhi scuri
che brillavano perennemente di una luce malevola e astuta. Poteva apparire
stupido alle volte: ubbidiva fedelmente agli ordini del suo capo, aveva la
tendenza ad agire d’impulso e ad applicare la teoria del "prima spara, poi
chiedi", ma Artemis sapeva bene che la sua era solo un’immagine di facciata. In
realtà, era più scaltro di una volpe e più crudele di una faina. Non conveniva
metterselo contro: anche se eri nelle grazie di Nandes, JR ci metteva poco a
seminare abbastanza malevolenze da farti silurare. JR era gli occhi, le orecchie
e le mani di Nandes: tutti i compiti più delicati venivano affidati a lui e lui
li portava a termine anche a costo della vita.
Quel giorno, indossava la sua divisa
preferita: jeans laceri, maglietta a maniche corte e giubbotto in cuoio. Nel
complesso, aveva un’aria piuttosto scialba, specie se paragonato
all’abbigliamento di Artemis e Ares, decisamente più elegante. Ma non erano
certo i vestiti a preoccupare Artemis, quanto piuttosto la pistola che pendeva
alla sua cintura: l’aveva visto estrarla e sparare in meno di cinque secondi, se
avesse voluto ucciderla, nemmeno i suoi superriflessi l’avrebbero salvata.
Intensificò la presa sulla pistola che teneva a portata di mano, pronta; Ares
portava una valigetta, che conteneva duemila lucenti e perfetti galeoni
falsi.
Quando furono a un metro di distanza, JR
disse: "Iniziavo a pensare che non saresti venuta…".
"Mancano ancora più di cinque minuti alle
due, JR" ribatté Artemis fredda. "Sei tu ad essere arrivato in
anticipo".
"Vero" concesse l’uomo. "Bando ai
convenevoli e molla i soldi, Artemis".
"Tutti tuoi" disse la ragazza, facendo un
cenno ad Ares che senza parlare porse la valigetta a JR.
Quest’ultimo l’aprì e ne controllò
attentamente il contenuto. Artemis trattenne quasi inconsciamente il fiato,
anche se sapeva che quelle monete erano praticamente perfette: probabilmente
solo un Goblin si sarebbe accorto che erano false. Dopo il minuto più lungo
della sua vita, JR richiuse la valigetta e la porse a uno dei suoi silenziosi
accompagnatori. La sua espressione era indecifrabile.
"Bene" disse Artemis, con una punta di
esitazione. "Direi che abbiamo finito: questo cancella il mio debito. Riferisci
a Nandes di dimenticarsi il mio nome!".
"Come desideri, dolcezza" rispose
garbatamente JR. In un’altra occasione, probabilmente quel tono l’avrebbe messa
sull’avviso; ma in quel momento, voleva solo allontanarsi il più velocemente
possibile dal quella situazione spinosa.
"Bene, allora addio". Fece un cenno ad Ares
e i due si voltarono per andarsene. Per un attimo fu sul serio convinta di
avercela fatta, ma poi JR la richiamò.
"Ehi, Artemis!". Non fece nemmeno in tempo a
reagire; prima ancora di rivoltarsi verso l’uomo, quello aveva già levato al
pistola e sparato due volte. Qualcosa di simile a una puntura di zanzara la
colpì a un lato del collo: subito fu invasa da una sensazione di stanchezza, le
palpebre si fecero pesanti, le gambe le cedettero. Sonnifero, pensò con rabbia, mentre si sentiva venire
meno. Era vagamente consapevole della presenza Ares a fianco a lei che
cercava di opporre resistenza. La voce di JR la raggiunse da molto lontano:
"Nessuno può cercare di fregarci, dolcezza. Dovresti saperlo".
Artemis cadde riversa a terra, odiandosi
pere essere stata così ingenua. L’ultima cosa che vide fu uno sfarfallio
argenteo che sfrecciava nel cielo verso est. Sorrise tra sé, capendo cosa fosse.
Stavolta mi hai battuto papà. Questo fu il suo
ultimo pensiero razionale prima di sprofondare nell’oscurità.
LYRAPOTTER’S CORNER
Stavolta sono davvero orgogliosa di me
stessa! Sono riuscita a scrivere e ad aggiornare in tempi abbastanza
accettabili. Ringraziate la prima neve dell’anno, che mi ha permesso di saltare
un giorno di scuola e concludere questo capitolo. I vantaggi del frequentare un
liceo a quaranta minuti di macchina da casa tua: il tempo ha bloccato la strada,
che fortuna!
Un paio di note di servizio: non ho
assolutamente idea di quali siano gli ingredienti in una pozione Antilupo, me li
sono inventati. E spero che la gloriosa ricomparsa di Mappa e Mantello non
appaia troppo tirata per i capelli: mi sono improvvisamente resa conto che mi
servivano per il futuro e mi ero dimenticata di inserirli prima. L’età che
avanza!
Ai fan di Drew, in questo capitolo l’ho un
po’ trascurato, ma dal prossimo torna lui il protagonista, promesso. Ai fan di
Artemis, spero di non lasciarvi in sospeso per molto.
E ora spazio ai miei carissimi
recensori:
SakiJune,
grazie per i complimenti, spero che la storia di Luna e Sirius continui a farti
sognare, purtroppo li farò soffrire ancora parecchio!!!!!
Ino chan, mi
sa che adesso con quello che ho fatto succedere alla tua beniamina mi odierai
ancora di più!!!!!! Ascolta, io continuo ad aspettare, ma si può sapere quando
hai intenzioni di aggiornare?
Caillean, grazie come sempre, sono felice che i personaggi appaiano IC, per
me è una cosa molto importante. Per quanto riguarda Harry/Sylar, sorprese ce ne
saranno, ce ne saranno!!!!!!!
Finleyna 4 Ever, che bello vedere un nome nuovo. Benvenuta a bordo e mi raccomando
continua a commentare!!!!!lo so, sono brava a demistificare la
gente!
Deidara, mio
caro, l’ultimo anno non è un girone infernale, è molto peggio!!!!!! Penso che
per giugno sarò completamente esaurita!!!!!!
CharmedAlis, l’attesa fa sempre crescere la tensione e la suspense, questo è un
dato di fatto, basta non esagerare. Come vedi stavolta sono stata un po’ più
celere.
In ultimo, alcuni di voi hanno manifestato
il loro consenso sul ventilato prequel di cui parlavo la volta scorsa. Fatemi
sapere le vostre opinioni, se saranno positive comincerò a lavorarci
seriamente.
A voi la
parola!!!!!!
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Capitolo 18 *** Problemi, di nuovo! ***
MAGIC WARS
CAPITOLO XVII: PROBLEMI, DI
NUOVO!
Quartier Generale
Dell’Ordine della Fenice,
Londra
Quel pomeriggio, un’aria grave pesava su
tutto il Quartier Generale: l’assenza di Ares e Artemis si stava già facendo
sentire. Dora era tornata a una deprimente tinta grigio tempesta e per tutto la
mattina non aveva fatto altro che fissare con aria afflitta una crepa nel muro,
mentre Remus si era chiuso nella sua stanza, rifiutandosi di parlare con
chiunque, rinchiuso in quello che Hermione aveva definito un "attacco di
broncio". Il morale di Sirius, che si era preso una sonora scudisciata da Luna
dopo essere stato beccato con una bottiglia di Whisky Incendiario dietro la
schiena, era un pochino migliorato quando Drew gli aveva fatto vedere la Mappa e
il Mantello, facendo perdere l’Animagus nei gloriosi meandri della passata epoca
d’oro dei Malandrini. Anche Fred e George erano meno inclini alla risata del
solito: i gemelli se ne stavano in cucina immersi in una fitta conversazione sui
piani dell’Arma, cercando di decifrare i codici.
Drew, invece, in salotto, si esercitava,
piuttosto di malavoglia in realtà, con gli Incantesimi Evanescenti, sotto lo
sguardo vigile di Hermione e il vecchio Grattastinchi.
"Non ti stai impegnando" lo rimproverò
Hermione al sesto tentativo a vuoto di far Evanescere una vecchia, orribile
lampada.
"Scusa, Hermione. Oggi non ho proprio la
testa…".
"Ho notato. È per Artemis, vero? Mi siete
sembrati piuttosto legati…".
Drew si sedette su divano, rinunciando
definitivamente: Grattastinchi aveva più possibilità di lui di lanciare un buon
incantesimo in quel momento. Hermione si sedette di fronte a lui, prendendo in
braccio il gatto e cominciando ad accarezzarlo dietro un orecchio.
"Legati probabilmente è eccessivo" disse
Drew dopo qualche minuto di silenzio. "Stavamo cominciando a conoscerci adesso.
Voi la conoscete certo meglio di me…".
Hermione ridacchiò. "Su questo ti sbagli,
Drew. Io, Remus e gli altri conoscevamo Ally, che non è certo la ragazza che ci
hai riportato due settimane fa".
"Se lo dici tu…".
"Credimi, se avessi conosciuto la Ally di
tre anni fa, vedresti anche tu la differenza".
Drew si strinse nelle spalle. Probabilmente
era vero: le vaghe idee che si era fatto sull’Ally Lupin che popolava i racconti
dell’Ordine cozzavano decisamente con la giovane donna che aveva conosciuto
quasi un mese prima. Il ragazzo si stupì che fosse passato così tanto tempo: gli
pareva incredibile che solo due mesi prima, sedeva nella cucina di casa Dursley
a festeggiare il suo diciassettesimo compleanno e sognare un viaggio in Italia
che non avrebbe mai fatto. Sembrava la vita di un altro. Si scoprì a
rimpiangerla un pochino: la vita in Privet Drive poteva anche essere un po’
noiosa, ma era bello alzarsi la mattina sapendo che la giornata si sarebbe
svolta in un certo modo e che la sera saresti andato a letto con la certezza di
riaprire gli occhi il giorno dopo. Gli mancavano i sorrisi di Elizabeth e i modi
burberi di Dudley; si sentì anche un po’ in colpa: se non fosse stato per lui,
di certo sarebbero stati ancora vivi e Ethan e Kitty non sarebbero stati
costretti a rischiare la vita per una causa che non li apparteneva…
"A che pensi?" chiese Hermione, fissandolo
incuriosita.
"Al passato" rispose Drew. "Ai se, alla mia
vita di prima…".
Hermione gli sorrise con dolcezza. "Vuoi un
consiglio da amica, Drew?".
"Certo".
"Non rimuginare troppo sopra al passato. O a
quello che sarebbe potuto accadere se non avessi fatto la tal cosa il tal
giorno. Il passato è immodificabile, la vita irreversibile e continuare a
pensarci ti farà solo perdere il futuro. Guarda avanti e non crogiolarti nei
rimpianti: alla fine le cose vengono da sé".
"E tu l’hai fatto?" ribatté Drew. "Hai
smesso di rimpiangere il passato?".
Hermione esitò, distogliendo lo sguardo e
puntandolo verso la foto della famiglia Weasley vicino al camino. Per un attimo
Drew si chiese se non fosse stato troppo invadente.
"Scusa, non dovevo…" cominciò, ma la strega
lo bloccò: stava sorridendo. "Non fa niente, Drew. Non c’è problema. Comunque,
per rispondere alla tua domanda, non ne sono sicura. Tutti in questa casa hanno
perso troppo per non rimpiangere almeno un po’ il passato. Ci sono tante cose
che se potessi vorrei cambiare, tante persone a cui non ho mai detto
addio…".
"Come Ron?".
"O i tuoi genitori" aggiunse Hermione,
lasciando subito cadere l’argomento Ron. "Credo che quando hai perso tanto come
noi, diventa impossibile non rimpiangere almeno un po’ il passato". La donna
ridacchiò. "Siamo un branco di vecchi sentimentali".
Per alcuni minuti regnò il silenzio, poi
Hermione disse a sorpresa: "Assomigli a tuo padre in modo incredibile,
lasciatelo dire da una che Harry lo conosceva come le sue tasche. Non tanto
nell’aspetto, ma nel carattere, nel comportamento…".
"Merlino, spero di non somigliargli davvero
così tanto…" borbottò Drew tra sé, mentre il suo pensiero volava automaticamente
a Sylar.
"Perché?" chiese Hermione,
sorpresa.
Drew si maledisse mentalmente. Pensa prima di parlare, cretino! Per sua fortuna, la
fatica di inventarsi una risposta convincente gli fu risparmiata da un grido
proveniente dal piano di sopra.
"NO!".
Drew e Hermione balzarono in piedi e corsero
di sopra, le mani già corse alle bacchette. La porta della camera di Remus era
aperta: dentro c’erano Remus, pallido come un cadavere, Sirius che osservava
preoccupato l’amico e Luna, che invece puntava la bacchetta contro una specie di
bolla luminescente che galleggiava a mezz’aria.
"Che succede?" chiese Hermione, ancora sul
chi vive.
"Quello" mormorò Remus indicando la bolla,
che vista da vicino aveva le fattezze di un piccolo gufo.
Hermione, Drew e Sirius si accostarono a
Luna: il Gufo Messaggero stava già riproducendo di nuovo le immagini che aveva
registrato. Come se fosse stato uno strano filmato, Drew rivide Ares e Artemis
nel loro attico discutere dell’inganno che avevano orchestrato contro Nandes,
prendere i duemila Galeoni falsi e finire dritti nella trappola di
JR.
Drew restò come paralizzato dall’orrore,
quando quell’energumeno sparò, respirando di sollievo, quando capì che i suoi
amici erano stati colpiti con un narcotico. La narrazione si interruppe
bruscamente, con un’ultima fugace visione di Ares e Artemis a terra privi di
sensi.
Artemis, che diavolo hai
combinato?
"Quella ragazza non sa proprio tenersi fuori
da guai" constatò Sirius, tornando a guardare Remus, ancora seduto sul letto
completamente immobile.
"Tu sapevi che Artemis se ne era andata?"
chiese invece Hermione. Il licantropo annuì meccanicamente.
"E le hai mandato dietro quel Gufo perché la
tenesse d’occhio?". Altro cenno di assenso.
"E di preciso cosa pensi di fare ora che sai
che tua figlia si è di nuovo cacciata nei guai?".
"L’andrò a cercare" rispose Remus senza
esitazione.
"Non ci pensare nemmeno, Moony!" quasi gridò
Sirius, arrabbiato. "Non sei in condizione di andare da nessuna parte.
Dopodomani c’è la Luna Piena. E non sai nemmeno cosa cercare…".
"E che dovrei fare?" ribatté Remus. "Restare
qui e mettermi il cuore in pace?".
"Prova a pensare" rispose Sirius,
inalberandosi, "invece di partire in quarta come sempre quando si tratta di
Ally…"
"Adesso basta!" strillò Luna, talmente forte
da farli sobbalzare tutti. "Zitti tutti e due e piantatela di litigare. Tu,
Remus, non vai proprio da nessuna parte…".
Il licantropo aprì la bocca per protestare,
ma Luna lo zittì di nuovo. "Zitto. Sai benissimo che se anche sapessi dove si
trova Ally non potresti fare molto con il plenilunio così vicino. E Sirius ha
ragione, non sappiamo nemmeno contro cosa dobbiamo combattere. Ora ci calmiamo,
riflettiamo e decidiamo il da farsi…".
"Luna ha ragione" concordò Hermione. "Non
dico di abbandonare Artemis al suo destino, ma prima di farci ammazzare dobbiamo
tentare di capire con chi abbiamo a che fare…".
"E come facciamo?" obbiettò Remus. "Nessuno
di noi sa quali fossero i piani di quei due o chi siano quelle persone. Gli
unici che potrebbero dircelo guarda caso sono anche le persone che dovremmo
salvare…".
Calò il silenzio. Tutti pensavano alle
parole di Remus: era vero, non avevano fonti per capire in che tipo di pasticci
si fossero cacciati Artemis e Ares. Drew si poteva fare una vaga idea, visto che
comunque sapeva alla lontana in che genere di giri Artemis si fosse invischiata
per vivere in quei tre anni, ma era troppo poco. Non aveva mai sentito nominare
quel Nandes o JR, la ragazza non ne aveva mai parlato in sua presenza. Ma doveva
pur esserci qualcosa, qualcosa che potesse aiutarli a scoprire la verità. E poi
gli balzò davanti agli occhi l’immagine di Artemis davanti al suo portatile, che
scorreva con naturalezza il mouse tra le colonne di file. Che lì ci fosse la
soluzione?
"Forse ho un’idea" disse, rompendo il
silenzio.
"Davvero?" chiese Remus, speranzoso. "Che
cosa?".
"Il computer di Artemis" rispose il ragazzo.
Allo sguardo vacuo degli altri, si ricordò che in quanto maghi, non avevano idea
di cosa fosse un computer. "Sai quella specie di scatola luminosa su cui stava
lavorando Artemis nella prima parte del filmato? Quello è un computer: i Babbani
li usano, tra le altre cose, per memorizzare dati e cose del genere. Lì dentro
forse ci sono informazioni utili per noi. Che dite?".
Hermione si era illuminata. "È una buona
idea. E probabilmente la nostra unica possibilità da scoprire qualcosa. Come
facciamo a procurarci il computer?".
Gli altri sembravano ancora troppo confusi
dall’idea di una scatola luminosa che memorizza dati per poter rispondere, così
Drew riprese: "Sentite, credetemi sulla parola! Comunque, deve essere ancora nel
loro attico".
"E tu sai dov’è?" chiese Luna.
"Penso che riuscirei ad arrivarci, sì"
confermò Drew.
"E tu pensi che ti lasceremo andare dopo
quello che è successo l’ultima volta?" domandò Sirius.
"O quello o dovremmo abbandonare Artemis al
suo destino" osservò Drew. "Andiamo Sirius, farò attenzione. E uno di voi può
accompagnarmi. A dirla tutta nemmeno io sono particolarmente
entusiasta…".
Sirius esitò.
"Se hai un’alternativa, Padfoot" disse
Remus, "saremo lieti di sentirla…".
L’Animagus sbuffò. "E va bene. Ma io e
Hermione veniamo con te".
Casa di Artemis e Ares,
Londra.
L’attico di Ares e Artemis era silenzioso e
vuoto quando Drew, Sirius e Hermione vi giunsero alcune ore più tardi. I tre
maghi erano stati costretti a vagabondare nei sobborghi di Londra per
un’eternità prima che Drew riuscisse a riconoscere la via e la casa diroccata:
senza Artemis o Ares a guidarlo era stato piuttosto difficile riconoscere i
luoghi e soprattutto ritrovare la strada che alcune settimane prima l’aveva
condotto in quel luogo.
Senza i suoi inquilini, l’abitazione
sembrava incredibilmente vuota, eppure nulla era cambiato rispetto all’ultima
volta che Drew ci era stato: i mobili erano tutti al loro posto, i libri sul
loro scaffale, nulla era stato spostato o modificato. Se non avesse saputo che
era impossibile, Drew si sarebbe aspettato di vedere sbucare Artemis con il suo
sorrisetto sarcastico o di vedere Ares davanti al portatile.
Davanti ai mobili raffinati ed evidentemente
costosi che popolavano l’appartamento della sua figlioccia, Sirius, di nuovo in
forma umana dopo aver trascorso diverse ore in forma canina, emise un fischio
stupito. "Però, si tratta bene, la piccola" constatò. "Allora dov’è questo
compu-coso o come cavolo si chiama?".
"Computer" lo corresse in tono paziente
Hermione. "Guarda qui che biblioteca: saranno un paio di centinaia di volumi,
forse di più". Gli occhi le brillavano, mentre un lampo della sua antica anima
di studentessa e lettrice tornava prepotentemente a galla.
"Hermione" la richiamò Drew. "Non siamo qui
per questo. Il computer è lì".
Si avvicinò al portatile e lo accese.
Hermione lo imitò, con un’ultima quasi famelica occhiata alla libreria, subito
imitata da Sirius, che stava esplorando la stanza.
Tuttavia non fecero grandi progressi: appena
lo schermo si illuminò, guadagnandosi un’esclamazione stupita dell’Animagus,
comparve una finestra che recitava "Prego inserire la password". Drew rimase a
osservarla con sguardo vacuo un paio di secondi, prima di comprendere l’entità
del problema: non aveva la password. E senza password non poteva accedere ai
file. E se non poteva accedere ai file, addio anche all’ultima speranza di
trovare Artemis. Certo, era stato stupido a non pensarsi: era ovvio che Artemis
avrebbe protetto i suoi dati personali da occhi estranei. Ma la sua prudenza
stavolta le si era rivoltata contro. Cosa poteva fare? Mica poteva rimanere lì
per l’eternità a tentate tutte le possibili combinazioni di lettere e parole che
potevano sbloccare il computer: erano praticamente infinite.
"Beh?" chiese Sirius, non capendo perché
Drew non facesse nulla. "Perché non fa niente? È rotto?".
"No" rispose Drew. "Funziona benissimo. Ma
per poterlo usare, ho bisogno di una password per accedere al programma. Sai,
una parola d’ordine".
Sirius imprecò "Vuoi dire che abbiamo
girovagato come idioti per Londra per nulla? Che ci siamo esposti a questo
rischio per niente?".
Drew si strinse nelle spalle, non sapendo
cosa rispondere, al che Sirius imprecò di nuovo.
"Non puoi aggirarla in qualche modo?"
domandò invece Hermione, fissando accigliata lo schermo.
Drew rise senza allegria. "Non sono un
hacker, Hermione. Sopravvaluti decisamente le mie capacità. L’unica cosa che
posso fare è sparare parole a caso e sperare di azzeccare quella
giusta".
"Ci vorrebbero giorni" obiettò Hermione. "Se
non settimane o mesi. E dubito che Artemis abbia tutto questo tempo. Sei certo
di non poter fare nulla?".
Drew si strinse nelle spalle. "Posso
provarci. Ma rischio di fare qualche danno e rendere inservibile
tutto…".
"Tanto, per come sono messe adesso le cose,
questo computer non ci serve in ogni caso" ribatté la donna. "Prova".
Drew annuì, esitante. Anche se era una
possibilità remota, non voleva distruggere la loro unica opportunità di
ritrovare Artemis.
"Sentite, portiamolo al Quartier Generale"
disse infine. "Lì potrò ragionarci con più calma. E farmi aiutare da Kitty e
Ethan: tre menti sono meglio di una".
Hermione e Sirius annuirono, così Drew
spense il computer.
"Io provo a vedere se c’è qualcosa nelle
altre stanze" disse Sirius, desideroso di fare qualcosa di utile. "Tanto con
queste diavolerie Babbane non ci capisco nulla" e si allontanò, cominciando a
esplorare la stanza, mentre Hermione e Drew scollegavano i vari cavi del
computer dalle prese di corrente. Per fortuna è un portatile, pensò Drew.
Altrimenti sarebbe stato complicato da portare in
giro.
Quando ebbero finito, Drew concentrò la sua
attenzione sulla libreria. Si avvicinò e senza esitare puntò verso una fila di
libri rilegati in nero in basso a destra. Ne prese uno: era quello sulla
Maledizione Cruciatus, che aveva già sfogliato all’epoca della sua prima visita
in quel posto. Mentre fissava accigliato l’ultima pagina scritta, dove era stato
stilato un interminabile elenco di ingredienti per una pozione, capì quanto
quella ricerca dovesse essere importante: la ragazza stava cercando un modo per
curare la madre. E non sembrava molto soddisfatta dei suoi progressi: nonostante
avesse riempito pagine e pagine di annotazioni così fitte, da risultare a volte
quasi indecifrabili, qua e là saltavano all’occhio frasi come manca qualcosa, non va bene, sbagliato vergate con inchiostro rosso. Eppure Drew era
convinto che la giovane Lupin si era spinta ben al di là di tutte le scoperte
condotte in merito: forse poteva anche arrivare alla soluzione, se ne avesse
avuta l’opportunità. Drew lo sperò di tutto cuore: poteva solo immaginare la
felicità di Remus se Tonks fosse guarita e fosse tornata normale.
Rimise il libro al suo posto e afferrò il
suo vicino: era una raccolta di articoli di giornale, tutti piegati con cura e
incollati alle pagine per evitare che si perdessero. Drew lesse il titolo del
primo, Catturati due importanti membri dell’Ordine della
Fenice, e una data di circa tre anni prima e capì che Artemis doveva
aver collezionato tutti gli articoli e le notizie che le recavano informazioni
delle persone a lei care.
I tuoi pensieri non erano poi tanto lontani,
vero?, pensò Drew, sfogliando le pagine. Quella
che recava l’annuncio dell’uccisione di Ron Weasley ad opera di Sylar, di due
anni prima, era circondata da un contorno nero, come se Artemis avesse voluto
dare particolare risalto alla notizia. Arrivato in fondo, scoprì con stupore che
la ragazza aveva riservato uno spazio anche per lui, subito prima della messa a
morte di Hermione. Il titolo Harry Potter ha avuto un
figlio faceva bella mostra di sé, accompagnato dall’ormai famigliare foto
che circolava praticamente ovunque. Accidenti, mi
ha ritenuto così importante da mettermi qua dentro!, pensò. Non poté
non notare che nel punto in cui il giornalista aveva citato Sirius con
l’appellativo criminale, Artemis aveva aggiunto un suo colorito commento, ben
poco educato e degno di uno scaricatore di porto messicano.
Ridacchiando, Drew ripose anche questo libro
e ne prese un altro. Anche questo era un manoscritto, il cui titolo colpì subito
Drew come se fosse stato un insegna al neon: Quando la mente diventa un’arma:
Legilimanzia e Occlumanzia. E sotto, come sottotitolo, Harry Potter e
Lord Voldemort: analisi di un
legame. Artemis aveva fatto ricerche su suo padre! O per meglio dire,
sullo strano legame mentale che univa suo padre a Voldemort. Forse lì dentro
c’erano le risposte che cercava, non solo su Harry, ma anche su come avesse
fatto a respingere Sylar durante l’attacco al Ministero.
Eccitato, stava per leggere la prima pagina,
quando Sirius rispuntò dalla camera di Artemis e annunciò: "Niente. Voi avete
fatto?".
Hermione annuì. "Drew?" chiamò. "Possiamo
andare?".
Il ragazzo si voltò, celando il libro dietro
la schiena e limitandosi ad annuire.
Hermione chinò il capo, prese il portatile
sotto braccio, mentre Sirius riprendeva la sua forma animale. "Andiamo, allora"
disse la strega. "Prima torniamo al Quartier Generale prima sarò tranquilla".
Drew annuì di nuovo e seguì i suoi compagni
fuori dall’attico, non prima di aver nascosto il testo sotto la
maglia.
Quartier Generale
Dell’Ordine della Fenice,
Londra.
Ci volle del bello e del buono per
riaccendere il computer, una volta ritornati a Chalmers Road. Tanto per
cominciare fu piuttosto complesso rintracciare una presa della corrente in
condizioni ancora sufficientemente accettabili da non fulminarli tutti.
L’elettricità e i maghi non andavano certo d’accordo, anzi: se si escludeva
l’illuminazione, nessuno in casa aveva anche mai solo pensato di utilizzare un
apparecchio elettrico, la qual cosa preoccupava non poco Drew. Se il sistema si è danneggiato in qualche modo, rischiamo di rimanere tutti fulminati.
Alla fine, comunque, Ethan scovò una presa
in posizione comoda nel soggiorno, così il portatile fu ricollegato e riportato
alla vita. Immediatamente la scritta "Prego inserire la password" lampeggiò
davanti al volto dei tre cugini, seduti uno di fianco all’altro, Drew al centro.
L’Ordine al completo li scrutava da vari angoli della stanza, guardandoli come
se stessero facendo chissà quale astrusa macchinazione. Beh, non si poteva certo
biasimarli, di tutti i presenti solo Remus, Hermione e Ted avevano sangue
Babbano nelle vene e di questi tre solo Hermione era abbastanza giovane per
poter anche solo vagamente aver sentito parlare di computer, senza in ogni caso
aver più che una ancor più indefinita idea di come farlo funzionare.
Drew sorrise ai due cugini. "Potremmo
affittare i biglietti: nemmeno i clown al circo ottengono tanta
attenzione".
Ethan rise, mentre Kitty li ammoniva con
un’occhiata. "Hai una vaga idea di quale possa essere la password?" chiese in
tono pragmatico.
"Nemmeno mezza" ammise Drew in tono
sconsolato.
"Allora sarà dura" constatò la ragazzina,
scrutando intensamente lo schermo blu.
"Non siamo hacker, Drew" obiettò Ethan.
"Come facciamo a…".
"Non ne ho idea, campione" ammise Drew, in
tono scoraggiato. "Procediamo per tentativi…".
Senza troppa convinzione cominciò a digitare
parole a caso, nella speranza di azzeccare quella giusta. Ma ogni volta i suoi
sforzi venivano ripagati con il laconico messaggio "Password errata. Prego
ritentare".
"È impossibile" dichiarò Kitty dopo più di
mezz’ora. "Potremmo stare qui per l’eternità a sparare a caso…".
"Lo so" disse Drew in tono frustrato. "Ma
sai che si dice: anche un cacciatore bendato, tirando a raffica, presto o tardi
centra il bersaglio…".
"È il tardi che mi spaventa" affermò ancora
Kitty.
Drew dovette presto ammettere che Kitty
aveva ragione: non poteva andare avanti in quel modo, doveva trovare un metodo
scientifico, qualcosa a cui agganciarsi per procedere con più
razionalità.
Rifletti, si
disse. Artemis avrà certo scelto qualcosa facile da
ricordare, qualcosa collegato a lei o alla sua famiglia. Cominciò a
passare in rassegna tutte le possibilità, scartandole man mano con l’aiuto dei
cugini.
Dopo quattro ore, tuttavia, l’unica cosa che
avevano ottenuto era una lunga lista di parole che non andavano bene.
Frustrato, Drew si prese il volto tra le
mani. Dannazione, ‘Temis, non potevi renderci le cose più
facili!
"Ragazzi". Luna sbucò in quel momento in
soggiorno. "La cena è pronta, se avete fame".
"Grazie, Luna" rispose Ethan per tutti e
tre, balzando in piedi. Drew lo imitò, sentendosi tutto irrigidito per aver
passato tanto tempo nella stessa posizione.
I membri dell’Ordine erano già a tavola,
consumando il loro pasto in silenzio.
"Come sta andando?" chiese Sirius, alzando
gli occhi dal suo piatto.
"Non bene" fu costretto ad ammettere Drew,
prendendo posto. "Siamo in un vicolo cieco, finché non troviamo quella dannata
password!".
Sirius annuì e non fece ulteriori commenti,
guardando di sottecchi Remus seduto al suo fianco, che mangiava quasi come un
automa.
Drew fu grato di poter lasciare
quell’atmosfera pesante, una volta finito di cenare. Tornò a sedersi davanti la
computer, dove la finestra ancora aperta "Prego inserire la password" sembrava
quasi prenderlo in giro. A quel punto si aspettava da un momento all’altro che
gli facesse una pernacchia.
Andiamo Artemis, che cosa potrebbe essere.
Qualcosa di facile da ricordare, ma non ovvio per eventuali estranei.
Riprese a tentare alla cieca, ma più provava
più sentiva di allontanarsi dalla soluzione. Aveva l’impressione di avere la
risposta proprio davanti agli occhi e di non riuscire ad afferrarla, e la cosa
era frustrante.
Tra un po’ comincio a picchiare la testa
contro il muro: magari mi fa venire un’ispirazione improvvisa!
"Vuoi una mano?".
Drew sobbalzò: non si era nemmeno accorto
che Remus si era seduto di fronte a lui, tanto era concentrato.
"Scusa, non volevo spaventarti" disse ancora
il licantropo. "Come sta andando?".
"Male" si vide costretto ad ammettere Drew,
abbassando il capo. "Mi dispiace, non riesco a venirne a capo: ho tentato ogni
collegamento che mi venisse in mente, ma niente".
Remus si limitò ad annuire, riflettendo a
sua volta e osservando la lista di password errate che Drew e i Dursley avevano
stilato. "Forse consideri la cosa dal punto di vista sbagliato" considerò dopo
alcuni minuti ad alta voce.
"In che senso?" domandò Drew, perplesso, ma
ansioso di ricevere un qualunque suggerimento.
"Immagina di non conoscere Ally" esordì
Remus. "Di non sapere nulla di lei. O meglio, di conoscere solo la sua identità
di facciata".
"Non credo di capire".
"Ascolta" insistette Remus. "Immagina se
questo lavoro avessi dovuto farlo due settimane fa, prima di sapere che la tua
Artemis era la nostra Ally e che tutto quello che conoscevi di lei è quello che
ti ha detto lei stessa. Se la metti da questa prospettiva, la cosa potrebbe
cambiare…".
"Pensare ad Artemis, non Ally" mormorò tra
sé Drew. Ritornò con la mente a ciò che aveva scoperto di Artemis durante la
loro convivenza.
La lettura, che scartò subito: era un
argomento troppo vasto da esplorare.
Il suo lavoro. Impossibile: era quello il
problema.
La sua amicizia con Ares. Ma Artemis stessa
gli aveva confidato di non sapere nulla della vita precedente del mago, nemmeno
il suo vero nome.
L’esistenza di un certo Zeus, che si sarebbe
rivelato essere Remus.
Subito dopo aver pensato a questo, gli
giunse l’illuminazione. Ares, Artemis, Zeus: tre pseudonimi, tre citazioni dalla
mitologia greca. Forse era casuale, ma arrivato a quel punto, tanto valeva fare
un tentativo.
"Cosa sai della dea Artemide" chiese a ad
alta voce, rivolto a Remus.
L’uomo lo guardò sorpreso. "Artemide?"
ripeté. "Era la dea greca della caccia e dei boschi, e in seguito anche della
luna. Era figlia di Zeus e Leto e sorella gemella di Apollo".
Drew annuì. "Che altro?".
Remus ridacchiò. "Mi hai preso per un
enciclopedia vivente, Drew?" chiese in tono divertito. "Lasciami riflettere
alcuni istanti… Se non ricordo male, una delle sette meraviglie del mondo era in
qualche modo connessa ad Artemide…".
"Le sette meraviglie del mondo?" intervenne
una voce alle loro spalle. I due si girarono: Ethan era spuntato in quel
momento. "Io le ho studiate l’anno scorso al corso di Storia".
"Dici sul serio?" domandò Drew, sorpreso.
"Te le ricordi?".
Ethan si sedette accanto a loro, cercando di
ricordare. "Dunque, c’era una piramide, di questo sono sicuro. Poi, ci sono il
faro di Alessandria e il Colosso di Rodi e… ehm… Non lo so, credo di averle
dimenticate, mi dispiace!".
Drew lo guardò con un sorriso. "Dai, fai uno
sforzo" lo spronò. "Pensa se c’era qualcosa legato alla dea
Artemide?".
Ethan cercò di concentrarsi, mettendo su
un’espressione che sembrava stesse cercando di deporre un uovo. "Forse" disse
infine, esitante, "una chiesa o qualcosa del genere".
"Una chiesa?" ripeté Drew, perplesso. "Un
tempio, vorrai dire".
A quel punto Remus quasi balzò in piedi. "Il
tempio di Efeso" esclamò con voce trionfante. "Il tempio di Artemide ad Efeso,
distrutto intorno al IV secolo a.C.".
"Remus" disse Drew, sorridendo, "tu sei sul
serio un’enciclopedia vivente, altro che storie".
Armato di nuovo speranza, il ragazza digitò
"Efeso". Era talmente convinto che avrebbe funzionato, che quando riapparve la
scritta "Password errata. Prego ritentare" ebbe l’impressione che il cuore gli
scendesse sotto le scarpe dalla delusione.
Imprecò sonoramente, guadagnandosi
un’occhiataccia da Remus. "Scusa. Ma quando ci vuole, ci vuole!".
"Un altro vicolo cieco" constatò il
licantropo, in tono frustrato. "Certo che quella ragazza li nasconde bene i suoi
segreti!".
"Decisamente" gli fece eco Drew. "Eppure
sento che siamo sulla strada giusta: questi collegamenti sono relativamente
semplici senza essere banali. Io dubito che ci sarei arrivato da
solo".
"Unione di cervelli" affermò Remus. "Perciò,
pensiamo".
"Posso dare una mano?" chiese Ethan,
desideroso di aiutare.
"Perché no?" fece Drew. "Cosa ne sai di
mitologia greca?".
"Non tanto" ammise il ragazzino. Rimase un
attimo in silenzio, poi chiese: "Perché non avete pensato anche ad Ares? In
fondo quel computer è anche suo…".
Drew e Remus ci misero alcuni minuto a
rispondere e rendersi conto che Ethan aveva ragione: si erano concentrati su
Artemis, ma di certo Ares aveva una parte non meno importante in quella
storia.
"Ares" ripeté Remus. "Dio greco della
guerra, figlio di Zeus e Era. Il suo culto era concentrato soprattutto a Sparta,
se non ricordo male".
Drew annuì. "Efeso e Sparta" considerò.
"Tanto vale provare…".
Digitò le sue parole e premette invio,
osservando con ansia lo schermo. Quasi non osò crederci quando non comparve
l’ormai famigliare e nota scritta, ma una piccola clessidra e l’ordine
"attendere". Subito dopo, il monitor si oscurò per un istante e si riaccese, ma
stavolta il computer era entrato in funzione: file di cartelle fiorirono sotto
gli occhi di Drew, ognuna corredata dal suo nome e in trepidante attesa di
essere letta.
"Non ci credo" mormorò. "Ce l’ho
fatta".
Il viso di Remus si illuminò di rinnovata
speranza. "Dici sul serio?".
Drew annuì, ancora incredulo. "Ora posso
solo sperare che non ci siano anche dei codici interni o roba simile, altrimenti
ci tocca ricominciare da capo".
Incrociando le dita, guidò il mouse sulla
prima cartelle e la aprì. Con suo immenso sollievo, nessuna richiesta di
password sbarrò il suo cammino e lo schermo fu occupato da colonne e colonne di
dati.
Drew lanciò un’altra imprecazione. "Ci vorrà
una vita per guardare tutto" borbottò frustrato.
Capì in fretta che il documento appena
aperto era una lista di conti, probabilmente le entrate e le uscite
dell’attività di Ares e Artemis. A Drew mancò il fiato quando vide quelle cifre,
tutte nell’ordine di grandezza delle migliaia di galeoni, se non di
più.
Lo scorse fino in fondo e notò che
sottolineato in rosso c’era la scritta –2000 Galeoni e accanto il nome
Nandes.
Il ragazzo lo riconobbe subito: era il tizio
con cui Artemis aveva parlato nel filmato. Ci
siamo.
Per procedere più in fretta, andò alla lista
di documenti salvati nel server, cercando qualcosa che potesse essere
illuminante. Alla fine, scovò un file intitolato "Commissioni di N." e ci cliccò
sopra. Tombola, pensò, riconoscendo il nome che faceva da
titolo.
Diede una lettura sommaria delle prime
pagine: Nandes era il capo di una banda di contrabbandieri e falsari che aveva
sede lì a Londra. Da quello che poteva capire, gestiva un piccolo impero della
criminalità e giri da centinaia di migliaia di Galeoni. Drew ebbe la netta
impressione di essere appena entrato in un film di mafia: Nandes aveva
sufficiente potere da nascondere alle autorità le sue attività e volendo poteva
senza difficoltà mettere a tacere voci scomode.
Scoprì che da alcuni mesi Ares e Artemis
lavoravano principalmente dietro sua commissione, anche se non riusciva a
spiegarsi il motivo per cui fossero entrati nel suo giro. E scoprì anche che
circa un mese prima, un affare era andato male, che Ares e Artemis avevano perso
quei famosi duemila galeoni e che Nandes aveva concesso loro un mese per saldare
il debito. Le conseguenze per un eventuale mancato pagamento non erano
specificate, ma Drew se ne poteva fare una chiara idea: morte senza
appello.
Il ragazzo cominciò a sudare freddo: i suoi
amici erano in guaio peggiore di quanto di immaginasse, aiutarli non sarebbe
stato facile.
"Allora?" chiese Remus, che evidentemente
non sopportava più quel silenzio. "Scoperto qualcosa?".
Drew esitò: doveva trovare un modo delicato
per dirglielo, altrimenti rischiava di vederselo morire tra le braccia: già
tutta quella tensione non faceva bene al suo cuore debilitato. Ci pensò sopra
alcuni minuti, ma si rese conto che la pillola non poteva essere indorata in
nessun modo, se voleva dire la verità.
"Sì" rispose, perciò. "Chiama anche gli
altri, meglio discuterne tutti insieme".
LYRAPOTTER’S CORNER
Hem, hem… in quante lingue posso dirvi di
essere desolata? Ebbene sì, non sono morta e dopo quasi due mesi (due mesi, oh
my god!) mi sono decisa ad aggiornare di nuovo, sperando che qualcuno sia stato
così paziente da aspettarmi e vorrà continuare a leggere. Vi chiedo immensamente
scusa, prima impegni improrogabili mi hanno costretto a sospendere ogni attività
di scrittura, poi è subentrata la più totale mancanza di ispirazione per quanto
riguardava questo capitolo dannato: mi sono bloccata e per settimane non c’è
stato verso di buttar giù mezza riga. Alla fine, mi son fatta forza e ho deciso
di buttar giù qualcosa… Il risultato è ciò che avete appena letto. In realtà non
mi piace più di tanto, mi sembra piuttosto penoso, ma so che non riuscirò a
metter giù niente di meglio, perciò piuttosto che lasciarvi aspettare ancora,
posto ugualmente. Oltretutto rispetto alla bozza originale, ho anche tagliato un
pezzo, con l’idea di inserirlo più avanti, in attesa di tempi migliori. Chiedo
ancora scusa per il ritardo e per questo capitolo che non ripaga le attesa,
almeno a mio avviso. Spero sul serio che con il prossimo andrà meglio,
l’ispirazione sta tornando piano piano, ma la scuola mi porta via un mucchio di
tempo…
A questo punto, ringrazio le anime pie che
due mesi fa mi inviarono i loro commenti:
Deidara, ce
l’ho fatta, hai visto? Potrei vincere l’oscar per i ritardi, ma ce l’ho fatta.
Remus ha imparato dai suoi errori, e ha fatto bene! Ti posso dire che in un
futuro molto, molto lontano (per chiarirci saremo già all’ultimo episodio della
trilogia), Drew dirà agli altri la verità… ma ce ne corre di acqua sotto i ponti
prima di allora!
Ino chan, benvenuta nel club! Io sono anni che convivo con questa
maledizione, il far finir male i personaggi che adoro, sempre e immancabilmente.
Non preoccuparti, la testolina santa di Artemis non la tocca nessuno
(forse!)
SakiJune,
ovvio che arrivano i nostri, mica lascio i miei personaggi a marcire in qualche
fetido cantuccio! Mi dispiace spegnere le tue speranze, Dora avrà bisogno ancora
di un po’ di tempo, ma ti assicuro che accadrà!!!!!
CharmedAlis, prestissimo mica tanto, spero che ti ricorderai ancora di me!
L’Ordine sta già progettando il suo piano di salvataggio mentre scrivo, non
preoccuparti. Fra ‘Temis e Drew al momento c’è solo amicizia, ma in futuro,
chissà?
Lily_Snape, ma
quanto mi fanno piacere i tuoi commenti. Sono stata davvero felice di soddisfare
le tue richieste, mi dispiace per Neville, sul serio, e per Minnie e tutti gli
altri. Sono d’accordo, Sirius e Luna insieme stanno benissimo, presto o tardi mi
deciderò a fare accadere qualcosa (meglio tardi!).
And least, but not last, Caillean, ma è logico che Artemis si cacciava nei guai,
altrimenti per il resto della storia che si faceva? Non ti preoccupare, la farò
tornare sana e salva (beh, magari con un arto in meno, tanto che se ne fa di due
mani?)
Ultima cosa, piccolo spazio pubblicitario
per dirvi che ho postato i primi capitolo di una raccolta di one-shot, sempre
potteriane, dal titolo Special days. Se vi interessa, dateci un’occhiatina.
Ora scappo, me ne vado a dormire, che domani
c’è scuola e interroga in inglese (pregate per me che non mi
chiami!!!!!!).
A presto, recensite numerosi,
bacibaci!!!!!
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Capitolo 19 *** Incontri spiacevoli ***
MAGIC WARS
CAPITOLO XVIII: INCONTRI
SPIACEVOLI
Le segrete della Casa,
Londra.
C’era, a Londra, un uomo considerato, e
probabilmente a ragione, il boss n° 1 della malavita di tutta la Gran
Bretagna.
Chiunque, dal più piccolo spacciatore al
contrabbandiere più influente, se avevano un minimo di sale in zucca, guardava a
quest’uomo con timore e deferente rispetto, badava bene a non mettersi contro di
lui o a interferire nei suoi affari e, se poteva, cercava di portarsi sotto la
sua protezione. Perché se riuscivi a entrare nelle sue grazie, avevi il futuro
assicurato: immunità, lavoro a volontà e ovviamente soldi, mucchi di soldi.
Quest’uomo era noto come Nandes. Solo
Nandes. O tutt’al più Mister N., se eri abbastanza in confidenza per
permettertelo. Nessuno conosceva il suo vero nome, da dove venisse o cosa
facesse prima di diventare quello che era diventato. Un’aura di mistero
aleggiava intorno alla sua figura, un’aura che contribuiva ad aumentare il senso
di paura e deferenza che i suoi accoliti provavano per lui.
Nandes era un uomo potente, attaccato al
denaro come lo sarebbe stato il suo figlio primogenito, astuto e soprattutto
influente. Una sola parola ed poteva salvarti la vita. O condannarti alla
peggiore delle morti. Voci di corridoio affermavano che i suoi infiltrati
giungessero fino all’interno dell’Ufficio Anagrafe, uno dei motivi secondo cui
fosse ancora in libertà nonostante la fedina penale lunga un paio di chilometri.
Non maghi ovviamente, mai maghi. Se c’era una cosa che Nandes odiava erano i
maghi, la magia o qualunque cosa connessa alle "viscide sanguisughe al governo",
come li chiamava lui. Anche se in un certo senso doveva all’Ordine della Fenice
il successo dei suoi affari: se il Ministero non fosse stato tanto impegnato a
cercare di debellare la resistenza, di certo il suo impero avrebbe avuto vita
breve. Ma ovviamente non l’avrebbe mai ammesso.
Il centro del regno criminale di Nandes, per
ironia della sorte, si trovava proprio a Londra, appena fuori dal centro. La
Casa, così si chiamava, un grande edificio vittoriano, che Nandes in persona
aveva scelto e restaurato per adattarlo alle sue esigenze. Dotato delle
tecnologie più avanzate, difeso sopra ogni misura, la Casa era un bunker
inespugnabile, dove le decine e decine di fedeli di del boss potevano trovare
porto sicuro e organizzare le loro azioni criminali.
Sotto la Casa si snodavano poi lunghe
gallerie, vecchi canali fognari in disuso, che Nandes aveva riadattato per le
sue particolari esigenze. Le segrete della Casa erano la prigione perfetta: un
vero e proprio labirinto, in cui nessuno, tranne forse Nandes stesso, sapeva
orientarsi. Chi finiva là sotto non rivedeva più la luce del sole: nella
migliore delle ipotesi si beccava un proiettile in fronte, nella peggiore era
condannato a una lente morte per inedia. Anche nell’improbabile ipotesi che un
prigioniero fosse riuscito a eludere i sistemi di sorveglianza e a evadere,
sarebbe morto prima di trovare l’uscita in quell’intrico di corridoi scuri tutti
assolutamente identici.
Quella era la sorte che aspettava i nemici
di Nandes: perché se c’era qualcosa che a Nandes mancava era la pietà. Non c’era
perdono per chi gli faceva un torto, cercava di ingannarlo o gli metteva i
bastoni tra le ruote: nel momento stesso in cui lo faceva, si trovava con un
bollino rosso sulla fronte e il suo destino era segnato. Un soggiorno più o meno
lungo nelle segrete e poi una sentenza di morte senza appello…
*****
La prima cosa che percepì Artemis quando
tornò in sé fu il mal di testa. Un dolore sordo, pulsante, impossibile da
ignorare, che partiva direttamente dalla base del cranio e le impediva di
pensare lucidamente.
La seconda cosa fu il gelido e duro
pavimento su cui era sdraiata da un numero imprecisato di ore… parecchie, a
giudicare da quanto la sua schiena fosse indolenzita.
La ragazza si impose infine di aprire gli
occhi. Non che facesse molta differenza rispetto a prima: l’ambiente dove si
trovava era nero come l’inchiostro, non fosse stato per la fioca luce che
arrivava dalle sue spalle.
In quel momento, come se la sua memoria
avesse premuto il tasto "Riavvolgimento veloce" le tornò tutto alla mente: la
telefonata di Nandes, il piano, i soldi falsi, l’incontro con JR, lo sparo…
Merda!
Si tirò velocemente a sedere e subito se ne
pentì: la testa le mandò una dolorosa fitta di protesta e fu colta da un
capogiro così forte che per un attimo temette di vomitare. Dannazione, JR doveva
averle sparato contro una droga bella forte!
Respirò a fondo un paio di volte e, una
volta calmato lo stomaco, si guardò intorno. Non che ci fosse molto da vedere:
si trovava in una sottospecie di cubicolo tre metri per tre scarsi, dalle
spartane pareti bianche, illuminata fiocamente dalla luce che filtrava
attraverso uno spioncino della porta. Nella stanza, se di stanza si poteva
parlare, non c’era assolutamente nulla: perfino il pavimento era una solida
lastra di cemento senza piastrelle perfettamente intonato con le pareti. Poteva
quasi sembrare una di quelle camere imbottite dei manicomi, non fosse stato per
il fatto che le pareti erano completamente blindate, con tutta probabilità
costruite per resistere perfino alle armi al plutonio. Un cubo liscio, levigato
e assolutamente impenetrabile.
Artemis sapeva perfettamente dove si
trovava: nelle segrete della Casa, da cui non sarebbe più uscita.
Stupida, si
rimproverò mentalmente. Sono una grande, grandissima
stupida. E quel che è peggio, ho trascinato anche Ares
a fondo con me… Bel lavoro, Artemis!
Si lasciò ricadere all’indietro, sbattendo
la testa contro il duro cemento. Non si meritava nulla di meno, in fondo: era
stata lei che, presa com’era a rinsaldare i vecchi ponti, si era completamente
dimenticata di Nandes e del suo debito. Ora, lui era venuto a riscuotere, e in
mancanza del denaro promesso, si sarebbe preso la sua testa.
Beh, me la sono andata a cercare. Tanto per
cominciare non avrei mai dovuto venire a patti con quella carogna. E poi, non
avrei dovuto relegare quei 2000 galeoni in fondo alle mie
priorità.
La consolava il pensiero che almeno questa
volta, non avrebbe causato danni all’Ordine: malgrado il Gufo Messaggero che suo
padre le aveva inviato dietro, era più che certa che non sarebbe mai potuto
risalire a Nandes, alla Casa e quindi a lei. Rinchiusa la sotto, era giù
praticamente morta per il resto del mondo, sparita e inghiottita dalle viscere
delle segrete.
Tutto sommato è meglio così: non si
metteranno nei guai per causa mia, almeno, si
disse malinconicamente.
Gli ultimi postumi del sonnifero erano nel
frattempo svaniti: la nausea era scomparsa e il mal di testa si era ridotto a un
fioco martellio, permettendole di pensare con più lucidità. Si fece un rapido
autoesame per cercare ci capire come si sentisse, ma a parte un leggero
indolenzimento della colonna vertebrale stava bene.
Per quanto sono stata priva di sensi? La
luna piena sarà già trascorsa? Cercò nel suo
organismo tracce del lupo latente in lei, ma non ne trovò. A quel punto le
opzioni erano due: o il plenilunio era passato mentre lei era priva di sensi o
gli effetti della droga le impedivano ancora di mettersi in contatto con quella
parte di lei.
Tutto sommato, era quasi preferibile la
seconda: se la luna piena l’aiutava a incanalare le forze del licantropo, forse
avrebbe potuto scappare. Subito dopo averlo pensato, si disse che era una
follia: il lupo mannaro in lei non era nemmeno lontanamente forte abbastanza per
tenere testa a decine di uomini armati. Con una pistola o al più un coltello,
sarebbe stato un altro paio di maniche.
Ma di certo non poteva sperare di rimediare
nessuno dei due. Si tirò a sedere, osservandosi alla debole luce che filtrava
dal corridoio: le avevano lasciato indosso solo la maglia a collo alto e i
jeans. Tutte le armi che aveva nascosto le erano state tolte: avevano portato
via perfino gli stivali.
Beh, di certo non sono andati per il
sottile, pensò, studiandosi i piedi nudi. Subito
dopo scoprì che gli uomini di Nandes avevano dimenticato qualcosa: il ciondolo a
forma di mezzaluna che portava al collo, nascosto sotto i vestiti. Difficile
dire se l’avessero fatto perché non l’avevano visto o non l’avevano considerato
una minaccia. Nel secondo caso, avevano sbagliato. Artemis prese il ciondolo in
mano, passando con cautela il dito lungo il bordo, affilato come un rasoio.
L’aveva limato personalmente anni prima, in modo da poterlo usare come arma in
casi estremi.
Tuttavia non si faceva troppe illusioni: ci
sarebbe voluto ben altro per riuscire a sfuggire a quella trappola. Non era
maneggevole come un coltello e molto più complesso da impugnare: poteva al
massimo tagliare un paio di gole (idea che non la faceva impazzire), ma poi
avrebbe dovuto vedersela con le armi da fuoco di JR e Nandes, che tra le altre
cose erano noti per la loro mira eccellente.
Scosse il capo, con fare sfiduciato,
nascondendo di nuovo il pendaglio sotto la maglia. Era pur sempre la sua ultima
difesa e siccome aveva intenzione di vendere cara la pelle, ogni aiuto sarebbe
stato utile!
Più per fare qualcosa che per reale
speranza, si avvicinò carponi alla porta blindata della cella. Come si
aspettava, a esclusione dello spioncino per far filtrare la luce, non si
vedevano né serrature né altri spiragli. Sapeva per sentito dire che le porte
delle segrete si potevano aprire solo dall’esterno e che non erano fissate su
cardini ma scorrevano come le porte degli ascensori, per scongiurare ogni
possibile tentativo di evasione. Le uniche due aperture, sempre accessibile solo
dall’esterno erano una gattaiola per far passare il cibo e uno sportellino ad
altezza d’uomo per permettere alle guardie parlare coi prigionieri senza aprire
la porta.
Sospirando, Artemis strisciò di nuovo in un
angolo, spremendosi il cervello nel tentativo di trovare una via d’uscita che
sapeva già non esistere. Chissà che ne hanno fatto di
Ares… istintivamente voltò il capo verso il parete dietro di lei,
quasi aspettandosi di sentire il suo compagno d’attività attraverso i muri.
Bah, probabilmente, se è ancora vivo, l’hanno rinchiuso il
più lontano possibile da me. Nandes sa bene quanto
possiamo essere pericolosi. E sa anche che lo odio a
morte e che non esiterei un istante a farlo secco se ne avessi
l’occasione.
Immersa in quelli e altri foschi pensieri,
la ragazza perse presto la nozione del tempo: quell’attesa era perfino peggio
della morte, ogni minuto pareva dilatarsi all’infinito. Magari mi lasceranno sul serio morire di fame, si disse,
quando a sorpresa il suo stomaco brontolò: in fondo non mangiava dalla sera
prima dell’agguato, che per quel che ne sapeva lei poteva essere passata da
giorni.
In quel momento la porta si aprì senza
preavviso. la luce improvvisa proveniente dal corridoio la lasciò accecata
alcuni istanti: si portò una mano davanti agli occhi, schermandosi e cercando di
capire chi fosse il suo improvviso visitatore.
"Bon jour, dolcezza. Abbiamo dormito
bene?".
Artemis riconobbe senza esitazione la voce
di JR: era l’unico che osava chiamarla "dolcezza" o in altri termini simili.
Istantaneamente balzò in piedi, più veloce di un gatto: per niente al mondo si
sarebbe messa in una posizione di inferiorità.
"È stato un colpo basso, JR" rispose in tono
acido.
L’uomo si limitò ad alzare le spalle. "Io
eseguo gli ordini, bambolina. E in ogni caso, siete voi i prima ad aver giocato
sporco…".
Artemis non chiese come JR sapesse del
sotterfugio dei galeoni falsi: non avrebbe ottenuto risposta. Invece domandò:
"Cosa sei venuto a fare qui? Vuoi gongolare: è da quando ci siamo incontrati che
speri nella mia, anzi, nella nostra sconfitta…".
"Gongolare?" ripeté JR fingendosi offeso.
"Che brutta parola. Io direi piuttosto, gioire della tua disfatta, Artemis. L’ho
sempre saputo che tu e quell’altro portavate rogne…".
"Già, certo. Peccato che tu non abbia
convinto anche il tuo capo: mi avresti risparmiato parecchie seccature, come
diventare la vostra galoppina porta-lettere! Che cosa vuoi, JR?".
"Nandes ti vuole parlare".
"Perché?" fece Artemis, stupita.
JR si strinse nelle spalle. "E io che ne so.
Vorrà dirti come ha intenzione di fartela pagare, suppongo. Mi auguro di poter
avere il piacere di partecipare…".
"Bene. Digli di andare al diavolo. Se vuole
parlarmi può scomodarsi a venire qua giù di persona!".
JR la guardò con un ghigno divertito. "Pensi
ancora di poter dar ordini, bimba? Orami sei al game over, ti converrebbe
mettere su una bella espressione contrita: chissà, magari con quel aspetto
angelico riesci perfino a convincere qualcuno!". Ridacchiò ancora più
sguaiatamente. "Forza, ho di meglio da fare che star dietro a te,
mocciosa!".
Senza aspettare risposta, le si avvicinò e
la tirò a forza fuori dalla cella: nel corridoio li aspettavano cinque sgherri
armati di tutto punto.
"Paura di una mocciosa, JR?" lo schernì
Artemis con espressione innocente, cercando di divincolarsi dalla sua presa. JR
la lasciò andare con gesto stizzito. "Non provarci. Lo so come sei più fatta:
sei più infida di un cobra e più pericolosa di una tigre. E anche Nandes lo sa.
Ti avverto: non provare neppure a scappare o a giocarci uno dei tuoi scherzetti.
Non avrei nessunissima remora a spararti un proiettile in mezzo alle scapole,
chiaro?".
"Cristallino" rispose Artemis. "Immagino tu
debba farmi strada…" aggiunse, ironica.
JR non fece commenti, ma si limitò a fare un
cenno ai suoi uomini, che si disposero subito intorno ad Artemis, sbarrandole
ogni via di fuga. In ultimo, l’uomo estrasse la pistola dalla cintura, togliendo
la sicura. "Ricordati: nessuna remora. Bimba avvisata…".
"…Mezza salvata" concluse Artemis fra i
denti, mentre si avviavano.
*****
A prima vista, l’ufficio di Nandes sarebbe
potuto sembrare quello di un uomo d’affari. O al più di un assicuratore: una
bella e grande scrivania in legno pregiato capeggiava al centro della stanza,
circondata da alcune sedie coordinate. Dietro ad essa, svettava una comoda
poltrona in pelle nera. Le pareti erano sobrie, completamente vuote, salvo
qualche quadro qua e là. In un angolo faceva bella mostra di sé perfino una
pianta di ficus.
Ma d’altro canto, anche Nandes, a un
occhiata superficiale, sembrava più un direttore di banca che un boss mafioso.
Rigorosamente in giacca e cravatta, portava i capelli neri tagliati corti e in
ordine impeccabile. Non era particolarmente alto, né muscoloso: la sua scarsa
prestanza fisica era stata equilibrata da madre natura da un cervello acuto e
una mente atta a ordire trame.
Nandes aveva probabilmente un unico punto
debole: amava la spettacolarità. E in questo senso, mancava totalmente di senso
della misura: forse era per quello che aveva speso milioni per creare quel covo
perfetto, che visto dall’interno spesso assomigliava più a un albergo di lusso
che a un rifugio di criminali.
Quando JR aprì la porta e spinse dentro
Artemis senza troppe cerimonie, Nandes era seduto alla sua scrivania a fumarsi
un sigaro cubano.
Nell’eleganza dell’ambiente, JR sembrava
brillare come un neon tanto sembrava fuori posto, con la sua t-shirt, il
giubbotto di pelle e i jeans strappati. Anche Artemis si era sempre sentita a
disagio di quel posto, pur non andando in giro vestita di stracci: la verità era
che l’unico abito adatto sarebbe stato un tailleur.
Non appena li vide entrare, sorrise
affabile. "Artemis, mia cara. Che piacere". Falso come Giuda…
Anche Artemis si dipinse sul volto un finto
sorriso. "Non è che avessi molte alternative, mister N., no?".
Nandes ridacchiò. "Pungente come sempre,
vedo".
"Mi mantiene giovane e magra" ribatté
Artemis. "Non sai quante calorie bruci detestarti".
"Oh, con la tua faccia da studentessa delle
superiori puoi anche star tranquilla" rise Nandes.
"Che vuoi Nandes? Di certo non ammazzarmi:
non vorrai rischiare di macchiare le pareti…".
Nandes inclinò la testa di lato, come
valutando qualcosa. "JR, lasciaci".
"Ma…" tentò di protestare quest’ultimo, ma
Nandes lo interruppe con un gesto secco. "Fuori" ordinò perentorio. "Ti chiamerò
se avrò bisogno…".
JR annuì, sconfitto e si allontanò. Prima di
chiudersi la porta alle spalle, rivolse ad Artemis un’ultima occhiata di fuoco,
come a dire "ti tengo d’occhio".
Artemis passò rapidamente in rassegna le sue
possibilità. Poteva uccidere Nandes, ora che erano soli: sarebbe bastato tirare
fuori il ciondolo, tagliargli qualche vena e poi colpirlo in testa con qualcuno
dei suoi soprammobile. Il problema restava la fuga: non c’erano finestre
nell’ufficio, Nandes le aveva fatte murare per sicurezza. E nel corridoio,
l’aspettavano JR e i suoi galoppini: se avesse ucciso il suo capo, JR non
avrebbe esitato due secondi a sparare a lei. E in ogni caso, se anche fuggiva,
avrebbe abbandonato Ares al suo destino. Non poteva e non voleva farlo: Ares in
quei tre anni era stato come un padre per lei, l’aveva accolta e le aveva dato
una casa quando non aveva niente, non poteva lasciarlo così.
No, non ci sono vie di fuga questa
volta, si disse con rammarico.
Nel frattempo, Nandes si era alzato e da un
mobiletto in un angolo aveva tirato fuori una bottiglia di Whisky Incendiario e
due bicchieri. Tornò a sedersi e riempì i due calici, porgendone poi uno ad
Artemis.
"Avanti, non stare lì in piedi" rise. "Mica
mordo".
"Su questo non scommetterei. Comunque,
preferisco stare in piedi. E non voglio il tuo Whisky, grazie".
Nandes alzò le spalle. "Se cambi idea, è lì"
disse, bevendone un sorso.
"Che cosa ne hai fatto di Ares?" chiese
allora Artemis, vedendo che l’altro non aggiungeva nulla.
"Il tuo fedele cagnolino?" ripeté Nandes.
"Oh, puoi star tranquilla, non gli ho torto un capello: è giù nelle Segrete come
te, ad aspettare il mio giudizio…".
"Ci godi, non è vero?" lo aggredì Artemis.
"A stare in cima al piedistallo, giudice, giuria e carnefice?".
"Qui ti correggo: probabilmente lascerò ad
altri il piacere di finirti. JR apprezzerebbe…".
Artemis si limitò a guardarlo truce, mentre
lui beveva un altro sorso di Whisky, ostentando calma e sicurezza.
"Allora, che hai intenzione di fare? Una
bella fucilata, un coltello nelle scapole o una dose di cicuta? O magari ci
scioglierai nell’acido muriatico per non lasciare prove…".
Nandes non rispose subito, fissando pensoso
il fondo del suo calice. "Non lo so" ammise infine.
"Prego?"
"Ho detto che non so cosa farne di te,
piccola serpe" ripeté seccato l’uomo. "Devo ammettere che mi dispiacerebbe
rinunciare a te e a quell’armadio del tuo socio: siete tra i migliori che abbia
avuto tra le mie file negli ultimi anni…".
"Sai perfettamente che non saremmo rimasti"
ribadì la ragazza. "Una volta saldato il nostro debito, avevo messo bene in
chiaro che ce ne saremmo andati per la nostra strada…".
"Vero" concesse Nandes. "Non ho mai capito
il motivo di tanta ostilità nei miei confronti…".
"Ci hai stretti a te con l’inganno, ci hai
quasi costretto a lavorare per tuo conto e ti chiedi il motivo della mia
ostilità? Semplicemente non sono brava come Ares a nascondere i miei sentimenti
con te".
"Anche questo non ho mai capito: per quale
motivo lavorate insieme? So per fama che lui non ha aveva bisogno di te, quando
ti prese sotto la sua ala e orami nemmeno tu hai più bisogno di lui: vi tarpate
le ali a vicenda!".
"I concetti di amicizia e affetto sincero
esulano dalla tua comprensione, Nandes" rispose Artemis. "Io e Ares siamo una
squadra come tu non potrai mai averne, semplicemente perché tu e tutti i tuoi
uomini guardate solo al profitto".
"Non farmi la morale, Artemis" la interruppe
l’uomo. "Non voglio le tue lezioni di moralità".
"Sarebbe ipocrita farti la morale quando io
per prima non sono certo un esempio di rettitudine. Volevo solo sottolineare un
concetto: Ares è mio amico, prima che mio socio".
"Ho l’impressione che stiamo uscendo di
seminato" osservò Nandes, dopo alcuni istanti. "Se non ricordo male, eravamo qui
per discutere del tuo futuro".
"Posso chiederti una cosa? Perché non mi hai
uccisa subito? Non è da te, tutta quella messinscena del narcotico eccetera: ti
saresti risparmiato parecchie grane sparandomi sul posto…".
"Te l’ho detto, mi dispiace rinunciare a te.
Nonostante il tuo tradimento, potresti essere ancora utile in qualche
modo…".
Il modo in cui lo disse e l’occhiata che le
lanciò misero Artemis sul chi vive: quel tono non le piaceva per niente. Nandes
stava facendo i suoi conti, sapeva qualcosa che lei ignorava e stava cercando il
modo per trarne un tornaconto. In quel momento, realizzò anche un particolare
che fino a quel momento le era sfuggito. "Come hai fatto?" domandò. "Come hai
fatto a sapere dell’ inganno dei galeoni falsi e organizzare
l’agguato?".
Nandes sorrise. "Pensavo mi conoscessi
meglio, Artemis". Indugiò un istante poi aggiunse: "Dimmi, il tuo amico Potter
come sta?".
L’informazione ci mise alcuni secondi a far
breccia nella mente di Artemis: tutto si aspettava meno sentire il nome di Drew
in quel momento. Come aveva fatto? Non aveva più avuto contatti con Nandes dopo
l’incontro con il ragazzo e di certo non glielo aveva detto Ares. La verità si
affacciò alla sua mente con la violenza di un fulmine.
"Tu mi hai spiata!" gridò furiosa. "Come ti
sei permesso, viscida tarantola?". Fece il gesto di saltargli addosso, ma prima
di poterlo fare Nandes balzò in piedi e le puntò contro una pistola, rapido come
un gatto. "Niente gesti inconsulti, vero, piccola?".
Artemis si bloccò a metà del gesto,
respirando a fondo per cercare con scarsi risultati di recuperare il suo
self-control.
"Come hai osato?" sibilò, sputando ogni
parola con rabbia, come se fosse un insulto.
"Non ti sei più fatta viva" si giustificò
Nandes in tono colloquiale, come se parlasse del tempo. "Temevo che volessi
svignartela in qualche modo: ho dovuto salvaguardare i miei
interessi…".
"Ovviamente. Come?".
"Buone vecchie cimici. Ce ne dimentichiamo
un po’ troppo spesso non trovi? Sono almeno tre settimane che ti
spio".
Riassumendo quando organizzavamo la
liberazione di Hermione e quando stavo al Quartier Generale. Maledetta, viscida
serpe!
"Ho scoperto parecchie cose interessanti"
continuò Nandes, ghignando. "Come che te la fai con il ricercato numero uno del
nostro amato Lord… Non ti credevo proprio il tipo che se la intende con quei
cani… Anzi che tu e Ares faceste parte di quella feccia".
Artemis però lo stava ascoltando solo a
metà. Quanto aveva scoperto? Ripassò mentalmente tutte le conversazione che
aveva avuto con Drew: per fortuna il ragazzo all’epoca non sapeva la verità
sulle sue origini altrimenti avrebbero rischiato di tradire tutto l’Ordine. Ma
sapeva comunque troppo: sapeva del suo passato, sapeva che Ares era un
Sanguesporco, sapeva che fraternizzava con Andrew Potter e l’Ordine della
Fenice. E lei era nelle sue mani.
Ricordi che credeva sepolti da tempo
riaffiorarono nella sua mente: una cella buia e fredda, la presenza dei
Dissenatori, il ghigno sadico di Julius Osborne quando le aveva impresso il
Marchio del Diavolo sulla pelle, la consapevolezza di aver distrutto tutto, i
suoi genitori rinchiusi a loro volta…
Improvvisamente ebbe paura, non solo per
lei, ma anche per la sua famiglia, per Drew, per l’Ordine: se Nandes la vendeva
al Ministero sarebbero di nuovo corsi a salvarla. E preferiva non pensare a
quello che avrebbero fatto ad Ares: ai Sanguesporco toccava spesso una sorte
peggio della morte…
"Che cosa vuoi fare?" chiese un in mormorio,
cercando di mantenere un’espressione impassibile.
Nandes sorrise, percependo di aver rotto le
sue difese. "Ancora non lo so. Ci devo pensare: certo il Ministero mi pagherebbe
profumatamente per dei bocconcini di questo calibro. Ma l’idea di dover fare un
favore a quelli là non mi attira troppo. Ci dovrò pensare per bene".
Artemis lo osservò con odio: l’aveva in
pugno, ne era consapevole e si godeva la vittoria. "Verme schifoso"
sibilò.
Nandes la osservò sovrappensiero, poi si
alzò in piedi e si avvicinò, fino ad arrivare a pochi centimetri da
lei.
"Sai, se fossi in te, modererei i termini.
Ho io il coltello dalla parte del manico. O preferisci un soggiorno ad Azkaban
per te e i tuoi amichetti terroristi?".
"Che cosa intendi?" fece Artemis a disagio
per l’eccessiva vicinanza.
Il sorriso di Nandes si fece più largo. La
prese per le spalle, costringendola a guardalo negli occhi. "Intendo dire che se
ti dimostrassi sufficientemente… compiacente, diciamo, potrei anche dimenticarmi
quello che ho sentito su di te…".
Artemis intuì quello che stava per succedere
e si divincolò con furia. "Non sono una delle tue sgualdrine, Nandes. Preferisco
passare la mia vita ad Azkaban piuttosto!".
Nandes incassò la sconfitta con la sua
solita classe e si allontanò. "Lo immaginavo" disse. "Sei una tipa tosta,
Artemis, non ti vendi per così poco, vero? Peccato".
Esitò un istante poi chiamò:
"JR".
L’uomo comparve all’istante, quasi si fosse
smaterializzato. "Riporta la nostra ospite nella sua stanza. Controllatela
ventiquattro ore si ventiquattro finché non avrò deciso cosa fare di
lei".
"Certo, Nandes" garantì JR, prendendo
Artemis per la spalla e pilotandola fuori.
"Rifletti sulla mia proposta, Artemis" lo
sentì dire. "Magari di te stessa non ti importa niente, ma che mi dici dei tuoi
amici?".
Artemis non fece in tempo a rispondere,
siccome JR richiuse la porta alle sue spalle. Nella sua mente, paura, rabbia e
senso di impotenza si accavallavano una all’altra in un turbine senza né capo né
coda.
Pub Lupo di
Mare
Londra.
Drew non ricordava di aver mai sentito il
suo cuore battere con tanta furia. E dire che negli ultimi mesi ne aveva passate
tante: aveva scoperto di essere un mago, era sfuggito tre volte all’arresto,
aveva organizzato un’evasione al Ministero della Magia… Ma in quel momento, gli
sembrava di non aver mai fatto niente di più pericoloso. Forse perché stava
andando a infilarsi consapevolmente in una situazione potenzialmente mortale
senza avere idea di come uscirne.
Si strinse di più nel cappotto lungo che
indossava: era almeno dieci minuti che osservava l’ingresso di quel pub cercando
di trovare il coraggio di entrarci. In quei dieci minuti, un arcigno buttafuori
aveva cacciato a pedate almeno quattro persone, tutte dall’aspetto poco
raccomandabile.
Ma d’altronde, nessuno nei dintorni aveva
l’aspetto raccomandabile: si trovava in una zona piuttosto malfamata vicino al
porto. Per la precisione, di fronte al Pub Lupo di Mare, dove di lì a
poco si sarebbe incontrato con Franco Torres, un giovane ricettatore di origini
spagnole della cerchia di Nandes, almeno stando alle informazioni desunte dal
portatile di Artemis.
Si grattò il mento: il filo di barba non
rasata cominciava a dargli seriamente fastidio. Circa mezz’ora prima, aveva di
nuovo rubato la faccia del cugino di Christie, John, quello che viveva in India,
adattando un po’ il suo aspetto alle esigenze di copione: adesso era Danny
Burton, la controfigura che si era costruito insieme all’Ordine per la loro
recita. Lo scopo era ovviamente avvicinare Torres, guadagnarsi la sua fiducia e
farsi introdurre nel circolo di Nandes.
Non sapeva con esattezza quale parte della
sceneggiata lo mettesse più a disagio: se il dover andare in giro armato di
pistola e interpretare un criminale, se doversi mescolare e ingannare gente che
gli avrebbe torto il collo senza troppi complimenti o se l’essere all’aperto,
col rischio di vedersi piombare addosso i Mangiamorte in ogni
momento.
È per Artemis, si ripeté per l’ennesima volta quella settimana. È per salvare Artemis e Ares che lo stai facendo. Ma nel
contempo non poteva evitare di domandarsi come era arrivato a quel punto. Il
tempo sembrava essere proceduto a scatti: un minuto prima stavano elaborando un
piano sulla base di quanto contenuto nel portatile, quello dopo si era sentito
offrirsi volontario come infiltrato, quello dopo era la telefono con Franco per
fissare l’appuntamento, poi beveva la pozione Polisucco che l’aveva trasformato
in Danny Burton ed infine eccolo lì, con la sola compagnia di un revolver che
non aveva la minima intenzione di usare e di un vecchio cane
brontolone.
Su quest’ultimo punto, l’Ordine era stato
irremovibile: non ti ci mandiamo in mezzo ai pescecani da solo, aveva detto
Luna. Ti rivogliamo tutto intero, aveva rincarato la dose Hermione. Così,
siccome dovevano risparmiare le scorte di Polisucco per lui, gli avevano dato
Padfoot come guardia del corpo pelosa.
L’idea di far entrare Sirius in un pub dove
l’alcool scorreva a fiumi era pericolosa quasi quanto quella di far entrare un
eroinomane in una raffineria d’oppio, ma non aveva trovato alternative. Non
avevano tempo di preparare pozione sufficiente per due persone per un tempo così
lungo, senza contare che non riusciva proprio a immaginare chi altri poteva
accompagnarlo. Kitty, Ethan e Dora si scartavano a priori, Remus era troppo
debilitato e Ted troppo vecchio, Fred e George avevano la priorità dei piani
dell’Arma, Christie e Keith avevano il lavoro, Luna non avrebbe retto la
pressione e Hermione portava ancora il peso delle settimane di prigionia. Perciò
in nomination erano rimasti solo lui e Sirius. Che
fortuna!
Prese un bel respiro profondo, e cercò lo
sguardo acquoso del cane lupo accucciato ai suoi piedi. "Pronto, vecchio mio?
Allora andiamo".
LYRAPOTTER’S CORNER
Ok, uccel di bosco ero e uccel di bosco sono
tornata. Ormai le mie scuse suonano retoriche, ma sono sincere: ho passato
alcune settimane infernali, combinando all’influenza compiti in classe a iosa e
potete immaginare come mi senta. Il liceo a ucciso il mio spirito, dovrò fare
causa ai miei professori prima o poi.
In secondo luogo, so che è un po’ cortino,
ho deciso di spostare il colloquio tra Drew e Franco nel prossimo capitolo, che
altrimenti sarebbe stato troppo corto: così invece di uno lungo e uno corto ne
avrete due medi, vinciamo tutti, no?
Ah, ci tengo a precisare, non ho idea di
come e quando aggiornerò di nuovo: marzo si prospetta ricco di impegni… voi
aspettatemi, presto o tardi arriverò!
Comunque cosa ne pensate del mio personale
Jabba the Hutt? Lo so un po’ diverso dal lumacone de "Il ritorno dello Jedi", ma
tant’è…
Ragazzi, i vostri commenti mi fanno sempre
arrossire… e anche un po’ spaventare, visto che ho ricevuto diverse minacce di
morte (scherzose mi auguro) se non aggiornavo subito. beh, ho contenuto i tempi,
no?
Nello specifico:
CharmedAlis:
non preoccuparti, meglio tardi che mai, dico sempre io. Drew e Temis sono sì
perfetti, ma visto che io sono malvagia e crudele, loro lo capiranno solo tra un
bel po’. Mi dispiace, temo proprio che Ron sia morto e sepolto…se ti può
consolare in uno degli ultimi capitoli ho intenzioni di inserire un flashback
con lui!!!!!
Ino chan,
tessò, grazie per il tuo complimento. Posso farti una domanda, per pura
curiosità: ma come fai a gestire tante storie tutte insieme, io riesco a
malapena a farne tre?
LadyMorgan,
prima di tutto benvenuta nel circolo, in secondo luogo, giuro sull’Alleanza
Ribelle di non interrompere la storia, ci sono davvero troppi casini da
risolvere!!!!!
Chichetta99,
thanks!!!!!!!!!!
Caillean,
grazie mille anche a te, come sempre. Dispiace anche a me per Hermione,
l’aspettano momenti difficili sul serio…
SakiJune,
coccola, hai visto che ce l’ho fatta!!!!!!! È proprio a quello che miravo,
mostrare quanto i maghi siano in impaccio di fronte alla tecnologia. Ovvio che
Artemis pensava alla famiglia, non l’ha mai dimenticata e meno che meno poteva
abbandonare Dora al suo destino. Come vedi Drew è già pronto a rischiare la
pelle per Artemis, qualcosa sotto ci sarà…
Deidara, su,
su non offenderti, non ti avevo avvisato, perché è stata una scelta dell’ultimo
minuto, stavolta era più preparato, no? Mi dispiace farti attendere, ma se
succedesse tutto subito, dopo che faccio per i restanti 2/3 della
storia?
Ora basta, Freud e Bergson mi aspettano per
un lungo pomeriggio di studio!!!!!!
Commentate numerosi,
bacibaci!!!!!!!
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Capitolo 20 *** Trattative ***
MAGIC WARS
CAPITOLO XIX: TRATTATIVE
Pub Lupo di
Mare
Londra
Il Lupo di Mare
era fiocamente illuminato, tanto da lasciare in ombra vasti angoli del
locale, e così ingombro da dare l’impressione che non ci sarebbe più entrato
nemmeno uno spillo. Eppure la gente continuava ad andare e a venire, a urlare
per attirare l’attenzione delle cameriere o semplicemente perché troppo ubriaca
da rendersi conto di quello che stava facendo. L’aria puzzava di sudore, tabacco
e Whisky scadente, tanto che il volto di Drew si contrasse in un’involontaria
smorfia di disgusto, quando si immerse nell’asfissiante atmosfera del
pub.
Bel posticino, considerò tra sé, guardandosi intorno in cerca, nel marasma di
corpi e volti, di quello dell’uomo che doveva incontrare. Infine lo individuò,
stretto in un angolo buio del locale, solo: un bel uomo sulla trentina, dai
tipici tratti mediterranei, che beveva con aria annoiata una babbanissima birra
scura, ascoltando distrattamente la musica diffusa da un vecchio
jukebox.
"Stammi vicino" raccomandò sottovoce a
Sirius, mentre senza esitare si dirigeva verso il tavolo di Torres.
A metà strada, tuttavia, si sentì
apostrofare dalla voce poco amichevole del barista: "Ehi, tu! Quella bestia non
può stare qui: sbattila fuori, subito!".
Prima che Drew potesse anche solo aprire
bocca, Sirius decise di risolvere la questione a modo suo: scoprì i denti,
ringhiando, cosa che, associata alla sua mole mica da ridere, lo fece apparire
decisamente minaccioso. L’uomo dietro al bancone infatti arretrò, spaventato
dalla reazione dell’animale.
"Fossi in te" osservò Drew, in un tono che
sperava convincente, "eviterei di contrariarlo. L’ultimo che l’ha fatto non è
più riuscito a camminare in modo autonomo…".
Il barista indietreggiò ulteriormente,
fissando con rinnovato timore il cane, che non aveva accennato a muoversi di un
millimetro, ma continuava a scrutarlo malevolo.
"Ci sono altri problemi?" chiese ancora
Drew, con una dissimulata nota di panico, notando che la loro piccola
sceneggiata stava attirando gli sguardi di parecchi avventori curiosi. E tanti cari saluti al mio proposito di tenere un profilo
basso. Avrei dovuto mettere in conto che un cane della
stazza di Sirius non passa inosservato, cavolo!
Il barista scosse convulsamente il capo,
facendo cenno di proseguire. "Faccia come se fosse a casa sua. E anche la sua,
ehm, adorabile bestiola è la benvenuta" balbettò, impacciato.
Tutto sommato, però, dubito che avrei
ottenuto questo effetto, se Sirius si trasformasse in chihuaua o in barboncino.
"Molto gentile, da parte sua. Andiamo,
Padfoot".
Drew si riavviò verso la sua metà, facendo
slalom fra i tavoli, il cane, nuovamente docile come un agnellino, attaccato
alle sua calcagna. Drew sapeva bene che Sirius stava sfruttando al meglio la sua
posizione per individuare ogni possibile via di fuga, se il piano fosse andato a
rotoli per qualunque motivo. O magari, cercava di assorbire l’essenza
dell’alcool rarefatto nell’aria, difficile a dirsi.
Si sedette di fronte a Torres che lo accolse
con un ghigno sardonico. "Beh" esordì a mo’ di saluto, "certo non scherzavi
dicendo che il tuo socio si fa riconoscere facilmente. Di sicuro, non si sforza
di passare inosservato…". Parlava l’inglese in modo fluido, anche se un leggero
accento che ne denunciava le origini ispaniche.
"Lo so: Padfoot tende a farsi notare". Drew
esitò, poi aggiunse: "È un problema?".
"Affatto. Anzi, mi pare più affidabile di
moti esseri umani che conosco…".
"Oh, lo è" garantì Drew, dando a Sirius una
pacca sua spalla: il cane si era seduto di fianco a lui e scrutava torvo il
locale, fulminando con lo sguardo chiunque si avvicinasse. L’immagine del
perfetto cane da guardia. "Si butterebbe tra me e una pallottola se potesse"
proseguì il ragazzo. "E non ha richieste particolarmente esose quando si tratta
di sparite le torte, se capisci cosa intendo. Il compagno ideale".
Franco si grattò il mento con fare pensoso.
"Interessante. Una guardia del corpo pelosa… Se è davvero come dici, dovrei
prendere in considerazione l’idea di farmene uno anch’io".
"Non è mica semplice" lo avvertì Drew.
"Tengo con me Padfoot fin da quando era cucciolo. La fedeltà magari l’hanno
innata, ma sono stati necessari anni di addestramento e molta pazienza per farlo
diventare quello che è". Gli diede un’altra affettuosa pacca, mentre dentro di
sé si chiedeva quanto la recita stesse apparendo credibile agli occhi di Franco
Torres. Evidentemente abbastanza, visto che lui lasciò cadere l’argomento e
disse: "Ok, direi di passare alle cose serie, ora".
"Sono perfettamente d’accordo".
Torres annuì e fece un cenno alla cameriera.
"Altre due, baby, grazie". Lei fece un cenno d’assenso e ricomparve poco dopo
con due bicchieri di birra.
"Gli affari si discutono meglio davanti a
una buona vecchia birra fatta alla vecchia maniera, non credi?".
"Assolutamente" concordò Drew, bevendo un
sorso e imponendo alla sua faccia di mantenere un’espressione neutra. Mamma
mia, che schifo! In vita sua, aveva bevuto birra solo una volta prima di
allora, quando alcuni suoi amici avevano organizzato una specie di festino e si
erano procurati alcool con dei documenti falsi. Tra l’altro, gliela avevano
cacciata in gola quasi a forza ed era bastato per farlo partire per il mondo dei
balocchi, visto che non era abituato a bere. I suoi compagni insistevano nel
dire che in quel frangente avesse pure baciato una delle ragazze più popolari
della scuola, ma Drew era quasi certo che se lo fossero inventato: i suoi
ricordi di quella serata erano sbiaditi, ma mica tanto da dimenticarsi una cosa
del genere. Quando poi Dudley l’aveva scoperto in bagno a vomitare perfino
l’anima, gli aveva dato una ripassata tale da fargli passare la voglia di alcool
per il resto della sua vita e anche di più.
Ma ovviamente, nella mascherata che stavano
mettendo in piedi, non poteva certo sperare di bere del succo di mela: sarebbe
stato appena un pelino fuori luogo. Così, non gli era restato altro che
riempirsi lo stomaco, imporsi di non esagerare e pregare tutti i maghi passati,
presenti e futuri che l’alcool non gli andasse alla testa troppo in fretta.
Beh, almeno non è roba forte, si disse a mo’ di consolazione.
Fortunatamente per lui, Franco non parve notare il suo disagio, bevve un lungo
sorso con evidente piacere e osservò: "Sai, questo è rimasto uno dei pochi
locali in tutta Londra a non servire le porcherie di quegli infami… Sai,
Burrobirra, Whisky Infuocato o come cribbio si chiama… Puah, schifezze! Che il
diavolo se li porti, i maghi e tutti i loro dannatissimo intrugli!". Esitò un
istante, immerso in chissà quali considerazione, poi proseguì: "Allora, Danny,
giusto?".
"Burton. Danny Burton. E tu sei Franco
Torres".
"La mia fama mi precede, vedo". Torres
ridacchiò. "Da quanto hai detto al telefono mi è parso di capire che avessi una
richiesta da farmi. Sono tutto orecchi".
"Esatto" confermò Drew, mentre il cuore
partiva al battergli all’impazzata. Il momento della verità: doveva solo sperare
di essere convincente e riuscire ad abbindolare Franco e, in caso contrario, di
essere abbastanza veloce e la porta non troppo lontana. "Si dice in giro che tu
faccia parte della cerchia di Nandes…" continuò, deciso a prenderla alla
lontana.
Capì subito di aver fatto la scelta giusta:
al solo nominare Nandes, Torres si era irrigidito e la sua posa rilassata aveva
ceduto il posto a uno sguardo da vecchio lupo sospettoso. "Chi lo dice?"
domandò, in tono cauto, occhieggiando il suo interlocutore come una bestia
potenzialmente pericolosa.
Drew restò sul vago. "Voci di corridoio.
Sussurri. Chiacchiere".
"Chiacchiere?".
"Sì, chiacchiere".
Franco parve rilassarsi un poco. "E se anche
io lavorassi per questo Nandes, cosa che non sto affatto confermando, perché la
cosa dovrebbe interessarti?".
Drew aveva l’impressione di giocare una
partita a scacchi su una fune sottile: una sola mossa sbagliata e sarebbe stato
scacco matto, il che avrebbe probabilmente significato la morte non solo sua, ma
anche di Ares e Artemis. Era di vitale importanza perciò non commettere quel
fatale passo falso. Il che implicava anche il non dimostrare fretta e prestarsi
ai guardinghi giochi di parole dello spagnolo. "Perché sono interessato a
offrire a Nandes i miei servigi e un’intercessione da parte tua mi farebbe
comodo".
Una luce d’interesse brillò negli occhi di
Torres: l’ispanico stava evidentemente calcolando tutte le alternative e
cercando il suo tornaconto. "Che tipo di servigi?" domandò.
"Ricettazione, principalmente. Ma sono
aperto a qualunque tipo di incarico".
Franco si grattò il mento, pensieroso,
studiando il giovane di fronte a lui da capo a piedi. "Un lavoratore generico,
eh? Interessante. Molto interessante".
"Ho attirato la tua attenzione?" chiese
Drew, in tono apparentemente casuale, in realtà carico di ansia speranzosa.
Anche Sirius, all’apparenza sonnecchiante ai suoi piedi, si stava bevendo ogni
sua singola parola.
"Può essere, Burton, può essere. Ma è ancora
tutto da vedere. Cosa ti fa credere che Nandes ti potrebbe volere al suo
fianco?".
"Ritengo di possedere qualità che potrebbero
tornargli utili. E che il favore di Nandes possa aiutarmi a costruirmi una
reputazione".
"Ammettendo di essere sufficientemente
influente per fare ciò che chiedi, io cosa ci ricavo?".
"La mia amicizia". Notando l’espressione
scontenta di Franco, Drew aggiunse subito: "E io sono molto generoso con i miei
amici… Diciamo il 15% dei miei futuri introiti. Più un piccolo anticipo".
Detto questo, fece scivolare sul tavolo un
sacchetto. L’inconfondibile tintinnio di monete sonanti risuonò per un istante,
facendo luccicare di avidità gli occhi di Franco. Proprio su questo contava
Drew: che la prospettiva di un guadagno facile facesse passare a Torres la
voglia di fare troppo domande. Era costata una bella fatica procurarsi quel
denaro: avevano dovuto impegnare parte dei mobili dell’attico di Ares e Artemis
e Christie e Keith avevano arrotondato la cifra con i loro risparmi. In totale
avevano messo insieme più di duecento galeoni, un cifra che Drew sperava
sufficiente per comprare l’aiuto di Franco.
L’ispanico allungò la mano, facendosi
scivolare in grembo il denaro. Finse di riflettere alcuni istanti, poi disse,
sempre in tono misurato: "Si potrebbe fare…".
"Si potrebbe fare o si può? C’è una sottile
ma rilevante differenza…".
"Per il 20%, quel condizionale potrebbe
diventare un indicativo…" buttò lì Torres, osservando attentamente il suo
interlocutore.
Fu il turno di Drew di fingere di
riflettere: da parte sua avrebbe anche detto subito di sì, ma sapeva di doversi
mostrare più prudente nei confronti di quei soldi di cui non gli importava
nulla.
"Direi che abbiamo un accordo" disse infine.
"Anche se mi costa caro…".
"Nulla a questo mondo è gratis, compare"
osservò Franco. "Tuttavia, per festeggiare questa nuova amicizia sarò lieto di
offrirti da bere…".
"Molto gentile da parte tua. Allora, siamo
d’accordo".
Torres annuì. "Parlerò con Nandes. Sappi
però che l’ultima parola spetta a lui. Ti cercherò io quando avrò la sua
risposta".
"Attenderò con impazienza" lo rassicurò
Drew, alzandosi in piedi, subito imitato da Sirius. I due si strinsero la mano,
a suggellare l’intesa, poi Drew si allontanò e uscì con il cane alle calcagna,
cercando di non mostrare fretta nell’andarsene.
Solo quando ebbe messo cinque isolati tra
lui e il Lupo di Mare e fu certo che nessuno lo
seguisse, si permise di accelerare il passo e assumere una posa più rilassata,
rilasciando un sospiro di sollievo.
"Beh, direi che è andata bene" disse. Sirius
abbaiò con fare entusiasta.
La Casa
Londra
"Ancora non capisco…" borbottò JR
all’indirizzo del suo capo.
"Che cosa non capisci, mio viscido amico?"
domandò Nandes, senza nemmeno sprecarsi a guardarlo, sorseggiando distrattamente
il suo Whisky Incendiario.
"Perché hai tenuto in vita Artemis e Ares?"
chiese JR. "Hai ammazzato gente per molto meno di quello che hanno tentato di
fare quei due…".
Nandes sorrise tra sé. "Ho i miei buoni
motivi, JR, credimi. Ho i miei buoni motivi".
"E quali sarebbero?". JR appariva piuttosto
nervoso: non gli piaceva essere tenuto all’oscuro dei piani del suo
superiore.
Quest’ultimo tuttavia si limitò a stringersi
nelle spalle. "Diciamo solo che quelle piccole serpi potrebbero valere più da
vive che da morte, in questo momento. Sto cercando di capire se ne valga la
pena…".
Non aveva detto a nessuno, né aveva
intenzione di farlo, dei piccoli scheletri che Ares e Artemis avevano
astutamente nascosto nell’armadio, essenzialmente per due motivi. Il primo, e
puramente materiale, era che molti ospiti della Casa, alla prospettiva di soldi
facili, avrebbero potuto facilmente soffiargli la preda da sotto il naso e
intascarsi quanto il Ministero avrebbe offerto per quei due. Il secondo,
potenzialmente più pericoloso, era che nella sua cerchia l’atteggiamento verso i
maghi e quelli della loro razza andava dall’odio più viscerale al terrore puro:
sapere di averne ben due sotto lo stesso tetto, con cui per di più si era
lavorato gomito a gomito, avrebbe potuto suscitare reazione inconsulte e minare
alla base la stabilità del suo regno criminale. Avrebbe pertanto tenuto il
segreto finché non avesse deciso al cento per cento cosa fare, il che implicava
ovviamente non dire nulla a JR.
Il suo secondo assunse un’espressione
scontenta. "Non ti fidi di me, Nandes?".
"Ma, no, cosa vai a pensare: in questo
edificio sei al persona di cui mi fidi di più, dopo me stesso. Non è mancanza di
fiducia la mia…".
"E allora cos’è?".
Prima che Nandes potesse rispondere,
qualcuno bussò alla porta dell’ufficio. "Sì?".
Franco Torres entrò nella stanza, con
espressione piuttosto impacciata. "Disturbo?".
"Ah, Franco" lo accolse Nandes. "Niente
affatto, ti stavo aspettando. JR, puoi andare, di certo hai qualche affare da
sbrigare…", che tradotto in parole povere, stava a dire "levati dai piedi, che
sei di troppo".
JR si limitò ad annuire, fece un cenno di
saluto a Torres, che ricambiò, e uscì, chiudendosi la porta alle
spalle.
"Allora" esordì Nandes, osservando
attentamente il ricettatore. "Com’è andato il tuo affare in madrepatria?".
"Sono moderatamente soddisfatto, grazie
dell’interessamento" rispose Franco. "Ho guadagnato meno di quanto sperassi, ma
ha sufficienza per non considerare il tutto una perdita di tempo".
"Bisogna sempre guardare il bicchiere mezzo
pieno, vero? Vuoi qualcosa da bere?" domandò, servendosi un altro bicchiere, per
poi sedersi alla scrivania.
Al suo cenno, anche Torres lo imitò,
declinando l’offerta. "No, grazie, penso che mi rifarò più tardi…".
"Giusto, tu non gradisci particolarmente le
bevande magiche… Nemmeno io, in verità, ma questo Whisky non è niente
male".
Franco non commentò, limitandosi a fissare
un punto del tavolo.
"Se non ricordo male, volevi dirmi
qualcosa…" lo incalzò Nandes. "Ammetto che mi hai incuriosito…".
"Oh sì, una cosa curiosa. Ieri sera mi sono
incontrato con un tizio, un ricettatore, Danny Burton, che mi ha chiesto di
intercedere presso di te".
"Un ricettatore?" ripeté Nandes, quasi tra
sé. "Certo di quelli non ce n’è mai abbastanza in giro. Uno in più potrebbe
farmi comodo… Cosa sai di lui?".
"Non molto in verità" rispose Franco. "È
stato molto criptico sul suo passato… Comunque mi è parso avesse delle buona
qualità…".
Nandes ridacchiò. "Dì la verità, quanto ti
ha pagato per venire a dirmi queste sviolinate?".
Torres arrossì, imbarazzato. "Nandes, io non
so…", ma l’altro lo interruppe con vago cenno della mano. "Ah, non ti
preoccupare. Siamo essere umani, no? E come tali abbiamo tutti le nostre
debolezze…".
"Comunque, credo che dovresti incontrarlo.
In fondo che hai da perdere?".
Nandes assunse un’espressione pensosa,
ponderando i pro e i contro. Al di là di tutto, quel Burton sembrava avere buone
potenzialità: aveva scoperto che Franco era interno al suo giro e abbastanza
vicino a lui da poter fare da ponte tra loro e aveva sufficiente faccia tosta da
osare fare una proposta del genere. Senza contare che con la defezione di Ares e
Artemis aveva bisogno di qualcuno che prendesse il loro posto. Sì, quel tipo
poteva fargli comodo… e in fondo, era sempre in tempo per cambiare idea,
giusto?
"Molto bene. Portamelo qua, così vedremo se
dietro alle tue parole c’è più di una semplice, vile bustarella…".
"D’accordo, penso di poter combinare per
domani sera. Una sola cosa: tu non hai problemi coi cani, vero?".
Quartier Generale
Dell’Ordine della Fenice
Londra.
"Continuare a fissare quel coso non lo fare
suonare prima, Sirius" osservò Remus, in tono stanco. "Perché non vai a
stenderti un attimo, sei distrutto…".
"Sto bene" ribatté Remus, senza risultare
particolarmente convincente e senza distogliere lo sguardo dal telefono
cellulare posato sul tavolo.
"Non ti fa bene tutto questo stress, lo sai"
insistette ancora Sirius. "Ti sei appena rimesso in piedi dopo il
plenilunio…".
"Sto bene, Sirius, smettila di
preoccuparti".
"Non posso finché tu non ricominci a usare
la testa. E siccome questo non accadrà finché Artemis non sarà di nuovo sotto
questo tetto, mi toccherà continuare a preoccuparmi ancora per
molto".
Remus non commentò: sapeva che Sirius aveva
ragione, sapeva che si stava stancando troppo e che questo presto o tardi
avrebbe avuto delle conseguenze, ma non poteva farci nulla. Sirius non poteva
capire, non completamente almeno, non aveva figli: era una cosa più forte di
lui, la stessa forza che aveva spinto James e Lily a morire per Harry, che aveva
indotto Ginny a sacrificare la sua vita per quella di Drew, che aveva portato
lui e Dora tra le braccia dei Mangiamorte tre anni prima.
"Quando avrai figli, capirai quello che
provo in questo momento…" buttò lì.
Sirius rise. "Quando avrò figli? Remus,
credo che per me quel treno sia partito da tanto tempo ormai… Non so se ti rendi
conto, ma vado, anzi andiamo, per i sessanta, non ho più l’età per mettermi a
far figli…".
"Allora, prima di tutto, hai 55 anni, perciò
i sessanta sono ancora lontani. Secondo, l’ultima volta che ho controllato, sono
soprattutto le donne a doversi preoccupare dell’orologio biologico…".
"Già, perché tu conosci qualcuna che farebbe
un figlio con me, vero?".
"Beh, così su due piedi un nome mi viene in
mente…" disse Remus, in falso tono meditabondo, indicando con un cenno del capo
Luna, che nemmeno a farlo apposta passava in quel momento per il
corridoio.
Sirius sbuffò. "Non ricominciare con questa
storia, Remus. Io e Luna abbiamo le stesse probabilità di mettersi insieme
quante ne ho di diventare ministro della magia…".
"Ah, ormai ho rinunciato a cercare di farti
ragionare su questo argomento, Padfoot. Ricordati quello che ti dico, però: un
giorno, magari non troppo lontano, ti pentirai di non esserti fatto sotto con
Luna. E quel giorno mi auguro di essere ancora qui per poterti dire "te l’avevo
detto"!".
Sirius non rispose, fissando il tavolo.
In un mulo doveva trasformarsi, altro che cane,
pensò Remus. In quell’istante squillò il telefono.
Sala Grande della Casa,
Londra.
La Sala Grande, come era stata ribattezzata,
era un ampio salone che poteva essere un incrocio fra una sala conferenze, un
pub e una discoteca. Arredato sobriamente, fornito di un bar sempre aperto e di
spettacolo gratuito, era il luogo all’interno della Casa dove il circolo di
Nandes si riuniva per parlare di affari, scambiarsi opinioni, ingraziarsi il
capo o più semplicemente fare bisboccia senza rischiare di incorrere in
sanzioni. Ogni sera, la Sala Grande si riempiva della peggiore feccia criminale
Babbana della città, che il più delle volte coglieva l’occasione per ubriacarsi
gratis o fare baldoria. Il tutto sotto l’occhio perennemente vigile di Nandes o
i suoi fedelissimi, che controllavano che le cose non degenerassero troppo oltre
i limiti dell’indecente. Per quanto, questi soggetti avessero un concetto
piuttosto relativo di cosa fosse indecente…
La notte in cui Drew fece per la prima volta
il suo ingresso nella Sala Grande, sotto le false spoglie del ricettatore Danny
Burton, era una serata come tante altre, non fosse stato per il fatto che l’aria
era un po’ meno festaiola del solito, anzi quasi carica di elettricità e
curiosità repressa. La notizia che il capo avrebbe ricevuto un potenziale
"nuovo" si era diffusa a macchia d’olio, così come una piuttosto colorita e
ovviamente assai poco veritiera immagine di quest’ultimo. Prima ancora di sapere
che faccia avesse, più della metà dei presenti era fermamente convinta che Danny
Burton fosse un asso nel tiro a bersaglio, che potesse bere due litri ti tequila
restando sobrio e che una volta aveva ordinato al suo mastino di azzannare in
una non meglio precisabile parte del corpo un tizio semplicemente perché l’aveva
urtato per sbaglio. Tutto questo si era aggiunto alla diceria secondo cui Burton
sarebbe subentrato al posto di Ares e Artemis nella cerchia più stretta di
Nandes.
Di fronte a tutta questa aspettativa, è
facile immaginare la delusione che provarono molti nel trovarsi di fronte un
uomo di non più di trenta anni, di aspetto assolutamente comune, per non dire
insignificante, che non sembrava dotato di nessuna qualità particolare, a parte
evidentemente una buona dose di faccia tosta. Quello che colpì di più fu
l’enorme cane lupo nero come la pece che gli trotterellava a fianco, docile e
innocente come un agnellino, non fosse stato per il fatto che quelle zanne
davano l’idea di poter staccare un braccio con un morso.
Bene, Sirius ha fatto la sua impressione,
constatò tra sé Drew, osservando le reazioni degli
uomini intorno a lui, mentre al seguito di Franco si dirigeva verso il centro
della Sala.
A quel punto la sua attenzione fu calamitata
dall’uomo comodamente seduto su un’ampia poltrona in fondo alla stanza, con un
bicchiere mezzo pieno in mano e l’aspetto rilassato di chi si sente padrone del
mondo. Intorno a lui, almeno cinque uomini vigilavano sulla scena, sicuramente
pronti a mettere mano alle armi al primo segnale di pericolo. Fra quest’ultimi,
Drew, riconobbe JR, l’uomo della registrazione del Gufo Messaggero, quello che
aveva sparato ai suoi amici. Bene, si va in scena. A noi due, Nandes, che
vinca il migliore.
Franco si fermò a circa una decina di passo
dal capo. "Nandes" lo salutò.
"Franco. Suppongo che questo sia l’uomo di
cui mi hai parlato tanto entusiasticamente… Benvenuto nella mia umile
dimora".
"Grazie, signore" rispose Drew, in tono
cauto, simulando un sorriso. "È un onore essere qui".
"Sì, lo è davvero" confermò Nandes, con un
ghigno compiaciuto. "Ma ti prego, chiamami Nandes, certe formalità le aborro in
casa mia".
"Come preferisci, Nandes".
"Allora, Danny Burton. Il tuo nome non mi
dice assolutamente nulla…".
"Non sono da molto qui in Inghilterra,
infatti" cominciò a spiegare Drew. Era giunto il momento di scoprire se la
storia che aveva messo in piedi era davvero buona come era parsa all’Ordine. In
caso contrario, beh, poteva solo sperare in una morte non troppo dolorosa,
probabilmente: con tutta la buona volontà, c’erano almeno un centinaio di
persone in quella stanza, tutti potenziali assassini e lui e Sirius erano
completamente soli. "Mi sono trasferito dall’America alcuni mesi fa, in cerca di
nuove opportunità…".
"Dall’America? Interessante… Posso sapere
come sei arrivato al mio nome?".
"La tua fama ti ha preceduto, Nandes. Ho
sentito parecchio parlare di te, da quando sono arrivato in Inghilterra, e sono
rimasto molto colpito. Ero curioso di incontrare il Babbano che riesce a tenere
sotto scacco le forze del Lord e a gestire un impero criminale di questa
portata…".
Nandes parve compiaciuto da quel complimento
detto tra le righe. Tuttavia il suo tono si mantenne neutro e cauto. "Certo
capirai che non posso ammettere nel mio circolo tutti i pischelli che capitano
alla mia porta…".
"Non mi aspettavo nulla di diverso" gli
assicurò Drew. "Sarò pronto a dimostrarti le mie capacità in qualunque momento…"
aggiunse, mentre interiormente si chiedeva a quale prova Nandes l’avrebbe
sottoposto.
L’uomo lo osservò con fare calcolatore,
soppesando le sue parole. "Dimmi, da quanto tempo tieni con te quella bestia?"
domandò poi a sorpresa, cogliendo Drew completamente alla sprovvista.
"Oh, beh, anni" rispose dopo alcuni secondi
di esitazione. "Da quando era cucciolo, l’ho addestrato
personalmente…".
"Perciò, ipoteticamente parlando" proseguì
Nandes, poggiando il bicchiere su un tavolino, "se adesso estrassi al pistola e
ti sparassi, lui cercherebbe di difenderti, giusto?".
Prima che Drew potesse rispondere,
successero tre cose in rapida successione: Nandes levò appena il braccio destro,
dalla sinistra di Drew partì uno sparo e Sirius scattò, veloce come un falco. Un
istante dopo, Drew era a terra, con Sirius praticamente sdraiato sopra, che
ringhiava minacciosa all’indirizzo di Nandes, che non appariva per nulla turbato
da quanto successo, anzi sembrava decisamente soddisfatto. Il proiettile era
andato a conficcarsi nel pavimento, a dieci centimetri buoni da dove si trovava
prima Drew: anche senza l’intervento di Sirius, il colpo l’avrebbe mancato. In
un lampo capì cosa era accaduto veramente…
"Era una prova?" domandò incredulo, col
cuore che batteva come un tamburo: quando aveva sentito lo sparo, gli era quasi
venuto un infarto, credeva che la sua copertura fosse saltata in qualche modo.
Invece era tutta una messinscena, come gli confermò lo stesso Nandes,
ghignando.
"Sei sveglio, ragazzo. Una qualità che
potrebbe tornare utile…".
"Perché?" insistette Drew, spingendo via
Sirius e rimettendosi in piedi: il cane rimase accucciato in posizione
difensiva, evidentemente ancora pronto a scattare se ce ne fosse stato
bisogno.
"Volevo essere certo che non avessi
raccontato un mare di balle, Danny. Per quel che ne sapevo io, quel cane poteva
essere solo un’interessante coreografia…".
"Ti assicuro che non lo è e per il tuo bene
ti consiglio di non fare ulteriori esperimenti. Non so se potrei fermarlo una
seconda volta…".
"Lo terrò presente. Comunque direi che hai
superato brillantemente la prima parte della prova…".
Drew trattenne il sorriso esultante che
minacciava di affiorargli sul volto: non gli era sfuggito quel "prima
parte".
"Cos’altro devo fare?".
"Beh, il tuo compagno si è dimostrato
all’altezza delle tue parole, no?" osservò Nandes, in tono casuale. "Ora è il
tuo turno: dopodomani, arriverà giù al porto una partita di fucili high-tech:
roba sofisticata, che non si trova dal rigattiere. Portamene almeno la metà e
potrai considerarti dentro…".
"Tutto qui?".
"Tutto qui" confermò Nandes. "E se dovessi
fallire, non preoccuparti a tornare. Al più, potresti mandarci il tuo socio,
visto che lui la sua prova l’ha superata…".
"Oh, non ti libererai di me così facilmente,
Nandes. Ci vediamo fra tre giorni…".
"Ci conto". Nandes gli levò il calice in
segno di congedo. Drew e Sirius si mossero verso la porta, senza far trapelare
la loro fretta.
Appena si chiusero la porta alle spalle,
esplosero le chiacchiere e i commenti all’interno del salone.
Drew non aprì bocca finché non fu di nuovo
all’aria aperta, molto lontano dalla Casa e il suo pericoloso re.
"Bene, abbiamo tre giorni per escogitare la
mossa successiva…" disse, infine, appoggiandosi contro la parete, respirando a
fondo, rilassando i muscoli rimasti tesi per il nervosismo fino a quel momento.
Poteva fare con calma: la Polisucco gli garantiva ancora un’ora di copertura
prima di riprendere le sue sembianze e con la Smaterializzazione ci avrebbero
messo un istante a tornate la Quartier Generale. "Che facciamo?" domandò,
rivolto a Sirius. L’animale scrollò la testa, si guardò guardingo intorno e poi
riprese il suo aspetto umano.
"Ci pensiamo a casa, direi. Vieni,
allontaniamoci dalla strada…".
Drew lo seguì in un vicolo laterale. "A
proposito, ottimo salvataggio" si complimentò.
"Grazie. Niente di speciale. Ottima
interpretazione".
"Grazie. Credo che questa storia mi stia
togliendo vent’anni di vita…".
"Se può consolarti, sei andato bene. Avresti
ingannato pure me…"
Drew sorrise. "Speriamo che la finzione
continui a reggere così bene…".
"Un passo alla volta. Prima mettiamo le mani
su quei fucili…".
LYRAPOTTER’S CORNER
Buon primo giorno di primavera, miei cari
lettori (sempre ammesso che ce ne sia ancora qualcuno, coi tempi di
aggiornamento che ho preso), anche se considerato il gelido vento assassino che
spirava oggi dalle mie parti, non si direbbe proprio aria di
primavera.
Che posso dirvi, credo di cominciare a
prenderci gusto a scrivere di Nandes&co., è un piacevole diversivo rispetto
al solito, cambiare il cattivo. Senza contare che mi piace come l’ho sviluppato,
il mio Jabba…
Una piccola noticina, credo che il mio
computer stia impazzendo: rileggendo il capitolo per la correzione, mi sono
accorta che per qualche oscuro motivo aveva sostituito tutti i nomi propri con
"Remus". All’inizio, pensavo a un mio errore, ma quando me ne sono ritrovati
cinque di fila, in un punto dove ero sicura di aver scritto i nomi giusti, ho
capito che deve essere il mio server a giocare qualche strano scherzo…In ogni
caso, penso di averli corretti tutti, se trovate un Remus in un punto dove non
dovrebbe stare, mi scuso per la svista…
E ora, spazio ai ringraziamenti:
Ara chan, benvenuta in famiglia, conoscere fan della mitica vecchia trilogia
è sempre un grande piacere. Grazie infinite e a risentirci!!!!!!
lucia_hp, un
caldo benvenuto anche a te e un grazie di cuore per i tuoi
complimenti!
ino chan, uffa, lo voglio anch’io un lavoro del genere (calma, Lyra, un passo
per volta, prima pensa alla maturità!). Sono felice di averti fatto ridere,
visto che nelle tue fanfiction mi succede sempre, ricambio il
favore…
LadyMorgan, purtroppo non ho aggiornato troppo presto, il mio tempo è quello
che è e finché non inviteranno i giorni da trenta ore (o non finirà la scuola),
l’andazzo resterà questo. Beh, insomma, vorrei vedere, tra Han e Jabba corre un
abisso di un paio di miliardi di miglia (se non l’hai capito, io AMO quell’uomo,
peccato che ormai anche Harrison Ford sia un po’ stagionato). Comunque, non
credo che Sirius abbia un corrispondente ben definito nella trilogia, diciamo
che fa quello che capita…
Deidara, come
promesso, eccoti il nuovo capitolo, anche se in ritardo perfino per i miei
pronostici, contavo di postare ieri, ma poi si è fatto tardi, cascavo dal sonno
e non avevo voglia di litigare con Pagebreeze… Grazie come sempre del tuo
commento, aspetto tue notizie…
Non ho idea di quando posterò il prossimo
capitolo, mi avviso subito, è il turno della altre fanfiction, e settimana
prossima me ne vo’ a Weimar in gita scolastica, perciò niente computer per una
settimana. Comunque, conto di farcela per le vacanze di pasqua (ma prendetela
con le pinze, ormai dovreste saperlo…).
Fatevi sentire numerosi, mi raccomando,
bacibaci!!!!!!!!!
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Capitolo 21 *** Dentro al giro ***
MAGIC WARS
CAPITOLO XX: DENTRO AL GIRO
La Casa
Londra
"Cosa prendi, Danny?".
"Il solito, grazie" rispose Drew, con un
falso sorriso. Sembrava incredibile, ma ancora non si era abituato al sapore
della birra, anzi aveva quasi l’impressione che ogni volta che ne beveva gli
facesse più schifo. Ma d’altronde, era meglio quella di molto altro: alcune sere
prima, Franco lo aveva praticamente costretto a bere una tequila. Poco ci era
mancato che non finisse con la testa sul tavolo. Perciò aveva deciso di
mantenersi su gradazioni alcooliche al di sotto dei cinque gradi almeno finché
non avesse imparato a reggerlo un po’ meglio. Ossia, probabilmente mai: non
aveva idea di quanto ancora avrebbe dovuto recitare la parte di Danny Burton, ma
non sarebbe certo stato per così tanto tempo.
Ne era passato pure troppo, per i suoi
gusti, e di fatto non avevano ancora concluso nulla. Ormai era trascorso quasi
un mese dal primo incontro con Nandes e la sua "prova d’iniziazione", se così la
si poteva chiamare. Per sua fortuna, grazie a qualche incantesimo e una botta di
fortuna, non era stato particolarmente difficile procurarsi i fucili high-tech
pretesi da Nandes. Ancora ricordava l’espressione di quest’ultimo quando si era
ripresentato da lui con le armi rubate: aveva avuto le netta impressione che
volesse baciarlo tanto era contento di rivederlo. O più probabilmente di vedere
esaudita la sua richiesta.
Da quel momento, la strada di Drew era stata
tutta in discesa. Nandes era sospettoso come una volpe, malgrado la faccia
cordiale, era il tipo che al primo accenno sospetto ti infilava dell’arsenico
nel bicchiere, ma la condotta di Drew era stata talmente ineccepibile, il suo
atteggiamento talmente solerte che Nandes aveva preso velocemente in simpatia il
ragazzo e gli aveva accordato la sua fiducia. Del resto, Drew per raggiungere il
suo scopo era pronto anche a mettersi ad abbaiare, se questo fosse servito a
compiacere Nandes. Se voleva avere una chance di liberare Artemis e Ares,
ovunque fossero, doveva ingraziarsi Nandes il più possibile per evitare di
sollevare sospetti.
Sulla scia del loro capo, l’atteggiamento
del resto del circolo della Casa verso "Danny Burton" andava dall’assoluta
indifferenza alla guardinga cordialità. Franco Torres appariva fin troppo
amichevole, difficile dire se per genuina simpatia o più probabilmente se non
fosse guidato da vile amor d’interesse (c’era pur sempre quel famoso 20% su
tutti i futuri introiti di Drew). Era comunque piacevole avere una faccia amica
in quel mondo di squali o perlomeno qualcuno con cui scambiare due
chiacchiere.
L’unico che non fingeva nemmeno di provare
indifferenza nei confronti di Drew era JR. Fin da subito, il ragazzo aveva
capito che quell’uomo gli avrebbe creato problemi: gli era apertamente ostile e
non faceva nulla per nasconderlo. Evidentemente non si era fatto abbindolare
dalle sue menzogne e aveva intuito che il nuovo arrivato nascondeva qualcosa.
Drew sperava solo che questi sospetti non acquisissero più fondamento e
soprattutto che non instillasse anche in Nandes il germe del dubbio: in quel
caso sarebbe stata la fine.
Per quanto riguardava Sirius, invece, JR non
si limitava a una tacita e vigile ostilità: era vero e proprio odio. Ogni volta
che l’animale era nei paraggi, JR lo fulminava come se volesse incenerirlo e non
perdeva occasione per prenderlo a pedate. O per meglio dire a provarci, visto
che Sirius non era proprio il tipo da farsi mettere i piedi in testa. Anzi,
quando c’era JR nei paraggi, tendeva a gonfiarsi come un pavone e a sembrare
ancora più minaccioso del solito. È come quando in un pollaio ci sono due galli:
entrambi sanno che uno dei due è di troppo e che deve sparire. Tutto sta nel
vedere chi cederà per primo…
Del resto, Sirius non era particolarmente
popolare nemmeno tra gli altri membri del gruppo di Nandes: la sua mole, unita
al suo atteggiamento che fluttuava tra il freddo e l’ostile, lo avevano reso
estremamente impopolare, per non dire temuto, quasi da tutti. Fortunatamente per
lui, questi erano anche i motivi per cui nessuno osava anche solo pensare di
potersi sbarazzare dell’animale. Oltretutto, Nandes pareva l’unico ad averlo
preso in simpatia, per chissà quale ragione, e nessuno ci teneva a contrariare
il boss…
"Ehi, Danny, eccoti qua!".
Drew si voltò, in tempo per vedere Franco
avvicinarsi e sedersi su una poltrona di fianco alla sua: tra le mani stringeva
saldamente un bottiglia di alcool non meglio identificabile.
"Buona sera, Franco" lo salutò in tono
cordiale. "Iniziavo a chiedermi dove tu fossi finito…".
Franco sbuffò sonoramente. "Grane con un
fornitore" spiegò. "Cercava di fregarmi, ci ho messo tre ore per sistemare
tutto…".
"Problema risolto, mi auguro?".
"Non cercherà più di fare il furbo con me"
gli garantì Franco. "Su questo ci puoi scommettere!".
"Non avevo il minimo dubbio". Drew sorrise,
bevendo un sorso di birra.
All’inizio, trovava difficile parlare con
Franco, soprattutto perché non sapeva mai come comportarsi, cosa poteva dire e
cosa sarebbe stato fuori luogo. Col tempo aveva imparato e tutto era diventato
più semplice. Inoltre, doveva ammettere che tutto sommato Franco non gli
dispiaceva: quando ci si metteva, poteva essere più logorroico di una vecchia
comare, sebbene sapesse sempre a quale punto fermarsi. Infatti spesso parlava di
tutto tranne che di lavoro, cosa di chi Drew era più che felice: meno parlavano
di sparatorie, furti e saccheggi e più era contento.
"E a te come è andata la giornata?" domandò
Franco dopo un po’.
"Nulla di importante. Giornata
tranquilla".
"Ah, ti invidio" borbottò l’altro, chiudendo
gli occhi e stiracchiandosi all’indietro. "Sono distrutto: me ne andrei
volentieri a letto, se potessi…".
"Cosa te lo impedisce?".
"Devo discutere con Nandes di un certo
affare". Franco fece una smorfia disgustata. "E quando il capo
chiama…".
"…Noi rispondiamo, già" concluse Drew per
lui. "Spero sarà una cosa veloce".
"Oh, non preoccuparti per me: queste mi
terranno sveglio il tempo sufficiente per sistemare Nandes e trascinarmi al mio
letto al piano di sopra".
Infatti, tra le altre comodità che Nandes
offriva ai suoi fedeli, c’era la garanzia di un letto sicuro in qualunque
momento e per qualunque lasso di tempo. Tant’era vero che Drew aveva occupato in
blocco un appartamento quando aveva saputo di quella opportunità. All’inizio
faceva avanti e indietro dal Quartier Generale, ma lui e Sirius avevano concluso
fosse più sicuro così: evitavano di farsi scoprire sia dai Mangiamorte sia da
eventuali spie di Nandes o JR.
In quel momento, la musica cambiò e sul
palco, mezzo avvolte nel fumo, comparvero una decina di ballerine, in abiti
piuttosto succinti, che cominciarono a danzare, per la gioia degli
astanti.
"Ah" fece Franco, accomodandosi meglio sulla
poltrona con un ghigno soddisfatto. "Questo sì che mi piace: niente di meglio
che qualche ballerina sexy per riattizzare i sensi di un uomo, non
credi?".
"Assolutamente" concordò Drew in tono
neutro, bevendo un lungo sorso per poter evitare ulteriori commenti. La realtà
era che quegli spettacoli, malgrado ormai ci si fosse abituato, lo mettevano
decisamente a disagio. Del resto non poteva mica andare a dire a quelle persone
che le sue esperienze con le ragazze rasentavano lo zero assoluto: era solo una
delle tante cose che sarebbero apparse fuori luogo.
In quel momento, Sirius comparve
trotterellando, andando a sistemarsi di fianco al suo compagno. Drew gli grattò
distrattamente un orecchio. "Allora, dove ti era cacciato, bello?" domandò in
tono retorico.
Il cane lo fissò un istante negli occhi e
Drew intuì subito il messaggio implicito in quello sguardo: nessuna novità. Drew
imprecò mentalmente. Avevano concordato da tempo che in quel gioco di ruoli Drew
avrebbe messo la faccia e Sirius gli occhi e le orecchie: approfittare del fatto
che gli altri lo credessero un semplice cane avrebbe potuto permettergli di
origliare discussioni utili al loro scopo. Ovvio che fino a quel momento non
avevano avuto fortuna: qualunque cosa fosse accaduta ad Ares e Artemis, sembrava
che nessuno volesse parlarne.
Di questo passo, non ce la faremo mai,
pensò sconsolato. Osservò con occhio critico
l’uomo seduto di fianco a lui, immerso nello spettacolo sul palco, per non dire
quasi ipnotizzato: probabilmente non aveva nemmeno notato l’arrivo di Sirius.
Ok, è ora di prendere il toro
per le corna!
"Ehi, Franco! Franco!" chiamò, quasi urlando
per farsi sentire.
"Amo le ballerine francesi" dichiarò lui,
senza il minimo senso logico. "Queste sono di sicuro francesi".
"Cosa te lo fa dire?" domandò Drew,
incuriosito.
Franco ridacchiò, con aria superiore. "Mai
stato in, diciamo, intimità con una donna francese, Danny? Nessun altra ha quel
non so che di vagamente snob e superiore nello sguardo: è qualcosa di
particolare, un atteggiamento come a dire ‘sei fortunato anche solo per il fatto
che ti rivolgo la parola’! E quelle ragazze hanno esattamente quel non so
che…".
"Ti crederò sulla parola" lo liquidò Drew. A
lui quelle ballerine non sembravano altro che ballerine, come sempre del resto.
Franco, dal canto suo, sembrava quasi capace di leggere la vita di quelle
ragazze semplicemente guardandole ballare.
"Comunque, posso farti una domanda?" chiese,
tornando sull’argomento che gli premeva.
Franco parve distaccare a malincuore gli
occhi, tuttavia disse: "Spara pure, sono tutt’orecchi!".
Drew prese un silenzioso profondo respiro,
prima di parlare: sapeva di star andando a inerpicarsi sull’ennesima china
scivolosa, doveva scegliere le parole con attenzione. Che
fatica fare l’infiltrato! Quando questa storia sarà
finita penso che dormirò per un mese per riprendermi dallo
stress!
"Mi stavo chiedendo…" esordì, in tono cauto.
"Quando sono arrivato in Inghilterra ho sentito parlare di questi tizi… magari
li conosci…". Bene così Drew, prendila più alla lontana
possibile. Notò anche che raccontare balle che suonassero convincenti
si stava facendo sempre più facile, ora che sapeva muoversi meglio in quel
mondo.
"Che tizi?" domandò Franco,
incuriosito.
"Ares e Artemis, si chiamano. Giù al porto
li nominavano spesso…".
Franco parve improvvisamente a disagio,
distolse lo sguardo, tornando a fissare le ballerine, rigirandosi la bottiglia
tra mani. "Ah, Ares e Artemis" mormorò quasi sovrappensiero.
"Ne deduco che li conosci?" fece Drew, in
tono speranzoso. Anche Sirius aveva rizzato le orecchie e ascoltava carico di
tensione. Forse stavolta ce l’avevano fatta!
"Se li conosco?" ripeté Franco. "Certo che
li conosco: fino a non molto tempo fa facevano parte della cerchia più stretta
di Nandes. In effetti, fino a poco prima del tuo arrivo…".
"Come mai non li ho mai visti in giro? Cosa
gli è capitato?".
Franco si guardò intorno con fare
circospetto. "Non so se è un bene parlarne: Nandes non gradirebbe…".
"Terrò le labbra cucite" gli garantì Drew,
assumendo un tono cospiratore.
Franco ci rifletté sopra alcuni istanti,
bevve un lungo sorso e alla fine osservò: "Beh, in fondo non morirà nessuno se
ne parlo, giusto? In verità è una storia piuttosto complicata e io non la
conosco che in parte".
"Non preoccuparti, ho tutto il
tempo…".
"Dunque, da dove cominciare? Visto che vieni
da fuori probabilmente non hai la minima idea di chi siano, Ares e Artemis,
giusto? In sostanza, sono un duo di contrabbandieri, anche se il loro margine
d’azione è molto più ampio. Ares lavora nell’ambiente da anni. Quando io ho
cominciato, lui era già in attività da tempo, e non è che io abbia cominciato
proprio ieri, sai… Comunque, Ares era un tipo solitario, lavorava in proprio e
non aveva mai manifestato il desiderio di affiliarsi. So che Nandes glielo
propose, perché era bravo, davvero bravo nel suo lavoro, ma lui declinò
cortesemente l’offerta. Nandes accettò il rifiuto a patto che Ares non gli
pestasse mai i piedi, se capisci cosa intendo. Nel nostro ambiente era quasi una
leggenda: quell’aspetto imponente (credo superi di due metri d’altezza) soldi a
palate, scostante, sempre sulle sue…
Finché un giorno non spunta quella ragazza.
O per meglio dire ragazzina, Artemis, che avrà avuto sì e no sedici anni:
sembravano due esseri agli antipodi, lui, il gigante dalla parlata difficile e
il colpo facile, lei con quell’aria da bambina sperduta e quell’aspetto
angelico. Mai prima impressione fu più falsa, te lo dico io: Artemis è più
pericolosa di una tigre, più infida di un cobra e più bastarda del peggiore dei
Mangiamorte. Non ho la più pallida idea di cosa li abbia avvicinati, ma da che
si sono conosciuti tre anni fa, non si sono più separati. Ares ha preso la
piccoletta sotto la sua ala e ha plasmato una creatura a sua immagine e
somiglianza, solo in versione più malefica, tant’è che in breve Artemis ha preso
le redini di tutti i suoi affari. E lui l’ha lasciata fare! Aveva un che di
comico vedere quel bestione manovrato da quella sottospecie di demonio in
gonnella, che era la metà di lui. Aveva un che di inquietante, quella ragazza:
riusciva sempre a ottenere quello che voleva come e quando lo
voleva…".
Drew non commentò, colpito dalla fosca
opinione che Franco aveva della giovane Lupin: non sembrava proprio la persona
che lui aveva conosciuto nella sicurezza dell’Attico e del Quartier Generale. Ma
del resto, rifletté guardandosi intorno, in un universo prettamente maschile
dove le donne sono tutt’al più oggetti sessuali, quale altra alternativa aveva
Artemis per sopravvivere se non inventarsi una maschera da infida carogna che le
garantisse un minimo di rispetto? Beh, di certo le è
riuscito anche troppo bene…, pensò, ripensando alle parole di
Franco.
"E poi, che è successo?" domandò, curioso di
conoscere i retroscena di una storia di cui lui conosceva giusto la superficie.
"Da quello che mi dici non sembrano proprio i tipi da affiliarsi così
strettamente a Nandes…"
"E non lo erano" confermò Franco. "Erano in
rapporti amichevoli con il nostro boss (nei limiti in cui possono esserlo,
ovvio!), ma non avevano mai manifestato il minimo desiderio di abbandonare il
loro affari privati e associarsi. Cosa strana, anche perché Nandes non ha mai
lesinato in offerte con loro: erano tra i migliori, un pericoloso rivale per
lui, ma anche un possibile, prezioso alleato. Devo essere sincero, non ho idea
di cosa fece loro cambiare idea, più o meno sei mesi fa. Fatto sta che
all’improvviso divennero i più fedeli cagnolini di Nandes, se mi passi la
metafora: lavoravano esclusivamente per lui, a colpi grossi, per di più, di cui
il grosso dei proventi finiva immancabilmente nelle tasche di Nandes.
È andata avanti così qualche mese, poi c’è
stato l’affare "Big Jim". Doveva essere un lavoretto semplice e pulito, una
partita di coca arrivata fresca, fresca dalle piantagioni brasiliane, loro
dovevano semplicemente ritirare la merce e portarla al magazzino, una cosa da
scolaretti. E invece, qualcuno ha fatto una bella soffiata alla polizia, che ha
quasi beccato loro, confiscato la droga e arrestato altri quattro uomini.
Risultato: un danno immediato di duemila galeoni e un incidente diplomatico con
i nostri soci brasiliani. Nandes era furibondo, a dire poco: penso gli avrebbe
volentieri freddati entrambi su due piedi. Invece, Artemis è riuscita ancora una
volta a usare le sue doti da plagiatrice e a farsi concedere un mese per saldare
il debito. Ora, tu penserai che si siano dati da fare, come avrebbe fatto
qualunque persona di buon senso…".
"Non è stato così?" domandò Drew, pur
sapendo già la risposta. E sapeva anche il motivo per cui Ares e Artemis non
avevano potuto pagare il loro riscatto: avevano aiutato lui a salvare
Hermione.
Franco ridacchiò chioccio. "No. Che stupidi
idioti, Dio solo sa cosa hanno fatto durante il mese a loro concesso, fatto sta
che quando si sono presentati all’appuntamento con JR per pagare il conto, hanno
tentato di rifilargli dei galeoni falsi. E così tanti cari saluti ad Ares e
Artemis!".
"Sono… morti?!" chiese Drew, mentre lo
stomaco si contraeva in una morsa d’orrore. Non poteva essere, dopo tutto quello
che avevano fatto, non potevano essere morti.
Franco scrollò le spalle. "Francamente, non
ne ho idea. Nandes non perdona facilmente offese del genere, ma di solito le sue
punizioni sono più pubbliche. Una sorta di monito, capisci. Invece, stavolta la
faccenda è passata sotto silenzio… Certo, è possibile che Nandes li abbia
rinchiusi da qualche parte nelle Segrete e si sia dimenticato di
loro…".
"Le Segrete?" ripeté Drew. "Cosa sono le
Segrete?".
"Non lo sai? Pensavo che qualcuno te ne
avesse parlato… Le Segrete sono una prigione sotterranea, proprio sotto i nostri
piedi, in confronto alla quale il labirinto di Dedalo impallidisce. Nessuno sa
orientarsi là sotto, a parte Nandes, probabilmente: immagina decine e decine di
corridoio tutti uguali su cui si aprono le porte di piccoli bunker di quattro
metri quadrati. Il posto ideale per far scomparire qualcuno dalla faccia della
terra. Se Ares e Artemis sono finiti là sotto, sta pur certo che non ne
usciranno vivi!".
Franco tacque, aspettando una reazione che
non arrivò. Dopo alcuni istanti di silenzio: "Beh, io vado a parlare con Nandes,
a questo punto. Ci si vede, Danny!".
Scolò l’ultimo sorso della bottiglia e si
allontanò con un cenno della mano, a cui Drew rispose distrattamente, con la
mente ridotta a un vespaio di pensieri incoerenti.
******
La stanza che Drew occupava all’interno
della Casa era piccola e spartana: un letto, un armadio, un tavolo con due sedie
e un piccolo bagno con lo spazio vitale appena sufficiente per un uomo. Non era
certo il massimo, ma Drew lo trovava il miglior rifugio del mondo: solo lì, in
tutta la Casa, si sentiva sul serio al sicuro, libero di rilassarsi e
abbandonare la maschera di Danny Burton e tornare a essere semplicemente Drew
Potter. In tutti i sensi, visto che quello era l’unico luogo dove si permetteva
di non bere la Pozione Polisucco ogni due - tre ore e riguadagnare così il suo
vero aspetto.
Ovvio, all’inizio non era stato così: nel
timore di essere spiato, aveva passato la prima settimana di pernottamento con
un occhio aperto e i sensi perennemente all’erta. Quando poi la fiducia di
Nandes era diventata più solida, aveva deciso di rilassarsi un po’ e concedersi
un po’ di riposo, altrimenti avrebbe rischiato l’infarto.
Due sere dopo l’illuminante conversazione
con Franco, Drew sedeva a gambe incrociate sul letto, passandosi una mano tra i
perennemente disordinati capelli rossi, contando le fialette di Pozione che gli
erano rimaste. Ancora sette. E un quarto, concluse,
prendendo in mano un boccetta quasi completamente vuota. Il che significava che
aveva sì e no ancora due giorni prima di restare scoperto e cercando di
razionare il più possibile. Spero sul serio che a
casa abbiano preparato altre scorte, altrimenti saremo
nei guai.
"Ehi Sirius, hai finito o devo venire a
ripescarti?" chiamò.
Dal piccolo bagno giunse la voce spazientita
dell’Animagus. "Un momento, arrivo!".
Poco dopo, la porta si aprì e Sirius
comparve, mezzo nudo e accompagnato da una nuvola di vapore.
Drew lo guardò scioccato. "Cosa stavi
facendo, la sauna?" chiese, alzandosi per richiudere la porta. "Mamma mia, si
muore!".
"Ehi!" si difese Sirius, frizionandosi
alacremente i capelli. "Provaci tu ad andare in giro in forma di cane
ventiquattro ore su ventiquattro per un mese intero! Per di più in questa
sottospecie di nido di pulci". Si grattò distrattamente dietro un orecchio. "Mi
stanno divorando vivo. Almeno con il vapore ne faccio schiattare un
po’!".
Drew fece una smorfia di disgusto. "Stanotte
dormi per terra, sia chiaro. Non ho intenzione di riempirmi di pulci. Dove sei
andato a prendertele, poi?".
Sirius si strinse nelle spalle, grattandosi
furiosamente una spalla. "E che ne so? Non credo che Nandes faccia molto caso
alla disinfestazione, sai. O sarà stato in giro, da qualche parte: quelle
piccole bastarde infestatrici si nascondono dappertutto!".
"Ok, ok, appena ho un po’ di tempo andrò a
comprarti uno shampoo antipulci, contento?".
"Come una pasqua" lo rimbeccò Sirius,
sarcastico. "E sarò ancora più contento quando riuscirò a grattarmi la
schiena".
E in effetti, l’Animagus si stava dando al
contorsionismo per raggiungere un punto in mezzo alle scapole. Drew sbuffò. "E
già che ci sono, ti comprerò anche un grattaschiena" disse, mentre si faceva
avanti e risolveva lui il problema dell’amico sfregandogli la schiena.
"Comunque, dobbiamo mandare un messaggio a casa: siamo a corto di Polisucco,
ormai".
Sirius si infilò la maglietta, contando
velocemente il numero di boccette rimaste sul tavolo, poi annuì. "Più tardi
manderò un Patronus a Remus. Così, già che ci sono, gli dico che sta andando
tutto bene e che siamo a buon punto per tirare fuori dai casini la sua
figlioletta. Chissà, magari serve a tranquillizzarlo un po’".
"Ne dubito. Tu piuttosto sei sicuro di
quello che vuoi fare, vero?".
Sirius sbuffò sonoramente. "Certe volte, sei
più logorante di tuo padre, Remus, Luna, Hermione e Ted messi insieme! Ne
abbiamo discusso fino alla nausea. Se vuoi perderti senza speranza in quel
labirinto, facciamo pure a cambio!".
"Come fai a essere sicuro che non ti
perderai TU nelle Segrete?" insistette Drew, ponendo la domanda per la centesima
volta.
"Te l’ho già detto: seguirò il mio naso.
Sono sicuro che presto o tardi troverò una traccia dell’odore di Artemis da
qualche parte. E, prima che tu obietti, come posso entrare, posso seguire la mia
stessa scia per uscire".
"Ma…".
"Ti ho detto di stare tranquillo, paparino"
lo interruppe Sirius. "Mi hai ripetuto le istruzioni almeno un miliardo di
volte: non farti vedere, stai attento, profilo basso, non ti distrarre, niente
mosse avventate, se li trovo torno subito, niente litigi lungo la strada,
eccetera, eccetera… sono grande abbastanza, non ho bisogno di una
babysitter!".
"Sì, lo so. Scusa" fece Drew, abbassando il
capo. "È solo che vorrei che questa storia fosse già finita!".
"Fidati, nessuno più di me sarà felice di
tornare a dormire al Quartier Generale".
Sirius finì di vestirsi, si asciugò alla
meglio i capelli con la bacchetta, che poi infilò in tasca. "Bene, io sono
pronto. Non aspettarmi: vedrai che andrà bene!".
Detto questo, riprese la sua forma animale.
Drew si alzò e andò ad aprirgli la porta "Buona fortuna, Padfoot. E mi
raccomando, fa attenzione!".
Quartier Generale
Dell’Ordine della Fenice,
Londra.
Luna Lovegood non era mai stata una persona
che potesse definirsi equilibrata, non nell’accezione comune del termine,
perlomeno. Il soprannome "Lunatica" non era certo arrivato a caso dai suoi
compagni di scuola. E crescendo non era particolarmente migliorata, nonostante
la dura vita che lei, come tutti i membri dell’Ordine, aveva fatto avrebbe
dovuto farle smettere di vedere Nargilli e Ricciocorni Schiattosi dietro ogni
angolo. Ma Luna apparteneva a quella categoria di persone che potrebbero
definirsi affette da sindrome di Peter Pan, che continuano a vedere il mondo
attraverso gli occhi innocenti dei bambini anche quando sono cresciute e
dovrebbero affrontare la realtà.
Forse, in effetti, era proprio tutto quello
che aveva vissuto che l’aveva fatta diventare così: la morte che l’aveva trovata
fin da piccola e l’aveva accompagnata in tutta la sua vita da adulta, il
tradimento di Rolf, con cui aveva sperato di poter costruire qualcosa, la
guerra, la paura continua… Forse era arrivata alla conclusione che fosse più
facile continuare a guardare il mondo in modo più semplice: le permetteva di
nascondersi da realtà che non poteva, o non voleva, affrontare. Ma nascondersi
non è certo la soluzione ai problemi, anzi, di solito li rende solo più grandi.
Ma Luna continuava comunque a scappare, scappare da quel qualcosa, o meglio quel
qualcuno, troppo complicato da affrontare e di cui temeva troppo le
conseguenze.
Ma un atteggiamento del genere non resta
senza segni, soprattutto quando si è costretti a vivere gomito a gomito con
delle persone per tanto tempo…
Quel pomeriggio, stava preparando la cena,
quando Hermione entrò in cucina e si sedette su una sedia con un sospiro
stanco.
"Che succede?" chiese Luna, alzando appena
lo sguardo sull’amica.
"Ninfadora" rispose solo Hermione in tono
tetro.
Anche la Corvonero s’incupì. "Cosa è
successo ancora?".
"Una crisi. Di nuovo. Io e Ted abbiamo
dovuto sedarla per poterla calmare. Temo che quel poco che era rimasto dei suoi
nervi stia cedendo definitivamente…".
"È per questa situazione" commentò Luna, in
tono non troppo convincente. "Avverte la tensione che c’è nell’aria e la
manifesta nell’unico modo di cui è capace…Quando Drew e gli altri torneranno,
tutto andrà a posto".
"Ora parli come Remus" osservò Hermione. "So
che potrebbe essere anche questa una spiegazione, ma dobbiamo anche considerare
l’eventualità che il problema sia più profondo. Che ci sia sul serio qualcosa
che non va…".
"Non ha mai manifestato il minimo
cambiamento da quando l’abbiamo riportata qui" obiettò Luna con
veemenza.
"Lo so. Ma la mente umana è qualcosa di
troppo complesso per poter essere analizzato alla perfezione. Non abbiamo mai
potuto offrire a Tonks cure adeguate al suo stato, è possibile che gli eventi
delle ultime settimane abbia provocato qualche danno nel suo organismo già
debilitato".
"No, non è così" ribadì in tono sicuro Luna.
"Sono sicura che quando Artemis tornerà, Dora recupererà il suo vecchio
equilibrio".
"Capisco che ti possa far piacere pensarlo…"
tentò dire Hermione, ma l’altra la interruppe: "Io ne sono sicura".
Il tono con cui lo disse spinse l’altra a
rimangiarsi la replica che aveva sulle labbra e a tacere. Le due rimasero in
silenzio per un po’, ciascuna immersa nei suoi pensieri.
Luna prese ad affettare con una certe
violenza le carote. Quei gesti convulsi, di solito più controllati e misurati,
non sfuggirono all’occhio attento di Hermione. La donna sospirò: evidentemente
non era soltanto Dora a risentire di quella situazione.
"Luna, tu come stai bene?"
domandò.
L’altra non le rispose subito, ma prese a
tagliare le carote ancora più rudemente di prima. "Io?" disse infine. "Sto
benissimo. Mai stata meglio in vita mia. Perché mi fai una simile
domanda?".
"Perché sembra che quelle carote di abbiano
fatto un grandissimo torto, dal modo in cui ti stai accanendo su di loro. E
sappiamo entrambe che non stai ‘benissimo’. Perché non mi dici la
verità?".
"Non c’è nessuna verità" borbottò Luna,
fissando ostinatamente il tagliere. "Non ho proprio idea di dove tu voglia
andare a parare, Hermione. Certo sono preoccupata per tutto quello che sta
succedendo, ma per il resto è tutto a posto. Tutto come al solito, assolutamente
nulla di cui… AHI!".
Come era prevedibile, siccome a ogni parola
la donna aveva preso a muovere il coltello sempre più in fretta badando sempre
meno a quello che stava facendo, aveva finito con il tagliarsi la
mano.
"Aspetta" intervenne Hermione, prendendola
per un braccio. "Mettilo sotto l’acqua corrente".
La condusse al lavandino e aprì il
rubinetto, ficcandoci sotto il dito offeso.
"Non è nulla di grave" balbettò Luna. "Solo
un taglietto".
"In realtà, battevi quel coltello talmente
forte che ti sei quasi staccata il dito" annunciò Hermione, studiando la ferita
più da vicino. "Nulla di serio, comunque" aggiunse, prendendo la bacchetta e
puntandola contro il taglio.
Luna avvertì una sensazione di calore,
accompagnata da una tiepida luce azzurrina, avvolgerle la mano soffocando il
dolore, mentre l’incantesimo di guarigione faceva effetto. Quando la luce
scomparve, del taglio era rimasta solo una pallida cicatrice che sarebbe
scomparsa di lì a pochi giorni. "Grazie, Hermione" disse, liberandosi della
presa dell’amica e facendo per tornare al tagliere.
Hermione tuttavia la bloccò. "Ferma lì.
Meglio tenerti alla larga dai coltelli per un po’, altrimenti finirai con
l’uccidere qualcuno!".
Luna scrollò le spalle. "Non so di cosa stai
parlando…".
"Lo sappiamo entrambe di cosa sto parlando:
parlo di Sirius e del fatto che, da quando si è trasferito alla Casa con Drew,
tu stai letteralmente impazzendo dall’ansia!".
"Io…" balbettò Luna, senza sapere cosa dire.
"Tu… ecco… veramente noi…".
"Dai, sediamoci" la incoraggiò Hermione,
guidandola verso il tavolo. "Sediamoci e parliamone con calma".
"Non c’è nulla di cui parlare" cercò di
difendersi l’altra, sentendosi irrimediabilmente scoperta.
"Sì che c’è. Ho fatto la gnorri anche per
troppo tempo, è ora di parlare seriamente di questa questione, prima che
comincino a volare dita mozzate per la cucina!".
"Quale questione? Non ti sto
seguendo…".
"Sì che mi segui, solo è più facile
continuare a far finta di nulla. Sto parlando di te e Sirius. Di voi due,
insieme".
"Non c’è nessuno ‘noi’ tra me e Sirius"
protestò Luna. "Non c’è e non c’è mai stato!".
"Solo perché tu non hai voluto" affermò
Hermione in tono convinto. "Per Merlino solo sa quale ragione, è stata solo tua
la decisione di respingerlo. Non pensi che sia ora di smettere di giocare al
gatto e il topo: Sirius ti muore dietro da secoli, ormai, e anche tu provi lo
stesso, lo sappiamo entrambe, perciò basta mascherate!".
Luna non rispose subito, impegnata com’era a
fissare le venature del tavolo. "È complicato…" borbottò alla fine.
"È complicato solo perché tu lo rendi tale:
se solo accettassi i tuoi sentimenti, Sirius ti accoglierebbe a braccia
aperte".
"Non è così semplice" protestò ancora Luna.
"C’è questa dannata situazione di prigionia forzata, c’è la guerra…".
"Proprio perché c’è la guerra dovreste
approfittare di ogni momento disponibile".
"È sbagliato… potrebbe essere mio
padre".
"Anche tra Remus e Dora c’è una discreta
differenza d’età e questo non ha mai creato difficoltà".
"Tredici anni non sono ventuno…" obiettò
ancora Luna, con la netta impressione di sentire le sue dita scivolare sullo
specchio su cui si stava affannosamente arrampicando.
Lo notò anche Hermione, che le rivolse uno
sguardo di muto rimprovero. "Stai accampando scuse. La realtà è che sei
innamorata di Sirius e la cosa ti fa talmente paura che preferisci passare il
resto della tua vita da sola piuttosto che metterti in gioco. Ma non devi:
Sirius ti ama come un pazzo, non ti farà soffrire".
"Credevo che nemmeno Rolf mi avrebbe fatto
soffrire e guarda come è finita. Per colpa sua, io e mio padre siamo stati quasi
uccisi!".
"Sirius non è Rolf, non ti tradirà come ha
fatto lui".
Luna scosse il capo in modo convulso. "Tu
non puoi capire, Hermione. No, non fare quella faccia: è la verità. Hai amato un
solo uomo nella tua vita ed è stato Ron, che si sarebbe dannato piuttosto che
farti del male in qualunque modo. Non puoi sapere cosa si prova a vedersi
tradite da una persona che si ama".
"Hai ragione" confermò Hermione. "Non so
cosa si prova. Ma posso dirti che un giorno ti pentirai di non aver afferrato
l’attimo quando potevi. Io e Ron abbiamo passato almeno sei anni a litigare,
anni durante i quali avremmo potuto essere felici. Anni che non torneranno
indietro mai più. Vuoi sul serio vivere con il rimorso di non averci nemmeno
provato?".
Luna non seppe trovare risposta a questa
domanda: rimase in silenzio, immersa nei suoi pensieri, piena di confusione e
dubbi.
La Casa,
Londra
Nel corso delle tre notti che aveva passato
a vagabondare per la Casa, Sirius scoprì fino in fondo quanto gli fosse utile la
pessima fama che contornava l’amico a quattro zampe di Danny Burton.
Malgrado girasse per zone in cui la sua
presenza era indubbiamente fuori luogo, le poche persone che aveva incrociato
nelle sue perlustrazioni si erano guardate bene dal fermarlo, scacciarlo o
ostacolarlo in qual si voglia maniera. I più gli rivolgevano occhiate spaventate
e facevano dietrofront o si appiattivano contro il muro finché non passava. A
meno che non fossero stati troppo ubriachi: in tal caso, difficilmente notavano
la sua presenza, figuriamoci averne paura.
L’unico che Sirius evitava con cautela era
JR: data l’aperta antipatia che l’uomo nutriva verso di lui, giudicava poco
saggio farsi vedere in zone sospette come le Segrete in piena notte.
Tuttavia, nonostante l’ampia libertà di
movimenti, le sue ricerche non avevano ancora dato frutti. Il vero problema era
che il naso di Padfoot doveva destreggiarsi fra troppo odori estranei, non
riusciva a individuare quello di Artemis in quel parapiglia. Oltretutto, quasi
sicuramente la pista lasciata dalla ragazza era piuttosto vecchia, risaliva
almeno a un mese prima e poteva essere stata nel frattempo coperta con
qualcos’altro. Ma Sirius era ben lontano dal demordere: avrebbe ritrovato la sua
figlioccia, anche a costo di farsi cascare il naso.
Era carico di questa determinazione che la
quarta notte si aggirava nella zona ovest delle Segrete, il naso saldamente
incollato al pavimento, le orecchie tese ad avvertire il minimo segnale
sospetto.
Mamma mia, che sonno! Chissà che ore sono:
di certo sto vagabondando da almeno tre ore in questo labirinto. Il che
significa che minimo, minimo sono le due di notte. Il che significa che non
potrò dormire prima delle quattro, ora che rifaccio tutta la strada e ritorno
alla camera di Drew. Sbadigliò, stiracchiandosi,
per poi cominciare a grattarsi con forza. Dannate,
fottutissime pulci. Dai, Sirius meglio non pensarci. Concentrati piuttosto su
quello che devi fare. Avanti, Artemis, devi pur essere da qualche parte,
piccola. Non è possibile che tu sia arrivata qua sotto volando. Puah, che
schifo, qualcuno dovrebbe lavarsi un po’ meglio i piedi! Scommetto che è JR:
riconosco il vago aroma. Dovrei prendere il considerazione l’idea di staccargli
una gamba: magari poi la pianta di cercare di prendermi a pedate, quella
sottospecie di scimmia ritardata! Cosa gli ho fatto di male, poi, devo ancora
capirlo: chissà perché mi ha preso così in antipatia… uomo frustrato, ecco la
verità: vorrebbe costruirsi una banda tutta sua, ma non ha il cervello
sufficiente per farlo. O le palle per mettersi contro il suo capo!
Accidenti, ho una voglia matta del mio
letto: chissà come se la cavano a casa… chissà come sta Luna… alt, niente
pensieri vietati ai minori, Black, concentrati sul tuo compito! Merlino,
sembravo proprio Remus: sei contento, vecchio lupastro? Alla fine mi hai rov-…
Un momento, cos’era quello?
Si fermò di botto, annusando con tale
intensità che avrebbe potuto aspirare il pavimento. L’aveva già sentito quel
profumo… Tombola!, pensò vittorioso. Alla fine ti ho scovato, piccola!
Riprese a camminare: la pista era piuttosto
stantia, in certi punto si distingueva appena, ma c’era, chiara come il sole. E
ora che aveva qualcosa a guidarlo, poteva proseguire più spedito e a passo più
sicuro.
Infine si fermò davanti a una porta,
ovviamente chiusa a chiave, davanti a cui la pista si interrompeva
bruscamente.
Eccoti qua! Si
sarebbe messo ad abbaiare dalla gioia, se non fosse stato estremamente stupido.
Ma prima di mettersi a festeggiare, doveva avere una conferma.
Studiò la porta e scoprì che all’altezza
degli occhi c’era una porticina, apribile solo dall’esterno, che di certo
serviva a comunicare con il prigioniero senza dover aprire la porta. Sirius si
guardò intorno: il corridoio buio era assolutamente, completamente deserto e
silenzioso. In fondo, sono solo pochi minuti,
gli suggerì la parte più spericolata della sua mente. La saggia voce di
Remus gli diceva di non fare scemate, ma Sirius si era esercitato tutta una vita
a non ascoltarla.
Così, pochi secondi dopo, riprese la sua
forma umana, estrasse la bacchetta e mormorò "Lumos", in risposta alle esigenze
dei suoi sensi umani, che al buio si trovavano più in difficoltà di quelli di
Padfoot. Dopodiché, aprì lo spioncino.
"Artemis?" chiamò in un sussurro.
Dall’interno giunse il rumore di qualcuno
che si sposta, poco dopo una voce, incredula, ma famigliare: "Zio Sirius? Sei
tu?".
Il volto di Artemis comparve davanti a
quello di Sirius. La prigionia aveva fatto decisamente male al suo aspetto: il
suo volto era pallido e emaciato, le guancie incavate, i capelli biondi nel
disordine più totale. Tuttavia nei suoi occhi brillava ancora la luce della
determinazione. Davanti alla luce improvvisa dell’incantesimo, socchiuse gli
occhi: la sua espressione restava l’immagine stessa dello stupore.
"Ehi, piccola" la salutò Sirius. "Come va
nei bassifondi?".
"Cosa… Cosa ci fai qui?" esalò la
ragazza.
"Non è ovvio? Faccio quello che farebbe
qualunque buon padrino: tirare fuori la sua figlioccia dalla prigione del boss
criminale con cui si è inguaiata!".
"Come hai fatto?".
"Ah, non ringraziare me: il piano è in gran
parte idea e attuazione di Drew".
"Drew?" ripeté Artemis incredula. "Parliamo
della stessa persona? Andrew Harry Potter? Quello riesce a malapena ad aiutare
sé stesso, figurati qualcun’altro!".
"E invece non se l’è cavata affatto male, il
ragazzo" affermò Sirius. "È una storia complicata. E questo non è il luogo o il
momento più opportuno per raccontartela. Ti basti sapere che presto ti tireremo
fuori".
"Vi metterete nei guai: se Nandes vi
becca…".
"Non lo farà: siamo entrati nelle sue
grazie. Tu sta tranquilla. Dobbiamo solo decidere un piano d’azione: pochi
giorni e sarà tutto a posto".
"Voi siete matti" mormorò la ragazza,
incredula. "Non potete fare niente: se anche mi tirate fuori, non riusciremo mai
a lasciare la Casa tutti interi".
"Ehi, quanta fiducia riponi in noi! Ti
ricordo che parli con un ex Malandrino: deve ancora nascere chi riuscirà a
fregare Sirius Black. Sono arrivato fin qui, no?".
Artemis dovette ammettere che l’uomo aveva
ragione: se lui e Drew erano riusciti a raggirare Nandes e Sirius a orientarsi
nel labirinto delle Segrete, forse era possibile andarsene… Ma era un forse
grande come una casa! Oltretutto, restava ancora il non insignificante problema
che Nandes sapeva troppo.
"Zio Sirius, c’è anche un’altra cosa: Nandes
mi ha spiata. Sa dell’Ordine, che sono una strega, che Ares è un Sanguesporco…
Se mi liberi ci venderà tutti al Ministero!".
Ma non è mai fine al peggio, pensò Sirius con fare frustato. "Ok, risolviamo un problema per
volta. Quando ti avremo tirato fuori da qui, penseremo a dare una bella ripulita
ai ricordi di Nandes. Ci rivedremo fra qualche girono: il tempo di
organizzarci…".
Sirius fece per andarsene, ma Artemis lo
bloccò. "Come sta Ares? L’hai trovato?".
"Non è qui con te?" domandò Sirius,
spiazzato. L’ipotesi che i due potessero essere stati separati non gli era
passata nemmeno per l’anticamera del cervello.
Artemis scosse sconsolatamente il capo. "Non
lo vedo da quando JR ci ha teso l’imboscata. Credo sia ancora vivo, ma non ne
sono certa…".
"Perciò non hai nemmeno idea di dove possa
essere, giusto?".
Un altro cenno di diniego. Sirius imprecò
sottovoce: un'altra complicazione, dannazione! Ora avrebbe dovuto ricominciare
da capo per trovare Ares. E con tutta probabilità la cosa non sarebbe stata
facile: ci aveva messo tre giorni per rintracciare Artemis, che conosceva da una
vita, quanto ci avrebbe messo con quell’uomo che aveva incontrato per la prima
volta un mese prima.
"Questa non ci voleva!" borbottò. "Allora le
cose andranno un po’ più per le lunghe, se prima devo ritrovare il nostro
gigantesco amico".
"Io non me ne andrò senza di lui" affermò
Artemis in tono deciso. "È stato come un padre per me. Ed è colpa mia se sta in
questa situazione: non posso lasciarlo".
"Non te lo chiedo nemmeno, piccola. Nemmeno
io e Drew vogliamo abbandonarlo: stavo solo pensando che sarà dura distinguere
le sue tracce in questo labirinto…".
Artemis annuì con aria dispiaciuta. "Vorrei
poterti aiutare, zio. Ma non so proprio come…".
"Ce la farò: te lo già detto, deve ancora
nascere l’uomo capace di fregarmi!".
I due tacquero per alcuni istanti, poi
Sirius riprese: "Meglio che vada, adesso".
"Fai attenzione. E dillo anche a Drew: vi
siete messi in gioco pericoloso".
"Il pericolo è il mio mestiere". Sirius
sorrise alla figlioccia, le fece una rapida carezza. "Torneremo presto:
resisti".
Poi richiuse lo spioncino, mormorò "Nox" e
riprese la sua forma animale, allontanandosi rapido per la strada da cui era
venuto.
Al di là della porta, Artemis si
riaccucciava nel suo angolino, carica di nuova speranza, un sentimento che non
credeva di non poter più provare da quando era stata rinchiusa là sotto, lontana
dal mondo dei vivi.
Grazie, pensò
tra sé. Grazie di tutto,
ragazzi!
LYRAPOTTER’S CORNER
Ho deciso di festeggiare il mio
diciannovesimo compleanno (mamma mia, già diciannove, quanto mi sento vecchia!)
in grande stile, con un lungo, lungo capitolone. Ed è lungo davvero, per i miei
standard, non finiva più: ho dato un po’ di spazio non previsto alla nostra
complessatissima Luna. Oltretutto la parte iniziale mi si è allungata
tantissimo: la verità è che mi sono affezionata al personaggio di Franco, che
doveva essere molto più marginale (in pratica doveva sparire il capitolo
scorso), e mi sono sentita in dovere di dargli un po’ di spazio. Peccato che
ormai questa parte sia agli sgoccioli, ancora pochi capitoli… ma non voglio
farvi spoiler, aspettate e vedrete! Non temete comunque, la fine è ancora
lontana… se poi contiamo anche i prossimi due episodi della trilogia, peggio che
andar di notte!
Comunque, avete visto, stavolta sono
riuscita ad aggiornare in tempi accettabili: merito delle attesissime vacanze di
pasqua, che mi hanno permesso di ripigliarmi un po’ (e dopo si andrà via dritti
verso la maturità, aiuto, meglio non pensarci!) e mettermi a scrivere come una
dannata.
Ringrazio vivamente:
Ino chan, la
mia fedelissima sister, Sirius è sempre Sirius, qui ho dato pure un po’ di
spazio ai suoi sproloqui!
Chichetta99, Artemis è già tornata: qui in breve apparizione, dal prossimo in
pianta stabile, tranquilla!!!
LadyMorgan, lode al santissimo R2, se non ci fosse stato lui, la saga sarebbe
probabilmente finita prima di cominciare (tanto per dirne una, Padmè e Obi Wan
saltavano per aria nella "Minaccia Fantasma" dopo la fuga da Naboo). Devo ancora
trovarlo il tasto per far calmare Remus, tuttavia… chi l’ha detto che i buoni
vincono sempre? (Lyra si ritira nelle ombre, con un ghigno malefico!!!!!). Per
me la scuola finisce a metà luglio, quando gli esami saranno finiti: se quel
giorno sentirai di una pazza che si è messa a gridare "Libertà!!!!!" da un
tetto, sappi che sarò io!!!!!!
Lucia_hp, Sirius è Sirius e su questo non ci piove!
Deidara, per
equilibrare stavolta l’ho fatto più lungo, contento? Drew e Sirius hanno dovuto
giocare d’astuzia, ma ti assicuro che i casini non sono ancora
finiti…
Hermione616, continua a leggere e lo saprai, grazie infinite!!!!!
Ora vi rivolgo un accoratissimo appello:
mancano solo 6 recensioni 6 al traguardo del 100. Me lo fate questo regalo? È
pure il mio compleanno *Lyra mette su una faccetta supplichevole*.
BUONA PASQUA A TUTTI, anche se un po’ in
ritardo! See you soon!!!!!!
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Capitolo 22 *** Le Segrete della Casa ***
MAGIC
WARS
CAPITOLO XXI: LE SEGRETE DELLA
CASA
La Casa
Londra
Nandes sorseggiava con aria annoiata un
bicchiere di vino, sfogliando distrattamente una copia dell’ultima edizione
della Gazzetta Del Profeta, alla ricerca, in realtà piuttosto
infruttuosa, di qualche articolo che potesse destare la sua attenzione. In tutta
onestà, ben poco di quello che i maghi scrivevano o facevano lo interessava:
fosse dipeso da lui, avrebbe eliminato alla radice qualunque presenza magica su
suolo inglese. Il mondo era un posto decisamente migliore
quando quegli esseri se ne stavano rintanati, nascosti al resto dell’umanità, a
farsi i fatti loro! Ricordava bene quei tempi: all’epoca stava
muovendo i suoi primi seri passi nel mondo dell’illegalità, non aveva ancora
vent’anni quando il governo era caduto e il Lord aveva preso il potere,
rivelando l’esistenza della magia. Non avrebbe mai dimenticato lo shock provato,
l’incredulità nel rendersi conto che i nuovi padroni erano ovunque e che mentre
loro, la gente normale, i Babbani, se ne stava a guardare, i maghi avevano preso
il comando e li avevano schiacciati come fossero stati mosche. Anche se tutto
sommato, forse doveva ringraziare il Lord: chissà se avrebbe mai potuto creare
il suo impero sotto un governo del vecchio tipo? In quel mondo dominato dalla
magia, il ruolo giocato da lui appariva sicuramente di minor rilievo,
soprattutto se comparato con quello del famigerato Ordine della
Fenice…
Tutto questo lo portò a pensare ai suoi
sgraditi ospiti, Artemis e Ares… Malgrado fosse passato più di un mese dal loro
tradimento, non aveva ancora deciso cosa fare di loro. Due maghi, due membri
dell’Ordine della Fenice, un Sanguesporco… Abbastanza da richiedere un discreto
riscatto, soprattutto per Ares: Nandes se ne intendeva ben poco di politica, ma
sapeva fin troppo bene che nei primi tempi del nuovo governo, i civili che
consegnavano un Sanguesporco venivano ricompensati quasi a peso d’oro,
abbastanza da poter vivere di rendita per un bel pezzo. Se poi si aggiungeva la
loro partecipazione ad attività terroristiche, perlomeno nell’evasione della
Granger, poteva ricavare abbastanza da ritirarsi dalla scena per un bel
po’!
Ogni volta che pensava a tutti quei soldi,
gli veniva spontaneo chiedersi perché ancora esitasse… Eppure, ancora non aveva
deciso. Già, perché il solo pensare di poter fare un favore al Lord o a chi per
lui, gli faceva quasi venire l’orticaria, perfino di fronte alla prospettiva di
un guadagno veloce e cospicuo. Aveva sempre tenuto fede a un tacito proposito,
ovvero avere a che fare coi maghi il meno possibile, se non per danneggiarne gli
interessi, ben inteso. Tanto per dirne una, non aveva mai denunciato un
Sanguesporco in vita sua, anche se le opportunità non gli erano mancate:
semplicemente quella crociata gli era totalmente estranea, per non dire che gli
faceva anche un po’ orrore…
Ora, si trovava nella scomoda posizione di
avere due ricercati politici nelle sue Segrete: se il suo buonsenso gli
suggeriva di dimenticarsi di loro e lasciarli marcire là sotto finché non ne
fosse rimasto altro che polvere, la sua sete di denaro ruggiva il suo desiderio
di essere placata… Un gran bel dilemma!
A riscuotere Nandes dai suoi foschi
pensieri, la porta si aprì e JR entrò. "Disturbo?" chiese, restando sulla
soglia.
"Affatto, vecchio mio, affatto. Vieni pure"
lo invitò l’altro, senza tuttavia degnarlo di uno sguardo e continuò
indifferente a leggere. "A cosa devo l’onore di questa visita?" domandò con un
tono quasi retorico che non sfuggì a JR: Nandes era conscio del suo scontento e
lo stava gentilmente avvertendo di non tirare troppo la corda.
"Perdona la mia intrusione" esordì perciò.
"Volevo comunicarti che le guardie hanno finito il loro giro esplorativo: nulla
di rilevante da comunicare".
"E sei venuto di persona fin qui per dirmi
questo?" gli domandò Nandes in tono ironico. "Molto solerte da parte tua,
Joe".
"Non chiamarmi in quel modo" sibilò l’altro
tra i denti, irrigidendosi all’istante sotto lo sguardo duro che Nandes gli
rivolse. "E tu non prendermi per i fondelli. Se hai qualcosa da dire, dilla e
basta".
"Sai bene qual è il mio problema. Ne abbiamo
già parlato…".
"Ah, il giovane Burton e il suo compagno
peloso… Te lo ripeto: sono innocui".
"Non mi fido di loro" ribatté ostinato
JR.
Nandes gli sorrise, quasi accondiscendente.
"Sì, lo so, me l’hai ripetuto solo un milione di volte. E io ti ho sempre
risposto che non abbiamo nulla da temere da loro…".
"Come puoi esserne così certo? Non sappiamo
nulla di lui prima che Torres lo incontrasse al Lupo di
Mare…".
"Oh, non ho il minimo dubbio che si stia
celando sotto falso nome, se è questo che stai insinuando…".
"E allora?".
"E allora cosa?" Nandes ridacchiò sotto i
baffi. "Mio caro, JR, metà dei miei uomini, se non di più, si è da tempo
lasciata alle spalle il suo nome di battesimo, noi due per primi. Quante persone
qui dentro sanno per cosa stanno le lettere J e R, Joe?".
JR gli rivolse un’occhiataccia. "Ti ho già
detto di non usare quel nome!".
"Siamo nervosetti, eh?" lo schernì Nandes.
"In ogni, caso, il fatto che Danny Burton non sia il suo vero nome non mi
preoccupa minimamente. Mi irrita di più non sapere nulla del suo passato… Ma
presto o tardi, i miei informatori sopperiranno al problema".
"Io continuo a dire che c’è sotto qualcosa
di losco. Non ti sembra strano che sia comparso così all’improvviso? Subito dopo
l’affare di Artemis?".
"Oh, adesso non vorrai insinuare pure che
quei due voltagabbana c’entrano qualcosa? Ares e Artemis marciscono nelle
Segrete, al di fuori di qualunque aiuto possibile. Oltretutto, non mi risulta
che annoverassero tra le loro conoscenze persone fornite di ombre
pelose!".
"Ma…".
"Stai diventando paranoico" lo interruppe
Nandes, implacabile. "O è scarsa fiducia nei miei confronti?".
"Non mi permetterei mai…".
"Allora fidati del mio giudizio e non
preoccuparti: il primo segnale sospetto e il nostro giovane amico finisce sul
fondo del Tamigi con un buco nel cranio!".
"E il cane?" insistette JR.
"Che cosa c’entra il cane? È un cane: fa
quello che gli dice di fare il padrone, nulla di più".
"C’è qualcosa di strano in quella bestia: ha
un modo di guardarti, come se sapesse esattamente cosa stai dicendo… Sembra
quasi umano…".
"Ti lasci influenzare dalla tua insensata
antipatia" affermò Nandes. "Un giorno o l’altro dovrai spiegarmi qual è il tuo
problema: gli altri ne sono intimoriti o terrorizzati, ma tu… tu lo detesti
profondamente!".
JR si strinse nelle spalle, a disagio. "Ha
qualcosa di strano… se ne va in giro in piena notte per i corridoi, come se
cercasse qualcosa…".
"Ti sei preso pure la briga di spiarlo?
Allora il tuo non è odio: è ossessione pura e semplice. Te lo ripeto: è un cane,
un animale, straordinariamente intelligente, te lo concedo, ma pur sempre
animale resta. Probabilmente, cercava qualcosa da mangiare. Concentrati sul
padrone, se proprio hai tempo da perdere!".
"Hai appena detto di fidarti di lui" gli
ricordò JR, in tono risentito per il rimprovero ricevuto.
"Ho detto di considerarlo innocuo, è
diverso" lo corresse Nandes. "Non sono così sprovveduto da concedergli la mia
fiducia dopo appena un mese: ne ha di strada da fare in tal senso.
Semplicemente, per il momento, non mi ha dato motivo di diffidare di lui. Ciò
non significa che non lo stia tenendo d’occhio…".
"Tenendo d’occhio?".
"Hai notato che stranamente l’unica persona
con cui trascorre volontariamente del tempo è Franco Torres, che è troppo idiota
per accorgersi se qualcuno gliela fa sotto il naso. Sfugge la compagnia, anche
se in modo discreto… Per mia esperienza, un uomo che preferisce la solitudine o
è rimasto scottato da precedenti relazioni o sta nascondendo
qualcosa…".
"Il tutto sta nello scoprire qual è delle
due" concluse JR per lui.
"Esattamente. E finché non l’avrò capito,
lascialo pure a bere birra con quell’imbecille di Franco. Ma te lo ripeto: il
primo passo falso e al povero Danny Burton capiterà un tragico incidente… di cui
mi occuperò personalmente!".
******
Quella sera, Drew non riusciva proprio a
stare fermo: aveva la netta impressione che le sue viscere fossero state
sostituite da un nugolo di irrequieti e sibilanti serpenti, motivo per cui era a
malapena riuscito a sorseggiare la sua ormai abituale birra serale e non aveva
toccato cibo a cena.
Erano trascorse più di due settimane dalla
notte in cui Sirius l’aveva svegliato in piena notte comunicandogli di aver
finalmente trovato Artemis, senza avere ancora tuttavia il minimo indizio su
dove fosse Ares. Ben conscio delle difficoltà che l’Animagus poteva incontrare
per rintracciare il mago, Drew si era risolto a un piano alternativo:
approfittando di un’uscita in solitario, era tornato all’attico dei suoi amici e
aveva preso una camicia di Ares, camicia che Sirius aveva poi sniffato per
mezz’ora buona, prima di ritornare in caccia. Nonostante ciò, gli erano stati
necessari altri nove giorni prima di riuscire a districarsi nel reticolo di
odori delle Segrete e rintracciare anche lui.
A quel punto, si era presentato il problema
di elaborare un piano di fuga con discreti margini di successo, cosa che si era
rivelata più difficile del previsto, prima di tutto perché Drew aveva idee
molto, molto vaghe di quali fossero le misure di sicurezza che Nandes aveva
predisposto nelle Segrete: anche con l’ausilio della magia, dovevano contare su
una discreta dose di fortuna per sperare di uscirne vivi. Nemmeno Artemis era
potuta essere di grande aiuto, quando Sirius era andato a trovarla: a quanto
pareva, Nandes era determinato a portarsi quel segreto nella tomba. C’era perciò
la possibilità che nel momento in cui avessero aperto la porta delle celle di
Ares e Artemis, sarebbero stati ingoiati da una botola o chissà che altro. Alla
fine, comunque, sia Drew che Sirius erano stati concordi nel dire che si
trattava di un ostacolo che non potevano aggirare: se e quando fosse successo
qualcosa, avrebbero dovuto semplicemente improvvisare e sperare nel
meglio.
Perciò, erano passati alla parte attiva del
piano: tanto per cominciare, Sirius aveva trascorso quasi tre notti nei cunicoli
delle Segrete a elaborare e marcare il percorso più veloce possibile
dall’entrata alla cella di Ares e a quella di Artemis e ritorno. Con l’ultimo
messaggio all’Ordine, oltre alle ultime scorte di Pozione Polisucco, Drew aveva
chiesto anche il Mantello dell’Invisibilità di suo padre, per potersi muovere
all’interno della Casa senza troppe difficoltà, almeno all’andata. Per quanto
riguardava il ritorno, era quasi impensabile poterlo usare: anche se la fuga
fosse stata tranquilla, cosa su cui nutriva forti dubbi, non ci sarebbero mai
stati sotto tutti e quattro. Senza contare la mole di Ares, che avrebbe
inevitabilmente lasciato scoperti i piedi.
Come ultimo passo, Drew si era preoccupato
del riarmo dei due prigionieri, tornando di nuovo all’Attico e scegliendo, su
indicazione di Artemis, alcune delle armi del loro ampio arsenale.
Di fatto il piano era piuttosto semplice:
nottetempo, quando ci sarebbe stata in giro meno gente possibile, Sirius
l’avrebbe guidato lungo la pista creata da lui stesso fino alle celle dei suoi
amici, con un incantesimo avrebbero forzato la porta (nella peggiori delle
ipotesi, Drew era disposto anche a farla saltare per aria) e poi se la sarebbero
filata più veloci della luce, eliminando qualunque possibile ostacolo che gli si
fosse parato davanti. Se tutto andava per il verso giusto, sarebbero arrivati in
Chalmers Road prima dell’alba.
In un primo momento, erano stati tentati di
Smaterializzarsi, il che avrebbe risparmiato loro parecchi rischi e problemi, ma
Sirius aveva fatto un rapido esperimento e aveva scoperto che tutta la Casa era
circondata da Incantesimi Antismaterializzazione: Drew aveva preferito non
indagare su come Nandes si fosse procurato quella difesa contro qualunque
intrusione magica.
Finalmente, era arrivata la sera prescelta
per l’azione e perciò Drew si sentiva comprensibilmente nervoso: lo innervosiva
l’idea di quello che stava per fare, delle centinaia di cose che potevano andare
storte… Perfino l’idea stessa di essere nervoso lo agitava ancora di più,
siccome temeva che qualcuno potesse notare qualcosa di strano e mandare tutto
all’aria.
Per fare qualcosa, Drew bevve un sorso di
birra, cercando di concentrarsi sulla musica che risuonava nella Sala Grande,
senza troppo successo. Franco, come ormai d’abitudine seduto sulla poltrona
accanto alla sua, gli rivolse un’occhiata preoccupata e perplessa. "Stai bene,
Danny?".
"Eh? Cosa?" fece Drew, sobbalzando, cosa che
fece preoccupare ulteriormente Franco. "Ti ho chiesto se stai bene: mi sembri un
po’ nervoso…".
"Chi, io? Nervoso? No, no" lo rassicurò
Drew, ben consapevole di non essere affatto convincente. "Tranquillo, va tutto
bene…".
Franco ovviamente non gli credette, perché
tornò subito all’attacco. "Senti, se hai qualche problema, puoi parlarmene, sai:
magari posso trovare una soluzione".
"Ti ringrazio per l’offerta, Franco, ma non
è necessario" declinò Drew, cercando di usare un tono più sicuro. "Non è nulla,
sul serio".
"Sei sicuro? Non mi sembra…".
"Sicurissimo. Ti ringrazio ancora per
l’offerta: non me ne dimenticherò, se mai ne avrò bisogno in
futuro…".
Franco gli rivolse un’occhiata non del tutto
convinta, ma non replicò e distolse lo sguardo per tornare a dedicarsi, forse
con un po’ meno entusiasmo di prima, alle ballerine di quella sera, russe, come
aveva affermato solo pochi minuti prima.
Drew rimase a osservare il suo compagno con
la coda dell’occhio, assommando a tutto il resto anche il senso di colpa: per
quanto l’avesse ritenuto impossibile, aveva finito con il trovare davvero
simpatico Franco Torres, mentire con lui era diventato davvero difficile, negli
ultimi tempi, perché aveva legato con lui più di quanto non si fosse reso conto.
Gli dispiaceva perfino la prospettiva che di lì al giorno dopo, non l’avrebbe
probabilmente mai più rivisto, e se anche fosse accaduto, non sarebbe certo
stato da amici. Si augurava sinceramente che Nandes non sospettasse complicità
da parte sua, quando si sarebbe diffusa la storia della fuga…
Accidenti, questa faccenda è sempre più
complicata: fortuna che domani sarà finita. Non mi sembra quasi vero che potrò
di nuovo dormire nel mio letto, senza dover tenere costantemente un occhi
aperto. Preferiva non soffermarsi sulla
prospettiva che probabilmente al suo ritorno i gemelli avrebbero finalmente
concluso la decriptazione dei piani dell’Arma, il che avrebbe certamente
implicato una contromossa di guerra aperta da parte dell’Ordine. Più di ogni
altra cosa, temeva il momento in cui si sarebbe nuovamente trovato di fronte
Sylar: sarebbe riuscito a battersi con suo padre? E soprattutto Sylar sapeva che
lui sapeva la verità? O era all’oscuro di quanto successo durante quel tentativo
di possessione finito male?
Questa era un’altra cosa che non sapeva
spiegarsi, per quanto ci avesse riflettuto sopra a lungo: cosa era successo quel
giorno al Ministero? Come aveva fatto non solo a respingere Sylar, ma perfino a
penetrare in un angolo così recesso della sua mente, pur senza avere la minima
nozione di Occlumanzia? Non riusciva a trovare una risposta soddisfacente…
chissà, forse nemmeno Sylar o Voldemort in persona sapevano farlo!
"Ehi, Danny". Franco lo riscosse bruscamente
dai suoi pensieri.
"Cosa c’è?".
"Mi stavo chiedendo dove sia finito il tuo
cane… Di solito ti sta sempre appiccicato…".
"Ah, non so. Sarà qui in giro: avrà trovato
qualcosa di meglio da fare, credo!".
Un’altra bugia, pensò sconsolato, mentre Franco annuiva. In realtà, Sirius era
nella loro stanza a farsi un altro bagno di vapore, combinandolo con uno shampoo
antiparassitario, nella speranza di eliminare tutte le pulci, o perlomeno il più
possibile e evitare così le malefiche cure di Luna e Hermione quando fossero
tornati a casa.
Drew guardò l’ora: non erano nemmeno le
dieci. Tuttavia, sentiva di non poter sopportare un secondo di più tutta quella
tensione: preferiva tornarsene in camera, dove perlomeno sarebbe stato libero di
camminare su e giù fino a consumarsi i piedi.
"Te ne vai di già?" fece Franco, sorpreso,
vedendolo alzarsi senza nemmeno vuotare il calice.
"Ehm, sì. Domani devo… alzarmi presto,
perciò preferisco andare a riposare".
Un po’ zoppicante come scusa, infatti intuì
dallo sguardo scettico dell’latro che quest’ultimo non gli aveva creduto.
Tuttavia, parve capire che eventuali domande non avrebbero comunque trovato
risposta e lasciò cadere qualunque interrogativo, cosa di cui Drew fu
intimamente grato, mentre si allontanava il più velocemente possibile dalla Sala
Grande. Non che abbia grande importanza se sospetta
qualcosa: tanto probabilmente non lo vedrò
più!
Aveva appena lasciato la sala e si stava
dirigendo verso gli alloggi al piano superiore, quando si trovò davanti
JR.
"Vai da qualche parte, Burton?" lo aggredì
in tono sospettoso, osservandolo accigliato.
"Se anche fossero fatti tuoi, sto solo
andando nella mia stanza" rispose Drew, in tono duro. "Non mi risulta che sia
contro la legge…".
"E come mai lasci la festa così presto?
Lasci Torres a godersi le signorine da solo?".
"Quello che faccio o non faccio non ti
riguarda, JR. Sono liberissimo di muovermi come più mi aggrada qui dentro: il
perché non ho voglia di godermi le ‘signorine’ non è affar tuo,
giusto?".
"Ero semplicemente curioso: non sono molti
quelli che lasciano la Sala Grande prima di mezzanotte. Mi avevi
incuriosito".
Era una menzogna, chiaramente: JR sperava
solo di beccarlo a fare qualcosa di losco. Era da quando era stato introdotto
alla cerchia di Nandes che JR sperava di coglierlo in castagna per qualche
misfatto che gli permettesse di metterlo in cattiva luce. Si detestavano
cordialmente a vicenda, anche se mai tanto intensamente quanto si odiavano
Sirius e JR: l’antipatia del primo era un riflesso di quella praticamente
immotivata del secondo, che raggiungeva un livello quasi ossessivo.
"Se è un delitto essere stanchi" ribatté
Drew, acido, "allora arrestami pure. In caso contrario, stai occupando il
corridoio!".
"Oh, perdonami" s scusò JR, senza tuttavia
farsi da parte. "Per curiosità, dov’è il tuo amico pulcioso
stasera?".
"Ah, non saprei. In giro a cercare il tesoro
segreto di Nandes, forse" ironizzò Drew. "O ad annusare ogni armadio in cerca di
qualche scheletro…".
"Molto spiritoso!".
"A domanda idiota, risposta idiota: un po’
di sarcasmo è tutto quello che ti meriti! Se abbiamo finito, io sono sempre
quello che deve passare e tu sempre quello che intasa il passaggio!".
JR gli rivolse un’occhiata di fuoco, ma si
fece da parte. Stupido idiota rompiscatole!,
gli inveì dietro Drew, quando ebbe messo un paio di corridoi tra loro.
Possibile che non abbia nient’altro da fare? Certo dimostra una solerzia non comune: mi chiedo cosa abbia fatto
Nandes per meritarsi tanta cieca lealtà!
Quando infine giunse nella sua camera, trovò
Sirius mezzo nudo, intento ad asciugarsi.
"Ehi, potresti usare un po’ più di
discrezione? Se qualcuno entrasse, potrebbe chiedersi cosa ci fa un uomo mezzo
spogliato in questa camera…".
Sirius si voltò, salutandolo con un cenno
del capo. "E chi dovrebbe entrare? Se tu sei di sotto, nessuno a motivo di
venirti a cercare qui… che ci fai già qui, a proposito? Ti aspettavo minimo,
minimo tra un paio d’ore…".
"Ah, non ne potevo più" sbuffò Drew in
risposta, lasciandosi cadere sul letto. "Non vedo l’ora di essere a
casa!".
"Lo dici a me? Io non vedo l’ora di potermi
di nuovo sedere a tavola come un essere umano normale. Sono stufo marcio di
andarmene in giro tutto il giorno a quattro zampe. E soprattutto, dopo stasera,
non vorrò mai più annusare un pavimento per il resto della mia
vita!".
Drew ridacchiò, poi rivolse un’occhiata la
bagno. "Immagino che non sia agibile, vero? A giudicare dalla tua libera tenuta,
sei appena uscito…".
"Non è facile uccidere quelle piccole
bastarde!" si difese Sirius. "Comunque, credo di averle eliminate tutte: sono
stato sotto la doccia più di un’ora".
"Significa che io aspetterò di essere a
Chalmers Road: conoscendoti, non avrai lasciato neanche un po’ di acqua calda…
Ti dispiace vestirti o hai intenzione di andare in giro in mutande ancora per
molto?".
"Tanto chi se ne accorgerebbe?".
"Per dirne una, io!" sbuffò Drew in tono
irritato.
Sirius ridacchiò. "Siamo nervosetti stasera,
eh? Cos’è, ti ha morso una tarantola?".
Drew lo guardò in tralice. "Vuoi dirmi che
tu non sei nervoso? Con quello che stiamo per fare…".
"Ah, per questo?". Il sorriso di Sirius si
fece ancora più ampio. "Nah, il mio senso del pericolo è ben al di sopra della
media. E con tutte le cose pericolose che ho fatto nella mia vita, sgattaiolare
dentro e fuori dalla prigione personale di un boss mafioso non mi pare nulla di
che…".
"Qualche esempio?".
"Beh" fece Sirius in tono pensoso, contando
con le dita. "Tanto per cominciare andarsene a zonzo con un Lupo Mannaro in
piena trasformazione per più di cinque anni… Poi, due guerre, con tutto il loro
corredo di duelli, scontri mortali eccetera… Ci aggiungerei anche una fuga in
sella ad un Ippogrifo e l’evasione da Azkaban. E non ho ancora detto
nulla…".
"Ok, ok, hai reso il concetto!" lo
interruppe Drew. "Tu puoi anche non essere nervoso, ma fino a un paio di mesi
fa, per me il massimo del pericolo era rischiare di finire contro un palo
andando in bicicletta!".
"Vuoi dire che le tue coronarie non hanno
ancora imparato a gestire lo stress?" lo prese in giro l’Animagus.
"Per nulla… tu d’altronde ha più o meno una
trentina d’anni di vantaggio rispetto a me…".
"Mi sa che hai arrotondato troppo per
difetto: io tenderei verso la quarantina, avevo quindici anni quando sono
diventato Animagus…".
"Sì, ma ci sono i 12 anni ad Azkaban, che
dubito siano stati particolarmente eccitanti, perciò ho arrotondato per
eccesso!".
"E va bene, furbetto, mi piego alla tua
decisione. Comunque, cerca di rilassarti: vedrai che andrà bene…".
"Da quando sei così ottimista?".
"L’ottimismo è il profumo della vita:
bisogna sempre cercare di vedere l’aspetto positivo delle cose…".
"Grazie per tanta saggezza".
"Prego: la prima lezione è gratis, dalla
prossima si paga!".
*****
Sapete quella fastidiosa sensazione di avere
qualcuno alle spalle che vi fissa? Drew si sentiva esattamente in quel modo,
mentre seguiva la coda pelosa di Sirius per i corridoi della Casa: erano da poco
passate le tre di notte (un’ora che i due maghi avevano giudicato
ragionevolmente tarda perché non ci fosse più in giro nessuno di abbastanza
sobrio da poter costituire un ostacolo) e Drew, protetto dal Mantello, aveva da
poco lasciato la sua stanza per l’ultima volta, con Sirius davanti a lui che gli
faceva da guida.
In realtà, procedevano abbastanza
lentamente, soprattutto a causa della mancanza di luce, Drew non vedeva granché,
anzi, ogni angolo che giravano rischiava di perdere Sirius: buio e pelo nero non
sono propriamente un’accoppiata vincente. E il ragazzo non osava usare
l’Incantesimo Lumos per paura di essere visto: così, avanzava come poteva,
perlopiù arrancando nell’oscurità.
In ogni caso, non appena si furono lasciati
la parte frequentata della Casa per immergersi nel labirinto delle Segrete, il
problema smise di porsi, visto che Sirius era obbligato a procedere con molta
lentezza per non rischiare di perdersi… per quanto i cunicoli fossero perfino
meno illuminati!
Dopo un tempo che a Drew parve eterno e aver
girato almeno un centinaio di angoli tutti perfettamente identici, tanto che il
ragazzo si chiese se non stessero in realtà girando intorno, Sirius si fermò
davanti a una porta e riprese la sua forma umana.
"Drew?" chiamò, guardandosi intorno. "Credo
che il Mantello a questo punto non sia più necessario…".
Drew dovette ammettere che aveva ragione, se
lo tolse e subito accese la punta della sua bacchetta, rischiarando appena
l’ambiente.
"Signore" annunciò Sirius, in tono solenne.
"Prima tappa del nostro tour". Bussò piano e poi aprì lo spioncino. "Ares,
allontanati dalla porta!" avvisò, estraendo la bacchetta a sua volta.
"Che cosa vuoi fare?" domandò Drew, facendo
per studiare la porta della cella più da vicino, ma Sirius lo bloccò e per tutta
risposta, lanciò un Incantesimo Reductor contro di essa, facendola praticamente
saltare per aria. Fortunatamente, Drew ebbe la prontezza di spirito, capito cosa
voleva fare l’Animagus, di scagliare un Incantesimo Silenziatore, che comunque
non gli riuscì granché bene, visto che il corridoio si riempì di un cupo, per
quanto attutito, rimbombo, che nel silenzio totale sembrò risuonare ancora più
forte.
"Non avevamo detto ‘agire con discrezione’?"
esalò Drew, quando trovò di nuovo la capacità di parlare.
Sirius, per nulla toccato, si era nel
frattempo avvicinato ai resti della porta, per aiutare Ares a uscire. "Così è
più veloce" si giustificò. "Sono sicuro che se avessimo provato con
qualcos’altro, non avrebbe funzionato: Nandes ne sa una più del diavolo. Chissà
quali protezioni ha messo su quelle porte…".
"Uno motivo in più per usare un po’ di
cautela in più, no?".
"Nah, dobbiamo fare un lavoro rapido,
giusto?".
Drew sbuffò, scoraggiato: in ogni caso,
ormai non aveva più senso rimproveralo. Certo a volte prendeva le cose un po’
troppo sotto gamba: ok fare un lavoro rapido, ma Drew voleva anche riportare a
casa la pelle alla fine.
"Potevi almeno avvertire" brontolò. "Salve,
Ares" aggiunse poi, vedendo comparire l’omone. Era addirittura più alto di
quanto non ricordasse: perfino Sirius, che non era certo un puffo, gli arrivava
giusto alla spalla.
"Buona sera, Drew. Sirius " li salutò lui
con voce un po’ arrochita. "Oltre a ringraziarvi, mi sento in dovere di dirti
che siete due pazzi incoscienti".
"Ah, non c’è di che. Credo che Drew abbia
qualcosa per te…".
Drew annuì e da una tasca interna della
giacca estrasse due revolver e un coltello, che porse ad Ares. "Mi dispiace, non
siamo riusciti a trovare una bacchetta…".
"Non importa" lo rassicurò lui. "In ogni
caso mi trovo più a mio agio con queste…".
Drew non era certo che quella fosse la
completa verità, ma quello non era certo il luogo migliore per discutere simile
problematiche.
"Beh, se non c’è altro, direi che è meglio
muoverci" disse. Sirius si ritrasformò e, naso a terra, ripartì, stavolta con
passo più sicuro, con gli altri due dietro.
"Spero di averle caricate nel modo giusto…"
sussurrò Drew, accennando alle pistole.
Ares le studiò alcuni istanti con occhio
esperto alla luce della bacchetta, senza fermarsi. "Vanno benissimo" lo
rassicurò alla fine dell’esame. "Quanto vorrei poterle puntare contro Nandes e
il suo cagnolino…".
"Meglio rimandare a un’altra occasione, che
ne dici?".
L’altro si limitò ad annuire, continuando a
studiare le sue nuove armi. Drew notò che era molto dimagrito: il mese di
prigionia non gli avevano certo fatto bene. Il fatto che indossasse gli stessi
abiti di quando era stato catturato lo rendeva ancora più evidente. Tuttavia, il
suo viso smagrito e coperto di barba era carico di determinazione e desiderio di
rivalsa: era palese che non vedeva di avere sottomano i responsabili della sua
prigionia. Per un attimo Drew si preoccupò che la voglia di vendetta potesse
schiacciare il suo buonsenso, ma subito si disse che Ares era troppo assennato e
soprattutto affezionato ad Artemis per voler rischiare la loro incolumità:
qualunque fossero i suoi piani, li avrebbe rimandati a un secondo
momento.
Era così immerso nei suoi pensieri che quasi
non si accorse che Sirius era tornato umano e si era fermato di
nuovo.
"Artemis" chiamò piano, aprendo lo
spioncino. "Sei ancora lì?".
"No, sono partita per le Maldive, mi spiace
abbiate dovuto fare tutta questa strada…".
"Vedo che la prigione non ti ha smussato la
lingua, ‘Temis" commentò Drew, sorridendo: solo ora che la vedeva, si rendeva
conto di quanto gli era mancata.
"Oh, il mio prode salvatore è infine giunto!
Ma ci sei davvero tu sotto quell’aspetto da pistolero?" esclamò lei, in
risposta. "Certo, voi Potter dovete proprio averla nei geni questa mania di
salvare ogni gattino intrappolato su un albero…".
"Dopo questo" ribatté Drew, fingendosi
piccato. "ti meriteresti di restare lì a marcire. Non fosse che abbiamo fatto
tutta questa fatica per venirti a salvare…".
"Vabbè, rimandiamo a dopo, che dite?"
intervenne Sirius. "Artemis, allontanati dalla porta".
"Zio, che vuoi…" cominciò la ragazza,
ubbidendo all’ordine. Poi comprese e gridò: "No, non farlo!".
Ma troppo tardi: Sirius aveva già scagliato
l’Incantesimo, facendo esplodere la porta. Solo che stavolta Drew fu pronto di
riflessi: il suo Incantesimo di Silenzio parò quasi totalmente il
rumore.
"Zio Sirius, sei un incosciente" lo aggredì
Artemis, sbucando subito dalle macerie, rossa in volto. "Questi corridoi
potrebbero essere monitorati…".
"Rilassati, l’ho già fatto con la cella di
Ares e non è successo nulla" cercò di blandirla Sirius.
"Non vuol dire nulla" ribatté la ragazza.
"Solo perché noi non ce ne siamo accorti non significa che non sia successo
niente!".
A quel affermazione, rimasero tutti in
silenzio per alcuni istanti, quasi congelati aspettandosi che il tetto gli
crollasse sopra. Dopo tre minuti carichi di tensione, tuttavia, non era ancora
accaduto nulla e tutti si permisero di rilasciare il fiato
trattenuto.
"Strano" commentò Artemis, senza abbandonare
la posa guardinga.
"Forse l’hai sopravalutato…" osservò Drew,
non del tutto sicuro.
"Forse". Il tono non era comunque molto
convinto. "Meglio andare: questo silenzio non mi piace…".
"Queste sono per te" disse Drew, porgendo
anche a lei due pistole.
Artemis gli rivolse un debole sorriso.
"Grazie, Drew. Per tutto".
"Non dirlo nemmeno. Tu avresti fatto lo
stesso per me".
La ragazza annuì debolmente, togliendo poi
la sicura ad una delle armi e appendendo l’altra alla cintura.
"Andiamo?".
"Sirius, siamo nelle tue mani. O dovrei dire
zampe?".
"Niente spirito, ragazzo" lo rimproverò
Sirius. "O vedi che ti faccio!". Poi riprese di nuovo la sua forma umana,
ritornando sui suoi passi, diretto all’uscita.
"Zio Sirius, fai attenzione" gli raccomandò
Artemis, vedendo che l’animale partiva in quarta.
"Sta tranquilla" cercò di rabbonirla Drew.
"Se Nandes avesse capito qualcosa, ci sarebbe già addosso…".
Artemis sbottò in una risatina amara. "Tu
non lo conosci come lo conosco io: è un’infida serpe, sarebbe capace di
qualunque cosa…".
Cercò lo sguardo di Ares, in cerca di un
sostegno che trovò subito: anche quest’ultimo infatti si muoveva decisamente sul
chi vive, un revolver in ogni mano. "La prudenza non è mai troppa"
sentenziò.
"Tieni la bacchetta a portata di mano, Drew"
gli raccomandò ancora la ragazza. "Credimi, è tutto troppo calmo, succederà
qualcosa".
Tuttavia, in un primo momento, tutto sembrò
proseguire liscio come l’olio: non trovarono ostacoli lungo il loro tragitto,
Sirius camminava a passo svelto e sicuro, i cunicoli erano perfettamente deserti
e silenziosi. Era tutto talmente calmo che perfino Artemis e Ares a un certo
punto si stavano convincendo di aver sul serio sopravalutato Nandes e che
quest’ultimo, nel suo orgoglio e nella sua arroganza, fosse tanto sicuro
dell’impenetrabilità delle Segrete da non prevedere altre misure di sicurezza.
Arrivarono quasi al punto di assaporare già la ritrovata e insperata libertà.
Una vita nuova, si disse Artemis. Lontano da tutto questo,
con papà e l’Ordine… e la mamma, quando sarò riuscita
a riportarla indietro. Nandes non potrà più trovarci: ci lasceremo alle spalle
tutto e ricominceremo da capo!
Ma avevano cantato vittoria troppo presto:
il successo fu bruscamente strappato loro quando svoltarono l’ultimo angolo e
stavano per tornare alla parte abitata della Casa.
"Andate da qualche parte?". La voce di JR,
carica di ironia, disprezzo e malcelata soddisfazione, li accolse nel corridoio,
subito seguita dal rumore di uno sparo.
"GIÙ!" gridò Artemis, afferrando senza
complimenti Drew per il colletto e ritirandolo dietro il muro. Quest’ultimo ebbe
la prontezza di spirito di afferrare Sirius per la coda, prima che l’animale
saltasse addosso al loro aggressore e si facesse ammazzare.
"Merda! merda! merda!" borbottò Artemis,
portando mano alla pistola.
"Oh, andiamo" gli schernì JR. "Non siate i
timidi: Nandes vuole solo porgervi i suoi complimenti…".
"Se questo prevede un buco in testa" ribatté
Artemis in tono acre, "allora ne facciamo volentieri a meno. Fatti da
parte!".
"E togliermi tutto il divertimento per
lasciarlo a quelli dopo di me, bambolina? Scordatelo: sono qui perché sono anni
che muoio dalla voglia di darti quello che meriti, stupida mocciosa. Non mi
rovinerai la festa proprio ora…".
"Sei proprio deciso a passare alle maniere
forti, JR? Non riuscirai mai a battere Ares, per quanto tu sia
bravo…".
"Fai ancora la strafottente, eh? Cosa pensi
di poter ottenere: siete in un vicolo cieco e lo sai. Per quanto il vostro
dannatissimo segugio sia in gamba, questa resta l’unica uscita: dietro di voi
avete solo un lenta morte per fame nel labirinto delle Segrete…".
"Te e Nandes o la morte per fame? Che scelta
difficile… Ma penso di preferire la seconda! Vai all’inferno!".
Detto questo, fece un veloce cenno ai
compagni e si riavviò lungo il corridoio a passo deciso.
"Che vuoi fare?" le domandò Drew, mentre una
sensazione molto simile al panico si faceva strada in lui. Stava lottando per
trattenere Sirius, che sembrava intenzionato a mordere qualunque parte del corpo
di JR avesse potuto raggiungere, e non riusciva a pensare a nessuna
soluzione.
"Tranquillo" lo rassicurò Artemis,
rallentando il passo. "Ho tutto sotto controllo".
"Davvero?".
"Davvero" confermò la ragazza. "Allora,
dobbiamo superare JR per avere una possibilità di scamparla…".
"Non è che ci sta seguendo?".
"Non ha motivo di farlo: quella è l’unica
uscita, ma qui sotto ci sono tante strade per raggiungerla. Seguendoci
perderebbe il vantaggio…".
"Quindi non si schioderà di lì" concluse
Drew. "Allora qual è il piano?".
"Passargli sopra" rispose Artemis come se
fosse la cosa più naturale del mondo. Poi si rivolse ad Ares, l’unico che non
sembrava minimamente preoccupato. "Vecchio mio, sei pronto?".
"Sono sempre pronto" la rassicurò lui,
sollevando le pistole.
Artemis gli sorrise, poi si rivolse a
Sirius. "Calmati, Padfoot, ho bisogno di te". Il cane, con grande sollievo di
Drew
si immobilizzò all’istante, attento.
"Abbiamo bisogno di un bel diversivo, il migliore del tuo
repertorio…".
Sirius abbaiò il suo assenso, una luce
pericolosa negli occhi.
"Quante a te" proseguì Artemis, rivolta a
Drew. "Sei l’unico che può usare la magia: al momento giusto, devi lanciare
l’Incantesimo Scudo più potente della tua vita: devierà a
proiettili…".
"Niente pressioni, mi raccomando" sbuffò
lui. "Come capirò quand’è il momento giusto?".
"Ah, non lo so, quando ti sembrerà più
opportuno…".
"Ma che razza di piano è?".
"Quello più semplice del mondo:
improvvisiamo!".
"Improvvisiamo?! Come facciamo a
improvvisare?!".
"Rilassati: ti farai venire un ictus" cercò
di calmarlo la ragazza. Vedendo che Drew continuava a guardarla storto,
aggiunse: "Fidati di me, come quando siamo andati al Ministero…".
"Non mi pare fosse finita tanto
bene".
"Tu fidati: quello che ho in mente, è
l’ultima cosa che JR si aspetta…".
"Perché?".
"Perché stiamo per fare la cosa più stupida
del mondo". Detto questo si voltò e impugnò la pistola, subito seguita da Ares.
Sirius li imitò, il pelo ritto, pronto a scattare e lo stesso fece Drew, con la
netta sensazione di stare per buttarsi volontariamente da una scogliera di 150
metri. Ma sì, andiamo. Peggio di così non potrà
andare!
"Padfoot" gridò Artemis: fu l’ultima parola
che disse. Sirius scattò a una velocità sorprendente per un uomo della sua età,
subito seguito dagli altri.
"Che diavolo…?" urlò JR, quando si vide
l’animale piombargli addosso, preso tanto di sorpresa che non riuscì nemmeno a
sollevare la pistola che Sirius gli aveva già addentato un braccio. L’uomo,
abituato a ben di peggio, si riprese subito e gridando di dolore se lo scrollò
di dosso, facendolo cozzare contro il muro. Sollevò la pistola contro l’animale
a terra e…
"PROTEGO!". Drew agì totalmente d’istinto,
evocando uno Scudo così potente che non solo deviò il proiettile, ma quasi
sbalzò JR all’indietro.
"Tu, un mago!?" esalò quest’ultimo, al colmo
della sorpresa. "Schifoso bastardo!". Alzò di nuovo l’arma, ma il tutto era
servito a fornire a Ares la giusta distrazione. Senza nemmeno capire da dove
fosse spuntato, JR si trovò l una pistola puntata alla tempia. "Io non te lo
consiglierei…" gli sibilò minaccioso l’ex-duellante, premendo il dito sul
grilletto.
"Fossi in te" aggiunse serafica Artemis,
puntando a sua volta un’arma al petto di JR, "getterei la pistola, prima che
succeda qualcosa di spiacevole…".
"Cosa pensate di ottenere?" soffiò JR,
ubbidendo. Drew attirò a sé la pistola con un Incantesimo d’Appello,
avvicinandosi poi a Sirius per essere certo che stesse bene: l’Animagus sembrava
illeso e impaziente di tornare all’assalto.
"Non riuscirete mai a scappare" proseguì
imperterrito JR. "Non ci riuscirete!".
"Scusaci, ma la tua opinione conta come il
due di picche. Perciò, non avertene a male se tenteremo comunque…". Detto
questo, Artemis fece un rapido cenno ad Ares e superò il prigioniero, avviandosi
lungo il corridoio.
Per un attimo Drew temette che Ares
l’avrebbe ucciso ed evidentemente lo credette anche JR, considerata
l’espressione terrorizzata; Ares tuttavia si limitò a colpirlo con violenza con
un gancio, spedendolo contro il muro e poi a terra, privo di sensi.
Il gruppo procedette oltre.
"Perché non l’hai…" fece per chiedere Drew,
mentre correvano.
"… Ucciso?" concluse Artemis per lui. "Non
siamo assassini, Drew. L’omicidio mi ripugna. Non vale la pena non potersi più
guardare allo specchio per un topo di fogna come JR!".
Sirius, che avvantaggiato dalle quattro
zampe li precedeva, inchiodò talmente improvvisamente che i tre fuggitivi per
poco non ci inciamparono sopra: si piazzò nel mezzo del corridoio, ringhiando,
il pelo ritto.
"Ehi, che succede?" gli sussurrò Artemis,
chinandosi su di lui, i sensi tesi a captare qualunque cosa insolita. Avanti,
lupo, non abbandonarmi proprio ora!, pensò, mentre scioglieva i vecchi
istinti animali in lei. Quell’odore… Il campanello d’allarme scattò nella sua
testa. "VIA! VIA!" gridò, trascinando indietro Sirius e spingendo indietro Ares
e Drew. "In quel corridoio laterale, svelti!".
Un attimo dopo, l’intero soffitto scrollò in
un esplosione di calcestruzzo e intonaco, rischiando di sommergere i fuggitivi
sotto le materie. Fortunatamente, avevano trovato tutti in tempo rifugio in
passaggio laterale.
"Brutto figlio di…!" esclamò Artemis,
tossendo per la polvere. "State tutti bene?".
Gli altri grugnirono o abbaiarono il loro
assenso.
"Non credevo che Nandes potesse giocare così
sporco…" borbottò Drew, rimettendosi in piedi: nel tentativo di salvarlo dalla
frana, Ares l’aveva spinto a terra.
"Nandes gioca sempre sporco" ribatté
Artemis. "Hai finito coi giochetti?" gridò poi all’aria, più che convinta che
dovunque fosse, Nandes la stesse ascoltando. "Vieni ad affrontarci se hai
coraggio, codardo!".
"Artemis" disse Ares in tono d’avvertimento.
"Andiamo".
Gli altri annuirono e la loro fuga riprese,
ad ogni secondo più disperata del precedente.
Nandes non organizzò il crollo di altre
pareti, forse prendendo sul serio la minaccia di Artemis, ma non rese loro le
cose facili. Ogni volta che cercavano di penetrare in un varco che potesse
condurre a un’uscita, si trovavano la strada ostruita da uomini armati come
minimo di mitra e fucili. Spesso e volentieri, quelle specie di posti di blocco
sbarravano anche i corridoi che già percorrevano, costringendoli a bruschi cambi
di rotta, onde evitare di finire crivellati.
All’inizio, ai fuggitivi, nella loro fretta,
il tutto sembrò assolutamente casuale, finché Drew non cominciò a riconoscere
quei passaggi che nell’ultimo mese e mezzo aveva percorso praticamente ogni
singolo giorno e realizzò all’improvviso cosa gli uomini di Nandes stavano
facendo.
"Oh, porca…" borbottò a mezza
voce.
Artemis si voltò verso di lui. "Che cosa
c’è?".
"Ci stanno spingendo verso la Sala
Grande…".
La ragazza ci mise pochi secondi a recepire
le implicazioni di quella frase. La Sala Grande era un vero e proprio vicolo
cieco: a parte la porta principale, non c’erano uscite di sorta. Perfino
l’impianto di areazione era troppo in alto per poter essere considerato una
possibile via di fuga. Era stata pensata apposta: il rifugio perfetto in caso di
minaccia, ma anche la trappola ideale.
Artemis cercò di cambiare direzione, ma era
già troppo tardi. In quel momento riconobbe il corridoio che stavano
percorrendo: a parte alcune uscite laterali, che di certo erano già state
opportunamente sbarrate, conduceva solo in un posto. È finita! Siamo
fregati!, realizzò rallentando improvvisamente l’andatura: correre non aveva
più senso.
Pochi istanti dopo sbucarono nella Sala
Grande: Nandes era lì ad aspettarli, un sorriso sardonico e pieno di
soddisfazione stampato in volto, circondato da più uomini di quanti se ne
potessero contare, tutti armati fino ai denti. Nella frazione di pochi secondi,
si trovarono nel centro della stanza, circondati da ogni lato. Drew contò almeno
un centinaio di bocche di pistole tutte puntate su di lui, prima che Nandes
parlasse.
"Bene, bene, bene, ci avete messo più del
previsto…". La sua voce era carica di sarcasmo e soddisfazione. "Togliete loro
le armi".
I suoi uomini ubbidirono con fin troppo
solerzia: Drew si sentì strattonare da almeno sei direzioni diverse, mentre una
mano ignota gli toglieva la bacchetta. Stessa sorte toccò ad Ares e Artemis,
mentre i pochi temerari che provarono ad avvicinarsi a Sirius, si beccarono un
bel morso.
Tutto fu portato a Nandes, che si soffermò
con un’espressione particolarmente disgustata sulla bacchetta. "Puah,
maghi!".
Studiò i suoi prigionieri per alcuni
secondi. "Ti consiglio di tenere sotto controllo la tua bestia, Burton o
qualunque sia il tuo nome: non vorrei che gli succedesse qualcosa di
spiacevole…".
Drew recepì il messaggio e afferrò Sirius
per la collottola, sperando in tutto cuore che non facesse nulla di avventato:
gli era sembrato di vedere JR tra i volti più vicini a Nandes.
"Ricevo una delusione dopo l’altra, non c’è
che dire" osservò quest’ultimo, continuando a rigirarsi tra le mani la
bacchetta. "Senza nemmeno accorgermene, ho accolto un altro di voi sotto il mio
tetto, sotto la mia generosa ala… Me ne rammarico veramente, Danny, avevo molte
speranze per te… Ma immagino che a te non te ne sia mai importato nulla,
vero?".
"In effetti, assolutamente nulla" rispose
Drew, in tono tagliente. "Spiacente di averti deluso…".
"Già, in realtà tu volevi solo salvare
questi due traditori, eh? Il Sanguesporco e la terrorista… e tu cosa sei? O
meglio chi sei in realtà?".
"Non ti aspetterai sul serio che te lo
dica?" lo liquidò Drew, ben sapendo che fin troppo presto gli effetti
dell’ultima dose di Polisucco presa sarebbero svaniti, rivelando la sua reale
identità. "Se sai che sono con loro, tira pure le conclusione che più ti
aggradano!".
"Oh, l’ho già fatto" lo rassicurò Nandes.
"Mago, topo di fogna e con tutta probabilità nemico dello stato. Chissà a quanto
ammonta la taglia sulla tua testa…".
Non ne hai la minima idea…
"Non che abbia importanza" proseguì Nandes.
"Non commetterò due volte lo stesso errore: ho tenuto in vita voi due e questa
piccola serpe mi si è infiltrata in seno. Se insistessi nel lasciarvi vivere,
chissà che succederebbe…".
"Bene" dichiarò Artemis, con voce forte e
sicura. "Allora uccidici e falla finita. Potevi farlo due mesi fa e risparmiarti
un mucchio di rogne".
Nandes ridacchiò piano. "Pensi sul serio che
sia così semplice, Artemis? Credevo mi conoscessi meglio. Vi voglio morti più di
quanto non possiate immaginare, ma crivellarvi di colpi qui e ora non mi darebbe
la minima soddisfazione. Desidero vedervi soffrire, invocare la morte… Poi forse
ve la concederò…".
A Drew non piacque per nulla quel discorso:
ebbe l’impressione che il suo stomaco si riempisse di acqua ghiacciata, mentre
artigliava il pelo di Sirius talmente forte da farlo guaire. Arrivati a quel
punto, avrebbe di gran lunga preferito una morte veloce e pulita, piuttosto che
una lenta agonia.
Anche Artemis sembrava pensarla a quel modo,
perché impallidì vistosamente. Quando parlò, tuttavia, la sua voce era senza
inflessione. "Che cosa vuoi fare?".
"Oh, non ho ancora deciso. Troppe
affascinanti opportunità tra qui scegliere… La notte mi porterà consiglio: nel
frattempo, vi chiuderò da qualche parte a lasciarvi macerare nel dubbio di
quello che vi attende. Sappiate che sarà qualcosa di doloroso e
lento…".
"Fantastico: sono le cose che preferisco!"
ribatté Artemis sarcastica.
"Sempre tagliente, vedo: nemmeno la
prospettiva di morire ti riesce ad ammorbidire?".
"Fa parte del mio fascino!".
"Ovviamente". Nandes sorrise, poi fece un
cenno con la mano. "Portateli via".
Almeno venti uomini li circondarono per
scortarli via. prima di lasciare la sala, tuttavia una voce risuonò alta,
bloccandoli.
Era JR. "Fermi!" gridò, facendosi avanti.
Sullo zigomo si stava formando un livido e si teneva il braccio destro, dove
Sirius l’aveva morso.
Nandes lo fissò incuriosito ma non lo
fermò.
"Uno di voi mi deve qualcosa…" sibilò,
fissandoli tutti con odio.
Drew pensò che si riferisse ad Ares e senza
nemmeno rendersene conto si accostò al gigante, mollando la presa su Sirius.
L’Animagus ringhiò in direzione di JR, muovendo alcuni passi nella sua
direzione.
"JR, amico mio" lo chiamò Nandes. "Che cosa
vuoi fare? Avrai presto la tua vendetta…".
"Prima voglio togliermi una piccola
soddisfazione…".
Con un gesto fulmineo, estrasse la pistola
dalla cintura e Sirius scattò nella sua direzione prima che qualcuno potesse
fermarlo.
Poi venne lo sparo.
Drew, che si era aspettato che il colpo
sarebbe stato per uno di loro, rimase per un attimo impietrito dallo stupore nel
vedere Sirius cadere a terra con un debole guaito. JR esibì un ghigno
soddisfatto e rinfoderò la pistola, restando a fissare l’oggetto del suo
odio.
Abbiamo sbagliato tutto, pensò Drew, ancora sottoshock. Abbiamo
sottovalutato l’odio di JR per Sirius. Cristo santo,
non può essere vero!
La prima a riprendersi fu Artemis. "NO!"
gridò scattando in avanti, svincolandosi dalla presa dell’uomo che cercò di
trattenerla. "No, no, no!".
Sicuramente andando contro le aspettative di
quanti li circondavano, la ragazza ignorò completamente Nandes e JR e si
precipitò verso il cane steso a terra, sotto il quale si stava rapidamente
allargando una pozza di sangue.
"Sirius… Sirius…" lo chiamò la ragazza,
mentre le lacrime vanamente trattenute cominciavano a rigarle il volto. "Ti
prego, non puoi morire così… Non per colpa mia…" sussurrò. Perché i suoi cari
finivano sempre con fare le spese dei suoi errori? Prima i suoi genitori, ora
Sirius… Era peggio di una calamita di disgrazie…
Cercò di tamponare il sangue con le mani,
con ben poco successo. Sirius guaì debolmente, alzando appena il
capo.
Artemis cercò di sorridergli. "Resisti,
vecchio mio. Te la caverai… Io lo so che te la caverai…".
"’Temis". Drew si era avvicinato, eludendo a
sua volta la sorveglianza, e si era chinato a sua volta sull’Animagus
inerte.
"È vivo, Drew. Se agiamo in
fretta…".
"Oh, tutto questo è molto commuovente" li
schernì Nandes. "Mi sorprendi, Artemis. Ti credevo incapace di provare
sentimenti umani. E ora ti vedo a piangere per un vecchio sacco di pulci
moribondo…".
La giovane si volse verso di lui, sentendosi
orribilmente scoperta: si era permessa una debolezza di troppo! Poi scorse il
ghigno soddisfatto che illuminava il volto di JR e non ci vide più: una furia
cieca, che di rado aveva provato in passato, la invase, sopprimendo perfino il
dolore per Sirius. Era tutta colpa sua, sua e della sua dannata pistola e lei
gliela avrebbe fatta pagare!
"TU, schifoso assassino!" gridò,
avventandosi su di lui come una furia, consapevole in un angolino della sua
mente di stare commettendo un’azione stupida quanto inutile. Ma non le importava
nulla, tranne cancellare quel sorriso compiaciuto, anche a unghiate, se fosse
stato necessario.
Ebbe l’appagante piacere di vedere JR
trasalire, ma non riuscì a raggiungere il suo obiettivo: Drew la placcò dopo
nemmeno sette passi.
"Fermati! Ti farai ammazzare!".
"Non mi importa! Non mi importa!" urlò lei,
divincolandosi. "Voglio solo fargli più male possibile!".
"E Sirius? Ha bisogno di aiuto, aiuto
immediato. L’hai detto tu…".
Veloce come era comparsa, l’ira scemò e lei
si lasciò ricadere come un palloncino sgonfio. Si voltò verso il suo zio
acquisito, che stava morendo a pochi metri da lei: l’uomo che era stato con lei
quasi come un padre, o meglio quel parente strambo che ti da le caramelle
sottobanco prima di cena. Non poteva perderlo…
"Sirius" sussurrò. "Sì, Sirius. Dobbiamo
fare in fretta…".
I due fecero per precipitarsi verso il cane,
ma furono bloccati da almeno dieci uomini con altrettante armi.
"Spiacente di interrompere l’idillio"
intervenne Nandes. "Ma vi siete dimenticati di qualcosa credo: voi siete miei
prigionieri. E per quel che mi riguarda, quel cane pulcioso può morire
dissanguato sul pavimento!".
"Che cosa ti cambia, Nandes?" protestò
Artemis, in tono veemente. "Domani saremmo tutti morti lo stesso: permettimi di
tentare di salvarlo…". Non posso lasciarlo morire di
questo modo!
Nandes parve rifletterci sopra.
"Ti prego…" insistette Artemis, abbassandosi
ben oltre quanto si sarebbe permessa in qualunque altro momento. Ma per Sirius,
avrebbe supplicato anche sui carboni ardenti.
Questa piccola umiliazione sembrò convincere
Nandes. Malgrado JR gli rivolgesse uno sguardo scontento, disse: "Fate quel che
vi pare… Ma non sporcatemi il pavimento. E ora portateli via!".
Senza dire nient’altro, Ares si fece carico
del corpo di Sirius, cercando di tamponare la ferita come meglio poteva, poi
tutti e quattro furono scortati fuori.
Per i gusti di Drew, procedettero anche
troppo lentamente, malgrado quasi corressero e costringessero la loro scorta ad
arrancargli dietro. Gli sembrò un’eternità il tempo necessario a raggiungere le
Segrete e a venire tutti rinchiusi. Nandes aveva dato ordine di non separarli:
tanto per una notte e con il cane moribondo, non sarebbero andati da nessuna
parte. Tanto per precauzione, aveva messo guardie praticamente dietro ogni
angolo.
Ma ai prigionieri della fuga importava poco
o nulla… perché loro sapeva chi si celava sotto le sembianze di
Padfoot…
Appena la porta della cella si fu richiusa
alle spalle e Ares ebbe depositato Sirius a terra, quest’ultimo riprese le sue
reali sembianze: era troppo indebolito per riuscire a reggere ancora la
trasformazione.
"Resisti, zio Sirius" gli sussurrò Artemis,
chinandosi su di lui, tamponandogli la ferita con le mani. "Resisti, ha
capito?".
"Forte e chiaro, piccola". La sua voce ere
poco più di un fioco mormorio.
"Dobbiamo fermare l’emorragia: sta perdendo
troppo sangue…".
Rapido, Drew si sfilò la maglia e gliela
passò. Lei l’afferrò, strappando poi la camicia di Sirius per poter lavorare
direttamente sulla ferita: il colpo l’aveva colpito al fianco sinistro,
mancandogli di pochi centimetri il fegato.
Artemis premette forte, facendo trasalire il
ferito. "Ehi, fa piano…" protestò debolmente.
"Il dolore è un bene" lo liquidò lei. "Ti
tiene sveglio… Resta sveglio, ok? Ascolta la nostra voce…".
"E se vedo una luce, non ci vado incontro,
giusto?".
La ragazza schiacciò con tutto il suo peso.
"Non è divertente… Sto cercando di salvarti la vita, zio".
"Artemis" intervenne Ares. "C’è il foro
d’uscita?".
"Oh, porca… Non mi è nemmeno passato per
l’anticamente del cervello… Controlla tu, per favore. Drew, procurami un’altra
benda, questa ormai è zuppa…".
Mentre Ares e Artemis si affannavano intorno
a Sirius, Drew prese la maglia e la camicia di Sirius, che la ragazza aveva
gettato di lato. Nel farlo, la bacchetta di Sirius gli cadde tra le mani.
Ma che idioti! Ci siamo
dimenticati della nostra ultima risorsa.
"’Temis".
"Cosa?".
"La bacchetta di Sirius…".
La ragazza si voltò verso di lui. "Drew,
pensò proprio che ti sposerò. Vieni qua, svelto".
Drew ubbidì, per quanto il suo stomaco
stesse letteralmente facendo le capriole alla vista di tutto quel sangue. Non
dare di stomaco, non dare di stomaco, non dare di stomaco…
Ripetendosi questo mantra mentale, si
affiancò all’amica. "Che devo fare?".
"Quanto ne sai di Incantesimi di
Guarigione?".
"Ehm, hai una domanda di riserva? È roba
ancora troppo avanzata per me…".
"Proprio quello che temevo… Ares, dovrai
farlo tu…".
"Prima di chiudere, dobbiamo estrarre il
proiettile" obiettò lui. "È vicino al fegato: se suturiamo la ferita, facciamo
più danno che altro…".
"OK, d’accordo. Fammi pensare. Se è vicino
al fegato, è troppo in profondità per estrarlo manualmente… Drew, dovrai
Evocarlo fuori!".
"Che? Sei matta? Non ho mai fatto una cosa
del genere… Perché non Ares?".
"Ascolta, lo so che è difficile, ma sarà
doloroso. Molto doloroso: Ares deve tenere fermo Sirius, se no facciamo solo
altri danni. Devi farlo tu…".
"Ma io non ho mai fatto un Incantesimo di
Evocazione!".
"La vita reale è la scuola migliore. Mi fido
di te. Ci fidiamo di te…".
Drew non rispose, combattuto: poi incontrò
lo sguardo di Sirius e capì che non poteva lasciarlo morire senza fare
nulla.
"Cosa devo fare?".
Artemis si spostò di lato, facendogli posto;
Ares immobilizzò rapidamente Sirius, coadiuvato dalla sua mole.
"Punta la bacchetta vicino alla ferita,
concentra tutte le tue energie, tutti i tuoi pensieri sul proiettile. Quando ti
senti pronto, usa la formula".
Drew annuì, cominciando a concentrarsi. Il
proiettile, il proiettile, non esisteva nient’altro, solo il
proiettile…
Ebbe la vaga percezione di Artemis che
rassicurava Sirius, ma la sentì solo con un orecchio. Doveva concentrarsi sul
proiettile…
"EVOCO!".
Sirius lanciò un grido lancinante,
costringendo Ares a piegarsi in avanti per trattenerlo, mentre il pugno di Drew
si chiudeva intorno al proiettile.
"La bacchetta, presto!" lo incalzò
Artemis.
Drew la passò ad Ares quasi senza
accorgersene, facendosi da parte, mentre rilasciava il fiato che aveva
inconsciamente trattenuto. Ce l’aveva fatta, ce l’aveva fatta sul
serio…
"Sei stato bravo". Artemis gli poggiò una
mano sulla spalla, sorridendo. "Davvero bravo".
"Tu di più" si complimentò lui, ricambiando
il sorriso.
Ares stava rapidamente richiudendo la
ferita, che ormai non sanguinava più. Sirius si era addormentato, o forse era
svenuto.
"Aiutami, dobbiamo preparare delle bende per
quando si sveglierà…".
"Perché non per ora?".
"Perché deve essere in forma animale quando
gliele metteremo. Altrimenti la forma non andrà bene…".
"Giusto. Se la caverà?".
"Spero… Credo di sì. Ha perso troppo
sangue…".
Mentre si metteva al lavoro sulla camicia di
Sirius, facendola a strisce, sembrava riflettere. "Dobbiamo avvisare
l’Ordine…".
"Ci staranno aspettando" realizzò
all’improvviso Drew.
"Non possono più fare nulla" dichiarò
Artemis. "Non riusciranno mai a preparare qualcosa per domani. Dobbiamo
avvisarli e dirgli di lasciar perdere…".
"Tuo padre…".
"Mio padre accetterà il fatto compiuto" lo
zittì la ragazza. "Anche a costo di ammazzarmi, non lascerò che un altro dei
miei cari rischi la pelle per me!".
Esitò un attimo, poi riprese, stavolta
rivolta ad Ares: "Quando hai finito, manda un Patronus a casa…".
Il suo tono non ammetteva repliche, perciò
Drew non disse più nulla. Per la prima volta da quando JR aveva sparato a
Sirius, tornò a interrogarsi su ciò che Nandes avrebbe escogitato per loro
l’indomani…
LYRAPOTTER’S CORNER
Ehm, in quante lingue posso dirvi che mi
dispiace? Forse nemmeno inginocchiarmi sui carboni ardenti è sufficiente come
scusa per l’immenso ritardo con cui posto finalmente questo capitolo. Che posso
dire, ho dovuto rifinire qualche punto, sono stata colta da un raptus ispiratore
per l’altra fanfiction che mi ha portato a trascurare questa e soprattutto non
ho mai un minuto libero: ci ho messo due settimane a scrivere questo, dato che
posso farlo solo la sera dopo lo nove…
Abbiate pazienza, ormai lo sapete che la
scuola mi sta uccidendo: siamo al 26 di maggio e i miei prof sono ancora dietro
a interrogare, sono ragionevolmente esaurita!!!!!!
E sempre in argomento di scuola, vi avviso
che per un bel po’ questo sarà il mio ultimo aggiornamento: ora devo dedicarmi
alle altre finché mi resta un po’ di tempo, poi la maturità assorbirà tutto il
mio tempo e di scrivere non se ne parlerà… perciò con tutta probabilità ci
risentiremo verso la metà di luglio… Lo è un’eternità, specie per il modo in cui vi
sto lasciando (a questo proposito, conosco almeno un paio di persone che
vorranno uccidermi per quello che ho fatto a Sirius…). Comunque, se volete
rassicurazioni sul futuro, guardatevi la prima mezz’ora de Il ritorno dello Jedi…
E ora passiamo ai ringraziamenti, pochini
stavolta, ma forse mi sono abituata troppo bene, e come si dice sempre meglio
pochi ma buoni!!!!!!
Ino chan, holà
sister carissima, se sei in ritardo tu, io che dovrei dire? Anyway, il
crudelissimo sta tramando, dal prossimo capitolo torna in tutta la sua crudele
crudeltà!!!!!!! E già che ci sono, ti lancio un accorato appello: finisci le tue
fanfiction!!!!!!
LadyMorgan, come già detto a Ino, l’Oscurissimo sta per tornare, l’ho mandato
alle Bahamas per qualche giorno… Il relax concilia l’ideazione di piano malvagi…
Scommetto che mi vuoi uccidere, vero? JR non era dietro l’angolo, ma in questo
capitolo a dato il meglio di sé! Era ovvio che succedeva qualcosa, altrimenti
era troppo facile!!!!!!!! per quanto riguarda Sirius e Luna, devo essere
sincera, nemmeno io so come è saltato fuori, la cosa è cominciata in modo
totalmente inconscio, erano solo amici, poi qualcuno mi ha messo la pulce
nell’orecchio e ho cambiato le carte in tavola. Mi spiace se non ti piace, ma
orami è troppo tardi per tagliarlo fuori…
hermione616, su questo argomento il segreto professionale mi impone di tacere,
ma sappi che Sirius e Luna sono due teste dure, e io da brava sadica li farò
penare ancoro un bel po’!
Deidara, scommetto che eri in febbrile attesa, eh? Finalmente c’è l’ho
fatta, con un capitolo bello lungo e corposo per farmi perdonare l’attesa! Eh,
l’ho già detto, Luna è una zuccona, ce ne vorrà di tempo perché tra quei due si
combini qualcosa…
Un'ultima cosa, dato il contenuto di questo
capitolo e dei prossimi, ho ritenuto opportuno alzare il rating ad arancione,
sperando di non creare problemi a nessuno!
Con questo direi che ho finito, a questo
punto, salvo miracoli che di certo non avverano (del tipo, una meteora colpisce
il ministero dell’Istruzione e annulliamo gli esami), ci si risente tra un mese
e mezzo, più o meno!!!!!!! Fatemi gli auguri, see you soon!!!!!!
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Capitolo 23 *** La vasca di serpenti ***
MAGIC WARS
CAPITOLO XXI: LA VASCA DI SERPENTI
Azkaban,
Mare del Nord
Una delle poche cose che dopo la Rivoluzione
era rimasta assolutamente invariata era la prigione di Azkaban: sempre isolata
nel bel mezzo del Mare del Nord, sempre luogo di disperazione e tortura, sempre
dominio incontrastato dei Dissennatori. L’unico cambiamento rilevante riguardava
i prigionieri: non più Mangiamorte e Maghi Oscuri, ma oppositori del regime, in
prevalenza maghi, e comuni criminali Babbani. Non esistevano più le vecchie
prigioni: o Azkaban o, se ti andava bene, la Zona delle Celle, che spesso e
volentieri era un preludio della prima alternativa.
Azkaban era il regno di Julius Osborne,
forse l’unico uomo il cui solo nome bastava a farti rabbrividire perfino tra le
mura del Ministero. A parte ovviamente lord Voldemort e Sylar…
Julius Osborne si era fatto strada
all’interno della gerarchia dei Mangiamorte in un modo tutto suo. Mezzosangue, i
genitori, un mago e una Babbana, erano rimasti uccisi nel corso della Prima
Guerra, in circostanze non totalmente chiarite e il giovane Julius aveva passato
l’infanzia passando da un istituto all’altro, fino all’approdo ad Hogwarts, dove
si distinse non tanto per la sua mente brillante (non per nulla era Corvonero),
quanto piuttosto per la sua indole fredda e asociale: passò sette anni in quasi
totale solitudine, senza dare segno di volere una qualche amicizia, costruendosi
una maschera di impassibilità da cui non filtrava mai nulla, tanto da far
dubitare che fosse umano.
Non aveva ancora venti anni all’epoca della
Rivoluzione, quando cominciò a far parlare di sé al punto da attirare
l’attenzione di Voldemort: estraneo a qualunque legame con il regime o con i
Mangiamorte, aveva riunito intorno a sé un gruppetto di Purosangue radicali e si
era dato alla caccia al Sanguesporco, distinguendosi per la sua fredda
spietatezza e un uso indiscriminato delle Maledizioni Senza Perdono, con
particolare preferenza per la Maledizione Cruciatus. Per mesi lui e la sua
squadra consegnarono Sanguesporco morti o ridotti perfino peggio al Ministero; a
nulla valsero i numerosi richiami di fermare le spedizioni e nemmeno le notti
passate in una cella di Azkaban. Anzi, fu in queste occasioni che Voldemort
scoprì con suo sommo scorno che i Dissennatori avevano poco o nessun effetto sul
giovane Julius.
Fu a quel punto che il Signore Oscuro capì
che quel giovane, spregiudicato cacciatore poteva essere una vera minaccia per
lui; così, fece quello che sapeva fare meglio: attirarsi la serpe in seno e
legarla a lui a filo doppio. Convincere Julius a prendere il Marchio non fu
particolarmente complicato: fu sufficiente la possibilità di poter praticare
liberamente il suo sport preferito per farlo rinunciare alla sua libertà di
decisione. Così Julius era diventato un Mangiamorte.
Per poterlo tenere sottocontrollo, Voldemort
lo affiancò a Sylar, all’epoca nulla più che un giovane, promettente Mangiamorte
che si occupava della caccia e l’eliminazione dei membri dell’Ordine, in
fervente attività antiministeriale sotto la guida di Malocchio Moody.
Tuttavia, anche in questo frangente, Osborne
si era rivelato un cane difficile da addestrare: Voldemort si rese conto della
sua reale pericolosità solo quando gli portarono davanti il corpo di un ragazzo
Weasley non meglio identificabile tanto era ridotto male. Osborne non aveva
senso della misura né moralità, faceva quello che gli pareva ed era
assolutamente incontrollabile, seppur fedele al suo padrone: mai una volta alzò
la bacchetta contro un altro Mangiamorte o sollevò una protesta di qualche tipo.
Era però ben chiaro che non si poteva lasciare un individuo del genere a piede
libero.
Nello stesso periodo c’era poi lo spinoso
problema dei Dissennatori, che risultavano parecchio irrequieti e per nulla
paghi delle vittime che Azkaban poteva offrire loro.
Così, dietro suggerimento di Sylar, avevano
preso due piccioni con una fava: Osborne era diventato il direttore generale
della prigione, il che aveva rimesso al loro posto i Dissennatori e legato al
guinzaglio il cane ribelle. Per soddisfare la sua sete di sangue, fu nominato
responsabile degli interrogatori, che spesso più che interrogatori si rivelavano
pure manifestazioni della sua abilità di lanciare Cruciatus contro i prigionieri
indifesi. Sotto i suoi colpi erano passati nel corso dei successivi quindici
anni quasi tutti i membri dell’Ordine della Fenice che furono catturati vivi: da
Kingsley Shacklebolt
al Mangiamorte traditore Piton
fino a Remus Lupin e Ninfadora Tonks.
Sempre sua era stata l’ideazione e la messa
in pratica dell’Inibitore di magia volontaria, volgarmente detto Marchio del
Diavolo: un complesso incantesimo che posto a pelle della vittima, le impediva
l’uso della magia in qualunque forma, pena una morte lenta e per nulla
piacevole.
Pur relegato in una posizione per lui tutto
sommato appagante e incapace di nuocere, Voldemort non aveva mai smesso di
tenerlo sotto stretto controllo, per evitare ritorsioni contro di lui. Per
questo, una volta all’anno, il Ministero organizzava una visita a sorpresa ad
Azkaban di cui di norma si occupava qualche Mangiamorte di grado superiore di
fedeltà certa che non avesse nient’altro da fare.
Quell’anno, tuttavia, tutti i Dipartimenti,
e per estensione tutti i loro direttori, erano più o meno impegnati nelle ultime
fasi di preparazione dell’Arma, così quello sgradevole e noioso compito era
ricaduto direttamente sulle alte sfere.
Lord Sylar scese con mezzo grugnito dalla
barca che l’aveva portato sullo scoglio di Azkaban dalla terra ferma: per motivi
di sicurezza, era impossibile Materializzarsi o Smaterializzarsi per un raggio
di cinque chilometri dalla prigione, cosicché il tratto di mare doveva essere
attraversato alla vecchia, babbana maniera. Cosa che, a parere di Sylar, rendeva
il compito ancora più tedioso di quanto già non fosse.
Mentre si avviava veloce verso l’entrata
della fortezza, tallonato da un giovane Mangiamorte che aveva già l’aria di uno
che sta per farsela addosso, Sylar stava ancora cercando di capire come avesse
fatto a farsi incastrare a fare quella stupida ispezione: ricordava di essere
stato telepaticamente contattato dal suo Signore, ricordava di aver ricevuto
l’ordine di trovare qualcuno disposto a farsi il viaggio, ricordava di aver
pensato che il giovane Malfoy non aveva ancora pagato a sufficienza lo
smarrimento dei piani dell’Arma, ricordava di averlo convocato, ricordava che
Voldemort gli aveva detto qualcosa a proposito dell’inaffidabilità di Osborne e
poi… puff! Era a metà strada per Azkaban. Qualcuno aveva giocato con la sua
mente e la cosa non gli piaceva per nulla: ma siccome l’unico in grado di fare
simili scherzi a lui era Lord Voldemort, l’idea di lamentarsi era semplicemente
inconcepibile. Se l’Oscuro dice ‘salta’, l’unica cosa che puoi rispondere è
‘quanto in alto, mio signore?’.
E così di era piegato, suo malgrado: se
Voldemort aveva voluto mandare il suo braccio destro, un motivo ci doveva pur
essere. Probabilmente, Osborne sta diventando più irrequieto del solito. In
fondo, è parecchio che non gli portiamo più carne fresca al macello, avendo
anche limitato le sue visite a Hermione Granger…
Sbuffò, osservando accigliato le mura di
Azkaban; già da lì, avvertiva l’influenza dei Dissennatori. Uno dei tanti motivi
per cui odiava Azkaban con tutte le sue forze: i Dissennatori erano
probabilmente l’unica cosa al mondo, a parte un uso massiccio della
Legilimanzia, che riusciva a penetrare le sue difese mentali e a far riemergere
i ricordi della sua prima vita, quella che avrebbe voluto dimenticare con tutte
le sue forze. Quella debolezza era probabilmente l’unica eredità che Harry
Potter aveva lasciato in lui, anche se era passato il tempo in cui cadeva
svenuto ogni volta che una di quelle immonde creature gli passava
vicino.
Era nel frattempo arrivato alla soglia della
prigione: Julius Osborne lo stava aspettando, impettito e compunto. Osborne
dimostrava ben più dei suoi 37 anni scarsi: se anche non ne aveva sul suo
spirito, il fisico rifletteva la prolungata vicinanza coi guardiani di Azkaban.
Aveva il volto magro, scarno, con profondi occhi neri incavati e naso aquilino,
capelli un tempo castani ora pesantemente striati di grigio; la sua espressione
era sempre perennemente rigida e neutra: nulla trapelava da quella maschera. Se
non fosse stato per l’elegante vestito che portava, pensò Sylar, avrebbe potuto
essere scambiato per uno dei detenuti.
Quando furono uno di fronte all’altro,
Osborne si esibì in un inchino appena accennato. "Mio signore". A Sylar non
sfuggì al velata ironia nella sua voce, ma non commentò: Osborne era una delle
poche persone che poteva permettersi una certa tracotanza nei suoi
confronti.
"Julius" lo salutò semplicemente. "Vediamo
di sbrigarci: non ho molto tempo da dedicarti, temo".
"Fate come se foste a casa, Lord Sylar"
rispose questi, facendosi da parte per far entrare lui e il suo terrorizzato
accompagnatore.
"Non mi aspettavo una vostra visita" riprese
Osborne, mentre faceva strada nel corridoio. "Non mi reputo così importante da
meritarmi un’ispezione del vice ministro in persona…".
"E non lo sei" lo zittì in tono secco Sylar,
lasciandosi introdurre nello spoglio e spartano ufficio di Osborne. "Sono qui
perché non c’era nessun altro Mangiamorte abbastanza fidato che avesse mezz’ora
da perdere".
"Allora lo considero doppiamente un onore"
ridacchiò Julius, sedendosi alla scrivania. "Non è capitato spesso di vederci
ultimamente…".
"Credo che l’ultima vera conversazione che
abbiamo avuto sia sta tre anni fa, quando venni per portare via dalle tue
grinfie Ninfadora Tonks, dopo che avevi spremuto tutto quello che c’era di
spremibile nella sua mente…".
"Ah sì, ricordo, magnifici tempi…". Osborne
si incantò a osservare un punto imprecisato davanti a lui, immerso, Sylar ne era
più che certo, nel ricordo dei momenti passati con la signora Lupin. Il lampo di
puro, perverso piacere che attraversò il suo occhi gli causò un brivido
involontario: lui stesso aveva ucciso, aveva torturato senza remore anche quelli
che un tempo chiamava alleati, ma non aveva mai conosciuto uno come Osborne, uno
che trasse gioia dalla pura e semplice sofferenza.
"Mi faceste un grave torto in quel
occasione" si riscosse Julius, fissandolo con una punta d’astio. "Era mia e me
l’avete portata via prima che potessi completare l’opera".
C’era un che di vagamente possessivo nella
sua voce, che fece montare una nuova ondata di disgusto in Sylar: la cosa che
gli faceva più orrore era pensare che quell’uomo era sempre stato così, fin da
quando, da giovani, avevano lavorato gomito a gomito due anni contro l’Ordine.
Già allora, aveva capito che Osborne era malato: gli era bastato vedere come
aveva ridotto quel povero disgraziato di Percy Weasley!
"Julius" rispose in tono diplomatico,
"quando l’ho portato via, era diventata la parodia di essere umano: nemmeno se
ti fossi sforzato le avresti cavato altro. Perfino Bellatrix avrebbe provato
pietà per come l’hai ridotta…".
Osborne sbuffò. "Ricordo che mi lasciaste
molto stupito: non è da voi provare una simile misericordia. Ne avete lasciati
morire di migliori di quella feccia auror! E ricordo anche che mentre la
trasferivate altrove, i cani dell’Ordine se la ripresero".
Sylar scrollò le spalle, indifferente.
"Avrebbero fatto meglio a lasciarla morire: conciata come era e come suppongo
sia ancora conciata, lasciarla vivere non ha il minimo senso…".
"Cani sentimentali! Non ucciderebbero uno
dei loro nemmeno se se ne andasse della loro vita!".
Sylar sorrise sotto la maschera: su quello
era proprio vero. L’Ordine era famoso anche per i suoi tentativi di salvataggio
in extremis. L’Atrium del Ministero ne portava ancora segni recenti.
"In ogni caso, Julius, rinfacciarmi di aver
contribuito al salvataggio di Ninfadora Tonks è come minimo ipocrita da parte
tua… Se non ricordo male, nemmeno cinque giorni dopo ti lasciasti sfuggire Remus
Lupin, facendoti sottrarre pure la bacchetta: sopraffatto da un uomo solo,
Disarmato, in condizioni fisiche e mentali pietose, torturato fino allo
stremo…".
"Avrebbe fatto meglio a crepare pure lui,
mio signore" asserì Osborne, con una smorfia irritata al ricordo di
quell’umiliazione. "Se me lo trovassi tra le mani… Ma probabilmente, per come è
ridotto al momento, non ci sarebbe nemmeno gusto a torturarlo: cascherebbe
stecchito alla seconda Cruciatus…".
"In ogni caso" lo interruppe Sylar,
desideroso di riportare la conversazione sui binari originari, "non siamo qui
per discutere il destino di Ninfadora Tonks, Remus Lupin o qualunque altro
membro dell’Ordine. Sono venuto per controllare se svolgi il tuo lavoro come
dovresti…".
"Ve lo già detto, Lord Sylar, fate come a
casa vostra: non ho nulla da nascondere. È un periodo di calma piatta: detenuti
tranquilli, celle tranquille, Dissennatori tranquilli…".
"Fammi strada" gli ordinò. "prima di
ispezionare le carte, voglio controllare le cose Nell’area di massima
sicurezza…".
"Certamente. Da questa parte".
Osborne si alzò e lo precedette nel
corridoio; dopo qualche svolta si fermò davanti a una robusta grata protetta da
barriere magiche e chiusa a tripla mandata.
"Non è che ci sia molto da vedere, mio
signore" osservò Julius, mentre prendeva le chiavi dalla tasca e cominciava a
far scattare le serrature. "Ve l’ho detto: è un periodo di calma piatta. A parte
qualche serial killer pluriomicida c’è ben poco…".
"Non sei qui per commentare quello che
faccio o non faccio, Julius: controllerò che tutto sia in regola, con o senza la
tua approvazione".
"Certamente: la mia era solo una
constatazione. Prego, divertiteti".
Aprì la porta e si fece di lato con un
pomposo quanto ironico inchino che Sylar ignorò. Verrà il giorno in cui potrò
far assaggiare la sua stessa medicina a quel mostriciattolo sgradevole. E allora
vedrò proprio di divertirmi come un bambino al luna park!
Come prevedibile, il corridoio pullulava di
Dissennatori. Sylar si sentì invadere dal famigliare senso di gelo, mentre
memorie indesiderate facevano capolino nella sua testa…
Una donna che urlava… No, Harry no, ti
prego…
Sirius Black steso in riva la lago,
circondato da Dissennatori…
Il funerale di Albus Silente… Ginny, mi
dispiace, ma non possiamo più stare insieme…
Quell’ultimo giorno… Harry, mi dispiace,
Ginny è… è morta, non abbiamo potuto fare nulla…
Sylar potenziò i suoi schermi mentali,
cercando di chiudere fuori Harry Potter e i suoi irritanti ricordi
strappalacrime, con ben poco successo: l’Occlumanzia poteva combattere gli
effetti dei Dissennatori solo fino a un certo punto.
"State bene, mio signore?". La domanda
retorica e sarcastica lo richiamò alla realtà: era sempre difficile non
abbandonarsi a quelle immagini, anche se di fatto appartenevano alla vita di un
altro…
Si voltò: Osborne sembrava a suo agio come
se fosse stato disteso in un prato fiorito alla luce di mezzogiorno e lo
osservava con malcelato divertimento. "Problemi, mio signore? Magari coi miei
fidi compagni…".
"Affatto" rispose Sylar, in tono tutto
sommato fermo e deciso. "Tutto in ordine, grazie della premura. Sto solo
osservando se compi correttamente il tuo dovere…".
"Ovviamente".
Non gli aveva creduto, ma la cosa non aveva
la minima importanza: fortunatamente le sue conoscenze di Legilimanzia era
piuttosto scarse. Finché quei ricordi restavano al sicuro nella sua testa,
Julius Osborne poteva pensare quello che gli pareva.
Si volse, con l’intenzione di portare a
termine quel compito sgradito nel più breve tempo possibile, quando il Marchio
Nero sul suo braccio prese a bruciare. Subito dopo Lord Voldemort lo chiamò
mentalmente. Sylar, torna subito a Londra: ho cose
importanti da riferirti.
Certamente, mio signore, arrivo
immediatamente, fu l’immediata risposta, mentre ad
alta voce diceva: "Sono desolato, Julius, ma temo dovremo rimandare l’ispezione
a un altro giorno: affari più urgenti mi richiamano immediatamente a
Londra…".
Gli occhi di Osborne volarono un istante a
suo avambraccio sinistro, intuendo quello che era accaduto. "Capisco
perfettamente" lo rassicurò. "Vorrà dire che avremo il piacere di scambiare
un’altra chiacchierata in futuro…".
"Non vedo l’ora" ribattè Sylar, in tono non
meno sarcastico di quello usato dall’altro.
Ministero della Magia,
Londra.
"Mi avete mandato a chiamare, mio signore?"
esordì Sylar meno di venti minuti dopo, entrando nel buoi ufficio di Lord
Voldemort. Come sempre, questi era comodamente seduto in poltrona, mezzo immerso
nell’oscurità, con Nagini fedelmente acciambellata ai suoi piedi.
"Esattamente" rispose, per poi posare il suo
volto da rettile su di lui. "Ti sento turbato, amico mio: ricordi
spiacevoli?".
"È colpa dei Dissennatori, mio signore"
rispose Sylar, in tono neutro. "Un effetto collaterale perfettamente sotto
controllo, ve lo garantisco…".
Voldemort sorrise appena. "Oh, non ho dubbi
su questo, Sylar. Sono io ad aver metaforicamente ucciso Harry Potter
diciassette anni fa… se stesse riprendendo forma, sarei il primo ad
accorgermene".
"Certamente. Perché mi avete
cercato?".
"Ho riflettuto a lungo sulla questione di
Andrew Potter. Dopo quello che è successo il mese scorso durante la fuga della
Granger, è evidente che il ragazzo possiede un potenziale magico notevole,
troppo per sprecarlo…".
"Cosa volete dire?".
"Che Andrew Potter dovrà unirsi a noi e
mettere le sue capacità al mio servizio…".
Per un attimo, Sylar pensò seriamente che
Voldemort stesse scherzando: se non fosse stato certo del contrario, avrebbe
giurato, che lo stava bellamente prendendo per i fondelli. Ma ciò non era
possibile: Voldemort era mortalmente serio e questo se possibile sconcertava di
più Sylar che se avesse sul serio scherzato…
"Mio signore" cominciò, in tono esitante,
"questo è impossibile: Potter è fedele all’Ordine. L’ho avvertito chiaramente
quando l’ho posseduto: non tradirebbe mai la fiducia dei traditori…".
"Anche l’anima più incorruttibile può essere
traviata, Sylar" osservò Voldemort, con fare pensoso. "Tu dovresti saperlo
meglio di chiunque altro… Basta solo trovare la leva giusta…".
Sylar annuì: se Voldemort aveva deciso, si
sarebbe fatto come desiderava. Non era possibile fargli cambiare
idea…
"Che cosa volete che faccia?".
"Potter verrà presto a cercarti. Se
assomiglia soltanto un po’ a suo padre e su questo sono sicuro, presto o tardi
ci si butterà tra le braccia. Tu fagli credere di essere un nostro prigioniero e
al momento opportuno portalo da me: in qualche modo, piegherò la sua volontà.
Non deve sospettare i nostri piani".
"E se il ragazzo non venisse?".
"Allora confido che la tua ricerca delle
spie all’interno del Ministero dia presto i frutti e che tu possa scoprire dove
si rintana l’Ordine. In tal caso, dovrai catturare Potter vivo e
portarmelo…".
"Con tutto il rispetto, mio signore, non
credo che sarà così facile piegarlo: la sua volontà è forte".
"Forse questo non sarà sufficiente, è vero,
ma te l’ho già detto: nessun uomo è incorruttibile. Potter avrà un punto debole
come chiunque. Se lo troveremo, l’avremo in pugno. E ha poca importanza il tempo
che ci impiegheremo: in un modo o nell’altro Andrew Potter diventerà un
Mangiamorte".
"Certo, mio signore, sarà fatto come
desiderate".
"Molto bene. Ora va: di certo avrai molto da
fare".
Sylar si inchinò e uscì. Andrew Potter,
adesso la mossa spetta a te. Ti consegnerai di tua volontà al tuo distruttore o
dovrò venire a stanarti io?
Le Segrete della Casa,
Londra.
Drew si sentì scuotere rudemente per un
braccio. Aprì un occhio e si trovò il viso di Ares a pochi centimetri. "È quasi
ora" gli comunicò, prima di allontanarsi.
Drew si passò una mano sugli occhi
stiracchiandosi, poi guardò l’orologio: le nove e mezzo. Aveva dormito meno di
due ore. Non che fosse sua intenzione addormentarsi, ma alla fine la tensione e
la stanchezza l’avevano vinto e fatto sprofondare in un sonno agitato costellato
di pistole, coltelli e plotoni di esecuzione stile corte marziale. Dubitava che
quei sogni si rivelassero veritieri, considerato che nandes aveva promesso loro
una morte lenta e dolorosa, il che in un certo senso faceva apparire il plotone
quasi invitante
Si passò una mano tra i capelli, tornati del
loro originale rosso fiamma: Drew si era quasi dimenticato il suo vero aspetto.
Nell’ultimo mese aveva preso la Pozione Polisucco in modo tale da non essere mai
scoperto nemmeno di notte, così che solo in rari momenti non aveva mantenuto le
sembianze di danny burton. Sfortunatamente, rinchiuso in quella cella, non aveva
potuto berne un’altra boccetta e così, poco prima di cedere al sonno, aveva
riacquistato la sua vera faccia. Sarebbe stato interessante vedere l’espressione
di nandes quando avesse scoperto chi aveva tra le mani e soprattutto che era
stato fregato da un ragazzo di diciassette anni. Ironico, ho alle calcagna
tutta la comunità magica dalla Cornovaglia a Edimburgo e mi farò ammazzare da un
boss mafioso…
Si voltò verso Artemis: la ragazza appariva
più distrutta di quanto non l’avesse mai vista. Era evidente che non aveva
chiuso occhio nemmeno per un attimo, impegnata a vegliare su Sirius, ancora
profondamente addormentato. Era pallido come un morto, anche se il respiro
sembrava abbastanza regolare, anche se lento: il fianco destro era costellato di
bende di fortuna mezzo macchiate di sangue per cercare di tenere pulita la
ferita suturata alla meglio e evitare infezioni. Di lato, Drew notò delle fasce
di tessuto più pulite, che sicuramente Artemis aveva intenzione di usare per
bendare la ferita quando Sirius avesse ripreso la forma di Padfoot.
Non avevano più avuto notizie dall’Ordine,
dopo che Ares aveva inviato loro un Patronus per informarli che il piano era
fallito e che loro erano già praticamente morti: Drew aveva preferito non
immaginare la reazione di Remus e gli altri.
"Come sta?" domandò, piano,
avvicinandosi.
La ragazza scosse il capo. "Stabile. Ma ha
perso tanto di quel sangue che è un vero miracolo sia ancora vivo. Il battito è
debole, ma regolare. Avrebbe bisogno di cure migliori di queste…".
"Sei il meglio che Sirius possa avere in
questo momento" tentò di rincuorarla Drew: aveva le mani e i vestiti coperti di
talmente tanto sangue che sembrava avesse macellato qualcosa a mani nudi. Drew
faticava a credere che tutto quel sangue potesse essere uscito da una sola
persona.
Artemis sorrise debolmente. "Anche se in
fondo, dubito faccia questa grande differenza: tra poche ore saremmo tutti
morti…".
Drew si limitò ad annuire, mentre la sua
vena fatalista prendeva il sopravvento: ormai piangere sul latte versato aveva
poco senso, era cosciente dei rischi che correva quando si era imbarcato in
quell’impresa e non aveva la minima intenzione di dare a Nandes la soddisfazione
di vederlo implorare.
"Artemis" intervenne Ares, "saranno qui a
momenti: non devono vedere Sirius così…".
La ragazza annuì, si chinò sullo zio
acquisito e prese a prese a scuoterlo. "Zio Sirius, svegliati".
Ci mise diversi minuti, ma alla fine Sirius
aprì gli occhi. "Ehi" Li salutò con voce debole. "Ho sognato che galleggiavo su
una nuvoletta rosa: dici che è un brutto segno?".
"Non buono di certo: tu sta lontano da
tunnel, luci accecanti e qualunque altra cosa si dica si veda da moribondi,
perché tu non sei moribondo, almeno finché io ho qualcosa in contrario da
dire…".
"Agli ordini, generale". Sirius si sfiorò il
fianco. "Chi mi ha ricucito?".
"Magia Guaritrice improvvisata" rispose
Artemis. "Non è il massimo, ma è tutto quello che avevamo: hai bisogno di un
aiuto più specializzato…".
"Bambina mia, credo che ha questo punto, sia
del tutto indifferente morire adesso o tra poche ore… Certo, avere JR sotto mano
cinque minuti non mi dispiacerebbe…".
La ragazza sbuffò sonoramente. "Ma se non
sei in condizione di batterti nemmeno con un pettirosso al momento!".
"Ehi, così ferisci il mio ego maschile… O
quel poco che ne è rimasto, perlomeno".
"Sì, invece io tuo es femminile farebbe
meglio a smettere di fare l’idiota… Zio Sirius, devi riprendere la forma
animale: sarà già abbastanza divertente spiegare a Nandes come Andrew Potter sia
finito nel suo scantinato, non voglio dover rendere conto anche di un cane che
non c’è più!".
Sirius annuì, capendo il succo del discorso,
mentre cercava Drew con lo sguardo. "Piacere di rivederti… cominciava a mancarmi
la tua vera faccia".
"Già, anche a me… Come ti
senti?".
"Oh, una favola" scherzò lui, cercando di
mettersi seduto, mangiandosi un paio di colorite imprecazioni. "Oh, porca… MI
rifiuto di morire in modo così indecente: dopo tutto quello che ho fatto nella
mia vita, Bellatrix non me lo perdonerebbe mai se schiattassi per opera di
qualcun altro… Datemi un minuto…".
"Sempre che ce l’abbiamo un minuto" mormorò
Artemis. "Gli uomini di Nandes arriveranno a momenti: non devono capire che
abbiamo ancora una bacchetta…".
"A proposito, questa è meglio che la tenga
tu" intervenne Ares, porgendogli la sua bacchetta.
"Siete sicuri? Non è che potrò farmene
molto, una volta trasformato…".
"Di certo ci perquisiranno" ribatté Artemis.
"Forse non ci potremmo fare nulla, ma preferisco tenerla come riserva per ogni
evenienza…".
Sirius annuì e prese l’arma, infilandosela
nella tasca dei pantaloni. Dopodiché chiuse gli occhi, concentrandosi per
guadagnare le energie necessarie alla trasformazione.
Fu uno dei minuti più lunghi della vita di
Drew: alla fine comunque, con un leggero POP Sirius scomparve, lasciando il
posto a un Padfoot un po’ barcollante e scosso.
"Dammi una mano, Drew" disse subito Artemis
in tono pratico. "Passami le bende: non abbiamo molto tempo".
Avevano appena finito di applicargli un
bendaggio il più solido possibile, quando dall’esterno giunsero dei passi; pochi
istanti dopo, la porta della cella si aprì e JR si salutò con un ghigno
soddisfatto "Buon giorno, miei piccoli topolini di fogna. Dormito
bene?".
Malgrado la sua postazione svantaggiata,
Sirius non resistette alla tentazione di ringhiargli contro, mentre gli altri
tre prigionieri saltavano in piedi.
"È ancora vivo?". JR non nascose la sua
espressione delusa, guardando con odio l’animale. "Ma del resto la vostra è
stata tutta fatica sprecata… Il rosso ti dona, Artemis".
La ragazza gli rivolse un sorriso gelido.
"Aspetta di incontrarmi in vicolo buio, JR. E poi vedrai quanto mi doni il
rosso…".
"Non perdi la tua verve tagliente nemmeno in
punto di morte, vedo" osservò in tono sarcastico. Poi il su sguardo si posò su
Drew e si dipinse di sorpresa. "E tu da dove salti fuori,
ragazzino?".
Ma perché mi danno sempre tutti del
ragazzino?, pensò irritato Drew. "Sorpresa di
natale anticipato apposta per te, JR" rispose poi. "Danny Burton al tuo
servizio".
JR continuò a guardarlo con sguardo vacuo
per alcuni secondi, finché Artemis non intervenne: "Non affannarti a capire: il
tuo misero cervellino potrebbe implodere per lo sforzo. E non sarebbe un bello
spettacolo…".
"Tu, piccola insolente…". Alzò la mano,
pronto a colpirla, ma alla fine parve ripensarci. "Ah, non ne vale la pena…
Dovrei chiedere a Nandes il permesso di passare cinque minuti da solo con te: ti
farei passare la voglia di fare l’arrogante…".
Artemis si irrigidì, fissandolo come se
avesse voluto sbranarlo: Drew si stupì che non stesse ringhiasse. "Devi solo
provarci, JR" soffiò la ragazza. "Sarebbero i cinque minuti peggiori della TUA
vita…".
L’uomo ridacchiò, evidentemente divertito da
quella minaccia. "Probabilmente non lo sapremo mai, giusto? E ora pedalare:
Nandes è impaziente di discutere con voi del vostro destino".
Tirò fuori una pistola e li fece uscire di
malagrazia dalla cella, Artemis, Drew e per ultimo Ares che teneva tra le
braccia Sirius: nel corridoio altri cinque uomini li stavano aspettando per
scortarli nella Sala Grande.
Qui trovarono Nandes, circondato più o meno
da tutta la sua corte, con un ghigno di puro compiacimento sul volto,
compiacimento che si trasformò in sorpresa quando si trovò di fronte
Drew.
Per un attimo parve confuso, poi comprese.
"Qualche vostro infido trucchetto da maghi, suppongo… Io ti ho già visto da
qualche parte…".
"Oh, non credo" ribatté Drew, sperando in
tutto cuore di non essere riconosciuto. "Normalmente non frequento le bettole di
bassa lega…".
Nandes mantenne un’espressione pensosa, per
nulla convinto. "Eppure sono sicuro di averti già visto…".
"Era sui giornali" intervenne un uomo nel
mezzo del gruppo. "È un ricercato speciale: al Ministero pagano un mucchio di
soldi per lui…".
A quelle parole il viso di Nandes si
illuminò di comprensione. "Potter. Tu sei Andrew Potter, non è vero?". Nandes lo
squadrò da capo a piedi, come a volerlo valutare. "Sai, con tutto il chiasso che
stanno facendo a nostri capi di governo per te, mi immaginavo fossi un po’ più
vecchio di così… quanti anni hai, sedici?".
"Diciassette, veramente" lo corresse Drew,
in tono neutro.
"E cosa può aver fatto un ragazzo di
diciassette anni di tanto grave da meritarsi tutte queste attenzioni? Anche se
forse avrei dovuto immaginarlo: avevo intuito che la signorinella qui presente
se la faceva coi criminali come te…".
"E allora che vuoi fare?" intervenne
Artemis. "Appiccicarci un bel fiocco regalo in testa e spedirci tutti da Lord
Sylar? Di certo apprezzerebbe il pensiero…".
Drew rabbrividì all’idea: preferiva essere
finito da Nandes e i suoi uomini, piuttosto che trovarsi faccia a faccia con
Sylar. Ancora non era pronto ad affrontarlo, forse non lo sarebbe mai stato…
e probabilmente non dovrò mai pormi il problema!
Nandes dal canto suo ridacchiò. "Pensavo mi
conoscessi meglio, Artemis: dovresti sapere che qualunque cosa renda felici i
nostri magici burocrati, rende infelice me per principio! No, non ho la minima
intenzione di consegnarvi al Ministero: ho ben altri progetti per voi, molto più
costruttivi. Al più, spedirò a Sylar tre cadaveri…".
"Che pensiero premuroso" osservò in tono
sarcastico Artemis. "E così, ti protrai vendicare in piena libertà e intascare
un bel mucchio di quattrini… Complimenti, il piano perfetto. Hai intenzione di
dirci come vuoi ucciderci o indugerai ancora a lungo?".
"Non ti piacciono le attese cariche di
tensione, mio piccolo serpente a sonagli?". Nandes sorrise tra sé, come se
avesse fatto chissà quale battuta. "In effetti, è ironico che mi metta a parlare
di serpenti…".
Drew sentì lo stomaco contrarsi: non gli
piaceva per nulla dove la conversazione stava andando a parare. Artemis
socchiuse gli occhi, fissandolo con sospetto. "Che cosa vuol dire? Che cosa vuoi
fare?".
"Sapete, ho meditato a lungo prima di
decidere come uccidervi… Dopo il brutto tiro che mi avete giocato stanotte,
qualunque punizione mi sembrava troppo poco, non c’era nulla che mi
soddisfacesse. E poi, l’illuminazione…".
"Solo io ho un pessimo presentimento?"
domandò sottovoce Drew. Artemis scosse il capo, facendogli cenno di tacere. "Non
può essere nulla di così terribile" bisbigliò in risposta. "Nandes sta solo
facendo un po’ di scena…".
"Tu sai Artemis" stava nel frattempo
proseguendo Nandes, come se non avesse udito nulla, "che il nostro amico
Underwood possiede un allevamento di serpenti, vero? Li tiene per il veleno, che
poi rivende a prezzi maggiorati… Ed è molto utile per truccare
coltelli…".
"Visto?" osservò sottovoce Artemis. "Veleno,
si è mantenuto sul banale… Ce lo farà ingoiare o qualcosa di
simile…".
Ci è andata ancora bene, allora… poteva
finire molto peggio. Tutto sommato, l’idea di
finire avvelenato non gli sembrava particolarmente spaventosa, specie rispetto a
certi film mentali che si era fatto nelle ultime ore.
"Quando ne ho parlato con Underwood"
continuò Nandes, "è stato più che felice di prestarmi i suoi piccoli, viscidi
amici per la vostra esecuzione. Noterai anche che non è qui al momento: l’ho
mandato a preparare lo spettacolo…".
"Spettacolo?" ripeté Artemis. "Che
spettacolo? Cosa vuoi fare?".
"Hai presente la vecchia piscina abbandonata
che si trova alla periferia di Londra? L’ho acquistata un paio di anni fa:
normalmente la uso come deposito, tuttavia oggi ho trovato un modo più creativo
di utilizzarla… Immaginate lo spettacolo di una vasca olimpionica riempita con
un centinaio di serpenti velenosi preventivamente incazzati. E immaginate cosa
succederebbe se qualcuno ci finisse ‘accidentalmente’ dentro…".
Drew ebbe la netta sensazione che le viscere
gli si fossero riempite di ghiaccio. Non può dire sul serio… Notò che
anche Artemis era sbiancata e perfino Ares si era irrigidito, pur mantenendo la
sua abituale compostezza.
"Non lo faresti, Nandes…" mormorò la
ragazza, incredula. "Nemmeno tu saresti così crudele…".
"Intendi così crudele da guardare tre
traditori che hanno cercato di fregarmi morire di una morte orribile? Credo tu
mi stia sottovalutando, Artemis, cara: posso e lo farò. E ti assicuro che farò
del mio meglio per divertirmi!".
Ok, pensò
Drew, sconvolto, tutto sommato era meglio un faccia a faccia con
Sylar…
"Cos’è che dicevi?" mormorò poi, senza quasi
riconoscere la sua voce, tanto il panico crescente la rendeva stridula. "Che
stava solo facendo un po’ di scena?".
Artemis aprì la bocca per ribattere, ma
Nandes la precedette. "Mi dispiace deluderti, Andrew Potter, ma questo è il
prezzo che paga chi si mette sulla mia strada…".
"Sei uno schifoso figlio di p…" lo aggredì
Artemis. "Perché non puoi semplicemente spararci o che ne so, buttarci nel
Tamigi…".
"Perché sarebbe troppo facile, ecco perché.
Questo è il minimo che vi meritate… Portateli via e preparate le macchine: siete
tutti invitati allo spettacolo!".
Drew a malapena si accorse dell’uomo che lo
afferrò per le spalle e lo trascinò via.
Era ancora in quello stato semicatatonico
quando circa un’ora dopo gli uomini di Nandes lo caricarono, dopo avergli legato
le mani dietro la schiena, su un anonimo furgoncino bianco, subito seguito dai
suoi amici. Poco dopo, sentì il veicolo mettersi in moto e le chiacchiere
gioviale dei due o tre occupanti del sedili davanti.
La sua mente era come entrata in standby e
questo tutto sommato era probabilmente positivo, perché se si fosse soffermato
troppo su quello che stava per accadere di certo avrebbe ceduto al panico e
avrebbe finito col fare qualche stupidaggine…
"Drew?". La voce di Artemis sembrò arrivare
da chissà dove, attraverso la plumbea nebbia che circondava il suo cervello.
"Drew, sei ancora su questo pianeta?".
Gattonando e rischiando di finire faccia
avanti a causa degli scossoni del furgone, la ragazza gli si avvicinò. "Drew,
respira; andrà tutto bene…".
"Tutto bene?" ripeté il ragazzo con voce
acuta, riscuotendosi all’improvviso. "Stiamo per essere gettati in una piscina
piena di serpenti velenosi e tu dici che andrà tutto bene?!".
"Visto che ti sei riscosso". Artemis gli
sorrise. "Stai tranquillo: lo so che è difficile, ma cedere alla paura non
aiuterà nessuno…".
Drew al guardò: sembrava il ritratto della
calma, neanche stessero andando a fare un picnic, soltanto era pallida come una
morta. "Ma come fai a stare così calma?".
"Interiorizzo molto" fu l’asciutta risposta.
"È una tecnica yoga per rilassarsi: respiri a fondo e chiudi fuori il mondo
esterno, concentrandoti solo su un’immagine, un ricordo, qualunque
cosa…".
"Ad esempio?".
La ragazza si strinse nelle spalle. "Che ne
so, qualcosa che ti calmi… Io sto pensando ai biscotti che mia nonna mi faceva
sempre quando era piccola…".
Drew sbuffò. "Dubito di poter imparare una
tecnica yoga in mezz’ora…".
"Probabilmente ci metteremo un po’ di più"
puntualizzò Artemis. "La piscina abbandonata di cui parla Nandes si trova
dall’altra parte della città…".
Drew annuì senza commentare, poi per
distrarsi lasciò spaziare lo sguardo intorno. Ares era seduto di fronte a lui a
gambe incrociate, imperturbabile e silenzioso come sempre. Sirius era accucciato
ai suoi piedi: sembrava addormentato, ma Drew vedeva i suoi occhi muoversi
continuamente da un lato all’altro, vigili; quando il furgone faceva qualche
mossa particolarmente brusca, l’animale guaiva di dolore. E poi ovviamente,
c’era Artemis, seduta di fianco a lui: Drew notò solo in quel momento che era a
piedi nudi. "Che fine hanno fatto le tue scarpe?" domandò stupito.
Artemis lo guardò con un sopracciglio
inarcato. "Certo che hai uno spirito d’osservazione… Nandes me le ha tolte
quando mi ha catturato: erano un paio di stivali con alcuni centimetri di tacco
e nascosti dentro un paio di coltelli…".
"Non si fidava di te?".
"E faceva bene. Sa perfettamente che se solo
potessi, lo farei a pezzetti microscopici con le mie mani!".
"Mi togli una curiosità: se lo odi così
tanto, perché ti sei messa a lavorare per lui? Ho chiesto un po’ in giro, ma
nessuno ha saputo dirmi nulla. In compenso, ti consideravano tutti una mezza
strega, o qualcosa del genere…".
Artemis ridacchiò: sembrava molto fiera di
quelle parole. "Già, sono brava a terrorizzare la gente… Siamo bravi a
terrorizzare la gente" puntualizzò, accennando a Ares, che sogghignò a sua
volta.
Alla mura richiesta di Drew di avere
ulteriori spiegazione, la ragazza proseguì. "Avanti, Drew, guardami: ho
diciannove anni e in borghese ne dimostro sedici, ho quest’aria da angioletto
caduto direttamente dal paradiso, a prima vista sembro un’ingenua e innocente
liceale che non ha mai nemmeno guardato un ragazzo… Se non fossi riuscita a
impormi in qualche modo, in questo ambiente sarei finita cannibalizzata nel giro
di un mese…".
Drew non poteva francamente darle torto: se
l’avesse vista per strada, senza sapere nulla di lei, l’ultima cosa che avrebbe
pensato era che fosse una criminale dal grilletto veloce.
"Questo aspetto mi ha reso la vita
difficile… Tu non puoi capire perché non sei un Metamorfomagus… Prima di venire
marchiata, ero abituata a cambiare le mie sembianze semplicemente
concentrandomi: finire intrappolata in questa forma anche piuttosto ridicola è
stato davvero frustante…".
"Quindi questo non è il tuo vero aspetto?"
domandò Drew, sorpreso.
Artemis rise. "Oh no… Vedi qualcosa dei miei
genitori in me? A parte gli occhi, ovviamente: quelli sono l’unica cosa
autentica di tutto quello che hai di fronte. Credo che se potessi vedere il mio
vero aspetto, assomiglierei molto a Bellatrix: quando era piccola, mia nonna mi
diceva che assomigliavo molto a mia madre e lei da giovani. Andromeda era
sorella di Bellatrix e si vedeva… Comunque queste sono le sembianze in cui sono
finita quando Osborne mi ha impresso il Marchio del Diavolo: in quel momento,
ero talmente nel panico che persi completamente il controllo dei miei poteri… E
questo è il risultato: certo, la mia struttura di fondo è ancora quella, ma sono
molto diversa dallo stampo originale!".
"Capisco… Ma non hai ancora risposta alla
mia domanda…" obiettò Drew, desideroso di portare avanti la conversazione: gli
impediva di pensare che ogni minuto si stava avvicinando alla morte.
"Giusto". Artemis rifletté un attimo, poi
chiese: "Volevi sapere come siamo finiti alle dipendenze di Nandes giusto? In
realtà, è complicato… Ma immagino che abbiamo tutto il tempo… Te lo avranno
detto che già prima di incontrare me, Nandes aveva cercato di attrarre Ares nel
suo giro: lo vedeva come una minaccia, era troppo bravo… Ma Ares era un
solitario, che badava ai suoi affari e stava sempre sulle sue. Potrai capire il
perché: essere un Sanguesporco ancora a piede libero sul suolo inglese è un po’
come sventolare una tovaglia rossa davanti a un toro infuriato, terribilmente
pericoloso. Ovviamente, Nandes non poteva sapere che era questo il principale
motivo per cui Ares evitava qualunque contatto umano che non fosse più che
necessario, compresi rapporti anche solo vagamente amichevoli con qualcuno.
Nandes accetto non proprio di buon grado i rifiuti alle sue molteplici offerte
di alleanza, ma non poteva fare altrimenti: non aveva appigli per esercitare
pressioni o ricatti… Nemmeno io saprei da che parte cominciare in tal senso: il
passato di Ares è un buco nero… Le cose cambiarono quando…".
"… Quando incontrò te" concluse Drew per
lei, ottenendo un cenno d’assenso.
"All’inizio, lasciò tutti perplessi:
cos’aveva da spartire il gigante solitario con una ragazzina come me? Ovviamente
nessuno sapeva dei reali vincoli che ci legarono: quando io scoprì che lui era
un mago in esilio e gli raccontai la mia storia, beh, lo interpretammo come una
specie di segno del destino. Al suo fianco divenni quello che sono ora: mi
insegnò quello di cui avevo bisogno per sopravvivere in questo ambiente, imparai
a dominare le emozioni, a sfruttare il potere del debole lupo che vive dentro di
me, divenni in un certo senso spietata… E Nandes riprese a farci la corte,
quando capì che insieme costituivamo una minaccia ancora più seria, che se
avessimo voluto avremmo potuto rovesciarlo. Ancora una volta, si trovò di fronte
il nostro secco rifiuto. Ma le cose erano diverse: Nandes ci mise un po’ a
capire che il legame che ci lega era molto più profondo di quello tra due
colleghi e soci… E quando lo capì, lo usò contro di noi.
"Una sera, Nandes ci invitò nel suo ufficio
per parlare. Con il senno di poi, posso dire che peccammo di ingenuità ad
accettare quell’invito, ma pensammo che volesse farci l’ennesima proposta.
Sbagliammo tutto: Nandes ci rifilò del vino drogato; quando mi risvegliai, ero
legata a una sedia e JR puntava una pistola contro la tempia di Ares: Nandes
aveva capito che per noi stessi non avremmo mai accettato di servirlo, ma che
non avremo mai lasciato morire l’altro… Aveva ragione, che il diavolo se lo
porti, dannazione!".
"Così, vi legò a lui con le minacce e
l’inganno?" domandò Drew: pensava di non poter detestare Nandes più di così, ma
a quanto pareva non c’era mai limite al peggio.
"Sì… Nandes disse che se non accettavo,
avrebbe ucciso Ares e poi mi avrebbe liberato. Non potevo lasciarglielo fare:
Ares era tutta la mia famiglia. Così mi sottomisi: Nandes ci legò a lui a filo
doppio, diventammo in un certo qual modo i suoi fedeli cagnolini. Per non far
indebolire la minaccia, ogni volta che tornavamo qui, JR prendeva Ares in
consegna, pronto a farlo fuori alla minima occasione… Per un po’ piegammo la
testa, ma puoi immaginare quanto la cosa ci risultasse intollerabile: ogni volta
che vedevo quella faccia da pantegana, morivo dalla voglia di affettarlo con un
machete… E lo vorrei ancora!".
"Parlami dell’affare Big Jim".
Artemis rise. "Te ne hanno parlato? Credo
che quello sia stato il colpo migliore di tutta la mia carriera. Era un
lavoretto da pivelli, che Nandes si affidò giusto per suo sfizio personale di
vederci sgambettare al suo comando. Ma noi avevamo già deciso che la misura era
colma: era ora che Nandes si ricordasse con chi aveva a che fare. Credo che il
messaggio gli sia arrivato forte e chiaro: ha perso quattro uomini, preziosi
contatti oltreoceano e un bel mucchio di soldi… La miglior vendetta che
potessimo escogitare…".
"Non mi dire che… Avete chiamato voi la
polizia?".
"E chi se no?". Artemis rise ancora più
forte. "Sì, ci siamo auto denunciati; per questo siamo riusciti a filarcela. Ma
la parte migliore è stata la faccia di Nandes quando gli ho detto cosa avevamo
fatto: credo che mi avrebbe ucciso anche sul posto, ma io ho rigirato il gioco
dalla mia parte. Ho messo LUI sotto minaccia, con JR che mi guardava e
contemporaneamente teneva sotto tiro Ares. Avrai capito che JR è un idiota, un
cucciolo fedele che non fa nemmeno mezzo passo se Nandes non gli dice di farlo:
era il modo migliore per sistemarlo, ancora più che minacciare lui. Con una
canna di pistola a dieci centimetri dalla faccia, Nandes divenne molto
accomodante: mi ordinò di saldare il nostro debito entro un mese e io misi ben
in chiaro che dopo quello eravamo liberi e che lui non avrebbe mai più dovuto
pretendere nulla da noi. Altrimenti, ci saremmo dai al sabotaggio di tutte le
sue operazioni. Non è che avesse molte alternative se non accettare… Ma il
destino ha messo te sulla nostra strada e così eccoci qua".
"Quindi, tutto sommato potrei dire che è
colpa mia se sto andando incontro a una morte orribile…
Confortante!".
"Drew, nessuno mi ha obbligata a decidere di
darti una mano, quando mi chiedesti di salvare Hermione. L’ho fatto di mia
volontà perché non sarei riuscita a dormirci la notte altrimenti. Piuttosto, a
me dispiace di averti coinvolto in tutto questo… E anche te, zio Sirius"
aggiunse, rivolta al cane, che alzò appena la testa, scrollandola, come a dire
‘non è colpa tua’.
"Beh, almeno mi risparmierò un mucchio di
problemi con il Ministero" considerò Drew. "Voldemort sarà felice di sapere che
qualcun altro mi ha sistemato al posto suo e gli ha risparmiato la
fatica!".
"Non perdere le speranze" obiettò Artemis.
"Non siamo ancora morti…".
"Perché, tu aspetti ancora un miracolo? Cosa
potrebbe succedere, un fulmine si abbatte su Nandes e lo secca prima che lui
secchi noi?".
La ragazza sbuffò. "Senti, io sto cercando
di tirarti su di morale, ma tu vienimi incontro!". Parve riflettere alcuni
secondi, poi osservò: "Intanto, la nostra amabile chiacchierata è servita a
calmarti un po’".
Su questo aveva ragione: per lo meno, aveva
ripreso a pensare abbastanza lucidamente. Certo, dubitava che sarebbe durato
molto: presto, molto presto, sarebbe stato ripreso dal panico.
"Chissà" proseguì Artemis, "magari scopriamo
che sei Rettilofono come tuo padre e riusciamo a scatenare le bestie contro
Nandes…".
"Non credo che accadrà: mi è già capitato di
trovarmi di fronte a dei serpenti…".
"Non un centinaio tutti insieme" obiettò la
ragazza.
Per la prima volta da quando aveva scoperto
la verità su Harry, Drew pensò che tutto sommato sarebbe stato felice se si
fosse trovato davanti suo padre…
In quel momento il furgone si
fermò.
"Credo proprio che siamo arrivati" constatò
Artemis, quando poco dopo aprirono lo sportello e tre uomini fecero per tirarli
giù.
La ragazza li respinse con un calcio e scese
senza farsi aiutare. "Grazie, faccio da sola: voi tenete le mani a loro posto,
se non volete che ve le stacchi a morsi!".
Però, è decisa a non far cadere la maschera
fino alla fine, pensò Drew, ammirato, mentre
balzava giù a sua volta, seguito da Ares. Quando fu il momento di prendere
Sirius, l’animale ringhiò mostrando i denti e facendo ritrarre terrorizzati gli
uomini di Nandes: malgrado fosse ferito, aveva preso ben poco del suo aspetto
minaccioso.
Si svicolò dalla presa di chi cercava di
trattenerlo e saltò giù dal furgone, accostandosi poi lentamente a Drew. Il
ragazzo notò che sembrava piuttosto barcollante sulle zampe e si chiese come
facesse a tenersi in piedi. Pura forza di volontà, probabilmente: nemmeno lui
vuole mostrare la sua debolezza, anche in questo frangente.
Si guardò intorno: erano in un grande
parcheggio ricolmo delle auto degli affiliati. Non si vedeva anima viva nel
raggio di miglia: dovevano già essere tutti dentro. Certo, aveva scelto bene il
posto: isolato e fuori dal centro, perfetto per non dare nell’occhio. Di fronte
a lui, stava una grande palazzina: si riusciva ancora a distinguere l’insegna
della piscina, ormai sbiadita dal tempo.
Qualcuno lo pungolò alle spalle per
spronarlo. "Cammina, forza".
Sobbalzando di sorpresa, Drew riconobbe
subito quella voce: Franco Torres. Drew si voltò per guardarlo, rischiando di
inciampare nei suoi stessi piedi: Franco manteneva un’espressione neutra e
impenetrabile, cosicché era impossibile immaginare cosa stesse pensando. Mi
sono servito di lui per tutto questo tempo, pensò Drew sentendosi un pochino
in colpa. Lui mi si è avvicinato in buona fede e io l’ho preso per i
fondelli.
Si chiese se Nandes l’avesse messo di
proposito a far da scorta a lui: di certo aveva notato che comunque durante il
suo mese di permanenza nella Casa erano entrati abbastanza in confidenza. E di
certo, non poteva scordare che era stato proprio Franco a introdurlo al cospetto
di Nandes. Sì, l’ha fatto apposta, concluse. È il suo modo di punirlo
e per ricordargli che è fortunato a non fare la mia stessa orribile
fine.
Camminando lentamente per permettere a
Sirius di stargli al passo, Drew si lasciò condurre dentro: passarono un paio di
corridoi, uno che doveva essere il vecchio ingresso e altri che davano sugli
spogliatoi e poi nel locale della piscina vera e propria. La sala era gremita di
gente, tutta affollata sugli spalti che circondavano la vasca vuota, segno che
un tempo dovevano essersi svolte delle gare lì dentro.
La piscina aveva dimensioni olimpioniche;
man mano che Drew veniva spinto avanti, calcolò che doveva essere profonda circa
due metri. Su uno dei lati corti, era stato piazzato un trampolino: era lì che
Franco lo stava conducendo ed era lì che lo aspettavano Ares e Artemis. Beh,
potrei cadere di testa e spaccarmi il cranio: di certo sarà meno
doloroso…
Avrebbe voluto evitare di guardare dentro,
ma alla fine non poté evitarlo: circa a metà del lato lungo, avevano piazzato
una specie di barricata per creare un quadrato 25 metri per 25: qui erano stati
intrappolati un numero esorbitante di sibilanti, sinuosi, arrabbiatissimi
serpenti che quasi occupavano ogni centimetro della vasca a loro disposizione e
che avevano tutta l’aria di starsi già ammazzando a vicenda.
Ok, adesso vomito, si disse, mentre lo stomaco gli si contraeva in una stretta ben
poco rassicurante. Prima vomito e poi svengo!
Non aveva mai realizzato quanto gli
facessero schifo i serpenti… Si chiese vagamente quanto tempo ci avrebbe
impiegato a morire: non aveva idea di quanto tempo ci mettesse il veleno di un
serpente ad agire… Ma di certo Nandes avrebbe fatto in modo che la cosa fosse
lunga.
Si fermò di fianco ad Artemis, che gli
rivolse quello che doveva essere un sorriso rassicurante, ma che risultò più una
smorfia: adesso poteva vedere la paura anche sul volto della ragazza, fissava la
piscina come se temesse che gli animali potessero scivolare fuori… Tuttavia
quando gli parlò, la sua voce era ferma. "Non dargli la soddisfazione di vederti
cedere, Drew: finirà in fretta!".
La cosa non mi conforta più di tanto: se
anche durasse solo dieci secondi, mi sembreranno i dieci secondi più lunghi
della mia vita!
Sirius si era fermato al suo fianco,
crollando poi seduto, esausto: sembrava sul punto di svenire un’altra volta.
Drew si domandò che sarebbe riuscito a tenere al trasformazione o se alla fine
le forze l’avrebbero abbandonato del tutto.
Nandes stava seduto proprio di fronte a
loro, dall’altro lato della vasca, JR fedelmente al suo fianco: il suo sorriso
soddisfatto era più che irritante. Indugia apposta, il bastardo! Spera di
vederci cedere
"Benvenuti, miei cari amici" cominciò poi
parlare. "Siamo qui oggi per assistere all’esecuzione di tre topi di fogna che
hanno cercato di tradire me e per riflesso tutti voi. Spero vivamente che la
loro morte faccia capire a tutti voi che con me non si può scherzare e che
chiunque in futuro tenterà di fare quello che hanno fatto loro verrà ripagato
con una fine altrettanto orribile. Oltretutto, i nostri ospiti d’onore
fraternizzano o usano la magia, il che è già di per sé un motivo sufficiente per
spedirli all’inferno!".
Si levò un coro di fischi e applausi di
approvazione; parecchi si voltarono a guardarli con odio, urlando insulti.
"Silenzio!" intimò Nandes, prima di
rivolgersi ai tre condannati. "Non ho dubbi che vorrete conservare la vostra
dignità anche in questa estrema circostanza. Tuttavia se qualcuno di voi volesse
implorarmi, saremo lieti di ascoltare le sue vane suppliche!".
Lo sguardo che Artemis gli rivolse sarebbe
bastato a squagliare una lastra d’acciaio. "Ho solo tre parole per te,
sottospecie di sciacallo travestito: va’ all’inferno!".
"Non prima di te, mia cara".
"Allora sappi che ti terrò un posto in
caldo, Nandes!".
Beh, non si può negare che abbia fegato,
pensò Drew: per quel che riguardava lui, era più
che certo che se avesse aperto la bocca, avrebbe semplicemente dato di stomaco.
E siccome non voleva dare a Nandes quel piacere, decise di tenere le labbra ben
serrate.
"Beh, se questo è tutto… dunque, da chi
cominciamo?". Nandes passò in rassegna i prigionieri uno a uno, fermandosi
infine su Drew. E ti pareva! "Prima lei, signor Potter: in fondo sei
quello che se l’è andata a cercare più di tutti. Daremo ai tuoi amici
l’opportunità di vederti morire urlando… SCiogliete le corde: voglio che sia
libero di muoversi".
Vuole vedermi correre come una bestia in
gabbia: vuole vedere la disperazione in tutta la sua gloria… Beh, l’avrebbe di certo accontentato, pensò, mentre Franco gli
liberava le mani e poi lo spingeva verso il trampolino.
Qualcuno tirò qualcosa dentro la vasca,
rendendo ancora più furiosi i suoi striscianti occupanti. Mentre si allontanava
dal bordo della piscina, Drew si rammaricò che non fosse più profonda: un salto
di due metri come quello non sarebbe certo bastato per ucciderlo, magari gli
avrebbe solo rotto qualcosa, aggiungendo dolore al dolore… Nandes l’ha
progettata proprio bene: era decisamente meglio Voldemort, almeno lui usava
l’Anatema che Uccide, veloce e pulito.
Arrivò alla fine dell’asse e guardò in
basso: se possibile, ora le bestie sembravano ancora di più e più incavolate. Le
ginocchia gli avrebbero ceduto da un momento all’altro, ne era sicuro… Per
distrarsi, gli vennero in mente quei film di pirati dove i prigionieri veniva
buttati fuori bordo in bocca agli squali.
"Mio caro Potter" intervenne Nandes, in tono
spazientito, "qui facciamo notte: o ti butti tu o ti farò spingere da
qualcuno…".
Ma che si aspettava? Che andassi incontro
alla morte con il sorriso sulle labbra?
Si voltò un’ultima volta a guardare i suoi
amici: Ares gli fece un cenno di incoraggiamento con il capo, Artemis gli fece
un altro debole tentativo di sorridere, mentre Sirius sembrava morire dalla
voglia di precipitarsi lì e spingerlo via, per poi azzannare
qualcuno…
Poi posò di nuovo lo sguardo sul fondo
sottostante e deglutì, con il cuore che gli batteva come un tamburo.
Poi si scatenò l’inferno.
Nello stesso istante in cui Franco ubbidiva
a uno scocciato gesto di Nandes e colpiva con un piede il trampolino, mentre
Drew si sentiva la terra svanire sotto i piedi, risuonarono una serie di CRACK e
poi urli, mentre getti di luce rossa cominciavano a volare ovunque, mischiati a
spari. Per un puro colpo di fortuna, Drew riuscì ad aggrapparsi con una mano al
trampolino, piegando poi istintivamente le gambe per tenerle lontane da
eventuali rettili più intraprendenti degli altri. Consapevole che quella presa
era l’unica cosa che lo separava da una morte orribile, Drew si aggrappò
all’asse di legno con tutte le sue forze. Con la coda dell’occhio, vide
incantesimo volargli sopra la testa, poi Artemis chinarsi per evitare un colpo
dei suoi guardiani e mollargli un calcio, spedendolo al tappeto. Ares fece più o
meno lo stesso.
Con uno schiocco e in un turbinio di bende
stracciate, Sirius riprese le sue vere sembianze, lasciando più che spiazzati
gli uomini che lo circondavano: approfittando del vantaggio, Sirius estrasse la
bacchetta e ne colpì tre, stringendosi il fianco ferito con una smorfia, per poi
liberare le mani di Artemis e Ares.
"Drew!" gridò la ragazza, afferrando la
pistola di uno degli scagnozzi svenuti. "Tieniti!".
Drew sbuffò. "Non ho intenzione di
disubbidire, grazie mille!".
Cercò di issarsi in una posizione più
sicura, ma il trampolino scricchiolò in maniera abbastanza preoccupante:
probabilmente era troppo vecchio e non programmato per reggere tutto quel peso,
perciò Drew desistette.
Artemis sparò alcuni colpi contro non meglio
precisati bersagli. "Ares, coprimi!".
Senza attendere risposta, si precipitò verso
Drew sprezzante del rischio di perdere l’equilibrio e lo afferrò per le braccia,
sedendosi cavalcioni, mentre la sua riguadagnata arma cadeva di sotto.
Istintivamente, Drew si aggrappò a lei con una mano, facendola piegare.
"Accidenti, quanto pesi!" sbuffò, saldando la presa. "Reggiti forte: ora ti tiro
su!".
Drew annuì, mentre la ragazza cominciava a
tirare e lui l’aiutava facendo leva sulla mano. Era stato issato per metà quando
vide l’uomo a bordo vasca puntare la pistola contro di loro. "ARTEMIS!"
gridò.
La ragazza si voltò e per schivare il colpo,
fu costretta a mollarlo, facendolo ricadere; la sua presa tremò, mentre
rischiava di farsi scivolare la tavola tra le dita; vide anche la ragazza sul
punto di cadere all’indietro, con l’equilibrio compromesso dalla mossa
improvvisa.
Prima che potesse riprovare, l’uomo fu
colpito da uno Schiantesimo e cadde faccia avanti dritto nella piscina; né Drew
né Artemis guardarono sotto; al suo posto, comparve uno dei gemelli
Weasley.
Il ragazzo capì allora che cosa stava
succedendo: l’Ordine era venuto a salvarli! Avrebbe dovuto immaginarlo che non
si sarebbero rassegnati così facilmente…
"Drew, resisti!" gli gridò il gemello. Poi
puntò la bacchetta contro di lui: Drew si ritrovò a levitare a mezz’aria, mentre
veniva pilotato verso il solido, vecchio pavimento.
"FRED!" gridò Artemis, che stava strisciando
verso il bordo. "Dietro di te!".
L’uomo si voltò, appena in tempo per evitare
un coltello vagante. Drew cadde, ma per fortuna l’Incantesimo era servito al suo
scopo: il ragazzo fece un atterraggio doloroso, ma sicuro. Subito qualcuno gli
fu addosso, con la chiara intenzione di strangolarlo. Drew lo colpì con un
calcio per cercare di levarselo di dosso e Sirius dietro di lui lo colpì alla
schiena.
"Stai bene" domandò l’Animagus, mentre il
ragazzo balzava in piedi.
"Credo di sì". Drew fissò l’uomo
preoccupato: era pallido come un morto e aveva una mano macchiata di sangue: la
ferita si era riaperta!".
"Sirius, dobbiamo portarti via da qui!"
esclamò, afferrandolo per un braccio. Sirius si appoggiò pesantemente a lui,
evidentemente grato di quel sostegno: le poche forze che aveva lo stavano
rapidamente abbandonando.
"Prendi questa" disse, mettendogli in mano
la sua bacchetta. "Dubito che riuscirò a farci ancora molto!".
Drew la prese e subito lanciò qualche
Schiantesimo, centrando alcuni degli uomini di Nandes. Solo in quel momento si
rese conto del caos che era calato nel salone: gli uomini di Nandes brulicavano
come formiche sotto attacco, mentre i membri dell’Ordine seminavano il terrore.
Notò anche che molti, più che combattere, sembravano semplicemente intenzionati
a scappare il più lontano possibile, in barba a Nandes che stava ferocemente
opponendo resistenza.
"Zio Sirius! Drew!". Artemis comparve al
loro fianco, una pistola in ogni mano e una luce assassina negli
occhi.
"'Temis, dobbiamo andarcene da qui!" le
gridò Drew in risposta. "Dobbiamo cercare gli altri dell’Ordine e
Smaterializzarci".
Artemis annuì, conscia del pericolo e
dell’urgenza della situazione: Sirius non poteva resistere ancora a
lungo.
"Vieni con me! E stammi vicino". E partì
alla carica.
Ma eseguire l’ordine fu ben più complesso:
gli uomini di Nandes erano piombati nel panico, ma erano determinati a uscirne
vivi e colpivano indiscriminatamente qualunque cosa si mettesse sulla loro
strada. Presto Drew perse Artemis nel tumulto della folla. Impacciato da Sirius,
dovette smettere di cercare lei o chiunque altro per proteggere sé stesso da
proiettili vaganti.
"Dannazione!" imprecò, quando qualcuno
riuscì a colpirlo di striscio al braccio. Sentì il sangue cominciare a
scorrergli sulla pelle, ma lo ignorò: l’adrenalina non gli faceva nemmeno
sentire il dolore.
Riprese a lanciare fatture e maledizione con
ancora più violenza, cercando di farsi strada verso i suoi amici, che scorgeva
un po’ ovunque: erano venuti proprio tutti per salvarli, mancavano solo ted e
Dora. Con un tuffo al cuore, riuscì a riconoscere anche Remus nella mischia,
dall’altro lato della piscina, vicino al punto in cui si trovavano Nandes e JR.
che diavolo è venuto a fare? Si farà ammazzare… Poi gli venne in mente
che probabilmente gli altri non erano riusciti a fermarlo: se c’era di mezzo la
figlia, il licantropo non ascoltava più niente e nessuno.
E poi nel mezzo dei volti sconosciuti che lo
stavano attaccando, scorse un volto famigliare: Franco, che stava dirigendosi
verso di lui, pistola levata.
Drew esitò. "Non lo fare,
Franco!".
Lo spagnolo lo guardò come se fosse un
extraterrestre. "Dammi un solo buon motivo perché non dovrei: non hai fatto
altro che usarmi, schifoso mago voltagabbana!".
"NO!" protestò Drew, con forza. "Io non
volevo…".
"Prendermi per il culo? Congratulazioni, ci
sei riuscito!".
"Ascoltami, Franco: se vuoi, sparami pure.
Non vorrei battermi con te, ma se sarà necessario mi difenderò. Ma preferirei
evitare: tu sei l’unico in questo mese che mi è stato amico…".
"Già". Franco sputò in terra con disprezzo.
"E tu di certo avrai pensato tutto il tempo ‘che razza di cretino’! Beh, è
ufficiale: sono il più grande cretino del pianeta: mi sono fatto abbindolare
come un bambino di sei anni!.
"Franco: lo so, sono stato spregevole, ma
credimi se ti dico che mentire con te è diventato sempre più difficile: in un
certo senso, ho cominciato a considerarti un amico…".
"E che importanza ha? Io ho offerto la mia
amicizia a Danny Burton, non a Andrew Potter…".
"Tu puoi essere migliore di così, Franco:
vuoi vivere all’ombra di Nandes per il resto della tua vita? Non credo che
uscirà vivo da qui: Ares o Artemis lo uccideranno. Non ci guadagni niente a
servire un padrone già bello che morto!".
"A parte il piacere della vendetta…" obiettò
Torres; tuttavia Drew vide che la sua presa sulla pistola non era più così
salda.
"Te lo detto: se vuoi, sparami. Io mi
difenderò, se sarò costretto: ma non voglio farti del male. Ti ho usato, non lo
nego, ma ho davvero apprezzato la tua compagnia e il tuo supporto: quello che ti
ho detto durante le nostre serate, non erano solo menzogne, credo ti
considerarti davvero un buon amico…".
"Perché mi dici tutto questo, Potter? Ormai
non ha più importanza…".
"Ne ha invece: fai la scelta giusta, Franco.
Hai le potenzialità per fare molto di più che il contrabbandiere per Nandes. Ci
sono tante cose migliori di questa che potresti fare…".
"Pensi sul serio che potrei andarmene così?
Nandes non lo permetterebbe…".
"Fidati, Nandes è un uomo finito: Ares e
Artemis non lo lasceranno in pace finché non gliela faranno pagare. Vuoi colare
a picco con lui?".
Franco esitò ancora, indeciso. "Sei ancora
in tempo per cambiare vita, Franco" insistette Drew. "Una vita lontano da tutto
questo…".
Incantesimi e pallottole continuavano a
fischiare intorno a loro; poi, Franco abbassò l’arma e senza dire una parola se
ne andò, scomparendo presto tra la folla. Drew sperò in tutto cuore che
ascoltasse le sue parole, guardandolo allontanarsi, convinto che non l’avrebbe
mai più rivisto. Soltanto anni dopo, avrebbe scoperto che si era
sbagliato…
"È stato un nobile gesto" osservò Sirius,
con tutta l’aria di essere ancora in piedi solo perché era pesantemente
appoggiato alle sue spalle.
Drew annuì. "Credo sul serio quello che ho
detto: Franco è una brava persona… Devo portarti via da qui" aggiunse poi,
riscuotendosi, ricordandosi che era nel bel mezzo di una battaglia e che Sirius
era gravemente ferito.
"Drew! Sirius!". Luna comparve
all’improvviso al loro fianco, tesa e preoccupata, sparando Schiantesimi a
destra e a manca. "Ragazzi, state bene?".
"Starò meglio quando potrò sdraiarmi in un
letto…" rispose Sirius, mentre Luna gli passava una mano intorno alla vita,
aiutando Drew a trasportarlo. "Resisti" gli sussurrò la donna. "Ora ti portiamo
via da qui…".
Dall’altro lato della stanza, Artemis si
faceva strada con le unghie e con i denti per raggiungere Nandes, decisa a
fargli pagare tutto quello che aveva fatto. Quando si era resa conto che in quel
casino aveva perso Drew e Sirius, aveva inizialmente pensato di tornare a
cercarli. Poi, però, aveva riconosciuto suo padre, proprio ai piedi della pedana
dove Nandes si trovava con i suoi e si era sentita montare il panico: suo padre
non era in grado di reggere un duello, non a lungo perlomeno. E oltretutto era
così vicino a Nandes, l’unico uomo nella stanza, insieme a JR, che era
intenzionato a opporre resistenza e non a precipitarsi verso l’uscita più
vicina.
Così si era precipitata in quella direzione:
prima di toccare suo padre, Nandes avrebbe dovuto passare sul suo cadavere. Ma
raggiungerli si era rivelato più complesso del previsto: che lo facessero
apposta o no, sembrava che metà della corte di Nandes stesse cercando di
fermarla. Forse volevano proteggere il loro capo o forse stavano semplicemente
cercando di scappare, ad Artemis non importava: aveva già dovuto cambiare
pistola una volta perché la prima si era scaricata; aveva cercato di evitare di
uccidere, ma non sempre aveva potuto prendere bene la mira: non era nemmeno
tempo di andare tanto per il sottile!
"Papà!" gridò, quando fu a pochi metri da
Remus, mollando nel contempo un pugno a un idiota che l’aveva afferrata per un
bracci. "Levati dai piedi!" gridò, rimarcando il concetto con un
calcio.
Il licantropo si era nel frattempo voltato
nella sua direzione, illuminandosi nel vederla sana e salva. "Ally!".
Con la strada finalmente spianata, Artemis
si precipitò da lui, abbracciandolo. "Papà, non dovresti essere
qui…".
"Non rimproverarmi: non potevo restarmene
con le mani in mano mentre eri in pericolo…".
"Sei ti sentirai male, giuro che ti uccido!"
lo minacciò la ragazza, facendolo ridacchiare.
"Bene, bene, che scenetta
commuovente".
Oh, no, ancora lui… Artemis si sciolse dall’abbraccio, trovandosi di fronte JR che la
osservava con il migliore dei suoi ghigni.
"Non credevo che avessi un padre, Artemis"
osservò l’uomo, puntandole contro un fucile spuntato da chissà dove. "Credevo
che la terra di avesse sputata fuori così come sei, piccolo demonio in
biondo!"
"Va’ al diavolo, JR: avete perso, accettalo.
Tu e il tuo capo siete finiti!".
"Io mi sento ancora saldo sulle gambe,
grazie lo stesso. E ho intenzione di togliermi qualche sfizio con te… Penso che
comincerò con il tuo paparino e poi passerò a te, mia adorabile
colombella!".
E poi, senza il minimo preavviso sparò;
Artemis riuscì a spingere via Remus appena in tempo. "Schifosa, piccola carogna!
Prenditela con me e lascia mio padre fuori da questa storia…".
"Quanta umanità: non ti credevo davvero
capace di provare affetto sincero per qualcuno… Questo renderà tutto ancora più
divertente".
Sparò di nuovo, ma stavolta Remus era
preparato e deviò il colpo con un Incantesimo Scudo.
"Ti ho detto di lasciare in pace mio padre!"
gridò Artemis, piena di rabbia. Guidata da quel sentimento e probabilmente anche
da un impulso omicida/suicida, balzò in avanti, con l’intenzione di fare a JR
più male possibile. L’uomo fu colto talmente di sorpresa da quel gesto che non
fece in tempo nemmeno ad alzare il fucile che lei gli era già
addosso.
"Ally, fermati!" gridò Remus, ma solo una
piccola parte della sua mente lo sentì: tutto il resto era impegnato a colpire
ogni centimetro di pelle di JR che riuscisse a raggiungere.
JR comunque si riprese in fretta e cercò di
levarsela di dosso, cosa che gli riuscì abbastanza facilmente, considerata la
disparità di mole tra i due. Artemis ruzzolò a terra, colpendo duramente il
pavimento e trovandosi poi la canna del fucile davanti al naso. "Sai, ci ho
ripensato: prima ammazzò te e poi il tuo caro papino…".
"STUPEFICIUM!". L’incantesimo arrivò nello
stesso tempo da due parti opposte. Mentre JR cadeva e Artemis si rialzava,
strappandogli il fucile di mano, vide Ares venirle incontrò con una bacchetta
ancora levata.
"Quella da dove arriva?" domandò
Artemis.
"Hermione me l’ha data: è più efficace e
veloce di una pistola… Stai bene?".
"Certo che sì. Grazie". Si voltò, pronta a
ringraziare anche suo padre, ma si trovò di fronte una sgradita sorpresa. Ti
liberi del pesce piccolo e ne compare sempre uno più grosso, pensò frustata
e arrabbiata, nel vedere Nandes avanzare verso Remus con una pistola sguainata:
Remus aveva già deviato un paio di colpo mentre lei era distratta e
indietreggiava lentamente. Ma mi consentirà di divertirmi un
po’…
"Nandes!" urlò, un grido che fece tremare le
pareti tanto era carico di collera. "Osa toccarlo e nemmeno all’inferno sarai al
sicuro!".
Nandes si voltò ridacchiando, una gioia
perversa e vagamente folle negli occhi. "Quanto sei sentimentale, Artemis: ti
dovresti liberare di questi pesanti bagagli emotivi. Sarò lieto di aiutarti a
sbarazzarti di questo vecchio storpio inutile".
Sparò di nuovo e di nuovo Remus lo respinse,
spedendogli contro una Maledizione che Nandes evitò rapido. Artemis prese a sua
volta la mira e fece fuoco con l’arma di JR: mancò Nandes di diversi centimetri
e si sentì tremare i polsi per il contraccolpo. Non era abituata ad armi di
quella grandezza e potenza…
"Fai un gioco pericoloso, Artemis" la
schernì Nandes. "Potresti farti male con quel fucile tra le mani: sarebbe meglio
togliertelo!".
A un suo cenno, tre uomini le si pararono
davanti, mentre lui tornava a dedicarsi a Remus, riprendendo a sparargli contro
e costringendolo a indietreggiare ulteriormente.
"Papà!" gridò Artemis, cercando di balzare
in avanti e trovandosi immancabilmente la via bloccata.
Ares comparve al suo fianco. "Io penso ai
due a destra" disse. "Tu sistema quello a sinistra e poi va da
Remus".
La ragazza non se lo fece ripetere e mentre
Ares ingaggiava una battaglia già vinta, lei lottò per vincere l’uomo che aveva
di fronte, un quarantenne coi capelli neri, determinato e combattivo, ma non
abbastanza per lei: le fece perdere alcuni preziosi minuti e la poca pazienza
che le era rimasta, ma alla fine lo colpì.
Nello stesso istante, dall’altro lato della
piscina dove li aveva condotti il loro duello, pericolosamente vicini al bordo
della vasca piena di serpenti, Remus mise un piede in fallo e scivolò a terra,
finendo sovrastato da Nandes.
"Papà!" gridò Artemis, precipitandosi in
quella direzione. Nandes gli strappò la bacchetta di mano, gettandola via
insieme al bastone e poi alzò la pistola.
"È stata una bella partita, vecchio" disse.
"Ma è finita".
Allora Artemis sparò, mancandolo di nuovo,
ma attirando la sua attenzione.
"Non si può mai finire un lavoro" borbottò
frustrato Nandes. "Sei così ansiosa di morire, sciocca ragazzina?".
"Tocca ancora mio padre e non sarò io a
morire".
"Toccarlo? Intendi qualcosa del genere?" e
mollò un feroce calcio a Remus, che stava faticosamente cercando di rialzarsi,
centrandolo proprio alla gamba ferita e facendolo ricadere all’indietro con un
gemito.
Come pochi minuti prima, quando si era
trovata di fronte JR, Artemis sentì di nuovo montare la rabbia: quell’uomo le
aveva rovinato gli ultimi sei mesi della sua vita, l’aveva ricattata, minacciata
e sfruttata come una animale da soma, aveva appena cercato di ucciderla e adesso
aveva attaccato suo padre. Non credeva che si potesse odiare tanto qualcuno come
in quel momento odiava Nandes: avrebbe avuto la sua testa e l’avrebbe avuta lì e
subito.
"Questa volta hai passato il segno!" gli
gridò prima di avventarglisi contro.
Ma Nandes aveva riflessi decisamente più
pronti di quelli di JR: quando se la vide addosso, la schivò, colpendola con il
calcio della pistola alla nuca. La ragazza cadde in terra, stordita; fece per
rialzarsi, ma le arrivò un calcio in mezzo alle scapole e subito dopo un altro
al fianco che la rivoltò. Ignorando il dolore, fece per sollevare il fucile, ma
Nandes lo afferrò, togliendoglielo dalle mani. "Le brave bambine come te non
dovrebbero giocare con queste cose, no Artemis? Potresti farti
male…".
"L’unico a cui voglio fare male sei tu!".
Accompagnò queste parole con un calcio, rotolò di lato, facendo per rialzarsi
solo per essere raggiunta dall’impugnatura del fucile che fino a poco prima era
la sua arma, stavolta in piena fronte.
Gemette, mentre puntini multicolore le
confondevano la vista. Si portò un mano alla parte lesa e la sentì umida di
sangue. "Maledetto, schifoso…".
"Ah, ah, fossi in te sceglierei con cura le
parole… Non sei nella posizione di insultare nessuno". Puntò la pistola e si
preparò a sparare. Artemis schivò il colpo per un pelo, strisciando lontano,
continuando a tenerlo d’occhio e lottando per mantenere la lucidità. Tastava con
frenesia e paura crescente il pavimento dietro di lei, alla disperata ricerca di
un’arma, una qualunque arma.
"Ally! Ally!". Scorse con la coda
dell’occhio suo padre che cercava di alzarsi, lottando con la gamba inerte,
nello stesso istante in cui Nandes la mancava per la seconda volta, stavolta
proprio per un soffio.
Questa volta morirò sul serio, stavolta sono
al game over… E morirò per mano di questo bastardo…
"Hai finito i trucchi, Artemis?" la prese in
girò Nandes, avanzando verso di lei, sovrastandola, schifosamente compiaciuto.
"Sai, non credevo che oggi sarebbe finita così, ma tutto sommato non mi
dispiace…".
Alzò di nuovo la pistola. Stavolta non
l’avrebbe mancata, era troppo vicino e lei troppo debole per poterlo schivare.
Era finita… Ma mentre lo pensava le sue dita sfiorarono qualcosa: un oggetto
lungo e stretto, di legno… la bacchetta di suo padre.
Solo una piccolissima parte del suo cervello
pensò a quanto quel gesto fosse stupido, il suo istinto di sopravvivenza agì al
posto suo: nel momento in cui l’indice di Nandes si posava sul grilletto, la sua
mano si chiuse intorno alla bacchetta. Ally la sollevò e gridò con tutte le sue
forze: "STUPEFICIUM!".
La magia sopita dentro di lei l’attraverso
come una scarica, liberandosi in un incantesimo di inaudita potenza, Artemis
aveva quasi dimenticato quella meravigliosa sensazione… Mancarlo sarebbe stato
impossibile: Nandes fu centrato in pieno petto e sbalzato all’indietro, fino al
bordo della piscina. Per un attimo sembrò galleggiare a mezz’aria, poi ricadde
all’indietro, dritto nella trappola di morte che aveva escogitato lui
stesso.
Artemis rimase immobile a guardare il punto
in cui era caduto incredula, con le orecchie piene dei sibili infuriati dei
serpenti là sotto: era morto, era morto sul serio…
Tutto questo accadde esattamente in cinque
secondi, che fu anche il tempo necessario perché la ragazza si rendesse conto di
quello che aveva fatto. La bacchetta le scivolò dalle dita, mentre il braccio
destro, là dove era tatuato il Marchio del Diavolo, cominciava a bruciare come
se fosse stato posto sotto un ferro rovente. Le sue mani cominciarono a tremare
in modo convulso, mentre il dolore si estendeva al resto del corpo. Non si rese
nemmeno conto di cominciare a gridare, le parve di udire più di una voce
ripetere più volte il suo nome, ma non seppe riconoscere chi fosse… Il buio
l’avvolse, ma il tormento non cessò…
Drew si trovava dall’altro lato della
piscina con Luna e Sirius quando tutto questo accadde. Si voltò in tempo per
vedere il lampo di luce rossa e Nandes cadere nella sua stessa trappola;
distolse rapidamente lo sguardo per non assistere a quel penoso spettacolo, poi
udì il grido, lacerante e quasi disumano.
"Artemis!" gridò, vedendola cadere
all’indietro, il corpo scosso da violente convulsioni. Ricordò il getto di luce
e capì cosa era successo. No, non è vero, non può aver usato la magia.
"Artemis!".
"Ally! Ally! No!". Il grido di Remus ricordò
vagamente quello di un animale ferito a morte tanto era intriso di sofferenza:
lo vide strisciare, trascinandosi dietro la gamba ferita, per avvicinarsi alla
figlia.
Intorno a loro la battaglia stava cessando:
molti avevano visto Nandes cadere e avevano evidentemente ritenuto inutile
seguire il loro capo nella tomba, così avevano abbandonato la lotta e si erano
dati alla fuga generale. In tal modo, tutti i membri dell’Ordine furono liberi
di girarsi in direzione di Artemis e vedere cosa stava succedendo.
Drew si liberò dalla presa di Sirius e corse
in direzione dell’amica, scivolando un paio di volte su macchie vischiose di cui
preferì non attestare l’origine e inciampando in un paio di corpi.
Remus, più disagiato nei movimenti, ma anche
più vicino, lo precedette di pochi metri.
"Ally" sussurrò in tono dolce e disperato,
facendo per prendere la mano. "Bambina mia…".
In quel momento, il corpo di Artemis fu
circondato da un fascio di luce bluastra: le dita di Remus si strinsero contro
il nulla.
Quando Drew si fermò davanti a lui con il
fiatone, Artemis era sparita, come risucchiata. Calò un silenzio irreale, specie
se paragonato al trambusto che era regnato fino a pochi minuti prima.
"Cosa… Cosa è successo. Dov’è finita?"
domandò Drew, con il fiatone.
Remus fissava il punto dove un istante prima
giaceva la figlia, impietrito, quasi sperasse che il pavimento la risputasse
fuori. "Non ne ho idea…" fu la risposta, appena percettibile tanto era stata
mormorata piano, ma intrisa di sconforto.
LYRAPOTTER’S CORNER
Bon jour, bon jour… Se ve lo state
chiedendo, sì, sono felice, raggiante, disgustosamente allegra: gli esami sono
finiti, finiti, finiti!!!! I risultati li avrò solo sabato, ma chi se ne… sono
libera!!!!!! Maledetto liceo P. Nervi, non controllerai più il mio destino!!!!!!
Per la cronaca, se martedì verso le nove avete sentito qualcuno gridare a
squarciagola "libertà" sappiate che ero io… E indovinate che ho fatto appena
riguadagnata la tanto sudata libertà? Ma ovviamente mi sono fiondata su Word e
ho cominciato a scrivere questo capitolo (dopo una lunga dormita per recuperare
tre notti insonni): erano più o meno tre settimane che le mani mi prudevano
dalla voglia di scrivere e se avessi aspettato solo un altro giorno penso che mi
sarei esaurita. E così, giù, la mia povera tastiera ormai non ne può più da
tanto l’ho usata… Ma dovrà resistere, perché penso proprio che non mi fermerò
tanto presto… il che è davvero una buona notizia per voi, perché significa che
si tornerà ai tempo d’oro in cui aggiornavo come minimo una volta a settimana…
Sempre ammesso che qualcuno si ricordi ancora di questa storia,
ovviamente.
Intanto che ne pensate di questo lungo parto
della mia mente malata? La parentesi Nandes è finalmente conclusa (ovvio, direi,
visto che lui è morto) e Sylar e Voldemort hanno tanti bei progettini malvagi in
mente… Eh beh, li ho lasciati in panchina anche troppo: entriamo ufficialmente
nell’ultima fase di questo primo pezzo della trilogia E vi ho anche regalato la
prima apparizione di Julius Osborne: avviso subito che probabilmente non
comparirà spesso, ma quando lo farà, non sarà mai una bella cosa (intanto vi ho
fatto sapere che fine ha fatto un altro dei Weasley, piano, piano li infilerò
dentro tutti!!!!). E come al solito sono stata abbastanza bastarda da lasciarvi
con un finale al cardiopalma: che fine avrà fatto Artemis? Eh, eh, se ve lo
dicessi sarebbe troppo facile, anche se credo che dovrò rintanarmi in cantina un
paio di giorni per evitare granate nucleari.
E ora, passiamo a ringraziare le anime
gentili che commentarono quel dì lontano di un mese fa: ho notato che state
calando, cos’è, la storia non vi piace più?
Ino chan, sister carissima, su non fare così, la mia intenzione non è certo
quella di ucciderti… anche se credo che vorrai farlo tu, ora che la mia mannaia
è calata su Artemis…
Deidara, mio
fedelissimo lettore, ecco a te la liberazione, contornata di ovviamente di nuovi
problemi (altrimenti non ero io, no?). Per rispondere alla tua domanda, questa
storia, che probabilmente conterà ancora una decina al massimo di capitoli al
massimo (forse anche meno), è la prima di tre storie, che verranno a loro tempo
pubblicate di separata sede (ma la storia è già tutta programmata) e che insieme
formeranno una trilogia. Spero di essere stata chiara. Un’ultima cosa: giuro,
dovesse cadermi un mattone in testa, che andrò a commentare la tua storia quanto
prima, parola di jedi!
LadyMorgan, visto, sono in anticipo di ben sei giorni rispetto al tuo
ultimatum, per questa volta puoi risparmiarmi, dai? E per una volta puoi stare
tranquilla, mia fida omonima: come ho già detto, conto di tenere aggiornamenti
costanti per il resto dell’estate (e vale per tutte le mie fanfiction)!!!! Detto
questo, ti tranquillizzo subito: io amo quel gran bel personaggio che è Sirius
Black, per la sua morte, la Rowling è finita per sempre sul mio libro nero (poi
andando avanti con la saga, ha peggiorato la sua situazione, so che non l’ho do
a vedere, ma ha ucciso praticamente tutti i personaggi che adoro e mi diverto a
maltrattare), perciò sta pur sicura che Sirius NON morirà: magari ci andrà
vicino qualche volta, ma non morirà! In ultimo, la S.C.U.O.L.A. è
definitivamente finita, per mia somma gioia e lo sai che anche dalle mie parti
si dice in groppa al porcospino (solo, noi rispondiamo "speriamo che non
punga").
Hermione616, l’attesa è finita e come ho appena detto Sirius non morirà. Quanto
al mettersi con Luna, è un altro paio di maniche!!!!!!
Ok, con questo ho finito, me ne vado a letto
che è tardissimo, ma volevo assolutamente postare oggi! Commentate, mi
raccomando, see you soon!!!!!!
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Capitolo 24 *** Nuove complicazioni ***
MAGIC WARS
CAPITOLO XXII: NUOVE COMPLICAZIONI
Hogwarts
Scozia
2012
Quando Lucius Malfoy aveva accettato la
direzione della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, dopo la morte del
traditore Severus Piton, era stato ragionevolmente convinto di lasciare
l’attività ormai troppo frenetica dei Mangiamorte per una vita più tranquilla. E
in effetti, almeno all’inizio era andata così: sorvolando su certi moti di
resistenza da parte della vecchia scuola (i pochi insegnanti sopravvissuti che
malgrado l’età si rifiutavano di andare in pensione), l’incarico di Lucius era
stato di tutto riposo. Gli studenti avevano perso da tempo la forza rivoltosa e
ormai molti alunni erano nati e cresciuti sotto il regime di Voldemort, perciò
non conoscevano altre realtà che quella, senza contare che Hogwarts era
diventata molto più selettiva del passato: se non avevi almeno un avo magico sia
da parte di madre che da parte di padre, non potevi essere ammesso, il che
scartava, oltre ovviamente tutti i Sanguesporco, anche i Mezzosangue che avevano
almeno un genitore Figlio di Babbani. Tutto questo aveva di fatto drasticamente
tagliato il numero di studenti, con sommo sollievo di Malfoy, a cui risultava
molto più semplice dirigere la scuola.
Tutto questo aveva funzionato finché Allison
Lupin Black non era approdata ad Hogwarts. A dir la verità, Lucius le aveva
provato tutte perché non venisse ammessa. All’inizio si era appellato alla
purezza di sangue, ma era bastato poco per capire che quella strada era un
vicolo cieco: da parte di madre, vantava la discendenza dai Black, praticamente
inattaccabile; da parte di padre, la situazione era forse più scricchiolante,
essendo quest’ultimo Mezzosangue, ma era bastato qualche controllo agli alberi
genealogici a capire che la ragazza rispondeva ai requisiti
richiesti.
Per nulla scoraggiato, Malfoy aveva tentato
altri mezzi: prima il suo sangue ibrido, in quanto mezza licantropa, poi le
attività sovversive dei suoi genitori…
Alla fine, Andromeda Black, per mettere fine
alle discussione, era andata ad appellarsi direttamente alle alte sfere,
sfruttando il suo nome: voci di corridoio dicevano che aveva passato un’intera
giornata a piantonare il salone d’ingresso, apostrofando qualunque magistrato
salisse ai piani superiori e che aveva minacciato di andare a parlare con Lord
Sylar in persona se quella faccenda non fosse stata risolta subito. Una donna
notevole, senza dubbio: senza pudore, forse, ma notevole.
Così, Lucius aveva piegato il capo e Allison
il primo settembre era saltata sull’Espresso ed era arrivata ad
Hogwarts.
I fatti dimostrarono presto che Lucius aveva
fatto bene a paventare l’ammissione della piccola Black: smistata a Tassorosso,
Allison era incredibilmente dotata, ma studiava solo quello che le andava di
studiare, collezionando insufficienze in tutte le altre materie. Oltretutto, il
suo impegno scolastico era direttamente proporzionale alla sua opinione dei
professori: più l’insegnante le stava antipatico, più era irrispettosa nei suoi
confronti e peggiori erano i suoi voti. Il risultato fu che solo nel suo primo
anno, collezionò più ore di punizione di tutti gli altri studenti messi insieme.
E le ore che non scontava in castigo, le passava a escogitare scherzi con i suoi
amici, con il non dichiarato scopo di demolire ogni istituzione e soprattutto
l’autorità del preside. Agli occhi di chi li aveva conosciuti, la piccola Lupin
era un superconcentrato di tutte le peggiori caratteristiche dei suoi genitori:
la goffaggine e la parlantina sciolta di sua madre e il lato puramente più
malandrino di suo padre, il tutto coniugato con un ottimo cervello sfruttato per
le cose sbagliate.
La maggior parte dei professori era ansioso
di liberarsene al momento dei G.U.F.O, ma paradossalmente, la ragazza conquistò
ottimi voti agli esami, più che per reale interesse per lo studio, perché non
voleva rinunciare al suo passatempo preferito, ovvero tormentare gli insegnanti
di idee filo-ministeriali (quasi tutti ex-Mangiamorte).
La situazione era ulteriormente peggiorata
proprio al quinto anno, quando la sua ribellione aveva raggiunto livelli
pandemici: Allison passò la maggior parte di quell’anno manovrando le attività
del nuovo E.S., un’organizzazione di studenti di idee platealmente
anti-ministero.
Dal punto di vista di Lucius, la cosa più
frustante di tutta quella storia era sapere esattamente chi c’era dietro senza
poter fare nulla: Allison e i suoi amici erano attentissimi a non lasciare la
minima prova dietro di loro, il che rendeva impossibile qualunque sanzione
disciplinare. L’ultima cosa che voleva Malfoy era ritrovarsi Andromeda Black nel
suo ufficio a protestare per un’espulsione ingiustificata, cosa che sarebbe
stata capacissima di fare.
Le cose andarono avanti così, con il preside
che ingoiava rospi su rospi e la ragazza che se la rideva in silenzio, fino
all’inizio del suo sesto anno, quando Allison varcò la linea sottile tra
tollerato e inaccettabile e ne combinò una troppo grossa per passarla sotto
silenzio: senza entrare nei dettagli, diremo che c’entravano un secchio di
miele, un sacco di piume, un Incantesimo di Adesione e diversi enormi striscioni
da un lato offensivi e dall’altro propagandistici per l’Ordine della Fenice.
Fregandosene altamente del fatto di non
avere nemmeno questa volta la minima prova, un Lucius Malfoy schiumante di
rabbia e umiliato aveva convocato la ragazza nel suo ufficio, preparandole una
sorpresina.
Allison arrivò quasi subito, con un
sorrisetto strafottente stampato un faccia e i capelli di uno sgargiantissimo
fucsia, ben consapevole che la cosa avrebbe irritato Malfoy ancora di più: più
volte Lucius aveva cercato di imporle un aspetto decoroso e Ally era sempre
stata più che felice di non accontentarlo.
Diversi quadri dei presidi la salutarono con
un sorriso, che lei ricambiò: Ally era quasi di casa in quell’ufficio e Malfoy
godeva di ben poca popolarità tra le vecchie autorità, soprattutto da quando
aveva fatto rimuovere alcuni ritratti, come quello di Silente, andando contro
tutti le tradizioni della scuola.
"Cosa posso fare per lei, signor preside?"
domandò la ragazza, in tono velatamente sarcastico.
Lucius la incenerì con lo sguardo. "Non fare
la finta tonta, Lupin: sai perfettamente perché sei qui!".
Ally mise su un’espressione innocente. "Chi,
io? Mi dispiace deluderla, ma non so proprio di cosa sta parlando…".
"Ah, non lo sai? Vuoi dirmi che non c’entri
nulla con il piccolo scherzetto che qualcuno mi ha giocato in Sala Grande?". Si
indicò con fare eloquente i capelli, dove diverse piume erano ancora
appiccicate.
Per un attimo il viso impassibile di Ally fu
attraversato da una risatina mal trattenuta. "Io… io non so di cosa state
parlando signore" ridacchiò. "Ero seduta al mio tavolo con i miei compagni
quando è successo…".
E questo era effettivamente vero: Ally era
davvero seduta al tavolo di Tassorosso a consumare la sua cena quando era
avvenuto l’incidente, aveva addirittura fatto in modo di risultare più
sgargiante del solito, in modo che tutti la notassero. I miracoli degli
incantesimi a tempo…
"Lo so bene dov’eri" la interruppe irritato
Malfoy. "E ciò non di meno, non ho dubitato nemmeno per un istante che ci foste
tu e la tua congrega dietro a tutto questo…".
Ally inarcò un sopraciglio, fingendosi
perplessa. "La mia congrega, signore?".
"E non fare la finta tonta, Lupin: sai
benissimo di cosa sto parlando. Il nuovo E.S. o comunque si chiami: chi altri
avrebbe affisso quegli striscioni per supportare le attività illegali di quei
traditori dei tuoi genitori?".
Il viso di Ally si infiammò di rabbia, come
anche i suoi capelli: l’argomento genitori era sempre un tasto dolente e Lucius
ne approfittava volentieri. "Non osi mai più…". Poi parve ricordarsi dove si
trovava e recuperò la calma, respirando a fondo. "Mi spiace deluderla, ma io non
c’entro assolutamente nulla con questa storia. E anche se c’entrassi qualcosa (e
questa non è una confessione), primo non glielo direi in ogni caso, secondo, non
ci sono prove del mio coinvolgimento…".
Praticamente una dichiarazione scritta: la
ragazza si divertiva a prenderlo per i fondelli perché era convinta di avere il
coltello dalla parte del manico, di conoscere le regole del gioco. Beh, Lucius
stava per cambiare le carte in tavola…
"Ah, è così che la metti, Lupin? Nessuna
prova, tanti saluti e grazie?".
Ally sorrise serafica. "Non può punirmi
sulla base di una sua supposizione, signore" osservò, calcando
sull’ultima parola e pronunciandola come se fosse un insulto. "Ora, se abbiamo
finito, avrei altro da fare…".
Senza nemmeno attendere risposta, si voltò e
fece per afferrare la maniglia per andarsene. Malfoy balzò in piedi, estraendo
la bacchetta e chiudendo a tripla mandata la porta.
Rossa in viso, Ally si girò verso di lui.
"Mi faccia uscire: non ha il diritto di tenermi chiusa qui!".
"Non ce l’ho?". Lucius sorrise maligno e per
la prima volta ebbe la soddisfazione di vederla sussultare, preoccupata. "Forse…
Ma il tempo dei diritti è finito per te, Lupin!".
"Che cosa significa?" domandò Ally,
esitante.
"Sapevo che saresti stata una spina nel
fianco" riprese Malfoy, mentre sei anni di frustrazione reclamavano a gran voce
di uscire. "I tuoi geni parlavano per te: per questo ho fatto l’impossibile
perché non venissi ammessa. Ahimè, non ha funzionato, ma con il tuo
comportamento sei sempre stata lontana anni luce dal smentirmi. Per sei anni io
e miei colleghi abbiamo sopportato te, la tua condotta che definirei come minimo
inqualificabile, il tuo comportamento irrispettoso… Ma ora mi hai stufato,
Lupin: hai valicato ogni limite possibile e immaginabile!".
Ally gli rivolse un’occhiata di sfida. "E
che cosa vuole fare? Espellermi? Si aspetta che mi metta a piangere per questo?
Ho imparato quello di cui avevo bisogno per vivere anche senza uno stupido pezzo
di carta in mano! Se vuole, mi espella pure: non mi importa!".
Malfoy ridacchiò, divertito. "Chissà perché
mi aspettavo una reazione simile da te: ti credi troppo importante per
preoccuparti di una sottigliezza come l’espulsione, vero?".
"Quello che penso di me stessa non ha la
minima importanza: questa non è la Hogwarts che avrei voluto frequentare, perciò
se devo andarmene, lo farò col sorriso sulle labbra!".
"Beh, l’orgoglio ti fa onore, Lupin: tutto
sommato sei più Black ti quanto non pensassi. Beh, per quanto ammirevoli siano
le tue intenzioni, dubito che potrai metterle in pratica…".
"Che cosa vuol dire?". Ally lo guardò
sospettosa: non le piaceva per nulla quell’espressione compiaciuta, prometteva
guai… Improvvisamente ebbe paura: il suo sesto senso le stava urlando a gran
voce di andarsene e lei si fidava sempre del suo istinto.
"Sì, io ho intenzione di espellerti… E
credimi, nulla mi darà un piacere più grande di metterti alla porta! Ma ho in
serbo per te un piccolo regalo di addio… Immagino che tu conosca, almeno di
fama, il mio amico: Julius, vieni pure…".
Solo in quel momento Ally notò il secondo
uomo nella stanza, che fino a quel momento era rimasto in silenzio in un angolo
buio: ebbe l’impressione che il suo cuore si congelasse, stretto in una morsa di
terrore. Certo che conosceva Julius Osborne, era impossibile non conoscerlo. E
soprattutto era a conoscenza della sua pessima reputazione, di tutto quello che
faceva ad Azkaban.
Malfoy ridacchiò, felice come un bambino a
natale: la vendetta è sempre un piatto che va gustato freddo. E vedere la sua
nemica paralizzata dalla paura era la rivincita migliore. "Ne deduco dalla tua
faccia che conosci già Julius…".
Osborne sorrise. "Non ho avuto il piacere di
trattare con lei di persona, ma quanto pare la mia fama di precede…".
"Tu… Lei non può farlo!" gridò Ally. "Non ho
fatto niente di illegale…".
"Ah, no?". Il sorriso di Lucius si fece
ancora più largo. "Possiamo chiedere a Julius: è più esperto di me su queste
cose…".
Osborne finse di pensarci sopra la bellezza
di dieci secondi. "Beh, oserei dire che quegli striscioni, con l’aggiunta delle
note azioni dei suoi genitori, sono più che sufficienti per destare dei
sospetti, signorina Lupin… Perciò, ritengo opportuno che lei mi segua ad Azkaban
per ulteriori… accertamenti".
Azkaban: bastò il nome a farle tremare i
polsi. Istintivamente indietreggiò, fino a finire con la schiena contro la porta
saldamente chiusa a chiave.
"Dammi la bacchetta, ragazza!" sibilò
Malfoy. "Dato che ti ho appena espulso non hai più diritto ad averla. E nel
posto dove stai per andare non ti servirà di certo…".
La bacchetta… Ally strinse convulsamente il
pugno contro la sua unica difesa. Non consegnare mai la tua bacchetta di tua
spontanea volontà: suo padre glielo aveva ripetuto talmente tante volte che
quella frase le si era conficcata nel cervello prima che imparasse ad
allacciarsi le scarpe da sola. Non consegnare mai la tua bacchetta… Ma cosa
poteva farci? Erano due Mangiamorte navigati contro una studentessa in
trappola…
Osborne si fece avanti. "La sua bacchetta,
signorina Lupin…" le intimò allungando la mano per prendergliela con la
forza.
"Scordatelo, Osborne!" gridò lei,
ritraendosi, lasciandosi guidare dall’istinto. "Stupeficium!".
Malfoy, con la bacchetta già alla mano, fu
rapido a deviare lo Schiantesimo. "Expelliarmus!".
Ally riuscì a evocare un Incantesimo Scudo
appena in tempo: non era abituata a Duellare e un due contro uno con dei
Mangiamorte non era l’occasione migliore per fare pratica.
Osborne la sopraffece in fretta: la respinse
con le spalle al muro e le strappò letteralmente la bacchetta di mano… Bacchetta
che finì dritta, dritta tra le dita di Malfoy.
"Coraggioso, signorina Lupin, ma
perfettamente inutile" osservò Osborne, torcendole il polso. "E mi ha anche
fornito la scusa perfetta per il suo arresto: resistenza a pubblico
ufficiale…".
"Va’ all’inferno!" strillò la ragazza,
cercando invano di divincolarsi. Osborne aumentò la presa, trascinandola al
centro della stanza.
Malfoy si esibì nel suo ghigno migliore,
sventolandole la bacchetta davanti al naso. "Con questo, sei espulsa dalla
Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts" e la spezzò in due: l’arma sparò
qualche scintilla dorata, prima di diventare un inutile pezzo di
legno.
Ally rimase alcuni secondi paralizzata a
fissare i resti della sua bacchetta. Si riscosse solo quando si rese conto che
Osborne la stava senza troppo fatica trascinando verso il camino. Azkaban.
La parola le sbocciò in testa, facendo montare il panico: sapeva bene cosa
l’attendeva nella prigione, i Dissennatori, la tortura… E lei sapeva dove
l’Ordine si nascondeva!
"NO! NO! NO!". Prese a divincolarsi
furiosamente, cercando di sfuggire alla ferrea presa di Osborne. "Mi lasci
andare! Mi lasci!".
"Taci, sciocca ragazzina" ringhiò questi,
cercando di tapparle la bocca.
Vedendosi volare davanti al viso la mano,
Ally agì di puro istinto, usando l’unica arma che le restava a disposizione:
affondò i denti nell’arto, con tutta la forza di cui era capace.
Osborne gridò di dolore, spingendola via di
scatto. Ally ruzzolò in terra, ma si rialzò subito, precipitandosi verso il
camino, consapevole che quella era la sola via di fuga, oltre la finestra,
ovviamente… Se fosse riuscita a lasciare quell’ufficio…
"Stupeficium!".
Si era dimenticata di Malfoy e quell’errore
le sarebbe stato fatale: la maledizione la colpì in mezzo alle scapole,
facendola cadere in terra. Perse i sensi quasi all’istante, non prima di sentire
queste parole.
"Mi ha morso! Mi ha morso! Quella piccola,
lurida ibrida mi ha morso!". Osborne si guardava la mano con aria
schifata.
Ally udì Malfoy ridacchiare, divertito.
"Dovresti ringraziare che non c’è la luna piena!".
Poi tutto divenne buio, consapevole che
nulla sarebbe più stato come prima e che lei, Ally, aveva rovinato
tutto.
Zona delle Celle,
Ministero della Magia
Londra
Oggi
La prima cosa che percepì Artemis quando
tornò in sé fu il freddo e duro pavimento su cui era sdraiata: sembrava di
giacere sopra una lastra d’acciaio. Poi sopraggiunse il dolore, sordo e
penetrante, che si estendeva ad ogni singola cellula del suo corpo e aveva il
centro nel suo braccio destro, che bruciava come se fosse stato a contatto con
un ferro incandescente. Si sentiva come se avesse subito un elettroshock, le
avessero dato fuoco e per finire le fossero passati sopra con uno schiacciasassi
tutto insieme: in parole povere, per niente bene.
Beh, è un buon segno: vuol dire che non sono
morta. Non so cosa si provi nel caso, ma di certo non è così!
Cosa le era successo? Perfino pensare
sembrava doloroso: si concentrò a fondo, richiamando alla mente i suoi ultimi
ricordi. Nandes, la vasca, i serpenti, JR, suo padre, la bacchetta… La magia!
Ho usato la magia! Oh Merlino, come ho potuto essere così idiota? E soprattutto
perché non sono morta?
Conosceva bene la magia del Marchio del
Diavolo: anche il più semplice incantesimo, la più banale delle fatture, anche
uno scoppio d’ira che portasse le capacità magiche fuori controllo era letale,
assolutamente fatale per chi lo lanciava. Eppure lei era viva… Cosa è
successo? Com’è possibile? E dove sono?
Aprì lentamente gli occhi e tutto ciò che
vide fu una parete grigia in penombra. Una cella, dedusse. Ma di chi?
Normalmente la risposta le sarebbe
probabilmente parsa chiara come il sole, ma le sue cellule cerebrali erano
ancora in fase di recupero dopo lo shock, perciò faticava a connettere i
pensieri. Beh, adesso ho chiaro cosa intendono con ‘morte orribile e
dolorosa’… Se la scampo, non toccherò una bacchetta mai più, finché avrò vita!
Ok, ci dobbiamo alzare…
Non era per nulla ansiosa di muoversi:
perfino respirare le faceva male, probabilmente tutti i suoi muscoli erano
irrigiditi e indolenziti.
Infatti, appena provò a girarsi sul fianco,
tutto il suo corpo si rivoltò in dolorose scariche, una vaga eco di quello che
aveva provato nella piscina abbandonata. Si chiese come avesse fatto a non
impazzire: quel dolore era peggio di dieci Cruciatus lanciante
contemporaneamente, una cosa che sperava di non dover provare mai
più…
Ingoiando un paio di gemiti, si mise
lentamente sulla schiena, piegò le gambe e si tirò a sedere: appena ebbe una
visuale d’insieme della sua prigione capì dove si trovava. La Zona delle
Celle… Fantastico, sono passata da una situazione schifosa a una ancora peggio!
Era logico, a pensarci bene, si disse,
mentre cominciava a fare un po’ di streching, cercando di risvegliare il suo
corpo traumatizzato. Chi altri poteva fermare l’azione del Marchio se non i suoi
stessi pazzi ideatori? La domanda giusta a quel punto era: come ci era finita
nelle grinfie di Sylar e i suoi soci?
L’ultima cosa che ricordava era qualcuno che
urlava il suo nome, non sapeva chi: non era riuscita a distinguere la voce… Poi
era sprofondata nelle tenebre e la sofferenza l’aveva sommersa… E mi sono
risvegliata qui… Come? C’era tutto l’Ordine in quella stanza: come ha fatto
Voldemort, o chi per lui, a portarmi qui?
Non poteva sperare di trovare risposta a
quella domanda da sola. Scosse leggermente il capo, cercando di schiarirsi le
idee e nel farlo una ciocca di capelli le volò davanti agli occhi. Artemis
allungò spazientita una mano per scontarla e in quel momento notò qualcosa di
diverso… I suoi capelli: non erano più biondi! Stupefatta, si afferrò il ciuffo,
osservandolo incredula: era indubbio, castani, molto, molto scuri, estremamente
simili a quelli di… sua nonna. Aveva riacquistato il suo aspetto naturale!
Si sfiorò il viso, cercando di individuare
eventuali differenze, ma senza uno specchio era difficile giudicare quanto
effettivamente fosse cambiata rispetto agli ultimi tre anni. Di certo non ho
più l’aria della studentella sperduta…, pensò, cercando di richiamare alla
mente le foto di sua nonna Andromeda da giovane: era ragionevole pensare che
potessero essere abbastanza simili. Notò che dai pantaloni spuntavano cinque
centimetri buoni di caviglie: a quanto pareva, si era pure allungata in
altezza.
Sospirò: ci aveva messo mesi ad accettare
l’idea di non poter più cambiare il suo volto a piacimento e soprattutto a
riconoscersi allo specchio. Ormai, dopo tre anni, si era abituata a
quell’aspetto: ora, avrebbe probabilmente dovuto ricominciare da capo per
adattarsi a quel nuovo cambiamento. Oltretutto, prima aveva un volto più
anonimo: adesso probabilmente si sarebbe dovuta portare in giro dei connotati
pericolosamente simili a quelli di Bellatrix Lestrange, la sua adorata
zia.
Sbuffò: lì c’era lo zampino di Sylar, ne era
sicura. Vabbè, al momento non ha importanza: la mia faccia e il mio corpo
sono l’ultimo dei miei problemi. Pensiamo a portarli fuori da qui tutti interi e
poi ci preoccuperemo del resto.
Si stiracchiò e respirò a fondo, prima di
sdraiarsi di nuovo, riflettendo. Di certo non l’avrebbero lasciata là sotto a
marcire ancora per molto: non era nello stile di Voldemort aspettare quando
aveva un bel giocattolino nuovo tra le mani. Come minimo avrebbe mandato qualche
tirapiedi prima di cena. Metaforicamente parlando, ovviamente: Artemis non aveva
idea di quanto tempo fosse stata svenuta, potevano benissimo essere ore come
giorni…
Devo trovare il modo di andarmene da qui,
si disse. Ma come? Non aveva armi… A meno
che…
Si infilò una mano sotto il maglione e trovò
subito quello che cercava: il ciondolo a forma di mezzaluna, affilato come un
coltello. A quanto pareva, nemmeno i Mangiamorte l’aveva visto o comunque non
l’avevano considerato un minaccia. Bene, abbiamo un potenziale coltello, una
cella e una porta saldata magicamente, e due corridoi pieni zeppi di maghi prima
della salvezza: risultato, uno schifo!
Era quasi impossibile riuscire a scappare in
quelle condizioni: anche se fosse riuscita a disarmare qualche mago, cosa
avrebbe potuto farci? Non c’erano armi alla sua portata nel edificio. Cerca
di ragionare, Artemis, si incalzò. Sai a memoria la planimetria di questo
posto: deve esserci un modo per fuggire…
In quel momento sentì dei passi provenire
dal corridoio: visite in arrivo.
*******
"Non è corretto, Sylar: la prigioniera
spetta a me!".
Julius Osborne era livido: appena aveva
saputo che la piccola Lupin si era materializzata al Ministero, si era
precipitato per reclamare ciò che riteneva suo di diritto. La ragazza era in
stato d’arresto e come tale doveva essere trasferita ad Azkaban seduta stante,
dove avrebbe potuto essere interrogata con tutta calma.
Sfortunatamente per lui, Lord Sylar non
sembrava pensarla allo stesso modo. Il vice-ministro si passò le dita sulle
tempie, cercando di mascherare la sua irritazione: quell’uomo sapeva essere
davvero sfiancante, erano almeno venti minuti che andava avanti con quella
solfa. Come se lui non avesse cose più importanti da fare: già l’interrogatorio
della Lupin gli avrebbe portato via tempo prezioso. Ma quello era proprio uno
spreco.
"Come ti ho ripetuto almeno dieci volte,
Julius" sbuffò, seccato, "l’Oscuro Signore desidera che per il momento la
ragazza resti rinchiusa al Secondo Livello".
"Non è giusto" protestò imperterrito
Osborne. "Avevate detto che se mai fosse stata ricatturata, sarebbe stata
deportata ad Azkaban senza appello: io non dimentico".
Ora lo uccido, ora lo uccido sul serio: poco
importa se dopo finirò a firmare scartoffie per qualche anno. Gli prendo quella
sua inutile testaccia vuota e la strizzo finché il cervello non schizza
fuori…
Controllati, amico mio, lo rimproverò mentalmente Voldemort. Non è il momento di azioni
avventate: Osborne ci serve vivo.
Ovviamente l’Oscuro aveva ragione. Senza
contare che probabilmente le macchie di cervello non sarebbero più venute
via…
Sylar respirò a fondo, soffocando i suoi
istinti omicidi. "Le cose sono cambiate" disse in tono gelido. "Abbiamo altri
piani per la Lupin, che non prevedono il tuo particolare intervento. Ora,
Julius, credo proprio che dovresti andare: ho molte cose da fare".
Osborne avvertì il tono velatamente
minaccioso e capì di aver tirato troppo la corda: era pur sempre il secondo
dell’Oscuro Signore quello che aveva di fronte. "Certamente, milord: avete
ragione. Mi scuso per avervi portato via tanto tempo".
Sylar alzò lo sguardo verso di lui,
incatenandogli gli occhi nei suoi: avvertì chiaramente lo scontento nella sua
mente e vari pensieri che promettevano vendette imprecisate. Niente di
preoccupante: qualche giorno di isolamento nella sua prigione fortezza e sarebbe
tornato sotto controllo. Oltretutto, se come Sylar sperava, presto avrebbe messo
le mani sulle talpe dell’Ordine all’interno del Ministero, Osborne avrebbe avuto
un nuovo giocattolo su cui sfogare la sua rabbia repressa.
Ritrasse la mente, ridacchiando nel vedere
Osborne rilassarsi visibilmente: la Legilimanzia era sempre una faccenda
spiacevole per chi la subiva. "Bene, puoi andare adesso".
Julius si inchinò e uscì, ben lieto di
farlo, anche se non soddisfatto: c’era qualcosa di inquietante in Lord Sylar. A
volte non sembrava nemmeno che ci fosse un volto umano dietro quella maschera:
quegli occhi verdi, freddi come smeraldi, unico dettaglio visibile, non
lasciavano mai trasparire la minima emozione, tranne al più una collera quasi
altrettanto fredda e spietata. Chiunque entrasse nel suo ufficio, era sempre più
che felice di uscirne, anche se non otteneva quello che voleva.
Sylar diede una rapida occhiata
all’orologio: la loro piccola ospite doveva essersi svegliata, ormai. Era ora di
andare a fare due chiacchiere.
******
Quando la porta si aprì, Artemis era già
balzata in piedi, pronta ad accogliere con fierezza il suo visitatore, chiunque
fosse. Non nascose il suo stupore quando riconobbe Lord Sylar in persona.
Accidenti, si è scomodato il capo in persona…
Artemis lo studiò alcuni secondi, come una
tigre che analizza la preda: non era mai stata a tu per tu con Sylar prima di
allora. L’aveva visto solo da lontano in qualche occasione e sapeva che tre anni
prima aveva contrattato con Osborne i termini della sua detenzione ad Azkaban:
aveva udito la sua voce dalla cella.
Ora guardandolo da vicino, con la coscienza
di chi fosse realmente, non vedeva nulla del ragazzo che era stato, quello che
popolava i racconti dei suoi genitori, di Sirius. Che cosa ti ha fatto
Voldemort? Ti sta manovrando come un burattino o stai agendo di tua
volontà?
Quale che fosse la verità, Artemis provò
comunque un’improvvisa rabbia nei suoi confronti: tutte le persone che amava
avevano pianto la sua scomparsa, dandolo per morto e continuando a battersi in
suo nome, mentre lui li aveva traditi e uccisi come cani.
"Signorina Lupin" la salutò, chiudendosi
alle spalle la porta della cella. "Lieto di vederla in piedi. Come si
sente?".
"Sono stata meglio" rispose asciutta la
ragazza, senza preoccuparsi di nascondere la sua ostilità. "Immagino sia merito
vostro se sono ancora viva, tuttavia capirai se non sono tanto prodiga in
ringraziamenti: sei stato tu a piantarmi questo dannato Marchio sul
braccio…".
"Tecnicamente è stato Julius Osborne a
farlo" la corresse Sylar. "Non nego però che l’ordine venisse da me". La squadrò
alcuni minuti in silenzio. "Devo ammettere che mi ha stupito, signorina Lupin:
la maggior parte delle persone che vengono inibite resistono non più di un anno
prima di cedere e usare in qualche modo la magia… Lei invece: tre anni, ha tutta
la mia ammirazione…".
"Sai cosa ci farei con la tua ammirazione,
Sylar?" lo aggredì lei. "Come hai fatto a portarmi qua sotto? Come mai sono
ancora viva?". Tutto sommato, la voglia di sapere era più grande perfino della
rabbia.
"Non avrà davvero pensato che l’avremmo
lasciata andare senza una garanzia, signorina Lupin?" ridacchiò il Mangiamorte.
"I suoi genitori si sono consegnati a patto che lei venisse rilasciata e noi
siamo stati lieti di accontentarli. Ma sapevamo che lei era una mina vagante:
anche senza magia, non ci avrebbe messo molto prima di cercare vendetta. I fatti
degli ultimi mesi ci hanno dato ragione. Avevamo bisogno di una garanzia che la
riportasse tra le nostre braccia: un pesce piccolo è pur sempre meglio di nulla,
non crede? Così, quando Julius l’’ha inibita, ha trasformato il Marchio stesso
in una Passaporta, programmata per attivarsi solo nel momento in cui lei avesse
usato la magia, cose che eravamo sicuri presto o tardi sarebbe successa. Certo,
come ho già detto, non mi sarei mai aspettato che resistesse così tanto:
evidentemente l’avevamo sottovalutata, ma tant’è. Quanto al come è sopravvissuta
alla maledizione, si da il caso che ho personalmente formulato una controfattura
efficace. Sfortunatamente per lei, i suoi effetti sono del tutto temporanei e
servono solo a evitare che il Marchio la uccida sul momento: ormai l’azione
dovrebbe essere quasi del tutto sparita. Quindi la sua situazione resta del
tutto immutata, con la differenza che probabilmente la prossima volta io non
sarò presente per salvarla".
Artemis si passò involontariamente una mano
sul braccio: il Marchio del Diavolo bruciava ancora. Era bastato un solo,
stupido Schiantesimo e per poco non era morta: era inutile prendersi in giro,
avrebbe potuto vivere anche fino a cento anni, ma non sarebbe mai riuscita ad
adattarsi completamente a una vita senza magia.
Scacciò subito quei pensieri, decisa a non
mostrare le sue debolezze al nemico. "Che cosa vuoi da me, Sylar? Senza dubbio
il tuo signore ha in mente qualcosa di speciale se ha fatto sgambettare fin qua
giù il suo galoppino numero uno…".
"È una bella impertinente, signorina"
osservò Sylar, quasi divertito. "Lucius si lamentava spesso della sua lingua
tagliente, ma ho sempre pensato esagerasse: ora vedo che è stato perfino troppo
gentile".
"Oh, quale onore… Dimmi, come sta la vecchia
carogna? Scommetto che da quando me ne sono andata si diverte come un bambino a
natale…".
"Lucius sta benone: si gode un incarico di
tutto riposo. La tua fine ha scoraggiato ogni ulteriore tentativo di sedizione
tra gli studenti".
Artemis pensò con un pizzico di nostalgia ai
tempi in cui dirigeva il nuovo E.S., quando tutto le sembrava più semplice. E
poi guardò con odio l’uomo che aveva di fronte: quante volte aveva usato il nome
del Prescelto per incoraggiare i suoi compagni, di colui che aveva dedicato
tutta la sua vita alla lotta contro Voldemort e l’ingiustizia… Che bella ironia,
quella stessa persona le aveva rovinato la vita!
"Già, scommetto che la ribellione degli
studenti ti fa paura, vero, Sylar? Tu più di tutti dovresti capire il potenziale
di un gruppo di giovani giustamente motivato contro un’autorità dittatoriale
come il Signore che servi…".
Sylar corrugò la fronte, confuso. "Temo di
non seguirla più, signorina Lupin…".
"Io invece dico che capisci benissimo che
cosa intendo, Lord Sylar" ribatté Artemis, avvicinandosi. "O dovrei chiamarti
Harry Potter?".
L’altro rimase talmente stupito che nemmeno
fece resistenza quando la ragazza, con uno scatto fulmineo, gli strappò la
maschera dal volto: lei sapeva… Come era possibile?
Artemis indietreggiò, osservando con
espressione a metà tra il disgusto e la rabbia quel viso che nessuno aveva visto
smascherato per più di diciassette anni. E ora capiva perché. Ben poco lo
accomunava al volto di Harry che aveva conosciuto tramite le foto: la mancanza
di contatto diretto con la luce solare aveva reso la pelle pallida, quasi
diafana e un reticolo sottile di rughe precoci gli percorreva la fronte e gli
angoli degli occhi. Tuttavia, quegli occhi verdi restavano inconfondibili, anche
se freddi e distanti, come la sottile cicatrice a forma di saetta sulla
fronte.
"Allora è vero" mormorò Artemis, lasciando
cadere la maschera a terra, fissando con insistenza la cicatrice. "Sei davvero
tu…". Era incredula: certo, Drew le aveva detto chiaramente di non avere dubbi,
che il ricordo che aveva visto era a prova di errore, ma una parte di lei aveva
continuato a ritenerlo impossibile. Insomma era Harry Potter, il Prescelto, il
Bambino-Che-È-Sopravvisuto, come poteva essere anche il braccio destro di
Voldemort? Eppure, ora la verità le era stata sbattuta in faccia in tutta la sua
inclemenza.
"Sporco traditore" sibilò, ritraendosi di
scatto, disgustata. "Ecco cosa sei: un inutile, schifoso, ripugnante
traditore!".
"Come hai fatto?" domandò Sylar in un
sussurro, ancora incredulo: come faceva quella ragazzina a conoscere il suo
segreto?
Artemis rise amara: le sue parole
trasudavano disprezzo. "Come ho fatto, mi chiedi? Me lo ha detto Drew… Tuo
figlio, hai presente? Quello che ha abbandonato appena nato e che due mesi fa
hai cercato di uccidere. Quando l’hai posseduto, lui è riuscito a penetrare nei
tuoi ricordi e ha capito la verità. E poi mi ha detto tutto… Dimmi, sono
curiosa: cosa si prova ad essere un voltagabbana della peggior specie come sei
tu?"
Sylar non rispose, impegnato a riflettere:
quindi anche Drew sapeva. Quella stupida possessione: a quanto pareva aveva
fatto più danni del previsto… Ma probabilmente non l’aveva detto a nessun altro:
se qualcuno dell’Ordine avesse saputo la verità, si sarebbe precipitato di certo
a farlo a pezzi… Sì, tutto sommato, la cosa non era così grave: alla ragazza
avrebbe tappato la bocca molto presto, quanto a Drew… Se il piano del suo
Signore andava a buon fine, poteva perfino usare quell’informazione a suo
vantaggio.
Appellò a sé la maschera e se la ricalcò sul
viso, di nuovo padrone di sé. "Tutto questo non ha la minima importanza,
signorina Lupin…".
"Ne ha per me!" gridò Artemis. "E per
l’Ordine. Lo sai quanto ti hanno pianto le persone che chiamavi amici? Lo sai
che Sirius si è dato all’alcool per soffocare i sensi di colpa? Che Hermione
ancora piange per la tua morte? E tu… tu sei stato qui tutto questo tempo, a dar
loro la caccia, a ucciderli… Quanti di loro hai ucciso? Minerva, Malocchio, Ron…
Mi dai il voltastomaco!".
Sylar ascoltò impassibile il suo sfogo
emotivo, per nulla toccato da quelle parole. "Pensa che questo mi faccia sentire
in colpa, signorina? Harry Potter è morto una mattina di fine giugno di
diciassette anni fa: tutto ciò che ne è rimasto sono il suo corpo e i suoi
ingombranti ricordi, niente di più. Può star qui a sciorinare le disgrazie
dell’Ordine anche fino a domattina: il massimo che otterrà sarà di irritarmi.
Sono miei nemici, non miei compagni: e li considero tali da prima che lei
cominciasse a camminare!".
Artemis scosse la testa, incredula. "Che
razza di incantesimo ti ha fatto Voldemort? Ti ha risucchiato la
volontà?".
"Si aspetta sul serio che risponda? In ogni
caso, non ha la minima importanza: nulla può cambiare quello che è stato fatto,
niente può disfare quello che il mio Signore ha costruito…".
"Bene, vedremo se sarai ancora così tronfio
quando verrà fuori la verità. Al momento, quella porta è l’unica cosa che mi
impedisce di urlare a tutto il mondo chi sei davvero… Chissà se i tuoi fedeli
Mangiamorte vorranno ancora prendere ordini da te quando sapranno che sei Harry
Potter…".
Sylar sorrise malignamente. "Lo farebbe sul
serio, signorina Lupin? Sì, non ho dubbi di sì. Ma è davvero sicura di volerlo
fare? Certo creerebbe parecchia confusione, ma spezzerebbe il fragile cuore del
suo amato paparino, non crede? E che mi dice del resto dell’Ordine?".
Artemis si morse la lingua: sapeva bene che
Sylar aveva ragione. E infatti, stava bluffando: non avrebbe mai rivelato la
verità in quel modo: l’Ordine non avrebbe retto a un colpo del genere e si
sarebbe sfaldato, con tutte le speranze di libertà.
"Ma in ogni caso" proseguì Sylar in tono
indifferente, "le sue intenzioni non hanno importanza, dato che nel primo
pomeriggio è stata condannata a morte".
"A morte?" ripeté Artemis, mentre il suo
cervello cercava di assorbire la notizia. "Con che accusa?".
"Terrorismo, infrazione in luogo pubblico,
aggressione a pubblico ufficiale, evasione: tutti reati accumulati durante la
fuga di Hermione Granger, molto comodo, vero? La sentenza verrà eseguita domani
a mezzogiorno".
Artemis corrugò la fronte: qualcosa non le
tornava. Non era dal Ministero agire con tanta fretta: di solito, prima di
uccidere i prigionieri, li interrogavano per cavare informazioni utili. Doveva
esserci sotto qualcos’altro: lei era un pesce piccolo, di fatto faceva parte
dell’Ordine da pochissimo, perché tanta premura nel metterla a morte?
"Come potrà immaginare, la cosa verrà
attentamente pubblicizzata dai giornali: dopo le numerose fonti di imbarazzo
degli ultimi tempi, è sempre un bene enfatizzare le vittorie, anche se
piccole…".
Enfatizzare la vittoria? Pubblicità? Il
cervello di Artemis lavorava a velocità doppia, mettendo velocemente insieme i
vari pezzi del puzzle. Uno specchio per le allodole, concluse. La
Gazzetta dice che mi giustiziano domani e mio padre si precipiterà qui come suo
solito: pesce piccolo che attira pesce grosso… come tre anni fa.
"Esatto, proprio come tre anni fa" confermò
Sylar.
Artemis trasalì: nemmeno si era accorta che
le stava rovistando nel cervello. "Esci dalla mia testa, schifoso…".
"O almeno questa è la nostra speranza"
continuò il Mangiamorte come se non l’avesse sentita. "Se qualcuno verrà a
cercare di liberarla, tanto meglio: due al prezzo di uno. In caso contrario,
beh, una piccola vittoria è sempre meglio di niente…".
"Non funzionerà: l’Ordine capirà che è una
trappola" affermò Artemis, in tono più sicuro di quanto non fosse in realtà:
sapeva come ragionava suo padre, si sarebbe precipitato al Ministero anche a
costo di affatturare ogni membro dell’Ordine che avesse provato a
fermarlo.
"Davvero? Staremo a vedere: un padre non fa
qualunque cosa per la propria figlia?".
"Potresti riflettere su questa frase e
capire cosa c’è di storto nella tua vita, Sylar: anche tu hai un figlio là
fuori, ricordi?".
Sylar alzò le spalle. "Un figlio concepito e
nato in una parentesi della mia vita che considero chiusa da tanto
tempo".
"Il figlio della donna che amavi" insistette
Artemis. "Ginny Weasley, te la ricordi? Cosa pensi che direbbe se ti vedesse
ora?".
Per un attimo Sylar esitò, fissando un punto
oltre la testa di Artemis. Quando parlò, tuttavia, la sua voce era dura e atona
come sempre. "Ginevra Weasley è morta anni fa, signorina Lupin, ed è morto
qualunque sentimento io abbia mai provato per lei. Gliel’ho detto, quella fase
della mia vita è terminata da molto tempo…".
"Non è possibile: Harry Potter non può
essere semplicemente essere stato cancellato, ci deve essere ancora qualcosa di
lui da qualche parte…".
"È libera di crederci, se la fa stare
meglio" la liquidò Sylar, sicuro di sé. "Ora la lascio ai suoi pensieri: ha più
o meno diciassette ore da vivere. Le sfrutti come meglio crede".
Detto questo, si voltò e uscì.
Per un attimo, Artemis fu quasi tentata di
saltargli alla gola e tagliargliela con il ciondolo: con il vantaggio della
sorpresa era certa di poterlo uccidere. Ma poi le guardie avrebbero ucciso lei e
non aveva la minima intenzione di morire in modo così stupido.
"Tenete sempre una guardia qui fuori. Non
voglio che combini qualche scherzetto" sentì che ordinava, per poi
allontanarsi.
Bene Drew, metti in moto il cervello: devo
andarmene da qui prima che papà faccia una stupidaggine.
E per farlo, aveva solo un ciondolo a
mezzaluna affilato come un rasoio, ottimo per essere usato come
coltello.
Drew osservò la porta: se solo fosse
riuscita a indurre la guardia ad aprirla… Nella sua mente, cominciò a
germogliare un piano.
Quartier Generale
Dell’Ordine della Fenice
Londra
Era già passati due giorni dalla morte di
Nandes e la scomparsa di Artemis e della ragazza non c’erano ancora notizie:
sembrava semplicemente sparita dalla faccia della terra.
Hermione, che aveva assistito ai fatti dalla
zona del trampolino, aveva intuito che Artemis doveva aver in qualche modo
attivato una Passaporta: aveva riconosciuto la tipica luce azzurrina. Aveva
anche aggiunto che Remus era stato fortunato: se avesse toccato la figlia,
l’avrebbe quasi certamente portato con sé ovunque fosse andata.
Drew sospirò, rigirandosi nel letto: il
ritorno a casa era stato decisamente meno piacevole di quanto avesse sperato.
Certo, era stato bello rivedere gli altri, soprattutto dopo aver sfiorato la
morte, e dormire tranquillo nel suo letto, ma non erano così che le cose
dovevano andare: Artemis sarebbe dovuta tornare con loro. E invece, per quanto
ne sapevano, poteva essere anche essere morta, se il Marchio del Diavolo aveva
fatto il suo dovere. A meno che quella Passaporta non l’avesse portata da
qualcuno che poteva aiutarla… Sempre ammesso che Hermione avesse
ragione…
Tutta questa fatica e siamo esattamente al
punto di partenza: Artemis è sparita, forse è morta, e noi non abbiamo idea di
dive sia! L’unico lato positivo era che Nandes era
morto e JR in condizioni di non nuocere: dopo averlo steso e legato, i gemelli,
sotto mentite spoglie, l’avevano consegnato alle autorità. Con tutti i crimini
che aveva commesso, sarebbe stato fortunato a essere condannato all’ergastolo.
Perciò, l’Ordine non doveva temere ripercussioni.
Una palla di piume gli volò davanti agli
occhi, per andare a posarsi sullo stipite del letto: il piccolo gufo con cui
Artemis gli aveva recapitato la Mappa e il Mantello.
Drew sospirò, mettendosi a sedere e
grattandogli distrattamente la testa. "Non hai idea della famiglia complicata
che ti sei scelto, Gufetto" mormorò. "Forse sarebbe più clemente se permettessi
a Grattastinchi di mangiarti: chissà come e quando ti capiterà di volare di
nuovo…".
"Con chi parli?".
Drew trasalì: dopo un mese passato a
guardarsi costantemente le spalle, era ancora un fascio di nervi. "Cavolo,
Kitty, non farlo mai più, se non vuoi correre il rischio di finire
affatturata…".
Kitty si incupì, abbassando lo sguardo.
"Scusa… Siamo nervosi, eh?".
"La mancanza di sonno, immagino" spiegò
Drew. Negli ultimi due giorni, la preoccupazione per la sua amica non gli aveva
quasi fatto chiudere occhio. "Non volevo essere sgarbato, Kitty…".
La ragazzina alzò le spalle, in un gesto di
scusa. "Fa nulla: sono tutti agitati in questi giorni. Con chi parlavi
comunque?".
"Con Gufetto" rispose Drew, accennando con
il capo all’animale, il quale si arruffò le piume in segno di importanza,
sentendosi chiamato in causa. "Tra parentesi, ma con tutti i nomi di questo
mondo, proprio Gufetto dovevate chiamarlo?".
Kitty ridacchiò, alzando le mani in segno di
difesa. "Non prendertela con me: è Ethan che ha scelto il nome per quella palla
di piume. Lo conosci mio fratello: quello che aveva chiamato il coniglio Connie
e il canarino CipCip… Un gufo che si chiama Gufetto non è nemmeno tanto strano,
considerati i suoi standard!".
Drew rise. "Vero… Però all’epoca del
canarino CipCip, aveva sei anni: speravo che la sua fantasia con i nomi si fosse
un po’ evoluta da allora…".
"Speranza vana" osservò Kitty.
In quel momento l’oggetto dei loro discorsi
entrò nella stanza: Ethan passò in rassegna sorella e cugino e dalle loro facce
intuì l’argomento della conversazione. "Parlavate di me, per caso?".
"Ti ha nominato qualcuno?" fece Kitty,
fingendosi sulla difensiva. "Certo che sei un bel paranoico egocentrico,
fratellino: non tutte le nostre discussioni vertono su di te, sai?".
"Ah, ho capito" ribatté il ragazzino,
annuendo con fare convinto. "Quindi parlavate di me" concluse.
"Sì: parlavamo di quanto sei irritante"
intervenne Drew, ridendo.
"Ah, beh, se è così me ne vado e non vi
disturbo più". Ethan si avviò verso la porta. "Volevo solo dirvi che sono
arrivati Christie e Keith… E dalla loro faccia non sembrava che avessero buone
notizie".
Drew e Kitty balzarono in piedi e corsero
nel corridoio, superando e quasi travolgendo Ethan. L’arrivo Christie e Keith
poteva voler dire una cosa sola: novità fresche dal Ministero, novità
probabilmente pessime anche… Drew sperava in tutto cuore che avessero scoperto
qualcosa su Artemis.
"Ehi, aspettatemi!" gridò Ethan, dietro di
loro, partendo al loro inseguimento.
Si bloccarono a metà della tromba di scale,
rischiando di ammazzarsi inciampando in Tonks, come suo solito seduta sul terzo
gradino a disegnare ghirigori sulla balaustra: la porta della cucina era chiusa.
Riunione dell’Ordine in corso.
"Uffa, ci hanno chiuso fuori di nuovo"
sbuffò Kitty, sedendosi a braccia incrociate subito dietro Dora. Drew e Ethan la
imitarono.
"Hai idea di cosa volessero parlare Keith e
Christie?" domandò Drew al cugino, ansioso di scoprire qualcosa.
Ethan scosse il capo. "Sono andati dritti in
cucina senza nemmeno salutare. Però, credo che Christie avesse tra le mani una
copia della Gazzetta della sera…".
"Sicuramente non è nulla di buono" osservò
Kitty. "Altrimenti non si sarebbero barricati là dentro senza aspettarci. Magari
è qualcosa che riguarda l’Arma…".
Non era un ipotesi azzardata: nell’ultimo
mese, Fred e George avevano lavorato alacremente alla decodificazione dei codici
ed erano ormai a buon punto. Ma di certo il Ministero non era stato con le mani
in mano: probabilmente, qualunque cosa fosse, l’Arma era ormai quasi pronta per
essere utilizzata.
"Oppure hanno notizie di Artemis" osservò
Drew.
Sentendo nominare la figlia, Tonks si girò
verso di lui, osservandolo con sguardo vacuo, come se si aspettasse di vederla
accanto a loro. "Ally…" mormorò, quasi tra sé, prima di tornare a fissare con
insistenza il corrimano.
I tre cugini si scambiarono uno sguardo, a
disagio: malgrado ormai ci fossero più e meno abituati, la presenza di Dora li
metteva ancora in difficoltà. Non sapevano mai bene come comportarsi con lei,
perciò per lo più si erano risolti a ignorarla.
"Ascoltate" fece Ethan, tendendo le orecchie
verso la porta. "Sembrano Sirius e Remus…".
Anche Kitty e Drew aguzzarono l’udito. "Sì,
sembrano proprio loro" confermò Kitty, corrugando la fronte. "E
stanno…".
"…Litigando?" concluse Drew per lei,
stupito: non aveva mai sentito Remus e Sirius litigare, non seriamente
perlomeno. Ma adesso sembravano davvero arrabbiati. "Io vado a vedere che
succede" annunciò alzandosi.
Siccome nessuno dei due cugini tentò di
fermarlo, Drew si avvicinò alla porta: ora poteva distinguere chiaramente le
parole dei due ex Malandrini ed erano in pieno litigio. Sirius in particolare
sembrava furioso.
Drew aprì esitante la porta: l’intero Ordine
assisteva muto alla scenata, non sapendo bene come intervenire. Sirius era
piazzato davanti alla porta sul retro, appoggiato allo stipite, pallido di
rabbia, ma non solo: Luna e Ted erano riusciti a rimetterlo in sesto, sebbene
fosse ancora debole e non del tutto ristabilito. Davanti a lui, stava Remus, nel
palese tentativo di superarlo e valicare la porta.
Nessuno parve accorgersi che Drew era
entrato nella stanza. "Ehm, che succede?" provò a domandare, ma nessuno lo
sentì, impegnati com’erano a seguire il litigio.
"Me ne infischio" stava dicendo Sirius.
"Dovrai passare sul mio cadavere prima di lasciare questa casa!".
"Non costringermi a scagliarti contro
qualche maledizione, Sirius: fatti da parte!" gli intimò Remus, puntandogli pure
contro la bacchetta.
Sirius rise piano. "Sono più veloce di te,
Moony: non riusciresti a battermi!".
"Vuoi fare una prova, Padfoot? Togliti di
mezzo o giuro che lo farò sul serio!".
"Non lo farò, Remus: non ti permetterò di
andare a suicidarti! Dannazione, perché non usi il cervello? È una trappola: è
chiaro come il sole che aspettano solo che qualcuno si precipiti a
salvarla…".
"E allora che dovrei fare? Lasciarla morire?
È mia figlia, Sirius: l’ho appena ritrovata e non la perderò di
nuovo!".
"Ti farai uccidere" insistette l’Animagus.
"Non sei in grado di sostenere un Duello con nessuno, men che meno con Sylar… ti
stai appena riprendendo dopo la follia che hai fatto due giorni fa. Se vai al
Ministero, morirete tutti e due!".
"Non me ne importa un cazzo di morire! Ma
non resterò fermo a guardare mentre uccidono mia figlia: me l’hanno già portata
via una volta, non permetterò che accada di nuovo!".
"Ecco lo vedi? Come sempre, quando entra in
ballo Ally, tu scolleghi il cervello e parti in quarta: pensi sul serio che
farti ammazzare risolverà qualcosa?".
"E cosa suggerisci di fare, sentiamo? Di
sederci a bere il the e aspettare che Sylar dia l’annuncio della sua morte? Di
non fare nulla? È Ally, Merlino santo!".
Drew si aspettava che le maledizioni
cominciassero a volare da un momento all’altro. Si accostò a Christie, la più
vicina alla porta e domandò di nuovo: "Che succede?".
La ragazza gli porse un copia della Gazzetta
del Profeta, con espressione cupa. "Questo succede…".
Drew guardò la prima pagina ed ebbe
l’impressione di ricevere un pugno in pieno stomaco. Oh, cavolo…
Il titolo in prima pagina recitava
Condannato un membro dell’Ordine della Fenice: la sentenza sarà eseguita
domani; sotto capeggiava una foto segnaletica di Artemis.
Artemis… Drew
richiuse il giornale senza nemmeno leggere l’articolo: non aveva bisogno di
altre spiegazioni per capire quale fosse il motivo del furioso litigio. Remus
voleva andare a salvare la figlia e Sirius aveva tutta l’intenzione di
impedirglielo.
"Non dico di non fare nulla" stava appunto
dicendo l’Animagus. "Ma di sederci e formulare un piano: andare allo sbaraglio
non gioverà a nessuno…".
"Non c’è tempo di formulare un piano!" urlò
Remus, stringendo con foga l’impugnatura del bastone. "Tempo di formulare un
piano, sempre ammesso che sia possibile, e Ally sarà morta! Levati dai piedi,
Sirius, o ti costringerò io…".
"Ragazzi, per favore" intervenne Luna,
cercando di sedare gli animi. "Discutiamone con calma…".
"Luna ha ragione" aggiunse Ted. "Litigare
non serve a niente".
Per l’effetto che ottennero, avrebbero
potuto parlare con le pareti: probabilmente li avrebbero ascoltati di
più.
"Scordatelo, Remus: te l’ho già detto, non
ti permetterò di andare a farti ammazzare come un idiota! Non capisci che così
fai solo il loro gioco: perché pensi che abbiamo sbattuto la notizia in prima
pagina? Sperano di poter stringere la rete intorno a qualcuno di
noi!".
"E tu voi capire che puoi ripeterlo anche
tutto il giorno? Devo almeno provare a riportare a casa mia figlia, non starò
fermo a guardare mentre me la ammazzano!".
Qui finisce male, pensò Drew. O cominciano a volare le maledizioni o uno dei due
collassa sul posto: non sono nelle condizioni di reggere a una sfuriata del
genere più di tanto…
Poteva leggere più o meno gli stessi
pensieri nei volti di tutti i presenti: erano tutti preoccupati di sapere quanto
male sarebbe finito il litigio.
Hermione saltò in piedi, cercando senza
troppo successo di imporsi e porre fine alla discussione. "Per favore, Remus,
Sirius, ora basta, prima che succeda qualcosa di cui ci pentiremmo in seguito…
Sirius ha ragione: agire di impulso non sarà utile a nessuno, meno che meno ad
Artemis".
"Ecco, lo dice anche Hermione" fece Sirius,
facendo un cenno di ringraziamento alla ragazza. "Perché devi essere sempre così
cieco e stupido quando si tratta di tua figlia?!".
"Perché è mia figlia!" gridò con enfasi
Remus. "È tutto quello che è rimasto della mia famiglia… Una famiglia che ho
appena cominciato a ricostruire: non lascerò che distruggano tutto un’altra
volta, non finché mi resta un po’ di fiato in corpo!".
"E Dora? Che mi dici di Dora?".
"Oh, per favore, Sirius, lascia mia moglie
fuori da questa storia! Lei non c’è più! Certo, è ancora viva, ma di fatto non
c’è più! E non tornerà più indietro: Dora è peggio che morta e lo sai anche
tu!".
"Remus…".
"No, niente Remus, Sirius! Sono stufo di
questa inutile discussione: togliti da quella porta o ti spingerò via
io!".
Per tutta risposta, l’Animagus si piantò più
saldamente sotto lo stipite, con un chiaro cipiglio di sfida sul volto. "Non ti
permetterò di suicidarti, Remus… L’ultima volta che l’hai fatto, sono stato
buono in un angolo e il senso di colpa mi ha quasi ucciso, stavolta no:
stavolta, farò tutto quello che è in mio potere per fermarti!".
Drew assisteva alla scena, trattenendo il
fiato, spaventato da come la cosa si stava evolvendo: sarebbe sul serio finita
in una zuffa? A giudicare dall’espressione decisa di Remus, si sarebbe proprio
detto di sì: il mago già puntava la bacchetta contro l’amico.
"Ragazzi, non è il caso di arrivare a questi
estremi…" protestò Luna, avanzando per frapporsi ai due litiganti.
"Luna non ti mettere in mezzo" l’avvertì
Sirius. "Questa è una faccenda tra noi due…".
"Remus, non fare l’idiota" lo rimproverò
Hermione. "Non sei in grado di reggere un Duello, nelle tue
condizioni…".
"Io sto benissimo" la zittì il licantropo.
"Sono ancora capace di lanciare un Incantesimo".
Quelle che potevano essere considerate le
ultime parole famose… Ted, con i suoi studi da Guaritore, fu il primo a capire
quello che stava per succedere, interpretando correttamente il pallore quasi
mortale del genero e la mano destra, che tremava leggermente.
"Remus" cominciò esitante, intuendo già che
la reazione dell’altro. "Credo che…".
E infatti, Remus si voltò di scatto verso di
lui. "Non ti ci mettere anche tu, Ted: è tua nipote, Merlino santo, vuoi sul
serio lasciarla morire?".
"Non è questo: credo che tu…".
Non riuscì a terminare la frase, perché in
quel momento alla collera subentrò sul viso dell’uomo il dolore, mentre la
bacchetta scivolava a terra, le gambe cedevano e la mano andava ad appoggiarsi
sul petto, all’altezza del cuore.
"… Stia per avere un infarto" concluse Ted
tra i denti, mentre scattava in avanti.
"Moony!" gridò Sirius, completamente
dimentico della lite, mentre abbandonava la sua postazione e si precipitava
sull’amico a terra. "Moony!" lo chiamò ancora, con voce rotta. "Non azzardarti a
morire, hai capito?".
Luna lo spinse lontano, mentre Ted e
Hermione si chinavano sul licantropo. "Sirius, vieni via: così sei solo
d’intralcio…".
"Luna, la pozione, subito!" ordinò Ted,
mentre con gesti esperti slacciava il colletto di Remus per agevolare le vie
respiratorie. "Dobbiamo stabilizzarlo, in fretta".
La donna eseguì, correndo fino alla dispensa
e tirandone fuori diverse boccette pieni di liquido scarlatto. Ne passò
velocemente una all’anziano guaritore che la cacciò a forza nella bocca
dell’uomo riverso a terra.
Hermione controllò il battito cardiaco e
scosse il capo. "È ancora instabile: ci vuole un’altra dose".
Quando anche la seconda boccetta non sortì
l’effetto sperato, Ted, cupo in volto, disse: "Maschera dell’ossigeno,
immediatamente. Dobbiamo portarlo di sopra. Fred, George, qui all’istante e date
una mano!".
******
Due ore più tardi, Drew e i due cugini
sedevano nella loro stanza in silenzio quasi religioso, il volto teso per la
preoccupazione. L’unico suono che si udiva era il frenetico svolazzare di
Gufetto, che sfrecciava da un angolo all’altro della camera, sbatacchiando
contro le pareti. I tre ragazzi avevano passato quelle due lunghe ore osservando
le giravolte aree del piccolo uccello, in febbrile attesa di notizie,
possibilmente buone, sulle condizioni di Remus.
Sapevano che Ted, Hermione e Luna erano
riusciti a stabilizzarlo alla fine, ma la situazione restava ancora critica.
Dopo averli visti piantonare il corridoio per più di mezz’ora, Luna li aveva
gentilmente incoraggiati a togliersi dai piedi e aspettare nella loro stanza
ulteriori novità: in ogni caso non potevano fare nulla lo stesso,
perciò…
Drew era convinto che l’attesa l’avrebbe
presto ucciso: cercava di pensare positivo, ma era dura levarsi dalla testa il
ricordo di Remus steso a terra o nel suo letto. Sembrava più morto che vivo.
Non morirà, si disse in tono deciso, cercando di convincersi lui stesso.
Non può morire, non così, non adesso…
"Drew" fece Ethan, rompendo all’improvviso
il pesante silenzio. "Credi che Remus se la caverà?".
"Ma che discorsi fai?" protestò Drew. "Certo
che se la caverà! Vedrai, presto sarà come nuovo…".
No credeva nemmeno lui a quelle parole, non
completamente almeno, ma ci mise abbastanza vigore per convincere il ragazzino,
che annuì, un pochino sollevato. Kitty gli rivolse un’occhiata scettica, ma non
disse nulla, tornando poi a osservare le acrobazie volanti di
Gufetto.
Per l’ennesima volta, Drew guardò
l’orologio: erano passati non più di tre minuti dall’ultima volta che l’aveva
fatto. Basta! Se sto qui seduto un altro minuto, l’ansia mi farà
esplodere!
Prima ancora di rendersene conto, era
balzato in piedi e si stava dirigendo alla porta.
"Dove vai?" gli chiese Kitty, perplessa.
"Luna ci ha detto di aspettare qui…".
"Vado a prendere qualcosa da bere" rispose,
sparando la prima scusa che gli venne in mente. "Torno tra un
minuto…".
Uscì, chiudendosi lentamente la porta alle
spalle, ma non scese in cucina: invece percorse il corridoio, diretto verso la
camera di Remus. La porta di quest’ultima era aperta e Drew stava per entrare,
con l’idea di chiedere notizie, ma si bloccò quando sentì la conversazione che
stava avvenendo all’interno. Sapeva che origliare era sbagliato e che si sarebbe
cacciato nei guai, ma non poté proprio impedirsi di ascoltare.
"Dimmi, pensi che Remus possa riprendersi?".
Era stato Sirius a parlare: da quando Remus era stato portato di sopra, non si
era allontanato un secondo dal suo capezzale.
"Remus è forte" rispose Luna, in tono
esitante. "Di certo può farcela, con il nostro aiuto…".
"Luna" la interruppe l’Animagus. "Voglio la
verità, non una bugia che mi faccia stare meglio: vivrà o no?".
Drew fu certo che Luna si fosse stretta
nelle spalle, con aria impotente. "Non lo so, Sirius, davvero non lo so: è stata
una brutta crisi…".
"Stiamo facendo tutto quello che è in nostro
potere" aggiunse Ted. "Ma sai anche tu che più di tanto non possiamo fare, con i
mezzi a nostra disposizione…".
"Vivrà o no?" domandò per la terza volta
Sirius, mentre la voce gli si spezzava in un singhiozzo.
"Forse" fu l’unica risposta che ottenne,
stavolta da Hermione. "O forse no… Dipende tutto da come reagirà alle cure nelle
prossime ore: al momento siamo in una situazione di stallo dove tutto è ancora
possibile…".
Per alcuni secondi regnò il silenzio, finché
Sirius non parlò di nuovo. "È stata colpa mia".
"Non essere sciocco, Sirius" protestò con
foga Luna.
"E invece sì… Se non avessimo litigato, se
non avessi cercato di fermarlo…".
"Se non l’avessi fatto" obiettò Hermione in
tono ragionevole, "sarebbe andato al Ministero e Sylar l’avrebbe probabilmente
ucciso su due piedi… Così, gli resta ancora una possibilità".
"Ma se muore, l’avrò ucciso io".
"Non devi dire così" replicò Luna. "Primo, è
sempre possibile che Remus se la cavi, secondo, tu non potevi agire altrimenti e
non hai colpe. O pensi di essere in grado di bloccare un attacco
cardiaco?".
"Avrei dovuto pensare che nelle sue
condizione di salute, non poteva reggere uno sforzo del genere. E in ogni caso,
se e quando si riprenderà, Ally sarà morta: pensi che sarà così ansioso di
continuare a vivere?".
"Non possiamo fare niente per lei, lo sai"
disse Ted in tono sofferente. "Sarebbe un suicidio cercare di penetrare al
Ministero così, allo sbaraglio: sarebbe come indossare un bersaglio del tiro a
segno e chiedere a Sylar di fare una partita a freccette…".
"Sì, ma sai che Remus non la vedrà mai in
questo modo…" aggiunse Sirius in tono tetro.
Timoroso che potessero sorprenderlo ad
ascoltare, Drew si allontanò suo malgrado dalla porta, ripercorrendo a ritroso
il corridoio, con la testa che ronzava, piena di pensieri.
Non volendo tornare subito in camera, dove
probabilmente Ethan e Kitty gli avrebbero fatto domande, il ragazzo scese di
sotto, andando a prendere sul serio da bere.
Dopo essersi scolato un bicchiere d’acqua,
il suo occhio cadde sul giornale che Christie aveva lasciato sul tavolo: la foto
da Artemis ricambiò il suo sguardo.
Gli faceva male pensare che di lì a poche
ore, la sua amica sarebbe morta e loro non potevano fare assolutamente nulla.
Non che si aspettasse qualcosa di diverso. Ted aveva ragione e anche Sirius:
cercare di arrivare alla Zona delle Celle senza il minimo piano era un autentico
suicidio. Lo era anche con un piano, del resto: Drew ricordava fin troppo bene
quando con Ares e Artemis era andato a salvare Hermione, non fosse stato per il
tempestivo intervento dell’Ordine non ne sarebbero usciti vivi. L’Ordine pensava
solo a limitare le perdite: era un ragionamento cinico, ma l’unico possibile se
dovevi combattere contro un’intera nazione. Se uno solo di loro metteva il naso
nell’Atrium, Sylar l’avrebbe ucciso lì sul momento: e così i morti sarebbero
stati due.
Sylar… Quasi il bicchiere gli si ruppe in
mano, quando pensò a lui. Era ovvio che ci fosse lui dietro quella trappola:
chissà, magari sarebbe stato proprio suo padre a eseguire la sentenza
l’indomani. Il pensiero gli fece montare rabbia e sconforto insieme: ma in fondo
che senso aveva continuare ad arrovellarcisi sopra? Per quanto potesse
sforzarsi, Sylar sarebbe comunque sempre rimasto suo padre, il Prescelto, che
aveva voltato le spalle a tutti loro…
Sylar… Drew appoggiò il bicchiere, prendendo
in mano la Gazzetta, mentre il germe di un’idea assolutamente stupida e
scriteriata gli germogliava in testa. Forse, c’era una persona che poteva
entrare al Ministero e restare in vita… In fondo, è pur sempre mio padre,
no?, si disse, cercando di scordare il dettaglio che durante il loro ultimo
incontro non si era fatto remore a cercare di ucciderlo. Ma accetterà di
incontrarmi, fosse solo per curiosità… E forse, giocando d’astuzia, potrei
fargli rilasciare Artemis: possiedo informazione piuttosto compromettenti sulla
sua reale identità…
Una vocina nella sua testa gli diceva di
dimenticarsi quell’idea all’istante e tornare di sopra, ma Drew non era mai
stato particolarmente bravo a darle retta: ormai l’idea aveva preso consistenza
nella sua mente e come un virus si era propagata in tutto il corpo. Poteva
essere l’unica possibilità di salvare Artemis. Se Remus sta morendo sul
serio, Artemis ha diritto di potergli dire addio…
Mentre lasciava ricadere il giornale, gli
tornarono in mente le parole che Bellatrix gli aveva detto sprezzante la notte
in cui Dudley ed Elizabeth erano morti e la sua vita cambiata per sempre.
Ma guarda, stesso spirito di sacrificio di
quell’idiota di tuo padre. Lasciami indovinare, stai per fare qualcosa di
estremamente stupido per tentare di salvare la tua patetica e inutile famiglia,
vero?
La mela non cade mai lontana dall’albero,
pensò, mentre si rendeva conto che in una
situazione analoga, Harry avrebbe probabilmente fatto la stessa, stupida cosa
che stava per fare lui… Dritto in bocca al lupo, proprio come quest’ultimo si
aspetta!
Si rammaricò di non avere con sé il Mantello
dell’Invisibilità, gli sarebbe potuto tornare utile. Ma non poteva tornare a
prenderlo nella sua stanza e rischiare che Kitty e Ethan capissero che cosa
volesse fare: l’avrebbero certamente fermato, anche a costo di rinchiuderlo
nell’armadio.
Perse giusto il tempo necessario per
prendere dal guardaroba una giacca leggera con cappuccio per poter nascondere il
volto e alcune monete, poi tornò in cucina e, prima di cambiare idea, sgattaiolò
fuori dalla porta sul retro.
Gli incantesimi di protezione sarebbero
scattati nell’arco di cinque secondi, perciò Drew si affrettò a raggiungere la
strada: meno di tre minuti dopo, lasciava di corsa le vie illuminate dal sole e
si infilava in una stazione sotterranea della metropolitana, diretto verso il
Ministero.
LYRAPOTTER’S CORNER
Allora, ormai potrei scrivere un libro con
tutte le promesse che faccio e poi non mantengo: avevo promesso un aggiornamento
veloce, lo so. A mia difesa, posso dire che mi sono portata avanti con la mia
raccolta e poi sono rimasta impegolata in un calo di ispirazione: evidentemente
anche la mia musa è andata in vacanza! Alcuni punti di questo capitolo,
soprattutto il litigio di Remus e Sirius sono stati una vera sofferenza. Spero
comunque che lo sforzo sia valso e che gradirete.
Come avete visto, Artemis non è morta e Drew
sta andando a cacciarsi in un mare di guai. Il prossimo capitolo, come avete
capito, vi aspetta il primo incontro tra Potter senior e Potter junior… capitolo
che spero arriverà presto, ma non faccio promesse!
Spero abbiate anche gradito il piccolo
bonus, il flashback: l’ho aggiunto per allungare un po’ e creare un parallelismo
con la situazione attuale.
Passiamo ai ringraziamenti, in breve
stavolta, perché ho poco tempo: grazie infinte ai miei fedeli LadyMorgan,
Deidara, hermione616 e Ino chan per le loro bellissime
recensioni.
Come sempre, vi esorto a farmi sapere cosa
ne pensate di questo capitolo, o voi silenziosi lettori, a presto,
bacibaci!!!!!!!!
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Capitolo 25 *** Un primo faccia a faccia ***
MAGIC WARS
CAPITOLO XXIV: UN PRIMO FACCIA A
FACCIA
Ministero della Magia,
Londra
Stupidi, dannatissimi capelli,
fu il pensiero che attraversò Artemis, mentre per
l’ennesima volta si scostava i suoi nuovamente mori capelli dalla faccia.
Incredibile come suonasse fuori posto un’osservazione del genere, considerato
che le restavano poche ore da vivere.
Questa è tutta da vedere, si disse subito, in tono battagliero. Se Sylar o Harry o comunque si chiami ha davvero intenzione
di farmi fuori, non gli renderò il gioco facile! E se mai riuscirò a uscire da
qui, i demoni dell’inferno lo proteggano perché lo farò a pezzi con le mie
mani!
Dopo il primo attimo di sgomento, avere la
definitiva conferma che Lord Sylar era anche il suo padrino, il ragazzo che
l’aveva tenuta sulle ginocchia quando era solo una pupetta di pochi mesi l’aveva
riempita di un’immensa collera. Ben poco le importava delle ragioni che
l’avevano spinto a quel punto, a suo avviso Harry era stato niente più e niente
di meno che un codardo, non migliore di Peter Minus! E Artemis non era mai stata
particolarmente incline alla filosofia del "perdona e dimentica", meno che mai
su una cosa tanto grave come il tradimento… Ed era per questo che si era
ripromessa che gliela avrebbe fatta pagare, a Sylar, per tutto quello che aveva
fatto a lei, alla sua famiglia e ai suoi amici: motivo per cui non poteva
decisamente morire il giorno successivo come il Ministero aveva
decretato.
Artemis non era certa di quanto tempo fosse
passato da quando Sylar era venuto a farle visita: tra quelle quattro pareti
assolutamente identiche era fin troppo facile perdere la cognizione del tempo,
ma la ragazza era certa che non potessero essere passate più di un paio d’ore.
La faceva ben sperare il fatto che nessuno si fosse unito alla sua prigionia:
significava che molto probabilmente il resto dell’Ordine era riuscito a fermare
suo padre da qualche eroico tentativo di suicidio. O almeno, lei preferiva
pensarla così: se voleva uscirne viva, doveva pensare positivo, una pratica che
da qualche anno a quella parte le riusciva sempre più difficile
esercitare.
Aveva trascorso quel lasso di tempo
aspettando che gli ultimi strascichi della Maledizione del Marchio svanissero,
facendo stretching per riattivare i muscoli e sfruttando le sue scarne
conoscenze di meditazione zen per risvegliare il cervello: se voleva uscire viva
da quel posto, doveva essere al massimo della forma. O perlomeno, in una
condizione che ci si avvicinasse abbastanza: in realtà, era sicura che le ci
sarebbero voluti giorni, come minimo, per riprendersi completamente, peccato che
tutto quel tempo non l’avesse. In ogni caso, si sentiva decisamente meglio di
quando si era risvegliata: il Marchio aveva smesso di bruciare, cosicché
riusciva a pensare lucidamente, e si sentiva discretamente bene fisicamente.
Ci dovremo accontentare, sospirò. In ogni caso, grazie al suo sangue
misto, poteva contare su riflessi più rapidi di quasi tutti gli esseri viventi
dell’edificio.
Ed era su questo che si basava lo zoppicante
piano che aveva messo insieme, un piano che poteva andare storto almeno per un
miliardo di motivi, ma anche l’unico che era riuscita a ideare considerati i
tempi stretti e i pochi mezzi a sua disposizione: di fatto tra lei e la salvezza
si frapponevano quella porta, un paio di ascensori e qualche dozzina di
Mangiamorte e impiegati vari e lei per superarli aveva a disposizione solo il
suo corpo, la sua testa e un ciondolo a forma di mezzaluna.
Il primo punto del suo piano prevedeva
ovviamente uscire da quella cella… e quella era probabilmente la parte più
facile, visto che Sylar le aveva fatto pure il favore di mettere una guardia a
piantonare la porta! Ora doveva solo sperare che fosse abbastanza stupida da
abboccare all’amo e aprirla.
Artemis non aveva idea di chi ci fosse
dall’altro lato di quella parete, ma probabilmente era solo uno svogliato
impiegato di bassa lega: abbindolarlo sarebbe stato semplice. Almeno in teoria:
se non ci fosse riuscita o se le guardie fossero state più di una, il suo piano
sarebbe probabilmente andato a farsi benedire. Ma prima di accettare il proprio
fato, almeno un tentativo doveva farlo.
Prese un respiro profondo, poi si sfilò dal
collo il filo di corda a cui il ciondolo era appeso e lo staccò, impugnandolo
alla meglio sul lato convesso, quello smussato. Passò con un tocco leggero un
dito sull’altro e sospirò di sollievo nel vedere una goccia di sangue scivolare
sulla mano. Per fortuna è ancora affilato, pensò, studiando il modo per
garantirsi la presa migliore: non era decisamente l’arma ideale. Ma qualcuno di
abile poteva sfruttarla comunque e lei, modestia a parte, era molto
abile.
Stava gettando il laccio ormai inutile in
terra, quando una ciocca fastidiosa le volò di nuovo sul volto. Basta, quando
esco da qui, mi raperò a zero!, sbuffò tra sé, stizzita. Poi le venne
un’idea: usò la corda per legarsi i capelli in una coda improvvisata. Poco
solido e per nulla estetico, ma molto più pratico. Quando ebbe saggiato la
solidità dell’elastico improvvisato, impugnò di nuovo il suo "pugnale" e balzò
in piedi, pronta all’azione.
Respirò a lungo, profondamente, poi si
avvicinò lentamente alla porta e prese a batterci furiosamente i pugni
contro.
Dopo alcuni secondi le giunse l’allarmata
voce maschile della sua guardia. "Che diavolo stai facendo la
dentro?".
"Fammi uscire!" strillò Artemis, modulando
attentamente la voce in modo che sembrasse disperata e sofferente. "Mi sento
male!".
"È un problema tuo! Piantala immediatamente
con questo fracasso infernale!" le intimò l’altro, per nulla allarmato, semmai
solo infastidito.
Ma del resto, Artemis si era aspettata
resistenza. Diminuì un po’ la forza dei colpi e stavolta usò un tono di voce
appena più basso: "Ti prego, non mi sento bene: il Marchio ha ripreso a
bruciare, mi fa male tutto!". Doveva solo sperare che quello fosse abbastanza
idiota e non avesse idea di come agisse la maledizione del Marchio del Diavolo.
Per sua fortuna, entrambe le supposizioni erano esatte.
"E io che ci posso fare?" obiettò l’uomo,
anche se ora sembrava un po’ più preoccupato.
"Ti prego, aiutami!" lo supplicò Artemis, in
tono supplichevole, a voce ulteriormente più fioca. "Non resisterò a
lungo…".
Diede un altro paio di fiacchi colpi contro
la porta, poi si abbandonò in terra con un tonfo più sonoro
possibile.
Stavolta l’uomo suonò davvero agitato,
Artemis poteva quasi vedere la sua faccia preoccupata. E se non altro aveva
avuto la conferma che era solo: in caso contrario, sicuramente avrebbe chiesto
un consiglio.
"Ehi, ragazzina!" la chiamò. "Mi
senti?".
"Aiutami…" mormorò lei, in un bisbiglio
sofferente perfettamente udibile. E apri ‘sta cazzo di porta,
imbecille!
"Io… io non posso" ribatté quello,
evidentemente combattuto. "Lord Sylar mi ha intimato di non aprire la porta per
nessun motivo…".
Artemis ridacchiò tra sé: ottimo, ora aveva
un altro strumento su cui far leva. La paura. "Lord Sylar ti incenerirà sul
posto se mi fai crepare…" chiocciò. "O pensi che ti ringrazierà perché la sua
preda gli è morta sotto il naso?".
Adesso il volto del Mangiamorte era
attraversata da sentimenti contrastanti, ne era certa: una parte di lui voleva
ubbidire agli ordini, l’altra già tremava al pensiero della collera di Sylar.
E ora il colpo di grazia, si disse Artemis: doveva far leva sulla paura e
quel briciolo di umanità che di certo il suo carceriere possedeva.
Lanciò un grido strozzato, battendo
debolmente contro la porta. "Ti prego, aiutami…" lo supplicò, incrociando le
dita.
Da qualche parte, un’oscura divinità ascoltò
le sue preghiere. Sentì l’uomo avvicinarsi alla porta e infilare la chiave nella
toppa.
Grazie Merlino, grazie, grazie, grazie!
Silenziosa come un gatto, Artemis si spostò,
portandosi di lato alla porta, la falce di luna in mano, in modo da poter
prendere la guardia di spalle.
"Sta alla larga dalla porta, ragazzina" le
intimò, mentre faceva scattare la serratura.
Contaci, idiota, gli rispose mentalmente Artemis, mentre la porta si
apriva.
Quello ebbe appena il tempo per rendersi
conto che la sua prigioniera non era distesa in terra in punto di morte che già
Artemis gli era balzata alle spalle, bloccandolo e puntandogli il ciondolo al
collo: dal suo punto di vista, gli sarebbe sembrato un coltello affilato pronto
a tagliargli la gola. Fortuna che non era particolarmente alto.
"Non gridare o sei morto" gli sussurrò
Artemis all’orecchio, in tono minaccioso. "Non muoverti o sei morto: fidati, lo
farei!".
Lo sentì deglutire, terrorizzato. "Che… che
cosa vuoi?" balbettò.
"La tua bacchetta: gettala a
terra".
Ubbidì senza esitare: di fronte alla morte,
anche il più coraggioso tendeva a diventare un codardo accomodante. Artemis lo
spinse avanti, in modo da raggiungere la bacchetta col piede: senza mollarlo, la
calciò lontano dalla sua portata, fuori dalla porta.
"Ora le chiavi della cella" gli intimò. "E
togliti il mantello".
Anche stavolta, il suo ostaggio eseguì senza
fiatare: le chiavi tintinnarono a terra e furono subito dopo raggiunte dal
mantello d’ordinanza del Ministero.
"Non riuscirai a scappare" protestò l’uomo.
"Ci sono un sacco di guardie in giro…".
"Tu non sai di cosa sono capace!" sibilò
Artemis. "Tu non ne hai la minima idea, idiota!".
"Hai intenzione di uccidermi?". Lo disse con
voce incredibilmente ferma, per quanto stesse sudando copiosamente.
Per un attimo l’idea la solleticò: sarebbe
stato un Mangiamorte in meno al mondo e lui al suo posto non avrebbe
probabilmente esitato un secondo. Subito dopo si sentì disgustata di sé stessa:
era pur sempre un essere umano, a giudicare dalla voce, nemmeno tanto più
vecchio di lei. Voleva davvero abbassarsi al suo livello? Lei era meglio di
così.
"No, non ti ucciderò" disse perciò. "Noi non
siamo come ci dipinge il tuo signore".
Probabilmente quello avrebbe aggiunto
qualcos’altro, ma Artemis non aveva tempo per quello: lo colpì alla base del
cranio, quanto più forte le fu possibile. L’uomo si afflosciò a terra come una
bambola rotta.
Artemis lo rivoltò, per assicurarsi che
fosse davvero svenuto, dopodichè gli sfilò la cintura dai pantaloni e la usò per
immobilizzargli le mani: non era un granché, ma sarebbe bastato per farle
guadagnare un po’ di tempo. Gli strappò una manica della camicia e gliela ficcò
in bocca a mo’ di bavaglio e lo spinse sul fondo della cella: tanto valeva che
dovesse strisciare un po’ prima di poter dare l’allarme alla porta.
Raccolse le chiavi e il mantello da terra e
uscì dalla cella, chiudendosi senza rimpianti la porta alle spalle. Prese la
bacchetta dell’uomo e la spezzò, tanto per andare sul sicuro: in ogni caso,
presto ne avrebbe avuta un’altra. Sempre che Sylar non lo uccidesse per essersi
lasciato fregare in quel modo.
Non è un problema mio: si è scelto il suo
destino da solo quando ha scelto questo lavoro. Malgrado questo pensiero, non poté evitare di provare un briciolo
di pietà per lui: almeno a suo avviso, l’ingenuità non si può pagare con la
morte.
Ma non poteva fare nulla per lui: doveva
salvare sé stessa e quello era già abbastanza. Perciò si infilò il mantello,
calandosi il cappuccio in testa: le andava grande, ma l’avrebbe comunque aiutata
a passare inosservata. Si cacciò in tasca il mazzo di chiavi delle celle: se
fosse uscita da lì, chissà che non potessero tornare utili un giorno…
Dopodichè, affidandosi ai suoi ricordi delle
planimetrie di quel luogo, si avviò a passo sicuro per il corridoio.
******
Avete presente la sensazione che vi
accompagna mentre state per fare consapevolmente una cosa incredibilmente
stupida e malgrado ciò, la fate comunque?
Ecco, Drew si sentiva esattamente così,
mentre osservava il portone d’ingresso del Ministero, proprio di fronte a lui: a
separarlo dal suo destino c’era soltanto una strada piuttosto trafficata.
Parecchi passanti aveva già occhieggiato con sospetto lo strano ragazzo
incappucciato piantato in quella posizione da dieci minuti buoni, mentre trovava
dentro di sé il coraggio per entrare.
Andiamo, Drew, dopo aver preso tre metro e
camminato per una decina di isolati, nonché essere sfuggito allo sguardo da
lince di Luna, non vuoi nemmeno entrare? Sei venuto per salvare Artemis sì o
no?
Peccato che come pensiero non fosse
particolarmente confortante, visto che già si immaginava Sylar e Voldemort a
brindare con lo champagne sul suo cadavere, e l’immagine non era
bella!
In fondo che si illudeva di poter fare?
Stava andando dritto, dritto a consegnarsi tra le braccia dei suoi nemici
mortali, tanto valeva che si appiccicasse pure un bel fiocco rosso in testa,
modello pacco regalo. È pur sempre mio padre, si disse, in segno di
incoraggiamento. Avrà pure un po’ di pietà per il suo stesso
figlio…
Il pensiero non era esattamente confortante,
ma lo portò alla conclusione che arrivato a quel punto tanto valeva entrare e
cercare di fargli rilasciare almeno Artemis. Ricordati che suo padre forse
sta morendo: deve avere la possibilità di dirgli addio… E nella peggiore delle
ipotesi, tu e Remus giocherete a carte nell’aldilà!
Stare con Artemis gli faceva male, rifletté,
mentre si decideva finalmente ad attraversare la strada. Ora si metteva pure a
fare battute sarcastiche come le sue.
Indugiò un solo istante davanti al portone
di mogano, poi prese un bel respiro e per la seconda, ma non ultima volta nella
sua vita mise piede nell’opprimente saletta di benvenuto circolare.
Come l’altra volta, la stessa segretaria
sulla trentina alzò lo sguardo dai fogli che stava dattilografando per
rivolgergli uno sguardo sorpreso e un sorriso a trentadue denti.
"Benvenuto al Ministero della Magia,
signore" lo salutò in tono compunto. "In cosa posso aiutarla?".
"Devo parlare con Lord Sylar,
immediatamente" rispose Drew. Incredibile, ora che era entrato, la paura
sembrava essersi ritirata in un angolo del suo cuore, lasciandolo freddo e
impassibile. Tanto meglio, avrebbe avuto bisogno di tutti i suoi nervi per
trattare con Sylar.
Il sorriso sul volto della donna si
affievolì un poco, mentre gli gettava un’occhiata vagamente beffarda:
praticamente era come se avesse chiesto di essere ricevuto sulla Luna. "Sono
desolata, Lord Sylar non riceve visite oggi. Se lo desidera, posso metterla in
contatto con qualcun altro…".
Drew scosse il capo. "No, devo parlare con
Sylar in persona e con nessun altro. Sono sicuro che per me farà
un’eccezione…".
Gli occhi della segretaria si sgranarono:
sembrava voler dire "ma chi ti credi di essere, ragazzino?". Quando parlò di
nuovo, il tono del discorso era più o meno quello, salvo un po’ più gentile. "E,
se non sono indiscreta, chi dovrei annunciare, signore?".
"Andrew Potter" rispose Drew, in tono
sicuro, sfilandosi il cappuccio.
La donna lo guardò a bocca aperta un paio
d’istanti con gli occhi quasi fuori dalle orbite, poi allungò la mano verso
quello che sembrava un galeone d’oro, appoggiato sulla scrivania accanto a un
cartellino con su scritto ‘Lord Sylar’. Si è perfino portato dietro le nostre
idee, pensò Drew con una punta di rabbia, riconoscendo uno di quei falsi
galeoni che a suo tempo furono inventati da Hermione per le comunicazioni dell’
E.S.
La risposta non tardò ad arrivare. La
segretaria lesse il messaggio e poi, indicandogli le scale, disse, ancora
tramortita dalla sorpresa: "Secondo piano, terza porta sulla destra: non puoi
sbagliare, ci sono le targhe con i nomi. Bussa prima di entrare: lui ti sta
aspettando".
Aveva anche tutta l’aria di star pensando ‘E
se fossi in te, prenderei la porta e correrei il più lontano possibile da qui!’.
Ignorando di seguire quel impulso, Drew la ringraziò con un cenno del capo e si
avviò verso le scale. Seguendo le indicazioni, arrivò davanti alla terza porta
sulla destra. La targhetta recitava Lord Sylar,
viceministro.
A prova d’idiota, pensò Drew, alzando il pugno per bussare. Per un solo istante
esitò, considerando di nuovo l’idea di scappare il più lontano possibile, il più
velocemente possibile. Poi ripensò ad Artemis, prigioniera da qualche parte
sotto i suoi piedi. Stupida nobiltà d’animo, pensò, per poi battere il
pungo chiuso sulla porta, in modo volutamente più energico del
necessario.
"Avanti" gli rispose una voce fredda e
distaccata, che fino a quel momento aveva udito soltanto nella sua
mente.
Drew entrò: Sylar era in piedi dietro la sua
scrivania e gli voltava le spalle, guardando fuori dalla finestra. Era talmente
sicuro di sé da non temere nemmeno attacchi a tradimento. Si chiese se fosse
possibile colpirlo alla schiena e risolvere tutti i suoi problemi, poi vide che
una mano del Mangiamorte impugnava strettamente la bacchetta.
"Chiudi la porta e siediti" gli intimò
Sylar, senza voltarsi.
Solo quando Drew ebbe eseguito, quello si
girò: anche attraverso la maschera, era facile immaginarsi il suo ghigno di
compiacimento. "Bene, bene, Andrew Potter… Quando quella sciocchina di sotto me
lo ha riferito, pensavo quasi a uno scherzo, non fosse che nessuno oserebbe
prendere me per i fondelli…".
"Deluso?" chiese sardonico Drew, agitandosi
sulla sedia: ora che se lo trovava davanti, la calma cominciava ad abbandonarlo.
Non sarebbe più uscito da quel posto, ne era certo, non tutto intero, perlomeno:
ma forse avrebbe potuto salvare la sua amica.
Sylar ridacchiò. "Perché dovrei esserlo,
signor Potter? Avevo teso una trappola per un passerotto e invece mi ritrovo con
un falco… Stupito, è il termine più adatto: non credevo che l’Ordine avrebbe
mandato te…".
"I miei amici non sanno che sono qui" spiegò
Drew. "Me la sono filata di nascosto…".
"Tanto di capello, allora: pensavo di
tenessero sotto una teca di cristallo come una bestia rara!".
"Già… Ma è tipico di noi Potter sgusciare
fuori dalle reti più strette. O mi sbaglio?".
Sylar scosse il capo. "No, non sbagli: tuo
padre avrebbe probabilmente agito esattamente come hai agito tu".
Drew lo occhieggiò confuso per alcuni
istanti: allora lui non sapeva che sapeva la verità? Doveva sfruttare quel dato
a suo vantaggio?
Poi avvertì una presenza estranea nella sua
testa: istintivamente cercò di tirarsi indietro, senza troppo successo, dato che
le sue conoscenze di Occlumanzia rasentavano lo zero. Ma durò solo pochi
secondi.
"Non stia a lambiccarsi il cervello, signor
Potter" disse Sylar. "So che il mese scorso ha avuto accesso a ricordi nella mia
mente, a cose che non avrebbe mai dovuto vedere…".
"Quindi sai che so chi sei davvero, chi c’è
dietro quella maschera… papà". L’ultima parola la disse in modo strano, a metà
tra l’ironico e l’emozionato: era pur sempre la prima volta che parlava con il
padre che aveva ritenuto morto per tanto tempo.
Sylar gli rivolse un’occhiata carica di
irritazione. "Non chiamarmi in quel modo!" lo rimproverò, abbandonando pure la
forma di cortesia. "Te lo ripeterò una volta sola, Andrew, perciò stammi bene a
sentire: io NON sono Harry Potter. Il Bambino-Che-È-Sopravvissuto è morto
diciasette anni fa, hai capito? E con lui è morto qualunque legame
affettivo/emotivo che lui abbia mai creato con chicchessia! Perciò, potrò anche
essere tuo padre a livello biologico, ma non c’è assolutamente nient’altro: per
quel che mi riguarda, sei un prigioniero come un altro!".
"Non ci credo!" esclamò Drew, balzando in
piedi e rovesciando la sedia nella foga. "Quel ricordo era nella tua testa, no?
Ci deve essere qualcosa di Harry che è sopravvissuto!".
Sylar alzò le spalle, tornando padrone di
sé. "L’ho già detto alla sua amica e lo ridico a lei, signor Potter: è libero di
pensare quello che crede, se la fa sentire meglio, ma ciò non cambierà i
fatti…questo sarà pure il corpo di Harry Potter e quello che ha visto un suo
ricordo, ma non c’è nient’altro. E ora si risieda, prego".
Drew ubbidì controvoglia, fissandolo torvo:
non poteva credere a quelle parole! Era impossibile che suo padre avesse
semplicemente cessato di esistere per essere sostituito da quella sottospecie di
robot biologico: non si poteva cancellare in quel modo una vita intera! Harry
doveva essere là dentro da qualche parte, ne era sicuro.
Ma quello non era il luogo o il momento per
simili elucubrazioni mentali: la sua vita era appesa a un filo e così quella di
Artemis.
"La mia amica?" ripeté, sorpreso. "Artemis?
Sta bene? Come ha fatto ad arrivare qui?".
"Al momento la signorina Lupin gode di
ottima salute" rispose Sylar. "A parte gli strascichi creati dall’Inibitore,
ovviamente, e il fatto che domani a quest’ora sarà morta. E questo è anche il
motivo per cui è qui: quando ha usato la magia, ha attivato una Passaporta. Per
ora, è nostra ospite in una delle celle al Secondo Livello: abbiamo avuto modo
di scambiare due chiacchiere amichevoli…".
Drew sbuffò, scettico: dubitava seriamente
che fosse stata una conversazione amichevole, conoscendo Artemis e la sua lingua
tagliente.
"In effetti" proseguì Sylar, fingendo di non
aver notato lo sbuffo, "è stata proprio lei a dirmi del piccolo incidente di
percorso avvenuto l’ultima volta che abbiamo avuto un incontro…".
"Vuoi dire quando hai cercato di possedermi
e per poco non ci hai uccisi tutti e due?" ribatté Drew, in tono acido, senza
riuscire a trattenersi.
"Un madornale errore" si scusò Sylar, senza
per altro suonare particolarmente pentito. "L’intenzione non era di ucciderti:
non so cosa sia successo…".
Drew si sentì un pochino deluso: aveva
sperato che Sylar, da provetto Legilimens qual era, riuscisse finalmente a
spiegargli cosa era accaduto. "E allora cosa volevi da me? Che cosa vuoi da
me?".
"Catturarti, mi pare ovvio" ridacchiò Sylar.
"Il Signore Oscuro è impaziente di conoscerla, signor Potter".
Il ragazzo ebbe l’impressione che le viscere
gli si riempissero di ghiaccio: non era pronto per una simile sfida e
probabilmente non lo sarebbe mai stato. Non poteva affrontare
Voldemort.
"Non mi guardi in quel modo" lo rimbeccò il
suo interlocutore. "Si aspettava di poter entrare qui dentro e andarsene come
niente fosse… Ma non si preoccupi: aspetteremo che gli altri impiegati vadano a
casa. Il mio Signore non ama particolarmente fare le cose in platea, preferisce
la sicurezza della privacy…".
Confortante: essere ucciso e torturato
davanti a due persone piuttosto che a cento, un pensiero davvero
premuroso.
"Lasciate andare Artemis" provò a dire,
cercando di scacciare le immagine poco rassicuranti sul suo prossimo destino.
"Lei non vi serve a nulla, non ha nulla da offrirvi…".
"Andrew, l’abbiamo già fatto questo gioco,
ricordi? Tu non hai mezzi per farmi pressione e porre trattative: la signorina
Lupin morirà domani come deciso".
"Ma perché? Che minaccia rappresenta per
voi?".
"Una giovane donna carica di rabbia e
spirito vendicativo, pronta a tutto per raggiungere i suoi scopi, ecco cosa. Ho
già commesso una volta l’errore di rilasciare quella piccola ibrida, convinto
che non fosse una minaccia, e i fatti mi hanno prontamente smentito. Mai
dimostrare pietà per il proprio nemico, Andrew: è il maggior difetto degli
idealisti come te. Ed è per questo che non potete vincere".
"Allora mio padre è morto davvero*" mormorò
Drew, sconsolato. "Lui non avrebbe mai fatto quello che stai per fare
tu…".
"Lieto che tu l’abbia capito.
Ora…".
In quel momento bussarono alla porta: Draco
Malfoy fu introdotto nella stanza. "Mi avete mandato a chiamare, mio signore?"
domandò, mettendosi sull’attenti davanti all’uscita.
"Ah, Draco" lo accolse Sylar in tono freddo.
"Capiti giusto a proposito: stavo proprio congedando il nostro
ospite".
Solo in quel momento Malfoy dedicò la sua
attenzione al terzo uomo nella stanza: sobbalzò nel riconoscerlo, assumendo
un’espressione stupita. "Ma è…".
"Sì, è lui" lo zittì in tono secco il
viceministro. "Ora, Draco, ti sarei molto grato se lo scortassi fino alla sua
cella, giù al Secondo Livello: sono certo che la signorina Lupin sarà felice di
avere compagnia…".
Per un folle attimo, Drew considerò l’idea
di sguainare la bacchetta e Schiantarli entrambi; poi sentì la stretta di Malfoy
sulle sue spalle, mentre con l’altra mano gli frugava nella giacca e trovava
l’arma, per poi infilarsela nel mantello.
"Sarà un piacere, mio signore"
dichiarò.
"Ne ero sicuro". Sylar li congedò con un
cenno della mano. "E bada, Draco: non sono ammessi errori, stavolta. Questo
prigioniero è ben più prezioso della tua inutile vita. Mi sono
spiegato?".
Drew sentì la presa sulla spalla aumentare
tanto che dovette trattenere a stento un gemito di dolore. "Cristallino, mio
signore".
"Bene: ora andate".
"Te ne pentirai, Sylar" gli gridò Drew,
mentre Malfoy lo pilotava fuori: nemmeno lui sapeva dove trovasse il coraggio
per un’uscita del genere. "Ti garantisco che te ne pentirai".
Poco ci mancò che Sylar gli scoppiasse a
ridere in faccia. "Mio caro ragazzo, ho io le carte in mano questo
giro".
Dopodichè, con un ultimo inchino la porta si
chiuse, sottraendo dalla sua vista la figura di quel padre che cominciava a
detestare con tutte le sue forze.
"Niente scherzi, eh Potter" lo minacciò
Malfoy. Tanto per stare sul sicuro, gli immobilizzò le braccia.
Ma che vuoi che faccia senza bacchetta?,
pensò Drew, scoraggiato. Chissà che stavano
facendo a casa: di certo ormai dovevano aver notato la sua fuga. Beh,
l’avrebbero scoperto dal Profeta cosa gli era successo. Non c’è che dire: noi Potter siamo davvero bravi a tentare
il suicidio…
******
Qualche piano più sotto, Artemis, agevolata
dall’effetto sorpresa metteva fuori gioco lo svogliato custode della Zona delle
Celle. Gli prese la bacchetta, infilandosela in tasca insieme alle chiavi: anche
quella poteva sempre tornare utile, se non altro avrebbe potuto cavare gli occhi
a qualcuno.
Purtroppo, la parte facile era ormai
prossima alla conclusione: una volta lasciata la Zona delle Celle, avrebbe
dovuto attraversare i vecchi corridoi abbandonati della Sezione Auror e poi gli
affollati passaggi dell’Ufficio Applicazione Della Legge Sulla Magia. Speranze
di passare inosservata: quasi nulle. Speranze di uscirne viva: perfino
meno.
Ma non poteva permettersi di aspettare: ogni
secondo che passava, aumentavano le probabilità che qualcuno notasse la sua
fuga. Cosa non avrebbe dato per un orologio: in questo modo, avrebbe potuto
tranquillamente aspettare che calasse la notte e sgusciare via a passo di danza
tra i corridoi deserti.
Ormai è tardi per piangere sul latte
versato, pensò, scacciando il pessimismo e
incamminandosi a passo sicuro: aveva ancora qualche minuto di calma perché le
venisse in mente un piano brillante per uscire da quella trappola.
Non aveva nemmeno finito di dirlo che sentì
dei passi davanti a sé: qualcuno le stava venendo incontro. E quel posto
lesinava decisamente in nascondigli… Artemis imprecò sottovoce, dominando subito
l’onda di panico. Chiunque sia, lo poi affrontare e mettere fuori gioco senza
problemi. Già, poteva affrontare chiunque, tranne la persona che le si
presentò davanti poco dopo…
Si appiattì dietro un angolo, pronta ad
accogliere il nuovo arrivato, o meglio arrivata, perché in un attimo si trovò di
fronte lo sguardo folle e color pece di Bellatrix Lestrange.
Solo la sorpresa impedì probabilmente alla
Mangiamorte di lanciarle un’Avada Kedavra lì sul momento: le due rimasero a
squadrarsi per alcuni istanti, carbone nell’ambra, poi con un grido di rabbia
Bellatrix estrasse la bacchetta, sparandole contro una maledizione mortale che
andò a creare una bruciatura nella parete dietro di Artemis, proprio dove poco
prima c’era la sua testa.
Dando retta al suo intinto di
auto-conservazione, Artemis fece bruscamente dietro front, andando a gettarsi
dietro la scrivania del custode privo di sensi, maledicendo le divinità che
dovevano averla presa in antipatia. Di tutti i Mangiamorte che c’erano nel
Ministero, l’unica determinata a ucciderla a tutti i costi doveva incontrare!
Perché Bellatrix, al di là di qualunque ordine superiore potesse esserle giunto,
l’avrebbe uccisa lì sul posto se fosse riuscita a prenderla, su questo non aveva
il minimo dubbio: la sua cara zia la odiava, tanto quanto odiava sua madre e
Sirius, se non addirittura di più, dato che oltre a essere una Black Mezzosangue
e rinnegata, infestava il suo prezioso albero genealogico con il sangue ibrido
di suo padre. Una vergogna che Bellatrix non era mai riuscita a
sopportare.
Proprio in quel momento un altro Incantesimo
saettò sopra la sua testa. Con tutto il baccano che stava facendo, quanto ci
avrebbe messo a richiamare qualcuno? Tutti i suoi progetti di fuga stavano
allegramente andando a farsi benedire…
"Dove ti sei nascosta, piccola mezza Babbana
che non sei altro?" la provocò Bellatrix, scrutando la piccola area con occhi di
falco. "Non fai tanto l’arrogante quando sei disarmata, eh? Come hai fatto a
fuggire, piccolo demonio? L’avevo detto a Lord Sylar che avrebbe fatto meglio a
lasciarti morire subito: sei decisamente troppo pericolosa per rimanere in
vita!".
"Grazie, Bellatrix" la schernì Artemis,
senza muoversi dal suo patetico rifugio, mentre il suo cervello ronzava nel
tentativo di trovare un modo per metterla fuori combattimento. "Sei troppo
buona: non credevo che avessi tanta paura di me, zietta cara".
"Paura?" ribatté Bellatrix, in tono
sprezzante. "Di te, schifosa meticcia? Sei un esserino insignificante, niente
più che una mosca fastidiosa, come i tuoi sciocchi amici…".
"Oh, andiamo Bella, la verità è che ti
brucia perché nonostante i tuoi sforzi non sei ancora riuscita a uccidermi, come
hai fatto con mia nonna… Te la ricordi Andromeda, sì? Tua sorella, quella che
hai ucciso a sangue freddo come un animale…".
Quella era una caratteristica che aveva
preso da sua madre e in parte da Sirius: aprire la bocca e darle fiato nei
momenti meno opportuni… Ma provocare Bella era troppo facile e
appagante!
Il viso della Mangiamorte si distorse dalla
rabbia nel sentire nominare la sorella tanto odiata. "Non parlare di cose che
non capisci, stupida ragazzina! Io e Andromeda avevamo conti in sospeso da
tempo… Everte statim!".
La scrivania mandò un sinistro lamento,
mentre l’Incantesimo quasi la spezzava in due. Artemis si rannicchiò su sé
stessa, per proteggere il viso da schegge di legno volanti: non avrebbe retto a
un altro colpo e a quel punto Bellatrix si sarebbe trovata in indiscutibile
vantaggio, con lei senza più nascondigli, per terra e indifesa. Non poteva
permetterlo: se voleva una possibilità di vincere, dovevano trovarsi faccia a
faccia quando lei l’avesse deciso. Devo attaccarla da un punto che non si
aspetti… dall’alto… Piombarle addosso e Disarmarla prima che possa reagire, poi
metterla fuori combattimento.
L’idea assunse consistenza man mano che ci
pensava, ma per farlo doveva prenderla troppo alla sprovvista, renderla cieca
all’evidenza, distrarla… Falla parlare, provocala… Niente di più
semplice: si sentiva quasi nata per quel compito.
E così fece, mentre nel contempo si
rannicchiava, pronta a saltare al momento giusto. "Conti in sospeso, certo"
esordì in tono sprezzante. "Intendi quando ha rinnegato te e tutta la tua
famiglia di pazzi fissati per sposare mio nonno? Quando ha contaminato il suo
sangue con quello di un Sanguesporco, partorendogli una figlia Mezzosangue?
Oppure quando ha accolto nella sua casa me, nientemeno che una cucciola di
Licantropo? Quanto disonore, non è vero? Le cose incredibili che può far fare
l’amore… Ma tu che ne sai? Che ne puoi sapere? Le follie di Voldemort e quelli
come lui ti hanno offuscato il cervello a tal punto che non vedi più al di là
del tuo naso! Andromeda ti voleva bene, incredibile a dirsi… Se non lo sapessi
per certo, riterrei impossibile che tu sia sua sorella: Andromeda Tonks era una
delle donne migliori che abbia mai conosciuto, una donna che tu nemmeno in un
milione di anni potrai eguagliare!".
"Taci, sporca meticcia, taci!" gridò
Bellatrix, furente. "Non parlare di cose che non puoi capire: Andromeda era una
rinnegata, una traditrice del suo stesso sangue. Ha avuto quello che si
meritava… E presto l’avrai anche tu: spurgherò la mia famiglia da ogni singolo
ramo infetto, anche a costo di metterci mille anni…".
"E tu ti rendi conto che quando l’avrai
fatto, non resterà più nessuno, vero Bellatrix? Se uccidi me e uccidi Sirius e
uccidi mia madre, dopo chi rimarrà? Siamo gli ultimi Black rimasti: se noi
moriamo, il nome morirà con noi! La tua preziosa famiglia forse sarà purificata,
ma si estinguerà: secoli di storia spariti per sempre!".
Bellatrix ormai non ci vedeva più dalla
rabbia: voleva solo trovare quel indegno essere che era sua nipote e strozzarla
con le sue mani. E conoscendo la zia, Artemis lo sapeva: quello era il momento
migliore, probabilmente l’unico che aveva.
"Sarà una gioia ucciderti!".
Come fosse stato un segnale, Artemis sbucò
fuori dal suo nascondiglio, saltando sulla scrivania malconcia, le gambe già di
nuovo piegate per un nuovo slancio. "Allora prendimi, se ci riesci!" la
provocò.
Bellatrix, veloce come un gatto, le lanciò
contro un Anatema-Che-Uccide, ma Artemis fu più veloce: balzò in avanti, con
forza sufficiente per finirle dritta addosso, facendo volare entrambe a terra.
Troppo stupita, Bellatrix non riuscì a opporre resistenza quando la ragazza le
strappò praticamente la bacchetta di mano.
Lottarono a suon di pugni e calci per alcuni
istanti, ma in un corpo a corpo Artemis con il suo addestramento era decisamente
avvantaggiata rispetto alla Mangiamorte. Perciò, per quanto le unghie di
Bellatrix le graffiarono diverse volte il viso probabilmente nel tentativo di
cavarle gli occhi, Artemis ne uscì vincitrice, spedendo la zia nel mondo dei
sogni.
Si rialzò ansimante, sentendosi tutta
dolorante: tra il volo e le botte, doveva essersi appena guadagnata una discreta
collezione di lividi. Si portò una mano alla guancia destra, sentendola bruciare
di dolore e la trovò sporca di sangue. Dannazione, Bellatrix ha artigli
peggiori di quelli una tigre, pensò, considerando che forse le sarebbe pure
rimasto un segno. Ma era viva e quello era l’importante.
Mentre nascondeva il corpo di Bellatrix
insieme a quello del custode, considerò quante erano le probabilità che il loro
breve alterco non avesse attirato l’attenzione di nessuno. In fondo, quella zona
era discretamente isolata dal resto del Livello: era possibile che le file di
corridoi avessero attutito abbastanza il rumore perché nessuno ci facesse caso.
Sempre sperando che Bellatrix non avesse detto a nessuno dove stava andando…
Quanto ci avrebbero messo a notare la sua assenza?
Stava ancora considerando tutte le possibili
variabili, quando per la seconda volta un rumore di passi la mise sul chi vive;
ascoltò più attentamente: erano almeno in due stavolta. Imprecò tra sé: di
solito nella Zona delle Celle non ci andava mai nessuno, tranne forse gli
addetti agli interrogatori, cos’era tutto quel viavai di gente?
Si accucciò dietro la scrivania: stavolta
non si sarebbe fatta vedere: avrebbe aspettato che i nuovi venuti se ne
andassero e poi avrebbe imboccato l’uscita e al diavolo tutto il resto. Doveva
uscire da lì e doveva farlo in fretta. Solo all’ultimo si ricordò del guardiano
svenuto lì a fianco, ma ormai era troppo tardi.
Due uomini svoltarono l’angolo, sbucando
nella saletta: uno era Draco Malfoy, che camminava tutto impettito come un
pavone, facendo da scorta a…
Drew? Artemis
fissò l’amico dal suo nascondiglio con gli occhi sbarrati. Che diavolo…
Stupido imbecille! E ora le toccava pure salvarlo!
Drew dal canto suo si sentiva più idiota
ogni secondo che passava: come aveva fatto a credere di poter sul serio cambiare
qualcosa? Una parte di lui si era ingannata che facendo appello a qualche
recesso della sua mente, Sylar gli avrebbe dato ascolto, facendo leva sul legame
di sangue che gli univa. Ma era stata una beata illusione, una stupida
illusione: l’unica cosa che aveva ottenuto era stata regalarsi a Voldemort su un
piatto d’argento.
Malfoy al suo fianco non lo perdeva d’occhio
un secondo, talmente tronfio nemmeno fosse stato lui a catturarlo, ma del resto
senza bacchetta non poteva andare da nessuna parte.
Quando giunsero all’ingresso della Zona
delle Celle, dopo essere stato passato in rassegna da almeno metà degli
impiegati, Malfoy si bloccò al centro della stanza, sorpreso.
"Dov’è finito quel custode scansafatiche?"
sbuffò, irritato. "Già ha un incarico di tutto riposo, poi non fa bene neppure
quello". Borbottò un paio di maledizioni e minacce, scoccando a Drew uno sguardo
seccato, ben lungi però dal pensare che dietro la sparizione dell’uomo potesse
esserci qualcosa di sospetto: ai suoi occhi, era solo uno svogliato che aveva
bigiato i suoi compiti e perciò sarebbe stato severamente punito.
Infine, sospirò con aria contrariata e
disse: "Vabbè, vorrà dire che mi toccherà scortarti fino alla tua cella di
persona, Potter. Come se non avessi di meglio da fare!".
Sempre borbottando come una pentola in
ebollizione, si avvicinò alla scrivania con l’idea di prendere le chiavi,
trascinandosi dietro Drew.
Nemmeno lui aveva pensato che ci fosse
qualcosa di strano nella sparizione dell’uomo, finché non vide quello che aveva
tutta l’aria di essere un piede sbucare da un angolo. Corrugò la fronte,
confuso. Ma che diavolo…
Fortunatamente fu anche il primo a vederlo e
Malfoy non lo scorse se non quando fu già troppo tardi. Si chinò sulla scrivania
e sobbalzò
"Paura del lupo cattivo, Draco?" trillò una
voce che Drew conosceva bene.
Subito dopo, una figura ammantata di nero
afferrò Malfoy per il colletto spedendo la sua testa a cozzare contro la
scrivania e lasciandolo privo di sensi sul pavimento.
L’Incantesimo che teneva Drew immobilizzato
si spezzò all’istante, liberandogli le braccia, mentre Artemis si rimetteva in
piedi, scostandosi una ciocca di capelli ribelle dal volto.
"Temis!" esclamò Drew, nello stesso istante
in cui lei diceva: "Drew!".
"Che ci fai qui?" domandarono in
coro.
"Ti sto salvando" fu la risposta.
Artemis gli scoccò un’occhiata carica
d’ironia. "Mi stai salvando? Bel lavoro che hai fatto: il salvatore salvato dal
prigioniero!".
"Ammetto che il mio piano aveva bisogno di
una piccola revisione…" borbottò Drew, piccato, mentre si chinava su Malfoy e
recuperava la sua bacchetta.
"Revisione? Quel pinguino impomatato di mio
cugino stava scortandoti a farmi compagnia… Fortuna per te che io me la so
cavare anche da sola, Drew!".
Rialzandosi, Drew scorse i corpi privi di
sensi di Bellatrix e del custode scomparso. "Quanto hai altri nei hai fatti
fuori?".
Artemis resse il suo sguardo senza
esitazione. "Sono solo svenuti: anche se Bella la ucciderei volentieri… Ma ora
non c’e tempo per vendette personali. Chi sa che se venuti qui con
Malfoy?".
"Soltanto tutto il Secondo Livello… E Sylar:
abbiamo avuto una piacevole chiacchierata" rispose Drew.
"Anche tu?" ridacchiò la ragazza. "Pure io
ho avuto modo di scambiare due parole con il tuo caro papino… Sappi che ho
intenzione di farlo fuori con le mie mani!".
"E io ti darò volentieri una
mano".
Fu in quel momento che notò cosa ci fosse di
diverso nell’amica: i suoi capelli erano diventati scuri come quelli di Sirius.
E guardandola più attentamente, notò altre piccole differenze, nei tratti e
nella linea del volto, senza più quel non so che di vagamente infantile che la
caratterizzava prima: ora sembrava in tutto e per tutto una giovane Black.
Dimostrava i suoi diciannove anni e anche di più, era perfino un po’ più alta.
Soltanto gli occhi erano immutati.
"Che cosa hai fatto?" domandò, squadrandola
come se non fosse sicuro di chi avesse davanti.
"Credo sia successo quando Sylar ha bloccato
la maledizione del Marchio" spiegò Artemis. "Questa è la vera me, ad ogni modo…
Perché, sono così brutta?".
Drew scosse il capo: no, anzi, era perfino
più bella di prima, a suo parere. Il fascino dei Black non si smentiva
mai.
"Stai benissimo" le assicurò. "Come hai
fatto a evadere?".
"E tu a sfuggire ai controlli
dell’Ordine?".
Entrambi si resero conto che avrebbe
richiesto troppo tempo spiegare tutto, perciò decisero di comune accordo di
rimandare a dopo: al momento avevano affari più urgenti da sbrigare.
"Come facciamo a uscire?" domandò Drew. "È
pieno di gente…".
"Non lo so: io stavo improvvisando. Ma in
due per farcela, dobbiamo avere qualcosa di più concreto… E dobbiamo escogitarlo
in fretta: prima che qualcuno noti l’assenza di Bellatrix e Draco".
Sentir nominare i due Mangiamorte svenuti ai
loro piedi, fece germogliare a Drew una mezza idea. In fondo, guardandola nel
suo nuovo aspetto, Artemis le assomigliava abbastanza.
"Tu e Bellatrix siete alte più o meno
uguali, no?" chiese.
La ragazza, che si stava spremendo le
meningi alla ricerca di un idea brillante, lo fissò come se fosse impazzito. "Ma
questo che cavolo c’entra, Drew? Ti ricordo che se non usciamo da qui siamo
tutti e due morti!".
"Tu dammi retta, una volta tanto.
Allora?".
Sbuffando d’impazienza, Artemis rifletté un
attimo. "Credo di sì… E se vuoi saperlo, anche come corporatura siamo abbastanza
simili?".
"Abbastanza da poter ingannare qualche
impiegato ministeriale?" insistette il ragazzo.
La giovane aprì la bocca, sicuramente con
qualche battuta condita di fiele già sulle labbra, ma si bloccò, colpita. "Non
vorrai mica…Ma sei fuori di testa?".
"Perché? Ascolta: tu ti infili nel mantello
di Bellatrix e mi scorti fuori, come se fossi tuo prigioniero. Se qualcuno te lo
chiede, puoi sempre dire che Sylar ti ha chiesto di riportarmi da
lui…".
"Tu sei matto" dichiarò Artemis. "È un piano
folle, da disperati…".
"Temis, noi siamo disperati" puntualizzò
Drew. "Se hai un’idea migliore sono lieto di ascoltarla".
La ragazza fece per rispondere, ma non aveva
nulla da dire: non aveva altre idee da proporre. E non c’era certo tempo per
discutere: ogni secondo poteva sopraggiungere qualcuno e scoprirli. E come Drew
aveva giustamente sottolineato, erano davvero disperati…
Sbuffando contrariata, andò a chinarsi sulla
Mangiamorte priva di sensi e la spogliò del mantello e degli stivali in pelle
nera. Almeno le avrebbero nascosto i pantaloni troppo corti.
Constatò con un po’ di sorpresa che le
andava davvero giusti: lei e la zia avevano praticamente la stessa taglia. Forse
il mantello le cascava un po’ sulle spalle, ma niente di particolarmente
grave.
"Come ti sembro?" chiese con una
smorfia.
"Detestabile" rispose Drew. "Sciogliti i
capelli e indossa il cappuccio".
Artemis seguì il consiglio, lasciando che i
capelli andassero a nasconderle parte del volto. "Dovrò lavarmi nell’ammoniaca
per liberarmi della puzza di pazza psicopatica…" sospirò: non sapeva se era più
disgustata all’idea di indossare le vesti di Bellatrix o del fatto che le
calzassero così bene.
"Sei perfetta" approvò Drew. "Se non ti
guardano troppo da vicino, non noteranno la differenza".
"Speriamo bene". La ragazza si chinò e per
prendere la bacchetta della zia. "E ora mio caro prigioniero" trillò, in una
sorprendentemente fedele imitazione della voce di Bella, "davanti a me e niente
scherzi".
Drew obbedì, tenendo le braccia aderenti al
corpo come se fosse immobilizzato, con la bacchetta comunque pronta
all’uso.
"Se le cose si mettono male…" cominciò
Artemis, prendendo il corridoio che portava all’uscita.
"… Pronto a filare più veloce del vento" la
rassicurò Drew, con un sorriso.
E così a volto scoperto e passo di danza, si
infilarono tra gli sciami di gente che affollava il Secondo Livello.
Molti si voltarono a guardarli, scoccando
loro occhiate alternativamente curiose, spaventate o perplesse, ma se anche a
qualcuno sembrò strano, nessuno si permise di chiedere il motivo: almeno
all’apparenza era Bellatrix Lestrange quella, una delle fedelissime del Signore
Oscuro, pericolosa e spietata, nessuno aveva voglia di rischiare di irritarla.
Se stava facendo qualcosa, di certo la faceva per ordine del Primo
Ministro.
Artemis reggeva bene la parte: imitò alla
perfezione la camminata altera di Bellatrix, a sguardo alto, senza degnare
nessuno di un’occhiata, come se fossero tutti esseri inferiori.
Drew si sentì invadere da una vaga
eccitazione, mentre si muovevano veloci verso gli ascensori dalle porte placcate
d’oro, la loro salvezza. Sta funzionando, sta funzionando sul serio…
Aveva creduto di non uscire vivo da quel posto, invece sia lui che Artemis
erano a un passo dalla libertà. A casa non ci crederanno, pensò, per
augurarsi subito dopo che Remus stesse abbastanza bene da poterne
godere.
Quando raggiunsero l’Atrium entrambi si
illusero di avercela fatta. Dopo un attimo di tentennamento, Artemis si diresse
verso gli ascensori per arrivare all’Ingresso. Era più logico così: perché
Bellatrix avrebbe dovuto portare il prigioniero ai camini? Per loro la strada
era una via di fuga più scomoda, ma non potevano rischiare di destare i sospetti
dei numerosi Mangiamorte che sciamavano da un capo all’altro
dell’Atrium.
Alcuni rivolsero ad Artemis un cenno di
saluto, che lei ricambiò con freddezza. Nessun altro li degno della minima
attenzione.
Mentre aspettavano che il secondo ascensore
si aprisse, Drew riusciva a stento a star fermo: ancora pochi passi, una volta
nell’Ingresso, avrebbero solo dovuto schiantare la segretaria e poi via, tra i
dedali di vicoli di Londra…
E fu qui che le cose rischiarono di andare
al diavolo, quando alle loro spalle risuonò un grido: "Fermateli! Fermateli! È
un impostore: stanno cercando di scappare!".
Con il cuore in gola i due fuggitivi si
voltarono, per vedere un trafelatissimo e quanto mai scarmigliato Draco Malfoy
additare proprio loro. Ci furono alcuni secondi di scioccato stupore, mentre
tutti i presenti si voltavano verso di loro con sciocche espressione sul viso.
Poi sull’onda di Malfoy che avanzava lesto verso loro, li attaccarono tutti
insieme.
Senza nemmeno riflettere, Drew cominciò a
lanciare maledizioni a caso, ringraziando per l’ennesima volta il duro
addestramento che Ares gli aveva impartito. Non si preoccupava nemmeno di vedere
se centrava qualche bersaglio, gli bastava ritardare il più possibile la loro
avanzata.
Con il din più rassicurante che avesse mai
udito in vita sua, le porte dell’ascensore si aprirono alle sue spalle. Artemis
lo tirò dentro, premendo contemporaneamente il pulsante d’avvio: le gambe di
Drew rischiarono seriamente di essere tranciate a metà mentre le porte si
chiudevano e l’ascensore si avviava.
"Per un pelo" sospirò, ringraziando il cielo
di essere stato colpito solo superficialmente da alcuni Incantesimi. "Tu stai
bene?".
Artemis annuì. "Preparati a correre:
potrebbe esserci il comitato d’accoglienza. Qualunque cosa accada, tu punta alla
porta e non fermarti per nessun motivo. Niente gesti da cavaliere
capito?".
Drew annuì, perfettamente consapevole che se
si fosse presentata la necessità non avrebbe comunque abbandonato l’amica al suo
destino, ma piuttosto si sarebbe fatto ricatturare.
Sbucarono nell’Ingresso nello stesso istante
in cui Sylar in persona si affacciava sulla tromba delle scale. "Fermi lì, voi
due!" gridò, estraendo la bacchetta e lanciando una fattura contro i
fuggitivi.
Con uno strillo, la segretaria si rifugiò
sotto la sua scrivania, mentre Drew rispondeva pan per focaccia. "Va’
all’inferno Sylar!" gli gridò, scattando verso la porta, imitato a ruota da
Artemis.
Sentì altri incantesimi fischiarli nelle
orecchie, uno lo centrò alla gamba, costringendolo a rallentare la corsa. Si
voltò, trovando Sylar già in fondo alle scale che avanzava veloce nella loro
direzione: di lì a poco sarebbero arrivati anche i Mangiamorte
dall’Atrium…
Mentre Artemis lo tirava senza complimenti
per il braccio, spronandolo a correre, i suoi occhi incontrarono per non più di
un secondo quelli altrettanto verdi del Mangiamorte, suo padre…
Stelle multicolore gli esplosero
all’improvviso davanti agli occhi, mentre per la seconda volta nella sua vita
provava l’orribile sensazione di qualcuno che ti entri a forza nella mente.
Che stai facendo? Una volta non ti è
bastata? Non seppe nemmeno dire se l’avesse urlato
o solo pensato, ma allo stesso tempo sentì la confusione di Sylar nella sua
testa: non era stato lui a iniziare tutto questo… Ma allora che stava
succedendo?
Cercò disperatamente di ribellarsi, ritrarsi
a quel contatto, senza successo: forse non era stato Sylar a cominciare, ma
stava ottenendo il suo scopo. Ebbe la vaga consapevolezza delle sue ginocchia
che cedevano e di Artemis che lo guardava terrorizzata, gridando. Non riusciva a
muoversi, era troppo, stavolta sarebbe impazzito sul serio…
Poi la sentì, la voce di una giovane donna:
pur non avendola mai sentita, ebbe la certezza che era la voce di sua
madre.
Allora, come lo vorresti
chiamare?
Il suono di una risata: Harry.
Ginny, mancano ancora sette mesi: credo che abbiamo
tempo per pensarci…
Oh, ma è meglio sceglierlo presto, subito:
chissà quando tornerai… Sembrava triste,
preoccupata. Drew ebbe l’impressione che quel ‘quando’ suonasse tanto come un
‘se’…
Io tornerò, la
rincuorò Harry. Tornerò sempre da te… Ovvio, se Ron
non mi uccide prima: questa sera ho pensato sul serio che l’avrebbe
fatto!
Ron lo sistemo io: mio fratello non deve
permettersi di mettere il becco nella nostra vita… Come se fossi l’unica ragazza
rimasta incinta per sbaglio!
Sì, ma sei anche sua sorella: in fondo
potevo anche capire che lui e gli altri volessero decapitarmi!
Sono grande abbastanza per decidere per me,
sarebbe ora che i miei fratelli lo capissero, replicò Ginny in tono stizzito. E poi, io e te ci sposeremo
quando questa storia sarà finita, no? Quindi non dovrebbero scaldarsi tanto…
allora, come vorresti chiamarlo?, chiese di nuovo, tornando all’argomento di
conversazione iniziale.
Ma, non lo so… Tu hai già qualche
idea?
"SYLAR! Lascialo stare, schifoso
bastardo!".
Quel grido rabbioso lo riportò bruscamente
alla realtà: lui era Drew, quello era solo un ricordo, i suoi genitori non erano
davvero lì! Ebbe di nuovo consapevolezza del suo corpo: era steso in terra e dal
dolore che gli davano le mascelle doveva aver urlato come mai in vita sua.
Eppure quel ricordo era così dolce…
Vide con la coda dell’occhio Artemis
lanciare qualcosa e Sylar cadere a terra, tenendosi il fianco destro. Poi la
ragazza lo tirò in piedi senza complimenti e se lo trascinò dietro, correndo più
veloce che poteva. Erano passati non più di dieci secondi da quando lo sguardo
di Sylar e il suo si erano incontrati…
Ora ricordava: stavano scappando dal
Ministero, i Mangiamorte cominciavano ad affollare l’Ingresso. Ignorando il
dolore che si spandeva in tutto il corpo, prese a correre anche lui, lasciandosi
guidare da Artemis.
Una volta all’aperto, imboccarono il primo
vicolo che si parò loro davanti, senza fermarsi o voltarsi indietro, finché non
ebbero messo dieci isolati tra loro e il Ministero e si furono mischiati alla
folla. Solo a quel punto si decisero a rallentare e presero a camminare a passo
sostenuto. Artemis mantenne il controllo della situazione e lo pilotò verso la
prima stazione della metro che trovò.
Drew la lasciò fare: ora che la scarica di
adrenalina stava lentamente defluendo, gli effetti della breve possessione si
stavano facendo notare. Si sentiva come se gli avessero rivoltato il cervello
come un calzino e vagamente fabbricante; allo stesso tempo, ebbe la certezza che
se non si fosse seduto di lì a cinque minuti sarebbe crollato svenuto. E non
riusciva a scacciare dalla testa la voce di sua madre: l’aveva udita chiaramente
come se Ginny fosse stata davanti a lui… Quasi gli dispiaceva di non essere
riuscito a vederla, o che la possessione non fosse durata più a
lungo.
Si rese a malapena conto che Artemis lo
metteva a sedere, gli frugava le tasche per trovare qualche moneta e poi si
allontanava.
Quando tornò aveva comprato due biglietti e
aveva una barretta di cioccolato in mano. "Mangia" gli intimò, mettendogliela in
mano. "Poi starai meglio".
Per quanto lo stomaco gli si rivoltasse alla
sola idea, Drew ubbidì: incredibilmente, si sentì meglio sul serio, anche se
desiderava ancora ardentemente di poter chiudere gli occhi e
addormentarsi.
Artemis lo scrutava preoccupata. "Come ti
senti?".
"Sottosopra" sospirò il ragazzo. "Come
l’altra volta…".
"Resisti ancora un po’: il nostro treno
passa tra dieci minuti, poi dovremo camminare un po’ per arrivare a casa… Quel
maledetto… Possibile che non gli sia bastata una volta?".
"Non è stato Sylar" ribatté Drew
stancamente. "Ho sentito la sua sorpresa nella testa: non è stato lui a
cominciare…".
"Non essere sciocco, Drew" lo zittì Artemis.
"Una possessione non comincia da sola: ci deve essere qualcuno a dare l’imput…
Sylar ti stava prendendo in giro".
Drew avrebbe voluto protestare, ma non lo
fece: sapeva che quello che diceva Artemis era logico, al contrario di quello
che sosteneva lui. Una persona non entra per sbaglio nella mente di un’altra:
deve essere un’azione voluta. L’unica eccezione che conosceva era il legame tra
suo padre e Voldemort, ma quello era un caso tutto particolare, non poteva
essere un metro di giudizio. Ma quella sensazione di sorpresa gli era sembrata
davvero autentica: per quale motivo avrebbe dovuto fingere e fargli ascoltare
quel brandello di ricordo? Non aveva senso… Ci penserò in seguito,
decise. Ora sono ancora troppo confuso e stanco per ragionare
lucidamente.
"Come hai fatto a interrompere il contatto?"
domandò invece: ricordava vagamente di aver visto la ragazza lanciare
qualcosa.
"La Legilimanzia necessita di grande
concentrazione mentale per essere praticata" cominciò a spiegare Artemis. "Ovvio
per un maestro come Sylar risulta più semplice, ma a certe cose nemmeno la mente
più forte può resistere, così gli ho lanciato contro il mio ciondolo a forma di
mezzaluna: l’avevo attaccato al collo come una collana, ma era affilato come un
rasoio. Per fortuna, l’ho centrato con la parte tagliente: gli si è conficcato
nel fianco. Non abbastanza per ucciderlo, ma sufficiente per costringerlo a
lasciarti andare… Giuro che la prossima volta che mi capita a tiro…".
Lanciò il pugno in aria, immaginando di
colpirlo. Per un attimo Drew considerò l’ipotesi di dirle quello che aveva
sentito, ma poi decise di lasciar perdere: ci sarebbe stato tempo in seguito,
per il momento voleva solo concentrare le sue energie per imprimersi nella
memoria la voce di sua madre.
"Chissà che staranno pensando a casa…" stava
frattanto dicendo Artemis. "Con un po’ di fortuna o Christie o Keith avranno
assistito alla nostra performance e ne avranno informato l’Ordine: magari ci
stanno già aspettando… Stanno tutti bene, vero? Dopo la lotta con Nandes,
intendo".
Drew si rese conto solo in quel momento che
lei non poteva saperlo, essendosi sentita male mentre ancora combattevano. "Sì,
ne siamo usciti tutti interi. Ted e Luna si sono occupati di Sirius: è quasi
come nuovo, ormai…".
Artemis sorrise sollevata. "Sono contenta
che nessuno si sia fatto male per colpa mia, è un vero sollievo… Non vedo l’ora
di essere a casa".
Drew capì che moriva dalla voglia di
riabbracciare il padre: si chiese se Remus si fosse ripreso, mentre era via,
oppure se… In ogni caso, era meglio mettere Artemis al corrente della
situazione, per evitarle lo shock. "Temis, devo dirti una cosa
importante…".
Vedendo la sua faccia scura, anche lei si
adombrò. "Che c’è? Mi metti paura…".
"Tuo padre…" cominciò Drew, bloccandosi
subito: come faceva a dirglielo senza spaventarla ancora di più?
"Mio padre cosa?" fece Artemis, con voce
alterata. "Drew, ti prego dimmelo e basta: cosa è successo a mio
padre?".
"Ha avuto un infarto. Lui e Sirius stavano
litigando…".
Ma la ragazza già non l’ascoltava più: era
sbiancata, per poi balzare in piedi e cominciare a muoversi su e giù con gesti
frenetici. "Ma quando arriva quel treno?" borbottò, in preda
all’ansia.
"Temis, calmati…" cercò di rassicurarla
Drew, ma la ragazza lo zittì con un’occhiata perforante che avrebbe incenerito
un blocco di granito. "Non dirmi di calmarmi, Potter: mi calmerò quando lo
riterrò opportuno!".
Pensando fosse meglio non contrariarla, Drew
si cucì la bocca per il resto del viaggio fino a Chalmers Road. Del resto,
artemis era talmente preoccupata che guardava a malapena dove andava, cosicché
Drew dovette preoccuparsi che non ci fossero Mangiamorte o altre minacce in
giro, guadagnandosi un paio di occhiatacce e qualche rispostaccia quando si
mosse con eccessiva cautela. Drew si morse la lingua per non risponderle a tono.
È preoccupata per Remus, non peggiorare la situazione…
Così si concentrò sul ricordo della voce di
Ginny: era sorprendente il modo in cui riusciva a calmarlo. Mai come in quel
momento sentiva il rimpianto per non aver mai potuto conoscere la ragazza che
gli aveva dato la vita…
Fu per entrambi un sollievo arrivare infine
al Quartier Generale: Artemis voleva solo correre da suo padre, Drew infilarsi
in un letto e dormire dieci ore filate.
Facendo attenzione che non ci fossero
curiosi in giro, si infilarono in casa. Avevano appena chiuso la porta, quando
si videro addosso un mostro pluricefalo che aveva le forme di Luna, Hermione e
Sirius, tutti e tre incredibilmente arrabbiati, che cominciarono a strillare
contemporaneamente. Erano talmente fuori di sé dalla angoscia che nemmeno
notarono Artemis.
"Andrew Harry Potter" gridò Hermione.
"Stavolta sei in un mare di
guai!".
"Andartene senza dire niente a nessuno: ma
sei completamente impazzito!?" sbraitò Luna.
"Siamo quasi impazziti dalla preoccupazione:
come ti è venuto in mente?" ululò Sirius.
"Dovremmo confinarti in camera tua e non
lasciarti più uscire! E se qualche Mangiamorte ti avesse visto?".
"Potevi finire ucciso o catturato o chissà
che altro!".
"Con tutto quello che è successo, ti
sembrava il caso di aggiungere altre preoccupazioni?".
Probabilmente sarebbero andati avanti tutta
la notte, se Artemis non si fosse fatta avanti, salvando Drew dalla gogna. "Zio
Sirius, come sta mio padre?".
Luna, Hermione e Sirius si zittirono in
contemporanea come aveva cominciato, squadrando la ragazza come se fosse
l’essere più strano che avessero mai visto. Poi Sirius quasi ululò dalla gioia,
andando a stritolare la nipote acquisita in un abbraccio stritola costole.
"Ally, grazie a Merlino sei sana e salva!".
"Sto bene, zio Sirius" esalò Artemis,
ricambiando l’abbraccio. "Non respiro". Ma l’Animagus non sembrava intenzionato
a lasciarla tanto presto.
Per un attimo Luna e Hermione sorrisero
sollevate e Drew sperò di averla scampata. Povero illuso…
Infatti in meno di un secondo le due streghe
gli furono addosso di nuovo. "Sei andato al Ministero?" stridette Luna.
"Sei andato via senza dire nulla a nessun
per andare a salvare Artemis?".
"Beh, se ve l’avessi detto, voi non mi
avreste lasciato andare" si difese Drew.
"Ma sentilo questo? Ragazzo, hai una faccia
tosta da fare invidia! Quando Ethan e Kitty ci hanno detto che eri sparito, ci
siamo sentiti morire: razza di irresponsabile! Se ti fossi fatto
uccidere?".
"Ma non è successo: io e Artemis stiamo
bene, perciò è tutto a posto, no?".
Sorprendentemente Hermione scoppiò a ridere.
"Sei peggio di tuo padre, Drew!".
"Lo prendo per un complimento!".
La donna gli tirò uno scappellotto
affettuoso. "Azzardati a farci di nuovo uno scherzo del genere,
signorino…".
"… E pregherai che Lord Sylar venga a
prenderti" concluse Luna, in tono minaccioso, prima di rivolgergli un
sorriso.
"Come sta papà?" domandò di nuovo Artemis,
finalmente libera dalla soffocante stretta di Sirius.
"La crisi è passata" rispose Sirius, con un
sorriso che gli andava da un orecchio all’altro. "Starà benissimo: è nella sua
stanza".
Né Drew né Artemis avevano bisogno di sapere
altro: il primo si lasciò cadere a peso morto sul divano, desiderando
ardentemente dormire, la seconda salì i gradini a tre a tre , precipitandosi al
capezzale paterno.
Ted balzò in pedi sorpreso nel vederla.
"Ally? Merlino, assomigli a tua nonna…".
Artemis gli sorrise, lasciandosi
abbracciare. "Sto bene, nonno. Lui?".
"Chiediglielo tu stessa…".
Remus giaceva a letto, pallido come un
morto, ma sveglio: nel sentire la sua voce, alzò debolmente la testa. "Ally…"
mormorò debolmente.
"Papà". Artemis praticamente si avventò al
fianco del suo letto, prendendogli la mano.
"Sono già morto?" chiese Remus, accennando
un sorriso.
"Non stavolta: hai la pelle troppo dura,
vecchio lupastro" scherzò Artemis, cercando di scacciare le lacrime che sentiva
pizzicargli gli angoli degli occhi. "Ma se provi a fare di nuovo uno scherzo del
genere, giuro che ti uccido".
"Solo se tu prometti che non te ne andrai
un’altra volta, piccola: non voglio perderti di nuovo".
"Non mi perderai" lo rassicurò la ragazza.
"Non vado da nessuna parte: resto qui con te, la mamma e tutti gli
altri…".
Il sorriso si volto del licantropo si
allargò. "Posso abbracciarti o sei diventata troppo grande per queste
cose?".
"Non sarò mai troppo grande per i tuoi
abbracci, papà".
Mentre si lasciava stringere, si sentì
finalmente felice, come mai si era sentita davvero negli ultimi tre anni e
desiderò ardentemente che quel momento durasse per sempre.
LYRAPOTTER’S CORNER
E vissero tutti felice e contenti… sì, vi
piacerebbe: ragazzi, i casini sono soltanto all’inizio, ne dovranno succedere di
cose, prima del per sempre felici e contenti!
Mi scuso come sempre per l’attesa, ma
stavolta ci tengo a sottolineare che la colpa non è mia: che colpa ne ho se
tutti i computer di casa mia hanno deciso di smettere di funzionare proprio
quando il mio tecnico di fiducia (ossia il mio vicino di casa) era in vacanza?
Ho passato la settimana peggiore della mia vita, morendo dalla voglia di
scrivere e facendomi prendere per il didietro dal mio PC, visto che tutte le
volte che ci provavo mi rispondeva con un irritante BINGBONG (poco ci mancava
che mi facesse pure le pernacchie!!!!!).
Anyway, alla fine ce l’ho fatta e vi ho sfornato tutto
questo in tre giorni, più o meno (che sarebbero stati due se ieri non mi fossi data
allo shopping selvaggio!): che ne pensate? Visto che questo era alla fine uno dei capitoli
più attesi, spero di non aver deluso le vostre aspettative. Vi avviso anche
che ormai siamo al countdown finale: meno cinque capitoli più l’epilogo e chiudiamo questa prima
parte. Poi non preoccupatevi, ce ne sono altre due intere: ce ne
ancora prima della fine!!!! E probabilmente i prossimi saranno anche di una lunghezza
più ragionevole dei papiri che vi ho rifilato negli ultimi tempi.
Ah, mi dimenticavo, la frase segnata da (*)
è presa pari, pari da Il Ritorno Dello
Jedi.
Ora ringraziamo:
Ino chan, te
no preoccupa, sister, Remus non posso farlo morire in questo modo, mi serve vivo
ancora per un po’. Il sangue non è acqua: Drew è degno figlio del babbo suo, lo
dimostreremo ancora in molteplici occasioni!
Lily_Snape, Lily!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Che bello rivedere il tuo nome,
quanto mi erano mancati i tuoi commenti, spero ovviamente che non sparirai di
nuovo!!!! La mia vena sakijunesca non tace mai, è sempre in agguato, chi ha
orecchie per intendere intenda!
Deidara, io ho
sempre considerato anche il comportamento di Harry molto stupido in molteplici
occasioni: che vuoi farci, come disse una vecchia saggia, il coraggio è sinonimo
di stupidità (citazione da L’era glaciale
2). E il casino c’è stato sì, anche se l’Ordine
stavolta l’ho lasciato a casina sua. A risentirci!!!!!!
LadyMorgan, ho
chiesto a zio Tom se sparava al mio computer: mi ha fatto incavolare tanto che
per poco non l’ho buttato già dalla finestra! Lui però si è rifiutato: non è il
mio compito, ha detto. Vabbè, stavolta il finale è un po’ più chiuso direi, no?
Ma sta tranquilla, non lo lascio in pace a lungo! Piaciuto l’incontro
padre-figlio? Per il momento non sembra essere successo un granché, ma lo sai,
la storia è ancora all’inizio, devono ancora cominciare gli scrupoli di
coscienza di Sylar/Harry ( e non cominceranno ancora per un bel po’, io credo).
Darth Fener rules, now and forever!!!!!!! Uno dei migliori cattivi mai creati:
figurati che io preferisco lui a Luke (Luke proprio non posso reggerlo), anche
se Han occupa un posto speciale nel mio cuore!!!
Se tutto va bene, il prossimo capitolo
arriverà in breve tempo, incrociamo le dita!!!!!! See you
soon!!!!!!!
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Capitolo 26 *** Contrattacco ***
MAGIC WARS
CAPITOLO XXV: CONTRATTACCO
Quartier Generale
Dell’Ordine della Fenice,
Londra
Uhn, che rabbia, che rabbia, che
rabbia!
Artemis tracciò una linea d’inchiostro sulle
ultime parole che aveva scritto con talmente tanta enfasi che quasi bucò il
foglio. Fissò con odio la pagina stracarica di disordinati appunti presi a mano,
come se fosse la causa di tutti i mali del mondo. Ma perché non vuoi
collaborare?, le rivolse quel rimprovero silenzioso. Perché deve essere
così dannatamente difficile: è solo una pozione.
Ovviamente, sapeva che definire "solo una
pozione" quello che lei stava cercando di fare era quanto meno eufemistico:
decine di maghi prima di lei avevano cercato di trovare un rimedio per i danni
mentali causati dalla Maledizione Cruciatus e avevano tutti fallito. Lei a
quello stupido rimedio ci lavorava da più di due anni, da quando aveva messo
insieme abbastanza soldi da potersi permettere quella ricerca, e ancora non
aveva prodotto un risultato soddisfacente.
Saettò lo sguardo dal libricino rilegato di
nero a sua madre, come d’abitudine seduta a gambe incrociate per terra, per
l’esattezza vicino al divano a pochi passi da lei: faceva scorrere con aria
trasognata il dito su e giù per il bordo del tavolino. Come sempre, Artemis
sentì una fitta di bruciante senso di colpa attraversarle il cuore. Ti
riporterò indietro, mamma, fosse anche l’ultima cosa che faccio!
Erano passate due settimane dalla miracolosa
fuga di lei e Drew dal Ministero, due settimane durante le cose erano tornati
tutti alla traballante normalità di sempre. Con la vistosa eccezione che adesso
anche Artemis aveva una taglia da duemila galeoni che le penzolava sul capo:
tornare alla vita di prima sarebbe stato impossibile, se anche l’avesse voluto.
E Artemis non lo voleva proprio: per alcuni tremendi minuti aveva seriamente
temuto di aver perso suo padre e ora era determinata a riallacciare i vecchi
fili finché ancora c’era tempo.
Così era tornata notte tempo all’Attico e
aveva portato via quello che nell’immediato poteva tornarle più utile: armi,
vestiti e libri. Tra gli altri, aveva preso anche quel libricino rilegato a mano
che era la causa della sua frustrazione, Maledizione Cruciatus: effetti e
possibili rimedi, forse il più importante di tutti, visto che in quelle
pagine macchiate d’inchiostro erano contenuti tutti i passi avanti che aveva
compiuto nella cura per sua madre.
Tornò a fissare con astio la pagina finale e
la lunga lista di ingredienti: due anni ed era a un punto morto. Ci aveva messo
un po’ ad arrendersi all’evidenza, attribuendo le sue difficoltà al fatto che
fossero mesi che non si dedicava attivamente a quella ricerca, ma ormai doveva
accettare la realtà: era bloccata, aveva bisogno di nuova
ispirazione.
Si spinse una ciocca di capelli dietro
l’orecchio. Aveva mantenuto il proposito preso in cella: appena arrivata a casa
e passata la paura per suo padre, aveva chiesto a Luna di tagliarglieli. Ora le
arrivavano appena sopra le spalle ed erano decisamente più gestibili di prima.
Inoltre, dopo qualche esitazione, era tornata al biondo: sempre Luna le aveva
praticato un comodo incantesimo di Trasfigurazione. Sapeva che non era una cosa
definitiva, anzi gli Incantesimi di quel tipo tendevano a logorarsi nel tempo,
ma l’aveva voluto fare ugualmente. Non sopportava l’idea di pensare a Bellatrix
ogni volta che si fissava allo specchio e in quel modo aveva reso meno marcata
la somiglianza: l’Incantesimo si poteva sempre rinnovare ogni volta che fosse
stato necessario.
Scacciò quei pensieri inconcludenti e tornò
a concentrarsi sulla sua preoccupazione principale: ci doveva essere un modo per
creare una pozione attiva che riportasse indietro sua madre, ne era sicura,
doveva solo trovarlo. Forse doveva ricombinare gli ingredienti della Pozione
Costituente con quella di Stimolazione della Memoria…
L’arrivo improvviso di Ares interruppe il
filo dei suoi pensieri. "Artemis, ti disturbo?" esordì l’uomo.
La ragazza sorrise al socio. "Per te ho
sempre tempo, vecchio amico. Tanto, qui è come sbattere la testa contro un
muro…".
Lanciò il libricino sul tavolino e si
accomodò sul divano, facendo cenno ad Ares di sistemarsi vicino a lei.
Quest’ultimo si avvicinò, ma non si sedette, rimanendo in piedi a fissarla in
silenzio. I due rimasero a scrutarsi così per alcuni minuti, mentre Artemis si
faceva una chiara idea dell’argomento di conversazione: era da quando era
tornata a Chalmers Road che quel dubbio le rodeva l’anima, da quando notato
visto che Ares era perfino più taciturno del solito e soprattutto tendeva a
evitarla, preferendo la solitudine. Del resto, lei era l’unico essere vivente in
quella casa che potesse dire di comprenderlo, almeno in parte: Ares non aveva
fatto il minimo tentativo di avvicinarsi agli altri membri dell’Ordine. Era uno
spirito solitario e lo sarebbe sempre stato.
Artemis sospirò. "Te ne vuoi andare, non è
vero?".
"Come l’hai capito?" chiese Ares, sedendosi
infine di fronte a lei, sul tavolino, ignorando Tonks, come se non ci
fosse.
"Un po’ ti conosco, Ares" ridacchiò la
ragazza. "Non tanto quanto mi piacerebbe, ma almeno un po’ credo di
sì".
"Nessuno mi conosce come mi conosci tu,
Artemis, te lo posso assicurare…".
"E nonostante questo, di te so così poco"
considerò Artemis, con un malcelato velo di tristezza. "Sei un lupo solitario,
Ares… Ma del resto un po’ lo sono anch’io: forse è per questo che il destino ci
ha messo l’una sulla strada dell’altro".
"I tuoi tempi di lupo solitario sono finiti,
Artemis" dichiarò Ares. "Hai ritrovato il tuo branco, adesso… E io devo
riprendere la mia strada".
"Perché?" chiese la ragazza. Una parte di
lei era preparata a sostenere quella conversazione, ma le riusciva comunque
difficile accettare di dire addio al compagno di tante peripezie: aveva diviso
una parte fondamentale della sua vita con quell’uomo, che l’aveva accolta quando
non aveva niente, quando odiava perfino sé stessa. "Perché non resti? All’Ordine
farebbe comodo un combattente del tuo calibro…". E non voglio
perderti.
"Questa non è la mia guerra, bambina"
rispose Ares, usando quel nomignolo dopo tanto tempo.
"Proprio tu lo dici? Voldemort ti ha tolto
tutto, i suoi Mangiamorte ti hanno braccato come un animale e affermi che questa
non è la tua guerra?".
Ares scosse il capo. "Non credere che non
sappia cosa il Signore Oscuro mi ha rubato, Artemis: mi ha rubato molto più di
quanto tu non sappia… Ma la vendetta poteva essere il motore delle mie azioni in
passato, non ora. La magia è un capitolo della mia vita chiuso, per
sempre…".
"Ok, ma potresti restare lo stesso"
insistette Artemis. "Anche senza magia, se un avversario con cui non vorrei mai
avere a che fare. Hai visto l’Ordine: hanno bisogno di tutto l’aiuto
possibile…".
"Lo so. E credimi se te lo dico, li ammiro
per la scelta che hanno fatto, ma… Animo da combattente o no, non credo di
volermi trovare di nuovo nel bel mezzo dello scontro: ho faticato troppo per
costruirmi una nuova vita. E inoltre, non credo che i tuoi amici sarebbero
dispiaciuti se me ne andassi…".
"Questo non è vero e lo sai: sei tu il primo
ad allontanare la gente, Ares!" protestò Artemis duramente. Poi sospirò, capendo
che qualunque cosa lei potesse dire, sarebbe stata inutile: lei e Ares si
conoscevano quanto bastava per comprendersi anche senza parole. "Non posso dirti
nulla per farti cambiare idea, vecchio mio?".
"Non credo, bambina" rispose Ares, scuotendo
il capo.
"Sai che io devo restare, vero?".
"È la tua famiglia, Artemis: è giusto che tu
stia qui, è questo il tuo posto".
"Ma non il tuo…" concluse tristemente la
ragazza. Scacciò con decisione le lacrime che sentiva pronte a scendere. "Hai
già deciso quando te ne andrai?".
"Non lo so ancora: giorni, ore, chi lo
sa…".
Artemis annuì mestamente. "Capisco… Solo,
promettimi che non te la filerai notte tempo senza nemmeno salutare".
"Pensi sul serio che lo farei, Artemis?"
sbuffò Ares, fingendosi offeso. "Sei stata come una figlia per me in questi tre
anni…".
"E tu come un padre, Ares. E il mio migliore
amico. Quando avrai bisogno di qualcosa, qualunque cosa, la mia porta sarà
sempre aperta".
"Lo stesso vale per te, Ally".
Artemis trasalì: era forse la prima volta
che la chiamava con il suo vero nome. Ares aveva sempre capito e rispettato il
suo desiderio di lasciarsi dietro il passato, anche dopo che aveva scoperto la
sua vera identità.
"Ora vorrei poter ricambiare, ma io non
conosco il tuo nome di battesimo". C’era un velo di rimprovero nella sua voce:
era sempre stato l’unico punto debole del loro rapporto: il buco nero dietro cui
Ares celava gelosamente il suo passato, un buco che non aveva mai voluto colmare
nemmeno con lei.
Ares accettò la critica stringendosi nelle
spalle. "Certe cose è meglio lasciarsele dietro, Artemis: il mio nome è una di
queste…".
Artemis non commentò. Entrambi capivano che
quella conversazione era conclusa.
"Verrò a salutarti, promesso" disse,
alzandosi e lasciando la stanza.
******
"Un ricordo felice?" ripeté Drew, mentre
Remus gli rispiegava la teoria dell’Incanto Patronus più o meno per la millesima
volta.
Erano nella camera da letto del licantropo,
dove Remus era stato confinato dall’effetto doppio della terapia post-infarto e
dal plenilunio imminente. L’attacco di due settimane prima non era bastato a
ucciderlo, grazie soprattutto al repentino intervento di Ted e Luna, ma aveva
reso ancora più precarie le sue già critiche condizioni. Per non correre il
rischio che il cuore collassasse di nuovo per lo stress della trasformazione,
quando sarebbe stato alienato da qualunque possibile aiuto, Ted l’aveva messo a
riposo a tempo indeterminato e raddoppiato la dose di pozioni giornaliera.
L’Antilupo aiuta fino a un certo punto, era stata la sua risposta, quando
Remus si era velatamente lamentato del "clima da Alcatraz", come lui l’aveva
definito, in cui versava in quei giorni. Ma d’altro canto, lui per primo doveva
ammettere di sentirsi ancora sotto tono: se l’era vista brutta davvero. E di
solito quando stava in quel modo, il Lupo in lui tendeva a dare il meglio del
suo repertorio, non potendo sopportare il corpo menomato in cui
viveva.
Malgrado ciò, le lezioni di Drew erano
riprese a pieno regime, con criteri del tutto particolari. Infatti, ora che le
basi erano state gettate, Remus era passato a insegnargli gli Incanti che
potevano essere utili nella vita che stavano conducendo piuttosto che seguire un
programma accademico. Considerato che non riesci proprio a tenerti lontano
dai guai, è meglio che tu sappia fronteggiare qualunque tipo di situazione nel
prossimo futuro, aveva commentato dieci giorni prima, mentre gli illustrava
gli effetti dell’Incantesimo Evanescente.
Ed ecco perciò che quel pomeriggio, mentre
al piano di sotto Ares e Artemis si dicevano addio, Drew stava cercando in tutti
i modi di evocare un Patronus degno di questo nome.
"Lo so che è una magia difficile" lo
rincuorò Remus, appoggiato a una pila di cuscini alta più o meno come lui:
quello che succedeva ad essere circondato da stuoli di infermiere apprensive
come potevano esserlo solo sua figlia, Hermione, Luna e Sirius, probabilmente il
peggiore di tutti. "Cerca di concentrarti".
Drew fece una smorfia. "Remus, se mi
concentro ancora un po’, mi si liquefarà il cervello! È inutile: finirò in pasto
ai Dissennatori e morta lì!".
"Io ti consiglierei una fine più piacevole"
obiettò Remus, sorridendo. "Che ne so, lo scotennamento, diventare la cena di un
branco di Manticore affamate oppure il classico, vecchio rogo! Fidati, servire
la tua anima per cena a un Dissennatore è molto peggio di tutto questo e
praticamente di qualunque cosa possa venirti in mente!".
Drew si sentì venire la pelle d’oca. "Ok,
hai reso il concetto. Eravamo ai ricordi felici, vero?".
Remus annuì. "Sì, un ricordo felice, il più
intenso possibile in modo che il Patronus sia più forte. Concentrati e quando
sei pronto, pronuncia la formula".
E quando se pronto pronuncia la formula,
ripeté Drew tra sé. Pare facile… Avanti Drew,
spremiti le meningi: ti ci vuole un ricordo felice… Ma tutto quello che era
riuscito a ottenere fino a quel momento con i suoi ricordi felici era stato
qualche sparuto sbuffo di fumo argenteo. Anche se Remus gli aveva garantito che
erano un buon punto di partenza, Drew sapeva che contro dei Dissennatori
sarebbero serviti a ben poco. E pensare che stavano provando in una camera
illuminata dal sole settembrino: se si fosse trovato nella necessità di evocare
un Patronus, probabilmente non avrebbe ottenuto nulla.
Ok, questi non sono pensieri felici, Andrew:
non essere così negativo e disfattista, concentrati! Pensa che tuo padre ci è
riuscito a tredici anni, a evocare un Patronus completo!
Quello era un mistero che proprio non
riusciva a decifrare: dopo il loro breve e infuocato incontro di due settimane
prima, aveva cominciato a odiare quell’uomo con tutte le sue forze. Odiava Sylar
per quello che era e quello che aveva fatto, ma soprattutto odiava suo padre
perché era stato troppo codardo per fare la cosa giusta e aveva preferito la via
più semplice. Eppure, non riusciva a evitare di continuare a paragonarsi a lui,
come faceva già prima di scoprire la verità. Forse dipendeva dal fatto che il
resto dell’Ordine, ignaro, continuava a vedere Harry come un eroe, il loro eroe.
In quei momenti più che mai, capiva che il segreto di Sylar doveva portarselo
nella tomba: nessuno doveva scoprire il tradimento di Harry, l’Ordine non
avrebbe retto un colpo simile.
"Drew, vabbè che ho detto ‘quando sei
pronto’, ma non abbiamo fino a Natale…". La voce di Remus, carica di rimprovero
e divertimento insieme, lo riscosse dai suoi pensieri foschi, per nulla adatti a
evocare un Patronus, completo o incompleto.
"Scusa, Remus, hai ragione". Uff, mi sto
distraendo di nuovo… Avanti, mi ci vuole un ricordo, la prima cosa che mi viene
in mente, qualunque cosa…
Come se l’avesse invocata, la voce di Ginny
Weasley prese a risuonargli in testa. Allora, come lo vorresti chiamare?
Beh, chi l’aveva detto che il ricordo doveva essere per forza suo? Colto da
un’improvvisa illuminazione, aprì la bocca e scandì: "Expecto
Patronus!".
Difficile dire se fu più sorpreso lui o
Remus quando un argenteo… qualcosa scaturì dalla sua bacchetta e prese a
trottare… sì, trottare in giro per la stanza.
Drew inclinò leggermente la testa di lato:
sembrava un cavallo, ma aveva qualcosa di diverso. "È…" cominciò, tendendo la
mano per sfiorare la testa dell’animale. "Che cos’è?".
"Un unicorno" rispose in un sussurro Remus,
che si era rizzato a sedere di scatto con un’espressione sbalordita.
Drew osservò incantato il suo
unicorno-patronus ancora alcuni istanti, finché questo non sparì. "Allora, sono
andato bene?".
La battuta servì a spezzare l’atmosfera:
Remus scoppiò a ridere, tornando a sdraiarsi sui cuscini. "Per il corpo di
Bacco, direi proprio di sì. Hai decisamente un Patronus
interessante…".
"Che cosa intendi dire?" fece Drew,
perplesso, sedendosi su una sedia lì vicino, ancora un po’ stupito: mai più si
sarebbe aspettato che quel ricordo potesse generare un Patronus
completo.
"Beh, vedi Drew, il Patronus di Ginny era un
cavallo, mentre quello di Harry un cervo. Sembra che il tuo sia un singolare
connubio dei due: l’unicorno, un cavallo con il corno…".
Drew annuì, sorpreso da quella analogia.
"Cosa significa?".
Remus alzò le spalle, ridendo. "Non lo so,
non di preciso: come psicologo non sono un granché. I Patronus di solito
riflettono un qualche aspetto della nostra personalità, esattamente come la
forma animale per gli Animagus: infatti di solito le due cose si equivalgono.
Posso solo supporre che questo sia il modo con cui il tuo inconscio ti sta
comunicando che hai preso molto da entrambi i tuoi genitori… Piuttosto, posso
sapere a che cosa stavi pensando? Il tuo miglioramento a dir poco repentino mi
ha abbastanza stupito…".
Drew provò un istantanea fitta di panico:
che cosa gli diceva adesso? Non poteva dire la verità perché avrebbe portato a
tutta una serie di quesiti a cui Drew non voleva e non poteva rispondere, perciò
doveva inventarsi una balla credibile, che possibilmente persuadesse Remus a non
fare troppe domande: non dava il meglio di sé sotto pressione. Anzi, di solito
in quei momenti, la sua bocca tendeva a sfuggire al controllo del cervello e a
parlare a ruota libera, sparando per lo più cavolate. Una volta, durante
un’interrogazione in cui non era particolarmente preparato, si era lanciato in
un edificante trattato sull’opera shakespeariana, solo per rendersi conto alla
fine che quella era la lezione di matematica! I suoi compagni l’aveva preso in
giro per un paio di mesi dopo quella storia.
Si sorprese a pensare con un po’ di
nostalgia alla sua vecchia vita, prima che la sua vera identità gli piombasse
addosso, ai suoi vecchi amici, quelli che non era mai nemmeno riuscito a
salutare. Di certo ora lo consideravano tutti un pazzo criminale… Poteva quasi
sentire le voci degli abitanti di Little Whinging commentare le sue imprese da
quello che leggevano sui giornali.
Sembrava un così bravo ragazzo.
Così educato, fin da quando era
bambino.
Bruciarsi con quella gentaglia, quei
criminali.
Ma del resto la mela non cade mai lontana
dall’albero: pensate a quel disgraziato di suo padre…
"Drew? Ci sei ancora?".
"Eh? Come?". Drew si riscosse. "Scusa, mi
ero perso nel ricordo del passato… Dicevamo?".
"Lascia stare" lo rassicurò Remus con un
gesto della mano. "A che pensavi?".
"A quello che staranno pensando i miei
vecchi amici, a Little Whinging: crederanno tutti alle bugie del Profeta,
immagino…".
"Come è sempre successo". Remus gli sorrise.
"Mi dispiace che questa vita ti sia capitata tra capo e collo, Drew".
"Immagino che non potesse essere
diversamente". Drew alzò le spalle, con un gesto noncurante, pensando che dopo
tutto, se il Ministero non avesse individuato la sua presenza quattro mesi
prima, se non avesse mandato Bellatrix a uccidere Elizabeth e Dudley, ora lui
sarebbe stato sul punto di cominciare l’ultimo anno di scuola prima
dell’università. Una vita che appariva decisamene più noiosa di quella che stava
vivendo davvero. "Mi dispiace di più per Ethan e Kitty: hanno perso i genitori e
non hanno fatto nulla di male".
"Neanche tu hai fatto nulla di male, Drew: i
genitori non si scelgono. E Ethan e Kitty sono ragazzi forti: se la caveranno
benissimo".
"Mi sento un po’ come se gli avessi rubato
la vita" spiegò Drew. "Se non fosse stato per me, ora avrebbero ancora una casa
e una famiglia…".
"Non ti crucciare così, Drew: non devi
prenderti colpe che non hai. Bellatrix ha ucciso Dudley e sua moglie, non tu: è
solo colpa sua e del Ministero se sono morti".
Drew annuì, capendo bene che Remus aveva
ragione. Ma purtroppo aveva la netta impressione che quel peso se lo sarebbe
portato dietro ancora per molto tempo, forse per sempre.
In quel momento entrò Hermione, con gli
occhi che brillavano di eccitazione. "Disturbo?" chiese.
"No, non credo proprio" ripose Remus,
osservando la strega. "Che cosa è successo, Hermione?".
"Fred e George hanno decriptato i piani
dell’Arma: ci aspettano tutti di sotto".
******
Dieci minuti dopo, erano tutti riuniti in
cucina e ascoltavano con attenzione Fred e George. Stesa sul tavolo stava
un’approssimativa mappa di un’area del vecchio Palazzo di
Westminster.
"Hanno nascosto l’Arma qui" cominciò a
spiegare Fred. "È il nascondiglio ideale…".
"… visto che l’accesso è vietato perfino ai
turisti. Ritenevamo tutti che l’edificio fosse vuoto da diciassette anni, da
quando il parlamento babbano è caduto, ma evidentemente sbagliavamo".
"Voldemort deve averlo ritenuto un inutile
spreco di spazio. Inoltre, considerata la vastità del luogo, anche se avessimo
scoperto che l’Arma si trovava lì, senza le piante avremmo impiegato come minimo
ore prima di trovarla".
"Invece sappiamo dov’è?" intervenne
Sirius.
I gemelli annuirono. "Nella vecchia Camera
del Lord, sul lato sud del palazzo: probabilmente l’hanno dovuta svuotare
completamente per farci entrare l’Arma…".
"Ma che cosa è, quest’Arma, di preciso?"
domandò Hermione. "Se Voldemort intende usarla per vincere una potenziale guerra
con il resto d’Europa…".
"È una sorta di…ehm". George frugò un attimo
tra i fogli che teneva in mano, finché non trovò la parola giusta. "Una specie
di cannone: qui non lo descrive fisicamente e non hanno incluso un disegno, non
saprei come fare a descriverlo".
"In pratica, Voldemort, o chi per lui, ha
sfruttato le conoscenze belliche babbane (sapete, bombe, missili, fucili, ecc)
per incanalare la forza dei nostri incantesimi, in particolare, ovviamente, le
Maledizioni Senza Perdono…".
"In questo modo, il potenziale di un’Avada
Kedavra finisce con l’essere decuplicato: una potenza sufficiente per radere al
suolo come minimo mezza Londra con un solo colpo".
L’Ordine ascoltava in silenzio agghiacciato.
Un solo colpo capace di distruggere mezza città? La prospettiva era
semplicemente disarmante: se il Ministero riusciva a rendere operativa l’Arma,
nulla sarebbe riuscito a fermarlo.
La mente di Drew fu prepotentemente occupata
da una fotografia che una volta aveva visto sul libro di storia: Hiroshima
subito dopo la bomba atomica. Il ragazzo pensò che probabilmente lo scenario che
prospettavano Fred e George non era molto diverso e si sentì il cuore fermare
dall’orrore. Dopo aver purificato l’Inghilterra, Voldemort voleva estendere il
suo dominio al resto del mondo e con l’Arma aveva tutta le possibilità di
riuscirci.
"Da quello che abbiamo potuto capire"
proseguì George, "la potenza dell’Arma è assolutamente regolabile: potrebbe
anche essere concentrata su un solo punto e distruggere solo
quello…".
"Un modo velato per dire che se il Ministero
scoprisse il nostro nascondiglio, potrebbe disintegrarci senza difficoltà"
aggiunse Fred.
"Ok, ma come pensano di sfruttarla?" fece
Sirius. "Per avere una potenza del genere, dovrà anche essere bella grossa: come
pensano di poterla spostare fino in Francia o Merlino solo sa dove, senza che
quelli si accorgano di essere sotto attacco?".
I gemelli si guardarono, in evidente
difficoltà, frugando tra i fogli. "Non so come spiegarlo" disse Fred. "Non siamo
riusciti a capire bene come intendono fare nemmeno noi".
"Quello che è certo hanno il modo di usare
l’Arma senza spostarla da Londra, attraverso qualche marchingegno babbano".
"È impossibile" protestò Luna. "Come possono
colpire il resto d’Europa se l’Arma resta nel Regno Unito?".
"Il Ministero ha speso capitali in ricerca:
ha fatto venire certi scienziati babbani apposta dall’America…".
"Posso vedere quei fogli?" si offrì Drew.
"Magari ci capisco qualcosa…".
I gemelli non obiettarono e gli porsero i
fogli fitti di appunti. In verità, ci capì ben poco anche Drew: erano
informazioni troppo tecniche perché potesse assimilarle con le sue scarne
conoscenze scientifiche. Tuttavia dopo qualche minuto di analisi, riuscì per lo
meno a comprendere come il Ministero avesse intenzione di usare l’Arma senza
spostarla da Londra. La cosa che più lo sorprese fu quanto in effetti tutto il
piano poggiasse sulle cognizioni tecniche babbane: non avrebbe mai creduto che
Voldemort, dall’alto delle sue convinzioni razziali, potesse abbassarsi a
"chiedere aiuto" ai Babbani. Eppure, le circostanza l’avevano costretto a quella
scelta, se voleva vincere.
"Satelliti artificiali" comunicò. "Ecco come
vogliono fare: satelliti artificiali".
Uno stuolo di sguardi vacui fu l’unica
risposta che ottenne. Perfino Ares e Artemis, che pure avevano vissuto tra i
Babbani, avevano un’idea molto vaga di cosa stesse parlando: era un concetto
troppo lontano dalla loro realtà perché se ne fossero mai interessati; giusto
Kitty e Ethan, dall’angolo dove ascoltavano in silenzio, parvero capire.
"Come in quei film apocalittici con il pazzo
megalomane che vuole conquistare il mondo?" domandò infatti Ethan.
"Credo di sì, una cosa del
genere…".
"Drew, di cosa stiamo parlando?" intervenne
Remus. "Credo di parlare a nome di tutti se dico che ci siamo persi…". Gli altri
annuirono.
"Non so come spiegarvelo: nemmeno io riesco
a comprenderlo, è roba troppo sofisticata per me. In pratica, devono aver
lanciato nello spazio dei satelliti artificiali: avranno dei sistemi informatici
per controllarli, un centro di controllo generale, probabilmente un sacco di
cervelloni babbani che lavorano per loro, magari sotto Imperius, visto che una
cosa del genere non possono gestirla i Mangiamorte da soli… Suppongo che
inserendo le giuste coordinate potrebbero arrivare a disintegrare pure il
Giappone!".
Erano tutti allibiti, increduli: avevano
visto magie e maledizioni di ogni genere, ma una cosa simile era al di là della
loro comprensione, non essendosi mai minimamente interessati dei modi di vivere
dei babbani
"Mi stai dicendo" fece Sirius, cercando di
dare un senso logico a quello che stava venendo detto, "che con quell’arnese
potrebbero in pratica annientare il mondo intero standosene seduti comodi in
poltrona? Checché tu ne dica, mi pare impossibile: siamo sicuri che l’Arma non
gli esploderà in faccia quando proveranno a usarla?".
"Questo te lo possiamo garantire noi"
intervennero i gemelli. "Almeno dal loro punto di vista, sono certi che
funzionerà. Il tizio che ci ha lavorato, il capo di tutta la baracca (il nome
non lo ricordo) è un pezzo grosso, sicuro del fatto suo… Se utilizzerà l’Arma
sarà perché è convinto che possa funzionare…".
Drew si sentì appena un po’ colpito. Cosa
non fa fare l’ambizione… Gli pareva difficile immaginare Voldemort dare
tutto questo potere a un semplice Babbano, ma l’aveva fatto. Per conquistare
il mondo, questo e altro!
"Vabbè, in fondo cosa ci importa di capire
come funziona questo aggeggio infernale?" sbottò Ted, vedendo che Sirius
continuava a scuotere il capo senza capire. "Tanto, mica abbiamo intenzione di
usarlo! Il punto è un altro: si può distruggere?".
"Ted ha ragione" approvò Luna. "Ci deve
essere un punto debole nel sistema…".
Furono tutti gratificati dal cenno d’assenso
dei gemelli. "Beh, tanto per cominciare" cominciò Fred, "come diceva prima Drew,
l’Arma è regolata da un sistema di controllo generale, senza il quale il massimo
che potrebbero fare sarebbe disintegrare quello che sta di fronte a
Westminster".
"Beh, questo è già un notevole passo avanti"
osservò Artemis. "Come facciamo a distruggerlo?".
"Difficile dirlo finché non l’abbiamo
davanti" sospirò George. "Ma essendo per lo più tecnologia babbano sono
dell’opinione che funzionerà per lo più a elettricità: mandiamo in corto il
sistema e facciamo fare un bel botto".
"Volete far saltare in aria il Palazzo del
Parlamento?" ripeté Hermione, incredula. "I giornali ci si avventeranno addosso
come un branco di sciacalli: vedo già i titoli. Ennesimo attacco terroristico
immotivato dell’Ordine!".
"Credo che tu abbia travisato, Hermione" la
calmò Remus. "Dubito che Fred e George abbiano davvero intenzione di far
esplodere tutto il Parlamento, no, ragazzi?".
I gemelli si scambiarono uno sguardo, senza
rispondere. "Ragazzi?" insistette Remus.
"È probabile che si scateni una reazione a
catena incontrollata" spiegò George. "Senza contare che sarebbe molto meglio
eliminare il problema alla radice, distruggendo anche l’Arma
stessa…".
"… Altrimenti c’è il rischio che rifacciano
tutto da capo, nascondendo l’Arma dove noi non potremmo trovarla".
"Li dobbiamo colpire al cuore per
scongiurare qualunque progetto futuro".
"Perciò voi volete sul serio far saltare in
aria tutto il Palazzo?" fece Remus. "Parliamo di un edificio di mille anni o giù
da quelle parti…".
"Dubito che verrebbe distrutto tutto"
obiettò Ted. "È più probabile che i danni si concentrino solo sul lato sud del
palazzo, dove si trova l’Arma…".
"Abbiamo qualche alternativa?" considerò
Sirius. "Francamente me ne infischio di quello che diranno i giornali: siamo già
un branco di criminali, uno in più o uno in meno non farà certo differenza! Ma
non possiamo certo permettere che quest’Arma diventi operativa!".
"Sirius ha ragione" annuì Artemis. "Cosa
succederebbe se Voldemort estende all’estero il suo potere? Non potremmo più
fermarlo!".
"Ok, ma ci cerve un piano. Un buon piano"
precisò Hermione. "Non possiamo andare allo sbaraglio. Non oso immaginare ai
sistemi di sicurezza che avranno messo, soprattutto dopo il furto dei
piani".
"Hermione ha ragione" disse Luna. "Prima di
qualunque azione, dobbiamo trovare il modo di entrare e soprattutto di
uscire…".
Tutti tacquero: ovviamente era vero, entrare
nel Palazzo di Westminster e distruggere l’Arma sarebbe servito a ben poco se
poi non si trovava il modo di lasciare il palazzo tutti interi.
"La grandezza dell’edificio può giocare a
nostro favore" osservò Keith. "Westminster comprende qualcosa come 1000 stanza
su quattro piani: ci saranno come minimo un milione di vie d’accesso.
Impossibile controllarle tutte!".
"La Camera dei Lord è al primo piano, no?"
fece Christie.
"Ci serve una pianta precisa del palazzo"
disse Hermione in tono pratico. "Senza non andiamo da nessuna
parte…".
"E dove andiamo a prenderla?".
Per alcuni minuti calò il silenzio, mentre
tutti riflettevano. "Ares, pensi di potertela procurare?" domandò
Artemis.
L’omone rifletté per alcuni secondi. "Credo
di sì. Ho un contatto che potrebbe farmela avere per stasera…".
"Chiamalo subito, allora… Noi intanto
dobbiamo pensare a come distruggere effettivamente l’Arma e il sistema di
controllo: c’è una qualche falla nel sistema che possiamo sfruttare a nostro
vantaggio?".
Fred e George frugarono qualche istante tra
i fogli. "L’Arma è alimentata essenzialmente a elettricità. Tuttavia, funziona
come una specie di bacchetta potenziata, perciò il suo nucleo deve essere
magico".
"Qui dice che hanno combinato le proprietà
dei tre nuclei da bacchetta più diffusi: crine di unicorno, piume di fenice e
corde di cuore di drago. Solo che invece che da una persona, la magia viene
attivava appunto dall’energia artificiale: probabilmente è questo che rende
l’incantesimo così potente".
"Distruggendo il nucleo, di fatto si rende
inutilizzabile l’Arma. Solo che è pericoloso…".
"È probabile che sia instabile, considerato
il materiale di cui è fatto: ingerenze magiche come altri Incantesimi potrebbero
avere conseguenze imprevedibili…".
"E allora come possiamo distruggerlo?"
domandò Ted. "Se non possiamo usare la magia…".
"Con i sistemi babbani" rispose Artemis.
"Fiammiferi e benzina: due meravigliose invenzioni incredibilmente
sottovalutate…".
"Potrebbe funzionare?" chiese
Sirius.
Fred annuì. "Quasi sicuramente: anche una
bacchetta di fatto è infiammabile. Però si dovrà fare attenzione ai possibili
ritorni di magia…".
"Allora me ne posso occupare io" riprese
Artemis, sicura di sé. "I sistemi offensivi babbani sono la mia
specialità".
"Ally…" cominciò a dire Remus, ma la ragazza
lo bloccò sul nascere. "Niente Ally, papà: sai che so badare a me stessa. E se
questo nucleo è davvero così instabile, è meglio tenere la magia alla
larga".
"Non ci potrai arrivare da sola" protestò
Luna. "Ci saranno guardie, Mangiamorte, studiosi…".
"Allora verrà qualcun altro con me" approvò
la ragazza. "Qualcuno deve anche distruggere il sistema di controllo,
no?".
Prima che Drew si rendesse conto di quello
che stava dicendo, sentì la propria bocca dire: "Lo faccio io".
Una decina di teste si voltò verso di lui.
"Cosa?" soffiò Hermione.
"Di apparecchiature elettroniche voi non ci
capite nulla" continuò Drew. "Non provate a negarlo: è vero. Forse io ne so
poco, ma saprei giostrarmi comunque meglio di voi…".
"Drew, io non credo che…".
"Io e Artemis abbiamo già fatto cose del
genere insieme" insistette il ragazzo. "Sappiamo come ragiona l’altro, più o
meno, come agisce…".
"È vero" concordò la ragazza, guadagnandosi
un’occhiata grata dall’amico. "Squadra che vince non si cambia, no? Io e Drew
siamo sfuggiti al Ministero due volte…".
"Tutte e due le volte per miracolo" protestò
Sirius. "Deve venire anche qualcun altro con voi".
"Non possiamo andare in branco" fu
l’obiezione di Drew. "Più siamo e più saranno le possibilità di farci notare… o
di non uscire…".
"È molto meglio essere solo due o tre"
convenne Artemis. "Sarà più facile arrivare all’obiettivo se siamo in pochi: gli
altri dovranno giocare da diversivo…".
L’Ordine sembrava pronto a sollevare altre
proteste, quando intervenne Ares: "Vado io con lei".
Artemis lo guardò sorpresa, con un
sopracciglio inarcato, ma non fece commenti. Drew invece annuì, con aria
entusiasta. "Perfetto: siamo in una botte di ferro. Siamo in tre e Ares vale
quanto tutto l’Ordine messo insieme".
Gli altri parevano ancora scettici. "Siete
sicuri?" domandò Ted. "Se le cose vanno male, è improbabile che potremo
aiutarvi…".
"Non ce ne sarà bisogno" assicurò Drew.
Artemis annuì. "Possiamo farcela".
"Ally…". Remus guardava la figlia come se
avesse tutta l’intenzione di legarla alla sedia.
Artemis gli sorrise. "Non ti preoccupare
papà: ce la posso fare. Ce la possiamo fare: io e Ares siamo usciti da
situazioni peggiori e con Drew abbiamo una buona intesa. Inoltre il plenilunio è
vicino: sono al massimo della mia forza, con riflessi che qualunque Mangiamorte
si potrebbe solo sognare!".
Remus sospirò. "Temo di non avere proprio il
potere di fermarti, vero, tesoro?".
"No: la testardaggine l’ho presa tanto da te
quanto da mamma".
"Allora va bene".
"Dovrete essere molto attenti" disse
Hermione preoccupata, mordendosi il labbro. "E avere pronta una via di fuga
d’emergenza, nel caso le cose vadano male: di certo quando capiranno cosa
succede, predisporranno degli Incantesimi anti-smaterializzazione…".
"Una Passaporta" suggerì Christie. "Basterà
che uno di noi la nasconda in un luogo abbastanza vicino…".
"Questo lo potremmo decidere solo con la
mappa dell’edificio davanti" disse Sirius. "Però come idea non è
male…".
"Bisogna anche che Drew, Artemis e Ares
arrivino fino alla Camera dei Lord più o meno indisturbati" aggiunse Keith.
"A questo dovremo pensare noi" rispose Luna.
"Si potrebbero fare delle incursioni incrociate in modo da attirare i
Mangiamorte il più lontano possibile…".
"È meglio rimandare tutto a quando avremo le
piante" osservò in tono ragionevole Hermione. "Prima di sprecare tempo a
costruire piani che non sono fattibili…".
"Hermione ha ragione" approvò
Remus.
"Vado a chiamare quel contatto" disse perciò
Ares, alzandosi e uscendo dalla stanza.
Mentre il resto dell’Ordine continuava a
discutere infervorato di tutte le possibilità, Drew si avvicinò ad Artemis: la
ragazza fissava con aria corrucciata la porta da cui Ares era appena
uscito.
"Di nuovo insieme a quanto pare,
eh?".
Artemis ridacchiò. "Ti piace proprio tanto
stare al centro del ciclone, vero? Ti sei accaparrato la parte più pericolosa di
tutto il teatrino!".
Drew alzò le spalle. "Non so cosa mi abbia
spinto a farlo: ho solo pensato che fosse la cosa migliore…".
"Beh, tutto sommato è meglio così: in questo
modo, quando rischierai di farti ammazzare, io sarò lì per tirarti fuori da
guai!".
"Ah, grazie tante" ironizzò Drew, piccato.
"Magari sarò io a salvare te, invece…".
"Se va come le ultime due volte che hai
cercato di salvarmi, è meglio di no. Piuttosto, dovrai stare alla larga da
Sylar, lo sai vero?".
"Dubito che Sylar si occupi della protezione
dell’Arma di persona: avrà altro da fare…".
Artemis scosse il capo. "Stavo facendo un
discorso d’insieme, Drew: quell’uomo è pericoloso e senza scrupoli. Non ha
esitato a cercare di possederti di nuovo, malgrado quello che è successo l’altra
volta…".
Drew si limitò ad annuire. Non aveva più
parlato con Artemis del fatto che sospettava che non fosse stato Sylar a
cominciare la possessione due settimane prima o del ricordo che aveva sentito.
Non sapeva come spiegare quello che era successo e di certo Artemis gli avrebbe
ripetuto che non era possibile, che era l’ennesimo trucco. Ma non lo era, Drew
ne era sicuro: la sorpresa che aveva percepito era autentica.
Ma comunque la rigirasse, Artemis aveva
ragione: doveva stare alla larga da Sylar, soprattutto se quella faccenda della
Legilimanzia era davvero fuori controllo come sembrava.
"Devo andare a parlare con Ares un attimo"
disse Artemis, alzandosi e uscendo.
Trovò il socio che parlava al telefono in
salotto. Quando lei arrivò, la conversazione volgeva al termine.
Quando ebbe attaccato, la ragazza esordì:
"Credevo che non ci volessi più entrare in questa storia…".
Ares alzò le spalle. "Avrete bisogno del mio
aiuto per uscirne vivi: un’ultima missione insieme…".
"Se ti riconoscono e mettono una taglia
sulla tua testa, che farai?".
"Ci penserò al momento. Ma di una cosa sono
sicuro: non ti farò andare nella tana del lupo senza di me…".
Artemis sorrise. "Sai che so
cavarmela".
"E tu sai che con me te la caverai meglio"
osservò Ares.
Senza dire altro, tornò in cucina e
annunciò: "Avremo la mappa in un paio d’ore: qualcuno dovrò andare a
prenderla".
"Ci pensiamo noi" disse Christie, indicando
lei e Keith, mentre Artemis rientrava a sua volta e si rimetteva
seduta.
"Tutto bene?" chiese Drew, nel vederla un
po’ turbata.
La ragazza annuì. "A meraviglia". Non era
ancora pronta a dire ad alta voce che il compagno di tre anni di vita stava per
lasciarla per sempre.
Ministero della Magia,
Londra
"Il piano è cambiato" disse Lord Voldemort
quella sera. "Potter è decisamente troppo legato alle sue convinzioni per
poterlo piegare facilmente come aveva pensato".
Sylar gli stava di fronte, aspettando di
avere ulteriori informazioni. "Che cosa devo fare allora, mio
signore?".
"Lo costringeremo, in un modo o nell’altro.
Poco importa se magari dovremo spostare a lungo termine il nostro obiettivo:
sapremo aspettare…".
"Avete qualche idea?".
"Una, in verità". Voldemort sorrise con aria
maligna, si frugò per qualche istante nel mantello e ne cavò un foglio di
pergamena: una pagina di libro strappata. "Lucius è stato tanto gentile da
prestarmi la biblioteca di Hogwarts per qualche ora" disse, porgendo il foglio a
Sylar. "Penso proprio di aver trovato il mezzo di pressione giusto".
Sylar prese la pagina, perplesso: era
antica, di quelle pagine che ti danno l’idea di sbriciolarsi tra le tue mani,
tratta sicuramente da un libro di Arti Oscure. Era la descrizione di un’antica
Maledizione.
"Di cosa si tratta?" chiese, dopo aver letto
la formula un paio di volte: non gli diceva assolutamente nulla. Ed essendo il
resto scritto in latino, non poteva nemmeno leggere la spiegazione.
"Di una delle mie idee migliori, mio buon
amico. Un inganno più sottile della Maledizione Imperius: spingeremo il nostro
caro Potter tra le nostre braccia senza che nemmeno se ne accorga…".
"Non capisco: che razza di maledizione è
questa? Controllo della mente?".
"No, niente di così sofisticato. Troverai
che a prima vista i suoi effetti sono molto simili a quelli del Sectumsempra… Ma
se eseguito correttamente, è perfino meglio".
Sylar era sinceramente confuso: il
Sectumsempra causava ferite mortali. E loro non volevano uccidere Andrew Potter,
no? Volevano spingerlo dalla loro parte…
"Mio signore…" cominciò a dire, ma Voldemort
alzò una mano pallida e scheletrica per farlo tacere. "Tutto a tempo debito,
Sylar. Impara questo incantesimo: devi saperlo eseguire alla perfezione. Fa
pratica, se lo ritieni necessario: di certo Azkaban ti potrà offrire cavie a
sufficienza. Quando incontrerai di nuovo Potter, colpiscilo con esso, più volte
magari: ma evita i punti vitali, non devi ucciderlo".
"E poi?".
"Se riesci, portalo qui. In caso contrario,
lascialo fuggire: quando sarà il momento, sarà lui a tornare da noi".
Sylar annuì: ben poco di quello che aveva
detto Voldemort aveva un senso per lui, ma non era tenuto a sapere più del
necessario. I dettagli gli sarebbero stati chiariti a tempo debito, come era
sempre accaduto.
"C’è altro?" domandò perciò, infilandosi la
vecchia pagina in una tasca interna del mantello.
"Come va la ricerca delle spie?" domandò
Voldemort.
"Siamo a buon punto, mio signore. Questione
di giorni".
"E l’Arma?".
"Lo stesso: ho parlato oggi con Avery, hanno
effettuato gli ultimi test di controllo. Sarà operativa per la fine della
settimana".
Lord Voldemort sorrise, soddisfatto,
grattandosi con aria distratta il dorso di una mano. "Molto bene. Puoi andare,
Sylar".
Questi si inchinò e stava lasciando la
stanza quando Voldemort lo colpì con una frecciata mentale. Non far vedere a nessuno quel foglio, hai capito? Non voglio altri
strafalcioni…
Certamente, mio signore.
Chiusasi la porta alle sue spalle, Sylar
tirò un sospiro di sollievo: non poche teste erano cadute dopo la fuga della
Lupin e Potter. In un impeto d’ira, Sylar stesso aveva ucciso il guardiano della
Zona delle Celle e il Mangiamorte di bassa lega che aveva fatto fuggire la
ragazza. Malfoy aveva passato un pessimo quarto d’ora a base di Cruciatus e
insulti (alla fin fine, era un collaboratore troppo prezioso per poterlo
uccidere) e lo stesso era accaduto a Bellatrix, la quale peraltro non avrebbe
nemmeno dovuto essere nella Zona Delle Celle: presumibilmente vi si era recata
per dare una sonora lezione alla nipote, anche se non aveva voluto dire una
parola in proposito.
Sylar cominciava seriamente a pensare che
quella donna stesse diventando troppo incontrollabile: più era andata in là con
gli anni, più diveniva preda degli istinti. La Bellatrix che aveva conosciuto in
gioventù era sì violenta e spesso poco gestibile, con la mente offuscata da una
sorta di lucida follia, ma non sarebbe mai caduta in certi errori grossolani.
O forse dipende dall’ossessione per i traditori della sua famiglia… Il
problema in effetti era diventato più marcato dopo la morte di Andromeda Black:
da allora, la caccia agli altri Black rinnegati era diventata una vera mania per
Bellatrix. Dopo il primo rilascio di Allison Lupin aveva sprecato mesi a
cercarla, senza successo, malgrado il perentorio ordine di lasciar
perdere.
In qualche mondo la cosa andava risolta. Ma
per il momento Sylar aveva troppo cose per la testa: l’Arma, i traditori da
stanare, la trappola per il giovane Potter…
Pensare a Andrew, gli provocò per riflesso
una fitta di dolore al fianco sinistro, dove la Lupin l’aveva colpito due
settimane prima. Probabilmente solo quello aveva impedito che si ritrovasse di
nuovo intrappolato dalla sua stessa mente: e non era certo che nel caso, sarebbe
riuscito a sopportare lo sforzo o a sfuggire di nuovo. Anche quello era un
problema da risolvere: la prossima volta che si fosse trovato di fronte Potter
avrebbe dovuto tenere la guardia alzata, potenziare le sue barriere mentali. Non
sapeva cosa era successo, ma anche quello era un problema da risolversi in
seguito.
Arrivò nel suo ufficio e trovò ad aspettarlo
due cose: una cartellina porta documenti nera e Draco Malfoy.
Questi balzò in piedi all’istante quando lo
vide: il suo volto era una maschera di malcelato terrore. Evidentemente si stava
chiedendo cosa avesse fatto ancora per essere convocato a tarda sera
nell’ufficio del viceministro.
Sylar ridacchiò: la paura era il suo pane
quotidiano. "Rilassati, Malfoy" disse, calcando volutamente sul cognome.
"Ho una missione da affidarti".
Stranamente, le parole non servirono a
tranquillizzarlo più di tanto. Sylar lo ignorò e prese tra le mani la cartellina
nera, che conteneva i documenti relativi a un dipendente del
Ministero.
"Bones, Keith" lesse. "Impiegato da cinque
anni all’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale, sotto Avery".
Beh, questo spiegava come avesse fatto
l’Ordine della Fenice a sapere dell’Arma: la serpe in seno era proprio nella
posizione ideale per scoprirlo, visto che era avery il responsabile incaricato
di tutto il progetto.
Sylar aveva il sospetto che la talpa fosse
in quell’Ufficio da quando i piani erano stati rubati: in nessun altro modo,
l’Ordine avrebbe potuto sapere della loro esistenza e dove fossero nascosti.
Sylar aveva passato a tappeto tutti gli impiegati, fino all’ultima delle
segretarie, prima di focalizzare i suoi sospetti su Bones, Keith: il cognome
Bones era notoriamente legato all’Ordine della Fenice fin dalla Prima Guerra, da
Edgar passando per Amelia fino a Susan Bones, membro dell’ES prima, apertamente
contraria alla politica del Ministero poi, tanto da essere spinta a emigrare
all’estero circa tredici anni prima. Per questo Sylar si era insospettito: a
quanto pareva il giovane Keith aveva deciso di seguire la stessa linea della
famiglia.
"Mio signore?" fece Malfoy, stanco di essere
ignorato.
"Ascoltami bene, Malfoy" disse Sylar,
rivolgendosi finalmente a lui, "perché te lo dirò una volta sola e perché giuro
su Merlino, Morgana e tutti i maghi del passato, presente e futuro che se
combini un altro casino, nemmeno il nome di tuo padre riuscirà a impedirmi di
spedirti all’inferno tra atroci tormenti. Hai capito?".
Draco deglutì a vuoto un paio di volte.
"Certo, mio signore: non la deluderò".
"Sarà meglio per te. Questi sono i dati di
un nostro dipendente, Keith Bones: sospetto che sia una talpa dell’Ordine della
Fenice. Il tuo compito è tenerlo d’occhio nei prossimi, diciamo due o tre
giorni: ho bisogno di prove inattaccabili prima di convocarlo qui e sistemare la
faccenda. Non farti vedere, non farti notare, non avvicinarlo in nessun modo,
non parlarne con nessuno: limitati a guardare in silenzio da lontano. Serviti di
tutti i mezzi che ritieni necessari. Quando sarai certo che i miei sospetti sono
esatti, vieni a riferire a me e solo a me. Se desti il minimo sospetto e metti
sul chi vive l’Ordine, vi farete compagnia all’altro mondo.
Domande?".
"No, mio signore" rispose Malfoy, prendendo
la cartella, cercando di mostrarsi sicuro di sé. "Siete stato
chiarissimo".
"Bene. Lì dentro troverai tutto quello di
cui hai bisogno: gestisci quelle informazioni come meglio credi. E acqua in
bocca con chiunque. Ora sparisci!".
Un frettoloso inchino e Malfoy filò via alla
velocità della luce. Sylar si lasciò cadere sulla sua poltrona con un sorriso
soddisfatto.
Pochi giorni e il traditore sarebbe morto.
Pochi giorni e l’Ordine della Fenice sarebbe
stato distrutto una volta per tutte.
Pochi giorni e finalmente l’Arma sarebbe
stata operativa e l’Europa nelle loro mani.
Pochi giorni e Andrew Potter sarebbe stato
in loro potere.
Sylar tirò fuori il foglio di pergamena e
lesse attentamente le incomprensibili parole latine. Sì, tutto andava secondo i
piani.
LYRAPOTTER’S CORNER
Oh, che fine sinistra: decisamente un brutto
quadro quello che stiamo prospettando, nevvero? Per fortuna, Sylar non ha la
minima idea che l’Ordine si stia preparando a rompergli le uova nel
paniere.
Spero che dopo tutto questo tempo qualcuno
si ricordasse ancora dell’esistenza dell’Arma e soprattutto di non aver scritto
troppo cavolate quando l’ho descritta: in effetti, il piano di Voldemort ricorda
molto quelli di certi scienziati pazzi di serie B (e questo gioca senza dubbio a
nostro vantaggio, visto che quegli scienziati pazzi fanno sempre una brutta
fine). Comunque, almeno la descrizione del Palazzo di Westminster è stata quanto
più vicina alla realtà possibile. Anzi, vi piazzo qui un link con la pianta del palazzo: probabilmente vi sarà utile nel
prossimo capitolo, non so ancora quanto lo farò dettagliato.
Ah, anche i Bones a cui ho imparentato Keith
non me li sono inventati: sono tutti personaggi marginali a cui la Rowling ha
fatto fare una brutta fine (tranne Susan). Avevo bisogno di un cognome magico,
visto che nel mio universo di Nati Babbani non ne esistono, e la scelta è
ricaduta su questo: così perlomeno, sapete anche perché Keith si sia accollato
il ruolo di spia, tradizione di famiglia.
Dopo avervi logorato con queste noiose
spiegazioni, passo ai ringraziamenti:
Deidara, ma
figurati: capita anche a me, a volte. Sarà colpa dell’estate e del caldo che
imperversa in questi giorni! Drew è stato davvero stupido, ma la stupidità di
solito è parte integrante del carattere dei buoni: Harry per primo si caccia in
non poche situazioni stupide! Tale padre, tale figlio! Nella speranza che questo
capitolo sia stato all’altezza delle tue aspettative, a
presto!!!!!!
Lily_Snape, tranquilla, cara, spero che tu ti sia goduta le meritate
vacanze!!!!! Harry James Potter È la dentro da qualche parte, ma zitta, questo è
un segreto che non verrà fuori ancora per un po’: Sylar non ha ancora dato il
suo peggio! Quanto al prequel, la mia testolina contorta ci sta pensando già da
un pezzo: l’idea c’è e saprei anche come svilupparla, ma mi manca il tempo
materiale di farlo, senza contare che prima volevo portare questa storia almeno
alla seconda parte della trilogia per evitare spoilers. Diciamo che il progetto
esiste, ma per il momento è in fase di stallo. E quanto alla missing moment
Sirius/ Luna, vai con la mia benedizione: mi sento onorata che questa storia
abbia tanto successo da ispirare altri autori. Solo avvisami quando la posti,
così vado a leggerla. A presto, kiss kiss!!!!!
Yuukimy, sono
arrossita dall’imbarazzo leggendo la tua recensione: grazie infinite!!!!!! Il
mio caro Sylar ha riscosso un mucchio di consensi… E comunque, Fener è Fener,
l’ho già detto, uno dei migliori cattivi mai inventati!!!!!!
Ino chan, sister, recensioni brevi o lunghe hanno poca importanza,
l’importante è il pensiero, come giustamente dici. E visto che per giorni la tua
è stata l’unica recensione del capitolo, l’ho apprezzato ancora di più. La
nostra lupacchiotta avrà per sé sempre la sua dose di spazio, non preoccuparti:
nella seconda parte, per esempio… alt, niente spoilers, grazie! A
presto!!!!!
Meno cinque capitoli alla fine!
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Capitolo 27 *** L'Arma I ***
MAGIC
WARS
N.d.A. : vi rimpiazzo qui il
link della pianta
del palazzo di Westminster: se volete orientarvi un po’, dateci
un’occhiata.
CAPITOLO XXVI: L’ARMA I
Palazzo di Westminster,
Londra.
Tre giorni dopo, mentre il sole calava
lentamente all’orizzonte, tre silenziose figure si Smaterializzavano sulla
terrazza del Palazzo di Westminster, sul lato est, proprio sotto il Tamigi, che
scorreva indifferente verso il mare. Avevano scelto quel lato per due motivi: il
primo, era più facile entrare da lì che da qualunque altra parte; il secondo,
con il sole che tramontava ad ovest, quel lato dell’edificio sarebbe già stato
completamente in ombra, il che tornava a loro vantaggio.
Drew scosse il capo per schiarirsi la testa
dopo la Smaterializzazione, fissando il fiume, mentre l’ormai famigliare morsa
di tensione gli stringeva lo stomaco. Ignorò quella sensazione: non c’era motivo
di essere nervosi, cercò di farsi coraggio. Siamo usciti da situazioni
peggiori di questa: questo posto ha almeno un miliardo di finestre, se le cose
si mettono male avrei solo l’imbarazzo della scelta!
Comunque, strinse più forte la bacchetta
nascosta sotto il mantello, tanto per sicurezza.
Artemis, al suo fianco, sembrava tranquilla
come se stesse andando a farsi un caffé al bar, ma Drew ormai la conosceva
abbastanza bene per sapere che la sua era solo una facciata di ostentata
sicurezza. Quanto ad Ares, il suo volto era la solita maschera
insondabile.
La ragazza si sistemò meglio il carico che
aveva sulle spalle. "Bene, fin qui ci siamo arrivati: ora dobbiamo aspettare il
segnale".
"Il piano ce lo ricordiamo tutti, Temis"
disse Drew secco, appoggiandosi a un cornicione.
"Davvero?" fece la ragazza, con una punta
d’ironia. "Sicuro che sul più bello non perderai la testa e manderai tutto in
malora?".
"Cos’è, mi stai provocando? Io sono
calmissimo!".
"Oh, sì, si vede: cerca solo di non dare di
stomaco!". Artemis ridacchiò della sua espressione offesa, dopodichè per
ricontrollò per l’ennesima volta che la sua pistola fosse al suo posto e pronta
per essere usata. Uno dei tanti piccolo gesti che tradivano il suo
nervosismo.
"Cercate di non sbranarvi, per cortesia"
intervenne Ares in tono burbero. "Non vorrei essere costretto a ripescare uno di
voi dal Tamigi…".
"Meglio di no: non è stagione per un bagno…"
fece Artemis.
"Senza contare che rischi di tornare su
fosforescente" aggiunse Drew, "con tutti i rifiuti chimici che ci avranno
versato dentro…".
La conversazione languì e cessò, ma intanto
aveva raggiunto lo scopo: spezzare la tensione.
Drew respirò a fondo, ripassando mentalmente
in piano escogitato dall’Ordine. In realtà era abbastanza semplice e
relativamente sicuro, visto che solo una serie di eventi sfortunati avrebbe
impedito la felice riuscita della missione.
Lui, Ares e Artemis dovevano ovviamente
raggiungere l’Arma nella Camera del Lord. Siccome le misure di sicurezza
prevedevano anche Incantesimi Antismaterializzazione, avevano deciso di entrare
nel Palazzo attraverso la terrazza, il punto più scoperto. Da lì, si poteva
raggiungere uno dei corridoi principali che conducevano direttamente al loro
obiettivo. Lì, Artemis, come deciso, si sarebbe occupata del nucleo magico
dell’Arma: siccome avevano risolto per darle fuoco, per evitare interferenze
magiche, Ares le aveva procurato (nessuno sapeva come e nessuno aveva voluto
saperlo) un lanciafiamme leggero a breve gittata. La ragazza aveva passato gli
ultimi due giorni a prendere confidenza con la nuova arma che ora era assicurata
alla sua schiena, pronta per essere usata.
Drew invece avrebbe distrutto i controlli
elettronici che regolavano il sistema satellitare: non aveva ancora idea di come
fare, ma nella peggiore delle ipotesi, prima avrebbe premuto tutti i pulsanti
che gli capitavano a tiro e poi avrebbe annaffiato tutto con generose dosi di
acqua gelata (proprio a tale scopo, Remus gli aveva inculcato in testa
l’Incantesimo Aguamenti.
Quanto ad Ares, il suo compito era
semplicemente coprire le spalle dei suoi compagni da qualunque attacco ostile
mentre lavoravano. Quando avessero finito, sarebbero fuggiti, alternativamente
per la strada da dove erano venuti oppure verso la Central Lobby, dove Christie
e Keith avrebbero piazzato una Passaporta a tempo, programmata per partire
autonomamente dopo tre ore se fosse rimasta inutilizzata. Alle due giovani spie,
ansiose di poter dare il loro contributo, era stato affidato quel compito perché
prevedeva il minimo rischio di essere scoperti: dovevano semplicemente entrare e
uscire, sotto false sembianze tanto per andare sul sicuro. Inoltre, Christie
lavorava all’Ufficio del Trasporto Magico, per cui la creazione di una
Passaporta non regolare sarebbe passata inosservata.
Nel frattempo, il resto dell’Ordine, divisi
in squadre di due elementi (Sirius e Luna, Fred e Hermione, Ted e George), si
sarebbero piazzati in punti strategici del palazzo e si sarebbero limitati a
fare più baccano possibile in una parvenza di attacco organizzato, attirando i
Mangiamorte e distogliendo l’attenzione dalla vera incursione. Quando l’Arma
fosse stata distrutta, sarebbero fuggiti a loro volta.
Per coordinarsi tra loro (visto che il
tempismo era un punto cardine di tutta l’operazione), avevano rispolverato i
vecchi galeoni truccati dell’ES: silenziosi, efficaci e invisibili. In caso di
emergenza poi, c’erano comunque i Patronus.
Remus aveva cercato di insegnare a Drew
anche come comunicare attraverso di essi, ora che riusciva a evocarne uno
completo, ma la cosa si era rivelata più ostica del previsto, senza contare che
Drew non padroneggiava ancora completamente l’Incanto e la metà delle volte
otteneva solo sbuffi di fumo.
Mentre aspettavano, Drew continuava a
giocherellare con il suo galeone in tasca, in attesa che diventasse caldo e
comunicasse l’inizio dell’attacco.
Artemis osservava il traffico serale di
Londra scorrere sul Westminster Bridge, lasciando rilassare la mente davanti al
lento scorrere delle auto. Aveva bisogno di calma per concentrarsi ed essere
pronta. Era davvero un bene che la luna piena fosse appena passata: sentiva il
lupo dentro di lui ululare ancora, ansioso di uscire. Non che ci fosse molto da
lasciar uscire, ovviamente. Quella notte si era limitata ad andare su e giù per
casa in preda all’insonnia e all’emicrania, mentre suo padre distruggeva la
cantina del Quartier Generale sotto i suoi piedi. Per fortuna era andato tutto
bene: era a casa a riprendersi, insieme a Dora, Ethan e Kitty. Quando questa
stupida storia sarà finita, mi concentrerò per riportare mamma indietro: saremo
di nuovo una famiglia. Presto, molto presto…
"Ma quanto ci mettono?" borbottò Drew,
dietro di lei, strappandole un sorriso. Piccolo Potter irrequieto: un giorno
o l’altro di salteranno le coronarie, ad agitarti così per la prima cosa che
capita.
"Sta tranquillo: non sono nemmeno le sei.
C’è un sacco di tempo…".
"Posso sapere come fai ad essere così calma?
Sembra che stai andando a fare shopping…". Drew era vagamente irritato dalla
pacifica impassibilità con cui la ragazza stava aspettando: lui si sentiva
scoppiare dal nervosismo. E dire che sapeva che una volta che l’attacco fosse
cominciato, la tensione sarebbe sparita: ma è molto peggio aspettare sull’orlo
del precipizio che essere già nel mezzo del salto.
Artemis gli sorrise. "Dovrò insegnarti a
gestire meglio lo stress, Drew: qualche tecnica di rilassamento
magari…".
"E tu come faresti a conoscere queste
cose?".
"Ho studiato" fu l’ovvia risposta. "A lungo
e intensamente, sui libri e corsi on line e poi grazie a un vecchio sensei
giapponese che mi ha trovato Ares".
"E perché l’hai fatto?".
"Perché ho bisogno di tutta la
concentrazione possibile per sfruttare i miei di per loro deboli sensi di
licantropo: l’addestramento mi ha permesso di potenziarli al massimo, anche se
non sono nemmeno lontanamente sviluppati come quelli di mio padre. Senza contare
queste tecniche sono comunque molto utili per mascherare la paura prima di
penetrare in un edificio storico per andare a distruggere una specie di cannone
tecnomagico capace di distruggere il mondo intero!".
Drew arrossì appena, notando il tono carico
di malizia dell’amica. "Io non ho affatto paura. Sono solo…".
"… Nervoso" concluse per lui Artemis. "Lo
siamo tutti, non temere".
In quel momento risuonò in lontananza
un’esplosione; nello stesso istante, i galeoni dei tre compagni presero a
bruciare.
"Lo spettacolo va a cominciare, signori"
annunciò in tono solenne Artemis. "Facci strada, vecchio mio".
Ares si avvicinò alla prima finestra,
aprendola il più silenziosamente possibile. Tre figure furtive vestite in nero
si infilarono nel corridoio deserto.
******
Sirius e Luna erano comparsi sulla cima
della Torre dell’Orologio, dove gli Incantesimi di protezione non arrivavano. E
del resto chi mai avrebbe dovuto andare lassù? Sotto i loro piedi si diramavano
i 334 gradini che conducevano alla base: quel posto poteva essere tanto la
classica trappola per topi quanto una fortezza sicura, visto che c’era una sola
stretta via d’accesso che due Duellanti potevano facilmente tenere sotto
controllo a tempo indeterminato.
Mentre Sirius rifletteva su quale fosse la
tattica migliore per attirare l’attenzione, Luna osservava con curiosità la
Great Bell, il Big Ben, sotto il quel ci sarebbero stati comodamente entrambi.
"Interessante" osservò. "I Gorgosprizzi
fanno i nidi esattamente di questa forma… Chissà se ce n’è qualcuno qui in
giro…".
Sirius si voltò verso la donna e la trovò
che si guardava intorno con sincero interesse, in cerca dei fantomatici
Gorgosprizzi. Corrugò la fronte, divertito e frustato insieme: trentaquattro
anni e Luna ancora perdeva tempo dietro le fantastiche creature inventate da
Xeno, distraendosi nei momenti meno opportuni.
"Credevo che i Gorgosprizzi fossero
invisibili…" buttò lì casualmente, mentre studiava le scale a chioccola che
portavano verso terra.
"Oh sì" confermò Luna, con un sorriso
svagato. "Peccato non avere degli Spettrocoli a portata di mano: sarebbero stati
utili per evitarli…".
Sirius annuì con aria vaga. "Sicuramente… Ma
se anche ce ne sono, non ci daranno fastidio".
Luna però non ne era altrettanto sicura e
continuò a guardarsi intorno con aria guardinga. Sirius sospirò: Luna era
davvero l’unica che poteva mettersi a caccia di Gorgosprizzi quando si trovavano
sull’orlo di un attacco. Ma del resto, si era innamorato di lei anche per quella
vena d’innocenza che era riuscita a conservare nonostante tutto: anche lui, a
volte, avrebbe voluto dimenticarsi di quello che stava facendo e semplicemente
fermarsi a cercare Nargilli o qualcun’altra di quelle creature che esistevano
solo nella testa di Luna.
Ma non era quello il momento di perdersi in
simili fantasticherie: almeno uno di loro doveva conservare un minimo di
concentrazione se volevano portare a casa la pelle. "Luna, tesoro, torna su
questo pianeta: abbiamo problemi peggiori dei Gorgosprizzi da
fronteggiare!".
La donna annuì, ritornando seria. "Hai
ragione, Sirius. Qual è il piano?".
Sirius ci rifletté sopra un momento. "Beh,
un’ideuzza l’avrei, anche se sarà potenzialmente distruttiva…".
"Quando mai il grande Sirius Black ha avuto
un’idea che non fosse distruttiva?" lo stuzzicò Luna. "Cosa hai in
mente?".
Sirius si guardò intorno, indicando con
gesti vaghi i quattro quadranti dell’orologio. "Oserei dire che siamo dalla
postazione perfetta per colpire dall’alto il tetto là sotto non
credi?".
Luna si morse il labbro inferiore,
perplessa. "Quelle lancette sono belle grosse" obiettò, intuendo che l’idea
dell’Animagus prevedeva la distruzione di uno o più quadranti dell’orologio. "E
anche molto pesanti, presumo".
Gli occhi di Sirius presero a brillare.
"Appunto. Immagina il fracasso che farebbero a cadere sul tetto del palazzo più
in basso. Sto parlando in via ipotetica, ovviamente…".
Luna inarcò un sopracciglio, ridacchiando.
"E ipoteticamente, come farebbero le suddette lancette a cadere sul
tetto?".
"Beh, diciamo che tu potresti far esplodere
il vetro e io potrei indirizzare le lancette verso la loro nuova
sede…".
Luna annuì. "Posso farti una sola domanda
ancora?" chiese. Al cenno d’assenso di Sirius, riprese: "Come ha fatto Hogwarts
a sopravvivere al passaggio tuo e degli altri Malandrini?".
L’Animagus scoppiò a ridere. "Piccola,
questo è uno di quegli misteri arcani che non verranno mai risolti, temo… Oserei
dire che per il nostro piccolo esperimento il quadrante sul lato sud sia il più
adatto: avremo meno strada da fare…".
Luna annuì. "Io lo faccio esplodere e tu
piloti le lancette, ok?". Scostò una ciocca di capelli biondi dal volto, prese
la bacchetta e puntò la sua attenzione sul quadrante prescelto.
Sirius non poté fare a meno di pensare che
era bellissima. E poi è Luna quella che si distrae nei momenti meno adatti,
vero, Padfoot?
La donna stava per scagliare l’Incantesimo,
poi parve ripensarci e disse: "Ah, Sirius…".
"Che c’è?" domandò l’Animagus, sentendosi
colto in flagrante.
"Non chiamarmi mai più piccola o tantomeno
tesoro" gli intimò, cercando di suonare stizzita, per quando la cosa le avesse
fatto intimamente molto piacere. Non è il momento per simili pensieri
lovegood! Cerca di concentrarti!
Dare la caccia ai Gorgosprizzi andava bene,
ma soffermarsi su quanto Sirius fosse attraente con quella smorfia concentrata
era tutto un altro paio di maniche.
"Al mio tre?" domandò Sirius, che aveva
incassato con ostentata noncuranza il rimprovero. Luna annuì con aria seria. "Il
galeone, Sirius".
L’uomo annuì, inviando il segnale d’attacco.
"Uno".
"Due".
"TRE!".
"Bombarda!".
"Wingardium Leviosa!".
Il quadrante di vetro esplose, schizzando
frammento di vetro ovunque, ma le lancette restarono saldamente al loro posto,
il tempo necessario perché Sirius, sudando per lo sforzo di tenerle sospese a
mezz’aria, le spostasse in avanti, in modo da lasciarle ricadere sul tetto della
Camera dei Comuni.
I due si sporsero per osservare le reazioni
93 metri più sotto: le grida di spavento e panico li raggiunsero fin
lì.
"Credo che abbiamo ottenuto la loro
attenzione" osservò Sirius. "Dici che se spedissimo già anche una delle campane
sarebbe esagerato?".
******
"Hanno fatto saltare l’orologio! Hanno fatto
saltare l’orologio! E hanno usato le lancette come freccette per il tiro al
bersaglio!".
Hermione era incredula, attonita e anche
abbastanza incavolata. Ok seminare scompiglio e creare una bella baraonda, ma
quello era esagerato.
Lei e Fred avevano assistito al piccolo
spettacolo attraverso una delle vetrate di Westminster Hall, dove si erano
intrufolati per dare il loro contributo.
Fred rise dello sfogo emotivo della
compagna. "Oh, andiamo, cognatina, rilassati!".
"Rilassarmi?" ripeté Hermione, sputando fumo
e fiamme. "Io lo strangolerò quello sconsiderato di Sirius uno di questi giorni!
Come pensano di evitare di essere fatti a fettine adesso, eh? Maledetti
incoscienti!".
"Hermione, Sirius e Luna se la caveranno
come sempre. È vero che i Mangiamorte gli taglieranno le vie di fuga, ma tieni
conto che dovranno farsi qualcosa come 300 scalini prima di arrivare in cima!"
cercò di blandirla Fred.
Anche se del resto, con quelli strepiti
avrebbe attirato senza dubbio l’attenzione dei loro nemici e risparmiato loro un
bel po’ di fatica.
"Non è questo il punto" obiettò Hermione.
"Rischiano di farsi ammazzare: se loro si sono Smaterializzati lassù, perché non
potrebbero farli i Mangiamorte?".
"Perché sarebbe la cosa più intelligente da
fare e i Mangiamorte di rado fanno qualcosa di intelligente!" ironizzò Fred,
ridendo.
"Non è il momento di scherzare, Fred! Qui
stiamo parlando di salvare il mondo, non solo le nostre vite. E quei due
potrebbero…".
Fred sbuffò. Lo sapeva che era una pessima
idea prendere Hermione come partner: avevano voluto separare lui e George per
evitare che facessero qualche cretinata e George era stato più veloce di lui
nell’accaparrarsi Ted. E ora gli toccava subire la collera della cognata che per
altro non era nemmeno indirizzata a lui. Una cosa che a pensarci bene era
abbastanza inusuale, visto che lui e George si divertivano da matti a far
incavolare la donna, fin dai tempi della scuola: avevano caratteri troppo
diversi per non entrare in conflitto appena una delle due parti apriva bocca.
L’età adulta non aveva cambiato di molto le cose, anche se Fred e George erano
maturati un po’ e il matrimonio con Ron aveva reso Hermione più
tollerante.
Ora, mentre Hermione continuava imperterrita
a strepitare tutte le possibili disgrazie che potevano cadere sulle loro teste,
Fred stava per mettere in pratica la sua idea, che con tutta probabilità avrebbe
indirizzato la rabbia della donna in tutt’altra direzione.
Tirò fuori dalla tasca qualcosa e gli diede
un rapido colpo con la bacchetta: la cosa cominciò subito a
sfrigolare.
"… potrebbero farsi uccidere o peggio… Io
non so lo: a volte penso che Sirius non abbia un cervello. E Luna che gli dà
spago…" stava nel frattempo dicendo Hermione, facendo su e giù come una tigre in
gabbia.
"Hermione, vieni qui un momento" la chiamò
Fred, mentre con un Incantesimo di Levitazione portava sopra le loro teste la
cosa sfrigolante, spostandola il più in alto possibile al centro del
salone.
"Che cosa vuoi?" si interruppe la donna,
guardandolo interrogativa. Alzò la testa a sua volta, perplessa. "Fred, che
cos’è quello?".
La risposta fu più che chiara, perché nello
stesso istante in cui l’oggetto arrivò appena sotto il soffitto, Fred abbassò la
bacchetta e afferrò Hermione per un braccio, spingendola a terra sotto di lui,
proteggendola con il suo corpo.
"Fred, che cosa…". Il resto della domanda fu
coperto dall’assordante esplosione sopra la sua testa, mentre i tre quarti buoni
delle vetrate andavano in frantumi sotto l’onda d’urto.
Hermione alzò appena lo sguardo, quel tanto
che bastava per scorgere un enorme drago di fuoco volteggiare sopra le loro
teste e distruggere le vetrate rimaste. Si sentì presa da un violento senso di
dejà vu, mentre si faceva prepotentemente strada nella sua mente il ricordo di
un drago identico che veniva scatenato in una grande sala non troppo diversa da
quella contro una certa odiosa insegnante di Difesa Contro le Arti
Oscure.
Quando il caos fu passato, i due si misero
seduti, attenti a non calpestare qualche pezzo di vetro. "Fred?" fece in tono
tentennante Hermione.
Il gemello alzò lo sguardo dalla scheggia
che gli era finita nella mano. "Dimmi, cognata".
"Sei il più grande idiota irresponsabile che
sia mia apparso su questo pianeta!".
Alle loro spalle risuonarono i passi
concitati dei Mangiamorte in arrivo. "Mi riempirai di complimenti più tardi,
Hermione" dichiarò con un sorriso sbarazzino Fred. "Abbiamo visite".
******
"Io prendo quello grosso a destra" disse
George sottovoce, indicando il gruppetto di tre uomini in palandrana nera che
arrivavano rapidi nella loro direzione. "Tu occupati dei due a
sinistra…".
"Perché devo prendermi io quello in più?"
domandò Ted.
"Perché quello grosso ti spezzerebbe come
uno stecchino, vecchietto".
Ted lo incenerì con lo sguardo. "Porta
rispetto, moccioso". Detestava sentirsi dare del vecchietto: magari iniziava a
essere un po’ in là con gli anni, ma in fondo non era molto più vecchio di
Sirius e Remus, anche se la morte della moglie e lo stato in cui Dora era
ridotta l’avevano prostrato sotto molti aspetti. Ma sapeva ancora farsi valere
se la situazione lo richiedeva.
"Sssst".
I due stavano appostati in un corridoio non
lontano dalla Victoria Tower, dove si era Materializzati, e si stavano
preparando a tendere un agguanto a quelli che sembravano un Mangiamorte e due
galoppini che stavano andando a passo spedito verso la Westminster Hall,
attirati dal baccano che aveva creato il piccolo spettacolo pirotecnico di
Fred.
Nel momento in cui passavano loro di fianco
percorrendo il corridoio principale, George sporse per puro caso una gamba,
venendo rinfrancato dal suono di cento chili di carne che cascavano a terra come
un sacco di patate.
"Ma che cazzo…" imprecò l’uomo, cercando di
rialzarsi, ma trovandosi il piede del gemello Weasley piantato in mezzo alle
scapole.
"Oh, sono proprio desolato, amico" si scusò.
"Non pensavo sul serio che avresti fatto così poco rumore: grasso come sei mi
aspettavo un bel tonfo sonoro!".
Uno degli altri due intanto si era ripreso
dalla sorpresa e aveva sguainato la bacchetta, puntandola contro
l’intruso.
"Non muoverti da lì, feccia ribelle!" gli
intimò il capo del terzetto, il Mangiamorte. "Le mani sopra la testa e niente
mosse brusche. Voltati!".
George ubbidì, alzando le mani sopra e
premurandosi di calpestare accuratamente l’uomo sotto di lui mentre si girava.
"Ah, Avery" lo salutò, con il più ironico dei sorrisi. "Mi sembrava di aver
riconosciuto la puzza…".
"Sarà un piacere ucciderti, Weasley!" sibilò
con rabbia questi. "Ci pensi, l’ultimo, schifoso Weasley su questa terra… Che
cosa hai fatto nella Westminster Hall? Vi illudete di poter arrivare all’Arma?
Poveri sciocchi…".
"Veramente lo sciocco sei tu" puntualizzò
George. "Ci sono molteplici errori per essere una frase così breve. Per prima
cosa, io ho un gemello e un paio di nipoti al sicuro in Francia, perciò
tecnicamente non sono l’ultimo Weasley su questa terra. Secondo, non ho fatto un
bel niente nella Westminster Hall, anche se ho sentito il botto. Terzo, io non
mi illudo affatto: all’Arma ci arriveremo e la distruggeremo anche, oserei
aggiungere. E ultimo, ma più importante, tu non ucciderai proprio nessuno,
perché stai per essere messo fuori combattimento".
Avery lo fissò come se fosse un pazzo
scatenato, trattenendo a stento una risata. "Ma davvero? Tu e quale
esercito?".
"Voltati" gli suggerì candidamente
George.
E ingenuamente convinto di avere la
situazione completamente sotto controllo, Avery si girò. Si girò e si trovò la
bacchetta di Ted a tre centimetri dal naso.
"Non provarci" sibilò l’uomo, all’indirizzo
del terzo uomo, che stava per lanciargli contro qualche maledizione. "Posso
stenderti senza che tu ti renda conto di cosa ti abbia colpito".
"Non riuscirete mai a uscire vivi da qui"
dichiarò Avery. "Non arriverete mai all’Arma! Stanno arrivando i rinforzi dal
Ministero: verrà Lord Sylar in persona…".
"Eccellente" approvò Ted con un sorriso.
"George, che ne dici di fare un bel buco nel soffitto così che sappia
esattamente dove venire a cercarci?".
George saltellò con grazia giù
dall’energumeno che aveva steso, facendolo gemere di dolore. "Ci tengo a
sottolineare, caro Avery, cha abbiamo messo fuori gioco te e i tuoi scagnozzi
senza lanciare un solo incantesimo: se siete tutto ciò che il Ministero ha da
offrire, non vedo perché i tuoi fantomatici rinforzi dovrebbero
preoccuparci…".
"Non batterete mai Lord Sylar: i suoi poteri
sono di gran lunga più forti dei vostri, piccoli patetici esserini!".
"La vedremo" dichiarò Ted.
Fece un cenno a George, che puntò la
bacchetta contro l’avversario steso a terra, facendolo schizzare con tutta la
forza che poteva verso il soffitto. Il suo sforzo fu ripagato quando un debole
cono di luce crepuscolare illuminò il corridoio.
"Che dici, Ted, usiamo questo pezzo
d’imbecille come bandiera?".
Ted annuì, sorridendo con aria malefica. "È
una delle idee migliori che tu abbia mai avuto".
*******
Il piccolo scienziato in camice bianco cadde
svenuto tra le braccia di Ares senza un gemito. L’uomo lo lasciò andare e lo
nascose alla meglio in un angolo.
Era il quarto uomo che il terzetto
incontrava e veniva messo silenziosamente a tacere prima che potesse dare
l’allarme. In lontananza risuonavano di tanto in tanto botti e esplosioni, segno
che l’azione diversiva dell’Ordine era in pieno svolgimento. Drew sperava
sinceramente che nessuno dei suoi amici si facesse male nel tentativo di dare
più tempo a loro.
Ma del resto il piano pareva funzionare a
meraviglia, visto che non avevano incontrato quasi anima viva mentre
percorrevano silenziosi come ombre quei corridoi semibui.
Sbucarono in una saletta ottagonale decorata
a mosaici da cui si diramavano altri tre corridoi.
"Ok" disse Artemis, guardandosi intorno. "Se
abbiamo fatto la strada giusta, questa è la Central Lobby…".
I tre si guardarono intorno e
identificarono, semi nascosta dietro una statua, la loro Passaporta, una
riproduzione in miniatura del David di Michelangelo. Una scultura in
mezzo ad altre sculture.
Drew annuì sollevato nel vederla: la loro
via di fuga era assicurata. "Sì, è la stanza giusta. Perciò la Camera dei
Lord…".
"… È di là" concluse Artemis, imboccando nel
contempo il corridoio di sinistra.
I tre ripresero il loro cammino, ma presto
dovettero bloccarsi per evitare un plotone di sei o sette Mangiamorte che
sfrecciava in una corsia perpendicolare alla loro. Si acquattarono in un angolo,
aspettando che passassero. Drew aveva l’impressione che il cuore gli stesse per
rimbalzare fuori dal petto: quale dei suoi amici stavano andando a fermare quei
Mangiamorte?
Artemis, rannicchiata alle sue spalle,
masticò un’imprecazione: tra le mani stringeva il galeone falso.
"Che succede, Temis?" chiese Drew: la faccia
dell’amica non gli piaceva nemmeno un po’.
"Il Ministero sta mandando qui i rinforzi"
disse concisamente la ragazza, rinfilandosi la moneta in tasca. "Sembra che stia
venendo anche il nostro amico del cuore in persona…".
"Sylar?".
"Chi altri? Dobbiamo sbrigarci: come minimo
si porterà dietro metà dei suoi Mangiamorte. L’Ordine non potrà resistere tanto
se interviene Sylar…".
Drew annuì, anche se in realtà credeva
inutile quest’ultima preoccupazione: se Sylar arrivava, sarebbe stato a
proteggere l’Arma, perciò sarebbe stato un problema loro. Non che questo fosse
particolarmente confortante: dubitava seriamente che uno solo di loro, fosse
pure Ares, potesse reggere molto un confronto con il braccio destro di
Voldemort. Oltretutto, Drew era tanto ansioso do trovarsi di nuovo faccia a
faccia con lui quanto avrebbe potuto esserlo di andare dal dentista: e se
l’incidente di due settimane prima, quando Sylar era entrato nella sua mente, si
fosse ripetuto? Una parte di lui bramava di risentire la voce di sua madre,
l’altra temeva che questa volta non ci sarebbe stato ritorno.
Sì, meglio sbrigarci: se Sylar arriva,
voglio essere molto lontano da qui quando accadrà!
Ripresero a muoversi, con circospezione ma
più velocemente. "Allora Drew" sussurrò sottovoce Artemis, mentre la porta della
Camera dei Lord si avvicinava sempre più. "Non ti preoccupare di mangiamorte,
scienziati o chiunque sarà là dentro a meno che non te lo ritrovi proprio
davanti: fila dritto ai computer e sfracassa tutto, nel modo migliore che ti
viene in mente. Ares ti coprirà le spalle da qualunque attacco, ok? Io penserò
al nucleo dell’Arma…".
Drew annuì, stringendo il pugno contro la
bacchetta. "Sono pronto…" disse, anche se non si sentiva per nulla
pronto.
Artemis gli sorrise con aria incoraggiante.
"Non devi temere: andrà tutto bene. Piuttosto, tieniti pronto a una fuga rapida:
è improbabile che ci vada per il sottile…".
Detto questo, diede un leggero colpo con la
mano al lanciafiamme, prese la pistola e fece scattare con aria poco
rassicurante la sicura.
"Fa attenzione con quel coso" le raccomandò
Drew, preoccupato dalla notevole quantità di materiale infiammabile
pressurizzato sulla schiena dell’amica. "Non vorrei che ci facessi saltare per
aria…".
Si fermarono a poco più di un metro
dall’entrata.
"Pronti?" cominciò Artemis, alzando le sue
armi, la solita espressione combattiva in volto.
"Ai posti" continuò Ares per lei: nelle mani
aveva due revolver, anche se Drew sospettava che sotto la giacca Ares fosse più
fornito di un’armeria. Se doveva affidare la sua vita nelle mani di qualcuno,
non poteva scegliere persona migliore.
"VIA!" gridò, scatenando
l’inferno.
I tre fecero irruzione nella stanza,
lasciando attoniti le decine di omini in camice bianco che si affannavano
intorno ai computer. In tutto quel bianco, il nero dei Mangiamorte quasi
spariva: bene, la loro diversione aveva funzionato, dopotutto, i Mangiamorte si
erano precipitati in branco dove ritenevano ci fosse il pericolo, lasciandone
meno di una decina a guardia dell’Arma. Drew rivolse a questa un attimo del suo
tempo: prendeva più o meno metà della sala, una specie di enorme cannone nero
come la pece che sembrava uscito direttamente da un film di fantascienza,
puntato verso le finestre, già opportunamente private dei vetri. Sul basamento
era stato inciso il Marchio Nero. Lo spazio che una volta era occupato dai
sedili di pelle rossa su cui si sedevano i politici era ora ingombro di computer
e altri apparecchi elettronici.
Fu verso quest’ultimi che Drew si precipitò:
aveva un compito da svolgere e l’avrebbe fatto. Solo che prima di rendersene
conto, si vide venire contro sciami di camici bianchi, tutti con intenzioni
bellicose, mentre i Mangiamorte non si erano mossi di un passo, radunandosi
intorno all’Arma per proteggerla. Mentre respingeva con uno Schiantesimo l’uomo
più vicino, Drew si chiese che fine avessero fatto i miti scienziati gracili che
non sanno nemmeno tirare una palla. Nella sua mente, aveva sempre immaginato che
non sarebbe stato un problema aggirarli: in fondo, cosa li legava a Voldemort?
Erano Babbani, molti non erano nemmeno inglesi ma provenivano da paesi esteri,
con tutta probabilità pure sottopagati, cosa gliene poteva fregare se qualcuno
distruggeva quell’oggetto, anche se era frutto di anni di lavoro? Avrebbero
dovuto rendersi conto che niente e nessuno sarebbe più stato al sicuro una volta
completato il progetto: perché volevano rischiare la vita?
Ma quando uno gli arrivò troppo vicino e fu
costretto a respingerlo con una spinta, si rese conto che il povero uomo era
sotto Imperius, alla mercè dei Mangiamorte assiepati davanti a lui. Maledetti
bastardi: da quanto tempo tengono soggiogata la mente di questi
poveretti?
Si fece faticosamente strada verso la metà,
coadiuvato da Ares, che faceva benissimo la sua parte, e alla fine si trovò
davanti il primo di numerosi server pieni di pulsanti e schermi, senza avere la
minima idea di come funzionassero o come fare a distruggerli. Bene, Drew,
l’improvvisazione è il tuo forte: qualche idea brillante?
Prima che potesse anche solo cominciare a
pensare, fu afferrato per il collo della felpa e sbattuto indietro,
capitombolando per terra. Un uomo sulla quarantina svettò su di lui, gli occhi
vacui: tra le mani aveva un coltello. Si avventò su Drew, ma i suoi riflessi
erano rallentati dalla Maledizione, così il ragazzo riuscì a schivarlo rotolando
di lato.
Gli mollò un calcio e lo centrò con un
Expelliarmus, spedendolo a cozzare contro uno dei computer. Le scintille di
elettricità che quello mandò furono ben poco rassicuranti e ancor meno salutari
per l’aggressore di Drew, che si prese un bell’elettroshock. Beh, tutto
sommato questa è roba fragile, si disse Drew, rialzandosi in piedi. Non
serve andare per il sottile: spacca tutto e basta!
Mentre cominciava a sparare Schiantesimi a
destra e a manca, centrando e distruggendo qualunque apparecchio elettronico gli
capitasse a tiro, dall’altra parte della stanza, Artemis si faceva faticosamente
strada verso l’Arma. I Mangiamorte, capito quale fosse l’obiettivo della
ragazza, avevano concentrato su di lei la maggior parte dei loro piccoli
schiavi, probabilmente ignari che senza la preziosa apparecchiatura elettronica
che Drew stava facendo a pezzi, l’Arma era poco più che un giocattolo
inutile.
Pur a malincuore, Artemis era stata
costretta a colpire, anche in punti vitali, diversi degli innocenti studiosi che
le si erano avventati contro. L’idea di ucciderli non le piaceva, visto che loro
c’entrava poco o nulla, ma il buon cuore non l’avrebbe aiutata a portare a casa
la pelle.
"Affrontatemi in faccia, maledetti
vigliacchi!" gridò, rivolta ai Mangiamorte alle sue spalle, schivando e
sbattendo a terra l’ennesimo uomo. Malgrado l’aiuto di Ares, erano davvero
tanti.
Saltò su una sedia che le capitò davanti,
prese la mira e sparò sopra la sua testa, centrando un Mangiamorte che cadde
all’indietro. Riuscì a prenderne un altro, prima che questi le rispondessero con
i raggi verdi dell’Avada Kedavra e la costringessero ad abbassarsi, forte dei
suoi riflessi più sviluppati, saltando addosso ad un paio dei suoi aggressori
che avevano cercato trascinarla a terra.
Tra pugni, spari e svicolate, quando arrivò
finalmente sotto l’enorme sagome dell’Arma erano rimasti solo due Mangiamorte,
che malgrado tutto serrarono le fila, pronti a dar battaglia.
"Morirai tra atroci sofferenze, piccolo
mostro" le sibilò uno, con una notevole dose di coraggio, considerato che
calpestava il sangue dei suoi compagni.
"Se può esserti di qualche consolazione, sei
riuscito a strapparmi un leggero brivido di spavento" ridacchiò Artemis,
inclinando di lato il capo, mentre con gli occhi già cercava il punto dove
doveva essere il nucleo magico. "Ora, se vi fate da parte da bravi, io mi
limiterò a stordivi e stanotte potrete abbracciare le vostre famiglie
semplicemente con un brutto bernoccolo in testa. In caso contrario…".
Non riuscì a finire la frase perché dovette
bruscamente abbassarsi per schivare la Maledizione Senza Perdono urlata da uno
dei due. A testa bassa, saettò rapidamente dietro una sedia per ripararsi dai
colpi successivi. Bene, io ve l’ho data l’opportunità di arrendervi, anche se
non ve la meritavate, e voi mi avete sputato in faccia. È ora di vedere se
questo giocattolino spara come dovrebbe sparare.
Ripose la pistola nella fondina e sfilò il
lanciafiamme dalla schiena, impugnandolo con entrambe le mani. Sarebbe stata una
morte orribile, se ne rendeva conto, ma le restavano pochi colpi e voleva
conservarli nel caso ci fosse stato da combattere per fuggire. Quell’arnese
infernale invece doveva servire solo a uno scopo e poi sarebbe stato abbandonato
senza rimpianti: era un’arma che non rientrava decisamente nel suo
stile.
"Bene!" gridò, per sovrastare il rumore
delle esplosioni e delle maledizioni urlate. "Avete scelto voi il vostro
destino!".
Balzò fuori dal suo nascondiglio e premette
il grilletto: prese le sue vittime talmente di sorpresa che nemmeno ebbero il
tempo di evitare la fiammata che scaturì. Prima che se ne rendessero conto erano
entrambi in fiamme e urlavano, contorcendosi nel tentativo di
spegnerle.
Artemis cercò di escludere quelle grida
disperate dalla mente e si dedicò al suo compito. Nucleo, nucleo, nucleo,
dove sei? Sarebbe stato troppo facile se ci fosse stato un
cartellino.
Il lato positivo era che senza più
Mangiamorte a controllarli, gli scienziati/burattini erano rimasti come bloccati
e facilmente neutralizzati con degli Schiantesimi.
"Artemis, sbrigati!" gridò Ares, che per
tutto il tempo era rimasto sulla soglia a proteggere i compagni. "Arriva gente!"
aggiunse, sbirciando nel corridoio.
I fottutissimi rinforzi! "Drew, come sei messo?".
Drew osservò la mole di semidistrutti
miracoli tecnologici che aveva davanti. "Se riescono ancora a usare qualcosa di
tutto questo, si meritano sul serio di conquistare il mondo".
"Non sottilizzare: assicurati di aver fatto
a pezzi tutto!" gli intimò Artemis.
Impegnata a cercare il suo obiettivo,
Artemis non guardava nemmeno dove metteva in piedi e scivolò, con suo sommo
disgusto, sul sangue di una delle sue vittime, cadendo a terra e atterrandoci
sopra, con un gemito sorpreso. Brava tonta, meno male che abbiamo
fretta!
Fece per rialzarsi, spingendosi sullo sterno
del Mangiamorte sotto di lei e quello mandò un singulto di dolore. Accidenti,
è ancora vivo! Studiandolo più da vicino, vide che era uno di quello che
aveva colpito alla gamba: per qualche gioco del destino, la pallottola era
riuscita a evitare l’arteria femorale, il che significava che l’uomo non era
ferito mortalmente, se si fosse fermata l’emorragia in tempo. Ma perché lo
sto facendo?, si chiese la ragazza, mentre strappava un lembo del mantello
del Mangiamorte e lo usava come laccio emostatico. Ah sì, ho il cuore tenero
di una povera imbecille!
Anche l’uomo, che non poteva avere più di
venticinque-trenta anni, stava probabilmente domandandosi la stessa cosa: aveva
perso la maschera nella caduta e ora la guardava come se fosse un
extraterrestre.
"Che cosa stai facendo?" chiese con voce
fioca, cercando di mettersi a sedere.
"Cuccia e zitto!" gli intimò sottovoce la
ragazza, rispingendolo giù senza troppi complimenti. "Ti sto facendo un favore,
salvando la tua indegna pellaccia, Mangiamorte!".
"Perché?".
Domanda interessante… Artemis si morse il labbro, non sapendo che dire, stringendo la
benda più che poteva: stava perdendo tempo prezioso, Sylar stava arrivando e non
aveva ancora trovato il nucleo. Le venne un’idea balzana, ma tanto, disperata
per disperata… "Dov’è il nucleo magico dell’Arma?" domandò.
Il Mangiamorte cercò di fare un’espressione
sprezzante. "Perché dovrei dirtelo? Così puoi distruggerla?".
"Perché non ci metto niente a crivellarti il
cranio con dieci pallottole, bimbo bello!" cinguettò Artemis, vedendolo
sbiancare all’istante. "Riflettici, i piani di conquista di Voldemort valgono la
tua vita?".
Quello sospirò e indicò un puntò più dietro.
"Lì in basso, appena sotto la base del corpo dell’Arma… C’è uno sportellino: il
nucleo è lì dentro".
Incredibile: quando c’è la loro vita in
gioco, si mettono a cantare come fringuelli… "Scelta saggia. Ora sta giù e fingiti morto finché la tempesta non
è passata, poi fila da un Guaritore…".
Si rialzò senza esitare e si allontanò senza
voltarsi, non prima di aver sentito il debole "grazie" dell’uomo. Trovò lo
sportellino dove le era stato indicato, spezzò il lucchetto con il calcio del
fucile e lo aprì. Le scariche magiche che si liberarono furono abbastanza
intense da farle pizzicare la pelle e rizzare i capelli: quella era poco meno
che magia allo stato puro. Fred e George avevano ragione: il primo incantesimo
che fosse passato troppo vicino e avrebbe causato un botto senza precedenti.
Artemis si tirò indietro: tutta quella
potenza concentrata le stava facendo venire la nausea. Dovette concentrarsi al
massimo perché le sue capacità metamorfiche non si attivassero per sbaglio:
sarebbe stato il suo ultimo errore. Voldemort è più pazzo di quanto pensassi:
concentrare tutta questa energia magica in un solo punto…
Alzò il lanciafiamme, pronta a evocare il
suo piccolo inferno personale, ma una voce la trattenne: "Io non lo farei, se
fossi in lei, signorina Lupin".
******
"È perfino troppo facile" sbuffò Sirius,
centrando con una fattura il tizio che era appena comparso sulla tromba delle
scale. Con un calcio lo rispedì indietro, facendogli rifare la strada a
rimbalzi. Luna al suo fianco ridacchiò.
"Non c’è nulla da ridere" protestò ancora
l’Animagus. "Speravo in un po’ d’azione in più. Invece quegli idioti non fanno
nemmeno in tempo ad apparire che li abbiamo già respinti…".
"Devono farsi 300 gradini per arrivare fin
quassù" osservò Luna, sorridendo con aria comprensiva. "Saranno ragionevolmente
stanchi morti…".
"E io sono ragionevolmente annoiato" rincarò
Sirius, mettendo su una sorta di broncio.
L’attentato alla salute dell’orologio era
stata la parte più esaltante della loro missione: ora che i Mangiamorte si erano
ripresi abbastanza per capire cosa li aveva colpiti e da dove, si erano
precipitati verso la torre e li avevano raggiunti, Sirius e Luna avrebbero
potuto tranquillamente essere morti di vecchiaia. E anche quando erano arrivati,
respingerli era stato quasi un’offesa tanto era facile: potendo apparire non più
di due alla volta ed essendo il varco troppo stretto era come giocare al tiro al
bersaglio con dei pesci in una boccia. E ovviamente a nessuno era venuto in
mente di chiedersi come Sirius e Luna fossero arrivati là in cima senza essere
visti da nessuno.
Luna sbuffò: Sirius Black a volte era
proprio un bambino troppo cresciuto. "Mi spiace che tu non ti sia divertito,
cucciolone! Sarà per la prossima volta!".
Sirius la ignorò e dedicò la sua attenzione
alle scale: niente assalitori in vista. Probabilmente stavano cercando di
discutere un nuovo sistema tattico. "Sembra che abbiamo deciso di darci una
tregua…" disse, allentandosi dalla porta.
Luna lo seguì, mettendosi a fare su e giù
per il piccolo ambiente. Si sporse a guardare dal buco dove un tempo stava il
quadrante che avevano distrutto: attraverso l’oscurità sempre più densa,
distinse la Westminster Hall, illuminata dai raggi delle maledizioni. "Gli altri
staranno bene, vero?" chiese in tono ansioso, chiedendosi come andassero laggiù
le cose.
Sirius si voltò verso la donna, che ancora
gli dava le spalle. "Ma certo! Che domande fai? Sono dei duri, non si faranno
mettere i piedi in testa da nessuno, meno che meno da un paio di Mangiamorte
imbranati!".
Luna sorrise tra sé, sentendosi un pochino
sollevata, come solo Sirius riusciva a farla sentire. Sei una stupida
testarda, Lovegood! Cosa dovrà succedere prima che possa dire ad alta voce di
amarlo, quel cagnaccio?
Sirius si era nel frattempo girato di nuovo,
analizzando ogni dettaglio della stanzetta, ignaro dei pensieri che
attraversavano la mente della compagna. "Che ne diresti di distruggere un altro
pezzo di orologio?" domandò, in tono scherzoso. "Così, tanto per passare
il…".
Il sonoro crack che spezzò l’aria interruppe
la frase. Prima che se ne rendesse conto, Sirius si ritrovò con la faccia a
terra, mentre almeno dieci figure in nero occupavano ogni angolo
dell’ambiente.
"Sirius!" gridò Luna, scattando in avanti.
Prima di poter fare qualunque cosa, fu costretta ad abbassarsi per schivare una
maledizione.
"Luna!" le fece eco Sirius, girandosi sulla
schiena e colpendo con un calcio il primo Mangiamorte che gli capitò a tiro.
"Levati dai piedi, idiota!" imprecò subito dopo, dando mano alla bacchetta e
cominciando a sparare maledizioni, un solo obiettivo in testa: raggiungere
Luna.
La donna stava fieramente opponendo
resistenza, ma erano almeno in cinque ad incalzarla e dietro di lei c’era il
vuoto.
"Fine della corsa, Sanguesporco!" sibilò uno
dei suoi avversari.
"Io non sono una Sanguesporco, stupido!"
gridò Luna. Senza riflettere, si gettò di lato, spingendo via il tipo che le si
parò davanti. Un Incantesimo la colpì in mezzo alle scapole, facendola rotolare
a terra, sbattendo violentemente la testa. Dannazione, che male! Lottò
contro il senso di torpore e cercò di girarsi: non poteva svenire, non poteva e
basta. Ne aveva viste troppe per lasciarsi uccidere in quel modo…
Ma quel pensiero le morì in un angolo del
cervello quando si trovò davanti al naso una bacchetta nemica. Quel bagliore
verde, quante volte l’aveva visto spegnere vite innocenti? Davvero troppe…
Questa è la fine, stavolta è la fine sul serio.
Serrò gli occhi, pronta a ricevere il colpo
fatale.
"Avada kedavra!".
LYRAPOTTER’S CORNER
Ebbene sì, signore e signori, ladies and
gentlemen, sono una sadica bastarda e ne vado fiera, bwuaaaaah!!!!!! Luna è
morta? È viva? Sinceramente non lo so, aspetto di vedere quante granate mi
arrivano per decidere… Proseguendo in questo idilliaco discorso, io e PierGiulio
(il vecchio e stanco criceto che fa girare la pazza ruota nel mio cervello)
abbiamo deciso di comune accordo di spezzare il capitolo in due. Le alternative
che avete per decidere il perché di ciò sono due: la prima, il capitolo mi è
venuto mostruosamente lungo (al momento siamo attestati sulle tredici pagine
carattere otto, ma non ho ancora finito di dare del mio peggio!) e non volevo
costringervi a perdere un anno di vita prima di arrivare in fondo; la seconda,
sono un mostro sadico che gode nel lasciarvi nella palpitante attesa di sapere
A) come la scampa il mitico terzetto B) se Luna è passata al creatore sul serio…
Io se fossi in voi propenderei per la seconda!!!!!
Ah, come sempre la mia precisione maniacale
mi ha fatto sputare sangue per rendere credibile la descrizione del Palazzo di
Westminster: non avendolo mai visto di persona, mi sono basata su dati
fotografici e le informazioni di Wikipedia, sperando di non aver scritto troppe
cretinate. Se la curiosità vi rode, qui
c’è una foto della Camera dei Lord com’è veramente, qui
una visione esterna del palazzo (come avete capito, Luna e Sirius stanno sulla
cima del Big Ben, mentre George e Ted sono apparsi nella torre grande dietro) e
qui
Westminster Hall, dove sono comparsi Fred e Hermione.
Vabbè, vi ho ammorbato a sufficienza con
queste spiegazioni che non importano a nessuno, io e PierGiulio passiamo a
ringraziare i nostri fedeli recensori, i tre soliti sospetti,
ormai:
Deidara, grazie come sempre per i complimenti, tu non hai idea dei guai che
stanno per capitare… Per quel che riguarda Keith, dovrai aspettare ancora un
paio di capitoli a questo punto
Per quanto riguarda le mie fedeli Ino
chan e LadyMorgan, visto che le vostre recensioni toccano punti molto
simili, questa prima parte è una risposta a tutte e due (viva l’economia!!!!!).
Allora, il programma iniziale era sul serio di cinque capitoli, ma la dea
ispirazione è molto capricciosa e siccome questo capitolo mi è venuto
assurdamente, stratosfericamente lungo, abbiamo cambiato programma: adesso sono
sul serio cinque capitoli. E comunque vi avviso subito che almeno un punto del
pandemonio resta aperto, sospeso e rimandato alla seconda parte (ma non vi dico
quale, non posso, vi spoilererei metà della storia). Per quanto riguarda la
buona vecchia Dora, vi assicuro che è work in progress il farla tornare
indietro, ma purtroppo anche per quello dovrete aspettare la seconda
parte.
Ora invece, cara Ino chan, la statua
me la fai ugualmente? In fondo è un capitolo spezzato in due… Vabbè, lascia
perdere queste manie di grandezza, sono davvero felice di essere annoverata
nella tua triade, mi raccomando non sparire, siete già in pochi a seguire questa
storia… Tra parentesi, spero noterai la pessima influenza che le tue storie
hanno su di me…
LadyMorgan, povera te, con il demone S.C.U.O.L.A. che incombe… Io per fortuna
almeno fino a ottobre sono a posto, poi comincio l’università e ci sarà poco da
cantar vittoria… Occhio allo zio Tom, eh? Guai a farlo arrabbiare… Tra
parentesi, dovrebbe essere contento: un aggiornamento in capo a una settimana,
mi faccio quasi paura da sola. Sirius non si batte, ma sono felice che Sylar sia
arrivato ad eguagliarlo: nei prossimi capitoli darà del suo peggio, vai
tranquilla!!!!!
Bon, ho scritto un angolo dell’autore più
lungo del capitolo, quasi, vi lascio con la richiesta di commentare, come sempre
(sono peggio di un cucciolo assettato di attenzioni, io!!!!!) e la promessa di
un rapido aggiornamento, visto che la seconda metà è già quasi tutta
scritta!!!!!
Meno cinque capitoli alla fine (stavolta per
davvero!!!!!!!!)
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Capitolo 28 *** L'Arma II ***
MAGIC
WARS
CAPITOLO XXVII: L’ARMA II
Palazzo di Westminster,
Londra
Artemis alzò lo sguardo, trovando Lord Sylar
che la scrutava con freddezza dalla porta d’ingresso circondato da più
Mangiamorte di quanti potesse contarne. Ares e Drew scattarono in avanti, ma si
bloccarono nel momento in cui una dozzina di bacchette puntarono nella loro
direzione. Nel giro di pochi secondi furono entrambi Disarmati e ridotti
all’impotenza.
"Sylar…" sibilò tra i denti la ragazza.
"Spiacente di venire a rompervi le uova nel
paniere" sorrise serafico questi. " Ma la vostra piccola azione rivoltosa volge
al termine… Abbassi quell’arnese se non vuole che i suoi amici facciano una
brutta fine".
"Non dargli retta, Artemis!" gridò Drew,
senza sapere nemmeno lui da dove gli venisse tutto quel coraggio, forse dalla
rabbia che lo infiammava dal momento in cui Sylar aveva fatto la sua comparsa.
"Distruggi che dannato nucleo e falla finita!".
Ares non gridò né strepitò, ma le fece un
debole cenno d’assenso: fa quello che ritieni più giusto, le stava dicendo.
Artemis esitava, stringendo convulsamente il lanciafiamme, ancora puntato contro
il nucleo dell’Arma.
"Andiamo, signorina Lupin" proseguì Sylar,
in tono carezzevole. "Non vorrà di certo un’altra persona amata sulla coscienza,
vero? Quanti altri dovranno morire prima che decida di arrendersi?".
"Altri?" ripeté Artemis. "Chi è
morto?".
"Oh, non lo so… Ma chiunque sia appollaiato
sulla Torre dell’Orologio non resisterà a lungo: non con il plotone che gli ho
scatenato contro…".
Sirius e Luna, pensò con frenesia Artemis. Guardò verso Drew e Ares, sempre più
combattuta. Non poteva, non poteva farlo, non poteva guardarli morire, ma come
poteva darla vinta a Sylar in quel modo?
Drew vide il conflitto interiore riflettersi
sul volto dell’amica. Sylar, maledetta serpe… Stava giocando con lei come
il gatto con il topo, facendo leva sulle sue debolezze, il suo probabilmente
unico tallone d’Achille: le persone a lei care. E Artemis avrebbe ceduto, non
aveva ancora deciso, ma avrebbe ceduto: Drew sapeva che sarebbe morta prima di
lasciare che lui o Ares venissero uccisi.
"Non dargli retta, Artemis!" gridò,
incurante dei rischi. "Non farlo: distruggi il nucleo! Noi ce la
caveremo!".
Sylar sorrise sardonico e fece un cenno ai
suoi Mangiamorte: due si fecero avanti e si portarono a poco più di un metro dai
prigionieri.
"La scelta a lei, signorina Lupin: si
arrenda o guardi i suoi amici morire… Al mio tre. Uno".
"Artemis, non ascoltarlo" disse Drew, senza
perdere di vista un istante il Mangiamorte che aveva di fronte. Forse poteva
evitarlo, ma sarebbe riuscito a evitare anche i colpi successivi?
La ragazza faceva saettare lo sguardo da
Sylar ai suoi amici al lanciafiamme che teneva in mano. Non posso, non posso,
non posso lasciarli morire…
"Due" proseguì implacabile Sylar.
"Artemis, no!". Drew scosse freneticamente
il capo, capendo quale fosse la scelta dell’amica.
Mi dispiace, Drew, non posso.
"Va bene, va bene, mi arrendo" dichiarò,
cominciando ad abbassare il lanciafiamme a terra.
"Scelta saggia, signorina" annuì Sylar.
"Andate a prenderla".
In quattro avanzarono verso Artemis, mentre
il cecchino di Drew abbassava appena la sua bacchetta. Ma il ragazzo lo notò a
stento: riusciva quasi a sentire le ondate di soddisfazione che si propagavano
da Sylar. Schifoso, maledetto… Cosa non avrebbe dato per prenderlo a
calci sui denti fino a sfracassargli la faccia: purtroppo, anche a cercare di
farlo, disarmato com’era, sarebbe stato messo fuori gioco nel giro di tre
secondi netti.
Ma Sylar non stava nemmeno guardando lui,
prestando la sua attenzione ad Ares. "Ci conosciamo?" chiese, con aria
meditabonda, scrutandolo attentamente. "Ha un’aria famigliare…".
Ares alzò le spalle, il viso teso in una
maschera d’indifferenza. "Non saprei, mio Signore: ho un viso abbastanza
comune…".
Sylar ridacchiò sommessamente per quella
risposta sfrontata. "Al Ministero avremo tutto il tempo per chiarire la sua
identità, signore, non ne dubiti…".
Inspiegabilmente, Ares sorrise debolmente.
"Temo che dovremo rimandare, mio Signore: non ho affatto voglia di seguirla al
Ministero per rispondere a un sacco di domande scomode…".
Drew corrugò la fronte, perplesso: a che
gioco giocava Ares? Era finita. Anche artemis si era arresa e stava venendo
scortata verso il centro della sala, lontana dall’Arma: il lanciafiamme era
tenuto saldamente nelle mani di uno dei Mangiamorte.
Anche Sylar era confuso. "Temo che lei non
abbia molte alternative, signore: se non ci segue, sarò costretto a ucciderla
qui…".
"Oh, no, grazie: la morte non è nei miei
programmi per l’immediato futuro. Ma io non verrò al Ministero, e nemmeno i miei
amici…".
Artemis corrugò la fronte, non meno stupita
di tutti gli altri presenti. "Ares, che cosa vai dicendo? È finita: non c’è più
nulla che possiamo fare…".
Ares scosse il capo. "Mi dispiace deluderti,
Artemis: il nostro cavallo sta arrivando…".
Ok, ha sul serio detto ‘cavallo’?,
pensò Drew, al colmo dello stupore, cominciando a
temere che Ares fosse completamente impazzito. Anche Sylar e i Mangiamorte erano
altrettanto confusi e fissavano Ares come per capire se stesse scherzando o
cosa.
Ma il volto di Artemis si era
improvvisamente illuminato di comprensione. Seguì lo sguardo di Ares, puntato
verso la porta, appena sopra le teste dei loro avversari e quello che vide le
strappò quasi una risata di sollievo. Buon vecchio Ares, quando imparerò a
non sottovalutarti?
"Questo gioco mi ha stancato" dichiarò
Sylar, ansioso di riportare il discorso su un piano che potesse comprendere.
"Andate a prenderli e andiamocene: dobbiamo occuparci degli altri…".
Ares fece un quasi impercettibile cenno
d’assenso, che tuttavia Artemis recepì alla perfezione, mentre i Mangiamorte si
facevano avanti.
"Drew, abbassati!" gridò. Il ragazzo ubbidì
per puro riflesso, chiedendosi che cavolo stesse succedendo. Vide con la coda
dell’occhio Ares alzare un braccio, puntandolo dinanzi a sé.
Un secondo dopo risuonò il boato, mentre la
metà destra della parete di fronte esplodeva davanti ai suoi occhi, investendo
gli scioccati Mangiamorte.
******
Dannazione, ma questi Mangiamorte non
finiscono mai?
Fred schiantò quello che avrebbe giurato
essere il centesimo avversario sconfitto da quando era cominciato l’attacco.
Cominciava seriamente a sentire il peso della stanchezza: quei dannati erano più
numerosi delle api in un alveare e non davano un attimo di tregua, mentre lui ed
Hermione erano solo in due. Quanto ancora avrebbero resistito?
Cercò lo sguardo della compagna e vide anche
su di lei i primi segni di debolezza, per quanto si sforzasse di mantenere la
testa alta e le gambe ben piantate in terra. Il cipiglio deciso comunque non era
cambiato di una virgola: avrebbero riportato a casa la pelle in qualche modo,
poco ma sicuro.
Si misero schiena contro schiena per
proteggersi a vicenda da eventuali attacchi a tradimento, lasciando che i
Mangiamorte gli accerchiassero.
"Hai qualche idea?" sussurrò Hermione. "Una
trovata in stile Weasley ci sarebbe molto utile in questo momento…".
"Anche un’idea brillante in stile Granger"
ribatté Fred, passando in rassegna una ad una le orride maschere bianche che
aveva di fronte, mentre i due giravano lentamente in tondo.
Hermione si morse il labbro. "Tu colpisci e
io ti paro le spalle".
"Tutto qui, miss So-Tutto-Io?" proruppe
Fred. "Dal tuo cervello da secchiona mi aspettavo qualcosa di
meglio!".
"ATTENTO!" gridò Hermione, parando
all’ultimo istante la fattura mortale a lui diretta. "Meno chiacchiere e più
attenzione, Weasley! Se mi muori davanti agli occhi, ti resuscito solo per
poterti uccidere di nuovo…".
Fred sorrise debolmente, captando il dolore
dietro le parole decise di Hermione: ovviamente stava ripensando a Ron, a quando
Voldemort e Sylar l’avevano assassinato proprio di fronte a lei, due anni
prima.
"Tranquilla, Hermione: la morte non è una
prospettiva che mi attragga particolarmente… Stupeficium!".
E centouno…, sospirò tra sé, guardando uno dei suoi avversari cadere. Era la sua
immaginazione o invece di diminuire quegli schifosi aumentavano?
"Hermione…" fece, lasciando trapelare per la
prima volta la preoccupazione.
La donna annuì debolmente, pur se non
potevano vedersi in viso. "Lo so, Fred: sono troppi…".
"… E continuano ad arrivare…".
Non farti dominare dalla paura, Hermione,
si disse per farsi coraggio. Attaccare e
difendersi erano ormai diventati quasi automatismi, non doveva nemmeno pensarci,
gli Incantesimi arrivavano alle sue labbra quasi prima che lei li pensasse:
questo le dava più concentrazione per riflettere, per trovare una via di fuga…
Andiamo, Hermione, ti sei tirata fuori da situazioni peggiori di questa! Cosa
direbbero Harry e Ron se potessero vederti adesso? Era facile: sarebbero
stati attoniti, troppo sbalorditi perfino per parlare. Hermione la cervellona
che non aveva più idee? Inconcepibile! Riusciva perfino a vedere le loro facce
sbalordite, due facce da sedicenni: malgrado lei e Ron avessero diviso tanto
nella loro vita adulta, nella sua mente lui e Harry ritornavano sempre com’erano
allora, giovani, uniti, pieni di speranze. Le parlavano perfino, nella sua
testa, a volte. Forse stava sul serio impazzando…
Avanti, Hermione, so che hai un asso nella
manica, disse Harry.
Tu ce l’hai sempre, aggiunse Ron.
Senza di me, brancolereste nel buio peggio
di ciechi in una tormenta, sarebbe stata la sua
risposta.
Una maledizione vagante la colpì di striscio
al braccio, facendola gemere di dolore. Sentì il sangue cominciare a scorrerle
lungo il braccio, mentre rassicurava Fred con un rapido cenno del capo.
Stavolta no, stavolta è troppo una cosa troppo
grande perfino per me, ragazzi!
Forza, miss So-Tutto-Io!, continuò Ron. Se ti arrendi adesso,
sappi che non ti darò più pace fino alla fine dei tuoi giorni!
Hermione, sai di potercela fare: lo sappiamo
tutti!, dichiarò Harry. Cosa sono un paio di Mangiamorte in confronto a tutto quello che
abbiamo passato insieme?
Ma voi non ci siete adesso!,
protestò Hermione. Ve
ne siete andati: mi avete lasciato da sola!
E allora con chi stai parlando adesso?,
osservò Ron, con malcelato
divertimento.
Noi ci siamo sempre, Hermione.
Sì, i tuoi spettri scocciatori personali.
Come Mirtilla Malcontenta! Te la ricordi, Mirtilla?
Certo che mi ricordo di Mirtilla! Come ci si
potrebbe dimenticare di Mirtilla?
Ecco, se tu ti lasci ammazzare adesso,
faremo in modo di confinarti per l’eternità nello stesso cubicolo di Mirtilla:
te lo immagini, sorbire i suoi infiniti lamenti fino alla fine dei
secoli?
Ascolta Ron, Hermione: sarebbe perfettamente
capace di farlo!
L’eternità in compagnia di Mirtilla
Malcontenta? Le peggiori pene infernali erano nulla in confronto.
Scordatelo, Ronald: io e Mirtilla divideremo
qualcosa lo stesso giorno che gelerà l’inferno!
Harry, ma la senti anche tu questa brezza
fredda?
Oh, sì, oserei dire che sta proprio per
nevicare qua sotto! Anzi no, si prospetta una tormenta coi fiocchi…
Andate al diavolo, tutti e due!
Ci siamo già stati, ridacchiò Ron, con un sorriso malefico. Per il te delle cinque: PERSONA molto cordiale, a dirla tutta,
molto a modo e ben educata…
Non fosse per la puzza di zolfo: è quasi
asfissiante… E ovviamente il fatto che è il signore di ogni male…
Hermione quasi scoppiò a ridere da sola: sì,
stava decisamente impazzendo! E la cosa più triste era che quelle voci avevano
ragione: non poteva lasciarsi ammazzare adesso, non in quel modo, fosse anche
l’ultima cosa che faceva sarebbe uscita viva da quel posto! Lo doveva ai suoi
due fantasmi personali…
Così ti voglio, Hermione!
Ora sì che ti riconosco…
"Fred, dobbiamo aprirci un varco!" gridò per
sovrastare il rumore delle maledizioni urlate.
"Sono aperto a qualunque proposta,
cognata".
"Serve un diversivo" disse la donna. "Usa la
tua immaginazione: sto parlando con l’uomo che ha fatto esplodere una palude in
un corridoio di Hogwarts, devi pur avere qualche asso nella manica…".
"Beh, forse qualcosina la posso fare… Ma mi
stai sul serio dando carta bianca?".
"Fa del tuo peggio!". Oh, sì, l’inferno
sta per gelare di sicuro: ho appena scatenato la belva…
"Dopo ricordami di controllare che tu non
abbia qualche trauma cranico, Hermione, ok?".
Fred passò in rassegna tutti i suoi
avversari, spremendosi le meningi: aveva qualche altro trucchetto nascosto da
qualche parte, ma niente che potesse essere davvero utile per svignarsela…
Cominciò a frugarsi con una mano nelle tasche interne della giacca, mentre con
l’altra continuava a tenere a bada i Mangiamorte: la maggior parte di quella
roba nemmeno si ricordava più di averla, per la maggior parte erano rimasugli
del vecchio impero Tiri Vispi Weasley immagazzinati in quelle tasche con
dei comodi Incantesimi di Estensione nel corso degli anni. Dunque, cosa
abbiamo qui? Delle Merendine Marinare, decisamente inutili al momento…
Sognisvegli brevettati: peggio che andar di notte… Soldi: no… Delle Gobbiglie: e
come cavolo ci sono finite qui? Delle Cioccorane mummificate… Oh, non è
possibile che non si sia nulla: è quasi un bazar questa giacca, ci deve pur
essere qualcosa di utile… Proviamo l’altra tasca…
"Fred, non abbiamo fino a natale" sbottò
Hermione, in tono preoccupato.
"Un momento: ci sto arrivando… E ci arriverò
prima se non mi distrai!".
Avanti, il mio regno per una via di fuga…
Del magicscotch? E che ci dovrei fare? Non sai offrirmi nulla di meglio? Un
frisbee zannuto: ecco, cominciamo a ragionare… Oh, oh, aspetta, aspetta un po’:
cosa abbiamo qui? Un Detonatore Abbindolante! No, meglio: due Detonatori
Abbindolanti! Merlino e tutti i maghi passati, vi ringrazio!
Non erano un granché: avrebbero distratto i
Mangiamorte più o meno per dieci secondi, ma con un po’ di fortuna sarebbero
stati sufficiente a lui e Hermione per aprirsi un varco e darsela a
gambe.
"Hermione, prendi questo…" le sussurrò,
passandole un Detonatore.
"Che cos’è?" chiese lei.
"Tu lancialo in terra verso i Mangiamorte e
poi corrimi dietro: se abbiamo fortuna, basterà".
Ma quando mai abbiamo avuto fortuna?,
avrebbe voluto ribattere la parte più cinica di
Hermione. Ma prima di poterlo dire ad alta voce, Fred lanciò il suo Detonatore,
costringendola ad imitarlo. Il rumore che si propagò quando i due oggetti
toccarono terra quasi l’assordò, era così forte che le pareti sembravano
tremare.
"Ma che hai fatto?" gridò Hermione sopra il
frastuono: Fred non diede segno di averla sentita. Le afferrò un polso,
facendosi strada a spintoni, calci e Schiantesimi tra i Mangiamorte stupefatti e
assordati.
Erano a metà strada dall’uscita quando uno
di loro si riprese abbastanza da usare un Incantesimo Silenziatore: il silenzio
di tomba che calò risultò particolarmente sinistro dopo tutto quel
chiasso.
"Non ti fermare, Hermione" la incalzò Fred,
mentre le maledizioni riprendevano a fischiare intorno a loro.
"Perché non hai tirato quei dannati aggeggi
mezz’ora fa, Weasley?" chiese lei, mentre cercava affannosamente di stargli
dietro e contemporaneamente sparava qualche fattura alla cieca dietro di
lei.
"Perché non sapevo di averli…".
Hermione aveva già una rispostaccia coi
fiocchi sulle labbra, non fosse che rischiò di scivolare e solo la salda presa
di Fred le impedì di cadere. I Mangiamorte dietro di loro avevano ripreso a
incalzarli…
E poi calò il buio, talmente denso che
Hermione non riusciva più a vedere nemmeno il suo naso: tenebra più totale.
Nemmeno quando mormorò Lumos cambiò qualcosa. Soltanto il fatto che tenesse
saldamente Fred per mano aveva impedito che si perdessero nell’oscurità. Il lato
positivo era che i Mangiamorte avevano smesso di lanciare maledizioni, per paura
di colpirsi tra loro. Ma senza vedere, come potevano raggiungere la porta e la
salvezza?
"Fred, che cosa hai fatto?" domandò
sottovoce, in tono di malcelata accusa.
"Io niente" protestò il gemello. "Credevo
fossi stata tu…".
La sorpresa nella sua voce era sincera: non
era stato lui. Ma se non era stata nemmeno lei e ovviamente nemmeno i
Mangiamorte dietro di loro, chi era stato?
La risposta non tardò a farsi
attendere.
"Fred, Hermione". Quella voce famigliare, ma
totalmente inaspettata li fece sobbalzare entrambi: si guardarono intorno nella
tenebra, cercando di capire da dove venisse o se se l’erano
immaginata.
"Ted?" sussurrò Fred. "Ted, sei
tu?".
"No, sono Mago Merlino!" Hermione si sentì
prendere alle spalle e sobbalzò, una fattura già sulle labbra. "Abbassa
quell’affare!" sibilò Ted. "Sono qui per portarvi fuori: prendimi la
mano…".
Hermione eseguì, stringendo ulteriormente
quella di Fred. "Ma tu ci vedi?".
"Le spiegazioni più tardi: ci siete tutti e
due? Allora andiamo".
Il terzetto si avviò, con calma, guidato da
Ted che procedeva a passo sicuro nell’oscurità. Quando sbucarono nel corridoio
fiocamente illuminato dalla bacchetta di George fu quasi una sorpresa.
"Salda quella porta con ogni incantesimo che
ti viene in mente" ordinò Ted, sospirando di sollievo. "L’effetto non durerà
ancora molto…".
"L’effetto di cosa?" domandò
Hermione.
"Polvere Buiopesto peruviana" rispose
George. "Non ce di che, a proposito…".
"Ce la stavamo cavando benissimo" sbuffò
Fred all’indirizzo del fratello. "Grazie tante!".
"Sì, l’abbiamo visto" ironizzò George. "Se
io e Ted non intervenivamo a quest’ora ci avevate rimesso la pelle
entrambi!".
"Piantatela voi due" li zittì Hermione.
"Come facevi a vedere, Ted?".
"Mano della Gloria" fu la concisa risposta.
"Hai fatto tu? Bene, allora suggerisco di guadagnare l’uscita più
vicina…".
"E il piano diversivo?" domandò Fred. "Ci
sono notizie di Drew, Artemis e Ares?".
Ted scosse il capo, sconfortato. Tuttavia la
sua voce era decisa come sempre. "Sylar è arrivato con i rinforzi: questo posto
brulica di Mangiamorte. Dobbiamo andare finché ancora possiamo…".
Gli altri membri del gruppetto si
scambiarono delle occhiate scettiche: l’idea di abbandonare gli amici non
piaceva a nessuno. Alla fine, dopo qualche attimo di riflessione, Hermione
sospirò e disse: "Ted ha ragione: abbiamo fatto quello che potevamo. Gli altri
se la caveranno…".
"È meglio tornare sui nostri passi e
Smaterializzarci dalla Victoria Tower" suggerì George. "Sarà uno dei pochi punti
ancora scoperti…".
"Magari facciamo un po’ di casino lungo la
strada" aggiunse Fred. "Così attiriamo l’attenzione di altri
Mangiamorte…".
Hermione e Ted approvarono con brevi cenni
del capo il nuovo piano, per poi avviarsi tutti e quattro lungo il
corridoio.
******
L’Anatema Che Uccide mancò di non più di tre
centimetri la sua testa, andando a prendere la parete sopra di lei. Luna riaprì
gli occhi incredula: era a meno di mezzo metro dal Mangiamorte, come diavolo
aveva fatto a mancarla?
E poi si accorse dell’enorme cane nero che
all’ultimo momento era balzato addosso al suo aggressore, spedendolo a terra e
azzannandogli con ferocia la spalla. Sirius, Sirius l’aveva salvata… Mancava
così poco…
Luna sarebbe scoppiata a piangere come una
bambina se non fosse stato per gli altri cinque Mangiamorte che stavano
avanzando velocemente verso di lei e il suo peloso salvatore, talmente preso a
fare spezzatino dell’uomo che aveva tra i denti da essersi dimenticato di tutti
gli altri. Quel mostro stava per uccidere Luna, la sua piccola Luna, sarebbe
bastato un altro secondo e a quel punto non ci sarebbe stato più, lei con le sue
stranezze, la sua aria trasognata e i suoi cibi abominevoli… Se lo sarebbe
mangiato a colazione, quel brutto figlio di buona donna, gli avrebbe strappato
la carne pezzo a pezzo…
"Sirius!" lo chiamò Luna, scacciando il
senso di stordimento e riafferrando la bacchetta. "Sirius, torna
umano!".
L’Animagus non parve nemmeno sentirla: no,
che non tornava umano, non prima di aver fatto a pezzi quell’uomo, l’uomo che
gli stava per togliere la cosa più bella della sua patetica vita…
"Sirius!" insistette Luna. Non poteva
farcela da sola: i Mangiamorte erano più numerosi, più forti e più freschi,
mentre lei era stanca e stordita dalla botta in testa, non poteva anche parare
le spalle a Sirius. "Stupeficium! Stupeficium! Sirius, dannazione, ho bisogno di
aiuto! Non ce la faccio! Torna umano!".
Quel gridò ruppe la barriera di collera e
furia vendicativa dietro cui si nascondeva il buon senso di Sirius: ma che stava
facendo? Si era forse dimenticato che erano nel pieno di una colluttazione con
dei pericolosi Mangiamorte? Ragiona con il cervello, Padfoot, non con quello
che hai nei pantaloni!
Si tirò indietro, portandosi al fianco della
donna e riprendendo forma umana. "Stai bene?" domandò, preoccupato.
Luna gli rivolse un debole sorriso. "Ora
sì". Si portò una mano alla fronte, dove sentiva pulsare un bernoccolo grande
come una noce di cocco, per non parlare delle fitte di dolore sordo che le
partivano dalla schiena, dove il Mangiamorte l’aveva centrata poco prima. "Non
so quanto reggerò ancora…".
Sirius le sorrise con aria incoraggiante.
"Ci tirerò fuori da questa situazione, piccola, in qualche modo".
La sostenne con un braccio, mentre entrambi
riprendevano a Duellare e Sirius cercava freneticamente una via di fuga: doveva
portare via Luna da lì subito, poi sarebbe sempre potuto tornare a cercare e
aiutare gli altri. Provò a Smaterializzarsi, ma i bastardi avevano già
provveduto a lanciare degli Incantesimi per bloccarli. L’unica strada che
restava erano le scale, ma anche quelle erano state opportunamente ingombrate da
decisamente troppi Mangiamorte. Senza contare che ora che si facevano tutti e
300 i gradini, chissà quali altre trappole avrebbero sistemato i maledetti…
Ma quali altre scelte avevano? Lasciarsi
catturare dai Mangiamorte per diventare il menù serale di qualche Dissennatore?
Bastava il pensiero a ghiacciargli le vene: erano passati ventidue anni dalla
sua evasione da quell’inferno, ma il ricordo non era mai minimamente sbiadito. E
Luna? Luna non avrebbe resistito una settimana in compagnia dei Dissennatori!
No, preferiva morire piuttosto che rimettere piede ad Azkaban! E sarebbero
dovuti passare sul suo cadavere prima di prendere Luna.
Ed ecco sbocciare l’idea pazza, forse la più
pazza di tutta la sua vita, che aveva forse il cinquanta per cento di
probabilità di funzionare… Ma avevano forse un’altra scelta? Quanto potevano
essere estesi quegli Incantesimi Antismaterializzazione? E nel caso le cose
fossero andate storte, gli importava sul serio di morire? Gli importava di più
che Luna morisse… Ma Luna non sarebbe morta perché il suo piano avrebbe
funzionato: crederci è il primo passo verso la vittoria!
Si guardò intorno velocemente e vide che la
strada verso la sua via di fuga improvvisata era totalmente sgombra: nessuno si
aspettava che potesse essere tanto stupido da usare quella strada… Questo
perché voi non conoscente Sirius Black, il quale oserebbe fare più o meno
qualunque cosa!
"Arrenditi Black: non potete scappare!
Arrenditi e forse avrai salva la vita".
"Per marcire ad Azkaban?" ruggì in tono
ironico Sirius. "Grazie per la clemenza, ma declino la tua offerta".
"Sei così ansioso di morire,
stupido?".
"Può essere. Ma a te che
importa?".
"Abbiamo l’ordine di catturarvi vivi, se
possibile…".
Sirius sbuffò: tipico di Voldemort, voleva
togliersi lo sfizio personalmente. Ma non gli avrebbe mai concesso una simile
soddisfazione, non finché gli restava fiato in corpo.
"Luna, ti fidi di me?" domandò perciò: era
ora di togliere il disturbo.
La donna alzò lo sguardo verso di lui.
"Cos’hai in mente, Sirius?" chiese, riconoscendo quello scintillio negli occhi
dell’Animagus: una luce portatrice di pessime, balzane e totalmente folli
idee.
"Ti fidi di me?" ripeté Sirius.
"Sì. Sì, mi fido di te" sospirò Luna. Non
sapeva dove Sirius volesse andare a parare, probabilmente non le sarebbe
piaciuto, ma si fidava di quell’Animagus testone e irresponsabile.
Quell’Animagus che le aveva rubato il cuore.
Immersi in quella chiacchierata, a colpi di
bacchetta si erano nel frattempo spostati verso il quadrante esploso: che
ironia, la vita, se solo poche ore prima avesse saputo che si stavano aprendo
un’improbabile via di fuga. Sirius sbirciò oltre la sua spalla: era un bel salto
fino a terra, ma perfino spiaccicarsi sull’asfalto di Londra era una morte
preferibile a quella che sarebbe arrivata per mano di Voldemort.
"Black, che cosa vuoi fare?" lo aggredì un
Mangiamorte. "Siete in trappola!".
"No, non lo siamo: vi siete dimenticati la
strada più ovvia per scendere. E un’altra cosa: un disperato fa cose che una
persona normale non farebbe mai!".
"Sirius?" fece Luna, stretta a lui, mentre
l’orribile sospetto di quello che stava per fare l’altro le occupava la
mente.
"Fidati" la zittì lui. "Stringiti a me e
chiudi gli occhi".
"Black, che cosa…" stava chiedendo di nuovo
il Mangiamorte di prima. Non terminò mai la frase.
Sirius alzò la mano in senso di saluto.
"Hasta la vista!" disse, mentre Luna si stringeva più forte che poteva al suo
torace. Lui la circondò con le braccia e poi, sotto lo sguardo attonito di tutti
gli altri presenti, si lasciò cadere all’indietro, trascinando entrambi
nell’abisso sottostante.
******
Prima ancora che la polvere sollevata
dall’esplosione cominciasse a posarsi, Artemis, approfittando dello stato di
attonito stupore in cui versavano i suoi custodi, che pure lo scoppio aveva
lasciato semi illesi (alcuni erano stati sbalzati indietro dall’onda d’urto, ma
parevano incolumi), si era liberata con uno strattone, aveva atterrato con un
pugno il Mangiamorte che aveva cercato di fermarla (facendosi pure un male cane
alla nocca) e aveva strappato di mano il lanciafiamme all’uomo che poco prima
l’aveva preso a lei.
Dopodichè, senza guardare nulla e nessuno,
sperando ardentemente che Drew e Ares se la stessero cavando, fece dietrofront e
tornò al nucleo dell’Arma: nella foga rischiò un paio di volte di inciampare in
ostacoli vari disseminati lungo il percorso (sgabelli rovesciati, detriti
scagliati dall’esplosione, corpi…) e una voltò cadde, sbattendo malamente il
ginocchio. Ingoiò il gemito di dolore e si rialzò in fretta: si sarebbe
comportata da donnetta indifesa un’altra volta, doveva arrivare a quel dannato
nucleo prima che i Mangiamorte si riprendessero abbastanza da correre a
fermarla. Ammesso e non concesso che la bomba non gli abbia uccisi… Le
era parso di vedere Sylar essere centrato da qualcosa, ma non si faceva troppe
illusioni: quell’uomo aveva più vite di un gatto, di certo l’aveva scampata in
qualche modo. Ma forse era ferito abbastanza gravemente da non poter
riorganizzare le sue truppe…
Ci dovranno pensare Drew e Ares,
si disse. Ho altre priorità al
momento…
Il nucleo era ancora lì, ovviamente: i
Mangiamorte non si erano nemmeno disturbati di richiudere lo sportello. Di nuovo
si sentì assalire dalla nausea quando quell’incredibile forza magica la investì
e dovette usare tutto l’autocontrollo di cui ancora disponeva perché i suoi
capelli non prendessero il pilota automatico e cominciassero a cambiare colore
all’impazzata. Non è il momento di perdere il controllo,
Artemis…
Non sapeva cosa sarebbe successo a toccare
quella cosa, ma non ci teneva nemmeno a scoprirlo, perciò fece tre passi
indietro, puntò il lanciafiamme e senza la minima esitazione fece fuoco una
volta, due volte, tre, finché l’intera base dell’Arma non fu circondata dalle
fiamme e il nucleo non ne fu completamente inghiottito. Si rese subito contro
che l’incendio stava rapidamente uscendo dal suo controllo: a quanto pareva
doveva aver scatenato chissà quali reazioni a catena, riusciva a distinguere le
scariche magiche disperse dal nucleo in rapido sfaldamento. Un paio di esse le
passarono a pochi centimetri dalla testa: si sentì quasi ribollire, mentre la
magia in lei cercava disperatamente una via di uscire, di esplorare tutto il suo
potenziale… Dovette chiudere gli occhi e prendere due lungi respiri per tenere
la situazione sotto controllo, allarmata dal Marchio del Diavolo che bruciava in
modo sinistro sul suo braccio.
Quando fu certa che niente di irreparabile
sarebbe accaduto, cominciò ad allontanarsi velocemente: l’incendio stava ormai
raggiungendo proporzioni preoccupanti, non era da escludere che si sarebbe
esteso anche al resto del palazzo… Malgrado ciò, in uno sprazzo di lucidità,
sparò altre tre vampate tutto intorno all’Arma in rapido disfacimento, per
impedire che i Mangiamorte potessero avvicinarsi.
Dopodichè gettò a terra il lanciafiamme, che
ormai le era solo d’impaccio, e riportò la mano alla pistola, tornando a
prestare attenzione a quello che capitava intorno a lei. A causa del fumo che
cominciava a rendere soffocante l’aria e della polvere che la bomba aveva
sollevato non riusciva a vedere dove fossero Ares o Drew o cosa stessero
facendo: tuttavia intuì che almeno uno di loro doveva aver recuperato una
bacchetta perché sentiva distintamente il rumore di una colluttazione in atto.
Diversi Mangiamorte cercavano affannosamente di avvicinarsi all’Arma per domare
l’incendio evocando getti d’acqua fredda.
Fu a questi ultimi che decise di dedicare la
sua attenzione: dubitava che in quel rogo si fosse salvato qualcosa di ancora
utilizzabile, ma non intendeva correre rischi. E ora che aveva di nuovo pieno
controllo delle sue facoltà, con il nucleo distrutto, non le sarebbe stato
difficile tenere a bada quegli avversari. Poi avrebbe dovuto trovare Drew e Ares
e andarsene alla svelta. Prima di gettarsi nella mischia, mandò un veloce
messaggio al resto dell’Ordine: con l’Arma distrutta almeno loro poteva
ritirarsi, se non l’avevano già fatto, e mettersi in salvo finché potevano,
sperando che fossero tutti sani e salvi…
L’esplosione invece aveva colto
completamente impreparato Drew, che malgrado si fosse accucciato come ordinato,
era stato senza troppi complimenti sbalzato all’indietro, per andare a cozzare
contro una delle apparecchiature tecnologiche che aveva appena distrutto e
rotolare poi in terra, dove rimase completamente immobile, troppo dolorante per
muoversi.
Per un minuto buono fu troppo confuso anche
solo per pensare, dovette concentrare tutte le sue energie per non cedere
all’oscurità che minacciava di sommergerlo: svenire in quel momento avrebbe
probabilmente significato risvegliarsi in una bella cella con vista di Azkaban e
l’idea non lo attraeva per nulla.
Quando fu certo che non avrebbe perso i
sensi, si concesse di prendere un paio di dolorosi, lunghi respiri: nella caduta
doveva essersi incrinato un paio di costole. Nulla di eccessivamente grave,
sapeva che Ted l’avrebbe rimesso in sesto in un minuto, ma ovviamente prima
doveva arrivarci, da Ted, il che prevedeva superare frotte di agguerriti e
pericolosi Mangiamorte… Solo dopo un paio di secondi, realizzò che probabilmente
la maggior parte dei suoi nemici non stava meglio di lui, essendo stata
investita in pieno dall’esplosione… Già, che diavolo era successo? Un minuto
prima c’era Ares che blaterava di cavalli e quello dopo il mondo sembrava
essersi spaccato in due… La prossima volta mi farò mettere a parte pure io
dai contorti codici segreti di quei due, tanto per non farmi prendere alla
sprovvista di nuovo…
Si portò una mano alla tempia destra e non
si sorprese troppo nel trovarla sporca di sangue: gli pulsava in modo insistente
e molto doloroso nel punto dove aveva violentemente sbattuto all’atterraggio.
L’idea di muoversi e alzarsi non lo attraeva per nulla, ma non poteva restare lì
in eterno: presto o tardi, Sylar o chi per lui l’avrebbe di certo notato. Così
strinse i denti e ignorando le proteste del suo corpo ammaccato, fece forza sui
reni e si mise a sedere. Rimase un pochino sorpreso: era rimasto in blackout non
più di due minuti, ma Artemis era già riuscita a scatenare le fiamme
dell’inferno, la zona dove fino a poco prima stava l’Arma stava venendo
velocemente divorata dal fuoco. Alcune scariche magiche del nucleo in
disfacimento arrivarono fino a lui e gli fecero pizzicare la pelle.
Non poteva restare lì, doveva andarsene.
Una bacchetta, una bacchetta, mi serve con urgenza una bacchetta… Dove
diavolo era finito il Mangiamorte che l’aveva Disarmato? L’unica cosa che c’era
nelle vicinanze era un vecchio estintore piovuto da chissà dove…
Prima che potesse mettersi a cercare la sua
bacchetta, anzi prima ancora che potesse mettersi in piedi, qualcuno lo afferrò
per la collottola, sbatacchiandolo all’indietro e quasi strozzandolo. Si trovò a
fissare negli occhi un Mangiamorte privo di maschera, con un orrendo sfregio
sanguinante sulla guancia destra e gli occhi carichi di rabbia che lo scagliò
con rudezza a terra, rivoltandolo con un calcio. Drew gemette di dolore: forse
quelle costole incrinate non erano un problema al momento, ma se a causa dei
calci gli avessero perforato un polmone sarebbe diventata tutta un’altra
storia…
"Preparati a morire Potter!" sibilò il
Mangiamorte, puntandogli alla fronte la bacchetta. "Tu e la tua piccola banda di
sovversivi e le vostre idee…".
Mentre un sinistro bagliore verde illuminava
la punta della bacchetta, Drew allungò freneticamente le mani tutto intorno a
sé, alla disperata ricerca di qualcosa che potesse salvarlo. A parte detriti e
pezzi di muro trovò solo l’estintore che aveva visto poco prima… Speriamo che
funzioni…
Tirandosi indietro e masticando un paio di
colorite imprecazioni per il dolore, deglutì a vuoto, scattò all’indietro e
afferrò l’estintore con entrambe le mani. Il Mangiamorte probabilmente non ne
aveva mai visto uno in vita sua, perchè gli rivolse un sorriso sardonico. "Vuoi
stordirmi lanciandomi quell’arnese, Potter? Ti credevo più
raffinato…".
"Ecco perché i Babbani sono più furbi di te,
testa di gallina!" gridò Drew, sparandogli un gettò di schiuma gelata dritto in
faccia. "Spero vivamente che ti ci strozzi!" aggiunse, alzandosi in piedi,
mentre il Mangiamorte, confuso cadeva all’indietro cercando di liberarsi gli
occhi.
Drew gli restituì il favore, mollandogli un
calcio in mezzo al costato e un altro alla mascella: l’uomo rimase riverso e non
si mosse più. Sospirò di sollievo, mentre il fumo gli faceva lacrimare gli
occhi: dovevano andarsene da lì in fretta se non volevano morire tutti
soffocati… Il ragazzo si guardò freneticamente intorno, stringendo convulsamente
l’estintore, al momento l’arma migliore che avesse, alla ricerca della sua
bacchetta. La trovò e fece per afferrarla, ma una mano, che sembrava sbucata dal
nulla gli afferrò il polso, facendolo strillare dalla sorpresa.
"Tecnica d’attacco singolare" lo canzonò
Lord Sylar, aumentando la stretta, zoppicando fuori dalle macerie. "Volevi per
caso stordirmi con un urlo modello banshee?".
Drew notò con una punta di dispiacere che
sembrava quasi totalmente incolume: qualche graffio e contusione e non poggiava
il peso sulla gamba destra, ma niente di più. In compenso aveva perso la
maschera e per correre ai ripari si era calato il più possibile il cappuccio
sulla testa. Tuttavia a distanza ravvicinata, Drew riusciva comunque a
distinguere chiaramente l’inconfondibile cicatrice a forma di saetta sulla
fronte pallida, quasi traslucida. Da quanto tempo quella faccia non vedrà un
raggio di sole?, si domandò, vagamente inquietato dal pallore quasi mortale
di quel volto famigliare e sconosciuto insieme. Malgrado tutto non sembrava
nemmeno eccessivamente preoccupato che la sua identità potesse venire
scoperta.
"Da quando mi dai del tu, Sylar?" sibilò,
cercando di divincolarsi, ma paradossalmente Sylar era in condizioni fisiche
migliori di lui. "Come hai fatto a scampare all’esplosione?".
"Conosco magie e incantesimi che tu nemmeno
ti sogneresti, Andrew, pensavi sul serio che un’esplosione alla Babbana potesse
uccidermi?".
"Già, che peccato…" commentò aspro il
ragazzo. "Per un minuto ci avevo quasi sperato. Ora lasciami se non vuoi
mangiare schiuma…". Alzò l’estintore, anche se non era certo di poterlo attivare
con una mano sola.
"Metti già quell’aggeggio, Andrew" gli
consigliò placido Sylar, alzando la bacchetta con la mano libera. "Non
costringermi a fare qualcosa di cui potrei pentirmi…".
"Da quando hai di questi slanci di pietà,
papà?" domandò in tono sarcastico Drew, calcando ironicamente sull’ultima
parola. "E da quando sei passato a questo confidenziale ‘Andrew’? Credevo di
essere il signor Potter…".
"Le cose cambiano" fu la secca risposta.
"Vieni con me e nessuno si farà male…".
"Tranne me e chiunque altro dei miei amici
su cui metterai gli artigli, vero?" osservò Drew, carico di disprezzo.
"Ammazzami qua, farai prima e risparmierai fatica a tutti e due. Lasciami
andare!".
Si divincolò con furia, ma la presa
dell’uomo era peggio di una morsa: ottenne solo di stortasi dolorosamente il
polso. "Lasciami andare schifoso maledetto o giuro che urlo qui e adesso chi sei
veramente…".
La bocca di Sylar si piegò in un sorriso
sardonico. "Avanti fallo" lo sfidò. "Sono davvero curioso di vedere come
affronteresti le molteplici conseguenze di questo gesto: siamo sempre allo
stesso punto, Andrew, tu non dirai nulla, così come la tua amichetta, perché il
tuo prezioso Ordine della Fenice si sfalderebbe come un castello di carte alla
prima folata di vento…".
Drew l’avrebbe incenerito volentieri,
l’avrebbe preso e gettato nel fuoco che alle sue spalle stava divorando ogni
cosa: faticava sempre di più a coniugare quel freddo e crudele Mangiamorte con
il ragazzo che popolava le storie di Sirius, Remus, Hermione e gli altri. Come
facevano a essere la stessa persona? Era impossibile! Eppure quella cicatrice
non lasciava adito a dubbi, sempre che ne avesse mai avuti…
"Perché insisti nel fare questo?" domandò,
alla disperata ricerca di un senso. "Perché servi Voldemort? Ha ucciso i tuoi
genitori e decine di altre persone a cui volevi bene… Chi pensi sia
indirettamente responsabile della morte di mia madre? Ginny è stata uccisa dai
Mangiamorte, magari proprio uno di quelli a cui tu adesso tiri il guinzaglio, il
tuo cosiddetto signore ha ordinato la sua morte…".
Lo schiaffo lo colpì prima ancora che se ne
rendesse conto: Sylar aveva alzato la mano talmente in fretta che nemmeno
l’aveva vista arrivare. Solo il dolore bruciante alla guancia segnalava che
qualcosa era cambiato rispetto a dieci secondi prima. Questo e l’ira che ora
bruciava in quegli occhi color smeraldo.
"Taci, sciocco ragazzino!" gli intimò con
voce vibrante di rabbia. "Taci e non parlare più di cose che non puoi
capire…".
Drew era sconvolto: era talmente abituato a
pensare a Sylar come un individuo privo di emozioni o quasi che vederlo in
collera era quasi inquietante, oltre che sorprendente, una collera così intensa
da deformargli il volto.
"Non osare mai più lanciare simili
insinuazioni, mi hai capito?" proseguì Sylar. "Stupido moccioso…".
Se non fosse stato tanto sorpreso, forse
Drew avrebbe capito che dietro a quello scoppio di rabbia improvvisa si celava
ben altro. Ma quell’episodio era destinato a cadere dimenticato tra i ricordi
del ragazzo per riemergere solo molto tempo dopo, in un quadro d’insieme ben più
ampio…
Sylar lo fissava dritto negli occhi,
propenso ad aggiungere altro, ma all’improvviso si portò le mani alla testa,
gridando. Nello stesso anche Drew ebbe la netta impressione che una crivella gli
perforasse il cranio. No, non di nuovo… fu l’unico pensiero che riuscì a
formulare.
E poi sentì nuovamente quella voce piena di
rabbia, solo più giovane e proveniente da qualche parte nel fondo della sua
testa.
Ho affrontato cose ben più grosse di quanto
non sia mai successo a voi, e Silente lo sa… Chi ha salvato la pietra
filosofale? Chi si è sbarazzato di Riddle? Chi vi ha salvato la pelle, a voi
due, dai Dissennatori? Chi ha dovuto superare draghi e sfingi e tutte quelle
altre schifezze l’anno scorso? Chi ha visto Lui che tornava? Chi ha dovuto
sfuggirgli? Io! *
L’immagine di una Hermione più giovane
sull’orlo delle lacrime e di un Ron Weasley sbalordito e attonito…
La scena cambiò… Erano in aula scolastica,
di fronte a lui stava una piccola insegnate infilata in un completo rosa che
assomigliava stranamente a un rospo, la cui bocca era piegata in un sorriso
sadicamente divertito…
… I vostri precedenti insegnanti forse vi
hanno concesso licenze maggiori, ma poiché nessuno di loro avrebbe superato
un’ispezione ministeriale, con la sola possibile eccezione del professor Raptor,
che almeno pare essersi limitato a temi appropriati alla vostra età…
Sì, Raptor era un grande insegnante… Peccato
per quel piccolo difetto di avere Lord Voldemort che gli spuntava dalla
nuca!
E il sorriso che si allargava… Ritengo
che un’altra settimana di punizione le farà bene, signor Potter *
L’immagine sbiadì e cambiò di nuovo:
un’ampia sala circolare, arredata con poltrone e tavolini, illuminata dal fuoco
scoppiettante. Di fronte a lui stava stava un Ron Weasley quattordicenne, rosso
di collera.
Che te ne frega?, ringhiò la voce di Harry. Che ci fai
quaggiù a quest’ora di notte?
Mi stavo chiedendo dov’eri… Scusa tanto,
avrei dovuto capirlo che non volevi essere disturbato. Me ne vado subito, così
potrai continuare a fare le prove per la prossima intervista in santa
pace!
Un oggetto venne scagliato con violenza
nell’aria, colpendo Ron alla fronte. Tieni, portati questa martedì… Magari
adesso avrai anche tu una cicatrice, se sei fortunato… È questo che vuoi, no?
**
E altre ancora, in un turbine infinito di
colori e parole, troppo veloci per riuscire a dargli un senso: non sarebbe mai
finita, sarebbe rimasto intrappolato per sempre in quel vortice di rabbia e
sentimenti non suoi…
"SYLAR!" e subito dopo uno sparo.
Quella voce conosciuta, non meno carico di
collera, proveniente dal mondo esterno, ebbe il potere, come già una volta era
accaduto, di rendere nuovamente Drew consapevole della situazione: era riverso a
terra, con la testa tra le mani, la bocca ancora distorta in un
grido.
Sylar era a pochi metri da lui, confuso e
sottosopra quanto lui, ma in ginocchio, che cercava affannosamente di rimettersi
in piedi: malgrado tutto, aveva ancora la bacchetta tra le mani.
Mentre anche Drew cercava di tirarsi su,
anche se le gambe sembravano intenzionate a tutto tranne che a reggerlo, Artemis
corse verso di lui: era stata lei a gridare, a sparare, anche se aveva mancato
il bersaglio. Ares era subito dietro di lei e teneva Sylar sotto
tiro.
"Forza, tirati su" disse con una nota
d’urgenza nella voce, prendendolo per le ascelle e sollevandolo a forza.
"Dobbiamo andarcene, se non vogliamo fare la fine delle streghe
medievali…".
Gli passò un braccio intorno alle spalle, di
fatto sostenendolo completamente: Drew si rese improvvisamente conto che le
fiamme si erano diffuse al resto della sala e stavano ormai lambendo il
soffitto. Sarebbe bruciato tutto…
Sorretto da Artemis, superarono Sylar,
immobile a terra e opportunamente Disarmato, con la bacchetta di Ares puntata
dritto in mezzo alla fronte. Drew gli scoccò una rapida occhiata, mista di
curiosità e confusione, stando però attento a non incrociarne lo sguardo. Che
cosa hai fatto? Che cosa è successo?
"Ares, andiamo, presto" gridò Artemis per
richiamare l’attenzione del compagno.
Ares prese a indietreggiare lentamente,
senza perdere di vista l’avversario, coprendo le spalle agli amici: se aveva
notato in Sylar qualcosa che tradisse la sua reale identità non ne fece
parola.
Solo quando furono alla porta, si voltò e si
fece lui carico di Drew, mentre Artemis si guardava freneticamente indietro.
"Alla Passaporta, Artemis, immediatamente".
Non avevano fatto più di dieci passi che
giunse loro la voce di Sylar, perentoria e ferma: "Inseguiteli, idioti: non
lasciateli scappare!".
"Via, di corsa". Senza più preoccuparsi di
eccessive cautele, Artemis partì a razzo e lo stesso fece Ares, prendendosi Drew
in spalla modello sacco di patate. In un’altra occasione, il ragazzo avrebbe di
certo protestato o si sarebbe come minimo sentito in imbarazzo, ma si sentiva
ancora troppo debole per preoccuparsi di una cosa del genere: provava l’ormai
famigliare sensazione che qualcuno gli avesse rivoltato il cervello come un
calzino, sciami di pensieri incoerenti gli affollavano la mente, una scintilla
di quella rabbia non sua ancora albergava in qualche angolo… E un’assillante
domanda: che cosa stava succedendo? Perché quando lui e Sylar si incontravano,
finivano per entrare uno nella testa dell’altro? Ma non accadeva nemmeno sempre:
il loro primo incontro, avevano parlato per un quarto d’ora buono e non era
accaduto nulla… O anche in quel momento: fino a che non aveva tirato in ballo
sua madre, Sylar era stato perfettamente padrone della situazione. Ormai era
certo che non fosse colpa di Sylar: era non meno sconvolto di lui quando il
contatto si era interrotto. Ma essendo un Occlumante più esperto, probabilmente
aveva capacità di ripresa migliori delle sue…
Troppi pensieri, troppe incoerenze: Drew
desiderava solo lasciarsi cullare in quella tenebra d’incoscienza che sentiva
farsi sempre più insistente, spegnere tutto e dormire…
Erano arrivati nella Central Lobby, con i
Mangiamorte alle costole. Artemis si precipitò verso il piccolo David di
Michelangelo, la loro Passaporta, la loro via di fuga…
"Ares, prendimi la mano" ordinò,
frenetica.
Appena la mano del gigante si fu stretta
nella sua, toccò la piccola statua: il famigliare strattone all’altezza
dell’ombelico e tutti e tre furono risucchiati in un vortice di luce azzurrina,
in salvo.
Quartier Generale
Dell’Ordine della Fenice
Londra
"Così va bene?" chiese Ethan, spostando
titubante uno dei suoi alfieri in avanti.
Remus scosse gentilmente il capo. "L’alfiere
si può spostare solo in diagonale, Ethan" spiegò. "E così rischi di lasciare
scoperta la regina. È meglio se muovi la torre a sinistra, in F5".
Ethan fissò la scacchiera con aria dubbiosa,
poi seguì il consiglio, lasciando la mossa a Kitty, che dal canto suo fissava
ciascuno dei pezzi come se li detestasse a morte. Non lo riusciva proprio a
capire quello stupido gioco: le stava facendo venire il mal di testa. Ma non
aveva comunque intenzione di desistere: era una questione di principio, non
voleva darla vinta al fratello!
Remus sorrise tra sé, rilassandosi sul
divano da dove stava seguendo la partita. Per spezzare la monotonia dell’attesa
di avere notizie del resto dell’Ordine e soprattutto per distrarre i due
ragazzini, si era offerto di insegnare loro a giocare a scacchi; Ethan e Kitty
avevano accettato con blando entusiasmo, grati di avere qualcosa da fare che
tenesse la mente occupata. Così Remus aveva riesumato la sua vecchia scacchiera
e si era immerso in un’accorata spiegazione su tecniche e strategie di gioco che
i fratelli Dursley avevano cercato di assorbire come meglio potevano, prima di
lanciarsi in una partita lunga e lenta, visto che nessuno dei due era mai certo
di quale fosse la mossa migliore o la mossa giusta. Così, il gioco era quasi
totalmente pilotato da Remus, che stava riuscendo nella gratificante impresa di
battere sé stesso, visto che suggeriva in modo imparziale sia a Ethan che a
Kitty.
Mentre la ragazzina era ancora immersa nelle
sue riflessioni, Remus cercava di imporsi di stare calmo, anche se erano passate
due ore ormai e non erano ancora arrivate notizie di nessuno. Non fare la
mamma chioccia isterica, si disse. Solo perché non abbiamo ancora saputo
nulla non significa che ci sia qualcosa che non va…
Provò a concentrarsi sulla partita, ma nel
tempo che Kitty ci aveva messo prima di spostare un pedone, lui aveva già
individuato altre tre possibili mosse e pure un metodo con cui Ethan avrebbe
potuto dare scacco matto alla sorella in un paio di turni.
Tenne comunque la bocca chiusa, curioso di
vedere come si sarebbe evoluta la situazione senza il suo intervento e cercò con
lo sguardo Dora. Fino a cinque minuti prima, era seduta accanto al tavolino
immersa come sempre nel suo mondo personale, ma nel tempo che Remus si era
concentrato sulla partita, era sparita. Si rizzò di nuovo a sedere, un po’
preoccupato, guardandosi intorno: non poteva lasciare la casa perché tutte le
porte erano saldamente chiuse, ma questo non significava che non potesse farsi
del male in qualche modo. In quelle condizioni, era quasi più un pericolo per sé
stessa che per gli altri.
"Dora?" chiamò, pur non sperando troppo in
una risposta. "Dora, dove sei?".
Anche Kitty e Ethan alzarono gli occhi dalla
scacchiera, allarmati. "Vado a vedere se è in cucina?" chiese Kitty, facendo per
alzarsi, sapendo che per Remus muoversi era difficile, soprattutto dopo la
nottataccia appena passata.
Fu in quel momento che risuonò il CRACK
proveniente dal giardinetto sul retro e il rumore di qualcosa che si rovesciava
fragorosamente dalla cucina.
Remus portò subito la mano alla bacchetta,
preoccupato. Aspettò tre secondi, poi non sentendo il suono di voci famigliare,
si tirò faticosamente in piedi, prendendo il bastone: se fosse stato qualcuno
dell’Ordine sarebbe di certo già entrato in casa…
Anche Ethan era balzato in piedi, agitato:
fece per andare verso la cucina, ma Remus lo fermò. "State qui" ordinò. "Se mi
sentite gridare, prendete la Metropolvere e andatevene: qualcuno verrà a
cercarvi…".
Annuirono, spaventati e rimasero fermi a
guardare Remus allontanarsi con la bacchetta puntata. Appena arrivato in cucina,
trovò Dora schiacciata contro il muro, i capelli di un allarmante bianco latte,
un’espressione spaventata dipinta in volto: nella foga di alzarsi aveva
rovesciato una sedia.
"Dora?" la chiamò dolcemente Remus,
avvicinandosi con cautela. "Tesoro, che succede?".
La donna si volse verso di lui con uno
scatto felino, lo scrutò alcuni istanti e poi rilassò i muscoli delle spalle,
riconoscendolo. "Remus" disse con voce fievole, muovendo qualche passo incerto
verso di lui.
Il marito le rivolse un sorriso
incoraggiante, stringendola dolcemente per le spalle, un po’ sorpreso: Dora di
solito lo riconosceva, almeno a livello inconscio, ma ben di rado lo chiamava
per nome. Anzi, spesso non parlava per settimane, se non quando era preda degli
incubi. Non si illudeva che fosse un miglioramento: semplicemente quel rumore,
qualunque fosse la causa, doveva averla spaventata parecchio.
"Remus" ripeté Tonks. "Non lasciare che mi
portino via…".
"Sono qui, Dora, tranquilla…" la rassicurò
Remus, corrugando la fronte: chissà a cosa la mente confusa di Dora aveva
associato il rumore della Materializzazione appena avvenuta là fuori…
Alzò di nuovo la bacchetta, facendo per
dirigersi verso la porta sul retro, ma Dora lo bloccò. "Non andare" lo implorò.
"Mi verranno a prendere se te ne vai…".
"Non vado da nessuna parte, amore… Sono
qui".
La donna si attaccò alla sua manica e Remus
si rassegnò: avrebbe preferito spingerla in salotto insieme a Ethan e Kitty, ma
non poteva costringerla. Facendo in modo di frapporre il suo corpo tra la porta
e la moglie, si avviò in quella direzione: se ci fosse stato sul serio qualche
Mangiamorte in agguato avrebbe potuto fare ben poco, ma forse l’avrebbe
rallentato abbastanza da permetterle di scappare.
Ma scoprì presto che le sue paure erano
completamente infondate, quando aprendo l’uscio si trovò davanti Sirius e Luna,
stesi l’una sopra l’altro in una posizione abbastanza equivoca, in un cratere di
erba bruciata dall’apparizione improvvisa. Il momentaneo sollievo fu subito
sostituito da nuova preoccupazione, quando si rese conto che qualcosa non
andava: Luna, con il viso rigato di lacrime, stava scuotendo con forza Sirius,
sinistramente immobile sotto di lei.
"Cosa è successo?" gridò Remus, in preda al
panico, scattando in avanti e trascinandosi dietro Dora.
Luna non parve nemmeno sentirlo, continuando
a tirare l’Animagus per la camicia. "Sirius! Sirius! Non provare a morire, hai
capito!? Svegliati, stupido idiota! Cagnaccio pulcioso, svegliati!".
Gli mollò un sonoro ceffone e stava per
ripetere la mossa, quando Sirius aprì lentamente gli occhi. Sbatté le palpebre
un paio di volte e poi rivolse un pallido sorriso a Luna. "Ehi,
piccola…".
Luna sorrise tra le lacrime. "Stai bene?"
chiese esitante.
"Padfoot?" aggiunse Remus, altrettanto
preoccupato, chino su di lui per quanto glielo permetteva la gamba ferita. "Come
ti senti?".
Sirius chiuse gli occhi come per pensarci,
per un attimo parve svenuto di nuovo, poi disse: "Dammi un bacio, Luna, e mi
sentirò molto meglio…".
Luna scoppiò in una risata mischiata a un
singhiozzo, mentre anche Remus si rilassava, rassicurato. "Sì, sta benissimo"
constatò. "Adesso me lo dite che è successo?".
Luna fece per aprire la bocca, ma il
sollievo fu repentinamente sostituito dall’ira: invece di tirarsi su, cominciò a
tempestare di pugni l’uomo ancora intrappolato sotto il suo corpo. "TU! Brutto
idiota irresponsabile!" cominciò a sbraitare, sotto lo sguardo allibito dei due
Malandrini, sottolineando ogni parola con un’altra percossa. "Imbecille di un
Black! Testa di Ricciocorno! Pazzo geneticamente ritardato!".
Sirius cercava invece di ripararsi senza
troppo successo da quella pioggia di colpi. "Ahio, ahio! Luna, smettila! Ma che
ho fatto?!".
"E hai pure il coraggio di chiedermelo,
stupido di un Black? Mi hai fatto quasi venire un infarto! Mi hai spaventato a
morte! Tu… tu… tu…".
Remus decise che fosse meglio intervenire
per salvare l’amico dalla morte per pestaggio. "Ehi ragazzi!" chiamò per
attirare la loro attenzione. "Io credevo che foste andati a salvare il mondo,
mica a un appuntamento galante… Posso capire la tensione erotica, ma perlomeno
potevate resistere fino alla camera da letto: ci sono dei minorenni in
casa…".
Ridacchiò spudoratamente, mentre Sirius e
Luna prima lo guardavano perplessi, poi realizzavano l’equivoca posizione in cui
erano atterrati, si scambiavano un’occhiata atterrita e infine Luna scattava
indietro come percorsa da una scarica elettrica. "Tu, pazzo maledetto!" continuò
a strepitare comunque la donna, senza comunque accennare a toccarlo, mentre
Sirius si tirava lentamente a sedere. "Disgrazia della natura… Avrebbero dovuto
sopprimerti nella culla!".
"Posso sapere che è successo?" chiese di
nuovo Remus, ansioso di sapere.
Sirius aprì la bocca per rispondere, ma Luna
lo prevenne. "Si buttato! Dalla cima del Big Ben! Ecco cosa è successo: eravamo
lì, circondati dai Mangiamorte, lui mi ha preso e si è buttato di
sotto!".
"Ci tengo a sottolineare che ti ho anche
salvato la vita" protestò Sirius: ora che lo sentiva ad alta voce da un altro
con la mente fredda, si rendeva conto di quanto sconsiderata fosse stata la sua
azione. "Quel tipo ti stava sparando un’Avada Kedavra dritto in
faccia…".
"Non mi interrompere, tu, cane degenerato!"
lo zittì Luna. "Mi sono quasi presa un colpo quando ti sei lasciato cadere,
imbecille! E Smaterializzandoti a quella velocità rischiavi comunque di
spezzarti la schiena nell’arrivo: sei un’idiota, un pazzoide, dovrebbero
rinchiuderti, tu, brutto, brutto…". E per completare degnamente la scenata,
scoppiò in singhiozzi isterici, biascicando altri insulti e portandosi le mani
al volto. "Credevo di averti perso…" riuscì a mormorare.
Sirius si tirò su lentamente, gattonando
fino a lei e abbracciandola dolcemente. "Anch’io l’ho pensato…" sussurrò, mentre
lei continuava a piangere contro il suo torace.
Remus, dal canto suo, si sentiva decisamente
di troppo: avrebbe chiesto spiegazioni e rimproverato il suo amico sconsiderato
più tardi. Prese per mano Dora, tranquillizzandola con un sorriso (tutto quel
rumore l’aveva messa in agitazione) e si defilò con discrezione, sentendosi un
po’ rassicurato.
Era appena tornato in salotto con Dora al
seguito, tranquillizzando Kitty e Ethan, quando la porta principale si aprì e
comparve il resto dell’Ordine, ammaccato, ma comunque incolume.
"State tutti bene?" domandò
ansioso.
Hermione annuì. "Per un pelo forse, ma sì.
Ci sono notizie di Sirius e Luna?".
Remus indicò con un cenno del capo la
cucina. "Sono di là, stanno bene, da quello che ho potuto capire… Ares, Drew e
Ally?".
Gli altri si scambiarono un’occhiata a
disagio. "Non ci siamo incontrati" spiegò Ted. "Ci hanno fatto sapere che l’Arma
era distrutta, era pieno di Mangiamorte, l’incendio si stava propagando: siamo
dovuti scappare…".
Remus li passò in rassegna uno ad uno. "Non
sapete niente di loro?".
"Staranno arrivando" cercò di rincuorarlo
Fred.
"Probabilmente hanno avuto il nostro stesso
problema con i Mangiamorte…" aggiunse George con un sorriso incoraggiante. "Li
avranno rallentati un po’…".
"I gemelli hanno ragione, Remus" dichiarò
Hermione. "Sono certa che saranno qui da un momento all’altro…".
Remus annuì, non del tutto rincuorato, e
tornò a sedersi stancamente sul divano. Dora lo seguì docile, dopo aver rivolto
un timido cenno di saluto a Ted.
"Andrò a mettere su del the" annunciò
Hermione. "Credo che ne abbiamo tutti bisogno, in questo momento…".
Non aveva nemmeno fatto in tempo a lasciare
la stanza che Ares, Artemis e Drew comparvero, acciaccati e bruciacchiati,
atterrando dolorosamente sul tavolino: pezzi degli scacchi schizzarono da tutte
le parti, mentre il povero mobile cedeva di schianto sotto tutto quel
peso.
"Oh, porco Merlino" imprecò Artemis,
lasciando andare la Passaporta. "Credo di avere un alfiere conficcato nel
fegato…".
"Allison Lupin, ma che razza di linguaggio è
questo!?" la rimproverò Remus in un riflesso automatico.
Artemis girò la testa all’indietro. "Ehi,
papà, come va?".
"Dovrei chiedertelo io…" sbuffò il diretto
interessato. "State bene?".
La ragazza rotolò su sé stessa per mettersi
seduta, passando in rassegna tutti i presenti e sorridendo sollevata nel vedere
tutti incolumi. Corrugò la fronte quando notò un paio di assenti. "Sirius e
Luna?".
"Di là" fu la risposta. "Scossi, ma illesi.
Ora me lo vuoi dire cosa è successo o no?".
Artemis aprì la bocca per rispondere, ma
Ares la chiamò. "Artemis, Drew…".
"Oh, porco Merlino!" ripeté di nuovo la
ragazza. Si voltò talmente bruscamente da far schioccare le ossa del collo,
cercando con lo sguardo il giovane Potter. "Ehi, Potter scavezzacollo…" lo
chiamò.
Non ottenne risposta: Drew giaceva privo di
sensi tra le braccia di Ares.
"Cosa è successo?" esclamò Hermione,
balzando in avanti, seguita da Ted. Ares si fece rispettosamente da parte,
lasciando il campo a chi più esperto di lui.
"Sylar ha cercato di possederlo di nuovo"
disse Artemis, glissando sulla parte che vedeva anche Sylar steso a terra che
urlava. "Ho cercato di fermarlo, ma eravamo lontani e c’era il fumo e tutti quei
Mangiamorte…".
Dopo un rapido esame superficiale, Ted annuì
con aria rassicurante. "Ha solo bisogno di riposare: di certo la possessione non
è durata più di un paio di minuti e l’intervento di Ally l’ha interrotta
completamente. Il cervello era in sovraccarico dopo un simile stress e ha
semplicemente chiuso bottega per qualche ora. Starà bene…".
Il responso fece rilassare tutti, lasciando
che l’euforia e la gioia prendesse il posto della preoccupazione. Il piano aveva
funzionato alla perfezione: l’Arma non avrebbe potuto nuocere a nessuno e loro
erano tutti sani e salvi.
"Fred, George, rendetevi utili e aiutatemi a
portare il bello addormentato a letto" intimò Ted. "Con cautela: ci sono un paio
di costole fratturate…".
"Ma Ted, noi siamo la cautela fatta
persona!" obiettarono i gemelli, alzandosi per eseguire gli ordini.
Artemis osservò il terzetto portare via Drew
incosciente: quando si fosse svegliato, avrebbero avuto molte cose di cui
parlare. Fino a quel momento non aveva dato peso all’affermazione secondo cui
due settimane prima Sylar aveva posseduto Drew per sbaglio, ma ora le cose erano
cambiate: aveva visto con i suoi occhi Sylar a terra, debilitato non meno di
Drew, quando aveva interrotto il contatto. La cosa non ha senso: una
possessione non può cominciare da sola, non si entra per sbaglio nella mente di
qualcuno… Ma se non è stato Sylar a cominciare e certo non può essere stato
Drew, allora chi è stato?
Scacciò quell’interrogativo dalla testa: non
era il momento. Adesso doveva solo essere felice. Sorrise a Remus e si arrampicò
sul divano al suo fianco.
"Visto che è andato tutto bene, lupo
paranoico?" sorrise.
"Sono un padre: è mio dovere essere così" si
giustificò Remus, avvolgendola con un braccio. "Ora che questa storia è finita,
potremo vivere in pace per un po’…".
Artemis annuì, accoccolandosi contro di lui.
Pace, quella parola aveva quasi perso di significato per lei. Ma era vero: senza
l’Arma, il Ministero avrebbe dovuto rimandare qualunque piano di conquista.
L’Ordine sarebbe sparito dalla circolazione per un po’, per riorganizzarsi e
preparare la prossima mossa.
E nel frattempo io cercherò una cura per
mamma e mi godrò un po’ di tempo con te, papà…
Sembrava il programma perfetto, ma purtroppo
il destino aveva altri progetti in mente…
* JK Rowling, Harry Potter e l’Ordine
della Fenice
** JK Rowling, Harry Potter e il Calice di Fuoco
LYRAPOTTER’S CORNER
E vissero per sempre felici e contenti… sì,
vi piacerebbe! E prendetelo pure come un avvertimento: il lieto fine almeno al
momento non è affatto in programma, scusate. Perciò, visto che so già che al
prossimo capitolo cominceranno a piovere le granate, vi metto sull’avviso già da
subito: qua ci scappa il morto (o i morti) e sarà una brutta, sporca e triste
faccenda!!!!! Anzi, se vi impegnate, magari riuscite pure a capire chi è: fate
mente locale, chi l’Obi Wan Kenobi della situazione?
E nel frattempo vi lascio con un altro
interrogativo a complicare il già intricato quadro: cos’hanno di sbagliato le
teste di Drew e Sylar? Eh, anche qui la strada per la verità sarà
lunga…
Ah, penso che le scene flashback che ho
inserito siano abbastanza chiare, ma se non capite qualcosa del contesto fatemi
sapere…
E ora passiamo ai
ringraziamenti:
Deidara, in
questi giorni sono una pentola in ebollizione, sarà che muoio dalla voglia di
cominciare la seconda parte, sarà che la mia musa in questi giorni è
particolarmente ispirata, sarà che non ho niente da fare, ma scrivo come una
matta! Grazie come sempre, chissà cosa penserai adesso nel vedere Sirius e Luna…
Non sono riuscita a spaventare nessuno con il mio Avada, sarà che nemmeno io
sono così cattiva da uccidere Luna proprio davanti a Sirius, gliene ho già date
troppe…
Lady Lynx, uuuuh, nome nuovo, mi gaso sempre quando vedo nomi nuovi. Grazie,
grazie e grazie, spero che recensirai ancora e di aver domato la tua
curiosità…
LadyMorgan, beh guarda, sugli orari sono l’ultima a poter parlare, perché
anch’io come puoi vedere tre quarti delle volte posto alle ore più indecenti: ma
il mio orologio biologico è tutto sballato, visto che è dalle otto di sera in
poi il mio periodo più prolifico! Niente Nargilli per stavolta, Sirius ha
rispolverato il suo vecchio mantello da supereroe, così da mantenere alta la
nostra opinione di lui… E lo so, tutti vi aspettavate un bel finale allegro,
pure la mia coscienza mi suggeriva in tal senso, ma noi (io, PierGiulio e la mia
sadica Musa) abbiamo deciso diversamente: mi sa che al prossimo capitolo vorrai
cruciarmi, ma pace… Nel tuo bel quadro, ti sei dimenticata di Sylar e la sua
testa che fanno i capricci! Alla prossima, Silvia 2, perché il male non muore
mai!
Ino chan, un’altra che al prossimo capitolo mi vorrà uccidere tra atroci
sofferenze… Io sono la prima che sbrocca, hai proprio ragione, ma sono
l’(in)coerenza fatta persona!!!!! E sì, il tuo pensiero mi è arrivato chiaro e
tondo!!!!!
Meno quattro capitoli alla
fine!!!!!
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Capitolo 29 *** Tradimento ***
MAGIC WARS
CAPITOLO XVIII: TRADIMENTO
Ministero della Magia,
Londra
Non poche teste caddero nei due giorni
seguenti al Ministero per la distruzione dell’Arma: l’Ordine della Fenice aveva
mandato in fumo un progetto in piedi da quasi un decennio in nemmeno tre ore e
per questo Lord Voldemort era ragionevolmente alterato. In effetti, definire
alterato lo stato d’animo del Primo Ministro era quanto meno eufemistico, visto
che aveva rimandato cadaveri tutti coloro che avevano avuto la malaugurata sorte
di essere da lui convocati perché in qualche modo ritenuti responsabili di
quanto accaduto, cosa che aveva ulteriormente incrementato il numero di perdite
subite dal Ministero… Non che qualcuno avesse abbastanza faccia tosta per farlo
notare all’Oscuro Signore, ben inteso.
L’unico che si era salvato dalla carneficina
generale e che, per contro, aveva spedito più di un innocente impiegato al San
Mungo per gravi lesioni da Incantesimo, era ovviamente Lord Sylar. Era rimasto
al cospetto di Voldemort cinque lunghe ore, in cui alla sonora e dolorosa
strigliata erano seguiti ordini perentori: Lord Voldemort voleva l’Ordine
annientato e ridotto all’impotenza una volta per tutte e Andrew Potter in suo
potere.
Così, Sylar si era prodigato a imparare alla
perfezione l’antico Incantesimo della pergamena e a tirare per bene il
guinzaglio di Draco Malfoy, ancora alle costole di Keith Bones. Probabilmente,
visto che stavano tutti scivolando su una china pericolosa in quei giorni,
sarebbe stato più logico che si occupasse personalmente di quella faccenda,
specie se si consideravano i non proprio brillanti di Draco negli ultimi tempi,
ma Sylar non era proprio nelle condizioni ideali per un incarico diventato così
delicato e prioritario.
L’incontro con Drew l’aveva lasciato
debilitato sia fisicamente che mentalmente, una condizione a cui doveva porre
rimedio il più in fretta possibile, soprattutto perché almeno per il momento era
riuscito a tenere nascosto l’episodio a Voldemort, cosa abbastanza sorprendente
e dettata quasi sicuramente da un misto di fortuna sfacciata e scarsa
concentrazione del suo signore, troppo infuriato in quei giorni per avere totale
controllo delle sue doti di Legilimante. Non sapeva cosa fosse successo e non
gli importava, sapeva solo che era di capitale importanza che non accadesse di
nuovo: se fosse collassato durante l’attacco al nascondiglio dell’Ordine,
qualcuno avrebbe cominciato a fare domande scomode… Così, aveva passato quei due
giorni a intensificare al massimo e anche di più le sue barriere mentali per
evitare che simili incidenti si ripetessero di nuovo.
Tutto questo, l’aveva portato in uno stato
molto simile all’ira perpetua, tant’è che pur non avendo mai brillato
particolarmente di pazienza, in quei giorni era peggio di una bomba a
orologeria, scattava per la minima stupidaggine e a farne le spese erano di
solito subalterni con poco o niente a che fare con i suoi problemi… Ma se tutto
andava secondo i suoi piani, presto avrebbe avuto qualcun altro su cui sfogare
la sua rabbia repressa: questo pensiero confortante lo aveva aiutato a tirare
avanti in quei due lunghi, estenuanti giorni fino ad arrivare a quel
momento.
Draco finì la sua relazione sugli
spostamenti di Keith Bones, cercando di tenere un viso impassibile. "Questo è
tutto, mio signore".
Fu con immenso sollievo che vide Sylar fare
un breve cenno d’assenso con il capo. "Molto bene, Draco… Molto, molto bene… Sei
certo di non esserti fatto vedere, vero?".
"Assolutamente, mio signore" lo rassicurò in
fretta Malfoy. "Sono stato attentissimo".
"Eccellente… Bene, Draco, hai
sostanzialmente confermato i miei sospetti". Rifletté un attimo tra sé, poi
riprese: "Chi c’è sopra Bones?".
Draco corrugò la fronte, pensandoci. "Credo
fosse alle dirette dipendenze di Avery, mio signore…".
Sylar annuì. Peccato che in quel preciso
momento Avery fosse al San Mungo più morto che vivo con il doppio trattamento
ricevuto dall’Ordine e da Voldemort. "Sì, lo immaginavo. Beh, chiunque
sostituisca quell’incapace, vagli a dire che deve convocare Bones e spedirmelo
qua… All’istante!".
Malfoy annuì con vigore, solerte come un
cucciolo in cerca di approvazione. "Certo, mio signore, subito mio
signore".
"E organizza una squadra di Mangiamorte:
dobbiamo piombare sull’Ordine prima che capisca che c’è qualcosa che non va e
possa fuggire. Ordina un controllo serrato dei Camini: tagliando fuori la
Smaterializzazione, sarà il mezzo di fuga più probabile per eventuali
superstiti…".
"Con tutto il rispetto, mio signore, è
improbabile che abbiamo delle linee collegate alla Metropolvere a nostra
insaputa" obiettò Malfoy, pentendosene subito.
Infatti, Sylar lo incenerì con lo sguardo.
"Non pensare, Draco: di solito non ottieni risultati particolarmente brillanti
quando lo fai… Ubbidisci e basta: dove c’è un ratto, possono essercene due e io
non intendo correre rischi…".
"Un’altra spia, intende?".
"Intendo precisamente questo: Bones potrebbe
non essere l’unico a fare il doppio gioco… Nel caso, lo scoprirò a
breve".
Calò un pesante silenzio, mentre Sylar
considerava fra sé tutte le possibili ipotesi. Quando rialzò gli occhi, fulminò
nuovamente Malfoy, fermo impalato nello stesso punto. "Ancora qui sei? Aspetti
un invito scritto per andare ad eseguire i miei ordini?".
"Oh, sì certo, perdonatemi!" esclamò Draco,
saltando come una molla, inchinandosi e facendo per uscire.
"Ah, Draco" lo fermò Sylar, senza guardarlo,
voltandosi verso le finestre.
"Sì, mio signore".
"Lungo la strada, manda un messaggio ad
Azkaban" disse Sylar, mente le labbra si increspavano in un ghigno malignamente
soddisfatto.
"Azkaban?".
"Sì. Convoca Julius con la massima urgenza.
Digli che gli offro un degno premio di consolazione per non avergli lasciato
Allison Lupin tre settimane fa: gli illuminerà la giornata…".
******
Christie e Keith stavano giusto rientrando
dalla pausa pranzo. Mentre scendevano nell’Atrium, Christie indossò di nuovo il
mantello d’ordinanza, con una smorfia di disgusto. "Detesto questa stupida
uniforme…" sbuffò, picchiettando con disapprovazione il piccolo Marchio Nero
cucito sopra.
Keith le rivolse un sorriso mite. "Pensa a
tutto quello che abbiamo fatto di buono indossando questa stupida
uniforme…".
"Già, probabilmente hai ragione" concordò la
ragazza. "Parlando di questo, mi stavo quasi dimenticando…".
"Che cosa?".
I due tacquero un attimo, mentre le porte
dell’ascensore si aprivano e loro si mischiavano alla folla. Quando fu certa che
nessuno li stesse ascoltando, Christie riprese: "Mi hanno mandato un messaggio
stamattina: questa sera hanno organizzato una festicciola per celebrare la
vittoria, ora che Moony si è ripreso…".
"Immagino dovremmo occuparci delle vivande?"
osservò Keith, con un luccichio divertito negli occhi.
"Ho già ordinato una torta da Mielandia"
confermò la ragazza, mentre i due si mettevano in fila agli ascensori per
scendere ai loro uffici. "Ci sarà scritto sopra "Buon Compleanno", ma pazienza…
Che hai da guardarmi così?" protestò, notando che Keith la osservava con
sardonico divertimento. "Mica potevo farci scrivere "Alla faccia tua, Signore
Oscuro dei miei stivali"!".
"Ah, beh, l’importante è che sia buona… Non
credo che gli altri si formalizzeranno più di tanto…".
"No, infatti… Andrò a ritirarla a fine
turno. Mi accompagni, poi andiamo a Chalmers Road insieme?".
"Fammi pensare… Accidenti, sono stato
invitato a prendere il the dal fantasma di Mago Merlino, che disdetta! Se me
l’avessi detto prima!".
Christie roteò gli occhi, dandogli un pungo
scherzoso alla spalle. "Che idiota che sei, Bones! Come faccio a essere amica di
un simile idiota proprio non lo so!".
"Per il mio naturale fascino e carisma. Ti
facevo capitolare già ai tempi della scuola, ricordi?".
"Io ricordo che tu facevi l’idiota e io,
ancora più idiota di te, ti davo spago per qualche oscura ragione che nemmeno
Merlino saprebbe dire…".
"Quinto Livello" annunciò la fredda voce
femminile, quando le porte dell’ascensore si aprirono tintinnando. "Ufficio per
la Cooperazione Magica Internazionale".
"Ops, credo che questa sia la mia fermata"
osservò Keith, facendosi largo tra la folla per uscire.
"Facciamo alla fine del turno nell’Atrium?"
gli gridò dietro Christie.
"Tienimi il posto" rispose Keith, alzando il
pollice in segno di conferma.
Il sorriso esasperato di Christie fu
l’ultima cosa che vide prima che le porte si richiudessero: ancora non lo
sapeva, ma quella era l’ultima volta che si vedevano…
Non fece nemmeno in tempo ad arrivare alla sua scrivania
che Millicent Bulstrode, il suo nuovo temporaneo arcigno superiore, gli sbucò
davanti. "Con comodo, eh, Bones?" lo apostrofò, con voce irritata.
"Veramente, la pausa pranzo termina tra ventisette secondi,
signora" precisò Keith, dopo una rapida occhiata all’orologio. "Quindi sono in
perfetto orario".
Merlino, aveva intorno quella donna solo da due giorni e
aveva già capito che sarebbe stata peggio di Avery, il che è tutto dire: lo
stava mandando al manicomio. Bones qui, Bones là, Bones fa questo, Bones fa
quello, neanche fosse stato l’unico a lavorare in quel reparto: sembrava averlo
scambiato per il suo schiavetto personale!
Millicent lo fulminò con lo sguardo. "Modera i toni,
ragazzo: io non sono una pasta frolla come Avery, se non mi porti rispetto, te
la farò pagare!".
Ma
se ti ho pure chiamata signora, sottospecie di arpia!, sbuffò tra sé Keith, che tuttavia ebbe il
buonsenso di parafrasare questa frase in un decisamente più educato: "Ma
certamente, signora: non accadrà più!".
"Vorrei ben vedere" sbuffò la donna. "Comunque, Lord Sylar
ti vuole parlare: ti ha convocato con urgenza nel suo ufficio".
Al
sentire nominare il viceministro, Keith sentì lo stomaco attorcigliarsi in una
fitta automatica di panico: che cosa voleva Sylar da lui? Era poco più di un
impiegato… Non è che… No, è impossibile: come potrebbe
sospettare qualcosa?
"Lord Sylar?" ripeté, cercando di controllare il tono di
voce. "Per che cosa vuole parlarmi?".
"Ma che vuoi che ne sappia?!" sbottò Millicent sdegnata.
"Ti sembro forse la sua segretaria? Lavoravi a stretto contatto con Avery, no?
Vorrà farti qualche domanda sulla fuga di notizie che ha portato l’Ordine della
Fenice all’Arma…".
Keith annuì, anche se la cosa non lo convinceva: l’avevano
già interrogato per questo, ai tempi in cui i Piani erano stati trafugati ed era
riuscito a non destare sospetti. Ma in effetti, per cos’altro poteva
essere?
"Forza, muoviti!" gli intimò Millicent, dandogli una
spinta. "Non si fa aspettare Lord Sylar, soprattutto in questi
giorni…".
"Sì, sì, ho capito, vado" sbuffò Keith,
avviandosi.
"E
per quando torni, voglio quel documento sui danni a Westminster entro stasera,
Bones, capito?".
Keith le fece un vago cenno con la mano, resistendo a
stento alla tentazione di farle un gestaccio. Le dovrò
truccare il caffé: una bella pozione lassativa e me la levo dai piedi per
qualche ora… Merlino, non avrei mai pensato di poter rimpiangere
Avery…
Mentre ripercorreva a ritroso il percorso appena compiuto
diretto all’ufficio di Sylar, lasciò da parte quei pensieri poco costruttivi e
tornò a interrogarsi su cosa il viceministro potesse volere da lui. Possibile
che sospettasse sul serio qualcosa? In fondo il nome della sua famiglia era
abbastanza pericoloso, anche se il ministero sapeva benissimo che non sentiva
sua cugina Susan da anni, visto che gli controllava periodicamente la posta…
Ah, il ruolo della spia è decisamente troppo stressante:
sto diventando paranoico, si
disse, scacciando quei pensieri poco rassicuranti. Di
certo starà rifacendo il giro degli impiegati per interrogarli sull’Arma, dopo
quello che è successo due giorni fa…
Malgrado questa convinzione, una volta giunto davanti alla
porta dell’ufficio di Sylar esitò prima di bussare. Aveva la maledetta
sensazione di star facendo la fine dell’agnello che si infila di sua spontanea
volontà nella tana del lupo: era quasi certo che fosse solo suggestione, ma cosa
poteva farci? Camminava sul filo di lana da quasi quattro anni, conosceva bene
quella sensazione: il moto vigilanza costante per una spia come lui e Christie
valeva il doppio.
Prima entro, prima finisco e torno a occuparmi dell’arpia,
pensò. Togliamoci il pensiero…
Intensificò le sue barriere mentali, si stampò in faccia un
sorriso ossequioso (pur nel suo alto disprezzo per qualunque autorità, non
sarebbe mai stato così stupido da rivolgersi a Sylar come si era rivolto a
Millicent poco prima) e bussò con decisione.
"Avanti".
Keith entrò, con il cuore che suo malgrado batteva al
doppio del normale e lo stomaco contratto. "Mi avete convocato, mio
signore?".
Sylar sorrise dietro la maschera: non c’era sospetto nel
volto del ragazzo, solo il normale con cui tutti si rivolgevano a lui. Eccellente, Draco ha fatto un buon lavoro questa volta…
"Prego, signor Bones, si accomodi" gli disse, indicandogli la
sedia.
Keith ubbidì, con tutti i sensi all’erta, teso come un
corda di violino: era facile dirsi di stare calmo, farlo era tutto un altro paio
di maniche. "Posso chiedere perché volete vedermi, milord?" domandò, cercando di
mantenere un tono rispettoso.
"La vedo un po’ nervoso…".
"Ho molto lavoro da fare" spiegò il ragazzo. "E poco tempo
per farlo".
"Non le ruberò molto tempo, signor Bones" lo rassicurò
Sylar. "Una tazza di the?".
Senza neanche attendere la sua risposta gli allungò una
tazzina, aspettandosi chiaramente che lui la bevesse. Veritaserum, si disse Keith, per nulla sorpreso. Era
una pratica standard durante gli interrogatori. Si dispiacque di non aver fatto
in tempo a bere l’antidoto che teneva nella sua scrivania, avrebbe potuto bere
senza problemi. In quel modo, gli sarebbe toccato fingere e sperare che Sylar
non lo notasse.
Non dovette farlo, perché non fece commenti quando Keith si
portò la tazza alle labbra e finse di bere un paio di sorsi. "Perdonatemi" disse
subito dopo, tenendosela stretta al petto per non far notare che era ancora
piena. "Ho ancora in bocca il sapore del pranzo…".
Sylar accettò la scusa con un cenno d’assenso: entrambi
sapevano bene che un solo sorso era più che sufficiente perché il Veritaserum
avesse effetto. "Certo, capisco. Mi dica, signor Bones, è soddisfatto del suo
impiego qui al Ministero della Magia?".
"Oh, suppongo di sì. Sì, sì, certo" confermò Keith,
enfatizzando la risposta con un cenno d’assenso. "Il signor Avery accennava a
una promozione entro la fine dell’anno…".
"Sì, ho dato un’occhiata alla sua cartella. Un curriculum
davvero considerevole, signor Bones: potrebbe arrivare molto in alto, potrebbe
essere un buon Mangiamorte…".
"Non è la carriera che fa per me, mio signore" lo smentì
Keith. "Preferisco il lavoro d’ufficio… E la mia famiglia non desiderava che
intraprendessi quella particolare professione…".
Sylar lo osservò sorpreso. "Curioso" commentò. "Sono poche
le persone che ho sentito fare un discorso simile in questi anni: quasi tutti i
suoi coetanei ambirebbero a essere degni di prendere il Marchio…".
"Non è una carica che si può prendere con leggerezza. E io
non mi sento portato…". Keith era sempre più perplesso: Sylar l’aveva convocato
fin lì per convincerlo a farsi marchiare? In tal caso, avrebbe dovuto
arrendersi: piuttosto che diventare un Mangiamorte, Keith si sarebbe fatto
uccidere.
"Davvero?" fu il commento di Sylar. "Eppure con i suoi
risultati scolastici… Ai M.A.G.O. ha collezionati voti dalla O in su, perfino un
Eccezionale in Arti Oscure e Amycus Carrow non è certo clemente con i suoi
allievi… Lei era a Tassorosso, vero?".
Keith annuì. "Sì. Tradizione di famiglia: i Bones sono a
Tassorosso da generazioni".
"Buon sangue non mente. Mi dica, ha conosciuto Allison
Lupin quando era ad Hogwarts? So che anche lei fu smistata a
Tassorosso…".
"La conoscevo di vista" rispose Keith cauto, chiedendosi
dove quella conversazione lo stesse portando. "Ero Prefetto quando lei era al
primo anno: a quell’età, sei anni sono una differenza notevole, capite… Mi ha
dato parecchi grattacapi, comunque: l’ho dovuta mettere più volte in
punizione…".
Questa in realtà era una mezza bugia: era vero che qualche
volta aveva punito l’allora undicenne Artemis, ma erano state molte di più
quelle in cui l’aveva coperta e salvata dai crudeli castighi di Malfoy e soci.
"Dopo il diploma, non l’ho più vista" riprese. "Ho letto sui giornali quello che
le è capitato…".
"Quindi, lei e la signorina Lupin non eravate amici, dico
bene?" domandò ancora Sylar.
"L’ho già detto, da ragazzi, sei anni sono tanti: lei era
poco più di una bambina e io… beh, non posso dire che fossi un uomo, ma non ero
interessato a fraternizzare con i ragazzini… Perciò, no, non eravamo amici"
concluse, torcendo nervosamente un lembo del mantello: dove voleva andare a
parare Sylar con quel discorso?
"Capisco" fu l’asciutto commentò di Sylar. "E allora, mi
dica, visto che sono molto curioso di sapere quale sarà la sua risposta, signor
Bones, che cosa l’ha spinta ha unirsi all’Ordine della Fenice e tradire il
Ministero e l’Oscuro Signore?".
Quelle parole gelarono Keith sul posto. Non l’ha detto sul serio… Non può averlo detto sul serio…
"Che cosa…".
Sylar alzò le mani per troncare sul nascere la sua
protesta. "Si risparmi patetici tentativi di difesa, signor Bones, non voglio
sprecare tempo prezioso: abbiamo prove schiaccianti, coadiuvate dalla
testimonianza di Draco Malfoy, che le sta alle costole da giorni, ormai. Lei è
una spia dell’Ordine, non si affanni a negarlo…".
Il
viso di Keith si indurì in un’espressione dura e decisa: non avrebbe lasciato
trapelare il suo sconforto e il suo terrore, non gli avrebbe dato quella
soddisfazione. Era perfettamente consapevole che era finita, che se gli fosse
andata bene, avrebbe passato il resto della sua vita in una cella di Azkaban, ma
non gli importava: non avrebbe implorato pietà. "Benissimo, allora non lo farò.
Che cosa volete da me?".
"Il nascondiglio dell’Ordine, niente di più, niente di
meno" rispose Sylar con un’alzata di spalle. "Un semplice, piccolo
indirizzo…".
"E
perché dovrei darvelo? Mi ucciderete in ogni caso: perché dovrei tradire i miei
compagni ed amici?".
"Perché, se lo farà, la lascerò andare".
Silenzio. Keith dovette fare del suo meglio per nascondere
lo stupore: Sylar aveva appena detto quello che credeva avesse detto?
"Come?".
"Ha sentito benissimo" ribatté Sylar, con un gesto stizzito
della mano. "Mi dica dove trovare l’Ordine e potrà tornare al suo lavoro come se
niente fosse successo… Si potrebbe anche riconsiderare l’ipotesi di quella
promozione tra un po’ di tempo, quando sarò certo di poterle nuovamente
accordare la mia fiducia…".
Il
ragazzo non rispose: quello era un colpo basso e Sylar lo sapeva bene. Gli stava
offrendo la libertà in cambio della vita dei suoi amici. Andò con i pensieri
agli altri membri dell’Ordine: Sirius, Remus, Ted, i gemelli, Hermione, Luna,
Drew, Ares, Artemis, Christie… Poteva sul serio tradirli così? Sarebbe mai
riuscito a guardarsi di nuovo allo specchio se lo faceva? La risposta era
scontata in entrambi i casi: sapeva perfettamente cosa doveva fare, cosa uno
chiunque di loro avrebbe fatto al posto suo…
"Spiacente, Sylar" disse in tono asciutto, "ma io non sono
un infame traditore: non ti dirò mai dove si nasconde l’Ordine!".
"No?" ridacchiò Sylar. "Ne è sicuro? Questa è la mia ultima
offerta: sa cosa le succederà se rifiuta di collaborare…".
"Sì e non mi importa: se dovrò morire, lo farò con la
coscienza pulita!".
Sylar annuì, abbassando il capo con aria sconfortata. "Se è
questo che vuole… Hai sentito, Julius? Abbiamo qui un piccolo eroe".
Keith balzò in piedi di scatto, facendo andare in frantumi
la tazza di the che ancora aveva in mano, nello stesso istante in cui Julius
Osborne entrava nella stanza, chiudendosela magicamente alle spalle. "Mi
piacciono i piccoli eroi" commentò con un ghigno divertito. "Urlano sempre più
forte degli altri…".
Keith cercò di portare la mano alla bacchetta, ma Sylar
come prevedibile fu più rapido di lui e lo Disarmò prima ancora che pensasse a
quale Incantesimo scagliare. "Questa non le servirà più, signor Bones" fu il
commento, mentre la spezzava in due come fosse stata uno
stuzzicadenti.
Il
ragazzo fece saettare lo sguardo da lui a Osborne un paio di volte, mentre la
lenta consapevolezza di quanto era davvero accaduto si faceva strada in lui. "Tu
non mi avresti mai lasciato andare, vero?" chiese, con rabbia e rassegnazione
insieme.
"In effetti, no, non ti avrei lasciato andare" confermò
Sylar, divertito. "Sei sveglio: te l’ho detto che avevi grandi potenzialità,
peccato che tu le abbia sfruttate nel modo sbagliato…".
"E
allora qual era lo scopo di quella pantomima di poco fa se già volevi
consegnarmi a lui?" e indicò Julius.
"Volevo semplicemente vedere quanto saresti stato disposto
a cadere in basso per salvarti" ridacchiò Sylar. "Se ti può consolare, hai fatto
la scelta giusta, relativamente parlando: non si dovrebbero mai sposare ideali
per cui non saresti disposto a morire".
"Bene, felice di avervi soddisfatto… Immagino che Azkaban
mi stia aspettando…".
Fece per accostarsi a Osborne, ma quello gli puntò contro
la bacchetta, mentre il sorriso si allargava ancora di più sul suo volto. "Non
così in fretta, passerotto: abbiamo altro da fare, prima…".
Un
brivido di terrore percorse la spina dorsale di Keith: non gli piaceva per nulla
il modo in cui Osborne lo fissava, conosceva anche troppo bene la sua fama… "Che
cosa significa?" chiese, cercando di non cedere definitivamente alla
paura.
"È
molto semplice, Bones" chiocciò Sylar. "Io ho assoluta necessità di sapere dov’è
l’Ordine della Fenice si nasconda e tu me lo dirai… E siccome hai rifiutato di
collaborare con le buone, vedremo di costringerti con le cattive: Julius è qui
proprio per questo…".
"Spiacente, passerotto" sghignazzò Osborne. "Sono proprio
curioso di vedere quanto saprai resistere…".
"Vedi di non esagerare, Julius" lo ammonì Sylar. "Mi serve
vivo e mentalmente stabile finché non ha sputato la verità, poi potrai farne
quello che vuoi, ma fino ad allora…".
"Io non ti dirò nulla!" gridò Keith. "Hai capito?
NULLA!".
Preda alla disperazione, cercò di fuggire verso la porta,
ma fu raggiunto da due blandi Schiantesimi che lo spedirono a terra contro il
muro. Cercò di tirarsi in piedi, ma Osborne lo colpì con un calcio al
fianco.
"Allora passerotto, ecco le regole del gioco: io domando e
tu rispondi, altrimenti arriva il dolore. Semplice, no?".
"Dove si nasconde l’Ordine?" domandò Sylar.
"Va’ all’inferno!" gridò Keith.
"Proprio quello che volevo sentire" cinguettò Osborne.
"CRUCIO!".
Nessuno al di fuori di quell’ufficio sentì le grida di
Keith, grazie agli Incantesimi Isolanti preventivamente lanciati da
Sylar.
******
Christie si salvò per un semplice colpo di fortuna: se si
fosse trovata nel suo Ufficio al Sesto Livello non sarebbe mia riuscita a
scappare in tempo.
Invece, il suo capo dipartimento l’aveva spedita
all’Ufficio Anagrafe a controllare alcuni tabulati sui servizi pubblici Babbani
dell’ultimo trimestre visto che c’erano alcuni problemi con delle cifre che non
tornavano, perciò era appena risalita nell’Atrium carica di fogli e cartellette
quando il galeone falso dell’ES che aveva nella tasca interna del mantello e che
lei e Keith usavano per comunicare divenne caldo all’improvviso.
Oh, Keith, che diavolo vuoi adesso?, sbuffò tra sé la ragazza, un po’ stupita: si
erano separati nemmeno un’ora prima, cosa poteva doverle dire di tanto urgente
da non poter aspettare?
Facendo qualche contorsione per non far cadere tutti i
fogli, prese il galeone in mano, mentre si metteva in coda davanti all’ascensore
per salire alla Sala d’Ingresso. Dopo essersi assicurata che nessuno stesse
facendo caso a lei, lesse il messaggio: poche parole che la gelarono dall’orrore
e le salvarono la vita. Smascherato. Christie, scappa e
perdonami.
Smascherato? Keith era stato smascherato? No, era
impossibile… No, non è vero, non può essere vero…
Conosceva Keith da quando erano ragazzini, erano amici fin dai tempi della
scuola, anche se provenivano da case diverse (lei era Corvonero)… Era stato
Keith a proporle per primo di entrare nell’Ordine, avevano sempre combattuto
fianco a fianco… E ora Keith era stato smascherato, il che significava che
probabilmente Sylar lo aveva catturato e torturato, forse lo stava ancora
torturando…
Scappa e perdonami… Keith li aveva traditi: Keith aveva
detto a Sylar il suo nome, il nascondiglio dell’Ordine… E aveva avuto la forza
di avvisarla: era stato il suo ultimo gesto come amico, se ne stava rendendo
lentamente conto… La voglia di lasciarsi cadere lì e scoppiare in lacrime era
incredibilmente forte, nemmeno si era resa conto di aver lasciato cadere tutti i
foglio: era finito, era tutto finito, Keith se n’era andato per sempre… L’Ordine! Gli altri non sanno niente e Sylar starà di certo
per piombare loro addosso.
Scappa e perdonami. Era stato l’ultima richiesta di Keith:
ci sarebbe stato tempo per piangere in seguito, ora doveva uscire da quel covo
di lupi prima che fosse troppo tardi, correre a Chalmers Road e avvisare
l’Ordine, fuggire in un posto sicuro…
"Signorina, si vuole muovere o no?" la richiamò stizzito il
mago dietro di lei.
Devo andarmene da qui! Ignorando tutto il resto, passò rapidamente in rassegna le
sue vie di fuga: la cosa più logica da fare era risalire all’Ingresso, fare
finta di nulla e precipitarsi in strada. Piano che andò in frantumi quando le
porte dell’ascensore si aprirono e Sylar fece la sua entrata, la bacchetta già
in pugno.
Porco Merlino santo!, imprecò Christie, abbassandosi istintivamente per
nascondersi dietro la schiena dell’uomo davanti a lei. Mai come in quel momento
era stata tanto felice di essere alta poco più di un metro e sessanta: era la
statura ideale per passare inosservata.
Ma
nemmeno quella l’avrebbe aiutata per fuggire: tagliando fuori l’ingresso
principale, avrebbe dovuto attraversare di corsa tutto l’Atrium e arrivare a uno
dei camini. Strinse il pugno contro la bacchetta: non si sarebbe arresa senza
lottare. Ce la posso fare: sono uscita da situazioni
peggiori di questa. Ce la posso fare…
"Ma si può sapere che diavolo sta facendo, signorina?"
sbottò il mago che stava usando come scudo, attirando inevitabilmente
l’attenzione di Sylar: il Mangiamorte, che non l’aveva notata e stava per
attraversare il salone, presumibilmente diretto al Sesto Livello, si girò
bruscamente nella sua direzione. Per un attimo rimasero entrambi paralizzati in
una specie di stasi, poi Sylar alzò la bacchetta contro di lei. "La signorina
Davies, presumo… Non si muova: sarà meglio per tutti se mi segue senza opporre
resistenza".
"Te lo sogni, Sylar!" gridò lei, sparandogli contro una
Maledizione. "Erano anni che sognavo di farlo…". Si liberò con un gesto stizzito
del mantello della divisa e scattò verso i camini, ignorando i fischi degli
Incantesimi che Sylar le spedì dietro.
"Fermatela!" ordinò. "È una spia dell’Ordine:
fermatela!".
Dopo il primo momento di stupore, come un solo uomo, tutti
i presenti nell’Atrium iniziarono a confluire verso Christie, che dribblando
avversari e aprendosi la strada a maledizioni era già a metà del percorso. E no, non mi lascerò fregare a questo modo… Sarebbe
uscita da lì, anche a costo di aprirsi la strada con le unghie e con i denti,
strisciando sui gomiti.
"E
levatevi dai piedi!" gridò al colmo della rabbia, procedendo a pugni e spintoni,
falciando la folla con tutti gli Incantesimi che le venivano in
mente.
Era quasi ai camini quando una mano si strinse intorno al
suo braccio e si rifiutò di mollarlo. "Malfoy…" sibilò, riconoscendo
quell’odiata testa platinata. "Levami le mani di dosso se non vuoi che ti
spacchi la faccia!".
"Avanti, provaci!" la provocò Draco, torcendole il braccio
e strappandole un gemito di dolore. "Voglio proprio vederti, schifosa
parassita!".
"Signorina Davies, temo che sia al capolinea" osservò Sylar
avvicinandosi lentamente. "Abbassi la bacchetta: non voglio ucciderla se non
sarà strettamente necessario…".
"Che slancio di umanità commuovente" commentò la ragazza.
"Preferisco morire piuttosto che marcire ad Azkaban per il diletto di Julius
Osborne… Ti ho detto di lasciarmi andare!".
Diede un forte strattone con il braccio, ignorando il
dolore, afferrò Malfoy per il colletto e se lo portò davanti, giusto in tempo
per parare lo Schiantesimo che Sylar le aveva spedito contro. Lasciò andare il
corpo esanime di Draco con un calcio e si guardò intorno frenetica, alla
disperata ricerca di una via di fuga, mentre un cerchio di almeno una ventina di
persone si chiudeva velocemente intorno a lei.
Pensa come penserebbe Sirius…, si disse. E fece la prima cosa che le venne in
mente: puntò la bacchetta verso l’alto e gridò: "Reducto!", ripetendo la formula
tre volte in tre punti diversi.
Polvere e pezzi di soffitto presero a piovere sulle loro
teste sotto la forza dell’Incantesimo Polverizzante, levando grida d’allarme e
provocando il panico generale.
Senza preoccuparsi dei danni che aveva appena procurato,
Christie approfittò della confusione per rompere il cerchio e precipitarsi verso
i camini. Sylar fece un ultimo disperato tentativo di fermarla, lanciando
l’Anatema che Uccide, ma la mancò: la ragazza saltò nel camino più vicino,
sparendo tra le fiamme smeraldine.
Quartier Generale
Dell’Ordine della Fenice
Londra.
A
Chalmers Road, nel frattempo, l’Ordine ancora ignaro della disgrazia appena
capitata era in pieno clima festaiolo. Hermione e Ted stavano disperatamente
tentando di tenere i gemelli lontano dal mini buffet che avevano preparato, con
scarsi risultati, visto che Fred e George erano maestri in quel gioco da quando
avevano più o meno sei anni… E se erano riusciti a farla a Molly Weasley, che
speranze potevano avere loro? In compenso, se ne ricavavano divertenti
siparietti in cui il gemello di turno veniva inseguito da o Hermione o Ted che a
seconda dei casi brandivano padelle o scope, per la gioia degli altri
astanti.
"Argh, Remus salvami!". Fred (o era George?) sbucò dalla
cucina con in mano quello che sembrava un intero piatto di pizzette e andò a
nascondersi dietro il licantropo, comodamente seduto in poltrona.
"Per favore, non mettermi in mezzo in questa storia" cercò
di protestare Remus, cercando di andarsene. Non fosse che il gemello gli strappò
il bastone di mano, brandendolo come una scimitarra per puntarlo contro
Hermione, che a passi lenti veniva nella sia direzione impugnando un… coltello
da macellaio!.
"Stammi alla larga, pazza furiosa!".
"Remus ha ragione, Fred" sbuffò la donna. "Non metterlo in
mezzo e ridammi quel vassoio se non vuoi che ti tranci le mani!".
"Scordatelo!" gridò Fred, agitando verso di lei il bastone
e rischiando di prendere Remus sulla testa.
"Fred, abbassa quell’arnese!" sbottò il licantropo. "O
giuro che te lo ritroverai in un posto dove è abbastanza inusuale trovare un
bastone…".
"Non posso: è la mia unica arma contro quella pazza
assassina!".
Hermione sbuffò esasperata, tirò fuori la bacchetta e
Appellò a sé il vassoio, senza far cadere una sola pizzetta. "Lo sapevi
benissimo che quel coltello era di gomma: era una delle tue stramaledettissime
bacchette finte! Tu e tuo fratello tenete le vostre manacce ingorde lontane dal
mio buffet: si mangia solo quando arrivano Keith e Christie!".
"Ma ci stanno mettendo una vita!" protestò George,
spuntando alle sue spalle seguito da una scarpa di Ted. "Non potremmo cominciare
noi e poi continuare quando arrivano? Tanto la torta ce l’hanno
loro…".
"Ti preeeeego, Hermione" aggiunse Fred, con occhioni
supplicanti.
"Sì, ti prego Hermione" gli fece eco Remus. "Non li
sopporto più…".
"Nessuno li sopporta più!" concordò Ted. Lui e Hermione si
scambiarono un’occhiata, sospirarono all’unisono e fecero un solo secco cenno
d’assenso. "E va bene!".
Nemmeno avevano finito di dirlo che i gemelli si erano già
precipitati in cucina.
"No, no, bestie incivili, che fate?" gli richiamò Hermione,
seguendoli. "Quella roba deve bastare per tutti!".
Drew e Ethan comparvero in quel momento. "Che succede?"
domandò Drew, incuriosito dalle grida di Hermione.
"Nulla, solo i gemelli che hanno cominciato a mangiare:
veramente sembrano un branco di sciacalli, ma pazienza…".
"Evviva" approvò Ethan con un sorriso entusiasta. "Avevo
proprio fame!". Senza aggiungere altro, si precipitò a sua volta verso la
cucina.
Remus ridacchiò. "Vado a chiamare gli altri" disse. "Prima
che quelle tre belve spazzolino via tutto…".
"Vado a cercare Kitty" disse Drew, facendo dietro front
prima che Remus o Ted potessero fermarlo.
"È
una mia impressione o da qualche giorno ci evita?" domandò Remus al
suocero.
Ted si strinse nelle spalle. "Sarà una cosa del momento:
quello che Sylar gli ha fatto vedere non deve essere stato bello… Basterà un po’
di tempo".
"Se lo dici tu, Ted. Vado a vedere dove si sono cacciati
gli altri…".
Ted annuì e andò a prendere Dora per guidarla in cucina,
mentre Remus saliva le scale per recuperare gli assenti. Lungo la strada
incrociò Artemis e Ares che scendevano.
"Fred e George hanno deciso che è ora di mangiare"
comunicò. "Meglio se vi sbrigate, altrimenti non resterà nulla…".
"Grazie, papà, veniamo subito" disse Artemis con un sorriso
in qualche modo forzato.
"Hai visto gli altri?".
"Drew è appena passato… Sirius e Luna non li ho visti.
Scusami".
Remus guardò perplesso la figlia mentre si allontanava
seguita dal suo silenzioso compagno: qualcosa non andava, sua figlia si
comportava in modo strano, poco ma sicuro. Stai solo
diventando paranoico: non sta succedendo niente, piantala! Smettila di vedere
complotti dappertutto. Eppure, a volte temeva ancora che Artemis potesse
prendere la porta e sparire di nuovo.
Scacciò quei pensieri, tornando a dedicarsi alla ricerca di
Sirius e Luna. Dove si saranno cacciati quei due? A
pensarci bene, da quant’è che non li vedeva in giro? Parecchio tempo. Remus fece
indugiare lo sguardo verso la porta della camera di Luna e Hermione, saldamente
chiusa, e ridacchiò tra sé. Forse, tutto sommato è molto
meglio non trovarli… Così, fece dietro front e tornò di sotto, sperando di
poter trovare ancora qualcosa da mangiare.
******
Ares e Artemis erano nel salotto, completamente estraniati
dal cicaleccio dei festeggiamenti. Artemis era seduta su davanzale della
finestra e osservava con aria assorta i passanti. "Allora, sei proprio deciso?"
domandò, senza voltarsi, osservando il riflesso dell’amico sul vetro.
"Lo sai anche tu che questo non è il mio posto, Artemis"
dichiarò Ares con voce atona.
"Anche dopo quello che Sylar ha detto a Westminster?"
sbottò la ragazza, voltandosi di scatto verso di lui. "Anche dopo che ti ha
quasi riconosciuto?".
Ci
si era arrovellata per ore su quell’episodio: Sylar aveva quasi riconosciuto
Ares, ne era certa. Poteva anche essere una coincidenza, dettata dal fatto che
dopotutto anche Sylar si era occupato del genocidio dei Sanguesporco, ma
Artemis, forse influenzata da quello che sapeva sul viceministro, non poteva
evitare di costruire un collegamento: non sapeva di preciso l’età di Ares, ma a
conti fatti, avrebbe potuto essere a Hogwarts nello stesso periodo di Harry. Ma
quando aveva affrontato la questione con Ares, si era scontrata con il solito
silenzio.
"Quello che è successo con Sylar non ha importanza" disse
Ares. "Mi ha riconosciuto come Figlio di Babbani, niente di più…".
"Ma ora ti darà la caccia" protestò Artemis. "Se ha capito
che sei Figlio di Babbani, ti darà la caccia: l’Ordine ti può
proteggere…".
"E
tu sai che saprò cavarmela anche da solo, come ho sempre fatto. Ti prego, non
rendere le cose ancora più difficili: io non posso restare…".
"Potresti se volessi" obiettò la ragazza, distogliendo lo
sguardo. "Saresti il benvenuto, se solo lo volessi…".
"Questo non è il mio posto. Il mondo magico non è il mio
posto: forse non lo è mai stato…".
Artemis sospirò: stava combattendo una battaglia persa,
ormai doveva rassegnarsi, anche se non era proprio della sua indole. "Non è
giusto…".
Ares sorrise debolmente, avvicinandosi e poggiandole una
mano sulla spalla. "La vita spesso non lo è, bambina… Non hai più bisogno di me:
resta qui e vivi la tua vita con la tua famiglia. Te sei meritato".
"Promettimi che tornerai a trovarmi un giorno, che non
sparirai come un fantasma…".
"Solo se tu prometti a me di non venire mai a
cercarmi".
Artemis ridacchiò. "Sei il solito ricattatore… E sia, te lo
prometto".
"E
io prometto a te di tornare. E tu sai che mantengo sempre le mie
promesse…".
Artemis si voltò, cercando lo sguardo del compagno di tante
avventure. "Non posso dire o fare proprio nulla per convincerti a cambiare
idea?".
Ares aprì la bocca per rispondere, ma in quel momento il
camino alle loro spalle si illuminò di verde, sputando fuori una impolverata e
completamente sottosopra Christie.
"Christie!" esclamò Artemis, balzando in piedi. "Cosa
succede? Che ci fai qui?".
L’altra si rialzò in piedi in fretta, tenendosi il fianco,
respirando affannosamente. "Sylar… Ministero… Keith…".
"Riprendi fiato" le suggerì Artemis, facendo per
avvicinarsi. "Vado a prenderti qualcosa da bere?".
"NO!". L’urlo d’allarme la fece sobbalzare e richiamò anche
gli altri dalla cucina e Remus che era appena arrivato all’ultimo scalino.
"Keith… lui, lui è stato scoperto. Sylar sta per arrivare…".
Calò un silenzio carico d’orrore: per alcuni secondi di
puro shock nessuno riuscì a fare o dire nulla.
"Dobbiamo andarcene!" saltò su all’improvviso Hermione.
"Subito, prima che sia tardi!".
Ares si voltò di scatto verso la finestra a cui Artemis
stava dando le spalle, mentre tutti si mettevano rapidamente in moto. "Artemis!"
gridò, afferrandola all’improvviso per il braccio e tirandola in terra, con sua
somma sorpresa.
Il
raggio verde che mandò in frantumi la finestra passò esattamente dove un attimo
prima c’era la sua testa e andò a colpire la parete. Era già troppo
tardi!
******
Luna stava risistemando il suo guardaroba. Non che ce ne
fosse reale bisogno, visto che era già in ordine perfetto, ma aveva bisogno di
tenere mani e mente occupate: doveva assolutamente scacciare Sirius dai suoi
pensieri e dopo aver passato la mattinata a cucinare per la festa, quella era
l’attività migliore che le fosse venuta in mente.
Erano due giorni che non riusciva a pensare altro che a
Sirius, da quando avevano passato qualcosa come due ore abbracciati nel
cortiletto sul retro, prima che qualcuno venisse a cercarli. Erano due giorni
che non quasi non dormiva. Ed erano due giorni che cercava di evitare Sirius in
tutti i modi possibili, cosa abbastanza complicata, considerando che vivevano
sotto lo stesso tetto, dormivano a una camera di distanza e dividevano lo stesso
bagno.
Sapeva che qualcosa tra loro era definitivamente cambiato:
quell’episodio aveva messo fin troppo in evidenza i sentimenti che provavano
l’uno per l’altra perché potessero continuare a far finta di nulla come avevano
fatto fino a quel momento. Nessuno dei due l’aveva detto a chiare lettere, ma
era ovvio: si erano entrambi esposti troppo per poter tornare
indietro.
E
lei non era affatto sicura che quello fosse un bene: amava Sirius, lo aveva
capito nel momento stesso in cui aveva creduto di averlo perso, forse l’aveva
sempre saputo, ma aveva paura. L’ultima volta che si era lasciata andare, Rolf
l’aveva tradita e per anni aveva dovuto convivere con il suo cuore spezzato: era
certa che non avrebbe potuto sopportare un altro colpo del genere. E tra lei e
Sirius c’erano tante cose che potevano andare storte: l’enorme differenza di
età, la convivenza continua a cui erano forzati, i rischi che dovevano
affrontare tutti i giorni, tutto remava contro di loro. Luna aveva da tempo
rinunciato alla visione romantica secondo cui l’amore sconfigge ogni cosa: nella
sua vita aveva visto tanti, troppi cuori spezzati per poterci sul serio credere.
Se l’amore fosse stato imbattibile, Ron non sarebbe morto lasciando sola
Hermione, Dora non sarebbe stata intrappolata in quello stato di
semi-incoscienza, Rolf non l’avrebbe venduta al Ministero, Drew non sarebbe
stato orfano… L’amore non poteva bastare da solo a risolvere tutti i
problemi.
Luna scosse il capo, piegando una sgargiante camicetta a
fiori. Così non funziona… Devo smettere di pensare a
questo genere di cose o non mi passerà mai… Ma in fondo, davvero voleva che
le passasse? Voleva sul serio rinunciare a Sirius? A quella domanda, il suo
cuore cominciava a gridare a gran voce "no, no, no", mentre la sua testa le
intimava "è uno sbaglio: scordati di lui!". Da quando Luna Lovegood ascoltava
quello che le diceva il buonsenso? Aveva sempre vissuto secondo quello che
credeva giusto, fregandosene di quello che pensavano gli altri o meglio fingendo
che non gliene importasse… Forse il problema è che non
so cosa sia giusto questa volta, fu la sua sconsolata conclusione.
"Luna?".
La
donna si voltò con un sobbalzo: l’oggetto di tutti i suoi pensieri e problemi le
stava di fronte, incorniciato dallo stipite della porta e la fissava. Il suo
cuore cominciò a battere al doppio della velocità.
"Sirius, che cosa c’è?".
"Noi dobbiamo parlare" dichiarò l’uomo, chiudendosi la
porta alle spalle e avanzando lentamente verso di lei. Dalla faccia che aveva,
sembrava dubitare perfino lui della decisione che aveva preso; ciononostante,
non sembrava intenzionato a cambiare idea.
"Di cosa?" domandò Luna, pur conoscendo la risposta:
entrambi sapevano di dover sostenere quella conversazione, prima o poi. Distolse
lo sguardo, tornando a sistemare le sue camicie.
Sirius si avvicinò lentamente, costringendola a guardarlo
in faccia. "Lo sai di cosa, Luna".
Luna sospirò, stringendo convulsamente i pugni intorno alla
maglietta che aveva in mano. "Sì, lo so, è vero…".
"Detesto quando Remus ha ragione" esordì Sirius,
appoggiandosi alla parete più vicina e prendendosi la testa tra le mani. "Il che
succede quasi sempre, a pensarci bene: che possa diventare matto se capisco come
diavolo fa… Ma ha sempre avuto dannatamente ragione: avrei dovuto parlarti anni
fa…".
"Sirius…" tentò di dire Luna, ma l’Animagus alzò un dito
per interromperla. "Lasciami parlare altrimenti finisce che perdo il coraggio
un’altra volta…".
Al
cenno di assenso della donna, riprese: "Luna, io sto diventando matto! Tu e
tutto quello che sento per te da anni ormai state riuscendo in quello che non
sono riusciti a fare nemmeno dodici anni ad Azkaban: farmi perdere il senno. Due
giorni fa, quando mi sono tuffato dalla cima del Big Ben e mi sono
Smaterializzato qui, ho percepito solo io qualcosa di diverso, di speciale tra
di noi? O me lo sono sognato? Dimmelo tu, perché io a questo punto non sono più
sicuro di niente…".
Luna esitò un istante, poi scosse il capo: non poteva
mentire su quello, Sirius se ne sarebbe accorto di certo. "No, non te lo sei
sognato" ammise. "L’ho sentito anch’io…".
"E
allora perché in questi giorni hai fatto di tutto per evitarmi? A questo punto
mi pare evidente che far finta di niente non ci aiuta, ma peggiora solo le
cose…".
"Io… Io non lo so, Sirius!" sbottò Luna. "Io voglio stare
con te, davvero lo voglio, ma pensi sul serio che sia la cosa
giusta?".
"La cosa giusta?" ripeté Sirius, fissandola intensamente
negli occhi. "Nemmeno io quale sia la cosa giusta, Luna… Ho passato anni a
rompermi la testa su questa domanda e non ho ancora trovato una risposta… E
francamente non so se mi importa: quello che conta è che anch’io voglio stare
con te".
"E
se fosse uno sbaglio? Se non funzionasse? Se ci facessimo solo del male,
Sirius?".
"E
se invece andasse bene? Vuoi sul serio vivere il resto della tua vita
chiedendoti come sarebbe finita?".
Luna esitò, non sapendo cosa dire: come faceva a rispondere
se nemmeno lei sapeva ciò che voleva?
"Luna, ascoltami" continuò Sirius, "so cosa ti ha fatto
quell’infame di Rolf, c’ero anch’io ad aiutarti a raccogliere i pezzi quando se
n’è andato… Ma io non sono come lui: credimi se ti dico che un sentimento del
genere non l’ho mai provato per nessun’altra…".
"Ti credo, Sirius, ti credo". Luna sospirò, scuotendo il
capo, cercando di fare chiarezza nei suoi pensieri. "Probabilmente vale lo
stesso per me… Ma è complicato: non siamo coinvolti solo noi e lo sai, tutto
l’Ordine lo è…".
"Ho dedicato all’Ordine della Fenice tutta la mia vita,
praticamente" ribatté Sirius. "Nemmeno ricordo più l’ultima volta che ho potuto
vivere la mia vita come desideravo, senza Voldemort, la guerra o il Ministero di
mezzo… Per una volta, voglio agire egoisticamente: lascia fuori gli altri, tu
cosa vuoi fare?".
Luna non rispose subito: conosceva bene la sensazione di
cui parlava Sirius… Quand’era stata l’ultima volta che aveva fatto qualcosa
esclusivamente per sé stessa? Aveva sposato una causa che non le aveva mai
lasciato un attimo di tregua e non se n’era mai pentita, anche se ora cominciava
a vederne il prezzo: in sostanza, tutta la sua vita … E non era giusto, non era
affatto giusto!
Sorrise debolmente. "Forse… Forse, voglio fare anch’io
l’egoista insieme a te, Sirius".
Anche la bocca dell’uomo si tese in un largo sorriso. "Era
proprio quello che speravo di sentirti dire…".
Chinò la testa verso di lei. Luna sapeva perfettamente cosa
sarebbe successo e si allungò verso di lui, lasciando che le loro labbra si
incontrassero a metà strada. Tutti i suoi dubbi e le sue paure parvero
sciogliersi come neve al sole quando Sirius le prese il viso tra le mani
approfondendo il bacio: era lui l’uomo giusto per lei, come aveva fatto a
dubitarne?
In
quel momento risuonò l’esplosione al piano di sotto, seguite rapidamente da
grida d’allarme. Sirius e Luna si separarono bruscamente, voltandosi verso la
porta.
"Che diavolo…?" borbottò Sirius, mettendo mano alla
bacchetta. "Tu resta qui" l’ammonì.
"Sirius…".
"Tu resta qui".
Andò alla porta e l’aprì con circospezione: al piano di
sotto già infuriava la battaglia. Merda! Doppia merda!
Tripla merda! Come diavolo hanno fatto a…
Non fece in tempo a finire il pensiero perché nello stesso
istante in cui metteva piede sul pianerottolo, un raggio rosso proveniente dalla
sua sinistra lo centrò in pieno al fianco.
"SIRIUS!" gridò Luna quando fu sbalzato via.
"SIRIUS!".
******
Quando Drew ritornò nella sua stanza per chiamare Kitty,
Grattastinchi era accoccolato sul suo cuscino e seguiva con i grandi occhi
gialli le acrobazie aeronautiche di Gufetto, impegnato a svolazzare su e giù per
tutta la stanza con aria molto eccitata. Kitty seguiva tutta la scena con aria
assorta da una sedia.
"Due galeoni che Grattastinchi se lo mangia entro un’ora"
scherzò Drew, sorridendo.
"Tu nemmeno ce li hai due galeoni" sbuffò Kitty.
"Vero" concesse il ragazzo, andando a sedersi sul letto e
prendendo grattastinchi in braccio. "Gufetto non è roba da mangiare, lo sai,
vero?".
Il
vecchio gatto commentò con un placido "miao", seguito da fusa soddisfatte quando
Drew cominciò ad accarezzarlo. "Se vuoi di sotto stanno cominciando a mangiare…
Conviene sbrigarsi prima che i gemelli e tuo fratello mangino tutto".
"Ethan è un pozzo senza fondo" concordò Kitty. "Vengo tra
un momento…".
Drew la osservò dubbioso un paio di minuti, poi chiese
titubante: "Stai bene, Kitty?".
"Potrei farti la stessa domanda, sai?".
"Che cosa intendi dire?".
La
ragazzina sbuffò, tornando a guardare Gufetto un attimo. "È da quando avete
distrutto l’Arma che sei strano, Drew: ci hai evitato tutti come la peste e non
parli con nessuno… Io e Ethan ti abbiamo sentito questa notte: facevi degli
incubi, vero? Ho sentito Ted parlare di quella cosa che fa Sylar, quando ti
entra nella testa…".
"Legilimanzia" le venne in aiuto Drew.
"Sì, quella" confermò la ragazza. "Sono preoccupata per te,
Drew: se c’è qualcosa che non va…".
"Va tutto bene" la rassicurò Drew, con un sorriso. "Sono
solo ancora un po’ sottosopra dopo quello che è successo a Westminster, ma sto
bene, davvero…".
Kitty continuò a fissarlo dubbiosa: non gli credeva e non
poteva darle torto. In realtà non stava bene per niente: quello che era successo
con Sylar non faceva che tormentarlo, perfino i suoi sogni vertevano sui ricordi
che Sylar gli aveva fatto vedere… C’era qualcosa che legava la sua mente a
quella di Sylar anche se non sapeva cosa fosse: poteva solo dire che fosse una
cosa molto potente se riusciva a infrangere perfino tutte le protezioni mentali
che sicuramente recintavano i ricordi di suo padre, se poteva raggirare uno dei
migliori Occlumanti dello stato… Avrebbe voluto parlarne con Artemis, a questo
punto anche lei avrebbe dovuto ammettere che non era Sylar il responsabile, ma
aveva intuito che anche la ragazza aveva i suoi problemi in quei giorni,
qualcosa che probabilmente aveva a che vedere con Ares, considerato che passava
molto tempo con lui…
"Dico sul serio, Kitty" disse, scacciando quei pensieri.
"Non devi preoccuparti per me… Tu come stai piuttosto?".
"Io? Io sto bene come stai bene tu" disse con un velo di
ironia la ragazzina. "Ma anche tu non devi preoccuparti, non è niente che
potresti risolvere, in ogni caso… Solo un po’ di nostalgia…".
"Ti mancano i tuoi genitori, vero?".
"E
i miei amici, la mia casa, la mia scuola, la mia vita…" elencò la ragazzina con
un sorriso mesto. "Sono passati quasi quattro mesi…".
"Lo so… E sai che mi dispiace, vero, Kitty? Vi ho stravolto
la vita, a te e Ethan".
"Non è stata mica colpa tua" lo rassicurò la ragazzina.
"Non sei tu che hai chiesto tutto questo…". Scrollò le spalle, con aria
indifferente. "Servirà solo un po’ di tempo, immagino…".
Drew annuì. Tempo… Il tempo sarebbe sul serio servito a
qualcosa? Aprì la bocca, con l’intenzione di dire qualcosa, nemmeno lui sapeva
cosa, ma fu interrotto dal boato al piano di sotto. Grattastinchi tra le sue
braccia cominciò a soffiare, rizzando il pelo. "Cosa…".
"Drew, guarda" disse Kitty, indicando fuori dalla finestra.
Il ragazzo allungò appena il collo e vide almeno una quindicina di sagome nere
sciamare nel giardino sul retro e fare irruzione in cucina. "Oh, porca…!"
imprecò, lasciando andare il gatto e prendendo la bacchetta.
"Come hanno fatto a trovarci?" chiese Kitty, bianca dalla
paura. "Come?".
"Non lo so e al momento non mi importa. Stammi vicino, hai
capito?".
Andò alla porta, l’aprì e nello stesso istante vide Sirius
ruzzolare all’indietro colpito da qualcosa e volare giù a rotoloni dalla scale.
"SIRIUS!" gridò, mentre anche Luna si precipitava fuori dalla sua stanza.
"Stupeficium!" gridò subito dopo, centrando il Mangiamorte alle spalle della
donna, di certo lo stesso che aveva colpito l’Animagus.
Luna non sembrò nemmeno sentirlo, precipitandosi giù dalle
scale verso Sirius riverso a terra.
"Luna, attenta!" le urlò dietro Drew, mentre altri
Mangiamorte sbucavano dalla camera dei gemelli. Come
diavolo hanno fatto a superare le nostre barriere difensive?
Si
buttò di lato per evitare le loro maledizioni, tenendo Kitty dietro di sé per
proteggerla, mentre Grattastinchi sfrecciava al suo fianco soffiando come un
matto.
"Drew…". Kitty si strinse convulsamente alla sua maglietta,
conficcandogli le unghie nel braccio: era terrorizzata.
In
un lampo, il ragazzo si ricordò di quando, da bambina, i Mangiamorte avevano
devastato il parco giochi dove lei andava sempre. Le sorrise sperando di
sembrare rassicurante. "Tranquilla, Kitty, ne usciremo, tu stammi
vicino…".
Kitty annuì meccanicamente, aggrappandosi più forte a lui.
"Forza andiamo".
Si
riaffacciò alla porta: quattro Mangiamorte si dirigevano rapidi verso di lui.
"Stupeficium!" gridò.
Grattastinchi saettò tra i suoi piedi e si avventò sul
primo intruso che gli capitò davanti, infilzandogli la gamba con i suoi artigli,
mentre Gufetto volteggiava sopra le loro teste, beccandoli. Drew approfittò
della distrazione e, tallonato da Kitty, si precipitò verso le scale, dove Luna
stava aiutando un tramortito Sirius a rimettersi in piedi.
"Sto bene, sto bene…" protestava l’Animagus, malgrado il
fianco sinistro gli sanguinasse abbondantemente e la caduta gli avesse procurato
una brutta ferita alla testa e probabilmente anche qualcos’altro.
"Sirius, non fare il bambino: dobbiamo andarcene…" protestò
Luna, trattenendolo quando tentò di avventarsi contro un paio di
Mangiamorte.
"Ci sono Ethan e Dora in cucina!" protestò Sirius.
"E
tu non sei in grado di combattere! Vai al camino!".
Luna cercò di spingerlo in quella direzione, ma dovette
desistere per parare un raggio verde vagante. "Io non ti lascio qui da sola!" la
liquidò l’Animagus, brandendo la bacchetta e cominciando a sparare Incantesimi
contro ogni figura in nero che vedeva. "Va in cucina! Io ti paro le
spalle!".
Luna avrebbe voluto protestare che in quelle condizioni non
era in grado di parare le spalle a nessuno, ma lui la zittì di nuovo e la spinse
verso la porta della cucina: erano gli unici che potessero arrivarci, gli altri
erano stati tutti intrappolati nel salotto, malgrado sia Remus che Ted che
Artemis stessero cercando in ogni modo di aprirsi un varco.
Luna entrò in cucina, trovando Ethan e Dora intrappolati in
un angolo con cinque Mangiamorte: il ragazzino cercava strenuamente di
difendersi lanciando tutto quello che gli capitava a tiro, proteggendo
contemporaneamente la donna dagli Incantesimi: Dora era completamente atterrita,
rannicchiata in terra con la testa tra le mani.
"Ethan, resisti" gridò Luna. "Everte statim!".
Davanti a quel nuovo avversario risoluto e decisamente più
pericoloso, i Mangiamorte si volsero tutti dalla sua parte. Cinque Avada Kedavra
partirono in contemporanea nella sua direzione e Luna dovette gettarsi a terra
per riuscire ad evitarli, posizione che la mise in notevole svantaggio rispetto
agli avversari. "Incarceramus! Impedimenta!" gridò, rotolando per evitare la
seconda scarica di maledizioni e rimettendosi in piedi. "Melofors! Petrificus
Totalus". Stavolta le sue fatture andarono a segno: un Mangiamorte si ritrovò
all’improvviso con una zucca al posto della testa e cominciò a brancolare in
giro, mentre un secondo cadde a terra rigido come uno stoccafisso. Un terzo fu
spedito nel mondo dei sogni da un piatto volante che gli tirò contro
Ethan.
"Resisti, Luna" gridò il ragazzino, prima di avventarsi con
furia su uno dei due superstiti e saltargli sulle spalle. Mossa coraggiosa e
stupida, perché l’uomo si liberò di lui con fare quasi stizzito.
"Ethan!" urlò Luna, vedendolo rotolare a terra tramortito
quasi addosso a Dora, che alzò di scatto la testa, con espressione
improvvisamente dura.
Mentre il bambino si rimetteva seduto scuotendo il capo e
il Mangiamorte da lui aggredito si avvicinava torreggiante, successe una cosa
che lasciò Luna completamente di stucco: Dora si alzò in piedi, con i capelli
improvvisamente neri come inchiostro, con tra le mani una bacchetta che doveva
esserle piovuta vicino nello scontro.
Prima che Luna potesse fare o dire alcunché, la donna
scagliò due Schiantesimi di inaudita potenza che centrarono con precisione quasi
matematica i Mangiamorte, scagliandoli ai capi opposti della stanza. Per alcuni
secondi, sia Ethan che Luna furono troppo sorpresi per muoversi, il tempo
sufficiente perché altri quattro Mangiamorte entrassero dalla porta sul retro
pronti a dar battaglia. Tonks colpì in rapida successione anche loro.
"Luna, che cosa…" domandò Ethan, esitante, rialzandosi
lentamente in piedi.
"Non lo so, ma andiamocene prima che ne arrivino altri"
dichiarò Luna, prendendo Tonks per mano e tirandosela dietro, docile come un
agnellino: i capelli erano tornati del loro solito rosa smorto e il braccio
armato era mollemente abbandonato lungo il fianco. Qualunque cosa fosse
accaduta, almeno per il momento era passata.
Nel corridoio trovarono Sirius che malgrado tutto opponeva
una fiera resistenza, appoggiato pesantemente contro una parete, con una mano
premuta sul fianco ferito. Luna si precipitò da lui, seguita da Dora e Ethan.
"Sirius, te ne devi andare!".
L’Animagus nemmeno sembrò sentirla. "Tu te ne devi andare!
Cerca di arrivare alla porta e smaterializzati con Ethan e Dora!".
"Sirius, non ti reggi in piedi. Stupeficium! Stupeficium!
Vai tu con Dora e Ethan!".
"Non ci penso nemmeno: non ti lascio qui da
sola!".
Luna l’avrebbe volentieri preso a sberle: stupida
cavalleria da Grifondoro. "Morirai dissanguato se non te ne vai, pezzo d’idiota!
Prendi Dora e Ethan e vattene!".
"Luna…".
"Non ammetto discussioni, Black: ingoia i tuoi istinti
suicidi da Grifondoro e ubbidisci!".
Gli diede una leggera spinta verso la porta, facendo per
porgergli il braccio di Dora… E in quel momento la porta saltò in aria,
rimanendo desolatamente a pendere scardinata, mentre un nuovo fiume di
Mangiamorte si riversava all’interno.
"Maledizione, ma quanti cavolo sono?" imprecò Sirius,
tenendo Ethan dietro il suo corpo.
"Non lo so… tanti!" mormorò Luna sconsolata.
"Sirius, Luna!".
Il
resto dell’Ordine era riuscito ad aprirsi un passaggio nella loro direzione:
Artemis si precipitò verso di loro, seguita da Ares che in pratica che le stava
facendo da scudo umano, visto che la ragazza non era nemmeno armata. In un moto
di quella che ormai poteva definire solo come cieca stupidità, aveva lasciato la
pistola al piano di sopra, nella sua stanza, dov’era completamente inutile. Malocchio me le darebbe con il bastone: che ne è stato
della ‘vigilanza costante’?!, era stato il suo primo e ultimo pensiero
razionale quando i Mangiamorte erano piombati loro addosso.
Poi quando aveva visto che sua madre e Ethan erano rimasti
intrappolati da soli in cucina, aveva lasciato da parte il buonsenso e aveva
cercato di precipitarsi da loro, come suo padre e suo nonno: doveva
sostanzialmente ad Ares il fatto di essere ancora in piedi e
incolume.
La
ragazza abbracciò Dora, notando a malapena che aveva ancora in mano la
bacchetta. "State bene?".
"Ho avuto momenti migliori…" biascicò Sirius.
Artemis trasalì, vedendo che era ferito. "Gli altri si
stanno facendo strada verso il camino: dobbiamo andare via! Ares, bada a
lui!".
Sirius fece per protestare quando l’uomo lo aiutò a
reggersi in piedi, ma dovette rapidamente rassegnarsi al fatto che ormai le sue
gambe si rifiutavano di collaborare. "Stammi vicina, Artemis: sei completamente
indifesa, lo sai…".
"Me la so cavare… Io non sono ferita, Sirius
sì…".
Prese Dora per mano e fece per avviarsi, ma un Mangiamorte
puntò dritto verso di loro, costringendola a buttarsi di lato per evitare una
maledizione mortale. Ruzzolò in terra, lasciando andare la madre per non
tirarsela dietro.
"Ally!" gridò Remus, cercando di raggiungere la
figlia.
"Sto bene" cercò di rassicurarlo Artemis, mentre Luna
l’aiutava a tirarsi in piedi. "Mamma?".
Si
guardò intorno e trasalì: Dora aveva di nuovo levato la bacchetta e aveva
impressa sul viso contornato di capelli neri un’espressione di indicibile
collera. Non sembrava minimamente cosciente di quello che le succedeva intorno,
dello sbalordimento con cui tutti i presenti la fissavano: tutta la sua
attenzione era concentrata sul Mangiamorte che aveva appena aggredito sua
figlia.
"Avada Kedavra!".
La
maledizione fu così potente che Tonks stessa fu sbalzata indietro, mentre il
Mangiamorte cadeva morto.
"Mamma!" gridò Artemis, nello stesso istante in cui Remus
gridava: "Dora!".
Entrambi si precipitarono verso di lei, che abbandonata in
terra con le braccia lungo i fianchi, fissava il vuota davanti a sé. "Mamma?" la
chiamò Artemis, chinandosi su di lei. "Mamma, poi sentirmi?".
Dora alzò lo sguardo verso di lei e sorrise debolmente,
accarezzandole il viso. "Nessuno tocca la mia bambina…" mormorò, più tra sé che
a qualcuno in particolare.
"Dora… Tesoro". Anche Remus, fattosi faticosamente strada
in qualche modo fino a lì, si chinò sulla moglie prendendole il viso tra le
mani. "Dora, stai bene?".
"Nessuno tocca la mia bambina" ripeté la donna, tornando
poi a fissare il vuoto.
Remus sospirò: niente, se n’era andata di nuovo…
"Attenti!".
Dalla cima delle scale dove era ancora bloccato, Drew evocò
un Incantesimo Scudo per parare le fatture dirette al gruppetto. Il momento di
distrazione per poco non gli costò la pelle: Kitty lo spinse via appena in tempo
per evitare un Anatema Che Uccide diretto a lui da uno dei Mangiamorte sul
pianerottolo. Sbatté violentemente contro uno spigolo del muro, riuscendo per un
pelo a non perdere la bacchetta. Maledizione, che
male!
"Dobbiamo smetterla di incontrarci così, noi due" commentò
una voce fin troppo famigliare alle sue spalle. Drew si voltò e trovò Sylar che
lo fissava con un lampo di divertimento negli occhi: possibile che nonostante
tutto, riuscisse ancora a prenderlo in giro?
"Drew, stai bene?" si preoccupò Kitty, chinandosi su di
lui.
Drew non la guardò nemmeno, ritirandosi in piedi senza
perdere di vista Sylar un momento. "Kitty, va dagli altri".
"Drew…".
"Kitty, va dagli altri!" ripeté gridando Drew, spingendola
via e rischiando di farla ruzzolare giù per le scale. Luna, che chiudeva la fila
mentre gli altri lottavano per arrivare al camino, la tirò a sé per
proteggerla.
"Molto nobile" osservò Sylar, facendo poi cenno agli altri
Mangiamorte che gli stavano intorno. "Di questo me ne occupo io: pensate agli
altri".
Quelli fecero per ubbidire, ma furono raggiunti dagli
Incantesimi si Drew. "Se pensi che li lascerò andare di sotto senza fare nulla…"
disse a denti stretti, cercando di colpirne il più possibile.
"Tu non avrai molte alternative" lo interruppe Sylar,
cercando di colpirlo.
"Protego!" gridò il ragazzo per proteggersi, lasciando in
questo modo campo libero ai Mangiamorte che lo superarono in fretta. "Ragazzi,
attenti!" ebbe il tempo di aggiungere per avvisare i suoi compagni, prima di
dover parare la seconda fattura di Sylar.
"Sei bravo" giudicò Sylar. "Considerando da quanto poco
pratichi la magia…".
"Ho avuto buoni insegnanti" disse Drew. "Migliori di tu
quanto possa immaginare… Stupeficium".
Sylar deviò lo Schiantesimo con un gesto quasi annoiato.
"Sei bravo… Ma non abbastanza! Impedimenta!".
"Protego!". L’Incantesimo Scudo fu sufficiente per bloccare
il primo Incantesimo d’Ostacolo, ma non il secondo: Drew ruzzolò all’indietro,
finendo in fondo al corridoio.
"Devi fare ancora molta strada se vuoi sperare di arrivare
al mio livello, Andrew" dichiarò Sylar, avvicinandosi lentamente.
"E
chi lo dice che io voglia arrivare al tuo livello?" domandò con rabbia Drew,
cercando di rimettersi in piedi e sparandogli contemporaneamente contro uno
Schiantesimo.
Non gli era sfuggito che Sylar non osava usare la
Legilimanzia contro di lui: di certo aveva paura di perdere nuovamente il
controllo. Questo, per quanto fosse poco, era già un punto a suo
favore…
"Non puoi vincere, Andrew: arrenditi e basta".
"Allora uccidimi e falla finita" disse il ragazzo,
costringendo la sua schiena a stare dritta. "Perché non ho intenzione di
arrendermi e diventare il giocattolo del tuo signore… Everte
statim!".
Sylar si scansò per evitare il colpo e Drew ne approfittò
per cercare di raggiungere le scale. E no, ragazzino,
non mi scapperai così facilmente… Era ora di usare quell’antica maledizione:
il resto dell’Ordine poteva anche fuggire, ma non prima di aver colpito Drew…
Mirando volutamente alla spalla destra del ragazzo, lontano da punti vitali,
gridò: "Devotum cruorem".
Drew, ormai con il piede sul primo gradino a quelle parole,
si voltò di scatto, ma non fece in tempo anche solo a pensare di scansare la
Maledizione che quella la raggiunse. Ebbe l’impressione che il braccio gli
esplodesse e venisse strappato via dal corpo, mentre la maglietta si strappava e
si apriva una lacerazione profonda dalla clavicola fino al gomito. Urlò, le
gambe gli cedettero di schianto e prima di rendersene conto di ritrovò riverso
in terra ai piedi delle scale con la metà destra del corpo imbrattata di sangue.
Sapeva che Sylar stava arrivando, lo sentiva… Cercò di
puntellarsi sul braccio sano per tirarsi in piedi, sollevò il capo e vide che il
resto dell’Ordine era ormai arrivato ai camini, molti erano già riusciti a
fuggire, nonostante tutti i Mangiamorte ancora in piedi che affollavano il
posto. Mentre Luna spingeva quasi a forza Sirius nel camino, Artemis si voltò
dalla sua parte: per alcuni secondi l’orrore la congelò.
"Drew!" gridò. "Oh Merlino santo, no!". Cercò di correre
verso di lui, ma Remus la bloccò avvolgendola con le braccia. "No, no, lasciami!
Drew!".
"Ally, ferma!". Con una sorprendente dimostrazione di
forza, Remus la trascinò indietro e la spinse verso il camino. "Non puoi fare
niente…".
"Non puoi lasciarlo morire!" protestò la ragazza con le
lacrime agli occhi.
Restavano soltanto loro due: Ares si era appena dileguato
tra le fiamme con Ethan. "Non ho intenzione di farlo…" disse Remus, continuando
a tirarla.
Artemis alzò gli occhi verso di lui e in un lampo capì
quali fossero le sue intenzioni. Prese a divincolarsi con ancora più furia di
prima. "NO! NO! Papà, non puoi farlo!".
Cercò freneticamente di sciogliersi da quella presa ferrea,
ma ormai era tardi: Remus praticamente la buttò di peso nel camino. "Papà!"
singhiozzò disperata, cercando di afferrargli la manica della camicia, prima di
essere risucchiata nei canali della Metropolvere.
"Scusa, bambina mia" mormorò Remus. "Ma se qualcuno deve
morire, non sarai certo tu!".
Si
voltò e ignorando il dolore alla gamba, si precipitò più velocemente possibile
verso Drew a terra, facendo fuori lungo la strada tutti i Mangiamorte che gli
capitavano a tiro. Il ragazzo stava ancora cercando di tirarsi in piedi con
scarsi risultati.
"Non te l’avevo detto che era meglio arrendersi?" chiocciò
Sylar scendendo lentamente le scale.
"Schifoso bastardo!" biascicò Drew, voltandosi la testa
verso di lui e continuando a strisciare. Trattenne a stento un conato di vomito
quando vide la scia di sangue che si stava lasciando dietro. "Che cosa mi hai
fatto, maledetto?".
"Se non ti fossi spostato, ti avrei preso il cuore e a
questo ora saresti morto: perciò tecnicamente, se hai un braccio quasi
scarnificato è colpa tua…".
"Ah, e perciò dovrei anche scusarmi, giusto?" fece Drew,
con sarcasmo. "Perché non mi sono lasciato ammazzare con comodo?". Levò la
bacchetta con il braccio sano, lanciando uno Schiantesimo che mancò Sylar di
almeno mezzo metro: non riusciva quasi a pensare a causa del dolore, figurati
mirare decentemente. Tutto quello che stava facendo, lo faceva dettato più
dall’istinto: distrarre Sylar, prendere tempo, c’era ancora qualcuno dei suoi
amici di là, sentiva il rumore degli incantesimi e quando Sylar avesse finito
con lui, si sarebbe dedicato a loro… Gli era parso di sentire Artemis gridare
quando era caduto, ma forse se l’era sognato…
"Rendimi le cose più facili…" mormorò con fare accattivante
Sylar, muovendosi lentamente verso di lui. "O preferisci una lenta morte per
dissanguamento?".
Puntò la bacchetta e Drew credette sul serio di essere al
capolinea, non aveva la forza per tentare di difendersi…
"Everte statim!".
Sylar fu preso talmente alla sprovvista che stavolta
l’incantesimo lo colpì e sbalzò all’indietro. "Nessuno morirà qui" dichiarò
Remus, avvicinandosi a Drew. "A parte te, forse…".
"Remus…" mormorò Drew: sentiva di essere prossimo allo
svenimento, da qualche parte gli venne la vaga consapevolezza di aver perso
troppo sangue… E tutto sommato l’incoscienza era incredibilmente allettante, se
non altro non avrebbe più sentito quel dolore lancinante al braccio…
Remus lo colpì con forza in viso, facendolo tornare in sé.
"Devi restare sveglio, Drew" gli intimò. "Resta sveglio, hai
capito?".
Lo
aiutò ad alzarsi, tirandolo per il braccio sano. "Forza, ti porterò fuori da
qui…". Cominciava a sentire anche lui il peso dello sforzo compiuto: aveva
l’impressione che il cuore gli sarebbe scoppiato da un momento all’altro. Ma
sapeva anche che nessuno sarebbe tornato ad aiutarli: non se lo sarebbero mai
perdonato, ma tutti sapevano che tornare avrebbe solo significato rischiare di
aggiungere un morto in più e l’Ordine non poteva permetterselo. Erano soli… Beh, il cuore dovrà resistere finché non saremo dall’altra
parte: Drew non morirà! "Appoggiati, forza…".
"Remus, attento!" esclamò Drew, tirando entrambi in terra
per schivare la fattura di Sylar.
"Sei uno stupido sciocco, Lupin" disse il Mangiamorte,
avvicinandosi. "Lo sei sempre stato: non puoi salvare il ragazzo!".
"Prova a impedirmelo! Stupeficium!".
Presero a Duellare con ferocia. Drew fissava Remus a occhi
sbarrati: quanto poteva resistere a quello sforzo prima che il cuore gli
collassasse di nuovo? Non aveva sopportato nemmeno un litigio con
Sirius…
"Remus, basta! Diffindo!". Di nuovo il suo incantesimo
mancò Sylar: aveva la vista troppo appannata, non riusciva a prendere la mira
…
"Drew, va’ al camino! E non ammetto obiezioni" aggiunse
subito Remus, vedendo che stava per protestare.
E
in effetti, un po’ strisciando, un po’ venendo trascinato, era ormai in salotto,
come anche Sylar e Remus. Alcuni Mangiamorte fecero per intervenire, ma Sylar li
bloccò con un secco gesto della mano. "Il primo che interferisce, diverrà cibo
per Manticore!". A quella minaccia, nessuno osò muoversi.
Drew cercò di tirarsi in piedi, lottando contro il senso di
torpore opprimente: ormai era completamente zuppo di sangue, quanto ne poteva
perdere ancora prima di crollare?
Dondolando e inciampando, cercò di raggiungere il camino,
costringendosi a non voltarsi verso Remus: se l’avesse fatto, non avrebbe mai
trovato la forza di ubbidire al comando del licantropo. Era a tre quarti del
percorso quando fu raggiunto da un incantesimo, che compromise il suo delicato
equilibrio facendolo cadere di nuovo a terra. Stavolta
non mi rialzo più, si disse, sentendo le forze venire meno. Stavolta non ce la faccio…
Voltò appena il capo: Remus era steso a pochi metri da lui,
ai piedi del divano rovesciato, pallido come un cadavere, ma era ancora
cosciente e cercava di ritirarsi su…
"Capolinea, Andrew" disse Sylar.
Bene, se devi uccidimi, fallo in fretta… Sylar levò la bacchetta contro di lui, Remus
scattò nello stesso istante avventandosi su di lui.
"Devotum cruorem!" gridò Sylar voltandosi all’ultimo
momento verso l’aggressore, questa volta con l’intento di uccidere.
"NOOO!" gridò Drew, mentre sul petto di Remus si apriva uno
squarcio non dissimile dal suo e il licantropo stramazzava al suolo. Non era
possibile, non era possibile, Remus non poteva essere… Sylar non poteva sul
serio averlo fatto…
"Schifoso traditore!" gridò, senza nemmeno rendersi conto
di quello che stava dicendo. "Che cosa hai fatto, miserabile voltagabbana? Che
cosa hai fatto?".
In
seguito si sarebbe a lungo interrogato su dove gli arrivò la forza per agire
come agì, ma lì sul momento, era troppo sconvolto, arrabbiato e sfinito per
preoccuparsene.
Seppe solo che, prima che Sylar potesse evocare di nuovo
quella maledizione contro di lui, Drew alzò il braccio sano, gridando con tutto
il fiato che aveva in corpo: "Stupeficium!", colpendolo in pieno.
Senza nemmeno badare a dove fosse finito o agli altri
Mangiamorte che cominciarono a sciamare come cavallette verso di lui, afferrò
Remus per le spalle e cominciò a trascinare entrambi verso il camino e la
salvezza, ignorando le stilettate di dolore che gli arrivavano dal braccio
destro e ingoiando i conati di vomito alla vista del sangue e del petto
dilaniato di Remus.
Diversi incantesimi gli volarono contro, lui li scansò o li
parò alla meglio, concentrandosi sul suo unico obiettivo: portare entrambi in
salvo.
"Andrew!" gridò Sylar, rialzandosi.
Drew nemmeno lo sentì, se non con un angolo remoto della
sua mente: appellò la scatola di Polvere Volante, che gli arrivò in mano da
chissà dove e la gettò tutta nel camino.
Vide con la coda dell’occhio Sylar cercare di avventarsi su
di lui, gli lanciò contro una maledizione, mancandolo e poi con un ultimo sforzo
si gettò tra le fiamme smeraldine, stringendo quanto più forte possibile Remus,
mormorando: "Casa Riddle".
Nello stesso istante in cui fu risucchiato, sentì le unghie
di Sylar graffiargli la caviglia, ma ormai era troppo tardi: erano in
salvo.
LYRAPOTTER’S CORNER
Attenzione, attenzione, questo è un messaggio registrato,
quando voi leggerete queste parole, ammesso e non concesso che siate
sopravvissuti alla lunghezza mostruosa di questo capitolo, io sarò già rintanata
nel mio bunker antiatomico situato in una località ignota e segretissima…
Perciò, se volete spedire pacchi bomba, granate nucleari o cose simili,
trattenetevi: non voglio che ci vadano di mezzo vite innocenti…
Ebbene sì, è toccato a Remus e Keith… Una sera ci siamo
riuniti io, PierGiulio e i tormentati personaggi di questa fanfiction e abbiamo
fatto la conta: Remus e Keith hanno pescato la pagliuzza più corta, perciò di
comune accordo (beh, più o meno: diciamo che solo io e PierGiulio eravamo
d’accordo) si è deciso che questo turno tocca a loro… Insomma, lo sappiamo tutti
che Obi Wan finisce ucciso da Darth Fener, io mi sono solo attenuta alla trama!
Embè, mica può andare bene per tutti, guardate il lato positivo, Christie ne è
uscita intera, anche so ho tartassato per bene anche Drew: ma non preoccupatevi,
con quest’ultimo non ho ancora finito (e insomma, mica posso uccidere il
protagonista a un terzo dell’opera, no?).
Scusate se il capitolo è piuttosto incasinato, il problema
era che accadevano tante cose contemporaneamente in più punti diversi, perciò ne
è uscito un po’ un casotto, se poi si aggiunge che le scene di lotta non sono
proprio il mio forte…
La
maledizione usata da Sylar me la sono ovviamente inventata io di sana pianta:
non dimenticatevene, se volete il mio modesto parere, perché in un futuro
probabilmente remoto sarà importate… Intanto chiedetevi questo: se Voldemort
vuole Drew dalla sua, perché ha ordinato al suo fido secondo di colpirlo con una
maledizione quasi mortale?
Allora, siccome so che a quest’ora cominceranno a piovere
bombe a mano, passiamo ai ringraziamenti:
Lily_Snape, allora, leggendo la tua recensione, mi sono resa conto di
quanto ambiguo fosse quel breve scambio di battute tra Sylar e Ares: nel piano
originale, Ares doveva essere un nuovo personaggio creato ad hoc e quel dialogo
era dettato dal fatto che Sylar si era occupato del genocidio dei Sanguesporco,
appunto. Tuttavia, dopo aver letto il tuo commento e quello di Deidara, mi è
venuta in mente un’idea migliore che comunque non sconquassa troppo il piano
originale. Perciò, ho riadattato la trama a questa nuova idea, comunque, sappi
che prima di scoprire l’identità di Ares passerà ancora molto, molto tempo!!!!!
Mi dispiace, infilare una sorella gemella per Drew a questo punto della storia
non è proprio più possibile, credo: Drew figlio unico è e figlio unico resterà!
Quando parlavo di Weasley in Francia, mi riferivo a Fleur e relativa prole
(nella mia testa, prima di morire per cause ancora ignote, Bill ha fatto qualche
figlio). A presto!
LadyMorgan, cavoletti, Silvia Beta, addirittura due recensioni per un
capitolo solo, me onoratissima!!!!!! Ti prego, ti prego, ti prego, non mi
detestare se malgrado le tue accoratissime suppliche alla fine ho fatto di testa
mia lo stesso!!! Lo so, sono un mostro crudele, lo so, non si direbbe che ami
quel grand’uomo che è Remus Lupin, lo so, Artemis, Dora e Sirius vorranno
sciogliermi nell’acido, ma nonostante tutto, la morte di Remus È necessaria ai
fini della storia, altrimenti non lo avrei ucciso, giuro (se proprio vuoi
saperlo, ci sarebbe da incolpare l’Inghilterra per questa mia malsana idea,
perché mi venne durante una vacanza studio a Londra qualcosa come un paio di
anni or sono: vedi cosa fa l’aria inglese, questo spiega la strage della
Rowling!!!!!). Ma una morte ci doveva essere e non poteva essere qualcun altro
perché la storia non sarebbe più tornata… Ti faccio una confidenza, per rispetto
di te, della tua media, dei tuoi figli non ancora nati e del mondo che
salveranno ok? C’è un perché, un perché bello grosso che verrà fuori nei primi
capitoli della seconda parte… Quando lo leggerai, magari ti passeranno gli
istinti auto-omicidi, perciò resisti fino ad allora, ok? Pensa all’Impero
Colpisce Ancora… Comunque, prossimo capitolo, Remus schiatta (non è ancora
morto), poi funerali del suddetto, poi epilogo (niente medaglie, sorry,
piuttosto grande fuga). Cordialmente tua Silvia Alfa // un nome, una
garanzia!!!!
Deidara, no, non era Ares, Ares è più Chewbecca, anche se meno
peloso, per i chiarimenti sulla sua identità leggi la risposta a Lily_Snape…
Grazie come sempre per i tuoi complimenti. Per quanto riguarda Hermione e Fred,
c’è questa idea che fluttua nell’aria, molto vaga, ancora indefinita e incerta,
perciò al momento ti dico, non si sa mai… Ma parliamo comunque di cose in tempi
lunghi. Spero che la curiosità sia stata ripagata
Babibabi, benvenuta cara, grazie infinite per i complimenti e spero
di risentirti. Tu hai indovinato, era proprio Remus l’eletto, per chiarezza
Artemis sarebbe un po’ il capitano Han Solo al femminile…
Lady Lynx, le cose sono peggiorate e continueranno a peggiorare ancora
per un po’, scusami, questa disgrazia/tragedia è solo il principio (prendilo
come un avvertimento). Ho voluto dare un po’ di spazio al vecchio Trio, lieta
che tu abbia apprezzato!!!!
Bon, ora vi lascio con la promessa di tornare presto o
almeno lo spero!!!!
Meno tre capitoli!!!!!
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Capitolo 30 *** Un addio ***
MAGIC WARS
CAPITOLO XXIX: UN ADDIO
Casa Riddle,
Inghilterra
Vorticò nei canali della Metropolvere per un
tempo che gli parve infinito, restando aggrappato a quel rimasuglio di coscienza
che ancora gli restava. Di due cose rimaneva consapevole: il braccio sano
stretto convulsamente intorno al torace di Remus e il lancinante dolore che si
irradiava dalla metà sinistra del corpo. Una parte di lui bramava più che mai di
lasciarsi andare a quella dolce oscurità che sentiva lambire con sempre più
prepotenza la sua mente e chiudere fuori la sofferenza, ma il suo istinto di
sopravvivenza gli suggeriva che svenire in quel momento avrebbe potuto
significare non risvegliarsi più. Devi restare sveglio, Drew. Resta sveglio,
hai capito?, gli aveva detto Remus: era stata forse l’ultima cosa che gli
aveva detto e lui doveva farlo, doveva farlo, per lui, per non rendere inutile
il suo sacrificio…
Infine il mondo smise di girare e Drew
atterrò con violenza su un duro pavimento di legno, con Remus steso sopra:
rimase immobile con gli occhi chiusi, ogni fibra di energia impegnata a restare
cosciente. Quasi nello stesso istante arrivarono i rumori: passi, porte che
sbattevano, oggetti che si frantumavano… Drew si aggrappò a quei suoni
famigliari, l’unica ancora che gli restava del mondo sensibile, oltre al corpo
di Remus che gli pesava addosso: di aprire gli occhi non aveva la
forza…
Fu allora che arrivò il grido, lungo e
lancinante, da bestia ferita: una voce che il ragazzo conosceva, ma non riusciva
a collocare. "NOOOOO! NO! NO! NO!".
Subito dopo, altre voci, passi e persone che
si muovevano intorno a lui…
"Oh, Merlino santo!".
"I bambini! Porta via i
bambini!".
"Il camino! Qualcuno sigilli il camino,
presto!".
"George, vieni a darmi una
mano!".
"Artemis, ferma!".
"No, no, no! Ares, lasciami!".
Qualcuno afferrò Remus, cercando di
toglierglielo di dosso: istintivamente serrò più forte il braccio intorno al
petto del licantropo.
Una mano si posò sulla sua guancia. "Drew,
lascialo andare" mormorò una voce femminile.
Pur contro voglia, Drew si forzò ad aprire
gli occhi, restando quasi accecato dalla luce: Hermione era china su di lui,
scura in volto e seria come non l’aveva mai vista. "Lascialo, Drew"
ripeté.
Il suo cervello ci mise un paio di secondi
per recepire l’ordine e realizzare che era la cosa giusta da fare: lentamente
allentò la presa, permettendo così a Ted e uno dei gemelli di spostare
delicatamente Remus di lato.
"È ancora vivo…" sentì dire Ted, mentre il
gemello cominciava contemporaneamente a tamponargli la ferita.
Senza mezzi termini, Hermione gli strappò la
maglia intrisa di sangue, scoprendogli il torace e cominciando a studiare la
ferita al braccio. "Sembrerebbe Sectumsempra…" mormorò. Si girò verso Drew,
cercando di sorridergli, mentre con la stessa maglietta gli tamponava
l’emorragia. "Ascoltami bene, Drew: cerca di stare sveglio, ok? Ascolta la mia
voce, resta cosciente: ti rimetterai, sono certa che ti rimetterai…". Ma,
malgrado la convinzione che cercò di metterci, Drew ebbe l’impressione che non
ci credesse molto nemmeno lei.
"Una Pozione Rimpollasangue, Fred, subito"
ordinò.
"Un mucchio di Pozione" aggiunse Ted. "E
chiama Luna: abbiamo bisogno di lei, Sirius non è sul letto di
morte!".
Mentre Hermione cominciava a mormorare una
strana litania in latino, facendo scorrere la bacchetta lungo la lacerazione al
braccio, Drew girò lentamente la testa verso il corpo alla sua sinistra: Ted e
George stavano affannosamente cercando di richiudere lo squarcio sul petto di
Remus, con scarsi risultati. Ogni pochi secondi Ted gli controllava il battito
cardiaco e il respiro… "Avanti, forza" borbottò. "So che puoi
funzionare…".
"Remus…" cercò di articolare Drew, ma gli
uscì poco più di un gracidio incomprensibile: la lingua non gli ubbidiva più e
ogni secondo si sentiva più vicino a quell’oscurità dall’apparenza così
piacevole…
"Drew!" gridò allarmata Hermione. "Drew,
ascoltami, resta sveglio: lo so che è difficile, ma non ti devi
addormentare!".
Facile a dirsi… Quello fu probabilmente il suo ultimo pensiero coerente. Fred
ricomparve in quell’istante nel suo raggio visivo, seguito da Luna, entrambi più
carichi di pozioni di quante potessero trasportarne.
"Cosa devo fare?" domandò il mago,
accucciandosi a fianco di Hermione.
"Bere… Fagliela bere: due o tre, una ogni
tre minuti… Cacciagliela in bocca a forza, se necessario!".
"Coraggio, nipote, manda giù" disse Fred,
portandogli alle labbra una boccetta.
Aveva appena mandato giù l’ultimo sorso,
quando sentì gli ultimi brandelli di forza venire meno. Il dolore era diventato
quasi insopportabile e così la sua mente fece la cosa più logica: si rifugiò
nell’incoscienza tanto allettante.
"Dannazione, sta andando in arresto
respiratorio…".
La voce di Ted che diceva queste parole fu
l’ultima cosa che sentì chiaramente: ebbe la vaga consapevolezza che non fosse
una buona cosa, ma era troppo poco per tenerlo ancora ancorato al mondo di
veglia.
Poi ci furono solo parole confuse e senza
senso, la voce allarmata di Hermione e infine il buio.
******
La coscienza tornò per gradi. Per primo
venne il gusto: si sentiva sulla lingua un saporaccio amaro e metallico di
medicina mischiata a sangue che gli fece venire voglia di vomitare. Poi fu il
turno dell’olfatto: odore di medicina mischiato a quello di cibo, umido e
alberi. Poi tornò il tatto e con esso la consapevolezza di essere disteso su un
letto morbido sotto a diverse pesanti coperte, a petto scoperto e per una buona
metà coperto di bende che gli arrivavano fin quasi al polso del braccio destro.
Una parte di lui si stupì di non provare dolore, ma stranamente non riuscì a
ricollegare quel pensiero e dargli un senso logico. Ci stava ancora riflettendo
quando il mondo si popolò di suoni e le sue orecchie si liberarono del
fastidioso ronzio che le aveva assordate fino a quel momento: voci, passi,
qualcuno che sbatteva con insistenza un piede contro il pavimento…
Che sta succedendo?
Doveva aprire gli occhi, lo sapeva, sapeva
di dover far capire a chiunque altro fosse in quella stanza che era sveglio e
cosciente, anche se spaventosamente confuso: era in un letto e non aveva idea di
come ci fosse arrivato, ferito anche se non ricordava come… L’ultima cosa che
rammentava erano lui e Kitty che parlavano in camera, poi nulla. Era anche
abbastanza certo che le risposte a cosa gli era capitato non gli sarebbero
piaciute per nulla.
Sollevò le palpebre, richiudendole subito
per la troppa luce.
"Drew?". Era la voce di Kitty a chiamarlo?
"Drew, sei sveglio?". Sì, era Kitty…
Drew aprì di nuovo gli occhi, più lentamente
stavolta, sbattendo le palpebre per cercare di mettere a fuoco la stanza in cui
si trovava: quella non era la sua camera a Chalmers Road… Ma allora
dov’era?
"Ciao" mormorò all’indirizzo di Kitty e
Ethan, seduti al fianco del suo letto, stupendosi da solo di quanto la sua voce
suonasse fioca.
"Drew!" gridò Ethan, balzando in piedi in un
moto di sollievo, facendo per precipitarsi verso di lui, ma bloccandosi come
indeciso all’ultimo secondo.
Kitty corse alla porta e gridò nel
corridoio: "Si è svegliato! Si è svegliato!".
In capo a cinque secondi, Luna comparve
sulla soglia, tallonata da Hermione: entrambe avevano l’aria sfatta e distrutta
di chi non dorme da giorni, ma il viso illuminato da un’espressione di
sollievo.
"Grazie a Merlino" mormorò Luna,
avvicinandosi, prendendogli il viso tra le mani e studiandolo con meticolosa
attenzione.
"Come ti senti?" domandò Hermione, scostando
le coperte e esaminando le fasciature. Il sorriso si fece ancora più largo.
"Sembra che abbia tenuto questa volta…".
"Grazie a Merlino" ripeté Luna. "Come stai
Drew?".
"Stanco" rispose dopo un attimo di
riflessione il ragazzo. "E un po’ intontito…".
"Sono gli antidolorifici" spiegò Hermione.
"Starai così per un po’, ma senza sarebbe molto peggio!".
Antidolorifici… Ecco perché non sento
dolore… Ma con esattezza per quale motivo doveva
provare dolore? Non riusciva a ricordare… "Cosa è successo?".
Hermione e Luna si scambiarono un’occhiata
che non gli piacque per niente. "Che cosa ricordi?" domandò con aria cauta
Hermione.
Drew ci pensò sopra un paio di minuti,
spremendosi le meningi. "C’era la festa, tu e i gemelli litigavate perché si
stavano mangiando tutto, io sono salito a chiamare Kitty e poi…". Si sforzò, ma
non gli venne in mente altro: era certo di starsi dimenticando un evento di
capitale importanza, ma non riusciva proprio a richiamarlo alla mente… "Che cosa
è successo?" chiese di nuovo con una nota di supplica nella voce.
"Il Ministero ci ha attaccato" spiegò Luna.
"Keith è stato scoperto e gli hanno estorto dove trovarci. Christie è riuscita a
fuggire, ma ormai era troppo tardi: Sylar ci è piombato addosso con un intero
plotone di Mangiamorte…".
Ma Drew non l’ascoltava più: il breve
racconto gli aveva richiamato alla mente tutta una serie di immagini, tutti i
ricordi che tappavano il buco… I Mangiamorte, l’attacco, i Duelli, le
maledizioni, Sylar, Remus…
Cercò di balzare a sedere, ma malgrado gli
antidolorifici ebbe l’impressione che il braccio destro andasse a fuoco. Emise
un lieve gemito mentre Luna e Hermione, allarmate, lo respingevano delicatamente
giù. Dietro di loro, Kitty e Ethan si agitavano nervosamente, guardandosi l’un
l’altra.
"Stai giù, Drew" gli raccomandò Hermione in
tono severo. "Ti si riaprirà la ferita… E non puoi permettertelo: non so cosa ti
abbia colpito, ma ci abbiamo messo un secolo a bloccare l’emorragia… Nemmeno le
ferite da Sectumsempra sanguinano a quel modo!".
"Non era Sectumsempra, infatti" mormorò
Drew. "Non ricordo la formula che Sylar ha usato, ma non era certo
Sectumsempra…".
"Non ha importanza" liquidò la questione
Luna. "L’importante è che tu stia bene, finalmente…".
"Come sta Remus?" domandò ansiosamente Drew.
"Sylar l’ha colpito con la stessa maledizione quando hanno Duellato… Come
sta?".
"È vivo" rispose Hermione. Drew sentì il
cuore riempirsi di sollievo, ma subito si raccomandò di non farsi troppe
illusioni: Remus era stato colpito in pieno petto, se ce l’aveva fatto per un
pelo lui, come poteva stare il vecchio mago?
"Ma?".
"È vivo" ripeté Hermione. "Ma non è messo
bene… La maledizione gli ha mancato di tanto così il cuore (in caso contrario
sarebbe probabilmente morto sul colpo), ma il polmone sinistro è completamente
distrutto: nessuno degli incantesimi che abbiamo tentato è riuscito a risanarlo
abbastanza da poterlo rendere di nuovo funzionante… E il destro arranca: ha
avuto già quattro crisi respiratorie… Anche il fegato era ridotto male, ma era
ai margini del colpo e siamo riusciti a sistemarlo…".
Drew annuì: non c’era bisogno di essere un
Guaritore per capire quanto la situazione fosse critica. Deglutì a vuoto un paio
di volte. "Può farcela?" domandò: la domanda suonò retorica e un po’ sciocca
alle sue stesse orecchie.
Hermione e Luna si guardarono di nuovo.
"Drew, nelle condizioni in cui siamo, non abbiamo i mezzi per curarlo a dovere…
Non li avremo avuti al Quartier Generale, figurati adesso che siamo poco più che
sfollati… E bisogna tenere conto anche dei problemi collaterali: il fisico di
Remus era ancora debilitato dal plenilunio e dall’infarto… Ted dice che
praticamente sono i nostri Incantesimi a tenerlo in vita…".
"Queste non sono delle risposte" protestò
Drew con voce dura. "Ditemelo chiaro e tondo: quanto gli resta?".
Luna sospirò. "Pochi giorni… Forse" si
corresse subito dopo, come colta da un ripensamento. "Forse sono ore o
addirittura minuti: dipende quando sarà la prossima crisi respiratoria e quanto
sarà grave…".
"Non molto, comunque" specificò Hermione con
uno sguardo affranto.
Drew annuì, restando poi in silenzio perché
il cervello potesse smaltire la notizia… Gli sembrava così ingiusto: Remus non
avrebbe dovuto morire così, sarebbe dovuto fuggire insieme agli altri invece di
restare per lui e affrontare Sylar… Sylar… Sentì montare la collera:
quanto lo odiava… Non credeva che avrebbe mai potuto odiare tanto qualcuno,
tantomeno suo padre, ma evidentemente si sbagliava. Merlino, quanto avrebbe
voluto…
Scacciò quei pensieri: non era decisamente
il momento adatto. "Gli altri?" domandò, improvvisamente folgorato da nuova
paura. "Gli altri stanno bene, vero?".
"Sì, sì" confermò Hermione con un mezzo
sorriso. "Abbiamo rimesso in piedi Sirius in un baleno… Gli altri erano più o
meno incolumi, tranne forse qualche contusione o cose del genere, ma nulla di
serio…".
"E Artemis?".
Non c’era bisogno di specificare che non
parlava delle sue condizioni fisiche, era fin troppo scontato a cosa si stava
riferendo. "Ha fatto la spola tra il tuo letto e quello di Remus" rispose Luna.
"Non ha più parlato con nessuno, nemmeno con Sirius o Ares…".
"Non è che ci eviti" spiegò Hermione.
"Semplicemente va e viene nel più assoluto silenzio: sembra uno
zombie…".
Drew annuì. "Capisco…". Non riusciva nemmeno
a immaginare come dovesse sentirsi la sua amica. Proprio adesso che si
stavano ritrovando… "E Sirius?".
"È rimasto tutto il tempo al capezzale di
Remus" disse Luna. "Ho praticamente dovuto trascinarlo a letto poco fa, anche se
quasi dormiva in piedi… Ma di certo a quest’ora avrà già approfittato della mia
assenza per sgattaiolare da lui un’altra volta".
Drew però l’ascoltava solo a metà: stava
riflettendo su alcune affermazioni delle due streghe, sul fatto che Artemis
avesse fatto la spola tra lui e Remus, Sirius che cascava dal sonno… Quanto
tempo era rimasto privo di sensi? "Per quanto ho dormito?" domandò.
Le due esitarono, scambiandosi l’ennesimo
sguardo.
"Per quanto ho dormito?" ripeté il
ragazzo.
"Più di quattro giorni" rispose Hermione.
"Te l’ho detto, abbiamo faticato molto prima di rimarginare la
ferita…".
Drew guardò le bende strette che gli
fasciavano la spalla e scendevano giù per mezzo torace. Si diede un po’ dello
stupido: si era preoccupato di tutti tranne che di sé stesso, dimenticandosi che
era stato a un passo dalla morte anche lui… Quella consapevolezza lo colpì come
una doccia gelata. "Quanto male sono messo?" domandò.
"Dovrai stare a riposo per qualche giorno"
rispose Luna. "Ma dovresti rimetterti completamente: per fortuna non ha
danneggiato organi vitali…".
"Siete sicure? O me lo dite solo per farmi
stare buono?".
Hermione gli sorrise con aria rassicurante.
"Ti sei svegliato, il che significa che il peggio è passato. Come ha detto Luna,
ti aspettano alcuni giorni di riposo assoluto, poi vedremo come è messo il
braccio… Ma non ti devi preoccupare: Ted è certo che con un po’ di esercizio
tornerà come nuovo…".
"Ora è meglio se riposi un po’" dichiarò
Luna, alzandosi in piedi. "Se hai bisogno di qualcosa, chiama".
"E voi due lasciatelo tranquillo" raccomandò
Hermione a Ethan e Kitty.
"Non vi preoccupate" le rassicurò la
ragazzina, mentre le due streghe lasciavano la camera, lasciando la porta
socchiusa. "Ci hai fatto quasi morire di paura, Drew!" aggiunse subito
all’indirizzo del cugino.
"Eravamo preoccupatissimi" aggiunse Ethan
con un convinto cenno del capo.
Drew sorrise debolmente, cercando di trovare
una posizione comoda senza troppo successo: forse la ferita non faceva male, ma
le bende erano senza dubbio un grande fastidio e aveva tutte le dita intorpidite
per la scarsa circolazione. "Mi dispiace, ragazzi, giuro che non lo farò mai
più".
"Lo spero bene!" sbottò Kitty con un
sorriso. "Lo sai come divento sotto stress…".
"È vero" concordò Ethan. "Era intrattabile
in questi giorni: ancora un po’ e mordeva…".
"Tranquilli, non vi liberate di me tanto
facilmente!" scherzò Drew, pur sentendosi il cuore pesante: Luna e Hermione era
convinte che si sarebbe ripreso presto, ma non poteva dimenticare che a poche
camere di distanza, l’uomo che ormai considerava quasi alla stregua di un padre
si stava lentamente spegnendo come una candela…
******
Quella stessa sera, Drew si rigirava nel
letto senza pace: nel pomeriggio la ferita si era riaperta, costringendo
Hermione a cambiargli le bende, fargli bere l’ennesima Pozione Rimpollasangue e
imbottirlo di antidolorifici al punto che avrebbe potuto staccarsi il braccio a
morsi senza sentire assolutamente nulla… Come idea non era nemmeno tanto male
considerato che per quanto si sforzasse non riusciva a trovare una posizione
comoda nemmeno a pagarla oro: a furia di stare girato sul fianco sinistro gli si
era praticamente addormentato il braccio, ma stando sulla schiena la lesione
finiva immancabilmente con il mandargli fitte di dolore, in barba alle pozioni
analgesiche, e dubitava che avrebbe potuto far peso sul lato destro del corpo
per i successivi due o tre anni… Aveva anche provato a mettersi seduto a un
certo punto, tra la siesta delle tre e quella delle cinque, ma gli girava
talmente tanto la testa che ci aveva rinunciato quasi subito… Effetto della
mancanza di cibo e della massiccia perdita di sangue, aveva dichiarato Ted
quando l’aveva visitato…
Drew sbuffò: dal quel momento in avanti
avrebbe detestato Sylar giusto per principio, pensò, fissando con aria
corrucciata la cena mezzo smozzicata che Fred gli aveva portato una mezz’oretta
prima: una minestrina leggera, leggera e un po’ di pane, ma Drew non era
riuscito a mangiarne più della metà prima che lo stomaco gli si chiudesse
completamente. Non aveva particolare appetito, anzi, e per di più aveva il
sospetto che quella minestra l’avesse fatta Luna, perciò poteva anche rivelarsi
velenosa e più pericolosa della maledizione di Sylar, il Sectumsempra e la
Cruciatus messe insieme!
Dovrei dormire un po’… si disse, anche se in realtà più che stanco di sentiva ancora
intontito: era tutto il giorno che entrava e usciva dal dormiveglia, senza
addormentarsi sul serio, ma non aveva particolarmente sonno… Non era sicuro
nemmeno lui di come stava: con tutta la roba che aveva in corpo per sedare il
dolore non era in grado di stabilire quali fossero le sue effettive condizioni
fisiche… Ted, Luna e Hermione erano concordi nel dichiarare che si stava
riprendendo bene e lui non poteva che crederci…
Ma non era solo questo a tenerlo in ansia:
per quanto si sforzasse, non riusciva a non pensare a Remus… Ogni volta che
qualcuno entrava nella sua stanza, chiedeva puntualmente notizie del licantropo,
perciò sapeva che per il momento era ancora vivo… Ma per quanto ancora lo
sarebbe stato? L’idea che stesse morendo e loro non potevano fare niente per
impedirlo gli era intollerabile. Se solo fosse scappato con gli altri… A
quest’ora io sarei probabilmente morto, ma lui sarebbe vivo e vegeto con
Artemis…
Anche il pensiero dell’amica continuava a
tormentarlo: non l’aveva vista un solo minuto da quando si era risvegliato…
Perfino Sirius si era allontanato un attimo dal capezzale di Remus per venire a
vedere come stava, ma di Artemis nemmeno l’ombra. Non che glielo rimproverasse,
capiva perfettamente che i pensieri della ragazza fossero rivolti altrove in
quel momento, ma avrebbe voluto poterle parlare un attimo, non sapeva nemmeno
lui per dire cosa, forse solo vedere come stava…
Dannazione a te, Sylar!, pensò con rabbia. Ma che razza di giustizia c’era in quel mondo?
Remus e Artemis si erano appena ritrovati… Non era giusto, non era proprio
giusto…
Ma anche volendo non avrebbe potuto fare
nulla per cambiare le cose: Ted aveva fatto l’impossibile e anche di più per
salvare il genero, ma anche volendo, non aveva i mezzi per poterlo guarire… E
chissà, forse nemmeno al San Mungo sarebbe stato possibile, considerata l’entità
delle ferite che aveva riportato… Avrebbe tanto voluto potergli parlare
un’ultima volta, ma probabilmente per quando gli avrebbero permesso di lasciare
il letto, sarebbe già stato troppo tardi…
A meno che… L’idea pazza, potenzialmente
pericolosa e altamente masochista gli sbocciò in testa e si rivelò impossibile
da scacciare. Sapeva che Remus si trovava due stanze a sinistra rispetto alla
sua, proprio di fronte alle scale e in quel momento tutti i membri dell’Ordine
erano al piano di sotto a consumare una cena frugale …
Sapeva anche che Luna e Hermione sarebbero
diventate isteriche se lo scoprivano e che probabilmente a metà strada non
avrebbe più avuto la forza di muovere le gambe, ma non gli importava molto:
poteva essere la sua unica possibilità di vedere Remus e non voleva sprecarla…
Non era molto certo del perché, ma sentiva di doverlo assolutamente vedere e se
c’era una cosa che aveva imparato era di non ignorare mai simili
sensazioni…
È una pessima idea, si disse. Ma del resto, noi Potter siamo maestri nel mettere in
pratica pessime idee… E se resto altri cinque secondi in questo letto,
probabilmente esploderò!
Così, lentamente sgusciò fuori dalle coperte
e si tirò in piedi, appoggiandosi prontamente alle parete quando le gambe
minacciarono seriamente di non reggerlo. Cominciamo bene…
Quando arrivò alla porta, era già stanco.
Dovrò proprio mangiare qualcosa, ho idea: ipoglicemia acuta… Ma ormai era
in ballo e perciò tanto valeva ballare. Lentamente uscì in corridoio, sempre
appoggiandosi al muro per reggersi e facendo più piano possibile per non
allertare gli altri al piano di sotto, si guardò intorno un attimo, individuò la
porta socchiusa alla sua sinistra e vi si diresse, rischiando un paio di volte
di inciampare nei suoi stessi piedi. La ferita di tanto in tanto mandava blande
scariche di dolore, ma le ignorò stoicamente: sapeva di aver sopportato di
peggio.
Arrivato sulla soglia per un attimo si
bloccò, vedendo il grosso cane nero accucciato sul fondo del letto, con il mento
appoggiato a una gamba di Remus: quella vista gli strinse il cuore in una morsa
e per l’ennesima volta si ritrovò a pensare quanto fosse ingiusta quella
situazione. Tuttavia, una più attenta occhiata gli bastò per capire che Sirius
stava dormendo: probabilmente alla fine aveva dovuto cedere alla stanchezza,
anche se evidentemente non aveva voluto saperne di lasciare l’amico.
Strano che Artemis non ci fosse piuttosto,
si ritrovò a pensare entrando cautamente quando capì che non c’era nessun’altro
nella stanza: probabilmente gli altri l’avevano trascinata di sotto per
costringerla a mangiare qualcosa, Drew dubitava con risultati positivi. Artemis
faceva sempre di testa sua e se non voleva mangiare non avrebbe mangiato, il che
significava che poteva tornare in qualunque momento…
Mentre avanzava lentamente verso il letto,
osservò attentamente Remus: era perfino più pallido di quando aveva avuto la
crisi cardiaca, era sdraiato immobile con il petto avvolto da strette bende, qua
e là screziate di rosso. Non fosse stato per il respiro lento e irregolare e
qualche sporadico spasmo delle dita avrebbe potuto essere già morto.
Convinto che fosse profondamente
addormentato (di certo, gli altri gli avevano dato delle pozioni soporifere),
Drew si sedette lentamente sul bordo del letto, certo che le gambe non lo
avrebbero retto un secondo di più, gettando qualche guardinga occhiata a Sirius:
l’Animagus comunque sembrava immerso in un sonno profondo.
"Mi dispiace, Remus…" mormorò, lottando
contro il groppo che sentiva in gola. "Non sarebbe dovuto
succedere…".
Allungò la mano verso il suo braccio e per
poco non gli venne un colpo quando una presa sorprendentemente forte gli serrò
il polso. Trattenne a stento un grido di sorpresa quando alzando lo sguardo,
vide Remus, sveglio e cosciente, che lo fissava con occhi appannati e una
smorfia di dolore dipinta in volto.
"Drew…" mormorò, talmente debolmente che il
ragazzo quasi non lo sentì. Dove lo prendeva il fiato per parlare se a malapena
gli funzionava un polmone?
"Vado a chiamare qualcuno" disse Drew,
facendo per alzarsi. Remus non avrebbe dovuto essere sveglio, era evidente che
stava soffrendo come un dannato.
"NO!" protestò con voce appena più forte il
licantropo, serrando ulteriormente la presa. "È tanto che ti
aspetto…".
"Mi aspettavi? Perché?".
"Perché sapevo che saresti venuto presto o
tardi: voi Potter siete così prevedibili…".
"Non parlare" gli consigliò Drew con ansia.
"Sei troppo debole…".
Remus scosse appena il capo. "Non c’è più
tempo… Ho bisogno del tuo aiuto…".
"Il mio aiuto? E come?".
"Gli altri non capirebbero…" mormorò più tra
sé che a qualcuno in particolare il licantropo. Ogni secondo che passava sembra
più vicino a perdere le poche forze che aveva e svenire e quando parlò di nuovo
la sua voce era carica di urgenza: "La mia giacca, Drew… Dov’è la mia giacca?
Quella che indossavo a Chalmers Road…".
Drew corrugò la fronte: aveva sul serio
detto ‘giacca’? Che diamine voleva farci con la sua giacca? Forse stava
delirando… "Remus, è meglio se vado a chiamare…".
"Sono serio, Drew!" lo zittì Remus con aria
sempre più agitata. "Per favore, la giacca…".
"Ok, ok". Meglio non contraddirlo in quello
stato… Drew si guardò attorno e trovò l’incriminata giacca abbandonata su una
sedia poco lontano, fuori dal campo visivo di Remus… Si sentì annodare lo
stomaco quando vide le macchie di sangue.
"È lì, la giacca" disse, indicandola. "A che
ti serve?".
Remus chiuse gli occhi, prendendo un paio di
sofferti respiri prima di parlare di nuovo. "La tasca interna…". C’era un sempre
maggior affanno nella sua voce: ogni parola gli costava uno sforzo immane, ma
era necessaria, assolutamente necessaria. "C’è una boccetta…
Portamela…".
Drew non aveva idea di cosa Remus stesse
parlando, ma dalla sua faccia poteva capire quando la cosa fosse importante… E
in ogni caso era meglio accontentarlo… Si alzò lentamente e altrettanto
lentamente si diresse verso la giacca, attento a non disturbare Sirius. Vi frugò
all’interno e trovò effettivamente una fiala, saldamente tappata, contenente una
pozione piuttosto vischiosa di un colore verdognolo decisamente poco
invitante.
Tornò al letto, sentendosi stanco come se
avesse corso la maratona e porse l’ampolla a Remus. "Tieni…".
Remus la prese con dei gesti concitati e
nervosi: gli tremavano talmente le mani che dovette fare qualche tentativo prima
di riuscire a stapparla. Drew storse il naso a quell’odore a dir poco pessimo,
ma Remus ingoiò l’intero contenuto senza traccia di esitazione.
Parve rilassarsi quasi all’istante, mentre
lasciava ricadere le braccia, lanciando un debole sorriso a Drew: una strana
pace aleggiava sul suo volto adesso. "Grazie, Drew…" bisbigliò.
"Grazie…".
"Remus, che cos’era quella?".
Con un gesto straordinariamente lento, come
se pesasse una tonnellata, Remus gli cacciò la boccetta in mano. "Non dire nulla
a nessuno, Drew…". Articolò con lentezza le parole, come se queste non volessero
più uscire. "Gli altri non capirebbero…".
"Remus…" lo chiamò Drew: per contro, il nome
gli uscì molto più forte di quanto non avesse avuto intenzione. Gli stava
nascendo un orribile dubbio: non è che quella pozione era un…
"Temevo di non fare in tempo…". Drew non
capì il senso di quella frase, ma non se ne curò: Remus del resto non sembrava
nemmeno più rivolgersi a lui o a qualcuno in particolare. Fissava il soffitto
con quell’espressione quieta e quel debole sorriso…
"Remus!". No, non era possibile, perché
avrebbe dovuto portarsi in tasca un…
Sirius sollevò la testa di scatto, sbatté
gli occhi un paio di volte, saettò lo sguardo da un all’altro un paio di volte e
infine riprese forma umana.
"Drew, che cosa ci fai qui?" domandò,
passandosi una mano sulla faccia. "Dovresti stare a letto…".
"Remus…" fu l’unica cosa che riuscì a
mormorare Drew, sentendo le prime lacrime cominciare a pungergli gli angoli
degli occhi.
Sirius si volò di scatto verso l’amico,
improvvisamente sveglio, un’espressione di puro panico dipinta in volto. "No,
no, no… Moony! MOONY!".
Senza nemmeno curarsi di fare piano, gattonò
avanti, prendendo il volto di Remus fra le mani. "MOONY!" lo chiamò, con una
nota disperata nella voce che Drew non gli aveva mai sentito.
Ma era inutile. Già prima che tutto
l’Ordine, con Ted in testa, accorresse attirato dal grido di Sirius, il cuore di
Remus aveva smesso di battere, il viso irrigidito in quell’espressione di serena
tranquillità.
Tra le lacrime Drew quasi non si accorse
quando Hermione prese a trascinarlo lentamente via per ricondurlo nella sua
stanza. L’unica cosa che riuscì a fare fu nascondere la boccetta in una tasca
dei pantaloni, ripromettendosi di nasconderla o distruggerla quanto prima:
qualunque cosa vi fosse contenuta, nessuno avrebbe mai dovuto sapere della sua
esistenza…
******
Da qualche parte un orologio batteva la
mezzanotte.
Chiusa in bagno, Artemis si sciacquò il viso
con l’acqua fredda, sbattendo poi gli occhi per scacciare le gocce gelate.
Studiò il proprio volto allo specchio: il riflesso di una ragazza pallida e
sfinita ricambiò il suo sguardo. Se non avesse saputo chi era, non ci si sarebbe
riconosciuta: come aveva fatto in quattro giorni a trasformarsi in quella
ragazza con l’aria disperata da naufraga in procinto di annegare? Quella non
poteva essere lei, quella non poteva essere la sua vita… Quale dio aveva offeso
nelle sue vite precedenti per meritarsi tutto questo? Perché le avevano dovuto
togliere anche quello spicchio di felicità che era riuscita a
riconquistare?
Con mano tremante, si scostò i capelli dal
volto: come tutto il resto, anche quelli erano ormai in uno stato pietoso…
Quanto tempo era che non se li lavava? Non riusciva a ricordare… Prese un
elastico dalla mensola lì di fianco e se li legò in un codino sbarazzino:
diverse ciocche sfuggirono subito alla presa, troppo corte per essere
trattenute. Se le spinse dietro le orecchie con un gesto stizzito, passandosi
una mano sugli occhi stanchi: non faceva un sonno decente da giorni, aveva
dormito poco e male dove le capitava di addormentarsi e aveva mangiato ancora di
meno e solo perché suo nonno le aveva cacciato quasi a forza il cibo in bocca,
come se fosse stata una bambina in vena di capricci. E appena ne aveva avuto
l’occasione, era andata a vomitare…
In altre parole, era stremata e stava
marciando a passo di carica verso l’autodistruzione totale, ma non le importava,
non le importava più di niente, ormai: sarebbe stata felice di chiudere gli
occhi e non risvegliarsi più. Era stanca di quella vita che non le aveva dato
altro che sofferenza: se mai era stata davvero felice, doveva essere stato nel
grembo di sua madre o comunque quando era ancora inconsapevole del mondo…
A passi lenti, uscì dal bagno, addentrandosi
nell’oscurità. Probabilmente era l’unica ancora sveglia in tutta la casa: il
resto dell’Ordine era andato a godersi un po’ di riposo, dato che ormai non
c’era più un vero motivo per restare svegli… Avevano messo degli incantesimi
d’allarme in caso il Ministero fosse riuscito a rintracciarli e fosse loro
piombato addosso, ma per il momento sembrava che fossero riusciti a far perdere
le loro tracce: di certo Sylar in quel momento stava facendo rivoltare ogni
angolo della Gran Britannia per trovarli, era solo questione di tempo, ma tutti
contavano sul vantaggio che nessuno avrebbe mai pensato che potessero
nascondersi proprio a Casa Riddle, perciò speravano di avere ancora qualche
giorno per riorganizzarsi, permettere a Drew di riprendersi e seppellire Remus…
Artemis si rifiutò di soffermarsi sull’ultima: le era intollerabile mettere suo
padre e termini come funerale, cimitero o cremazione nella stessa frase, erano
pensieri che la sua mente si rifiutava di accettare, perché avrebbero reso tutto
troppo definitivo, troppo… reale.
Lasciò che i piedi la conducessero in modo
quasi automatico fino alla camera di sua madre, aspettandosi di trovarla
addormentata. Invece Dora era come sempre seduta a gambe incrociate al centro
della stanza, perfettamente sveglia, che pasticciava con un pennarello nero su
un foglio. Sentendola entrare, sollevò di scatto la testa, la studiò alcuni
istanti e poi con espressione delusa tornò alla sua occupazione come se niente
fosse.
Artemis andò a sedersi al suo fianco. "Che
cosa stai facendo, mamma?" domandò piano. "Dovresti dormire…".
Era la prima volta in quattro giorni che
diceva qualcosa e l’aveva fatto senza aspettarsi una risposta che infatti non
arrivò: Tonks continuò imperterrita a tracciare disordinate linee nere sul
foglio senza prestare la figlia della minima attenzione. Dalla fuga da Londra,
nessuno era più riuscito a strapparle un solo gesto o una parola che fossero
intelligibili: l’attacco ai Mangiamorte si era rivelato un episodio sporadico e
la donna era tornata a rintanarsi con ancora più forza del solito nel suo
piccolo universo personale, dietro una barriera che nessuno aveva idea di come
aggirare.
Artemis sospirò, accarezzandole con dolcezza
i capelli rosa pallido, ricordando i momenti nella sua infanzia quando i ruoli
erano invertiti ed era lei a trovare conforto tra le braccia di Dora. "Vieni, ti
porto a letto…" mormorò, cercando di farla alzare.
Dora la respinse con forza, scuotendo il
capo. "No".
"Sì, invece" ribatté Artemis, con
convinzione. "Dai, vieni…".
Tonks non si mosse di un centimetro,
fissando stolidamente il foglio che aveva di fronte. "Remus…" sussurrò, tanto
piano che la figlia a malapena la sentì. "Dov’è Remus?".
Si rigirò il foglio tra le mani, attirando
l’attenzione di Artemis. In principio non vi aveva badato più di tanto, dando
per scontato che fossero semplici scarabocchi, ma ora guardandolo più
attentamente, tra le linee disordinate si poteva distinguere la sagoma
stilizzata di un lupo e perfino una sorta di luna piena.
Artemis si morse con forza il labbro
inferiore per trattenere un gemito, ingoiando il groppo che sentiva in gola:
quattro giorni e non era ancora riuscita a versare una sola lacrima, nemmeno
quando circa cinque ore prima Remus era morto aveva pianto. Non voleva e non
poteva piangere: le lacrime erano un’altra di quelle cose che avrebbero reso
l’accaduto definitivo.
"Remus…" mormorò di nuovo Dora, continuando
a fissare il disegno.
Artemis si chiese quanto sua madre fosse
consapevole di quello che era successo, quanto fosse penetrato nella sua
consapevolezza… Ma in fondo non avrebbe dovuto sentirsi tanto stupita: già
prima, Tonks aveva dato prova di essere più sensibile ai cambiamenti di quanto
lasciasse a intendere, sia nel bene che nel male.
"Mi dispiace, mamma" le disse, in tono
mortificato. "Se ne è andato".
"Andato…" ripeté Dora. Parve riflettere
alcuni secondi, poi domandò di nuovo: "Dov’è Remus?".
Artemis scosse il capo, scoraggiata: cosa si
aspettava? Voleva sul serio cercare di costruire una conversazione degna di
questo nome con una donna che metà delle volte non la riconosceva e a malapena
sapeva mangiare da sola? Solo perché quattro giorni prima aveva dato prova, in
un lampo sporadico, di sapere ancora difendere sé stessa e gli altri non
significava che avrebbe avuto indietro sua madre… Sua madre non sarebbe mai
tornata, avrebbe dovuto rassegnarsi molto tempo prima…
"Vieni, ti porto a letto" disse,
costringendola dolcemente ad alzarsi. "Devi riposare…".
"Potrei dirti la stessa cosa…" intervenne
una voce alle sue spalle.
Artemis si voltò, trovando Ares che la
fissava con espressione insolitamente dolce. "Non guardarmi in quel modo, Ares:
sto bene…".
"Questa è una bugia bella e buona e lo
sappiamo entrambi" ribatté l’uomo guadagnando il centro della stanza. "Vai a
dormire: non c’è nulla che tu possa fare…".
"Io non voglio dormire" dichiarò Artemis,
conducendo Dora fino al suo letto. "Non voglio riposare, non voglio sognare che
tutto questo non sia accaduto per ricevere una doccia gelata al mio
risveglio…".
"Quello che vuoi è relativamente importante…
Il tuo corpo cederà presto se non dormi e riprendi a mangiare".
Artemis si voltò verso di lui con un lampo
di rabbia negli occhi. "E chi ti dice che non sia proprio quello che voglio,
Ares?".
"Tu non vuoi morire, Artemis" affermò con
convinzione Ares. "Sei troppo attaccata alla vita per poter desiderare di
morire…".
"Questo era ieri, Ares, era prima che
succedesse tutto questo, prima che lui…". La voce le si spezzò un gola: non
riusciva proprio a dirlo, non riusciva ad accettarlo.
Si girò di nuovo, sentendosi gli occhi
lucidi: ingoiò le lacrime, rimboccando le coperte a sua madre. Non si accorse
che Ares si era avvicinato finché non sentì la sua mano posarsi sulla spalla.
"So che è difficile, Artemis, ma devi reagire…".
"E a te che importa?" sbottò stizzita la
ragazza. "Tu te ne stai andando, no? Stai solo aspettando il momento giusto per
prendere la porta e sparire per sempre o sbaglio?".
La presa si fece più forte. "Io non vado da
nessuna parte, bambina".
Artemis si voltò di scatto verso di lui.
"Che cosa?" esclamò. "Tu…".
"Non me ne vado" ripeté Ares senza la minima
esitazione.
"Perché? Perché hai cambiato
idea?".
"Perché tu hai ancora bisogno di me,
Artemis… Non ti lascerò finché non sarò certo che tu possa cavartela da sola e
adesso NON sei in grado di farlo".
"Ares, io…". Non sapeva nemmeno cosa dire,
non c’erano parole per esprimere quello che sentiva in quel momento.
"Grazie".
"Ma tu devi reagire, bambina" disse l’uomo,
chinandosi su di lei fino a fissarla negli occhi ambrati. "Devi andare avanti:
tutto questo non lo riporterà indietro, condurrà solo ad altro
dolore…".
"Io non so come fare, Ares… Non riesco ad
accettare che sia morto… Se solo non mi avesse spinto in quel
camino…".
"Allora sareste probabilmente morti
entrambi. Non puoi cambiare quello che è stato, Artemis, non puoi sprecare la
vita chiedendoti cosa sarebbe successo se questa o quella cosa fosse andata
diversamente, non puoi vivere nel passato…".
"E allora cosa posso fare,
Ares?".
"Aggrappati a ciò che c’è di buono nella tua
vita e guarda avanti: il tempo farà il resto…".
All’espressione scettica della ragazza,
l’uomo sorrise debolmente. "So che sembra una pessima combinazione di frasi
fatte, ma è la verità: il tempo può sul serio guarire le ferite o quanto meno
alleviare il dolore…".
Artemis ebbe la netta impressione che Ares
stesse parlando per esperienza personale: lo scrutò negli occhi, cercandovi
indizi di quel passato misterioso che il fedele compagno si ostinava a celare
con tanta cura, ma non vide nulla di diverso. "Mi dispiace…" mormorò.
"Per cosa, bambina?".
"Per chiunque sia la persona che hai perso,
amico mio". Esitò un istante. "Mi manca tanto…".
"Lo so…".
Ares l’attirò a sé, in un abbraccio che la
lasciò un attimo sgomenta: di rado Ares si era lasciato andare a simili
manifestazioni di affetto…Ma si abbandonò subito a quella stretta in qualche
modo paterna, mentre le lacrime trattenute con tanto stoicismo prendevano
finalmente a scorrere.
E come capita sempre in questi casi, una
volta cominciato, non riuscì più a smettere, lasciandosi andare a singhiozzi
sempre più disperati, nascondendo il volto nella camicia di Ares. Da qualche
parte in giardino si sentiva un cane ululare, perfetta colonna sonora del dolore
a cui stava dando sfogo. Sirius, pensò. Razza di incosciente… Ma
anche se avesse potuto, non sarebbe mai andata a fermarlo, anzi, una parte di
lei, quella più vicina all’animale, avrebbe voluto unirsi a lui in quel
lamento…
Restarono lì, pressoché immobili per più di
un’ora, finché Artemis stremata non crollò addormentata tra le braccia di Ares.
Lentamente, l’uomo si sciolse dalla stretta e la sistemò nel letto al fianco di
Tonks, che aveva ceduto già da molto tempo al sonno. La ragazza emise qualche
gemito indistinto ma non si svegliò, accoccolandosi meglio sotto le
coperte.
Silenzioso come un felino, Ares uscì dalla
stanza, lasciando la porta socchiusa per ogni evenienza, e andò a sedersi sul
primo scalino della rampa di scale: aveva troppi pensieri per la testa per poter
avere sonno.
Si stava ancora assiduamente chiedendo se
avesse preso la decisione giusta decidendo di restare: si era interrogato per
giorni su quale fosse la cosa migliore da fare e non era ancora sicuro della sua
scelta. Rimanere avrebbe significato rientrare in quella guerra da cui avrebbe
voluto a tutti costi essere escluso, quella guerra che gli aveva tolto la
libertà, la vita, il futuro, la famiglia… Avrebbe rischiato di essere
riconosciuto: Sylar ci era andato così vicino a Westminster… Quell’episodio lo
aveva turbato non poco: aveva dato per scontato fosse perché Sylar aveva
indagato anche su di lui all’epoca del genocidio, ma forse c’era altro sotto…
Artemis e Drew nascondevano molte cose su quel punto, Ares ne era certo, ma non
aveva fatto domande: probabilmente era meglio non sapere. E forse, vecchio
paranoico, ti stai agitando per nulla: di certo te ne ricorderesti se avessi
frequentato un tipo come lui prima, ad Hogwarts… O forse no? In fondo, a
scuola era piuttosto popolare, nel bene e nel male a seconda dei punti di vista,
era anche possibile che Sylar lo conoscesse di faccia senza averlo mai
frequentato… Magari qualche vecchio nemico Serpeverde…
In effetti, si stava ancora chiedendo come
avessero fatto gli altri membri dell’Ordine a non riconoscerlo… Si passò una
mano tra i capelli castani, osservando il proprio riflesso in una colonna della
balaustra di marmo: dopo sedici anni, ancora faticava a sentire suo
quell’aspetto… Chissà come sarebbe stato se fosse invecchiato naturalmente
invece di mettersi nelle mani di quei maghi di dubbia moralità che per un paio
di sacchi di Galeoni l’avevano trasfigurato fino a renderlo praticamente
irriconoscibile… Probabilmente è per questo che i gemelli o Hermione non
hanno capito chi sono: la gente tende a non vedere quello che ha davanti agli
occhi!
Ma non aveva importanza: lui non voleva
essere riconosciuto, in fondo, e ormai dubitava che sarebbe mai successo.
Sarà meglio così: l’Ordine della Fenice ha bisogno di Ares, non dell’uomo che
si nasconde sotto di lui… Artemis ha bisogno di Ares…
Sirius aveva smesso di ululare. Ares si alzò
in piedi, spolverandosi i pantaloni e andò nella sua stanza: qualche ora di
sonno avrebbe fatto bene pure a lui, si disse, lasciandosi cadere sul
letto
Aveva il presentimento che giorni cupi si
prospettassero all’orizzonte, giorni in cui l’Ordine avrebbe dovuto lottare
duramente per sopravvivere e lui avrebbe fatto quanto poteva per
aiutarlo.
LYRAPOTTER’S CORNER
Bene, arrivati in fondo a questo capitolo,
parecchi di voi saranno ormai certi che in me alberghi un’anima ad alto
contenuto sadico e masochistico, visto e considerato che in certi punti mi stavo
facendo venire il magone da sola, non oso immaginare lo stato in cui sarete voi…
Di certi vi sarete chiesti dove stava la necessità di far vegetare Remus mezzo
moribondo invece di ucciderlo sul colpo considerato che il suo destino era
segnato da tempo… Sfortunatamente, la dipartita di Remus era legata ad alcuni
episodi intrinseci assolutamente basilari per i futuri sviluppi della storia…
Vediamo se qualcuno indovina, anche se era abbastanza palese, è un pezzo che
spicca per la sua apparente inutilità, piuttosto sarei curiosa di vedere se
qualcuno capisce dove voglio andare a parare… *si abbandona a una risatina
satanica*
Punto secondo, come già anticipato, sulla
base delle esigenze del pubblico, abbiamo cambiato il programma sulla segreta,
segretissima identità di Ares… Ma non fatemi domande e non sperate di saperne di
più a breve, la conclusione di questo capitolo è tutto quello che avrete ancora
per molto tempo; sentitevi pure liberi di provare a indovinare se
volete…
Bon, è momento di ringraziare le otto (OTTO,
per questa storia è un nuovo primato) persone che hanno recensito:
Moonshadow_95, grazie infinite, spero che la storia continui a
piacerti!
Lady85, idem
come sopra, grazie, grazie, grazie, nella speranza di risentirci
presto!!!!!!
Deidara, lo
sai che a posteriori avrei fatto meglio a uccidere Christie e salvare Keith…
Perché ho fatto due conti e mi sono resa conto che nei futuri sviluppi saremo
carenti di materia prima maschile, visto che tutti i prossimi nuovi arrivi
importanti saranno tutte donne… Vabbè, è tardi per piangere sul latte versato,
immagino…Su Sirius e Luna, non ti rilassare troppo, perché i prossimi sviluppi
su di loro non ti piaceranno, il loro per Happy Ending è ancora lontano… E sulla
strage, ho idea che mi batterai senza problemi, visto che per un po’ io ho
finito (anche se, contando tutti quelli che ho ucciso prima, stravinco di
certo…).
Lady Lynx, guarda, non so se Keith sia morto, morto, ma di certo il caro
Julius non gli renderà la vita facile, quindi è probabile che lo diventi presto…
In ogni caso, è uscito di scena definitivamente… Altri cinque minuti di
silenzio…
Babibabi, siamo sadici e ne andiamo fieri… È un gene che molti scrittori se
portano dietro, purtroppo (ogni riferimento a JK Rowling è puramente
casuale)!!!!! Sulla maledizione di Sylar, cosa posso dirti, hai fatto fuochino e
pure su Ares… Su chi sia quest’ultimo mi sa che vi ci arrovellerete sopra tutti
quanti!!!!!!!
LadyMorgan, mi
conosci e sai che sono sconvolta quanto te per la morte di Remus, pur essendone
l’artefice, ma ti assicuro che era una cosa inevitabile: qualcuno doveva morire
e quel qualcuno doveva avere particolari caratteristiche per rendere credibili i
futuri sviluppi della storia… Ahimè, l’unico candidato possibile tra quelli che
ho graziato e forse in generale, era proprio Remus… Su Ares sono in silenzio
stampa, mi diverto troppo a farvi arrovellare e poi vi toglierei tutta la
suspense della sorpresa: posso dirti che è un personaggio canon, ecco, il resto
lo vedrai a tempo debito… Quanto al resto, devo essere sincera, io non è ho mai
parlato più di tanto per non complicarmi la vita, ma i tuoi dubbi sono leciti e
posso cercare di spiegarteli così: in un qualche capitolo che non ricordo,
durante le discussioni dell’Ordine sull’Arma, si parlava di un trattato che
Voldy aveva fatto con il resto del mondo magico e non, una sorta di patto di non
aggressione… Poi erano tutti tornati a farsi di fatti loro e lasciato
l’Inghilterra ai suoi complicati affari interni… Ovviamente nessuno sapeva che
cosa stava combinando (genocidi, discriminazione, progettazione di armi
apocalittiche), Voldy è bravo a tenersi stretti i suoi segreti… Quanto agli Usa,
mai sentito di parlare di dottrina Monroe? Detto in soldoni, significa
"ammazzatevi finché vi pare, ma non toccate il nostro portafogli", perciò se ne
sono stati a cuccia nel loro lato di mondo a lasciare che l’Europa se la
sbrigasse da sola… Se poi voi discuterne ancora, si può fare in altra sede, per
quanto le questioni politiche non siano il mio forte… Tua Silvia Alfa // perché
il male colpisce sempre due volte
Ino chan, siamo due pazze schizzate, allora, so di essere molto coerente con
me stessa, io odio quanto gli altri uccidono i miei personaggi preferiti, ma ciò
non mi esime dal volerlo fare io… Che ci vuoi fare, sono contorta!!!!!!!!
SakiJune, confesso che ormai non ci speravo più a rivedere il tuo nome tra i
recensori, per quanto anch’io stia seguendo silenziosamente la tua storia,
perciò non posso proprio rimproverarti… Mi dispiace se all’epoca fui ambigua, ma
il destino voleva così… Se vivremo abbastanza per arrivare alla seconda parte
capirai perché e forse sarai un po’ meno triste… Ringrazio anche Caillean
per i suoi impliciti complimenti!!!
A presto con il penultimo
capitolo!!!!!!!!!!!!!!!
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Capitolo 31 *** Il cimitero di croci bianche ***
MAGIC
WARS
CAPITOLO XXX: IL CIMITERO DI CROCI
BIANCHE
Foresta Proibita,
Hogwarts
Inghilterra.
Stava appena albeggiando quando due giorni
dopo una decina o poco più di figure ammantate comparve con una serie di
schiocchi sonori in una piccola radura silenziosa e isolata nel cuore della
Foresta Proibita, molto lontano da qualunque occhio o orecchio umano.
Drew si guardò intorno tra i filari
d’alberi, appoggiandosi a Fred per non cadere a causa della vertigine,
conseguenza tanto della Smaterializzazione quanto della convalescenza. Il
braccio destro era fasciato e appeso al collo: la ferita era ormai quasi
completamente rimarginata e il dolore era quasi del tutto scomparso o quantomeno
si era sopito quanto bastava per essere tenuto a bada dagli
antidolorifici.
In verità, Drew non vedeva l’ora di
rimettersi: non ne poteva più di stare a letto con tutti che si allarmavano
appena faceva uno starnuto. Per questo era ben felice di essersi allontanato dal
letto anche solo per poco, sebbene l’occasione non fosse decisamente delle più
liete: stavano andando a rendere l’ultimo omaggio a Remus, anche se nessuno fino
a quel momento aveva voluto spiegargli dove di preciso fossero
diretti.
Dopo essersi accertato che non ci fosse
nulla di potenzialmente pericoloso nei paraggi, il piccolo corteo cominciò a
muoversi a passo sicuro tra gli alberi.
"Dove siamo?" domandò Drew, mentre lui e
Fred si accodavano agli altri. Dopo un attimo di esitazione, le gambe diedero
prova di poterlo reggere e si liberò della presa dello zio per procedere da
solo.
"Nel profondo della Foresta Proibita"
rispose Fred, guardandosi guardingo intorno, la bacchetta stretta saldamente in
pugno: non si aspettavano attacchi di mangiamorte, ma nella foresta vivevano
entità ben peggiori di un mago oscuro.
"La Foresta Proibita?" ripeté Drew sorpreso:
di tutti i posti al mondo, quello era l’ultimo che si aspettava di sentirsi
nominare. "Quella che sta ai margini di Hogwarts?".
"Proprio quella" confermò Fred con un breve
sorriso. "Quante altre foreste proibite conosci?".
"Ma… ma… Che cosa ci facciamo qui? Non c’è
il rischio che Malfoy che scopra?".
George, che chiudeva la processione dietro
di loro, scosse il capo con aria vagamente divertita. "Lucius Malfoy non si
accorgerebbe di noi nemmeno se ballassimo nudi nel parco, figurati… Quando
diciamo profondo, intendiamo proprio fondo, fondo: questa zona è oltre i confini
perfino della Mappa del Malandrino, nemmeno Hagrid all’epoca si addentrava così
tanto qua dentro. Fidati, il massimo che potremmo incontrare qui sono dei
Centauri e loro non ci farebbero alcun male…".
"Ma che ci facciamo qui?" domandò ancora
Drew, osservando con maggior apprensione gli alberi intorno a lui: sapeva dai
racconti degli altri che nella foresta vivevano creature ben peggiori dei
centauri, checché ne dicessero i gemelli, che peraltro avevano un senso del
pericolo ben al di sotto della media.
"Andiamo a porgere il nostro ultimo saluto a
Remus, mi pare ovvio" rispose Fred.
"Nella Foresta Proibita?".
"Quando vedrai, capirai" lo zittì George.
"Non siamo lontani…".
Drew si rese conto in quel momento che
stavano percorrendo un sentiero ben definito attraverso gli sterpi e i rovi: che
cosa ci faceva un sentiero in un punto della Foresta dove non si addentrava mai
nessuno? Evidentemente l’Ordine era venuto lì molte volte in passato: ma
perché?
La risposta non tardò ad arrivare. Una
decina di minuti dopo gli alberi si diradarono nuovamente e sbucarono in
un’altra radura, decisamente più grande di quella dove si erano Materializzati.
Drew rimase un attimo senza fiato nel metterla a fuoco: l’intera area era
punteggiata di grosse croci bianche, alte fino alla cintola, sparse senza una
vera logica un po’ ovunque fino al limitare degli alberi.
"Un cimitero" mormorò, passando in rassegna
le croci una ad una mentre avanzava. "Questo è un cimitero…".
Fred annuì con aria grave. "Quale luogo
migliore per lasciar riposare in pace i nostri morti? Il Ministero non ci
avrebbe mai permesso di farlo in un cimitero consacrato, così abbiamo creato
questo piccolo grande santuario: è protetto da ogni incantesimo di protezione
che siamo riusciti a immaginare, i Mangiamorte non lo potrebbero trovare nemmeno
se ci inciampassero dentro! Si meritavano la pace almeno nella morte, non
credi?".
Drew annuì lentamente. "Quindi c’è una croce
per ogni…".
"… Per ogni membro dell’Ordine, sì" concluse
per lui George. "Della Prima e la Seconda Guerra Magica e della
Ribellione…".
"Anche della Prima?" domandò un po’
perplesso Drew. "Perché anche della Prima Guerra? Quella l’abbiamo vinta, più o
meno…".
"Sì, ma tu non hai idea di cosa hanno fatto
i Mangiamorte subito dopo la caduta del Ministero: la dimostrazione che quelli
non temono niente e nessuno…".
"Cos’hanno fatto?". Subito dopo cambiò idea.
"No, lascia stare: probabilmente non lo voglio sapere…".
"In realtà" continuò George, "la maggior
parte di queste croci ha un valore simbolico: di rado riusciamo a recuperare i
corpi, capisci…".
"Capisco".
Ted, che guidava il gruppo e faceva levitare
davanti a sé la bara, si fermò in uno spiazzo vuoto. "Qui andrà bene"
dichiarò.
Senza bisogno di aggiungere altro, anche
Hermione e Luna si fecero avanti e tutti e tre puntarono le bacchette verso il
terreno, scavando in breve una fossa sufficientemente profonda in cui Ted adagiò
lentamente la bara.
"Riposa in pace, amico mio"
mormorò.
"Riposa in pace" gli fecero eco gli
altri.
Drew ricacciò indietro le lacrime che gli
pizzicavano gli occhi, passando in rassegna gli altri presenti, mentre
lentamente i gemelli riempivano nuovamente di terra la buca. Artemis,
spalleggiata dall’onnipresente e silenzioso Ares che le teneva una mano sulla
spalla, fissava con aria vuota la tomba del padre, gli occhi stranamente
asciutti: probabilmente aveva già pianto tutte le sue lacrime. Si teneva
abbracciata a Dora, la cui espressione di pacifica serenità stonava più che mai
con la situazione: stava seppellendo l’amore della sua vita e non ne era neppure
consapevole.
Nemmeno Sirius, al fianco della nipote
acquisita, piangeva: la sua espressione valeva più di qualunque lacrima, una
faccia che Drew non avrebbe mai pensato di poter associare a Sirius Black. In
quei due giorni si era chiuso in sé stesso come un riccio, preferendo soffrire
in silenzio la perdita dell’amico piuttosto che cercare conforto nel contatto
con gli altri. Quando Luna si mosse con aria esitante nella sua direzione,
facendo per prendergli la mano, si scostò bruscamente, incrociando le braccia al
petto, all’apparenza senza notare l’espressione ferita della
Corvonero.
Drew si accostò a Kitty e Ethan, che avevano
entrambi il viso bagnato di lacrime. Il ragazzino si strinse a lui, che gli
circondò le spalle con il braccio sano, per poi rivolgere una breve occhiata a
Kitty, che in risposta gli fece un debole sorriso, come a rassicurarlo che stava
bene anche se entrambi sapevano che non era vero.
I gemelli finirono di compattare la terra
appena smossa e Luna si occupò di far ricrescere l’erba, mentre Hermione evocava
una nuova croce bianca su cui incise il nome di Remus e le date di nascita e
morte.
"Addio, Remus" disse piano con voce ferma
malgrado le lacrime che le rigavano il volto. Poi puntò la bacchetta verso
destra e creò una seconda croce, stavolta per Keith: non potevano sapere se
fosse sopravvissuto alle torture di Osborne, ma in ogni caso per loro era
perduto e si meritava un posto in quel cimitero come tutti gli altri.
Hermione fece un paio di passi indietro,
come per ammirare l’opera nel suo insieme, poi annuì debolmente: la piccola
cerimonia poteva dirsi conclusa.
Nello stesso istante, Sirius, con le mani
strette a pugno, si voltò e partì di corsa diretto verso gli alberi,
trasformandosi in cane a metà strada.
"Sirius! Aspetta!" gridò dietro Luna,
facendo per andargli dietro quando capì che l’Animagus non aveva la minima
intenzione di darle retta.
Ted la bloccò, trattenendola per il braccio.
"Lascialo stare, Luna" le consigliò dolcemente. "Vuole rimanere da
solo…".
"Non può andarsene in giro da solo in quello
stato" protestò la strega, fissando ansiosamente il punto in cui il cane era
sparito. "Finirà con il fare qualche stupidaggine o peggio farsi
ammazzare…".
"Sirius sa badare a sé stesso" disse Ted. "E
in ogni caso, ormai non riusciresti più a trovarlo: lascialo stare, è
meglio…".
Luna non sembrava affatto convinta. "E se
gli succedesse qualcosa?".
"Tornerà quando se la sentirà" si intromise
a sorpresa Artemis, voltandosi verso di lei. "Non gli succederà nulla, Luna, sta
tranquilla…".
La donna lasciò cadere le braccia con un
gesto sconfortato, continuando a osservare gli alberi, senza comunque far gesto
di voler più seguire Sirius. Perché tutto era diventato così dannatamente
difficile? Solo pochi giorni prima lei e Sirius si stavano baciando, stavano
cercando di capire come gestire il loro rapporto e ora tra loro sembrava
scorrere un abisso: dopo la morte di Remus, Sirius aveva chiuso fuori tutto e
tutti, lei compresa.
Ted le diede una leggera pacca sulla spalle,
prima di lasciarla e andare ad abbracciare figlia e nipote: Artemis ricambiò
passivamente la stretta, mentre Dora rimase indifferente a fissare la tomba di
fronte a lei.
Dopo un’ultima occhiata alla croce di Remus,
anche Hermione si allontanò a passi lenti dal resto del gruppo, diretta non
verso il sentiero da cui erano venuti, ma verso un altro raggruppamento di tombe
poco lontano.
"Dove sta andando?" domandò Drew,
riavvicinandosi ai gemelli con Ethan e Kitty al seguito.
"Laggiù ci sono le croci dei Weasley" spiegò
Fred.
"Anche la tomba di Ron…" aggiunse George.
"Anche quella di mia madre?" chiese Drew,
fissando con rinnovato interesse le otto croci in fila.
"Le ultime due sulla sinistra" gli rispose
Fred indicandole con un dito.
"Vai pure: ti aspettiamo" lo incoraggiò
George.
Drew annuì debolmente prima di staccarsi da
Ethan e avviarsi nella direzione segnata da Fred. Incespicò un paio di volte
lungo la strada, scivolando sull’erba bagnata, e alla fine si fermò davanti a
una croce dall’aria un po’ consumata, con il cuore gonfio di emozione,
esattamente al capo opposto rispetto a Hermione. Malgrado fossero passati tanti
anni, le parole erano ancora chiarissime, di certo merito di qualche
incantesimo.
Ginevra Weasley, lesse. 11 agosto 1981-29 giugno 1998. Non aveva nemmeno
diciassette anni, considerò, rileggendo un paio di volte quelle date. Troppo
pochi per morire… Troppo pochi anche per avere un figlio… Si chiese perché fosse
tanto stupito: sapeva che sua madre era morta giovane. Forse era l’effetto che
faceva vederlo scritto in modo indelebile su quella croce…
"Ciao, mamma" mormorò, accarezzando il nome
con le dita.
A sorpresa, la voce che aveva sentito in uno
dei ricordi di Sylar si fece prepotentemente spazio nella sua mente. Allora,
come lo vorresti chiamare? Era quasi assurdo che un ricordo che non era
nemmeno suo gli fosse tanto caro, considerato anche il modo in cui era riuscito
a carpirlo a Sylar, ma era così: in qualche modo gli faceva sentire Ginny più
vicina…
"Mi manchi, mamma".
Quanto sarebbero state diverse le cose se
Ginny non fosse morta? Se i Mangiamorte non fossero piombati alla Tana ferendola
a morte? Suo padre non sarebbe mai diventato Sylar, forse quella guerra assurda
sarebbe finita da un pezzo, Voldemort sarebbe morto… "Perché è dovuto andare
tutto così male? Perché sei dovuta morire?".
Scosse il capo: per certe domande non
esistevano risposte. Voltò il capo alla sua destra verso la croce a fianco e lo
stomaco si contrasse in una morsa.
Harry Potter. 31 luglio
1980-1998.
Naturale, l’Ordine aveva creduto Harry morto
e perciò, malgrado non avessero mai ritrovato il corpo, avevano piantato una
croce anche per lui, dove era più ovvio che fosse messa: accanto a quella della
sua amata.
A Drew, parve più che mai fuori posto: suo
padre non solo non era morto, nemmeno si meritava un posto in quel cimitero,
tanto meno accanto alla croce di Ginny, con tutto quello che aveva fatto. Era
colpa sua se si trovavano lì quel giorno, era stato lui a colpire a morte Remus
e molti altri che ora riposavano in quel luogo. Tu non dovresti essere qui,
maledetto traditore…
Ma ovviamente non poteva dire o fare nulla
per cambiare quel fatto: il resto dell’Ordine non sapeva ed sarebbe stato meglio
per tutti se fosse rimasto nella beata ignoranza ora più che mai. Ti fermerò,
promise tacitamente fissando il nome di suo padre. Se non posso salvarti,
giuro che ti fermerò (*).
Distolse lo sguardo, tornando a posarlo un
attimo sulla tomba di Ginny e poi su quelle alla sinistra: gli altri Weasley.
Arthur e Molly, poi in successione, Percy, Charlie e Bill, fino a Ron. Guardò
per un attimo Hermione, inginocchiata di fronte alla tomba del marito immersa
nei suoi pensieri e totalmente estraniata dal mondo esterno, e decise che non
fosse opportuno disturbarla, così si voltò e si avviò per tornare dai gemelli e
i cugini, che lo aspettavano ai margini del sentiero.
Allungò volutamente la strada, leggendo con
attenzione i nomi delle croci davanti alle quali passava, chiedendosi vagamente
cosa stesse cercando finché non se le trovò davanti, ricordandosi all’istante
che Fred gli aveva detto che anche le vittime della Prima Guerra avevano una
croce a loro dedicata.
Lily Potter. 30 gennaio 1960-31 ottobre
1981.
James Potter. 27 marzo 1960-31 ottobre
1981.
I suoi nonni paterni: ora aveva chiuso il
cerchio, se così si poteva dire.
Sospirò, con il cuore colmo di tristezza,
prima di riprendere a camminare, gettando giusto una veloce occhiata alla croce
lì a fianco. Severus Piton. 9 gennaio 1960-17 maggio 2005, lesse
distrattamente, mentre la sua mente ricollegava al nome una vicenda: il
predecessore di Lucius Malfoy come preside di Hogwarts, il Mangiamorte
giustiziato ad Azkaban per tradimento.
"Tutto a posto?" domandò Fred quando li ebbe
raggiunti ai margini della radura.
Drew annuì. "Sì, tutto bene"
confermò.
"Allora andiamo…" dichiarò George,
cominciando ad avviarsi.
"Non aspettiamo Hermione?" domandò Kitty
indicando la strega.
I gemelli scossero il capo in sincrono.
"Anche lei vuole restare sola in questo momento" dichiarò Fred.
"Ne avrà ancora per un po’" aggiunse George.
"È meglio se noi ci avviamo: Drew deve riposare…".
Fantastico: ancora riposo…, sbuffò tra sé Drew, con aria leggermente scocciata, mentre seguiva
i gemelli.
******
Hermione si inginocchiò di fronte all’ultima
croce della fila Weasley.
Ronald Weasley. 1 marzo 1980-25 ottobre
2013.
"Ciao, amore mio" esordì, parlando come se
Ron fosse stato lì di fronte a lei e la stesse ascoltando, come faceva sempre.
"Lo so, è un bel po’ che non venivo più a trovarti, minimo mi terrai il muso per
un paio di secoli come tuo solito, ma sai, c’è stato parecchio da fare
nell’Ordine negli ultimi tempi…".
Prese a raccontare tutto quello che era
successo negli ultimi mesi, dalla sua cattura fino alla morte di Remus. "È tutto
così difficile, Ron, sai? Non puoi nemmeno immaginare quanto sento la tua
mancanza ogni giorno… A volte, vorrei quasi mollare tutto e farla finita, ma poi
penso ma come reagiresti tu, a tutto quello che c’è ancora da fare…".
Cambiò posizione, mettendosi a gambe
incrociate, si frugò un attimo in una tasca interna del mantello finché la sua
mano non si strinse intorno alla lunga zanna di serpente che era nascosta
all’interno. La tirò fuori, mostrandola alla tomba. "Lo vedi che non ho
dimenticato, da quando te ne sei andato la porto sempre con me, per sicurezza,
perché entrambi sappiamo quanto sia importante…".
Si interruppe, fissando assorta la zanna:
quante volte in quei due anni aveva provato l’impulso di gettarla via,
bruciarla, sbarazzarsene o anche solo semplicemente dimenticarsi della sua
esistenza? Ma non poteva farlo, perché paradossalmente quell’oggetto era forse
la cosa più preziosa che possedeva, malgrado lo detestasse con tutto il cuore
perché ogni momento le ricordava il motivo per cui Ron, quel dannato giorno,
aveva deciso di lasciare Chalmers Road…
2013
Quartier Generale
Dell’Ordine della Fenice
Londra.
Quella sera, Hermione entrò nella stanza che
divideva con Ron e la trovò completamente a soqquadro: vestiti sparsi ovunque,
cassetti rivoltati, armadi spalancati. Accigliata, Hermione osservò prima quello
sfacelo, poi la schiena del marito, impegnato a frugare nell’ultimo armadio
della stanza.
"Stai cercando qualcosa, Ronald?" chiese in
tono ironico.
Ron sobbalzò come un ladro colto in
flagrante, sbatté la testa contro un ripiano e masticò una poco educata
imprecazione, massaggiandosi la zona lesa. "Per le mutande di Merlino, Hermione!
Mi ha fatto quasi prendere un infarto!" borbottò, voltandosi.
Il viso di Hermione si fece ancora più
torvo. "Il che significa che, qualunque cosa tu stia macchinando, è qualcosa che
non dovresti fare… Che cosa stai cercando?".
Ron si dondolò sui piedi, indeciso, poi
stabilì che ad ogni buon conto Hermione gli avrebbe fatto sputare la verità con
le buone o con le cattive, perciò rispose sinceramente. "Le zanne di Basilisco…
Dove diamine le hai cacciate?".
"Sono in una piccola scatola in fondo a
quell’armadio" rispose prontamente la donna, indicando appunto l’armadio dentro
cui stava frugando Ron. "Insieme ai resti degli altri Horcrux…".
"Naturale" borbottò Ron, voltandosi e
riprendendo la sua ricerca. "Perché quello di cui hai bisogno è sempre
immancabilmente nell’ultimo posto in cui guardi?".
"A che ti servono le zanne di Basilisco?"
domandò Hermione, perplessa, scrutando la schiena del marito con sguardo
indagatore. "Che cova vai architettando? Vuoi pugnalare a morte
qualcuno?".
"Sul letto" fu l’enigmatica risposta di Ron,
che accennò vagamente con la mano al letto, senza nemmeno voltarsi.
Hermione corrugò la fronte: ok, ora
cominciava sul serio a temere per la salute mentale del marito, che fosse
completamente impazzito?
Non le fu difficile individuare, malgrado la
quantità di roba che Ron ci aveva gettato sopra, una copia della Gazzetta Del
Profeta vecchia di qualche giorno e nemmeno la risposta alle sue domande,
scritta diligentemente in prima pagina a caratteri cubitali, firmata Rita
Skeeter.
DOPO ANNI DI SILENZIO, UNA NUOVA USCITA
PUBBLICA DELL’OSCURO SIGNORE
Prendendo tutti in contropiede, a partire da
alcuni suoi stretti collaboratori al Ministero, il nostro Primo Ministro ha
annunciato stamattina, per bocca del suo vice Lord Sylar, che in data 25 ottobre
si occuperà personalmente di eseguire l’annuale ispezione della prigione di
Azkaban. Alle domande sul perché di questa decisione improvvisa, Lord Sylar non
ha voluto rilasciare dichiarazioni, anche se voci di corridoio affermano che si
tratterebbe di un modo per tenere sotto controllo Julius Osborne, l’irrequieto
direttore generale del carcere, ben noto per il suo passato cruento e i suoi
crudeli metodi di tortura: parrebbe infatti che negli ultimi tempi Osborne abbia
manifestato segni di intolleranza al potere dell’Oscuro Signore. Tutto questo,
se si rivelasse esatto, potrebbe far paventare una ribellione dei Dissennatori
comandati da Osborne: anche in merito a questa questione, in ogni caso, Sylar si
è rifiutato di fornire dichiarazioni.
Si tratta della prima apparizione pubblica
del Primo Ministro da quasi cinque anni a questa parte…
Hermione interruppe la lettura: l’ennesimo
articolo carico di veleno della Skeeter non le interessava, tutto quello che
aveva bisogno di sapere era scritto nelle prime tre righe. Alzò lo sguardo,
pregando di star fraintendo alla grande le reali intenzioni di Ron mentre
quest’ultimo riemergeva con un sorriso trionfante dall’armadio, tenendo tra le
mani un piccolo scrigno.
"Eccoti qua, finalmente…" borbottò,
sedendosi sul letto ed aprendolo, non senza una certa fatica visto che il
lucchetto era mezzo arrugginito tanti anni erano che non veniva aperto. Una
variegata collezione di oggetti gli si presentò davanti: un vecchio medaglione
aperto in due, una coppa ossidata con una grande bruciatura nel centro, un
diadema mezzo disintegrato che sembrava reggersi insieme per pura forza di
volontà e, avvolte con cura in una pezza di stoffa, due lucide zanne bianche
lunghe una ventina di centimetri ciascuna.
Maneggiandole con cura, Ron ne tirò fuori
una, studiandola da vicino per assicurarsi del suo stato: era ancora
assolutamente perfetta, malgrado gli anni.
"Ron, che cosa stai facendo?" sbottò
Hermione, stanca di quel silenzio pesante. "Che cosa vuoi fare?".
Ron alzò lo sguardo verso di lei, con aria
decisa. "Sul serio non lo sai, Hermione?".
La donna esitò, poi scosse il capo con aria
sconfortata. "No… Ma spero comunque di sbagliarmi e aver frainteso le tue
intenzioni…".
Ron lasciò la zanna sul letto, avvicinandosi
alla moglie. "Io vado ad Azkaban" annunciò.
"No!" protestò Hermione con forza, mentre
tutti i suoi sospetti trovavano conferma. "Tu non andrai proprio da nessuna
parte, Ronald Weasley, men che meno ad Azkaban a farti ammazzare!".
Ron incassò la sua reazione con serafica
calma: se l’era aspettato ed era pronto a gestire la situazione. "Lo sai anche
tu che devo farlo, Hermione…".
"No, io non lo so perché mio marito vuole
andare a suicidarsi! Dimmelo tu, il perché!".
Quella era una bugia bella e buona ed
entrambi ne erano perfettamente consapevoli: Hermione sapeva perfettamente
perché Ron avesse preso quella decisione apparentemente sciocca, ma ciò non di
meno non poteva non opporsi, non poteva semplicemente dargli la sua benedizione
e lasciarlo andare via.
Ron sospirò, prendendola per le spalle e
sorridendole dolcemente. "Hermione, calmati: stai andando in
iperventilazione…".
"No, io non mi calmo affatto!" replicò
stizzita la donna, battendo con furia il piede in terra. "Non puoi pretendere
che ti lasci andare via senza fare nulla: se esci da quella porta, non tornerai
più!".
Il viso di Ron si indurì appena. "Non puoi
saperlo…".
Hermione sbottò in una risata amara, "Oh,
non prendiamoci in giro, Ron: lo sai anche tu che attaccare Voldemort in
presenza dei suoi due galoppini più pericolosi, circondato dai Dissennatori è
come prendere un biglietto di sola andata per l’inferno!".
Si scostò bruscamente da lui, voltandogli le
spalle e stringendosi le braccia al petto, sentendo le prime lacrime pungerle
gli angoli degli occhi. "Perché vuoi farlo? Perché?".
Ron non rispose subito: si avvicinò a lei,
costringendola a guardarlo negli occhi. "Perché è forse la nostra unica
possibilità, Hermione: sono anni che Voldemort non esce allo scoperto, se non
per cerimonie pubbliche di particolare importanza e sempre e comunque circondato
da mezzo Ministero. E con lui il suo dannato serpente… Questa è un’occasione più
unica che rara: sarà in un luogo isolato facile da attaccare, relativamente
senza protezione e avrà Nagini con sé, come sempre… Potremo non avere mai più
una possibilità di avvicinarci così tanto a lui…".
"Con lui, intendi Voldemort o il serpente?"
domandò Hermione.
"Il mio obiettivo è Nagini" fu l’asciutta
risposta di Ron. "Sai anche tu che finché quella creatura immonda vive, ogni
nostro tentativo di annientare Voldemort sarà completamente
inutile…".
"Appunto perché Nagini è un Horcrux, come
puoi essere certo che Voldemort la porterà con sé?" fece Hermione ostinatamente,
aggrappandosi ad ogni appiglio che poteva convincere Ron a desistere.
Ma Ron aveva una risposta anche a questo.
"Ti stai arrampicando sugli specchi, Hermione" commentò con un sorrisetto
ironico che le fece venire voglia di prenderlo a sberle. "Sai anche tu che
Voldemort non sa che noi sappiamo dei suoi Horcrux né che li abbiamo distrutti
tutti tranne Nagini…".
Lo sguardo di entrambi fu calamitato verso
lo scrigno aperto sul letto, ai resti del medaglione, della coppa e del diadema,
gli Horcrux che avevano recuperato insieme a Harry durante la Seconda Guerra:
per ironia del destino, avevano scoperto come fare a distruggerli solo dopo la
sua scomparsa, in un primo momento si erano solo preoccupati di trovarli e
nasconderli in un posto sicuro. Non sapevano nemmeno loro perché li avessero
conservati, forse era solo un modo morboso per ricordare tutto quello che
avevano fatto e passato insieme ad Harry…
"E tu pensi che, anche ammesso di riuscire a
uccidere Nagini, Voldemort, Sylar e Osborne ti lasceranno andare via come se
niente fosse?" riprese Hermione, caparbia come sempre.
"No… Ma non posso non tentare: Harry ci ha
confidato tutto questo perché qualcuno potesse portare a termine l’opera se a
lui fosse successo qualcosa… Devo farlo, capisci, o non potremo mai eliminare
Voldemort una volta per tutte…".
Hermione non disse nulla e rimase
perfettamente immobile per alcuni lunghi minuti: dannazione, quanto suonavano
ragionevoli le sue parole! Quanto suonavano giuste! Ma sapere che Ron stava
andando a suicidarsi facendo la cosa giusta non era affatto un pensiero
consolatorio… "Benissimo… allora vengo con te" dichiarò.
"Non se ne parla!" protestò Ron, come era
prevedibile.
"Perché no?".
"Perché tu non ti avvicinerai ad Azkaban
nemmeno con il pensiero, almeno finché io potrò fare qualcosa per
impedirtelo".
"Non sono fatta di cristallo, Ronald!"
protestò a viva voce Hermione. "A costo di dare smacco al tuo amor proprio, ho
perso il conto delle volte che ti ho parato il didietro!".
"Lo so, lo so… Ho smesso di contarle
anch’io… Non è per questo che non voglio che tu venga… Cioè, è anche per questo,
ma non è il solo motivo…".
Hermione sorrise dolcemente: passavano gli
anni, ma certe cose proprio non cambiavano mai, Ron era ancora capace di
impiccarsi con le sue stesse parole… "Che cosa stai cercando di dire,
Ron?".
"Siamo rimasti solo noi a sapere degli
Horcrux, amore" spiegò il mago. "Uno di noi deve restare in caso…".
"In caso vada male, ho capito…" borbottò
Hermione, con aria frustata: sapeva bene che protestare su questo punto non
avrebbe portato frutti, Ron non avrebbe mai acconsentito. "Allora, chiedi a
qualcun altro di venire con te" lo supplicò. "A Sirius oppure a Fred e George,
chiunque… Ma non andare da solo, ti prego…".
"Hermione" mormorò Ron, con aria affranta.
"Come posso chiedere ai miei fratelli o a Sirius o a chiunque altro di venire
con me? Dovrei chiedergli di accompagnarmi in una missione così pericolosa senza
nemmeno spiegargli perché?".
"Ma non puoi andare da solo: lasciami
venire, ti coprirò le spalle, in due sarà più facile…".
"Te l’ho già detto: è fuori questione. Andrò
da solo, in un modo o nell’altro… Non vorrai costringermi a Schiantarti,
vero?".
Hermione lo guardò negli occhi e capì che
faceva sul serio: non c’era la minima esitazione, se fosse stato necessario,
l’avrebbe sul serio costretta a farsi da parte. Con un ultimo sospirò, lasciò
cadere le spalle, sconfitta. "Non c’è proprio nulla che possa dire o fare che ti
faccia cambiare idea, vero?".
"Mi dispiace: è l’unico modo…".
Già, l’unico modo: lo era sul serio, ma
nemmeno questo le era di qualche consolazione. Ricacciò indietro le lacrime,
soffocando a stento un singhiozzo.
"Non fare così, amore" sussurrò Ron,
stringendola a sé. "Lo sai che odio farti piangere…".
"Ma ti riesce così dannatamente bene,
Ronald" mormorò di rimando Hermione, ricambiando la stretta.
Quando si separarono, molti minuti dopo, Ron
tornò al letto, prese la zanna di Basilisco e se la infilò alla cintura.
Dopodichè tornò dalla donna che amava e la baciò. Hermione ricambiò con una nota
di disperazione, desiderando che il tempo si fermasse in quel preciso istante,
cercando nel contempo di non pensare che quello era un bacio d’addio: Ron
sarebbe tornato, sarebbe tornato da lei e l’avrebbe baciata ancora decine e
decine di volte.
"Torno presto" mormorò il mago
accarezzandole una guancia.
Non fare promesse che sai di non poter
mantenere, avrebbe voluto dirgli Hermione, che
però si limitò ad annuire. "Ti aspetterò" promise.
Il tempo di un ultimo bacio veloce e Ron si
allontanò, uscendo dalla stanza senza voltarsi indietro: forse anche lui sapeva
che, se l’avesse fatto, non avrebbe mai trovato la forza di andarsene
davvero.
******
Hermione non riuscì a dormire un minuto
quella notte, lacerata dall’angoscia. Dopo aver passato ore a rigirarsi nel
letto senza pace, ci aveva rinunciato e aveva rimesso a posto il parapiglia
creato da Ron, assicurandosi di nascondere la scatola con gli Horcrux e la zanna
rimasta dove nessuno potesse trovarlo per sbaglio, in primo luogo perché avrebbe
suscitato non poche domande scomode, poi perché comunque la si mettesse, se
avesse perso la seconda zanna non avrebbe più avuto modo di distruggere Nagini,
se Ron avesse fallito…
Ovviamente si era affretta a scacciare quel
pensiero: Ron non poteva fallire e non avrebbe fallito, avrebbe ucciso Nagini e
sarebbe tornato sano e salvo, dopodichè avrebbero potuto sbarazzarsi di quei
dannati oggetti una volta per tutte…
Alle cinque, quando la sua stanza fu perfino
più ordinata di prima, per nulla stanca o quietata, si vestì e scese in cucina
per prepararsi una tazza di the.
Cinque tazze di the e dieci unghie mangiate
più tardi, intorno alle otto, era seduta in salotto sul divano e batteva
nervosamente un piedi, controllando l’orologio ogni pochi minuti, per non dire
secondi: il Profeta diceva che l’ispezione si sarebbe svolta nella prima
mattinata, perciò in teoria Ron doveva tornare da un momento all’altro. A
meno che… Troncò il pensiero sul nascere: Ron stava bene, doveva smetterla
di essere così pessimista. Starà semplicemente aspettando il momento giusto…
Tra poco tornerà.
Ma il tempo passava e di Ron non c’era
traccia e ogni minuto l’ansia si avvicinava sempre più a trasformarsi in panico
vero e proprio. Se qualcuno dell’Ordine provò a chiederle cosa non andava, lei
non se ne accorse né tantomeno si preoccupò di rispondere: ogni suo pensiero era
focalizzato su Ron, Ron che ancora non tornava, non tornava…
Per le nove, aveva raggiunto il punto di
rottura: non ne poteva più, quell’attesa la stava letteralmente logorando. Si
sarebbe Smaterializzata ad Azkaban e avrebbe prima aiutato Ron, poi trascinato
via per le orecchie per sfogare su di lui tutta l’agitazione accumulata. Non
gliene importava nulla se Ron aveva detto di non volerla intorno, Ron non era il
suo capo o altro, non poteva imporle niente, anzi, avrebbe dovuto decidersi
prima, puntare i piedi e obbligare Ron a lasciarsi accompagnare…
Carica di nuova determinazione, si alzò in
piedi e si diresse in cucina, con l’idea di andare sul retro della casa e
smaterializzarsi, ma qui trovò Sirius, impegnato a procacciarsi qualcosa di
commestibile per la colazione. Quando la vide, inarcò un sopracciglio, assumendo
un’aria preoccupata. "Che succede?".
"Perché dovrebbe succedere qualcosa?"
domandò Hermione mettendosi subito sulla difensiva, grosso errore, visto che
questo persuase Sirius che ci fosse davvero sotto qualcosa.
"È tutta la mattina che sei agitata e
nervosa, non sei stata ferma un secondo… È successo qualche cosa di
grave?".
"Sì. Cioè no" si corresse subito dopo.
"Cioè… Devo uscire un attimo…".
"Per andare dove?" fece l’Animagus
perplesso. "Un attimo… Ron dov’è finito? Non l’ho ancora visto
stamattina…".
"Lui…". Hermione esitò, indecisa su cosa
dire: dopo alcuni secondi di riflessione decise di propendere per una parziale
verità, altrimenti Sirius non l’avrebbe mai mollata. E ogni secondo era
prezioso. "Lui è uscito…".
"Che cosa ha fatto?" quasi gridò Sirius
adesso veramente preoccupato. "E perché diavolo l’ha fatto? Per andare dove? Non
avevamo deciso di restare fuori dai casini per un po’?".
"Lui è andato… Doveva fare una cosa
importante…".
Sirius corrugò la fronte. "Senza parlarne
con noi? Significa che è qualcosa che non approveremmo, giusto? Che cosa vuole
fare?".
"Non posso spiegartelo" sbottò Hermione,
mentre il senso d’urgenza si faceva più impellente. "Devo andare, devo
andare…".
Fece per superarlo, ma Sirius l’arpionò per
un braccio. "In cosa è andato a infognarsi Ron?".
"In una cosa troppo grande per
lui…".
Sirius annuì. "Fammi strada".
"Cosa?". Hermione sgranò gli occhi stupita.
"Vuoi venire?".
"Non ti lascerei mai andare da sola,
signorina, se è davvero una faccenda così pericolosa come mi pare di
capire…".
Le rivolse il suo miglior sorriso malandrino
che Hermione ricambiò riconoscente. "Grazie, Sirius".
I due uscirono nel piccolo giardino, Sirius
si agganciò al braccio di Hermione, non sapendo quale fosse la loro
destinazione, e la donna Smaterializzò entrambi.
Azkaban,
Mare del Nord
Due figure solitarie comparvero con un
sonoro schiocco nei pressi della spiaggetta e del pontile da cui si poteva
raggiungere Azkaban.
Prima ancora di muovere due passi, Hermione
rischiò di scivolare e finire a mollò nelle gelide acque del Mare del Nord: si
strinse nel mantello, rabbrividendo a causa dell’aria gelata. Subito si guardò
intorno, bacchetta in pugno, alla ricerca di qualche Mangiamorte o Dissennatore,
ma non sembrava esserci nessuno intorno: dovevano essere tutti su alla prigione,
che svettava sopra di loro. Ma dov’era Ron?
Cominciò a cercarlo ansiosamente intorno, ma
non vedeva traccia del marito o del suo passaggio
La voce di Sirius al suo fianco la fece
sobbalzare: preoccupata com’era, si era quasi dimenticata di lui. "Che cosa ci
facciamo qui?".
Hermione si voltò verso di lui: era
diventato pallido come un fantasma e fissava Azkaban come un dannato avrebbe
guardato la bocca dell’inferno. Possibile che sentisse i Dissennatori anche a
quella distanza, dopo tanti anni? "Stai bene?" domandò con ansia. "Se vuoi, puoi
andare…". Non poteva certo pretendere che restasse.
Per alcuni istanti, Sirius non rispose,
continuando a fissare con insistenza l’edificio davanti a loro, il luogo che si
era mangiato dodici anni della sua vita. Per un attimo quasi pensò sul serio di
andarsene, ma poi scosse il capo. "No, no, tutto a posto, grazie…".
"Sicuro?".
"Assolutamente… Che cosa ci porta in questo
idilliaco posticino questa splendida mattina?".
"Ron è qui da qualche parte" rispose
Hermione, ricominciando a cercarlo: ma dove diavolo era?
"Ed è venuto qui perché…".
Hermione esitò un solo secondo, prima di
rispondere. "Oggi ci sarà un’ispezione del Ministero… Sarà presente anche
Voldemort…".
Se possibile Sirius impallidì ancora di più.
"Ti supplico, dimmi che scherzi…".
"Ti pare che scherzerei su un simile
argomento?".
"Ron è tutto matto" dichiarò Sirius. "Forza,
cerchiamolo…".
Hermione non se lo fece ripetere due volte e
stava già avviandosi su per il sentiero che conduceva all’ingresso della
prigione, quando Sirius l’afferrò bruscamente per il braccio
trattenendola.
"Che cosa fai? Non dovevamo…".
"Cautela, Hermione!" l’ammonì l’Animagus con
voce dura. "Ti sei dimenticata dove siamo? Non possiamo andarcene in giro a
passo di danza come se nulla fosse…".
Hermione abbassò il capo, dandosi
mentalmente della stupida: ovviamente Sirius aveva ragione, la preoccupazione
per Ron le stava annebbiando il cervello… La fretta è una pessima
consigliera, Hermione…
"Scusami, hai ragione, è solo che sono
preoccupata".
Il viso di Sirius si addolcì un poco. "Ti
capisco, Hermione, ma farci catturare per imprudenza non aiuterà
nessuno…".
Più lentamente e guardandosi intorno con
circospezione, Sirius si incamminò, con la bacchetta già in pugno e i nervi
tesi. Hermione gli andò dietro, ben lieta di lasciargli il comando: nello stato
in cui era in quel momento avrebbe solo finito col farli ammazzare entrambi. Si
sentiva addosso un orribile presentimento: aveva la sensazione che qualcosa di
terribile stesse per accadere, qualcosa che riguardava Ron… Cercò di non
lasciarsi sopraffare dal senso di panico crescente, più che mai grata che Sirius
fosse lì con lei: se fosse stata sola, non osava nemmeno immaginare cosa avrebbe
potuto fare…
Fu in quel momento, quando erano cautamente
arrivati a circa metà del percorso e anche Hermione cominciava a sentire sempre
più massicciamente l’effetto dei Dissennatori, che lo udirono: il chiaro,
inequivocabile suono di un duello magico in corso.
I due si guardarono un attimo, poi Hermione
gettò alle ortiche il poco buonsenso rimasto e prese a correre, superando
l’Animagus in un paio di salti
"Hermione, fermati!" gridò Sirius, ma la
donna nemmeno parve sentirlo.
Di nuovo risuonò il rumore di esplosioni e
anche il grido indistinto di qualche maledizione lanciata: sembravano provenire
proprio dall’ingresso della prigione e Hermione non aveva dubbi su cosa li stava
provocando. Ron, Ron, Ron…, continuava a ripetersi in una sorta di
cantilena. Ti prego, ti prego, ti prego…
Ma prima che potesse finire di percorrere
tutta la salita e arrivare in vista del portone d’ingresso, un grosso cane nero
la placcò saltandole sulla schiena con tutte e quattro le zampe. I due
rotolarono a terra per un paio di metri e prima ancora che Hermione potesse
rialzarsi, Sirius aveva ripreso la sua forma umana e la stava trascinando via,
al riparo dietro un agglomerato di rocce, dove potevano vedere senza essere
visti.
"Lasciami, Sirius!" gridò Hermione,
divincolandosi con furia. "Lasciami, ti ho detto!". Cercò di colpirlo con un
pugno, ma Sirius parò il colpo senza difficoltà.
"Non ti permetterò di farti ammazzare,
Hermione" dichiarò l’Animagus, sbuffando per lo sforzo di trattenerla. Strano
che non avessero ancora sentito le grida: probabilmente erano troppo presi da
qualunque cosa stesse succedendo là dentro.
Neanche li avesse evocati, il portone di
legno si spalancò all’improvviso, sbattendo avanti e indietro. Ne uscì un mago
dall’inconfondibile zazzera rossa, che arrancava guardandosi indietro di tanto
in tanto. Hermione si dibatté con ancora più furia, nel disperato tentativo di
raggiungere il compagno, ma Sirius la trattenne.
"Ti prego, Sirius…" singhiozzò. "Ti
prego…".
"Aspetta" le intimò l’uomo.
E fece bene, perché Ron fu subito raggiunto
da un Mangiamorte. E non un Mangiamorte qualunque, bensì Lord Sylar in persona.
"Dove pensi di andare, Weasley?" lo richiamò, lanciandogli contro una fattura
che lo colpì in mezzo alle scapole. "Non abbiamo ancora finito con te…" chiocciò
Sylar, mentre Ron rotolava a terra con un gemito soffocato.
Il mago si rialzò subito, voltandosi per
fronteggiare l’avversario. "Fatti sotto, allora".
"Come desideri, Weasley".
Ripresero a Duellare con accanimento, mentre
Hermione non poteva far altro che fissare impietrita, ancora imprigionata nella
stretta di Sirius. Non durò a lungo: Ron doveva essere rimasto ferito nello
scontro all’interno di Azkaban, perché io suoi movimenti erano più lenti e
affaticati rispetto al solito; difatti Sylar riuscì a colpirlo e gettarlo di
nuovo a terra in pochi minuti.
"Già stanco, Weasley? Mi aspettavo di meglio
da te…" commentò Sylar in tono canzonatorio che ricordava vagamente quello di
una maestra delusa dal suo allievo migliore.
A questo punto, mentre Ron cercava di
rimettersi in piedi sputando sangue, Hermione cercò di nuovo di raggiungerlo,
solo per essere ritirata indietro da Sirius appena un attimo prima che anche
Julius Osborne e Lord Voldemort in persona raggiungessero i due duellanti,
circondati da nugoli di Dissennatori.
"Sirius…" cercò di dire Hermione con aria
supplicante, ma l’Animagus le tappò la bocca con gesto secco, pallido come un
morto.
"Suvvia, amico mio" ridacchiò Voldemort,
accarezzando con gesti lenti la testa di Nagini, attorcigliata intorno alle sue
spalle, "sii più comprensivo: il nostro giovane ospite ha l’aria piuttosto
provato…".
"Forse dovremo concedergli un po’ di
tregua…" osservò Osborne con un sorrisetto malvagio.
Sylar fece saettare lo sguardo da loro a Ron
un paio di volte. "Dimmi, Weasley" domandò alla fine. "Cosa speravi di ottenere
venendo qui oggi? Insano spirito eroico, pura stupidità o istinto suicida? Puoi
anche scegliere una combinazione delle tre, se ti aggrada…".
Ron lo fissò dritto negli occhi un paio di
secondi, con il respiro corto per lo sforzo. "Va’ all’inferno, Sylar" dichiarò
poi, sputandogli ai piedi con rabbia. "Avada Kedavra!" urlò poi, puntando
all’ultimo istante la bacchetta in direzione di Voldemort.
Tre Incantesimo Scudo si levarono per
deviare la maledizione, mentre Nagini cadeva a terra con un sibilo infuriato.
"Questo sciocco mi ha stancato, Sylar" annunciò Voldemort, riponendo la
bacchetta con un gesto quasi annoiato mentre sia Osborne che Sylar puntavano la
loro contro Ron. "Toglietemelo di torno".
Dopodiché si voltò e rientrò nel edificio,
seguito dal suo fedele serpente.
"Lasciatelo a me, mio signore" mormorò
Julius con aria vagamente famelica. "Gli farò pentire di essere
nato…".
Sylar parve considerare per un attimo
l’ipotesi, vedendo soprattutto il lampo di paura che attraverso gli occhi di
Ron, ma poi scosse il capo. "Troppo rischioso" dichiarò. "Questo cane sarebbe
capace di liberarsi. Torna dall’Oscuro Signore con le tue bestie, di lui mi
occupo io…".
Con aria scontenta, Osborne richiamò i
Dissennatori e scomparve alla vista, lasciando Ron e Sylar di nuovo soli. Non
fosse che Hermione e Sirius osservavano ancora dal loro nascondiglio. Nel vedere
Sylar avvicinarsi a passi lenti al marito e quest’ultimo levare nuovamente la
bacchetta, Hermione riprese a divincolarsi: era solo, in tre potevano tenergli
testa e riuscire ancora a scappare… Ron, Ron, Ron… Ma Sirius si rifiutò
di lasciarla: sapeva bene che il minimo rumore avrebbe richiamato tutti
all’esterno, era già un miracolo che i Dissennatori non si fossero precipitati a
frotte su di loro. "Hermione, non possiamo fare niente…".
"No, no, possiamo ancora salvarlo…" lo
supplicò lei.
"Sei un idiota, Weasley" commentò Sylar, a
pochi metri da lui. "Perfino più di quanto credessi umanamente possibile:
pensavi sul serio di poter uccidere il mio signore?".
"A te cosa importa cosa volessi fare,
Sylar?" domandò Ron. "Non sono fatti tuoi…".
"Cercavo solo di capire cosa ti abbia spinto
a venire qui a morire quando la tua dolce amante ti aspetta a casa…".
Ron digrignò i denti con rabbia. "Non
potresti mai capirlo: ti sei venduto l’anima per una causa in cui forse nemmeno
credevi, per un uomo che uccide per il puro gusto di farlo… Non potresti mai la
mia scelta di sacrificarmi per qualcosa in cui credo davvero…".
Hermione sentì le lacrime inondarle gli
occhi, troppo disperata perfino per tentare ancora di liberarsi.
"Beh, sarai lieto di sapere che il tuo
sacrificio è stato completamente inutile…".
"Non finché ho ancora una bacchetta in
mano…".
Il resto avvenne talmente in fretta che a
malapena Hermione riuscì a seguire tutti i passaggi: in un estremo tentativo di
salvarsi, Ron levò nuovamente la bacchetta, lanciando una nuova maledizione.
Sylar parò senza sforzo l’incantesimo e mentre l’avversario cercava di fuggire
evocò l’Anatema che uccide. Ron si girò, ma non poté evitare di essere colpito
in pieno petto dal raggio verde.
Troppo agghiacciata perfino per gridare,
Hermione lo guardò mentre cadeva all’indietro e rotolava giù dalla scarpata
verso il mare. No, non è vero, non è possibile, non può essere
successo…
"Ron!" gridò, riscuotendosi così
all’improvviso da cogliere Sirius impreparato. Si liberò con uno strattone e
corse verso il punto in cui il corpo di Ron era sparito.
"Hermione!" gridò a sua volta Sirius,
correndole dietro.
Sylar si girò nella loro direzione e per
alcuni istanti lo stupore gli impedì di reagire. Fu questione di secondi prima
che cominciasse a lanciare fatture contro i nuovi arrivati, fatture che Sirius
parò senza sforzo mentre rincorreva Hermione.
La donna invece non sembrava nemmeno
rendersi conto di essere sotto attacco: corse a perdifiato, rischiando diverse
volte di cadere, fino ad arrivare al pontile dove si erano Smaterializzati poco
prima lei e Sirius. Continuò a correre, ignorando i richiami dell’Animagus e le
maledizioni che le fischiavano nelle orecchie, cercando di individuare il punto
in cui Ron doveva essere caduto: non poteva essere morto, non poteva, era
impossibile, doveva aver visto male oppure era il piano che Ron aveva escogitato
per fuggire… Sì, doveva essere così: il suo Ron non poteva essere
morto…
Ed eccolo lì: un corpo immobile, mezzo
immerso nell’acqua, incagliato tra gli scoglio.
"RON!" gridò di nuovo, disperata.
"RON!".
Si precipitò verso di lui, ignorando i
brividi provocati dall’acqua gelata, senza distogliere gli occhi un solo
istante: aveva come l’impressione che se l’avesse fatto, Ron sarebbe sparito per
sempre. Quando lo raggiunse, l’acqua le arrivava alla vita; lo circondò con le
braccia, singhiozzando. "Amore mio… Perché l’hai fatto, brutto idiota?
Perché?".
"Hermione!".
Qualcuno l’afferrò da dietro e la scostò con
forza, spingendola sott’acqua. Confusa, ancora stretta a Ron, per un solo
microscopico istante, pensò seriamente di lasciarsi andare lì, in quel momento,
non riemergere e permettere al mare di fare il resto. Ma fu solo un secondo,
prima che la stessa mano che prima l’aveva spinta la ritirasse a galla. Hermione
riemerse, tossendo e sputacchiando, aspirando avidamente ossigeno: no, aveva
perso l’uomo che amava, ma restava troppo attaccata alla vita per desiderare
veramente la morte.
Sirius la spinse via di nuovo mentre Sylar
lanciava contro di loro l’ennesima maledizione. Istintivamente, aprì le braccia
per evitare di essere sommersa di nuovo e Ron fu trascinato via da un’onda di
passaggio. "RON!" gridò freneticamente, ingoiando acqua di mare e facendo per
corrergli dietro.
"Hermione, dobbiamo andarcene subito!" la
fermò Sirius, non meno fradicio di lei. "Non puoi fare più niente per
lui…".
"Non posso lasciarlo!" protestò Hermione,
mentre Sylar da terra cercava di colpirli.
Cercò di nuotare verso il corpo del marito e
Sirius l’afferrò per il polso. "Hermione, moriremo anche noi se non ce ne
andiamo subito!".
"Non posso lasciarlo" ripeté caparbiamente
la donna.
Si liberò con uno strattone, allontanandosi
dall’Animagus. La sua mano si strinse intorno al polso di Ron nello stesso
istante in cui Sylar le lanciava contro l’Anatema Che Uccide e Sirius
l’afferrava nuovamente, smaterializzandoli tutti all’istante.
2015
Foresta Proibita
Hogwarts
Inghilterra
Hermione tornò bruscamente al presente: si
accorse di aver inconsapevolmente stretto la zanna di basilisco così forte da
conficcarsi le unghie nel palmo. Con la mano libera scacciò le lacrime che le
rigavano le guancie, chiedendosi vagamente come potesse, dopo tanto tempo, avere
ancora lacrime da piangere. Dopo la morte di Ron, era stata inconsolabile per
settimane: si chiudeva nella sua camera, uscendone solo per andare in bagno,
mangiava poco e solo quando gli altri la obbligavano e piangeva fino a
logorarsi.
Per molto, aveva ritenuto Sirius in qualche
modo responsabile di quello che era successo: se Sirius non glielo avesse
impedito, continuava a dirsi, avrebbe potuto fermare Sylar in tempo e salvare
Ron. Se l’era ripetuto così a lungo che era arrivata a crederlo sul serio, tanto
che per mesi non gli aveva quasi rivolto la parola. Poi, quando la fase più
acuta del dolore passò, il suo cervello riprese a funzionare nel verso giusto e
arrivò a capire che Sirius non aveva avuto altra scelta che agire in quel modo e
se non l’avesse fatto, probabilmente sarebbero morti anche loro. Beh, a essere
del tutto onesti a quella conclusione nono ci era arrivata proprio da sola, ma
con una spinta (parecchie spinte) da parte di Remus, il solito saggio che una
sera l’aveva presa da parte e le aveva fatto un lungo discorsetto.
E ora anche Remus era morto…
Hermione sospirò, rilesse di nuovo le
iscrizioni sulla croce, poi posò lo sguardo sulla lunga zanna di basilisco e la
nascose di nuovo in tasca. Dopo la morte di Ron e la perdita dell’altra, aveva
preso l’abitudine di tenersela sempre appresso per qualunque evenienza: senza
quella, non sarebbe mai stata in grado di distruggere l’ultimo Horcrux. La
riponeva nel suo scrigno solo quando doveva andare a compiere qualche missione
per l’Ordine, motivo per cui non l’avevano trovata quando Malfoy l’aveva
arrestata. I fatti avevano finito con il darle ragione: non fosse stato per
quella sua abitudine, sarebbe senza dubbio andata persa nella retata a Chalmers
Road… chissà se Sylar ha trovato gli Horcrux distrutti e ha capito cosa sono:
Voldemort gli avrà rivelato anche il suo più profondo e oscuro
segreto?
Ne dubitava: Voldemort non si fidava di
niente e di nessuno, tranne che di sé stesso, per questo probabilmente era
campato tanto a lungo…
"Vorrei che tu fossi qui, Ron" mormorò
tristemente. "Questo fardello è troppo pesante per essere portato da una sola
persona… Ma tanto lo sai che non dirò niente a nessuno: abbiamo giurato di non
farlo, in fondo, anche se vorrei poter condividere questo segreto…".
Ma non l’avrebbe mai fatto: meno persone
sapeva di quel segreto, meglio sarebbe stato per tutti. La distruzione di Nagini
era una sua responsabilità e presto o tardi, in qualche modo l’avrebbe
adempiuta. Solo se si fosse trovata nell’impossibilità di farlo e solo allora,
avrebbe riflettuto sull’eventualità di passare il compito a qualcun altro,
vincolandolo comunque al segreto…
Era ora di andare, rifletté all’improvviso.
Era rimasta anche troppo, immersa in cupi ricordi e ancor più cupi pensieri. Si
rialzò, notando che gli altri se n’erano già andati: beh, non poteva certo
pretendere che l’aspettassero…
"Non so quando potrò tornare" disse, sempre
rivolta alla croce. "Ho come l’impressione che ci aspettino tempi duri, sai… Ma
tu mi aspetterai, no? E sai che prima o poi tornerò da te: lo faccio
sempre…".
Pulendosi i pantaloni dall’erba e poi le
mani nel mantello, si voltò e si avviò verso il sentiero per tornare alla
piccola radura e smaterializzarsi a casa Riddle. Lungo il tragitto, lasciò che
le lacrime scorressero liberamente sul suo volto. Visto, Ronald, conservi ancora la capacità di farmi
piangere…
LYRAPOTTER’S CORNER
Bon soir, miei fedelissimi, siamo quasi alla
fine dei giochi e per festeggiare i due anni dalla mia iscrizione su EFP (ebbene
sì, sono due anni che infesto allegramente questo sito), vi regalo il penultimo
capitolo di questa storia. Adesso ci aspetta solo l’epilogo, che non dovrebbe
essere troppo lungo, e poi si partirà alla volta di nuovi lidi, verso la seconda
parte della trilogia… Non preoccupatevi, non vi liberete di me tanto
presto!!!!!!!!!!!!!!!!
In ogni caso, non so quanto presto potrò
aggiornare, ho un sacco di impegni e poco tempo in questo periodo, perciò sto
valutando se pubblicare prima l’epilogo e poi mettere tutto in stand by per un
po’ e lasciare le cose come stanno… Probabilmente protenderò per la prima, in
ogni caso, mi sembrerebbe troppo infame mollarvi, magari fino a dicembre a un
capitolo dalla fine… State in campana, presto o tardi avrete mie
notizie…
Ho visto che avete cominciato tutti a dare i
numeri al lotto, per quando riguarda i miei sporchi segretucci, identità di Ares
in primis! Su questo frangente, si starà in stasi ancora per un bel po’, anche
perché per il momento la vera identità di Ares non è fondamentale ai fini della
storia… Ih, ih, ih, mi dispiace ragazzi, quello è un segreto che ho intenzione
di portarmi nella tomba, faccio come i migliori politici e mi trincero dietro il
NO COMMENT! L’unica cosa che posso dirvi (e già è un indizio bello grosso) è che
per il momento nessuno di voi ha indovinato…
Siccome stasera il mio tempo scarseggia,
passo a ringraziare veloce, veloce i miei recensori ovvero:
Half Blood
NemoTheNameless
Deidara
SakiJune
lucia_hp
LadyMorgan
babibabi
con la promessa di lasciare ringraziamenti
più prolissi al prossimo e ULTIMO capitolo… See you soon, mates!!!!!!!!!!!
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Capitolo 32 *** Epilogo ***
MAGIC
WARS
EPILOGO
Casa Riddle
Inghilterra
Senza pace, Luna si rigirò per l’ennesima
volta nel letto, aprì gli occhi e guardò l’orologio. Le due e tredici minuti, le
comunicarono le diligenti lancette: esattamente quattro minuti dall’ultima volta
che aveva guardato. Erano le due di notte passate e di Sirius non c’era ancora
traccia.
Avevano un bel dire gli altri a non
preoccuparsi: in quelle condizioni, Sirius non era in grado di badare a nessuno,
men che meno a sé stesso. Avrebbe finito con il fare qualche stupidaggine, Luna
ne era più che sicura… O forse non sono obiettiva… Magari sto facendo una
tempesta in un bicchier d’acqua: Sirius è un po’ incosciente e di certo la morte
di Remus l’ha colpito nel profondo, ma non è mica un idiota!
Avrebbe fatto molto meglio a seguire il
consiglio di Hermione e dormire un po’, finché ancora poteva farlo in un letto
caldo con un tetto sopra la testa. Quel pomeriggio, quando era sceso al
villaggio a procurarsi qualcosa per la cena, Ares aveva detto che cominciavano a
girare alcuni Dissennatori: i loro incantesimi difensivi non potevano
proteggerli da loro, perciò era solo questione di tempo prima che le creature
venissero attirate a casa Riddle dall’aura di negatività che sembrava circondare
il posto e con loro i Mangiamorte. Per questo, nella riunione di quella sera,
l’Ordine aveva deciso di giocare d’anticipo e andarsene prima di cadere in
un’altra imboscata: non avevano idea di dove andare né quanto quella situazione
potesse durare, considerato anche l’inverno alle porte, ma non avevano
alternative. Non volevano perdere anche quel nascondiglio e non potevano
permetterselo.
Ma ovviamente quel piano poteva essere messo
in atto solo quando Sirius fosse tornato. Luna sospirò, girandosi sul fianco,
fissando con aria corrucciata Hermione che nel letto accanto al suo dormiva
tranquilla, poi chiuse gli occhi: ora doveva dormire, sì, smettere di
tormentarsi l’anima su dove fosse Sirius o cosa stesse facendo e mettersi a
dormire.
Due minuti dopo, fissava con aria assorta il
soffitto della sua stanza, sveglia come non lo era mai stata in vita sua: niente
da fare, per quanto si sforzasse, quella notte non sarebbe proprio riuscita a
dormire. Tanto valeva scendere al piano di sotto e dare il cambio a Fred, che
stava di guardia: almeno avrebbe fatto qualcosa di utile, invece che macerare
fino all’alba nell’ansia.
Così, poco dopo sgusciò il più
silenziosamente possibile fuori dalla stanza e scese al piano terra. Fred era in
salotto, con davanti una tazza mezza vuota di caffé e tutta l’aria di chi si
infilerebbe molto volentieri in un letto caldo. Ciò nonostante, appena sentì
rumore di passi, la sua mano scattò all’istante alla bacchetta, improvvisamente
vigile, per rilassarsi subito quando riconobbe Luna. "Che vi fai in giro a
quest’ora?" domandò. "Mi hai fatto prendere un colpo…".
"Scusa. Non riesco a dormire, perciò se vuoi
ti do il cambio…".
Fred si morse il labbro, indeciso. "Non ti
scoccia?".
"Non chiuderei occhio in ogni caso" ribatté
Luna. "Perciò tanto vale fare qualcosa di utile, no? Vai pure a
dormire…".
Fred le rivolse un sorriso grato. "Se sei
sicura… In effetti, sarei più che felice di stendermi qualche oretta…" commentò,
stiracchiandosi e facendo per avviarsi su per le scale.
Luna ridacchiò. "Buonanotte, allora… Io
andrò a prepararmi qualcosa di caldo da bere e tirerò mattina in qualche
maniera…" annunciò con l’indistinta idea di andare in cucina e mettere le mani
su qualcuna delle sue tisane, ammesso e non concesso che l’umidità non le avesse
guastate: alcune miscele erano lì da qualche anno, probabilmente.
"Che c’è?" domandò sorpresa quando Fred la
fermò con un cenno della mano.
Il mago accennò alla porta chiusa. "C’è
Sirius di là" spiegò. "E non sono sicuro che il detto ‘Can che abbaia non morde’
valga in questo caso…".
Ma la donna praticamente non lo sentì.
"Sirius?!" quasi strillò, occhieggiando alla porta. "Perché non sei venuto a
dirmi che era tornato?".
"Perché pensavo che stessi dormendo" rispose
Fred in tono ovvio. "È arrivato… bah, saranno un paio d’ore fa e ha lasciato
chiaramente intendere di non voler parlare con anima viva…".
"Perché? Che ha fatto?" domandò Luna con
ansia.
"È entrato, mi ha ignorato e si è barricato
là dentro".
"Come stava?".
"Credo che un sopravvissuto a un naufragio
avrebbe avuto un aspetto migliore, se è questo che vuoi sapere… Fossi in te, lo
lascerei stare…".
Luna fece una smorfia poco convinta. "Non ha
più parlato con nessuno" mormorò affranta. "Forse…".
"Lui non VUOLE parlare con nessuno, Luna" la
prevenne Fred, avvicinandosi e poggiandole una mano sulla spalle. "Lui e Remus
erano come fratelli, ha bisogno di tempo…".
Luna sbuffò: sempre la stessa storia. Era
stanca che tutti le ripetessero che Sirius voleva essere lasciato in pace, che
aveva bisogno di tempo, eccetera: non era stupida, lo capiva anche da sola che
le uniche persone che avrebbero potuto aiutare Sirius in quel momento riposavano
sotto due metri di terra. Era solo che non le sembrava giusto: dopo tutto quello
che si erano detti, perché l’aveva chiusa fuori insieme a tutti gli altri?
Perché non le permetteva di non dico confortarlo, ma almeno stargli
vicino?
"A te il tempo è servito a qualcosa?"
domandò, dando voce a un pensiero vagante.
Fred parve sorpreso dalla domanda e dovette
pensarci sopra un po’ prima di rispondere. "Non saprei: immagino che certe
ferite non possano mai guarire completamente, pur con tutto il tempo del mondo…
Perché me lo chiedi?".
"Pura curiosità" disse Luna con un’alzata di
spalle. "Ero solo curiosa di sapere se capitava solo a me di stare male come se
certe cose fossero successe ieri…".
"Voi che resti a farti compagnia?" fece il
mago d’impulso.
Luna declinò l’offerta con un mesto sorriso,
scuotendo il capo. "No, no, grazie, vai pure a dormire. E prometto di lasciare
Sirius in pace" aggiunse subito.
Fred la guardò, non del tutto convinto, poi
alle ulteriori sollecitazioni della donna, annuì e sparì al piano superiore
sbadigliando.
Luna aspettò di sentire i suoi passi morire
in fondo al corridoio e la porta della sua camera chiudersi prima di tornare a
prestare attenzione alla soglia della cucina: rimase lì ferma alcuni minuti,
mordendosi il labbro indecisa su cosa fare.
Beh, chi l’ha detto che non posso entrare?,
si disse in tono secco. Entro, mi preparo la mia tisana e vedo come sta: nulla mi
obbliga a parlargli o degnarlo della mia attenzione. Lo ignorerò, proprio come
si dovrebbe fare con i Nargilli…
Ed era davvero intenzionata a farlo: sarebbe
entrata e l’avrebbe lasciato a vegetare nella sua nuvola depressiva finché ne
avesse avuto voglia. Gli avrebbe parlato solo se e quando lui avesse fatto la
prima mossa.
Ma quando entrò, già psicologicamente pronta
a mantenere fede al suo proposito, si trovò davanti una vista tale che non poté
davvero trattenersi: Sirius era appollaiato su una sedia, gomiti sul tavolo e
testa appoggiata a una mano, e fissava con aria assorta il vuoto. O per essere
più precisi, una a caso tra le bottiglie di Whisky Incendiario sparse di fronte
a lui.
Luna fece un rapido conto mentale: sei. Sei
bottiglie, di cui cinque vuote e una piena per metà, al momento stretta nella
mano destra dell’Animagus, il quale non aveva dato il minimo segno di averla
vista o sentita. La donna rimase impalata dallo stupore per diversi istanti: sei
bottiglie di Whisky Incendiario. Dove diavolo se l’era procurato tutto quello
schifo? E come aveva fatto Fred a non notarlo quando l’aveva visto rientrare? E
perché a nessuno di loro era venuto in mente di tenerlo d’occhio per evitare
ricadute di quel tipo?
Si diede mentalmente della stupida per non
averci pensato: era ovvio che Sirius sarebbe corso a nascondersi tra le braccia
dell’alcool appena ne avesse avuto l’opportunità. Avrebbe dovuto impedire che un
spettacolo simile si verificasse e se non lei, qualcun altro…
Sirius, all’apparenza ancora ignaro della
sua presenza, fece per portarsi con gesti vagamente sconnessi la bottiglia alle
labbra: quel gesto fu più che sufficiente per cancellare la confusione e
sostituirla con la collera.
"SIRIUS!" gridò con voce vibrante, scattando
in avanti. "Che cosa stai facendo?".
Sirius si portò la mano libera alla testa
con un grugnito infastidito, girandosi verso di lei. "Ma cosa ti strilli?"
biascicò con voce impastata.
Oh Merlino, è già ubriaco fradicio…
"Dammi quella bottiglia, Sirius" gli intimò,
tendendo la mano. La puzza d’alcool, più forte mano a mano che si avvicinava, le
fece storcere il naso. "Hai bevuto decisamente abbastanza".
Sirius guardò prima lei, poi la bottiglia,
poi la sua mano tesa come a cercare di stabilire cosa farci e alla fine scrollò
le spalle con indifferenza. "Lasciami in pace" disse secco, tracannando un lungo
sorso.
Rischiò di strozzarsi quando Luna gli
strappò letteralmente la bottiglia dalle mani, con le guance rosse di rabbia.
"Hai deciso che la cirrosi epatica, dopo tutto, non è un brutto modo di tirare
le cuoia, Black?".
"Ridammela!" protestò Sirius, alzandosi in
piedi e rivelandosi decisamente malfermo sulle gambe, tanto che per non cadere
dovette appoggiarsi la tavolo. "Ridammela subito!".
"Te lo scordi! Hai chiuso con questa
porcheria!". Luna si avvicinò al lavandino, con tutta l’intenzione di svuotarci
dentro il whisky rimasto, non fosse che Sirius, con uno scatto sorprendentemente
fulmineo, la raggiunse e l’afferrò per il polso.
"Che cosa vuoi fare?" sibilò con voce
rabbiosa.
"Secondo te? Mi libero di questo schifo
prima che si mangi fino all’ultimo neurone del tuo cervello!".
Cercò di liberarsi con uno strattone, ma la
presa di Sirius era inaspettatamente forte. "Tu non hai nessuno diritto di
intrometterti! Dammi quella fottutissima bottiglia! ORA!".
Spaventata, Luna cercò istintivamente di
ritrarsi senza successo visto che Sirius continuava a stringerle con ferocia il
polso, con il cuore che batteva frenetico. Aveva visto Sirius ubriaco altre
volte in passato, anzi, spesso si era ritrovata a fargli da crocerossina per
rimetterlo in piedi dopo la sbornia, ma non l’aveva mai, mai visto così fuori di
sé come in quel momento: con quello sguardo quasi allucinato ricordava un
pochino sua cugina Bellatrix. E soprattutto, non si era mai rivolto a lei con
quel tono…
"Sirius, mi fai male…" balbettò con le
lacrime agli occhi per il dolore.
L’Animagus non parve nemmeno sentirla.
"Ridammi la bottiglia! ADESSO" ripeté in un ringhio rabbioso. Senza aspettare la
risposta, allungò la mano libera e gliela strappò, per poi lasciarle il polso
così bruscamente che per poco Luna non cadde a terra.
"Sirius…" mormorò la donna appoggiandosi al
bancone della cucina. Prese un paio di respiri profondi mentre l’uomo tornava a
sedersi come se non fosse successo nulla, poi, ignorando il male, decise di
riprovare. "Sirius, metti giù quella stupida bottiglia: non capisci che così
peggiori solo le cose?".
"E tu che ne sai?" prese a gridare Sirius.
Si scansò bruscamente quando Luna provò ad avvicinarsi. "Ti ho detto di
lasciarmi in pace!".
"Sto cercando di aiutarti!".
"Io non voglio il tuo aiuto! Non voglio
nulla da te, tranne che sparisci e mi lasci in PACE!".
Luna cercò di non mostrarsi troppo ferita da
quelle parole, anche sentiva gli occhi lucidi. Non è in sé, non è in sé: è
l’alcool a parlare per lui… Ma sarebbe stato più facile crederci se in quei
due giorni Sirius non avesse ignorato ogni suo tentativo di avvicinarsi. "Io
invece di voglio aiutare: ubriacarti non cambierà quello che è
successo…".
"Ma allora sei sorda?" sbottò l’altro. "O
più semplicemente stupida? Non mi importa quello che pensi tu o che quello che
vuoi tu… Vattene una buona volta!".
CIAFF!
Lo schiaffo arrivò così all’improvviso e
così violento che per poco Sirius non finì ribaltato. Luna lo squadrò con
freddezza mentre si portava una mano alla guancia colpita, incredulo. "Va’
all’inferno, Black!" sibilò, sorprendentemente minacciosa nonostante le lacrime
che già cominciavano a rigarle le guance. "Ti auguro di strozzartici, con quella
merda! Visto il risultato, mi risparmierò la fatica di preoccuparmi per te in
futuro… E tu fammi il favore di non rivolgermi mai più la parola!".
Detto questo, si voltò e tornò di corsa nel
salone, dove si lasciò cadere sulla poltrona lasciata libera da Fred poco prima,
sfinita come se avesse corso la maratona e con il cuore in pezzi, senza nemmeno
preoccuparsi di soffocare i singhiozzi…
Singhiozzi che furono perfettamente udibili
anche dalla cucina, dove un inebetito Sirius stava lentamente rendendosi conto
di aver appena rovinato l’unica cosa decente rimastagli nella vita…
******
In una settimana che si era rivelata avara,
per non di re priva di piaceri, la mattina successiva, Drew si svegliò con una
gradita sorpresa.
Come sempre, ci mise un po’ a inquadrare la
stanza e capire che non si trovava nel suo letto a Chalmers Road: quel momento
era di fatto il migliore della giornata perché per un attimo gli permetteva di
illudersi che l’attacco dei Mangiamorte e la morte di Remus fosse stata solo un
lunghissimo, orrendo incubo.
Normalmente, ci pensava il dolore al braccio
destro a ributtarlo a muso duro nella crudele realtà: malgrado Ted affermasse
che la ferita stesse dando ampi segni di miglioramento, le fitte erano diventate
una fastidiosa e costante presenza, tanto che Drew ormai non ci faceva più caso.
A volte si domandava quanto tempo ci sarebbe voluto per poter riprendere a usare
il braccio…
Quella mattina invece, l’illusione fu
ulteriormente alimentata quando Drew sentì un frenetico sbattere d’ali al di
sopra della sua testa. Ecco, questo è Gufetto che dà di matto come suo
solito… Gli ci vollero un paio di secondi prima di realizzare che Gufetto
non avrebbe dovuto essere lì a Casa Riddle. Aprì gli occhi, tirandosi a sedere
senza parole quando effettivamente il piccolo volatile gli svolazzò a un palmo
di naso.
"Ma che diavolo…".
"Drew!" lo salutò Ethan con aria eccitata.
"Non è incredibile?".
"Da dove sbuca quel pennuto schizofrenico?"
domandò il ragazzo: ormai era più che convinto che qualche Mangiamorte l’avesse
fatto arrosto…
Il cugino si strinse nelle spalle. "Mi ha
svegliato lui: picchiava contro la finestra… E non è tutto: guarda cosa ha
portato…".
Drew seguì il dito di Ethan e per la seconda
volta in pochi minuti rimase senza parole: la Mappa del Malandrino e il Mantello
dell’Invisibilità di suo padre facevano bella mostra di sé ai piedi del suo
letto, intatti.
"Non ci credo…" mormorò, allungando una mano
per assicurarsi che fossero effettivamente lì e non fossero un miraggio dovuto
agli antidolorifici. Fissò con una punta di sospetto Gufetto, il quale si era
appollaiato sulla spalla di Ethan tutto impettito, neanche fosse stato
consapevole dell’opera d’immensa utilità appena compiuta. "Come cavolo ha fatto
quel gufo ad arrivare fin qui con questi?".
Ethan alzò le spalle. "E chi lo sa… Avrà
qualche insospettabile dote nascosta!".
"Beh, intanto ha dimostrato di essere più
utile di quanto pensassi!". Allungò una mano verso la bestiola, accarezzandole
il capo. "Allora sei buono a fare qualcos’altro che non sia squittire come un
pazzo…".
Per tutta risposta, Gufetto riprese a
squittire e svolazzare in giro per la stanza, tutto contento.
In quel momento la porta si aprì e comparve
Hermione, con la fronte corrucciata e un vassoio con la colazione. "Ma che cos’è
questo casino? Oh Merlino, di nuovo quel gufo malefico!".
"Non sappiamo da dove sia sbucato" si scusò
Drew. "Ethan dice che era già qui…".
Hermione annuì come se stesse prendendo
conoscenza di un fatto noto. "Sarà tornato con Grattastinchi…".
"Grattastinchi è tornato?".
Come se l’avessero evocato, il vecchio gatto
sbucò alle spalle della padrona, seguito da Kitty. "Ah, vi siete
svegliati…".
Hermione un sorriso affettuoso all’animale
quando le si strusciò contro le gambe. "L’ha già fatto altre volte:
Grattastinchi non è un gatto normale… Vi ho portato qualcosa per colazione"
aggiunse poi, poggiando il vassoio. "Mangiate in fretta: vogliamo partire prima
di mezzogiorno, se possibile…".
"Così presto?" fece Drew stupito. "Credevo
avremmo aspettato almeno stasera…".
"Lo credevamo anche noi, ma i Dissennatori
cominciano a essere un po’ troppo interessati a questa zona e noi non possiamo
rischiare di perdere anche l’ultimo tetto sulla testa che ci è
rimasto…".
"Dove andremo?" domandò ancora Drew,
preoccupato: non poteva fare a meno di pensare che ormai fossero oltre la metà
di ottobre, non proprio il periodo ideale per darsi al campeggio.
Hermione scosse il capo con aria desolata.
"Ancora nulla di deciso: stiamo valutando le opzioni… Probabilmente qualche
posto in campagna un po’ isolato… Mangiate, su: a queste cose penseremo
dopo".
Prese Grattastinchi in braccio e uscì,
mentre Ethan allungava le mani verso un toast e cominciava a masticare con
decisione. Drew cercò di imitare il cugino, anche se si sentiva lo stomaco
chiuso per la preoccupazione: la portata della tragedia che aveva colpito
l’Ordine cominciava giusto in quel momento a fare presa dentro di lui.
"Che hai Drew?" domandò Kitty, preoccupata
dallo scarso entusiasmo con cui Drew spiluccava il cibo. "Non hai
fame?".
"No, non è quello… Stavo solo pensando a una
cosa…".
"Che cosa?" domandò Ethan curioso,
sputacchiando pezzetti di toast dappertutto e guadagnandosi un’occhiata
disgustata dalla sorella.
"Ingoiare prima, parlare dopo" lo rimproverò
stizzita. "A cosa pensavi?".
"Credo che dovreste andare da Fleur in
Francia".
Come prevedibile, i due Dursley non si
dimostrarono affatto entusiasti all’idea: Kitty balzò in piedi con uno scatto
rabbioso, mentre Ethan quasi si strozzò con la colazione per poi assumere
un’espressione dispiaciuta. "Ci vuoi mandare via? Perché?".
"Nemmeno la conosciamo quella donna!" sbottò
Kitty. "Non l’abbiamo mai vista!".
"È una mia zia acquisita" la difese Drew,
per quanto nemmeno lui ci avesse mai parlato. "E i suoi figli hanno circa la mia
età, se non sbaglio… Con lei sareste al sicuro".
"Non mi importerebbe nemmeno se quella fosse
la nipote del papa!" ribatté Kitty con foga. "Come puoi chiederci di andare a
vivere con delle persone che conosci solo per vie traverse, anche se sono
parenti tuoi?".
"Noi siamo senza un nascondiglio sicuro e il
Ministero non smetterà tanto presto di darci la caccia…" spiegò Drew. "E voi non
potete usare la magia". I pensieri di Drew corsero a Sylar: era più che certo
che non avrebbe mai rinunciato a cercarli, anzi, consapevole del vantaggio che
aveva su di loro in quel momento, li avrebbe incalzati senza pietà.
Kitty sgranò gli occhi, ferita. "Ci ritieni
così inutili? Siamo solo un peso di cui sbarazzarci?". Ethan semplicemente
taceva.
Drew passò lo sguardo da uno all’altra,
capendo che le sue intenzioni erano state fraintese. "Non è questo: lo sapete
che vi considero come fratelli…".
"E allora perché?".
"Non voglio che la prossima volta sia il
vostro funerale…" mormorò Drew, distogliendo lo sguardo. "Se andate in Francia,
avrete la possibilità di condurre una vita normale: vi ho già scombussolato
abbastanza l’esistenza…".
Calò un silenzio teso e imbarazzato: Drew
aspettava la reazione dei cugini, che a loro volta non sapevano come rispondere
a quelle parole.
Alla fine, Kitty si avvicinò a Drew e di
slancio lo abbracciò, urtando senza volere la spalla lesa. "Oh, scusa…" mormorò
quando lo sentì gemere di dolore.
"Non ha importanza".
La ragazzina annuì. "Io non andrò in Francia
a meno che tu non mi chiuda in un baule e mi ci spedisca a forza. E non
prenderlo per un capriccio" aggiunse subito, vedendo che Drew faceva per
protestare. "Posso capire cosa ti ha portato a fare questo discorso, ma non
riuscirei a sopportare di essere lontana interrogandomi ogni giorno su quello
che potrebbe esserti successo: se ce ne andiamo adesso, potremmo non rivederci
più per anni…".
"Ma i Mangiamorte…"
"Non mi importa dei Mangiamorte, di Sylar o
del Ministero: se devo imparare a difendermi per restare, lo farò. Ma qualunque
cosa tu possa dire o fare, io resto!".
"E io pure!" aggiunse subito Ethan. "Non
vado da nessuna parte senza di voi, perciò non provateci nemmeno a
scaricarmi!".
Drew analizzò il cipiglio deciso dei due e
intuì subito che stava combattendo una battaglia persa: non sarebbe mai riuscito
a convincerli ad andarsene lontano dal pericolo, perciò desistette. "Sarà
pericoloso…".
"Ne siamo consapevoli" gli assicurò
Kitty.
"Ma lo sarà anche per te" osservò Ethan.
"Avrai bisogno di qualcuno che ti pari le spalle…".
Con questo, la discussione fu chiusa e i tre
ripresero la loro colazione, per quanto non avessero particolare appetito.
Infatti una ventina di minuti dopo, si vestirono e scesero in cucina, dove tutto
l’Ordine era già riunito.
"Come va la spalla, Drew?" si informò subito
Ted, mentre Fred faceva comparire altre sedie.
"Meglio di ieri e peggio di domani,
suppongo" fu la diplomatica risposta. "Di tanto in tanto manda ancora quelle
fitte assassine…".
Ted annuì, studiando il bendaggio. "Che mi
venga un colpo se riesco a capire che razza di diavoleria ti hanno sparato
addosso…".
"Che ci siamo persi?" domandò Ethan
allungandosi verso il tavolo e notando la mappa del Regno Unito che l’Ordine
stava studiando.
"Stavamo cercando di capire dove sarebbe più
sicuro spostarci" spiegò George.
"Stavo appunto dicendo" riprese Hermione,
recuperando le fila del discorso lasciato prima in sospeso, "che con il tempo
che c’è in questi giorni sarebbe meglio evitare di andare troppo a
nord…".
"Non possiamo restare nel sud: troppo vicino
a Londra e troppo traffico…".
"Se ragioniamo così, non possiamo andare da
nessuna parte" sbuffò Hermione. "Ovunque andremo ci sarà gente pronta a fare la
spia…".
"Stiamo nel centro" suggerì diplomatica
Luna. "Lincolnshire o dalle parti di Nottingham… Ci sono le foreste in cui
nascondersi in quella zona: tanto vale approfittarne finché non è ancora troppo
freddo…".
Tutti si scambiarono un’occhiata tetra, già
preoccupati la pensiero di cosa sarebbe accaduto quell’inverno, quando sarebbe
arrivato il gelo e la neve.
"Dove sono Ares e Artemis?" domandò
all’improvviso Drew, notando in quell’istante l’assenza dei due.
"Sono tornati al loro attico a recuperare
materiale utile" disse Ted in un tono cupo che fece capire a Drew quanto poco
approvasse quella decisione. "Dovremo partire appena tornano…".
"Io a questo punto, opterei per Nottingham"
disse Christie. "È ragionevolmente lontano da qui e come sostiene Luna, ci
possiamo nascondere nella foresta: con un po’ di fortuna potrebbe reggere anche
una settimana o due…".
"Dipende da quanti Dissennatori ci saranno
in giro" sbuffò Sirius. "Quelli ci troveranno con o senza incantesimi
difensivi…".
"E non possiamo respingerli con i Patroni
perché quelli sono meglio di un cartello al neon con su scritto ‘siamo qui,
venite a prenderci’".
Drew sospirò, mentre calava di nuovo il
silenzio: tempi decisamente foschi si prospettavano all’orizzonte…
Attico di Ares e Artemis
Londra.
Come sonnambula, Artemis si muoveva tra i
tanti famigliari locali del suo appartamento, cercando di stabilire cosa potesse
essere utile nell’immediato futuro. Ares aveva già praticamente svuotato la loro
armeria, prendendo perlomeno tutto quello che era facilmente trasportabile e ora
stava occupandosi di recuperare tutto il cibo a lunga conservazione che avevano
in giro.
Artemis invece aveva appena finito di
riempire una sacca con qualche ricambio pesante per lei e le altre ragazze e
stava ora cercando di fare una cernita delle pozioni pronte che aveva
immagazzinato.
"È inutile: praticamente tutte potrebbero
tornare utili prima o dopo!" sbottò.
"Prendi solo le cose più importanti" suggerì
Ares. "In ogni caso, il Ministero non sa di questo posto, perciò potremo senza
problemi tornarci in futuro…".
Questo era vero, eppure una parte della
ragazza avrebbe preferito non tornare a Londra in futuro, onde evitare inutili
rischi per sé stessa e l’Ordine.
"Oh, al diavolo: siamo metà di mille e
possiamo praticare tutti gli incantesimi estensivi di questo mondo!" dichiarò
Artemis, prima di afferrare cominciare a riempire alla rinfusa una borsa con le
boccette piene di liquidi multicolore.
"Ricordati che potremmo dover fuggire in
tutta fretta e lasciare indietro un sacco di cose"l’ammonì Ares. "Molte di
quelle pozioni richiedono tempi di preparazione lunghi".
Artemis si fermò a metà operazione con un
sospiro: ovviamente Ares aveva ragione. Anzi, si sentì riempire di frustrazione
e rabbia pensando che avrebbe dovuto capirlo da sola. "Scusa, non so proprio
dove ho la testa…".
"Io sì" ribatté Ares con un sorriso
confortante. "So che è difficile, ma devi cercare di ragionare in modo
lucido".
"Già, lucido…" mormorò Artemis.
Lo sapeva anche lei: era abituata a
mantenere il controllo anche nelle situazioni peggiori, ma in quel momento, per
quanto si sforzasse, ogni volta che cercava di farlo, la sua testa finiva sempre
con il riempirsi di immagini di suo padre riverso in una pozza di sangue, una
cosa che avrebbe infestato i suoi incubi di lì all’eternità, ne era
certa.
Ares parve intuire il turbamento dell’amica
e le sorrise, poggiandole una mano sulla spalla. "Qua ci penso io… Perché non
vai a vedere se sulla libreria c’è qualcosa che ti potrebbe
servire?".
Come un automa, Artemis seguì il consiglio e
si diresse verso la parete tappezzata di libri. Qua e là distinse i buchi
lasciati dai volumi che si era portata la Quartier Generale solo poche settimane
prima e che erano ormai perduti. Tra questi c’era anche il libricino nero per
l’antidoto di sua madre, ricordò all’improvviso.
Quasi tre anni di lavoro bruciati,
pensò sconfortata. Probabilmente è meglio così, tanto non avrei mai trovato
una cura: non capisco proprio cosa mi fosse venuto in mente…
Una rapida occhiata le bastò per capire che
non c’era nulla lì che volesse portare con sé: di certo non avrebbe avuto tempo
per leggere o fare qualche ricerca…
Senza sapere bene perché, prese d’istinto
una vecchia e logora copia di Tom Sawyer, uno dei suoi romanzi preferiti.
Fu con una certa sorpresa che, aprendolo, vi trovò dentro una foto di lei con i
suoi genitori, una copia della stessa che capeggiava nel salotto di Chalmers
Road. Chissà da quanto tempo è qui… Probabilmente la usavo come segnalibro e
me ne sono dimenticata…
Sentì le lacrime bruciarle gli occhi mentre
la guardava. Era praticamente il ricordo di un’altra vita: a fatica riusciva a
riconoscere in quella bambina sorridente la giovane donna pessimista che era
diventata.
Papà… Che cosa devo fare, papà?,
domandò Artemis rivolgendosi al Remus della foto.
Mi sento persa senza di te…
Avanti Ally, devi reagire, le avrebbe detto se fosse stato lì. Non sei sola: ci sono Ares, Sirius, tua
madre…
Già, sua madre… Una madre che praticamente
era già morta, a parte pochi e saltuari lampi di comprensione, una donna che non
aveva nemmeno potuto piangere suo marito… Anche se la riportassi indietro…
Posso sul serio farla rinsavire solo per dirle che papà è morto? Sarebbe meglio
lasciare le cose come stanno…
Ma guardare Tonks in quella foto,
abbracciata alla figlioletta, e pensare alla Tonks che la stava aspettando a
Casa Riddle le faceva ancora più male. Quanto avrebbe voluto essere abbracciata
da lei anche solo un’ultima volta… Ma è impossibile: io non ne sono in
grado…
Pensò che in risposta a questo, Remus le
avrebbe detto: "Nulla è impossibile: puoi fare qualunque cosa, tesoro". Papà,
hai sempre avuto la tendenza a sopravalutare le mie reali
capacità…
Una bella iniezione di autostima le avrebbe
fatto bene, considerò.
"Artemis?" la chiamò Ares. "Se sei pronta,
io ho finito…".
La ragazza guardò la foto, poi il compagno,
poi di nuovo la foto. Forse non ci sarebbe mai riuscita, ma voleva sul serio
vivere con il rimpianto di non avervi neppure provato? Avrebbe dovuto
ricominciare da capo, ma se ci fosse riuscita, ne sarebbe valsa la pena…
"Artemis?".
"Sì, vengo" rispose, infilandosi in tasca la
foto. Ma prima di raggiungere Ares sulla porta, prese dalla scrivania un blocco
di appunti bianco. Forse si sarebbe dannata l’anima, ma non avrebbe rinunciato.
La testardaggine fa parte del mio corredo genetico.
Ministero della Magia
Londra.
Lord Sylar stava di nuovo studiando i vecchi
fascicoli dei membri dell’Ordine. Uno di meno, pensò, mentre spostava il
dossier di Remus Lupin nella pila dei deceduti.
La retata non aveva sortito proprio
l’effetto che aveva sperato, visto che gli altri erano riusciti a fuggire, ma
Sylar non se ne dava pena: era solo questione di tempo prima che venissero
nuovamente individuati.
Non avrebbe dato loro tregua: più li
incalzava meno tempo avrebbero avuto per organizzarsi e trovare un nuovo
rifugio. Anche a costo di andare a stanarli personalmente, li avrebbe uccisi
tutti, uno per uno…
Era fiducioso che presto le ricerche
capillari avrebbero prodotto risultati soddisfacenti: aveva disposto gruppi di
Dissennatori in tutta la Gran Bretagna, monitorati da pattuglie di Mangiamorte
ventiquattro ore su ventiquattro, era solo questione di tempo
Ma la cosa più importante, nonché obiettivo
principale non dichiarato dell’agguato, era stato il ferimento di Andrew Potter.
Il suo unico rimpianto era non essere riuscito a catturarlo per poterlo
direttamente al Signore Oscuro.
In quel momento qualcuno bussò alla porta,
distogliendolo dai suoi pensieri.
"Avanti".
Entrò un vecchio incanutito con l’aria da
studioso: nei suoi occhi si leggeva chiaramente la paura e il desiderio di
andarsene il più lontano possibile.
"Ah, professore" lo accolse Sylar sorridendo
soddisfatto. "Buone notizie, spero…".
"Ehm sì, mio signore" disse l’uomo in tono
timoroso. "Le ho portato la traduzione del testo che aveva
richiesto…".
"Ah, ottimo" fece Sylar rizzandosi di scatto
e allungando una mano.
L’altro gli porse un’anonima cartellina
porta documenti dentro cui il Mangiamorte trovò due fogli: una copia del testo
latino che Voldemort gli aveva dato alcune settimane prima e la relativa
traduzione in inglese. In realtà, l’aveva commissionata all’ University College London già da più di quattordici giorni, ben
prima di poter sperimentare di prima mano gli effetti del Devotum Cruorem,
ansioso di scoprirne gli effetti: doveva ammettere che per un attimo era
rimasto spiazzato quando la spalla destra di Andrew Potter gli era quasi esplosa
in faccia…
"In realtà" considerò ad alta voce, mentre
cominciava a leggere distrattamente il testo, "ormai credo che non mi
ser-…".
Sylar si bloccò a metà frase, tornò indietro
e rilesse la riga appena scorsa con maggior attenzione stavolta. Per essere
certo di aver capito bene ripeté l’operazione un paio di volte: a ogni rilettura
la bocca gli si distese in un sempre più largo, malvagio sorriso di
soddisfazione. Guarda, guarda cosa abbiamo qui… Questo apre scenari
decisamente interessanti…
"Mio signore?".
La voce del vecchio professore lo distolse
bruscamente dai suoi pensieri. "Molto bene!" dichiaro, chiudendo di scatto la
cartelletta. "Ha fatto un ottimo lavoro… Davvero ottimo…".
L’uomo parve decisamente sollevato di
sentirselo dire. "Davvero, mio signore? È quello… quello che stava
cercando?".
"Oh, no. È di più, molto, moto di
più…".
Il suo interlocutore corrugò la fronte,
perplesso da quell’affermazione. "Ehm, posso andare, allora?".
Sylar alzò lo sguardo, fissandolo
intensamente alcuni istanti. "Nessun altro sa di questo incarico,
vero?".
L’uomo prese a scuotere ferocemente il capo
con aria allarmata. "No, no… Ho mantenuto il riserbo, come mi avete
chiesto…".
"Bene, un problema di meno. Capirà
certamente che queste sono informazioni strettamente confidenziali: nessuno deve
saperne nulla…".
"Certo, certo, mio signore, non ne parlerò
ad anima viva" lo rassicurò in fretta il professore. "Posso andare
adesso?".
"Credo di non essermi spiegato bene: quando
dico nessuno, intendo proprio nessuno…".
L’uomo parve un attimo perplesso, poi un
lampo di comprensione gli illuminò il volto, subito seguito da paura. Cercò di
raggiungere la porta, ma era troppo tardi: la maledizione mortale di Sylar lo
raggiunse in piena schiena.
"Stupido vecchio…" borbottò guardando il
corpo cadere con aria quasi scocciata.
Prese il galeone falso dalla scrivania e
mandò un messaggio alla segretaria, prima di tornare tranquillamente alla
lettura come se non ci fosse un cadavere ancora caldo nel bel mezzo del so
ufficio.
Cinque minuti dopo, bussarono di nuovo alla
porta.
"Mi avete mandato a chiamare, mio signore?"
domandò Draco Malfoy entrando e trasalendo alla vista del corpo.
"Sbarazzati di lui, Draco" gli ordinò Sylar,
guardando il Mangiamorte. "Fa in modo che la morte non risulti troppo
sospetta…". Non che si preoccupasse delle possibili ritorsioni personali, ma
riteneva inutile generare un vespaio di domande e polemiche per una cosa di
scarsa importanza come quella.
Draco annuì, chinandosi sulla salma. "Posso
chiedere perché…".
"No, non puoi" ribatté in tono caustico
Sylar. "A meno che tu non voglia raggiungere il nostro amico, naturalmente… Sono
informazioni confidenziali tra me e il Signore Oscuro".
"Certamente. Me ne occupo subito" assicurò
Malfoy con aria zelante.
"Ah, avvisami quando avremo notizie
dell’Ordine…" lo bloccò Sylar sulla porta.
"Volete venire anche voi?" domandò Draco,
senza nascondere la sua sorpresa.
Sylar sorrise dietro la maschera. "Non me lo
perderei per nulla al mondo".
Un po’ perplesso, Draco se ne andò senza
fare ulteriori domande, portandosi dietro il corpo senza vita del professore.
Sylar lo guardò uscire, poi tornò a scartabellare non curante tra i fascicoli
sparsi sulla scrivania.
La caccia è ufficialmente aperta,
pensò soddisfatto.
LYRAPOTTER’S CORNER
Ok, avevo promesso di non sparire e come
volasi dimostrare non sono stata capace di tenere fede al proposito, considerato
che manco da più di un mese e questo epilogo alla fin fine si è scritto quasi da
solo in due giorni. Ringraziate che sono a casa bloccata a letto, depressa e con
una caviglia stortata (maledette le scale e maledetta la mia
goffaggine!!!!!!!!), non avendo nulla da fare, mi sono messa a scrivere,
scrivere e ancora scrivere…
Di certo adesso i fan di Sirius e Luna mi
stanno odiando, ma che credevate, che gliela facessi così facile? La mia vena
sadica non si è ancora esaurita, ne avranno da penare quei due!!!!!!!! Sì, lo
so, sono cattiva, ma credo che su questo non avesse più dubbi
nessuno!!!!!!!!
Con questo "allegro" capitolo che di allegro
ha ben poco, si conclude ufficialmente la prima parte di Magic Wars: certo mi fa
un effetto strano sbarrare la casellina "completa"!!!!! Ma non preoccupatevi
popolo, la seconda parte non tarderà ad arrivare (almeno me lo auguro,
informazione da prendere con le molle!!!!!!): a norma e regola, il titolo sarà
al 99.9% Magic Wars II: la lotta continua,
perciò quando lo vedrete,
fermatevi!!!!!!
E ora un po’ di ringraziamenti…
Grazie a tutti coloro che sono arrivati a
leggere fino a qui, nella speranza che la storia continui a piacervi.
Grazie a 1__SiriusBlack__1, ale146,
Alexandraleon, alice brendon cullen, babibabi, bulmettina, Caillean, celebrian,
chichetta99, clakkycullen, Deidara, dream, elipotterina94_n6, Enid, gareggiare,
genny 63, GoHaN, Half Blood, HelenaDB, Ino chan, kamura86, Karen94, Lady Lynx,
Lady85, LadyMorgan, Lily_Snape, Maky91, mick_angel, Moonshadow_95,
NemoTheNameless, owly, Padfoot_07, SakiJune, senna710, Serpeverde_Slytherin,
SoSo, Vekra, Yaku e _ki_ per aver inserito la storia tra i
preferiti.
Grazie a alex25, ArwenBlack, CharmedAlis,
Deidara, DnikSophieG, hermione616, jacopo25, Lariwell, Laurelin, Luine,
Lunastortalupin, MaryLisa, Romena, SakiJune, Stabuck e thebigwolf per
aver inserito la storia tra le seguite.
Grazie (spero di non dimenticare nessuno) a
Caillean, SakiJune, Ino chan, Crystal e Namida, Lily_Snape, Deidara, vickyN,
Emylovely, chichetta99, bulmettina, CharmedAlis, Finleyna 4 Ever, LadyMorgan,
Ara chan, lucia_hp, hermione616, yuukimy, Lady Lynx, babibabi, Moonshadow_95,
Lady85, Half Blood e NemoTheNameless che con le loro magnifiche
recensioni mi hanno sempre risollevato il morale.
E in ultimo, grazie a chi ha commentato
l’ultimo capitolo:
LadyMorgan, guarda ti perdono solo perché sei tu e perché so cosa voglia dire
non avere mai il tempo di recensire: e poi, conosco bene i danni che l’orrida
Associazione può fare… Ma ne parleremo in modo più approfondito in altra sede e
luogo, smetti prue di prostrarti e fustigarti che non è proprio necessario. Per
la questione croci, quando ho pensato a quel capitolo, l’idea delle croci
bianche mi è venuta quasi da sé, ma assolutamente non per motivi religiosi (per
la verità, persona meno religiosa di me non la trovi tanto facilmente),
semplicemente perché come dici anche tu, sono un simbolo classico… In verità, il
fatto che Sylar uccidesse Ron è stato uno dei primi dettagli a prendere forma
nella mia fanfiction, quando stavo facendo la pesa per decidere chi salvare e
chi no: la mia mente sadica trovava tremendamente perfetto che Ron sia morto per
mano del suo ex migliore amico. Ovviamente, so di essere l’unica a pensarla
così… Dubito che questo capitolo ti abbia risollevato l’umore, ma spero che ti
sia piaciuto, a presto Silvia Alfa!!!!!!
Deidara, povero Ron, ma perché lo odiano tutti? Ma guardando al lato
positivo, se sono riuscita a farti dispiacere per la sua morte malgrado tutto,
allora posso dire di aver fatto un buon lavoro (in barba alla
modestia!!!!!!!!!). Per quanto la mia anima di lettrice prema per accettare la
tua proposta di scambio, credo proprio che declinerò l’offerta: ognuno si tenga
il suo mistero, vedremo chi sarà accontentato per primo!!!!!!
Half Blood, beh, se Ron scopriva la vera identità di Sylar, l’avrebbero
scoperta anche Hermione e Sirius, visto che erano lì a guardarsi lo spettacolo
in diretta, perciò, per quanto l’idea fosse stuzzicante, ho dovuto scartarla per
cause di forza maggiore!!!!! Per il momento il segreto degli Horcrux è
gelosamente custodito e tale resterà, ma come vedrai presto, l’Ordine al momento
ha ben altri problemi. Prometto che se e quando Dora recupererà il senno, non
cadrà in depressioni autodistruttive: l’ho già tartassata anche troppo, la
poveretta!!!!!!!
Con questo direi che ho concluso, vi saluto
e ci rivediamo alla prossima
puntata!!!!!!!!!!!
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