MAGIC WARS

di lyrapotter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Tradimenti e compleanni ***
Capitolo 3: *** Scoperte ***
Capitolo 4: *** L'ultima notte ***
Capitolo 5: *** Un futuro incerto ***
Capitolo 6: *** L'Ordine della Fenice ***
Capitolo 7: *** Decisioni importanti ***
Capitolo 8: *** Lezioni, segreti e un cane bavoso ***
Capitolo 9: *** Cambio di piani ***
Capitolo 10: *** L'accordo ***
Capitolo 11: *** Doppio inganno ***
Capitolo 12: *** Missione suicida ***
Capitolo 13: *** Nella tana del lupo ***
Capitolo 14: *** Una verità sconvolgente ***
Capitolo 15: *** Un attimo di pace (1) ***
Capitolo 16: *** Un attimo di pace (2) ***
Capitolo 17: *** Un debito da saldare ***
Capitolo 18: *** Problemi, di nuovo! ***
Capitolo 19: *** Incontri spiacevoli ***
Capitolo 20: *** Trattative ***
Capitolo 21: *** Dentro al giro ***
Capitolo 22: *** Le Segrete della Casa ***
Capitolo 23: *** La vasca di serpenti ***
Capitolo 24: *** Nuove complicazioni ***
Capitolo 25: *** Un primo faccia a faccia ***
Capitolo 26: *** Contrattacco ***
Capitolo 27: *** L'Arma I ***
Capitolo 28: *** L'Arma II ***
Capitolo 29: *** Tradimento ***
Capitolo 30: *** Un addio ***
Capitolo 31: *** Il cimitero di croci bianche ***
Capitolo 32: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


MAGIC WARS

DISCLAIMER: Harry Potter e tutti i suoi personaggi appartengono a JK Rowling e a chi ne detiene i diritti. I personaggi nuovi invece provengono dalla mia mente malata.

N.B. le parti in corsivo sono i pensieri dei personaggi.

PROLOGO

Luglio 1998,

da qualche parte nel Galles

LA GAZZETTA DEL PROFETA

CROLLATO IL GOVERNO BABBANO

La notte scorsa, con un attacco improvviso e repentino, un gruppo di Mangiamorte ha attaccato la sede del parlamento Babbano, seminando la morte tra i capi di stato. Nelle prime ore dell’alba è stato annunciato che il Primo Ministro Babbano e tutto il suo gabinetto sono stati assassinati. La stessa sorte è toccata i gruppi di "poliziotti" (i responsabili della sicurezza Babbani) e ai pochi Auror, capitanati da Alastor "Malocchio" Moody, intervenuti per tentate di sedare la rivolta. Il numero di vittime non è ancora stato accertato; è comunque certo che Moody sia riuscito a mettersi in salvo. Sono ancora chiare le intenzioni di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, anche se appare molto probabile un’incorporazione delle istituzione Babbane a quelle del nostro Ministero, da tre mesi sotto il quasi totale controllo del Signore Oscuro. (continua a pag. 3)

LA GAZZETTA DEL PROFETA

COLUI-CHE-NON-DEVE-ESSERE-NOMINATO RIVELA LA MAGIA AI BABBANI

La comunità magica può ufficialmente smettere di nascondersi! A pochi giorni dal colpo si stato che ha unificato sotto un unico governo maghi e Babbani, il Signore Oscuro, neo-eletto ministro, ha infranto, in una lunga conferenza stampa, lo Statuto Internazionale di Segretezza, rivelando alla comunità babbana l’esistenza della magia. Nella stessa occasione sono state soppresse tutte le istituzioni giuridiche, civili e sociali babbane, che saranno riorganizzate a partire da domani da una commissione creata appositamente e capitanata da Lucius Malfoy, noto Mangiamorte. È stata anche ufficializzata la definitiva chiusura del Dipartimento Auror, giudicato troppo inaffidabile dal Signore Oscuro. (continua a pag. 5)

LA GAZZETTA DEL PROFETA

NESSUNA PIETÀ PER SANGUESPORCO* E TRADITORI

In una lunga conferenza tenutasi questo pomeriggio, la Mangiamorte Bellatrix Lestrange ha annunciato quali saranno i primi provvedimenti del governo oscuro. La donna ha annunciato un bando di caccia per tutti coloro che non possono provare di avere almeno un parente mago nel loro albero genealogico. I cosiddetti Sanguesporco verranno convocati al Ministero per essere interrogati e, in caso si riveli necessario, scortati in strutture adeguate per ulteriori accertamenti. Per coloro che non si presenteranno all’interrogatorio, saranno emessi appositi mandati di cattura, che prevedranno anche l’eliminazione, in caso di resistenza. In secondo luogo sono stati comunicati tutti i nominativi dei membri dell’Ordine della Fenice, nota organizzazione sovversiva, fondata da Albus Silente durante la Prima Guerra e tuttora in attività. Per costoro, e tutti coloro che daranno loro rifugio o aiuto, il ministero ha previsto la pena capitale per alto tradimento. Le indagini sono state affidate a un giovane Mangiamorte, noto solo come Sylar, da poco nelle file del Ministro. (continua pag. 4)

Organizzazione sovversiva? Alto tradimento? Furibondo, Sirius Black gettò via il giornale che stringeva in mano, spedendolo a fare compagnia alle vecchie copie della Gazzetta che infestavano il pavimento della stanza. Non ci consideravate traditori però, fino a qualche settimana fa, quando vi salvavamo le chiappe, pensò con astio, lasciandosi sfuggire un ringhio furioso. Erano due settimane che lui e gli altri membri dell’ordine si nascondevano come topi: avevano trovato rifugio in una vecchia casa in uno sperduto paesino gallese, ben sapendo che presto avrebbero dovuto spostarsi di nuovo. Con quel nuovo bando di cattura, poi, era solo questione di tempo, perché qualcuno li riconoscesse. E a quel punto avrebbero dovuto andarsene: ma per andare dove? Nessun luogo era più sicuro, non ora che anche i Babbani si sarebbero messi sulle loro tracce come segugi famelici. Sirius batté forte il pugno sul tavolo, facendo cadere una bottiglia vuota di Whisky Incendiario: dalla stanza accanto risuonò il pianto di un bambino, probabilmente dovuto al baccano, ma Sirius lo ignorò. Qualcuno se ne sarebbe occupato.

Come aveva fatto la situazione a degenerare così in fretta, si chiese, per l’ennesima volta in quelle due dannatissime settimane. Non seppe trovare risposta: tutto quello che poteva dirsi era che tutto era cominciato con quel bambino che ora gridava a pieni polmoni e la scomparsa di Harry. Una fitta di dolore gli attraversò il cuore al pensiero del figlioccio. Lo avevano cercato disperatamente per giorni, senza risultato. Alla fine, anche per far fronte alla valanga di problemi che era loro piovuta addosso, avevano dovuto desistere: d’altronde era improbabile che fosse sfuggito alle reti di Voldemort, ovunque fosse. E se lo aveva fatto, non ci sarebbe riuscito ancora per molto. Sirius stava ormai accettando l’idea di aver perso Harry per sempre. Proprio mentre si alzava, con l’idea di prendere un’altra bottiglia di Whisky, la porta si aprì. Sirius socchiuse gli occhi alla luce improvvisa, ma riconobbe comunque la sagoma del suo migliore amico, Remus Lupin, che lo fissava con sguardo di muto rimprovero.

«Vieni di sotto» gli disse asciutto. «Dobbiamo parlare» e uscì senza aspettare risposta.

L’Animagus sbuffò. Perché non lo lasciavano in pace a crogiolarsi nel dolore? Tuttavia seguì l’amico al piano di sotto. Quando fece il suo ingresso in cucina, trovò alcuni membri dell’Ordine ad aspettarlo: Hermione Granger stava preparando il the per tutti, sotto lo sguardo vigile di Ron Weasley, il suo fidanzato; Kingsley Shacklebolt stava distrattamente facendo delle parole crociate, seduto al fianco di Malocchio, che esibiva ancora una fasciatura dopo il tentativo di bloccare il colpo di stato a Londra; chiudevano il quadro Remus, che teneva sulle ginocchia una bambina di circa due anni dai vivaci capelli rosa caramella, e sua moglie Ninfadora Tonks, che invece cullava dolcemente un neonato, lo stesso che poco prima piangeva. Sirius evitò volutamente di guardare il bimbo, mentre prendeva posto al fianco di Ron. Quando anche Hermione si fu seduta e tutti ebbero una tazza di the di fronte, Sirius si decise a parlare.

«Allora? Che sta succedendo?»

Nessuno parlò, limitandosi a scambiarsi alcune occhiate tra loro. Alla fine Malocchio disse:

«Mentre tu ti bruciavi il cervello ingollando Whisky, noi abbiamo preso alcune decisioni riguardo al nostro futuro».

Intervenne Kingsley: «Visti i recenti sviluppi, abbiamo concluso che sia opportuno spostarci al più presto. Questo posto non ci terrà al sicuro per sempre».

Dimmi qualcosa che non so già pensò Sirius, ma non disse nulla.

«Perciò» riprese il nero «Charlie e Bill sono andati a cercare un nuovo nascondiglio. Dovrebbero tornare presto. Poi vedremo se la via per la Tana è libera. Potremmo riuscire a recuperare parte degli averi di Arthur e Molly. E le cose per Andrew» aggiunse, accennando al piccolo, che dormiva placidamente nella piccola culla dove Tonks l’aveva adagiato.

«In secondo luogo» continuò Remus, mettendo a terra la bambina, che lo guardò leggermente offesa, «abbiamo deciso che devi smettere di fare la vedova in lutto. Stiamo soffrendo tutti per quello che è successo ultimamente, ma non è trangugiando tutto il Whisky Incendiario su cui metti le mani che farai ricomparire Harry o farai tornare Ginny, Arthur e Molly. Ci servi sobrio per affrontare la situazione. Ok?»

Sirius fissò l’amico sorpreso: erano forse le parole più dure che Remus gli avesse mai rivolto. E forse fu per questo che fecero breccia dentro di lui: all’improvviso si rese conto di quanto era stato infantile e stupido il suo comportamento. Remus aveva ragione, doveva smetterla e darsi da fare per cercare di uscire da quella situazione d’inferno.

«Ok» disse. «Niente più alcool. Promesso. C’è nient’altro?»

«In effetti» intervenne Ron, che fino a quel momento era rimasto in silenzio «Ci sarebbe ancora una cosa. Dobbiamo discutere di cosa fare con Andrew».

Gli sguardi sorpresi che si scambiarono gli altri suggerirono a Sirius che l’intervento di Ron fosse un fuori programma.

«Che cosa intendi dire?» chiese Tonks. E poi aggiunse rivolta alla bambina, che cercava strenuamente di attirare la sua attenzione: «Non ora, Allison. La mamma ha da fare». La bimba le rivolse uno sguardo offeso, sedendosi poi a terra, a braccia e gambe incrociate e un buffo broncio stampato in volto. Nessuno le prestò troppa attenzione, rivolgendola tutta a Ron, che riprese:

«Beh» cominciò il rosso impacciato «non sono sicuro che nella situazione in cui ci troviamo adesso, sarebbe un bene tenerlo con noi. Non abbiamo le risorse per poterlo crescere come si deve. Senza contare che se i Mangiamorte ci attaccano, sarebbe una preda anche troppo facile. Non fraintendetemi: sono io il primo a volere che resti con noi, in fondo è il figlio di mia sorella, ma dobbiamo considerare i fatti, quello che è meglio per lui».

Per quanto odioso, il discorso di Ron non faceva una piega; senza contare che il ragazzo si era limitato a sollevare i dubbi che aleggiavano più o meno nella mente di tutti loro. Quasi in simultanea rivolsero lo sguardo verso il bambino che dormiva placidamente nella culla, ignaro che nella stanza si stava discutendo del suo destino.

«E allora» chiese Kingsley, «cosa suggerisci di fare?».

Ron si strinse nelle spalle: non aveva risposte a questa domanda. Calò il silenzio, rotto soltanto dal ticchettio dell’orologio e dai passetti della bimba, Allison, che si era avvicinata alla culla e fissava il neonato con educato interesse.

«Beh» intervenne alla fine Remus «si potrebbe mandarlo in un orfanotrofio, anche se non so quanto l’idea si buona. Di certo avrà episodi di magia accidentale e il ministero lo capterà. A quel punto…»

«…Sarebbero cavoli amari» concluse Sirius per lui. «O lo scambiano per un Nato Babbano e lo fanno fuori oppure lo riconoscono per il figlio di Harry Potter e preferisco non pensare a quello che gli farebbero».

«Ok» disse Hermione. «Scartata l’ipotesi orfanotrofio. Ci sono altre possibilità?».

Di nuovo, nessuno rispose. Restarono in quella vecchia cucina polverosa per quasi un’ora, proponendo alternative una più improbabile dell’altra. Alla fine fu Tonks a trovare la soluzione al problema.

«E se lo affidassimo ai suoi parenti?».

Gli altri si scambiarono occhiate confuse, poi compresero.

«Gli zii di Potter, intendi?» chiese Malocchio.

«Siamo sicuri che non lo avvelenerebbero?» domandò invece Ron. «In fondo tra loro e Harry non è mai corso buon sangue».

«Beh» disse Remus «se gli spiegassimo la situazione…»

«O meglio» intervenne Sirius «se li minacciassimo a dovere…»

Remus gli rivolse uno sguardo esasperato ma non disse nulla.

«Ok» s’inserì Kingsley. «Direi che è la miglior opzione proposta finora. Secondo me potrebbe funzionare: basta spiegare loro tutta la storia, dire che non ci sono alternative. Alla fine accetteranno. Inoltre c’è pure il vantaggio che potremmo sempre tenerlo sott’occhio: nel caso succeda qualcosa di spiacevole, potremmo sempre riprenderlo».

«Perfetto» esclamò Malocchio. «Allora chi ce lo porta a Little Whinging, il piccolo furfante? Direi che è meglio se vanno in due o tre, in caso di attacco».

«Mi raccomando, sempre ottimista, vero Malocchio?» lo schernì Tonks, facendo sghignazzare tutti.

Il veterano la ignorò. «Allora, volontari?»

«Vado io» disse subito Ron, guadagnandosi un’occhiata preoccupata da Hermione. «È mio nipote» si giustificò. «Voglio essere certo che starà bene». La ragazza annuì, senza tuttavia lasciar cadere l’espressione preoccupata.

Dopo Ron, si offrirono Sirius e Remus.

«Anche solo per tenerti d’occhio» disse il secondo all’indirizzo di Sirius. L’Animagus gli fece la linguaccia, guardandolo storto. Tutti ridacchiarono.

«Quando?» domandò Hermione.

Gli altri si scambiarono un’occhiata.

«Stasera. Prima è, meglio è» rispose alla fine Ron. Nessuno obiettò e la riunione fu chiusa.

Mentre tutti si alzavano, Sirius e Remus si tirarono in disparte.

«Pensi sul serio che sia una buona idea?» chiese Sirius, lanciando un’occhiata di sbieco alla culla.

«Sinceramente?» ribatté il licantropo.«Credo preferirei combattere da solo con venti Mangiamorte piuttosto che affidare il figlio di Harry e Ginny a quei soggetti. Ma d’altronde, che alternativa abbiamo? Ron ha ragione: non possiamo badare a lui nelle attuali condizioni. Ha più probabilità di sopravvivere stando con i Dursley piuttosto che con noi, lo sappiamo entrambi».

«Già, ma detesto comunque l’idea».

«Anch’io, Padfoot**, anch’io». Remus abbassò improvvisamente lo sguardo: Allison gli stava strattonando il braccio, cercando di attirare la sua attenzione. «Papà, papà, vieni a giocare?» chiese, mettendo su una faccina da cucciolo bastonato.

Remus inarcò un sopracciglio, sorridendo. «E questo trucchetto chi te lo ha insegnato, eh?» e gettò un’occhiata a Sirius, che sembrò stranamente interessato alla struttura del soffitto.

«E va bene» disse poi. «Vengo principessa. In fondo ti abbiamo ignorato anche troppo negli ultimi tempi».

Con un largo sorriso, Sirius lo guardò svanire in salotto al seguito della figlioletta. Tornò poi a osservare il piccolo Andrew, con un lungo sospiro. Mai come in quel momento desiderò che gli avvenimenti delle ultime settimane non fossero mai avvenuti, che Voldemort non fosse mai salito definitivamente al potere e Harry e Ginny fossero lì, ad abbracciare il loro bambino.

* A differenza dei libri, traduco in modo diverso i termini inglesi "Mudblood" e "Halfblood", rispettivamente resi con Sanguesporco e Mezzosangue.

** Per chi non lo sapesse, "Padfoot" è la versione inglese di Felpato, mentre "Moony" (che userò in seguito) è il corrispondente di Lunastorta. Ho deciso di usare la versione inglese perché la preferisco a quella italiana, se a qualcuno da fastidio me lo faccia notare e comincerò a usare il nome italiano.

LYRAPOTTER’S CORNER

Buon giorno, o prodi che siete giunti alla fine di questo primo capitolo della mia prima log-fic (spero senza riportare danni cerebrali). Soprattutto spero che la lettura di questa cosa vi sia piaciuta o perlomeno abbia stuzzicato la vostra curiosità sulla continuazione. Comunque mi sembra doveroso fare qualche noticina integrativa. Prima di tutto l’idea di scrivere questa ff mi è nata mentre mi gustavo la vecchia trilogia di "Star Wars" (per intenderci quella di Darth Vader e Luke Skywalker). Al che mi sono chiesta come sarebbe stato adattare la storia di base a Harry Potter. E questo è ciò che ne è venuto fuori. Ci tengo comunque a precisare che non mi terrò fedelissima alla trama dei film, ma mischierò un po’ le carte, aggiungendo qualcosa di mio, anticipando eventi, cambiando personaggi ecc. Almeno i primi capitoli comunque si avvicineranno molto alla trama originale, perciò se tra voi ci sono estimatori della mitica saga di Lucas saprete più o meno cosa succederà nei prossimi capitoli (e qui vi ho già rovinato la sorpresa!!).

In secondo luogo, la mia fedeltà ai libri si HP: diciamo che non tiene conto del settimo (perciò niente spoiler, almeno per ora), parzialmente del sesto e del quinto. A questo proposito altre due cose importanti: come avrete notato, Sirius non è morto e farò quanto sarà in mio potere per farlo restare tale (sono una sua fan sfegatata, non si era capito?); in secondo luogo, ho modificato un po’ la linea temporale della coppia Remus/Tonks, anticipando di un anno gli eventi a loro relativi (esigenze di copione, scusate!). Spero vivamente che questi cambiamenti non infastidiscano nessuno.

Un’ultima cosa, questo è solo un prologo, all’inizio non era nemmeno previsto, ma poi ho pensato potesse essere utile a voi lettori per capire la trama. Per la cronaca, segnatevi i nomi dei nuovi personaggi che ho citato, presto o tardi torneranno tutti.

Bon, penso di avervi detto tutto, tranne ovviamente di recensire: ne ho bisogno essendo alle prime armi, i vostri pareri buoni o cattivi mi farebbero comodo. Spero di aggiornare presto, il prossimo capitolo è già pronto, ma prima vedo come la giudicate. Allora, che dite? La continuo o meglio che lasci perdere?

Bacibaci!!!!!!

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Capitolo 2
*** Tradimenti e compleanni ***


MAGIC WARS

 

CAPITOLO I: TRADIMENTI E COMPLEANNI

Giugno 2016

Da qualche parte

Nel silenzio della notte, una figura ammantata aspettava nell’ombra. Il vicolo in cui attendeva da più di due ore mandava uno sgradevole olezzo di pesce misto a inquinamento, tipico dell’aria intorno al porto. La donna, tuttavia, non ci faceva nemmeno caso: in fondo era lei ad aver scelto quel luogo per l’appuntamento e in ogni caso aveva sopportato cose ben peggiori negli ultimi diciassette anni. Si guardò intorno spazientita: l’uomo che doveva incontrare era in ritardo di oltre un’ora. E la sua esperienza le suggeriva che questo non prometteva nulla di buono. Nutriva ben poca fiducia nei confronti del soggetto che avrebbe dovuto incontrare, per quanto una denuncia al ministero fosse improbabile, visto che era un ricercato anche lui. Ma il tradimento arriva sempre da chi meno te l’aspetti: un'altra cosa che le aveva insegnato l’esperienza. E in ogni caso il rischio che correva era necessario: non solo per lei, ma per tutto l’Ordine, per la fiamma di resistenza che ancora resisteva. Poteva essere la loro ultima possibilità di trovare un modo di fermare quella follia: se la sua missione fosse fallita, stando a quanto dicevano le loro spie, Voldemort sarebbe diventato inarrestabile. Ed era per questo che non doveva e non poteva fallire. Un improvviso crac la fece voltare verso l’entrata del vicolo, la bacchetta già sguainata e pronta. Il nuovo arrivato si rivelò essere un uomo basso e tarchiato, con una disordinata zazzera nera e occhietti penetranti da donnola. Indossava abiti perfino più laceri di quelli della donna e mandava un puzzo di alcool che le fece arricciare il naso. L’uomo la fissò e poi a mezza voce disse:

«Anche le colline hanno occhi». La donna sorrise, mormorando a sua volta: «Bada di non farti vedere». Entrambi parvero un po’ più rilassati, ora che si erano riconosciuti a vicenda. La donna gli rivolse uno sguardo astioso, esclamando: «Sei in ritardo!»

«Cause di forza maggiore, pulzella» ribatté l’altro. «Ho dovuto seminare alcuni Mangiamorte che mi stavano alle costole. O forse preferivi che arrivassi puntuale e me li portassi dietro?» aggiunse sarcastico.

Lei si morse le labbra per trattenere una risposta a tono: non era decisamente il momento o il luogo appropriati per discutere con quel rifiuto della società. «Ce li hai?» chiese invece con tono impaziente. A quel punto desiderava solo finirla, prendere ciò per cui era venuta e tornare al Quartier Generale.

«Ovviamente» rispose indignato Occhi-Da-Donnola. «E tu hai i soldi?»

«Prima i piani» disse lei, estraendo un sacchetto di velluto dal mantello. Il tintinnio che si udì era un suono inequivocabile per l’avido criminale che aveva di fronte.

«Prima i soldi» ribatté comunque. «O non li vedi nemmeno con il binocolo i tuoi preziosi piani!»

Lei sorrise, guardandolo furbescamente.

«Prima i piani, o io me ne vado con il tuo denaro. E tu te ne resti con delle inutili carte senza un valore che sia convertibile in rhum da quattro soldi».

Lui esitò, affannandosi a cercare una soluzione a suo vantaggio. Evidentemente non ne trovò, perché dopo alcuni istanti le allungò una cartellina nera, con inciso sopra il marchio nero, che aveva estratto dal capotto lacero. La donna l’afferrò e l’aprì velocemente per assicurarsi che fosse quello che cercava, dopodiché gli allungò il sacchetto con i soldi.

Si allontanò per Smaterializzarsi, quando l’uomo la richiamò indietro. Lei si voltò e scorse un lampo di genuina malvagità in quegli occhietti.

« Lo sai» disse, «tutto sommato non è che questo accordo mi abbia soddisfatto più di tanto».

«Che vuoi dire?» domandò la strega, improvvisamente ansiosa. « Se desideri altri soldi non ne ho, perciò…»

«No, di denaro ne ho fin troppo ormai. Sai, tra questo e la taglia che ho ricavato mezz’oretta fa, starò bene per un po’ di tempo ».

Prima che la donna potesse cogliere il significato implicito nella frase, nel vicolo comparvero all’improvviso dieci Mangiamorte, a bacchette sguainate. Solo i suoi sensi addestrati le impedirono di finire Schiantata sul posto. Repentinamente si abbassò estraendo la bacchetta e cominciando a lanciare incantesimi. Riuscì a metterne fuori gioco un paio, rompendo così il cerchio e creandosi una via di fuga che si affrettò a imboccare. Corse per una decina di metri, continuando a scagliare anatemi, mettendo alla fine un po’ di distacco tra lei e i suoi inseguitori. E poi finì dritta in un vicolo cieco. Imprecando, tentò di Smaterializzarsi senza successo: era in trappola. E dietro di lei i Mangiamorte si avvicinavano. Era fregata, e lo sapeva. Ma non avrebbe permesso che si riprendessero le carte, altrimenti il suo sacrificio sarebbe stato inutile. Mormorò un incantesimo: subito l’immagine di un gufo luminescente le si parò davanti, prese la preziosa cartella e si involò nella notte. Nello stesso istante i suoi nemici la circondarono. Ne colpì due, prima di essere schiacciata dall’evidente superiorità numerica. Altri due la immobilizzarono e ammanettarono, mentre un terzo la perquisiva. Il capo della spedizione si fece avanti, strappandole il cappuccio, rivelando una folta chioma riccia, che faceva da cornice a un volto scarno e pallido.

«Hermione Granger» disse.

«Draco Malfoy» ribatté l’altra, mantenendo l’espressione fredda e impassibile.

«Finalmente abbiamo preso l’inafferrabile Granger. L’Oscuro ne sarà soddisfatto. Ti dichiaro in arresto per alto tradimento. Dove sono i documenti trafugati?» chiese poi, rivolto a uno dei suoi scagnozzi.

«Non ci sono, capo».

Il sorriso gongolante di Malfoy si affievolì notevolmente. «Come sarebbe non ci sono? Devono esserci! Che cosa ne hai fatto, schifosa Sanguesporco?!»

Il viso di Hermione si illuminò in un sorriso di trionfo. «Andati» disse.

«Andati?» ripeté Malfoy perplesso e preoccupato.

«Andati. Con un Gufo Messaggero. Spiacente, Malfoy, forse i tuoi capi non saranno poi così soddisfatti!»

Lui la guardò quasi pietrificato. «Molto bene. Vorrà dire che ne dovrai rispondere al ministero. Lord Sylar sarà certamente interessato a sentire la tua storia».

Fece un cenno ai suoi uomini, che la trascinarono via. Hermione scorse Occhi-di-Donnola che gongolante contava i suoi soldi. «Traditore» gli sibilò rabbiosa.

«Spiacente, pulzella» ridacchiò lui. «Ma il guadagno è guadagno».

La donna distolse lo sguardo, arrabbiata con se stessa. Doveva saperlo, il tradimento arriva sempre da chi meno te l’aspetti.

29 giugno 2016

Privet Drive, n°4

Little Whinging

Surrey, Inghilterra.

Privet Drive non era certo quello che si poteva definire un quartiere interessante: vi vigevano l’ordine, la tranquillità e la normalità assolute. Era sempre stato così e così probabilmente sarebbe sempre stato. Gli abitanti di Privet Drive erano sempre stati fieri di vantare il più basso tasso di criminalità e stranezze di tutto il Surrey, se non addirittura di tutta l’Inghilterra. Ma ovviamente ogni cielo blu ha anche la sua nuvoletta, e la nuvola di Privet Drive erano senza ombra di dubbio gli abitanti del numero 4, con la loro pessima abitudine di sobbarcarsi bambini comparsi dal nulla. Era avvenuto nel lontano 1981, allorché Petunia e Vernon Dursley si erano fatti carico del nipote Harry, rimasto orfano di entrambi i genitori, morti in un incidente stradale. Il ragazzo si era poi rivelato un piccolo criminale, tant’è vero che a diciotto anni aveva avuto la bella idea di mettere incinta una ragazza e poi sparire. Le voci dicevano che lei fosse in seguito morta di parto; in ogni caso per la seconda volta in meno di vent’anni un neonato era stato lasciato alla porta dei Dursley. E per la seconda volta Petunia e Vernon avevano accolto il bimbo senza fare un fiato, cosa che sorprese non pochi, conoscendo i rapporti che i due avevano con il nipote. Alla loro morte, la tutela del ragazzino era passata al loro unico figlio, Dudley, e alla sua novella moglie, Elizabeth. A sorpresa di tutti, il piccolo Potter, come lo si chiamava nel quartiere sebbene avesse da tempo assunto il cognome dei tutori, si era rivelato un ragazzino a modo, educato e rispettoso delle regole. Tutto il contrario del padre, dicevano coloro che abitavano a Little Whinging da più tempo e ricordavano Harry Potter come l’incubo del quartiere. E nonostante ciò, era spesso guardato con sospetto, quel genere di sospetto che i residenti di Privet Drive riservavano a tutto ciò era appena diverso dalla norma o fuori dall’ordinario, come appunto lo era un bambino lasciato davanti a una porta una sera d’estate.

Drew Potter Dursley socchiuse gli occhi, leggermente irritato, cercando di capire cosa lo avesse svegliato. Stiracchiandosi e sbadigliando, si tirò a sedere e individuò subito la causa del suo risveglio: la sera prima si era dimenticato di tirare le tende e così i raggi del sole erano filtrati all’interno, colpendolo dritto in volto. Guardò l’orologio: le 8.45. Poco male, si disse, tanto Elizabeth mi avrebbe comunque svegliato tra un quarto d’ora. Decise perciò di battere la tutrice sul tempo, si alzò e cominciò a vestirsi. Solo dopo essersi infilato una T-shirt e un paio di jeans, si ricordò che giorno fosse: il 29 giugno, il suo compleanno. Accidenti,pensò, come ho fatto a dimenticarlo. È una settimana che mi fanno una testa così, dicendo che oggi divento maggiorenne eccetera, eccetera. Scommetto che di sotto ci sarà una torta grande come una casa. Sorridendo al pensiero, afferrò una spazzola, sedendosi di fronte allo specchio. Il riflesso parve quasi deriderlo, mentre cercava di domare, con scarsi risultati, la chioma rossa. Tale e quale a tuo padre, gli ripeteva sempre Dudley. E spesso Drew si chiedeva cosa avesse fatto di male per meritarsi quella punizione. D’altronde non è che avesse preso molto altro da suo padre: se si escludevano gli occhi, era molto più simile a sua madre, almeno basandosi su quanto gli aveva raccontato il cugino. Magro, piccolo per i suoi anni, capelli bruni, occhi verde bottiglia, occhiali tondi: così era suo padre alla sua età. E guardandosi allo specchio, Drew aveva sempre visto ben poco di quest’immagine: alto e dinoccolato, capelli rosso fiamma, niente occhiali, volto lentigginoso. Solo gli occhi erano quelli di Harry Potter, che a sua volta li aveva ereditati da sua madre, Lily Potter. Per questo Drew aveva stabilito di aver preso in massima parte da sua madre, sebbene non sapesse nemmeno come fosse fatta. Dudley non l’aveva mai vista, né possedeva sue foto, perciò la figura della donna che gli aveva dato la vita restava un mistero perfino più di suo padre. Perlomeno di quest'ultimo conosceva il nome e l’aspetto, di sua madre sapeva solo che era morta dandolo alla luce.

Punto. Fine. Stop.

Non che gli pesasse più di tanto: come puoi sentire la mancanza di qualcosa che non hai mai conosciuto? Drew era sempre stato felice di quello che aveva: i suoi tutori, Dudley ed Elizabeth, si erano sempre prodigati affinché non gli mancasse nulla, come fosse figlio loro. Il che risultava incredibile soprattutto se considerava i rapporti che c’erano tra Dudley e Harry: i due cugini si erano sempre odiati a morte. Solo poco prima che Harry sparisse, i loro rapporti si erano un po’ scongelati. Sparisse, già. Era questa la cosa che più infastidiva Drew: che della sorte di suo padre non sapeva assolutamente nulla. Dov’era finito? Era morto? Era vivo? E se lo era, perché non era mai venuto a prenderlo? Su questo argomento i Dursley, tanto Dudley quanto i suoi prozii, erano sempre stati schivi e restii a parlare, come se sapessero cose che non volevano o non potevano dire. E perciò era un argomento che aveva sempre stuzzicato la curiosità del ragazzo: da piccolo si divertiva a immaginare che suo padre fosse una spia o qualcosa del genere e che un giorno sarebbe venuto a prenderlo per portarlo in qualche luogo esotico a vivere fantastiche avventure. Il tempo aveva poi sfumato quei sogni da bambino, lasciando solo una vaga amarezza: erano solo fantasie irrealizzabili in fondo. Suo padre probabilmente si era limitato a filarsela quando sua madre era rimasta incinta poco più che diciassettenne. Una voce al piano di sotto lo riscosse dai suoi pensieri.

«Drew, scendi. La colazione è pronta».

Il ragazzo si affrettò a riporre la spazzola e scendere in cucina. Quando aprì la porta, fu letteralmente investito da una valanga di coriandoli e festoni, mentre quattro voci in coro gridavano "Buon compleanno". Sorrise tra sé: tutto come da programma. Prima di poter fare un passo, suo cugino Ethan, nove anni, gli saltò al collo, cantando a squarciagola "Tanti auguri a te".

«Ehi, campione!» biascicò.«Così mi strangoli!»

«Ethan!» intervenne Elizabeth, guardando severamente il figlio. «Scendi subito e rimetti seduto».

Il bambino ubbidì, senza però smettere di cantare. Drew si fece avanti, sedendosi accanto Kitty, la figlia maggiore di Dudley e Elizabeth, di dodici anni. La ragazzina gli lanciò un sorriso e lo abbracciò, in modo decisamente più pacato del fratellino. Il festeggiato sorrise in risposta e lanciò poi un’occhiata al tutore di fronte a lui, intento a leggere il giornale. In gioventù Dudley era stato decisamente in carne: la sua fortuna (o sfortuna, a seconda del punto di vista) fu il matrimonio con Elizabeth, assidua salutista, che lo aveva obbligato a una dieta povera di grassi e zuccheri per quasi due anni, fino a fargli raggiungere un peso proporzionato all’altezza, per quanto ancora in eccesso. Ma d’altronde nemmeno lei poteva abbattere completamente i geni della famiglia Dursley, da sempre contraddistinta da gente piuttosto "rotonda". In ogni caso Drew aveva visto delle foto di Dudley alla sua età: aveva più o meno le proporzioni di un ippopotamo su due zampe. Ed era certo che Elizabeth potesse ritenersi più che soddisfatta del suo lavoro.

La donna si girò verso di lui, con un sorriso a trentadue denti, reggendo una grossa torta al cioccolato, la preferita di Drew.

«Buon compleanno, caro» cinguettò, prima di poggiare il dolce sul tavolo.

«Grazie, disse Drew, ma non era necessario fare tutto questo».

«Oh, non essere sciocco!» esclamò Elizabeth, quasi scandalizzata. «Diciassette anni si festeggiano una volta sola. Perciò è giusto festeggiare come si deve».

«E a questo proposito» intervenne Dudley, «ho un regalo per te».

«Non dovevi!» esclamò il ragazzo.

«Buffonate. Te lo meriti, soprattutto dopo i bei risultati degli esami» e gli porse una busta, tirata fuori dalla tasca interna della giacca. Drew la prese esitante e la aprì. Appena ebbe visto il contenuto, incredulità e sorpresa si dipinsero sul suo volto.

«Voi siete completamente matti» biascicò, estraendo il colorato biglietto aereo per un viaggio in Italia.

«Niente di che. Ci sei sempre voluto andare, e dato che ora sei maggiorenne, puoi farti un bel viaggetto e goderti un po’ la vita. A mie spese» aggiunse rapidamente.

«Questo è davvero…davvero…accidenti, non lo so, grazie!» balbettò il rosso. Dudley fece un gesto con la mano, come a voler liquidare la questione. «È già tutto pagato: viaggio, hotel in varie città, spostamenti interni, eccetera. Idem per i documenti di viaggio: fortunatamente quei dannati burocrati non hanno fatto troppe storie…».

Drew annuì in silenzio. Da quando il Lord era salito al potere, più o meno diciassette anni prima, la vita per i Babbani come loro non era certo stata facile: decine di controlli anagrafici, pile di documenti, controlli strettissimi. La loro situazione era comunque meglio di quella dei Sanguesporco: loro avevano subito una persecuzione che rasentava il genocidio. O provavi di avere almeno un antenato magico o avevi un biglietto di sola andata per Azkaban, se ti andava bene. Se andava male, finivi direttamente nel braccio della morte. Per i Babbani, invece, il Lord aveva preferito adottare una politica restrittiva, forse un po’ persecutoria, ma senza raggiungere tali livelli: probabilmente perché si era presto reso conto che erano proprio loro la linfa vitale del suo impero. Senza Babbani, non ci sarebbero stati contatti con gli altri paesi, commercio, produzione di beni di prima necessità, come cibo, vestiti, energia. E senza tutto ciò, il dominio del despota avrebbe avuto vita breve. Così si era limitato a emarginare i Babbani e rendere la loro vita quanto più complicata possibile, senza disdegnare qualche sano massacro le sere che lui e i suoi Mangiamorte non avevano nulla da fare.

«Comunque» riprese Dudley, «è tutto in ordine, devi solo fare i bagagli e decidere quando partire».

Drew annuì. «Grazie, è davvero stupendo. Grazie, grazie mille!»

Nel frattempo Elizabeth aveva preso i piatti e tagliato una fetta di torta per tutti. A nessuno sfuggì che la fetta di Dudley fosse più piccola delle altre. L’uomo prese i bicchieri e disse: «A Drew, un augurio di buon compleanno».

"a Drew" ripeterono in coro gli altri tre Dursley, sollevando i calici. Poi cominciarono tutti ad attaccare la squisita torta preparata da Elizabeth.

Mentre mangiava, Drew pensava che dopotutto era davvero fortunato. Aveva una famiglia che gli voleva bene, un promettente futuro e un viaggio in Italia in programma. Sì, la sua vita era, forse non perfetta, ma comunque felice. Probabilmente l’unica cosa che davvero gli mancava in quel momento erano risposte sul suo passato. Ancora non sapeva, Drew, che di lì a poche ora quelle risposte sarebbero arrivate, cambiando la sua vita per sempre.

 

 

LYRAPOTTER’S CORNER

Bonjour à tout le monde, e per coloro che non conoscono il francese, buon giorno a tutti. Ecco a voi il secondo capitolo, sperando sia di vostro gradimento.

Ho notato che molti hanno letto, ma quasi nessuno recensito, perciò rinnovo l’invito: non fa niente se la storia non vi piace, se le critiche sono costruttive saranno ben accette, ne ho davvero bisogno, essendo alle prime armi. Perciò recensite numerosi, in positivo e negativo.

A questo proposito un enorme grazie a

Ino Chan, tesoro sono davvero felice che la mia prima storia ti stuzzichi. Mi conosci, non posso vivere senza Sirius!!!! Continua a leggere e a recensire!!!

Grazie anche alle due persone che hanno inserito questa storia tra i Preferiti e a tutti i lettori silenziosi. Ora fate i bravi e andate a cliccare su quella bella scritta blu qui sotto e dedicate due minuti per dirmi se la storia vi piace o no.

Per la cronaca il prossimo capitolo è già pronto, ci saranno un po’ di risposte per Drew, l’introduzione di un nuovo personaggio e il ritorno di uno vecchio.

A presto, bacibaci!!!!!!

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Capitolo 3
*** Scoperte ***


MAGIC WARS

CAPITOLO II: SCOPERTE

Ministero della Magia,

Londra, Inghilterra.

Il Ministero era notevolmente cambiato da quando Voldemort ne aveva preso il possesso diciassette anni. Nel momento stesso in cui era stata rivelata la magia ai Babbani, nascondere la sede del potere sotto terra si era rivelato scomodo e inutile. Così Voldemort aveva fatto costruire un edificio a due piani, direttamente collegato con il ministero sottostante, dove l’attività rimase più o meno invariata: il primo piano era riservato all’Ufficio Anagrafe, il secondo alle alte sfere. Il primo assorbiva tutti gli incarichi un tempo riservati al vecchio governo Babbano, oltre a essere l’unico accesso per i reparti del Ministero magico sottostante; il secondo raggruppava in un unico piano tutte le personalità più influenti, in altre parole una stretta schiera di Mangiamorte, da sempre legati all’Oscuro Signore, sebbene la maggior parte di loro, essendo anche capo di qualche Dipartimento, aveva perlomeno un altro ufficio al piano corrispondente.

Uno di questi locali era occupato da Lord Sylar. Il mago era entrato nelle fila di Voldemort piuttosto tardi, specie se comparato al grado che ricopriva nella scala gerarchica: solo diciassette anni di servizio, contro i tempi ben più lunghi di personalità del calibro dei Malfoy o Bellatrix Lestrange. Eppure si era in breve fatto strada, al punto da essere diventato il braccio destro di Voldemort e temuto quasi quanto lui, sia dentro che fuori dal Ministero. Il suo carattere inflessibile, per non dire spietato era ben noto, tanto che la maggior parte degli impiegati aveva paura anche solo a guardarlo: poteva benissimo essere l’ultima azione della tua vita, se lo beccavi in una giornata no. E nonostante il suo ruolo di rilievo, ben poco si sapeva del misterioso mago. Nulla si sapeva di lui prima di essere stato marchiato, poco prima che Voldemort prendesse il potere, nemmeno il suo vero nome, dato che tutti sapevano che Sylar era un nome fittizio. Praticamente nessuno lo aveva mai neppure visto in volto. Portava sempre maschera e cappuccio, che non lasciavano intravedere nulla, se non gli occhi e la bocca. Decisamente una figura attorniata nel mistero, ma non per questo meno pericolosa, anzi: data la sua diciamo intimità con l’Oscuro Signore, ne era praticamente il vice, il che gli garantiva l’immunità e un controllo quasi assoluto della situazione politica, ma non solo, di tutta la Gran Bretagna.

Quel giorno Sylar sedeva nel suo ufficio, piuttosto irritato, a dir la verità. L’Ordine della Fenice era nuovamente riuscito a mettere il bastone tra le ruote: Dio solo sa come, erano arrivati a scoprire il nuovo progetto del Ministero e avevano perciò cercato di entrare in possesso di preziosi piani. Fortunatamente per lui la persona cui si erano affidati per trafugarli si era rivelata un vero volta faccia e aveva senza rimorso venduto i ribelli, dietro lauto pagamento. Certo, il rischio era stato comunque alto: il fatto stesso che l’Ordine fosse a conoscenza di fatti tanto riservati era preoccupante. Spie, pensò con astio, piccole luride spie. È l’unica soluzione. Trovarle però non sarebbe certo stato facile. Guardò le colonne di fascicoli che aveva davanti. Black. Granger. Lovegood. Lupin. Solo i primi nomi della lista di quel pugno di ribelli che ancora dava loro del filo da torcere. Niente più che insetti, ma sempre insetti dannatamente tenaci. E bravi a nascondersi. Dopo la cattura di Ronald Weasley di due anni prima, erano diventati più sfuggenti del fumo. Decine di nascondigli, parole d’ordine, incantesimi di protezione di livello avanzatissimo: solo alcune delle precauzioni che avevano preso. Così vicini, eppure così lontani, si disse. E nonostante fossero una ventina scarsa, riuscivano ancora a provocare danni. Il caso di quel giorno ne era una prova lampante. Poco male. Il giovane Malfoy dovrebbe riuscire senza problemi a riprendersi le carte. Anzi forse con un po’ di fortuna potrebbe catturare qualcuno di quei ribelli.

Qualcuno bussò. Sylar rispose con un secco "avanti", alzando lo sguardo. Draco Malfoy entrò nella stanza, un espressione insieme timorosa e soddisfatta dipinta sul volto. Sylar lo scrutò, sondandogli con leggerezza la mente. Il biondo trasalì al contatto, ma non si ribellò: era chiaro che il superiore fosse già irritato, meglio non contrariarlo ulteriormente. Invece disse, piegando leggermente il capo in segno di rispetto: «Mio signore, Sylar».

L’altro interruppe la perlustrazione della mente: «Draco. Mi auguro tu sia portatore di buone nuove» ribatté, in tono assolutamente neutro.

«In effetti sì» confermò Malfoy. «Sono riuscito a catturare uno dei ribelli».

Il secondo mago parve farsi improvvisamente più attento. Si rizzò a sedere: le sue migliori aspettative sembravano realizzarsi.

«Davvero!» esclamò. «Molto bene Draco. E chi sarebbe costui?»

«Costei, signore. Si tratta di Hermione Granger».

Se non fosse stato per la maschera, Malfoy avrebbe potuto giurare che il viso dell’uomo di fronte si era letteralmente illuminato. Comunque il luccichio degli occhi e il sorriso quasi di trionfo furono sufficienti a tranquillizzare un po’ il Mangiamorte.

«Ho ordinato di portarla in una delle celle al secondo livello, signore. Immagino vorrete interrogarla subito».

«In effetti sì» rispose l’altro alzandosi. «Hai fatto davvero un ottimo lavoro, Draco. L’Oscuro ne sarà soddisfatto. Ma prima, riconsegnami le carte. Le metterò personalmente in luogo sicuro, dove nessuno potrà più trovarle» e tese la mano. Il biondo parve improvvisamente a disagio. Si guardò le scarpe, non osando dare una risposta. L’irritazione del superiore gli arrivò chiaramente, attraverso una scarica che gli trapassò dolorosamente il cervello. «Draco, le carte, per cortesia!».

«Veramente» cominciò esitante, «non le ho. Prima che potessimo acciuffarla, è riuscita a evocare un Gufo Messaggero e affidargli i documenti. Non siamo riusciti a ferm…». La spiegazione fu interrotta da una seconda scarica, talmente forte che lo fece quasi gridare. Il biondo si accasciò a terra, gemendo, sentendo la figura torreggiante dell’altro incombere su di lui.

«Mi stai forse dicendo» sibilò Sylar, «che tutti quei preziosi, quanto segreti, dati sono ora nelle mani delle uniche persone che possono usarle per ostacolare i nostri piani? È questo che dici? Ti rendi conto delle conseguenze che potrebbero derivarne? Ha una vaga idea di quello…?»

La sfuriata fu interrotta da un sommesso toc-toc. «Sì?» domandò Sylar, senza nemmeno alzare lo sguardo. Un giovane impiegato entrò. Sembrava terrorizzato, e quando vide Malfoy gemente in terra lo divenne ancora di più. Il mago oscuro non lo riconobbe, ma ne avvertì l’aura magica. «Cosa c’è? Ho da fare».

«Perdonatemi, signore» pigolò l’altro. «Ma c’è una cosa che dovreste vedere. È arrivata alcuni giorni fa dalla filiale dell’Ufficio Anagrafe di una cittadina del Surrey, Little Whinging » aggiunse leggendo un nome dalla cartellina rossa che teneva in mano. Sylar lo fissò, improvvisamente interessato. «Little Whinging, hai detto?». L’altro annuì. «Sì, riguardo i documenti di viaggio di un certo Andrew Dursley, dichiarato figlio di Dudley ed Elizabeth Dursley. I colleghi si sono insospettiti quando per un controllo non hanno trovato il certificato di nascita. L’hanno girato alla sede principale, che dopo qualche controllo l’ha passato a noi. E abbiamo scoperto che non esiste traccia di questo Andrew Dursley nei nostri archivi. Abbiamo approfondito le ricerche e abbiamo localizzato un aura magica a Little Whinging. Non registrata. Indagando ulteriormente è venuto fuori che i Dursley sono parenti di Harry Potter. A questo punto abbiamo ritenuto doveroso informarla» e gli porse la cartella.

Sylar quasi gliela strappò dalle mani, l’aprì e cominciò a sfogliare i fogli, fino all’ultimo. Una foto, probabilmente presa da qualche annuario scolastico. La foto di un ragazzo di circa sedici anni, con disordinato capelli rossi e occhi color smeraldo che sorrideva all’obiettivo. Andrew H. Dursley, recitava la didascalia. «Potter» sibilò rabbioso. Scacciò l’impiegato, che parve ben felice di dileguarsi, e tornò alla sua scrivania. Come era possibile? Come era possibile che il figlio di Harry Potter fosse stato sotto il loro naso per diciassette anni, senza essere notato da nessuno? Come aveva fatto ad essere così stupido da non pensare di tenere più sott’occhio la famiglia Dursley. Come? Come? C’era lo zampino dell’Ordine, poco ma sicuro. Bene, gliela farò fatta pagare, si disse.

«Signore?» la voce un po’ ansante di Malfoy si levò nel silenzio. Sylar si era perfino dimenticato che fosse lì. Improvvisamente i piani trafugati non sembravano più così importanti.

«Va a chiamare Bellatrix» disse. «Ho un lavoretto per lei».

Little Whinging,

Surrey, Inghilterra.

La sera calava su Little Whinging. Un altro giorno trascorso nella più assoluta normalità. Drew Potter camminava tranquillamente lungo Magnolia Crescent. Aveva approfittato di un momento di pace per uscire a farsi una passeggiata e sfuggire alle attenzioni dei Dursley. Voleva bene alla sua famiglia, ma a volte tendevano a essere un po’ troppo assillanti, specie quel giorno. Il suo giorno. Eppure non si sentiva più vecchio, anche ora che era maggiorenne e disponeva finalmente del suo destino. Benché non sapesse ancora bene cosa farci. Per il momento si sarebbe concentrato sul futuro prossimo, ovvero il viaggio in Italia e magari trovarsi un lavoro per quando fosse tornato. Dopodiché, chissà? Forse avrebbe potuto cercare notizie dei suoi genitori. Magari poteva provare a rintracciare suo padre. Gli sarebbe piaciuto provare a dare una forma alle sue origini. Forse determinare il mio futuro sarà più facile dopo, si disse, quando avrò delle risposte certe, non semplici speculazioni o vaghi discorsi come quelli di Dudley. Imboccò l’incrocio di Privet Drive e si trovò davanti un vecchio. No, vecchio era esagerato, constatò a una seconda occhiata. Aveva su e giù cinquant’anni. Tuttavia era piuttosto malridotto. Camminava appoggiandosi pesantemente a un bastone, con un leggero affanno, zoppicando vistosamente dalla gamba destra. I capelli, castano chiaro, erano pesantemente striati di grigio, mentre rughe precoci gli solcavano il volto, accompagnate da alcune profonde cicatrici. Eppure negli occhi ambrati si poteva ancora scorgere un guizzo di forza di volontà, quasi di sfida, come se nonostante tutto, potesse ancora dare battaglia. Si aggirava in girò quasi in tondo, borbottando a mezza voce, in evidente ricerca di qualcosa.

«Mi scusi» disse il ragazzo «posso aiutarla?». L’altro si girò verso di lui, lo scrutò per un lungo secondo e poi sgranò gli occhi.

«No, grazie» disse con voce roca. «Penso di aver trovato ciò che stavo cercando. Tu sei Andrew Potter, non è vero?»

Drew rimase basito. Come faceva quel uomo a conoscerlo? E soprattutto a conoscere il suo vecchio cognome, il cognome di suo padre. Dopo la morte di Vernon e Petunia, Dudley aveva insistito per cambiargli il cognome in Dursley. Drew all’epoca aveva appena quattro anni, perciò non gli era sembrato un grave cambiamento. Solo una volta cresciuto, si era domandato cosa avesse spinto il tutore a cambiargli il cognome, e soprattutto a insistere affinché non usasse più il nome di suo padre, soprattutto in pubblico. Praticamente nessuno fuori dal quartiere sapeva quale fosse il suo vero nome di battesimo. Eppure quel uomo lo conosceva, un uomo che era sicuro di non aver mai visto prima di allora.

«In effetti sì» disse sorpreso. «Però il mio nome è Dursley, non Potter. Ma lei chi è? Come fa a conoscermi?»

L’uomo ridacchiò. «Dursley, eh? Bene, sembra che allora qualche consiglio lo abbia seguito il giovane…mmm…Dudley, giusto?» chiese esitante. Drew si limitò ad annuire: quel tipo si stava rivelando sempre più strano e sospetto. Forse è meglio filarsela, si disse. Stava appunto per farlo, quando l’altro lo agguanto per un braccio, con uno scatto decisamente sorprendente per uno nelle sue condizioni.

«Frena i motori, Andrew, sono qui per parlarti. E non te ne andrai finché non avrai sentito tutto ciò che devi sentire». Si guardò intorno circospetto e poi aggiunse: «Meglio allontanarci da qui, però. Non si sa mai chi potrebbe stare ad ascoltare». E risoluto imboccò la via che Drew aveva appena percorso, trascinandosi dietro il ragazzo stupefatto. Quest'uomo ha una presa d’acciaio. Non lo si direbbe così forte a guardarlo.«Scusi, ma lei chi è?» ripeté un’altra volta.

Lo guardò con un sorrisetto. «Cocciuto, eh? Tale quale a tuo padre». Quelle parole colpirono Drew come una frustata. «Lei conosce mio padre?» Domandò, incredulo e speranzoso a un tempo.

«Ma certo. E anche tua madre. Lasciati dire che porti il nome Weasley stampato in faccia!»

«Weasley?» ripeté perplesso Drew.

L’altro annuì. «Ginny Weasley. Tua madre. Una cara ragazza. Una brava strega» aggiunse, quasi distrattamente, guardando davanti a sé.

«Una strega?» esclamò Drew, improvvisamente spaventato. «Mia madre non era una strega!»

«Oh, ho tutte le prove del contrario. Io stesso sono stato suo insegnante, un anno. E anche di tuo padre Harry». Drew scosse il capo, incredulo. I suoi genitori, dei maghi? No, impossibile. I suoi non potevano essere due di quei mostri.

«Un momento!» quasi strillò. «Anche lei è un mago?» L’uomo si voltò verso di lui e parve leggere sul suo volto la paura che lo stava scuotendo.

«Oh, per Merlino!» sbottò. «Sono proprio un’idiota. Ovvio, se sei cresciuto con i Babbani… meglio cominciare dal principio. Vieni, siediti» e gli indicò una panchina. Drew ubbidì, riluttante. Ma la curiosità ebbe la meglio sulla paura.

«Chi è lei?» ripeté per la terza volta.

«D’accordo, d’accordo. Mi chiamo Remus Lupin. E sì, sono un mago. Ma non lavoro per il Lord, come di certo lo conoscerai tu. Non lavorerei per quell’essere nemmeno se ne andasse della mia vita». Le ultime parole erano talmente cariche di collera repressa, che Drew si ritrasse. Lupin lo guardò, gli sorrise affabile, poi riprese. «E ti conosco perché conoscevo i tuoi. Anzi, ero presente la sera che sei nato».

«Davvero?» domandò sorpreso il ragazzo. Quel uomo si stava rivelando una vera fonte di sorprese: un vecchio amico dei suoi genitori, un mago che odiava il Lord. E che lo ammetteva pure. Praticamente nessuno era così pazzo da dire ad alta voce di detestare il Lord. E quei pochi che lo facevano, di solito non si rivedevano più.

«Davvero» confermò Lupin, sorridendo. «Anzi, sono stato una delle ultime persone a parlare con tua madre prima che morisse».

«Non ci credo!» esclamò, sempre più incredulo, il ragazzo. «Davvero conosceva così bene i miei genitori?»

L’altro annuì. «Certo, abbiamo diviso un notevole lasso della nostra vita. Erano due persone straordinarie, sai. Così innamorati. Purtroppo non hanno avuto un destino felice…»

Drew abbassò il capo: non sapeva esattamente di cosa parlasse Lupin, ma ne parlava con tanta tristezza, che ne fu pervaso anche lui. E poi un pensiero gli attraversò il cervello: se i suoi genitori erano maghi, allora…

«Sono un mago anch’io, allora?»

«Molto acuto» disse Remus. «Sì, anche tu sei un mago. Dovresti, almeno. Ti è mai capitato di compiere qualche gesto strano, quando sei per esempio arrabbiato o spaventato?»

Drew esitò. «Beh, una volta ho fatto levitare una lampada, quando avevo dieci anni. Può valere?»

«Decisamente sì» affermò l’altro. «Magia latente. È una fortuna che il ministero non ti abbia mai localizzato prima. Sarebbe stato un bel guaio!»

Drew, che aveva cominciato a sentirsi euforico alla prospettiva di essere un mago, rimase sconcertato.

«Perché? Se i miei erano maghi, non dovrei avere problemi. Già, è vero. Se sono un mago perché non mi hanno mai contattato. Non esiste una scuola di magia?»

«Hogwarts» confermò Lupin. «Ma non è nel tuo sangue il problema. È tuo padre».

«Mio padre?»

«Hai mai sentito parlare del Prescelto?»

«A scuola, mi pare» rispose il ragazzo. «Non era colui che avrebbe dovuto sconfiggere il Lord? Non è stato ucciso poco prima della Rivoluzione?»

«Sì» confermò Lupin. Esitò un istante, poi continuò: «Tuo padre era il Prescelto».

Le parole furono seguite da un silenzio di tomba. Suo padre, il Prescelto. Sembrava impossibile. Eppure quella mattina avrebbe definito impossibile anche quella conversazione.

«Ma…ma questo è…è assurdo» sbottò alla fine.

«Davvero?» domandò Remus. «Non ti sei mai chiesto perché tuo cugino non ti ha mai parlato della tua vita di tuo padre? Perché ti abbia cambiato il cognome? Perché insistesse per farti passare per figlio suo? Perché il cognome Potter, se fosse giunto alle orecchie sbagliate, sarebbe stata una condanna a morte senza possibilità d’appello. Pensi sul serio che Voldemort lascerebbe andare in giro il figlio di Harry Potter come se niente fosse? Il figlio del Prescelto?»

«Immagino di no» confermò Drew, mentre le parole del mago più anziano facevano montare il panico dentro di lui.

«Certo che no. È per questo che quando tua madre morì e tuo padre scomparve, decidemmo di portarti in un luogo sicuro, il più lontano possibile dagli occhi di Voldemort e dei suoi accoliti. E così ti affidammo ai tuoi zii. E quando anche loro morirono, facemmo pressione su Dudley affinché ti cambiasse anche il cognome. E finora ha funzionato».

«Scusi» fece Drew perplesso, «chi sarebbero i "noi"?»

«Noi, l’Ordine della Fenice. Immagino la conoscerai come una specie di società terroristica».

«Lei fa parte dell’Ordine? Anche i miei erano parte dell’Ordine?»

«Indirettamente. Erano troppo giovani. Però essendo il Prescelto, tuo padre era comunque sempre in prima linea nella lotta. Ma non è importante adesso. Quello che conta adesso, sei tu».

«Io? Ma cosa vuole dire?»

«Il ministero ti ha scoperto. O perlomeno ci sta andando vicino. Non so come, ma il fatto resta. E per questo sono venuto: dobbiamo portarti in un luogo sicuro, prima che…». Ma si interruppe bruscamente: Drew era scattato in piedi, sorpreso, impaurito e anche un po’ arrabbiato, tutto insieme. «Ma chi si crede di essere?» urlò. «Come può pensare di comparire così all’improvviso e credere che la seguirò e basta? Mica posso andarmene e tanti saluti! Ho una vita, degli amici, una famiglia. Che ne sarà di loro se me ne vado senza nemmeno dare spiegazioni?»

«Andrew…» provò Lupin, ma il ragazzo ormai non l’ascoltava più. «E poi come faccio a sapere che non è tutto una balla quello che mi sta dicendo? Come faccio a sapere che non una trappola o qualcosa del genere? Non mi fido di lei: per quel che ne so potrebbe essere lei lavorare per il Ministero…»

«Andrew…» tentò di nuovo l’uomo. « No! » gridò lui. Sa che le dico: vada all’inferno!» e prima che Lupin potesse fare alcunché, corse via, percorse a rotta di collo la strada fino a casa ed entrò sbattendo la porta. È ridicolo, assurdo. Tutta questa storia è assurda. Mio padre non può essere il PresceltoE mia madre non può essere una strega. Andiamo, una strega! Vivo nella cittadina più noiosa del mondo, nella casa della famiglia più normale della Terra. Come possono i miei genitori a essere maghi? È impossibile. Di certo quel tipo, Lupin, è un pazzo che non aveva niente di meglio da fare che rompere le scatole a me. E poi mica ha parlato dell’Ordine della Fenice? È pure un criminale, oltre che matto. Dovrei denunciarlo…La girandola dei suoi pensieri fu interrotta dalla voce trillante di Elizabeth, che comparve dalla cucina.

«Ehi» esordì. «Cominciavo a preoccuparmi. Ti sei divertito?». Drew annuì meccanicamente. L’ultima cosa di cui aveva voglia erano le cure da mamma chioccia di Elizabeth. La donna dovette notare qualcosa di strano perché aggiunse

«Stai bene, Drew? Hai una faccia strana».

«Tutto bene» rispose. «Voglio solo farmi una doccia» e si eclissò su per le scale, per chiudersi in camera sua e gettarsi sul letto, tutt’altro che tranquillo e con le parole di Lupin che gli risuonavano in testa.

Remus rimase a fissare l’angolo dietro cui Drew era sparito, attonito. Ma in fondo, pensava mentre si alzava e a piccoli passi iniziava a trascinarsi in direzione del n°4, come avrebbe dovuto prenderla? La sua reazione è dettata da paura più che da reale ostilità. Ha solo bisogno di tempo per digerire la notizia. Il problema è che non ce n’è, di tempo. I Mangiamorte possono piombarci addosso da un momento all’altro. E a quel punto saranno guai! Arrivato davanti alla residenza dei Dursley, esitò. Cosa poteva fare? Dubitava che là dentro sarebbe stato ben accolto: non si sarebbe stupito se l’avessero cacciato fuori a calci. Per questo aveva avvicinato Drew da solo: sperava di poterlo convincere a seguirlo senza problemi. Harry lo aveva fatto in fondo. Ma Harry aveva anche undici anni, gli ricordò una fastidiosa vocina dentro il suo cervello, ed era infelice. Andrew ha una vera vita qui, con persone che gli vogliono bene. E questo rende tutto più complicato. Sospirò: sapeva di non poter aspettare. Se qualcuno lo vedeva, rischiava di finire ad Azkaban, se non peggio. Ma non poteva nemmeno lasciare Drew da solo senza protezione.

E poi nella luce morente del tramonto scorse un cane. Un grosso cane nero. Accucciato tra le begonie della casa di fronte, che puntava dritto sul numero quattro. Un senso di sollievo lo pervase. Avevano la soluzione, probabilmente azzardata, ma l’unica. Sarebbe dovuto bastare fino al giorno successivo in fondo: a quel punto Drew avrebbe avuto una notte per riflettere e con un po’ di fortuna li avrebbe seguiti senza storie. E in caso contrario, Sirius avrebbe sempre potuto portarlo via di peso. Fece un cenno, quasi casuale, nella direzione del canide, che ricambiò con un leggero abbaio. Più che sufficiente.

Sii prudente, Padfoot pensò, prima di incamminarsi verso un vicolo poco illuminato, dove sparì con un sonoro crac.

LYRAPOTTER’S CORNER

Rieccomi con il terzo capitolo, sperando ovviamente che sia di vostro gradimento. A me è piaciuto molto scriverlo, non peraltro, ho fatto tornare il mio lupacchiotto preferito e ho introdotto Sylar, che diventerà il mio cattivo principale. Ah, prima che mi dimentichi, il nome Sylar lo preso dal telefilm "Heroes" (stupendo, vorrei aggiungere), ma il mio personaggio avrà ben poco a che fare con quel Sylar: semplicemente ho cominciato a chiamarlo così e il nome gi è rimasto appiccicato.

Chiedo inoltre scusa per avervi fatto aspettare tanto l’aggiornamento: mille impegni e troppo poco tempo!!!!! Avviso da subito che non ci saranno aggiornamenti fino a settimana prossima, visto che, tempo permettendo, me ne andrò i montagna qualche giorno, per sfuggire al caldo.

E ora, spazio ai ringraziamenti. Grazie ai numerosi lettori silenziosi, alle 3 persone che hanno messo questa storia tra i Preferiti e soprattutto alle due stelline che mi hanno lasciato una recensione:

Crystal e Namida, sono felice che ti piaccia la mia storia, grazie mille per il commento!

Ino chan, grazie anche a te, tesoro!!!!!! Per quanto riguarda Draco, ho cercato di mantenermi più IC possibile, perciò era inevitabile che mi uscisse carogna. Come puoi vedere la sua punizione l’ha già ricevuta!!!!

Bon, con questo ho concluso, esorto nuovamente i lettori a lasciarmi un commento, anche in negativo. Dai fatemi questo piacere *Lyra fa sguardo da cane bastonato*. A presto, bacibaci!!!!!!

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Capitolo 4
*** L'ultima notte ***


MAGIC WARS

 

CAPITOLO III: L’ULTIMA NOTTE

Little Whinging,

Surrey, Inghilterra.

Sdraiato a pancia in su sul letto, Drew fissava il soffitto con espressione corrucciata. Aveva da poco finito di cenare, o meglio aveva da poco finito di mangiucchiare svogliatamente il cibo che Elizabeth gli aveva messo davanti. Neppure si ricordava cosa fosse: aveva lo stomaco talmente annodato e la testa così stracolma di pensieri che il desiderio di mangiare era pressoché nullo. Le parole di Lupin, per quando avesse deciso di non pensarci più, continuavano a ritornargli nella mente come un fastidioso ritornello.

"Tale quale a tuo padre".

"Ginny Weasley…Una brava strega".

"Anche tu sei un mago".

"Tuo padre era il Prescelto".

"Il ministero ti ha scoperto".

"Dobbiamo portarti in un luogo sicuro".

A tratti quella conversazione gli sembrava tanto assurda da dubitare perfino che si fosse mai tenuta; per contro in altri momenti, se si soffermava a rifletterci, non sembrava più così irrazionale, perlomeno non tutta quanta. In fondo, si disse, potrei benissimo essere un mago sul serio. Quegli episodi di…com’è che l’ha definita il pazzoide…magia latente ci sono stati eccome. Ricordo ancora il calcione che mi rifilò Dudley quella volta che feci esplodere quella cassetta delle lettere a nove anni…Ma tutto il resto: che mio padre fosse il Prescelto, che il Ministero mi sta dando la caccia, eccetera. È tutto troppo…irreale. Però se sono un mago, perché non mi hanno mai convocato per iscrivermi in quella scuola di magia, Hogwarts? A meno che Lupin non abbia detto la veritàSospirò pesantemente. Comunque la rigirasse, finiva sempre in quel punto. Se era un mago e lo erano anche i suoi genitori, perché il Ministero non lo aveva contattato? Cacciò la testa sotto il cuscino, trattenendo a stento la voglia di urlare di frustrazione. Forse ho agito troppo d’impulso, quando ho mandato Lupin a quel paese. Forse avrei dovuto dargli retta. Forse, forse, perché ci sono soltanto forse. Fino a quattro ora fa la mia vita era così semplice. Perché è dovuto cambiare tutto? Perché?

Un urlo strozzato al piano di sotto, attirò la sua attenzione, facendolo rizzare a sedere. Balzò giù dal letto e aprì la porta, perplesso.

«Elizabeth? Dudley?» chiamò. Nessuna risposta.

Sempre più perplesso scese di sotto e entrò in soggiorno. Si trovò davanti una scena devastante: il caminetto murato era esploso (Drew si chiese vagamente perché non avesse sentito nessun rumore), lanciando detriti e fuliggine per tutto il lindo salotto di Elizabeth. I due Dursley stavano rannicchiati sul divano, fissando terrorizzati davanti a loro. E dove un tempo stava il televisore, torreggiavano adesso quattro figure ammantate di nero, che puntavano lunghe bacchette di legno contro i due Babbani. Dudley lo scorse e se possibile la sua espressione si fece ancora più spaventata. Fece un velocissimo segno di diniego nella sua direzione. Nello stesso momento, uno dei Mangiamorte, una donna, che doveva essere anche il capo della spedizione, chiese:

«Bene, direi di non renderla più difficile di quanto non sia. Diteci dov’è Potter e ce ne andremo senza torcervi un capello. Allora, dov’è?».

Drew trattenne a stento un gemito. Lupin aveva ragione. Rimase congelato sul posto, indeciso. Il suo buonsenso gli gridava di scappare a gambe levate, ma gli bastava vedere i Dursley sul divano, indifesi, per indugiare. Come poteva abbandonarli al loro destino così, dopo tutto quello che avevano fatto per lui? Incontrò nuovamente lo sguardo di Dudley: i suoi occhi sembravano dargli un ordine perentorio. Vattene. Vattene e non voltarti! Drew esitò ancora un istante, ma alla fine si decise a indietreggiare lentamente. E inciampò fragorosamente nel fucile giocattolo che Ethan aveva abbandonato in mezzo al corridoio. Riuscì per un pelo a evitare di rovinare a terra, ma il rumore attirò comunque l’attenzione. Elizabeth si nascose il volto tra le mani, Dudley abbassò il capo sconfortato. Quattro teste incappucciate si girarono simultaneamente verso di lui. Su quello della donna che aveva parlato per prima si dipinse un sorriso, soddisfatto e terrificante.

«Bene, bene, bene. Potter, giusto? Mi hai risparmiato la fatica di doverti cercare».

Il ragazzo si guardò intorno, alla disperata ricerca di qualcosa da dire. Per un attimo accarezzò l’idea di sparare una bugia pietosa, ma aveva il sospetto che non sarebbe servito a nulla.

«Non fategli del male» intervenne improvvisamente Elizabeth balzando in piedi, fiera come una leonessa che difende i suoi cuccioli. «Lui non ha fatto niente».

La Mangiamorte le rivolse uno sguardo sprezzante e seccato. «Taci, inutile Babbana. Non mettere il becco in cose che non ti riguardano e forse ti risparmierò la vita» e con un veloce movimento della bacchetta la rispinse sul divano.

«Lasciateli stare». La voce di Drew si levò più coraggiosa più di quanto il ragazzo si sentisse in realtà. «Loro non c’entrano nulla, in questa storia».

Di nuovo quel sorrisetto malefico. «Ma tu guarda, stesso spirito di sacrificio di quell’idiota di tuo padre. Lasciami indovinare, stai per fare qualcosa di estremamente stupido per tentare di salvare la tua patetica e inutile famiglia, vero?».

Drew non disse nulla. Non sapeva nemmeno lui cosa fare: voleva solo evitare che succedesse qualcosa a Dudley ed Elizabeth per colpa sua.

La Mangiamorte rise di gusto, vedendolo in difficoltà. «O forse non farai nemmeno quello? Beh, ci semplifichi il compito. Vieni con me senza fare storie, Potter, e risparmierò l’inutile vita di questa feccia» e indicò i Dursley.

Al che, Elizabeth scattò improvvisamente in piedi avventandosi contro la donna. «Tu, dannata Mangiamorte. Non lo porterai via » gridò. L’altra la scagliò indietro con un semplice gesto della bacchetta. Nei suoi occhi si poteva leggere una rabbia folle. «Come osi, lurida Babbana? Come osi tentare di attaccare me, Bellatrix Lestrange, fedele serva del Signore Oscuro? Ma forse la Maledizione Cruciatus ti insegnerà un po’ di rispetto…».

Puntò la bacchetta contro un atterrita Elizabeth, ma prima che potesse pronunciare l’incantesimo, Drew fece qualcosa di estremamente stupido.Balzò in avanti, spintonando la Mangiamorte, che quasi cadde a terra. Bellatrix gli si rivoltò contro, furibonda, gridando «Crucio». Il corpo del ragazzo fu attraversato da un dolore inimmaginabile: era come essere immersi nel fuoco e contemporaneamente colpiti con decine di pugnali. Urlò, rantolando a terra. Sentiva, in lontananza, il pianto disperato di Elizabeth, la risata pazza di Bellatrix, ma era tutto sfocato nella sofferenza. Finalmente tutto terminò e si ritrovò scagliato contro la parete opposta.

«Impara» disse Bellatrix, « a trattare i superiori col dovuto rispetto, Potter. Tuo padre non lo ha fatto, e guarda com’è finito».

Drew si alzò in ginocchio, sudato e tremante. «Non parlare così di mio padre, pazza assassina!».

La Mangiamorte fece un passò avanti, colpendolo dritto in faccia con uno schiaffo e alzando la bacchetta. Drew, nuovamente a terra, si preparò a una nuova ondata di torture, ma all’ultimo, Bellatrix sembrò cambiare idea, gli rivolse un sorriso serafico e sibilò «Poteva essere tutto più semplice, se ci seguivi senza fare storie. Ora ti insegnerò cosa succede a chi mi manca di rispetto. INFLAMO!».

Le fiamme scoppiarono nella stanza, avvolgendola nel loro abbraccio caldo e mortale. Drew urlò, nel vedere i Dursley investiti dalle vampe infuocate, scattò in avanti, ma prima di poterli raggiungere fu colpito da dietro da una fattura. Rantolò a terra, rialzandosi subito.

I suoi brillanti occhi verdi si incontrarono con i pozzi neri di Bellatrix, che ridacchiò soddisfatta.

«E ora a te, piccolo Potter. Salutami tuo padre quando lo vedi. Avada Kedavra!».

Drew serrò istintivamente gli occhi, aspettando il colpo che avrebbe posto fine alla sua esistenza. Un colpo che però giunse dalla parte sbagliata: una forte spinta alla schiena e si ritrovò con il naso spiaccicato contro il pavimento. Quando rialzò lo sguardo, scorse un grosso cane nero che ringhiava in postura d’attacco verso Bellatrix. Quest’ultima gli rivolse uno sguardo di puro odio, mentre anche gli altri Mangiamorte, che finora erano rimasti immobili a guardare, puntavano le bacchette verso l’animale.

Drew sbatté le palpebre cercando di capire perché gli invasori avessero paura di un semplice cane, per quanto minaccioso. La risposta non tardò ad arrivare: prima ancora di poter finire di formulare il pensiero, il cane scomparve, lasciando il posto a un uomo, alto e piuttosto magro, con lunghi capelli corvini e un sorrisetto sghembo stampato in faccia. Tra le mani stringeva una bacchetta, indirizzata contro il petto di Bellatrix. Drew non aveva dubbi su chi fosse: Sirius Black, il noto terrorista pluri-omicida. Ma siccome era anche il noto terrorista pluri-omicida che lo aveva appena salvato, Drew pensò che dopotutto così malvagio non poteva esserlo.

«Salve cuginetta» esclamò Black con voce roca. «Come ti va la vita? »

Bellatrix gli rivolse uno sguardo che avrebbe incenerito perfino una pietra.

«Sirius» sibilò. «Cugino adorato, hai la sorprendente capacità di arrivare sempre al momento sbagliato».

«Beh» osservò Sirius, «tutta questione di punti di vista. Per me e il ragazzo era senza dubbio il momento migliore per arrivare. Sai, Bella forse dovresti perfino ringraziarmi».

L’altra lo guardò stralunata. «Ringraziarti? E di cosa, di grazia?»

«Del mio intervento tempestivo» ribatté tranquillamente il secondo. «Neanche stessero facendo una conversazione sul tempo. «Infatti, dubito che il tuo padrone sarebbe stato soddisfatto, se, al posto di un nuovo giocattolino da torturare, gli avessi portato soltanto un cadavere. Già la faccenda della casa ti costerà parecchi guai, Bella. Insomma, un incendio che scoppia all’improvviso, in cui ci rimettono la vita due persone». L’uomo scosse il capo, in segno di rimprovero. «Eh, sei sempre stata troppo impulsiva. E permalosa. Ma per questo devo ringraziarti io: se non avessi fatto saltare per aria il salotto, probabilmente mi sarei reso conto di tutto troppo tardi. Perciò, grazie mille» e fece pure la mossa di alzare il capello in segno di gratitudine.

Bellatrix lo guardò furibonda e Drew stralunato e leggermente ammirato: certo ne aveva di faccia tosta quel uomo, per parlare così a una pericolosa Mangiamorte.

E quest’ultima non sembrava intenzionata a far passare l’affronto. «Tu, lurido traditore del tuo sangue!» e gli lanciò contro una maledizione, che Sirius riuscì a evitare senza difficoltà.

I due cugini ingaggiarono un duello che poteva definirsi solo con spietato: gli incantesimi e le maledizioni scagliate si susseguivano a una tale velocità, che si riusciva a malapena a riconoscere gli incantesimi lanciati. Eppure nessuno dei due duellanti era stato anche solo sfiorato dall’altro o dava segno di voler cedere la vittoria. Erano animati da qualcosa di ben più profondo di una rivalità tra parti: un odio intenso che affondava le radici in un passato lontano e quasi dimenticato, ma che tuttavia bruciava ancora come il primo giorno. Bellatrix vedeva il cugino che aveva macchiato il suo nome con il tradimento, infangando l’intera famiglia; Sirius vedeva un altro membro della famiglia che tanto disprezzava.

Mentre i due maghi duellavano, Drew cominciò a trascinarsi verso il lato opposto, cercando di evitare le maledizioni vaganti. Solo quando fu sul lato del corridoio che dava sull’ingresso, notò con orrore che le fiamme stavano velocemente propagandosi nel resto della casa. Se fossero giunte in cucina, dove stavano i fornelli con il gas…Dobbiamo uscire subito da qui. Rischiamo di saltare tutti per aria. Il suo pensiero corse subito a Kitty e Ethan, rimasti al piano di sopra. Devo portarli fuori da qui. Fece per correre su per le scale, ma fu bloccato da uno degli sgherri di Bellatrix. Accidenti, si era quasi dimenticato di loro! L’uomo gli puntò contro la bacchetta, mentre dietro di lui, gli altri due facevano lo stesso.

«Andrew Harry Potter, ti dichiaro in arresto» annunciò con fare pomposo.

Drew sbuffò. Pure quello gli doveva capitare. «Spostati, idiota!» gridò. «Questa casa rischia di esplodere. Non so tu, ma io non voglio essere qui se e quando avverrà».

Il Mangiamorte parve messo in difficoltà da quelle parole, ma prima che potesse decidere cosa fare… PUM, qualcosa di grosso e dall’aria pesante lo colpì dritto sulla testa, facendolo stramazzare al suolo. Prima che Drew potesse capire cosa stava succedendo, anche gli altri due scagnozzi furono spediti tra le braccia di Morfeo da misteriosi proiettili. Il ragazzo alzò lo sguardo, giusto in tempo per vedere i suoi fratelli adottivi scendere a precipizio le scale, in pigiama e terrorizzati. Ethan stringeva tra le mani quello che dopo un attimo di esitazione, Drew riconobbe come il gatto in ceramica che Elizabeth teneva sul comodino.

«Drew!» gridò Kitty.«Cosa sta succedendo? Chi sono questi uomini? Dove sono mamma e papà?».

Il fiume di domande fu interrotto da un grido di Ethan, che per un pelo aveva schivato un raggio verde venuto da chissà dove.

«Aaaaahhhhh!» strillò Kitty. «Sirius Black!»

L’urlo distrasse il diretto interessato, che distolse per un secondo lo sguardo da Bellatrix per concentrarlo sui tre giovani. Un secondo che rischiò di essergli fatale, perché la Mangiamorte ne approfittò per far breccia nelle sue difese. La maledizione lo colpì al fianco facendolo stramazzare a terra con un gemito.

«Ah!» esclamò Bella con espressione trionfante. «E adesso, cugino, ti aspetta l’inferno. Avada…»

Ma non riuscì a terminare la formula: qualcosa, per la precisione un gatto di ceramica, la colpì sulla nuca, facendola crollare a terra come una bambola rotta.

Drew sorrise al ragazzino. «Ottima mira, campione!», ringraziando mentalmente Dudley, che aveva insistito per farlo entrare in una squadra di baseball.

Qualcuno lo afferrò per la spalla, facendogli fare un salto dallo spavento. Si voltò e tirò un sospiro di sollievo: era solo Sirius, che si stringeva il fianco sinistro con aria sofferente.

«Usciamo da qui. In fretta!» ordinò perentorio, tanto che nessuno dei tre osò disubbidire. Drew lanciò comunque un ultima occhiata alle spalle, quasi sperando, infantilmente, che Dudley o Elizabeth potessero spuntare fuori e raggiungerli.

«Non puoi fare niente per loro». La voce di Black lo prevenne dal fare un’altra stupidaggine.

Giunsero sulla strada e Sirius, sempre stringendo Drew per la spalla, cominciò a pilotarlo verso un vicoletto poco lontano.

«Ehi, tu!» gridò Kitty con voce battagliera. «Lascialo andare!» e si avventò verso l’uomo, che, preso alla sprovvista, cadde a terra, sotto la spinta della ragazzina, che cominciò a tempestarlo di pugni.

Drew, che era riuscito a evitare di cadere, afferrò la cugina da dietro, gridando: «Kitty, Kitty, fermati. Non vuole farci del male. Mi ha salvato la vita».

A quelle parole, lei smise di dimenarsi, rivolgendo comunque un’occhiata sospettosa a Sirius, che si stava rialzando, massaggiandosi il collo e stringendo il fianco offeso. Drew notò che sanguinava.

L’uomo sospirò. «Per la barba di Merlino!» esclamò. «Picchi duro, ragazzina. Dopo un duello con Bellatrix, era decisamente quello che mi ci voleva!»

«Sta bene?»domandò Drew ansioso.

«Sono stato peggio» affermò. «Ma questo non è il luogo per parlarne. Al ministero non ci metteranno molto a capire cosa è successo e a inviare una pattuglia a controllare. E per allora noi dovremo essere molto lontani da qui. E più tardi se ancora vorrai» aggiunse rivolto a Kitty,«potrai tornare a picchiarmi!».

«Come facciamo a fidarci di te? Sei un pericoloso assassino» ribatté la ragazzina, sempre più sospettosa.

Sirius rise apertamente. «Se fossi un assassino, non mi sarei preso la briga di difendervi, non ti pare? Semmai, sono qui per salvarvi la pelle…o meglio, per salvare la tua, di pelle!» e indicò Drew.

Il ragazzo rimase basito un istante. «Perché…» cominciò, ma poi fu colto da un’illuminazione improvvisa: «Lei è un membro dell’Ordine, non è vero? Come quel tipo di questo pomeriggio, Lupin?»

L’Animagus annuì. «Sì, e avresti fatto meglio ad ascoltare Remus…ci saremmo risparmiati questo pasticcio!», accennando poi alla casa in fiamme dietro di loro.

La verità sulla sorte dei Dursley piovve loro addosso come una doccia fredda: Ethan si strinse al fianco del cugino, mentre le lacrime gli spuntavano sul viso, mentre Kitty smise di guardare in cagnesco Sirius per lasciare il passo a un’espressione affranta. Drew, dal canto su, non poté non sentirsi in colpa. Se avessi dato retta a Lupin e l’avessi seguito, niente di tutto questo sarebbe mai avvenuto. Dudley ed Elizabeth sarebbero ancora vivi: è tutta colpa mia se sono morti in modo tanto atroce. Guardò di nuovo la casa. L’incendio sembrava essersi domato quasi completamente, tuttavia si era lasciato dietro ben poco: l’intera struttura era ridotta in cenere. Mentre accanto a lui Ethan aveva cominciato a singhiozzare senza ritegno, anche Drew si sentì le lacrime agli occhi. «Mi dispiace» mormorò, senza rivolgersi a nessuno in particolare. Una mano forte gli si posò sulla spalla e lo costrinse a voltarsi.

«Non avresti potuto fare nulla, Andrew» disse Sirius, guardandolo dritto negli occhi. «Quando Bellatrix si scatena come ha fatto stasera, niente può fermarla. Tranne un bel lancio a effetto, a quanto pare!». Tutti ridacchiarono.

«Non portare il peso dei morti, Andrew. Te lo dice uno che lo ha fatto per fin troppo tempo. E se non vuoi rendere vano il loro sacrificio, continua a vivere anche per loro, guarda avanti e non rimpiangere il passato. Quel che è stato è stato e niente può cambiarlo, ok? »

Drew annuì, asciugandosi le lacrime con la mano. «Grazie. E comunque, di solito mi chiamano Drew, non Andrew».

«Perfetto. Allora Drew, possiamo andare o preferisci un altro tête-à-tête con i Mangiamorte? Ti avviso che dubito di poterli affrontare, anche se possiamo sempre aizzargli contro questa piccola pugile!»

Kitty arrossì, mentre Drew, sorridendo, fece cenno di andare. Sirius li guidò fino al vicolo tra le due case di fronte. Lì cominciò a cercare qualcosa. «Dunque vediamo, dovrebbe esserci qualcosa…ah sì, questo può andare», lo sentirono mormorare, seguito da una formula magica «Portus!». Quando si voltò verso i tre, reggeva una vecchia bottiglia di vetro tra le mani. «Forza, venite qui e toccate questa. Ci vorranno solo pochi secondi».

Drew e i due fratelli si scambiarono sguardi perplessi, ma ubbidirono, poggiando la mano sulla bottiglia. Sentirono Sirius contare alla rovescia «3…2…1» e poi avvertirono uno strappo all’altezza dell’ombelico, il marciapiede svanì sotto il loro piedi e furono risucchiati in un vortice, diretti verso la loro nuova casa.

LYRAPOTTER’S CORNER

Patapum! Ne ho fatte succedere di tutti i colori in questo capitolo, vero? Spero comunque sia di vostro gradimento, a me scriverlo è piaciuto un sacco: adoro scrivere di Sirius e poi diciamocelo, secondo me la parte in cui Bellatrix viene messa fuori gioco da Ethan merita proprio di essere letta!!!!!Mi dispiace solo di aver ucciso Dudley ed Elizabeth, ma purtroppo era necessario.

Comunque, passando ad argomenti più lieti (anche se non so se posso definirli così!!!!), ieri mi hanno dato il foglio rosa e oggi (per la precisione fra sei ore circa) farò la prima lezione di guida. Non so se devo essere eccitata o terrorizzata per questo, voi accendete un cero sperando che non mi spiaccichi contro il primo palo della luce e se dovete andare in Svizzera, non passate da una lieta cittadina di nome Chiavenna (provincia di Sondrio), perché è lì che vivo!!!!!!!!

Ok, visto che dei fatti miei, non ve ne importa niente, passo ai ringraziamenti. Sono felice di dover dedicare sempre più spazio a rispondere alle recensioni, significa che qualcuno tra le 41 persone che hanno letto l’ultimo cap, ci tiene a farmi contenta!!!!!! Perciò, grazie a

Ino chan, che commenta sempre e che spero aggiornerà presto le sue storie. Grazie anche per il consiglio, tenterò di seguirlo. Continua a commentare!!!!!!

Lily_Snape, grazie anche a te, spero che questo cap sia di tuo gradimento.

SakiJune, prima di tutto scusa se non ti ho avvisato: non sapevo se potesse interessarti. Facciamo così d’ora in poi ti avviserò sempre se posto qualcosa di nuovo, ok? In secondo luogo, non sai quanto mi abbia fatto piacere leggere il tuo commento, sono felice che la mia storia ti piaccia. E se vuoi un consiglio, la saga di Star Wars merita davvero di essere vista, se ti va ovviamente!!!!!!!

Grazie anche alle 8 persone che hanno messo questa storia tra i Preferiti.

Va bene, ora vi lascio in pace, mi raccomando lasciate un commento, bacibaci!!!!!

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Capitolo 5
*** Un futuro incerto ***


MAGIC WARS

 

CAPITOLO IV: UN FUTURO INCERTO

Casa Riddle,

Little Hangleton

Inghilterra.

Drew atterrò sul suolo bagnato con un tonfo sordo. Ovviamente Kitty e Ethan caddero sopra di lui.

«Ehi, ragazzi!» disse. «Mi state schiacciando!»

«Oh, scusa», rispose Kitty, desolata, tirandosi su e portandosi dietro il fratellino.

Drew si mise a sedere, massaggiandosi la fronte lì dove aveva sbattuto contro il terreno e guardandosi intorno, spaesato. Non aveva la benché minima idea di dove fossero finiti. Di certo non a Little Whinging. Forse addirittura non erano più nemmeno nel Surrey. Si trovavano in quello che un tempo doveva essere stato un meraviglioso giardino, ma che anni di incuria avevano trasformato in una giungla di erbacce. Poco lontano si scorgeva un sentiero che conduceva ad una fatiscente quanto enorme villa che svettava poco lontano. Un brivido involontario percorse la schiena di Drew. Quella casa aveva un non so che di spaventoso: sembrava la classica casa da film dell’orrore. Ci mancano giusto i tuoni e i lampi, pensò tra sé.

All’improvviso, qualcuno sbucò dalla sterpaglia. I tre ragazzi trattennero l’impulso di gridare, quando alla luce fioca che emanava dalla bacchetta riconobbero Sirius Black, che si faceva strada verso di loro, borbottando qualcosa come "dovrei procurarmi un giardiniere!".

L’uomo si avvicinò e sorrise, rassicurante. «Tutto bene? Forza, in piedi e silenzio».

I tre si affrettarono a ubbidire. Drew indicò la vecchia bottiglia, che giaceva inutile e innocente poco lontano. «Che cos’era quella?» domandò. «Dove siamo?».

Sirius gli fece cenno di rimanere zitto. «Più tardi» sussurrò. «Ora seguitemi. E mi raccomando zitti e mosca. Non si sa mai chi potrebbe ascoltare!» e si avviò su per il sentiero, con Drew e i giovani Dursley che gli trottavano dietro. Più volte i ragazzi rischiarono di cadere, inciampando in qualche radice infida che si trovava lungo la strada.

Il sentiero conduceva sul retro della casa, dove Sirius si fermò di fronte a una porta chiusa. Drew giudicò che stonava parecchio con il resto dell’edificio: sembrava nuova di zecca. Pensò di sbirciare dalla finestra, per vedere se l’interno rispecchiava l’esterno dell’abitazione, ma cambiò subito idea: era talmente buio che non si riusciva a scorgere nulla.

Nel frattempo Sirius aveva cominciato ad armeggiare con la bacchetta alla serratura, borbottando incantesimi, che non sembravano sortire il minimo effetto: la porta restava saldamente chiusa a chiave. Dopo alcuni minuti di infruttuosi tentativi, il mago finalmente capì quale fosse il problema. «Ma certo! Che scemo che sono!". Si voltò verso i tre ragazzi in attesa e puntò loro la bacchetta addosso, mormorando una lunga formula magica. Drew, Kitty e Ethan furono avvolti da uno strano alone dorato, che dalla testa li circondò fino ai piedi per poi svanire nel nulla. Kitty si ritrasse, gridando terrorizzata. Prima che Drew o Ethan potessero dire qualcosa, Sirius si fece avanti, mettendole una mano sulla bocca. La ragazzina cercò di divincolarsi da quella presa d’acciaio, senza successo.

«Calmati »tentò di rabbonirla l’Animagus. «Non voglio farti del male!»

«Che cos’era quello?» chiese Drew.

Sirius sbuffò, sempre trattenendo Kitty, per niente rassicurata dalle sue parole. «Era soltanto un Incantesimo di Riconoscimento» spiegò. «Per permettervi di superare le barriere protettive che circondano la casa. È assolutamente innocuo. Ma perché si agita così?».

«Ha paura della magia» rispose Drew. «Quando aveva otto anni un gruppo di Mangiamorte ha attaccato per divertimento il parco giochi dove lei andava tutti i giorni…».

«Ok, ho capito» lo interruppe l’altro. «I Mangiamorte possono traumatizzare anche gente più vecchia di una bambina di otto anni. Ascolta» aggiunse poi, rivolto a Kitty,«non voglio farti del male. Quell’incantesimo non avrà nessun effetto negativo su di te, te lo assicuro. Ma adesso calmati, per favore. Non vorrei attirare attenzioni indesiderate…».

La ragazzina sembrò calmarsi almeno in parte, così Sirius la lasciò andare e tornò a dedicarsi alla serratura, mentre Kitty andava a rifugiarsi tra le braccia del fratello acquisito. Alcuni istanti dopo, si sentì finalmente la serratura scattare.

«Bene» disse Sirius, girandosi verso i ragazzi. «Ora silenzio. Statemi vicino finché ve lo dico io…»

«Ma scusa» intervenne Ethan, con molta faccia tosta, «non dovrebbe essere un luogo sicuro, questo?»

«La prudenza non è mai troppo, piccoletto. Ricorda quello che diceva sempre un mio vecchio amico: Vigilanza Costante. Ti sarà utile, in tempi come questi. E ora, dentro!».

Spinse con cautela la porta, che si aprì con un sinistro cigolio. Sirius entrò per primo, la bacchetta levata e pronta, Drew, Ethan e Kitty subito dietro. Il giovane Potter si guardò intorno, cercando di scorgere qualcosa nell’oscurità. Gli parve di distinguere la sagoma di un tavolo, prima che la luce, chiara e abbagliante, si accendesse, rischiando di accecarlo. Come un felino, Sirius si girò verso sinistra, una fattura già pronta sulle labbra, quando…

«Sirius, fermo! Sono io!» gridò una voce femminile.

Il mago si rilassò all’istante,abbassando la bacchetta. «Luna, buon Merlino! Mi hai fatto quasi venire un infarto!».

«Anche tu a me» ribatté la donna. «Ho sentito un rumore, pensavo fosse un Mangiamorte o chissà che altro…».

Drew si girò a sua volta in direzione della voce e vide, incorniciata sotto una porta che probabilmente conduceva in corridoio, una donna. Era alta e piuttosto magra, con lunghi e fluenti capelli biondi, dall’espressione un po’ svanita, sognante, anche se forse erano solo gli occhi un po’ sporgenti a dare quell’impressione. O forse era lo strano accostamento dei suoi abiti: indossava una lunga gonna di un brillante color arancia matura, a cui aveva abbinato una camicetta azzurro cielo decorata a fiori bianchi. Drew pensò che quella donna dovesse essere considerata una persona

particolare, per non dire stramba, perfino secondo gli standard dei maghi.

Sirius e Luna si scambiarono un’occhiata, poi in coro chiesero: «Ma che cosa ci fai qui?»

Luna ridacchiò lievemente, prima di rispondere: «Tonks era piuttosto nervosa stasera, così Remus mi ha chiesto di portarla qui a riposare un po’. E tu che ci fai?»

«Le cose a Little Whinging sono andate peggio del previsto» fu la laconica risposta. «E a questo proposito, avrei bisogno di una medicazione veloce»e indicò il fianco, dove si era allargata una grossa macchia di sangue. Luna sobbalzò alla vista. «Dovrebbero esserci ancora delle pozioni curative di sopra. Vado a prenderle e torno» e corse via.

Quando riapparve, Sirius e i ragazzi si erano seduti al tavolo. Solo in quel momento, la donna notò davvero i tre: squadrò rapidamente i due Dursley, che si guardavano intorno con aria smarrita (Ethan aveva di nuovo i lucciconi agli occhi), per poi soffermarsi su Drew, che provò un vago senso di disagio. Gli occhi della donna si riempirono di commozione. «È…» cominciò esitante. Sirius annuì. «Ragazzi, vi presento Luna Lovegood. Anche lei è un membro dell’Ordine. Luna, loro sono Drew Potter e…accidenti, mi rendo conto solo ora che non conosco nemmeno i vostri nomi!».

«Io mi chiamò Kitty».

«E io Ethan».

«Piacere di conoscervi, disse Luna, sedendosi di fronte a Sirius e appoggiando boccette e flaconi sul tavolo. «Allora, mi dici cosa è successo?».

«Mangiamorte. Quattro, tra cui Bellatrix. Hanno attaccato il numero quattro e l’hanno letteralmente fatto saltare in aria. E se non fosse stato per quello, non mi sarei nemmeno accorto del pericolo. Devono aver usato degli Incantesimi Silenziatori o qualcosa di simile. Comunque sono arrivato giusto in tempo, per evitare che lo uccidessero. Ahia, fa un po’ attenzione!».

«Zitto e non fare il bambino» lo rimbeccò Luna, che nel frattempo gli aveva sollevato la camicia e gli stava medicando il fianco. «Deve essere stata una brutta Fattura Tagliuzzante. E se non la disinfetto per bene, c’è il rischio che faccia infezione. Potresti attirarti contro sciami di Afalee e sarebbe un bel guaio».

Drew corrugò la fronte. «Cosa sono le Afalee?» chiese a Kitty, sottovoce. La ragazzina alzò le spalle.

«E i Dursley?» domandò Luna. «Dove sono finiti?»

Sirius non rispose, limitandosi ad abbassare gli occhi. Fu più che sufficiente per capire. «Mi dispiace" mormorò, rivolta ai ragazzi.

Calò il silenzio nella vecchia cucina, rotto soltanto da alcuni occasionali scricchiolii o da un leggero ticchettio proveniente dal piano di sopra. Alla fine Luna sollevò lo sguardo e osservò la fasciatura che circondava il bacino di Sirius.

«Ecco fatto» disse. «Dovrebbe andare. Se non fa infezione guarirà con qualche giorno di riposo. Evita di trasformarti, per non sformare le bende!»

«Ok, mamma!» rispose l’uomo con un sorrisetto ironico, mentre si riallacciava la camicia.

«Sentite» intervenne improvvisamente Kitty, «non vorrei sembrare sgarbata, ma si può sapere che diamine sta succedendo? Perché i Mangiamorte erano a casa nostra? Che volevano? E dove siamo adesso? Come facciamo a fidarci di voi? Che cosa…»

«Calmati Kitty» disse Drew. La ragazzina gli lanciò uno sguardo infuocato. «No che non mi calmo. Sei invischiato anche tu, in tutta questa faccenda?».

Il ragazzo rimase zitto: che poteva dirle? Che era tutta colpa sua se i Mangiamorte li avevano attaccati? Che era tutta colpa sua se non avevano più una casa? Che era tutta colpa sua se Dudley ed Elizabeth erano morti? Perciò aggirò la domanda della cugina e si rivolse a Sirius e Luna. «Dove siamo?» domandò.

«In un luogo sicuro» rispose Sirius. «Uno dei nostri nascondigli. Dell’Ordine, intendo. Siamo in una piccola cittadina chiamata Little Hangleton. Questa casa era disabitata da una sessantina d’anni quando l’abbiamo, diciamo, presa in affitto. Sta pure tranquillo che qui non ci trova nessuno!».

«Perciò, riprese Drew, esitante, «resteremo qui d’ora in poi?».

L’Animagus rise fragorosamente. «Bontà divina no!» esclamò. «Siamo solo di passaggio, per stanotte. Domani ci sposteremo al nostro Quartier Generale, a Londra».

«A Londra?!, ripeté Drew, stupito. «Volete dirmi che il vostro nascondiglio principale si trova praticamente a un passo dal Ministero?».

Luna sorrise. «Sai, una caratteristica delle persone è spesso quella di non vedere ciò che sta proprio sotto il loro naso».

«Già» continuò Sirius, «anche questa casa ne è la prova. Qui viveva il padre di Voldemort, Tom Riddle. E a nessuno del Ministero è mai venuto in mente di venire a dare un’occhiata!». Rise, una risata simile a un latrato, a vedere le espressioni sulle facce dei ragazzi. Erano l’immagine stessa della sorpresa!

«Non ci posso credere» biascicò Drew. «Il padre del Lord!»

«Fammi capire» domandò Sirius, con un sorrisetto ironico, «sei più stupito dal fatto che questa sia la casa del padre di Voldemort o dal fatto che Voldemort abbia avuto un padre?!»

Drew lo guardò male. «Ma fa sempre così?» domandò rivolto a Luna.

«Oh, sì» rispose lei. «Remus dice che non è capace di fare il serio per più di dieci secondi!». Sirius le fece la linguaccia, Drew rise. Era strano: cominciava a sentirsi a suo agio in quella nuova situazione. Dopotutto era quello il suo mondo, quello a cui realmente apparteneva.

«Sentite» intervenne di nuovo Kitty, «tutto questo è stupendo, ma resta ancora il fatto che io e Ethan non sappiamo cosa sta succedendo!»

«Giusto, hai ragione» disse Sirius. «Allora chi vuole cominciare?»

«È colpa mia» borbottò Drew guardando il tavolo. Ecco fatto: ora probabilmente mi odieranno.

«Ah, subito con le note dolenti" ridacchiò Sirius, guadagnandosi uno scappellotto dietro la nuca da parte di Luna.

«Tua?» ripeté Kitty, stupefatta. «Come può essere colpa tua, Drew?». Ethan era semplicemente senza parole: fissava il fratello acquisito come se gli fosse appena spuntata una seconda testa.

Il giovane Potter annuì. «I Mangiamorte erano venuti per me».

«Ma…ma perché?» balbettò la ragazzina. «Che cosa hai fatto? Non sei nemmeno un mago!»

Stavolta Drew rivolse gli occhi a Sirius e Luna in cerca di aiuto.

«Con i tempi che corrono» disse Sirius, «non è sempre necessario commettere un delitto per finire nei guai con il nostro governo. Non è stata colpa tua Drew: hai solo la colpa di essere nato dal padre sbagliato».

«Sì» ribatté Drew. «Ma se avessi dato retta a Lupin, invece di mandarlo a quel paese…»

Sirius fece un gesto non curante con la mano. «Ah, io non do quasi mai retta a Remus. Anzi, lo mando spesso a quel paese: ormai ci è abituato. Ma non è questo il punto: sai cosa sarebbe successo se avessi seguito Remus quando vi siete parlati? Tu a quest’ora staresti al Quartier Generale. E Bellatrix sarebbe comunque andata a Privet Drive e non trovandoti, ne avrebbe dedotto che i Dursley ti nascondevano da qualche parte, si sarebbe arrabbiata e li avrebbe spediti tutti ad Azkaban o all’altro mondo. Compresi i due signorini qui presenti» aggiunse indicando Kitty e Ethan, che rabbrividirono.

Drew annuì, non del tutto convinto. Checché ne dicesse Sirius, era sicuro che si sarebbe portato dietro quel senso di colpa che gli attanagliava il cuore per un bel po’.

«Ma, allora» riprese Kitty, più che determinata ad avere tutte le risposte che voleva, «tuo padre era un…»

«Un mago» sì, rispose il ragazzo. «E non un mago qualsiasi: sembra che mio padre fosse il Prescelto».

Kitty sgranò gli occhi, sbalordita. Invece Ethan esclamò: «Che forza!».

Tutti, senza eccezioni si girarono verso il bambino. «Che forza?» quasi strillò la sorella. «Cioè lui se ne esce con "mio padre era il Prescelto" e tu dici "che forza"?!»

«Beh» si giustificò l’altro, «mi sembra incredibile che papà fosse imparentato con un mago, per di più il Prescelto: finora ci ritenevo la famiglia più noiosa nella storia delle famiglie noiose. E invece, siamo addirittura imparentati con uno dei maghi più famosi della storia. È davvero una forza!»

Sirius rise fragorosamente. «Lo sai, Ethan, penso proprio che mi piacerai!». Kitty sbuffò, spazientita. «Sei senza speranza!». Drew sorrise: era proprio il tipico atteggiamento di Ethan, vedere il bicchiere mezzo pieno.

«Perciò» continuò Kitty, dopo alcuni minuti di silenzio, «se tuo padre era un mago, lo sei anche tu, giusto?»

«Immagino di sì». La risposta di Drew uscì piuttosto esitante: non era ancora sicuro di potersi considerare un mago. Insomma, d’accordo i suoi genitori lo erano e a rigore avrebbe dovuto esserlo anche lui, ma di magia non sapeva assolutamente nulla. Non aveva nemmeno la bacchetta; e anche se l’avesse avuta, non avrebbe saputo che farci, a parte ficcarla negli occhi della gente. «In realtà, non ne sono sicuro» ammise alla fine.

«Come sarebbe?, esclamò Sirius indignato. «Certo che lo sei! Nelle tue vene scorre il sangue d ben due tra le più antiche famiglie purosangue* della nazione. Ci mancherebbe che fossi uscito Magonò!»

«Ma io non so un bel niente di magia, sangue o non sangue!» ribatté Drew.

«Imparerai, imparerai» fu la pronta risposta di Black.

«E come? Sono addirittura senza bacchetta!».

«Una bacchetta te la procuriamo, non temere. E dopo ti insegneremo anche come usarla. Se buon sangue non mente, non avrai problemi».

La risposta positivista di Sirius rincuorò un Drew. «Sul serio pensi sia possibile?» chiese, ancora incerto.

«Assolutamente». L’Animagus cercò con lo sguardo l’appoggio di Luna, che annuì con fare entusiasta. «Certamente. I nostri insegnamenti non saranno certo al livello di quelli di Hogwarts, ma comunque il più completi possibile».

Drew sorrise, contagiato dalla sicurezza dei due maghi.

«E noi?» chiese Kitty. «Che ne sarà di me e Ethan?».

Luna e Sirius si scambiarono un’occhiata. «Domanda interessante, disse Sirius. «Onestamente non ne ho idea. Ovviamente la vostra presenza qui non era prevista, perciò dovremmo discuterne prima con gli altri membri dell’Ordine. Vedremo».

Drew provò un lieve senso di panico: e se avessero deciso di mandarli via? In fondo non erano maghi, erano vulnerabili agli attacchi dei Mangiamorte. E non voleva perdere quel poco che gli era rimasto della sua famiglia.

«Vabbé, è inutile parlarne adesso» intervenne Luna con la sua voce sognante. «Secondo me è meglio se andate a letto tutti e tre. Avete avuto una giornata lunga e avrete bisogno di riposare».

Come in risposta all’affermazione della strega, Ethan sbadigliò.

«Forza» continuò allora risoluta, «vi accompagno di sopra. E niente storie» aggiunse, vedendo che Drew sembrava pronto a controbattere. «Domani avremo tutto il tempo per parlare». Si alzò in piedi, imitata subito dai tre ragazzi, e uscì dalla cucina. Drew e gli atri due la seguirono, dopo aver fatto un cenno di saluto a Sirius.

Da un enorme sala d’ingresso, Luna scortò i ragazzi su per una rampa di scale scricchiolanti. Arrivati in cima, Drew sobbalzò per la sorpresa. Seduta sul ultimo gradino, stava, come se fosse la cosa più naturale del mondo, una donna. I capelli, di un vivace rosa caramella, le ricadevano smorti sul volto. Fissava con sguardo perso la base del corrimano, mentre ne seguiva gli arabeschi con il dito. Non sembrava pericolosa, eppure Drew sentì che c’era qualcosa di spaventosamente sbagliato in quella donna. Sensazione che fu confermata quando Luna sospirò pesantemente, chinandosi verso di lei.

«Dora, disse con voce gentile, «che cosa fai qui? Dovresti stare a letto. Forza, vieni». Fece per sollevarla, ma l’altra si ritrasse, scuotendo il capo. «No, no, no!» esclamò con voce eccessivamente squillante. «Non mi piace quella stanza buia!». I suoi capelli cambiarono improvvisamente dal rosa al blu notte, mentre continuava a scuotere violentemente il capo.

Luna sospirò di nuovo. «D’accordo. Stai qui, io torno subito. Venite, ragazzi» concluse rivolta ai ragazzi, che si affrettarono a ubbidire. Drew lanciò un’ultima occhiata alla donna: era tornata a fissare il vuoto.

«Chi è quella?» chiese alla loro guida.

Luna gli rivolse uno sguardo interrogativo. «Chi, Dora? È un membro dell’Ordine. Oltre che la moglie di Remus».

Il ragazzo sgranò gli occhi sorpreso: quella Dora sembrava troppo giovane per essere la moglie di Lupin. Dopo aver pensato questo, si ricordò che probabilmente Lupin non aveva nemmeno sessanta anni, ma che li portava semplicemente male.

«Che cosa le è successo? » chiese. Notò che Luna si era adombrata. «Non è questo il momento buono per parlarne, disse. «Diciamo che Voldemort non perdona facilmente i tradimenti».

Il tono con cui lo disse fece capire a Drew che non avrebbe aggiunto altro, perciò tacque. Luna si fermò di fronte a una porta sul lato destro del corridoio, la spinse e quella si aprì con uno scricchiolio. Furono introdotti in una grande, quanto polverosa stanza da letto, con un enorme letto a baldacchino che capeggiava al centro. Luna fece un rapido movimento con la bacchetta e subito altri due letti comparvero ai lati del primo.

«Ecco fatto. Per stanotte dovreste essere a posto. Avete bisogno di altro?» domandò. I tre scossero il capo, così Luna rivolse loro un sorriso e disse: «Allora, buona notte» e uscì silenziosamente dalla stanza.

Drew e i due cugini si scambiarono un’occhiata, dopodiché Ethan si avventò sul letto a baldacchino, facendo cigolare le molle del materasso. Drew ridacchiò. «Bene. Penso che abbiamo deciso chi dormirà nel letto più grande». Senza aggiungere altro, lui e Kitty si diressero rispettivamente verso il letto di sinistra e verso quello di destra. Dopo essersi seduto, Drew si rivolse ai due cugini, che lo stavano guardando. «Sentite» esordì, «mi dispiace per tutto quello che è successo stasera. Non volevo che accadesse».

«Non ti preoccupare, Drew» disse Kitty, con un sorriso gentile. «Mica è stata colpa tua!».

Il ragazzo sgranò gli occhi, un pochino sorpreso. «Non ce l’avete con me, quindi?».

«Macché, scherzi?» esclamò Ethan indignato. «Sei il nostro fratellone. Non potremmo mai avercela con te! E poi, aggiunse dopo averci pensato un po’, tutta questa storia di maghi, complotti, eccetera è una vera forza!».

Drew rise: soltanto Ethan poteva dire una cosa del genere di quella faccenda!

«Grazie ragazzi, disse. «Siete i migliori. Vi voglio bene».

«Anche noi» fu la risposta.

Dopo questo piccolo chiarimento, Drew sentì il desiderio di dormire: in fondo era stata sul serio una giornata pesante. Si infilò sotto le coperte e spense la luce. Dopo circa mezz’ora, in cui si era girato e rigirato, cercando di prendere sonno, sentì qualcuno accanto a sé che lo chiamava. Aprì gli occhi, per trovarsi la faccia di Ethan a due metri dalla propria. «Ehi, campione!» sussurrò. «Che succede?».

«Non riesco a dormire» fu la risposta.

Drew sospirò: aveva immaginato sarebbe successo qualcosa del genere. Al buio, tutta quella storia non doveva più sembrare tanto grandiosa. «Dai» disse, «vieni qui» e si fece da parte, per permettere al cugino di sistemarsi al suo fianco. «Ora cerca di dormire». Ethan annuì. Ma poco dopo lo chiamò di nuovo. «Sì, cosa c’è?» chiese il ragazzo.

«Credi che la mamma e il papà siano volati in cielo».

Drew sospirò di nuovo, sentendosi più che mai colpevole. «Ne sono convinto» bisbigliò. «E sono molto orgogliosi di te». Il ragazzino assentì con il capo, mentre nuove lacrime cominciavano a scendere. Drew non disse nulla: si limitò ad abbracciarlo, aspettando che si addormentasse. Quando il respiro del cugino divenne regolare, Drew fece scivolare via il braccio, cercando una posizione più comoda possibile per prendere sonno. Per la prima volta in vita sua, era davvero ansioso di scoprire cosa gli avrebbe riservato il futuro.

Privet Drive,

Little Whinging,

Surrey, Inghilterra.

Lord Sylar fissava con sguardo impassibile ciò che restava del numero quattro di Privet Drive. Erano state circa le tre del mattino, quando un terrorizzato impiegato del Ministero era venuto nel suo ufficio, per dirgli che a Little Whinging c’erano stati dei problemi, che avevano coinvolto anche i vigili del fuoco. Quell’uomo poteva dirsi fortunato di essere ancora vivo. Perché per quanto la sua espressione fosse neutra, Sylar stava letteralmente bollendo di rabbia: non si sarebbe nemmeno stupito se qualcosa nelle vicinanze fosse esploso. Distolse gli occhi dalle ceneri della casa per rivolgerlo ai quattro Mangiamorte bruciacchiati che aspettavano, pazienti e atterriti, la loro punizione.

L’attenzione dell’uomo fu subito per il capo di quella semplice spedizione. «Bellatrix» chiamò. La Mangiamorte si fece avanti, mettendosi in ginocchio e tenendo gli occhi bassi. «Mio signore» mormorò.

«Bellatrix» ripeté Sylar con voce suadente. «Mia cara, carissima Bellatrix. Posso farti una domanda? Dunque, se non ricordo male tu stasera sei venuta qui, per catturare il figlio di Harry Potter. Dico bene?».

«Sì, mio signore» disse Bellatrix in tono sottomesso.

«Perfetto. E, sempre se ricordo bene, avevi le precise istruzioni di portarlo al ministero evitando di farti notare. Giusto?».

«Sì, mio signore».

«Molto bene, continuò, sempre mantenendo quel tono falsamente gentile. «Se non sbaglio, ti avevo anche ordinato di non uccidere i Babbani traditori, ma di lasciarli stare. Ricordi cosa ti ho detto, quando sei venuta nel mio ufficio? »

Bellatrix deglutì. «Avete detto…che ce ne saremmo occupati in seguito».

«Esattamente, esattamente. Perciò, alla luce di tutto ciò, vorresti dirmi» e cominciò a urlare, «come cavolo ti è venuto in mente di incendiare la casa, uccidendo i proprietari, senza per di più catturare Potter?!».

Tutti indietreggiarono spaventati: era raro vedere Lord Sylar perdere le staffe in quella maniera. Era noto per mantenere la calma, anche nelle situazioni peggiori. Non che non si arrabbiasse, tutt’altro: ma veramente di rado alzava la voce in quella maniera. E in effetti sembrò pentirsi subito di quell’eccesso, perché tornò subito a un tono di voce più tranquillo.

«Allora, Bellatrix?» chiese. «Hai qualche giustificazione per il tuo sconsiderato comportamento?»

«Mio signore» cominciò lei esitante, «è stato Sirius Black. Lui ha…». La risposta fu interrotta da una dolorosa scarica mentale. «Non provarci neppure, Bellatrix. Ho già rovistato per bene nella mente di quegli idioti dei tuoi aiutanti. So perfettamente che Black è intervenuto DOPO che tu hai appiccato l’incendio».

«Mio signore…» tentò la Mangiamorte, ma fu nuovamente interrotta. «No, Bellatrix» disse Sylar. «Non ci sono scuse che tengano. Mi hai profondamente deluso. Dovremmo trovare una punizione che ti faccia capire la gravità dei tuoi errori. Dunque vediamo, proseguì con tono meditabondo, cosa potrebbe essere? Ah, sì, ho trovato. CRUCIO».

Bellatrix si accasciò sul marciapiede, gemendo e urlando dal dolore. Quando, dopo alcuni minuti, Sylar si ritenette soddisfatto e interruppe la maledizione, la Mangiamorte rimase a terra, con il fiato grosso e lacrime di dolore agli occhi.

«Portateli via» disse Sylar asciutto, facendo un cenno a uno dei Mangiamorte che l’avevano accompagnato. Quello si affrettò a ubbidire: non voleva certo essere il prossimo.

Sylar tornò a fissare i resti del numero quattro, facendo poi spaziare lo sguardo tutto intorno al quartiere. In diciasette anni, questo posto non è cambiato per niente si disse, osservando i volti dei vicini curiosi che si affacciavano alle finestre per vedere cosa stava succedendo. Sbuffò irritato. Non hanno ancora niente di meglio da fare che impicciarsi dei fatti altrui! Rivolse la sua attenzione ai due sacchi neri dove avevano raccolto il poco che restava di Dudley ed Elizabeth Dursley. Si avvicinò lentamente, facendo scappare i due impiegati addetti al compito di portare via i resti. Ridacchiò divertito a quella scena. Conigli! Si chinò con eleganza davanti al sacco, la cui etichetta recitava D.V. Dursley. Perché lo hai fatto Dudley?domandò silenziosamente alle ceneri, perché? Sapevi quello che ti sarebbe costato ospitare e crescere il figlio del Prescelto. Eppure lo hai fatto comunque. Sylar scosse tristemente il capo. Forse ti ho sempre giudicato male, Dudley. Riposa in pace. Si alzò in piedi, spolverandosi i pantaloni. Fece un cenno agli impiegati di riprendere il proprio lavoro, mentre si allontanava. Aveva ancora parecchie cose di cui occuparsi al Ministero, perciò assegnò il comando delle operazioni a uno dei Mangiamorte e si Smaterializzò.

*Tanto per chiarezza, parlo dei Weasley e dei Potter (prima del matrimonio tra Lily e James, anche la famiglia di James era Purosangue). Questo a scanso di equivoci.

LYRAPOTTER’S CORNER

All’alba delle undici e mezza, ho finalmente finito di rileggere e ritoccare questo capitolo. Questo lungo capitolo, vorrei aggiungere. Ma non ho potuto evitarlo: praticamente si è scritto da solo, a discapito del fatto che è passata una settimana dall’ultimo aggiornamento. Sono lenta a scrivere, cari lettori, mi dispiace. E il prossimo aggiornamento probabilmente tirerà per le lunghe: devo ancora cominciare a buttarle giù il quinto capitolo(anche se ho già in mente cosa succede). Voi aspettate, presto o tardi arriverò, dovessi metterci cent’anni.

In secondo luogo sarete felici di sapere che sono già alla mia quarta lezione di guida e non ho spianato nessuno (anche i pali della luce sono tutti ancora al loro posto). O magari non ve ne importa un fico secco. Comunque il 28 avrò l’esame di teoria, fatemi gli auguri e incrociate le dita.

E dopo la mia dose giornaliera di sproloqui, passo ai ringraziamenti. Pochini in verità, visto che ho ricevuto una sola recensione. Ho sperato fino all’ultimo che si smovessero le cose, ma evidentemente non era destino.

Perciò un grandissimo abbraccio a SakiJune, il mio faro in questa notte buia. Per l’incontro con l’Ordine al completo, dovrai aspettare il prossimo capitolo.

Grazie anche a coloro che hanno messo questa storia tra i Preferiti (siamo a quota 10) e ai tanti, troppo lettori silenziosi. Vi prego fatemi sentire la vostra voce *Lyra fa occhioni da cerbiatto*.

A presto, bacibaci!!!!!!

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Capitolo 6
*** L'Ordine della Fenice ***


MAGIC WARS

 

CAPITOLO V: L’ORDINE DELLA FENICE

Casa Riddle

Little Hangleton

Inghilterra

Quando Drew si risvegliò la mattina successiva, non capì subito perché il solito raggio di sole malandrino non l’avesse svegliato. Né ricordò perché c’era qualcun’altro nel letto insieme a lui. Comunque gli fu sufficiente aprire gli occhi e vedere Ethan, ancora profondamente addormentato, raggomitolato al suo fianco, perché il ricordo della notte precedente gli cadesse addosso come una doccia fredda. Stiracchiandosi si tirò a sedere, guardando la lugubre e decrepita stanza in cui aveva dormito. Solo una prima occhiata gli fu sufficiente per individuare almeno una ventina di ragnatele e diverse macchie di umidità, che stavano causando la lenta e inesorabile caduta della carta da parati. Decisamente la casa ideale per un film dell’orrore. Ci manca solo il passaggio segreto e il mostro di Frankenstein. Sgattaiolò fuori dalle coperte e quasi inciampò in una pila di vestiti lasciata ai piedi del letto. Imprecando a mezza voce si chinò e prese in mano una T-shirt bianca con il disegno di un maiale e la scritta "Si è ciò che si mangia". Ridacchiando, pensò questo è senza dubbio un regalo di Sirius. Si guardò intorno e vide che anche alla base degli altri due letti c’erano due mucchi identici di vestiti. Probabilmente un’idea di Luna per non farli andare in giro in pigiama. Mentre si vestiva, anche Kitty si sveglio. La ragazzina si guardò intorno, leggermente smarrita, prima di mormorare: «Allora non era solo un brutto sogno».

«Temo di no, Kitty» disse Drew. «Lì ci sono dei vestiti per te».

Al che anche lei si alzò e cominciò a vestirsi. Il campionario di vestiti comprendeva: per Drew, oltre alla T-shirt, un paio di jeans scuri e le scarpe da ginnastica; per Kitty invece una maglietta verde mela, abbinata a una gonna bianca e un paio di ballerine.

«Dici che dovremmo svegliarlo?» domandò Kitty, indicando il fratellino ancora addormentato.

«Non saprei» rispose Drew. «Se non lo svegliamo si offenderà a morte perché non lo abbiamo fatto. Se lo svegliamo, probabilmente si incavolerà come una biscia».

«Prospettive molto allettanti» replicò Kitty, mentre si specchiava per pettinarsi i lunghi capelli corvini. «Io direi di svegliarlo» riprese la ragazzina. «Tanto le sue arrabbiature durano poco».

Drew annuì, così si avvicinò al cugino e lo scosse dolcemente. «Ethan» chiamò. «È ora di alzarsi».

Per tutta risposta, il ragazzino si ficcò il cuscino sulla testa, mormorando un laconico «Ancora cinque minuti».

Al che si fece avanti Kitty. «Aspetta» disse.«Faccio io». E imitando la voce del padre, si mise a gridare: «Ethan Dursley! In piedi, subito o ti spedisco alla scuola militare! ». Il diretto interessato saltò fuori come un petardo, dicendo «Signorsì, signore!», tra le risate di Kitty e Drew.

Mentre Ethan cominciava a vestirsi, borbottando improperi, Drew, sempre ridacchiando, disse: «Io cominciò ad andare di sotto. Lo aspetti tu?». Kitty annuì, così Drew si avviò al piano di sotto, sperando in cuor suo di non incrociare Dora. Il breve incontro della sera prima era stato anche troppo inquietante. Per il suo sollievo, arrivò in cucina sano e salvo, trovando Sirius che beveva una tazza di caffè e Luna che si affaccendava ai fornelli per preparare la colazione. La donna, vedendolo entrare, gli rivolse un luminoso sorrise, esclamando «Buon giorno! La colazione è quasi pronta. Intanto siediti».

Drew ubbidì, andando a posizionarsi accanto a Sirius, facendogli un cenno di saluto, al quale l’Animagus rispose con un grugnito.

«Non badarci» disse Luna. «È sempre intrattabile se non beve la sua dose mattutina di caffeina. I tuoi cugini stanno ancora dormendo?».

«No, no» rispose Drew. «Stanno arrivando».

La strega annuì, dopodiché gli mise davanti una tazza e un piatto di frittelle. Dopo aver ringraziato, Drew prese la tazza, bevendo un lungo sorso di quello che credeva the. Se ne pentì subito. Oh, mio Dio, pensò. Guardò Luna: per fortuna era tornata ai fornelli. Con attenzione, il ragazzo risputò il sorso nella tazza, con una faccia schifata. «Che cos’è questa roba? Sa di panni sporchi!» mormorò all’indirizzo di Sirius, che ridacchiava di gusto. «Quello» rispose «è l’idea di Luna di the al limone. Perché, non ti piace?».

«Per niente. Perché non mi hai avvertito?».

«E perdermi la tua faccia? Naaaa, sarebbe stato uno spreco!».

Drew gli fece un gestaccio, mentre tornava a guardare perplesso la tazza, per poi lanciare un’occhiata sospettosa alle frittelle. «Immagino che anche quelle non siano commestibili» disse. «Che cosa dovrei fare?».

Sirius tirò fuori la bacchetta, puntandola sui piatti. Le pietanze fumarono leggermente, poi tornarono normali. «Ecco fatto» assicurò, rinfoderando la bacchetta. «Ora poi mangiare senza pericolo».

Drew diede un breve sorso prudente al the e sospirò sollevato: ora sapeva sul serio di the al limone. Cominciò a mangiare di gusto. Luna gli rivolse un altro sorriso. «Ti piace?» domandò. Drew annuì, non osando dire qualcosa che potesse tradirlo. La risposta fu più che sufficiente per la strega, che nel frattempo aveva preparato altri due piatti per Kitty e Ethan.

La stessa scena si ripeté poco dopo, quando anche i due Dursley si sedettero per mangiare. Ancora una volta, Sirius venne in loro soccorso, trasfigurando il cibo.

«Scusa» domandò Drew a Sirius, sempre sottovoce, «ma perché la lasci cucinare, se sai che non è capace?».

«Per due validi motivi» rispose l’Animagus. «Primo, io non ne sono assolutamente capace. Secondo, perché lei non lo sa, di non saper cucinare. Sono circa quattordici anni che uno di noi cerca di dirglielo».

«E perché non lo fate?» domandò Kitty.

«Perché cucinare la rende allegra. Più allegra del solito. E con la vita che facciamo, un sorriso in più è sempre un sorriso guadagnato. Perciò acqua in bocca: in ogni caso, non ha mai avvelenato nessuno».

La discussione poteva considerarsi chiusa, perciò ognuno tornò a mangiare in silenzio. Drew ebbe il vago sospetto che presto avrebbe rimpianto le squisite e nutrienti colazioni di Elizabeth.

Luna guardò l’orologio. «Se vogliamo tornare al Quartier Generale in mattinata, sarà meglio sbrigarsi» disse. «Sirius, se hai finito potresti andare a prendere Tonks. Di solito a te dà retta».

L’uomo annuì, finendo di bere il caffè. «Vado e torno», disse, prima di alzarsi e uscire.

Drew seguì Sirius con lo sguardo, domandandosi di nuovo cosa fosse successo a Tonks di tanto brutto. Tuttavia non chiese nulla: era più che certo che Luna l’avrebbe liquidato di nuovo una scusa qualunque. Comunque questo non gli impediva di fare domande su qualcos’altro. Finalmente poteva sapere tutto quello che voleva sapere sul suo passato, sui suoi genitori. E non aveva dubbi su ciò che desiderava domandare per prima cosa.

«Luna» chiese, «conoscevi mia madre? ».

Lo sguardo della donna si riempi di commozione. «Certo che la conoscevo» rispose. «Ginny Weasley era la mia migliore amica. Anzi, è stata la mia prima amica. Sai, quando andavo a scuola, la maggior parte dei miei compagni mi evitava o mi prendeva in giro. Mi chiamavano "Lunatica". Questo perché credevano fossi strana, anormale. Buffo, no?».

Drew la guardò un attimo, analizzando quel poco che aveva appreso di quella donna, non ultimi i suoi vestiti (un paio di pantaloni verde smeraldo e una camicetta rosso ciliegia) e la collana di quelli che sembravano tappi di bottiglia che indossava, e giudicò che, se Luna non era cambiata dai tempi della scuola, non era poi tanto buffo che i suoi compagni la giudicassero strana. Gli adolescenti sapevano essere davvero crudeli con le persone diverse dalla norma. L’aveva imparato sulla sua pelle: il non conoscere le sue origini, per non parlare degli strani (e ora sapeva magici) incidenti che gli capitavano, gli avevano sempre reso difficile farsi degli amici.

«Comunque» riprese Luna, «Ginny divenne mia amica. Una cara amica. E dopo di lei, anche tuo padre. È soprattutto grazie a loro, se oggi sono qui, a combattere. Prima come membro dell’ES e poi dell’Ordine, appena finii la scuola».

«Scusa» la interruppe Drew, «che cos’è l’ES? »

«L’ES era una specie di organizzazione sovversiva» fu la risposta. «La sigla di Esercito di Silente. La creò Harry quando faceva il quinto anno per contrastare le azioni di una nostra professoressa. Quando poi il dominio di Voldemort si fece sempre più evidente, diventò una specie di succursale scolastica dell’Ordine. All’epoca però non lo guidava più tuo padre».

«Come mai? » domandò Drew.

«È piuttosto complicato, in verità. Ci metterei troppo a raccontarti tutta la storia. Il succo, comunque, è che Harry si era ritirato da scuola con un anno d’anticipo, per poter combattere Voldemort. E noi, io, tua madre e un nostro amico, Neville, prendemmo le redini dell’ES per far vedere i sorci verdi ai Mangiamorte. Poco dopo, tuttavia, anche tua madre fu costretta a lasciare la scuola».

«Perché? Se era così impegnata nella rivolta…»chiese Drew perplesso.

«Per colpa tua, in effetti» rispose Luna. Vedendo che Drew sembrava ancora più sbalordito, riprese: «Vedi, Ginny non ce lo disse mai esplicitamente, ma sia io che Neville sapevamo che approfittava di certe gite fuori dalla scuola per potersi incontrare in segreto con tuo padre. Non ti occorrerà una sfera magica per capire quello che facevano. Si amavano tanto, i tuoi genitori. Ricordo che dopo i loro incontri clandestini, Ginny diventava una fontana. Aveva sempre il terrore di non rivederlo più, capisci. Ogni volta poteva essere l’ultima. Non era certo una vita facile. Quando rimase incinta, capimmo subito che non poteva continuare così. Perciò quando tornò a casa per le vacanze di natale, decise di rimanerci, sotto la protezione dell’Ordine, almeno fino alla nascita del bambino. In questo modo era al sicuro e poteva vedere più spesso Harry, che andava a trovarla ogni qualvolta ne aveva l’opportunità».

«E poi?» chiese Drew. «Cosa andò storto?».

Luna sospirò pesantemente. «Ginny si nascondeva a casa dei tuoi nonni, la Tana. E i tuoi nonni erano parte attiva dell’Ordine. Non so esattamente cosa successe. In quel periodo ero ancora a scuola…».

«Posso dirtelo io».

Drew sobbalzò: era talmente preso dal racconto di Luna che non si era nemmeno accorto che Sirius fosse ritornato, accompagnato da Tonks. La donna, con l’aiuto dell’Animagus, si mise a sedere, per poi osservare con distaccato interesse i presenti, indugiando in particolare sui volti nuovi. A disagio, Drew distolse lo sguardo e rivolse la sua attenzione a Sirius.

«Vedi» cominciò l’uomo, «eravamo in piena guerra, all’epoca. Il Ministero era caduto nelle mani di Voldemort già da alcuni mesi, così come Hogwarts. Eravamo rimasti praticamente solo noi dell’Ordine a opporci. I tuoi nonni, Arthur e Molly, si nascondevano alla Tana, insieme a tua madre, protetti da ogni sorta di incantesimi di protezione. Resta ancora un mistero come abbiano fatto i Mangiamorte a superare tutte quelle barriere difensive: sta il fatto che ci riuscirono. Piombarono loro addosso di sera, subito dopo cena. Il colmo della sfortuna è che scelsero proprio il momento in cui in casa c’erano solo Ginny e i tuoi nonni. Tua madre era già a gravidanza avanzata e non era certo nelle condizioni di Duellare con degli agguerriti Mangiamorte. So per certo che loro non si aspettavano di trovarsi davanti una sedicenne incinta: il loro scopo era uccidere quanti più membri dell’Ordine possibile. Non si può certo dire che abbiano fallito: sia Arthur che Molly morirono per dare a Ginny il tempo di fuggire e lei stessa, prima di riuscire a scappare attraverso la Metropolvere, rimase gravemente ferita. Puoi immaginare il nostro shock, quando ce la trovammo sul pavimento del nostro Quartier Generale, sanguinante e sconvolta. I due giorni successivi furono tra i peggiori della mia vita: tua madre era grave e non potevamo nemmeno avere l’assistenza di un Guaritore degno di questo nome. La curammo come meglio ci fu possibile, ma non potevamo fare molto, né per lei né per il bambino. Oltretutto non riuscivamo neppure a metterci in contatto con Harry. Dopo due giorni di assoluta angoscia, tua madre entrò in travaglio. Immagino sia stato il trauma oppure la forza della disperazione di tua madre, che non voleva morire portandoti con sé. Ad assisterla c’eravamo io, Remus, Dora e due dei suoi fratelli. Ti assicuro, vedere che eri sano e stavi bene ci parve un vero miracolo. Tua madre visse un’altra ora: il tempo di tenerti in braccio e poterti dare un nome. E, siccome il destino sa essere particolarmente crudele, poche ore più tardi, tuo padre tornò al Quartier Generale. E come puoi immaginare non la prese per niente bene. Non mi diede nemmeno il tempo di dirgli che suo figlio era nato e stava bene. Mi voltò semplicemente le spalle e corse via sconvolto. Pensavamo che una volta smaltito parte del dolore, sarebbe tornato. Invece…».

«Invece non si rivide più» concluse Drew per lui.

«Invece non si rivide più» confermò Sirius.

Calò il silenzio. Drew fissava il tavolo, cercando di assorbire tutto quello che Sirius e Luna gli avevano detto. Aveva le lacrime agli occhi: non avrebbe mai pensato che la storia dei suoi genitori potesse essere così…tragica. Certo, sapeva che sua madre era morta di parto, ma mai avrebbe immaginato che li fosse accaduto tutto questo.

«Va bene» disse Luna dopo un po’, rompendo la tensione. «Direi che è ora di andare. Di certo gli altri ci stanno aspettando».

Sirius annuì. «A proposito, ci sono state notizie di Hermione?».

Luna scosse il capo. «No» rispose. «Ma io me ne sono andata subito dopo di te, perciò nel frattempo sarà tornata. Con i piani, probabilmente».

«Speriamo».

«Scusate» intervenne Kitty, dando voce anche alle perplessità di Drew e Ethan, «ma di che state parlando? ».

«Di una nostra compagna» rispose Luna. «Aveva una faccenda piuttosto importante da sbrigare ieri. Tra poco probabilmente sapremmo come è andata. Voi avete qualcosa da prendere di sopra? ».

I tre scossero il capo. «Perfetto!» esclamò Sirius. «Allora possiamo andare».

Si avvio verso il salotto; gli altri lo imitarono. Drew lo vide prendere un piccolo vaso e guardare il contenuto.

«Mmmmm» disse, «la Polvere è quasi finita. La prossima volta che veniamo qui dovremmo portarne un po’».

«Appunto mentale preso» disse Luna, che teneva Tonks per mano. La donna le trotterellava allegramente dietro, con un placido sorriso stampato in volto.

Sirius gettò un’abbondante manciata di Polvere Volante nel camino: subito scoppiarono delle vivaci fiamme smeraldine. Drew, Ethan e Kitty si ritrassero istintivamente. Sirius rivolse loro un sorriso rassicurante. «Non preoccupatevi. Questa è Polvere Volante. Immagino che almeno in teoria ne abbiate sentito parlare…».

«La usate per spostarvi con i camini, giusto?» chiese Ethan, che senza esitazione si avvicinò al camino, curioso.

«Esattamente!» esclamò Sirius. «Allora questo camino è a una sola uscita. In altre parole è collegato solo al camino del nostro Quartier Generale. Perciò vi sarà sufficiente entrare e lasciarvi trasportare via. Arriverete senza danni. Allora, chi va per primo?».

«Vado io» disse Luna. «Con Tonks. Così vedono che non c’è pericolo». Sirius si fece da parte con un inchino. «Apres vous, mesdames!» esclamò, con un sorriso. Luna roteò gli occhi. «Andiamo, Dora» disse, dopodiché si avvicinò al camino e con delicatezza spinse dentro la donna, che scomparve fra le fiamme. Luna la seguì subito.

Sirius sorrise ai tre ragazzi, che fissavano ancora timorosi il fuoco verde scoppiettante. «Visto? Non è difficile. Chi va per primo?».

Drew scambiò un’occhiata con i cugini, poi si fece avanti. «Vado io» disse. «Devo solo entrare, giusto?»

«Giusto» rispose Sirius. «Di certo dall’altra parte vi staranno aspettando. Ah, meglio se chiudi gli occhi e ti stringi le braccia al corpo».

Drew annuì, deglutì e si avvicinò con cautela al camino, incapace di decidersi a saltare dentro. Sirius sbuffò. «Mica abbiamo tutto il giorno!» esclamò, prima di spingerlo con forza nel camino.

E Drew si ritrovò a vorticare. Solo dopo alcuni istanti si ricordò di chiudere gli occhi: e fu una vera fortuna per il suo stomaco, altrimenti avrebbe rischiato di vomitare tutta la colazione. Dopo quella che gli parve un eternità, atterrò con un sonoro tonfo sul pavimento. È la seconda volta in meno di ventiquattro ore che atterrò di faccia. Ancora un po’ e mi ritroverò un naso simile a quello di un carlino. Si tirò a sedere, massaggiandosi il naso e guardandosi intorno. Si trovava in un piccolo salotto, ben arredato e in stato decisamente migliore di quello di casa Riddle.

«Se fossi in te, mi toglierei da lì» disse improvvisamente qualcuno. Drew sobbalzò girandosi: Remus Lupin era comparso nella stanza e lo guardava con un sorriso pacato dipinto sul volto. Il ragazzo annuì, spostandosi a destra. Appena in tempo: subito dopo Ethan venne sputato fuori dal camino. Il ragazzino saltò subito in piedi, esclamando «Che forza!». Nel giro di altri due minuti, anche Kitty e Sirius li avevano raggiunti.

«Ah, casa, dolce casa!» disse Sirius, alzandosi in piedi e spolverandosi via la cenere dai vestiti.

«Buon giorno, Padfoot!» lo salutò Remus, avvicinandosi.

«Remus. Buon giorno anche a te!» disse l’altro, porgendo la mano a Kitty per farla alzare. «Ragazzi, lui è Remus Lupin. Moony, loro sono Kitty, Ethan e Drew. Ma immagino che voi vi conosciate già, giusto?".

«In effetti, sì» fu la pacata risposta dell’altro. «Se non ricordo male, ci siamo salutati con un "vada all’inferno" ».

Drew si guardò i piedi, arrossendo imbarazzato: non c’era rimprovero nella voce di Remus, solo un leggero divertimento, tuttavia non poté non sentirsi colpevole per il modo in cui lo aveva trattato. «Sì, beh» cominciò, impacciato, «mi dispiace, per come l’ho trattata ieri. Ero solo…».

«Sconvolto» concluse per lui Remus. «Non preoccuparti, Andrew: consideriamola acqua passata e ricominciamo. E a proposito, dammi pure del tu. Sono circa diciassette anni che nessuno mi dà più del lei».

«Io ti batto, Moony» disse Sirius ridendo. «Credo che l’ultima volta che qualcuno mi ha chiamato signore sia stata nel lontano 1981 o giù da quelle parti…».

Remus gli scoccò uno sguardo esasperato. «Rinuncio perfino a rimproverarti. Tanto le parole ti entrano da un orecchio e ti escono dall’altro. A proposito, Ted vuole dirti due paroline per il modo in cui te la sei svignata ieri pomeriggio. Era piuttosto alterato…».

«Tu, brutto cagnaccio pulcioso!». L’urlo iracondo si levò dal corridoio e fu seguito da un uomo, con radi capelli bianchi e con una leggera pancia.

Drew lanciò un’occhiata al "cagnaccio pulcioso": per la prima volta sembrava sul serio a disagio, quasi preoccupato.

«Ted…»lo salutò l’Animagus, con sguardo vagamente intimidito.

«Non provarci neppure, Sirius» lo interruppe l’altro. «Non ci sono giustificazioni per il tuo comportamento. Si può sapere come ti è saltato in mente di prendere e andartene senza dire niente a nessuno?»

«A mia difesa» tentò Sirius, «posso dire che se non l’avessi fatto, a quest’ora questi tre sarebbero ridotti a un mucchietto di cenere…».

«Non interrompermi, sottospecie di meticcio puzzolente. La mia era una domanda retorica. Non puoi decidere da solo cosa fare e cosa no: siamo una squadra. Dobbiamo lavorare come una squadra. Eravamo preoccupati come pochi, quando sei sparito ieri pomeriggio…».

Remus ridacchiò divertito, poi si rivolse a Drew e i due Dursley, che facevano saettare gli occhi da Ted, che continuava la sua filippica indisturbato, a Sirius, che di tanto in tanto cercava di interromperlo per giustificarsi.

«Suggerisco di spostarci in cucina» disse. «Questi due andranno avanti ancora per un po’» e si avviò, appoggiandosi al bastone. I tre ragazzi lo seguirono.

«Ma dovremmo preoccuparci?» chiese Kitty.

«Per quei due?» ribatté Lupin. «Assolutamente no. Ted è quel genere di persone che urla, urla e non conclude mai niente. Fidatevi, la peggiore conseguenza che deriverà da questa sfuriata sarà un brutto mal di gola».

Kitty annuì, non del tutto convinta. Arrivati in cucina si sedettero: Remus si accomodò di fianco a Tonks, che stava giocando con dei mattoncini colorati. Dietro di lui, Luna rivolse un sorriso ai tre ragazzi.

«Ted l’ha trovato?» chiese, sempre sorridendo e indicando la porta del corridoio, da dove giungevano i soavi toni dell’uomo. Remus annuì. «E gli sta facendo passare cinque brutti minuti. Come è andata stanotte?», domandò poi accennando alla donna seduta di fianco a lui. Drew si era quasi dimenticato che fosse sua moglie: erano decisamente una coppia stranamente assortita.

«Abbastanza bene» rispose Luna. «Ha avuto qualche incubo verso le tre di notte, ma niente che una pozione calmante non potesse gestire. E parlando di pozioni…» aggiunse, porgendogli una boccetta piena di liquido rossastro. Remus fece una smorfia di disgusto, ma bevve la pozione senza protestare.

«A cosa serve quella?» chiese Drew, incuriosito.

Remus gli rivolse un sorriso. «Ho qualche problema di cuore» rispose. «Mi serve per tenerlo sotto controllo. L’unico problema è che è disgustosa».

Luna inarcò un sopracciglio. «Parli proprio tu che devi bere pozioni rivoltanti tutti i mesi praticamente da sempre».

Subito parve pentirsi di quello che aveva detto: gettò un’occhiata ai tre ragazzi, poi disse «Ehm, vado a controllare che Sirius sia ancora vivo» e uscì dalla stanza con un po’ troppa fretta.

Drew la seguì con lo sguardo, perplesso. «Che intendeva dire? Non dirmi che hai sempre avuto problemi di cuore…».

Remus sorrise, anche se sembrava a disagio. «No, quelli ce li ho solo da tre anni. Luna si riferiva a qualcos’altro…». Esitò, ma prima che potesse aggiungere altro, Luna, Ted e Sirius rientrarono: la prima con il suo solito sguardo sognante, il secondo con la faccia rossa e il respiro affannoso, il terzo con l’aria, probabilmente falsamente, pentita.

«Finita la sfuriata?» domandò Remus, visibilmente sollevato per essere stato interrotto.

«Solo perché Luna mi ha fermato» fu la scocciata risposta di Ted.

«Tanto lo sai che è inutile» ribatté la donna. Ted si limitò a sbuffare, prima di sedersi.

In quel momento entrarono altre due persone: due uomini, dai capelli rosso fiamma e identici fino all’ultimo dettaglio, tranne per il fatto che a uno dei due mancavano un paio di dita della mano destra.

«Ehi, Sirius!» lo salutò allegramente uno dei due, sbandierando un giornale. «Non sapevamo ti fossi dato all’incendio doloso. Certo hai fatto un bel lavoretto…».

«Prego?, chiese l’Animagus, perplesso. «Fred, George, non ho idea di cosa stiate parlando».

«"L’inferno si scatena in un piccolo sobborgo nel Surrey" » cominciò a leggere quello che teneva il giornale. «E ancora: "Il noto criminale terrorista Sirius Black ha colpito di nuovo la notte scorsa. All’incirca alle nove di ieri sera, Black ha assalito una tranquilla e innocente famiglia di Babbani, a Little Whinging, nel Surrey. Dopo aver crudelmente torturato i poveri Babbani, non sazio, ha appiccato fuoco alla loro abitazione. Vani sono stati i pronti soccorsi delle squadre d’emergenza del Ministero: le vittime, Dudley ed Elizabeth Dursley, con i loro figli Kitty ed Ethan, sono morti tra le fiamme, mentre Black è riuscito a fuggire di nuovo". Dobbiamo continuare?».

«No, grazie. Mi sono fatto un idea» li interruppe Sirius. «Ragazzi» aggiunse, «se non lo avete notato, abbiamo degli ospiti» e accennò a Kitty, Ethan e Drew seduti in silenzio sulle loro sedie.

Come era accaduto già con Luna, l’attenzione dei gemelli fu subito calamitata verso quest’ultimo.

«Tu» disse uno dei due, quello senza dita, «tu sei senza dubbio un Weasley. Andrew, giusto?».

«Drew» lo corresse quasi automaticamente il diretto interessato. «Comunque, sì. E voi siete?».

«Fred…» disse quello senza dita. «…E George Weasley» concluse l’altro.

«Weasley?» ripeté Drew. Perciò siamo parenti?».

«Affermativo» confermò Fred. «Siamo i tuoi zii, i fratelli di Ginny, nonché gli ultimi fieri rappresentanti della famiglia Weasley ancora in vita. A parte te, ovviamente» continuò George. «Ma tu» riprese Fred, «conti solo a metà, visto che il tuo cognome è Potter».

Drew li guardò un attimo, prima di dire: «Sapete, questo vostro finire uno le frasi dell’altro mi sta facendo andare al manicomio».

«Benvenuto nel club» borbottò Sirius. «Mandano al manicomio tutti»

«Ragazzi» riprese Fred, dopo aver lanciato un’occhiataccia all’Animagus, «abbiamo delle novità interessanti. George?».

Il gemello gli rivolse un sorriso smagliante, ma non disse nulla. Remus inarcò un sopracciglio. «Sì?» chiese educatamente. George ammiccò. «Scusa. Volevo creare un po’ tensione. Comunque, guardate cosa ci ha portato un Gufo Messaggero» e trasse dal nulla una lucida cartellina nera. Sul frontespizio faceva bella mostra di sé il Marchio Nero, simbolo di Voldemort e del Ministero.

Nella stanza calò un silenzio di tomba, mentre gli occhi di tutti si spostavano sul fascicolo.

«Sono…»cominciò Ted, incredulo.

«I piani dell’Arma, sì. Abbiamo controllato» confermò Fred. «Però» continuò George, «sono tutti in codice. Ci metteremo un po’ a decriptarli. Ma ce la faremo».

«Ne sono più che certo» disse Sirius. «Comunque l’importante per ora è essere riusciti a entrarne in possesso».

«Scusate se vi interrompo…» intervenne Drew. Cominciava a sentirsi un pochino noioso, oltre che frustrato: possibile che non capisse mai di che cavolo parlassero gli altri. «Che sono quelli?».

«Certo, voi non potete sapere…» osservò Remus, prima di rispondere. «Questi sono i piani segreti dell’ultimo progetto del Ministero. Loro la chiamano l’Arma. Purtroppo non abbiamo idea di cosa sia: quello che è certo è che in quelle carte c’è tutta la sua progettazione, incluso, come speriamo, qualche punto debole».

«Perciò» riprese Drew, «il vostro piano è di trovare quest’Arma e distruggerla, quando avrete decodificato i piani?».

«È quello che contiamo di fare» rispose Sirius.

«E come hanno fatto ad arrivare qui?» chiese Kitty perplessa.

I membri dell’Ordine si scambiarono un’occhiata. «Ottima domanda, Kitty» osservò Luna. «Dov’è finita Hermione?».

Drew finalmente comprese, ricordando quello che Luna e Sirius gli avevano detto a Little Hangleton su una missione importante che una loro compagna doveva sbrigare. Quindi si trattava dei piani di quest’ Arma, pensò.

«Avete detto che sono arrivati con un Gufo Messaggero?» domandò Sirius ai gemelli, che si limitarono ad annuire. L’Animagus scosse il capo, visibilmente preoccupato. «Ho un gran brutto presentimento» disse.

Quasi in risposta alla sua affermazione, la porta della cucina si aprì di botto, facendo sobbalzare dallo spavento tutti i presenti. Una ragazza, con lunghi ricci castano chiaro e un giovane dai capelli neri entrarono nella stanza. Entrambi erano trafelati, sconvolti e indossavano una veste con il marchio del Ministero cucito sopra. Alla vista di quel simbolo maledetto, il primo istinto di Drew fu quello di balzare in piedi e attaccare, ma fu trattenuto da un gesto di Remus.

«Christie, Keith, che cosa succede?» li accolse Sirius: l’uomo era balzato in piedi e osservava i due giovani boccheggianti, non con ostilità ma con perplessità e interesse.

«Sono nostre spie all’interno del Ministero» disse Luna, per informare Drew e i due Dursley, che si rilassarono di nuovo sulle sedie.

«Abbiamo fatto il prima possibile» disse il ragazzo, mentre tentava di riprendere fiato.

«Cosa è successo?» domandò nuovamente Sirius.

I due si scambiarono un’occhiata, dopodiché Christie mormorò: «Hermione è stata catturata. Si trova nelle celle del Ministero adesso».

LYRAPOTTER’S CORNER

Ragazzi, sono estremamente orgogliosa di me stessa. Devo essere stata presa da un raptus improvviso, vista la velocità con cui ho scritto questo capitolo. Ovviamente spero sia di vostro gradimento. Purtroppo non potrò cominciare a scrivere il prossimo fino a lunedì: quel giorno ho l’esame di teoria per la patente, perciò sarò troppo nervosa per scrivere.

In secondo luogo, sono stata felicissima di vedere che Luna ha riscosso successo: è uno dei miei personaggi preferiti, perciò ci tenevo a renderla bene (cosa che secondo me non è facile: Luna è un personaggio a mio parere molto complesso). Per quanto riguarda Sylar, ho fatto venire i dubbi a un po’ di gente, ma siccome non voglio rovinare la storia a nessuno, mi atterrò a una politica "No Comments". La risposta arriverà più avanti, vi basta continuare a leggere. E per chi non avesse voglia di aspettare, potete sempre guardarvi la vecchia trilogia di Star Wars (mmm, dovrei farmi pagare da Lucas per tutta la pubblicità che gli faccio XDXDXD).

Terzo (e stavolta parlo ai commentatori), mi avete reso la vongola più felice dell’oceano, dico sul serio. Cinque recensioni, quando le ho lette non mi sembrava nemmeno vero. Nello specifico, grazie a:

Lily_Snape, Hermione arriva nel prossimo capitolo, mentre Sylar è anche il cattivo del telefilm "Heroes". Infatti ho preso da lì il nome. Continua a leggere e a commentare!!!!

vickiN, un nome nuovo, uao, me entusiasta!!!!!! Sono felice ti piaccia la mia storia, non ti preoccupare, le risposte arriveranno!!!!!

Deidara, un altro nome nuovo!!!!!!! Su Sylar, come ho già detto sono in silenzio stampa!!!!!

SakiJune, mon amour, che bel commento lungo che mi hai lasciato *Lyra batte la mani estasiata*. Grazie per i complimenti e non preoccuparti: la storia non l’abbandono, dovessi metterci cent’anni la porterò fino alla fine (anche perché di idee in testa ne ho tante!!!). e ti assicuro, ero più che sincera quando ti ho definita mio faro nella notte.

Ino chan, quando ho letto la tua recensione, ho riso per tre quarti d’ora, giuro (mia sorella mi ha lanciato un’occhiata del tipo "ma questa è matta"!!!!!!!!). Dai, non è mica una tragedia, per stavolta ti perdono. Mi dispiace tanto per Tonks, a breve dirò cosa le è successo.

Ok, io ho finito, ora me ne vado a letto che è tardi. Mi raccomando, commentate (non smontatemi subito un’altra volta), al prossimo cap, bacibaci!!!!!!

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Capitolo 7
*** Decisioni importanti ***


MAGIC WARS

CAPITOLO VI: DECISIONI IMPORTANTI

2015

Prigione del Secondo Livello,

Ministero della Magia,

Londra.

Seduta immobile in una buia e quasi claustrofobica cella di due metri quadri, Hermione Granger aspettava. Aspettava che la porta di aprisse e qualcuno venisse a comunicarle il suo destino. Non che ne avesse bisogno: sapeva che la tappa successiva del suo viaggio sarebbe stata Azkaban e subito dopo il patibolo. Quella era la sorte destinata ai traditori. Non che le importasse più di tanto di morire: erano due anni che aveva perso ogni voglia di vivere, da quando aveva perso Ron, il suo amico, il suo compagno, una delle poche ragione per cui ancora si alzava la mattina. Anche quando ogni loro sforzo sembrava vano, ogni resistenza inutile, Ron era sempre stato colui che l’aveva spinta a continuare. La sua morte era stata un colpo orribile, sia per lei che per l’Ordine, ormai ridotto all’osso. Per settimane non aveva nemmeno avuto la forza di alzarsi dal letto, ma alla fine ce l’aveva fatta, aveva stretto i denti ed era tornata alla vita, in parte animata dalla speranza di poter vendicare l’omicidio di Ron, un giorno. E invece stava per raggiungerlo, magari perfino per mano dello stesso uomo. Chissà, si disse, magari anche Ron ha aspettato i suoi carcerieri in questo buco. Sorrise tristemente nella semi oscurità. Almeno aveva portato a termine il suo compito: i piani dell’Arma di certo erano già nelle mani dell’Ordine. E presto avrebbero potuto usarli per distruggere quest’ultima creazione di Voldemort, qualunque essa fosse. Ma lei non ci sarebbe stata.

Atrium,

Ministero della Magia,

Londra.

Battendo con impazienza il piede, Lord Sylar aspettava che le porte dell’ascensore si aprissero. Aveva appena finito di liquidare i giornalisti, che come mosche al miele si erano avventati sulla storia dell’incendio. Ovviamente avevano intuito che sotto c’era qualcosa di grosso: il Ministero non avrebbe certo inviato Bellatrix Lestrange fino nel Surrey per l’ennesimo attacco terroristico di un folle. Per il momento Sylar aveva posto veto su qualunque domanda al riguardo: sapeva comunque che la vera notizia, l’esistenza di un erede del Prescelto, non avrebbe tardato a trapelare. I giornalisti erano bestie infide: persone del calibro di Rita Skeeter (tuttora in attività, malgrado i ripetuti tentativi del Ministero di metterla al bando) non avrebbero smesso di scavare finché non avessero trovato quello che cercavano, ovvero tutto quello che avrebbe potuto rivelarsi utile per uno scoop. E un Potter ancora in vita era senza dubbio pane per i loro denti. Sylar sbuffò. Dovremo batterli sul tempo, si disse. Dare la notizia, prima che la scoprano da soli. Non possiamo mantenere il segreto in ogni caso: tanto vale mettere insieme una storia che possa tirare acqua la nostro mulino.

Le porte dell’ascensore finalmente si aprirono: Sylar entrò, premendo il pulsante che portava al secondo livello. Tutti nel piccolo spazio gli rivolsero un educato e a tratti spaventato cenno di saluto, che l’uomo ignorò. Aveva troppe cose di cui occuparsi, per preoccuparsi anche dei subalterni. Oltre tutto la maggior parte di loro era più che felice di essere ignorata: voleva dire che non avevano fatto nulla di male.

Con un din, le porte dell’ascensore si aprirono e una fredda voce femminile annunciò: "Secondo livello: Ufficio Applicazione Della Legge Sulla Magia". Sylar uscì e a passo svelto si avviò lungo il corridoio. Lo percorse per buona parte, cambiando diverse volte direzione, fino ad arrivare alla Zona delle Celle. Un tempo quella parte del livello era occupata dal Dipartimento Auror. Dopo lo smantellamento di quest’ultimo, l’area era stata convertita in una zona della massima sicurezza dove detenere i criminali in attesa di essere interrogati o puniti. Sylar si avvicinò al custode del corridoio e rudemente gli chiese: «Qual è la cella di Hermione Granger?».

«La numero dieci, signore. Tenete la chiave» e gliela porse. Sylar la prese e si allontanò senza aggiungere altro. Arrivato davanti alla porta con inciso sopra il numero dieci, infilò la chiave, facendola girare tre volte. La porta si aprì con un lieve scricchiolio e l’uomo entrò, richiudendosela alle spalle. Attese un paio di secondi perché i suoi occhi si adattassero alla penombra, dopodiché rivolse la sua attenzione alla prigioniera.

Al vederlo entrare, Hermione era scattata in piedi, mentre dentro si sentiva ribollire di odio puro.

«Lord Sylar» lo salutò con tono canzonatorio. «Sono davvero onorata della vostra presenza: non credevo di essere così importante da meritarmi una vostra visita!».

«Buon giorno, signorina Granger» rispose l’altro, tranquillo. «Mi auguro stiate gradendo la nostra ospitalità».

Hermione gli rivolse uno sguardo di fuoco, prima di ribattere. «Ho visto di meglio. E in ogni caso, io sono Hermione Weasley, non Granger».

Sylar la guardò, vagamente irritato. «Per me, lei si chiama ancora Hermione Granger, dato che il suo matrimonio con Ronald Weasley non è mai stato riconosciuto dallo stato…».

Furiosa, Hermione fece per avventarglisi contro. «Non osare dire il suo nome, sporco assassino!».

Sylar la respinse indietro con un semplice movimento di bacchetta. «Attenta signorina Granger» la minacciò. «Non abusi della mia pazienza».

Hermione lo ignorò mentre si rialzava in piedi, massaggiandosi il fianco lì dove era stata colpita. «Che cosa vuoi da me?» gli chiese.

«Farle un’offerta» fu la sorprendente risposta.

«E sarebbe?».

«Mi dica quello che sai e le farò ottenere la libertà. Risponda alle mie domande e potrà andarsene oggi stesso».

Hermione lo guardò stranita un istante. «Domande? Sull’Ordine, presumo. E se rispondo, tu mi lasceresti andare? Certo è una proposta allettante: dimmi quali sarebbero queste domande?».

«Niente di complesso» rispose Sylar. «Dove vi nascondete? Quanti siete di preciso? Chi sono le vostre spie? Cose così».

«Beh» osservò Hermione, avvicinandosi a lui, «certo potrei anche farlo. Tradire vilmente i miei compagni per salvarmi la pelle. C’è soltanto un piccolissimo problema in questo quadro».

«Cioè?». I due erano ormai vicinissimi: potevano addirittura sfiorarsi. «Io non sono una viscida voltagabbana» gli alitò in faccia Hermione. «E non sono interessata alla tua pietà. Non ne hai mostrata, quando hai ucciso un uomo debole e disarmato. Perciò puoi prendere la tua offerta, infilarti la tua lingua biforcuta tra i denti e sparire!». Detto questo, gli sputò in faccia, prima di allontanarsi.

Sylar l'afferrò per il gomito, costringendola a voltarsi. «Ronald Weasley si scelse il suo fato. Sappi che non provo il benché minimo rimorso per averlo ucciso. Era solo un traditore porta guai».

Hermione si divincolò dalla presa. «Non credo che tu possa provare rimorso» gli disse. «Non sono nemmeno sicura che tu sia umano. Ora vattene: questa conversazione è assurda e completamente inutile. Non ti dirò nulla di quello che vuoi sapere».

Sylar sorrise, serafico. «Ero più che certo che sarebbe stato inutile. Pazienza, troverò altri modi per ottenere ciò che voglio…»

«La tortura non mi spaventa, Sylar» ribatté la donna. «Né qualunque altra cosa tu vorrai farmi. Non puoi più ferirmi in alcun modo ormai».

«Ne è così certa, signorina Granger?» domandò placidamente il Mangiamorte. «Non si è chiesta perché abbia aspettato così tanto prima di venire da lei?».

Hermione non ribatté, spiazzata. Non si aspettava una domanda del genere. Ma effettivamente aveva ragione: cosa poteva esserci di tanto urgente da lasciarla macerare in una cella per quasi ventiquattro ore, prima di venire a interrogarla? A meno che…In un lampo ricordò che il giorno precedente anche un altro membro dell’Ordine aveva una missione importante da compiere. Andrew.

«Molto acuta come sempre, signorina Granger» disse Sylar.

«Fuori dalla mia testa, maledetto!»esclamò Hermione, schermandosi la mente contro l’improvvisa intrusione.

«Comunque, ha visto giusto. Abbiamo fatto una visita non programmata a Little Whinging poche ore fa. È stato, direi, molto interessante».

Hermione lo fulminò con un'altra occhiata. «Che cosa hai fatto?» mormorò.

«Io?» ribatté Sylar. «Veramente proprio nulla. È stata Bellatrix a portare a termine il lavoro».

«Portare a termine?» ripeté la donna, mentre un orribile sospetto si faceva strada dentro di lei.

Sylar annuì. «Sono desolato di informarla, signorina Granger, che i vostri sforzi sono stati vani. Il figlio di Harry Potter è morto».

Hermione boccheggiò, mentre le ginocchia le cedevano e cadeva a terra. Non è possibile, non è possibile…

«Temo» riprese Sylar, «che invece sia possibile. Bene, vorrà stare da sola con i suoi pensieri, immagino. Arrivederci, signorina Granger ». Esitò, prima di andarsene e aggiunse: «Ha visto? Un modo per ferirla esiste ancora». E con un sorrisetto malvagio dipinto in volto si girò e uscì.

Hermione sentì la serratura della porta scattare e poco dopo la voce del Mangiamorte dire al guardiano: «Tenetela a digiuno un paio di giorni, dopodiché manda a chiamare uno degli addetti agli interrogatori. Vedremo se è così forte come dice».

Inutile, è stato tutto inutile. Tutti questi anni passati a nasconderlo, aspettando il momento giusto: tutto inutile!

"Dobbiamo proteggerlo, per Harry, per Ginny". Questo le aveva detto Ron la sera che l’avevano portato dai Dursley. E lei aveva risposto: "Lo faremo, Ron: te lo prometto". Le lacrime cominciarono a scivolarle lungo le guance. Mi dispiace, Ron: ho fallito.

Quartier Generale

Dell’Ordine delle Fenice,

Londra.

Purtroppo Hermione non poteva sapere che Sylar le aveva mentito e che, in realtà, Drew Potter sedeva sano e salvo nella cucina del Quartier Generale dell’Ordine, al sicuro.

«Hermione è stata catturata. Si trova nelle celle del Ministero adesso».

«Che cosa?!» esclamò Sirius, balzando in piedi.

«Hermione catturata?» ripeté Luna, incredula.

«Maledizione!» imprecarono Fred e George in coro.

«Ragazzi!». La voce pacata di Remus riportò il silenzio. «Ne siete certi?» domandò poi a Christie e Keith.

I due giovani annuirono. «Ne sta parlando praticamente tutto il Ministero» disse Keith. «I pezzi grossi sono esaltati come pochi».

«Sapete dove la tengono?» chiese Ted, cercando di rimanere calmo.

Stavolta ci fu un doppio cenno di diniego. «Certamente al secondo livello: vorranno interrogarla» disse però Christie. «Ma non sappiamo dove con certezza, visto che non lavoriamo lì».

«Porco Merlino!». L’imprecazione di Sirius diede voce più o meno ai pensieri di tutti i presenti.

«E adesso che facciamo?» chiese Luna: il sorriso le era morto sulle labbra, per lasciare il posto a un’espressione funerea.

«Innanzitutto cerchiamo di mantenere la calma» disse Remus, dopo alcuni secondi di esitazione. «In secondo luogo, prima di tutto dobbiamo scoprire di preciso dove si trova: magari c’è un modo per tirarla fuori…».

«Per piacere, Remus!» esclamò Sirius. «Non prendiamoci in giro. Ci saranno come minimo un trilione di sentinelle e altrettanti incantesimi anti-intrusi, intorno alla sua cella. Figurati se Sylar e Voldemort si lasceranno sfuggire quest’occasione di fare una bella figura. L’unico modo per tirarla fuori di lì sarà condurla al patibolo!».

Nessuno disse nulla: sapevano che Sirius aveva ragione, per quanto fosse brutto da accettare. Hermione era perduta: per loro l’entrata del Ministero equivaleva a un buco nero. Tutto entrava, ma nulla poteva uscire.

«E allora?» chiese di nuovo Luna, incapace di accettare la realtà. «Significa che non faremo nulla? Che lasceremo al suo destino? Non è giusto!».

«Luna» disse Ted, «lo so che non è giusto, ma non possiamo fare niente. Se proviamo a entrare al Ministero per farla evadere, otterremo solo di andare a farle compagnia».

«Questo è un vero schifo!» esclamò la donna, prima di sedersi e prendersi il volto tra le mani.

«Concordo con Luna» disse Fred. «Siamo sicuri di non poter fare niente?» gli fece eco George, facendo saettare lo sguardo a tutti i membri.

«Temo che Sirius e Ted abbiano ragione» disse Keith alla fine. «Ho sentito Dolohov dire che intensificheranno le misure di sicurezza in tutta la Zona delle Celle. Neanche noi che lavoriamo al Ministero potremo accedere a quell’area senza un permesso speciale ».

Nessuno aggiunse altro: la questione poteva dirsi chiusa, anche se nessuno era soddisfatto della decisione presa.

«Almeno avete preso i piani dell’Arma?» chiese Christie.

I gemelli annuirono, mostrando la cartelletta nera. La ragazza si limitò a fare un cenno d’assenso.

«Cambiando argomento…» intervenne nuovamente Keith, rivolgendosi a Sirius. «Che diavolo hai combinato nel Surrey? Quando sono arrivato, l’Atrium era invaso di giornalisti. E la vecchia befana sembrava piuttosto pesta, quando l’ho intravista…».

Sirius ridacchiò. «Per quello che riguarda la mia cara cuginetta, mi sono limitato a difendermi: credo che le abbia prese da Sylar più che da me. E dal giovanotto qui presente» aggiunse accennando a Ethan, che si strinse nelle spalle.

Sia Christie che Keith fissarono prima il ragazzino, per poi passare a Drew e Kitty: nella fretta e nell’angoscia del loro arrivo non li avevano nemmeno notati.

«Io vi conosco» disse Christie, soffermandosi in particolare sui due Dursley. «C’era la vostra foto sulla Gazzetta stamattina: dicevano che eravate morti nell’incendio. E lui chi sarebbe?» concluse indicando Drew.

«Lui»rispose Sirius, «è il motivo per cui ieri io, Remus e Bella abbiamo trascinato i nostri sederi fino nel Surrey. E il motivo per cui Bellatrix ha dato fuoco al numero quattro d Privet Drive. Questo è Drew Potter, per servirvi».

I due impiegati del Ministero sgranarono gli occhi. «Potter?» ripeté Keith, incredulo. «Il figlio di quel Potter?».

«A quanto sembra» disse Drew. Cominciava a sentirsi davvero a disagio: il suo cognome era peggio di un proclama con tanto di trombe.

«Per mille gargoyles galoppanti» esclamò Christie. «I giornalisti ci sguazzeranno come pesci in un acquario quando verrà fuori».

«Il che sarà molto presto, temo» disse Remus. «Il Ministero non può certo sperare di tenere il segreto a lungo».

A quelle parole, Drew trattenne a stento l’impulso di battere la testa contro il tavolo: sarebbe stata quella la sua vita d’ora in poi? Tutta sguardi, occhiate e bocche spalancate, con il Ministero perennemente alle costole? Tutto perché mio padre era il PresceltoMa che razza di giustizia è questa?

«Beh» disse Ted, «non possiamo fare nulla per evitarlo, purtroppo. Anche in questo caso, abbiamo le mani legate. È già una fortuna che Drew sia qui, sano e salvo».

«E adesso?, chiese Drew. «Che cosa faremo adesso?".

I membri dell’Ordine si scambiarono un’occhiata. «Resterai qui» disse Remus. «Per te è senza dubbio il luogo più sicuro. E inoltre potrai imparare la magia».

A nessuno dei tre ragazzi sfuggì che l’uomo aveva usato il singolare. «E io e Ethan?» domandò prontamente Kitty. «Noi che dovremmo fare. Ufficialmente siamo morti».

«Beh» disse Fred, «una soluzione ci sarebbe. Fleur».

«Chi?» chiesero in coro i tre.

«Fleur è nostra cognata» rispose George. «Dopo la morte di suo marito (nostro fratello, Bill) è tornata in Francia, dalla sua famiglia». «Però» riprese Fred, «ci teniamo ancora in contatto: di certo sarebbe felice di aiutarci. Basterebbe procurarvi dei documenti falsi e predisporre una Passaporta».

«È un’idea» osservò Sirius. «In questo modo il problema sarebbe risolto».

«Posso mandarle un Patronus anche subito» disse uno dei gemelli. Stava già estraendo la bacchetta, quando Kitty esclamò, indignata: «Francia? Cioè, volete mandarci fino in Francia? Non se ne parla nemmeno!».

«Cosa?» chiese Ted, spiazzato, come tutti nella stanza del resto. Anche Drew era stupito: per quanto non gli piacesse che i suoi cugini se ne andassero, l’idea che restassero lì, proprio al centro del ciclone, gli piaceva ancora di meno.

«Sì» riprese Kitty. «Io in Francia non ci vado nemmeno morta. Ma per cosa mi avete preso? Per un pacco postale, che potete spostare qua e là a vostro piacimento? Penso si parlare anche a nome di mio fratello se dico che senza Drew non andremo da nessuna parte!».

«Assolutamente» le fece eco Ethan, per poi rivolgersi direttamente al fratello acquisito: «Drew, non voglio perdere anche te!».

Colpito e affondato, pensò Drew. Neanche lui voleva perderli, ma non voleva nemmeno metterli in pericolo: già due persone erano morte per colpa sua. «Ragazzi, è la soluzione migliore…» tentò, cercando di convincere anche sé stesso.

Kitty e Ethan lo guardarono come se lo vedessero per la prima volta. «Me ne infischio!» esclamò Kitty, arrabbiata. «Io non me ne vado, né in Francia, né da nessun’altra parte. Se proprio ci tenete, dovrete legarmi!».

«Anche me!» aggiunse Ethan risoluto. I due Dursley erano balzati in piedi e fronteggiavano i membri dell’Ordine, che li guardavano allibiti.

«Ragazzi…» provò di nuovo Drew, anche se sapeva che sarebbe stato inutile.

Infatti Kitty lo interruppe subito. «Niente scuse, Drew: se resti, restiamo anche noi. E questo è quanto!».

Remus sospirò. «Vi rendete conto del rischio che correte, vero? Noi siamo costantemente in pericolo: se i Mangiamorte attaccassero…»

«Ce la caveremo» lo interruppe Kitty. «E se dovessimo cambiare idea, la Francia non andrà da nessuna parte».

Ted scosse il capo. «Non è una buona idea». Siccome nessuno aggiunse altro, l’argomento fu dato per concluso e Kitty e Ethan si risedettero, soddisfatti.

«Noi dobbiamo andare» intervenne Keith, guardando l’orologio. «Non vorrei notassero la nostra assenza".

Christie annuì. «Vi faremo sapere, se succede qualcos’altro". Dopodiché i due si alzarono e uscirono.

Anche Luna si alzò in piedi, guardando l’orologio. «È quasi ora di pranzo» disse. «Volete qualcosa i particolare?».

«Qualunque cosa andrà bene, Luna» le rispose Sirius. A nessuno era sfuggito che la ragazza non aveva più parlato durante la riunione, né che non sorrideva: di certo, come tutti, non aveva ancora digerito la faccenda di Hermione.

Nel silenzio quasi più totale (rotto soltanto da Tonks, che per tutto il tempo aveva continuato imperterrita a giocherellare), Luna si mise ai fornelli e cominciò a cucinare.

Drew guardò dispiaciuto la donna. Poteva capirla: doveva sembrarle una specie di tradimento abbandonare un’amica in quel modo. Possibile che non ci sia proprio nulla da fare?, si chiese. Ma in fondo se non conoscono loro il modo d’agire del Ministero…non sarebbero arrivati a questa decisione se c’era un alternativa.

Per spezzare la tensione, intervennero di nuovo i gemelli, rivolgendosi direttamente al nipote.

«Senti, Drew, che ne dici se ti facciamo fare un giro della casa?»

«Ovviamente potete venire anche vi due» aggiunse l’altro indicando i Dursley. «In fondo questa diventerà anche casa vostra».

«Sì, d’accordo!» rispose Drew: tutto pur di allontanarsi da quell’atmosfera pesante.

Il gruppetto, capitanato da Fred e George, si avviò fuori dalla cucina.

«Signore e signori» cominciò Fred assumendo un tono da guida turistica, «la premiata ditta Weasley&Weasley è orgogliosa di presentare "Il Super Mega Tour del Quartier Generale dell’Ordine della Fenice" ».

«Prego» continuò George, «rimanete insieme al gruppo, non toccate gli oggetti esposti e niente foto con il flash. Grazie!».

Ripresero a camminare lungo il corridoio, fino ad arrivare nel salotto. «Alla vostra sinistra» riprese Fred, «potete ammirare il magnifico salotto, arredato in stile tardo Lovegood, con un aggiunta di stile Granger e Tonks».

«Di fronte a noi, il grande caminetto, con il suo immancabile vasetto di Polvere Volante: un’ottima via di fuga e un eccellente mezzo di riscaldamento. E davanti ad esso il magnifico divano giallo limone, decorato con superbe macchie scure non meglio identificabili: Quartier Generale dell’Ordine della Fenice può inoltre vantare il divano dai cuscini più morbidi della Gran Bretagna, l’ideale per una seratina romantica accanto al fuoco. Purtroppo non capitano molte occasione simili».

«Sulla sinistra della stanza, osservate le magnifiche finestre adornate da tende viola pervinca, da cui si gode una magnifica vista su Chalmers Road, Londra».

Mentre i gemelli continuavano la loro entusiastica descrizione, neanche stessero cercando di vendere la casa, Drew gironzolò qua e là per il salotto. Ad attirare la sua attenzione erano state soprattutto alcune foto appoggiate sopra al caminetto e "allo straordinario armadietto in legno di quercia con pregiatissimi intagli", come lo aveva appena definito George. Prese in mano il primo portafoto, che ritraeva un folto gruppo di persone, quasi tutte con i capelli rossi. Pur avendo intuito chi fossero, Drew domandò: «Chi sono questi?».

I gemelli si voltarono verso di lui e guardarono la fotografia che teneva in mano. Entrambi sorrisero.

«Questa è la nostra famiglia. L’intero clan Weasley al completo» rispose George.

«Questi» continuò Fred indicando la coppia al centro, «sono i nostri genitori Arthur e Molly. Questo è Bill, con sua moglie Fleur. Poi Charlie e Percy. Questi ovviamente siamo noi due. Ron, con Hermione, la sua fidanzata. E gli ultimi due sono i tuoi genitori: questa è Ginny e lì, abbracciato a lei, Harry».

Drew concentrò la sua attenzione sugli ultimi due: in fondo era la prima volta in vita sua che vedeva un’immagine dei suoi genitori. Notò subito che Dudley aveva ragione: lui e suo padre non si somigliavano per niente, se escludevi gli occhi e i capelli perennemente spettinati. Anche paragonandosi con gli altri personaggi della foto, si capiva subito che lui era un Weasley fatto e finito. Guardò di nuovo sua madre e suo padre abbracciati: sembravano l’immagine stessa della felicità. Lui era raggiante, lei semplicemente radiosa: sembrava quasi emanare luce tanto doveva essere felice.

«Quando l’avete scattata?» chiese, con un groppo in gola.

«Dunque» rispose George, con espressione concentrata, «se non ricordo male, quello è stato l’ultimo natale tutti insieme, perciò sul finire del ’97».

Subito dopo che mia madre aveva scoperto di essere incinta si disse Drew. Alla luce di questo gli sembrò ancora più chiaro perché i suoi sembrassero tanto felici. «È davvero bella» commentò, prima di riappoggiare la foto al suo posto. Si era improvvisamente ricordato una cosa che gli avevano detto i gemelli, quando si erano conosciuti poco prima. "Gli ultimi fieri rappresentanti della famiglia Weasley ancora in vita". Il che significava che tutte le altre persone in quella foto erano morte. Passò alle foto successive, riconoscendoci senza difficoltà rappresentati della famiglia Weasley che lo salutavano, sorridendo.

Infine si avvicinò all’armadietto di quercia, su cui capeggiavano due cornici. Prendendo la prima, Drew non riuscì a riconoscere nessuno, tranne Sirius e Remus in prima fila e i Weasley sparsi qua e là.

«E questi?» chiese.

«L’Ordine della Fenice all’inizio del ’97. Prima che Voldemort prendesse il Ministero».

Seguì una lista di nomi, ciascuno abbinato a una di quelle persone, intrappolate per sempre dentro una foto: Alastor "Malocchio" Moody, morto in un’imboscata dei Mangiamorte portandosene dietro otto dei dieci che l’avevano attaccato; Kingsley Shacklebolt, catturato e imprigionato ad Azkaban, per finire Baciato da un Dissenatore poco dopo; Sirius, uguale e identico al presente; Remus e Tonks, abbracciati (Drew faticò un poco a credere che quella giovane sorridente fosse la stessa donna che ora stava in cucina); Rubeus Hagrid, ucciso in un attacco dei giganti; Severus Piton, il Mangiamorte pentito, ucciso ad Azkaban da Voldemort stesso; Albus Silente, il capo dell’Ordine, che morì pochi mesi dopo ad Hogwarts; Minerva Mcgranitt, crudelmente eliminata per aver difeso con le unghie e con i denti Hogwarts e tutto ciò che rappresentava; e poi tutti i Weasley, catturati o presi in imboscate o durante qualche missione per l’Ordine nel corso degli anni.

Drew aveva ascoltato quella lista di tragedie con gli occhi spalancati.

«Il Ministero, o meglio Voldemort, non perdona nessuno» concluse Fred con sguardo triste.

«Che cosa hai fatto alla mano?» chiese Drew, indicando l’arto senza dita.

«Una maledizione Sectumsempra mi sfiorò di striscio circa cinque anni fa. Me le trancio di netto…».

Drew annuì: si sentì un incredibile vuoto nello stomaco guardando quella foto e tutte quelle persone, morte per quello in cui credevano.

Per distrarsi rivolse la sua attenzione alla seconda cornice: stavolta riconobbe subito Remus e Tonks. Tra di loro sedeva una bambina di circa sei anni.

«Chi è la bambina? » chiese. I gemelli sembrarono improvvisamente a disagio. «È la figlia, Allison».

«Remus e Tonks hanno una figlia?» ripeté Drew, incredulo. «E dov’è?».

Fred e George evitarono il suo sguardo. «Non è qui» disse Fred. «E ora riprendiamo il tour, forza!» concluse George. I gemelli si allontanarono, riprendendo a tessere le lodi della stanza.

Drew li seguì perplesso: perché tutte le volte che faceva una domanda sul passato dei Lupin si finiva sempre con spostare il discorso a qualcos’altro. Era successo con Remus il giorno prima, con Luna e ora con Fred e George. Cosa poteva essere successo di tanto brutto?

La visita della casa proseguì al piano superiore, per concludersi alla fine nella stanza dei gemelli.

«E con questo si conclude il nostro giro. Proseguire a destra per trovare l’uscita e il negozio di souvenir, grazie!».

«Dove dormiremo noi?» chiese Kitty a quel punto.

«Ci sono ancora un paio di stanze libere» disse Fred. «In fondo al corridoio. Probabilmente dovrete stare tutti e tre insieme, ma non preoccupatevi: non vi lasciamo sul pavimento» concluse George, sghignazzando.

«Un’ultima cosa» disse poi Fred. Abbiamo un regalo per te» e indicò Drew.

«Per me?» ripeté Drew perplesso.

«Beh, sì. In fondo ieri era il tuo compleanno, no?. George?».

Il gemello annuì, si voltò e cominciò a frugare dentro l’armadio. Drew lo sentì borbottare qualcosa del tipo "Eppure era qui, da qualche parte…". Alla fine il ragazzo riemerse: tra le mani stringeva un lungo astuccio.

«Che cos’è?» chiese Drew incuriosito, prendendo la scatoletta che lo zio gli stava porgendo.

«Apri» fu la semplice risposta. Il ragazzo ubbidì e si trovò davanti una lunga, splendente bacchetta. Drew spalancò la bocca, sorpreso. «Come…?» iniziò a chiedere, ma Fred lo interruppe. «Questa» disse, «era la bacchetta di Ginny».

«Pensiamo sia giusto che d’ora in avanti la usi tu, visto che non puoi averne una tua, per il momento» concluse George.

«Ragazzi, il pranzo è pronto». La voce di Luna risuonò dal piano di sotto.

«Evviva si mangia!» esclamarono i gemelli. Si avviarono di sotto, con i Dursley alle costole.

Drew esitò un istante prima di seguirlo. Con mano tremante, strinse il pugno contro il legno liscio. La bacchetta di sua madre. No, ora era la sua bacchetta. E le avrebbe fatto onore.

LYRAPOTTER’S CORNER

Evviva sono riuscita a finirlo. E dire che avevo paura venisse troppo corto: alla fine mi sono dilungata ed è quasi successo il contrario. Pazienza, più roba da leggere per voi: ci tenevo a far finire il capitolo con Drew che riceve la bacchetta. Probabilmente leggendo della strage che ho appena compiuto, mi detesterete tutti. Mi detesto da sola, ho silurato tanti personaggi che adoro, ma ho dovuto essere pratica: in pochi contro un’intera nazione non si può mica fare miracoli. Spero vivamente non me ne vorrete troppo. In secondo luogo, mi sono appena resa conto di aver sbagliato i conti per la data di ambientazione, perciò ad inizio di capitolo ho corretto il tiro: siamo nel 2015, non nel 2016 (scusate, ma io e la matematica viviamo su due mondi diversi!!!!).

Poi, ho passato l’esame di teoria della patente, perciò sono a meta strada per diventare un pericolo pubblico (non agitatevi, l’esame di guida è ancora lontano un paio di anni luce).

Ed ora i tanto sentiti ringraziamenti. Grazie a:

Ino chan, una fan di Star Wars, uao, Lyra è molto felice di leggerlo!!!!! Povero Harry, davvero!!!!!!!

vickyN, quello che è capitato a Dora si saprà nel prossimo capitolo o al massimo in quello dopo….

Deidara, grazie per gli auguri e probabilmente hai ragione, ho detto troppo. Pazienza!!!!!

SakiJune, andiamo, sei po’ cattiva, povera Hermione!!!!! Non preoccuparti, niente infarti per Remus nel suo prossimo futuro (credo *Lyra si liscia con noncuranza il forcone e le corna da diavoletto*). Per quanto riguarda Dora, non posso dirti dove, come, quando e perché, ma posso anticiparti che prima della fine della storia si riprenderà. Non aspettarti una cosa in tempi brevi, comunque, ci sarà da aspettare!!!!!!

Lily_Snape, eccoti servita. In effetti sì, purtroppo ne muoiono tanti.

Per concludere, un piccolo spazio pubblicità: se vi interessa, ho pubblicato una one-shot su Remus e Tonks, dai toni decisamente più allegri. Se vi va dateci un’occhiata.

Alla prossima, bacibaci!!!!!!!

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Capitolo 8
*** Lezioni, segreti e un cane bavoso ***


MAGIC WARS

 

CAPITOLO VII: LEZIONI, SEGRETI E UN CANE BAVOSO

Quartier Generale

Dell’Ordine della Fenice,

Londra.

«Avanti, concentrati!».

Drew sbuffò, fissando con odio il vaso che in teoria avrebbe dovuto far levitare e che invece non voleva saperne di muoversi.

«Cosa pensi abbia fatto negli ultimi quarantacinque minuti?» chiese.

Remus lo guardò con un luccichio divertito negli occhi. «Cosa credevi? Che bastasse una bacchetta a far di te un mago? Occorrono pazienza e molto allenamento per imparare a padroneggiare la magia. E questo implicherà molti noiosi pomeriggi a litigare con un vaso. Forza!».

Drew annuì, riprendendo a concentrarsi. Puntò la bacchetta verso il soprammobile e disse: «Wingardium Leviosa».

Il vaso per tutta risposta rimase bello immobile sul tavolino. Drew non si sarebbe stupito più di tanto se gli avesse fatto un pernacchia!.

«È tutto inutile» borbottò. «Forse sono uscito Magonò sul serio!».

«Ma va là!» esclamò Remus, avvicinandosi. «Sbagli solo il movimento del polso. È tutta questione di tecnica. Guarda. Wingardium Leviosa» e accompagnò le ultime parole con un delicato ma deciso movimento del polso. Il vaso si sollevò di una decina di centimetri, dopodiché Remus lo fece riatterrare.

«Pare facile» bofonchiò Drew. «Quel coso mi odia!». Suonava infantile e stupido perfino alle sue stesse orecchie. Quasi si aspettava che il suo insegnante lo cacciasse a calci. Invece Remus gli lanciò un altro sorriso. «Certo!» affermò ironico. «È sicuramente quello il problema. Dai, ci siamo passati tutti: basta un po’ di allenamento. Riprova. E ti avviso, staremo qui finché tu e il "coso" non avrete fatto pace, perciò meglio che ti metti d’impegno».

«Dittatore» mormorò Drew, prima di tornare a prestare la sua attenzione al vaso e all’incantesimo di Levitazione. D’accordo, si disse, concentrati Drew. Se possono farlo ragazzini di undici anni, puoi farlo anche tu. Focalizza la tua attenzione e poi…agitare e colpire! «Wingardium Leviosa!». E, con sua gioia e sorpresa, il vaso si levò a mezz’aria. Con attenzione, lo pilotò con la bacchetta e lo fece riadagiare sulla mensola di fronte a lui.

«Molto bene!» si complimentò Remus, con un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro. «Davvero molto bene! Visto, non era così difficile».

«Già, è vero» confermò Drew, sentendosi orgoglioso. Non era un granché, ma era pur sempre la sua prima magia.

«Bene: adesso riprova. Voglio essere sicuro che non sia stato un caso».

E non lo era: dopo il vaso, Drew fece Levitare anche un libro, una lampada, un cuscino e i portafoto sopra al caminetto.

«Perfetto» disse Remus. «Direi che l’incantesimo di Levitazione l’hai imparato. Prossimo passo: incantesimo di Ingozzamento e incantesimo di Riduzione».

«Tiro a indovinare: servono a ingrandire e ridurre gli oggetti?» chiese Drew,

«Uhm, sei perspicace. Comunque sì: questi due incantesimi modificano le dimensioni degli oggetti o delle persone. Comunque, per il momento ci limiteremo a questa» e tirò fuori dal mantello una pallina da tennis, appoggiandola di fronte a Drew.

«Da quale cominciamo? ».

«Ingozzamento. La formula è "Engorgio". Capito?».

«Engorgio» ripeté Drew. «Afferrato».

«Ok, allora prova».

Furono necessarie quasi due ore e molti tentativi a vuoto perché Drew arrivasse a padroneggiare anche questi due incantesimi.

«Direi che per oggi é sufficiente» disse alla fine Remus, dopo che Drew ebbe riportato senza incidenti la pallina alle sue dimensioni originarie.

«D’accordo» rispose Drew. «Allora posso andare?».

«Un’ultima cosa» lo trattenne Remus. L’uomo gli porse un libro. «Questo è un manuale di incantesimi» disse allo sguardo interrogativo di Drew. «Studiatelo. Prima consolidi le basi meglio sarà per tutti».

Il ragazzo annuì. «Grazie, Remus». Prese il libro e corse di sopra. Arrivato nella sua stanza, si chiuse la porta alle spalle, gettandosi sul letto.

«Come è andata?» gli chiese Ethan. Il ragazzino era seduto sul pavimento, intento a fare un puzzle.

«Meglio di ieri» disse Drew, strisciando verso il fondo del letto in modo da vedere il cugino. «Ho imparato tre incantesimi».

Gli occhi del piccolo Dursley si accesero di curiosità. «Davvero? Quali? Posso vedere? Ti pregooooo!».

Drew ridacchiò davanti a quel torrente di parole. «Calmati, campione. Comunque, ho imparato l’incantesimo di Levitazione, quello di Ingozzamento e quello di Riduzione».

«Fammi vedere, fammi vedere!» lo incalzò eccitato Ethan.

Drew esitò un attimo: era sicuro? Magari rischiava di fare qualche guaio. In fondo non era certo di saper padroneggiare quegli incantesimi al cento per cento. Meglio non rischiare.

«Un’altra volta» disse perciò. «Dov’è Kitty?» chiese poi, per sviare il discorso.

«Si sta facendo una doccia. Approfittava del fatto che non c’era nessuno in bagno. Sai, non penso si trovi tanto bene qui…».

Drew guardò il cuginetto perplesso. «Cosa te lo fa pensare?» chiese.

Ethan si strinse nelle spalle. «Non so: è solo una sensazione. Tutta questa storia di magia…sai come la pensa al riguardo».

Drew annuì. «Già. Forse le ci vuole solo un po’ di tempo per abituarsi».

«Probabilmente» confermò Ethan.

In quel momento i due si interruppero: la porta si era aperta e l’oggetto della loro conversazione era entrata.

«Ehi, ragazzi» salutò. «Di che parlavate?».

«Delle mie lezioni» fu lesto a rispondere Drew. «Oggi ho imparato qualche incantesimo».

Kitty annuì con un sorriso. «Bene. Sono contenta per te».

Drew ricambiò il sorriso della cugina, chiedendosi se dopo tutto Ethan non avesse ragione.

Remus entrò zoppicando in cucina, lanciando una rapida occhiata alla moglie, seduta sul pavimento, persa nel suo mondo, per poi accomodarsi di fronte a Sirius. L’Animagus gli rivolse un sorriso. «Allora? Come è andata la lezione?».

Anche Remus si lasciò andare a un sorriso. «Più che bene. Non ho mai visto una persona più portata per la magia».

«Buon sangue non mente» osservò Sirius. «Anche Harry in fondo è stato un mago molto potente. E James prima di lui».

«Già. È un vero peccato che non abbia potuto avere un’istruzione come si deve. A Hogwarts avrebbe fatto scintille».

«È molto probabile. Vuoi una tazza di the, Moony?» gli chiese, alzandosi.

«Sì, grazie. Comunque, se procediamo a questo ritmo, tra un paio di settimane, potrebbe cominciare a studiare incantesimi da Duello. A quel punto però sarebbe meglio subentrassi anche tu. Nelle mie condizioni, non posso permettermi di farmi sbatacchiare più di tanto…».

«Nessun problema, Remus. Ma sei sicuro di poterti fidare e affidarlo alle mie abili manine? ».

Remus lo guardò con un ghigno, mentre prendeva la tazza che l’amico gli porgeva. «Non troppo» disse. «Senza offesa, ma l’insegnamento non fa proprio per te. Ma come Duellante, qua dentro sei senza dubbio il migliore".

«Grazie, mon ami. Farò il possibile per non ucciderlo al primo scontro».

«Sarebbe pure il colmo» osservò Remus. «Ammazzarlo con le tue mani, dopo tutti gli anni passati a proteggerlo e nasconderlo…».

I due compagni risero. «Tornando a questioni serie…» riprese Sirius, quando si fu calmato. «Quando conti di dirglielo? Del tuo problema peloso, intendo».

Remus si irrigidì, come sempre quando si toccava l’argomento. «Non lo so» rispose alla fine, guardando il tavolo.

«Presto o tardi dovrai farlo» osservò tranquillamente l’altro.

«Pensi che non lo sappia? Ho solo paura della sua reazione: è cresciuto nella convinzione che quelli come me siano mostri assetati di sangue. Non voglio spaventarlo…».

«Non bendarti la testa prima di essertela rotta» lo rimproverò l’amico. «Magari la prenderà bene. Ha già avuto modo di conoscerti come persona. E non sembra il tipo che si ferma alle apparenze: potrebbe anche non importargliene niente».

«Di che parlate?». Entrambi sobbalzarono, mentre Drew entrava nella stanza. «Dalla vostra reazione, di me, credo».

«No, no» si affrettò a negare Remus. «Non parlavamo di te. Ci hai solo colti alla sprovvista. Vuoi qualcosa?».

«Solo sapere se c’era qualcosa di commestibile» rispose il ragazzo. «Ethan sta facendo la terza guerra mondiale di sopra».

«Aspetta» disse Sirius alzandosi. Senza farsi vedere da Drew lanciò un’eloquente occhiata a Remus, sillabando la parola "diglielo". L’uomo sbuffò. Avanti, Remus: via il dente via il dolore.

«Drew, puoi venire qui un attimo: devo dirti una cosa».

«Oh, oh…che cosa ho fatto?» chiese l’altro con un sorriso mentre si sedeva.

«Coda di paglia, eh?» ribatté Remus, inarcando un sopraciglio. «Comunque, non hai fatto niente. Si tratta di me…».

«Di te?», ripeté Drew. «Non capisco».

Remus sbuffò, cercando le parole giuste. Nel frattempo, ascoltava lo sproloquio di Sirius, immerso nella ricerca di qualcosa da mangiare. «Dunque, vediamo, qui si sono dei biscotti…no, sono scaduti il mese scorso. Delle barrette al cioccolato, no, sono qui da almeno tre mesi: ormai avranno fatto la muffa. Un barattolo di sottaceti: ma chi li mangia? E questo cos’è? Ah no, sono i croccantini del gatto…».

«Avete un gatto?» lo interruppe Drew. «Sono qui già da due giorni e non ho ancora visto nessuno gatto».

«Ah, no?» domandò Sirius, girandosi verso di lui. «Strano: di solito gira sempre qui intorno. Sentirà la mancanza della padrona». Davanti allo sguardo interrogativo di Drew, aggiunse: «Il gatto di Hermione, Grattastinchi. Ma Remus doveva dirti qualcosa: avanti parlate» e tornò a frugare nella dispensa.

«Allora…» riprese Remus, esitante. «Ricordi l’altro giorno, quando Luna ha detto quella cosa delle pozioni…».

«Che le devi prendere praticamente da sempre?» chiese Drew. «Sì».

«Beh, non ti ho più detto a cosa si riferiva». Remus prese un respiro profondo, prima di aggiungere: «Luna parlava della pozione Antilupo».

«Pozione Antilupo?» ripeté Drew perplesso. «Ma quella non è per i…».

A quel punto comprese dove l’altro volesse andare a parare. Infatti Remus si limitò ad annuire e confermò il suo sospetto. «Sono un lupo mannaro». Dopodiché tacque, studiando la reazione del ragazzo. Drew gli rivolse uno sguardo a metà tra il sorpreso e il terrorizzato. «Guarda cosa ho trovato: penso che per il piccolo squalo andranno bene». L’intervento di Sirius, riemerso provvidenzialmente dalla sua ricerca con un sacchetto di patatine, fu utile a spezzare la tensione. L’Animagus fece saettare gli occhi da Drew che continuava a fissare Remus senza sapere cosa dire all’amico in attesa di vedere come si sarebbe evoluta la situazione.

Ma prima che potesse dire o fare qualcos’altro, la porta si aprì e Keith e Christie fecero il loro ingresso. Quest’ultima stringeva tra le mani una copia arrotolata della Gazzetta del Profeta. «Buon giorno» salutarono i due.

«Ciao, ragazzi», ricambiò Sirius. «Cosa ci comunicate di bello oggi?».

«Di bello» rispose Keith, «nulla. Ma qualcosa di interessante c’è. Christie?».

La ragazza annuì porgendo all’Animagus il giornale. In prima pagina capeggiava una foto di Drew, e sotto queste parole:

HARRY POTTER HA AVUTO UN FIGLIO

In una conferenza stampa shock tenutasi ieri sera, il vice del Ministro, Lord Sylar, ha annunciato che Harry Potter, meglio noto come il Prescelto, ha avuto un figlio prima di morire, diciassette anni fa. Il ragazzo, Andrew Potter, sarebbe vissuto per tutti questi anni a Little Whinging, nel Surrey, accudito dal cugino del padre, Dudley Dursley. Sembra anche che Potter sia direttamente coinvolto nell’incendio che due giorni fa ha ucciso l’intera famiglia Dursley e finora attribuito al noto criminale Sirius Black. Il Ministero ha anche annunciato che per chiunque consegni il ragazzo o possa dare informazioni utili sul suo attuale nascondiglio ci sarà un premio in denaro. (continua a pagina 4).

«Bene» osservò Sirius, richiudendo il quotidiano. «Adesso la notizia è ufficiale».

In salotto, sotto la supervisione di Sirius, Drew si stava esercitando con gli incantesimi di Appello. Erano trascorsi tre giorni dalla confessione di Remus, tre giorni durante i quali lui e il licantropo non si erano quasi rivolti la parola. Non che fosse tutta colpa sua: aveva il vago sospetto che Remus volesse evitarlo. Aveva sperato di poterci parlare durante la lezione di Incantesimi, ma quando il giorno prima era sceso in salotto, si era trovato davanti Sirius. La scena si era ripetuta praticamente identica i due giorni successivi. A Drew dispiaceva: cominciava ad affezionarsi a Remus, ma alla luce di quello che aveva scoperto non sapeva più come regolarsi. E quel zuccone non gli rendeva certo le cose più facili.

«Sirius» chiese al suo insegnante, «Remus ce l’ha con me?».

L’uomo lo guardò sorpreso. «È perché ti sta evitando, vero?». Drew annuì.

«No, non ce l’ha con te. Più che altro ha paura».

«Paura?» ripeté Drew, stupito. «E di cosa?».

«Della tua reazione, immagino. Conosco Remus: siamo amici da più di quarant’anni. Teme un tuo possibile rifiuto, il tuo disprezzo o la tua paura che dir si voglia. È sempre stato così: colpa di una società che non sa guardare oltre il suo naso».

«Ma io non voglio disprezzarlo» si difese Drew, scandalizzato. «Avevo solo bisogno di un po’ di tempo, per assimilare il tutto. Non lo considero un mostro».

Sirius lo guardò, con un sorriso stupito e un po’ orgoglioso. «Purtroppo non esistono molte persone come te a questo mondo».

«Il mondo è stupido» osservò Drew con un moto di stizza.

«È molto probabile: ma non possiamo farci nulla».

Drew annuì, tornando poi a guardare il portafoto che avrebbe dovuto Appellare. «Accio!» esclamò. Con fare ubbidiente, l’oggetto volò nella sua mano. «Ehi, ce l’ho fatta».

«Complimenti» si congratulò Sirius. «Stai facendo passi da gigante, lo sai? Non sono in molti i maghi che sarebbero in grado di Appellare con successo qualcosa dopo una settimana scarsa di allenamento».

Drew sorrise, orgoglioso di sé stesso. Poi guardò la foto che teneva in mano: senza volerlo aveva attirato quella di Remus e Tonks con la figlia. Sembravano così felici: i due coniugi esibivano un sorriso a trentadue denti. La curiosità ebbe la meglio su di lui e lo spinse a chiedere: «Sirius, posso farti una domanda? Solo prometti di rispondere e non sviare l’argomento come hanno fatto gli altri. Cosa è successo a Dora? E alla bambina, Allison mi pare?».

Quasi si aspettava che anche lui evitasse in qualche modo di rispondere. Invece l’Animagus sospirò, prendendogli di mano il portafoto. Guardò per un attimo l’immagine, prima di riappoggiarla al su posto sopra l’armadietto.

«Sì, la bambina si chiama Allison. Ally. Dovrebbe avere circa diciannove anni, ormai».

«Dove si trova?» chiese Drew.

«Non lo so» fu la laconica risposta. «Nessuno di noi lo sa, nemmeno Remus. Vedi» continuò, mentre si sedeva sul divano e faceva cenno al ragazzo di fare altrettanto, «quando nacque Ally, eravamo ancora in piena guerra. Ma finché potemmo contare sull’aiuto del Ministero le cose andarono abbastanza bene. Ma il Ministero cadde e Voldemort prese il potere. E ci ritrovammo a dover lottare contro un’intera nazione. A doverci nascondere da un’intera nazione. Così, Remus e Tonks affidarono la bambina, all’epoca aveva poco più di due anni, alla madre di lei, Andromeda. Lei era una Black, come me, e il nostro nome contava ancora qualcosa davanti all’autorità, malgrado avesse sposato un Sanguesporco. Riuscì a ottenere il perdono delle sue colpe, con un finto divorzio e la promessa di non entrare più in contatto con i suoi famigliari. In questo modo poté garantire a Ally un’infanzia normale e un posto ad Hogwarts. Per salvare le apparenze le cambiò perfino il cognome, da Lupin a Black. Ovviamente non mantenne la seconda parte del patto: appena Remus e Dora ne avevano l’opportunità correvano a riabbracciare la figlia. Quella foto fu scattata per il suo sesto compleanno, se non vado errato».

«E poi?» chiese Drew. «Cosa è successo?».

«Beh, con due genitori del genere, Ally non poteva certo diventare una ragazzina come le altre. Fin da quando entrò a scuola, fece di tutto per mettere i bastoni tra le ruote a insegnanti e Mangiamorte. Spesso la scampò per un soffio. Sua nonna e i suoi genitori le dicevano si smettere, che si sarebbe cacciata nei guai, ma lei era una testa dura. Al quinto anno, con un gruppo di amici, cercò di riportare in auge l’ES. E per certi versi ci riuscì, perché la sua attività sovversiva andò avanti per oltre un anno. Finché, poco dopo l’inizio del sesto anno, non ne combinò una troppo grossa. Disse pubblicamente tutto quello che pensava di Voldemort e del suo governo e umiliò il preside con uno scherzo che avrebbe fatto venire i capelli bianchi perfino a Fred e George. E il preside, stufo marcio delle sue bravate, prima la espulse, poi la spedì dritta al Ministero, che mise in giro la voce che sarebbe stata giustiziata. Ti lascio immaginare cosa è successo dopo…».

«Remus e Tonks sono corsi in suo aiuto».

Sirius annuì. «Si consegnarono in cambio della vita della figlia. Puoi immaginarti le facce dei Mangiamorte: due membri dell’Ordine in cambio della vita di una ragazzina inutile. Probabilmente pensarono che il natale era arrivato con due mesi di anticipo: accettarono senza pensarci due volte. Liberarono Ally e buttarono Remus e Tonks in pasto ai Dissenatori, ad Azkaban. Andromeda cercò di intervenire per ottenere anche il loro rilascio, ma Bellatrix colse la palla la balzo per dimostrare che era una traditrice e la uccise. Non so cosa li abbiano fatto là dentro, probabilmente li torturarono sperando di ricavare informazioni utili per incastrare il resto dell’Ordine. Non so se conosci gli effetti che una Maledizione Cruciatus può avere sul corpo e la mente di una persona…al di là del dolore, ovviamente».

«Tonks è ridotta così per colpa della Cruciatus?» lo interruppe Drew, mentre un brivido involontario gli percorreva la spina dorsale.

Sirius annuì. «Quella e con tutta probabilità anche cose peggiori. Gli addetti agli interrogatori del Ministero non ci vanno mai leggeri: per loro ottenere informazioni è solo il secondo fine. Il primo è vedere quanto le loro vittime resistono prima di perdere il senno».

«E loro, quanto hanno resistito?» chiese Drew con voce incrinata.

«Quasi tre settimane. Dopodiché scoprimmo che stavano trasferendo Dora al San Mungo e con una mossa a sorpresa riuscimmo a salvarla e a riportarla qui. Nello stato in cui si trova tuttora. Per i danni che ha subito non esistono cure, e anche se esistessero, noi non possiamo offrirgliele».

«E Remus?».

«Remus rimase nelle mani dei suoi aguzzini per altri cinque giorni. Non ho mai capito dove trovò la forza di ribellarsi, forse per merito della luna piena imminente. Comunque mise fuori gioco il torturatore di turno, gli rubò la bacchetta e si Smaterializzò qui. Quando lo trovammo era più morto che vivo e la trasformazione di due giorni dopo non aiutò di certo. Comunque alla fine riuscì a spuntarla e cominciò a riprendersi, anche se con danni non indifferenti: la sua gamba destra è quasi completamente immobilizzata e il suo cuore è talmente indebolito che deve dipendere da quelle pozioni se non vuole rischiare l’infarto. Il plenilunio poi è diventato un vero e proprio calvario. Tuttavia le sue capacità mentali sono rimaste pressoché intatte: e a essere sincero non so se sia un bene o un male. Per lui, vedere Tonks in quelle condizioni è peggio di qualunque dolore fisico».

Drew annuì. «Immagino. Ma Ally? Dopo essere stata rilasciata, non è tornata qui?».

«No, non l’ha fatto. È fuggita, probabilmente divorata dai sensi di colpa per il disastro che aveva combinato. Non si è più fatta vedere: l’ultima sua traccia fu una lettera che spedì a Remus qualche settimana dopo il suo rilascio. Poi più nulla: per quel che ne sappiamo potrebbe essere morta».

Calò il silenzio. Drew rimase a fissare il vuoto davanti a sé per un tempo che non seppe ben definire. Si sentiva male quasi fisicamente per quello che Sirius gli aveva appena raccontato. Voldemort distrugge tutto quello che tocca. Una famiglia felice distrutta per un semplice gesto di ribellione. Ed è solo la punta dell’iceberg: quanti altri Remus, quante Dora ci sono là fuori? Perché la gente non fa niente per fermare questa follia?.

Sirius gli lanciò un’occhiata preoccupata. «Drew? Tutto bene? Forse era meglio se non ti raccontavo questa storia…».

«No, Sirius» lo interruppe il ragazzo, «sto bene. Stavo solo pensando, perché nessuno, a parte noi, cerca di fermare Voldemort?».

«Per paura, essenzialmente. Hanno tutti il terrore che se provano ad alzare la testa, Voldemort ucciderà loro e le loro famiglie. Non capiscono che questa non è una vera vita: vivere all’ombra di un pazzo visionario sperando di non trovarselo un giorno davanti alla porta…». Sirius scosse il capo, arrabbiato e frustrato.

«Ho capito» disse Drew. «Scusami, vado a parlare un attimo con Remus».

Si alzò e corse al piano di sopra, facendo gli scalini due a due, fino ad arrivare alla stanza del licantropo. Bussò, aspettando la risposta. Poco dopo, la porta di aprì e Remus comparve sulla soglia. «Drew!» esclamò sorpreso. «È successo qualcosa?».

Il ragazzo scosse il capo. «No, non è successo niente. Volevo solo dirti che non mi importa se sei un lupo mannaro. Non è mica colpa tua: sarebbe come odiare qualcuno perché ha i capelli biondi o che so io…».

Remus gli sorrise, sorpreso e anche un po’ sollevato. «Grazie Drew. Significa molto per me, sul serio».

«Prego. Ah, volevo anche chiederti se per favore potresti tornare tu a farmi da insegnante. Sirius è simpatico e tutto ma non ha molta pazienza…".

«Dì pure che non ne ha per niente. Comunque sì, sarò più che felice di riprendere le nostre lezioni».

«Bene. Allora vado a dire a Sirius che è stato rimpiazzato».

«Usa molto garbo» lo avvertì Remus. «Potrebbe prenderla male».

Drew rise. «Sì, sarà sicuramente disperato!» e si allontanò, riscendendo lo scale.

Come prevedibile, Sirius fece una scena madre degna delle migliori attrici teatrali, anche se era più che evidente che era felice di lasciare il posto a una persona ben più portata di lui all’insegnamento. Comunque, per le risate di Drew, andò avanti finché Luna non comparve dalla cucina per interromperlo.

«Ma vuoi piantarla, regina del melodramma?» lo rimproverò la donna. «Sei peggio di una prima donna!».

«Prima donna a chi?» la aggredì Sirius. Un sorrisetto malvagio gli increspò le labbra. «Adesso pagherai per questo affronto, Lovegood!».

Detto questo si trasformò in cane e saltò letteralmente addosso alla donna, che aveva invano tentato di scappare.

«Giù, giù, a cuccia, cane pulcioso!" disse la donna, cercando di spingere via l’animale che le stava allegramente sbavando su tutta la faccia, per il divertimento di Drew, che ormai si teneva la pancia dal troppo ridere.

Remus comparve in quel momento dalla cima delle scale, con una luce a metà tra il divertito e l’esasperato sul volto. «Sirius Orion Black! È mai possibile che non ti posso lasciare da solo tre secondi, che già tu combina qualche disastro. A cuccia forza!».

Il diretto interessato gli rivolse un’occhiata interrogativa, seguita da un ghigno maligno (per quanto i cani possano ghignare ovviamente), dopodiché con studiata lentezza si avvicinò al licantropo. L’uomo capì le sue intenzioni e indietreggiò. «Ah, no. Non ci provare…».

Troppo tardi: Sirius spiccò un altro salto, atterrando a sacco di patate addosso a Remus e facendo capitombolare a terra entrambi. Per un attimo, Drew temette che si fosse fatto male, finché non sentì Remus ridere e sbuffare sotto il peso dell’Animagus. «Sirius, maledizione mi stai schiacciando. Levati di dosso, cane rognoso!».

«Aspetta, ti aiuto» intervenne Luna. «Drew, dacci una mano!».

«D’accordo, devo prendere il guinzaglio o qualcosa del genere?».

«Non sarebbe una cattiva idea di procurarcene uno» osservò Luna. «Avanti Sirius, a cuccia!» e cercò di strattonare via il cane, tirandolo per la collottola. L’unico risultato che ottenne fu di guadagnarsi un’altra leccata.

Quando cinque minuti dopo, comparvero i gemelli, si trovarono davanti una scena decisamente comica: Sirius che saltellava in giro per il salotto, inseguito da Remus, Luna e Drew, coperti di bava da capo a piedi.

«Accidenti!» esclamò Fred. «Ci siamo persi lo spettacolo!».

«Non potevate chiamarci?» gli fece eco George.

«Andate a quel paese!» inveì Luna, gettando verso di loro un’occhiata scocciata.

«Sirius, maledizione! Mi ha quasi cacciato la lingua in gola!».

Tutti si girarono: Remus era stato nuovamente atterrato e spinto sul divano, mentre Sirius, nuovamente umano, gli si era comodamente seduto sopra. La scena era talmente esilarante che nessuno riuscì a trattenersi dal ridere.

«Se tieni sempre la bocca aperta, mica è colpa mia!» si difese l’Animagus.

«Non sapevamo di questa vostra tresca amorosa!», disse Fred con le lacrime agli occhi dal ridere. «Da quant’è che va avanti?» chiese George. «Siete davvero adorabili» aggiunse, portandosi una mano sul cuore in gesto in commozione. Le battute non fecero che far crescere l’ilarità della situazione.

«D’accordo», disse Remus alla fine, «la sceneggiata è finito. Levati di dosso! Mi stai spaccando in due!».

Stavolta Sirius si lasciò spingere via e andò a sedersi sulla poltrona. «Ora che la mia vendetta è stata compiuta, tornate pure alle vostre faccende!».

Luna borbottò qualcosa che suonava molto come "pagliaccio" mentre si riavviava in cucina, seguita da Fred e George.

«Cavolo Sirius!», esclamò Drew, sedendosi sul divano a fianco di Remus. «Mi sembra di avere bava di cane perfino nelle orecchie!».

«Tu ti sei lasciato coinvolgere» osservò Sirius con noncuranza. «Io mi sono difeso».

«Avresti bisogno di una balia ventiquattro ore su ventiquattro, Padfoot» gli disse con stizza Remus.

«Grazie, Moony. Ti voglio bene anch’io!» gli rispose Sirius ridendo.

«Da dove li avete presi questi soprannomi?» chiese Drew.

«Non ti abbiamo ancora raccontato la storia dei Malandrini?», domandò Sirius in risposta. Per mille cavoletti di Bruxelles, allora dobbiamo rimediare subito!».

Drew si mise più comodo, mentre i due malandrini si immergevano nel nuovo racconto.

LYRAPOTTER’S CORNER

Rieccomi qua, nuovo capitolo, nuova corsa. E stavolta di morti non ce ne sono!!!!!!

Ragazzi, credo proprio di essermi imbarcata in un impresa gigantesca: sono andata in montagna per il week-end e ho finito la bozza dei capitoli della storia (saranno circa 28, salvo allungamenti non previsti). In compenso mi sono trovata così piena di idee che sto già programmando la trama del sequel e anche di un terzo episodio: sono caduta esattamente nella trappola che voleva evitare, una trilogia come quella di Star Wars. My God, la finirò intorno all’anno 2020, andando avanti con questo ritmo. Non so se questo vi farà felici o meno, ma dovrete sopportarmi ancora per molto tempo.

Sono rimasta piacevolmente colpita dal vedere che il mio Sylar riscuote successo, nel senso che è un buon personaggio: la mia peggior paura era cadere nella banalità. I cattivi sono senza dubbio i personaggi più difficili da trattare, almeno a mio parere.

E adesso, grazie infinite a:

Lily_Snape, sì, lo so, sono un mostro crudele (almeno lo ammettoXDXDXDXD). Grazie e continua a commentare!!!

vickyN, veniva da piangere anche a me sai? Ai gemelli non potevo rinunciare, li adoro troppo (e aggiungono un tocco di umorismo!!!!!!)

Deidara, come puoi vedere la piccola Lupin non morta (così sadica non lo sono neanche io). Mi dispiace, le tue supposizioni dovranno aspettare ancora un po’!!!!

SakiJune, ecco finalmente svelato cosa è successo alla povera Dora, avevi indovinato!!!!! Davvero pensi che scrivo meglio di te?? *Lyra mette su una faccetta imbarazzata*. È il miglior complimento che potessi farmi!!!!!grazie anche per il commento alla mia shot (chissà perché ero sicura che i nomi Alastor e Siria di sarebbero piaciuti!!!!)

Con questo, ho concluso. Alla prossima e mi raccomando, commentate. Bacibaci!!!!!!!

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Capitolo 9
*** Cambio di piani ***


MAGIC WARS

 

CAPITOLO VIII: CAMBIO DI PIANI

Quartier Generale

Dell’Ordine della Fenice,

Londra.

Un caldo afoso opprimeva l’aria di Londra, mentre luglio cedeva velocemente il passo ad agosto. Seduto nel salotto in solitudine (cosa abbastanza insolita per quella casa), Drew Potter osservava il viavai di gente dalla finestra. Quattro settimane. Erano trascorse quattro settimane da quando la sua vita era cambiata per sempre. Quattro settimane da quando viveva con al Quartier Generale dell’Ordine, certo, ma anche quattro settimane che praticamente non vedeva la luce del sole, se non attraverso un vetro. Drew cominciava seriamente a detestare quelle quattro pareti. Era sempre stato abituato a muoversi come voleva: per quanto protettivi né Dudley né Elizabeth gli avevano mai impedito di andare a farsi una passeggiata quando ne aveva la voglia o la necessità. Quella piccola libertà invece gli era stata completamente tolta nel momento in cui Sirius aveva trasportato lui e i cugini a Casa Riddle.

Non che avesse molte alternative: aveva la netta sensazione che se avesse provato a mettere un piede fuori dalla porta, dieci Mangiamorte sarebbero saltati fuori e l’avrebbero fatto secco prima che lui capisse cosa fosse successo. Sensazione accentuata dai rapporti quasi giornalieri di Christie e Keith: a quanto sembrava in Ministero era intenzionato a rivoltare l’Inghilterra come un calzino pur di trovarlo.

Per quanto grato della protezione e dell’amicizia che l’Ordine gli aveva offerto, si sentiva in gabbia. In quel momento avrebbe volentieri barattato la sua vita con quella di una qualunque delle persone che passavano davanti alla finestra.

Sbuffò, cambiando posizione e massaggiandosi la spalla sinistra. Due giorni prima, aveva sostenuto il primo, quanto fallimentare duello con Sirius. Alla faccia delle rassicurazioni dell’Animagus sul fatto di andarci leggero, si era beccato un Incantesimo Respingente che l’aveva spedito contro il muro e gli aveva procurato un livido grosso quanto una casa.

"Meno male che dovevi andarci piano, Padfoot". Questo e parecchio altro gli avevano gridato dietro Remus e Ted, rincorrendolo per tutta la casa.

Drew ridacchiò al ricordo. Gettò poi un’occhiata poco entusiasta al manuale di incantesimi chiuso di fianco a lui e che in teoria avrebbe dovuto studiare, prima di tornare a osservare la strada. Era talmente assorto che non si accorse del sopraggiungere di Remus finché questo non disse: «Mmmm, questo lo chiamo studiare?».

Drew sobbalzò, girandosi e mettendo su un espressione colpevole. Remus lo osservava con il sopracciglio inarcato e un ghigno dipinto in volto. «Ha qualche giustificazione per il suo comportamento, signor Potter?» chiese in tono di finto rimprovero.

«Scusa, mi sono distratto» si scusò Drew, facendo per prendere il libro.

Remus lo bloccò. «Lascia perdere il libro. C’è qualcosa che non va? ».

«No, niente. Tutto ok, davvero». Capì subito che queste deboli scuse non convincevano il lupo mannaro, che gli lanciò uno sguardo alla "ma mi hai preso per scemo?".

L’uomo si avvicinò, sedendosi di fianco al ragazzo. «Seriamente, Drew. Se posso aiutarti…».

Drew scosse il capo. «Non puoi fare niente» affermò. «È un problema mio».

«Ne vuoi parlare?».

«Non è niente di che. È solo questa dannatissima situazione. Vorrei andare a fare un giro, uscire di casa, ma non posso perché rischierei di essere arrestato. Non mi fraintendere: vi sono grato per tutto quello che avete fatto per me e per Kitty e Ethan, ma mi sento chiuso in gabbia».

«Certo, immagino sia normale» lo tranquillizzò Remus, sorridendo. «Purtroppo non possiamo farci niente».

«Non pretendo certo che tu o gli altri possiate fare qualcosa. Suppongo sia solo questione di abitudine: presto o tardi mi adatterò a questa situazione».

Remus annuì, non del tutto convinto. «Per oggi lasciamo perdere le lezioni» disse. «Direi che non sei nelle condizioni ideali per concentrarti in modo adeguato».

Drew gli sorrise grato. Dalla cucina li raggiunse la voce di Luna che inveiva contro Sirius, intento a farle l’ennesimo dispetto. «Sia dannato il tuo nome, Sirius Black! Possibile tu non abbia niente di meglio da fare?!».

«Piuttosto che darti fastidio? Nessuna attività è altrettanto dilettevole!».

Lo schiamazzo che seguì suggerì ai due spettatori che la donna non aveva gradito la risposta: a giudicare dal rumore, aveva cominciato a tirargli contro le pentole.

«Sai» disse Drew, «a volte il modo in cui Sirius si comporta con Luna mi ricorda quello di un mio vecchio compagno di scuola: per attirare l’attenzione della ragazza che gli piaceva, era solito tirarle le trecce e provocarla affinché si mettesse a rincorrerlo».

Remus gli lanciò un’occhiata eloquente.

«Noooo!» esclamò Drew meravigliato. Sirius e Luna?».

Non riusciva nemmeno a esprimere cosa lo avesse tanto sorpreso: in fondo poteva anche essere normale innamorarsi passando tanto tempo insieme, come era successo a quei due. Probabilmente a stupirlo era la differenza di età: avevano più di vent’anni di differenza, avrebbero potuto tranquillamente essere padre e figlia.

«Già» confermò Remus. «Sirius e Luna».

«Ma, ma» boccheggiò Drew, «potrebbe essere sua figlia!».

«Pensi che lui non lo sappia?» gli chiese Remus, evidentemente divertito della faccia sconvolta del ragazzo. «Non fraintendere: non hanno mai fatto niente. Sirius ci ha messo anni solo per ammettere di provare qualcosa di più di un’amicizia per Luna, figurati provarci seriamente. E poi lei non è interessata a storie d’amore: è uscita scottata dall’ultima».

«Cosa è successo?» chiese Drew incuriosito.

«Quando Luna si diplomò, non si unì subito all’Ordine: voleva evitare la guerra aperta, immagino per proteggere suo padre. Quando era necessario, era comunque pronta ad aiutarci, ovviamente. Più volte ci siamo nascosti a casa sua. E durante questo periodo ha avuto una relazione con un tale Rolf Scamander, che non approvava le sue azioni nella resistenza, per quanto passive. Quando poi Luna decise di unirsi a noi attivamente, Rolf le fece una scenata e tentò in ogni modo di farle cambiare idea. Luna non ebbe altra scelta che lasciarlo. Così lui per ripicca tentò di venderla al Ministero. Per fortuna, quando i Mangiamorte attaccarono, sia lei che suo padre se ne erano già andati. Come puoi immaginare Luna non la prese molto bene quando lo scoprì».

«Tipo simpatico» osservò Drew.

Remus rise. «Decisamente. Comunque da allora Luna ha messo un veto assoluto a qualunque storia romantica".

«Perciò» riprese Drew, «in parole povere, Sirius le fa una corte non gradita».

Il licantropo esitò un istante prima di rispondere. «Su questo non ci giurerei. Sono del parere che anche Luna provi qualcosa per Sirius».

«E perché nessuno dei due dice niente?».

«Essenzialmente perché hanno tutti e tue la testa più dura di un muro. E perché piuttosto che compromettersi facendo la prima mossa si farebbero cavare tutti i denti».

«Capisco» disse Drew. «Perciò Sirius si accontenterà in eterno di questa specie di corteggiamento da bambini senza fare mai nulla?».

«Chi lo sa?» rispose Remus, stringendosi nelle spalle. «Forse un giorno capiranno che la vita è troppo breve per sprecarla in questi giochetti e riveleranno i loro sentimenti».

Entrambi tacquero: Drew intuì che il suo interlocutore stava pensando alla moglie, incapace perfino di riconoscere la persona che più amava al mondo.

Il rumore della porta che si apriva interruppe il giro dei suoi pensieri. Sia Drew che Remus si voltarono: Keith era appena entrata e si stava slacciando il mantello.

«Salve, ragazzi» disse con voce grave ai due uomini.

«Ciao, Keith» rispose Remus. «Il tuo tono mi suggerisce che è successo qualcosa, vero?».

Il ragazzo annuì. «La notizia è appena circolata. Hermione è stata condannata a morte. La sentenza verrà eseguita la prossima settimana».

Quella sera un’atmosfera pesante gravava sulla cucina del Quartier Generale. Tutto l’Ordine sedeva riunito al tavolo, davanti delle tazze di the praticamente intatte. Non che la notizia di quel pomeriggio li avesse colti di sorpresa: erano settimane che se l’aspettavano, ma questo non rendeva certo più facile accettare il fatto che stavano per perdere Hermione per sempre.

«Siamo sicuri che non si possa fare niente?» chiese Luna, anche se sapeva già la risposta.

«Luna…» cominciò Ted.

«Sì, sì, lo so» lo interruppe la donna con un gesto stizzito. «Solo non lo trovo giusto».

«Nessuno di noi lo trova giusto» la consolò Remus.

Luna sbuffò, frustrata, prendendo la tazza che aveva davanti e bevendo un lungo sorso, per impedirsi di continuare la discussione.

«Cambiando argomento, intervenne Sirius, «come va la decriptazione dei piani?".

Fred e George si scambiarono un’occhiata. «Ci stiamo lavorando» disse Fred. «Ma è un codice piuttosto complicato» gli fece eco George. «Avremo bisogno di parecchio tempo per riuscire a decifrarlo tutto».

«Ma ce la faremo, non dubitatene».

«Non c’è fretta» li tranquillizzò Ted, «meglio un lavoro fatto bene che un lavoro fatto in fretta».

«L’unica cosa di cui dobbiamo preoccuparci» osservò Keith, «è che qualunque cosa sia l’Arma non diventi operativa prima che abbiamo scoperto come distruggerla».

«Non credo ci sia da preoccuparsi» affermò Christie, «da quello che ho capito saranno necessari ancora un paio di mesi".

«Beh, per allora contiamo di esserci riusciti» assicurarono Fred e George.

L’argomento poteva considerarsi chiuso. «Come vanno le lezioni di Drew? » chiese allora Keith.

«Piuttosto bene» rispose Remus. «Migliora ogni giorno. E continuerà a farlo se al prossimo Duello magico Sirius non tenterà di nuovo di ucciderlo» aggiunse gettando un’occhiata in tralice all’amico.

«Non è stata colpa mia, si difese quello, stingendosi nelle spalle.

«Sì certo» confermò ironico Remus. «Infatti quell’Incantesimo Respingente gli è piovuto addosso dal soffitto».

«Senti, glielo abbiamo detto come respingerlo. Se il suo Incantesimo Scudo non era abbastanza potente, la colpa non è stata certo mia».

«Ok, basta così» li interruppe Ted. «Il ragazzo sta bene. E non potevamo certo aspettarci che vincesse il suo primo duello contro un mago decisamente più esperto. Sarebbe stato fin troppo notevole».

«Grazie Teddy, gli disse Sirius con un sorriso.

«Non chiamarmi Teddy, ribatté l’uomo irritato. «Sai che detesto quel nomignolo».

«Parlando di Drew» intervenne nuovamente Remus, «oggi abbiamo avuto una conversazione interessante. E credo potremmo avere un piccolo problema tra le mani».

«Oh, oh, adoriamo i piccoli problemi" dissero i gemelli ridacchiando.

«Di che si tratta, Remus? » chiese Ted.

«Non è niente di serio, almeno per il momento. La sostanza è che comincia a sentirsi soffocare a stare qua dentro tutto il santo giorno tutti i giorni. Non è abituato a questa specie di prigionia. Del resto, con tutti i cambiamenti che ha dovuto sopportare nelle ultime settimane, mi sorprende che non ci siano stati altri problemi».

«E cosa suggerisci di fare?» domandò Sirius. «Ci sono troppi rischi a lasciarlo uscire…».

«Lo so anch’io» lo interruppe Remus. «Penso solo che quello che per il momento è un piccolo problema potrebbe diventare qualcosa di peggio».

«Beh» intervenne Christie, «io domani ho la giornata libera. Volevo andare a Diagon Alley a fare un po’ di compere. Se siete d’accordo potrebbe venire anche lui. Basterebbe un po’ di Pozione Polisucco. Un paio d’ore e ve lo riporto sano e salvo».

Gli altri si scambiarono occhiate poco convinte. «Non saprei» disse Sirius. «Potrebbe essere pericoloso. Ci saranno in giro un sacco di Mangiamorte…».

«I controlli si sono piuttosto allentati negli ultimi tempi» intervenne Keith. «I Mangiamorte hanno di meglio da fare che controllare casalinghe intente a fare le loro compere».

«Senza contare che in questo periodo, la via è sempre piuttosto affollata. Sarà più facile non dare nell’occhio».

«Sei sicura di volerlo fare?» chiese Remus, ancora perplesso. «Se vi scoprono…».

«Non lo faranno» assicurò Christie. «Farò attenzione. E se volete, posso sempre evitare Diagon Alley e andare nella Londra Babbana».

«Beh, se sei così sicura» disse Ted, «immagino si possa fare».

Guardò gli altri per vedere se avevano obiezioni da sollevare. Dopo alcuni minuti di silenzio, Sirius disse: «Mi raccomando, riportacelo intero».

Christie annuì, sorridendo. «Non preoccupatevi. Faremo attenzione».

Charing Cross Road,

Londra.

Drew percorreva a passo tranquillo il marciapiede, con un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro. Quasi gli sembrava impossibile che gli avessero dato il permesso di essere lì, in strada, diretto nella via dello shopping magico. Quando Sirius e Remus glielo avevano detto, con una faccia vagamente preoccupata, aveva pensato fosse uno scherzo. E invece era proprio vero: l’unica condizione che gli avevano messo era di stare appiccicato tutto il tempo a Christie. Drew era stato più che felice di accettare quella piccola restrizione se gli permetteva di andarsene a fare un giro.

E adesso, nei panni del di un tranquillo ventitreenne con corti capelli neri e occhi color nocciola , respirava a pieni polmoni l’aria di Londra, registrando tutto quello che vedeva. In fondo era la sua prima visita nella capitale ed era più che intenzionato a sfruttare al massimo quella possibilità, anche perché poteva essere una delle poche.

«Per curiosità» chiese a Christie che gli camminava a fianco, «a chi ho rubato la faccia?".

«A mio cugino John» rispose la ragazza. «Vive in india, perciò le possibilità di incrociarlo per sbaglio sono piuttosto scarse».

«Grazie per questa possibilità. Ne avevo bisogno».

Christie annuì. «Posso immaginare. Io credo impazzirei a dover vivere tutto il giorno chiusa in casa. Oh, siamo arrivati» aggiunse, indicando un vecchio edificio all’angolo successivo. L’insegna recitava "Paiolo Magico".

«Stammi vicino» raccomandò Christie, prima di aprire la porta ed entrare nel Pub.

Il locale era decisamente affollato: decine di maghi e streghe sedevano ai tavoli o al bancone, chiacchierando e cicalando in un brusio confuso. Dietro al bancone lo sdentato proprietario rivolse una fuggevole occhiata ai nuovi arrivati, prima di tornare a dedicarsi ai suoi clienti.

Mentre percorrevano la sala e si dirigevano sul retro, Drew ebbe la sgradevole sensazione di essere osservato. Forse dipendeva dal fatto che tra i vari avventori aveva scorto più di una divisa del Ministero. Rilassati, si disse, è solo un’impressione. Non possono riconoscerti con questo travestimento.

Fu comunque sollevato quando lasciarono la stanza e arrivarono al vicolo sul retro. Christie si fermò di fronte al muro, estrasse la bacchetta e batté sul terzo mattone dall’alto per tre volte. Subito il muro si aprì rivelando l’affollata e frenetica Diagon Alley.

Drew fissò a bocca aperta il viavai di gente che discuteva i suoi acquisti. La sua attenzione fu calamitata verso le sgargianti insegne dei negozi e le vetrine illuminate, dove facevano bella mostra di sé le merci in vendita.

«È magnifica, vero?» disse Christie, sorridendo dello stupore di Drew.

«Più che magnifica» confermò Drew.

«E pensa, i miei genitori mi hanno raccontato che prima che Voldemort prendesse il potere era perfino meglio. Non c’erano certi orribili negozi. Forza, andiamo».

si fece velocemente strada nella calca di persone, con Drew che le veniva dietro. Il ragazzo non ci mise molto a capire quali fossero gli "orribili negozi" menzionati da Christie. Lungo il lato destro della via, facevano bella mostra di sé tutta una serie di negozi di manufatti oscuri e altri oggetti simili. Quella tetra catena proseguiva poi oltre la banca Gringott fino a Nocturn Alley, facendo uno strano contrasto con gli altri negozi.

Seguì Christie fino a metà circa della via, dove la ragazza si infilò nella libreria "Il Ghirigoro".

«Guardati pure in giro» gli disse. «Solo, non attirare l’attenzione». Dopodiché si allontanò per parlare con il negoziante dei libri che evidentemente aveva ordinato.

Drew cominciò a curiosare tra gli scaffali, prendendo di tanto in tanto qualche libro per leggere la quarta di copertina. Leggere gli era sempre piaciuto, magari avrebbe trovato qualcosa con cui passare il tempo al Quartier Generale. Saltò a piè pari tutta la sezione dedicata alle arti oscure e i libri che si occupavano di Voldemort o il suo governo, concentrando la sua attenzione i romanzi e ai libri dedicati alle creature magiche. Gironzolava senza meta da qualche minuto, quando Christie gli si avvicinò, con tra le mani una busta.

«Trovato qualcosa di interessante?» chiese.

«Niente di particolare» rispose Drew, un po’ dispiaciuto.

«Allora possiamo andare?».

Il ragazzo annuì e i due si riavviarono fuori. La tappa successiva fu il negozio di animali, dove Christie comprò dei croccantini per gatti.

«Per Grattastinchi» disse allo sguardo interrogativo di Drew.

Il ragazzo si limitò ad annuire: ricordava ancora il primo incontro con l’animale. Era stato due giorni dopo la riappacificazione con Remus: quando si era svegliato al mattino, se l’era ritrovato che ronfava a tre centimetri dalla sua faccia. Aveva lanciato un grido che aveva messo in allarme tutta la casa e offeso a morte Grattastinchi, che se ne era andato a coda alta in segno di disprezzo. In seguito aveva fatto pace con il gatto, anche se l’animale si dimostrava ancora piuttosto diffidente nei suoi confronti.

I due giovani continuarono il loro giro di negozi. Alla fine, carichi di buste e soddisfatti, si riavviarono verso il Paiolo Magico, quando Christie disse: «Ehi, che ne dici di un gelato, prima di tornare alla base?» e indicò la gelateria lì di fronte. «Offro io» aggiunse.

«Perché no?» disse Drew entusiasta, seguendo la ragazza ad uno dei tavolini all’aperto.

Dopo aver ordinato due coppe di gelato al doppio cioccolato fondente, Christie disse, indicando verso il fondo della via: «Lo vedi quel negozio laggiù? Quello che vende attrezzi da giardinaggio?».

Drew annuì. «E allora?».

«Una volta quello era il negozio di scherzi di Fred e George. Il Ministero lo confiscò e lo fece chiudere alla fine della guerra».

«Accidenti!». Drew guardò di nuovo il punto indicato da Christie, immaginando come apparisse il negozio quando i gemelli ci lavoravano. Di certo era molto più allegro di come è adesso.

La cameriera tornò con le loro ordinazioni. «Cavolo, è gigantesca!» esclamò Drew guardando l’incredibile massa di gelato che aveva davanti.

Christie ridacchiò. «Pensa che queste sono coppe piccole. Dovresti vedere le maxi: basterebbero a saziare dieci persone».

«E qualcuno le ordina?» chiese Drew scettico, mentre prendeva il cucchiaio e cominciando a mangiare.

«In effetti, non credo» disse Christie ridendo.

Stupendo perfino sé stesso, alla fine Drew riuscì a mangiare quasi tutta la sua porzione. Christie invece rinunciò arrivata a poco più della metà. «Buono» affermò, «ma riempie come pochi. Se hai finito vado a pagare». Drew annuì, stiracchiandosi sulla sedia. Si sentiva pieno come un uovo: aveva la netta sensazione che quella sera a cena non avrebbe mangiato un granché. Guardò l’orologio: quasi le cinque. Gli effetti della Polisucco stavano per finire. Cavolo! Ci siamo rilassati troppo! Allungò il collo per vedere se Christie stava tornando, ma evidentemente c’era coda alla cassa: della ragazza non si vedeva traccia. Era talmente distratto che non si accorse del sopraggiungere del pericolo finché non fu troppo tardi.

«Mi scusi, signore. C’è qualche problema?».

Drew si voltò e si sentì gelare. Tre funzionari del Ministero lo squadravano: e il peggio era che uno di loro indossava la maschera da Mangiamorte. Merda!

Cercando di sembrare rilassato, disse: «No, no, signore. Stavo solo controllando se arrivava mia cugina: è dentro a pagare». Ma probabilmente glielo si leggeva in faccia che stava mentendo: non dava il meglio di sé sotto pressione. E infatti il Mangiamorte non si mosse. «Ne è sicuro? Sembra piuttosto…a disagio».

«Assolutamente sicuro, grazie». Avanti, andatevene, per favore.

Il Mangiamorte gli rivolse un’occhiata scettica. «Potrei vedere i suoi documenti, per cortesia?».

Panico: Drew non aveva mai capito esattamente cosa intendessero con questa parola fino a quel momento. Era il più assoluto blackout. Mentre si affannava frenetico in cerca di una scusa qualunque per cui non poteva mostrare i documenti che non possedeva ricomparve Christie. Drew fu più che certo di non essere mai stato tanto felice di vedere qualcuno. La ragazza, che stava controllando il resto, rimase di sale vedendo chi c’era in compagnia del giovane Potter. Abituata a queste situazioni scomode, riacquisto comunque il controllo e si dipinse in volto un sorrise di circostanza.

«Signor Nott, c’è qualche problema?» chiese con finta deferenza.

Nott la squadrò dall’alto in basso, come a volerla valutare, poi disse: «Non credo siano fatti suoi, signorina. Ci siamo già visti?».

«In effetti» rispose Christie, «lavoro al Ministero. Ufficio del Trasporto Magico. E direi che sono fatti miei, visto e considerato che questo è mio cugino. Non mi pare abbia fatto qualcosa di male».

«Si guardava intorno in maniera sospetta. E sembra piuttosto nervoso per essere uno con la coscienza pulita, signorina. Perciò gradirei i suoi documenti» e tese la mano verso Drew.

«Non li ha al momento» fu lesta a ribattere Christie. «È in visita dall’India, non credevamo fosse necessario portarsi i documenti».

«Una grave mancanza, signorina. Sa che i principali documenti d’identità devono essere sempre portati con sé per essere mostrati alle autorità se necessario».

Drew guardò di nuovo l’orologio: mancavano solo cinque minuti alle cinque. A quel punto il cugino John sarebbe scomparso per lasciare spazio al ricercato numero uno.

«Christie…» tentò, ma la ragazza era occupata a cercare di liberarsi di Nott e i suoi lacchè.

«Senta, signore. Se lo desidera, domattina le porterò personalmente in ufficio tutto il necessario. Ma adesso dovremmo proprio andare».

Il Mangiamorte la guardò poco convinto. «Non è regolare» affermò. «La legge mi impone i trattenerlo finché non sarà provata la sua identità. Se non ha fatto niente di male non ci sarà nessun problema».

L’uomo fece per avvicinarsi, Drew si ritrasse d’istinto.

«Ma signore…»cominciò Christie, affannandosi in cerca di una qualunque scusa.

Poi in lontananza sentirono risuonare il Big Ben. Drew si girò, dando le spalle a Nott. Merda!, pensò mentre sentiva gli effetti della Pozione Polisucco svanire.

«Ma che cavolo…» borbottò Nott, facendo per prenderlo per la spalla e voltarlo a forza.

Al che Christie gettò alle ortiche ogni prudenza. Si frappose fra Drew e il Mangiamorte. «Drew, scappa svelto!» gridò, mentre estraeva la bacchetta.

Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte: si divincolò dalla presa e corse via. Mentre entrava nel Paiolo Magico, sentì Nott gridare: «Ehi, ma è Potter! Il figlio di Potter! Prendetelo!».

Drew non si curò di verificare se qualcuno eseguiva l’ordine: serpeggiando tra la folla, che tentava di trattenerlo, sfrecciò verso l’uscita del locale. Arrivato su Charing Cross Road, rischiò di andare addosso a una signora che portava a passeggio il cane. Ignorando le imprecazione della donna, riprese a correre, senza nemmeno badare a dove stesse andando.

LYRAPOTTER’S CORNER

Eh, eh, stavolta vi lascio con il fiato sospeso. Scusate se ci ho messo un po’, ma sono entrata in una mini crisi d’ispirazione, per due giorni non ho fatto che fissare il computer senza capire come cavolo scrivere la scena che avevo in mente. Per fortuna un week-end in montagna è stato salutare e così tra ieri e oggi ho buttato giù tutto ciò che avete appena letto.

In secondo luogo, in questo capitolo ho inserito un pairing quanto meno insolito, Sirius e Luna. Spero vivamente non dia fastidio a nessuno, in realtà non era una cosa programmata, ma scrivendo i vari momenti con loro e dal modo in cui interagivano, l’idea mi ha stuzzicato e l’ho inserita. Lo stesso week-end in montagna poi mi ha fatto venire in mente qualche ideuzza per quei due (mmmm, l’aria di montagna fa proprio bene alla mia vena creativa, sarà tutto l’ossigeno in più che arriva la cervello!!!!).

Una piccola precisazione, Rolf Scamander è canon, per chi non lo sapesse, e anche il fatto che lui e Luna hanno avuto una relazione: in realtà sono sposati, ma pazienza!!!!!

E dopo avervi annoiato con i miei sproloqui, passo a ringraziare:

vickyN, dal mio punto di vista, Sirius è assolutamente intoccabile, non preoccuparti (ma ti pare che lo grazio dalla morte grama nel quinto libro, per ucciderlo io!!!!!!!)

SakiJune, ti dirò, è stato anche il tuo commento a convincermi a inserire il pairing Sirius/Luna. Grazie come sempre della recensione!!!!!

Lily_Snape, è vero, Andromeda non l’avevo contata, errore mio, sorry!!!! Per quanto riguarda la faccenda gemella, ci avevo pensato, ma non saprei più come infilarla dentro, perciò temo proprio che Drew resterà figlio unico!!!!

Deidara, per quel riguarda Hermione, ci sto lavorando, non preoccuparti, non l’abbandono al suo destino!!!!

Ok, ora vi lascio, ovviamente commenti positivi o negativi sono sempre ben accetti. Hasta la vista!!!!!!

 

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Capitolo 10
*** L'accordo ***


MAGIC WARS

CAPITOLO IX: L’ACCORDO

Londra

Ansia. Paura. Terrore. Tutto questo affollava la mente di Drew, mentre percorreva alla massima velocità consentitagli le affollate vie di Londra. Più volte rischio di farsi investire da qualche auto mentre attraversava la strada, più volte finì accidentalmente addosso a qualche passante innocente; rischiò perfino di spaccarsi l’osso del collo scivolando su una pozzanghera. Ma non si fermò, né si guardò indietro per verificare se qualcuno lo stava effettivamente inseguendo.

Furono le sue gambe e il suo sistema respiratorio alla fine a imporgli di arrestarsi: con i polmoni in fiamme e le gambe molli si appoggiò a un muretto, cercando di ricordarsi i principi base della respirazione. Inspira, espira. Inspira, espira. Non è difficile: l’hai fatto senza difficoltà per diciassette anni Spaventato, si guardò intorno: nessuno. La via era assolutamente sgombra, se escludevi un cane randagio che rovistava in un secchio dell’immondizia. Gli sembrava impossibile: contro ogni possibile previsione era riuscito sul serio a scappare. Con un sospiro di sollievo si abbandonò contro il muretto: era più che convinto che le gambe non lo avrebbero retto ancora per molto.

Più rilassato, si concesse un’altra occhiata alla via, per approdare in un altro problema, non meno grave: non aveva la più pallida idea di dove fosse. Ed era più che certo che non sarebbe mai riuscito a tornare sui suoi passi fino al Paiolo Magico: aveva a malapena guardato davanti a sé mentre fuggiva come un disperato, figurati controllare i nomi delle vie o l’itinerario che aveva percorso. Ricordava vagamente di aver attraversato un ponte ad un certo punto, ma poi era tutto una confusione di vetrine, auto, incroci, passanti, semafori…Il che significava che si era irrimediabilmente perso chissà dove nei sobborghi londinesi. Meraviglioso: dalla padella nella brace!, pensò irritato con sé stesso, cercando affannosamente intorno un qualunque indizio per capire dove si trovava o come tornare a casa. L’unico lato positivo era che per il momento non si vedeva nessuno, il che significava che nessuno poteva riconoscerlo come il figlio di Potter e denunciarlo al Ministero.

Questo pensiero lo fece sentire improvvisamente scoperto: era un ricercato dalla legge, con una taglia di fior di galeoni sulla testa, in una strada sconosciuta e senza un nascondiglio degno di questo nome. Peggio di così non può andare! Non aveva nemmeno finito di formulare il pensiero che in lontananza risuonò un tuono e una goccia d’acqua gli centrò la testa. Due minuti dopo si era scatenato un diluvio universale. Oh, magnifico!, pensò Drew riprendendo a correre. Girati un paio di angolo, scorse in lontananza l’insegna di un pub: non esitò neppure un secondo, buttandosi a pesce verso la porta ed entrando. Era rimasto sotto al pioggia non più di tre minuti, ma si sentiva fradicio fino al midollo: perciò fu più che grato del tiepido tepore dell’aria del locale. Sentendosi la brutta copia di un pulcino bagnato, Drew si avvicinò al bancone guardandosi intorno con circospezione: fortunatamente nessuno dei pochi avventori sembrava fare caso a lui. A parte un uomo evidentemente sbronzo, seduto al tavolo vicino alla finestra che tesseva le lodi di una certa Helena a voce fin troppo alta, solo un altro tavolo era occupato, quello più lontano dalla porta: a occuparlo erano quattro persone, tre uomini e una donna, immersi una fitta conversazione. Senza pensarci troppo, Drew si sedette all’ultimo sgabello, lontano quanto più possibile dalla strada, fissando il legno del bancone.

«Che cosa ti porto, gioia?». Il ragazzo sobbalzò, alzando lo sguardo: un’annoiata cameriera lo fissava con sguardo interrogativo.

«Ehm, una Burrobirra, grazie» rispose automaticamente il ragazzo. Solo quando ebbe davanti la bottiglia piena si ricordò di non avere denaro con sé e che quindi non poteva pagare. La mia situazione continua a migliorare: ora mi toccherà pure star qui a lavare i piatti per pagare una bibita che nemmeno volevo. Ne bevve comunque una lunga sorsata: il liquido gli scivolò in gola, trasmettendogli un immediato senso di calore. Appena finisce il temporale me la devo squagliare. E cercare di capire dove mi trovo e come tornare al Quartier Generale. Gettò un’occhiata cupa fuori dalla vetrina: la pioggia continuava a scendere a catinelle e non sembrava intenzionata a smettere troppo presto. Per ingannare il tempo rivolse la sua attenzione al quartetto che ancora discuteva a pochi passi da lui. I due uomini che gli davano le spalle sembravano piuttosto nervosi, indossavano un pastrano nero e parlavano a turno, molto concitatamente. Di tanto in tanto si gettavano furtive occhiate intorno: evidentemente anche loro si trovavano a disagio in un luogo pubblico. I loro interlocutori invece sembravano l’immagine stessa della calma: l’uomo, una specie di gigante, con la testa rasata, stava in piedi alle spalle della donna, in un atteggiamento che a Drew ricordò un po’ una guardia del corpo. L’ultimo avventore, la donna, o meglio la ragazza, visto che dimostrava vent’anni al massimo, aveva lunghi capelli biondi raccolti in una coda di cavallo e occhi di un incredibile coloro ambra, occhi che fissavano con interesse i due uomini di fronte. Nel complesso, calcolò Drew, era decisamente carina. Stava giusto tornando a dedicarsi ai suoi problemi, quando lo raggiunse la voce della ragazza.

«Quindi» chiese con tono casuale, quasi annoiato, «se ho capito bene, voi sareste interessati a certi documenti che si trovano nell’Ufficio Anagrafe, dico bene? E vorreste che sia io a procurarveli?».

Drew drizzò le orecchie, improvvisamente interessato alla conversazione.

«Si può fare?» domandò ansiosamente uno dei due uomini.

La ragazza parve pensarci. «Si può fare» confermò. «Ma vi costerà caro. Entrare al Ministero non invitati non è propriamente una passeggiata…».

«Quanto?» chiese tra i denti l’altro.

«Duemila» rispose tranquillamente lei, come se gli avesse appena domandato l’ora.

«Duemila?» ribatté il primo. «È una cifra spropositata, assolutamente scandalosa…».

«Duemila» ripeté la biondina. «Non uno zellino di meno. Se non vi interessa, quella è la porta. In ogni caso non troverete nessun’altro che sia in grado di darvi ciò che volete».

I due confabularono un po’ tra di loro, come a soppesare pro e contro di quell’offerta. La ragazza osservava lo scambio di battute con calma, come se la discussione non la riguardasse minimamente.

Alla fine, piuttosto malvolentieri e a denti stretti, uno dei due sibilò: «E va bene. Accettiamo la tua offerta, anche se è un furto…».

Lei si allargò in un sorriso soddisfatto. «Eccellente. Ci incontreremo qui fra dieci giorni, a quest’ora: avrò quello che desiderate. E voi farete meglio ad avere il denaro. Non vi conviene tentare di fregarmi». L’ultima frase la disse con tono velatamente minaccioso e carico di sottintesi. I due uomini annuirono con vigore, prima di alzarsi facendo grattare le sedie e uscire in fretta e furia dal pub.

La ragazza si dondolò all’indietro sulla sedia con aria soddisfatta, mentre l’energumeno alle sue spalle prendeva posto di fianco a lei. I due afferrarono le bottiglie di Whisky Incendiario di fronte a loro, facendole cozzare tra loro e bevendo un lungo sorso per festeggiare l’affare concluso.

Drew distolse lo sguardo, concentrandolo sulla Burrobirra di fronte a lui, la mente in subbuglio. Quella ragazza era in grado di entrare al Ministero senza autorizzazione ufficiale. E, a giudicare dal suo fare rilassato, era anche certa di poterne uscire. Possibile che potesse aiutarlo a fare ciò che per l’Ordine era fuori portata? Possibile che potesse aiutarlo a salvare Hermione da morte certa? Era davvero concepibile un’impresa tanto folle? Guardò di nuovo i due al tavolo: sembravano così sicuri di sé, neanche gli uomini in pastrano nero gli avessero chiesto di andare al parco, invece che nel cuore politico della nazione.

Esitò, lambiccandosi il cervello. Doveva azzardarsi? Ma già sapeva che se non l’avesse fatto avrebbe passato il resto della sua vita a rimpiangere quella decisione. Certo, c’era sempre la possibilità di finire arrestato, se quei due lo riconoscevano e decidevano di consegnarlo: avevano l’aria di due che guardano prima al profitto e poi a chi avevano davanti. Ma se c’era una per quanto remota possibilità di salvare Hermione…Buttati: come andrà, andrà, gli disse una vocina che gli ricordò molto quella di Sirius. E contro ogni buon senso, Drew decise di darle retta. Prese un bel respiro, si voltò e disse: «Scusami, non ho potuto evitare di ascoltare…».

La ragazza si girò verso di lui, sorpresa e improvvisamente all’erta. «Sì?» chiese, guardinga, facendo scivolare la mano sotto il tavolo, al suo fianco. Drew ebbe la netta sensazione di avere di fronte una tigre pronta a saltargli alla gola. Tuttavia continuò, mantenendo un tono di voce moderato per non farsi sentire dalla cameriera: «Puoi davvero entrare al Ministero senza farti beccare?».

Sempre vigile, la ragazza lo squadrò da capo a piedi. «Perché vuoi saperlo, ragazzino?».

«Perché» rispose Drew, un po’ offeso da quel "ragazzino" pronunciato con tanta enfasi, «là dentro c’è qualcosa che mi interessa. E pensavo che magari tu potessi aiutarmi…».

Più rilassata, lei lo scrutò di nuovo, stavolta con un lampo di curiosità negli occhi. «Vieni qui. Parliamone a quattr’occhi».

Drew obbedì, andando a sedersi in una delle sedie occupate poco prima da uno degli uomini in nero.

«Doris, portaci altre due bottiglie» disse la ragazza alla cameriera, che annuì. «Gli ombrelli sono passati di moda?» chiese poi, ironica.

Drew la guardò, irritato. Era una sua impressione o quella ragazza si divertiva a metterlo a disagio. Deciso a non darle corda, bevve un altro sorso della sua Burrobirra. Lei gli lanciò un sorrisetto divertito, mentre la cameriera posava le due bottiglie di Whisky e si allontanava. «Allora, com’è che ti chiami, ragazzino?» gli chiese poi.

Drew ebbe un attimo di blackout, dopodiché sparò il primo nome che gli venne in mente. «Fred Tonks. E non sono un ragazzino».

La ragazza lo osservò con interesse, quasi soppesando quello che le aveva detto. Drew si sentì vagamente a disagio: per un attimo temette che il nome venisse ricollegato a quello di Ted e Dora, anche se nel mondo Babbano era piuttosto comune. I suoi timori furono placati quando lei parlò di nuovo: «Bene, Fred Tonks. Chiamami Artemis. E lui è Ares. Che cosa possiamo fare per te?».

Drew gettò un rapido sguardo al gigante seduto di fianco alla ragazza: non lo aveva ancora visto aprire bocca.

«Ho bisogno del vostro aiuto» rispose, «per entrare al Ministero».

«Sì, questo l’avevo capito» lo bloccò Artemis. «Quello che voglio sapere è cosa vuoi dentro al Ministero…».

«Una persona».

Lo sguardo di Artemis si indurì improvvisamente. «Non faccio assassinii su commissione. Se è questo che vuoi, puoi anche andar-».

«Cosa?» la interruppe Drew, confuso e un po’ scandalizzato per l’equivoco. «Non voglio uccidere nessuno. Una mia amica è imprigionata al Secondo Livello. La devo tirare fuori…».

Artemis lo fissò con gli occhi fuori dalle orbite. «Stai scherzando, spero?».

«Direi proprio di no» ribatté Drew, sicuro di sé.

«Allora sei completamente pazzo. Quello che chiedi è assolutamente impossibile».

«E perché con quelli là era possibile?» chiese Drew un po’ irritato.

«Perché» rispose Artemis in tono un po’ accondiscendente, «quei due idioti volevano solo dei documenti compromettenti che si trovano negli archivi dell’Ufficio Anagrafe. Tu, invece, vuoi entrare nella zona più sorvegliata di tutto l’edificio. Se non forse di tutta la Gran Bretagna. Per curiosità, chi diavolo è così importante per te da farti rischiare la libertà, oltre che la vita?».

Drew esitò, ma tanto presto o tardi avrebbe comunque dovuto rivelare chi voleva salvare dal braccio della morte. «Hermione Granger» rispose, aspettando la reazione della ragazza.

Artemis rimase muta, come folgorata. Di certo, l’aveva preso in contropiede. «Hermione Granger?» ripeté. «Quella Hermione Granger. Quella che verrà giustiziata martedì prossimo per tradimento?».

Drew si limitò ad annuire.

La ragazza si fece pensosa. «Quanto puoi pagare?» domandò.

«Pagare?» ripeté Drew, interdetto.

«Sì, P-A-G-A-R-E. Sai, soldi, money, dinero, geld, argent. Comprendi?».

Il ragazzo guardò il tavolo a disagio. Si era dimenticato un piccolo dettaglio nel suo brillante piano. «Non ho denaro» mormorò a mezza voce, sentendosi un po’ idiota. Ecco, adesso mi caccia a pedate.

Ma non successe: alzò lo sguardo, incontrando quello di Artemis. La ragazza lo fissava con espressione imperscrutabile. «Quindi, se ho capito bene, tu mi stai chiedendo di entrare al Ministero, arrivare al Secondo Livello, liberare la prigioniera più sorvegliata del palazzo e uscire senza farmi catturare, senza per di più farmi pagare. Ho dimenticato qualcosa?».

«Direi di no» rispose Drew. Non riusciva a capire dove la ragazza sarebbe andata a parare.

«Penso proprio che me ne pentirò, ma credo di poterti aiutare…».

«Stai dicendo che mi aiuterai?» chiese Drew, più che stupefatto. Ormai non ci sperava più.

«Penso di sì. Ma dovrai fare qualcosa per me».

«Che cosa?».

«Le condizione te le detterò in un luogo più riparato di questo. Allora, accetti?».

Drew esitò: cosa poteva volere quella ragazza? Sarebbe stato in grado di accontentarla? Ma d’altronde si era spinto fin lì: che senso aveva rinunciare?

«Accetto» disse perciò, deciso.

«Eccellente». Per quanto la trattativa si era risolta a suo sfavore, Artemis sembrava davvero soddisfatta. Afferrò la bottiglia intatta di Whisky, brindando all’accordo. «Vai a pagare, Ares? È ora di andare. Ah, paga anche la bibita del nostro amico». L’uomo si limitò ad annuire, alzandosi. Drew notò che sembrava scontento. Forse non gli andava a genio come si era conclusa la faccenda.

«Ma parla, qualche volta?». La domanda gli uscì prima che riuscisse a trattenerla.

Artemis lo fissò divertita. «Solo quando è strettamente necessario. Ma è un bravissimo ascoltatore. Andiamo».

Si alzò, dirigendosi all’uscita. Drew la imitò.

Fuori aveva nel frattempo smesso di piovere. Artemis e Ares presero a camminare a passo spedito lungo il marciapiede. Drew dovette quasi correre per stare al loro passo.

Lungo il tragitto, studiò i due nuovi alleati. Camminavano a testa alta, senza guardarsi intorno, sicuri di sé. Erano entrambi vestiti di nero da capo a piedi: Ares con un elegante completo giacca e cravatta, Artemis con una maglietta a maniche lunghe e un paio di pantaloni di pelle e sopra un mantello da viaggio. Drew focalizzò la sua attenzione verso quest’ultima: c’era in lei qualcosa di fastidiosamente familiare, come se l’avesse già vista da qualche parte. Drew scosse il capo: non era possibile. Nelle ultime settimane non aveva mai lasciato il Quartier Generale. Eppure quella sensazione persisteva.

Era così immerso nei suoi pensieri che non si accorse che i suoi compagni si erano fermati di fronte a un palazzo in rovina. Ares si lanciò un’occhiata intorno, dopodiché i due si infilarono in un vicoletto laterale che portava sul retro dell’edificio diroccato. Mentre li seguiva, Drew occhieggiò preoccupato lo stato della struttura: sembrava sul punto di crollare come un castello di carte. La maggior parte delle finestre era sbarrata da assi di legno, i muri sembravano pronti a sbriciolarsi. Vide pure un cartello che recitava "ATTENZIONE, edificio pericolante!". Non mi dire che abitano n questo posto? Il tetto rischia di crollarci sulla testa! I suoi peggiori sospetti furono confermati quando vide Artemis aprire la porta di servizio e addentrarsi all’interno, seguita dal suo muto compagno. Esitante, Drew la imitò, trovandosi di fronte una rampa da scale, in uno stato decisamente migliore dell’esterno. Anche le pareti sembravano decisamente più solide, constatò mentre cominciava a salire. Giunti nell’attico, si trovarono davanti una porta saldamente chiusa a chiave. Fu Ares ad aprirla. L’interno lasciò Drew decisamente sbalordito: il locale era arredato come le migliori case di lusso. Mobili raffinati e dall’aria decisamente costosa. Una cucina moderna. Un enorme libreria stracolma di tomi. E in un angolo faceva bella mostra di sé un portatile di ultima generazione.

«Fa come se fossi a casa tua» gli disse Artemis, sganciandosi il mantello e gettandolo sul divano.

«Cavolo, questo posto è strabiliante!» esclamò Drew guardandosi intorno. «Come puoi permetterti questi mobili?».

«Guadagno bene» fu la laconica risposta.

«Che cosa fai?» domandò Drew curioso.

«Un po’ questo, un po’ quello. Ben poco di legale, in ogni caso».

Drew non fece altre domande: probabilmente era meglio non sapere. «Certo vi trattate bene» osservò però.

Artemis scrollò le spalle. «Non è niente di che. Forza, ora passiamo agli affari, Fred Tonks».

Qualcosa nel modo in cui pronunciò il nome fittizio fece sospettare a Drew che la ragazza non gli avesse creduto. Tuttavia non fece commenti e la seguì alla scrivania. Quando le fu più vicino, notò che aveva una pistola appesa alla cintura. «E quella?» chiese a disagio.

La ragazza ridacchiò. «È solo una misura difensiva. Ma non guardare dentro quell’armadio se le pistole ti fanno problemi: c’è una collezione d’armi che farebbe invidia a un marine».

Drew occhieggiò il mobile in questione per un istante, poi rivolse la sua attenzione alla bionda. «Allora? Quali sono le tue condizioni?».

«Sempre così diretto?» lo prese in giro l’altra. «È una buona qualità: non perderla mai. Comunque, la mia condizione è una soltanto. Dovrai consegnare una lettera a un mio amico, Zeus».

«Consegnare una lettera?» ripeté Drew, incredulo. «E perché non lo fai tu?».

«Perché lo dico io. E sono curiosa di vedere come te la caveresti».

«Tutto qui? Devo consegnare una lettera e tu mi aiuterai a liberare Hermione?». Gli sembrava troppo strano: c’era sotto qualcosa.

«Mamma mia, come sei diffidente!» lo schernì di nuovo Artemis. «Comunque sì, è tutto qui».

Il ragazzo scosse il capo, confuso. «Ma perché lo fai? Rischi seriamente di rimanere uccisa e in cambio vuoi solo che ti faccia da piccione viaggiatore? ».

«Sì. Odio il governo di Vol-…del Lord. Sarà un piacere per me mettergli il bastone tra le ruote. E aiutare voi dell’Ordine».

«L’Ordine?» la interruppe Drew, un po’ spiazzato. Come aveva fatto a capire che faceva parte dell’Ordine?

Artemis rise della sua sorpresa. «Mica sono nata ieri, sai? Nel codice del governo "tradimento" sta per "membro dell’Ordine della Fenice". E se tu vuoi salvare Hermione Granger devi per forza far parte dell’Ordine. Anche se sono un po’ stupita: non credevo arruolassero anche ragazzi. Quanti anni, quindici, sedici?».

«Diciassette» rispose Drew piccato.

«Fresco di Hogwarts, allora. E non fare quella faccia: se fai parte dell’Ordine è ovvio che sei un mago. Ritornando alle trattative: accetti o no?».

Drew esitò solo un istante: aveva il vago sospetto che quella ragazza non gliela contasse giusta. Sembrava sapere troppo cose. C’era sotto qualcos’altro, di certo. Ma era anche un’occasione irripetibile. Perciò disse: «D’accordo, accetto».

Le labbra si Artemis si distesero in un sorriso soddisfatto. «Eccellente. Perciò ho meno di una settimana per trovare il modo di superare le difese del Ministero e uscire senza farmi catturare. Poteva andare peggio».

Rivolse un’occhiata perplessa alle spalle di Drew, poi il suo sorriso si allargò ancora di più. «Forza, Fred. La cena è pronta».

Drew si voltò: Ares stava mettendo in tavola quello che sembrava un delizioso arrosto con patate. Pure esperto di cucina, pensò Drew alzandosi e seguendo la sua nuova alleata.

*****

Era quasi mezzanotte quando Artemis sigillò con cura la busta che conteneva la lettera che avrebbe inviato a Zeus tramite Drew. Si stiracchiò sulla sedia, un pochino assonnata, poi rivolse un’occhiata irritata al suo muto compagno.

«Vuoi smetterla di guardarmi in quel modo, Ares?» gli chiese. «Se hai qualcosa dillo chiaro e tondo!».

«Sono solo preoccupato» rispose il gigante in tono sommesso. «Perché hai accettato di aiutare il ragazzo? Non ci ha nemmeno detto il suo vero nome…».

«Sai perché l’ho fatto» replicò Artemis con un sbuffo irritato. «Non fare domande di cui conosci già la risposta. E comunque, noi non siamo stati più sinceri di lui. Però sarei curiosa di sapere chi è. Per essersi unito a loro così presto, devono avergli fatto qualcosa di terribile…».

«Ma ci servono i soldi di quei due» osservò Ares. «O ti sei dimenticata del debito che abbiamo con Nandes?».

«È ovvio che non l’ho fatto. Ma questo è più importante!».

La ragazza si alzò, accostandosi all’uomo. «Inoltre, nulla ci vieta di rispettare aiutare "Fred" e poi recuperare i documenti che ci sono stati richiesti…».

«Non essere ingenua, Artemis» la rimproverò Ares. «Anche ammesso di uscire vivi da questa missione suicida, le possibilità di entrare abusivamente al Ministero due volte in due settimane sono pressoché nulle».

Artemis non replicò: sapeva che Ares aveva ragione. «Allora troveremo un altro modo per soddisfare la sanguisuga. Siamo pieni di invettiva, in fondo. E ce la siamo sempre cavata».

Ares grugnì una risposta non meglio identificabile. La ragazza lo guardò perplessa. «Non è solo per Nandes che sei preoccupato, vero? C’è qualcos’altro…».

«Sono preoccupato per te» rispose l’uomo. «Sei sicura di voler spedire quella lettera? Potrebbero esserci conseguenze spiacevoli per te…».

Artemis evitò lo sguardo indagatore dell’amico. Sapeva che aveva ragione. «È un’altra cosa necessaria. Deve sapere cosa sta succedendo. Per essere pronto e…».

«…Venirci in aiuto, se sarà necessario?» completò per lei la frase. «Pensi di essere pronta per affrontarlo nell’eventualità?».

La ragazza scrollò le spalle. «Non sarò mai pronta. Ma l’incontro con questo ragazzo potrebbe essere un segno del destino. Forse è arrivato il momento…».

«Da quando credi nel destino, Artemis?» le chiese Ares, con un sorriso sghembo.

Altra scrollata di spalle. «Quel che sarà, sarà, amico mio. Adesso è meglio andare a letto. Buona notte».

«’notte, Artemis» rispose l’uomo, osservandola mentre si avviava nella sua stanza.

Quartier Generale

Dell’Ordine della Fenice,

Londra.

Remus camminava su e giù per la cucina, incapace di stare fermo, roso com’era dall’ansia. Erano più o meno sette ore che non faceva che andare avanti e indietro, avanti e indietro. Da quando Christie era tornata di corsa a Chalmers Road per riferire cos’era successo a Diagon Alley.

«Remus, la vuoi smettere?» gli chiese Luna stancamente. «Stai per fare un buco nel pavimento».

Non che lei si sentisse più tranquilla: seduta al tavolo, ogni tre minuti allungava il collo per vedere se gli altri erano di ritorno. E stava consumando la quarta tazza di caffè della serata. Non poteva evitarlo: quando era nervosa, beveva caffè, il che contribuiva a renderla ancora più nervosa.

«Scusa» Luna, rispose Remus, senza però accennare a fermarsi. «Ma non riesco a star fermo senza far niente…».

In quel momento la porta si aprì e Sirius, Christie e Keith entrarono in rapida successione.

«Allora?» chiese Remus, fermandosi al centro della stanza. «L’avete trovato?».

Le loro facce furono una risposta più che sufficiente, mentre si sedevano stancamente al tavolo.

«Niente» disse Keith cupo. «Sembra svanito nel nulla».

«Nemmeno con il mio fiuto sono riuscito a localizzarlo» aggiunse Sirius sconfortato. «Troppi odori che si confondevano tra loro; dopo un po’ ho perso la pista…».

«È tutta colpa mia!» esplose a quel punto Christie, prendendosi il volto tra le mani. «Non dovevo lasciarlo scappare…».

«Non essere sciocca, Christie» la interruppe Luna, poggiandole la mano sulla spalla. «Nessuno pensa che sia stata colpa tua. È già un miracolo che tu sia qui, adesso».

Christie azzardò un mezzo sorriso: dopo che Drew era fuggito, era riuscita a scagliare un Oblivion su Nott e i suoi scagnozzi e a mescolarsi tra la folla prima che qualcuno capisse potesse fermarla o riconoscerla. Un autentico colpo di fortuna.

«Ma è comunque colpa mia: l’ho lasciato solo…».

«Basta!» intervenne Remus. «Colpevolizzarci non risolverà la situazione. Ora dobbiamo solo pensare a trovare Drew prima che lo facciano i Mangiamorte».

«Giusto» concordò Sirius. «Domani mattina riprenderemo le ricerche. Da qualche parte dovrà pur essere…».

«Adesso è meglio se andiamo tutti a letto» affermò Luna. «Un po’ di riposo farà bene a tutti».

Gli altri furono d’accordo e uno a uno lasciarono la cucina. Mentre si dirigevano di sopra Remus bloccò Sirius davanti alla porta della sua stanza.

«Che succede, Moony?» domandò l’Animagus.

«So cosa stai pensando, Padfoot. Lo troveremo vedrai. Drew non è Harry».

Sirius abbassò il capo: dannazione, Remus lo conosceva troppo bene!

«Hai ragione: Drew è molto più inesperto, è una preda più facile…».

«Non dirlo» lo interruppe Remus in tono adirato. «Non dirlo nemmeno per scherzo. Drew non è uno sprovveduto: troverà il modo di cavarsela».

«Ma…».

«Niente ma, Sirius. Drew tornerà presto a casa. Fine del discorso, ok?».

«Sì, hai ragione, Remus. Sono solo…»

«…Preoccupato» concluse per lui il licantropo. «Anch’io lo sono. Ma dobbiamo essere positivi. Sono sicuro che questa storia si risolverà al meglio. Buona notte, Padfoot».

«’notte, Moony» rispose l’Animagus, mentre l’amico percorreva il corridoio, diretto nella sua stanza.

 

LYRAPOTTER’ CORNER

Scusate, scusate, scusate per il ritardo. Stati giorni un po’ difficili: tra mia sorella che monopolizzava il computer, mia madre sempre in giro e i compiti che ormai sono diventati una necessità impellente, il tempo per scrivere non c’era mai. Inoltre qualche giorno fa, girando su internet, ho letto una notizia che mi ha fatto completamente passare la voglia di scrivere, tanto mi ha fatto incavolare…Se leggerete di una pazza italiana che ha seminato la distruzione negli studi della Warner Bros, sapete di chi si tratta.

Vabbè, stendiamo un velo pietoso, spero che questo capitolo vi sia piaciuto, io personalmente morivo dalla voglia di scriverlo più o meno da tre capitoli, per il semplice motivo che ho finalmente inserito due personaggi che adoro, Artemis e Ares, ovviamente. Parlando di loro, quando mi sono venuti in mente, stavo leggendo Artemis Fowl, che mi ha malamente influenzato, soprattutto nella caratterizzazione di Ares, che mi è uscito molto simile a un personaggio del libro (qui lo dico e che nessuno venga a dirmi di aver plagiato). Comunque, spero piacciano anche a voi.

E ora, grazie a:

SakiJune, visto che non l’hanno preso? Il tuo commento è stato davvero decisivo nel convincermi a inserire il pairing, anche se nella mia testa l’idea gironzolava già…

Deidara, eccoti servito, spero che il mio stratagemma ti piaccia!

Lily_Snape, hai visto, donna di malafede, che Hermione la sto salvando? Sarò anche sadica, ma non l’abbandono al suo destino, povera Herm…

chichetta99, oh, una nuova arrivata. Felice di averti a bordo, mi raccomando continua a commentare!

Ok, con questo ho concluso, mi raccomando recensite e alla prossima!!!!!!!

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Capitolo 11
*** Doppio inganno ***


MAGIC WARS

CAPITOLO X: DOPPIO INGANNO

Casa di Artemis e Ares,

Londra.

Quando Drew aprì gli occhi la mattina dopo, non ricordò subito dove fosse o come fosse arrivato. Dopodiché riconobbe la piccola camera degli ospiti che Artemis gli aveva offerto la sera prima e tutto quello che era successo gli ripiombò addosso con la forza di un ciclone: Diagon Alley, Nott, la fuga, l’accordo che aveva stretto…Niente male per una sola giornata, considerò, mentre si stiracchiava sbadigliando e gettava un’occhiata alla sveglia sul comodino. Segnava le 7.30. Piuttosto presto, pensò alzandosi e recuperando i vestiti dal termosifone dove li aveva appoggiati prima di andare a letto per farli asciugare. Si vestì in fretta e uscì dalla camera. Il grande salone era vuoto e immerso nella semioscurità. Nessuna traccia dei suoi coabitanti. Che strano! Avrei giurato che nessuno dei due era tipo da impigrirsi a letto più di tanto. In punta di piedi cominciò a esplorare la stanza, deciso ad approfittare dell’assenza dei suoi ospiti.

Certo era stato arredato con molto gusto. Drew sospettò che la scelta dei mobili fosse stata un’esclusiva di Artemis: c’era un certo gusto femminile e non sembrava proprio il genere di Ares. Forse erano i cuscini delle sedie intonati con il divano o il tappeto fantasia, ma sembrava il classico appartamento di una ventenne…anche se non erano molte le ventenni che tenevano una collezione di armi da fuoco in un armadio. Drew osservò con una certa apprensione il mobile in questione, quasi temesse che un fucile saltasse fuori da solo e gli sparasse. Che cosa sciocca, si disse, riprendendo il suo piccolo giro.

Mentre osservava il solido soffitto e le pareti bianche, si chiese come fosse possibile che il palazzo sembrasse così diroccato visto da fuori e così solido dall’interno: non l’avrebbe nemmeno creduta la stessa struttura se non l’avesse visto con i suoi occhi. Scrollò le spalle: l’ennesimo mistero di Ares e Artemis. Era più che certo che quei due nascondessero qualcosa: il modo in cui la ragazza aveva accettato di aiutarlo era stato troppo repentino, specie considerando ciò che doveva fare in cambio. Consegnare una lettera: una cosa che certamente Artemis avrebbe potuto fare anche da sola. Un altro mistero. Come i loro nomi, ora che ci rifletteva. Ares, Artemis Zeus: quelli erano i loro veri nomi come il suo era Fred Tonks. E c’era anche quella fastidiosa sensazione di aver già visto Artemis da qualche parte: per quanto si sforzasse non riusciva a scacciare quell’impressione. La ragazza aveva qualcosa di famigliare e sconosciuto insieme. Sospirò, scuotendo il capo: tutto sommato non è che avesse molta importanza: una volta tratta in salvo Hermione, sarebbero andati ognuno per la sua strada e non si sarebbero rivisti più. E lui non era stato tanto più sincero di loro, a pensarci bene.

Per scacciare quei pensieri molesti, si avvicinò alla grande libreria che occupava quasi tutto il lato destro della stanza. C’era una raccolta di volumi che avrebbe fatto invidia a una biblioteca: romanzi di tutti i generi e periodi, ma anche libri di storia, geografia, mitologia, cultura generale…perfino un’enciclopedia a 22 tomi. Certo, si accompagnavano a manuali di manutenzione delle armi, guide di arti marziali e titoli simili, ma sorprendeva di più l’enciclopedia in una casa di tipi del genere. Di certo non sembrano patiti della lettura, si disse, studiando una vecchia e piuttosto logora edizione di "Cime Tempestose".

Con sua somma sorpresa, mentre prendeva qualche libro a caso, si ritrovò all’improvviso tra le mani un manuale di pozioni. La cosa in sé poteva anche non essere così strana: recenti piccole concessioni del governo permettevano anche ai Babbani di studiare pozioni elementari in particolare corsi universitari. Niente più che rudimenti, ma comunque qualcosa. Ma quello che Drew stringeva non era certo un libro di fondamenti: lo aprì sfogliandolo distrattamente. Era senza dubbio un manuale per pozionisti esperti: Bevanda della Pace, Felix Felicis, Distillato della Morte Vivente…roba ben al di là dei limiti di un Babbano. Senza contare che a bordo pagina il testo era spesso integrato con annotazioni a mano. Perplesso, Drew rimise a posto il libro, per scoprire che molti altri manuali dello stesso genere affollavano gli scaffali vicini. E non finiva lì: libri di Erbologia, Cura delle Creature Magiche, Difesa contro le Arti Oscure, Scienza Guaritrice, perfino un paio sull’arte del Duello…una collezione che avrebbe fatto invidia a qualunque strega o mago. Drew fissò i tomi, senza riuscire a capire: cosa se ne facevano due Babbani di tutti quei libri di magia? Pur con tutta la buona volontà del modo, quasi tutto ciò che era insegnato in quei libri era fuori dalla portata di qualunque essere non magico.

A meno che…Mentre un incredibile dubbio si affacciava nella sua mente, l’attenzione di Drew fu colpita da una serie di libri rilegati di nero che giaceva nell’ultimo scaffale sulla destra. Incuriosito, ne afferrò uno: la copertina era evidentemente fatta a mano e talmente lisa da lasciar supporre di essere stata aperta molte volte. L’aprì: sulla prima pagina era scritto, a caratteri eleganti, il titolo "Maledizione Cruciatus: effetti e possibili rimedi". Seguivano decine e decine di pagine di annotazioni a mano, appunti e cancellature, che terminavano con una lunga lista di ingredienti per una pozione.

Improvvisamente la luce si accese. «Giri in questo modo furtivo anche a casa tua?». La voce ironica di Artemis lo fece sobbalzare. Sentendosi un ladro colto in flagrante, rimise velocemente il libro a posto.

«Affatto» rispose poi, girandosi. «Scusa se ti ho disturbato».

Rimase un attimo stupito nel vederla: i capelli biondi le ricadevano sciolti, incorniciandole il viso, indossava un paio di jeans e una maglia a maniche lunghe azzurra e piuttosto aderente. In quella veste, più semplice di quella del giorno precedente, era perfino più carina.

«Non mi hai affatto disturbata, lo rassicurò la ragazza. «Mi sveglio sempre a quest’ora, se non prima. Cos’hai da guardare?», chiese, a disagio.

«Nulla, nulla, sembri solo…diversa. Rispetto a ieri, intendo…».

Artemis ridacchiò, stringendosi nelle spalle. «Quando non lavoro, mi piace stare comoda. E il nero non mi piace troppo, a essere sincera. Vieni, la colazione è pronta».

Si sedettero al tavolo, consumando in silenzio le uova e pancetta che un sempre muto Ares mise loro davanti. Fu Artemis a rompere il silenzio.

«Ti piace leggere?» chiese.

Drew la guardò perplesso. «Scusa?».

«Ti ho chiesto se ti piace leggere, Fred» ripeté Artemis. «Ho notato che guardavi con un certo interesse la mia libreria…».

«Oh, sì, mi piace leggere. Molto in effetti!».

«Beh, sentiti pure libero di prendere qualche libro, se vuoi. Basta che dopo lo rimetti a posto».

«Ok, grazie!». Drew esitò: doveva tirare in ballo i libri di magia? Moriva dalla voglia di saperne di più, ma qualcosa gli suggerì che con tutta probabilità la ragazza non avrebbe comunque risposto alle sue domande, perciò decise di lasciar perdere. Invece, disse: «Sai, non ti facevo amante della lettura…».

Artemis lo guardò imperscrutabile. «Perché?» chiese. «Per come mi guadagno da vivere? Solo perché vivo ai margini della legge non significa che non sappia apprezzare un classico come "Orgoglio e pregiudizio"!».

«Hai letto "Orgoglio e pregiudizio"?» chiese Drew, rendendosi conto troppo tardi di aver dato un intonazione un po’ troppo incredula alla domanda.

Artemis lo fissò tagliente. «Cinque volte. Non mi facevi neanche una fan di Jane Austen, vero? Beh, sbagliavi…».

«Scusa, non volevo offenderti. La mia era solo una constatazione…».

«La prossima volta tieniti le tue constatazioni per te!» lo liquidò la ragazza, tornando a fissare il piatto.

Drew fece lo stesso, irritato, chiedendosi come avesse fatto la conversazione a degenerare così in fretta. Mamma mia, se è suscettibile, però! Di certo ho fatto bene a non nominare i libri di pozioni: mi sarebbe saltata alla gola!

Il resto della colazione fu consumato in un pesante silenzio, rotto solo dal tintinnio delle posate contro i piatti. Finito di mangiare, Drew decise di accettare l’offerta fattagli poco prima; per cui, comodamente seduto sul divano, si immerse nella lettura de "L’isola del tesoro" di Stevenson. Le sane avventure di Jim Hawkins e compagnia bella magari sarebbero riusciti a distrarlo da tutto quello che gli stava succedendo. Ricordò che da piccolo, quando aveva letto il romanzo per la prima volta, aveva sognato per mesi di poter incontrare dei pirati e andare per mare a caccia di tesori e avventure. Tutto sommato, rifletté, sarebbe decisamente meno pericoloso di tutto quello che sto vivendo adesso. Lanciò un’occhiata ad Artemis, seduta davanti al suo portatile. Se continuiamo a litigare per niente in questo modo, mi sa che non ci arriviamo a salvare Hermione: ci ammazziamo prima!

Erano quasi le tre del pomeriggio e Drew era nel frattempo passato a "I tre moschettieri" per variare un po’, quando Artemis ruppe la barriera del silenzio. «Vieni qua».

«Perché?» chiese Drew, senza distogliere lo sguardo dalla pagina.

Era più che certo che la ragazza l’avesse guardato esasperata, perché quando rispose, sembrava irritata. «Perché ti devo mostrare dove andare per consegnare la lettera. Vieni qua».

Stavolta Drew decise di ubbidire. Appoggiò il libro sul divano, si avvicinò al tavolo e scoprì che Artemis stava fissando una mappa digitale di Londra sullo schermo del computer.

«Allora» cominciò la ragazza, muovendo veloce il mouse, «ascolta bene perché non te lo ripeterò un’altra volta. Noi siamo qui» e indicò con il cursore un punto della mappa. «A tre isolati da qui, in questa direzione, c’è una fermata della metro. Tu scendi e prendi la linea numero cinque. Il biglietto te lo diamo noi. Scendi alla sesta fermata e arriverai a Hills Road. Mi segui? Ok, allora prosegui dritto per un centinaio di metri e poi giri a destra, in Park Street. Cerchi il palazzo n°83 e sali al secondo piano, interno 9. Entri, non tocchi niente, non guardi niente, troverai un piccolo camino nel salotto, con un vasetto di Polvere Volante appoggiato sopra. Ne prendi una manciata e invii la lettera tramite quella. Dopodiché esci e ripercorri a ritroso la strada fin qui. Domande?».

«Polvere Volante?» chiese Drew allibito. «Quindi questo Zeus è un mago?».

«Anche i Babbani possono usare la Polvere Volante, Fred» rispose Artemis. «Non ci vuole mica una grande abilità per gettare una polverina nel fuoco e scandire un indirizzo!».

«Ma è illegale!». Solo dopo averlo detto si rese conto di quanto l’affermazione suonasse stupida in quel contesto.

Infatti Artemis scoppiò a ridere. «Ti sembro una persona che si fa questo tipo di problemi? Ci potresti scrivere un romanzo con la mia fedina penale, l’uso di un po’ di Polvere Volante non fa molta differenza! C’è altro?».

Drew rifletté un secondo, poi chiese: «E come entro nell’appartamento? Devo scassinare la serratura?».

«Visto che dubito tu sia un buon scassinatore» osservò Artemis, ridacchiando, «questa è la chiave. Vedi di non perderla…».

«Quando devo andare?» chiese Drew, prendendo la chiave dall’aria piuttosto vissuta che Artemis gli porgeva.

La ragazza guardò l’orologio. «La prossima metro passa tra mezz’ora. Approfittane per memorizzare la cartina».

Drew annuì, prendendo il suo posto davanti allo schermo: l’itinerario che avrebbe dovuto seguire era sottolineato in rosso.

Londra

Drew riemerse tossendo dai sotterranei della metropolitana. Il viaggio era stato tutto sommato tranquillo, anche se il ragazzo l’aveva trascorso teso come una corda di violino, nel terrore di essere riconosciuto. Non che adesso, immerso nella chiassosa confusione del centro londinese, si sentisse più tranquillo. La zona era pericolosamente vicina al Ministero, poteva vedere il Big Ben svettare non troppo lontano. Non che facesse molta differenza: vicino o lontano, per lui era un problema anche solo uscire di casa. Non vedeva l’ora di tornare all’attico di Ares e Artemis.

Si mise perciò a camminare spedito in direzione di Park Street: nella tasca interna della giacca leggera che indossava, la busta chiusa con la lettera gli pesava come un macigno: prima se ne liberava, meglio era!

Trovò senza difficoltà il palazzo contrassegnato dal numero 83: la tipica palazzina ad appartamenti che si trovava nel centro di Londra. Drew entrò e salì fino al secondo piano, dove scoprì che la porta dell’appartamento n°9, oltre che dal numero in ottone come le altre, era contrassegnata anche da un cartello che portava la scritta a caratteri cubitali "VIETATO L’INGRESSO: SOTTO SEQUESTRO" e sotto, il Marchio Nero. Però, questo Zeus deve essersi dato da fare!, pensò Drew, prendendo la chiave e facendo scattare, con qualche scricchiolio di protesta, la serratura piuttosto arrugginita. Prima di aprire, si diede una furtiva occhiata intorno: dopo essersi assicurato che sul pianerottolo non ci fosse nessuno, abbassò la maniglia e si infilò velocemente dentro, richiudendosi la porta alle spalle.

L’appartamento era in uno stato desolante: i pochi mobili ancora presenti erano mezzo distrutti e coperti da tre dita di polvere, così come il pavimento di parquet. L’aspetto tetro era ulteriormente alimentato dai pochi raggi di sole che riuscivano a filtrare attraverso le tende spesse, che immergevano nella penombra il locale. Drew ebbe la netta impressione che il posto non fosse usato da anni, ma non stesse a lambiccarsi più di tanto. Si avviò verso il caminetto, posto di fronte a un cencioso divano, che, sotto la polvere, doveva essere di un allegro rosa confetto.

Trovò senza difficoltà il vasetto colmo di Polvere Volante, ne prese una manciata e la gettò nell’alcova del camino. Subito le fiamme smeraldine si levarono sfavillanti. Drew estrasse la busta sigillata dalla tasca, esitò solo un istante poi la gettò nel fuoco. Lettera e fiamme sparirono quasi contemporaneamente. Solo allora, mentre si rialzava spolverandosi i jeans, Drew realizzò che non aveva idea di dove la lettera fosse stata spedita: Artemis non gli aveva dato nessuno indirizzo. Ne dedusse, visto che la missiva era comunque sparita, che doveva essere un camino a una sola uscita, come quello che collegava casa Riddle al Quartier Generale. Chissà dove conduce?, si chiese mentre usciva, richiudendo a chiave, ben lieto di lasciare quel luogo triste. Probabilmente a casa di questo fantomatico Zeus, chiunque sia. Sarei curioso di sapere come ha fatto Artemis ad avere la chiave di un appartamento sotto sequestro…ma forse è meglio di no!

Ritornato in strada, sentendosi decisamente più leggero, si stava riavviando verso l’ingresso della metro, quando una ventina di passi avanti a lui vide tre uomini in mantello nero parlare fitto, fitto tra loro. Impossibile non riconoscerli come Mangiamorte! Invocando il nome di tutti i santi che gli venivano in mente perché non lo vedessero, Drew si bloccò in mezzo al marciapiede; stava già facendo dietro-front, pronto a svignarsela il più velocemente possibile, quando uno di loro lo indicò, parlottando a mezza voce con gli altri due. Subito dopo si sentì apostrofare con un "Ehi, tu, fermati un po’!", ma il ragazzo si era già lanciato a razzo nella direzione opposta. Merda!, pensò sentendo i passi dei tre che partivano al suo inseguimento. E stavolta non c’era nessuna Christie a distogliere l’attenzione. Almeno riuscissi a raggiungere la strada principale, forse potrei mescolarmi nella folla! Appena finito di formulare questo pensiero, avvertì il fischio di una maledizione passargli a dieci centimetri dal viso e andare a colpire la casetta delle lettere davanti a lui, cosa che lo spinse ad accelerare ulteriormente l’andatura e a estrarre la bacchetta. Non sapeva bene cosa avrebbe potuto farci, considerato i brillanti risultati che aveva conseguito nel tentativo di Duello con Sirius, ma di certo non si sarebbe lasciato catturare senza combattere. Si chiese vagamente quanto avrebbe resistito prima che i limiti del suo corpo gli imponessero di fermarsi e affrontare i suoi inseguitori. Non molto, considerò, sentendosi già il fiato mozzo. Altro che salvare Hermione: finisco direttamente a farle compagnia!

Si abbassò, schivando per un pelo uno Schiantesimo e girò in una via secondaria, sperando di riuscire a seminare i tre Mangiamorte. Lungo il tragitto, fece anche cadere qualche cassonetto dell’immondizia, sperando di riuscire a rallentarli. Ma nulla servì: i passi veloci dei tre risuonavano costantemente alle sue spalle, sempre più vicini, accompagnati di tanto in tanto dal fruscio di un incantesimo lanciato.

Cominciava ormai a disperare di riuscire a cavarsela questa volta, quando, subito dopo aver girato un altro angolo, una mano robusta lo afferrò per il bavero della maglia e lo trascinò in un vicoletto laterale, mescolandolo con le ombre. Istintivamente, Drew si mise a scalciare per tentare di liberarsi da quella presa ferrea, quando riconobbe il volto severo di Ares.

«Fermo e zitto, ragazzo!», gli intimò secco il gigante. Forse per la sorpresa di sentirlo finalmente parlare, Drew smise all’istante di dimenarsi.

Immobili, i due attesero di vedere i tre Mangiamorte passare e proseguire la loro corsa, finché l’eco dei loro passi non morì in lontananza. Drew tirò un sospiro di sollievo, rilasciando il respiro che quasi inconsciamente aveva trattenuto.

«Gra-» fece per dire, ma Ares lo sollevò letteralmente di peso, caricandoselo in spalla, e senza sforzo si fece strada tra i cassonetti del vicolo.

«Ehi, so camminare da solo» protestò Drew, mollandogli qualche pugno che l’altro non mostrò nemmeno di sentire.

Ares si guardò intorno guardingo, dopodiché mormorò con voce roca: «Tieniti forte!».

Prima di capire cosa volesse dire, Drew si ritrovò stretto in un’oscurità soffocante, come se fosse stato infilato a forza in un tubo di gomma. Quando poté di nuovo respirare e riaprì gli occhi, si rese conto che si trovavano davanti all’ingresso che portava all’attico di Artemis.

«Ma cosa…» cominciò, mentre Ares si avviava veloce su per le scale, sempre tenendolo in groppa, poi capì: Smaterializzazione. Ares sapeva smaterializzarsi! Ma allora era un mago!

Con la mente in subbuglio, fu scaricato senza troppe cerimonie al centro del salone, trovandosi davanti una livida Artemis, che stringeva tra le mani un giornale arrotolato.

«Cosa è successo?» chiese in tono preoccupato ad Ares, il quale si stava sfilando la giacca.

«Tre Mangiamorte: niente di serio» la rassicurò l’uomo.

La ragazza annuì distrattamente, poi rivolse la sua attenzione a Drew. «Bene, ora io e te facciamo due chiacchiere» esordì, chiaramente furibonda.

«Che succede?» chiese Drew, un po’ spaesato: possibile che fosse così arrabbiata per l’incidente appena trascorso?

«Che succede?» ripeté Artemis. «Mi chiedi pure che succede? Succede che sulla prima pagina del numero odierno del "Profeta" capeggia la foto di un certo Andrew H. Potter, figlio di cotanto padre. E indovina un po’: assomiglia tutto a te…» e gli gettò in faccia il giornale.

Drew vide la vecchia foto dell’annuario, che da un mese a quella parte appariva quasi quotidianamente sui giornali, e la solita richiesta d’informazioni utili in cambio di denaro. Tornò poi a guardare Artemis, senza sapere cosa dire. La ragazza gli lanciò un’occhiata che avrebbe incenerito una pietra.

«Contavi di informarmi che davo asilo al ricercato n°1 del paese oppure la ritenevi un’informazione superflua?».

«E che ne sapevo io di come avresti reagito?» ribatté Drew, che cominciava a scaldarsi a sua volta. «Che ne sapevo che non mi avresti consegnato?».

«Mi pare ti averti fatto capire abbastanza chiaramente quanto odi il Ministero e tutti coloro che lo rappresentano! O mi credi davvero così stronza?!».

Ormai urlavano tutti e due: era come se nella stanza non ci fosse nessun’altro, solo loro due che litigavano. «Non ti conosco neppure!» ribatté Drew. «Come potevo fidarmi di te fino a questo punto?».

«Io NON tradisco le persone che mi accordano la loro fiducia. Meno che meno coloro con qui stringo un affare di qualunque tipo. E siccome metto in ballo anche la mia vita e la mia libertà, avevo tutto il diritto di essere…».

«…Informata della mia identità?» la interruppe Drew. «Perché? Avrebbe fatto differenza?».

«Ne avrebbe fatta eccome!» ribatté Artemis, alzando ulteriormente il tono.

"Perché?» chiese Drew. «Non avresti aiutato se avessi saputo la mia identità?».

«Ma certo che ti avrei aiutato!» rispose lei, dando l’impressione di essere appena stata insultata.

«E allora?».

«Allora, tanto per cominciare non ti avrei mandato a spalle scoperte in mezzo a Londra, facendoti correre il rischio di farti catturare!».

«Ma non è successo! Sto bene!».

«Non è questo il punto!» obiettò la ragazza. «Se vogliamo che questo accordo vada a buon fine dobbiamo essere sinceri tra noi…».

«Artemis…». La voce di Ares si levò come un monito nel salone, ma entrambi i ragazzi lo ignorarono.

Drew ormai non ci vedeva più: era sempre così quando si scaldava, prendeva e partiva per la tangente. E l’ultima frase di Artemis fece traboccare tutti i dubbi che si era tenuto dentro nelle ultime ventiquattro ore.

«Sincerità?» ripeté, quasi incredulo. «Tu vieni a parlare con me di sincerità? Senza offesa ma suona un po’ ipocrita da parte tua…».

«Di che parli?» chiese Artemis, presa in contropiede.

«Parlo delle decine di libri di magia che ci sono su quegli scaffali. E del fatto che il tuo amico, per riportarmi qui, si è smaterializzato. Voi siete dei maghi, non è vero?».

«Cosa hai fatto?» esclamò invece Artemis, rivolta ad Ares. «Ti sei smaterializzato?».

L’uomo si strinse nelle spalle. «Era il modo più veloce e sicuro per tornare qui. Mi dispiace, ma il ragazzo ha ragione: dobbiamo dire la verità».

«Ares, perché?» chiese la ragazza, con un tono di voce che sorprese Drew: era colmo di sconforto.

«Non prendertela con lui e ammettilo: tu sei una strega!» continuò il ragazzo.

«Io non sono una strega» ribatté però la ragazza, sempre con quel tono triste, distogliendo lo sguardo.

Drew la guardò allibito: tutta la rabbia della ragazza sembrava sparita, soppiantata da un vago disagio e da quella rassegnata tristezza. Tuttavia Drew non voleva cedere: ora che aveva cominciato, era più intenzionato ad arrivare fino in fondo a quella storia.

«Non hai appena finito di dire che dobbiamo essere sinceri tra noi?» riprese perciò. «Ho visto quei libri: sono pieni di cose che nessun Babbano potrebbe sapere. Sii sincera e di la verità: tu sei una strega!».

«La verità?, gridò Artemis, girandosi verso di lui. «Vuoi la verità? Eccola qui, la tua verità!».

Detto questo, con somma sorpresa di Drew, si sfilò la maglia, scoprendosi il busto: sotto indossava solo un semplice reggiseno nero. Il primo istinto di Drew fu distogliete lo sguardo, imbarazzato a morte, senza capire cosa intendesse fare la ragazza. Poi qualcosa colpì la sua attenzione: una macchia nera che dalla spalla destra si allungava già fino al gomito. Guardando più attentamente, scoprì che era una specie di tatuaggio. Per un istante pensò al Marchio Nero, poi ricordò che quello veniva tatuato sull’avambraccio. Inoltre, vedendolo da vicino, scoprì che il disegno era diverso: quello di Artemis ritraeva sì un serpente, con la bocca spalancata e le zanne velenose in bella vista, ma attorcigliato intorno a una bacchetta magica, spezzata a metà. Drew rimase a fissare allibito quello strano marchio.

Dall’altra parte della stanza, Ares osservava sconfortato la scena, non sapendo cosa dire o fare.

«Lo sai cos’è questo, Andrew Potter?» chiese Artemis con voce atona. «Quelli a cui viene posto lo chiamano Marchio del Diavolo; il suo vero nome è "Inibitore di magia volontaria". Pomposo, non trovi?».

«Che cosa fa?» chiese Drew scandalizzato, non osando credere a ciò che la ragazza gli stava dicendo.

Invece lei sorrise tristemente, rinfilandosi la maglia. «Hai capito bene. Questo, questo …"coso"…mi impedisce di usare la magia tramite una bacchetta. Se provassi a fare un incantesimo, anche il più semplice, mi ucciderebbe. Perciò ciò che ti ho detto prima è vero: io non sono una strega. Non più almeno».

Drew notò che aveva le lacrime agli occhi: la ragazza se le asciugò con un gesto stizzito. Il ragazzo la osservava allibito: come si poteva fare una cosa tanto orribile a una persona? Togliere a un mago la sua magia era quasi come togliergli la vita stessa. Cosa poteva aver fatto una ragazza poco più che adolescente di tanto grave da meritarsi una simile condanna? C’è qualcosa che il governo di Voldemort non ha ancora fatto? Quante vite sono state rovinate come quella di Artemis?

La ragazza lo guardò, con un sorriso per niente convincente dipinto sul volto. «Ti ho sconvolto, Andrew Potter?».

I loro occhi si incrociarono per un istante, verde contro ambra: Drew fu attraversato dalla netta impressione di aver già visto occhi simili da qualche parte. Ma ancora una volta non riuscì a collegare un volto a quella sensazione.

«Perché l’hanno fatto?» chiese incerto: forse lei preferiva non parlarne.

Tuttavia, dopo un attimo di esitazione, Artemis rispose: «Ho semplicemente pestato i calli alle persone sbagliate. Quello che ho fatto non era abbastanza grave per farmi meritare la morte o Azkaban, così i giudici ripiegarono su questo…Sono stata tra le prime a essere "inibita", sai? Forse avrebbero fatto meglio ad uccidermi: in fondo mi avrebbero fatto un favore. Una persona con il Marchio del Diavolo diventa niente per la società; ho perso tutto: i miei amici, la mia famiglia, il mio futuro, la mia vita…per questo mi sono data alla vita criminale: non avevo niente da perdere».

«Mi dispiace, Artemis» mormorò Drew, sincero.

«Non mi occorre il tuo dispiacere» replicò secca la ragazza. «In fondo sono passati tre anni: ormai ci ho fatto l’abitudine. Più o meno!».

«Me ne devo andare?» chiese Drew, titubante, dopo alcuni istanti di silenzio.

«Andare?» ripeté Artemis, stupita e perplessa. «E perché di grazia?».

«Non sei arrabbiata con me?» replicò Drew.

«Abbiamo stretto un accordo» gli ricordò la ragazza. «E io mantengo sempre gli impegni presi. Dimentichiamo questo storia, Andrew: abbiamo mentito entrambi».

«D’accordo» disse Drew, sorridendo sollevato. «Ma chiamami Drew: mi chiamano tutti così».

Poi gli venne in mente una cosa che nella foga del litigio aveva scordato. «Come ha fatto Ares a trovarmi?».

Artemis arrossì, un po’ a disagio. «Gli ho chiesto io di andare a cercarti» ammise. «Dopo aver visto la tua foto sul giornale, ho pensato che potessi aver bisogno di aiuto. Ares è l’ideale per situazioni del genere».

La ragazza guardò con affetto il gigante, che ora che la lite si era sedata e l’atmosfera era più leggera, si era seduto al computer. Era evidente che era molto affezionata a quel l’uomo. Drew non seppe trattenersi dal fare un'altra domanda. «Come vi siete conosciuti?».

La ragazza lo guardò, con un ghigno divertito. «Fai troppe domande Drew, osservò. «Vieni: sediamoci e ti racconterò qualcosa della nostra vita».

Drew ubbidì, seguendo la ragazza sul divano e preparandosi ad ascoltare la sua storia. Occhieggiò un attimo Ares, che non sembrava minimamente interessato alla discussione, malgrado si stesse parlando di lui.

«Dopo essere stata rilasciata» cominciò Artemis, «ho vissuto per la strada. Vivevo alla giornata, rubacchiando per mangiare, cercando di adattarmi alla vita da Babbana. Non sono stati mesi facili: la frustrazione di non poter usare la magia, la fame, il freddo, la mancanza della vecchia vita…Ma non sono mai stata il tipo di ragazza che si piange addosso o rimpiange il passato. Puntavo a sopravvivere, mi accontentavo di poco e tiravo avanti, nella speranza che il giorno dopo sarebbe andata meglio. Dopo circa tre mesi…sì tre mesi, di quella vita, ho incontrato Ares. O meglio diciamo che è stato lui a incontrare me. Ero poco lontano da qui, quando quattro brutti ceffi mi hanno aggredito. Ti lascio immaginare cosa volessero farmi…comunque Ares mi salvò. Avrai notato che non è il tipo che si fa mettere i piedi in testa da qualcuno: cacciò via quei deficienti con la coda tra le gambe e la faccia da cane bastonato. Non so cosa mi spinse ad attaccarmi a lui: forse capii che era una persona speciale. E avevo ragione: diventai più o meno al sua protetta. È solo merito suo se adesso sono qui a parlare con te e non in un vicolo mezza morta di fame o qualcosa del genere».

Entrambi si girarono verso il diretto interessato, che continuava imperterrito il suo lavoro davanti allo schermo.

«Ma anche lui è un mago, vero?» chiese Drew. «Insomma, si è smaterializzato!».

Artemis annuì sorridendo. «È un Babbano di nascita, confermò infatti. «Quello che viene volgarmente detto Sanguesporco».

«Credevo che fossero stati tutti uccisi dai Mangiamorte…» disse Drew.

«Non tutti» rispose la ragazza. «Alcuni sono riusciti a nascondersi. Tra questi c’è anche il nostro amico. Aveva venticinque anni, quando Vol-…il Signore Oscuro prese il potere, e fu costretto a nascondersi per sfuggire allo sterminio. Per non farsi rintracciare dal Ministero smise di usare la magia quasi completamente, se non per estrema difesa. A suo favore giocò il fatto che fosse un abilissimo Duellante. Uno dei migliori: credo che prima di dovessi nascondere abbia vinto parecchie gare, ma non ne sono certa. Parla di rado della sua vita di prima…in tutto questo tempo non mi ha mai neppure detto il suo nome. Per me, lui è sempre stato solo Ares e nient’altro».

«Come il dio greco della guerra, giusto?» la interruppe Drew.

«Giusto» confermò la ragazza. «Direi che è appropriato per un combattente quale è lui, no?».

«E tu perché ti fai chiamare come la dea della luna?» chiese Drew incuriosito.

Artemis gli sorrise enigmatica. «Certo ne sai di cose di mitologia greca, Drew Potter!» osservò. «Comunque, ti stavo raccontando di Ares, no?» riprese, eludendo la domanda del ragazzo. «Dicevo…poiché smise di usare quasi totalmente la magia, studiò a fondo le tecniche di difesa babbane. Per guadagnarsi da vivere, cominciò a lavorare per un contrabbandiere d’armi, anche se presto riuscì a distinguersi abbastanza da mettersi in proprio. Così si è procurato quest’attico. Quando ci siamo conosciuti, mi ha insegnato il mestiere, se così si può dire. Siamo diventati una specie di società. E questa è la nostra storia. Soddisfatto?».

«Direi di sì» rispose Drew. Al ragazzo non era sfuggito il modo in cui Artemis aveva svicolato la sua domanda, ma ormai sapeva abbastanza di lei per capire che pressarla, l’avrebbe solo fatta arrabbiare di nuovo.

«Che te ne fai di tutti quei libri di magia se non puoi usarla?» chiese invece.

«Non sei mai sazio di risposte, eh?» osservò la ragazza. «Non posso fare magie con la bacchetta: infatti di libri di Incantesimo o Trasfigurazione non ne ho perché sarebbero inutili, almeno dal lato pratico. Ma niente mi impedisce di fare pozioni, seppur alla maniera Babbana, o allevare Snasi, se ne avessi voglia».

«Devi essere brava» considerò Drew.

«Cosa te lo fa pensare?».

«Ho aperto uno dei tuoi libri: era pieno di scritte a mano». Esitò un istante, ma decise che era meglio non citare il manoscritto sulla Cruciatus.

Artemis annuì. «Molto tempo e pazienza mi hanno portato ad affinare incredibilmente le mie capacità di pozionista. Sai, quando ti tolgono tutto, ti concentri su quel poco che ti è rimasto».

Rimasero in silenzio per un po’, ognuno immerso nei propri pensieri.

All’improvviso, Artemis esclamò: «Mi è appena venuto in mente: tu mi hai raccontato un'altra bugia!».

Drew la guardò spaesato. «No, non è vero!» si difese: non capiva di cosa stesse parlando la ragazza.

«Oh sì, invece, ribatté lei in tono leggero. «Mi hai detto di essere fresco di Hogwarts, ma è ovvio che non puoi esserci andato!».

«Oh no, cara» obiettò Drew, più rilassato. «Tu l’hai detto: io semplicemente non l’ho negato!».

Artemis fece per replicare, ma si bloccò. «Hai ragione» ammise. «È andata così. Ma questo non toglie che tu di magia ne sappia quanto una pulce, dico bene…».

«Ehi!» protestò Drew offeso. «Potrei anche offendermi, sai?». E mise su una faccia indignata, incrociando le braccia al petto. Artemis lo guardò eloquente. «Ok, ok» borbottò il ragazzo. «È vero: studio magia da un mese circa. Ma ho imparato in fretta. Cominciò a destreggiarmi abbastanza bene…».

«E con i Duelli come te la cavi?» chiese Artemis, curiosa.

Drew non rispose, mentre il ricordo dell’unico penoso Duello magico della sua vita gli ritornava alla mente. «Stendiamo un velo pietoso, che ne dici?».

La ragazza ridacchiò, una luce strana negli occhi. «Mi è appena venuta in mente un idea pazza. Ares, hai programmi per la prossima settimana?».

L’uomo la guardò interrogativo. «Niente più del solito. Perché? Non mi piace quella faccia…».

«Neanche a me» gli fece eco Drew. «Cosa stai tramando?».

«Tu» disse Artemis, indicando il ragazzo, «prenderai lezioni da Ares e imparerai a Duellare».

La mascella di Drew quasi toccò il pavimento, tanto spalancò la bocca. Rivolse un’occhiata dubbiosa ad Ares: se era stato messo fuori gioco in meno di un minuto da Sirius, che comunque non era un fuoriclasse, quanto ci avrebbe messo quello che una volta era un campione per farlo fuori?

«Non se ne parla!» esclamò.

«Perché?» chiese Artemis, con un’espressione delusa.

«Perché…perché…perché no!».

«Ottime argomentazioni. Non ti consiglio di intraprendere la carriera di avvocato, Drew!».

«Non se ne parla» ripeté deciso il ragazzo, incrociando le braccia.

«Andiamo: se vuoi venire anche tu a salvare Hermione, devi pur essere in grado di difenderti…».

«Frena, frena un po’!» esclamò Drew balzando in piedi e piantandosi di fronte alla ragazza. «Chi ha detto che verrò anch’io al Ministero?».

«L’ho detto io! Se devo rischiare la mia libertà, è giusto che lo faccia anche tu!».

«Ma non posso nemmeno uscire di casa!».

«Pozione Polisucco, bello. Invenzione prodigiosa! Gli altri dettagli sono ancora da definire…».

«Ma io…».

«Niente storie» lo interrupe la ragazza. «Tu verrai. Ora scegli: puoi prendere lezioni da Ares e in questo modo evitare di farti ammazzare oppure non farlo e venire fatto fuori da primo Mangiamorte con una mira abbastanza buona. Che mi dici?».

Drew la fissò: la ragazza lo fronteggiava con un sorriso soddisfatto in volto. E capì di aver perso: non avrebbe mai potuto evitarlo. «D’accordo, lo farò» borbottò perciò, un po’ contrariato.

«Eccellente!» esclamò Artemis. «Per te non ci sono problemi, vero, vecchio mio?».

Ares scosse il capo. «Sarà divertente!» affermò

Drew guardò prima l’uomo, poi la ragazza entusiasta e si sentì nervoso come mai prima d’allora. Perché ho l’impressione che sarà un massacro?.

LYRAPOTTER’S CORNER

Ecco a voi il nuovo capitolo, stavolta dopo "solo" una settimana. Mi dispiace, sono io la prima che vorrebbe aggiornare, ma il tempo é quello che è (trovatemi una Giratempo, magari riesco a pubblicare con più frequenza!!!!!).

Questo capitolo poi è un caso un po’ particolare: siccome il computer l’aveva sempre mia sorella quando mi veniva voglia si scrivere, ho ripiegato sui cari vecchi carta e inchiostro. Erano un paio di secoli che non scrivevo più a mano (se escludi la strutturazione dei capitoli) e mi ero dimenticata quanto adorassi tenere in mano una penna. Pensate, parte del capitolo l’ho scritta appollaiata su un sasso in riva al fiume vicino a casa mia, una vera goduria!!!!!!! L’unico neo di tutto questo è il doverlo poi ricopiare su Word per poter pubblicare, perciò non so come e quando lo farò di nuovo!!!!!

Inoltre questo capitolo ha anche segnato un altro importante passaggio: Magic Wars ha trovato ufficialmente una mascotte ispiratrice, ovvero un asinello di peluche di nome Lollo (niente commenti sul nome, aveva tipo otto anni quando l’ho battezzato) che ho per caso ripescato da un baule e che d’ora in poi mi accompagnerà nella stesura della storia!!!!!!!

Vabbè, ho finito con gli sproloqui e passo perciò ai ringraziamenti.

Deidara, ehi, sei tornato dalle vacanze giusto in tempo!!!! Spero siano andate bene e sono felice di averti sorpreso!!!!

SakiJune, accidenti, mi hai già beccato!!!!!!! E io che speravo di tenerti sulle spine almeno per un altro capitolo, uffa!!!!! Per la questione Burrobirra, io la vedo in questo modo: con i maghi allo scoperto, i beni magici di consumo come cibo e bevande sono entrati anche nella vita dei Babbani. Perciò vengono serviti anche nei pub Babbani. Vuoi vedere Remus contento? Aspetta ancora un po’ e vedrai…

bulmettina, una nuova commentatrice, che bello!!!!! E una fan del mitico Artemis Fowl! Spero che ti piaccia anche questo capitolo!!!!!

chichetta99, non preoccuparti, Ares e Artemis non sono dei male intenzionati.

Approfitto per ringraziare di cuore anche Caillean, che ha commentato la mia shot su Remus e Dora. Siccome segui anche Magic Wars, so che leggerai questo ringraziamento. Spero che commenterai anche questa storia!!!!!

Con questo concludo e vi saluto. Mi raccomando recensite, bacibaci!!!!!!

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Capitolo 12
*** Missione suicida ***


MAGIC WARS

CAPITOLO XI: MISSIONE SUICIDA

Quartier Generale

Dell’Ordine della Fenice,

Londra.

Sirius fissava con sguardo perso e il mento appoggiato contro il tavolo una bottiglia piena di Whisky Incendiario, diviso tra la sua coscienza (dell’aspetto di un piccolo Remus vestito da angioletto) che gli urlava a squarciagola che ubriacarsi non era la soluzione per nessuno dei suoi problemi e il desiderio di cancellare almeno per qualche ora il senso di angoscia che gli attanagliava il cuore, quando Luna entrò in cucina. La donna fece saettare gli occhi dall’uomo alla bottiglia stappata di fronte a lui, fece due più due ed esclamò, indignata: «Non azzardarti neppure Black, hai capito? » e gli tolse da sotto il naso la bottiglia, veloce come un gatto, e ne rovesciò il contenuto nel lavandino. Sirius non protestò: quando Luna lo chiamava per cognome era sempre un brutto segno. E il fatto che non avesse nemmeno voglia di darle fastidio lo era ancora di più. Con un gemito afflitto, tornò a fissare il punto dove prima giaceva la bottiglia.

Luna lo guardò preoccupata, dando una veloce girata allo stufato che contava di servire per cena.

«Ehi, Sirius?» disse poi titubante, sedendosi di fianco all’Animagus. «Tutto bene?».

«Tutto bene un corno!» ribatté l’altro, seccato. «Ho una maledetta voglia di rompere qualcosa. O meglio ancora, di spaccare la faccia a qualcuno. Avrei giusto un paio di nomi in mente…».

Luna gli poggiò una mano sulla spalla. «Ti capisco. Ci sentiamo tutti così. Ma non è ubriacandoti che ci aiuterai a ritrovare Drew…».

«Ora mi sembri Remus» ridacchiò Sirius, sollevando lo sguardo verso la donna, sentendosi più vicino a lei ti quanto non lo fosse mai stato.

La guardò con intensità, desiderando più che mai di poter annullare la distanza che li divideva e baciarla, ma lei dovette intuire i suoi pensieri perché si scostò bruscamente e tornò ai fornelli, rossa in viso. «Lo prenderò per un complimento» borbottò, imbarazzata. «Comunque sai che ho ragione» aggiunse, cercando di ridarsi un contegno.

Sirius annuì. Un passo avanti e due indietro, pensò prima di dire: «Sì, lo so. Razionalmente. Ma quando penso che ormai è sparito da quasi ventiquattro ore, non posso evitare di pensare che…».

«Non dirlo!» esclamò Luna, interrompendolo e riavvicinandosi a lui, l’imbarazzo dimenticato. «Drew sta bene, ne sono certa. Più che certa. E presto sarà di nuovo a casa…».

«Remus ha detto più o meno lo stesso ieri sera…» osservò Sirius, sempre in tono depresso.

«E allora, forse dovresti darci retta! Da quando sei diventato così pessimista, Sirius?».

«Mmmm, fammici pensare…»rispose in finto tono meditabondo. «Direi che sono più o meno diciassette anni che non riesco più a pensare positivo al 100%, anche se ho avuto i miei alti e bassi…».

«Fammi indovinare, adesso sei in fase bassa».

«Direi quasi sottoterra, bimba» e ritornò alla sua posizione iniziale. Luna agì quasi d’istinto, passandogli la mano tra i capelli in un gesto consolatorio. Sirius non si mosse, timoroso di spezzare quel bel momento.

La porta d’ingresso si aprì di colpo, lasciando entrare un trafelato Keith. Sia Luna che Sirius scattarono all’indietro come molle, la prima nuovamente imbarazzata per l’attimo di debolezza, il secondo improvvisamente desideroso di compiere un omicidio.

«Qualche novità?» chiese Luna speranzosa, fissando con intensità il giovane.

Keith scosse il capo desolato. «Ho cercato dappertutto qualche traccia, ma è impossibile dire che strada abbia preso. Forse, con Sirius avremmo più fortuna…».

«Stanotte» promise Sirius. «Continuerò a cercare fino a farmi cascare il naso, se è necessario. Una qualche pista dovrà pure averla lasciata».

«Ok» ribatté Keith. «Allora io e Christie veniamo qua dopo cena. Ora scusate, devo tornare al Ministero; sono passato solo per dirvi questo…».

«Vuoi una tazza di the?» chiese Luna educatamente.

«No grazie, devo proprio scappare». Detto questo, uscì di corsa. Luna e Sirius sentirono il crac mentre si smaterializzava.

«Non lo invidio per niente» disse Luna, allontanandosi di nuovo da Sirius. «Non oso immaginare la tensione che lui e Christie devono provare ogni giorno…Credo proprio che impazzirei: il doppio gioco non fa per me!».

«Sono d’accordo: deve essere davvero dura per loro. Ma, perlomeno, se escono di casa non corrono il rischio di essere fatti fuori…».

Luna aveva già sulle labbra una risposta, quando dal salotto giunsero degli strani rumori: prima qualcosa di simile a una fiammata e poco dopo un tonfo.

Sirius balzò in piedi, precipitandosi fuori dalla cucina, con Luna alle calcagna e la bacchetta già in mano. Bacchetta che gli scivolò tra le dita quando vide Remus, steso a terra di fronte al camino, un’espressione sofferente dipinta sul volto, una mano stretta sul petto.

«REMUS!» gridò, precipitandosi al fianco dell’amico. «Luna, la pozione!».

Un richiamo inutile, visto che la donna era già corsa in cucina e stava tornando con un flacone pieno di liquido scarlatto. Sirius quasi glielo strappo di mano, lo stappò con foga e lo fece bere Remus, riverso in terra, pallido come un cadavere. Lentamente, il respiro dell’uomo tornò regolare, un po’ di colore riapparve sulle guance e il volto si distese.

Anche Luna si rilassò e rivolse la sua attenzione a Tonks, che seduta sul divano, si guardava intorno nervosa, messa in agitazione da tutto quel trambusto.

«Ehi, Moony, tutto ok?» chiese Sirius ansioso, ancora teso come una corda di violino.

«Credo di sì» mormorò l’altro facendo forza sulle mani per tirarsi seduto. «Di certo sono stato meglio…» aggiunse, massaggiandosi il petto.

«Sicuro?» domandò ancora Sirius. «Forse è meglio se ti stendi un attimo…».

Remus scosse il capo con forza. «Sto bene» Padfoot. «Non fare come Molly, per piacere!».

Sirius si finse scandalizzato per quel paragone a suo parere poco lusinghiero.

«Cosa è successo?» chiese Luna, mentre cullava lentamente Tonks nel tentativo di calmarla.

«Abbiamo sentito come una vampata…» le fece eco Sirius.

«È arrivata questa. Il camino l’ha sputata fuori…» e porse a Sirius un pezzo di pergamena stropicciato.

L’Animagus lo distese esitante e cominciò a leggere: era una lettera. Fin dalla prima riga poté capire cosa avesse tanto sconvolto Remus; e man mano che leggeva il suo stupore aumentava. Quando ebbe finito, rivolse il suo sguardo all’amico che lo guardò a sua volta.

«Ti prego, dimmi che non me lo sono immaginato…» mormorò il licantropo, con una luce di speranza e felicità negli occhi.

«No, Moony» gli rispose Sirius, sorridendo. «Non te lo sei immaginato. Forse le cose cominciano a girare dal verso giusto».

Casa di Artemis e Ares,

Londra.

«Avanti, in piedi e riprova!».

Masticando un’imprecazione, Drew si tirò in piedi, facendo forza contro il muro. Era più che certo di non essersi mai sentito così male in vita sua: era convinto che non ci fosse più una sola parte del suo corpo che non fosse coperta da qualche livido o botta di qualunque genere. Ancora un po’ e gli avrebbero fatto male perfino le unghie dei piedi! Questo era il prezzo che aveva dovuto pagare in cambio di sei giorni di allenamenti quasi no stop con Ares.

E l’uomo non era certo uno che ci andava giù leggero: durante il primo Duello che avevano tenuto, se di Duello si poteva parlare, era stato messo fuori gioco prima ancora di sollevare la bacchetta. Era stato sbattuto con tale violenza contro il muro che era quasi svenuto. Ares l’aveva liquidato con un "Troppo lento: in piedi e riprova!".

E aveva riprovato. E riprovato. E riprovato. Fino allo sfinimento. Ormai c’era un buco con la sua sagoma nel punto in cui cozzava contro la parete! E ogni singolo duello che aveva sostenuto si concludeva con lui che cozzava contro la parete. O se proprio gli andava bene, sul pavimento. Non che si aspettasse seriamente di battere Ares: gli era bastato il primo fulmineo scontro per capire che era un fuoriclasse e che le speranze di sconfiggerlo erano meno di zero. Però un pochino di pietà non avrebbe fatto male: le loro sessioni di allenamento duravano fino a dieci ore, tra mattina e pomeriggio, e considerato che la durata media di un duello era di un minuto o due al massimo, ne aveva fatti di voli! Ma l’uomo non si era mai scomposto: gli aggiustava le ferite più gravi, quando c’erano, e gli diceva "In piedi e riprova" con voce che non ammetteva repliche.

Maledizione a te, Artemis! A te e alle tue idee pazze!, pensò mentre si rimetteva in posizione di guardia.

«Pronto?» chiese Ares. Drew si limitò a rispondere con un cenno del capo.

«Allora, in guardia». Quasi ancora prima di finire la frase, la prima maledizione era già partita. Ma Drew almeno questo l’aveva imparato: Ares aveva dei riflessi a dir poco fulminei. Perciò era preparato ed evitò il fascio di luce gettandosi di lato. «Reducto!" gridò poi. L’incantesimo fu parato da Ares apparentemente senza la minima difficoltà.

Quel balletto botta e risposta, con Drew che di fatto evitava le maledizioni e tentava invano di colpire l’avversario, durò poco più di un minuto, prima che una serie di Incantesimo Respingenti in rapida successione lo spedisse di nuovo contro il muro. La cosa comincia a diventare ridicola!, considerò, mettendosi dolorosamente a sedere e massaggiandosi il gomito destro.

«Ok, per oggi basta così» disse Ares a quel punto, rinfoderando la bacchetta.

Merlino, ti ringrazio!, pensò il ragazzo, alzandosi lentamente in piedi e avviandosi fuori dalla porta. Ares lo seguì, di nuovo silenzioso. L’ampia sala dove si esercitavano si trovava al primo piano del palazzo dove vivevano Ares e Artemis. Drew aveva il sospetto che fosse stata ricavata unendo alcuni dei vecchi appartamenti, per permettere ad Ares di tenersi in esercizio.

Arrivato nell’attico, si gettò a peso morto sul divano: aveva l’impressione di essere stato pestato a ripetizione. Artemis lo guardò interrogativa, posando il libro che stava leggendo. «Allora, come è andata?» chiese curiosa.

Drew emise un grugnito. «Come al solito» borbottò.

Al che Artemis si rivolse ad Ares in cerca di una risposta più esauriente. «Direi che va bene» osservò cauto l’uomo. «Ci sono senza dubbio stati dei progressi notevoli in una sola settimana. Aveva ragione dicendo che impara in fretta».

Drew fece un smorfia. Non gli sembrava di aver fatto questi grandi miglioramenti: era solo diventato più bravo a evitare gli incantesimi.

«Pensi che sia pronto per domani?» chiese ancora Artemis.

«Sì, senza dubbio» rispose con sicurezza il mago, avviandosi poi in cucina a preparare la cena.

Domani, ripeté Drew fra sé. Se ne era quasi scordato: il giorno dopo era lunedì, il giorno fissato da Artemis per liberare Hermione. Per un attimo si sentì il cuore pesante come piombo.

Si rese conto che Artemis lo stava osservando con intensità. Guardò la ragazza, un po’ a disagio. «Cosa c’è?».

«Sei nervoso?».

"Un po’. Ma credo sia normale…».

«Immagino di sì, confermò la ragazza. «Andrà bene, ne sono certa…».

«Quale sarebbe il piano?» domandò Drew.

«Dopo cena, lo liquidò la ragazza. «Leggi qualcosa».

Drew esitò, indeciso se accettare o no l’invito. Alla fine, anche solo per aver qualcosa da fare, riprese in mano il "Tom Sawyer" che aveva cominciato il giorno prima.

Dopo circa un’ora, Ares servì la cena. Drew osservò gli altri due commensali: tutti i pasti che aveva consumato in quella casa si erano sempre svolti in un silenzio quasi totale. Il ragazzo non poteva dire se fosse per causa sua che gli altri due non parlavano, anche se ne aveva il sospetto. Nonostante la sfuriata e le relative spiegazioni della settimana prima, aveva ancora la sensazione che nascondessero qualcosa. Artemis in particolare spesso sembrava sfuggente come il fumo. Quella ragazza era un vero mistero: un minuto prima era distante e fredda come un ghiacciolo, quello dopo aveva scoppi di loquacità che lo lasciavano spiazzato. Giusto il giorno prima si era lanciata con lui in un concitato dialogo su pregi e difetti di alcuni libri che avevano letto. Era come trovarsi davanti una persona dalla doppia personalità: non sapeva mai come comportarsi perché non poteva mai dire quale delle due Artemis avesse di fronte. Una cosa di cui era sicuro era che Artemis sembrava voler reprimere la seconda: Drew sospettava che quella fosse una sorta di riflesso di quello che la ragazza era prima. Prima di essere marchiata, prima di diventare una criminale. Chissà come era allora? Se il suo sospetto era giusto, doveva essere una ragazza molto espansiva e piena di vita. Cosa poteva aver fatto per meritarsi quella condanna tremenda? Se lo era già chiesto parecchie volte, ma non osava porre la domanda alla diretta interessata: dubitava che gli avrebbe dato una risposta più chiara di quelle che aveva già ottenuto.

La cena fu consumata accompagnata da tutti questi pensieri. Quando si fu sparecchiato, Artemis si stiracchiò all’indietro, rilassata. «Ottima come sempre, vecchio mio» mormorò. Ares si limitò a un cenno di ringraziamento. Un’altra cosa che Drew aveva capito era che l’uomo non parlava mai, solo lo stretto indispensabile.

««Bene» disse Artemis, «ora passiamo agli affari. Vieni con me».

Si alzò, andando al computer: Drew e Ares la seguirono.

Dopo aver acceso e digitato la password per accedere al programma, Artemis cliccò su un icona in alto a sinistra. Tutto lo schermo fu occupato da…

«La piantina del Ministero?» domandò Drew incredulo. «Come…?».

Artemis sorrise serafica. «Molto tempo e pazienza. Un supporto visivo ci sarà utile…».

«Allora, qual è il tuo piano? ».

«Entrare al Ministero non è uno scherzo. Ancora meno accedere alla zona delle celle al Secondo Livello. Comunque una volta superato il controllo all’Ingresso si procederà più o meno lisci…».

«E come superiamo il controllo dell’Ingresso?» chiese Drew, ansioso: più ne parlava, più quella gli sembrava una missione suicida.

«Ares ci ha procurato dei documenti falsi. Con dei pass speciali per accedere al Secondo Livello. Un po’ di Pozione Polisucco completerà il tutto. L’importante è ricordarsi di rimanere calmi e impassibili, qualunque cosa succeda. Ok?».

«Ok» rispose Drew non del tutto convinto. «E dopo?».

«Dopo arriviamo alla Zona delle Celle. Il difficile arriva a quel punto…».

Mosse veloce il mouse, facendo comparire la mappa del Secondo Livello. Zoomò, per ingrandire la zona a destra. Una zona molto vasta, osservò Drew.

«Questa è tutta la Zona» riprese Artemis. «Come vedrai, è piuttosto grande. Purtroppo per un esterno al Ministero è impossibile accedere ai dati d quest’area, perciò è impossibile per noi sapere dove si trova Hermione».

«Quindi, che facciamo? Giriamo a vuoto finché non la troviamo?».

«All’ingresso dell’area, c’è un custode delle chiavi: lui ovviamente possiede tutti i dati di cui abbiamo bisogno. Bisogna metterlo fuori gioco e rubargli la chiave. Poi arrivare fino alla cella di Hermione, tirarla fuori e tornare all’ascensore, prima che…».

«Prima che…».

«Prima che il piano venga isolato. Tutta la zona è monitorata, perciò mettere al tappeto il custode metterà in allarme le guardie. Ho calcolato che avremo circa sette minuti, prima che arrivino a bloccare l’ascensore e a intrappolarci al Secondo Livello. In quel caso saremmo fregati».

Drew si limitò ad annuire. «E poi?».

«Se riusciamo a evitare questa trappola e sempre ovviamente che non blocchino l’ascensore con noi dentro, arrivati al nel Atrium, è molto probabile che troviamo una calorosa accoglienza. A quel punto le alternative che abbiamo sono due: o arriviamo ai camini e ce ne andiamo via Metropolvere o tentiamo di raggiungere l’ingresso principale e filarcela dalla strada. In entrambi i casi, avremmo bisogno di molta fortuna. Ci tengo a precisare che a quel punto potrebbe essere necessario un "ognuno per sé": se i Mangiamorte si rivelassero troppi, ciascuno tenterà di portare a casa la propria pelle. E non si torna indietro» per nessuno. Qualche domanda?».

«Se ci bloccano nell’ascensore?» chiese Drew, che preferiva non pensare all’opzione "ognuno per sé".

Artemis si strinse nelle spalle. «Volendo si potrebbe salire nel condotto e tentare si arrampicarsi fino alle porte. Ma ci metterebbe in una situazione scomoda: rischiamo di trovarci in un’imboscata e non avere il tempo di difenderci. Perciò, spera di non rimanere bloccato nell’ascensore…».

«Perciò» disse Drew, «ci sono almeno una decina di cose che potrebbero andare storte e pochissime probabilità di uscirne vivi, giusto?».

«Ehi, sei tu ad essere venuto da me!» si difese la ragazza. «Io ne facevo volentieri a meno. Comunque in sostanza è così».

«Perché lo fai?» chiese Drew per l’ennesima volta.

«Mi annoio» fu l’ironica risposta. «Altre domande?».

«Penso di no».

«Perfetto. Se fossi in te, mi eserciterei ancora un po’…».

Drew deglutì: la prospettiva di dover affrontare dei Mangiamorte lo atterriva.

«Non fare quella faccia» lo rimproverò Artemis ridacchiando. «Ares dice che sei pronto».

Il ragazzo guardò il gigante. «Se lo dice lui. A me sembra di essere una schiappa…».

Artemis rise. «Non puoi usare Ares come termine di paragone. Non riusciresti a batterlo neppure se avessi sette anni di scuola alle spalle e molta più esperienza. Ma solo perché non batti lui, non significa che non batterai i Mangiamorte. Se lui dice che sei pronto, lo dice perché è la verità. Non ti metterei in pericolo se non fossi certa che potrai cavartela…».

«Ehi!» esclamò Drew ridacchiando. «Ti stai forse preoccupando per me?».

Artemis arrossì, a disagio. Poi accadde una cosa strana: per un istante, Drew ebbe l’impressione che i capelli biondi della ragazza avessero cambiato colore in un rosso acceso e la ragazza assunse un espressione sofferente. Poi il viso della ragazza si distese e i capelli tornarono normali. Il tutto durò talmente poco che Drew pensò di esserselo immaginato.

«Se non hai altre domande» cominciò Artemis, di nuovo fredda, «ti consiglio di andare a esercitarti o di andare a dormire. Domani sarà una lunga giornata…».

«Ok» rispose Drew, spiazzato dal cambiamento repentino della ragazza. Il dottor Jekyll e Mr. Hyde, in confronto…, pensò alzandosi e dirigendosi nella sua stanza. Si gettò sul letto, pensando. Di lì a tredici ore o poco più, sarebbe entrato al Ministero, l’ultimo posto dove sarebbe dovuto entrare di sua volontà, e salvare Hermione. Una missione suicida a dire poco. Le possibilità di uscirne sano e salvo e ancora libero erano davvero scarse. Poteva solo contare sul fatto che Artemis avesse previsto tutto e che avessero un colpo di fortuna. Un colpo di fortuna bello grosso, pensò. Si chiese come se la cavassero al Quartier Generale. Di certo erano preoccupati come pochi, soprattutto Sirius e Remus. Dopo una settimana, mi avranno già dato morto? Oppure mi stanno ancora cercando? Chissà come stanno Kitty e Ethan: saranno anche loro preoccupatissimi! Rifletté sul fatto che se il giorno dopo le cose fossero andate storte, probabilmente non li avrebbe rivisti mai più. Probabilmente se lui fosse morto, i membri dell’Ordine gli avrebbero convinti a trasferirsi in Francia da Fleur o come cavolo si chiamava. Si sentì improvvisamente in colpa: a causa sua, i suoi cugini erano stati condannati a una vita da reclusi. Anzi, ufficialmente, erano morti nell’incendio con Dudley ed Elizabeth. Gli ho rovinato la vita! Una altra ingiustizia, niente di più. Sospirò, rigirandosi nel letto. Guardò l’orologio: erano appena le nove. Meglio dormire e non pensarci più. Si sfilò le scarpe e i jeans, poi si infilò sotto le coperte.

Per molto tempo rimase steso incapace di prendere sonno, pensando a tutto quello che gli sarebbe successo il giorno dopo.

*****

Raggomitolata su una vecchia poltrona nella sua stanza, Artemis osservava dalla finestra la città addormentata, una tazza di cioccolata bollente in mano. Ne bevve un lungo sorso, rischiando di ustionarsi la lingua, mentre alzava lo sguardo a fissare il cielo notturno: mezza di luna solcava indifferente la volta celeste, attorniato da decine di stelle. Circa due settimane, pensò, bevendo di nuovo.

«Ti disturbo?». La voce di Ares si levò nella stanza buia, senza comunque coglierla di sorpresa: l’aveva sentito aprire la porta.

«Ho sempre tempo per te, amico mio» disse voltandosi. «Cosa c’è?».

«Credi che sia un’idea saggia portare anche il ragazzo al Ministero? Sarà già abbastanza difficile…».

«Tu hai detto che è pronto» osservò la ragazza. «Ci farà comodo una mano in più. E Hermione si fiderà di noi se avrà davanti un volto noto…».

«Sei anche tu un volto noto» le ricordò l’uomo.

«Tre anni fa ero un volto noto» specificò Artemis. «Ora per loro sono un estranea quasi quanto te…».

C’era un che di triste nel modo in cui lo disse: distolse lo guardò, tornando a rivolgerlo fuori dalla finestra.

«Sei sicura di aver fatto la scelta giusta?» chiese Ares, preoccupato. «Accentando di aiutare il ragazzo e inviando quella lettera?».

«Se non l’avessi fatto mi sarei sentita peggio», affermò la ragazza. «E comunque, una volta salvata Hermione, ognuno se ne andrà per la sua strada: loro per la loro e noi per la nostra. Tutto tornerà come prima…».

Ares la guardò non del tutto convinto. «Sul serio pensi di potertene andare come se nulla fosse? Lui verrà a cercarti: non ti lascerà scappare un’altra volta».

«E allora noi ci nasconderemo» disse Artemis con una sicurezza che in realtà non provava. «Non sono ancora pronta per affrontarlo…non lo sarò mai. Senza contare che c’è anche il debito con Nandes: non posso coinvolgerlo. Se la vecchia carogna lo trovasse, lo userà per ricattarmi. Io lo so e lo sai anche tu…».

«È probabile» confermò Ares. «Ma questo non toglie che lui non vorrà perderti un’altra volta…».

Artemis annuì. «So anche questo» mormorò, bevendo un altro sorso di cioccolata. Proprio come piace a lui, pensò. Le tazze di cioccolata erano una delle poche cose a cui non era riuscita a rinunciare quando aveva abbandonato la sua vecchia vita. Eppure non avevano più avuto lo stesso sapore.

«Devi essere tu a decidere» la rassicurò Ares. «Qualunque sarà la tua scelta, io ti appoggerò».

«Grazie, Ares» disse lei, sorridendo. «So di poter contare su di te…».

L’uomo le sorrise. «Meglio dormire un po’. Domani sarà una giornata impegnativa…».

«Vuoi dire oggi» scherzò la ragazza indicando l’orologio: mezzanotte e dieci.

«Buonanotte, Artemis» disse l’uomo e uscì dalla stanza.

La ragazza gli fece un cenno, tornando poi a osservare la luna. In qualche modo la faceva sempre sentire più vicina a lui, alla persona che più di ogni altra le mancava. Sospirò. Mi manchi, papà.

LYRAPOTTER’S CORNER

Salve a tutti, o prodi lettori. Stavolta sono davvero fiera di me stessa, un aggiornamento dopo soli cinque giorni, che brava!!!!! Capitoletto di transizione e forse un po’ noioso, ma andava scritto. Il prossimo sarà meglio e quello dopo ancora farà un po’ di scintille!!!!!! Vabbè direi che ormai l’avete capito tutti chi è Artemis e per chi non l’aveva ancora capito, questo capitolo è stato abbastanza chiarificatore. Un applauso a Saki, che mi aveva beccato subito!!!!

Poi, un piccolo annuncio: il mese più odioso dell’anno, settembre, è alla fine giunto (ma và! Non ce n’eravamo accorti NdLettori). E per le povere diciottenni lombarde come me significa una cosa sola: lunedì levataccia e si torna tra i banchi. Questo perché ho la sfortuna di vivere nell’unica regione d’Italia (o una delle poche, comunque) dove la scuola ricomincia l’otto, evviva!!!!!! Sto seriamente pensando di trasferirmi in Sicilia. Al di là di tutte queste mie sventure, cosa ve ne importa a voi? Ve ne importa, perché purtroppo il tempo che potrò dedicare alla scrittura sarà presto soppiantato da versioni di latino, equazioni e pomeriggi passati a maledire il professore di turno, indi per cui gli aggiornamenti si faranno più radi, se non da subito (conto di pubblicare almeno un altro capitolo prima di essere totalmente rapita), almeno dalla seconda o terza settimana. Perciò mi scuso da subito per il ritardi che sicuramente ci saranno e vi tranquillizzo: presto o tardi aggiornerò, non pensate che vi abbia abbandonato.

Vabbè, ho finito di raccontarvi le mie disgrazie, passo ai ringraziamenti:

Lily_Snape, ehilà, pensavo mi avessi abbandonato!!!!! Lo so che sono sadica, a quanto pare non riesco a non far succedere qualcosa di tragico hai miei personaggi!!!!!! Buona fortuna con il greco, a presto!!!!!

Emylovely, benvenuta a bordo!!!! Grazie infinite e continua a commentare:

Caillean, grazie, grazie, grazie!!!! Sono felice di sapere di aver reso bene l’introspezione dei personaggi, quello è un po’ il mio tallone d’Achille!!!! Ovviamente, spero di risentirti…

SakiJune, tessò, visto che ti ho accontentata, Sirius e Luna sono arrivati e gli ho fatto vivere qualche momento elettrico. Se qualcuno non l’aveva ancora capito chi è Artemis, ormai ho fugato gli ultimi dubbi!!!!!! Allora non sono l’unica pazza che capisce quanto sia bello scrivere a mano, che bello!!!!!!!

Deidara, tre settimane? mamma mia, che invidia!!!!!!! Per quanto riguarda Artemis, io non dico nulla, ma il capitolo è stato abbastanza eloquente…

Concludo con un po’ di auto-pubblicità: siccome amo particolarmente complicarmi la vita, ho cominciato a postare una nuova fanfiction a capitoli, dai tono decisamente più colorati di questa. Il titolo è "Babysitter per caso", con protagonisti i malandrini e una piccola Dora. Se vi va andate a darci un’occhiata.

Per il momento basta, a presto (spero) e commentate (se no, mi deprimo), bacibaci!!!!!!

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Capitolo 13
*** Nella tana del lupo ***


MAGIC WARS

CAPITOLO XII: NELLA TANA DEL LUPO

Londra.

Coloro che alle undici di martedì 7 agosto fossero passati sul ponte di Westminster, avrebbe potuto vedere tre persone, due uomini e una donna percorrerlo a passo veloce e sicuro in direzione del vecchio palazzo del parlamento. Erano tutti e tre vestiti in nero, con mantelli da viaggio alla foggia dei maghi. La donna dimostrava all’incirca quarant’anni, aveva corti capelli castano chiaro, un volto severo ed era alta, dal fisico asciutto. Dei due uomini che l’accompagnavano, uno era leggermente più alto di lei, di aspetto tipicamente scandinavo (occhi di ghiaccio e capelli così chiari da sembrare bianchi), mentre il secondo, più giovane, aveva scuri capelli tenuti lunghi fino a poco sopra le spalle e occhi castani. Un osservatore attento avrebbe notato che dei tre era quello che sembrava muoversi con meno sicurezza, anzi, sembrava quasi tentato dalla possibilità di fare dietro-front e tornare da dove era venuto.

In effetti questa possibilità era stata pure ventilata da Drew, mentre trottava dietro ad Artemis e Ares, diretto al Ministero della Magia. Alla fine aveva però concluso che ormai era in ballo e doveva ballare. In fondo Artemis sembrava sicura del fatto suo e, anche se le possibilità di riuscita sembravano ed erano poche, almeno avrebbe potuto dire di aver tentato. Potrebbe anche andare bene in fondo, si disse, seguendo i suoi compagni verso l’entrata del Ministero. Ma non ci credeva molto nemmeno lui.

Si fermarono davanti al portone d’ingresso. Artemis si girò verso Drew, mormorando: «Nervi saldi, mi raccomando".

Drew si limitò ad un cenno d’assenso, mentre sotto il mantello stringeva la mano sudaticcia contro la bacchetta. Il gesto gli infuse un pizzico di coraggio, sufficiente per aprire la porta, cedendo il passo Artemis e seguendola poi all’interno.

L’ingresso del Ministero era costituito da una piccola sala circolare in stile gotico, piuttosto scura e opprimente. Di certo non si sforzano di mettere a loro agio i visitatori. Sul lato sinistro si poteva scorgere una scalinata che conduceva al piano superiore, all’Ufficio Anagrafe e agli uffici delle alte sfere, mentre su quello destro facevano bella mostra di sé le porte placcate in oro di un ascensore, unico accesso al Ministero della Magia vero e proprio. Al centro della hall capeggiava una grande scrivania in ebano, a cui sedeva una segretaria sui trent’anni in tailleur, con i capelli raccolti in una stretta e sobria crocchia alla sommità del capo.

Sentendo la porta aprirsi, la donna alzò il capo, fissando con perplessità ed educato stupore i visitatori.

«Buon giorno. Benvenuti al Ministero della Magia. In cosa posso esservi utile?» chiese in tono professionale e un sorriso a trentadue denti.

Sempre con il suo passo sicuro e un sorriso altrettanto falso, Artemis si avvicinò. «Buon giorno. Sono qui per vedere il signor Avery, al Secondo Livello, per cortesia».

La segretaria la studiò un attimo come per valutare quello che aveva appena detto. «Posso sapere il motivo della visita?».

Artemis si finse seccata per quell’insistenza. «Sono qui per ritirare dei documenti per conto del mio capo. Il quale si seccherà molto se mi farà tardare».

«E chi sarebbe il suo capo?» insistette la donna.

«Il nome Julius Osborne le dice niente?» chiese ironicamente Artemis, spazientita.

Subito l’altra sgranò gli occhi, improvvisamente impaurita. «Oh, perdonatemi, signora…non avevo capito…».

Artemis sbuffò. «Sì, sì va bene. Il signor Avery?».

«Oh, certo. Lo trova nel suo ufficio al Secondo Livello. Potreste favorirmi i vostri documenti, per cortesia?» aggiunse esitante, non sapendo quale reazione aspettarsi.

La sua interlocutrice si finse ulteriormente irritata da quella domanda. «Immagino di non avere molte alternative, se questa è la prassi» osservò cavando fuori da una tasca interna una carta d’identità falsa e il finto permesso di accesso. Fece poi un cenno secco a Drew e Ares, che la imitarono, porgendo poi le varie carte alla segretaria.

La donna fece un controllo veloce, probabilmente impaziente di liberarsi di quei visitatori potenzialmente pericolosi. Infatti dopo poche rapide occhiate, restituì il tutto ai legittimi proprietari.

«Da quella parte, signori» li congedò indicando l’ascensore. «Buona giornata».

«Anche a lei" rispose educatamente Artemis, prima di dirigersi nella direzione indicata, tallonata delle sue "guardie del corpo".

Quando le porte si richiusero e l’ascensore cominciò a scendere, Drew si permise di rilassarsi e rilasciare il fiato che aveva trattenuto. «Chi è Julius Osborne?» chiese, curioso.

Artemis lo guardò con un sorrisetto furbo. «Osborne è un Mangiamorte. È probabilmente l’unico uomo al mondo quasi totalmente immune agli effetti dei Dissenatori, per questo dopo la Rivoluzione il Signore Oscuro l’ha messo alla direzione di Azkaban. Controlla anche la sezione Interrogatori del Ministero ed è un’autentica carogna. Il tipo che prima vede quanto urli forte e dopo ti fa le domande…».

«Credo di capire…» disse Drew, ricordando quello che Sirius gli aveva detto sugli aguzzini di Remus e Tonks.

«Comunque» riprese la ragazza, «contavo sul fatto che il solo nome di Julius ci risparmiasse troppe domande…».

«E ci sei riuscita!» esclamò lui. «Quella poveretta era terrorizzata».

«Già. Meglio così!».

Il ding dell’ascensore che si fermava e apriva interruppe la conversazione. Artemis ricostruì velocemente la sua maschera di durezza e severità e si infilò nell’affollato e frenetico Atrium, seguita dai due uomini.

Si mescolarono velocemente alla folla di impiegati e Mangiamorte che sfilavano in tutti le direzioni, urtandosi spesso tra loro, diretti ai loro uffici. Drew notò che non era molto difficile distinguere i Mangiamorte dagli altri, nonostante le vesti sostanzialmente tutte nere: i semplici dipendenti indossavano quasi tutti semplici completi giacca e cravatta, abbinati a una sopraveste con ricamato il Marchio Nero, mentre i Mangiamorte in genere giravano con la loro "divisa" ufficiale, spesso con la maschera alla cintura o addirittura calata sul volto.

Mentre seguiva Artemis all’ascensore, Drew ne contò almeno una ventina, sentendosi vagamente a disagio pensando che probabilmente ognuno di loro moriva dalla voglia di acchiapparlo e farsi bello agli occhi del suo Signore. Nella moltitudine gli parve di distinguere il volto di Christie, ma se anche era la ragazza, svanì prima che potesse accertare la sua identità.

Arrivati al Secondo Livello, la sensazione di disagio si acuì ulteriormente quando Drew vide una sua foto fare bella mostra di sé appesa alla parete, con la scritta a caratteri cubitali RICERCATO, accompagnata da foto di altri membri dell’Ordine. Artemis gli rivolse una rapida occhiata, probabilmente per assicurarsi che fosse ancora calmo e non stesse per perdere la testa. Gli lanciò uno sguardo ammonitore, prima di mescolarsi tra gli impiegati dell’ Ufficio Applicazione Della Legge Sulla Magia.

Man mano che proseguivano il viavai cominciò a diradarsi, finché voltato un angolo, si trovarono in un corridoio vuoto. Drew si chiese vagamente come avrebbero fatto a tornare all’ascensore senza essere bloccati con tutta quella gente nei corridoi. Né Artemis né Ares sembravano particolarmente preoccupati di questo, anzi, ora che si erano lasciati alle spalle gli impiegati, apparivano senza dubbio più rilassati.

Il volto di Artemis si distese in un piccolo sorriso. «Facile come bere un bicchier d’acqua!».

Drew la guardò stupefatto: ma come diavolo faceva a essere così calma? Era quasi fastidiosa! Lui aveva l’impressione che il cuore gli sarebbe schizzato fuori dal petto da un momento all’altro. Intensificò ulteriormente la presa sulla bacchetta.

Artemis ricambiò lo sguardo. «Avanti!, sbuffò. «Rilassati un po’: sei rigido come un manico di scopa!».

«Chissà perché?» ribatté l’altro ironico.

Prima che la ragazza replicasse, furono interrotti da un colpo di tosse di Ares, che li richiamò alla situazione presente.

«Hai ragione, vecchio mio» concordò Artemis. «Non è decisamente il momento. Andiamo!».

Ripresero a muoversi, Artemis sempre in testa. La ragazza si muoveva senza esitazione nel dedalo di corridoi e cubicoli. Drew non poté non provare una certa ammirazione: si muoveva con tale sicurezza da poter credere che ci camminasse tutti i giorni. Si guardò intorno: la zona era in uno stato di abbandono decisamente desolante. Probabilmente se non fosse stato l’unico accesso alla Zona delle Celle, sarebbe già stato abbandonato all’incuria più totale. Il ragazzo ricordò che un tempo quella era una parte della sezione Auror del Ministero, che per ovvi motivi Voldemort aveva soppresso appena salito al potere. Cercò di immaginare come doveva essere quella zona ai suoi tempi d’oro, quando i cacciatori di maghi oscuri facevano il loro lavoro nella speranza di vincere la guerra.

Artemis si bloccò di colpo, subito prima di girare un angolo, si posò il dito sulle labbra, dopodiché sfilò la pistola dalla cintura, togliendo la sicura. Ares e Drew inforcarono le bacchette, poi svoltarono, comparendo in un piccolo spiazzo da cui si diramavano altri tre corridoi, formando una croce. In un angolo, proprio di fronte a loro, stava una scrivania di legno, che aveva tutta l’aria di essere un fondo di magazzino, a cui sedeva un uomo sui cinquanta anni dall’aria annoiata, quasi addormentata.

Alla vista dei tre nuovi arrivati, scattò in piedi, spaventato dalla prospettiva delle conseguenze dell’essere stato sorpreso a sonnecchiare sul lavoro.

«Perdonatemi» esordì. «Posso…», ma Artemis lo prevenne. «Ti prego, non scomodarti ad alzarti…». E veloce come il fulmine, Ares lo colpì con uno Stupeficium in pieno petto, sbalzandolo contro la parete e poi per terra privo si sensi.

Quasi prima ancora che il corpo toccasse il pavimento, Artemis era dietro la scrivania e scorreva veloce un registro, in cerca dell’informazione che cercava.

«Cella numero dieci» esclamò poco dopo trionfante. Frugò nei cassetti, estraendo una chiave. Il tutto era durato meno di un minuto.

La ragazza, seguita da Drew e Ares, si diresse verso il corridoio di destra, percorrendolo a passo più che sostenuto. Ancora sei minuti, pensò Drew, mentre le correva dietro. Ma, proprio mentre Artemis infilava la chiave nella serratura della porta numero dieci, trovarono la prima sorpresa del Ministero. Ci fu un’esplosione e i tre furono inondati da una pozione mista a fumo. Quando quella nebbia innaturale si diradò, scoprirono di aver ripreso le loro vere sembianze, mentre le maschere create dalla Polisucco erano state spazzate via.

«Quale sarebbe lo scopo?» chiese Drew perplesso, mentre si restringeva i vestiti alla meglio per riadattarli alla sua taglia.

«Sapere chi devono cercare» spiegò Artemis, mentre litigava con la dura serratura. «Nella remota possibilità che riusciamo a fuggire, avranno i nostri volti per fare un identikit. E così non potremo mischiarci tra la folla…ah, finalmente!» esclamò poi, mentre la porta si apriva con uno scricchiolio.

La ragazza si infilò all’interno, seguita a ruota da Drew, mentre Ares restava fuori di guardia. In un primo momento l’angusto e buio spazio parve loro vuoto, poi scorsero in un angolo una figura rannicchiata, che si nascondeva il volto con una mano per proteggersi dalla luce improvvisa.

«Hermione Granger?» chiese Artemis, avvicinandosi alla donna, la quale si scoprì il viso, guardandoli con occhi spenti, ma con un barlume di curiosità e perplessità.

Drew sentì un tuffo al cuore nel vederla: il viso, pallido e smagrito, era solcato da graffi e ferite più o meno recenti, i capelli ridotti a una stoppa inestricabile, i vestiti a brandelli che scoprivano braccia e gambe, anch’essi segnati dalle tracce della tortura.

Anche lui si avvicinò. «Hermione? » la chiamò in un sussurrò.

La donna rivolse gli verso di lui occhi incavati, che si riempirono di lacrime. «Ron» sussurrò con voce roca. «Sei venuto a prendermi?».

Drew la guardò perplesso. L’aveva preso per suo zio! La morsa la cuore si fece ancora più intensa. «No, sono Drew. Andrew» si corresse. «Il figlio di Harry. Siamo venuti a portarti via…».

Hermione parve confusa da quella risposta. «No, Andrew è morto. Sylar ha detto che è morto: Bellatrix lo ha ucciso…».

Drew si permise di lanciare un paio di imprecazioni mentali verso il braccio destro di Voldemort prima di risponderle: «Sylar ha mentito. Sono ancora vivo e sono qui per portarti via».

Hermione scosse la testa. «Tu sei Andrew?» chiese, speranzosa.

«Non c’è tempo per questo» intervenne Artemis in tono pratico. «Dobbiamo andarcene o questa diventerà l’evasione più fallimentare della storia…».

A quelle parole, Hermione si voltò verso la ragazza che tentava di tirarla in piedi. «Io ti conosco…» mormorò prima di cedere alla volontà della ragazza e mettersi in piedi, piuttosto traballante. Drew la sostenne mettendole un braccio intorno alle spalle.

«Ce la fai a camminare?» chiese preoccupato. Hermione annuì.

«Prendi questa» intervenne Artemis porgendole una bacchetta.

Hermione la prese ancora esitante, con un debole sorriso. «Grazie».

«Dove l’hai presa?» chiese invece Drew, mentre tornavano nel corridoio e si riavviavano verso l’uscita.

«Rubata al guardiano» fu la secca risposta. «Tanto a lui non serviva più…».

Drew non fece commenti, troppo concentrato sull’attuale situazione. Sapeva bene che la parte difficile arrivava adesso.

Ma non aveva ancora realizzato quanto. Erano appena arrivati alla saletta del custode, che giaceva ancora schiantato a terra, quando un improvviso gelo invase la stanza. Drew si sentì invaso da un senso di sconforto e disperazione, mentre quel gelo gli penetrava nel corpo.

«Merda!» esclamò Artemis, guardandosi intorno: per la prima volta Drew la vedeva davvero presa alla sprovvista e questo non era un buon segno!

«Che succede?» chiese tentando di combattere contro quelle sensazioni.

«Dissenatori». La risposta giunse da Hermione al suo fianco: la donna levò la bacchetta, ben sapendo che comunque non era in grado di fronteggiarli da sola. L’Incanto Patronus era già difficile al massimo della forma, nelle sua attuali condizioni avrebbe ottenuto a fatica qualche sbuffo di fumo.

«Siamo nei casini» dichiarò Artemis. «Come te la cavi con i Patronus, Drew?».

Il ragazzo la guardò tentando di non cedere al panico. «Hai una domanda di riserva?».

«Come temevo. Ares tocca a te».

Il gigante annuì. Puntò al bacchetta, esclamando: «Expecto Patronum!». Dalla punta della bacchetta scaturì una tigre argentea, che cominciò a muoversi in circolò intorno ai quattro fuggitivi, mostrando di tanto in tanto i denti. Drew sentì l’angoscia scemare leggermente, rimanendo comunque in un angolo del suo cuore, pronta a tornare all’attacco.

«Maledizione!, esclamò Artemis. «Devono essere in parecchi. Muoviamoci prima che arrivino: se ci circondano siamo praticamente fregati».

«Quanto ci resta?» chiese Drew mentre di corsa si precipitavano verso l’uscita.

«Poco. Troppo poco. Tu corri!». E Drew ubbidì, alla massima velocità permessagli, trascinandosi dietro Hermione.

Ma la loro fuga ebbe vita breve: appena giunsero nella parte ancora attiva del piano, trovarono una decina Mangiamorte ad aspettarli, mentre dietro di loro li incalzavano i Dissenatori.

«Bene» mormorò Artemis. «Ora cominciano i giochi. Drew mira a quelli di destra, Ares a sinistra. Pronti via!». E si buttò nella mischia con slanciò, seguita a ruota da Ares. Drew esitò solo un istante, dopodiché decise di relegare la sua parte razionale in un cassetto in fondo al cervello e imitare i suoi compagni di avventura. Lasciò andare Hermione, brandendo la bacchetta.

Un Mangiamorte lo vide e sicuramente lo riconobbe, perché lasciò immediatamente perdere gli altri due duellanti per dedicarsi a lui, forse immaginando gli onori che il suo Signore gli avrebbe tributato se glielo avesse consegnato.

«La tua ora è giunta, Potter!» dichiarò, lanciando una maledizione, che Drew schivò senza difficoltà. E capì cosa voleva dire Artemis dicendo che Ares non poteva essere usato come termine di paragone: il suo avversario, se paragonato al gigante, sembrava una tartaruga. E infatti, dopo un veloce combattimento, Drew riuscì a centrarlo con uno Schiantesimo. Mise fuori gioco altri due Mangiamorte, mentre Ares e Artemis si occupavano degli altri. La ragazza era a dir poco stupefacente: i suoi riflessi sembravano quasi inumani, si muoveva alla velocità di un ghepardo, colpendo i suoi avversari indifferentemente con proiettili o calci e pugni ed evitando ogni incantesimo che le veniva lanciato contro. Nel giro di pochi minuti la via era stata liberata e i Mangiamorte messi KO.

Ma nel frattempo le lancette dell’orologio erano corse inesorabili. Mentre si rimettevano velocemente in marcia e si imbattevano in un secondo plotone, Drew capì che non sarebbero mai arrivati all’ascensore in tempo. Non per questo aveva intenzione di perdersi d’animo: era più che deciso a uscire dal Ministero in qualche modo, anche a costo di schiantare ogni singolo impiegato dell’edificio. E i suoi compagni la pensavano evidentemente come lui, visto che si battevano con la forza di leoni. Anche Hermione faceva il meglio che poteva nelle sue precarie condizioni, parando le spalle ai suoi salvatori. Non per niente, ai suoi tempi era stata una delle studentesse migliori di Hogwarts.

Combattendo con ogni mezzo che avevano a disposizione, spronati dalla forza della disperazione, sbaragliarono gli avversari, colti di sprovvista di fronte a un’offensiva tanto violenta, e giunsero presto all’ascensore, dove trovarono una spiacevole accoglienza: Bellatrix Lestrange, un sorriso stampato in volto e un lampo soddisfatto negli occhi, con la bacchetta sguainata e almeno venti Mangiamorte al seguito.

L’attenzione della donna fu subito calamitata verso Drew, che ebbe la vaga sensazione che se gli sguardi avessero potuto uccidere, a quell’ora lui sarebbe stato morto e sepolto. Di certo le bruciava ancora la sconfitta dell’ultima volta.

«Bene, bene, bene» esordì Bellatrix. «Guarda, guarda cos’abbiamo qui. Potter, rivederti è una piacevole quanto inaspettata sorpresa. Ci hai fatto un immenso favore a infilarti da solo nella trappola, sai…».

«Ognuno fa quel che può» ribatté Drew, mentre faceva saettare intorno lo sguardo: l’unica via d’uscita, a meno di non tornare indietro era quell’ascensore davanti a cui troneggiava la figura di Bellatrix.

«Stavolta, nulla ti salverà, Potter. Il mio indegno cugino non è qui a salvarti, questa volta…».

«Tecnicamente» osservò Drew, più spavaldo di quanto si sentisse in realtà, «l’ultima volta è stato MIO cugino a metterti fuori combattimento. Con un lancio a effetto, se non ricordò male…».

A quelle parole, Bellatrix avvampò, furibonda, mentre intorno a lei si levavano delle risatine divertite. «Come osi, piccolo insolente? Ti farò pentire di questo affronto!».

A quel punto intervenne Artemis, che disse in tono spazientito: «Hai intenzione di continuare a chiacchierare ancora per molto o possiamo tornare a faccende più serie?».

Bellatrix si voltò di scatto verso la ragazza e, se possibile, la fissò con ancora maggiore astio, quasi l’avesse insultata. «TU!» gridò, quasi come se la sua sola presenza fosse un insulto.

«Io» ribatté l’altra tranquillamente, sollevando la pistola. «Come te la passi, Bella? È un po’ che non ci si vede…non mi hai nemmeno mandato una cartolina d’auguri per natale…».

Bellatrix la incenerì con lo sguardo. «Tu, lurida feccia! Schifosa ibrida! Questa sarà l’ultima volta che macchi l’onore della mia famiglia» e levò la bacchetta, una maledizione mortale già sulle labbra, ma Artemis fu più svelta. Si gettò di lato e sparò, centrando Bellatrix al braccio destro e costringendola a lasciar cadere la sua arma.

E si scatenò l’inferno: vedendo il loro comandante ferito, i Mangiamorte cominciarono a sparare incantesimi tutti insieme, colpendo qualunque cosa capitasse loro a tiro. Drew, lasciato confuso dal breve dialogo che Artemis e Bellatrix si erano scambiate, dovette lasciar perdere le altalene mentali e riprendere a combattere.

Si rigettò nella mischia, abbassandosi appena in tempo per evitare un Anatema che Uccide vagante, che centrò il muro dietro di lui. Abbandonò di nuovo la sua parte razionale, lasciandosi guidare dal puro istinto di sopravvivenza, mirando a tutto ciò che indossava un cappuccio nero con ogni maledizione che gli veniva in mente. Di tanto in tanto, lanciava occhiate ai suoi compagni per vedere come se la cavavano, ma sia Artemis che Ares reggevano più che bene il combattimento. Anche Hermione non se la passava male: evidentemente ora che la libertà era così vicina, non aveva la minima intenzione di tornare in cella.

«Idioti!» strillò Bellatrix, cercando di riprendere il controllo. «Cosa fate? Mantenete i ranghi, mirate ai nemici, non sparate a caso!».

Ma se anche la sentirono, i Mangiamorte non le prestarono ascolto: anzi, parecchi, vedendo che molti loro compagni cadevano svenuti o peggio, sotto i colpi del gigante e della ragazza soprattutto, sembravano molto tentati dalla possibilità si darsela a gambe. Probabilmente era solo il terrore delle spiacevoli conseguenze di una loro ritirata a trattenerli.

«Idioti!» ripeté Bellatrix. «Compattatevi. Non fateli arrivare all’ascensore». Nel frattempo, la donna cercava affannosamente la sua bacchetta in terra. Ma nel momento in cui riuscì a stringere le dita intorno all’arma, un piede le bloccò il polso sul pavimento. Con un gemito di dolore alzò lo sguardo, trovandosi a fissare la canna di una pistola e il volto di Artemis: un’espressione di puro odio storpiava i bei lineamenti della ragazza.

«Fine della corsa, Bellatrix» disse con voce piatta. Intorno gli incantesimi continuavano a volare, ma per le due donne il tempo sembrava essersi fermato.

«Avanti, feccia» la incalzò Bellatrix in tono rabbioso. «Fallo: questo non cambierà le cose, schifosa mannara!».

La presa sulla pistola tremò leggermente, ma Artemis non distolse lo sguardo. Ambra e pece si incontrarono per un istante. «Questo» mormorò poi la ragazza, cominciando a fare pressione sul grilletto, «è da parte di mia madre!».

E avrebbe sicuramente sparato, se in quel momento Ares non l’avesse chiamata per nome. Artemis si voltò: Ares era riuscito ad arrivare all’ascensore e aprire le porte. Drew e Hermione si stavano già facendo strada verso la salvezza. E quel attimo di distrazione fu sufficiente a Bellatrix per scivolare via dalla presa della ragazza e cercare di colpirla alle spalle. Il puro istinto (istinto animale) la salvò, facendola girare e abbassare, schivando l’incantesimo per un soffio.

«Non stavolta» mormorò, con un pizzico di rammarico, colpendola con un calcio al petto e correre verso le porte dell’ascensore spalancate.

Drew, il fiato grosso e la fronte sudata, accolse un grandissimo sollievo il ding che annunciava che l’ascensore era in movimento. Merlino, ti ringrazio!

«Per un pelo!» biascicò.

«Non rilassarti, lo rimproverò Artemis. «Il difficile arriva adesso!».

«Dici?»

«Ne sono convinta. Altrimenti Bellatrix avrebbe avuto più uomini. Non mi stupirei se ci fosse tutto il Ministero ad aspettarci…».

«Siete stati dei pazzi» dichiarò Hermione. «Non posso credere che Remus e Sirius ti abbiano lasciato venire…».

«Beh» rispose Drew, guardandosi i piedi, leggermente a disagio, «in verità loro non sanno nulla…» e raccontò brevemente quello che era successo nell’ultima settimana.

A ogni parola, gli occhi di Hermione si sgranavano sempre si più. «E tu» esclamò rivolta ad Artemis, come se stesse parlando a un bambino sorpreso a fare una marachella, «tu hai accettato di aiutarlo? A tuo padre verrà un colpo!».

Artemis dal canto suo evitava lo sguardo inquisitorio della donna come la peste. «Sono passati anni, dichiarò. «Non sono più la ragazzina sprovveduta di allora…".

«Questo» la interruppe Hermione, «non devi dirlo a me».

Con la vaga sensazione di essersi perso qualche passaggio fondamentale, Drew stava per intervenire e chiedere spiegazioni, quando con l’ormai noto ding li ricatapultò alla loro drammatica, attuale situazione.

«Si ricomincia!» mormorò Artemis, risollevando la pistola. Drew la imitò. Se ne usciamo vivi, giuro che non farò mai più nulla di così stupido!, pensò, mentre le porte si aprivano e venivano accolti da almeno una ventina di fasci di luce sparati da ogni direzione.

La situazione nell’Atrium era perfino peggiore di quanto avesse pensato: la sala pullulava letteralmente di Mangiamorte. Per alcuni istanti, Drew pensò quasi di vederne alcuni appesi al soffitto o alle pareti, ovviamente con una più alta concentrazione verso i punti di fuga: camini e ascensore per arrivare all’ingresso.

La situazione era a dir poco drammatica: i nemici erano talmente tanti che Drew non sapeva nemmeno a quali puntare la bacchetta. Senza contare che lo attaccavano a gruppi di quatto o cinque per volta. Se non ci fosse stata Hermione a parargli costantemente le spalle e dargli manforte, di certo sarebbe già stato sopraffatto. E anche così, se la cavava a malapena. Non sono preparato per tutto questo! Cercò con gli occhi Ares e Artemis e scoprì che anche loro cominciavano a trovarsi in difficoltà. Siamo spacciati!

Soffocò subito questo pessimistico, seppure veritiero pensiero: doveva essere positivo. Hermione, di fianco a lui, gli strinse il braccio. «Comunque vada a finire, grazie del tentativo» gli sorrise con dolcezza. «Sei proprio figlio di tuo padre».

Drew ricambiò il sorriso, grato. Almeno, se è destino che muoia oggi, morirò sapendo di aver fatto qualcosa di buono. O comunque, di averci provato.

Stavolta, nonostante combattessero al più delle loro forze, furono presto schiacciati dalla superiorità numerica degli avversari. Quasi senza rendersene conto, Drew si ritrovò all’improvviso circondato da ogni lato: ovunque si voltasse, vedeva il volto mascherato di un Mangiamorte e una bacchetta puntata contro il petto. Poco lontano da lui e Hermione, anche Ares e Artemis erano stati accerchiati e poi spinti verso i loro compagni, in modo da averli riuniti tutti e quattro insieme.

Drew guardò Artemis, nella speranza che le ragazza tirasse fuori un altro asso dalla manica, ma anche lei sembrava alla frutta.

«Va a chiamare Lord Sylar. Sarà lui a decidere la sorte di questa feccia».

L’ordine partì da un non meglio identificabile Mangiamorte del gruppo, dal quale se ne stacco un secondo, che si precipitò a eseguire il comando.

Drew sentì lo stomaco torcersi in una morsa dolorosa ed ebbe una macabra visione del suo corpo stecchito sul pavimento.

«Qualche idea geniale?» sussurrò disperato.

Artemis si limitò a ricambiare il suo sguardo. «Ci sto pensando…». Nel frattempo, si guardava ansiosamente intorno, forse sperando che la salvezza piovesse dal cielo.

Ares, dal canto suo, era tranquillo e calmo come sempre, solo un po’ sudato; Hermione aveva l’espressione rassegnata di chi ha già accettato la sua sorte.

E poi accadde: la salvezza piovve dal cielo. O per meglio dire dal camino: in rapida successione uno, tre, cinque persone piombarono nell’Atrium, bacchette alla mano, pronte a dar battaglia.

Con un moto di gioia e sollievo, Drew riconobbe i membri dell’Ordine. Non si preoccupò di saper come fossero arrivati lì o come facessero a sapere: di nuovo la possibilità di scappare non sembrava più solo una remota illusione. Forza che ce la facciamo!

Il combattimento riprese più vivo di prima, con l’ovvio scopo di aprire ai fuggiaschi una via di fuga verso i camini.

«Ragazzi, da questa parte». La voce di Sirius si levò forte al di sopra del frastuono. Drew si girò, felice come non mai di vedere il volto dell’Animagus.

I quattro, duellando ferocemente, riuscirono ad aprirsi un varco nelle file dei Mangiamorte e giungere al camino.

«Presto!» li incalzò Luna, che stava tenendo a bada almeno quattro avversari.

«Forza, via tutti!» li richiamò Ted: i membri dell’Ordine ubbidirono, riversandosi verso la loro unica via di fuga.

Ma proprio quando la salvezza era a portata di mano e Drew stava per imitare i suoi compagni, qualcuno lo afferrò per un lembo della maglia.

«Tu non scapperai!» sibilò con rabbia il Mangiamorte che lo aveva acchiappato.

«Drew!» gridarono Sirius e Artemis in coro, precipitandosi verso di lui.

Nello stesso istante, dall’altro capo dell’Atrium, comparve un uomo completamente vestito di nero, una maschera bianca a celare il volto. Drew non lo aveva mai visto prima, ma seppe d’istinto chi fosse. Sylar!

Il volto dell’uomo spaziò in tutta la sala e alla fine si posò su di lui. Per un istante i loro sguardi si incrociarono, ma fu sufficiente, per un uomo avvezzo alle Arti Oscure come Sylar.

Tu non scapperai, sibilò una voce estranea nella sua testa.

Drew avvertì la presa del Mangiamorte che lo stringeva allentarsi, mentre Sirius e Artemis lo raggiungevano.

Sentì qualcuno chiamare il suo nome, ma non riuscì a capire chi fosse.

Ti ho preso, mormorò di nuovo Sylar nella sua mente e subito dopo tutto divenne buio.

LYRAPOTTER’S CORNER

BWAAAAAAA!!!!!!!!! Ma quanto non sono bastarda? Vi mollo proprio sul più bello. Ih, ih, ih *Lyra sghignazza crudelmente*. Sclerate a parte, chiedo umilmente perdono per il ritardo, non dite che non vi avevo avvisato comunque. Ad ogni modo, la situazione potrà solo peggiorare, con mio sommo rammarico: avete presente cosa significhi morire dalla voglia di scrivere, avere le dita che fremono e non trovare il tempo materiale per farlo? Io mi sono sentita più o meno così negli ultimi giorni…Aggiungetevi che sono reduce da una verifica di italiano sul Romanticismo, che per settimana prossima ho tre verifiche programmate (più l’esame di patente) e quella "simpatica" della mia prof di inglese (che è in pratica un incrocio tra Piton e la Umbridge nei loro momenti peggiori) vuole già partire a interrogare e capirete come mi sento. In pratica, sono già stufa marcia della scuola dopo sole due settimane!!!!! Ho seriamente bisogno di un po’ di supporto morale…

Vabbè, lasciamo perdere e passiamo a ringraziare quelle anime pie dei miei recensori (ben sei!):

Ino chan, mon amour, bentornata, ben due recensioni mi hai lasciato, che bello. E come vedi ti sei rimessa in apri giusta, giusta per l’aggiornamento. Grazie mille per tutti i "bella" e per i complimenti. Sono felice di sapere che ti piace la mia creatura…per il peluche, non so gli altri, ma a volte capita anche a me (magari siamo pazze i dueXD), solo con un certo lupacchiotto di nostra conoscenza…

Lily_Snape, hai ragione, hai ragione, ho fatto pensieri ignobili e per questo mi sono punita dolorosamente. Per quel che riguarda Ares, anche se i dieci euro mi avevano tentato, non sono ancora così sadica da creare ex novo un personaggio e ucciderlo dopo tre capitoli…anzi, nella mia testa la storia è già molto più avanti di così e per il momento Ares è ancora vivo e vispo…comunque, il liceo scientifico l’ho schivato, io faccio il linguistico

SakiJune, ciao, carissima, sono davvero felicissima di aver ricevuto la tua recensione, anche se in ritardo…non preoccuparti l’importante è che alla fine arrivi. Come hai potuto vedere, non è che Drew si sia calmato granché durante la notte, ma non lo biasimo, con tutto quello che gli combino. Ma cos’è che non hai capito di Artemis? (per quanto riguarda Ares, vedi la risposta a Lily)

Caillean, i commenti su quanto sono stata cattiva coi Lupin si sono sprecati, me lo avete rinfacciato più o meno tutti (ma d’altronde è vero, malgrado adori Remus e Tonks non sono riuscita a non essere cattiva con loro…). Chissà, magari Artemis cambierà idea prima di quanto ti aspetti…grazie infinite e a presto!!!!!!

Deidara, holà, mio fedelissimo. Spero che il capitolo sia stato all’altezza delle tue aspettative, visto che mi hai spronato più di tutti a salvare Hermione dal suo gramo destino. A presto!!!!!!

chichetta99, thanks, thanks, thanks!!!!!!!! Continua a commentare!!!!!

Ragazzi, cinque recensioni e arriviamo a quota 50, me lo fate questo favore, vero????? Ovviamente anche di più sono bene accette!!!!! A presto (spero), bacibaci!!!!!!!

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Capitolo 14
*** Una verità sconvolgente ***


MAGIC WARS

CAPITOLO XIII: UNA VERITÀ SCONVOLGENTE

Buio. Dolore. E quella voce che continuava a rintronargli nella testa. Il resto del mondo era svanito: Artemis, Sirius, i Mangiamorte, il Ministero…tutto. Ogni pensiero razionale sembrava come soffocato: restava solo quella presenza estranea che gli penetrava nel cervello e il desiderio che se ne andasse. Perfino il nulla sarebbe stato meglio di questo.

-Lasciami stare! Vattene, maledetto!

Lottava, cercava di resistere, ma ogni sforzo era vano di fronte a quella potenza soverchiante.

Scordatelo, Andrew Potter, sibilò Sylar. Il Signore Oscuro ha importanti progetti per te. Non lascerai questo posto!

-Cosa stai facendo?

I miei Mangiamorte stanno per sopraffare i tuoi compagni. Il suono di una fredda e beffarda risata. Gli sciocchi tentano di portarti via con loro…non capiscono che è tempo sprecato!

-Sei tu lo sciocco, se non capisci…è qualcosa che va oltre la tua comprensione che li spinge a volersi sacrificare…

Non preoccuparti, se è morire che vogliono, saranno presto accontentati.

-No!!!!!!

Qualcosa scattò dentro di lui, fece un tentativo di ribellione per scacciare Sylar dalla sua mente…tentativo che l’uomo rese vano anche troppo in fretta. Di nuovo risuonò quella risata.

Speri sul serio di potermi contrastare? I miei poteri vanno ben oltre le tue limitate capacità…

Quasi a sottolineare quelle parole, una scarica di dolore gli esplose nella testa, diffondendosi in tutto il corpo. Drew urlò.

-Lasciami…in…pace. Sentiva le forze abbandonarlo e capì che Sylar aveva ragione. Non poteva contrastarlo: tutto quello che aveva fatto era stato vano. Alla fine era comunque caduto nella rete di Voldemort.

Così va meglio, mormorò con una nota soddisfatta il Mangiamorte. Non mi aspettavo una resa così veloce…ma mi faciliti le cose!

-Lascia andare i miei amici…e farò tutto ciò che vuoi.

Risate, forti e cristalline, quanto crudeli. Perché dovrei farlo, Andrew Potter? Tu sei già in mano mia. Non c’è posto per contrattazioni: i tuoi miserabili amici traditori avranno la sorte che meritano. In effetti, dovrei anche ringraziarti: se non fosse stato per il tuo sciocco tentativo di evasione, non li avremmo mai presi.

Il senso di quelle parole schiacciò Drew come un macigno: Sylar aveva ragione. Se Sirius, Artemis e chissà chi altro venivano uccisi, sarebbe stata tutta colpa sua. Sua e della sua stupida idea. Fu invaso da un soverchiante senso di colpa, sentimento su cui Sylar si affrettò a fare leva per fa crollare definitivamente le sue difese.

Immagini cominciarono a riempirgli la testa, immagini di morte e dolore: la casa di Privet Drive in fiamme e Dudley ed Elizabeth che sparivano nel fuoco… Kitty e Ethan che lo guardavano con sguardo inquisitorio, che lo accusavano della morte dei loro genitori…Sirius, privo di vita in terra, pallido e freddo come il marmo…Remus, gli occhi sbarrati fissi nel vuoto…Artemis, un rivolo di sangue che le colava dalla bocca…Ares, la bacchetta ancora in mano, come si addice a un combattente …Luna, Fred e George, Ted, Tonks, tutti coloro a cui voleva bene morti davanti ai suoi occhi.

E infine si formò un'altra figura: Drew non faticò a riconoscere il viso della dolce Ginny Weasley, sua madre, morta nel darlo alla luce, che lo guardava con un’espressione colma di tristezza…

Drew sentì qualcosa dentro di lui spezzarsi, mentre osservava il volto di quella ragazza che aveva dato la vita per salvare la sua.

-No! no! smettila! Smettila!, urlò in preda all’angoscia. Intorno a lui, sentì di nuovo risuonare la malvagia risata di Sylar.

E poi, accadde qualcosa: un’improvvisa forza si scatenò dentro di lui, mentre la sua mente si ribellava a quel sopruso. Sentì la sorpresa di Sylar mentre veniva bruscamente respinto indietro. L’oppressione e il dolore si affievolirono e improvvisamente la sua testa si riempì di ricordi non suoi.

Sta albeggiando: i primi raggi di un timido sole d’inizio estate iniziano a scacciare le tenebre della notte. C’è un po’ di nebbia, ma anche quella verrà presto cancellata dall’arrivo del giorno. Fa uno strano effetto Londra alle prime luci del mattino: non c’è in giro anima viva, solo qualche gatto randagio e un lattaio. Cammino, senza fare neppure caso a dove sto andando. Non mi interessa minimamente: potrebbe anche passare un camion in questo momento e probabilmente mi lascerei travolgere come se niente fosse. Voglio solo camminare, camminare e sperare in qualche contorta maniera che tutto questo si riveli solo un sogno. O meglio un incubo. Lo spero con tutte le mie forze: il destino non po’ essere tanto crudele da togliermi la persona che amo più della mia stessa vita. Mi do automaticamente dell’idiota: sto sognando a occhi aperti. Lei è morta e niente potrà cambiarlo. Ho dovuto imparare fin troppo presto che la vita non è giusta, a un anno, quando Voldemort a spazzato via la mia famiglia. Il solo pensare a Riddle mi fa bruciare con intensità la cicatrice sulla fronte. Ignoro anche questo: qualunque cosa mi è totalmente indifferente a questo punto. Vivere o morire. Combattere o rinunciare. Ordine o Mangiamorte. Horcrux o non Horcrux. Niente ha più senso.

Lacrime silenziose mi solcano le guance: non so nemmeno più da quanto tempo sto piangendo. Due minuti o due settimane, chi lo sa. Scuoto il capo: non sarà passata nemmeno mezz’ora da quando sono corso via di Grimmauld Place, sbattendomi la porta alle spalle. Ho ancora chiara in mente la faccia addolorata di Sirius mentre mi diceva che Ginny, la mia Ginny, era morta. Sento ancora nelle orecchie la voce rotta di Hermione che mi chiamava per tentare di trattenermi. Probabilmente Ron l’ha fermata per impedirmi di corrermi dietro: è pericoloso girare per Londra, specie per me. Ma in questo momento, non tenterei neppure di ribellarmi: mi farei semplicemente uccidere.

Qualunque cosa purché il senso di vuoto e questo dolore straziante svaniscano. E il senso di colpa, questo schiacciante senso di colpa: è colpa mia se Ginny è morta. Se non fosse stata la mia fidanzata, forse sarebbe stata ancora viva. Se non fosse stata incinta, sarebbe rimasta ad Hogwarts al sicuro. In senso relativo, ovvio. Mi colpisce un altro pensiero: che ne sarà stato del bambino? Scuoto le spalle: mancava ancora più di un mese al termine, sicuramente è morto anche lui…Motivo di più per non tornare troppo presto al Quartier Generale: non ho proprio voglia di altre brutte notizie. Anzi, non ho più voglia di niente.

Sospiro: pensare che quando siamo tornati, mi sentivo così felice e leggero. Finalmente avevamo messo le mani su quella dannatissima Coppa, l’ultimo Horcrux, oltre a Nagini, ovviamente. Incredibile come il mondo ti possa crollare addosso in un istante: poche parole e tutto quello che c’era prima non ha più avuto importanza. Due parole, "è morta", e tutto è scomparso, nulla è rimasto se non la sofferenza.

Con un gesto automatico, mi asciugo le lacrime: ho gli occhiali talmente appannati che quasi non vedo dove vado. Improvvisamente, con un pizzico di sorpresa, mi rendo conto di essere poco lontano dal Ministero. Senza volerlo mi sono addentrato dritto nella tana del lupo: chissà, magari è stato un desiderio inconscio!

La cicatrice brucia con più forza e lui compare, davanti a me: è solo. Strano: pensavo avrebbe voluto il pubblico mentre mi uccideva. Ma una parte di me ne è felice: se non altro sarà una cosa veloce.

Mi guarda con espressione imperscrutabile. E poi mi sorride. "Salve, Harry".

Capisco subito che sa già tutto: di certo sono stati i suoi Mangiamorte a dirgli quello che è successo alla Tana. Oppure l’ha letto nella mia mente.

Continua a guardarmi e a sorridere. Sembra molto soddisfatto.

"Piantala!" gli gridò infastidito, mentre altre lacrime mi scivolano sul viso. Ma quanto può piangere una persona prima di rimanere senza lacrime? Non mi importa nemmeno più di apparire debole ai suoi occhi!

"Di fare che?" mi chiede, quasi stupito.

"Di gongolare. Hai vinto. Uccidimi e falla finita: non opporrò resistenza!". Per dare più enfasi alle mie parole, estraggo dalla tasca la bacchetta e la gettò a terra.

"Finisce così, Harry Potter? Per una sola ragazza rinunci a tutto?" ridacchia tra sé. "Non riuscirò mai a capirti!".

"Questo perché non riesci a capire l’amore" ribatto io. Incredibile: mi ero ripromesso di renderlo veloce e indolore, ma lui riesce lo stesso a farmi rivoltare in qualche modo. Ma io non mi ribellerò, ormai ho deciso. "Non riesci a capire cosa significa tenere a una persona più della tua stessa vita…sei e sarai sempre un egoista!".

"E ho forse torto?" controbatte. "Dove ti ha portato il tuo amore, Potter? Solo al dolore e alla morte. O mi sbaglio?".

Non rispondo: so che dovrei trovare qualcosa da dire, ribattere qualcosa, qualunque cosa. Ma non ci riesco. La ferita è troppo fresca, il dolore troppo forte. Mi ritrovo a pensare che tutto sommato Voldemort potrebbe anche aver ragione. Se tieni a troppe cose, il rischio di perdere tutto è troppo alto. Guarda lui: non ha mai provato un sentimento umano che fosse uno, non ha mai tenuto sinceramente a qualcuno ed è arrivato dove nessuno era mai arrivato.

Subito dopo aver pensato questo, provo disgusto per me stesso: ma cosa sto dicendo? Voldemort è il male: lui e i suoi servi hanno ucciso decine di innocenti, non ultima la ragazza con cui volevi passare la tua vita.

Mi guarda con intensità: c’è una luce strana nei suoi occhi. Soddisfazione? Possibile? Che abbia intuito i miei pensieri?

"Che stai aspettando? Quanto vuoi gongolare ancora prima di ammazzarmi?".

"Harry, Harry, temo tu abbia frainteso le mie intenzioni…".

"Che intendi?" gli chiedo sorpreso: non vuole uccidermi?

"In questa stupenda mattina, non sono qui per ucciderti, Harry. Sono qui per farti un’offerta".

"Un’offerta?" ripeto io come un pappagallo. Il buonsenso mi suggerisce di non ascoltare oltre e andarmene, ma io non sono mai stato particolarmente bravo ad seguire il mio buonsenso e non mi muovo di un passo.

"Esattamente, Harry. Voglio che tu ti unisca a me".

Incredibile a dirsi, quasi mi viene voglia di scoppiargli a ridere in faccia. Non può certo dire sul serio. Faccio appello a quel poco orgoglio Grifondoro che mi è rimasto: non sono ancora caduto così in basso. "Io, diventare un Mangiamorte? Certo, in un’altra vita forse. O dopo aver preso una botta in testa. Scordatelo: non diventerò lo schiavo dell’uomo che ha ucciso i miei genitori!".

"Chi ha parlato di schiavi? Io ti voglio come mio braccio destro. Il mio secondo, se preferisci…".

"Mai!". Non c’è esitazione nella mia voce. "Come puoi credere che io possa anche solo pensare di accettare? Io, che più di tutti mi sono adoperato per distruggerti!".

"Eppure oggi, quando siamo solo io e te, non fai nulla. Non hai nemmeno tentato di attaccarmi. E hai anche ascoltato la mia proposta. Perché?".

"Io…" cominciò, ma non riesco ad aggiungere altro. Una nuova ondata di dolore mi scuote il corpo, mentre il ricordo di Ginny si fa ancora più intenso.

Voldemort ridacchia ancora. "Una sola ragazza, Harry! Per una sola ragazza, stai pensando di buttare tutto all’aria. Molto eroico da parte tua!".

"Io…" tentò di rispondere, ma le parole restano incastrate in gola. Le lacrime soffocano tutto il resto.

"Io non ti ucciderò oggi, Harry Potter" mi dice con calma implacabile. "Non ho intenzione di dare questo aiuto al mio nemico. Se e quando ti ucciderò, lo farò dopo un duello. Ma ricordati: il dolore che provi in questo momento non svanirà mai, potrà solo crescere fino a consumarti".

"E a te che importa?" riesco finalmente a ribattere, anche se le parole sono poco più che un sussurro.

"Se tu accettassi la mia proposta, io potrei aiutarti. Cancellare il dolore, relegarlo talmente in fondo al tuo animo che scomparirà per sempre. Ma questo solo se accetterai la mia offerta".

Esito, indeciso. So che non dovrei ascoltarlo, ma le sue parole hanno uno strano fascino. Non provare più questo vuoto, richiudere la ferita che mi lacera il cuore: può farlo su serio? Improvvisamente la sua proposta non mi sembra più così rivoltante, anzi decisamente mi pare decisamente allettante. In un lampo i volti di Ron e Hermione, di Sirius mi danzano davanti agli occhi: una voce, straordinariamente simile a quella di Silente, mi ricorda che loro sono a casa ad aspettarmi o in giro a cercarmi, pronti a confortarmi come hanno già fatto in passato. Per un secondo questa voce sembra quasi vincere, ma poi il volto di Ginny riacquista nitidezza, mi sfiora il pensiero che non potrò mai più abbracciarla, sentire il suo profumo di fiori di campo, baciarla e capisco che non posso vivere con questo peso nel cuore.

"D’accordo" mormoro, quasi senza rendermene conto.

Voldemort mi guarda, senza nascondere la sua soddisfazione.

"Eccellente. Avvicinati".

Scappa, mi urla la voce nella mia testa, ma io la ignoro.

Mi avvicino a Voldemort e mi metto in ginocchio, tendendo il braccio destro.

"D’ora in poi" mormora Voldemort, mentre poggia la bacchetta sulla mia carne e spirali nere ne sgorgano fuori, "sarai chiamato Lord Sylar: nessuno dovrà mai sapere chi sei in realtà. Hai capito?".

Mentre il Marchio Nero si forma sul mio braccio, sento il dolore cominciare ad affievolirsi e un piccola presenza in un angolo della mia mente farsi più soverchiante, schiacciando la mia volontà. In un lampo, capisco che Voldemort mi ha rigirato come un burattino, ma ormai è troppo tardi. La cicatrice smette all’improvviso di bruciare. Harry Potter è morto: Lord Sylar ha preso il suo posto.

Quartier Generale

Dell’Ordine della Fenice,

Londra.

Drew aprì lentamente gli occhi, senza riuscire a mettere a fuoco la stanza. Capì comunque subito che non si trovava in una cella del Ministero: di certo non si sarebbero dati la briga di dargli un comodo letto, morbidi cuscini e una calda coperta. Confuso, si guardò intorno e finalmente capì dove si trovava: la sua camera da letto al Quartier Generale.

Erano riusciti a scappare!

Quasi non osava crederci. Forse sto ancora sognando

Cercò di mettersi a sedere, ma il suo corpo gli mandò una vivida e piuttosto dolorosa protesta: gli doleva ogni singola fibra del corpo. No, sono decisamente sveglio! Fece mente locale e in un lampo ricordò: Sylar che lo stava possedendo, lo stava torturando, era più che convinto che l’avrebbe ucciso, invece all’improvviso era successo qualcosa…Aveva visto qualcosa: un ricordo di Sylar! Chissà come era penetrato nella mente del mago oscuro e aveva rivissuto un momento della sua vita. Corrugò la fronte, cercando di ricordare: aveva visto tutto dal punto di vista di Sylar, aveva sentito quello che provava Sylar in quel momento, tutto quel dolore. Drew si sentì oppresso al solo ricordo. Poi era apparso Voldemort, avevano parlato, avevano stretto un patto: diventare un Mangiamorte e in cambio cancellare il dolore.

Mentre la sua mente faceva i conti e arrivava alla verità, una verità inimmaginabile, la porta si aprì e comparve l’ultima persona che Drew si aspettava di vedere lì: Artemis, i capelli raccolti in una mezza coda e con indosso degli abiti che avevano tutta l’aria di essere stati presi dall’armadio di Luna, in mano una tazza fumante.

Quando lo sguardo della ragazza si posò sul letto, il suo viso si illuminò. "Ehi, ben svegliato, dormiglione!" esclamò. "Come ti senti?".

"Insomma" ammise Drew. "Ho avuto giorni migliori. Cosa è successo?".

"Sylar ti ha posseduto. Sei stato addormentato per quasi tre giorni…".

"Tre giorni?!" gridò Drew stupefatto.

"Tre giorni" confermò la ragazza. "Tre giorni mica da ridere: per la maggior parte del tempo non hai fatto che gridare e agitarti…avevamo paura che subissi dei danni permanenti. Poi un paio di ore fa ti sei calmato all’improvviso e hai cominciato a dormire tranquillo. Sarà un sollievo per gli altri sapere che sei sveglio finalmente…e mi pare che le tue capacità intellettive siano intatte, perciò…".

"Sto bene. Solo un po’ ammaccato. Ma tu che ci fai qui?".

"Molto gentile da parte tua" disse lei in tono piccato. "Io che mi sono quasi strappata i capelli nell’ansia di sapere se ti saresti rimesso, io che ti ho assistito durante la malattia, io che sono quasi stata ammazzata per aiutare te in una missione suicida a dire poco…ti pare questo lo modo ti ripagarmi? Con un "Che ci fai qui?"?".

"D’accordo, d’accordo, smettila" la fermò Drew, interrompendo quel monologo molto alla Sirius. "Intendevo che ci fai qui, al Quartier Generale? Come hai fatto a convincere gli altri a farti entrare?".

Artemis parve a disagio, distolse lo sguardo, fissandolo verso il pavimento. "Diciamo che io i miei metodi…anche Ares è qui, comunque. E prima che tu lo chieda, stiamo tutti bene. Hermione è un po’ pesta e Sirius si è beccato uno Schiantesimo in pieno petto, ma starà presto bene anche lui…".

"Ce ne vuole per stendere Sirius" osservò Drew.

"Già, è proprio vero…" confermò Artemis, sorridendo.

Drew la guardò un po’ perplesso: come faceva a saperlo? Lei, Sirius non lo conosceva. Qualcosa non tornava: ne era certo. L’Ordine era troppo prudente per far entrare due sconosciuti al Quartier Generale come se niente fosse. E Artemis ne parlava come se per certi versi li conoscesse già. E ora che ci rifletteva, come avevano fatto Sirius e gli altri a sapere dell’attacco suo e di Artemis e Ares?

Ma prima che potesse fare qualunque domanda, la porta si aprì di nuovo, rivelando un Sirius piuttosto sottosopra: le pesanti occhiaie suggerivano che non dormisse da giorni, non si era nemmeno curato di radersi o pettinarsi e camminava con cautela, massaggiandosi di tanto in tanto la zona dello sterno con espressione sofferente.

"Sirius, sembri un barbone!" lo prese in giro Drew, ridacchiando.

Il volto dell’uomo si distese in un sorriso sollevato. "Drew, finalmente sei sveglio. Eravamo preoccupati a morte…".

"Sì, Artemis mi ha detto".

Sirius parve un attimo confuso, poi guardò la ragazza in piedi di fronte a lui. Artemis evitò il suo sguardo.

"Devo andare…" mormorò e uscì a razzo dalla stanza in uno svolazzo di vesti.

Sia Drew che Sirius rimasero a fissare il punto dove era scomparsa, il primo perplesso, il secondo quasi deluso.

L’Animagus si riscosse e tornò a fissare il ragazzo steso nel letto. "Allora, come ti senti?".

"Per stavolta credo che sopravvivrò. Ma mi sento ancora un po’ in subbuglio…".

"Ci credo" affermò Sirius, sedendosi al suo fianco. "Non sono molte le persone che potrebbero sopportare una possessione di quasi tre giorni senza riportare danni gravi. Fidati se ti dico che sentirsi un po’ in subbuglio è ben poca cosa…hai una mente più forte di quanto mi aspettassi…o ti quanto Sylar si aspettasse".

"Cosa è successo al Ministero?" chiese Drew, avido di sapere. "Ricordo che un Mangiamorte mi aveva afferrato…".

Sirius annuì. "Quello l’ho messo fuori gioco io. Poi Sylar ha fatto uno dei suoi giochetti bastardi: ti è entrato nella mente e ha cominciato a torturarti…ti divincolavi come un matto, non riuscivamo a portarti verso il camino dietro di noi. E così i Mangiamorte hanno ricominciato a incalzarci, ci stringevano da ogni lato, stavamo per essere sopraffatti, quando è successo qualcosa: hai urlato e smesso all’improvviso di agitarti. Per un attimo ho pensato fossi morto, poi ho visto che respiravi ancora. Dall’altro capo dell’Atrium, Sylar è stato sbalzato all’indietro, come se l’avesse spinto una forza invisibile. Abbiamo approfittato della confusione per scappare…qui hai ricominciato a dimenarti. Ti abbiamo messo a letto e aspettato…non potevamo fare altro: qui nessuno ha sufficiente esperienza in Occlumanzia per anche solo pensare di provare a metterci le mani. Per fortuna, come ho detto, sei più forte di quanto pensassimo…".

Drew sorrise. Poi chiese: "Hai detto che Sylar è stato spinto all’indietro?".

Sirius annuì. "È caduto come un birillo. Siamo rimasti tutti piuttosto spiazzati, in verità. Tu sai cosa può essere successo?".

Drew esitò, ma poi disse con decisione. "No, non ne ho idea". Non voleva dire che era riuscito a entrare lui nella mente di Sylar: non era sicuro di voler condividere quello che aveva visto, specie con Sirius. Non era nemmeno sicuro di poter accettare lui stesso quello che aveva visto e sentito in quel ricordo.

Per sviare l’argomento, fece un’altra domanda che gli stava a cuore. "Come avete fatto a sapere del nostro piano?".

Sirius lo guardò sinceramente stupito. "Ma come? Non sai della lettera?".

"Lettera? Che lettera?".

"Quella che la scorsa settimana è arrivata via camino. Pensavamo avessi dato tu il nostro indirizzo".

"Quella lettera era per voi?" chiese Drew, non meno stupito. Ma a che gioco stavano giocando Ares ed Artemis? "Non ne avevo idea. Io l’ho spedita da una casa nel centro di Londra. Non ho nemmeno dovuto dare l’indirizzo: è partita da sola…".

Sirius lo guardò. "In che via? In che via si trova questa casa?".

"Ehm" mormorò Drew, cercando di ricordare, "Park Street mi pare…un appartamento sotto sequestro…".

Sirius ridacchiò. "Quella ragazza è un genio" mormorò tra sé.

"Che intendi dire?".

"Quindi tu non lo sai?" chiese Sirius invece di rispondere.

"Non so cosa?" domandò Drew sempre più spazientito.

"Che la tua amica è la figlia di Remus e Dora, Allison".

Drew spalancò talmente tanto la bocca che quasi gli cadde la mascella. "Artemis è Allison?" disse incredulo. "Non ne avevo idea…".

"Sì, la tua faccia me lo aveva suggerito. Sul serio non te lo aveva detto?".

"No…" rispose Drew sovrappensiero.

"Beh, se può consolarti, credo proprio che se fosse dipeso da lei, non sarebbe nemmeno venuta qui. Sono tre giorni che ci evita tutti come la peste. O stava qui o se la filava in qualche stanza vuota. Ora che ci rifletto, non so nemmeno se ha mangiato…".

"Ares cucina" disse Drew. "Probabilmente le preparava qualcosa quando voi non c’eravate…".

"Ares?" ribatté Sirius. "Quella sottospecie di gigante? Sul serio cucina?".

Drew annuì. "E pure bene!".

"Mmmm, me lo devo ricordare…" mormorò tra sé l’Animagus.

"Comunque non ho ancora capito come avete fatto a ricevere quella lettera, Sirius…".

"Ah, sì. Beh, è piuttosto semplice, a dir la verità. L’appartamento in Park Street dove sei entrato era l’abitazione di Tonks quando lavorava come Auror al Ministero. Per un certo periodo, anche Remus ci ha vissuto, dopo che si sono sposati. Quando Voldemort è salito al potere, ovviamente è finito sotto sequestro. Tuttavia lo teniamo abusivamente collegato al nostro camino, come via di fuga preventiva…".

"Come Casa Riddle?".

"Esatto, però quell’appartamento è la nostra ultima risorsa. Nel caso il Ministero scopra che Casa Riddle è uno dei nostri nascondigli…".

"Ho capito. E perciò in quella lettera, Artemis vi ha informato del nostro piano…".

Sirius annuì. "Sì, l’altro giorno eravamo tutti in fibrillazione: aspettavamo vostre notizie. Poi, Christie e Keith ci hanno mandato un Patronus dove ci dicevano che probabilmente non sareste riusciti a scappare e così abbiamo deciso di fare una puntatina…".

"Grazie, credo proprio che senza di voi a quest’ora eravamo tutti in cella. O peggio!".

"E già" concordò Sirius. "Lasciati dire però che cavolate del genere non le devi nemmeno più pensare. Siete stati degli incoscienti. Tutti e tre!".

"Non ti preoccupare, non ho intenzione di replicare troppo presto l’esperienza…".

"Bene".

In quel momento, la porta si aprì di nuovo e stavolta entrò Ethan. Il ragazzino si illuminò letteralmente al vederlo.

"Drew!" gridò saltando sul letto a tuffo d’angelo e stringendo il cugino in una morsa.

"Ehi, fai piano campione!" rise Drew, ricambiando l’abbraccio.

*****

Drew si abbandonò all’indietro sul letto, sospirando pesantemente. Era appena riuscito a liberarsi di Ethan, che per tre ore non lo aveva mollato un secondo, quasi avesse paura che il cugino potesse prendere e sparire di nuovo. Oddio, non che gli altri dell’Ordine fossero tanto meglio: aveva dovuto quasi cacciare fuori a calci Luna, che a detta di Sirius si era quasi consumata dalla preoccupazione negli ultimi dieci giorni.

Adesso si godeva il ritrovato silenzio, per cercare di riflettere un po’ e pensare a quello che aveva visto nel ricordo di Sylar.

Ma prima ancora di potersi rilassare completamente, qualcuno bussò alla porta.

"Sì?" chiese, piuttosto scocciato. "Ah, sei tu" aggiunse, riconoscendo la testa bionda di Artemis fare capolino.

"Posso?" chiese la ragazza.

"Ormai sei entrata" osservò Drew, gelido.

Artemis lo guardò stupita da tanta freddezza. "Che succede?".

Drew ricambiò il suo sguardo, gli occhi lampeggianti. "Mi chiedi pure che succede, Artemis? O dovrei dire Allison?".

La ragazza fece una smorfia infastidita. "Chi te la detto? Quella bocca larga di Sirius, vero?".

"Sì, me lo ha detto lui" scattò Drew, mettendosi a sedere di botto. "E allora? Avresti dovuto dirmelo tu. O il fatto che sei la figlia di una colonna dell’Ordine della Fenice era per te un particolare di scarsa rilevanza? Non sei tu quella che ha detto "dobbiamo essere sinceri fra noi"? Beh, senza offesa, ma sei un tantino ipocrita!".

"Non era importante ai fini della missione" ribatté Artemis, che cominciava a scaldarsi a sua volta. "Anzi, non era importante per niente. Io non volevo nemmeno venire qui, quindi chi fossero i miei genitori non aveva la minima importanza!".

"Ma non pensi a loro?" esclamò Drew. "Sai quanto Remus ci sia stato male quando sei sparita? Non posso credere che non volessi rivederlo…".

"Non sono fatti tuoi quello che decido o non decido di fare. Sono adulta e vaccinata e prendo le mie decisione da sola da un pezzo!".

"Tuo padre aveva comunque il diritto di sapere che stavi bene…".

"Mio padre starà meglio senza di me" disse la ragazza in tono che non ammetteva repliche.

Drew sbuffò, irritato: era inutile. Quella ragazza era testarda come un mulo, lo aveva capito durante la loro breve convivenza.

"Immagino che tu non ci abbia ancora parlato con Remus…" osservò con calma.

"No. Né voglio farlo. Volevo solo accertarmi che tu stessi bene. Me ne andrò domani".

"Non credevo ci tenessi tanto a me…Perciò sei venuta a salutarmi?".

"Sono venuta a vedere come stavi. Come stai?".

Drew non rispose: non lo sapeva nemmeno lui come stava…

"Abbastanza bene, disse alla fine, senza guardarla. "Qualche dolore qua e la, ma niente di insopportabile…".

Artemis lo fissò con intensità, quasi stesse cercarlo di trapassarlo. "Stai mentendo" affermò infine con sicurezza.

Drew la fissò sbalordito. "Che?".

"Qualcosa ti turba, vero?".

"Che ne sai?".

"Leggo tra le righe" rispose la ragazza. "E ti conosco abbastanza da sapere che non guardi la gente negli occhi quando menti…".

Drew si abbandonò contro il cuscino scoraggiato: l’aveva messo con le spalle al muro, un’altra volta! Quella ragazza sapeva essere irritante e stranamente irresistibile al tempo stesso!

"Allora" lo incalzò la ragazza, "di che si tratta?".

Drew esitò prima di rispondere: non se la sentiva di dire la verità, ma era più che certo che se non si fosse confidato con qualcuno al più presto sarebbe esploso. E se doveva farlo, di certo era meglio farlo con Artemis che con chiunque altro dell’Ordine: la notizia li avrebbe sconvolti, poco ma sicuro!

"Quando Sylar mi ha posseduto" cominciò, "è successa una cosa strana: non so come cavolo ho fatto ma sono riuscito a entrare nella sua testa, ho visto alcune cose…".

"Che cose? Brutte?" chiese Artemis, attenta e incuriosita.

"Non proprio, un ricordo. Un ricordo triste. Qualcosa che non avrebbe mai dovuto essere nella mente di Sylar".

"Cosa c’era nel ricordo?" lo incalzò Artemis.

"Sylar e Voldemort che stringevano un patto: la lealtà di Sylar, che in cambio avrebbe dimenticato il dolore…".

"Drew, non ci sto capendo niente" lo interruppe la ragazza. "Che dolore? Personalmente trovo difficile credere che quel uomo abbia mai provato dolore…".

"No, fidati, l’ha provato. Una sofferenza così intensa da ucciderti" Drew represse a stento un brivido: era sicuro quella sensazione non se la sarebbe mai dimenticata. "Sylar soffriva per la morte di una persona, qualcuno che amava più di qualunque altra cosa al mondo. E credo che quella persona fosse mia madre…".

Artemis lo guardò confusa. "Non capisco. Perché Sylar dovrebbe soffrire per la morte di tua madre?".

"Perché" iniziò Drew in un sussurro: dirlo ad alta voce era più difficile di quanto credesse, "credo che Sylar sia mio padre".

Ministero della Magia,

Londra.

Lord Sylar sedeva nel suo ufficio, i gomiti appoggiati alla scrivania, il volto tra le mani. La maschera, di solito saldamente calcata sul viso giaceva poco lontano. In ogni caso a quell’ora non rischiava certo che qualcuno entrasse: era quasi mezzanotte.

Sylar si stropicciò gli occhi, sbadigliando: erano tre giorni che non chiudeva occhio, cosa eccessiva perfino per i suoi ritmi. Dall’attacco al Ministero dell’Ordine e la conseguente fuga da sotto il suo naso di Hermione Granger. Fuga che aveva coperto di ridicolo l’intero governo e che era stata ripagata con il raddoppio dei turno di tutti i dipendenti, dagli stagisti ai Mangiamorte, per tentare di salvare il salvabile.

Ma non era stato certo quello a togliergli il sonno, bensì il tentativo di possessione che aveva fatto ai danni di Andrew Potter. Quel dannatissimo tentativo che gli si era in qualche modo ritorto contro proprio quando aveva quasi vinto. Aveva sentito la volontà del ragazzo cedere, ce l’aveva quasi fatta e invece era stato bruscamente sbalzato fuori, fisicamente e mentalmente. La cosa l’aveva colto talmente impreparato che ci aveva messo diversi minuti a riprendersi e a mettersi sulla difensiva, schermandosi da Potter, che nel frattempo se ne era andato a zonzo per la sua mente. Non era riuscito a liberarsi di quella presenza fino a poche ore prima, quando finalmente era riuscito a sciogliere il laccio che sembrava averlo legato al ragazzo. Solo le sue conoscenze in Legilimanzia e Occlumanzia gli aveva permesso di comportasi in modo più o meno normale negli ultimi tre giorni, salvo qualche raro scoppio.

E quello era anche il motivo per cui non aveva potuto chiudere occhio: tenere la presenza di Drew sotto controllo ed evitare che prendesse il sopravvento sulle sue azioni (possibilità remota ma non impossibile) aveva richiesto una vigilanza costante di ventiquattro ore su ventiquattro.

Ora si sentiva completamente prosciugato sotto ogni punto di vista, magico e fisico: aveva assoluta necessità di un po’ di riposo per ricaricare le batterie. E poi avrebbe cominciato a preoccuparsi di come avesse fatto un ragazzo senza conoscenze da Occlumante a sopraffarlo e mandarlo quasi al manicomio. Perché se era certo di qualcosa, era che se non fosse riuscito a respingere Drew, quella presenza avrebbe finito col farlo impazzire!

Si tirò lentamente in piedi: meglio andare a casa prima di crollare sulla scrivania. Si stava rinfilando la maschera, quando il Marchio sul suo braccio bruciò all’improvviso con intensità.

Che diavolo c’è adesso?

Ti devo parlare. Subito. La voce di Voldemort fu poco più che in sussurro, ma perfettamente udibile.

Stizzito, Sylar sbuffò. Si era aspettato quella chiamata, ma aveva sperato sarebbe arrivata il più tardi possibile. E in quel momento non sarebbe nemmeno riuscito a rispondere con l’adeguata forza alle domande del suo signore.

Ma quando Voldemort chiamava bisognava rispondere immediatamente! Si strinse nelle spalle e si avviò fuori dal suo ufficio, percorrendo il corridoio fino in fondo. Lì spinse una porta nascosta nella parete, rivelando un ampia sala immersa quasi totalmente nell’oscurità. Ben pochi sapevano dell’esistenza di quella stanza e di quei pochi, ancora meno erano in grado di raccontarlo.

Sylar entrò e si fermò nel cerchio di luce, inginocchiandosi. "Mi avete chiamato, mio Signore?".

Dalle tenebre emerse il volto pallido di Voldemort, che si avvicinò al suo secondo. "Sì. Cosa è successo con il figlio di Potter?".

"Io…non lo so, mio signore" rispose Sylar: lo sguardo chino in terra si posò su Nagini, acciambellata poco più in là in una strana imitazione di un gatto domestico.

"Spiegami. O preferisci che lo scopra da solo?".

Allarmato dai possibili effetti della seconda ipotesi sulla sua mente provata, Sylar si affrettò a raccontare quello che era successo. Tanto Voldemort l’avrebbe scoperto comunque, perciò era inutile nasconderlo.

Quando ebbe concluso, alzò lo sguardo: Voldemort lo fissava imperscrutabile.

"Interessante" disse alla fine, facendo cenno a Sylar di alzarsi.

"Che cosa, mio signore?".

"Se quello che dici è vero, il ragazzo è più potente di quanto potessimo pensare. Alla luce di ciò, sarebbe uno spreco ucciderlo…".

"Che cosa intendete fare?" chiese Sylar.

"Ancora non lo so. Ma per noi potrebbe essere una risorsa proficua…".

Sylar guardò perplesso l’altro uomo. Non sapeva cosa pensare, perciò lasciò cadere nel vuoto l’ultima affermazione e disse: "Cosa volete che faccia?".

"Per ora nulla. Tienimi informato su qualunque novità sul ragazzo: sono certo che potrà tornarci utile in qualche modo. Puoi andare".

Sylar si inchinò e uscì dalla stanza, sollevato di essere stato congedato senza pesanti conseguenza. Dietro di lui, Voldemort sorrideva maligno, mentre si risedeva su una poltrona accarezzando la testa squamosa di Nagini: un nuovo piano stava lentamente prendendo forma nella sua testa.

LYRAPOTTER’S CORNER

Din, din, modulo aggiornamento attivato, dopo due settimane di silenzio. Capitolo di grandi rivelazioni questo: lasciatemi dire che la prima parte (il ricordo, di Harry in particolare) è stato l’apoteosi della mia vena…sakijunesca, se mi passate il termine (eventuali fan di Saki capiranno il paragone). Sinceramente penso mi sia venuto abbastanza bene, ma a voi l’ardua sentenza. Questo capitolo piacerà anche a quelli di voi che credevano che Voldemort stesse a giocare con le biglie mentre gli altri si ammazzavano: il vecchio Lord è immerso in nuove macchinazioni…chi sa che starà a combinare?

Poi, alcuni commenti recenti sul personaggi di Ares di alcuni di voi hanno finalmente rimesso in moto il criceto che fa girare la ruota del mio cervello: sto cominciando a progettare il terzo episodio (per la serie mettiamo le mai avanti!!!!!!), qualche idea ce l’ho, devo riuscire a darle una forma organica…In ogni caso, mancano qualcosa come un paio di millenni prima di arrivare a quel punto, perciò non vale la pena di preoccuparsi.

In ultimo chiedo di nuovo a tutti di avere pazienza per gli aggiornamenti: Leopardi, Hugo, Wordsworth, Goethe, Leonardo, Marx, le funzioni matematiche e le onde elastiche si sono alleati con i miei prof per portarmi alla pazzia. E non sto assolutamente esagerando! Ma perché Natale è così lontano!!!!!!!! Aggiungete anche che devo preparare una ricerca d’arte e non ho la minima idea di cosa parlare. Eventuali suggerimenti saranno bene accolti, se volte portare sostegno a questa povera ragazza esaurita…

Vabbè, finito di stressarvi con i miei sproloqui, via ai ringraziamenti:

Ino chan, mi dispiace che le Ron/Hermione non ti piacciano, per me è un po’ una questione di principio metterli, anche se in fondo non è decisamente il pairing centrale. Sono felice di essere comunque riuscita a commuoverti, a presto, baci!!!!

Lily_Snape, e invece siamo proprio alla scena "Luke sono tuo padre", anche se per il faccia a faccia tra i due ci sarà da aspettare. Lo so che è presto, ma, vedi, il fatto è che questa fiction è nata come autoconclusiva e solo dopo si è evoluta in una trilogia. A quel punto, tutta la storia era impostata sul fatto che Drew sapeva già la verità e non potevo più cambiare. E mi dispiace, Bellatrix mi serve ancora viva, altrimenti a chi le faccio fare tutte le peggiori carognate? Continua a seguire, baci!!!!

Caillean, felicissima di vedere che continuo a rendere bene i personaggi, per me è importantissimo. E sono particolarmente orgogliosa di quel pezzo, ce lo avevo in testa da tanto…a presto, baci!!!!!

Deidara, ma come? Cadi nel dubbio proprio al momento della grande rivelazione? Come vedi avevi indovinato fin dall’inizio, complimenti!!!!!!

chichetta99, grazie mille e continua a seguire!!!!!

Non ho idea di quando potrò aggiornare di nuovo, vista la mia attuale situazione. spero presto, mi raccomando recensite, bacibaci!!!!!!!!

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Capitolo 15
*** Un attimo di pace (1) ***


MAGIC WARS

CAPITOLO XIV: UN ATTIMO DI PACE (1)

Quartier Generale

Dell’Ordine della Fenice,

Londra.

Artemis frugava silenziosamente tra gli armadietti della cucina, mentre il pendolo del salotto suonava la mezzanotte. Dopo aver ascoltato la super bomba che Drew le aveva sganciato addosso, sentiva l’assoluto bisogno di qualcosa di alcoolico…il problema era che in tutta la casa la cosa più forte presente sembravano essere certi intrugli aromatici di Luna. La ragazza richiuse con un gemito frustato le ante dell’ultimo armadietto. Sbuffò. Quando era più piccola, era quasi facile scovare le bottiglie di Whisky nascoste in qualche cantuccio. Una volta se ne era ritrovata in mano una mentre prendeva una scatola di biscotti…evidentemente Sirius era dovuto diventare più prudente nel corso degli anni.

Continuò a cercare, cominciando seriamente a disperare di riuscire a trovare qualcosa, finché, nascosta dietro i tubi del lavandino, non trovò una fiaschetta. Tombola. Ne ero sicura! Sganciò il contenitore dal suo nascondiglio e lo stappò, annusando. L’odore non lasciava dubbi: Whisky incendiario. Anche piuttosto pessimo, constatò bevendone una lunga sorsata. Ma meglio di niente.

Solo dopo aver bevuto un altro paio di sorsi, considerò la possibilità che Sirius potesse aver imboscato chissà dove altre fiaschette come quella. Sarà meglio che lo dica a qualcunose beve ancoraPreferì non considerare l’ipotesi. Ricordava perfettamente la prima volta che aveva visto il suo zio adottivo ubriaco. O meglio l’unica volta, perché dopo quell’occasione suo padre e sua madre si erano premurati che non accadesse più. Aveva otto anni e l’Ordine stava attraversando un periodo difficile. Avevano appena perso Kingsley e il Ministero gli stava addosso come un mastino su un trancio di carne. Oltre tutto, in quei giorni ricorreva anche l’anniversario della scomparsa di Harry. Lei e sua nonna avevano deciso di approfittare di uno dei pochi momenti in cui Remus e Dora erano entrambi al Quartier Generale per poter fare una specie di festa di compleanno ritardata, visto che al suo vero compleanno non erano riusciti a venire. Lei era andata in cucina, non sapeva più a fare cosa, e lì aveva trovato Sirius, che fissava con sguardo perso la parete e le almeno sei bottiglie vuote che aveva di fronte, in mano una settima mezza piena. Lo aveva salutato, senza capire cosa stesse succedendo, e lui aveva spostato gli occhi appannati dall’alcool su di lei, senza riconoscerla. Si era allungato verso di lei ed era cascato a peso morto dalla sedia. Lei aveva urlato, spaventata, i suoi genitori erano accorsi e sua madre l’aveva portata via, mentre suo padre presumibilmente si occupava di Sirius.

Il ricordo le procurò un brivido involontario, mentre beveva un altro sorso. Solo anni dopo aveva capito cosa avesse Sirius quel giorno, che cosa si continuasse a fare, nonostante i ripetuti tentativi di suo padre di farlo smettere una volta per tutte. Doveva ancora capire come facesse l’Animagus a procurarsi il Whisky, visto che di certo non glielo comprava nessun infiltrato dell’Ordine. Un alcolizzato lo trova sempre il modo di procurarsi un altro bicchiere, pensò. Quella fiaschetta ne era la prova: per quel che ne sapeva poteva anche essere lì da anni!

Guardò di nuovo il contenitore, accigliata, dopodiché versò decisa ciò che era avanzato nel lavandino. Scusa, zio Sirius, ma è per il tuo bene. Dopo averla riempita di nuovo con dell’innocua acqua, la rimise al suo posto. Si stiracchiò, sbadigliando, guardandosi intorno. All’improvviso, ricordò che mentre cercava qualcosa di alcoolico, era per caso incappata in una bustina di cioccolata. La tentazione fu troppo forte.

Due minuti dopo, un bollitore gorgogliava allegramente sul fornello e Artemis cercava di rintracciare una tazza nel caotico ordine di Luna.

"Hai intenzione di continuare a evitarmi ancora per molto?".

Quella voce la fece congelare sul posto. Lentamente si voltò: di fronte a lei c’era l’ultima persona con cui desiderava parlare. Piantato sulla porta, Remus Lupin le rivolse un sorriso mesto, fissandola.

"Non ti stavo evitando…" borbottò la ragazza, distogliendo lo sguardo e puntandolo sul bollitore.

Il viso di Remus si indurì. "Se non vuoi parlarmi d’accordo, ma almeno non prendermi in giro, Ally. Sono tre giorni che ti aggiri in questa casa come un fantasma e ci eviti tutti come la peste. Perciò, ripeto la domanda: hai intenzione di continuare a evitarmi ancora per molto?".

Artemis sbuffò. Perché doveva essere tutto così difficile? "No" rispose. "Domani io e Ares ce ne andiamo. Ci siamo fermati anche troppo!".

Anche senza guardarlo, sapeva che il padre la fissava con espressione ferita. Il cuore le si strinse in una morsa. Ma non poteva cedere. "Perché, Ally?" chiese Remus, in un sussurro.

"Perché?" ripeté la ragazza, voltandosi. "Perché sì, papà. Non possiamo restare…Non posso restare. Starete meglio senza di me!".

"Lo pensi sul serio? Ally, non posso perderti un’altra volta! Non ti lascerò andare via!".

La morsa al petto si fece più intensa. "Non spetta a te decidere, papà. Io non voglio e non posso restare. E questo è quanto!".

Veloce, lo superò e corse fuori. Ricacciò indietro le lacrime che minacciavano di scivolarle lungo le guance, mentre saliva le scale, senza nemmeno sapere dove stesse andando. Era esattamente quello il motivo per cui aveva evitato Remus come la peste bubbonica. Sapeva che se si fossero parlati la sua sicurezza avrebbe inevitabilmente vacillato. E non doveva permetterlo: non poteva restare. Non riusciva nemmeno a guardare suo padre in faccia senza provare un lancinante senso di colpa per come era ridotto. Per come l’aveva ridotto.

Siccome non guardava dove stava andando, arrivata in cima alla rampa di scale, inciampò in qualcosa, rischiando di rompersi l’osso del collo. O meglio in qualcuno, per la precisione sua madre, appollaiata nel buio sull’ultimo scalino, lo sguardo assente.

Artemis sentì il cuore sprofondarle sotto le ginocchia. Sapeva delle condizioni di Dora, ma questo non rendeva certo la vista meno agghiacciante.

"Oddio, mamma!" esclamò la ragazza con voce rotta. "Mi dispiace tanto!". Non sapeva nemmeno se lo diceva perché le era appena cascata addosso o perché si sentiva in colpa per come era ridotta la donna.

Artemis si tirò a sedere, massaggiandosi il ginocchio. "Mamma" chiamò poi. "Mi senti?".

Dora non accennò nessuna reazione; Artemis si spostò di fronte a lei. "Mamma" ripeté, "vieni ti riporto in camera" e le tese la mano.

Tonks la guardò perplessa un istante, dopodiché sorrise leggermente e afferrò l’arto teso vero di lei. Anche Artemis sorrise, mentre la riconduceva nella sua stanza e la metteva a letto. "Mi dispiace, mamma" disse di nuovo. "Ora dormi".

La donna le rivolse di nuovo quel sorriso assente, mentre ubbidiente si infilava sotto le coperte.

"Sei brava".

Di nuovo, pensò Artemis voltandosi e trovando Remus che la fissava sorridendo, una tazza fumante in mano.

"Che intendi dire?" chiese la ragazza, maledicendosi da sola. Non doveva dargli corda, doveva uscire, rintanarsi in qualche cantuccio e aspettare la mattina. O meglio, andare a svegliare Ares e andarsene subito. Ma non poteva evitarlo.

"Intendo che nessuno, a parte me e tuo nonno, riesce a trattare con tua madre tanto facilmente. Ah, ti sei dimenticata questa di sotto" e le porse la tazza di cioccolata calda.

"E allora?" chiese ancora Artemis, prendendo la tazza e bevendo un sorso.

"Non lo so. Penso che ti riconosca, a livello inconscio…".

Artemis scosse le spalle. "Questo non cambia le cose, papà".

"Possiamo parlare?".

"No".

"Perché?".

Artemis ignorò la domanda, bevendo una sorsata di cioccolata calda ed evitando il suo sguardo.

"Ally?".

"Niente Ally, papà!" esclamò la ragazza, girandosi verso di lui. I suoi occhi caddero inevitabilmente sul bastone a cui Remus si stava appoggiando e i sensi di colpa la invasero. "Ally è morta" aggiunse con voce atona.

Sentiva lo sguardo di Remus bruciarle addosso e le lacrime minacciare nuovamente di scendere.

"Ally" ripeté Remus deciso, "guardami. Parla con me: perché non vuoi restare?".

"Perché non ce la faccio, papà!" gridò Artemis, alzando la voce senza nemmeno accorgersene. "Non ce la faccio a vedere come sei ridotto…come è ridotta la mamma! Sono tre anni che mi consumo nei sensi di colpa e stare qui peggiora solo le cose! È solo colpa mia: lo so io e lo sai tu!".

"Colpa tua?" ripeté Remus, stupito. "Tesoro, non mi sono mai pentito un solo istante di quello che ho fatto tre anni fa. E tua madre ti direbbe lo stesso…è stata una nostra decisione, una decisione che, anche con il senno di poi, prenderei senza esitare un secondo. Non è stata colpa tua!".

"Per favore, papà!" lo interruppe Artemis. "Se non fosse stato per il mio sciocco comportamento, non avreste dovuto rischiare la vostra vita…".

Remus si avvicinò alla figlia. "Ally, guardami" disse, prendendole il volto tra le mani. "Quello che è successo tre anni fa, è stato soprattutto frutto di una scelta mia e di tua madre. Non ho mai pensato nemmeno per un secondo di incolparti. Anzi, una parte di me è sempre stata orgogliosa di te…".

"Orgoglioso? Papà, vi ho praticamente consegnati a Voldemort…".

"Sì, ma l’hai fatto seguendo i tuoi ideali. Tutto quello che hai fatto, il nuovo ES, la vostra ribellione, tutto, mi ha reso estremamente felice di essere tuo padre…anche se la parte più assennata di me ti consigliava di smettere!".

I due si guardarono. Artemis non poteva credere a quello che aveva appena sentito. "Papà, io non posso…".

"Io non ti lascerò andare via di nuovo" ribatté Remus, deciso. "Non voglio perderti di nuovo, anche a costo di inseguirti fino all’altro capo del mondo, hai capito?".

Artemis si limitò ad annuire. "Ti voglio bene, papà".

"Anch’io, tesoro, anch’io" rispose Remus, attirando la figlia in un abbraccio, che la ragazza ricambiò dopo una leggera indecisione. Non era certa che fosse la scelta giusta, ma in quel momento era l’unica che potesse prendere: non ce l’avrebbe mai fatta ad andarsene dopo quella conversazione.

I due si separarono. Remus sorrise alla figlia, asciugandole una lacrima: Artemis non si era nemmeno accorta di piangere. Quel gesto le fece provare un moto di felicità come non ne provava da tempo. Sentì i capelli virare di colore e il Marchio sul braccio bruciare. Si affrettò a riprendere il controllo, ma Remus si accorse degli strani atteggiamenti della ragazza.

"Che succede? Hai già cambiato idea?".

"No. Papà, c’è una cosa che devi sapere".

Si slacciò la camicetta, lasciando intravedere il Marchio del Diavolo sul suo braccio. Remus impallidì all’improvviso, mentre il suo pugno si stringeva al manico del bastone.

"Quando te l’hanno fatto questo coso?" sibilò con rabbia.

"Subito prima di rilasciarmi" rispose Artemis. "La definirono "una lezione"".

"Quei…quei…". Remus stava letteralmente fumando.

"Papà, calmati. Il cuore…" si agitò Artemis, ansiosa.

Vedendola così preoccupata, Remus si rilassò. "Sto bene, tranquilla. Ally, mi dispiace".

La ragazza si strinse nella spalle. "È lo scotto che ho dovuto pagare per le mie azioni. Ormai ci ho fatto l’abitudine". Era una mezza bugia e Remus parve intuirlo, ma non risollevò la questione.

"Non ne parliamo adesso. Non voglio rovinarmi questo momento".

Artemis annuì. "Nemmeno io" e si abbracciarono di nuovo.

*****

Drew si alzò la mattina successiva con la sensazione di non essere mai andato a letto. In effetti non è che avesse dormito molto: tutte le volte che era sul punto di prendere sonno le immagini del ricordo di Sylar gli rimbalzavano davanti agli occhi. O forse doveva dire suo padre? Non riusciva ad accettarlo…come poteva accettare che suo padre, Harry Potter, il Prescelto, il Bambino-Che-È-Sopravvissuto e Lord Sylar, il braccio destro di Voldemort, temibile quasi quanto il Signore Oscuro fossero la stessa persona? Tutte le volte che si soffermava su quel pensiero provava una spontanea sensazione di rigetto: era impossibile, Sylar non poteva essere suo padre! Quel uomo aveva ucciso decine di persone, non ultimo Ron Weasley, il migliore amico di Harry. E durante l’ incursione al Ministero non aveva esitato un istante ad attaccare lui e l’Ordine. No, Sylar non poteva essere Harry Potter, era inconcepibile, assurdo!

Ma ogni volta che arrivava a questa conclusione, il ricordo in cui era involontariamente penetrato gli si riaffacciava alla mente, chiaro e inequivocabile, senza margine di errore. A quel punto era tornato al punto di partenza!

Drew chiuse gli occhi, scuotendo il capo, frustrato. Gli stava venendo il mal di testa a furia di rimuginare su quella storia. Ma era una cosa che non poteva evitare di fare: insomma, era suo padre…e aveva tentato di ucciderlo!

Andava meglio quando credevo che papà fosse morto! Perché lo ha fatto? Ha voltato le spalle a tutto e tutti solo per la morte di mamma…il suo tradimento alla fine si riduce a questo. Sì, era decisamente meglio quando credevo fosse morto!

Sbuffò: doveva smettere di pensarci o sarebbe diventato matto! Ma più si diceva di smettere, più ci pensava. In realtà quello di cui aveva davvero bisogno era parlarne con qualcuno. Ma chi? Di certo nessuno dell’Ordine: non osava nemmeno immaginare cosa sarebbe potuto succedere se la notizia fosse giunta a loro…ne sarebbero usciti distrutti! Si sarebbe tagliato la lingua piuttosto…C’era Artemis: la ragazza era rimasta abbastanza sconvolta la sera prima, era uscita prima che potesse aggiungere qualunque cosa. Ma con tutta probabilità, era già tornata al suo attico, a pensare ai suoi affari. Il che voleva dire che per lui ormai era perduta: anche se avesse voluto, non avrebbe più potuto raggiungerla, l’Ordine non avrebbe rischiato di perderlo un'altra volta. E a dirla tutta, nemmeno lui era molto ansioso di replicare l’esperienza!

Scartati Artemis e l’Ordine, restava senza opzioni, a meno di non coinvolgere Kitty e Ethan, cosa che non voleva assolutamente fare. Sospirò: si sarebbe tenuto tutto dentro, per forza. Arrivato a quel punto, era evidente che quel demone avrebbe dovuto sconfiggerlo da solo. Sospirò: non sarebbe stato facile, per niente. Perché lo hai fatto, papà? Perché? Posso capire che tu fossi sconvolto per la morte della mamma, ma avevi comunque delle alternative…

Era inutile continuare a rimuginarci: il fatto era quello e non poteva cambiarlo in nessun modo. Prima l’avrebbe accettato, prima sarebbe stato meglio. Con decisione si alzò: era stufo marcio di stare a letto. Stava cominciando a vestirsi, quando qualcuno bussò alla porta.

"Un secondo" disse, infilandosi la maglietta. "Sì?".

Con sua somma sorpresa, fu Artemis ad aprire la porta. "Luna vuole sapere se scendi per la colazione".

"Che ci fai ancora qui?" chiese Drew invece di rispondere, perplesso. "Non te ne volevi andare?".

La ragazza si strinse nelle spalle. "Ho cambiato idea".

Drew la guardò, sempre più stupito. C’era qualcosa di diverso in Artemis: sembrava più…rilassata. Anzi no, era felice. Glielo si leggeva in faccia che le era successo qualcosa di bello.

"Hai parlato con Remus, vero?" chiese.

La ragazza annuì. "Avevi ragione, Drew. Non me ne posso andare come se niente fosse…".

"Sono felice di sentirlo. Tu e Ares sareste delle ottime risorse per l’Ordine…".

"Ehi, non correre troppo" lo rimproverò la ragazza. "Ancora non abbiamo deciso quanto rimanere…".

"Andiamo, Ally!" rise Drew.

Inaspettatamente, lo sguardo della ragazza si indurì. "Non chiamarmi in quel modo Drew. Preferisco Artemis…".

"Perché?".

"Perché io non sono Ally o Allison che sia. Non completamente, almeno. Ally è morta tre anni fa in una cella di Azkaban…".

"Non sapevo fossi stata ad Azkaban" osservò Drew. "Credevo che fossi stata rinchiusa nella Zona delle Celle, al secondo Livello".

"Sono stata anche lì" confermò la ragazza. "Ma ho avuto l’onore di soggiornare al Azkaban per quattro giorni. Solo lì applicano il Marchio del Diavolo…".

Drew intuì che l’argomento non era gradito all’amica, perciò disse: "Ok, che Artemis sia. Come la dea della luna. Adesso ci sono arrivato, sai?" aggiunse con un sorrisetto.

"A cosa?".

"Il significato del nomi. Ares per un campione dei duelli, Artemis per una figlia della luna, anche se solo per metà e Zeus che è il padre di Artemide".

La ragazza sorrise. "Molto acuto, Andrew Potter. Molto acuto". Parve riflettere un attimo, poi chiese: "Tu come stai, piuttosto? Ieri non abbiamo più parlato…".

"Non lo so, sinceramente" ammise Drew. "Continuo a sperare di aver frainteso in qualche modo…".

"Non è possibile?" domandò Artemis. "Che tu abbia interpretato male il ricordo o quello che era. Magari è stato Sylar a creare quelle immagini, per sconvolgerti…".

"No, non c’era margine di errore. E sono certo che quello fosse un ricordo autentico: era totalmente diverso dalle immagini prima. Non so come, sono davvero entrato nella mente di Sylar e ho visto quel ricordo…".

Artemis si morse il labbro, riflettendo. "Anche questo è un bel mistero" osservò. "Sylar è un Legilimens secondo probabilmente solo a Voldemort, mente le tue conoscenze di Occlumanzia, senza offesa, sono praticamente…".

"…Nulle" concluse Drew per lui. "Lo so anch’io. Ma sinceramente al momento è il minore dei miei problemi: qualunque cosa abbia fatto, è l’unico motivo per cui sono ancora vivo. Altrimenti Sylar a quest’ora mi avrebbe ucciso. O mio padre, se preferisci…bella famiglia, eh? Mio padre ha cercato di uccidermi…". Sentì la voce incrinarsi senza volerlo.

Artemis gli sorrise debolmente. "Posso immaginare come ti senti. Mi dispiace".

"Lo so, grazie. Ma la colpa non è tua: è solo sua. È lui ad aver deciso di diventare Mangiamorte…".

"Sì, ma questo non ti rende le cose più facili" obiettò la ragazza.

Drew sospirò: aveva la voglia matta di spaccare qualcosa. Perché, perché? Perché di tutte le persone proprio a lui e alla sua famiglia? I Potter sono proprio nati sotto una cattiva stella, pensò.

"Risolveremo questa storia" disse ancora Artemis.

"Come?".

"Ancora non lo so. Ma nessun problema è senza soluzione. Bisogna solo saperla cercare".

Drew annuì. "Non ne parliamo con nessuno d’accordo?".

"Più che d’accordo. E se hai bisogno di qualcosa, chiedi pure".

"Grazie, ‘Temis". Il diminutivo gli era uscito prima che potesse evitarlo; tuttavia la ragazza non fece obiezioni.

In quel momento dalla porta fece capolino la faccia di Sirius.

"Luna vorrebbe sapere se avete finito di fare comunella e scendete per la colazione o avete intenzione di stare qui fino a natale".

"Veniamo, zio Sirius" disse Artemis in tono pacato.

Drew li seguì al piano di sotto. In qualche modo, sentiva che il nodo che aveva attorno allo stomaco si era attenuato un po’.

LYRAPOTTER’S CORNER

Ebbene sì, sono ancora viva! Dite la verità, cominciavate a rinunciarci? Chiedo umilmente scusa per questo ritardo (quasi un mese, mio dio, mi faccio schifo da solo) e soprattutto per questo sputo di capitolo, che sicuramente non vi ripagherà per le attese. In realtà è solo metà del capitolo che avevo preventivato, altra metà è ancora tutta nel mio cervello e non so quanto riuscirò a scriverla…il fatto è che a tutti i miei impegni scolastici e nono si è aggiunto uno sciopero della mia musa ispiratrice, che ha deciso di abbandonarmi: già questo mezzo capitolo è stato un vero travaglio e a essere sincera non mi soddisfa completamente. Ma tant’è, piuttosto che farvi aspettare ancora, ho deciso di aggiornare comunque. Avviso da subito che non so quando potrò aggiornare di nuovo, tutto dipende da quanto sarò ispirata nei prossimi giorni.

Nel frattempo, passo a ringraziare i miei carissimi commentatori. Ragazzi, finirete col farmi arrossire:

CharmedAlis, a nome di tutta EFP di do il benvenuto su questo magnifico sito. Non preoccuparti, le recensioni vanno sempre bene, basta dire quello che si pensa. Mi raccomando commenta ancora, eh?

chichetta99, mmmm, a quanto pare non ho colto di sorpresa nessuno, vero? Grazie mille!!!!

Lily_Snape, grazie mille, mia cara Lily, almeno in parte ho risposto alle tue domande, visto? Altri flash-back? Mmmm, per il momento non saprei, magari in futuro. Ora ti svelo un segretuccio: anch’io adoro Darth Fener, specie nel "Ritorno dello Jedi". A presto, bacibaci!!!!!

Ino chan, ti ho sconvolta? Bene, in fondo lo scopo era quello…ma quando aggiorni le tu fiction?

Deidara, grazie anche a te, sono davvero felice che il capitolo ti sia piaciuto. Purtroppo, invece di velocizzarmi, ho rallentato, mi dispiace…

Caillean, Drew è un ragazzo forte e ora può contare sull’aiuto di Artemis per affrontare la situazione. Lo so, la storia dei Lupin è molto triste, devo avere una strana sindrome che mi spinge a tartassare i personaggi che adoro!!!!

SakiJune, non gongolare troppo, mi raccomando…hai ragione, Voldemort non si abbassa a simili volgari attività da Babbani, errore mio!!!!!!

Con questo ho finito, restate in ascolto, spero di farmi risentire presto, bacibaci!!!!!!

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Capitolo 16
*** Un attimo di pace (2) ***


MAGIC WARS

CAPITOLO XV: UN ATTIMO DI PACE (2)

Quartier Generale

Dell’Ordine della Fenice,

Londra.

Quel pomeriggio, si tenne una nuova riunione dell’Ordine, a cui tutti, con l’unica eccezione di Kitty e Ethan, furono invitati a partecipare. In tutto il Quartier Generale sembrava aleggiare un’aria nuova, di cui sembravano risentire più o meno tutti. Perfino Tonks appariva più serena del solito. Sicuramente erano numerosi i fattori che contribuivano a creare questa atmosfera: il quanto mai insperato salvataggio di Hermione, che sedeva sorridente a capo tavola con un soddisfatto Grattastinchi raggomitolato in grembo; il ritorno di Drew, di nuovo in piedi e in perfetta salute (almeno fisicamente); la presenza di Artemis, che dopo tre giorni di assoluto mutismo aveva ricominciato a chiacchierare con tutti, come se non fosse trascorso neanche un giorno dal momento in cui era sparita.

In effetti, considerò Drew, che le era seduto di fronte, la ragazza non era mai sembrata più felice, almeno da quel poco che la conosceva lui. Era incredibile, in meno di ventiquattro ore si era completamente trasfigurata. La chiacchierata con Remus deve averle fatto proprio bene: chissà che si sono detti Osservandola a fianco del padre, Drew si chiese come non avesse potuto notare prima la somiglianza tra i due: sembravano una la copia carbone dell’altro. Era una cosa incredibile: anche prima di scoprire la sua vera identità, Drew aveva avuto l’impressione che Artemis gli ricordasse qualcuno, ma solo adesso si rendeva conto di chi fosse, Remus, suo padre. La cosa che senza dubbio spiccava di più erano gli occhi, dello stesso intenso color ambra (anche se riflettendoci, poteva pure essere una cosa voluta, visto che Artemis era in origine una Metamorfomaga come sua madre). Ma non era solo l’aspetto fisico: avevano anche lo stesso modo di muoversi e atteggiarsi. Bevevano perfino la cioccolata allo stesso modo!

In quel momento Drew si rese conto di aver osservato la ragazza per due minuti buoni, come incantato; per fortuna Artemis non sembrava essersene accorta e il ragazzo si affrettò a distogliere lo sguardo, per concentrarsi sulla riunione in atto.

"Allora?" esordì Hermione, accarezzando distrattamente Grattastinchi. "Siete riusciti ad avere i piani dell’Arma?".

Fred annuì. "Sono arrivati a destinazioni sani e salvi. Grazie a te, cognatina".

"Purtroppo" proseguì George, "sono scritti in un codice molto complesso. Stiamo facendo del nostro meglio per decifrarlo…".

"Avete ottenuto qualcosa?".

"Beh" ammise Fred, "non è semplice, ma si comincia a capire qualcosa…".

"…e non cono cose buone" concluse George.

"Che intendete?" chiese Luna. "Cosa avete scoperto?".

"Chiariamoci: non abbiamo ancora idea di cosa sia quest’Arma…".

"…cosa faccia…".

"…o dove sia nascosta".

"Ma scusate, ragazzi" li interrupe Remus. "Allora cosa sapete?".

I gemelli si scambiarono un’occhiata cupa. "Da quello che abbiamo capito, il Ministero intende usare questa cosa non tanto per eliminare noi…".

"…quanto piuttosto per conquistare l’Europa!".

"Che cosa!?" esclamò Sirius.

"Sono completamente impazziti!" dichiarò Ted. Gli altri annuirono in segno di assenso.

"A quanto sembra" confermò Fred. "Ma è la verità: l’Arma, qualunque cosa sia, è un mezzo di distruzione talmente potente, che permetterà a Voldemort…".

"…e soci di assoggettare al suo dominio tutta l’Europa in un arco di quattro-cinque anni al massimo" concluse George.

"Partendo dalla Francia" riprese Fred. "Per poi allargarsi in Spagna e Germania e via dicendo…".

"…fino alla Russia" concluse George.

Per diversi minuti, nessuno osò parlare nella cucina: il fosco ritratto che veniva evocato dalle parole dei gemelli era stato più che sufficiente a far perdere la parola a tutti. Se il progetto di Voldemort si fosse concretizzato, sarebbe stata la fine di ogni possibile resistenza: contro una nazione potevano anche farcela, ma un intero continente!

"Ma, scusate" intervenne Ted. "Voldemort crede sul serio che il resto del mondo resterà fermo a guardare mentre lui assoggetta stati a destra e manca? Potrà anche conquistare la Francia, ma dopo si attirerà contro gli eserciti di tutti gli altri, maghi o Babbani che siano…".

Fred si strinse nelle spalle. "Questo è il quadro emerso da quanto abbiamo scoperto fin’ora".

"Probabilmente contano sull’effetto sorpresa" osservò Remus. "L’ultima cosa che l’Europa si aspetta è un attacco, dopo l’accordo diplomatico che sono riusciti a stipulare otto anni fa per evitare l’isolamento politico…".

"E da quanto abbiamo capito" aggiunse George, "l’Arma ha una forza distruttiva tale da mettere facilmente in ginocchio una nazione…".

Calò di nuovo un cupo silenzio. Tutti pensavano a quali sarebbero state le conseguenza se questo folle disegno si fosse realizzato: se il regime di Voldemort fosse stato esteso al resto del mondo, avrebbe significato la fine di ogni democrazia, di ogni libertà! Il pensiero era raccapricciante!

"D’accordo" intervenne Artemis. "È chiaro che questo piano folle deve essere fermato a qualunque costo. Non possiamo permettere che si realizzi una cosa del genere…".

"Siamo tutti d’accordo" convenne Sirius. "Ma non possiamo decidere o fare nulla finché non sappiamo con precisione cosa sia l’Arma e soprattutto dove si trovi. Solo allora potremo decidere un piano d’azione…".

Tutti annuirono. "Fred e George" disse Remus. "A questo punto è di vitale importanza decifrare il resto dei codici il prima possibile…".

"Faremo del nostro meglio" assicurano i gemelli.

*****

Neppure l’atmosfera cupa generata delle comunicazioni di Fred e George e le relative conclusione poterono impedire quella sera al Quartier Generale dell’Ordine della Fenice si tenesse una piccola festa. Tutte le pessime notizie in linea teorica avrebbero dovuto sopprimere sul nascere qualunque idea festaiola, ma non si era fatto i conti con i gemelli, che nonostante tutti gli anni di guerra non avevano perso la loro vena scherzosa. Senza contare che dopo tutte le perdite subite, il ritorno non solo di Hermione, ma anche di Artemis appariva come un vero miracolo ai membri dell’Ordine.

C’era tuttavia qualcuno a cui non andava proprio giù l’idea di festeggiare: pur con tutta la buona volontà del mondo, Drew non riusciva ad entrare nell’ottica della festa, tanto che dopo un’oretta a far finta di divertirsi si era silenziosamente defilato nella sua stanza.

Quanti avrebbero ancora voglia di far baldoria se rivelassi la verità su Sylar?, si chiedeva foscamente, appollaiato sul davanzale della sua finestra con una bottiglia di Burrobirra in mano.

Nessuno, sarebbero tutti distrutti e tu lo sai, gli rispose una vocina nella sua testa. Era appunto per questo che non poteva dire niente…ma allo stesso tempo, come avrebbe fatto ad ascoltare Sirius e gli altri parlare di suo padre senza gridare che Harry Potter era in realtà uno schifoso traditore che non avrebbe esitato un istante a ucciderli tutti e che anzi si era già macchiato del sangue di molti loro alleati?

"Ehi straniero, che fai?". La voce lo fece sobbalzare e rovesciare metà della Burrobirra per terra.

Si voltò: Artemis lo stava fissando sulla soglia con un sorriso sghembo stampato in volto.

"Accidenti, mi hai quasi fatto venire un infarto!" esclamò Drew, facendo ridacchiare la ragazza.

"Non c’è niente da ridere" proseguì lui, piccato. "Non potresti camminare come tutte le persone normali? Sei più silenziosa di un’ombra!".

"Guarda che è intenzionale" ribatté Artemis senza smettere di sorridere. "Se fai il mio lavoro, devi essere un’ombra".

"Capisco. Ma adesso non mi pare che sei in missione per rubare qualche diamante o saltare alla gola di qualche contrabbandiere o roba simile. Sei a casa".

"È un riflesso incondizionato. L’abitudine…" spiegò la ragazza. "Ad ogni modo non hai risposto alla domanda: che fai qui tutto solo? La festa di sotto è anche per te…".

"E anche per te" aggiunse Drew. "Non mi sentivo tanto in vena di festeggiare".

"Pensi ancora a Sylar, non è vero?" chiese Artemis.

"Come fai ad esserne così convinta?".

"Si capisce dalla faccia".

"Comunque sì, pensavo a lui" rispose Drew. "Pensavo a come farò ad andare avanti a sentire le persone di sotto raccontare che gran persona era mio padre, quando so cosa è realmente…".

C’era più acidità di quanto in realtà non volesse in quelle parole e Artemis parve accorgersene.

"Non devi parlare così. Resta pur sempre tuo padre…Non conosci tutti i possibili retroscena…".

"Che intendi dire?" domandò Drew, perplesso. "Quel ricordo era chiaro come il sole…".

"Può darsi" confermò la ragazza. "Ma può anche darsi che ci sia dietro qualcos’altro: Voldemort è un abilissimo Legilimens. Potrebbe benissimo aver manipolato la mente di tuo padre…".

"E l’avrebbe tenuto sotto il suo controllo per diciassette anni?" ribatté Drew, scettico. "Le menti forti a questo tipo di magia dopo un po’ si ribellano, no? E so che mio padre sapeva combattere la maledizione Imperius…".

Artemis sbuffò. "Ma non capisci che ci deve essere qualcosa sotto?" chiese, in tono seccato. "O preferisci pensare che stia agendo di sua volontà?".

"Era un uomo distrutto dal dolore" osservò Drew. "L’ho sentito. Qualcuno che prova un dolore così forte può essere capace di tutto per dimenticarlo…". Ma non si sentiva nemmeno lui convinto di quelle parole.

"Non lo saprai mai finché non ci parli".

Drew rise senza allegria. "Che bella conversazione ne verrebbe fuori! Ma secondo te posso andare da lui e dirgli "Papà, hai cercato di uccidermi, ma posso passarci sopra se mi dici cosa diavolo ti passava per la testa il giorno che hai deciso di unirti ai Mangiamorte!"?".

Entrambi sorrisero per l’assurdità della situazione. "Dico solo" proseguì Artemis dopo qualche minuto, "di non condannarlo a priori. Ci sono molte cose che non sai…".

Drew si limitò ad annuire, non sapendo cos’altro controbattere. Da un lato gli sembrava stupido continuare a parlarne, visto che tanto non aveva altri elementi da analizzare, eppure anche solo discuterne lo faceva sentire meglio.

"Hai bisogno di distrarti" dichiarò alla fine Artemis. "Non puoi continuare a lambiccarti il cervello sull’oscuro passato di tuo padre: diventerai matto!".

"Cosa proponi di fare, allora. Non puoi cancellare quello che ho visto…".

"Vero" assentì la ragazza. "Ma posso trascinarti di sotto e costringerti a divertirti. Chissà, magari dopo un po’ potrebbe anche cominciare a piacerti sul serio!".

"Immagino che protestare sia inutile, vero?" domandò Drew, pur conoscendo già la risposta.

"Oh, sì!" confermò Artemis con un sorrisetto vagamente maligno. "Ma ti posso assicurare che dopo un po’ che vedi Sirius e i gemelli fare i cretini, riesci a dimenticarti anche le più oscure e terribili disgrazie della vita!".

Senza attendere ulteriori potreste, la ragazza afferrò Drew per un braccio e lo strascinò volente o nolente di sotto, dove la festicciola era ancora in pieno svolgimento.

"Ehi eccovi" li accolse Sirius, ridendo. "Dove eravate finiti?".

"A espletare la nostra amorosa e focosa unione sul tuo letto, zio Sirius" rispose Artemis con tranquillità, strappando un gemito metà tra lo scandalizzata e l’imbarazzato a Drew. "Ma che vai dicendo?!" esclamò il ragazzo, arrossendo.

"Cosa avreste espletato voi due?" intervenne Remus alle loro spalle.

"Tutto il nostro amore" ripeté Artemis. "E se tutto va bene, tra nove mesi potresti diventare nonno. Contento?".

"Artemis!" quasi gridò Drew.

"Vergognoso!" lo prese in giro Artemis. "Guarda che lo sanno che non dico sul serio…".

"Altrimenti a quest’ora saresti già morto" gli assicurò Sirius, con il tono di chi parla del tempo. "Nessuno tocca la nostra bambina…".

"E così parlò colui che riuscì nell’impresa di portarsi a letto tutte le ragazze di Hogwarts dal quinto anno in su entro il suo diciottesimo compleanno!" lo schernì Remus, ridendo.

"Ehi, la gioventù esiste per questo" si difese Sirius. "Mica sono tutti come te, che sono arrivati puri e candidi come neve fresca al loro dic-"

"Ok, la discussione sta degenerando" lo interruppe Artemis. "Grazie, zio Sirius, ma preferisco non conoscere le avventure sessuali di mio padre…".

"E io pure" intervenne Drew, desideroso più che mai di porre fine alla conversazione.

"E detto in tutta franchezza, anch’io preferisco che rimangano nella beata ignoranza, Padfoot!".

"D’accordo, d’accordo, mi piego alla democrazia" disse Sirius e si allontanò, non prima di aver borbottato a mezza voce qualcosa che suonava vagamente come "diciotto anni".

"Sirius, vieni qui che ti voglio bastonare sugli stinchi!" disse allora Remus, rincorrendolo e lasciando i due ragazzi a ridacchiare.

"Ma come ti è saltato in mente di dire quella cosa?" soffiò Drew, adirato.

"Tanto lo sapevo che Sirius non mi avrebbe preso sul serio" rispose Artemis con un’alzata di spalle. "O preferivi che dicessi cosa stavamo sul serio facendo di sopra?".

"A dirla così" osservò Drew, "sembra che abbiamo fatto davvero qualcosa di male, invece di parlare e basta. Comunque no, questa cosa deve restare tra noi".

"Non ti preoccupare, non andrò certo a dirlo a qualcuno. Ma stiamo tornando all’argomento proibito e io ti ho promesso di farti divertire. E ti assicuro che non c’è niente di più divertente di mio padre che cerca di bastonare Sirius…".

Non aveva neanche finito di dirlo che si levò un grido dietro di loro. "Sirius, ma che cavolo fai?".

I due si voltarono e non poterono trattenere una risata. Sirius, per sfuggire a Remus, che brandiva il bastone con fare minaccioso, si era riparato dietro Luna, aggrappandosi alle sue gambe.

"Affronta la tua punizione da uomo, cagnaccio rognoso!" gridò Remus.

"Neanche morto!" ribatté Sirius, stringendosi più forte alla gonna di Luna.

Tutti si erano immobilizzati e osservavano il terzetto, incerti se ridere o mettere fine alla discussione.

"Sirius, stupido, mi fai cadere!" strillò Luna, il cui equilibrio era messo a dura prova dalla salda presa dell’Animagus sulle sue gambe.

"Perché ho l’impressione che la cosa stia per degenerare in una battaglia campale?" sussurrò Drew ad Artemis, vagamente preoccupato.

"Perché finisce sempre così" rispose Artemis con convinzione. Non aveva nemmeno finito la frase che si sentì un tonfo: Luna era caduta fragorosamente in terra e stava cominciando a lanciare maledizione contro Sirius, che si affrettò a strisciare via, inseguito immediatamente da Remus.

*****

Alcune ore più tardi, un Sirius decisamente ammaccato sedeva sul divano nel salotto, massaggiandosi la gamba destra, dove Remus era riuscito a beccarlo, neanche a farlo apposta nello stesso punto dove Luna pochi secondi prima gli aveva assestato una poderosa pedata.

Dopo i bagordi, nella casa regnava un silenzio quasi assoluto, rotto giusto dal ticchettare del vecchio pendolo, che segnava le undici e quarantacinque.

Sirius sbadigliò. Sarà meglio andare a letto, và! Stava appunto per alzarsi, quando Remus entrò nella stanza.

"Ancora sveglio?" chiese stupito il licantropo.

"Potrei farti la stessa domanda, Moony".

"La gamba mi sta tormentando…Mi sa che inseguirti su e giù per scale non è stata una buona idea…".

"Mi dispiace, vecchio mio" disse Sirius, facendogli cenno si sedersi di fianco a lui. "Se può consolarti, è servito a qualcosa: tra te e Luna, mi avete pestato per bene!".

Remus ridacchiò. "Parlando di Luna, era proprio necessario coinvolgerla come tuo solito?".

"Cosa intendi dire, Remus?" domandò Sirius, guardando dritto davanti a sé ed evitando gli occhi dell’altro.

"Non fare il finto tonto, Padfoot" lo rimproverò Remus. "Lo sappiamo entrambi di cosa sto parlando".

"Allora non capisco perché tu mi faccia domande, Moony. Non c’è niente da dire".

"C’è tutto da dire, invece" lo corresse il licantropo. "Non credi sia ora di superare la fase James/Lily del vostro rapporto e parlare seriamente a Luna dei vostri sentimenti?".

"Remus, per piacere: lo sai anche te che non è possibile!".

"Perché?".

"Perché?" ripeté Sirius irritato. "Primo, perché io potrei, senza usare eufemismi, essere suo padre. Secondo perché lei non ne vuole sapere. E l’ultima volta che ho controllato, per poter costruire una relazione sono necessarie due persone…".

Remus non poté trattenere un sorrisetto. "Da quando sei così timido con le donne, Sirius? Ci tieni davvero tanto a Luna se ti comporti così…".

"Cosa te lo farebbe dire, dottor Freud?" lo prese in giro Sirius, gli occhi sempre fissi sul caminetto di fronte a lui.

"Ti ricordo che per convincere James a chiedere a Lily di uscire senza fare il cretino ci volle del bello e del buono. Chi si somiglia…".

"D’accordo" lo interruppe l’Animagus. "Ti odio: ma come fai ad avere sempre ragione?".

"È un dono" sorrise Remus. "Allora che conti di fare?".

"Lasciare le cose esattamente come sono. No, non mi interrompere, Remus: ammetto di tenere a Luna più che a qualunque altra donna abbia mai avuto nella mia vita, forse la amo, ma ciò non toglie che lei non è interessata a una relazione dai tempi di Rolf, quindi non vedo perché rovinare il nostro rapporto e con tutta probabilità rendere invivibile questo posto. E ora, cambiamo argomento per favore!".

Remus tacque sconfitto. "Due muli al vostro confronto…" borbottò tra sé; Sirius non diede segno di averlo sentito.

"Allora, Moony" riprese dopo alcuni minuti di silenzio, "come ci si sente ad fare il padre di una diciannovenne?".

Stavolta Remus non poté trattenere un sorriso felice. "Meravigliosamente. Mi sembra ancora impossibile riaverla qui con noi. Dopo tutto questo tempo, cominciavo a disperare di rivederla più…".

"A volte il destino fa strani scherzi" osservò Sirius. "Sono davvero felice per te…Anche se, a essere sinceri, a volte non sembra nemmeno la nostra Ally".

"L’hai notato anche tu, eh?" chiese Remus.

"Solo un cieco muto e paralitico non l’avrebbe notato, senza offesa. Solo per il fatto che non vola più giù dalle scale o non capitombola per terra ogni tre passi… Era perfino peggio della madre a volte!".

"Il che è tutto dire" rise Remus.

"Ed è molto meno solare ed espansiva. Diciamo che ti somiglia di più, Moony: silenziosa, riflessiva, spesso pensierosa. Prima era un vulcano come Dora!".

Remus annuì: le sue piccole streghe multicolore, le chiamava. Sempre con il sorriso sulle labbra, sempre con il piede in fallo, dalla parlantina facile, decise a prendere quello che volevano quando lo volevano.

Che cosa ne era rimasto adesso, delle sue piccole streghe? Una era ridotta alla pazzia, rinchiusa per sempre in un mondo tutto suo e l’altra era appena rientrata nella sua vita, trasformata in una ragazza che non aveva quasi nulla della figlia che aveva conosciuto.

"Sinceramente non mi importa, Sirius" disse alla fine. "Sono solo felice di riavere mia figlia indietro, il resto verrà da sé!".

Sirius gli sorrise. "Sono d’accordo con te, Moony. Più che d’accordo".

Il pendolo batté in quell’istante la mezzanotte. I due maghi si scambiarono uno sguardo. "Meglio andare a letto" disse Remus. "Siamo troppo vecchi per fare i nottambuli!".

"Parla per te, Moony!" esclamò Sirius, alzandosi.

Arrivati sulle scale, quasi si scontrarono con Luna che veniva dalla direzione opposta in vestaglia.

"Ehi, Luna" la salutò Remus. "Come mai ancora sveglia?".

"Controllavo che non ci fossero Nargilli in giro" rispose la donna, come se fosse una cosa naturale. "Mi era sembrato di sentire un rumore… E voi?".

"Chiacchiere di mezzanotte" rispose Remus. "Niente di importante. Buonanotte" aggiunse, filando via a una velocità sorprendentemente elevata, considerando la gamba offesa.

Moony, ti odio!, pensò Sirius, capendo al volo le intenzioni dell’amico. Lasciarlo solo con lei!

I due rimasero fermi come statue per qualche secondo, indecisi sul da farsi. La situazione era decisamente imbarazzante: entrambi si sentivano vagamente a disagio, eppure non era successo niente.

"Allora…" esordì alla fine Sirius, tentando di spezzare la tensione. "Vuoi una mano a cercare i Nargilli?".

"No, grazie" rispose Luna, scuotendo il capo. "Posso fare anche da sola, non è un problema. Tu va pure a letto".

"Ah, ok. Buonanotte, allora".

Sirius aggirò Luna e riprese a salire le scale a capo chino. Una vocina irritante che gli ricordava molto quella di James gli gridava nelle orecchie che era un coniglio codardo e che avrebbe dovuto farsi sotto, invece di andarsene con la coda tra le gambe.

Quasi senza rendersene conto, a metà della rampa si bloccò e voltò: Luna era quasi arrivata in fondo alle scale e si guardava intorno con attenzione.

"Ehi, Luna!" chiamò, prima di rendersi conto di quello che stava facendo. Che diavolo, la chiami a fare, pezzo di scemo? E ora che le dici?

La donna si voltò, guardando Sirius interrogativa. "Sì?" domandò con gentilezza.

Pensa veloce Sirius! Che cavolo le dico? Decise di sparare la prima cosa che gli veniva in mente. "No, nulla, mi era sembrato di vedere un Nargillo, lì vicino al pendolo, ma era solo un gioco d’ombre. ‘Notte!" e si affrettò a tutta velocità su per le scale fino alla sua camera da letto.

Se avesse potuto si sarebbe volentieri preso a calci da solo. Ma come si fa a essere così idioti? Ricorda, Sirius, vivi e lascia vivere: Luna è zona vietata! Ma non poteva evitare di pensare a quanto la donna fosse bella con quella vestaglia a fiori e a quanto la parte più adolescenziale di lui desiderasse tornare indietro e baciarla.

E se Sirius avesse avuto il dono di leggere nel pensiero, avrebbe scoperto che i pensieri di Luna non erano poi tanto diversi dai suoi e forse, chissà, avrebbe trovato il coraggio di tornare indietro e baciarla per davvero.

Ministero della Magia,

Londra.

Lord Sylar passò in rassegna le foto che aveva di fronte: ogni foto, un volto, una storia, spesso una fine cruenta di cui lui stesso o altri si erano macchiati.

L’Ordine della Fenice, quei piccoli traditori che continuavano imperterriti come mosche a mettere i bastoni tra le ruote al suo signore. Gli sembrava ancora incredibile che dopo diciassette anni e dopo aver perso tanti compagni, riuscissero ancora a tirare avanti e soprattutto a porre una resistenza attiva. Il furto dei piani dell’Arma era stato un colpo tremendo e ancora di più la fuga della Granger. La Gazzetta del Profeta, coadiuvata da Rita Skeeter, non aveva certo evitato di rimarcare l’evento negli ultimi giorni, mettendo in ridicolo l’intero Ministero.

Sylar scacciò subito il pensiero: rischiava di rompere qualcosa altrimenti. Il suo equilibrio psichico era già stato messo sufficientemente alla prova nelle ultime settantadue ore senza soffermarsi anche sul lavoro di un’irritante giornalista dalla penna velenosa. Fortunatamente un’altra notte di sonno e tutto sarebbe tornato alla normalità.

Tornò a guardare le foto: non sapeva nemmeno lui perché avesse ripreso in mano i vecchi fascicoli archiviati, quelli dei ribelli che erano stati catturati e/o uccisi.

Sempre senza un particolare motivo, si soffermò sul primo piano di Minerva Mcgranitt. La didascalia sottostante recitava: "Insegnante a Hogwarts; sospettato membro dell’Ordine della Fenice".

La buona, vecchia Minerva, disse tra sé Sylar. Ricordava ancora il giorno in cui l’aveva uccisa.

Erano stato nove anni dopo che Voldemort aveva preso il potere. In qualche modo l’anziana professoressa era riuscita, nonostante le sue evidenti simpatie antiministeriali, a restare ad Hogwarts a insegnare e contrastare il lavoro dei Mangiamorte per quanto le era possibile. Severus Piton, che fino a quel momento aveva lavorato come Preside della Scuola, si era appena rivelato per il traditore che era ed era stato eliminato. Quasi sicuramente era stato Piton a proteggere la collega fino a quel momento. In ogni caso, Hogwarts aveva bisogno di un nuovo preside, qualcuno che desse una bella tirata di cinghia alla situazione e rimettesse la situazione sui giusti binari. La scelta di Voldemort era ricaduta su Lucius Malfoy, ben felice cedere a Draco il suo posto in prima fila e ritirarsi a una vita relativamente più tranquilla tra le mura del castello. Sylar si era offerto di accompagnarlo e presentarlo ufficialmente a colleghi e alunni, oltre che per verificare personalmente i danni causati da Piton.

Ma Minerva si era rivoltata come un gatto, con una forza e una veemenza per niente immaginabili a una donna della sua età. Aveva detto che sarebbe morta piuttosto che permettere a Malfoy di diventare preside di Hogwarts. Neppure le suppliche dei suoi colleghi poterono salvare la donna. Lucius la consegnò nemmeno tre mesi dopo: Minerva era diventata una presenza troppo scomoda per poter restare in vita. Al contrario della maggior parte delle esecuzioni dei suoi compagni, fu una cosa pubblica: Voldemort desiderava che fornisse un chiaro messaggio a tutti coloro che ancora cercavano di mettersi sulla sua strada. Sylar in persona fu incaricato di eseguire: non avrebbe mai dimenticato lo sguardo deciso, quasi di sfida, con cui la donna lo squadrò subito prima di essere colpita dall’Anatema che Uccide. Non si era piegata da viva e non l’avrebbe fatto nemmeno in punto di morte, questo era il messaggio che voleva trasmettere.

Sylar scosse il capo e spostò la sua intenzione su un’altra foto.

Neville Paciock: la sua morte era stata quasi un incidente. Naturalmente sapevano delle sue attività come ribelle, fin dal suo ultimo anno ad Hogwarts era stato un fiero assertore della Resistenza e una volta diplomato non era certo cambiato. Ma d’altro canto era uno degli amici più vicini a Harry Potter, era anche logico che scegliesse quella strada. Per anni era stato quasi inafferrabile: arrivava, colpiva e spariva un’altra volta. Sylar aveva spesso faticato a credere che quella macchina da guerra fosse lo stesso ragazzino smemorato e impacciato che era stato a scuola. Finché un giorno, si era per caso imbattuto in un gruppo di Mangiamorte che si dava alla caccia al Babbano nei pressi di Oxford: per cercare di difendere i Babbani, era rimasto coinvolto nella rissa ed era rimasto ucciso. Solo dopo avevano scoperto la sua identità. Ironico in un certo senso, assassinato praticamente per caso, quando aveva squadre intere di Mangiamorte che gli davano la caccia!

Subito dopo Neville, Malocchio Moody: probabilmente l’unico che aveva dato più gatte da pelare del giovane Paciock. Prima di essere fermato, il vecchio veterano aveva fatto fuori quattro intere squadre mandate alle sue calcagna, senza contare tutti quelli che aveva eliminato in missioni varie dell’Ordine. Una vera potenza, che sarebbe stata molto utile nelle file di Voldemort, anche se la possibilità non era mai nemmeno stata ventilata: l’ex-Auror si sarebbe unito ai Mangiamorte lo stesso giorno in cui avesse nevicato nel Sahara!

Alla fine, Sylar si era trovato nella situazione di non trovare più volontari disposti a tentare l’impresa. Aveva così preso lui in mano la situazione, si era messo alla guida di nove Mangiamorte accuratamente scelti e aveva preparato un’imboscata. La missione riuscì, ma solo lui e un altro Mangiamorte sopravvissero: Malocchio aveva lottato fino all’ultimo respiro ed era morto nello stesso modo in cui era vissuto, combattendo.

Le riflessioni di Sylar furono interrotte da un leggero e timoroso toc-toc alla porta.

"Sì?".

Era Avery e si guardava intorno come se temesse di essere fulminato da un momento all’altro.

"Ah, Avery, entra, entra" lo accolse Sylar in tono neutro. "Mi auguro tu sia portatore di buone notizie…".

"Assolutamente, mio signore. Stiamo effettuando gli ultimi test sull’Arma…con un po’ di fortuna diventerà presto operativa".

"Quantifica il presto" ribatté Sylar, fissandolo dritto negli occhi.

"Un mese. Due al massimo" rispose il Mangiamorte, abbassando lo sguardo, probabilmente temendo un eventuale controllo mentale del suo superiore. Un controllo che Sylar non era comunque intenzionato a fare, la sua mente era ancora troppo provata dalle recenti esperienze, ma gli piaceva mantenere il controllo della situazione: e un po’ di paura era il mezzo migliore per farlo.

"Bene. Molto bene. Forse tutto sommato il furto di quei piani non si rivelerà una tragedia…".

"Non riusciranno a decifrare i codici, mio signore" gli assicurò Avery. "Non in due mesi comunque…".

"Me lo auguro, Avery. Per il tuo bene". Il velato tono di minaccia non sfuggì al Mangiamorte, che deglutì con fare nervoso.

"Se è tutto, puoi andare" lo congedò Sylar. L’altro non se lo fece ripetere. Malgrado gli anni di differenza che separavano Sylar dalla maggior parte dei Mangiamorte più influenti, erano ben pochi quelli che osavano fronteggiarlo: tutti lo consideravano più o meno alla stregua di un erede naturale del Signore Oscuro e nessuno si azzardava a mettere in discussione questa posizione.

Sylar gettò una nuova occhiata alle foto sparse sulla sua scrivania. Alla fine rivolse la sua attenzione fu attirata da quella di un ragazzo dai brillanti occhi verdi e disordinati capelli rossi marchia Weasley: Andrew Potter. Quel ragazzo era un mistero: come aveva fatto a respingerlo? Non riusciva davvero a spiegarselo. Come il fatto che padroneggiasse così bene la magia dopo poco più di un mese che la studiava. Aveva ascoltato attentamente le testimonianze degli impiegati al Secondo Livello: il ragazzo si muoveva con una naturalezza e un’abilità molto al di sopra del livello che avrebbe dovuto avere. Anche con allenamenti intensivi, come aveva fatto a raggiungere una bravura tale in così poco tempo? Sì, il suo signore aveva ragione: il giovane Potter nascondeva un potenziale prezioso, un potenziale che dovevano trovare il modo di girare a loro vantaggio, se non volevano rischiare di essere schiacciati…

LYRAPOTTER’S CORNER

Salve a tutti, o prodi lettori che avete ancora la pazienza di seguire questa fanfiction! Sono felice di annunciarvi che la mia crisi mistica sta volgendo al termine e che perciò dovrei riuscire a riprendere un ritmo più o meno regolare. Leggete bene il condizionale, non si sa mai… In realtà, questo capitolo avrei potuto postarlo già qualche giorno fa, ma la scuola infame non mi ha lasciato respiro tutta le settimana e dovevo finire di scrivere l’ultimo pezzo e ricontrollare tutto. Abbiate pazienza, sto affrontando l’ultimo anno di liceo, è già tanto che aggiorni quando riesco ad aggiornare…

Un’altra cosa, siamo entrati ufficialmente nella seconda parte della fiction, che andrà avanti per un po’ e metterà Sylar e soci un po’ in secondo piano. Dal prossimo capitolo, capirete meglio, giuro, se volete qualche indizio, andate a rivedervi il capitolo 9, dove si parla di un certo Nandes…

Ora, un’informazione di servizio: siccome non ho niente di meglio da fare e non ho già abbastanza cose a cui star dietro, la mia mente contorta (complice le lezioni mortalmente noiose di filosofia) sta cominciando a lavorare a un prequel per questa fanfiction: per la precisione la mia idea sarebbe di risalire agli albori, con Harry e Ginny molto innamorati e il piccolo Drew in cantiere e da lì vedere che ne salta fuori. La trama si sta delineando abbastanza chiara, dite voi se la cosa può interessarvi. In ogni caso, non conto di postarla prima di aver finito questa e l’altra che ho in corso, vedremo: a voi l’ardua sentenza!

E dopo avervi tediato con i miei sproloqui, passo a ringraziare i miei cari commentatori, ossia:

Ino chan, vabbè, su Ron le nostre opinioni divergono totalmente, però sono felice di sapere che adori la mia creatura… a essere sincera anche a me Artemis piace molto!!!!!!

Lily_Snape, ecco fatto, più contenta di così non puoi essere, ho messo tutto quello che mi hai chiesto: Sirius e Luna, la triste dipartita di Minerva e ho anche raccontato che fine ha fatto Neville, are you happy?

SakiJune, scommetto che adesso mi odi, dopo aver descritto la morte di Alastor e Neville in rapida successione, vero? Lo so, la povera Dora l’ho proprio conciata male (abbi fede, la cosa alla fine troverà una soluzione). Mi dispiace, Ron è stato sul serio ucciso da Harry, ho già in mente più avanti di infilare un flash-back per far vedere come sono andate le cose, sorry!

Chichetta99, eccoti accontentata, grazie mille!!!!!!

Caillean, devo essere sincera, quella scena piace molto anche a me!!!!! Sono felice di sapere che rendo bene l’introspezione del vari personaggi, è un punto su cui mi sento un po’

Deidara, mio fedelissimo, è sempre un piacere leggere i tuoi commenti. Ti ho regalato un’altra conversazione tra Artemis e Drew, anche se alla fine siamo sempre lì. Mmmm, mi sa che le tue speranze su una rivelazione di Drew dovranno aspettare parecchio…

CharmedAlis, lo so, con Ron sono stata davvero cattiva, ma lo sai: quello è stato uno dei capi saldi fin dall’inizio, avevo bisogno che Hermione odiasse a morte Sylar e non sono riuscita a inventarmi nulla di meglio. Per quanto riguarda Luna e Sirius, la strada è lunga e tutta in salita, ma qualche spiraglio c’è sempre…

Con questo concludo, mi raccomando la vostro giudizio!!!!!!!

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Capitolo 17
*** Un debito da saldare ***


MAGIC WARS

CAPITOLO XVI: UN DEBITO DA SALDARE

Quartier Generale

dell’Ordine della Fenice,

Londra.

Un calderone pieno di pozione azzurrognola gorgogliava allegramente sul fuoco, riempiendo la cucina di un fumo leggero, sotto il vigile sguardo di Artemis. La ragazza ricontrollò per scrupolo la ricetta sul libro che aveva di fronte, anche se la sapeva praticamente a memoria: la Pozione Antilupo era stata forse la prima pozione che aveva imparato a eseguire alla perfezione. Anzi, a dirla tutta non stava nemmeno seguendo la ricetta canonica. Uno studio attento l’aveva portata a modificare leggermente la vecchia pozione, per ovviare a quello che a suo parere era un grave difetto, specie per chi come suo padre non aveva la possibilità o l’abilità per rifornirsi tutti i mesi: la perdita in breve tempo di tutte le sue qualità benefiche. Un paiolo di Pozione Antilupo secondo la ricetta classica andava bene per un ciclo lunare, dopodiché era da buttare: diventava completamente inutile, se non addirittura dannosa, se lasciata troppo a lungo a contatto con l’aria. Siccome era un problema che sentiva molto vicino, Artemis si era impegnata a fondo per risolvere questo inconveniente e alla fine aveva ottenuto risultati proficui: con le sue modifiche, era possibile imbottigliare la pozione e conservarla anche per mesi senza che subisse mutamenti, se conservata correttamente.

Per questo non aveva particolari difficoltà a ricordare a memoria la ricetta; la prudenza comunque non era mai troppa: un solo piccolo errore, una dose sbagliata e avrebbe rischiato di trasformare la miscela in un veleno micidiale.

Aggiunse tre mosche crisopa e abbassò la temperatura della fiamma: la pozione gorgogliò più forte e divenne di un brillante verde acido. Artemis sorrise soddisfatta: tutto in ordine.

Diede una veloce mescolata e fece partire il cronometro per essere sicura di seguire i tempi giusti: la pozione doveva bollire a fuoco lento per dodici minuti, dopodiché avrebbe dovuto aggiungere l’essenza di belladonna, aspettare finché non diventava bianco latte e distillarla. Ne aveva preparato a sufficienza per almeno cinque cicli lunari: questo avrebbe reso a suo padre la vita decisamente più facile. Tra i membri dell’Ordine, nessuno si distingueva per le sue capacità di pozionista: sapeva che quando potevano, Keith e Christie compravano la pozione già preparata, ma era molto costosa e molto difficile da trovare. Probabilmente, di tanto in tanto succedeva che non la trovassero e Remus subiva trasformazioni complete, cosa che considerate le sue condizioni di salute poteva essere molto rischiosa, se non fatale. Già con la pozione antilupo era più che difficile. Anche durante il suo periodo di esilio volontario aspettava il plenilunio con l’ansia nel cuore: ogni mese temeva sempre che potesse essere l’ultimo.

Sapeva anche di essere fortunata: erano ben pochi i figli di Licantropi che non avessero ereditato la maledizione della luna. Almeno da quel punto di vista, aveva avuto una vita pressoché normale: la luna piena tendeva solo a renderla iperattiva e a farle vedere le cose da una prospettiva più "animale", se così si poteva definire… Non avrebbe mai dimenticato quella volta che a dieci anni si era divorata tre intere bistecche senza nemmeno cuocerle: aveva fatto quasi venire un accidente a sua nonna!

Negli ultimi tre anni, grazie a un solido studio del proprio autocontrollo e a molto esercizio, aveva imparato a incanalare e controllare gli istinti e la forza del lupo dentro di lei: era uno dei motivi che la rendevano un avversario tanto temibile. Non poteva certo aspirare a competere con un Licantropo completo, ma i suoi riflessi e la sua velocità erano senza dubbio superiori a quelli di molti umani.

Sospirando, si sedette, controllando il tempo: sette minuti. La sua attenzione fu poi calamitata da Tonks, seduta per terra a gambe incrociate e apparentemente intenta a contare le piastrelle del pavimento. Un leggero sorriso increspava il suo volto tirato e pallido, eppure sereno, i capelli rosa cicca rallegravano l’ambiente. Era da quasi due settimane, da quando Artemis era arrivata al Quartier Generale, che l’umore di Dora sembrava incredibilmente migliorato: seppur ancora chiusa negli incubi della sua mente, appariva quasi in pace. Quel sorriso incerto le aleggiava quasi costantemente sul volto, con particolare intensità quando si trovava a contatto con la figlia. Parlava di più, anche se per lo più restavano parole sconnesse e senza senso, ma era comunque un netto miglioramento rispetto al quasi totale mutismo precedente.

Tutti in casa erano concordi nel dire che questi positivi cambiamenti fossero dovuti in gran parte, se non totalmente, al ritorno di Artemis. Probabilmente hanno ragione, rifletté tra sé la ragazza, osservando la madre. Era così serena, tranquilla, non cosciente di quello che le accadeva intorno, eppure in qualche modo consapevole. La mente umana è proprio affascinante: sarei curiosa di sapere che cosa c’è dentro la sua testa

Immersa nei suoi pensieri, quasi non si accorse che i dodici minuti erano scaduti: aggiunse rapida la belladonna e riprese ad aspettare.

Stava giusto cominciando a distillarla nelle boccette, quando entrò Ares nella stanza.

"Ehi, vecchio mio" lo salutò la ragazza. "Che combini?".

Ares non rispose subito; perplessa Artemis si voltò verso il socio. Gli bastò guardarlo in faccia per capire che era successo qualcosa, qualcosa di grave: un’ombra scura gli attraversava gli occhi, il viso tirato e rigido, i pugni serrati. Lo stomaco le si strinse in una morsa. "Cosa è successo?".

"Ha chiamato JR" fu la cupa risposta.

Artemis sentì il cuore scenderle da qualche parte sotto le ginocchia. "Che voleva?" chiese, pur sapendo già la risposta.

"Ricordarmi che domani scade il tempo a nostra disposizione. Nandes era preoccupato perché non ha più avuto nostre notizie".

"Ovviamente" sibilò Artemis tra i denti. "O piuttosto era preoccupato per i suoi soldi…".

Si diede mentalmente della stupida: impegnata com’era a cercare di riallacciare i vecchi ponti, aveva relegato Nandes in un angolo della sua mente, dimenticandosi del debito che dovevano saldare. E ora il tempo era scaduto! Il che significava una cosa sola: era già praticamente morta e Ares con lei!

"Che facciamo, Artemis?" chiese Ares.

La ragazza sospirò, massaggiandosi le tempie: era finita e lo sapeva. Non avrebbe mai trovato tutti quei soldi in meno di ventiquattro ore. Erano rovinati. Ma se dovevano andare a picco, non avrebbe certo trascinato giù anche suo padre, Drew e tutti gli altri.

"Prepara le tue cose" disse, con una voce che quasi non riconobbe come sua. "Ce ne andiamo appena cala la notte".

*****

Artemis gettò un’ultima occhiata alla camera da letto che aveva diviso con Luna e Hermione: entrambe le donne erano profondamente addormentate. Facendosi forza, scivolò silenziosamente attraverso la stanza e uscì. La maniglia scricchiolò appena quando l’abbassò, ma l’unica reazione fu un mugugno di Luna che si voltò dall’altra parte e continuò a dormire. Artemis si richiuse la porta alle spalle, lottando contro l’impellente desiderio di tornare dentro e far finta che non fosse accaduto nulla. Ma non poteva, lo sapeva bene: Nandes non ci avrebbe messo molto a mandare i suoi galoppini sulle sue tracce e lei doveva essere il più lontano possibile dal Quartier Generale quando fosse successo. Indossava di nuovo la sua divisa da lavoro: maglietta nera aderente e giubbotto, pantaloni in pelle neri e stivali. Aveva raccolto i capelli in una frettolosa coda di cavallo e alla cintura pendeva chiaramente visibile la pistola.

Sospirò pesantemente, dirigendosi verso la fine del corridoio, dove Ares l’aspettava in silenzio.

"Andiamo" fu l’unica cosa che Artemis disse, avviandosi al piano di sotto.

L’uomo la scrutò attentamente, ma non fece commenti: anche senza parlare, sapeva bene cosa frullava nella testa della sua protetta. Quella era probabilmente l’ultima volta che vedevano quel posto.

Avevano deciso di sgusciare fuori dalla porta sul retro per non attirare l’attenzione di eventuali vicini guardoni, benché fosse l’una di notte passata. Tuttavia, mentre attraversavano la cucina silenziosa e immersa nel buio, si levò una voce.

"Ve ne andate senza nemmeno salutare?".

Artemis sobbalzò, maledicendo Merlino, Morgana e tutti gli stregoni del passato: perché proprio lui?

La luce si accese all’improvviso, lasciandola per un attimo accecata. Quando ebbe di nuovo messo a fuoco la stanza, vide suo padre seduto a capo tavola, le braccia incrociate, un’espressione a metà tra il deluso e il rassegnato.

"Vai avanti" disse la ragazza ad Ares. "Ti raggiungo subito. Sul serio" aggiunse all’occhiata poco convinta dell’altro. Ares uscì senza fare ulteriori commenti.

A quel punto, Artemis rivolse la sua attenzione all’uomo di fronte a sé. "Come hai fatto? Leggi nel pensiero come il buon vecchio Severus?".

Il volto di Remus si distese per un attimo in un sorriso. "Il buon vecchio Severus, pace all’anima sua, ti prenderebbe a sberle se ti sentisse parlare di "leggere il pensiero"!".

"Probabilmente. Allora riformulo: sei diventato un Legilimens? Oppure sono così trasparente?".

Remus scosse il capo, tornando serio. "No, non sei affatto trasparente: direi piuttosto criptica. E le mie conoscenze di Legilimanzia lasciano piuttosto a desiderare".

"E allora come hai fatto?".

"Tua madre capisce più di quanto non lasci a intendere". Allo sguardo confuso della figlia, Remus continuò: " È da quando si è addormentata che non fa che ripetere nel sonno una frase: "Non farla andare via". Non mi ci è voluto molto per fare due più due, anche se speravo ardentemente di aver frainteso!".

Artemis fece un sorrisetto. "Tradita dalla mamma. Come ai vecchi tempi…".

"Perché?" chiese Remus, ignorando il commento. "Non che non me l’aspettassi, ma speravo che saresti rimasta ancora un po’".

La ragazza distolse lo sguardo: quel colloquio rendeva tutto più difficile. "Non dipende da me, papà. Sono sorte delle complicazioni…".

"Che complicazioni? Forse posso…".

"No, non mi puoi aiutare, papà. È una faccenda solo mia, in cui non voglio coinvolgere né te né gli altri. Quindi, per favore, non insistere: tornerò appena mi sarà possibile".

Remus la scrutò a fondo, fino a incontrare i suoi occhi: la ragazza distolse lo sguardo. "Non ti credo, Ally" disse infine. "Questa volta non tornerai, lo so".

Artemis imprecò fra sé: tre anni che non si vedevano e quel uomo riusciva ancora a leggerle dentro come se avesse una radiografia dei suoi pensieri.

"Non c’è alternativa" disse dopo alcuni secondi di silenzio, con voce rotta. "Se non me ne vado, vi metterò tutti in pericolo!".

"Non ti voglio perdere un’altra volta" protestò Remus. "Possiamo proteggerti…".

"No, non potete. E non permetterò che rischiate di nuovo la vita a causa mia!".

Remus spostò lo sguardo al pavimento. "Non c’è proprio niente che posso fare per farti cambiare idea, vero?".

La ragazza si limitò a scuotere il capo, la gola stretta in una morsa. Si avvicinò e abbracciò il genitore, che ricambiò la stretta come se non volesse più lasciarla andare.

"Torno presto, papà. Fidati di me" promise la ragazza, quando sciolsero l’abbraccio: piangevano entrambi.

Remus sorrise, asciugando le lacrime della figlia. "Non fare promesse che sai di non poter mantenere".

La baciò sulla fronte, Artemis gli rivolse un ultimo sorriso e poi raggiunse Ares: i due sparirono presto nella notte.

Remus rimase alla finestra a fissare il buio, incerto. Infine, prese la bacchetta e pronunciò un incantesimo: un piccolo gufo luminescente comparve nella stanza. I Gufi Messaggeri erano stati un’utile invenzione di Harry ai tempi della guerra: il ragazzo di solito li usava per comunicare con Ginny, poi erano stati adottati anche dal resto dell’Ordine. L’incantesimo era piuttosto complesso, ma una volta imparato si rivelava immensamente utile: erano più sicuri dei gufi in carne e ossa perché non potevano essere intercettati e più pratici dei Patronus perché all’occorrenza portavano anche lettere o messaggi scritti, il che permetteva di tenere le informazioni segrete. Inoltre, quelle creature erano di grado di seguire e spiare la gente e tornare a riferire a chi le aveva evocate. Ed era esattamente a quest’ultimo scopo, che Remus aveva evocato il Gufo Messaggero quella sera.

"Seguila e tienila d’occhio. Torna qui se le succede qualcosa. Qualsiasi cosa".

L’uomo rimase poi a osservare l’animale argenteo sparire a sua volta nell’oscurità. Scusa, Ally, stavolta non ti lascerò scappare!

Casa di Artemis e Ares,

Londra.

Artemis non aveva nemmeno fatto in tempo a entrare in casa e piazzarsi davanti al portatile, che il suo cellulare cominciò a suonare. La ragazza non se ne stupì, malgrado l’ora tarda. Il male non dorme mai!

"Sì?" rispose con voce forzatamente tranquilla.

La voce vellutata e falsamente cordiale di Nandes risuonò dall’altro lato dell’apparecchio. "Artemis, mia cara. Cominciavo a pensare ti fossi dimenticata di me…".

"Come potrei, Nandes?" chiese sarcastica la ragazza. "Cosa vuoi?".

"Solo sapere come stai. Non ti sei più fatta sentire né vedere. Abbiamo sentito la tua mancanza".

Artemis sbuffò sprezzante. "Dì piuttosto che eri preoccupato per i tuoi soldi, Nandes".

"Te lo concedo" ammise la voce. "Ma devi capire: la mia pazienza ha un limite. Ti ho dato un mese e quel tempo scade tra quattordici ore circa".

"Pensi che potessi dimenticarlo, Nandes?" ribatté Artemis acida. "Non vedo l’ora di pagarti e liberarmi per sempre di te!".

"Allora hai il denaro?" chiese la voce più tranquilla.

"Dimmi solo dove e quando".

"Due in punto, al solito posto".

"Ci sarò" e chiuse la comunicazione. Si prese il volto tra le mani, cercando di riflettere. Doveva esserci una soluzione, doveva… Era sempre riuscita a scampare alle situazioni più critiche, non poteva farsi mettere spalle al muro proprio in quel momento.

"Artemis?" la chiamò Ares.

La ragazza incontrò lo sguardo del suo socio. "Mi dispiace. Nella mia fretta di aiutare Drew, ho perso di vista il quadro generale…".

"Non te ne faccio una colpa" la interruppe l’altro. "Hai agito come credevi giusto… E io avrei fatto lo stesso".

Artemis annuì, un po’ rincuorata. "Grazie, amico mio. Ora riflettiamo: come possiamo trovare duemila galeoni in dodici ore?".

Accese il computer, digitò velocemente la password e cominciò a scorrere le file e file di cartelle, cercando qualcosa che sapeva bene di non poter trovare: aveva un solo conto bancario reperibile in così poco tempo e non era sufficiente a coprire quella cifra. Non amava tenere troppo contante in giro: in genere i soldi che guadagnava preferiva spenderli il prima possibile: meno tracce lasci, più è difficile farsi rintracciare! Se riesco a spuntarla, creerò un fondo emergenze per situazioni del genere!

"È tutto inutile!" sbottò infine. "Qui non c’è assolutamente nulla che possa farci mettere insieme quella cifra!".

"Artemis" esordì Ares esitante. "Forse ho un’idea. Ma è molto pericoloso…".

"Nulla sarà più pericoloso che presentarci a mani vuote a quell’appuntamento. Spara!".

"Conosco un tipo che bazzica dalle parti del porto… un falsario…".

"Un falsario?" ripeté Artemis, capendo dove l’altro volesse andare a parare e rimanendone un po’ spaventata. "È molto, molto pericoloso. Se Nandes si accorge che stiamo cercando di fregarlo…".

"È solo un diversivo" spiegò Ares. "Per guadagnare altro tempo e trovare i soldi veri".

"Quando capirà l’inganno, e non ci metterà tanto, non ci darà un’altra occasione, Ares. Ci ucciderà e basta" obiettò la ragazza, in preda all’indecisione.

"Hai qualche alternativa?".

Artemis tacque, riflettendo. Se saldavano il debito con soldi falsi, Nandes gli avrebbe uccisi. Ma se si fossero presentati a mani vuote all’appuntamento, sarebbero morti comunque. In ogni caso, le prospettive future erano piuttosto fosche.

"Questo tuo conoscente riuscirebbe a procurarsi duemila galeoni falsi per le due di questo pomeriggio?" chiese piuttosto scettica. Ma aveva sottovalutato il fattore Ares.

"Sì, se glielo chiedo io. Mi deve un favore".

"Ma com’è che tutti ti devono sempre un favore?" chiese Artemis, senza trattenere un sorriso.

Ares alzò le spalle. "È sempre utile avere contatti utili. Allora, che facciamo?".

Artemis esitò: ma tra il morire subito e l’avere almeno una pallida possibilità di salvezza, la seconda era decisamente più allettante. "Chiama questo tipo".

Mentre Ares borbottava al telefono, Artemis si allontanò e andò in camera sua. Senza esitare si diresse al grande armadio al capo opposto della stanza e lo aprì. Gli abiti, tutti in ordine meticoloso, erano nettamente divisi in due gruppi: a destra, si distinguevano capi a tinte vivaci che Artemis prediligeva e usava normalmente, a sinistra, il colore nero dominava in modo quasi opprimente, usati esclusivamente quando Artemis lavorava. Il nero era utile per confondersi nelle ombre e conferiva un aria di sobrietà e serietà nemmeno comparabile a quello delle tinte pastello, almeno nel suo lavoro: c’erano già il sesso e l’età a pesare a suo sfavore nel ambiente in cui si era inserita, aveva bisogno di tutto l’aiuto possibile per farsi rispettare, specie ai primi incontri, quando immancabilmente i suoi clienti, se così potevano definirsi, restavano basiti nel trovarsi di fronte una ragazza di neanche vent’anni.

Tuttavia, quella notte si sentiva molto più vecchia dei suoi diciannove anni: aveva il sinistro presentimento di chi sta per infilarsi nella tana del lupo e sa che non ne uscirà più. Passò in rassegna il suo guardaroba e alla fine prese un paio di jeans neri elasticizzati e una maglia blu scuro a collo alto, a cui abbino un paio di stivali a punta con un paio di centimetri di tacco e una giacca leggera lunga fin quasi alle ginocchia. Non era proprio l’abbigliamento ideale per una giornata di metà agosto, ma preferiva mettersi più comoda possibile. Inoltre il nuovo abbigliamento le permetteva di mascherare meglio le armi supplementari che aveva intenzione di portare con sé: non si sarebbe fatta cogliere impreparata, se fosse stato necessario si sarebbe fatta largo tra gli scagnozzi di Nandes con i denti.

Si guardò allo specchio, riflettendo sui punti strategici dove avrebbe potuto nascondere il suo arsenale difensivo, quando l’occhio le cadde su un pacchetto infilato in un angolo dell’armadio. Appena si chinò su di esso, le fu chiaro cosa contenesse. Si morse un labbro, pensando: i due oggetti giacevano praticamente inutilizzati da quasi tre anni e se i suoi presentimenti erano giusti, probabilmente sarebbero rimasti a vegetare lì in eterno. Senza contare che per certi versi li aveva rubati… uno dei due almeno! Forse sull’altro poteva anche vantare un certo diritto d’eredità, in quanto figlia di un Malandrino, ma il primo non le apparteneva: era stato solo un prestito. Ed era giusto restituirlo al legittimo proprietario. Prima di cambiare idea, afferrò il pacchetto e tornò in salotto.

"Mi porta il denaro alle nove" disse senza preamboli Ares vedendola tornare. "Che cos’hai lì?".

"Ares, quanto ci metti a procurarmi un gufo?".

Quartier Generale

dell’Ordine della Fenice,

Londra.

Drew ci mise parecchi minuti a capire cosa l’avesse svegliato. Aprì un occhio assonnato e lo puntò sulla sveglia: le otto del mattino. Il ragazzo grugnì il suo disappunto e poi qualcosa lo colpì forte in testa, qualcosa di morbido e piumato. Drew si convinse ad aprire anche l’altro occhio, sbadigliando e cercando di identificare quella sottospecie di palla impazzita che sfrecciava sopra la sua testa e che Grattastinchi, acciambellato ai piedi del suo letto, occhieggiava con sguardo famelico. Quando la palla, passò di nuovo nel suo raggio d’azione, Drew l’afferrò fulmineo: era un piccolo gufo, che a occhio e croce doveva essere un allocco non ancora completamente adulto. L’animale lo fissò con sguardo altero e soddisfatto: evidentemente lo scopo di tutto quello spettacolo era di attirare la sua attenzione. Il gufo si liberò della presa di Drew e andò a posarsi sulla scrivania, dove si trovava un piccolo pacco.

Perplesso, il ragazzo scivolò fuori dal letto e prese il pacco in mano: incastrata tra i lacci che lo tenevano chiuso c’era una lettera. Chi poteva scrivergli? Era più di un mese che non riceveva lettere, da quando aveva cominciato la sua vita da reietto… E in ogni caso, tutti i suoi conoscenti che avrebbero potuto usare la posta via gufo abitavano sotto il suo stesso tetto. Incuriosito, sfilò il messaggio e lo aprì: riconobbe subito l’ordinata calligrafia di Artemis. Cominciò a leggere, il cuore attraversato da un sinistro presentimento, mentre il piccolo gufo si appollaiava sulla sua spalla.

Caro D.,

non so come e quando riceverai questa lettera: ho qualche dubbio sull’affidabilità di questo gufo, ma è il migliore che sono riuscita a procurarmi in così poco tempo. Ti starai chiedendo perché ti mando questo messaggio: me ne sono andata. Non per mia scelta, voglio essere chiara: ho commesso un errore, un errore che probabilmente avrà per me e Ares pesanti conseguenze. Ma non voglio entrare nei dettagli, la faccenda non ti riguarda e non ti voglio coinvolgere: ti metterei inutilmente in pericolo e non voglio che a te o qualcuno dell’Ordine succeda qualcosa per causa mia. Ti prego, impedisci a mio padre di fare qualche stupidaggine, so già che non accetterà facilmente la mia fuga.

Passando oltre, non è solo per accomiatarmi da te che ti scrivo: sai bene che non sono tipo da certi sentimentalismi. Avrai certo notato il pacchetto allegato a questa lettera: consideralo un mio regalo per il tuo compleanno, anche se un po’ in ritardo. Sono sicura che lo troverai molto utile.

Non cercarmi: mi farò viva io. Stammi bene,

A.

P.S. Tieni pure il gufo, non so se potrà esserti di qualche utilità, ma non si sa mai

Drew rilesse tre volte la lettera, prima di accettarne appieno il significato: Artemis se ne era andata. Proprio come aveva temuto: in silenzio, protetta dalle tenebre e senza dire nulla a nessuno. E quanto traspariva dalla lettera, era in guai grossi, forse non l’avrebbe più rivista. Appena l’ebbe formulato, scacciò quel pensiero: aveva già visto quando in gamba fosse la giovane Lupin, se ne sarebbe tirata fuori senza difficoltà e poi sarebbe tornata.

Pensò a Remus: la cosa l’avrebbe distrutto.

Allontanò anche quei pensieri e si dedicò al regalo che Artemis gli aveva inviato: doveva essere importante se si era presa tutto quel disturbo. All’interno c’erano tre oggetti: un lungo mantello argenteo, un foglio di pergamena talmente consunto che sembrava tenersi insieme proprio per magia e un altro biglietto.

Questo era il Mantello dell’Invisibilità di tuo padre, sono certa che mio padre e Sirius te ne hanno parlato. Probabilmente non sapevi che l’avevo io: i miei me lo diedero quando cominciai la scuola, pensavano mi sarebbe tornato utile (come in effetti e successo). Quando scappai, lo portai con me. Ora te lo restituisco: appartiene alla famiglia Potter, perciò è giusto che lo abbia tu. Quando alla pergamena, forse sai di cosa si tratta. In ogni caso falla vedere ai Malandrini, gli farai fare un bel tuffo nel passato. Loro ti daranno tutte le spiegazioni di cui hai bisogno.

Drew lasciò cadere il messaggio, afferrando il Mantello. Il Mantello dell’Invisibilità di suo padre, quasi non riusciva a crederci: in effetti si era chiesto dove fosse finito, dopo che Sirius e Remus gliene avevano parlato. Alla fine, aveva concluso che probabilmente Harry l’aveva portato con sé e perciò era in possesso di Sylar. Invece l’aveva Artemis. Quella ladruncola, pensò, divertito. L’ha avuto lei per tutto questo tempo. Lo ammirò a lungo: certo sarebbe tornato utile presto o tardi. Se non a lui, ai membri dell’Ordine.

Spostò la sua attenzione sulla vecchia e consunta pergamena. Falla vedere ai Malandrini, diceva la lettera. Che fosse… la Mappa del Malandrino? In effetti aveva senso che l’avesse Artemis: di certo quando frequentava Hogwarts e capitanava il nuovo ES, le era molto utile per evitare di farsi beccare. Riusciva quasi a figurarsela, una quindicenne Artemis con i capelli rosa confetto stretta sotto il Mantello dell’Invisibilità e con il naso immerso nella Mappa.

Il pensiero lo fece sorridere, ma il sorriso gli morì sulle labbra quando fu colto da un dubbio improvviso: se Artemis gli inviava quegli oggetti, non era perché era convinta che non si sarebbe più rivisti? Che non avrebbe avuto occasione di darglieli personalmente? Possibile che fosse in una situazione tanto disastrosa? Non sarebbe sul serio più tornata?

Dovette respirare a fondo per evitare di cedere a un attacco di panico: perché poi il pensiero lo sconvolgeva tanto? Aveva incontrato Artemis meno di un mese prima, non poteva certo dire di conoscerla bene: c’erano tante ombre nel suo passato che non poteva sperare di dissiparle in così poco tempo. Neppure Remus, che era suo padre, era riuscito a penetrare a fondo nella corazza che la ragazza si era costruita intorno. Eppure… il pensiero che le potesse succedere qualcosa bastava a fargli battere furiosamente il cuore. Che cosa gli era preso?

Prima che potesse trovare una spiegazione razionale alla sua domanda, Ethan si svegliò.

"Ehi, cos’è quello?" chiese il ragazzino, balzando a sedere eccitato. "Un gufo? Ti ha portato una lettera? Che cosa c’era scritto? E quello che cos’è?".

Londra.

Quando Ares e Artemis giunsero al luogo dell’appuntamento, con una decina di minuti d’anticipo, trovarono i cinque uomini ad aspettarli. Artemis non si stupì troppo nello scoprire che Nandes aveva mandato il suo secondo in persona a riscuotere. JR era un uomo alto, ben piazzato, con capelli neri lunghi fin sotto le spalle e penetranti occhi scuri che brillavano perennemente di una luce malevola e astuta. Poteva apparire stupido alle volte: ubbidiva fedelmente agli ordini del suo capo, aveva la tendenza ad agire d’impulso e ad applicare la teoria del "prima spara, poi chiedi", ma Artemis sapeva bene che la sua era solo un’immagine di facciata. In realtà, era più scaltro di una volpe e più crudele di una faina. Non conveniva metterselo contro: anche se eri nelle grazie di Nandes, JR ci metteva poco a seminare abbastanza malevolenze da farti silurare. JR era gli occhi, le orecchie e le mani di Nandes: tutti i compiti più delicati venivano affidati a lui e lui li portava a termine anche a costo della vita.

Quel giorno, indossava la sua divisa preferita: jeans laceri, maglietta a maniche corte e giubbotto in cuoio. Nel complesso, aveva un’aria piuttosto scialba, specie se paragonato all’abbigliamento di Artemis e Ares, decisamente più elegante. Ma non erano certo i vestiti a preoccupare Artemis, quanto piuttosto la pistola che pendeva alla sua cintura: l’aveva visto estrarla e sparare in meno di cinque secondi, se avesse voluto ucciderla, nemmeno i suoi superriflessi l’avrebbero salvata. Intensificò la presa sulla pistola che teneva a portata di mano, pronta; Ares portava una valigetta, che conteneva duemila lucenti e perfetti galeoni falsi.

Quando furono a un metro di distanza, JR disse: "Iniziavo a pensare che non saresti venuta…".

"Mancano ancora più di cinque minuti alle due, JR" ribatté Artemis fredda. "Sei tu ad essere arrivato in anticipo".

"Vero" concesse l’uomo. "Bando ai convenevoli e molla i soldi, Artemis".

"Tutti tuoi" disse la ragazza, facendo un cenno ad Ares che senza parlare porse la valigetta a JR.

Quest’ultimo l’aprì e ne controllò attentamente il contenuto. Artemis trattenne quasi inconsciamente il fiato, anche se sapeva che quelle monete erano praticamente perfette: probabilmente solo un Goblin si sarebbe accorto che erano false. Dopo il minuto più lungo della sua vita, JR richiuse la valigetta e la porse a uno dei suoi silenziosi accompagnatori. La sua espressione era indecifrabile.

"Bene" disse Artemis, con una punta di esitazione. "Direi che abbiamo finito: questo cancella il mio debito. Riferisci a Nandes di dimenticarsi il mio nome!".

"Come desideri, dolcezza" rispose garbatamente JR. In un’altra occasione, probabilmente quel tono l’avrebbe messa sull’avviso; ma in quel momento, voleva solo allontanarsi il più velocemente possibile dal quella situazione spinosa.

"Bene, allora addio". Fece un cenno ad Ares e i due si voltarono per andarsene. Per un attimo fu sul serio convinta di avercela fatta, ma poi JR la richiamò.

"Ehi, Artemis!". Non fece nemmeno in tempo a reagire; prima ancora di rivoltarsi verso l’uomo, quello aveva già levato al pistola e sparato due volte. Qualcosa di simile a una puntura di zanzara la colpì a un lato del collo: subito fu invasa da una sensazione di stanchezza, le palpebre si fecero pesanti, le gambe le cedettero. Sonnifero, pensò con rabbia, mentre si sentiva venire meno. Era vagamente consapevole della presenza Ares a fianco a lei che cercava di opporre resistenza. La voce di JR la raggiunse da molto lontano: "Nessuno può cercare di fregarci, dolcezza. Dovresti saperlo".

Artemis cadde riversa a terra, odiandosi pere essere stata così ingenua. L’ultima cosa che vide fu uno sfarfallio argenteo che sfrecciava nel cielo verso est. Sorrise tra sé, capendo cosa fosse. Stavolta mi hai battuto papà. Questo fu il suo ultimo pensiero razionale prima di sprofondare nell’oscurità.

LYRAPOTTER’S CORNER

Stavolta sono davvero orgogliosa di me stessa! Sono riuscita a scrivere e ad aggiornare in tempi abbastanza accettabili. Ringraziate la prima neve dell’anno, che mi ha permesso di saltare un giorno di scuola e concludere questo capitolo. I vantaggi del frequentare un liceo a quaranta minuti di macchina da casa tua: il tempo ha bloccato la strada, che fortuna!

Un paio di note di servizio: non ho assolutamente idea di quali siano gli ingredienti in una pozione Antilupo, me li sono inventati. E spero che la gloriosa ricomparsa di Mappa e Mantello non appaia troppo tirata per i capelli: mi sono improvvisamente resa conto che mi servivano per il futuro e mi ero dimenticata di inserirli prima. L’età che avanza!

Ai fan di Drew, in questo capitolo l’ho un po’ trascurato, ma dal prossimo torna lui il protagonista, promesso. Ai fan di Artemis, spero di non lasciarvi in sospeso per molto.

E ora spazio ai miei carissimi recensori:

SakiJune, grazie per i complimenti, spero che la storia di Luna e Sirius continui a farti sognare, purtroppo li farò soffrire ancora parecchio!!!!!

Ino chan, mi sa che adesso con quello che ho fatto succedere alla tua beniamina mi odierai ancora di più!!!!!! Ascolta, io continuo ad aspettare, ma si può sapere quando hai intenzioni di aggiornare?

Caillean, grazie come sempre, sono felice che i personaggi appaiano IC, per me è una cosa molto importante. Per quanto riguarda Harry/Sylar, sorprese ce ne saranno, ce ne saranno!!!!!!!

Finleyna 4 Ever, che bello vedere un nome nuovo. Benvenuta a bordo e mi raccomando continua a commentare!!!!!lo so, sono brava a demistificare la gente!

Deidara, mio caro, l’ultimo anno non è un girone infernale, è molto peggio!!!!!! Penso che per giugno sarò completamente esaurita!!!!!!

CharmedAlis, l’attesa fa sempre crescere la tensione e la suspense, questo è un dato di fatto, basta non esagerare. Come vedi stavolta sono stata un po’ più celere.

In ultimo, alcuni di voi hanno manifestato il loro consenso sul ventilato prequel di cui parlavo la volta scorsa. Fatemi sapere le vostre opinioni, se saranno positive comincerò a lavorarci seriamente.

A voi la parola!!!!!!

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Capitolo 18
*** Problemi, di nuovo! ***


MAGIC WARS

 

CAPITOLO XVII: PROBLEMI, DI NUOVO!

Quartier Generale

Dell’Ordine della Fenice,

Londra

Quel pomeriggio, un’aria grave pesava su tutto il Quartier Generale: l’assenza di Ares e Artemis si stava già facendo sentire. Dora era tornata a una deprimente tinta grigio tempesta e per tutto la mattina non aveva fatto altro che fissare con aria afflitta una crepa nel muro, mentre Remus si era chiuso nella sua stanza, rifiutandosi di parlare con chiunque, rinchiuso in quello che Hermione aveva definito un "attacco di broncio". Il morale di Sirius, che si era preso una sonora scudisciata da Luna dopo essere stato beccato con una bottiglia di Whisky Incendiario dietro la schiena, era un pochino migliorato quando Drew gli aveva fatto vedere la Mappa e il Mantello, facendo perdere l’Animagus nei gloriosi meandri della passata epoca d’oro dei Malandrini. Anche Fred e George erano meno inclini alla risata del solito: i gemelli se ne stavano in cucina immersi in una fitta conversazione sui piani dell’Arma, cercando di decifrare i codici.

Drew, invece, in salotto, si esercitava, piuttosto di malavoglia in realtà, con gli Incantesimi Evanescenti, sotto lo sguardo vigile di Hermione e il vecchio Grattastinchi.

"Non ti stai impegnando" lo rimproverò Hermione al sesto tentativo a vuoto di far Evanescere una vecchia, orribile lampada.

"Scusa, Hermione. Oggi non ho proprio la testa…".

"Ho notato. È per Artemis, vero? Mi siete sembrati piuttosto legati…".

Drew si sedette su divano, rinunciando definitivamente: Grattastinchi aveva più possibilità di lui di lanciare un buon incantesimo in quel momento. Hermione si sedette di fronte a lui, prendendo in braccio il gatto e cominciando ad accarezzarlo dietro un orecchio.

"Legati probabilmente è eccessivo" disse Drew dopo qualche minuto di silenzio. "Stavamo cominciando a conoscerci adesso. Voi la conoscete certo meglio di me…".

Hermione ridacchiò. "Su questo ti sbagli, Drew. Io, Remus e gli altri conoscevamo Ally, che non è certo la ragazza che ci hai riportato due settimane fa".

"Se lo dici tu…".

"Credimi, se avessi conosciuto la Ally di tre anni fa, vedresti anche tu la differenza".

Drew si strinse nelle spalle. Probabilmente era vero: le vaghe idee che si era fatto sull’Ally Lupin che popolava i racconti dell’Ordine cozzavano decisamente con la giovane donna che aveva conosciuto quasi un mese prima. Il ragazzo si stupì che fosse passato così tanto tempo: gli pareva incredibile che solo due mesi prima, sedeva nella cucina di casa Dursley a festeggiare il suo diciassettesimo compleanno e sognare un viaggio in Italia che non avrebbe mai fatto. Sembrava la vita di un altro. Si scoprì a rimpiangerla un pochino: la vita in Privet Drive poteva anche essere un po’ noiosa, ma era bello alzarsi la mattina sapendo che la giornata si sarebbe svolta in un certo modo e che la sera saresti andato a letto con la certezza di riaprire gli occhi il giorno dopo. Gli mancavano i sorrisi di Elizabeth e i modi burberi di Dudley; si sentì anche un po’ in colpa: se non fosse stato per lui, di certo sarebbero stati ancora vivi e Ethan e Kitty non sarebbero stati costretti a rischiare la vita per una causa che non li apparteneva…

"A che pensi?" chiese Hermione, fissandolo incuriosita.

"Al passato" rispose Drew. "Ai se, alla mia vita di prima…".

Hermione gli sorrise con dolcezza. "Vuoi un consiglio da amica, Drew?".

"Certo".

"Non rimuginare troppo sopra al passato. O a quello che sarebbe potuto accadere se non avessi fatto la tal cosa il tal giorno. Il passato è immodificabile, la vita irreversibile e continuare a pensarci ti farà solo perdere il futuro. Guarda avanti e non crogiolarti nei rimpianti: alla fine le cose vengono da sé".

"E tu l’hai fatto?" ribatté Drew. "Hai smesso di rimpiangere il passato?".

Hermione esitò, distogliendo lo sguardo e puntandolo verso la foto della famiglia Weasley vicino al camino. Per un attimo Drew si chiese se non fosse stato troppo invadente.

"Scusa, non dovevo…" cominciò, ma la strega lo bloccò: stava sorridendo. "Non fa niente, Drew. Non c’è problema. Comunque, per rispondere alla tua domanda, non ne sono sicura. Tutti in questa casa hanno perso troppo per non rimpiangere almeno un po’ il passato. Ci sono tante cose che se potessi vorrei cambiare, tante persone a cui non ho mai detto addio…".

"Come Ron?".

"O i tuoi genitori" aggiunse Hermione, lasciando subito cadere l’argomento Ron. "Credo che quando hai perso tanto come noi, diventa impossibile non rimpiangere almeno un po’ il passato". La donna ridacchiò. "Siamo un branco di vecchi sentimentali".

Per alcuni minuti regnò il silenzio, poi Hermione disse a sorpresa: "Assomigli a tuo padre in modo incredibile, lasciatelo dire da una che Harry lo conosceva come le sue tasche. Non tanto nell’aspetto, ma nel carattere, nel comportamento…".

"Merlino, spero di non somigliargli davvero così tanto…" borbottò Drew tra sé, mentre il suo pensiero volava automaticamente a Sylar.

"Perché?" chiese Hermione, sorpresa.

Drew si maledisse mentalmente. Pensa prima di parlare, cretino! Per sua fortuna, la fatica di inventarsi una risposta convincente gli fu risparmiata da un grido proveniente dal piano di sopra.

"NO!".

Drew e Hermione balzarono in piedi e corsero di sopra, le mani già corse alle bacchette. La porta della camera di Remus era aperta: dentro c’erano Remus, pallido come un cadavere, Sirius che osservava preoccupato l’amico e Luna, che invece puntava la bacchetta contro una specie di bolla luminescente che galleggiava a mezz’aria.

"Che succede?" chiese Hermione, ancora sul chi vive.

"Quello" mormorò Remus indicando la bolla, che vista da vicino aveva le fattezze di un piccolo gufo.

Hermione, Drew e Sirius si accostarono a Luna: il Gufo Messaggero stava già riproducendo di nuovo le immagini che aveva registrato. Come se fosse stato uno strano filmato, Drew rivide Ares e Artemis nel loro attico discutere dell’inganno che avevano orchestrato contro Nandes, prendere i duemila Galeoni falsi e finire dritti nella trappola di JR.

Drew restò come paralizzato dall’orrore, quando quell’energumeno sparò, respirando di sollievo, quando capì che i suoi amici erano stati colpiti con un narcotico. La narrazione si interruppe bruscamente, con un’ultima fugace visione di Ares e Artemis a terra privi di sensi.

Artemis, che diavolo hai combinato?

"Quella ragazza non sa proprio tenersi fuori da guai" constatò Sirius, tornando a guardare Remus, ancora seduto sul letto completamente immobile.

"Tu sapevi che Artemis se ne era andata?" chiese invece Hermione. Il licantropo annuì meccanicamente.

"E le hai mandato dietro quel Gufo perché la tenesse d’occhio?". Altro cenno di assenso.

"E di preciso cosa pensi di fare ora che sai che tua figlia si è di nuovo cacciata nei guai?".

"L’andrò a cercare" rispose Remus senza esitazione.

"Non ci pensare nemmeno, Moony!" quasi gridò Sirius, arrabbiato. "Non sei in condizione di andare da nessuna parte. Dopodomani c’è la Luna Piena. E non sai nemmeno cosa cercare…".

"E che dovrei fare?" ribatté Remus. "Restare qui e mettermi il cuore in pace?".

"Prova a pensare" rispose Sirius, inalberandosi, "invece di partire in quarta come sempre quando si tratta di Ally…"

"Adesso basta!" strillò Luna, talmente forte da farli sobbalzare tutti. "Zitti tutti e due e piantatela di litigare. Tu, Remus, non vai proprio da nessuna parte…".

Il licantropo aprì la bocca per protestare, ma Luna lo zittì di nuovo. "Zitto. Sai benissimo che se anche sapessi dove si trova Ally non potresti fare molto con il plenilunio così vicino. E Sirius ha ragione, non sappiamo nemmeno contro cosa dobbiamo combattere. Ora ci calmiamo, riflettiamo e decidiamo il da farsi…".

"Luna ha ragione" concordò Hermione. "Non dico di abbandonare Artemis al suo destino, ma prima di farci ammazzare dobbiamo tentare di capire con chi abbiamo a che fare…".

"E come facciamo?" obbiettò Remus. "Nessuno di noi sa quali fossero i piani di quei due o chi siano quelle persone. Gli unici che potrebbero dircelo guarda caso sono anche le persone che dovremmo salvare…".

Calò il silenzio. Tutti pensavano alle parole di Remus: era vero, non avevano fonti per capire in che tipo di pasticci si fossero cacciati Artemis e Ares. Drew si poteva fare una vaga idea, visto che comunque sapeva alla lontana in che genere di giri Artemis si fosse invischiata per vivere in quei tre anni, ma era troppo poco. Non aveva mai sentito nominare quel Nandes o JR, la ragazza non ne aveva mai parlato in sua presenza. Ma doveva pur esserci qualcosa, qualcosa che potesse aiutarli a scoprire la verità. E poi gli balzò davanti agli occhi l’immagine di Artemis davanti al suo portatile, che scorreva con naturalezza il mouse tra le colonne di file. Che lì ci fosse la soluzione?

"Forse ho un’idea" disse, rompendo il silenzio.

"Davvero?" chiese Remus, speranzoso. "Che cosa?".

"Il computer di Artemis" rispose il ragazzo. Allo sguardo vacuo degli altri, si ricordò che in quanto maghi, non avevano idea di cosa fosse un computer. "Sai quella specie di scatola luminosa su cui stava lavorando Artemis nella prima parte del filmato? Quello è un computer: i Babbani li usano, tra le altre cose, per memorizzare dati e cose del genere. Lì dentro forse ci sono informazioni utili per noi. Che dite?".

Hermione si era illuminata. "È una buona idea. E probabilmente la nostra unica possibilità da scoprire qualcosa. Come facciamo a procurarci il computer?".

Gli altri sembravano ancora troppo confusi dall’idea di una scatola luminosa che memorizza dati per poter rispondere, così Drew riprese: "Sentite, credetemi sulla parola! Comunque, deve essere ancora nel loro attico".

"E tu sai dov’è?" chiese Luna.

"Penso che riuscirei ad arrivarci, sì" confermò Drew.

"E tu pensi che ti lasceremo andare dopo quello che è successo l’ultima volta?" domandò Sirius.

"O quello o dovremmo abbandonare Artemis al suo destino" osservò Drew. "Andiamo Sirius, farò attenzione. E uno di voi può accompagnarmi. A dirla tutta nemmeno io sono particolarmente entusiasta…".

Sirius esitò.

"Se hai un’alternativa, Padfoot" disse Remus, "saremo lieti di sentirla…".

L’Animagus sbuffò. "E va bene. Ma io e Hermione veniamo con te".

Casa di Artemis e Ares,

Londra.

L’attico di Ares e Artemis era silenzioso e vuoto quando Drew, Sirius e Hermione vi giunsero alcune ore più tardi. I tre maghi erano stati costretti a vagabondare nei sobborghi di Londra per un’eternità prima che Drew riuscisse a riconoscere la via e la casa diroccata: senza Artemis o Ares a guidarlo era stato piuttosto difficile riconoscere i luoghi e soprattutto ritrovare la strada che alcune settimane prima l’aveva condotto in quel luogo.

Senza i suoi inquilini, l’abitazione sembrava incredibilmente vuota, eppure nulla era cambiato rispetto all’ultima volta che Drew ci era stato: i mobili erano tutti al loro posto, i libri sul loro scaffale, nulla era stato spostato o modificato. Se non avesse saputo che era impossibile, Drew si sarebbe aspettato di vedere sbucare Artemis con il suo sorrisetto sarcastico o di vedere Ares davanti al portatile.

Davanti ai mobili raffinati ed evidentemente costosi che popolavano l’appartamento della sua figlioccia, Sirius, di nuovo in forma umana dopo aver trascorso diverse ore in forma canina, emise un fischio stupito. "Però, si tratta bene, la piccola" constatò. "Allora dov’è questo compu-coso o come cavolo si chiama?".

"Computer" lo corresse in tono paziente Hermione. "Guarda qui che biblioteca: saranno un paio di centinaia di volumi, forse di più". Gli occhi le brillavano, mentre un lampo della sua antica anima di studentessa e lettrice tornava prepotentemente a galla.

"Hermione" la richiamò Drew. "Non siamo qui per questo. Il computer è lì".

Si avvicinò al portatile e lo accese. Hermione lo imitò, con un’ultima quasi famelica occhiata alla libreria, subito imitata da Sirius, che stava esplorando la stanza.

Tuttavia non fecero grandi progressi: appena lo schermo si illuminò, guadagnandosi un’esclamazione stupita dell’Animagus, comparve una finestra che recitava "Prego inserire la password". Drew rimase a osservarla con sguardo vacuo un paio di secondi, prima di comprendere l’entità del problema: non aveva la password. E senza password non poteva accedere ai file. E se non poteva accedere ai file, addio anche all’ultima speranza di trovare Artemis. Certo, era stato stupido a non pensarsi: era ovvio che Artemis avrebbe protetto i suoi dati personali da occhi estranei. Ma la sua prudenza stavolta le si era rivoltata contro. Cosa poteva fare? Mica poteva rimanere lì per l’eternità a tentate tutte le possibili combinazioni di lettere e parole che potevano sbloccare il computer: erano praticamente infinite.

"Beh?" chiese Sirius, non capendo perché Drew non facesse nulla. "Perché non fa niente? È rotto?".

"No" rispose Drew. "Funziona benissimo. Ma per poterlo usare, ho bisogno di una password per accedere al programma. Sai, una parola d’ordine".

Sirius imprecò "Vuoi dire che abbiamo girovagato come idioti per Londra per nulla? Che ci siamo esposti a questo rischio per niente?".

Drew si strinse nelle spalle, non sapendo cosa rispondere, al che Sirius imprecò di nuovo.

"Non puoi aggirarla in qualche modo?" domandò invece Hermione, fissando accigliata lo schermo.

Drew rise senza allegria. "Non sono un hacker, Hermione. Sopravvaluti decisamente le mie capacità. L’unica cosa che posso fare è sparare parole a caso e sperare di azzeccare quella giusta".

"Ci vorrebbero giorni" obiettò Hermione. "Se non settimane o mesi. E dubito che Artemis abbia tutto questo tempo. Sei certo di non poter fare nulla?".

Drew si strinse nelle spalle. "Posso provarci. Ma rischio di fare qualche danno e rendere inservibile tutto…".

"Tanto, per come sono messe adesso le cose, questo computer non ci serve in ogni caso" ribatté la donna. "Prova".

Drew annuì, esitante. Anche se era una possibilità remota, non voleva distruggere la loro unica opportunità di ritrovare Artemis.

"Sentite, portiamolo al Quartier Generale" disse infine. "Lì potrò ragionarci con più calma. E farmi aiutare da Kitty e Ethan: tre menti sono meglio di una".

Hermione e Sirius annuirono, così Drew spense il computer.

"Io provo a vedere se c’è qualcosa nelle altre stanze" disse Sirius, desideroso di fare qualcosa di utile. "Tanto con queste diavolerie Babbane non ci capisco nulla" e si allontanò, cominciando a esplorare la stanza, mentre Hermione e Drew scollegavano i vari cavi del computer dalle prese di corrente. Per fortuna è un portatile, pensò Drew. Altrimenti sarebbe stato complicato da portare in giro.

Quando ebbero finito, Drew concentrò la sua attenzione sulla libreria. Si avvicinò e senza esitare puntò verso una fila di libri rilegati in nero in basso a destra. Ne prese uno: era quello sulla Maledizione Cruciatus, che aveva già sfogliato all’epoca della sua prima visita in quel posto. Mentre fissava accigliato l’ultima pagina scritta, dove era stato stilato un interminabile elenco di ingredienti per una pozione, capì quanto quella ricerca dovesse essere importante: la ragazza stava cercando un modo per curare la madre. E non sembrava molto soddisfatta dei suoi progressi: nonostante avesse riempito pagine e pagine di annotazioni così fitte, da risultare a volte quasi indecifrabili, qua e là saltavano all’occhio frasi come manca qualcosa, non va bene, sbagliato vergate con inchiostro rosso. Eppure Drew era convinto che la giovane Lupin si era spinta ben al di là di tutte le scoperte condotte in merito: forse poteva anche arrivare alla soluzione, se ne avesse avuta l’opportunità. Drew lo sperò di tutto cuore: poteva solo immaginare la felicità di Remus se Tonks fosse guarita e fosse tornata normale.

Rimise il libro al suo posto e afferrò il suo vicino: era una raccolta di articoli di giornale, tutti piegati con cura e incollati alle pagine per evitare che si perdessero. Drew lesse il titolo del primo, Catturati due importanti membri dell’Ordine della Fenice, e una data di circa tre anni prima e capì che Artemis doveva aver collezionato tutti gli articoli e le notizie che le recavano informazioni delle persone a lei care.

I tuoi pensieri non erano poi tanto lontani, vero?, pensò Drew, sfogliando le pagine. Quella che recava l’annuncio dell’uccisione di Ron Weasley ad opera di Sylar, di due anni prima, era circondata da un contorno nero, come se Artemis avesse voluto dare particolare risalto alla notizia. Arrivato in fondo, scoprì con stupore che la ragazza aveva riservato uno spazio anche per lui, subito prima della messa a morte di Hermione. Il titolo Harry Potter ha avuto un figlio faceva bella mostra di sé, accompagnato dall’ormai famigliare foto che circolava praticamente ovunque. Accidenti, mi ha ritenuto così importante da mettermi qua dentro!, pensò. Non poté non notare che nel punto in cui il giornalista aveva citato Sirius con l’appellativo criminale, Artemis aveva aggiunto un suo colorito commento, ben poco educato e degno di uno scaricatore di porto messicano.

Ridacchiando, Drew ripose anche questo libro e ne prese un altro. Anche questo era un manoscritto, il cui titolo colpì subito Drew come se fosse stato un insegna al neon: Quando la mente diventa un’arma: Legilimanzia e Occlumanzia. E sotto, come sottotitolo, Harry Potter e Lord Voldemort: analisi di un legame. Artemis aveva fatto ricerche su suo padre! O per meglio dire, sullo strano legame mentale che univa suo padre a Voldemort. Forse lì dentro c’erano le risposte che cercava, non solo su Harry, ma anche su come avesse fatto a respingere Sylar durante l’attacco al Ministero.

Eccitato, stava per leggere la prima pagina, quando Sirius rispuntò dalla camera di Artemis e annunciò: "Niente. Voi avete fatto?".

Hermione annuì. "Drew?" chiamò. "Possiamo andare?".

Il ragazzo si voltò, celando il libro dietro la schiena e limitandosi ad annuire.

Hermione chinò il capo, prese il portatile sotto braccio, mentre Sirius riprendeva la sua forma animale. "Andiamo, allora" disse la strega. "Prima torniamo al Quartier Generale prima sarò tranquilla".

Drew annuì di nuovo e seguì i suoi compagni fuori dall’attico, non prima di aver nascosto il testo sotto la maglia.

Quartier Generale

Dell’Ordine della Fenice,

Londra.

Ci volle del bello e del buono per riaccendere il computer, una volta ritornati a Chalmers Road. Tanto per cominciare fu piuttosto complesso rintracciare una presa della corrente in condizioni ancora sufficientemente accettabili da non fulminarli tutti. L’elettricità e i maghi non andavano certo d’accordo, anzi: se si escludeva l’illuminazione, nessuno in casa aveva anche mai solo pensato di utilizzare un apparecchio elettrico, la qual cosa preoccupava non poco Drew. Se il sistema si è danneggiato in qualche modo, rischiamo di rimanere tutti fulminati.

Alla fine, comunque, Ethan scovò una presa in posizione comoda nel soggiorno, così il portatile fu ricollegato e riportato alla vita. Immediatamente la scritta "Prego inserire la password" lampeggiò davanti al volto dei tre cugini, seduti uno di fianco all’altro, Drew al centro. L’Ordine al completo li scrutava da vari angoli della stanza, guardandoli come se stessero facendo chissà quale astrusa macchinazione. Beh, non si poteva certo biasimarli, di tutti i presenti solo Remus, Hermione e Ted avevano sangue Babbano nelle vene e di questi tre solo Hermione era abbastanza giovane per poter anche solo vagamente aver sentito parlare di computer, senza in ogni caso aver più che una ancor più indefinita idea di come farlo funzionare.

Drew sorrise ai due cugini. "Potremmo affittare i biglietti: nemmeno i clown al circo ottengono tanta attenzione".

Ethan rise, mentre Kitty li ammoniva con un’occhiata. "Hai una vaga idea di quale possa essere la password?" chiese in tono pragmatico.

"Nemmeno mezza" ammise Drew in tono sconsolato.

"Allora sarà dura" constatò la ragazzina, scrutando intensamente lo schermo blu.

"Non siamo hacker, Drew" obiettò Ethan. "Come facciamo a…".

"Non ne ho idea, campione" ammise Drew, in tono scoraggiato. "Procediamo per tentativi…".

Senza troppa convinzione cominciò a digitare parole a caso, nella speranza di azzeccare quella giusta. Ma ogni volta i suoi sforzi venivano ripagati con il laconico messaggio "Password errata. Prego ritentare".

"È impossibile" dichiarò Kitty dopo più di mezz’ora. "Potremmo stare qui per l’eternità a sparare a caso…".

"Lo so" disse Drew in tono frustrato. "Ma sai che si dice: anche un cacciatore bendato, tirando a raffica, presto o tardi centra il bersaglio…".

"È il tardi che mi spaventa" affermò ancora Kitty.

Drew dovette presto ammettere che Kitty aveva ragione: non poteva andare avanti in quel modo, doveva trovare un metodo scientifico, qualcosa a cui agganciarsi per procedere con più razionalità.

Rifletti, si disse. Artemis avrà certo scelto qualcosa facile da ricordare, qualcosa collegato a lei o alla sua famiglia. Cominciò a passare in rassegna tutte le possibilità, scartandole man mano con l’aiuto dei cugini.

Dopo quattro ore, tuttavia, l’unica cosa che avevano ottenuto era una lunga lista di parole che non andavano bene.

Frustrato, Drew si prese il volto tra le mani. Dannazione, ‘Temis, non potevi renderci le cose più facili!

"Ragazzi". Luna sbucò in quel momento in soggiorno. "La cena è pronta, se avete fame".

"Grazie, Luna" rispose Ethan per tutti e tre, balzando in piedi. Drew lo imitò, sentendosi tutto irrigidito per aver passato tanto tempo nella stessa posizione.

I membri dell’Ordine erano già a tavola, consumando il loro pasto in silenzio.

"Come sta andando?" chiese Sirius, alzando gli occhi dal suo piatto.

"Non bene" fu costretto ad ammettere Drew, prendendo posto. "Siamo in un vicolo cieco, finché non troviamo quella dannata password!".

Sirius annuì e non fece ulteriori commenti, guardando di sottecchi Remus seduto al suo fianco, che mangiava quasi come un automa.

Drew fu grato di poter lasciare quell’atmosfera pesante, una volta finito di cenare. Tornò a sedersi davanti la computer, dove la finestra ancora aperta "Prego inserire la password" sembrava quasi prenderlo in giro. A quel punto si aspettava da un momento all’altro che gli facesse una pernacchia.

Andiamo Artemis, che cosa potrebbe essere. Qualcosa di facile da ricordare, ma non ovvio per eventuali estranei.

Riprese a tentare alla cieca, ma più provava più sentiva di allontanarsi dalla soluzione. Aveva l’impressione di avere la risposta proprio davanti agli occhi e di non riuscire ad afferrarla, e la cosa era frustrante.

Tra un po’ comincio a picchiare la testa contro il muro: magari mi fa venire un’ispirazione improvvisa!

"Vuoi una mano?".

Drew sobbalzò: non si era nemmeno accorto che Remus si era seduto di fronte a lui, tanto era concentrato.

"Scusa, non volevo spaventarti" disse ancora il licantropo. "Come sta andando?".

"Male" si vide costretto ad ammettere Drew, abbassando il capo. "Mi dispiace, non riesco a venirne a capo: ho tentato ogni collegamento che mi venisse in mente, ma niente".

Remus si limitò ad annuire, riflettendo a sua volta e osservando la lista di password errate che Drew e i Dursley avevano stilato. "Forse consideri la cosa dal punto di vista sbagliato" considerò dopo alcuni minuti ad alta voce.

"In che senso?" domandò Drew, perplesso, ma ansioso di ricevere un qualunque suggerimento.

"Immagina di non conoscere Ally" esordì Remus. "Di non sapere nulla di lei. O meglio, di conoscere solo la sua identità di facciata".

"Non credo di capire".

"Ascolta" insistette Remus. "Immagina se questo lavoro avessi dovuto farlo due settimane fa, prima di sapere che la tua Artemis era la nostra Ally e che tutto quello che conoscevi di lei è quello che ti ha detto lei stessa. Se la metti da questa prospettiva, la cosa potrebbe cambiare…".

"Pensare ad Artemis, non Ally" mormorò tra sé Drew. Ritornò con la mente a ciò che aveva scoperto di Artemis durante la loro convivenza.

La lettura, che scartò subito: era un argomento troppo vasto da esplorare.

Il suo lavoro. Impossibile: era quello il problema.

La sua amicizia con Ares. Ma Artemis stessa gli aveva confidato di non sapere nulla della vita precedente del mago, nemmeno il suo vero nome.

L’esistenza di un certo Zeus, che si sarebbe rivelato essere Remus.

Subito dopo aver pensato a questo, gli giunse l’illuminazione. Ares, Artemis, Zeus: tre pseudonimi, tre citazioni dalla mitologia greca. Forse era casuale, ma arrivato a quel punto, tanto valeva fare un tentativo.

"Cosa sai della dea Artemide" chiese a ad alta voce, rivolto a Remus.

L’uomo lo guardò sorpreso. "Artemide?" ripeté. "Era la dea greca della caccia e dei boschi, e in seguito anche della luna. Era figlia di Zeus e Leto e sorella gemella di Apollo".

Drew annuì. "Che altro?".

Remus ridacchiò. "Mi hai preso per un enciclopedia vivente, Drew?" chiese in tono divertito. "Lasciami riflettere alcuni istanti… Se non ricordo male, una delle sette meraviglie del mondo era in qualche modo connessa ad Artemide…".

"Le sette meraviglie del mondo?" intervenne una voce alle loro spalle. I due si girarono: Ethan era spuntato in quel momento. "Io le ho studiate l’anno scorso al corso di Storia".

"Dici sul serio?" domandò Drew, sorpreso. "Te le ricordi?".

Ethan si sedette accanto a loro, cercando di ricordare. "Dunque, c’era una piramide, di questo sono sicuro. Poi, ci sono il faro di Alessandria e il Colosso di Rodi e… ehm… Non lo so, credo di averle dimenticate, mi dispiace!".

Drew lo guardò con un sorriso. "Dai, fai uno sforzo" lo spronò. "Pensa se c’era qualcosa legato alla dea Artemide?".

Ethan cercò di concentrarsi, mettendo su un’espressione che sembrava stesse cercando di deporre un uovo. "Forse" disse infine, esitante, "una chiesa o qualcosa del genere".

"Una chiesa?" ripeté Drew, perplesso. "Un tempio, vorrai dire".

A quel punto Remus quasi balzò in piedi. "Il tempio di Efeso" esclamò con voce trionfante. "Il tempio di Artemide ad Efeso, distrutto intorno al IV secolo a.C.".

"Remus" disse Drew, sorridendo, "tu sei sul serio un’enciclopedia vivente, altro che storie".

Armato di nuovo speranza, il ragazza digitò "Efeso". Era talmente convinto che avrebbe funzionato, che quando riapparve la scritta "Password errata. Prego ritentare" ebbe l’impressione che il cuore gli scendesse sotto le scarpe dalla delusione.

Imprecò sonoramente, guadagnandosi un’occhiataccia da Remus. "Scusa. Ma quando ci vuole, ci vuole!".

"Un altro vicolo cieco" constatò il licantropo, in tono frustrato. "Certo che quella ragazza li nasconde bene i suoi segreti!".

"Decisamente" gli fece eco Drew. "Eppure sento che siamo sulla strada giusta: questi collegamenti sono relativamente semplici senza essere banali. Io dubito che ci sarei arrivato da solo".

"Unione di cervelli" affermò Remus. "Perciò, pensiamo".

"Posso dare una mano?" chiese Ethan, desideroso di aiutare.

"Perché no?" fece Drew. "Cosa ne sai di mitologia greca?".

"Non tanto" ammise il ragazzino. Rimase un attimo in silenzio, poi chiese: "Perché non avete pensato anche ad Ares? In fondo quel computer è anche suo…".

Drew e Remus ci misero alcuni minuto a rispondere e rendersi conto che Ethan aveva ragione: si erano concentrati su Artemis, ma di certo Ares aveva una parte non meno importante in quella storia.

"Ares" ripeté Remus. "Dio greco della guerra, figlio di Zeus e Era. Il suo culto era concentrato soprattutto a Sparta, se non ricordo male".

Drew annuì. "Efeso e Sparta" considerò. "Tanto vale provare…".

Digitò le sue parole e premette invio, osservando con ansia lo schermo. Quasi non osò crederci quando non comparve l’ormai famigliare e nota scritta, ma una piccola clessidra e l’ordine "attendere". Subito dopo, il monitor si oscurò per un istante e si riaccese, ma stavolta il computer era entrato in funzione: file di cartelle fiorirono sotto gli occhi di Drew, ognuna corredata dal suo nome e in trepidante attesa di essere letta.

"Non ci credo" mormorò. "Ce l’ho fatta".

Il viso di Remus si illuminò di rinnovata speranza. "Dici sul serio?".

Drew annuì, ancora incredulo. "Ora posso solo sperare che non ci siano anche dei codici interni o roba simile, altrimenti ci tocca ricominciare da capo".

Incrociando le dita, guidò il mouse sulla prima cartelle e la aprì. Con suo immenso sollievo, nessuna richiesta di password sbarrò il suo cammino e lo schermo fu occupato da colonne e colonne di dati.

Drew lanciò un’altra imprecazione. "Ci vorrà una vita per guardare tutto" borbottò frustrato.

Capì in fretta che il documento appena aperto era una lista di conti, probabilmente le entrate e le uscite dell’attività di Ares e Artemis. A Drew mancò il fiato quando vide quelle cifre, tutte nell’ordine di grandezza delle migliaia di galeoni, se non di più.

Lo scorse fino in fondo e notò che sottolineato in rosso c’era la scritta –2000 Galeoni e accanto il nome Nandes.

Il ragazzo lo riconobbe subito: era il tizio con cui Artemis aveva parlato nel filmato. Ci siamo.

Per procedere più in fretta, andò alla lista di documenti salvati nel server, cercando qualcosa che potesse essere illuminante. Alla fine, scovò un file intitolato "Commissioni di N." e ci cliccò sopra. Tombola, pensò, riconoscendo il nome che faceva da titolo.

Diede una lettura sommaria delle prime pagine: Nandes era il capo di una banda di contrabbandieri e falsari che aveva sede lì a Londra. Da quello che poteva capire, gestiva un piccolo impero della criminalità e giri da centinaia di migliaia di Galeoni. Drew ebbe la netta impressione di essere appena entrato in un film di mafia: Nandes aveva sufficiente potere da nascondere alle autorità le sue attività e volendo poteva senza difficoltà mettere a tacere voci scomode.

Scoprì che da alcuni mesi Ares e Artemis lavoravano principalmente dietro sua commissione, anche se non riusciva a spiegarsi il motivo per cui fossero entrati nel suo giro. E scoprì anche che circa un mese prima, un affare era andato male, che Ares e Artemis avevano perso quei famosi duemila galeoni e che Nandes aveva concesso loro un mese per saldare il debito. Le conseguenze per un eventuale mancato pagamento non erano specificate, ma Drew se ne poteva fare una chiara idea: morte senza appello.

Il ragazzo cominciò a sudare freddo: i suoi amici erano in guaio peggiore di quanto di immaginasse, aiutarli non sarebbe stato facile.

"Allora?" chiese Remus, che evidentemente non sopportava più quel silenzio. "Scoperto qualcosa?".

Drew esitò: doveva trovare un modo delicato per dirglielo, altrimenti rischiava di vederselo morire tra le braccia: già tutta quella tensione non faceva bene al suo cuore debilitato. Ci pensò sopra alcuni minuti, ma si rese conto che la pillola non poteva essere indorata in nessun modo, se voleva dire la verità.

"Sì" rispose, perciò. "Chiama anche gli altri, meglio discuterne tutti insieme".

LYRAPOTTER’S CORNER

Hem, hem… in quante lingue posso dirvi di essere desolata? Ebbene sì, non sono morta e dopo quasi due mesi (due mesi, oh my god!) mi sono decisa ad aggiornare di nuovo, sperando che qualcuno sia stato così paziente da aspettarmi e vorrà continuare a leggere. Vi chiedo immensamente scusa, prima impegni improrogabili mi hanno costretto a sospendere ogni attività di scrittura, poi è subentrata la più totale mancanza di ispirazione per quanto riguardava questo capitolo dannato: mi sono bloccata e per settimane non c’è stato verso di buttar giù mezza riga. Alla fine, mi son fatta forza e ho deciso di buttar giù qualcosa… Il risultato è ciò che avete appena letto. In realtà non mi piace più di tanto, mi sembra piuttosto penoso, ma so che non riuscirò a metter giù niente di meglio, perciò piuttosto che lasciarvi aspettare ancora, posto ugualmente. Oltretutto rispetto alla bozza originale, ho anche tagliato un pezzo, con l’idea di inserirlo più avanti, in attesa di tempi migliori. Chiedo ancora scusa per il ritardo e per questo capitolo che non ripaga le attesa, almeno a mio avviso. Spero sul serio che con il prossimo andrà meglio, l’ispirazione sta tornando piano piano, ma la scuola mi porta via un mucchio di tempo…

A questo punto, ringrazio le anime pie che due mesi fa mi inviarono i loro commenti:

Deidara, ce l’ho fatta, hai visto? Potrei vincere l’oscar per i ritardi, ma ce l’ho fatta. Remus ha imparato dai suoi errori, e ha fatto bene! Ti posso dire che in un futuro molto, molto lontano (per chiarirci saremo già all’ultimo episodio della trilogia), Drew dirà agli altri la verità… ma ce ne corre di acqua sotto i ponti prima di allora!

Ino chan, benvenuta nel club! Io sono anni che convivo con questa maledizione, il far finir male i personaggi che adoro, sempre e immancabilmente. Non preoccuparti, la testolina santa di Artemis non la tocca nessuno (forse!)

SakiJune, ovvio che arrivano i nostri, mica lascio i miei personaggi a marcire in qualche fetido cantuccio! Mi dispiace spegnere le tue speranze, Dora avrà bisogno ancora di un po’ di tempo, ma ti assicuro che accadrà!!!!!

CharmedAlis, prestissimo mica tanto, spero che ti ricorderai ancora di me! L’Ordine sta già progettando il suo piano di salvataggio mentre scrivo, non preoccuparti. Fra ‘Temis e Drew al momento c’è solo amicizia, ma in futuro, chissà?

Lily_Snape, ma quanto mi fanno piacere i tuoi commenti. Sono stata davvero felice di soddisfare le tue richieste, mi dispiace per Neville, sul serio, e per Minnie e tutti gli altri. Sono d’accordo, Sirius e Luna insieme stanno benissimo, presto o tardi mi deciderò a fare accadere qualcosa (meglio tardi!).

And least, but not last, Caillean, ma è logico che Artemis si cacciava nei guai, altrimenti per il resto della storia che si faceva? Non ti preoccupare, la farò tornare sana e salva (beh, magari con un arto in meno, tanto che se ne fa di due mani?)

Ultima cosa, piccolo spazio pubblicitario per dirvi che ho postato i primi capitolo di una raccolta di one-shot, sempre potteriane, dal titolo Special days. Se vi interessa, dateci un’occhiatina.

Ora scappo, me ne vado a dormire, che domani c’è scuola e interroga in inglese (pregate per me che non mi chiami!!!!!!).

A presto, recensite numerosi, bacibaci!!!!!

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Capitolo 19
*** Incontri spiacevoli ***


MAGIC WARS

 

CAPITOLO XVIII: INCONTRI SPIACEVOLI

Le segrete della Casa,

Londra.

C’era, a Londra, un uomo considerato, e probabilmente a ragione, il boss n° 1 della malavita di tutta la Gran Bretagna.

Chiunque, dal più piccolo spacciatore al contrabbandiere più influente, se avevano un minimo di sale in zucca, guardava a quest’uomo con timore e deferente rispetto, badava bene a non mettersi contro di lui o a interferire nei suoi affari e, se poteva, cercava di portarsi sotto la sua protezione. Perché se riuscivi a entrare nelle sue grazie, avevi il futuro assicurato: immunità, lavoro a volontà e ovviamente soldi, mucchi di soldi.

Quest’uomo era noto come Nandes. Solo Nandes. O tutt’al più Mister N., se eri abbastanza in confidenza per permettertelo. Nessuno conosceva il suo vero nome, da dove venisse o cosa facesse prima di diventare quello che era diventato. Un’aura di mistero aleggiava intorno alla sua figura, un’aura che contribuiva ad aumentare il senso di paura e deferenza che i suoi accoliti provavano per lui.

Nandes era un uomo potente, attaccato al denaro come lo sarebbe stato il suo figlio primogenito, astuto e soprattutto influente. Una sola parola ed poteva salvarti la vita. O condannarti alla peggiore delle morti. Voci di corridoio affermavano che i suoi infiltrati giungessero fino all’interno dell’Ufficio Anagrafe, uno dei motivi secondo cui fosse ancora in libertà nonostante la fedina penale lunga un paio di chilometri. Non maghi ovviamente, mai maghi. Se c’era una cosa che Nandes odiava erano i maghi, la magia o qualunque cosa connessa alle "viscide sanguisughe al governo", come li chiamava lui. Anche se in un certo senso doveva all’Ordine della Fenice il successo dei suoi affari: se il Ministero non fosse stato tanto impegnato a cercare di debellare la resistenza, di certo il suo impero avrebbe avuto vita breve. Ma ovviamente non l’avrebbe mai ammesso.

Il centro del regno criminale di Nandes, per ironia della sorte, si trovava proprio a Londra, appena fuori dal centro. La Casa, così si chiamava, un grande edificio vittoriano, che Nandes in persona aveva scelto e restaurato per adattarlo alle sue esigenze. Dotato delle tecnologie più avanzate, difeso sopra ogni misura, la Casa era un bunker inespugnabile, dove le decine e decine di fedeli di del boss potevano trovare porto sicuro e organizzare le loro azioni criminali.

Sotto la Casa si snodavano poi lunghe gallerie, vecchi canali fognari in disuso, che Nandes aveva riadattato per le sue particolari esigenze. Le segrete della Casa erano la prigione perfetta: un vero e proprio labirinto, in cui nessuno, tranne forse Nandes stesso, sapeva orientarsi. Chi finiva là sotto non rivedeva più la luce del sole: nella migliore delle ipotesi si beccava un proiettile in fronte, nella peggiore era condannato a una lente morte per inedia. Anche nell’improbabile ipotesi che un prigioniero fosse riuscito a eludere i sistemi di sorveglianza e a evadere, sarebbe morto prima di trovare l’uscita in quell’intrico di corridoi scuri tutti assolutamente identici.

Quella era la sorte che aspettava i nemici di Nandes: perché se c’era qualcosa che a Nandes mancava era la pietà. Non c’era perdono per chi gli faceva un torto, cercava di ingannarlo o gli metteva i bastoni tra le ruote: nel momento stesso in cui lo faceva, si trovava con un bollino rosso sulla fronte e il suo destino era segnato. Un soggiorno più o meno lungo nelle segrete e poi una sentenza di morte senza appello…

*****

La prima cosa che percepì Artemis quando tornò in sé fu il mal di testa. Un dolore sordo, pulsante, impossibile da ignorare, che partiva direttamente dalla base del cranio e le impediva di pensare lucidamente.

La seconda cosa fu il gelido e duro pavimento su cui era sdraiata da un numero imprecisato di ore… parecchie, a giudicare da quanto la sua schiena fosse indolenzita.

La ragazza si impose infine di aprire gli occhi. Non che facesse molta differenza rispetto a prima: l’ambiente dove si trovava era nero come l’inchiostro, non fosse stato per la fioca luce che arrivava dalle sue spalle.

In quel momento, come se la sua memoria avesse premuto il tasto "Riavvolgimento veloce" le tornò tutto alla mente: la telefonata di Nandes, il piano, i soldi falsi, l’incontro con JR, lo sparo… Merda!

Si tirò velocemente a sedere e subito se ne pentì: la testa le mandò una dolorosa fitta di protesta e fu colta da un capogiro così forte che per un attimo temette di vomitare. Dannazione, JR doveva averle sparato contro una droga bella forte!

Respirò a fondo un paio di volte e, una volta calmato lo stomaco, si guardò intorno. Non che ci fosse molto da vedere: si trovava in una sottospecie di cubicolo tre metri per tre scarsi, dalle spartane pareti bianche, illuminata fiocamente dalla luce che filtrava attraverso uno spioncino della porta. Nella stanza, se di stanza si poteva parlare, non c’era assolutamente nulla: perfino il pavimento era una solida lastra di cemento senza piastrelle perfettamente intonato con le pareti. Poteva quasi sembrare una di quelle camere imbottite dei manicomi, non fosse stato per il fatto che le pareti erano completamente blindate, con tutta probabilità costruite per resistere perfino alle armi al plutonio. Un cubo liscio, levigato e assolutamente impenetrabile.

Artemis sapeva perfettamente dove si trovava: nelle segrete della Casa, da cui non sarebbe più uscita.

Stupida, si rimproverò mentalmente. Sono una grande, grandissima stupida. E quel che è peggio, ho trascinato anche Ares a fondo con me… Bel lavoro, Artemis!

Si lasciò ricadere all’indietro, sbattendo la testa contro il duro cemento. Non si meritava nulla di meno, in fondo: era stata lei che, presa com’era a rinsaldare i vecchi ponti, si era completamente dimenticata di Nandes e del suo debito. Ora, lui era venuto a riscuotere, e in mancanza del denaro promesso, si sarebbe preso la sua testa.

Beh, me la sono andata a cercare. Tanto per cominciare non avrei mai dovuto venire a patti con quella carogna. E poi, non avrei dovuto relegare quei 2000 galeoni in fondo alle mie priorità.

La consolava il pensiero che almeno questa volta, non avrebbe causato danni all’Ordine: malgrado il Gufo Messaggero che suo padre le aveva inviato dietro, era più che certa che non sarebbe mai potuto risalire a Nandes, alla Casa e quindi a lei. Rinchiusa la sotto, era giù praticamente morta per il resto del mondo, sparita e inghiottita dalle viscere delle segrete.

Tutto sommato è meglio così: non si metteranno nei guai per causa mia, almeno, si disse malinconicamente.

Gli ultimi postumi del sonnifero erano nel frattempo svaniti: la nausea era scomparsa e il mal di testa si era ridotto a un fioco martellio, permettendole di pensare con più lucidità. Si fece un rapido autoesame per cercare ci capire come si sentisse, ma a parte un leggero indolenzimento della colonna vertebrale stava bene.

Per quanto sono stata priva di sensi? La luna piena sarà già trascorsa? Cercò nel suo organismo tracce del lupo latente in lei, ma non ne trovò. A quel punto le opzioni erano due: o il plenilunio era passato mentre lei era priva di sensi o gli effetti della droga le impedivano ancora di mettersi in contatto con quella parte di lei.

Tutto sommato, era quasi preferibile la seconda: se la luna piena l’aiutava a incanalare le forze del licantropo, forse avrebbe potuto scappare. Subito dopo averlo pensato, si disse che era una follia: il lupo mannaro in lei non era nemmeno lontanamente forte abbastanza per tenere testa a decine di uomini armati. Con una pistola o al più un coltello, sarebbe stato un altro paio di maniche.

Ma di certo non poteva sperare di rimediare nessuno dei due. Si tirò a sedere, osservandosi alla debole luce che filtrava dal corridoio: le avevano lasciato indosso solo la maglia a collo alto e i jeans. Tutte le armi che aveva nascosto le erano state tolte: avevano portato via perfino gli stivali.

Beh, di certo non sono andati per il sottile, pensò, studiandosi i piedi nudi. Subito dopo scoprì che gli uomini di Nandes avevano dimenticato qualcosa: il ciondolo a forma di mezzaluna che portava al collo, nascosto sotto i vestiti. Difficile dire se l’avessero fatto perché non l’avevano visto o non l’avevano considerato una minaccia. Nel secondo caso, avevano sbagliato. Artemis prese il ciondolo in mano, passando con cautela il dito lungo il bordo, affilato come un rasoio. L’aveva limato personalmente anni prima, in modo da poterlo usare come arma in casi estremi.

Tuttavia non si faceva troppe illusioni: ci sarebbe voluto ben altro per riuscire a sfuggire a quella trappola. Non era maneggevole come un coltello e molto più complesso da impugnare: poteva al massimo tagliare un paio di gole (idea che non la faceva impazzire), ma poi avrebbe dovuto vedersela con le armi da fuoco di JR e Nandes, che tra le altre cose erano noti per la loro mira eccellente.

Scosse il capo, con fare sfiduciato, nascondendo di nuovo il pendaglio sotto la maglia. Era pur sempre la sua ultima difesa e siccome aveva intenzione di vendere cara la pelle, ogni aiuto sarebbe stato utile!

Più per fare qualcosa che per reale speranza, si avvicinò carponi alla porta blindata della cella. Come si aspettava, a esclusione dello spioncino per far filtrare la luce, non si vedevano né serrature né altri spiragli. Sapeva per sentito dire che le porte delle segrete si potevano aprire solo dall’esterno e che non erano fissate su cardini ma scorrevano come le porte degli ascensori, per scongiurare ogni possibile tentativo di evasione. Le uniche due aperture, sempre accessibile solo dall’esterno erano una gattaiola per far passare il cibo e uno sportellino ad altezza d’uomo per permettere alle guardie parlare coi prigionieri senza aprire la porta.

Sospirando, Artemis strisciò di nuovo in un angolo, spremendosi il cervello nel tentativo di trovare una via d’uscita che sapeva già non esistere. Chissà che ne hanno fatto di Ares istintivamente voltò il capo verso il parete dietro di lei, quasi aspettandosi di sentire il suo compagno d’attività attraverso i muri. Bah, probabilmente, se è ancora vivo, l’hanno rinchiuso il più lontano possibile da me. Nandes sa bene quanto possiamo essere pericolosi. E sa anche che lo odio a morte e che non esiterei un istante a farlo secco se ne avessi l’occasione.

Immersa in quelli e altri foschi pensieri, la ragazza perse presto la nozione del tempo: quell’attesa era perfino peggio della morte, ogni minuto pareva dilatarsi all’infinito. Magari mi lasceranno sul serio morire di fame, si disse, quando a sorpresa il suo stomaco brontolò: in fondo non mangiava dalla sera prima dell’agguato, che per quel che ne sapeva lei poteva essere passata da giorni.

In quel momento la porta si aprì senza preavviso. la luce improvvisa proveniente dal corridoio la lasciò accecata alcuni istanti: si portò una mano davanti agli occhi, schermandosi e cercando di capire chi fosse il suo improvviso visitatore.

"Bon jour, dolcezza. Abbiamo dormito bene?".

Artemis riconobbe senza esitazione la voce di JR: era l’unico che osava chiamarla "dolcezza" o in altri termini simili. Istantaneamente balzò in piedi, più veloce di un gatto: per niente al mondo si sarebbe messa in una posizione di inferiorità.

"È stato un colpo basso, JR" rispose in tono acido.

L’uomo si limitò ad alzare le spalle. "Io eseguo gli ordini, bambolina. E in ogni caso, siete voi i prima ad aver giocato sporco…".

Artemis non chiese come JR sapesse del sotterfugio dei galeoni falsi: non avrebbe ottenuto risposta. Invece domandò: "Cosa sei venuto a fare qui? Vuoi gongolare: è da quando ci siamo incontrati che speri nella mia, anzi, nella nostra sconfitta…".

"Gongolare?" ripeté JR fingendosi offeso. "Che brutta parola. Io direi piuttosto, gioire della tua disfatta, Artemis. L’ho sempre saputo che tu e quell’altro portavate rogne…".

"Già, certo. Peccato che tu non abbia convinto anche il tuo capo: mi avresti risparmiato parecchie seccature, come diventare la vostra galoppina porta-lettere! Che cosa vuoi, JR?".

"Nandes ti vuole parlare".

"Perché?" fece Artemis, stupita.

JR si strinse nelle spalle. "E io che ne so. Vorrà dirti come ha intenzione di fartela pagare, suppongo. Mi auguro di poter avere il piacere di partecipare…".

"Bene. Digli di andare al diavolo. Se vuole parlarmi può scomodarsi a venire qua giù di persona!".

JR la guardò con un ghigno divertito. "Pensi ancora di poter dar ordini, bimba? Orami sei al game over, ti converrebbe mettere su una bella espressione contrita: chissà, magari con quel aspetto angelico riesci perfino a convincere qualcuno!". Ridacchiò ancora più sguaiatamente. "Forza, ho di meglio da fare che star dietro a te, mocciosa!".

Senza aspettare risposta, le si avvicinò e la tirò a forza fuori dalla cella: nel corridoio li aspettavano cinque sgherri armati di tutto punto.

"Paura di una mocciosa, JR?" lo schernì Artemis con espressione innocente, cercando di divincolarsi dalla sua presa. JR la lasciò andare con gesto stizzito. "Non provarci. Lo so come sei più fatta: sei più infida di un cobra e più pericolosa di una tigre. E anche Nandes lo sa. Ti avverto: non provare neppure a scappare o a giocarci uno dei tuoi scherzetti. Non avrei nessunissima remora a spararti un proiettile in mezzo alle scapole, chiaro?".

"Cristallino" rispose Artemis. "Immagino tu debba farmi strada…" aggiunse, ironica.

JR non fece commenti, ma si limitò a fare un cenno ai suoi uomini, che si disposero subito intorno ad Artemis, sbarrandole ogni via di fuga. In ultimo, l’uomo estrasse la pistola dalla cintura, togliendo la sicura. "Ricordati: nessuna remora. Bimba avvisata…".

"…Mezza salvata" concluse Artemis fra i denti, mentre si avviavano.

*****

A prima vista, l’ufficio di Nandes sarebbe potuto sembrare quello di un uomo d’affari. O al più di un assicuratore: una bella e grande scrivania in legno pregiato capeggiava al centro della stanza, circondata da alcune sedie coordinate. Dietro ad essa, svettava una comoda poltrona in pelle nera. Le pareti erano sobrie, completamente vuote, salvo qualche quadro qua e là. In un angolo faceva bella mostra di sé perfino una pianta di ficus.

Ma d’altro canto, anche Nandes, a un occhiata superficiale, sembrava più un direttore di banca che un boss mafioso. Rigorosamente in giacca e cravatta, portava i capelli neri tagliati corti e in ordine impeccabile. Non era particolarmente alto, né muscoloso: la sua scarsa prestanza fisica era stata equilibrata da madre natura da un cervello acuto e una mente atta a ordire trame.

Nandes aveva probabilmente un unico punto debole: amava la spettacolarità. E in questo senso, mancava totalmente di senso della misura: forse era per quello che aveva speso milioni per creare quel covo perfetto, che visto dall’interno spesso assomigliava più a un albergo di lusso che a un rifugio di criminali.

Quando JR aprì la porta e spinse dentro Artemis senza troppe cerimonie, Nandes era seduto alla sua scrivania a fumarsi un sigaro cubano.

Nell’eleganza dell’ambiente, JR sembrava brillare come un neon tanto sembrava fuori posto, con la sua t-shirt, il giubbotto di pelle e i jeans strappati. Anche Artemis si era sempre sentita a disagio di quel posto, pur non andando in giro vestita di stracci: la verità era che l’unico abito adatto sarebbe stato un tailleur.

Non appena li vide entrare, sorrise affabile. "Artemis, mia cara. Che piacere". Falso come Giuda…

Anche Artemis si dipinse sul volto un finto sorriso. "Non è che avessi molte alternative, mister N., no?".

Nandes ridacchiò. "Pungente come sempre, vedo".

"Mi mantiene giovane e magra" ribatté Artemis. "Non sai quante calorie bruci detestarti".

"Oh, con la tua faccia da studentessa delle superiori puoi anche star tranquilla" rise Nandes.

"Che vuoi Nandes? Di certo non ammazzarmi: non vorrai rischiare di macchiare le pareti…".

Nandes inclinò la testa di lato, come valutando qualcosa. "JR, lasciaci".

"Ma…" tentò di protestare quest’ultimo, ma Nandes lo interruppe con un gesto secco. "Fuori" ordinò perentorio. "Ti chiamerò se avrò bisogno…".

JR annuì, sconfitto e si allontanò. Prima di chiudersi la porta alle spalle, rivolse ad Artemis un’ultima occhiata di fuoco, come a dire "ti tengo d’occhio".

Artemis passò rapidamente in rassegna le sue possibilità. Poteva uccidere Nandes, ora che erano soli: sarebbe bastato tirare fuori il ciondolo, tagliargli qualche vena e poi colpirlo in testa con qualcuno dei suoi soprammobile. Il problema restava la fuga: non c’erano finestre nell’ufficio, Nandes le aveva fatte murare per sicurezza. E nel corridoio, l’aspettavano JR e i suoi galoppini: se avesse ucciso il suo capo, JR non avrebbe esitato due secondi a sparare a lei. E in ogni caso, se anche fuggiva, avrebbe abbandonato Ares al suo destino. Non poteva e non voleva farlo: Ares in quei tre anni era stato come un padre per lei, l’aveva accolta e le aveva dato una casa quando non aveva niente, non poteva lasciarlo così.

No, non ci sono vie di fuga questa volta, si disse con rammarico.

Nel frattempo, Nandes si era alzato e da un mobiletto in un angolo aveva tirato fuori una bottiglia di Whisky Incendiario e due bicchieri. Tornò a sedersi e riempì i due calici, porgendone poi uno ad Artemis.

"Avanti, non stare lì in piedi" rise. "Mica mordo".

"Su questo non scommetterei. Comunque, preferisco stare in piedi. E non voglio il tuo Whisky, grazie".

Nandes alzò le spalle. "Se cambi idea, è lì" disse, bevendone un sorso.

"Che cosa ne hai fatto di Ares?" chiese allora Artemis, vedendo che l’altro non aggiungeva nulla.

"Il tuo fedele cagnolino?" ripeté Nandes. "Oh, puoi star tranquilla, non gli ho torto un capello: è giù nelle Segrete come te, ad aspettare il mio giudizio…".

"Ci godi, non è vero?" lo aggredì Artemis. "A stare in cima al piedistallo, giudice, giuria e carnefice?".

"Qui ti correggo: probabilmente lascerò ad altri il piacere di finirti. JR apprezzerebbe…".

Artemis si limitò a guardarlo truce, mentre lui beveva un altro sorso di Whisky, ostentando calma e sicurezza.

"Allora, che hai intenzione di fare? Una bella fucilata, un coltello nelle scapole o una dose di cicuta? O magari ci scioglierai nell’acido muriatico per non lasciare prove…".

Nandes non rispose subito, fissando pensoso il fondo del suo calice. "Non lo so" ammise infine.

"Prego?"

"Ho detto che non so cosa farne di te, piccola serpe" ripeté seccato l’uomo. "Devo ammettere che mi dispiacerebbe rinunciare a te e a quell’armadio del tuo socio: siete tra i migliori che abbia avuto tra le mie file negli ultimi anni…".

"Sai perfettamente che non saremmo rimasti" ribadì la ragazza. "Una volta saldato il nostro debito, avevo messo bene in chiaro che ce ne saremmo andati per la nostra strada…".

"Vero" concesse Nandes. "Non ho mai capito il motivo di tanta ostilità nei miei confronti…".

"Ci hai stretti a te con l’inganno, ci hai quasi costretto a lavorare per tuo conto e ti chiedi il motivo della mia ostilità? Semplicemente non sono brava come Ares a nascondere i miei sentimenti con te".

"Anche questo non ho mai capito: per quale motivo lavorate insieme? So per fama che lui non ha aveva bisogno di te, quando ti prese sotto la sua ala e orami nemmeno tu hai più bisogno di lui: vi tarpate le ali a vicenda!".

"I concetti di amicizia e affetto sincero esulano dalla tua comprensione, Nandes" rispose Artemis. "Io e Ares siamo una squadra come tu non potrai mai averne, semplicemente perché tu e tutti i tuoi uomini guardate solo al profitto".

"Non farmi la morale, Artemis" la interruppe l’uomo. "Non voglio le tue lezioni di moralità".

"Sarebbe ipocrita farti la morale quando io per prima non sono certo un esempio di rettitudine. Volevo solo sottolineare un concetto: Ares è mio amico, prima che mio socio".

"Ho l’impressione che stiamo uscendo di seminato" osservò Nandes, dopo alcuni istanti. "Se non ricordo male, eravamo qui per discutere del tuo futuro".

"Posso chiederti una cosa? Perché non mi hai uccisa subito? Non è da te, tutta quella messinscena del narcotico eccetera: ti saresti risparmiato parecchie grane sparandomi sul posto…".

"Te l’ho detto, mi dispiace rinunciare a te. Nonostante il tuo tradimento, potresti essere ancora utile in qualche modo…".

Il modo in cui lo disse e l’occhiata che le lanciò misero Artemis sul chi vive: quel tono non le piaceva per niente. Nandes stava facendo i suoi conti, sapeva qualcosa che lei ignorava e stava cercando il modo per trarne un tornaconto. In quel momento, realizzò anche un particolare che fino a quel momento le era sfuggito. "Come hai fatto?" domandò. "Come hai fatto a sapere dell’ inganno dei galeoni falsi e organizzare l’agguato?".

Nandes sorrise. "Pensavo mi conoscessi meglio, Artemis". Indugiò un istante poi aggiunse: "Dimmi, il tuo amico Potter come sta?".

L’informazione ci mise alcuni secondi a far breccia nella mente di Artemis: tutto si aspettava meno sentire il nome di Drew in quel momento. Come aveva fatto? Non aveva più avuto contatti con Nandes dopo l’incontro con il ragazzo e di certo non glielo aveva detto Ares. La verità si affacciò alla sua mente con la violenza di un fulmine.

"Tu mi hai spiata!" gridò furiosa. "Come ti sei permesso, viscida tarantola?". Fece il gesto di saltargli addosso, ma prima di poterlo fare Nandes balzò in piedi e le puntò contro una pistola, rapido come un gatto. "Niente gesti inconsulti, vero, piccola?".

Artemis si bloccò a metà del gesto, respirando a fondo per cercare con scarsi risultati di recuperare il suo self-control.

"Come hai osato?" sibilò, sputando ogni parola con rabbia, come se fosse un insulto.

"Non ti sei più fatta viva" si giustificò Nandes in tono colloquiale, come se parlasse del tempo. "Temevo che volessi svignartela in qualche modo: ho dovuto salvaguardare i miei interessi…".

"Ovviamente. Come?".

"Buone vecchie cimici. Ce ne dimentichiamo un po’ troppo spesso non trovi? Sono almeno tre settimane che ti spio".

Riassumendo quando organizzavamo la liberazione di Hermione e quando stavo al Quartier Generale. Maledetta, viscida serpe!

"Ho scoperto parecchie cose interessanti" continuò Nandes, ghignando. "Come che te la fai con il ricercato numero uno del nostro amato Lord… Non ti credevo proprio il tipo che se la intende con quei cani… Anzi che tu e Ares faceste parte di quella feccia".

Artemis però lo stava ascoltando solo a metà. Quanto aveva scoperto? Ripassò mentalmente tutte le conversazione che aveva avuto con Drew: per fortuna il ragazzo all’epoca non sapeva la verità sulle sue origini altrimenti avrebbero rischiato di tradire tutto l’Ordine. Ma sapeva comunque troppo: sapeva del suo passato, sapeva che Ares era un Sanguesporco, sapeva che fraternizzava con Andrew Potter e l’Ordine della Fenice. E lei era nelle sue mani.

Ricordi che credeva sepolti da tempo riaffiorarono nella sua mente: una cella buia e fredda, la presenza dei Dissenatori, il ghigno sadico di Julius Osborne quando le aveva impresso il Marchio del Diavolo sulla pelle, la consapevolezza di aver distrutto tutto, i suoi genitori rinchiusi a loro volta…

Improvvisamente ebbe paura, non solo per lei, ma anche per la sua famiglia, per Drew, per l’Ordine: se Nandes la vendeva al Ministero sarebbero di nuovo corsi a salvarla. E preferiva non pensare a quello che avrebbero fatto ad Ares: ai Sanguesporco toccava spesso una sorte peggio della morte…

"Che cosa vuoi fare?" chiese un in mormorio, cercando di mantenere un’espressione impassibile.

Nandes sorrise, percependo di aver rotto le sue difese. "Ancora non lo so. Ci devo pensare: certo il Ministero mi pagherebbe profumatamente per dei bocconcini di questo calibro. Ma l’idea di dover fare un favore a quelli là non mi attira troppo. Ci dovrò pensare per bene".

Artemis lo osservò con odio: l’aveva in pugno, ne era consapevole e si godeva la vittoria. "Verme schifoso" sibilò.

Nandes la osservò sovrappensiero, poi si alzò in piedi e si avvicinò, fino ad arrivare a pochi centimetri da lei.

"Sai, se fossi in te, modererei i termini. Ho io il coltello dalla parte del manico. O preferisci un soggiorno ad Azkaban per te e i tuoi amichetti terroristi?".

"Che cosa intendi?" fece Artemis a disagio per l’eccessiva vicinanza.

Il sorriso di Nandes si fece più largo. La prese per le spalle, costringendola a guardalo negli occhi. "Intendo dire che se ti dimostrassi sufficientemente… compiacente, diciamo, potrei anche dimenticarmi quello che ho sentito su di te…".

Artemis intuì quello che stava per succedere e si divincolò con furia. "Non sono una delle tue sgualdrine, Nandes. Preferisco passare la mia vita ad Azkaban piuttosto!".

Nandes incassò la sconfitta con la sua solita classe e si allontanò. "Lo immaginavo" disse. "Sei una tipa tosta, Artemis, non ti vendi per così poco, vero? Peccato".

Esitò un istante poi chiamò: "JR".

L’uomo comparve all’istante, quasi si fosse smaterializzato. "Riporta la nostra ospite nella sua stanza. Controllatela ventiquattro ore si ventiquattro finché non avrò deciso cosa fare di lei".

"Certo, Nandes" garantì JR, prendendo Artemis per la spalla e pilotandola fuori.

"Rifletti sulla mia proposta, Artemis" lo sentì dire. "Magari di te stessa non ti importa niente, ma che mi dici dei tuoi amici?".

Artemis non fece in tempo a rispondere, siccome JR richiuse la porta alle sue spalle. Nella sua mente, paura, rabbia e senso di impotenza si accavallavano una all’altra in un turbine senza né capo né coda.

Pub Lupo di Mare

Londra.

Drew non ricordava di aver mai sentito il suo cuore battere con tanta furia. E dire che negli ultimi mesi ne aveva passate tante: aveva scoperto di essere un mago, era sfuggito tre volte all’arresto, aveva organizzato un’evasione al Ministero della Magia… Ma in quel momento, gli sembrava di non aver mai fatto niente di più pericoloso. Forse perché stava andando a infilarsi consapevolmente in una situazione potenzialmente mortale senza avere idea di come uscirne.

Si strinse di più nel cappotto lungo che indossava: era almeno dieci minuti che osservava l’ingresso di quel pub cercando di trovare il coraggio di entrarci. In quei dieci minuti, un arcigno buttafuori aveva cacciato a pedate almeno quattro persone, tutte dall’aspetto poco raccomandabile.

Ma d’altronde, nessuno nei dintorni aveva l’aspetto raccomandabile: si trovava in una zona piuttosto malfamata vicino al porto. Per la precisione, di fronte al Pub Lupo di Mare, dove di lì a poco si sarebbe incontrato con Franco Torres, un giovane ricettatore di origini spagnole della cerchia di Nandes, almeno stando alle informazioni desunte dal portatile di Artemis.

Si grattò il mento: il filo di barba non rasata cominciava a dargli seriamente fastidio. Circa mezz’ora prima, aveva di nuovo rubato la faccia del cugino di Christie, John, quello che viveva in India, adattando un po’ il suo aspetto alle esigenze di copione: adesso era Danny Burton, la controfigura che si era costruito insieme all’Ordine per la loro recita. Lo scopo era ovviamente avvicinare Torres, guadagnarsi la sua fiducia e farsi introdurre nel circolo di Nandes.

Non sapeva con esattezza quale parte della sceneggiata lo mettesse più a disagio: se il dover andare in giro armato di pistola e interpretare un criminale, se doversi mescolare e ingannare gente che gli avrebbe torto il collo senza troppi complimenti o se l’essere all’aperto, col rischio di vedersi piombare addosso i Mangiamorte in ogni momento.

È per Artemis, si ripeté per l’ennesima volta quella settimana. È per salvare Artemis e Ares che lo stai facendo. Ma nel contempo non poteva evitare di domandarsi come era arrivato a quel punto. Il tempo sembrava essere proceduto a scatti: un minuto prima stavano elaborando un piano sulla base di quanto contenuto nel portatile, quello dopo si era sentito offrirsi volontario come infiltrato, quello dopo era la telefono con Franco per fissare l’appuntamento, poi beveva la pozione Polisucco che l’aveva trasformato in Danny Burton ed infine eccolo lì, con la sola compagnia di un revolver che non aveva la minima intenzione di usare e di un vecchio cane brontolone.

Su quest’ultimo punto, l’Ordine era stato irremovibile: non ti ci mandiamo in mezzo ai pescecani da solo, aveva detto Luna. Ti rivogliamo tutto intero, aveva rincarato la dose Hermione. Così, siccome dovevano risparmiare le scorte di Polisucco per lui, gli avevano dato Padfoot come guardia del corpo pelosa.

L’idea di far entrare Sirius in un pub dove l’alcool scorreva a fiumi era pericolosa quasi quanto quella di far entrare un eroinomane in una raffineria d’oppio, ma non aveva trovato alternative. Non avevano tempo di preparare pozione sufficiente per due persone per un tempo così lungo, senza contare che non riusciva proprio a immaginare chi altri poteva accompagnarlo. Kitty, Ethan e Dora si scartavano a priori, Remus era troppo debilitato e Ted troppo vecchio, Fred e George avevano la priorità dei piani dell’Arma, Christie e Keith avevano il lavoro, Luna non avrebbe retto la pressione e Hermione portava ancora il peso delle settimane di prigionia. Perciò in nomination erano rimasti solo lui e Sirius. Che fortuna!

Prese un bel respiro profondo, e cercò lo sguardo acquoso del cane lupo accucciato ai suoi piedi. "Pronto, vecchio mio? Allora andiamo".

LYRAPOTTER’S CORNER

Ok, uccel di bosco ero e uccel di bosco sono tornata. Ormai le mie scuse suonano retoriche, ma sono sincere: ho passato alcune settimane infernali, combinando all’influenza compiti in classe a iosa e potete immaginare come mi senta. Il liceo a ucciso il mio spirito, dovrò fare causa ai miei professori prima o poi.

In secondo luogo, so che è un po’ cortino, ho deciso di spostare il colloquio tra Drew e Franco nel prossimo capitolo, che altrimenti sarebbe stato troppo corto: così invece di uno lungo e uno corto ne avrete due medi, vinciamo tutti, no?

Ah, ci tengo a precisare, non ho idea di come e quando aggiornerò di nuovo: marzo si prospetta ricco di impegni… voi aspettatemi, presto o tardi arriverò!

Comunque cosa ne pensate del mio personale Jabba the Hutt? Lo so un po’ diverso dal lumacone de "Il ritorno dello Jedi", ma tant’è…

Ragazzi, i vostri commenti mi fanno sempre arrossire… e anche un po’ spaventare, visto che ho ricevuto diverse minacce di morte (scherzose mi auguro) se non aggiornavo subito. beh, ho contenuto i tempi, no?

Nello specifico:

CharmedAlis: non preoccuparti, meglio tardi che mai, dico sempre io. Drew e Temis sono sì perfetti, ma visto che io sono malvagia e crudele, loro lo capiranno solo tra un bel po’. Mi dispiace, temo proprio che Ron sia morto e sepolto…se ti può consolare in uno degli ultimi capitoli ho intenzioni di inserire un flashback con lui!!!!!

Ino chan, tessò, grazie per il tuo complimento. Posso farti una domanda, per pura curiosità: ma come fai a gestire tante storie tutte insieme, io riesco a malapena a farne tre?

LadyMorgan, prima di tutto benvenuta nel circolo, in secondo luogo, giuro sull’Alleanza Ribelle di non interrompere la storia, ci sono davvero troppi casini da risolvere!!!!!

Chichetta99, thanks!!!!!!!!!!

Caillean, grazie mille anche a te, come sempre. Dispiace anche a me per Hermione, l’aspettano momenti difficili sul serio…

SakiJune, coccola, hai visto che ce l’ho fatta!!!!!!! È proprio a quello che miravo, mostrare quanto i maghi siano in impaccio di fronte alla tecnologia. Ovvio che Artemis pensava alla famiglia, non l’ha mai dimenticata e meno che meno poteva abbandonare Dora al suo destino. Come vedi Drew è già pronto a rischiare la pelle per Artemis, qualcosa sotto ci sarà…

Deidara, su, su non offenderti, non ti avevo avvisato, perché è stata una scelta dell’ultimo minuto, stavolta era più preparato, no? Mi dispiace farti attendere, ma se succedesse tutto subito, dopo che faccio per i restanti 2/3 della storia?

Ora basta, Freud e Bergson mi aspettano per un lungo pomeriggio di studio!!!!!!

Commentate numerosi, bacibaci!!!!!!!

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Capitolo 20
*** Trattative ***


MAGIC WARS

CAPITOLO XIX: TRATTATIVE

Pub Lupo di Mare

Londra

Il Lupo di Mare era fiocamente illuminato, tanto da lasciare in ombra vasti angoli del locale, e così ingombro da dare l’impressione che non ci sarebbe più entrato nemmeno uno spillo. Eppure la gente continuava ad andare e a venire, a urlare per attirare l’attenzione delle cameriere o semplicemente perché troppo ubriaca da rendersi conto di quello che stava facendo. L’aria puzzava di sudore, tabacco e Whisky scadente, tanto che il volto di Drew si contrasse in un’involontaria smorfia di disgusto, quando si immerse nell’asfissiante atmosfera del pub.

Bel posticino, considerò tra sé, guardandosi intorno in cerca, nel marasma di corpi e volti, di quello dell’uomo che doveva incontrare. Infine lo individuò, stretto in un angolo buio del locale, solo: un bel uomo sulla trentina, dai tipici tratti mediterranei, che beveva con aria annoiata una babbanissima birra scura, ascoltando distrattamente la musica diffusa da un vecchio jukebox.

"Stammi vicino" raccomandò sottovoce a Sirius, mentre senza esitare si dirigeva verso il tavolo di Torres.

A metà strada, tuttavia, si sentì apostrofare dalla voce poco amichevole del barista: "Ehi, tu! Quella bestia non può stare qui: sbattila fuori, subito!".

Prima che Drew potesse anche solo aprire bocca, Sirius decise di risolvere la questione a modo suo: scoprì i denti, ringhiando, cosa che, associata alla sua mole mica da ridere, lo fece apparire decisamente minaccioso. L’uomo dietro al bancone infatti arretrò, spaventato dalla reazione dell’animale.

"Fossi in te" osservò Drew, in un tono che sperava convincente, "eviterei di contrariarlo. L’ultimo che l’ha fatto non è più riuscito a camminare in modo autonomo…".

Il barista indietreggiò ulteriormente, fissando con rinnovato timore il cane, che non aveva accennato a muoversi di un millimetro, ma continuava a scrutarlo malevolo.

"Ci sono altri problemi?" chiese ancora Drew, con una dissimulata nota di panico, notando che la loro piccola sceneggiata stava attirando gli sguardi di parecchi avventori curiosi. E tanti cari saluti al mio proposito di tenere un profilo basso. Avrei dovuto mettere in conto che un cane della stazza di Sirius non passa inosservato, cavolo!

Il barista scosse convulsamente il capo, facendo cenno di proseguire. "Faccia come se fosse a casa sua. E anche la sua, ehm, adorabile bestiola è la benvenuta" balbettò, impacciato.

Tutto sommato, però, dubito che avrei ottenuto questo effetto, se Sirius si trasformasse in chihuaua o in barboncino. "Molto gentile, da parte sua. Andiamo, Padfoot".

Drew si riavviò verso la sua metà, facendo slalom fra i tavoli, il cane, nuovamente docile come un agnellino, attaccato alle sua calcagna. Drew sapeva bene che Sirius stava sfruttando al meglio la sua posizione per individuare ogni possibile via di fuga, se il piano fosse andato a rotoli per qualunque motivo. O magari, cercava di assorbire l’essenza dell’alcool rarefatto nell’aria, difficile a dirsi.

Si sedette di fronte a Torres che lo accolse con un ghigno sardonico. "Beh" esordì a mo’ di saluto, "certo non scherzavi dicendo che il tuo socio si fa riconoscere facilmente. Di sicuro, non si sforza di passare inosservato…". Parlava l’inglese in modo fluido, anche se un leggero accento che ne denunciava le origini ispaniche.

"Lo so: Padfoot tende a farsi notare". Drew esitò, poi aggiunse: "È un problema?".

"Affatto. Anzi, mi pare più affidabile di moti esseri umani che conosco…".

"Oh, lo è" garantì Drew, dando a Sirius una pacca sua spalla: il cane si era seduto di fianco a lui e scrutava torvo il locale, fulminando con lo sguardo chiunque si avvicinasse. L’immagine del perfetto cane da guardia. "Si butterebbe tra me e una pallottola se potesse" proseguì il ragazzo. "E non ha richieste particolarmente esose quando si tratta di sparite le torte, se capisci cosa intendo. Il compagno ideale".

Franco si grattò il mento con fare pensoso. "Interessante. Una guardia del corpo pelosa… Se è davvero come dici, dovrei prendere in considerazione l’idea di farmene uno anch’io".

"Non è mica semplice" lo avvertì Drew. "Tengo con me Padfoot fin da quando era cucciolo. La fedeltà magari l’hanno innata, ma sono stati necessari anni di addestramento e molta pazienza per farlo diventare quello che è". Gli diede un’altra affettuosa pacca, mentre dentro di sé si chiedeva quanto la recita stesse apparendo credibile agli occhi di Franco Torres. Evidentemente abbastanza, visto che lui lasciò cadere l’argomento e disse: "Ok, direi di passare alle cose serie, ora".

"Sono perfettamente d’accordo".

Torres annuì e fece un cenno alla cameriera. "Altre due, baby, grazie". Lei fece un cenno d’assenso e ricomparve poco dopo con due bicchieri di birra.

"Gli affari si discutono meglio davanti a una buona vecchia birra fatta alla vecchia maniera, non credi?".

"Assolutamente" concordò Drew, bevendo un sorso e imponendo alla sua faccia di mantenere un’espressione neutra. Mamma mia, che schifo! In vita sua, aveva bevuto birra solo una volta prima di allora, quando alcuni suoi amici avevano organizzato una specie di festino e si erano procurati alcool con dei documenti falsi. Tra l’altro, gliela avevano cacciata in gola quasi a forza ed era bastato per farlo partire per il mondo dei balocchi, visto che non era abituato a bere. I suoi compagni insistevano nel dire che in quel frangente avesse pure baciato una delle ragazze più popolari della scuola, ma Drew era quasi certo che se lo fossero inventato: i suoi ricordi di quella serata erano sbiaditi, ma mica tanto da dimenticarsi una cosa del genere. Quando poi Dudley l’aveva scoperto in bagno a vomitare perfino l’anima, gli aveva dato una ripassata tale da fargli passare la voglia di alcool per il resto della sua vita e anche di più.

Ma ovviamente, nella mascherata che stavano mettendo in piedi, non poteva certo sperare di bere del succo di mela: sarebbe stato appena un pelino fuori luogo. Così, non gli era restato altro che riempirsi lo stomaco, imporsi di non esagerare e pregare tutti i maghi passati, presenti e futuri che l’alcool non gli andasse alla testa troppo in fretta. Beh, almeno non è roba forte, si disse a mo’ di consolazione. Fortunatamente per lui, Franco non parve notare il suo disagio, bevve un lungo sorso con evidente piacere e osservò: "Sai, questo è rimasto uno dei pochi locali in tutta Londra a non servire le porcherie di quegli infami… Sai, Burrobirra, Whisky Infuocato o come cribbio si chiama… Puah, schifezze! Che il diavolo se li porti, i maghi e tutti i loro dannatissimo intrugli!". Esitò un istante, immerso in chissà quali considerazione, poi proseguì: "Allora, Danny, giusto?".

"Burton. Danny Burton. E tu sei Franco Torres".

"La mia fama mi precede, vedo". Torres ridacchiò. "Da quanto hai detto al telefono mi è parso di capire che avessi una richiesta da farmi. Sono tutto orecchi".

"Esatto" confermò Drew, mentre il cuore partiva al battergli all’impazzata. Il momento della verità: doveva solo sperare di essere convincente e riuscire ad abbindolare Franco e, in caso contrario, di essere abbastanza veloce e la porta non troppo lontana. "Si dice in giro che tu faccia parte della cerchia di Nandes…" continuò, deciso a prenderla alla lontana.

Capì subito di aver fatto la scelta giusta: al solo nominare Nandes, Torres si era irrigidito e la sua posa rilassata aveva ceduto il posto a uno sguardo da vecchio lupo sospettoso. "Chi lo dice?" domandò, in tono cauto, occhieggiando il suo interlocutore come una bestia potenzialmente pericolosa.

Drew restò sul vago. "Voci di corridoio. Sussurri. Chiacchiere".

"Chiacchiere?".

"Sì, chiacchiere".

Franco parve rilassarsi un poco. "E se anche io lavorassi per questo Nandes, cosa che non sto affatto confermando, perché la cosa dovrebbe interessarti?".

Drew aveva l’impressione di giocare una partita a scacchi su una fune sottile: una sola mossa sbagliata e sarebbe stato scacco matto, il che avrebbe probabilmente significato la morte non solo sua, ma anche di Ares e Artemis. Era di vitale importanza perciò non commettere quel fatale passo falso. Il che implicava anche il non dimostrare fretta e prestarsi ai guardinghi giochi di parole dello spagnolo. "Perché sono interessato a offrire a Nandes i miei servigi e un’intercessione da parte tua mi farebbe comodo".

Una luce d’interesse brillò negli occhi di Torres: l’ispanico stava evidentemente calcolando tutte le alternative e cercando il suo tornaconto. "Che tipo di servigi?" domandò.

"Ricettazione, principalmente. Ma sono aperto a qualunque tipo di incarico".

Franco si grattò il mento, pensieroso, studiando il giovane di fronte a lui da capo a piedi. "Un lavoratore generico, eh? Interessante. Molto interessante".

"Ho attirato la tua attenzione?" chiese Drew, in tono apparentemente casuale, in realtà carico di ansia speranzosa. Anche Sirius, all’apparenza sonnecchiante ai suoi piedi, si stava bevendo ogni sua singola parola.

"Può essere, Burton, può essere. Ma è ancora tutto da vedere. Cosa ti fa credere che Nandes ti potrebbe volere al suo fianco?".

"Ritengo di possedere qualità che potrebbero tornargli utili. E che il favore di Nandes possa aiutarmi a costruirmi una reputazione".

"Ammettendo di essere sufficientemente influente per fare ciò che chiedi, io cosa ci ricavo?".

"La mia amicizia". Notando l’espressione scontenta di Franco, Drew aggiunse subito: "E io sono molto generoso con i miei amici… Diciamo il 15% dei miei futuri introiti. Più un piccolo anticipo".

Detto questo, fece scivolare sul tavolo un sacchetto. L’inconfondibile tintinnio di monete sonanti risuonò per un istante, facendo luccicare di avidità gli occhi di Franco. Proprio su questo contava Drew: che la prospettiva di un guadagno facile facesse passare a Torres la voglia di fare troppo domande. Era costata una bella fatica procurarsi quel denaro: avevano dovuto impegnare parte dei mobili dell’attico di Ares e Artemis e Christie e Keith avevano arrotondato la cifra con i loro risparmi. In totale avevano messo insieme più di duecento galeoni, un cifra che Drew sperava sufficiente per comprare l’aiuto di Franco.

L’ispanico allungò la mano, facendosi scivolare in grembo il denaro. Finse di riflettere alcuni istanti, poi disse, sempre in tono misurato: "Si potrebbe fare…".

"Si potrebbe fare o si può? C’è una sottile ma rilevante differenza…".

"Per il 20%, quel condizionale potrebbe diventare un indicativo…" buttò lì Torres, osservando attentamente il suo interlocutore.

Fu il turno di Drew di fingere di riflettere: da parte sua avrebbe anche detto subito di sì, ma sapeva di doversi mostrare più prudente nei confronti di quei soldi di cui non gli importava nulla.

"Direi che abbiamo un accordo" disse infine. "Anche se mi costa caro…".

"Nulla a questo mondo è gratis, compare" osservò Franco. "Tuttavia, per festeggiare questa nuova amicizia sarò lieto di offrirti da bere…".

"Molto gentile da parte tua. Allora, siamo d’accordo".

Torres annuì. "Parlerò con Nandes. Sappi però che l’ultima parola spetta a lui. Ti cercherò io quando avrò la sua risposta".

"Attenderò con impazienza" lo rassicurò Drew, alzandosi in piedi, subito imitato da Sirius. I due si strinsero la mano, a suggellare l’intesa, poi Drew si allontanò e uscì con il cane alle calcagna, cercando di non mostrare fretta nell’andarsene.

Solo quando ebbe messo cinque isolati tra lui e il Lupo di Mare e fu certo che nessuno lo seguisse, si permise di accelerare il passo e assumere una posa più rilassata, rilasciando un sospiro di sollievo.

"Beh, direi che è andata bene" disse. Sirius abbaiò con fare entusiasta.

La Casa

Londra

"Ancora non capisco…" borbottò JR all’indirizzo del suo capo.

"Che cosa non capisci, mio viscido amico?" domandò Nandes, senza nemmeno sprecarsi a guardarlo, sorseggiando distrattamente il suo Whisky Incendiario.

"Perché hai tenuto in vita Artemis e Ares?" chiese JR. "Hai ammazzato gente per molto meno di quello che hanno tentato di fare quei due…".

Nandes sorrise tra sé. "Ho i miei buoni motivi, JR, credimi. Ho i miei buoni motivi".

"E quali sarebbero?". JR appariva piuttosto nervoso: non gli piaceva essere tenuto all’oscuro dei piani del suo superiore.

Quest’ultimo tuttavia si limitò a stringersi nelle spalle. "Diciamo solo che quelle piccole serpi potrebbero valere più da vive che da morte, in questo momento. Sto cercando di capire se ne valga la pena…".

Non aveva detto a nessuno, né aveva intenzione di farlo, dei piccoli scheletri che Ares e Artemis avevano astutamente nascosto nell’armadio, essenzialmente per due motivi. Il primo, e puramente materiale, era che molti ospiti della Casa, alla prospettiva di soldi facili, avrebbero potuto facilmente soffiargli la preda da sotto il naso e intascarsi quanto il Ministero avrebbe offerto per quei due. Il secondo, potenzialmente più pericoloso, era che nella sua cerchia l’atteggiamento verso i maghi e quelli della loro razza andava dall’odio più viscerale al terrore puro: sapere di averne ben due sotto lo stesso tetto, con cui per di più si era lavorato gomito a gomito, avrebbe potuto suscitare reazione inconsulte e minare alla base la stabilità del suo regno criminale. Avrebbe pertanto tenuto il segreto finché non avesse deciso al cento per cento cosa fare, il che implicava ovviamente non dire nulla a JR.

Il suo secondo assunse un’espressione scontenta. "Non ti fidi di me, Nandes?".

"Ma, no, cosa vai a pensare: in questo edificio sei al persona di cui mi fidi di più, dopo me stesso. Non è mancanza di fiducia la mia…".

"E allora cos’è?".

Prima che Nandes potesse rispondere, qualcuno bussò alla porta dell’ufficio. "Sì?".

Franco Torres entrò nella stanza, con espressione piuttosto impacciata. "Disturbo?".

"Ah, Franco" lo accolse Nandes. "Niente affatto, ti stavo aspettando. JR, puoi andare, di certo hai qualche affare da sbrigare…", che tradotto in parole povere, stava a dire "levati dai piedi, che sei di troppo".

JR si limitò ad annuire, fece un cenno di saluto a Torres, che ricambiò, e uscì, chiudendosi la porta alle spalle.

"Allora" esordì Nandes, osservando attentamente il ricettatore. "Com’è andato il tuo affare in madrepatria?".

"Sono moderatamente soddisfatto, grazie dell’interessamento" rispose Franco. "Ho guadagnato meno di quanto sperassi, ma ha sufficienza per non considerare il tutto una perdita di tempo".

"Bisogna sempre guardare il bicchiere mezzo pieno, vero? Vuoi qualcosa da bere?" domandò, servendosi un altro bicchiere, per poi sedersi alla scrivania.

Al suo cenno, anche Torres lo imitò, declinando l’offerta. "No, grazie, penso che mi rifarò più tardi…".

"Giusto, tu non gradisci particolarmente le bevande magiche… Nemmeno io, in verità, ma questo Whisky non è niente male".

Franco non commentò, limitandosi a fissare un punto del tavolo.

"Se non ricordo male, volevi dirmi qualcosa…" lo incalzò Nandes. "Ammetto che mi hai incuriosito…".

"Oh sì, una cosa curiosa. Ieri sera mi sono incontrato con un tizio, un ricettatore, Danny Burton, che mi ha chiesto di intercedere presso di te".

"Un ricettatore?" ripeté Nandes, quasi tra sé. "Certo di quelli non ce n’è mai abbastanza in giro. Uno in più potrebbe farmi comodo… Cosa sai di lui?".

"Non molto in verità" rispose Franco. "È stato molto criptico sul suo passato… Comunque mi è parso avesse delle buona qualità…".

Nandes ridacchiò. "Dì la verità, quanto ti ha pagato per venire a dirmi queste sviolinate?".

Torres arrossì, imbarazzato. "Nandes, io non so…", ma l’altro lo interruppe con vago cenno della mano. "Ah, non ti preoccupare. Siamo essere umani, no? E come tali abbiamo tutti le nostre debolezze…".

"Comunque, credo che dovresti incontrarlo. In fondo che hai da perdere?".

Nandes assunse un’espressione pensosa, ponderando i pro e i contro. Al di là di tutto, quel Burton sembrava avere buone potenzialità: aveva scoperto che Franco era interno al suo giro e abbastanza vicino a lui da poter fare da ponte tra loro e aveva sufficiente faccia tosta da osare fare una proposta del genere. Senza contare che con la defezione di Ares e Artemis aveva bisogno di qualcuno che prendesse il loro posto. Sì, quel tipo poteva fargli comodo… e in fondo, era sempre in tempo per cambiare idea, giusto?

"Molto bene. Portamelo qua, così vedremo se dietro alle tue parole c’è più di una semplice, vile bustarella…".

"D’accordo, penso di poter combinare per domani sera. Una sola cosa: tu non hai problemi coi cani, vero?".

Quartier Generale

Dell’Ordine della Fenice

Londra.

"Continuare a fissare quel coso non lo fare suonare prima, Sirius" osservò Remus, in tono stanco. "Perché non vai a stenderti un attimo, sei distrutto…".

"Sto bene" ribatté Remus, senza risultare particolarmente convincente e senza distogliere lo sguardo dal telefono cellulare posato sul tavolo.

"Non ti fa bene tutto questo stress, lo sai" insistette ancora Sirius. "Ti sei appena rimesso in piedi dopo il plenilunio…".

"Sto bene, Sirius, smettila di preoccuparti".

"Non posso finché tu non ricominci a usare la testa. E siccome questo non accadrà finché Artemis non sarà di nuovo sotto questo tetto, mi toccherà continuare a preoccuparmi ancora per molto".

Remus non commentò: sapeva che Sirius aveva ragione, sapeva che si stava stancando troppo e che questo presto o tardi avrebbe avuto delle conseguenze, ma non poteva farci nulla. Sirius non poteva capire, non completamente almeno, non aveva figli: era una cosa più forte di lui, la stessa forza che aveva spinto James e Lily a morire per Harry, che aveva indotto Ginny a sacrificare la sua vita per quella di Drew, che aveva portato lui e Dora tra le braccia dei Mangiamorte tre anni prima.

"Quando avrai figli, capirai quello che provo in questo momento…" buttò lì.

Sirius rise. "Quando avrò figli? Remus, credo che per me quel treno sia partito da tanto tempo ormai… Non so se ti rendi conto, ma vado, anzi andiamo, per i sessanta, non ho più l’età per mettermi a far figli…".

"Allora, prima di tutto, hai 55 anni, perciò i sessanta sono ancora lontani. Secondo, l’ultima volta che ho controllato, sono soprattutto le donne a doversi preoccupare dell’orologio biologico…".

"Già, perché tu conosci qualcuna che farebbe un figlio con me, vero?".

"Beh, così su due piedi un nome mi viene in mente…" disse Remus, in falso tono meditabondo, indicando con un cenno del capo Luna, che nemmeno a farlo apposta passava in quel momento per il corridoio.

Sirius sbuffò. "Non ricominciare con questa storia, Remus. Io e Luna abbiamo le stesse probabilità di mettersi insieme quante ne ho di diventare ministro della magia…".

"Ah, ormai ho rinunciato a cercare di farti ragionare su questo argomento, Padfoot. Ricordati quello che ti dico, però: un giorno, magari non troppo lontano, ti pentirai di non esserti fatto sotto con Luna. E quel giorno mi auguro di essere ancora qui per poterti dire "te l’avevo detto"!".

Sirius non rispose, fissando il tavolo. In un mulo doveva trasformarsi, altro che cane, pensò Remus. In quell’istante squillò il telefono.

Sala Grande della Casa,

Londra.

La Sala Grande, come era stata ribattezzata, era un ampio salone che poteva essere un incrocio fra una sala conferenze, un pub e una discoteca. Arredato sobriamente, fornito di un bar sempre aperto e di spettacolo gratuito, era il luogo all’interno della Casa dove il circolo di Nandes si riuniva per parlare di affari, scambiarsi opinioni, ingraziarsi il capo o più semplicemente fare bisboccia senza rischiare di incorrere in sanzioni. Ogni sera, la Sala Grande si riempiva della peggiore feccia criminale Babbana della città, che il più delle volte coglieva l’occasione per ubriacarsi gratis o fare baldoria. Il tutto sotto l’occhio perennemente vigile di Nandes o i suoi fedelissimi, che controllavano che le cose non degenerassero troppo oltre i limiti dell’indecente. Per quanto, questi soggetti avessero un concetto piuttosto relativo di cosa fosse indecente…

La notte in cui Drew fece per la prima volta il suo ingresso nella Sala Grande, sotto le false spoglie del ricettatore Danny Burton, era una serata come tante altre, non fosse stato per il fatto che l’aria era un po’ meno festaiola del solito, anzi quasi carica di elettricità e curiosità repressa. La notizia che il capo avrebbe ricevuto un potenziale "nuovo" si era diffusa a macchia d’olio, così come una piuttosto colorita e ovviamente assai poco veritiera immagine di quest’ultimo. Prima ancora di sapere che faccia avesse, più della metà dei presenti era fermamente convinta che Danny Burton fosse un asso nel tiro a bersaglio, che potesse bere due litri ti tequila restando sobrio e che una volta aveva ordinato al suo mastino di azzannare in una non meglio precisabile parte del corpo un tizio semplicemente perché l’aveva urtato per sbaglio. Tutto questo si era aggiunto alla diceria secondo cui Burton sarebbe subentrato al posto di Ares e Artemis nella cerchia più stretta di Nandes.

Di fronte a tutta questa aspettativa, è facile immaginare la delusione che provarono molti nel trovarsi di fronte un uomo di non più di trenta anni, di aspetto assolutamente comune, per non dire insignificante, che non sembrava dotato di nessuna qualità particolare, a parte evidentemente una buona dose di faccia tosta. Quello che colpì di più fu l’enorme cane lupo nero come la pece che gli trotterellava a fianco, docile e innocente come un agnellino, non fosse stato per il fatto che quelle zanne davano l’idea di poter staccare un braccio con un morso.

Bene, Sirius ha fatto la sua impressione, constatò tra sé Drew, osservando le reazioni degli uomini intorno a lui, mentre al seguito di Franco si dirigeva verso il centro della Sala.

A quel punto la sua attenzione fu calamitata dall’uomo comodamente seduto su un’ampia poltrona in fondo alla stanza, con un bicchiere mezzo pieno in mano e l’aspetto rilassato di chi si sente padrone del mondo. Intorno a lui, almeno cinque uomini vigilavano sulla scena, sicuramente pronti a mettere mano alle armi al primo segnale di pericolo. Fra quest’ultimi, Drew, riconobbe JR, l’uomo della registrazione del Gufo Messaggero, quello che aveva sparato ai suoi amici. Bene, si va in scena. A noi due, Nandes, che vinca il migliore.

Franco si fermò a circa una decina di passo dal capo. "Nandes" lo salutò.

"Franco. Suppongo che questo sia l’uomo di cui mi hai parlato tanto entusiasticamente… Benvenuto nella mia umile dimora".

"Grazie, signore" rispose Drew, in tono cauto, simulando un sorriso. "È un onore essere qui".

"Sì, lo è davvero" confermò Nandes, con un ghigno compiaciuto. "Ma ti prego, chiamami Nandes, certe formalità le aborro in casa mia".

"Come preferisci, Nandes".

"Allora, Danny Burton. Il tuo nome non mi dice assolutamente nulla…".

"Non sono da molto qui in Inghilterra, infatti" cominciò a spiegare Drew. Era giunto il momento di scoprire se la storia che aveva messo in piedi era davvero buona come era parsa all’Ordine. In caso contrario, beh, poteva solo sperare in una morte non troppo dolorosa, probabilmente: con tutta la buona volontà, c’erano almeno un centinaio di persone in quella stanza, tutti potenziali assassini e lui e Sirius erano completamente soli. "Mi sono trasferito dall’America alcuni mesi fa, in cerca di nuove opportunità…".

"Dall’America? Interessante… Posso sapere come sei arrivato al mio nome?".

"La tua fama ti ha preceduto, Nandes. Ho sentito parecchio parlare di te, da quando sono arrivato in Inghilterra, e sono rimasto molto colpito. Ero curioso di incontrare il Babbano che riesce a tenere sotto scacco le forze del Lord e a gestire un impero criminale di questa portata…".

Nandes parve compiaciuto da quel complimento detto tra le righe. Tuttavia il suo tono si mantenne neutro e cauto. "Certo capirai che non posso ammettere nel mio circolo tutti i pischelli che capitano alla mia porta…".

"Non mi aspettavo nulla di diverso" gli assicurò Drew. "Sarò pronto a dimostrarti le mie capacità in qualunque momento…" aggiunse, mentre interiormente si chiedeva a quale prova Nandes l’avrebbe sottoposto.

L’uomo lo osservò con fare calcolatore, soppesando le sue parole. "Dimmi, da quanto tempo tieni con te quella bestia?" domandò poi a sorpresa, cogliendo Drew completamente alla sprovvista.

"Oh, beh, anni" rispose dopo alcuni secondi di esitazione. "Da quando era cucciolo, l’ho addestrato personalmente…".

"Perciò, ipoteticamente parlando" proseguì Nandes, poggiando il bicchiere su un tavolino, "se adesso estrassi al pistola e ti sparassi, lui cercherebbe di difenderti, giusto?".

Prima che Drew potesse rispondere, successero tre cose in rapida successione: Nandes levò appena il braccio destro, dalla sinistra di Drew partì uno sparo e Sirius scattò, veloce come un falco. Un istante dopo, Drew era a terra, con Sirius praticamente sdraiato sopra, che ringhiava minacciosa all’indirizzo di Nandes, che non appariva per nulla turbato da quanto successo, anzi sembrava decisamente soddisfatto. Il proiettile era andato a conficcarsi nel pavimento, a dieci centimetri buoni da dove si trovava prima Drew: anche senza l’intervento di Sirius, il colpo l’avrebbe mancato. In un lampo capì cosa era accaduto veramente…

"Era una prova?" domandò incredulo, col cuore che batteva come un tamburo: quando aveva sentito lo sparo, gli era quasi venuto un infarto, credeva che la sua copertura fosse saltata in qualche modo. Invece era tutta una messinscena, come gli confermò lo stesso Nandes, ghignando.

"Sei sveglio, ragazzo. Una qualità che potrebbe tornare utile…".

"Perché?" insistette Drew, spingendo via Sirius e rimettendosi in piedi: il cane rimase accucciato in posizione difensiva, evidentemente ancora pronto a scattare se ce ne fosse stato bisogno.

"Volevo essere certo che non avessi raccontato un mare di balle, Danny. Per quel che ne sapevo io, quel cane poteva essere solo un’interessante coreografia…".

"Ti assicuro che non lo è e per il tuo bene ti consiglio di non fare ulteriori esperimenti. Non so se potrei fermarlo una seconda volta…".

"Lo terrò presente. Comunque direi che hai superato brillantemente la prima parte della prova…".

Drew trattenne il sorriso esultante che minacciava di affiorargli sul volto: non gli era sfuggito quel "prima parte".

"Cos’altro devo fare?".

"Beh, il tuo compagno si è dimostrato all’altezza delle tue parole, no?" osservò Nandes, in tono casuale. "Ora è il tuo turno: dopodomani, arriverà giù al porto una partita di fucili high-tech: roba sofisticata, che non si trova dal rigattiere. Portamene almeno la metà e potrai considerarti dentro…".

"Tutto qui?".

"Tutto qui" confermò Nandes. "E se dovessi fallire, non preoccuparti a tornare. Al più, potresti mandarci il tuo socio, visto che lui la sua prova l’ha superata…".

"Oh, non ti libererai di me così facilmente, Nandes. Ci vediamo fra tre giorni…".

"Ci conto". Nandes gli levò il calice in segno di congedo. Drew e Sirius si mossero verso la porta, senza far trapelare la loro fretta.

Appena si chiusero la porta alle spalle, esplosero le chiacchiere e i commenti all’interno del salone.

Drew non aprì bocca finché non fu di nuovo all’aria aperta, molto lontano dalla Casa e il suo pericoloso re.

"Bene, abbiamo tre giorni per escogitare la mossa successiva…" disse, infine, appoggiandosi contro la parete, respirando a fondo, rilassando i muscoli rimasti tesi per il nervosismo fino a quel momento. Poteva fare con calma: la Polisucco gli garantiva ancora un’ora di copertura prima di riprendere le sue sembianze e con la Smaterializzazione ci avrebbero messo un istante a tornate la Quartier Generale. "Che facciamo?" domandò, rivolto a Sirius. L’animale scrollò la testa, si guardò guardingo intorno e poi riprese il suo aspetto umano.

"Ci pensiamo a casa, direi. Vieni, allontaniamoci dalla strada…".

Drew lo seguì in un vicolo laterale. "A proposito, ottimo salvataggio" si complimentò.

"Grazie. Niente di speciale. Ottima interpretazione".

"Grazie. Credo che questa storia mi stia togliendo vent’anni di vita…".

"Se può consolarti, sei andato bene. Avresti ingannato pure me…"

Drew sorrise. "Speriamo che la finzione continui a reggere così bene…".

"Un passo alla volta. Prima mettiamo le mani su quei fucili…".

LYRAPOTTER’S CORNER

Buon primo giorno di primavera, miei cari lettori (sempre ammesso che ce ne sia ancora qualcuno, coi tempi di aggiornamento che ho preso), anche se considerato il gelido vento assassino che spirava oggi dalle mie parti, non si direbbe proprio aria di primavera.

Che posso dirvi, credo di cominciare a prenderci gusto a scrivere di Nandes&co., è un piacevole diversivo rispetto al solito, cambiare il cattivo. Senza contare che mi piace come l’ho sviluppato, il mio Jabba…

Una piccola noticina, credo che il mio computer stia impazzendo: rileggendo il capitolo per la correzione, mi sono accorta che per qualche oscuro motivo aveva sostituito tutti i nomi propri con "Remus". All’inizio, pensavo a un mio errore, ma quando me ne sono ritrovati cinque di fila, in un punto dove ero sicura di aver scritto i nomi giusti, ho capito che deve essere il mio server a giocare qualche strano scherzo…In ogni caso, penso di averli corretti tutti, se trovate un Remus in un punto dove non dovrebbe stare, mi scuso per la svista…

E ora, spazio ai ringraziamenti:

Ara chan, benvenuta in famiglia, conoscere fan della mitica vecchia trilogia è sempre un grande piacere. Grazie infinite e a risentirci!!!!!!

lucia_hp, un caldo benvenuto anche a te e un grazie di cuore per i tuoi complimenti!

ino chan, uffa, lo voglio anch’io un lavoro del genere (calma, Lyra, un passo per volta, prima pensa alla maturità!). Sono felice di averti fatto ridere, visto che nelle tue fanfiction mi succede sempre, ricambio il favore…

LadyMorgan, purtroppo non ho aggiornato troppo presto, il mio tempo è quello che è e finché non inviteranno i giorni da trenta ore (o non finirà la scuola), l’andazzo resterà questo. Beh, insomma, vorrei vedere, tra Han e Jabba corre un abisso di un paio di miliardi di miglia (se non l’hai capito, io AMO quell’uomo, peccato che ormai anche Harrison Ford sia un po’ stagionato). Comunque, non credo che Sirius abbia un corrispondente ben definito nella trilogia, diciamo che fa quello che capita…

Deidara, come promesso, eccoti il nuovo capitolo, anche se in ritardo perfino per i miei pronostici, contavo di postare ieri, ma poi si è fatto tardi, cascavo dal sonno e non avevo voglia di litigare con Pagebreeze… Grazie come sempre del tuo commento, aspetto tue notizie…

Non ho idea di quando posterò il prossimo capitolo, mi avviso subito, è il turno della altre fanfiction, e settimana prossima me ne vo’ a Weimar in gita scolastica, perciò niente computer per una settimana. Comunque, conto di farcela per le vacanze di pasqua (ma prendetela con le pinze, ormai dovreste saperlo…).

Fatevi sentire numerosi, mi raccomando, bacibaci!!!!!!!!!

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Capitolo 21
*** Dentro al giro ***


MAGIC WARS

CAPITOLO XX: DENTRO AL GIRO

La Casa

Londra

"Cosa prendi, Danny?".

"Il solito, grazie" rispose Drew, con un falso sorriso. Sembrava incredibile, ma ancora non si era abituato al sapore della birra, anzi aveva quasi l’impressione che ogni volta che ne beveva gli facesse più schifo. Ma d’altronde, era meglio quella di molto altro: alcune sere prima, Franco lo aveva praticamente costretto a bere una tequila. Poco ci era mancato che non finisse con la testa sul tavolo. Perciò aveva deciso di mantenersi su gradazioni alcooliche al di sotto dei cinque gradi almeno finché non avesse imparato a reggerlo un po’ meglio. Ossia, probabilmente mai: non aveva idea di quanto ancora avrebbe dovuto recitare la parte di Danny Burton, ma non sarebbe certo stato per così tanto tempo.

Ne era passato pure troppo, per i suoi gusti, e di fatto non avevano ancora concluso nulla. Ormai era trascorso quasi un mese dal primo incontro con Nandes e la sua "prova d’iniziazione", se così la si poteva chiamare. Per sua fortuna, grazie a qualche incantesimo e una botta di fortuna, non era stato particolarmente difficile procurarsi i fucili high-tech pretesi da Nandes. Ancora ricordava l’espressione di quest’ultimo quando si era ripresentato da lui con le armi rubate: aveva avuto le netta impressione che volesse baciarlo tanto era contento di rivederlo. O più probabilmente di vedere esaudita la sua richiesta.

Da quel momento, la strada di Drew era stata tutta in discesa. Nandes era sospettoso come una volpe, malgrado la faccia cordiale, era il tipo che al primo accenno sospetto ti infilava dell’arsenico nel bicchiere, ma la condotta di Drew era stata talmente ineccepibile, il suo atteggiamento talmente solerte che Nandes aveva preso velocemente in simpatia il ragazzo e gli aveva accordato la sua fiducia. Del resto, Drew per raggiungere il suo scopo era pronto anche a mettersi ad abbaiare, se questo fosse servito a compiacere Nandes. Se voleva avere una chance di liberare Artemis e Ares, ovunque fossero, doveva ingraziarsi Nandes il più possibile per evitare di sollevare sospetti.

Sulla scia del loro capo, l’atteggiamento del resto del circolo della Casa verso "Danny Burton" andava dall’assoluta indifferenza alla guardinga cordialità. Franco Torres appariva fin troppo amichevole, difficile dire se per genuina simpatia o più probabilmente se non fosse guidato da vile amor d’interesse (c’era pur sempre quel famoso 20% su tutti i futuri introiti di Drew). Era comunque piacevole avere una faccia amica in quel mondo di squali o perlomeno qualcuno con cui scambiare due chiacchiere.

L’unico che non fingeva nemmeno di provare indifferenza nei confronti di Drew era JR. Fin da subito, il ragazzo aveva capito che quell’uomo gli avrebbe creato problemi: gli era apertamente ostile e non faceva nulla per nasconderlo. Evidentemente non si era fatto abbindolare dalle sue menzogne e aveva intuito che il nuovo arrivato nascondeva qualcosa. Drew sperava solo che questi sospetti non acquisissero più fondamento e soprattutto che non instillasse anche in Nandes il germe del dubbio: in quel caso sarebbe stata la fine.

Per quanto riguardava Sirius, invece, JR non si limitava a una tacita e vigile ostilità: era vero e proprio odio. Ogni volta che l’animale era nei paraggi, JR lo fulminava come se volesse incenerirlo e non perdeva occasione per prenderlo a pedate. O per meglio dire a provarci, visto che Sirius non era proprio il tipo da farsi mettere i piedi in testa. Anzi, quando c’era JR nei paraggi, tendeva a gonfiarsi come un pavone e a sembrare ancora più minaccioso del solito. È come quando in un pollaio ci sono due galli: entrambi sanno che uno dei due è di troppo e che deve sparire. Tutto sta nel vedere chi cederà per primo…

Del resto, Sirius non era particolarmente popolare nemmeno tra gli altri membri del gruppo di Nandes: la sua mole, unita al suo atteggiamento che fluttuava tra il freddo e l’ostile, lo avevano reso estremamente impopolare, per non dire temuto, quasi da tutti. Fortunatamente per lui, questi erano anche i motivi per cui nessuno osava anche solo pensare di potersi sbarazzare dell’animale. Oltretutto, Nandes pareva l’unico ad averlo preso in simpatia, per chissà quale ragione, e nessuno ci teneva a contrariare il boss…

"Ehi, Danny, eccoti qua!".

Drew si voltò, in tempo per vedere Franco avvicinarsi e sedersi su una poltrona di fianco alla sua: tra le mani stringeva saldamente un bottiglia di alcool non meglio identificabile.

"Buona sera, Franco" lo salutò in tono cordiale. "Iniziavo a chiedermi dove tu fossi finito…".

Franco sbuffò sonoramente. "Grane con un fornitore" spiegò. "Cercava di fregarmi, ci ho messo tre ore per sistemare tutto…".

"Problema risolto, mi auguro?".

"Non cercherà più di fare il furbo con me" gli garantì Franco. "Su questo ci puoi scommettere!".

"Non avevo il minimo dubbio". Drew sorrise, bevendo un sorso di birra.

All’inizio, trovava difficile parlare con Franco, soprattutto perché non sapeva mai come comportarsi, cosa poteva dire e cosa sarebbe stato fuori luogo. Col tempo aveva imparato e tutto era diventato più semplice. Inoltre, doveva ammettere che tutto sommato Franco non gli dispiaceva: quando ci si metteva, poteva essere più logorroico di una vecchia comare, sebbene sapesse sempre a quale punto fermarsi. Infatti spesso parlava di tutto tranne che di lavoro, cosa di chi Drew era più che felice: meno parlavano di sparatorie, furti e saccheggi e più era contento.

"E a te come è andata la giornata?" domandò Franco dopo un po’.

"Nulla di importante. Giornata tranquilla".

"Ah, ti invidio" borbottò l’altro, chiudendo gli occhi e stiracchiandosi all’indietro. "Sono distrutto: me ne andrei volentieri a letto, se potessi…".

"Cosa te lo impedisce?".

"Devo discutere con Nandes di un certo affare". Franco fece una smorfia disgustata. "E quando il capo chiama…".

"…Noi rispondiamo, già" concluse Drew per lui. "Spero sarà una cosa veloce".

"Oh, non preoccuparti per me: queste mi terranno sveglio il tempo sufficiente per sistemare Nandes e trascinarmi al mio letto al piano di sopra".

Infatti, tra le altre comodità che Nandes offriva ai suoi fedeli, c’era la garanzia di un letto sicuro in qualunque momento e per qualunque lasso di tempo. Tant’era vero che Drew aveva occupato in blocco un appartamento quando aveva saputo di quella opportunità. All’inizio faceva avanti e indietro dal Quartier Generale, ma lui e Sirius avevano concluso fosse più sicuro così: evitavano di farsi scoprire sia dai Mangiamorte sia da eventuali spie di Nandes o JR.

In quel momento, la musica cambiò e sul palco, mezzo avvolte nel fumo, comparvero una decina di ballerine, in abiti piuttosto succinti, che cominciarono a danzare, per la gioia degli astanti.

"Ah" fece Franco, accomodandosi meglio sulla poltrona con un ghigno soddisfatto. "Questo sì che mi piace: niente di meglio che qualche ballerina sexy per riattizzare i sensi di un uomo, non credi?".

"Assolutamente" concordò Drew in tono neutro, bevendo un lungo sorso per poter evitare ulteriori commenti. La realtà era che quegli spettacoli, malgrado ormai ci si fosse abituato, lo mettevano decisamente a disagio. Del resto non poteva mica andare a dire a quelle persone che le sue esperienze con le ragazze rasentavano lo zero assoluto: era solo una delle tante cose che sarebbero apparse fuori luogo.

In quel momento, Sirius comparve trotterellando, andando a sistemarsi di fianco al suo compagno. Drew gli grattò distrattamente un orecchio. "Allora, dove ti era cacciato, bello?" domandò in tono retorico.

Il cane lo fissò un istante negli occhi e Drew intuì subito il messaggio implicito in quello sguardo: nessuna novità. Drew imprecò mentalmente. Avevano concordato da tempo che in quel gioco di ruoli Drew avrebbe messo la faccia e Sirius gli occhi e le orecchie: approfittare del fatto che gli altri lo credessero un semplice cane avrebbe potuto permettergli di origliare discussioni utili al loro scopo. Ovvio che fino a quel momento non avevano avuto fortuna: qualunque cosa fosse accaduta ad Ares e Artemis, sembrava che nessuno volesse parlarne.

Di questo passo, non ce la faremo mai, pensò sconsolato. Osservò con occhio critico l’uomo seduto di fianco a lui, immerso nello spettacolo sul palco, per non dire quasi ipnotizzato: probabilmente non aveva nemmeno notato l’arrivo di Sirius. Ok, è ora di prendere il toro per le corna!

"Ehi, Franco! Franco!" chiamò, quasi urlando per farsi sentire.

"Amo le ballerine francesi" dichiarò lui, senza il minimo senso logico. "Queste sono di sicuro francesi".

"Cosa te lo fa dire?" domandò Drew, incuriosito.

Franco ridacchiò, con aria superiore. "Mai stato in, diciamo, intimità con una donna francese, Danny? Nessun altra ha quel non so che di vagamente snob e superiore nello sguardo: è qualcosa di particolare, un atteggiamento come a dire ‘sei fortunato anche solo per il fatto che ti rivolgo la parola’! E quelle ragazze hanno esattamente quel non so che…".

"Ti crederò sulla parola" lo liquidò Drew. A lui quelle ballerine non sembravano altro che ballerine, come sempre del resto. Franco, dal canto suo, sembrava quasi capace di leggere la vita di quelle ragazze semplicemente guardandole ballare.

"Comunque, posso farti una domanda?" chiese, tornando sull’argomento che gli premeva.

Franco parve distaccare a malincuore gli occhi, tuttavia disse: "Spara pure, sono tutt’orecchi!".

Drew prese un silenzioso profondo respiro, prima di parlare: sapeva di star andando a inerpicarsi sull’ennesima china scivolosa, doveva scegliere le parole con attenzione. Che fatica fare l’infiltrato! Quando questa storia sarà finita penso che dormirò per un mese per riprendermi dallo stress!

"Mi stavo chiedendo…" esordì, in tono cauto. "Quando sono arrivato in Inghilterra ho sentito parlare di questi tizi… magari li conosci…". Bene così Drew, prendila più alla lontana possibile. Notò anche che raccontare balle che suonassero convincenti si stava facendo sempre più facile, ora che sapeva muoversi meglio in quel mondo.

"Che tizi?" domandò Franco, incuriosito.

"Ares e Artemis, si chiamano. Giù al porto li nominavano spesso…".

Franco parve improvvisamente a disagio, distolse lo sguardo, tornando a fissare le ballerine, rigirandosi la bottiglia tra mani. "Ah, Ares e Artemis" mormorò quasi sovrappensiero.

"Ne deduco che li conosci?" fece Drew, in tono speranzoso. Anche Sirius aveva rizzato le orecchie e ascoltava carico di tensione. Forse stavolta ce l’avevano fatta!

"Se li conosco?" ripeté Franco. "Certo che li conosco: fino a non molto tempo fa facevano parte della cerchia più stretta di Nandes. In effetti, fino a poco prima del tuo arrivo…".

"Come mai non li ho mai visti in giro? Cosa gli è capitato?".

Franco si guardò intorno con fare circospetto. "Non so se è un bene parlarne: Nandes non gradirebbe…".

"Terrò le labbra cucite" gli garantì Drew, assumendo un tono cospiratore.

Franco ci rifletté sopra alcuni istanti, bevve un lungo sorso e alla fine osservò: "Beh, in fondo non morirà nessuno se ne parlo, giusto? In verità è una storia piuttosto complicata e io non la conosco che in parte".

"Non preoccuparti, ho tutto il tempo…".

"Dunque, da dove cominciare? Visto che vieni da fuori probabilmente non hai la minima idea di chi siano, Ares e Artemis, giusto? In sostanza, sono un duo di contrabbandieri, anche se il loro margine d’azione è molto più ampio. Ares lavora nell’ambiente da anni. Quando io ho cominciato, lui era già in attività da tempo, e non è che io abbia cominciato proprio ieri, sai… Comunque, Ares era un tipo solitario, lavorava in proprio e non aveva mai manifestato il desiderio di affiliarsi. So che Nandes glielo propose, perché era bravo, davvero bravo nel suo lavoro, ma lui declinò cortesemente l’offerta. Nandes accettò il rifiuto a patto che Ares non gli pestasse mai i piedi, se capisci cosa intendo. Nel nostro ambiente era quasi una leggenda: quell’aspetto imponente (credo superi di due metri d’altezza) soldi a palate, scostante, sempre sulle sue…

Finché un giorno non spunta quella ragazza. O per meglio dire ragazzina, Artemis, che avrà avuto sì e no sedici anni: sembravano due esseri agli antipodi, lui, il gigante dalla parlata difficile e il colpo facile, lei con quell’aria da bambina sperduta e quell’aspetto angelico. Mai prima impressione fu più falsa, te lo dico io: Artemis è più pericolosa di una tigre, più infida di un cobra e più bastarda del peggiore dei Mangiamorte. Non ho la più pallida idea di cosa li abbia avvicinati, ma da che si sono conosciuti tre anni fa, non si sono più separati. Ares ha preso la piccoletta sotto la sua ala e ha plasmato una creatura a sua immagine e somiglianza, solo in versione più malefica, tant’è che in breve Artemis ha preso le redini di tutti i suoi affari. E lui l’ha lasciata fare! Aveva un che di comico vedere quel bestione manovrato da quella sottospecie di demonio in gonnella, che era la metà di lui. Aveva un che di inquietante, quella ragazza: riusciva sempre a ottenere quello che voleva come e quando lo voleva…".

Drew non commentò, colpito dalla fosca opinione che Franco aveva della giovane Lupin: non sembrava proprio la persona che lui aveva conosciuto nella sicurezza dell’Attico e del Quartier Generale. Ma del resto, rifletté guardandosi intorno, in un universo prettamente maschile dove le donne sono tutt’al più oggetti sessuali, quale altra alternativa aveva Artemis per sopravvivere se non inventarsi una maschera da infida carogna che le garantisse un minimo di rispetto? Beh, di certo le è riuscito anche troppo bene…, pensò, ripensando alle parole di Franco.

"E poi, che è successo?" domandò, curioso di conoscere i retroscena di una storia di cui lui conosceva giusto la superficie. "Da quello che mi dici non sembrano proprio i tipi da affiliarsi così strettamente a Nandes…"

"E non lo erano" confermò Franco. "Erano in rapporti amichevoli con il nostro boss (nei limiti in cui possono esserlo, ovvio!), ma non avevano mai manifestato il minimo desiderio di abbandonare il loro affari privati e associarsi. Cosa strana, anche perché Nandes non ha mai lesinato in offerte con loro: erano tra i migliori, un pericoloso rivale per lui, ma anche un possibile, prezioso alleato. Devo essere sincero, non ho idea di cosa fece loro cambiare idea, più o meno sei mesi fa. Fatto sta che all’improvviso divennero i più fedeli cagnolini di Nandes, se mi passi la metafora: lavoravano esclusivamente per lui, a colpi grossi, per di più, di cui il grosso dei proventi finiva immancabilmente nelle tasche di Nandes.

È andata avanti così qualche mese, poi c’è stato l’affare "Big Jim". Doveva essere un lavoretto semplice e pulito, una partita di coca arrivata fresca, fresca dalle piantagioni brasiliane, loro dovevano semplicemente ritirare la merce e portarla al magazzino, una cosa da scolaretti. E invece, qualcuno ha fatto una bella soffiata alla polizia, che ha quasi beccato loro, confiscato la droga e arrestato altri quattro uomini. Risultato: un danno immediato di duemila galeoni e un incidente diplomatico con i nostri soci brasiliani. Nandes era furibondo, a dire poco: penso gli avrebbe volentieri freddati entrambi su due piedi. Invece, Artemis è riuscita ancora una volta a usare le sue doti da plagiatrice e a farsi concedere un mese per saldare il debito. Ora, tu penserai che si siano dati da fare, come avrebbe fatto qualunque persona di buon senso…".

"Non è stato così?" domandò Drew, pur sapendo già la risposta. E sapeva anche il motivo per cui Ares e Artemis non avevano potuto pagare il loro riscatto: avevano aiutato lui a salvare Hermione.

Franco ridacchiò chioccio. "No. Che stupidi idioti, Dio solo sa cosa hanno fatto durante il mese a loro concesso, fatto sta che quando si sono presentati all’appuntamento con JR per pagare il conto, hanno tentato di rifilargli dei galeoni falsi. E così tanti cari saluti ad Ares e Artemis!".

"Sono… morti?!" chiese Drew, mentre lo stomaco si contraeva in una morsa d’orrore. Non poteva essere, dopo tutto quello che avevano fatto, non potevano essere morti.

Franco scrollò le spalle. "Francamente, non ne ho idea. Nandes non perdona facilmente offese del genere, ma di solito le sue punizioni sono più pubbliche. Una sorta di monito, capisci. Invece, stavolta la faccenda è passata sotto silenzio… Certo, è possibile che Nandes li abbia rinchiusi da qualche parte nelle Segrete e si sia dimenticato di loro…".

"Le Segrete?" ripeté Drew. "Cosa sono le Segrete?".

"Non lo sai? Pensavo che qualcuno te ne avesse parlato… Le Segrete sono una prigione sotterranea, proprio sotto i nostri piedi, in confronto alla quale il labirinto di Dedalo impallidisce. Nessuno sa orientarsi là sotto, a parte Nandes, probabilmente: immagina decine e decine di corridoio tutti uguali su cui si aprono le porte di piccoli bunker di quattro metri quadrati. Il posto ideale per far scomparire qualcuno dalla faccia della terra. Se Ares e Artemis sono finiti là sotto, sta pur certo che non ne usciranno vivi!".

Franco tacque, aspettando una reazione che non arrivò. Dopo alcuni istanti di silenzio: "Beh, io vado a parlare con Nandes, a questo punto. Ci si vede, Danny!".

Scolò l’ultimo sorso della bottiglia e si allontanò con un cenno della mano, a cui Drew rispose distrattamente, con la mente ridotta a un vespaio di pensieri incoerenti.

******

La stanza che Drew occupava all’interno della Casa era piccola e spartana: un letto, un armadio, un tavolo con due sedie e un piccolo bagno con lo spazio vitale appena sufficiente per un uomo. Non era certo il massimo, ma Drew lo trovava il miglior rifugio del mondo: solo lì, in tutta la Casa, si sentiva sul serio al sicuro, libero di rilassarsi e abbandonare la maschera di Danny Burton e tornare a essere semplicemente Drew Potter. In tutti i sensi, visto che quello era l’unico luogo dove si permetteva di non bere la Pozione Polisucco ogni due - tre ore e riguadagnare così il suo vero aspetto.

Ovvio, all’inizio non era stato così: nel timore di essere spiato, aveva passato la prima settimana di pernottamento con un occhio aperto e i sensi perennemente all’erta. Quando poi la fiducia di Nandes era diventata più solida, aveva deciso di rilassarsi un po’ e concedersi un po’ di riposo, altrimenti avrebbe rischiato l’infarto.

Due sere dopo l’illuminante conversazione con Franco, Drew sedeva a gambe incrociate sul letto, passandosi una mano tra i perennemente disordinati capelli rossi, contando le fialette di Pozione che gli erano rimaste. Ancora sette. E un quarto, concluse, prendendo in mano un boccetta quasi completamente vuota. Il che significava che aveva sì e no ancora due giorni prima di restare scoperto e cercando di razionare il più possibile. Spero sul serio che a casa abbiano preparato altre scorte, altrimenti saremo nei guai.

"Ehi Sirius, hai finito o devo venire a ripescarti?" chiamò.

Dal piccolo bagno giunse la voce spazientita dell’Animagus. "Un momento, arrivo!".

Poco dopo, la porta si aprì e Sirius comparve, mezzo nudo e accompagnato da una nuvola di vapore.

Drew lo guardò scioccato. "Cosa stavi facendo, la sauna?" chiese, alzandosi per richiudere la porta. "Mamma mia, si muore!".

"Ehi!" si difese Sirius, frizionandosi alacremente i capelli. "Provaci tu ad andare in giro in forma di cane ventiquattro ore su ventiquattro per un mese intero! Per di più in questa sottospecie di nido di pulci". Si grattò distrattamente dietro un orecchio. "Mi stanno divorando vivo. Almeno con il vapore ne faccio schiattare un po’!".

Drew fece una smorfia di disgusto. "Stanotte dormi per terra, sia chiaro. Non ho intenzione di riempirmi di pulci. Dove sei andato a prendertele, poi?".

Sirius si strinse nelle spalle, grattandosi furiosamente una spalla. "E che ne so? Non credo che Nandes faccia molto caso alla disinfestazione, sai. O sarà stato in giro, da qualche parte: quelle piccole bastarde infestatrici si nascondono dappertutto!".

"Ok, ok, appena ho un po’ di tempo andrò a comprarti uno shampoo antipulci, contento?".

"Come una pasqua" lo rimbeccò Sirius, sarcastico. "E sarò ancora più contento quando riuscirò a grattarmi la schiena".

E in effetti, l’Animagus si stava dando al contorsionismo per raggiungere un punto in mezzo alle scapole. Drew sbuffò. "E già che ci sono, ti comprerò anche un grattaschiena" disse, mentre si faceva avanti e risolveva lui il problema dell’amico sfregandogli la schiena. "Comunque, dobbiamo mandare un messaggio a casa: siamo a corto di Polisucco, ormai".

Sirius si infilò la maglietta, contando velocemente il numero di boccette rimaste sul tavolo, poi annuì. "Più tardi manderò un Patronus a Remus. Così, già che ci sono, gli dico che sta andando tutto bene e che siamo a buon punto per tirare fuori dai casini la sua figlioletta. Chissà, magari serve a tranquillizzarlo un po’".

"Ne dubito. Tu piuttosto sei sicuro di quello che vuoi fare, vero?".

Sirius sbuffò sonoramente. "Certe volte, sei più logorante di tuo padre, Remus, Luna, Hermione e Ted messi insieme! Ne abbiamo discusso fino alla nausea. Se vuoi perderti senza speranza in quel labirinto, facciamo pure a cambio!".

"Come fai a essere sicuro che non ti perderai TU nelle Segrete?" insistette Drew, ponendo la domanda per la centesima volta.

"Te l’ho già detto: seguirò il mio naso. Sono sicuro che presto o tardi troverò una traccia dell’odore di Artemis da qualche parte. E, prima che tu obietti, come posso entrare, posso seguire la mia stessa scia per uscire".

"Ma…".

"Ti ho detto di stare tranquillo, paparino" lo interruppe Sirius. "Mi hai ripetuto le istruzioni almeno un miliardo di volte: non farti vedere, stai attento, profilo basso, non ti distrarre, niente mosse avventate, se li trovo torno subito, niente litigi lungo la strada, eccetera, eccetera… sono grande abbastanza, non ho bisogno di una babysitter!".

"Sì, lo so. Scusa" fece Drew, abbassando il capo. "È solo che vorrei che questa storia fosse già finita!".

"Fidati, nessuno più di me sarà felice di tornare a dormire al Quartier Generale".

Sirius finì di vestirsi, si asciugò alla meglio i capelli con la bacchetta, che poi infilò in tasca. "Bene, io sono pronto. Non aspettarmi: vedrai che andrà bene!".

Detto questo, riprese la sua forma animale. Drew si alzò e andò ad aprirgli la porta "Buona fortuna, Padfoot. E mi raccomando, fa attenzione!".

Quartier Generale

Dell’Ordine della Fenice,

Londra.

Luna Lovegood non era mai stata una persona che potesse definirsi equilibrata, non nell’accezione comune del termine, perlomeno. Il soprannome "Lunatica" non era certo arrivato a caso dai suoi compagni di scuola. E crescendo non era particolarmente migliorata, nonostante la dura vita che lei, come tutti i membri dell’Ordine, aveva fatto avrebbe dovuto farle smettere di vedere Nargilli e Ricciocorni Schiattosi dietro ogni angolo. Ma Luna apparteneva a quella categoria di persone che potrebbero definirsi affette da sindrome di Peter Pan, che continuano a vedere il mondo attraverso gli occhi innocenti dei bambini anche quando sono cresciute e dovrebbero affrontare la realtà.

Forse, in effetti, era proprio tutto quello che aveva vissuto che l’aveva fatta diventare così: la morte che l’aveva trovata fin da piccola e l’aveva accompagnata in tutta la sua vita da adulta, il tradimento di Rolf, con cui aveva sperato di poter costruire qualcosa, la guerra, la paura continua… Forse era arrivata alla conclusione che fosse più facile continuare a guardare il mondo in modo più semplice: le permetteva di nascondersi da realtà che non poteva, o non voleva, affrontare. Ma nascondersi non è certo la soluzione ai problemi, anzi, di solito li rende solo più grandi. Ma Luna continuava comunque a scappare, scappare da quel qualcosa, o meglio quel qualcuno, troppo complicato da affrontare e di cui temeva troppo le conseguenze.

Ma un atteggiamento del genere non resta senza segni, soprattutto quando si è costretti a vivere gomito a gomito con delle persone per tanto tempo…

Quel pomeriggio, stava preparando la cena, quando Hermione entrò in cucina e si sedette su una sedia con un sospiro stanco.

"Che succede?" chiese Luna, alzando appena lo sguardo sull’amica.

"Ninfadora" rispose solo Hermione in tono tetro.

Anche la Corvonero s’incupì. "Cosa è successo ancora?".

"Una crisi. Di nuovo. Io e Ted abbiamo dovuto sedarla per poterla calmare. Temo che quel poco che era rimasto dei suoi nervi stia cedendo definitivamente…".

"È per questa situazione" commentò Luna, in tono non troppo convincente. "Avverte la tensione che c’è nell’aria e la manifesta nell’unico modo di cui è capace…Quando Drew e gli altri torneranno, tutto andrà a posto".

"Ora parli come Remus" osservò Hermione. "So che potrebbe essere anche questa una spiegazione, ma dobbiamo anche considerare l’eventualità che il problema sia più profondo. Che ci sia sul serio qualcosa che non va…".

"Non ha mai manifestato il minimo cambiamento da quando l’abbiamo riportata qui" obiettò Luna con veemenza.

"Lo so. Ma la mente umana è qualcosa di troppo complesso per poter essere analizzato alla perfezione. Non abbiamo mai potuto offrire a Tonks cure adeguate al suo stato, è possibile che gli eventi delle ultime settimane abbia provocato qualche danno nel suo organismo già debilitato".

"No, non è così" ribadì in tono sicuro Luna. "Sono sicura che quando Artemis tornerà, Dora recupererà il suo vecchio equilibrio".

"Capisco che ti possa far piacere pensarlo…" tentò dire Hermione, ma l’altra la interruppe: "Io ne sono sicura".

Il tono con cui lo disse spinse l’altra a rimangiarsi la replica che aveva sulle labbra e a tacere. Le due rimasero in silenzio per un po’, ciascuna immersa nei suoi pensieri.

Luna prese ad affettare con una certe violenza le carote. Quei gesti convulsi, di solito più controllati e misurati, non sfuggirono all’occhio attento di Hermione. La donna sospirò: evidentemente non era soltanto Dora a risentire di quella situazione.

"Luna, tu come stai bene?" domandò.

L’altra non le rispose subito, ma prese a tagliare le carote ancora più rudemente di prima. "Io?" disse infine. "Sto benissimo. Mai stata meglio in vita mia. Perché mi fai una simile domanda?".

"Perché sembra che quelle carote di abbiano fatto un grandissimo torto, dal modo in cui ti stai accanendo su di loro. E sappiamo entrambe che non stai ‘benissimo’. Perché non mi dici la verità?".

"Non c’è nessuna verità" borbottò Luna, fissando ostinatamente il tagliere. "Non ho proprio idea di dove tu voglia andare a parare, Hermione. Certo sono preoccupata per tutto quello che sta succedendo, ma per il resto è tutto a posto. Tutto come al solito, assolutamente nulla di cui… AHI!".

Come era prevedibile, siccome a ogni parola la donna aveva preso a muovere il coltello sempre più in fretta badando sempre meno a quello che stava facendo, aveva finito con il tagliarsi la mano.

"Aspetta" intervenne Hermione, prendendola per un braccio. "Mettilo sotto l’acqua corrente".

La condusse al lavandino e aprì il rubinetto, ficcandoci sotto il dito offeso.

"Non è nulla di grave" balbettò Luna. "Solo un taglietto".

"In realtà, battevi quel coltello talmente forte che ti sei quasi staccata il dito" annunciò Hermione, studiando la ferita più da vicino. "Nulla di serio, comunque" aggiunse, prendendo la bacchetta e puntandola contro il taglio.

Luna avvertì una sensazione di calore, accompagnata da una tiepida luce azzurrina, avvolgerle la mano soffocando il dolore, mentre l’incantesimo di guarigione faceva effetto. Quando la luce scomparve, del taglio era rimasta solo una pallida cicatrice che sarebbe scomparsa di lì a pochi giorni. "Grazie, Hermione" disse, liberandosi della presa dell’amica e facendo per tornare al tagliere.

Hermione tuttavia la bloccò. "Ferma lì. Meglio tenerti alla larga dai coltelli per un po’, altrimenti finirai con l’uccidere qualcuno!".

Luna scrollò le spalle. "Non so di cosa stai parlando…".

"Lo sappiamo entrambe di cosa sto parlando: parlo di Sirius e del fatto che, da quando si è trasferito alla Casa con Drew, tu stai letteralmente impazzendo dall’ansia!".

"Io…" balbettò Luna, senza sapere cosa dire. "Tu… ecco… veramente noi…".

"Dai, sediamoci" la incoraggiò Hermione, guidandola verso il tavolo. "Sediamoci e parliamone con calma".

"Non c’è nulla di cui parlare" cercò di difendersi l’altra, sentendosi irrimediabilmente scoperta.

"Sì che c’è. Ho fatto la gnorri anche per troppo tempo, è ora di parlare seriamente di questa questione, prima che comincino a volare dita mozzate per la cucina!".

"Quale questione? Non ti sto seguendo…".

"Sì che mi segui, solo è più facile continuare a far finta di nulla. Sto parlando di te e Sirius. Di voi due, insieme".

"Non c’è nessuno ‘noi’ tra me e Sirius" protestò Luna. "Non c’è e non c’è mai stato!".

"Solo perché tu non hai voluto" affermò Hermione in tono convinto. "Per Merlino solo sa quale ragione, è stata solo tua la decisione di respingerlo. Non pensi che sia ora di smettere di giocare al gatto e il topo: Sirius ti muore dietro da secoli, ormai, e anche tu provi lo stesso, lo sappiamo entrambe, perciò basta mascherate!".

Luna non rispose subito, impegnata com’era a fissare le venature del tavolo. "È complicato…" borbottò alla fine.

"È complicato solo perché tu lo rendi tale: se solo accettassi i tuoi sentimenti, Sirius ti accoglierebbe a braccia aperte".

"Non è così semplice" protestò ancora Luna. "C’è questa dannata situazione di prigionia forzata, c’è la guerra…".

"Proprio perché c’è la guerra dovreste approfittare di ogni momento disponibile".

"È sbagliato… potrebbe essere mio padre".

"Anche tra Remus e Dora c’è una discreta differenza d’età e questo non ha mai creato difficoltà".

"Tredici anni non sono ventuno…" obiettò ancora Luna, con la netta impressione di sentire le sue dita scivolare sullo specchio su cui si stava affannosamente arrampicando.

Lo notò anche Hermione, che le rivolse uno sguardo di muto rimprovero. "Stai accampando scuse. La realtà è che sei innamorata di Sirius e la cosa ti fa talmente paura che preferisci passare il resto della tua vita da sola piuttosto che metterti in gioco. Ma non devi: Sirius ti ama come un pazzo, non ti farà soffrire".

"Credevo che nemmeno Rolf mi avrebbe fatto soffrire e guarda come è finita. Per colpa sua, io e mio padre siamo stati quasi uccisi!".

"Sirius non è Rolf, non ti tradirà come ha fatto lui".

Luna scosse il capo in modo convulso. "Tu non puoi capire, Hermione. No, non fare quella faccia: è la verità. Hai amato un solo uomo nella tua vita ed è stato Ron, che si sarebbe dannato piuttosto che farti del male in qualunque modo. Non puoi sapere cosa si prova a vedersi tradite da una persona che si ama".

"Hai ragione" confermò Hermione. "Non so cosa si prova. Ma posso dirti che un giorno ti pentirai di non aver afferrato l’attimo quando potevi. Io e Ron abbiamo passato almeno sei anni a litigare, anni durante i quali avremmo potuto essere felici. Anni che non torneranno indietro mai più. Vuoi sul serio vivere con il rimorso di non averci nemmeno provato?".

Luna non seppe trovare risposta a questa domanda: rimase in silenzio, immersa nei suoi pensieri, piena di confusione e dubbi.

La Casa,

Londra

Nel corso delle tre notti che aveva passato a vagabondare per la Casa, Sirius scoprì fino in fondo quanto gli fosse utile la pessima fama che contornava l’amico a quattro zampe di Danny Burton.

Malgrado girasse per zone in cui la sua presenza era indubbiamente fuori luogo, le poche persone che aveva incrociato nelle sue perlustrazioni si erano guardate bene dal fermarlo, scacciarlo o ostacolarlo in qual si voglia maniera. I più gli rivolgevano occhiate spaventate e facevano dietrofront o si appiattivano contro il muro finché non passava. A meno che non fossero stati troppo ubriachi: in tal caso, difficilmente notavano la sua presenza, figuriamoci averne paura.

L’unico che Sirius evitava con cautela era JR: data l’aperta antipatia che l’uomo nutriva verso di lui, giudicava poco saggio farsi vedere in zone sospette come le Segrete in piena notte.

Tuttavia, nonostante l’ampia libertà di movimenti, le sue ricerche non avevano ancora dato frutti. Il vero problema era che il naso di Padfoot doveva destreggiarsi fra troppo odori estranei, non riusciva a individuare quello di Artemis in quel parapiglia. Oltretutto, quasi sicuramente la pista lasciata dalla ragazza era piuttosto vecchia, risaliva almeno a un mese prima e poteva essere stata nel frattempo coperta con qualcos’altro. Ma Sirius era ben lontano dal demordere: avrebbe ritrovato la sua figlioccia, anche a costo di farsi cascare il naso.

Era carico di questa determinazione che la quarta notte si aggirava nella zona ovest delle Segrete, il naso saldamente incollato al pavimento, le orecchie tese ad avvertire il minimo segnale sospetto.

Mamma mia, che sonno! Chissà che ore sono: di certo sto vagabondando da almeno tre ore in questo labirinto. Il che significa che minimo, minimo sono le due di notte. Il che significa che non potrò dormire prima delle quattro, ora che rifaccio tutta la strada e ritorno alla camera di Drew. Sbadigliò, stiracchiandosi, per poi cominciare a grattarsi con forza. Dannate, fottutissime pulci. Dai, Sirius meglio non pensarci. Concentrati piuttosto su quello che devi fare. Avanti, Artemis, devi pur essere da qualche parte, piccola. Non è possibile che tu sia arrivata qua sotto volando. Puah, che schifo, qualcuno dovrebbe lavarsi un po’ meglio i piedi! Scommetto che è JR: riconosco il vago aroma. Dovrei prendere il considerazione l’idea di staccargli una gamba: magari poi la pianta di cercare di prendermi a pedate, quella sottospecie di scimmia ritardata! Cosa gli ho fatto di male, poi, devo ancora capirlo: chissà perché mi ha preso così in antipatia… uomo frustrato, ecco la verità: vorrebbe costruirsi una banda tutta sua, ma non ha il cervello sufficiente per farlo. O le palle per mettersi contro il suo capo!

Accidenti, ho una voglia matta del mio letto: chissà come se la cavano a casa… chissà come sta Luna… alt, niente pensieri vietati ai minori, Black, concentrati sul tuo compito! Merlino, sembravo proprio Remus: sei contento, vecchio lupastro? Alla fine mi hai rov-… Un momento, cos’era quello?

Si fermò di botto, annusando con tale intensità che avrebbe potuto aspirare il pavimento. L’aveva già sentito quel profumo… Tombola!, pensò vittorioso. Alla fine ti ho scovato, piccola!

Riprese a camminare: la pista era piuttosto stantia, in certi punto si distingueva appena, ma c’era, chiara come il sole. E ora che aveva qualcosa a guidarlo, poteva proseguire più spedito e a passo più sicuro.

Infine si fermò davanti a una porta, ovviamente chiusa a chiave, davanti a cui la pista si interrompeva bruscamente.

Eccoti qua! Si sarebbe messo ad abbaiare dalla gioia, se non fosse stato estremamente stupido. Ma prima di mettersi a festeggiare, doveva avere una conferma.

Studiò la porta e scoprì che all’altezza degli occhi c’era una porticina, apribile solo dall’esterno, che di certo serviva a comunicare con il prigioniero senza dover aprire la porta. Sirius si guardò intorno: il corridoio buio era assolutamente, completamente deserto e silenzioso. In fondo, sono solo pochi minuti, gli suggerì la parte più spericolata della sua mente. La saggia voce di Remus gli diceva di non fare scemate, ma Sirius si era esercitato tutta una vita a non ascoltarla.

Così, pochi secondi dopo, riprese la sua forma umana, estrasse la bacchetta e mormorò "Lumos", in risposta alle esigenze dei suoi sensi umani, che al buio si trovavano più in difficoltà di quelli di Padfoot. Dopodiché, aprì lo spioncino.

"Artemis?" chiamò in un sussurro.

Dall’interno giunse il rumore di qualcuno che si sposta, poco dopo una voce, incredula, ma famigliare: "Zio Sirius? Sei tu?".

Il volto di Artemis comparve davanti a quello di Sirius. La prigionia aveva fatto decisamente male al suo aspetto: il suo volto era pallido e emaciato, le guancie incavate, i capelli biondi nel disordine più totale. Tuttavia nei suoi occhi brillava ancora la luce della determinazione. Davanti alla luce improvvisa dell’incantesimo, socchiuse gli occhi: la sua espressione restava l’immagine stessa dello stupore.

"Ehi, piccola" la salutò Sirius. "Come va nei bassifondi?".

"Cosa… Cosa ci fai qui?" esalò la ragazza.

"Non è ovvio? Faccio quello che farebbe qualunque buon padrino: tirare fuori la sua figlioccia dalla prigione del boss criminale con cui si è inguaiata!".

"Come hai fatto?".

"Ah, non ringraziare me: il piano è in gran parte idea e attuazione di Drew".

"Drew?" ripeté Artemis incredula. "Parliamo della stessa persona? Andrew Harry Potter? Quello riesce a malapena ad aiutare sé stesso, figurati qualcun’altro!".

"E invece non se l’è cavata affatto male, il ragazzo" affermò Sirius. "È una storia complicata. E questo non è il luogo o il momento più opportuno per raccontartela. Ti basti sapere che presto ti tireremo fuori".

"Vi metterete nei guai: se Nandes vi becca…".

"Non lo farà: siamo entrati nelle sue grazie. Tu sta tranquilla. Dobbiamo solo decidere un piano d’azione: pochi giorni e sarà tutto a posto".

"Voi siete matti" mormorò la ragazza, incredula. "Non potete fare niente: se anche mi tirate fuori, non riusciremo mai a lasciare la Casa tutti interi".

"Ehi, quanta fiducia riponi in noi! Ti ricordo che parli con un ex Malandrino: deve ancora nascere chi riuscirà a fregare Sirius Black. Sono arrivato fin qui, no?".

Artemis dovette ammettere che l’uomo aveva ragione: se lui e Drew erano riusciti a raggirare Nandes e Sirius a orientarsi nel labirinto delle Segrete, forse era possibile andarsene… Ma era un forse grande come una casa! Oltretutto, restava ancora il non insignificante problema che Nandes sapeva troppo.

"Zio Sirius, c’è anche un’altra cosa: Nandes mi ha spiata. Sa dell’Ordine, che sono una strega, che Ares è un Sanguesporco… Se mi liberi ci venderà tutti al Ministero!".

Ma non è mai fine al peggio, pensò Sirius con fare frustato. "Ok, risolviamo un problema per volta. Quando ti avremo tirato fuori da qui, penseremo a dare una bella ripulita ai ricordi di Nandes. Ci rivedremo fra qualche girono: il tempo di organizzarci…".

Sirius fece per andarsene, ma Artemis lo bloccò. "Come sta Ares? L’hai trovato?".

"Non è qui con te?" domandò Sirius, spiazzato. L’ipotesi che i due potessero essere stati separati non gli era passata nemmeno per l’anticamera del cervello.

Artemis scosse sconsolatamente il capo. "Non lo vedo da quando JR ci ha teso l’imboscata. Credo sia ancora vivo, ma non ne sono certa…".

"Perciò non hai nemmeno idea di dove possa essere, giusto?".

Un altro cenno di diniego. Sirius imprecò sottovoce: un'altra complicazione, dannazione! Ora avrebbe dovuto ricominciare da capo per trovare Ares. E con tutta probabilità la cosa non sarebbe stata facile: ci aveva messo tre giorni per rintracciare Artemis, che conosceva da una vita, quanto ci avrebbe messo con quell’uomo che aveva incontrato per la prima volta un mese prima.

"Questa non ci voleva!" borbottò. "Allora le cose andranno un po’ più per le lunghe, se prima devo ritrovare il nostro gigantesco amico".

"Io non me ne andrò senza di lui" affermò Artemis in tono deciso. "È stato come un padre per me. Ed è colpa mia se sta in questa situazione: non posso lasciarlo".

"Non te lo chiedo nemmeno, piccola. Nemmeno io e Drew vogliamo abbandonarlo: stavo solo pensando che sarà dura distinguere le sue tracce in questo labirinto…".

Artemis annuì con aria dispiaciuta. "Vorrei poterti aiutare, zio. Ma non so proprio come…".

"Ce la farò: te lo già detto, deve ancora nascere l’uomo capace di fregarmi!".

I due tacquero per alcuni istanti, poi Sirius riprese: "Meglio che vada, adesso".

"Fai attenzione. E dillo anche a Drew: vi siete messi in gioco pericoloso".

"Il pericolo è il mio mestiere". Sirius sorrise alla figlioccia, le fece una rapida carezza. "Torneremo presto: resisti".

Poi richiuse lo spioncino, mormorò "Nox" e riprese la sua forma animale, allontanandosi rapido per la strada da cui era venuto.

Al di là della porta, Artemis si riaccucciava nel suo angolino, carica di nuova speranza, un sentimento che non credeva di non poter più provare da quando era stata rinchiusa là sotto, lontana dal mondo dei vivi.

Grazie, pensò tra sé. Grazie di tutto, ragazzi!

LYRAPOTTER’S CORNER

Ho deciso di festeggiare il mio diciannovesimo compleanno (mamma mia, già diciannove, quanto mi sento vecchia!) in grande stile, con un lungo, lungo capitolone. Ed è lungo davvero, per i miei standard, non finiva più: ho dato un po’ di spazio non previsto alla nostra complessatissima Luna. Oltretutto la parte iniziale mi si è allungata tantissimo: la verità è che mi sono affezionata al personaggio di Franco, che doveva essere molto più marginale (in pratica doveva sparire il capitolo scorso), e mi sono sentita in dovere di dargli un po’ di spazio. Peccato che ormai questa parte sia agli sgoccioli, ancora pochi capitoli… ma non voglio farvi spoiler, aspettate e vedrete! Non temete comunque, la fine è ancora lontana… se poi contiamo anche i prossimi due episodi della trilogia, peggio che andar di notte!

Comunque, avete visto, stavolta sono riuscita ad aggiornare in tempi accettabili: merito delle attesissime vacanze di pasqua, che mi hanno permesso di ripigliarmi un po’ (e dopo si andrà via dritti verso la maturità, aiuto, meglio non pensarci!) e mettermi a scrivere come una dannata.

Ringrazio vivamente:

Ino chan, la mia fedelissima sister, Sirius è sempre Sirius, qui ho dato pure un po’ di spazio ai suoi sproloqui!

Chichetta99, Artemis è già tornata: qui in breve apparizione, dal prossimo in pianta stabile, tranquilla!!!

LadyMorgan, lode al santissimo R2, se non ci fosse stato lui, la saga sarebbe probabilmente finita prima di cominciare (tanto per dirne una, Padmè e Obi Wan saltavano per aria nella "Minaccia Fantasma" dopo la fuga da Naboo). Devo ancora trovarlo il tasto per far calmare Remus, tuttavia… chi l’ha detto che i buoni vincono sempre? (Lyra si ritira nelle ombre, con un ghigno malefico!!!!!). Per me la scuola finisce a metà luglio, quando gli esami saranno finiti: se quel giorno sentirai di una pazza che si è messa a gridare "Libertà!!!!!" da un tetto, sappi che sarò io!!!!!!

Lucia_hp, Sirius è Sirius e su questo non ci piove!

Deidara, per equilibrare stavolta l’ho fatto più lungo, contento? Drew e Sirius hanno dovuto giocare d’astuzia, ma ti assicuro che i casini non sono ancora finiti…

Hermione616, continua a leggere e lo saprai, grazie infinite!!!!!

Ora vi rivolgo un accoratissimo appello: mancano solo 6 recensioni 6 al traguardo del 100. Me lo fate questo regalo? È pure il mio compleanno *Lyra mette su una faccetta supplichevole*.

BUONA PASQUA A TUTTI, anche se un po’ in ritardo! See you soon!!!!!!

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Capitolo 22
*** Le Segrete della Casa ***


MAGIC WARS

CAPITOLO XXI: LE SEGRETE DELLA CASA

La Casa

Londra

Nandes sorseggiava con aria annoiata un bicchiere di vino, sfogliando distrattamente una copia dell’ultima edizione della Gazzetta Del Profeta, alla ricerca, in realtà piuttosto infruttuosa, di qualche articolo che potesse destare la sua attenzione. In tutta onestà, ben poco di quello che i maghi scrivevano o facevano lo interessava: fosse dipeso da lui, avrebbe eliminato alla radice qualunque presenza magica su suolo inglese. Il mondo era un posto decisamente migliore quando quegli esseri se ne stavano rintanati, nascosti al resto dell’umanità, a farsi i fatti loro! Ricordava bene quei tempi: all’epoca stava muovendo i suoi primi seri passi nel mondo dell’illegalità, non aveva ancora vent’anni quando il governo era caduto e il Lord aveva preso il potere, rivelando l’esistenza della magia. Non avrebbe mai dimenticato lo shock provato, l’incredulità nel rendersi conto che i nuovi padroni erano ovunque e che mentre loro, la gente normale, i Babbani, se ne stava a guardare, i maghi avevano preso il comando e li avevano schiacciati come fossero stati mosche. Anche se tutto sommato, forse doveva ringraziare il Lord: chissà se avrebbe mai potuto creare il suo impero sotto un governo del vecchio tipo? In quel mondo dominato dalla magia, il ruolo giocato da lui appariva sicuramente di minor rilievo, soprattutto se comparato con quello del famigerato Ordine della Fenice…

Tutto questo lo portò a pensare ai suoi sgraditi ospiti, Artemis e Ares… Malgrado fosse passato più di un mese dal loro tradimento, non aveva ancora deciso cosa fare di loro. Due maghi, due membri dell’Ordine della Fenice, un Sanguesporco… Abbastanza da richiedere un discreto riscatto, soprattutto per Ares: Nandes se ne intendeva ben poco di politica, ma sapeva fin troppo bene che nei primi tempi del nuovo governo, i civili che consegnavano un Sanguesporco venivano ricompensati quasi a peso d’oro, abbastanza da poter vivere di rendita per un bel pezzo. Se poi si aggiungeva la loro partecipazione ad attività terroristiche, perlomeno nell’evasione della Granger, poteva ricavare abbastanza da ritirarsi dalla scena per un bel po’!

Ogni volta che pensava a tutti quei soldi, gli veniva spontaneo chiedersi perché ancora esitasse… Eppure, ancora non aveva deciso. Già, perché il solo pensare di poter fare un favore al Lord o a chi per lui, gli faceva quasi venire l’orticaria, perfino di fronte alla prospettiva di un guadagno veloce e cospicuo. Aveva sempre tenuto fede a un tacito proposito, ovvero avere a che fare coi maghi il meno possibile, se non per danneggiarne gli interessi, ben inteso. Tanto per dirne una, non aveva mai denunciato un Sanguesporco in vita sua, anche se le opportunità non gli erano mancate: semplicemente quella crociata gli era totalmente estranea, per non dire che gli faceva anche un po’ orrore…

Ora, si trovava nella scomoda posizione di avere due ricercati politici nelle sue Segrete: se il suo buonsenso gli suggeriva di dimenticarsi di loro e lasciarli marcire là sotto finché non ne fosse rimasto altro che polvere, la sua sete di denaro ruggiva il suo desiderio di essere placata… Un gran bel dilemma!

A riscuotere Nandes dai suoi foschi pensieri, la porta si aprì e JR entrò. "Disturbo?" chiese, restando sulla soglia.

"Affatto, vecchio mio, affatto. Vieni pure" lo invitò l’altro, senza tuttavia degnarlo di uno sguardo e continuò indifferente a leggere. "A cosa devo l’onore di questa visita?" domandò con un tono quasi retorico che non sfuggì a JR: Nandes era conscio del suo scontento e lo stava gentilmente avvertendo di non tirare troppo la corda.

"Perdona la mia intrusione" esordì perciò. "Volevo comunicarti che le guardie hanno finito il loro giro esplorativo: nulla di rilevante da comunicare".

"E sei venuto di persona fin qui per dirmi questo?" gli domandò Nandes in tono ironico. "Molto solerte da parte tua, Joe".

"Non chiamarmi in quel modo" sibilò l’altro tra i denti, irrigidendosi all’istante sotto lo sguardo duro che Nandes gli rivolse. "E tu non prendermi per i fondelli. Se hai qualcosa da dire, dilla e basta".

"Sai bene qual è il mio problema. Ne abbiamo già parlato…".

"Ah, il giovane Burton e il suo compagno peloso… Te lo ripeto: sono innocui".

"Non mi fido di loro" ribatté ostinato JR.

Nandes gli sorrise, quasi accondiscendente. "Sì, lo so, me l’hai ripetuto solo un milione di volte. E io ti ho sempre risposto che non abbiamo nulla da temere da loro…".

"Come puoi esserne così certo? Non sappiamo nulla di lui prima che Torres lo incontrasse al Lupo di Mare…".

"Oh, non ho il minimo dubbio che si stia celando sotto falso nome, se è questo che stai insinuando…".

"E allora?".

"E allora cosa?" Nandes ridacchiò sotto i baffi. "Mio caro, JR, metà dei miei uomini, se non di più, si è da tempo lasciata alle spalle il suo nome di battesimo, noi due per primi. Quante persone qui dentro sanno per cosa stanno le lettere J e R, Joe?".

JR gli rivolse un’occhiataccia. "Ti ho già detto di non usare quel nome!".

"Siamo nervosetti, eh?" lo schernì Nandes. "In ogni, caso, il fatto che Danny Burton non sia il suo vero nome non mi preoccupa minimamente. Mi irrita di più non sapere nulla del suo passato… Ma presto o tardi, i miei informatori sopperiranno al problema".

"Io continuo a dire che c’è sotto qualcosa di losco. Non ti sembra strano che sia comparso così all’improvviso? Subito dopo l’affare di Artemis?".

"Oh, adesso non vorrai insinuare pure che quei due voltagabbana c’entrano qualcosa? Ares e Artemis marciscono nelle Segrete, al di fuori di qualunque aiuto possibile. Oltretutto, non mi risulta che annoverassero tra le loro conoscenze persone fornite di ombre pelose!".

"Ma…".

"Stai diventando paranoico" lo interruppe Nandes, implacabile. "O è scarsa fiducia nei miei confronti?".

"Non mi permetterei mai…".

"Allora fidati del mio giudizio e non preoccuparti: il primo segnale sospetto e il nostro giovane amico finisce sul fondo del Tamigi con un buco nel cranio!".

"E il cane?" insistette JR.

"Che cosa c’entra il cane? È un cane: fa quello che gli dice di fare il padrone, nulla di più".

"C’è qualcosa di strano in quella bestia: ha un modo di guardarti, come se sapesse esattamente cosa stai dicendo… Sembra quasi umano…".

"Ti lasci influenzare dalla tua insensata antipatia" affermò Nandes. "Un giorno o l’altro dovrai spiegarmi qual è il tuo problema: gli altri ne sono intimoriti o terrorizzati, ma tu… tu lo detesti profondamente!".

JR si strinse nelle spalle, a disagio. "Ha qualcosa di strano… se ne va in giro in piena notte per i corridoi, come se cercasse qualcosa…".

"Ti sei preso pure la briga di spiarlo? Allora il tuo non è odio: è ossessione pura e semplice. Te lo ripeto: è un cane, un animale, straordinariamente intelligente, te lo concedo, ma pur sempre animale resta. Probabilmente, cercava qualcosa da mangiare. Concentrati sul padrone, se proprio hai tempo da perdere!".

"Hai appena detto di fidarti di lui" gli ricordò JR, in tono risentito per il rimprovero ricevuto.

"Ho detto di considerarlo innocuo, è diverso" lo corresse Nandes. "Non sono così sprovveduto da concedergli la mia fiducia dopo appena un mese: ne ha di strada da fare in tal senso. Semplicemente, per il momento, non mi ha dato motivo di diffidare di lui. Ciò non significa che non lo stia tenendo d’occhio…".

"Tenendo d’occhio?".

"Hai notato che stranamente l’unica persona con cui trascorre volontariamente del tempo è Franco Torres, che è troppo idiota per accorgersi se qualcuno gliela fa sotto il naso. Sfugge la compagnia, anche se in modo discreto… Per mia esperienza, un uomo che preferisce la solitudine o è rimasto scottato da precedenti relazioni o sta nascondendo qualcosa…".

"Il tutto sta nello scoprire qual è delle due" concluse JR per lui.

"Esattamente. E finché non l’avrò capito, lascialo pure a bere birra con quell’imbecille di Franco. Ma te lo ripeto: il primo passo falso e al povero Danny Burton capiterà un tragico incidente… di cui mi occuperò personalmente!".

******

Quella sera, Drew non riusciva proprio a stare fermo: aveva la netta impressione che le sue viscere fossero state sostituite da un nugolo di irrequieti e sibilanti serpenti, motivo per cui era a malapena riuscito a sorseggiare la sua ormai abituale birra serale e non aveva toccato cibo a cena.

Erano trascorse più di due settimane dalla notte in cui Sirius l’aveva svegliato in piena notte comunicandogli di aver finalmente trovato Artemis, senza avere ancora tuttavia il minimo indizio su dove fosse Ares. Ben conscio delle difficoltà che l’Animagus poteva incontrare per rintracciare il mago, Drew si era risolto a un piano alternativo: approfittando di un’uscita in solitario, era tornato all’attico dei suoi amici e aveva preso una camicia di Ares, camicia che Sirius aveva poi sniffato per mezz’ora buona, prima di ritornare in caccia. Nonostante ciò, gli erano stati necessari altri nove giorni prima di riuscire a districarsi nel reticolo di odori delle Segrete e rintracciare anche lui.

A quel punto, si era presentato il problema di elaborare un piano di fuga con discreti margini di successo, cosa che si era rivelata più difficile del previsto, prima di tutto perché Drew aveva idee molto, molto vaghe di quali fossero le misure di sicurezza che Nandes aveva predisposto nelle Segrete: anche con l’ausilio della magia, dovevano contare su una discreta dose di fortuna per sperare di uscirne vivi. Nemmeno Artemis era potuta essere di grande aiuto, quando Sirius era andato a trovarla: a quanto pareva, Nandes era determinato a portarsi quel segreto nella tomba. C’era perciò la possibilità che nel momento in cui avessero aperto la porta delle celle di Ares e Artemis, sarebbero stati ingoiati da una botola o chissà che altro. Alla fine, comunque, sia Drew che Sirius erano stati concordi nel dire che si trattava di un ostacolo che non potevano aggirare: se e quando fosse successo qualcosa, avrebbero dovuto semplicemente improvvisare e sperare nel meglio.

Perciò, erano passati alla parte attiva del piano: tanto per cominciare, Sirius aveva trascorso quasi tre notti nei cunicoli delle Segrete a elaborare e marcare il percorso più veloce possibile dall’entrata alla cella di Ares e a quella di Artemis e ritorno. Con l’ultimo messaggio all’Ordine, oltre alle ultime scorte di Pozione Polisucco, Drew aveva chiesto anche il Mantello dell’Invisibilità di suo padre, per potersi muovere all’interno della Casa senza troppe difficoltà, almeno all’andata. Per quanto riguardava il ritorno, era quasi impensabile poterlo usare: anche se la fuga fosse stata tranquilla, cosa su cui nutriva forti dubbi, non ci sarebbero mai stati sotto tutti e quattro. Senza contare la mole di Ares, che avrebbe inevitabilmente lasciato scoperti i piedi.

Come ultimo passo, Drew si era preoccupato del riarmo dei due prigionieri, tornando di nuovo all’Attico e scegliendo, su indicazione di Artemis, alcune delle armi del loro ampio arsenale.

Di fatto il piano era piuttosto semplice: nottetempo, quando ci sarebbe stata in giro meno gente possibile, Sirius l’avrebbe guidato lungo la pista creata da lui stesso fino alle celle dei suoi amici, con un incantesimo avrebbero forzato la porta (nella peggiori delle ipotesi, Drew era disposto anche a farla saltare per aria) e poi se la sarebbero filata più veloci della luce, eliminando qualunque possibile ostacolo che gli si fosse parato davanti. Se tutto andava per il verso giusto, sarebbero arrivati in Chalmers Road prima dell’alba.

In un primo momento, erano stati tentati di Smaterializzarsi, il che avrebbe risparmiato loro parecchi rischi e problemi, ma Sirius aveva fatto un rapido esperimento e aveva scoperto che tutta la Casa era circondata da Incantesimi Antismaterializzazione: Drew aveva preferito non indagare su come Nandes si fosse procurato quella difesa contro qualunque intrusione magica.

Finalmente, era arrivata la sera prescelta per l’azione e perciò Drew si sentiva comprensibilmente nervoso: lo innervosiva l’idea di quello che stava per fare, delle centinaia di cose che potevano andare storte… Perfino l’idea stessa di essere nervoso lo agitava ancora di più, siccome temeva che qualcuno potesse notare qualcosa di strano e mandare tutto all’aria.

Per fare qualcosa, Drew bevve un sorso di birra, cercando di concentrarsi sulla musica che risuonava nella Sala Grande, senza troppo successo. Franco, come ormai d’abitudine seduto sulla poltrona accanto alla sua, gli rivolse un’occhiata preoccupata e perplessa. "Stai bene, Danny?".

"Eh? Cosa?" fece Drew, sobbalzando, cosa che fece preoccupare ulteriormente Franco. "Ti ho chiesto se stai bene: mi sembri un po’ nervoso…".

"Chi, io? Nervoso? No, no" lo rassicurò Drew, ben consapevole di non essere affatto convincente. "Tranquillo, va tutto bene…".

Franco ovviamente non gli credette, perché tornò subito all’attacco. "Senti, se hai qualche problema, puoi parlarmene, sai: magari posso trovare una soluzione".

"Ti ringrazio per l’offerta, Franco, ma non è necessario" declinò Drew, cercando di usare un tono più sicuro. "Non è nulla, sul serio".

"Sei sicuro? Non mi sembra…".

"Sicurissimo. Ti ringrazio ancora per l’offerta: non me ne dimenticherò, se mai ne avrò bisogno in futuro…".

Franco gli rivolse un’occhiata non del tutto convinta, ma non replicò e distolse lo sguardo per tornare a dedicarsi, forse con un po’ meno entusiasmo di prima, alle ballerine di quella sera, russe, come aveva affermato solo pochi minuti prima.

Drew rimase a osservare il suo compagno con la coda dell’occhio, assommando a tutto il resto anche il senso di colpa: per quanto l’avesse ritenuto impossibile, aveva finito con il trovare davvero simpatico Franco Torres, mentire con lui era diventato davvero difficile, negli ultimi tempi, perché aveva legato con lui più di quanto non si fosse reso conto. Gli dispiaceva perfino la prospettiva che di lì al giorno dopo, non l’avrebbe probabilmente mai più rivisto, e se anche fosse accaduto, non sarebbe certo stato da amici. Si augurava sinceramente che Nandes non sospettasse complicità da parte sua, quando si sarebbe diffusa la storia della fuga…

Accidenti, questa faccenda è sempre più complicata: fortuna che domani sarà finita. Non mi sembra quasi vero che potrò di nuovo dormire nel mio letto, senza dover tenere costantemente un occhi aperto. Preferiva non soffermarsi sulla prospettiva che probabilmente al suo ritorno i gemelli avrebbero finalmente concluso la decriptazione dei piani dell’Arma, il che avrebbe certamente implicato una contromossa di guerra aperta da parte dell’Ordine. Più di ogni altra cosa, temeva il momento in cui si sarebbe nuovamente trovato di fronte Sylar: sarebbe riuscito a battersi con suo padre? E soprattutto Sylar sapeva che lui sapeva la verità? O era all’oscuro di quanto successo durante quel tentativo di possessione finito male?

Questa era un’altra cosa che non sapeva spiegarsi, per quanto ci avesse riflettuto sopra a lungo: cosa era successo quel giorno al Ministero? Come aveva fatto non solo a respingere Sylar, ma perfino a penetrare in un angolo così recesso della sua mente, pur senza avere la minima nozione di Occlumanzia? Non riusciva a trovare una risposta soddisfacente… chissà, forse nemmeno Sylar o Voldemort in persona sapevano farlo!

"Ehi, Danny". Franco lo riscosse bruscamente dai suoi pensieri.

"Cosa c’è?".

"Mi stavo chiedendo dove sia finito il tuo cane… Di solito ti sta sempre appiccicato…".

"Ah, non so. Sarà qui in giro: avrà trovato qualcosa di meglio da fare, credo!".

Un’altra bugia, pensò sconsolato, mentre Franco annuiva. In realtà, Sirius era nella loro stanza a farsi un altro bagno di vapore, combinandolo con uno shampoo antiparassitario, nella speranza di eliminare tutte le pulci, o perlomeno il più possibile e evitare così le malefiche cure di Luna e Hermione quando fossero tornati a casa.

Drew guardò l’ora: non erano nemmeno le dieci. Tuttavia, sentiva di non poter sopportare un secondo di più tutta quella tensione: preferiva tornarsene in camera, dove perlomeno sarebbe stato libero di camminare su e giù fino a consumarsi i piedi.

"Te ne vai di già?" fece Franco, sorpreso, vedendolo alzarsi senza nemmeno vuotare il calice.

"Ehm, sì. Domani devo… alzarmi presto, perciò preferisco andare a riposare".

Un po’ zoppicante come scusa, infatti intuì dallo sguardo scettico dell’latro che quest’ultimo non gli aveva creduto. Tuttavia, parve capire che eventuali domande non avrebbero comunque trovato risposta e lasciò cadere qualunque interrogativo, cosa di cui Drew fu intimamente grato, mentre si allontanava il più velocemente possibile dalla Sala Grande. Non che abbia grande importanza se sospetta qualcosa: tanto probabilmente non lo vedrò più!

Aveva appena lasciato la sala e si stava dirigendo verso gli alloggi al piano superiore, quando si trovò davanti JR.

"Vai da qualche parte, Burton?" lo aggredì in tono sospettoso, osservandolo accigliato.

"Se anche fossero fatti tuoi, sto solo andando nella mia stanza" rispose Drew, in tono duro. "Non mi risulta che sia contro la legge…".

"E come mai lasci la festa così presto? Lasci Torres a godersi le signorine da solo?".

"Quello che faccio o non faccio non ti riguarda, JR. Sono liberissimo di muovermi come più mi aggrada qui dentro: il perché non ho voglia di godermi le ‘signorine’ non è affar tuo, giusto?".

"Ero semplicemente curioso: non sono molti quelli che lasciano la Sala Grande prima di mezzanotte. Mi avevi incuriosito".

Era una menzogna, chiaramente: JR sperava solo di beccarlo a fare qualcosa di losco. Era da quando era stato introdotto alla cerchia di Nandes che JR sperava di coglierlo in castagna per qualche misfatto che gli permettesse di metterlo in cattiva luce. Si detestavano cordialmente a vicenda, anche se mai tanto intensamente quanto si odiavano Sirius e JR: l’antipatia del primo era un riflesso di quella praticamente immotivata del secondo, che raggiungeva un livello quasi ossessivo.

"Se è un delitto essere stanchi" ribatté Drew, acido, "allora arrestami pure. In caso contrario, stai occupando il corridoio!".

"Oh, perdonami" s scusò JR, senza tuttavia farsi da parte. "Per curiosità, dov’è il tuo amico pulcioso stasera?".

"Ah, non saprei. In giro a cercare il tesoro segreto di Nandes, forse" ironizzò Drew. "O ad annusare ogni armadio in cerca di qualche scheletro…".

"Molto spiritoso!".

"A domanda idiota, risposta idiota: un po’ di sarcasmo è tutto quello che ti meriti! Se abbiamo finito, io sono sempre quello che deve passare e tu sempre quello che intasa il passaggio!".

JR gli rivolse un’occhiata di fuoco, ma si fece da parte. Stupido idiota rompiscatole!, gli inveì dietro Drew, quando ebbe messo un paio di corridoi tra loro. Possibile che non abbia nient’altro da fare? Certo dimostra una solerzia non comune: mi chiedo cosa abbia fatto Nandes per meritarsi tanta cieca lealtà!

Quando infine giunse nella sua camera, trovò Sirius mezzo nudo, intento ad asciugarsi.

"Ehi, potresti usare un po’ più di discrezione? Se qualcuno entrasse, potrebbe chiedersi cosa ci fa un uomo mezzo spogliato in questa camera…".

Sirius si voltò, salutandolo con un cenno del capo. "E chi dovrebbe entrare? Se tu sei di sotto, nessuno a motivo di venirti a cercare qui… che ci fai già qui, a proposito? Ti aspettavo minimo, minimo tra un paio d’ore…".

"Ah, non ne potevo più" sbuffò Drew in risposta, lasciandosi cadere sul letto. "Non vedo l’ora di essere a casa!".

"Lo dici a me? Io non vedo l’ora di potermi di nuovo sedere a tavola come un essere umano normale. Sono stufo marcio di andarmene in giro tutto il giorno a quattro zampe. E soprattutto, dopo stasera, non vorrò mai più annusare un pavimento per il resto della mia vita!".

Drew ridacchiò, poi rivolse un’occhiata la bagno. "Immagino che non sia agibile, vero? A giudicare dalla tua libera tenuta, sei appena uscito…".

"Non è facile uccidere quelle piccole bastarde!" si difese Sirius. "Comunque, credo di averle eliminate tutte: sono stato sotto la doccia più di un’ora".

"Significa che io aspetterò di essere a Chalmers Road: conoscendoti, non avrai lasciato neanche un po’ di acqua calda… Ti dispiace vestirti o hai intenzione di andare in giro in mutande ancora per molto?".

"Tanto chi se ne accorgerebbe?".

"Per dirne una, io!" sbuffò Drew in tono irritato.

Sirius ridacchiò. "Siamo nervosetti stasera, eh? Cos’è, ti ha morso una tarantola?".

Drew lo guardò in tralice. "Vuoi dirmi che tu non sei nervoso? Con quello che stiamo per fare…".

"Ah, per questo?". Il sorriso di Sirius si fece ancora più ampio. "Nah, il mio senso del pericolo è ben al di sopra della media. E con tutte le cose pericolose che ho fatto nella mia vita, sgattaiolare dentro e fuori dalla prigione personale di un boss mafioso non mi pare nulla di che…".

"Qualche esempio?".

"Beh" fece Sirius in tono pensoso, contando con le dita. "Tanto per cominciare andarsene a zonzo con un Lupo Mannaro in piena trasformazione per più di cinque anni… Poi, due guerre, con tutto il loro corredo di duelli, scontri mortali eccetera… Ci aggiungerei anche una fuga in sella ad un Ippogrifo e l’evasione da Azkaban. E non ho ancora detto nulla…".

"Ok, ok, hai reso il concetto!" lo interruppe Drew. "Tu puoi anche non essere nervoso, ma fino a un paio di mesi fa, per me il massimo del pericolo era rischiare di finire contro un palo andando in bicicletta!".

"Vuoi dire che le tue coronarie non hanno ancora imparato a gestire lo stress?" lo prese in giro l’Animagus.

"Per nulla… tu d’altronde ha più o meno una trentina d’anni di vantaggio rispetto a me…".

"Mi sa che hai arrotondato troppo per difetto: io tenderei verso la quarantina, avevo quindici anni quando sono diventato Animagus…".

"Sì, ma ci sono i 12 anni ad Azkaban, che dubito siano stati particolarmente eccitanti, perciò ho arrotondato per eccesso!".

"E va bene, furbetto, mi piego alla tua decisione. Comunque, cerca di rilassarti: vedrai che andrà bene…".

"Da quando sei così ottimista?".

"L’ottimismo è il profumo della vita: bisogna sempre cercare di vedere l’aspetto positivo delle cose…".

"Grazie per tanta saggezza".

"Prego: la prima lezione è gratis, dalla prossima si paga!".

*****

Sapete quella fastidiosa sensazione di avere qualcuno alle spalle che vi fissa? Drew si sentiva esattamente in quel modo, mentre seguiva la coda pelosa di Sirius per i corridoi della Casa: erano da poco passate le tre di notte (un’ora che i due maghi avevano giudicato ragionevolmente tarda perché non ci fosse più in giro nessuno di abbastanza sobrio da poter costituire un ostacolo) e Drew, protetto dal Mantello, aveva da poco lasciato la sua stanza per l’ultima volta, con Sirius davanti a lui che gli faceva da guida.

In realtà, procedevano abbastanza lentamente, soprattutto a causa della mancanza di luce, Drew non vedeva granché, anzi, ogni angolo che giravano rischiava di perdere Sirius: buio e pelo nero non sono propriamente un’accoppiata vincente. E il ragazzo non osava usare l’Incantesimo Lumos per paura di essere visto: così, avanzava come poteva, perlopiù arrancando nell’oscurità.

In ogni caso, non appena si furono lasciati la parte frequentata della Casa per immergersi nel labirinto delle Segrete, il problema smise di porsi, visto che Sirius era obbligato a procedere con molta lentezza per non rischiare di perdersi… per quanto i cunicoli fossero perfino meno illuminati!

Dopo un tempo che a Drew parve eterno e aver girato almeno un centinaio di angoli tutti perfettamente identici, tanto che il ragazzo si chiese se non stessero in realtà girando intorno, Sirius si fermò davanti a una porta e riprese la sua forma umana.

"Drew?" chiamò, guardandosi intorno. "Credo che il Mantello a questo punto non sia più necessario…".

Drew dovette ammettere che aveva ragione, se lo tolse e subito accese la punta della sua bacchetta, rischiarando appena l’ambiente.

"Signore" annunciò Sirius, in tono solenne. "Prima tappa del nostro tour". Bussò piano e poi aprì lo spioncino. "Ares, allontanati dalla porta!" avvisò, estraendo la bacchetta a sua volta.

"Che cosa vuoi fare?" domandò Drew, facendo per studiare la porta della cella più da vicino, ma Sirius lo bloccò e per tutta risposta, lanciò un Incantesimo Reductor contro di essa, facendola praticamente saltare per aria. Fortunatamente, Drew ebbe la prontezza di spirito, capito cosa voleva fare l’Animagus, di scagliare un Incantesimo Silenziatore, che comunque non gli riuscì granché bene, visto che il corridoio si riempì di un cupo, per quanto attutito, rimbombo, che nel silenzio totale sembrò risuonare ancora più forte.

"Non avevamo detto ‘agire con discrezione’?" esalò Drew, quando trovò di nuovo la capacità di parlare.

Sirius, per nulla toccato, si era nel frattempo avvicinato ai resti della porta, per aiutare Ares a uscire. "Così è più veloce" si giustificò. "Sono sicuro che se avessimo provato con qualcos’altro, non avrebbe funzionato: Nandes ne sa una più del diavolo. Chissà quali protezioni ha messo su quelle porte…".

"Uno motivo in più per usare un po’ di cautela in più, no?".

"Nah, dobbiamo fare un lavoro rapido, giusto?".

Drew sbuffò, scoraggiato: in ogni caso, ormai non aveva più senso rimproveralo. Certo a volte prendeva le cose un po’ troppo sotto gamba: ok fare un lavoro rapido, ma Drew voleva anche riportare a casa la pelle alla fine.

"Potevi almeno avvertire" brontolò. "Salve, Ares" aggiunse poi, vedendo comparire l’omone. Era addirittura più alto di quanto non ricordasse: perfino Sirius, che non era certo un puffo, gli arrivava giusto alla spalla.

"Buona sera, Drew. Sirius " li salutò lui con voce un po’ arrochita. "Oltre a ringraziarvi, mi sento in dovere di dirti che siete due pazzi incoscienti".

"Ah, non c’è di che. Credo che Drew abbia qualcosa per te…".

Drew annuì e da una tasca interna della giacca estrasse due revolver e un coltello, che porse ad Ares. "Mi dispiace, non siamo riusciti a trovare una bacchetta…".

"Non importa" lo rassicurò lui. "In ogni caso mi trovo più a mio agio con queste…".

Drew non era certo che quella fosse la completa verità, ma quello non era certo il luogo migliore per discutere simile problematiche.

"Beh, se non c’è altro, direi che è meglio muoverci" disse. Sirius si ritrasformò e, naso a terra, ripartì, stavolta con passo più sicuro, con gli altri due dietro.

"Spero di averle caricate nel modo giusto…" sussurrò Drew, accennando alle pistole.

Ares le studiò alcuni istanti con occhio esperto alla luce della bacchetta, senza fermarsi. "Vanno benissimo" lo rassicurò alla fine dell’esame. "Quanto vorrei poterle puntare contro Nandes e il suo cagnolino…".

"Meglio rimandare a un’altra occasione, che ne dici?".

L’altro si limitò ad annuire, continuando a studiare le sue nuove armi. Drew notò che era molto dimagrito: il mese di prigionia non gli avevano certo fatto bene. Il fatto che indossasse gli stessi abiti di quando era stato catturato lo rendeva ancora più evidente. Tuttavia, il suo viso smagrito e coperto di barba era carico di determinazione e desiderio di rivalsa: era palese che non vedeva di avere sottomano i responsabili della sua prigionia. Per un attimo Drew si preoccupò che la voglia di vendetta potesse schiacciare il suo buonsenso, ma subito si disse che Ares era troppo assennato e soprattutto affezionato ad Artemis per voler rischiare la loro incolumità: qualunque fossero i suoi piani, li avrebbe rimandati a un secondo momento.

Era così immerso nei suoi pensieri che quasi non si accorse che Sirius era tornato umano e si era fermato di nuovo.

"Artemis" chiamò piano, aprendo lo spioncino. "Sei ancora lì?".

"No, sono partita per le Maldive, mi spiace abbiate dovuto fare tutta questa strada…".

"Vedo che la prigione non ti ha smussato la lingua, ‘Temis" commentò Drew, sorridendo: solo ora che la vedeva, si rendeva conto di quanto gli era mancata.

"Oh, il mio prode salvatore è infine giunto! Ma ci sei davvero tu sotto quell’aspetto da pistolero?" esclamò lei, in risposta. "Certo, voi Potter dovete proprio averla nei geni questa mania di salvare ogni gattino intrappolato su un albero…".

"Dopo questo" ribatté Drew, fingendosi piccato. "ti meriteresti di restare lì a marcire. Non fosse che abbiamo fatto tutta questa fatica per venirti a salvare…".

"Vabbè, rimandiamo a dopo, che dite?" intervenne Sirius. "Artemis, allontanati dalla porta".

"Zio, che vuoi…" cominciò la ragazza, ubbidendo all’ordine. Poi comprese e gridò: "No, non farlo!".

Ma troppo tardi: Sirius aveva già scagliato l’Incantesimo, facendo esplodere la porta. Solo che stavolta Drew fu pronto di riflessi: il suo Incantesimo di Silenzio parò quasi totalmente il rumore.

"Zio Sirius, sei un incosciente" lo aggredì Artemis, sbucando subito dalle macerie, rossa in volto. "Questi corridoi potrebbero essere monitorati…".

"Rilassati, l’ho già fatto con la cella di Ares e non è successo nulla" cercò di blandirla Sirius.

"Non vuol dire nulla" ribatté la ragazza. "Solo perché noi non ce ne siamo accorti non significa che non sia successo niente!".

A quel affermazione, rimasero tutti in silenzio per alcuni istanti, quasi congelati aspettandosi che il tetto gli crollasse sopra. Dopo tre minuti carichi di tensione, tuttavia, non era ancora accaduto nulla e tutti si permisero di rilasciare il fiato trattenuto.

"Strano" commentò Artemis, senza abbandonare la posa guardinga.

"Forse l’hai sopravalutato…" osservò Drew, non del tutto sicuro.

"Forse". Il tono non era comunque molto convinto. "Meglio andare: questo silenzio non mi piace…".

"Queste sono per te" disse Drew, porgendo anche a lei due pistole.

Artemis gli rivolse un debole sorriso. "Grazie, Drew. Per tutto".

"Non dirlo nemmeno. Tu avresti fatto lo stesso per me".

La ragazza annuì debolmente, togliendo poi la sicura ad una delle armi e appendendo l’altra alla cintura. "Andiamo?".

"Sirius, siamo nelle tue mani. O dovrei dire zampe?".

"Niente spirito, ragazzo" lo rimproverò Sirius. "O vedi che ti faccio!". Poi riprese di nuovo la sua forma umana, ritornando sui suoi passi, diretto all’uscita.

"Zio Sirius, fai attenzione" gli raccomandò Artemis, vedendo che l’animale partiva in quarta.

"Sta tranquilla" cercò di rabbonirla Drew. "Se Nandes avesse capito qualcosa, ci sarebbe già addosso…".

Artemis sbottò in una risatina amara. "Tu non lo conosci come lo conosco io: è un’infida serpe, sarebbe capace di qualunque cosa…".

Cercò lo sguardo di Ares, in cerca di un sostegno che trovò subito: anche quest’ultimo infatti si muoveva decisamente sul chi vive, un revolver in ogni mano. "La prudenza non è mai troppa" sentenziò.

"Tieni la bacchetta a portata di mano, Drew" gli raccomandò ancora la ragazza. "Credimi, è tutto troppo calmo, succederà qualcosa".

Tuttavia, in un primo momento, tutto sembrò proseguire liscio come l’olio: non trovarono ostacoli lungo il loro tragitto, Sirius camminava a passo svelto e sicuro, i cunicoli erano perfettamente deserti e silenziosi. Era tutto talmente calmo che perfino Artemis e Ares a un certo punto si stavano convincendo di aver sul serio sopravalutato Nandes e che quest’ultimo, nel suo orgoglio e nella sua arroganza, fosse tanto sicuro dell’impenetrabilità delle Segrete da non prevedere altre misure di sicurezza. Arrivarono quasi al punto di assaporare già la ritrovata e insperata libertà.

Una vita nuova, si disse Artemis. Lontano da tutto questo, con papà e l’Ordinee la mamma, quando sarò riuscita a riportarla indietro. Nandes non potrà più trovarci: ci lasceremo alle spalle tutto e ricominceremo da capo!

Ma avevano cantato vittoria troppo presto: il successo fu bruscamente strappato loro quando svoltarono l’ultimo angolo e stavano per tornare alla parte abitata della Casa.

"Andate da qualche parte?". La voce di JR, carica di ironia, disprezzo e malcelata soddisfazione, li accolse nel corridoio, subito seguita dal rumore di uno sparo.

"GIÙ!" gridò Artemis, afferrando senza complimenti Drew per il colletto e ritirandolo dietro il muro. Quest’ultimo ebbe la prontezza di spirito di afferrare Sirius per la coda, prima che l’animale saltasse addosso al loro aggressore e si facesse ammazzare.

"Merda! merda! merda!" borbottò Artemis, portando mano alla pistola.

"Oh, andiamo" gli schernì JR. "Non siate i timidi: Nandes vuole solo porgervi i suoi complimenti…".

"Se questo prevede un buco in testa" ribatté Artemis in tono acre, "allora ne facciamo volentieri a meno. Fatti da parte!".

"E togliermi tutto il divertimento per lasciarlo a quelli dopo di me, bambolina? Scordatelo: sono qui perché sono anni che muoio dalla voglia di darti quello che meriti, stupida mocciosa. Non mi rovinerai la festa proprio ora…".

"Sei proprio deciso a passare alle maniere forti, JR? Non riuscirai mai a battere Ares, per quanto tu sia bravo…".

"Fai ancora la strafottente, eh? Cosa pensi di poter ottenere: siete in un vicolo cieco e lo sai. Per quanto il vostro dannatissimo segugio sia in gamba, questa resta l’unica uscita: dietro di voi avete solo un lenta morte per fame nel labirinto delle Segrete…".

"Te e Nandes o la morte per fame? Che scelta difficile… Ma penso di preferire la seconda! Vai all’inferno!".

Detto questo, fece un veloce cenno ai compagni e si riavviò lungo il corridoio a passo deciso.

"Che vuoi fare?" le domandò Drew, mentre una sensazione molto simile al panico si faceva strada in lui. Stava lottando per trattenere Sirius, che sembrava intenzionato a mordere qualunque parte del corpo di JR avesse potuto raggiungere, e non riusciva a pensare a nessuna soluzione.

"Tranquillo" lo rassicurò Artemis, rallentando il passo. "Ho tutto sotto controllo".

"Davvero?".

"Davvero" confermò la ragazza. "Allora, dobbiamo superare JR per avere una possibilità di scamparla…".

"Non è che ci sta seguendo?".

"Non ha motivo di farlo: quella è l’unica uscita, ma qui sotto ci sono tante strade per raggiungerla. Seguendoci perderebbe il vantaggio…".

"Quindi non si schioderà di lì" concluse Drew. "Allora qual è il piano?".

"Passargli sopra" rispose Artemis come se fosse la cosa più naturale del mondo. Poi si rivolse ad Ares, l’unico che non sembrava minimamente preoccupato. "Vecchio mio, sei pronto?".

"Sono sempre pronto" la rassicurò lui, sollevando le pistole.

Artemis gli sorrise, poi si rivolse a Sirius. "Calmati, Padfoot, ho bisogno di te". Il cane, con grande sollievo di Drew

si immobilizzò all’istante, attento. "Abbiamo bisogno di un bel diversivo, il migliore del tuo repertorio…".

Sirius abbaiò il suo assenso, una luce pericolosa negli occhi.

"Quante a te" proseguì Artemis, rivolta a Drew. "Sei l’unico che può usare la magia: al momento giusto, devi lanciare l’Incantesimo Scudo più potente della tua vita: devierà a proiettili…".

"Niente pressioni, mi raccomando" sbuffò lui. "Come capirò quand’è il momento giusto?".

"Ah, non lo so, quando ti sembrerà più opportuno…".

"Ma che razza di piano è?".

"Quello più semplice del mondo: improvvisiamo!".

"Improvvisiamo?! Come facciamo a improvvisare?!".

"Rilassati: ti farai venire un ictus" cercò di calmarlo la ragazza. Vedendo che Drew continuava a guardarla storto, aggiunse: "Fidati di me, come quando siamo andati al Ministero…".

"Non mi pare fosse finita tanto bene".

"Tu fidati: quello che ho in mente, è l’ultima cosa che JR si aspetta…".

"Perché?".

"Perché stiamo per fare la cosa più stupida del mondo". Detto questo si voltò e impugnò la pistola, subito seguita da Ares. Sirius li imitò, il pelo ritto, pronto a scattare e lo stesso fece Drew, con la netta sensazione di stare per buttarsi volontariamente da una scogliera di 150 metri. Ma sì, andiamo. Peggio di così non potrà andare!

"Padfoot" gridò Artemis: fu l’ultima parola che disse. Sirius scattò a una velocità sorprendente per un uomo della sua età, subito seguito dagli altri.

"Che diavolo…?" urlò JR, quando si vide l’animale piombargli addosso, preso tanto di sorpresa che non riuscì nemmeno a sollevare la pistola che Sirius gli aveva già addentato un braccio. L’uomo, abituato a ben di peggio, si riprese subito e gridando di dolore se lo scrollò di dosso, facendolo cozzare contro il muro. Sollevò la pistola contro l’animale a terra e…

"PROTEGO!". Drew agì totalmente d’istinto, evocando uno Scudo così potente che non solo deviò il proiettile, ma quasi sbalzò JR all’indietro.

"Tu, un mago!?" esalò quest’ultimo, al colmo della sorpresa. "Schifoso bastardo!". Alzò di nuovo l’arma, ma il tutto era servito a fornire a Ares la giusta distrazione. Senza nemmeno capire da dove fosse spuntato, JR si trovò l una pistola puntata alla tempia. "Io non te lo consiglierei…" gli sibilò minaccioso l’ex-duellante, premendo il dito sul grilletto.

"Fossi in te" aggiunse serafica Artemis, puntando a sua volta un’arma al petto di JR, "getterei la pistola, prima che succeda qualcosa di spiacevole…".

"Cosa pensate di ottenere?" soffiò JR, ubbidendo. Drew attirò a sé la pistola con un Incantesimo d’Appello, avvicinandosi poi a Sirius per essere certo che stesse bene: l’Animagus sembrava illeso e impaziente di tornare all’assalto.

"Non riuscirete mai a scappare" proseguì imperterrito JR. "Non ci riuscirete!".

"Scusaci, ma la tua opinione conta come il due di picche. Perciò, non avertene a male se tenteremo comunque…". Detto questo, Artemis fece un rapido cenno ad Ares e superò il prigioniero, avviandosi lungo il corridoio.

Per un attimo Drew temette che Ares l’avrebbe ucciso ed evidentemente lo credette anche JR, considerata l’espressione terrorizzata; Ares tuttavia si limitò a colpirlo con violenza con un gancio, spedendolo contro il muro e poi a terra, privo di sensi.

Il gruppo procedette oltre.

"Perché non l’hai…" fece per chiedere Drew, mentre correvano.

"… Ucciso?" concluse Artemis per lui. "Non siamo assassini, Drew. L’omicidio mi ripugna. Non vale la pena non potersi più guardare allo specchio per un topo di fogna come JR!".

Sirius, che avvantaggiato dalle quattro zampe li precedeva, inchiodò talmente improvvisamente che i tre fuggitivi per poco non ci inciamparono sopra: si piazzò nel mezzo del corridoio, ringhiando, il pelo ritto.

"Ehi, che succede?" gli sussurrò Artemis, chinandosi su di lui, i sensi tesi a captare qualunque cosa insolita. Avanti, lupo, non abbandonarmi proprio ora!, pensò, mentre scioglieva i vecchi istinti animali in lei. Quell’odore… Il campanello d’allarme scattò nella sua testa. "VIA! VIA!" gridò, trascinando indietro Sirius e spingendo indietro Ares e Drew. "In quel corridoio laterale, svelti!".

Un attimo dopo, l’intero soffitto scrollò in un esplosione di calcestruzzo e intonaco, rischiando di sommergere i fuggitivi sotto le materie. Fortunatamente, avevano trovato tutti in tempo rifugio in passaggio laterale.

"Brutto figlio di…!" esclamò Artemis, tossendo per la polvere. "State tutti bene?".

Gli altri grugnirono o abbaiarono il loro assenso.

"Non credevo che Nandes potesse giocare così sporco…" borbottò Drew, rimettendosi in piedi: nel tentativo di salvarlo dalla frana, Ares l’aveva spinto a terra.

"Nandes gioca sempre sporco" ribatté Artemis. "Hai finito coi giochetti?" gridò poi all’aria, più che convinta che dovunque fosse, Nandes la stesse ascoltando. "Vieni ad affrontarci se hai coraggio, codardo!".

"Artemis" disse Ares in tono d’avvertimento. "Andiamo".

Gli altri annuirono e la loro fuga riprese, ad ogni secondo più disperata del precedente.

Nandes non organizzò il crollo di altre pareti, forse prendendo sul serio la minaccia di Artemis, ma non rese loro le cose facili. Ogni volta che cercavano di penetrare in un varco che potesse condurre a un’uscita, si trovavano la strada ostruita da uomini armati come minimo di mitra e fucili. Spesso e volentieri, quelle specie di posti di blocco sbarravano anche i corridoi che già percorrevano, costringendoli a bruschi cambi di rotta, onde evitare di finire crivellati.

All’inizio, ai fuggitivi, nella loro fretta, il tutto sembrò assolutamente casuale, finché Drew non cominciò a riconoscere quei passaggi che nell’ultimo mese e mezzo aveva percorso praticamente ogni singolo giorno e realizzò all’improvviso cosa gli uomini di Nandes stavano facendo.

"Oh, porca…" borbottò a mezza voce.

Artemis si voltò verso di lui. "Che cosa c’è?".

"Ci stanno spingendo verso la Sala Grande…".

La ragazza ci mise pochi secondi a recepire le implicazioni di quella frase. La Sala Grande era un vero e proprio vicolo cieco: a parte la porta principale, non c’erano uscite di sorta. Perfino l’impianto di areazione era troppo in alto per poter essere considerato una possibile via di fuga. Era stata pensata apposta: il rifugio perfetto in caso di minaccia, ma anche la trappola ideale.

Artemis cercò di cambiare direzione, ma era già troppo tardi. In quel momento riconobbe il corridoio che stavano percorrendo: a parte alcune uscite laterali, che di certo erano già state opportunamente sbarrate, conduceva solo in un posto. È finita! Siamo fregati!, realizzò rallentando improvvisamente l’andatura: correre non aveva più senso.

Pochi istanti dopo sbucarono nella Sala Grande: Nandes era lì ad aspettarli, un sorriso sardonico e pieno di soddisfazione stampato in volto, circondato da più uomini di quanti se ne potessero contare, tutti armati fino ai denti. Nella frazione di pochi secondi, si trovarono nel centro della stanza, circondati da ogni lato. Drew contò almeno un centinaio di bocche di pistole tutte puntate su di lui, prima che Nandes parlasse.

"Bene, bene, bene, ci avete messo più del previsto…". La sua voce era carica di sarcasmo e soddisfazione. "Togliete loro le armi".

I suoi uomini ubbidirono con fin troppo solerzia: Drew si sentì strattonare da almeno sei direzioni diverse, mentre una mano ignota gli toglieva la bacchetta. Stessa sorte toccò ad Ares e Artemis, mentre i pochi temerari che provarono ad avvicinarsi a Sirius, si beccarono un bel morso.

Tutto fu portato a Nandes, che si soffermò con un’espressione particolarmente disgustata sulla bacchetta. "Puah, maghi!".

Studiò i suoi prigionieri per alcuni secondi. "Ti consiglio di tenere sotto controllo la tua bestia, Burton o qualunque sia il tuo nome: non vorrei che gli succedesse qualcosa di spiacevole…".

Drew recepì il messaggio e afferrò Sirius per la collottola, sperando in tutto cuore che non facesse nulla di avventato: gli era sembrato di vedere JR tra i volti più vicini a Nandes.

"Ricevo una delusione dopo l’altra, non c’è che dire" osservò quest’ultimo, continuando a rigirarsi tra le mani la bacchetta. "Senza nemmeno accorgermene, ho accolto un altro di voi sotto il mio tetto, sotto la mia generosa ala… Me ne rammarico veramente, Danny, avevo molte speranze per te… Ma immagino che a te non te ne sia mai importato nulla, vero?".

"In effetti, assolutamente nulla" rispose Drew, in tono tagliente. "Spiacente di averti deluso…".

"Già, in realtà tu volevi solo salvare questi due traditori, eh? Il Sanguesporco e la terrorista… e tu cosa sei? O meglio chi sei in realtà?".

"Non ti aspetterai sul serio che te lo dica?" lo liquidò Drew, ben sapendo che fin troppo presto gli effetti dell’ultima dose di Polisucco presa sarebbero svaniti, rivelando la sua reale identità. "Se sai che sono con loro, tira pure le conclusione che più ti aggradano!".

"Oh, l’ho già fatto" lo rassicurò Nandes. "Mago, topo di fogna e con tutta probabilità nemico dello stato. Chissà a quanto ammonta la taglia sulla tua testa…".

Non ne hai la minima idea…

"Non che abbia importanza" proseguì Nandes. "Non commetterò due volte lo stesso errore: ho tenuto in vita voi due e questa piccola serpe mi si è infiltrata in seno. Se insistessi nel lasciarvi vivere, chissà che succederebbe…".

"Bene" dichiarò Artemis, con voce forte e sicura. "Allora uccidici e falla finita. Potevi farlo due mesi fa e risparmiarti un mucchio di rogne".

Nandes ridacchiò piano. "Pensi sul serio che sia così semplice, Artemis? Credevo mi conoscessi meglio. Vi voglio morti più di quanto non possiate immaginare, ma crivellarvi di colpi qui e ora non mi darebbe la minima soddisfazione. Desidero vedervi soffrire, invocare la morte… Poi forse ve la concederò…".

A Drew non piacque per nulla quel discorso: ebbe l’impressione che il suo stomaco si riempisse di acqua ghiacciata, mentre artigliava il pelo di Sirius talmente forte da farlo guaire. Arrivati a quel punto, avrebbe di gran lunga preferito una morte veloce e pulita, piuttosto che una lenta agonia.

Anche Artemis sembrava pensarla a quel modo, perché impallidì vistosamente. Quando parlò, tuttavia, la sua voce era senza inflessione. "Che cosa vuoi fare?".

"Oh, non ho ancora deciso. Troppe affascinanti opportunità tra qui scegliere… La notte mi porterà consiglio: nel frattempo, vi chiuderò da qualche parte a lasciarvi macerare nel dubbio di quello che vi attende. Sappiate che sarà qualcosa di doloroso e lento…".

"Fantastico: sono le cose che preferisco!" ribatté Artemis sarcastica.

"Sempre tagliente, vedo: nemmeno la prospettiva di morire ti riesce ad ammorbidire?".

"Fa parte del mio fascino!".

"Ovviamente". Nandes sorrise, poi fece un cenno con la mano. "Portateli via".

Almeno venti uomini li circondarono per scortarli via. prima di lasciare la sala, tuttavia una voce risuonò alta, bloccandoli.

Era JR. "Fermi!" gridò, facendosi avanti. Sullo zigomo si stava formando un livido e si teneva il braccio destro, dove Sirius l’aveva morso.

Nandes lo fissò incuriosito ma non lo fermò.

"Uno di voi mi deve qualcosa…" sibilò, fissandoli tutti con odio.

Drew pensò che si riferisse ad Ares e senza nemmeno rendersene conto si accostò al gigante, mollando la presa su Sirius. L’Animagus ringhiò in direzione di JR, muovendo alcuni passi nella sua direzione.

"JR, amico mio" lo chiamò Nandes. "Che cosa vuoi fare? Avrai presto la tua vendetta…".

"Prima voglio togliermi una piccola soddisfazione…".

Con un gesto fulmineo, estrasse la pistola dalla cintura e Sirius scattò nella sua direzione prima che qualcuno potesse fermarlo.

Poi venne lo sparo.

Drew, che si era aspettato che il colpo sarebbe stato per uno di loro, rimase per un attimo impietrito dallo stupore nel vedere Sirius cadere a terra con un debole guaito. JR esibì un ghigno soddisfatto e rinfoderò la pistola, restando a fissare l’oggetto del suo odio.

Abbiamo sbagliato tutto, pensò Drew, ancora sottoshock. Abbiamo sottovalutato l’odio di JR per Sirius. Cristo santo, non può essere vero!

La prima a riprendersi fu Artemis. "NO!" gridò scattando in avanti, svincolandosi dalla presa dell’uomo che cercò di trattenerla. "No, no, no!".

Sicuramente andando contro le aspettative di quanti li circondavano, la ragazza ignorò completamente Nandes e JR e si precipitò verso il cane steso a terra, sotto il quale si stava rapidamente allargando una pozza di sangue.

"Sirius… Sirius…" lo chiamò la ragazza, mentre le lacrime vanamente trattenute cominciavano a rigarle il volto. "Ti prego, non puoi morire così… Non per colpa mia…" sussurrò. Perché i suoi cari finivano sempre con fare le spese dei suoi errori? Prima i suoi genitori, ora Sirius… Era peggio di una calamita di disgrazie…

Cercò di tamponare il sangue con le mani, con ben poco successo. Sirius guaì debolmente, alzando appena il capo.

Artemis cercò di sorridergli. "Resisti, vecchio mio. Te la caverai… Io lo so che te la caverai…".

"’Temis". Drew si era avvicinato, eludendo a sua volta la sorveglianza, e si era chinato a sua volta sull’Animagus inerte.

"È vivo, Drew. Se agiamo in fretta…".

"Oh, tutto questo è molto commuovente" li schernì Nandes. "Mi sorprendi, Artemis. Ti credevo incapace di provare sentimenti umani. E ora ti vedo a piangere per un vecchio sacco di pulci moribondo…".

La giovane si volse verso di lui, sentendosi orribilmente scoperta: si era permessa una debolezza di troppo! Poi scorse il ghigno soddisfatto che illuminava il volto di JR e non ci vide più: una furia cieca, che di rado aveva provato in passato, la invase, sopprimendo perfino il dolore per Sirius. Era tutta colpa sua, sua e della sua dannata pistola e lei gliela avrebbe fatta pagare!

"TU, schifoso assassino!" gridò, avventandosi su di lui come una furia, consapevole in un angolino della sua mente di stare commettendo un’azione stupida quanto inutile. Ma non le importava nulla, tranne cancellare quel sorriso compiaciuto, anche a unghiate, se fosse stato necessario.

Ebbe l’appagante piacere di vedere JR trasalire, ma non riuscì a raggiungere il suo obiettivo: Drew la placcò dopo nemmeno sette passi.

"Fermati! Ti farai ammazzare!".

"Non mi importa! Non mi importa!" urlò lei, divincolandosi. "Voglio solo fargli più male possibile!".

"E Sirius? Ha bisogno di aiuto, aiuto immediato. L’hai detto tu…".

Veloce come era comparsa, l’ira scemò e lei si lasciò ricadere come un palloncino sgonfio. Si voltò verso il suo zio acquisito, che stava morendo a pochi metri da lei: l’uomo che era stato con lei quasi come un padre, o meglio quel parente strambo che ti da le caramelle sottobanco prima di cena. Non poteva perderlo…

"Sirius" sussurrò. "Sì, Sirius. Dobbiamo fare in fretta…".

I due fecero per precipitarsi verso il cane, ma furono bloccati da almeno dieci uomini con altrettante armi.

"Spiacente di interrompere l’idillio" intervenne Nandes. "Ma vi siete dimenticati di qualcosa credo: voi siete miei prigionieri. E per quel che mi riguarda, quel cane pulcioso può morire dissanguato sul pavimento!".

"Che cosa ti cambia, Nandes?" protestò Artemis, in tono veemente. "Domani saremmo tutti morti lo stesso: permettimi di tentare di salvarlo…". Non posso lasciarlo morire di questo modo!

Nandes parve rifletterci sopra.

"Ti prego…" insistette Artemis, abbassandosi ben oltre quanto si sarebbe permessa in qualunque altro momento. Ma per Sirius, avrebbe supplicato anche sui carboni ardenti.

Questa piccola umiliazione sembrò convincere Nandes. Malgrado JR gli rivolgesse uno sguardo scontento, disse: "Fate quel che vi pare… Ma non sporcatemi il pavimento. E ora portateli via!".

Senza dire nient’altro, Ares si fece carico del corpo di Sirius, cercando di tamponare la ferita come meglio poteva, poi tutti e quattro furono scortati fuori.

Per i gusti di Drew, procedettero anche troppo lentamente, malgrado quasi corressero e costringessero la loro scorta ad arrancargli dietro. Gli sembrò un’eternità il tempo necessario a raggiungere le Segrete e a venire tutti rinchiusi. Nandes aveva dato ordine di non separarli: tanto per una notte e con il cane moribondo, non sarebbero andati da nessuna parte. Tanto per precauzione, aveva messo guardie praticamente dietro ogni angolo.

Ma ai prigionieri della fuga importava poco o nulla… perché loro sapeva chi si celava sotto le sembianze di Padfoot…

Appena la porta della cella si fu richiusa alle spalle e Ares ebbe depositato Sirius a terra, quest’ultimo riprese le sue reali sembianze: era troppo indebolito per riuscire a reggere ancora la trasformazione.

"Resisti, zio Sirius" gli sussurrò Artemis, chinandosi su di lui, tamponandogli la ferita con le mani. "Resisti, ha capito?".

"Forte e chiaro, piccola". La sua voce ere poco più di un fioco mormorio.

"Dobbiamo fermare l’emorragia: sta perdendo troppo sangue…".

Rapido, Drew si sfilò la maglia e gliela passò. Lei l’afferrò, strappando poi la camicia di Sirius per poter lavorare direttamente sulla ferita: il colpo l’aveva colpito al fianco sinistro, mancandogli di pochi centimetri il fegato.

Artemis premette forte, facendo trasalire il ferito. "Ehi, fa piano…" protestò debolmente.

"Il dolore è un bene" lo liquidò lei. "Ti tiene sveglio… Resta sveglio, ok? Ascolta la nostra voce…".

"E se vedo una luce, non ci vado incontro, giusto?".

La ragazza schiacciò con tutto il suo peso. "Non è divertente… Sto cercando di salvarti la vita, zio".

"Artemis" intervenne Ares. "C’è il foro d’uscita?".

"Oh, porca… Non mi è nemmeno passato per l’anticamente del cervello… Controlla tu, per favore. Drew, procurami un’altra benda, questa ormai è zuppa…".

Mentre Ares e Artemis si affannavano intorno a Sirius, Drew prese la maglia e la camicia di Sirius, che la ragazza aveva gettato di lato. Nel farlo, la bacchetta di Sirius gli cadde tra le mani. Ma che idioti! Ci siamo dimenticati della nostra ultima risorsa.

"’Temis".

"Cosa?".

"La bacchetta di Sirius…".

La ragazza si voltò verso di lui. "Drew, pensò proprio che ti sposerò. Vieni qua, svelto".

Drew ubbidì, per quanto il suo stomaco stesse letteralmente facendo le capriole alla vista di tutto quel sangue. Non dare di stomaco, non dare di stomaco, non dare di stomaco…

Ripetendosi questo mantra mentale, si affiancò all’amica. "Che devo fare?".

"Quanto ne sai di Incantesimi di Guarigione?".

"Ehm, hai una domanda di riserva? È roba ancora troppo avanzata per me…".

"Proprio quello che temevo… Ares, dovrai farlo tu…".

"Prima di chiudere, dobbiamo estrarre il proiettile" obiettò lui. "È vicino al fegato: se suturiamo la ferita, facciamo più danno che altro…".

"OK, d’accordo. Fammi pensare. Se è vicino al fegato, è troppo in profondità per estrarlo manualmente… Drew, dovrai Evocarlo fuori!".

"Che? Sei matta? Non ho mai fatto una cosa del genere… Perché non Ares?".

"Ascolta, lo so che è difficile, ma sarà doloroso. Molto doloroso: Ares deve tenere fermo Sirius, se no facciamo solo altri danni. Devi farlo tu…".

"Ma io non ho mai fatto un Incantesimo di Evocazione!".

"La vita reale è la scuola migliore. Mi fido di te. Ci fidiamo di te…".

Drew non rispose, combattuto: poi incontrò lo sguardo di Sirius e capì che non poteva lasciarlo morire senza fare nulla.

"Cosa devo fare?".

Artemis si spostò di lato, facendogli posto; Ares immobilizzò rapidamente Sirius, coadiuvato dalla sua mole.

"Punta la bacchetta vicino alla ferita, concentra tutte le tue energie, tutti i tuoi pensieri sul proiettile. Quando ti senti pronto, usa la formula".

Drew annuì, cominciando a concentrarsi. Il proiettile, il proiettile, non esisteva nient’altro, solo il proiettile…

Ebbe la vaga percezione di Artemis che rassicurava Sirius, ma la sentì solo con un orecchio. Doveva concentrarsi sul proiettile…

"EVOCO!".

Sirius lanciò un grido lancinante, costringendo Ares a piegarsi in avanti per trattenerlo, mentre il pugno di Drew si chiudeva intorno al proiettile.

"La bacchetta, presto!" lo incalzò Artemis.

Drew la passò ad Ares quasi senza accorgersene, facendosi da parte, mentre rilasciava il fiato che aveva inconsciamente trattenuto. Ce l’aveva fatta, ce l’aveva fatta sul serio…

"Sei stato bravo". Artemis gli poggiò una mano sulla spalla, sorridendo. "Davvero bravo".

"Tu di più" si complimentò lui, ricambiando il sorriso.

Ares stava rapidamente richiudendo la ferita, che ormai non sanguinava più. Sirius si era addormentato, o forse era svenuto.

"Aiutami, dobbiamo preparare delle bende per quando si sveglierà…".

"Perché non per ora?".

"Perché deve essere in forma animale quando gliele metteremo. Altrimenti la forma non andrà bene…".

"Giusto. Se la caverà?".

"Spero… Credo di sì. Ha perso troppo sangue…".

Mentre si metteva al lavoro sulla camicia di Sirius, facendola a strisce, sembrava riflettere. "Dobbiamo avvisare l’Ordine…".

"Ci staranno aspettando" realizzò all’improvviso Drew.

"Non possono più fare nulla" dichiarò Artemis. "Non riusciranno mai a preparare qualcosa per domani. Dobbiamo avvisarli e dirgli di lasciar perdere…".

"Tuo padre…".

"Mio padre accetterà il fatto compiuto" lo zittì la ragazza. "Anche a costo di ammazzarmi, non lascerò che un altro dei miei cari rischi la pelle per me!".

Esitò un attimo, poi riprese, stavolta rivolta ad Ares: "Quando hai finito, manda un Patronus a casa…".

Il suo tono non ammetteva repliche, perciò Drew non disse più nulla. Per la prima volta da quando JR aveva sparato a Sirius, tornò a interrogarsi su ciò che Nandes avrebbe escogitato per loro l’indomani…

LYRAPOTTER’S CORNER

Ehm, in quante lingue posso dirvi che mi dispiace? Forse nemmeno inginocchiarmi sui carboni ardenti è sufficiente come scusa per l’immenso ritardo con cui posto finalmente questo capitolo. Che posso dire, ho dovuto rifinire qualche punto, sono stata colta da un raptus ispiratore per l’altra fanfiction che mi ha portato a trascurare questa e soprattutto non ho mai un minuto libero: ci ho messo due settimane a scrivere questo, dato che posso farlo solo la sera dopo lo nove…

Abbiate pazienza, ormai lo sapete che la scuola mi sta uccidendo: siamo al 26 di maggio e i miei prof sono ancora dietro a interrogare, sono ragionevolmente esaurita!!!!!!

E sempre in argomento di scuola, vi avviso che per un bel po’ questo sarà il mio ultimo aggiornamento: ora devo dedicarmi alle altre finché mi resta un po’ di tempo, poi la maturità assorbirà tutto il mio tempo e di scrivere non se ne parlerà… perciò con tutta probabilità ci risentiremo verso la metà di luglio… Lo è un’eternità, specie per il modo in cui vi sto lasciando (a questo proposito, conosco almeno un paio di persone che vorranno uccidermi per quello che ho fatto a Sirius…). Comunque, se volete rassicurazioni sul futuro, guardatevi la prima mezz’ora de Il ritorno dello Jedi

E ora passiamo ai ringraziamenti, pochini stavolta, ma forse mi sono abituata troppo bene, e come si dice sempre meglio pochi ma buoni!!!!!!

Ino chan, holà sister carissima, se sei in ritardo tu, io che dovrei dire? Anyway, il crudelissimo sta tramando, dal prossimo capitolo torna in tutta la sua crudele crudeltà!!!!!!! E già che ci sono, ti lancio un accorato appello: finisci le tue fanfiction!!!!!!

LadyMorgan, come già detto a Ino, l’Oscurissimo sta per tornare, l’ho mandato alle Bahamas per qualche giorno… Il relax concilia l’ideazione di piano malvagi… Scommetto che mi vuoi uccidere, vero? JR non era dietro l’angolo, ma in questo capitolo a dato il meglio di sé! Era ovvio che succedeva qualcosa, altrimenti era troppo facile!!!!!!!! per quanto riguarda Sirius e Luna, devo essere sincera, nemmeno io so come è saltato fuori, la cosa è cominciata in modo totalmente inconscio, erano solo amici, poi qualcuno mi ha messo la pulce nell’orecchio e ho cambiato le carte in tavola. Mi spiace se non ti piace, ma orami è troppo tardi per tagliarlo fuori…

hermione616, su questo argomento il segreto professionale mi impone di tacere, ma sappi che Sirius e Luna sono due teste dure, e io da brava sadica li farò penare ancoro un bel po’!

Deidara, scommetto che eri in febbrile attesa, eh? Finalmente c’è l’ho fatta, con un capitolo bello lungo e corposo per farmi perdonare l’attesa! Eh, l’ho già detto, Luna è una zuccona, ce ne vorrà di tempo perché tra quei due si combini qualcosa…

Un'ultima cosa, dato il contenuto di questo capitolo e dei prossimi, ho ritenuto opportuno alzare il rating ad arancione, sperando di non creare problemi a nessuno!

Con questo direi che ho finito, a questo punto, salvo miracoli che di certo non avverano (del tipo, una meteora colpisce il ministero dell’Istruzione e annulliamo gli esami), ci si risente tra un mese e mezzo, più o meno!!!!!!! Fatemi gli auguri, see you soon!!!!!!

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Capitolo 23
*** La vasca di serpenti ***


MAGIC WARS

CAPITOLO XXI: LA VASCA DI SERPENTI

Azkaban,

Mare del Nord

Una delle poche cose che dopo la Rivoluzione era rimasta assolutamente invariata era la prigione di Azkaban: sempre isolata nel bel mezzo del Mare del Nord, sempre luogo di disperazione e tortura, sempre dominio incontrastato dei Dissennatori. L’unico cambiamento rilevante riguardava i prigionieri: non più Mangiamorte e Maghi Oscuri, ma oppositori del regime, in prevalenza maghi, e comuni criminali Babbani. Non esistevano più le vecchie prigioni: o Azkaban o, se ti andava bene, la Zona delle Celle, che spesso e volentieri era un preludio della prima alternativa.

Azkaban era il regno di Julius Osborne, forse l’unico uomo il cui solo nome bastava a farti rabbrividire perfino tra le mura del Ministero. A parte ovviamente lord Voldemort e Sylar…

Julius Osborne si era fatto strada all’interno della gerarchia dei Mangiamorte in un modo tutto suo. Mezzosangue, i genitori, un mago e una Babbana, erano rimasti uccisi nel corso della Prima Guerra, in circostanze non totalmente chiarite e il giovane Julius aveva passato l’infanzia passando da un istituto all’altro, fino all’approdo ad Hogwarts, dove si distinse non tanto per la sua mente brillante (non per nulla era Corvonero), quanto piuttosto per la sua indole fredda e asociale: passò sette anni in quasi totale solitudine, senza dare segno di volere una qualche amicizia, costruendosi una maschera di impassibilità da cui non filtrava mai nulla, tanto da far dubitare che fosse umano.

Non aveva ancora venti anni all’epoca della Rivoluzione, quando cominciò a far parlare di sé al punto da attirare l’attenzione di Voldemort: estraneo a qualunque legame con il regime o con i Mangiamorte, aveva riunito intorno a sé un gruppetto di Purosangue radicali e si era dato alla caccia al Sanguesporco, distinguendosi per la sua fredda spietatezza e un uso indiscriminato delle Maledizioni Senza Perdono, con particolare preferenza per la Maledizione Cruciatus. Per mesi lui e la sua squadra consegnarono Sanguesporco morti o ridotti perfino peggio al Ministero; a nulla valsero i numerosi richiami di fermare le spedizioni e nemmeno le notti passate in una cella di Azkaban. Anzi, fu in queste occasioni che Voldemort scoprì con suo sommo scorno che i Dissennatori avevano poco o nessun effetto sul giovane Julius.

Fu a quel punto che il Signore Oscuro capì che quel giovane, spregiudicato cacciatore poteva essere una vera minaccia per lui; così, fece quello che sapeva fare meglio: attirarsi la serpe in seno e legarla a lui a filo doppio. Convincere Julius a prendere il Marchio non fu particolarmente complicato: fu sufficiente la possibilità di poter praticare liberamente il suo sport preferito per farlo rinunciare alla sua libertà di decisione. Così Julius era diventato un Mangiamorte.

Per poterlo tenere sottocontrollo, Voldemort lo affiancò a Sylar, all’epoca nulla più che un giovane, promettente Mangiamorte che si occupava della caccia e l’eliminazione dei membri dell’Ordine, in fervente attività antiministeriale sotto la guida di Malocchio Moody.

Tuttavia, anche in questo frangente, Osborne si era rivelato un cane difficile da addestrare: Voldemort si rese conto della sua reale pericolosità solo quando gli portarono davanti il corpo di un ragazzo Weasley non meglio identificabile tanto era ridotto male. Osborne non aveva senso della misura né moralità, faceva quello che gli pareva ed era assolutamente incontrollabile, seppur fedele al suo padrone: mai una volta alzò la bacchetta contro un altro Mangiamorte o sollevò una protesta di qualche tipo. Era però ben chiaro che non si poteva lasciare un individuo del genere a piede libero.

Nello stesso periodo c’era poi lo spinoso problema dei Dissennatori, che risultavano parecchio irrequieti e per nulla paghi delle vittime che Azkaban poteva offrire loro.

Così, dietro suggerimento di Sylar, avevano preso due piccioni con una fava: Osborne era diventato il direttore generale della prigione, il che aveva rimesso al loro posto i Dissennatori e legato al guinzaglio il cane ribelle. Per soddisfare la sua sete di sangue, fu nominato responsabile degli interrogatori, che spesso più che interrogatori si rivelavano pure manifestazioni della sua abilità di lanciare Cruciatus contro i prigionieri indifesi. Sotto i suoi colpi erano passati nel corso dei successivi quindici anni quasi tutti i membri dell’Ordine della Fenice che furono catturati vivi: da Kingsley Shacklebolt al Mangiamorte traditore Piton fino a Remus Lupin e Ninfadora Tonks.

Sempre sua era stata l’ideazione e la messa in pratica dell’Inibitore di magia volontaria, volgarmente detto Marchio del Diavolo: un complesso incantesimo che posto a pelle della vittima, le impediva l’uso della magia in qualunque forma, pena una morte lenta e per nulla piacevole.

Pur relegato in una posizione per lui tutto sommato appagante e incapace di nuocere, Voldemort non aveva mai smesso di tenerlo sotto stretto controllo, per evitare ritorsioni contro di lui. Per questo, una volta all’anno, il Ministero organizzava una visita a sorpresa ad Azkaban di cui di norma si occupava qualche Mangiamorte di grado superiore di fedeltà certa che non avesse nient’altro da fare.

Quell’anno, tuttavia, tutti i Dipartimenti, e per estensione tutti i loro direttori, erano più o meno impegnati nelle ultime fasi di preparazione dell’Arma, così quello sgradevole e noioso compito era ricaduto direttamente sulle alte sfere.

Lord Sylar scese con mezzo grugnito dalla barca che l’aveva portato sullo scoglio di Azkaban dalla terra ferma: per motivi di sicurezza, era impossibile Materializzarsi o Smaterializzarsi per un raggio di cinque chilometri dalla prigione, cosicché il tratto di mare doveva essere attraversato alla vecchia, babbana maniera. Cosa che, a parere di Sylar, rendeva il compito ancora più tedioso di quanto già non fosse.

Mentre si avviava veloce verso l’entrata della fortezza, tallonato da un giovane Mangiamorte che aveva già l’aria di uno che sta per farsela addosso, Sylar stava ancora cercando di capire come avesse fatto a farsi incastrare a fare quella stupida ispezione: ricordava di essere stato telepaticamente contattato dal suo Signore, ricordava di aver ricevuto l’ordine di trovare qualcuno disposto a farsi il viaggio, ricordava di aver pensato che il giovane Malfoy non aveva ancora pagato a sufficienza lo smarrimento dei piani dell’Arma, ricordava di averlo convocato, ricordava che Voldemort gli aveva detto qualcosa a proposito dell’inaffidabilità di Osborne e poi… puff! Era a metà strada per Azkaban. Qualcuno aveva giocato con la sua mente e la cosa non gli piaceva per nulla: ma siccome l’unico in grado di fare simili scherzi a lui era Lord Voldemort, l’idea di lamentarsi era semplicemente inconcepibile. Se l’Oscuro dice ‘salta’, l’unica cosa che puoi rispondere è ‘quanto in alto, mio signore?’.

E così di era piegato, suo malgrado: se Voldemort aveva voluto mandare il suo braccio destro, un motivo ci doveva pur essere. Probabilmente, Osborne sta diventando più irrequieto del solito. In fondo, è parecchio che non gli portiamo più carne fresca al macello, avendo anche limitato le sue visite a Hermione Granger…

Sbuffò, osservando accigliato le mura di Azkaban; già da lì, avvertiva l’influenza dei Dissennatori. Uno dei tanti motivi per cui odiava Azkaban con tutte le sue forze: i Dissennatori erano probabilmente l’unica cosa al mondo, a parte un uso massiccio della Legilimanzia, che riusciva a penetrare le sue difese mentali e a far riemergere i ricordi della sua prima vita, quella che avrebbe voluto dimenticare con tutte le sue forze. Quella debolezza era probabilmente l’unica eredità che Harry Potter aveva lasciato in lui, anche se era passato il tempo in cui cadeva svenuto ogni volta che una di quelle immonde creature gli passava vicino.

Era nel frattempo arrivato alla soglia della prigione: Julius Osborne lo stava aspettando, impettito e compunto. Osborne dimostrava ben più dei suoi 37 anni scarsi: se anche non ne aveva sul suo spirito, il fisico rifletteva la prolungata vicinanza coi guardiani di Azkaban. Aveva il volto magro, scarno, con profondi occhi neri incavati e naso aquilino, capelli un tempo castani ora pesantemente striati di grigio; la sua espressione era sempre perennemente rigida e neutra: nulla trapelava da quella maschera. Se non fosse stato per l’elegante vestito che portava, pensò Sylar, avrebbe potuto essere scambiato per uno dei detenuti.

Quando furono uno di fronte all’altro, Osborne si esibì in un inchino appena accennato. "Mio signore". A Sylar non sfuggì al velata ironia nella sua voce, ma non commentò: Osborne era una delle poche persone che poteva permettersi una certa tracotanza nei suoi confronti.

"Julius" lo salutò semplicemente. "Vediamo di sbrigarci: non ho molto tempo da dedicarti, temo".

"Fate come se foste a casa, Lord Sylar" rispose questi, facendosi da parte per far entrare lui e il suo terrorizzato accompagnatore.

"Non mi aspettavo una vostra visita" riprese Osborne, mentre faceva strada nel corridoio. "Non mi reputo così importante da meritarmi un’ispezione del vice ministro in persona…".

"E non lo sei" lo zittì in tono secco Sylar, lasciandosi introdurre nello spoglio e spartano ufficio di Osborne. "Sono qui perché non c’era nessun altro Mangiamorte abbastanza fidato che avesse mezz’ora da perdere".

"Allora lo considero doppiamente un onore" ridacchiò Julius, sedendosi alla scrivania. "Non è capitato spesso di vederci ultimamente…".

"Credo che l’ultima vera conversazione che abbiamo avuto sia sta tre anni fa, quando venni per portare via dalle tue grinfie Ninfadora Tonks, dopo che avevi spremuto tutto quello che c’era di spremibile nella sua mente…".

"Ah sì, ricordo, magnifici tempi…". Osborne si incantò a osservare un punto imprecisato davanti a lui, immerso, Sylar ne era più che certo, nel ricordo dei momenti passati con la signora Lupin. Il lampo di puro, perverso piacere che attraversò il suo occhi gli causò un brivido involontario: lui stesso aveva ucciso, aveva torturato senza remore anche quelli che un tempo chiamava alleati, ma non aveva mai conosciuto uno come Osborne, uno che trasse gioia dalla pura e semplice sofferenza.

"Mi faceste un grave torto in quel occasione" si riscosse Julius, fissandolo con una punta d’astio. "Era mia e me l’avete portata via prima che potessi completare l’opera".

C’era un che di vagamente possessivo nella sua voce, che fece montare una nuova ondata di disgusto in Sylar: la cosa che gli faceva più orrore era pensare che quell’uomo era sempre stato così, fin da quando, da giovani, avevano lavorato gomito a gomito due anni contro l’Ordine. Già allora, aveva capito che Osborne era malato: gli era bastato vedere come aveva ridotto quel povero disgraziato di Percy Weasley!

"Julius" rispose in tono diplomatico, "quando l’ho portato via, era diventata la parodia di essere umano: nemmeno se ti fossi sforzato le avresti cavato altro. Perfino Bellatrix avrebbe provato pietà per come l’hai ridotta…".

Osborne sbuffò. "Ricordo che mi lasciaste molto stupito: non è da voi provare una simile misericordia. Ne avete lasciati morire di migliori di quella feccia auror! E ricordo anche che mentre la trasferivate altrove, i cani dell’Ordine se la ripresero".

Sylar scrollò le spalle, indifferente. "Avrebbero fatto meglio a lasciarla morire: conciata come era e come suppongo sia ancora conciata, lasciarla vivere non ha il minimo senso…".

"Cani sentimentali! Non ucciderebbero uno dei loro nemmeno se se ne andasse della loro vita!".

Sylar sorrise sotto la maschera: su quello era proprio vero. L’Ordine era famoso anche per i suoi tentativi di salvataggio in extremis. L’Atrium del Ministero ne portava ancora segni recenti.

"In ogni caso, Julius, rinfacciarmi di aver contribuito al salvataggio di Ninfadora Tonks è come minimo ipocrita da parte tua… Se non ricordo male, nemmeno cinque giorni dopo ti lasciasti sfuggire Remus Lupin, facendoti sottrarre pure la bacchetta: sopraffatto da un uomo solo, Disarmato, in condizioni fisiche e mentali pietose, torturato fino allo stremo…".

"Avrebbe fatto meglio a crepare pure lui, mio signore" asserì Osborne, con una smorfia irritata al ricordo di quell’umiliazione. "Se me lo trovassi tra le mani… Ma probabilmente, per come è ridotto al momento, non ci sarebbe nemmeno gusto a torturarlo: cascherebbe stecchito alla seconda Cruciatus…".

"In ogni caso" lo interruppe Sylar, desideroso di riportare la conversazione sui binari originari, "non siamo qui per discutere il destino di Ninfadora Tonks, Remus Lupin o qualunque altro membro dell’Ordine. Sono venuto per controllare se svolgi il tuo lavoro come dovresti…".

"Ve lo già detto, Lord Sylar, fate come a casa vostra: non ho nulla da nascondere. È un periodo di calma piatta: detenuti tranquilli, celle tranquille, Dissennatori tranquilli…".

"Fammi strada" gli ordinò. "prima di ispezionare le carte, voglio controllare le cose Nell’area di massima sicurezza…".

"Certamente. Da questa parte".

Osborne si alzò e lo precedette nel corridoio; dopo qualche svolta si fermò davanti a una robusta grata protetta da barriere magiche e chiusa a tripla mandata.

"Non è che ci sia molto da vedere, mio signore" osservò Julius, mentre prendeva le chiavi dalla tasca e cominciava a far scattare le serrature. "Ve l’ho detto: è un periodo di calma piatta. A parte qualche serial killer pluriomicida c’è ben poco…".

"Non sei qui per commentare quello che faccio o non faccio, Julius: controllerò che tutto sia in regola, con o senza la tua approvazione".

"Certamente: la mia era solo una constatazione. Prego, divertiteti".

Aprì la porta e si fece di lato con un pomposo quanto ironico inchino che Sylar ignorò. Verrà il giorno in cui potrò far assaggiare la sua stessa medicina a quel mostriciattolo sgradevole. E allora vedrò proprio di divertirmi come un bambino al luna park!

Come prevedibile, il corridoio pullulava di Dissennatori. Sylar si sentì invadere dal famigliare senso di gelo, mentre memorie indesiderate facevano capolino nella sua testa…

Una donna che urlava… No, Harry no, ti prego…

Sirius Black steso in riva la lago, circondato da Dissennatori…

Il funerale di Albus Silente… Ginny, mi dispiace, ma non possiamo più stare insieme…

Quell’ultimo giorno… Harry, mi dispiace, Ginny è… è morta, non abbiamo potuto fare nulla…

Sylar potenziò i suoi schermi mentali, cercando di chiudere fuori Harry Potter e i suoi irritanti ricordi strappalacrime, con ben poco successo: l’Occlumanzia poteva combattere gli effetti dei Dissennatori solo fino a un certo punto.

"State bene, mio signore?". La domanda retorica e sarcastica lo richiamò alla realtà: era sempre difficile non abbandonarsi a quelle immagini, anche se di fatto appartenevano alla vita di un altro…

Si voltò: Osborne sembrava a suo agio come se fosse stato disteso in un prato fiorito alla luce di mezzogiorno e lo osservava con malcelato divertimento. "Problemi, mio signore? Magari coi miei fidi compagni…".

"Affatto" rispose Sylar, in tono tutto sommato fermo e deciso. "Tutto in ordine, grazie della premura. Sto solo osservando se compi correttamente il tuo dovere…".

"Ovviamente".

Non gli aveva creduto, ma la cosa non aveva la minima importanza: fortunatamente le sue conoscenze di Legilimanzia era piuttosto scarse. Finché quei ricordi restavano al sicuro nella sua testa, Julius Osborne poteva pensare quello che gli pareva.

Si volse, con l’intenzione di portare a termine quel compito sgradito nel più breve tempo possibile, quando il Marchio Nero sul suo braccio prese a bruciare. Subito dopo Lord Voldemort lo chiamò mentalmente. Sylar, torna subito a Londra: ho cose importanti da riferirti.

Certamente, mio signore, arrivo immediatamente, fu l’immediata risposta, mentre ad alta voce diceva: "Sono desolato, Julius, ma temo dovremo rimandare l’ispezione a un altro giorno: affari più urgenti mi richiamano immediatamente a Londra…".

Gli occhi di Osborne volarono un istante a suo avambraccio sinistro, intuendo quello che era accaduto. "Capisco perfettamente" lo rassicurò. "Vorrà dire che avremo il piacere di scambiare un’altra chiacchierata in futuro…".

"Non vedo l’ora" ribattè Sylar, in tono non meno sarcastico di quello usato dall’altro.

Ministero della Magia,

Londra.

"Mi avete mandato a chiamare, mio signore?" esordì Sylar meno di venti minuti dopo, entrando nel buoi ufficio di Lord Voldemort. Come sempre, questi era comodamente seduto in poltrona, mezzo immerso nell’oscurità, con Nagini fedelmente acciambellata ai suoi piedi.

"Esattamente" rispose, per poi posare il suo volto da rettile su di lui. "Ti sento turbato, amico mio: ricordi spiacevoli?".

"È colpa dei Dissennatori, mio signore" rispose Sylar, in tono neutro. "Un effetto collaterale perfettamente sotto controllo, ve lo garantisco…".

Voldemort sorrise appena. "Oh, non ho dubbi su questo, Sylar. Sono io ad aver metaforicamente ucciso Harry Potter diciassette anni fa… se stesse riprendendo forma, sarei il primo ad accorgermene".

"Certamente. Perché mi avete cercato?".

"Ho riflettuto a lungo sulla questione di Andrew Potter. Dopo quello che è successo il mese scorso durante la fuga della Granger, è evidente che il ragazzo possiede un potenziale magico notevole, troppo per sprecarlo…".

"Cosa volete dire?".

"Che Andrew Potter dovrà unirsi a noi e mettere le sue capacità al mio servizio…".

Per un attimo, Sylar pensò seriamente che Voldemort stesse scherzando: se non fosse stato certo del contrario, avrebbe giurato, che lo stava bellamente prendendo per i fondelli. Ma ciò non era possibile: Voldemort era mortalmente serio e questo se possibile sconcertava di più Sylar che se avesse sul serio scherzato…

"Mio signore" cominciò, in tono esitante, "questo è impossibile: Potter è fedele all’Ordine. L’ho avvertito chiaramente quando l’ho posseduto: non tradirebbe mai la fiducia dei traditori…".

"Anche l’anima più incorruttibile può essere traviata, Sylar" osservò Voldemort, con fare pensoso. "Tu dovresti saperlo meglio di chiunque altro… Basta solo trovare la leva giusta…".

Sylar annuì: se Voldemort aveva deciso, si sarebbe fatto come desiderava. Non era possibile fargli cambiare idea…

"Che cosa volete che faccia?".

"Potter verrà presto a cercarti. Se assomiglia soltanto un po’ a suo padre e su questo sono sicuro, presto o tardi ci si butterà tra le braccia. Tu fagli credere di essere un nostro prigioniero e al momento opportuno portalo da me: in qualche modo, piegherò la sua volontà. Non deve sospettare i nostri piani".

"E se il ragazzo non venisse?".

"Allora confido che la tua ricerca delle spie all’interno del Ministero dia presto i frutti e che tu possa scoprire dove si rintana l’Ordine. In tal caso, dovrai catturare Potter vivo e portarmelo…".

"Con tutto il rispetto, mio signore, non credo che sarà così facile piegarlo: la sua volontà è forte".

"Forse questo non sarà sufficiente, è vero, ma te l’ho già detto: nessun uomo è incorruttibile. Potter avrà un punto debole come chiunque. Se lo troveremo, l’avremo in pugno. E ha poca importanza il tempo che ci impiegheremo: in un modo o nell’altro Andrew Potter diventerà un Mangiamorte".

"Certo, mio signore, sarà fatto come desiderate".

"Molto bene. Ora va: di certo avrai molto da fare".

Sylar si inchinò e uscì. Andrew Potter, adesso la mossa spetta a te. Ti consegnerai di tua volontà al tuo distruttore o dovrò venire a stanarti io?

Le Segrete della Casa,

Londra.

Drew si sentì scuotere rudemente per un braccio. Aprì un occhio e si trovò il viso di Ares a pochi centimetri. "È quasi ora" gli comunicò, prima di allontanarsi.

Drew si passò una mano sugli occhi stiracchiandosi, poi guardò l’orologio: le nove e mezzo. Aveva dormito meno di due ore. Non che fosse sua intenzione addormentarsi, ma alla fine la tensione e la stanchezza l’avevano vinto e fatto sprofondare in un sonno agitato costellato di pistole, coltelli e plotoni di esecuzione stile corte marziale. Dubitava che quei sogni si rivelassero veritieri, considerato che nandes aveva promesso loro una morte lenta e dolorosa, il che in un certo senso faceva apparire il plotone quasi invitante

Si passò una mano tra i capelli, tornati del loro originale rosso fiamma: Drew si era quasi dimenticato il suo vero aspetto. Nell’ultimo mese aveva preso la Pozione Polisucco in modo tale da non essere mai scoperto nemmeno di notte, così che solo in rari momenti non aveva mantenuto le sembianze di danny burton. Sfortunatamente, rinchiuso in quella cella, non aveva potuto berne un’altra boccetta e così, poco prima di cedere al sonno, aveva riacquistato la sua vera faccia. Sarebbe stato interessante vedere l’espressione di nandes quando avesse scoperto chi aveva tra le mani e soprattutto che era stato fregato da un ragazzo di diciassette anni. Ironico, ho alle calcagna tutta la comunità magica dalla Cornovaglia a Edimburgo e mi farò ammazzare da un boss mafioso…

Si voltò verso Artemis: la ragazza appariva più distrutta di quanto non l’avesse mai vista. Era evidente che non aveva chiuso occhio nemmeno per un attimo, impegnata a vegliare su Sirius, ancora profondamente addormentato. Era pallido come un morto, anche se il respiro sembrava abbastanza regolare, anche se lento: il fianco destro era costellato di bende di fortuna mezzo macchiate di sangue per cercare di tenere pulita la ferita suturata alla meglio e evitare infezioni. Di lato, Drew notò delle fasce di tessuto più pulite, che sicuramente Artemis aveva intenzione di usare per bendare la ferita quando Sirius avesse ripreso la forma di Padfoot.

Non avevano più avuto notizie dall’Ordine, dopo che Ares aveva inviato loro un Patronus per informarli che il piano era fallito e che loro erano già praticamente morti: Drew aveva preferito non immaginare la reazione di Remus e gli altri.

"Come sta?" domandò, piano, avvicinandosi.

La ragazza scosse il capo. "Stabile. Ma ha perso tanto di quel sangue che è un vero miracolo sia ancora vivo. Il battito è debole, ma regolare. Avrebbe bisogno di cure migliori di queste…".

"Sei il meglio che Sirius possa avere in questo momento" tentò di rincuorarla Drew: aveva le mani e i vestiti coperti di talmente tanto sangue che sembrava avesse macellato qualcosa a mani nudi. Drew faticava a credere che tutto quel sangue potesse essere uscito da una sola persona.

Artemis sorrise debolmente. "Anche se in fondo, dubito faccia questa grande differenza: tra poche ore saremmo tutti morti…".

Drew si limitò ad annuire, mentre la sua vena fatalista prendeva il sopravvento: ormai piangere sul latte versato aveva poco senso, era cosciente dei rischi che correva quando si era imbarcato in quell’impresa e non aveva la minima intenzione di dare a Nandes la soddisfazione di vederlo implorare.

"Artemis" intervenne Ares, "saranno qui a momenti: non devono vedere Sirius così…".

La ragazza annuì, si chinò sullo zio acquisito e prese a prese a scuoterlo. "Zio Sirius, svegliati".

Ci mise diversi minuti, ma alla fine Sirius aprì gli occhi. "Ehi" Li salutò con voce debole. "Ho sognato che galleggiavo su una nuvoletta rosa: dici che è un brutto segno?".

"Non buono di certo: tu sta lontano da tunnel, luci accecanti e qualunque altra cosa si dica si veda da moribondi, perché tu non sei moribondo, almeno finché io ho qualcosa in contrario da dire…".

"Agli ordini, generale". Sirius si sfiorò il fianco. "Chi mi ha ricucito?".

"Magia Guaritrice improvvisata" rispose Artemis. "Non è il massimo, ma è tutto quello che avevamo: hai bisogno di un aiuto più specializzato…".

"Bambina mia, credo che ha questo punto, sia del tutto indifferente morire adesso o tra poche ore… Certo, avere JR sotto mano cinque minuti non mi dispiacerebbe…".

La ragazza sbuffò sonoramente. "Ma se non sei in condizione di batterti nemmeno con un pettirosso al momento!".

"Ehi, così ferisci il mio ego maschile… O quel poco che ne è rimasto, perlomeno".

"Sì, invece io tuo es femminile farebbe meglio a smettere di fare l’idiota… Zio Sirius, devi riprendere la forma animale: sarà già abbastanza divertente spiegare a Nandes come Andrew Potter sia finito nel suo scantinato, non voglio dover rendere conto anche di un cane che non c’è più!".

Sirius annuì, capendo il succo del discorso, mentre cercava Drew con lo sguardo. "Piacere di rivederti… cominciava a mancarmi la tua vera faccia".

"Già, anche a me… Come ti senti?".

"Oh, una favola" scherzò lui, cercando di mettersi seduto, mangiandosi un paio di colorite imprecazioni. "Oh, porca… MI rifiuto di morire in modo così indecente: dopo tutto quello che ho fatto nella mia vita, Bellatrix non me lo perdonerebbe mai se schiattassi per opera di qualcun altro… Datemi un minuto…".

"Sempre che ce l’abbiamo un minuto" mormorò Artemis. "Gli uomini di Nandes arriveranno a momenti: non devono capire che abbiamo ancora una bacchetta…".

"A proposito, questa è meglio che la tenga tu" intervenne Ares, porgendogli la sua bacchetta.

"Siete sicuri? Non è che potrò farmene molto, una volta trasformato…".

"Di certo ci perquisiranno" ribatté Artemis. "Forse non ci potremmo fare nulla, ma preferisco tenerla come riserva per ogni evenienza…".

Sirius annuì e prese l’arma, infilandosela nella tasca dei pantaloni. Dopodiché chiuse gli occhi, concentrandosi per guadagnare le energie necessarie alla trasformazione.

Fu uno dei minuti più lunghi della vita di Drew: alla fine comunque, con un leggero POP Sirius scomparve, lasciando il posto a un Padfoot un po’ barcollante e scosso.

"Dammi una mano, Drew" disse subito Artemis in tono pratico. "Passami le bende: non abbiamo molto tempo".

Avevano appena finito di applicargli un bendaggio il più solido possibile, quando dall’esterno giunsero dei passi; pochi istanti dopo, la porta della cella si aprì e JR si salutò con un ghigno soddisfatto "Buon giorno, miei piccoli topolini di fogna. Dormito bene?".

Malgrado la sua postazione svantaggiata, Sirius non resistette alla tentazione di ringhiargli contro, mentre gli altri tre prigionieri saltavano in piedi.

"È ancora vivo?". JR non nascose la sua espressione delusa, guardando con odio l’animale. "Ma del resto la vostra è stata tutta fatica sprecata… Il rosso ti dona, Artemis".

La ragazza gli rivolse un sorriso gelido. "Aspetta di incontrarmi in vicolo buio, JR. E poi vedrai quanto mi doni il rosso…".

"Non perdi la tua verve tagliente nemmeno in punto di morte, vedo" osservò in tono sarcastico. Poi il su sguardo si posò su Drew e si dipinse di sorpresa. "E tu da dove salti fuori, ragazzino?".

Ma perché mi danno sempre tutti del ragazzino?, pensò irritato Drew. "Sorpresa di natale anticipato apposta per te, JR" rispose poi. "Danny Burton al tuo servizio".

JR continuò a guardarlo con sguardo vacuo per alcuni secondi, finché Artemis non intervenne: "Non affannarti a capire: il tuo misero cervellino potrebbe implodere per lo sforzo. E non sarebbe un bello spettacolo…".

"Tu, piccola insolente…". Alzò la mano, pronto a colpirla, ma alla fine parve ripensarci. "Ah, non ne vale la pena… Dovrei chiedere a Nandes il permesso di passare cinque minuti da solo con te: ti farei passare la voglia di fare l’arrogante…".

Artemis si irrigidì, fissandolo come se avesse voluto sbranarlo: Drew si stupì che non stesse ringhiasse. "Devi solo provarci, JR" soffiò la ragazza. "Sarebbero i cinque minuti peggiori della TUA vita…".

L’uomo ridacchiò, evidentemente divertito da quella minaccia. "Probabilmente non lo sapremo mai, giusto? E ora pedalare: Nandes è impaziente di discutere con voi del vostro destino".

Tirò fuori una pistola e li fece uscire di malagrazia dalla cella, Artemis, Drew e per ultimo Ares che teneva tra le braccia Sirius: nel corridoio altri cinque uomini li stavano aspettando per scortarli nella Sala Grande.

Qui trovarono Nandes, circondato più o meno da tutta la sua corte, con un ghigno di puro compiacimento sul volto, compiacimento che si trasformò in sorpresa quando si trovò di fronte Drew.

Per un attimo parve confuso, poi comprese. "Qualche vostro infido trucchetto da maghi, suppongo… Io ti ho già visto da qualche parte…".

"Oh, non credo" ribatté Drew, sperando in tutto cuore di non essere riconosciuto. "Normalmente non frequento le bettole di bassa lega…".

Nandes mantenne un’espressione pensosa, per nulla convinto. "Eppure sono sicuro di averti già visto…".

"Era sui giornali" intervenne un uomo nel mezzo del gruppo. "È un ricercato speciale: al Ministero pagano un mucchio di soldi per lui…".

A quelle parole il viso di Nandes si illuminò di comprensione. "Potter. Tu sei Andrew Potter, non è vero?". Nandes lo squadrò da capo a piedi, come a volerlo valutare. "Sai, con tutto il chiasso che stanno facendo a nostri capi di governo per te, mi immaginavo fossi un po’ più vecchio di così… quanti anni hai, sedici?".

"Diciassette, veramente" lo corresse Drew, in tono neutro.

"E cosa può aver fatto un ragazzo di diciassette anni di tanto grave da meritarsi tutte queste attenzioni? Anche se forse avrei dovuto immaginarlo: avevo intuito che la signorinella qui presente se la faceva coi criminali come te…".

"E allora che vuoi fare?" intervenne Artemis. "Appiccicarci un bel fiocco regalo in testa e spedirci tutti da Lord Sylar? Di certo apprezzerebbe il pensiero…".

Drew rabbrividì all’idea: preferiva essere finito da Nandes e i suoi uomini, piuttosto che trovarsi faccia a faccia con Sylar. Ancora non era pronto ad affrontarlo, forse non lo sarebbe mai stato… e probabilmente non dovrò mai pormi il problema!

Nandes dal canto suo ridacchiò. "Pensavo mi conoscessi meglio, Artemis: dovresti sapere che qualunque cosa renda felici i nostri magici burocrati, rende infelice me per principio! No, non ho la minima intenzione di consegnarvi al Ministero: ho ben altri progetti per voi, molto più costruttivi. Al più, spedirò a Sylar tre cadaveri…".

"Che pensiero premuroso" osservò in tono sarcastico Artemis. "E così, ti protrai vendicare in piena libertà e intascare un bel mucchio di quattrini… Complimenti, il piano perfetto. Hai intenzione di dirci come vuoi ucciderci o indugerai ancora a lungo?".

"Non ti piacciono le attese cariche di tensione, mio piccolo serpente a sonagli?". Nandes sorrise tra sé, come se avesse fatto chissà quale battuta. "In effetti, è ironico che mi metta a parlare di serpenti…".

Drew sentì lo stomaco contrarsi: non gli piaceva per nulla dove la conversazione stava andando a parare. Artemis socchiuse gli occhi, fissandolo con sospetto. "Che cosa vuol dire? Che cosa vuoi fare?".

"Sapete, ho meditato a lungo prima di decidere come uccidervi… Dopo il brutto tiro che mi avete giocato stanotte, qualunque punizione mi sembrava troppo poco, non c’era nulla che mi soddisfacesse. E poi, l’illuminazione…".

"Solo io ho un pessimo presentimento?" domandò sottovoce Drew. Artemis scosse il capo, facendogli cenno di tacere. "Non può essere nulla di così terribile" bisbigliò in risposta. "Nandes sta solo facendo un po’ di scena…".

"Tu sai Artemis" stava nel frattempo proseguendo Nandes, come se non avesse udito nulla, "che il nostro amico Underwood possiede un allevamento di serpenti, vero? Li tiene per il veleno, che poi rivende a prezzi maggiorati… Ed è molto utile per truccare coltelli…".

"Visto?" osservò sottovoce Artemis. "Veleno, si è mantenuto sul banale… Ce lo farà ingoiare o qualcosa di simile…".

Ci è andata ancora bene, allora… poteva finire molto peggio. Tutto sommato, l’idea di finire avvelenato non gli sembrava particolarmente spaventosa, specie rispetto a certi film mentali che si era fatto nelle ultime ore.

"Quando ne ho parlato con Underwood" continuò Nandes, "è stato più che felice di prestarmi i suoi piccoli, viscidi amici per la vostra esecuzione. Noterai anche che non è qui al momento: l’ho mandato a preparare lo spettacolo…".

"Spettacolo?" ripeté Artemis. "Che spettacolo? Cosa vuoi fare?".

"Hai presente la vecchia piscina abbandonata che si trova alla periferia di Londra? L’ho acquistata un paio di anni fa: normalmente la uso come deposito, tuttavia oggi ho trovato un modo più creativo di utilizzarla… Immaginate lo spettacolo di una vasca olimpionica riempita con un centinaio di serpenti velenosi preventivamente incazzati. E immaginate cosa succederebbe se qualcuno ci finisse ‘accidentalmente’ dentro…".

Drew ebbe la netta sensazione che le viscere gli si fossero riempite di ghiaccio. Non può dire sul serio… Notò che anche Artemis era sbiancata e perfino Ares si era irrigidito, pur mantenendo la sua abituale compostezza.

"Non lo faresti, Nandes…" mormorò la ragazza, incredula. "Nemmeno tu saresti così crudele…".

"Intendi così crudele da guardare tre traditori che hanno cercato di fregarmi morire di una morte orribile? Credo tu mi stia sottovalutando, Artemis, cara: posso e lo farò. E ti assicuro che farò del mio meglio per divertirmi!".

Ok, pensò Drew, sconvolto, tutto sommato era meglio un faccia a faccia con Sylar…

"Cos’è che dicevi?" mormorò poi, senza quasi riconoscere la sua voce, tanto il panico crescente la rendeva stridula. "Che stava solo facendo un po’ di scena?".

Artemis aprì la bocca per ribattere, ma Nandes la precedette. "Mi dispiace deluderti, Andrew Potter, ma questo è il prezzo che paga chi si mette sulla mia strada…".

"Sei uno schifoso figlio di p…" lo aggredì Artemis. "Perché non puoi semplicemente spararci o che ne so, buttarci nel Tamigi…".

"Perché sarebbe troppo facile, ecco perché. Questo è il minimo che vi meritate… Portateli via e preparate le macchine: siete tutti invitati allo spettacolo!".

Drew a malapena si accorse dell’uomo che lo afferrò per le spalle e lo trascinò via.

Era ancora in quello stato semicatatonico quando circa un’ora dopo gli uomini di Nandes lo caricarono, dopo avergli legato le mani dietro la schiena, su un anonimo furgoncino bianco, subito seguito dai suoi amici. Poco dopo, sentì il veicolo mettersi in moto e le chiacchiere gioviale dei due o tre occupanti del sedili davanti.

La sua mente era come entrata in standby e questo tutto sommato era probabilmente positivo, perché se si fosse soffermato troppo su quello che stava per accadere di certo avrebbe ceduto al panico e avrebbe finito col fare qualche stupidaggine…

"Drew?". La voce di Artemis sembrò arrivare da chissà dove, attraverso la plumbea nebbia che circondava il suo cervello. "Drew, sei ancora su questo pianeta?".

Gattonando e rischiando di finire faccia avanti a causa degli scossoni del furgone, la ragazza gli si avvicinò. "Drew, respira; andrà tutto bene…".

"Tutto bene?" ripeté il ragazzo con voce acuta, riscuotendosi all’improvviso. "Stiamo per essere gettati in una piscina piena di serpenti velenosi e tu dici che andrà tutto bene?!".

"Visto che ti sei riscosso". Artemis gli sorrise. "Stai tranquillo: lo so che è difficile, ma cedere alla paura non aiuterà nessuno…".

Drew al guardò: sembrava il ritratto della calma, neanche stessero andando a fare un picnic, soltanto era pallida come una morta. "Ma come fai a stare così calma?".

"Interiorizzo molto" fu l’asciutta risposta. "È una tecnica yoga per rilassarsi: respiri a fondo e chiudi fuori il mondo esterno, concentrandoti solo su un’immagine, un ricordo, qualunque cosa…".

"Ad esempio?".

La ragazza si strinse nelle spalle. "Che ne so, qualcosa che ti calmi… Io sto pensando ai biscotti che mia nonna mi faceva sempre quando era piccola…".

Drew sbuffò. "Dubito di poter imparare una tecnica yoga in mezz’ora…".

"Probabilmente ci metteremo un po’ di più" puntualizzò Artemis. "La piscina abbandonata di cui parla Nandes si trova dall’altra parte della città…".

Drew annuì senza commentare, poi per distrarsi lasciò spaziare lo sguardo intorno. Ares era seduto di fronte a lui a gambe incrociate, imperturbabile e silenzioso come sempre. Sirius era accucciato ai suoi piedi: sembrava addormentato, ma Drew vedeva i suoi occhi muoversi continuamente da un lato all’altro, vigili; quando il furgone faceva qualche mossa particolarmente brusca, l’animale guaiva di dolore. E poi ovviamente, c’era Artemis, seduta di fianco a lui: Drew notò solo in quel momento che era a piedi nudi. "Che fine hanno fatto le tue scarpe?" domandò stupito.

Artemis lo guardò con un sopracciglio inarcato. "Certo che hai uno spirito d’osservazione… Nandes me le ha tolte quando mi ha catturato: erano un paio di stivali con alcuni centimetri di tacco e nascosti dentro un paio di coltelli…".

"Non si fidava di te?".

"E faceva bene. Sa perfettamente che se solo potessi, lo farei a pezzetti microscopici con le mie mani!".

"Mi togli una curiosità: se lo odi così tanto, perché ti sei messa a lavorare per lui? Ho chiesto un po’ in giro, ma nessuno ha saputo dirmi nulla. In compenso, ti consideravano tutti una mezza strega, o qualcosa del genere…".

Artemis ridacchiò: sembrava molto fiera di quelle parole. "Già, sono brava a terrorizzare la gente… Siamo bravi a terrorizzare la gente" puntualizzò, accennando a Ares, che sogghignò a sua volta.

Alla mura richiesta di Drew di avere ulteriori spiegazione, la ragazza proseguì. "Avanti, Drew, guardami: ho diciannove anni e in borghese ne dimostro sedici, ho quest’aria da angioletto caduto direttamente dal paradiso, a prima vista sembro un’ingenua e innocente liceale che non ha mai nemmeno guardato un ragazzo… Se non fossi riuscita a impormi in qualche modo, in questo ambiente sarei finita cannibalizzata nel giro di un mese…".

Drew non poteva francamente darle torto: se l’avesse vista per strada, senza sapere nulla di lei, l’ultima cosa che avrebbe pensato era che fosse una criminale dal grilletto veloce.

"Questo aspetto mi ha reso la vita difficile… Tu non puoi capire perché non sei un Metamorfomagus… Prima di venire marchiata, ero abituata a cambiare le mie sembianze semplicemente concentrandomi: finire intrappolata in questa forma anche piuttosto ridicola è stato davvero frustante…".

"Quindi questo non è il tuo vero aspetto?" domandò Drew, sorpreso.

Artemis rise. "Oh no… Vedi qualcosa dei miei genitori in me? A parte gli occhi, ovviamente: quelli sono l’unica cosa autentica di tutto quello che hai di fronte. Credo che se potessi vedere il mio vero aspetto, assomiglierei molto a Bellatrix: quando era piccola, mia nonna mi diceva che assomigliavo molto a mia madre e lei da giovani. Andromeda era sorella di Bellatrix e si vedeva… Comunque queste sono le sembianze in cui sono finita quando Osborne mi ha impresso il Marchio del Diavolo: in quel momento, ero talmente nel panico che persi completamente il controllo dei miei poteri… E questo è il risultato: certo, la mia struttura di fondo è ancora quella, ma sono molto diversa dallo stampo originale!".

"Capisco… Ma non hai ancora risposta alla mia domanda…" obiettò Drew, desideroso di portare avanti la conversazione: gli impediva di pensare che ogni minuto si stava avvicinando alla morte.

"Giusto". Artemis rifletté un attimo, poi chiese: "Volevi sapere come siamo finiti alle dipendenze di Nandes giusto? In realtà, è complicato… Ma immagino che abbiamo tutto il tempo… Te lo avranno detto che già prima di incontrare me, Nandes aveva cercato di attrarre Ares nel suo giro: lo vedeva come una minaccia, era troppo bravo… Ma Ares era un solitario, che badava ai suoi affari e stava sempre sulle sue. Potrai capire il perché: essere un Sanguesporco ancora a piede libero sul suolo inglese è un po’ come sventolare una tovaglia rossa davanti a un toro infuriato, terribilmente pericoloso. Ovviamente, Nandes non poteva sapere che era questo il principale motivo per cui Ares evitava qualunque contatto umano che non fosse più che necessario, compresi rapporti anche solo vagamente amichevoli con qualcuno. Nandes accetto non proprio di buon grado i rifiuti alle sue molteplici offerte di alleanza, ma non poteva fare altrimenti: non aveva appigli per esercitare pressioni o ricatti… Nemmeno io saprei da che parte cominciare in tal senso: il passato di Ares è un buco nero… Le cose cambiarono quando…".

"… Quando incontrò te" concluse Drew per lei, ottenendo un cenno d’assenso.

"All’inizio, lasciò tutti perplessi: cos’aveva da spartire il gigante solitario con una ragazzina come me? Ovviamente nessuno sapeva dei reali vincoli che ci legarono: quando io scoprì che lui era un mago in esilio e gli raccontai la mia storia, beh, lo interpretammo come una specie di segno del destino. Al suo fianco divenni quello che sono ora: mi insegnò quello di cui avevo bisogno per sopravvivere in questo ambiente, imparai a dominare le emozioni, a sfruttare il potere del debole lupo che vive dentro di me, divenni in un certo senso spietata… E Nandes riprese a farci la corte, quando capì che insieme costituivamo una minaccia ancora più seria, che se avessimo voluto avremmo potuto rovesciarlo. Ancora una volta, si trovò di fronte il nostro secco rifiuto. Ma le cose erano diverse: Nandes ci mise un po’ a capire che il legame che ci lega era molto più profondo di quello tra due colleghi e soci… E quando lo capì, lo usò contro di noi.

"Una sera, Nandes ci invitò nel suo ufficio per parlare. Con il senno di poi, posso dire che peccammo di ingenuità ad accettare quell’invito, ma pensammo che volesse farci l’ennesima proposta. Sbagliammo tutto: Nandes ci rifilò del vino drogato; quando mi risvegliai, ero legata a una sedia e JR puntava una pistola contro la tempia di Ares: Nandes aveva capito che per noi stessi non avremmo mai accettato di servirlo, ma che non avremo mai lasciato morire l’altro… Aveva ragione, che il diavolo se lo porti, dannazione!".

"Così, vi legò a lui con le minacce e l’inganno?" domandò Drew: pensava di non poter detestare Nandes più di così, ma a quanto pareva non c’era mai limite al peggio.

"Sì… Nandes disse che se non accettavo, avrebbe ucciso Ares e poi mi avrebbe liberato. Non potevo lasciarglielo fare: Ares era tutta la mia famiglia. Così mi sottomisi: Nandes ci legò a lui a filo doppio, diventammo in un certo qual modo i suoi fedeli cagnolini. Per non far indebolire la minaccia, ogni volta che tornavamo qui, JR prendeva Ares in consegna, pronto a farlo fuori alla minima occasione… Per un po’ piegammo la testa, ma puoi immaginare quanto la cosa ci risultasse intollerabile: ogni volta che vedevo quella faccia da pantegana, morivo dalla voglia di affettarlo con un machete… E lo vorrei ancora!".

"Parlami dell’affare Big Jim".

Artemis rise. "Te ne hanno parlato? Credo che quello sia stato il colpo migliore di tutta la mia carriera. Era un lavoretto da pivelli, che Nandes si affidò giusto per suo sfizio personale di vederci sgambettare al suo comando. Ma noi avevamo già deciso che la misura era colma: era ora che Nandes si ricordasse con chi aveva a che fare. Credo che il messaggio gli sia arrivato forte e chiaro: ha perso quattro uomini, preziosi contatti oltreoceano e un bel mucchio di soldi… La miglior vendetta che potessimo escogitare…".

"Non mi dire che… Avete chiamato voi la polizia?".

"E chi se no?". Artemis rise ancora più forte. "Sì, ci siamo auto denunciati; per questo siamo riusciti a filarcela. Ma la parte migliore è stata la faccia di Nandes quando gli ho detto cosa avevamo fatto: credo che mi avrebbe ucciso anche sul posto, ma io ho rigirato il gioco dalla mia parte. Ho messo LUI sotto minaccia, con JR che mi guardava e contemporaneamente teneva sotto tiro Ares. Avrai capito che JR è un idiota, un cucciolo fedele che non fa nemmeno mezzo passo se Nandes non gli dice di farlo: era il modo migliore per sistemarlo, ancora più che minacciare lui. Con una canna di pistola a dieci centimetri dalla faccia, Nandes divenne molto accomodante: mi ordinò di saldare il nostro debito entro un mese e io misi ben in chiaro che dopo quello eravamo liberi e che lui non avrebbe mai più dovuto pretendere nulla da noi. Altrimenti, ci saremmo dai al sabotaggio di tutte le sue operazioni. Non è che avesse molte alternative se non accettare… Ma il destino ha messo te sulla nostra strada e così eccoci qua".

"Quindi, tutto sommato potrei dire che è colpa mia se sto andando incontro a una morte orribile… Confortante!".

"Drew, nessuno mi ha obbligata a decidere di darti una mano, quando mi chiedesti di salvare Hermione. L’ho fatto di mia volontà perché non sarei riuscita a dormirci la notte altrimenti. Piuttosto, a me dispiace di averti coinvolto in tutto questo… E anche te, zio Sirius" aggiunse, rivolta al cane, che alzò appena la testa, scrollandola, come a dire ‘non è colpa tua’.

"Beh, almeno mi risparmierò un mucchio di problemi con il Ministero" considerò Drew. "Voldemort sarà felice di sapere che qualcun altro mi ha sistemato al posto suo e gli ha risparmiato la fatica!".

"Non perdere le speranze" obiettò Artemis. "Non siamo ancora morti…".

"Perché, tu aspetti ancora un miracolo? Cosa potrebbe succedere, un fulmine si abbatte su Nandes e lo secca prima che lui secchi noi?".

La ragazza sbuffò. "Senti, io sto cercando di tirarti su di morale, ma tu vienimi incontro!". Parve riflettere alcuni secondi, poi osservò: "Intanto, la nostra amabile chiacchierata è servita a calmarti un po’".

Su questo aveva ragione: per lo meno, aveva ripreso a pensare abbastanza lucidamente. Certo, dubitava che sarebbe durato molto: presto, molto presto, sarebbe stato ripreso dal panico.

"Chissà" proseguì Artemis, "magari scopriamo che sei Rettilofono come tuo padre e riusciamo a scatenare le bestie contro Nandes…".

"Non credo che accadrà: mi è già capitato di trovarmi di fronte a dei serpenti…".

"Non un centinaio tutti insieme" obiettò la ragazza.

Per la prima volta da quando aveva scoperto la verità su Harry, Drew pensò che tutto sommato sarebbe stato felice se si fosse trovato davanti suo padre…

In quel momento il furgone si fermò.

"Credo proprio che siamo arrivati" constatò Artemis, quando poco dopo aprirono lo sportello e tre uomini fecero per tirarli giù.

La ragazza li respinse con un calcio e scese senza farsi aiutare. "Grazie, faccio da sola: voi tenete le mani a loro posto, se non volete che ve le stacchi a morsi!".

Però, è decisa a non far cadere la maschera fino alla fine, pensò Drew, ammirato, mentre balzava giù a sua volta, seguito da Ares. Quando fu il momento di prendere Sirius, l’animale ringhiò mostrando i denti e facendo ritrarre terrorizzati gli uomini di Nandes: malgrado fosse ferito, aveva preso ben poco del suo aspetto minaccioso.

Si svicolò dalla presa di chi cercava di trattenerlo e saltò giù dal furgone, accostandosi poi lentamente a Drew. Il ragazzo notò che sembrava piuttosto barcollante sulle zampe e si chiese come facesse a tenersi in piedi. Pura forza di volontà, probabilmente: nemmeno lui vuole mostrare la sua debolezza, anche in questo frangente.

Si guardò intorno: erano in un grande parcheggio ricolmo delle auto degli affiliati. Non si vedeva anima viva nel raggio di miglia: dovevano già essere tutti dentro. Certo, aveva scelto bene il posto: isolato e fuori dal centro, perfetto per non dare nell’occhio. Di fronte a lui, stava una grande palazzina: si riusciva ancora a distinguere l’insegna della piscina, ormai sbiadita dal tempo.

Qualcuno lo pungolò alle spalle per spronarlo. "Cammina, forza".

Sobbalzando di sorpresa, Drew riconobbe subito quella voce: Franco Torres. Drew si voltò per guardarlo, rischiando di inciampare nei suoi stessi piedi: Franco manteneva un’espressione neutra e impenetrabile, cosicché era impossibile immaginare cosa stesse pensando. Mi sono servito di lui per tutto questo tempo, pensò Drew sentendosi un pochino in colpa. Lui mi si è avvicinato in buona fede e io l’ho preso per i fondelli.

Si chiese se Nandes l’avesse messo di proposito a far da scorta a lui: di certo aveva notato che comunque durante il suo mese di permanenza nella Casa erano entrati abbastanza in confidenza. E di certo, non poteva scordare che era stato proprio Franco a introdurlo al cospetto di Nandes. Sì, l’ha fatto apposta, concluse. È il suo modo di punirlo e per ricordargli che è fortunato a non fare la mia stessa orribile fine.

Camminando lentamente per permettere a Sirius di stargli al passo, Drew si lasciò condurre dentro: passarono un paio di corridoi, uno che doveva essere il vecchio ingresso e altri che davano sugli spogliatoi e poi nel locale della piscina vera e propria. La sala era gremita di gente, tutta affollata sugli spalti che circondavano la vasca vuota, segno che un tempo dovevano essersi svolte delle gare lì dentro.

La piscina aveva dimensioni olimpioniche; man mano che Drew veniva spinto avanti, calcolò che doveva essere profonda circa due metri. Su uno dei lati corti, era stato piazzato un trampolino: era lì che Franco lo stava conducendo ed era lì che lo aspettavano Ares e Artemis. Beh, potrei cadere di testa e spaccarmi il cranio: di certo sarà meno doloroso…

Avrebbe voluto evitare di guardare dentro, ma alla fine non poté evitarlo: circa a metà del lato lungo, avevano piazzato una specie di barricata per creare un quadrato 25 metri per 25: qui erano stati intrappolati un numero esorbitante di sibilanti, sinuosi, arrabbiatissimi serpenti che quasi occupavano ogni centimetro della vasca a loro disposizione e che avevano tutta l’aria di starsi già ammazzando a vicenda.

Ok, adesso vomito, si disse, mentre lo stomaco gli si contraeva in una stretta ben poco rassicurante. Prima vomito e poi svengo!

Non aveva mai realizzato quanto gli facessero schifo i serpenti… Si chiese vagamente quanto tempo ci avrebbe impiegato a morire: non aveva idea di quanto tempo ci mettesse il veleno di un serpente ad agire… Ma di certo Nandes avrebbe fatto in modo che la cosa fosse lunga.

Si fermò di fianco ad Artemis, che gli rivolse quello che doveva essere un sorriso rassicurante, ma che risultò più una smorfia: adesso poteva vedere la paura anche sul volto della ragazza, fissava la piscina come se temesse che gli animali potessero scivolare fuori… Tuttavia quando gli parlò, la sua voce era ferma. "Non dargli la soddisfazione di vederti cedere, Drew: finirà in fretta!".

La cosa non mi conforta più di tanto: se anche durasse solo dieci secondi, mi sembreranno i dieci secondi più lunghi della mia vita!

Sirius si era fermato al suo fianco, crollando poi seduto, esausto: sembrava sul punto di svenire un’altra volta. Drew si domandò che sarebbe riuscito a tenere al trasformazione o se alla fine le forze l’avrebbero abbandonato del tutto.

Nandes stava seduto proprio di fronte a loro, dall’altro lato della vasca, JR fedelmente al suo fianco: il suo sorriso soddisfatto era più che irritante. Indugia apposta, il bastardo! Spera di vederci cedere

"Benvenuti, miei cari amici" cominciò poi parlare. "Siamo qui oggi per assistere all’esecuzione di tre topi di fogna che hanno cercato di tradire me e per riflesso tutti voi. Spero vivamente che la loro morte faccia capire a tutti voi che con me non si può scherzare e che chiunque in futuro tenterà di fare quello che hanno fatto loro verrà ripagato con una fine altrettanto orribile. Oltretutto, i nostri ospiti d’onore fraternizzano o usano la magia, il che è già di per sé un motivo sufficiente per spedirli all’inferno!".

Si levò un coro di fischi e applausi di approvazione; parecchi si voltarono a guardarli con odio, urlando insulti.

"Silenzio!" intimò Nandes, prima di rivolgersi ai tre condannati. "Non ho dubbi che vorrete conservare la vostra dignità anche in questa estrema circostanza. Tuttavia se qualcuno di voi volesse implorarmi, saremo lieti di ascoltare le sue vane suppliche!".

Lo sguardo che Artemis gli rivolse sarebbe bastato a squagliare una lastra d’acciaio. "Ho solo tre parole per te, sottospecie di sciacallo travestito: va’ all’inferno!".

"Non prima di te, mia cara".

"Allora sappi che ti terrò un posto in caldo, Nandes!".

Beh, non si può negare che abbia fegato, pensò Drew: per quel che riguardava lui, era più che certo che se avesse aperto la bocca, avrebbe semplicemente dato di stomaco. E siccome non voleva dare a Nandes quel piacere, decise di tenere le labbra ben serrate.

"Beh, se questo è tutto… dunque, da chi cominciamo?". Nandes passò in rassegna i prigionieri uno a uno, fermandosi infine su Drew. E ti pareva! "Prima lei, signor Potter: in fondo sei quello che se l’è andata a cercare più di tutti. Daremo ai tuoi amici l’opportunità di vederti morire urlando… SCiogliete le corde: voglio che sia libero di muoversi".

Vuole vedermi correre come una bestia in gabbia: vuole vedere la disperazione in tutta la sua gloria… Beh, l’avrebbe di certo accontentato, pensò, mentre Franco gli liberava le mani e poi lo spingeva verso il trampolino.

Qualcuno tirò qualcosa dentro la vasca, rendendo ancora più furiosi i suoi striscianti occupanti. Mentre si allontanava dal bordo della piscina, Drew si rammaricò che non fosse più profonda: un salto di due metri come quello non sarebbe certo bastato per ucciderlo, magari gli avrebbe solo rotto qualcosa, aggiungendo dolore al dolore… Nandes l’ha progettata proprio bene: era decisamente meglio Voldemort, almeno lui usava l’Anatema che Uccide, veloce e pulito.

Arrivò alla fine dell’asse e guardò in basso: se possibile, ora le bestie sembravano ancora di più e più incavolate. Le ginocchia gli avrebbero ceduto da un momento all’altro, ne era sicuro… Per distrarsi, gli vennero in mente quei film di pirati dove i prigionieri veniva buttati fuori bordo in bocca agli squali.

"Mio caro Potter" intervenne Nandes, in tono spazientito, "qui facciamo notte: o ti butti tu o ti farò spingere da qualcuno…".

Ma che si aspettava? Che andassi incontro alla morte con il sorriso sulle labbra?

Si voltò un’ultima volta a guardare i suoi amici: Ares gli fece un cenno di incoraggiamento con il capo, Artemis gli fece un altro debole tentativo di sorridere, mentre Sirius sembrava morire dalla voglia di precipitarsi lì e spingerlo via, per poi azzannare qualcuno…

Poi posò di nuovo lo sguardo sul fondo sottostante e deglutì, con il cuore che gli batteva come un tamburo.

Poi si scatenò l’inferno.

Nello stesso istante in cui Franco ubbidiva a uno scocciato gesto di Nandes e colpiva con un piede il trampolino, mentre Drew si sentiva la terra svanire sotto i piedi, risuonarono una serie di CRACK e poi urli, mentre getti di luce rossa cominciavano a volare ovunque, mischiati a spari. Per un puro colpo di fortuna, Drew riuscì ad aggrapparsi con una mano al trampolino, piegando poi istintivamente le gambe per tenerle lontane da eventuali rettili più intraprendenti degli altri. Consapevole che quella presa era l’unica cosa che lo separava da una morte orribile, Drew si aggrappò all’asse di legno con tutte le sue forze. Con la coda dell’occhio, vide incantesimo volargli sopra la testa, poi Artemis chinarsi per evitare un colpo dei suoi guardiani e mollargli un calcio, spedendolo al tappeto. Ares fece più o meno lo stesso.

Con uno schiocco e in un turbinio di bende stracciate, Sirius riprese le sue vere sembianze, lasciando più che spiazzati gli uomini che lo circondavano: approfittando del vantaggio, Sirius estrasse la bacchetta e ne colpì tre, stringendosi il fianco ferito con una smorfia, per poi liberare le mani di Artemis e Ares.

"Drew!" gridò la ragazza, afferrando la pistola di uno degli scagnozzi svenuti. "Tieniti!".

Drew sbuffò. "Non ho intenzione di disubbidire, grazie mille!".

Cercò di issarsi in una posizione più sicura, ma il trampolino scricchiolò in maniera abbastanza preoccupante: probabilmente era troppo vecchio e non programmato per reggere tutto quel peso, perciò Drew desistette.

Artemis sparò alcuni colpi contro non meglio precisati bersagli. "Ares, coprimi!".

Senza attendere risposta, si precipitò verso Drew sprezzante del rischio di perdere l’equilibrio e lo afferrò per le braccia, sedendosi cavalcioni, mentre la sua riguadagnata arma cadeva di sotto. Istintivamente, Drew si aggrappò a lei con una mano, facendola piegare. "Accidenti, quanto pesi!" sbuffò, saldando la presa. "Reggiti forte: ora ti tiro su!".

Drew annuì, mentre la ragazza cominciava a tirare e lui l’aiutava facendo leva sulla mano. Era stato issato per metà quando vide l’uomo a bordo vasca puntare la pistola contro di loro. "ARTEMIS!" gridò.

La ragazza si voltò e per schivare il colpo, fu costretta a mollarlo, facendolo ricadere; la sua presa tremò, mentre rischiava di farsi scivolare la tavola tra le dita; vide anche la ragazza sul punto di cadere all’indietro, con l’equilibrio compromesso dalla mossa improvvisa.

Prima che potesse riprovare, l’uomo fu colpito da uno Schiantesimo e cadde faccia avanti dritto nella piscina; né Drew né Artemis guardarono sotto; al suo posto, comparve uno dei gemelli Weasley.

Il ragazzo capì allora che cosa stava succedendo: l’Ordine era venuto a salvarli! Avrebbe dovuto immaginarlo che non si sarebbero rassegnati così facilmente…

"Drew, resisti!" gli gridò il gemello. Poi puntò la bacchetta contro di lui: Drew si ritrovò a levitare a mezz’aria, mentre veniva pilotato verso il solido, vecchio pavimento.

"FRED!" gridò Artemis, che stava strisciando verso il bordo. "Dietro di te!".

L’uomo si voltò, appena in tempo per evitare un coltello vagante. Drew cadde, ma per fortuna l’Incantesimo era servito al suo scopo: il ragazzo fece un atterraggio doloroso, ma sicuro. Subito qualcuno gli fu addosso, con la chiara intenzione di strangolarlo. Drew lo colpì con un calcio per cercare di levarselo di dosso e Sirius dietro di lui lo colpì alla schiena.

"Stai bene" domandò l’Animagus, mentre il ragazzo balzava in piedi.

"Credo di sì". Drew fissò l’uomo preoccupato: era pallido come un morto e aveva una mano macchiata di sangue: la ferita si era riaperta!".

"Sirius, dobbiamo portarti via da qui!" esclamò, afferrandolo per un braccio. Sirius si appoggiò pesantemente a lui, evidentemente grato di quel sostegno: le poche forze che aveva lo stavano rapidamente abbandonando.

"Prendi questa" disse, mettendogli in mano la sua bacchetta. "Dubito che riuscirò a farci ancora molto!".

Drew la prese e subito lanciò qualche Schiantesimo, centrando alcuni degli uomini di Nandes. Solo in quel momento si rese conto del caos che era calato nel salone: gli uomini di Nandes brulicavano come formiche sotto attacco, mentre i membri dell’Ordine seminavano il terrore. Notò anche che molti, più che combattere, sembravano semplicemente intenzionati a scappare il più lontano possibile, in barba a Nandes che stava ferocemente opponendo resistenza.

"Zio Sirius! Drew!". Artemis comparve al loro fianco, una pistola in ogni mano e una luce assassina negli occhi.

"'Temis, dobbiamo andarcene da qui!" le gridò Drew in risposta. "Dobbiamo cercare gli altri dell’Ordine e Smaterializzarci".

Artemis annuì, conscia del pericolo e dell’urgenza della situazione: Sirius non poteva resistere ancora a lungo.

"Vieni con me! E stammi vicino". E partì alla carica.

Ma eseguire l’ordine fu ben più complesso: gli uomini di Nandes erano piombati nel panico, ma erano determinati a uscirne vivi e colpivano indiscriminatamente qualunque cosa si mettesse sulla loro strada. Presto Drew perse Artemis nel tumulto della folla. Impacciato da Sirius, dovette smettere di cercare lei o chiunque altro per proteggere sé stesso da proiettili vaganti.

"Dannazione!" imprecò, quando qualcuno riuscì a colpirlo di striscio al braccio. Sentì il sangue cominciare a scorrergli sulla pelle, ma lo ignorò: l’adrenalina non gli faceva nemmeno sentire il dolore.

Riprese a lanciare fatture e maledizione con ancora più violenza, cercando di farsi strada verso i suoi amici, che scorgeva un po’ ovunque: erano venuti proprio tutti per salvarli, mancavano solo ted e Dora. Con un tuffo al cuore, riuscì a riconoscere anche Remus nella mischia, dall’altro lato della piscina, vicino al punto in cui si trovavano Nandes e JR. che diavolo è venuto a fare? Si farà ammazzare… Poi gli venne in mente che probabilmente gli altri non erano riusciti a fermarlo: se c’era di mezzo la figlia, il licantropo non ascoltava più niente e nessuno.

E poi nel mezzo dei volti sconosciuti che lo stavano attaccando, scorse un volto famigliare: Franco, che stava dirigendosi verso di lui, pistola levata.

Drew esitò. "Non lo fare, Franco!".

Lo spagnolo lo guardò come se fosse un extraterrestre. "Dammi un solo buon motivo perché non dovrei: non hai fatto altro che usarmi, schifoso mago voltagabbana!".

"NO!" protestò Drew, con forza. "Io non volevo…".

"Prendermi per il culo? Congratulazioni, ci sei riuscito!".

"Ascoltami, Franco: se vuoi, sparami pure. Non vorrei battermi con te, ma se sarà necessario mi difenderò. Ma preferirei evitare: tu sei l’unico in questo mese che mi è stato amico…".

"Già". Franco sputò in terra con disprezzo. "E tu di certo avrai pensato tutto il tempo ‘che razza di cretino’! Beh, è ufficiale: sono il più grande cretino del pianeta: mi sono fatto abbindolare come un bambino di sei anni!.

"Franco: lo so, sono stato spregevole, ma credimi se ti dico che mentire con te è diventato sempre più difficile: in un certo senso, ho cominciato a considerarti un amico…".

"E che importanza ha? Io ho offerto la mia amicizia a Danny Burton, non a Andrew Potter…".

"Tu puoi essere migliore di così, Franco: vuoi vivere all’ombra di Nandes per il resto della tua vita? Non credo che uscirà vivo da qui: Ares o Artemis lo uccideranno. Non ci guadagni niente a servire un padrone già bello che morto!".

"A parte il piacere della vendetta…" obiettò Torres; tuttavia Drew vide che la sua presa sulla pistola non era più così salda.

"Te lo detto: se vuoi, sparami. Io mi difenderò, se sarò costretto: ma non voglio farti del male. Ti ho usato, non lo nego, ma ho davvero apprezzato la tua compagnia e il tuo supporto: quello che ti ho detto durante le nostre serate, non erano solo menzogne, credo ti considerarti davvero un buon amico…".

"Perché mi dici tutto questo, Potter? Ormai non ha più importanza…".

"Ne ha invece: fai la scelta giusta, Franco. Hai le potenzialità per fare molto di più che il contrabbandiere per Nandes. Ci sono tante cose migliori di questa che potresti fare…".

"Pensi sul serio che potrei andarmene così? Nandes non lo permetterebbe…".

"Fidati, Nandes è un uomo finito: Ares e Artemis non lo lasceranno in pace finché non gliela faranno pagare. Vuoi colare a picco con lui?".

Franco esitò ancora, indeciso. "Sei ancora in tempo per cambiare vita, Franco" insistette Drew. "Una vita lontano da tutto questo…".

Incantesimi e pallottole continuavano a fischiare intorno a loro; poi, Franco abbassò l’arma e senza dire una parola se ne andò, scomparendo presto tra la folla. Drew sperò in tutto cuore che ascoltasse le sue parole, guardandolo allontanarsi, convinto che non l’avrebbe mai più rivisto. Soltanto anni dopo, avrebbe scoperto che si era sbagliato…

"È stato un nobile gesto" osservò Sirius, con tutta l’aria di essere ancora in piedi solo perché era pesantemente appoggiato alle sue spalle.

Drew annuì. "Credo sul serio quello che ho detto: Franco è una brava persona… Devo portarti via da qui" aggiunse poi, riscuotendosi, ricordandosi che era nel bel mezzo di una battaglia e che Sirius era gravemente ferito.

"Drew! Sirius!". Luna comparve all’improvviso al loro fianco, tesa e preoccupata, sparando Schiantesimi a destra e a manca. "Ragazzi, state bene?".

"Starò meglio quando potrò sdraiarmi in un letto…" rispose Sirius, mentre Luna gli passava una mano intorno alla vita, aiutando Drew a trasportarlo. "Resisti" gli sussurrò la donna. "Ora ti portiamo via da qui…".

Dall’altro lato della stanza, Artemis si faceva strada con le unghie e con i denti per raggiungere Nandes, decisa a fargli pagare tutto quello che aveva fatto. Quando si era resa conto che in quel casino aveva perso Drew e Sirius, aveva inizialmente pensato di tornare a cercarli. Poi, però, aveva riconosciuto suo padre, proprio ai piedi della pedana dove Nandes si trovava con i suoi e si era sentita montare il panico: suo padre non era in grado di reggere un duello, non a lungo perlomeno. E oltretutto era così vicino a Nandes, l’unico uomo nella stanza, insieme a JR, che era intenzionato a opporre resistenza e non a precipitarsi verso l’uscita più vicina.

Così si era precipitata in quella direzione: prima di toccare suo padre, Nandes avrebbe dovuto passare sul suo cadavere. Ma raggiungerli si era rivelato più complesso del previsto: che lo facessero apposta o no, sembrava che metà della corte di Nandes stesse cercando di fermarla. Forse volevano proteggere il loro capo o forse stavano semplicemente cercando di scappare, ad Artemis non importava: aveva già dovuto cambiare pistola una volta perché la prima si era scaricata; aveva cercato di evitare di uccidere, ma non sempre aveva potuto prendere bene la mira: non era nemmeno tempo di andare tanto per il sottile!

"Papà!" gridò, quando fu a pochi metri da Remus, mollando nel contempo un pugno a un idiota che l’aveva afferrata per un bracci. "Levati dai piedi!" gridò, rimarcando il concetto con un calcio.

Il licantropo si era nel frattempo voltato nella sua direzione, illuminandosi nel vederla sana e salva. "Ally!".

Con la strada finalmente spianata, Artemis si precipitò da lui, abbracciandolo. "Papà, non dovresti essere qui…".

"Non rimproverarmi: non potevo restarmene con le mani in mano mentre eri in pericolo…".

"Sei ti sentirai male, giuro che ti uccido!" lo minacciò la ragazza, facendolo ridacchiare.

"Bene, bene, che scenetta commuovente".

Oh, no, ancora lui… Artemis si sciolse dall’abbraccio, trovandosi di fronte JR che la osservava con il migliore dei suoi ghigni.

"Non credevo che avessi un padre, Artemis" osservò l’uomo, puntandole contro un fucile spuntato da chissà dove. "Credevo che la terra di avesse sputata fuori così come sei, piccolo demonio in biondo!"

"Va’ al diavolo, JR: avete perso, accettalo. Tu e il tuo capo siete finiti!".

"Io mi sento ancora saldo sulle gambe, grazie lo stesso. E ho intenzione di togliermi qualche sfizio con te… Penso che comincerò con il tuo paparino e poi passerò a te, mia adorabile colombella!".

E poi, senza il minimo preavviso sparò; Artemis riuscì a spingere via Remus appena in tempo. "Schifosa, piccola carogna! Prenditela con me e lascia mio padre fuori da questa storia…".

"Quanta umanità: non ti credevo davvero capace di provare affetto sincero per qualcuno… Questo renderà tutto ancora più divertente".

Sparò di nuovo, ma stavolta Remus era preparato e deviò il colpo con un Incantesimo Scudo.

"Ti ho detto di lasciare in pace mio padre!" gridò Artemis, piena di rabbia. Guidata da quel sentimento e probabilmente anche da un impulso omicida/suicida, balzò in avanti, con l’intenzione di fare a JR più male possibile. L’uomo fu colto talmente di sorpresa da quel gesto che non fece in tempo nemmeno ad alzare il fucile che lei gli era già addosso.

"Ally, fermati!" gridò Remus, ma solo una piccola parte della sua mente lo sentì: tutto il resto era impegnato a colpire ogni centimetro di pelle di JR che riuscisse a raggiungere.

JR comunque si riprese in fretta e cercò di levarsela di dosso, cosa che gli riuscì abbastanza facilmente, considerata la disparità di mole tra i due. Artemis ruzzolò a terra, colpendo duramente il pavimento e trovandosi poi la canna del fucile davanti al naso. "Sai, ci ho ripensato: prima ammazzò te e poi il tuo caro papino…".

"STUPEFICIUM!". L’incantesimo arrivò nello stesso tempo da due parti opposte. Mentre JR cadeva e Artemis si rialzava, strappandogli il fucile di mano, vide Ares venirle incontrò con una bacchetta ancora levata.

"Quella da dove arriva?" domandò Artemis.

"Hermione me l’ha data: è più efficace e veloce di una pistola… Stai bene?".

"Certo che sì. Grazie". Si voltò, pronta a ringraziare anche suo padre, ma si trovò di fronte una sgradita sorpresa. Ti liberi del pesce piccolo e ne compare sempre uno più grosso, pensò frustata e arrabbiata, nel vedere Nandes avanzare verso Remus con una pistola sguainata: Remus aveva già deviato un paio di colpo mentre lei era distratta e indietreggiava lentamente. Ma mi consentirà di divertirmi un po’…

"Nandes!" urlò, un grido che fece tremare le pareti tanto era carico di collera. "Osa toccarlo e nemmeno all’inferno sarai al sicuro!".

Nandes si voltò ridacchiando, una gioia perversa e vagamente folle negli occhi. "Quanto sei sentimentale, Artemis: ti dovresti liberare di questi pesanti bagagli emotivi. Sarò lieto di aiutarti a sbarazzarti di questo vecchio storpio inutile".

Sparò di nuovo e di nuovo Remus lo respinse, spedendogli contro una Maledizione che Nandes evitò rapido. Artemis prese a sua volta la mira e fece fuoco con l’arma di JR: mancò Nandes di diversi centimetri e si sentì tremare i polsi per il contraccolpo. Non era abituata ad armi di quella grandezza e potenza…

"Fai un gioco pericoloso, Artemis" la schernì Nandes. "Potresti farti male con quel fucile tra le mani: sarebbe meglio togliertelo!".

A un suo cenno, tre uomini le si pararono davanti, mentre lui tornava a dedicarsi a Remus, riprendendo a sparargli contro e costringendolo a indietreggiare ulteriormente.

"Papà!" gridò Artemis, cercando di balzare in avanti e trovandosi immancabilmente la via bloccata.

Ares comparve al suo fianco. "Io penso ai due a destra" disse. "Tu sistema quello a sinistra e poi va da Remus".

La ragazza non se lo fece ripetere e mentre Ares ingaggiava una battaglia già vinta, lei lottò per vincere l’uomo che aveva di fronte, un quarantenne coi capelli neri, determinato e combattivo, ma non abbastanza per lei: le fece perdere alcuni preziosi minuti e la poca pazienza che le era rimasta, ma alla fine lo colpì.

Nello stesso istante, dall’altro lato della piscina dove li aveva condotti il loro duello, pericolosamente vicini al bordo della vasca piena di serpenti, Remus mise un piede in fallo e scivolò a terra, finendo sovrastato da Nandes.

"Papà!" gridò Artemis, precipitandosi in quella direzione. Nandes gli strappò la bacchetta di mano, gettandola via insieme al bastone e poi alzò la pistola.

"È stata una bella partita, vecchio" disse. "Ma è finita".

Allora Artemis sparò, mancandolo di nuovo, ma attirando la sua attenzione.

"Non si può mai finire un lavoro" borbottò frustrato Nandes. "Sei così ansiosa di morire, sciocca ragazzina?".

"Tocca ancora mio padre e non sarò io a morire".

"Toccarlo? Intendi qualcosa del genere?" e mollò un feroce calcio a Remus, che stava faticosamente cercando di rialzarsi, centrandolo proprio alla gamba ferita e facendolo ricadere all’indietro con un gemito.

Come pochi minuti prima, quando si era trovata di fronte JR, Artemis sentì di nuovo montare la rabbia: quell’uomo le aveva rovinato gli ultimi sei mesi della sua vita, l’aveva ricattata, minacciata e sfruttata come una animale da soma, aveva appena cercato di ucciderla e adesso aveva attaccato suo padre. Non credeva che si potesse odiare tanto qualcuno come in quel momento odiava Nandes: avrebbe avuto la sua testa e l’avrebbe avuta lì e subito.

"Questa volta hai passato il segno!" gli gridò prima di avventarglisi contro.

Ma Nandes aveva riflessi decisamente più pronti di quelli di JR: quando se la vide addosso, la schivò, colpendola con il calcio della pistola alla nuca. La ragazza cadde in terra, stordita; fece per rialzarsi, ma le arrivò un calcio in mezzo alle scapole e subito dopo un altro al fianco che la rivoltò. Ignorando il dolore, fece per sollevare il fucile, ma Nandes lo afferrò, togliendoglielo dalle mani. "Le brave bambine come te non dovrebbero giocare con queste cose, no Artemis? Potresti farti male…".

"L’unico a cui voglio fare male sei tu!". Accompagnò queste parole con un calcio, rotolò di lato, facendo per rialzarsi solo per essere raggiunta dall’impugnatura del fucile che fino a poco prima era la sua arma, stavolta in piena fronte.

Gemette, mentre puntini multicolore le confondevano la vista. Si portò un mano alla parte lesa e la sentì umida di sangue. "Maledetto, schifoso…".

"Ah, ah, fossi in te sceglierei con cura le parole… Non sei nella posizione di insultare nessuno". Puntò la pistola e si preparò a sparare. Artemis schivò il colpo per un pelo, strisciando lontano, continuando a tenerlo d’occhio e lottando per mantenere la lucidità. Tastava con frenesia e paura crescente il pavimento dietro di lei, alla disperata ricerca di un’arma, una qualunque arma.

"Ally! Ally!". Scorse con la coda dell’occhio suo padre che cercava di alzarsi, lottando con la gamba inerte, nello stesso istante in cui Nandes la mancava per la seconda volta, stavolta proprio per un soffio.

Questa volta morirò sul serio, stavolta sono al game over… E morirò per mano di questo bastardo…

"Hai finito i trucchi, Artemis?" la prese in girò Nandes, avanzando verso di lei, sovrastandola, schifosamente compiaciuto. "Sai, non credevo che oggi sarebbe finita così, ma tutto sommato non mi dispiace…".

Alzò di nuovo la pistola. Stavolta non l’avrebbe mancata, era troppo vicino e lei troppo debole per poterlo schivare. Era finita… Ma mentre lo pensava le sue dita sfiorarono qualcosa: un oggetto lungo e stretto, di legno… la bacchetta di suo padre.

Solo una piccolissima parte del suo cervello pensò a quanto quel gesto fosse stupido, il suo istinto di sopravvivenza agì al posto suo: nel momento in cui l’indice di Nandes si posava sul grilletto, la sua mano si chiuse intorno alla bacchetta. Ally la sollevò e gridò con tutte le sue forze: "STUPEFICIUM!".

La magia sopita dentro di lei l’attraverso come una scarica, liberandosi in un incantesimo di inaudita potenza, Artemis aveva quasi dimenticato quella meravigliosa sensazione… Mancarlo sarebbe stato impossibile: Nandes fu centrato in pieno petto e sbalzato all’indietro, fino al bordo della piscina. Per un attimo sembrò galleggiare a mezz’aria, poi ricadde all’indietro, dritto nella trappola di morte che aveva escogitato lui stesso.

Artemis rimase immobile a guardare il punto in cui era caduto incredula, con le orecchie piene dei sibili infuriati dei serpenti là sotto: era morto, era morto sul serio…

Tutto questo accadde esattamente in cinque secondi, che fu anche il tempo necessario perché la ragazza si rendesse conto di quello che aveva fatto. La bacchetta le scivolò dalle dita, mentre il braccio destro, là dove era tatuato il Marchio del Diavolo, cominciava a bruciare come se fosse stato posto sotto un ferro rovente. Le sue mani cominciarono a tremare in modo convulso, mentre il dolore si estendeva al resto del corpo. Non si rese nemmeno conto di cominciare a gridare, le parve di udire più di una voce ripetere più volte il suo nome, ma non seppe riconoscere chi fosse… Il buio l’avvolse, ma il tormento non cessò…

Drew si trovava dall’altro lato della piscina con Luna e Sirius quando tutto questo accadde. Si voltò in tempo per vedere il lampo di luce rossa e Nandes cadere nella sua stessa trappola; distolse rapidamente lo sguardo per non assistere a quel penoso spettacolo, poi udì il grido, lacerante e quasi disumano.

"Artemis!" gridò, vedendola cadere all’indietro, il corpo scosso da violente convulsioni. Ricordò il getto di luce e capì cosa era successo. No, non è vero, non può aver usato la magia. "Artemis!".

"Ally! Ally! No!". Il grido di Remus ricordò vagamente quello di un animale ferito a morte tanto era intriso di sofferenza: lo vide strisciare, trascinandosi dietro la gamba ferita, per avvicinarsi alla figlia.

Intorno a loro la battaglia stava cessando: molti avevano visto Nandes cadere e avevano evidentemente ritenuto inutile seguire il loro capo nella tomba, così avevano abbandonato la lotta e si erano dati alla fuga generale. In tal modo, tutti i membri dell’Ordine furono liberi di girarsi in direzione di Artemis e vedere cosa stava succedendo.

Drew si liberò dalla presa di Sirius e corse in direzione dell’amica, scivolando un paio di volte su macchie vischiose di cui preferì non attestare l’origine e inciampando in un paio di corpi.

Remus, più disagiato nei movimenti, ma anche più vicino, lo precedette di pochi metri.

"Ally" sussurrò in tono dolce e disperato, facendo per prendere la mano. "Bambina mia…".

In quel momento, il corpo di Artemis fu circondato da un fascio di luce bluastra: le dita di Remus si strinsero contro il nulla.

Quando Drew si fermò davanti a lui con il fiatone, Artemis era sparita, come risucchiata. Calò un silenzio irreale, specie se paragonato al trambusto che era regnato fino a pochi minuti prima.

"Cosa… Cosa è successo. Dov’è finita?" domandò Drew, con il fiatone.

Remus fissava il punto dove un istante prima giaceva la figlia, impietrito, quasi sperasse che il pavimento la risputasse fuori. "Non ne ho idea…" fu la risposta, appena percettibile tanto era stata mormorata piano, ma intrisa di sconforto.

LYRAPOTTER’S CORNER

Bon jour, bon jour… Se ve lo state chiedendo, sì, sono felice, raggiante, disgustosamente allegra: gli esami sono finiti, finiti, finiti!!!! I risultati li avrò solo sabato, ma chi se ne… sono libera!!!!!! Maledetto liceo P. Nervi, non controllerai più il mio destino!!!!!! Per la cronaca, se martedì verso le nove avete sentito qualcuno gridare a squarciagola "libertà" sappiate che ero io… E indovinate che ho fatto appena riguadagnata la tanto sudata libertà? Ma ovviamente mi sono fiondata su Word e ho cominciato a scrivere questo capitolo (dopo una lunga dormita per recuperare tre notti insonni): erano più o meno tre settimane che le mani mi prudevano dalla voglia di scrivere e se avessi aspettato solo un altro giorno penso che mi sarei esaurita. E così, giù, la mia povera tastiera ormai non ne può più da tanto l’ho usata… Ma dovrà resistere, perché penso proprio che non mi fermerò tanto presto… il che è davvero una buona notizia per voi, perché significa che si tornerà ai tempo d’oro in cui aggiornavo come minimo una volta a settimana… Sempre ammesso che qualcuno si ricordi ancora di questa storia, ovviamente.

Intanto che ne pensate di questo lungo parto della mia mente malata? La parentesi Nandes è finalmente conclusa (ovvio, direi, visto che lui è morto) e Sylar e Voldemort hanno tanti bei progettini malvagi in mente… Eh beh, li ho lasciati in panchina anche troppo: entriamo ufficialmente nell’ultima fase di questo primo pezzo della trilogia E vi ho anche regalato la prima apparizione di Julius Osborne: avviso subito che probabilmente non comparirà spesso, ma quando lo farà, non sarà mai una bella cosa (intanto vi ho fatto sapere che fine ha fatto un altro dei Weasley, piano, piano li infilerò dentro tutti!!!!). E come al solito sono stata abbastanza bastarda da lasciarvi con un finale al cardiopalma: che fine avrà fatto Artemis? Eh, eh, se ve lo dicessi sarebbe troppo facile, anche se credo che dovrò rintanarmi in cantina un paio di giorni per evitare granate nucleari.

E ora, passiamo a ringraziare le anime gentili che commentarono quel dì lontano di un mese fa: ho notato che state calando, cos’è, la storia non vi piace più?

Ino chan, sister carissima, su non fare così, la mia intenzione non è certo quella di ucciderti… anche se credo che vorrai farlo tu, ora che la mia mannaia è calata su Artemis…

Deidara, mio fedelissimo lettore, ecco a te la liberazione, contornata di ovviamente di nuovi problemi (altrimenti non ero io, no?). Per rispondere alla tua domanda, questa storia, che probabilmente conterà ancora una decina al massimo di capitoli al massimo (forse anche meno), è la prima di tre storie, che verranno a loro tempo pubblicate di separata sede (ma la storia è già tutta programmata) e che insieme formeranno una trilogia. Spero di essere stata chiara. Un’ultima cosa: giuro, dovesse cadermi un mattone in testa, che andrò a commentare la tua storia quanto prima, parola di jedi!

LadyMorgan, visto, sono in anticipo di ben sei giorni rispetto al tuo ultimatum, per questa volta puoi risparmiarmi, dai? E per una volta puoi stare tranquilla, mia fida omonima: come ho già detto, conto di tenere aggiornamenti costanti per il resto dell’estate (e vale per tutte le mie fanfiction)!!!! Detto questo, ti tranquillizzo subito: io amo quel gran bel personaggio che è Sirius Black, per la sua morte, la Rowling è finita per sempre sul mio libro nero (poi andando avanti con la saga, ha peggiorato la sua situazione, so che non l’ho do a vedere, ma ha ucciso praticamente tutti i personaggi che adoro e mi diverto a maltrattare), perciò sta pur sicura che Sirius NON morirà: magari ci andrà vicino qualche volta, ma non morirà! In ultimo, la S.C.U.O.L.A. è definitivamente finita, per mia somma gioia e lo sai che anche dalle mie parti si dice in groppa al porcospino (solo, noi rispondiamo "speriamo che non punga").

Hermione616, l’attesa è finita e come ho appena detto Sirius non morirà. Quanto al mettersi con Luna, è un altro paio di maniche!!!!!!

Ok, con questo ho finito, me ne vado a letto che è tardissimo, ma volevo assolutamente postare oggi! Commentate, mi raccomando, see you soon!!!!!!

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Capitolo 24
*** Nuove complicazioni ***


MAGIC WARS

CAPITOLO XXII: NUOVE COMPLICAZIONI

Hogwarts

Scozia

2012

Quando Lucius Malfoy aveva accettato la direzione della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, dopo la morte del traditore Severus Piton, era stato ragionevolmente convinto di lasciare l’attività ormai troppo frenetica dei Mangiamorte per una vita più tranquilla. E in effetti, almeno all’inizio era andata così: sorvolando su certi moti di resistenza da parte della vecchia scuola (i pochi insegnanti sopravvissuti che malgrado l’età si rifiutavano di andare in pensione), l’incarico di Lucius era stato di tutto riposo. Gli studenti avevano perso da tempo la forza rivoltosa e ormai molti alunni erano nati e cresciuti sotto il regime di Voldemort, perciò non conoscevano altre realtà che quella, senza contare che Hogwarts era diventata molto più selettiva del passato: se non avevi almeno un avo magico sia da parte di madre che da parte di padre, non potevi essere ammesso, il che scartava, oltre ovviamente tutti i Sanguesporco, anche i Mezzosangue che avevano almeno un genitore Figlio di Babbani. Tutto questo aveva di fatto drasticamente tagliato il numero di studenti, con sommo sollievo di Malfoy, a cui risultava molto più semplice dirigere la scuola.

Tutto questo aveva funzionato finché Allison Lupin Black non era approdata ad Hogwarts. A dir la verità, Lucius le aveva provato tutte perché non venisse ammessa. All’inizio si era appellato alla purezza di sangue, ma era bastato poco per capire che quella strada era un vicolo cieco: da parte di madre, vantava la discendenza dai Black, praticamente inattaccabile; da parte di padre, la situazione era forse più scricchiolante, essendo quest’ultimo Mezzosangue, ma era bastato qualche controllo agli alberi genealogici a capire che la ragazza rispondeva ai requisiti richiesti.

Per nulla scoraggiato, Malfoy aveva tentato altri mezzi: prima il suo sangue ibrido, in quanto mezza licantropa, poi le attività sovversive dei suoi genitori…

Alla fine, Andromeda Black, per mettere fine alle discussione, era andata ad appellarsi direttamente alle alte sfere, sfruttando il suo nome: voci di corridoio dicevano che aveva passato un’intera giornata a piantonare il salone d’ingresso, apostrofando qualunque magistrato salisse ai piani superiori e che aveva minacciato di andare a parlare con Lord Sylar in persona se quella faccenda non fosse stata risolta subito. Una donna notevole, senza dubbio: senza pudore, forse, ma notevole.

Così, Lucius aveva piegato il capo e Allison il primo settembre era saltata sull’Espresso ed era arrivata ad Hogwarts.

I fatti dimostrarono presto che Lucius aveva fatto bene a paventare l’ammissione della piccola Black: smistata a Tassorosso, Allison era incredibilmente dotata, ma studiava solo quello che le andava di studiare, collezionando insufficienze in tutte le altre materie. Oltretutto, il suo impegno scolastico era direttamente proporzionale alla sua opinione dei professori: più l’insegnante le stava antipatico, più era irrispettosa nei suoi confronti e peggiori erano i suoi voti. Il risultato fu che solo nel suo primo anno, collezionò più ore di punizione di tutti gli altri studenti messi insieme. E le ore che non scontava in castigo, le passava a escogitare scherzi con i suoi amici, con il non dichiarato scopo di demolire ogni istituzione e soprattutto l’autorità del preside. Agli occhi di chi li aveva conosciuti, la piccola Lupin era un superconcentrato di tutte le peggiori caratteristiche dei suoi genitori: la goffaggine e la parlantina sciolta di sua madre e il lato puramente più malandrino di suo padre, il tutto coniugato con un ottimo cervello sfruttato per le cose sbagliate.

La maggior parte dei professori era ansioso di liberarsene al momento dei G.U.F.O, ma paradossalmente, la ragazza conquistò ottimi voti agli esami, più che per reale interesse per lo studio, perché non voleva rinunciare al suo passatempo preferito, ovvero tormentare gli insegnanti di idee filo-ministeriali (quasi tutti ex-Mangiamorte).

La situazione era ulteriormente peggiorata proprio al quinto anno, quando la sua ribellione aveva raggiunto livelli pandemici: Allison passò la maggior parte di quell’anno manovrando le attività del nuovo E.S., un’organizzazione di studenti di idee platealmente anti-ministero.

Dal punto di vista di Lucius, la cosa più frustante di tutta quella storia era sapere esattamente chi c’era dietro senza poter fare nulla: Allison e i suoi amici erano attentissimi a non lasciare la minima prova dietro di loro, il che rendeva impossibile qualunque sanzione disciplinare. L’ultima cosa che voleva Malfoy era ritrovarsi Andromeda Black nel suo ufficio a protestare per un’espulsione ingiustificata, cosa che sarebbe stata capacissima di fare.

Le cose andarono avanti così, con il preside che ingoiava rospi su rospi e la ragazza che se la rideva in silenzio, fino all’inizio del suo sesto anno, quando Allison varcò la linea sottile tra tollerato e inaccettabile e ne combinò una troppo grossa per passarla sotto silenzio: senza entrare nei dettagli, diremo che c’entravano un secchio di miele, un sacco di piume, un Incantesimo di Adesione e diversi enormi striscioni da un lato offensivi e dall’altro propagandistici per l’Ordine della Fenice.

Fregandosene altamente del fatto di non avere nemmeno questa volta la minima prova, un Lucius Malfoy schiumante di rabbia e umiliato aveva convocato la ragazza nel suo ufficio, preparandole una sorpresina.

Allison arrivò quasi subito, con un sorrisetto strafottente stampato un faccia e i capelli di uno sgargiantissimo fucsia, ben consapevole che la cosa avrebbe irritato Malfoy ancora di più: più volte Lucius aveva cercato di imporle un aspetto decoroso e Ally era sempre stata più che felice di non accontentarlo.

Diversi quadri dei presidi la salutarono con un sorriso, che lei ricambiò: Ally era quasi di casa in quell’ufficio e Malfoy godeva di ben poca popolarità tra le vecchie autorità, soprattutto da quando aveva fatto rimuovere alcuni ritratti, come quello di Silente, andando contro tutti le tradizioni della scuola.

"Cosa posso fare per lei, signor preside?" domandò la ragazza, in tono velatamente sarcastico.

Lucius la incenerì con lo sguardo. "Non fare la finta tonta, Lupin: sai perfettamente perché sei qui!".

Ally mise su un’espressione innocente. "Chi, io? Mi dispiace deluderla, ma non so proprio di cosa sta parlando…".

"Ah, non lo sai? Vuoi dirmi che non c’entri nulla con il piccolo scherzetto che qualcuno mi ha giocato in Sala Grande?". Si indicò con fare eloquente i capelli, dove diverse piume erano ancora appiccicate.

Per un attimo il viso impassibile di Ally fu attraversato da una risatina mal trattenuta. "Io… io non so di cosa state parlando signore" ridacchiò. "Ero seduta al mio tavolo con i miei compagni quando è successo…".

E questo era effettivamente vero: Ally era davvero seduta al tavolo di Tassorosso a consumare la sua cena quando era avvenuto l’incidente, aveva addirittura fatto in modo di risultare più sgargiante del solito, in modo che tutti la notassero. I miracoli degli incantesimi a tempo…

"Lo so bene dov’eri" la interruppe irritato Malfoy. "E ciò non di meno, non ho dubitato nemmeno per un istante che ci foste tu e la tua congrega dietro a tutto questo…".

Ally inarcò un sopraciglio, fingendosi perplessa. "La mia congrega, signore?".

"E non fare la finta tonta, Lupin: sai benissimo di cosa sto parlando. Il nuovo E.S. o comunque si chiami: chi altri avrebbe affisso quegli striscioni per supportare le attività illegali di quei traditori dei tuoi genitori?".

Il viso di Ally si infiammò di rabbia, come anche i suoi capelli: l’argomento genitori era sempre un tasto dolente e Lucius ne approfittava volentieri. "Non osi mai più…". Poi parve ricordarsi dove si trovava e recuperò la calma, respirando a fondo. "Mi spiace deluderla, ma io non c’entro assolutamente nulla con questa storia. E anche se c’entrassi qualcosa (e questa non è una confessione), primo non glielo direi in ogni caso, secondo, non ci sono prove del mio coinvolgimento…".

Praticamente una dichiarazione scritta: la ragazza si divertiva a prenderlo per i fondelli perché era convinta di avere il coltello dalla parte del manico, di conoscere le regole del gioco. Beh, Lucius stava per cambiare le carte in tavola…

"Ah, è così che la metti, Lupin? Nessuna prova, tanti saluti e grazie?".

Ally sorrise serafica. "Non può punirmi sulla base di una sua supposizione, signore" osservò, calcando sull’ultima parola e pronunciandola come se fosse un insulto. "Ora, se abbiamo finito, avrei altro da fare…".

Senza nemmeno attendere risposta, si voltò e fece per afferrare la maniglia per andarsene. Malfoy balzò in piedi, estraendo la bacchetta e chiudendo a tripla mandata la porta.

Rossa in viso, Ally si girò verso di lui. "Mi faccia uscire: non ha il diritto di tenermi chiusa qui!".

"Non ce l’ho?". Lucius sorrise maligno e per la prima volta ebbe la soddisfazione di vederla sussultare, preoccupata. "Forse… Ma il tempo dei diritti è finito per te, Lupin!".

"Che cosa significa?" domandò Ally, esitante.

"Sapevo che saresti stata una spina nel fianco" riprese Malfoy, mentre sei anni di frustrazione reclamavano a gran voce di uscire. "I tuoi geni parlavano per te: per questo ho fatto l’impossibile perché non venissi ammessa. Ahimè, non ha funzionato, ma con il tuo comportamento sei sempre stata lontana anni luce dal smentirmi. Per sei anni io e miei colleghi abbiamo sopportato te, la tua condotta che definirei come minimo inqualificabile, il tuo comportamento irrispettoso… Ma ora mi hai stufato, Lupin: hai valicato ogni limite possibile e immaginabile!".

Ally gli rivolse un’occhiata di sfida. "E che cosa vuole fare? Espellermi? Si aspetta che mi metta a piangere per questo? Ho imparato quello di cui avevo bisogno per vivere anche senza uno stupido pezzo di carta in mano! Se vuole, mi espella pure: non mi importa!".

Malfoy ridacchiò, divertito. "Chissà perché mi aspettavo una reazione simile da te: ti credi troppo importante per preoccuparti di una sottigliezza come l’espulsione, vero?".

"Quello che penso di me stessa non ha la minima importanza: questa non è la Hogwarts che avrei voluto frequentare, perciò se devo andarmene, lo farò col sorriso sulle labbra!".

"Beh, l’orgoglio ti fa onore, Lupin: tutto sommato sei più Black ti quanto non pensassi. Beh, per quanto ammirevoli siano le tue intenzioni, dubito che potrai metterle in pratica…".

"Che cosa vuol dire?". Ally lo guardò sospettosa: non le piaceva per nulla quell’espressione compiaciuta, prometteva guai… Improvvisamente ebbe paura: il suo sesto senso le stava urlando a gran voce di andarsene e lei si fidava sempre del suo istinto.

"Sì, io ho intenzione di espellerti… E credimi, nulla mi darà un piacere più grande di metterti alla porta! Ma ho in serbo per te un piccolo regalo di addio… Immagino che tu conosca, almeno di fama, il mio amico: Julius, vieni pure…".

Solo in quel momento Ally notò il secondo uomo nella stanza, che fino a quel momento era rimasto in silenzio in un angolo buio: ebbe l’impressione che il suo cuore si congelasse, stretto in una morsa di terrore. Certo che conosceva Julius Osborne, era impossibile non conoscerlo. E soprattutto era a conoscenza della sua pessima reputazione, di tutto quello che faceva ad Azkaban.

Malfoy ridacchiò, felice come un bambino a natale: la vendetta è sempre un piatto che va gustato freddo. E vedere la sua nemica paralizzata dalla paura era la rivincita migliore. "Ne deduco dalla tua faccia che conosci già Julius…".

Osborne sorrise. "Non ho avuto il piacere di trattare con lei di persona, ma quanto pare la mia fama di precede…".

"Tu… Lei non può farlo!" gridò Ally. "Non ho fatto niente di illegale…".

"Ah, no?". Il sorriso di Lucius si fece ancora più largo. "Possiamo chiedere a Julius: è più esperto di me su queste cose…".

Osborne finse di pensarci sopra la bellezza di dieci secondi. "Beh, oserei dire che quegli striscioni, con l’aggiunta delle note azioni dei suoi genitori, sono più che sufficienti per destare dei sospetti, signorina Lupin… Perciò, ritengo opportuno che lei mi segua ad Azkaban per ulteriori… accertamenti".

Azkaban: bastò il nome a farle tremare i polsi. Istintivamente indietreggiò, fino a finire con la schiena contro la porta saldamente chiusa a chiave.

"Dammi la bacchetta, ragazza!" sibilò Malfoy. "Dato che ti ho appena espulso non hai più diritto ad averla. E nel posto dove stai per andare non ti servirà di certo…".

La bacchetta… Ally strinse convulsamente il pugno contro la sua unica difesa. Non consegnare mai la tua bacchetta di tua spontanea volontà: suo padre glielo aveva ripetuto talmente tante volte che quella frase le si era conficcata nel cervello prima che imparasse ad allacciarsi le scarpe da sola. Non consegnare mai la tua bacchetta… Ma cosa poteva farci? Erano due Mangiamorte navigati contro una studentessa in trappola…

Osborne si fece avanti. "La sua bacchetta, signorina Lupin…" le intimò allungando la mano per prendergliela con la forza.

"Scordatelo, Osborne!" gridò lei, ritraendosi, lasciandosi guidare dall’istinto. "Stupeficium!".

Malfoy, con la bacchetta già alla mano, fu rapido a deviare lo Schiantesimo. "Expelliarmus!".

Ally riuscì a evocare un Incantesimo Scudo appena in tempo: non era abituata a Duellare e un due contro uno con dei Mangiamorte non era l’occasione migliore per fare pratica.

Osborne la sopraffece in fretta: la respinse con le spalle al muro e le strappò letteralmente la bacchetta di mano… Bacchetta che finì dritta, dritta tra le dita di Malfoy.

"Coraggioso, signorina Lupin, ma perfettamente inutile" osservò Osborne, torcendole il polso. "E mi ha anche fornito la scusa perfetta per il suo arresto: resistenza a pubblico ufficiale…".

"Va’ all’inferno!" strillò la ragazza, cercando invano di divincolarsi. Osborne aumentò la presa, trascinandola al centro della stanza.

Malfoy si esibì nel suo ghigno migliore, sventolandole la bacchetta davanti al naso. "Con questo, sei espulsa dalla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts" e la spezzò in due: l’arma sparò qualche scintilla dorata, prima di diventare un inutile pezzo di legno.

Ally rimase alcuni secondi paralizzata a fissare i resti della sua bacchetta. Si riscosse solo quando si rese conto che Osborne la stava senza troppo fatica trascinando verso il camino. Azkaban. La parola le sbocciò in testa, facendo montare il panico: sapeva bene cosa l’attendeva nella prigione, i Dissennatori, la tortura… E lei sapeva dove l’Ordine si nascondeva!

"NO! NO! NO!". Prese a divincolarsi furiosamente, cercando di sfuggire alla ferrea presa di Osborne. "Mi lasci andare! Mi lasci!".

"Taci, sciocca ragazzina" ringhiò questi, cercando di tapparle la bocca.

Vedendosi volare davanti al viso la mano, Ally agì di puro istinto, usando l’unica arma che le restava a disposizione: affondò i denti nell’arto, con tutta la forza di cui era capace.

Osborne gridò di dolore, spingendola via di scatto. Ally ruzzolò in terra, ma si rialzò subito, precipitandosi verso il camino, consapevole che quella era la sola via di fuga, oltre la finestra, ovviamente… Se fosse riuscita a lasciare quell’ufficio…

"Stupeficium!".

Si era dimenticata di Malfoy e quell’errore le sarebbe stato fatale: la maledizione la colpì in mezzo alle scapole, facendola cadere in terra. Perse i sensi quasi all’istante, non prima di sentire queste parole.

"Mi ha morso! Mi ha morso! Quella piccola, lurida ibrida mi ha morso!". Osborne si guardava la mano con aria schifata.

Ally udì Malfoy ridacchiare, divertito. "Dovresti ringraziare che non c’è la luna piena!".

Poi tutto divenne buio, consapevole che nulla sarebbe più stato come prima e che lei, Ally, aveva rovinato tutto.

Zona delle Celle,

Ministero della Magia

Londra

Oggi

La prima cosa che percepì Artemis quando tornò in sé fu il freddo e duro pavimento su cui era sdraiata: sembrava di giacere sopra una lastra d’acciaio. Poi sopraggiunse il dolore, sordo e penetrante, che si estendeva ad ogni singola cellula del suo corpo e aveva il centro nel suo braccio destro, che bruciava come se fosse stato a contatto con un ferro incandescente. Si sentiva come se avesse subito un elettroshock, le avessero dato fuoco e per finire le fossero passati sopra con uno schiacciasassi tutto insieme: in parole povere, per niente bene.

Beh, è un buon segno: vuol dire che non sono morta. Non so cosa si provi nel caso, ma di certo non è così!

Cosa le era successo? Perfino pensare sembrava doloroso: si concentrò a fondo, richiamando alla mente i suoi ultimi ricordi. Nandes, la vasca, i serpenti, JR, suo padre, la bacchetta… La magia! Ho usato la magia! Oh Merlino, come ho potuto essere così idiota? E soprattutto perché non sono morta?

Conosceva bene la magia del Marchio del Diavolo: anche il più semplice incantesimo, la più banale delle fatture, anche uno scoppio d’ira che portasse le capacità magiche fuori controllo era letale, assolutamente fatale per chi lo lanciava. Eppure lei era viva… Cosa è successo? Com’è possibile? E dove sono?

Aprì lentamente gli occhi e tutto ciò che vide fu una parete grigia in penombra. Una cella, dedusse. Ma di chi?

Normalmente la risposta le sarebbe probabilmente parsa chiara come il sole, ma le sue cellule cerebrali erano ancora in fase di recupero dopo lo shock, perciò faticava a connettere i pensieri. Beh, adesso ho chiaro cosa intendono con ‘morte orribile e dolorosa’… Se la scampo, non toccherò una bacchetta mai più, finché avrò vita! Ok, ci dobbiamo alzare…

Non era per nulla ansiosa di muoversi: perfino respirare le faceva male, probabilmente tutti i suoi muscoli erano irrigiditi e indolenziti.

Infatti, appena provò a girarsi sul fianco, tutto il suo corpo si rivoltò in dolorose scariche, una vaga eco di quello che aveva provato nella piscina abbandonata. Si chiese come avesse fatto a non impazzire: quel dolore era peggio di dieci Cruciatus lanciante contemporaneamente, una cosa che sperava di non dover provare mai più…

Ingoiando un paio di gemiti, si mise lentamente sulla schiena, piegò le gambe e si tirò a sedere: appena ebbe una visuale d’insieme della sua prigione capì dove si trovava. La Zona delle Celle… Fantastico, sono passata da una situazione schifosa a una ancora peggio!

Era logico, a pensarci bene, si disse, mentre cominciava a fare un po’ di streching, cercando di risvegliare il suo corpo traumatizzato. Chi altri poteva fermare l’azione del Marchio se non i suoi stessi pazzi ideatori? La domanda giusta a quel punto era: come ci era finita nelle grinfie di Sylar e i suoi soci?

L’ultima cosa che ricordava era qualcuno che urlava il suo nome, non sapeva chi: non era riuscita a distinguere la voce… Poi era sprofondata nelle tenebre e la sofferenza l’aveva sommersa… E mi sono risvegliata qui… Come? C’era tutto l’Ordine in quella stanza: come ha fatto Voldemort, o chi per lui, a portarmi qui?

Non poteva sperare di trovare risposta a quella domanda da sola. Scosse leggermente il capo, cercando di schiarirsi le idee e nel farlo una ciocca di capelli le volò davanti agli occhi. Artemis allungò spazientita una mano per scontarla e in quel momento notò qualcosa di diverso… I suoi capelli: non erano più biondi! Stupefatta, si afferrò il ciuffo, osservandolo incredula: era indubbio, castani, molto, molto scuri, estremamente simili a quelli di… sua nonna. Aveva riacquistato il suo aspetto naturale!

Si sfiorò il viso, cercando di individuare eventuali differenze, ma senza uno specchio era difficile giudicare quanto effettivamente fosse cambiata rispetto agli ultimi tre anni. Di certo non ho più l’aria della studentella sperduta…, pensò, cercando di richiamare alla mente le foto di sua nonna Andromeda da giovane: era ragionevole pensare che potessero essere abbastanza simili. Notò che dai pantaloni spuntavano cinque centimetri buoni di caviglie: a quanto pareva, si era pure allungata in altezza.

Sospirò: ci aveva messo mesi ad accettare l’idea di non poter più cambiare il suo volto a piacimento e soprattutto a riconoscersi allo specchio. Ormai, dopo tre anni, si era abituata a quell’aspetto: ora, avrebbe probabilmente dovuto ricominciare da capo per adattarsi a quel nuovo cambiamento. Oltretutto, prima aveva un volto più anonimo: adesso probabilmente si sarebbe dovuta portare in giro dei connotati pericolosamente simili a quelli di Bellatrix Lestrange, la sua adorata zia.

Sbuffò: lì c’era lo zampino di Sylar, ne era sicura. Vabbè, al momento non ha importanza: la mia faccia e il mio corpo sono l’ultimo dei miei problemi. Pensiamo a portarli fuori da qui tutti interi e poi ci preoccuperemo del resto.

Si stiracchiò e respirò a fondo, prima di sdraiarsi di nuovo, riflettendo. Di certo non l’avrebbero lasciata là sotto a marcire ancora per molto: non era nello stile di Voldemort aspettare quando aveva un bel giocattolino nuovo tra le mani. Come minimo avrebbe mandato qualche tirapiedi prima di cena. Metaforicamente parlando, ovviamente: Artemis non aveva idea di quanto tempo fosse stata svenuta, potevano benissimo essere ore come giorni…

Devo trovare il modo di andarmene da qui, si disse. Ma come? Non aveva armi… A meno che…

Si infilò una mano sotto il maglione e trovò subito quello che cercava: il ciondolo a forma di mezzaluna, affilato come un coltello. A quanto pareva, nemmeno i Mangiamorte l’aveva visto o comunque non l’avevano considerato un minaccia. Bene, abbiamo un potenziale coltello, una cella e una porta saldata magicamente, e due corridoi pieni zeppi di maghi prima della salvezza: risultato, uno schifo!

Era quasi impossibile riuscire a scappare in quelle condizioni: anche se fosse riuscita a disarmare qualche mago, cosa avrebbe potuto farci? Non c’erano armi alla sua portata nel edificio. Cerca di ragionare, Artemis, si incalzò. Sai a memoria la planimetria di questo posto: deve esserci un modo per fuggire…

In quel momento sentì dei passi provenire dal corridoio: visite in arrivo.

*******

"Non è corretto, Sylar: la prigioniera spetta a me!".

Julius Osborne era livido: appena aveva saputo che la piccola Lupin si era materializzata al Ministero, si era precipitato per reclamare ciò che riteneva suo di diritto. La ragazza era in stato d’arresto e come tale doveva essere trasferita ad Azkaban seduta stante, dove avrebbe potuto essere interrogata con tutta calma.

Sfortunatamente per lui, Lord Sylar non sembrava pensarla allo stesso modo. Il vice-ministro si passò le dita sulle tempie, cercando di mascherare la sua irritazione: quell’uomo sapeva essere davvero sfiancante, erano almeno venti minuti che andava avanti con quella solfa. Come se lui non avesse cose più importanti da fare: già l’interrogatorio della Lupin gli avrebbe portato via tempo prezioso. Ma quello era proprio uno spreco.

"Come ti ho ripetuto almeno dieci volte, Julius" sbuffò, seccato, "l’Oscuro Signore desidera che per il momento la ragazza resti rinchiusa al Secondo Livello".

"Non è giusto" protestò imperterrito Osborne. "Avevate detto che se mai fosse stata ricatturata, sarebbe stata deportata ad Azkaban senza appello: io non dimentico".

Ora lo uccido, ora lo uccido sul serio: poco importa se dopo finirò a firmare scartoffie per qualche anno. Gli prendo quella sua inutile testaccia vuota e la strizzo finché il cervello non schizza fuori…

Controllati, amico mio, lo rimproverò mentalmente Voldemort. Non è il momento di azioni avventate: Osborne ci serve vivo.

Ovviamente l’Oscuro aveva ragione. Senza contare che probabilmente le macchie di cervello non sarebbero più venute via…

Sylar respirò a fondo, soffocando i suoi istinti omicidi. "Le cose sono cambiate" disse in tono gelido. "Abbiamo altri piani per la Lupin, che non prevedono il tuo particolare intervento. Ora, Julius, credo proprio che dovresti andare: ho molte cose da fare".

Osborne avvertì il tono velatamente minaccioso e capì di aver tirato troppo la corda: era pur sempre il secondo dell’Oscuro Signore quello che aveva di fronte. "Certamente, milord: avete ragione. Mi scuso per avervi portato via tanto tempo".

Sylar alzò lo sguardo verso di lui, incatenandogli gli occhi nei suoi: avvertì chiaramente lo scontento nella sua mente e vari pensieri che promettevano vendette imprecisate. Niente di preoccupante: qualche giorno di isolamento nella sua prigione fortezza e sarebbe tornato sotto controllo. Oltretutto, se come Sylar sperava, presto avrebbe messo le mani sulle talpe dell’Ordine all’interno del Ministero, Osborne avrebbe avuto un nuovo giocattolo su cui sfogare la sua rabbia repressa.

Ritrasse la mente, ridacchiando nel vedere Osborne rilassarsi visibilmente: la Legilimanzia era sempre una faccenda spiacevole per chi la subiva. "Bene, puoi andare adesso".

Julius si inchinò e uscì, ben lieto di farlo, anche se non soddisfatto: c’era qualcosa di inquietante in Lord Sylar. A volte non sembrava nemmeno che ci fosse un volto umano dietro quella maschera: quegli occhi verdi, freddi come smeraldi, unico dettaglio visibile, non lasciavano mai trasparire la minima emozione, tranne al più una collera quasi altrettanto fredda e spietata. Chiunque entrasse nel suo ufficio, era sempre più che felice di uscirne, anche se non otteneva quello che voleva.

Sylar diede una rapida occhiata all’orologio: la loro piccola ospite doveva essersi svegliata, ormai. Era ora di andare a fare due chiacchiere.

******

Quando la porta si aprì, Artemis era già balzata in piedi, pronta ad accogliere con fierezza il suo visitatore, chiunque fosse. Non nascose il suo stupore quando riconobbe Lord Sylar in persona. Accidenti, si è scomodato il capo in persona…

Artemis lo studiò alcuni secondi, come una tigre che analizza la preda: non era mai stata a tu per tu con Sylar prima di allora. L’aveva visto solo da lontano in qualche occasione e sapeva che tre anni prima aveva contrattato con Osborne i termini della sua detenzione ad Azkaban: aveva udito la sua voce dalla cella.

Ora guardandolo da vicino, con la coscienza di chi fosse realmente, non vedeva nulla del ragazzo che era stato, quello che popolava i racconti dei suoi genitori, di Sirius. Che cosa ti ha fatto Voldemort? Ti sta manovrando come un burattino o stai agendo di tua volontà?

Quale che fosse la verità, Artemis provò comunque un’improvvisa rabbia nei suoi confronti: tutte le persone che amava avevano pianto la sua scomparsa, dandolo per morto e continuando a battersi in suo nome, mentre lui li aveva traditi e uccisi come cani.

"Signorina Lupin" la salutò, chiudendosi alle spalle la porta della cella. "Lieto di vederla in piedi. Come si sente?".

"Sono stata meglio" rispose asciutta la ragazza, senza preoccuparsi di nascondere la sua ostilità. "Immagino sia merito vostro se sono ancora viva, tuttavia capirai se non sono tanto prodiga in ringraziamenti: sei stato tu a piantarmi questo dannato Marchio sul braccio…".

"Tecnicamente è stato Julius Osborne a farlo" la corresse Sylar. "Non nego però che l’ordine venisse da me". La squadrò alcuni minuti in silenzio. "Devo ammettere che mi ha stupito, signorina Lupin: la maggior parte delle persone che vengono inibite resistono non più di un anno prima di cedere e usare in qualche modo la magia… Lei invece: tre anni, ha tutta la mia ammirazione…".

"Sai cosa ci farei con la tua ammirazione, Sylar?" lo aggredì lei. "Come hai fatto a portarmi qua sotto? Come mai sono ancora viva?". Tutto sommato, la voglia di sapere era più grande perfino della rabbia.

"Non avrà davvero pensato che l’avremmo lasciata andare senza una garanzia, signorina Lupin?" ridacchiò il Mangiamorte. "I suoi genitori si sono consegnati a patto che lei venisse rilasciata e noi siamo stati lieti di accontentarli. Ma sapevamo che lei era una mina vagante: anche senza magia, non ci avrebbe messo molto prima di cercare vendetta. I fatti degli ultimi mesi ci hanno dato ragione. Avevamo bisogno di una garanzia che la riportasse tra le nostre braccia: un pesce piccolo è pur sempre meglio di nulla, non crede? Così, quando Julius l’’ha inibita, ha trasformato il Marchio stesso in una Passaporta, programmata per attivarsi solo nel momento in cui lei avesse usato la magia, cose che eravamo sicuri presto o tardi sarebbe successa. Certo, come ho già detto, non mi sarei mai aspettato che resistesse così tanto: evidentemente l’avevamo sottovalutata, ma tant’è. Quanto al come è sopravvissuta alla maledizione, si da il caso che ho personalmente formulato una controfattura efficace. Sfortunatamente per lei, i suoi effetti sono del tutto temporanei e servono solo a evitare che il Marchio la uccida sul momento: ormai l’azione dovrebbe essere quasi del tutto sparita. Quindi la sua situazione resta del tutto immutata, con la differenza che probabilmente la prossima volta io non sarò presente per salvarla".

Artemis si passò involontariamente una mano sul braccio: il Marchio del Diavolo bruciava ancora. Era bastato un solo, stupido Schiantesimo e per poco non era morta: era inutile prendersi in giro, avrebbe potuto vivere anche fino a cento anni, ma non sarebbe mai riuscita ad adattarsi completamente a una vita senza magia.

Scacciò subito quei pensieri, decisa a non mostrare le sue debolezze al nemico. "Che cosa vuoi da me, Sylar? Senza dubbio il tuo signore ha in mente qualcosa di speciale se ha fatto sgambettare fin qua giù il suo galoppino numero uno…".

"È una bella impertinente, signorina" osservò Sylar, quasi divertito. "Lucius si lamentava spesso della sua lingua tagliente, ma ho sempre pensato esagerasse: ora vedo che è stato perfino troppo gentile".

"Oh, quale onore… Dimmi, come sta la vecchia carogna? Scommetto che da quando me ne sono andata si diverte come un bambino a natale…".

"Lucius sta benone: si gode un incarico di tutto riposo. La tua fine ha scoraggiato ogni ulteriore tentativo di sedizione tra gli studenti".

Artemis pensò con un pizzico di nostalgia ai tempi in cui dirigeva il nuovo E.S., quando tutto le sembrava più semplice. E poi guardò con odio l’uomo che aveva di fronte: quante volte aveva usato il nome del Prescelto per incoraggiare i suoi compagni, di colui che aveva dedicato tutta la sua vita alla lotta contro Voldemort e l’ingiustizia… Che bella ironia, quella stessa persona le aveva rovinato la vita!

"Già, scommetto che la ribellione degli studenti ti fa paura, vero, Sylar? Tu più di tutti dovresti capire il potenziale di un gruppo di giovani giustamente motivato contro un’autorità dittatoriale come il Signore che servi…".

Sylar corrugò la fronte, confuso. "Temo di non seguirla più, signorina Lupin…".

"Io invece dico che capisci benissimo che cosa intendo, Lord Sylar" ribatté Artemis, avvicinandosi. "O dovrei chiamarti Harry Potter?".

L’altro rimase talmente stupito che nemmeno fece resistenza quando la ragazza, con uno scatto fulmineo, gli strappò la maschera dal volto: lei sapeva… Come era possibile?

Artemis indietreggiò, osservando con espressione a metà tra il disgusto e la rabbia quel viso che nessuno aveva visto smascherato per più di diciassette anni. E ora capiva perché. Ben poco lo accomunava al volto di Harry che aveva conosciuto tramite le foto: la mancanza di contatto diretto con la luce solare aveva reso la pelle pallida, quasi diafana e un reticolo sottile di rughe precoci gli percorreva la fronte e gli angoli degli occhi. Tuttavia, quegli occhi verdi restavano inconfondibili, anche se freddi e distanti, come la sottile cicatrice a forma di saetta sulla fronte.

"Allora è vero" mormorò Artemis, lasciando cadere la maschera a terra, fissando con insistenza la cicatrice. "Sei davvero tu…". Era incredula: certo, Drew le aveva detto chiaramente di non avere dubbi, che il ricordo che aveva visto era a prova di errore, ma una parte di lei aveva continuato a ritenerlo impossibile. Insomma era Harry Potter, il Prescelto, il Bambino-Che-È-Sopravvisuto, come poteva essere anche il braccio destro di Voldemort? Eppure, ora la verità le era stata sbattuta in faccia in tutta la sua inclemenza.

"Sporco traditore" sibilò, ritraendosi di scatto, disgustata. "Ecco cosa sei: un inutile, schifoso, ripugnante traditore!".

"Come hai fatto?" domandò Sylar in un sussurro, ancora incredulo: come faceva quella ragazzina a conoscere il suo segreto?

Artemis rise amara: le sue parole trasudavano disprezzo. "Come ho fatto, mi chiedi? Me lo ha detto Drew… Tuo figlio, hai presente? Quello che ha abbandonato appena nato e che due mesi fa hai cercato di uccidere. Quando l’hai posseduto, lui è riuscito a penetrare nei tuoi ricordi e ha capito la verità. E poi mi ha detto tutto… Dimmi, sono curiosa: cosa si prova ad essere un voltagabbana della peggior specie come sei tu?"

Sylar non rispose, impegnato a riflettere: quindi anche Drew sapeva. Quella stupida possessione: a quanto pareva aveva fatto più danni del previsto… Ma probabilmente non l’aveva detto a nessun altro: se qualcuno dell’Ordine avesse saputo la verità, si sarebbe precipitato di certo a farlo a pezzi… Sì, tutto sommato, la cosa non era così grave: alla ragazza avrebbe tappato la bocca molto presto, quanto a Drew… Se il piano del suo Signore andava a buon fine, poteva perfino usare quell’informazione a suo vantaggio.

Appellò a sé la maschera e se la ricalcò sul viso, di nuovo padrone di sé. "Tutto questo non ha la minima importanza, signorina Lupin…".

"Ne ha per me!" gridò Artemis. "E per l’Ordine. Lo sai quanto ti hanno pianto le persone che chiamavi amici? Lo sai che Sirius si è dato all’alcool per soffocare i sensi di colpa? Che Hermione ancora piange per la tua morte? E tu… tu sei stato qui tutto questo tempo, a dar loro la caccia, a ucciderli… Quanti di loro hai ucciso? Minerva, Malocchio, Ron… Mi dai il voltastomaco!".

Sylar ascoltò impassibile il suo sfogo emotivo, per nulla toccato da quelle parole. "Pensa che questo mi faccia sentire in colpa, signorina? Harry Potter è morto una mattina di fine giugno di diciassette anni fa: tutto ciò che ne è rimasto sono il suo corpo e i suoi ingombranti ricordi, niente di più. Può star qui a sciorinare le disgrazie dell’Ordine anche fino a domattina: il massimo che otterrà sarà di irritarmi. Sono miei nemici, non miei compagni: e li considero tali da prima che lei cominciasse a camminare!".

Artemis scosse la testa, incredula. "Che razza di incantesimo ti ha fatto Voldemort? Ti ha risucchiato la volontà?".

"Si aspetta sul serio che risponda? In ogni caso, non ha la minima importanza: nulla può cambiare quello che è stato fatto, niente può disfare quello che il mio Signore ha costruito…".

"Bene, vedremo se sarai ancora così tronfio quando verrà fuori la verità. Al momento, quella porta è l’unica cosa che mi impedisce di urlare a tutto il mondo chi sei davvero… Chissà se i tuoi fedeli Mangiamorte vorranno ancora prendere ordini da te quando sapranno che sei Harry Potter…".

Sylar sorrise malignamente. "Lo farebbe sul serio, signorina Lupin? Sì, non ho dubbi di sì. Ma è davvero sicura di volerlo fare? Certo creerebbe parecchia confusione, ma spezzerebbe il fragile cuore del suo amato paparino, non crede? E che mi dice del resto dell’Ordine?".

Artemis si morse la lingua: sapeva bene che Sylar aveva ragione. E infatti, stava bluffando: non avrebbe mai rivelato la verità in quel modo: l’Ordine non avrebbe retto a un colpo del genere e si sarebbe sfaldato, con tutte le speranze di libertà.

"Ma in ogni caso" proseguì Sylar in tono indifferente, "le sue intenzioni non hanno importanza, dato che nel primo pomeriggio è stata condannata a morte".

"A morte?" ripeté Artemis, mentre il suo cervello cercava di assorbire la notizia. "Con che accusa?".

"Terrorismo, infrazione in luogo pubblico, aggressione a pubblico ufficiale, evasione: tutti reati accumulati durante la fuga di Hermione Granger, molto comodo, vero? La sentenza verrà eseguita domani a mezzogiorno".

Artemis corrugò la fronte: qualcosa non le tornava. Non era dal Ministero agire con tanta fretta: di solito, prima di uccidere i prigionieri, li interrogavano per cavare informazioni utili. Doveva esserci sotto qualcos’altro: lei era un pesce piccolo, di fatto faceva parte dell’Ordine da pochissimo, perché tanta premura nel metterla a morte?

"Come potrà immaginare, la cosa verrà attentamente pubblicizzata dai giornali: dopo le numerose fonti di imbarazzo degli ultimi tempi, è sempre un bene enfatizzare le vittorie, anche se piccole…".

Enfatizzare la vittoria? Pubblicità? Il cervello di Artemis lavorava a velocità doppia, mettendo velocemente insieme i vari pezzi del puzzle. Uno specchio per le allodole, concluse. La Gazzetta dice che mi giustiziano domani e mio padre si precipiterà qui come suo solito: pesce piccolo che attira pesce grosso… come tre anni fa.

"Esatto, proprio come tre anni fa" confermò Sylar.

Artemis trasalì: nemmeno si era accorta che le stava rovistando nel cervello. "Esci dalla mia testa, schifoso…".

"O almeno questa è la nostra speranza" continuò il Mangiamorte come se non l’avesse sentita. "Se qualcuno verrà a cercare di liberarla, tanto meglio: due al prezzo di uno. In caso contrario, beh, una piccola vittoria è sempre meglio di niente…".

"Non funzionerà: l’Ordine capirà che è una trappola" affermò Artemis, in tono più sicuro di quanto non fosse in realtà: sapeva come ragionava suo padre, si sarebbe precipitato al Ministero anche a costo di affatturare ogni membro dell’Ordine che avesse provato a fermarlo.

"Davvero? Staremo a vedere: un padre non fa qualunque cosa per la propria figlia?".

"Potresti riflettere su questa frase e capire cosa c’è di storto nella tua vita, Sylar: anche tu hai un figlio là fuori, ricordi?".

Sylar alzò le spalle. "Un figlio concepito e nato in una parentesi della mia vita che considero chiusa da tanto tempo".

"Il figlio della donna che amavi" insistette Artemis. "Ginny Weasley, te la ricordi? Cosa pensi che direbbe se ti vedesse ora?".

Per un attimo Sylar esitò, fissando un punto oltre la testa di Artemis. Quando parlò, tuttavia, la sua voce era dura e atona come sempre. "Ginevra Weasley è morta anni fa, signorina Lupin, ed è morto qualunque sentimento io abbia mai provato per lei. Gliel’ho detto, quella fase della mia vita è terminata da molto tempo…".

"Non è possibile: Harry Potter non può essere semplicemente essere stato cancellato, ci deve essere ancora qualcosa di lui da qualche parte…".

"È libera di crederci, se la fa stare meglio" la liquidò Sylar, sicuro di sé. "Ora la lascio ai suoi pensieri: ha più o meno diciassette ore da vivere. Le sfrutti come meglio crede".

Detto questo, si voltò e uscì.

Per un attimo, Artemis fu quasi tentata di saltargli alla gola e tagliargliela con il ciondolo: con il vantaggio della sorpresa era certa di poterlo uccidere. Ma poi le guardie avrebbero ucciso lei e non aveva la minima intenzione di morire in modo così stupido.

"Tenete sempre una guardia qui fuori. Non voglio che combini qualche scherzetto" sentì che ordinava, per poi allontanarsi.

Bene Drew, metti in moto il cervello: devo andarmene da qui prima che papà faccia una stupidaggine.

E per farlo, aveva solo un ciondolo a mezzaluna affilato come un rasoio, ottimo per essere usato come coltello.

Drew osservò la porta: se solo fosse riuscita a indurre la guardia ad aprirla… Nella sua mente, cominciò a germogliare un piano.

Quartier Generale

Dell’Ordine della Fenice

Londra

Era già passati due giorni dalla morte di Nandes e la scomparsa di Artemis e della ragazza non c’erano ancora notizie: sembrava semplicemente sparita dalla faccia della terra.

Hermione, che aveva assistito ai fatti dalla zona del trampolino, aveva intuito che Artemis doveva aver in qualche modo attivato una Passaporta: aveva riconosciuto la tipica luce azzurrina. Aveva anche aggiunto che Remus era stato fortunato: se avesse toccato la figlia, l’avrebbe quasi certamente portato con sé ovunque fosse andata.

Drew sospirò, rigirandosi nel letto: il ritorno a casa era stato decisamente meno piacevole di quanto avesse sperato. Certo, era stato bello rivedere gli altri, soprattutto dopo aver sfiorato la morte, e dormire tranquillo nel suo letto, ma non erano così che le cose dovevano andare: Artemis sarebbe dovuta tornare con loro. E invece, per quanto ne sapevano, poteva essere anche essere morta, se il Marchio del Diavolo aveva fatto il suo dovere. A meno che quella Passaporta non l’avesse portata da qualcuno che poteva aiutarla… Sempre ammesso che Hermione avesse ragione…

Tutta questa fatica e siamo esattamente al punto di partenza: Artemis è sparita, forse è morta, e noi non abbiamo idea di dive sia! L’unico lato positivo era che Nandes era morto e JR in condizioni di non nuocere: dopo averlo steso e legato, i gemelli, sotto mentite spoglie, l’avevano consegnato alle autorità. Con tutti i crimini che aveva commesso, sarebbe stato fortunato a essere condannato all’ergastolo. Perciò, l’Ordine non doveva temere ripercussioni.

Una palla di piume gli volò davanti agli occhi, per andare a posarsi sullo stipite del letto: il piccolo gufo con cui Artemis gli aveva recapitato la Mappa e il Mantello.

Drew sospirò, mettendosi a sedere e grattandogli distrattamente la testa. "Non hai idea della famiglia complicata che ti sei scelto, Gufetto" mormorò. "Forse sarebbe più clemente se permettessi a Grattastinchi di mangiarti: chissà come e quando ti capiterà di volare di nuovo…".

"Con chi parli?".

Drew trasalì: dopo un mese passato a guardarsi costantemente le spalle, era ancora un fascio di nervi. "Cavolo, Kitty, non farlo mai più, se non vuoi correre il rischio di finire affatturata…".

Kitty si incupì, abbassando lo sguardo. "Scusa… Siamo nervosi, eh?".

"La mancanza di sonno, immagino" spiegò Drew. Negli ultimi due giorni, la preoccupazione per la sua amica non gli aveva quasi fatto chiudere occhio. "Non volevo essere sgarbato, Kitty…".

La ragazzina alzò le spalle, in un gesto di scusa. "Fa nulla: sono tutti agitati in questi giorni. Con chi parlavi comunque?".

"Con Gufetto" rispose Drew, accennando con il capo all’animale, il quale si arruffò le piume in segno di importanza, sentendosi chiamato in causa. "Tra parentesi, ma con tutti i nomi di questo mondo, proprio Gufetto dovevate chiamarlo?".

Kitty ridacchiò, alzando le mani in segno di difesa. "Non prendertela con me: è Ethan che ha scelto il nome per quella palla di piume. Lo conosci mio fratello: quello che aveva chiamato il coniglio Connie e il canarino CipCip… Un gufo che si chiama Gufetto non è nemmeno tanto strano, considerati i suoi standard!".

Drew rise. "Vero… Però all’epoca del canarino CipCip, aveva sei anni: speravo che la sua fantasia con i nomi si fosse un po’ evoluta da allora…".

"Speranza vana" osservò Kitty.

In quel momento l’oggetto dei loro discorsi entrò nella stanza: Ethan passò in rassegna sorella e cugino e dalle loro facce intuì l’argomento della conversazione. "Parlavate di me, per caso?".

"Ti ha nominato qualcuno?" fece Kitty, fingendosi sulla difensiva. "Certo che sei un bel paranoico egocentrico, fratellino: non tutte le nostre discussioni vertono su di te, sai?".

"Ah, ho capito" ribatté il ragazzino, annuendo con fare convinto. "Quindi parlavate di me" concluse.

"Sì: parlavamo di quanto sei irritante" intervenne Drew, ridendo.

"Ah, beh, se è così me ne vado e non vi disturbo più". Ethan si avviò verso la porta. "Volevo solo dirvi che sono arrivati Christie e Keith… E dalla loro faccia non sembrava che avessero buone notizie".

Drew e Kitty balzarono in piedi e corsero nel corridoio, superando e quasi travolgendo Ethan. L’arrivo Christie e Keith poteva voler dire una cosa sola: novità fresche dal Ministero, novità probabilmente pessime anche… Drew sperava in tutto cuore che avessero scoperto qualcosa su Artemis.

"Ehi, aspettatemi!" gridò Ethan, dietro di loro, partendo al loro inseguimento.

Si bloccarono a metà della tromba di scale, rischiando di ammazzarsi inciampando in Tonks, come suo solito seduta sul terzo gradino a disegnare ghirigori sulla balaustra: la porta della cucina era chiusa. Riunione dell’Ordine in corso.

"Uffa, ci hanno chiuso fuori di nuovo" sbuffò Kitty, sedendosi a braccia incrociate subito dietro Dora. Drew e Ethan la imitarono.

"Hai idea di cosa volessero parlare Keith e Christie?" domandò Drew al cugino, ansioso di scoprire qualcosa.

Ethan scosse il capo. "Sono andati dritti in cucina senza nemmeno salutare. Però, credo che Christie avesse tra le mani una copia della Gazzetta della sera…".

"Sicuramente non è nulla di buono" osservò Kitty. "Altrimenti non si sarebbero barricati là dentro senza aspettarci. Magari è qualcosa che riguarda l’Arma…".

Non era un ipotesi azzardata: nell’ultimo mese, Fred e George avevano lavorato alacremente alla decodificazione dei codici ed erano ormai a buon punto. Ma di certo il Ministero non era stato con le mani in mano: probabilmente, qualunque cosa fosse, l’Arma era ormai quasi pronta per essere utilizzata.

"Oppure hanno notizie di Artemis" osservò Drew.

Sentendo nominare la figlia, Tonks si girò verso di lui, osservandolo con sguardo vacuo, come se si aspettasse di vederla accanto a loro. "Ally…" mormorò, quasi tra sé, prima di tornare a fissare con insistenza il corrimano.

I tre cugini si scambiarono uno sguardo, a disagio: malgrado ormai ci fossero più e meno abituati, la presenza di Dora li metteva ancora in difficoltà. Non sapevano mai bene come comportarsi con lei, perciò per lo più si erano risolti a ignorarla.

"Ascoltate" fece Ethan, tendendo le orecchie verso la porta. "Sembrano Sirius e Remus…".

Anche Kitty e Drew aguzzarono l’udito. "Sì, sembrano proprio loro" confermò Kitty, corrugando la fronte. "E stanno…".

"…Litigando?" concluse Drew per lei, stupito: non aveva mai sentito Remus e Sirius litigare, non seriamente perlomeno. Ma adesso sembravano davvero arrabbiati. "Io vado a vedere che succede" annunciò alzandosi.

Siccome nessuno dei due cugini tentò di fermarlo, Drew si avvicinò alla porta: ora poteva distinguere chiaramente le parole dei due ex Malandrini ed erano in pieno litigio. Sirius in particolare sembrava furioso.

Drew aprì esitante la porta: l’intero Ordine assisteva muto alla scenata, non sapendo bene come intervenire. Sirius era piazzato davanti alla porta sul retro, appoggiato allo stipite, pallido di rabbia, ma non solo: Luna e Ted erano riusciti a rimetterlo in sesto, sebbene fosse ancora debole e non del tutto ristabilito. Davanti a lui, stava Remus, nel palese tentativo di superarlo e valicare la porta.

Nessuno parve accorgersi che Drew era entrato nella stanza. "Ehm, che succede?" provò a domandare, ma nessuno lo sentì, impegnati com’erano a seguire il litigio.

"Me ne infischio" stava dicendo Sirius. "Dovrai passare sul mio cadavere prima di lasciare questa casa!".

"Non costringermi a scagliarti contro qualche maledizione, Sirius: fatti da parte!" gli intimò Remus, puntandogli pure contro la bacchetta.

Sirius rise piano. "Sono più veloce di te, Moony: non riusciresti a battermi!".

"Vuoi fare una prova, Padfoot? Togliti di mezzo o giuro che lo farò sul serio!".

"Non lo farò, Remus: non ti permetterò di andare a suicidarti! Dannazione, perché non usi il cervello? È una trappola: è chiaro come il sole che aspettano solo che qualcuno si precipiti a salvarla…".

"E allora che dovrei fare? Lasciarla morire? È mia figlia, Sirius: l’ho appena ritrovata e non la perderò di nuovo!".

"Ti farai uccidere" insistette l’Animagus. "Non sei in grado di sostenere un Duello con nessuno, men che meno con Sylar… ti stai appena riprendendo dopo la follia che hai fatto due giorni fa. Se vai al Ministero, morirete tutti e due!".

"Non me ne importa un cazzo di morire! Ma non resterò fermo a guardare mentre uccidono mia figlia: me l’hanno già portata via una volta, non permetterò che accada di nuovo!".

"Ecco lo vedi? Come sempre, quando entra in ballo Ally, tu scolleghi il cervello e parti in quarta: pensi sul serio che farti ammazzare risolverà qualcosa?".

"E cosa suggerisci di fare, sentiamo? Di sederci a bere il the e aspettare che Sylar dia l’annuncio della sua morte? Di non fare nulla? È Ally, Merlino santo!".

Drew si aspettava che le maledizioni cominciassero a volare da un momento all’altro. Si accostò a Christie, la più vicina alla porta e domandò di nuovo: "Che succede?".

La ragazza gli porse un copia della Gazzetta del Profeta, con espressione cupa. "Questo succede…".

Drew guardò la prima pagina ed ebbe l’impressione di ricevere un pugno in pieno stomaco. Oh, cavolo…

Il titolo in prima pagina recitava Condannato un membro dell’Ordine della Fenice: la sentenza sarà eseguita domani; sotto capeggiava una foto segnaletica di Artemis.

Artemis… Drew richiuse il giornale senza nemmeno leggere l’articolo: non aveva bisogno di altre spiegazioni per capire quale fosse il motivo del furioso litigio. Remus voleva andare a salvare la figlia e Sirius aveva tutta l’intenzione di impedirglielo.

"Non dico di non fare nulla" stava appunto dicendo l’Animagus. "Ma di sederci e formulare un piano: andare allo sbaraglio non gioverà a nessuno…".

"Non c’è tempo di formulare un piano!" urlò Remus, stringendo con foga l’impugnatura del bastone. "Tempo di formulare un piano, sempre ammesso che sia possibile, e Ally sarà morta! Levati dai piedi, Sirius, o ti costringerò io…".

"Ragazzi, per favore" intervenne Luna, cercando di sedare gli animi. "Discutiamone con calma…".

"Luna ha ragione" aggiunse Ted. "Litigare non serve a niente".

Per l’effetto che ottennero, avrebbero potuto parlare con le pareti: probabilmente li avrebbero ascoltati di più.

"Scordatelo, Remus: te l’ho già detto, non ti permetterò di andare a farti ammazzare come un idiota! Non capisci che così fai solo il loro gioco: perché pensi che abbiamo sbattuto la notizia in prima pagina? Sperano di poter stringere la rete intorno a qualcuno di noi!".

"E tu voi capire che puoi ripeterlo anche tutto il giorno? Devo almeno provare a riportare a casa mia figlia, non starò fermo a guardare mentre me la ammazzano!".

Qui finisce male, pensò Drew. O cominciano a volare le maledizioni o uno dei due collassa sul posto: non sono nelle condizioni di reggere a una sfuriata del genere più di tanto…

Poteva leggere più o meno gli stessi pensieri nei volti di tutti i presenti: erano tutti preoccupati di sapere quanto male sarebbe finito il litigio.

Hermione saltò in piedi, cercando senza troppo successo di imporsi e porre fine alla discussione. "Per favore, Remus, Sirius, ora basta, prima che succeda qualcosa di cui ci pentiremmo in seguito… Sirius ha ragione: agire di impulso non sarà utile a nessuno, meno che meno ad Artemis".

"Ecco, lo dice anche Hermione" fece Sirius, facendo un cenno di ringraziamento alla ragazza. "Perché devi essere sempre così cieco e stupido quando si tratta di tua figlia?!".

"Perché è mia figlia!" gridò con enfasi Remus. "È tutto quello che è rimasto della mia famiglia… Una famiglia che ho appena cominciato a ricostruire: non lascerò che distruggano tutto un’altra volta, non finché mi resta un po’ di fiato in corpo!".

"E Dora? Che mi dici di Dora?".

"Oh, per favore, Sirius, lascia mia moglie fuori da questa storia! Lei non c’è più! Certo, è ancora viva, ma di fatto non c’è più! E non tornerà più indietro: Dora è peggio che morta e lo sai anche tu!".

"Remus…".

"No, niente Remus, Sirius! Sono stufo di questa inutile discussione: togliti da quella porta o ti spingerò via io!".

Per tutta risposta, l’Animagus si piantò più saldamente sotto lo stipite, con un chiaro cipiglio di sfida sul volto. "Non ti permetterò di suicidarti, Remus… L’ultima volta che l’hai fatto, sono stato buono in un angolo e il senso di colpa mi ha quasi ucciso, stavolta no: stavolta, farò tutto quello che è in mio potere per fermarti!".

Drew assisteva alla scena, trattenendo il fiato, spaventato da come la cosa si stava evolvendo: sarebbe sul serio finita in una zuffa? A giudicare dall’espressione decisa di Remus, si sarebbe proprio detto di sì: il mago già puntava la bacchetta contro l’amico.

"Ragazzi, non è il caso di arrivare a questi estremi…" protestò Luna, avanzando per frapporsi ai due litiganti.

"Luna non ti mettere in mezzo" l’avvertì Sirius. "Questa è una faccenda tra noi due…".

"Remus, non fare l’idiota" lo rimproverò Hermione. "Non sei in grado di reggere un Duello, nelle tue condizioni…".

"Io sto benissimo" la zittì il licantropo. "Sono ancora capace di lanciare un Incantesimo".

Quelle che potevano essere considerate le ultime parole famose… Ted, con i suoi studi da Guaritore, fu il primo a capire quello che stava per succedere, interpretando correttamente il pallore quasi mortale del genero e la mano destra, che tremava leggermente.

"Remus" cominciò esitante, intuendo già che la reazione dell’altro. "Credo che…".

E infatti, Remus si voltò di scatto verso di lui. "Non ti ci mettere anche tu, Ted: è tua nipote, Merlino santo, vuoi sul serio lasciarla morire?".

"Non è questo: credo che tu…".

Non riuscì a terminare la frase, perché in quel momento alla collera subentrò sul viso dell’uomo il dolore, mentre la bacchetta scivolava a terra, le gambe cedevano e la mano andava ad appoggiarsi sul petto, all’altezza del cuore.

"… Stia per avere un infarto" concluse Ted tra i denti, mentre scattava in avanti.

"Moony!" gridò Sirius, completamente dimentico della lite, mentre abbandonava la sua postazione e si precipitava sull’amico a terra. "Moony!" lo chiamò ancora, con voce rotta. "Non azzardarti a morire, hai capito?".

Luna lo spinse lontano, mentre Ted e Hermione si chinavano sul licantropo. "Sirius, vieni via: così sei solo d’intralcio…".

"Luna, la pozione, subito!" ordinò Ted, mentre con gesti esperti slacciava il colletto di Remus per agevolare le vie respiratorie. "Dobbiamo stabilizzarlo, in fretta".

La donna eseguì, correndo fino alla dispensa e tirandone fuori diverse boccette pieni di liquido scarlatto. Ne passò velocemente una all’anziano guaritore che la cacciò a forza nella bocca dell’uomo riverso a terra.

Hermione controllò il battito cardiaco e scosse il capo. "È ancora instabile: ci vuole un’altra dose".

Quando anche la seconda boccetta non sortì l’effetto sperato, Ted, cupo in volto, disse: "Maschera dell’ossigeno, immediatamente. Dobbiamo portarlo di sopra. Fred, George, qui all’istante e date una mano!".

******

Due ore più tardi, Drew e i due cugini sedevano nella loro stanza in silenzio quasi religioso, il volto teso per la preoccupazione. L’unico suono che si udiva era il frenetico svolazzare di Gufetto, che sfrecciava da un angolo all’altro della camera, sbatacchiando contro le pareti. I tre ragazzi avevano passato quelle due lunghe ore osservando le giravolte aree del piccolo uccello, in febbrile attesa di notizie, possibilmente buone, sulle condizioni di Remus.

Sapevano che Ted, Hermione e Luna erano riusciti a stabilizzarlo alla fine, ma la situazione restava ancora critica. Dopo averli visti piantonare il corridoio per più di mezz’ora, Luna li aveva gentilmente incoraggiati a togliersi dai piedi e aspettare nella loro stanza ulteriori novità: in ogni caso non potevano fare nulla lo stesso, perciò…

Drew era convinto che l’attesa l’avrebbe presto ucciso: cercava di pensare positivo, ma era dura levarsi dalla testa il ricordo di Remus steso a terra o nel suo letto. Sembrava più morto che vivo. Non morirà, si disse in tono deciso, cercando di convincersi lui stesso. Non può morire, non così, non adesso…

"Drew" fece Ethan, rompendo all’improvviso il pesante silenzio. "Credi che Remus se la caverà?".

"Ma che discorsi fai?" protestò Drew. "Certo che se la caverà! Vedrai, presto sarà come nuovo…".

No credeva nemmeno lui a quelle parole, non completamente almeno, ma ci mise abbastanza vigore per convincere il ragazzino, che annuì, un pochino sollevato. Kitty gli rivolse un’occhiata scettica, ma non disse nulla, tornando poi a osservare le acrobazie volanti di Gufetto.

Per l’ennesima volta, Drew guardò l’orologio: erano passati non più di tre minuti dall’ultima volta che l’aveva fatto. Basta! Se sto qui seduto un altro minuto, l’ansia mi farà esplodere!

Prima ancora di rendersene conto, era balzato in piedi e si stava dirigendo alla porta.

"Dove vai?" gli chiese Kitty, perplessa. "Luna ci ha detto di aspettare qui…".

"Vado a prendere qualcosa da bere" rispose, sparando la prima scusa che gli venne in mente. "Torno tra un minuto…".

Uscì, chiudendosi lentamente la porta alle spalle, ma non scese in cucina: invece percorse il corridoio, diretto verso la camera di Remus. La porta di quest’ultima era aperta e Drew stava per entrare, con l’idea di chiedere notizie, ma si bloccò quando sentì la conversazione che stava avvenendo all’interno. Sapeva che origliare era sbagliato e che si sarebbe cacciato nei guai, ma non poté proprio impedirsi di ascoltare.

"Dimmi, pensi che Remus possa riprendersi?". Era stato Sirius a parlare: da quando Remus era stato portato di sopra, non si era allontanato un secondo dal suo capezzale.

"Remus è forte" rispose Luna, in tono esitante. "Di certo può farcela, con il nostro aiuto…".

"Luna" la interruppe l’Animagus. "Voglio la verità, non una bugia che mi faccia stare meglio: vivrà o no?".

Drew fu certo che Luna si fosse stretta nelle spalle, con aria impotente. "Non lo so, Sirius, davvero non lo so: è stata una brutta crisi…".

"Stiamo facendo tutto quello che è in nostro potere" aggiunse Ted. "Ma sai anche tu che più di tanto non possiamo fare, con i mezzi a nostra disposizione…".

"Vivrà o no?" domandò per la terza volta Sirius, mentre la voce gli si spezzava in un singhiozzo.

"Forse" fu l’unica risposta che ottenne, stavolta da Hermione. "O forse no… Dipende tutto da come reagirà alle cure nelle prossime ore: al momento siamo in una situazione di stallo dove tutto è ancora possibile…".

Per alcuni secondi regnò il silenzio, finché Sirius non parlò di nuovo. "È stata colpa mia".

"Non essere sciocco, Sirius" protestò con foga Luna.

"E invece sì… Se non avessimo litigato, se non avessi cercato di fermarlo…".

"Se non l’avessi fatto" obiettò Hermione in tono ragionevole, "sarebbe andato al Ministero e Sylar l’avrebbe probabilmente ucciso su due piedi… Così, gli resta ancora una possibilità".

"Ma se muore, l’avrò ucciso io".

"Non devi dire così" replicò Luna. "Primo, è sempre possibile che Remus se la cavi, secondo, tu non potevi agire altrimenti e non hai colpe. O pensi di essere in grado di bloccare un attacco cardiaco?".

"Avrei dovuto pensare che nelle sue condizione di salute, non poteva reggere uno sforzo del genere. E in ogni caso, se e quando si riprenderà, Ally sarà morta: pensi che sarà così ansioso di continuare a vivere?".

"Non possiamo fare niente per lei, lo sai" disse Ted in tono sofferente. "Sarebbe un suicidio cercare di penetrare al Ministero così, allo sbaraglio: sarebbe come indossare un bersaglio del tiro a segno e chiedere a Sylar di fare una partita a freccette…".

"Sì, ma sai che Remus non la vedrà mai in questo modo…" aggiunse Sirius in tono tetro.

Timoroso che potessero sorprenderlo ad ascoltare, Drew si allontanò suo malgrado dalla porta, ripercorrendo a ritroso il corridoio, con la testa che ronzava, piena di pensieri.

Non volendo tornare subito in camera, dove probabilmente Ethan e Kitty gli avrebbero fatto domande, il ragazzo scese di sotto, andando a prendere sul serio da bere.

Dopo essersi scolato un bicchiere d’acqua, il suo occhio cadde sul giornale che Christie aveva lasciato sul tavolo: la foto da Artemis ricambiò il suo sguardo.

Gli faceva male pensare che di lì a poche ore, la sua amica sarebbe morta e loro non potevano fare assolutamente nulla. Non che si aspettasse qualcosa di diverso. Ted aveva ragione e anche Sirius: cercare di arrivare alla Zona delle Celle senza il minimo piano era un autentico suicidio. Lo era anche con un piano, del resto: Drew ricordava fin troppo bene quando con Ares e Artemis era andato a salvare Hermione, non fosse stato per il tempestivo intervento dell’Ordine non ne sarebbero usciti vivi. L’Ordine pensava solo a limitare le perdite: era un ragionamento cinico, ma l’unico possibile se dovevi combattere contro un’intera nazione. Se uno solo di loro metteva il naso nell’Atrium, Sylar l’avrebbe ucciso lì sul momento: e così i morti sarebbero stati due.

Sylar… Quasi il bicchiere gli si ruppe in mano, quando pensò a lui. Era ovvio che ci fosse lui dietro quella trappola: chissà, magari sarebbe stato proprio suo padre a eseguire la sentenza l’indomani. Il pensiero gli fece montare rabbia e sconforto insieme: ma in fondo che senso aveva continuare ad arrovellarcisi sopra? Per quanto potesse sforzarsi, Sylar sarebbe comunque sempre rimasto suo padre, il Prescelto, che aveva voltato le spalle a tutti loro…

Sylar… Drew appoggiò il bicchiere, prendendo in mano la Gazzetta, mentre il germe di un’idea assolutamente stupida e scriteriata gli germogliava in testa. Forse, c’era una persona che poteva entrare al Ministero e restare in vita… In fondo, è pur sempre mio padre, no?, si disse, cercando di scordare il dettaglio che durante il loro ultimo incontro non si era fatto remore a cercare di ucciderlo. Ma accetterà di incontrarmi, fosse solo per curiosità… E forse, giocando d’astuzia, potrei fargli rilasciare Artemis: possiedo informazione piuttosto compromettenti sulla sua reale identità…

Una vocina nella sua testa gli diceva di dimenticarsi quell’idea all’istante e tornare di sopra, ma Drew non era mai stato particolarmente bravo a darle retta: ormai l’idea aveva preso consistenza nella sua mente e come un virus si era propagata in tutto il corpo. Poteva essere l’unica possibilità di salvare Artemis. Se Remus sta morendo sul serio, Artemis ha diritto di potergli dire addio…

Mentre lasciava ricadere il giornale, gli tornarono in mente le parole che Bellatrix gli aveva detto sprezzante la notte in cui Dudley ed Elizabeth erano morti e la sua vita cambiata per sempre. Ma guarda, stesso spirito di sacrificio di quell’idiota di tuo padre. Lasciami indovinare, stai per fare qualcosa di estremamente stupido per tentare di salvare la tua patetica e inutile famiglia, vero?

La mela non cade mai lontana dall’albero, pensò, mentre si rendeva conto che in una situazione analoga, Harry avrebbe probabilmente fatto la stessa, stupida cosa che stava per fare lui… Dritto in bocca al lupo, proprio come quest’ultimo si aspetta!

Si rammaricò di non avere con sé il Mantello dell’Invisibilità, gli sarebbe potuto tornare utile. Ma non poteva tornare a prenderlo nella sua stanza e rischiare che Kitty e Ethan capissero che cosa volesse fare: l’avrebbero certamente fermato, anche a costo di rinchiuderlo nell’armadio.

Perse giusto il tempo necessario per prendere dal guardaroba una giacca leggera con cappuccio per poter nascondere il volto e alcune monete, poi tornò in cucina e, prima di cambiare idea, sgattaiolò fuori dalla porta sul retro.

Gli incantesimi di protezione sarebbero scattati nell’arco di cinque secondi, perciò Drew si affrettò a raggiungere la strada: meno di tre minuti dopo, lasciava di corsa le vie illuminate dal sole e si infilava in una stazione sotterranea della metropolitana, diretto verso il Ministero.

LYRAPOTTER’S CORNER

Allora, ormai potrei scrivere un libro con tutte le promesse che faccio e poi non mantengo: avevo promesso un aggiornamento veloce, lo so. A mia difesa, posso dire che mi sono portata avanti con la mia raccolta e poi sono rimasta impegolata in un calo di ispirazione: evidentemente anche la mia musa è andata in vacanza! Alcuni punti di questo capitolo, soprattutto il litigio di Remus e Sirius sono stati una vera sofferenza. Spero comunque che lo sforzo sia valso e che gradirete.

Come avete visto, Artemis non è morta e Drew sta andando a cacciarsi in un mare di guai. Il prossimo capitolo, come avete capito, vi aspetta il primo incontro tra Potter senior e Potter junior… capitolo che spero arriverà presto, ma non faccio promesse!

Spero abbiate anche gradito il piccolo bonus, il flashback: l’ho aggiunto per allungare un po’ e creare un parallelismo con la situazione attuale.

Passiamo ai ringraziamenti, in breve stavolta, perché ho poco tempo: grazie infinte ai miei fedeli LadyMorgan, Deidara, hermione616 e Ino chan per le loro bellissime recensioni.

Come sempre, vi esorto a farmi sapere cosa ne pensate di questo capitolo, o voi silenziosi lettori, a presto, bacibaci!!!!!!!!

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Capitolo 25
*** Un primo faccia a faccia ***


MAGIC WARS

CAPITOLO XXIV: UN PRIMO FACCIA A FACCIA

Ministero della Magia,

Londra

Stupidi, dannatissimi capelli, fu il pensiero che attraversò Artemis, mentre per l’ennesima volta si scostava i suoi nuovamente mori capelli dalla faccia. Incredibile come suonasse fuori posto un’osservazione del genere, considerato che le restavano poche ore da vivere.

Questa è tutta da vedere, si disse subito, in tono battagliero. Se Sylar o Harry o comunque si chiami ha davvero intenzione di farmi fuori, non gli renderò il gioco facile! E se mai riuscirò a uscire da qui, i demoni dell’inferno lo proteggano perché lo farò a pezzi con le mie mani!

Dopo il primo attimo di sgomento, avere la definitiva conferma che Lord Sylar era anche il suo padrino, il ragazzo che l’aveva tenuta sulle ginocchia quando era solo una pupetta di pochi mesi l’aveva riempita di un’immensa collera. Ben poco le importava delle ragioni che l’avevano spinto a quel punto, a suo avviso Harry era stato niente più e niente di meno che un codardo, non migliore di Peter Minus! E Artemis non era mai stata particolarmente incline alla filosofia del "perdona e dimentica", meno che mai su una cosa tanto grave come il tradimento… Ed era per questo che si era ripromessa che gliela avrebbe fatta pagare, a Sylar, per tutto quello che aveva fatto a lei, alla sua famiglia e ai suoi amici: motivo per cui non poteva decisamente morire il giorno successivo come il Ministero aveva decretato.

Artemis non era certa di quanto tempo fosse passato da quando Sylar era venuto a farle visita: tra quelle quattro pareti assolutamente identiche era fin troppo facile perdere la cognizione del tempo, ma la ragazza era certa che non potessero essere passate più di un paio d’ore. La faceva ben sperare il fatto che nessuno si fosse unito alla sua prigionia: significava che molto probabilmente il resto dell’Ordine era riuscito a fermare suo padre da qualche eroico tentativo di suicidio. O almeno, lei preferiva pensarla così: se voleva uscirne viva, doveva pensare positivo, una pratica che da qualche anno a quella parte le riusciva sempre più difficile esercitare.

Aveva trascorso quel lasso di tempo aspettando che gli ultimi strascichi della Maledizione del Marchio svanissero, facendo stretching per riattivare i muscoli e sfruttando le sue scarne conoscenze di meditazione zen per risvegliare il cervello: se voleva uscire viva da quel posto, doveva essere al massimo della forma. O perlomeno, in una condizione che ci si avvicinasse abbastanza: in realtà, era sicura che le ci sarebbero voluti giorni, come minimo, per riprendersi completamente, peccato che tutto quel tempo non l’avesse. In ogni caso, si sentiva decisamente meglio di quando si era risvegliata: il Marchio aveva smesso di bruciare, cosicché riusciva a pensare lucidamente, e si sentiva discretamente bene fisicamente. Ci dovremo accontentare, sospirò. In ogni caso, grazie al suo sangue misto, poteva contare su riflessi più rapidi di quasi tutti gli esseri viventi dell’edificio.

Ed era su questo che si basava lo zoppicante piano che aveva messo insieme, un piano che poteva andare storto almeno per un miliardo di motivi, ma anche l’unico che era riuscita a ideare considerati i tempi stretti e i pochi mezzi a sua disposizione: di fatto tra lei e la salvezza si frapponevano quella porta, un paio di ascensori e qualche dozzina di Mangiamorte e impiegati vari e lei per superarli aveva a disposizione solo il suo corpo, la sua testa e un ciondolo a forma di mezzaluna.

Il primo punto del suo piano prevedeva ovviamente uscire da quella cella… e quella era probabilmente la parte più facile, visto che Sylar le aveva fatto pure il favore di mettere una guardia a piantonare la porta! Ora doveva solo sperare che fosse abbastanza stupida da abboccare all’amo e aprirla.

Artemis non aveva idea di chi ci fosse dall’altro lato di quella parete, ma probabilmente era solo uno svogliato impiegato di bassa lega: abbindolarlo sarebbe stato semplice. Almeno in teoria: se non ci fosse riuscita o se le guardie fossero state più di una, il suo piano sarebbe probabilmente andato a farsi benedire. Ma prima di accettare il proprio fato, almeno un tentativo doveva farlo.

Prese un respiro profondo, poi si sfilò dal collo il filo di corda a cui il ciondolo era appeso e lo staccò, impugnandolo alla meglio sul lato convesso, quello smussato. Passò con un tocco leggero un dito sull’altro e sospirò di sollievo nel vedere una goccia di sangue scivolare sulla mano. Per fortuna è ancora affilato, pensò, studiando il modo per garantirsi la presa migliore: non era decisamente l’arma ideale. Ma qualcuno di abile poteva sfruttarla comunque e lei, modestia a parte, era molto abile.

Stava gettando il laccio ormai inutile in terra, quando una ciocca fastidiosa le volò di nuovo sul volto. Basta, quando esco da qui, mi raperò a zero!, sbuffò tra sé, stizzita. Poi le venne un’idea: usò la corda per legarsi i capelli in una coda improvvisata. Poco solido e per nulla estetico, ma molto più pratico. Quando ebbe saggiato la solidità dell’elastico improvvisato, impugnò di nuovo il suo "pugnale" e balzò in piedi, pronta all’azione.

Respirò a lungo, profondamente, poi si avvicinò lentamente alla porta e prese a batterci furiosamente i pugni contro.

Dopo alcuni secondi le giunse l’allarmata voce maschile della sua guardia. "Che diavolo stai facendo la dentro?".

"Fammi uscire!" strillò Artemis, modulando attentamente la voce in modo che sembrasse disperata e sofferente. "Mi sento male!".

"È un problema tuo! Piantala immediatamente con questo fracasso infernale!" le intimò l’altro, per nulla allarmato, semmai solo infastidito.

Ma del resto, Artemis si era aspettata resistenza. Diminuì un po’ la forza dei colpi e stavolta usò un tono di voce appena più basso: "Ti prego, non mi sento bene: il Marchio ha ripreso a bruciare, mi fa male tutto!". Doveva solo sperare che quello fosse abbastanza idiota e non avesse idea di come agisse la maledizione del Marchio del Diavolo. Per sua fortuna, entrambe le supposizioni erano esatte.

"E io che ci posso fare?" obiettò l’uomo, anche se ora sembrava un po’ più preoccupato.

"Ti prego, aiutami!" lo supplicò Artemis, in tono supplichevole, a voce ulteriormente più fioca. "Non resisterò a lungo…".

Diede un altro paio di fiacchi colpi contro la porta, poi si abbandonò in terra con un tonfo più sonoro possibile.

Stavolta l’uomo suonò davvero agitato, Artemis poteva quasi vedere la sua faccia preoccupata. E se non altro aveva avuto la conferma che era solo: in caso contrario, sicuramente avrebbe chiesto un consiglio.

"Ehi, ragazzina!" la chiamò. "Mi senti?".

"Aiutami…" mormorò lei, in un bisbiglio sofferente perfettamente udibile. E apri ‘sta cazzo di porta, imbecille!

"Io… io non posso" ribatté quello, evidentemente combattuto. "Lord Sylar mi ha intimato di non aprire la porta per nessun motivo…".

Artemis ridacchiò tra sé: ottimo, ora aveva un altro strumento su cui far leva. La paura. "Lord Sylar ti incenerirà sul posto se mi fai crepare…" chiocciò. "O pensi che ti ringrazierà perché la sua preda gli è morta sotto il naso?".

Adesso il volto del Mangiamorte era attraversata da sentimenti contrastanti, ne era certa: una parte di lui voleva ubbidire agli ordini, l’altra già tremava al pensiero della collera di Sylar. E ora il colpo di grazia, si disse Artemis: doveva far leva sulla paura e quel briciolo di umanità che di certo il suo carceriere possedeva.

Lanciò un grido strozzato, battendo debolmente contro la porta. "Ti prego, aiutami…" lo supplicò, incrociando le dita.

Da qualche parte, un’oscura divinità ascoltò le sue preghiere. Sentì l’uomo avvicinarsi alla porta e infilare la chiave nella toppa.

Grazie Merlino, grazie, grazie, grazie! Silenziosa come un gatto, Artemis si spostò, portandosi di lato alla porta, la falce di luna in mano, in modo da poter prendere la guardia di spalle.

"Sta alla larga dalla porta, ragazzina" le intimò, mentre faceva scattare la serratura.

Contaci, idiota, gli rispose mentalmente Artemis, mentre la porta si apriva.

Quello ebbe appena il tempo per rendersi conto che la sua prigioniera non era distesa in terra in punto di morte che già Artemis gli era balzata alle spalle, bloccandolo e puntandogli il ciondolo al collo: dal suo punto di vista, gli sarebbe sembrato un coltello affilato pronto a tagliargli la gola. Fortuna che non era particolarmente alto.

"Non gridare o sei morto" gli sussurrò Artemis all’orecchio, in tono minaccioso. "Non muoverti o sei morto: fidati, lo farei!".

Lo sentì deglutire, terrorizzato. "Che… che cosa vuoi?" balbettò.

"La tua bacchetta: gettala a terra".

Ubbidì senza esitare: di fronte alla morte, anche il più coraggioso tendeva a diventare un codardo accomodante. Artemis lo spinse avanti, in modo da raggiungere la bacchetta col piede: senza mollarlo, la calciò lontano dalla sua portata, fuori dalla porta.

"Ora le chiavi della cella" gli intimò. "E togliti il mantello".

Anche stavolta, il suo ostaggio eseguì senza fiatare: le chiavi tintinnarono a terra e furono subito dopo raggiunte dal mantello d’ordinanza del Ministero.

"Non riuscirai a scappare" protestò l’uomo. "Ci sono un sacco di guardie in giro…".

"Tu non sai di cosa sono capace!" sibilò Artemis. "Tu non ne hai la minima idea, idiota!".

"Hai intenzione di uccidermi?". Lo disse con voce incredibilmente ferma, per quanto stesse sudando copiosamente.

Per un attimo l’idea la solleticò: sarebbe stato un Mangiamorte in meno al mondo e lui al suo posto non avrebbe probabilmente esitato un secondo. Subito dopo si sentì disgustata di sé stessa: era pur sempre un essere umano, a giudicare dalla voce, nemmeno tanto più vecchio di lei. Voleva davvero abbassarsi al suo livello? Lei era meglio di così.

"No, non ti ucciderò" disse perciò. "Noi non siamo come ci dipinge il tuo signore".

Probabilmente quello avrebbe aggiunto qualcos’altro, ma Artemis non aveva tempo per quello: lo colpì alla base del cranio, quanto più forte le fu possibile. L’uomo si afflosciò a terra come una bambola rotta.

Artemis lo rivoltò, per assicurarsi che fosse davvero svenuto, dopodichè gli sfilò la cintura dai pantaloni e la usò per immobilizzargli le mani: non era un granché, ma sarebbe bastato per farle guadagnare un po’ di tempo. Gli strappò una manica della camicia e gliela ficcò in bocca a mo’ di bavaglio e lo spinse sul fondo della cella: tanto valeva che dovesse strisciare un po’ prima di poter dare l’allarme alla porta.

Raccolse le chiavi e il mantello da terra e uscì dalla cella, chiudendosi senza rimpianti la porta alle spalle. Prese la bacchetta dell’uomo e la spezzò, tanto per andare sul sicuro: in ogni caso, presto ne avrebbe avuta un’altra. Sempre che Sylar non lo uccidesse per essersi lasciato fregare in quel modo.

Non è un problema mio: si è scelto il suo destino da solo quando ha scelto questo lavoro. Malgrado questo pensiero, non poté evitare di provare un briciolo di pietà per lui: almeno a suo avviso, l’ingenuità non si può pagare con la morte.

Ma non poteva fare nulla per lui: doveva salvare sé stessa e quello era già abbastanza. Perciò si infilò il mantello, calandosi il cappuccio in testa: le andava grande, ma l’avrebbe comunque aiutata a passare inosservata. Si cacciò in tasca il mazzo di chiavi delle celle: se fosse uscita da lì, chissà che non potessero tornare utili un giorno…

Dopodichè, affidandosi ai suoi ricordi delle planimetrie di quel luogo, si avviò a passo sicuro per il corridoio.

******

Avete presente la sensazione che vi accompagna mentre state per fare consapevolmente una cosa incredibilmente stupida e malgrado ciò, la fate comunque?

Ecco, Drew si sentiva esattamente così, mentre osservava il portone d’ingresso del Ministero, proprio di fronte a lui: a separarlo dal suo destino c’era soltanto una strada piuttosto trafficata. Parecchi passanti aveva già occhieggiato con sospetto lo strano ragazzo incappucciato piantato in quella posizione da dieci minuti buoni, mentre trovava dentro di sé il coraggio per entrare.

Andiamo, Drew, dopo aver preso tre metro e camminato per una decina di isolati, nonché essere sfuggito allo sguardo da lince di Luna, non vuoi nemmeno entrare? Sei venuto per salvare Artemis sì o no?

Peccato che come pensiero non fosse particolarmente confortante, visto che già si immaginava Sylar e Voldemort a brindare con lo champagne sul suo cadavere, e l’immagine non era bella!

In fondo che si illudeva di poter fare? Stava andando dritto, dritto a consegnarsi tra le braccia dei suoi nemici mortali, tanto valeva che si appiccicasse pure un bel fiocco rosso in testa, modello pacco regalo. È pur sempre mio padre, si disse, in segno di incoraggiamento. Avrà pure un po’ di pietà per il suo stesso figlio…

Il pensiero non era esattamente confortante, ma lo portò alla conclusione che arrivato a quel punto tanto valeva entrare e cercare di fargli rilasciare almeno Artemis. Ricordati che suo padre forse sta morendo: deve avere la possibilità di dirgli addio… E nella peggiore delle ipotesi, tu e Remus giocherete a carte nell’aldilà!

Stare con Artemis gli faceva male, rifletté, mentre si decideva finalmente ad attraversare la strada. Ora si metteva pure a fare battute sarcastiche come le sue.

Indugiò un solo istante davanti al portone di mogano, poi prese un bel respiro e per la seconda, ma non ultima volta nella sua vita mise piede nell’opprimente saletta di benvenuto circolare.

Come l’altra volta, la stessa segretaria sulla trentina alzò lo sguardo dai fogli che stava dattilografando per rivolgergli uno sguardo sorpreso e un sorriso a trentadue denti.

"Benvenuto al Ministero della Magia, signore" lo salutò in tono compunto. "In cosa posso aiutarla?".

"Devo parlare con Lord Sylar, immediatamente" rispose Drew. Incredibile, ora che era entrato, la paura sembrava essersi ritirata in un angolo del suo cuore, lasciandolo freddo e impassibile. Tanto meglio, avrebbe avuto bisogno di tutti i suoi nervi per trattare con Sylar.

Il sorriso sul volto della donna si affievolì un poco, mentre gli gettava un’occhiata vagamente beffarda: praticamente era come se avesse chiesto di essere ricevuto sulla Luna. "Sono desolata, Lord Sylar non riceve visite oggi. Se lo desidera, posso metterla in contatto con qualcun altro…".

Drew scosse il capo. "No, devo parlare con Sylar in persona e con nessun altro. Sono sicuro che per me farà un’eccezione…".

Gli occhi della segretaria si sgranarono: sembrava voler dire "ma chi ti credi di essere, ragazzino?". Quando parlò di nuovo, il tono del discorso era più o meno quello, salvo un po’ più gentile. "E, se non sono indiscreta, chi dovrei annunciare, signore?".

"Andrew Potter" rispose Drew, in tono sicuro, sfilandosi il cappuccio.

La donna lo guardò a bocca aperta un paio d’istanti con gli occhi quasi fuori dalle orbite, poi allungò la mano verso quello che sembrava un galeone d’oro, appoggiato sulla scrivania accanto a un cartellino con su scritto ‘Lord Sylar’. Si è perfino portato dietro le nostre idee, pensò Drew con una punta di rabbia, riconoscendo uno di quei falsi galeoni che a suo tempo furono inventati da Hermione per le comunicazioni dell’ E.S.

La risposta non tardò ad arrivare. La segretaria lesse il messaggio e poi, indicandogli le scale, disse, ancora tramortita dalla sorpresa: "Secondo piano, terza porta sulla destra: non puoi sbagliare, ci sono le targhe con i nomi. Bussa prima di entrare: lui ti sta aspettando".

Aveva anche tutta l’aria di star pensando ‘E se fossi in te, prenderei la porta e correrei il più lontano possibile da qui!’. Ignorando di seguire quel impulso, Drew la ringraziò con un cenno del capo e si avviò verso le scale. Seguendo le indicazioni, arrivò davanti alla terza porta sulla destra. La targhetta recitava Lord Sylar, viceministro.

A prova d’idiota, pensò Drew, alzando il pugno per bussare. Per un solo istante esitò, considerando di nuovo l’idea di scappare il più lontano possibile, il più velocemente possibile. Poi ripensò ad Artemis, prigioniera da qualche parte sotto i suoi piedi. Stupida nobiltà d’animo, pensò, per poi battere il pungo chiuso sulla porta, in modo volutamente più energico del necessario.

"Avanti" gli rispose una voce fredda e distaccata, che fino a quel momento aveva udito soltanto nella sua mente.

Drew entrò: Sylar era in piedi dietro la sua scrivania e gli voltava le spalle, guardando fuori dalla finestra. Era talmente sicuro di sé da non temere nemmeno attacchi a tradimento. Si chiese se fosse possibile colpirlo alla schiena e risolvere tutti i suoi problemi, poi vide che una mano del Mangiamorte impugnava strettamente la bacchetta.

"Chiudi la porta e siediti" gli intimò Sylar, senza voltarsi.

Solo quando Drew ebbe eseguito, quello si girò: anche attraverso la maschera, era facile immaginarsi il suo ghigno di compiacimento. "Bene, bene, Andrew Potter… Quando quella sciocchina di sotto me lo ha riferito, pensavo quasi a uno scherzo, non fosse che nessuno oserebbe prendere me per i fondelli…".

"Deluso?" chiese sardonico Drew, agitandosi sulla sedia: ora che se lo trovava davanti, la calma cominciava ad abbandonarlo. Non sarebbe più uscito da quel posto, ne era certo, non tutto intero, perlomeno: ma forse avrebbe potuto salvare la sua amica.

Sylar ridacchiò. "Perché dovrei esserlo, signor Potter? Avevo teso una trappola per un passerotto e invece mi ritrovo con un falco… Stupito, è il termine più adatto: non credevo che l’Ordine avrebbe mandato te…".

"I miei amici non sanno che sono qui" spiegò Drew. "Me la sono filata di nascosto…".

"Tanto di capello, allora: pensavo di tenessero sotto una teca di cristallo come una bestia rara!".

"Già… Ma è tipico di noi Potter sgusciare fuori dalle reti più strette. O mi sbaglio?".

Sylar scosse il capo. "No, non sbagli: tuo padre avrebbe probabilmente agito esattamente come hai agito tu".

Drew lo occhieggiò confuso per alcuni istanti: allora lui non sapeva che sapeva la verità? Doveva sfruttare quel dato a suo vantaggio?

Poi avvertì una presenza estranea nella sua testa: istintivamente cercò di tirarsi indietro, senza troppo successo, dato che le sue conoscenze di Occlumanzia rasentavano lo zero. Ma durò solo pochi secondi.

"Non stia a lambiccarsi il cervello, signor Potter" disse Sylar. "So che il mese scorso ha avuto accesso a ricordi nella mia mente, a cose che non avrebbe mai dovuto vedere…".

"Quindi sai che so chi sei davvero, chi c’è dietro quella maschera… papà". L’ultima parola la disse in modo strano, a metà tra l’ironico e l’emozionato: era pur sempre la prima volta che parlava con il padre che aveva ritenuto morto per tanto tempo.

Sylar gli rivolse un’occhiata carica di irritazione. "Non chiamarmi in quel modo!" lo rimproverò, abbandonando pure la forma di cortesia. "Te lo ripeterò una volta sola, Andrew, perciò stammi bene a sentire: io NON sono Harry Potter. Il Bambino-Che-È-Sopravvissuto è morto diciasette anni fa, hai capito? E con lui è morto qualunque legame affettivo/emotivo che lui abbia mai creato con chicchessia! Perciò, potrò anche essere tuo padre a livello biologico, ma non c’è assolutamente nient’altro: per quel che mi riguarda, sei un prigioniero come un altro!".

"Non ci credo!" esclamò Drew, balzando in piedi e rovesciando la sedia nella foga. "Quel ricordo era nella tua testa, no? Ci deve essere qualcosa di Harry che è sopravvissuto!".

Sylar alzò le spalle, tornando padrone di sé. "L’ho già detto alla sua amica e lo ridico a lei, signor Potter: è libero di pensare quello che crede, se la fa sentire meglio, ma ciò non cambierà i fatti…questo sarà pure il corpo di Harry Potter e quello che ha visto un suo ricordo, ma non c’è nient’altro. E ora si risieda, prego".

Drew ubbidì controvoglia, fissandolo torvo: non poteva credere a quelle parole! Era impossibile che suo padre avesse semplicemente cessato di esistere per essere sostituito da quella sottospecie di robot biologico: non si poteva cancellare in quel modo una vita intera! Harry doveva essere là dentro da qualche parte, ne era sicuro.

Ma quello non era il luogo o il momento per simili elucubrazioni mentali: la sua vita era appesa a un filo e così quella di Artemis.

"La mia amica?" ripeté, sorpreso. "Artemis? Sta bene? Come ha fatto ad arrivare qui?".

"Al momento la signorina Lupin gode di ottima salute" rispose Sylar. "A parte gli strascichi creati dall’Inibitore, ovviamente, e il fatto che domani a quest’ora sarà morta. E questo è anche il motivo per cui è qui: quando ha usato la magia, ha attivato una Passaporta. Per ora, è nostra ospite in una delle celle al Secondo Livello: abbiamo avuto modo di scambiare due chiacchiere amichevoli…".

Drew sbuffò, scettico: dubitava seriamente che fosse stata una conversazione amichevole, conoscendo Artemis e la sua lingua tagliente.

"In effetti" proseguì Sylar, fingendo di non aver notato lo sbuffo, "è stata proprio lei a dirmi del piccolo incidente di percorso avvenuto l’ultima volta che abbiamo avuto un incontro…".

"Vuoi dire quando hai cercato di possedermi e per poco non ci hai uccisi tutti e due?" ribatté Drew, in tono acido, senza riuscire a trattenersi.

"Un madornale errore" si scusò Sylar, senza per altro suonare particolarmente pentito. "L’intenzione non era di ucciderti: non so cosa sia successo…".

Drew si sentì un pochino deluso: aveva sperato che Sylar, da provetto Legilimens qual era, riuscisse finalmente a spiegargli cosa era accaduto. "E allora cosa volevi da me? Che cosa vuoi da me?".

"Catturarti, mi pare ovvio" ridacchiò Sylar. "Il Signore Oscuro è impaziente di conoscerla, signor Potter".

Il ragazzo ebbe l’impressione che le viscere gli si riempissero di ghiaccio: non era pronto per una simile sfida e probabilmente non lo sarebbe mai stato. Non poteva affrontare Voldemort.

"Non mi guardi in quel modo" lo rimbeccò il suo interlocutore. "Si aspettava di poter entrare qui dentro e andarsene come niente fosse… Ma non si preoccupi: aspetteremo che gli altri impiegati vadano a casa. Il mio Signore non ama particolarmente fare le cose in platea, preferisce la sicurezza della privacy…".

Confortante: essere ucciso e torturato davanti a due persone piuttosto che a cento, un pensiero davvero premuroso.

"Lasciate andare Artemis" provò a dire, cercando di scacciare le immagine poco rassicuranti sul suo prossimo destino. "Lei non vi serve a nulla, non ha nulla da offrirvi…".

"Andrew, l’abbiamo già fatto questo gioco, ricordi? Tu non hai mezzi per farmi pressione e porre trattative: la signorina Lupin morirà domani come deciso".

"Ma perché? Che minaccia rappresenta per voi?".

"Una giovane donna carica di rabbia e spirito vendicativo, pronta a tutto per raggiungere i suoi scopi, ecco cosa. Ho già commesso una volta l’errore di rilasciare quella piccola ibrida, convinto che non fosse una minaccia, e i fatti mi hanno prontamente smentito. Mai dimostrare pietà per il proprio nemico, Andrew: è il maggior difetto degli idealisti come te. Ed è per questo che non potete vincere".

"Allora mio padre è morto davvero*" mormorò Drew, sconsolato. "Lui non avrebbe mai fatto quello che stai per fare tu…".

"Lieto che tu l’abbia capito. Ora…".

In quel momento bussarono alla porta: Draco Malfoy fu introdotto nella stanza. "Mi avete mandato a chiamare, mio signore?" domandò, mettendosi sull’attenti davanti all’uscita.

"Ah, Draco" lo accolse Sylar in tono freddo. "Capiti giusto a proposito: stavo proprio congedando il nostro ospite".

Solo in quel momento Malfoy dedicò la sua attenzione al terzo uomo nella stanza: sobbalzò nel riconoscerlo, assumendo un’espressione stupita. "Ma è…".

"Sì, è lui" lo zittì in tono secco il viceministro. "Ora, Draco, ti sarei molto grato se lo scortassi fino alla sua cella, giù al Secondo Livello: sono certo che la signorina Lupin sarà felice di avere compagnia…".

Per un folle attimo, Drew considerò l’idea di sguainare la bacchetta e Schiantarli entrambi; poi sentì la stretta di Malfoy sulle sue spalle, mentre con l’altra mano gli frugava nella giacca e trovava l’arma, per poi infilarsela nel mantello.

"Sarà un piacere, mio signore" dichiarò.

"Ne ero sicuro". Sylar li congedò con un cenno della mano. "E bada, Draco: non sono ammessi errori, stavolta. Questo prigioniero è ben più prezioso della tua inutile vita. Mi sono spiegato?".

Drew sentì la presa sulla spalla aumentare tanto che dovette trattenere a stento un gemito di dolore. "Cristallino, mio signore".

"Bene: ora andate".

"Te ne pentirai, Sylar" gli gridò Drew, mentre Malfoy lo pilotava fuori: nemmeno lui sapeva dove trovasse il coraggio per un’uscita del genere. "Ti garantisco che te ne pentirai".

Poco ci mancò che Sylar gli scoppiasse a ridere in faccia. "Mio caro ragazzo, ho io le carte in mano questo giro".

Dopodichè, con un ultimo inchino la porta si chiuse, sottraendo dalla sua vista la figura di quel padre che cominciava a detestare con tutte le sue forze.

"Niente scherzi, eh Potter" lo minacciò Malfoy. Tanto per stare sul sicuro, gli immobilizzò le braccia.

Ma che vuoi che faccia senza bacchetta?, pensò Drew, scoraggiato. Chissà che stavano facendo a casa: di certo ormai dovevano aver notato la sua fuga. Beh, l’avrebbero scoperto dal Profeta cosa gli era successo. Non c’è che dire: noi Potter siamo davvero bravi a tentare il suicidio…

******

Qualche piano più sotto, Artemis, agevolata dall’effetto sorpresa metteva fuori gioco lo svogliato custode della Zona delle Celle. Gli prese la bacchetta, infilandosela in tasca insieme alle chiavi: anche quella poteva sempre tornare utile, se non altro avrebbe potuto cavare gli occhi a qualcuno.

Purtroppo, la parte facile era ormai prossima alla conclusione: una volta lasciata la Zona delle Celle, avrebbe dovuto attraversare i vecchi corridoi abbandonati della Sezione Auror e poi gli affollati passaggi dell’Ufficio Applicazione Della Legge Sulla Magia. Speranze di passare inosservata: quasi nulle. Speranze di uscirne viva: perfino meno.

Ma non poteva permettersi di aspettare: ogni secondo che passava, aumentavano le probabilità che qualcuno notasse la sua fuga. Cosa non avrebbe dato per un orologio: in questo modo, avrebbe potuto tranquillamente aspettare che calasse la notte e sgusciare via a passo di danza tra i corridoi deserti.

Ormai è tardi per piangere sul latte versato, pensò, scacciando il pessimismo e incamminandosi a passo sicuro: aveva ancora qualche minuto di calma perché le venisse in mente un piano brillante per uscire da quella trappola.

Non aveva nemmeno finito di dirlo che sentì dei passi davanti a sé: qualcuno le stava venendo incontro. E quel posto lesinava decisamente in nascondigli… Artemis imprecò sottovoce, dominando subito l’onda di panico. Chiunque sia, lo poi affrontare e mettere fuori gioco senza problemi. Già, poteva affrontare chiunque, tranne la persona che le si presentò davanti poco dopo…

Si appiattì dietro un angolo, pronta ad accogliere il nuovo arrivato, o meglio arrivata, perché in un attimo si trovò di fronte lo sguardo folle e color pece di Bellatrix Lestrange.

Solo la sorpresa impedì probabilmente alla Mangiamorte di lanciarle un’Avada Kedavra lì sul momento: le due rimasero a squadrarsi per alcuni istanti, carbone nell’ambra, poi con un grido di rabbia Bellatrix estrasse la bacchetta, sparandole contro una maledizione mortale che andò a creare una bruciatura nella parete dietro di Artemis, proprio dove poco prima c’era la sua testa.

Dando retta al suo intinto di auto-conservazione, Artemis fece bruscamente dietro front, andando a gettarsi dietro la scrivania del custode privo di sensi, maledicendo le divinità che dovevano averla presa in antipatia. Di tutti i Mangiamorte che c’erano nel Ministero, l’unica determinata a ucciderla a tutti i costi doveva incontrare! Perché Bellatrix, al di là di qualunque ordine superiore potesse esserle giunto, l’avrebbe uccisa lì sul posto se fosse riuscita a prenderla, su questo non aveva il minimo dubbio: la sua cara zia la odiava, tanto quanto odiava sua madre e Sirius, se non addirittura di più, dato che oltre a essere una Black Mezzosangue e rinnegata, infestava il suo prezioso albero genealogico con il sangue ibrido di suo padre. Una vergogna che Bellatrix non era mai riuscita a sopportare.

Proprio in quel momento un altro Incantesimo saettò sopra la sua testa. Con tutto il baccano che stava facendo, quanto ci avrebbe messo a richiamare qualcuno? Tutti i suoi progetti di fuga stavano allegramente andando a farsi benedire…

"Dove ti sei nascosta, piccola mezza Babbana che non sei altro?" la provocò Bellatrix, scrutando la piccola area con occhi di falco. "Non fai tanto l’arrogante quando sei disarmata, eh? Come hai fatto a fuggire, piccolo demonio? L’avevo detto a Lord Sylar che avrebbe fatto meglio a lasciarti morire subito: sei decisamente troppo pericolosa per rimanere in vita!".

"Grazie, Bellatrix" la schernì Artemis, senza muoversi dal suo patetico rifugio, mentre il suo cervello ronzava nel tentativo di trovare un modo per metterla fuori combattimento. "Sei troppo buona: non credevo che avessi tanta paura di me, zietta cara".

"Paura?" ribatté Bellatrix, in tono sprezzante. "Di te, schifosa meticcia? Sei un esserino insignificante, niente più che una mosca fastidiosa, come i tuoi sciocchi amici…".

"Oh, andiamo Bella, la verità è che ti brucia perché nonostante i tuoi sforzi non sei ancora riuscita a uccidermi, come hai fatto con mia nonna… Te la ricordi Andromeda, sì? Tua sorella, quella che hai ucciso a sangue freddo come un animale…".

Quella era una caratteristica che aveva preso da sua madre e in parte da Sirius: aprire la bocca e darle fiato nei momenti meno opportuni… Ma provocare Bella era troppo facile e appagante!

Il viso della Mangiamorte si distorse dalla rabbia nel sentire nominare la sorella tanto odiata. "Non parlare di cose che non capisci, stupida ragazzina! Io e Andromeda avevamo conti in sospeso da tempo… Everte statim!".

La scrivania mandò un sinistro lamento, mentre l’Incantesimo quasi la spezzava in due. Artemis si rannicchiò su sé stessa, per proteggere il viso da schegge di legno volanti: non avrebbe retto a un altro colpo e a quel punto Bellatrix si sarebbe trovata in indiscutibile vantaggio, con lei senza più nascondigli, per terra e indifesa. Non poteva permetterlo: se voleva una possibilità di vincere, dovevano trovarsi faccia a faccia quando lei l’avesse deciso. Devo attaccarla da un punto che non si aspetti… dall’alto… Piombarle addosso e Disarmarla prima che possa reagire, poi metterla fuori combattimento.

L’idea assunse consistenza man mano che ci pensava, ma per farlo doveva prenderla troppo alla sprovvista, renderla cieca all’evidenza, distrarla… Falla parlare, provocala… Niente di più semplice: si sentiva quasi nata per quel compito.

E così fece, mentre nel contempo si rannicchiava, pronta a saltare al momento giusto. "Conti in sospeso, certo" esordì in tono sprezzante. "Intendi quando ha rinnegato te e tutta la tua famiglia di pazzi fissati per sposare mio nonno? Quando ha contaminato il suo sangue con quello di un Sanguesporco, partorendogli una figlia Mezzosangue? Oppure quando ha accolto nella sua casa me, nientemeno che una cucciola di Licantropo? Quanto disonore, non è vero? Le cose incredibili che può far fare l’amore… Ma tu che ne sai? Che ne puoi sapere? Le follie di Voldemort e quelli come lui ti hanno offuscato il cervello a tal punto che non vedi più al di là del tuo naso! Andromeda ti voleva bene, incredibile a dirsi… Se non lo sapessi per certo, riterrei impossibile che tu sia sua sorella: Andromeda Tonks era una delle donne migliori che abbia mai conosciuto, una donna che tu nemmeno in un milione di anni potrai eguagliare!".

"Taci, sporca meticcia, taci!" gridò Bellatrix, furente. "Non parlare di cose che non puoi capire: Andromeda era una rinnegata, una traditrice del suo stesso sangue. Ha avuto quello che si meritava… E presto l’avrai anche tu: spurgherò la mia famiglia da ogni singolo ramo infetto, anche a costo di metterci mille anni…".

"E tu ti rendi conto che quando l’avrai fatto, non resterà più nessuno, vero Bellatrix? Se uccidi me e uccidi Sirius e uccidi mia madre, dopo chi rimarrà? Siamo gli ultimi Black rimasti: se noi moriamo, il nome morirà con noi! La tua preziosa famiglia forse sarà purificata, ma si estinguerà: secoli di storia spariti per sempre!".

Bellatrix ormai non ci vedeva più dalla rabbia: voleva solo trovare quel indegno essere che era sua nipote e strozzarla con le sue mani. E conoscendo la zia, Artemis lo sapeva: quello era il momento migliore, probabilmente l’unico che aveva.

"Sarà una gioia ucciderti!".

Come fosse stato un segnale, Artemis sbucò fuori dal suo nascondiglio, saltando sulla scrivania malconcia, le gambe già di nuovo piegate per un nuovo slancio. "Allora prendimi, se ci riesci!" la provocò.

Bellatrix, veloce come un gatto, le lanciò contro un Anatema-Che-Uccide, ma Artemis fu più veloce: balzò in avanti, con forza sufficiente per finirle dritta addosso, facendo volare entrambe a terra. Troppo stupita, Bellatrix non riuscì a opporre resistenza quando la ragazza le strappò praticamente la bacchetta di mano.

Lottarono a suon di pugni e calci per alcuni istanti, ma in un corpo a corpo Artemis con il suo addestramento era decisamente avvantaggiata rispetto alla Mangiamorte. Perciò, per quanto le unghie di Bellatrix le graffiarono diverse volte il viso probabilmente nel tentativo di cavarle gli occhi, Artemis ne uscì vincitrice, spedendo la zia nel mondo dei sogni.

Si rialzò ansimante, sentendosi tutta dolorante: tra il volo e le botte, doveva essersi appena guadagnata una discreta collezione di lividi. Si portò una mano alla guancia destra, sentendola bruciare di dolore e la trovò sporca di sangue. Dannazione, Bellatrix ha artigli peggiori di quelli una tigre, pensò, considerando che forse le sarebbe pure rimasto un segno. Ma era viva e quello era l’importante.

Mentre nascondeva il corpo di Bellatrix insieme a quello del custode, considerò quante erano le probabilità che il loro breve alterco non avesse attirato l’attenzione di nessuno. In fondo, quella zona era discretamente isolata dal resto del Livello: era possibile che le file di corridoi avessero attutito abbastanza il rumore perché nessuno ci facesse caso. Sempre sperando che Bellatrix non avesse detto a nessuno dove stava andando… Quanto ci avrebbero messo a notare la sua assenza?

Stava ancora considerando tutte le possibili variabili, quando per la seconda volta un rumore di passi la mise sul chi vive; ascoltò più attentamente: erano almeno in due stavolta. Imprecò tra sé: di solito nella Zona delle Celle non ci andava mai nessuno, tranne forse gli addetti agli interrogatori, cos’era tutto quel viavai di gente?

Si accucciò dietro la scrivania: stavolta non si sarebbe fatta vedere: avrebbe aspettato che i nuovi venuti se ne andassero e poi avrebbe imboccato l’uscita e al diavolo tutto il resto. Doveva uscire da lì e doveva farlo in fretta. Solo all’ultimo si ricordò del guardiano svenuto lì a fianco, ma ormai era troppo tardi.

Due uomini svoltarono l’angolo, sbucando nella saletta: uno era Draco Malfoy, che camminava tutto impettito come un pavone, facendo da scorta a…

Drew? Artemis fissò l’amico dal suo nascondiglio con gli occhi sbarrati. Che diavolo… Stupido imbecille! E ora le toccava pure salvarlo!

Drew dal canto suo si sentiva più idiota ogni secondo che passava: come aveva fatto a credere di poter sul serio cambiare qualcosa? Una parte di lui si era ingannata che facendo appello a qualche recesso della sua mente, Sylar gli avrebbe dato ascolto, facendo leva sul legame di sangue che gli univa. Ma era stata una beata illusione, una stupida illusione: l’unica cosa che aveva ottenuto era stata regalarsi a Voldemort su un piatto d’argento.

Malfoy al suo fianco non lo perdeva d’occhio un secondo, talmente tronfio nemmeno fosse stato lui a catturarlo, ma del resto senza bacchetta non poteva andare da nessuna parte.

Quando giunsero all’ingresso della Zona delle Celle, dopo essere stato passato in rassegna da almeno metà degli impiegati, Malfoy si bloccò al centro della stanza, sorpreso.

"Dov’è finito quel custode scansafatiche?" sbuffò, irritato. "Già ha un incarico di tutto riposo, poi non fa bene neppure quello". Borbottò un paio di maledizioni e minacce, scoccando a Drew uno sguardo seccato, ben lungi però dal pensare che dietro la sparizione dell’uomo potesse esserci qualcosa di sospetto: ai suoi occhi, era solo uno svogliato che aveva bigiato i suoi compiti e perciò sarebbe stato severamente punito.

Infine, sospirò con aria contrariata e disse: "Vabbè, vorrà dire che mi toccherà scortarti fino alla tua cella di persona, Potter. Come se non avessi di meglio da fare!".

Sempre borbottando come una pentola in ebollizione, si avvicinò alla scrivania con l’idea di prendere le chiavi, trascinandosi dietro Drew.

Nemmeno lui aveva pensato che ci fosse qualcosa di strano nella sparizione dell’uomo, finché non vide quello che aveva tutta l’aria di essere un piede sbucare da un angolo. Corrugò la fronte, confuso. Ma che diavolo…

Fortunatamente fu anche il primo a vederlo e Malfoy non lo scorse se non quando fu già troppo tardi. Si chinò sulla scrivania e sobbalzò

"Paura del lupo cattivo, Draco?" trillò una voce che Drew conosceva bene.

Subito dopo, una figura ammantata di nero afferrò Malfoy per il colletto spedendo la sua testa a cozzare contro la scrivania e lasciandolo privo di sensi sul pavimento.

L’Incantesimo che teneva Drew immobilizzato si spezzò all’istante, liberandogli le braccia, mentre Artemis si rimetteva in piedi, scostandosi una ciocca di capelli ribelle dal volto.

"Temis!" esclamò Drew, nello stesso istante in cui lei diceva: "Drew!".

"Che ci fai qui?" domandarono in coro.

"Ti sto salvando" fu la risposta.

Artemis gli scoccò un’occhiata carica d’ironia. "Mi stai salvando? Bel lavoro che hai fatto: il salvatore salvato dal prigioniero!".

"Ammetto che il mio piano aveva bisogno di una piccola revisione…" borbottò Drew, piccato, mentre si chinava su Malfoy e recuperava la sua bacchetta.

"Revisione? Quel pinguino impomatato di mio cugino stava scortandoti a farmi compagnia… Fortuna per te che io me la so cavare anche da sola, Drew!".

Rialzandosi, Drew scorse i corpi privi di sensi di Bellatrix e del custode scomparso. "Quanto hai altri nei hai fatti fuori?".

Artemis resse il suo sguardo senza esitazione. "Sono solo svenuti: anche se Bella la ucciderei volentieri… Ma ora non c’e tempo per vendette personali. Chi sa che se venuti qui con Malfoy?".

"Soltanto tutto il Secondo Livello… E Sylar: abbiamo avuto una piacevole chiacchierata" rispose Drew.

"Anche tu?" ridacchiò la ragazza. "Pure io ho avuto modo di scambiare due parole con il tuo caro papino… Sappi che ho intenzione di farlo fuori con le mie mani!".

"E io ti darò volentieri una mano".

Fu in quel momento che notò cosa ci fosse di diverso nell’amica: i suoi capelli erano diventati scuri come quelli di Sirius. E guardandola più attentamente, notò altre piccole differenze, nei tratti e nella linea del volto, senza più quel non so che di vagamente infantile che la caratterizzava prima: ora sembrava in tutto e per tutto una giovane Black. Dimostrava i suoi diciannove anni e anche di più, era perfino un po’ più alta. Soltanto gli occhi erano immutati.

"Che cosa hai fatto?" domandò, squadrandola come se non fosse sicuro di chi avesse davanti.

"Credo sia successo quando Sylar ha bloccato la maledizione del Marchio" spiegò Artemis. "Questa è la vera me, ad ogni modo… Perché, sono così brutta?".

Drew scosse il capo: no, anzi, era perfino più bella di prima, a suo parere. Il fascino dei Black non si smentiva mai.

"Stai benissimo" le assicurò. "Come hai fatto a evadere?".

"E tu a sfuggire ai controlli dell’Ordine?".

Entrambi si resero conto che avrebbe richiesto troppo tempo spiegare tutto, perciò decisero di comune accordo di rimandare a dopo: al momento avevano affari più urgenti da sbrigare.

"Come facciamo a uscire?" domandò Drew. "È pieno di gente…".

"Non lo so: io stavo improvvisando. Ma in due per farcela, dobbiamo avere qualcosa di più concreto… E dobbiamo escogitarlo in fretta: prima che qualcuno noti l’assenza di Bellatrix e Draco".

Sentir nominare i due Mangiamorte svenuti ai loro piedi, fece germogliare a Drew una mezza idea. In fondo, guardandola nel suo nuovo aspetto, Artemis le assomigliava abbastanza.

"Tu e Bellatrix siete alte più o meno uguali, no?" chiese.

La ragazza, che si stava spremendo le meningi alla ricerca di un idea brillante, lo fissò come se fosse impazzito. "Ma questo che cavolo c’entra, Drew? Ti ricordo che se non usciamo da qui siamo tutti e due morti!".

"Tu dammi retta, una volta tanto. Allora?".

Sbuffando d’impazienza, Artemis rifletté un attimo. "Credo di sì… E se vuoi saperlo, anche come corporatura siamo abbastanza simili?".

"Abbastanza da poter ingannare qualche impiegato ministeriale?" insistette il ragazzo.

La giovane aprì la bocca, sicuramente con qualche battuta condita di fiele già sulle labbra, ma si bloccò, colpita. "Non vorrai mica…Ma sei fuori di testa?".

"Perché? Ascolta: tu ti infili nel mantello di Bellatrix e mi scorti fuori, come se fossi tuo prigioniero. Se qualcuno te lo chiede, puoi sempre dire che Sylar ti ha chiesto di riportarmi da lui…".

"Tu sei matto" dichiarò Artemis. "È un piano folle, da disperati…".

"Temis, noi siamo disperati" puntualizzò Drew. "Se hai un’idea migliore sono lieto di ascoltarla".

La ragazza fece per rispondere, ma non aveva nulla da dire: non aveva altre idee da proporre. E non c’era certo tempo per discutere: ogni secondo poteva sopraggiungere qualcuno e scoprirli. E come Drew aveva giustamente sottolineato, erano davvero disperati…

Sbuffando contrariata, andò a chinarsi sulla Mangiamorte priva di sensi e la spogliò del mantello e degli stivali in pelle nera. Almeno le avrebbero nascosto i pantaloni troppo corti.

Constatò con un po’ di sorpresa che le andava davvero giusti: lei e la zia avevano praticamente la stessa taglia. Forse il mantello le cascava un po’ sulle spalle, ma niente di particolarmente grave.

"Come ti sembro?" chiese con una smorfia.

"Detestabile" rispose Drew. "Sciogliti i capelli e indossa il cappuccio".

Artemis seguì il consiglio, lasciando che i capelli andassero a nasconderle parte del volto. "Dovrò lavarmi nell’ammoniaca per liberarmi della puzza di pazza psicopatica…" sospirò: non sapeva se era più disgustata all’idea di indossare le vesti di Bellatrix o del fatto che le calzassero così bene.

"Sei perfetta" approvò Drew. "Se non ti guardano troppo da vicino, non noteranno la differenza".

"Speriamo bene". La ragazza si chinò e per prendere la bacchetta della zia. "E ora mio caro prigioniero" trillò, in una sorprendentemente fedele imitazione della voce di Bella, "davanti a me e niente scherzi".

Drew obbedì, tenendo le braccia aderenti al corpo come se fosse immobilizzato, con la bacchetta comunque pronta all’uso.

"Se le cose si mettono male…" cominciò Artemis, prendendo il corridoio che portava all’uscita.

"… Pronto a filare più veloce del vento" la rassicurò Drew, con un sorriso.

E così a volto scoperto e passo di danza, si infilarono tra gli sciami di gente che affollava il Secondo Livello.

Molti si voltarono a guardarli, scoccando loro occhiate alternativamente curiose, spaventate o perplesse, ma se anche a qualcuno sembrò strano, nessuno si permise di chiedere il motivo: almeno all’apparenza era Bellatrix Lestrange quella, una delle fedelissime del Signore Oscuro, pericolosa e spietata, nessuno aveva voglia di rischiare di irritarla. Se stava facendo qualcosa, di certo la faceva per ordine del Primo Ministro.

Artemis reggeva bene la parte: imitò alla perfezione la camminata altera di Bellatrix, a sguardo alto, senza degnare nessuno di un’occhiata, come se fossero tutti esseri inferiori.

Drew si sentì invadere da una vaga eccitazione, mentre si muovevano veloci verso gli ascensori dalle porte placcate d’oro, la loro salvezza. Sta funzionando, sta funzionando sul serio… Aveva creduto di non uscire vivo da quel posto, invece sia lui che Artemis erano a un passo dalla libertà. A casa non ci crederanno, pensò, per augurarsi subito dopo che Remus stesse abbastanza bene da poterne godere.

Quando raggiunsero l’Atrium entrambi si illusero di avercela fatta. Dopo un attimo di tentennamento, Artemis si diresse verso gli ascensori per arrivare all’Ingresso. Era più logico così: perché Bellatrix avrebbe dovuto portare il prigioniero ai camini? Per loro la strada era una via di fuga più scomoda, ma non potevano rischiare di destare i sospetti dei numerosi Mangiamorte che sciamavano da un capo all’altro dell’Atrium.

Alcuni rivolsero ad Artemis un cenno di saluto, che lei ricambiò con freddezza. Nessun altro li degno della minima attenzione.

Mentre aspettavano che il secondo ascensore si aprisse, Drew riusciva a stento a star fermo: ancora pochi passi, una volta nell’Ingresso, avrebbero solo dovuto schiantare la segretaria e poi via, tra i dedali di vicoli di Londra…

E fu qui che le cose rischiarono di andare al diavolo, quando alle loro spalle risuonò un grido: "Fermateli! Fermateli! È un impostore: stanno cercando di scappare!".

Con il cuore in gola i due fuggitivi si voltarono, per vedere un trafelatissimo e quanto mai scarmigliato Draco Malfoy additare proprio loro. Ci furono alcuni secondi di scioccato stupore, mentre tutti i presenti si voltavano verso di loro con sciocche espressione sul viso. Poi sull’onda di Malfoy che avanzava lesto verso loro, li attaccarono tutti insieme.

Senza nemmeno riflettere, Drew cominciò a lanciare maledizioni a caso, ringraziando per l’ennesima volta il duro addestramento che Ares gli aveva impartito. Non si preoccupava nemmeno di vedere se centrava qualche bersaglio, gli bastava ritardare il più possibile la loro avanzata.

Con il din più rassicurante che avesse mai udito in vita sua, le porte dell’ascensore si aprirono alle sue spalle. Artemis lo tirò dentro, premendo contemporaneamente il pulsante d’avvio: le gambe di Drew rischiarono seriamente di essere tranciate a metà mentre le porte si chiudevano e l’ascensore si avviava.

"Per un pelo" sospirò, ringraziando il cielo di essere stato colpito solo superficialmente da alcuni Incantesimi. "Tu stai bene?".

Artemis annuì. "Preparati a correre: potrebbe esserci il comitato d’accoglienza. Qualunque cosa accada, tu punta alla porta e non fermarti per nessun motivo. Niente gesti da cavaliere capito?".

Drew annuì, perfettamente consapevole che se si fosse presentata la necessità non avrebbe comunque abbandonato l’amica al suo destino, ma piuttosto si sarebbe fatto ricatturare.

Sbucarono nell’Ingresso nello stesso istante in cui Sylar in persona si affacciava sulla tromba delle scale. "Fermi lì, voi due!" gridò, estraendo la bacchetta e lanciando una fattura contro i fuggitivi.

Con uno strillo, la segretaria si rifugiò sotto la sua scrivania, mentre Drew rispondeva pan per focaccia. "Va’ all’inferno Sylar!" gli gridò, scattando verso la porta, imitato a ruota da Artemis.

Sentì altri incantesimi fischiarli nelle orecchie, uno lo centrò alla gamba, costringendolo a rallentare la corsa. Si voltò, trovando Sylar già in fondo alle scale che avanzava veloce nella loro direzione: di lì a poco sarebbero arrivati anche i Mangiamorte dall’Atrium…

Mentre Artemis lo tirava senza complimenti per il braccio, spronandolo a correre, i suoi occhi incontrarono per non più di un secondo quelli altrettanto verdi del Mangiamorte, suo padre…

Stelle multicolore gli esplosero all’improvviso davanti agli occhi, mentre per la seconda volta nella sua vita provava l’orribile sensazione di qualcuno che ti entri a forza nella mente.

Che stai facendo? Una volta non ti è bastata? Non seppe nemmeno dire se l’avesse urlato o solo pensato, ma allo stesso tempo sentì la confusione di Sylar nella sua testa: non era stato lui a iniziare tutto questo… Ma allora che stava succedendo?

Cercò disperatamente di ribellarsi, ritrarsi a quel contatto, senza successo: forse non era stato Sylar a cominciare, ma stava ottenendo il suo scopo. Ebbe la vaga consapevolezza delle sue ginocchia che cedevano e di Artemis che lo guardava terrorizzata, gridando. Non riusciva a muoversi, era troppo, stavolta sarebbe impazzito sul serio…

Poi la sentì, la voce di una giovane donna: pur non avendola mai sentita, ebbe la certezza che era la voce di sua madre.

Allora, come lo vorresti chiamare?

Il suono di una risata: Harry. Ginny, mancano ancora sette mesi: credo che abbiamo tempo per pensarci…

Oh, ma è meglio sceglierlo presto, subito: chissà quando tornerai… Sembrava triste, preoccupata. Drew ebbe l’impressione che quel ‘quando’ suonasse tanto come un ‘se’…

Io tornerò, la rincuorò Harry. Tornerò sempre da te… Ovvio, se Ron non mi uccide prima: questa sera ho pensato sul serio che l’avrebbe fatto!

Ron lo sistemo io: mio fratello non deve permettersi di mettere il becco nella nostra vita… Come se fossi l’unica ragazza rimasta incinta per sbaglio!

Sì, ma sei anche sua sorella: in fondo potevo anche capire che lui e gli altri volessero decapitarmi!

Sono grande abbastanza per decidere per me, sarebbe ora che i miei fratelli lo capissero, replicò Ginny in tono stizzito. E poi, io e te ci sposeremo quando questa storia sarà finita, no? Quindi non dovrebbero scaldarsi tanto… allora, come vorresti chiamarlo?, chiese di nuovo, tornando all’argomento di conversazione iniziale.

Ma, non lo so… Tu hai già qualche idea?

"SYLAR! Lascialo stare, schifoso bastardo!".

Quel grido rabbioso lo riportò bruscamente alla realtà: lui era Drew, quello era solo un ricordo, i suoi genitori non erano davvero lì! Ebbe di nuovo consapevolezza del suo corpo: era steso in terra e dal dolore che gli davano le mascelle doveva aver urlato come mai in vita sua. Eppure quel ricordo era così dolce…

Vide con la coda dell’occhio Artemis lanciare qualcosa e Sylar cadere a terra, tenendosi il fianco destro. Poi la ragazza lo tirò in piedi senza complimenti e se lo trascinò dietro, correndo più veloce che poteva. Erano passati non più di dieci secondi da quando lo sguardo di Sylar e il suo si erano incontrati…

Ora ricordava: stavano scappando dal Ministero, i Mangiamorte cominciavano ad affollare l’Ingresso. Ignorando il dolore che si spandeva in tutto il corpo, prese a correre anche lui, lasciandosi guidare da Artemis.

Una volta all’aperto, imboccarono il primo vicolo che si parò loro davanti, senza fermarsi o voltarsi indietro, finché non ebbero messo dieci isolati tra loro e il Ministero e si furono mischiati alla folla. Solo a quel punto si decisero a rallentare e presero a camminare a passo sostenuto. Artemis mantenne il controllo della situazione e lo pilotò verso la prima stazione della metro che trovò.

Drew la lasciò fare: ora che la scarica di adrenalina stava lentamente defluendo, gli effetti della breve possessione si stavano facendo notare. Si sentiva come se gli avessero rivoltato il cervello come un calzino e vagamente fabbricante; allo stesso tempo, ebbe la certezza che se non si fosse seduto di lì a cinque minuti sarebbe crollato svenuto. E non riusciva a scacciare dalla testa la voce di sua madre: l’aveva udita chiaramente come se Ginny fosse stata davanti a lui… Quasi gli dispiaceva di non essere riuscito a vederla, o che la possessione non fosse durata più a lungo.

Si rese a malapena conto che Artemis lo metteva a sedere, gli frugava le tasche per trovare qualche moneta e poi si allontanava.

Quando tornò aveva comprato due biglietti e aveva una barretta di cioccolato in mano. "Mangia" gli intimò, mettendogliela in mano. "Poi starai meglio".

Per quanto lo stomaco gli si rivoltasse alla sola idea, Drew ubbidì: incredibilmente, si sentì meglio sul serio, anche se desiderava ancora ardentemente di poter chiudere gli occhi e addormentarsi.

Artemis lo scrutava preoccupata. "Come ti senti?".

"Sottosopra" sospirò il ragazzo. "Come l’altra volta…".

"Resisti ancora un po’: il nostro treno passa tra dieci minuti, poi dovremo camminare un po’ per arrivare a casa… Quel maledetto… Possibile che non gli sia bastata una volta?".

"Non è stato Sylar" ribatté Drew stancamente. "Ho sentito la sua sorpresa nella testa: non è stato lui a cominciare…".

"Non essere sciocco, Drew" lo zittì Artemis. "Una possessione non comincia da sola: ci deve essere qualcuno a dare l’imput… Sylar ti stava prendendo in giro".

Drew avrebbe voluto protestare, ma non lo fece: sapeva che quello che diceva Artemis era logico, al contrario di quello che sosteneva lui. Una persona non entra per sbaglio nella mente di un’altra: deve essere un’azione voluta. L’unica eccezione che conosceva era il legame tra suo padre e Voldemort, ma quello era un caso tutto particolare, non poteva essere un metro di giudizio. Ma quella sensazione di sorpresa gli era sembrata davvero autentica: per quale motivo avrebbe dovuto fingere e fargli ascoltare quel brandello di ricordo? Non aveva senso… Ci penserò in seguito, decise. Ora sono ancora troppo confuso e stanco per ragionare lucidamente.

"Come hai fatto a interrompere il contatto?" domandò invece: ricordava vagamente di aver visto la ragazza lanciare qualcosa.

"La Legilimanzia necessita di grande concentrazione mentale per essere praticata" cominciò a spiegare Artemis. "Ovvio per un maestro come Sylar risulta più semplice, ma a certe cose nemmeno la mente più forte può resistere, così gli ho lanciato contro il mio ciondolo a forma di mezzaluna: l’avevo attaccato al collo come una collana, ma era affilato come un rasoio. Per fortuna, l’ho centrato con la parte tagliente: gli si è conficcato nel fianco. Non abbastanza per ucciderlo, ma sufficiente per costringerlo a lasciarti andare… Giuro che la prossima volta che mi capita a tiro…".

Lanciò il pugno in aria, immaginando di colpirlo. Per un attimo Drew considerò l’ipotesi di dirle quello che aveva sentito, ma poi decise di lasciar perdere: ci sarebbe stato tempo in seguito, per il momento voleva solo concentrare le sue energie per imprimersi nella memoria la voce di sua madre.

"Chissà che staranno pensando a casa…" stava frattanto dicendo Artemis. "Con un po’ di fortuna o Christie o Keith avranno assistito alla nostra performance e ne avranno informato l’Ordine: magari ci stanno già aspettando… Stanno tutti bene, vero? Dopo la lotta con Nandes, intendo".

Drew si rese conto solo in quel momento che lei non poteva saperlo, essendosi sentita male mentre ancora combattevano. "Sì, ne siamo usciti tutti interi. Ted e Luna si sono occupati di Sirius: è quasi come nuovo, ormai…".

Artemis sorrise sollevata. "Sono contenta che nessuno si sia fatto male per colpa mia, è un vero sollievo… Non vedo l’ora di essere a casa".

Drew capì che moriva dalla voglia di riabbracciare il padre: si chiese se Remus si fosse ripreso, mentre era via, oppure se… In ogni caso, era meglio mettere Artemis al corrente della situazione, per evitarle lo shock. "Temis, devo dirti una cosa importante…".

Vedendo la sua faccia scura, anche lei si adombrò. "Che c’è? Mi metti paura…".

"Tuo padre…" cominciò Drew, bloccandosi subito: come faceva a dirglielo senza spaventarla ancora di più?

"Mio padre cosa?" fece Artemis, con voce alterata. "Drew, ti prego dimmelo e basta: cosa è successo a mio padre?".

"Ha avuto un infarto. Lui e Sirius stavano litigando…".

Ma la ragazza già non l’ascoltava più: era sbiancata, per poi balzare in piedi e cominciare a muoversi su e giù con gesti frenetici. "Ma quando arriva quel treno?" borbottò, in preda all’ansia.

"Temis, calmati…" cercò di rassicurarla Drew, ma la ragazza lo zittì con un’occhiata perforante che avrebbe incenerito un blocco di granito. "Non dirmi di calmarmi, Potter: mi calmerò quando lo riterrò opportuno!".

Pensando fosse meglio non contrariarla, Drew si cucì la bocca per il resto del viaggio fino a Chalmers Road. Del resto, artemis era talmente preoccupata che guardava a malapena dove andava, cosicché Drew dovette preoccuparsi che non ci fossero Mangiamorte o altre minacce in giro, guadagnandosi un paio di occhiatacce e qualche rispostaccia quando si mosse con eccessiva cautela. Drew si morse la lingua per non risponderle a tono. È preoccupata per Remus, non peggiorare la situazione…

Così si concentrò sul ricordo della voce di Ginny: era sorprendente il modo in cui riusciva a calmarlo. Mai come in quel momento sentiva il rimpianto per non aver mai potuto conoscere la ragazza che gli aveva dato la vita…

Fu per entrambi un sollievo arrivare infine al Quartier Generale: Artemis voleva solo correre da suo padre, Drew infilarsi in un letto e dormire dieci ore filate.

Facendo attenzione che non ci fossero curiosi in giro, si infilarono in casa. Avevano appena chiuso la porta, quando si videro addosso un mostro pluricefalo che aveva le forme di Luna, Hermione e Sirius, tutti e tre incredibilmente arrabbiati, che cominciarono a strillare contemporaneamente. Erano talmente fuori di sé dalla angoscia che nemmeno notarono Artemis.

"Andrew Harry Potter" gridò Hermione. "Stavolta sei in un mare di guai!".

"Andartene senza dire niente a nessuno: ma sei completamente impazzito!?" sbraitò Luna.

"Siamo quasi impazziti dalla preoccupazione: come ti è venuto in mente?" ululò Sirius.

"Dovremmo confinarti in camera tua e non lasciarti più uscire! E se qualche Mangiamorte ti avesse visto?".

"Potevi finire ucciso o catturato o chissà che altro!".

"Con tutto quello che è successo, ti sembrava il caso di aggiungere altre preoccupazioni?".

Probabilmente sarebbero andati avanti tutta la notte, se Artemis non si fosse fatta avanti, salvando Drew dalla gogna. "Zio Sirius, come sta mio padre?".

Luna, Hermione e Sirius si zittirono in contemporanea come aveva cominciato, squadrando la ragazza come se fosse l’essere più strano che avessero mai visto. Poi Sirius quasi ululò dalla gioia, andando a stritolare la nipote acquisita in un abbraccio stritola costole. "Ally, grazie a Merlino sei sana e salva!".

"Sto bene, zio Sirius" esalò Artemis, ricambiando l’abbraccio. "Non respiro". Ma l’Animagus non sembrava intenzionato a lasciarla tanto presto.

Per un attimo Luna e Hermione sorrisero sollevate e Drew sperò di averla scampata. Povero illuso…

Infatti in meno di un secondo le due streghe gli furono addosso di nuovo. "Sei andato al Ministero?" stridette Luna.

"Sei andato via senza dire nulla a nessun per andare a salvare Artemis?".

"Beh, se ve l’avessi detto, voi non mi avreste lasciato andare" si difese Drew.

"Ma sentilo questo? Ragazzo, hai una faccia tosta da fare invidia! Quando Ethan e Kitty ci hanno detto che eri sparito, ci siamo sentiti morire: razza di irresponsabile! Se ti fossi fatto uccidere?".

"Ma non è successo: io e Artemis stiamo bene, perciò è tutto a posto, no?".

Sorprendentemente Hermione scoppiò a ridere. "Sei peggio di tuo padre, Drew!".

"Lo prendo per un complimento!".

La donna gli tirò uno scappellotto affettuoso. "Azzardati a farci di nuovo uno scherzo del genere, signorino…".

"… E pregherai che Lord Sylar venga a prenderti" concluse Luna, in tono minaccioso, prima di rivolgergli un sorriso.

"Come sta papà?" domandò di nuovo Artemis, finalmente libera dalla soffocante stretta di Sirius.

"La crisi è passata" rispose Sirius, con un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro. "Starà benissimo: è nella sua stanza".

Né Drew né Artemis avevano bisogno di sapere altro: il primo si lasciò cadere a peso morto sul divano, desiderando ardentemente dormire, la seconda salì i gradini a tre a tre , precipitandosi al capezzale paterno.

Ted balzò in pedi sorpreso nel vederla. "Ally? Merlino, assomigli a tua nonna…".

Artemis gli sorrise, lasciandosi abbracciare. "Sto bene, nonno. Lui?".

"Chiediglielo tu stessa…".

Remus giaceva a letto, pallido come un morto, ma sveglio: nel sentire la sua voce, alzò debolmente la testa. "Ally…" mormorò debolmente.

"Papà". Artemis praticamente si avventò al fianco del suo letto, prendendogli la mano.

"Sono già morto?" chiese Remus, accennando un sorriso.

"Non stavolta: hai la pelle troppo dura, vecchio lupastro" scherzò Artemis, cercando di scacciare le lacrime che sentiva pizzicargli gli angoli degli occhi. "Ma se provi a fare di nuovo uno scherzo del genere, giuro che ti uccido".

"Solo se tu prometti che non te ne andrai un’altra volta, piccola: non voglio perderti di nuovo".

"Non mi perderai" lo rassicurò la ragazza. "Non vado da nessuna parte: resto qui con te, la mamma e tutti gli altri…".

Il sorriso si volto del licantropo si allargò. "Posso abbracciarti o sei diventata troppo grande per queste cose?".

"Non sarò mai troppo grande per i tuoi abbracci, papà".

Mentre si lasciava stringere, si sentì finalmente felice, come mai si era sentita davvero negli ultimi tre anni e desiderò ardentemente che quel momento durasse per sempre.

LYRAPOTTER’S CORNER

E vissero tutti felice e contenti… sì, vi piacerebbe: ragazzi, i casini sono soltanto all’inizio, ne dovranno succedere di cose, prima del per sempre felici e contenti!

Mi scuso come sempre per l’attesa, ma stavolta ci tengo a sottolineare che la colpa non è mia: che colpa ne ho se tutti i computer di casa mia hanno deciso di smettere di funzionare proprio quando il mio tecnico di fiducia (ossia il mio vicino di casa) era in vacanza? Ho passato la settimana peggiore della mia vita, morendo dalla voglia di scrivere e facendomi prendere per il didietro dal mio PC, visto che tutte le volte che ci provavo mi rispondeva con un irritante BINGBONG (poco ci mancava che mi facesse pure le pernacchie!!!!!).

Anyway, alla fine ce l’ho fatta e vi ho sfornato tutto questo in tre giorni, più o meno (che sarebbero stati due se ieri non mi fossi data allo shopping selvaggio!): che ne pensate? Visto che questo era alla fine uno dei capitoli più attesi, spero di non aver deluso le vostre aspettative. Vi avviso anche che ormai siamo al countdown finale: meno cinque capitoli più l’epilogo e chiudiamo questa prima parte. Poi non preoccupatevi, ce ne sono altre due intere: ce ne ancora prima della fine!!!! E probabilmente i prossimi saranno anche di una lunghezza più ragionevole dei papiri che vi ho rifilato negli ultimi tempi.

Ah, mi dimenticavo, la frase segnata da (*) è presa pari, pari da Il Ritorno Dello Jedi.

Ora ringraziamo:

Ino chan, te no preoccupa, sister, Remus non posso farlo morire in questo modo, mi serve vivo ancora per un po’. Il sangue non è acqua: Drew è degno figlio del babbo suo, lo dimostreremo ancora in molteplici occasioni!

Lily_Snape, Lily!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Che bello rivedere il tuo nome, quanto mi erano mancati i tuoi commenti, spero ovviamente che non sparirai di nuovo!!!! La mia vena sakijunesca non tace mai, è sempre in agguato, chi ha orecchie per intendere intenda!

Deidara, io ho sempre considerato anche il comportamento di Harry molto stupido in molteplici occasioni: che vuoi farci, come disse una vecchia saggia, il coraggio è sinonimo di stupidità (citazione da L’era glaciale 2). E il casino c’è stato sì, anche se l’Ordine stavolta l’ho lasciato a casina sua. A risentirci!!!!!!

LadyMorgan, ho chiesto a zio Tom se sparava al mio computer: mi ha fatto incavolare tanto che per poco non l’ho buttato già dalla finestra! Lui però si è rifiutato: non è il mio compito, ha detto. Vabbè, stavolta il finale è un po’ più chiuso direi, no? Ma sta tranquilla, non lo lascio in pace a lungo! Piaciuto l’incontro padre-figlio? Per il momento non sembra essere successo un granché, ma lo sai, la storia è ancora all’inizio, devono ancora cominciare gli scrupoli di coscienza di Sylar/Harry ( e non cominceranno ancora per un bel po’, io credo). Darth Fener rules, now and forever!!!!!!! Uno dei migliori cattivi mai creati: figurati che io preferisco lui a Luke (Luke proprio non posso reggerlo), anche se Han occupa un posto speciale nel mio cuore!!!

Se tutto va bene, il prossimo capitolo arriverà in breve tempo, incrociamo le dita!!!!!! See you soon!!!!!!!

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Capitolo 26
*** Contrattacco ***


MAGIC WARS

CAPITOLO XXV: CONTRATTACCO

Quartier Generale

Dell’Ordine della Fenice,

Londra

Uhn, che rabbia, che rabbia, che rabbia!

Artemis tracciò una linea d’inchiostro sulle ultime parole che aveva scritto con talmente tanta enfasi che quasi bucò il foglio. Fissò con odio la pagina stracarica di disordinati appunti presi a mano, come se fosse la causa di tutti i mali del mondo. Ma perché non vuoi collaborare?, le rivolse quel rimprovero silenzioso. Perché deve essere così dannatamente difficile: è solo una pozione.

Ovviamente, sapeva che definire "solo una pozione" quello che lei stava cercando di fare era quanto meno eufemistico: decine di maghi prima di lei avevano cercato di trovare un rimedio per i danni mentali causati dalla Maledizione Cruciatus e avevano tutti fallito. Lei a quello stupido rimedio ci lavorava da più di due anni, da quando aveva messo insieme abbastanza soldi da potersi permettere quella ricerca, e ancora non aveva prodotto un risultato soddisfacente.

Saettò lo sguardo dal libricino rilegato di nero a sua madre, come d’abitudine seduta a gambe incrociate per terra, per l’esattezza vicino al divano a pochi passi da lei: faceva scorrere con aria trasognata il dito su e giù per il bordo del tavolino. Come sempre, Artemis sentì una fitta di bruciante senso di colpa attraversarle il cuore. Ti riporterò indietro, mamma, fosse anche l’ultima cosa che faccio!

Erano passate due settimane dalla miracolosa fuga di lei e Drew dal Ministero, due settimane durante le cose erano tornati tutti alla traballante normalità di sempre. Con la vistosa eccezione che adesso anche Artemis aveva una taglia da duemila galeoni che le penzolava sul capo: tornare alla vita di prima sarebbe stato impossibile, se anche l’avesse voluto. E Artemis non lo voleva proprio: per alcuni tremendi minuti aveva seriamente temuto di aver perso suo padre e ora era determinata a riallacciare i vecchi fili finché ancora c’era tempo.

Così era tornata notte tempo all’Attico e aveva portato via quello che nell’immediato poteva tornarle più utile: armi, vestiti e libri. Tra gli altri, aveva preso anche quel libricino rilegato a mano che era la causa della sua frustrazione, Maledizione Cruciatus: effetti e possibili rimedi, forse il più importante di tutti, visto che in quelle pagine macchiate d’inchiostro erano contenuti tutti i passi avanti che aveva compiuto nella cura per sua madre.

Tornò a fissare con astio la pagina finale e la lunga lista di ingredienti: due anni ed era a un punto morto. Ci aveva messo un po’ ad arrendersi all’evidenza, attribuendo le sue difficoltà al fatto che fossero mesi che non si dedicava attivamente a quella ricerca, ma ormai doveva accettare la realtà: era bloccata, aveva bisogno di nuova ispirazione.

Si spinse una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Aveva mantenuto il proposito preso in cella: appena arrivata a casa e passata la paura per suo padre, aveva chiesto a Luna di tagliarglieli. Ora le arrivavano appena sopra le spalle ed erano decisamente più gestibili di prima. Inoltre, dopo qualche esitazione, era tornata al biondo: sempre Luna le aveva praticato un comodo incantesimo di Trasfigurazione. Sapeva che non era una cosa definitiva, anzi gli Incantesimi di quel tipo tendevano a logorarsi nel tempo, ma l’aveva voluto fare ugualmente. Non sopportava l’idea di pensare a Bellatrix ogni volta che si fissava allo specchio e in quel modo aveva reso meno marcata la somiglianza: l’Incantesimo si poteva sempre rinnovare ogni volta che fosse stato necessario.

Scacciò quei pensieri inconcludenti e tornò a concentrarsi sulla sua preoccupazione principale: ci doveva essere un modo per creare una pozione attiva che riportasse indietro sua madre, ne era sicura, doveva solo trovarlo. Forse doveva ricombinare gli ingredienti della Pozione Costituente con quella di Stimolazione della Memoria…

L’arrivo improvviso di Ares interruppe il filo dei suoi pensieri. "Artemis, ti disturbo?" esordì l’uomo.

La ragazza sorrise al socio. "Per te ho sempre tempo, vecchio amico. Tanto, qui è come sbattere la testa contro un muro…".

Lanciò il libricino sul tavolino e si accomodò sul divano, facendo cenno ad Ares di sistemarsi vicino a lei. Quest’ultimo si avvicinò, ma non si sedette, rimanendo in piedi a fissarla in silenzio. I due rimasero a scrutarsi così per alcuni minuti, mentre Artemis si faceva una chiara idea dell’argomento di conversazione: era da quando era tornata a Chalmers Road che quel dubbio le rodeva l’anima, da quando notato visto che Ares era perfino più taciturno del solito e soprattutto tendeva a evitarla, preferendo la solitudine. Del resto, lei era l’unico essere vivente in quella casa che potesse dire di comprenderlo, almeno in parte: Ares non aveva fatto il minimo tentativo di avvicinarsi agli altri membri dell’Ordine. Era uno spirito solitario e lo sarebbe sempre stato.

Artemis sospirò. "Te ne vuoi andare, non è vero?".

"Come l’hai capito?" chiese Ares, sedendosi infine di fronte a lei, sul tavolino, ignorando Tonks, come se non ci fosse.

"Un po’ ti conosco, Ares" ridacchiò la ragazza. "Non tanto quanto mi piacerebbe, ma almeno un po’ credo di sì".

"Nessuno mi conosce come mi conosci tu, Artemis, te lo posso assicurare…".

"E nonostante questo, di te so così poco" considerò Artemis, con un malcelato velo di tristezza. "Sei un lupo solitario, Ares… Ma del resto un po’ lo sono anch’io: forse è per questo che il destino ci ha messo l’una sulla strada dell’altro".

"I tuoi tempi di lupo solitario sono finiti, Artemis" dichiarò Ares. "Hai ritrovato il tuo branco, adesso… E io devo riprendere la mia strada".

"Perché?" chiese la ragazza. Una parte di lei era preparata a sostenere quella conversazione, ma le riusciva comunque difficile accettare di dire addio al compagno di tante peripezie: aveva diviso una parte fondamentale della sua vita con quell’uomo, che l’aveva accolta quando non aveva niente, quando odiava perfino sé stessa. "Perché non resti? All’Ordine farebbe comodo un combattente del tuo calibro…". E non voglio perderti.

"Questa non è la mia guerra, bambina" rispose Ares, usando quel nomignolo dopo tanto tempo.

"Proprio tu lo dici? Voldemort ti ha tolto tutto, i suoi Mangiamorte ti hanno braccato come un animale e affermi che questa non è la tua guerra?".

Ares scosse il capo. "Non credere che non sappia cosa il Signore Oscuro mi ha rubato, Artemis: mi ha rubato molto più di quanto tu non sappia… Ma la vendetta poteva essere il motore delle mie azioni in passato, non ora. La magia è un capitolo della mia vita chiuso, per sempre…".

"Ok, ma potresti restare lo stesso" insistette Artemis. "Anche senza magia, se un avversario con cui non vorrei mai avere a che fare. Hai visto l’Ordine: hanno bisogno di tutto l’aiuto possibile…".

"Lo so. E credimi se te lo dico, li ammiro per la scelta che hanno fatto, ma… Animo da combattente o no, non credo di volermi trovare di nuovo nel bel mezzo dello scontro: ho faticato troppo per costruirmi una nuova vita. E inoltre, non credo che i tuoi amici sarebbero dispiaciuti se me ne andassi…".

"Questo non è vero e lo sai: sei tu il primo ad allontanare la gente, Ares!" protestò Artemis duramente. Poi sospirò, capendo che qualunque cosa lei potesse dire, sarebbe stata inutile: lei e Ares si conoscevano quanto bastava per comprendersi anche senza parole. "Non posso dirti nulla per farti cambiare idea, vecchio mio?".

"Non credo, bambina" rispose Ares, scuotendo il capo.

"Sai che io devo restare, vero?".

"È la tua famiglia, Artemis: è giusto che tu stia qui, è questo il tuo posto".

"Ma non il tuo…" concluse tristemente la ragazza. Scacciò con decisione le lacrime che sentiva pronte a scendere. "Hai già deciso quando te ne andrai?".

"Non lo so ancora: giorni, ore, chi lo sa…".

Artemis annuì mestamente. "Capisco… Solo, promettimi che non te la filerai notte tempo senza nemmeno salutare".

"Pensi sul serio che lo farei, Artemis?" sbuffò Ares, fingendosi offeso. "Sei stata come una figlia per me in questi tre anni…".

"E tu come un padre, Ares. E il mio migliore amico. Quando avrai bisogno di qualcosa, qualunque cosa, la mia porta sarà sempre aperta".

"Lo stesso vale per te, Ally".

Artemis trasalì: era forse la prima volta che la chiamava con il suo vero nome. Ares aveva sempre capito e rispettato il suo desiderio di lasciarsi dietro il passato, anche dopo che aveva scoperto la sua vera identità.

"Ora vorrei poter ricambiare, ma io non conosco il tuo nome di battesimo". C’era un velo di rimprovero nella sua voce: era sempre stato l’unico punto debole del loro rapporto: il buco nero dietro cui Ares celava gelosamente il suo passato, un buco che non aveva mai voluto colmare nemmeno con lei.

Ares accettò la critica stringendosi nelle spalle. "Certe cose è meglio lasciarsele dietro, Artemis: il mio nome è una di queste…".

Artemis non commentò. Entrambi capivano che quella conversazione era conclusa.

"Verrò a salutarti, promesso" disse, alzandosi e lasciando la stanza.

******

"Un ricordo felice?" ripeté Drew, mentre Remus gli rispiegava la teoria dell’Incanto Patronus più o meno per la millesima volta.

Erano nella camera da letto del licantropo, dove Remus era stato confinato dall’effetto doppio della terapia post-infarto e dal plenilunio imminente. L’attacco di due settimane prima non era bastato a ucciderlo, grazie soprattutto al repentino intervento di Ted e Luna, ma aveva reso ancora più precarie le sue già critiche condizioni. Per non correre il rischio che il cuore collassasse di nuovo per lo stress della trasformazione, quando sarebbe stato alienato da qualunque possibile aiuto, Ted l’aveva messo a riposo a tempo indeterminato e raddoppiato la dose di pozioni giornaliera. L’Antilupo aiuta fino a un certo punto, era stata la sua risposta, quando Remus si era velatamente lamentato del "clima da Alcatraz", come lui l’aveva definito, in cui versava in quei giorni. Ma d’altro canto, lui per primo doveva ammettere di sentirsi ancora sotto tono: se l’era vista brutta davvero. E di solito quando stava in quel modo, il Lupo in lui tendeva a dare il meglio del suo repertorio, non potendo sopportare il corpo menomato in cui viveva.

Malgrado ciò, le lezioni di Drew erano riprese a pieno regime, con criteri del tutto particolari. Infatti, ora che le basi erano state gettate, Remus era passato a insegnargli gli Incanti che potevano essere utili nella vita che stavano conducendo piuttosto che seguire un programma accademico. Considerato che non riesci proprio a tenerti lontano dai guai, è meglio che tu sappia fronteggiare qualunque tipo di situazione nel prossimo futuro, aveva commentato dieci giorni prima, mentre gli illustrava gli effetti dell’Incantesimo Evanescente.

Ed ecco perciò che quel pomeriggio, mentre al piano di sotto Ares e Artemis si dicevano addio, Drew stava cercando in tutti i modi di evocare un Patronus degno di questo nome.

"Lo so che è una magia difficile" lo rincuorò Remus, appoggiato a una pila di cuscini alta più o meno come lui: quello che succedeva ad essere circondato da stuoli di infermiere apprensive come potevano esserlo solo sua figlia, Hermione, Luna e Sirius, probabilmente il peggiore di tutti. "Cerca di concentrarti".

Drew fece una smorfia. "Remus, se mi concentro ancora un po’, mi si liquefarà il cervello! È inutile: finirò in pasto ai Dissennatori e morta lì!".

"Io ti consiglierei una fine più piacevole" obiettò Remus, sorridendo. "Che ne so, lo scotennamento, diventare la cena di un branco di Manticore affamate oppure il classico, vecchio rogo! Fidati, servire la tua anima per cena a un Dissennatore è molto peggio di tutto questo e praticamente di qualunque cosa possa venirti in mente!".

Drew si sentì venire la pelle d’oca. "Ok, hai reso il concetto. Eravamo ai ricordi felici, vero?".

Remus annuì. "Sì, un ricordo felice, il più intenso possibile in modo che il Patronus sia più forte. Concentrati e quando sei pronto, pronuncia la formula".

E quando se pronto pronuncia la formula, ripeté Drew tra sé. Pare facile… Avanti Drew, spremiti le meningi: ti ci vuole un ricordo felice… Ma tutto quello che era riuscito a ottenere fino a quel momento con i suoi ricordi felici era stato qualche sparuto sbuffo di fumo argenteo. Anche se Remus gli aveva garantito che erano un buon punto di partenza, Drew sapeva che contro dei Dissennatori sarebbero serviti a ben poco. E pensare che stavano provando in una camera illuminata dal sole settembrino: se si fosse trovato nella necessità di evocare un Patronus, probabilmente non avrebbe ottenuto nulla.

Ok, questi non sono pensieri felici, Andrew: non essere così negativo e disfattista, concentrati! Pensa che tuo padre ci è riuscito a tredici anni, a evocare un Patronus completo!

Quello era un mistero che proprio non riusciva a decifrare: dopo il loro breve e infuocato incontro di due settimane prima, aveva cominciato a odiare quell’uomo con tutte le sue forze. Odiava Sylar per quello che era e quello che aveva fatto, ma soprattutto odiava suo padre perché era stato troppo codardo per fare la cosa giusta e aveva preferito la via più semplice. Eppure, non riusciva a evitare di continuare a paragonarsi a lui, come faceva già prima di scoprire la verità. Forse dipendeva dal fatto che il resto dell’Ordine, ignaro, continuava a vedere Harry come un eroe, il loro eroe. In quei momenti più che mai, capiva che il segreto di Sylar doveva portarselo nella tomba: nessuno doveva scoprire il tradimento di Harry, l’Ordine non avrebbe retto un colpo simile.

"Drew, vabbè che ho detto ‘quando sei pronto’, ma non abbiamo fino a Natale…". La voce di Remus, carica di rimprovero e divertimento insieme, lo riscosse dai suoi pensieri foschi, per nulla adatti a evocare un Patronus, completo o incompleto.

"Scusa, Remus, hai ragione". Uff, mi sto distraendo di nuovo… Avanti, mi ci vuole un ricordo, la prima cosa che mi viene in mente, qualunque cosa…

Come se l’avesse invocata, la voce di Ginny Weasley prese a risuonargli in testa. Allora, come lo vorresti chiamare? Beh, chi l’aveva detto che il ricordo doveva essere per forza suo? Colto da un’improvvisa illuminazione, aprì la bocca e scandì: "Expecto Patronus!".

Difficile dire se fu più sorpreso lui o Remus quando un argenteo… qualcosa scaturì dalla sua bacchetta e prese a trottare… sì, trottare in giro per la stanza.

Drew inclinò leggermente la testa di lato: sembrava un cavallo, ma aveva qualcosa di diverso. "È…" cominciò, tendendo la mano per sfiorare la testa dell’animale. "Che cos’è?".

"Un unicorno" rispose in un sussurro Remus, che si era rizzato a sedere di scatto con un’espressione sbalordita.

Drew osservò incantato il suo unicorno-patronus ancora alcuni istanti, finché questo non sparì. "Allora, sono andato bene?".

La battuta servì a spezzare l’atmosfera: Remus scoppiò a ridere, tornando a sdraiarsi sui cuscini. "Per il corpo di Bacco, direi proprio di sì. Hai decisamente un Patronus interessante…".

"Che cosa intendi dire?" fece Drew, perplesso, sedendosi su una sedia lì vicino, ancora un po’ stupito: mai più si sarebbe aspettato che quel ricordo potesse generare un Patronus completo.

"Beh, vedi Drew, il Patronus di Ginny era un cavallo, mentre quello di Harry un cervo. Sembra che il tuo sia un singolare connubio dei due: l’unicorno, un cavallo con il corno…".

Drew annuì, sorpreso da quella analogia. "Cosa significa?".

Remus alzò le spalle, ridendo. "Non lo so, non di preciso: come psicologo non sono un granché. I Patronus di solito riflettono un qualche aspetto della nostra personalità, esattamente come la forma animale per gli Animagus: infatti di solito le due cose si equivalgono. Posso solo supporre che questo sia il modo con cui il tuo inconscio ti sta comunicando che hai preso molto da entrambi i tuoi genitori… Piuttosto, posso sapere a che cosa stavi pensando? Il tuo miglioramento a dir poco repentino mi ha abbastanza stupito…".

Drew provò un istantanea fitta di panico: che cosa gli diceva adesso? Non poteva dire la verità perché avrebbe portato a tutta una serie di quesiti a cui Drew non voleva e non poteva rispondere, perciò doveva inventarsi una balla credibile, che possibilmente persuadesse Remus a non fare troppe domande: non dava il meglio di sé sotto pressione. Anzi, di solito in quei momenti, la sua bocca tendeva a sfuggire al controllo del cervello e a parlare a ruota libera, sparando per lo più cavolate. Una volta, durante un’interrogazione in cui non era particolarmente preparato, si era lanciato in un edificante trattato sull’opera shakespeariana, solo per rendersi conto alla fine che quella era la lezione di matematica! I suoi compagni l’aveva preso in giro per un paio di mesi dopo quella storia.

Si sorprese a pensare con un po’ di nostalgia alla sua vecchia vita, prima che la sua vera identità gli piombasse addosso, ai suoi vecchi amici, quelli che non era mai nemmeno riuscito a salutare. Di certo ora lo consideravano tutti un pazzo criminale… Poteva quasi sentire le voci degli abitanti di Little Whinging commentare le sue imprese da quello che leggevano sui giornali.

Sembrava un così bravo ragazzo.

Così educato, fin da quando era bambino.

Bruciarsi con quella gentaglia, quei criminali.

Ma del resto la mela non cade mai lontana dall’albero: pensate a quel disgraziato di suo padre…

"Drew? Ci sei ancora?".

"Eh? Come?". Drew si riscosse. "Scusa, mi ero perso nel ricordo del passato… Dicevamo?".

"Lascia stare" lo rassicurò Remus con un gesto della mano. "A che pensavi?".

"A quello che staranno pensando i miei vecchi amici, a Little Whinging: crederanno tutti alle bugie del Profeta, immagino…".

"Come è sempre successo". Remus gli sorrise. "Mi dispiace che questa vita ti sia capitata tra capo e collo, Drew".

"Immagino che non potesse essere diversamente". Drew alzò le spalle, con un gesto noncurante, pensando che dopo tutto, se il Ministero non avesse individuato la sua presenza quattro mesi prima, se non avesse mandato Bellatrix a uccidere Elizabeth e Dudley, ora lui sarebbe stato sul punto di cominciare l’ultimo anno di scuola prima dell’università. Una vita che appariva decisamene più noiosa di quella che stava vivendo davvero. "Mi dispiace di più per Ethan e Kitty: hanno perso i genitori e non hanno fatto nulla di male".

"Neanche tu hai fatto nulla di male, Drew: i genitori non si scelgono. E Ethan e Kitty sono ragazzi forti: se la caveranno benissimo".

"Mi sento un po’ come se gli avessi rubato la vita" spiegò Drew. "Se non fosse stato per me, ora avrebbero ancora una casa e una famiglia…".

"Non ti crucciare così, Drew: non devi prenderti colpe che non hai. Bellatrix ha ucciso Dudley e sua moglie, non tu: è solo colpa sua e del Ministero se sono morti".

Drew annuì, capendo bene che Remus aveva ragione. Ma purtroppo aveva la netta impressione che quel peso se lo sarebbe portato dietro ancora per molto tempo, forse per sempre.

In quel momento entrò Hermione, con gli occhi che brillavano di eccitazione. "Disturbo?" chiese.

"No, non credo proprio" ripose Remus, osservando la strega. "Che cosa è successo, Hermione?".

"Fred e George hanno decriptato i piani dell’Arma: ci aspettano tutti di sotto".

******

Dieci minuti dopo, erano tutti riuniti in cucina e ascoltavano con attenzione Fred e George. Stesa sul tavolo stava un’approssimativa mappa di un’area del vecchio Palazzo di Westminster.

"Hanno nascosto l’Arma qui" cominciò a spiegare Fred. "È il nascondiglio ideale…".

"… visto che l’accesso è vietato perfino ai turisti. Ritenevamo tutti che l’edificio fosse vuoto da diciassette anni, da quando il parlamento babbano è caduto, ma evidentemente sbagliavamo".

"Voldemort deve averlo ritenuto un inutile spreco di spazio. Inoltre, considerata la vastità del luogo, anche se avessimo scoperto che l’Arma si trovava lì, senza le piante avremmo impiegato come minimo ore prima di trovarla".

"Invece sappiamo dov’è?" intervenne Sirius.

I gemelli annuirono. "Nella vecchia Camera del Lord, sul lato sud del palazzo: probabilmente l’hanno dovuta svuotare completamente per farci entrare l’Arma…".

"Ma che cosa è, quest’Arma, di preciso?" domandò Hermione. "Se Voldemort intende usarla per vincere una potenziale guerra con il resto d’Europa…".

"È una sorta di…ehm". George frugò un attimo tra i fogli che teneva in mano, finché non trovò la parola giusta. "Una specie di cannone: qui non lo descrive fisicamente e non hanno incluso un disegno, non saprei come fare a descriverlo".

"In pratica, Voldemort, o chi per lui, ha sfruttato le conoscenze belliche babbane (sapete, bombe, missili, fucili, ecc) per incanalare la forza dei nostri incantesimi, in particolare, ovviamente, le Maledizioni Senza Perdono…".

"In questo modo, il potenziale di un’Avada Kedavra finisce con l’essere decuplicato: una potenza sufficiente per radere al suolo come minimo mezza Londra con un solo colpo".

L’Ordine ascoltava in silenzio agghiacciato. Un solo colpo capace di distruggere mezza città? La prospettiva era semplicemente disarmante: se il Ministero riusciva a rendere operativa l’Arma, nulla sarebbe riuscito a fermarlo.

La mente di Drew fu prepotentemente occupata da una fotografia che una volta aveva visto sul libro di storia: Hiroshima subito dopo la bomba atomica. Il ragazzo pensò che probabilmente lo scenario che prospettavano Fred e George non era molto diverso e si sentì il cuore fermare dall’orrore. Dopo aver purificato l’Inghilterra, Voldemort voleva estendere il suo dominio al resto del mondo e con l’Arma aveva tutta le possibilità di riuscirci.

"Da quello che abbiamo potuto capire" proseguì George, "la potenza dell’Arma è assolutamente regolabile: potrebbe anche essere concentrata su un solo punto e distruggere solo quello…".

"Un modo velato per dire che se il Ministero scoprisse il nostro nascondiglio, potrebbe disintegrarci senza difficoltà" aggiunse Fred.

"Ok, ma come pensano di sfruttarla?" fece Sirius. "Per avere una potenza del genere, dovrà anche essere bella grossa: come pensano di poterla spostare fino in Francia o Merlino solo sa dove, senza che quelli si accorgano di essere sotto attacco?".

I gemelli si guardarono, in evidente difficoltà, frugando tra i fogli. "Non so come spiegarlo" disse Fred. "Non siamo riusciti a capire bene come intendono fare nemmeno noi".

"Quello che è certo hanno il modo di usare l’Arma senza spostarla da Londra, attraverso qualche marchingegno babbano".

"È impossibile" protestò Luna. "Come possono colpire il resto d’Europa se l’Arma resta nel Regno Unito?".

"Il Ministero ha speso capitali in ricerca: ha fatto venire certi scienziati babbani apposta dall’America…".

"Posso vedere quei fogli?" si offrì Drew. "Magari ci capisco qualcosa…".

I gemelli non obiettarono e gli porsero i fogli fitti di appunti. In verità, ci capì ben poco anche Drew: erano informazioni troppo tecniche perché potesse assimilarle con le sue scarne conoscenze scientifiche. Tuttavia dopo qualche minuto di analisi, riuscì per lo meno a comprendere come il Ministero avesse intenzione di usare l’Arma senza spostarla da Londra. La cosa che più lo sorprese fu quanto in effetti tutto il piano poggiasse sulle cognizioni tecniche babbane: non avrebbe mai creduto che Voldemort, dall’alto delle sue convinzioni razziali, potesse abbassarsi a "chiedere aiuto" ai Babbani. Eppure, le circostanza l’avevano costretto a quella scelta, se voleva vincere.

"Satelliti artificiali" comunicò. "Ecco come vogliono fare: satelliti artificiali".

Uno stuolo di sguardi vacui fu l’unica risposta che ottenne. Perfino Ares e Artemis, che pure avevano vissuto tra i Babbani, avevano un’idea molto vaga di cosa stesse parlando: era un concetto troppo lontano dalla loro realtà perché se ne fossero mai interessati; giusto Kitty e Ethan, dall’angolo dove ascoltavano in silenzio, parvero capire.

"Come in quei film apocalittici con il pazzo megalomane che vuole conquistare il mondo?" domandò infatti Ethan.

"Credo di sì, una cosa del genere…".

"Drew, di cosa stiamo parlando?" intervenne Remus. "Credo di parlare a nome di tutti se dico che ci siamo persi…". Gli altri annuirono.

"Non so come spiegarvelo: nemmeno io riesco a comprenderlo, è roba troppo sofisticata per me. In pratica, devono aver lanciato nello spazio dei satelliti artificiali: avranno dei sistemi informatici per controllarli, un centro di controllo generale, probabilmente un sacco di cervelloni babbani che lavorano per loro, magari sotto Imperius, visto che una cosa del genere non possono gestirla i Mangiamorte da soli… Suppongo che inserendo le giuste coordinate potrebbero arrivare a disintegrare pure il Giappone!".

Erano tutti allibiti, increduli: avevano visto magie e maledizioni di ogni genere, ma una cosa simile era al di là della loro comprensione, non essendosi mai minimamente interessati dei modi di vivere dei babbani

"Mi stai dicendo" fece Sirius, cercando di dare un senso logico a quello che stava venendo detto, "che con quell’arnese potrebbero in pratica annientare il mondo intero standosene seduti comodi in poltrona? Checché tu ne dica, mi pare impossibile: siamo sicuri che l’Arma non gli esploderà in faccia quando proveranno a usarla?".

"Questo te lo possiamo garantire noi" intervennero i gemelli. "Almeno dal loro punto di vista, sono certi che funzionerà. Il tizio che ci ha lavorato, il capo di tutta la baracca (il nome non lo ricordo) è un pezzo grosso, sicuro del fatto suo… Se utilizzerà l’Arma sarà perché è convinto che possa funzionare…".

Drew si sentì appena un po’ colpito. Cosa non fa fare l’ambizione… Gli pareva difficile immaginare Voldemort dare tutto questo potere a un semplice Babbano, ma l’aveva fatto. Per conquistare il mondo, questo e altro!

"Vabbè, in fondo cosa ci importa di capire come funziona questo aggeggio infernale?" sbottò Ted, vedendo che Sirius continuava a scuotere il capo senza capire. "Tanto, mica abbiamo intenzione di usarlo! Il punto è un altro: si può distruggere?".

"Ted ha ragione" approvò Luna. "Ci deve essere un punto debole nel sistema…".

Furono tutti gratificati dal cenno d’assenso dei gemelli. "Beh, tanto per cominciare" cominciò Fred, "come diceva prima Drew, l’Arma è regolata da un sistema di controllo generale, senza il quale il massimo che potrebbero fare sarebbe disintegrare quello che sta di fronte a Westminster".

"Beh, questo è già un notevole passo avanti" osservò Artemis. "Come facciamo a distruggerlo?".

"Difficile dirlo finché non l’abbiamo davanti" sospirò George. "Ma essendo per lo più tecnologia babbano sono dell’opinione che funzionerà per lo più a elettricità: mandiamo in corto il sistema e facciamo fare un bel botto".

"Volete far saltare in aria il Palazzo del Parlamento?" ripeté Hermione, incredula. "I giornali ci si avventeranno addosso come un branco di sciacalli: vedo già i titoli. Ennesimo attacco terroristico immotivato dell’Ordine!".

"Credo che tu abbia travisato, Hermione" la calmò Remus. "Dubito che Fred e George abbiano davvero intenzione di far esplodere tutto il Parlamento, no, ragazzi?".

I gemelli si scambiarono uno sguardo, senza rispondere. "Ragazzi?" insistette Remus.

"È probabile che si scateni una reazione a catena incontrollata" spiegò George. "Senza contare che sarebbe molto meglio eliminare il problema alla radice, distruggendo anche l’Arma stessa…".

"… Altrimenti c’è il rischio che rifacciano tutto da capo, nascondendo l’Arma dove noi non potremmo trovarla".

"Li dobbiamo colpire al cuore per scongiurare qualunque progetto futuro".

"Perciò voi volete sul serio far saltare in aria tutto il Palazzo?" fece Remus. "Parliamo di un edificio di mille anni o giù da quelle parti…".

"Dubito che verrebbe distrutto tutto" obiettò Ted. "È più probabile che i danni si concentrino solo sul lato sud del palazzo, dove si trova l’Arma…".

"Abbiamo qualche alternativa?" considerò Sirius. "Francamente me ne infischio di quello che diranno i giornali: siamo già un branco di criminali, uno in più o uno in meno non farà certo differenza! Ma non possiamo certo permettere che quest’Arma diventi operativa!".

"Sirius ha ragione" annuì Artemis. "Cosa succederebbe se Voldemort estende all’estero il suo potere? Non potremmo più fermarlo!".

"Ok, ma ci cerve un piano. Un buon piano" precisò Hermione. "Non possiamo andare allo sbaraglio. Non oso immaginare ai sistemi di sicurezza che avranno messo, soprattutto dopo il furto dei piani".

"Hermione ha ragione" disse Luna. "Prima di qualunque azione, dobbiamo trovare il modo di entrare e soprattutto di uscire…".

Tutti tacquero: ovviamente era vero, entrare nel Palazzo di Westminster e distruggere l’Arma sarebbe servito a ben poco se poi non si trovava il modo di lasciare il palazzo tutti interi.

"La grandezza dell’edificio può giocare a nostro favore" osservò Keith. "Westminster comprende qualcosa come 1000 stanza su quattro piani: ci saranno come minimo un milione di vie d’accesso. Impossibile controllarle tutte!".

"La Camera dei Lord è al primo piano, no?" fece Christie.

"Ci serve una pianta precisa del palazzo" disse Hermione in tono pratico. "Senza non andiamo da nessuna parte…".

"E dove andiamo a prenderla?".

Per alcuni minuti calò il silenzio, mentre tutti riflettevano. "Ares, pensi di potertela procurare?" domandò Artemis.

L’omone rifletté per alcuni secondi. "Credo di sì. Ho un contatto che potrebbe farmela avere per stasera…".

"Chiamalo subito, allora… Noi intanto dobbiamo pensare a come distruggere effettivamente l’Arma e il sistema di controllo: c’è una qualche falla nel sistema che possiamo sfruttare a nostro vantaggio?".

Fred e George frugarono qualche istante tra i fogli. "L’Arma è alimentata essenzialmente a elettricità. Tuttavia, funziona come una specie di bacchetta potenziata, perciò il suo nucleo deve essere magico".

"Qui dice che hanno combinato le proprietà dei tre nuclei da bacchetta più diffusi: crine di unicorno, piume di fenice e corde di cuore di drago. Solo che invece che da una persona, la magia viene attivava appunto dall’energia artificiale: probabilmente è questo che rende l’incantesimo così potente".

"Distruggendo il nucleo, di fatto si rende inutilizzabile l’Arma. Solo che è pericoloso…".

"È probabile che sia instabile, considerato il materiale di cui è fatto: ingerenze magiche come altri Incantesimi potrebbero avere conseguenze imprevedibili…".

"E allora come possiamo distruggerlo?" domandò Ted. "Se non possiamo usare la magia…".

"Con i sistemi babbani" rispose Artemis. "Fiammiferi e benzina: due meravigliose invenzioni incredibilmente sottovalutate…".

"Potrebbe funzionare?" chiese Sirius.

Fred annuì. "Quasi sicuramente: anche una bacchetta di fatto è infiammabile. Però si dovrà fare attenzione ai possibili ritorni di magia…".

"Allora me ne posso occupare io" riprese Artemis, sicura di sé. "I sistemi offensivi babbani sono la mia specialità".

"Ally…" cominciò a dire Remus, ma la ragazza lo bloccò sul nascere. "Niente Ally, papà: sai che so badare a me stessa. E se questo nucleo è davvero così instabile, è meglio tenere la magia alla larga".

"Non ci potrai arrivare da sola" protestò Luna. "Ci saranno guardie, Mangiamorte, studiosi…".

"Allora verrà qualcun altro con me" approvò la ragazza. "Qualcuno deve anche distruggere il sistema di controllo, no?".

Prima che Drew si rendesse conto di quello che stava dicendo, sentì la propria bocca dire: "Lo faccio io".

Una decina di teste si voltò verso di lui. "Cosa?" soffiò Hermione.

"Di apparecchiature elettroniche voi non ci capite nulla" continuò Drew. "Non provate a negarlo: è vero. Forse io ne so poco, ma saprei giostrarmi comunque meglio di voi…".

"Drew, io non credo che…".

"Io e Artemis abbiamo già fatto cose del genere insieme" insistette il ragazzo. "Sappiamo come ragiona l’altro, più o meno, come agisce…".

"È vero" concordò la ragazza, guadagnandosi un’occhiata grata dall’amico. "Squadra che vince non si cambia, no? Io e Drew siamo sfuggiti al Ministero due volte…".

"Tutte e due le volte per miracolo" protestò Sirius. "Deve venire anche qualcun altro con voi".

"Non possiamo andare in branco" fu l’obiezione di Drew. "Più siamo e più saranno le possibilità di farci notare… o di non uscire…".

"È molto meglio essere solo due o tre" convenne Artemis. "Sarà più facile arrivare all’obiettivo se siamo in pochi: gli altri dovranno giocare da diversivo…".

L’Ordine sembrava pronto a sollevare altre proteste, quando intervenne Ares: "Vado io con lei".

Artemis lo guardò sorpresa, con un sopracciglio inarcato, ma non fece commenti. Drew invece annuì, con aria entusiasta. "Perfetto: siamo in una botte di ferro. Siamo in tre e Ares vale quanto tutto l’Ordine messo insieme".

Gli altri parevano ancora scettici. "Siete sicuri?" domandò Ted. "Se le cose vanno male, è improbabile che potremo aiutarvi…".

"Non ce ne sarà bisogno" assicurò Drew. Artemis annuì. "Possiamo farcela".

"Ally…". Remus guardava la figlia come se avesse tutta l’intenzione di legarla alla sedia.

Artemis gli sorrise. "Non ti preoccupare papà: ce la posso fare. Ce la possiamo fare: io e Ares siamo usciti da situazioni peggiori e con Drew abbiamo una buona intesa. Inoltre il plenilunio è vicino: sono al massimo della mia forza, con riflessi che qualunque Mangiamorte si potrebbe solo sognare!".

Remus sospirò. "Temo di non avere proprio il potere di fermarti, vero, tesoro?".

"No: la testardaggine l’ho presa tanto da te quanto da mamma".

"Allora va bene".

"Dovrete essere molto attenti" disse Hermione preoccupata, mordendosi il labbro. "E avere pronta una via di fuga d’emergenza, nel caso le cose vadano male: di certo quando capiranno cosa succede, predisporranno degli Incantesimi anti-smaterializzazione…".

"Una Passaporta" suggerì Christie. "Basterà che uno di noi la nasconda in un luogo abbastanza vicino…".

"Questo lo potremmo decidere solo con la mappa dell’edificio davanti" disse Sirius. "Però come idea non è male…".

"Bisogna anche che Drew, Artemis e Ares arrivino fino alla Camera dei Lord più o meno indisturbati" aggiunse Keith.

"A questo dovremo pensare noi" rispose Luna. "Si potrebbero fare delle incursioni incrociate in modo da attirare i Mangiamorte il più lontano possibile…".

"È meglio rimandare tutto a quando avremo le piante" osservò in tono ragionevole Hermione. "Prima di sprecare tempo a costruire piani che non sono fattibili…".

"Hermione ha ragione" approvò Remus.

"Vado a chiamare quel contatto" disse perciò Ares, alzandosi e uscendo dalla stanza.

Mentre il resto dell’Ordine continuava a discutere infervorato di tutte le possibilità, Drew si avvicinò ad Artemis: la ragazza fissava con aria corrucciata la porta da cui Ares era appena uscito.

"Di nuovo insieme a quanto pare, eh?".

Artemis ridacchiò. "Ti piace proprio tanto stare al centro del ciclone, vero? Ti sei accaparrato la parte più pericolosa di tutto il teatrino!".

Drew alzò le spalle. "Non so cosa mi abbia spinto a farlo: ho solo pensato che fosse la cosa migliore…".

"Beh, tutto sommato è meglio così: in questo modo, quando rischierai di farti ammazzare, io sarò lì per tirarti fuori da guai!".

"Ah, grazie tante" ironizzò Drew, piccato. "Magari sarò io a salvare te, invece…".

"Se va come le ultime due volte che hai cercato di salvarmi, è meglio di no. Piuttosto, dovrai stare alla larga da Sylar, lo sai vero?".

"Dubito che Sylar si occupi della protezione dell’Arma di persona: avrà altro da fare…".

Artemis scosse il capo. "Stavo facendo un discorso d’insieme, Drew: quell’uomo è pericoloso e senza scrupoli. Non ha esitato a cercare di possederti di nuovo, malgrado quello che è successo l’altra volta…".

Drew si limitò ad annuire. Non aveva più parlato con Artemis del fatto che sospettava che non fosse stato Sylar a cominciare la possessione due settimane prima o del ricordo che aveva sentito. Non sapeva come spiegare quello che era successo e di certo Artemis gli avrebbe ripetuto che non era possibile, che era l’ennesimo trucco. Ma non lo era, Drew ne era sicuro: la sorpresa che aveva percepito era autentica.

Ma comunque la rigirasse, Artemis aveva ragione: doveva stare alla larga da Sylar, soprattutto se quella faccenda della Legilimanzia era davvero fuori controllo come sembrava.

"Devo andare a parlare con Ares un attimo" disse Artemis, alzandosi e uscendo.

Trovò il socio che parlava al telefono in salotto. Quando lei arrivò, la conversazione volgeva al termine.

Quando ebbe attaccato, la ragazza esordì: "Credevo che non ci volessi più entrare in questa storia…".

Ares alzò le spalle. "Avrete bisogno del mio aiuto per uscirne vivi: un’ultima missione insieme…".

"Se ti riconoscono e mettono una taglia sulla tua testa, che farai?".

"Ci penserò al momento. Ma di una cosa sono sicuro: non ti farò andare nella tana del lupo senza di me…".

Artemis sorrise. "Sai che so cavarmela".

"E tu sai che con me te la caverai meglio" osservò Ares.

Senza dire altro, tornò in cucina e annunciò: "Avremo la mappa in un paio d’ore: qualcuno dovrò andare a prenderla".

"Ci pensiamo noi" disse Christie, indicando lei e Keith, mentre Artemis rientrava a sua volta e si rimetteva seduta.

"Tutto bene?" chiese Drew, nel vederla un po’ turbata.

La ragazza annuì. "A meraviglia". Non era ancora pronta a dire ad alta voce che il compagno di tre anni di vita stava per lasciarla per sempre.

Ministero della Magia,

Londra

"Il piano è cambiato" disse Lord Voldemort quella sera. "Potter è decisamente troppo legato alle sue convinzioni per poterlo piegare facilmente come aveva pensato".

Sylar gli stava di fronte, aspettando di avere ulteriori informazioni. "Che cosa devo fare allora, mio signore?".

"Lo costringeremo, in un modo o nell’altro. Poco importa se magari dovremo spostare a lungo termine il nostro obiettivo: sapremo aspettare…".

"Avete qualche idea?".

"Una, in verità". Voldemort sorrise con aria maligna, si frugò per qualche istante nel mantello e ne cavò un foglio di pergamena: una pagina di libro strappata. "Lucius è stato tanto gentile da prestarmi la biblioteca di Hogwarts per qualche ora" disse, porgendo il foglio a Sylar. "Penso proprio di aver trovato il mezzo di pressione giusto".

Sylar prese la pagina, perplesso: era antica, di quelle pagine che ti danno l’idea di sbriciolarsi tra le tue mani, tratta sicuramente da un libro di Arti Oscure. Era la descrizione di un’antica Maledizione.

"Di cosa si tratta?" chiese, dopo aver letto la formula un paio di volte: non gli diceva assolutamente nulla. Ed essendo il resto scritto in latino, non poteva nemmeno leggere la spiegazione.

"Di una delle mie idee migliori, mio buon amico. Un inganno più sottile della Maledizione Imperius: spingeremo il nostro caro Potter tra le nostre braccia senza che nemmeno se ne accorga…".

"Non capisco: che razza di maledizione è questa? Controllo della mente?".

"No, niente di così sofisticato. Troverai che a prima vista i suoi effetti sono molto simili a quelli del Sectumsempra… Ma se eseguito correttamente, è perfino meglio".

Sylar era sinceramente confuso: il Sectumsempra causava ferite mortali. E loro non volevano uccidere Andrew Potter, no? Volevano spingerlo dalla loro parte…

"Mio signore…" cominciò a dire, ma Voldemort alzò una mano pallida e scheletrica per farlo tacere. "Tutto a tempo debito, Sylar. Impara questo incantesimo: devi saperlo eseguire alla perfezione. Fa pratica, se lo ritieni necessario: di certo Azkaban ti potrà offrire cavie a sufficienza. Quando incontrerai di nuovo Potter, colpiscilo con esso, più volte magari: ma evita i punti vitali, non devi ucciderlo".

"E poi?".

"Se riesci, portalo qui. In caso contrario, lascialo fuggire: quando sarà il momento, sarà lui a tornare da noi".

Sylar annuì: ben poco di quello che aveva detto Voldemort aveva un senso per lui, ma non era tenuto a sapere più del necessario. I dettagli gli sarebbero stati chiariti a tempo debito, come era sempre accaduto.

"C’è altro?" domandò perciò, infilandosi la vecchia pagina in una tasca interna del mantello.

"Come va la ricerca delle spie?" domandò Voldemort.

"Siamo a buon punto, mio signore. Questione di giorni".

"E l’Arma?".

"Lo stesso: ho parlato oggi con Avery, hanno effettuato gli ultimi test di controllo. Sarà operativa per la fine della settimana".

Lord Voldemort sorrise, soddisfatto, grattandosi con aria distratta il dorso di una mano. "Molto bene. Puoi andare, Sylar".

Questi si inchinò e stava lasciando la stanza quando Voldemort lo colpì con una frecciata mentale. Non far vedere a nessuno quel foglio, hai capito? Non voglio altri strafalcioni…

Certamente, mio signore.

Chiusasi la porta alle sue spalle, Sylar tirò un sospiro di sollievo: non poche teste erano cadute dopo la fuga della Lupin e Potter. In un impeto d’ira, Sylar stesso aveva ucciso il guardiano della Zona delle Celle e il Mangiamorte di bassa lega che aveva fatto fuggire la ragazza. Malfoy aveva passato un pessimo quarto d’ora a base di Cruciatus e insulti (alla fin fine, era un collaboratore troppo prezioso per poterlo uccidere) e lo stesso era accaduto a Bellatrix, la quale peraltro non avrebbe nemmeno dovuto essere nella Zona Delle Celle: presumibilmente vi si era recata per dare una sonora lezione alla nipote, anche se non aveva voluto dire una parola in proposito.

Sylar cominciava seriamente a pensare che quella donna stesse diventando troppo incontrollabile: più era andata in là con gli anni, più diveniva preda degli istinti. La Bellatrix che aveva conosciuto in gioventù era sì violenta e spesso poco gestibile, con la mente offuscata da una sorta di lucida follia, ma non sarebbe mai caduta in certi errori grossolani. O forse dipende dall’ossessione per i traditori della sua famiglia… Il problema in effetti era diventato più marcato dopo la morte di Andromeda Black: da allora, la caccia agli altri Black rinnegati era diventata una vera mania per Bellatrix. Dopo il primo rilascio di Allison Lupin aveva sprecato mesi a cercarla, senza successo, malgrado il perentorio ordine di lasciar perdere.

In qualche mondo la cosa andava risolta. Ma per il momento Sylar aveva troppo cose per la testa: l’Arma, i traditori da stanare, la trappola per il giovane Potter…

Pensare a Andrew, gli provocò per riflesso una fitta di dolore al fianco sinistro, dove la Lupin l’aveva colpito due settimane prima. Probabilmente solo quello aveva impedito che si ritrovasse di nuovo intrappolato dalla sua stessa mente: e non era certo che nel caso, sarebbe riuscito a sopportare lo sforzo o a sfuggire di nuovo. Anche quello era un problema da risolvere: la prossima volta che si fosse trovato di fronte Potter avrebbe dovuto tenere la guardia alzata, potenziare le sue barriere mentali. Non sapeva cosa era successo, ma anche quello era un problema da risolversi in seguito.

Arrivò nel suo ufficio e trovò ad aspettarlo due cose: una cartellina porta documenti nera e Draco Malfoy.

Questi balzò in piedi all’istante quando lo vide: il suo volto era una maschera di malcelato terrore. Evidentemente si stava chiedendo cosa avesse fatto ancora per essere convocato a tarda sera nell’ufficio del viceministro.

Sylar ridacchiò: la paura era il suo pane quotidiano. "Rilassati, Malfoy" disse, calcando volutamente sul cognome. "Ho una missione da affidarti".

Stranamente, le parole non servirono a tranquillizzarlo più di tanto. Sylar lo ignorò e prese tra le mani la cartellina nera, che conteneva i documenti relativi a un dipendente del Ministero.

"Bones, Keith" lesse. "Impiegato da cinque anni all’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale, sotto Avery".

Beh, questo spiegava come avesse fatto l’Ordine della Fenice a sapere dell’Arma: la serpe in seno era proprio nella posizione ideale per scoprirlo, visto che era avery il responsabile incaricato di tutto il progetto.

Sylar aveva il sospetto che la talpa fosse in quell’Ufficio da quando i piani erano stati rubati: in nessun altro modo, l’Ordine avrebbe potuto sapere della loro esistenza e dove fossero nascosti. Sylar aveva passato a tappeto tutti gli impiegati, fino all’ultima delle segretarie, prima di focalizzare i suoi sospetti su Bones, Keith: il cognome Bones era notoriamente legato all’Ordine della Fenice fin dalla Prima Guerra, da Edgar passando per Amelia fino a Susan Bones, membro dell’ES prima, apertamente contraria alla politica del Ministero poi, tanto da essere spinta a emigrare all’estero circa tredici anni prima. Per questo Sylar si era insospettito: a quanto pareva il giovane Keith aveva deciso di seguire la stessa linea della famiglia.

"Mio signore?" fece Malfoy, stanco di essere ignorato.

"Ascoltami bene, Malfoy" disse Sylar, rivolgendosi finalmente a lui, "perché te lo dirò una volta sola e perché giuro su Merlino, Morgana e tutti i maghi del passato, presente e futuro che se combini un altro casino, nemmeno il nome di tuo padre riuscirà a impedirmi di spedirti all’inferno tra atroci tormenti. Hai capito?".

Draco deglutì a vuoto un paio di volte. "Certo, mio signore: non la deluderò".

"Sarà meglio per te. Questi sono i dati di un nostro dipendente, Keith Bones: sospetto che sia una talpa dell’Ordine della Fenice. Il tuo compito è tenerlo d’occhio nei prossimi, diciamo due o tre giorni: ho bisogno di prove inattaccabili prima di convocarlo qui e sistemare la faccenda. Non farti vedere, non farti notare, non avvicinarlo in nessun modo, non parlarne con nessuno: limitati a guardare in silenzio da lontano. Serviti di tutti i mezzi che ritieni necessari. Quando sarai certo che i miei sospetti sono esatti, vieni a riferire a me e solo a me. Se desti il minimo sospetto e metti sul chi vive l’Ordine, vi farete compagnia all’altro mondo. Domande?".

"No, mio signore" rispose Malfoy, prendendo la cartella, cercando di mostrarsi sicuro di sé. "Siete stato chiarissimo".

"Bene. Lì dentro troverai tutto quello di cui hai bisogno: gestisci quelle informazioni come meglio credi. E acqua in bocca con chiunque. Ora sparisci!".

Un frettoloso inchino e Malfoy filò via alla velocità della luce. Sylar si lasciò cadere sulla sua poltrona con un sorriso soddisfatto.

Pochi giorni e il traditore sarebbe morto.

Pochi giorni e l’Ordine della Fenice sarebbe stato distrutto una volta per tutte.

Pochi giorni e finalmente l’Arma sarebbe stata operativa e l’Europa nelle loro mani.

Pochi giorni e Andrew Potter sarebbe stato in loro potere.

Sylar tirò fuori il foglio di pergamena e lesse attentamente le incomprensibili parole latine. Sì, tutto andava secondo i piani.

LYRAPOTTER’S CORNER

Oh, che fine sinistra: decisamente un brutto quadro quello che stiamo prospettando, nevvero? Per fortuna, Sylar non ha la minima idea che l’Ordine si stia preparando a rompergli le uova nel paniere.

Spero che dopo tutto questo tempo qualcuno si ricordasse ancora dell’esistenza dell’Arma e soprattutto di non aver scritto troppo cavolate quando l’ho descritta: in effetti, il piano di Voldemort ricorda molto quelli di certi scienziati pazzi di serie B (e questo gioca senza dubbio a nostro vantaggio, visto che quegli scienziati pazzi fanno sempre una brutta fine). Comunque, almeno la descrizione del Palazzo di Westminster è stata quanto più vicina alla realtà possibile. Anzi, vi piazzo qui un link con la pianta del palazzo: probabilmente vi sarà utile nel prossimo capitolo, non so ancora quanto lo farò dettagliato.

Ah, anche i Bones a cui ho imparentato Keith non me li sono inventati: sono tutti personaggi marginali a cui la Rowling ha fatto fare una brutta fine (tranne Susan). Avevo bisogno di un cognome magico, visto che nel mio universo di Nati Babbani non ne esistono, e la scelta è ricaduta su questo: così perlomeno, sapete anche perché Keith si sia accollato il ruolo di spia, tradizione di famiglia.

Dopo avervi logorato con queste noiose spiegazioni, passo ai ringraziamenti:

Deidara, ma figurati: capita anche a me, a volte. Sarà colpa dell’estate e del caldo che imperversa in questi giorni! Drew è stato davvero stupido, ma la stupidità di solito è parte integrante del carattere dei buoni: Harry per primo si caccia in non poche situazioni stupide! Tale padre, tale figlio! Nella speranza che questo capitolo sia stato all’altezza delle tue aspettative, a presto!!!!!!

Lily_Snape, tranquilla, cara, spero che tu ti sia goduta le meritate vacanze!!!!! Harry James Potter È la dentro da qualche parte, ma zitta, questo è un segreto che non verrà fuori ancora per un po’: Sylar non ha ancora dato il suo peggio! Quanto al prequel, la mia testolina contorta ci sta pensando già da un pezzo: l’idea c’è e saprei anche come svilupparla, ma mi manca il tempo materiale di farlo, senza contare che prima volevo portare questa storia almeno alla seconda parte della trilogia per evitare spoilers. Diciamo che il progetto esiste, ma per il momento è in fase di stallo. E quanto alla missing moment Sirius/ Luna, vai con la mia benedizione: mi sento onorata che questa storia abbia tanto successo da ispirare altri autori. Solo avvisami quando la posti, così vado a leggerla. A presto, kiss kiss!!!!!

Yuukimy, sono arrossita dall’imbarazzo leggendo la tua recensione: grazie infinite!!!!!! Il mio caro Sylar ha riscosso un mucchio di consensi… E comunque, Fener è Fener, l’ho già detto, uno dei migliori cattivi mai inventati!!!!!!

Ino chan, sister, recensioni brevi o lunghe hanno poca importanza, l’importante è il pensiero, come giustamente dici. E visto che per giorni la tua è stata l’unica recensione del capitolo, l’ho apprezzato ancora di più. La nostra lupacchiotta avrà per sé sempre la sua dose di spazio, non preoccuparti: nella seconda parte, per esempio… alt, niente spoilers, grazie! A presto!!!!!

Meno cinque capitoli alla fine!

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Capitolo 27
*** L'Arma I ***


MAGIC WARS

N.d.A. : vi rimpiazzo qui il link della pianta del palazzo di Westminster: se volete orientarvi un po’, dateci un’occhiata.

CAPITOLO XXVI: L’ARMA I

Palazzo di Westminster,

Londra.

Tre giorni dopo, mentre il sole calava lentamente all’orizzonte, tre silenziose figure si Smaterializzavano sulla terrazza del Palazzo di Westminster, sul lato est, proprio sotto il Tamigi, che scorreva indifferente verso il mare. Avevano scelto quel lato per due motivi: il primo, era più facile entrare da lì che da qualunque altra parte; il secondo, con il sole che tramontava ad ovest, quel lato dell’edificio sarebbe già stato completamente in ombra, il che tornava a loro vantaggio.

Drew scosse il capo per schiarirsi la testa dopo la Smaterializzazione, fissando il fiume, mentre l’ormai famigliare morsa di tensione gli stringeva lo stomaco. Ignorò quella sensazione: non c’era motivo di essere nervosi, cercò di farsi coraggio. Siamo usciti da situazioni peggiori di questa: questo posto ha almeno un miliardo di finestre, se le cose si mettono male avrei solo l’imbarazzo della scelta!

Comunque, strinse più forte la bacchetta nascosta sotto il mantello, tanto per sicurezza.

Artemis, al suo fianco, sembrava tranquilla come se stesse andando a farsi un caffé al bar, ma Drew ormai la conosceva abbastanza bene per sapere che la sua era solo una facciata di ostentata sicurezza. Quanto ad Ares, il suo volto era la solita maschera insondabile.

La ragazza si sistemò meglio il carico che aveva sulle spalle. "Bene, fin qui ci siamo arrivati: ora dobbiamo aspettare il segnale".

"Il piano ce lo ricordiamo tutti, Temis" disse Drew secco, appoggiandosi a un cornicione.

"Davvero?" fece la ragazza, con una punta d’ironia. "Sicuro che sul più bello non perderai la testa e manderai tutto in malora?".

"Cos’è, mi stai provocando? Io sono calmissimo!".

"Oh, sì, si vede: cerca solo di non dare di stomaco!". Artemis ridacchiò della sua espressione offesa, dopodichè per ricontrollò per l’ennesima volta che la sua pistola fosse al suo posto e pronta per essere usata. Uno dei tanti piccolo gesti che tradivano il suo nervosismo.

"Cercate di non sbranarvi, per cortesia" intervenne Ares in tono burbero. "Non vorrei essere costretto a ripescare uno di voi dal Tamigi…".

"Meglio di no: non è stagione per un bagno…" fece Artemis.

"Senza contare che rischi di tornare su fosforescente" aggiunse Drew, "con tutti i rifiuti chimici che ci avranno versato dentro…".

La conversazione languì e cessò, ma intanto aveva raggiunto lo scopo: spezzare la tensione.

Drew respirò a fondo, ripassando mentalmente in piano escogitato dall’Ordine. In realtà era abbastanza semplice e relativamente sicuro, visto che solo una serie di eventi sfortunati avrebbe impedito la felice riuscita della missione.

Lui, Ares e Artemis dovevano ovviamente raggiungere l’Arma nella Camera del Lord. Siccome le misure di sicurezza prevedevano anche Incantesimi Antismaterializzazione, avevano deciso di entrare nel Palazzo attraverso la terrazza, il punto più scoperto. Da lì, si poteva raggiungere uno dei corridoi principali che conducevano direttamente al loro obiettivo. Lì, Artemis, come deciso, si sarebbe occupata del nucleo magico dell’Arma: siccome avevano risolto per darle fuoco, per evitare interferenze magiche, Ares le aveva procurato (nessuno sapeva come e nessuno aveva voluto saperlo) un lanciafiamme leggero a breve gittata. La ragazza aveva passato gli ultimi due giorni a prendere confidenza con la nuova arma che ora era assicurata alla sua schiena, pronta per essere usata.

Drew invece avrebbe distrutto i controlli elettronici che regolavano il sistema satellitare: non aveva ancora idea di come fare, ma nella peggiore delle ipotesi, prima avrebbe premuto tutti i pulsanti che gli capitavano a tiro e poi avrebbe annaffiato tutto con generose dosi di acqua gelata (proprio a tale scopo, Remus gli aveva inculcato in testa l’Incantesimo Aguamenti.

Quanto ad Ares, il suo compito era semplicemente coprire le spalle dei suoi compagni da qualunque attacco ostile mentre lavoravano. Quando avessero finito, sarebbero fuggiti, alternativamente per la strada da dove erano venuti oppure verso la Central Lobby, dove Christie e Keith avrebbero piazzato una Passaporta a tempo, programmata per partire autonomamente dopo tre ore se fosse rimasta inutilizzata. Alle due giovani spie, ansiose di poter dare il loro contributo, era stato affidato quel compito perché prevedeva il minimo rischio di essere scoperti: dovevano semplicemente entrare e uscire, sotto false sembianze tanto per andare sul sicuro. Inoltre, Christie lavorava all’Ufficio del Trasporto Magico, per cui la creazione di una Passaporta non regolare sarebbe passata inosservata.

Nel frattempo, il resto dell’Ordine, divisi in squadre di due elementi (Sirius e Luna, Fred e Hermione, Ted e George), si sarebbero piazzati in punti strategici del palazzo e si sarebbero limitati a fare più baccano possibile in una parvenza di attacco organizzato, attirando i Mangiamorte e distogliendo l’attenzione dalla vera incursione. Quando l’Arma fosse stata distrutta, sarebbero fuggiti a loro volta.

Per coordinarsi tra loro (visto che il tempismo era un punto cardine di tutta l’operazione), avevano rispolverato i vecchi galeoni truccati dell’ES: silenziosi, efficaci e invisibili. In caso di emergenza poi, c’erano comunque i Patronus.

Remus aveva cercato di insegnare a Drew anche come comunicare attraverso di essi, ora che riusciva a evocarne uno completo, ma la cosa si era rivelata più ostica del previsto, senza contare che Drew non padroneggiava ancora completamente l’Incanto e la metà delle volte otteneva solo sbuffi di fumo.

Mentre aspettavano, Drew continuava a giocherellare con il suo galeone in tasca, in attesa che diventasse caldo e comunicasse l’inizio dell’attacco.

Artemis osservava il traffico serale di Londra scorrere sul Westminster Bridge, lasciando rilassare la mente davanti al lento scorrere delle auto. Aveva bisogno di calma per concentrarsi ed essere pronta. Era davvero un bene che la luna piena fosse appena passata: sentiva il lupo dentro di lui ululare ancora, ansioso di uscire. Non che ci fosse molto da lasciar uscire, ovviamente. Quella notte si era limitata ad andare su e giù per casa in preda all’insonnia e all’emicrania, mentre suo padre distruggeva la cantina del Quartier Generale sotto i suoi piedi. Per fortuna era andato tutto bene: era a casa a riprendersi, insieme a Dora, Ethan e Kitty. Quando questa stupida storia sarà finita, mi concentrerò per riportare mamma indietro: saremo di nuovo una famiglia. Presto, molto presto…

"Ma quanto ci mettono?" borbottò Drew, dietro di lei, strappandole un sorriso. Piccolo Potter irrequieto: un giorno o l’altro di salteranno le coronarie, ad agitarti così per la prima cosa che capita.

"Sta tranquillo: non sono nemmeno le sei. C’è un sacco di tempo…".

"Posso sapere come fai ad essere così calma? Sembra che stai andando a fare shopping…". Drew era vagamente irritato dalla pacifica impassibilità con cui la ragazza stava aspettando: lui si sentiva scoppiare dal nervosismo. E dire che sapeva che una volta che l’attacco fosse cominciato, la tensione sarebbe sparita: ma è molto peggio aspettare sull’orlo del precipizio che essere già nel mezzo del salto.

Artemis gli sorrise. "Dovrò insegnarti a gestire meglio lo stress, Drew: qualche tecnica di rilassamento magari…".

"E tu come faresti a conoscere queste cose?".

"Ho studiato" fu l’ovvia risposta. "A lungo e intensamente, sui libri e corsi on line e poi grazie a un vecchio sensei giapponese che mi ha trovato Ares".

"E perché l’hai fatto?".

"Perché ho bisogno di tutta la concentrazione possibile per sfruttare i miei di per loro deboli sensi di licantropo: l’addestramento mi ha permesso di potenziarli al massimo, anche se non sono nemmeno lontanamente sviluppati come quelli di mio padre. Senza contare queste tecniche sono comunque molto utili per mascherare la paura prima di penetrare in un edificio storico per andare a distruggere una specie di cannone tecnomagico capace di distruggere il mondo intero!".

Drew arrossì appena, notando il tono carico di malizia dell’amica. "Io non ho affatto paura. Sono solo…".

"… Nervoso" concluse per lui Artemis. "Lo siamo tutti, non temere".

In quel momento risuonò in lontananza un’esplosione; nello stesso istante, i galeoni dei tre compagni presero a bruciare.

"Lo spettacolo va a cominciare, signori" annunciò in tono solenne Artemis. "Facci strada, vecchio mio".

Ares si avvicinò alla prima finestra, aprendola il più silenziosamente possibile. Tre figure furtive vestite in nero si infilarono nel corridoio deserto.

******

Sirius e Luna erano comparsi sulla cima della Torre dell’Orologio, dove gli Incantesimi di protezione non arrivavano. E del resto chi mai avrebbe dovuto andare lassù? Sotto i loro piedi si diramavano i 334 gradini che conducevano alla base: quel posto poteva essere tanto la classica trappola per topi quanto una fortezza sicura, visto che c’era una sola stretta via d’accesso che due Duellanti potevano facilmente tenere sotto controllo a tempo indeterminato.

Mentre Sirius rifletteva su quale fosse la tattica migliore per attirare l’attenzione, Luna osservava con curiosità la Great Bell, il Big Ben, sotto il quel ci sarebbero stati comodamente entrambi.

"Interessante" osservò. "I Gorgosprizzi fanno i nidi esattamente di questa forma… Chissà se ce n’è qualcuno qui in giro…".

Sirius si voltò verso la donna e la trovò che si guardava intorno con sincero interesse, in cerca dei fantomatici Gorgosprizzi. Corrugò la fronte, divertito e frustato insieme: trentaquattro anni e Luna ancora perdeva tempo dietro le fantastiche creature inventate da Xeno, distraendosi nei momenti meno opportuni.

"Credevo che i Gorgosprizzi fossero invisibili…" buttò lì casualmente, mentre studiava le scale a chioccola che portavano verso terra.

"Oh sì" confermò Luna, con un sorriso svagato. "Peccato non avere degli Spettrocoli a portata di mano: sarebbero stati utili per evitarli…".

Sirius annuì con aria vaga. "Sicuramente… Ma se anche ce ne sono, non ci daranno fastidio".

Luna però non ne era altrettanto sicura e continuò a guardarsi intorno con aria guardinga. Sirius sospirò: Luna era davvero l’unica che poteva mettersi a caccia di Gorgosprizzi quando si trovavano sull’orlo di un attacco. Ma del resto, si era innamorato di lei anche per quella vena d’innocenza che era riuscita a conservare nonostante tutto: anche lui, a volte, avrebbe voluto dimenticarsi di quello che stava facendo e semplicemente fermarsi a cercare Nargilli o qualcun’altra di quelle creature che esistevano solo nella testa di Luna.

Ma non era quello il momento di perdersi in simili fantasticherie: almeno uno di loro doveva conservare un minimo di concentrazione se volevano portare a casa la pelle. "Luna, tesoro, torna su questo pianeta: abbiamo problemi peggiori dei Gorgosprizzi da fronteggiare!".

La donna annuì, ritornando seria. "Hai ragione, Sirius. Qual è il piano?".

Sirius ci rifletté sopra un momento. "Beh, un’ideuzza l’avrei, anche se sarà potenzialmente distruttiva…".

"Quando mai il grande Sirius Black ha avuto un’idea che non fosse distruttiva?" lo stuzzicò Luna. "Cosa hai in mente?".

Sirius si guardò intorno, indicando con gesti vaghi i quattro quadranti dell’orologio. "Oserei dire che siamo dalla postazione perfetta per colpire dall’alto il tetto là sotto non credi?".

Luna si morse il labbro inferiore, perplessa. "Quelle lancette sono belle grosse" obiettò, intuendo che l’idea dell’Animagus prevedeva la distruzione di uno o più quadranti dell’orologio. "E anche molto pesanti, presumo".

Gli occhi di Sirius presero a brillare. "Appunto. Immagina il fracasso che farebbero a cadere sul tetto del palazzo più in basso. Sto parlando in via ipotetica, ovviamente…".

Luna inarcò un sopracciglio, ridacchiando. "E ipoteticamente, come farebbero le suddette lancette a cadere sul tetto?".

"Beh, diciamo che tu potresti far esplodere il vetro e io potrei indirizzare le lancette verso la loro nuova sede…".

Luna annuì. "Posso farti una sola domanda ancora?" chiese. Al cenno d’assenso di Sirius, riprese: "Come ha fatto Hogwarts a sopravvivere al passaggio tuo e degli altri Malandrini?".

L’Animagus scoppiò a ridere. "Piccola, questo è uno di quegli misteri arcani che non verranno mai risolti, temo… Oserei dire che per il nostro piccolo esperimento il quadrante sul lato sud sia il più adatto: avremo meno strada da fare…".

Luna annuì. "Io lo faccio esplodere e tu piloti le lancette, ok?". Scostò una ciocca di capelli biondi dal volto, prese la bacchetta e puntò la sua attenzione sul quadrante prescelto.

Sirius non poté fare a meno di pensare che era bellissima. E poi è Luna quella che si distrae nei momenti meno adatti, vero, Padfoot?

La donna stava per scagliare l’Incantesimo, poi parve ripensarci e disse: "Ah, Sirius…".

"Che c’è?" domandò l’Animagus, sentendosi colto in flagrante.

"Non chiamarmi mai più piccola o tantomeno tesoro" gli intimò, cercando di suonare stizzita, per quando la cosa le avesse fatto intimamente molto piacere. Non è il momento per simili pensieri lovegood! Cerca di concentrarti!

Dare la caccia ai Gorgosprizzi andava bene, ma soffermarsi su quanto Sirius fosse attraente con quella smorfia concentrata era tutto un altro paio di maniche.

"Al mio tre?" domandò Sirius, che aveva incassato con ostentata noncuranza il rimprovero. Luna annuì con aria seria. "Il galeone, Sirius".

L’uomo annuì, inviando il segnale d’attacco. "Uno".

"Due".

"TRE!".

"Bombarda!".

"Wingardium Leviosa!".

Il quadrante di vetro esplose, schizzando frammento di vetro ovunque, ma le lancette restarono saldamente al loro posto, il tempo necessario perché Sirius, sudando per lo sforzo di tenerle sospese a mezz’aria, le spostasse in avanti, in modo da lasciarle ricadere sul tetto della Camera dei Comuni.

I due si sporsero per osservare le reazioni 93 metri più sotto: le grida di spavento e panico li raggiunsero fin lì.

"Credo che abbiamo ottenuto la loro attenzione" osservò Sirius. "Dici che se spedissimo già anche una delle campane sarebbe esagerato?".

******

"Hanno fatto saltare l’orologio! Hanno fatto saltare l’orologio! E hanno usato le lancette come freccette per il tiro al bersaglio!".

Hermione era incredula, attonita e anche abbastanza incavolata. Ok seminare scompiglio e creare una bella baraonda, ma quello era esagerato.

Lei e Fred avevano assistito al piccolo spettacolo attraverso una delle vetrate di Westminster Hall, dove si erano intrufolati per dare il loro contributo.

Fred rise dello sfogo emotivo della compagna. "Oh, andiamo, cognatina, rilassati!".

"Rilassarmi?" ripeté Hermione, sputando fumo e fiamme. "Io lo strangolerò quello sconsiderato di Sirius uno di questi giorni! Come pensano di evitare di essere fatti a fettine adesso, eh? Maledetti incoscienti!".

"Hermione, Sirius e Luna se la caveranno come sempre. È vero che i Mangiamorte gli taglieranno le vie di fuga, ma tieni conto che dovranno farsi qualcosa come 300 scalini prima di arrivare in cima!" cercò di blandirla Fred.

Anche se del resto, con quelli strepiti avrebbe attirato senza dubbio l’attenzione dei loro nemici e risparmiato loro un bel po’ di fatica.

"Non è questo il punto" obiettò Hermione. "Rischiano di farsi ammazzare: se loro si sono Smaterializzati lassù, perché non potrebbero farli i Mangiamorte?".

"Perché sarebbe la cosa più intelligente da fare e i Mangiamorte di rado fanno qualcosa di intelligente!" ironizzò Fred, ridendo.

"Non è il momento di scherzare, Fred! Qui stiamo parlando di salvare il mondo, non solo le nostre vite. E quei due potrebbero…".

Fred sbuffò. Lo sapeva che era una pessima idea prendere Hermione come partner: avevano voluto separare lui e George per evitare che facessero qualche cretinata e George era stato più veloce di lui nell’accaparrarsi Ted. E ora gli toccava subire la collera della cognata che per altro non era nemmeno indirizzata a lui. Una cosa che a pensarci bene era abbastanza inusuale, visto che lui e George si divertivano da matti a far incavolare la donna, fin dai tempi della scuola: avevano caratteri troppo diversi per non entrare in conflitto appena una delle due parti apriva bocca. L’età adulta non aveva cambiato di molto le cose, anche se Fred e George erano maturati un po’ e il matrimonio con Ron aveva reso Hermione più tollerante.

Ora, mentre Hermione continuava imperterrita a strepitare tutte le possibili disgrazie che potevano cadere sulle loro teste, Fred stava per mettere in pratica la sua idea, che con tutta probabilità avrebbe indirizzato la rabbia della donna in tutt’altra direzione.

Tirò fuori dalla tasca qualcosa e gli diede un rapido colpo con la bacchetta: la cosa cominciò subito a sfrigolare.

"… potrebbero farsi uccidere o peggio… Io non so lo: a volte penso che Sirius non abbia un cervello. E Luna che gli dà spago…" stava nel frattempo dicendo Hermione, facendo su e giù come una tigre in gabbia.

"Hermione, vieni qui un momento" la chiamò Fred, mentre con un Incantesimo di Levitazione portava sopra le loro teste la cosa sfrigolante, spostandola il più in alto possibile al centro del salone.

"Che cosa vuoi?" si interruppe la donna, guardandolo interrogativa. Alzò la testa a sua volta, perplessa. "Fred, che cos’è quello?".

La risposta fu più che chiara, perché nello stesso istante in cui l’oggetto arrivò appena sotto il soffitto, Fred abbassò la bacchetta e afferrò Hermione per un braccio, spingendola a terra sotto di lui, proteggendola con il suo corpo.

"Fred, che cosa…". Il resto della domanda fu coperto dall’assordante esplosione sopra la sua testa, mentre i tre quarti buoni delle vetrate andavano in frantumi sotto l’onda d’urto.

Hermione alzò appena lo sguardo, quel tanto che bastava per scorgere un enorme drago di fuoco volteggiare sopra le loro teste e distruggere le vetrate rimaste. Si sentì presa da un violento senso di dejà vu, mentre si faceva prepotentemente strada nella sua mente il ricordo di un drago identico che veniva scatenato in una grande sala non troppo diversa da quella contro una certa odiosa insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure.

Quando il caos fu passato, i due si misero seduti, attenti a non calpestare qualche pezzo di vetro. "Fred?" fece in tono tentennante Hermione.

Il gemello alzò lo sguardo dalla scheggia che gli era finita nella mano. "Dimmi, cognata".

"Sei il più grande idiota irresponsabile che sia mia apparso su questo pianeta!".

Alle loro spalle risuonarono i passi concitati dei Mangiamorte in arrivo. "Mi riempirai di complimenti più tardi, Hermione" dichiarò con un sorriso sbarazzino Fred. "Abbiamo visite".

******

"Io prendo quello grosso a destra" disse George sottovoce, indicando il gruppetto di tre uomini in palandrana nera che arrivavano rapidi nella loro direzione. "Tu occupati dei due a sinistra…".

"Perché devo prendermi io quello in più?" domandò Ted.

"Perché quello grosso ti spezzerebbe come uno stecchino, vecchietto".

Ted lo incenerì con lo sguardo. "Porta rispetto, moccioso". Detestava sentirsi dare del vecchietto: magari iniziava a essere un po’ in là con gli anni, ma in fondo non era molto più vecchio di Sirius e Remus, anche se la morte della moglie e lo stato in cui Dora era ridotta l’avevano prostrato sotto molti aspetti. Ma sapeva ancora farsi valere se la situazione lo richiedeva.

"Sssst".

I due stavano appostati in un corridoio non lontano dalla Victoria Tower, dove si era Materializzati, e si stavano preparando a tendere un agguanto a quelli che sembravano un Mangiamorte e due galoppini che stavano andando a passo spedito verso la Westminster Hall, attirati dal baccano che aveva creato il piccolo spettacolo pirotecnico di Fred.

Nel momento in cui passavano loro di fianco percorrendo il corridoio principale, George sporse per puro caso una gamba, venendo rinfrancato dal suono di cento chili di carne che cascavano a terra come un sacco di patate.

"Ma che cazzo…" imprecò l’uomo, cercando di rialzarsi, ma trovandosi il piede del gemello Weasley piantato in mezzo alle scapole.

"Oh, sono proprio desolato, amico" si scusò. "Non pensavo sul serio che avresti fatto così poco rumore: grasso come sei mi aspettavo un bel tonfo sonoro!".

Uno degli altri due intanto si era ripreso dalla sorpresa e aveva sguainato la bacchetta, puntandola contro l’intruso.

"Non muoverti da lì, feccia ribelle!" gli intimò il capo del terzetto, il Mangiamorte. "Le mani sopra la testa e niente mosse brusche. Voltati!".

George ubbidì, alzando le mani sopra e premurandosi di calpestare accuratamente l’uomo sotto di lui mentre si girava. "Ah, Avery" lo salutò, con il più ironico dei sorrisi. "Mi sembrava di aver riconosciuto la puzza…".

"Sarà un piacere ucciderti, Weasley!" sibilò con rabbia questi. "Ci pensi, l’ultimo, schifoso Weasley su questa terra… Che cosa hai fatto nella Westminster Hall? Vi illudete di poter arrivare all’Arma? Poveri sciocchi…".

"Veramente lo sciocco sei tu" puntualizzò George. "Ci sono molteplici errori per essere una frase così breve. Per prima cosa, io ho un gemello e un paio di nipoti al sicuro in Francia, perciò tecnicamente non sono l’ultimo Weasley su questa terra. Secondo, non ho fatto un bel niente nella Westminster Hall, anche se ho sentito il botto. Terzo, io non mi illudo affatto: all’Arma ci arriveremo e la distruggeremo anche, oserei aggiungere. E ultimo, ma più importante, tu non ucciderai proprio nessuno, perché stai per essere messo fuori combattimento".

Avery lo fissò come se fosse un pazzo scatenato, trattenendo a stento una risata. "Ma davvero? Tu e quale esercito?".

"Voltati" gli suggerì candidamente George.

E ingenuamente convinto di avere la situazione completamente sotto controllo, Avery si girò. Si girò e si trovò la bacchetta di Ted a tre centimetri dal naso.

"Non provarci" sibilò l’uomo, all’indirizzo del terzo uomo, che stava per lanciargli contro qualche maledizione. "Posso stenderti senza che tu ti renda conto di cosa ti abbia colpito".

"Non riuscirete mai a uscire vivi da qui" dichiarò Avery. "Non arriverete mai all’Arma! Stanno arrivando i rinforzi dal Ministero: verrà Lord Sylar in persona…".

"Eccellente" approvò Ted con un sorriso. "George, che ne dici di fare un bel buco nel soffitto così che sappia esattamente dove venire a cercarci?".

George saltellò con grazia giù dall’energumeno che aveva steso, facendolo gemere di dolore. "Ci tengo a sottolineare, caro Avery, cha abbiamo messo fuori gioco te e i tuoi scagnozzi senza lanciare un solo incantesimo: se siete tutto ciò che il Ministero ha da offrire, non vedo perché i tuoi fantomatici rinforzi dovrebbero preoccuparci…".

"Non batterete mai Lord Sylar: i suoi poteri sono di gran lunga più forti dei vostri, piccoli patetici esserini!".

"La vedremo" dichiarò Ted.

Fece un cenno a George, che puntò la bacchetta contro l’avversario steso a terra, facendolo schizzare con tutta la forza che poteva verso il soffitto. Il suo sforzo fu ripagato quando un debole cono di luce crepuscolare illuminò il corridoio.

"Che dici, Ted, usiamo questo pezzo d’imbecille come bandiera?".

Ted annuì, sorridendo con aria malefica. "È una delle idee migliori che tu abbia mai avuto".

*******

Il piccolo scienziato in camice bianco cadde svenuto tra le braccia di Ares senza un gemito. L’uomo lo lasciò andare e lo nascose alla meglio in un angolo.

Era il quarto uomo che il terzetto incontrava e veniva messo silenziosamente a tacere prima che potesse dare l’allarme. In lontananza risuonavano di tanto in tanto botti e esplosioni, segno che l’azione diversiva dell’Ordine era in pieno svolgimento. Drew sperava sinceramente che nessuno dei suoi amici si facesse male nel tentativo di dare più tempo a loro.

Ma del resto il piano pareva funzionare a meraviglia, visto che non avevano incontrato quasi anima viva mentre percorrevano silenziosi come ombre quei corridoi semibui.

Sbucarono in una saletta ottagonale decorata a mosaici da cui si diramavano altri tre corridoi.

"Ok" disse Artemis, guardandosi intorno. "Se abbiamo fatto la strada giusta, questa è la Central Lobby…".

I tre si guardarono intorno e identificarono, semi nascosta dietro una statua, la loro Passaporta, una riproduzione in miniatura del David di Michelangelo. Una scultura in mezzo ad altre sculture.

Drew annuì sollevato nel vederla: la loro via di fuga era assicurata. "Sì, è la stanza giusta. Perciò la Camera dei Lord…".

"… È di là" concluse Artemis, imboccando nel contempo il corridoio di sinistra.

I tre ripresero il loro cammino, ma presto dovettero bloccarsi per evitare un plotone di sei o sette Mangiamorte che sfrecciava in una corsia perpendicolare alla loro. Si acquattarono in un angolo, aspettando che passassero. Drew aveva l’impressione che il cuore gli stesse per rimbalzare fuori dal petto: quale dei suoi amici stavano andando a fermare quei Mangiamorte?

Artemis, rannicchiata alle sue spalle, masticò un’imprecazione: tra le mani stringeva il galeone falso.

"Che succede, Temis?" chiese Drew: la faccia dell’amica non gli piaceva nemmeno un po’.

"Il Ministero sta mandando qui i rinforzi" disse concisamente la ragazza, rinfilandosi la moneta in tasca. "Sembra che stia venendo anche il nostro amico del cuore in persona…".

"Sylar?".

"Chi altri? Dobbiamo sbrigarci: come minimo si porterà dietro metà dei suoi Mangiamorte. L’Ordine non potrà resistere tanto se interviene Sylar…".

Drew annuì, anche se in realtà credeva inutile quest’ultima preoccupazione: se Sylar arrivava, sarebbe stato a proteggere l’Arma, perciò sarebbe stato un problema loro. Non che questo fosse particolarmente confortante: dubitava seriamente che uno solo di loro, fosse pure Ares, potesse reggere molto un confronto con il braccio destro di Voldemort. Oltretutto, Drew era tanto ansioso do trovarsi di nuovo faccia a faccia con lui quanto avrebbe potuto esserlo di andare dal dentista: e se l’incidente di due settimane prima, quando Sylar era entrato nella sua mente, si fosse ripetuto? Una parte di lui bramava di risentire la voce di sua madre, l’altra temeva che questa volta non ci sarebbe stato ritorno.

Sì, meglio sbrigarci: se Sylar arriva, voglio essere molto lontano da qui quando accadrà!

Ripresero a muoversi, con circospezione ma più velocemente. "Allora Drew" sussurrò sottovoce Artemis, mentre la porta della Camera dei Lord si avvicinava sempre più. "Non ti preoccupare di mangiamorte, scienziati o chiunque sarà là dentro a meno che non te lo ritrovi proprio davanti: fila dritto ai computer e sfracassa tutto, nel modo migliore che ti viene in mente. Ares ti coprirà le spalle da qualunque attacco, ok? Io penserò al nucleo dell’Arma…".

Drew annuì, stringendo il pugno contro la bacchetta. "Sono pronto…" disse, anche se non si sentiva per nulla pronto.

Artemis gli sorrise con aria incoraggiante. "Non devi temere: andrà tutto bene. Piuttosto, tieniti pronto a una fuga rapida: è improbabile che ci vada per il sottile…".

Detto questo, diede un leggero colpo con la mano al lanciafiamme, prese la pistola e fece scattare con aria poco rassicurante la sicura.

"Fa attenzione con quel coso" le raccomandò Drew, preoccupato dalla notevole quantità di materiale infiammabile pressurizzato sulla schiena dell’amica. "Non vorrei che ci facessi saltare per aria…".

Si fermarono a poco più di un metro dall’entrata.

"Pronti?" cominciò Artemis, alzando le sue armi, la solita espressione combattiva in volto.

"Ai posti" continuò Ares per lei: nelle mani aveva due revolver, anche se Drew sospettava che sotto la giacca Ares fosse più fornito di un’armeria. Se doveva affidare la sua vita nelle mani di qualcuno, non poteva scegliere persona migliore.

"VIA!" gridò, scatenando l’inferno.

I tre fecero irruzione nella stanza, lasciando attoniti le decine di omini in camice bianco che si affannavano intorno ai computer. In tutto quel bianco, il nero dei Mangiamorte quasi spariva: bene, la loro diversione aveva funzionato, dopotutto, i Mangiamorte si erano precipitati in branco dove ritenevano ci fosse il pericolo, lasciandone meno di una decina a guardia dell’Arma. Drew rivolse a questa un attimo del suo tempo: prendeva più o meno metà della sala, una specie di enorme cannone nero come la pece che sembrava uscito direttamente da un film di fantascienza, puntato verso le finestre, già opportunamente private dei vetri. Sul basamento era stato inciso il Marchio Nero. Lo spazio che una volta era occupato dai sedili di pelle rossa su cui si sedevano i politici era ora ingombro di computer e altri apparecchi elettronici.

Fu verso quest’ultimi che Drew si precipitò: aveva un compito da svolgere e l’avrebbe fatto. Solo che prima di rendersene conto, si vide venire contro sciami di camici bianchi, tutti con intenzioni bellicose, mentre i Mangiamorte non si erano mossi di un passo, radunandosi intorno all’Arma per proteggerla. Mentre respingeva con uno Schiantesimo l’uomo più vicino, Drew si chiese che fine avessero fatto i miti scienziati gracili che non sanno nemmeno tirare una palla. Nella sua mente, aveva sempre immaginato che non sarebbe stato un problema aggirarli: in fondo, cosa li legava a Voldemort? Erano Babbani, molti non erano nemmeno inglesi ma provenivano da paesi esteri, con tutta probabilità pure sottopagati, cosa gliene poteva fregare se qualcuno distruggeva quell’oggetto, anche se era frutto di anni di lavoro? Avrebbero dovuto rendersi conto che niente e nessuno sarebbe più stato al sicuro una volta completato il progetto: perché volevano rischiare la vita?

Ma quando uno gli arrivò troppo vicino e fu costretto a respingerlo con una spinta, si rese conto che il povero uomo era sotto Imperius, alla mercè dei Mangiamorte assiepati davanti a lui. Maledetti bastardi: da quanto tempo tengono soggiogata la mente di questi poveretti?

Si fece faticosamente strada verso la metà, coadiuvato da Ares, che faceva benissimo la sua parte, e alla fine si trovò davanti il primo di numerosi server pieni di pulsanti e schermi, senza avere la minima idea di come funzionassero o come fare a distruggerli. Bene, Drew, l’improvvisazione è il tuo forte: qualche idea brillante?

Prima che potesse anche solo cominciare a pensare, fu afferrato per il collo della felpa e sbattuto indietro, capitombolando per terra. Un uomo sulla quarantina svettò su di lui, gli occhi vacui: tra le mani aveva un coltello. Si avventò su Drew, ma i suoi riflessi erano rallentati dalla Maledizione, così il ragazzo riuscì a schivarlo rotolando di lato.

Gli mollò un calcio e lo centrò con un Expelliarmus, spedendolo a cozzare contro uno dei computer. Le scintille di elettricità che quello mandò furono ben poco rassicuranti e ancor meno salutari per l’aggressore di Drew, che si prese un bell’elettroshock. Beh, tutto sommato questa è roba fragile, si disse Drew, rialzandosi in piedi. Non serve andare per il sottile: spacca tutto e basta!

Mentre cominciava a sparare Schiantesimi a destra e a manca, centrando e distruggendo qualunque apparecchio elettronico gli capitasse a tiro, dall’altra parte della stanza, Artemis si faceva faticosamente strada verso l’Arma. I Mangiamorte, capito quale fosse l’obiettivo della ragazza, avevano concentrato su di lei la maggior parte dei loro piccoli schiavi, probabilmente ignari che senza la preziosa apparecchiatura elettronica che Drew stava facendo a pezzi, l’Arma era poco più che un giocattolo inutile.

Pur a malincuore, Artemis era stata costretta a colpire, anche in punti vitali, diversi degli innocenti studiosi che le si erano avventati contro. L’idea di ucciderli non le piaceva, visto che loro c’entrava poco o nulla, ma il buon cuore non l’avrebbe aiutata a portare a casa la pelle.

"Affrontatemi in faccia, maledetti vigliacchi!" gridò, rivolta ai Mangiamorte alle sue spalle, schivando e sbattendo a terra l’ennesimo uomo. Malgrado l’aiuto di Ares, erano davvero tanti.

Saltò su una sedia che le capitò davanti, prese la mira e sparò sopra la sua testa, centrando un Mangiamorte che cadde all’indietro. Riuscì a prenderne un altro, prima che questi le rispondessero con i raggi verdi dell’Avada Kedavra e la costringessero ad abbassarsi, forte dei suoi riflessi più sviluppati, saltando addosso ad un paio dei suoi aggressori che avevano cercato trascinarla a terra.

Tra pugni, spari e svicolate, quando arrivò finalmente sotto l’enorme sagome dell’Arma erano rimasti solo due Mangiamorte, che malgrado tutto serrarono le fila, pronti a dar battaglia.

"Morirai tra atroci sofferenze, piccolo mostro" le sibilò uno, con una notevole dose di coraggio, considerato che calpestava il sangue dei suoi compagni.

"Se può esserti di qualche consolazione, sei riuscito a strapparmi un leggero brivido di spavento" ridacchiò Artemis, inclinando di lato il capo, mentre con gli occhi già cercava il punto dove doveva essere il nucleo magico. "Ora, se vi fate da parte da bravi, io mi limiterò a stordivi e stanotte potrete abbracciare le vostre famiglie semplicemente con un brutto bernoccolo in testa. In caso contrario…".

Non riuscì a finire la frase perché dovette bruscamente abbassarsi per schivare la Maledizione Senza Perdono urlata da uno dei due. A testa bassa, saettò rapidamente dietro una sedia per ripararsi dai colpi successivi. Bene, io ve l’ho data l’opportunità di arrendervi, anche se non ve la meritavate, e voi mi avete sputato in faccia. È ora di vedere se questo giocattolino spara come dovrebbe sparare.

Ripose la pistola nella fondina e sfilò il lanciafiamme dalla schiena, impugnandolo con entrambe le mani. Sarebbe stata una morte orribile, se ne rendeva conto, ma le restavano pochi colpi e voleva conservarli nel caso ci fosse stato da combattere per fuggire. Quell’arnese infernale invece doveva servire solo a uno scopo e poi sarebbe stato abbandonato senza rimpianti: era un’arma che non rientrava decisamente nel suo stile.

"Bene!" gridò, per sovrastare il rumore delle esplosioni e delle maledizioni urlate. "Avete scelto voi il vostro destino!".

Balzò fuori dal suo nascondiglio e premette il grilletto: prese le sue vittime talmente di sorpresa che nemmeno ebbero il tempo di evitare la fiammata che scaturì. Prima che se ne rendessero conto erano entrambi in fiamme e urlavano, contorcendosi nel tentativo di spegnerle.

Artemis cercò di escludere quelle grida disperate dalla mente e si dedicò al suo compito. Nucleo, nucleo, nucleo, dove sei? Sarebbe stato troppo facile se ci fosse stato un cartellino.

Il lato positivo era che senza più Mangiamorte a controllarli, gli scienziati/burattini erano rimasti come bloccati e facilmente neutralizzati con degli Schiantesimi.

"Artemis, sbrigati!" gridò Ares, che per tutto il tempo era rimasto sulla soglia a proteggere i compagni. "Arriva gente!" aggiunse, sbirciando nel corridoio.

I fottutissimi rinforzi! "Drew, come sei messo?".

Drew osservò la mole di semidistrutti miracoli tecnologici che aveva davanti. "Se riescono ancora a usare qualcosa di tutto questo, si meritano sul serio di conquistare il mondo".

"Non sottilizzare: assicurati di aver fatto a pezzi tutto!" gli intimò Artemis.

Impegnata a cercare il suo obiettivo, Artemis non guardava nemmeno dove metteva in piedi e scivolò, con suo sommo disgusto, sul sangue di una delle sue vittime, cadendo a terra e atterrandoci sopra, con un gemito sorpreso. Brava tonta, meno male che abbiamo fretta!

Fece per rialzarsi, spingendosi sullo sterno del Mangiamorte sotto di lei e quello mandò un singulto di dolore. Accidenti, è ancora vivo! Studiandolo più da vicino, vide che era uno di quello che aveva colpito alla gamba: per qualche gioco del destino, la pallottola era riuscita a evitare l’arteria femorale, il che significava che l’uomo non era ferito mortalmente, se si fosse fermata l’emorragia in tempo. Ma perché lo sto facendo?, si chiese la ragazza, mentre strappava un lembo del mantello del Mangiamorte e lo usava come laccio emostatico. Ah sì, ho il cuore tenero di una povera imbecille!

Anche l’uomo, che non poteva avere più di venticinque-trenta anni, stava probabilmente domandandosi la stessa cosa: aveva perso la maschera nella caduta e ora la guardava come se fosse un extraterrestre.

"Che cosa stai facendo?" chiese con voce fioca, cercando di mettersi a sedere.

"Cuccia e zitto!" gli intimò sottovoce la ragazza, rispingendolo giù senza troppi complimenti. "Ti sto facendo un favore, salvando la tua indegna pellaccia, Mangiamorte!".

"Perché?".

Domanda interessante… Artemis si morse il labbro, non sapendo che dire, stringendo la benda più che poteva: stava perdendo tempo prezioso, Sylar stava arrivando e non aveva ancora trovato il nucleo. Le venne un’idea balzana, ma tanto, disperata per disperata… "Dov’è il nucleo magico dell’Arma?" domandò.

Il Mangiamorte cercò di fare un’espressione sprezzante. "Perché dovrei dirtelo? Così puoi distruggerla?".

"Perché non ci metto niente a crivellarti il cranio con dieci pallottole, bimbo bello!" cinguettò Artemis, vedendolo sbiancare all’istante. "Riflettici, i piani di conquista di Voldemort valgono la tua vita?".

Quello sospirò e indicò un puntò più dietro. "Lì in basso, appena sotto la base del corpo dell’Arma… C’è uno sportellino: il nucleo è lì dentro".

Incredibile: quando c’è la loro vita in gioco, si mettono a cantare come fringuelli… "Scelta saggia. Ora sta giù e fingiti morto finché la tempesta non è passata, poi fila da un Guaritore…".

Si rialzò senza esitare e si allontanò senza voltarsi, non prima di aver sentito il debole "grazie" dell’uomo. Trovò lo sportellino dove le era stato indicato, spezzò il lucchetto con il calcio del fucile e lo aprì. Le scariche magiche che si liberarono furono abbastanza intense da farle pizzicare la pelle e rizzare i capelli: quella era poco meno che magia allo stato puro. Fred e George avevano ragione: il primo incantesimo che fosse passato troppo vicino e avrebbe causato un botto senza precedenti.

Artemis si tirò indietro: tutta quella potenza concentrata le stava facendo venire la nausea. Dovette concentrarsi al massimo perché le sue capacità metamorfiche non si attivassero per sbaglio: sarebbe stato il suo ultimo errore. Voldemort è più pazzo di quanto pensassi: concentrare tutta questa energia magica in un solo punto…

Alzò il lanciafiamme, pronta a evocare il suo piccolo inferno personale, ma una voce la trattenne: "Io non lo farei, se fossi in lei, signorina Lupin".

******

"È perfino troppo facile" sbuffò Sirius, centrando con una fattura il tizio che era appena comparso sulla tromba delle scale. Con un calcio lo rispedì indietro, facendogli rifare la strada a rimbalzi. Luna al suo fianco ridacchiò.

"Non c’è nulla da ridere" protestò ancora l’Animagus. "Speravo in un po’ d’azione in più. Invece quegli idioti non fanno nemmeno in tempo ad apparire che li abbiamo già respinti…".

"Devono farsi 300 gradini per arrivare fin quassù" osservò Luna, sorridendo con aria comprensiva. "Saranno ragionevolmente stanchi morti…".

"E io sono ragionevolmente annoiato" rincarò Sirius, mettendo su una sorta di broncio.

L’attentato alla salute dell’orologio era stata la parte più esaltante della loro missione: ora che i Mangiamorte si erano ripresi abbastanza per capire cosa li aveva colpiti e da dove, si erano precipitati verso la torre e li avevano raggiunti, Sirius e Luna avrebbero potuto tranquillamente essere morti di vecchiaia. E anche quando erano arrivati, respingerli era stato quasi un’offesa tanto era facile: potendo apparire non più di due alla volta ed essendo il varco troppo stretto era come giocare al tiro al bersaglio con dei pesci in una boccia. E ovviamente a nessuno era venuto in mente di chiedersi come Sirius e Luna fossero arrivati là in cima senza essere visti da nessuno.

Luna sbuffò: Sirius Black a volte era proprio un bambino troppo cresciuto. "Mi spiace che tu non ti sia divertito, cucciolone! Sarà per la prossima volta!".

Sirius la ignorò e dedicò la sua attenzione alle scale: niente assalitori in vista. Probabilmente stavano cercando di discutere un nuovo sistema tattico. "Sembra che abbiamo deciso di darci una tregua…" disse, allentandosi dalla porta.

Luna lo seguì, mettendosi a fare su e giù per il piccolo ambiente. Si sporse a guardare dal buco dove un tempo stava il quadrante che avevano distrutto: attraverso l’oscurità sempre più densa, distinse la Westminster Hall, illuminata dai raggi delle maledizioni. "Gli altri staranno bene, vero?" chiese in tono ansioso, chiedendosi come andassero laggiù le cose.

Sirius si voltò verso la donna, che ancora gli dava le spalle. "Ma certo! Che domande fai? Sono dei duri, non si faranno mettere i piedi in testa da nessuno, meno che meno da un paio di Mangiamorte imbranati!".

Luna sorrise tra sé, sentendosi un pochino sollevata, come solo Sirius riusciva a farla sentire. Sei una stupida testarda, Lovegood! Cosa dovrà succedere prima che possa dire ad alta voce di amarlo, quel cagnaccio?

Sirius si era nel frattempo girato di nuovo, analizzando ogni dettaglio della stanzetta, ignaro dei pensieri che attraversavano la mente della compagna. "Che ne diresti di distruggere un altro pezzo di orologio?" domandò, in tono scherzoso. "Così, tanto per passare il…".

Il sonoro crack che spezzò l’aria interruppe la frase. Prima che se ne rendesse conto, Sirius si ritrovò con la faccia a terra, mentre almeno dieci figure in nero occupavano ogni angolo dell’ambiente.

"Sirius!" gridò Luna, scattando in avanti. Prima di poter fare qualunque cosa, fu costretta ad abbassarsi per schivare una maledizione.

"Luna!" le fece eco Sirius, girandosi sulla schiena e colpendo con un calcio il primo Mangiamorte che gli capitò a tiro. "Levati dai piedi, idiota!" imprecò subito dopo, dando mano alla bacchetta e cominciando a sparare maledizioni, un solo obiettivo in testa: raggiungere Luna.

La donna stava fieramente opponendo resistenza, ma erano almeno in cinque ad incalzarla e dietro di lei c’era il vuoto.

"Fine della corsa, Sanguesporco!" sibilò uno dei suoi avversari.

"Io non sono una Sanguesporco, stupido!" gridò Luna. Senza riflettere, si gettò di lato, spingendo via il tipo che le si parò davanti. Un Incantesimo la colpì in mezzo alle scapole, facendola rotolare a terra, sbattendo violentemente la testa. Dannazione, che male! Lottò contro il senso di torpore e cercò di girarsi: non poteva svenire, non poteva e basta. Ne aveva viste troppe per lasciarsi uccidere in quel modo…

Ma quel pensiero le morì in un angolo del cervello quando si trovò davanti al naso una bacchetta nemica. Quel bagliore verde, quante volte l’aveva visto spegnere vite innocenti? Davvero troppe… Questa è la fine, stavolta è la fine sul serio.

Serrò gli occhi, pronta a ricevere il colpo fatale.

"Avada kedavra!".

LYRAPOTTER’S CORNER

Ebbene sì, signore e signori, ladies and gentlemen, sono una sadica bastarda e ne vado fiera, bwuaaaaah!!!!!! Luna è morta? È viva? Sinceramente non lo so, aspetto di vedere quante granate mi arrivano per decidere… Proseguendo in questo idilliaco discorso, io e PierGiulio (il vecchio e stanco criceto che fa girare la pazza ruota nel mio cervello) abbiamo deciso di comune accordo di spezzare il capitolo in due. Le alternative che avete per decidere il perché di ciò sono due: la prima, il capitolo mi è venuto mostruosamente lungo (al momento siamo attestati sulle tredici pagine carattere otto, ma non ho ancora finito di dare del mio peggio!) e non volevo costringervi a perdere un anno di vita prima di arrivare in fondo; la seconda, sono un mostro sadico che gode nel lasciarvi nella palpitante attesa di sapere A) come la scampa il mitico terzetto B) se Luna è passata al creatore sul serio… Io se fossi in voi propenderei per la seconda!!!!!

Ah, come sempre la mia precisione maniacale mi ha fatto sputare sangue per rendere credibile la descrizione del Palazzo di Westminster: non avendolo mai visto di persona, mi sono basata su dati fotografici e le informazioni di Wikipedia, sperando di non aver scritto troppe cretinate. Se la curiosità vi rode, qui c’è una foto della Camera dei Lord com’è veramente, qui una visione esterna del palazzo (come avete capito, Luna e Sirius stanno sulla cima del Big Ben, mentre George e Ted sono apparsi nella torre grande dietro) e qui Westminster Hall, dove sono comparsi Fred e Hermione.

Vabbè, vi ho ammorbato a sufficienza con queste spiegazioni che non importano a nessuno, io e PierGiulio passiamo a ringraziare i nostri fedeli recensori, i tre soliti sospetti, ormai:

Deidara, grazie come sempre per i complimenti, tu non hai idea dei guai che stanno per capitare… Per quel che riguarda Keith, dovrai aspettare ancora un paio di capitoli a questo punto

Per quanto riguarda le mie fedeli Ino chan e LadyMorgan, visto che le vostre recensioni toccano punti molto simili, questa prima parte è una risposta a tutte e due (viva l’economia!!!!!). Allora, il programma iniziale era sul serio di cinque capitoli, ma la dea ispirazione è molto capricciosa e siccome questo capitolo mi è venuto assurdamente, stratosfericamente lungo, abbiamo cambiato programma: adesso sono sul serio cinque capitoli. E comunque vi avviso subito che almeno un punto del pandemonio resta aperto, sospeso e rimandato alla seconda parte (ma non vi dico quale, non posso, vi spoilererei metà della storia). Per quanto riguarda la buona vecchia Dora, vi assicuro che è work in progress il farla tornare indietro, ma purtroppo anche per quello dovrete aspettare la seconda parte.

Ora invece, cara Ino chan, la statua me la fai ugualmente? In fondo è un capitolo spezzato in due… Vabbè, lascia perdere queste manie di grandezza, sono davvero felice di essere annoverata nella tua triade, mi raccomando non sparire, siete già in pochi a seguire questa storia… Tra parentesi, spero noterai la pessima influenza che le tue storie hanno su di me…

LadyMorgan, povera te, con il demone S.C.U.O.L.A. che incombe… Io per fortuna almeno fino a ottobre sono a posto, poi comincio l’università e ci sarà poco da cantar vittoria… Occhio allo zio Tom, eh? Guai a farlo arrabbiare… Tra parentesi, dovrebbe essere contento: un aggiornamento in capo a una settimana, mi faccio quasi paura da sola. Sirius non si batte, ma sono felice che Sylar sia arrivato ad eguagliarlo: nei prossimi capitoli darà del suo peggio, vai tranquilla!!!!!

Bon, ho scritto un angolo dell’autore più lungo del capitolo, quasi, vi lascio con la richiesta di commentare, come sempre (sono peggio di un cucciolo assettato di attenzioni, io!!!!!) e la promessa di un rapido aggiornamento, visto che la seconda metà è già quasi tutta scritta!!!!!

Meno cinque capitoli alla fine (stavolta per davvero!!!!!!!!)

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Capitolo 28
*** L'Arma II ***


MAGIC WARS

CAPITOLO XXVII: L’ARMA II

Palazzo di Westminster,

Londra

Artemis alzò lo sguardo, trovando Lord Sylar che la scrutava con freddezza dalla porta d’ingresso circondato da più Mangiamorte di quanti potesse contarne. Ares e Drew scattarono in avanti, ma si bloccarono nel momento in cui una dozzina di bacchette puntarono nella loro direzione. Nel giro di pochi secondi furono entrambi Disarmati e ridotti all’impotenza.

"Sylar…" sibilò tra i denti la ragazza.

"Spiacente di venire a rompervi le uova nel paniere" sorrise serafico questi. " Ma la vostra piccola azione rivoltosa volge al termine… Abbassi quell’arnese se non vuole che i suoi amici facciano una brutta fine".

"Non dargli retta, Artemis!" gridò Drew, senza sapere nemmeno lui da dove gli venisse tutto quel coraggio, forse dalla rabbia che lo infiammava dal momento in cui Sylar aveva fatto la sua comparsa. "Distruggi che dannato nucleo e falla finita!".

Ares non gridò né strepitò, ma le fece un debole cenno d’assenso: fa quello che ritieni più giusto, le stava dicendo. Artemis esitava, stringendo convulsamente il lanciafiamme, ancora puntato contro il nucleo dell’Arma.

"Andiamo, signorina Lupin" proseguì Sylar, in tono carezzevole. "Non vorrà di certo un’altra persona amata sulla coscienza, vero? Quanti altri dovranno morire prima che decida di arrendersi?".

"Altri?" ripeté Artemis. "Chi è morto?".

"Oh, non lo so… Ma chiunque sia appollaiato sulla Torre dell’Orologio non resisterà a lungo: non con il plotone che gli ho scatenato contro…".

Sirius e Luna, pensò con frenesia Artemis. Guardò verso Drew e Ares, sempre più combattuta. Non poteva, non poteva farlo, non poteva guardarli morire, ma come poteva darla vinta a Sylar in quel modo?

Drew vide il conflitto interiore riflettersi sul volto dell’amica. Sylar, maledetta serpe… Stava giocando con lei come il gatto con il topo, facendo leva sulle sue debolezze, il suo probabilmente unico tallone d’Achille: le persone a lei care. E Artemis avrebbe ceduto, non aveva ancora deciso, ma avrebbe ceduto: Drew sapeva che sarebbe morta prima di lasciare che lui o Ares venissero uccisi.

"Non dargli retta, Artemis!" gridò, incurante dei rischi. "Non farlo: distruggi il nucleo! Noi ce la caveremo!".

Sylar sorrise sardonico e fece un cenno ai suoi Mangiamorte: due si fecero avanti e si portarono a poco più di un metro dai prigionieri.

"La scelta a lei, signorina Lupin: si arrenda o guardi i suoi amici morire… Al mio tre. Uno".

"Artemis, non ascoltarlo" disse Drew, senza perdere di vista un istante il Mangiamorte che aveva di fronte. Forse poteva evitarlo, ma sarebbe riuscito a evitare anche i colpi successivi?

La ragazza faceva saettare lo sguardo da Sylar ai suoi amici al lanciafiamme che teneva in mano. Non posso, non posso, non posso lasciarli morire…

"Due" proseguì implacabile Sylar.

"Artemis, no!". Drew scosse freneticamente il capo, capendo quale fosse la scelta dell’amica.

Mi dispiace, Drew, non posso. "Va bene, va bene, mi arrendo" dichiarò, cominciando ad abbassare il lanciafiamme a terra.

"Scelta saggia, signorina" annuì Sylar. "Andate a prenderla".

In quattro avanzarono verso Artemis, mentre il cecchino di Drew abbassava appena la sua bacchetta. Ma il ragazzo lo notò a stento: riusciva quasi a sentire le ondate di soddisfazione che si propagavano da Sylar. Schifoso, maledetto… Cosa non avrebbe dato per prenderlo a calci sui denti fino a sfracassargli la faccia: purtroppo, anche a cercare di farlo, disarmato com’era, sarebbe stato messo fuori gioco nel giro di tre secondi netti.

Ma Sylar non stava nemmeno guardando lui, prestando la sua attenzione ad Ares. "Ci conosciamo?" chiese, con aria meditabonda, scrutandolo attentamente. "Ha un’aria famigliare…".

Ares alzò le spalle, il viso teso in una maschera d’indifferenza. "Non saprei, mio Signore: ho un viso abbastanza comune…".

Sylar ridacchiò sommessamente per quella risposta sfrontata. "Al Ministero avremo tutto il tempo per chiarire la sua identità, signore, non ne dubiti…".

Inspiegabilmente, Ares sorrise debolmente. "Temo che dovremo rimandare, mio Signore: non ho affatto voglia di seguirla al Ministero per rispondere a un sacco di domande scomode…".

Drew corrugò la fronte, perplesso: a che gioco giocava Ares? Era finita. Anche artemis si era arresa e stava venendo scortata verso il centro della sala, lontana dall’Arma: il lanciafiamme era tenuto saldamente nelle mani di uno dei Mangiamorte.

Anche Sylar era confuso. "Temo che lei non abbia molte alternative, signore: se non ci segue, sarò costretto a ucciderla qui…".

"Oh, no, grazie: la morte non è nei miei programmi per l’immediato futuro. Ma io non verrò al Ministero, e nemmeno i miei amici…".

Artemis corrugò la fronte, non meno stupita di tutti gli altri presenti. "Ares, che cosa vai dicendo? È finita: non c’è più nulla che possiamo fare…".

Ares scosse il capo. "Mi dispiace deluderti, Artemis: il nostro cavallo sta arrivando…".

Ok, ha sul serio detto ‘cavallo’?, pensò Drew, al colmo dello stupore, cominciando a temere che Ares fosse completamente impazzito. Anche Sylar e i Mangiamorte erano altrettanto confusi e fissavano Ares come per capire se stesse scherzando o cosa.

Ma il volto di Artemis si era improvvisamente illuminato di comprensione. Seguì lo sguardo di Ares, puntato verso la porta, appena sopra le teste dei loro avversari e quello che vide le strappò quasi una risata di sollievo. Buon vecchio Ares, quando imparerò a non sottovalutarti?

"Questo gioco mi ha stancato" dichiarò Sylar, ansioso di riportare il discorso su un piano che potesse comprendere. "Andate a prenderli e andiamocene: dobbiamo occuparci degli altri…".

Ares fece un quasi impercettibile cenno d’assenso, che tuttavia Artemis recepì alla perfezione, mentre i Mangiamorte si facevano avanti.

"Drew, abbassati!" gridò. Il ragazzo ubbidì per puro riflesso, chiedendosi che cavolo stesse succedendo. Vide con la coda dell’occhio Ares alzare un braccio, puntandolo dinanzi a sé.

Un secondo dopo risuonò il boato, mentre la metà destra della parete di fronte esplodeva davanti ai suoi occhi, investendo gli scioccati Mangiamorte.

******

Dannazione, ma questi Mangiamorte non finiscono mai?

Fred schiantò quello che avrebbe giurato essere il centesimo avversario sconfitto da quando era cominciato l’attacco. Cominciava seriamente a sentire il peso della stanchezza: quei dannati erano più numerosi delle api in un alveare e non davano un attimo di tregua, mentre lui ed Hermione erano solo in due. Quanto ancora avrebbero resistito?

Cercò lo sguardo della compagna e vide anche su di lei i primi segni di debolezza, per quanto si sforzasse di mantenere la testa alta e le gambe ben piantate in terra. Il cipiglio deciso comunque non era cambiato di una virgola: avrebbero riportato a casa la pelle in qualche modo, poco ma sicuro.

Si misero schiena contro schiena per proteggersi a vicenda da eventuali attacchi a tradimento, lasciando che i Mangiamorte gli accerchiassero.

"Hai qualche idea?" sussurrò Hermione. "Una trovata in stile Weasley ci sarebbe molto utile in questo momento…".

"Anche un’idea brillante in stile Granger" ribatté Fred, passando in rassegna una ad una le orride maschere bianche che aveva di fronte, mentre i due giravano lentamente in tondo.

Hermione si morse il labbro. "Tu colpisci e io ti paro le spalle".

"Tutto qui, miss So-Tutto-Io?" proruppe Fred. "Dal tuo cervello da secchiona mi aspettavo qualcosa di meglio!".

"ATTENTO!" gridò Hermione, parando all’ultimo istante la fattura mortale a lui diretta. "Meno chiacchiere e più attenzione, Weasley! Se mi muori davanti agli occhi, ti resuscito solo per poterti uccidere di nuovo…".

Fred sorrise debolmente, captando il dolore dietro le parole decise di Hermione: ovviamente stava ripensando a Ron, a quando Voldemort e Sylar l’avevano assassinato proprio di fronte a lei, due anni prima.

"Tranquilla, Hermione: la morte non è una prospettiva che mi attragga particolarmente… Stupeficium!".

E centouno…, sospirò tra sé, guardando uno dei suoi avversari cadere. Era la sua immaginazione o invece di diminuire quegli schifosi aumentavano?

"Hermione…" fece, lasciando trapelare per la prima volta la preoccupazione.

La donna annuì debolmente, pur se non potevano vedersi in viso. "Lo so, Fred: sono troppi…".

"… E continuano ad arrivare…".

Non farti dominare dalla paura, Hermione, si disse per farsi coraggio. Attaccare e difendersi erano ormai diventati quasi automatismi, non doveva nemmeno pensarci, gli Incantesimi arrivavano alle sue labbra quasi prima che lei li pensasse: questo le dava più concentrazione per riflettere, per trovare una via di fuga… Andiamo, Hermione, ti sei tirata fuori da situazioni peggiori di questa! Cosa direbbero Harry e Ron se potessero vederti adesso? Era facile: sarebbero stati attoniti, troppo sbalorditi perfino per parlare. Hermione la cervellona che non aveva più idee? Inconcepibile! Riusciva perfino a vedere le loro facce sbalordite, due facce da sedicenni: malgrado lei e Ron avessero diviso tanto nella loro vita adulta, nella sua mente lui e Harry ritornavano sempre com’erano allora, giovani, uniti, pieni di speranze. Le parlavano perfino, nella sua testa, a volte. Forse stava sul serio impazzando…

Avanti, Hermione, so che hai un asso nella manica, disse Harry.

Tu ce l’hai sempre, aggiunse Ron.

Senza di me, brancolereste nel buio peggio di ciechi in una tormenta, sarebbe stata la sua risposta.

Una maledizione vagante la colpì di striscio al braccio, facendola gemere di dolore. Sentì il sangue cominciare a scorrerle lungo il braccio, mentre rassicurava Fred con un rapido cenno del capo. Stavolta no, stavolta è troppo una cosa troppo grande perfino per me, ragazzi!

Forza, miss So-Tutto-Io!, continuò Ron. Se ti arrendi adesso, sappi che non ti darò più pace fino alla fine dei tuoi giorni!

Hermione, sai di potercela fare: lo sappiamo tutti!, dichiarò Harry. Cosa sono un paio di Mangiamorte in confronto a tutto quello che abbiamo passato insieme?

Ma voi non ci siete adesso!, protestò Hermione. Ve ne siete andati: mi avete lasciato da sola!

E allora con chi stai parlando adesso?, osservò Ron, con malcelato divertimento.

Noi ci siamo sempre, Hermione.

Sì, i tuoi spettri scocciatori personali. Come Mirtilla Malcontenta! Te la ricordi, Mirtilla?

Certo che mi ricordo di Mirtilla! Come ci si potrebbe dimenticare di Mirtilla?

Ecco, se tu ti lasci ammazzare adesso, faremo in modo di confinarti per l’eternità nello stesso cubicolo di Mirtilla: te lo immagini, sorbire i suoi infiniti lamenti fino alla fine dei secoli?

Ascolta Ron, Hermione: sarebbe perfettamente capace di farlo!

L’eternità in compagnia di Mirtilla Malcontenta? Le peggiori pene infernali erano nulla in confronto. Scordatelo, Ronald: io e Mirtilla divideremo qualcosa lo stesso giorno che gelerà l’inferno!

Harry, ma la senti anche tu questa brezza fredda?

Oh, sì, oserei dire che sta proprio per nevicare qua sotto! Anzi no, si prospetta una tormenta coi fiocchi…

Andate al diavolo, tutti e due!

Ci siamo già stati, ridacchiò Ron, con un sorriso malefico. Per il te delle cinque: PERSONA molto cordiale, a dirla tutta, molto a modo e ben educata…

Non fosse per la puzza di zolfo: è quasi asfissiante… E ovviamente il fatto che è il signore di ogni male…

Hermione quasi scoppiò a ridere da sola: sì, stava decisamente impazzendo! E la cosa più triste era che quelle voci avevano ragione: non poteva lasciarsi ammazzare adesso, non in quel modo, fosse anche l’ultima cosa che faceva sarebbe uscita viva da quel posto! Lo doveva ai suoi due fantasmi personali…

Così ti voglio, Hermione!

Ora sì che ti riconosco…

"Fred, dobbiamo aprirci un varco!" gridò per sovrastare il rumore delle maledizioni urlate.

"Sono aperto a qualunque proposta, cognata".

"Serve un diversivo" disse la donna. "Usa la tua immaginazione: sto parlando con l’uomo che ha fatto esplodere una palude in un corridoio di Hogwarts, devi pur avere qualche asso nella manica…".

"Beh, forse qualcosina la posso fare… Ma mi stai sul serio dando carta bianca?".

"Fa del tuo peggio!". Oh, sì, l’inferno sta per gelare di sicuro: ho appena scatenato la belva…

"Dopo ricordami di controllare che tu non abbia qualche trauma cranico, Hermione, ok?".

Fred passò in rassegna tutti i suoi avversari, spremendosi le meningi: aveva qualche altro trucchetto nascosto da qualche parte, ma niente che potesse essere davvero utile per svignarsela… Cominciò a frugarsi con una mano nelle tasche interne della giacca, mentre con l’altra continuava a tenere a bada i Mangiamorte: la maggior parte di quella roba nemmeno si ricordava più di averla, per la maggior parte erano rimasugli del vecchio impero Tiri Vispi Weasley immagazzinati in quelle tasche con dei comodi Incantesimi di Estensione nel corso degli anni. Dunque, cosa abbiamo qui? Delle Merendine Marinare, decisamente inutili al momento… Sognisvegli brevettati: peggio che andar di notte… Soldi: no… Delle Gobbiglie: e come cavolo ci sono finite qui? Delle Cioccorane mummificate… Oh, non è possibile che non si sia nulla: è quasi un bazar questa giacca, ci deve pur essere qualcosa di utile… Proviamo l’altra tasca…

"Fred, non abbiamo fino a natale" sbottò Hermione, in tono preoccupato.

"Un momento: ci sto arrivando… E ci arriverò prima se non mi distrai!".

Avanti, il mio regno per una via di fuga… Del magicscotch? E che ci dovrei fare? Non sai offrirmi nulla di meglio? Un frisbee zannuto: ecco, cominciamo a ragionare… Oh, oh, aspetta, aspetta un po’: cosa abbiamo qui? Un Detonatore Abbindolante! No, meglio: due Detonatori Abbindolanti! Merlino e tutti i maghi passati, vi ringrazio!

Non erano un granché: avrebbero distratto i Mangiamorte più o meno per dieci secondi, ma con un po’ di fortuna sarebbero stati sufficiente a lui e Hermione per aprirsi un varco e darsela a gambe.

"Hermione, prendi questo…" le sussurrò, passandole un Detonatore.

"Che cos’è?" chiese lei.

"Tu lancialo in terra verso i Mangiamorte e poi corrimi dietro: se abbiamo fortuna, basterà".

Ma quando mai abbiamo avuto fortuna?, avrebbe voluto ribattere la parte più cinica di Hermione. Ma prima di poterlo dire ad alta voce, Fred lanciò il suo Detonatore, costringendola ad imitarlo. Il rumore che si propagò quando i due oggetti toccarono terra quasi l’assordò, era così forte che le pareti sembravano tremare.

"Ma che hai fatto?" gridò Hermione sopra il frastuono: Fred non diede segno di averla sentita. Le afferrò un polso, facendosi strada a spintoni, calci e Schiantesimi tra i Mangiamorte stupefatti e assordati.

Erano a metà strada dall’uscita quando uno di loro si riprese abbastanza da usare un Incantesimo Silenziatore: il silenzio di tomba che calò risultò particolarmente sinistro dopo tutto quel chiasso.

"Non ti fermare, Hermione" la incalzò Fred, mentre le maledizioni riprendevano a fischiare intorno a loro.

"Perché non hai tirato quei dannati aggeggi mezz’ora fa, Weasley?" chiese lei, mentre cercava affannosamente di stargli dietro e contemporaneamente sparava qualche fattura alla cieca dietro di lei.

"Perché non sapevo di averli…".

Hermione aveva già una rispostaccia coi fiocchi sulle labbra, non fosse che rischiò di scivolare e solo la salda presa di Fred le impedì di cadere. I Mangiamorte dietro di loro avevano ripreso a incalzarli…

E poi calò il buio, talmente denso che Hermione non riusciva più a vedere nemmeno il suo naso: tenebra più totale. Nemmeno quando mormorò Lumos cambiò qualcosa. Soltanto il fatto che tenesse saldamente Fred per mano aveva impedito che si perdessero nell’oscurità. Il lato positivo era che i Mangiamorte avevano smesso di lanciare maledizioni, per paura di colpirsi tra loro. Ma senza vedere, come potevano raggiungere la porta e la salvezza?

"Fred, che cosa hai fatto?" domandò sottovoce, in tono di malcelata accusa.

"Io niente" protestò il gemello. "Credevo fossi stata tu…".

La sorpresa nella sua voce era sincera: non era stato lui. Ma se non era stata nemmeno lei e ovviamente nemmeno i Mangiamorte dietro di loro, chi era stato?

La risposta non tardò a farsi attendere.

"Fred, Hermione". Quella voce famigliare, ma totalmente inaspettata li fece sobbalzare entrambi: si guardarono intorno nella tenebra, cercando di capire da dove venisse o se se l’erano immaginata.

"Ted?" sussurrò Fred. "Ted, sei tu?".

"No, sono Mago Merlino!" Hermione si sentì prendere alle spalle e sobbalzò, una fattura già sulle labbra. "Abbassa quell’affare!" sibilò Ted. "Sono qui per portarvi fuori: prendimi la mano…".

Hermione eseguì, stringendo ulteriormente quella di Fred. "Ma tu ci vedi?".

"Le spiegazioni più tardi: ci siete tutti e due? Allora andiamo".

Il terzetto si avviò, con calma, guidato da Ted che procedeva a passo sicuro nell’oscurità. Quando sbucarono nel corridoio fiocamente illuminato dalla bacchetta di George fu quasi una sorpresa.

"Salda quella porta con ogni incantesimo che ti viene in mente" ordinò Ted, sospirando di sollievo. "L’effetto non durerà ancora molto…".

"L’effetto di cosa?" domandò Hermione.

"Polvere Buiopesto peruviana" rispose George. "Non ce di che, a proposito…".

"Ce la stavamo cavando benissimo" sbuffò Fred all’indirizzo del fratello. "Grazie tante!".

"Sì, l’abbiamo visto" ironizzò George. "Se io e Ted non intervenivamo a quest’ora ci avevate rimesso la pelle entrambi!".

"Piantatela voi due" li zittì Hermione. "Come facevi a vedere, Ted?".

"Mano della Gloria" fu la concisa risposta. "Hai fatto tu? Bene, allora suggerisco di guadagnare l’uscita più vicina…".

"E il piano diversivo?" domandò Fred. "Ci sono notizie di Drew, Artemis e Ares?".

Ted scosse il capo, sconfortato. Tuttavia la sua voce era decisa come sempre. "Sylar è arrivato con i rinforzi: questo posto brulica di Mangiamorte. Dobbiamo andare finché ancora possiamo…".

Gli altri membri del gruppetto si scambiarono delle occhiate scettiche: l’idea di abbandonare gli amici non piaceva a nessuno. Alla fine, dopo qualche attimo di riflessione, Hermione sospirò e disse: "Ted ha ragione: abbiamo fatto quello che potevamo. Gli altri se la caveranno…".

"È meglio tornare sui nostri passi e Smaterializzarci dalla Victoria Tower" suggerì George. "Sarà uno dei pochi punti ancora scoperti…".

"Magari facciamo un po’ di casino lungo la strada" aggiunse Fred. "Così attiriamo l’attenzione di altri Mangiamorte…".

Hermione e Ted approvarono con brevi cenni del capo il nuovo piano, per poi avviarsi tutti e quattro lungo il corridoio.

******

L’Anatema Che Uccide mancò di non più di tre centimetri la sua testa, andando a prendere la parete sopra di lei. Luna riaprì gli occhi incredula: era a meno di mezzo metro dal Mangiamorte, come diavolo aveva fatto a mancarla?

E poi si accorse dell’enorme cane nero che all’ultimo momento era balzato addosso al suo aggressore, spedendolo a terra e azzannandogli con ferocia la spalla. Sirius, Sirius l’aveva salvata… Mancava così poco…

Luna sarebbe scoppiata a piangere come una bambina se non fosse stato per gli altri cinque Mangiamorte che stavano avanzando velocemente verso di lei e il suo peloso salvatore, talmente preso a fare spezzatino dell’uomo che aveva tra i denti da essersi dimenticato di tutti gli altri. Quel mostro stava per uccidere Luna, la sua piccola Luna, sarebbe bastato un altro secondo e a quel punto non ci sarebbe stato più, lei con le sue stranezze, la sua aria trasognata e i suoi cibi abominevoli… Se lo sarebbe mangiato a colazione, quel brutto figlio di buona donna, gli avrebbe strappato la carne pezzo a pezzo…

"Sirius!" lo chiamò Luna, scacciando il senso di stordimento e riafferrando la bacchetta. "Sirius, torna umano!".

L’Animagus non parve nemmeno sentirla: no, che non tornava umano, non prima di aver fatto a pezzi quell’uomo, l’uomo che gli stava per togliere la cosa più bella della sua patetica vita…

"Sirius!" insistette Luna. Non poteva farcela da sola: i Mangiamorte erano più numerosi, più forti e più freschi, mentre lei era stanca e stordita dalla botta in testa, non poteva anche parare le spalle a Sirius. "Stupeficium! Stupeficium! Sirius, dannazione, ho bisogno di aiuto! Non ce la faccio! Torna umano!".

Quel gridò ruppe la barriera di collera e furia vendicativa dietro cui si nascondeva il buon senso di Sirius: ma che stava facendo? Si era forse dimenticato che erano nel pieno di una colluttazione con dei pericolosi Mangiamorte? Ragiona con il cervello, Padfoot, non con quello che hai nei pantaloni!

Si tirò indietro, portandosi al fianco della donna e riprendendo forma umana. "Stai bene?" domandò, preoccupato.

Luna gli rivolse un debole sorriso. "Ora sì". Si portò una mano alla fronte, dove sentiva pulsare un bernoccolo grande come una noce di cocco, per non parlare delle fitte di dolore sordo che le partivano dalla schiena, dove il Mangiamorte l’aveva centrata poco prima. "Non so quanto reggerò ancora…".

Sirius le sorrise con aria incoraggiante. "Ci tirerò fuori da questa situazione, piccola, in qualche modo".

La sostenne con un braccio, mentre entrambi riprendevano a Duellare e Sirius cercava freneticamente una via di fuga: doveva portare via Luna da lì subito, poi sarebbe sempre potuto tornare a cercare e aiutare gli altri. Provò a Smaterializzarsi, ma i bastardi avevano già provveduto a lanciare degli Incantesimi per bloccarli. L’unica strada che restava erano le scale, ma anche quelle erano state opportunamente ingombrate da decisamente troppi Mangiamorte. Senza contare che ora che si facevano tutti e 300 i gradini, chissà quali altre trappole avrebbero sistemato i maledetti…

Ma quali altre scelte avevano? Lasciarsi catturare dai Mangiamorte per diventare il menù serale di qualche Dissennatore? Bastava il pensiero a ghiacciargli le vene: erano passati ventidue anni dalla sua evasione da quell’inferno, ma il ricordo non era mai minimamente sbiadito. E Luna? Luna non avrebbe resistito una settimana in compagnia dei Dissennatori! No, preferiva morire piuttosto che rimettere piede ad Azkaban! E sarebbero dovuti passare sul suo cadavere prima di prendere Luna.

Ed ecco sbocciare l’idea pazza, forse la più pazza di tutta la sua vita, che aveva forse il cinquanta per cento di probabilità di funzionare… Ma avevano forse un’altra scelta? Quanto potevano essere estesi quegli Incantesimi Antismaterializzazione? E nel caso le cose fossero andate storte, gli importava sul serio di morire? Gli importava di più che Luna morisse… Ma Luna non sarebbe morta perché il suo piano avrebbe funzionato: crederci è il primo passo verso la vittoria!

Si guardò intorno velocemente e vide che la strada verso la sua via di fuga improvvisata era totalmente sgombra: nessuno si aspettava che potesse essere tanto stupido da usare quella strada… Questo perché voi non conoscente Sirius Black, il quale oserebbe fare più o meno qualunque cosa!

"Arrenditi Black: non potete scappare! Arrenditi e forse avrai salva la vita".

"Per marcire ad Azkaban?" ruggì in tono ironico Sirius. "Grazie per la clemenza, ma declino la tua offerta".

"Sei così ansioso di morire, stupido?".

"Può essere. Ma a te che importa?".

"Abbiamo l’ordine di catturarvi vivi, se possibile…".

Sirius sbuffò: tipico di Voldemort, voleva togliersi lo sfizio personalmente. Ma non gli avrebbe mai concesso una simile soddisfazione, non finché gli restava fiato in corpo.

"Luna, ti fidi di me?" domandò perciò: era ora di togliere il disturbo.

La donna alzò lo sguardo verso di lui. "Cos’hai in mente, Sirius?" chiese, riconoscendo quello scintillio negli occhi dell’Animagus: una luce portatrice di pessime, balzane e totalmente folli idee.

"Ti fidi di me?" ripeté Sirius.

"Sì. Sì, mi fido di te" sospirò Luna. Non sapeva dove Sirius volesse andare a parare, probabilmente non le sarebbe piaciuto, ma si fidava di quell’Animagus testone e irresponsabile. Quell’Animagus che le aveva rubato il cuore.

Immersi in quella chiacchierata, a colpi di bacchetta si erano nel frattempo spostati verso il quadrante esploso: che ironia, la vita, se solo poche ore prima avesse saputo che si stavano aprendo un’improbabile via di fuga. Sirius sbirciò oltre la sua spalla: era un bel salto fino a terra, ma perfino spiaccicarsi sull’asfalto di Londra era una morte preferibile a quella che sarebbe arrivata per mano di Voldemort.

"Black, che cosa vuoi fare?" lo aggredì un Mangiamorte. "Siete in trappola!".

"No, non lo siamo: vi siete dimenticati la strada più ovvia per scendere. E un’altra cosa: un disperato fa cose che una persona normale non farebbe mai!".

"Sirius?" fece Luna, stretta a lui, mentre l’orribile sospetto di quello che stava per fare l’altro le occupava la mente.

"Fidati" la zittì lui. "Stringiti a me e chiudi gli occhi".

"Black, che cosa…" stava chiedendo di nuovo il Mangiamorte di prima. Non terminò mai la frase.

Sirius alzò la mano in senso di saluto. "Hasta la vista!" disse, mentre Luna si stringeva più forte che poteva al suo torace. Lui la circondò con le braccia e poi, sotto lo sguardo attonito di tutti gli altri presenti, si lasciò cadere all’indietro, trascinando entrambi nell’abisso sottostante.

******

Prima ancora che la polvere sollevata dall’esplosione cominciasse a posarsi, Artemis, approfittando dello stato di attonito stupore in cui versavano i suoi custodi, che pure lo scoppio aveva lasciato semi illesi (alcuni erano stati sbalzati indietro dall’onda d’urto, ma parevano incolumi), si era liberata con uno strattone, aveva atterrato con un pugno il Mangiamorte che aveva cercato di fermarla (facendosi pure un male cane alla nocca) e aveva strappato di mano il lanciafiamme all’uomo che poco prima l’aveva preso a lei.

Dopodichè, senza guardare nulla e nessuno, sperando ardentemente che Drew e Ares se la stessero cavando, fece dietrofront e tornò al nucleo dell’Arma: nella foga rischiò un paio di volte di inciampare in ostacoli vari disseminati lungo il percorso (sgabelli rovesciati, detriti scagliati dall’esplosione, corpi…) e una voltò cadde, sbattendo malamente il ginocchio. Ingoiò il gemito di dolore e si rialzò in fretta: si sarebbe comportata da donnetta indifesa un’altra volta, doveva arrivare a quel dannato nucleo prima che i Mangiamorte si riprendessero abbastanza da correre a fermarla. Ammesso e non concesso che la bomba non gli abbia uccisi… Le era parso di vedere Sylar essere centrato da qualcosa, ma non si faceva troppe illusioni: quell’uomo aveva più vite di un gatto, di certo l’aveva scampata in qualche modo. Ma forse era ferito abbastanza gravemente da non poter riorganizzare le sue truppe…

Ci dovranno pensare Drew e Ares, si disse. Ho altre priorità al momento…

Il nucleo era ancora lì, ovviamente: i Mangiamorte non si erano nemmeno disturbati di richiudere lo sportello. Di nuovo si sentì assalire dalla nausea quando quell’incredibile forza magica la investì e dovette usare tutto l’autocontrollo di cui ancora disponeva perché i suoi capelli non prendessero il pilota automatico e cominciassero a cambiare colore all’impazzata. Non è il momento di perdere il controllo, Artemis…

Non sapeva cosa sarebbe successo a toccare quella cosa, ma non ci teneva nemmeno a scoprirlo, perciò fece tre passi indietro, puntò il lanciafiamme e senza la minima esitazione fece fuoco una volta, due volte, tre, finché l’intera base dell’Arma non fu circondata dalle fiamme e il nucleo non ne fu completamente inghiottito. Si rese subito contro che l’incendio stava rapidamente uscendo dal suo controllo: a quanto pareva doveva aver scatenato chissà quali reazioni a catena, riusciva a distinguere le scariche magiche disperse dal nucleo in rapido sfaldamento. Un paio di esse le passarono a pochi centimetri dalla testa: si sentì quasi ribollire, mentre la magia in lei cercava disperatamente una via di uscire, di esplorare tutto il suo potenziale… Dovette chiudere gli occhi e prendere due lungi respiri per tenere la situazione sotto controllo, allarmata dal Marchio del Diavolo che bruciava in modo sinistro sul suo braccio.

Quando fu certa che niente di irreparabile sarebbe accaduto, cominciò ad allontanarsi velocemente: l’incendio stava ormai raggiungendo proporzioni preoccupanti, non era da escludere che si sarebbe esteso anche al resto del palazzo… Malgrado ciò, in uno sprazzo di lucidità, sparò altre tre vampate tutto intorno all’Arma in rapido disfacimento, per impedire che i Mangiamorte potessero avvicinarsi.

Dopodichè gettò a terra il lanciafiamme, che ormai le era solo d’impaccio, e riportò la mano alla pistola, tornando a prestare attenzione a quello che capitava intorno a lei. A causa del fumo che cominciava a rendere soffocante l’aria e della polvere che la bomba aveva sollevato non riusciva a vedere dove fossero Ares o Drew o cosa stessero facendo: tuttavia intuì che almeno uno di loro doveva aver recuperato una bacchetta perché sentiva distintamente il rumore di una colluttazione in atto. Diversi Mangiamorte cercavano affannosamente di avvicinarsi all’Arma per domare l’incendio evocando getti d’acqua fredda.

Fu a questi ultimi che decise di dedicare la sua attenzione: dubitava che in quel rogo si fosse salvato qualcosa di ancora utilizzabile, ma non intendeva correre rischi. E ora che aveva di nuovo pieno controllo delle sue facoltà, con il nucleo distrutto, non le sarebbe stato difficile tenere a bada quegli avversari. Poi avrebbe dovuto trovare Drew e Ares e andarsene alla svelta. Prima di gettarsi nella mischia, mandò un veloce messaggio al resto dell’Ordine: con l’Arma distrutta almeno loro poteva ritirarsi, se non l’avevano già fatto, e mettersi in salvo finché potevano, sperando che fossero tutti sani e salvi…

L’esplosione invece aveva colto completamente impreparato Drew, che malgrado si fosse accucciato come ordinato, era stato senza troppi complimenti sbalzato all’indietro, per andare a cozzare contro una delle apparecchiature tecnologiche che aveva appena distrutto e rotolare poi in terra, dove rimase completamente immobile, troppo dolorante per muoversi.

Per un minuto buono fu troppo confuso anche solo per pensare, dovette concentrare tutte le sue energie per non cedere all’oscurità che minacciava di sommergerlo: svenire in quel momento avrebbe probabilmente significato risvegliarsi in una bella cella con vista di Azkaban e l’idea non lo attraeva per nulla.

Quando fu certo che non avrebbe perso i sensi, si concesse di prendere un paio di dolorosi, lunghi respiri: nella caduta doveva essersi incrinato un paio di costole. Nulla di eccessivamente grave, sapeva che Ted l’avrebbe rimesso in sesto in un minuto, ma ovviamente prima doveva arrivarci, da Ted, il che prevedeva superare frotte di agguerriti e pericolosi Mangiamorte… Solo dopo un paio di secondi, realizzò che probabilmente la maggior parte dei suoi nemici non stava meglio di lui, essendo stata investita in pieno dall’esplosione… Già, che diavolo era successo? Un minuto prima c’era Ares che blaterava di cavalli e quello dopo il mondo sembrava essersi spaccato in due… La prossima volta mi farò mettere a parte pure io dai contorti codici segreti di quei due, tanto per non farmi prendere alla sprovvista di nuovo…

Si portò una mano alla tempia destra e non si sorprese troppo nel trovarla sporca di sangue: gli pulsava in modo insistente e molto doloroso nel punto dove aveva violentemente sbattuto all’atterraggio. L’idea di muoversi e alzarsi non lo attraeva per nulla, ma non poteva restare lì in eterno: presto o tardi, Sylar o chi per lui l’avrebbe di certo notato. Così strinse i denti e ignorando le proteste del suo corpo ammaccato, fece forza sui reni e si mise a sedere. Rimase un pochino sorpreso: era rimasto in blackout non più di due minuti, ma Artemis era già riuscita a scatenare le fiamme dell’inferno, la zona dove fino a poco prima stava l’Arma stava venendo velocemente divorata dal fuoco. Alcune scariche magiche del nucleo in disfacimento arrivarono fino a lui e gli fecero pizzicare la pelle.

Non poteva restare lì, doveva andarsene. Una bacchetta, una bacchetta, mi serve con urgenza una bacchetta… Dove diavolo era finito il Mangiamorte che l’aveva Disarmato? L’unica cosa che c’era nelle vicinanze era un vecchio estintore piovuto da chissà dove…

Prima che potesse mettersi a cercare la sua bacchetta, anzi prima ancora che potesse mettersi in piedi, qualcuno lo afferrò per la collottola, sbatacchiandolo all’indietro e quasi strozzandolo. Si trovò a fissare negli occhi un Mangiamorte privo di maschera, con un orrendo sfregio sanguinante sulla guancia destra e gli occhi carichi di rabbia che lo scagliò con rudezza a terra, rivoltandolo con un calcio. Drew gemette di dolore: forse quelle costole incrinate non erano un problema al momento, ma se a causa dei calci gli avessero perforato un polmone sarebbe diventata tutta un’altra storia…

"Preparati a morire Potter!" sibilò il Mangiamorte, puntandogli alla fronte la bacchetta. "Tu e la tua piccola banda di sovversivi e le vostre idee…".

Mentre un sinistro bagliore verde illuminava la punta della bacchetta, Drew allungò freneticamente le mani tutto intorno a sé, alla disperata ricerca di qualcosa che potesse salvarlo. A parte detriti e pezzi di muro trovò solo l’estintore che aveva visto poco prima… Speriamo che funzioni…

Tirandosi indietro e masticando un paio di colorite imprecazioni per il dolore, deglutì a vuoto, scattò all’indietro e afferrò l’estintore con entrambe le mani. Il Mangiamorte probabilmente non ne aveva mai visto uno in vita sua, perchè gli rivolse un sorriso sardonico. "Vuoi stordirmi lanciandomi quell’arnese, Potter? Ti credevo più raffinato…".

"Ecco perché i Babbani sono più furbi di te, testa di gallina!" gridò Drew, sparandogli un gettò di schiuma gelata dritto in faccia. "Spero vivamente che ti ci strozzi!" aggiunse, alzandosi in piedi, mentre il Mangiamorte, confuso cadeva all’indietro cercando di liberarsi gli occhi.

Drew gli restituì il favore, mollandogli un calcio in mezzo al costato e un altro alla mascella: l’uomo rimase riverso e non si mosse più. Sospirò di sollievo, mentre il fumo gli faceva lacrimare gli occhi: dovevano andarsene da lì in fretta se non volevano morire tutti soffocati… Il ragazzo si guardò freneticamente intorno, stringendo convulsamente l’estintore, al momento l’arma migliore che avesse, alla ricerca della sua bacchetta. La trovò e fece per afferrarla, ma una mano, che sembrava sbucata dal nulla gli afferrò il polso, facendolo strillare dalla sorpresa.

"Tecnica d’attacco singolare" lo canzonò Lord Sylar, aumentando la stretta, zoppicando fuori dalle macerie. "Volevi per caso stordirmi con un urlo modello banshee?".

Drew notò con una punta di dispiacere che sembrava quasi totalmente incolume: qualche graffio e contusione e non poggiava il peso sulla gamba destra, ma niente di più. In compenso aveva perso la maschera e per correre ai ripari si era calato il più possibile il cappuccio sulla testa. Tuttavia a distanza ravvicinata, Drew riusciva comunque a distinguere chiaramente l’inconfondibile cicatrice a forma di saetta sulla fronte pallida, quasi traslucida. Da quanto tempo quella faccia non vedrà un raggio di sole?, si domandò, vagamente inquietato dal pallore quasi mortale di quel volto famigliare e sconosciuto insieme. Malgrado tutto non sembrava nemmeno eccessivamente preoccupato che la sua identità potesse venire scoperta.

"Da quando mi dai del tu, Sylar?" sibilò, cercando di divincolarsi, ma paradossalmente Sylar era in condizioni fisiche migliori di lui. "Come hai fatto a scampare all’esplosione?".

"Conosco magie e incantesimi che tu nemmeno ti sogneresti, Andrew, pensavi sul serio che un’esplosione alla Babbana potesse uccidermi?".

"Già, che peccato…" commentò aspro il ragazzo. "Per un minuto ci avevo quasi sperato. Ora lasciami se non vuoi mangiare schiuma…". Alzò l’estintore, anche se non era certo di poterlo attivare con una mano sola.

"Metti già quell’aggeggio, Andrew" gli consigliò placido Sylar, alzando la bacchetta con la mano libera. "Non costringermi a fare qualcosa di cui potrei pentirmi…".

"Da quando hai di questi slanci di pietà, papà?" domandò in tono sarcastico Drew, calcando ironicamente sull’ultima parola. "E da quando sei passato a questo confidenziale ‘Andrew’? Credevo di essere il signor Potter…".

"Le cose cambiano" fu la secca risposta. "Vieni con me e nessuno si farà male…".

"Tranne me e chiunque altro dei miei amici su cui metterai gli artigli, vero?" osservò Drew, carico di disprezzo. "Ammazzami qua, farai prima e risparmierai fatica a tutti e due. Lasciami andare!".

Si divincolò con furia, ma la presa dell’uomo era peggio di una morsa: ottenne solo di stortasi dolorosamente il polso. "Lasciami andare schifoso maledetto o giuro che urlo qui e adesso chi sei veramente…".

La bocca di Sylar si piegò in un sorriso sardonico. "Avanti fallo" lo sfidò. "Sono davvero curioso di vedere come affronteresti le molteplici conseguenze di questo gesto: siamo sempre allo stesso punto, Andrew, tu non dirai nulla, così come la tua amichetta, perché il tuo prezioso Ordine della Fenice si sfalderebbe come un castello di carte alla prima folata di vento…".

Drew l’avrebbe incenerito volentieri, l’avrebbe preso e gettato nel fuoco che alle sue spalle stava divorando ogni cosa: faticava sempre di più a coniugare quel freddo e crudele Mangiamorte con il ragazzo che popolava le storie di Sirius, Remus, Hermione e gli altri. Come facevano a essere la stessa persona? Era impossibile! Eppure quella cicatrice non lasciava adito a dubbi, sempre che ne avesse mai avuti…

"Perché insisti nel fare questo?" domandò, alla disperata ricerca di un senso. "Perché servi Voldemort? Ha ucciso i tuoi genitori e decine di altre persone a cui volevi bene… Chi pensi sia indirettamente responsabile della morte di mia madre? Ginny è stata uccisa dai Mangiamorte, magari proprio uno di quelli a cui tu adesso tiri il guinzaglio, il tuo cosiddetto signore ha ordinato la sua morte…".

Lo schiaffo lo colpì prima ancora che se ne rendesse conto: Sylar aveva alzato la mano talmente in fretta che nemmeno l’aveva vista arrivare. Solo il dolore bruciante alla guancia segnalava che qualcosa era cambiato rispetto a dieci secondi prima. Questo e l’ira che ora bruciava in quegli occhi color smeraldo.

"Taci, sciocco ragazzino!" gli intimò con voce vibrante di rabbia. "Taci e non parlare più di cose che non puoi capire…".

Drew era sconvolto: era talmente abituato a pensare a Sylar come un individuo privo di emozioni o quasi che vederlo in collera era quasi inquietante, oltre che sorprendente, una collera così intensa da deformargli il volto.

"Non osare mai più lanciare simili insinuazioni, mi hai capito?" proseguì Sylar. "Stupido moccioso…".

Se non fosse stato tanto sorpreso, forse Drew avrebbe capito che dietro a quello scoppio di rabbia improvvisa si celava ben altro. Ma quell’episodio era destinato a cadere dimenticato tra i ricordi del ragazzo per riemergere solo molto tempo dopo, in un quadro d’insieme ben più ampio…

Sylar lo fissava dritto negli occhi, propenso ad aggiungere altro, ma all’improvviso si portò le mani alla testa, gridando. Nello stesso anche Drew ebbe la netta impressione che una crivella gli perforasse il cranio. No, non di nuovo… fu l’unico pensiero che riuscì a formulare.

E poi sentì nuovamente quella voce piena di rabbia, solo più giovane e proveniente da qualche parte nel fondo della sua testa.

Ho affrontato cose ben più grosse di quanto non sia mai successo a voi, e Silente lo sa… Chi ha salvato la pietra filosofale? Chi si è sbarazzato di Riddle? Chi vi ha salvato la pelle, a voi due, dai Dissennatori? Chi ha dovuto superare draghi e sfingi e tutte quelle altre schifezze l’anno scorso? Chi ha visto Lui che tornava? Chi ha dovuto sfuggirgli? Io! *

L’immagine di una Hermione più giovane sull’orlo delle lacrime e di un Ron Weasley sbalordito e attonito…

La scena cambiò… Erano in aula scolastica, di fronte a lui stava una piccola insegnate infilata in un completo rosa che assomigliava stranamente a un rospo, la cui bocca era piegata in un sorriso sadicamente divertito…

… I vostri precedenti insegnanti forse vi hanno concesso licenze maggiori, ma poiché nessuno di loro avrebbe superato un’ispezione ministeriale, con la sola possibile eccezione del professor Raptor, che almeno pare essersi limitato a temi appropriati alla vostra età…

Sì, Raptor era un grande insegnante… Peccato per quel piccolo difetto di avere Lord Voldemort che gli spuntava dalla nuca!

E il sorriso che si allargava… Ritengo che un’altra settimana di punizione le farà bene, signor Potter *

L’immagine sbiadì e cambiò di nuovo: un’ampia sala circolare, arredata con poltrone e tavolini, illuminata dal fuoco scoppiettante. Di fronte a lui stava stava un Ron Weasley quattordicenne, rosso di collera.

Che te ne frega?, ringhiò la voce di Harry. Che ci fai quaggiù a quest’ora di notte?

Mi stavo chiedendo dov’eri… Scusa tanto, avrei dovuto capirlo che non volevi essere disturbato. Me ne vado subito, così potrai continuare a fare le prove per la prossima intervista in santa pace!

Un oggetto venne scagliato con violenza nell’aria, colpendo Ron alla fronte. Tieni, portati questa martedì… Magari adesso avrai anche tu una cicatrice, se sei fortunato… È questo che vuoi, no? **

E altre ancora, in un turbine infinito di colori e parole, troppo veloci per riuscire a dargli un senso: non sarebbe mai finita, sarebbe rimasto intrappolato per sempre in quel vortice di rabbia e sentimenti non suoi…

"SYLAR!" e subito dopo uno sparo.

Quella voce conosciuta, non meno carico di collera, proveniente dal mondo esterno, ebbe il potere, come già una volta era accaduto, di rendere nuovamente Drew consapevole della situazione: era riverso a terra, con la testa tra le mani, la bocca ancora distorta in un grido.

Sylar era a pochi metri da lui, confuso e sottosopra quanto lui, ma in ginocchio, che cercava affannosamente di rimettersi in piedi: malgrado tutto, aveva ancora la bacchetta tra le mani.

Mentre anche Drew cercava di tirarsi su, anche se le gambe sembravano intenzionate a tutto tranne che a reggerlo, Artemis corse verso di lui: era stata lei a gridare, a sparare, anche se aveva mancato il bersaglio. Ares era subito dietro di lei e teneva Sylar sotto tiro.

"Forza, tirati su" disse con una nota d’urgenza nella voce, prendendolo per le ascelle e sollevandolo a forza. "Dobbiamo andarcene, se non vogliamo fare la fine delle streghe medievali…".

Gli passò un braccio intorno alle spalle, di fatto sostenendolo completamente: Drew si rese improvvisamente conto che le fiamme si erano diffuse al resto della sala e stavano ormai lambendo il soffitto. Sarebbe bruciato tutto…

Sorretto da Artemis, superarono Sylar, immobile a terra e opportunamente Disarmato, con la bacchetta di Ares puntata dritto in mezzo alla fronte. Drew gli scoccò una rapida occhiata, mista di curiosità e confusione, stando però attento a non incrociarne lo sguardo. Che cosa hai fatto? Che cosa è successo?

"Ares, andiamo, presto" gridò Artemis per richiamare l’attenzione del compagno.

Ares prese a indietreggiare lentamente, senza perdere di vista l’avversario, coprendo le spalle agli amici: se aveva notato in Sylar qualcosa che tradisse la sua reale identità non ne fece parola.

Solo quando furono alla porta, si voltò e si fece lui carico di Drew, mentre Artemis si guardava freneticamente indietro. "Alla Passaporta, Artemis, immediatamente".

Non avevano fatto più di dieci passi che giunse loro la voce di Sylar, perentoria e ferma: "Inseguiteli, idioti: non lasciateli scappare!".

"Via, di corsa". Senza più preoccuparsi di eccessive cautele, Artemis partì a razzo e lo stesso fece Ares, prendendosi Drew in spalla modello sacco di patate. In un’altra occasione, il ragazzo avrebbe di certo protestato o si sarebbe come minimo sentito in imbarazzo, ma si sentiva ancora troppo debole per preoccuparsi di una cosa del genere: provava l’ormai famigliare sensazione che qualcuno gli avesse rivoltato il cervello come un calzino, sciami di pensieri incoerenti gli affollavano la mente, una scintilla di quella rabbia non sua ancora albergava in qualche angolo… E un’assillante domanda: che cosa stava succedendo? Perché quando lui e Sylar si incontravano, finivano per entrare uno nella testa dell’altro? Ma non accadeva nemmeno sempre: il loro primo incontro, avevano parlato per un quarto d’ora buono e non era accaduto nulla… O anche in quel momento: fino a che non aveva tirato in ballo sua madre, Sylar era stato perfettamente padrone della situazione. Ormai era certo che non fosse colpa di Sylar: era non meno sconvolto di lui quando il contatto si era interrotto. Ma essendo un Occlumante più esperto, probabilmente aveva capacità di ripresa migliori delle sue…

Troppi pensieri, troppe incoerenze: Drew desiderava solo lasciarsi cullare in quella tenebra d’incoscienza che sentiva farsi sempre più insistente, spegnere tutto e dormire…

Erano arrivati nella Central Lobby, con i Mangiamorte alle costole. Artemis si precipitò verso il piccolo David di Michelangelo, la loro Passaporta, la loro via di fuga…

"Ares, prendimi la mano" ordinò, frenetica.

Appena la mano del gigante si fu stretta nella sua, toccò la piccola statua: il famigliare strattone all’altezza dell’ombelico e tutti e tre furono risucchiati in un vortice di luce azzurrina, in salvo.

Quartier Generale

Dell’Ordine della Fenice

Londra

"Così va bene?" chiese Ethan, spostando titubante uno dei suoi alfieri in avanti.

Remus scosse gentilmente il capo. "L’alfiere si può spostare solo in diagonale, Ethan" spiegò. "E così rischi di lasciare scoperta la regina. È meglio se muovi la torre a sinistra, in F5".

Ethan fissò la scacchiera con aria dubbiosa, poi seguì il consiglio, lasciando la mossa a Kitty, che dal canto suo fissava ciascuno dei pezzi come se li detestasse a morte. Non lo riusciva proprio a capire quello stupido gioco: le stava facendo venire il mal di testa. Ma non aveva comunque intenzione di desistere: era una questione di principio, non voleva darla vinta al fratello!

Remus sorrise tra sé, rilassandosi sul divano da dove stava seguendo la partita. Per spezzare la monotonia dell’attesa di avere notizie del resto dell’Ordine e soprattutto per distrarre i due ragazzini, si era offerto di insegnare loro a giocare a scacchi; Ethan e Kitty avevano accettato con blando entusiasmo, grati di avere qualcosa da fare che tenesse la mente occupata. Così Remus aveva riesumato la sua vecchia scacchiera e si era immerso in un’accorata spiegazione su tecniche e strategie di gioco che i fratelli Dursley avevano cercato di assorbire come meglio potevano, prima di lanciarsi in una partita lunga e lenta, visto che nessuno dei due era mai certo di quale fosse la mossa migliore o la mossa giusta. Così, il gioco era quasi totalmente pilotato da Remus, che stava riuscendo nella gratificante impresa di battere sé stesso, visto che suggeriva in modo imparziale sia a Ethan che a Kitty.

Mentre la ragazzina era ancora immersa nelle sue riflessioni, Remus cercava di imporsi di stare calmo, anche se erano passate due ore ormai e non erano ancora arrivate notizie di nessuno. Non fare la mamma chioccia isterica, si disse. Solo perché non abbiamo ancora saputo nulla non significa che ci sia qualcosa che non va…

Provò a concentrarsi sulla partita, ma nel tempo che Kitty ci aveva messo prima di spostare un pedone, lui aveva già individuato altre tre possibili mosse e pure un metodo con cui Ethan avrebbe potuto dare scacco matto alla sorella in un paio di turni.

Tenne comunque la bocca chiusa, curioso di vedere come si sarebbe evoluta la situazione senza il suo intervento e cercò con lo sguardo Dora. Fino a cinque minuti prima, era seduta accanto al tavolino immersa come sempre nel suo mondo personale, ma nel tempo che Remus si era concentrato sulla partita, era sparita. Si rizzò di nuovo a sedere, un po’ preoccupato, guardandosi intorno: non poteva lasciare la casa perché tutte le porte erano saldamente chiuse, ma questo non significava che non potesse farsi del male in qualche modo. In quelle condizioni, era quasi più un pericolo per sé stessa che per gli altri.

"Dora?" chiamò, pur non sperando troppo in una risposta. "Dora, dove sei?".

Anche Kitty e Ethan alzarono gli occhi dalla scacchiera, allarmati. "Vado a vedere se è in cucina?" chiese Kitty, facendo per alzarsi, sapendo che per Remus muoversi era difficile, soprattutto dopo la nottataccia appena passata.

Fu in quel momento che risuonò il CRACK proveniente dal giardinetto sul retro e il rumore di qualcosa che si rovesciava fragorosamente dalla cucina.

Remus portò subito la mano alla bacchetta, preoccupato. Aspettò tre secondi, poi non sentendo il suono di voci famigliare, si tirò faticosamente in piedi, prendendo il bastone: se fosse stato qualcuno dell’Ordine sarebbe di certo già entrato in casa…

Anche Ethan era balzato in piedi, agitato: fece per andare verso la cucina, ma Remus lo fermò. "State qui" ordinò. "Se mi sentite gridare, prendete la Metropolvere e andatevene: qualcuno verrà a cercarvi…".

Annuirono, spaventati e rimasero fermi a guardare Remus allontanarsi con la bacchetta puntata. Appena arrivato in cucina, trovò Dora schiacciata contro il muro, i capelli di un allarmante bianco latte, un’espressione spaventata dipinta in volto: nella foga di alzarsi aveva rovesciato una sedia.

"Dora?" la chiamò dolcemente Remus, avvicinandosi con cautela. "Tesoro, che succede?".

La donna si volse verso di lui con uno scatto felino, lo scrutò alcuni istanti e poi rilassò i muscoli delle spalle, riconoscendolo. "Remus" disse con voce fievole, muovendo qualche passo incerto verso di lui.

Il marito le rivolse un sorriso incoraggiante, stringendola dolcemente per le spalle, un po’ sorpreso: Dora di solito lo riconosceva, almeno a livello inconscio, ma ben di rado lo chiamava per nome. Anzi, spesso non parlava per settimane, se non quando era preda degli incubi. Non si illudeva che fosse un miglioramento: semplicemente quel rumore, qualunque fosse la causa, doveva averla spaventata parecchio.

"Remus" ripeté Tonks. "Non lasciare che mi portino via…".

"Sono qui, Dora, tranquilla…" la rassicurò Remus, corrugando la fronte: chissà a cosa la mente confusa di Dora aveva associato il rumore della Materializzazione appena avvenuta là fuori…

Alzò di nuovo la bacchetta, facendo per dirigersi verso la porta sul retro, ma Dora lo bloccò. "Non andare" lo implorò. "Mi verranno a prendere se te ne vai…".

"Non vado da nessuna parte, amore… Sono qui".

La donna si attaccò alla sua manica e Remus si rassegnò: avrebbe preferito spingerla in salotto insieme a Ethan e Kitty, ma non poteva costringerla. Facendo in modo di frapporre il suo corpo tra la porta e la moglie, si avviò in quella direzione: se ci fosse stato sul serio qualche Mangiamorte in agguato avrebbe potuto fare ben poco, ma forse l’avrebbe rallentato abbastanza da permetterle di scappare.

Ma scoprì presto che le sue paure erano completamente infondate, quando aprendo l’uscio si trovò davanti Sirius e Luna, stesi l’una sopra l’altro in una posizione abbastanza equivoca, in un cratere di erba bruciata dall’apparizione improvvisa. Il momentaneo sollievo fu subito sostituito da nuova preoccupazione, quando si rese conto che qualcosa non andava: Luna, con il viso rigato di lacrime, stava scuotendo con forza Sirius, sinistramente immobile sotto di lei.

"Cosa è successo?" gridò Remus, in preda al panico, scattando in avanti e trascinandosi dietro Dora.

Luna non parve nemmeno sentirlo, continuando a tirare l’Animagus per la camicia. "Sirius! Sirius! Non provare a morire, hai capito!? Svegliati, stupido idiota! Cagnaccio pulcioso, svegliati!".

Gli mollò un sonoro ceffone e stava per ripetere la mossa, quando Sirius aprì lentamente gli occhi. Sbatté le palpebre un paio di volte e poi rivolse un pallido sorriso a Luna. "Ehi, piccola…".

Luna sorrise tra le lacrime. "Stai bene?" chiese esitante.

"Padfoot?" aggiunse Remus, altrettanto preoccupato, chino su di lui per quanto glielo permetteva la gamba ferita. "Come ti senti?".

Sirius chiuse gli occhi come per pensarci, per un attimo parve svenuto di nuovo, poi disse: "Dammi un bacio, Luna, e mi sentirò molto meglio…".

Luna scoppiò in una risata mischiata a un singhiozzo, mentre anche Remus si rilassava, rassicurato. "Sì, sta benissimo" constatò. "Adesso me lo dite che è successo?".

Luna fece per aprire la bocca, ma il sollievo fu repentinamente sostituito dall’ira: invece di tirarsi su, cominciò a tempestare di pugni l’uomo ancora intrappolato sotto il suo corpo. "TU! Brutto idiota irresponsabile!" cominciò a sbraitare, sotto lo sguardo allibito dei due Malandrini, sottolineando ogni parola con un’altra percossa. "Imbecille di un Black! Testa di Ricciocorno! Pazzo geneticamente ritardato!".

Sirius cercava invece di ripararsi senza troppo successo da quella pioggia di colpi. "Ahio, ahio! Luna, smettila! Ma che ho fatto?!".

"E hai pure il coraggio di chiedermelo, stupido di un Black? Mi hai fatto quasi venire un infarto! Mi hai spaventato a morte! Tu… tu… tu…".

Remus decise che fosse meglio intervenire per salvare l’amico dalla morte per pestaggio. "Ehi ragazzi!" chiamò per attirare la loro attenzione. "Io credevo che foste andati a salvare il mondo, mica a un appuntamento galante… Posso capire la tensione erotica, ma perlomeno potevate resistere fino alla camera da letto: ci sono dei minorenni in casa…".

Ridacchiò spudoratamente, mentre Sirius e Luna prima lo guardavano perplessi, poi realizzavano l’equivoca posizione in cui erano atterrati, si scambiavano un’occhiata atterrita e infine Luna scattava indietro come percorsa da una scarica elettrica. "Tu, pazzo maledetto!" continuò a strepitare comunque la donna, senza comunque accennare a toccarlo, mentre Sirius si tirava lentamente a sedere. "Disgrazia della natura… Avrebbero dovuto sopprimerti nella culla!".

"Posso sapere che è successo?" chiese di nuovo Remus, ansioso di sapere.

Sirius aprì la bocca per rispondere, ma Luna lo prevenne. "Si buttato! Dalla cima del Big Ben! Ecco cosa è successo: eravamo lì, circondati dai Mangiamorte, lui mi ha preso e si è buttato di sotto!".

"Ci tengo a sottolineare che ti ho anche salvato la vita" protestò Sirius: ora che lo sentiva ad alta voce da un altro con la mente fredda, si rendeva conto di quanto sconsiderata fosse stata la sua azione. "Quel tipo ti stava sparando un’Avada Kedavra dritto in faccia…".

"Non mi interrompere, tu, cane degenerato!" lo zittì Luna. "Mi sono quasi presa un colpo quando ti sei lasciato cadere, imbecille! E Smaterializzandoti a quella velocità rischiavi comunque di spezzarti la schiena nell’arrivo: sei un’idiota, un pazzoide, dovrebbero rinchiuderti, tu, brutto, brutto…". E per completare degnamente la scenata, scoppiò in singhiozzi isterici, biascicando altri insulti e portandosi le mani al volto. "Credevo di averti perso…" riuscì a mormorare.

Sirius si tirò su lentamente, gattonando fino a lei e abbracciandola dolcemente. "Anch’io l’ho pensato…" sussurrò, mentre lei continuava a piangere contro il suo torace.

Remus, dal canto suo, si sentiva decisamente di troppo: avrebbe chiesto spiegazioni e rimproverato il suo amico sconsiderato più tardi. Prese per mano Dora, tranquillizzandola con un sorriso (tutto quel rumore l’aveva messa in agitazione) e si defilò con discrezione, sentendosi un po’ rassicurato.

Era appena tornato in salotto con Dora al seguito, tranquillizzando Kitty e Ethan, quando la porta principale si aprì e comparve il resto dell’Ordine, ammaccato, ma comunque incolume.

"State tutti bene?" domandò ansioso.

Hermione annuì. "Per un pelo forse, ma sì. Ci sono notizie di Sirius e Luna?".

Remus indicò con un cenno del capo la cucina. "Sono di là, stanno bene, da quello che ho potuto capire… Ares, Drew e Ally?".

Gli altri si scambiarono un’occhiata a disagio. "Non ci siamo incontrati" spiegò Ted. "Ci hanno fatto sapere che l’Arma era distrutta, era pieno di Mangiamorte, l’incendio si stava propagando: siamo dovuti scappare…".

Remus li passò in rassegna uno ad uno. "Non sapete niente di loro?".

"Staranno arrivando" cercò di rincuorarlo Fred.

"Probabilmente hanno avuto il nostro stesso problema con i Mangiamorte…" aggiunse George con un sorriso incoraggiante. "Li avranno rallentati un po’…".

"I gemelli hanno ragione, Remus" dichiarò Hermione. "Sono certa che saranno qui da un momento all’altro…".

Remus annuì, non del tutto rincuorato, e tornò a sedersi stancamente sul divano. Dora lo seguì docile, dopo aver rivolto un timido cenno di saluto a Ted.

"Andrò a mettere su del the" annunciò Hermione. "Credo che ne abbiamo tutti bisogno, in questo momento…".

Non aveva nemmeno fatto in tempo a lasciare la stanza che Ares, Artemis e Drew comparvero, acciaccati e bruciacchiati, atterrando dolorosamente sul tavolino: pezzi degli scacchi schizzarono da tutte le parti, mentre il povero mobile cedeva di schianto sotto tutto quel peso.

"Oh, porco Merlino" imprecò Artemis, lasciando andare la Passaporta. "Credo di avere un alfiere conficcato nel fegato…".

"Allison Lupin, ma che razza di linguaggio è questo!?" la rimproverò Remus in un riflesso automatico.

Artemis girò la testa all’indietro. "Ehi, papà, come va?".

"Dovrei chiedertelo io…" sbuffò il diretto interessato. "State bene?".

La ragazza rotolò su sé stessa per mettersi seduta, passando in rassegna tutti i presenti e sorridendo sollevata nel vedere tutti incolumi. Corrugò la fronte quando notò un paio di assenti. "Sirius e Luna?".

"Di là" fu la risposta. "Scossi, ma illesi. Ora me lo vuoi dire cosa è successo o no?".

Artemis aprì la bocca per rispondere, ma Ares la chiamò. "Artemis, Drew…".

"Oh, porco Merlino!" ripeté di nuovo la ragazza. Si voltò talmente bruscamente da far schioccare le ossa del collo, cercando con lo sguardo il giovane Potter. "Ehi, Potter scavezzacollo…" lo chiamò.

Non ottenne risposta: Drew giaceva privo di sensi tra le braccia di Ares.

"Cosa è successo?" esclamò Hermione, balzando in avanti, seguita da Ted. Ares si fece rispettosamente da parte, lasciando il campo a chi più esperto di lui.

"Sylar ha cercato di possederlo di nuovo" disse Artemis, glissando sulla parte che vedeva anche Sylar steso a terra che urlava. "Ho cercato di fermarlo, ma eravamo lontani e c’era il fumo e tutti quei Mangiamorte…".

Dopo un rapido esame superficiale, Ted annuì con aria rassicurante. "Ha solo bisogno di riposare: di certo la possessione non è durata più di un paio di minuti e l’intervento di Ally l’ha interrotta completamente. Il cervello era in sovraccarico dopo un simile stress e ha semplicemente chiuso bottega per qualche ora. Starà bene…".

Il responso fece rilassare tutti, lasciando che l’euforia e la gioia prendesse il posto della preoccupazione. Il piano aveva funzionato alla perfezione: l’Arma non avrebbe potuto nuocere a nessuno e loro erano tutti sani e salvi.

"Fred, George, rendetevi utili e aiutatemi a portare il bello addormentato a letto" intimò Ted. "Con cautela: ci sono un paio di costole fratturate…".

"Ma Ted, noi siamo la cautela fatta persona!" obiettarono i gemelli, alzandosi per eseguire gli ordini.

Artemis osservò il terzetto portare via Drew incosciente: quando si fosse svegliato, avrebbero avuto molte cose di cui parlare. Fino a quel momento non aveva dato peso all’affermazione secondo cui due settimane prima Sylar aveva posseduto Drew per sbaglio, ma ora le cose erano cambiate: aveva visto con i suoi occhi Sylar a terra, debilitato non meno di Drew, quando aveva interrotto il contatto. La cosa non ha senso: una possessione non può cominciare da sola, non si entra per sbaglio nella mente di qualcuno… Ma se non è stato Sylar a cominciare e certo non può essere stato Drew, allora chi è stato?

Scacciò quell’interrogativo dalla testa: non era il momento. Adesso doveva solo essere felice. Sorrise a Remus e si arrampicò sul divano al suo fianco.

"Visto che è andato tutto bene, lupo paranoico?" sorrise.

"Sono un padre: è mio dovere essere così" si giustificò Remus, avvolgendola con un braccio. "Ora che questa storia è finita, potremo vivere in pace per un po’…".

Artemis annuì, accoccolandosi contro di lui. Pace, quella parola aveva quasi perso di significato per lei. Ma era vero: senza l’Arma, il Ministero avrebbe dovuto rimandare qualunque piano di conquista. L’Ordine sarebbe sparito dalla circolazione per un po’, per riorganizzarsi e preparare la prossima mossa.

E nel frattempo io cercherò una cura per mamma e mi godrò un po’ di tempo con te, papà…

Sembrava il programma perfetto, ma purtroppo il destino aveva altri progetti in mente…

* JK Rowling, Harry Potter e l’Ordine della Fenice

** JK Rowling, Harry Potter e il Calice di Fuoco

LYRAPOTTER’S CORNER

E vissero per sempre felici e contenti… sì, vi piacerebbe! E prendetelo pure come un avvertimento: il lieto fine almeno al momento non è affatto in programma, scusate. Perciò, visto che so già che al prossimo capitolo cominceranno a piovere le granate, vi metto sull’avviso già da subito: qua ci scappa il morto (o i morti) e sarà una brutta, sporca e triste faccenda!!!!! Anzi, se vi impegnate, magari riuscite pure a capire chi è: fate mente locale, chi l’Obi Wan Kenobi della situazione?

E nel frattempo vi lascio con un altro interrogativo a complicare il già intricato quadro: cos’hanno di sbagliato le teste di Drew e Sylar? Eh, anche qui la strada per la verità sarà lunga…

Ah, penso che le scene flashback che ho inserito siano abbastanza chiare, ma se non capite qualcosa del contesto fatemi sapere…

E ora passiamo ai ringraziamenti:

Deidara, in questi giorni sono una pentola in ebollizione, sarà che muoio dalla voglia di cominciare la seconda parte, sarà che la mia musa in questi giorni è particolarmente ispirata, sarà che non ho niente da fare, ma scrivo come una matta! Grazie come sempre, chissà cosa penserai adesso nel vedere Sirius e Luna… Non sono riuscita a spaventare nessuno con il mio Avada, sarà che nemmeno io sono così cattiva da uccidere Luna proprio davanti a Sirius, gliene ho già date troppe…

Lady Lynx, uuuuh, nome nuovo, mi gaso sempre quando vedo nomi nuovi. Grazie, grazie e grazie, spero che recensirai ancora e di aver domato la tua curiosità…

LadyMorgan, beh guarda, sugli orari sono l’ultima a poter parlare, perché anch’io come puoi vedere tre quarti delle volte posto alle ore più indecenti: ma il mio orologio biologico è tutto sballato, visto che è dalle otto di sera in poi il mio periodo più prolifico! Niente Nargilli per stavolta, Sirius ha rispolverato il suo vecchio mantello da supereroe, così da mantenere alta la nostra opinione di lui… E lo so, tutti vi aspettavate un bel finale allegro, pure la mia coscienza mi suggeriva in tal senso, ma noi (io, PierGiulio e la mia sadica Musa) abbiamo deciso diversamente: mi sa che al prossimo capitolo vorrai cruciarmi, ma pace… Nel tuo bel quadro, ti sei dimenticata di Sylar e la sua testa che fanno i capricci! Alla prossima, Silvia 2, perché il male non muore mai!

Ino chan, un’altra che al prossimo capitolo mi vorrà uccidere tra atroci sofferenze… Io sono la prima che sbrocca, hai proprio ragione, ma sono l’(in)coerenza fatta persona!!!!! E sì, il tuo pensiero mi è arrivato chiaro e tondo!!!!!

Meno quattro capitoli alla fine!!!!!

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Capitolo 29
*** Tradimento ***


MAGIC WARS

CAPITOLO XVIII: TRADIMENTO

Ministero della Magia,

Londra

Non poche teste caddero nei due giorni seguenti al Ministero per la distruzione dell’Arma: l’Ordine della Fenice aveva mandato in fumo un progetto in piedi da quasi un decennio in nemmeno tre ore e per questo Lord Voldemort era ragionevolmente alterato. In effetti, definire alterato lo stato d’animo del Primo Ministro era quanto meno eufemistico, visto che aveva rimandato cadaveri tutti coloro che avevano avuto la malaugurata sorte di essere da lui convocati perché in qualche modo ritenuti responsabili di quanto accaduto, cosa che aveva ulteriormente incrementato il numero di perdite subite dal Ministero… Non che qualcuno avesse abbastanza faccia tosta per farlo notare all’Oscuro Signore, ben inteso.

L’unico che si era salvato dalla carneficina generale e che, per contro, aveva spedito più di un innocente impiegato al San Mungo per gravi lesioni da Incantesimo, era ovviamente Lord Sylar. Era rimasto al cospetto di Voldemort cinque lunghe ore, in cui alla sonora e dolorosa strigliata erano seguiti ordini perentori: Lord Voldemort voleva l’Ordine annientato e ridotto all’impotenza una volta per tutte e Andrew Potter in suo potere.

Così, Sylar si era prodigato a imparare alla perfezione l’antico Incantesimo della pergamena e a tirare per bene il guinzaglio di Draco Malfoy, ancora alle costole di Keith Bones. Probabilmente, visto che stavano tutti scivolando su una china pericolosa in quei giorni, sarebbe stato più logico che si occupasse personalmente di quella faccenda, specie se si consideravano i non proprio brillanti di Draco negli ultimi tempi, ma Sylar non era proprio nelle condizioni ideali per un incarico diventato così delicato e prioritario.

L’incontro con Drew l’aveva lasciato debilitato sia fisicamente che mentalmente, una condizione a cui doveva porre rimedio il più in fretta possibile, soprattutto perché almeno per il momento era riuscito a tenere nascosto l’episodio a Voldemort, cosa abbastanza sorprendente e dettata quasi sicuramente da un misto di fortuna sfacciata e scarsa concentrazione del suo signore, troppo infuriato in quei giorni per avere totale controllo delle sue doti di Legilimante. Non sapeva cosa fosse successo e non gli importava, sapeva solo che era di capitale importanza che non accadesse di nuovo: se fosse collassato durante l’attacco al nascondiglio dell’Ordine, qualcuno avrebbe cominciato a fare domande scomode… Così, aveva passato quei due giorni a intensificare al massimo e anche di più le sue barriere mentali per evitare che simili incidenti si ripetessero di nuovo.

Tutto questo, l’aveva portato in uno stato molto simile all’ira perpetua, tant’è che pur non avendo mai brillato particolarmente di pazienza, in quei giorni era peggio di una bomba a orologeria, scattava per la minima stupidaggine e a farne le spese erano di solito subalterni con poco o niente a che fare con i suoi problemi… Ma se tutto andava secondo i suoi piani, presto avrebbe avuto qualcun altro su cui sfogare la sua rabbia repressa: questo pensiero confortante lo aveva aiutato a tirare avanti in quei due lunghi, estenuanti giorni fino ad arrivare a quel momento.

Draco finì la sua relazione sugli spostamenti di Keith Bones, cercando di tenere un viso impassibile. "Questo è tutto, mio signore".

Fu con immenso sollievo che vide Sylar fare un breve cenno d’assenso con il capo. "Molto bene, Draco… Molto, molto bene… Sei certo di non esserti fatto vedere, vero?".

"Assolutamente, mio signore" lo rassicurò in fretta Malfoy. "Sono stato attentissimo".

"Eccellente… Bene, Draco, hai sostanzialmente confermato i miei sospetti". Rifletté un attimo tra sé, poi riprese: "Chi c’è sopra Bones?".

Draco corrugò la fronte, pensandoci. "Credo fosse alle dirette dipendenze di Avery, mio signore…".

Sylar annuì. Peccato che in quel preciso momento Avery fosse al San Mungo più morto che vivo con il doppio trattamento ricevuto dall’Ordine e da Voldemort. "Sì, lo immaginavo. Beh, chiunque sostituisca quell’incapace, vagli a dire che deve convocare Bones e spedirmelo qua… All’istante!".

Malfoy annuì con vigore, solerte come un cucciolo in cerca di approvazione. "Certo, mio signore, subito mio signore".

"E organizza una squadra di Mangiamorte: dobbiamo piombare sull’Ordine prima che capisca che c’è qualcosa che non va e possa fuggire. Ordina un controllo serrato dei Camini: tagliando fuori la Smaterializzazione, sarà il mezzo di fuga più probabile per eventuali superstiti…".

"Con tutto il rispetto, mio signore, è improbabile che abbiamo delle linee collegate alla Metropolvere a nostra insaputa" obiettò Malfoy, pentendosene subito.

Infatti, Sylar lo incenerì con lo sguardo. "Non pensare, Draco: di solito non ottieni risultati particolarmente brillanti quando lo fai… Ubbidisci e basta: dove c’è un ratto, possono essercene due e io non intendo correre rischi…".

"Un’altra spia, intende?".

"Intendo precisamente questo: Bones potrebbe non essere l’unico a fare il doppio gioco… Nel caso, lo scoprirò a breve".

Calò un pesante silenzio, mentre Sylar considerava fra sé tutte le possibili ipotesi. Quando rialzò gli occhi, fulminò nuovamente Malfoy, fermo impalato nello stesso punto. "Ancora qui sei? Aspetti un invito scritto per andare ad eseguire i miei ordini?".

"Oh, sì certo, perdonatemi!" esclamò Draco, saltando come una molla, inchinandosi e facendo per uscire.

"Ah, Draco" lo fermò Sylar, senza guardarlo, voltandosi verso le finestre.

"Sì, mio signore".

"Lungo la strada, manda un messaggio ad Azkaban" disse Sylar, mente le labbra si increspavano in un ghigno malignamente soddisfatto.

"Azkaban?".

"Sì. Convoca Julius con la massima urgenza. Digli che gli offro un degno premio di consolazione per non avergli lasciato Allison Lupin tre settimane fa: gli illuminerà la giornata…".

******

Christie e Keith stavano giusto rientrando dalla pausa pranzo. Mentre scendevano nell’Atrium, Christie indossò di nuovo il mantello d’ordinanza, con una smorfia di disgusto. "Detesto questa stupida uniforme…" sbuffò, picchiettando con disapprovazione il piccolo Marchio Nero cucito sopra.

Keith le rivolse un sorriso mite. "Pensa a tutto quello che abbiamo fatto di buono indossando questa stupida uniforme…".

"Già, probabilmente hai ragione" concordò la ragazza. "Parlando di questo, mi stavo quasi dimenticando…".

"Che cosa?".

I due tacquero un attimo, mentre le porte dell’ascensore si aprivano e loro si mischiavano alla folla. Quando fu certa che nessuno li stesse ascoltando, Christie riprese: "Mi hanno mandato un messaggio stamattina: questa sera hanno organizzato una festicciola per celebrare la vittoria, ora che Moony si è ripreso…".

"Immagino dovremmo occuparci delle vivande?" osservò Keith, con un luccichio divertito negli occhi.

"Ho già ordinato una torta da Mielandia" confermò la ragazza, mentre i due si mettevano in fila agli ascensori per scendere ai loro uffici. "Ci sarà scritto sopra "Buon Compleanno", ma pazienza… Che hai da guardarmi così?" protestò, notando che Keith la osservava con sardonico divertimento. "Mica potevo farci scrivere "Alla faccia tua, Signore Oscuro dei miei stivali"!".

"Ah, beh, l’importante è che sia buona… Non credo che gli altri si formalizzeranno più di tanto…".

"No, infatti… Andrò a ritirarla a fine turno. Mi accompagni, poi andiamo a Chalmers Road insieme?".

"Fammi pensare… Accidenti, sono stato invitato a prendere il the dal fantasma di Mago Merlino, che disdetta! Se me l’avessi detto prima!".

Christie roteò gli occhi, dandogli un pungo scherzoso alla spalle. "Che idiota che sei, Bones! Come faccio a essere amica di un simile idiota proprio non lo so!".

"Per il mio naturale fascino e carisma. Ti facevo capitolare già ai tempi della scuola, ricordi?".

"Io ricordo che tu facevi l’idiota e io, ancora più idiota di te, ti davo spago per qualche oscura ragione che nemmeno Merlino saprebbe dire…".

"Quinto Livello" annunciò la fredda voce femminile, quando le porte dell’ascensore si aprirono tintinnando. "Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale".

"Ops, credo che questa sia la mia fermata" osservò Keith, facendosi largo tra la folla per uscire.

"Facciamo alla fine del turno nell’Atrium?" gli gridò dietro Christie.

"Tienimi il posto" rispose Keith, alzando il pollice in segno di conferma.

Il sorriso esasperato di Christie fu l’ultima cosa che vide prima che le porte si richiudessero: ancora non lo sapeva, ma quella era l’ultima volta che si vedevano…

Non fece nemmeno in tempo ad arrivare alla sua scrivania che Millicent Bulstrode, il suo nuovo temporaneo arcigno superiore, gli sbucò davanti. "Con comodo, eh, Bones?" lo apostrofò, con voce irritata.

"Veramente, la pausa pranzo termina tra ventisette secondi, signora" precisò Keith, dopo una rapida occhiata all’orologio. "Quindi sono in perfetto orario".

Merlino, aveva intorno quella donna solo da due giorni e aveva già capito che sarebbe stata peggio di Avery, il che è tutto dire: lo stava mandando al manicomio. Bones qui, Bones là, Bones fa questo, Bones fa quello, neanche fosse stato l’unico a lavorare in quel reparto: sembrava averlo scambiato per il suo schiavetto personale!

Millicent lo fulminò con lo sguardo. "Modera i toni, ragazzo: io non sono una pasta frolla come Avery, se non mi porti rispetto, te la farò pagare!".

Ma se ti ho pure chiamata signora, sottospecie di arpia!, sbuffò tra sé Keith, che tuttavia ebbe il buonsenso di parafrasare questa frase in un decisamente più educato: "Ma certamente, signora: non accadrà più!".

"Vorrei ben vedere" sbuffò la donna. "Comunque, Lord Sylar ti vuole parlare: ti ha convocato con urgenza nel suo ufficio".

Al sentire nominare il viceministro, Keith sentì lo stomaco attorcigliarsi in una fitta automatica di panico: che cosa voleva Sylar da lui? Era poco più di un impiegato… Non è che… No, è impossibile: come potrebbe sospettare qualcosa?

"Lord Sylar?" ripeté, cercando di controllare il tono di voce. "Per che cosa vuole parlarmi?".

"Ma che vuoi che ne sappia?!" sbottò Millicent sdegnata. "Ti sembro forse la sua segretaria? Lavoravi a stretto contatto con Avery, no? Vorrà farti qualche domanda sulla fuga di notizie che ha portato l’Ordine della Fenice all’Arma…".

Keith annuì, anche se la cosa non lo convinceva: l’avevano già interrogato per questo, ai tempi in cui i Piani erano stati trafugati ed era riuscito a non destare sospetti. Ma in effetti, per cos’altro poteva essere?

"Forza, muoviti!" gli intimò Millicent, dandogli una spinta. "Non si fa aspettare Lord Sylar, soprattutto in questi giorni…".

"Sì, sì, ho capito, vado" sbuffò Keith, avviandosi.

"E per quando torni, voglio quel documento sui danni a Westminster entro stasera, Bones, capito?".

Keith le fece un vago cenno con la mano, resistendo a stento alla tentazione di farle un gestaccio. Le dovrò truccare il caffé: una bella pozione lassativa e me la levo dai piedi per qualche ora… Merlino, non avrei mai pensato di poter rimpiangere Avery…

Mentre ripercorreva a ritroso il percorso appena compiuto diretto all’ufficio di Sylar, lasciò da parte quei pensieri poco costruttivi e tornò a interrogarsi su cosa il viceministro potesse volere da lui. Possibile che sospettasse sul serio qualcosa? In fondo il nome della sua famiglia era abbastanza pericoloso, anche se il ministero sapeva benissimo che non sentiva sua cugina Susan da anni, visto che gli controllava periodicamente la posta…

Ah, il ruolo della spia è decisamente troppo stressante: sto diventando paranoico, si disse, scacciando quei pensieri poco rassicuranti. Di certo starà rifacendo il giro degli impiegati per interrogarli sull’Arma, dopo quello che è successo due giorni fa…

Malgrado questa convinzione, una volta giunto davanti alla porta dell’ufficio di Sylar esitò prima di bussare. Aveva la maledetta sensazione di star facendo la fine dell’agnello che si infila di sua spontanea volontà nella tana del lupo: era quasi certo che fosse solo suggestione, ma cosa poteva farci? Camminava sul filo di lana da quasi quattro anni, conosceva bene quella sensazione: il moto vigilanza costante per una spia come lui e Christie valeva il doppio.

Prima entro, prima finisco e torno a occuparmi dell’arpia, pensò. Togliamoci il pensiero…

Intensificò le sue barriere mentali, si stampò in faccia un sorriso ossequioso (pur nel suo alto disprezzo per qualunque autorità, non sarebbe mai stato così stupido da rivolgersi a Sylar come si era rivolto a Millicent poco prima) e bussò con decisione.

"Avanti".

Keith entrò, con il cuore che suo malgrado batteva al doppio del normale e lo stomaco contratto. "Mi avete convocato, mio signore?".

Sylar sorrise dietro la maschera: non c’era sospetto nel volto del ragazzo, solo il normale con cui tutti si rivolgevano a lui. Eccellente, Draco ha fatto un buon lavoro questa volta… "Prego, signor Bones, si accomodi" gli disse, indicandogli la sedia.

Keith ubbidì, con tutti i sensi all’erta, teso come un corda di violino: era facile dirsi di stare calmo, farlo era tutto un altro paio di maniche. "Posso chiedere perché volete vedermi, milord?" domandò, cercando di mantenere un tono rispettoso.

"La vedo un po’ nervoso…".

"Ho molto lavoro da fare" spiegò il ragazzo. "E poco tempo per farlo".

"Non le ruberò molto tempo, signor Bones" lo rassicurò Sylar. "Una tazza di the?".

Senza neanche attendere la sua risposta gli allungò una tazzina, aspettandosi chiaramente che lui la bevesse. Veritaserum, si disse Keith, per nulla sorpreso. Era una pratica standard durante gli interrogatori. Si dispiacque di non aver fatto in tempo a bere l’antidoto che teneva nella sua scrivania, avrebbe potuto bere senza problemi. In quel modo, gli sarebbe toccato fingere e sperare che Sylar non lo notasse.

Non dovette farlo, perché non fece commenti quando Keith si portò la tazza alle labbra e finse di bere un paio di sorsi. "Perdonatemi" disse subito dopo, tenendosela stretta al petto per non far notare che era ancora piena. "Ho ancora in bocca il sapore del pranzo…".

Sylar accettò la scusa con un cenno d’assenso: entrambi sapevano bene che un solo sorso era più che sufficiente perché il Veritaserum avesse effetto. "Certo, capisco. Mi dica, signor Bones, è soddisfatto del suo impiego qui al Ministero della Magia?".

"Oh, suppongo di sì. Sì, sì, certo" confermò Keith, enfatizzando la risposta con un cenno d’assenso. "Il signor Avery accennava a una promozione entro la fine dell’anno…".

"Sì, ho dato un’occhiata alla sua cartella. Un curriculum davvero considerevole, signor Bones: potrebbe arrivare molto in alto, potrebbe essere un buon Mangiamorte…".

"Non è la carriera che fa per me, mio signore" lo smentì Keith. "Preferisco il lavoro d’ufficio… E la mia famiglia non desiderava che intraprendessi quella particolare professione…".

Sylar lo osservò sorpreso. "Curioso" commentò. "Sono poche le persone che ho sentito fare un discorso simile in questi anni: quasi tutti i suoi coetanei ambirebbero a essere degni di prendere il Marchio…".

"Non è una carica che si può prendere con leggerezza. E io non mi sento portato…". Keith era sempre più perplesso: Sylar l’aveva convocato fin lì per convincerlo a farsi marchiare? In tal caso, avrebbe dovuto arrendersi: piuttosto che diventare un Mangiamorte, Keith si sarebbe fatto uccidere.

"Davvero?" fu il commento di Sylar. "Eppure con i suoi risultati scolastici… Ai M.A.G.O. ha collezionati voti dalla O in su, perfino un Eccezionale in Arti Oscure e Amycus Carrow non è certo clemente con i suoi allievi… Lei era a Tassorosso, vero?".

Keith annuì. "Sì. Tradizione di famiglia: i Bones sono a Tassorosso da generazioni".

"Buon sangue non mente. Mi dica, ha conosciuto Allison Lupin quando era ad Hogwarts? So che anche lei fu smistata a Tassorosso…".

"La conoscevo di vista" rispose Keith cauto, chiedendosi dove quella conversazione lo stesse portando. "Ero Prefetto quando lei era al primo anno: a quell’età, sei anni sono una differenza notevole, capite… Mi ha dato parecchi grattacapi, comunque: l’ho dovuta mettere più volte in punizione…".

Questa in realtà era una mezza bugia: era vero che qualche volta aveva punito l’allora undicenne Artemis, ma erano state molte di più quelle in cui l’aveva coperta e salvata dai crudeli castighi di Malfoy e soci. "Dopo il diploma, non l’ho più vista" riprese. "Ho letto sui giornali quello che le è capitato…".

"Quindi, lei e la signorina Lupin non eravate amici, dico bene?" domandò ancora Sylar.

"L’ho già detto, da ragazzi, sei anni sono tanti: lei era poco più di una bambina e io… beh, non posso dire che fossi un uomo, ma non ero interessato a fraternizzare con i ragazzini… Perciò, no, non eravamo amici" concluse, torcendo nervosamente un lembo del mantello: dove voleva andare a parare Sylar con quel discorso?

"Capisco" fu l’asciutto commentò di Sylar. "E allora, mi dica, visto che sono molto curioso di sapere quale sarà la sua risposta, signor Bones, che cosa l’ha spinta ha unirsi all’Ordine della Fenice e tradire il Ministero e l’Oscuro Signore?".

Quelle parole gelarono Keith sul posto. Non l’ha detto sul serio… Non può averlo detto sul serio… "Che cosa…".

Sylar alzò le mani per troncare sul nascere la sua protesta. "Si risparmi patetici tentativi di difesa, signor Bones, non voglio sprecare tempo prezioso: abbiamo prove schiaccianti, coadiuvate dalla testimonianza di Draco Malfoy, che le sta alle costole da giorni, ormai. Lei è una spia dell’Ordine, non si affanni a negarlo…".

Il viso di Keith si indurì in un’espressione dura e decisa: non avrebbe lasciato trapelare il suo sconforto e il suo terrore, non gli avrebbe dato quella soddisfazione. Era perfettamente consapevole che era finita, che se gli fosse andata bene, avrebbe passato il resto della sua vita in una cella di Azkaban, ma non gli importava: non avrebbe implorato pietà. "Benissimo, allora non lo farò. Che cosa volete da me?".

"Il nascondiglio dell’Ordine, niente di più, niente di meno" rispose Sylar con un’alzata di spalle. "Un semplice, piccolo indirizzo…".

"E perché dovrei darvelo? Mi ucciderete in ogni caso: perché dovrei tradire i miei compagni ed amici?".

"Perché, se lo farà, la lascerò andare".

Silenzio. Keith dovette fare del suo meglio per nascondere lo stupore: Sylar aveva appena detto quello che credeva avesse detto? "Come?".

"Ha sentito benissimo" ribatté Sylar, con un gesto stizzito della mano. "Mi dica dove trovare l’Ordine e potrà tornare al suo lavoro come se niente fosse successo… Si potrebbe anche riconsiderare l’ipotesi di quella promozione tra un po’ di tempo, quando sarò certo di poterle nuovamente accordare la mia fiducia…".

Il ragazzo non rispose: quello era un colpo basso e Sylar lo sapeva bene. Gli stava offrendo la libertà in cambio della vita dei suoi amici. Andò con i pensieri agli altri membri dell’Ordine: Sirius, Remus, Ted, i gemelli, Hermione, Luna, Drew, Ares, Artemis, Christie… Poteva sul serio tradirli così? Sarebbe mai riuscito a guardarsi di nuovo allo specchio se lo faceva? La risposta era scontata in entrambi i casi: sapeva perfettamente cosa doveva fare, cosa uno chiunque di loro avrebbe fatto al posto suo…

"Spiacente, Sylar" disse in tono asciutto, "ma io non sono un infame traditore: non ti dirò mai dove si nasconde l’Ordine!".

"No?" ridacchiò Sylar. "Ne è sicuro? Questa è la mia ultima offerta: sa cosa le succederà se rifiuta di collaborare…".

"Sì e non mi importa: se dovrò morire, lo farò con la coscienza pulita!".

Sylar annuì, abbassando il capo con aria sconfortata. "Se è questo che vuole… Hai sentito, Julius? Abbiamo qui un piccolo eroe".

Keith balzò in piedi di scatto, facendo andare in frantumi la tazza di the che ancora aveva in mano, nello stesso istante in cui Julius Osborne entrava nella stanza, chiudendosela magicamente alle spalle. "Mi piacciono i piccoli eroi" commentò con un ghigno divertito. "Urlano sempre più forte degli altri…".

Keith cercò di portare la mano alla bacchetta, ma Sylar come prevedibile fu più rapido di lui e lo Disarmò prima ancora che pensasse a quale Incantesimo scagliare. "Questa non le servirà più, signor Bones" fu il commento, mentre la spezzava in due come fosse stata uno stuzzicadenti.

Il ragazzo fece saettare lo sguardo da lui a Osborne un paio di volte, mentre la lenta consapevolezza di quanto era davvero accaduto si faceva strada in lui. "Tu non mi avresti mai lasciato andare, vero?" chiese, con rabbia e rassegnazione insieme.

"In effetti, no, non ti avrei lasciato andare" confermò Sylar, divertito. "Sei sveglio: te l’ho detto che avevi grandi potenzialità, peccato che tu le abbia sfruttate nel modo sbagliato…".

"E allora qual era lo scopo di quella pantomima di poco fa se già volevi consegnarmi a lui?" e indicò Julius.

"Volevo semplicemente vedere quanto saresti stato disposto a cadere in basso per salvarti" ridacchiò Sylar. "Se ti può consolare, hai fatto la scelta giusta, relativamente parlando: non si dovrebbero mai sposare ideali per cui non saresti disposto a morire".

"Bene, felice di avervi soddisfatto… Immagino che Azkaban mi stia aspettando…".

Fece per accostarsi a Osborne, ma quello gli puntò contro la bacchetta, mentre il sorriso si allargava ancora di più sul suo volto. "Non così in fretta, passerotto: abbiamo altro da fare, prima…".

Un brivido di terrore percorse la spina dorsale di Keith: non gli piaceva per nulla il modo in cui Osborne lo fissava, conosceva anche troppo bene la sua fama… "Che cosa significa?" chiese, cercando di non cedere definitivamente alla paura.

"È molto semplice, Bones" chiocciò Sylar. "Io ho assoluta necessità di sapere dov’è l’Ordine della Fenice si nasconda e tu me lo dirai… E siccome hai rifiutato di collaborare con le buone, vedremo di costringerti con le cattive: Julius è qui proprio per questo…".

"Spiacente, passerotto" sghignazzò Osborne. "Sono proprio curioso di vedere quanto saprai resistere…".

"Vedi di non esagerare, Julius" lo ammonì Sylar. "Mi serve vivo e mentalmente stabile finché non ha sputato la verità, poi potrai farne quello che vuoi, ma fino ad allora…".

"Io non ti dirò nulla!" gridò Keith. "Hai capito? NULLA!".

Preda alla disperazione, cercò di fuggire verso la porta, ma fu raggiunto da due blandi Schiantesimi che lo spedirono a terra contro il muro. Cercò di tirarsi in piedi, ma Osborne lo colpì con un calcio al fianco.

"Allora passerotto, ecco le regole del gioco: io domando e tu rispondi, altrimenti arriva il dolore. Semplice, no?".

"Dove si nasconde l’Ordine?" domandò Sylar.

"Va’ all’inferno!" gridò Keith.

"Proprio quello che volevo sentire" cinguettò Osborne. "CRUCIO!".

Nessuno al di fuori di quell’ufficio sentì le grida di Keith, grazie agli Incantesimi Isolanti preventivamente lanciati da Sylar.

******

Christie si salvò per un semplice colpo di fortuna: se si fosse trovata nel suo Ufficio al Sesto Livello non sarebbe mia riuscita a scappare in tempo.

Invece, il suo capo dipartimento l’aveva spedita all’Ufficio Anagrafe a controllare alcuni tabulati sui servizi pubblici Babbani dell’ultimo trimestre visto che c’erano alcuni problemi con delle cifre che non tornavano, perciò era appena risalita nell’Atrium carica di fogli e cartellette quando il galeone falso dell’ES che aveva nella tasca interna del mantello e che lei e Keith usavano per comunicare divenne caldo all’improvviso.

Oh, Keith, che diavolo vuoi adesso?, sbuffò tra sé la ragazza, un po’ stupita: si erano separati nemmeno un’ora prima, cosa poteva doverle dire di tanto urgente da non poter aspettare?

Facendo qualche contorsione per non far cadere tutti i fogli, prese il galeone in mano, mentre si metteva in coda davanti all’ascensore per salire alla Sala d’Ingresso. Dopo essersi assicurata che nessuno stesse facendo caso a lei, lesse il messaggio: poche parole che la gelarono dall’orrore e le salvarono la vita. Smascherato. Christie, scappa e perdonami.

Smascherato? Keith era stato smascherato? No, era impossibile… No, non è vero, non può essere vero… Conosceva Keith da quando erano ragazzini, erano amici fin dai tempi della scuola, anche se provenivano da case diverse (lei era Corvonero)… Era stato Keith a proporle per primo di entrare nell’Ordine, avevano sempre combattuto fianco a fianco… E ora Keith era stato smascherato, il che significava che probabilmente Sylar lo aveva catturato e torturato, forse lo stava ancora torturando…

Scappa e perdonami… Keith li aveva traditi: Keith aveva detto a Sylar il suo nome, il nascondiglio dell’Ordine… E aveva avuto la forza di avvisarla: era stato il suo ultimo gesto come amico, se ne stava rendendo lentamente conto… La voglia di lasciarsi cadere lì e scoppiare in lacrime era incredibilmente forte, nemmeno si era resa conto di aver lasciato cadere tutti i foglio: era finito, era tutto finito, Keith se n’era andato per sempre… L’Ordine! Gli altri non sanno niente e Sylar starà di certo per piombare loro addosso.

Scappa e perdonami. Era stato l’ultima richiesta di Keith: ci sarebbe stato tempo per piangere in seguito, ora doveva uscire da quel covo di lupi prima che fosse troppo tardi, correre a Chalmers Road e avvisare l’Ordine, fuggire in un posto sicuro…

"Signorina, si vuole muovere o no?" la richiamò stizzito il mago dietro di lei.

Devo andarmene da qui! Ignorando tutto il resto, passò rapidamente in rassegna le sue vie di fuga: la cosa più logica da fare era risalire all’Ingresso, fare finta di nulla e precipitarsi in strada. Piano che andò in frantumi quando le porte dell’ascensore si aprirono e Sylar fece la sua entrata, la bacchetta già in pugno.

Porco Merlino santo!, imprecò Christie, abbassandosi istintivamente per nascondersi dietro la schiena dell’uomo davanti a lei. Mai come in quel momento era stata tanto felice di essere alta poco più di un metro e sessanta: era la statura ideale per passare inosservata.

Ma nemmeno quella l’avrebbe aiutata per fuggire: tagliando fuori l’ingresso principale, avrebbe dovuto attraversare di corsa tutto l’Atrium e arrivare a uno dei camini. Strinse il pugno contro la bacchetta: non si sarebbe arresa senza lottare. Ce la posso fare: sono uscita da situazioni peggiori di questa. Ce la posso fare…

"Ma si può sapere che diavolo sta facendo, signorina?" sbottò il mago che stava usando come scudo, attirando inevitabilmente l’attenzione di Sylar: il Mangiamorte, che non l’aveva notata e stava per attraversare il salone, presumibilmente diretto al Sesto Livello, si girò bruscamente nella sua direzione. Per un attimo rimasero entrambi paralizzati in una specie di stasi, poi Sylar alzò la bacchetta contro di lei. "La signorina Davies, presumo… Non si muova: sarà meglio per tutti se mi segue senza opporre resistenza".

"Te lo sogni, Sylar!" gridò lei, sparandogli contro una Maledizione. "Erano anni che sognavo di farlo…". Si liberò con un gesto stizzito del mantello della divisa e scattò verso i camini, ignorando i fischi degli Incantesimi che Sylar le spedì dietro.

"Fermatela!" ordinò. "È una spia dell’Ordine: fermatela!".

Dopo il primo momento di stupore, come un solo uomo, tutti i presenti nell’Atrium iniziarono a confluire verso Christie, che dribblando avversari e aprendosi la strada a maledizioni era già a metà del percorso. E no, non mi lascerò fregare a questo modo… Sarebbe uscita da lì, anche a costo di aprirsi la strada con le unghie e con i denti, strisciando sui gomiti.

"E levatevi dai piedi!" gridò al colmo della rabbia, procedendo a pugni e spintoni, falciando la folla con tutti gli Incantesimi che le venivano in mente.

Era quasi ai camini quando una mano si strinse intorno al suo braccio e si rifiutò di mollarlo. "Malfoy…" sibilò, riconoscendo quell’odiata testa platinata. "Levami le mani di dosso se non vuoi che ti spacchi la faccia!".

"Avanti, provaci!" la provocò Draco, torcendole il braccio e strappandole un gemito di dolore. "Voglio proprio vederti, schifosa parassita!".

"Signorina Davies, temo che sia al capolinea" osservò Sylar avvicinandosi lentamente. "Abbassi la bacchetta: non voglio ucciderla se non sarà strettamente necessario…".

"Che slancio di umanità commuovente" commentò la ragazza. "Preferisco morire piuttosto che marcire ad Azkaban per il diletto di Julius Osborne… Ti ho detto di lasciarmi andare!".

Diede un forte strattone con il braccio, ignorando il dolore, afferrò Malfoy per il colletto e se lo portò davanti, giusto in tempo per parare lo Schiantesimo che Sylar le aveva spedito contro. Lasciò andare il corpo esanime di Draco con un calcio e si guardò intorno frenetica, alla disperata ricerca di una via di fuga, mentre un cerchio di almeno una ventina di persone si chiudeva velocemente intorno a lei.

Pensa come penserebbe Sirius…, si disse. E fece la prima cosa che le venne in mente: puntò la bacchetta verso l’alto e gridò: "Reducto!", ripetendo la formula tre volte in tre punti diversi.

Polvere e pezzi di soffitto presero a piovere sulle loro teste sotto la forza dell’Incantesimo Polverizzante, levando grida d’allarme e provocando il panico generale.

Senza preoccuparsi dei danni che aveva appena procurato, Christie approfittò della confusione per rompere il cerchio e precipitarsi verso i camini. Sylar fece un ultimo disperato tentativo di fermarla, lanciando l’Anatema che Uccide, ma la mancò: la ragazza saltò nel camino più vicino, sparendo tra le fiamme smeraldine.

Quartier Generale

Dell’Ordine della Fenice

Londra.

A Chalmers Road, nel frattempo, l’Ordine ancora ignaro della disgrazia appena capitata era in pieno clima festaiolo. Hermione e Ted stavano disperatamente tentando di tenere i gemelli lontano dal mini buffet che avevano preparato, con scarsi risultati, visto che Fred e George erano maestri in quel gioco da quando avevano più o meno sei anni… E se erano riusciti a farla a Molly Weasley, che speranze potevano avere loro? In compenso, se ne ricavavano divertenti siparietti in cui il gemello di turno veniva inseguito da o Hermione o Ted che a seconda dei casi brandivano padelle o scope, per la gioia degli altri astanti.

"Argh, Remus salvami!". Fred (o era George?) sbucò dalla cucina con in mano quello che sembrava un intero piatto di pizzette e andò a nascondersi dietro il licantropo, comodamente seduto in poltrona.

"Per favore, non mettermi in mezzo in questa storia" cercò di protestare Remus, cercando di andarsene. Non fosse che il gemello gli strappò il bastone di mano, brandendolo come una scimitarra per puntarlo contro Hermione, che a passi lenti veniva nella sia direzione impugnando un… coltello da macellaio!.

"Stammi alla larga, pazza furiosa!".

"Remus ha ragione, Fred" sbuffò la donna. "Non metterlo in mezzo e ridammi quel vassoio se non vuoi che ti tranci le mani!".

"Scordatelo!" gridò Fred, agitando verso di lei il bastone e rischiando di prendere Remus sulla testa.

"Fred, abbassa quell’arnese!" sbottò il licantropo. "O giuro che te lo ritroverai in un posto dove è abbastanza inusuale trovare un bastone…".

"Non posso: è la mia unica arma contro quella pazza assassina!".

Hermione sbuffò esasperata, tirò fuori la bacchetta e Appellò a sé il vassoio, senza far cadere una sola pizzetta. "Lo sapevi benissimo che quel coltello era di gomma: era una delle tue stramaledettissime bacchette finte! Tu e tuo fratello tenete le vostre manacce ingorde lontane dal mio buffet: si mangia solo quando arrivano Keith e Christie!".

"Ma ci stanno mettendo una vita!" protestò George, spuntando alle sue spalle seguito da una scarpa di Ted. "Non potremmo cominciare noi e poi continuare quando arrivano? Tanto la torta ce l’hanno loro…".

"Ti preeeeego, Hermione" aggiunse Fred, con occhioni supplicanti.

"Sì, ti prego Hermione" gli fece eco Remus. "Non li sopporto più…".

"Nessuno li sopporta più!" concordò Ted. Lui e Hermione si scambiarono un’occhiata, sospirarono all’unisono e fecero un solo secco cenno d’assenso. "E va bene!".

Nemmeno avevano finito di dirlo che i gemelli si erano già precipitati in cucina.

"No, no, bestie incivili, che fate?" gli richiamò Hermione, seguendoli. "Quella roba deve bastare per tutti!".

Drew e Ethan comparvero in quel momento. "Che succede?" domandò Drew, incuriosito dalle grida di Hermione.

"Nulla, solo i gemelli che hanno cominciato a mangiare: veramente sembrano un branco di sciacalli, ma pazienza…".

"Evviva" approvò Ethan con un sorriso entusiasta. "Avevo proprio fame!". Senza aggiungere altro, si precipitò a sua volta verso la cucina.

Remus ridacchiò. "Vado a chiamare gli altri" disse. "Prima che quelle tre belve spazzolino via tutto…".

"Vado a cercare Kitty" disse Drew, facendo dietro front prima che Remus o Ted potessero fermarlo.

"È una mia impressione o da qualche giorno ci evita?" domandò Remus al suocero.

Ted si strinse nelle spalle. "Sarà una cosa del momento: quello che Sylar gli ha fatto vedere non deve essere stato bello… Basterà un po’ di tempo".

"Se lo dici tu, Ted. Vado a vedere dove si sono cacciati gli altri…".

Ted annuì e andò a prendere Dora per guidarla in cucina, mentre Remus saliva le scale per recuperare gli assenti. Lungo la strada incrociò Artemis e Ares che scendevano.

"Fred e George hanno deciso che è ora di mangiare" comunicò. "Meglio se vi sbrigate, altrimenti non resterà nulla…".

"Grazie, papà, veniamo subito" disse Artemis con un sorriso in qualche modo forzato.

"Hai visto gli altri?".

"Drew è appena passato… Sirius e Luna non li ho visti. Scusami".

Remus guardò perplesso la figlia mentre si allontanava seguita dal suo silenzioso compagno: qualcosa non andava, sua figlia si comportava in modo strano, poco ma sicuro. Stai solo diventando paranoico: non sta succedendo niente, piantala! Smettila di vedere complotti dappertutto. Eppure, a volte temeva ancora che Artemis potesse prendere la porta e sparire di nuovo.

Scacciò quei pensieri, tornando a dedicarsi alla ricerca di Sirius e Luna. Dove si saranno cacciati quei due? A pensarci bene, da quant’è che non li vedeva in giro? Parecchio tempo. Remus fece indugiare lo sguardo verso la porta della camera di Luna e Hermione, saldamente chiusa, e ridacchiò tra sé. Forse, tutto sommato è molto meglio non trovarli… Così, fece dietro front e tornò di sotto, sperando di poter trovare ancora qualcosa da mangiare.

******

Ares e Artemis erano nel salotto, completamente estraniati dal cicaleccio dei festeggiamenti. Artemis era seduta su davanzale della finestra e osservava con aria assorta i passanti. "Allora, sei proprio deciso?" domandò, senza voltarsi, osservando il riflesso dell’amico sul vetro.

"Lo sai anche tu che questo non è il mio posto, Artemis" dichiarò Ares con voce atona.

"Anche dopo quello che Sylar ha detto a Westminster?" sbottò la ragazza, voltandosi di scatto verso di lui. "Anche dopo che ti ha quasi riconosciuto?".

Ci si era arrovellata per ore su quell’episodio: Sylar aveva quasi riconosciuto Ares, ne era certa. Poteva anche essere una coincidenza, dettata dal fatto che dopotutto anche Sylar si era occupato del genocidio dei Sanguesporco, ma Artemis, forse influenzata da quello che sapeva sul viceministro, non poteva evitare di costruire un collegamento: non sapeva di preciso l’età di Ares, ma a conti fatti, avrebbe potuto essere a Hogwarts nello stesso periodo di Harry. Ma quando aveva affrontato la questione con Ares, si era scontrata con il solito silenzio.

"Quello che è successo con Sylar non ha importanza" disse Ares. "Mi ha riconosciuto come Figlio di Babbani, niente di più…".

"Ma ora ti darà la caccia" protestò Artemis. "Se ha capito che sei Figlio di Babbani, ti darà la caccia: l’Ordine ti può proteggere…".

"E tu sai che saprò cavarmela anche da solo, come ho sempre fatto. Ti prego, non rendere le cose ancora più difficili: io non posso restare…".

"Potresti se volessi" obiettò la ragazza, distogliendo lo sguardo. "Saresti il benvenuto, se solo lo volessi…".

"Questo non è il mio posto. Il mondo magico non è il mio posto: forse non lo è mai stato…".

Artemis sospirò: stava combattendo una battaglia persa, ormai doveva rassegnarsi, anche se non era proprio della sua indole. "Non è giusto…".

Ares sorrise debolmente, avvicinandosi e poggiandole una mano sulla spalla. "La vita spesso non lo è, bambina… Non hai più bisogno di me: resta qui e vivi la tua vita con la tua famiglia. Te sei meritato".

"Promettimi che tornerai a trovarmi un giorno, che non sparirai come un fantasma…".

"Solo se tu prometti a me di non venire mai a cercarmi".

Artemis ridacchiò. "Sei il solito ricattatore… E sia, te lo prometto".

"E io prometto a te di tornare. E tu sai che mantengo sempre le mie promesse…".

Artemis si voltò, cercando lo sguardo del compagno di tante avventure. "Non posso dire o fare proprio nulla per convincerti a cambiare idea?".

Ares aprì la bocca per rispondere, ma in quel momento il camino alle loro spalle si illuminò di verde, sputando fuori una impolverata e completamente sottosopra Christie.

"Christie!" esclamò Artemis, balzando in piedi. "Cosa succede? Che ci fai qui?".

L’altra si rialzò in piedi in fretta, tenendosi il fianco, respirando affannosamente. "Sylar… Ministero… Keith…".

"Riprendi fiato" le suggerì Artemis, facendo per avvicinarsi. "Vado a prenderti qualcosa da bere?".

"NO!". L’urlo d’allarme la fece sobbalzare e richiamò anche gli altri dalla cucina e Remus che era appena arrivato all’ultimo scalino. "Keith… lui, lui è stato scoperto. Sylar sta per arrivare…".

Calò un silenzio carico d’orrore: per alcuni secondi di puro shock nessuno riuscì a fare o dire nulla.

"Dobbiamo andarcene!" saltò su all’improvviso Hermione. "Subito, prima che sia tardi!".

Ares si voltò di scatto verso la finestra a cui Artemis stava dando le spalle, mentre tutti si mettevano rapidamente in moto. "Artemis!" gridò, afferrandola all’improvviso per il braccio e tirandola in terra, con sua somma sorpresa.

Il raggio verde che mandò in frantumi la finestra passò esattamente dove un attimo prima c’era la sua testa e andò a colpire la parete. Era già troppo tardi!

******

Luna stava risistemando il suo guardaroba. Non che ce ne fosse reale bisogno, visto che era già in ordine perfetto, ma aveva bisogno di tenere mani e mente occupate: doveva assolutamente scacciare Sirius dai suoi pensieri e dopo aver passato la mattinata a cucinare per la festa, quella era l’attività migliore che le fosse venuta in mente.

Erano due giorni che non riusciva a pensare altro che a Sirius, da quando avevano passato qualcosa come due ore abbracciati nel cortiletto sul retro, prima che qualcuno venisse a cercarli. Erano due giorni che non quasi non dormiva. Ed erano due giorni che cercava di evitare Sirius in tutti i modi possibili, cosa abbastanza complicata, considerando che vivevano sotto lo stesso tetto, dormivano a una camera di distanza e dividevano lo stesso bagno.

Sapeva che qualcosa tra loro era definitivamente cambiato: quell’episodio aveva messo fin troppo in evidenza i sentimenti che provavano l’uno per l’altra perché potessero continuare a far finta di nulla come avevano fatto fino a quel momento. Nessuno dei due l’aveva detto a chiare lettere, ma era ovvio: si erano entrambi esposti troppo per poter tornare indietro.

E lei non era affatto sicura che quello fosse un bene: amava Sirius, lo aveva capito nel momento stesso in cui aveva creduto di averlo perso, forse l’aveva sempre saputo, ma aveva paura. L’ultima volta che si era lasciata andare, Rolf l’aveva tradita e per anni aveva dovuto convivere con il suo cuore spezzato: era certa che non avrebbe potuto sopportare un altro colpo del genere. E tra lei e Sirius c’erano tante cose che potevano andare storte: l’enorme differenza di età, la convivenza continua a cui erano forzati, i rischi che dovevano affrontare tutti i giorni, tutto remava contro di loro. Luna aveva da tempo rinunciato alla visione romantica secondo cui l’amore sconfigge ogni cosa: nella sua vita aveva visto tanti, troppi cuori spezzati per poterci sul serio credere. Se l’amore fosse stato imbattibile, Ron non sarebbe morto lasciando sola Hermione, Dora non sarebbe stata intrappolata in quello stato di semi-incoscienza, Rolf non l’avrebbe venduta al Ministero, Drew non sarebbe stato orfano… L’amore non poteva bastare da solo a risolvere tutti i problemi.

Luna scosse il capo, piegando una sgargiante camicetta a fiori. Così non funziona… Devo smettere di pensare a questo genere di cose o non mi passerà mai… Ma in fondo, davvero voleva che le passasse? Voleva sul serio rinunciare a Sirius? A quella domanda, il suo cuore cominciava a gridare a gran voce "no, no, no", mentre la sua testa le intimava "è uno sbaglio: scordati di lui!". Da quando Luna Lovegood ascoltava quello che le diceva il buonsenso? Aveva sempre vissuto secondo quello che credeva giusto, fregandosene di quello che pensavano gli altri o meglio fingendo che non gliene importasse… Forse il problema è che non so cosa sia giusto questa volta, fu la sua sconsolata conclusione.

"Luna?".

La donna si voltò con un sobbalzo: l’oggetto di tutti i suoi pensieri e problemi le stava di fronte, incorniciato dallo stipite della porta e la fissava. Il suo cuore cominciò a battere al doppio della velocità.

"Sirius, che cosa c’è?".

"Noi dobbiamo parlare" dichiarò l’uomo, chiudendosi la porta alle spalle e avanzando lentamente verso di lei. Dalla faccia che aveva, sembrava dubitare perfino lui della decisione che aveva preso; ciononostante, non sembrava intenzionato a cambiare idea.

"Di cosa?" domandò Luna, pur conoscendo la risposta: entrambi sapevano di dover sostenere quella conversazione, prima o poi. Distolse lo sguardo, tornando a sistemare le sue camicie.

Sirius si avvicinò lentamente, costringendola a guardarlo in faccia. "Lo sai di cosa, Luna".

Luna sospirò, stringendo convulsamente i pugni intorno alla maglietta che aveva in mano. "Sì, lo so, è vero…".

"Detesto quando Remus ha ragione" esordì Sirius, appoggiandosi alla parete più vicina e prendendosi la testa tra le mani. "Il che succede quasi sempre, a pensarci bene: che possa diventare matto se capisco come diavolo fa… Ma ha sempre avuto dannatamente ragione: avrei dovuto parlarti anni fa…".

"Sirius…" tentò di dire Luna, ma l’Animagus alzò un dito per interromperla. "Lasciami parlare altrimenti finisce che perdo il coraggio un’altra volta…".

Al cenno di assenso della donna, riprese: "Luna, io sto diventando matto! Tu e tutto quello che sento per te da anni ormai state riuscendo in quello che non sono riusciti a fare nemmeno dodici anni ad Azkaban: farmi perdere il senno. Due giorni fa, quando mi sono tuffato dalla cima del Big Ben e mi sono Smaterializzato qui, ho percepito solo io qualcosa di diverso, di speciale tra di noi? O me lo sono sognato? Dimmelo tu, perché io a questo punto non sono più sicuro di niente…".

Luna esitò un istante, poi scosse il capo: non poteva mentire su quello, Sirius se ne sarebbe accorto di certo. "No, non te lo sei sognato" ammise. "L’ho sentito anch’io…".

"E allora perché in questi giorni hai fatto di tutto per evitarmi? A questo punto mi pare evidente che far finta di niente non ci aiuta, ma peggiora solo le cose…".

"Io… Io non lo so, Sirius!" sbottò Luna. "Io voglio stare con te, davvero lo voglio, ma pensi sul serio che sia la cosa giusta?".

"La cosa giusta?" ripeté Sirius, fissandola intensamente negli occhi. "Nemmeno io quale sia la cosa giusta, Luna… Ho passato anni a rompermi la testa su questa domanda e non ho ancora trovato una risposta… E francamente non so se mi importa: quello che conta è che anch’io voglio stare con te".

"E se fosse uno sbaglio? Se non funzionasse? Se ci facessimo solo del male, Sirius?".

"E se invece andasse bene? Vuoi sul serio vivere il resto della tua vita chiedendoti come sarebbe finita?".

Luna esitò, non sapendo cosa dire: come faceva a rispondere se nemmeno lei sapeva ciò che voleva?

"Luna, ascoltami" continuò Sirius, "so cosa ti ha fatto quell’infame di Rolf, c’ero anch’io ad aiutarti a raccogliere i pezzi quando se n’è andato… Ma io non sono come lui: credimi se ti dico che un sentimento del genere non l’ho mai provato per nessun’altra…".

"Ti credo, Sirius, ti credo". Luna sospirò, scuotendo il capo, cercando di fare chiarezza nei suoi pensieri. "Probabilmente vale lo stesso per me… Ma è complicato: non siamo coinvolti solo noi e lo sai, tutto l’Ordine lo è…".

"Ho dedicato all’Ordine della Fenice tutta la mia vita, praticamente" ribatté Sirius. "Nemmeno ricordo più l’ultima volta che ho potuto vivere la mia vita come desideravo, senza Voldemort, la guerra o il Ministero di mezzo… Per una volta, voglio agire egoisticamente: lascia fuori gli altri, tu cosa vuoi fare?".

Luna non rispose subito: conosceva bene la sensazione di cui parlava Sirius… Quand’era stata l’ultima volta che aveva fatto qualcosa esclusivamente per sé stessa? Aveva sposato una causa che non le aveva mai lasciato un attimo di tregua e non se n’era mai pentita, anche se ora cominciava a vederne il prezzo: in sostanza, tutta la sua vita … E non era giusto, non era affatto giusto!

Sorrise debolmente. "Forse… Forse, voglio fare anch’io l’egoista insieme a te, Sirius".

Anche la bocca dell’uomo si tese in un largo sorriso. "Era proprio quello che speravo di sentirti dire…".

Chinò la testa verso di lei. Luna sapeva perfettamente cosa sarebbe successo e si allungò verso di lui, lasciando che le loro labbra si incontrassero a metà strada. Tutti i suoi dubbi e le sue paure parvero sciogliersi come neve al sole quando Sirius le prese il viso tra le mani approfondendo il bacio: era lui l’uomo giusto per lei, come aveva fatto a dubitarne?

In quel momento risuonò l’esplosione al piano di sotto, seguite rapidamente da grida d’allarme. Sirius e Luna si separarono bruscamente, voltandosi verso la porta.

"Che diavolo…?" borbottò Sirius, mettendo mano alla bacchetta. "Tu resta qui" l’ammonì.

"Sirius…".

"Tu resta qui".

Andò alla porta e l’aprì con circospezione: al piano di sotto già infuriava la battaglia. Merda! Doppia merda! Tripla merda! Come diavolo hanno fatto a…

Non fece in tempo a finire il pensiero perché nello stesso istante in cui metteva piede sul pianerottolo, un raggio rosso proveniente dalla sua sinistra lo centrò in pieno al fianco.

"SIRIUS!" gridò Luna quando fu sbalzato via. "SIRIUS!".

******

Quando Drew ritornò nella sua stanza per chiamare Kitty, Grattastinchi era accoccolato sul suo cuscino e seguiva con i grandi occhi gialli le acrobazie aeronautiche di Gufetto, impegnato a svolazzare su e giù per tutta la stanza con aria molto eccitata. Kitty seguiva tutta la scena con aria assorta da una sedia.

"Due galeoni che Grattastinchi se lo mangia entro un’ora" scherzò Drew, sorridendo.

"Tu nemmeno ce li hai due galeoni" sbuffò Kitty.

"Vero" concesse il ragazzo, andando a sedersi sul letto e prendendo grattastinchi in braccio. "Gufetto non è roba da mangiare, lo sai, vero?".

Il vecchio gatto commentò con un placido "miao", seguito da fusa soddisfatte quando Drew cominciò ad accarezzarlo. "Se vuoi di sotto stanno cominciando a mangiare… Conviene sbrigarsi prima che i gemelli e tuo fratello mangino tutto".

"Ethan è un pozzo senza fondo" concordò Kitty. "Vengo tra un momento…".

Drew la osservò dubbioso un paio di minuti, poi chiese titubante: "Stai bene, Kitty?".

"Potrei farti la stessa domanda, sai?".

"Che cosa intendi dire?".

La ragazzina sbuffò, tornando a guardare Gufetto un attimo. "È da quando avete distrutto l’Arma che sei strano, Drew: ci hai evitato tutti come la peste e non parli con nessuno… Io e Ethan ti abbiamo sentito questa notte: facevi degli incubi, vero? Ho sentito Ted parlare di quella cosa che fa Sylar, quando ti entra nella testa…".

"Legilimanzia" le venne in aiuto Drew.

"Sì, quella" confermò la ragazza. "Sono preoccupata per te, Drew: se c’è qualcosa che non va…".

"Va tutto bene" la rassicurò Drew, con un sorriso. "Sono solo ancora un po’ sottosopra dopo quello che è successo a Westminster, ma sto bene, davvero…".

Kitty continuò a fissarlo dubbiosa: non gli credeva e non poteva darle torto. In realtà non stava bene per niente: quello che era successo con Sylar non faceva che tormentarlo, perfino i suoi sogni vertevano sui ricordi che Sylar gli aveva fatto vedere… C’era qualcosa che legava la sua mente a quella di Sylar anche se non sapeva cosa fosse: poteva solo dire che fosse una cosa molto potente se riusciva a infrangere perfino tutte le protezioni mentali che sicuramente recintavano i ricordi di suo padre, se poteva raggirare uno dei migliori Occlumanti dello stato… Avrebbe voluto parlarne con Artemis, a questo punto anche lei avrebbe dovuto ammettere che non era Sylar il responsabile, ma aveva intuito che anche la ragazza aveva i suoi problemi in quei giorni, qualcosa che probabilmente aveva a che vedere con Ares, considerato che passava molto tempo con lui…

"Dico sul serio, Kitty" disse, scacciando quei pensieri. "Non devi preoccuparti per me… Tu come stai piuttosto?".

"Io? Io sto bene come stai bene tu" disse con un velo di ironia la ragazzina. "Ma anche tu non devi preoccuparti, non è niente che potresti risolvere, in ogni caso… Solo un po’ di nostalgia…".

"Ti mancano i tuoi genitori, vero?".

"E i miei amici, la mia casa, la mia scuola, la mia vita…" elencò la ragazzina con un sorriso mesto. "Sono passati quasi quattro mesi…".

"Lo so… E sai che mi dispiace, vero, Kitty? Vi ho stravolto la vita, a te e Ethan".

"Non è stata mica colpa tua" lo rassicurò la ragazzina. "Non sei tu che hai chiesto tutto questo…". Scrollò le spalle, con aria indifferente. "Servirà solo un po’ di tempo, immagino…".

Drew annuì. Tempo… Il tempo sarebbe sul serio servito a qualcosa? Aprì la bocca, con l’intenzione di dire qualcosa, nemmeno lui sapeva cosa, ma fu interrotto dal boato al piano di sotto. Grattastinchi tra le sue braccia cominciò a soffiare, rizzando il pelo. "Cosa…".

"Drew, guarda" disse Kitty, indicando fuori dalla finestra. Il ragazzo allungò appena il collo e vide almeno una quindicina di sagome nere sciamare nel giardino sul retro e fare irruzione in cucina. "Oh, porca…!" imprecò, lasciando andare il gatto e prendendo la bacchetta.

"Come hanno fatto a trovarci?" chiese Kitty, bianca dalla paura. "Come?".

"Non lo so e al momento non mi importa. Stammi vicino, hai capito?".

Andò alla porta, l’aprì e nello stesso istante vide Sirius ruzzolare all’indietro colpito da qualcosa e volare giù a rotoloni dalla scale. "SIRIUS!" gridò, mentre anche Luna si precipitava fuori dalla sua stanza. "Stupeficium!" gridò subito dopo, centrando il Mangiamorte alle spalle della donna, di certo lo stesso che aveva colpito l’Animagus.

Luna non sembrò nemmeno sentirlo, precipitandosi giù dalle scale verso Sirius riverso a terra.

"Luna, attenta!" le urlò dietro Drew, mentre altri Mangiamorte sbucavano dalla camera dei gemelli. Come diavolo hanno fatto a superare le nostre barriere difensive?

Si buttò di lato per evitare le loro maledizioni, tenendo Kitty dietro di sé per proteggerla, mentre Grattastinchi sfrecciava al suo fianco soffiando come un matto.

"Drew…". Kitty si strinse convulsamente alla sua maglietta, conficcandogli le unghie nel braccio: era terrorizzata.

In un lampo, il ragazzo si ricordò di quando, da bambina, i Mangiamorte avevano devastato il parco giochi dove lei andava sempre. Le sorrise sperando di sembrare rassicurante. "Tranquilla, Kitty, ne usciremo, tu stammi vicino…".

Kitty annuì meccanicamente, aggrappandosi più forte a lui. "Forza andiamo".

Si riaffacciò alla porta: quattro Mangiamorte si dirigevano rapidi verso di lui. "Stupeficium!" gridò.

Grattastinchi saettò tra i suoi piedi e si avventò sul primo intruso che gli capitò davanti, infilzandogli la gamba con i suoi artigli, mentre Gufetto volteggiava sopra le loro teste, beccandoli. Drew approfittò della distrazione e, tallonato da Kitty, si precipitò verso le scale, dove Luna stava aiutando un tramortito Sirius a rimettersi in piedi.

"Sto bene, sto bene…" protestava l’Animagus, malgrado il fianco sinistro gli sanguinasse abbondantemente e la caduta gli avesse procurato una brutta ferita alla testa e probabilmente anche qualcos’altro.

"Sirius, non fare il bambino: dobbiamo andarcene…" protestò Luna, trattenendolo quando tentò di avventarsi contro un paio di Mangiamorte.

"Ci sono Ethan e Dora in cucina!" protestò Sirius.

"E tu non sei in grado di combattere! Vai al camino!".

Luna cercò di spingerlo in quella direzione, ma dovette desistere per parare un raggio verde vagante. "Io non ti lascio qui da sola!" la liquidò l’Animagus, brandendo la bacchetta e cominciando a sparare Incantesimi contro ogni figura in nero che vedeva. "Va in cucina! Io ti paro le spalle!".

Luna avrebbe voluto protestare che in quelle condizioni non era in grado di parare le spalle a nessuno, ma lui la zittì di nuovo e la spinse verso la porta della cucina: erano gli unici che potessero arrivarci, gli altri erano stati tutti intrappolati nel salotto, malgrado sia Remus che Ted che Artemis stessero cercando in ogni modo di aprirsi un varco.

Luna entrò in cucina, trovando Ethan e Dora intrappolati in un angolo con cinque Mangiamorte: il ragazzino cercava strenuamente di difendersi lanciando tutto quello che gli capitava a tiro, proteggendo contemporaneamente la donna dagli Incantesimi: Dora era completamente atterrita, rannicchiata in terra con la testa tra le mani.

"Ethan, resisti" gridò Luna. "Everte statim!".

Davanti a quel nuovo avversario risoluto e decisamente più pericoloso, i Mangiamorte si volsero tutti dalla sua parte. Cinque Avada Kedavra partirono in contemporanea nella sua direzione e Luna dovette gettarsi a terra per riuscire ad evitarli, posizione che la mise in notevole svantaggio rispetto agli avversari. "Incarceramus! Impedimenta!" gridò, rotolando per evitare la seconda scarica di maledizioni e rimettendosi in piedi. "Melofors! Petrificus Totalus". Stavolta le sue fatture andarono a segno: un Mangiamorte si ritrovò all’improvviso con una zucca al posto della testa e cominciò a brancolare in giro, mentre un secondo cadde a terra rigido come uno stoccafisso. Un terzo fu spedito nel mondo dei sogni da un piatto volante che gli tirò contro Ethan.

"Resisti, Luna" gridò il ragazzino, prima di avventarsi con furia su uno dei due superstiti e saltargli sulle spalle. Mossa coraggiosa e stupida, perché l’uomo si liberò di lui con fare quasi stizzito.

"Ethan!" urlò Luna, vedendolo rotolare a terra tramortito quasi addosso a Dora, che alzò di scatto la testa, con espressione improvvisamente dura.

Mentre il bambino si rimetteva seduto scuotendo il capo e il Mangiamorte da lui aggredito si avvicinava torreggiante, successe una cosa che lasciò Luna completamente di stucco: Dora si alzò in piedi, con i capelli improvvisamente neri come inchiostro, con tra le mani una bacchetta che doveva esserle piovuta vicino nello scontro.

Prima che Luna potesse fare o dire alcunché, la donna scagliò due Schiantesimi di inaudita potenza che centrarono con precisione quasi matematica i Mangiamorte, scagliandoli ai capi opposti della stanza. Per alcuni secondi, sia Ethan che Luna furono troppo sorpresi per muoversi, il tempo sufficiente perché altri quattro Mangiamorte entrassero dalla porta sul retro pronti a dar battaglia. Tonks colpì in rapida successione anche loro.

"Luna, che cosa…" domandò Ethan, esitante, rialzandosi lentamente in piedi.

"Non lo so, ma andiamocene prima che ne arrivino altri" dichiarò Luna, prendendo Tonks per mano e tirandosela dietro, docile come un agnellino: i capelli erano tornati del loro solito rosa smorto e il braccio armato era mollemente abbandonato lungo il fianco. Qualunque cosa fosse accaduta, almeno per il momento era passata.

Nel corridoio trovarono Sirius che malgrado tutto opponeva una fiera resistenza, appoggiato pesantemente contro una parete, con una mano premuta sul fianco ferito. Luna si precipitò da lui, seguita da Dora e Ethan. "Sirius, te ne devi andare!".

L’Animagus nemmeno sembrò sentirla. "Tu te ne devi andare! Cerca di arrivare alla porta e smaterializzati con Ethan e Dora!".

"Sirius, non ti reggi in piedi. Stupeficium! Stupeficium! Vai tu con Dora e Ethan!".

"Non ci penso nemmeno: non ti lascio qui da sola!".

Luna l’avrebbe volentieri preso a sberle: stupida cavalleria da Grifondoro. "Morirai dissanguato se non te ne vai, pezzo d’idiota! Prendi Dora e Ethan e vattene!".

"Luna…".

"Non ammetto discussioni, Black: ingoia i tuoi istinti suicidi da Grifondoro e ubbidisci!".

Gli diede una leggera spinta verso la porta, facendo per porgergli il braccio di Dora… E in quel momento la porta saltò in aria, rimanendo desolatamente a pendere scardinata, mentre un nuovo fiume di Mangiamorte si riversava all’interno.

"Maledizione, ma quanti cavolo sono?" imprecò Sirius, tenendo Ethan dietro il suo corpo.

"Non lo so… tanti!" mormorò Luna sconsolata.

"Sirius, Luna!".

Il resto dell’Ordine era riuscito ad aprirsi un passaggio nella loro direzione: Artemis si precipitò verso di loro, seguita da Ares che in pratica che le stava facendo da scudo umano, visto che la ragazza non era nemmeno armata. In un moto di quella che ormai poteva definire solo come cieca stupidità, aveva lasciato la pistola al piano di sopra, nella sua stanza, dov’era completamente inutile. Malocchio me le darebbe con il bastone: che ne è stato della ‘vigilanza costante’?!, era stato il suo primo e ultimo pensiero razionale quando i Mangiamorte erano piombati loro addosso.

Poi quando aveva visto che sua madre e Ethan erano rimasti intrappolati da soli in cucina, aveva lasciato da parte il buonsenso e aveva cercato di precipitarsi da loro, come suo padre e suo nonno: doveva sostanzialmente ad Ares il fatto di essere ancora in piedi e incolume.

La ragazza abbracciò Dora, notando a malapena che aveva ancora in mano la bacchetta. "State bene?".

"Ho avuto momenti migliori…" biascicò Sirius.

Artemis trasalì, vedendo che era ferito. "Gli altri si stanno facendo strada verso il camino: dobbiamo andare via! Ares, bada a lui!".

Sirius fece per protestare quando l’uomo lo aiutò a reggersi in piedi, ma dovette rapidamente rassegnarsi al fatto che ormai le sue gambe si rifiutavano di collaborare. "Stammi vicina, Artemis: sei completamente indifesa, lo sai…".

"Me la so cavare… Io non sono ferita, Sirius sì…".

Prese Dora per mano e fece per avviarsi, ma un Mangiamorte puntò dritto verso di loro, costringendola a buttarsi di lato per evitare una maledizione mortale. Ruzzolò in terra, lasciando andare la madre per non tirarsela dietro.

"Ally!" gridò Remus, cercando di raggiungere la figlia.

"Sto bene" cercò di rassicurarlo Artemis, mentre Luna l’aiutava a tirarsi in piedi. "Mamma?".

Si guardò intorno e trasalì: Dora aveva di nuovo levato la bacchetta e aveva impressa sul viso contornato di capelli neri un’espressione di indicibile collera. Non sembrava minimamente cosciente di quello che le succedeva intorno, dello sbalordimento con cui tutti i presenti la fissavano: tutta la sua attenzione era concentrata sul Mangiamorte che aveva appena aggredito sua figlia.

"Avada Kedavra!".

La maledizione fu così potente che Tonks stessa fu sbalzata indietro, mentre il Mangiamorte cadeva morto.

"Mamma!" gridò Artemis, nello stesso istante in cui Remus gridava: "Dora!".

Entrambi si precipitarono verso di lei, che abbandonata in terra con le braccia lungo i fianchi, fissava il vuota davanti a sé. "Mamma?" la chiamò Artemis, chinandosi su di lei. "Mamma, poi sentirmi?".

Dora alzò lo sguardo verso di lei e sorrise debolmente, accarezzandole il viso. "Nessuno tocca la mia bambina…" mormorò, più tra sé che a qualcuno in particolare.

"Dora… Tesoro". Anche Remus, fattosi faticosamente strada in qualche modo fino a lì, si chinò sulla moglie prendendole il viso tra le mani. "Dora, stai bene?".

"Nessuno tocca la mia bambina" ripeté la donna, tornando poi a fissare il vuoto.

Remus sospirò: niente, se n’era andata di nuovo…

"Attenti!".

Dalla cima delle scale dove era ancora bloccato, Drew evocò un Incantesimo Scudo per parare le fatture dirette al gruppetto. Il momento di distrazione per poco non gli costò la pelle: Kitty lo spinse via appena in tempo per evitare un Anatema Che Uccide diretto a lui da uno dei Mangiamorte sul pianerottolo. Sbatté violentemente contro uno spigolo del muro, riuscendo per un pelo a non perdere la bacchetta. Maledizione, che male!

"Dobbiamo smetterla di incontrarci così, noi due" commentò una voce fin troppo famigliare alle sue spalle. Drew si voltò e trovò Sylar che lo fissava con un lampo di divertimento negli occhi: possibile che nonostante tutto, riuscisse ancora a prenderlo in giro?

"Drew, stai bene?" si preoccupò Kitty, chinandosi su di lui.

Drew non la guardò nemmeno, ritirandosi in piedi senza perdere di vista Sylar un momento. "Kitty, va dagli altri".

"Drew…".

"Kitty, va dagli altri!" ripeté gridando Drew, spingendola via e rischiando di farla ruzzolare giù per le scale. Luna, che chiudeva la fila mentre gli altri lottavano per arrivare al camino, la tirò a sé per proteggerla.

"Molto nobile" osservò Sylar, facendo poi cenno agli altri Mangiamorte che gli stavano intorno. "Di questo me ne occupo io: pensate agli altri".

Quelli fecero per ubbidire, ma furono raggiunti dagli Incantesimi si Drew. "Se pensi che li lascerò andare di sotto senza fare nulla…" disse a denti stretti, cercando di colpirne il più possibile.

"Tu non avrai molte alternative" lo interruppe Sylar, cercando di colpirlo.

"Protego!" gridò il ragazzo per proteggersi, lasciando in questo modo campo libero ai Mangiamorte che lo superarono in fretta. "Ragazzi, attenti!" ebbe il tempo di aggiungere per avvisare i suoi compagni, prima di dover parare la seconda fattura di Sylar.

"Sei bravo" giudicò Sylar. "Considerando da quanto poco pratichi la magia…".

"Ho avuto buoni insegnanti" disse Drew. "Migliori di tu quanto possa immaginare… Stupeficium".

Sylar deviò lo Schiantesimo con un gesto quasi annoiato. "Sei bravo… Ma non abbastanza! Impedimenta!".

"Protego!". L’Incantesimo Scudo fu sufficiente per bloccare il primo Incantesimo d’Ostacolo, ma non il secondo: Drew ruzzolò all’indietro, finendo in fondo al corridoio.

"Devi fare ancora molta strada se vuoi sperare di arrivare al mio livello, Andrew" dichiarò Sylar, avvicinandosi lentamente.

"E chi lo dice che io voglia arrivare al tuo livello?" domandò con rabbia Drew, cercando di rimettersi in piedi e sparandogli contemporaneamente contro uno Schiantesimo.

Non gli era sfuggito che Sylar non osava usare la Legilimanzia contro di lui: di certo aveva paura di perdere nuovamente il controllo. Questo, per quanto fosse poco, era già un punto a suo favore…

"Non puoi vincere, Andrew: arrenditi e basta".

"Allora uccidimi e falla finita" disse il ragazzo, costringendo la sua schiena a stare dritta. "Perché non ho intenzione di arrendermi e diventare il giocattolo del tuo signore… Everte statim!".

Sylar si scansò per evitare il colpo e Drew ne approfittò per cercare di raggiungere le scale. E no, ragazzino, non mi scapperai così facilmente… Era ora di usare quell’antica maledizione: il resto dell’Ordine poteva anche fuggire, ma non prima di aver colpito Drew… Mirando volutamente alla spalla destra del ragazzo, lontano da punti vitali, gridò: "Devotum cruorem".

Drew, ormai con il piede sul primo gradino a quelle parole, si voltò di scatto, ma non fece in tempo anche solo a pensare di scansare la Maledizione che quella la raggiunse. Ebbe l’impressione che il braccio gli esplodesse e venisse strappato via dal corpo, mentre la maglietta si strappava e si apriva una lacerazione profonda dalla clavicola fino al gomito. Urlò, le gambe gli cedettero di schianto e prima di rendersene conto di ritrovò riverso in terra ai piedi delle scale con la metà destra del corpo imbrattata di sangue.

Sapeva che Sylar stava arrivando, lo sentiva… Cercò di puntellarsi sul braccio sano per tirarsi in piedi, sollevò il capo e vide che il resto dell’Ordine era ormai arrivato ai camini, molti erano già riusciti a fuggire, nonostante tutti i Mangiamorte ancora in piedi che affollavano il posto. Mentre Luna spingeva quasi a forza Sirius nel camino, Artemis si voltò dalla sua parte: per alcuni secondi l’orrore la congelò.

"Drew!" gridò. "Oh Merlino santo, no!". Cercò di correre verso di lui, ma Remus la bloccò avvolgendola con le braccia. "No, no, lasciami! Drew!".

"Ally, ferma!". Con una sorprendente dimostrazione di forza, Remus la trascinò indietro e la spinse verso il camino. "Non puoi fare niente…".

"Non puoi lasciarlo morire!" protestò la ragazza con le lacrime agli occhi.

Restavano soltanto loro due: Ares si era appena dileguato tra le fiamme con Ethan. "Non ho intenzione di farlo…" disse Remus, continuando a tirarla.

Artemis alzò gli occhi verso di lui e in un lampo capì quali fossero le sue intenzioni. Prese a divincolarsi con ancora più furia di prima. "NO! NO! Papà, non puoi farlo!".

Cercò freneticamente di sciogliersi da quella presa ferrea, ma ormai era tardi: Remus praticamente la buttò di peso nel camino. "Papà!" singhiozzò disperata, cercando di afferrargli la manica della camicia, prima di essere risucchiata nei canali della Metropolvere.

"Scusa, bambina mia" mormorò Remus. "Ma se qualcuno deve morire, non sarai certo tu!".

Si voltò e ignorando il dolore alla gamba, si precipitò più velocemente possibile verso Drew a terra, facendo fuori lungo la strada tutti i Mangiamorte che gli capitavano a tiro. Il ragazzo stava ancora cercando di tirarsi in piedi con scarsi risultati.

"Non te l’avevo detto che era meglio arrendersi?" chiocciò Sylar scendendo lentamente le scale.

"Schifoso bastardo!" biascicò Drew, voltandosi la testa verso di lui e continuando a strisciare. Trattenne a stento un conato di vomito quando vide la scia di sangue che si stava lasciando dietro. "Che cosa mi hai fatto, maledetto?".

"Se non ti fossi spostato, ti avrei preso il cuore e a questo ora saresti morto: perciò tecnicamente, se hai un braccio quasi scarnificato è colpa tua…".

"Ah, e perciò dovrei anche scusarmi, giusto?" fece Drew, con sarcasmo. "Perché non mi sono lasciato ammazzare con comodo?". Levò la bacchetta con il braccio sano, lanciando uno Schiantesimo che mancò Sylar di almeno mezzo metro: non riusciva quasi a pensare a causa del dolore, figurati mirare decentemente. Tutto quello che stava facendo, lo faceva dettato più dall’istinto: distrarre Sylar, prendere tempo, c’era ancora qualcuno dei suoi amici di là, sentiva il rumore degli incantesimi e quando Sylar avesse finito con lui, si sarebbe dedicato a loro… Gli era parso di sentire Artemis gridare quando era caduto, ma forse se l’era sognato…

"Rendimi le cose più facili…" mormorò con fare accattivante Sylar, muovendosi lentamente verso di lui. "O preferisci una lenta morte per dissanguamento?".

Puntò la bacchetta e Drew credette sul serio di essere al capolinea, non aveva la forza per tentare di difendersi…

"Everte statim!".

Sylar fu preso talmente alla sprovvista che stavolta l’incantesimo lo colpì e sbalzò all’indietro. "Nessuno morirà qui" dichiarò Remus, avvicinandosi a Drew. "A parte te, forse…".

"Remus…" mormorò Drew: sentiva di essere prossimo allo svenimento, da qualche parte gli venne la vaga consapevolezza di aver perso troppo sangue… E tutto sommato l’incoscienza era incredibilmente allettante, se non altro non avrebbe più sentito quel dolore lancinante al braccio…

Remus lo colpì con forza in viso, facendolo tornare in sé. "Devi restare sveglio, Drew" gli intimò. "Resta sveglio, hai capito?".

Lo aiutò ad alzarsi, tirandolo per il braccio sano. "Forza, ti porterò fuori da qui…". Cominciava a sentire anche lui il peso dello sforzo compiuto: aveva l’impressione che il cuore gli sarebbe scoppiato da un momento all’altro. Ma sapeva anche che nessuno sarebbe tornato ad aiutarli: non se lo sarebbero mai perdonato, ma tutti sapevano che tornare avrebbe solo significato rischiare di aggiungere un morto in più e l’Ordine non poteva permetterselo. Erano soli… Beh, il cuore dovrà resistere finché non saremo dall’altra parte: Drew non morirà! "Appoggiati, forza…".

"Remus, attento!" esclamò Drew, tirando entrambi in terra per schivare la fattura di Sylar.

"Sei uno stupido sciocco, Lupin" disse il Mangiamorte, avvicinandosi. "Lo sei sempre stato: non puoi salvare il ragazzo!".

"Prova a impedirmelo! Stupeficium!".

Presero a Duellare con ferocia. Drew fissava Remus a occhi sbarrati: quanto poteva resistere a quello sforzo prima che il cuore gli collassasse di nuovo? Non aveva sopportato nemmeno un litigio con Sirius…

"Remus, basta! Diffindo!". Di nuovo il suo incantesimo mancò Sylar: aveva la vista troppo appannata, non riusciva a prendere la mira …

"Drew, va’ al camino! E non ammetto obiezioni" aggiunse subito Remus, vedendo che stava per protestare.

E in effetti, un po’ strisciando, un po’ venendo trascinato, era ormai in salotto, come anche Sylar e Remus. Alcuni Mangiamorte fecero per intervenire, ma Sylar li bloccò con un secco gesto della mano. "Il primo che interferisce, diverrà cibo per Manticore!". A quella minaccia, nessuno osò muoversi.

Drew cercò di tirarsi in piedi, lottando contro il senso di torpore opprimente: ormai era completamente zuppo di sangue, quanto ne poteva perdere ancora prima di crollare?

Dondolando e inciampando, cercò di raggiungere il camino, costringendosi a non voltarsi verso Remus: se l’avesse fatto, non avrebbe mai trovato la forza di ubbidire al comando del licantropo. Era a tre quarti del percorso quando fu raggiunto da un incantesimo, che compromise il suo delicato equilibrio facendolo cadere di nuovo a terra. Stavolta non mi rialzo più, si disse, sentendo le forze venire meno. Stavolta non ce la faccio…

Voltò appena il capo: Remus era steso a pochi metri da lui, ai piedi del divano rovesciato, pallido come un cadavere, ma era ancora cosciente e cercava di ritirarsi su…

"Capolinea, Andrew" disse Sylar.

Bene, se devi uccidimi, fallo in fretta… Sylar levò la bacchetta contro di lui, Remus scattò nello stesso istante avventandosi su di lui.

"Devotum cruorem!" gridò Sylar voltandosi all’ultimo momento verso l’aggressore, questa volta con l’intento di uccidere.

"NOOO!" gridò Drew, mentre sul petto di Remus si apriva uno squarcio non dissimile dal suo e il licantropo stramazzava al suolo. Non era possibile, non era possibile, Remus non poteva essere… Sylar non poteva sul serio averlo fatto…

"Schifoso traditore!" gridò, senza nemmeno rendersi conto di quello che stava dicendo. "Che cosa hai fatto, miserabile voltagabbana? Che cosa hai fatto?".

In seguito si sarebbe a lungo interrogato su dove gli arrivò la forza per agire come agì, ma lì sul momento, era troppo sconvolto, arrabbiato e sfinito per preoccuparsene.

Seppe solo che, prima che Sylar potesse evocare di nuovo quella maledizione contro di lui, Drew alzò il braccio sano, gridando con tutto il fiato che aveva in corpo: "Stupeficium!", colpendolo in pieno.

Senza nemmeno badare a dove fosse finito o agli altri Mangiamorte che cominciarono a sciamare come cavallette verso di lui, afferrò Remus per le spalle e cominciò a trascinare entrambi verso il camino e la salvezza, ignorando le stilettate di dolore che gli arrivavano dal braccio destro e ingoiando i conati di vomito alla vista del sangue e del petto dilaniato di Remus.

Diversi incantesimi gli volarono contro, lui li scansò o li parò alla meglio, concentrandosi sul suo unico obiettivo: portare entrambi in salvo.

"Andrew!" gridò Sylar, rialzandosi.

Drew nemmeno lo sentì, se non con un angolo remoto della sua mente: appellò la scatola di Polvere Volante, che gli arrivò in mano da chissà dove e la gettò tutta nel camino.

Vide con la coda dell’occhio Sylar cercare di avventarsi su di lui, gli lanciò contro una maledizione, mancandolo e poi con un ultimo sforzo si gettò tra le fiamme smeraldine, stringendo quanto più forte possibile Remus, mormorando: "Casa Riddle".

Nello stesso istante in cui fu risucchiato, sentì le unghie di Sylar graffiargli la caviglia, ma ormai era troppo tardi: erano in salvo.

LYRAPOTTER’S CORNER

Attenzione, attenzione, questo è un messaggio registrato, quando voi leggerete queste parole, ammesso e non concesso che siate sopravvissuti alla lunghezza mostruosa di questo capitolo, io sarò già rintanata nel mio bunker antiatomico situato in una località ignota e segretissima… Perciò, se volete spedire pacchi bomba, granate nucleari o cose simili, trattenetevi: non voglio che ci vadano di mezzo vite innocenti…

Ebbene sì, è toccato a Remus e Keith… Una sera ci siamo riuniti io, PierGiulio e i tormentati personaggi di questa fanfiction e abbiamo fatto la conta: Remus e Keith hanno pescato la pagliuzza più corta, perciò di comune accordo (beh, più o meno: diciamo che solo io e PierGiulio eravamo d’accordo) si è deciso che questo turno tocca a loro… Insomma, lo sappiamo tutti che Obi Wan finisce ucciso da Darth Fener, io mi sono solo attenuta alla trama! Embè, mica può andare bene per tutti, guardate il lato positivo, Christie ne è uscita intera, anche so ho tartassato per bene anche Drew: ma non preoccupatevi, con quest’ultimo non ho ancora finito (e insomma, mica posso uccidere il protagonista a un terzo dell’opera, no?).

Scusate se il capitolo è piuttosto incasinato, il problema era che accadevano tante cose contemporaneamente in più punti diversi, perciò ne è uscito un po’ un casotto, se poi si aggiunge che le scene di lotta non sono proprio il mio forte…

La maledizione usata da Sylar me la sono ovviamente inventata io di sana pianta: non dimenticatevene, se volete il mio modesto parere, perché in un futuro probabilmente remoto sarà importate… Intanto chiedetevi questo: se Voldemort vuole Drew dalla sua, perché ha ordinato al suo fido secondo di colpirlo con una maledizione quasi mortale?

Allora, siccome so che a quest’ora cominceranno a piovere bombe a mano, passiamo ai ringraziamenti:

Lily_Snape, allora, leggendo la tua recensione, mi sono resa conto di quanto ambiguo fosse quel breve scambio di battute tra Sylar e Ares: nel piano originale, Ares doveva essere un nuovo personaggio creato ad hoc e quel dialogo era dettato dal fatto che Sylar si era occupato del genocidio dei Sanguesporco, appunto. Tuttavia, dopo aver letto il tuo commento e quello di Deidara, mi è venuta in mente un’idea migliore che comunque non sconquassa troppo il piano originale. Perciò, ho riadattato la trama a questa nuova idea, comunque, sappi che prima di scoprire l’identità di Ares passerà ancora molto, molto tempo!!!!! Mi dispiace, infilare una sorella gemella per Drew a questo punto della storia non è proprio più possibile, credo: Drew figlio unico è e figlio unico resterà! Quando parlavo di Weasley in Francia, mi riferivo a Fleur e relativa prole (nella mia testa, prima di morire per cause ancora ignote, Bill ha fatto qualche figlio). A presto!

LadyMorgan, cavoletti, Silvia Beta, addirittura due recensioni per un capitolo solo, me onoratissima!!!!!! Ti prego, ti prego, ti prego, non mi detestare se malgrado le tue accoratissime suppliche alla fine ho fatto di testa mia lo stesso!!! Lo so, sono un mostro crudele, lo so, non si direbbe che ami quel grand’uomo che è Remus Lupin, lo so, Artemis, Dora e Sirius vorranno sciogliermi nell’acido, ma nonostante tutto, la morte di Remus È necessaria ai fini della storia, altrimenti non lo avrei ucciso, giuro (se proprio vuoi saperlo, ci sarebbe da incolpare l’Inghilterra per questa mia malsana idea, perché mi venne durante una vacanza studio a Londra qualcosa come un paio di anni or sono: vedi cosa fa l’aria inglese, questo spiega la strage della Rowling!!!!!). Ma una morte ci doveva essere e non poteva essere qualcun altro perché la storia non sarebbe più tornata… Ti faccio una confidenza, per rispetto di te, della tua media, dei tuoi figli non ancora nati e del mondo che salveranno ok? C’è un perché, un perché bello grosso che verrà fuori nei primi capitoli della seconda parte… Quando lo leggerai, magari ti passeranno gli istinti auto-omicidi, perciò resisti fino ad allora, ok? Pensa all’Impero Colpisce Ancora… Comunque, prossimo capitolo, Remus schiatta (non è ancora morto), poi funerali del suddetto, poi epilogo (niente medaglie, sorry, piuttosto grande fuga). Cordialmente tua Silvia Alfa // un nome, una garanzia!!!!

Deidara, no, non era Ares, Ares è più Chewbecca, anche se meno peloso, per i chiarimenti sulla sua identità leggi la risposta a Lily_Snape… Grazie come sempre per i tuoi complimenti. Per quanto riguarda Hermione e Fred, c’è questa idea che fluttua nell’aria, molto vaga, ancora indefinita e incerta, perciò al momento ti dico, non si sa mai… Ma parliamo comunque di cose in tempi lunghi. Spero che la curiosità sia stata ripagata

Babibabi, benvenuta cara, grazie infinite per i complimenti e spero di risentirti. Tu hai indovinato, era proprio Remus l’eletto, per chiarezza Artemis sarebbe un po’ il capitano Han Solo al femminile…

Lady Lynx, le cose sono peggiorate e continueranno a peggiorare ancora per un po’, scusami, questa disgrazia/tragedia è solo il principio (prendilo come un avvertimento). Ho voluto dare un po’ di spazio al vecchio Trio, lieta che tu abbia apprezzato!!!!

Bon, ora vi lascio con la promessa di tornare presto o almeno lo spero!!!!

Meno tre capitoli!!!!!

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Capitolo 30
*** Un addio ***


MAGIC WARS

CAPITOLO XXIX: UN ADDIO

Casa Riddle,

Inghilterra

Vorticò nei canali della Metropolvere per un tempo che gli parve infinito, restando aggrappato a quel rimasuglio di coscienza che ancora gli restava. Di due cose rimaneva consapevole: il braccio sano stretto convulsamente intorno al torace di Remus e il lancinante dolore che si irradiava dalla metà sinistra del corpo. Una parte di lui bramava più che mai di lasciarsi andare a quella dolce oscurità che sentiva lambire con sempre più prepotenza la sua mente e chiudere fuori la sofferenza, ma il suo istinto di sopravvivenza gli suggeriva che svenire in quel momento avrebbe potuto significare non risvegliarsi più. Devi restare sveglio, Drew. Resta sveglio, hai capito?, gli aveva detto Remus: era stata forse l’ultima cosa che gli aveva detto e lui doveva farlo, doveva farlo, per lui, per non rendere inutile il suo sacrificio…

Infine il mondo smise di girare e Drew atterrò con violenza su un duro pavimento di legno, con Remus steso sopra: rimase immobile con gli occhi chiusi, ogni fibra di energia impegnata a restare cosciente. Quasi nello stesso istante arrivarono i rumori: passi, porte che sbattevano, oggetti che si frantumavano… Drew si aggrappò a quei suoni famigliari, l’unica ancora che gli restava del mondo sensibile, oltre al corpo di Remus che gli pesava addosso: di aprire gli occhi non aveva la forza…

Fu allora che arrivò il grido, lungo e lancinante, da bestia ferita: una voce che il ragazzo conosceva, ma non riusciva a collocare. "NOOOOO! NO! NO! NO!".

Subito dopo, altre voci, passi e persone che si muovevano intorno a lui…

"Oh, Merlino santo!".

"I bambini! Porta via i bambini!".

"Il camino! Qualcuno sigilli il camino, presto!".

"George, vieni a darmi una mano!".

"Artemis, ferma!".

"No, no, no! Ares, lasciami!".

Qualcuno afferrò Remus, cercando di toglierglielo di dosso: istintivamente serrò più forte il braccio intorno al petto del licantropo.

Una mano si posò sulla sua guancia. "Drew, lascialo andare" mormorò una voce femminile.

Pur contro voglia, Drew si forzò ad aprire gli occhi, restando quasi accecato dalla luce: Hermione era china su di lui, scura in volto e seria come non l’aveva mai vista. "Lascialo, Drew" ripeté.

Il suo cervello ci mise un paio di secondi per recepire l’ordine e realizzare che era la cosa giusta da fare: lentamente allentò la presa, permettendo così a Ted e uno dei gemelli di spostare delicatamente Remus di lato.

"È ancora vivo…" sentì dire Ted, mentre il gemello cominciava contemporaneamente a tamponargli la ferita.

Senza mezzi termini, Hermione gli strappò la maglia intrisa di sangue, scoprendogli il torace e cominciando a studiare la ferita al braccio. "Sembrerebbe Sectumsempra…" mormorò. Si girò verso Drew, cercando di sorridergli, mentre con la stessa maglietta gli tamponava l’emorragia. "Ascoltami bene, Drew: cerca di stare sveglio, ok? Ascolta la mia voce, resta cosciente: ti rimetterai, sono certa che ti rimetterai…". Ma, malgrado la convinzione che cercò di metterci, Drew ebbe l’impressione che non ci credesse molto nemmeno lei.

"Una Pozione Rimpollasangue, Fred, subito" ordinò.

"Un mucchio di Pozione" aggiunse Ted. "E chiama Luna: abbiamo bisogno di lei, Sirius non è sul letto di morte!".

Mentre Hermione cominciava a mormorare una strana litania in latino, facendo scorrere la bacchetta lungo la lacerazione al braccio, Drew girò lentamente la testa verso il corpo alla sua sinistra: Ted e George stavano affannosamente cercando di richiudere lo squarcio sul petto di Remus, con scarsi risultati. Ogni pochi secondi Ted gli controllava il battito cardiaco e il respiro… "Avanti, forza" borbottò. "So che puoi funzionare…".

"Remus…" cercò di articolare Drew, ma gli uscì poco più di un gracidio incomprensibile: la lingua non gli ubbidiva più e ogni secondo si sentiva più vicino a quell’oscurità dall’apparenza così piacevole…

"Drew!" gridò allarmata Hermione. "Drew, ascoltami, resta sveglio: lo so che è difficile, ma non ti devi addormentare!".

Facile a dirsi… Quello fu probabilmente il suo ultimo pensiero coerente. Fred ricomparve in quell’istante nel suo raggio visivo, seguito da Luna, entrambi più carichi di pozioni di quante potessero trasportarne.

"Cosa devo fare?" domandò il mago, accucciandosi a fianco di Hermione.

"Bere… Fagliela bere: due o tre, una ogni tre minuti… Cacciagliela in bocca a forza, se necessario!".

"Coraggio, nipote, manda giù" disse Fred, portandogli alle labbra una boccetta.

Aveva appena mandato giù l’ultimo sorso, quando sentì gli ultimi brandelli di forza venire meno. Il dolore era diventato quasi insopportabile e così la sua mente fece la cosa più logica: si rifugiò nell’incoscienza tanto allettante.

"Dannazione, sta andando in arresto respiratorio…".

La voce di Ted che diceva queste parole fu l’ultima cosa che sentì chiaramente: ebbe la vaga consapevolezza che non fosse una buona cosa, ma era troppo poco per tenerlo ancora ancorato al mondo di veglia.

Poi ci furono solo parole confuse e senza senso, la voce allarmata di Hermione e infine il buio.

******

La coscienza tornò per gradi. Per primo venne il gusto: si sentiva sulla lingua un saporaccio amaro e metallico di medicina mischiata a sangue che gli fece venire voglia di vomitare. Poi fu il turno dell’olfatto: odore di medicina mischiato a quello di cibo, umido e alberi. Poi tornò il tatto e con esso la consapevolezza di essere disteso su un letto morbido sotto a diverse pesanti coperte, a petto scoperto e per una buona metà coperto di bende che gli arrivavano fin quasi al polso del braccio destro. Una parte di lui si stupì di non provare dolore, ma stranamente non riuscì a ricollegare quel pensiero e dargli un senso logico. Ci stava ancora riflettendo quando il mondo si popolò di suoni e le sue orecchie si liberarono del fastidioso ronzio che le aveva assordate fino a quel momento: voci, passi, qualcuno che sbatteva con insistenza un piede contro il pavimento…

Che sta succedendo?

Doveva aprire gli occhi, lo sapeva, sapeva di dover far capire a chiunque altro fosse in quella stanza che era sveglio e cosciente, anche se spaventosamente confuso: era in un letto e non aveva idea di come ci fosse arrivato, ferito anche se non ricordava come… L’ultima cosa che rammentava erano lui e Kitty che parlavano in camera, poi nulla. Era anche abbastanza certo che le risposte a cosa gli era capitato non gli sarebbero piaciute per nulla.

Sollevò le palpebre, richiudendole subito per la troppa luce.

"Drew?". Era la voce di Kitty a chiamarlo? "Drew, sei sveglio?". Sì, era Kitty…

Drew aprì di nuovo gli occhi, più lentamente stavolta, sbattendo le palpebre per cercare di mettere a fuoco la stanza in cui si trovava: quella non era la sua camera a Chalmers Road… Ma allora dov’era?

"Ciao" mormorò all’indirizzo di Kitty e Ethan, seduti al fianco del suo letto, stupendosi da solo di quanto la sua voce suonasse fioca.

"Drew!" gridò Ethan, balzando in piedi in un moto di sollievo, facendo per precipitarsi verso di lui, ma bloccandosi come indeciso all’ultimo secondo.

Kitty corse alla porta e gridò nel corridoio: "Si è svegliato! Si è svegliato!".

In capo a cinque secondi, Luna comparve sulla soglia, tallonata da Hermione: entrambe avevano l’aria sfatta e distrutta di chi non dorme da giorni, ma il viso illuminato da un’espressione di sollievo.

"Grazie a Merlino" mormorò Luna, avvicinandosi, prendendogli il viso tra le mani e studiandolo con meticolosa attenzione.

"Come ti senti?" domandò Hermione, scostando le coperte e esaminando le fasciature. Il sorriso si fece ancora più largo. "Sembra che abbia tenuto questa volta…".

"Grazie a Merlino" ripeté Luna. "Come stai Drew?".

"Stanco" rispose dopo un attimo di riflessione il ragazzo. "E un po’ intontito…".

"Sono gli antidolorifici" spiegò Hermione. "Starai così per un po’, ma senza sarebbe molto peggio!".

Antidolorifici… Ecco perché non sento dolore… Ma con esattezza per quale motivo doveva provare dolore? Non riusciva a ricordare… "Cosa è successo?".

Hermione e Luna si scambiarono un’occhiata che non gli piacque per niente. "Che cosa ricordi?" domandò con aria cauta Hermione.

Drew ci pensò sopra un paio di minuti, spremendosi le meningi. "C’era la festa, tu e i gemelli litigavate perché si stavano mangiando tutto, io sono salito a chiamare Kitty e poi…". Si sforzò, ma non gli venne in mente altro: era certo di starsi dimenticando un evento di capitale importanza, ma non riusciva proprio a richiamarlo alla mente… "Che cosa è successo?" chiese di nuovo con una nota di supplica nella voce.

"Il Ministero ci ha attaccato" spiegò Luna. "Keith è stato scoperto e gli hanno estorto dove trovarci. Christie è riuscita a fuggire, ma ormai era troppo tardi: Sylar ci è piombato addosso con un intero plotone di Mangiamorte…".

Ma Drew non l’ascoltava più: il breve racconto gli aveva richiamato alla mente tutta una serie di immagini, tutti i ricordi che tappavano il buco… I Mangiamorte, l’attacco, i Duelli, le maledizioni, Sylar, Remus…

Cercò di balzare a sedere, ma malgrado gli antidolorifici ebbe l’impressione che il braccio destro andasse a fuoco. Emise un lieve gemito mentre Luna e Hermione, allarmate, lo respingevano delicatamente giù. Dietro di loro, Kitty e Ethan si agitavano nervosamente, guardandosi l’un l’altra.

"Stai giù, Drew" gli raccomandò Hermione in tono severo. "Ti si riaprirà la ferita… E non puoi permettertelo: non so cosa ti abbia colpito, ma ci abbiamo messo un secolo a bloccare l’emorragia… Nemmeno le ferite da Sectumsempra sanguinano a quel modo!".

"Non era Sectumsempra, infatti" mormorò Drew. "Non ricordo la formula che Sylar ha usato, ma non era certo Sectumsempra…".

"Non ha importanza" liquidò la questione Luna. "L’importante è che tu stia bene, finalmente…".

"Come sta Remus?" domandò ansiosamente Drew. "Sylar l’ha colpito con la stessa maledizione quando hanno Duellato… Come sta?".

"È vivo" rispose Hermione. Drew sentì il cuore riempirsi di sollievo, ma subito si raccomandò di non farsi troppe illusioni: Remus era stato colpito in pieno petto, se ce l’aveva fatto per un pelo lui, come poteva stare il vecchio mago?

"Ma?".

"È vivo" ripeté Hermione. "Ma non è messo bene… La maledizione gli ha mancato di tanto così il cuore (in caso contrario sarebbe probabilmente morto sul colpo), ma il polmone sinistro è completamente distrutto: nessuno degli incantesimi che abbiamo tentato è riuscito a risanarlo abbastanza da poterlo rendere di nuovo funzionante… E il destro arranca: ha avuto già quattro crisi respiratorie… Anche il fegato era ridotto male, ma era ai margini del colpo e siamo riusciti a sistemarlo…".

Drew annuì: non c’era bisogno di essere un Guaritore per capire quanto la situazione fosse critica. Deglutì a vuoto un paio di volte. "Può farcela?" domandò: la domanda suonò retorica e un po’ sciocca alle sue stesse orecchie.

Hermione e Luna si guardarono di nuovo. "Drew, nelle condizioni in cui siamo, non abbiamo i mezzi per curarlo a dovere… Non li avremo avuti al Quartier Generale, figurati adesso che siamo poco più che sfollati… E bisogna tenere conto anche dei problemi collaterali: il fisico di Remus era ancora debilitato dal plenilunio e dall’infarto… Ted dice che praticamente sono i nostri Incantesimi a tenerlo in vita…".

"Queste non sono delle risposte" protestò Drew con voce dura. "Ditemelo chiaro e tondo: quanto gli resta?".

Luna sospirò. "Pochi giorni… Forse" si corresse subito dopo, come colta da un ripensamento. "Forse sono ore o addirittura minuti: dipende quando sarà la prossima crisi respiratoria e quanto sarà grave…".

"Non molto, comunque" specificò Hermione con uno sguardo affranto.

Drew annuì, restando poi in silenzio perché il cervello potesse smaltire la notizia… Gli sembrava così ingiusto: Remus non avrebbe dovuto morire così, sarebbe dovuto fuggire insieme agli altri invece di restare per lui e affrontare Sylar… Sylar… Sentì montare la collera: quanto lo odiava… Non credeva che avrebbe mai potuto odiare tanto qualcuno, tantomeno suo padre, ma evidentemente si sbagliava. Merlino, quanto avrebbe voluto…

Scacciò quei pensieri: non era decisamente il momento adatto. "Gli altri?" domandò, improvvisamente folgorato da nuova paura. "Gli altri stanno bene, vero?".

"Sì, sì" confermò Hermione con un mezzo sorriso. "Abbiamo rimesso in piedi Sirius in un baleno… Gli altri erano più o meno incolumi, tranne forse qualche contusione o cose del genere, ma nulla di serio…".

"E Artemis?".

Non c’era bisogno di specificare che non parlava delle sue condizioni fisiche, era fin troppo scontato a cosa si stava riferendo. "Ha fatto la spola tra il tuo letto e quello di Remus" rispose Luna. "Non ha più parlato con nessuno, nemmeno con Sirius o Ares…".

"Non è che ci eviti" spiegò Hermione. "Semplicemente va e viene nel più assoluto silenzio: sembra uno zombie…".

Drew annuì. "Capisco…". Non riusciva nemmeno a immaginare come dovesse sentirsi la sua amica. Proprio adesso che si stavano ritrovando… "E Sirius?".

"È rimasto tutto il tempo al capezzale di Remus" disse Luna. "Ho praticamente dovuto trascinarlo a letto poco fa, anche se quasi dormiva in piedi… Ma di certo a quest’ora avrà già approfittato della mia assenza per sgattaiolare da lui un’altra volta".

Drew però l’ascoltava solo a metà: stava riflettendo su alcune affermazioni delle due streghe, sul fatto che Artemis avesse fatto la spola tra lui e Remus, Sirius che cascava dal sonno… Quanto tempo era rimasto privo di sensi? "Per quanto ho dormito?" domandò.

Le due esitarono, scambiandosi l’ennesimo sguardo.

"Per quanto ho dormito?" ripeté il ragazzo.

"Più di quattro giorni" rispose Hermione. "Te l’ho detto, abbiamo faticato molto prima di rimarginare la ferita…".

Drew guardò le bende strette che gli fasciavano la spalla e scendevano giù per mezzo torace. Si diede un po’ dello stupido: si era preoccupato di tutti tranne che di sé stesso, dimenticandosi che era stato a un passo dalla morte anche lui… Quella consapevolezza lo colpì come una doccia gelata. "Quanto male sono messo?" domandò.

"Dovrai stare a riposo per qualche giorno" rispose Luna. "Ma dovresti rimetterti completamente: per fortuna non ha danneggiato organi vitali…".

"Siete sicure? O me lo dite solo per farmi stare buono?".

Hermione gli sorrise con aria rassicurante. "Ti sei svegliato, il che significa che il peggio è passato. Come ha detto Luna, ti aspettano alcuni giorni di riposo assoluto, poi vedremo come è messo il braccio… Ma non ti devi preoccupare: Ted è certo che con un po’ di esercizio tornerà come nuovo…".

"Ora è meglio se riposi un po’" dichiarò Luna, alzandosi in piedi. "Se hai bisogno di qualcosa, chiama".

"E voi due lasciatelo tranquillo" raccomandò Hermione a Ethan e Kitty.

"Non vi preoccupate" le rassicurò la ragazzina, mentre le due streghe lasciavano la camera, lasciando la porta socchiusa. "Ci hai fatto quasi morire di paura, Drew!" aggiunse subito all’indirizzo del cugino.

"Eravamo preoccupatissimi" aggiunse Ethan con un convinto cenno del capo.

Drew sorrise debolmente, cercando di trovare una posizione comoda senza troppo successo: forse la ferita non faceva male, ma le bende erano senza dubbio un grande fastidio e aveva tutte le dita intorpidite per la scarsa circolazione. "Mi dispiace, ragazzi, giuro che non lo farò mai più".

"Lo spero bene!" sbottò Kitty con un sorriso. "Lo sai come divento sotto stress…".

"È vero" concordò Ethan. "Era intrattabile in questi giorni: ancora un po’ e mordeva…".

"Tranquilli, non vi liberate di me tanto facilmente!" scherzò Drew, pur sentendosi il cuore pesante: Luna e Hermione era convinte che si sarebbe ripreso presto, ma non poteva dimenticare che a poche camere di distanza, l’uomo che ormai considerava quasi alla stregua di un padre si stava lentamente spegnendo come una candela…

******

Quella stessa sera, Drew si rigirava nel letto senza pace: nel pomeriggio la ferita si era riaperta, costringendo Hermione a cambiargli le bende, fargli bere l’ennesima Pozione Rimpollasangue e imbottirlo di antidolorifici al punto che avrebbe potuto staccarsi il braccio a morsi senza sentire assolutamente nulla… Come idea non era nemmeno tanto male considerato che per quanto si sforzasse non riusciva a trovare una posizione comoda nemmeno a pagarla oro: a furia di stare girato sul fianco sinistro gli si era praticamente addormentato il braccio, ma stando sulla schiena la lesione finiva immancabilmente con il mandargli fitte di dolore, in barba alle pozioni analgesiche, e dubitava che avrebbe potuto far peso sul lato destro del corpo per i successivi due o tre anni… Aveva anche provato a mettersi seduto a un certo punto, tra la siesta delle tre e quella delle cinque, ma gli girava talmente tanto la testa che ci aveva rinunciato quasi subito… Effetto della mancanza di cibo e della massiccia perdita di sangue, aveva dichiarato Ted quando l’aveva visitato…

Drew sbuffò: dal quel momento in avanti avrebbe detestato Sylar giusto per principio, pensò, fissando con aria corrucciata la cena mezzo smozzicata che Fred gli aveva portato una mezz’oretta prima: una minestrina leggera, leggera e un po’ di pane, ma Drew non era riuscito a mangiarne più della metà prima che lo stomaco gli si chiudesse completamente. Non aveva particolare appetito, anzi, e per di più aveva il sospetto che quella minestra l’avesse fatta Luna, perciò poteva anche rivelarsi velenosa e più pericolosa della maledizione di Sylar, il Sectumsempra e la Cruciatus messe insieme!

Dovrei dormire un po’… si disse, anche se in realtà più che stanco di sentiva ancora intontito: era tutto il giorno che entrava e usciva dal dormiveglia, senza addormentarsi sul serio, ma non aveva particolarmente sonno… Non era sicuro nemmeno lui di come stava: con tutta la roba che aveva in corpo per sedare il dolore non era in grado di stabilire quali fossero le sue effettive condizioni fisiche… Ted, Luna e Hermione erano concordi nel dichiarare che si stava riprendendo bene e lui non poteva che crederci…

Ma non era solo questo a tenerlo in ansia: per quanto si sforzasse, non riusciva a non pensare a Remus… Ogni volta che qualcuno entrava nella sua stanza, chiedeva puntualmente notizie del licantropo, perciò sapeva che per il momento era ancora vivo… Ma per quanto ancora lo sarebbe stato? L’idea che stesse morendo e loro non potevano fare niente per impedirlo gli era intollerabile. Se solo fosse scappato con gli altri… A quest’ora io sarei probabilmente morto, ma lui sarebbe vivo e vegeto con Artemis…

Anche il pensiero dell’amica continuava a tormentarlo: non l’aveva vista un solo minuto da quando si era risvegliato… Perfino Sirius si era allontanato un attimo dal capezzale di Remus per venire a vedere come stava, ma di Artemis nemmeno l’ombra. Non che glielo rimproverasse, capiva perfettamente che i pensieri della ragazza fossero rivolti altrove in quel momento, ma avrebbe voluto poterle parlare un attimo, non sapeva nemmeno lui per dire cosa, forse solo vedere come stava…

Dannazione a te, Sylar!, pensò con rabbia. Ma che razza di giustizia c’era in quel mondo? Remus e Artemis si erano appena ritrovati… Non era giusto, non era proprio giusto…

Ma anche volendo non avrebbe potuto fare nulla per cambiare le cose: Ted aveva fatto l’impossibile e anche di più per salvare il genero, ma anche volendo, non aveva i mezzi per poterlo guarire… E chissà, forse nemmeno al San Mungo sarebbe stato possibile, considerata l’entità delle ferite che aveva riportato… Avrebbe tanto voluto potergli parlare un’ultima volta, ma probabilmente per quando gli avrebbero permesso di lasciare il letto, sarebbe già stato troppo tardi…

A meno che… L’idea pazza, potenzialmente pericolosa e altamente masochista gli sbocciò in testa e si rivelò impossibile da scacciare. Sapeva che Remus si trovava due stanze a sinistra rispetto alla sua, proprio di fronte alle scale e in quel momento tutti i membri dell’Ordine erano al piano di sotto a consumare una cena frugale …

Sapeva anche che Luna e Hermione sarebbero diventate isteriche se lo scoprivano e che probabilmente a metà strada non avrebbe più avuto la forza di muovere le gambe, ma non gli importava molto: poteva essere la sua unica possibilità di vedere Remus e non voleva sprecarla… Non era molto certo del perché, ma sentiva di doverlo assolutamente vedere e se c’era una cosa che aveva imparato era di non ignorare mai simili sensazioni…

È una pessima idea, si disse. Ma del resto, noi Potter siamo maestri nel mettere in pratica pessime idee… E se resto altri cinque secondi in questo letto, probabilmente esploderò!

Così, lentamente sgusciò fuori dalle coperte e si tirò in piedi, appoggiandosi prontamente alle parete quando le gambe minacciarono seriamente di non reggerlo. Cominciamo bene…

Quando arrivò alla porta, era già stanco. Dovrò proprio mangiare qualcosa, ho idea: ipoglicemia acuta… Ma ormai era in ballo e perciò tanto valeva ballare. Lentamente uscì in corridoio, sempre appoggiandosi al muro per reggersi e facendo più piano possibile per non allertare gli altri al piano di sotto, si guardò intorno un attimo, individuò la porta socchiusa alla sua sinistra e vi si diresse, rischiando un paio di volte di inciampare nei suoi stessi piedi. La ferita di tanto in tanto mandava blande scariche di dolore, ma le ignorò stoicamente: sapeva di aver sopportato di peggio.

Arrivato sulla soglia per un attimo si bloccò, vedendo il grosso cane nero accucciato sul fondo del letto, con il mento appoggiato a una gamba di Remus: quella vista gli strinse il cuore in una morsa e per l’ennesima volta si ritrovò a pensare quanto fosse ingiusta quella situazione. Tuttavia, una più attenta occhiata gli bastò per capire che Sirius stava dormendo: probabilmente alla fine aveva dovuto cedere alla stanchezza, anche se evidentemente non aveva voluto saperne di lasciare l’amico.

Strano che Artemis non ci fosse piuttosto, si ritrovò a pensare entrando cautamente quando capì che non c’era nessun’altro nella stanza: probabilmente gli altri l’avevano trascinata di sotto per costringerla a mangiare qualcosa, Drew dubitava con risultati positivi. Artemis faceva sempre di testa sua e se non voleva mangiare non avrebbe mangiato, il che significava che poteva tornare in qualunque momento…

Mentre avanzava lentamente verso il letto, osservò attentamente Remus: era perfino più pallido di quando aveva avuto la crisi cardiaca, era sdraiato immobile con il petto avvolto da strette bende, qua e là screziate di rosso. Non fosse stato per il respiro lento e irregolare e qualche sporadico spasmo delle dita avrebbe potuto essere già morto.

Convinto che fosse profondamente addormentato (di certo, gli altri gli avevano dato delle pozioni soporifere), Drew si sedette lentamente sul bordo del letto, certo che le gambe non lo avrebbero retto un secondo di più, gettando qualche guardinga occhiata a Sirius: l’Animagus comunque sembrava immerso in un sonno profondo.

"Mi dispiace, Remus…" mormorò, lottando contro il groppo che sentiva in gola. "Non sarebbe dovuto succedere…".

Allungò la mano verso il suo braccio e per poco non gli venne un colpo quando una presa sorprendentemente forte gli serrò il polso. Trattenne a stento un grido di sorpresa quando alzando lo sguardo, vide Remus, sveglio e cosciente, che lo fissava con occhi appannati e una smorfia di dolore dipinta in volto.

"Drew…" mormorò, talmente debolmente che il ragazzo quasi non lo sentì. Dove lo prendeva il fiato per parlare se a malapena gli funzionava un polmone?

"Vado a chiamare qualcuno" disse Drew, facendo per alzarsi. Remus non avrebbe dovuto essere sveglio, era evidente che stava soffrendo come un dannato.

"NO!" protestò con voce appena più forte il licantropo, serrando ulteriormente la presa. "È tanto che ti aspetto…".

"Mi aspettavi? Perché?".

"Perché sapevo che saresti venuto presto o tardi: voi Potter siete così prevedibili…".

"Non parlare" gli consigliò Drew con ansia. "Sei troppo debole…".

Remus scosse appena il capo. "Non c’è più tempo… Ho bisogno del tuo aiuto…".

"Il mio aiuto? E come?".

"Gli altri non capirebbero…" mormorò più tra sé che a qualcuno in particolare il licantropo. Ogni secondo che passava sembra più vicino a perdere le poche forze che aveva e svenire e quando parlò di nuovo la sua voce era carica di urgenza: "La mia giacca, Drew… Dov’è la mia giacca? Quella che indossavo a Chalmers Road…".

Drew corrugò la fronte: aveva sul serio detto ‘giacca’? Che diamine voleva farci con la sua giacca? Forse stava delirando… "Remus, è meglio se vado a chiamare…".

"Sono serio, Drew!" lo zittì Remus con aria sempre più agitata. "Per favore, la giacca…".

"Ok, ok". Meglio non contraddirlo in quello stato… Drew si guardò attorno e trovò l’incriminata giacca abbandonata su una sedia poco lontano, fuori dal campo visivo di Remus… Si sentì annodare lo stomaco quando vide le macchie di sangue.

"È lì, la giacca" disse, indicandola. "A che ti serve?".

Remus chiuse gli occhi, prendendo un paio di sofferti respiri prima di parlare di nuovo. "La tasca interna…". C’era un sempre maggior affanno nella sua voce: ogni parola gli costava uno sforzo immane, ma era necessaria, assolutamente necessaria. "C’è una boccetta… Portamela…".

Drew non aveva idea di cosa Remus stesse parlando, ma dalla sua faccia poteva capire quando la cosa fosse importante… E in ogni caso era meglio accontentarlo… Si alzò lentamente e altrettanto lentamente si diresse verso la giacca, attento a non disturbare Sirius. Vi frugò all’interno e trovò effettivamente una fiala, saldamente tappata, contenente una pozione piuttosto vischiosa di un colore verdognolo decisamente poco invitante.

Tornò al letto, sentendosi stanco come se avesse corso la maratona e porse l’ampolla a Remus. "Tieni…".

Remus la prese con dei gesti concitati e nervosi: gli tremavano talmente le mani che dovette fare qualche tentativo prima di riuscire a stapparla. Drew storse il naso a quell’odore a dir poco pessimo, ma Remus ingoiò l’intero contenuto senza traccia di esitazione.

Parve rilassarsi quasi all’istante, mentre lasciava ricadere le braccia, lanciando un debole sorriso a Drew: una strana pace aleggiava sul suo volto adesso. "Grazie, Drew…" bisbigliò. "Grazie…".

"Remus, che cos’era quella?".

Con un gesto straordinariamente lento, come se pesasse una tonnellata, Remus gli cacciò la boccetta in mano. "Non dire nulla a nessuno, Drew…". Articolò con lentezza le parole, come se queste non volessero più uscire. "Gli altri non capirebbero…".

"Remus…" lo chiamò Drew: per contro, il nome gli uscì molto più forte di quanto non avesse avuto intenzione. Gli stava nascendo un orribile dubbio: non è che quella pozione era un…

"Temevo di non fare in tempo…". Drew non capì il senso di quella frase, ma non se ne curò: Remus del resto non sembrava nemmeno più rivolgersi a lui o a qualcuno in particolare. Fissava il soffitto con quell’espressione quieta e quel debole sorriso…

"Remus!". No, non era possibile, perché avrebbe dovuto portarsi in tasca un…

Sirius sollevò la testa di scatto, sbatté gli occhi un paio di volte, saettò lo sguardo da un all’altro un paio di volte e infine riprese forma umana.

"Drew, che cosa ci fai qui?" domandò, passandosi una mano sulla faccia. "Dovresti stare a letto…".

"Remus…" fu l’unica cosa che riuscì a mormorare Drew, sentendo le prime lacrime cominciare a pungergli gli angoli degli occhi.

Sirius si volò di scatto verso l’amico, improvvisamente sveglio, un’espressione di puro panico dipinta in volto. "No, no, no… Moony! MOONY!".

Senza nemmeno curarsi di fare piano, gattonò avanti, prendendo il volto di Remus fra le mani. "MOONY!" lo chiamò, con una nota disperata nella voce che Drew non gli aveva mai sentito.

Ma era inutile. Già prima che tutto l’Ordine, con Ted in testa, accorresse attirato dal grido di Sirius, il cuore di Remus aveva smesso di battere, il viso irrigidito in quell’espressione di serena tranquillità.

Tra le lacrime Drew quasi non si accorse quando Hermione prese a trascinarlo lentamente via per ricondurlo nella sua stanza. L’unica cosa che riuscì a fare fu nascondere la boccetta in una tasca dei pantaloni, ripromettendosi di nasconderla o distruggerla quanto prima: qualunque cosa vi fosse contenuta, nessuno avrebbe mai dovuto sapere della sua esistenza…

******

Da qualche parte un orologio batteva la mezzanotte.

Chiusa in bagno, Artemis si sciacquò il viso con l’acqua fredda, sbattendo poi gli occhi per scacciare le gocce gelate. Studiò il proprio volto allo specchio: il riflesso di una ragazza pallida e sfinita ricambiò il suo sguardo. Se non avesse saputo chi era, non ci si sarebbe riconosciuta: come aveva fatto in quattro giorni a trasformarsi in quella ragazza con l’aria disperata da naufraga in procinto di annegare? Quella non poteva essere lei, quella non poteva essere la sua vita… Quale dio aveva offeso nelle sue vite precedenti per meritarsi tutto questo? Perché le avevano dovuto togliere anche quello spicchio di felicità che era riuscita a riconquistare?

Con mano tremante, si scostò i capelli dal volto: come tutto il resto, anche quelli erano ormai in uno stato pietoso… Quanto tempo era che non se li lavava? Non riusciva a ricordare… Prese un elastico dalla mensola lì di fianco e se li legò in un codino sbarazzino: diverse ciocche sfuggirono subito alla presa, troppo corte per essere trattenute. Se le spinse dietro le orecchie con un gesto stizzito, passandosi una mano sugli occhi stanchi: non faceva un sonno decente da giorni, aveva dormito poco e male dove le capitava di addormentarsi e aveva mangiato ancora di meno e solo perché suo nonno le aveva cacciato quasi a forza il cibo in bocca, come se fosse stata una bambina in vena di capricci. E appena ne aveva avuto l’occasione, era andata a vomitare…

In altre parole, era stremata e stava marciando a passo di carica verso l’autodistruzione totale, ma non le importava, non le importava più di niente, ormai: sarebbe stata felice di chiudere gli occhi e non risvegliarsi più. Era stanca di quella vita che non le aveva dato altro che sofferenza: se mai era stata davvero felice, doveva essere stato nel grembo di sua madre o comunque quando era ancora inconsapevole del mondo…

A passi lenti, uscì dal bagno, addentrandosi nell’oscurità. Probabilmente era l’unica ancora sveglia in tutta la casa: il resto dell’Ordine era andato a godersi un po’ di riposo, dato che ormai non c’era più un vero motivo per restare svegli… Avevano messo degli incantesimi d’allarme in caso il Ministero fosse riuscito a rintracciarli e fosse loro piombato addosso, ma per il momento sembrava che fossero riusciti a far perdere le loro tracce: di certo Sylar in quel momento stava facendo rivoltare ogni angolo della Gran Britannia per trovarli, era solo questione di tempo, ma tutti contavano sul vantaggio che nessuno avrebbe mai pensato che potessero nascondersi proprio a Casa Riddle, perciò speravano di avere ancora qualche giorno per riorganizzarsi, permettere a Drew di riprendersi e seppellire Remus… Artemis si rifiutò di soffermarsi sull’ultima: le era intollerabile mettere suo padre e termini come funerale, cimitero o cremazione nella stessa frase, erano pensieri che la sua mente si rifiutava di accettare, perché avrebbero reso tutto troppo definitivo, troppo… reale.

Lasciò che i piedi la conducessero in modo quasi automatico fino alla camera di sua madre, aspettandosi di trovarla addormentata. Invece Dora era come sempre seduta a gambe incrociate al centro della stanza, perfettamente sveglia, che pasticciava con un pennarello nero su un foglio. Sentendola entrare, sollevò di scatto la testa, la studiò alcuni istanti e poi con espressione delusa tornò alla sua occupazione come se niente fosse.

Artemis andò a sedersi al suo fianco. "Che cosa stai facendo, mamma?" domandò piano. "Dovresti dormire…".

Era la prima volta in quattro giorni che diceva qualcosa e l’aveva fatto senza aspettarsi una risposta che infatti non arrivò: Tonks continuò imperterrita a tracciare disordinate linee nere sul foglio senza prestare la figlia della minima attenzione. Dalla fuga da Londra, nessuno era più riuscito a strapparle un solo gesto o una parola che fossero intelligibili: l’attacco ai Mangiamorte si era rivelato un episodio sporadico e la donna era tornata a rintanarsi con ancora più forza del solito nel suo piccolo universo personale, dietro una barriera che nessuno aveva idea di come aggirare.

Artemis sospirò, accarezzandole con dolcezza i capelli rosa pallido, ricordando i momenti nella sua infanzia quando i ruoli erano invertiti ed era lei a trovare conforto tra le braccia di Dora. "Vieni, ti porto a letto…" mormorò, cercando di farla alzare.

Dora la respinse con forza, scuotendo il capo. "No".

"Sì, invece" ribatté Artemis, con convinzione. "Dai, vieni…".

Tonks non si mosse di un centimetro, fissando stolidamente il foglio che aveva di fronte. "Remus…" sussurrò, tanto piano che la figlia a malapena la sentì. "Dov’è Remus?".

Si rigirò il foglio tra le mani, attirando l’attenzione di Artemis. In principio non vi aveva badato più di tanto, dando per scontato che fossero semplici scarabocchi, ma ora guardandolo più attentamente, tra le linee disordinate si poteva distinguere la sagoma stilizzata di un lupo e perfino una sorta di luna piena.

Artemis si morse con forza il labbro inferiore per trattenere un gemito, ingoiando il groppo che sentiva in gola: quattro giorni e non era ancora riuscita a versare una sola lacrima, nemmeno quando circa cinque ore prima Remus era morto aveva pianto. Non voleva e non poteva piangere: le lacrime erano un’altra di quelle cose che avrebbero reso l’accaduto definitivo.

"Remus…" mormorò di nuovo Dora, continuando a fissare il disegno.

Artemis si chiese quanto sua madre fosse consapevole di quello che era successo, quanto fosse penetrato nella sua consapevolezza… Ma in fondo non avrebbe dovuto sentirsi tanto stupita: già prima, Tonks aveva dato prova di essere più sensibile ai cambiamenti di quanto lasciasse a intendere, sia nel bene che nel male.

"Mi dispiace, mamma" le disse, in tono mortificato. "Se ne è andato".

"Andato…" ripeté Dora. Parve riflettere alcuni secondi, poi domandò di nuovo: "Dov’è Remus?".

Artemis scosse il capo, scoraggiata: cosa si aspettava? Voleva sul serio cercare di costruire una conversazione degna di questo nome con una donna che metà delle volte non la riconosceva e a malapena sapeva mangiare da sola? Solo perché quattro giorni prima aveva dato prova, in un lampo sporadico, di sapere ancora difendere sé stessa e gli altri non significava che avrebbe avuto indietro sua madre… Sua madre non sarebbe mai tornata, avrebbe dovuto rassegnarsi molto tempo prima…

"Vieni, ti porto a letto" disse, costringendola dolcemente ad alzarsi. "Devi riposare…".

"Potrei dirti la stessa cosa…" intervenne una voce alle sue spalle.

Artemis si voltò, trovando Ares che la fissava con espressione insolitamente dolce. "Non guardarmi in quel modo, Ares: sto bene…".

"Questa è una bugia bella e buona e lo sappiamo entrambi" ribatté l’uomo guadagnando il centro della stanza. "Vai a dormire: non c’è nulla che tu possa fare…".

"Io non voglio dormire" dichiarò Artemis, conducendo Dora fino al suo letto. "Non voglio riposare, non voglio sognare che tutto questo non sia accaduto per ricevere una doccia gelata al mio risveglio…".

"Quello che vuoi è relativamente importante… Il tuo corpo cederà presto se non dormi e riprendi a mangiare".

Artemis si voltò verso di lui con un lampo di rabbia negli occhi. "E chi ti dice che non sia proprio quello che voglio, Ares?".

"Tu non vuoi morire, Artemis" affermò con convinzione Ares. "Sei troppo attaccata alla vita per poter desiderare di morire…".

"Questo era ieri, Ares, era prima che succedesse tutto questo, prima che lui…". La voce le si spezzò un gola: non riusciva proprio a dirlo, non riusciva ad accettarlo.

Si girò di nuovo, sentendosi gli occhi lucidi: ingoiò le lacrime, rimboccando le coperte a sua madre. Non si accorse che Ares si era avvicinato finché non sentì la sua mano posarsi sulla spalla. "So che è difficile, Artemis, ma devi reagire…".

"E a te che importa?" sbottò stizzita la ragazza. "Tu te ne stai andando, no? Stai solo aspettando il momento giusto per prendere la porta e sparire per sempre o sbaglio?".

La presa si fece più forte. "Io non vado da nessuna parte, bambina".

Artemis si voltò di scatto verso di lui. "Che cosa?" esclamò. "Tu…".

"Non me ne vado" ripeté Ares senza la minima esitazione.

"Perché? Perché hai cambiato idea?".

"Perché tu hai ancora bisogno di me, Artemis… Non ti lascerò finché non sarò certo che tu possa cavartela da sola e adesso NON sei in grado di farlo".

"Ares, io…". Non sapeva nemmeno cosa dire, non c’erano parole per esprimere quello che sentiva in quel momento. "Grazie".

"Ma tu devi reagire, bambina" disse l’uomo, chinandosi su di lei fino a fissarla negli occhi ambrati. "Devi andare avanti: tutto questo non lo riporterà indietro, condurrà solo ad altro dolore…".

"Io non so come fare, Ares… Non riesco ad accettare che sia morto… Se solo non mi avesse spinto in quel camino…".

"Allora sareste probabilmente morti entrambi. Non puoi cambiare quello che è stato, Artemis, non puoi sprecare la vita chiedendoti cosa sarebbe successo se questa o quella cosa fosse andata diversamente, non puoi vivere nel passato…".

"E allora cosa posso fare, Ares?".

"Aggrappati a ciò che c’è di buono nella tua vita e guarda avanti: il tempo farà il resto…".

All’espressione scettica della ragazza, l’uomo sorrise debolmente. "So che sembra una pessima combinazione di frasi fatte, ma è la verità: il tempo può sul serio guarire le ferite o quanto meno alleviare il dolore…".

Artemis ebbe la netta impressione che Ares stesse parlando per esperienza personale: lo scrutò negli occhi, cercandovi indizi di quel passato misterioso che il fedele compagno si ostinava a celare con tanta cura, ma non vide nulla di diverso. "Mi dispiace…" mormorò.

"Per cosa, bambina?".

"Per chiunque sia la persona che hai perso, amico mio". Esitò un istante. "Mi manca tanto…".

"Lo so…".

Ares l’attirò a sé, in un abbraccio che la lasciò un attimo sgomenta: di rado Ares si era lasciato andare a simili manifestazioni di affetto…Ma si abbandonò subito a quella stretta in qualche modo paterna, mentre le lacrime trattenute con tanto stoicismo prendevano finalmente a scorrere.

E come capita sempre in questi casi, una volta cominciato, non riuscì più a smettere, lasciandosi andare a singhiozzi sempre più disperati, nascondendo il volto nella camicia di Ares. Da qualche parte in giardino si sentiva un cane ululare, perfetta colonna sonora del dolore a cui stava dando sfogo. Sirius, pensò. Razza di incosciente… Ma anche se avesse potuto, non sarebbe mai andata a fermarlo, anzi, una parte di lei, quella più vicina all’animale, avrebbe voluto unirsi a lui in quel lamento…

Restarono lì, pressoché immobili per più di un’ora, finché Artemis stremata non crollò addormentata tra le braccia di Ares. Lentamente, l’uomo si sciolse dalla stretta e la sistemò nel letto al fianco di Tonks, che aveva ceduto già da molto tempo al sonno. La ragazza emise qualche gemito indistinto ma non si svegliò, accoccolandosi meglio sotto le coperte.

Silenzioso come un felino, Ares uscì dalla stanza, lasciando la porta socchiusa per ogni evenienza, e andò a sedersi sul primo scalino della rampa di scale: aveva troppi pensieri per la testa per poter avere sonno.

Si stava ancora assiduamente chiedendo se avesse preso la decisione giusta decidendo di restare: si era interrogato per giorni su quale fosse la cosa migliore da fare e non era ancora sicuro della sua scelta. Rimanere avrebbe significato rientrare in quella guerra da cui avrebbe voluto a tutti costi essere escluso, quella guerra che gli aveva tolto la libertà, la vita, il futuro, la famiglia… Avrebbe rischiato di essere riconosciuto: Sylar ci era andato così vicino a Westminster… Quell’episodio lo aveva turbato non poco: aveva dato per scontato fosse perché Sylar aveva indagato anche su di lui all’epoca del genocidio, ma forse c’era altro sotto… Artemis e Drew nascondevano molte cose su quel punto, Ares ne era certo, ma non aveva fatto domande: probabilmente era meglio non sapere. E forse, vecchio paranoico, ti stai agitando per nulla: di certo te ne ricorderesti se avessi frequentato un tipo come lui prima, ad Hogwarts… O forse no? In fondo, a scuola era piuttosto popolare, nel bene e nel male a seconda dei punti di vista, era anche possibile che Sylar lo conoscesse di faccia senza averlo mai frequentato… Magari qualche vecchio nemico Serpeverde…

In effetti, si stava ancora chiedendo come avessero fatto gli altri membri dell’Ordine a non riconoscerlo… Si passò una mano tra i capelli castani, osservando il proprio riflesso in una colonna della balaustra di marmo: dopo sedici anni, ancora faticava a sentire suo quell’aspetto… Chissà come sarebbe stato se fosse invecchiato naturalmente invece di mettersi nelle mani di quei maghi di dubbia moralità che per un paio di sacchi di Galeoni l’avevano trasfigurato fino a renderlo praticamente irriconoscibile… Probabilmente è per questo che i gemelli o Hermione non hanno capito chi sono: la gente tende a non vedere quello che ha davanti agli occhi!

Ma non aveva importanza: lui non voleva essere riconosciuto, in fondo, e ormai dubitava che sarebbe mai successo. Sarà meglio così: l’Ordine della Fenice ha bisogno di Ares, non dell’uomo che si nasconde sotto di lui… Artemis ha bisogno di Ares…

Sirius aveva smesso di ululare. Ares si alzò in piedi, spolverandosi i pantaloni e andò nella sua stanza: qualche ora di sonno avrebbe fatto bene pure a lui, si disse, lasciandosi cadere sul letto

Aveva il presentimento che giorni cupi si prospettassero all’orizzonte, giorni in cui l’Ordine avrebbe dovuto lottare duramente per sopravvivere e lui avrebbe fatto quanto poteva per aiutarlo.

LYRAPOTTER’S CORNER

Bene, arrivati in fondo a questo capitolo, parecchi di voi saranno ormai certi che in me alberghi un’anima ad alto contenuto sadico e masochistico, visto e considerato che in certi punti mi stavo facendo venire il magone da sola, non oso immaginare lo stato in cui sarete voi… Di certi vi sarete chiesti dove stava la necessità di far vegetare Remus mezzo moribondo invece di ucciderlo sul colpo considerato che il suo destino era segnato da tempo… Sfortunatamente, la dipartita di Remus era legata ad alcuni episodi intrinseci assolutamente basilari per i futuri sviluppi della storia… Vediamo se qualcuno indovina, anche se era abbastanza palese, è un pezzo che spicca per la sua apparente inutilità, piuttosto sarei curiosa di vedere se qualcuno capisce dove voglio andare a parare… *si abbandona a una risatina satanica*

Punto secondo, come già anticipato, sulla base delle esigenze del pubblico, abbiamo cambiato il programma sulla segreta, segretissima identità di Ares… Ma non fatemi domande e non sperate di saperne di più a breve, la conclusione di questo capitolo è tutto quello che avrete ancora per molto tempo; sentitevi pure liberi di provare a indovinare se volete…

Bon, è momento di ringraziare le otto (OTTO, per questa storia è un nuovo primato) persone che hanno recensito:

Moonshadow_95, grazie infinite, spero che la storia continui a piacerti!

Lady85, idem come sopra, grazie, grazie, grazie, nella speranza di risentirci presto!!!!!!

Deidara, lo sai che a posteriori avrei fatto meglio a uccidere Christie e salvare Keith… Perché ho fatto due conti e mi sono resa conto che nei futuri sviluppi saremo carenti di materia prima maschile, visto che tutti i prossimi nuovi arrivi importanti saranno tutte donne… Vabbè, è tardi per piangere sul latte versato, immagino…Su Sirius e Luna, non ti rilassare troppo, perché i prossimi sviluppi su di loro non ti piaceranno, il loro per Happy Ending è ancora lontano… E sulla strage, ho idea che mi batterai senza problemi, visto che per un po’ io ho finito (anche se, contando tutti quelli che ho ucciso prima, stravinco di certo…).

Lady Lynx, guarda, non so se Keith sia morto, morto, ma di certo il caro Julius non gli renderà la vita facile, quindi è probabile che lo diventi presto… In ogni caso, è uscito di scena definitivamente… Altri cinque minuti di silenzio…

Babibabi, siamo sadici e ne andiamo fieri… È un gene che molti scrittori se portano dietro, purtroppo (ogni riferimento a JK Rowling è puramente casuale)!!!!! Sulla maledizione di Sylar, cosa posso dirti, hai fatto fuochino e pure su Ares… Su chi sia quest’ultimo mi sa che vi ci arrovellerete sopra tutti quanti!!!!!!!

LadyMorgan, mi conosci e sai che sono sconvolta quanto te per la morte di Remus, pur essendone l’artefice, ma ti assicuro che era una cosa inevitabile: qualcuno doveva morire e quel qualcuno doveva avere particolari caratteristiche per rendere credibili i futuri sviluppi della storia… Ahimè, l’unico candidato possibile tra quelli che ho graziato e forse in generale, era proprio Remus… Su Ares sono in silenzio stampa, mi diverto troppo a farvi arrovellare e poi vi toglierei tutta la suspense della sorpresa: posso dirti che è un personaggio canon, ecco, il resto lo vedrai a tempo debito… Quanto al resto, devo essere sincera, io non è ho mai parlato più di tanto per non complicarmi la vita, ma i tuoi dubbi sono leciti e posso cercare di spiegarteli così: in un qualche capitolo che non ricordo, durante le discussioni dell’Ordine sull’Arma, si parlava di un trattato che Voldy aveva fatto con il resto del mondo magico e non, una sorta di patto di non aggressione… Poi erano tutti tornati a farsi di fatti loro e lasciato l’Inghilterra ai suoi complicati affari interni… Ovviamente nessuno sapeva che cosa stava combinando (genocidi, discriminazione, progettazione di armi apocalittiche), Voldy è bravo a tenersi stretti i suoi segreti… Quanto agli Usa, mai sentito di parlare di dottrina Monroe? Detto in soldoni, significa "ammazzatevi finché vi pare, ma non toccate il nostro portafogli", perciò se ne sono stati a cuccia nel loro lato di mondo a lasciare che l’Europa se la sbrigasse da sola… Se poi voi discuterne ancora, si può fare in altra sede, per quanto le questioni politiche non siano il mio forte… Tua Silvia Alfa // perché il male colpisce sempre due volte

Ino chan, siamo due pazze schizzate, allora, so di essere molto coerente con me stessa, io odio quanto gli altri uccidono i miei personaggi preferiti, ma ciò non mi esime dal volerlo fare io… Che ci vuoi fare, sono contorta!!!!!!!!

SakiJune, confesso che ormai non ci speravo più a rivedere il tuo nome tra i recensori, per quanto anch’io stia seguendo silenziosamente la tua storia, perciò non posso proprio rimproverarti… Mi dispiace se all’epoca fui ambigua, ma il destino voleva così… Se vivremo abbastanza per arrivare alla seconda parte capirai perché e forse sarai un po’ meno triste… Ringrazio anche Caillean per i suoi impliciti complimenti!!!

A presto con il penultimo capitolo!!!!!!!!!!!!!!!

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Capitolo 31
*** Il cimitero di croci bianche ***


MAGIC WARS

CAPITOLO XXX: IL CIMITERO DI CROCI BIANCHE

Foresta Proibita,

Hogwarts

Inghilterra.

Stava appena albeggiando quando due giorni dopo una decina o poco più di figure ammantate comparve con una serie di schiocchi sonori in una piccola radura silenziosa e isolata nel cuore della Foresta Proibita, molto lontano da qualunque occhio o orecchio umano.

Drew si guardò intorno tra i filari d’alberi, appoggiandosi a Fred per non cadere a causa della vertigine, conseguenza tanto della Smaterializzazione quanto della convalescenza. Il braccio destro era fasciato e appeso al collo: la ferita era ormai quasi completamente rimarginata e il dolore era quasi del tutto scomparso o quantomeno si era sopito quanto bastava per essere tenuto a bada dagli antidolorifici.

In verità, Drew non vedeva l’ora di rimettersi: non ne poteva più di stare a letto con tutti che si allarmavano appena faceva uno starnuto. Per questo era ben felice di essersi allontanato dal letto anche solo per poco, sebbene l’occasione non fosse decisamente delle più liete: stavano andando a rendere l’ultimo omaggio a Remus, anche se nessuno fino a quel momento aveva voluto spiegargli dove di preciso fossero diretti.

Dopo essersi accertato che non ci fosse nulla di potenzialmente pericoloso nei paraggi, il piccolo corteo cominciò a muoversi a passo sicuro tra gli alberi.

"Dove siamo?" domandò Drew, mentre lui e Fred si accodavano agli altri. Dopo un attimo di esitazione, le gambe diedero prova di poterlo reggere e si liberò della presa dello zio per procedere da solo.

"Nel profondo della Foresta Proibita" rispose Fred, guardandosi guardingo intorno, la bacchetta stretta saldamente in pugno: non si aspettavano attacchi di mangiamorte, ma nella foresta vivevano entità ben peggiori di un mago oscuro.

"La Foresta Proibita?" ripeté Drew sorpreso: di tutti i posti al mondo, quello era l’ultimo che si aspettava di sentirsi nominare. "Quella che sta ai margini di Hogwarts?".

"Proprio quella" confermò Fred con un breve sorriso. "Quante altre foreste proibite conosci?".

"Ma… ma… Che cosa ci facciamo qui? Non c’è il rischio che Malfoy che scopra?".

George, che chiudeva la processione dietro di loro, scosse il capo con aria vagamente divertita. "Lucius Malfoy non si accorgerebbe di noi nemmeno se ballassimo nudi nel parco, figurati… Quando diciamo profondo, intendiamo proprio fondo, fondo: questa zona è oltre i confini perfino della Mappa del Malandrino, nemmeno Hagrid all’epoca si addentrava così tanto qua dentro. Fidati, il massimo che potremmo incontrare qui sono dei Centauri e loro non ci farebbero alcun male…".

"Ma che ci facciamo qui?" domandò ancora Drew, osservando con maggior apprensione gli alberi intorno a lui: sapeva dai racconti degli altri che nella foresta vivevano creature ben peggiori dei centauri, checché ne dicessero i gemelli, che peraltro avevano un senso del pericolo ben al di sotto della media.

"Andiamo a porgere il nostro ultimo saluto a Remus, mi pare ovvio" rispose Fred.

"Nella Foresta Proibita?".

"Quando vedrai, capirai" lo zittì George. "Non siamo lontani…".

Drew si rese conto in quel momento che stavano percorrendo un sentiero ben definito attraverso gli sterpi e i rovi: che cosa ci faceva un sentiero in un punto della Foresta dove non si addentrava mai nessuno? Evidentemente l’Ordine era venuto lì molte volte in passato: ma perché?

La risposta non tardò ad arrivare. Una decina di minuti dopo gli alberi si diradarono nuovamente e sbucarono in un’altra radura, decisamente più grande di quella dove si erano Materializzati. Drew rimase un attimo senza fiato nel metterla a fuoco: l’intera area era punteggiata di grosse croci bianche, alte fino alla cintola, sparse senza una vera logica un po’ ovunque fino al limitare degli alberi.

"Un cimitero" mormorò, passando in rassegna le croci una ad una mentre avanzava. "Questo è un cimitero…".

Fred annuì con aria grave. "Quale luogo migliore per lasciar riposare in pace i nostri morti? Il Ministero non ci avrebbe mai permesso di farlo in un cimitero consacrato, così abbiamo creato questo piccolo grande santuario: è protetto da ogni incantesimo di protezione che siamo riusciti a immaginare, i Mangiamorte non lo potrebbero trovare nemmeno se ci inciampassero dentro! Si meritavano la pace almeno nella morte, non credi?".

Drew annuì lentamente. "Quindi c’è una croce per ogni…".

"… Per ogni membro dell’Ordine, sì" concluse per lui George. "Della Prima e la Seconda Guerra Magica e della Ribellione…".

"Anche della Prima?" domandò un po’ perplesso Drew. "Perché anche della Prima Guerra? Quella l’abbiamo vinta, più o meno…".

"Sì, ma tu non hai idea di cosa hanno fatto i Mangiamorte subito dopo la caduta del Ministero: la dimostrazione che quelli non temono niente e nessuno…".

"Cos’hanno fatto?". Subito dopo cambiò idea. "No, lascia stare: probabilmente non lo voglio sapere…".

"In realtà" continuò George, "la maggior parte di queste croci ha un valore simbolico: di rado riusciamo a recuperare i corpi, capisci…".

"Capisco".

Ted, che guidava il gruppo e faceva levitare davanti a sé la bara, si fermò in uno spiazzo vuoto. "Qui andrà bene" dichiarò.

Senza bisogno di aggiungere altro, anche Hermione e Luna si fecero avanti e tutti e tre puntarono le bacchette verso il terreno, scavando in breve una fossa sufficientemente profonda in cui Ted adagiò lentamente la bara.

"Riposa in pace, amico mio" mormorò.

"Riposa in pace" gli fecero eco gli altri.

Drew ricacciò indietro le lacrime che gli pizzicavano gli occhi, passando in rassegna gli altri presenti, mentre lentamente i gemelli riempivano nuovamente di terra la buca. Artemis, spalleggiata dall’onnipresente e silenzioso Ares che le teneva una mano sulla spalla, fissava con aria vuota la tomba del padre, gli occhi stranamente asciutti: probabilmente aveva già pianto tutte le sue lacrime. Si teneva abbracciata a Dora, la cui espressione di pacifica serenità stonava più che mai con la situazione: stava seppellendo l’amore della sua vita e non ne era neppure consapevole.

Nemmeno Sirius, al fianco della nipote acquisita, piangeva: la sua espressione valeva più di qualunque lacrima, una faccia che Drew non avrebbe mai pensato di poter associare a Sirius Black. In quei due giorni si era chiuso in sé stesso come un riccio, preferendo soffrire in silenzio la perdita dell’amico piuttosto che cercare conforto nel contatto con gli altri. Quando Luna si mosse con aria esitante nella sua direzione, facendo per prendergli la mano, si scostò bruscamente, incrociando le braccia al petto, all’apparenza senza notare l’espressione ferita della Corvonero.

Drew si accostò a Kitty e Ethan, che avevano entrambi il viso bagnato di lacrime. Il ragazzino si strinse a lui, che gli circondò le spalle con il braccio sano, per poi rivolgere una breve occhiata a Kitty, che in risposta gli fece un debole sorriso, come a rassicurarlo che stava bene anche se entrambi sapevano che non era vero.

I gemelli finirono di compattare la terra appena smossa e Luna si occupò di far ricrescere l’erba, mentre Hermione evocava una nuova croce bianca su cui incise il nome di Remus e le date di nascita e morte.

"Addio, Remus" disse piano con voce ferma malgrado le lacrime che le rigavano il volto. Poi puntò la bacchetta verso destra e creò una seconda croce, stavolta per Keith: non potevano sapere se fosse sopravvissuto alle torture di Osborne, ma in ogni caso per loro era perduto e si meritava un posto in quel cimitero come tutti gli altri.

Hermione fece un paio di passi indietro, come per ammirare l’opera nel suo insieme, poi annuì debolmente: la piccola cerimonia poteva dirsi conclusa.

Nello stesso istante, Sirius, con le mani strette a pugno, si voltò e partì di corsa diretto verso gli alberi, trasformandosi in cane a metà strada.

"Sirius! Aspetta!" gridò dietro Luna, facendo per andargli dietro quando capì che l’Animagus non aveva la minima intenzione di darle retta.

Ted la bloccò, trattenendola per il braccio. "Lascialo stare, Luna" le consigliò dolcemente. "Vuole rimanere da solo…".

"Non può andarsene in giro da solo in quello stato" protestò la strega, fissando ansiosamente il punto in cui il cane era sparito. "Finirà con il fare qualche stupidaggine o peggio farsi ammazzare…".

"Sirius sa badare a sé stesso" disse Ted. "E in ogni caso, ormai non riusciresti più a trovarlo: lascialo stare, è meglio…".

Luna non sembrava affatto convinta. "E se gli succedesse qualcosa?".

"Tornerà quando se la sentirà" si intromise a sorpresa Artemis, voltandosi verso di lei. "Non gli succederà nulla, Luna, sta tranquilla…".

La donna lasciò cadere le braccia con un gesto sconfortato, continuando a osservare gli alberi, senza comunque far gesto di voler più seguire Sirius. Perché tutto era diventato così dannatamente difficile? Solo pochi giorni prima lei e Sirius si stavano baciando, stavano cercando di capire come gestire il loro rapporto e ora tra loro sembrava scorrere un abisso: dopo la morte di Remus, Sirius aveva chiuso fuori tutto e tutti, lei compresa.

Ted le diede una leggera pacca sulla spalle, prima di lasciarla e andare ad abbracciare figlia e nipote: Artemis ricambiò passivamente la stretta, mentre Dora rimase indifferente a fissare la tomba di fronte a lei.

Dopo un’ultima occhiata alla croce di Remus, anche Hermione si allontanò a passi lenti dal resto del gruppo, diretta non verso il sentiero da cui erano venuti, ma verso un altro raggruppamento di tombe poco lontano.

"Dove sta andando?" domandò Drew, riavvicinandosi ai gemelli con Ethan e Kitty al seguito.

"Laggiù ci sono le croci dei Weasley" spiegò Fred.

"Anche la tomba di Ron…" aggiunse George.

"Anche quella di mia madre?" chiese Drew, fissando con rinnovato interesse le otto croci in fila.

"Le ultime due sulla sinistra" gli rispose Fred indicandole con un dito.

"Vai pure: ti aspettiamo" lo incoraggiò George.

Drew annuì debolmente prima di staccarsi da Ethan e avviarsi nella direzione segnata da Fred. Incespicò un paio di volte lungo la strada, scivolando sull’erba bagnata, e alla fine si fermò davanti a una croce dall’aria un po’ consumata, con il cuore gonfio di emozione, esattamente al capo opposto rispetto a Hermione. Malgrado fossero passati tanti anni, le parole erano ancora chiarissime, di certo merito di qualche incantesimo.

Ginevra Weasley, lesse. 11 agosto 1981-29 giugno 1998. Non aveva nemmeno diciassette anni, considerò, rileggendo un paio di volte quelle date. Troppo pochi per morire… Troppo pochi anche per avere un figlio… Si chiese perché fosse tanto stupito: sapeva che sua madre era morta giovane. Forse era l’effetto che faceva vederlo scritto in modo indelebile su quella croce…

"Ciao, mamma" mormorò, accarezzando il nome con le dita.

A sorpresa, la voce che aveva sentito in uno dei ricordi di Sylar si fece prepotentemente spazio nella sua mente. Allora, come lo vorresti chiamare? Era quasi assurdo che un ricordo che non era nemmeno suo gli fosse tanto caro, considerato anche il modo in cui era riuscito a carpirlo a Sylar, ma era così: in qualche modo gli faceva sentire Ginny più vicina…

"Mi manchi, mamma".

Quanto sarebbero state diverse le cose se Ginny non fosse morta? Se i Mangiamorte non fossero piombati alla Tana ferendola a morte? Suo padre non sarebbe mai diventato Sylar, forse quella guerra assurda sarebbe finita da un pezzo, Voldemort sarebbe morto… "Perché è dovuto andare tutto così male? Perché sei dovuta morire?".

Scosse il capo: per certe domande non esistevano risposte. Voltò il capo alla sua destra verso la croce a fianco e lo stomaco si contrasse in una morsa.

Harry Potter. 31 luglio 1980-1998.

Naturale, l’Ordine aveva creduto Harry morto e perciò, malgrado non avessero mai ritrovato il corpo, avevano piantato una croce anche per lui, dove era più ovvio che fosse messa: accanto a quella della sua amata.

A Drew, parve più che mai fuori posto: suo padre non solo non era morto, nemmeno si meritava un posto in quel cimitero, tanto meno accanto alla croce di Ginny, con tutto quello che aveva fatto. Era colpa sua se si trovavano lì quel giorno, era stato lui a colpire a morte Remus e molti altri che ora riposavano in quel luogo. Tu non dovresti essere qui, maledetto traditore…

Ma ovviamente non poteva dire o fare nulla per cambiare quel fatto: il resto dell’Ordine non sapeva ed sarebbe stato meglio per tutti se fosse rimasto nella beata ignoranza ora più che mai. Ti fermerò, promise tacitamente fissando il nome di suo padre. Se non posso salvarti, giuro che ti fermerò (*).

Distolse lo sguardo, tornando a posarlo un attimo sulla tomba di Ginny e poi su quelle alla sinistra: gli altri Weasley. Arthur e Molly, poi in successione, Percy, Charlie e Bill, fino a Ron. Guardò per un attimo Hermione, inginocchiata di fronte alla tomba del marito immersa nei suoi pensieri e totalmente estraniata dal mondo esterno, e decise che non fosse opportuno disturbarla, così si voltò e si avviò per tornare dai gemelli e i cugini, che lo aspettavano ai margini del sentiero.

Allungò volutamente la strada, leggendo con attenzione i nomi delle croci davanti alle quali passava, chiedendosi vagamente cosa stesse cercando finché non se le trovò davanti, ricordandosi all’istante che Fred gli aveva detto che anche le vittime della Prima Guerra avevano una croce a loro dedicata.

Lily Potter. 30 gennaio 1960-31 ottobre 1981.

James Potter. 27 marzo 1960-31 ottobre 1981.

I suoi nonni paterni: ora aveva chiuso il cerchio, se così si poteva dire.

Sospirò, con il cuore colmo di tristezza, prima di riprendere a camminare, gettando giusto una veloce occhiata alla croce lì a fianco. Severus Piton. 9 gennaio 1960-17 maggio 2005, lesse distrattamente, mentre la sua mente ricollegava al nome una vicenda: il predecessore di Lucius Malfoy come preside di Hogwarts, il Mangiamorte giustiziato ad Azkaban per tradimento.

"Tutto a posto?" domandò Fred quando li ebbe raggiunti ai margini della radura.

Drew annuì. "Sì, tutto bene" confermò.

"Allora andiamo…" dichiarò George, cominciando ad avviarsi.

"Non aspettiamo Hermione?" domandò Kitty indicando la strega.

I gemelli scossero il capo in sincrono. "Anche lei vuole restare sola in questo momento" dichiarò Fred.

"Ne avrà ancora per un po’" aggiunse George. "È meglio se noi ci avviamo: Drew deve riposare…".

Fantastico: ancora riposo…, sbuffò tra sé Drew, con aria leggermente scocciata, mentre seguiva i gemelli.

******

Hermione si inginocchiò di fronte all’ultima croce della fila Weasley.

Ronald Weasley. 1 marzo 1980-25 ottobre 2013.

"Ciao, amore mio" esordì, parlando come se Ron fosse stato lì di fronte a lei e la stesse ascoltando, come faceva sempre. "Lo so, è un bel po’ che non venivo più a trovarti, minimo mi terrai il muso per un paio di secoli come tuo solito, ma sai, c’è stato parecchio da fare nell’Ordine negli ultimi tempi…".

Prese a raccontare tutto quello che era successo negli ultimi mesi, dalla sua cattura fino alla morte di Remus. "È tutto così difficile, Ron, sai? Non puoi nemmeno immaginare quanto sento la tua mancanza ogni giorno… A volte, vorrei quasi mollare tutto e farla finita, ma poi penso ma come reagiresti tu, a tutto quello che c’è ancora da fare…".

Cambiò posizione, mettendosi a gambe incrociate, si frugò un attimo in una tasca interna del mantello finché la sua mano non si strinse intorno alla lunga zanna di serpente che era nascosta all’interno. La tirò fuori, mostrandola alla tomba. "Lo vedi che non ho dimenticato, da quando te ne sei andato la porto sempre con me, per sicurezza, perché entrambi sappiamo quanto sia importante…".

Si interruppe, fissando assorta la zanna: quante volte in quei due anni aveva provato l’impulso di gettarla via, bruciarla, sbarazzarsene o anche solo semplicemente dimenticarsi della sua esistenza? Ma non poteva farlo, perché paradossalmente quell’oggetto era forse la cosa più preziosa che possedeva, malgrado lo detestasse con tutto il cuore perché ogni momento le ricordava il motivo per cui Ron, quel dannato giorno, aveva deciso di lasciare Chalmers Road…

2013

Quartier Generale

Dell’Ordine della Fenice

Londra.

Quella sera, Hermione entrò nella stanza che divideva con Ron e la trovò completamente a soqquadro: vestiti sparsi ovunque, cassetti rivoltati, armadi spalancati. Accigliata, Hermione osservò prima quello sfacelo, poi la schiena del marito, impegnato a frugare nell’ultimo armadio della stanza.

"Stai cercando qualcosa, Ronald?" chiese in tono ironico.

Ron sobbalzò come un ladro colto in flagrante, sbatté la testa contro un ripiano e masticò una poco educata imprecazione, massaggiandosi la zona lesa. "Per le mutande di Merlino, Hermione! Mi ha fatto quasi prendere un infarto!" borbottò, voltandosi.

Il viso di Hermione si fece ancora più torvo. "Il che significa che, qualunque cosa tu stia macchinando, è qualcosa che non dovresti fare… Che cosa stai cercando?".

Ron si dondolò sui piedi, indeciso, poi stabilì che ad ogni buon conto Hermione gli avrebbe fatto sputare la verità con le buone o con le cattive, perciò rispose sinceramente. "Le zanne di Basilisco… Dove diamine le hai cacciate?".

"Sono in una piccola scatola in fondo a quell’armadio" rispose prontamente la donna, indicando appunto l’armadio dentro cui stava frugando Ron. "Insieme ai resti degli altri Horcrux…".

"Naturale" borbottò Ron, voltandosi e riprendendo la sua ricerca. "Perché quello di cui hai bisogno è sempre immancabilmente nell’ultimo posto in cui guardi?".

"A che ti servono le zanne di Basilisco?" domandò Hermione, perplessa, scrutando la schiena del marito con sguardo indagatore. "Che cova vai architettando? Vuoi pugnalare a morte qualcuno?".

"Sul letto" fu l’enigmatica risposta di Ron, che accennò vagamente con la mano al letto, senza nemmeno voltarsi.

Hermione corrugò la fronte: ok, ora cominciava sul serio a temere per la salute mentale del marito, che fosse completamente impazzito?

Non le fu difficile individuare, malgrado la quantità di roba che Ron ci aveva gettato sopra, una copia della Gazzetta Del Profeta vecchia di qualche giorno e nemmeno la risposta alle sue domande, scritta diligentemente in prima pagina a caratteri cubitali, firmata Rita Skeeter.

DOPO ANNI DI SILENZIO, UNA NUOVA USCITA PUBBLICA DELL’OSCURO SIGNORE

Prendendo tutti in contropiede, a partire da alcuni suoi stretti collaboratori al Ministero, il nostro Primo Ministro ha annunciato stamattina, per bocca del suo vice Lord Sylar, che in data 25 ottobre si occuperà personalmente di eseguire l’annuale ispezione della prigione di Azkaban. Alle domande sul perché di questa decisione improvvisa, Lord Sylar non ha voluto rilasciare dichiarazioni, anche se voci di corridoio affermano che si tratterebbe di un modo per tenere sotto controllo Julius Osborne, l’irrequieto direttore generale del carcere, ben noto per il suo passato cruento e i suoi crudeli metodi di tortura: parrebbe infatti che negli ultimi tempi Osborne abbia manifestato segni di intolleranza al potere dell’Oscuro Signore. Tutto questo, se si rivelasse esatto, potrebbe far paventare una ribellione dei Dissennatori comandati da Osborne: anche in merito a questa questione, in ogni caso, Sylar si è rifiutato di fornire dichiarazioni.

Si tratta della prima apparizione pubblica del Primo Ministro da quasi cinque anni a questa parte…

Hermione interruppe la lettura: l’ennesimo articolo carico di veleno della Skeeter non le interessava, tutto quello che aveva bisogno di sapere era scritto nelle prime tre righe. Alzò lo sguardo, pregando di star fraintendo alla grande le reali intenzioni di Ron mentre quest’ultimo riemergeva con un sorriso trionfante dall’armadio, tenendo tra le mani un piccolo scrigno.

"Eccoti qua, finalmente…" borbottò, sedendosi sul letto ed aprendolo, non senza una certa fatica visto che il lucchetto era mezzo arrugginito tanti anni erano che non veniva aperto. Una variegata collezione di oggetti gli si presentò davanti: un vecchio medaglione aperto in due, una coppa ossidata con una grande bruciatura nel centro, un diadema mezzo disintegrato che sembrava reggersi insieme per pura forza di volontà e, avvolte con cura in una pezza di stoffa, due lucide zanne bianche lunghe una ventina di centimetri ciascuna.

Maneggiandole con cura, Ron ne tirò fuori una, studiandola da vicino per assicurarsi del suo stato: era ancora assolutamente perfetta, malgrado gli anni.

"Ron, che cosa stai facendo?" sbottò Hermione, stanca di quel silenzio pesante. "Che cosa vuoi fare?".

Ron alzò lo sguardo verso di lei, con aria decisa. "Sul serio non lo sai, Hermione?".

La donna esitò, poi scosse il capo con aria sconfortata. "No… Ma spero comunque di sbagliarmi e aver frainteso le tue intenzioni…".

Ron lasciò la zanna sul letto, avvicinandosi alla moglie. "Io vado ad Azkaban" annunciò.

"No!" protestò Hermione con forza, mentre tutti i suoi sospetti trovavano conferma. "Tu non andrai proprio da nessuna parte, Ronald Weasley, men che meno ad Azkaban a farti ammazzare!".

Ron incassò la sua reazione con serafica calma: se l’era aspettato ed era pronto a gestire la situazione. "Lo sai anche tu che devo farlo, Hermione…".

"No, io non lo so perché mio marito vuole andare a suicidarsi! Dimmelo tu, il perché!".

Quella era una bugia bella e buona ed entrambi ne erano perfettamente consapevoli: Hermione sapeva perfettamente perché Ron avesse preso quella decisione apparentemente sciocca, ma ciò non di meno non poteva non opporsi, non poteva semplicemente dargli la sua benedizione e lasciarlo andare via.

Ron sospirò, prendendola per le spalle e sorridendole dolcemente. "Hermione, calmati: stai andando in iperventilazione…".

"No, io non mi calmo affatto!" replicò stizzita la donna, battendo con furia il piede in terra. "Non puoi pretendere che ti lasci andare via senza fare nulla: se esci da quella porta, non tornerai più!".

Il viso di Ron si indurì appena. "Non puoi saperlo…".

Hermione sbottò in una risata amara, "Oh, non prendiamoci in giro, Ron: lo sai anche tu che attaccare Voldemort in presenza dei suoi due galoppini più pericolosi, circondato dai Dissennatori è come prendere un biglietto di sola andata per l’inferno!".

Si scostò bruscamente da lui, voltandogli le spalle e stringendosi le braccia al petto, sentendo le prime lacrime pungerle gli angoli degli occhi. "Perché vuoi farlo? Perché?".

Ron non rispose subito: si avvicinò a lei, costringendola a guardarlo negli occhi. "Perché è forse la nostra unica possibilità, Hermione: sono anni che Voldemort non esce allo scoperto, se non per cerimonie pubbliche di particolare importanza e sempre e comunque circondato da mezzo Ministero. E con lui il suo dannato serpente… Questa è un’occasione più unica che rara: sarà in un luogo isolato facile da attaccare, relativamente senza protezione e avrà Nagini con sé, come sempre… Potremo non avere mai più una possibilità di avvicinarci così tanto a lui…".

"Con lui, intendi Voldemort o il serpente?" domandò Hermione.

"Il mio obiettivo è Nagini" fu l’asciutta risposta di Ron. "Sai anche tu che finché quella creatura immonda vive, ogni nostro tentativo di annientare Voldemort sarà completamente inutile…".

"Appunto perché Nagini è un Horcrux, come puoi essere certo che Voldemort la porterà con sé?" fece Hermione ostinatamente, aggrappandosi ad ogni appiglio che poteva convincere Ron a desistere.

Ma Ron aveva una risposta anche a questo. "Ti stai arrampicando sugli specchi, Hermione" commentò con un sorrisetto ironico che le fece venire voglia di prenderlo a sberle. "Sai anche tu che Voldemort non sa che noi sappiamo dei suoi Horcrux né che li abbiamo distrutti tutti tranne Nagini…".

Lo sguardo di entrambi fu calamitato verso lo scrigno aperto sul letto, ai resti del medaglione, della coppa e del diadema, gli Horcrux che avevano recuperato insieme a Harry durante la Seconda Guerra: per ironia del destino, avevano scoperto come fare a distruggerli solo dopo la sua scomparsa, in un primo momento si erano solo preoccupati di trovarli e nasconderli in un posto sicuro. Non sapevano nemmeno loro perché li avessero conservati, forse era solo un modo morboso per ricordare tutto quello che avevano fatto e passato insieme ad Harry…

"E tu pensi che, anche ammesso di riuscire a uccidere Nagini, Voldemort, Sylar e Osborne ti lasceranno andare via come se niente fosse?" riprese Hermione, caparbia come sempre.

"No… Ma non posso non tentare: Harry ci ha confidato tutto questo perché qualcuno potesse portare a termine l’opera se a lui fosse successo qualcosa… Devo farlo, capisci, o non potremo mai eliminare Voldemort una volta per tutte…".

Hermione non disse nulla e rimase perfettamente immobile per alcuni lunghi minuti: dannazione, quanto suonavano ragionevoli le sue parole! Quanto suonavano giuste! Ma sapere che Ron stava andando a suicidarsi facendo la cosa giusta non era affatto un pensiero consolatorio… "Benissimo… allora vengo con te" dichiarò.

"Non se ne parla!" protestò Ron, come era prevedibile.

"Perché no?".

"Perché tu non ti avvicinerai ad Azkaban nemmeno con il pensiero, almeno finché io potrò fare qualcosa per impedirtelo".

"Non sono fatta di cristallo, Ronald!" protestò a viva voce Hermione. "A costo di dare smacco al tuo amor proprio, ho perso il conto delle volte che ti ho parato il didietro!".

"Lo so, lo so… Ho smesso di contarle anch’io… Non è per questo che non voglio che tu venga… Cioè, è anche per questo, ma non è il solo motivo…".

Hermione sorrise dolcemente: passavano gli anni, ma certe cose proprio non cambiavano mai, Ron era ancora capace di impiccarsi con le sue stesse parole… "Che cosa stai cercando di dire, Ron?".

"Siamo rimasti solo noi a sapere degli Horcrux, amore" spiegò il mago. "Uno di noi deve restare in caso…".

"In caso vada male, ho capito…" borbottò Hermione, con aria frustata: sapeva bene che protestare su questo punto non avrebbe portato frutti, Ron non avrebbe mai acconsentito. "Allora, chiedi a qualcun altro di venire con te" lo supplicò. "A Sirius oppure a Fred e George, chiunque… Ma non andare da solo, ti prego…".

"Hermione" mormorò Ron, con aria affranta. "Come posso chiedere ai miei fratelli o a Sirius o a chiunque altro di venire con me? Dovrei chiedergli di accompagnarmi in una missione così pericolosa senza nemmeno spiegargli perché?".

"Ma non puoi andare da solo: lasciami venire, ti coprirò le spalle, in due sarà più facile…".

"Te l’ho già detto: è fuori questione. Andrò da solo, in un modo o nell’altro… Non vorrai costringermi a Schiantarti, vero?".

Hermione lo guardò negli occhi e capì che faceva sul serio: non c’era la minima esitazione, se fosse stato necessario, l’avrebbe sul serio costretta a farsi da parte. Con un ultimo sospirò, lasciò cadere le spalle, sconfitta. "Non c’è proprio nulla che possa dire o fare che ti faccia cambiare idea, vero?".

"Mi dispiace: è l’unico modo…".

Già, l’unico modo: lo era sul serio, ma nemmeno questo le era di qualche consolazione. Ricacciò indietro le lacrime, soffocando a stento un singhiozzo.

"Non fare così, amore" sussurrò Ron, stringendola a sé. "Lo sai che odio farti piangere…".

"Ma ti riesce così dannatamente bene, Ronald" mormorò di rimando Hermione, ricambiando la stretta.

Quando si separarono, molti minuti dopo, Ron tornò al letto, prese la zanna di Basilisco e se la infilò alla cintura. Dopodichè tornò dalla donna che amava e la baciò. Hermione ricambiò con una nota di disperazione, desiderando che il tempo si fermasse in quel preciso istante, cercando nel contempo di non pensare che quello era un bacio d’addio: Ron sarebbe tornato, sarebbe tornato da lei e l’avrebbe baciata ancora decine e decine di volte.

"Torno presto" mormorò il mago accarezzandole una guancia.

Non fare promesse che sai di non poter mantenere, avrebbe voluto dirgli Hermione, che però si limitò ad annuire. "Ti aspetterò" promise.

Il tempo di un ultimo bacio veloce e Ron si allontanò, uscendo dalla stanza senza voltarsi indietro: forse anche lui sapeva che, se l’avesse fatto, non avrebbe mai trovato la forza di andarsene davvero.

******

Hermione non riuscì a dormire un minuto quella notte, lacerata dall’angoscia. Dopo aver passato ore a rigirarsi nel letto senza pace, ci aveva rinunciato e aveva rimesso a posto il parapiglia creato da Ron, assicurandosi di nascondere la scatola con gli Horcrux e la zanna rimasta dove nessuno potesse trovarlo per sbaglio, in primo luogo perché avrebbe suscitato non poche domande scomode, poi perché comunque la si mettesse, se avesse perso la seconda zanna non avrebbe più avuto modo di distruggere Nagini, se Ron avesse fallito…

Ovviamente si era affretta a scacciare quel pensiero: Ron non poteva fallire e non avrebbe fallito, avrebbe ucciso Nagini e sarebbe tornato sano e salvo, dopodichè avrebbero potuto sbarazzarsi di quei dannati oggetti una volta per tutte…

Alle cinque, quando la sua stanza fu perfino più ordinata di prima, per nulla stanca o quietata, si vestì e scese in cucina per prepararsi una tazza di the.

Cinque tazze di the e dieci unghie mangiate più tardi, intorno alle otto, era seduta in salotto sul divano e batteva nervosamente un piedi, controllando l’orologio ogni pochi minuti, per non dire secondi: il Profeta diceva che l’ispezione si sarebbe svolta nella prima mattinata, perciò in teoria Ron doveva tornare da un momento all’altro. A meno che… Troncò il pensiero sul nascere: Ron stava bene, doveva smetterla di essere così pessimista. Starà semplicemente aspettando il momento giusto… Tra poco tornerà.

Ma il tempo passava e di Ron non c’era traccia e ogni minuto l’ansia si avvicinava sempre più a trasformarsi in panico vero e proprio. Se qualcuno dell’Ordine provò a chiederle cosa non andava, lei non se ne accorse né tantomeno si preoccupò di rispondere: ogni suo pensiero era focalizzato su Ron, Ron che ancora non tornava, non tornava…

Per le nove, aveva raggiunto il punto di rottura: non ne poteva più, quell’attesa la stava letteralmente logorando. Si sarebbe Smaterializzata ad Azkaban e avrebbe prima aiutato Ron, poi trascinato via per le orecchie per sfogare su di lui tutta l’agitazione accumulata. Non gliene importava nulla se Ron aveva detto di non volerla intorno, Ron non era il suo capo o altro, non poteva imporle niente, anzi, avrebbe dovuto decidersi prima, puntare i piedi e obbligare Ron a lasciarsi accompagnare…

Carica di nuova determinazione, si alzò in piedi e si diresse in cucina, con l’idea di andare sul retro della casa e smaterializzarsi, ma qui trovò Sirius, impegnato a procacciarsi qualcosa di commestibile per la colazione. Quando la vide, inarcò un sopracciglio, assumendo un’aria preoccupata. "Che succede?".

"Perché dovrebbe succedere qualcosa?" domandò Hermione mettendosi subito sulla difensiva, grosso errore, visto che questo persuase Sirius che ci fosse davvero sotto qualcosa.

"È tutta la mattina che sei agitata e nervosa, non sei stata ferma un secondo… È successo qualche cosa di grave?".

"Sì. Cioè no" si corresse subito dopo. "Cioè… Devo uscire un attimo…".

"Per andare dove?" fece l’Animagus perplesso. "Un attimo… Ron dov’è finito? Non l’ho ancora visto stamattina…".

"Lui…". Hermione esitò, indecisa su cosa dire: dopo alcuni secondi di riflessione decise di propendere per una parziale verità, altrimenti Sirius non l’avrebbe mai mollata. E ogni secondo era prezioso. "Lui è uscito…".

"Che cosa ha fatto?" quasi gridò Sirius adesso veramente preoccupato. "E perché diavolo l’ha fatto? Per andare dove? Non avevamo deciso di restare fuori dai casini per un po’?".

"Lui è andato… Doveva fare una cosa importante…".

Sirius corrugò la fronte. "Senza parlarne con noi? Significa che è qualcosa che non approveremmo, giusto? Che cosa vuole fare?".

"Non posso spiegartelo" sbottò Hermione, mentre il senso d’urgenza si faceva più impellente. "Devo andare, devo andare…".

Fece per superarlo, ma Sirius l’arpionò per un braccio. "In cosa è andato a infognarsi Ron?".

"In una cosa troppo grande per lui…".

Sirius annuì. "Fammi strada".

"Cosa?". Hermione sgranò gli occhi stupita. "Vuoi venire?".

"Non ti lascerei mai andare da sola, signorina, se è davvero una faccenda così pericolosa come mi pare di capire…".

Le rivolse il suo miglior sorriso malandrino che Hermione ricambiò riconoscente. "Grazie, Sirius".

I due uscirono nel piccolo giardino, Sirius si agganciò al braccio di Hermione, non sapendo quale fosse la loro destinazione, e la donna Smaterializzò entrambi.

Azkaban,

Mare del Nord

Due figure solitarie comparvero con un sonoro schiocco nei pressi della spiaggetta e del pontile da cui si poteva raggiungere Azkaban.

Prima ancora di muovere due passi, Hermione rischiò di scivolare e finire a mollò nelle gelide acque del Mare del Nord: si strinse nel mantello, rabbrividendo a causa dell’aria gelata. Subito si guardò intorno, bacchetta in pugno, alla ricerca di qualche Mangiamorte o Dissennatore, ma non sembrava esserci nessuno intorno: dovevano essere tutti su alla prigione, che svettava sopra di loro. Ma dov’era Ron?

Cominciò a cercarlo ansiosamente intorno, ma non vedeva traccia del marito o del suo passaggio

La voce di Sirius al suo fianco la fece sobbalzare: preoccupata com’era, si era quasi dimenticata di lui. "Che cosa ci facciamo qui?".

Hermione si voltò verso di lui: era diventato pallido come un fantasma e fissava Azkaban come un dannato avrebbe guardato la bocca dell’inferno. Possibile che sentisse i Dissennatori anche a quella distanza, dopo tanti anni? "Stai bene?" domandò con ansia. "Se vuoi, puoi andare…". Non poteva certo pretendere che restasse.

Per alcuni istanti, Sirius non rispose, continuando a fissare con insistenza l’edificio davanti a loro, il luogo che si era mangiato dodici anni della sua vita. Per un attimo quasi pensò sul serio di andarsene, ma poi scosse il capo. "No, no, tutto a posto, grazie…".

"Sicuro?".

"Assolutamente… Che cosa ci porta in questo idilliaco posticino questa splendida mattina?".

"Ron è qui da qualche parte" rispose Hermione, ricominciando a cercarlo: ma dove diavolo era?

"Ed è venuto qui perché…".

Hermione esitò un solo secondo, prima di rispondere. "Oggi ci sarà un’ispezione del Ministero… Sarà presente anche Voldemort…".

Se possibile Sirius impallidì ancora di più. "Ti supplico, dimmi che scherzi…".

"Ti pare che scherzerei su un simile argomento?".

"Ron è tutto matto" dichiarò Sirius. "Forza, cerchiamolo…".

Hermione non se lo fece ripetere due volte e stava già avviandosi su per il sentiero che conduceva all’ingresso della prigione, quando Sirius l’afferrò bruscamente per il braccio trattenendola.

"Che cosa fai? Non dovevamo…".

"Cautela, Hermione!" l’ammonì l’Animagus con voce dura. "Ti sei dimenticata dove siamo? Non possiamo andarcene in giro a passo di danza come se nulla fosse…".

Hermione abbassò il capo, dandosi mentalmente della stupida: ovviamente Sirius aveva ragione, la preoccupazione per Ron le stava annebbiando il cervello… La fretta è una pessima consigliera, Hermione…

"Scusami, hai ragione, è solo che sono preoccupata".

Il viso di Sirius si addolcì un poco. "Ti capisco, Hermione, ma farci catturare per imprudenza non aiuterà nessuno…".

Più lentamente e guardandosi intorno con circospezione, Sirius si incamminò, con la bacchetta già in pugno e i nervi tesi. Hermione gli andò dietro, ben lieta di lasciargli il comando: nello stato in cui era in quel momento avrebbe solo finito col farli ammazzare entrambi. Si sentiva addosso un orribile presentimento: aveva la sensazione che qualcosa di terribile stesse per accadere, qualcosa che riguardava Ron… Cercò di non lasciarsi sopraffare dal senso di panico crescente, più che mai grata che Sirius fosse lì con lei: se fosse stata sola, non osava nemmeno immaginare cosa avrebbe potuto fare…

Fu in quel momento, quando erano cautamente arrivati a circa metà del percorso e anche Hermione cominciava a sentire sempre più massicciamente l’effetto dei Dissennatori, che lo udirono: il chiaro, inequivocabile suono di un duello magico in corso.

I due si guardarono un attimo, poi Hermione gettò alle ortiche il poco buonsenso rimasto e prese a correre, superando l’Animagus in un paio di salti

"Hermione, fermati!" gridò Sirius, ma la donna nemmeno parve sentirlo.

Di nuovo risuonò il rumore di esplosioni e anche il grido indistinto di qualche maledizione lanciata: sembravano provenire proprio dall’ingresso della prigione e Hermione non aveva dubbi su cosa li stava provocando. Ron, Ron, Ron…, continuava a ripetersi in una sorta di cantilena. Ti prego, ti prego, ti prego…

Ma prima che potesse finire di percorrere tutta la salita e arrivare in vista del portone d’ingresso, un grosso cane nero la placcò saltandole sulla schiena con tutte e quattro le zampe. I due rotolarono a terra per un paio di metri e prima ancora che Hermione potesse rialzarsi, Sirius aveva ripreso la sua forma umana e la stava trascinando via, al riparo dietro un agglomerato di rocce, dove potevano vedere senza essere visti.

"Lasciami, Sirius!" gridò Hermione, divincolandosi con furia. "Lasciami, ti ho detto!". Cercò di colpirlo con un pugno, ma Sirius parò il colpo senza difficoltà.

"Non ti permetterò di farti ammazzare, Hermione" dichiarò l’Animagus, sbuffando per lo sforzo di trattenerla. Strano che non avessero ancora sentito le grida: probabilmente erano troppo presi da qualunque cosa stesse succedendo là dentro.

Neanche li avesse evocati, il portone di legno si spalancò all’improvviso, sbattendo avanti e indietro. Ne uscì un mago dall’inconfondibile zazzera rossa, che arrancava guardandosi indietro di tanto in tanto. Hermione si dibatté con ancora più furia, nel disperato tentativo di raggiungere il compagno, ma Sirius la trattenne.

"Ti prego, Sirius…" singhiozzò. "Ti prego…".

"Aspetta" le intimò l’uomo.

E fece bene, perché Ron fu subito raggiunto da un Mangiamorte. E non un Mangiamorte qualunque, bensì Lord Sylar in persona. "Dove pensi di andare, Weasley?" lo richiamò, lanciandogli contro una fattura che lo colpì in mezzo alle scapole. "Non abbiamo ancora finito con te…" chiocciò Sylar, mentre Ron rotolava a terra con un gemito soffocato.

Il mago si rialzò subito, voltandosi per fronteggiare l’avversario. "Fatti sotto, allora".

"Come desideri, Weasley".

Ripresero a Duellare con accanimento, mentre Hermione non poteva far altro che fissare impietrita, ancora imprigionata nella stretta di Sirius. Non durò a lungo: Ron doveva essere rimasto ferito nello scontro all’interno di Azkaban, perché io suoi movimenti erano più lenti e affaticati rispetto al solito; difatti Sylar riuscì a colpirlo e gettarlo di nuovo a terra in pochi minuti.

"Già stanco, Weasley? Mi aspettavo di meglio da te…" commentò Sylar in tono canzonatorio che ricordava vagamente quello di una maestra delusa dal suo allievo migliore.

A questo punto, mentre Ron cercava di rimettersi in piedi sputando sangue, Hermione cercò di nuovo di raggiungerlo, solo per essere ritirata indietro da Sirius appena un attimo prima che anche Julius Osborne e Lord Voldemort in persona raggiungessero i due duellanti, circondati da nugoli di Dissennatori.

"Sirius…" cercò di dire Hermione con aria supplicante, ma l’Animagus le tappò la bocca con gesto secco, pallido come un morto.

"Suvvia, amico mio" ridacchiò Voldemort, accarezzando con gesti lenti la testa di Nagini, attorcigliata intorno alle sue spalle, "sii più comprensivo: il nostro giovane ospite ha l’aria piuttosto provato…".

"Forse dovremo concedergli un po’ di tregua…" osservò Osborne con un sorrisetto malvagio.

Sylar fece saettare lo sguardo da loro a Ron un paio di volte. "Dimmi, Weasley" domandò alla fine. "Cosa speravi di ottenere venendo qui oggi? Insano spirito eroico, pura stupidità o istinto suicida? Puoi anche scegliere una combinazione delle tre, se ti aggrada…".

Ron lo fissò dritto negli occhi un paio di secondi, con il respiro corto per lo sforzo. "Va’ all’inferno, Sylar" dichiarò poi, sputandogli ai piedi con rabbia. "Avada Kedavra!" urlò poi, puntando all’ultimo istante la bacchetta in direzione di Voldemort.

Tre Incantesimo Scudo si levarono per deviare la maledizione, mentre Nagini cadeva a terra con un sibilo infuriato. "Questo sciocco mi ha stancato, Sylar" annunciò Voldemort, riponendo la bacchetta con un gesto quasi annoiato mentre sia Osborne che Sylar puntavano la loro contro Ron. "Toglietemelo di torno".

Dopodiché si voltò e rientrò nel edificio, seguito dal suo fedele serpente.

"Lasciatelo a me, mio signore" mormorò Julius con aria vagamente famelica. "Gli farò pentire di essere nato…".

Sylar parve considerare per un attimo l’ipotesi, vedendo soprattutto il lampo di paura che attraverso gli occhi di Ron, ma poi scosse il capo. "Troppo rischioso" dichiarò. "Questo cane sarebbe capace di liberarsi. Torna dall’Oscuro Signore con le tue bestie, di lui mi occupo io…".

Con aria scontenta, Osborne richiamò i Dissennatori e scomparve alla vista, lasciando Ron e Sylar di nuovo soli. Non fosse che Hermione e Sirius osservavano ancora dal loro nascondiglio. Nel vedere Sylar avvicinarsi a passi lenti al marito e quest’ultimo levare nuovamente la bacchetta, Hermione riprese a divincolarsi: era solo, in tre potevano tenergli testa e riuscire ancora a scappare… Ron, Ron, Ron… Ma Sirius si rifiutò di lasciarla: sapeva bene che il minimo rumore avrebbe richiamato tutti all’esterno, era già un miracolo che i Dissennatori non si fossero precipitati a frotte su di loro. "Hermione, non possiamo fare niente…".

"No, no, possiamo ancora salvarlo…" lo supplicò lei.

"Sei un idiota, Weasley" commentò Sylar, a pochi metri da lui. "Perfino più di quanto credessi umanamente possibile: pensavi sul serio di poter uccidere il mio signore?".

"A te cosa importa cosa volessi fare, Sylar?" domandò Ron. "Non sono fatti tuoi…".

"Cercavo solo di capire cosa ti abbia spinto a venire qui a morire quando la tua dolce amante ti aspetta a casa…".

Ron digrignò i denti con rabbia. "Non potresti mai capirlo: ti sei venduto l’anima per una causa in cui forse nemmeno credevi, per un uomo che uccide per il puro gusto di farlo… Non potresti mai la mia scelta di sacrificarmi per qualcosa in cui credo davvero…".

Hermione sentì le lacrime inondarle gli occhi, troppo disperata perfino per tentare ancora di liberarsi.

"Beh, sarai lieto di sapere che il tuo sacrificio è stato completamente inutile…".

"Non finché ho ancora una bacchetta in mano…".

Il resto avvenne talmente in fretta che a malapena Hermione riuscì a seguire tutti i passaggi: in un estremo tentativo di salvarsi, Ron levò nuovamente la bacchetta, lanciando una nuova maledizione. Sylar parò senza sforzo l’incantesimo e mentre l’avversario cercava di fuggire evocò l’Anatema che uccide. Ron si girò, ma non poté evitare di essere colpito in pieno petto dal raggio verde.

Troppo agghiacciata perfino per gridare, Hermione lo guardò mentre cadeva all’indietro e rotolava giù dalla scarpata verso il mare. No, non è vero, non è possibile, non può essere successo…

"Ron!" gridò, riscuotendosi così all’improvviso da cogliere Sirius impreparato. Si liberò con uno strattone e corse verso il punto in cui il corpo di Ron era sparito.

"Hermione!" gridò a sua volta Sirius, correndole dietro.

Sylar si girò nella loro direzione e per alcuni istanti lo stupore gli impedì di reagire. Fu questione di secondi prima che cominciasse a lanciare fatture contro i nuovi arrivati, fatture che Sirius parò senza sforzo mentre rincorreva Hermione.

La donna invece non sembrava nemmeno rendersi conto di essere sotto attacco: corse a perdifiato, rischiando diverse volte di cadere, fino ad arrivare al pontile dove si erano Smaterializzati poco prima lei e Sirius. Continuò a correre, ignorando i richiami dell’Animagus e le maledizioni che le fischiavano nelle orecchie, cercando di individuare il punto in cui Ron doveva essere caduto: non poteva essere morto, non poteva, era impossibile, doveva aver visto male oppure era il piano che Ron aveva escogitato per fuggire… Sì, doveva essere così: il suo Ron non poteva essere morto…

Ed eccolo lì: un corpo immobile, mezzo immerso nell’acqua, incagliato tra gli scoglio.

"RON!" gridò di nuovo, disperata. "RON!".

Si precipitò verso di lui, ignorando i brividi provocati dall’acqua gelata, senza distogliere gli occhi un solo istante: aveva come l’impressione che se l’avesse fatto, Ron sarebbe sparito per sempre. Quando lo raggiunse, l’acqua le arrivava alla vita; lo circondò con le braccia, singhiozzando. "Amore mio… Perché l’hai fatto, brutto idiota? Perché?".

"Hermione!".

Qualcuno l’afferrò da dietro e la scostò con forza, spingendola sott’acqua. Confusa, ancora stretta a Ron, per un solo microscopico istante, pensò seriamente di lasciarsi andare lì, in quel momento, non riemergere e permettere al mare di fare il resto. Ma fu solo un secondo, prima che la stessa mano che prima l’aveva spinta la ritirasse a galla. Hermione riemerse, tossendo e sputacchiando, aspirando avidamente ossigeno: no, aveva perso l’uomo che amava, ma restava troppo attaccata alla vita per desiderare veramente la morte.

Sirius la spinse via di nuovo mentre Sylar lanciava contro di loro l’ennesima maledizione. Istintivamente, aprì le braccia per evitare di essere sommersa di nuovo e Ron fu trascinato via da un’onda di passaggio. "RON!" gridò freneticamente, ingoiando acqua di mare e facendo per corrergli dietro.

"Hermione, dobbiamo andarcene subito!" la fermò Sirius, non meno fradicio di lei. "Non puoi fare più niente per lui…".

"Non posso lasciarlo!" protestò Hermione, mentre Sylar da terra cercava di colpirli.

Cercò di nuotare verso il corpo del marito e Sirius l’afferrò per il polso. "Hermione, moriremo anche noi se non ce ne andiamo subito!".

"Non posso lasciarlo" ripeté caparbiamente la donna.

Si liberò con uno strattone, allontanandosi dall’Animagus. La sua mano si strinse intorno al polso di Ron nello stesso istante in cui Sylar le lanciava contro l’Anatema Che Uccide e Sirius l’afferrava nuovamente, smaterializzandoli tutti all’istante.

2015

Foresta Proibita

Hogwarts

Inghilterra

Hermione tornò bruscamente al presente: si accorse di aver inconsapevolmente stretto la zanna di basilisco così forte da conficcarsi le unghie nel palmo. Con la mano libera scacciò le lacrime che le rigavano le guancie, chiedendosi vagamente come potesse, dopo tanto tempo, avere ancora lacrime da piangere. Dopo la morte di Ron, era stata inconsolabile per settimane: si chiudeva nella sua camera, uscendone solo per andare in bagno, mangiava poco e solo quando gli altri la obbligavano e piangeva fino a logorarsi.

Per molto, aveva ritenuto Sirius in qualche modo responsabile di quello che era successo: se Sirius non glielo avesse impedito, continuava a dirsi, avrebbe potuto fermare Sylar in tempo e salvare Ron. Se l’era ripetuto così a lungo che era arrivata a crederlo sul serio, tanto che per mesi non gli aveva quasi rivolto la parola. Poi, quando la fase più acuta del dolore passò, il suo cervello riprese a funzionare nel verso giusto e arrivò a capire che Sirius non aveva avuto altra scelta che agire in quel modo e se non l’avesse fatto, probabilmente sarebbero morti anche loro. Beh, a essere del tutto onesti a quella conclusione nono ci era arrivata proprio da sola, ma con una spinta (parecchie spinte) da parte di Remus, il solito saggio che una sera l’aveva presa da parte e le aveva fatto un lungo discorsetto.

E ora anche Remus era morto…

Hermione sospirò, rilesse di nuovo le iscrizioni sulla croce, poi posò lo sguardo sulla lunga zanna di basilisco e la nascose di nuovo in tasca. Dopo la morte di Ron e la perdita dell’altra, aveva preso l’abitudine di tenersela sempre appresso per qualunque evenienza: senza quella, non sarebbe mai stata in grado di distruggere l’ultimo Horcrux. La riponeva nel suo scrigno solo quando doveva andare a compiere qualche missione per l’Ordine, motivo per cui non l’avevano trovata quando Malfoy l’aveva arrestata. I fatti avevano finito con il darle ragione: non fosse stato per quella sua abitudine, sarebbe senza dubbio andata persa nella retata a Chalmers Road… chissà se Sylar ha trovato gli Horcrux distrutti e ha capito cosa sono: Voldemort gli avrà rivelato anche il suo più profondo e oscuro segreto?

Ne dubitava: Voldemort non si fidava di niente e di nessuno, tranne che di sé stesso, per questo probabilmente era campato tanto a lungo…

"Vorrei che tu fossi qui, Ron" mormorò tristemente. "Questo fardello è troppo pesante per essere portato da una sola persona… Ma tanto lo sai che non dirò niente a nessuno: abbiamo giurato di non farlo, in fondo, anche se vorrei poter condividere questo segreto…".

Ma non l’avrebbe mai fatto: meno persone sapeva di quel segreto, meglio sarebbe stato per tutti. La distruzione di Nagini era una sua responsabilità e presto o tardi, in qualche modo l’avrebbe adempiuta. Solo se si fosse trovata nell’impossibilità di farlo e solo allora, avrebbe riflettuto sull’eventualità di passare il compito a qualcun altro, vincolandolo comunque al segreto…

Era ora di andare, rifletté all’improvviso. Era rimasta anche troppo, immersa in cupi ricordi e ancor più cupi pensieri. Si rialzò, notando che gli altri se n’erano già andati: beh, non poteva certo pretendere che l’aspettassero…

"Non so quando potrò tornare" disse, sempre rivolta alla croce. "Ho come l’impressione che ci aspettino tempi duri, sai… Ma tu mi aspetterai, no? E sai che prima o poi tornerò da te: lo faccio sempre…".

Pulendosi i pantaloni dall’erba e poi le mani nel mantello, si voltò e si avviò verso il sentiero per tornare alla piccola radura e smaterializzarsi a casa Riddle. Lungo il tragitto, lasciò che le lacrime scorressero liberamente sul suo volto. Visto, Ronald, conservi ancora la capacità di farmi piangere…

LYRAPOTTER’S CORNER

Bon soir, miei fedelissimi, siamo quasi alla fine dei giochi e per festeggiare i due anni dalla mia iscrizione su EFP (ebbene sì, sono due anni che infesto allegramente questo sito), vi regalo il penultimo capitolo di questa storia. Adesso ci aspetta solo l’epilogo, che non dovrebbe essere troppo lungo, e poi si partirà alla volta di nuovi lidi, verso la seconda parte della trilogia… Non preoccupatevi, non vi liberete di me tanto presto!!!!!!!!!!!!!!!!

In ogni caso, non so quanto presto potrò aggiornare, ho un sacco di impegni e poco tempo in questo periodo, perciò sto valutando se pubblicare prima l’epilogo e poi mettere tutto in stand by per un po’ e lasciare le cose come stanno… Probabilmente protenderò per la prima, in ogni caso, mi sembrerebbe troppo infame mollarvi, magari fino a dicembre a un capitolo dalla fine… State in campana, presto o tardi avrete mie notizie…

Ho visto che avete cominciato tutti a dare i numeri al lotto, per quando riguarda i miei sporchi segretucci, identità di Ares in primis! Su questo frangente, si starà in stasi ancora per un bel po’, anche perché per il momento la vera identità di Ares non è fondamentale ai fini della storia… Ih, ih, ih, mi dispiace ragazzi, quello è un segreto che ho intenzione di portarmi nella tomba, faccio come i migliori politici e mi trincero dietro il NO COMMENT! L’unica cosa che posso dirvi (e già è un indizio bello grosso) è che per il momento nessuno di voi ha indovinato…

Siccome stasera il mio tempo scarseggia, passo a ringraziare veloce, veloce i miei recensori ovvero:

Half Blood

NemoTheNameless

Deidara

SakiJune

lucia_hp

LadyMorgan

babibabi

con la promessa di lasciare ringraziamenti più prolissi al prossimo e ULTIMO capitolo… See you soon, mates!!!!!!!!!!!

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Capitolo 32
*** Epilogo ***


MAGIC WARS

EPILOGO

Casa Riddle

Inghilterra

Senza pace, Luna si rigirò per l’ennesima volta nel letto, aprì gli occhi e guardò l’orologio. Le due e tredici minuti, le comunicarono le diligenti lancette: esattamente quattro minuti dall’ultima volta che aveva guardato. Erano le due di notte passate e di Sirius non c’era ancora traccia.

Avevano un bel dire gli altri a non preoccuparsi: in quelle condizioni, Sirius non era in grado di badare a nessuno, men che meno a sé stesso. Avrebbe finito con il fare qualche stupidaggine, Luna ne era più che sicura… O forse non sono obiettiva… Magari sto facendo una tempesta in un bicchier d’acqua: Sirius è un po’ incosciente e di certo la morte di Remus l’ha colpito nel profondo, ma non è mica un idiota!

Avrebbe fatto molto meglio a seguire il consiglio di Hermione e dormire un po’, finché ancora poteva farlo in un letto caldo con un tetto sopra la testa. Quel pomeriggio, quando era sceso al villaggio a procurarsi qualcosa per la cena, Ares aveva detto che cominciavano a girare alcuni Dissennatori: i loro incantesimi difensivi non potevano proteggerli da loro, perciò era solo questione di tempo prima che le creature venissero attirate a casa Riddle dall’aura di negatività che sembrava circondare il posto e con loro i Mangiamorte. Per questo, nella riunione di quella sera, l’Ordine aveva deciso di giocare d’anticipo e andarsene prima di cadere in un’altra imboscata: non avevano idea di dove andare né quanto quella situazione potesse durare, considerato anche l’inverno alle porte, ma non avevano alternative. Non volevano perdere anche quel nascondiglio e non potevano permetterselo.

Ma ovviamente quel piano poteva essere messo in atto solo quando Sirius fosse tornato. Luna sospirò, girandosi sul fianco, fissando con aria corrucciata Hermione che nel letto accanto al suo dormiva tranquilla, poi chiuse gli occhi: ora doveva dormire, sì, smettere di tormentarsi l’anima su dove fosse Sirius o cosa stesse facendo e mettersi a dormire.

Due minuti dopo, fissava con aria assorta il soffitto della sua stanza, sveglia come non lo era mai stata in vita sua: niente da fare, per quanto si sforzasse, quella notte non sarebbe proprio riuscita a dormire. Tanto valeva scendere al piano di sotto e dare il cambio a Fred, che stava di guardia: almeno avrebbe fatto qualcosa di utile, invece che macerare fino all’alba nell’ansia.

Così, poco dopo sgusciò il più silenziosamente possibile fuori dalla stanza e scese al piano terra. Fred era in salotto, con davanti una tazza mezza vuota di caffé e tutta l’aria di chi si infilerebbe molto volentieri in un letto caldo. Ciò nonostante, appena sentì rumore di passi, la sua mano scattò all’istante alla bacchetta, improvvisamente vigile, per rilassarsi subito quando riconobbe Luna. "Che vi fai in giro a quest’ora?" domandò. "Mi hai fatto prendere un colpo…".

"Scusa. Non riesco a dormire, perciò se vuoi ti do il cambio…".

Fred si morse il labbro, indeciso. "Non ti scoccia?".

"Non chiuderei occhio in ogni caso" ribatté Luna. "Perciò tanto vale fare qualcosa di utile, no? Vai pure a dormire…".

Fred le rivolse un sorriso grato. "Se sei sicura… In effetti, sarei più che felice di stendermi qualche oretta…" commentò, stiracchiandosi e facendo per avviarsi su per le scale.

Luna ridacchiò. "Buonanotte, allora… Io andrò a prepararmi qualcosa di caldo da bere e tirerò mattina in qualche maniera…" annunciò con l’indistinta idea di andare in cucina e mettere le mani su qualcuna delle sue tisane, ammesso e non concesso che l’umidità non le avesse guastate: alcune miscele erano lì da qualche anno, probabilmente.

"Che c’è?" domandò sorpresa quando Fred la fermò con un cenno della mano.

Il mago accennò alla porta chiusa. "C’è Sirius di là" spiegò. "E non sono sicuro che il detto ‘Can che abbaia non morde’ valga in questo caso…".

Ma la donna praticamente non lo sentì. "Sirius?!" quasi strillò, occhieggiando alla porta. "Perché non sei venuto a dirmi che era tornato?".

"Perché pensavo che stessi dormendo" rispose Fred in tono ovvio. "È arrivato… bah, saranno un paio d’ore fa e ha lasciato chiaramente intendere di non voler parlare con anima viva…".

"Perché? Che ha fatto?" domandò Luna con ansia.

"È entrato, mi ha ignorato e si è barricato là dentro".

"Come stava?".

"Credo che un sopravvissuto a un naufragio avrebbe avuto un aspetto migliore, se è questo che vuoi sapere… Fossi in te, lo lascerei stare…".

Luna fece una smorfia poco convinta. "Non ha più parlato con nessuno" mormorò affranta. "Forse…".

"Lui non VUOLE parlare con nessuno, Luna" la prevenne Fred, avvicinandosi e poggiandole una mano sulla spalle. "Lui e Remus erano come fratelli, ha bisogno di tempo…".

Luna sbuffò: sempre la stessa storia. Era stanca che tutti le ripetessero che Sirius voleva essere lasciato in pace, che aveva bisogno di tempo, eccetera: non era stupida, lo capiva anche da sola che le uniche persone che avrebbero potuto aiutare Sirius in quel momento riposavano sotto due metri di terra. Era solo che non le sembrava giusto: dopo tutto quello che si erano detti, perché l’aveva chiusa fuori insieme a tutti gli altri? Perché non le permetteva di non dico confortarlo, ma almeno stargli vicino?

"A te il tempo è servito a qualcosa?" domandò, dando voce a un pensiero vagante.

Fred parve sorpreso dalla domanda e dovette pensarci sopra un po’ prima di rispondere. "Non saprei: immagino che certe ferite non possano mai guarire completamente, pur con tutto il tempo del mondo… Perché me lo chiedi?".

"Pura curiosità" disse Luna con un’alzata di spalle. "Ero solo curiosa di sapere se capitava solo a me di stare male come se certe cose fossero successe ieri…".

"Voi che resti a farti compagnia?" fece il mago d’impulso.

Luna declinò l’offerta con un mesto sorriso, scuotendo il capo. "No, no, grazie, vai pure a dormire. E prometto di lasciare Sirius in pace" aggiunse subito.

Fred la guardò, non del tutto convinto, poi alle ulteriori sollecitazioni della donna, annuì e sparì al piano superiore sbadigliando.

Luna aspettò di sentire i suoi passi morire in fondo al corridoio e la porta della sua camera chiudersi prima di tornare a prestare attenzione alla soglia della cucina: rimase lì ferma alcuni minuti, mordendosi il labbro indecisa su cosa fare.

Beh, chi l’ha detto che non posso entrare?, si disse in tono secco. Entro, mi preparo la mia tisana e vedo come sta: nulla mi obbliga a parlargli o degnarlo della mia attenzione. Lo ignorerò, proprio come si dovrebbe fare con i Nargilli…

Ed era davvero intenzionata a farlo: sarebbe entrata e l’avrebbe lasciato a vegetare nella sua nuvola depressiva finché ne avesse avuto voglia. Gli avrebbe parlato solo se e quando lui avesse fatto la prima mossa.

Ma quando entrò, già psicologicamente pronta a mantenere fede al suo proposito, si trovò davanti una vista tale che non poté davvero trattenersi: Sirius era appollaiato su una sedia, gomiti sul tavolo e testa appoggiata a una mano, e fissava con aria assorta il vuoto. O per essere più precisi, una a caso tra le bottiglie di Whisky Incendiario sparse di fronte a lui.

Luna fece un rapido conto mentale: sei. Sei bottiglie, di cui cinque vuote e una piena per metà, al momento stretta nella mano destra dell’Animagus, il quale non aveva dato il minimo segno di averla vista o sentita. La donna rimase impalata dallo stupore per diversi istanti: sei bottiglie di Whisky Incendiario. Dove diavolo se l’era procurato tutto quello schifo? E come aveva fatto Fred a non notarlo quando l’aveva visto rientrare? E perché a nessuno di loro era venuto in mente di tenerlo d’occhio per evitare ricadute di quel tipo?

Si diede mentalmente della stupida per non averci pensato: era ovvio che Sirius sarebbe corso a nascondersi tra le braccia dell’alcool appena ne avesse avuto l’opportunità. Avrebbe dovuto impedire che un spettacolo simile si verificasse e se non lei, qualcun altro…

Sirius, all’apparenza ancora ignaro della sua presenza, fece per portarsi con gesti vagamente sconnessi la bottiglia alle labbra: quel gesto fu più che sufficiente per cancellare la confusione e sostituirla con la collera.

"SIRIUS!" gridò con voce vibrante, scattando in avanti. "Che cosa stai facendo?".

Sirius si portò la mano libera alla testa con un grugnito infastidito, girandosi verso di lei. "Ma cosa ti strilli?" biascicò con voce impastata.

Oh Merlino, è già ubriaco fradicio… "Dammi quella bottiglia, Sirius" gli intimò, tendendo la mano. La puzza d’alcool, più forte mano a mano che si avvicinava, le fece storcere il naso. "Hai bevuto decisamente abbastanza".

Sirius guardò prima lei, poi la bottiglia, poi la sua mano tesa come a cercare di stabilire cosa farci e alla fine scrollò le spalle con indifferenza. "Lasciami in pace" disse secco, tracannando un lungo sorso.

Rischiò di strozzarsi quando Luna gli strappò letteralmente la bottiglia dalle mani, con le guance rosse di rabbia. "Hai deciso che la cirrosi epatica, dopo tutto, non è un brutto modo di tirare le cuoia, Black?".

"Ridammela!" protestò Sirius, alzandosi in piedi e rivelandosi decisamente malfermo sulle gambe, tanto che per non cadere dovette appoggiarsi la tavolo. "Ridammela subito!".

"Te lo scordi! Hai chiuso con questa porcheria!". Luna si avvicinò al lavandino, con tutta l’intenzione di svuotarci dentro il whisky rimasto, non fosse che Sirius, con uno scatto sorprendentemente fulmineo, la raggiunse e l’afferrò per il polso.

"Che cosa vuoi fare?" sibilò con voce rabbiosa.

"Secondo te? Mi libero di questo schifo prima che si mangi fino all’ultimo neurone del tuo cervello!".

Cercò di liberarsi con uno strattone, ma la presa di Sirius era inaspettatamente forte. "Tu non hai nessuno diritto di intrometterti! Dammi quella fottutissima bottiglia! ORA!".

Spaventata, Luna cercò istintivamente di ritrarsi senza successo visto che Sirius continuava a stringerle con ferocia il polso, con il cuore che batteva frenetico. Aveva visto Sirius ubriaco altre volte in passato, anzi, spesso si era ritrovata a fargli da crocerossina per rimetterlo in piedi dopo la sbornia, ma non l’aveva mai, mai visto così fuori di sé come in quel momento: con quello sguardo quasi allucinato ricordava un pochino sua cugina Bellatrix. E soprattutto, non si era mai rivolto a lei con quel tono…

"Sirius, mi fai male…" balbettò con le lacrime agli occhi per il dolore.

L’Animagus non parve nemmeno sentirla. "Ridammi la bottiglia! ADESSO" ripeté in un ringhio rabbioso. Senza aspettare la risposta, allungò la mano libera e gliela strappò, per poi lasciarle il polso così bruscamente che per poco Luna non cadde a terra.

"Sirius…" mormorò la donna appoggiandosi al bancone della cucina. Prese un paio di respiri profondi mentre l’uomo tornava a sedersi come se non fosse successo nulla, poi, ignorando il male, decise di riprovare. "Sirius, metti giù quella stupida bottiglia: non capisci che così peggiori solo le cose?".

"E tu che ne sai?" prese a gridare Sirius. Si scansò bruscamente quando Luna provò ad avvicinarsi. "Ti ho detto di lasciarmi in pace!".

"Sto cercando di aiutarti!".

"Io non voglio il tuo aiuto! Non voglio nulla da te, tranne che sparisci e mi lasci in PACE!".

Luna cercò di non mostrarsi troppo ferita da quelle parole, anche sentiva gli occhi lucidi. Non è in sé, non è in sé: è l’alcool a parlare per lui… Ma sarebbe stato più facile crederci se in quei due giorni Sirius non avesse ignorato ogni suo tentativo di avvicinarsi. "Io invece di voglio aiutare: ubriacarti non cambierà quello che è successo…".

"Ma allora sei sorda?" sbottò l’altro. "O più semplicemente stupida? Non mi importa quello che pensi tu o che quello che vuoi tu… Vattene una buona volta!".

CIAFF!

Lo schiaffo arrivò così all’improvviso e così violento che per poco Sirius non finì ribaltato. Luna lo squadrò con freddezza mentre si portava una mano alla guancia colpita, incredulo. "Va’ all’inferno, Black!" sibilò, sorprendentemente minacciosa nonostante le lacrime che già cominciavano a rigarle le guance. "Ti auguro di strozzartici, con quella merda! Visto il risultato, mi risparmierò la fatica di preoccuparmi per te in futuro… E tu fammi il favore di non rivolgermi mai più la parola!".

Detto questo, si voltò e tornò di corsa nel salone, dove si lasciò cadere sulla poltrona lasciata libera da Fred poco prima, sfinita come se avesse corso la maratona e con il cuore in pezzi, senza nemmeno preoccuparsi di soffocare i singhiozzi…

Singhiozzi che furono perfettamente udibili anche dalla cucina, dove un inebetito Sirius stava lentamente rendendosi conto di aver appena rovinato l’unica cosa decente rimastagli nella vita…

******

In una settimana che si era rivelata avara, per non di re priva di piaceri, la mattina successiva, Drew si svegliò con una gradita sorpresa.

Come sempre, ci mise un po’ a inquadrare la stanza e capire che non si trovava nel suo letto a Chalmers Road: quel momento era di fatto il migliore della giornata perché per un attimo gli permetteva di illudersi che l’attacco dei Mangiamorte e la morte di Remus fosse stata solo un lunghissimo, orrendo incubo.

Normalmente, ci pensava il dolore al braccio destro a ributtarlo a muso duro nella crudele realtà: malgrado Ted affermasse che la ferita stesse dando ampi segni di miglioramento, le fitte erano diventate una fastidiosa e costante presenza, tanto che Drew ormai non ci faceva più caso. A volte si domandava quanto tempo ci sarebbe voluto per poter riprendere a usare il braccio…

Quella mattina invece, l’illusione fu ulteriormente alimentata quando Drew sentì un frenetico sbattere d’ali al di sopra della sua testa. Ecco, questo è Gufetto che dà di matto come suo solito… Gli ci vollero un paio di secondi prima di realizzare che Gufetto non avrebbe dovuto essere lì a Casa Riddle. Aprì gli occhi, tirandosi a sedere senza parole quando effettivamente il piccolo volatile gli svolazzò a un palmo di naso.

"Ma che diavolo…".

"Drew!" lo salutò Ethan con aria eccitata. "Non è incredibile?".

"Da dove sbuca quel pennuto schizofrenico?" domandò il ragazzo: ormai era più che convinto che qualche Mangiamorte l’avesse fatto arrosto…

Il cugino si strinse nelle spalle. "Mi ha svegliato lui: picchiava contro la finestra… E non è tutto: guarda cosa ha portato…".

Drew seguì il dito di Ethan e per la seconda volta in pochi minuti rimase senza parole: la Mappa del Malandrino e il Mantello dell’Invisibilità di suo padre facevano bella mostra di sé ai piedi del suo letto, intatti.

"Non ci credo…" mormorò, allungando una mano per assicurarsi che fossero effettivamente lì e non fossero un miraggio dovuto agli antidolorifici. Fissò con una punta di sospetto Gufetto, il quale si era appollaiato sulla spalla di Ethan tutto impettito, neanche fosse stato consapevole dell’opera d’immensa utilità appena compiuta. "Come cavolo ha fatto quel gufo ad arrivare fin qui con questi?".

Ethan alzò le spalle. "E chi lo sa… Avrà qualche insospettabile dote nascosta!".

"Beh, intanto ha dimostrato di essere più utile di quanto pensassi!". Allungò una mano verso la bestiola, accarezzandole il capo. "Allora sei buono a fare qualcos’altro che non sia squittire come un pazzo…".

Per tutta risposta, Gufetto riprese a squittire e svolazzare in giro per la stanza, tutto contento.

In quel momento la porta si aprì e comparve Hermione, con la fronte corrucciata e un vassoio con la colazione. "Ma che cos’è questo casino? Oh Merlino, di nuovo quel gufo malefico!".

"Non sappiamo da dove sia sbucato" si scusò Drew. "Ethan dice che era già qui…".

Hermione annuì come se stesse prendendo conoscenza di un fatto noto. "Sarà tornato con Grattastinchi…".

"Grattastinchi è tornato?".

Come se l’avessero evocato, il vecchio gatto sbucò alle spalle della padrona, seguito da Kitty. "Ah, vi siete svegliati…".

Hermione un sorriso affettuoso all’animale quando le si strusciò contro le gambe. "L’ha già fatto altre volte: Grattastinchi non è un gatto normale… Vi ho portato qualcosa per colazione" aggiunse poi, poggiando il vassoio. "Mangiate in fretta: vogliamo partire prima di mezzogiorno, se possibile…".

"Così presto?" fece Drew stupito. "Credevo avremmo aspettato almeno stasera…".

"Lo credevamo anche noi, ma i Dissennatori cominciano a essere un po’ troppo interessati a questa zona e noi non possiamo rischiare di perdere anche l’ultimo tetto sulla testa che ci è rimasto…".

"Dove andremo?" domandò ancora Drew, preoccupato: non poteva fare a meno di pensare che ormai fossero oltre la metà di ottobre, non proprio il periodo ideale per darsi al campeggio.

Hermione scosse il capo con aria desolata. "Ancora nulla di deciso: stiamo valutando le opzioni… Probabilmente qualche posto in campagna un po’ isolato… Mangiate, su: a queste cose penseremo dopo".

Prese Grattastinchi in braccio e uscì, mentre Ethan allungava le mani verso un toast e cominciava a masticare con decisione. Drew cercò di imitare il cugino, anche se si sentiva lo stomaco chiuso per la preoccupazione: la portata della tragedia che aveva colpito l’Ordine cominciava giusto in quel momento a fare presa dentro di lui.

"Che hai Drew?" domandò Kitty, preoccupata dallo scarso entusiasmo con cui Drew spiluccava il cibo. "Non hai fame?".

"No, non è quello… Stavo solo pensando a una cosa…".

"Che cosa?" domandò Ethan curioso, sputacchiando pezzetti di toast dappertutto e guadagnandosi un’occhiata disgustata dalla sorella.

"Ingoiare prima, parlare dopo" lo rimproverò stizzita. "A cosa pensavi?".

"Credo che dovreste andare da Fleur in Francia".

Come prevedibile, i due Dursley non si dimostrarono affatto entusiasti all’idea: Kitty balzò in piedi con uno scatto rabbioso, mentre Ethan quasi si strozzò con la colazione per poi assumere un’espressione dispiaciuta. "Ci vuoi mandare via? Perché?".

"Nemmeno la conosciamo quella donna!" sbottò Kitty. "Non l’abbiamo mai vista!".

"È una mia zia acquisita" la difese Drew, per quanto nemmeno lui ci avesse mai parlato. "E i suoi figli hanno circa la mia età, se non sbaglio… Con lei sareste al sicuro".

"Non mi importerebbe nemmeno se quella fosse la nipote del papa!" ribatté Kitty con foga. "Come puoi chiederci di andare a vivere con delle persone che conosci solo per vie traverse, anche se sono parenti tuoi?".

"Noi siamo senza un nascondiglio sicuro e il Ministero non smetterà tanto presto di darci la caccia…" spiegò Drew. "E voi non potete usare la magia". I pensieri di Drew corsero a Sylar: era più che certo che non avrebbe mai rinunciato a cercarli, anzi, consapevole del vantaggio che aveva su di loro in quel momento, li avrebbe incalzati senza pietà.

Kitty sgranò gli occhi, ferita. "Ci ritieni così inutili? Siamo solo un peso di cui sbarazzarci?". Ethan semplicemente taceva.

Drew passò lo sguardo da uno all’altra, capendo che le sue intenzioni erano state fraintese. "Non è questo: lo sapete che vi considero come fratelli…".

"E allora perché?".

"Non voglio che la prossima volta sia il vostro funerale…" mormorò Drew, distogliendo lo sguardo. "Se andate in Francia, avrete la possibilità di condurre una vita normale: vi ho già scombussolato abbastanza l’esistenza…".

Calò un silenzio teso e imbarazzato: Drew aspettava la reazione dei cugini, che a loro volta non sapevano come rispondere a quelle parole.

Alla fine, Kitty si avvicinò a Drew e di slancio lo abbracciò, urtando senza volere la spalla lesa. "Oh, scusa…" mormorò quando lo sentì gemere di dolore.

"Non ha importanza".

La ragazzina annuì. "Io non andrò in Francia a meno che tu non mi chiuda in un baule e mi ci spedisca a forza. E non prenderlo per un capriccio" aggiunse subito, vedendo che Drew faceva per protestare. "Posso capire cosa ti ha portato a fare questo discorso, ma non riuscirei a sopportare di essere lontana interrogandomi ogni giorno su quello che potrebbe esserti successo: se ce ne andiamo adesso, potremmo non rivederci più per anni…".

"Ma i Mangiamorte…"

"Non mi importa dei Mangiamorte, di Sylar o del Ministero: se devo imparare a difendermi per restare, lo farò. Ma qualunque cosa tu possa dire o fare, io resto!".

"E io pure!" aggiunse subito Ethan. "Non vado da nessuna parte senza di voi, perciò non provateci nemmeno a scaricarmi!".

Drew analizzò il cipiglio deciso dei due e intuì subito che stava combattendo una battaglia persa: non sarebbe mai riuscito a convincerli ad andarsene lontano dal pericolo, perciò desistette. "Sarà pericoloso…".

"Ne siamo consapevoli" gli assicurò Kitty.

"Ma lo sarà anche per te" osservò Ethan. "Avrai bisogno di qualcuno che ti pari le spalle…".

Con questo, la discussione fu chiusa e i tre ripresero la loro colazione, per quanto non avessero particolare appetito. Infatti una ventina di minuti dopo, si vestirono e scesero in cucina, dove tutto l’Ordine era già riunito.

"Come va la spalla, Drew?" si informò subito Ted, mentre Fred faceva comparire altre sedie.

"Meglio di ieri e peggio di domani, suppongo" fu la diplomatica risposta. "Di tanto in tanto manda ancora quelle fitte assassine…".

Ted annuì, studiando il bendaggio. "Che mi venga un colpo se riesco a capire che razza di diavoleria ti hanno sparato addosso…".

"Che ci siamo persi?" domandò Ethan allungandosi verso il tavolo e notando la mappa del Regno Unito che l’Ordine stava studiando.

"Stavamo cercando di capire dove sarebbe più sicuro spostarci" spiegò George.

"Stavo appunto dicendo" riprese Hermione, recuperando le fila del discorso lasciato prima in sospeso, "che con il tempo che c’è in questi giorni sarebbe meglio evitare di andare troppo a nord…".

"Non possiamo restare nel sud: troppo vicino a Londra e troppo traffico…".

"Se ragioniamo così, non possiamo andare da nessuna parte" sbuffò Hermione. "Ovunque andremo ci sarà gente pronta a fare la spia…".

"Stiamo nel centro" suggerì diplomatica Luna. "Lincolnshire o dalle parti di Nottingham… Ci sono le foreste in cui nascondersi in quella zona: tanto vale approfittarne finché non è ancora troppo freddo…".

Tutti si scambiarono un’occhiata tetra, già preoccupati la pensiero di cosa sarebbe accaduto quell’inverno, quando sarebbe arrivato il gelo e la neve.

"Dove sono Ares e Artemis?" domandò all’improvviso Drew, notando in quell’istante l’assenza dei due.

"Sono tornati al loro attico a recuperare materiale utile" disse Ted in un tono cupo che fece capire a Drew quanto poco approvasse quella decisione. "Dovremo partire appena tornano…".

"Io a questo punto, opterei per Nottingham" disse Christie. "È ragionevolmente lontano da qui e come sostiene Luna, ci possiamo nascondere nella foresta: con un po’ di fortuna potrebbe reggere anche una settimana o due…".

"Dipende da quanti Dissennatori ci saranno in giro" sbuffò Sirius. "Quelli ci troveranno con o senza incantesimi difensivi…".

"E non possiamo respingerli con i Patroni perché quelli sono meglio di un cartello al neon con su scritto ‘siamo qui, venite a prenderci’".

Drew sospirò, mentre calava di nuovo il silenzio: tempi decisamente foschi si prospettavano all’orizzonte…

Attico di Ares e Artemis

Londra.

Come sonnambula, Artemis si muoveva tra i tanti famigliari locali del suo appartamento, cercando di stabilire cosa potesse essere utile nell’immediato futuro. Ares aveva già praticamente svuotato la loro armeria, prendendo perlomeno tutto quello che era facilmente trasportabile e ora stava occupandosi di recuperare tutto il cibo a lunga conservazione che avevano in giro.

Artemis invece aveva appena finito di riempire una sacca con qualche ricambio pesante per lei e le altre ragazze e stava ora cercando di fare una cernita delle pozioni pronte che aveva immagazzinato.

"È inutile: praticamente tutte potrebbero tornare utili prima o dopo!" sbottò.

"Prendi solo le cose più importanti" suggerì Ares. "In ogni caso, il Ministero non sa di questo posto, perciò potremo senza problemi tornarci in futuro…".

Questo era vero, eppure una parte della ragazza avrebbe preferito non tornare a Londra in futuro, onde evitare inutili rischi per sé stessa e l’Ordine.

"Oh, al diavolo: siamo metà di mille e possiamo praticare tutti gli incantesimi estensivi di questo mondo!" dichiarò Artemis, prima di afferrare cominciare a riempire alla rinfusa una borsa con le boccette piene di liquidi multicolore.

"Ricordati che potremmo dover fuggire in tutta fretta e lasciare indietro un sacco di cose"l’ammonì Ares. "Molte di quelle pozioni richiedono tempi di preparazione lunghi".

Artemis si fermò a metà operazione con un sospiro: ovviamente Ares aveva ragione. Anzi, si sentì riempire di frustrazione e rabbia pensando che avrebbe dovuto capirlo da sola. "Scusa, non so proprio dove ho la testa…".

"Io sì" ribatté Ares con un sorriso confortante. "So che è difficile, ma devi cercare di ragionare in modo lucido".

"Già, lucido…" mormorò Artemis.

Lo sapeva anche lei: era abituata a mantenere il controllo anche nelle situazioni peggiori, ma in quel momento, per quanto si sforzasse, ogni volta che cercava di farlo, la sua testa finiva sempre con il riempirsi di immagini di suo padre riverso in una pozza di sangue, una cosa che avrebbe infestato i suoi incubi di lì all’eternità, ne era certa.

Ares parve intuire il turbamento dell’amica e le sorrise, poggiandole una mano sulla spalla. "Qua ci penso io… Perché non vai a vedere se sulla libreria c’è qualcosa che ti potrebbe servire?".

Come un automa, Artemis seguì il consiglio e si diresse verso la parete tappezzata di libri. Qua e là distinse i buchi lasciati dai volumi che si era portata la Quartier Generale solo poche settimane prima e che erano ormai perduti. Tra questi c’era anche il libricino nero per l’antidoto di sua madre, ricordò all’improvviso.

Quasi tre anni di lavoro bruciati, pensò sconfortata. Probabilmente è meglio così, tanto non avrei mai trovato una cura: non capisco proprio cosa mi fosse venuto in mente…

Una rapida occhiata le bastò per capire che non c’era nulla lì che volesse portare con sé: di certo non avrebbe avuto tempo per leggere o fare qualche ricerca…

Senza sapere bene perché, prese d’istinto una vecchia e logora copia di Tom Sawyer, uno dei suoi romanzi preferiti. Fu con una certa sorpresa che, aprendolo, vi trovò dentro una foto di lei con i suoi genitori, una copia della stessa che capeggiava nel salotto di Chalmers Road. Chissà da quanto tempo è qui… Probabilmente la usavo come segnalibro e me ne sono dimenticata…

Sentì le lacrime bruciarle gli occhi mentre la guardava. Era praticamente il ricordo di un’altra vita: a fatica riusciva a riconoscere in quella bambina sorridente la giovane donna pessimista che era diventata.

Papà… Che cosa devo fare, papà?, domandò Artemis rivolgendosi al Remus della foto. Mi sento persa senza di te…

Avanti Ally, devi reagire, le avrebbe detto se fosse stato lì. Non sei sola: ci sono Ares, Sirius, tua madre…

Già, sua madre… Una madre che praticamente era già morta, a parte pochi e saltuari lampi di comprensione, una donna che non aveva nemmeno potuto piangere suo marito… Anche se la riportassi indietro… Posso sul serio farla rinsavire solo per dirle che papà è morto? Sarebbe meglio lasciare le cose come stanno…

Ma guardare Tonks in quella foto, abbracciata alla figlioletta, e pensare alla Tonks che la stava aspettando a Casa Riddle le faceva ancora più male. Quanto avrebbe voluto essere abbracciata da lei anche solo un’ultima volta… Ma è impossibile: io non ne sono in grado…

Pensò che in risposta a questo, Remus le avrebbe detto: "Nulla è impossibile: puoi fare qualunque cosa, tesoro". Papà, hai sempre avuto la tendenza a sopravalutare le mie reali capacità…

Una bella iniezione di autostima le avrebbe fatto bene, considerò.

"Artemis?" la chiamò Ares. "Se sei pronta, io ho finito…".

La ragazza guardò la foto, poi il compagno, poi di nuovo la foto. Forse non ci sarebbe mai riuscita, ma voleva sul serio vivere con il rimpianto di non avervi neppure provato? Avrebbe dovuto ricominciare da capo, ma se ci fosse riuscita, ne sarebbe valsa la pena…

"Artemis?".

"Sì, vengo" rispose, infilandosi in tasca la foto. Ma prima di raggiungere Ares sulla porta, prese dalla scrivania un blocco di appunti bianco. Forse si sarebbe dannata l’anima, ma non avrebbe rinunciato. La testardaggine fa parte del mio corredo genetico.

Ministero della Magia

Londra.

Lord Sylar stava di nuovo studiando i vecchi fascicoli dei membri dell’Ordine. Uno di meno, pensò, mentre spostava il dossier di Remus Lupin nella pila dei deceduti.

La retata non aveva sortito proprio l’effetto che aveva sperato, visto che gli altri erano riusciti a fuggire, ma Sylar non se ne dava pena: era solo questione di tempo prima che venissero nuovamente individuati.

Non avrebbe dato loro tregua: più li incalzava meno tempo avrebbero avuto per organizzarsi e trovare un nuovo rifugio. Anche a costo di andare a stanarli personalmente, li avrebbe uccisi tutti, uno per uno…

Era fiducioso che presto le ricerche capillari avrebbero prodotto risultati soddisfacenti: aveva disposto gruppi di Dissennatori in tutta la Gran Bretagna, monitorati da pattuglie di Mangiamorte ventiquattro ore su ventiquattro, era solo questione di tempo

Ma la cosa più importante, nonché obiettivo principale non dichiarato dell’agguato, era stato il ferimento di Andrew Potter. Il suo unico rimpianto era non essere riuscito a catturarlo per poterlo direttamente al Signore Oscuro.

In quel momento qualcuno bussò alla porta, distogliendolo dai suoi pensieri.

"Avanti".

Entrò un vecchio incanutito con l’aria da studioso: nei suoi occhi si leggeva chiaramente la paura e il desiderio di andarsene il più lontano possibile.

"Ah, professore" lo accolse Sylar sorridendo soddisfatto. "Buone notizie, spero…".

"Ehm sì, mio signore" disse l’uomo in tono timoroso. "Le ho portato la traduzione del testo che aveva richiesto…".

"Ah, ottimo" fece Sylar rizzandosi di scatto e allungando una mano.

L’altro gli porse un’anonima cartellina porta documenti dentro cui il Mangiamorte trovò due fogli: una copia del testo latino che Voldemort gli aveva dato alcune settimane prima e la relativa traduzione in inglese. In realtà, l’aveva commissionata all’ University College London già da più di quattordici giorni, ben prima di poter sperimentare di prima mano gli effetti del Devotum Cruorem, ansioso di scoprirne gli effetti: doveva ammettere che per un attimo era rimasto spiazzato quando la spalla destra di Andrew Potter gli era quasi esplosa in faccia…

"In realtà" considerò ad alta voce, mentre cominciava a leggere distrattamente il testo, "ormai credo che non mi ser-…".

Sylar si bloccò a metà frase, tornò indietro e rilesse la riga appena scorsa con maggior attenzione stavolta. Per essere certo di aver capito bene ripeté l’operazione un paio di volte: a ogni rilettura la bocca gli si distese in un sempre più largo, malvagio sorriso di soddisfazione. Guarda, guarda cosa abbiamo qui… Questo apre scenari decisamente interessanti…

"Mio signore?".

La voce del vecchio professore lo distolse bruscamente dai suoi pensieri. "Molto bene!" dichiaro, chiudendo di scatto la cartelletta. "Ha fatto un ottimo lavoro… Davvero ottimo…".

L’uomo parve decisamente sollevato di sentirselo dire. "Davvero, mio signore? È quello… quello che stava cercando?".

"Oh, no. È di più, molto, moto di più…".

Il suo interlocutore corrugò la fronte, perplesso da quell’affermazione. "Ehm, posso andare, allora?".

Sylar alzò lo sguardo, fissandolo intensamente alcuni istanti. "Nessun altro sa di questo incarico, vero?".

L’uomo prese a scuotere ferocemente il capo con aria allarmata. "No, no… Ho mantenuto il riserbo, come mi avete chiesto…".

"Bene, un problema di meno. Capirà certamente che queste sono informazioni strettamente confidenziali: nessuno deve saperne nulla…".

"Certo, certo, mio signore, non ne parlerò ad anima viva" lo rassicurò in fretta il professore. "Posso andare adesso?".

"Credo di non essermi spiegato bene: quando dico nessuno, intendo proprio nessuno…".

L’uomo parve un attimo perplesso, poi un lampo di comprensione gli illuminò il volto, subito seguito da paura. Cercò di raggiungere la porta, ma era troppo tardi: la maledizione mortale di Sylar lo raggiunse in piena schiena.

"Stupido vecchio…" borbottò guardando il corpo cadere con aria quasi scocciata.

Prese il galeone falso dalla scrivania e mandò un messaggio alla segretaria, prima di tornare tranquillamente alla lettura come se non ci fosse un cadavere ancora caldo nel bel mezzo del so ufficio.

Cinque minuti dopo, bussarono di nuovo alla porta.

"Mi avete mandato a chiamare, mio signore?" domandò Draco Malfoy entrando e trasalendo alla vista del corpo.

"Sbarazzati di lui, Draco" gli ordinò Sylar, guardando il Mangiamorte. "Fa in modo che la morte non risulti troppo sospetta…". Non che si preoccupasse delle possibili ritorsioni personali, ma riteneva inutile generare un vespaio di domande e polemiche per una cosa di scarsa importanza come quella.

Draco annuì, chinandosi sulla salma. "Posso chiedere perché…".

"No, non puoi" ribatté in tono caustico Sylar. "A meno che tu non voglia raggiungere il nostro amico, naturalmente… Sono informazioni confidenziali tra me e il Signore Oscuro".

"Certamente. Me ne occupo subito" assicurò Malfoy con aria zelante.

"Ah, avvisami quando avremo notizie dell’Ordine…" lo bloccò Sylar sulla porta.

"Volete venire anche voi?" domandò Draco, senza nascondere la sua sorpresa.

Sylar sorrise dietro la maschera. "Non me lo perderei per nulla al mondo".

Un po’ perplesso, Draco se ne andò senza fare ulteriori domande, portandosi dietro il corpo senza vita del professore. Sylar lo guardò uscire, poi tornò a scartabellare non curante tra i fascicoli sparsi sulla scrivania.

La caccia è ufficialmente aperta, pensò soddisfatto.

LYRAPOTTER’S CORNER

Ok, avevo promesso di non sparire e come volasi dimostrare non sono stata capace di tenere fede al proposito, considerato che manco da più di un mese e questo epilogo alla fin fine si è scritto quasi da solo in due giorni. Ringraziate che sono a casa bloccata a letto, depressa e con una caviglia stortata (maledette le scale e maledetta la mia goffaggine!!!!!!!!), non avendo nulla da fare, mi sono messa a scrivere, scrivere e ancora scrivere…

Di certo adesso i fan di Sirius e Luna mi stanno odiando, ma che credevate, che gliela facessi così facile? La mia vena sadica non si è ancora esaurita, ne avranno da penare quei due!!!!!!!! Sì, lo so, sono cattiva, ma credo che su questo non avesse più dubbi nessuno!!!!!!!!

Con questo "allegro" capitolo che di allegro ha ben poco, si conclude ufficialmente la prima parte di Magic Wars: certo mi fa un effetto strano sbarrare la casellina "completa"!!!!! Ma non preoccupatevi popolo, la seconda parte non tarderà ad arrivare (almeno me lo auguro, informazione da prendere con le molle!!!!!!): a norma e regola, il titolo sarà al 99.9% Magic Wars II: la lotta continua, perciò quando lo vedrete, fermatevi!!!!!!

E ora un po’ di ringraziamenti…

Grazie a tutti coloro che sono arrivati a leggere fino a qui, nella speranza che la storia continui a piacervi.

Grazie a 1__SiriusBlack__1, ale146, Alexandraleon, alice brendon cullen, babibabi, bulmettina, Caillean, celebrian, chichetta99, clakkycullen, Deidara, dream, elipotterina94_n6, Enid, gareggiare, genny 63, GoHaN, Half Blood, HelenaDB, Ino chan, kamura86, Karen94, Lady Lynx, Lady85, LadyMorgan, Lily_Snape, Maky91, mick_angel, Moonshadow_95, NemoTheNameless, owly, Padfoot_07, SakiJune, senna710, Serpeverde_Slytherin, SoSo, Vekra, Yaku e _ki_ per aver inserito la storia tra i preferiti.

Grazie a alex25, ArwenBlack, CharmedAlis, Deidara, DnikSophieG, hermione616, jacopo25, Lariwell, Laurelin, Luine, Lunastortalupin, MaryLisa, Romena, SakiJune, Stabuck e thebigwolf per aver inserito la storia tra le seguite.

Grazie (spero di non dimenticare nessuno) a Caillean, SakiJune, Ino chan, Crystal e Namida, Lily_Snape, Deidara, vickyN, Emylovely, chichetta99, bulmettina, CharmedAlis, Finleyna 4 Ever, LadyMorgan, Ara chan, lucia_hp, hermione616, yuukimy, Lady Lynx, babibabi, Moonshadow_95, Lady85, Half Blood e NemoTheNameless che con le loro magnifiche recensioni mi hanno sempre risollevato il morale.

E in ultimo, grazie a chi ha commentato l’ultimo capitolo:

LadyMorgan, guarda ti perdono solo perché sei tu e perché so cosa voglia dire non avere mai il tempo di recensire: e poi, conosco bene i danni che l’orrida Associazione può fare… Ma ne parleremo in modo più approfondito in altra sede e luogo, smetti prue di prostrarti e fustigarti che non è proprio necessario. Per la questione croci, quando ho pensato a quel capitolo, l’idea delle croci bianche mi è venuta quasi da sé, ma assolutamente non per motivi religiosi (per la verità, persona meno religiosa di me non la trovi tanto facilmente), semplicemente perché come dici anche tu, sono un simbolo classico… In verità, il fatto che Sylar uccidesse Ron è stato uno dei primi dettagli a prendere forma nella mia fanfiction, quando stavo facendo la pesa per decidere chi salvare e chi no: la mia mente sadica trovava tremendamente perfetto che Ron sia morto per mano del suo ex migliore amico. Ovviamente, so di essere l’unica a pensarla così… Dubito che questo capitolo ti abbia risollevato l’umore, ma spero che ti sia piaciuto, a presto Silvia Alfa!!!!!!

Deidara, povero Ron, ma perché lo odiano tutti? Ma guardando al lato positivo, se sono riuscita a farti dispiacere per la sua morte malgrado tutto, allora posso dire di aver fatto un buon lavoro (in barba alla modestia!!!!!!!!!). Per quanto la mia anima di lettrice prema per accettare la tua proposta di scambio, credo proprio che declinerò l’offerta: ognuno si tenga il suo mistero, vedremo chi sarà accontentato per primo!!!!!!

Half Blood, beh, se Ron scopriva la vera identità di Sylar, l’avrebbero scoperta anche Hermione e Sirius, visto che erano lì a guardarsi lo spettacolo in diretta, perciò, per quanto l’idea fosse stuzzicante, ho dovuto scartarla per cause di forza maggiore!!!!! Per il momento il segreto degli Horcrux è gelosamente custodito e tale resterà, ma come vedrai presto, l’Ordine al momento ha ben altri problemi. Prometto che se e quando Dora recupererà il senno, non cadrà in depressioni autodistruttive: l’ho già tartassata anche troppo, la poveretta!!!!!!!

Con questo direi che ho concluso, vi saluto e ci rivediamo alla prossima puntata!!!!!!!!!!!

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