Una storia come tante

di Nuel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***



Capitolo 1
*** I ***


Draco Malfoy odiava recarsi al ministero della magia.
Aveva la sensazione che, trattandosi di lui, il ministro se la prendesse comoda e lo lasciasse in sala d’attesa molto più di quanto non facesse con chiunque altro.
Almeno, questa volta, a tenergli compagnia sulle poltroncine della sala d’attesa c’era una strega piuttosto attraente.
La stava tenendo d’occhio già da un po’: non molto alta, sembrava ben fatta sotto la tunica dai colori pastello che esaltavano il colore dei suoi capelli, trattenuti dietro la nuca da un bel fermaglio.
Aveva l’aria distinta, il viso curato, schiena e spalle dritte... strano che non se la ricordasse dai tempi della scuola.
Erano passati quasi dieci anni dalla fine della scuola e lui non si era diplomato ad Hogwarts come aveva sempre pensato sarebbe accaduto.
Dopo la fine della guerra, i Malfoy non godevano certo di buona reputazione e lui era provato, stanco... come tutti, probabilmente, ma lui non era "tutti" e non poteva farsi vedere in quello stato. Sapeva che sarebbe sembrata una fuga e... beh, lo era.
Durmstrang sarebbe stata una buona soluzione, sarebbe stato quasi come essere a casa e invece no: la scelta era caduta su Beauxbatons: Durmstrang sapeva troppo di "arti oscure" ed era stato reputato che fosse meglio tenersene alla larga.
Così, aveva frequentato l’ultimo anno di scuola sul continente, tra Veela di una bellezza conturbante, francesi sfrontate e libertine e spagnole passionali e decise.
Dopo il diploma aveva deciso di rimanere in Francia per un po’ di tempo, molto preso da una travolgente relazione con una mezza veela che lo aveva trascinato nella Parigi magica per il tempo necessario a fare suoi i raffinati gusti della capitale francese.
Si era aggiunto qualcosa di frivolo al suo essere un Malfoy, qualcosa che lo aveva fatto sentire così "bene" che aveva deciso di mantenere la cadenza francese anche quando era tornato in Inghilterra.
Suo padre l’aveva convocato con urgenza dopo cinque anni di latitanza dal suolo inglese e Draco, suo malgrado, aveva fatto ritorno in patria.
Aveva salutato le sue amiche col nasino all’insù con una scena da operetta, molto tealtrale, molto patetica, baciamano, fanciulle in lacrime... aveva salutato la Ville Lumière con champagne a profusione e poi aveva preso una passaporta per ritrovarsi nella bigia, triste, campagna inglese.
Nebbia, aria fredda a pungergli il viso. Aveva sospirato e... Merlino, quanto gli era mancata casa!
Aveva dimenticato quanto amasse l’Inghilterra, col suo sole pallido ed il cielo coperto, le ragazze dai tratti spigolosi e l’incarnato pallido... aveva pensato di odiarli, quando era lontano, ma no: lui amava il suo mondo. Era un Malfoy, infondo e lì era quasi un re.
          «Mademoiselle – Adorava il fracese! - posso invitarla a prendere un tea

-o-

Hermione Granger si era accorta da un po’ degli sguardi che Draco Malfoy le lanciava.
Avrebbe preferito tenere la debita distanza da quell’individuo, ma in sala d’attesa c’erano solo loro ed era già fortunata che lui non le parlasse.
D’altro canto, era abbastanza logico che lui non si abbassasse a rivolgere la parola ad una sporca nata babbana, ma dopo un po’ si rese conto che lui non doveva averla riconosciuta.
Erano forse dieci anni che non si vedevano e lei era sicuramente cambiata.
Gli ultimi anni, in particolare, non erano stati i più facili che avesse affrontato: niente a che vedere con la guerra contro Voldemort, certo, ma la vita l’aveva messa a dura prova: dopo la fine della scuola, lei e Ron avevano iniziato a programmare il loro futuro assieme: prima Hermione avrebbe dovuto sistemare alcune cose nel mondo babbano e poi avrebbero potuto cercare lavoro, comprare casa, sposarsi...
Per lei non era stato difficile trovare un impiego presso la Gazzetta del Profeta, ma non era andata altrettanto bene a Ron: la scuola di specializzazione per Auror si era rivelata molto selettiva e Ron aveva accumulato stress.
Nemmeno quando era finalmente diventato un Auror la situazione era migliorata.
Troppo stress.
Avevano rimandato, rimandato, rimandato... fino a che non era più stato possibile farlo.
Hermione era rimasta incinta.
R
on era al settimo cielo. Tutta la sua famiglia lo era ed Hermione moriva dalla voglia di farlo sapere anche ai suoi genitori.
Si era presa qualche giorno di ferie per stare un po’ con loro: era da tanto che non li andava a trovare.
Andava tutto bene. I suoi genitori erano entusiasti quanto lei, non vedevano l’ora di diventare nonni.
Poi era svenuta sui gradini di casa.
Era caduta, aveva battuto la testa.
I suoi genitori avevano chiamato l’ambulanza, c’era stata la corsa all’ospedale.
Niente San Mungo. Era nella Londra babbana, con la sua famiglia babbana.
Quando si era svegliata, c'erano i suoi genitori: sua madre l'aveva abbracciata stretta, piangendo e suo padre le aveva sorriso, sollevato.
Quello che non c’era più era il suo bambino.
O bambina.
L’avrebbero chiamata Rose. O forse Hugo, se fosse stato un maschio.
Ron era impazzito dal dolore. Aveva accusato i suoi genitori, lei, che aveva voluto andarli a trovare. Avevano litigato e lei era scappata.
I suoi genitori l’avevano riaccolta a braccia aperte e, in poco tempo, avevano organizzato un viaggio per tenerla lontana da Londra e dai brutti ricordi, almeno fino a quando non si fosse sentita in grado di affrontarli.
          Hermione sgranò gli occhi quando sentì quell’invito con cadenza francese.
Avrebbe potuto ridere, ma si limitò a sorridergli «Oui».
 

-o-

Draco non si era ancora accorto di chi fosse la giovane stega con cui stava amabilmente conversando alla caffetteria del ministero.
Chicchieravano del più e del meno e ridevano pacatamente, come non gli capitava troppo spesso di fare, da quando era rientrato a Londra: suo padre non l’aveva convocato per le mille cose per cui avrebbe potuto aspettarsi Draco.
          Arrivato a Malfoy Manor si era accorto subito che qualcosa non andava: non vedeva i suoi da anni, se non via camino e... nessuno era andato ad accoglierlo, se non un elfo domestico, dal naso lungo e le orecchie afflosciate che lo aveva pregato con tono uggiolante di raggiungere il padre nel suo studio.
Draco ci era andato subito. Era diventato un bell’uomo, alto quanto Lucius, più snello, con l’aria un po’ scanzonata. Ah! Paris! Aveva operato una metamorfosi su di lui, l’aveva fatto sbocciare, lontano dall’imbalsamato contegno di suo padre, ma Lucius Malfoy era quel genere di uomo che sembra tutto d’un pezzo e poi... «Padre» Draco era entrato nello studio sorridendo, aspettandosi di trovarci entrambi i genitori, invece, con suo padre c’era una giovane donna che gli aveva sorriso un po’ imbarazzata.
«Ciao, Draco.» La sua voce emergeva dai ricordi della giovinezza del rampollo di casa Malfoy e Draco non ebbe più di un paio di secondi di esitazione.
«Asteria Greengrass?»
Draco aveva avuto un brutto presentimento, ma non aveva la minima idea di quanto peggiore fosse la realtà.
«Figliolo – Lucius aveva iniziato con tono insolitamente cauto. - Devo chiederti un "piccolo" sacrificio.»
Draco conosceva suo padre: non gli avrebbe mai imposto un matrimonio definendolo "sacrificio": avrebbe puntato sui vantaggi sociali ed economici, sull’avvenenza di Asteria... Si era fatto attento, occhieggiando verso la giovane... la ricordava più magra.
«Figliolo...»
«No, Lucius. Lascia che sia io a dirglielo.» Asteria aveva preso la parola interrompendo Malfoy senior e Draco aveva trovato la cosa estremamente strana.
Asteria si era avvicinata, più giovane di Draco di un paio d’anni, Serpeverde e Sanguepuro. Bella, decisa... Draco non la vedeva da quando era una quindicenne in divisa, intenta a studiare nella sala comune della loro casa.
«Sono incinta, Draco.»
Draco era stato tentato di farle le congratulazioni, ma qualcosa non gli tornava: cosa c’entrava lui?
«Sono incinta di tuo fratello.»
Draco aveva strabuzzato gli occhi ed era rimasto a bocca aperta guardarla raggiungere suo padre.
Lucius le aveva sorriso, prendendole la mano.«Come puoi ben capire, Draco, questa volta tua madre non mi perdorenerebbe. Sarebbe utile che tu riconoscessi il figlio di Asteria, quando verrà al mondo. Infondo, è un Malfoy.»
Così era diventato il padre di Scorpius e, per un po’, aveva pensato persino che avrebbe potuto sposarne la madre: Asteria gli era sempre piaciuta, ma infondo... era l’amante di suo padre e, fino a quando Lucius fosse stato in vita lui sarebbe sempre stato unicamente un marito di facciata.
Comprendeva sua madre, ma... noblesse oblige. C’erano dei compromessi da accettare, per far parte di un certo mondo e tutti, nella sua famiglia, lo sapevano.

-o-

Ridere le faceva un gran bene e ridere con Draco Malfoy era qualcosa su cui Hermione non avrebbe mai scommesso.
«Mi perdoni! Non vorrei mai farle perdere tempo!» Stava ancora ridendo, Draco.
«Oh no! Il ministro mi lascia sempre ad aspettare per ore, quando devo parlarci!»
«Fa così anche con lei?! Pensavo di essere l’unico sulla sua lista nera!»
Hermione rise di nuovo «Mi sa che in quella lista c’è anche il mio nome!»
«A proposito di nome, sono Draco Malfoy.» Le porse la mano ed Hermione smise di ridere.
          Per un lunghissimo periodo non era più stata capace di ridere: il suo mondo era terminato con una caduta sui gradini della sua casa babbana. Aveva dormito per la durata di tutto il volo da Londra a Napoli. Sua madre aveva detto che le servivano sole e mare per riprendersi e la figlia di una sua cara amica stava facendo uno stage in Italia.
Dopo un mese, Hermione aveva iniziato a stare meglio: il suo incarnato era diventato più sano, aveva ritrovato l’appetito e aveva scoperto che la pasta poteva lenire qualche ferita del cuore.
Aveva cominciato a viaggiare per l’Italia: Roma, Firenze, Milano, Venezia... aveva visitato musei, chiese, ma senza mai comprare una guida.
Tutte le meraviglie che le riempivano gli occhi le rimarginavano anche il cuore, senza dover pensare.
Per una volta sentiva la necessità di spegnere il cervello e vivere di emozioni positive.
Grazie alla complicità della sua nuova amica aveva imparato un sacco di cose: a camminare coi tacchi alti e con un libro in testa, quali colori esaltassero i suoi capelli ed i suoi occhi e quale taglio d’abiti le stesse meglio.
«Ora sì sembri una donna in carriera!» Le aveva detto la sua amica ad un certo punto ed Hermione aveva capito che era il momento di salutare la splendida Italia e tornare a Londra, a dire addio a Ron e riprendere in mano la sua vita.
Aveva ripreso il suo posto alla Gazzetta del Profeta e si era occupata di qualsiasi argomento spinoso capitasse nel mondo magico.
Con Ron non aveva più parlato dopo avergli reso l’anello di fidanzamento ed averlo sciolto da ogni promessa le avesse fatto. Harry e Ginny si erano dovuti abituare all’idea, ma in fondo anche le loro vite andavano avanti.
«Sicuro di voler stringere la mano ad una Sanguesporco?» Hermione gli sorrise ed attese la sua risposta. Possedeva una serenità contagiosa e Draco ne rimase conquistato.
«Granger?» Finalmente l’aveva riconosciuta ed era... sbalordito. No, interdetto!
Quando era avvenuto che quello spaventapasseri della Granger fosse diventata quella splendida strega?
«Mai stato più sicuro!» La sua voce aveva un tono basso e virile che mandò un brivido lungo la schiena di Hermione, che gli porse la mano, ampliando il sorriso.

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Capitolo 2
*** II ***


Le cose belle succedono. Hermione e Draco lo sapevano con certezza matematica mentre facevano l’amore in una camera d’albergo.
Tempo prima, Draco si era preparato a quel momento ripassando mentalmente tutti i giochi erotici che aveva imparato dalle sue amanti, ma quando si era ritrovato di fronte a lei, aveva dimenticato tutto.
Non c’era stato imbarazzo tra loro nel momento in cui si erano stretti la mano nella caffetteria del ministero. Non c’era stato quando lui le aveva chiesto di rivedersi e lei aveva accettato come se fosse scontato. Non c’era stato quando l’aveva invitata a cena e l’aveva baciata prima di lasciarla andare a casa.
Draco sapeva che lei era quella giusta. Lo sapeva ogni volta che la stringeva tra le braccia e non sentiva il bisogno di trattenerla perché non c’era altro posto al mondo in cui lei avrebbe voluto stare.
Lo sapeva ogni volta che le sussurrava che era sua, sapendo di mentire, perché era lui ad appartenerle.
Ad Hermione andava bene così. Il loro rapporto era libero e lei non voleva legami, tanto più che Draco aveva già un figlio.
Hermione sapeva che la felicità, talvolta, è tanto fragile da infrangersi su un gradino scivoloso e non chiedeva nulla, né lo prometteva, limitandosi a vivere alla giornata quella relazione improbabile, fatta di momenti rubati al lavoro ed agli impegni ufficiali.
A volte veniva a sapere delle serate di gala di Draco dai giornali.
Sempre sui giornali si vociferava che la relazione con la Greengrass stesse traballando: la coppia non pareva particolarmente calorosa, in pubblico e non c'era alcuna indiscrezione su un eventuale matrimonio.
«Quando vi sposerete?» Stavano facendo colazione a letto, il giornale aperto sulle lenzuola sgualcite e la marmellata di ribes un po' troppo dolce. Dalla finestra aperta entrava il sole della tarda mattinata di una domenica estiva ed Hermione non aveva potuto fare a meno di porre quella domanda. La sua voce non tradiva il turbamento, ma il suo cuore aveva preso a battere più forte.
Si chiedeva perché mai avesse fatto una cosa tanto stupida. Perché si volesse tanto male.
«Cosa?» Draco sembrava sorpreso.
«Tu e Asteria. Avete un figlio. Perché non vi sposate?»
Draco si bloccò per qualche istante, osservandola perplesso. «Perché... bhe, perché...» "Perché non la amo, non è la mia donna, ma quella di mio padre e perché Scorpio è mio fratello e non mio figlio".
«E' una storia complicata.» Si passò la mano sulla mascella, sentendo la barba rada che gli pungeva il palmo. «Diciamo... che la nostra è una relazione di copertura e basta.»
Hermione lo guardava poco convinta e Draco si sentì a disagio: mentirle, avere dei segreti con lei lo metteva a disagio.
Hermione prese una fetta di pane tostato e ci spalmò sopra un velo di burro e qualche goccia di marmellata. «Scorpio ti somiglia molto.» Addentò il pane tostato, senza guardarlo.
Draco stropicciò il lembo di lenzuolo che aveva sotto le mani, immerso nei suoi pensieri: rivelarle ogni cosa non era "semplice": non si trattava solo di lui, ma anche di suo padre, soprattutto di suo padre e di Asteria e di quel bambino che aveva riconosciuto come suo.
«Lascia perdere, dicevo per dire.» Hermione macchiò col latte il tè e lo sorseggiò lentamente, mentre Draco osservava la linea del suo collo curvo, dietro la cortina morbida dei suoi capelli.

-o-

Draco a volte non la capiva.
Stavano bene assieme, si divertivano, si rilassavano. Il sesso andava alla grande. La conversazione anche di più.
Eppure c'erano momenti in cui Hermione si rattristava all'improvviso ed il suo sguardo diventava distante. Non parlava più ed il suo sorriso sembrava voler nascondere le lacrime.
«A volte non ti capisco.» Ecco, finalmente glielo aveva detto. Erano a cena, in un localino intimo, il tavolo illuminato dalle candele, un bocciolo di rosa in un vasetto di cristallo dava un tocco di colore alla tovaglia immacolata.
Hermione appoggiò le posate sul piatto, guardandolo attraverso la luce soffusa della sala. «Cosa non capisci?»
«Te. I tuoi silenzi. La tua tristezza... Hermione, non sei felice con me?»
Lo stomaco le si chiuse. «Sì.» "Ma..." ma c'era altro, che non riusciva a capire nemmeno lei. Ogni volta che era felice, sentiva un disperato bisogno di infelicità, come se si sentisse in colpa, cose se stesse sbagliando e dovesse punirsi. Provava una struggente nostalgia per qualcosa che non era capace di identificare.
Draco la guardava con quei suoi occhi grigi carichi di angoscia, come ogni volta che la vedeva incupirsi. «Non preoccuparti, Draco. Non è colpa tua.»
Draco, però, aveva il terrore di perderla. Aveva paura di vederla allontanarsi un po' alla volta, come era capitato a sua madre, dopo la nascita di Scorpio: Narcissa, algida e perfetta, si era allontanata senza fare rumore, senza scandali, come sanno fare solo le donne come lei.
«Ho paura che un giorno tu svanisca.» Aveva la voce impacciata.
Hermione lo guardò inclinando la testa: per un momento le parve di rivedere il ragazzino delle superiori, ricordandosi che non era lui quello impacciato e goffo, quello era Ron.
Malfoy era quello arrogante e sfacciato e lo guardò con rinnovata curiosità.
Draco stava frantumando una crostina di pane sulla tovaglia, con l'unghia del pollice ed era arrossito.
«E dove dovrei andare?»
«Non lo so. Dov'è che vanno i ricordi?»
Hermione sentì gli occhi inumidirsi e le si strinse la gola. «Non lo so dov'è che vanno.» Aveva la voce ridotta ad un sussurro e capì che era lì che stava andando anche lei. La sua nostalgia era lì, senza un volto, senza un odore perché quello che le mancava non era mai nato.
Singhiozzò, incapace di trattenersi e Draco si maledisse per averla fatta piangere.
Pagò la cena ed uscirono perché Hermione potesse prendere un po' d'aria e calmarsi.
Draco era mortificato ed anche se lei gli si stringeva al braccio, mentre passeggiavano per le vie semideserte, illuminate dalla luna, aveva la sensazione che la sua Hermione fosse lontana.
«Non ti lascerò andare via!» L'aveva detto sul serio?
Sì, l'aveva detto e si era fermato, guardandola dritto negli occhi. «Non permetterò alla tristezza di portarti via.»
«Perché no?» Hermione aveva smesso di piangere, ma le era rimasta addosso la malinconia.
Aveva bisogno di sentirsi rassicurata e protetta e sapeva che non poteva aspettarselo da lui. Infondo era solo la sua... amica?
Draco le baciò la fronte, stringendola subito dopo tra le braccia. «Perché ti amo.»
Aveva la voce un po' arrochita. Draco non era uomo da esternare i propri sentimenti e lei lo sapeva bene. Le andava bene così, infondo.
Le sarebbe andata bene così ancora per un po' e poi per un altro po' e dopo ancora.
Si sciolse nel suo abbraccio e riuscì persino a sorridere.
Dirgli che lo amava, però, no: lo amava, sì, ma non lo avrebbe ammesso con lui ancora per un po'.
 

Fine

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Nel 2006, quando terminai di scrivere l'ultimo capitolo di "Una seconda possibilità", pubblicato su altri due archivi e sul mio sito personale, ero talmente esausta che non credovo avre più scritto a proposito di HP.
Questa breve incursione è stata quasi casuale e non so se tornerò a scrivere presto nuove storie sui nostri maghetti preferiti, ma spero che vorrete seguirmi nelle altre mie storie e farmi sapere se sono di vostro gradimento.
A tal proposito, un grazie a Herm87 per aver commentato il primo capitolo. Spero che questa seconda parte non la deluda; e un grazie anche a tutti i lettori anonimi che, anche se non hanno commentato, hanno seguito questa storia.
Ogni commento sprona gli autori a continuare ed ad impegnarsi di più, quindi vi auguro di superiate la vostra... timidezza? e trovare la voglia di confrontarvi con gli autori del sito. ^^
.
Grazie ancora, 
Nuel

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