Insana attrazione

di MartaPanseri95
(/viewuser.php?uid=637632)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il sogno ***
Capitolo 2: *** La Spedizione ***
Capitolo 3: *** 'Ho bisogno di te! ***
Capitolo 4: *** Tempo ***



Capitolo 1
*** Il sogno ***


Il sogno. 

Quella notte sognai qualcosa di diverso dal solito. L'oro, le pietre preziose e le monete d'oro non rientravano a nel mio sogno, avevo come l'impressione che quella notte fosse cambiato qualcosa.
Mi girai e rigirai più volte tra le lenzuola candide della branda, la luna così chiara e pallida illuminava il legno del pavimento rendendo un po' più visibile tutta la stanza. Mi accorsi di come Robin dormisse beatamente abbracciata al suo libro. Tirai un sospiro di sollievo coprendomi completamente il viso con il lenzuolo. Chissà se addormentandomi avrei di nuovo fatto quel sogno. 

Strinsi tra le mani la miccia ardente cercando di spegnerla, il cannone era posizionato circa a quindici metri di distanza dalla gabbia nella quale era rinchiuso Rufy, se non fossi riuscita a spegnere in tempo la miccia, per Rufy non ci sarebbero state speranze. Non poteva sopravvivere a quell'esplosione anche se era fatto interamente di gomma. Sarebbe saltato in aria assieme al metallo di quella gabbia. 
Il fuoco dello stoppino si spense sotto la stretta delle mie mani e Rufy era salvo, per il momento almeno. Lasciai la presa, diedi una rapida occhiata alle mie mani, erano completamente arrossate, la pelle era per pochi tratti sgualcita e il solo movimento di un singolo dito mi provocava dolore. Ero come immobilizzata davanti a quella visione, prima d'ora non mi era mai capitato di battermi così per un pirata. Io odiavo i pirati.
In quel momento sentii in lontananza delle grida, guardai con la coda dell'occhio e vidi quattro uomini della ciurma di Bagy all'assalto verso di me. Ero pietrificata dalla paura oltre che essere completamente disarmata. Sentii il peso delle gambe cedere, caddi a terra - E' finita - Pensai. Chiusi gli occhi aspettando di essere colpita da quei fendenti. Morire in quel modo sarebbe stato davvero sciocco - Per mano dei pirati Nami? E' così che hai scelto di morire? - Quella vocina interiore non riusciva a smettere di parlare. 
Un rumore metallico bloccò la corsa di quei pirati, era successo qualcosa dietro di me ma non avevo il coraggio di voltarmi per vedere. Quando lo feci vidi la salvezza sotto le spoglie di un giovane ragazzo.

Ebbi la sensazione di essere salvata in quel momento, la mia vita non era più in pericolo. Quel ragazzo dai capelli verdastri che mi ritrovavo davanti era comparso nel posto giusto al momento giusto.
Maneggiava due spade con tale forza da riuscire a fermare quei quattro pirati. 
"Non vi vergognate?" Urlò il ragazzo rompendo quel silenzio tombale che si era creato dopo il suo intervento. "Quattro uomini contro una donna! Vi sembra corretto?" La sua voce era pressoché giovane, avrà avuto sì e no qualche annata in più della mia, ciò però non cambiava le cose, quel ragazzo era dotato di una forza estremamente superiore alla norma.
"Ciao Zoro!" La voce di Rufy si aggiunse dopo a quella del verde. Dunque era quello il suo nome, Zoro. Chissà per quale strana ragione ma il suo nome mi ricordava qualcosa. - Zoro - 
"Sei ferita?" Quando si voltò potei vederlo chiaramente in viso. I suoi occhi erano come distaccati, sembrava quasi che fossero inanimati. Il viso leggermente abbronzato mi fece capire quanto spesso potesse essere stato sotto il sole alla guida di una nave. Se conosceva Rufy doveva trattarsi certamente di un pirata, ma per certi versi non ne fui così tanto sicura. "N-no. Sto bene!" Risposi balbettante alzandomi in piedi.
Zoro, dove diavolo avevo già sentito quel nome? 

- Il cacciatore di pirati! Zoro! Ecco perchè ne avevo già sentito parlare prima - Lo guardai di sottecchi, la muscolatura ancora acerba ma evidente del suo fisico non rendeva giustizia a ciò che di lui dicevano in giro. Mi sarei aspettata un uomo su d'età e con tanto di barba per il titolo di ' cacciotore di pirati ' di cui tutti parlano e nutrono paura.
Rimasi allibita guardando la sua figura avvicinarsi a Rufy, lui era il famoso Zoro. Colui che aveva riscosso la taglia di molti altri pirati famosi era davanti a me e mi aveva salvata. La bandana verde scuro legata stretta sul bicipite sinistro, la maglia bianca candida, i capelli stranamente color verde acqua e quegl'occhi incredibilmente misteriosi, sono caratteristiche che ancora ricordo di quel giorno. Il giorno in cui conobbi Zoro, il cacciatore di pirati.


Mi svegliai di soprassalto mentre Robin indietreggiò velocemente. 
"Nami va tutto bene?" Mi domandò appoggiando la sua mano sulla mia. Era ancora notte fonda eppure mi sembrava di aver dormito per ore. Osservai Robin accanto a me, mentre con una mano mi spostai le ciocche pescate dal viso. "Chiamavi qualcuno nei tuoi sogni, non sono riuscita a capire chi fosse ma continuavi a chiamare il suo nome." Aggiunse lei tornando verso la sua branda.
"Va tutto bene Robin. H-ho solo fatto un brutto incubo. Tutto qui." Scostai leggermente le lenzuola, mi rilegai i capelli e scesi dalla branda. " Vado sul ponte a prendere una boccata d'aria." Esclamai muovendomi in direzione della porta, Robin sorrise per poi sdraiarsi di nuovo e ritornare tra le braccia del sonno più profondo.
Attraversai la stanza dei ragazzi, pochi metri dopo la nostra. Salii le scale completamente al buio, per certi versi ci avevo fatto l'abitudine, non avevo bisogno della luce. Aprii la porta che dava sul ponte, la richiusi leggermente e in un attimo mi abbandonai a quel cielo stellato che poche volte ebbi l'occasione di vedere. 
Salii le scale che portavano verso il punto più alto della nave, a prua, proprio dove era posizionato il timone. L'oceano era incredibilmente calmo e la luna rifletteva i suoi raggi rendendo ancora più magica quell'atmosfera.
Mi sedetti sulla polena della Sunny, lasciandomi alla spalle la nave e davanti in bella vista il vasto oceano, sospirai gurdando il cielo - Dio quanto era bello - pensai incrociando le braccia dietro la testa.
La lieve brezza di mare era favolosa, i capelli si muovevano sotto il suo movimento ondeggiando nel vuoto. Era una sensazione incredibile, mi sentivo completa. Avevo tutto quello che potevo desiderare: il mare, la pace e il relax di quel momento. 
"Disturbo?" Aprii scattante gli occhi, rotolando con scatto repentino all'indietro. Estrassi da una tasca nei pantaloni un pugnale che prima d'ora non avevo mai usato in combattimento. Venni bloccata ancora prima di sferrare il colpo da una lama molto più affilata e lunga del mio pugnale. Solo in quel momento capii chi fosse. "A quanto pare si!" Continuò. 
"E' notte fonda, siamo in mezzo all'oceano e la maggior parte delle volte le persone con la quale abbiamo a che fare sono marines che vogliono catturarci o pirati che voglio ucciderci. E' lecito essere un po' combattivi quando non si sa di avere un nemico alle spalle giusto?" Risposi rinfoderando il pugnale.
La luce pallida della luna illuminò il suo viso rendendo giustizia ai suoi lineamenti fino a poco prima nascosti. La capigliatura dei capelli era cambiata, sembravano scompigliati, quella zazzera verde acqua che aveva era sempre stato il suo punto di riconoscimento. I suoi occhi come sempre inespressivi erano però cambiati, sembrava essere cambiato anche lui da due anni a questa parte. Si sedette accanto a me appoggiando le spade dietro di sé. Rimasi in silenzio senza sapere che dire, non che mi fosse difficile parlare con lui, anzi, la maggior parte delle volte facevamo discorsi seri, a meno che non fossimo intenti ad insultarci. Cambierebbe tutto in quel senso.
Strinsi al petto le ginocchi e ci appoggiai la testa tenendo lo sguardo fisso verso il mare davanti a me. Qualche volta guardavo verso di lui, ma sempre cercando di non farmi vedere. Il profumo di salsedine era inebriante e piacevole, tirai un sospiro di sollievo. 
"Quanto mi è mancato questo profumo." Striracchiai le braccia per poi ritornare alla posizione di prima. Un flebile e quasi impercettiile sorriso si dipinse sul viso di Zoro, era strano perchè in un certo senso sembrava essere carino, dolce. 
"Due anni. Sono passati due anni Nami." Disse lui con tono malinconico, il suo sorriso sparì. Nessuno poteva ridarci quegl'anni tolti, nessuno avrebbe potuto cancellare dalle nostre menti la scena di Orso Bartholomew che senza scrupoli divise la ciurma, lascaindoci inermi di fronte al nostro destino. Nessuno.
"Lo so." Fu l'unica cosa che mi venne da dire in quel momento. Avrei voluto consolarlo, ma cosa si dice in momenti del genere quando non sai che dire? Guardai lo spadaccino che a fianco a me fissava la luna illuminato da quel chiarore. Mi venne spontaneo, quasi naturale toccargli il viso. Gli sfiorai l'occhio sinistro con la punta della dita e subito sentii la cicatrice. Quell'enorme sfregio che si era procurato aveva fatto in modo che non potesse più vedere dall'occhio sinistro.
Lo guardai assorta immaginandomelo combattere per il suo orgoglio, per non perdere. Non mi accorsi che la sua espressione era imbarazzata fino a quando non sentii di essermi avvicinata così tanto a lui tanto da percepire il suo profumo. Scossi la testa, lo guardai di nuovo negli occhi e subito staccai la mano. 
Le guance presero ad infuocarsi, iniziai a balbettare qualcosa mentre in preda all'imbarazzo cercavo di alzarmi, scesi dalla polena della Sunny velocemente. Il cuore mi scoppiava, i battiti erano così veloci e forti. Non avevo mai provato questa sensazione prima d'ora. Zoro rise della mia goffaggine, come dargli torto, sembravo un clown da circo, si accorse del mio rossore improvviso sulle guance e del mio cambiamento improvviso. Credo avesse capito che mi trovavo in imbarazzo. 
- Ma che mi è preso? Sei forse impazzita Nami? Zoro, stiamo parlando di Zoro! Per quale dannato motivo ti sei messa ad accarezzargli il viso - Ancora la mia stupida vocina interiore. 
"Nami!" Era lui. Mi si gelò il sangue nelle vene. "Si?" Risposi girandomi lievemente. "Due anni fa mi avresti tirato un ceffone o un pugno con quella mano." Scese dalla polena incamminandosi verso di me. "Ora mi accarezzi come un gatto." Era proprio dietro di me, sentivo il suo respiro dietro.  L'irascibile, orgoglioso e testardo Zoro, si era trasformato in un essere umano.
"Sei cambiata Nami." Esclamò con tono provocante. "Sono curioso di sapere fino a che punto." Il suo respiro caldo sul mio collo fu qualcosa di indescrivibile. Si lasciò scappare una risata per poi staccarsi e andare verso la porta rivolgendomi un debole saluto con il cenno della mano. 
Il mio cuore riprese a battere normalmente solo dopo poco.
Quel ragazzo era cambiato e io con lui, e questo non avrebbe portato a nulla di buono.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** La Spedizione ***


La mattina seguente venni svegliata dal calore dei raggi del sole sul mio viso. Fu qualcosa di dolce e rilassante, aprii debolmente gli occhi ancora assonnati per cercare Robin, squadrai la stanza con gli occhi semiaperti. Non riuscivo a vederla.
Sospirai stiracchiandomi, quando mi alzai dalla branda percepii subito un brivido freddo corrermi lungo la schiena, le assi di legno erano fredde e ciò provocò in me l’immediato senso di gelo. Andai verso lo specchio più grande della stanza. Giocherellai con alcune ciocche di capelli mentre, intenta a dondolarmi davanti allo specchio guardavo la mia figura riflettersi. Il mio corpo era molto più femminile e adulto per certi versi.
Mi morsi il labbro senza nemmeno rendermene conto, era forse diventato un mio personale  sintomo d’ansia? Mi guardai dall’alto al basso, come si fa solitamente quando cerchi di trovare qualcosa di sbagliato, con sguardo critico. I capelli erano notevolmente aumentati in lunghezza, le ciocche erano più mosse e quel colore pescato li rendeva ancora più particolari. Più belli forse. Li raccolsi in una mano sollevandoli, qualche ciuffo cadde lungo il viso rendendo ancora più visibile la sua forma lievemente paffuta e all’apparenza morbida. Scossi la testa e i capelli caddero come una cascata, libera e indomabile. – Lasciali sciolti. Così non ti donano affatto! – Prego che qualcuno uccida quella vocina interiore un giorno, ogni volta è pronta a punzecchiarmi. Nonostante fosse fastidiosa, aveva ragione, legare i capelli non si sarebbe rivelata l’idea migliore.
Mi guardai in viso cercando di osservare ogni minimo centimetro della mia pelle, sorrisi, subito vidi formarsi delle piccole fossette ai lati delle labbra che non avevo mai notato prima d’ora. Anche la mia pelle era cambiata, era liscia e pareva setosa quasi. In quel momento venni assorbita da un vortice di ricordi, pochi anni fa’ avrei dannato il mio viso assieme alle conseguenze dell’adolescenza se mi fossi guardata allo specchio. Più di una volta cercavo di coprirmi il volto e le zone maggiormente arrossate con veli o cerotti, le spacciavo per ‘ferite da combattimento’ che nessuno vedeva mai una volta tolti i cerotti. Non rimpiangevo quei momenti di terrore quando sul mio viso compariva anche solo un minimo colorito rosso. Era snervante alzarsi dal letto con la paura di cosa potesse esserci quel giorno sul mio volto.
Una mano scorse lungo tutta la linea del mio corpo, centimetro dopo centimetro potei osservare come il tempo mi aveva cambiata. Le mie spalle, il mio bacino, persino il mio seno era cambiato. Mi sentivo per la prima volta cresciuta, il corpo giovane e acerbo era sparito e lasciava spazio ad un corpo più femminile e aggraziato. Le gambe longilinee erano diventate forse il mio punto di forza. Infilai i soliti jeans per poi sistemarmi il costume a tratti verde e bianco. Ero pronta per uscire. 
Solcai la soglia della porta dirigendomi verso il ponte, passai davanti alla stanza dei ragazzi. Era socchiusa. Mi fermai fissando per qualche secondo la porta della loro stanza – Dopotutto cosa vuoi che sia sbirciare un po’, loro lo fanno di continuo! – Pensai. Mi avvicinai alla porta, quella fessura tra la porta e lo stipite fu abbastanza larga per poter vedere cosa ci fosse all’interno della stanza. A differenza nostra, la loro stanza era arredata con letti a castello, era tutto completamente in disordine, sembrava di vedere il campo di battaglia della biancheria. Girai lo sguardo un po’ a destra e un po’ a sinistra – Dunque è qui che dormono e parlano – Non che non avessi mai visto dove dormissero, ma dopo due anni cambiò tutto. Persi come il ricordo della loro stanza. Affisse ad una parete vi erano i volantini con le taglie di ognuno di loro – Egocentrici – Pensai. Non vidi quella di Sanji però, che si vergognasse della sua foto? Gli armadietti posti contro il muro erano di color indaco e si vedeva quanto potessero essere vecchi. Tra i tanti oggetti che vidi, catturarono la mia attenzione tre spade. Quando capii di chi fossero intuii anche che probabilmente doveva trovarsi ancora in camera, non avrebbe mai lasciato le sue spade incustodite. 
Aspettai qualche secondo.
Dei passi. Sentii chiaramente dei passi provenire dalla camera, fissai senza vedere nessuno, il cuore mi batteva all’impazzata e stavo per essere scoperta se non avessi fatto più piano con la porta. Trattenni il sospiro che avevo intenzione di esalare, fu inevitabile in quel momento. La figura maschile di quel ragazzo prestante che la sera prima mi aveva fatta sussultare era intenta ad asciugarsi i capelli. Quell’aitante ragazzo a torso nudo mi lasciò a bocca aperta, si passava uno straccio fra i capelli muovendoli fortemente per asciugarli, il suo corpo era qualcosa che prima d’ora non avevo mai visto. La forma della schiena, così ben muscolata  e le spalle larghe estremamente forti, segno di virilità, donavano una forma perfetta anche alla sua vita stretta, non riuscii a non guardare come quegl’addominali regnavano su quel corpo così perfetto. Fu immediata la vista di due righe, se così si possono chiamare, che scendevano fin sotto i pantaloni creando una sorta di ‘v’. 
- Si chiamano addominali Nami! – Non era certo la prima volta che vedevo degli addominali, ma qualcosa in lui aveva catturato la mia attenzione. 
Vedevo le goccioline intrappolate tra i suoi capelli verdi, i suoi occhi chiusi e ancora assonnati forse non lo aiutavano molto in quel momento. Lo vedevo appisolarsi per poi scuotere la testa e ritornare a massaggiarsi il capo con lo straccio. Mi lasciai scappare un ghigno divertito, quando guardai verso di lui di nuovo mi accorsi che la sua attenzione era spostata verso di me e che molto probabilmente nell’arco di nemmeno un secondo me lo sarei ritrovato davanti. Rimasi abbagliata, prima era di profilo e nonostante fosse messo in quella posizione notai ogni piccola sfaccettatura del suo fisico. Ma ora, ora era davanti a me, e lui era bellissimo.
Chiusi subito la porta e corsi su per le scale il più in fretta possibile. Quando il sole picchiò sul mio viso capii che era sul ponte, lontana da lui.
“Nami, che fine avevi fatto?” La voce squillante e pronta di Rufy mi riportò con i piedi per terra.
Balbettai qualcosa e poi parlai “Ero a letto. Robin non mi ha svegliata”.
“Preparati perché stiamo per attraccare su quell’isola laggiù!” Indicò in direzione della polena una piccola isoletta, non era molto grande me forse ci sarebbe servita per cercare qualcosa di speciale. “La rotta per l’isola degli uomini pesce è dura da affrontare e non abbiamo né cibo né acqua a sufficienza per poter sostenere un viaggio così lungo.” Concluse. Cibo e acqua, ecco svelata l’utilità di quell’isola.
“Fra quanto dovremmo arrivare?” Domandai. 
“Secondo Franky, nemmeno un’ora!” Rispose. Saltò verso di me e in men che non si dica lo ritrovai al mio fianco, il suo solito cappello di paglia si muoveva spinto dalla forza del vento, lo teneva saldo con una mano mentre l’altra si appoggiava alla vita. Dopotutto quello era il suo tesoro, e non avrebbe permesso a nessuno di portarglielo via. 
I capelli cinerei danzavano nel vento assieme alla casacca rosso che lasciava scoperto il torso. Chopper e Usopp erano come incantati dalle onde del mare, erano seduti sopra una delle assi di legno e contemplavano il dolce mare che da tempo gli era mancato. Brook stuzzicava le corde della sua chitarra aggiungendosi al rumore delle onde che impetuose si infrangevano lungo tutta la nave. Era un momento rasserenante, quasi familiare.
Sentii il rumore della porta aprirsi dietro di me. “Zoro! Buongiorno, hai fatto tardi anche tu oggi vedo!” Esclamò Rufy girandosi di scatto verso l’amico. 
“Perché? Di solito non è Nami l’ultima ad alzarsi?” Esclamò appoggiandosi allo stipite della porta.
- Rufy ti prego. Taci non dir niente. – Pensai stringendo i pugni. 
“Nami è salita qualche secondo prima che tu arrivassi.” Esclamò ridendo. Prima o poi l’avrei certamente buttato a mare. Ammutinamento al capitano, tradimento verso la ciurma, ogni cosa mi sarebbe andata bene. 
Mi voltai cercando lo sguardo di Zoro, un lieve sorriso percorse il suo viso, inarcò un sopracciglio e con una leggera spinta si  staccò dallo stipite avvicinandosi. Percorse quei pochi metri in un attimo, non me ne accorsi nemmeno, la sua presenza costeggiava la mia.
“Sicuramente deve essersi trattato di un buon risveglio il tuo.” Esclamò con tono provocante.
“Cosa te lo fa credere?” Risposta secca, concisa e ad’effetto. Vediamo se ora avesse avuto da ridire.
“Sai…Se fossi rimasta per qualche altro secondo mi avresti visto completamente…”
“Zitto!” Alzai il dito puntandolo in aria come intermediario tra me e lui. “Non un’altra parola!” Scandii bene quelle parole affinché capisse quanto potesse essere imbarazzante per me parlare del fatto che l’avessi spiato, e quanto mi importasse che gli altri non lo sapessero. Era palese il fatto che avesse capito che fossi stata io a spiarlo.
Mentre si accingeva verso la polena, Zoro mi rivolse una piccola occhiata, mi osservò da capo a piedi senza distogliere lo sguardo. Quando si rigirò era già arrivato verso il timone della nave.
Tirai un sospiro di sollievo incamminandomi verso l’altalena dove era solita stare Robin. La ritrovai ferma con un libro in mano e l’attenzione completamente incentrata sul libro.
“Ehi Robin. Perché non mi hai svegliata?” Ruppi la concentrazione di quel momento, Robin mi rivolse un flebile sorriso. “Dormivi così beatamente!” Rispose. Come si poteva pensare di poter essere in collera con una donna così? Robin era come una sorella, l’unica che su quella nave ascoltava i miei problemi e i miei pensieri come solo una ragazza sapeva fare. Mi sedetti sull’altalena a fianco. 
“Come mai ieri hai fatto tardi?” Mi domandò senza nemmeno staccare lo sguardo dal libro.
“C-come?” Balbettai ansiosa. E subito mi morsi il labbro.
“Ieri sei uscita nel bel mezzo della notte e sei tornata dopo un bel po’ che eri fuori.” Sfogliò una pagina del libro.
“Ero andata a vedere le stelle. Era da tanto che non le guardavo.” Risposi aggrappandomi alle catene dell’altalena.
“Capisco. Ti sei schiarita le idee? Sembravi agitata ieri notte.” Esclamò chiudendo il libro e riportando lo sguardo su di me. 
Accennai un ‘sì’ con la testa rivolgendo lo sguardo a terra. Non potevo certo raccontarle di Zoro e men che meno della nostra conversazione. 
Mi dondolai leggermente spingendomi con i piedi, ogni movimento che facevo mi rievocava lui. Il suo profumo, i suoi capelli, le sue mani e il suo respiro. In quel momento mi accorsi che qualcosa sarebbe cambiato da quel momento in poi.
Rimasi a parlare con Robin per una buona mezz’ora. Parlammo di quanto ci fosse mancata la vita sulla nave, di come tutto fosse cambiato e del fatto che anche le cose più banali, una volta lontane, ci facessero ridere. Risi, come da tempo non mi capitava di ridere, Robin era la miglior compagna che si potesse avere. Era disponibile ed estremamente amichevole.
Si alzò per andare a vedere quanto mancasse per l’isola e inevitabilmente mi accorsi di come non solo io, ma anche lei fosse cambiata. I capelli lisci e neri le donavano un’aria misteriosa e agghiacciante, i suoi occhi colorati della stessa intensità del ghiaccio erano qualcosa di magnifico. 
Il colletto del corsetto blu leggermente scollato risaltava il colore dei suoi occhi, la pancia piatta e i fianchi stretti le donavano le sembianze di una dea. 
Si appoggiò alla balaustra sospirando, non avevo ancora avuto modo di chiederle dove avesse passato quei due anni di separazione. Il suo sguardo era sereno e rilassato, fisso sulle onde del mare. Le avrei posto la domanda in un altro momento.
Quando le coste dell’isola divennero sempre più definite e solo quando fu possibile attraccare, Rufy ci chiamò all’ordine sul ponte.
“Abbiamo bisogno di provviste, molte provviste. Il viaggio sarà uno dei più duri da affrontare, per questo motivo abbiamo bisogno di tutto l’occorrente. Armi, cibi, bevande e medicine. Questo è ciò che ci serve!” Esclamò una volta che Franky diede l’approvazione per poter scendere. “Ci divideremo in gruppi di due persone. Franky rimarrà a difesa della nave. Robin e Chopper faranno scorta di medicine, Brook e Usopp si occuperanno delle armi, Nami e Zoro delle bevande ed infine io e Sanji del cibo. La partenza è prevista nel momento in cui ogni membro è sulla nave, se ci dovessero essere dei problemi ricordate che la priorità è quella di fare rifornimento, per cui, non rispondete al fuoco con il fuoco e tornate alla nave in ogni caso. Sono stato abbastanza chiaro?” Esclamò serio. 
- Io e Zoro. Cos’è? Uno scherzo? – Non era possibile che mi avessero accoppiata a Zoro! Era assurdo dopo tutto quello che era successo poter pensare di passare un’intera giornata con lui alla ricerca di bevande, di qualunque genere esse si trattassero. 
Scesi dalla nave ci dividemmo come Rufy aveva prestabilito, ci incamminammo verso Nord cercando di arrivare il prima possibile al primo villaggio dell’isola. 
Zoro con passo repentino lasciava sempre tra me e lui almeno tre metri di distanza, lo seguivo da dietro mentre cercavo in tutti i modi un possibile argomento di cui poter parlare. Si sentiva soltanto il rumore dei passi contro il suolo, niente più. Non una parola. La situazione era imbarazzante e scomoda, non mi era mai capitato di non riuscire a parlare con un membro della mia stessa ciurma. 
Solo dopo un’ora di cammino iniziammo a scorgere le prime forme di abitazione, si trattava di un paese non particolarmente prosperoso, ma abbastanza ricco per le esigenze che chiedevamo.
Le strade brulicavano di vita, il brusio della gente che parlava e le urla dei bambini che giocavano per strada rendevano ancora più allegra quella cittadella. 
Quando il verde si fermò andai a sbattere contro la sua schiena. Arrossii abbassando lo sguardo, non guardai verso di lui per paura della sua reazione, sentii un ghigno soffocato farsi spazio sulle sue labbra. 
Entrammo in una locanda, abbastanza grande da poter contenere un centinaio di pirati circa. 
“Voi siete della ciurma di Cappello di Paglia!” Esclamò l’uomo dietro il bancone lasciandosi cadere il boccale di birra dalle mani. Tutti i presenti nella sala si girarono, non avevo mai avuto così tanti occhi puntati addosso, Zoro sembrava tranquillo, quasi spavaldo. Cercai in qualche modo di emulare il suo comportamento, se per qualche ragione fossi stata un peso per lui non me lo sarei mai perdonata. 
“Quanto riconoscimento…Ci servono delle bevande, nulla di più.” Il verde si avvicinò al bancone rallentando il passo. 
Ogni persona presente in sala si girava a parlare o sussurrare qualcosa. Hai visto? Sono ancora vivi. Tutti quanti. Guarda, quello è Zoro il cacciatore di pirati. La sua taglia è così alta da poter rientrare nelle supernove. 
Il loro brusio era sempre più insistente. I calici venivano buttati a terra e la gente senza farsi troppo notare usciva di soppiatto. Possibile che facesse così tanta paura? 
“Di un po’, hai da bere?” Domandò il pirata appoggiandosi al bancone.
“C-certo. Cosa volete? Cento, duecento boccali. Posso darvene quanti ve ne servono!” 
“Calmati amico. Veniamo in pace.” Gesticolò qualcosa con la mano sorridendo verso il proprietario della locanda. 
Passammo ancora un’intera ora per poter prendere tutto quello di cui avevamo bisogno e andarcene per ritornare alla nave. 
Non ci volle molto per capire che qualcosa era cambiato nel villaggio. Gli abitanti si rinchiusero nelle case lasciando le strade completamente deserte, ogni locanda si chiudeva dopo il nostro passaggio e ogni bambino veniva portato via.
“Qualcosa non va?” Domandò Zoro voltandosi completamente verso di me.
“Non hai come l’impressione che ci sia qualcosa che non vada?” Risposi. Guardai da una parte all’altra della cittadella cercando di scrutare il minimo movimento strano, ma nulla. Era completamente deserta.
“Muoviamoci ad arrivare alla nave. Gli altri saranno già arrivati!” Concluse continuando a camminare.
Camminammo nella direzione opposta dalla quale eravamo venuti, Zoro capeggiava la spedizione e io, come al solito lo seguivo. 
La lieve e dolce brezza di mare che si iniziava a sentire mi fece capire che eravamo quasi arrivati, i passi erano sempre più pesanti e la voglia di ritornare sulla nave si faceva sentire. 
Attraversammo il melo che prima avevo visto e segnato come punto di riferimento, era il segno che non ci eravamo persi come di solito succedeva se si seguiva Zoro. Le fronde degli alberi si muovevano intonando un fruscio quasi sensuale e soporifero. Era una delizia stare a guardare la natura terrena così da vicino.
La figura imponente e mascolina del pirata si fermò tutto d’un tratto. Portò un braccio davanti al mio bacino facendomi segno di fermarmi. La sua mano corse lungo la fodera della spada, c’era per ragione di cose qualcosa che non andava se Zoro decideva di ricorrere all’attacco con le spade.
Estrassi le tre parti del Clima Sansekutson in attesa di capire cosa non andasse. La mia risposta arrivò assieme ad una freccia scagliata da dietro un cespuglio.
Uscirono cinque uomini, tutti marines, armati di spade e frecce. 
“Bene bene vediamo chi abbiamo qui.” Un sesto uomo si fece avanti avanzando sugli altri, doveva trattarsi di qualche comandante mandato apposta dalla Marina, ma come facevano a sapere che eravamo attraccati su quell’isola?
“Il grande cacciatore di pirati Zoro e la bella piratessa Nami. Che gran giorno per la marina!” Esclamò battendo le mani l’uomo al comando. “E’ un peccato che non possiate salutare i vostri compagni. Chissà, magari vi ritroverete nella stessa cella un giorno. Prendeteli!” L’urlò fu il segnale d’inizio per lo scontro. 
Tre uomini con le spade alle mani iniziarono la loro furiosa corsa verso di me, schivai il primo fendente, il secondo arrivò subito dopo pochi secondi e riuscii a bloccarlo miracolosamente usando una delle tre parti del Clima, il terzo uomo essendo libero colse l’occasione e sfrecciando verso di me si preparò a sferrare il colpo. Chiusi gli occhi, sentii quasi come un soffio caldo sfiorarmi il collo. Quando riaprii gli occhi vidi del sangue colarmi lungo il petto, la lama affilata del pugnale mi aveva tagliata, non era andata in profondità ma aveva comunque toccato e lacerato parte della pelle. Guardai il marines davanti a me e capii per quale motivo non era riuscito a ferirmi più duramente. Una spada nera lo trapassava da parte a parte lasciandolo inerme e solo di fronte al suo destino.
“E’ una donna. Come ti è venuto in mente di colpirla?” Esclamò avvicinandosi all’orecchio del marines. Estrasse la spada lasciando cadere il corpo dell’uomo al suolo. 
Presi tra le mani il Clima puntandolo nella direzione dei miei avversari. “Black Ball: Thundercloud Rod!” Una nuvola nera come la pece uscii dal bastone, la utilizzai come lazzo e ogni volta che entrava in contatto con la carne viva di uno dei pirati questa rilasciava una potente scarica elettrica così forte da essere mortale. Il mio piano aveva funzionato, era bastato che si avvicinassero tutti e tre abbastanza da poterli attaccare, il potere di quell’attacco aveva un raggio minimo e andava sfruttato. Certo mi era costato un taglio lungo il collo, ma in quel modo tre marines erano fuori combattimento. 
Alzai lo sguardo verso Zoro, lui mi sorrise. Misi a posto il Clima e guardai nuovamente verso gli altri marines restanti. Era rimasto solo il comandante, a terra, tremante di paura. Non passò molto che questi si alzò pronto a correre verso la salvezza.
Zoro si avvicinò a me per poi abbassarsi su di me con aria interrogativa.
“Smettila di fissarmi così, sto bene. Non è nulla!” Esclamai rivolgendo lo sguardo altrove. Poggiai una mano sul collo, il sangue non smetteva di fluire. 
Il pirata avvicinò le sue dita sul mio collo, il suo tocco delicato mi fece capire quanto gli facesse paura toccarmi la ferita. Tremava. Come poteva tremare? 
“Forza torniamo alla nave!” Esortò lui alzandosi velocemente. Feci leva sulle gambe per alzarmi, ma qualcosa non funzionò, mi mancarono le forze e inevitabilmente caddi a terra.
Zoro urlò il mio nome avvicinandosi immediatamente. Subito mi si presentò l’idea che quel pugnale potesse essere avvelenato. 
“Controlla il pugnale!” Dissi bloccandomi con una mano la ferita sul collo.
“Sono sporchi. Dannazione! Erano intrisi di veleno!” Imprecò scagliando contro un albero il pugnale. 
Mi sentii sollevare da terra. In men che non si dica mi ritrovai abbracciata a lui come fossi un koala. Le sue braccia mi sostenevano da sotto e il suo viso era praticamente distanziato di poco dal mio. Il suo respiro era sempre più provocante, azionava in me un qualcosa di mai provato prima. Incrociai le braccia dietro la sua testa sospirando affannosamente a causa della ferita.
Le sue labbra si appoggiarono al mio collo con delicatezza, lo sentii succhiare sulla ferita e questo provocò in me un brivido così irrefrenabile da farmi accapponare la pelle.
“Z-zoro…” Esclamai balbettando.
Staccò le labbra lievemente. “Non ti sto facendo del male, sto cercando di succhiare via il veleno.” La sua voce calda e armoniosa mi tranquillizzò, appoggiò le labbra e riprese nel suo intento. 
Ebbi un sussulto quando sentii la sua lingua giocherellare sulla mia pelle. “Non ti agitare Nami. Non mordo.” Esclamò stringendomi a sé. “Non ancora.” Aggiunse una volta avvicinatosi all’orecchio. 

Era ormai il tramonto e nonostante mi sentissi meglio e in grado di poter camminare da sola, Zoro non volle sentire scuse. Mi prese sulle spalle e si incamminò verso la nave oramai ben visibile. I suoi capelli erano morbidi e il loro profumo era inebriante come pochi. Incrociai le braccia al collo e la stretta delle sue braccia si fece sentire sulle mie gambe. Il colore aranciato del mare e il sole quasi tramontato erano tutto ciò che di più dolce si poteva vedere. 
Passo dopo passo ci avvicinavamo sempre di più alla nave. 
“Mi piacciono le tue dita.” Esclamò rompendo il silenzio che si era creato. 
“G-grazie!” Non potevo credere alla mie orecchie, non lo vedevo in viso ma se lo avessi visto sarei stata sicura del suo visibile rossore. Rimasi piacevolmente lusingata dal suo complimento. Per ringraziarlo del complimento iniziai a disegnare, con la punta delle dita, dei piccoli cerchi sul suo petto. Lo sentii ridere debolmente. 
“Ci sono altre cose che mi piacciono…” Esclamò voltando la testa verso di me. Mi ritrovai a pochi centimetri dalle sue labbra. I nostri sguardi di incrociarono quasi se fossero magnetizzati. 
“Se te le dicessi, non credo che poi riuscirei a fermarmi.” Concluse voltandosi e continuando a camminare. Sentii spontaneo il bisogno di stringerlo a me, desiderando che non se ne andasse, che potesse dirmi quelle cose ogni giorno, ogni qualvolta ne avessi bisogno. 

- Nami, sai cosa significa vero?- Domandò la mia vocina interiore. La ignorai, quel momento era così bello che nemmeno lei lo avrebbe potuto rovinare.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 'Ho bisogno di te! ***


Consiglio a tutti di leggere la scena in cui Zoro si trova da solo sul ponte della nave avendo come sottonfondo questa canzone 'Talking to the moon-Bruno Mars'. Buona lettura ;)



Aprii debolmente gli occhi, fu immediata la sensazione di vertigine che in un attimo mi avvolse facendomi richiudere gli occhi. Le flebili voci che sentivo parevano così distaccate, tanto da farmi credere di essere distante anni luce dal momento che stavo vivendo. L'improvviso calore e i battiti accellerati del mio cuore mi fecero sobbalzare alla mente una possibile idea che se si fosse realizzata non sarebbe stata per nulla piacevole. 
Il respiro affannoso e la gola completamente secca erano due dei tanti altri sintomi che stavo percependo in quel momento. Zoro si fermò, le sue braccia sostenevano le mie cosce mentre il mio corpo era completamente appoggiato alla sua schiena. Quelle voci che prima percepivo solo come un debole brusio ora erano più insistenti, più vicine. 
Le riconobbi, erano quelle dei miei compagni. Sentii il mio capitano, sempre così solare e determino spegnersi in un momento, la sua voce era preoccupata e ansiosa più quanto non lo fossero gli altri. 
Le braccia di Zoro strinsero di più la presa sulle mie cosce. Probabilmente era fra tutti, quello più preoccupato. La mano di Robin mi sfiorò delicatamente il viso adagiato sulla spalla. Qualche istante dopo ebbi la conferma al mio pensiero: avevo la febbre. 
Chopper corse verso l'infermieria. Ecco che ci muovevamo ancora, Zoro seguì la piccola renna senza fiatare o fare domande. Riuscivo a percepire il suo cuore attraverso la schiena. Quanto avrei voluto rassicurarlo dicendogli che non aveva motivo di preoccuparsi!
"Nami! Che le è successo?" Una voce, la più alta fra le tante. La riconobbi subito, era quella di Sanji. "Ti ho chiesto di dirmi cosa le è successo!" Urlò il biondo. La sua voce preoccupata non faceva altro che aumentare la preoccupazione generale di tutti. Quando Zoro mi adagiò sulla brada dell'infermeria, lo fece con molta delicatezza, come un padre che poggia dolcemente la propria piccola fra le coperte timoroso che questa si possa svegliare. 
Passarono pochi secondi e calò immediatamente il silenzio nella stanza, ero rimasta sola? - Vi prego, dovete rimanere con me! - Pensai, di colpo mi accorsi di come il mio pensiero non riusciva a trasformarsi in parola. Ero bloccata, mi sforzai di parlare ma un dolore lancinante al collo mi bloccò costringendomi a smettere. 
"Nami ferma! Non devi assolutamente sforzarti, non ti conviene in questo momento." Esclamò la piccola renna, Volevo delle spiegazioni e oltre a lui nessuno poteva darmene. 
Sentii la sua piccola zampa tastare all'altezza del collo, mentre con i suoi occhi cercava di scrutare se vi fossero altri problemi generale. Più secondi passava tenendo premuta la ferita e più mi sembrava di indebolirmi. Ancora quella sensazione di vertigine, ecco che sento ancora tremare tutto quanto intorno a me. Ero così spaventata e debole che i miei movimenti erano completamente deboli.
- Nami...Stai...- Ancora lei, oramai era diventata un clichè. Chissà se però aveva ragione questa volta. Non ci pensai nemmeno, non poteva finire così. Io non potevo finire così!
La piccola renna chiamò il mio nome ancora per qualche volta, poi il vuoto. Il silenzio di tomba. Nulla più.
                                                                                            'Vorrei...Vorrei solo poter rivedere il suo viso. Per un'ultima volta.'



Il rossore del tramonto era ormai sparito e l'oceano blu si dipingeva di nero con piccole striature argentate sulla sua superficie. Lo spadaccino percorse lentamente la distanza che aveva tra sè e la polena della Sunny. Chopper lo aveva detto prima, in sala da pranzo, ed era stato molto chiaro.

"Ha perso completamente i sensi quando la stavo controllando per capire se ci fossero altri problemi e..." Esclamò Chopper stringendo fra le mani una piccola garza con del sangue al di sopra.
"Che cosa ha Chopper? E' inutile che ci giriamo intorno, abbiamo visto tutti cosa ha sul collo!" Sanji interruppe il discorso di Chopper picchiando un pugno secco e duro sul tavolo al centro della stanza, la rabbia che gli circolava nelle vene sarebbe scaturita in pochi secondi se la piccola renna non gli avesse detto cosa non andasse. 
Qualche minuti di silenzio placò inesorabile fra i componenti della ciurma.
"Nonostante la ferita non sia così grande e profonda ciò che è grave è un'altra cosa. Nami è stata colpita al collo e in quel punto del corpo è facile che il veleno circoli in maniera più veloce rispetto ad altri punti." La piccola renna si sedette su una delle sedie del tavolo, aveva tutti davanti a sé, ognuno dei pirati lo guardava preoccupato e inerme di fronte a quella situazione. "Non fraintendetemi, il veleno è stato completamente rimosso ma..." Inspirò un lungo respiro chiudendo gli occhi per un secondo. 
"Chopper..." Usopp lo esortò nel continuare il suo discorso.
"Non si sveglia. Dovrebbe già essersi svegliata dopo tutte quelle medicine e quelle cure. Dopotutto, quando nel tuo corpo agisce un veleno e questo viene eliminato, le tue funzioni vitali riprendono come prima, debolmente certo ma, riprendono in ogni caso." Esclamò frettolosamente. "Se non si sveglierà entro il giorno...C'è la possibilità che non resista." Il silenzio che calò tra i pirati fu come un fulmine a ciel sereno. "E io non posso fare nulla." Nessuno si sarebbe aspettato quell'esito.
Robin si passò le mani tra i capelli adagiando la testa sul tavolo. Un piccolo singhiozzo interruppe quell'infinito momento di sconvolgimento che si era dipinto sul viso di tutti. Rufy uscì senza dire una parola, la porta sbattè così forte da far tremare ogni cosa affissa alla parete. Franky si avvicinò a Robin poggiandole una mano sulla spalla, il suo sguardo era cupo e nessuna battuta lo avrebbe potuto far ridere o distrarre. 
L'espressione assente e completamente assorta di Sanji era il preludio di qualcosa che si sarebbe trasformato in rabbia incontrollabile. Usopp cadde a terra, la testa fra le ginocchia, le lacrime sul viso e i singhiozzi stroncati in gola erano tutto ciò che riusciva ad esternare in quel momento.
Tra tutti quanti, Zoro era quello che non disse nulla. Rimase impassibile.
"Come riesci a rimanere così calmo in un momento come questo?" La frecciata veloce di Sanji colpì in pieno lo spadaccino che per tutto il tempo era rimasto seduto al tavolo senza nemmeno dire una parola.
"Cosa dovrei fare? Stare qui a piangere non la riporterà fra noi." Fu inevitabile e violento il modo in cui Sanji prese Zoro per la maglia sbattendolo contro il muro.
"Ti ascolti quando parli? Hai una minima idea di cosa hai detto? Nami è stesa su un letto e non siamo sicuri che ce la possa fare... E tu non mostri neanche questa volta un briciolo di umanità!" Gli occhi del biondo erano infuocati, le striature rosse ai lati delle iridi erano evidenti e molto probabilmente di lì a poco sarebbe scoppiato in un pianto irrefrenabile. La stretta era così forte da impedire il movimento dello spadaccino. Le mani di Sanji tremavano, la rabbia che conteneva era al massimo.
"Levati!" Una sola ed unica parola, il tono della sua voce era cambiata improvvisamente. Era rude e sembrava piena di altrettanta rabbia
Sanji lasciò la presa, si sistemò la cravatta marroncina e si allontanò leggermente. "Non meriti nemmeno il tempo che sto sprecando per te ora." 
La figura longilinea del cuoco si avvicinò alla porta della sala, quando la richiuse sparì completamente.


Zoro si spogliò delle spade, le lasciò cadere a terra come se fossero l'ultima cosa di cui avesse bisogno in quel momento. La luna piena e argentata era fissa nel cielo, così grande e luminosa da poter abbagliare la notte rendendola un po' meno triste e paurosa. 
Rimase in piedi con le braccia lungo i fianchi. Deglutì un groppo che forse avrebbe tanto voluto liberare. 
"Non ho mai creduto che potesse esistere nessuno sopra gli uomini, né Dei né forze superiori né mistiche leggende o tanto meno anime buone, non ci credo nemmeno adesso..." La voce rotta in gola rendeva difficile esporre il proprio pensiero. Lo sguardo fisso verso la luna e il desiderio incontrollabile di sfogarsi "Ma se davvero esiste qualcuno lassù nell'universo, chiunque esso sia, deve ascoltarmi ora!" Abbassò lo sguardo serrando gli occhi per qualche istante, un piccolo singhiozzo scappò dalla morsa che con la bocca teneva serrata. Alzò di nuovo lo sguardo alla luna. "Non portarmela via. Voglio che i suoi occhi riprendano a guardarmi come faceva prima, voglio che i suoi capelli possano ancora ballare trasportati dal vento, voglio el sue mani delicate sopra il mio viso. Non puoi portarmela via! Non ne hai il diritto, nessuno dovrebbe avere il diritto di portare via la nostra parte migliore!" Le ginocchia a terra e due strisce calde lungo il viso, gli occhi completamente arrossati pulsavano di dolore e tristezza. "Non puoi portarmi via la mia parte migliore. Non ora che l'ho trovata!" 
I singhiozzi straziati dello spadaccino presero il sopravvento, lasciandolo inerme davanti a quella situazione che non poteva e non sapeva gestire. Solo in quel momento capì il senso di ogni cosa. L'uomo era ritenuto tale al mondo perchè capace di provare il sentimento del bisogno. Fu proprio lì, in quell'attimo di disperazione che comprese quanto avesse bisogno di lei. 
Appoggiò la fronte a terra mentre con i pugni picchiava violenti e ripetuti pugni contro le assi di legno, la bocca spalancata lasciava trapelare solamente singhiozzi mozzati in gola e sospiri affannosi, era allo stremo. Le fitte alle tempie non accennavano a placarsi, la testa pulsava di un dolore incontrollabile. Il pianto irrefrenabile lo aveva ridotto ad uno straccio. 
Colpo dopo colpo le assi prendevano sempre di più la forma del suo pugno. Una piccola infossatura, ecco cosa avrebbe causato se fosse andato avanti in questo modo. 
Si bloccò un istante. La brezza lieve gli solleticava le ciocche di capelli verdi mandandone parte a coprire gli occhi. Un respiro affannoso espirato fino all'ultimo. 
"Resta con me." Sussurrò mentre le lacrime cadevano lente lungo il viso per poi infrangersi sul legno. 
La luna brillava, Zoro alzò il volto e in men che non si dica il suo viso venne illuminato da quella luce pallida ma viva che rischiarava l'intero oceano. Chiuse gli occhi come se volesse ascoltare, come se qualcuno o qualcosa vicino a lui gli stesse parlando. Quando li riaprì fissò la luna per qualche secondo. 
Fece leva su una gamba, poi sull'altra. Era in piedi, lo sguardo cupo e le lacrime agli occhi. Si incamminò verso l'interno della nave, ogni passo che faceva racchiudeva una paura, un dolore che non riusciva a controllare. 
L'andatura prima lenta e poi improvvisamente veloce lo aveva già portato ad essere tra i corridoi della nave, correva, sentiva il fiato morirgli in gola ma qualcosa di più importante lo spingeva ad andare avanti. Incontrò ametà del corridoio principale il suo capitano, Rufy. I loro sguardi si inchiodarono per qualche secondo. Non furono necessarie parole o gesti, Rufy capì. Fece spazio allo spadaccino che come nulla passò oltre.
Girò l'angolo, sentiva i battiti del cuore accelerare sempre di più, gli sembrava impossibile ciò che stava vivendo. Non aveva mai avuto così a cuore la vita di nessuno prima d'ora.
Diminuì l'andatura nel momento in cui si ritrovò vicino all'entrata della stanza designata. Quando vi fu davanti era già completamente immobile. Avvicinò la mano alla maniglia. Tremava, ed era evidente quanto fosse impaziente di poter entrare e desideroso di vederla.
Aprì lentamente la porta lasciandola poi richiusa alle sue spalle.
Una sola candela illuminava tutta la stanza, le lunzuola erano macchiate a tratti di sangue e lei era lì distesa, ed era bellissima. L'odore sterile degli attrezzi medici impregnava l'aria e quella sensazione fece stare ancora di più male lo spadaccino. La finestra sulla pareta dava la miglior visuale che si potesse desiderare, l'oceano si era placato, non vi era l'ombra nemmeno di un'onda... 
Si avvicinò alla branda, si chinò appoggiando le ginocchi a terra. Era ai piedi del letto e la guardava, fissava ogni sua parte del corpo. La mano dello spadaccino corse inevitabilmente verso quella della ragazza. Strinse forte la sua mano portandola lungo il suo viso, lasciando una tenera scia di baci sul dorso della mano. Le lacrime cominciarono a scendere nuovamente. 
"Ho bisogno di te." Esclamò poggiando la testa sul lenzuolo, la sua voce era improvvisamente diventata lieve, mozzata. Il lenzuolo si bagnò delle sue lacrime.
I singhiozzi lamentosi diminuirono sempre più, gli occhi si chiusero noscondendo le sue iridi colorate. Sprofondò nel sonno più tormentato e profondo di tutta la sua vita.


Vidi tutto d'un tratto una luce in fondo alle tenebre che fino a poco tempo fa mi avevano assalita. Era sempre più forte, sempre più calda. Qualcosa o qualcuno mi chiamava chiedendomi di tornare.
Quel piccolo spiraglio di luce divenne sempre più grande, le figure attorno a me divennero sempre più nitide e la percezione che avevo di quel momento crebbe, facendomi capire dove fossi e cosa fosse accaduto. Le pareti violacee della stanza, l'odore di medicinali e tutti gli attrezzi medici mi rischirirono la memoria. Ero nell'infermeria, l'ultimo ricordo è quello della piccola renna Chopper intenta ad aiutarmi. Poi il buio. 
Guardai da una parte all'altra della stanza tentando di non sforzare la vista, non ebbi bisogno di guardare molto in giro. La cosa più strana l'avevo a pochi centimetri da me. 
I capelli verdi cadevano lungo il lenzuolo, i suoi occhi serrati lasciavano trapelare qualche piccola goccia rimasta intrappolata fra le ciglia. Zoro era accanto a me, la sua testa era adagiata sul mio bacino, e la sua mano stringeva la mia. Era incredibilmente grande e forte che ogni paura e timore sparivano. Avvertii una piacevole sensazione di sicurezza. Cercai di muovere leggermente le dita intrappolate all'interno della sua mano, sentii la sua mano stringere ancora più forte la mia mano. Non lasciava la presa. 
Sfruttai quel momento, mossi un braccio in direzione della sua testa. I dolori erano lancinanti, mi invadevano completamente. Appoggiai la mano sui suoi capelli e immediatamente riscoprii quella sensazione di morbidezza che tempo fa avevo scoperto nello sfiorargli i capelli. Erano soffici ed estremamente lisci. Giocherellai dolcemente con le ciocche dei suoi capelli, li arricciavo e stringevo per poi rilasciarli. Gli massaggiai la cute con dei piccoli movimenti circolari, susseguiti da delle vere e proprie carezze. Si mosse leggermente sospirando. Rimasi a fissare quella bellissima scena che mi si proponeva davanti, il grande e potente Zoro era diventato un cucciolo, dormiva sonni beati. Sembrava che la preoccupazione sul suo viso fosse svanita, tutta la sua forza e tutte le sue barriere venivano sconfitte di fronte al grande Morfeo.
- Avrà passato qui tutta la notte? - Domandò quella persistente vocina interiore. Non avevo una risposta, non ricordavo nulla oltre a Chopper, non avrei saputo quindi dare una risposta.
Avvertii un piccolo movimento, puntai lo sguardo sui suoi occhi che magicamente si aprirono lasciando trapelare il colore di quelle magnifiche iridi. La stanchezza e la sonnolenza non ancora smaltite lo confusero per qualche secondo, quando il suo sguardo incrociò il mio, cambiò completamente. Si rizzò sull'attenti, gli occhi spalancati ed estremamente arrossati inchiodarono i miei.
"Buongiorno!" Esclamai tendando di improvvisare un sorriso. Perchè mi guardava in quel modo? 
"T-ti sei svegliata..." Balbettò sfregandosi gli occhi. 
Sorrisi nuovamente, il suo sguardo cambiò. Intravidi un po' di rabbia e paura nei suoi occhi. Bloccai l'automatico impulso di sorridere, qualcosa non andava. 
Si avvicinò lentamente, mi faceva paura. Chiusi gli occhi ritraendomi. 
Fu inaspettato ma estremamente dolce il modo in cui le sue labbra, delicatamente, si appoggiarono alle mie. Il suo profumo, la sua essenza era un tutt'uno con la mia. In quel tenero e languido bacio sentii tutte le sue paura svanire, il suo dolore si faceva sempre più piccolo davanti a quel bacio. Le sue mani corsero lungo la mia schiena fino a stringere in un pungo i miei capelli, feci lo stesso. Mi alzai leggermente, le fitte lancinanti percorrevano tutto il mio corpo ma in quel momento avevano meno importanza. 
Lo sentii stringere al suo corpo il mio, intrecciai le mie mani tra i suoi capelli. Eravamo diventati un tutt'uno, le nostre lingue danzavano in un vortice di emozioni incredibili. 
Sentivo male in ogni parte del mio corpo ma, in quel momento ciò che mi faceva stare meglio era proprio lì, con me. E non c'era dolore migliore di quello che sentivo in quel momento.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Tempo ***


Inizio con lo scusarmi per l'attesa, ma in questo periodo pare che i miei professori si siano messi d'accordo con il metterci le verifiche e interrogazioni ogni giorno. 

GODETEVI LA STORIA E FATEMI SAPERE COSA NE PENSATE! Baci Mar


Alzai lentamente il viso verso la luce del sole, erano passati due giorni da quando mi ero risvegliata, sentivo ancora una sorta di stanchezza che libera mi circolava tra le ossa. 
Quel dolce tepore caldo che mi dipingeva il viso fece automaticamente scattare un sorriso, l'erba sotto il frutteto della Sunny era così morbida e profumata da poter essere scambiata per un letto naturale. Mossi leggermente le dita attorcigliandole intorno ai piccoli filamenti d'erba. In quei due giorni cambiarono molte cose.
Nel momento in cui mi svegliai non potei fare a meno che osservare la magnifica immagine che mi si proponeva davanti, Zoro era accovacciato sul mio grembo ad occhi chiusi. Ogni volta che rievoco quel ricordo sento il calore farsi strada lungo il mio viso, arrossisco nel momento in cui ripenso a quel bacio. Sorrisi nel pensare all'istante in cui non fummo più solamente 'Nami' e 'Zoro' ma diventammo  'Nami e Zoro', come un qualcosa di unico, di indivisibile.
Le fronde dell'albero mosse dal vento riempivano il silenzio di quel pomeriggio quieto, la navigazione procedeva tranquilla. Non vi era l'ombra di nemici, burrasche o di un qualsiasi pericolo.
Tutto era tranquillo.
Voltai lo sguardo sotto di me, tirai un lungo sospiro quando mi accorsi di quanto bello e dannatamente tenero potesse essere il ragazzo che avevo al di sotto di me. I nostri corpi erano uno sopra l'altro, il mio petto poggiava delicatamente sul suo. 
Una leggera scossa mi pervase arrivando fino al cervello, era una sensazione così bella. Girai la testa guardando all'indietro, le sue braccia stringevano il mio bacino contro il suo quasi come se non volesse lasciarmi andare.
Sorrisi, di nuovo. Sarei rimasta a fissarlo per ore, non mi sarei mai stancata. 
Appoggiai la testa sulla sua spalla, chiudendo per un attimo gli occhi, il suo petto si alzava e abbassava ripetutamente sollevando anche il peso del mio corpo. Sentivo i battiti del suo cuore nel momento in cui accostai l'orecchio al costato.
Mi feci scappare un ghigno divertito ma adeguatamente controllato, la chioma di capelli pescati scivolava via lungo tutta la sua figura fino a toccare con le punte lo strato d'erba verde. 
"Spavaldo, arrogante, testardo ed egocentrico. Ma estremamente dolce e dannatamente bello." Sussurrai con un filo di voce.
Tornai a fissare nuovamente i lineamenti del suo viso, come la cicatrice lo sfregiava da parte a parte o come i capelli cadessero sulla sua fronte spaziosa. Leggermente iniziai ad accarezzargli il torso sentendo quanto scolpito e forte potesse essere il suo corpo anche da rilassato. Era liscio, i polpastrelli giocherellavano su quell'apparente tavola liscia fino a quando non entrarono in contatto con un lungo e definito solco. Spostai lo sguardo su quell'enorme cicatrice che dalla spalla sinistra scendeva lungo il fianco destro e in quel momento mi ricordai del fatale incontro tra Zoro e Mihawk. 
Scorsi il dito lungo la cicatrice sentendo il solco che lievemente lo divideva da parte a parte del corpo. I punti della sutura ricuciti sulla pelle si erano rimarginati,erano infatti passati due anni, ma rimanevano comunque vistosi e presenti su quel giovane corpo. Feci avanti e indietro lungo tutto il solco, ad ogni passata percepivo come una scossa, una sorta di carica emotiva a cui non riuscivo a dare nome. 
Un movimento quasi impercettibile di Zoro mi fece spostare gli occhi verso il suo viso, incontrai il suo sguardo penetrante e cupo che mi fissava.
"Che stai facendo?" Esclamò perplesso con una vena di collera nella voce. Esitai qualche secondo, poi tutto d'un tratto la mia paura scomparve, il movimento che prima interruppi, riprese ancora più dolcemente di prima, facendo di nuovo su e giù lungo la sua cicatrice.
Sospirai rivolgendo un'occhiata veloce prima a lui e poi al torso nudo che avevo al di sotto. 
"Non ho mai potuto sfiorare o toccare con mano la tua cicatrice. Se te lo avessi chiesto, non mi avresti mai dato il permesso." Sussurrai con voce flebile buttandomi con gli occhi nei suoi. 
Avvertì il movimento della sua mano che veloce tentò di coprirsi con la tunica la parte del corpo sfregiata, serrai la sua mano stringendola a terra tra i fili d'erba color smeraldo. "Ti prego, non coprirla!" Esclamai a pochi centimetri di distanza dal suo viso. 
Serrò la mandibola, leggevo in viso la sua rabbia, la potevo sentire mentre lentamente gli ribolliva nelle vene. 
"Perché?" Sputò acidamente lui, incurvando le sopracciglia. 
"Perché è la cosa più bella che io abbia mai visto." Sussurrai debolmente, il cambiamento sul suo viso fu immediato. Rimase incredulo, quasi allibito da quelle parole. "Mi ricorda quanta sofferenza hai provato e quanta determinazione e volontà hai avuto nell'andare avanti. Tu odi la sconfitta, ma è stata proprio quella che ti ha cambiato, sei diventato più forte, non ti sei mai arreso e ancora adesso lotti perché il tuo sogno si realizzi. Hai accettato di perdere, e l'hai fatto con onore, sei andato avanti senza mai fermarti, senza mai gettare la spugna. Ciò che sei lo devi a questa cicatrice, è un marchio indelebile che ti ha cambiato. E' per questo che è la cosa più bella che io abbia mai visto." Esclamai mordendomi il labbro. Sintomo ormai monotono della mia ansia. 
Il suo respiro si fece più rilassato, la mandibola contratta si alleggerì lasciando spazio ad un flebile e malizioso sorriso. 
"Vieni qui." Disse liberando la mano dalla mia stretta, la avvicinò al mio viso per poi arrivare fin dietro alla testa, strinse in una morsa le ciocche pescate di capelli e avvicinò bruscamente il mio viso contro il suo. Un tenero e languido bacio serrò le mie labbra intrappolandole, sentivo il suo sapore, il suo respiro fondersi con il mio. Di nuovo quella sensazione; quell'insana attrazione mi portava a desiderarlo ogni momento di più.
Un calore improvviso mi scosse facendomi muovere lentamente sul suo corpo, mossi i fianchi con leggera calma. Sentivo dentro un'emozione unica, come se in quel momento l'unica cosa che desiderassi al mondo fosse lui. Una mano stringeva i suoi capelli in un pugno, l'altra il lembo della sua tunica verdognola. 
Le gambe intrecciate si muovevano coordinatamente le une tra le altre. Percepivo il desiderio, la passione e la voglia divampare. 
"Nami." Staccò le labbra dolcemente accarezzandomi il viso. Aprii gli occhi sapendo che lo avrei trovato a pochi centimetri con gli occhi fissi nei miei. Qualcosa lo turbava.
Le sue dita scorsero lungo le mie gote fino a quando non si adagiarono completamente alla mia guancia, con il pollice mi disegnava dei piccoli cerchi sulla guancia. Non capivo quale fosse il problema, lui era lì e io con lui. Cosa c'era che non andava?
Inclinai leggermente la testa di lato facendogli notare l'aria perplessa e interrogativa che mi si era dipinta sul viso.
"N-non posso..." Sussurrò continuando ad accarezzarmi il viso. 
"Ma Zoro..." Dissi alzandomi leggermente, ero incredula ma soprattutto preoccupata per l'improvviso cambiamento di Zoro.
"Non continuiamo ciò che stiamo facendo. Ti prego!" Disse appoggiandosi sui gomiti, tirò un lungo sospiro di sollievo che forse avrebbe preferito intrappolare. "Se dovessimo andare oltre, non riuscirei a fermarmi." Continuò abbassando lo sguardo. 
"Non ti sto capendo. Spiegati meglio!" Il tono della mia voce cambiò senza che nemmeno me ne resi conto. mi alzai sedendomi sulle ginocchia, Zoro si appoggiò con la schiena al tronco dell'albero di mandarini, il sole baciava a tratti il suo viso e il vento gli solleticava i capelli. 
Deglutì vistosamente. "Ti desidero Nami, ma ti desidero in un modo così insano che il solo pensiero mi fa impazzire." Si passò una mano tra i capelli. Era nervoso e lo potevo capire dal tono della sua voce.
"Pensi di essere l'unico?" Domandai acidamente stringendo in un pugno dei fili d'erba ormai completamente strappati.
"Mi desideri in un modo diverso Nami! Se ora decidessi di baciarti, di accarezzarti o di toccarti allora non mi riuscirei più a fermare; voglio che tu sia mia! Ma in questo momento non potrei essere lucido, e rischierei solo di rovinare questo bellissimo momento." Parlò molto velocemente, non balbettò, la voce corse così frettolosa da far sembrare ciò che aveva appena detto un'unica e sola frase. 
“Quindi mi stai chiedendo di rinunciare?” Sussurrai impaziente.
“Sciocca! Ti sto chiedendo di aspettare…” La sua mano corse di nuovo lungo le mie guance. Un tenero e morbido sorriso si fece largo sul suo viso. Come poteva essere così bello anche quando mandava a monte i miei piani? Mi morsi il labbro, segno ormai noto della mia ansia incontrollabile.
“Ti prego smettila.” Mi rimproverò passando un dito sulle mie labbra.
“Di fare che?” Domandai con aria perplessa, lasciando andare i fili d’erba tra le mani.
“Di morderti il labbro! Mi viene ancora più voglia di baciarti.” Esclamò con un sorriso malizioso.
Mi rimorsi il labbro con un mezzo sorriso dipinto sul volto, se veramente quel gesto lo avesse portato a baciarmi, allora, d’ora in poi, mi sarei morsa il labbro più volte. Si avvicinò stringendo il mio viso conto il suo schioccando un bacio romantico e passionale sulle labbra.
Ci staccammo per riprendere fiato, appoggiò la sua fronte contro la mia chiudendo gli occhi.
“Credo che potrei abituarmi a morsicarmi il labbro sai?” Dissi facendomi scappare un piccolo ghigno, portai le braccia intorno al suo collo stringendo più che potevo.
“Sciocca.” Disse a bassa voce mentre con le mani mi accarezzava i capelli.
Passammo tutto il pomeriggio su quel prato, parlammo e ridemmo di cose che prima d’ora non avevamo mai preso in considerazione. Sembravamo bambini, felicemente complici di un sentimento che entrambi stavamo provando.
Il tramonto illuminava quell’enorme specchio d’acqua creando migliaia di riflessi dorati che liberi si riversavano nel cielo.
Zoro aveva adagiato la testa sulle mie gambe, gli occhi chiusi, e il respiro rilassato. Non avrei mai smesso di guardarlo, era stupendo. La sua mano cercò per qualche istante la mia, quando la trovò si preoccupò subito di intrappolarla in una morsa stretta.
Con le dita gli accarezzavo le ciocche verdi rese in parte dorate dal sole.
Mi chinai leggermente sul suo orecchio, i tre pendenti brillavano dolcemente rifrangendo la luce del tramonto.
“Aspetterò tutto il tempo di questa vita se necessario, ma sappi solo che...” Sussurrai al suo orecchio.
“Io sono già tua” Appoggiai nuovamente la schiena contro il tronco dell’albero.
La stretta della mano di Zoro crebbe, diede una rapida occhiata al suo viso. Gli occhi ancora chiusi e un dolce sorriso mi fecero capire che non stava dormendo.
-E’ sempre il solito!- Pensò la mia vocina interiore. Non potevo che darle ragione.

 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2464564