Life - Vita

di angelo_nero
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pace nel mondo e pace tra noi ***
Capitolo 2: *** Work and Family ***
Capitolo 3: *** Fever and tail ***
Capitolo 4: *** Alien and human ***
Capitolo 5: *** Never and Forever ***
Capitolo 6: *** Friend and... If it was a girl? ***
Capitolo 7: *** Hobby and... It is a girl! ***
Capitolo 8: *** Baby and nightmare ***
Capitolo 9: *** Holidays and relax ***
Capitolo 10: *** Fun and First friendship ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11: Alcol and sex ***
Capitolo 12: *** End of summer and injustice ***
Capitolo 13: *** Role of parent and little joker ***
Capitolo 14: *** Fun aftermoon and terrible baby-sitter. ***
Capitolo 15: *** Sweetness baby and slice of life ***
Capitolo 16: *** Father and son day ***
Capitolo 17: *** Bitch and new life ***
Capitolo 18: *** a Saturday in June ***
Capitolo 19: *** Vegeta's birthday and best gift ***
Capitolo 20: *** Sister and traditions ***
Capitolo 21: *** Battle and family life ***
Capitolo 22: *** Bra's Birthday ***
Capitolo 23: *** (Mis)Adventure in space - Parte Prima ***
Capitolo 24: *** (Mis)Adventure in space - Parte Seconda ***
Capitolo 25: *** (Mis)Adventure in space - Parte Terza ***
Capitolo 26: *** Mother ***
Capitolo 27: *** Vegeta 'Dad Mode': On ***



Capitolo 1
*** Pace nel mondo e pace tra noi ***


Capitolo 1: Pace nel mondo e pace tra noi

 

Era finita. Finalmente era finita! La minaccia era stata sconfitta e lei poteva finalmente tirare un sospiro di sollievo. L'ansia e la paura le aveva attanagliato l'anima dall'inizio della guerra, tutt'ora aveva un groppo in gola che non l'abbandonava.

Il terrore di vedere nei suoi occhi l'indifferente freddezza che li aveva caratterizzati all'inizio del loro rapporto. Il groppo dalla gola si spostò allo stomaco, chiudendolo, non appena scorse la sua immagine in lontananza.

Si guardava in torno con il solito sguardo corrucciato, perso, forse confuso. Diffidava da alzare lo sguardo per timore di incontrare quello di lei.

Quando si decisero ad alzare gli occhi, i loro sguardi si incatenarono, come ogni volta: lesse nel suo delle mute scuse e tanta, troppa paura per quegli occhi appartenenti a un guerriero che non teme nessuno. A parte se stesso.

Negli occhi di lei, invece, poteva leggere sollievo, amore e.. cos'era quella? Delusione? Era forse delusa dal suo comportamento? Bhe come darle torto, non si era di certo comportato da eroe, almeno non all'inizio.

Dissolse lo sguardo da quegli occhi così profondi e si concentrò sul bambino che gli si era appeso al braccio continuando a saltellare da una parte all'altra, felice di aver ritrovato il padre creduto perso -papà! Papà! Come è andata la battaglia? Avete sconfitto Majin Bu? Lo sai che ti ho sentito quando hai chiesto aiuto a tutti i terrestri? Sei stato fortissimo e..- aveva smesso di ascoltare i vaneggi del bambino per concentrarsi sui suoi pensieri.

E adesso? Cosa ne sarà di loro? Non voleva pensarci. Sembrava tutto troppo irreale, tutto troppo falso per essere reale, tutto troppo stupido per essere vero.

-Sarete stanchi. Per questa notte potete rimanere qui, farò preparare delle stanze da Popo. Per le 21:00 sarà servita la cena. Fate con comodo- Dende sparì nel buio lasciando i due amanti con i loro pensieri, in mezzo a una folla di gente felice.

La ragazza si voltò e si diresse nel lungo corridoio. L'uomo la seguì a distanza con passo svelto -dove vai papà?- chiese il bimbo -aspetta qui Trunks-

 

Camminava per il corridoio avvolto nella penombra del tardo pomeriggio, continuando ad arrovellarsi il cervello su qualcosa di inesistente. D'un tratto una mano forte, seguita da una voce profonda, la fermò -perchè scappi?- abbassò lo sguardo, fissando il pavimento – Era troppo difficile..- disse a bassa voce. -cosa?- chiese l'uomo – Era troppo complicato per te lasciare tutto com'era? Era così brutto per te vivere in quello stato?!- stava pian piano alzando la voce – Cosa stai blaterando, Bulma?- - Certo che era difficile. Noi siamo troppo inferiori a te, troppo stupidi e insignificanti. - si girò di scatto fissandolo negli occhi per un attimo. Poi, spostando lo sguardo continuò – Mi sembrava troppo bello. Lo spietato Vegeta che diventa un padre di famiglia, rinunciando alle vecchie rivalità e alla vita precedente. Invece no. Lui doveva tornare quello di un tempo, lo spietato principe dei saiyan! Perché tutto ciò che la sua famiglia gli offriva non era abbastanza! Perché lui deve essere il migliore in tutto e i sentimenti comuni non lo devono intaccare! Sai che ti dico Vegeta!? Sei solo uno sporco bugiardo! Ci hai illusi tutti, complimenti. Adesso che farai?! Prenderai la prima navicella disponibile e andrai a distruggere pianeti!? È così che mi ringrazi per tutto ciò che ho fatto per te!?- - Adesso basta!- era la prima volta che lo sentiva alzare la voce. Di solito si limitava a parlare con un basso tono di voce, persino quando doveva minacciare la sua voce non aveva raggiunto toni alti. - Sai benissimo che non è vero. Ho dato la vita per voi e lo rifarei altre milioni di volte se fosse necessario. Ho sbagliato a fare ciò che ho fatto, me ne pento amaramente. In quel momento ero solo.. confuso. Ma non mi sono mai pentito di ciò che ho costruito con te. Ti amo, vi amo! Perché dovrei buttare al vento 12 anni della mia vita?- la ragazza strabuzzò gli occhi ormai velati di lacrime. Aveva sentito bene? Le aveva veramente detto di amarla? Si voltò verso l'uomo che la guardava in attesa di una risposta. Milioni di pensieri contrastanti vagavano nelle menti di entrambi, in attesa di una reazione dell'altro.

La mente di Vegeta era quella più colma di pensieri. Si era messo a nudo, le aveva detto tutto! Per quale maledetto motivo indugiava a dargli una risposta!?

I secondi passavano e la risposta continuava a non arrivare, di li a poco sarebbe impazzito.

La ragazza, all'improvviso, gli si buttò addosso stringendolo forte - scusa... io non volevo.. è solo che.. tu eri così freddo e io... avevo paura che tutto si fosse distrutto... mi dispiace!- non voleva piangere, almeno non come una disperata isterica! Ma quando lui la strinse a sé le lacrime cominciarono a scendere incontrollate sulle sue guance.

Non poteva immaginare ciò che lei aveva provato in quegli attimi: l'ansia e la disperazione erano state sue compagne per tutta quella stramaledetta settimana*! Ora che quella giornata era finalmente finita poteva rifugiarsi tra le braccia del marito e farsi consolare.

Lui d'altro canto aveva avuto una stretta allo stomaco fin da quando aveva deciso di lasciarsi manipolare dal subdole mago. Ma non ci aveva fatto caso all'inizio, poi, quando dopo il sacrificio era stato rimandato sulla Terra per aiutare, aveva capito a cosa era dovuto: sebbene il suo orgoglio non voleva farglielo ammettere, Vegeta aveva sbagliato e ne stava pagando le conseguenze.

Il calore di quell'abbraccio aveva sciolto le paure, le ansie e i terrori notturni che li avevano perseguitati lasciando il posto a sollievo, tranquillità e serenità.

Bulma si staccò leggermente in modo da poterlo guardare negli occhi. Lui arrossì non essendo abituato ad essere fissato così da vicino. Lei rise genuina e lo baciò, ringraziando mentalmente quel drago troppo gentile che lo ha riportato in vita.

Il bacio da casto divenne passionale facendo incrociare le lingue e scontrare i denti. Durò poco ma a loro sembrò un'eternità. Si staccarono senza fiato e appoggiarono le fronti l'una contro l'altra cercando di resistere alla tentazione di chiudersi in camera e non uscirne neanche per mangiare.

- Ok! - disse la donna spingendo le mani delicatamente contro il suo petto facendolo spostare – Hai bisogno di una doccia, caro il mio principe! Puzzi peggio di un caprone!- si tappò il naso come per enfatizzare le sue parole. Lui per tutta risposta la prese e se la mise su una spalla, tipo sacco di patate, dirigendosi in uno dei tanti bagni del palazzo -Tu non sei da meno, carina. -

 

Il ragazzino dalla testa color glicine si aggirava per i corridoi in cerca dell'amico di giochi -andiamo Goten! Quanto ci metti a vestirti?- chiese spazientito – Eccomi arrivo!- il ragazzino dai capelli corvini uscì dalla stanza mentre ancora si infilava la maglia: aveva la testa incastrata tra la manica e il collo della maglietta.

Il glicine alzò un sopracciglio e, con fare molto paterno, riprese l'amico – 9 anni e ancora non sei capace a infilarti una maglietta da solo. - il moro, che ancora combatteva con la maglietta, finalmente riuscì a far sbucare la testa e infilare le braccia -Guarda che l'hai messa la contrario..- lo riprese l'amico. L'altro si affrettò a rigirare la maglietta ed a infilarla nel verso giusto mentre seguiva l'amico che, nel frattempo, si era avviato verso il salone che era stato imbandito per la cena.

-Aspettami Trunks!- gridò all'amico che aveva improvvisamente accelerato il passo.

Trunks aveva avvistato il suo eroe che, appoggiato al muro con espressione insofferente, attendeva che la compagna uscisse dalla stanza. -Ciao papà!- salutò il bambino in direzione del genitore, correndogli incontro. L'uomo gli scompigliò i capelli con un mezzo sorriso sulle labbra mentre il bambino lo guardava adorante e felice: era incredibile quanto quel bambino lo adorasse. Chi lo avrebbe mai detto?

La porta alle proprie spalle si aprì e la propria donna ne uscì. Vegeta si girò e restò a bocca aperta: Bulma indossava un paio di jeans blu denim stretti sulle cosce per poi allargarsi a zampa d'elefante dal ginocchio in giù coprendo i decoltè che la donna portava, una canotta nera che regalava giustizia alle sue forme generose, un ciondolo le abbelliva il collo scendendo fin sotto il seno, il bracciale d'oro con incise le loro iniziali le adornava il polso e la fede nuziale faceva la bella mostra di sé sull'anulare sinistro della donna. Semplice ma sexy senza essere volgare. Anche la donna restò di stucco quando vide l'abbigliamento del marito: portava dei semplici jeans scuri con una catena attaccata ai passanti che cadevano morbidi sulle gambe per poi adagiarsi sugli scarponcini neri, una semplice maglietta nera a mezze maniche con il logo della Capsule Corporation metteva in risalto i muscoli, il medesimo bracciale che indossava la donna solo con un taglio maschile adornava il polso massiccio dell'uomo e la fede nuziale brillava alla luce artificiale del corridoio. Sarebbero rimasti ore a contemplarsi ma la voce del figlio li destò dai propri pensieri -Mi devi ancora raccontare come sei tornato dall'altro mondo!- il Saiyan adulto stava per rispondere quando il piccolo amico del figlio lo anticipò -Trunks! Io ho fame! Andiamo a mangiare?- si lamentò Goten. Trunks guardò il padre in cerca di consenso, il quale con un cenno del capo gli fece capire che potevano andare. Il bambino dai capelli lilla si mise a correre verso la grande sala seguito dal piccolo Son, più affamati che mai.

 

Due esili braccia lo circondarono mentre due piccole labbra gli lasciavano un bacio sulla nuca provocandogli una scarica di adrenalina che lo spinse a voltarsi e a stringere a sé la compagna quel tanto che bastava per lasciare tra i loro visi poco più di qualche millimetro. I loro nasi si toccavano, le loro labbra si sfioravano mentre i loro occhi socchiusi scrutavano quelli dell'altro -Se lo fai di nuovo non penso che usciremo da questa stanza- sussurrò l'uomo. Le labbra della donna si piegarono in un sorriso malizioso -Non che mi dispiacerebbe...- sorrise anche lui sporgendosi poco più avanti per catturare le labbra della consorte in un bacio appassionato. Dio, quanto gli era mancato quel contatto all'inferno; in verità gli era mancato tutto di lei: il suo odore, la morbidezza dei suoi capelli, la sua pelle lattea, le sue labbra, il suo calore, persino la sua voce che gli urlava contro.

Non si resero conto del tempo che passava talmente era piacevole quel contatto, in quel corridoio di fronte alla porta che, per quella notte, sarebbe stata la loro stanza nessuno li poteva disturbare, il tempo intorno si era fermato, niente era importate al di fuori di loro, poteva anche scoppiare un'altra guerra ma a loro non sarebbe importato.

Mentre il bacio diventava più appassionato la voglia di varcare la soglia della camera e lasciarsi andare diventava più forte; però il tempo non si fermava e gli altri sarebbero venuti a cercarli non vedendoli arrivare. A malincuore Bulma sfiorò il braccio del marito per fermarlo altrimenti sarebbero finiti sul letto nell'arco di due secondi. Il Saiyan staccò le labbra da quelle della moglie ma non si rassegnava a lasciarla andare -Mi dispiace tesoro ma gli altri ci stanno aspettando. Abbiamo tutta la notte per divertirci- disse lei. L'uomo annuì ma non intendeva ancora lasciarla andare, solo quando gli diede una bacio leggero come una piuma fece scivolare le mani lungo i fianchi lasciando la donna libera di allontanarsi, se voleva. Lei gli sorrise e, prendendogli la mano, si diresse verso la sala.

 

Erano già tutti seduti a tavola e, chi più e chi meno, divorava tutto ciò che aveva nel piatto. La coppia si accomodò accanto al figlio che aveva già mangiato metà di quello che aveva preso. -Ehi Vegeta!- il saiyan maggiore si voltò al sentire la pacca dell'altro saiyan sulla spalla -Bella battaglia.- aggiunse sorridendo a trentadue denti. Il principe annuì poi tornò a concentrarsi sul cibo.

 

Dopo una buona ora e mezza finalmente l'intera tavolata aveva finito di mangiare, c'era ancora chi restava seduto a bersi un bicchiere di vino, mentre altri si intrattenevano chiacchierando o, come i piccoli Saiyan mezzo sangue, si sgranchiva i muscoli tirando quattro pugni. Vegeta era rimasto seduto a tavola ad osservarsi intorno, il suo sguardo passava dalla moglie che chiacchierava con C-18 e la moglie dell'eroe, al figlio che giocava con Goten. Come lui, seduto ancora al tavolo, c'era il suo amico/nemico, forse l'unico, che sorseggiava un bicchiere d'acqua a pasto ormai ultimato. Goku si sentiva troppo spossato per alzarsi da quella sedia diventata improvvisamente troppo comoda: anche l'eroe teneva d'occhio la propria famiglia per assicurasi che nessuno si facesse male o che il Genio non si avvicinasse eccessivamente alla moglie.

Il Saiyan maggiore continua a sorseggiare il vino rimasto nel bicchiere, facendolo muovere ogni tanto, come se quel gesto potesse rendere il sapore della bevanda migliore, immerso nei suoi pensieri. Un fascio di luce casualmente andò a posarsi sulla propria mano sinistra facendo brillare la fede nuziale che l'uomo portava al dito. Il riflesso andò dritto dritto il faccia a Goku che si voltò per capire la causa di quel raggio tanto fastidioso: l'occhio gli cadde esattamente sulla mano sinistra del compagno d'avventure seduto di fronte a lui, sulla quale spiccava un anello dorato. L'uomo sgranò gli occhi: Vegeta portava la fede? E da quando? Ritornò istintivamente a qualche ore prima durante la battaglia e gli sembrò di non aver notato nulla del genere sulle mani del Principe dei Saiyan che potesse sembrare, anche solo lontanamente, un anello. Pensò, spinto dalla curiosità, di chiedere al diretto interessato: -Vegeta?- l'altro si voltò verso di lui, rendendosi conto solo in quel momento della sua presenza di fronte.

Il più giovane interpretò quel silenzio come un invito a continuare -Scusa ma... da quando in qua tu porti l'anello nuziale?- Vegeta portò istintivamente lo sguardo sulla mano sinistra per poi, con la coda dell'occhio, osservare la consorte. Rimase un attimo a pensare alla domanda appena postagli poi, con molta calma, gli rispose -Da sempre. Perché?- L'altro alzò le spalle -Non l'avevo mai notata prima. Mi sono semplicemente incuriosito. L'hai sempre avuta addosso? Anche durante lo scontro con Kid Bu?- Vegeta alzò un sopracciglio: possibile che fosse così stupido? -Ovvio che la portavo. Non la tolgo mai- -E come mai non l'ho mai notata?- -Perché la portavo sotto i guanti forse?- Goku ci pensò solo in quel momento a quel dettaglio. Si diede mentalmente del cretino per non averci pensato prima, anche se non gli sembrava il tipo che si attaccava agli oggetti materiali. Vegeta tornò ad osservare la moglie che continuava a chiacchierare con Chichi, le due donne erano decisamente diverse: il primo dettaglio che salta agli occhi è l'abbigliamento pudico e coprente di una e quello più sensuale femminile dell'altra. Chichi indossava il solito kimono tradizionale viola con i bordi gialli con sotto dei pantaloni larghi viola, gli stivali che aveva ai piedi la rendevano ancor più bassa di quanto già non fosse, i capelli perennemente legati le invecchiavano e la mancanza di accessori femminili, tranne per qualche bracciale circolare sul polso, la rendevano più simile a una vedova di 55 anni piuttosto che a una donna di poco più di 30 anni. Bulma invece era decisamente più femminile e provocante, il ciondolo, che le aveva regalato lui stesso anni addietro, le metteva in risalto il generoso decoltè per niente intaccato dall'allattamento, il bracciale che aveva fatto fare appositamente per loro per il loro secondo anniversario, risplendeva sul polso fino e la fede che portava al dito testimoniava la loro relazione.

 

La scienziata continuava a discutere tranquillamente con l'unica donna su quel pianeta che potesse comprenderla. Quando sentì gli occhi del marito sulla propria schiena si voltò leggermente incrociando il suo sguardo d'ebano. La stava tenendo d'occhio. Lo vide alzarsi, sotto richiesta del figlio, ed ingaggiare con quest'ultimo una specie di lotta/gioco. Bulma alzò un sopracciglio: possibile che, dopotutto quello che avessero passato, ancora non si erano stancati di combattere? Sospirò, almeno stavano “giocando” insieme.

 

La sala cominciò a svuotarsi verso le undici ed i suoi ospiti si diressero nelle loro stanze desiderosi solo di una lunga e sana dormita.

Quando anche la bionda ex cyborg si ritirò nella sua stanza Bulma si guardò intorno alla ricerca del marito: lo trovò seduto, con le gambe penzolanti nel vuoto, a contemplare le stelle. Gli si sedette accanto appoggiando la testa sulla sua spalla -Stanca?- si stupì un po' quando le rivolse quella domanda. Si limitò ad annuire e a strofinarsi gli occhi. -Allora andiamo in camera- si alzò ed aiutò anche lei a fare altrettanto tendendole la mano. Percorsero il corridoio illuminato solo dalle fioche lampadine in silenzio, l'uno di fianco all'altra. La prima cosa che fece appena varcata la soglia, fu buttarsi sul letto a peso morto, quella giornata sembrava non finire più e la prospettiva di una dormita rigenerante lo allettava non poco. Osservò la compagna aggirarsi per la stanza, scalciare via le scarpe e togliersi gli orecchini, per poi dirigersi, a piedi scalzi, in bagno. Sentì l'acqua scorrere e lo sfregamento dello spazzolino sui denti. Si aspettò di vederla con il solito pigiama gigante di taglio maschile e invece si stupì nel vederla uscire con gli stessi vestiti con cui era entrata.

Gli si avvicinò come una pantera senza staccare mai gli occhi dai propri, con un ghigno malizioso sulle labbra. Non si stupì quando se la ritrovò a cavalcioni su di sé che lo guardava languidamente. Si sporse vicino al proprio suo orecchio e sussurrò: -Che ne dici di continuare ciò che avevamo interrotto prima?- Sulle labbra di lui si formò lo stesso ghigno prima di catturare le labbra di lei in un bacio talmente famelico da sembrare volerla divorare. Si amarono ancora una volta, come avevano sempre fatto. E tutto il mondo circostante sparì. Solo la luna fu testimone di tale unione.

***

Si aggirava per la casa annoiato quasi trascinando i piedi. Ormai erano giorni che non riusciva a fare altro: si sedeva sul divano facendo zapping per una mezz'ora poi si stancava e girovagava per i corridoi senza meta.

Prese una lattina dal frigo e si appostò davanti alla finestra, come se essa potesse dargli la soluzione a quel suo torpore.

La porta si aprì e una cascata di capelli azzurri si materializzò sull'uscio. Entrò noncurante della sua presenza, quando si decise ad alzare lo sguardo alzò un sopracciglio confusa -Ciao tesoro. Che ci fai qui?- il Saiyan alzò le spalle per poi guardarla -Nulla. Mi annoio.- l'azzurra lo guardò -Perché non vai ad allenarti? Trunks non tornerà prima delle 14:00- -Già fatto.- La donna lo guardò come si guarda un fantasma: come “già fatto”? Aveva già finito di allenarsi? Guardò l'orologio appeso alla parete: segnava appena le 9:30 e lei era uscita di casa alle 8 per accompagnare Trunks a scuola. -Da quanto sei qui?- -10 minuti- l'uomo aveva riportato lo sguardo alla finestra. Era entrato il quella stanza appena Bulma era uscita di casa e dopo appena un'ora si era ritrovato sul pavimento, a gravità normale, a contemplare il soffitto, annoiato. -E da quanto hai finito di allenarti?- chiese ancora -Da circa mezz'ora. Mi annoiavo.- La donna strabuzzò gli occhi: aveva sentito bene? -Stai dicendo che allenandoti ti annoi?- l'uomo riportò lo sguardo sull'azzurra -Sto dicendo che avendo solo quello da fare mi passa la voglia anche di allenarmi.- in effetti lo vedeva in giro per casa molto più del solito. A volte giocava con Trunks con i videogame o lo aiutava a fare i compiti quando ne aveva bisogno. Era palese si annoiasse.-Dovresti trovare qualcosa da fare mentre Trunks è a scuola e io sono in ufficio- -Ma che scoperta!- rispose lui sarcastico. Lei lo ignorò bellamente, essendo abituata al suo sarcasmo, continuando a pensare. Poi di colpo le tornò in mente che, qualche giorno fa, l'aveva aiutata con un cruccio riguardante il motore di un jet: si era rivelato piuttosto intelligente e scaltro. Gli aveva chiesto come mai conoscesse così tanto di meccanica e ingegneria, lui le aveva risposto dicendo che, sulla nave di Freezer, non aveva trovato nulla di meglio da fare che studiare meccanica. Aveva aggiunto di conoscere qualche nozione anche di ingegneria informatica e programmazione.

Gli espose l'idea:-Che ne dici di aiutarmi con il lavoro in ufficio e al laboratorio?- lui si scostò dalla finestra, sciogliendo le braccia dalla solita posizione -Va avanti- prese un bel respiro e continuò: -Hai un'intelligenza fuori dal comune, pari se non superiore alla mia. Sei uno stratega eccezionale. Sai liquidare le persone con poche parole. Hai l'esperienza giusta per dirigere un ufficio. Potresti essere il mio co-direttore ed aiutarmi a capire chi può aiutarci ad espandere l'azienda e chi invece sarebbe solo d'intralcio.- Aveva parlato talmente veloce, che dovette appoggiarsi al tavolo li accanto per non svenire. Lui guardava un punto non definito davanti a sé, segno che stava valutando l'idea. -E cosa ci guadagnerei io?- era pronta anche a quella domanda -Uno stipendio tutto tuo ogni mese, il tuo nome tra i massimi esponenti dell'azienda, qualcosa da fare e qualcuno da comandare a bacchetta.- la guardò per un attimo. -Ci sto.- -Davvero?- si mosse verso le scale che portavano al piano di sopra -Perché no? In fondo non ho nulla di meglio da fare.- salì le scale e scomparì dalla sua vista. La donna si sedette sulla prima sedia disponibile e buttò fuori tutta l'aria fin ora trattenuta. Avrebbe avuto suo marito come collega sul posto di lavoro. Sorrise: chi l'avrebbe mai detto! Neanche Yamcha quando glielo aveva proposto aveva accettato, dicendo che per lui era un lavoro troppo impegnativo.

 

Quel posto era immenso. Si guardò intorno un po' spaesato: dovunque guardasse c'erano scrivanie e uffici. Gente che chiacchierava al bar e che lavorava al computer.

Bulma si avvicinò ad una scrivania dove la ragazza che vi sedeva la salutò calorosamente -Buongiorno Mrs Brief!- -Buongiorno Jenny. Potresti darmi il contratto per l'assunzione?- la ragazza sorrise -Certo! Per quale settore?- -Dirigenza- il sorriso della ragazza scemò un attimo per poi tornare più luminoso di prima. Si mise a cercare dietro la sua postazione, tirando poi fuori un contratto. -Cos'è? Un contratto?- la donna sobbalzò quando avvertì la voce del marito alle spalle. -Si, se vuoi leggilo prima di firmare. In poche parole sono tutte clausole e articoli. Sono citati gli orari lavorativi e lo stipendio mensile. C'è anche qualcosa sugli infortuni in ufficio ma non penso che a te interessi- Vegeta sfogliò velocemente il contratto leggendo solo ciò che gli interessava. Allungò la mano per prendere la penna sul bancone e firmò.

Bulma lo guardò mentre scarabocchiava le lettere sulla linea prestampata cercando di leggere la sua firma: alzò entrambe le sopracciglia stupita. La firma che compariva alla fine del contratto, adiacente a quella che avrebbe messo lei, era scritta in maniera perfetta ed ordinata. Senza esitazioni nè macchie d'inchiostro. Precisa ed elegante senza troppi fronzoli. Rimase un attimo di più su cosa vi era scritto più che sul modo -Vegeta Prince?- chiese più a se stessa che a lui. Il moro scosse le spalle -E' il mio nome. Cosa ci trovi di strano?- -Nulla è solo che... non pensavo avessi un cognome. È così che hai firmato sul registro quando ci siamo sposati?- -Ovviamente.- lei alzò le spalle e firmò a sua volta aggiungendo, però, un dettaglio che in quegli anni non aveva mai messo: il cognome del marito. Vegeta la guardò di sottecchi in parte felice, per quella piccolezza, in parte confuso. -Bene adesso sei ufficialmente assunto come direttore. Vieni ti faccio vedere il tuo ufficio.- si allontanò dal bancone della reception per affacciarsi a una porta e chiamare qualcuno. L'uomo si appoggiò al bancone in attesa della moglie. Quando ella chiuse la porta si diressero in ascensore e scesero all'ultimo piano dell'edificio. Seguì la moglie lungo i corridoi fino ad un ufficio dove un ragazzo stava attaccando qualcosa, quando si spostò riuscì a vedere la scritta in nero stampata sulla vetrata: Mr. Vegeta Prince Direttore della Capsule Corporation.

*non credo che l'intera saga di Majin Bu si sia svolta in un paio di giorni. 

Eccomi qui con l'ennesima cavolata u.u si lo so ho un'altra long da finire ma l'ispirazione mi porta sempre fuori da quella storia T.T 
Vegeta potrebbe risultare leggermente OOC però chi ci conferma che, quando è con la sua famiglia, non si comporti un po' più "umanamente"? Io ho sempre pensato che il suo caratteraccio si mostri completamente solo quando è insieme agli altri. Insomma un po' di comprensione per quel poraccio!
Cooomunque non credo ci metterò molto a terminarla ho tutto in testa :3 Ho già scritto i prima tre o quattro capitoli che pubblicherò entro fine giornata.
Beh fatemi sapere se è la più grossa cavolata mai letta o è almeno decente xD

Un bacio angelo_nero.

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Capitolo 2
*** Work and Family ***


Capitolo 2: Family and Work

Quel suono cominciava a dargli sui nervi, il bip continuo unito alla voce di qualche radio che augurava il buon giorno all'intera città, era decisamente fastidioso a quell'ora di mattina. Allungò un braccio e diede un pugno alla sveglia, zittendola. Aprì un occhio cercando di mettere a fuoco i numeri sul display: segnava le 6:45. Richiuse gli occhi coprendosi la testa con il cuscino, non ricordava il motivo per cui aveva impostato la sveglia a quell'ora la sera precedente.

Si tirò su a sedere strofinandosi gli occhi ancora mezzi chiusi, scostò le coperte e si diresse in bagno ancora mezza addormentata. Si buttò sotto la doccia aprendo l'acqua al massimo, fredda o calda che sia non le interessava, aveva bisogno di svegliarsi.

Quando il getto d'acqua freddo la colpì in testa facendola sussultare, allungò un braccio e girò la manopola verso il muro per portare l'acqua a una temperatura più consona.

Dopo 10 minuti uscì dalla doccia, si vestì e si mise un filo di trucco sul viso, giusto per mettere in risalto i suoi occhi azzurri. Rientrò in camera e notò il marito ancora placidamente addormentato.

Si avvicinò al letto e stampò un bacio leggero sulle labbra del Saiyan, quel contatto bastò a svegliarlo -Buon giorno bello addormentato!- il guerriero si mise seduto sul letto strofinandosi gli occhi, comportamento più consono ad un ragazzino che a lui. -Ti lascio fare con calma, io intanto preparo la colazione- gli disse lasciandogli un bacio sulla fronte. Lui annuì ancora nel torpore del sonno.

La donna uscì dalla stanza entrando in corridoio per poi dirigersi verso le scale. Passò davanti la stanza del loro primogenito notando la porta ancora chiusa e la luce spenta. Bussò un paio di volte chiamando il nome del figlio senza ricevere risposta. Chiamò una terza volta poi entrò nella stanza scoprendola ancora avvolta nella penombra della notte: la tapparella abbassata, la luce spenta e il ragazzino ancora nel mondo dei sogni sdraiato a pancia in giù sul letto. Si avvicinò ad esso e scosse il bambino con l'intento di svegliarlo ma, quest'ultimo, si girò dall'altra parte, mugugnando un “altri 5 minuti”, tornando a dormire. La donna uscì dalla stanza sconsolata senza però aver prima alzato la tapparella per far entrare la luce: ancora una volta lui si girò dalla parte opposta.

 

Dopo la doccia si sentiva decisamente meglio anche se, la notte precedente, non aveva dormito gran che: avevano passato la nottata nel vortice della passione facendo l'amore per tre, quattro o addirittura cinque ore consecutive. Sorrise al ricordo constatando la propria resistenza e stupendosi di quella della compagna che poi, ormai all'alba, era crollata addosso a lui.

Prese dall'armadio un paio di pantaloni neri, una camicia bianca e una giacca anch'essa nera: non che andasse matto per quell'abbigliamento ma era costretto ad indossare quantomeno la giacca in ufficio. Indossò le scarpe e si apprestò a fare colazione.

Passando per il corridoio,vide la stanza del primogenito con le tapparelle alzate e la porta socchiusa ma non ci fece molto caso e con un'alzata di spalle la superò.

La moglie gli dava le spalle e sussultò quando gli chiese: -Dov'è Trunks?- la donna si voltò e gli rispose che aveva provato a svegliarlo ma non c'era stato verso. -Non è che potresti provare tu?- l'uomo sbuffò, girò i tacchi dirigendosi nuovamente verso le scale da cui era appena sceso percorrendo le due rampe velocemente, facendo gli scalini a due a due si ritrovò danti alla camera del figlio in meno di 5 minuti. Aprì la porta con talmente tanta forza da farla sbattere contro il muro: il bambino ebbe un lieve sussultò ma continuò a dormire -Trunks! Ti do 5 secondi per alzarti da quel letto dopo di che non risponderò più delle mie azioni!- il diretto interessato continuò beatamente a dormire senza dare peso alle parole del padre. Sbagliato. Una manciata d'acqua gelida si riversò su di lui costringendolo ad alzarsi di scatto ed annaspare -Ma sei impazzito!? Volevi affogarmi per caso!?- scattò furente il ragazzino. Il padre gettò il secchio da un lato guardandolo serio, incrociò le braccia: -Ti avevo avvertito. Ti voglio fra 10 minuti in cucina dopo di che a scuola ci vai a piedi- se ne andò.

Il ragazzino scostò le coperte fradice e si ributtò sul cuscino, ormai completamente sveglio, con le mani sulla faccia.

 

La mattinata si prestava serena a giudicare dal sole che brillava nel cielo. Prese le chiavi della macchina e, dopo aver richiamato il figlio, uscì dalla porta. Il glicine gli corse dietro solo dopo aver raccattato velocemente lo zaino -Ciao mamma ci vediamo più tardi.- la salutò velocemente.

Salì in macchina appena prima che il padre mettesse in moto: gli aspettava un lungo e noioso viaggio in silenzio.

-Ehi Trunks, ho sentito dire da tua madre che questa mattina avrai un tema d'italiano. Sai già la traccia?- il bambino rimase un po' stupito dalla domanda del padre, ma pur di intraprendere una conversazione avrebbe risposto a tutto -Si, una delle tre è un testo argomentativo. Giorni fa abbiamo affrontato una discussione alquanto idiota su un tema che non avevamo mai affrontato.- -Ossia?- Il ragazzino aggrottò leggermente le sopracciglia per esprimere il suo disappunto sull'argomento -Sull'esistenza o meno di esseri pensanti nell'universo.- per poco non scoppiò a ridere: gli umani erano veramente degli idioti, credevano di essere l'unica razza pensante nell'arco di anni luce. Scosse la testa divertito -Che casualità. Immagino tu abbia dato la tua opinione- il bambino annuì -Si. Non potevo di certo dire che mio padre è un alieno venuto dallo spazio, però ho esposto la mia opinione, e cioè che la Terra non è l'unico pianeta abitato nell'universo e quindi di conseguenza, la razza umana non è l'unica ad essere in grado di formare un pensiero di senso compiuto.- si stupì non poco dell'intelligenza di quel ragazzino, così piccolo eppure così maturo. Dopotutto essendo figlio di due geni non poteva non essere altrettanto.

Continuarono a parlare per tutta la durata del tragitto. Arrivati danti ai cancelli della scuola, Vegeta accostò, spense il motore ed uscì dalla macchina seguito a pochi passi dal figlio.

-Ehilà! Ciao Vegeta, come mai qui?- la voce dell'eterno rivale gli era talmente familiare che non ebbe bisogno neanche di voltarsi per riconoscerla -Secondo te?- gli rispose alludendo al figlio. L'altro si portò una mano dietro la testa nel solito atteggiamento infantile.-Già è vero! Eheh che stupido!- avrebbe voluto tirargli un pugno solo per togliergli quell'espressione infantile dalla faccia. Ancora non si spiegava come potesse quel tipo, che più che un uomo sembrava un bambino cresciuto, essere l'eroe della Terra. Era dannatamente infantile e stupido! Girò su se stesso diretto alla macchina parcheggiata poco più avanti, intento a lasciare il bambinone a ridere da solo. Purtroppo l'altro aveva altri piani: infatti con due falcate gli era accanto -Come va tra te e Bulma?- da quando faceva domande così personali? Non gli sembrava il tipo da invadere la privacy né lui stesso era mai stato uno a cui piacevano le domande, soprattutto se invadenti. -Non credo siano affari tuoi.- gli rispose. -Beh si in effetti hai ragione. Ehi che ne dici di tirare quattro colpi con me?- Era incredibile come passasse da un argomento all'altro senza dare peso a nulla. Il maggiore arrestò per un attimo il passo per poi riprendere il suo tragitto -No.- gli rispose semplicemente. L'altro sbarrò gli occhi sconcertato dalla risposta appena ricevuta. Da quando in qua lui rifiutava un allenamento? Cominciò a pensare di aver capito male. -No? Come no?- l'altro non rispose continuando a dirigersi verso l'autovettura. Le domande idiote non erano degne di risposte se non altrettanto idiote, e lui non lo era di certo. Goku continuava imperterrito a seguirlo e a porgli domande -Come mai rifiuti un invito ad allenarti con me? Stai male per caso? Vegeta mi stai ascoltando?- Vegeta si fermò di colpo facendo quasi cadere il suo pedinatore, girò la testa verso il suo interlocutore guardandolo dritto in faccia con le sopracciglia corrugate nel solito cipiglio -Ti sto ascoltando, no non sto male e si, sto declinando il tuo invito. Ho altro a cui pensare.- era sempre più confuso dall'atteggiamento del compare. Cosa aveva di così importante da fare? Più importante di un allenamento!?

Abbassò lo sguardo confuso mentre piegava la testa da un lato portandosi ancora una volta una mano dietro la testa -E cosa dovresti fare di così importante scusa?- chiese un po' deluso. Sperava veramente che Vegeta accettasse il suo invito dato che Gohan passava più tempo con Videl che con lui e Goten doveva studiare per mettersi in pari.

Vegeta non rispose subito meditando sulle parole da dire -Devo lavorare. Non esiste solo l'allenamento sai? C'è un mondo al di fuori.- si stava decisamente trattenendo dal mandarlo al diavolo lui e le sue domande. Per quel momento preferiva rispondere arrivando dritto al concetto in modo da toglierselo dai piedi al più presto. -Senti chi parla! Colui che fino a qualche anno fa passava i tre quarti della sua giornata chiuso all'interno della stanza gravitazionale! E poi, tu che lavori? E cosa faresti scusa?- -Sono direttore della Capsule Corporation insieme a Bulma.- continuava a guardare l'altro Saiyan che sembrava più confuso che mai. Non ricevendo altre domande riprese il suo tragitto oltre i cancelli scolastici, lasciando un interdetto e confuso Goku a rimuginare.

***

L'edificio si stagliava contro il cielo, imponente, come a voler sfidare il creatore e il sole stesso, mentre la scritta blu a caratteri cubitali posta sull'edificio che riportava il nome dell'azienda a gestione familiare contrastava con il colore giallognolo del cemento rivestito.

-Mr. Prince! Mr. Prince!- da quando lavorava lì dentro sentiva il suo nome talmente tante di quelle volte che era finito per odiarlo. Erano soltanto un paio di mesi che passava la mattinata in quel posto e il suo nome riecheggiava per i corridoi non appena metteva piede nell'edificio. -Mr. Prince ho un progetto interessante da mostrarle! Sono sicuro che le piacerà!- l'ometto buffo che si era affiancato al principe continuava imperterrito a elencargli una serie di prerogative per cui la propria azienda, a parer proprio, avrebbe dovuto far parte di quella ormai nota a tutto il mondo quale la Capsule Corporation. Vegeta entrò nell'ascensore panoramico come se nulla fosse, seguito dall'ometto che continuava a parlare convinto di avere anche solo la minima attenzione del superiore. Uscì dall'ascensore camminando a passo svelto, percorrendo il corridoio incrociò lo sguardo di alcuni suoi subalterni che lo salutarono, chi con lo sguardo chi a parole, con rigoroso rispetto.

-...quindi credo che aumenteremo le entrate e le uscite minimo del 50%...- continuava a parlare nonostante l'altro non lo degnasse neanche di uno sguardo.

Vegeta, d'altro canto, sentiva solo un leggero fruscio nelle orecchie, fastidioso certo, ma non più di un borbottio sommesso. -Mr. Prince che ne dice?- Il Saiyan semplicemente entrò nel proprio ufficio sbattendo la porta in faccia all'uomo che lo seguiva dal pian terreno.

Sbuffò leggermente guardando in direzione della porta chiusa scorgendo ancora chiaramente la figura dell'improvvisato stalker.

-Ciao tesoro. Pensavo non venissi più.- voltò la testa per dirigere lo sguardo verso il suo interlocutore, o meglio interlocutrice, sollevando leggermente un sopracciglio, segno di un suo leggero interessamento. -Cosa ci fai tu qui dentro?- le chiese incrociando le braccia al petto. La donna, che stava guardando alcuni fogli sparsi sulla scrivania del compagno, alzò lo sguardo per fissare gli occhi scuri del consorte. -Dovevo controllare alcuni calcoli e mi sono ricordata che i dati erano sulla tua scrivania. Ho pensato di aspettarti ma quando ho visto che non arrivavi mi sono presa la libertà di entrare- tornò a guardare i fogli scrivendo qualcosa di apparentemente incomprensibile. L'uomo la squadrò da capo a piedi: Bulma era seduta sulla comoda poltrona davanti alla scrivania con le lunghe gambe accavallate, lasciate scoperte dalla gonna nera che arriva sopra al ginocchio. Sopra portava una camicia bianca abbastanza opaca da non far intravede nulla, sopra di essa portava una semplice giacca nera dal taglio femminile, appartenente forse a un tailleur che non indossava più dato che non l'aveva mai vista nel loro armadio, ai piedi un paio di decoltè nere lucide facevano mostra di sé.

Fece schioccare la lingua sul palato affascinato da quella visione sublime e un angolo della bocca si sollevò in una specie di ghigno, se avesse avuto ancora la coda starebbe sicuramente ondeggiando alle sue spalle. Si avvicinò alla scrivania poggiandovi le mani tornando ad osservare la compagna che ancora non aveva staccato gli occhi da quei fogli. -Tra 10 minuti dobbiamo essere in sala conferenze, la D.C. Company ha inviato un suo impiegato per esporci nuovi progetti.- L'uomo sbuffò visibilmente contrariato. La D.C. Company era un azienda di ingegneria che da anni cercava di entrare nel giro della prestigiosa Capsule Corporation per accaparrarsi, oltre i migliori clienti sul mercato, il miglior giro d'affari dell'intero paese. Però i dirigenti della C.C. non avevano mai trovato un singolo motivo per farli integrare, dato che la loro azienda faceva anche progetti di ingegneria oltre che di elettro-informatica.

Nell'arco di due settimane lo stesso dirigente si era presentato ben tre volte, tutte e tre naturalmente respinte, e Vegeta aveva avuto il “piacere” di scoprire quanto possano essere assillanti i concorrenti sul mercato.

Appoggiò la schiena alla scrivania, incrociando le braccia al petto e chiudendo gli occhi per riflettere.-Perchè non l'hai respinto ancora? Non sopporto la gente assillante!- disse. La donna alzò gli occhi sul marito distogliendo l'attenzione dai fogli che stava esaminando -Neanche io sopporto la gente appiccicosa, per questo ho accettato di vederlo.- l'uomo aprì gli occhi e si voltò leggermente verso la compagna non capendo dove volesse arrivare. Lei si alzò e mise in ordine i fogli all'interno della sua 24ore.-Ho pensato che avresti potuto parlare tu. Col tuo modo di fare “fai come dico io e non fiatare” puoi sbarazzarti di quel tizio in meno di 10 minuti.- Seguì la moglie con lo sguardo finché non se la ritrovò di fronte. Con quel completo approssimato sembrava veramente una donna d'affari in carriera.

Qualcuno bussò alla porta per poi aprirla subito dopo, senza attendere una risposta -Mi dispiace disturbare ma Mr. Dreep è arrivato. Vi attende nella sala 202.-

Vegeta guardò il nuovo arrivato con un espressione impassibile attendendo che continuasse o che se ne andasse, oppure che la moglie lo congedasse, cosa che accadde.

La donna, voltata verso il suo interlocutore per metà, squadrò il marito intenta a capire quale sarebbe stata la sua reazione, anche se l'aveva già immaginata. L'uomo stava fissando il ragazzo impassibile, intento a rimuginare sull'eventualità di cacciarlo a pedate o di congedarlo con un sibilo maligno, la moglie però lo anticipò -Grazie Mark puoi andare. Dì a Mr. Dreep che tra pochi minuti saremo da lui.- il ragazzo fece un mezzo inchino e, uscendo, richiuse la porta.

Il direttore si voltò ed afferrò la 24ore della consorte per poi porgergliela con un mezzo sbuffo. La consorte sorrise e si precedette il marito dirigendosi alla porta.

 

Alzò lo sguardo sulla parete di fronte guardando l'orologio appeso. E per fortuna che era questione di dieci minuti! Era più di mezz'ora che era chiuso in quella stanza, seduto su quel tavolo insieme a colleghi e subalterni, intenti ad ascoltare attentamente ciò che l'uomo in piedi davanti a loro, in un completo elegante con tanto di cravatta, che additava di tanto in tanto la lavagna con su scritti una serie di dati apparentemente incomprensibili.

Sbuffò annoiato tornando a guardare distrattamente i fogli appoggiati ordinatamente davanti a lui. Aveva letto quegli appunti decine e decine di volte e non aveva trovato una sola virgola che potesse interessare a lui o all'azienda stessa. Allora perché era ancora seduto su quella sedia!?

Voltò lo sguardo al suo fianco dove un caschetto azzurro si muoveva a destra e a sinistra come a cercare di capire i calcoli scritti sulla lavagna, poi si fermò come se il suo proprietario avesse rinunciato a capirci qualcosa; la donna aveva quindi cominciato a giocare con una matita, facendo scarabbocchi qua e là.

La sua vista sviluppata gli permise di capire cosa la donna stesse scrivendo. Alzò impercettibilmente un sopracciglio quando comprese che, ciò che passava per la mente della donna era proprio lui dato che aveva scritto almeno una decina di volte le loro iniziali e il suo nome.

-Mrs Prince, Mr. Prince? Voi cosa ne pensate?- la voce di uno degli uomini presenti in sala li distolse entrambi dai loro pensieri.

Non avendo ascoltato quasi una parola di ciò che Mr. Dreep aveva detto in quei quaranta minuti, gli ci volle un attimo per mettere insieme le idee e formulare una frase di senso compiuto. Riportò alla mente gli appunti letti sul foglio, lesse velocemente i calcoli sulla lavagna e fece la domanda più sensata che un dirigente potesse fare -E cosa ne guadagneremmo noi?-. I gentil uomini seduti al tavolo si voltarono verso il direttore della D.C. in attesa di una risposta.

Rimase immobile, con il sudore freddo che colava lungo la schiena, in cerca di una risposta concreta ed esauriente, purtroppo non aveva previsto quella domanda e, trovandosi in difficoltà, cominciò a balbettare cercando di evitare lo sguardo dell'uomo che gli aveva posta la domanda. -Insomma, ha elogiato le caratteristiche della sua aziende e dei progetti, calcolato perfettamente le entrate e le uscite. Però la mia azienda cosa ne ricava?- era calato un silenzio gelido in sala e ciò non aiutava il poveretto a trovare una risposta decente.

Vide l'uomo di fronte a sé spostare lo sguardo in cerca di qualcosa a cui appigliarsi. Quando notò che si era posato sulla camicetta indossata dalla moglie gli ricordò che gradiva essere guardato negli occhi quando gli si parlava. Il poveretto alzò per un attimo lo sguardo incontrando quello serio del proprietario dell'azienda, lo abbassò poco dopo non sapendo sorreggerlo. Centro.

Constatando che non gli sapeva rispondere prese i fogli davanti a lui e glieli porse come un invito a rivederli. -Bene, siccome non è in grado di rispondere alla mia domanda, la riunione è finita, per ciò che mi riguarda.- si alzò e si diresse verso la porta, aprendola ed invitando il dirigente ad uscire.

Mentre tutti gli altri dipendenti si apprestarono a uscire, lui si risedette affianco alla moglie. Prese il foglio di carta posto sul tavolo e glielo fece sventolare davanti -Vedo che sei stata molto attenta a ciò che diceva.- disse sarcastico. L'azzurra arrossì leggermente per poi alzarsi, seguita dal marito, ed uscire dalla sala.

***

Guardava il timido sole brillare sugli edifici grigi dandogli un tocco di luce, ma non tolse la freddezza che li circondava.

Nonostante fosse Dicembre il sole non accennava a volersi arrendere alle nuvole, peccato che quel timido sole non bastava a riscaldare l'aria gelida dell'inverno. Per fortuna il suo sangue, per metà alieno per metà umano, faceva in modo che non sentisse il freddo più di una leggera ebbrezza autunnale, al contrario dei suoi compagni che erano coperti di felponi e giacche imbottite. Lui indossava semplicemente una maglia di cotone a maniche lunghe, giusto per non far destare troppi sospetti.

Il professore continuava a spiegare da venti minuti i concetti di astronomia. Sbuffò annoiato, lui quelle nozioni le aveva ricevute dalla madre in teoria e il padre gliele aveva mostrate, quindi ancora si chiedeva per quale motivo stesse lì, seduto, a far finta di essere interessato, quando era tutt'altro. Attendeva semplicemente il suono della campana per uscire dalla classe e andare a rifocillarsi. Quel giorno non si sentiva molto bene.

-Prince!- lo richiamò il professore. Il glicine si girò e fissò l'insegnante, sbattè un paio di volte le palpebre per riprendere il controllo. -Stai attento! Ci sarà un compito in classe su queste cose!-sbraitò l'uomo prima di riprendere la spiegazione.

Il glicine portò la sua attenzione sulla lavagna anche se non riusciva a mettere bene a fuoco nella sua mente quei dati: lo stomaco aveva cominciato a fare i capricci e l'acidità gli salì nell'esofago fin quasi in bocca. Riuscì a non rigettare in classe miracolosamente.

La testa gli doleva terribilmente e lo stomaco non sembrava volesse calmarsi. Aveva bisogno di una boccata d'aria, subito. Alzò la mano e chiese all'insegnante di letteratura il permesso di andare in bagno. Quando gli fu accordato uscì dall'aula quasi di corsa, fece appena in tempo ad arrivare al water che tutto ciò che aveva mangiato quella mattina vi finì all'interno.


Angolo autrice (se così mi posso definire):
Ed ecco il secondo capitolo :3 Diciamo che mi sono ispirata alla vita di tutti i giorni xD
spero vi piaccia :3 recensiteee :D


StarDoll95: Che dire? Ti ringrazio infinitamente! Si anche a me piace quando Veggy si lascia un po' andare con la sua famiglia (Non chiamarmi Veggy!nd Vegeta  Veggyyyy ^w^ nd Bulma Veggy, Veggy nd Trunks *sguardo assassino verso il figlio* nd Vegeta *ammutolisce e scappa* nd Trunks)
ahahaha uno dei miei piccoli siparietti che tanto amo :D 
La fede? Beh doputto è un uomo sposato perchè non portarla anche sotto i guanti? u__u anche se cozza un po' con il fatto che durante il torneo ha rinnegato tutto ma è un'altra storia XD
Un bacio angelo_nero

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Capitolo 3
*** Fever and tail ***


Il telefono dell' ufficio squillò destando gli occupanti dai loro impegni.

-Pronto?-

-Mrs. Prince?- disse la voce dall'altra parte della cornetta.

-Si.- rispose l'azzurra. Non sapeva perché ma quella voce femminile aveva un non so che di familiare

-Sono la segretaria della scuola, Suo figlio non si è sentito molto bene Le dispiacerebbe venirlo a prendere? Non ha una bella cera.-

Diede una veloce occhiata ai fogli sulla scrivania, storse il naso. Poi alzò lo sguardo sul marito seduto affianco a lei.

-Io sono molto impegnata con il lavoro in questo momento, verrà mio marito.-

L'uomo la guardò alzando leggermente un sopracciglio, leggermente infastidito dal fatto che la compagna non gli avesse chiesto cosa ne pensasse. Afferrò le chiavi della macchina poste lì di fianco e si alzò mentre la moglie concludeva la conversazione con la segreteria.

***

Era seduto di fianco al gabbiotto con le gambe ciondolanti sulla sedia troppo grande per lui. Guardava il pavimento, lo stomaco ancora gli doleva parecchio e la testa non aveva smesso un attimo di girare da quando era uscito dal bagno, ogni piccolo movimento gli dava una sensazione di fastidio allo stomaco come se fosse dieci volte più veloce.

Un paio di scarpe eleganti entrarono nel suo campo visivo ma non ebbe la forza di alzare lo sguardo pur sapendo che il proprietario preferisse essere guardato negli occhi.

Fissò il bambino seduto con lo sguardo basso.

-Trunks?- lo chiamò ma lui non accennava a muoversi.

Dato che il bambino non voleva sollevare la testa si abbassò lui alla sua altezza piegandosi sulle ginocchia, cercando di capire cosa lo affliggesse: era pallido e con la faccia di chi ha passato una giornataccia. Non disse una parola continuando solo a guardarlo.

-Mr. Prince?- lo chiamò una voce femminile.

L'uomo alzò lo sguardo per poi sollevarsi in piedi.

-Come vede è molto pallido, ha dato di stomaco due volte e dice che gli gira la testa. Forse ha preso l'influenza...-

Vegeta annuì semplicemente continuando a fissare il figlio che ancora non aveva accennato a dare segni di vita.

-Venga, mi deve firmare l'autorizzazione per l'uscita.- disse la segretaria distogliendolo dai propri pensieri.

Seguì la donna in segreteria dove compilò il modulo di autorizzazione con nome e cognome del figlio, classe, data e la propria firma. Rimase ad osservare per qualche secondo in più il nome scritto sul foglio:Trunks Vegeta Prince. Da quando aveva scoperto che anche lui aveva un cognome, la compagna aveva cambiato tutti i moduli su cui compariva il proprio nome e quello del figlio. Si accigliò impercettibilmente constatando quanto fosse sentimentale.

Trunks continuava a guardarsi i piedi cercando di reprimere quel senso di nausea, chiuse gli occhi dato che il pavimento aveva cominciato a girare e l'acidità stava tornando a galla.

-Andiamo-

Il bambino alzò appena la testa per incrociare lo sguardo del padre che, dopo aver preso il suo zaino accanto alla sedia, lo attendeva. Scese dalla sedia con lentezza cercando di non cadere rovinosamente a terra quando, appena appoggiati i piedi sul pavimento, essa aveva cominciato a girare.

L'uomo sostava in piedi nell'atrio di fianco al bambino che a mala pena si reggeva in piedi, non si sarebbe stupito se fosse inciampato o svenuto durante il tragitto. Quando aveva incrociato i propri occhi scuri in quelli limpidi del bambino aveva notato un leggere offuscamento in quelle iridi che aveva distrutto le sue barriere.

Nonostante fosse visibilmente provato e malato, Trunks non aveva ancora mai chiesto aiuto preferendo cavarsela con le poche forze rimastagli, era stata l'insegnate a far chiamare a casa vedendo il bambino pallido, lui non aveva mai detto di voler tornare a casa. Se quel maledetto rigurgito acido non lo avesse accompagnato per la maggior parte della giornata lui non si sarebbe di certo fatto venire a prendere dal padre, non voleva dimostrarsi debole ai suoi occhi, anche adesso, che non riusciva più a capire qual'era la terra e quale il cielo, non aveva chiesto l'aiuto di nessuno.

Si diressero con calma all'auto parcheggiata lì davanti, aveva immaginato che il bambino non si sarebbe retto in piedi perciò aveva deciso di parcheggiare il più possibile vicino alla scuola.

Aprì lo sportello posteriore e invitò il ragazzino ad entrare.

-Sdraiati se ne hai bisogno.- disse.

Il glicine alzò la testa e guardò la figura del padre leggermente sfuocata, dovette sbattere più volte le palpebre per metterla a fuoco completamente, ed annuì leggermente infilandosi nello sportello aperto per poi sdraiarsi sul sedile. Avere dieci anni aveva i suoi pro, occupava solo la metà del sedile posteriore della lussuosa macchina sportiva. Chiuse gli occhi e cercò di rilassarsi mentre il padre lanciava il suo zaino nel portabagagli. Si addormentò quasi subito, l'ultima cosa che sentì fu lo sbattere della porta del portabagagli.

***

Guardava dritto davanti a sé stando attento alla strada, era ormai mezzogiorno e la gente tornava a casa per il pranzo o si fermava in qualche fast food vicino al posto di lavoro. Il sole splendeva alto nel cielo in quella calda mattinata d'inizio Dicembre.

Ogni tanto buttava uno sguardo allo specchietto retrovisore controllando non tanto la strada o le macchine dietro di lui ma il bambino che riposava sul sedile posteriore dell'auto: aveva il volto leggermente arrossato dalla temperatura più alta del normale. Beh almeno non era più pallido e sembrava stesse meglio mentre dormiva.

Riportò l'attenzione sulla strada davanti a sé, per quanto potesse negarlo lui quel bambino lo amava. Insomma era sempre il proprio figlio, frutto di un amore a quel tempo ancora acerbo ma sempre dal proprio seme era stato concepito e la coda che ciondolava di fianco al ragazzino ne era la testimonianza.

Cominciava a riconoscere le case e i dettagli di quello che oramai era diventato il suo quartiere. Tempo due minuti e parcheggiò nel garage situato di fianco la casa tondeggiante. Spense il motore e, prima di uscire, si voltò verso il sedile posteriore controllando che il figlio non stesse ancora male: il bambino continuava a dormire placidamente sul sedile mentre la sua coda si muoveva ogni tanto irrequieta, forse nell'incoscienza. Sbuffò slacciandosi la cintura, non aveva il coraggio di svegliare il bambino dato la faccia con cui l'aveva visto quando era arrivato nell'atrio dell'edificio scolastico. Scese dall'auto e, dopo aver raccattato dal portabagagli lo zaino pieno di libri, fece il giro dell'auto e prese in braccio il figlio addormentato.

Appena in braccio al padre il bambino appoggiò la testa sulla spalla del genitore mentre egli chiudeva l'auto e si dirigeva all'interno.

***

-Oh kami, Trunks!- esclamò Bulma all'entrata di marito e figlio.

Si stupì leggermente del fatto che il compagno portasse in braccio il bambino, neanche dopo un allenamento sfrenato all'interno della camera gravitazionale era mai crollato così nè tanto meno si era mai fatto portare in braccio dal padre.

Osservò il volto arrossato del bambino e gli passò istintivamente la mano sulla fronte come farebbe ogni madre.

-Sembra che stia bruciando... la sua temperatura sarà sicuramente più alta di quaranta gradi.-

L'uomo sbuffò e alzò gli occhi al cielo. Non sarebbe stato strano che il termometro avesse segnato quarantacinque gradi dato che la temperatura normale del bambino era di trentotto gradi, come quella del padre. Era ovvio che sarebbe salita oltre i quaranta essendo per metà alieno.

Fece scivolare dalla spalla lo zaino che cadde a terra pesantemente.

-Lo porto a letto.- disse solamente dirigendosi verso le scale che portavano alle camere da letto.

Quella casa era enorme, per fortuna le loro stanze erano tutte piuttosto vicine l'una all'altra quindi non dovette andare troppo lontano. Aprì la porta con un calcio -avendo le braccia occupate- e posò il figlio sul letto ancora disfatto dalla mattina. Quando però lasciò la presa sul bambino notò che la sua coda gli si era attorcigliata attorno al polso, come quando era ancora un bebè. Si stupì un po' di quel singolare gesto, aveva preso in braccio Trunks si e no una decina di volte da quando era nato, solo quando era costretto perché la madre glielo piazzava in braccio per farlo smettere di piangere o quando sveniva durante gli allenamenti.

Il bambino si girò dall'altra parte e la coda lo seguì andandosi ad arrotolare intorno alla propria vita. Guardò ancora un attimo il figlio per assicurarsi che non stesse male ed uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.

***

Quaranta e sette. Sospirò e poggiò il termometro sul tavolo. Credeva peggio. Non che una temperatura corporea superiore a quaranta fosse normale ovviamente. Doveva però ricordarsi che suo figlio non era un bambino comune: era figlio suo, comune terrestre, dalla mente geniale ma sempre un comune mortale, e di Vegeta, Principe dei Saiyan ex assassino intergalattico dalla forza sovrumana, perciò era più che normale che la temperatura corporea del bambino superasse i quaranta gradi quando aveva la febbre.

E lei che aveva sempre sognato il principe azzurro con cui avrebbe avuto una famiglia normale e avrebbe vissuto nella noiosa routine comune a tutti. Beh il principe lo aveva trovato ma di azzurro non aveva assolutamente nulla (tranne forse la battle suite) era piuttosto un principe nero, un dark prince.

I suoi pensieri venne interrotti dal protagonista di essi che, silenzioso come sempre, le si era avvicinato abbracciandola da dietro e sbirciando il termometro appoggiato sulla superficie di legno. Sapeva che era preoccupato per la salute del figlio.

-Da cosa pensi sia dovuto?- gli chiese.

Lui distolse lo sguardo dall'oggetto e ci mise un attimo prima di risponderle.

-La coda.- disse solamente.

L'azzurra si girò fra le sue braccia quel tanto che bastava per poterlo guardare in faccia.

-La coda? Cosa c'entra la coda?-

-Spesso capita che si accusino malori quando la coda decide di ricrescere, è sempre un assestamento del fisico che si sta abituando alla nuova disposizione.- spiegò.

Anche a lui un paio di volte era successo da ragazzo, solo che al contrario del bambino non aveva avuto dei genitori affianco ma solo una fottutissima viscida lucertola con le labbra violacee che, nonostante fosse consapevole del suo stato fisico, lo aveva spedito su qualche pianeta ad eseguire qualche missione nella quale sperava si sarebbe ammazzato.

La donna si girò tra le sue braccia ed appoggiò la testa sul suo petto, negli anni quel contatto era diventato oltre che familiare anche piacevole, tanto che a volte osava anche posarle un bacio sulla chioma dal singolare colore.

Il rombo di un tuono la fece sobbalzare mentre lui ridacchiava.

-Non mi dire che hai paura di uno stupido temporale?- la provocò.

Sapeva benissimo che aveva il terrore di quei rumori così forti tanto che si era andata a rifugiare tra le sue braccia più e più volte. Lei borbotto qualcosa di offensivo nella sua direzione ma lui non ci fece caso, piuttosto si abbassò e catturò le sue labbra con le proprie.



Angolo dell'autrice:
Ed ecco il terzo capitolo della mia storia :3 Povero Trunks gli inconvenienti succedono a tutti e siccome IO ho passato 2 giorni senza quasi respire a causa del raffreddore non vedo perchè LUI non possa avere qualche linea di febbre u_u
Beh spero sia chiaro altrimenti chiedete chiarimenti e recensite, recensite, recensite :D

Un saluto da me e da Veggy (non mi chiamo veggyyyyyyy!!! nd Vegeta) ^-^

P.s. non chiedetemi il motivo per il quale io abbia scelto il rosa come colore dato che dire che io lo detesti sarebbe un eufemismo. 

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Capitolo 4
*** Alien and human ***


Riaprì piano gli occhi impastati dal sonno cercando di mettere a fuoco la stanza. L'ultima cosa che ricordava era di essere entrato in macchina col padre e il rumore del portabagagli che si chiudeva, poi si era addormentato. Si mise a sedere sul letto, stando attento a non fare bruschi movimenti che avrebbero causato un ulteriore capogiro.

Fece mente locale e controllò il suo stato fisico: la testa gli doleva ancora ma molto meno di prima, lo stomaco aveva smesso di fare le capriole anche se il sapore acido del vomito gli era rimasto in bocca come un retrogusto di un dolce.

La sua coda si mosse facendo frusciare le lenzuola, solo in quel momento il bambino si accorse di averla. Rimase stupito quando notò la singola appendice che contraddistingueva la propria razza, la madre gli aveva detto di avergliela tagliata quando era ancora piccolo;e allora perché adesso era ricresciuta?

Si sforzò di ricordare e lo stralcio di una conversazione avvenuta con il padre gli tornò alla mente:

 “La coda può ricrescere più volte durante l'infanzia e l'adolescenza, meno probabile in età adulta”.

Osservò la coda muoversi a suo piacimento. Nonostante avesse passato buona parte dei suoi dieci anni di vita senza di essa, i suoi movimenti gli sembravano così normali e familiari che quasi non si accorse quando si grattò la testa con essa mentre sbadigliava.

Buttò un occhio alla sveglia accanto al letto, segnava le 18:35. Sbarrò gli occhi: aveva dormito più di sei ore consecutive!? Non era la prima volta che dopo uno stress prolungato dormisse per diverse ore, a volte dopo un allenamento particolarmente pesante aveva dormito per quarantadue ore consecutive. Un paio di volte aveva sentito il padre dire che un Saiyan, dopo aver sottoposto il corpo a uno sforzo eccessivo, in mancanza di mezzi adatti, dormiva per tante ore consecutive in un posto sicuro.

Scese dal letto con un balzo, del quale si pentì subito dopo quando dovette appoggiarsi al comodino per non cadere. Appena passò il capogiro si diresse in cucina, aveva fame e sete.

Scese le scale lentamente per evitare di ruzzolare a terra o di vedere tutto offuscato, per poi ruzzolare a terra ugualmente.

Arrivato in fondo si diresse in salotto dove aveva percepito le aure dei genitori.

-Ciao, Trunks, ben svegliato.- lo accolse la madre.

Il bambino si strofinò gli occhi ancora offuscati dalla febbre.

La donna si abbassò alla sua altezza e gli poggiò le labbra sulla fronte scoprendola ancora bollente.

-Hai ancora qualche linea di febbre però. Forse è meglio se torni a letto. Come ti senti?-

-Come se mi fosse passato un carro armato sulla testa, due volte.- rispose il glicine sbuffando.

Girò la testa nella direzione opposta ed incrociò lo sguardo paterno che osservava la scena dal divano appoggiato allo schienale.

-Ciao papà.- lo salutò.

-Come ti senti? Sei letteralmente svenuto in auto, neanche il tempo di mettere in moto che ti eri già addormentato.-

Si stupì non poco dell'interessamento paterno nei proprio confronti. Forse anche lui si era preoccupato quando l'aveva visto pallido e malaticcio, lui non era il tipo da prendersi una banale influenza come qualunque terrestre, i suo geni Saiyan lo aiutavano ad avere anticorpi forti. Il suo sguardo passò dal viso del padre alla finestra alle sue spalle.

-Da quant'è che piove?- cambiò discorso, non gli piaceva ripetersi.

-Da mezz'ora dopo che ti ho portato a letto.- disse il padre.

La coda di Trunks aveva inconsciamente cominciato ad ondeggiare alle sue spalle, facendo intuire il suo stato di tranquillità.

-Papà?- lo chiamo.

L'altro non rispose invitandolo a continuare.

-Giochi con me alla play?-

Alzò un sopracciglio leggermente sorpreso. Non era la prima volta che gli chiedeva di passare del tempo insieme ma ancora si stupiva, insomma non era certo un padre modello.

-Ok-

Il bambino sorrise radioso e si fiondò a fianco al padre accendendo la console e inserendo il gioco.

***

Il suono del campanello era snervante, soprattuto quando nessuno era intenzionato ad aprire. Erano ore che giocavano incessantemente, senza mai staccare gli occhi dallo schermo e se non fosse stato per quel suono continuo avrebbe potuto dire di essersi rilassato.

-Vegeta, puoi andare ad aprire? Ho un secondo da fare.- gridò l'azzurra da chissà quale parte della casa.

L'uomo sbuffò alzando gli occhi al cielo, scaraventò il joystick sul divano e si apprestò ad aprire.

La faccia che gli si parò davanti era l'ultima che si sarebbe aspettato di vedere: un Yamcha sorridente se ne stava imbambolato sull'uscio della porta.

-Ciao Veg..-

Neanche il tempo di terminare la frase che l'altro gli chiuse la porta sul naso.

Trunks osservò il padre tornare al suo posto mentre il campanello riprese a suonare. Siccome aveva intuito che il genitore non avesse nessuna intenzione di alzarsi nuovamente, andò lui stesso ad aprire.

Yamcha si massaggiò il punto colpito e nel mentre la porta si aprì di nuovo, solo che stavolta la persona che vi era davanti era decisamente più bassa e con i capelli glicine.

-Ciao Trunks, tuo padre mi ha chiuso la porta in faccia, ti disp...-

Stessa scena, stessa botta sul naso, stessa reazione. Anche il bambino tornò al suo posto riprendendo il joistyck e continuando a giocare.

Il campanello riprese a suonare per la terza volta, questa volta però entrambi gli occupanti del morbido e costoso mobile non si mossero, costringendo una furiosa Bulma a scendere le scale di corsa.

-Ma è mai possibile che nessuno si sia degnato di aprire!?!-

Arrivò alla porta furibonda e la spalancò pronta a sbraitare contro all'inatteso ospite.

Quando però si trovò la faccia del suo ex ragazzo con tanto di naso rosso per le portate ricevute, la rabbia scomparve capendo il motivo per il quale marito e figlio non fossero andati ad aprire.

-Oh, ciao Yamcha.-

Il ragazzo si accorse solo in quel momento dell'azzurra

-Ciao Bulma, anche tu intendi chiudermi la porta in faccia?-

La donna fece una faccia stralunata, non capendo bene di cosa stesse parlando. Lo invitò ad entrare accorgendosi che i suoi due uomini non avevamo smesso un attimo di giocare. Scosse la testa, almeno erano insieme.

Fece sedere l'amico su una sedia intorno al tavolo e vi si accomodò di fronte, accavallando le lunghe gambe fasciate da un paio di blue jeans.

-Allora, Yamcha, come mai qui? Qualche problema con il padrone di casa?- chiese osservando il borsone che l'amico si portava dietro.

Yamcha sospirò.

-Bulma, devo chiederti un favore...- cominciò.

Si portò una mano dietro il collo in un gesto nervoso.

-Ecco vedi.. Negli ultimi tempi la squadra non sta passando un bel periodo: partite mancate o perse, nessuno sponsor, e quindi niente soldi per noi giocatori. Sono in ritardo con due mesi d'affitto e il padrone di casa mi ha sfrattato. Ho provato a chiedere alloggio alla Kame House ma il Genio mi ha detto che non c'era posto dato che Crili e famiglia si erano trasferiti lì. A Goku non ho neanche provato a chiedere dato il poco spazio in cui vivono. -e sinceramente l'idea di vivere con quell'isterica di Chichi non mi alletta un gran che- Perciò ho pensato di chiedere a te, dato che vivi in una casa grande e siete solo in tre. Che ne dici?- disse tutto d'un fiato.

La donna lo guardò riflettendoci un attimo.

-Va bene, per me non c'è problema. Che ne dici, Vegeta?-

Si rivolse all'uomo che, sapeva, aveva attizzato l'udito nell'esatto momento in cui il “guerriero” aveva messo piedi in casa propria.

Il diretto interessato alzò le spalle.

-Fai come ti pare.- disse semplicemente tornando a concentrarsi sullo schermo.

Non che l'idea di avere quel moscerino tra i piedi per casa lo allettasse, ma avrebbe avuto l'ennesima possibilità per rinfacciargli ciò che aveva perso.

Bulma sbattè le mani sul tavolo alzandosi facendo spaventare l'amico difronte a lei.

-Bene! Allora ti mostro la tua stanza!- esclamò in sua direzione.

Yamcha, ancora spaventato, si limitò ad annuire e seguire la donna su per scale: negli anni non era cambiata di una virgola, sempre caparbia e testarda.

***

Purtroppo per lui tutte le stanze erano al momento inagibili a causa di un'esplosione provocata da un progetto del padre di lei andato male e l'unica disponibile era proprio quella accanto a quella dei due coniugi. La donna borbottò qualcosa sulla poca attenzione del padre quando fa le cose.

-Mi dispiace ma questa è l'unica stanza disponibile, ti avrei messo insieme a Trunks ma il secondo letto che vi era è misteriosamente scomparso- disse l'azzurra sottolineando la parola “misteriosamente” riferendosi forse al figlio o, molto probabilmente, al marito.

Il ragazzo con la cicatrice sul volto sorrise cordiale.

-Non preoccuparti va benissimo! Tanto sarà per il meno tempo possibile, almeno finché non trovo un impiego migliore e riuscirò a pagare l'affitto.- sospirò

-Non ti preoccupare, resta pure quanto vuoi. Se hai bisogno di me chiedi pure.- gli disse allontanandosi e tornando al suo precedente impiego.

***

Si strofinò gli occhi stanchi, tornando a fissare il monitor del portatile. Niente, non riusciva più a connettere i circuiti del cervello e ricavare qualcosa.

-Cosa fai?-

La voce del marito sopraggiunse all'improvviso alle sue spalle, facendola sussultare, ma non di paura. L'uomo emanava un forte odore maschile che, mischiato al sudore post-allenamento, la fece andare in estasi. Inspirò quell'odore forte e rispose.

-Stavo controllando alcuni file di progetti. Non riesco a capire quale di questi possa fruttare di più, sono tutti uguali!-

-Sono contento di constatare che, dopo tutti questi anni, io ti faccia ancora lo stesso effetto.-

Il suo cuore perse un battito: oh Kami, quanto amava quando parlava così! Non aveva idea di cosa rispondere, il cervello si era improvvisamente annebbiato e non era in grado di formare un pensiero, figuriamoci una frase di senso compiuto.

Lui le spostò i capelli dietro l'orecchio sfiorandola leggermente, quel contatto le bastò per avvampare e girarsi di scatto verso il marito.

Si ritrovarono a pochi millimetri l'uno dall'altro, ghignando lui la baciò sotto gli occhi di uno stupefatto Yamcha.

***

Era arrivato lì per chiedere a Bulma se avesse degli asciugamani puliti da dargli, dato che non ne aveva. Si era ritrovato però, davanti a una scena che avrebbe preferito evitare.

Era arrivato nell'esatto momento in cui Vegeta aveva posato le proprie labbra su quelle delle compagna, nonostante fosse consapevole della sua presenza.

***

Si staccò da lei guardandola negli occhi, trasmettendole parole che non avrebbe mai detto. Si allontanò dalla compagna e si diresse fuori il laboratorio, diretto in camera. Non senza aver prima ghignato in direzione del povero Yamcha che, sconsolato, abbassò la testa sulle proprie scarpe.

Bulma guardò la schiena del marito allontanarsi fin fuori la porta, poi si rivolse a Yamcha

-Volevi qualcosa?- gli chiese.

Il ragazzo alzò lo sguardo e fece mente locale: perché era lì?

-Volevo chiederti se avevi degli asciugamani puliti da darmi..-

La donna lo guardò un momento e gli rispose

-In lavanderia ce ne dovrebbero essere di puliti. Controlla lì.- 

L'altro annuì e tornò sui suoi passi rimuginando: quando stavano insieme lui poteva baciarla solo in determinate occasioni, dato che quasi mai lei voleva effusioni in pubblico o quando stava lavorando o quando aveva la luna girata. Invece quel troglodita che aveva scelto per marito poteva baciarla come e quando voleva, senza che lei gli dicesse nulla. Sbuffando cacciò via quei pensieri e si diresse in lavanderia.

***

Aveva abbandonato l'idea di continuare a lavorare, dato che oltre alla stanchezza ci si era messo anche il compagno che, spinto da chissà quale viaggio mentale, aveva deciso di andarla a trovare dopo aver terminato l'allenamento, come se non sapesse che il suo odore mischiato al sudore la mandava in palla, così di punto in bianco.

Si era dunque buttata su un libro di dolci, aveva intenzione di preparare qualcosa di sfizioso per il suo palato e quello dei suoi uomini. Ma anche quell'idea fu presto buttata nel cestino.

Una folata di menta e bagnoschiuma le invase le narici prima che anche la voce profonda del proprietario la raggiungesse.

-Cosa fai?- le chiese in un soffio.

L'azzurra rabbrividì al contatto del fiato caldo del marito con la pelle delicata del collo, lasciato scoperto dalla maglietta con scollo a V che portava. Il forte odore di menta del suo alito gli inondò le narici dandole un senso di vertigine. Strinse le cosce d'istinto trattenendosi dalla voglia di saltargli addosso. Si era appena fatto la doccia si sentiva. Diamine! Da quando gli interessava cosa stesse facendo?

D'altro canto l'uomo sorrise alla reazione di Bulma constatando, ancora una volta, che qualunque cosa facesse riusciva a farla rabbrividire di piacere, mandando a benedire qualsiasi raziocino.

E l'ennesimo tentativo di distrarsi facendo qualcosa andò a farsi un giro, quell'uomo era un asso nella provocazione.

Per fortuna Yamcha entrò in quell'istante, impedendo alla donna di saltare addosso al marito. Quando si accorse della scena che aveva disturbato si pentì amaramente di non essere rimasto in camera sua a fare qualcosa di più costruttivo, piuttosto che disturbare continuamente la coppia: era sicuro che Vegeta prima o poi l'avrebbe incenerito, o ,se non l'avesse fatto lui, ci avrebbe pensato Bulma a ucciderlo per aver interrotto più volte i suoi momenti intimi.

Fissato, male da Bulma e indifferente da Vegeta, si diresse verso il frigo e ne tirò fuori una bottiglia d'acqua per poi tornare, quasi correndo, in camera propria con l'intento di restarci almeno fino alla fine della giornata.

Vegeta tornò in posizione eretta fissando il punto dove era scomparso il loro “ospite”(non gradito aggiungerei). Avvertendo gli occhi della moglie fagli una radio grafia, come se fosse la prima volta che lo vedeva, si girò.

L'azzurra arrossì come un adolescente, si chiese mentalmente se, stando con Yamcha, aveva bypassato quella tappa o se, semplicemente, il suo uomo fosse talmente tanto attraente da farla sentire una ragazzina alla prima cotta. Borbottò qualcosa di incomprensibile riguardo la bellezza del “bello e dannato” e si alzò andando a recuperare il cordless appoggiato sul ripiano della cucina; ormai non sarebbe più riuscita a concentrarsi su niente che non fosse stato il fisico perfetto dell'uomo al suo fianco, quindi preparare qualcosa di commestibile per cena era pressappoco impossibile. Chiamò la pizzeria di fiducia e ne ordinò due dozzine a gusti vari, avere due Saiyan in casa non era una cosa facile.

***

Il ragazzino entrò in cucina alla ricerca di cibo per il suo stomaco dolente, non aveva toccato cibo da quella mattina, il quale era poi finito nel water del bagno scolastico. Nonostante avesse dato di stomaco più volte quel giorno, niente e nessuno gli impedì di ingurgitare sei pezzi di pizza uno dietro l'altro.

Si accomodò ai piedi del divano, dove il padre stava seduto divorando elegantemente la terza pizza guardando distrattamente la televisione, i programmi terrestri non gli interessavano gran che.

-Pizza, stasera?- chiese ovvia una voce.

Yamcha si avvicinò al tavolo e prese un pezzo della pizza contenuta nel cartone posto distrattamente lì sopra. Fu tentato di sedersi sul divano come era solito fare al tempo in cui viveva lì ma la vista dell'occupante lo convinse a non riprendere quella vecchia abitudine, perciò afferrò una sedia e si posizionò poco più avanti. Osservò la scena prettamente familiare che gli si parò davanti: Vegeta e Trunks avevano cominciato a parlare in una lingua a lui sconosciuta, forse la lingua natale del suo pianeta; Bulma era seduta poco più in là che fissava fuori dalla finestra pensierosa, chissà a cosa pensava.

***

Continuava ad osservare le gocce che scendevano sul vetro, ascoltando quei tuoni che la terrorizzavano tanto, immersa nei suoi pensieri.

Era qualche giorno che sentiva qualcosa mancare, si sentiva un strana, cose se ci fosse qualcosa che volesse, ma cosa? Sbuffò irritata, tutto ciò era cominciato una settimana fa quando lei e la madre, andando in giro per negozi, avevano incrociato una donna col pancione che non riusciva a raccogliere le chiavi dell'auto che le erano cadute. L'aveva aiutata a raccoglierle e poi si erano messe a chiacchierare come due vecchie amiche, nonostante non si conoscessero. Aveva cominciato a ricordare la gravidanza di Trunks, alla paura di diventare madre e alla gioia di stringere quel batuffolo lilla provvisto di una singolare coda. Un senso di inquietudine l'aveva colta quando si era resa conto che il suo bambino stava crescendo e un pensiero le era apparso in mente veloce come un lampo. Sospirò, ormai erano giorni che ci rifletteva ed ormai era sicura di ciò che volesse, il problema era dirlo a Vegeta, non sapeva come il Saiyan avrebbe reagito alla sua richiesta. Si accigliò leggermente, di certo non sarebbe scappato a gambe levate come la prima volta. Vero?

***

I suoi occhi azzurri avevano cominciato ad appannarsi, non capiva più molto bene ciò che lo schermo gli trasmetteva e anche le sue dita, ancorate al joystick, avevano cominciato a non rispondere come voleva.

Vegeta osservò il figlio al quale si chiudevano gli occhi, guardò istintivamente l'orologio appeso alla parete lì accanto: le 22:30, per il bambino non era certo un'ora tarda dato che più volte durante i weekend si erano attardati fino all'alba attaccati al videogioco, subendosi poi le urla di Bulma. Però, quel giorno non era stato molto bene e non si stupì del fatto che fosse stanco, nonostante avesse dormito sei ore consecutive.Si alzò e spense la console.

Il bambino si riprese leggermente quando sentì il joystick venirgli strappato di mano dal padre e la sua voce autoritaria che gli diceva di andare a letto.

-Ma papà, io non sono stanco..- disse mentre uno sbadiglio gli impedì di dire altro.

-Fila a letto. Il fatto che tu domani non vada a scuola non ti autorizza a rimanere in piedi fino ad un'ora tarda.-

Poteva sembrare un po' brusca come frase, ma non conosceva altro modo di esprimersi.

-Va bene- disse alzandosi dal divano -'Notte papà, ciao Yamcha..-

Poi avvicinandosi alla madre le diede un bacio sulla guancia e augurò anche a lei la buona notte per poi dirigersi al piano superiore diretto nella propria camera.

Sentendosi il terzo incomodo, anche Yamcha si diresse in camera propria augurando una 'buona notte' generale.

Erano rimasti soli. Era il momento buono per parlare. Si alzò dalla sua postazione e si andò a sedere accanto a marito che stava osservando il telegiornale notturno trasmesso. Lei prese il telecomando e spense la televisione, ottenendo l'attenzione dell'uomo che si voltò verso di lei.

-Avanti, che vuoi?- le chiese.

-Come fai a sapere che voglio qualcosa?- gli chiese di rimando l'azzurra.

Lui si voltò verso l'elettrodomestico davanti a lui, attendendo qualche secondo prima di rispondere.

-Ogni volta che, invece di guardarla, la spegni hai sempre qualcosa da chiedermi.- disse.

Lei ci pensò un attimo poi constatò che il marito avesse ragione, non era cambiata di una virgola in quegli anni.

Sospirò e si preparò a ripetere quel discorso che si era preparata mentalmente

-E' un po' di tempo che ci sto pensando, Trunks sta crescendo, ormai ha dieci anni ed è autonomo. Ed io comincio a sentirmi un po' inutile, ho un vuoto che non riesco a colmare.-

L'uomo si voltò a guardarla con attenzione, quel discorso non gli quadrava: che razza di vuoto aveva che l'amore che provavano reciprocamente non potesse riempire!? La fissò negli occhi attendendo che continuasse.

-Riflettendoci, in questi giorni, ho cercato di capirne la causa e il tutto mi ha riportato a qualche settimana fa quando io e mia madre abbiamo aiutato una donna in gravidanza e...-

-Dacci un taglio, Bulma. Arriva al punto.- la interruppe brusco lui. Non gli piacevano i giri di parole, preferiva che gli si dicessero le cose così com'erano senza fronzoli.

L'azzurra prese un respiro profondo e si guardò le mani per evitare di incrociare il suo sguardo.

-Insomma sono arrivata al punto di aver capito di cosa ho bisogno..- Si fermò un attimo sbirciando il volto del compagno accertandosi che la stesse ascoltando. Quando constatò che aveva tutta la sua attenzione continuò riportando lo sguardo sulle sue mani.

-Io..ecco, io volevo chiederti..- la sua voce tremava. Respirò profondamente cercando di calmarsi, gli sembrava di essere tornata indietro nel tempo, quando dieci anni fa gli aveva comunicato di essere incinta.

Però adesso lui era cambiato e tutta questa paura non doveva esserci. Prese un altro respiro profondo e terminò la frase

-Volevo chiederti se potevamo avere un altro figlio. Io voglio un altro bambino.- si corresse non avendo il coraggio di alzare lo sguardo sul marito.

Quando si decise a scrutare il volto tanto amato rimase interdetta: l'uomo aveva le sopracciglia alzate, in un'espressione stupita, e le labbra erano leggermente dischiuse mentre i suoi occhi comunicavano una serie di emozioni e pensieri alla cui maggior parte non avrebbe saputo darvi un nome.

 

Era rimasto sorpreso da quella richiesta, credeva che gli avesse chiesto qualche stupidagine delle sue anche se era troppo nervosa per una richiesta da niente.

Un bambino. Lei voleva un altro bambino, da lui. Si acciglio leggermente, non ci aveva mai pensato in verità, però il pensiero di avere un altro esserino urlante che correva per casa non gli dispiaceva affatto, anzi quasi gli piaceva.

L'azzurra rimase in contemplazione del marito, osservando ogni sua smorfia o cambiamento dei suoi occhi neri. Chissà a cosa stava pensando: si chiese se stesse prendendo in considerazione la proposta o la stava scartando a priori. Aveva sempre rispettato i suoi tempi di assimilamento ma in quel momento il silenzio pesava come non mai, voleva una risposta.

Lui tornò a guardarla con uno strano luccichio negli occhi, che fosse felicità?

-Va bene.-

-È?- gli chiese credendo di non aver capito bene.

-Va bene. Se vuoi avere un altro bambino lo avremmo. Non vedo il problema.- affermò lui tornando a guardare davanti a sé con la solita espressione seria.

Lei gli si buttò addosso costringendolo a sdraiarsi sul divano e a sorreggerla per evitare che cadesse. Lo baciò felice e con amore, il primo tentativo di concepimento avvenne proprio sul quel divano.


Angolo autrice:
Ed ecco il quarto capitolo :D come promesso ho aggiornato piuttosto velocemente dato che avevo cominciato la stesura del capitolo da un po' :3 Ringrazio chi mi segue e chi legge solamente :) 

Tre recensioni sullo stesso capitolo!? Waaaa *-* 


StarDolls95: Ed eccoti di nuovo qui a recensire *-* Ti ringrazio per i complimenti sto crecando di aggiornare con regolarità, in modo da non far aspettare troppo u-u 
Eh si il nostro piccolo ibrido è un po' acciaccato ma per un motivo diverso dalla mia influenza xD Per sua fortuna i geni del padre lo aiutano ad essere immune a quasi tutte le malattie terrestri :3 Spero che continuerai a seguire la storia e a postare recensioni ^-^ Mi fa molto piacere sapere che a qualcuno piace *-* 
Baci.

Aral89: Che bello un'altra fan di Veggy *-* (smettila di chiamarmi Veggyyyyyyyyyy!! nd Vegeta *lo prende dalla maglietta e lo trascina via* nd Bulma) Si ho fantasticato più volte su scene di vita familiare e tra una cosa e l'altra, tra un compito in classe e un altro è venuta fuori questa "cosa" strana xD  Si lo so, Vegeta è un po' OOC ma, come ho già detto e tu hai ridetto, chi ci conferma che con la sua famiglia il gelido Principe dei Saiyan non si sciolga un po'? Sono contenta che ci troviamo d'accordo su questa cosa :D Grazie per i complimenti e spero che continuerai a seguire la storia :3 Kiss :*

Zappa: Non ti preoccupare lo studio fa penare anche me nell'ultimo periodo *anche se mi sono fatta fare la giustificazione da mia madre dato che non avevo studiato per completare il capitolo muahahah*. Si ho messo il nostro carissimo Principe al lavoro u-u Mi sembrava adatto a lui quel ruolo, affianco a su a moglie alla guida dell'azienda più importante del globo! Come anche tu hai detto ha guidato intere azioni militari, ha un cervellone quindi perchè non sfruttarlo? Perchè farlo marcire dentro una scatola cranica ( prevalentemente vuota.. nd Bulma Veramente è Kaaroth quello con la scatola cranica VUOTA. nd Vegeta ?? nd Goku Appunto nd Vegeta) senza sfruttarlo a pieno? Non avrebbe senso. 
Ahahahahah non preoccuparti, il nostro carissimo Vegeta pensa ancora che i terrestri siano sei completi imbecilli *e sinceramente concordo con lui. In quell'anime risultano alquanto idioti* però cerca di sopportarli per amore della moglie *che altrimenti gli toglie cibo, sesso e GR*  avendo poi la sua rivincita ogni qual volta può, usando il cervello (Che Kaaroth non ha. nd Vegeta T-T nd Goku). Oddio non so te ma io come ballerina alla Scala non ce lo vedo proprio o.O te lo immagini in tutù rosa che fa le piroette!? D: Ok lasciamo perdere xD Attendo una tua recensione anche per questo capitolo :3
Un bacio

 


 

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Capitolo 5
*** Never and Forever ***


 Capitolo 5: Never and For Ever

 

Infilò a testa sotto il cuscino nel vano tentativo di riuscire a dormire, se lo premette sulle orecchie. Niente il continuo sbattere proveniente dalla stanza accanto non gli dava tregua. Li aveva sentiti entrare in camera circa un paio d'ore fa, verso l'una e mezza, e da quel momento il continuo rumore causato dallo sbattere della spalliera del letto contro il muro e il cigolio della rete non si erano fermati un attimo. Possibile che dopo due ore non fossero ancora stanchi!?

Prese il cuscino e lo sistemò al suo posto facendoci cadere pesantemente la testa sopra, sospirò. - Quando eravamo insieme dopo venti minuti era già stanca, adesso invece si cimenta nelle maratone!- esclamò sotto voce. Si girò ad osservare la radiosveglia: le 03:45 del mattino.

Si tirò su le coperte fino al viso e si girò dalla parte opposta cercando di dormire, volente o nolente la mattina dopo si sarebbe dovuto svegliare presto.

 

Appoggiò la propria fronte su quella del compagno, sfinita. Erano ore che stavano facendo l'amore, non sapeva bene quante però erano davvero tante, non che si limitassero a dieci minuti di applesso però non sempre si cimentavano in maratone del genere. -Ok voler concepire un altro bambino ma così è un po' esagerato!- scherzò lei. Il moro in compenso sorrise poi la baciò. Erano poche le volte in cui le permetteva di stare sopra di lui, il motivo che lo spingeva a tale gesto era molto semplice: si era accorto fin dalla prima volta che a lei piacesse molto di più stare a cavalcioni su di lui piuttosto che stare sdraiata sotto, perciò, ogni qual volta volesse dimostrare qualcosa, a lei, a se stesso o, come in questo caso, a qualcun altro la faceva stare su di sé in modo da farla gemere più forte.

 

Il trillo della sveglia lo fece destare dal sonno, andò con la mano alla ricerca dell'oggetto ma si sporse troppo e, quando alzò la testa constatando che la sveglia era stata spostata, cadde dal letto. Dolorante si avvicinò al comodino poco distante e con una manata spense l'infernale oggetto chiedendosi chi mai lo potrebbe aver spostato.

Dopo essersi vestito e raccattato la sacca con la divisa uscì dalla camera diretto in cucina dove, sperava, qualcuno avesse preparato la colazione.

Passando davanti la stanza accanto si accorse che la porta era socchiusa, così ne approfittò per sbirciare i due coniugi addormentati: erano sdraiati verso la porta in modo che lei desse la schiena al compagno che la teneva stretta a sé. Notò con leggero disappunto i vestiti sparsi sul pavimento come a testimoniare la foga dei due amanti. Si ritrasse e continuò il proprio percorso.

 

***

 

Continuava a guardare quel foglio davanti a sé non capendoci nulla, per quale assurdo motivo doveva firmare tutte quelle scartoffie? Detestava essere sommerso di fogli da leggere e firmare. Sbuffò e portò la sua attenzione altrove, sulla persona che aveva appena varcato la soglia del salotto, più che persona sembrava un fantasma a dir la verità. Bulma era pallida, i capelli azzurri scompigliati le si appiccicavano al viso sudato, le labbra erano secche e spaccate,e la sua andatura era più simile a quella di uno zombie.

Vegeta osservò la compagna passargli accanto e dirigersi in cucina dove prese un bicchiere d'acqua che bevve tutto d'un sorso per poi riappoggiarlo al lavabo. Erano alcuni giorni che la vedeva un po' debilitata ma non ci aveva fatto molto caso dato che svolgeva le sue mansioni come se niente fosse.

Quel giorno però la vedeva decisamente peggio, le occhiaie profonde e i capelli appiccicati testimoniavano il fatto che non stava molto bene.

Si appoggiò al mobile respirando a fondo. La testa girava un poco mentre lo stomaco faceva i capricci. Spostò lo sguardo sul marito che non aveva ancora distolto lo sguardo da lei, pronto ad intervenire in caso ce ne fosse bisogno. Si andò a sedere al suo fianco appoggiando la testa sulle braccia incrociate sul tavolino sommerso di carte. -Mi sento uno straccio.- disse intuendo la domanda non espressa cella persona seduta al proprio fianco. Alzò la testa dal tavolo -Ho rigettato tre volte da quando mi sono alzata, il mio stomaco non tollera nulla che non sia acqua, forse mi sono beccata qualche maledetto virus intestinale.- respirò profondamente quando il senso di nausea tornò a farle visita. Guardò il marito che aveva riportato lo sguardo sui fogli posti davanti a lui, si sporse oltre la sua spalla e osservò incuriosita ciò che stava tenendo in mano. -Cos'è?- chiese. Lui la guardò un secondo per poi riportare lo sguardo sul pezzo di carta -Resoconti, revisioni ed altra roba che neanche ho letto.- rispose distratto. Però quando si girò verso la sua interlocutrice, ella era scappata in bagno prima di rigettare sul pavimento.

 

Alzò la testa per riprendere fiato e tirò lo sciacquone. Era la terza volta quella mattina, aveva provato di tutto ma nulla aveva fermato quella costante nausea. Prese un respiro profondo e si alzò traballante, appoggiandosi al muro. Si girò verso la porta e scorse il marito appoggiato al muro adiacente. Con passo malfermo uscì dal bagno affiancando il compagno. -Non c'è niente che riesce a far passare questa maledetta nausea!- urlò esasperata. L'uomo alzò lo sguardo su di lei e la squadrò da capo a piedi -Eppure ieri non mi sembrava stessi così. Hai ingurgitato il doppio se non il triplo di ciò che mangi di solito.- le disse. Lei si voltò furente verso il proprio interlocutore -Cosa staresti insinuando? TU mangi dieci volte ciò che mangio io tutti i giorni ad ogni pasto quindi dovresti essere l'ultimo a farmi la predica!- lui continuava a guardarla senza dire nulla -Oggi invece non reggo neanche una brioche! Mi sento uno straccio, e per di più tra qualche giorno mi dovrebbero arrivare le mestruazioni!...Aspetta un attimo..- il suo cervello si mise in moto contando i giorni: due, tre, quattro, cinque.. sei. Aveva un ritardo di sei settimane! La perenne stanchezza, l'appetito aumentato, i continui sbalzi d'umore e infine la nausea di quel giorno. No, non poteva essere. Si voltò verso il marito con sguardo vacuo ancora assorta nei propri pensieri. Si precipitò in cucina osservando i giorni segnati sul calendario, l'ultimo segno rosso era di due mesi precedenti. Si, i suoi calcoli erano esatti.

Tornò di corsa in bagno e frugò nell'armadietto all'interno. Vegeta, incuriosito dal repentino cambiamento della moglie si affacciò ma la porta gli venne malamente chiusa in faccia. Sbuffando seccato tornò in salotto per dedicarsi alla sua precedente occupazione.

 

Se lo rigirò tra le mani più volte controllando le istruzioni sulla scatola per essere sicura: una linea negativo, due linee positivo. Controllò ancora una volta il test e si sedette sul bordo della vasca tenendo ancora tra le dita la scatola. Era positivo, era incinta. Era incinta! Quando ormai aveva perso la speranza il test risultava positivo. Doveva dirlo a lui. Uscì di corsa dal bagno e andò in cerca del compagno. Lo trovò seduto indolente sul divano a non fare niente anche la televisione era spenta. Era il momento adatto. Si sedette al suo fianco aspettando che lui la degnasse di attenzione. -Che vuoi?- le chiese voltandosi verso di lei. Quando vide il suo radioso sorriso alzò impercettibilmente un sopracciglio, era un po' che quel sorriso era scomparso dal suo volto e non gli dispiaceva affatto che fosse ritornato. Afferrò la bottiglia piena d'acqua posta lì a fianco.

Lo guardava sorridendo, sprizzava felicità da tutti i pori. -Devo dirti una cosa importante.- disse. -Che aspetti?- le rispose scorbutico. Lei non ci fece caso e il suo sorriso si allargò ancor di più, ormai lo conosceva, quando faceva così era perché era curioso tanto quanto lei. Gli si mise a cavalcioni sulle gambe e lo guardò dritto negli occhi scuri -Sono incinta.- gli rivelò radiosa.

Fermò la bottiglia a mezz'aria ancor prima di portarla alle labbra. Il cuore del principe mancò un battito, o forse due e alla compagna questo non sfuggì tanto che gli si buttò addosso circondandogli il collo con le braccia. Un altro bambino, avrebbero avuto un altro bambino. Non che la cosa gli dispiacesse ovviamente ma il concetto non era ancora ben concretizzato nella sua testa, insomma ok il fatto di dover concepire un'altra vita ma l'idea che quest'ultima fosse veramente una cosa quantomeno concreta era tutt'alta cosa. Non disse nulla, rimasero così abbracciati in silenzio ad ascoltare ognuno il respiro dell'altro. Era felice, non lo avrebbe mai ammesso a lei o al resto del mondo, ma almeno a se stesso non poteva di certo negarlo.

 

***

Spalancò la porta d'ingresso e buttò il pesante zaino da un lato correndo per la casa precipitandosi in salotto. Strappò di mano il telecomando al precedente occupante e cambiò canale per poi inserire il gioco nella console precedentemente accesa. Gli avevano prestato un gioco appena uscito e lui voleva subito provarlo senza chiedere il parere di chi prima di lui stava osservando la televisore.

Yamcha guardò il bambino sedersi accanto a lui con il joystick in mano prendendo a giocare con il nuovo videogame, inutile provare a smuoverlo e a farsi ridare il telecomando ci avrebbe semplicemente fatto la figura dello stupito. Sconsolato portò la propria attenzione sullo schermo finché un altro abitante della grande casa non fece il suo ingresso nel grande salone. Vegeta si sedette semplicemente sulla poltrona posta lì affianco osservando il figlio che, accortosi della sua presenza, gli aveva illustrato il gioco a grandi linee.

Il genitore sembrava assente, ascoltava ciò che il figlio aveva da dire ma non ne capiva a pieno il significato, i suoi pensieri era altrove. La notizia precedentemente acquisita e i “festeggiamenti” gli avevano dato modo di riflettere su ciò che sarebbe accaduto da lì a nove mesi.

All'ex predone del deserto ciò non sfuggì, aveva notato che il Saiyan era visibilmente rilassato ma era assorto nei propri pensieri, sicuramente lui e Bulma avevano parlato di qualcosa, forse non solo parlato a giudicare dallo sguardo soddisfatto dell'uomo e dal modo tranquillo in cui era seduto lì accanto.

A interrompere il flusso di pensieri di entrambi ci pensò Bulma che, con un sorriso da un orecchio all'altro, si posizionò dietro al marito e gli sussurrò qualcosa che lui, purtroppo, non capì. Vide l'uomo annuire e lei farsi radiosa più di prima. -Ok ascoltatemi bene entrambi, ho una cosa importate da dire.- Trunks mise in pausa il gioco e si voltò verso la madre così come Yamcha, seduto al proprio fianco, si mise in ascolto. Chissà cosa avrebbe detto. Forse aveva terminato un progetto, aveva vinto qualche premio o era semplicemente riuscita in qualcosa per lei importante. Purtroppo la notizia che arrivò alle orecchie di Yamcha fu molto diversa da ciò che si aspettava: -Sono incinta. Aspetto un bambino.-Ecco il mondo gli era crollato addosso, non bastava che avesse ospitato quello scimmione quando era ancora un assassino, che lo avesse sposato e che gli avesse dato un primo figlio, adesso ne avrebbero avuto un altro.

Mentre il “guerriero” si arrovellava il cervello con pensieri masochisti, al mezzosangue sedutogli affianco gli si illuminarono gli occhi: un fratellino! Avrebbe avuto un fratello minore a cui insegnare tutto! Era al settimo cielo, tra tutte le notizie che la madre avesse potuto dargli quella era di certo la migliore. Felice come una pasqua tornò a concentrarsi sul videogame borbottando di tanto in tanto qualcosa riguardante il nascituro.

Bulma non si sarebbe mai aspettata una reazione del genere dal figlio, era euforico di aver presto qualcuno con cui giocare. La reazione opposta fu invece quella del suo ex fidanzato, come aveva immaginato, l'uomo si era rabbuiato e intristito, era pur sempre il suo storico fidanzato e la notizia che lei avrebbe avuto un figlio da un altro uomo non lo aveva di certo reso felice, anche se quell'uomo era il proprio marito e compagno di vita.

Yamcha si alzò e uscì dalla stanza in silenzio sotto lo sguardo dei due coniugi. Bulma lo seguì e lo fermò nel corridoio lontano da orecchie indiscrete -Ehi, che ti è preso?- gli chiese ovvia -Che mi è preso? Che mi è preso!? Tu mi dici che avrai un altro figlio da lui poi hai anche la faccia tosta di chiedermi che mi è preso!?- scattò furente. Bulma incrociò le braccia al petto con fare autoritario -Non pretendo tu faccia i salti di gioia ma che tu sia almeno felice per me.- sospirò -Yamcha, siamo stati insieme tanti anni insieme, però adesso le cose sono cambiate. Sono cresciuta e ho preso una strada diversa dalla tua, ho scelto una persona diversa da te con cui condividere la mia vita.- -Non sono d'accordo sulla scelta che hai fatto. Non credo che lui sia la persona giusta per te.- -Non credo che la tua opinione adesso valga qualcosa.- la donna si voltò di scatto osservando il marito al suo fianco che osservava l'altro dall'alto in basso. -Per quanto tu possa essere in disaccordo con la sua scelta non puoi di certo tornare indietro per una stupidagine.- abbassò lo sguardo sulle proprie scarpe sentendo lo sguardo penetrante del Saiyan su di sé, e lui non era di certo in grado di sostenerlo. Riflettè sulle parole dell'uomo che aveva la sua ex come compagna. In fondo aveva ragione. Sorrise amaramente. Ovvio che aveva ragione. Si voltò e dopo aver annunciato che il giorno dopo avrebbe cambiato aria si diresse in camera propria.

Osservò a lungo il punto in cui il ragazzo era scomparso nella penombra del pomeriggio e sospirò: era proprio quello il problema, Yamcha non sarebbe mai stato in grado di essere un buon marito o un buon padre, era troppo immaturo ancora. E per quanto Vegeta possa sembrare burbero e malvagio era decisamente più maturo del suo ex, forse se non fosse stato così lei non si sarebbe neanche accorta della presenza del Saiyan, o forse no? Si sentì avvolgere da dietro da due braccia muscolose che la tirarono verso il proprietario. Fece appena in tempo a girarsi prima di ritrovarsi incatenata nell'abbraccio di ferro del marito. -Ricordatelo sempre tu sei mia. Non permetterò a niente e nessuno di portarti via da me.- le sussurrò provocandole un brivido: adorava quando parlava in quel modo sensuale. Si alzò sulle punte e, come ringraziamento per essere sempre lì al momento giusto, lo baciò sulle labbra. La stessa cosa valeva per lui, nessuno lo avrebbe mai portato via da lei. Nessuno.

 

Angolo autrice:
Eccomi quiiii!! Vi sono mancata??? *silenzio tombale* Lo prendo come un no...
Coooooomunque si sono in ritardo di un paio di giorni ma il mio ragazzo mi ha portato via un sacco di tempo >.< Anche adesso sono di corsa perchè dice che non gli do abbastanza attenzioni (?????). Quindi credo che questa settimana gli aggiornamenti saranno più lenti. Ringrazio chi ha recensito e anche chi legge soltanto. Alla prossimaaa

Kiss angelo_nero

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Friend and... If it was a girl? ***


 Capitolo 6: Friend and... If it was a girl?


 

Si guardò intorno, osservando ogni minimo dettaglio di quella stanza, ci era entrato si e no un paio di volte. L'occupante era così geloso della propria privacy che faceva entrare solo poche persone nella propria stanza.

Il primo dettaglio che notò fu il colore delle pareti: un bianco candido e impersonale che non aveva nulla a che fare con il fucsia schocking che precedentemente colorava quella stanza ai tempi della sua adolescenza.

Sulle pareti alcune foto di famiglia, del matrimonio e del primogenito sostituivano i vecchi poster di cantanti appesi qua e là. Il grande armadio a muro occupava tutta la parete accanto alla porta mentre il letto matrimoniale, posto al centro della stanza con la spalliera in legno appoggiata alla parete, era la cosa che occupava più spazio. Di fianco, ai due lati, vi erano i comodini su cui sostavano le radiosveglie, alcuni libri, un portatile e un'abjure. Di fronte una grande libreria di legno d'acero, forse molto antica, occupava una parte della parete, piena di libri alcuni sistemati un po' a casaccio.

Spostò lo sguardo sul letto osservando i due occupanti: era incredibile come, dopo tanti anni, dormisse ancora nella stessa identica posizione scomposta, solo che adesso, al posto del cuscino, tra le sue braccia vi era il compagno placidamente addormentato, entrambi coperti fino alla vita da un leggero lenzuolo di lino. Nonostante fosse scoperta, i suoi seni erano nascosti dalla schiena del marito sulla quale premevano.

Alzò un sopracciglio confuso: era ormai maggio inoltrato e dormivano coperti? Alzò le spalle lasciando stare, i ragionamenti non erano per lui, e si diresse alla porta.

Cadde rovinosamente a terra dopo essere inciampato sulla coperta buttata a terra, per fortuna un cuscino posizionato poco più in là attutì la sua caduta, provocando solo un leggero movimento dei due coniugi appisolati nel grande letto. Il moro tirò un sospiro di sollievo pensando che, se avesse svegliato l'uomo, avrebbe rischiato veramente la vita questa volta. Si sollevò facendo leva con le braccia, cercando di non cadere nuovamente, purtroppo per lui non era giornata: alzandosi, il piede scivolò sul cuscino facendolo ricadere a terra con un tonfo, facendo sobbalzare gli occupanti della stanza.

-Ma che cazz..!?- esclamò. Si sporse oltre il letto osservando il Saiyan minore lottare con le coperte che gli si erano avvinghiate attorno. Alzò un sopracciglio attonito mentre avvertiva la moglie avvicinarsi e sporsi oltre la propria spalla. -Cos'è stato?- chiese l'azzurra ancora mezza addormentata. -Dovresti dire chi è stato- disse accennando all'intruso che era finalmente emerso dalle coperte.

Goku osservò i coniugi, coperti solo dal lenzuolo bianco, squadrarlo attoniti, lei, e accigliati,lui. Cominciò a sudare freddo cercando di guardare in qualsiasi posto per trovare una scusa plausibile -Ecco io.. ehm.. vedi..io volevo..ehm- lo sguardo gli cadde sulla scia di vestiti buttati per la stanza. Arrossì di botto comprendendo la situazione -Ecco io ero venuto per il radar... devo trovare... la scimmia ha... la sfera con le quattro stelle è... Ehm.. Vi aspetto di sotto, a dopo!- borbottò imbarazzato teletrasportandosi fuori dalla stanza coniugale.

Ricadde pesantemente sul cuscino sospirando infastidito -Possibile che debba essere sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato?- gli chiese l'azzurra rimasta a fissare il punto dove l'amico era scomparso.Osservò la moglie per un lungo istante per poi tornare a fissare il soffitto, quel tizio era la sua rovina!
La donna osservò l'uomo sdraiato al suo fianco intuendo i suoi pensieri -E' esasperante vero?- l'altro annuì chiudendo gli occhi, gli stava venendo mal di testa. Possibile che fosse sempre in mezzo ai piedi!? Sentì le morbide labbra di lei poggiarsi sulle proprie dischiudendole. Fece scivolare la lingua nella bocca della compagna poggiando una mano sulla sua schiena nuda, avvicinandola a sé.

Lei sorrise sulle sue labbra intrecciando le lingue e mettendosi a cavalcioni su di lui, avvertì sotto di sè la sua erezione animarsi. Non fece in tempo a dire nulla che si ritrovò incatenata dalle braccia forti del compagno.


***


Diede un morso al biscotto che teneva in mano, l'ennesimo nell'arco di un dieci minuti. Guardò fuori dalla finestra dando un altro morso al biscotto, era circa un'ora e un quarto che era in quella casa ad attendere che gli “sposini” si degnassero di uscire dalla propria camera.

Mrs. Brief era stata così gentile da preparargli uno spuntino con una tazza di latte e tre confezioni di biscotti al cioccolato. La donna si era presentata circa mezz'ora fa con la spesa e i cornetti appena sfornati.

Si voltò sentendo dei passi scendere le scale, tenne lo sguardo puntato in quella direzione finché non vide una testolina lilla spuntare. Avvertì uno spostamento d'aria e quando riportò lo sguardo sul tavolo mancava il pacco di biscotti che stava sgranocchiando, l'ultimo tra l'altro. Alzò di scatto la testa osservando il bambino dare un morso ad uno di essi e tenere il pacco intero nell'altra. -Ehi! Quelli erano miei!- esclamò infastidito. Il glicine si voltò e gli sorrise semplicemente tornando alla sua colazione. -Persino da un bambino ti fai fregare.- l'uomo si voltò verso la voce osservando la figura del Principe dei Saiyan. Se ne stava con una mano nella tasca dei jeans neri mentre con l'altra giocava con le chiavi dell'auto, appoggiato al muro. -Ciao papà!- lo salutò il figlio. L'uomo non rispose, si limitò a fare un cenno con la testa nella sua direzione poi riportò la sua attenzione sull'uomo seduto al tavolo. Mise le chiavi in tasca e si accomodò su una delle tante sedie del tavolo, la più lontana dall' “amico”.

Il ragazzone seguì i suoi movimenti con lo sguardo chiedendosi se quello era lo stesso uomo che, ormai quindici anni fa, atterrò sulla Terra con l'intento di conquistarla. Addentò il biscotto che teneva in mano immerso nei suoi pensieri. Chiese qualcosa all'uomo di fianco a sé, il quale non comprese una sola sillaba. -Prima finisci di masticare poi parli. Oltre che non capire ciò che dici lo spettacolo dentro le tue fauci non mi interessa.- disse disgustato.

Ingiottì il boccone e ripetè la richiesta -Dov'è Bulma? Mi serve il radar cerca sfere.- vide l'altro afferrare una mela dal portafrutta sistemato sul tavolo. -In laboratorio.- disse prima di addentare il frutto.

-Eccomi qui! Era questo che cercavi?- disse l'azzurra entrando nella stanza. Mostrò il radar agli occupanti del tavolino, ai quali si era aggiunto anche il figlio, che continuava a mangiare i biscotti.

Goku mandò giù l'ultimo boccone e si alzò dalla sedia prendendo il radar che l'azzurra gli stava porgendo. -Possibile che tu non abbia altri vestiti?- la guardò interrogativo. -Vai sempre in giro con la stessa tuta sporca. Non hai altri vestiti nel tuo armadio?- continuò.

Si guardò: la sua amata tuta arancione con l'immancabile cintura blu, come i polsini, lo accompagnava dai tempi delle prime avventure e non aveva mai sentito il bisogno di sostituirla. Certo, adesso era piuttosto sporca dopo l'inseguimento con una scimmia troppo dispettosa però non era poi così male,o no? Dopotutto non era l'unico ad indossare la stessa tuta da anni -Cos'ha che non va? A me piace- -E' l'unica cosa che porti, tutti i santi giorni. Non hai mai sentito il bisogno di cambiare abbigliamento?- lo riprese la donna incrociando le braccia al petto. Nonostante l'ingombrante pancione di cinque mesi, che ora mai faceva mostra di sé, risultava autoritaria.

Non capiva perché faceva la predica a lui, quando il proprio marito se ne andava in giro con la battle suite! Si girò a guardare Vegeta seduto indolente al tavolo con la caviglia della gamba destra appoggiata sulla coscia sinistra, inarcò le sopracciglia: il principe non indossava la battle suite come aveva pensato, al contrario portava un paio di jeans neri, una camicia a quadrettoni neri e grigi con le maniche a tre quarti, e un paio di Vans ai piedi. Borbottò qualcosa sottovoce poi salutò la donna che gli stava di fronte e volò via dalla finestra del salotto.

Diede l'ultimo morso alla mela e la gettò nel cestino poco lontano, tirandola. Il bambino seduto al suo fianco la seguì con lo sguardo fin quando essa non cadde nel secchio -Centro!- esclamò come se non lo sapesse già.

Bulma scosse la testa e si andò a sedere di fianco ai due, la madre le posò davanti una tazza di latte caldo e un cornetto caldo. -Grazie, mamma.- la donna sorrise tornando ad occuparsi delle faccende domestiche. Bevve un sorso di latte e diede un morso al cornetto soprappensiero.

 

***

 

Alzava e abbassava la testa velocemente, appuntando calcoli e informazioni sul foglio che teneva tra le mani. Inarcò un sopracciglio osservando con più attenzione il monitor, lesse i propri appunti e corresse gli errori. -Sto fuori città per qualche tempo e ti ritrovo su tutti i giornali! Sei sempre la solita, Brief.- guardò la porta seguendo la voce femminile che le si era rivolta, era piuttosto familiare. -Evelyn!- esclamò correndo in contro alla donna. La castana sorrise -In carne ed ossa!- si abbracciarono a lungo. -Quanto tempo! Dove sei stata in tutti questi anni?- -Un po' di qua un po' di là- rispose vaga. Evelyn era la sua migliore amica dai tempi delle superiori, avevano fatto tutti e cinque gli anni insieme, diventando molto legate. Era stata la prima a sapere del suo progetto di andare alla ricerca delle sfere del drago ed era stata la prima a vedere la sua “conquista” ottenuta durante il viaggio. Dopo il diploma avevano preso strade diverse: Bulma aveva continuato gli studi all'università in città mentre Evelyn partì con la propria famiglia alla volta dell'Europa. Non si erano più viste né sentite.

L'azzurra fece accomodare l'amica sulla sedia davanti al computer mentre lei rimase in piedi appoggiata al tavolino, l'amica la guardò scettica. -Allora è vero che sei incinta! Non tutto ciò che scrivono è una buffonata!- esclamò ridendo. L'azzurra sorrise accarezzandosi il pancione di cinque mesi sotto la leggera maglietta a mezze maniche bianca. -Adesso tu devi raccontarmi per filo e per segno tutto ciò che è successo in tutti questi anni!- la donna ci penso un attimo -Forse è meglio che racconti prima tu, la mia è una storia un po' particolare- le disse lasciandola in sospeso.

Evelyn alzò le spalle e cominciò a raccontare: dopo il diploma si erano diretti in Europa, fermandosi rispettivamente a Parigi, Londra e Roma. In quest'ultima ci rimasero ben 6 mesi, poi si erano spostati a Milano dove lei aveva deciso di continuare a studiare, prendendo legge.

Erano passati anche per Barcellona, Lisbona e Catania ma non si fermarono che qualche giorno. Una volta compiuti 25 anni lei si trasferì a Roma dove incontrò il suo attuale marito, dal quale aveva avuto una bambina.

Bulma rimase in ascolto incantata cercando di paragonarli ai suoi di viaggi, non riuscendoci a pieno. -Una bambina? Quanto ha?- -Sei anni compiuti il mese scorso.- rispose la castana sorridendo. -E siete tutti qui in Giappone? Tu, tuo marito e la vostra bambina?- chiese curiosa -Si, ci siamo tutti!- disse con il suo leggero accento italiano. -Ma adesso basta parlare di me! Dimmi di te: coma hai incontrato tuo marito? Come vi siete innamorati? Quali avventure hai vissuto? Com'è la tua famiglia? Voglio sapere tutto!- Bulma sorrise nervosa incerta se raccontarle tutto o tralasciare il fatto che la sua famiglia, e la sua cerchi di amici, era composta per metà da alieni. Prese un respiro profondo. -Sei sicura che vuoi sapere tutto?- Evelyn annuì convinta e trepidante. L'azzurra sospirò nuovamente e prese una sedia lì vicino sedendosi di fronte all'amica. -Allora preparati perché sarà una cosa lunga e particolare. Cominciamo dall'inizio: ti ricordi la leggenda sulle sette sfere?- l'altra annuì e Bulma cominciò a raccontare. Partì dal primo incontro con Goku, le raccontò tutto il viaggio alla ricerca delle sfere, di Pilaf, del Fiocco Rosso, del Genio, degli allenamenti, del torneo Tenkaichi, di Al Satan e Junior, tutto. Arrivò velocemente allo scontro con Radish, alla scoperta del figlio di Goku e alla natura aliena del secondo, la morte del suo migliore amico, l'annuncio dell'arrivo dei compagni di Radish, l'allenamento serrato di tutti compreso il piccolo Gohan con Junior e quello di Goku nell'Aldilà, l'arrivo dei due Saiyan, Vegeta e Napa -Aspetta, aspetta! Ma Vegeta non è tuo marito?- chiese Evelyn. -Si, esatto.- rispose -Ma scusa come...?- -Se mi dai un attimo ci arrivo.- prese fiato e continuò il racconto: lo scontro con gli invasori e la paura, il viaggio su Nameck con Gohan e Crili, lo scontro con Freezer e i suoi uomini, l'aiuto inaspettato di Vegeta, l'arrivo di Goku e Junior, il ritorno sulla Terra e l'ospitalità offerta al Saiyan.

Si fermò un attimo, era arrivata al momento in cui la sua storia prendeva una svolta, voleva assicurarsi che l'amica la stesse ascoltando. Evelyn pendeva letteralmente dalle sue labbra mentre cercava di immagazzinare tutte le informazioni senza battere ciglio. Strano, credeva l'avesse scambiata per pazza. -Scommetto che adesso comincia la parte interessante..!- disse la castana. Bulma fece per rispondere ma si limitò ad annuire, mettendo insieme i pezzi di quel periodo duro. -Beh? Che aspetti continua!- la incalzò. Bulma le raccontò a grandi linee l'arrivo di Mirai!Trunks e l'annuncio dei cyborg, Cell e lo scontro furono appena accennati. Le raccontò infine ciò che era successo pochi mesi fa, lo scontro con Majin Bu. Alla fine del racconto riprese fiato e si fermò un attimo osservando Evelyn che apriva bocca per farle una domanda ma poi la richiudeva. -Fammi capire bene: lungo il tuo viaggio alla ricerca delle sette sfere hai incontrato Yamcha, un predone del deserto che cercò di derubarvi, e ti mettesti con lui. Poi dopo questo Lord Congelatore hai scaricato il tuo fidanzato per un principe alieno spietato e senza patria?- l'azzurra annuì, sorpresa dal fatto che non le avesse chiesto nulla sul fatto che stesse con un alieno. Evelyn ci pensò un attimo. -E come sei arrivata a ciò?- -E'?- chiese l'altra presa in contro piede. -Insomma non si passa con uno schiocco di dita dall'amore per un ragazzo all'amore per un altro uomo. Cosa è successo nel mentre?- le chiese. Adesso aveva capito dove volesse andare a parare, voleva sapere lo svolgersi della relazione col Saiyan. Si morse il labbro ripensando a quei momenti, gli ormoni della gravidanza la resero più triste di ciò che sarebbe dovuta essere. -Beh durante i tre anni in attesa dei cyborg mi innamorai inconsapevolmente di lui. Nonostante io sapessi che non era il tipo di persona di cui ci si può innamorare, lo feci ugualmente. Mentre la relazione con Yamcha andava a rotoli il mio amore per Vegeta cresceva fin quando..- sospirò. -Fin quando?- -Fin quando non ci finii a letto. Esperienza senza precedenti certo però mi accorsi che lui non voleva ciò che volevo io. Lui voleva solo il mio corpo mentre io volevo il suo amore. Andammo avanti per mesi prima che mi decisi a dire tutto a Yamcha e a mollarlo, si infuriò naturalmente e non lo sentii per giorni.- -E lui, avendo campo libero, non esitò a saltarti addosso nuovamente e tu non hai potuto fare altro che assecondarlo. Eri troppo innamorata per capire l'enorme errore che stavi commettendo.- disse Evelyn. Bulma annuì soprappensiero, purtroppo l'amore trascinante, passionale e logorante che provava per il Saiyan non era mai scomparso. -Poi? Cosa successe?- ritornò con i piedi per terra. -Rimasi incinta. Quando lo scoprii avevo più paura della sua reazione che del fatto di diventare mamma. Quando glielo dissi mi rispose solamente che non erano affari suoi e che la cosa non gli interessava. Mi si spezzò il cuore a quelle parole, gli urlai addosso tutti gli insulti che conoscevo. Ma lui non si scompose, rimase a fissarmi negli occhi per un tempo lunghissimo, poi si girò e se ne andò.

Nei mesi successivi finimmo a letto altre volte. Poi un giorno sparì e non lo vidi più.

Quando seppi il sesso del nascituro gli lasciai semplicemente un biglietto in camera con scritto che dovevo parlargli. Si presentò davanti la mia stanza terminati gli allenamenti e io gli diedi la notizia sapendo comunque che a lui non importava- ricordava perfettamente quel giorno, non lo avrebbe mai scordato.

 

-Cosa vuoi?- le disse facendola sobbalzare.

Si girò di scatto verso la porta abbandonando il libro che stava leggendo sul letto, cominciando a torturarsi le mani. Come doveva dirglielo?

Il Saiyan restò in attesa fin quando lei non si decise a parlare. -Ecco, oggi ho avuto modo di fare una visita e sapere il sesso del bambino...- cominciò. -So che a te non frega nulla ma hai comunque il diritto di saperlo.- il Saiyan aprì la bocca per dire qualcosa riguardo al fatto che a lui non importava ma fu fermato da lei che gli fece gesto di lasciarla finire. Così richiuse la bocca e si sedette di fianco a lei sul letto.

Bulma avvertì come una scarica elettrica quando le loro mani si sfiorarono. Fece un respiro profondo e continuò -Tuo figlio, nostro figlio è un maschio. Dall'ecografia si è vista persino la coda.- disse più a se stessa che a lui. Non avvertì alcun movimento al suo fianco così si girò a guardarlo. Nei suoi occhi c'era una strana luce, che fosse felice? Lo vide sdraiarsi con le braccia dietro la testa e gli occhi chiusi. -Un maschio..- ghignò soddisfatto, il proprio seme aveva fatto un buon lavoro.

Fissò la donna affianco a lui, loro figlio. Quel bambino era di entrambi quindi anche lei meritava un ringraziamento. La tirò a sé e la baciò. Nonostante l'ingombrante pancione di sei mesi i loro corpi si incastravano perfettamente l'uno all'altro.”

 

-...ma? Bulma mi senti?- la donna si riprese e guardò l'amica di fronte a sé che aspettava il continuo della storia. -Si scusa. Ero soprappensiero.- -Ho notato. E dopo i cyborg la vostra relazione com'è andata? È tornato da te?- l'azzurra sospirò. -All'inizio no. Cioè era tornato a casa però se ne stava rintanato in camera sua uscendo a mala pena per mangiare. Aveva abbandonato persino gli allenamenti. Una sera riuscii finalmente a incontrarlo, gli chiesi che intenzioni avesse, se volesse fare il vegetale* per il resto della vita o se avesse intenzione di prendere una posizione.- sorrise -Sai come mi rispose lui?- Evelyn scosse la testa -Come?- il sorriso della donna si allargò maggiormente. -Mi disse che se dovevo continuare a fare battutacce riguardanti il suo nome se ne sarebbe andato sul momento. Io mi limitai a ridere e a baciarlo.- -Quindi,Trunks giusto? Non era una cosa cercata ma è capitato e basta.- Bulma ci pensò un attimo poi scosse il capo -No, perché la notte in cui l'abbiamo concepito mi disse che sul suo pianeta quando sceglievano una donna, ella doveva essere l'unica che avrebbe dovuto dare loro un bambino. E invece la notte in cui ci rimettemmo insieme mi disse che non era stato un caso che Trunks fosse venuto al mondo, lui le cose le programmava prima non lasciava niente al caso.- spiegò.

Bulma osservò attentamente l'amica, in attesa di una sua qualsiasi reazione ma Evelyn si limitava ad osservare il vuoto davanti a sé come in trans. -Ok- disse tornando con i piedi per terra. Bulma la guardò perplessa piegando leggermente la testa da un lato, si sarebbe aspettata di tutto tranne che un semplice “ok”. Avrebbe dato qualsiasi cosa per sapere cosa passava per la testa dell'amica: insomma le aveva rivelato che si era sposata un alieno, aveva viaggiato per lo spazio e si era scontrata con esseri inimmaginabili, di tutto si sarebbe aspettata tranne che una reazione apatica, come se le avesse detto che era andata dal parrucchiere e aveva fatto la manicure.

Sbattè le palpebre un paio di volte voltandosi verso l'amica di vecchia data. -Ok. Ti aspettavi altro?- -Beh mi aspettavo come minimo che mi tormentassi di domande o che mi credessi pazza oppure, nel peggiore dei casi, che saresti scappata via urlando. E invece hai reagito come se ti avessi raccontato la mia giornata. Non sei sorpresa?- Evelyn alzò le spalle e scosse la testa leggermente facendo svolazzare i lunghi capelli castani. -Ovvio che sono sorpresa, ho un miliardo di domande da farti, ma so sarebbero alquanto inutili e ovvie quindi meglio evitare.- disse. L'azzurra prima la guardò perplessa poi si aprì in un radioso sorriso che coinvolse anche gli occhi.

Un leggero rumore metallico attirò la sua attenzione. Si voltò verso la fonte ma non scorse nessuno se non un robot che svolgeva le proprie mansioni. Si accigliò.

Anche Evelyn sbirciò nella direzione dai cui proveniva il suono ma non vide nessuno. -Che cosa c'è?- chiese alla padrona di casa. Bulma si alzò e si diresse verso l'armadio in silenzio. Lo aprì di scatto e all'interno vi trovò, oltre alla miriade di attrezzi da lavoro e circuiti, un ragazzino dai capelli color glicine. Trunks fissava la madre leggermente terrorizzato, sapeva che non doveva entrare lì dentro di nascosto né tanto meno usare i propri poteri, tranne lo stretto indispensabile, all'interno dell'edificio. Ingiottì la saliva che aveva in bocca e si apprestò a dare spiegazioni -Ecco io.. ehm... dovevo farti firmare questa così sono venuto a cercarti. P-però non ti ho trovato e ho pensato che eri qui così sono entrato. Quando vi ho visto parlare ho preferito aspettare... qui dentro.- disse tutto d'un fiato mostrando il foglio che teneva tra le mani.

Bulma diede un'occhiata veloce al pezzo di carta che il bambino le mostrava. -Perchè queste cose non le fai vedere anche a tuo padre? I genitori sono due!- disse sbuffando. Gli strappò il foglio dalle mani e si allontanò dall'armadio, tornando al tavolo dove l'amica la guardava silenziosa.

Trunks uscì dall'armadio e affiancò la madre -Veramente io stavo cercando papà.. però non l'ho trovato e così ho pensato di chiederti se tu sapessi dov'era.- si giustificò il bambino.-Sono qui.- proferì una voce profonda. Madre, figlio e ospite si girarono contemporaneamente verso la porta del laboratorio: Vegeta sostava sull'uscio con la sua solita posa a braccia incrociate appoggiato al muro.

Evelyn rimase incantata alla vista di quel Dio greco, era perfetto. Ogni singola parte del suo corpo si incastrava perfettamente con l'altra, non c'era nulla fuori posto. La singolare pettinatura a fiamma lo rendeva ancora più attraente di quanto già non fosse e quegli occhi pece erano irresistibili. Dovette ricordarsi che era sposato con la sua migliore amica altrimenti sarebbe stata ore a sbavargli dietro. Si ricompose e l'osservò avvicinarsi al tavolo.

Si staccò dal muro e si avvicinò al tavolo mettendo una mano in tasca. La propria andatura, fiera e regale, non era cambiata negli anni. Osservò le due donne guardarlo incantate e trattenne a stento un ghigno divertito. Si fermò a pochi passi dal figlio -Cos'è che dovevi farmi vedere, Trunks?- chiese al bambino continuando però ad osservare un punto davanti a sé. Il bambino si limitò ad indicare il foglio posto sul tavolo senza proferir parola.

L'uomo buttò uno sguardo al foglio sulla scrivania e la prima cosa che lo colpì fu la sfilza di numeri e il nome del proprio figlio scrittovi sopra, comprese subito di avere davanti un documento piuttosto importante. Fu proprio il bambino al proprio fianco a confermare i suoi pensieri -La pagella di metà quadrimestre. Dovete firmarla entrambi- sottolineo l'ultima parola come a specificare che non fosse una scelta ma un obbligo.

Diede un'occhiata veloce al documento prima di firmalo: una sfilza di otto, nove e un paio di dieci facevano mostra di sé accanto al nome della materia. L'unica pecca in quella perfezione era nell'unica materia in cui avesse sempre dato per scontato il voto nettamente maggiore alla sufficienza.

E invece accanto alla materia “scienze sportive e motorie” l'unico cinque di quella pagella perfetta fece inarcare un sopracciglio al principe, sorpreso da quel voto che stonava decisamente con la natura del ragazzo.

Bulma si voltò verso il bambino -Come mai hai l'insufficienza ad educazione fisica?- gli chiese curiosa. Il glicine sbuffò voltando la testa di lato visibilmente infastidito, si trattenne di descrivere la prof di ginnastica con appellativi poco consoni a un ragazzino della sua età -Perchè quella vecchia strega ce l'ha con me. Nonostante io sia l'unico nell'intera scuola a riuscire ad eseguire i suoi esercizi impossibili, lei si ostina a mettermi l'insufficienza! Dice che non sarebbe corretto nei confronti dei miei compagni.- si accigliò infastidito.

Bulma osservò il bambino: diventava troppo simile al padre quando era infastidito o arrabbiato. Riportò lo sguardo sul foglio che teneva in mano, prese una penna e firmò per poi passarlo al marito che la guardò. Lei lo fulminò con lo sguardo. Vegeta sbuffò e firmò anche lui.

-Non preoccuparti Trunks ai prossimi colloqui ci parlo io con la tua prof. Le faccio passare la voglia di fare l'invidiosa.- disse Bulma al ragazzino il quale alzò le spalle e, dopo aver recuperato il foglio, uscì dalla stanza.

Erano rimasti solo i tre adulti nella stanza ed Evelyn cominciò a sentirsi il terzo incomodo ma prima che potesse dire qualcosa, Vegeta uscì dalla stanza senza una parola. Che tipo strano.

Portò la sua attenzione sull'amica che ancora fissava il punto in cui il marito era scomparso. Schioccò le dita per riportarla alla realtà. -Terra chiama Bulma! Su che pianeta sei?- disse sarcastica. L'azzurra si voltò -Sul pianeta Vegeta..- le rispose. La castana incrociò le braccia al petto. -Questo lo avevo capito. Ma adesso non è tempo di viaggiare per lo spazio con la mente, quindi, per favore, torna sulla Terra. Grazie!- la riprese. L'azzurra annuì e portò la propria attenzione sull'amica. -Anche se, devo ammettere, che un Dio greco a confronto sembrerebbe goffo e impacciato.- continuò Evelyn. La donna sorrise ed incrociò le braccia al petto a sua volta -Già, dopotutto è il principe di una razza guerriera. Cosa ti aspettavi? Un ciccione obeso tutta ciccia e mani unte?- l'altra scoppiò a ridere, si era immaginato di tutto tranne quello e l'immagine dell'uomo super sexy tramutata in quella di un ciccione obeso con le mani unte e il grasso che usciva da ogni parte la fece ridere ancor di più.

-Cos'hai da ridere? Cosa c'è di così divertente?- chiese Bulma. Evelyn cercò di trattenere le risate e le spiegò cos'aveva pensato facendo scoppiare a ridere anche l'amica.

 

***

 

Mise la matita sulla punta del naso mantenendola in equilibrio, appoggiò la testa sulle mani continuando ad osservare fuori dalla finestra, di fronte alla scrivania su cui era seduto.

Qualcuno di fianco a lui sbuffò annoiato, spostando la calcolatrice si accasciò sul libro ancora con la matita in mano. Alzò la testa verso il compagno di giochi che fissava il paesaggio fuori dalla finestra -Trunks! Sono ore che studiamo! Io non ci sto capendo una mazza, perchè non facciamo una pausa?- chiese il figlio di Goku.

Il glicine voltò la testa verso l'interlocutore ancora con la matita in equilibrio sulla punta del naso valutando l'idea di fare un piccolo break. Osservò il libro e il quaderno pieni di appunti e calcoli, la maggior parte non riusciti, in effetti anche lui si era stancato di studiare. Spinse indietro la sedia in modo da farla rimanere in bilico sulle gambe posteriori, allungò il collo e sbirciò la radiosveglia di fianco al letto: le 17:25. Calcolando che si erano messi sui libri alle 15:15 erano più di due ore che stavano con la testa china sul libro di matematica. -Va bene. Comincio ad avere fame e ho bisogno di sgranchirmi un po' i muscoli.- disse tornando composto e stiracchiandosi. Si alzò di scatto facendo cadere la matita dal proprio naso, chiuse il libro e si diresse fuori la stanza seguito a pochi passi da Goten.

Scese le scale con la super velocità di cui era dotato ritrovandosi in un lampo in cucina sotto lo sguardo stupito di Evelyn. Non fece caso alla donna che lo seguiva con lo sguardo e si avvicinò al frigo, lo aprì e ne tirò fuori una quantità enorme di roba. Si mise, poi, a frugare nella credenza tirando fuori tanto cibo che sarebbe bastato per un esercito. -Trunks?- lo chiamò la donna. Il ragazzino tirò appena fuori la testa dalla credenza. -Anche tu sei per metà..ehm..alieno, giusto?- continuò. Il bambino alzò un sopracciglio all'udire quella domanda ovvia -Si. La cosa è ovvia in quanto mio padre lo sia.- che tipa strana. Evelyn abbassò lo sguardo imbarazzata, in effetti aveva fatto una domanda abbastanza ovvia ma non sapeva come iniziare la conversazione. Notò che era tornato a frugare nella credenza, inginocchiato sul pavimento. -E, come dire, la cosa ti piace? Non ti da fastidio essere diverso? Dover nascondere la tua natura?- gli chiese nuovamente. Lo vide bloccarsi un momento e girarsi a guardarla, i suoi occhi scintillavano fieri. Quando tornò ad occuparsi di ciò che stava facendo le rispose -Essere un Saiyan non mi ha mai dato problemi. Anzi me li ha risolti. Certo devo cercare di rivelarmi il meno possibile, sono costretto a non usare i miei poteri davanti a tutti e non posso di certo vantarmi con i miei compagni di essere il figlio del Principe dei Saiyan, però la cosa non mi da fastidio. Credo che ognuno di noi nasconda un piccolo segreto, ecco il mio non è nient'altro che un segreto che pochi sanno.- chiuse gli sportelli e levitò fino agli scaffali superiori tirando fuori un cartone di succo. -Io sono fiero di essere un Saiyan e non cambierei la mia natura per nulla la mondo.- concluse sorridendo.

Evelyn rimase colpita dal discorso, così profondo per un bambino così giovane. -Truuuuunks!! Non ti mangiare tutto!- esclamò il moro entrando nella stanza correndo. Si posizionò sulla prima sedia libera e iniziò a mangiare seguito poco dopo dall'amico che si sedette al suo fianco, più fiero e composto: buon sangue non mente! Essere figlio di un principe e di una donna di successo aveva i suoi pro.

 

***

 

Giochicchiava con le chiavi dell'auto in cerca di un passatempo migliore. Il mollusco era andato via già da qualche settimana e non poteva quindi divertirsi ad umiliarlo. Lanciava le chiavi e le riprendeva non mancando un tiro, fissando dritto davanti a sé la portafinestra che dava sul giardino. Fuori era buio, neanche la luna illuminava quella tetra notte, le nuvole si avvicinavano minacciose all'orizzonte preannunciando un temporale come pochi. Smise di giocare con le chiavi e controllò l'ora sul display del registratore posto sotto il televisore: segnava le 23:10. Sbuffò alzandosi dalla poltrona su cui era comodamente seduto, avvicinandosi alla porta finestra.

La compagna era uscita circa un'ora fa per accompagnare Evelyn in albergo, a sei isolati da lì. Non gli aveva chiesto di accompagnarla e lui non si era di certo offerto, ma adesso che ci ripensava forse avrebbe dovuto accompagnarla, era sola e incinta fuori di notte con un temporale in arrivo. Si accigliò. Da quando si preoccupava per l'incolumità di quella donna? Da sempre, dal momento in cui te ne sei innamorato. Ci mancava pure la sua coscienza adesso! Da quando ne aveva una? Dov'era quando faceva stragi di innocenti sotto ordine di Freezer? Forse sepolta sotto tutta quella merda che si portava dietro.

Il rumore delle chiavi nella serratura lo distolse dai propri pensieri. Bulma entrò in casa mentre fuori il temporale aveva cominciato a rinfrescare la città.

Lanciò le chiavi sul tavolino stizzita, chiuse la porta alle sue spalle e strofinò le scarpe zuppe sul tappeto. Oltre al traffico, causato da un blocco stradale su una strada stretta e a senso unico, ci si era messa anche la pioggia a beffeggiarsi di lei. Normalmente non se la sarebbe presa per quel piccolo inconveniente, ma siccome i suoi ormoni in quel momento erano tutt'altro che normali la cosa non le sarebbe scivolata addosso e, sicuramente, se la sarebbe presa con la prima persona che le fosse capitata a tiro. Scacciò via le scarpe bagnate percorrendo il corridoio a piedi scalzi, si tolse la giacca lasciandola cadere sul pavimento. Entrò il salotto e si lasciò cadere sul divano, poggiando i piedi sul tavolino da caffè li davanti. Sbuffò e poggiò una mano sul pancione portando lo sguardo alla porta finestra dove il compagno la guardava da quando era entrata nella stanza, non si era ancora accorta della sua presenza tanto si confondeva bene con la penombra causata dalla semi-oscurità della stanza. Buttò la testa indietro sulla spalliera del divano sospirando, i capelli umidi le si erano appiccicati al viso e usò le mani per sistemarli. Allungò le braccia in direzione del marito chiedendogli di sedersi accanto a lei.

Alzò gli occhi al cielo comprendendo cosa la donna gli stava chiedendo, si chiese da quanto tempo avesse cominciato ad assecondare le sue richieste assurde e si ricordò che se non l'accontentava diventava isterica. Si sedette sul divano cercando di tenerla il più lontano possibile, quando però vide che aveva appoggiato la testa sulle proprie gambe si rassegnò all'idea che non se la sarebbe più scrollata di dosso.

Sospirò rilassata, amava quei momenti intimi che raramente riuscivano a concedersi, lui era sempre così remissivo alle coccole. Giusto quando era malato si lasciava coccolare un po' di più ma, siccome la sua tempra Saiyan non gli permetteva di ammalarsi facilmente, tranne quando si ammazzava di allenamento finendo mezzo morto steso davanti la porta d'ingresso, la cosa succedeva altrettanto raramente. Alzò lo sguardo incontrando la sua mascella marcata, il suo naso perfetto e i suoi occhi d'ebano che guardavano da tutt'altra parte. Sbattè le palpebre un paio di volte continuando a fissarlo: sorreggeva la testa con una mano il cui gomito era appoggiato al bracciolo del costoso mobilio, l'altro braccio era disteso sulla spalliera come per resistere alla tentazione di fare qualche gesto sconveniente. -Per quanto tempo ancora intendi usarmi come cuscino? Se hai bisogno di sdraiarti usa un letto non me.- le aveva detto scorbutico. Lei sorrise e lo ignorò accoccolandosi maggiormente alle sue gambe, lo conosceva bene. Era decisamente stanca.

Osservò la donna sdraiata su di lui che stava crollando dal sonno. Riportò lo sguardo davanti a sé pensando a quanto stupida e fragile fosse, bastavano quattro gocce a metterla K.O. Una forte luce rischiarò la stanza seguito da un forte boato, sentì sussultare la donna a quel suono e, quando anche la luce saltò, si rannicchiò maggiormente. Stupida, fragile, paurosa umana.

Eppure la ami. Eccola di nuovo, quella stronza della sua coscienza a ricordargli ciò che sapeva già. Mentre la donna tornava a rilassarsi, lui fece scivolare lo sguardo sulla sua figura soffermandosi sui fianchi pronunciati, sul seno pieno di latte e sul ventre rigonfio che ospitava loro figlio. Si ritrovò a constatare che non sapessero ancora il sesso del bambino, per quanto poco gli interessasse, o meglio, per quanto poco volesse fargli ammettere il proprio orgoglio, era curioso di sapere se fosse stato un altro maschio o una femmina. Un femmina, una bambina, tutta coccole e vestiti. Rabbrividì all'idea di doversela vedere con una bambina, ne aveva già una a cui doveva badare. Però l'idea non gli dispiaceva infondo, era pur sempre sua figlia.

Scacciò via quei pensieri scuotendo la testa. Quando abbassò lo sguardo si accorse che la compagna si era addormentata sulle proprie gambe. Sbuffò seccato, andava a finire sempre così.

Si sentì sollevare nel dormiveglia. Riuscì ad aprire leggermente gli occhi per accorgersi che si trovava tra le braccia del Saiyan. Si era addormentata sulle sue gambe e non se n'era neanche accorta. -Vegeta...- sussurrò nel dormiveglia. -... ti amo.- disse prima di tornare tra le braccia di Morfeo. Purtroppo non vide l'uomo sorridere ma udì ciò che lui le disse in un sussurro nell'orecchio. -Ti amo.- sorrise e stavolta si addormentò veramente.




*Si è una battuta pessima ma ci stava per sdrammatizzare xD

Angolo autrice:

Perdonooooooooooooo ç.ç Sono in un enorme ritardo ma avendo avuto il mio ragazzo per una settimana a casa mia e i vari prof alle calcagnia non ho potuto fare di meglio. Chiedo umilmente perdonoooo *si inchina alla giapponese*. Da adesso in poi cencherò di aggiornare regolarmente promesso >.< Ringrazio chi ancora mi segue (Grazieeee ç.ç), chi legge e chi recensisce (*-* vi amo)! Al prossimo capitolo.

un bacio angelo_nero 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Hobby and... It is a girl! ***


 Capitolo 7: Hobby and... It is a girl!

 

 

 

Fissava l'orologio appeso alla parete di fronte con aria minacciosa, come se quello sguardo bastasse a farlo andare più veloce. L'oggetto non intendeva però ubbidire ai propri ordini.

Portò lo sguardo sulle mani intrecciate sul grembo pensando a quanto ancora ci volesse per entrare in quella maledetta stanza. Guardò l'uomo seduto al proprio fianco con le braccia incrociate, visibilmente annoiato.

Aveva insistito affinché fosse presente e lui non se l'era fatto ripetere due volte, ma adesso ,in quella sala completamente bianca con appesi qualche quadro qua e là, rimpiangeva gli allenamenti con Trunks. Sbuffò annoiato portando lo sguardo sulla porta a vetri che dava all'esterno: cosa darebbe per uscire di lì. Si girò verso la propria donna che abbassò lo sguardo imbarazzata riportandolo sulle mani nivee intrecciate tra loro; ecco il motivo per il quale era rinchiuso in quel posto noioso. C'erano altre tre coppie oltre a loro, una delle quali sembrava molto giovane e inesperta, non avranno avuto più di 17-18 anni.

La porta si aprì e ne uscì una donna, con un pancione di otto mesi e con un sorriso da un orecchio all'altro, seguita dal medico. -Mrs. Prince? Vi potete accomodare.- disse.

Bulma annuì ed entrò nella stanza seguita a pochi passi dal marito, imbronciato come sempre.

Il medico la fece sdraiare sul lettino accanto a una macchina per l'ecografia, sollevò la maglietta fin sotto il seno mentre il compagno si sistemava accanto al lettino con (la solita faccia da schiaffi) le mani in tasca e lo sguardo stranamente cupo: che fosse ansioso quanto lei?

Il ginecologo le mise sulla pancia un gel e cominciò a muovere la mano munita di sonda lungo tutto il ventre mentre osservava lo schermo. -Allora vediamo come sta questo bimbo.- disse il medico sorridendo. Spostò ancora la sonda -Polmoni, cuore, mani, piedi e la coda.- Sapeva già che il bambino avrebbe avuto la coda, in quanto era la seconda gravidanza della donna che seguiva, la quale, gli aveva spiegato, a grandi linee, il fatto che fosse ereditaria e che suo marito fosse un po' speciale, quindi non si stupì più di tanto di trovare quell'estremità.

Girò lo schermo verso la coppia in modo che anche loro potessero vedere il feto -Qui c'è la testa, qui i piedi e qui le mani.- disse indicandole con il dito. -La coda... - disse seguendo la sua lunghezza con col dito. Vegeta sorrise constatando che quella singolare appendice dimostrava con ancor più certezza l'appartenenza alla razza Saiyan. -E adesso vediamo se sarai un maschietto o una femminuccia.- il medico spostò la sonda inquadrando le gambine. Sorrise radioso -Mrs. Prince, Mr. Prince, avrete una splendida bambina, è una femmina. Complimenti.- esclamò il medico.

Il sangue si gelò nelle vene di entrambi, una femmina? Avrebbero avuto una bambina.

Bulma portò lo sguardo sul compagno che aveva abbandonato il solito cipiglio lasciando il posto, per un attimo, a un espressione di pura sorpresa. Nemmeno lui si sarebbe aspettato ciò. Nonostante avesse appena saputo di aver concepito una bimba e non un guerriero, potè di certo dichiarare, almeno a se stesso, di essere felice. Che sensazione strana.

L'azzurra fissò il soffitto della stanza: una bambina. Sorrise radiosa, finalmente avrebbe avuto la sua principessa da coccolare!

-Bene, può rivestirsi. Questa è una copia dell'ecografia.-disse il medico porgendo la piccola foto al Saiyan.

Uscirono dalla stanza non appena Bulma si fu ricomposta e avesse salutato il medico. Erano felici. Come lo sarebbero stato per un maschio.

Il principe si ritrovò a pensare che in verità del sesso del bambino non gli importava un gran che, che fosse maschio o femmina l'importante era che stava bene. Sia lei che Bulma.

 

***

 

Fissava la lavagna cercando di comprendere ciò che il professore di informatica avesse scritto. Appuntò qualcosa sul proprio quaderno mentre il prof continuava a spiegare -Per caricare un Vettore c'è bisogno del numero di posti che si vuole occupare in modo che, nella RAM, non venga occupato troppo spazio inutile*- adorava quella materia ma il professore scriveva talmente male che fu costretto ad alzare la mano e chiedere cosa ci fosse scritto.

Al suono della campanella chiuse il libro e si apprestò ad uscire dall'aula, non prima di aver preso dal proprio zaino un panino a tre strati, mentre l'insegnante sbraitava i compiti per il giorno seguente.

Percorse tutto il corridoio oltrepassando quattro classi, salì le scale e si fermò davanti all'aula che riportava la sezione e la classe: 5B. Nonostante quella fosse una scuola media a tutti gli effetti, le classi degli ultimi anni delle scuola elementare di Orange-City erano ospitate all'interno della scuola media, in quanto l'edificio in cui dovevano stare, poteva ospitare massimo tre sezioni fino al quarto anno. Si appoggiò al muro accanto in una posa tipica paterna, in attesa che il suo amico uscisse dalla classe.

-Trunks!- lo chiamò il piccolo Goten dal fondo del corridoio. Il glicine alzò la testa vedendo l'amico venirgli in contro correndo. Si staccò dal muro quando il compagno di mille avventure gli si avvicinò -Come mai non eri in classe?- chiese. -Ci mancava il maestro e ci hanno diviso in altre classi. Sono capitato in seconda C, stavano facendo educazione fisica!- disse entusiasta. Trunks sorrise pensando che a Goten bastava fare un po' di movimento per essere felice, erano bambini dopotutto! -Oh! Ma quello lo finisci?- chiese indicando l'enorme panino che teneva in mano.

Osservò le proprie mani e il ragazzino di fronte che lo guardava implorante. Gli lanciò il panino -Toh! Sei un pozzo senza fondo, non hai già mangiato il tuo?- il moro afferrò la merenda al volo staccandone subito un enorme morso. -Si ma ho ancora fame! Grazie Trunks, sei un amico.- disse a bocca piena guadagnandosi prima un'occhiataccia poi una risata da parte dell'amico.

Fuori il sole di maggio splendeva incontrastato dando modo ai ragazzi di uscire da quell'edificio e godersi il sole mattutino, almeno per quei venti minuti che l'intervallo durava.

I due Saiyan se ne stavano sdraiati sulla poca erba che quel cortile mal mantenuto regalava, guardando il cielo azzurro e godendosi la leggera brezza di primavera. Trunks osservava le nuvole con la mente libera, godendosi semplicemente quel momento di tranquillità come qualunque bambino. Goten, al suo fianco, sgranocchiava un pacco di patatine appena comprato, quel ragazzino era senza fondo. -Ehi Trunks.- lo richiamò. L'altro spostò la testa quel tanto che bastasse per guardarlo in faccia notando una certa inquietudine sulla sua faccia. -Cosa c'è Goten?- il bambino abbassò lo sguardo sul pacchetto di patatine che teneva in mano -Secondo te, cosa sarebbe successo se non fossimo riusciti ad uccidere Kid Bu? Cosa sarebbe successo se i nostri papà non fossero riusciti a prevalere sul mostro?- il glicine si accigliò non capendo il motivo del ragionamento (?? da quando in qua Goten ragiona??) dell'amico. Riportò lo sguardo al cielo limpido ripensando, dopo tanti mesi, a quella terribile esperienza che, anche se per pochi giorni, li aveva fatti crescere troppo velocemente. -Molto probabilmente adesso né noi né il resto del mondo sarebbe vivo. Per non parlare dell'universo.. sarebbe stato distrutto in pochi giorni.- chiuse gli occhi godendosi il torpore del caldo sole. Non voleva ripensarci, ormai era passato, il nemico era stato sconfitto, non vedeva il motivo della preoccupazione dell'amico.

Goten alzò lo sguardo al cielo perdendosi nell'azzurro sconfinato. Qualcosa attirò la sua attenzione -Ehi Trunks! Guarda!- disse indicando al maggiore una nuvola. Trunks si sollevò con le braccia e seguì la direzione che gli indicava. -Non sembra la versione cicciotta di Pual?- disse ridacchiando il moro.

Inclinò la testa da una parte poi dall'altra osservando la nuvola: bhe, si in effetti assomigliava parecchio a un gatto ciccione. La nuvola cambiò forma prendendo le sembianze di una persona a loro ben nota. -Goten guardala adesso, non assomiglia a Crilin?- disse scoppiando a ridere seguito a ruota dall'amico -Si hai ragione!-

Il suono della campanella li distolse dal loro nuovo gioco, avvertendoli dell'inizio della seconda parte della mattinata.

 

***

 

-Sono a casa!- gridò appena varcata la soglia. Un odorino allettante gli inondò le narici costringendolo a raggiungere la cucina, quasi guidato esclusivamente dall'olfatto.

In cucina trovò il padre già seduto a tavola, sicuramente anche lui attirato dall'odorino delizioso, e la madre appoggiata al mobile posto di fianco i fornelli, sui quali sostavano tre o quattro pentole. Con uno scattò si sedette di fianco al padre attendendo pazientemente che gli venisse posto il piatto sotto il muso. Non appena successe vi si fiondò talmente era fame che gli attanagliava lo stomaco.

Dopo aver poggiato una miriande di piatti sul grande tavolo, anche Bulma si sedette di fronte ai due con un sorriso radioso.

Il bambino osservò la madre che gli sorrideva come se avesse vinto alla lotteria -Perchè sorridi mamma?- chiese ingenuo. La donna tornò con i piedi per terra e sorrise al bambino -Perchè oggi ho scoperto che è un femmina. Avrai una sorellina, Trunks.- si bloccò con il cucchiaio a mezz'aria accigliandosi leggermente: avrebbe preferito un fratellino con cui combattere e non una bambina piagnucolona tutta rosa. Alzò le spalle. -Avrei preferito che fosse stato maschio ma anche una sorella mi va bene.- disse prima di tornare a mangiare.

Il sorriso dell'azzurra scemò, si sarebbe aspettata una reazione più gioiosa dal primogenito rispetto a quella apatica più tipica dell'uomo seduto al suo fianco. Spostò lo sguardo proprio su di lui poi sul figlio. Sospirò pesantemente, se fosse continuata così Trunks sarebbe diventato identico al padre.

 

***

 

Aprì la porta del garage respirando a pieni polmoni l'odore di benzina e olio per motori, quanto amava quell'odore. Pensò di essere l'unica donna al mondo a cui piacesse sporcarsi le mani di olio e grasso.

Erano mesi che non metteva mani in qualche ingranaggio inceppato o in un motore fuso; Vegeta le aveva vietato qualsiasi lavoro pesante, compreso armeggiare con i componenti elettrici di qualche aggeggio inventato da lei o dal padre.

Fece il giro dell'enorme stanza osservando ad una ad una le auto che vi erano ospitati: una Audi R8 argento, Audi A3 rossa, Spider McLaren blu elettrico, una Bugatti Veyron nera, una Jean Bugatti nera. Dalla parte opposta sostavano tre moto: Kawasaki Ninja ZX10R blu, una Suzuki GSX-R1000 nera e una Yamaha YZF R1 blu. Passò una mano sul telaio di ognuna. Non le erano mai interessate le moto, prima che arrivasse Vegeta: nei tre anni precedenti i Cyborg aveva scoperto che, oltre ad essere super sexy, intelligente e uno scimmione maleducato, aveva una passione per le due ruote. Le aveva raccontato che, non avendo nulla da fare sul pianeta di Freezer, si era cominciato ad interessare alle moto a circa sedici anni, studiandone tutti i componenti fino a conoscerne ogni particolare, sapeva anche aggiustarle o modificarle.

Così, tutto d'un tratto, aveva rivalutato sia le moto che il Saiyan arrivando anche a regalargliene una: la Suzuki GSX-R1000 nero lucido faceva mostra di sé accostata alle altre due compagne. Non sapeva quanti viaggi aveva fatto su quel mostro d'acciaio insieme al compagno che si divertiva a far rombare il motore. Prese il casco posto lì di fianco, nero con visiera oscurata. Sorrise al pensiero che quello fosse proprio il suo stile.

-Cosa vuoi fare? Non puoi guidarla in quelle condizioni.- l'azzurra si girò. -Infatti guidi tu.- gli rispose porgendogli il casco. L'uomo alzò un sopracciglio non molto convinto della scelta della moglie -Non credo.-

Bulma si girò completamente puntando una mano su un fianco continuando a porgergli il casco. -Oh, andiamo! Non è la prima volta che lo faccio, e non sarà di certo un mezzo Saiyan nel mio ventre ad impedirmelo!- esclamò risoluta con il braccio ancora teso verso il compagno. Era irremovibile, se si metteva in testa una cosa non mollava finché non l'otteneva. Ora che ci pensava su quel punto di vista erano piuttosto simili, entrambi cocciuti e risoluti.“Non si molla finché non lo si ottiene” questo sembrava essere il loro motto.

La donna lo fissava dritto negli occhi, non intenzionata a mollare. -Allora!?- gli chiese impaziente. L'altro sbuffò afferrando malamente il casco: ci doveva pur essere un motivo per il quale l'aveva sposata. Si avvicinò al tavolo posto lì vicino e afferrò un mazzo di chiavi. Salì sulla moto infilandosi il casco seguito da una sorridente Bulma che si posizionò dietro di lui allacciando il casco oscurato sotto il mento, identico a quello del compagno. -Si chiaro: non voglio sentire lamentele sulla velocità o altro! Sei tu che sei voluta salire e non intendo prendermi alcuna responsabilità per la tua incolumità!- le disse mentre il rombo del motore riempiva la stanza. La donna si strinse al corpo marmoreo del Saiyan davanti a lei -Ok!- esclamò.

Alzò gli occhi al cielo chiedendosi cosa avesse fatto di male nella vita per dover sopportare una donna del genere. Ah, giusto, se n'era innamorato. Partì a tutta velocità non appena la porta esterna del garage si aprì.

Sfrecciò sulla strada principale facendo lo slalom tra le auto, rischiando più volte di volte di cadere a terra. Le curve strette erano le sue preferite: poteva piegare la Suzuki fin quasi a toccare l'asfalto con il ginocchio mentre sentiva la stretta della compagna serrarsi e i seni premergli sulla schiena. -Wow!- esclamò lei dopo l'ennesimo sorpasso.

Si fermarono al semaforo rosso, poggiando un piede a terra sostenne la moto mentre aspettava che lo scattare del verde gli desse il via libera. Al loro fianco si mise una Lamborghini rosso fiammante: l'autista abbassò il finestrino dal lato del passeggero e si abbassò gli occhiali da sole ammiccando in direzione dell'azzurra, la quale gli mostrò, molto elegantemente, il medio. Vegeta sghignazzò alla vista della faccia dell'uomo seduto in macchina quando la moglie lo aveva bellamente respinto. -Cosa ridi?- sentì rimbombare all'interno del casco. Erano muniti microfoni e auricolari in modo da poter comunicare facilmente anche in mezzo al traffico. Vegeta rise ancora -Non ti facevo così volgare.- disse sottolineando l'ultima parola. -Quando ci vuole ci vuole.- rispose semplicemente facendo scoppiare il compagno in una risata sincera. -Stai diventando troppo simile a me. Dov'è finita la tua magnanimità terrestre?- le disse continuando a ridacchiare. -É andata a farsi fottere quando ti ho conosciuto.- gli rispose.

Lo sentì ridere ancora sinceramente divertito e con una punta di malignità degna di lui. Dio, come amava quel suono. Tornò a stringersi al suo corpo muscoloso respirando a pieni polmoni il suo odore, oh si, quello si che era un odore di un Uomo con la U maiuscola!

Scattò il verde e Vegeta diede gas alla moto sfrecciando sulla strada, ignorando ogni limite di velocità consentito. I soldi li avevano, se fosse arrivata una multa l'avrebbero pagata senza problemi.

Arrivarono in periferia dove le case scarseggiavano e il verde prevaleva. Percorsero una strada non asfaltata percependo il rumore del terriccio sotto le ruote. Il panorama era meraviglioso anche a quella velocità: gli alberi scorrevano via veloci, le case si confondevano con il manto erboso tanto erano lontane e il fiume che attraversava la campagna si confondeva con l'azzurro del cielo che andava via via a colorarsi di rosa.

Si fermarono su una collina più alta delle altre. Vegeta spese il motore e si tolse il casco abbassando poi il cavalletto del veicolo. Scese dalla moto ed aiutò anche la compagna a fare altrettanto, anch'ella si tolse il casco riavviando i capelli azzurri schiacciati dal casco.

Si sdraiarono all'ombra di un albero centenario osservando il sole scendere oltre l'orizzonte, tingendo il cielo di rosa e di arancio. -Rosso di sera bel tempo di spera- citò Bulma osservando il cielo. Il Saiyan non disse niente, si tirò su a sedere continuando a sorreggersi con le mani.

-Lo preferisco azzurro.- disse all'improvviso. La donna si voltò a guardarlo -Cosa?- -Il cielo, lo preferisco di gran lunga azzurro. È l'unico colore che riesco a tollerare.-

Il cuore prese a battere più velocemente nel petto dell'azzurra comprendendo ciò che lui non le stava dicendo, rimase a fissarlo incantata. Anche lui si voltò guardandola intensamente, poche volte l'aveva guardata in quel modo.

Accostò il proprio volto a quello di lei, percependo il suo avvampare e il cuore battere velocemente. Posò una mano sotto il suo mento fissandola negli occhi -Mi ricorda qualcosa di piacevole.- disse. Poi posò le proprie labbra su quelle di lei che si dischiusero meccanicamente. Un bacio morbido e sensuale coronava quell'unione già ufficializzata da tempo. E mentre il sole spariva all'orizzonte lasciando il posto alle stelle, i due ripresero la moto tornando indietro con la Luna che vegliava su di loro.

 

*appunti di informatica presi dal mio quaderno alquanto disordinato xD il concetto è semplice ma non è facile da spiegare così >.<




Angolo dell'autrice:

Eccomi quiii :D Per la vostra (noia nd Veggy) gioia ^-^ Stavolta sono stata piuttosto veloce ad aggiornare :3 Spero che questo capitolo vi piaccia come è piaciuto a me u.u Vegeta che guida una moto mi esalta molto *^* lo fa molto Bad-Boy *ç* 
Il prossimo capitolo credo sarà pubblicato entro stasera o domani. Lo studio mi sta prosciugando le energie ma cercherò di mantenere la mia puntualità.
Se c'è qualche dubbio, qualcosa che non vi quadra chiedete pure :3
Un rigraziamento speciale a StarDoll95 per aver recensito lo scorso capitolo ^O^, BuddyStorm e coniglietto 94 per aver messo la storia nei preferiti, Giada00 per aver messo la storia nelle ricordate e Aral89, BuddyStorm, cassandra76, daniciao e Elfosnape per aver messo la storia nelle seguite.
Ringrazio vivamente anche chi legge soltanto! 

Una bacione a tutti,

angelo_nero.

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Baby and nightmare ***


Capitolo 8: Baby and nightmare.

 

Muoveva nervosamente la gamba, su e giù come un tic. Continuava ad osservare il pavimento lanciando ogni tanto lo sguardo all'orologio da polso che indossava. Erano passate più di quattro ore da quando era entrata in quella stanza. Si alzò di colpo prendendo a passeggiare nervosamente per la stanza, appoggiandosi poi al muro vicino la finestra.

Il medico le aveva consigliato di ricoverarsi un paio di settimane prima del parto, in quanto era probabile che la bambina decidesse di venire al mondo un po' prima e così era stato.

La notte stessa del giorno del ricovero Bulma era entrata in travaglio con due settimane di anticipo rispetto alla data prestabilita. Ormai erano più di quattro ore che si trovava lì ad attendere che qualcuno gli dicesse qualcosa. Non aveva voluto chiamare nessuno né gli amici né i genitori di lei, la presenza di altra gente gli metteva ancor più agitazione.

-Mr.Prince? Se vuole può entrare, sua moglie sta per partorire.- Non si sarebbe di certo lasciato sfuggire la seconda occasione che gli era stata concessa. Alla nascita del primogenito non aveva assistito direttamente se non come un'ombra. Questa volta voleva poter tenere in braccio la bambina appena nata. Seguì l'infermiere ed entrò.

La stanza era semi-buia con una lampada al neon sul soffitto che puntava sul lettino dove l'azzurra, sfinita, era sdraiata. Le se avvicinò con passo svelto posizionando di fianco al lettino, le accarezzò il viso sudato -Vegeta...- sussurrò. -Sta tranquilla, sono qui.- per una volta il suo fottutissimo orgoglio poteva starsene zitto, adesso lei aveva bisogno di lui.

Con un paio di spinte la bambina venne fuori, gridando a pieni polmoni. Fu presa in braccio dal medico che la posò sul petto della madre che la osservò -Ciao piccola, benvenuta..- la bimba sonnecchiava tranquillamente mentre la codina, ancora sporca di muco e sangue, si muoveva lentamente.

-Ora della nascita?- chiese un'infermiera. Il dottore guardò l'orologio -Le 6.25 del mattino.- l'infermiera appuntò sulla cartella. Poi prese la bambina -Vieni piccola adesso ci diamo una pulita.- detto ciò uscì dalla sala.

Dopo un buon quarto d'ora anche Bulma fu portata in stanza, per poter riposare.

 

 

-

 

Non sapeva che ore erano quando il morso della fame gli attanagliò lo stomaco. Seduto sulla sedia di fianco al letto appoggiò i gomiti sulle ginocchia e la testa sulle mani, era stata la notte più lunga della sua vita. Bulma si era svegliata circa un quarto d'ora fa rimanendo però seduta sul letto a fissare il soffitto. Sentiva che da un momento all'altro le avrebbero portato la bambina, percepiva il suo senso di fame avvertendo il sapore del latte in bocca*. Le era successo anche con Trunks con i primi anni della sua vita.

La porta si aprì e ne entrò un infermiera un po' sovrappeso con una culla. Prese la bimba in braccio -Ehi Bra guarda c'è la mamma. Adesso mangi e rimani con lei per un po'.- disse alla bambina. La porse alla madre ed uscì dalla stanza.

Bra era avvolta in una tutina rosa e bianca con un orsacchiotto disegnato davanti, gli occhi rimasero chiusi anche durante la poppata. -Ma come sei bella, piccolina.- le disse scostando i ciuffi azzurri dal visino. -Ovvio che è bella, è la tua fotocopia.- disse. Bulma sorrise al compagno che si era avvicinato per osservare meglio la bambina. -Devo interpretarlo come un complimento?- l'altro continuava a non guardarla in faccia preferendo soffermarsi sul visino paffuto della neonata. -Interpretalo come vuoi.- le rispose. Quella bambina aveva catturato completamente la sua attenzione.

Finito di mangiare la bimba aprì gli occhi, a entrambi i genitori mancò un battito: gli occhi della bambina erano di un azzurro meraviglioso, leggermente più scuro di quello della madre. Il taglio degli occhi, nonostante fosse femmina, era indubbiamente quello del padre così come lo sguardo. -Prendila.- alzò gli occhi sulla donna. Aveva preso un neonato in braccio pochissime volte e non sapeva se sarebbe stato in grado di tenerla nel modo giusto.

La donna si alzò dal letto e gli porse la bambina. -Prendila. Non è difficile, devi solo stare attento a sostenerle la testa.- lo incoraggiò.

Ancora un po' titubante prese la bimba tra le braccia attento a non farle male. Bra sorrise agitando le braccia e le gambe felice. La sua coda gli si attorcigliò al polso formando una specie di bracciale peloso, fece una specie di sorriso.

La bimba aprì gli occhioni fissandoli in quelli neri del padre come a volerci scrutare dentro, ancora non vedeva se non le ombre. Quando incrociò quegli occhioni azzurri sentì le sue ultime barriere sgretolarsi ad una ad una sotto lo sguardo ceruleo della neonata. Non avrebbe mai immaginato di avvertire quel calore che adesso lo pervadeva, completamente. Era lo stesso calore che aveva provato quando per la prima volta aveva preso in braccio Trunks, o quando aveva poggiato la mano sul suo pancione avvertendo un calcio tirato dal bambino. Questa volta, però, le barriere ad essere infrante non erano una o due ma tutte le restanti, quelle barriere che per trent'anni aveva circondato il proprio cuore non permettendo a nessuno di entrare erano state abbattute prima da Bulma con il suo amore, poi da Trunks con la sua venerazione verso di lui, vedendolo come un uomo indistruttibile, quasi un Dio ed infine da Bra, la neonata che teneva tra le braccia non aveva fatto nulla fuorchè guardarlo. Ed aveva ottenuto la sua più grande vittoria. Tornò con i piedi per terra solo quando il suo stomaco cominciò a brontolare ricordandogli che non mangiava nulla da più di dodici ore.

Bulma rise e riprese la bimba lasciandolo libero -Perchè non vai a mangiare qualcosa? C'è il bar al piano di sotto.- notò che indugiava ad uscire dalla stanza fissando la bambina. -Tranquillo, nessuno porterà via Bra prima di qualche ora.- il Saiyan, colpito in un punto debole, si girò ed uscì dalla stanza senza una parola. Bulma sorrise -Bra hai ottenuto già una grande vittoria, conquistare il cuore di tuo padre non è cosa da tutti.- la bimba continuò a sgambettare irrequieta, era stanca di stare in braccio. -Si,si adesso ti metto nella culla, così puoi riposare tranquillamente.- la mise nella culla ospedaliera con le coperte verdi e un foglio appeso con su scritto nome, cognome, nome della madre, sesso ed ora della nascita. Mise la culla di fianco al letto in modo da avere la bambina sempre sott'occhio.

 

-

 

Fissava il bicchiere davanti a sé colmo di quella bevanda scura che aveva imparato ad amare. Quella si che era stata una notte lunga! Fino a poche ore fa Bulma era incinta e adesso era padre, per la seconda volta. Sospirò pesantemente sentendo tutto il peso della nottata sulle spalle.

Quegli occhioni azzurri lo avevano incantato, nonostante la neonata non vedesse ancora lui era sicuro che gli avesse visto dentro abbattendo ogni singola barriera. Gli stessi occhi che lo avevano fatto innamorare, gli stessi occhi che lo avevano reso orgoglioso, gli stessi occhi che aveva odiato, gli stessi occhi che avevano gli altri due componenti della sua famiglia adesso erano anche su quella bambina che avevano tanto desiderato, senza esserne veramente consapevoli.

-Guarda chi si rivede: Mr. Ho-altre-cose-più-importati-da-fare. Come mai non sei con Bulma?- -Cosa vuoi?- gli chiese. L'altro gli si accomodò di fronte appoggiando lo schienale della sedia al tavolino ed appoggiandovi le braccia. -Niente, scambiare quattro chiacchiere con un amico.- gli rispose sorridendo. Vegeta inarcò un sopracciglio quando vide che si era accomodato senza nessun invito. -Non mi sembra di averti detto che potevi sederti. Cos'è adesso pretendi che ti paghi anche da mangiare?- gli occhi dell'altro si illuminarono mentre chiamava il cameriere e ordinava tutto ciò che il bar possedeva.

Osservò disgustato l'altro che divorava tutto ciò che il cameriere gli aveva portato senza un minimo di decenza in quanto fossero in un bar pubblico. Adesso capiva perché Bulma si era stupita così tanto nel vederlo mangiare la prima volta: lui non divorava ciò che aveva nel piatto a una velocità supersonica usando indipendentemente le mani o le posate.

Appena il troglodita finì di divorare tutto ciò che aveva nel piatto, uscirono dal bar o meglio, Vegeta uscì e Goku gli si accodò mentre ancora finiva di masticare. -Maschio o femmina?- gli chiese all'improvviso. Non udendo risposta accelerò il passo affiancando l'amico che continuava a camminare. -Allora?- -Allora che?- gli rispose scorbutico. -Il bambino è maschio o femmina?- l'altro indugiava a rispondere. -Femmina.- rispose piatto.

Goku bloccò il proprio passo, avrebbe giurato di aver sentito una nota di felicità in quella risposta apatica.

 

-

 

Entrò nel grande edificio guardandosi intorno un po' sperduto. Non sapeva dove andare era decisamente troppo grande per un bambino della sua età. -Ehi ti sei perso piccolo?- Il glicine alzò lo sguardo sulla dottoressa che gli aveva rivolto la parola. -Veramente no, cercavo mia madre.- -Vuoi una mano? Come si chiama la tua mamma?- gli chiese gentilmente la dottoressa sfogliando una cartella. Stava per rispondere quando una voce conosciuta lo colse alle spalle -Trunks. Che ci fai qui?- l'interessato si girò verso il proprio interlocutore incrociando gli occhi scuri del padre. -Sono venuto a trovare la mamma.- rispose semplicemente infilando le mani in tasca. -Ciao Trunks!- il testone di Goku spuntò oltre la spalla del Saiyan maggiore. Infastidito da ciò Vegeta serrò le labbra riprendendo a camminare seguito dal figlio e dallo sgradito ospite.

Senza una parola raggiunsero il piano superiore, Trunks guardò in entrambe le direzioni finché non intravide la figura materna in fondo al corridoio. -Mamma!- urlò correndole incontro. Si fermò proprio di fronte a lei. -Ciao Trunks! Com'è andata a scuola?- gli chiese sorridente. -Una noia mortale ma bene. Dov'è Bra?- l'azzurra gli indicò la vetrata della nursery e il bambino vi si precipitò andando quasi a sbattere contro un infermiera. Il vetro era purtroppo troppo alto per lui e non poteva di certo levitare per surclassare quei pochi centimetri. -Usa questa.- si girò incrociando lo sguardo di un inserviente che gli stava porgendo una sedia. La posizionò appena sotto il vetro ed invitò il bambino a salire per raggiungere la vetrata.

Scrutò ogni singola culla presente nella sala finché non vide l'unica testolina azzurra spuntate dalle coperte verdi. Osservò il visino della bimba constatando la somiglianza con quello della madre, gli occhioni azzurri erano chiusi mentre dormiva placidamente con i pugnetti chiusi. La coda fece capolino dalle coperte e Trunks si meravigliò di vederla, credeva gliel'avessero tagliata subito. Involontariamente fece ondeggiare la propria alle proprie spalle senza pensare al fatto che qualcuno avrebbe potuto vederlo. -Qual'è?- si girò verso il padre del suo migliore amico indicando la prima culla nella seconda fila -Quella lì.- Goku osservò la bambina notando una somiglianza assurda con la madre. -È identica a Bulma..- disse soprappensiero parlando più a se stesso che al bambino. -Somiglia anche molto a papà. Il taglio degli occhi è lo stesso, identico al mio. E poi non credo che la mamma sia nata con la coda quindi un altra cosa a favore di mio padre.- disse sorridendo. Goku osservò il bambino: era decisamente diverso dal ragazzo del futuro che era intervenuto per avvertirli dell'arrivo dei due cyborg. Il Trunks del presente era un bambino spensierato, viziato e con entrambi i genitori accanto, con un futuro spensierato davanti e senza traumi provocati dalla pazzia di uno scienziato troppo vendicativo.

Sorrise ricordando la reazione che aveva avuto quando gli aveva rivelato di essere figlio di Vegeta e di Bulma, quei due che, in quel periodo, a mala pena si erano rivolti la parola sarebbero diventati genitori. Li osservò mentre in mezzo al corridoio parlavano cercando di non toccarsi più del dovuto, adesso avevano anche una bambina!

-Credo tu debba smettere di agitare la coda in quel modo se non vuoi essere fissato dal resto del reparto- disse al bambino di fianco a sé che arrotolò subito la singolare appendice intorno alla vita coprendola con la maglietta.

 

-

 

Il baby-monitor trasmesse la voce urlante e disperata della bambina nella stanza accanto svegliando, per l'ennesima volta quella notte, i genitori che cercavano di addormentarsi.

Mise il cuscino sulle orecchie cercando di ignorare quel suono, buttò un occhio alla sveglia: le 4:07 del mattino. Era la terza volta in due ore che la bambina si svegliava piangendo, non poteva avere fame aveva mangiato un ora fa. Si sedette sul letto poggiando la testa sulle mani assonnata, non c'era modo di addormentarsi, si diresse nella camera della bambina prendendola dalla culla. -Dai Bra, sono le quattro, cerca di dormire su.- continuava a cullare la bimba che piangeva incessantemente. Aveva appena due mesi, si svegliava cinque o sei volte a notte per fame o altro che non riusciva a intuire la maggior parte delle volte. -Riesci o no a farla stare zitta?- l'azzurra non si voltò neanche continuando a cullare la bambina che non cessava di piangere -E' quello che sto cercando di fare.- -Beh a quanto pare non ci stai riuscendo dato che continua a piangere!- alzò la voce di qualche tonalità cercando di surclassare il pianto della bambina che si fece più forte mentre i lacrimoni le solcavano le guance rosee. -Ha le coliche non posso farci niente! E i tuoi lamenti non servono a niente!- cercava di trattenersi, non voleva urlare avrebbe spaventato ancor di più la bambina. -Trova una soluzione! Non la sopporto più!-.

Gli mise la bambina in braccio e tornò in camera -Visto che sei tanto bravo pensaci tu!- urlò dalla stanza accanto. Era stanca, arrabbiata e triste. Non ce la faceva più. Si sedette sul letto sospirando pesantemente.

-Cosa ti è preso adesso?- la voce del compagno la colse di sorpresa ma non si mosse. -Non voglio litigare. Non adesso.- non facevano altro da quando era nata la bambina e le notti insonni non aiutavano. Nervosi, stanchi e irritabili se la prendevano l'una con l'altro senza trovare una soluzione.

Si sedette di fianco la compagna con la bambina ancora in braccio. -Non ce la faccio più. Litighiamo solamente! Non sei l'unico ad essere stanco, anche io vorrei dormire ma avere un bambino comporta anche questo, notti insonni per i primi quattro mesi. Da sola non ce la faccio ho bisogno di una mano. E tu lamentandoti non mi aiuti. Ho bisogno del tuo aiuto.- prese a giocare con la manina della bimba che si era stretta attorno al proprio indice. Almeno adesso non piangeva più.

Non disse una parola continuando a fissare gli occhioni azzurri della propria bambina, si perché quella era anche sua figlia. Passò lo sguardo sulla compagna: gli occhi rossi e lucidi preannunciavano che se non avessero risolto sarebbe scoppiata a piangere. Era una donna forte ma tutto quello stress non lo poteva reggere tutto da sola, erano una coppia e le cose si facevano in due. Era una sua responsabilità come marito e padre, non la poteva lasciare sola, non di nuovo. Poggiò la bimba sul letto e si lasciò cadere all'indietro sul letto cercando di rilassarsi -Se ti do una mano la smetti di frignare ogni notte? Non sopporto le tue lacrime- disse a denti stretti. Sentì semplicemente le labbra di lei posarsi sulle proprie e il gusto salato delle lacrime si mischiava alla saliva. -Promesso- gli disse tra un bacio e l'altro mentre lui le asciugava le lacrime con le dita. -Smettila di piangere non lo sopporto.- le disse col fiato corto.

 

 

Correva per quei lunghi corridoi bui, almeno credeva fosse un corridoio. Non vedeva nulla intorno a sé, non sapeva come vi era finita sapeva solo che doveva correre, senza fermarsi. Il cuore batteva veloce per pompare il sangue più velocemente in tutto il corpo, il respiro era corto e veloce i polmoni sembravano voler esplodere.

Inciampò in qualcosa di invisibile e cadde a terra. Dolorante si rialzò, doveva continuare a correre. Una luce in fondo a quell'antro oscuro le diede la forza di continuare. Non sapeva dove portasse, voleva solo uscire di lì il prima possibile, prima che lui la raggiungesse.

Aumentò la velocità sentendo un brivido correrle lungo la schiena, non era una buona cosa. -Dove scappi principessa?- quella voce! L'avrebbe riconosciuta tra mille anche se in quel momento non riusciva ad associarne un volto.

Sentiva le gambe cedere, la vista appannarsi e il cuore che minacciava di scoppiare ma continuò a correre incessantemente, non voleva che la raggiungesse.

-Eccoti qui principessa. Pensavi veramente di poter scappare?- le era davanti. Si bloccò, non riusciva a muovere un muscolo. Gli occhi di ghiaccio del suo persecutore non la mollarono un attimo e quando sentì la sua mano toccarle il mento provò un moto di repulsione ma non riuscì a staccare gli occhi da quelli dell'altro. Voleva correre dalla parte opposta ma le sue gambe non si mossero di un millimetro, voleva urlare ma dalla sua bocca non uscì alcun suono. Non riusciva a fare nulla di quello che voleva fare.

L'individuo avvicinò il proprio volto a quello di lei stringendo maggiormente la mano che le teneva fermo il viso. -Ci divertiremo ancora io e te.- solo in quel momento un urlo uscì dalle sue labbra, disperato.

 

Aprì gli occhi all'improvviso constatando solo in buio intorno della stanza, alzò lo sguardo e vide il compagno addormentato al proprio fianco con la bambina in mezzo a loro. Sospirò, ancora quello stupido incubo.

Sapeva che non sarebbe riuscita a riaddormentarsi subito così prese la bambina e la riportò nel suo lettino stando attenta a non svegliarla.

Passò nella stanza di Trunks chiudendo la porta rimasta socchiusa solo dopo aver controllato che stesse bene: dormiva come un ghiro con le coperte lanciate da una parte.

Tornò nella propria stanza stando attenta a non fare rumore. Aprì la porta della stanza -Perchè ti sei alzata?- la voce del marito la colse di sorpresa. -Da quanto sei sveglio?- l'uomo aprì gli occhi e fissò la compagna che si era avvicinata. -Da quando hai aperto gli occhi. Cosa ci fai ancora sveglia?- -Ho portato Bra in camera sua.- gli disse semplicemente. Si sdraiò di fianco il compagno voltandogli le spalle, per tutta risposta lui l'abbracciò da dietro stringendola a sé in un abbraccio serrato. -Non è vero. Non ti sei svegliata per questo. Il motivo è un altro.- la donna sbarrò gli occhi, ma come faceva? Che avesse intuito i suoi terrori notturni? Continuava a rimanere in silenzio fin quando sentì un bacio leggero sfiorarle la nuca. Sospirò -Ho avuto un incubo, di nuovo.- disse. Non gli aveva mai parlato di quel sogno, erano anni che non lo faceva più.

Posò un altro bacio leggero sulla capigliatura azzurra che tanto amava. -E?- -Non ti facevo così curioso.- disse amaramente. -Non cambiare discorso.- la riprese lui.

La donna si girò nella sue braccia senza però incrociare il suo sguardo -Ho sognato di essere in un posto completamente buio, neanche uno spiraglio di luce. Quando mi sembrò di essere vicina all'uscita la sua voce mi raggiunse. Cominciai a correre più veloce però lui lo fu di più- continuava a non guardarlo in faccia. Sperava che non le chiedesse a chi si riferisse, non sapeva se fosse stata in grado di raccontare. -Lui chi?- sospirò e ricacciò indietro le lacrime che minacciavano di scendere, non voleva mostrarsi debole davanti a lui. -Quando avevo all'incirca diciassette anni fui violentata da un mio “amico”. Un pomeriggio di fine inverno mi chiese di accompagnarlo a comprare una cosa, ci allontanammo decisamente troppo dal centro della città. Quando me ne accorsi e glielo dissi lui mi rassicurò dicendo “va tutto bene, principessa”.- la sua voce era roca dovuta al non voler piangere. Quel ricordo era ancora vivido nella sua testa. Si schiarì la voce e continuò il racconto. -Arrivammo in uno dei quartieri più malfamati del posto. Entrammo in un pub ed io cominciavo ad aver paura.- -Scusa ma non eri con Yamcha in quel periodo? Dov'era lui in tutto questo?- strinse la stoffa della maglia del compagno in un moto di rabbia. -Ho provato a chiamarlo una miriade di volte ma il suo cellulare risultava sempre irraggiungibile. Ho poi scoperto che era a casa di amici a far baldoria con alcool e fumo.- disse a denti stretti. La cosa ancora bruciava, nonostante il ragazzo abbia più volte provato a chiederle scusa per quell'evento non l'aveva mai perdonato.

Si calmò e continuò il racconto -Mi trascinò in una stanza sudicia che assomigliava ad uno sgabuzzino solo più grande. Puzzava di urina e sperma, il legno del tavolo era marcio, il materasso buttato lì da un lato sudicio di polvere e chissà che altro. Chiuse la porta a chiave e mi sbattè a terra coprendomi la bocca con una mano in modo che non urlassi. Mi violentò più volte e ogni volta mi sussurrava la stessa frase “ci divertiremo io e te”. Sono stata in terapia per anni per provarne ad uscire e pensavo di esserne riuscita, però ogni qualvolta qualcosa mi colpisce emotivamente il ricordo torna a farsi vivo. Quest'incubo mi ha torturata tutte le notti per due anni. Avevo paura di andare a letto. Yamcha non si fece vivo se non dopo un mese dall'accaduto chiedendomi scusa in ginocchio dicendo che aveva perso il cellulare da qualche parte e non aveva avuto modo per contattarla.- sorrise amara -Peccato che quando chiamai lo stesso numero lui rispose.-

Sentì qualcosa bagnargli la maglietta e quando abbassò lo sguardo notò che, sotto la frangetta che le copriva gli occhi, le lacrime scorrevano sul suo volto mentre teneva i denti serrati come i pugni. -Sono rimasta traumatizzata da quell'evento e nonostante lui lo sapesse ha preteso che facessimo sesso a pochi mesi di distanza dall'accaduto. È stato un verme. Oltre a non farsi vedere quando avevo bisogno di lui pretendeva che io rivivessi un incubo solo per far piacere a lui.- la sentì singhiozzare e stringersi di più a lui. La strinse più forte donandole il calore che il gelo di quel ricordo le aveva tolto, tramava, dalla rabbia e dalla paura. Adesso capiva perché quando l'aveva gettata sul letto in quel modo la prima volta aveva quello sguardo spaventato. Digrignò i denti: quel bastardo oltre ad averla fatta soffrire era sparito quando lei ne aveva più bisogno.

Fece scorrere le mani lungo la sua schiena cercando di tranquillizzarla -Tranquilla, tranquilla.- le sussurrò.

Alzò gli occhi azzurri pieni di lacrime verso di lui e dischiuse le labbra in una muta richiesta. Vegeta ammirando quegli occhi in cui amava perdersi, sempre sorridenti e felici, arrossati e tristi non potè far altro che accontentarla: posò le proprie labbra su quelle della donna che serrò le braccia intorno al suo collo trascinandolo sopra di sé, aveva bisogno di sentirlo vicino, fisicamente.

Lui si staccò poggiando la fronte sulla sua -Sicura?- la donna annuì catturando nuovamente le sue labbra -Ti prego, ne ho bisogno.- sussurrò ad un millimetro dalla sue labbra. L'uomo catturò le sue labbra in un bacio disperato, profondo. Sentiva il bisogno della compagna di sentirlo vicino e lui voleva trasmetterle ciò che sentiva.

I vestiti furono di troppo in poco tempo mentre i due amanti si rotolavano tra le lenzuola diventate bollenti, i loro gemiti riempivano la stanza illuminata dall'opaca luce della luna. Le stelle erano le loro uniche spettatrici che assistevano in silenzio all'unione della coppia più improbabile dell'universo intero.

Prima di rilasciare il proprio seme in lei, le morse la spalla, come sempre. Un semplice gesto rude per alcuni ma che costava un grande sacrificio per altri. Con quel segno lui si donava completamente a lei scegliendola come compagna per la vita. Nonostante avesse fatto questa scelta tanti anni fa ogni volta che facevano l'amore lui la rinnovava come pre dimostrarle che non l'avrebbe mai abbandonata, qualsiasi cosa sarebbe successa.

 

*può sembrare una cosa strana ma mia madre, una volta, ha intuito che avessi sete prima ancora che gleilo dicessi. Quando le chiesi come aveva fatto mi disse che aveva sentito il sapore dell'acqua in bocca xD Così l'ho infilata anche qui :

Angolo autrice:

Eccomiiiiiii :D l'ottavo capitolo è concluso :3 sono riuscita a rimanere nei tempi prestabiliti (anche se avrei dovuto studiare matematica D:). Ci ho messo l'anima in questo capitolo specialmente nella seconda parte quindi spero che vi piaccia *-* Anche qui il mio odio per Yamcha e l'inettitudine di Goku spuntano fuori dalla storia regalando qualche momento di comicità e tristezza :D (si non sopporto quel coglione u.u Goku almeno è forte.)  


Risposte alle recensioni:

Aral89: Mi fa piacere che la mi storia ti stia piacendo (?) non so se si può dire però vabbè xD Le recensioni fanno sempre piacere e non ti preoccupare per i capitoli precedenti, a me basta che li hai letti ;)
Anche io amo questa coppia *-* anche se l'ho scoperto tardi (prima ero innamorata di quel tonto di Goku e non ho idea di come io abbia fatto o.O). Beh Vegeta Saiyan o meno è pur sempre un uomo innamorato della propria donna e che ama i propri figli quindi perchè non lasciar trapelare qualcosa di tutto questo amore (senza stravolgere il suo "adorabile" carattere)? Spero leggerai e recensirai anche questo capitolo :D un bacio angelo_nero

Zappa: Ma ciaooo *-* come sempre le tue recensioni mi fanno piegare in due sul letto dalle risate x'D Non ti preoccupare per le recensioni mancate se prefirisci ti avverto io ogni qual volta c'è un aggiornamento ;)
Vegeta è sempre Vegeta u_u un tipo con un sex appeal da far paura! Lo si percepisce ad un miglio di distanza *sbava* 


"All'inizio pensavo che Vegeta avrebbe vaporizzato il medico perchè osava toccare la sua Bulma in una classica scenetta di gelosia." ci avevo pensato anche io però poi ho capito che una scena demenziale avrebbe rovinato la facciata da BELLO E STRONZO di Veggy (non mi chiamare Veggyyyyyyy!! nd Vegeta) xD e noi non vogliamo che lui faccia figure di merda in pubblico vero? u_u 
" ''Mah, sa, mio marito è una scimma, tipo Tarzan. Percui non si preoccupi''." tipo Tarzan? hai una così bassa percezione del nostro principe da paragonarlo a Tarzan? D: ahahhahahah 

"Chissà poi perchè mi sono immaginata: ''Il sangue si gelò nelle vene ad entrambi e Vegeta iniziò una strage''. " ahahahahahahahahha LOL si sarebbe stato da lui XD però non si può fare una strage con sei persone (esclusi Bulma e il medico) solamente non credi? XD Ma come ti vengono certe cose? xD 
"*Eppure mi piace Bra. Sarà per colpa di Pan. Odio Pan. Sono strana, lo so*." non sei strana neanche io sopporto molto Pan, è la classica bambina piagniona e combina guai la degna figlia di Gohan u.u (si lo so sono cattiva con Goku e famiglia ma mi sembrano tutti al quanto idioti XD)
WOW quanti compliementi O//O si cerco sempre di metterci del mio in ogni capitolo, insomma saranno pure per metà alieni ma anche loro dovranno avere una vita a di fuori del combattimento,no!? No? no..? no. Okey xD Non mi piacciono le cose copiate la maggior parte delle storie che leggo sembrano tutte "copia e incolla" l'una dell'altra. Tizio che fa questo, tizia che si dispera un po' di fantasia! Prendo spunto da ciò che leggo e da ciò che vivo nelle mia (noiosa) routin quotidiana (della quale a noi non frega un cazzo nd Veggy). 
"Certo, idiota anche Goku che poteva pensarci prima ad uccidere Buu ma va beh, this is Dragon Ball: un miscuglio di leggerezza, ignoranza e divertimento, da parte di Goku, ovviamente xD" Ovviamente u_u Goku è sempre il solito idiota che vuole salvare la Terra ma poi in realtà passa agli affaracci suoi xD ahahahah poverino un po' mi fa pena. 
"Trunks! Ma fai felice la mamma! Bimbetto del cavolo per non dire di peggio xD E' proprio vero, sta diventando come Vegeta." Trunks è Trunks u.u e per quanto possa essere ancora un bambino, per metà umano, cresciuto su un pianeta diverso da Vegeta-sei e blablablabla rimane pur sempre il figlio del grande, mitico, inimitabile, super sexy (adesso basta! stai esagerando nd Bulma) Principe Vegeta u.u Quindi una punta di malvagità presa dal padre, di testardagine presa dalla madre e intelligenza presa da entrambi ci sarà sempre nel suo carattere. Non si dice sempre che i figli sono il riflesso dei genitori (?)! Ed ecco il piccolo principe Trunks.

"Ci credi che mi sono andata a cercare ogni singola macchina e moto su google? Che lettrice diligente neh? E anche leccaculo, direi. Un Vegeta che guida la moto mi sa molto da Tony Stark. Fico. Ou! Vai piano però, la tua compagna dietro non è mica di ferro. E la frase finale! Potevi essere più esplicito! No, scherzo, andava benissimo così xD Bello lui! Geta :D" ahahahhah calcola che io sono andata scegliermi le moto e auto più fiche che ho trovato su internet xD adoro le moto e vedere Vegeta che ne guida una è nfsukhf,dkaushdadia u-u Piano? Lui? Ma cheeee cascasse il mondo lui deve correre u.u (le pecche di aver passato anni a volare per i pianeti xD). 
é stato il più esplicito possibile! capiscilo pure tu ha un orgoglio da mantenere!

StarDoll95: Le tue recensioni fanno sempre piacere :D anche se potresti sprecare qualche riga in più xD un bacio!

Ringrazio chi legge, chi segue e chi recensisce! :D

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Holidays and relax ***


Capitolo 9: Holidays and relax

 

Posizionò una mano sopra gli occhi per ripararli dal sole che brillava alto nel cielo. Faceva molto caldo ed era umido, l'afa era insopportabile non si respirava quasi. Chiuse la finestra ed accese il condizionatore, guardò le cifre scritte sul display del telecomando; dentro casa c'erano 40° gradi. Poggiò il telecomando sul tavolino da caffè e si diresse in camera per controllare le ultime cose e darsi una sistemata.

Indugiò più del previsto davanti lo specchio osservando la propria figura snella e formosa, il seno pieno ancora colmo di latte, il ventre piatto, il bacino largo e la vita stretta che terminavano con le lunghe gambe che amava mostrare. Si girò da un lato, poi dall'altro continuando ad osservare il fisico perfetto, non intaccato dalla gravidanza, in intimo constatando come era cambiato negli anni, trasformandosi. Sorrise al ricordo del tarlo che la torturava a dodici anni quando ancora non era completamente sviluppata e il suo corpo sembrava più una tavola che un fisico di donna; poi tutto d'un botto, nell'estate fra la prima e la seconda media, il suo fisico era cambiato totalmente, passando da “piatta come una tavola” a “sinuosa come una clessidra” andando avanti con gli anni si era anche alzata così che le gambe lunghe dessero slancio alla figura.

Si avvicinò al grande armadio che divideva con il compagno scegliendo alcuni vestiti che l'avrebbero resa sensuale senza risultare volgare o morire di caldo. Prese un paio di jeans stretti a vita bassa, una maglia a mezze maniche bianca della Jack Daniel's con lo scollo a barchetta, in modo da mettere in risalto le spalle nivee, infilò un paio di decoltè nere di vernice. Fece una piroetta osservando i capelli azzurri svolazzare, afferrò gli orecchini a cerchio e li indossò. Aveva scelto un make up molto semplice: eyeliner e mascara. Preferì non mettere nulla sulle labbra, voleva sbaciucchiare il compagno in tranquillità senza macchiarlo con il rossetto o riempirlo dei brillantini del lucida labbra.

 

***

 

Passava per il corridoio con una bottiglia d'acqua gelata in mano che ogni tanto sorseggiava. Procedeva a passa rilassato, non aveva fretta l'aereo partiva alle 9.45 ed erano appena le sette e mezza. Si fermò sullo stirpe della porta della propria stanza osservando la compagna muoversi velocemente sistemando le ultime cose.

Si sentì afferrare da dietro e due labbra bollenti le si posarono sul collo scoperto -Buon giorno anche a te.- lo prese in giro sottovoce. Si girò tra le sue braccia incatenando le proprie intorno al suo collo sfiorandogli le labbra con le proprie, sentiva l'odore di menta provenire dalla sua bocca e il profumo potente di uomo le inondava le narici. Dio come amava quell'odore, la eccitava. Ed era alquanto strano andare fuori di testa per il semplice profumo di qualcuno, eppure lei ne andava pazza, la eccitava più il suo odore che tutto il resto.

Sentiva il suo profumo alla vaniglia, intenso e delicato allo stesso tempo. Le afferrò i fianchi facendo aderire il suo corpo al proprio, la morbidezza dei suoi seni contro il proprio petto massiccio. Si abbassò leggermente e cercò le sue labbra, catturandole in un bacio profondo.

Sorrise contro le sue labbra, adorava quando si lasciava andare a quei gesti.

 

***

 

La voce metallica proveniente dagli altoparlanti rimbombava per tutto l'aeroporto mentre annunciava i ritardi dei voli o avvisava i passeggeri dell'imminente decollo.

Fuori facevano più di 39° e l'afa non aiutava, per fortuna che all'interno c'era l'aria condizionata. Chiuse gli occhi assaporando quell'aria fresca rigenerarle le membra. Amava l'estate ma in città non si poteva stare.

Si voltò assicurandosi di non essersi persa metà famiglia, Trunks con in spalla il proprio zaino andava pari passo col padre scambiandoci quattro chiacchiere, in una lingua a lei quasi completamente sconosciuta: dopo la vicenda di Majin Bu quei due avevano legato in modo impressionante, complice l'abbraccio padre-figlio pre-morte e la lingua che Vegeta gli aveva insegnato, una lingua che parlava sul proprio pianeta natale e quando era agli ordini di Freezer. Aveva insegnato qualche parola anche a lei, così, per farle intendere di tanto in tanto ciò che dicevano anche se, la maggior parte dei loro discorsi, le risultavano assolutamente incomprensibili per le sue orecchie umane. Sospirò portando lo sguardo sulla bambina che teneva in braccio che mordeva un giocattolo, l'unico ancora sopravvissuto ai suoi scatti d'ira -Tuo padre e tuo fratello a volte sono enigmatici, parlottano sempre tra loro in quella lingua aliena. Per fortuna che ci sei tu, mia piccola principessa.- Bra, sentendosi chiamata in causa, si aprì in uno splendido sorriso quasi del tutto sdentato degno di una bimba di appena sei mesi e mezzo.

Osservò il tabellone posto in alto, il loro volo era appena arrivato ma ci vorranno ancora parecchi minuti prima che possano salire a bordo. Si accomodarono su delle sedie vicino all'uscita in attesa di venire chiamati.

Il sole aveva cominciato a scendere e con lui anche la temperatura, si riusciva finalmente a respirare. Mise la bimba nel portanfan, che aveva appoggiato sulla sedia accanto alla sua, per staccarla dal proprio petto colmo di latte bollente, era luglio infondo.

Trunks si era seduto poche sedie più in là giocando con un videogioco che si era portato appresso, Vegeta era seduto alla sua destra con un gomito sul bracciolo e la testa sulla mano rilassato, in attesa che il loro imbarco venga chiamato.

-I passeggeri del volo BZ648 per Roma Fiumicino sono pregati di avviarsi all'imbarco- la voce metallica rimbombò per l'edificio. La famiglia si avviò verso l'uscita.

 

***

 

Il volò durò dodici ore, per fortuna erano in prima classe la gente lì era poca, gli spazi più ampi e il personale meno invadente. Aveva ascoltato la musica per gran parte del viaggio guardando fuori dal finestrino l'immenso oceano e il grande continente asiatico per poi scorgere, a circa due ore dall'atterraggio, l'Europa. La sorellina, al proprio fianco, aveva dormito per sei ore consecutive, cosa mai successa in quei sei mesi di vita che aveva, poi aveva giocato tranquilla e bevuto dal biberon una miscela di latte e biscotti.

I genitori, dalla parte opposta, avevano parlato per la maggior parte del viaggio, ridendo lei e sorridendo lui. Si erano anche scambiati qualche bacio, nonostante ci fosse altra gente; Vegeta aveva voluto provare a fare quella piccola pazzia, sapeva che a lei sarebbe piaciuto.

Così, senza dire una parola, l'aveva fatto voltare chiamandola per nome e le aveva lasciato un dolce bacio sulle labbra, lasciandola stupita e felice di quei piccoli cambiamenti.

Una volta atterrati recuperarono i bagagli e presero il treno regionale per arrivare ad una delle località marittime più famose della città eterna: Anzio.

Anche sul treno avevano prenotato i posti più costosi e miglior equipaggiati. In un ora e mezza erano davanti l'albergo che li avrebbe ospitati.

La hall dell'hotel a quattro stelle era enorme, non che loro vivessero in uno sputo di casa però quel posto era decisamente grande. -Aspetta qui io vado a prendere la chiave della suite.- disse la donna mettendogli in braccio la bambina. Annuì semplicemente andandosi a sedere sulle poltrone poco più avanti.

Si avvicinò al bancone della resepcion -Cosa posso fare per lei Mrs?- disse sorridendo il portiere. Doveva avere all'incirca cinquant'anni, i capelli brizzolati e un sorriso gentile, quasi paterno. -Ho prenotato una suite all'incirca due mesi fa.- disse l'azzurra. Vide l'uomo maneggiare con il computer -Con che nome ha prenotato?- le chiese senza distogliere lo sguardo dal monitor -Prince.- l'anziano signore scrisse qualcosa sulla testiera. Poi si girò dandole le spalle e prese la chiava magnetica da uno dei tanti ganci. -Ecco qui Mrs Prince. Stanza numero 50, la suite con vista mare più bella che abbiamo- le porse la chiave sorridendo cordiale.

L'azzurra si diresse verso i divanetti osservando nel contempo l'intera hall: i quadri appesi raffiguravano il Tevere o i castelli Romani, alcune immagini di vecchi e immortali cartoon rendevano la stanza più allegra. C'erano tre ascensori abbastanza grandi da ospitare una decina di persone, il bancone occupava un quarto della parete davanti la quale era posto.

Si vide comparire davanti gli occhi una tessera magnetica, alzò lo sguardo incrociando due occhi azzurri -Andiamo?-

La loro suite era al quinto piano dell'albergo. Passò la chiave magnetica nell'apposito lettore ed aprì la porta rimanendo stupita da ciò che vide: era grandissima suite divisa in altre tre stanze, il letto matrimoniale a baldacchino faceva mostra di sé al centro della stanza principale, la grande vetrata posto nella parete di fronte mostrava il favoloso panorama marittimo. Vi erano altre tre porte, Trunks si precipitò nella prima dove vi era scritto in italiano le parole “Camera da letto” scoprendo un'altra stanza con un letto singolo e una culla, anche qui vi era una vetrata che però dava sulla pineta, le pareti colorate di un azzurro pallido trasmettevano tranquillità e pace, vi era anche un impianto stereo degno di nota. Si accigliò quando dedusse che avrebbe dovuto dormire con la sorella.

Nella seconda porta vi era un enorme bagno con tanto di vasca classica e di una Jacuzzi. Il lavabo di ceramica bianca era adornato da piccolini ricami dorati. Le mattonelle erano bianche con fiori blu.

La terza porta dava su una modesta cucina, molto semplice, con mobili ottocenteschi.

Aprì le ante della grande vetrata inspirando a pieni polmoni l'aria salmastra. Uscì sul balcone osservando il panorama con il sole che le batteva sul viso, chiuse gli occhi godendosi l'aria mediterranea.

Qualcuno bussò alla porta così rientrò ed aprì trovandosi davanti due fattorini -Mrs Prince? I vostri bagagli.- aprì appena di più la porta per dare modo ai due di entrare e poggiare le valige sul pavimento. Salutarono cordialmente e uscirono dalla suite. -Chi era?- si girò di scatto colta di sorpresa. Il marito sostava davanti il letto intento ad asciugarsi i capelli con un asciugamano, si era appena fatto una doccia per eliminare lo stress del lungo viaggio e del cambio di fuso orario. Si fermò avvertendo lo sguardo della donna su di sé, fece scivolare l'asciugamano sul collo e osservò l'azzurra in attesa di una risposta alla propria domanda.

Bulma era rimasta incantata, nonostante erano anni che vivevano assieme e lo avesse visto infinite volte in quello stato, ogni volta ne restava affascinata. Indossava un paio di jeans blu con una cintura nera, l'orlo dei boxer si intravedeva dai pantaloni leggermente abbassati. Le goccioline d'acqua scendevano lungo gli addominali mettendoli in risalto. I capelli neri umidi erano leggermente abbassati e un paio di ciocche gli ricadevano sulla fronte spaziosa, dandogli un'aria da ragazzino scapestrato. Passò in rassegna il volto bagnato; le labbra erano leggermente dischiuse, gli occhi neri coperti in parte dalle ciocche brillavano alla luce del sole. Si riscosse dai suoi pensieri non appena incrociò il suo sguardo. -Erano due fattorini, chi hanno portato i bagagli.- disse a bassa voce.

Afferrò la maglietta precedentemente appoggiata sul letto e la infilò. Passò una mano tra i capelli umidi sollevando le ciocche cadute. Una risata infantile attirò la sua attenzione, Bra era seduta sul letto circondata da peluche più grandi di lei, rideva felice tenendo stretto un coniglietto di pezza che le era stato regalato da lui stesso a poco tempo dalla nascita. La osservò accennando un leggero sorriso, non avrebbe mai pensato di poter creare una creatura tanto piccola e indifesa, e soprattuto così somigliante alla madre.

Buttò uno sguardo sull'orologio a parete presente nella stanza, segnava le 17.25 orario italiano ,era tardi per andare in spiaggia e troppo presto per la cena però l'idea di starsene chiusa in camera per altre tre ore non l'attirava molto. Adesso che ci pensava a pochi passi dall'albergo c'era un centro commerciale pieno di negozi ove avrebbero potuto fare un giro, ingannando il tempo in attesa dell'ora di cena. Propose l'idea al marito -Che ne dici di andare a fare un giro qui intorno? Voglio dare un occhiata ai negozi italiani!- disse entusiasta sedendosi accanto a Bra che continuava a torturare il povero coniglio tenendolo dalle orecchie. La prese in braccio, si lasciò cadere supina sul letto e tese le braccia in modo che la bimba la guardasse in faccia, Bra scalciava felice mentre la sua codina, sfuggita al contegno dei pantaloncini, ondeggiava alle sue spalle, le sembrava di volare in quel modo. Ancora non sapeva che appena acquistata la capacità di intendere e volere l'avrebbe fatto veramente, con le proprie forze. Voltò la testa in direzione del compagno attendendo una sua reazione.

Vegeta guardava davanti a sé valutando l'idea di andare ad esplorare i dintorni con i figli al seguito, sicuramente si sarebbero fermati in ogni negozio che riportava qualcosa con un prezzo spropositato o che in vetrina esibiva qualcosa di elettronico e se avesse impedito loro di farlo si sarebbe dovuto subire il muso della moglie per il resto della serata, a cui poi avrebbe chiesto scusa a modo suo. In ogni caso lui avrebbe perso. Era fottuto. -Se proprio devo..- disse noncurante. -Hai sentito Bra? Papà ha detto di sì! Si va a fare shopping! Non vedo l'ora tu sia abbastanza grande per poterci andare insieme.- si era rivolta alla bambina come se potesse veramente comprendere le sue parole.

 

***

 

Non amava andare in giro per negozi, passare ore ed ore alla ricerca del capo giusto, spendere un mucchio di soldi e girare costantemente di negozio in negozio. Per lui era una cosa noiosa ed estenuante, avrebbe preferito ascoltare le chiacchiere puerili della madre di lei piuttosto che passare ore in un centro commerciale. Nonostante ciò gli piaceva vestire bene, indossare qualcosa che gli piaccia, non era questione di vanità semplicemente, essendo un principe allevato come tale, amava apparire al meglio ed essere il migliore in tutto. Fin dai tempi di Freezer disdegnava i guerrieri che, dopo un allenamento o una battaglia, non si lavavano né si cambiavano i vestiti, lasciando una scia di cattivo odore. Era sempre stato un tipo piuttosto pulito, essere mercenario non significa per forza essere sporco e maleodorante per tutta la vita. Conoscendo Bulma questa sua tendenza all'essere “presentabile” era aumentata, quando lei aveva cominciato a comprargli vestiti che gli stavano a pennello il suo senso di perfezione aumentò di colpo. Però non si degnava né di ringraziare né di andare a comprare i vestiti da solo, preferiva indossare ciò che lei gli comprava ed osservare le sue reazioni quando le passava davanti, ottenendo sempre uno sguardo decisamente ammirato, se non lo vedesse nudo ogni notte era sicuro che gli sbaverebbe dietro ogni volta che indossava qualcosa di nuovo.

Amava i negozi italiani, la moda italiana era la migliore. Quasi tutti i suoi vestiti venivano dall'Italia e dall'Europa in generale compreso l'abito bianco che aveva indossato al proprio matrimonio. Adorava vestirsi bene ed essere ammirata, non seguiva però la moda del momento non le piaceva essere uguale alla massa, quindi cercava sempre di distinguersi aggiungendo un tocco personale in tutto ciò che indossava. Aveva notato che, come lei, anche al proprio uomo piaceva vestirsi bene, non indossava mai abiti di misura sbagliata, non accozzava i colori. Nonostante fosse un alieno ex assassino mercenario aveva buon gusto ed era anche molto pulito. Gli piaceva passeggiare con lui. Altro che Yamcha che d'estate andava in giro con i pinocchietti o dei pantaloni sopra il ginocchio, oltre ad essere ridicolmente corti li sceglieva di fantasie inimmaginabili non adatte ad un uomo adulto, si vergognava quando usciva con lui l'estate, aveva provato in tutti i modi a ficcagli in quella testaccia dura un po' di buon gusto ma era stato tutto inutile, lui continuava ad andarsene in giro con i pinocchietti dei supereroi.

Il sole ormai cominciava a tramontare lasciando nel cielo una sfumatura rossastra, la temperatura non era più afosa e si poteva tranquillamente passeggiare senza rischiare un colpo di calore. Camminavano l'uno di fianco all'altra senza toccarsi, non si scambiavano mai gesti d'affetto in pubblico, sapeva che a lui non piacessero e, per quanto lei li amasse, rispettava la sua decisione. Raramente era scappato un bacio, quando ormai quasi tutti si erano dileguati nelle proprie abitazioni e le strade erano deserte. Quasi nessuno aveva avuto prova del loro amore, c'era stato il disperato tentativo di Vegeta di salvarli sacrificandosi in vano, ma non contava poi molto per gli altri, un vero gesto d'affetto tra di loro non lo avevano mai visto. E a loro stava bene così, anche se lei desiderava che, qualche volta, adesso che erano soli a rilassarsi con i bambini, si lasciasse andare.

Le loro mani si sfioravano quando andavano in avanti, una, due, tre volte, l'andatura era identica. Osservò la compagna che guardava dritto davanti a sé con Bra in braccio che si succhiava il pollice, passò lo sguardo sulla propria mano che si sfiorava con quella di lei e un'idea gli balenò in mente per un secondo, inutile fu l'orgoglio che gli urlava addosso, aveva preso la sua decisione. L'ennesima volta che le loro mani si sfiorarono lui prese quella di lei intrecciando le dita in una salda stretta.

Non si scompose quando sentì la sua forte mano stringere delicatamente la propria, la dea interiore faceva le capriole e si esibiva nelle peggio coreografie urlando “finalmente!” con gli occhi a cuoricino, il suo cuore aveva accelerato i battiti e sapeva che lui li percepiva. Sapeva che non doveva comportarsi come il suo cuore, e la sua dea interiore, le suggerivano, rischiava di metterlo in imbarazzo e di farlo chiudere a riccio. Continuava semplicemente a camminare come se niente fosse, come se tutto fosse normale. A pensarci bene era normale che una coppia si tenesse per mano, anche se per loro era una novità, sembrava che le loro mani fossero fatte a posta per intrecciarsi tra loro.

Per fortuna Bra non pesava molto, quindi sorreggerla con un braccio non era difficile, ma anche se fosse pesata il quadruplo lei non si sarebbe lamentata.

Trunks correva di qua e di là soffermandosi sui negozi di videogiochi osservando la vetrina in cerca di qualche gioco che già non possedesse, essere ricchi aveva i suoi pro. Dopo un buon quarto d'ora passato con il naso schiacciato contro il vetro avvertì lo stomaco brontolare, in richiesta di cibo. Adesso che ci pensava era da quella mattina che non metteva nulla sotto i denti quindi era più che normale che avesse fame, per sua fortuna la madre aveva intuito la cosa -Trunks! Torniamo indietro altrimenti rimaniamo senza cena.- il ragazzino staccò la faccia dal vetro e corse in contro ai genitori, non facendo caso alle loro mani intrecciate.

 

***

 

L'hotel offriva un buffet paradisiaco, con ogni piatto italiano possibile ed immaginabile: dalla classica pizza margherita napoletana alla trippa romana, passando per gli spaghetti cacio e pepe e le fettuccine al ragù. Una grande varietà di frutta e verdura adornava il lungo tavolo dandogli quel tocco di colore che, in quell'enorme sala bianca, non guastava.

Era pieno di gente, di ogni nazionalità e ceto sociale, prevalentemente italiani, che si godevano una meritata vacanza dopo il lungo inverno al lavoro, e tedeschi, che visitavano la città eterna per abbronzarsi un po'.

Il loro tavolo era poco distante dalla vetrata, la tovaglia bianca con i ricami dorati dava un tocco regale a quel posto prevalentemente borghese, i bicchieri di cristallo e i piatti di ceramica erano molto eleganti, i tovaglioli dorati erano delle stessa tonalità dei ricami sulla tovaglia. Oltre alle tre sedie c'era anche un seggiolone dove Bra si sarebbe seduta, senza intralciare il pasto dei genitori.

Il buffet dava la possibilità agli stomachi Saiyan di saziarsi senza dare troppo nell'occhio, con il loro appetito spropositato avrebbero sicuramente mangiato in doppio di qualunque essere umano.

 

Bra continuava a bere il suo quarto biberon di latte e biscotti ormai distrutta, mentre gli altri commensali chiacchieravano tra loro. Una ragazza castana si avvicinò al tavolo, subito riconosciuta dai tre -Bulma! Che bello anche tu qui!- esclamò la donna. -Evelyn, che piacere vederti. Si, una vacanza ci vuole dopo un interno anno di lavoro.- disse l'azzurra abbracciando l'amica. -E tu chi sei piccolina?- disse poi rivolgendosi alla bambina sul seggiolone la quale fece un sorriso da cui si intravidero i due incisivi davanti, unici denti spuntati. -Oh, ma hai già i dentini quindi sei grande! Quanto ha?- chiese alla donna. -Sei mesi e mezzo.- le rispose sorridendo. -Sei qui con tutta la tua famiglia?- -Si. Il nostro tavolo è proprio accanto al vostro, poco più giù della seconda anta della vetrata.- rispose continuando a giocare con Bra che rideva felice.

Buttò uno sguardo al tavolo poco più in là dove un uomo di circa quarant'anni e un bambina di non più di sei chiacchieravano felici. -Dov'è Vegeta?- Bulma si destò dai suoi pensieri constatando l'assenza del marito. Fece spallucce conoscendo il suo carattere -Sarà salito in camera, non ama la compagnia della folla.- conosceva bene il carattere chiuso del compagno, preferiva la solitudine o la compagnia di poche persone rispetto alla confusione della folla. -In che stanza siete?- -la n° 50- disse con nonchalance facendosi acchiappare l'indice dalla manina della bimba. -Ma è la suite panoramica! Devi aver speso un patrimonio.- esclamò sorpresa, dimenticando che l'amica era più che benestante, guadagnandosi uno sguardo interrogativo da parte dell'azzurra -No affatto. Tu in che stanza sei?- -la 35. Non è la più bella ma non è nemmeno cosa da poco. Siamo sullo stesso piano.- le rispose la castana. Non era di certo ricca come lei ma poteva vantarsi di permettersi cose che gli altri si sognerebbero, poteva tranquillamente farsi una vacanza in Europa tutti i mesi, come aveva già fatto più volte, senza risentirne economicamente.

La testa di Bra cominciava a ciondolare e Trunks sbadigliò strofinandosi gli occhi -Mamma, sono stanco posso andare da papà?- chiese il bambino. Era per metà alieno, aveva combattuto contro un enorme mostro rosa, aveva rischiato la vita, sopportava estenuanti allenamenti con il padre e amava combattere solo per il gusto di surclassare qualcuno ma era pur sempre un ragazzino di undici anni e come tale sette ore di fuso orario lo buttavano giù rendendolo un bambino come gli altri. -Si, Trunks. Tanto anche Bra è stanca.- disse prendendo la bimba che appoggiò la testa sulla sua spalla mettendosi il pollice in bocca -Veniamo anche noi, tanto siamo sullo stesso piano.- disse Evelyn richiamando marito e figlia, anche lei che crollava dal sonno. Il marito di Evelyn, Carlo, era un tipo simpatico, taciturno e parlava poco ma sembrava un tipo molto colto. Somigliava un po' a Vegeta in un certo senso, solo che al contrario del marito, Carlo aveva avuto un infanzia come tutti i bambini terrestri ed era semplicemente chiuso caratterialmente senza aver passato l'intera vita al servizio di un tiranno intergalattico. Tipo criptico ed altrettanto esplicito, era un ossimoro in persona.

Bra era crollata sulla sua spalla, così come Keiko, la figlia di Evelyn, era crollata sul petto del padre. Bulma osservò Trunks che a mala pena riusciva a tenere gli occhi aperti, anche lui era molto stanco ma lei non poteva prenderlo in braccio, non solo per il fatto di avere già Bra e che lui fosse ormai troppo pesante, il bambino era molto orgoglioso e non si sarebbe di certo fatto prendere in braccio dalla madre. Per fortuna, che girava per i corridoi irrequieto, incontrarono Vegeta appena le porte dell'ascensore si aprirono -Vegeta, devi farmi un favore. Trunks sta crollando dal sonno non credo riesca ad arrivare nella suite con le proprie gambe, ti dispiacerebbe prenderlo in braccio tu?- gli chiese fissandolo negli occhi. Senza una parola fece ciò che gli era stato detto, prendendo in braccio il ragazzino come se stesse sollevando una piuma. -Noi andiamo, Keiko si è addormentata. Ci vediamo domani, venite in spiaggia no?- disse Evelyn sotto voce mentre il marito si era già allontanato. Bulma annuì -Si, ci vediamo domani. Buona notte.- -'Notte- rispose la castana.

Percorsero il corridoio semi buio, illuminato solo dalla fioca luce delle lampadine notturne lasciate accese. Parlavano sotto voce per non svegliare i bambini, per una volta sembravano due semplici genitori che portavano a letto i propri figli, sembravano quasi normali; Bulma rise. -Che hai da ridere?- le chiese brusco. La donna rise ancora guardandolo negli occhi -Stavo pensando che sembriamo quasi una famiglia normale.- -E cosa ci sarebbe di tanto divertente?- le chiese. -Niente, è solo che stavo provando ad immaginare come sarebbe stata la mia vita se non ti avessi conosciuto. Sicuramente sarei rimasta zitella a vita.- disse -Staresti ancora con il tuo ex.- disse scocciato. La donna scosse la testa -No, credo che l'avrei lasciato comunque, tu hai solo accelerato il processo. Non credo che avrei sopportato un altro giorno accanto a quel tipo, figuriamoci farci una famiglia.- accarezzò la testa azzurra della bimba che teneva in braccio, se loro non si fossero mai conosciuti quell'esserino così dolce non sarebbe mai esistito.

Entrati nella suite misero i bambini ognuno nel proprio letto, cercando di non svegliarli. Per Vegeta fu un arduo compito, non era abituato a trattare il ragazzino con delicatezza, l'aveva massacrato di botte non si sa quante volte durante gli allenamenti e altrettante lo aveva preso in braccio ormai distrutto ma la cosa non gli risultava ancora totalmente semplice. Nonostante ciò la cosa gli venne piuttosto naturale, essere padre lo aveva cambiato profondamente.

Si tolse maglietta, scarpe e pantaloni rimanendo in boxer e si infilò sotto le lenzuola. Neanche il tempo di mettersi comodo che avvertì il corpo seminudo della compagna addosso, si era avvinghiata a lui peggio di una piovra strusciandogli contro. Voltò il capo quel tanto che bastava per poterla guardare negli occhi, e quel solo intreccio di sguardi fu la sua rovina, come era sempre stato, fin dall'inizio, la mente si spense e l'unico gesto che fece fu guidato da quel sentimento puro e potente che ormai da più di dieci anni provava per quella donna; la baciò, con foga, premendo con forza le proprie labbra su quelle di lei,le fece schiudere con irruenza passandoci la lingua in mezzo fino a toccare quella di lei. Le si portò sopra , sorreggendosi sulle braccia per non schiacciarla con il proprio peso.

Bulma infilò le dita nei capelli corvini di lui, stringendo delle ciocche. Sentiva il suo profumo, il suo tocco la mandava in estasi: le lingue giocavano a rincorrersi nelle bocche dei due amanti, le mani scivolavano veloci sui corpi umidi, l'eccitazione saliva e l'imbarazzo svaniva.

 

***

 

Sentì le sue labbra posarsi sulle proprie, quel leggero contatto bastò a svegliarlo ma volle godersi ancora quella sensazione. Avvertì le labbra della compagna posarsi nuovamente sulle sue, morbidi e leggere come una piuma. Aprì gli occhi trovandosi davanti un paio di oceani in cui amava perdersi fissarlo. La vide sorridere semplicemente -Buon giorno.- lo baciò ancora una volta, poi si alzò stiracchiandosi. Si godette lo spettacolo di lei che, con indosso la sua maglietta e un paio di slip si recava nella camera accanto. Dopo pochi attimi ricomparve con Bra in braccio. -Guarda chi c'è Bra. Dì papà.- la bimba batteva felice le manine provando a pronunciare la complicata parola.

Bulma si sedette sul letto a gambe incrociate con la bambina posizionata sulle sue gambe, le teneva la schiena per impedirle di cadere all'indietro. -Su piccola, dì papà: pa-pà.- ma Bra continuava a fare dei versi incomprensibili guardando curiosa i genitori. -Dì papà! Papà! Pa-pà! Non è difficile.- -Smettila di assillarla, Bulma. Quando vorrà parlerà, non la puoi costringere.- intervenne l'uomo stanco della sua insistenza. -Dai piccola non è difficile. Provaci!- continuava ad insistere facendo pressione alla bambina. Vegeta alzò gli occhi al cielo, come al solito non l'aveva ascoltato, avrebbe finito per farla piangere con le sue continue pressioni. Osservò la bambina che muoveva le braccine su e giù, guardava la madre confusa. -Su Bra, dillo! Lo so che ne sei capace.- la incitò nuovamente -Lasciala perdere, finirai per farla piangere.- -Pa..pà! Pa..pà!- disse all'improvviso la bambina creando stupore in entrambi i genitori -Pa-pà! Dillo di nuovo Bra.- -Pa..pà!- disse Bra con un ditino in bocca.

Non credeva alle sue orecchie, Bra aveva parlato. A sei mesi e mezzo la loro bambina aveva detto la sua prima parola. -Ma che brava che sei! Hai parlato!- si congratulò la donna. -I tuoi figli hanno una venerazione naturale verso di te, sei stato la prima parola di entrambi.- disse un po' scocciata, anche Trunks come prima parola aveva detto papà, nonostante lui fosso poco più che un'ombra nelle loro vite a quel tempo. Si era sentita offesa in quanto il bambino aveva scelto come sua prima parola quell'uomo che li aveva abbandonati e non si era mai interessato di lui piuttosto che la donna che gli aveva fatto da madre e padre per i primi mesi di vita.

Adesso però era diverso, aveva scelto di avere la bambina insieme ed erano stati tali sempre dall'inizio alla fine della gravidanza. Quella bambina così uguale a lei fisicamente ma tremendamente somigliante al padre caratterialmente e aveva scelto proprio lui come sua prima parola, occupando un posto di rilievo nell'animo del principe dei Saiyan.

 

***

 

La pineta offriva un fresco riparo dal caldo sole mediterraneo, l'odore forte di pino aleggiava nell'aria rinfrescando i polmoni di chi proveniva dallo smog cittadino. Correva tra un albero e l'altro cercando le pigne cadute o qualche strano animaletto da osservare, esplorare posti nuovi gli piaceva, riusciva sempre ad adattarsi in qualsiasi luogo si trovasse, forse era dovuto al suo sangue Saiyan e al fatto che il padre avesse viaggiato in lungo e in largo prima di stabilirsi sulla Terra. L'aria mediterranea era decisamente meno afosa di quella giapponese anche a metà agosto, l'influenza del mare attutiva il caldo estivo e per lui che lo sopportava poco era una mano santa.

Invece di camminare come tutte le persone normale saltava da un ramo all'altro come una scimmia, precedendo i genitori verso la spiaggia. Arrivato alla fine della pineta osservò l'immensa distesa di acqua salata e di sabbia dorata che si estendeva per chilometri. -Wow!- esclamò stupito.

La spiaggia era colma di gente ma loro avevano un posto riservato dall'albergo lontano dalla massa di persone che facevano a gara per aggiudicarsi il posto migliore. Avevano due grandi ombrelloni con due lettini e due sdraio, non troppo lontani dalla riva da doversi ustionare i piedi ogni volta nè tanto vicini da essere insabbiati dai bagnanti che escono dall'acqua.

Si tolse la maglietta e gli short guadagnandosi lo sguardo ammirato di alcuni ragazzi e uomini che passavano di lì, si posizionò sul lettino esposto al sole con un romanzo tra le mani da leggere. Da quella posizione poteva controllare ciò che faceva Trunks senza invadere il suo spazio e avere al contempo una vista spettacolare sulla distesa azzurra. Vide la bambina avvicinarsi gattonando, si appoggiò al lettino, facendo forza sulle braccia e si alzò in piedi. La sua forza aliena, ereditata dal padre, le permetteva di tenersi in piedi senza cadere all'indietro, molleggiava sulle gambine felice -ma..ma..mamma!- disse. La donna sorrise, quella mattina si era dedicata senza sosta ad imparare parole nuove tra cui, per la gioia della donna, la parola “mamma” che insieme a “papà” era costantemente sulla bocca della bimba. Si lasciò cadere a terra e, gattonando raggiunse i giocattoli da spiaggia posti poco più avanti, vicino al fratello maggiore che aveva già iniziato a costruire un castello di sabbia.

Si mise a pancia in giù per abbronzare anche la schiena, nonostante avesse la pelle d'avorio non si era mai presa una scottatura e diventava scura molto facilmente senza bisogno di eventuali oli, ma non raggiungeva un colore troppo scuro, anche perché non le piaceva, preferiva restare su un color miele senza sforare nel marrone, giusto per avere il segno del costume. Girò la testa e si posizionò meglio. Ne approfittò per osservare il marito che, come lei, si rilassava al torpore del sole fissandone la luce direttamente, senza la protezione degli occhiali da sole, la sua natura aliena gli impediva di percepire il fastidio della luce solare. Vegeta aveva già una pelle ambrata, da cui Trunks aveva ripreso, e il sole che prendeva non faceva altro che rendere più evidente la sua pelle abbronzata.

Amava ammirarlo, era così perfetto: gli addominali scolpiti, i pettorali possenti, le spalle larghe, tutto armonicamente incastonato. La sua natura Saiyan gli conferiva le sembianze di un Dio greco; col tempo, oltre a sviluppare la muscolatura, era diventato anche più alto di almeno sei centimetri rendendo l'armonia dei suoi muscoli perfetta, di solito un uomo adulto smette di crescere in altezza ma lui invece aveva continuato passando da appena 1.65 m ad addirittura 1.72 m in poco più di cinque anni. Più lo osservava e più si convinceva che mollare il su storico fidanzato per il misterioso uomo era stata la scelta migliore, bastava guardare i loro figli. Lo vide prendere una bottiglia d'acqua ghiacciata dal frigobar portatile e la bevve tutto d'un fiato lasciando quel poco che rimaneva per rinfrescarsi gettando l'acqua sulla testa. Quando la alzò incrociò il suo sguardo, gli sorrise maliziosamente passandosi la lingua sulle labbra, poi si alzò e si avvicinò ai bambini lasciandolo alquanto confuso dal suo atteggiamento provocante.

-Cosa fate?- chiese al maggiore. -Un castello di sabbia, o meglio io costruisco e lei distrugge.- rispose guardando la sorellina che, in equilibrio precario, prendeva a calci le costruzioni di sabbia -Boom!- esclamava mentre distruggeva ciò che il fratello aveva costruito. -Bra non si distruggono le cose.- la riprese, ma la bambina fece finta di non sentirla e continuò la sua opera di distruzione. Sospirò rassegnata al fatto che essere figli di un ex distruttore di pianeti non avrebbe fatto altro che alimentare la loro voglia di distruggere. Una ragazza si avvicinò a loro -Oh ma quante bei castelli che avete costruito, siete stati bravi!- si complimentò con i bambini. Bra tornò a sedersi battendo le manine felice mentre Trunks osservò stralunato la donna, gli si era rivolta come se fosse stupido o ritardato e la cosa non gli faceva un gran piacere. -C'è un servizio di Baby e Junior Club offerto dall'hotel, se vuole possiamo prendere i bambini per l'intera mattinata e riportarli da lei per mezzogiorno. I bambini giocheranno con altri coetanei sotto la nostra sorveglianza.- Bulma ci pensò su verificando la possibilità di rimanere sola con il compagno senza bambini pestiferi da controllare. -Volete andare?- chiese. Trunks alzò le spalle -Ok- raccattò lo zainetto e si apprestò a seguire l'animatrice che, presa in braccio la piccola Bra, si era già incamminata.

Bulma afferrò il primogenito da una spalla fermandolo -Tieni d'occhio tua sorella, evita che combini guai.- il glicine sbuffò, la madre era sempre esagerata, erano figli di guerriero cosa mai gli sarebbe potuto succedere? -Perchè devo tenerla d'occhio io? Ci sono le addette del Baby Club per questo.- incrociò le braccia al petto. -Lo sai che non mi riferisco a ciò che le potrebbe succedere ma ciò che lei potrebbe combinare. Non è ancora in grado di usare i suoi poteri quindi tienila d'occhio e se ce n'è bisogno intervieni.- disse sottovoce. Il ragazzino alzò gli occhi al cielo, cercando di non farsi vedere dalla madre, ed annuì raggiungendo poi la sorellina che salutava con la manina.

 

***

Si lasciava trasportare dalle onde che morbide donavano un leggero movimento a quell'infinita distesa azzurra. Non erano le acque più limpide che avesse mai visto, in confronto a tutti gli altri posti marittimi che aveva visitato il mare italiano risultava molto opaco, ma non era male. Sdraiato sul materassino gonfiabile bi-posto, si godeva la vacanza che, dopo quel lungo periodo di stress dovuto alla battaglia, prima, e alla nascita della bambina, poi, gli avrebbe sicuramente giovato. Mare, sole, relax e sesso.

Ghignò al ricordo della sera precedente, mentre l'intero hotel dormiva profondamente loro si rotolavano tra le lenzuola; si leccò le labbra ripensando ai gemiti strozzati della compagna e al sapore delle sue labbra morbide sulle proprie nel tentativo di non esplodere in un urlo liberatorio quando l'orgasmo l'aveva colta.

Avvertì il materassino abbassarsi e qualcosa di bagnato toccargli il braccio. Roteò le pupille per capire chi l'aveva disturbato e si ritrovò ad osservare due occhi azzurri. Riportò lo sguardo al cielo constatando che quella donna sapeva apparire sempre quando meno se lo aspettava.

Si immerse nuovamente passando sotto il materassino riemergendo dalla parte opposta, fece leva sulle braccia uscendo dall'acqua e si sdraiò sul materassino accanto al compagno. -Che vuoi?- chiese scorbutico. -Niente, volevo solamente prendere un po' di sole.- disse lei godendosi il sole con gli occhi chiusi. -E la spiaggia ti fa così schifo che devi venire qui?- ribatté. Per una volta che voleva starsene in pace da solo lei doveva invadere il suo spazio. -Voglio anche stare fresca.- -Non mi sembra che il mare sia tanto lontano dall'ombrellone.- disse di nuovo. La donna si girò verso di lui sorridente -No, preferisco stare qui a lasciarmi cullare dalle onde. Questo mare è così calmo.- si stiracchiò incrociando le gambe. -È una distesa immensa. Questo non è l'unico posto libero.- disse.

Bulma si alzò di scatto, imbronciata, sapeva sempre come spegnerle l'entusiasmo! -Oh andiamo, Vegeta! Voglio semplicemente stare vicino a te, in tranquillità. È chiedere troppo?- -Si.-rispose asciutto. -Sei un fottuto stronzo!- gli urlò in faccia, fece per scendere dal materassino ma la mano forte dell'uomo la bloccò facendola girare verso di sé. Si ritrovò a pochi centimetri dal suo ghigno, sadico e provocatore. -Sono uno stronzo ma ti piaccio. La tua presenza qui è richiesta più di quanto credi.- disse prima di baciarla. Le appoggiò una mano sulla schiena accarezzandola mentre l'altra mano era posta sul suo volto.

Era un fottutissimo stronzo, bastardo, crudele, spietato principe senza patria e lei lo amava, da morire.

 

 

 


Angolo dell'autrice:

Si lo so sono in un enooooorme ritardo! La scuola mi ha rubato più tempo di quanto avessi previsto, tutti i pomeriggi di due intere settimane passati a studiare D: La bella notizia è che sono riuscita a recuperare inglese :D (yeeeeeh :3 nd la mia dea interiore)

Approposito di dea interiore, come avrete notato l'ho nominata un paio di volte e voi vi chiederete: ma chi caaaa....volo (niente parolacce c'è gente impressionabile *indica i figli *nd Bulma) è questa “dea interiore”? (veramente non ce ne frega nulla nd voi) Adesso vi spiego. In un libro che ho letto quest'estate e che amo (che ha avuto oltre tutto una vendita di 50.000 copie sono in Italia. Se volete il titolo chiedete :3) ha come protagonisti questa ragazza, timida e semplice, e quest'uomo tormentato e enigmatico. La dea interiore è tutto ciò che lei non dice, esprime con varie azioni quello che la protagonista prova. È una sorta di secondo “io” che fa tutto ciò che lei non può fare al di fuori dei suoi pensieri.
Per quanto riguarda il capitolo: devo ammettere che Anzio, Roma e l'Italia in generale non credo siano le mete più ambite dai turisti giapponesi (nonostante tutto io amo la mia patria *^*) ma mi sembrava azzeccato come posto in cui passare le vacanze (sarà perché io vivo nella città eterna e quindi sono di parte u.u). Il mare romano fa cagare quello si ma non si può negare che Roma sia una bella città con un clima “accettabile” [non d'estate] (sei di parte u.u smettila di elogiare la tua città abbiamo capito nd voi).
Proverò ad aggiornare più velocemente ma siamo agli sgoccioli dell'anno scolastico e non so quando (né tantomeno quanti sono) dovrò affrontare gli ultimi compiti in classe. So solo che lunedì (I hate monday ò.ò) la prof di italiano riporta i compiti di letteratura e di storia *incrocia le dita * quindi speriamo in beeeneee.

 

Shadowkiss16: Ma ciaoo :D che bello un nuovo lettore :3 Si Vegeta come direttore ci sta decisamente bene u.u Yamcha è un povero sfigato e cercherò in ogni modo di fargli passare una vita di merda muahahahah ò_ò

 

Arla89: Io non lo definirei OOC anche perché Toriyama-sama non ci ha mai rivelato nulla o quasi sulla vita di Vegeta al di fuori dei combattimenti o comunque in situazioni intime quindi chi ci dice che non è veramente così?
Bra è tenerissima quanto pestifera xD nei prossimi capitoli ti ricrederai fidati xD
Una nota di angst ci vuole ogni tanto per spezzare un po' non credi? Mi dispiace per Bulma ma ho trovato l'ennesimo modo per mettere in risalto ma mediocrità del suo ex (che io odio profondamente u.u). Per Vegeta.. si diciamo che era tentato di andarlo a polverizzare ma poi ci ha pensato e ha capito che non ne valeva la pena, piuttosto continuava a prenderlo in giro :) (si sono cattiva xD)

 

Kpira: sono felice che ti sia piaciuto :3 Bra è una sorta di piccolo angelo con le corna: dall'aspetto dolce e carino con un carattere da far invidia a satana in persona e poi capirai perché ahahaha

 

StarDoll95: La piccola principessa di papà doveva venire al mondo prima o poi u.u Goku è Goku e per quanto stupido possa essere fa sempre morire dal ridere con la sua ingenuità.
Vegeta è il meglio del meglio: sexy, intelligente, enigmatico, stronzo e, quando si tratta di fare battute cattive, risulta anche molto simpatico ;)
Dovevo in qualche modo rendere il mollusco ancor più odioso di quanto non fosse già no? Altrimenti dove starebbe il mio tocco personale? u.u (Ti renderò la vita impossibile muahahhahaa *le fiamme avvolgono il suo corpo * nd AN Perchèèèè? Che ti ho fattooo? T__T nd Yamcha) E' stato un verme a sparire in quel modo e a pretendere che lei superasse un trauma del genere solo per il proprio piacere. Per fotuna è arrivato il nostro tenebroso principe che tratta la nostra Bulma come si deve u.u Il morso è una cosa che mi girava in testa dai primi anni che leggevo su questa coppia, non ricordo da quale FF ho tratto questa cosa ma mi è sembrata una cosa molto intima e personale degno di questa coppia così travagliata.
Non ti preoccupare! Quando puoi recensisci :3

P.S. la matematica non fa per me mi dispiace xD


Ringrazio anche i lettori silenziosi, chi segue, chi preferisce e chi ricorda <3
kiss
angelo_nero

 

 

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Capitolo 10
*** Fun and First friendship ***


Capitolo 10: Fun and first friendship.

 

Il sole di mezzogiorno scottava sulla propria pelle nivea,alto nel cielo brillava sopra le teste dei bagnanti che si riparavano all'ombra dei propri ombrelloni per sfuggirvi o si riempivano di crema per non rischiare di diventare gamberi. Lei invece continuava tranquillamente a riempirsi di sabbia, stando seduta sulla riva, ammassava una su l'altra manciate di sabbia bagnata formando una montagna che ricadeva ogni volta, essendo instabile. L'acqua del mare lambiva i suoi piccoli piedi provocandole un leggero solletico, ridacchiava ogni qual volta le onde la toccavano mentre con le piccole manine cercava di creare una montagna come quella che il fratello aveva costruito poco più in là, dove la sabbia non era completamente bagnata e neanche bollente.

Purtroppo sul punto dove lei era seduta la sabbia era decisamente troppo bagnata e, non appena presa in mano, si scioglieva. Nonostante ciò, come degna figlia dei due genitori, era imperterrita a continuare la sua opera non badando al resto, tanto che quando il fratello aveva cercato di spostarla aveva cominciato ad urlare.

***

Se ne stava sdraiato al sole, con le braccia dietro la testa, rilassato. Quanto tempo era che non si godeva una vacanza? Due, forse tre anni che, per un motivo o per un altro, non erano mai riusciti a passare un po' di tempo tranquilli senza che la loro quiete fosse minacciata. Stava veramente bene in quel momento, con la mente vuota: niente allenamenti massacranti, niente nemici da distruggere, niente sete di vendetta a rodergli il fegato, niente urla spacca timpani, solo il rumore delle onde che si infrangevano sulla spiaggia. Con gli occhi chiusi si godeva l'ebbrezza marina mentre si crogiolava sotto i raggi solari, lasciò uscire l'aria in un soffio, sospirando pesantemente. Anche lui però aveva i propri doveri: quello di padre e marito erano i più pressanti, molto più di quello di principe di una razza guerriera ormai estinta, quello ormai non gli interessava quasi più, tutto ciò che veniva al di fuori della propria famiglia non contava. Seguiva ogni movimento dei due bambini che, volente o nolente, aveva generato, concentrandosi sulle loro forze spirituali, non perdendosi un attimo della loro vita, al contrario di ciò che esternamente potrebbe sembrare.

Sbarrò gli occhi di colpo, un picco di energia proveniente dalla bambina lo aveva allarmato; si alzò di scatto mettendosi seduto sul lettino, sotto lo sguardo sorpreso della compagna.
-Tutto bene?- gli chiese.
L'altro si accigliò pronto a scattare
-No. Bra ha di colpo alzato l'aura.- Allor che la donna cominciò a preoccuparsi essendo a conoscenza del mancato controllo dei poteri della figlia.

Un urlo furioso fece allarmare i coniugi che, dopo essersi scambiata un occhiata, scattarono verso la riva della spiaggia.

Bra aveva rilasciato una grande quantità della propria energia, distruggendo le costruzioni di sabbia fatte dai coetanei nell'arco di decine di metri. Gli occhioni azzurri, furiosi, si erano riempiti di lacrime, per quanto piccola potesse essere, non sopportava non riuscire in qualcosa e, ogni volta, si arrabbiava. Questa volta però era furiosa. Una folata di vento e si ritrovò tra le braccia paterne. Fissò con gli occhioni azzurri quelli neri del genitore
-Bra! Si può sapere che ti è preso?! Non puoi distruggere tutto così.- la sgridava come se potesse veramente capirlo, ma aveva solo sei mesi non poteva rendersi conto di ciò che aveva combinato.
Anche quando girò la testa verso la riva si aprì in un enorme sorriso gioioso, battendo le manine felice. Non si era resa conto di aver combinato un disastro: alcuni ombrelloni erano stati spazzati via, così come le sdraio e i lettini, un capanno del bar era stato scoperchiato, aveva quasi provocato uno tsunami e un tornado di sabbia, un paio di bambini erano stati spinti a qualche metro dalla riva. Nessun danno a cui non potessero rimediare, per fortuna.

 

***

 

È incredibile come negli anni una persona possa cambiare così radicalmente, passare da un estremo all'altro senza neanche rendersene conto. Tutto ciò che negli anni antecedenti aveva sempre eseguito, ordini sputati a destra e a manca, viaggi interminabili, come una noiosa routin quotidiana adesso non erano nient'altro che un ricordo. Gli sbagli fatti, convinto di essere nel giusto, era una cosa a cui ormai non pensava più, ciò che è stato fatto è fatto, non si può tornare indietro. Non voleva tornare indietro.

-Cosa ci trovi di interessante nel soffitto?-
Girò la testa osservandola: bella come sempre, se ne stava in piedi davanti al letto, con Bra in braccio che si succhiava il pollice. Riportò lo sguardo sul soffitto mentre la consorte si sedeva sul letto e attaccava la bimba al seno. Succhiava voracemente, affamata.
-Ehi, piano! Non te lo ruba nessuno!- rise la donna. Si fece catturare un dito dalla manina della figlia che con gli occhioni azzurri la fissava intensamente.
-Non è un po' troppo grande?-
-I medici consigliano l'allattamento fino al primo anno, se non oltre*. Trunks ha rifiutato il mio latte non appena mise i primi dentini, se Bra gradisce non vedo il motivo per cui dovei privarla.- spiegò continuando a prestare attenzione alla bimba. Le guance paffute si erano arrossate per lo sforzo e aveva cominciato a scalciare.

Non era la prima volta che osservava quella scena, sia con Bra che con il primogenito aveva assistito ai pasti dei neonati, ma ogni volta rimaneva incantato, non c'era nulla di più naturale di una madre che allatta il proprio bambino. Lui era stato strappato dalle braccia materne a quattro anni per essere sbattuto sul campo di combattimento, non aveva avuto modo di instaurare un legame con la genitrice in quanto il padre fosse contrario. Un motivo in più per odiarlo.

Bra aveva spostato lo sguardo azzurro sul padre, cercando di sorridere nonostante avesse la bocca occupata ed aveva preso a muovere le gambine più velocemente, scalciando. Era inutile negarlo: quella bambina aveva una vera e propria venerazione per il padre.

La codina della bimba gli si era attorcigliata intorno al polso, in queste situazioni non sapeva mai come comportarsi, si sentiva impacciato. La bambina gli stava palesemente dimostrando che lo amava e lui non sapeva come comportarsi, avrebbe preferito dieci mila volte affrontare la squadra Ginew al completo, almeno in quella situazione avrebbe saputo cosa fare. La fissò negli occhi azzurri quando, ormai sazia, si staccò dal seno materno e incominciò a ridere felice.
-Ti dispiace tenerla un attimo, mentre io mi sistemo? Tanto tra pochi minuti si addormenta.- gli chiese Bulma porgendogli la bambina. Vegeta la prese in braccio tenendola sotto le braccia.
-Guarda che non morde!- scherzò lei.
Lanciò un'occhiataccia alla donna che ridacchiava. Il Saiyan riportò la propria attenzione sulla bimba che teneva in braccio e la posizionò meglio tra le proprie braccia, più vicina a sé. Bra osservò il volto paterno, scrutandolo con i suoi grandi occhioni azzurri e incatenò il proprio sguardo a quello severo del genitore, ed ancora una volta le barriere, che il guerriero aveva eretto attorno al suo cuore, si sgretolarono davanti allo sguardo limpido di quella creatura innocente.

Quanti ne hai uccisi nella tua vita? 
Ecco, la sua coscienza come al solito doveva fare la sua comparsa, perché per una volta non si stava zitta!? 
A centinaia? Migliaia forse.
Quello era il passato ormai e se non si poteva dimenticare o cancellare, si poteva voltare pagina ed accantonarlo da una parte, sperando che non faccia più ritorno. 
Sei un assassino, Vegeta. Con che faccia tosta adesso tieni in braccio quella creatura quando ne hai uccise tante simili? 
Era vero, ma quella bambina era diversa. Era la sua bambina, concepita insieme a quella donna petulante quanto bella. Non le avrebbe fatto mai del male.
Non farmi ridere! Pensi veramente che questo cambi le cose? Illuso. 
Fottutissima coscienza, o qualunque cosa fosse, perché ti fai viva adesso!? Niente cambierà quello che è stato, ciò che è fatto è fatto, nessuno può cancellarlo. 
Quella bambina che adesso tu tieni tra le braccia, frutto di una scopata andata male, credi veramente ti ami? 
Non è stata solo una fottutissima questione fisica.
Si accigliò, accorgendosi di star litigando con se stesso. Era come se ci fossero due personalità contrastanti, una delle quali voleva rinfacciargli, senza pietà, tutto ciò che aveva fatto negli anni precedenti l'atterraggio sulla Terra. Aveva passato i primi sei anni di vita del figlio a rodersi il fegato su questa questione, era giunto alla conclusione che si può solo andare avanti, accettare ciò che la vita ci offre. Se veramente esiste il Karma, allora con lui era stato piuttosto magnanimo: per tutto il male che aveva fatto e procurato, sia alla gente per cui non provava neanche pietà sia all'unica donna che lo avesse mai amato, avrebbe dovuto marcire all'inferno come minimo. Invece, l'unica “punizione”, se così si può definire, che il Karma gli aveva dato era quella di restare incatenato a quel pianeta azzurro per il resto della propria esistenza, con accanto una donna che lo ama e due figli che lo venerano neanche fosse un Dio.

Allora, assassino, come credi che ti chiamerà mai quella bambina? 
-Pa..pà. Papà!- E la voce nella sua testa scomparve.
Bra aveva pronunciato la sola parola che potesse veramente rappresentarlo, la sola cosa che voleva essere: un padre. Scostò un ciuffo che le era caduto sul visino, con una delicatezza che neanche lui sapeva di avere. La bimba si mise il pollice in bocca e chiuse gli occhietti, si addormentò così, tra le braccia del padre.

-Che carina. Si è addormentata.- Si voltò verso la donna e la vide sedersi al proprio fianco
-Non mi dispiace.-
Bulma lo guardò interrogativa. -Cosa non ti dispiace?-
-Essere un padre. - disse piatto continuando ad osservare la bimba tra le proprie braccia.

 

***

 

Bussò un paio di volte alla porta della stanza e la porta gli fu aperta.
-Ciao Trunks!- lo salutò
-Ciao Evelyn. Ciao Keiko.- rispose il ragazzino.
Da dietro la castana spuntò una bambina con due grandi occhi verdi e capelli castano scuro.
-Ciao!- salutò allegra la bambina.
-Dov'è tua madre? Avrei una proposta da farvi.-
Il glicine guardò all'interno della stanza. -Aspetta te la chiamo.-
La donna annuì. Sentì il ragazzino urlare il nome della madre seguito poi dall'urlo di quest'ultima che gli diceva di non urlava perché ci sentiva. Certo che era proprio una famiglia strana.

-Oh, ciao Evelyn! Come mai qui?- chiese l'azzurra.
-Stavo pensando di andare a fare un giro per Roma con Marco e Keiko, volete venire?- propose.
L'azzurra ci pensò su -Intendo girare per la città eterna come se ci vivessimo, visitare i posti che le guide turistiche non ti fanno mai vedere.- disse strizzando l'occhio all'amica.
Ciò bastò a convincere Bulma, adorava le avventure e visitare una città sconosciuta fin nei meandri l'allettava non poco.
-Va bene. Ci vediamo tra dieci minuti nell'atrio, ok?- disse.
-Ok, a dopo!- disse l'altra tornando nella propria stanza.

***

Con un pulman arrivarono in centro alla città, dopo un paio d'ore di viaggio in mezzo alla peggior gente (per la gioia di Vegeta): tra coatti, truzzi, ragazzini scapestrati e qualche straniero.

Scesero proprio davanti al Colosseo
-Bene, da qui possiamo accedere dovunque! Sia con i mezzi pubblici sia a piedi.-
-Se volete evitare di sentire la puzza di sudore di gente che non sa ancora cosa sia il sapone sulla metro, ci conviene andare a piedi.- Marco mise subito le cose in chiaro avvertendoli dei pro e dei contro di viaggiare in metro.
-No grazie, preferisco camminare.- disse prendendo sotto braccio l'amica che euforica decise per tutti
-Allora è deciso, si va a fette! - cominciò a camminare in una direzione casuale, seguita dai due uomini che (cominciarono a chiedersi se avesse battuto la testa) non fiatarono e dai bambini.

Durante tutto il tragitto dal Colosseo a Piazza di Spagna, Evelyn non fece altro che cantare cori da stadio, inni alla città di Roma e tre volte l'inno d'Italia. -Sto seriamente pensando di tirare qualcosa ad Evelyn per farla stare zitta- disse Marco provocando l'ilarità dei due bambini.

-Roma, Roma, Roma, Roma! Core de 'sta città! Unico grande amore, de tanta e tanta gente, che fai sospirà!!! Oh siamo arrivati.- per la gioia delle orecchie dei presenti la donna smise di cantare e cominciò a spiegare dove si trovavano. -Questa è Piazza di Spagna! Chiamata così perché... perché... perché?-
-Deve il suo nome al palazzo di Spagna, sede dell'ambasciata dello stato iberico presso la Santa Sede.- terminò Marco.
-Si, giusto! Adesso, a meno che non volete farvi delle stupide foto tipo i turisti Tedeschi, possiamo proseguire e raggiungere Piazza del Popolo.- disse Evelyn.
Il gruppetto si incamminò nuovamente raggiungendo Piazza del Popolo, Piazza Venezia, la Fontana di Trevi, Piazza Barberini, Via del Corso, Villa Borghese, il Pincio (situato sopra piazza del popolo per chi non lo sapesse), passarono per il Gianicolo, ove Marco raccontò loro che quel cannone spara a mezzogiorno ogni giorno. Proseguirono il loro tragitto passando per Via dei Condotti, Via Cavour, Via Nazionale. Si ritrovarono davanti alla Stazione Termini
-È la stazione centrale di Roma, ce ne sono molte altre come Tiburtina, Tuscolana, Prenestina ed altre che adesso non ricordo.- disse Evelyn. -Mi sento una guida turistica!-

Quando i bambini si cominciarono a lamentare della fame erano ormai le sei del pomeriggio inoltrate. Si fermarono in un fast food per rifocillarsi. Si avvicinarono un paio di turisti italiani, chiesero indicazioni per arrivare all'hotel più vicino. Evelyn non fece in tempo a rispondere che Vegeta la precedette
-Dovete andare dritto per questa strada, girare a destra al semaforo e poi sempre dritto. Saranno circa un paio di kilometri.- aveva parlato in un italiano perfetto, con un leggero accento straniero che rendeva il tutto più sexy.

-Da quando in qua tu sai l'italiano? Non lo parlo io così bene che ci vivo da undici anni!- disse Evelyn offesa: lì era il suo mondo, la sua patria, e spettava a lei parlare nella lingua ufficiale perfettamente.
-Mi è bastato ascoltare la vostra pronuncia e qualche parola per un po'. Apprendo molto facilmente.- spiegò l'uomo. Evelyn rimase un po' interdetta
-Ti ricordo che non siamo comuni esseri umani. Anche a me è bastato ascoltare ciò che dicevi per imparare.-
La donna, dopo aver osservato tutti i presenti, si alzò di colpo facendoli sobbalzare. - basta. La pausa è finita. Annamo su! C'è ancora tanto da vedere.- detto ciò afferrò la povera Keiko da un braccio.

 

Alle nove meno dieci si trovavano davanti l'albergo, stanchi morti dato che la loro “guida” gli aveva fatto fare i peggio giri.
-Usciamo stasera?- propose l'azzurra agli altri tre.
-Hai ancora energie per uscire? Io la prima volta che ho fatto un giro simile non mi sono più alzato dal letto.- disse Marco stupito.
-Ho fatto di peggio: prova tu ad affrontare un viaggio interminabile su una navicella spaziale per poi ritrovarti su un pianeta alieno minacciato da un tiranno intergalattico.- disse la donna con tranquillità
-Già, mi ero dimenticata dei viaggi che avevi affrontato.- disse Evelyn -Va bene allora, stasera si esce. Vi porto in un posto che vi piacerà sicuramente. Ci vediamo alle nove nell'atrio.- detto ciò trascinò marito e figlia all'interno.

Bulma osservò il punto in cui l'amica era scomparsa chiedendosi se fosse così di natura o se avesse battuto la testa durante i suoi viaggi.
-Mamma entriamo? Sono quasi le nove ed io ho fame!- si lamentò il bambino.
La donna gli sorrise prendendo poi Bra dalle braccia del compagno, il quale l'aveva portata per tutto il pomeriggio.

 

Anche quella sera il tavolo del buffet era pieno di pietanze squisite provenienti da tutta Italia, compresi i vini più costosi. Essendo sabato sera le persone erano decisamente di meno, anche se comunque in gran numero.

Trunks si aggirava per il tavolo cercando di vedere ciò che vi era, essendo un bambino gli adulti gli si paravano davanti non facendolo passare, come ad altri bambini.
-Scusi, mi fa passare?- chiese Keiko tirando i pantaloni a un omuccolo anziano davanti a lei.
Il signore borbottò qualcosa in francese e tornò a interessarsi del tavolo. La bimba gonfiò le guance infastidita quando si sentì chiamare.
-Keiko!- sussurrava il suo nuovo amico -Ho un idea! Seguimi.- detto ciò si avviò dalla parte opposta della sala.
Keiko, se pur titubante, seguì il bambino più grande fuori dalla stanza. Passarono per un lungo corridoio. 
-Conosco una scorciatoia per evitare quegli snob.- detto ciò si infilò in una stanza su cui vi era scritto “Riservato al personale”.
La piccola lo seguì incuriosita, correndogli dietro a pochi passi di distanza.
-Aspettami, Trunks! Dove stiamo andando?- chiese.
Il glicine si voltò facendole cenno di stare zitta. -Abbassa la voce o ci scopriranno.- si abbassò e, a carponi, aprì la porta osservandovi all'interno: i cuochi e i camerieri erano intenti ad urlare frasi in dialetto e ad eseguire il proprio lavoro.

Trunks si voltò verso l'amica facendole cenno di seguirlo: entrarono nella cucina, nascondendosi dove potevano, raggiunsero la porta che dava sulla sala da pranzo.
-Eccola!- disse la bambina.
-Da qui in poi non ci sono altri nascondigli, dobbiamo fare uno scatto veloce e raggiungere la porta, afferra il mio braccio e tieniti forte. Pronta?-
Keiko annuì convinta e afferrò l'arto dell'amico saldamente. Il Saiyan usò la propria velocità aliena per arrivare all'uscita senza che nessuno li vedesse. Sorpassata la porta si ritrovarono davanti il tavolo imbandito
-Adesso passiamo sotto il tavolo e sorpassiamo tutti questi cafoni.- esclamò la bambina intuendo il piano dell'amico.
A carponi passarono sotto il tavolo e sbucarono proprio davanti la marmaglia che spingeva, presero ciò che volevano e tornarono al tavolo.

 

***

 

Osservava la scenetta rilassato, con un bicchiere di vino rosso in mano. Sorseggiò la bevanda all'interno senza staccare gli occhi dalle persone al proprio fianco: Bulma imboccava Bra, dandole modo, a volte, di prendere il cucchiaio e mangiare da sola la propria pappa.

La sua attenzione fu catturata dalla figura del figlio che tornava al tavolo con due piatti colmi. Alzò un sopracciglio constatando il poco tempo che vi aveva impiegato considerata la fila
-Eccoti, dove eri finito?- sentì dire dalla compagna. Il ragazzino si sedette al proprio posto posando i piatti
-Qui, in giro.- rispose semplice.
-Come hai fatto ad impiegarci così poco tempo?- chiese la donna sospettosa.
-Ho i miei metodi.- rispose continuando a mangiare.
Bulma incrociò le braccia non soddisfatta della risposta del figlio. -Quali metodi?-
-Ehm mamma, forse è meglio se presti attenzione a Bra. Si è rovesciata l'intero piatto sulla testa.- disse indicando la bimba completamente coperta di passato di verdure che rideva felice continuando a giocare con quella restante sul vassoio del seggiolone.
-Bra!- disse la donna voltandosi. -E' mai possibile che non posso distrarmi un attimo che combini casini?-
Le tolse il piatto dalle mani e tolse anche il biberon pieno d'acqua dal seggiolone, in modo che non possa impiastricciarsi di più. La tirò fuori e la prese in braccio cercando di pulirla con il tovagliolo.
-Ha bisogno di essere cambiata.- sentenziò l'uomo seduto.
-Bene! Pensaci tu!- disse mettendogli la bambina impiastricciata tra le braccia.
Vegeta fulminò la moglie con lo sguardo che lo sostenne risoluta. Sbuffando si alzò con la bambina in braccio
-Ma tu, più pulita no, è?- disse alla bimba.
Bra guardava il padre con due occhioni azzurri così innocenti da far invidia a un angelo mentre teneva un ditino appiccicoso in bocca.
-Papà..- disse.
L'uomo alzò gli occhi al cielo e si diresse in camera.

 

***

 

Osservò l'orologio da polso che portava per l'ennesima volta nell'arco di dieci minuti, era irrequieta conosceva bene l'amica.
-Calmati Evelyn, sono passati solo cinque minuti! Dagli il tempo di lasciare i bambini al mini-club!- disse Marco.
Ma lei non lo ascoltò continuava a muovere il piede in modo nervoso.
-Evelyn, ti vedo molto irrequieta.-
La castana si girò osservando l'amica camminare verso di lei seguita dal marito.
-Ah, siete qui. Sono irrequieta perché ti conosco e so dei tuoi enormi ritardi.- disse incrociando le braccia.
Evelyn portava un paio di short con attaccatto un foular fucsia a mo di cintura e un top nero con un paio di sandali con tacco neri. Bulma indossava una gonna blu elettrico di velo, lunga dietro e corta davanti, una canotta bianca con su disegnate delle rose nere e un paio di sandali col tacco argento con i lustrini, sexy senza essere volgare.
L'azzurra rise non prendendo le parole dell'amica come una sgridata ma come un semplice appunto di chi si conosce da tempo. Guardò oltre l'amica e salutò Marco che le sorrise cordiale, quell'uomo dagli occhi verdi le ricordava decisamente il marito. Indossava un paio di jeans chiari, una polo nera e un paio di Vans.
-Allora, andiamo?- chiese.
Bulma annuì tornando ad osservare l'amica -Però questa volta niente mezzi pubblici né stremanti camminate. Si fà a modo mio.-
Evelyn guardò l'amica confusa: cosa aveva in mente? Osservò Vegeta che se ne stava in disparte a sghignazzare: l'uomo portava un paio di jeans blue denim, una camicia bianca e un giacca nera con un paio di Snekers All Star ai piedi, decisamente sexy.

Vide la donna osservare l'orologio
-Tre, due, uno..-
Il suono di un clacson li invitò ad uscire dall'edificio. Davanti l'entrata si distingueva, tra le vari macchine economiche, una lunga limousine nera lucida, con tanto di autista che teneva aperto lo sportello.
-Wow, ti piacciono le cose in grande- disse stupita la castana osservando l'uomo alto sulla quarantina che teneva aperta la porta della lussuosa auto.
Bulma la sorpassò -Dovresti saperlo che i soldi non mi mancano. Posso permettermi qualsiasi cosa in qualunque posto io voglia.- entrò nell'auto seguita dal marito.
L'autista fece il giro dell'auto e invitò Evelyn a entrare
-Msr. Marcus- disse solo l'autista.
Evelyn non se lo fece ripetere due volte entrando nello sportello aperto seguita da Marco che, leggermente confuso, si guardava intorno stupito.

-Dove vi porto, signori?- chiese cordiale l'uomo alla guida.
Bulma guardò Evelyn sedutale di fronte invitandola a dare le indicazioni necessarie
-Al Night Lovable- disse.
Come risposta vide l'autista accendere il motore e partire.
-Come mai questa pazzia?- chiese rivolta all'amica.
L'azzurra accavallò le lunghe gambe
-Perchè avevo voglia di far viaggiare bene la mia amica, non si può?- disse sorridendo.
L'altra sorrise di rimando -Certo!-

Il viaggio non durò molto, si ritrovarono presto davanti un locale la cui fila per entrare raggiungeva la fine della strada. Persone di tutte le età sostavano davanti alle luci al neon che riportavano il nome del locale.

Scesero dalla limousine e si osservarono intorno
-Quanta gente.- disse Marco
-E' il locale più rinomato della città. È sempre pieno di gente e, a meno che non si abbia un pass speciale, si deve fare almeno due ore di fila prima di entrare.- spiegò Evelyn.
Bulma osservò l'amica spostando il peso sul piede destro e mettendo la mano sul fianco
-E scommetto che tu lo hai. Giusto?-
La castana sorrise e tirò fuori dalla pochette un tesserino.
-Posso far entrare fino a dieci persone. Basta che faccio vedere il pass al buttafuori e possiamo entrare.-
Si avvicinarono all'entrata e fecero vedere il tesserino all'omone a guardia della porta, il quale sganciò la corda rossa che impediva il passaggio.

All'interno il locale era enorme, con un alternarsi di luci azzurre, fucsia, verdi e rosse. C'era un sacco di gente e il dj di turno era posto su una piattaforma rialzata così come i giganteschi altoparlanti sparsi per il locale. Evelyn indicò un tavolino vuoto un po' in disparte -Sediamoci li, ordiniamo qualcosa.- si accomodarono sui comodi divanetti posti al posto delle classiche sedie ed attesero l'arrivo del cameriere per ordinare.

 

La musica pompava nelle casse, la gente in pista si scatenava, le coppie poste sui divani a bordo pista si scambiavano effusioni e al bar gli uomini bevevano, mentre alcuni approfittavano delle cameriere poco vestite per assestare un bel ceffone sui glutei.

Avevano cominciato a movere testa e piedi al ritmo della musica, ma non avevano il coraggio di buttarsi in pista. Finito l'ultimo sorso del proprio drink Bulma si alzò in piedi
-Andiamo.-
-Dove?- chiese Evelyn.
-In pista. Lo so che muori dalla voglia di ballare come me.- la incoraggiò.
L'altra ci pensò un po',poi si alzò convinta e, presa per mano l'amica, si precipitarono in pista insieme.

Sulle note di una musica reggaetton cominciarono a muoversi sensualmente, facendosi trascinare semplicemente dalla musica. La canzone cambiò di botto per la gioia di tutte che dopo le prime note scoppiarono in urlo di ovazione He is a hustler, he's no a good at all. He's a loser, he's a bum, bum, bum. He lies, he bluffes, he's unreliable. He is a sucker whit a gun, gun, gun, gun. *

Le note della canzone riecheggiavano nel locale, come le voci delle cantanti improvvisate che cercavano si seguire la tonalità della cantante.

 

***

 

Nonostante il fatto che fosse circondata da ragazzini con gli ormoni a mille e da uomini arrapati che le sbavavano dietro, gli piaceva vederla ballare. Era decisamente brava.

* And he's got my name tatooed on his arm, his lucky charm, so I guess its ok, he's with me. And I hear people talk triyn to make remarks, keep us apart. But I don't ever hear, I don't care. *

-Mi ritrovo in questa canzone.-
Il Saiyan si voltò verso l'interlocutore. Marco osservava il proprio bicchiere soprappensiero, forse non stava neanche parlando con lui.
-Anche io sono stato un pezzo di merda in passato.- continuò sorridendo amaramente.
Non aveva idea se stesse parlando da solo o con lui, ma il discorso che stava intraprendendo lo interessava non poco; si sentiva simile a quel terrestre.
-Sono finito in carcere minorile due volte da ragazzo e sono uscito ed entrato in prigione non so quante volte in due anni.-
-Cosa hai mai fatto per finire in carcere?- gli chiese, più per curiosità che per tirarlo su, sorseggiando il proprio drink.
L'altro alzò gli occhi sul soffitto malinconico -Da ragazzo ho scassinato non so quanti appartamenti e rapinato tre o quattro banche. Da adulto ho ucciso un'intera gang.. tutto per procurarmi i soldi per l'eroina.-
Vegeta rimase in silenzio aspettando che l'altro continuasse.
-Non ho avuto una vita facile: ragazza madre alcolizzata, padre sconosciuto e io finito in strada tra la peggior feccia. Era inevitabile che finissi dentro prima o poi.- disse alzando le spalle.
Riportò lo sguardo sulla pista osservando la gente che si scatena
-Se ti racconto quello che ho fatto io in trent'anni di vita, tutto ciò che hai fatto tu ti sembrerà una ragazzata.- disse.
Marco si girò a guardarlo osservandolo per la prima volta da vicino.
-Perchè, che hai fatto?- chiese.
Vegeta si mise a ridere malignamente prima di rispondere -Ho sterminato interi pianeti per poi venderli al miglior acquirente o semplicemente per rabbia.-
Alzò le spalle aspettando una reazione dall'uomo. Ma non avvenne: Marco continuava semplicemente a guardarlo, senza espressione alcuna.
-Beh, ognuno ha i propri scheletri nell'armadio. Basta solamente andare avanti e non pensarci, non credi?- gli disse piatto.
Niente sorrisi, niente espressioni schifate o spaventate, niente compassione, niente di tutto ciò che ci si poteva aspettare da un comune essere umano. Semplicemente una mano tesa, in segno d'amicizia. Per la prima volta in vita sua strinse la mano ad un terrestre, l'unico che, oltre Bulma, sembra veramente capirlo.
-Penso di si.-
Quella forse sarebbe stata la prima ed unica amicizia che avrebbe mai stretto.

 




*questa cosa è vera. Mia madre ci lavora con i neonati LoL

 

Angolo dell'autrice:

Ed ho finalmente terminato il decimo capitolo yeeeh :D (noooo! Nd Veggy). Come avrete notato ho menzionato ancora una volta la mia amatissima Roma *-* facendola girare tuuuuutta a piedi ai nostri poveri personaggi :3 Ho scelto posti che conoscevo e ne ho inventati alcuni (il locale e l'albergo sono di mia invenzione lol) per dare più enfasi alla storia.

Adesso che la rileggo però mi sono accorta di comportarmi un po' malignamente nei confronti della famiglia Prince/Brief xD ahahah

 

shadowkiss16: Bene, bene, bene u_u mi fa piacere sapere che hai gradito la mia storia e soprattutto la descrizione dell'abbigliamento di Vegeta (che a dir la verità ha fatto sbavare anche me. Perchè non posso avere un uomo così!? T__T)

Beh quale frase migliore di quella per descrivere un bastardo principe senza patria? :D Come mi vengono? Lo sai che neanche io lo so? Bisognerebbe chiederlo al criceto che corre sulla ruota nella mia testa @__@ Spero di non averti fatto attendere molto. Aspetto una tua recensione anche su questo capitolo ehhh!!

kiss angelo_nero

 

Aral89: Purtroppo la scuola mi porta via tempo ed energie (e denaro dato che lo hanno usato per appendere delle locandine del film The Amazing Spiderman 2 all'interno dell'edificio -.- *inizio momento schlero* Dovrebbero comprarci computer nuovi non appendere le locandine!!!! *fine momento schlero * u.u)specialmente adesso che siamo agli sgoccioli :(

Roma è sempre Roma u.u quale città più amata dai turisti Giapponesi? :D

L'hai lettooooooo??? O.O io lo amo quel libro *-* adesso che stanno facendo anche il film poi! * ç * quali strane associazioni? LoL

kiss angelo_nero

 

StarDoll95: Si per loro sono arrivate prima (e io qui a studiare T__T) mentre da noi il tempo è ancora instabile .-. mi chiedo se almeno a giugno farà una temperatura decente. Coooomunque sono d'accordo con te: i Giapponesi si girano mezzo mondo e noi Italiani non sappiamo neanche quali sono i capo-luoghi *un enorme cartello con su scritto “ecco un esempio” le lampeggia supra la testa *

Il libro si chiama Fifthy Shades of Grey (Cinquanta sfumature di grigio) di E.L. James :3 Leggilo è bellissimo!

Veggy è Veggy non ci si può far niente u.u se è sexy con sex appeal da far girar la testa bisogna rappresentarlo come tale u.u Bulma lo ama nonostante sia unfottutissimo stronzo, bastardo, crudele, spietato principe senza patria.

Bra è dolce quanto (malvagia nd Trunks) bella *-* da piccola è un amore da adolescente è identica alla madre con un pizzico di sadicità del padre ;D

Aspetto una tua recensione anche per questo capitolo :) Alla prossima!

Kiss angelo_nero

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Capitolo 11
*** Capitolo 11: Alcol and sex ***


 

Capitolo 11: Alcol and sex

 

Faceva caldo, il sudore scivolava come acqua lungo il proprio viso, faceva decisamente troppo caldo. Il ritmo della musica travolgente, non riusciva a fermarsi, voleva continuare a muoversi. Su e giù, destra e sinistra, testa, braccia, gambe e bacino, ogni singola parte del proprio corpo seguiva l'andatura ritmica della musica. Ondeggiava sensualmente il bacino, sapeva che qualche ragazzo particolarmente attento l'avrebbe adocchiata, magari con l'intenzione di passare la serata in modo diverso. Non le importava, sapeva bene che il marito la teneva d'occhio.

I capelli azzurri svolazzavano intorno alla testa dandole un aria sbarazzina, facendola tornare adolescente quando passava le intere serate a ballare in postacci al limite della legalità insieme a quattro scapestrati. Non era mai stata la classica ragazza “casa e chiesa”, ne aveva combinate di tutti i colori da adolescente, frequentando le peggiori compagnie, ficcandosi in non si sa quanti guai, c'era stato un periodo in cui aveva anche perso il conto di tutte le volte che era finita dal preside per aver inveito contro un professore.

La musica pulsava nelle orecchie ad un volume spropositatamente alto, la gente si muoveva frenetica intorno a loro e, mentre il DJ cambiava genere per l'ennesima volta, la pista si faceva più piena. Alcuni ragazzi ballavano in modo veramente troppo volgare, ma dopotutto non erano affari suoi.

-Questa musica è favolosa!- urlò Evelyn nel tentativo di farsi sentire dall'amica. Bulma si limitò a sorridere ed annuire, continuando a muoversi frenetica nel poco spazio permessole. La passione per il ballo l'aveva sempre avuta, sapeva muoversi sulla pista, quello era il suo elemento.

*She's like so whatever and you could do so much better. I think we should get together now and that's what everyone's talking about!* cantava a squarcia gola Avril Lavigne. -Hey! Hey! You! You! I don't like your girlfriend! No way! No way! I think you need a new one! Hey! Hey! You! You! I could be your girlfriend!- sapevano le parole a memoria, amavano quella canzone, era la colonna sonora della loro amicizia.

Con un movimento fluente si abbasso poi, di scatto, forse troppo velocemente, si rialzò. La testa aveva cominciato a girare, forse era tempo di fermarsi un po'. Prese il braccio dell'amica e le si avvicinò -Che ne dici di fermarci? Mi gira la testa!- urlò nell'orecchio dell'altra. Evelyn annuì e uscirono dall'ammasso di gente che si era radunata sotto il palco sopraelevato del DJ.

-Guarda chi si rivede! Cominciavamo a pensare di avervi perse tra la folla.- scherzò Marco. Le due donne si buttarono a peso morto sul divanetto, visibilmente provate. Bulma si lasciò scivolare sulle gambe del compagno comodamente seduto sul prezioso sofà, stranamente non fece una piega, a parte un leggero irrigidimento. -Sono distrutta.- biascicò. Evelyn annuì sorseggiando un po' del drink del marito: un Angelo Azzurro squisito, alcolico al punto giusto. -Non hai bevuto un po' troppo stasera?- le chiese l'uomo. La castana alzò le spalle continuando a sorseggiare il liquido azzurrognolo nel bicchiere.

-Voi che avete combinato in tutto questo tempo?- chiese l'azzurra con gli occhi chiusi. -Parlato.- le rispose Marco -E bevuto.- aggiunse Vegeta. Bulma guardò l'uomo in faccia -Perchè tu riesci a fare un discorso con qualcuno che non comprenda grugniti, versi incomprensibili e imprecazioni nella tua lingua?- lo prese in giro. Vegeta guardò la donna sdraiata sulle proprie gambe: le guance si erano arrossate, i capelli era scompigliati, le labbra piene dischiuse e gli occhi azzurri vispi. -Forse hai bevuto un po' troppo anche tu.- le disse. Lei sbuffò e alzò gli occhi al cielo -Ha parlato quello che si è scolato due Cuba Libre, tre Shot, un Vodka Lemon e un Mohito! Non fare la parte del “genitore responsabile” non ti si addice.- gli rispose. -Io reggo l'alcol meglio di qualsiasi essere umano comune.- le ricordò. - “Io reggo l'alcol meglio di qualsiasi essere umano comune”.- gli fece il verso lei. -Lo so benissimo che tu non sei una persona come le altre.- borbottò. Lo vide accigliarsi -Ho ucciso per molto meno. Ringrazia di essere ancora viva.- sibilò. -Ma adesso tu non sei lo stesso di prima. Non mi faresti del male dato che mi ami.- gli disse sorridendo. Colpito e affondato.

Gli altri due ridacchiarono: erano uno spasso, si comportavano come due adolescenti. Evelyn buttò uno sguardo sul proprio orologio da polso e strabuzzò gli occhi -Le 03:25 di mattina!?- -E' già così tardi? Che palle mi stavo divertendo.- borbottò l'azzurra. Da ubriaca si comportava esattamente come un adolescente, forse l'alcol portava alla luce il suo aspetto infantile.

*When the lights turned down, they don't know what they heard. Strike the match, play it loud, giving love to the world. We'll be raising our hands, shining up to the sky. 'Cause we got the fire, fire, fire, yeah we got the fire fire fire *

 

-And we gonna let it burn burn burn burn.We gonna let it burn burn burn burn. Gonna let it burn burn burn burn. We gonna let it burn burn burn burn!- sapeva le parole di tutte le canzoni che passavano. -Dimmi la verità, Evelyn. Passi il tuo tempo attaccata alla radio? Non ti ho sentita sbagliare una parola di nessuna canzone finora.- chiese Bulma tirandosi su ed osservando l'amica. Evelyn le sorrise -Più o meno.-

 

***

 

Anche all'interno della lussuosa macchina avevano continuato a bere, brindando alla meravigliosa serata passata, con uno champagne decisamente costoso. -Certo che non badi a spese!- osservò l'uomo dagli occhi smeraldo. Bulma alzò le spalle portando il calice sulle labbra -È nella mia natura. Non ci posso fare nulla.-

Durante il tragitto non mancarono le risate, i discorsi stupidi e le battute sciocche da parte delle due donne visibilmente più che brille. Più il tempo passava, più loro bevevano e più risultavano pazze. -La finite di sparare cazzate?- chiese Vegeta. Le due scoppiarono a ridere, facendo capire ai due che erano completamente fuori. Bulma si asciugò una lacrima sfuggita -Per fortuna che ho chiamato il servizio di animazione chiedendo se i bambini potessero rimanere a dormire. Mi hanno risposto che quella sera avevano intenzione di fare un campeggio.- poggiò il bicchiere di cristallo sul tavolino posto lì davanti. Osservò fuori dal finestrino -Non credo che arriveremmo prima delle quattro, guardate che traffico.-

La conversazione riprese, stavolta con meno euforia da parte delle ragazze, l'alcol ingerito aveva cominciato a scemare, nell'arco di qualche ora, senza berne altro, sarebbero tornate sobrie.

Con grande stupore di Bulma, Vegeta parlò per tutto il tempo con Marco facendosi scappare anche qualche espressione diversa dal solito cipiglio. I due avevano molto in comune, più di quanto potessero immaginare, prima cosa su cui si trovavano molto d'accordo erano le moto: entrambi con una passione sfrenata per le due ruote fin da adolescenti, conoscevano ogni singola parte del motore, quali fossero le ruote migliori su strada e quali sul fuori-pista. Quando anche Bulma si unì alla loro conversazione, cominciando a parlare in un linguaggio tecnico, incomprensibile al suo udito di direttore di un azienda commerciale, Evelyn cominciò a sentirsi esclusa, per fortuna l'auto si fermò davanti l'albergo. -Finalmente! Cominciavo a non sopportarvi più con i vostri discorsi meccanici!- sbraitò la donna uscendo dall'auto rischiando di travolgere il povero autista. Gli altri tre si scambiarono uno sguardo confuso, Bulma alzò le spalle conoscendo il caratteraccio dell'amica.

 

***

 

Si buttò a peso morto sul letto, affondando nel morbido materasso. Si slacciò le costose quanto scomode scarpe, ballare con i tacchi non era la migliore delle idee. Si lasciò cadere all'indietro osservando il soffitto attraverso le tende blu del letto a baldacchino, si portò un braccio sugli occhi, rendendosi conto di non sopportare la forte luce al neon della stanza, per sua fortuna Vegeta spense la luce grande lasciando che la stanza fosse illuminata solo da una tenue luce, data da quattro faretti di piccolo calibro posti esattamente sopra il letto -Mi scoppia la testa.- si lamentò. Sentì i passi leggeri del compagno farsi più vicini -Avresti dovuto bere di meno.- le disse. Tolse il braccio dalla faccia e si sistemò meglio sul letto, sdraiandosi esattamente al centro; in effetti aveva un po' esagerato con l'alcol: un Cuba Libre, un Mohito e un Bloody Mary forse erano troppi per lei. Avvertì il letto abbassarsi e, subito dopo, il tonfo di qualcosa che cadeva sulla moquette. -I ragazzi?- si sentì chiedere. Mugugnò prima di rispondere -Sono con gli animatori in un parco qui vicino: campeggio.- gli disse portando lo sguardo su di lui: era seduto sul letto con le mani puntellate sul materasso dietro di lui e la testa voltata nella propria direzione. Aveva uno sguardo strano, quasi inquietante. Sorrise, il suo ghigno malvagio, quel ghigno che mostrava i canini più lunghi del normale, quel ghigno che prediva le sue intenzioni, e lei lo conosceva bene. -Vegeta io..- un bacio bollente le impedì di finire la frase, un bacio ardente, passionale. Le fece dischiudere le labbra insinuando la propria lingua all'interno, cercando la sua per intrecciarle in una danza sfrenata.

Mugugnò quando avvertì la lingua del compagno toccare la propria: a quel punto niente gli avrebbe impedito di far ciò che voleva fare. Gli morse il labbro sorridendo poi selvaggia -Dicevi?- le sussurrò. Da lì in poi gli unici rumori che si sentirono furono gli schiocchi di baci e il fruscio delle lenzuola.

 

***

 

Il cellulare che vibrava sul comodino cominciava a darle sui nervi, si girò dalla parte opposta, ignorandolo. Dopo svariati secondi, che sembrarono infiniti, il rumore si fermò facendole tirare un sospiro di sollievo. Alzò gli occhi al cielo quando ricominciò a vibrare. Aprì un occhio per controllare chi fosse: la persona che la stava chiamando insistentemente da un quarto d'ora era nient'altro che un direttore di un azienda che, come le altre, aspirava ad entrare nella propria per aumentare il suo prestigio. Spense il cellulare chiedendosi se quei tizi si prendessero mai una vacanza. Si girò dalla parte opposta, stringendosi di più al compagno che continuava a dormire.

Quando riaprì gli occhi Vegeta non era più accanto a lei, in compenso sentiva lo scroscio della doccia proveniente dal bagno. Guardò l'orologio digitale della radio sveglia: le 9:40.

Si mise seduta sul letto ancora nel torpore del sonno, si strofinò gli occhi e riuscì finalmente a mettere a fuoco la stanza. Si rese conto di essere coperta solo dal lenzuolo blu del grande letto. Fece una smorfia osservando i propri vestiti sparsi sul pavimento, troppo distanti in quel momento. Allungò una mano ed afferrò la maglietta che il compagno aveva appoggiato sul letto e la infilò. Si alzò sbadigliando e si stiracchiò. -Perchè mi freghi sempre i vestiti?- si voltò osservando il compagno appoggiato allo stirpe della porta con le braccia incrociate: portava solo un paio di jeans da cui si intravedeva l'orlo dei boxer ed era a piedi scalzi. Gli sorrise innocente -Perchè i miei erano troppo lontani. La tua invece era sul letto.- fece un giro su se stessa per farsi ammirare. La maglietta bianca del compagno era decisamente troppo grande per lei, però aveva il suo odore ed era grande. E lei amava entrambe le cose.

Sciolse le braccia dalla solita postura e le si avvicinò con passi felpati. Quando al raggiunse, ritrovandosi a pochi passi da lei, le sussurrò – Forse ti sei dimenticata dell'effetto che ciò ha su di me- lei gli passò le braccia intorno al collo annullando la distanza che li separava -No, non me ne sono dimenticata.-

 

Aprì un occhio cercando di mettere a fuoco la stanza, aprì anche l'altro ma la luce era troppo forte e li strizzò. Guardò l'orologio posto sul comodino: 12:35. 12:35!? Si tirò su di scatto, aveva dormito per due ore e mezza! Si voltò alla ricerca del compagno che non era al suo fianco sul letto. -Buon giorno bella addormentata. - disse sarcastico. L'azzurra si voltò scorgendo il compagno sulla porta della suite, vestito di tutto punto: jeans neri, canotta aderente nera che gli metteva in risalto i muscoli e ai piedi un paio di Dr. Martens nere portate slacciate.
Si avvicinò al letto incrociando le braccia -Perchè non mi hai svegliato?- disse lei quasi urlando mentre si precipitava in bagno. - Perchè avrei dovuto farlo?- rispose lui. - Perchè sarei dovuta andare a prendere i bambini alle 10 ben due ore fa!- si sentì urlare da bagno.

Aprì l'acqua del rubinetto del lavandino sciaquandosi la faccia per cercare di riprendersi. Diede una spazzolata al caschetto azzurro e si infilò l'intimo: un perizoma di pizzo e un regiseno coordinato.

Vegeta, vedendola uscire dal bagno in quello stato, fu tentati di saltargli addosso un'altra volta -Stai cercando di ottenere qualcosa?- le chiese. L'azzurra intanto era già sparita all'interno dell'immenso armadio pieno di vestiti, dopo innumerevoli prove e di cambi optò per un abbigliamento che non indossava da parecchio. -No, non sto cercando di fare nulla.- disse uscendo da dietro all'anta. Fece una piroetta su se stessa -Come sto?- chiese. L'uomo la guardò inclinando la testa da una parte con un impercettibile alzata di un sopracciglio. Indossava un paio di jeans blu danvati e neri dietro aderenti a vita alta, un crop top con su scritto “Fuck the system” e ai piedi un paio di sandali col tacco neri, da quando il compagno era diventato più alto era quasi sempre costretta a mettere i tacchi. Sparì di nuovo in bagno per poi tornare con uno splendido smooky eye nero sugli occhi. -Dove credi di andare conciata in quel modo?- l'azzurra si voltò verso il compagno. - Perchè qual'è il problema?- l'uomo non rispose continuando a guardarla. Poi si girò e si diresse verso la porta appoggiandosi al muro adiacente. L'azzurra aprì la porta precedendolo fuori dalla stanza.

 

Angolo dell'autrice:

Eccomiiii sono tornata finalmenteee!! Non linciatemi vi preeego * si mette in ginocchio con le mani giunte * ho avuto un sacco da fare e il mio (?) ragazzo non mi ha voluto far scrivere neanche una parola T__T Gomennasaiii >.< mi farò perdonare continuando ad aggiornare regolarmente per quanto io possa.

 

Risposte alle vostre recensioni:

 

Aral89: Ma ciaooo :D Purtroppo non è solo la scuola a portarmi via il tempo ma anche l'amore e quest'anno ho cominciato anche nuoto (yeeh!).

Beh Veggy è Veggy u.u non è che non gliene frega più nulla perché lui (come tutti gli altri Saiyan [tranne Gohan] ) vive dell'adrenalina che gli da la battaglia, si può dire che li ha molto ridotti e che la cosa non lo rende più euforico come quando aveva Kakaroth da battere, quindi mette in second piano gli allenamenti e in primo la famiglia u.u

Evelyn non ha niente di losco da nascondere xD anche perché è l'immagine e somiglianza di una mia cara amica. XD

kiss

 

P.s. OMG io ce lo vedo Vegeta nei panni di Mr. Cinquanta Sfumature *sbava *

 

StarDoll95: Ciao carissima! Non ti preoccupare come vedi anche io ho molti impegni che mi portano via tempo (e denaro).

Roma è Roma o la si ama o la si odia e io la amo *-* si con tutta la puzza della gente che non conosce l'uso del sapone (si purtroppo non era una cavolata quella DD:)

Vegeta va matto per Bra hanno proprio un legame speciale, forse perché è femmina(?).

Quella coscienza si fa sempre viva nei momenti sbagliati xD

Grazie per tutti i complimeti e alla prossima :)

 

xoxo

 

shadowkiss16: Vegeta è sexy già di suo quindi qualsiasi cosa indossi, anche una busta, sarebbe bellissimo ugualmente *__*
Bra è una tenera stronzetta: prima combina i guai poi usa gli occhioni blu come arma contro il padre ahahahah xD

Marco a quanto pare capisce Vegeta meglio di chiunque altro u.u si sbaglia poi si va avanti.

Alla prossima :3

xoxo *anche al sexy Prince of Saiyan *

 

sabry fusky: Grazie dei complimenti ^.^ spero continuerai a seguirmi! Baci.

 

Zappa: Eh si purtroppo sono scomparsa per un lungo periodo. Gomennasai * si inchina * però adesso sono tornata e, spero, non sparirò più.
Il mio intento era proprio questo, far capire al lettore che non tutto deve rimanere com'è ci sono degli eventi che, purtroppo o per fortuna, cambiano l'essenza della persona. Ho cercato di rendere Marco quanto più possibile simile a Vegeta per quanto un umano permetta: madre e padre distanti o scomparsi, adolescenza e infanzia distrutta, la cattiva strada intrapresa e poi “ l'angelo” che li salva dall'eterna dannazione.

Hai detto bene: Vegeta è saggio e responsabile (più di Goku e di Yamcha sicuramente in quanto entrambi hanno preferito se stessi alla felicità delle persone che li amano). Lui è si un ex mercenario assassino ma è anche un uomo e come tale ha la possibilità di cambiare e diventare una figura di riferimento per qualcun altro.

Ok basta fare la filosofica u.u

Spero ti piaccia anche questo capitolo ;) alla prossima

xoxo

 

 

 

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Capitolo 12
*** End of summer and injustice ***


Capitolo 12: End of summer and injustice.

 

Chiuse la porta della stanza, mettendo poi il pass nella tasca. Si voltò e si incamminò lungo il corridoio, percorse la lunga rampa di scale con velocità, arrivando nella hall.

Si guardò intorno cercando la compagna: ella stava allegramente chiacchierando con il signore dietro al bancone, palava un italiano talmente perfetto che se non la conoscesse avrebbe detto che fosse stata in quello Stato almeno due volte al mese, tutti gli anni.

L'azzurra si voltò, percependo la presenza del marito alle spalle che le porgeva la scheda d'accesso: portava una camicia bianca a maniche corte lasciata leggermente aperta, un paio di jeans blu denim strappati e un paio di All Star nere basse. La catenina d'oro con appesa il ciondolo con le iniziali dei figli intrecciate, cadeva morbida sui pettorali scolpiti, brillando.

Rimase un attimo a guardarlo, beandosi di quella vista sublime: cazzo se era bello! Quando vide le sue labbra incresparsi in un sorriso malizioso arrossì leggermente e gli prese la scheda dalle mani.

La porse al signore di mezz'età che le sorrideva cordiale -Avete passato una bella vacanza? Vi siete rilassati? Spero di rivedervi!- l'azzurra sorrise -Siamo stati benissimo, torneremo sicuramente!- avvertì il borbottio in sottofondo del compagno che si lamentava del fatto che, come al solito, non avesse chiesto la sua opinione.

Al di fuori dell'hotel li aspettava un auto grande, più o meno, quanto una limousine che li avrebbe portati fino all'aeroporto. Nonostante fossero i primi di settembre faceva ancora molto caldo, per fortuna all'interno dell'auto c'era l'aria condizionata. - Anche Evelyn è partita oggi. Chissà se è già arrivata.- disse giocando con la bambina al suo fianco. - Il volo dura 12 ore. A meno che non siano partiti durante la notte dubito siano già arrivati.- rispose guardando fuori dal finestrino il paesaggio che cambiava.

Quella vacanza l'aveva rilassato e anche divertito, passare del tempo insieme a Trunks al di fuori degli allenamenti non era poi così male, il ragazzino aveva un'intelligenza spropositata per avere 11 anni.

Incredibile, era riuscito persino a farsi amico un terrestre. Si accigliò leggermente ripensando al discorso di quella sera con Marco, il ragazzo era molto perspicace, per niente fastidioso e sapeva stare al suo posto; era il tipo di persona che piaceva a lui.

 

***

 

L'aeroporto era gremito di gente, le persone di affrettavano a tornare dalle vacanze per riprendere la routine invernale. Non apprezzava particolarmente la compagnia di così tanta gente, ma quel giorno stranamente era piuttosto rilassato, tanto che, quando la compagna lo baciò sulle labbra davanti ai bambini lui non si scompose; piuttosto rimase con un espressione stupita per un po'. Sorrise malizioso pensando a ciò che le avrebbe fatto non appena fossero stati soli.

-Ehi!! Ma riusciamo sempre a incontrarci da qualche parte.- una voce squillante lo distolse dai propri pensieri. Alzò gli occhi al cielo quando vide la castana avvicinarsi trascinando la povera Keyko dietro di sé. La pace era finita.

L'azzurra riconobbe subito il leggero accento straniero dell'amica -Evelyn! Ma dovreste essere già sull'aereo?- chiese abbracciandola. -Il nostro volo è stato cancellato per via di uno sciopero dei piloti.- disse sospirando. - Così ci hanno appioppato il volo più vicino di orario. Che poi tanto vicino non è visto che dovevamo partire alle 6 e adesso sono quasi le 10.- borbottò incrociando le braccia. Si voltò intenzionata a salutare il resto della combriccola -Ciao Vegeta.- disse sorridendo. L'altro rispose con un “ciao” a mezza bocca, e per lui era già un grande traguardo salutare qualcuno. Al suo contrario, Marco salutò il Saiyan con un leggero movimento della testa che quest'ultimo ricambiò.

Non avrebbe mai capito il linguaggio muto di quei due, così si decise a prestare attenzione ai due bimbi. -Ciao Trunks!- il glicine alzò la testa guardando la donna castana che le sorrideva cordiale. -Ciao Evelyn. Ciao Keyko. Ciao Marco.- disse sporgendosi verso gli altri due. La bambina gli sorrise e l'uomo lo salutò con un cenno del capo sorridendo.

Avrebbero dovuto aspettare ancora un'ora, dato che gli stessi piloti che aveva scioperato ne avevano convinti altri a seguirli rimandando di qualche ora parecchi voli, provocando l'ira dei passeggeri.

Si alzò dalla scomoda sedia di metallo su cui era seduto e si diresse davanti l'enorme vetrata che dava sulla pista, illuminata dalla luce di un sole ormai più che alto. Si appoggiò al muro di fianco con le braccia incrociate.

-...e così abbiamo ottenuto il prestigio di cui adesso godiamo. Sai cos'ho scoperto? Che...- Evelyn le stava raccontando la storia della propria azienda, da quando trasformarono una vecchia fabbrica, che cadeva a pezzi, in un edificio lussuoso a quando l'azienda sfondò sul mercato.

L'azzurra però non la stava più ascoltando da un bel po', portando invece la sua attenzione sugli spostamenti del marito. Le sembrava irrequieto, forse l'attesa stava diventando snervante per lui.

Si alzò istintivamente continuando a guardare il compagno, mentre Evelyn protestava – Ehi, dove vai? Mi stai ascoltando? Bulma!- gridò -Aspetta un attimo.- le disse. La castana si appoggiò allo schienale offesa, si sentiva messa da parte, per fortuna ci pensò la piccola Bra a tirarle su il morale porgendole il suo coniglio di pezza con il pollice in bocca.

 

***

 

-Cosa vuoi?- l'aveva avvertita ancor prima che si avvicinasse. Conosceva ogni suo singolo spostamento. -Niente. Volevo solo sapere se stavi bene.- gli rispose lei. L'altro chiuse gli occhi cercando di far cadere il discorso. -Sto bene. Adesso che lo sai ti leverai dai piedi?- chiese. L'altra mise me mani suoi fianchi indignata -Mi stavo solo interessando a te, scimmione! La prossima volta mi faccio gli affari miei.- disse facendo per andarsene. Quando però non avvertì nessuna risposta o reazione dal marito si alterò: -E' mai possibile che non riesci a essere un po' meno scontroso!? Io mi preoccupo per il tuo stato d'animo e tu mi rispondi così!?- urlò. L'altro aprì gli occhi e sciolse le braccia dalla posizione in cui erano. Fece un passo nella sua direzione guardandola negli occhi, lei non indietreggiò di un millimetro, sfidandolo apertamente. Sapeva che non le avrebbe fatto del male. Allora cos'era quello sguardo intenso che le stava trapassando da parte a parte!? Lui fece un altro passo continuando a guardandola negli occhi mentre lei si ostinava a sorreggere il suo sguardo senza abbassare mai il proprio, neanche per un attimo.

Perchè la stava guardando in quel modo? Si sentiva messa a nudo da quello sguardo così profondo. Lo vide abbassarsi alla sua altezza, lasciando poco più di qualche millimetro tra i loro visi. Si sentì andare a fuoco il viso, era sicuramente arrossita; dischiuse le labbra perché improvvisamente le mancava l'aria.

Vegeta fissò le sue labbra dischiuse e poi fece qualcosa che neanche Bulma si sarebbe mai aspettato, la baciò. Un bacio casto, veloce e intimo allo stesso tempo.

Aveva sbarrato gli occhi non appena aveva avvertito le labbra del compagno posarsi sulle proprie poi li aveva chiusi. Non ebbe neanche il tempo di realizzare ciò che era successo che Vegeta si era già staccato continuando a guardarla.

Per fortuna la voce che annunciava l'imbarco la risvegliò da quel trans in cui era caduta, si rese conto di stare sfiorando le sue stesse labbra ancora incredula. -Bulma! Andiamo altrimenti perdiamo anche questo!- urlò la castana dall'altra parte. -Si arrivo.- le rispose.

 

***

 

Il volo fu molto tranquillo, fatta eccezione per qualche passeggero parecchio scontento. Ce n'era uno in particolare che stava facendo saltare i nervi a tutti: un signore anziano continuava a lamentarsi con la povera hostess di qualsiasi cosa gli desse fastidio: adesso sentiva gli spifferi d'aria, poi aveva sete, fame, aveva caldo, si lamentava delle orecchie tappate, della velocità dell'aereo, persino quando un bambino gli passò accanto con del cibo -Ehi ragazzino! Attento a dove metti i piedi! Potresti rovesciarmi tutti addosso, poi non correre che fai corrente!- stava per esplodere quando, per fortuna, la madre del bambino gli inveì contro dicendo tutte le parolaccie di cui era a disposizione il suo vasto lessicale. L'uomo chiuse definitivamente la bocca per il resto del viaggio e l'intero equipaggio, hostess e piloti compresi, fece un enorme applauso alla donna.

Una volta che l'aereo fu atterrato le due famiglie si apprestarono a dirigersi verso le proprie abitazioni.

 

***

 

Si buttò a peso morto sul divano, accendendo la play per giocare subito all'ultimo videogioco acquistato, purtroppo nell'albergo non aveva trovato un solo bambino che potesse prestargli la console per un pomeriggio.

-Casa dolce casa- disse l'azzurra posando a terra la più piccola che si mise subito in piedi e, con un equilibrio precario, stabilizzato solo dalla coda che ondeggiava alle sue spalle, si diresse verso la sua scatola dei giochi, piena zeppa di peluche e giocattoli di tutti i tipi.

Vide il compagno che, dopo aver poggiato il borsone a terra, si diresse verso le scale diretto al piano superiore. -Dove stai andando?- gli chiese. L'uomo la guardò come se fosse appena atterrata da Marte -A farmi una doccia.- le rispose. L'azzurra si guardò intorno per un attimo, poi si tolse le scarpe alte e raggiunse il compagno sulle scale. -Ti dispiace se vengo con te?-

 

***

 

La giornata era ormai terminata e solo la luna illuminava quel cielo nero.

Passò davanti la stanza della figlia soprappensiero, diede un'occhiata all'interno e poi proseguì. -Dai Bra! Possibile che tu non sappia fare proprio niente a parte piangere e urlare?- chiese il bambino alla sorella.

Vegeta fece qualche passo indietro, sbirciando all'interno della camera, quasi del tutto rosa, della bambina. Trunks era seduto davanti alla culla e osservava la sorella in attesa di qualcosa, mentre Bra guardava il fratello con espressione perplessa. Alzò gli occhietti sopra la testa del fratello -Pa-pà!- disse allargandosi in un enorme sorriso.

-Mi spieghi cosa stai cercando di fare?- chiese al ragazzino dai capelli glicine. -Sto cercando di capire se abbia qualche potere. Insomma è pur sempre mia sorella!- disse aggrottando le sopracciglia. -E' ancora troppo piccola per sperimentare. Lasciala perdere prima che incominci a piangere.- -Non è vero! Io alla sua età ho buttato giù quasi un'intera ala della casa con un semplice spostamento d'aria!- disse furioso alzandosi in piedi.

Il Saiyan maggiore osservò il primogenito puntare i piedi su una decisione: era incredibile quanto somigliasse alla madre in cerchi casi e altrettanto a lui stesso in altri. Tornò ad osservare la bimba nella culla che si era ormai messa in piedi. Forse il ragazzino non aveva tutti i torti, forse ne valeva la pena di sperimentare, forse poteva ottenere qualcosa da quegli occhioni azzurri oltre a tanto amore incondizionato.

-Va bene, ma ci penseremo domani. Muoviti ad andare a letto.- disse autoritario. Il bambino fece ciò che gli era stato detto senza lamentarsi -Ok! Notte papà.-

Appena il ragazzino fu uscito dalla porta, prese la bimba dalla culla e la osservò attentamente: i capelli azzurri legati in due codine li aveva ereditati dalla madre, gli occhi forse troppo grandi per quel visino avevano una sfumatura più scura rispetto a quelli della moglie, però lo sguardo corrucciato e il taglio erano i suoi. Ed infine la coda che ondeggiava alle sue spalle.

I suoi figli gli somigliavano parecchio caratterialmente, ma avevano ereditato qualcosa anche fisicamente: anche gli occhi di Trunks erano di un azzurro più scuro rispetto a quelli della madre.

Avvertì due esili braccia avvolgergli il torace -Hai ancora dei dubbi su chi è il padre?- gli disse -Simpatica. Non credo che qualche essere umano sia mai nato con la coda. E non provare a mettere in mezzo quel citrullo che non sa nemmeno come ha fatto ad avere i suoi.- le disse precedendola. Lei ridacchiò appoggiata alla sua schiena -Se non hai dubbi sulla paternità perché l'hai tolta dalla culla?- gli chiese.

L'uomo si accorse di avere ancora la bimba in braccio che, nel frattempo, si era addormentata con il pollice in bocca. Ora che ci pensava non sapeva bene perché l'aveva presa in braccio, aveva solo sentito l'istinto di farlo. -Perchè mi andava. Non c'è una spiegazione. È così, punto.- disse rimettendo Bra nella sua culla che accalappiò immediatamente il coniglietto.

Bulma si staccò dal compagno e coprì la bambina -Non voglio che si ammali.- -Fanno 35 gradi. Come vuoi che faccia ad ammalarsi? - disse Vegeta. -E' piccola, basta poco.- ribatté l'azzurra. L'uomo piegò la testa da un lato osservando la donna -Mi prendi in giro? Ha i migliori anticorpi dell'universo nel sangue.- le ricordò. -E' vero. Tendo a dimenticare di aver sposato un guerriero proveniente dallo spazio e non un semplice essere umano.- gli rispose sorridendo.

Tende a dimenticare? Dopo tutto quello che aveva combinato, lei si scordava della sua natura!? Incredibile -Come fai a dimenticarti la mia natura? Mi sembra di averti ripetuto fino alla nausea da dove provengo.- l'azzurra gli si avvicinò, guardandolo negli occhi per poi mettergli le braccia al collo. -Per me tu non sei un ex assassino intergalattico o un principe di un popolo guerriero.- gli disse facendo sfiorare i loro nasi -Tu sei mio marito, l'uomo che mi ha rubato il cuore, che mi ha fatto stare bene e altrettanto male, colui che mi ha regalato due figli meravigliosi. Tu sei... tu. Nient'altro.- alzò lo sguardo per incontrare gli occhi scuri del marito. Non ricevendo alcun segnale di fastidio continuò -Tu sei la persona con cui voglio passare il resto della mia vita, a qualsiasi costo. Quindi metti in conto il fatto che se dovessi mai finire nuovamente all'Inferno ti verrò a prendere a calci per poi riportarti a casa.- concluse. Lo sentì ridere, era molto raro che lo facesse.

Dio come amava quel suono, tutto il suo viso si distendeva quando si lasciava andare a una risata sincera. Lo amava in tutte le sue sfaccettature, ma la sua risata, malefica o di gusto che sia, aveva sempre un che di magnifico, di unico.

Quella donna era un qualcosa di inimitabile. Nessuno gli aveva mai parlato così schiettamente. Rideva, rideva di gusto perché quella donna era impossibile quanto bella. Perchè gli aveva fatto conoscere dei lati di sé che non sapeva neanche esistessero. Perché era sinceramente divertito dalla sua affermazione -Verresti fino all'inferno solo per riportarmi indietro?- chiese stupito. L'altra annuì convinta, non voleva rimanere nuovamente senza di lui. -Tu sei completamente pazza.- -Si, di te.- lo baciò.

 

***

 

Il trillo della sveglia non gli era mai sembrato così fastidioso. Fece uscire un braccio da sotto le coperte e la spense, tornando poi a dormire.

Dopo pochi secondi, però, ricominciò inaspettatamente a suonare, disturbando di nuovo il suo sonno. Afferrò l'oggetto infernale e lo scaraventò con forza sul muro di fronte.

Si mise seduto sul letto ancora mezzo addormentato, cercando di mettere a fuoco la stanza e i resti della sveglia. Sbadigliò scendendo dal letto e dirigendosi in bagno, forse una doccia lo avrebbe aiutato.

 

***

 

Percorse il corridoio sbadigliando, facendo ondeggiare la singolare appendice che lo caratterizzava.

Quando una porta, lungo il suo percorso, si aprì arrestò il passo prestando attenzione a chi ne sarebbe uscito. Rimase un po' perplesso nel vedere l'occupante della stanza. -Ciao Trunks. Dormito bene?- gli chiese il guerriero con la cicatrice sulla guancia. Il bambino lo scrutò ancora un attimo, poi continuò il suo percorso lungo il corridoio, lasciando Yamcha imbambolato sulla porta. Non lo aveva degnato neanche di un saluto.

Scese le scale e imboccò il corridoio che lo portava in cucina, salutò entrambi i genitori e la sorellina con un “buongiorno” sbiascicato .

Yamcha arrivò poco dopo, accolto da una sig.ra Brief più che pimpante, nonostante fossero soltanto le 7 di mattina. Ora che entrambi i coniugi lavoravano, e che Bulma non aveva la minima intenzione di iscrivere la sua principessa al nido, Bra sarebbe rimasta sola tutta la mattinata. Per evitare ciò la nonna dei due ibridi passava la mattinata a casa Price per badare, e viziare, la sua amata nipotina.

-Buongiorno a tutti.- disse Yamcha sedendosi il più lontano possibile da Vegeta. -Cosa c'è di buono nel lunedì mattina?- chiese la donna da capelli azzurri, facendo intendere il suo astio per il primo giorno della settimana. -Poi che ci fai in piedi a quest'ora? I colloqui non iniziano alle 9?- chiese all'uomo sedutole di fronte. -Si ma è dall'altra parte della città, ora che passa l'autobus rischio di arrivare in ritardo.- rispose. L'azzurra lo guardò perplessa -La tua auto che fine ha fatto?- l'uomo sbiancò di colpo.

Era la seconda volta che chiedeva ospitalità all'ex fidanzata e famiglia per gravi problemi economici: dopo il fallimento totale della squadra, con il suo conseguente licenziamento, era finito con tutti i conti in rosso e la banca, per saldarli, era arrivata a sequestrargli ogni suo possedimento, compresa l'auto che gli aveva regalato lei anni addietro -Ehm... mi è stata portata via perchè non riuscivo a pagarla.- disse tutto d'un fiato preparandosi a una sua sfuriata. Ma alle sue orecchie non arrivò nient'altro che un sospiro di resa.

La donna si alzò da tavola portando via la sua tazza vuota e appoggiandola sul lavandino ove, la madre, stava finendo di sciacquare alcuni piatti. -Mamma abbiamo una lavastoviglie da due milioni di yen e dei robot programmati per fare queste cose. Perché ti ostini ancora a fare tutto a mano?- la rimproverò. -Oh tesoro, io sono vissuta in un'epoca in cui tutta questa tecnologia non esisteva, si faceva tutto a mano. Anche dopo aver sposato tuo padre mi rifiutavo di usufruire di tutti questi robot.- le rispose la bionda.

Spostò lo sguardo sull'ospite seduto di fianco al figlio, scoprendolo intento a fissare la moglie. Si voltò poggiando un braccio sullo schienale della sedia: la donna indossava un completo formato da giacca e gonna di un blu notte, abbinato a una camicia bianca e a dei sandali argento. Era decisamente bella, tutta da rimirare. Inclinò leggermente la testa di lato comprendendo di aver fatto la scelta giusta dodici anni fa.

Il bambino finì di bere la sua tazza di latte e, ancora mezzo addormentato, prese lo zaino dirigendosi verso la porta. -Ciao mamma, ciao papà, ciao nonna, ciao...Yamcha.- storse un po' il naso pronunciando quel nome. Neanche a lui andava a genio quel tipo. Uscì e si diresse verso l'istituto scolastico.

 

***

 

Aveva sbadigliato almeno otto volte durante quell'ora, non aveva mai amato l'ora di letteratura. A cosa gli serviva sapere che qualche sfigato si struggeva per una donna irraggiungibile!?

Quando, finalmente, suonò la campanella uscì di corsa dall'aula, senza aspettare neanche che il docente finisse di parlare.

Amava passeggiare per i corridoi con una bibita in mano, quando non c'era Goten passava la ricreazione da solo: la conoscenza con gli altri compagni di classe non lo entusiasmava molto, anche se conosceva di tutti, almeno nome, cognome ed età.

Non era un tipo loquace, a meno che non trovasse degli interessi in comune con qualcuno, preferiva rispondere solo quando necessario.

Avvertì degli schiamazzi provenire dall'aula professori seguiti dal rumore di un vetro rotto. Si affacciò, non vedendo insegnanti decise di entrare e controllare cosa stesse succedendo: un gruppetto di ragazzini del terzo anno si stavano divertendo a mettere sotto sopra l'intera aula professori, armati di accendino e pistola a piombini. -Ehi, Jack! Quel ragazzino ci sta fissando!- disse uno di loro a quello che doveva essere il “leader” della bravata. Jack fissò Trunks con astio ma, ancor prima che potesse minacciarlo in qualsiasi modo, una voce adulta riecheggiò per l'aula, avvisando i ragazzini dell'arrivo di un adulto. -Filiamocela prima che ci vedano!- disse uno del gruppetto. Uscirono da una porta nascosta dietro l'armadio, lasciando la pistola a piombini a terra.

Il piccolo Saiyan la raccolse da terra per osservarla, fece finta di mirare ma in quell'istante entrò l'insegnante.

 

***

 

Si trovava seduto davanti a quel signore sulla quarantina da ormai mezz'ora. - Ve l'ho già detto non sono stato io!- disse ancora -Ma c'eri solo tu lì dentro, con questa in mano!- disse l'insegnante mostrandogli la pistola di metallo. Il ragazzino sbuffò -Mi trovavo lì per caso. Mi stavo facendo gli affari miei quando ho sentito dei rumori provenire dall'aula. Sono entrato per controllare e poco dopo è entrata lei!- si difese. La donna, che insegnava spagnolo nella stessa classe di Trunks, non era affatto convinta anzi era sicura che fosse stato il glicine a fare i danni -E allora come si spiegano le finestre rotte, i compiti bruciati, le sedie ribaltate e i graffiti sui muri!?- affermò. -C'erano altri ragazzi all'interno! Sono stati loro io sono solo entrato a controllare, come ve lo devo dire!?- cominciava a scaldarsi, e non era un buon segno per un tipo pacifico come lui. Perché non gli credevano?? -Su ragazzo, ammetti ciò che hai fatto e noi cercheremo di limitare la tua punizione.- affermò il preside. -Ma non sono stato io, come faccio ad ammettere ciò che non ho fatto!?- disse alzandosi e stringendo i pugni. Doveva cercare di trattenersi altrimenti avrebbe scatenato un putiferio.

L'uomo al di là della scrivania lo guardò -E se non sei stato tu, chi è stato?- chiese al ragazzo. -C'era un gruppetto di ragazzi del terzo all'interno. Sono stati loro, io non c'entro!- disse nuovamente cercando di dimostrare la propria innocenza. -Non dire bugie! C'eri solo tu, cerchi soltanto un modo per evitare la punizione.- affermò la donna alzandosi in piedi. -Non è vero! Perché dovrei mentire!? Non ho mai fatto niente di male!- disse il ragazzino. -In effetti hai un curriculum scolastico impeccabile: voti alti, nessuna nota, nessuna lamentela da parte dei professori, nessun atto vandalico.- disse il preside tenendo in mano un foglio al che Trunks tirò un sospiro di sollievo. L'uomo si tolse gli occhiali da lettura e fissò il piccolo guerriero negli occhi -Ciò non toglie che quello che hai fatto è stato un atto vandalico a danno della scuola e una mancanza di rispetto verso gli insegnanti e i tuoi compagni.- Non ci credeva, ancora lo pensavano colpevole. -Ma io non ho fatto niente!- era sull'orlo di una crisi di nervi che si sarebbe sicuramente trasformata in una voglia irrefrenabile di distruggere tutto.

Il preside si alzò in piedi -Trunks Vegeta Prince sei sospeso per due settimane con l'accusa di danni all'istituto. Convocherò i tuoi genitori al più presto per parlare del risarcimento danni. Puoi andare a casa, le lezioni per te sono finite.- si sedette.

Il ragazzino si lasciò cadere sulla sedia incredulo: sospeso. Era innocente però era stato punito ugualmente, era così che funzionava secondo gli adulti? Storse il naso disgustato, prese lo zaino e uscì dalla presidenza sbattendo con forza la porta.

 

***

 

Fissava i fogli davanti a sé, scarabocchiando alcuni numeri su un pezzo di carta posto lì accanto. Qualcosa non tornava, i conti non coincidevano. Lesse attentamente il foglio stampato che avrebbe dovuto firmare. -Eccolo.- disse. Prese un pennarello rosso ed evidenziò lo sbaglio che sarebbe dovuto essere corretto. Uscì dall'ufficio e consegnò i fogli segnati di rosso alla segretaria. -Rimandali al reparto contabilità, digli di farsi un ripassino di matematica perché i calcoli sono tutti sballati.- la ragazza seduta al computer annuì senza dire una parola, poi si girò verso sinistra catturando l'attenzione dell'azzurra. -Quanto ancora intendi indugiare?- disse una voce profonda che lei conosceva bene. Si voltò e scorse la figura del marito appoggiato al muro con il casco in mano. Portò lo sguardo sull'orologio a parete e si rese conto che erano passate, ormai da un pezzo, le due. Vide una mano porgergli il casco nero, come per invitarla ad andare. Lo prese, poi si rivolse alla ragazza -Ci pensi tu a sistemare il mio ufficio?- chiese. -Certo Mrs. A domani.- fece un cenno con la mano e seguì il marito all'interno dell'ascensore panoramico, da cui si poteva vedere tutta la città. I primi tempi si sentiva male solo guardando giù, ma si parla di quando era appena una bambina di sei anni. Ora che aveva sperimentato il volo tra le braccia del compagno, nessun tipo di altezza la spaventava più.

Guardò il compagno appoggiato al vetro che faceva da parete all'ascensore. Niente era paragonabile all'ebbrezza provata nel volare tra le sue braccia. Gli sorrise quando la guardò con la coda dell'occhio, lo vide scuotere la testa e accennare un sorriso.

Osservò il soffitto sopra la sua testa, anch'esso fatto di materiale trasparente. Si poteva definire felice, più che felice. Aveva il suo principe.

 

***

 

Entrò furioso aprendo la porta con forza e facendola sbattere contro il muto, attirando l'attenzione della nonna che giocava con la sorella. -Ciao Trunks. Come mai sei tornato così presto?- chiese ma il ragazzo non le diede retta tirando dritto lungo il corridoio, attraversò il salotto la cui porta fu quasi buttata giù tanta la forza era che ci aveva messo. Yamcha lo seguì con lo sguardo mentre il glicine, furioso, si dirigeva in cucina. -Siamo nervosi..- disse. Per sua fortuna il guerriero era troppo arrabbiato per prestargli attenzione quindi si limitò ad intimargli di tacere.

Tra il salotto e la cucina non vi erano porte ma solo un arco che non uscì illeso dalla sua ira. Sferrò un pugno sul muro lasciando l'impronta della mano imprecando.

-Ti sembra questo il modo di comportarsi? Trunks!- gli urlò la madre. Il ragazzino si fermò e si voltò a guardarla, conosceva quello sguardo, l'aveva visto non si sa quante volte negli occhi del compagno: ira, voglia di distruggere.

Trunks riprese il suo percorso a passo svelto, fece le scale a due a due per arrivare più velocemente. Lungo il corridoio che portava alla sua stanza per poco non travolse il padre -Ehi Trunks guarda dove vai quando cammini!- lo sgridò. Vide il ragazzino fremere -Non ora papà.- disse sotto voce superando il genitore. Il Saiyan osservò il figlio allontanarsi fremente, non l'aveva neanche guardato in faccia talmente era scosso. Era sicuramente successo qualcosa.

Aprì la porta con un calcio facendo staccare un cardine, scaraventò lo zaino sulla scrivania, travolgendo qualsiasi cosa vi si trovasse sopra.

Si passò le mani tra i capelli tenendosi la testa, se non si fosse controllato molto probabilmente avrebbe fatto un disastro. Si appoggiò sul davanzale della finestra ispirando ed espirando, liberò la coda dalla prigione della maglietta cercando di calmarsi. Strinse le mani attorno al bordo del davanzale. -Papà non è il momento.- disse percependo la presenza del genitore alle sue spalle.

 

***

 

Era seduto con le gambe incrociate sulla sedia, la coda penzolante e lo sguardo fisso a terra. La madre, seduta di fronte a lui, lo guardava cercando di capire cosa succedesse. Appoggiato al lavello poco distante dal tavolo, il padre apparentemente assente, teneva d'occhio l'intera stanza. Yamcha era seduto alle spalle del ragazzino, a cavalcioni sulla sedia.

-Allora? Si può sapere cosa ti è preso? Stavi per buttare giù l'intero edificio.- gli chiese la madre seduta di fronte a lui. Dopo alcuni secondi di silenzio rispose -Sono stato sospeso.- Lo stupore era generale, cosa poteva aver mai fatto di tanto grave per meritarsi una simile punizione?

-E come mai sei stato sospeso?- chiese Yamcha.

Raccontò tutto per filo e per segno, senza tralasciare nulla. Fece percepire la sua rabbia attraverso la voce, i denti digrignavano mentre raccontava delle accuse infondate dell'insegnante e aveva stretto le mani fino a conficcare le unghie nei palmi ricordando la sentenza del preside.

Si sentì meglio dopo aver raccontato tutto, ma ribolliva ancora di rabbia -Questa cosa mi ha mandato su tutte le furie. Sono stato accusato ingiustamente.- aprì le mani che riportavano i segni delle unghie. -Non mi sono mai azzardato a sforare sul regolamento scolastico e per una volta in cui non mi sono fatto gli affari miei, vengo sospeso.- chiuse di nuovo le mani tremanti.

L'azzurra ci pensò un attimo, era una situazione assurda. Lei era, si, stata sospesa più volte, ma perché lo meritava, tutto ciò di cui l'accusavano era stato fatto da lei. Suo figlio, nonostante le origini belliche, non aveva mai combinato guai.

-Non preoccuparti, parleremo noi con i tuoi insegnanti.- disse la donna appoggiandosi allo schienale

con le braccia incrociate -Non ti possono incolpare senza che sia stato tu.-

Il ragazzino annuì ancora un po' scosso ma già più tranquillo. -Trunks.- lo chiamò la voce paterna. Alzò lo sguardo appena sentì il suo nome. -Vieni con me.- disse superandolo. Il bambino inclinò la testa confuso, dove lo voleva portare? Scese ugualmente dalla sedia e raggiunse il genitore fuori dall'edificio. -Non sei del tutto tranquillo.- disse cominciando a levitare, indossava ancora i vestiti da ufficio aveva solo tolto la giacca e tirato su le maniche della camicia bianca.

Guardava il padre con aria perplessa mentre si alzava in volo e lo seguiva senza sapere dove stava andando. -Dove stiamo andando?- chiese curioso. L'uomo lo guardò con la coda dell'occhio -In un posto dove puoi distruggere qualcosa.-

Adesso aveva le idee più chiare, il padre aveva intuito il suo bisogno di sfogarsi. Continuò a seguirlo più fiducioso di prima.

 

***

 

Li aveva visti spiccare il volo diretti chissà dove in quel pianeta sconfinato. Sospirò rendendosi conto che, negli anni, Vegeta aveva sviluppato un rapporto tutto suo con Trunks, alquanto ambiguo.

Prese la bambina dal box e la mise a terra in mezzo a una quantità indefinita di giocattoli, mentre lei si dedicava al riordinamento della cucina. Non lo faceva mai ma ogni volta che quei due sparivano doveva trovarsi qualcosa da fare altrimenti sarebbe impazzita.

Riordinare l'aiutava a pensare in modo razionale, senza andare nel panico. Mise un piatto pulito sullo scola piatti, prendendo a lavare i restanti con un movimento meccanico. -Da quando sei una donna di casa?- gli chiese una voce conosciuta. L'azzurra continuò a fare ciò che stava facendo -Da quando ho avuto l'onore di sfamare prima uno solo, poi due e adesso tre Saiyan ad ogni pasto. La lavastoviglie non è così capiente, rischia di fondersi.- rispose all'amico. Lo sentì prendere una sedia e sedervisi sopra, sicuramente nella solita posizione scomposta. -Quando eravamo insieme non lo facevi mai.- disse. -Non mi sembra che tu mangi tre tonnellate di cibo ogni volta. A meno che tu non sia cambiato in questi ultimi mesi.- gli rispose continuando ad appoggiare piatti e bicchieri al loro posto. Chiuse l'acqua e si asciugò le mani voltandosi poi verso l'uomo: portava un paio di pantaloni verde militare decisamente vecchi e troppo grandi, una maglietta grigia con su scritto “i'm the one” e delle scarpe da corsa molto vecchie anche esse. Andava veramente in giro così? Si ritrovò a ridacchiare -Cos'hai da ridere?- chiese l'altro offeso. -Niente è solo che...- e si bloccò, sapeva che non gli avrebbe fatto piacere essere paragonato a qualcun altro, figuriamoci al Saiyan. -Solo che?- la incalzò. Sorrise nuovamente -Sei così diverso da Vegeta. In tutti gli anni che siamo stati insieme non sono mai riuscita ad insegnarti un po' di buon gusto nel vestire. E non credo che qualcun altra si sia cimentata nell'impresa.- disse scoppiando a ridere. Il guerriero si offese un po' -Beh non credo che quel troglodita di tuo marito abbia più buon gusto di me..- borbottò. L'azzurra smise di ridere -Invece Vegeta ha imparato molto in questi anni, non posso dire sia un guru della moda ma almeno non indossa i pinocchietti con i super eroi- disse scoppiando di nuovo a ridere.

In effetti da quello che aveva potuto vedere il Saiyan sapeva come indossare qualsiasi cosa, e, per quando gli costasse ammetterlo, gli stava bene qualsiasi cosa: dalla semplice tuta blu da combattimento a un completo elegante.

-A proposito di Vegeta, dov'è andato?- chiese guardandosi intorno. -Non lo so, quando succede qualcosa a Trunks spariscono per un po' e poi ricompaiono.- disse alzando le spalle ormai abituata a quella scena.

Si sentì tirare i pantaloni verso il basso così voltò la testa trovandosi davanti due occhioni blu che lo guardavano curiosi. La vide mettersi il dito in bocca ed inclinare la testa perplessa, forse si stava chiedendo chi fosse. -Perchè mi guarda?- chiese alla madre della bimba. -Ti sta studiando, forse cercando nei suoi ricordi il tuo viso.- Bra fermò la testa e, sbattendo due volte le lunghe ciglia, allungò le braccia verso di lui. -E adesso che vuole?- chiese il guerriero in panico. -Vuole solo che la prendi in braccio, tranquillo non ti mangia.- gli disse sarcastica.

Il ragazzo prese la bimba dalla vita e la mise seduta sul tavolo, sorreggendola per paura che potesse cadere. Si guardarono negli occhi per un po': lui con l'espressione da pesce lesso, in quanto non sapesse come comportarsi con la bambina; la piccola con un dito in bocca confusa. Tolse il dito dalla bocca e sorrise radiosa indicandolo -Buffo!- disse ridendo.

L'altro la osservò con gli occhi sgranati, che repentino cambio d'umore. Vide la donna appoggiata al lavello che sorrideva. -Sta ridendo, è un buon segno significa che quantomeno gli stai simpatico. Se non ti sopportava ti avrebbe fatto la linguaccia o si sarebbe direttamente messa a piangere.- guardava confuso la bambina che gli sorrideva. La mise giù, dato che aveva cominciato a sentirsi a disagio guardandola negli occhi. C'era qualcosa nella sua espressione che gli ricordava il padre.

La porta d'ingresso si aprì e un Trunks tutto impolverato e pieno di fango attraversò la stanza con aria tranquilla e rilassata. -Dove siete stati? Sei coperto di fango.- disse la madre al bambino che la guardò sorridendo. Almeno era tornato il ragazzo che conosceva. Lo vide salire le scale e sparire dalla sua vista.

Vegeta entrò nella stanza pochi istanti dopo che il figlio si fosse dileguato su per le scale. Vide che Bra, traballante, gli si era avvicinata con un sorrisone -papà!- disse allungando le braccine verso il genitore. Egli non si tirò indietro, prese la bambina con facilità. Osservò i due occupanti della stanza, non disse una parola lanciando solo uno sguardo fulminante al guerriero che tremò ed abbassò la testa. -Dove siete stati?- chiese l'azzurra cercando di togliere la bimba dalle braccia paterne che però si rifiutò di staccarsi guadagnandosi un'occhiata di rimprovero dalla donna. -In un posto desertico e sopra qualche oceano sconfinato.- rispose osservando la bambina che giocava con la coda che le spuntava dai pantaloncini.

Yamcha osservò la scenetta cercando di non sentirsi di troppo. Certo che vedere un tipo come Vegeta con una bambina così piccola in braccio è strano. Inclinò la testa di lato cercando di capire cosa avesse trovato la sua ex in quel troglodita che lui non avesse. Vide l'uomo voltarsi verso di lui -Cosa ci fai ancora qui? Non avevi dei colloqui oggi?- gli chiese. L'altro sbiancò e balbettando rispose che quelli pomeridiani erano saltati per motivi a lui sconosciuti. -Ho provato a chiamare ma la segretaria mi ha risposto che al momento nessuno era disponibile per parlare con me- disse guardandosi le mani -Cosa aspetti a chiamare di nuovo e esigere spiegazioni?- gli chiese la donna. Alzò la testa di scatto ritrovandosi a fissare un paio di occhi azzurri che, un tempo, brillavano d'amore per lui. -E se mi dicono nuovamente che non c'è nessuno che può darmi spiegazioni? Che faccio?- -Quale parte della parola “esigere” non ti è entrata in testa? Se ti comporti da agnellino smarrito ogni volta che devi affrontare un superiore, non ti assumerà nessuno.- lo rimproverò il Saiyan. Sbatté le palpebre confuso -Che intendi dire?- lo vide mettere la figlia nel box circondata da peluche alcuni più grandi di lei. -Intendo dire che se continui a comportarti da idiota, il lavoro te lo sogni.- gli disse.

Yamcha ci pensò un attimo poi ebbe l'illuminazione -Ma certo! Devo far valere le mie idee e i miei diritti!- esclamò battendo il pugno sul palmo dell'altra mano aperta. Si trattennero dal fare una battutina sarcastica sulla sua scarsa abilità nel leggere fra te righe.

Si alzò dalla sedia e, parlando tra sé e sé, si diresse in salotto pronto a mettere in pratica ciò che gli era stato detto.

-Sai a volte mi chiedo cosa mi passava per la testa quando ho deciso di fidanzarmi con lui.- disse Bulma. Il compagno la guardò -Me lo chiedo anche io.- disse guadagnandosi una linguaccia da parte della compagna. -Perchè gli hai dato un consiglio? Tu lo detesti.- gli chiese incrociando le braccia. -E' talmente stupido che non capirebbe la differenza tra un fiore e un frutto neanche se glielo mostrassi, come puoi pretendere che riesca a trovarsi un impiego!? Lo voglio fuori di qui il prima possibile.- le rispose cominciando a salire le scale. -Non è che per caso, ti da fastidio il fatto che mi ronzi intorno?- chiese lei. L'altro si fermò un secondo poi ricominciò a salire le scale -Affatto.- rispose. La donna gonfiò le guance in un'espressione fanciullesca raggiungendolo sulla rampa -Non è vero! Tu menti!- gli urlò contro. -Pensala come ti pare.- le rispose alzando le spalle. Stava per urlargli ancora addosso quando gli venne un'idea. -Beh se è così non ti dispiacerà se gli vado a fare un po' di compagnia, poverino chissà come si sente solo.- lo provocò.

Il Saiyan arrestò il passo e si voltò per metà verso di lei -Non oseresti.- le intimò. -Oh si invece mio caro, tanto a te non importa. Sono libera di fare ciò che voglio.- disse cominciando a scendere le scale a due a due. Voleva vedere cosa avrebbe fatto se veramente lei fosse andata dal suo ex. Mentre scendeva le scale lo guardava con la coda dell'occhio. Arrivata all'ultimo gradino si fermò un attimo -Sai, esistono tanti modi per tenersi compagnia.- lo punzecchiò girandosi nella sua direzione per osservare la sua espressione: era rimasto impassibile, girato di tre quarti come lo aveva lasciato.

Scese l'ultimo gradino e si apprestò ad attraversare la cucina, avrebbe sorpassato quell'arco se non fosse stato per il compagno che, alquanto infastidito, le si era parato davanti bloccandola contro il muro. -Siamo gelosi allora.- lo provocò di nuovo. -Non dire stupidagini.- disse. Si staccò leggermente dal muro pronta a continuare il suo percorso -Allora non ti dispiacerà se continuo il mio percorso.- un braccio le sbarrò la strada da entrambe le parti, erano a pochi centimetri di distanza, riuscivano a sentire il battito dell'altro. -Non intendo condividere ciò che mi appartiene con qualcun altro.- si avvicinò ancor di più al suo viso. -Tu sei mia e se solo prova ad avvicinarsi gli faccio pentire di essere nato.- le sollevò il viso e la baciò con impeto. Era geloso, e anche tanto. -Hai ancora intenzione di andare da quel mollusco?- le chiese mantenendo una distanza piuttosto ristretta. Lei sorrise e gli prese le mani trascinandolo verso di sé mentre arretrava verso le scale. -No, ho un principe da soddisfare.- rispose maliziosa.

 

Angolo dell'autrice:

 

Ed eccomi tornata qui con un nuovo capitolo :D siete felici? *non vola una mosca, solo un secco -no- da qualcuno in lontananza * Okey tralasciamo ^-^'

Trunks è nei guai, Yamcha è tornato a rompere i così detti ai Prince che non vedono l'ora di buttarlo fuori a calci, umiliarlo e rendergli la vita un inferno  lo sopporteranno con taaaanta pazienza (Vegeta specialmente).

 

Shadowkiss16: Anche io metterei sempre le magliette di Veggy u.u devono avere un odore così mascolino *-*

Bulma non è trasgy è sexy v.v

Kiss

 

Aral89: Perchè hai smesso di scrivere? :( mi piacerebbe leggere una tua storia v.v Comunque a parte il tempo che mi viene portato via da piscina, ragazzo e scuola sono sempre all'opera (diciamo che scrivo anche a scuola lol).

Beh chi di noi non è rimasto bambino/adolescente dentro? Bulma lo dimostra quando si ubriaca (forse ha esagerato un tantino ma sorvoliamo) xD

Insaziabile? Trasparisce così tanto? Ahahhaah nei prossimi capitoli lo vedrai ancora più insaziabile non che a Bulma dispiaccia naturalmente °-°

Ehm i bambini passano in secondo piano quando si fanno certe cose lol Ma non c'è bisogno di preoccuparsi per la loro incolumità bensì per quella degli altri. o.O

 

Alla prossima!

 

StarDoll95: I nostri piccioncini si danno da fare, non perdono un attimo! Come biasimarli? Uno in giro per lo spazio per anni l'altra con un'ameba come fidanzato: è ovvio che quando si sono trovati ci hanno dato dentro! u.u

Vegeta è e sarà sempre sexy nelle mie storie ;)

Per la canzone ero indecisa se quella di Avril Lavigne o “Girlfriend” delle Icona Pop. Credo che inserirò anche l'altra durante lo svolgimento dei prossimi capitoli.

In effetti un po' mi dispiace per le due piccole pesti x) W la responsabilità dell'essere genitore (concetto sconosciuto per quei due .-.).

xoxo alla prossima

 

 

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Capitolo 13
*** Role of parent and little joker ***


 

 

Muoveva nervosamente la gamba, cercando di non perdere la pazienza. Si guardava intorno, facendo passare lo sguardo dal pavimento al soffitto, sulle pareti e sull'arredamento. Si alzò di scatto dalla sedia, facendola quasi cadere, e prese a camminare lungo il perimetro della stanza, con le braccia incrociate al petto. Detestava aspettare lunghi periodi, nonostante fosse lei la prima a farsi attendere.

Doveva lavorare ad un progetto particolare quel giorno ma per stare in quella fottuta stanza aveva rimandato di qualche ora. -Quanto ancora dovremo aspettare? Questa è una grave negligenza che dimostra la poco serietà con cui prende il suo lavoro!- esclamò indignata. Vide il compagno alzare gli occhi al cielo, esasperato dai continui lamenti di lei -Non che tu sia molto puntuale...- affermò. Lei lo fulminò con lo sguardo -Quando si tratta di lavoro io sono sempre puntuale. - puntualizzò. L'uomo la guardò perplesso indeciso se lasciar correre, dandole il beneficio del dubbio, o ricordarle che anche sul lavoro non era mai puntuale, rischiando di doversi subire la sua voce urlante per il resto della giornata. Storse il naso, optò per la prima opzione.

La porta della stanza si aprì e un uomo sulla quarantina, non molto alto, fece il suo ingresso porgendo le proprie scuse ai due -Ero in riunione- spiegò sedendosi alla scrivania.

L'azzurra tornò seduta accavallando le gambe, pronta ad affrontare una discussione che si sarebbe protratta per le lunghe. Vide l'uomo dietro la scrivani prendere alcuni fogli -Bene, voi siete i genitori di Trunks Vegeta Prince.- disse ovvio. Fece un'espressione perplessa notando che il secondo nome del ragazzo fosse quello del padre. Si schiarì la voce e cominciò a leggere quei fogli che, a quanto pare, riportavano i pareri degli insegnati e i voti del ragazzo.

Arrivò presto all'argomento di cui avrebbero dovuto discutere in quanto, Trunks, fosse uno studente modello, tranne per quelle due o tre in cui era stato mandato fuori dalla classe per essersi scaldato un po' troppo. - “Sospeso per un tempo di due settimane. Motivo: è stato sorpreso con una potenziale arma la quale è stata collegata a recenti atti vandalici a danno dell'istituto.” Questo è quanto, a voi la parola.-

Di certo il preside non si aspettava due genitori del genere, entrambi caparbi e grandi oratori. Non davano segno di doversi arrampicare sugli specchi per rispondere alle sue affermazioni. Si allentò la cravatta, colto improvvisamente da una vampata di calore: si era reso conto solo in quel momento di non aver argomenti su cui appoggiarsi.

-Quindi non avete visto Trunks mentre distruggeva l'aula, giusto?- chiese l'azzurra guardando l'uomo seduto davanti a lei dritto negli occhi. Lo vide annuire timidamente cercando di spostare lo sguardo altrove -Allora mio figlio è innocente.- affermò Vegeta -A meno che voi non abbiate dei video di sorveglianza che affermino il contrario.- continuò senza mai interrompere il contatto visivo. Non ricevendo alcuna risposta sciolse le braccia e si alzò dalla sedia avviandosi al di fuori della stanza.

Bulma strinse la mano al preside -La invito a rivedere la sospensione di mio figlio. Quando avrà preso la sua decisione la invito a richiamarci. Buona giornata. - uscì dalla porta lasciata aperta dal marito e la richiuse alle proprie spalle.

 

***

 

Essere stato sospeso non era poi così male: poteva dormire fino a tardi, giocare ai videogame o infastidire la sorellina.

Aveva scoperto un nuovo passatempo da qualche settimana a quella parte: il terrestre che girava per casa sua era la sua più favorita delle vittime per i suoi scherzi.

Non che nutrisse qualche tipo di risentimento per Yamcha, si divertiva semplicemente a farlo impazzire usando la sua immaginazione.

Lo adocchiò proprio sul divano intento a guardare una partita, forse per lui, molto importante: la situazione ideale per mettere in funzione il suo cervello per divertirsi un po' alle spalle del guerriero.

Levitò di qualche metro dal suolo quel tanto che bastava per raggiungere l'armadietto posto al centro. Tastò per un po' il fondo, diede un colpetto sicuro e la parte più interna si staccò rivelando un perfetto nascondiglio. Prese il telecomando universale e rimise a posto l'asse che aveva staccato.

Si nascose dietro la parete che sorreggeva l'arco che separava la cucina dal salotto. Premette il pulsante e la televisione di colpo si spense.

Ridacchiò quando vide il povero Yamcha alzarsi di scatto e andare alla ricerca del telecomando -Dov' è finito? Ero sicuro di averlo appoggiato qui!- esclamò buttando all'aria i cuscini del costoso divano. Lo cercò per diversi minuti e, quando si arrese appoggiandosi sconsolato al divano sottosopra, la televisione, come per magia, si accese.

Il gioco continuò ancora per qualche tempo, con il piccolo guerriero che spegneva la tv sul più bello e poi la riaccendeva tempo dopo.

Il culmine della disperazione, per Yamcha, e del divertimento, per Trunks, fu quando quest'ultimo spense l'elettrodomestico a pochi minuti dalla fine della partita. Il terrestre si mise a pregare addirittura l'oggetto inanimato a finché gli lasciasse vedere gli ultimi minuti.

Quando il ragazzo si decise a riaccendere la partita era finita e stavano già trasmettendo un altro programma. Vide Yamcha deprimersi davanti il programma di cucina.

Ridendo a crepapelle si diresse nella propria stanza pianificando un nuovo, cattivo, scherzo.

 

***

 

Portò l'oggetto alla bocca, masticandolo con i denti bianchi come fosse qualcosa di commestibile. Giocò con il pulsante sulla sua sommità facendo sparire e riapparire la punta della penna, scrisse qualcosa al volo e poi riportò l'oggetto sotto la tortura dei denti perfetti. Sapeva benissimo che era un brutto vizio e anti-igenico, così come mangiarsi le unghie ma era più forte di lei, era un qualcosa che si portava dietro dall'adolescenza, quando nel suo astuccio vi erano solo penne mangiucchiate con su impresso l'evidente segno del morso.

Spostò lo sguardo sul marito che stava muovendo la propria penna tra due dita tendo la testa appoggiata sulla mano libera. Si stava inevitabilmente annoiando.

Sentendosi osservato voltò lo sguardo su di lei incrociando un paio di occhi azzurri. Gli ritornarono alla mente i ricordi di quella notte, in cui quelle due pozze azzurre lo imploravano di darle di più. Ghignò facendo arrossire la moglie.

Quel ghigno, quel fottutissimo, sexy e seducente ghigno che modellava quelle labbra che ora bramava di baciare. Quelle labbra che avevo percorso il suo corpo, lasciando una scia infuocata facendole bruciare la pelle.

Quella bocca l'aveva morsa, baciata e leccata durante l'ennesima notte di fuoco che avevano passato. Il ricordo era così nitido.

 

Stringeva le lenzuola con entrambe le mani creando delle grinze e scoprendo il materasso. Si inarcò sospirando forte quando sentì le sue labbra posarsi sul capezzolo, succhiandolo e mordendolo. Avvertì le sue mani torturare la sommità del suo piacere mentre la sua lingua giocava con i capezzoli.

Strinse maggiormente le lenzuola dimenandosi sotto il suo tocco rovente, sentiva le sue mani dappertutto sul proprio corpo, dalla testa ai piedi era in balia del compagno che giocava con lei.

Ansimò più forte quando avvertì le dita di lui che la esploravano mentre le baciava avidamente il collo, mordendolo e succhiandolo lasciandole anche dei segni. Ma non le importava, in quel momento voleva solo godersi la magia delle sue mani sul corpo.

Riuscì a mala pena ad aprire gli occhi per vedere il suo sorrisetto compiaciuto e quei due occhi color ebano che la guardavano adoranti con uno strano luccichio. Posò le mani sul suo volto avvicinandolo al proprio unendosi in un bacio bollente, trasmisero tutta la loro eccitazione in quel dolce contatto facendo rincorrere le lingue nella bocca dell'altro. Un bacio umido, passionale diverso da quelli che si scambiavano durante il giorno. Questo era molto più animalesco.

Lui tornò a dedicare attenzione al corpo di lei mordicchiandole il collo, le spalle, la pelle delicata del seno fino ad arrivare poco sopra l'ombelico dove lasciò un bacio dolce.

Lei sorrise dolcemente comprendendo la natura di quel gesto: nel suo ventre sono stati concepiti e formati entrambi i loro figli, era come se la stesse ringraziando per ciò che gli aveva dato.

Ansimò il suo nome quando le sue labbra raggiunsero il punto delicato tra le gambe, sentì il suo sorriso sulla pelle e infilò le dita nella sua chioma scura.

Quel gioco era appena iniziato.

 

Si leccò involontariamente le labbra al ricordo della notte precedente causando un cambiamento negli occhi del marito che la stava osservando. Le rivolse un sorriso malizioso ben nascosto agli occhi degli altri, mimando la parola “mia” per poi leccarsi le labbra suadente.

Arrossì di colpo portando la penna alla bocca masticandola cercando di mascherare il nervosismo.

 

Terminata la lunga agonia che era stata la riunione, mise velocemente a posto le proprie cose non vedendo l'ora di tornarsene a casa.

Ripose tutti i fogli nella cartellina blu dentro la quale vi erano tutti i progetti più importanti a cui stava lavorando. -Ehi Bulma! Ti va di mangiare insieme? Ho bisogno di energie, dopo due ore passate qui dentro a sentire quel tizio parlare ho un calo di zuccheri pazzesco. - disse la ragazza mora davanti a lei stiracchiandosi. L'azzurra le sorrise cordiale – Mi dispiace Al, sono costretta a rifiutare il tuo invito. Ho altri progetti per oggi.- rispose guardando verso la porta. Al si voltò nella stessa direzione scorgendo la figura massiccia di un uomo appoggiato al muro fuori, di fronte la porta. Strano, di solito il direttore tornava a rinchiudersi nel proprio ufficio subito dopo la riunione.

-Torni a casa anche oggi? Ma voi due vivete in simbiosi? Ok che siete sposati ma avete due vite differenti, dovete sempre stare incollati?- chiese perplessa Al. Bulma ridacchiò all'affermazione dell'amica. Al Smith era una giovane donna, mora con due stupendi occhi verdi, molto indipendente ed attaccata alla propria autonomia. Nonostante convivesse con la fidanzata, Al era sempre molto autosufficiente, non amava che gli altri si prendessero cura di lei.

-Prima o poi riuscirò a staccarti da tuo marito per un pomeriggio!- urlò la mora mentre l'altra donna si allontanava guadagnandosi un veloce gesto dalla mano in segno di saluto.

Quando lei uscì stava osservando il soffitto come se ci fosse qualcosa di così interessante da catturare la propria attenzione. -Andiamo?- la voce cristallina di lei lo riscosse dai pensieri e i ritrovò ad annuire come in trans.

 

***

 

Incredibile come un'ammasso informe di circuiti, cavi e fili di rame messi, apparentemente, a casaccio possa formare un aggeggio che portava alla dipendenza molti bambini e adolescenti.

Per lui, però, quell'ammasso di fili e pezzi di metallo non era poi così incomprensibile, sapeva benissimo cosa era collegato a cosa e perché. Aveva visto la madre armeggiare con componenti elettronici molte volte, il più delle quali si era anche fatto spiegare cosa collegassero.

La playstation era forse la miglior invenzione per tener occupati i ragazzini di tutto il mondo. E lui non faceva eccezione, passava interi pomeriggi appiccicato a quello schermo ad alta definizione sul quale scorrevano le immagini del combattimento che i due personaggi, della storia di turno, avevano intrapreso.

Premeva i tasti quasi con rabbia quando si accorse che la vita del proprio personaggio era poco più della metà. Aggrottò la fronte perplesso, non aveva mai perso a quel gioco.

A testa in giù sull'enorme divano dell'altrettanto grande salone, prese a premere con foga i tasti mentre i suoi occhi scorrevano veloci sullo schermo: cercava di prendere alla testa il giocatore della squadra avversaria con la propria arma, ma esso continuava a scomparire quando il mirino dell'arma puntava alla testa. -Ma cosa..?- disse il ragazzino l'ennesima volta che il personaggio scomparve per poi riapparire sul tetto dell'edificio. -Hai capito questo! Bello giocare con i trucchi è?- disse mettendosi seduto a gambe incrociate e sporgendosi leggermente in avanti, in modo da poter appoggiare gli avambracci sulle ginocchia. Un sorriso sadico comparve sul proprio volto -Beh, adesso i giochi sono finiti. Ti faccio pentire di aver provato ad imbrogliare.- premette una serie di pulsanti in modo automatico finché la scritta “Round Vinto” non apparve sulla schermata. -Sei morti e settanta uccisioni. Ho battuto il mio record.- si portò le braccia dietro la testa.

Lo scatto della serratura lo costrinse a portare la sua attenzione sulla porta di casa. -Ciao mamma, ciao papà!- li salutò dal divano con entusiasmo. Era felice che i genitori fossero tornati a casa cominciava ad annoiarsi in quella casa enorme. -Ciao Trunks, com'è andata la mattinata? Avete distrutto qualcosa?- chiese la donna. Il ragazzino sbuffò prima di rispondere -No, mamma, non abbiamo distrutto niente. Sono in piedi dalle 10 e non ho fatto altro che giocare con i videogiochi, leggere qualche fumetto e..- si bloccò di colpo. Forse quello era meglio che non lo diceva, non sapeva se la madre avrebbe approvato. -E..?- lo incalzò la donna con le braccia incrociate. In quel momento Bra fece la sua entrata, reggendosi a mala pena in piedi, decisa e raggiunse le braccia materne. Quando vide la donna prendere in braccio la sorella credette di essere salvo perciò ricominciò a giocare come se niente fosse. -Trunks, cos'hai combinato?- la voce della donna raggiunse le sue orecchie ma non il suo cervello, solo quando si mise davanti lo schermo che ottenne la sua attenzione nonostante continuasse a sporgersi da tutte le parti per cercare di vedere. -Mamma! Va bene, va bene! Ho fatto qualche innocuo scherzetto a Yamcha! Ora spostati!- ammise cercando di capire dove dovesse sparare. -A Yamcha? Perché proprio a lui?- chiese nuovamente al bambino che continuava a mettersi in tutte le posizioni possibili per riuscire a vedere lo schermo. -Non lo so, era l'unico disponibile, mamma ti prego spostati mi stanno uccidendo!- la pregò alla fine. La donna finalmente si spostò lasciando piena visuale al ragazzino.

Una voce dalla cima delle scale li raggiunse -Siete tornati, com'è and...- Yamcha aveva appoggiato il piede destro sul primo gradino della scalinata. Grosso errore. Il piede scivolò in avanti perdendo appoggio e lui si fece tutte le scale di culo, quando arrivò alla fine e cercò di rialzarsi scivolò nuovamente e si ritrovò faccia a terra.

Trunks aveva cominciato a ridere come un pazzo, stringendosi la pancia con le braccia e le lacrime che gli uscivano dagli occhi. -Non pensavo fossi così cretino da cascarci.- disse tra le risate. Si mise in posizione fetale e, involontariamente, rotolando, cadde dal divano ancora ridendo. Anche la piccola Bra si era messa a ridere -Buffo! Buffo!- aveva cominciato a dire battendo le mani.

Mentre Bulma non sapeva cosa pensare di quella situazione, Vegeta si era messo a sghignazzare appoggiato al divano con le braccia incrociate.

Intanto il poveretto era riuscito a rimettersi in piedi e stava bevendo un bicchiere d'acqua gentilmente offerto dalla Signora Brief. Non appena appoggiò le labbra sul bordo del bicchiere una sensazione di bruciore lo accolse ma non ci pensò e mandò giù un sorso d'acqua. A quel punto un fuoco gli esplose in bocca, con gli occhi pieni di lacrime e la lingua di fuori tipo cane si aggirava per il salone in cerca di altra acqua ma trovò solo bicchieri cosparsi di peperoncino.

Mentre Yamcha era alla disperata ricerca di qualcosa che alleviasse il bruciore, Trunks aveva cominciato a ridere più forte, a volte senza respirare. -Oddio... Non ce la faccio più!- disse tenendosi lo stomaco e battendo un pugno a terra in preda alle risate. Quando, sconsolato, Yamcha si andò a sedere sulla prima sedia disponibile a peso morto fece un salto di un metro lanciando un urlo da ragazzina.

Il povero Trunks ormai era in preda alle risate incontrollate e quando persino Vegeta scoppiò in una risata divertita, lei non potè far a meno che seguire il flusso e lasciarsi andare alle risate più sincere.

Il guerriero intanto si massaggiava il didietro con la puntina, che prima era sulla sedia, in mano e la lingua di fuori cercando ancora di farla raffreddare. Non avrebbe più mangiato piccante in vita sua.

 

***

 

Il campanello alla porta suonava insistentemente, quasi qualcuno ci tenesse il dito sopra. Ma quale quasi, c'era veramente qualcuno che teneva premuto quel tasto.

Scese le scale a due a due, impaziente di vedere la faccia tosta di chi si ostinava a produrre quel fastidioso suono, per poi spaccargliela a suon di pugni.

Aprì la porta e, purtroppo per lui, e per fortuna di chi era dall'altra parte dell'uscio, si ritrovò davanti l'enorme sorriso di Evelyn. -Ciao cognatino!- disse la castana. Marco se la rideva alle sue spalle con Keyko in braccio che smaniava per essere messa giù.

Vegeta girò i tacchi tornando in salotto seguito dalla piccola combriccola -Non sono tuo cognato.- disse piatto. Odiava le chiacchiere, non sopportava i vaneggi delle persone su cose futili.

Evelyn gli si parò davanti con un sorriso a trentadue denti; si rese conto che nessun essere consenziente gli aveva mai bloccato la strada tanto convinto. Beh a quel tempo aveva una pessima reputazione in giro per lo spazio, nessuno avrebbe mai osato avvicinarsi figuriamoci sbarragli la strada in quel modo. Ma, in quel momento, non era più al sevizio di Freezer, non era più un mercenario assassino e non era più costretto ad incutere timore per avere rispetto.

La castana gli sorrise -Per me Bulma è una sorella, quindi tu sei mio cognato.- concluse sicura. Vegeta la sorpassò ignorandola -Come ti pare.- la liquidò andandosi a sedere su una sedia attorno al grande tavolo. Afferrò una mela dal porta frutta e, dopo averla lanciata e ripresa un paio di volte, gli diede un morso, poi la rilanciò nuovamente per riprenderla al volo.

Intanto Marco aveva chiuso la porta d'ingresso e si era andato a sedere accanto a lui, Keyko si era fiondata sul tappeto davanti allo schermo da 45 pollici dopo averlo, naturalmente, acceso e sintonizzato sul suo canale preferito. L'aveva fatto in modo molto naturale, quasi fosse casa sua.

Evelyn si guardò intorno, non scorgendo la figura dell'amica pensò di chiedere al suo amato “cognatino” dove si trovasse -Dov'è Bulma? Non la vedo in giro.- disse osservando il proprietario di casa centrare in pieno il cestino con il torso della mela. -In laboratorio. Conosci la strada.- disse autoritario. Evelyn, con un'alzata di occhi al cielo, si diresse verso il lungo corridoio che portava ai laboratori -Si conosco la strada, non che mi aspettassi che tu ti saresti offerto di accompagnarmi.- disse rivolta al Saiyan, il quale cominciò a pensare che quella donna fosse l'amica perfetta per sua moglie.

 

***

 

Quella casa era decisamente enorme, ci si era persa una o due volte in quel labirinto di corridoi e stanze. Si guardò intorno scorgendo pareti vuote o qualche foto di famiglia sparsa qua e là, nulla che potesse però riportare alla natura un po' fuori dal comune di quella splendida famiglia. Si bloccò , a pochi passi dalla porta scorrevole che separava l'abitazione dai laboratori, davanti una foto in particolare. Forse scattata di nascosto o di fretta, non era dritta ma risultava leggermente piegata verso destra, ritraeva i due coniugi, il giorno del matrimonio, che si scambiavano un dolce bacio, in primo piano, oltre ai loro visi, si vedeva benissimo la mano sinistra di lui sul fianco di lei, con la fede nuziale dorata che brillava illuminata dal sole, e le braccia di lei intorno al collo di lui, come in un abbraccio. Rimase a fissarla a lungo, piegando la testa ora da una parte ora dall'altra, cercando di guardarla da diverse posizioni.

Una semplice foto che testimonia l'amore che quel cupo guerriero prova per la propria moglie -Bella vero? Non immagini quanto ho dovuto discutere con Vegeta per tenerla appesa. Lui non ama dimostrare i suoi sentimenti in pubblico.- Bulma era uscita dal laboratorio e, nonostante la testa chinata sui propri appunti, aveva scorto l'amica fissare quel quadro appeso. -E' veramente molto bella, perché non dovrebbe essere esposta? Non è un modo per dire al mondo intero che, nonostante tutto, ti ama?- chiese la castana guardando l'amica. -E' proprio questo il problema, lui non vuole farlo sapere al mondo intero. Almeno non in modo così palese. È un tipo molto riservato, se per lui risulta poco naturale dimostrare a noi, che siamo la sua famiglia, che ci ama e ci vuole proteggere, farlo sapere agli altri è fuori discussione.- spiegò. Si ritrovò a ridacchiare pensando a quella piccola eccezione alla regola. Evelyn colse subito il risolino dell'amica e, curiosa, le chiese il motivo. -Niente, lascia stare.- disse prendendo a camminare per il lungo corridoio. Evelyn la raggiunse continuando a chiedere il motivo di quella risata -Non è niente, Evelyn. - disse ridacchiando. L'altra, che si era ritrovata a camminare all'indietro per poter guardare l'amica in faccia, aggrottò le sopracciglia non convinta -Non è vero! Tu mi nascondi qualcosa! Avanti, parla!- insistè. -Ok,ok! C'è un'unica piccola eccezione alla regola: Yamcha.- Evelyn guardò l'amica perplessa -Yamcha? Cosa diavolo c'entra il tuo ex?- -C'entra e come. Vegeta, per quanto non voglia ammetterlo, è tremendamente geloso e detesta qualsiasi uomo che mi giri troppo attorno.- cominciò l'azzurra. -E siccome Yamcha è stato il tuo “storico fidanzato”, ha un motivo in più per detestarlo. Giusto?- continuò l'altra. Bulma annuì -Esatto. E non perde occasione per umiliarlo o per ricordargli cosa ha perso. Arrivando anche a baciarmi davanti a lui, per poi andarsene con un sorrisetto soddisfatto.- disse cominciando a ridere seguita a ruota dall'altra. Fu proprio Evelyn che andò addosso a qualcosa, o qualcuno, che fermò la sua bizzarra andatura in retromarcia. -Ciao, Yamcha! Ti ricordi di me?- disse la donna.

Il guerriero terrestre cominciò a cercare nella sua memoria la faccia della donna, quando la trovò annuì energicamente. -Certo che mi ricordo! Eri sempre tu ad avere idee malsane per trascorrere la giornata.- disse l'uomo. -Esattamente. Ma tu cosa ci fai qui? Il terzo incomodo?- gli chiede la donna dagli occhi nocciola. Vide l'uomo di fronte a sé sospirare e grattarsi la testa nervosamente, esattamente come quando frequentava il liceo. -Beh, ecco, ho avuto dei gravi problemi finanziari e, siccome mi hanno buttato fuori di casa, ho chiesto ospitalità qui.- spiegò. Evelyn rimase impassibile -E quanto tempo stai facendo la sanguisuga a casa della tua ex?- disse piatta. Non aveva mai avuto molto tatto, specialmente con chi non le andava a genio. Yamcha abbassò il capo sconfitto. -Due mesi ormai, senza contare i sei precedenti.- si sentiva uno stupido scroccone ricordando il tempo che aveva passato a casa loro. -Vedi di trovarti un impiego al più presto, e di andare fuori da qui. -concluse la castana. Riprese a camminare seguita a pochi passi dall'amica.

 

Angolo autrice:

 

Ed eccomi qui con un altro capitolo :D Ho avuto un blocco dello scrittore per un luuungo periodo, ecco perché non ho aggiornato prima. T^T

Beh non c'è molto da dire sul capitolo: Bulma è la solita, testarda fino al midollo e pronta a difendere il figlio con la sua parlantina. Vegeta ha finalmente compreso cosa significa fare il genitore, quindi non solo prendere a calci e pugni il proprio figlio aiutarlo con i compiti o educarlo secondo delle regole ma anche difenderlo quando professoresse che non sc****o, quindi acide, lo accusano ingiustamente u.u

Per la gioia di qualcuno, è tornata la famiglia di Evelyn yeeh :D Nel prossimo capitolo (dato che ho finito le idee) vedrete cosa combinerà la nostra amata famiglia Prince con Evelyn di mezzo xD

 

Risposta recensioni:

 

The Writer Of The Stars: eee!! Quanti complimenti v.v Se proprio lo vuoi sapere anche a me le slice of life fanno impazzire, ecco perché le scrivo u__u Il vecchietto io fissi stata in un passeggero lo avrei picchiato, la pazienza ha un limite (specialmente la mia xD). I professori sono tutti un ammasso di stronzi ma ci hanno pensato i genitori del nostro carissimo mezzo Saiyan a rimetterla in riga (e forse le avrebbero dovuto suggerire anche di farsi visitare da uno bravo ù.ù). Veggy è il solito, con una maschera di cattiveria sempre addosso ma con la sua famiglia è tutt'altra storia.

Bra è la principessa di casa e la “cocca di papà”, è femmina dopotutto ed è nata in un periodo più propizio rispetto al fratello. Grazie ancora per i tuoi complimenti. Alla prossima.

 

Kiss

Aral89: Ciao carissima :D Come vedi Evelyn e famiglia, anche se a fine capitolo, sono tornati alla riscossa pronti, specialmente Evelyn, a rendere la vita di Yamcha un inferno yeeh! :D
Si quel mollusco, parassita, egoista, guardone, superficiale, immaturo, (devo continuare?) sotto specie di essere vivente mi sta altamente sulle palle u.u E siccome a mio parere Toriyama-sama è stato troppo buono con lui spetta a me, in quanto fan sfegatata delle BxV ed equivalentemente(???) haters(?) di Yamcha, divertirmi a torturarlo a mio piacimento muahahahahha ò__ò *le fiamme avvolgono il suo corpo * *le lettrici fanno un passo più in la *
Veeeeeggy!! *Vegeta scappa * *lo rincorre * lui è SEMPRE virile in ogni situazione u.u Comincio ad invidiare anche io Bulma T^T
La pigrizia ci sta sempre (soprattutto se devo fare i compiti *fischietta *) ed io ne sono l'esempio vivente.


StarDoll95: Ma ciao :D Sono felice ti piacciano i momenti romantici di questa coppia scoppiata(?). Vegeta è moooolto geloso, solo che non lo ammetterà mai. Troppo orgoglioso. Anche se, se fosse per lui, bacerebbe, abbraccerebbe e toccherebbe (non pensare male) Bulma davanti a Yamcha in ogni buona occasione, si diverte a spiattellargli in faccia ciò che ha perso.
L'amica di Bulma e co. sono tornati e rimarranno anche nei prossimi capitoli, sono contenta che ti sia piaciuta la nuova famigliola.
Per la collana ho pensato al fatto che Vegeta, nonostante tutto, ama i propri figli ma non è capace di dimostrarglielo apertamente, almeno non sempre, e quindi ho pensato “come faccio a far capire ai lettori che il nostro Principe ama i suoi due pargoli?” ed è uscita fuori l'idea della collana :3

alla prossima! Kiss


shadowkiss16:  In effetti è stato un po' baka in quella situazione xD però pure gli insegnanti sono marci dentro u.u
E pensare che Vegeta ti considera intelligente” Ma Trunks è intelligente D: solo che, poro ciccio, per una volta che non si fa i ca...voletti suoi si mette nei guai u.u è stato solo un po' sfortunato.
Si Yamcha è di nuovo fra i piedi e credo che Vegeta e Trunks gli faranno pentire di essere tornato *padre e figlio vengono avvolti dalle fiamme con uno sguardo sadico * *l'autrice fa parecchi passi indietro * non ti preoccupare ci penseranno loro a rendergli la vita impossibile

alla prossima! xoxo

 

 

 

 

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Capitolo 14
*** Fun aftermoon and terrible baby-sitter. ***


Era seduto sul tappeto di fronte la televisione, costretto a guardare dei cartoni animati idioti e insensati. Si era allontanato cinque minuti ed era stato spodestato dal suo “trono”, o meglio, dal divano. Keyko si era impadronita del telecomando della televisione, cambiando canale come se fosse a casa sua, ed aveva spento la console senza, naturalmente, salvare il gioco. Quando era tornato le aveva fatto notare che prima c'era lui seduto davanti la televisione, la piccola Marcus aveva alzato le spalle indifferente ed era tornata a concentrarsi sulle immagini.
Lui, allora, aveva preso il telecomando ed aveva cambiato canale, mettendo qualcosa di meno idiota, ma quando la ragazzina lo aveva fulminato con lo sguardo e si era alzata riprendendosi il telecomando, non aveva potuto far altro che sbuffare e sedersi, non aveva voglia di mettersi a litigare con una mocciosa.
Quel programma era a dir poco idiota, quattro pupazzi viola, verde, giallo e rosso facevano tutto ciò che una voce narrante esterna gli diceva di fare, comportandosi peggio di un burattino. Quando lo schermo sulla loro pancia si era illuminato, si era ritrovato ad alzare gli occhi al cielo e a sbuffare mentre Keyko gongolava di gioia. Incrociò le braccia al petto e si preparò a subire quella tortura per qualche minuto ancora.
Marco osservava la scena ridacchiando, la figlia amava quel programma e nessuno era mai riuscito a farla desistere. Il povero Trunks si sarebbe dovuto rassegnare.
L
a porta del salotto si aprì attirando la sua attenzione e le due donne entrarono seguite da un uomo con una cicatrice sulla guancia, doveva essere l'ex di Bulma ospite in quell'immensa casa, Yamcha.
Evelyn si avvicinò alla figlia e la prese in braccio spupazzandola un po', inutili furono le proteste della bambina e i tentativi di fuggire. Trunks ne approfittò e, in lampo, prese il telecomando cambiando canale così da poter tornare a giocare. Keyko guardò la televisione sconsolata poi lanciò uno sguardo cattivo al ragazzino che se la rideva. Quando riuscì a liberarsi dalle braccia materne tornò a sedersi, incrociò le braccia e mise il broncio.
-Ciao Marco, non sapevo ci fossi anche tu.- lo salutò l'azzurra. L'uomo accennò un sorriso e la salutò con un cenno della mano.
Bulma spostò lo sguardo al suo fianco notando, solo in quel momento, il marito seduto lì di fianco che giocava con un mazzo di chiavi. Indossava una maglietta senza maniche nera, a discapito del freddo di Dicembre, a giro collo, un paio di jeans strappati qua e là e un paio di convers nere.
-Andiamo a farci un giro?- chiese Evelyn all'amica tirandola giù dai suoi sogni ad occhi aperti. 
L'altra annuì con forza -Prendiamo le moto?- chiese con un sorriso. 
Vide l'amica sbattere un paio di volte le palpebre confusa. -Le moto? Quante ne hai?- le chiese ridendo. 
Bulma non rispose ma si rivolse a Yamcha intento ad osservare il videogioco, maschi tutti uguali. -Yamcha, ti dispiacerebbe dare un'occhiata ai bambini per qualche ora?- gli chiese attirando la sua attenzione. 
-Nessun problema, Bulma.- le disse con un sorriso da un'orecchio all'altro.
Evelyn alzò gli occhi al cielo e borbottò qualcosa come “leccaculo” in direzione del ragazzo il quale però non comprese.
Fece una smorfia e si avvicinò al piccolo Saiyan, accucciandosi per arrivare alla sua altezza.
-Trunks ti dispiacerebbe dare un'occhiata a tua sorella e a Keyko finché noi non torniamo? Non mi fido di lui.- disse indicando Yamcha con il mento, il quale aggrottò le sopracciglia offeso.
-Ti fidi di più di un ragazzino che di me che sono un adulto?- le chiese, quello era un affronto al suo orgoglio.
Vide la donna alzarsi e mettere una mano sul fianco mentre inclinava la testa.
-Non è il fatto che mi fido più di un ragazzino. Il fatto è che mi fiderei di più a lasciare mia figlia a un assassino appena uscito di carcere, piuttosto che a te.- sentenziò provocando l'ilarità degli adulti nella sala.
Yamcha ammutolì e mise il broncio.
-Non mettere il broncio, non hai sei anni.- gli disse pungente, gli stava letteralmente dando del bambino!
-Mi stai dando dell'infantile?- sbottò il guerriero.
Evelyn gli passò di fianco e prese la propria giacca dalle mani di Bulma. -Dico solo che per “un adulto”, se è così che ti definisci, non è maturo fare l'offeso in quella maniera.- disse infilandosi la giacca e allacciandola.
Yamcha guardò Bulma che ridacchiava -Anche tu la pensi così?- le chiese piagnucolando.
La donna rise -Stai negando l'evidenza, Yamcha. Non si può di certo dire che tu sia un ottimo baby sitter.- gli disse la donna avvicinandosi al marito che attendeva, assieme a Marco, fermo sulla soglia della porta.
Vegeta aveva un sorriso strafottente stampato in faccia, adorava vederlo umiliare, soprattuto se era Bulma a farlo.
-Non è vero.- piagnucolò di nuovo.
-Ma se non sei in grado neanche di badare a te stesso! Poi ti chiedi perché Bulma ti ha lasciato, io invece mi chiedo come abbia fatto a sopportarti per tutti quegli anni.- esclamò Evelyn voltandosi e riunendosi ai tre che sostava davanti alla porta.
-Trunks mi fido di te!- disse la castana uscendo seguita dagli altri tre.
-Okay!- rispose il bambino.
Yamcha rimase imbambolato a fissare la porta chiusa.

***

 

La pesante porta d'acciaio venne sollevata senza sforzo, facendo il classico rumore del metallo e Vegeta guidò il gruppetto all'interno del garage. Una volta dentro accese la luce che illuminò l'intera stanza.
-Wow- riuscì a dire soltanto Evelyn.
Le macchine e le moto costosissime facevano bella mostra di sé all'interno del garage. Marco si avvicinò all'Audi R8 e ne accarezzò la carrozzeria, con delicatezza, quasi potesse romperla o rovinarla.
-Passione per i motori?- chiese al Saiyan alle sue spalle.
Vegeta non rispose, si avvicinò a dei ganci appesi al muro, prese un mazzo di chiavi e lo lanciò a Marco.
-Potete prendere la Yamaha, è una delle migliori sul mercato.- spiegò Bulma avendo notato lo sguardo perplesso dell'amica.
Evelyn si avvicinò alla suddetta moto e prese uno dei caschi appoggiati al manubrio. Lo indossò allacciandolo sotto il mento e porse l'altro al marito che, nel frattempo, era già salito sulla splendida moto blu elettrico.
-È stupenda. Non sapete proprio come spendere i soldi.- disse Marco voltandosi a guardare i due coniugi.

L'azzurra ridacchiò mentre saliva dietro al marito che stava già facendo rombare il motore.
-I caschi sono muniti di microfono e auricolare interno. Possiamo comunicare anche in mezzo al traffico.- disse. La sua voce rimbombò all'interno degli altri tre caschi.
-Forte! Avere un cervello come il tuo è un grande vantaggio a volte.- esclamò Evelyn.
-Veramente l'idea e il progetto è stato interamente di Vegeta, io ho solo apportato qualche modifica.- disse scrollando le spalle.
La castana rimase senza parole e, a parte un “ooh” molto sorpreso, non uscì alcun suono dalla sua bocca.

Il motore della Suzuki GSX rombò quando Vegeta accelerò. Marco imitò il gesto facendo ruggire il motore della Yamaha.
-Avete intenzione di giocare ancora per molto o possiamo andare?- li sgridò la castana.
Bulma rise mentre gli altri due sbuffarono.
-Cerca di starmi dietro, non aspetto nessuno.- disse autoritario Vegeta mentre Bulma alzava gli occhi al cielo, era sempre il solito.
Avvertì la risata dell'uomo dagli occhi verdi espandersi nel casco.
-Non ti preoccupare per quello. Ti starò dietro.- disse facendo rombare nuovamente il motore.
Vegeta ghignò -Bene.-
-Allora la volete finire di punzecchiarvi?- disse esasperata Evelyn.
Il Saiyan allora partì a tutta velocità, schizzando fuori dalla porta del garage, che diede a mala pena il tempo ai due dietro di loro di uscire, che si richiudeva automaticamente.


Sfrecciarono sulla strada principale, oltre il limite consentito. Passarono per la statale, per la provinciale, presero addirittura l'autostrada pur di correre un po'.
-Bulma? Punto uno?- disse all'improvviso Evelyn.
L'azzurra ci pensò un attimo non capendo, poi si illuminò. -Fatto.- rispose.
-Punto due?- chiese nuovamente la castana.
-Eseguito alla perfezione.- rispose l'altra.
-Punto tre?-
Bulma scoppiò a ridere seguita dall'amica.
-Quello è più che confermato! O sbaglio?- disse tra le risate.
-No, non sbagli.- disse la castana riprendendo a ridere.
-Si può sapere cos'avete da ridere voi due?- chiese Marco.
-Niente di che, sono semplicemente tre punti che avevamo stabilito tempo fa- rispose la castana ridacchiando.
-Tre punti riguardanti cosa?- chiese di nuovo Marco.
-Tre punti che il nostro uomo ideale doveva rispettare.- rispose Bulma ridendo. Quanto erano fuori di testa da adolescenti?
-E quali sarebbero?- chiese nuovamente.
-Punto primo: Bello e dannato. Un criminale super sexy.- disse Evelyn.
-Punto secondo: Moto. Deve saperle guidare.- continuò Bulma.
-Punto terzo: grande amatore. E su questo non c'è bisogno di spiegazioni.- disse Evelyn tornando a ridere.
-E siccome tutti e tre sono confermati, abbiamo trovato i nostri uomini ideali. Voi.- aggiunse Bulma.
-Dobbiamo prenderlo come un complimento?- chiese Marco con una punta d'ilarità.
-Ti sta tranquillamente dicendo che a letto sei un asso, io lo prenderei come un complimento.- la voce di Vegeta tuonò all'interno dei caschi.
Le due donne scoppiarono a ridere mentre Marco scosse la testa incredulo.

 

***

 

Se ne stavano seduti al tavolo di un bar con i bicchieri pieni e due ciotole di noccioline e di patatine davanti. Bulma sorseggiò il suo drink tranquillamente.
Ehi, Bulma mi rammenti quante scuole hai cambiato?- chiese all'improvviso Evelyn.
L'azzurra la guardo attraverso il bicchiere, fece un altro sorso e lo posò sul tavolino. -Tra medie e superiori credo siano state tre o quattro. Una ogni anno quasi.- disse con nonchalance.
-Che hai combinato per essere espulsa da così tante scuole?- chiese Marco mangiando una nocciolina. -Eri troppo intelligente?- aggiunse sarcasticamente.
L'azzurra sbattè le palpebre un paio di volte -No. Sono stata espulsa per la troppa violenza.- disse alzando le spalle.

Vegeta fermò il bicchiere a mezz'aria, incredulo: veramente quella donna poteva essere... violenta?Adocchiò l'altro che si stava strozzando con una nocciolina, poi riportò lo sguardo sulla donna.
-Avete capito bene, per quanto può sembrare assurdo, la dolce Bulma Brief qui presente era una teppista da piccola.- aggiunse Evelyn con un sorriso.
Bulma annuì -Quasi ogni giorno tornavo a casa con le labbra spaccate e piena di lividi. Facevo a botte sia con maschi che femmine indistintamente.- tornò a bere come se niente fosse mentre Marco la guardava incredula. -Non ero proprio uno stinco di santo da ragazzina-
-Non che tu lo sia adesso, in ogni caso.- borbottò Vegeta guadagnandosi un'occhiataccia dalla diretta interessata.
Bulma diresse lo sguardo sul marito e vide nei suoi occhi una strana luce, poi sulle sue labbra si aprì un ghigno divertito. 

 

***

 

Ormai al tramonto tornarono alla Capsule Corporation rimettendo le moto in garage.
Quando aprirono la porta di casa uno spettacolo tremendo gli si parò davanti: l'ingresso era a soqquadro, così come il salotto e la cucina. In particolare quest'ultima era messa nello stato peggiore con cibo sparso dappertutto, scatole rovesciate e quant'altro sparso per il pavimento. Yamcha era seduto su una sedia vicino al tavolo, visibilmente sconvolto mentre la piccola Bra correva per la stanza cosparsa di chissà cosa dalla testa ai piedi.

Uno spettacolo piuttosto esilarante che provocò le risate trattenute di Evelyn e Marco, mentre i proprietari della casa erano rimasti sconvolti dallo stato in cui la loro casa si trovava.
-Cos'è successo qui?- chiese l'azzurra addentrandosi nella stanza e cercando lo sguardo dell'ex fidanzato.
Yamcha cominciò a farfugliare qualcosa su un “uragano azzurro” che aveva cominciato a distruggere mezza casa: -Ha detto che aveva fame e quando le ho detto che doveva aspettare l'ora di cena si è messa ad urlare e a piangere. Quando poi ho fatto il madornale errore di dirle di smetterla, ha cominciato a farlo più forte buttando all'aria qualsiasi cosa le capitasse a tiro. Ho provato a fermarla ma era troppo veloce e troppo forte, ha ribaltato due mobili grandi tre volte lei come se niente fosse! Poi esasperato l'ho portata in cucina, lì si è calmata un po'. Le ho proposto varie alternative su cosa mangiare ma lei le buttava tutte all'aria, letteralmente! Poi ha ricominciato a piangere e a urlare come un'ossessa. L'ho fatta scendere dal seggiolone dentro al quale si dimenava e ha ricominciato a distruggere tutto.- disse il ragazzo sconvolto, si passò più volte le mani tra i capelli e in faccia.
Doveva essere stata dura.

Nel frattempo Bra si era avvicinata al padre tirandogli la gamba del pantalone per attirare la sua attenzione.
-Papà.- disse con il pollice in bocca.
Era coperta di cibo di vario tipo dalla testa si piedi e Vegeta si trattenne a mala pena dallo scoppiare a ridere prendendo la bambina in braccio.
-E dov'era Trunks in tutto questo?- chiese l'azzurra guardandosi attorno. Sembrava che in cucina fosse passato iìun tifone. 
L'uomo si passò una mano sulla faccia.
-Gli ho detto che sapevo cavarmela benissimo da solo, così gli ho impedito in qualsiasi modo di intervenire.- disse sconvolto, ora sì che capiva il suo errore.

Vegeta lo sorpassò con la bambina in braccio, rideva. -Non è un'impresa semplice badare a un cucciolo di Saiyan. Non tutti ci riescono.- disse dirigendosi al piano superiore.
Bulma scosse la testa esasperata, non sapeva cosa dire. Se l'era cercata, non aveva scusanti. Tornò in salotto, dove i mobili erano tutti ribaltati e, alcuni, persino distrutti.
-Trunks?- chiamò la donna.
Una testa glicine spuntò fuori da dietro il divano ribaltato.
-Ciao mamma, sei tornata. Hai visto cos'ha combinato Bra?- disse il ragazzino mentre una seconda testa, castana stavolta, spuntava da dietro al divano.
-Ciao!- disse sorridente, loro si erano goduti lo spettacolo della piccola Saiyan che distruggeva mezzo mondo e del povero Yamcha che cercava di fermarla in tutti i modi.

 

***

 

Rideva, rideva di gusto. Evelyn era quasi piegata in due dalle risate ripensando alla faccia di Yamcha quando lo aveva trovato in cucina.
-Sei proprio un deficiente!- disse riprendendo a ridere.

Il terrestre abbassò lo sguardo sulle mani, ancora impiastricciate di qualche impasto a lui sconosciuto. Si sentiva uno stupido, seduto accanto alla sua ex che rideva insieme all'amica del suo completo fallimento come baby-sitter improvvisato.
Marco si limitava a ridacchiare con la figlia in braccio.
-Sai, papà, Yamcha a un certo punto si è messo addirittura a pregare in lacrime Bra affinché la smettesse.- disse Keiko mentre giocava con un dinosauro.

Le due donne iniziarono a ridere più forte, tenendosi la pancia. Yamcha a quel punto non seppe più che dire a sua discolpa, ci mancava solo Vegeta che lo prendesse in giro per non essere stato in grado a badare a sua figlia, di appena 9 mesi.
Per sfortuna di Yamcha, proprio in quel momento Vegeta riapparve sulla soglia della stanza con Bra tra le braccia, finalmente pulita. La mise per terra, così che potesse andare un po' dove volesse.
-Mi dici come ha fatto quell'angioletto a ridurre te e questa casa in questo stato?- disse Evelyn asciugandosi le lacrime, provocate dalle troppe risa. -Insomma, guardatela. Con quel faccino il massimo di danno che potrebbe fare è rubarti il cuore.- continuò voltandosi a guardare la piccola Bra che giocava con un peluche insieme al fratello.
-Le apparenze ingannano, Evelyn- disse Vegeta mentre si lasciava cadere sul divano di fianco alla moglie. -Bra è tutto tranne un angioletto. E c'è chi l'ha sperimentato sulla propria pelle.- disse voltandosi a guardare Yamcha con un sorriso sarcastico.
Il guerriero abbassò lo sguardo, beccato in flagrante. Avrebbo voluto che il pavimento lo inghiottisse.

Scoppiarono a ridere, tutti tranne Yamcha che continuava a sentirsi un'idiota.
-Cosa pensavi di fare? Ti sei dimenticato che Bra non è umana?- disse Bulma cercando di trattenere le risate.
-A quanto pare.- disse Marco e scoppiarono di nuovo a ridere.
Persino il Saiyan adulto si lasciò andare alle risate, trascinato da quelle del gruppetto.
Yamcha avrebbe voluto sotterrarsi in quel momento, mentre gli adulti presenti e persino i due bambini più grandi ridevano di gusto del suo più completo fallimento.



Angolo autrice:

Sssssssssspumeggiante!!! *silenzio tombale* No, non sono nè Jim Carry nè the Mask. (avremmo preferito -.- nd voi)
Bene, bene, ciao miei piccoli lettori!! Sono tornata dopo ben due mesi con il quattordicesimo capitolo, tutto per voi! Purtroppo il blocco dello scrittore ha avuto ancora una volta la meglio su di me :c 
Evelyn è tornata e ha già cominciato a fare "danni", soprattutto psicologici verso Yamcha. Quanto posso detestare quel tipo e amare Vegeta? Boh non lo so neanche io, è così e basta (?)
Penso che sia l'amica ideale per Bulma, hanno gli stessi caratteri e la stessa "lingua lunga". Potrebbero essere sorelle se non fosse per la mancata somiglianza fisica. 
Marco rimane piuttosto sulle sue, anche se ha legato piuttosto bene con Vegeta mentre Keyko prova a sfidare Trunks, perdendo miseramente xD povera piccola, nessuno batte il principe dei Saiyan. (Ma non era Vegeta il principe? nd Marco Si, ma siccome Trunks è suo figlio, lui è diventato Re e Trunks è principe v-v nd AN non ci ho capito nulla però va bene nd Marco)
Il capitolo era nato per essere una semplice Missing Moment ma un pizzico di ilarità non guasta,giusto? Mi diverto da matti a far impazzire Yamcha muahahaha.
Okay basta sclero. Lasciate una recensione per farmi sapere cosa ne pensate.
Ringrazio chi legge, chi recensisce, chi segue, chi ricorda e chi preferisce. Anche i lettori silenziosi sono i ben venuti :D
Alla prossima!

 

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Capitolo 15
*** Sweetness baby and slice of life ***


Correva su e giù per i lunghi corridoi, travolgendo qualsiasi cosa o persona le capitasse davanti. Anche se dire “correva” non è proprio corretto per  una bambina di 9 mesi, più che altro barcollava e si ritrovava per terra ogni due per tre. La piccola Bra aveva da poco imparato a camminare, muoveva i passi ancora incerta, cadendo molto spesso, e già si divertiva ad andare in giro per la grande casa tutta sola.
Le sue esplorazioni erano però molto spesso interrotte da uno degli adulti presenti che, vedendola gironzolare per le stanza, la mettevano nel box o nella culla circondata da peluche più grandi di lei.
All’inizio non ci faceva molto caso, si limitava a guardare chi l’aveva messa in quella sorta di prigione e iniziava a giocare con gli animali di stoffa. Con il passare del tempo, quando il suo passo diventò un po’ più stabile e lei si divertiva a esplorare i dintorni, aveva cominciato ad infastidirsi quando l’adulto di turno la rimetteva nel box, preoccupato che potesse distruggere qualcosa. Perché in questo caso il pericolo non era per la bambina ma era la bambina, la quale ancora non riusciva a controllare la sua forza.
Così, ogni qual volta qualcuno la metteva al sicuro nel suo lettino, lei si dimenava e cominciava a piangere finchè qualcuno non la tirava fuori per la disperazione. Andò avanti per qualche giorno: Bra gironzolava, qualcuno la rimetteva a letto, lei cominciava a urlare. Alla fine i genitori cominciarono ad ignorare il suo pianto disperato, al contrario dei nonni che ancora si facevano intenerire dalle lacrime della piccola, lasciandola urlare e dimenarsi nella culla fin quando, esausta, non crollava addormentata.
Un giorno, però, prima di addormentarsi dopo l’estenuante pianto, si aggrappò con forza alle sbarre della culla e provò a tirarsi su involontariamente. Scoprì con sorpresa, che le sue piccole braccia riuscivano a sostenere il perso del suo corpo, se pur per poco.
Messasi in verticale , si lasciò poi ricadere all’indietro, fuori dalla prigione di legno. Atterrò con il sederino, ricoperto dal pannolino e dai pantaloncini, sulla morbida moquet della sua stanza. Mise il pollice in bocca e osservò la stanza. Aveva trovato il modo di evadere!
Sorridente si alzò da terra e, barcollante, riprese la sua esplorazione.
Percorse il lungo corridoio sul quale si affacciavano le svariate camere da letto, arrivata in cima alle scale, però, si sedette a terra comprendendo di non essere ancora in grado di scenderle da sola. Si guardò attorno, con il pollice in bocca, alla ricerca di qualcosa che la potesse aiutare nell’impresa.
Adocchiò il corrimano d’ottone che seguiva la scalinata per tutta la sua lunghezza. Si alzò in piedi aiutandosi con le mani poggiate sul parquet, riacquistato l’equilibrio afferrò con entrambe le piccole mani l’asta di metallo e si tirò su, mettendosi a pancia in giù sul corrimano in modo di guardare la fine del corridoio. Si lasciò scivolare lungo tutta la lunghezza, fino in fondo, quasi cadde quando fece la curva a metà rampa.
Arrivata alla fine si lasciò cadere sul pavimento, il pannolino attutiva la caduta evitandole il contraccolpo con il parquet.
Per la terza volta si alzò in piedi e si diresse in salotto, dove il fratello maggiore giocava con i videogiochi.
Bra entrò a passo deciso nella stanza senza attirare l’attenzione di nessuno in particolare. Si sedette a terra sul tappeto, davanti al divano, dove c’erano una serie di giocattoli abbandonati dal giorno prima. Si mise a giocare con una macchinina.
Yamcha, seduto vicino al ragazzo, si accorse della presenza della bambina solo quando ella gli porse il modellino di un dinosauro, invitandolo a giocare con lei. L’uomo prese il giocattolo e iniziò ad imitare il rettile ormai estinto, facendo ridacchiare la piccola Saiyan.
Bra prese un altro giocattolo, un piccolo aeroplanino bianco con delle strisce rosse sulle ali. Lo porse al guerriero che ci appoggiò sopra il dinosauro e fece finta di farlo volare. La bambina rise battendo le manine felice.
Yamcha sorrise alla tenerezza che la bambina dimostrava. –Sai come si chiama questo?- le chiese indicando il piccolo velivolo. La bambina scosse la testa. –Si chiama aeroplano.- disse cercando di scandire le sillabe. –A..eo..pa..no.- disse la piccola inclinando la testa. –Aeroplano.- ripetè nuovamente l’uomo.
Bra corrucciò lo sguardo –Aeo…pla..no. – ripetè concentrata. –A-e-ro-pla-no. Aeroplano.- scandì Yamcha facendo volteggiare il modellino. –Aeoplano. Aeoplano!- disse la bambina con la faccia di chi si stava impegnando a fondo. –Brava. Aeroplano, questo è un aeroplano.- disse sorridente mentre le porgeva il modellino. Quella bambina assomigliava terribilmente al padre, soprattutto in quel momento di massima concentrazione con lo sguardo azzurro corrucciato.
-Allora avevo sentito bene, mi era parsa di sentire la risata di Bra.- disse una voce femminile prendendo di sorpresa il guerriero che sussultò leggermente.
Bra, sentendo la voce materna alle proprio spalle, si voltò tenendo ancora il modellino stretto tra le mani. –Mamma! Aeoplano!- disse mostrando alla madre il piccolo aeroplanino.
Bulma le sorrise, abbassandosi alla sua altezza. –Ma che brava, hai imparato una parola nuova!- le disse con enfasi. Era giusto lodare la bambina per ogni progresso che faceva, per quanto piccolo sia.
Bra sorrise ed annuì fermamente, felice che le fosse stato fatto un complimento. Fece volteggiare il piccolo oggetto, imitando il rumore dei motori con la voce. –Aeoplano.- disse di nuovo. La donna le sorrise ancora scompigliandole la chioma azzurra. –Si piccola, l’aeroplano vola.- le disse attirando la sua attenzione. –Vo..la?- ripetè inclinando la testa di lato. Bulma annuì e prese il modellino muovendolo su e giù imitando l’atterraggio.-Si, Bra. Vola. Su nel cielo, come gli uccellini.- Continuò a giocare con l’oggetto facendolo poi “atterrare” sulla sua testa  provocando le risate della bambina. 
Bra prese nuovamente l’oggetto  dalla propria testa. Lo guardò un po’ ripensando a ciò che la madre le aveva detto, poi  tirò su la testa quasi di scatto e guardò il fratello maggiore. –Vola! Tunks! Vola!- disse indicandolo. Il ragazzino, sentendosi chiamato in causa, spostò lo sguardo sulla sorellina perplesso. –Cosa?- chiese alla bimba. –Tunks, vola.- disse di nuovo sorridente. Il ragazzino all’inizio non capì cosa intendesse e rimase a fissare la bambina. –Oh, si. Io so volare.- disse sorridente quando comprese ciò che la bambina volesse dire.
La piccola Saiyan rimase a pensare un attimo, con gli altri che la guardavano senza sapere cosa aspettarsi. Alzò lo sguardo corrucciato incrociando quello divertito della madre, le mostrò l’aeroplanino. –Papà, vola.- e non era  una domanda, ma una costatazione. Sorprese tutti quell’affermazione, aveva appena nove mesi ed era in grado di ragionare così lucidamente.
-Si, Bra, anche papà sa volare.- le disse la donna sinceramente contenta dell’intelligenza della figlia.
La bimba si voltò ad osservare Yamcha, gli puntò il dito contro come per ammonirlo facendolo mettere quasi sull’attenti. Inclinò la testa sorridendo. –Vola?- chiese al guerriero.  Yamcha si rilassò e sul suo volto si allargò un piccolo sorriso, annuì fermamente.
Bra abbassò il braccio e si guardò attorno, scrutando i visi di tutti. C’era qualcosa che non le quadrava, qualcuno che mancava all’appello. –Che c’è Bra?- chiese Bulma notando lo sguardo smarrito della bambina. –Papà.- disse semplicemente la piccola di casa incatenando il suo sguardo azzurro a quello dello stesso colore della madre. Sbattè un paio di volte le lunghe ciglia, l’invidia di qualsiasi ragazza.
Bulma rimase un po’ spiazzata dallo sguardo della sua bambina, i suoi occhi erano azzurri, poco più scuri dei suoi, ma il taglio era decisamente più duro e marcato, così come lo sguardo serio in quegli occhioni troppo limpidi e puri. Continuò ad osservare il viso della bambina come se non lo avesse mai fatto: gli occhi erano quelli del padre, se non fosse stato per il colore sarebbero stati identici  a quelli di Vegeta. Il nasino era un po’ un mix dei due, mentre le labbra erano sicuramente quelle del compagno. La forma del viso però era la sua così come i capelli e le orecchie. Sorrise involontariamente constatando che quella bambina somigliava al padre più di quanto sembrasse. –Papà? Credo sia fuori in giardino.- le rispose candidamente. –Perché non vai da lui?- aggiunse quando vide i suoi occhi rattristarsi.
Il viso della bimba si illuminò e, sempre con l’aeroplanino in mano, si  precipitò barcollante al di fuori della stanza, diretta nel grande giardino sul retro.
-
Se ne stava sdraiato su un ramo del grande albero al centro del giardino, il sole di Dicembre faticava a riscaldare l’aria gelida ma quel giorno sembrava volesse sfidare l’inverno appena entrato, tanto brillava forte.
Ad occhi chiusi si godeva quella splendida giornata, nel silenzio più totale. Rilassato, una gamba che penzolava inerme dal ramo mentre l’altra era  piegata, le braccia dietro la testa e il respiro calmo. Erano rari i momenti in cui si concedeva un po’ di relax in assoluta solitudine, di solito si rinchiudeva nella stanza gravitazionale oppure era circondato dagli schiamazzi di quella che era ormai la sua famiglia.
Aprì gli occhi quando un’aura a lui molto familiare si avvicinò al punto in cui si rilassava. Si mise seduto e guardò in lontananza scorgendo la figura della figlia che si avvicinava a passo mal fermo. Con un balzo scese a terra, si appoggiò al tronco con le mani in tasca in attesa.
Bra arrivò quasi correndo davanti al padre, era arrivata fin lì senza inciampare mai. Purtroppo per lei una radice del grande albero spuntava fuori dal terreno e il suo piedino vi inciampò sopra, facendola cadere faccia a terra.
L’uomo non potè trattenere una piccola risata alla scena, che si trasformò in un sorriso pieno d’orgoglio quando la bambina si rimise in piedi senza fiatare. La vide scavalcare l’innocua radice e fargli la linguaccia, quasi potesse vederla.
La piccola si fermò esattamente davanti a lui, sorridente. –Papà!- lo richiamò per attirare la sua attenzione, gli mostrò il piccolo aeroplano con orgoglio.
Il Saiyan si abbassò alla sua altezza, inginocchiandosi sul prato, e osservò meglio il piccolo oggetto che teneva tra le mani la bambina. –Aeoplano! Papà, aeoplano!- disse con enfasi quasi fosse un parola magica.
Vegeta fissò la bambina perplesso –Lo so che è un aeroplano, Bra.- le disse. Vide la bambina girare su se stessa un paio di volte, muovendo il modellino su e giù come ad imitarne la traiettoria. Si sedette a terra a gambe incrociate curioso di vedere dove volesse arrivare –Aeoplano, vola.- disse stringendo il piccolo oggetto al petto, quasi fosse un tesoro prezioso.
Poi si fiondò tra le braccia paterne, lasciando il guerriero di stucco. –Papà,  vola.- gli disse guardandolo negli occhi con un sorriso.
Era così innocente, bastava poco per sorprenderla, ma era anche molto intelligente tanto da riuscire ad associare l’aeroplano, che vola alto nel cielo, al proprio papà, il quale un paio di volte l’aveva sollevata portandola con sé in aria, facendole osservare la terra dall’alto.
Le posò una mano sulla testolina azzurra accennando un timido sorriso,  quella bambina non finiva mai di sorprenderlo. La lasciò giocare con il modellino seduta tra le sue gambe, sapeva che le piaceva passare del tempo con lui.
-
 
Si grattò la testa con il retro della penna che teneva in mano, un foglio nell’altra pieno di scarabocchi e formule matematiche.
Aveva letto e riletto quei calcoli migliaia di volte non riuscendo comunque a capire quale fosse il problema. Lasciò il foglio e la penna sulla scrivania metallica del laboratorio, si strofinò gli occhi con le mani stanca di tutti quei numeri.
Si alzò dalla sedia girevole con l’intento di andare a mettere le mani su qualche ingranaggio, invece di lavorare al computer con un simulatore o su fogli di carta con i numeri.
La porta del laboratorio si spalancò e una testolina azzurra fece capolino.
Bra entrò correndo, per quanto i suoi passi mal fermi le permettessero, e si fiondò tra le braccia della madre che la prese in braccio. –Ehi, ciao principessa dov’eri finita?- le disse lanciandola in aria un paio di volte.
La piccola Saiyan rideva felice mentre la madre la faceva volteggiare in aria. Quando venne messa giù tirò il pantalone della tuta da lavoro che la donna indossava, facendo in modo che la madre si abbassasse alla sua altezza. –Papà, vola! Io, vola!- disse con enfasi aprendo le braccia come ad imitare le ali di un aeroplano.
Bulma guardò la bambina perplessa, chiedendosi cosa volesse dire. –Cosa intendi Bra? Lo so che papà sa volare.- le disse. Una voce profonda le arrivò alle spalle, se non fosse stata abituata le sarebbe preso un colpo, chiarendole le idee. –Ne ha provato l’ebbrezza,semplicemente.- Come al solito era apparso all’improvviso, silenzioso come un fantasma.
La donna guardò il marito alzandosi in piedi. –Le hai fatto fare un giro in volo?- gli chiese sorpresa. Lo vide annuire, appoggiato allo stirpe dalla porta nella solita posizione: gambe e braccia incrociate.
Non era di certo la prima volta che succedeva una cosa del genere, ma Vegeta non le era mai sembrato molto propenso a farlo di nuovo. Forse aveva paura che Bra soffrisse di vertigini, anche se era più che improbabile dato che anche la piccola, se pur pochissimo, sapeva stare sospesa a qualche metro da terra.
Bra attirò nuovamente l’attenzione dei genitori su di sé mentre iniziava a camminare per la stanza ripetendo la parola “aeroplano” all’infinito.
Quella scena strappò un sorriso ad entrambi i genitori, si scambiarono uno sguardo di intesa per poi tornare ad osservare la loro bambina che si divertiva: erano proprio una bella famiglia.





Angolo autrice:

Bene, bene sono tornata prima del previsto! Dopo il blocco c'è un afflusso di idee dentro la mia testa che non finisce più. Una delle tante era questa: un capitolo dedicato interamente alla piccola Bra. Adoro quella bambina, peccato che non venga approfondita come dovrebbe nell'anime. Si passa dalla sua non-esistenza, a quando ha 5 anni per poi farla apparire adolescente per qualche puntata qua e là nel GT. Non le si rende giustizia! 
Sarà anche la secondogenita ma è pur sempre la figlia del Principe dei Saiyan che diamine. (Non ti piace il GT vero? nd voi Si vede così tanto? nd AN)
E' anche per questo motivo che ho deciso di scrivere questa Long, per percorrere la vita di Bra passo dopo passo. 
Ho risparmiato Yamcha almeno in questo capitolo, anzi l'ho reso anche piuttosto intelligente. Forse ci sa fare con i bambini, quando ci sono i genitori in casa. 
Per quanto riguarda il confronto età-intelligenza di Bra, dobbiamo pensarla come alla figlia di un alieno, erede di una razza con intelligenza, forza, astuzia e abilità superiori al normale. Vegeta io lo reputo un personaggio molto intelligente, se non ci fosse lui nella maggior parte delle puntate a salvare il culo a Goku la carota non sarebbe in grado di sconfiggere nessuno, peccato che anche con lui Toriyama-sensei evidenzi quasi sempre solo i lati peggiori. Bulma è un genio, è più che normale che i suoi figli lo siano altrettanto se ci aggiungiamo il cervello di Vegeta abbiamo ottenuto i figli prediletti (?)
Nel precedente capitolo abbiamo visto la parte distruttiva di Bra, in questo vediamo la parte tenera. Credo che sia una bambina yandere, un po' come la madre.
Datemi una vostra opinione lasciando una recensione.
Un bacio angelo_nero

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Capitolo 16
*** Father and son day ***


Un profumo piacevole gli solleticò i sensi, portando pian piano lontano dalle braccia di Morfeo. Mugugnò qualcosa nel sonno stringendo ancor di più le braccia attorno alla compagna, affondò il viso nei suoi capelli e l’odore ormai familiare di lei lo invase. Mentre riprendeva conoscenza cominciava a riacquistare la percezione dello spazio attorno a sé: il corpo morbido della compagna stretto al suo, le loro gambe intrecciate e le proprie braccia strette intorno alla sua vita sottile.
Il suo udito fine percepì, oltre al silenzio surreale di quella casa costantemente rumorosa,  il rumore delle auto per la strada. Nulla di fastidioso, in confronto ai rombi delle navicelle che partivano con il quale si svegliava ai tempi di Freezer. Aprì lentamente gli occhi scuri, senza staccarsi dalla compagna, mettendo a fuoco la stanza, dovette sbattere un paio di volte le palpebre per riuscire a vedere lucidamente. Si girò supino e un fastidioso raggio di sole, che filtrava dalla serranda abbassata, lo colpì in pieno viso. Chiuse gli occhi di scatto, infastidito da quella luce forte sugli occhi ancora troppo sensibili, e portò la mano sinistra vicino al viso, nel tentativo di deviarlo almeno un po’. Quel gesto, unito al verso infastidito che gli sfuggì dalle labbra, provocarono un movimento nella donna placidamente addormentata al suo fianco che, non percependo più il calore del compagno vicino a sé,  si girò andando ad appoggiare la testa e la mano sinistra sul suo petto scolpito stringendosi a lui nuovamente.
Lui si accorse a mala pena di quel movimento, talmente era ancora intorpidito dal sonno. Aveva ancora il braccio destro intrappolato sotto il corpo della donna, ne approfittò per accarezzarle la schiena nuda con delicatezza, facendo attenzione a non svegliarla. Sorrise leggermente constatando che quel modo di svegliarsi non era affatto male.
Quando lavorava per Freezer o ancora prima, quando ancora viveva a Palazzo con il padre sul suo pianeta Natale,  veniva costantemente svegliato dal rumore delle navicelle che partivano e/o atterravano. Urla di gente che impartiva ordini e grida di dolore di chi veniva brutalmente torturato, riempivano le sue giovani orecchie al mattino fin dalla più tenera età. Con il tempo aveva imparato a farci l’abitudine, il suo sonno era molto leggero, sempre allerta, erano rare le volte in cui si addormentava totalmente, se non inesistenti, quindi non ci faceva molto caso a quel tempo.
Tornò a guardare il soffitto, cercando di pensare lucidamente e cacciare via il torpore. Alzò quasi involontariamente la mano sinistra verso il soffitto e rimase ad osservarla. La fede dorata che portava all’anulare brillava colpita dalla luce del sole, erano ormai più di dieci anni che la portava ma ancora non ci credeva. Voltò la mano osservandone il palmo, poi la chiuse e la riaprì più volte, come se a quel gesto l’anello potesse cambiare o scomparire.
Quando aveva riaperto gli occhi la mattina dopo la cerimonia, dopo aver passato la prima notte di nozze a rotolarsi tra le lenzuola assieme alla sua neo sposa, aveva osservato quell’oggetto  risplendere sulla propria mano come se potesse ucciderlo. Non aveva mai indossato gioielli, ne conosceva l’esistenza ma non gli era mai interessato. Prima che Bulma gli regalasse il bracciale d’oro che portava al polso destro.  Aveva deciso, così su due piedi, che non avrebbe più  indossato i soliti guanti bianchi se non in battaglia. Non conosceva ancora il motivo di quella decisione, l’aveva presa senza pensarci.
Avvertì la compagna muoversi  addosso a lui, ciò lo riportò con i piedi per terra. Si voltò a guardarla con il braccio ancora steso e la mano aperta, mentre lei apriva gli occhi e metteva a fuoco il suo viso. La vide strofinarsi un occhio come una bambina. –Buongiorno.- le disse quando i loro occhi si incrociarono.
Bulma dovette sbattere un paio di volte le palpebre prima di rendersi conto di essere nella propria stanza, e che gli occhi che la stavano fissando appartenevano al marito. Ancora rintontita dal sonno gli sorrise. –Buongiorno.- rispose prima che lui la baciasse.
Adorava quel contatto di prima mattina, quando ancora intorpiditi dal sonno si lasciavano andare a  qualche coccola in più. Mentre le gli allacciava le braccia al collo, Vegeta le se distese sopra senza mai staccare la proprie labbra da quelle della compagna. Rese palesi le sue intenzioni quando premette il bacino contro quello della donna, che ridacchiò ma si lasciò amare di nuovo.


***
 

Dopotutto avere una famiglia non gli costava poi così tanti sforzi, certo ogni tanto doveva abbandonare quella maschera di orgoglio e cattiveria e dimostrare che a loro teneva, con piccoli gesti, ma a parte quello non aveva dovuto fare dei cambiamenti poi così  radicali nella sua vita.
Certo ora nei suoi pensieri, oltre che nella sua vita, c’erano altre tre persone che gli regalavano amore incondizionato senza che lui avesse fatto nulla. Ne seguiva costantemente l’aura, non perdendosi un attimo dei loro spostamenti. Neanche si rendeva conto di seguirli ogni istante, persino prima di chiudere gli occhi e abbandonarsi all’oblio del sonno verificava che ci fossero tutti.
 Si era ritrovato molto spesso davanti la stanza del primogenito, senza un apparente motivo e quando lo stesso bambino, che aveva visto da adulto, gli chiedeva candidamente cosa ci facesse lì, lui si ritrovava a chiedergli se voleva passare un po’ di tempo insieme. Il bambino allora si illuminava, che fossero allenamenti, una passeggiata o una giornata tutta padre-figlio a lui non importava, amava passare del tempo con il padre in qualsiasi modo esso fosse poi veramente speso. Dopo ciò che era avvenuto con Majin Bu, l’abbraccio che Vegeta gli aveva regalato prima di sacrificarsi e lo sguardo pieno di ammirazione che aveva scorto negli occhi del bambino quando era corso a salvarlo, Vegeta si era riproposto di passare un po’ più di tempo con il figlio, il quale, sapeva bene, nutriva una grande ammirazione nei suoi confronti oltre che un affetto spropositato. Così il primo sabato disponibile, in cui lui non dovesse lavorare assieme a Bulma e il bambino non avesse troppo da studiare per il lunedì successivo, gli aveva proposto di andare a fare un giro. Non sapeva come ma poi quasi ogni sabato si era ritrovato a passare la giornata in compagnia del figlio, come fosse stata una cosa sempre fatta.
E quel sabato non fece eccezione.
Avvertì dei passi avvicinarsi dal fondo del corridoio a tutta velocità, passi piccoli e veloci, appartenenti a un bambino, e dietro altri più lenti ed incerti. Bra seguiva il fratello come un’ombra nonostante non riuscisse a stare dietro al suo passo.
Vide il ragazzino passargli davanti mentre rideva e un robot, apparentemente infuriato , che lo seguiva minaccioso. Trunks adorava far infuriare quelle macchine dotate di intelligenza artificiale, prendeva i migliori e poi li faceva impazzire con il suo atteggiamento provocatorio.
Spense il robot quando gli arrivò vicino, per quanto gli piacesse sentire la risata del bambino non amava le sfuriate della moglie riguardo al fatto che le sue invenzioni non erano fatte per giocare.
Trunks arrestò il passo poco più avanti con il fiato corto, indossava ancora il pigiama azzurro ed era a piedi scalzi segno che si era svegliato da poco. –Ciao papà. Non ti avevo visto.- disse il ragazzino con un sorriso da un orecchio all’altro. Qualcosa gli tirò la gamba del pantalone, abbassò lo sguardo scorgendo la sorellina che lo guardava con un dito in bocca. Si chiese cosa volesse da lui per guardarlo con quella faccia.
Bra tolse il dito dalla bocca e gli sorrise. –Tunks!- disse convinta. Il ragazzino le sorrise e le scompigliò i capelli, come avrebbe fatto qualsiasi fratello maggiore. –Riporta quel coso al suo posto, non ho voglia di sentire le urla di tua madre di prima mattina.- la voce autoritaria del genitore lo riportò alla realtà. Alzò lo sguardo sul padre nel momento in cui egli gli passò accanto e scese la rampa di scale poco più avanti.
Trunks sbuffò ma prese il robot e lo trascinò verso la fine del corridoio –Vieni Bra riportiamolo dov’era.- disse spingendo il robot in avanti. –Obot.- sentì dire dalla sorella mentre si alzava e lo seguiva.


***


Percorreva il lungo corridoio a passo piuttosto tranquillo, si guardava intorno cercando di capire quanto quella casa fosse cambiata nel tempo. Alle pareti c’erano vari ritratti di famiglia posti in ordine cronologico: da Bulma bambina fino alle ultime foto con Bra e Trunks, e Vegeta. Incredibile ma vero, c’era anche lui nelle ultime foto di famiglia.
Si fermò ad osservarne una in particolare: il bacio degli sposi durante la cerimonia. Sorrise ricordando quel giorno, l’immensa felicità della figlia e l’enorme stupore dipinto sul volto del genero quando l’aveva vista percorrere la navata. Si accarezzò il mento soprappensiero quando la voce della figlia lo riportò con i piedi per terra. –Papà! Che ci fai qui?-L’uomo si voltò verso la figlia e le sorrise. –Sono venuto a trovarti, è proibito?- le disse.
Bulma quasi trasalì a quelle parole. –No, però è strano vederti qui. Di solito durante la settimana viene la mamma.- inclinò leggermente la testa non capendo il motivo di quella visita. –Come mai sei qui?- gli chiese.
L’uomo tornò ad osservare la foto appesa al muro, rimase per un po’ in silenzio prima di rispondere alla figlia. –Non c’è un motivo preciso, volevo vedere la mia famiglia.- disse continuando ad osservare l’immagine.
-Okay.- rispose la donna sbattendo un paio di volte le palpebre. Il padre era sempre stato un uomo enigmatico quanto intelligente. Scosse la testa e riprese a leggere la pila di fogli che teneva tra le braccia. –Dov’è Vegeta? Non ho sentito nessun suono provenire dalla camera gravitazionale venendo qui.- si sentì dire dal genitore mentre lei continuava a sfogliare la pila. –Molto probabilmente è con Trunks, davanti ai videogiochi.- disse tranquillamente. Non ricevendo risposta dal genitore alzò lo sguardo incontrando quello sorpreso dell’uomo che l’aveva cresciuta. –Qualcosa non va?- gli chiese continuando a guardarlo. Lo vide scuotere la testa ed arricciarsi i baffi con una mano. –No, è solo che è stano.- lo sentì dire prima di passargli davanti a passo svelto, doveva far firmare quei fogli anche al marito. –Cosa è strano, papà?- gli chiese distrattamente, avvertendo il rumore dei pesanti passi del genitore seguirla lungo il corridoio. –Vegeta. Insomma, nessuno ha mai dubitato che volesse bene a Trunks ma sentirti dire che sta passando del tempo con lui al di fuori degli allenamenti… permettimi di dire che è strana come cosa.- disse l’uomo continuando ad arricciarsi i baffi.
Bulma si accigliò alle parole del genitore, non riusciva a capire il suo ragionamento. –Non riesco a capire perché tutti trovate strano che Vegeta voglia passare del tempo con Trunks, tempo che non sia all’interno di quella maledetta stanza. Anche Chichi, quando le ho detto che stavano passando una giornata insieme, mi ha fatto lo stesso ragionamento. – arrestò il passo e si voltò a guardare il genitore. –Vegeta è un uomo come un altro che ama la propria famiglia e a cui piace spendere un po’ del proprio tempo con essa. Sarà anche un Saiyan e avrà un caratteraccio ma è pur sempre un padre! È più che logico che voglia passare del tempo con il figlio.- continuò. Il Dr. Brief mise le mani avanti e scosse leggermente la testa. –Non sto dicendo che Vegeta non ami la propria famiglia, tesoro. È solo che conoscendolo mi risulta strano che lo faccia, sei stata tu a dirmi che all’inizio ha rinnegato il proprio figlio.- rispose in sua difesa. Bulma mise la mano libera sul fianco e spostò il peso sul piede opposto. –Quello è passato, Vegeta non ha mai veramente rinnegato suo figlio. È solo che gli è costato molto ammettere che gli volesse bene, ecco. Continuo a non capire, però, il tuo assurdo ragionamento.- incrociò le braccia al petto in un tipico gesto che apparteneva al compagno.
L’uomo si grattò la nuca in imbarazzo. –Credo di essermi spiegato male, Bulma.  Non sto dicendo che è un uomo malvagio o che non dovrebbe fare ciò che fare, sto semplicemente facendo un osservazione. Andiamo lo conosci bene anche tu, diciamo che non è nei suoi modi di fare questo atteggiamento “premuroso” nei confronti di Trunks. Anche tu sarai rimasta sorpresa la prima volta che li avrai visti insieme al di fuori degli allenamenti.- Bulma rimase a pensarci un attimo e constatò che, in effetti, il genitore aveva ragione. –Beh si, sono rimasta parecchio sorpresa ma poi ho pensato che dopotutto è sempre suo figlio e ha il pieno diritto di passarci del tempo.- concluse la donna. Il Dr.Brief le sorrise. –Sono pienamente d’accordo con te, figliola.- Bulma ricambiò il sorriso del genitore. Lui forse è stato l’unico, a parte la madre, a credere veramente nella sua relazione con quel testone, persino quando erano agli albori e lui la trattava semplicemente come un giocattolo.
Continuarono a percorrere il lungo corridoio l’uno di fianco all’altra ridendo e raccontandosi le varie giornate passate. Arrivati davanti la porta scorrevole che separava la casa dai laboratori, inserì un codice sul tastierino e la porta si aprì. Percorsero un altro corridoio e si ritrovarono in salotto, dove i due Prince di sesso maschile stavano giocando a qualche nuovo videogioco del più piccolo, pieno di sangue e combattimenti. Bulma posò i fogli sul tavolo e vi si appoggiò con una mano. –Ancora appiccicati alla televisione siete? Vi ho lasciato un paio d’ore fa e vi ritrovo nello stesso identico stato.-  I due occupanti del divano non la degnarono di mezza risposta, Bulma alzò gli occhi al cielo ma, prima che potesse dire qualcos’altro, avvertì la risatina divertita del padre. –Andiamo Bulma, prima ti lamenti che non passano abbastanza tempo insieme poi ti lamenti se lo fanno, cosa devono fare quei due per farti contenta? Facci pace con il cervello.- le disse l’uomo mentre si accomodava su una sedia dell’enorme tavolo. La donna gonfiò le guance infastidita, un gesto troppo infantile per lei. Vide il padre accendersi una sigaretta e gliela tolse subito di bocca, facendo disperdere il fumo con una mano. –Papà! Quante volte ti ho detto di non fumare dentro casa! Ti ricordo che c’è una bambina di neanche un anno qui dentro.- lo sgridò andando a buttare la sigaretta, non prima di averla spenta.
Come se fosse stata chiamata, Bra arrivò di corsa per quanto il suo passo mal fermo le permettesse. Si fiondò tra le braccia del nonno, il quale non aspettava altro di poter abbracciare la sua principessa. –Smettila di fare tutte queste scene, tua figlia ha i polmoni più resistenti dell’intero universo. Vero piccola?-  La bambina si esibì in una piccola risata quando l’uomo la sollevò in alto, distendendo le braccia.
Bulma alzò gli occhi al cielo e si avvicinò al divano, curiosa di sapere quale fosse l’ennesimo videogioco acquistato dal figlio. Sullo schermo, due personaggi si pestavano a sangue, a suon di calci, pugni e tecniche segrete, la maggior parte delle quali consisteva nel spaccare la testa all’avversario o qualche altra parte del corpo. Inarcò un sopracciglio. –Ma voi due non vi stancate mai di combattere? Non vi basta farlo nella vita reale, anche nei videogiochi?- disse il Dr. Brief avvicinandosi alla figlia con la bambina ancora in braccio. –Il combattimento è l’unica cosa di cui non si stancheranno mai, papà. Gli scorre nelle vene assieme al sangue. Piuttosto- fece il giro del divano avvicinandosi alla televisione. Spense la console premendo un tasto e l’immagine sullo schermo scomparì. –Ehi! Stavamo giocando!- le disse Trunks aggrottando la fronte. –Perché non vi vestite e andate a fare un giro con questa bella giornata?- aggiunse ignorando completamente la protesta del figlio. Incrociò le braccia al petto e squadrò i due seduti sul sofà: sapeva che se avessero potuto l’avrebbero disintegrata con lo sguardo. –Non è da voi starvene in panciolle tutto il giorno. Alzate il culo da quel divano e uscite un po’. È sabato.- disse andandosi a sedere su una delle sedie attorno al tavolo, riprese i documenti e tornò a leggerli.
Trunks buttò il joypad di lato e sbuffò incrociando le braccia. –Appunto che è sabato è nostro diritto goderci una giornata in santa pace.- borbottò sottovoce il ragazzino. –Smettila di lamentarti e vatti a cambiare.- Il ragazzino alzò lo sguardo sul genitore e notò solo in quel momento che anche lui indossava ancora gli abiti che usava per dormire: un pantalone nero di qualche tuta mai messa e un T-shirt nera.
Il piccolo Saiyan annuì e saltò giù dal divano seguito dal padre.
Il primo a riscendere fu proprio Vegeta, finalmente vestito decentemente. Si avvicinò alla moglie silenziosamente, che se ne stava appoggiata al lavello con dei fogli in mano e una penna nell’altra. –Cos’è?- chiese attirando la sua attenzione. La vide sussultare e alzare gli occhi dal foglio, sicuramente non l’aveva sentito entrare. Trattenne un ghigno di soddisfazione, riusciva sempre a coglierla di sorpresa.
Quasi le era preso un colpo quando la sua voce profonda le era arrivata alle orecchie, diamine era così silenzioso che non lo aveva sentito arrivare. Riabbassò gli occhi sul foglio prima di rispondergli  -L’approvazione per un nuovo progetto che stiamo sostenendo.- disse abbassando i fogli. Osservò il marito con attenzione, beandosi della sua figura perfetta: indossava una maglietta a mezze maniche blu notte, un paio di blu jeans a vita bassa e un paio di sneakers nere. La T-shirt metteva in risalto le sue spalle larghe e le braccia muscolose, lo scollo a V metteva in risalto i pettorali mentre i jeans gli cadevano sui fianchi morbidi, segnando il bacino stretto. Una V rovesciata perfetta.
Deglutì e scosse la testa cercando di cancellare quei pensieri prima di saltargli addosso. Gli porse i fogli e la penna che lui afferrò di buon grado. Lo vide leggere velocemente qualche riga. –Che azienda?- chiese senza staccare gli occhi dai fogli. –SoftLab.- rispose lei. Lui appoggiò i fogli sul tavolo e mise una firma veloce dove serviva per poi riconsegnarglieli, quando le loro mani si sfiorarono una scossa percorse entrambi. Bulma arrossì un poco mentre Vegeta ghignò, le si avvicinò sfruttando la sua velocità aliena tenendola boccata tra lui e il lavello.
Avere il corpo del marito a contatto con il proprio le faceva uno strano effetto, i suoi sensi si infiammavano e iniziava a bramare il suo tocco. Si morse il labbro nel vano tentativo di non farsi prendere da strane voglie. Quando però le mani di lui si posarono sui suoi fianchi attirandola a sé e staccandola dal lavello, non potè far altro che posargli le mani sul petto e attendere una sua mossa, che non tardò ad arrivare.
Nessuna donna in vita sua gli aveva mai fatto quell’effetto, anche dopo anni appena le loro mani si sfioravano lo percorreva una scossa per tutta la schiena e la voglia insana di farla sua sul momento lo colpiva in pieno. Si passò la lingua sulle labbra mentre fissava quelle piene della donna tra le sue braccia, sapeva benissimo l’effetto che aveva su di lui. Il quel momento bramava un suo bacio più di qualsiasi altra cosa. Si avvicinò maggiormente, i loro nasi si sfioravano e i loro respiri si incontravano. Vide le sue labbra dischiudersi piano e cedette. Poggiò le proprie labbra su quelle di lei, trascinandola in un dolce bacio.
Inspirò forte non appena le loro bocche si toccarono, fece scivolare le braccia sulle sue spalle e gli circondò il collo, portandolo più vicino a sé. Amava quella sua impulsività, la quale lo portava a fare molti gesti stupidi ma che lo spingeva a dimostrarle il suo amore su due piedi, senza pensarci. Si staccarono per mancanza d’aria, ogni volta che si baciavano non si rendevano conto del tempo che passava. Lo vide ghignare soddisfatto prima di allontanarsi da lei, poco prima che Trunks fece irruzione nella stanza.
Spalancò la porta con forza, quasi scardinandola. Si accorse solo dopo della troppa forza usata, quando la porta di legno massiccio sbatté con forza contro il muro producendo un suono sordo. –Ops.- disse con un sorriso forzato. Vide la madre scuotere la testa in segno di esasperazione senza però sgridarlo, cosa strana per lei. Spostò lo sguardo sul padre, appoggiato vicino alla compagna alla piano della cucina con le braccia incrociate. Inclinò la testa –Papà?- lo richiamò. -Andiamo?- continuò quando l’uomo alzò la testa per guardarlo. –Aspettami fuori.- lo sentì dire. Ciò basto per farlo sorridere e si fiondò all’ingresso. –Ho detto niente poteri dentro casa!- sentì urlargli dietro la madre. –Scusa mamma!- gli rispose fermandosi e prendendo a correre normalmente.
-Farà mai quello che gli si dice?- disse massaggiandosi la fronte, avere a che fare con due Saiyan non era un’impresa facile. Soprattutto se uno dei due era un ragazzino di undici anni più simile a un uragano che a un essere umano, mentre l’altro era un uomo scorbutico e molto sulle sue, al quale bisognava tirare fuori le parole con le pinze. Quando alzò lo sguardo su di lui si accorse che stava fissando il punto in cui il figlio era sparito, nei suoi occhi una luce nuova. –È bello vero?-  disse cogliendolo di sorpresa mentre riordinava i fogli e li poggiava sul piano. –Cosa?- gli sentì dire dopo un po’. Prese una spillatrice posta distrattamente sul tavolo e fermò i fogli in gruppi di dieci pagine. –Sentirsi chiamare “papà”. È una parola che non sentirai mai nella tua vita se non dai tuo figli.- gli rispose continuando a spillare i fogli. Quando anche gli ultimi dieci furono legati insieme, li mise tutti in una cartellina rigida che poggiò sul grande tavolo. Si voltò a guardare il marito. –Non so di cosa tu stia parlando.- lo sentì dire con il solito tono mentre si voltava per metà nella sua direzione. –Invece lo sai benissimo. Dato che i tuoi occhi si illuminano ogni volta che uno dei tuoi figli pronuncia quella parola.- gli disse appoggiandosi al tavolo con una mano. Lo vide sussultare impercettibilmente, colpito in pieno, per poi voltarsi dall’altra parte con uno “Tsk”. –Papà?!- la voce di Trunks proruppe nella stanza, si era affacciato alla porta del salotto alla ricerca del motivo per il quale il padre ci mettesse tanto. –Vai, tuo figlio ti reclama.- lo prese in giro Bulma guadagnandosi un’occhiata di fuoco dal marito.
Superò il figlio in pochi passi, non prima di avergli scompigliato i capelli. –Andiamo moccioso.- gli disse senza cattiveria continuando a camminare verso la porta. Il ragazzino lo sorpassò velocemente fiondandosi fuori. Inarcò un sopracciglio constatando che quel bambino era pieno di energie.
Non avevano una meta precisa quel pomeriggio, quindi si limitarono a camminare per le vie della città dando un’occhiata ogni tanto ai negozi di videogiochi presenti lungo la strada. Quel giorno non c’erano neanche le giostre, strano di solito ogni sabato in città c’era qualcosa e invece quel sabato era stranamente tranquilla. Infilò le mani in tasca e sbuffò, cominciava ad annoiarsi a girare senza meta. –Papà, mi annoio facciamo qualcosa.- disse guardando il genitore, anche lui visibilmente annoiato. Ma prima che potesse solo formulare una frase, una voce familiare lo colse di sorpresa. –Trunks!- Il diretto interessato si voltò e un Goten tutto sorridente gli si avvicinava correndo, seguito dal padre. Sorrise vedendo il migliore amico. –Goten! Che ci fai qui?- chiese al bambino quando si fermò davanti a lui. Fu però Goku a rispondergli. –Un giro in città.- -A dire il vero la mamma ci ha letteralmente cacciato di casa, furiosa.- disse Goten ridendo.
Il gruppetto si incamminò, i due bambini ridevano e ogni tanto partiva qualche pugno, così tanto per noia. Goten inchiodò il passo mentre l’amico gli andava letteralmente addosso. –Ehi Goten! Perché ti sei fermato di botto?- gli chiese Trunks massaggiandosi la fronte, l’amico aveva la testa dura e lui ne faceva le spese. Goten si limitò ad indicare un punto davanti a lui, Trunks si sporse oltre per capire dove il piccolo Son stava indicando: davanti a loro c’era una bancarella con il tiro a segno a premi. Ed esposto tra i premi c’era un gioco che entrambi i bambini attendevano da un’eternità. Gli occhi del ragazzino si illuminarono e chiese al genitore se avesse 100 yen* da prestargli per provare a vincere il gioco.
Vegeta da prima rimase un po’ stupito dalla richiesta del figlio, era raro che gli chiedesse dei soldi, a meno che non fosse per mangiare. Dalla tasca posteriore dei  jeans tirò fuori un portafoglio in pelle, lo aprì e diede due monete da 100 yen al figlio. Mentre i due bambini si dirigevano alla bancarella tutti contenti , Goku fece un fischio di stupore adocchiando il portafoglio del compagno di avventure pieno e con diverse carte di credito all’interno. –Ma vai sempre in giro con tutti quei soldi?- si sentì chiedere mentre rimetteva il portafoglio nella tasca posteriore dei jeans. Ridacchiò prima di rispondere. –Ne ho la possibilità, quindi perché non dovrei.- gli rispose voltandosi a guardarlo in faccia. Goku inclinò la testa di lato –Quanto guadagnate tu e Bulma?- gli chiese nuovamente. –Intendi singolarmente o nel complesso?- -Singolarmente.- aggiunse sorprendendosi di conoscere quella parola. Vegeta riprese a camminare – 100.000 dollari l’ora, all’incirca.- disse senza guardarlo. Goku si grattò la nuca nel suo tipico modo confuso, non aveva la minima idea di quanto valessero. Vegeta alzò gli occhi al cielo comprendendo la stupidità del compagno d’armi –1.200.000 yen all’incirca. Uno più, uno meno non fa differenza.- spiegò tenendo d’occhio il figlio, il quale era in fila che attendeva pazientemente il suo turno. –L’ora? Wow! E quanti sarebbero nell’arco di un mese?- chiese nuovamente stupendosi. Forse era veramente il caso di mettersi a lavorare, se Chichi sarebbe venuta a sapere di quanto guadagnasse l’amica sarebbero stati guai. –Basta che moltiplichi per il numero delle ore in un giorno e il risultato per i giorni in un mese.- gli rispose, poi si ricordò con chi stava parlando e gli lanciò un’occhiata. Goku se ne stava impalato a guardarlo come se gli avesse detto che veniva da Marte. –In un giorno ci sono 24 ma di queste ne lavoro solo 9, quindi 1.200.000 per  9 è uguale a 10.800.000 yen al giorno. Lo moltiplichi per  15, che sono i giorni lavorativi in un mese, e ottieni il guadagno di un mese di lavoro. 16.200.000 yen ogni mese.- gli spiegò pazientemente. Il Saiyan minore rimase a bocca aperta nel constatare l’intelligenza dell’altro, lui a mala pena sapeva fare una somma! Stava decisamente facendo la figura dell’idiota.
Di solito non era un tipo paziente, odiava aspettare, soprattutto se chi gli stava davanti era un completo idiota. Sbuffò quando il ragazzino davanti a lui impugnò il fucile a piombini al contrario, l’uomo dietro al banco glielo mise dritto per l’ennesima volta e gli spiegò, di nuovo, cosa dovesse fare per vincere qualcosa. Il ragazzino finalmente capì e sparò i tre colpi uno dietro l’altro, senza mirare con precisione. Colpì di striscio il bersaglio con uno dei piombini, mentre gli altri due andarono a colpire la tenda. Il ragazzino posò il fucile sconsolato e, con la faccia da cane bastonato, tornò dai genitori che lo attendevano poco più in là.
Trunks colse l’occasione e si avvicinò come un fulmine al bancone, posò le monete sul legno –Due, per favore.- disse. L’uomo gli diede i fucili carichi con tre colpi, li guardò un po’ stranito: Trunks e Goten arrivavano poco più su del bancone, si chiese come avrebbero fatto a sparare. –Per vincere il videogioco devo colpire tutti i bersagli perfettamente al centro, giusto?- chiese Trunks con l’espressione più innocente che gli appartenesse. L’uomo semplicemente annuire e si spostò.
Il Saiyan si rivolse allora all’amico. –Il gioco è uno e noi siamo due. Chi riesce a fare centro in tutti e tre se lo aggiudica. Ci stai?- disse all’amico appoggiandosi al fucile. Goten guardò l’amico con un sorriso e annuì. Impugnò il fucile come si deve e prese la mira, premette il grilletto e il primo colpo partì colpendo perfettamente al centro il bersaglio. –E uno è andato.- disse prendendo nuovamente la mira. Sparò e ancora una volta il piombino centrò il bersaglio. –Ehi, Trunks. Ho come la sensazione che quel gioco sarà mio.- disse convinto il ragazzino osservando l’altro con la coda dell’occhio. –Non cantare vittoria troppo presto, Goten.- gli rispose il più grande. Il sorriso di Goten scemò, lasciando spazio a un’espressione di fastidio. Gonfiò le guance, impugnò il fucile e sparò di nuovo, mancando clamorosamente il bersaglio. –No!- esclamò il bambino. Sentì l’amico ridacchiare divertito avvicinandosi al bancone e prendendo il suo posto. Goten gonfiò nuovamente le guance, deluso –Uffa.- disse sconsolato. Davanti ai suoi occhi si materializzò un modellino di un robot. –Tieni, premio di consolazione. Sei stato bravo.- gli disse l’uomo mentre gli porgeva il modellino. Goten lo prese sconsolato, osservandolo per bene.
Trunks impugnò il fucile, ma qualcosa attirò la sua attenzione: i due Saiyan maggiori si erano avvicinati alla bancarella e Vegeta teneva lo sguardo fisso sul figlio, il bambino lo vide incrociare le braccia nella sua solita posa, in attesa. Tornò a concentrarsi su quello che doveva fare, prese la mira e sparò. Il piombino colpì in pieno il centro, il bambino gongolò dentro di sé mirando nuovamente. –Due.- disse quando il “proiettile” centrò il secondo bersaglio. –Quel gioco è mio.- annunciò prima di premere il grilletto. Il piombino si conficcò esattamente al centro del terzo bersaglio. –Si!- esultò posando il fucile sul bancone. Quasi strappò il gioco dalle mani del commerciante quando glielo porse. Si allontanò quasi saltellando e tenendo stretto tra le mani il suo premio. –Papà, guarda! L’ho vinto!- disse mostrando il gioco al genitore, il quale accennò un sorriso e gli scompigliò i capelli.
A circa metà pomeriggio i due Son tornarono alla loro abitazione, mentre gli altri due continuarono a gironzolare per il centro.
-Papà, posso chiederti una cosa?- disse il bambino. Vegeta non rispose, continuando a guardare davanti a sé. Si erano addentrati in un grande parco e aveva deciso di riposarsi un po’, seduti sui rami di un albero secolare si godevano i primi albori della primavera.
Trunks osservò il padre con la coda dell’occhio poi tornò a guardare i suoi piedi penzolare nel vuoto. –Hai molti ricordi del tuo pianeta? Prima di Freezer intendo.- chiese il bambino voltandosi a guardare il genitore seduto con la schiena poggiata al tronco.
Vegeta aggrottò le sopracciglia a quella domanda, il figlio non gli aveva mai chiesto nulla sul suo passato. –Si.- rispose monosillabico continuando a fissare davanti a sé, sentiva lo sguardo del bambino su di sé ma non ci fece caso. –Ti andrebbe di raccontarmi qualcosa?- si sentì chiedere, si voltò di scatto verso il bambino. Trunks sosteneva il suo sguardo senza difficoltà, nonostante i suoi occhi azzurri esprimevano una curiosità senza precedenti. –Perché ti interessa?- gli chiese inarcando un sopracciglio. Trunks sbuffò alzando gli occhi al cielo, riportò lo sguardo sul genitore, piantando i proprio occhi azzurri in quelli neri del padre. –Perché sono pur sempre un Saiyan anche se per metà, voglio sapere qualcosa in più sul mio popolo. Le uniche cose che so sono quelle che ho sperimentato sulla mia pelle. La mamma mi ha detto che tu ne sei il principe, il principe di tutti i guerrieri Saiyan. Voglio sapere tutto ciò che c’è da sapere sul pianeta Vegeta-sei. – disse. Distolse lo sguardo dal genitore tornando a guardare i suoi piedi. –E magari anche qualcosa in più su di te, papà.- aggiunse poi, quasi sottovoce ma sapeva benissimo che lo aveva sentito.
Vegeta rimase piacevolmente colpito dalla temerarietà del figlio, il modo in cui aveva sostenuto il suo sguardo, il moto di orgoglio che lo invadeva quando parlava degli ormai quasi estinti Saiyan come il suo popolo, i suoi occhi azzurri trasmettevano una grande forza interiore ma anche una grande voglia di saperne di più su quei fantomatici guerrieri. –Trunks.- lo richiamò. –Trunks, guardami.- disse una seconda volta, ottenendo, stavolta, l’attenzione del ragazzino che si voltò e fissò negli occhi il genitore. Gli aveva ripetuto un sacco di volte che le persone si guardano in faccia quando gli si parla, gli aveva detto che solo i codardi abbassavano lo sguardo davanti a chi gli si para di fronte. E suo figlio era tutto tranne un codardo, fin da piccolo lo aveva spronato a guardarlo negli occhi e il bambino non aveva abbassato lo sguardo neanche una volta, neanche durante un rimprovero. Un buon motivo per andarne fiero. Anche in quella circostanza il suo sguardo non si abbassò neanche per un secondo. Tornò ad appoggiarsi comodamente al tronco dell’albero. –Cosa vuoi sapere?- gli chiese e gli occhi del bambino si illuminarono. Rimase a pensarci un po’ su –Ad esempio, come passavi le giornate da bambino, a parte gli allenamenti?- gli chiese di getto. –Mi divertivo a infastidire gli adulti presenti. Che fossero Saiyan o servitori di Freezer, inventavo sempre qualche modo per farli innervosire.- si fermò per accertarsi che Trunks lo stesse ascoltando. In effetti il bambino lo fissava in attesa, con l’intento di non perdersi una parola. –Mi sono inventato scherzi di ogni genere, a seconda dell’intelligenza dello sfigato con cui avevo a che fare.- continuò. –Ti hanno mai beccato?- si sentì chiedere all’improvviso. Vegeta ghignò –Una marea di volte, ma ero intoccabile in quanto figlio del Re. Erano loro a rimetterci se osavano andare a dire a mio padre che li avevo infastiditi in qualche modo.- disse ridacchiando. Ripensandoci si accorse che il figlio si comportava esattamente allo stesso modo, solo che lui veniva, nella maggior parte dei casi, ripreso dalla madre.
Trunks si fece raccontare tante altre cosa, che magari a qualcun altro potrebbero sembrare futili ma per un bambino come lui erano fondamentali per imparare a conoscere il padre. Ormai al tramonto decisero di scendere dall’albero e incamminarsi verso casa. Saltarono giù dal ramo atterrando in piedi, una volta tanto l’essere alieni giovava anche nelle cose più stupide. Lungo i tragitto Trunks chiese molte cose al padre, stavolta più riguardanti i Saiyan in generale e lui rispose di buon grado, non aveva mai pensato di essere così loquace con il figlio.
A ormai pochi isolati da casa nella mente di Trunks passò un pensiero, veloce come la luce ma altrettanto potente. Aprì la bocca per porre la domanda al padre ma la richiuse quasi subito, quella era una domanda troppo personale e forse troppo dolorosa. Vegeta si accorse dell’esitazione del figlio –Cosa?- gli chiese. Vide il ragazzino scuotere con forza la testa. –Niente.- rispose dopo un attimo di esitazione. –Trunks, ti ho detto che potevi chiedermi qualsiasi cosa.- cercò di spronarlo. Trunks esitò ancora un attimo poi sospirò e prese coraggio –Com’è stato… com’è stato vivere al servizio di Freezer? Era così tanto diverso dalla tua vita a Palazzo con i tuoi genitori? Ricordi anche com’è stato il primo incontro con la lucertola?- inghiottì a vuoto, si sentiva la bocca secca. Vide il genitore irrigidirsi leggermente a quella domanda, lo vide aprire la bocca e poi richiuderla.
Lo sentì ridere amaramente –Si, Trunks ricordo il primo incontro con Freezer. Ricordo ogni singolo instante passato al suo servizio. Com’era? Un inferno, figliolo. Anzi molto probabilmente l’inferno sarebbe stato molto meglio rispetto a vivere al suo servizio. All’inizio ero trattato per ciò che ero, un principe. Ma con il passare del tempo Freezer si rese conto della mia forza e decise di togliermi ad uno ad uno ogni privilegio che mi aveva concesso. Ogni volta che provavo a rispondergli per le rime venivo punito, e non ti sto qui a spiegare come. Ti dico solo che non riuscivo a muovermi per i successivi tre giorni. Ricordo che mi ha adocchiato quando, a poco più di quattro anni, mio padre mi portò al suo cospetto per presentarmi come suo diretto successore.- rise nuovamente nello stesso modo di prima. Trunks cominciò a pentirsi di aver chiesto una cosa del genere, maledetta la sua immensa curiosità. –Ironia della sorte, due anni dopo il pianete Vegeta-sei non esisteva più. Fui quasi costretto a farmi assoldare da Freezer, avevo sei anni non potevo di certo vagare in eterno per i pianeti da solo.- continuò. –Come reagisti quando ti fu detto che il tuo pianeta era stato distrutto?- chiese curioso il piccolo Saiyan. Era strano per lui vedere il padre in quello stato, era sempre composto ma c’era qualcosa nei suoi occhi che faceva comprendere, a chi li sapeva leggere, che quei ricordi gli facevano male. –Come reagii? Me ne fregai, totalmente. Non mi importava realmente di quel posto, di nessuno di loro. L’unica di cui forse mi importava..- si interruppe aggrottando le sopracciglia, forse quello era un dettaglio da non rivelare al figlio ma quando si voltò ad osservarlo si accorse che il bambino pendeva dalle sue labbra. Sospirò e guardò il cielo che si colorava di rosso, arancione e rosa. –L’unica persona di cui m’importava veramente era mia madre, però lei fu uccisa davanti ai miei occhi da mio padre, quando avevo quattro anni.- sentì il figlio al proprio fianco sussultare, forse era stato troppo cruento. –Non ci credo. Come può un uomo uccidere la persona che ama?- chiese il bambino aggrottando le sopracciglia. Vegeta scoppiò a ridere a quelle parole. –Amore? Allora non hai capito nulla di ciò che ti ho detto sulla mia razza.- si piegò sulle ginocchia per poter guardare il bambino direttamente negli occhi. –Per i Saiyan la parola “amore” non esiste, c’è solo la necessità di mandare avanti la specie, nient’altro. Combattere. Solo questo, non c’era posto per l’affetto in quel posto. Forse qualcosa di molto simile c’era, la parola “akruz**” la ricordi?- Il bambino annuì –Indica un legame molto forte tra due persone, molto spesso due guerrieri della stessa squadra o, nei modi più estremi della parola, quello di una madre per i propri figli.- rispose continuando a fissare il genitore negli occhi. –Ecco quello è ciò di più simile all’affetto che potevi aspettarti da un Saiyan. Ma l’amore come lo intendiamo noi, non esisteva. Nel modo più assoluto.- Vide gli occhi del bambino scurirsi, brutto segno. Qualche pensiero mal sano gli stava attraversando la mente, forse troppo intelligente per la sua età. –Cosa c’è ancora?- gli disse con una punta di preoccupazione, quando lo sguardo del bambino si scurivano non presagivano nulla di buono. –Faresti mai del male alla mamma?- gli chiese in sussurro. Vegeta serrò la mascella in un moto di rabbia, dovette ricordarsi che davanti aveva il figlio di undici anni e non una persona qualsiasi. Inspirò ed espirò. –No, non farei mai del male a tua madre, nel modo più assoluto.- disse ma il bambino sembrò aspettarsi altro. –Trunks, io amo tua madre, mettitelo in testa. E anche se quella parola non esiste nella mia lingua d’origine è ciò che sento.- disse serio, come poteva mai passare per la testa del figlio che potesse fare una cosa del genere? Vide gli occhi del bambino tornare limpidi nonostante le sopracciglia aggrottate. Poi un sorriso si fece largo sulle sue labbra e tornò quello di sempre.
Vegeta non si accorse di aver trattenuto il fiato fin quando non espirò, di cosa aveva paura? Non se lo sapeva spiegare. Si alzò in piedi, scompigliò i capelli al bambino e tornò a camminare. –Papà, un’altra cosa.- disse Trunks cogliendo di sorpresa il genitore. Vegeta si voltò a guardarlo invitandolo a continuare. –La mamma mi ha detto che vi siete anche incrociati su Namek, è vero?- chiese candidamente facendo scoppiare il genitore in una risata sincera. Trunks non capì l’ilarità del genitore, perciò piegò la testa di lato confuso. –È vero. Ma è stato più uno “scontro”. Le incutevo  timore, quando mi ha visto arrivare insieme a Crili e a Gohan le è quasi preso un infarto.- ricordava alla perfezione del giorno, la faccia spaventata di Bulma era qualcosa che non aveva più rivisto. Ironia della sorte, la stessa donna che aveva minacciato su Namek lo aveva ospitato a casa sua poi se l’era sposata. –Avresti mai pensato di finire così? Nel senso, qualche anno fa ti ha mai sfiorato l’idea di poter avere una famiglia?- gli chiese il bambino come intuendo i suoi pensieri. –Stai scherzando? A quel tempo non sapevo neanche se ci sarei stato il giorno dopo, il futuro era l’ultimo dei miei pensieri.- gli rispose. Il bambino si rabbuiò, anche se non aveva senso dato che ora sapeva come il padre aveva trascorso gli anni prima di arrivare sulla Terra, ma faceva male lo stesso. Avvertì la mano del padre sulla propria testa, come a volergliela sollevare. –Ma dopotutto è meglio così, se non fossi stato trattato in quella maniera molto probabilmente non sarei ciò che sono ora. E di conseguenza né tu né tua sorella esistereste.- Trunks alzò la testa per guardare il genitore in faccia. Purtroppo aveva sempre la solita maschera di indifferenza, nonostante le sue parole tradissero le sue emozioni. Ma lui era contento lo stesso, gli stava dicendo che gli piaceva quella vita, avere una famiglia e vivere sulla Terra. –Lucertola?- disse Vegeta con una punta d’ilarità. Trunks sbuffò –È l’unico modo giusto per definirlo. A parte Lord Congelatore.- rispose. Il padre gli scompigliò i capelli prima di mettere le mani in tasca. Sorrise felice e si fiondò sulla porta di casa, aprendola con forza.
Trasalì quando avvertì la porta sbattere con forza, si rese conto di essersi addormentata mentre leggeva per l’ennesima volta quei fogli. Si strofinò gli occhi e accolse i due con un sorriso –Ciao, mamma!- la salutò il bambino dandole un bacio sulla guancia. –Ciao, tesoro. Com’è andata la giornata?- gli chiese. Trunks lanciò uno sguardo di intesa al padre. –Bene, guarda cos’ho vinto al tiro a segno.- disse con un sorriso mostrandole l’ultimo gioco uscito. Bulma guardò la confezione poi il figlio, di nuovo la confezione, incrociò le braccia al petto e guardò padre e figlio. –Ennesimo spargimento di sangue?- chiese. Trunks annuì sorridente. –Che tipo di arma usano stavolta, sentiamo.- disse la donna esasperata. –Nessuna, devi ucciderli a mani nude, o con ciò che trovi in giro.- disse il bambino candidamente come se stesse raccontando una fiaba. Bulma scosse la testa esasperata, il sangue Saiyan che scorreva nelle vene del figlio si faceva vivo sempre, in un modo o nell’altro. Trunks rise e corse su per le scale, ansioso di provare il nuovo video gioco sulla console in camera propria.
Vegeta si accomodò su una sedia a caso –Dove siete stati tutto il pomeriggio?- chiese la donna al marito sedutole di fronte. –Un po’ in giro.- disse semplicemente. Bulma si alzò e sistemò i fogli andandoli a posare sul tavolino davanti al divano. –Trunks è molto curioso.- disse all’improvviso. La donna si voltò a guardarlo –Lo so, è una caratteristica che ha preso da me.- rispose tornando a sistemare i fogli. Sussultò quando il marito l’abbracciò da dietro, girò la testa per guardarlo in faccia. –Ti diverti a farmi prendere i colpi?- gli disse mentre lui ridacchiava. Si girò tra le sue braccia incontrando gli occhi neri del marito. Non ci fu bisogno di altre parole, Bulma si alzò sulle punte lo baciò.
-Ma che scena romantica.- proruppe una voce femminile. I due si staccarono velocemente rivolgendo lo sguardo verso la nuova arrivata.
Evelyn se ne stava appoggiata alla parte di muro che sorreggeva l’arco, con braccia e gambe incrociate. Un sorriso strafottente stampato in faccia. –Siete proprio carini insieme lo sapete?- disse mentre Vegeta si allontanava di qualche passo dalla compagna, non gli piaceva che qualcuno lo vedesse in quello stato. –Siete proprio una bella coppia.- disse sorridendo. Bulma incrociò le braccia al petto. –Ma tu gli affari tuoi no?- chiese all’amica. –No.- le rispose l’altra con un sorriso a trentadue denti. 
L’azzurra alzò gli occhi al cielo mentre il marito le passava davanti mettendosi tra le due. Indicò la castana con una mano –Cosa ci fa lei qui?- chiese. Evelyn si accigliò ma non disse nulla. –L’ho chiamata io, rimane a cena da noi.- disse Bulma alzando le spalle. L’uomo si voltò verso di lei –Sempre in mezzo ai piedi, è?- le disse strafottente. Evelyn s’infiammò, sciolse braccia e gambe pronta a rispondere per le rime. –Tu..!- iniziò, per fortuna Bulma si mise in mezzo ai due, con le braccia aperte, come a voler mettere un muro. –Non litigate, non voglio spargimenti di sangue dentro casa mia.- disse, senza sapere realmente se si stesse riferendo al marito o all’amica. Scosse la testa rendendosi conto che erano due teste calde, ma andavano abbastanza d’accordo.


* non ho mai capito come funzionano gli Zeni così ho usato la moneta ufficiale del Giappone, lo yen.
**parola inventata da me, come già spiegato negli altri capitoli Vegeta ha inseganto a Trunks la sua lingua d'origine.




Angolo autrice:
Ciao gente! :D Sono tornata con il sedicesimo capitolo, contenti? (noooo nd voi) 
Siccome ho dedicato lo scorso capitolo alla piccola Bra, ho deciso che questo era dedicato al rapporto che intercorreva tra Vegeta e Trunks. Durante la saga di Majin Bu si percepisce molto chiaramente la venerazione che Trunks ha per il padre, tanto che dice a Goten che la madre gli ha detto che suo padre è il principe di tutti i Saiyan. Mi è piaciuta molto la scena dell'abbraccio in quella circostanza *si asciuga una lacrima* 
Ho cercato di farlo rimane abbastanza IC anche se io ho una visione un po' distorta del carattere di Trunks: lo vedo si, come un bambino spensierato ma anche molto simile al padre caratterialmente. 
Perchè far parlare Vegeta del proprio passato con suo figlio invece che con Bulma? Perchè mi andava(?). No veramente non lo so perchè xD Forse perchè Trunks è un bambino e quindi più insistente e innocente.(?) Non ne ho idea.
Sono già all'opera con il 17esimo capitolo :3 In questo periodo la mia voglia di scrivere non si arresta neanche un minuto! Spero di riuscire a pubblicarlo domani in serata :D
Lasciate una recensione con le vostre opinioni e chiedete se qualcosa non è molto chiaro :)
un bacio.

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Capitolo 17
*** Bitch and new life ***


La sede ufficiale della Capsule Corporation era un edificio intricato di corridoi, che si estendeva su una decina di piani. Alcune pareti erano state sostituite da enormi vetrate che davano su uno splendido panorama, qual era la Città dell’Ovest. Metteva soggezione solo a guardare da fuori la sua imponenza, calcolando, poi, che era una delle aziende con più potere del continente, chi la guardava si sentiva inaspettatamente piccolo.
Percorreva a passi svelti l’atrio del decimo piano dell’edificio, tirava dritto rispondendo a chi la salutava con cortesia. Superò varie postazioni di lavoro, dove gli impiegati chiacchieravano amabilmente mentre svolgevano la loro attività, neanche la sala relax  catturò la sua attenzione.
Si fermò davanti una scrivania, dietro di essa, seduta su una sedia girevole, c’era una giovane donna bionda che svolgeva il suo lavoro. Scattò in piedi quando riconobbe la direttrice. –Buongiorno Mrs. Prince, ha bisogno di qualcosa?- chiese sorridente. –Buongiorno Sakura, sai dov’è il direttore?- chiese senza mascherare la sua agitazione. La giovane donna inclinò la testa di lato, incuriosita. –Si, suo marito è stato richiesto per un colloquio di assunzione.- Bulma imprecò sottovoce –Hai visto chi fosse?- chiese ancora.
Sakura sembrò pensarci un attimo prima di rispondere. –Era una donna sulla trentina, alta, mora e occhi verdi. Ha chiesto espressamente di Mr.Prince, con particolare interesse.- si accigliò constatando l’ultima affermazione, forse quella donna si era mostrata fin troppo interessata. Vide la direttrice accigliarsi e serrare la mascella, sembrava parecchio infastidita e contrariata dalla situazione. –Un’ultima cosa, Sakura, sai per caso dove sono?- le chiese l’azzurra. Sakura si chinò sulla scrivania e cercò qualcosa tra la marea di fogli sparsi sulla superficie. Quando trovò ciò che cercava gli diede  una letta veloce, poi lo porse alla donna che le stava davanti, anch’ella gli diede una letta veloce. –È il curriculum dell’arpia. Stanza 206, l’ufficio del direttore. – Bulma ringraziò la donna e riprese a camminare, in pochi secondi fu davanti la porta con su inciso il nome del suo uomo.
Si stava decisamente annoiando, quello non era compito suo, di solito se ne occupava Bulma o incaricava qualcun altro di farlo. Seduto dietro la lunga scrivania nera, ascoltava distrattamente la donna seduta di fronte a lui, vaneggiava sulle sue esperienze lavorative. Anche se sembrava più interessata a lui, come persona, che al lavoro per il quale stava facendo il colloquio: non aveva fatto altro che cercare di attirare il suo sguardo su di sé. Aveva sbottonato la camicia, con la scusa di non sopportare il caldo, cercando di mettere in mostra il seno prosperoso. Aveva, poi, accavallato le gambe e più volte si era mossa sulla sedia in modo provocante. Vegeta si limitò ad alzare impercettibilmente un sopracciglio ogni volta che quella donna cercava di sedurlo, ma a lui non poteva importare di meno.
Le fece l’ennesima domanda di routine, aveva un foglio su cui vi erano stampate alcuni argomenti da trattare, quando un leggero bussare attirò la sua attenzione.
Rimase in silenzio, fissando la porta in attesa. Sapeva benissimo chi sostava dietro la porta chiusa, conosceva la sua debole aura, il rumore dei suoi passi e anche il profumo, riusciva a percepirlo anche a quella distanza. La porta si aprì e la figura della donna apparve in tutto il suo splendore, vestita con un’elegante tailleur e un paio di ballerine.
Anche la donna seduta dall’altra parte della scrivania si voltò per osservare la nuova arrivata, i suoi occhi si spalancarono riconoscendola. –Brief? Bulma Brief?- le chiese scioccata. Bulma guardò la donna con freddezza, sorrise cordiale –Marta Stuart. Che piacere rivederti.- le disse falsamente. Entrò nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle, si appoggiò con la schiena alla scrivania con naturalezza sotto lo sguardo stupito dell’ex compagna di liceo. –Cosa ci fai qui?- le chiese l’altra sorridendo. L’azzurra fece scioccare la lingua sul palato. –Si da il caso che quest’azienda, appartenga a me. Il mio nome è su tutti i giornali, dove sei stata in tutti questi anni per non saperlo?- le sorrise provocatoria mentre l’altra ammutoliva, stringendo le mani in grembo.
Bulma fece il giro della scrivania andandosi a sedere accanto al marito, sotto lo sguardo attento di Marta, prese i fogli posti sulla scrivania avvertendo addosso lo sguardo penetrante del marito. –Ho saputo che qualcuno era qui per il posto vacante,  volevo capire chi fosse. Prego, continua pure a esporre le tue capacità al direttore, fai come se non ci fossi.- accavallò le gambe tornando a leggere il curriculum della donna.
Marta serrò le labbra, poi tornò a distenderle in un sorriso luminoso e ricominciò a parlare, nei suoi occhi una scintilla di sfida.
Nei primi minuti aveva blaterato qualcosa a proposito del fatto che era stata un’importante dipendente della S.S. Enterprise, una delle maggiori rivali della Capsule Corporation, di aver partecipato a vari concorsi e corsi d’aggiornamento e altri esperienze lavorative di cui non le poteva importare di meno. Notò che il direttore aveva distolto l’attenzione da lei, per portarla sulla collega seduta al suo fianco, la cosa la faceva infuriare.
-Mr. Prince la vedo distratto, non le interessa ciò che sto dicendo?- disse con voce sensuale, attirò l’attenzione dell’uomo che le lanciò uno sguardo fugace ma assente. –Non è compito mio assumere i dipendenti.- le rispose voltando la sedia nella sua direzione.
La donna ne approfittò e passò la lingua sulle labbra, provocatoria, incrociò le braccia sotto il seno e accavallò le gambe. –Mi dispiace rubarle del tempo prezioso, ma se mi prestasse più attenzione finirei più in fretta.- inclinò la testa lateralmente, in modo che i lunghi capelli scuri lasciassero scoperto il collo abbronzato. Sorrise lasciva.
Vegeta serrò la mascella ma rimase in silenzio, era un invito a continuare. Lei sorrise e continuò il suo gioco di seduzione piegandosi leggermente in avanti, quel che bastava affinché la scollatura fosse evidente. Le sue lusinghe all’uomo divennero, però, troppo evidenti attirando l’attenzione di Bulma che sbatté i fogli sulla scrivania facendo sobbalzare la donna, che si voltò a guardarla. –Cosa mi dice della sua esperienza alla S.S.?- chiese l’azzurra posando una mano sulla gamba dell’uomo seduto al suo fianco. Lo sentì sussultare un poco, stupito da quel gesto così semplice eppure così intimo. Lei non si era mai azzardata a toccarlo in quella maniera in ufficio, non si erano mai scambiati neanche un bacio all’interno dell’edificio aziendale, tutto perché lei voleva mantenere un certo contegno di fronte ai colleghi. La lasciò fare, quel contatto piaceva anche a lui.
Bulma accarezzò leggermente la coscia del marito, in un gesto possessivo. Avrebbe preferito stringere la sua mano ma si doveva accontentare. Sapeva bene che l’altra vedeva tutto da sotto la scrivania, l’aveva fatto apposta, poteva essere considerato un gesto per “marcare il territorio”. Fu contenta quando notò la faccia sbalordita della donna, Marta era immobile con gli occhi smeraldo che la fissavano. Non aveva ancora risposto alla sua domanda. -Qualche problema Miss Stuart?- chiese l’azzurra. La donna si riscosse dallo stato di trance –No, nessun problema.- rispose posando i suoi occhi verde smeraldo in quelli blu mare di Bulma. –Allora la pregherei di rispondere alla mia domanda.- le disse sorridente, un sorriso che non coinvolgeva gli occhi. Palesemente falso.
Marta sbatté un paio di volte le palpebre poi si decise a rispondere alla domanda della donna, non distogliendo mai lo sguardo da lei.
Le fece altre tre o quattro domande, giusto per cortesia. Si sentì stringere leggermente la gamba dalla mano della donna così si voltò a guardarla, incontrando due paia di occhi cristallini. –Vorrei parlare con Miss. Stuart, ti dispiacerebbe lasciarci sole un paio di minuti?- gli chiese sorridendo. Vegeta fu tentato di protestare, aprì la bocca ma poi saggiamente la richiuse, aveva notato che tra quelle due c’era una sfida in corso. E il premio, a quanto pare, era proprio lui. Annuì e si alzò, percorse in pochi passi la stanza senza degnare l’altra di uno sguardo, uscì e si chiuse la porta alle spalle.
-È un bell’uomo non è vero?- chiese Bulma all’altra che era rimasta ad osservare il marito che spariva oltre la porta. Marta si voltò di scatto e guardò Bulma negli occhi, inclinò la testa civettuola –Non so di cosa sta parlando, Miss. Brief.- fece falsa. –Smettila con questa scenata, Marta. Credi che non ti abbia visto mentre lo mangiavi con gli occhi?- disse l’azzurra alzandosi dalla sedia, fece il giro della scrivania e tornò ad appoggiarsi ad essa con le mani attaccate ai bordi. –Hai provato a sedurlo, per ottenere il posto più alto in graduatoria. Ma ti è andata male.- le disse. Vide Marta accigliarsi indispettita –Non metterti in mezzo, Brief! Solo perché piace anche a te non significa tu abbia il diritto di mettermi i bastoni tra le ruote.- incrociò le braccia al petto e sorrise maligna. –Credi che non ti abbia vista? Hai poggiato una tua mano sulla sua gamba, lui non ha fatto un fiato. Cos’è, c’è già stato qualcosa?- disse velenosa.
Bulma rimase impassibile, chiuse gli occhi e quando li riaprì erano due cubetti di ghiaccio, freddi ed inespressivi, dietro ai quali si celava un fuoco. –Mrs. Prince.- disse solamente. –Come scusa?- la riprese la mora, non capendo. –Non Miss. Brief ma Mrs. Prince. Vegeta, Mr. Prince, il direttore di questa azienda, è mio marito.- disse mostrandole il cerchietto dorato all’anulare. Marta spalancò gli occhi incredula, ammutolì dando modo all’azzurra di continuare. –C’è già stato qualcosa, c’è ancora e sempre ci sarà. L’uomo che tu hai tentato di sedurre è mio marito, Marta. Per questo ho potuto toccarlo senza che lui fiatasse.- continuò guardando la donna davanti a lei negli occhi.
La Stuart si accigliò, come poteva quella stronza essere la moglie di quel Dio greco!? Un sorriso malizioso le si aprì sul volto. –Dovresti sapere che anche un uomo sposato, la maggior parte delle volte, non è fedele alla propria compagna di vita. Quindi ho ancora la possibilità di sedurlo e portarmelo a letto.- disse aprendo le braccia in modo teatrale.
Bulma scoppiò a ridere, sinceramente divertita da quell’affermazione, suo marito aveva avuto tanti problemi ad ammettere di aver bisogno di lei, come potrebbe buttarsi tra le braccia di un’altra donna? Tornò composta mentre l’ombra di un sorriso ancora aleggiava sulle sue labbra. –Mi dispiace, Marta, ma hai scelto l’uomo sbagliato. Mio marito è un tipo monogamo, se sceglie una compagna la mantiene per tutta la vita, ed è anche molto complicato. Sono più che certa che neanche se ti spogliassi davanti a lui farebbe una piega, puoi essere bella quanto vuoi ma se non sai come tenergli testa..- lasciò la frase in sospeso scrollando le spalle. Vegeta cercava la sfida anche in un rapporto, voleva una persona che gli sapesse tenere testa, che riuscisse ad affrontarlo senza mai abbassare lo sguardo e l’unica che era in grado di farlo era lei.
Fece un passo nella sua direzione –Non basta un bel visino per portarti mio marito a letto, Stuart.- disse tagliente sottovoce. L’altra ammutolì, nuovamente, si alzò di scatto indispettita e la fronteggiò. –Nessun uomo è mai riuscito a sfuggirmi, anche il più freddo e calcolato alla fine cede.- sibilò in direzione dell’azzurra. Sollevò il mento di scatto come a sembrare più autoritaria, ma quel comportamento la rendeva solo più infantile. –Che fai, punti i piedini? Non hai ottenuto il tuo giocattolo nuovo e ora fai i capricci?- le disse sarcastica, la vide diventare rossa di rabbia. –Tu, non sei altro che una stronza invidiosa! Io posso avere tutto ciò che desidero: che sia un uomo o un vestito, mettitelo in testa.- esclamò rabbiosa mentre Bulma rimaneva impassibile. –Invidiosa? E di cosa? Ho successo e mio marito è uno schianto.- disse semplicemente, accentuando l’ira dell’altra. Marta le si avvicinò, percorrendo con due falcate i pochi metri che le separavano. –Non alzare la cresta solo perché ti scopi un tipo del genere. Ne ho avuti di meglio, io.- disse facendo con la testa un cenno verso la porta chiusa. Bulma tornò a sedersi dietro la scrivania. –Ma come siamo volgari. Non lo sai che una donna di classe si nota anche dal suo modo di parlare? Il fatto che nel tuo letto siano passati tanti uomini diversi, non fa di te una grande. - le disse dandole le spalle, si era girata per guardare dall’immensa vetrata. –Mi stai dando della puttana?- la voce della mora si alzò di qualche ottava mentre sbatteva le mani sulla scrivania. –Non ho mai detto questo.- disse volando la sedia. Le gambe accavallate e le braccia incrociate le davano un’aria professionale. –Sto solo dicendo che dovresti evitare di vantarti di certe cose, davanti a qualcuno che non ti conosce. Potrebbe considerarti una ragazza facile, che poi è ciò che sei.- La mora s’infiammò, la fulminò con lo sguardo. –Tu..!- Improvvisamente le parole non le venivano più, era furiosa e voleva risponderle per le rime o almeno riempirla d’insulti ma tutto d’un tratto la sua mente era vuota. Solo un ringhio infastidito uscì dalla sua bocca prima che si girasse e se ne andasse. Quasi travolse Vegeta che si era avvicinato per rientrare, aveva sentito l’aura dell’altra alzarsi mentre la sua donna era rimasta tranquilla. Osservò la mora andare via furibonda prima di entrare nel proprio ufficio. –Ciao, Vegeta. Mi chiedevo dove fossi finito.- disse lei sorridente. L’uomo si voltò a guardarla silenzioso come sempre mentre lei riordinava i fogli sulla scrivania e stracciava il curriculum di Marta. Moriva dalla curiosità di sapere cosa avevano combinato quelle due in sua assenza.
Bulma si voltò avertendo lo sguardo insistente del compagno sulla propria schiena. La stava scrutando intensamente, i suoi occhi scuri indugiavano sulle sue labbra prima di piantarsi nei propri. Vi lesse un’inaspettata curiosità, non era il tipo che si faceva gli affari altrui ma in quel momento sembrò alla ricerca di informazioni. –Che c’è?- gli chiese incuriosita dal suo sguardo. Lo vide scuotere la testa ad occhi chiusi ed infilare le mani in tasca, quando li riaprì brillavano di una luce intensa sembrava divertito. –Poi sono io quello che marca il territorio.- la prese in giro facendola sussultare. –Non stavo marcando il territorio, stavo difendendo ciò che è mio.- gli rispose tranquilla. –Sei gelosa?- Bulma sussultò nuovamente, sapeva come prenderla alla sprovvista. –Non dire stupidagini. Non ho alcuna ragione per esserlo.- disse scuotendo leggermente la testa. Lui la guardò incuriosito. –Per quale motivo?- le chiese. L’azzurra gli si avvicinò velocemente fino ad arrivargli ad un palmo dal naso, sotto il suo sguardo.  Lo guardava con un sorriso luminoso, gli posò le mani sul petto scolpito coperto dalla camicia bianca. –Perché nessuno sarà mai alla tua altezza, come lo posso essere io.- gli rispose semplicemente. –E cosa ti dice che tu lo sia?- le chiese piatto, anche se non l’avrebbe mai ammesso lei era veramente l’unica ad essere degna di condividere la vita con lui.
Lei gli sorrise inclinando la testa di lato. –Questo.- disse sfiorandosi la spalla destra, dove lui aveva lasciato il suo marchio, un morso, anni fa. –E il fatto che tu sia ancora qui.- continuò trascinandolo giù dalle sue fantasie. Notò che i suoi occhi si erano illuminati, era felicemente stupito nel sapere che lei valutava quelle piccole cose come certezze assolute. Senza pensare a dove fossero in quel momento, si alzò sulle punte e lo baciò delicatamente, lo sentì irrigidirsi prima di lasciarsi andare. Sempre con le mani in tasca, l’unico contatto tra loro, a parte le labbra unite, erano le mani di lei sul suo petto. Sapeva che non aveva motivo di essere gelosa, lui voleva e amava solamente lei.
***

Per quanto utile fosse, per lui la scuola era solo una noia mortale. Seduto a uno degli ultimi banchi, si dondolava sulla sedia annoiato mentre il professore di matematica spiegava qualcosa sull’algebra. Sbuffò portando la propria attenzione alla finestra, ma anche lì il paesaggio era monotono. Quanto avrebbe voluto poter volare via da quel posto, letteralmente.
-Prince!- lo richiamò l’insegnante attirando la sua attenzione. –Perché non lo risolvi tu questo problema?- gli disse porgendogli il gesso. Trunks fu tentato di rifiutarsi e rispondere che a lui, quelle cose, non potevano interessare di meno. Si ricordò di essere a scuola e che, per quanto non lo sopportasse, doveva portare rispetto agli insegnanti e fare ciò che dicevano. Così si alzò dal banco e si avvicinò all’insegnante, prese il gesso fissando la lavagna qualche secondo. Sorrise constatando la facilità del problema. Scrisse velocemente la soluzione sotto lo sguardo attento dell’intera classe. Quando si scansò per mostrare la soluzione all’insegnante, egli gli sorrise –Ottimo lavoro, Prince.- gli disse riprendendo il gesso. –Vai pure a posto.- Il ragazzino non se lo fece ripetere due volte.
Dopo due ore di matematica e una di letteratura, aveva bisogno di sgranchirsi un po’ i muscoli. Di solito si sarebbe limitato a fare un giro, ma quel giorno la professoressa di educazione fisica era tornata dopo un congedo di un mese per malattia, aveva la possibilità di divertirsi un po’.
La palestra era molto grande e ben curata, gli spogliatoi maschili e femminili erano in ottime condizioni per una scuola media pubblica. Quasi lanciò lo zaino sulla panchina dove altri suoi compagni si stavano cambiando. –Ehi, Prince, oggi ci farai vedere le tue abilità?- gli chiese un ragazzino biondo mentre si allacciava una scarpa. Trunks lo guardò perplesso sfilandosi la maglia, ogni volta che metteva in mostra il torace nudo di fronte ai coetanei, loro rimanevano basiti dalla sua robustezza. I muscoli casellati, le spalle larghe e la vita stretta, tutto proporzionato a un ragazzino di undici anni. –Mi spieghi come fai ad avere quei muscoli? Io che faccio nuoto da tre anni non li ho mai ottenuti.- gli chiese un ragazzino castano, guardandolo con invidia. Trunks alzò le spalle, ogni volta glielo chiedevano e lui rispondeva meccanicamente –Mi alleno tutti i giorni.- Infilò la canotta che usava per educazione fisica ed entrò in palestra.
Nonostante dovesse trattenersi un bel po’, gli piaceva fare attività fisica a scuola. La palestra era anche ben attrezzata, quindi l’insegnante aveva modo di trovare metodi nuovi per farli muovere. Lui riusciva a fare senza fatica ogni esercizio che gli proponessero, più volte, sotto richiesta dei compagni, si era esibito in salti all’indietro, capovolte e altri esercizi ginnici che per loro erano complicati. Essere per metà alieno in quella situazione era un punto in più.
La giornata scolastica si trascinò piuttosto lentamente, solo la ricreazione sembrò riportare un po’ di vita in quell’edificio.

***

Camminava sfogliando alcuni documenti, il marito accanto a lei seguiva i suoi movimenti. Ogni tanto si passava una mano tra i capelli, esasperata; odiava tutte quelle scartoffie tanto quanto lui. Purtroppo anche quelle facevano parte del loro lavoro, volenti o nolenti avrebbero dovuto dargli almeno un’occhiata.
Sbuffò smettendo di leggere –Che palle, possibile che la gente non è in grado di mettere due parole insieme? Non si capisce un’acca di ciò che c’è scritto qua sopra!- esclamò lasciando cadere il braccio lungo il fianco. –Perché la maggior parte delle persone pensa che la grammatica sia superficiale.- si sentì rispondere dall’uomo al suo fianco, aveva la solita espressione impassibile. La donna ci rifletté un attimo su, per poi rendersi conto che il marito aveva più che ragione. Alzò le spalle e si avvicinò alla macchinetta dell’area relax.
Vegeta arrestò il passo all’improvviso, sul suo viso l’ombra di un’espressione mista tra il sorpreso e il confuso. –Perché ti sei fermato?- gli chiese Bulma scrutando la sua espressione. Seguì il suo sguardo: due donne si stavano avvicinando a loro, chiacchierando amabilmente. Non le riconobbe perciò appurò che fossero di un’altra azienda, venute lì per qualche motivo a lei sconosciuto. Una delle due era bionda con due enormi occhi nocciola, camminava all’indietro rivolgendosi all’amica dietro di lei, perciò non riuscì subito a scorgere la seconda donna, la sua voce però le sembrò familiare. La bionda, finalmente, si spostò dandole modo di vedere la sua collega. A quel punto spalancò gli occhi, incredula.
L’altra si accorse di Bulma e arrestò il passo, fissando l’altra incredula. –Tu?- dissero in coro le due. Sembrava di guardarsi allo specchio, con un paio d’anni di differenza. La donna che stava scrutando non era altri che l’ex fiamma di Crili, Marion. La sua fotocopia.
Bulma fissò Marion incredula, cosa diavolo ci faceva quella smorfiosa lì!? La vide spostare una ciocca dei lunghi capelli dal singolare colore, azzurri esattamente come i suoi. –Ti conosco, ma non ricordo dove ti ho visto.- disse Marion inclinando la testa di lato. Bulma incrociò le braccia al petto e la fissò torva. –Isola del Genio, tu eri fidanza con il mio amico, Crili. È successo parecchi anni fa, prima dei Cyborg.- le spiegò cercando di non alterarsi, quella donna le faceva ribrezzo, era la sua brutta copia! La vide pensarci un po’ su, fissando il soffitto. –Certo! Ora ricordo, tu e la madre del bambino vi siete messe a litigare! Bulma, giusto?- disse con un sorriso, quasi fossero amiche di vecchia data. L’azzurra, quella originale, annuì semplicemente sciogliendo le braccia. Non sapeva che provare nei confronti di quella ragazza che, anni prima, ci aveva provato con il suo ragazzo, il quale si era lasciato incantare dalla freschezza della sua copia.
Vegeta osservava le due incredulo, erano identiche. Se non conoscesse la moglie avrebbe potuto dire che fossero sorelle, gemelle addirittura. Però, c’era qualcosa nel suo istinto che gli suggeriva che l’altra era palesemente falsa. –Che ci fai qui, Marion?- chiese Bulma all’altra che, nel frattempo, aveva spostato lo sguardo sull’uomo al suo fianco. –Sono qui per conto dell’azienda per cui lavoro, la HairStyle. – rispose senza staccare gli occhi dall’uomo. Quando Vegeta posò lo sguardo su di lei, Marion si aprì in un sorriso sensuale e timido cercando di scrutare i pozzi d’ossidiana che il Saiyan aveva al posto delle iridi.
Il principe, dal canto suo, non ci fece neanche caso, se Marion voleva provarci con lui non era affar suo, aveva già una donna e non l’avrebbe di certo cambiata con la sua brutta copia. Distolse lo sguardo e lo posò su Bulma, la quale aveva ben compreso le intenzioni dell’altra. Sembrava volerla disintegrare con lo sguardo, ma manteneva un contegno degno di nota. Poi la vide aprirsi in un sorriso falso, provocatorio mentre lo indicava. –Forse è meglio fare le presentazioni. Vegeta, lei è Marion, una vecchia fiamma di Crili ci siamo conosciute anni fa, quando lui venne a presentarcela.- disse la donna rivolta al compagno, il quale si chiedeva il perché di quella messa in scena, a lui non importava assolutamente nulla di quella sciacquetta. –Marion, lui è il mio collaboratore nella direzione di questa azienda, non che mio marito e padre dei miei figli, Vegeta.- il diretto interessato fece una smorfia nel sentire quelle parole, non capiva il motivo per il quale aveva dovuto specificare. Si voltò a guardare Bulma, la quale aveva un sorriso di scherno stampato in faccia, stava specificando appositamente il loro legame dato che l’altra ci stava provando senza troppi fronzoli.
Marion dischiuse le labbra in un moto di sorpresa, non si era accorta di cosa trascorresse tra i due. –Marion, dobbiamo andare.- la riscosse la collega. Marion annuì e fece per andarsene, poi qualcosa le tornò in mente. –Oh, Bulma? Il ragazzo con cui stavi allora si chiama Yamcha?- chiese all’azzurra. La vide inclinare la testa lateralmente, confusa. –Si.- le rispose piatta. La ragazza si aprì in un sorriso –Allora è vero ciò che mi diceva. Sai ora è il mio fidanzato.- disse tranquilla, voleva provocarla facendole sapere che il ragazzo aveva preferito lei.
Bulma non fece una piega, la cosa non le faceva né caldo né freddo. –La cosa dovrebbe interessarmi?- chiese in un modo tipico del compagno. Vide il sorriso dell’altra scemare mentre la collega la richiamava per l’ennesima volta, alla fine se ne andò correndo dietro la bionda che si era già allontanata.

***


-Che sfacciata.- disse Evelyn sorseggiando il suo thè freddo. Appena uscita dall’ufficio si era precipitata a casa dell’amica, si annoiava terribilmente e voleva recuperare il tempo perduto. Da quando si era trasferita in Giappone sembrava aver messo radici nella grande casa tondeggiante tante erano le volte che vi andava, sia da sola che in compagnia della sua famiglia.
Bulma annuì leggermente, le stava raccontando del “colloquio” di Marta Stuart, facendole presente che aveva sfacciatamente provato a sedurre Vegeta, il quale era più sembrato scocciato che altro. Addentò la mela che teneva tra le mani –È sempre stata una troia ma addirittura con un uomo sposato, mi sembra troppo anche per lei.- continuò la castana mentre l’azzurra addentò nuovamente la mela. –E non è finita qui, oltre a Miss. Mi-Sono-Passata-Tutti-Gli-Uomini-Presenti-Sul-Pianeta ho rivisto una vecchia conoscenza- disse dopo aver ingoiato il boccone, vide l’amica sedutale di fronte inarcare un sopracciglio incuriosita mentre sorseggiava la bevanda tiepida. –Ti ho parlato di Marion, vero?- chiese mentre mordeva nuovamente il frutto rosso. –La tipa uguale a te che hai conosciuto prima dei Cyborg?- chiese conferma l’altra. Bulma annuì mentre masticava, mandò giù il boccone e continuò –Esatto, l’ho incrociata nell’area relax in ufficio. Era in azienda per conto della HairStyle, un’azienda di parrucchieri.- disse anticipando l’amica, voltò la mela e diede un morso alla parte ancora integra. –Non mi dire che anche lei ci ha provato.- disse l’altra poggiando la tazza, vuota, sul tavolo. Bulma annuì addentando nuovamente la mela –E lui?- disse riferendosi al Saiyan. –L’ha ignorata.- disse semplicemente. Uno spostamento d’aria la costrinse a voltarsi alla sua sinistra, incontrando un volto sorridente. –Ehilà!- salutò il nuovo arrivato. –Goku!- esclamò Bulma andando ad abbracciare il migliore amico, un contatto breve, si staccò subito. –Che ci fai qui? Hai bisogno di qualcosa?- chiese l’azzurra con ancora il frutto in mano. L’eroe della Terra scosse la testa sorridente. –Sono venuto per farvi un saluto e per riportare a casa Goten.- disse con un sorrisone, poi scorse dietro l’amica Evelyn che lo guardava incuriosita. Bulma se ne accorse e si apprestò a fare le presentazioni. –Goku, ti presento la mia migliore amica, Evelyn. È come una sorella per me, la conosco dal liceo ma ci siamo perse di vista.- disse al ragazzone in piedi accanto a lei. –Evelyn, lui è l’uomo che ha salvato innumerevoli volte questo pianeta non che il mio migliore amico, Son Goku. Ti ho parlato di lui, ricordi?- si rivolse all’amica che si aprì in un sorriso sincero. La vide alzarsi e porgere la mano a Goku, il quale la strinse con piacere. –Ora so chi devo ringraziare per essere ancora qui e non all’altro mondo.- scherzò la castana sotto lo sguardo perplesso del Saiyan. –Le ho raccontato tutto, dopotutto lei mi consce meglio di chiunque altro.- spiegò Bulma tornando a mangiare la mela.
Goku si esibì in un sorriso luminoso come quello di un bambino. –Allora benvenuta nel nostro mondo.- le disse. Poi si rivolse a Bulma. –Dove sono tutti?- chiese riferendosi ai due mezzo sangue.
Bulma diede l’ultimo morso alla mela, gettò il torso nel cestino e poi fece cenno a Goku di seguirla. –Nella stanza gravitazionale, insieme a Vegeta. Una sorta di allenamento.- disse iniziando a camminare. –Evelyn vieni anche tu?- chiese alla castana che non esitò ad alzarsi dalla sedia ed affiancare gli altri due. –Ovviamente! Sono proprio curiosa di vedere questa tua grande invenzione.- le disse stiracchiandosi.
Bulma rise imboccando il lungo corridoio, sentiva che gli altri due si erano messi a chiacchierare amabilmente era sicura sarebbero andati d’accordo. Beh, Goku era il classico bambinone lui andava d’accordo persino con Vegeta. In poco tempo arrivarono davanti la pesante porta d’acciaio della camera gravitazionale, era strana messa a confronto con quelle leggere di legno delle altre stanze. Si voltò a guardare Evelyn indicandole lo schermo touch posto di fianco la porta. –Per sicurezza, è stato inserito un pannello collegato all’intera struttura. Inserendo un codice e l’impronta della mano la gravità all’interno si azzera automaticamente, facendola tornare a un livello normale.- disse inserendo il codice sul tastierino virtuale. –Il codice lo conosciamo solo io, Vegeta e mio padre. Le impronte inserite nel computer sono le medesime.- disse appoggiando la propria mano sullo schermo. Apparve una scritta con scritto “Accesso Abilitato” e la pesante porta d’acciaio cominciò ad aprirsi. –E la porta si apre.- concluse fieramente.
Evelyn era più che mai trepidante di vedere la famosa stanza costruita da quel genio che era la sua amica. Non appena la pesante porta si aprì, si avvicinò alla donna per poter guardare meglio l’interno: la stanza era fatta interamente di metallo, al centro vi era una colonna con un pannello di controllo che fungeva da computer per l’intera stanza. Era molto più grande di qualsiasi altra stanza della casa, capì che il materiale di cui era fatta non era semplice metallo ma una lega molto resistente. All’interno vi erano i tre Saiyan che guardavano i nuovi arrivati con una punta di fastidio, erano stati interrotti. Notò che però solamente i due bambini avevano il fiatone, mentre l’unico adulto presenta era rimasto appoggiato alla parete.

***

-Perché non Trunks?- chiese all’improvviso la castana mentre percorreva assieme all’amica il tragitto nel verso inverso. Bulma si voltò a guardarla. –Cosa, non Trunks? – le chiese di rimando non capendo. –Il codice. Perché tuo figlio non lo conosce? Anche lui usa quella stanza, perché la sua impronta non è registrata?- specificò la castana. –Perché Vegeta non vuole che entri al suo interno senza lui presente. Per quanto possa essere “indistruttibile” è sempre pericoloso per un bambino entrare da solo.- le rispose Bulma tranquillamente. Evelyn la guardò un po’ stranita, il bambino era praticamente un pericolo per l’intero pianeta e loro si preoccupavano per la sua incolumità all’interno di un camera gravitazionale? Scosse la testa per cacciare via quel pensiero.
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-Dov’è la tua tuta?- chiese Goku al suo avversario tirandogli un pugno. Vegeta sembrò sorprendersi un po’ ma bloccò comunque l’attacco dell’altro. –Cosa stai blaterando?- gli rispose tirandogli un calcio, Goku lo evitò e  partì nuovamente con un pugno. –La tua battle suite, la divisa di cui andavi tanto orgoglioso, che fine ha fatto?- specificò l’altro bloccando il colpo dell’amico. Vegeta lo guardò con un sopracciglio alzato prima di ripartire con un altro pugno, mirando alla faccia. –L’ho bruciata.- disse semplicemente provocando la distrazione dell’altro che incassò il colpo in pieno, finendo a terra. –Come l’hai bruciata?- chiese ancora massaggiandosi il punto colpito. Aveva notato subito l’abbigliamento inusuale dell’amico; poteva capire il fatto che indossasse vestiti terrestri al di fuori della camera gravitazionale, ma durante gli allenamenti non gliel’aveva vista comunque. Portava un paio di jeans strappati, una T-shirt rossa e un paio di sneakers al posto della solita tuta blu con guanti e stivaletti bianchi.
Il Saiyan maggiore incrociò le braccia fermandosi sul posto. –Hai capito bene.- rispose piatto. –E perché?- chiese ancora Goku, seduto a terra incrociò le gambe.  L’altro inarcò un sopracciglio, si chiese il perché di tanta curiosità da parte del “bambinone” seduto a terra, cosa fregava a lui di cose ne faceva delle proprie cose? Tra l’altro quella tuta a Goku non era mai piaciuta molto, l’unica volta che l’aveva usata era stato all’interno nella stanza dello Spirito e del Tempo. –Non si può cominciare una nuova vita senza staccarsi definitivamente dal passato.- rispose criptico provocando nell’altro un’espressione confusa più che mai. –Stai dicendo che la battle suite per te rappresentava il passato?- chiese conferma l’eroe. –Allora non sei stupido come pensavo.- lo prese in giro Vegeta ghignando. Goku ridacchiò alzando da terra, una scintilla attraversò il suoi occhi provocando la curiosità dell’altro –Che ne dici di cominciare questa “nuova vita” saldando un vecchio conto?- chiese Goku sorridente. Vegeta si accigliò –Mi stai chiedendo di combattere contro di te, al massimo?- chiese spiegazioni. Il più piccolo annuì mettendosi in posizione di combattimento. –Chissà se questa volta riuscirai a battermi.- lo provocò. Vegeta ghignò –Scopriamolo.- e la battaglia del secolo iniziò sotto lo sguardo di due piccoli guerrieri, che assistevano allo scontro dei loro eroi.

***
 
Parlare con Evelyn in quegli anni le era mancato terribilmente, certo Chichi era una sua vecchia conoscenza, la poteva definire una sua cara amica, c’era anche C-18 che nonostante  fosse un po’ sulle sue, era una buona conversatrice, ma la sua migliore amica era insostituibile. Quanto le avrebbe fatto comodo averla durante i tre anni in cui aveva dovuto combattere con i sentimenti che provava verso il suo scorbutico ospite, oppure dopo Cell, quando Vegeta era caduto in quella sorta di depressione e lei non aveva idea di cosa fare, o ancora durante Majin Bu, dopo che lui aveva fatto la strage al Torneo. Avrebbe sicuramente trovato qualcosa per distrarla o avrebbe saputo consigliarla al meglio.
Si capivano al volo, pensavano allo stesso modo, dicevano le cose all’unisono, condividevano un legame indissolubile. Erano talmente simili che entrambe si erano andate a prendere un criminale, trasformandolo poi in un principe. –E così, il dolce Marco Marcus è stato in gattabuia?- chiese Bulma. Evelyn sbuffò –Si, è stato dietro le sbarre. Quando l’ho conosciuto era un relitto della società: povero incanna, sciupato, sporco e depresso. Ho fatto del mio meglio per tirarlo fuori da quello stato, prima come amica poi come innamorata.- sospirò ripensando a quel periodo triste. –L’ho conosciuto in un bar, era seduto al bancone con un bicchiere in mano, mi ha fatto tenerezza. Mi sono seduta affianco a lui e abbiamo iniziato a parlare come se ci conoscessimo da anni. Mi ha raccontato la sua vita, della sua famiglia, del lavoro, degli amici, dei precedenti penali. Tutto.- disse con voce malinconica. Bulma si alzò e sparì in cucina, quando tornò in salotto teneva tra le mani una bottiglia di thè freddo e due bicchieri. Posò tutto sul tavolo e versò il thè nei bicchieri. Evelyn ne prese uno e sorseggiò il contenuto mentre Bulma si risedeva al suo posto. –Come l’hai aiutato?- chiese all’amica. –Gli ho prestato dei soldi. Così ha potuto finire gli studi, comprarsi un appartamento e trovarsi un lavoro decente. Ora è a capo di un’immensa catena di attività di ingegneria informatica, guadagna quasi più di me.- disse sorridendo. Bulma si ritrovò a pensare a suo marito, il tenebroso Principe dei Saiyan e si accorse che lui e Marco non erano poi così diversi. –Le nostre storie sono piuttosto simili.- disse Bulma accavallando le gambe mentre beveva. –Solo che il tuo, per quanto chiuso in sé stesso, è sempre stato propenso ai sentimenti mentre il mio no. Ho dovuto lottare con quel testone per fargli ammettere che ci tenesse.- disse aggrottando le sopracciglia. –Il fascino del bello e dannato?- chiese Evelyn sorridendo. –Bello e dannato? Ci siamo scelti due criminali, i peggiori esemplari dell’umanità! Altro che dannato!- esclamò l’azzurra divertita. –Il tuo non è neanche umano.- intervenne l’altra provocando l’ilarità dell’amica. –Ti faccio vedere una cosa.- disse all’improvviso l’azzurra. Evelyn si aspettava che le mostrasse un qualche oggetto strano, invece Bulma sfilò la maglia dalla testa rimanendo solo con il reggiseno. La guardò confusa. –Cosa vuoi fare? Uno striptis? – le disse Evelyn sarcastica. –Non ho ancora cambiato gusti sessuali , Evelyn- le disse con un sorriso, si sporse leggermente sul tavolo e le indicò la spalla destra, precisamente l’incavo tra la spalla e il collo. La castana osservò il punto non capendo, poi vide dei segni leggerissimi sulla pelle candida dell’amica. –Un morso? Sono segni di denti quelli?- chiese conferma mentre ci passava il dito sopra, sembrava una cicatrice. Bulma annuì. –Te l’ha fatto Vegeta?- le chiese nuovamente. Un sorriso si fece largo sul viso dell’azzurra. –Si. I Saiyan mordono sulla spalla destra la donna che scelgono come loro compagna, a cui decidono di donarsi completamente. Non tutti lo fanno, anzi quasi nessuno.- disse rinfilandosi la maglia sotto lo sguardo dell’amica. –Un modo per dire “Ti amo” ancor prima di capire cosa provasse.- terminò sistemando l’indumento.
Si cominciava a chiedere che fine avessero fatto i suoi due uomini quando proprio loro fecero l’ingresso in salotto. Erano parecchio mal conci, specialmente Vegeta. –Ma che avete combinato?- chiese Bulma dal divano, ormai non si precipitava più alla vista di quella scena. Finché si reggevano in piedi non c’era da preoccuparsi.
Trunks si aprì in un sorrisone soddisfatto e orgoglioso. –Papà e Goku si sono sfidati, senza riserve.- spiegò il bambino, aveva un taglio sulla guancia non più sanguinante che testimoniava che anche lui si era dado da fare. –Ecco perché ho sentito la casa tremare un paio di volte, eravate voi due.- disse Bulma al compagno che se ne stava appoggiato alla parete. Era pieno di ferite, lividi ed escoriazioni varie che avevano smesso da parecchio di sanguinare, nulla di preoccupante comunque. Sistemò i fogli e li poggiò sul tavolo per poi alzarsi dal comodo sofà. –E chi ha vinto?- disse fingendosi interessata, la risposta che però le arrivò alle orecchie fu parecchio inaspettata. –Io.- disse semplicemente la voce profonda del principe. Si voltò di scatto verso il marito –Cosa?- disse retoricamente. –Ha vinto papà, mamma. È stato più forte di Goku!- esclamò il bambino tutto contento , i suoi occhi azzurri luccicavano fieri. Bulma non poteva credere alle sue orecchie. –Hai veramente battuto Goku?- gli chiese nuovamente. L’altro si limitò ad annuire mentre la donna si apriva in un sorriso orgoglioso. –Alla fine ci sei riuscito!- gli disse sorridente, sapeva quanto lui tenesse a quella cosa, sapeva che poteva riuscirci ma mai si sarebbe immaginata che si potesse realizzare così presto. –Però siete entrambi mal conci, avevate intenzione di distruggere la Terra?- chiese sarcastica. L’uomo sbuffò –Avresti dovuto vedere come sono ridotti gli altri due.- rispose annoiato.  –Goten a mala pena si reggeva in piedi e Goku era piuttosto provato. – intervenne Trunks stiracchiandosi, sbadigliò. Si sentiva stanco –Io vado a letto, buonanotte.- disse prima di sgattaiolare via alla velocità della luce lasciando i genitori soli.
Vegeta era rimasto a fissare il punto in cui il bambino era scomparso, pensieroso: Trunks aveva messo Goten in seria difficoltà prima di batterlo, era diventato forte e sapeva anche incassare bene i colpi. Si poteva definire fiero di suo figlio, era in grado di battere il figlio di Goku senza alcuno sforzo.
Si accigliò quando tornò con la mente a pochi minuti prima, quando, dopo uno scontro senza precedenti, aveva sconfitto il suo amico/nemico. E dire che lo aveva sognato per anni, quel momento, aspettandosi di provare un’euforia e una soddisfazione indescrivibili invece a parte un leggero senso di appagamento, non avvertiva assolutamente nulla. Strano, che quello scontro, tanto agognato, negli anni avesse perso importanza tanto che la sua inaspettata vittoria non gli provocava nulla?  
Quando avvertì la mano della moglie stringersi alla sua, si risvegliò dai propri sogni voltandosi a guardarla. Sorrideva, che fosse fiera di lui? –Vieni, quei graffi hanno bisogno di essere disinfettati.- gli disse trascinandolo su per le scale. Non si oppose, la seguì in silenzio. Ormai erano anni che lei si occupava delle sue ferite ogni qual volta usciva dalla camera gravitazionale, ma gli faceva sempre uno strano effetto pensare che c’era qualcuno che si preoccupava per la sua incolumità.
Si sedette sul grande letto matrimoniale al centro della stanza mentre Bulma spariva nel bagno alla ricerca della cassetta del pronto soccorso. Si perse per un momento ad osservare quella camera: le pareti immacolate, sulle quali erano appesi alcuni ritratti di famiglia, la grande libreria, l’enorme armadio condiviso, i comodini ai lati del letto e la porta finestra che dava sulla terrazza. Più di una volta l’aveva trovata lì fuori, appoggiata alla ringhiera, incurante del freddo di Gennaio o nel tentativo di sfuggire alla caloria estiva. Quando le chiedeva a cosa pensasse lei rispondeva semplicemente “a te” o “a noi” lasciando che la sua mente vagasse. Era lì che si erano scambiati il primo bacio, inaspettatamente quel momento gli tornò alla mente. Ricordava benissimo la strana sensazione che lo aveva pervaso quando, una volta raggiunta sulla terrazza, era rimasto incantato a guardarla, desiderando ardentemente posare le proprie labbra sulle sue. Che poi alla fine era quello che aveva fatto.
Il materasso al suo fianco si abbassò e lui fu trascinavo via dai ricordi, riportò l’attenzione al presente mentre la donna imbeveva un tampone di disinfettante. Quando il pezzo di stoffa entrò a contatto con uno dei graffi sulla guancia gli provocò una sensazione di bruciore, si limitò a chiudere un occhio infastidito senza emettere un fiato. –E così, il grande Principe dei Saiyan, ha finalmente avuto la propria rivalsa sulla terza classe?- lo prese in giro lei. –Mi prendi per i fondelli?- le chiese provocandole una risatina. La vide buttare il tampone usato nel cestino e imbeverne un altro, lo posò su un taglio poco sopra il sopracciglio destro. –A parte gli scherzi, sei finalmente riuscito a toglierti quel chiodo fisso.- gli disse tamponando sulla ferita. Vegeta sbuffò –Non è il mio chiodo fisso.- disse semplicemente mentre lei continuava a disinfettargli i tagli. Lui voleva semplicemente battere Goku, il suo chiodo fisso è un altro. –Non è la rivincita con quell’idiota il mio chiodo fisso.- si lasciò sfuggire. Si maledisse quando notò l’espressione sorpresa di lei, doveva stare più attento a ciò che diceva. –Lo sapevo.- gli disse prestando più attenzione a ciò che stava facendo che a lui. –Cosa?- le chiese. –Che ci saresti riuscito. Che lo avresti battuto, un giorno.- la vide buttare il secondo pezzo di stoffa nel cestino e riporre il disinfettante nella cassetta rossa. –Non ho mai dubitato del fatto che tu potessi farcela. Con perseveranza si ottiene di tutto. E tu di perseveranza ne hai fin troppa.- disse chiudendo la cassetta, si alzò e si diresse in bagno sotto il suo sguardo. –Forse hai più testardagine che perseveranza ma sono dettagli.- gli disse affacciandosi dalla porta sorridente. Il Saiyan alzò un sopracciglio, si stava divertendo a prenderlo in giro. –In quanto a testardagine tu ne sei la regina.- la provocò incrociando le braccia al petto. La vide uscire dal bagno quasi ancheggiando, era a piedi scalzi con addosso un t-shirt azzurra e i jeans. –Beh se non lo fossi stata tu non saresti qui in questo momento.- gli rispose fermandosi in piedi davanti a lui, le mani sui fianchi e un’espressione battagliera. Schioccò la lingua sul palato –E chi ti dice che io non voglia essere da un’altra parte?- disse scrutando la sua espressione, sembrava sinceramente divertita. Gli si avvicinò di un passo e si piegò per arrivare alla sua altezza, da seduto era decisamente più basso, i loro nasi si sfioravano e i respiri si incontravano. –Il fatto che tu sia ancora qui a discutere con me su cose futili.- gli disse sorridente. Al che anche l’uomo accennò un sorriso facendo sciogliere la donna. La prese dalla maglietta tirandola a sé e costringendola ad inginocchiarsi davanti a lui, sul suo viso un’espressione sorpresa ma non impaurita. –Hai fegato terrestre.- le sussurrò ghignando, i loro visi vicinissimi. Le mise una mano sotto il mento per alzarle il viso –Nessuno che avesse osato parlarmi con tanta sfrontatezza era mai vissuto a lungo per raccontarlo.- le soffiò provocandole in brivido. Non di paura, il terrore che aveva visto negli occhi delle sue vittime in quegli occhi azzurri non ve ne era nemmeno una scintilla, ma di piacere. –Ma io non sono nessuno, mio principe, sono la tua consorte.- gli rispose sbattendo le lunghe ciglia con lentezza. Questa volta quello a tremare fu Vegeta, sapeva benissimo che reazione provocava in lui quando lo chiamava in quel modo. La baciò con foga, all’improvviso senza darle il tempo di pensare, con il pollice le accarezzava il viso. Quella donna aveva il potere di farlo impazzire, ogni briciolo di razioncino andava a farsi un giro non appena lei apriva bocca; quella stupenda bocca che ora si stava divertendo ad esplorare con la propria. Distesi sul letto le mordeva il labbro delicatamente, provocandole dei piccoli gemiti, per poi tornare a baciarla nuovamente mentre lei affondava le dita tra i suoi capelli. Le cosparse di baci leggeri il collo, facendola sospirare più forte. Sorrise  contro la sua pelle, con nessuna donna con cui era stato in precedenza si era mai comportato in quella maniera, delicato e attento. Il suo piacere prima del proprio. Dopo averla denudata si fermò ad osservarla per qualche secondo: il viso arrossato, le labbra gonfie per i baci dischiuse, il petto che si alzava a ritmo accelerato, la vita stretta, il ventre piatto che non tradiva il fatto che avesse partorito, le gambe lunghe e toniche. Aveva però quegli specchi azzurri, che possedeva al posto degli occhi, chiusi. Voleva specchiarsi all’interno così passò delicatamente una mano sulla sua tempia. Quando lei aprì gli occhi gli parve di perdersi all’interno: lucidi e velati, una muta richiesta di continuare. –Vegeta..- sospirò lei e quella fu la sua fine.  La baciò nuovamente, con delicatezza mentre la faceva nuovamente sua. Adorava sentirla sospirare e gemere sotto di sé.
Si amarono per tutta la notte, consapevoli che quella fosse solo una delle tanti notti che li avrebbe visti amanti complici di lì in avanti.                                                                               
 
 
Angolo autrice: 
Sono tornaaaaaaaaaaaaaaaaataaaa :D Credevate vi avessi abbandonata è? Ma per vostra (s)fortuna sono ancora qui :)
Dopo i due capitoli tributi ai piccoli Saiyan si torna con le slice of life a tema familiare :3 
Vegeta che batte Goku? Si, esattamente v.v il mio... pardòn, nostro amato principe è finalmente riuscito a surclassare l'eroe eterno bambino togliendosi finalmente dalla testa quel chiodo fisso (Non è un chiodo fisso! nd Vegeta Scusa, è vero. Il tuo chiodo fisso è tua moglie *sguardo furbo* nd AN *arrossisce* Tacii! nd Vegeta) ed essere in pace con sè stesso u_u 
Marion mi è venuta in mente mentre parlavo con un mio amico così ho pensato di darle una minuscola parte nel capitolo xD Evelyn è sempre tra i piedi e Marta, personaggio di mia invenzione che prende spunto da una persona reale, è la classica Miss Io-Sono-Figa-Perchè-Mi-Sono-Fatta-Tutti-I-Ragazzi-Della-Scuola. Pià semplicemente, una troia xD (e la mia brutta fotocopia u.u nd Bulma)
Okay basta, sto diventando monotona. Ora vado a fare qualcosa di costruttivo che non sia studiare (?). 
Alla prossima!

 

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Capitolo 18
*** a Saturday in June ***


Si rigirò nel letto più volte,  nel vano tentativo di riprendere il sonno perduto. Mugugnò qualcosa nel dormiveglia, stringendo il cuscino e buttando all’aria le coperte, non aveva voglia di alzarsi nonostante il caldo opprimente di inizio giugno. Un forte rumore, proveniente dall’esterno, lo fece sobbalzare e dire addio al sonno. Sbuffò scocciato, mandando mentalmente maledizioni varie al suo udito troppo fine,  una delle tante conseguenze del sangue alieno che gli scorreva nelle vene, e alla gente che non sapeva come ingannare il tempo il sabato mattina se non facendo casino e disturbare chi, in realtà, vorrebbe solo dormire.  Si stropicciò un occhio con la mano prima di voltare la testa verso la finestra, cercando di individuare la causa del rumore che aveva disturbato il suo sonno: alcuni operai stavano ristrutturando il palazzo di fronte ed avevano, accidentalmente, lasciato cadere una parte della pesante impalcatura in acciaio, provocando un forte rumore metallico. Stavano ancora cercando di tirare su il pesante pezzo con l’ausilio di grossi e rumorosi macchinari, aumentando così il fracasso già creatosi. In quel momento si rese conto della grande stupidità di alcuni esseri umani e che, in fondo, il padre non aveva tutti i torni a definirli “branco di idioti”. Si mise a sedere su letto, ancora mezzo addormentato, e rimase a fissare la stanza per qualche secondo, cercando di riprendere appieno il controllo del proprio corpo e dei propri sensi. Sbadigliò sonoramente, spalancando la bocca il più possibile e strizzando gli occhi, che si fecero lucidi. Scese con un balzo dal letto, poggiò i piedi nudi sul parquet e si stiracchiò uscendo dalla stanza. Percorse il corridoio in penombra ancora mezzo addormentato,  quasi trascinava i piedi tanto era il torpore che aveva addosso; passò davanti alla camera della sorella, che dormiva come un ghiro nella sua culletta spostata sotto la finestra, e a quella dei genitori. Si fermò notando la porta socchiusa invece che chiusa a chiave come al solito, incuriosito aprì ancora un po’ l’uscio sbirciando all’interno: i genitori dormivano abbracciati nel grande letto matrimoniale, coperti fino alla vita dal lenzuolo bianco di cotone. Sorrise chiudendo piano la porta, sapeva che i genitori si amavano ma vederli fisicamente vicini ogni tanto, anche se a loro insaputa, gli dava la conferma di quello che già sapeva.
Scese le scale con lentezza, sbadigliò altre due volte, il torpore non ne voleva sapere di andarsene. Attraversò il salone avvolto nel silenzio innaturale del sabato mattina presto, forse troppo presto. Preso dal dubbio sbirciò l’orologio sopra il televisore e sgranò gli occhi: segnava le 7:10! Ora, a meno che non si fosse fermato l’orologio, era decisamente troppo presto per i suoi standard; era il primo sabato di giugno e lui non chiedeva altro che dormire un po’ di più e non gironzolare senza meta per la casa. Si passò le mani sulla faccia infastidito ed entrò in cucina, alla ricerca di qualcosa da mangiare. Si accorse che non era l’unico a soffrire di insonnia mattutina quel giorno. –Già sveglio? Un po’ presto per i tuoi standard.- disse Yamcha. Se ne stava seduto al tavolo della cucina con una tazza di caffè bollente tra le mani, il ragazzino si chiese se non soffrisse il caldo.
Trunks non gli rispose, si limitò ad alzare le spalle e si accinse a recuperare ciò che gli serviva per la colazione, sentiva lo sguardo inquisitore dell’altro su di sé ma non ci fece molto caso, il suo stomaco reclamava cibo e la sua testa sonno, era piuttosto scazzato quella mattina. Si sedette di fronte all’uomo e versò i cereali e il latte nella propria tazza, in silenzio iniziò a mangiare. Nessuno dei due parlò per tutto il tempo in cui stettero seduti di fronte, quando il piccolo Saiyan finì si alzò e ripose la tazza nel lavandino, poi rimise al proprio posto il latte e la scatola di cereali andandosi poi ad accomodare sul divano, accese la tv facendo zapping tra i canali.

Non seppe dire quanto tempo passò prima che Yamcha gli rivolse di nuovo la parola –Io vado, gli allenamenti mi aspettano. Buona giornata Trunks, ci si vede stasera.- Il ragazzino non gli rispose limitandosi a salutarlo con la mano, rimase a fissarlo fin quando non chiuse l’uscio della porta d’ingresso.
Sbadigliò annoiato, in televisione non c’era nulla di interessante a quell’ora, sbirciò nuovamente l’orologio constatando che fosse ancora molto presto, spense l’elettrodomestico lasciandosi poi cadere sul divano. Fissò il vuoto rimanendo però in allerta, sbadigliò nuovamente, l’ennesima nell’arco di pochi minuti. Tese le orecchie e l’unica cosa che avvertì fu un silenzio innaturale, dovevano aver finito i lavori fuori. Sospirò –Tranquillità!- esclamò sottovoce. Voltò lo sguardo sul televisore spento fissando i due puntini lampeggianti tra i numeri. –Quasi quasi torno a letto…- Ci pensò un secondo, poi si tirò su di scatto e fece il percorso al ritroso, tornando in camera e alla comodità del proprio letto, con il chiaro intento di riposare ancora a lungo.

***

Fissava il vuoto, come rapito, non un movimento, non un suono provenivano da lui. Il cielo azzurro, gli uccellini che cantano, il caldo vento estivo e il forte odore di fiori, nulla di tutto ciò stimolava i suoi sensi, tantomeno la sua mente geniale che, in quel momento, non riuscendo a formulare qualsiasi pensiero di senso compiuto, sembrava essersi improvvisamente spenta. –Trunks?- si sentì chiamare dal basso. –Mh?- non aveva voglia neanche di rispondere. –Che facciamo? Mi annoio.- proruppe Goten voltandosi verso il compagno di giochi. –Non lo so.- rispose atono l’altro. Fuori, nel grande giardino della Capsule Corporation, Goten e Trunks se ne stavano sdraiati uno sul prato, il primo, e uno su un’amaca, il secondo, cercando disperatamente il modo di cacciare via quel torpore che li aveva colti. –Come non lo sai? È casa tua, facciamo qualcosa!- disse il ragazzino dai capelli scuri fissando la processione di formiche, intente a portare del cibo nel formicaio, la natura lo affascinava. –Che significa “è casa tua”? Spremi le meningi anche tu, non posso fare sempre tutto io! – scattò il più grande accigliandosi. Anche lui si stava terribilmente annoiando, per non parlare del caldo che percepiva, ma il suo cervello sembrava non voler collaborare, avevano sperimentato ogni sorta di gioco possibile all’interno della grande casa a cupola, persino un allenamento/gioco che li aveva portati poi ad essere sgridati  da Bulma quando aveva sentito rompersi un vetro. Non avevano idea di cosa fare, la camera gravitazione era inagibile, sia per il fatto che il nonno stesse apportando qualche modifica delle sue, sia per il fatto che d’estate diventava un forno nel pomeriggio, e loro la fine del pollo arrosto non la volevano di certo fare.
-Volete un gelato? O un bicchiere di thè freddo?- I due Saiyan si voltarono all’unisono all’udire la voce squillante della signora Brief che, con in mano un vassoio, li stava invitando a fare merenda. –Oh si, volentieri! Grazie!- proruppe Goten alzandosi quasi di corsa dal terreno ed andando a prendere uno dei tanti gelati offerti dalla signora bionda. Lo scartò e iniziò a mangiarlo quasi con foga.  –Tu non ne vuoi uno, Trunks?- chiese la donna con il solito sorriso. Il glicine le sorrise e si allungò per prendere un Cono Classico, lo scartò ed iniziò a mangiarlo. –Grazie nonna.- le disse. –Di niente. Vi lascio qui i bicchieri con il thè, così potete berlo quando volete.- disse appoggiando i bicchieri ai piedi dell’albero, poi si allontanò lasciando i ragazzini da soli.

***
 
 
In laboratorio non si poteva stare, le pareti rivestite di metallo tenevano il calore tutto dentro facendo diventare la stanza un forno. Disperata gettò la chiave inglese nella cassetta degli attrezzi, decisa a terminare il lavoro per quel giorno, tanto il caldo non le permetteva né di lavorare con la fiamma ossidrica, né di armeggiare con i motori, per non parlare dei computer i quali sembrano essersi trasformati in emanatori di calore. Sbuffò togliendosi i guanti da lavoro, l’estate non riusciva mai a concludere nulla. Uscì dal laboratorio e attraversò gli intricati corridoio che portavano alla zona notte, la casa era molto silenziosa dato che i piccoli Saiyan, compresa Bra, giocavano fuori in giardino sotto lo sguardo vigile della nonna. Storse il naso, forse erano proprio i ragazzini che sorvegliavano la donna e non il contrario. Sospirò ed aprì la porta della propria stanza, si stupì di non trovarla vuota. –Già finito con gli allenamenti?- gli chiese rimanendo sull’uscio. Il compagno si stava togliendo la maglietta sudata, ma  si era fermato quando l’aveva sentita entrare; riprese a spogliarsi facendo scivolare la maglietta giù dalle braccia e la buttò nel cesto della biancheria sporca. –Sai benissimo che quella stanza diventa un inferno d’estate. Il pomeriggio è inutilizzabile.- le disse senza degnarla di uno sguardo, scalciò via le scarpe e si accinse a slacciare la cintura dei pantaloni. –Piuttosto tu non dovevi lavorare?- le chiese acido. La donna sbuffò chiudendo la porta, si tolse le pesanti scarpe anti-infortunistica provando un immediato sollievo e le posizionò in un angolo. –Il laboratorio è esattamente come la camera gravitazionale d’estate: ci potresti cucinare una mandria d’elefanti senza che se ne accorgano.- in quel periodo detestava profondamente il suo lavoro, solo in ufficio provava un po’ di sollievo con l’aria condizionata a palla. Si sfilò la tuta da lavoro, rimanendo con il top bianco e la biancheria intima e, sotto lo sguardo severo del marito, entrò in bagno per aprire l’acqua della grande doccia. –Cosa credi di fare?- lo sentì dire quando rientrò in camera. –Una doccia.- gli rispose raccogliendo i propri vestiti da terra e quelli del compagno che, nel frattempo, era rimasto solo con i boxer neri addosso. Quando si voltò a guardarlo lui aveva un sopracciglio alzato, sapeva che si stava trattenendo dall’insultarla. Gli passò davanti buttando gli abiti nella cesta, ne approfittò per controllare la temperatura dell’acqua poi tornò dal compagno, lo sorpassò e chiuse la porta della camera con una doppia mandata. –Che stai facendo?- le chiese l’uomo. Lei inserì un codice nel tastierino di fianco alla porta, sul display apparve la scritta “abilitato”. –Impedisco agli altri di disturbarci.- gli rispose sorridente. Con lentezza gli si avvicinò in modo che lui le desse le spalle –E ora andiamo a farci una doccia.- Cominciò a spingerlo verso il bagno, aspettandosi che lui facesse resistenza, invece il Saiyan si limitò a sbuffare. Ridendo lei lo spinse in bagno e chiuse la porta con un calcio.

***
 
Essere un bambino ricco aveva molti pro, tra cui quello di avere una piscina nel giardino sul retro della propria casa, dove potersi rifugiare nelle giornate di eccessiva caluria. Con braccia e gambe aperte, a mo di stella, galleggiava sul pelo dell’acqua godendosi quel bagno rigenerante. –Tuffo a bomba!- urlò Goten prima di saltare e, dopo aver raccolto le gambe al petto, entrare in acqua provocando un’onda d’urto eccezionale, tanto che Trunks si ritrovò sommerso da una montagna d’acqua nel giro di due secondi. Quando riemerse lanciò un’occhiataccia al suo migliore amico, che stava nuotando verso la scaletta con il chiaro intento di farlo di nuovo. Un’idea malvagia gli attraversò il cervello, prese aria e si immerse nuotando sott’acqua fino all’amico che stava per salire la scaletta, gli prese le caviglie e lo tirò giù cominciando a nuotare dalla parte opposta della piscina a raso del pavimento. Sentiva l’amico agitarsi e cercare di scalciare per sfuggire alla sua presa ferrea, ma lui non mollò e incominciò a girare su sé stesso a gran velocità, poi lasciò andare l’amico che schizzò fuori dall’acqua rimanendo in aria per qualche secondo, il tempo che gli serviva per riemergere e fissare la scena con un sorriso furbo. Nel giro di qualche secondo Goten cominciò a perdere quota e, dimenticandosi completamente del fatto che sapesse volare, atterrò in acqua di faccia mentre l’altro rideva come un pazzo. Goten riemerse con tutta la faccia rossa, aveva preso una brutta botta. –Cosa ti ridi!- inveì il ragazzino mentre l’altro si sganasciava dalle risate. –Sei un’idiota!- e riprese a ridere. Goten si imbronciò, lui non ci trovava niente di divertente.


Rise anche lei alla scena, era seduta sul bordo della piscina con i piedi ammollo, suo figlio era piuttosto astuto anche in fatto di scherzi. Diede un morso al suo Magnum, gentilmente offerto dalla madre che, in quel momento, teneva sott’occhio la più piccola che se ne stava nel suo salvagente a sguazzare nell’acqua fresca della piscina, ringraziò mentalmente l’inventore dei pannolini da mare.
Dei passi silenziosi le si avvicinarono e lei si voltò riconoscendo l’unico uomo al mondo che camminava in quel modo. –Ciao.- gli disse con un pezzo di cioccolato in bocca. Vegeta non la degnò di uno sguardo, fissava il gruppetto dalla parte opposta della piscina che rideva di gusto. –Come mai sei qui?- si sentì chiedere dalla donna. Spostò lo sguardo su di lei, la vide mordere il gelato e continuare a fissarlo, solo quando inclinò la testa di lato incuriosita tornò a guardare il figlio, che sembrava voler affogare l’amico tenendogli la testa sott’acqua. Vide Goten riemergere annaspando mentre Trunks rideva di gusto, finchè l’altro non gli si avventò contro buttandolo in acqua e ingaggiando una lotta all’ultimo respiro. –Dentro fa troppo caldo.- disse atono continuando a fissare la scena, ora era Goten che provava ad affogare l’amico.
Bulma fissò il marito mordendo il gelato ancora una volta, che aveva caldo era plausibile ma che ciò lo spingesse ad avvicinarsi a loro le sembrava strano. Insomma il giardino era grande, e lui di solito preferiva distendersi sul tetto della casa, quindi se era lì significa che lo voleva. Staccò un pezzo di cioccolato dal gelato osservando Bra che teneva sott’acqua il fratello tenendolo da un piede, era bello vederli giocare assieme. Pensava che di lì a poco Vegeta si sarebbe volatilizzato nel nulla, andando a rifugiarsi in chissà quale parte del pianeta, invece lo vide, inaspettatamente, sedersi accanto a lei, arrotolare i pantaloni fin sotto il ginocchio e posare entrambi i piedi in acqua esattamente come lei. Lo guardò attentamente: portava una T-shirt bianca e un paio di pantaloni beige, era a piedi scalzi, come sempre dopotutto. D’estate anche lei prendeva l’abitudine di abbandonare scarpe e pantofole varie, preferendo di gran lunga percorre i corridoi a piedi scalzi. Lui invece lo faceva indifferentemente dalla temperatura esterna, e anche Trunks aveva la stessa abitudine, dopo i primi anni a combatterlo alla fine aveva rinunciato e gli faceva fare come voleva, tanto non si ammalava.
-Vuoi?- si vide comparire sotto al naso il gelato che la donna stava gustando, spostò lo sguardo sul suo viso percorrendo poi tutto il corpo: portava solo il pezzo sopra di qualche bikini e gli short di jeans, tremendamente sexy e provocante. Sotto la doccia si erano divertiti, il getto d’acqua freddo scorreva su di loro mentre i loro corpi diventavano bollenti a causa dell’eccitazione crescente. Tornò con i piedi per terra e si accorse che il gelato aveva cominciato a gocciolare lungo la mano della donna e sul terreno, si passò la lingua sui denti e prese il suo polso facendola sussultare, di certo non si aspettava che lui accettasse. Avvicinò la mano della consorte alle labbra senza staccare gli occhi dai suoi, sentiva perfettamente il suo battito accelerato sotto la sua mano, spostò lo sguardo sul gelato e vi passò la lingua. Ma non sul dolce freddo, sulla mano bianca di Bulma che perse un battito. Di tutto si sarebbe aspettata tranne che lui iniziasse a lavare via le tracce di gelato dalla sua mano. Vegeta continuò a passare la lingua sulle dita di lei portando via l’appiccicosa scia di vaniglia e lasciandone una di saliva. La sentì dischiudere le labbra mentre risaliva il profilo delle sue dita affusolate fino allo stecco del gelato, portò via dal dolce la parte che gocciolava, poi si staccò senza lasciarle il polso, la fissò in volto scoprendo la pupilla dei suoi occhi azzurri leggermente dilatata e il respiro profondo uscire delle sue labbra. Quando ghignò leggero la vide sussultare e trattenere il fiato, lanciò uno sguardo veloce al gruppetto dall’altra parte che, ignaro di tutto dava loro le spalle e si accingeva ad uscire. Tornò a guardare la sua donna che lo fissava in trepida attesa, con un gesto deciso, la tirò verso di sé dal braccio e fece combaciare le loro labbra.

***

Rinfrescato, bagnato dalla testa ai piedi e divertito rientrò il casa con l’amico ridendo. Si rese conto di aver dimenticato l’asciugamano sulla sdraio e si fermò con un piede sul primo scalino. –Ho dimenticato l’asciugamano, torno subito.- disse rivolto all’amico che lo guardava dalla cima delle scale. –Ok!- esclamò Goten girandosi e correndo nella stanza dell’amico per cambiarsi.
Trunks uscì nuovamente in giardino e si guardò attorno cercando l’asciugamano con gli occhi –Eccolo!- disse quando lo adocchiò su una sdraio poco lontano dalla piscina, lo prese poi alzò lo sguardo. Sgranò gli occhi alla scena che gli si presentava davanti: aveva beccato i genitori baciarsi a bordo piscina. Rimase come un allocco a guardarli per interminabili secondi, era la prima volta che li beccava in un atteggiamento così intimo, il padre non era il tipo da effusioni in pubblico. –Truuuuunks! Quanto ci metti?- urlò Goten dalla finestra facendo riscuotere il ragazzino. –Arrivo!- urlò rientrando in casa di corsa.

***
 
Lo sentì interrompere il contatto dopo quelli che le sembrarono minuti interminabili. Aprì gli occhi sbattendo più volte le lunghe ciglia, non poteva credere che lui l’avesse baciata di sua spontanea volontà davanti ad altre persone, che poi se ne fossero andate quasi subito era irrilevante. Lo vide passarsi la lingua sulle labbra –Non male.- lo sentì commentare prima di alzarsi. Si voltò a guardare la piscina ormai vuota e le venne un’idea. Si alzò ed andò a buttare il resto del gelato, ormai sciolto, sotto lo sguardo del marito. Tornò da lui e rimase immobile a un paio di centimetri di distanza, Vegeta la guardò stranito non capendo cosa volesse. –Posso provare una cosa?- gli chiese con un sorriso furbo stampato in faccia. Il Saiyan sbattè le palpebre un paio di volte ed annuì, il sorriso di Bulma si allargò –Prendimi.- disse soltanto prima di buttarsi tra le sue braccia a peso morto. Vegeta, preso alla sprovvista, non ci pensò due volte ad afferrarla ma il bordo piscina era troppo vicino e si sbilanciarono cadendo in acqua. Non appena si rese conto di essere dentro la piscina Bulma aprì gli occhi e prese il suo viso tra le mani, lo baciò con dolcezza mentre l’acqua attorno a loro faceva da sfondo. Lo sentì ricambiare quasi subito, solo un attimo di esitazione dovuto all’averlo colto di sorpresa.

***
 
 
-È una cosa che ho sempre voluto fare.- proruppe Bulma volteggiando per la stanza. Indossava ancora il sopra del bikini e gli short, i capelli bagnati le si appiccicavano alla faccia. Si voltò di scatto verso il compagno, un sorriso da orecchio a orecchio ma in posa battagliera con le mani sui fianchi. –Mi stai ascoltando?- gli chiese. Vegeta sbuffò, seduto sul letto si stava asciugando i capelli con l’ausilio di un asciugamano bianco. Lo lanciò sul letto continuando però a non guardarla –Cosa volevi fare da sempre?- le chiese scocciato, sperando che così si stesse zitta. Bulma sorrise –Baciare qualcuno sott’acqua, è sempre stato un mio desiderio irrealizzato.- gli diede le spalle continuando a volteggiare per la stanza. –Vuoi dire che non lo avevi mai fatto prima?- gli chiese lui. Lei gongolò rendendosi conto di aver centrato il punto. –Mai. Yamcha ha sempre avuto paura dell’acqua, quindi non ha mai voluto esaudire questo mio piccolo desiderio.- disse facendo qualche passo verso la porta sempre dandogli le spalle. –Sinceramente parlando, ce ne sono tanti di desideri inespressi che Yamcha non ha saputo esaudire.- lo punzecchiò facendo leva sulla sua immensa, e ben mascherata, curiosità. Soprattutto quando si trattava di un confronto con il suo ex, dal quale il Saiyan usciva sempre vincitore, la sua curiosità si accentuava. –Tipo?- sentì la sua voce avvicinarsi, probabilmente si era alzato da letto.
Bulma ci pensò un attimo, in effetti di cose che aveva sempre voluto sperimentare con un uomo ce ne erano tante, e Yamcha non aveva voluto esaudire nessuna di queste  o non ci era riuscito a pieno. –Tipo piastricciare con il gelato, stimolare ognuno dei cinque sensi, divertirsi in modo… alternativo. Oppure baciarsi a mezz’aria. Ce ne sono tanti.- scrollò le spalle. –Stimolare i cinque sensi?- sobbalzò quando avvertì la voce profonda del marito a un centimetro dal suo orecchio e il suo fiato caldo solleticarle il collo, si voltò a guardarlo annuendo piano. Vide aprirsi sul suo volto quel ghigno malizioso che le faceva girare la testa, cazzo se era bello! I capelli spettinati con alcune ciocche che gli andavano a coprire la fronte e con addosso solo i pantaloni beige bagnati, moriva dalla voglia di saltargli addosso. Lo vide avvicinare il suo viso al proprio ed istintivamente fece un passo indietro, incontrando però solo la porta chiusa della loro stanza. –Sei in trappola.- disse Vegeta suadente, con quel tono che usava quando voleva avere la sua completa approvazione qualsiasi cosa le avesse fatto. Bulma deglutì a fatica, perdendosi in quelle due pozze d’ossidiana. In un attimo lui le mise una mano dietro la schiena, avvicinandola a sé e baciandola con passione, lei infilò le mani nei suoi capelli umidi sentendo il corpo combaciare con quello di lui. Avvertì appena la mano di lui che andava a sciogliere i lacci del costume, aveva una sua mano premuta contro la schiena che la costringeva a stargli appiccicata mentre la sua lingua si divertiva ad esplorarle la bocca, per poi scendere sul collo, lasciando una scia di baci infuocati. Sospirò stringendo le dita tra i suoi capelli, lo sentì sorridere contro la sua pelle per poi risalire e guardarla negli occhi –Che ne dici di iniziare fin da subito?- le sussurro facendole vibrare ogni muscolo dalla vita in giù. Neanche il tempo di rispondere che lui se la caricò su una spalla e chiuse la porta a chiave. Avevano qualcosa di nuovo da sperimentare nei prossimi giorni.

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Capitolo 19
*** Vegeta's birthday and best gift ***


Sdraiata a pancia in giù sul corpo del compagno, Bulma si crogiolava nel relax post sesso, godendosi  le leggere carezze che lui le regalava in quei momenti di intimità. Disegnava delle linee invisibili con il polpastrello sui suoi pettorali, alzò lo sguardo sul suo viso scoprendolo assorto a fissare fuori dalla finestra il cielo stellato. Non era cosa rara che Vegeta si mettesse a guardare le stelle, forse sentiva un richiamo naturale a quella che era stata la sua vita per molto tempo, non ne era sicura ma le piaceva osservare il suo profilo nella semi oscurità della stanza.
Sentendosi osservato, voltò lui stesso lo sguardo su di lei, scoprendola intenta a fissarlo appoggiata al suo petto, quando i loro occhi si incrociarono lei gli sorrise, era rilassata e stava bene, così appoggiata a lui. Poggiò la guancia su di lui e chiuse gli occhi ascoltando il battito del suo cuore e il suono del suo respiro. La sua pelle era bollente, ricoperta da cicatrici più o meno profonde che lei adorava percorrere con la punta delle dita o cospargere di baci, dipendeva dal momento. Riaprì gli occhi e alzò un poco lo sguardo, cercando di leggere l’ora sul display della radio-sveglia sul comodino: 00:12. Si alzò all’improvviso sugli avambracci guardando in faccia il compagno che la fissava stranito, non disse nulla il suo sguardo bastava a farle capire che non aveva idea di cosa le fosse preso. Gli sorrise.

–È mezzanotte passata.- disse semplicemente.

Lui non si mosse di un millimetro, senza alcun mutamento di espressione. Il sorriso dell’azzurra non si spense; si tirò su mettendosi seduta sui talloni continuando a guardare il marito sorridente.
Vegeta, dal canto suo, non capiva cosa prendesse alla sua donna in quel momento, che fosse strana lo sapeva ma in quel momento non la capiva proprio. Si alzò sui gomiti tenendosi sollevato dal letto, fissò la compagna in attesa.

–Possibile che non ci arrivi?- sbottò la donna sempre sorridente. Vide il marito scuotere la testa in segno di negazione, a quanto pare non aveva la minima idea di cosa le passasse per la testa. 

–È il 15 giugno!- esclamò –Il tuo compleanno!- aggiunse quando vide l’espressione dell’uomo farsi confusa.

Vegeta alzò gli occhi al cielo, si era immaginato chissà che invece era una delle su cavolate, si lasciò cadere sul letto mettendo le braccia dietro la testa e tornando a guardare fuori.

Il sorriso di Bulma si spense lasciando il posto ad un piccolo broncio. –Hai sentito ciò che ho detto?-

Vegeta annuì.

–E la cosa non ti interessa minimamente?-

Il moro scrollò le spalle indifferente. Spostò lo sguardo sulla compagna e, cristo, le sarebbe saltato addosso: se ne stava seduta a cavalcioni su di lui, il lenzuolo che la ricopriva per metà era scivolato via lasciando il suo corpo nudo, le braccia incrociate sotto il seno e l’espressione imbronciata. Si leccò le labbra eccitato, mentre nella sua mente si cominciavano a formare pensieri poco pudici.
Bulma fissava imbronciata il compagno che sembrava pensare già ad altro, nei suoi occhi c’era una luce diversa e, quando lo vide tirarsi su di scatto arrivandole a pochi centimetri dal viso, quasi sussultò dalla sorpresa. Sul volto dell’uomo si formò il suo ghigno sexy che le fece perdere la cognizione del tempo; si ritrovò sotto di lui che, con velocita, aveva ribaltato le posizioni.

–Visto che è il mio compleanno, indento prendermi il mio primo regalo.- sussurrò suadente cominciando a baciarle il collo.

Bulma si lasciò sfuggire un gemito estasiato: forse non era vero che non gli interessava.


***
 

Sbadigliò assonnata accoccolata a lui, con gli occhi semi chiusi riuscì a sbirciare l’orologio. Mugugnò qualcosa di incomprensibile quando si rese conto che era passata un’altra ora.

–Ho sonno.- disse strofinandosi  un occhio con la mano.

–Dormi.- sentenziò l’altro mentre le accarezzava la schiena con movimenti delicati, dopo aver soddisfatto il desiderio fisico era di buon umore, quindi poteva lasciarsi andare un pochino e dedicare qualche coccola in più alla moglie.
Si stava quasi per addormentare quando un pensiero veloce le attraversò la mente. Si alzò dal corpo del compagno quasi di scatto e si sporse verso il comodino dalla sua parte di letto, alla ricerca di qualcosa.

–Cosa stai facendo?- si sentì chiedere.

–Devo darti una cosa.- disse prima di aprire il cassetto e tirarne fuori una scatolina quadrata.

Tornò composta e porse la scatola al compagno che la fissava confuso e diffidente.

–Non ti mangia mica.- scherzò notando lo sguardo minaccioso che aveva rivolto all’oggetto.

Lo sentì grugnire infastidito prima di prendere la scatola dalle sue mani, la fissò per un po’ studiandone i contorni e i colori prima di aprirla. Per la prima volta da quando lo conosceva, vide Vegeta assumere un’espressione tra lo stupito e l’incredulo.
 
Non poteva credere ai suoi occhi! Come diavolo aveva fatto? Voltò di scatto la testa verso di lei che sorrideva radiosa.

–Ti piace?- gli chiese sporgendosi per vedere il contenuto della scatola: all’interno vi era un ciondolo grande un paio di centimetri che rappresentava lo stemma della famiglia reale di Vegeta-sei, in oro.

Accarezzò il ciondolo con delicatezza quasi potesse romperlo, era identico al disegno che vi era sulla sua armatura quand’era piccolo.

–Come diavolo hai fatto a…- Le parole scemarono mentre si voltava verso di lei, che lo guardava soddisfatta, sapeva di avere stampata in faccia un’espressione di puro stupore ma non gli importava. Voleva sapere come diavolo avesse fatto, quella donna, a trovare lo stemma della sua famiglia.

–Ti ricordi che sabato scorso, Trunks ti ha chiesto di parlargli della vostra razza?- gli chiese Bulma; era seduta accanto a lui con le gambe raccolte al petto e il viso poggiato sulle ginocchia, lo guardava.
Lo vide annuire mentre tornava a guardare quel pezzo d’oro, così prezioso non solo materialmente. –Gli hai anche disegnato lo stemma della tua famiglia quando te lo ha chiesto.-

Il Saiyan si voltò a guardarla.

–Quando l’ho visto mi è venuta l’ispirazione. Ho preso il disegno e sono andata dal miglior orefice del paese, per farglielo confezionare. Lo avrei fatto in platino ma ci sarebbe voluto troppo tempo, e io non ne avevo.- spiegò mentre lui ancora fissava incredulo il piccolo oggetto.

Un piccolo sorriso si delineò sul suo volto, era riuscita a stupirlo con una cosa così semplice. Richiuse la scatola e la poggiò sul comodino affianco a letto, quando tornò da lei nei suoi occhi c’era la stessa luce che aveva ogni qual volta era pronto a saltarle addosso, anche se si poteva leggere anche una nota di gratitudine. La tirò per un braccio facendola avvicinare e la baciò, ringraziandola silenziosamente.


***
 

 

Sbadigliò sonoramente stiracchiandosi per bene, la coda alle sue spalle si muoveva flemma, aveva il torpore del sonno ancora addosso nonostante avesse fatto una doccia fredda. Il corridoi era fresco, a differenza della sua stanza che era un forno. Avevano  un sistema di controllo della temperatura centralizzato che poteva essere modificato a seconda della stanza e della temperatura esterna, di notte preferivano tenere l’impianto spento e riaccenderlo il mattino dopo, per questo le stanze diventavano così calde. Con un sorriso da orecchio a orecchio, scese le scale che separavano la zona notte della zona giorno e si precipitò in cucina, dove lo attendeva un’abbondante colazione.
-Buongiorno!- esclamò rivolto agli occupanti della stanza.

Quando però si guardò attorno vide solo la nonna e la sorellina, che seduta sul seggiolone si stava impiastricciando con la pappa.

–Buongiorno tesoro, ben svegliato! Siediti e mangia qualcosa.- squittì la donna bionda con il solito sorriso.
Trunks si sedette a tavola continuando a guardarsi in giro.

–Dove sono mamma e papà?- chiese affondando il cucchiaio nella mega tazza di latte e cereali.

–Sono in ufficio, tesoro.- rispose la nonna togliendo dalle mani il cucchiaino alla più piccola, in modo da impedirle di pasticciare ancora.

–Di già?- chiese portando il cucchiaio alla bocca.

–Cosa c’è da ridere?- chiese quando la risata cristallina della nonna gli arrivò alle orecchie.

–È mezzogiorno e mezzo, Trunks.- si sentì dire da Yamcha, seduto davanti alla televisione in salotto.
Il ragazzino si imbronciò mandando giù un’altra cucchiaiata.

–Uffa, volevo fare gli auguri a papà- borbottò prima di portare la tazza alle labbra e bere un sorso di latte.

–Glieli farai quando torna, non ti preoccupare.- lo rassicurò la bionda.
L’undicenne scrollò le spalle e si alzò da tavola non appena terminò la colazione, percorse a ritroso il corridoio.

–Ehi, Trunks. – si sentì richiamare dal soggiorno appena sorpassato.

Fece capolino dalla porta per capire cosa volesse.

–Una partita? Ti va? In attesa che tornino i tuoi.- gli chiese Yamcha, aveva la mano con cui teneva il joistick alza oltre lo schienale del divano,  come a mostrargli che diceva seriamente.

Il piccolo Saiyan ci pensò su qualche secondo, poi entrò nella stanza e si avvicinò alla console, l’accese.

–A che vuoi giocare?- gli chiese mentre osservava la sua collezione di giochi.

Vide il guerriero con la cicatrice sulla guancia alzarsi fino ad avvicinarsi a lui, lo sovrastava di parecchi centimetri in quanto adulto, ma Trunks sapeva tenergli testa.
Yamcha prese uno dei giochi.

–Questo.- disse mostrandoglielo.

–Need for Speed?- chiese fissando l’adulto davanti a lui.

Yamcha annuì e passò il gioco al ragazzino che lo inserì nella console, poi tornò a sedersi sul divano seguito dal piccolo Saiyan, entrambi con un joistick in mano.


***


Era appoggiata con la schiena alla scrivania quando qualcuno entrò nel suo ufficio. Alzò lo sguardo dai fogli che stava esaminando per capire chi fosse entrato. Il suo volto si illuminò quando riconobbe il marito che, tanto per cambiare, era entrato senza bussare. Si guardava alle spalle la porta chiusa con un’espressione schifata, quando si voltò verso di lei Bulma gli sorrise.

–Ciao, come mai qui?-gli chiese poggiando i fogli sulla scrivania.

Lo vide sbuffare e andarsi a sedere sul divanetto a due posti in un angolo dell’ufficio.

–Mi annoio.- ammise poggiando il gomito sul braccio e la testa sulla mano, accavallò le gambe e fissò la moglie.
Bulma incrociò le gambe e si appoggiò con le mani alla scrivania

–Hai già terminato il lavoro?- gli chiese, ricevendo solo un leggero movimento della testa in segno di affermazione come risposta.

La donna sospirò tornando a portare attenzione ai fogli, si voltò dando la schiena al marito, rimanendo appoggiata con le mani sulla scrivania.

–Beato, io ho ancora questi da revisionare.- gli disse aggrottando le sopracciglia.

Lo sentì alzarsi ed avvicinarsi a passo lento, molto silenzioso, fino ad arrivare ad appoggiare una mano sulla scrivania e sbirciare i fogli oltre la sua spalla. In quella posizione poteva avvertire il suo fiato caldo sul collo, il suo odore le arrivò chiaro alle narici, ringraziò la sua reversione per i profumi artificiali. Il suo corpo premuto contro il proprio le impediva di pensare lucidamente.

–Mi stai tentando?- gli chiese voltando la testa per guardarlo in faccia.

Lo vide sbattere le palpebre confuso e poi aprirsi in un ghigno malizioso, uno di quelli che non prometteva niente di buono.

–Perché no?- le sussurrò suadente prima di voltarla verso di sé.

–Dopotutto è il mio compleanno.-

-Intendi usare questa scusa ancora a lungo.- gli chiese mentre poggiava le mani sul suo petto.

Lui, per tutta risposta, la fece sedere sulla scrivania, ma venne fermato poco prima di baciarla, da lei che gli mise una mano davanti la faccia.

–Dovremmo chiudere la porta. Non vorrei che qualcuno entrasse.- spiegò quando vide l’espressione contrariata di lui.

Lo sentì ridacchiare basso.

–Ci ho pensato io. E ora fai silenzio.- detto ciò la baciò con foga, senza darle tempo di replicare.

Non che lo volesse fare, il sesso in ufficio era uno dei suoi tanti desideri che, con Yamcha, con aveva potuto, o voluto, esaudire. Ricambiò il bacio mentre con una mano cercò e premette un pulsante situato sotto la scrivania, ringraziò mentalmente il sistema di chiusura automatica delle tende. Infilò le dita nella chioma scura del Saiyan e si lasciò andare alle sue carezze, presto i vestiti furono di troppo quindi vennero tolti e lasciati cadere sul pavimento della stanza mentre i due amanti si mangiavano a suon di baci.


***


Chiuse la porta dell’ufficio soprappensiero, era molto rilassata, cosa strana per chi aveva appena terminato una giornata lavorativa. Ma lei aveva avuto una distrazione, se così si poteva chiamare, che aveva lo stesso nome di un pianeta scomparso anni fa. Proprio la “distrazione” in questione era appoggiato al muro accanto alla porta, braccia incrociate e sguardo accigliato, quasi ce l’avesse con il mondo intero. Lei gli sorrise e si avviò per il corridoio, seguita a pochi passi da lui.

–Ciao Sakura, ci vediamo lunedì.- disse alla sua segretaria.

–Buona giornata Mrs Prince! A lunedì.- disse alzandosi in piedi, poi si rivolse all’uomo dietro di lei.

–Mr. Prince ho saputo che oggi compie gli anni! Tanti auguri. – disse con un sorriso luminoso.

Il diretto interessato rispose mugugnando qualcosa di incomprensibile, la povera segretaria perse il sorriso, delusa dalla reazione apatica del superiore.
Bulma le sorrise rassicurante, conosceva il caratteraccio del marito e sapeva che per lui era già tanto aver  risposto in quel modo e non con qualche insulto nella sua lingua, il lavoro in ufficio, a contatto con i terrestri, aveva migliorato la sua educazione verso di essi. Lo prese per mano e lo trascinò lungo tutto il corridoio.

–Ehi! Che fai te ne vai senza salutarmi?- disse una voce femminile.

La coppia si voltò e videro una donna, con i capelli corti vestita con jeans e camicia, avvicinarsi a loro.

–Al! Pensavo fossi andata via prima.- disse l’azzurra senza staccare la mano da quella del marito.
La mora sospirò passandosi la mano tra i capelli scuri.

–No,  dopo le ferie che ho preso il mese scorso mi toccano gli straordinari.-.

Lo sguardo le cadde sulle mani intrecciate dei due, sorrise tornando a guardarli in faccia.

–Ehi, ma siete vestiti uguali.- esclamò ridendo.
I diretti interessati si guardarono: il venerdì era il giorno “casual”, ossia non era obbligatorio venir vestiti eleganti e loro, inconsciamente, avevano scelto lo stesso abbigliamento. T-shirt bianca, jeans scuri e sneakers nere, non era mai successo che si vestissero allo stesso modo, anche  perché Vegeta prediligeva i colori scuri, come il blu o il nero, mentre Bulma amava il rosso e l’azzurro.

–Vi siete messi d’accordo?- chiese ancora Al.

–No è un caso.- rispose l’azzurra osservando il marito, il quale guardava altrove.

–Oh, ho saputo che oggi è il tuo compleanno, auguri!- squittì la giovane donna allungando una mano verso il Saiyan.

Lui però la ignorò, provocando il broncio sul viso di Al e un sospiro in Bulma.

–Noi andiamo, ci vediamo lunedì.- cambiò discoro quest’ultima.

Al le sorrise –A lunedì, buona giornata.- disse tornando sui suoi passi.

–Possiamo andare ora? O c’è altra gente che devi salutare?- borbottò Vegeta spazientito;  a lui socializzare non piaceva, soprattutto quel giorno in cui, ogni singola persona, gli faceva i propri auguri aspettandosi un ringraziamento da lui.
Bulma non fiatò riprendendo a camminare, quel giorno poteva evitare di discutere.

–Sai, - iniziò attirando la sua attenzione. –Fare l’amore in ufficio è una cosa che ho sempre desiderato fare.- terminò abbassando il tono delle voce.

Lui ghignò, altro punto della lista eseguito.


***


-Non riesco a seminarlo.- disse il piccolo Saiyan fissando trucemente la macchina riflessa nello specchietto retrovisore.

–Hai provato con la banda chiodata?- chiese Yamcha senza staccare gli occhi dalla strada.

–Si, ma questo stronzo continua ad evitarla.- rispose mentre faceva fare una curva pericolosa alla sua auto.

Premette di scatto il tasto R2 e l’auto sfrecciò in avanti, passando da 0 a 150/200 km/h in un secondo, seminando, finalmente, l’auto pattuglia dietro di lui.

–Si!- esclamò battendo il cinque all’uomo seduto al proprio fianco.

–Un’altra?- chiese Trunks scorrendo sul menù principale del gioco. –Questa volta voglio essere un’auto pattuglia.- continuò tenendo gli occhi fissi sullo schermo.

–Va bene, io voglio essere ancora un pilota. Vediamo se riuscirai a prendermi.- disse l’uomo con la cicatrice sulla guancia.

I due guerrieri si scambiarono un’occhiata di sfida, nessuno dei due voleva perdere ma sarà la loro abilità nella guida a deciderlo.
 
-Mi hai battuto.- disse Yamcha dopo qualche ora.

Trunks si stiracchiò ridendo.

–Ti avevo quasi seminato e invece mi hai preso.- continuò guardando il ragazzino.

–Già, mi hai dato filo da torcere, non quanto papà, ma sei stato bravo.- rispose scendendo dal divano per poter cambiare gioco.

–Vegeta gioca con te ai video game?- chiese sorpreso.

Trunks si limitò annuire. –A che vuoi giocare ora?- chiese al ragazzino cambiando discorso.

–Non so… Mortal Kombat?- chiese voltandosi di tre quarti verso l’interlocutore.

–Vada per Mortal Kombat- asserì il più grande.
Trunks prese il gioco e lo inserì, poi tornò al proprio posto, pronto per una nuova schiacciante vittoria.


***


-Siamo a casa.- urlò Bulma dall’ingesso.

Non appena chiuse la porta il telefono iniziò a squillare.

–A quest’ora?- si chiese andando a rispondere.
Vegeta, che fino a quel momento non aveva emesso un fiato, si guardò attorno indeciso se precedere la compagna al piano di sopra, così da potersi godere una doccia senza distrazioni, o attenderla proprio per le distrazioni in questione.

–Bentornato a casa.- sentenziò Yamcha avvicinandosi al Saiyan, il quale lo guardò con la coda dell’occhio.

–Ho saputo che oggi è il tuo compleanno, beh tanti auguri. – gli disse sorridente porgendogli la mano, quasi fossero vecchi amici. In realtà a mala pena si sopportavano a vicenda, quindi erano del tutto fuori luogo quel sorriso e quella mano tesa.

–Tsk.- disse soltanto il Saiyan prima di allontanarsi, lasciando il terrestre con la mano tesa e un’espressione confusa.

–Trunks! C’è Goten al telefono!- sentì urlare Bulma dalla stanza accanto.

–Passa la chiamata sulla linea di camera mia.- urlò di rimando il ragazzino percorrendo il corridoio a velocità stratosferica, stranamente la madre non gli disse niente.
-Che gli prende?- chiese alla donna quando rispuntò, indicando alle sue spalle.

–A Vegeta intendi?- chiese conferma. Yamcha annuì, insomma, non che fosse anormale il fatto che lo avesse ignorato però c’era qualcosa di strano, sembrava più nervoso del solito.

–Oh beh, lui detesta socializzare e oggi quasi tutti in ufficio gli hanno fatto gli auguri, aspettandosi un ringraziamento. È parecchio irritato.- rispose scrollando le spalle.

Yamcha fissò il punto dove padre e figlio erano scomparsi, chiedendosi come facesse Bulma a combattere con quei due ogni giorno.
 

***


La telefonata era durata più del dovuto, si erano persi in chiacchiere e Goten aveva finito per dimenticarsi il motivo per il quale aveva chiamato, così gli aveva suggerito di pensarci su e richiamarlo quando se lo fosse ricordato. Mise giù la cornetta del telefono e sospirò, possibile che gli idioti tutti lui li doveva trovare? Rise tra sé constatando che se la madre lo avesse sentito avrebbe di sicuro detto che era una frase che avrebbe detto suo padre. A proposito di lui, non gli aveva ancora fatto gli auguri né tanto meno consegnato il suo regalo. Si alzò dalla sedia ed aprì il cassetto della scrivania, prese un pacchetto rettangolare e lo mise in tasca, poi uscì dalla stanza.
Per  fortuna incrociò il padre in corridoio.

–Papà!- lo richiamò facendolo fermare e voltare.

Lo raggiunse di corsa, fermandosi proprio di fronte a lui con un sorrisone. –Tieni.- disse allungandogli il pacchettino.

Vide il padre alzare un sopracciglio confuso ma prese comunque la scatola. La aprì scoprendone il contenuto: un portachiavi argentato rotondo, con sopra incise le sue iniziali, V.P.

–Aprilo.- suggerì Trunks.

Fece come gli era stato detto; all’interno, nelle due metà, vi erano una foto di Bra e una di Trunks. Represse un sorriso, mentre richiudeva e voltava il portachiavi: dietro vi era incisa una frase nella sua lingua nativa che recitava:

 

A mio padre, un uomo che non ha nulla da invidiare a nessun altro, di cui vado fiero e non cambierei per nulla al mondo. Ti voglio bene. Trunks.” 

 

–Tanti auguri.- sussurrò sottovoce il ragazzino.

Questa volta il sorriso sfuggì, addolcendo i tratti spigolosi del principe dei Saiyan. Mise il dono in tasca e scompigliò i capelli al figlio.

–Grazie.- disse facendo illuminare gli occhi del figlio. 

Sapeva che nient’altro poteva farlo felice se non una sua dimostrazione d’affetto, se pur piccola e celata.

–Vieni ad allenarti con me?- gli chiese.

Il ragazzino annuì convinto e sparì all’interno nella propria camera mentre il Saiyan maggiore tornava nella propria e poggiava il portachiavi accanto al ciondolo dorato.
 

***


-Neanche il giorno del suo compleanno smette di allenarsi- borbottò Bulma entrando in camera. Buttò la ventiquattrore da una parte e si sdraiò sul letto, sospirò riflettendo sulla mania dei suoi uomini di fare a botte.

–Mamma-

Una vocina familiare le arrivò alle orecchie, così si sollevò mettendosi seduta: Bra aveva aperto la porta spingendola un poco e ora sostava sulla soglia, con un peluche più grande di lei tra le mani.
Bulma sorrise ed invitò la bambina ad entrare nella stanza,  che accettò volentieri l’invito correndo mal ferma sulle gambine paffute. La donna la prese tra le braccia e la sollevò in alto, provocando le risa della bambina.

–Ehi piccolina, più passa il tempo più diventi furba.- disse sfiorando il naso della piccola con il proprio.

Bra ridacchiò e Bulma la mise sul letto mettendosi a giocare con lei e il peluche.
Non si accorse del passare del tempo fin quando non sentì la voce del compagno dire:

-Che ci fa lei qui?-

Bulma si voltò e scorse sulla soglia il marito con addosso solo i jeans e un asciugamano al collo, sembrava essersi fatto appena la doccia.

–Finiti gli allenamenti?- gli chiese continuando a giocare con la bambina.

Sentì a mala pena i suoi passi sul parquet mentre attraversava la stanza. Quando le passò di fianco avvertì chiaro l’odore del bagnoschiuma.

–Ti sei fatto la doccia al piano di sotto?- chiese voltandosi a guardarlo, ora lui se ne stava in piedi alle sue spalle.

–Si.- rispose asciutto.

–E perché? Non usi mai il bagno di sotto.- indagò la donna.

Vegeta sbuffò mettendosi a tamponare i capelli con l’asciugamano.

–L’ho fatto e basta.- tagliò corto.
L’azzurra ignorò la sua risposta apatica e tornò a portare attenzione alla bambina che aveva cominciato a giocare con la propria coda. Se non l’avrebbe sotto gli occhi tutto il tempo si scorderebbe facilmente che la sua bambina è per metà un alieno, dato che ancora non combinava guai.

–Trunks ti ha fatto gli auguri?- chiese lei.

–Si.- rispose monosillabico.

–Ti ha dato il suo regalo? Era così ansioso che appena l’ha preso l’ha nascosto. – spiegò mentre la coda della sua bambina le si attorcigliava attorno a polso.

–È sul comodino.- disse prima che lei glielo chiedesse.
Bulma si alzò sorridente facendo il giro del letto fino al comodino del marito: accanto al ciondolo che le aveva fatto lei vi era il portachiavi rotondo. Lo aprì incuriosita, sapeva che quel tipo di oggetto poteva contenere delle foto. Sorrise alla vista delle foto di entrambi i bambini, Trunks aveva pensato anche alla sorellina, dimostrandosi meno egoista di quanto volesse far credere.  Voltò il portachiavi e trovò una frase incisa nella lingua che Vegeta e Trunks parlavano tra di loro, lei conosceva solo qualche parola per cui non comprese il significato.

–Che significa?- chiese al compagno mostrandogli l’oggetto. Lo vide avvicinarsi e sedersi accanto a lei, non fece in tempo a prendere l’oggetto che la figlia gattonò sul letto fino a mettersi in mezzo ai genitori. Bulma rise e gli mostrò l’oggetto per fargli vedere la scritta.

–Dice A mio padre, un uomo che non ha nulla da invidiare a nessun altro, di cui vado fiero e non cambierei per nulla al mondo. Ti voglio bene. Trunks.”- tradusse mentre una strana sensazione si faceva largo in lui, un tempo si sarebbe chiesto cosa fosse, invece ora sapeva che si chiamava “felicità”.

–Oh, che bello.- disse semplicemente accarezzando l’incisione.
Bra, che si sentiva messa da parte, attirò l’attenzione dei genitori tirando il peluche in testa al padre con forza.

–Ahio.- si lamentò il principe colto di sorpresa, non gli aveva fatto realmente male era stato istintivo lamentarsi.

La piccola ridacchiò e ripeté il gesto.

–Ahio.- ripeté il diretto interessato provocando un’altra risata nella bambina.

Non sapeva perché lo stava facendo, un tempo avrebbe ucciso per un affronto simile, invece con lei si limitava a ripetere quella parola solo per sentire la sua risata. Soprappensiero non si accorse quando Bra cominciò ad arrampicarsi addosso a lui, fin quando non se la ritrovò in braccio. Non aveva molto equilibrio, la bambina, per cui si sbilanciò leggermente all’indietro rischiando di cadere. Fu istintivo per lui afferrarla al volo ed impedirle di cadere, Bra gli regalò un sorriso radioso che le creò delle fossette sulle guance.

–E queste?- chiese Bulma toccando la guancia della figlia.

–Io non ho queste fossette. Deve averle riprese da te.- disse mentre entrambi la fissavano.

Vegeta non sorrideva spesso, per cui non era certa che lui avesse quelle fossette sulle guance quando lo faceva.

–Papà- disse la piccola riattirando l’attenzione su di sé.

–Papà! Papà!- ripetè muovendo le braccia, poi abbracciò il padre cogliendolo di sorpresa.

Bulma sorrise ed appoggiò la testa sulla spalla del compagno che, non sapendo come comportarsi, era rimasto immobile.

–Papà!- ripetè di nuovo la bambina facendo sorridere un poco il padre, rivelando quelle fossette che entrambi i figli avevano.

–Sei tu ad avere le fossette. Quando sorridi si vedono bene.- disse sottovoce continuando a tenere la testa sulla sua spalla.

Vegeta borbottò qualcosa osservando la figlia che aveva iniziato a giocare con la propria coda e si sentì… rilassato.
Prima di trasferirsi sulla Terra non aveva mai festeggiato il compleanno , non aveva né tempo né interesse per quelle cose, al massimo ingannava il tempo con qualche donna dalle forme più o meno umanoidi. Non che ora gli interessasse, più che altro lo faceva per loro, la sua famiglia, che sembrava tenerci a quelle occasioni. Così li accontentava. Più passava il tempo e più si rendeva conto che il miglior regalo che la vita avesse mai potuto fargli era quella donna dai capelli azzurri così testarda, che non si era mai arresa, con la quale aveva formato quella splendida, se pur particolare, famiglia. 






angolo dell'autrice:


Eccomi tornaaaaataaaaaa :D vi sono mancata? spero di si uwu bene bene ho deciso di cimentarmi con i compleanni, partendo da quello del nostro principe naturalmente :3 
Perchè il 15 giugno? Non lo so ho scelto un giorno a caso del mese della mia nascita. (Avrei messo anche il mio giorno di nascita se non avessi dovuto tener conto che poi l'estate sarebbe passata troppo in fretta e io non ho voglia di scrivere a tema invernale >.>) Adoro l'estate quindi ho deciso che tutti i componendi della famiglia Prince siano nati d'estate uwu
L'estate è arrivata da ormai un mese e io sono stata promossa senza debiti quest'anno yeeeh :D Quindi ho tutto il tempo per scrivere e leggere a volontà °^° sempre che il blocco dello scrittore non si faccia di nuovo vivo =__=  
Bene ho un altro capitolo già abbozzato, devo solo finirlo e revisionarlo per bene prima di pubblicarlo. Forse riesco a inserirlo domani in serata, a meno che io non faccia la pazzia di finirlo adesso alle 3:17 di notte °^°.
Bene ora mi dileguo, aggiungo che risponderò il prima possibile alle recensioni sul precedente capitolo. Buonanotte lettori :3

 

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Capitolo 20
*** Sister and traditions ***


Poggiò i piedi sul terreno, scoprendolo fertile e in ottime condizioni per un pianeta del genere. Si guardò attorno cercando di capire se fosse  nel posto giusto. I suoi occhi guizzarono lungo tutto l’ambiente circostante, per poi fermarsi sull’enorme distesa verde che si  estendeva per chilometri  tutto intorno. Si stiracchiò allungando le braccia verso l’alto, fece un respiro profondo beandosi di quella sensazione di tranquillità che, pian piano, prendeva possesso delle sue membra. Il forte odore di terra, erba e acqua inondò le sue narici facendo danzare l’olfatto sopraffino. Quanti anni erano che non si beava di un odore così buono?  Piegò una gamba, fino a far combaciare il tallone con una natica, per stirarla per bene. Si aiutò con le mani e fece la stessa cosa per l’altra gamba mentre continuava ad osservare l’ambiente circostante con un sorriso.
- È qui, dunque, che sei finito oniichan* - Disse prima di iniziare a camminare verso una meta precisa.

***
 
Si asciugò il sudore della fronte con una manica, nella mano destra una chiave inglese. Fece ricadere il braccio lungo il fianco ed osservò soddisfatta il lavoro appena terminato: un sorriso si aprì sul suo volto, illuminandolo. Si avvicinò al tavolo di metallo poco distante, dove aveva poggiato lo schema del progetto. Prese i fogli con la mano libera e li esaminò accuratamente. Una ciocca le si appiccicò sulla fronte, dandole fastidio mentre leggeva. La spostò dietro l’orecchio con la stessa mano con cui reggeva la chiave inglese, ma non si rese  conto che, con quel gesto, era andata a macchiare d’olio il sopracciglio. Un brivido la percorse e si voltò per osservare l’entrata del laboratorio: Vegeta se ne stava appoggiato allo stipite della porta, braccia incrociate e vestiti quasi a brandelli. Inclinò la testa di lato chiedendosi per quale motivo il marito fosse venuto a cercarla. Fu proprio quest’ultimo a toglierle il dubbio.
– La camera gravitazionale non funziona. - Le disse piatto rimanendo fermo al proprio posto. Bulma rimase in silenzio in attesa di ulteriori spiegazioni da parte del compagno.
Vegeta, non avvertendo alcun suono proveniente dalla donna, si voltò nella sua direzione incatenando così i loro sguardi. Si trattenne dal ghignare divertito quando lei sussultò arrossendo un poco: la vide scuotere la testa e tornare composta.
– Che problema ha? - Gli chiese tornando ad osservare il progetto che aveva tra le mani. Lui si staccò dal muro e si avvicinò a lei a passo lento, le braccia incrociate.
– La gravità rimane fissa sui 100, non si alza né si abbassa. - Iniziò lui non staccando un attimo lo sguardo da lei. Si appoggiò con la schiena alla scrivania sulla quale lei stava lavorando.
– Credo sia un problema del computer centrale. - Continuò scrutandola attentamente: sembrava parecchio presa da quel progetto, così tanto da parer non ascoltare una sola parola.
– Uhm, sì, probabilmente è come dici tu. - Disse solamente mantenendo gli occhi fissi sui fogli. Esattamente, non aveva sentito una sola parola di ciò che le stava dicendo. Aggrottò le sopracciglia infastidito.
– Hai capito ciò che ho detto? - Le chiese appoggiandosi con una mano al tavolo di metallo, con un sopracciglio alzato.
 Lei lo ignorò del tutto, andando ad appoggiare i fogli sul tavolo e, mentre li teneva fermi con una mano, andò alla ricerca di una matita a tastoni. Non aveva, infatti, la minima intenzione di alzare lo sguardo da quello schema. Quando, però, si ritrovò a sfiorare la mano di lui, si riscosse voltandosi di scatto verso il marito che la guardava in attesa di una risposta.  Borbottò qualcosa di incomprensibile e si allontanò dal tavolo, intenzionata a riprendere il lavoro interrotto poco prima. Afferrò un cacciavite e si avvicinò al progetto concreto: lo scrutò con un foglio tra le mani cercando le differenze. Non trovandone, si avvicinò al pannello di controllo del laboratorio e diede corrente: il robot si accese per un attimo a intermittenza per poi spegnersi. Provò di nuovo, ma ottenne lo stesso risultato.
– Per quale motivo non vuoi funzionare? - Disse alla macchina che, inerme, sembrava sfidarla a trovare il problema. Come poteva non accettare? La scienza era il suo campo e lei amava le sfide! Non per niente era riuscita nella sfida più impossibile di tutte: conquistare il Principe dei Saiyan, Vegeta Prince. Fu proprio quest’ultimo a tirarla via dai suoi pensieri mettendole una mano sulla spalla e girandola verso di lui.
– Che c’è ancora!? - Sbottò prima di rendersi conto di chi aveva davanti. Gli occhi scuri di suo marito la scrutavano dall’alto di quei pochi centimetri che li separavano, attenti e profondi: ci si poteva perdere dentro per quanto sembravano infiniti. Sussultò quando lui alzò una mano: non che pensasse che le volesse far del male, no. Era solo sorpresa.
Si era stancato di essere ignorato dalla donna: era andato lì con uno scopo e l’avrebbe raggiunto. A passo deciso le si avvicinò, mentre lei fissava in cagnesco la macchina spenta di fronte, e le mise una mano sulla spalle, facendola girare verso di sé. Quando, però, incontrò i suoi occhi azzurri, il suo cuore perse un battito: tutta la rabbia, tutta l’indignazione, scomparsi. La camera gravitazionale era lontana nei suoi pensieri, ora c’erano soltanto quelle due pozze azzurre in cui avrebbe voluto affogare. Notò che su un sopracciglio c’era una macchia scura, probabilmente qualche olio che stava utilizzando.  Quasi inconsciamente sollevò una mano nella sua direzione. La vide sussultare a quel gesto, ma rimase ferma dandogli modo di passare, delicatamente, il pollice sulla macchia nera fino a toglierla completamente. Ma, finito di ripulirla, il suo braccio non ricadde lungo il fianco, come sarebbe stato consono, né dalla sua bocca uscirono parole di scherno per la sua mancata attenzione quando lavorava. La sua mano scivolò sulla sua guancia, accarezzandola delicatamente. Dopo aver bruciato la battle suite, non portava più i guanti neanche quando si allenava. Ebbe così modo di avvertire la morbidezza e il calore della sua pelle sotto i polpastrelli, mentre i suoi occhi si spostarono sulle sue labbra piene, dischiuse in un’espressione di sorpresa. Poi, d’impulso, la baciò.
Bulma spalancò gli occhi, sorpresa. Di tutto si sarebbe aspettata tranne che quel gesto gentile con cui l’aveva ripulita dall’olio, né tanto meno il bacio dolce che le stava regalando. Andò a cercare con la mano destra la sua mano sinistra e la strinse e chiuse gli occhi, abbandonandosi a quel dolce contatto.

***
 
Cambiò ancora una volta canale, mentre sorseggiava il suo milkshake alla fragola. Annoiato dall’ennesimo telefilm, cambiò nuovamente canale premendo il tasto sul telecomando. Alla fine si decise a spegnerla del tutto quando, incappato in un cartone piuttosto idiota, aveva capito che non avrebbe trovato nulla di interessante. Buttò il telecomando da una parte e si sdraiò sul divano con il braccio sinistro piegato dietro la testa. La camera gravitazionale era fuori uso e il padre aveva interrotto il loro allenamento prima del solito, così si era ritrovato a poltrire sul divano, annoiato.
Qualcuno entrò nella stanza attirando la sua attenzione e si alzò a sedere di scatto quando il genitore entrò nel suo campo visivo. Era fresco di doccia dato i vestiti puliti e i capelli ancora umidi. Si fermò un attimo ad osservare la stanza prima di posare gli occhi sul figlio, che se ne stava appoggiato con le braccia sulla spalliera del divano.
– Hai detto alla mamma della camera gravitazionale? - Chiese mordicchiando la cannuccia. Vide l’adulto annuire prima di entrare in cucina, forse alla ricerca di qualcosa di fresco da ingurgitare.
– La nonna ne ha lasciato un altro in frigo. - disse riferendosi alla bibita che teneva tra le mani. Quando capì che il padre non gli avrebbe risposto, si rimise seduto composto sul divano, riaccese il televisore trovando, questa volta, un cartone che attirò la sua attenzione.
Si ricordò del genitore solo quando lo vide sedersi accanto a lui, con in mano lo stesso contenitore che aveva lui.
– Oh siete qui. - Asserì una voce femminile.
Trunks si voltò verso la madre appena entrata. Le sorrise e la seguì con lo sguardo fin quando non si appoggiò allo schienale del divano, fissando la televisione con un sopracciglio alzato.
– Cartoni animati? Non avevi detto che erano idioti? - Chiese al bambino. Trunks si voltò verso la televisione alzando le spalle.
– Non c’era niente di meglio. - Disse tornando a sorseggiare il suo milkshake e a guardare distrattamente la televisione.
– Trunks. - Il bambino si voltò verso il padre con la cannuccia in bocca e un’espressione incuriosita. Scrutò il volto del genitore contratto in un’espressione indecifrabile: avrebbe detto che fosse stato concentrato o arrabbiato, se poi non avesse sollevato il sopracciglio in un moto di perplessità. – L’avverti anche tu? - Il ragazzino alzò le sopracciglia e spalancò la bocca sorpreso.
– Eh? - Disse solamente prima che il campanello suonasse facendo voltare l’intera famiglia verso la porta d’ingresso.
– Aspetti qualcuno, Bulma? - Sentì dire dal nonno appena entrato. Non si era voltato per assicurarsene ma ne era certo.
– No - Rispose semplicemente la madre.
Il campanello suonò di nuovo.
Vegeta si alzò quasi di scatto, abbandonando il bicchiere vuoto sul tavolino davanti il sofà. Sotto lo sguardo attonito della sua famiglia, si diresse a passi svelti all’ingresso fermandosi davanti la pesante porta blindata. Il campanello suonò una terza volta quando anche gli altri tre lo raggiunsero, incuriositi da quel suo strano comportamento. Aprì la porta con lentezza, consapevole sia degli sguardi di moglie, figlio e suocero addosso, sia di chi si celava oltre l’uscio. Quando la porta si spalancò completamente, i due terrestri e il mezzo Saiyan spalancarono gli occhi sorpresi.
– Ciao, oniichan, come te la passi? Ti ricordi di me? - Disse una voce femminile.
Non poteva credere a ciò che vedeva: una donna, che doveva avere qualche anno in meno di Vegeta, con lunghi capelli neri e occhi dello stesso colore, sostava sulla soglia di casa con un sorriso a trentadue denti. Sbatté le palpebre un paio di volte per accertarsi che quella non fosse una visione provocata dal suo cervello.
– Oniichan? - Sentì chiedere dal figlio alla sconosciuta. La ragazza sorrideva ancora, poi qualcosa frusciò alle sue spalle attirando la sua attenzione.
– La coda! - Esclamò quando riconobbe quella singolare appendice che, ormai, caratterizzava tre dei componenti della sua famiglia.
– Pensavo che i Saiyan fossero estinti. - Sentì dire dal padre. Si voltò verso di lui, scoprendolo ad accarezzarsi il mento pensoso.
– Be'? Non mi fai entrare? - Disse nuovamente la mora, ancora sull’uscio.
Il Saiyan scrollò le spalle prima di aprire completamente l’uscio, permettendole così di entrare. Come sospettava, la donna si fermò ad ammirare la casa incantata. La vide inspirare forte, per poi espirare con lentezza. Storse il naso a quel gesto, lo faceva sempre, ogni volta che entrava in un ambiente nuovo, che fosse un nuovo pianeta o un’altra abitazione. Non era cambiata per nulla negli anni.
Girò i tacchi e tornò in salotto, seguito dagli altri, dove si lasciò cadere sul divano. Bulma gli si accomodò accanto mentre Trunks rimase a scrutare l’ospite, rimasta in piedi.
– Cosa ci fai qui? - Chiese all’altra che stava osservando l’ambiente.
– Adesso è vietato viaggiare per lo spazio? - Chiese lei di rimando mettendo le mani sui fianchi, una posa così familiare. Non le rispose, limitandosi a guardarla in cagnesco. La mora prima sbuffò alzando gli occhi al cielo, poi si lasciò cadere su una delle poltrone.
– Ho saputo che eri vivo. Da qualche parte nello spazio, in una galassia chiamata “Via Lattea” ai confini dell’universo, ma vivo. Ho viaggiato in lungo e in largo per ottenere informazioni, poi sono venuta a sapere che, l’ultima volta che eri stato visto, ti stavi dirigendo su un pianeta chiamato Terra. - Spiegò annoiata.
Vegeta schioccò la lingua sul palato. –Questo è successo quasi 18 anni fa.- disse fissandola negli occhi.
– Sai benissimo che non sono una tipa che si arrende facilmente, perciò eccomi qui. - Disse scrollando le spalle, per poi scostare lo sguardo sul fratello e sui presenti che ancora la fissavano in cerca di spiegazioni.
– Ehm… - Disse in imbarazzo sentendosi come un fenomeno da baraccone.
–Posso sapere almeno perché ti ho ritrovato in questa casa? - Chiese al fratello in cerca di aiuto.
Vegeta si appoggiò allo schienale e incrociò le braccia al petto.
– Mi sembra logico. - Rispose.
– Non a me. Sai non ci vediamo da quasi vent’anni, mi sono persa molte cose. - gli rispose l’altra incrociando anch’ella le braccia sull’armatura.
– Ci vivo. Questa è casa mia. - Disse secco. Vide gli occhi della donna spalancarsi sorpresi.
– Casa tua? - Ripeté sconcertata spostando lo sguardo sui presenti. Riportò lo sguardo sul Saiyan indicando però gli altri due.
– E, scusa, ma se questa è casa tua loro sono… -
- La mia famiglia. - Concluse lui mantenendo gli occhi chiusi. Sentì la donna seduta la suo fianco sussultare, era la prima volta che ammetteva di sua spontanea volontà che loro fossero la sua famiglia. Di solito gli altri o già lo sapevano o lo venivano a scoprire nel peggiore dei modi.
Bulma guardò di sottecchi il marito: in quella giornata era la seconda volta che la stupiva. Che fosse impazzito tutto d’un botto?
– Oh, se le cose stanno così. - Disse la mora alzandosi elegantemente dalla poltrona. L’azzurra osservò che aveva lo stesso portamento del compagno, solo più femminile. Una mano fasciata da un guanto le comparve sotto il naso, alzò lo sguardo sulla donna sorridente che le sostava davanti. Sorrise leggermente e si alzò stringendo fermamente la sua mano.
– Io sono Uryasil* Prince, la sorella minore di Vegeta Prince. Piacere di conoscerti. - Si presentò sotto lo sguardo attonito di Trunks, quello curioso di Bulma e quello annoiato di Vegeta. La donna le sorrise solare, anche lei poteva stupirla.
– Io sono Bulma Prince, la moglie di tuo fratello. Il piacere è tutto mio. - Disse facendo strabuzzare gli occhi alla mora mentre il compagno borbottò qualcosa. – Moglie? - Chiese Uryasil sbattendo più volte le palpebre. L’azzurra annuì sorridente lasciando andare la mano guantata della cognata.
– Katsumi.** - Sentì dire dal marito.
– Eh!? - Chiese l’altra voltandosi di scatto verso il fratello.
– Hai capito bene. - Le disse il Saiyan con fare annoiato. Presero a parlare nella loro lingua d’origine, di cui lei capì, sì e no, qualche parola, oltre al suo nome. Vide la mora guardare il fratello sconvolta così si avvicinò al figlio chiedendogli cosa stessero dicendo.
– Non ne ho idea. Qualcosa a proposito di una cosa che nessuno fa mai. - Le rispose il piccolo mezzosangue continuando ad osservare i due consanguinei. Uryasil aggrottò le sopracciglia.
– Yutsi***? - Chiese al fratello. Vegeta si limitò ad annuire fissandola negli occhi, la donna trattenne il fiato per qualche secondo e nella stanza calò il silenzio più totale.
– Questo non ho la minima idea di cosa significhi. - Disse Trunks infastidito.
– Lo scoprirai più avanti, Trunks. - Gli disse il padre. Il ragazzino si sedette per terra a gambe incrociate, con un broncio.
Una mano si posò sulla sua testa costringendolo ad alzare lo sguardo, incontrando quello profondo della donna mora. I suoi occhi erano scuri come quelli del padre ma c’era qualcosa di diverso, erano più simili a quelli della sua mamma, anche se di colore opposto. La vide sorridere.
– Tu come ti chiami? - Gli chiese gentilmente. Trunks aggrottò le sopracciglia infastidito dal tono usato.
– Trunks - Disse, un lampo di orgoglio passò nei suoi occhi e una sorta di ghigno si aprì sul suo viso, troppo giovane per quell’espressione.
– Trunks Vegeta Prince. - Specificò lasciando l’altra senza parole. Era fiero di portare il nome di suo padre e non lo nascondeva; alzò il mento di scatto sorridente. Uryasil si voltò a guardare il fratello confusa.
– Gli hai dato il tuo nome? - Chiese. Vide il fratello limitarsi ad un’alzata di spalle, era rimasto il tipo di poche parole che conosceva.

***
 
Quella casa era decisamente enorme, ci si poteva perdere per i lunghi corridoi. Ci aveva impiegato più tempo del previsto a memorizzare il punto in cui vi era la stanza che, per tutto il tempo che sarebbe rimasta, sarebbe stata tutta sua.
Aveva sbagliato più di cinque volte corridoio, porta e zona della casa ed era stata costretta a tornare sui suoi passi altrettante volte, sperando di non sbagliare più.
Quando si rese conto di essere nella zona opposta a quella in cui era la sua stanza, si fermò a guardarsi attorno. Si era basata sui suoi sensi per distinguere la zona notte della casa dalle altre, però, a quanto pare, aveva sbagliato nuovamente. Fece per tornare indietro quando qualcosa attirò la sua attenzione: si avvicinò alla parete per osservare meglio. Sbatté un paio di volte le palpebre chiedendosi se stesse sognando: appesa al muro, vi era una gigantografia del matrimonio del fratello. Un Vegeta calzato in un elegante smoking nero baciava con passione la sua neo-sposa, tenendo un braccio intorno alla sua vita e l’altra mano, sulla quale spiccava l’anello dorato, intrecciata a quella di lei.
Inclinò la testa di lato confusa: il fratello odiava le foto e le effusioni in pubblico ma su quella parete c’era la prova che, in fondo, non era così. Aggrottò le sopracciglia decidendo di chiedere spiegazioni al diretto interessato.
– Uryasil? - La Saiyan si voltò di scatto incrociando lo sguardo azzurro della proprietaria di casa. Notò che aveva una cesta di plastica tra le mani che straboccava di abiti.
– Che ci fai qui? - Si sentì chiedere.
La mora sospirò: – Stavo cercando la mia stanza, ma questa casa è enorme! - Disse allargando le braccia per dare enfasi alla frase.
– Ti sei persa? - Alzò lo sguardo sull’azzurra scoprendola sorridente. Dovette annuire sconsolata mentre l’altra rideva di gusto.
– Cosa c’è di tanto divertente? - Borbottò gonfiando le guance infastidita. Riportò lo sguardo sulla foto appesa, studiandola nuovamente con più attenzione.
Bulma scosse la testa divertita mentre le si avvicinava di un paio di passi per osservare anche lei il quadro. Sorrise ripensando a quel giorno, a quanto Vegeta si fosse sforzato per renderlo indimenticabile accettando, se pur riluttante, ogni singola richiesta degli invitati, i quali, ogni due per tre, si esaltavano chiedendo ai due un bacio, o del fotografo, perennemente in mezzo ai piedi che scattava in ogni momento. Era stata proprio una splendida giornata.
Portò lo sguardo su Uryasil sorridendole quando si voltò.
– Tutti si perdono qui dentro. Io stessa, a volte, faccio fatica a ricordare a cosa servano tutte le stanze. - Disse.
– Vieni, stavo giusto andando al piano di sopra. Ti mostro la strada, così non ti perderai più. - Le disse prima di iniziare a camminare, seguita a pochi passi dalla Saiyan. Percorsero parte del lungo corridoio in silenzio. Bulma guardava davanti a sé assorta nei suoi pensieri, rispettando gli spazi della donna, e Uryasil si guardava attorno memorizzando ogni singolo dettaglio di quella casa. Come avrebbe fatto a memorizzare tutto? Era enorme. Notò che, quasi su ogni parete, c’era almeno una foto di famiglia: che fosse dei figli, del matrimonio o di tutti insieme, era irrilevante. C’era, punto.
–Posso farti una domanda?- chiese all’improvviso Uryasil.
–Certo.- rispose la turchina sorridente.
– Da quanto tempo tu e mio fratello… state assieme? - chiese fermandosi un attimo per trovare le parole giuste.
– Incluso o escluso il matrimonio? - le chiese l’altra di rimando.
–Incluso, credo. - rispose aggrottando le sopracciglia, non si aspettava una contro domanda.
– Sono dodici anni che stiamo assieme, di cui dieci di matrimonio. - le disse voltandosi leggermente per osservarla. La Saiyan si lasciò sfuggire un’espressione stupita, piacevolmente sorpresa. Da ciò che ne sapeva, il fratello non aveva mai “frequentato” la stessa donna, o meglio, essere di fattezze femminili, per più di una notte. Di solito morivano per mano sua o, raramente, le lasciava andare conscio che sarebbero finite nel letto di qualche altro guerriero. Salì le scale quasi automaticamente, mentre la sua mente era ancora persa in mille ricordi della sua infanzia e adolescenza. Tra le due donne era sceso di nuovo un silenzio religioso, e quella situazione le dava fastidio.
- Perché? - chiese poi a Bulma. L’azzurra sobbalzò presa alla sprovvista.
– Cosa perché? - le chiese mentre percorreva il lungo corridoio della zona notte.
– Perché stai con lui? Se fossi state su Vegeta-sei avrei capito, è un principe dopotutto, ma qui non è altro che un uomo. Perché allora? - specificò seguendola quando entrò in una stanza. Si guardò attorno, appurando che fosse quella del ragazzino.
Bulma appoggiò la cesta sul letto, sfatto, e si accinse ad aprire i cassetti dell’armadio. Piegò i vestiti del figlio e li mise all’interno, prendendo tempo per rispondere. Quando però si voltò, si accorse che la Saiyan si stava spazientendo così, sospirando, le rispose.
- Perché lo amo, Uryasil. Lo amo. - disse semplicemente. Notò lo sguardo smarrito della donna e si chiese se avesse compreso.
– Sai cos’è l’amore? - le chiese subito dopo. Uryasil  ci pensò un po’ su poi scosse la testa con veemenza, quella parola nel suo vocabolario non esisteva neanche.
Bulma sorrise tornando a sistemare i panni, era ovvio che non conoscesse il significato della parola, dopotutto aveva vissuto lo stesso inferno del marito.  Chiuse il cassetto e riprese la cesta dal letto, fece cenno a Uryasil di seguirla prima di uscire dalla stanza del figlio, chiuse la porta e proseguì il tragitto in corridoio.
– Se ti dovessi dare la definizione che troveresti sul vocabolario, ti direi: “Dedizione appassionata ed esclusiva, istintiva ed intuitiva fra persone, volta ad assicurare reciproca felicità, o la soddisfazione sul piano sessuale.” Ma l’amore non è solo una parola, è molto molto di più. - incominciò con un piccolo sorriso che le affiorava sulle labbra: le sembrava di tornare ad anni addietro, quando aveva provato a spiegare a Vegeta cosa provasse. Si voltò leggermente per osservare l’espressione della cognata che la fissava in attesa, sorrise.
– L’amore si può definire come un legame tra due persone, un legame molto forte. È un sentimento molto potente, di quelli che ti strazia l’anima e ti toglie il respiro. Ti fa passare la fame, il sonno, la stanchezza, e rischi di ritrovarti un sorriso idiota stampato in faccia o di passare la notte a piangere lacrime amare. - sospirò travolta dai ricordi: quante notti in lacrime aveva passato? Quante a fissare il soffitto in sua attesa? Troppe. Si rendeva conto che era da pazzi soffrire in quel modo per una persona che, alla fin fine, neanche se lo meritava.
– L’amore è quando litighi furiosamente con una persona, gli urli di sparire, gli tiri gli oggetti e poi senti la sua mancanza. Quando vorresti soltanto stare tra le sue braccia, anche se sai che ciò ti distruggerebbe. È farsi da parte per mettere al primo posto l’altro, è sospirare malinconica, è piangere e ridere insieme, è sentirsi incompleti se l’altro non c’è. È urlargli di andarsene e sperare il suo ritorno, è aver voglia di picchiarlo per le cazzate che fa ma poi finire per farci l’amore. - rise a quell’ultima parola. Stava cercando di spiegare il significato di una parola usando la stessa.
Aprì la porta della propria stanza. A furia di parlare quasi si dimenticava di finire ciò per cui era venuta, mentre la Saiyan era ancora dietro di lei.
– Amore è anche questo. - disse indicando la stanza con un gesto.
Urysail si guardò attorno, osservando la grande stanza nella quale aveva appena messo piede, sicuramente la più grande che avesse mai visto in vita sua. Al centro, con la testiera appoggiata al muro, vi era un enorme letto a due piazze con delle lenzuola azzurre che vi spiccavano. Sulla sinistra un armadio altrettanto grande, e ai lati del letto, i comodini. Tutt’intorno alle pareti vi erano foto, foto in posa, modificate, spontanee, fatte di nascosto, buffe, serie, che sprizzavano allegria. La Saiyan dovette fare un giro su se stessa per poterle ammirare tutte, e una in particolare le incuriosiva. Alle sue spalle vi era una piccola cornice in ferro battuto, molto semplice ma robusta, e al suo interno vi era una foto del fratello. Sorridente. Non la sua solita espressione corrucciata, non un ghigno, non un sorriso appena accennato, neanche un mix dei due ma un vero sorriso sincero, divertito, uno di quelli in cui si notavano benissimo i denti perfetti e i due canini pronunciati. Sembrava fargli risplendere tutto il volto.
– Quella è stata scatta quando Trunks aveva sette anni. – si sentì dire dall’azzurra che le si era avvicinata, e che vide staccare la cornice dal muro e prenderla in mano. Non ricordava bene cosa fosse successo quel giorno, sapeva solo che suo figlio aveva fatto qualcosa di così teneramente divertente che persino Vegeta si era messo a ridere di gusto. Lei era rimasta a fissarlo rapita: le sembrava ancora più bello con il volto rilassato e un’espressione divertita invece del solito cipiglio, mentre suo padre era stato più veloce scattando una foto al Saiyan in quel più unico che raro momento.
– Non ho mai visto mio fratello ridere. - sussurrò Uryasil, fissando l’immagine. L’azzurra rimise la foto al proprio posto: custodiva gelosamente quell’immagine. Per questo l’aveva appesa in camera loro, un luogo dove solo pochi potevano entrare. Si avvicinò all’armadio e lo aprì. Prese degli abiti dalla cesta e li mise all’interno. Aprì i cassetti e fece la stessa cosa, poi richiuse i cassetti e le ante.
– Quindi voi dormite insieme? - chiese incuriosita sedendosi sul grande letto.
–Sì, ti fa tanto strano? - le chiese Bulma mentre spariva nel bagno.
– Il fatto che condividete lo stesso letto? No, non più di tanto. Mi fa strano il fatto che tu sia ancora viva, dopo essere passata nelle mani di mio fratello.- disse atona, quasi la cosa fosse normale. Ripensando a chi fosse stato Vegeta prima di stabilirsi sulla terra, le faceva capire che, sì, era una cosa normale per loro. Rise tornando in camera a mani vuote.
– Mi stai dicendo che nessuna donna che è entrata nel letto di Vegeta ne è uscita viva, prima di me? - le chiese sorridente.
– Quasi nessuna, le altre morivano per mano di altri soldati. - Continuò senza espressione nella voce, si alzò dal letto e si guardò attorno, cercando di imprimere bene nella sua memoria ogni dettaglio. Seguì l’azzurra fuori dalla stanza: non aveva fatto una piega a quella rivelazione, se non l’aver scosso la testa rassegnata. Scoprì, finalmente, che la sua stanza era la penultima porta del corridoio, lontano dagli schiamazzi dei bambini.
-
Seduta su una sedia in salone, Uryasil mangiava un ghiacciolo all’amarena. La coda alle sue spalle ondeggiava tranquilla, confermando l’apparente stato di tranquillità della donna. Si voltò quando sentì la porta aprirsi, altri non era che il fratello che stava attraversando il salone per entrare in cucina. Lo seguì con lo sguardo finché poté, quando scomparve dalla sua visuale, si affidò all’udito sopraffino di cui era dotata. Lo sentì aprire il frigo e tirare fuori qualcosa, chiuderlo e tornare verso di lei, fino a quando ricomparve nel salone e si buttò sul divano a peso morto. Emanava un forte odore di sudore, sicuramente era appena uscito dagli allenamenti.
– Oniichan? - lo richiamò senza voltarsi.
– Mh? - lo sentì rispondere. Sentì che ciò che aveva preso dal frigo veniva aperto. Si voltò per guardarlo in faccia.
– Sei innamorato? - Chiese limpidamente. Lo vide sgranare gli occhi e cominciare a tossire, si era strozzato con la bevanda.
– Ma che ti viene in mente? Che razza di domande fai? - le inveì contro il fratello che fece un altro paio di colpi di tosse, prima di riprendersi completamente.
– Bulma mi ha detto che vi amate. - Gli rispose continuando a fissarlo: lo vide indugiare su quelle parole.
– Sei arrossito, oniichan. - gli disse ridacchiando. – Non ti ho mai visto arrossire. - Il fratello fece scattare il mento nella direzione opposta con un verso simile a “tsk”. Lo sentì borbottare qualcosa sottovoce, diede un ultimo morso al ghiacciolo prima di parlare.
– Non mi hai risposto. - gli disse tenendo il bastoncino di legno tra i denti.
– Chi ti ha messo in testa queste cose? - Eluse la domanda della sorella con un’altra domanda, sperando di sviare il discorso.
– Ho chiesto a Bulma perché stavate insieme e lei mi ha detto che ti ama. Non ho ben compreso cosa volesse dire, ma mi è sembrato qualcosa di bello, visto come i suoi occhi si illuminavano quando ne parlava. - passò il bastoncino tra i denti, dando dei piccoli morsi. Il fratello borbottò qualcosa riguardo al fatto che la moglie non sapeva stare zitta.
– Tu non ami tua moglie, oniichan? - gli chiese girando la domanda. Vegeta si massaggiò le tempie con una mano.
– Non ho detto questo. - borbottò in direzione della sorella.
– Allora la usi soltanto. - disse Uryasil guardando il soffitto.
– Cosa? No! - Scattò il Saiyan maggiore, per poi rendersi conto di aver agito senza pensarci. Uryasil gli sorrise spezzando il bastoncino con i denti.
– Allora ti stai divertendo e basta. - Tirò ancora la corda, sapeva che stava per cedere.
– Smettila, Uryasil. - disse Vegeta a denti stretti.
– E perché mai? Sto solo cercando di capire cosa provi per lei. - continuò facendo girare la sedia.
– Sai cosa provo, finiscila. - Incrociò le braccia la petto fissando truce la sorella che si divertiva a far girare la sedia su se stessa.
– No che non lo so! Io sono estranea di questo mondo, ricordi? - disse fissando il soffitto mentre girava. Vegeta strinse il pugni infastidito: sua sorella era tremenda, ecco perché andava così d’accordo con la moglie.
– Se rispondo la fai finita? - sibilò. Uryasil si fermò di colpo e rivolse un sorriso al fratello, annuì.
Il Saiyan maggiore prese un respiro profondo cercando di calmarsi, fissò altrove per non far capire alla donna cosa gli passasse per la testa.
– Sì. - disse monosillabico.
– Contenta? - le chiese voltandosi a guardarla. La vide saltare giù dalla sedia per andare a buttare il bastoncino.
– Ora sì. - ed uscì dalla stanza, lasciando il fratello a chiedersi cosa avesse fatto di male, affinché le uniche due donne presenti nella sua vita fossero così terribilmente insistenti su certi argomenti.

***
 
Lo scalpiccio di piccoli piedi rimbombava per il corridoio della zona notte: nessuno a quell’ora del pomeriggio si ritirava in camera, quindi il silenzio regnava sovrano in quella zona della casa. Bra, risvegliatasi dal suo riposino pomeridiano, percorreva a passi mal fermi il corridoio su cui affacciavano le camere, giungendo alla scala che portava al piano inferiore. La scese a suo modo: si arrampicò sul corrimano e scivolò per tutta la sua lunghezza, finendo con il culetto fasciato dal pannolino sul parquet. Rise e si rialzò, facendo leva sulle braccia. Recuperò, poi, il suo peluche e si addentrò nel grande salone. Aveva sperato di trovare i genitori all’interno e si imbronciò quando si rese conto che vi era solo una donna dai lunghi capelli neri, a lei sconosciuta. Le si avvicinò e le tirò la gamba dei pantaloni della tuta, attirando la sua attenzione.
Uryasil guardò in basso, accorgendosi solo in quel momento della bambina che la guardava con il ciuccio in bocca. Si abbassò alla sua altezza.
– E tu chi sei piccolina? - le chiese guardandola con tenerezza: le erano sempre piaciuti i bambini. La prese in braccio per poterla guardare meglio: la bimba aveva degli splendidi occhi blu in cui riconobbe il taglio tipico della sua razza. Le sorrise.
– Non dirmi che sei anche tu figlia di quel brontolone di mio fratello. - Le disse come se potesse risponderle.  Le tornarono in mente le foto lungo il corridoio e nella camera matrimoniale: c’era una bambina, di per sé, con i capelli e occhi azzurri, ma non sapeva il suo nome. Delle grida furiose spezzarono il silenzio. Uryasil sussultò spaventata, poi attizzò l’orecchio e cercò di distinguere le voci: - Finiscila! - proruppe una voce profonda.
– No! - rispose una più acuta.
– Smettila di tormentarmi! - disse ancora una volta la voce maschile.
– Neanche per sogno! – sentì dire da quella femminile.
Riconobbe le voci del fratello e della cognata: sembravano arrabbiati e si chiese se fosse il caso di intervenire. Fu distratta dall’arrivo di Trunks, che sembrava essere appena sfuggito a una catastrofe. Lo vide sospirare sollevato, prima di avvicinarsi a lei.
– Cosa sta succedendo? - chiese la Saiyan. Trunks scrollò le spalle.
– Stanno litigando, tanto per cambiare. - le rispose guardandosi alle spalle con espressione rassegnata.
– Non preoccuparti, è normale per loro. È il solo modo che conoscono di “comunicare”. - aggiunse. Uryasil lo guardò scettica.
– E perché tu avevi quell’espressione allarmata in faccia? - gli chiese.
– Perché sono passato di fianco a loro, rischiando che se la prendessero anche con me. – rispose mentre un brivido gli percorse la schiena. Solo una volta era capitato che si fosse intromesso nel litigio, e si era guadagnato un’occhiataccia fulminante da entrambi.
– Piuttosto, perché hai in braccio Bra? - Le chiese indicando la bambina. La donna tornò a guardare la piccola tra le sue braccia che la fissava incuriosita.
– Si chiama Bra? - chiese stupita.
– Sì. - rispose Trunks trascinando un po’ le parole, come se volesse aggiungere qualcosa.  Uryasil ci riflettè un attimo poi tornò a guardare il bambino.
– Sai cosa significa “Bra” nella nostra lingua? - il ragazzino scosse la testa.
– Significa “figlia della Luna” e immagino tu sappia quanto sia importate la Luna per la nostra razza, vero? - Trunks annuì soprappensiero, e si chiese se il padre lo sapesse, o se addirittura fosse stato fatto apposta.
– E “Trunks” - continuò la guerriera attirando nuovamente la sua attenzione.
– Significa “principe guerriero” mentre “Vegeta” è “colui che regna sovrano”. - terminò fissando gli occhi del ragazzino che, improvvisamente si erano illuminati.
– Non dirmi che non lo sapevi! - disse mettendo la mano libera su un fianco, come a rimproverarlo per quella mancanza.
– No, non lo sapevo. -  sussurrò il ragazzino mentre fissava a terra un punto impreciso.
– Strano. Eppure conosci la nostra lingua, tuo padre non ti ha detto niente? - disse rivolgendo l’attenzione alla piccola tra le sue braccia. Si chiese se fosse forte o fosse solo un bel faccino. Forse era il caso di testare.
Trunks era rimasto scioccato da quella rivelazione: non aveva idea che i loro nomi avessero così tanta importanza. Che il padre li avesse scelti apposta? Aggrottò le sopracciglia: per come era fatto sicuramente aveva progettato tutto alle loro spalle, senza far sapere niente ai diretti interessati. Girò i tacchi e iniziò a correre per i corridoi. Non sentiva più le urla dei genitori, forse avrebbe potuto parlare con uno dei due. 
Seguì l’aura più vicina, quella della madre, che era in cucina a sbollire la rabbia borbottando tra sé. Si fermò prendendo fiato.
– Hey Trunks, volevi qualcosa? - chiese la donna al figlio.
– Dov’è papà? - le chiese di rimando. La vide sbuffare sonoramente alzando gli occhi al cielo.
– Probabilmente si sta dirigendo in camera, ma non puoi seguire la sua aura come fai sempre? - gli disse, ma quando si voltò il figlio era già sparito.
Il padre era esattamente dove sperava che fosse, lungo in corridoio della zona notte. Sembrava parecchio nervoso, ma decise di tentare ugualmente.
– Papà! - lo chiamò, facendolo voltare. Si fermò davanti a lui e lo fissò negli occhi.
– Che vuoi? - chiese scorbutico, ma il ragazzino non ci fece caso.
Prese un bel respiro: – Tu lo sapevi, vero? - iniziò a dire in un’altra lingua.
Vide il padre fissarlo confuso. – Di che parli, Trunks? - rispose nella stessa lingua. Il ragazzino gli sorrise. – Sapevi che il mio nome e quello di Bra avevano dei significati specifici, li hai scelti tu. Non è vero? - continuò mantenendo lo sguardo del Saiyan.
Non dire stupidagini - tagliò corto distogliendo lo sguardo.
Principe guerriero e figlia della Luna. - L’uomo riportò la sua attenzione sul figlio, aveva un’espressione sognante, fiera e concentrata, in un certo senso gli ricordava lui stesso alla sua età.
Hai parlato con Uryasil? -  Trunks annuì. Un’altra donna che non sapeva tenere la bocca chiusa.
Li hai scelti tu? I nostri nomi. Sapevi cosa significavano. - chiese di nuovo tenendo fissi gli occhi chiari in quelli scuri del padre. Vegeta non potè fare altro che abbozzare un’espressione tra il sorriso e il ghigno, quel ragazzino era testardo come la madre.
Sì. Li ho scelti io. - disse mentre gli occhi del figlio si facevano più grandi e luminosi che mai, chissà cosa gli passava per la testa.

***
 
- Cosa diavolo stai facendo? - La voce tuonante del fratello la colse di sorpresa, sussultò prima di voltarsi.
– Oh, ciao oniichan. Finito di litigare? - gli domandò. Il Saiyan maggiore la guardò confuso, chiedendosi se fosse sotto l’effetto di qualche droga che le impediva di rendersi conto di ciò che stava facendo, o se si fosse semplicemente impazzita.
– Si può sapere che hai in mente di fare? - le chiese nuovamente, alzando di qualche tono la voce e aggrottando le sopracciglia.
Uryasil teneva la piccola Bra, che piangeva disperata a testa in giù, da una gamba lasciandola penzolare nel vuoto. Erano sospese a mezz’aria, un paio di metri sopra il tetto della grande casa tondeggiante, e a Vegeta sembrava che la sorella fosse sul punto di lasciar cadere la bambina.
– Questo dici? Niente di che, voglio solo constatare il suo livello di combattimento. - rispose con nonchalance, mentre non sembrava rendersi conto della situazione.
– Facendola cadere nel vuoto per quindici metri?! Sei impazzita?! - esclamò mantenendo quel poco autocontrollo rimastogli. Aveva imparato, a sue spese, che quando si trattava della sua famiglia, perdeva la testa. La donna sbatté le palpebre.
– Non sono impazzita e cosa c’è di male? Non morirà mica, spero. - Disse tornando a prestare attenzione alla bambina che urlava a squarciagola.
– Dammi la bambina. - sibilò il principe.
– Dai, oniichan, non essere frettoloso è questione di pochi secondi. - Disse lasciando scivolare Bra per qualche centimetro: ora la sua mano era appena sopra la caviglia della bambina.
– Ridammi mia figlia, Uryasil. Ora! - ripetè su tutte le furie. La donna lo guardò stranita: non lo aveva mai sentito alzare la voce a quel modo, soprattutto per una sciocchezza simile.
– Io non credo che… -
- Non mi interessa ciò che credi tu, restituiscimi mia figlia, Urysail!- la interruppe Vegeta, ormai fuori controllo.
Uryasil lo fissò sbalordita, era fuori controllo.
– Sto perdendo la pazienza, Uryasil. - Lo sentì sibilare mentre tendeva entrambe le braccia verso la bambina, la quale ancora piangeva disperata. La donna sbuffò e mollò la caviglia di Bra per mezzo secondo, la riprese dal body, mantenendola in posizione eretta. Aveva sentito il fratello irrigidirsi quando aveva mollato la bambina. Gliela restituì guadagnandosi un’occhiataccia che valeva più di mille parole.

***
 
- Che cazzo ti è saltato in mente!? - Uryasil sbuffò annoiata. Era la terza volta che glielo chiedeva. Seduta su una sedia della camera di Bra, ascoltava il fratello sgridarla come se fosse una bambina.
– Cosa credevi di fare? - Alzò gli occhi al cielo, esasperata.
– Te l’ho detto: volevo constatare il suo livello di combattimento, tutto qui. - borbottò guardando altrove.
- Facendola sfracellare al suolo? Ti sei bevuta il cervello!? - esclamò il maggiore. L’altra incrociò le braccia al petto, continuando a guardare altrove.
– Non si sarebbe sfracellata al suolo se avesse avuto un livello adeguato. - disse scocciata. Sentì il fratello inspirare pesantemente, e non era una buona cosa da ciò che ricordava. Lo ignorò e rispose alla domanda inespressa del fratello.
– Se invece non  lo avesse avuto, avremmo un peso in meno.- disse scrollando le spalle: per lei era più che normale.
– Ma ti ascolti quando parli o spari cose a caso? Bra non ha neanche un anno, a mala pena si sa reggere in piedi da sola, non è cosciente dei suoi poteri! Anche se fosse abbastanza forte, non sarebbe comunque stata in grado di salvarsi! - Disse Vegeta esasperato e infuriato da quella situazione: non ricordava che sua sorella fosse così sconsiderata. Sentì un borbottio sommesso, ma non capì il senso della frase.
– Cosa stai dicendo? - le chiese incrociando le braccia al petto. Silenzio.
– Uraysil - la richiamò. Ancora silenzio.
– Uraysil, sto perdendo la pazienza. Cosa hai detto? - l’avvertì.
– Ho detto che noi abbiamo subito lo stesso trattamento. Per un Saiyan è normale catalogare i propri figli: chi è forte rimane, chi è debole va via. Semplice. - rivelò senza però guardarlo in faccia, preferiva osservare fuori dalla finestra.
– Non siamo più su Vegeta-sei. Qui non funziona così, i bambini non vengono selezionati in base alla loro forza fisica. – le rispose con calma.
– Ma Bra è comunque tua figlia! Non sei curioso di sapere quanto forte sia? - gli chiese voltandosi a guardarlo.
– Ovviamente. - rispose monosillabico lui.
Uryasil si alzò di scatto dalla sedia.
– E allora perché mi hai fermato? Per quale motivo mi hai impedito di verificare le sue capacità? È un Saiyan d’elité, è tua figlia! Come facciamo a capire se è degna di questo titolo se non lo verifichiamo? - si era avvicinata a lui, lasciando tre o quattro passi tra di loro. Lo guardò negli occhi sperando di averlo convinto.  Un sorriso affiorò sulle sue labbra quando vide una scintilla comparire negli occhi del maggiore. Ma scemò quando lo vide chiudere gli occhi e sentì la sua risposta.
– Non in questo modo. - si allontanò dalla sorella, andandosi a poggiare al muro di fianco alla culla, lanciò uno sguardo alla figlia che giocava con un peluche.
– Te lo ripeto. Qui non funziona così, non puoi prendere un bambino e buttarlo giù da un edificio, non puoi scegliere il suo futuro solo in base alla forza fisica. Non puoi dargli un valore solo se sopravvive, non puoi decidere di allevarlo o meno basandoti su un numero. Non siamo su Vegeta-sei, Uryasil. Non ti permetterò di usare gli stessi metodi che hanno usato con noi. - disse osservando la sorella con la coda dell’occhio.
– Non con i miei figli. - Sentenziò alla fine. Vide la sorella sedersi a terra con un tonfo, sconfitta.
– Io... io non capisco. Come fai a sapere che guerriero diventerà? Come fai a sapere se sarà forte abbastanza? - chiese la donna guardando il fratello che osservava la figlia giocare nella culla.
– Non lo so. - rispose semplice. Uryasil era sempre più confusa.
– E allora come…? - Le parole scemarono alla fine, non permettendole di terminare la frase.
Vegeta lanciò un’occhiata alla sorella, ferma immobile, seduta al centro della stanza, con lo sguardo basso e rassegnato. Non poteva pretendere che capisse. Dopotutto lui ci aveva messo anni per accettarlo, come poteva lei farlo in poche ore?
– Amore. - Le sentì dire. – Sì, amore! - Ripeté alzando la testa a guardarlo, lo fissava con una nuova intensità.
– È questo, no? Ciò che vi spinge a fare tutto questo, che vi fa rimanere nel dubbio, che vi permette di accettare tutto indifferentemente. - Si alzò da terra e si avvicinò alla culla, osservando dentro: Bra la fissava con quegli stupendi occhioni blu, il ciuccio in bocca e il peluche tra le braccia.
– Amore… per i propri figli. Amore… per la propria compagna. Amore… per la propria famiglia. Ecco cosa si respira qui dentro, all’interno di questo edificio. - disse senza distogliere lo sguardo dalla bimba. Allungò una mano guantata per accarezzarle il visino paffuto, Bra si aprì in un enorme sorriso.
– Lei, al contrario di noi, di me, di te, di nostro fratello e molto probabilmente di tutti Saiyan mai nati su quel pianeta, è il risultato di qualcosa che va oltre il semplice fatto di procreare. - Le sorrise di rimando. Vide la codina spuntare da sotto le lenzuola rosa e se ne rallegrò: quello era un segno che li contraddistingueva.
– Bra è frutto di amore. - terminò alzando lo sguardo sul fratello.
– Eh? - chiese lui in difficoltà.
– Hai capito bene. Bra, così come Trunks, sono il risultato dell’amore che tu e tua moglie condividete. Potrai dirmi che Trunks non era proprio ben voluto a quel tempo, ma non puoi negare che lo ami esattamente come Bra, ed è sempre stato così. - Gli disse mentre osservava la bimba alzarsi in piedi ed aggrapparsi alla sponda più vicina al padre.
– Pensala come ti pare. A me basta che non fai sfracellare al suolo uno dei mocciosi, non ho voglia di subirmi le urla di Bulma. - Disse storcendo il naso. Sapeva bene che ciò che la sorella aveva detto era la pura e semplice verità, solo che ancora non si spiegava come c’era arrivata così in fretta. Ah, giusto, lei non aveva subito ciò che aveva subito lui, quindi, non si faceva logorare dall’orgoglio. 
 

*oniichan = Fratello maggiore, fratellone
**Urysail  = nome inventato da me usando le parole elfiche “Urya” (Guerriera) e “Sil” (luminosità).
*** come già spiegato nel precedenti capitoli, Vegeta parlava una lingua diversa quando era al servizio di Freezer (o sul suo pianeta natale.)lingua che ha insegnato anche a Trunks. In questo caso lui e Urysail parlano del legame, raro, che si crea quando un guerriero Saiyan applica il “marchio” (morso sulla spalla) alla propria donna. 


Angolo autrice:

Numero venti! :D Io adoro i numeri pari quindi sono stra-felice di pubblicare questo capitolo *-*
Duuuuuuunque siccome hho litigato con il pc fino ad adesso mi limiterò a ringraziare la mia beta-reader (Grazie dell'ottimo lavoro eseguito (Y)) e i lettori :3
Alla prossima

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Capitolo 21
*** Battle and family life ***


Le ci volle qualche istante per capire dove fosse, quando aprì gli occhi. Una delle prime cose che la travolse, oltre alla quiete tutt’intorno, era la sensazione di essere al sicuro, una sensazione così forte che mise subito a tacere l’istinto, che da sempre la istigava a rimanere allerta.
Inspirò profondamente l’odore di lenzuola pulite e di sole che batteva sulla finestra della stanza. Si stiracchiò per bene, distendendo ogni singolo muscolo, rimanendo poi immobile a fissare il soffitto, cosa che non faceva ormai da anni. Si chiese se quella sensazione di tranquillità e sicurezza fosse solo una sua impressione, o fosse veramente così che si sentissero gli abitanti di quella casa. Da nessun altra parte si era mai sentita così... a casa. Rise a quel suo stesso pensiero: mai, in tutta la sua giovane vita di guerriera e, all’occasione, mercenario, si era mai sentita così bene in un posto, al punto da chiamarlo casa. Forse solamente il palazzo reale, in cui aveva vissuto poco più di un paio d’anni, le aveva dato quella stessa sensazione di familiarità. Ma non poteva dirlo con certezza, tempo un anno e sua madre era stata uccisa davanti i suoi occhi e quelli dei suoi fratelli dal loro stesso padre, togliendole una sicurezza che l'aveva fatta sentire al sicuro fino a quel momento.
Quel ricordo le lasciò l’amaro in bocca. Ricordava perfettamente la scena, il modo in cui suo padre aveva alzato il braccio e lanciato la sfera di energia che aveva trapassato da parte a parte la madre, facendola ricadere, a terra, in una pozza di sangue. Tutto sotto gli occhi sgranati di tre bambini, di sei, quattro e due anni. Serrò la mascella al ricordo dello sguardo terrorizzato dei fratelli; ricordava che Tarble le aveva messo le mani sugli occhi per impedirle di guardare mentre Vegeta era corso accanto al corpo della donna, cercando poi di risvegliarla.
Remi!”
Madre!”, gridava il bambino imbrattandosi le mani di sangue, mentre gli occhi scuri gli si riempivano di lacrime. Lanciò poi uno sguardo d'odio al padre che, come se niente fosse,  era immobile davanti al corpo della donna senza vita. La stessa donna che gli aveva donato tre figli.
Da quel punto in poi ricordava poco o niente, i suoi occhi coperti dalle mani del fratello e i ricordi che svanivano tra le lacrime e le parole di consolazione di Tarble, mentre in sottofondo, si sentivano le urla del primogenito che aggrediva il padre per quel gesto tanto sconsiderato quanto crudele.
Mi ha dato una femmina, dopo due maschi.”, aveva concluso il padre, prima di lasciare la stanza avvolta dal buio.
Si ritrovò nuovamente nella sua stanza allo sentire gli schiamazzi dei due bambini di casa che correvano per i corridoi. Si ricordò di essere a casa del fratello e della sua famiglia, sulla Terra.
Famiglia.
Una parola con un significato che non aveva più rappresentato nulla per loro da quando li aveva lasciati loro madre. Forse non ne avevano mai compreso il vero significato. 
- Bra! Fermati! - urlava il più grande ridendo. L’unica risposta che ricevette furono i risolini della bambina.
Uryasil si alzò dal letto, costringendosi a cacciare via quei ricordi amari, ed aprì la porta affacciandosi sul corridoio. Voleva capire cosa spingesse quei due a fare tanta confusione.
In un lampo i due bambini le passarono davanti: Bra, con addosso solo il pannolino, correva tenendo le manine avanti. Dietro di lei Trunks, in pantaloncini e canottiera, la inseguiva facendo finta di non riuscire a starle dietro quando, in realtà, avrebbe potuto raggiungerla e superarla molto facilmente.
- Fermati! - le disse nuovamente.
- Gno! - rispose la piccolina, continuando la sua corsa alla cieca.
Trunks parve accorgersi della donna affacciata sulla porta, dato che si fermò continuando a correre sul posto. – Oh, ciao oba-san*! -
La Saiyan si imbronciò leggermente a quella parola. – Ciao, Trunks. Cosa state combinando? -
- Sto inseguendo Bra -
- Quello lo vedo anche io, ma… perché? -
Il ragazzino alzò le spalle. – La mamma mi ha chiesto di tenerla occupata mentre le prepara il biberon -
Uryasil gli sorrise. – Per questo fai finta di non riuscire a prenderla? -
 Trunks annuì sorridente.
- E anche perché la mamma non ci permette di utilizzare i poteri in casa, al di fuori degli allenamenti. Dice che faremmo solo casini - continuò scrollando le spalle, come se non capisse il ragionamento materno.
Il sorriso di Uryasil si allargò a quella risposta. Un rumore in lontananza distrasse i due dalla conversazione.
- Bra! - urlò Trunks correndo nella direzione in cui la sorella era scomparsa.
Uryasil lo seguì incuriosita: la bambina era seduta a terra, circondata da cocci di quello che, una volta, doveva essere il vaso che adornava il corridoio.
Bra si voltò a guardarli con un sorrisone innocente, si alzò sulle gambine riprendendo l’equilibrio precario che possedeva. – Otto! - esclamò indicando i resti.
- Guarda cosa hai combinato, la mamma ci ucciderà. Anzi forse ucciderà solo me. - disse mosciamente il ragazzino avvicinandosi alla sorella.
- Otto. - ripeté la bimba con meno enfasi.
- Sì, Bra, hai rotto il vaso e io ne pagherò le conseguenze. - borbottò prendendo la sorella per mano e spostandola di lato. Cercò di mettere i cocci da un lato, affinché nessuno ci si potesse fare male camminandoci sopra.
Bra si voltò verso Uryasil che fissava la scena divertita e le indicò il disastro.
– Otto… - sussurrò stavolta.
La donna dai lunghi capelli scuri le sorrise, si piegò sulle ginocchia per arrivare alla sua altezza.  - È rotto. Sei stata tu? -  la piccola annuì abbassando lo sguardo.
Uryasil si meravigliò di tanta intelligenza, le posò una mano sulla testolina azzurra.
– Non ti preoccupare -
- Ovvio che non deve preoccuparsi, tanto quello che si beccherà la strigliata sono io! - protestò il ragazzino finendo di ammassare i cocci da una parte. Poi prese per mano la sorellina e tornò sui suoi passi. – Andiamo piccola peste. Il tuo biberon deve essere pronto. -  e la trascinò fino alle scale.
Uryasil li seguì con una nota di divertimento negli occhi: quei due dovevano combinare una marea di guai al giorno.
In cucina li accolse una Bulma sorridente, intenta a testare la temperatura del biberon sul polso.  – Ehi, cos’è stato quel rumore? - chiese subito al più grande.
Trunks si irrigidì e si preparò a una sgridata con i fiocchi. – Ehm… Bra è andata addosso al vaso in corridoio di sopra. E si è rotto. - disse titubante.
- E come mai ci è andata addosso? -
Trunks deglutì. – Perché stava correndo e non ha visto dove andava. -
La donna si mise una mano sul fianco, il biberon nell’altra, e fissò il figlio dall’alto in basso. – E perché stava correndo? -
Trunks deglutì nuovamente cercando di farsi coraggio. Aveva affrontato il terrore di Majin Bu ma la madre di sicuro gli metteva più paura. – Perché… la stavo rincorrendo. -
- Trunks - iniziò Bulma mentre porgeva il biberon alla più piccola. – Quante volte ti ho detto di non correre in casa? -
Il diretto interessato sbuffò ficcandosi le mani in tasca, volse lo sguardo altrove ponendo fine alla conversazione. La donna, invece, scosse la testa rassegnata consegnando il biberon alla minore, che lo afferrò tutta contenta iniziando a succhiare fin da subito il contenuto.
Trunks girò i tacchi e si fiondò in salotto, pronto ad iniziare una nuova maratone di videogames. La madre non sembrò farci caso, troppo impegnata ad impedire alla figlia di farsi fuori in due secondi l’intero biberon di latte e biscotti, con conseguente singhiozzo a cui ci volevano ore per passare.
- Oh, Uryasil. Se hai fame mangia pure ciò che vuoi, il frigo e le credenze sono a tua disposizione. - disse l’azzurra dopo che la bambina si era dileguata in salotto.
- Grazie. - rispose la donna dai lunghi capelli neri dirigendosi al frigo.

****

Fissava annoiata le immagini che passavano sullo schermo: un giornalista stava parlando dell’ennesima guerra per le religioni in qualche posto sperduto. Cambiò canale e si imbatté in un vecchio film western.
Con un basso ringhio cambiò di nuovo: una donna insanguinata dalla testa ai piedi, correva a perdifiato nella notte, seguita da un uomo con una maschera da hockey che brandiva una motosega. Sbuffò passando oltre. Davvero gli umani si spaventavano per così poco?
Qualcuno fece il suo ingresso nella stanza e più silenzioso di un fantasma passò dietro al divano, sul quale era seduta. Ma i suoi sensi erano più allenati di quelli di un comune terrestre e per quanto il nuovo arrivato fosse silenzioso, niente sfuggiva al suo udito.
- Ciao Trunks! -
Il ragazzino sussultò fermandosi di botto, si voltò verso l’altra. – Ehm…ciao oba-san. - disse titubante. Una mano tesa per prendere la cintura arancione posata sulla sedia accanto il divano.
- Che fate? - chiese Uryasil  appoggiando le braccia sullo schienale.
Trunks prese al volo la cintura e la legò ai pantaloni della tuta. – Allenamenti -
La ragazza parve risvegliarsi da un sonno profondo, scattò in piedi dal divano fissando il nipote trepidante. – Allenamenti? Davvero?! -
Trunks annuì fissando sconcertato la zia: sembrava una bambina il giorno di Natale.
- Lo alleni tu? - chiese rivolta al fratello che se ne stava appoggiato allo stirpe della porta.
- E chi altro sennò? - rispose acido.
Uryasil non perse il sorriso e si avvicinò a Trunks sporgendosi dal divano. – Posso venire con voi? Qui mi annoio terribilmente! -
Il ragazzino si ritrasse quasi di scatto, spaventato dall’improvvisa vicinanza della donna. Lanciò uno sguardo al padre che guardava altrove: non sembrava molto entusiasta all’idea.
- Muoviti a metterti qualcosa di decente addosso. - le rispose invece il fratello, avviandosi in corridoio.
La donna si guardò: indossava un pigiama di taglio maschile che le aveva prestato Bulma. In effetti non era proprio l’abbigliamento più consono per un allenamento. In un batter d’occhio tornò in camera e si cambiò indossando la sua tuta che era appoggiata alla sedia accanto al letto. Lavata ed asciugata, esattamente come le aveva assicurato Bulma la sera prima.
Tornò al piano di sotto in un baleno e raggiunse i due che si stavano avviando verso la camera gravitazionale.
- Oh, oba-san, sei tu. - le disse il più piccolo quando avvertì lo spostamento d’aria.
- Smettila di chiamarmi in quel modo, mi fai sentire vecchia! - disse l’altra.
- E come dovrei chiamarti? Uryasil? - chiese. La donna scosse la testa.
Si abbassò all'altezza del ragazzino e gli sussurrò qualcosa all’orecchio, facendolo scoppiare a ridere.
- Allora che ne pensi? - gli sorrise la zia.
- Credo che possa andare bene! -
- Smettetela di chiacchierare voi due! - la voce del principe di Saiyan fece sobbalzare entrambi, riportandoli seri. Vegeta inserì il codice e posò la mano sul display, la porta si aprì.
- Scimmione. - borbottò Uryasil sottovoce, rivolta al fratello che, come sempre, conservava delle maniere davvero impeccabili.
Trunks rise di gusto. – Anche la mamma lo chiama così quando litigano -
- Davvero? -
- Allora, volete rimanere lì a confabulare tutto il tempo o volete allenarvi!? - sbottò il diretto interessato fissando trucemente i due. – Forza, entrate. -
La Saiyan sospirò. – Signor sì, signore! - esclamò mettendosi sull’attenti  per prendere in giro il maggiore.
Trunks si mise una mano davanti alla bocca per trattenere le risate, sapeva che avrebbe urtato i nervi del padre. – Ho come la sensazione che se la prenderà. Sarà un allenamento più duro del necessario -
- Ops. - si rivolse la donna al piccolo, senza nascondere il proprio imbarazzo.
Il ragazzino fece un gesto davanti al viso con la mano, come a voler cancellare la cosa. –  Lascia perdere - le sorrise amorevolmente.
- Allora!? - gridò l’altro dall’interno.
- Arriviamo! Hai sentito il padrone? Andiamo prima che ci scanni vivi -. Entrò quindi nella stanza, accompagnata dal Principino. 
Trunks la seguì cercando di non ridere: sua zia era una forza. Quasi quanto sua madre. Entrambe si divertivano a far saltare i nervi al padre e lui se la rideva sotto i baffi.
- Wow! - esclamò Uryasil appena entrata nella stanza. – Che forza! Come funziona? -
- Lì c’è un display dove puoi regolare la gravità – rispose invece l’uomo osservando la porta che si chiudeva alle spalle del figlio. Riportò lo sguardo sulla sorella che volteggiava nella stanza con un sorriso da orecchio a orecchio.
- Scommetto che le pareti sono di una lega indistruttibile. - disse poggiando una mano sulla parete di metallo. L’altro non rispose, così lei lo prese come un’affermazione. Si avvicinò al computer centrale e lo studio: sembrava complicato con tutti quei tasti e leve. Un’improvvisa voglia di premere tutto a casaccio si affacciò nella sua testa, ma la cacciò indietro non sapendo a cosa servissero. Non voleva di certo fare casini.
- Si può sapere dove hai trovato una stanza del genere? - gli chiese mentre passava una mano sui comandi.
- L’ha costruita Bulma. - rispose con nonchalance.
Uryasil si voltò verso di lui. – Bulma? Tua moglie ha costruito tutto questo? - gli chiese scioccata.
- Già. -
- Hai sposato un genio, te l’ha mai detto nessuno? -
Il Saiyan storse il naso. – Lei. È narcisista. -
- Senti chi parla. - gli rispose poggiando una mano sul computer e fissandolo sarcastica.
- Io non sono narcisista. - sbottò l'altro di rimando.
- Ah, no? - fece il giro del computer e si mise dietro Trunks, che la fissava, poggiandogli una mano sulla testa. – Chi è che ripeteva in continuazione di essere il “Principe dei Saiyan”? -
Vegeta alzò gli occhi al cielo e si avvicinò al pannello, impostò la gravità e premette il tasto d'avvio. La stanza si colorò istantaneamente di rosso e una voce metallica annunciò la gravità impostata a dieci volte quella esistente.
- Solo dieci? - chiese il ragazzino con un’espressione contrariata in volto. In fondo, voleva allenarsi seriamente e sognava di potersi battere con la zia: chissà quanto era il suo vero potenziale!
Di un altro avviso parve il genitore: - Non ho voglia di dover raccogliere i suoi resti dal pavimento, dopo che sarà morta spiaccicata. - si giustificò il padre, lasciando sul volto di Trunks una nota di rammarico.
Uryasil, invece, si sedette in un angolo e si mise ad osservare il fratello spiegare le prime procedure al figlio, il quale annuiva in silenzio e seguiva con attenzione tutte le sue direttive. Sembrava un ottimo maestro a giudicare dall’atteggiamento di Trunks. Si prospettava un lungo allenamento!
Dopo un po', però, il suo interesse per il favoloso allenamento che i due guerrieri stavano compiendo, venne meno e si ritrovò a fissare il soffitto rosso della stanza, mentre intorno a lei rimbombava il suono dei colpi che i due si scambiavano. Si mise nuovamente a contare  le luci tutt’intorno, colta dalla noia più profonda.
Vegeta stava combattendo con Trunks, ma nessuno dei due si stava impegnando sul serio, si capiva lontano un miglio. Si limitavano a schivare i colpi e cercare di colpire l’avversario.  E lei si stava annoiando: rimpianse la televisione con il film western o quello horror.
Alla fine si alzò e si avvicinò ai due, Trunks le dava le spalle e non capì subito perché il padre si mise a fissare dietro di lui, con uno sguardo perplesso. Solo quando si sentì sollevare dalla maglietta comprese che, alle sue spalle, Uryasil fissava truce il fratello.
- Mi sto annoiando. Se dovevo starmene ferma a guardare, me ne rimanevo in salotto! - bofonchiò scocciata.
- E cosa vorresti da me? - le chiese scorbutico il padre, aspettandosi chissà cosa dalla sorellina: come aveva osato interrompere il loro prezioso allenamento?
La donna fissò il ragazzino che teneva dalla maglietta.
– Voglio combattere anche io. Con uno di voi due, scegliete voi chi - disse lasciando andare il nipote.
- Che facciamo papà? - Trunks guardò il padre in attesa, ma il genitore non sembrava voler dare segno di vita. – Combatto io con te - se ne uscì, poi, rivolto alla zia.
- Tu? -
Trunks annuì. –  Sì, io. Ti sta bene? -
- Be', meglio che starmene qui impalata a guardarvi - rispose togliendosi il rilevatore e poggiandolo sul pavimento. Poi partì all’attacco con un pugno che il glicine evitò con facilità, così come la sequenza che scaricò su di lui.
Uryasil partì con un calcio. Trunks lo bloccò e contrattaccò con un gancio sinistro, la donna lo evitò cercando di colpirlo con una gomitata allo stomaco. Il ragazzino balzò prontamente di lato.
La Saiyan provò di nuovo con un altro calcio, ma Trunks si abbassò e la colpì in pieno viso con un pugno. Uryasil barcollò un po’ all’indietro mentre l’altro caricò a sua volta un calcio, che la colpì all’addome spedendola dall’altra parte della stanza.
La mora con agilità fermò la caduta, atterrando in piedi. Si passò una mano sul viso e quando la ritrasse il guanto bianco era sporco di sangue.
- Sei bravo  – sussurrò al ragazzino. Notevole, gli insegnamenti del padre lo avevano reso un  agile guerriero e col tempo, era sicura, sarebbe migliorato sempre più.
- Grazie – rispose sornione.
Lei lo fissò di striscio, sparendo poi dalla sua vista. – Ma ti manca l’esperienza - disse riapparendo alle sue spalle.
Trunks bloccò il colpo senza neanche voltarsi, la guardò con la coda dell’occhio e sfruttò la presa per scaraventarla in avanti. Come previsto l’altra si rimise in piedi. Per poi ripartire con una gomitata, diretta al suo viso.
Trunks si piegò all’indietro all’ultimo momento poggiando le mani a terra, portò le gambe al petto e colpì la zia con un doppio calcio sotto il mento. Si rialzò con un balzo mentre lei atterrava sulla schiena sul duro pavimento di metallo della stanza.
Uryasil si rialzò ghignante. Si stava divertendo come non mai!
Partì di nuovo a tutta velocità, gli corse incontro e, all’ultimo gli mise una sfera di energia sotto al naso.
– Fregato! -, lasciò andare la sfera e fece qualche passo indietro. La nube di fumo le impedì di vedere il risultato del suo attacco ma ridacchiò ugualmente, consapevole che lo aveva preso alla sprovvista.
Quando il fumo si diradò, la donna spalancò gli occhi: Trunks era in piedi, nello stesso identico punto in cui lo aveva lasciato, completamente illeso.
- Hai alzato solo un gran polverone -
Uryasil strinse i pugni colta da un moto di rabbia e scattò di nuovo.
– Non fare tanto il saccente, moccioso! - gridò attaccandolo con un pugno, che fu prontamente bloccato. Caricò poi un calcio e mirò al fianco, ma fu bloccato anche questo. Provò, sempre più scatenata, a liberare la mano ma non ci riuscì, e decise di attaccare con altro colpo con la mano libera, ma anche questo fu bloccato.
Con un ultimo tentativo, usando la gamba lasciata libera, Uryasil si spinse via e liberò anche l’altra mano. Aveva il fiato corto: si stava stancando velocemente mentre lui sembrava non faticare per niente.
Innervosita, partì di nuovo alla carica con un colpo di energia nella mano destra.
Trunks le bloccò il braccio e la colpì allo stomaco con un pugno, facendola piegare in due e sputare saliva. Con un calcio la spedì lontano facendola sbattere contro la parete.
Uryasil si alzò di nuovo dolorante, tenendosi una mano sullo stomaco. Lo raggiunse di corsa e provò a colpirlo con un destro, poi con calcio e infine con una ginocchiata. Niente da fare, Trunks evitava senza fatica qualsiasi tipo di attacco. Finse di tirargli un pugno con la destra e, quando lui si spostò dalla parte opposta, ghignò.
- Stupido – sogghignò, prima di colpirlo con tutta la sua forza al lato sinistro. Ma il colpo fu bloccato da una mossa repentina del ragazzino.
La colpì al viso con l’altra mano, lei barcollò ma non cadde. Allora rincarò la dose e le sferrò una ginocchiata allo stomaco. Uryasil sputò sangue 'sta volta e cadde in ginocchio. Trunks la sollevò dalla maglietta della battle suite e la colpì di nuovo al viso, togliendole quel sorrisetto che aveva stampato in faccia.
La colpì ancora un paio di volte quando la voce del padre lo fermò.
- Basta così. - pronunciò severo il padre, bloccando il figlio che ancora infieriva sulla donna.
Trunks lasciò andare la donna che si raggomitolò ai suoi piedi gemendo di dolore. La fissò per un po’ mentre una scintilla di compassione gli attraversò gli occhi azzurri. Forse aveva esagerato.
Uryasil, dal canto suo, sentiva dolore dovunque: lo stomaco sembrava essersi spappolato e la guancia pulsava terribilmente. Sicuramente aveva anche il labbro spaccato e qualche emorragia interna dato la quantità di sangue che continuava a sputare. Maledisse il suo fisico Saiyan che non le permetteva di morire per così poco ma non le dava neanche tregua per il dolore. Sputò ancora sangue mista a saliva quando una mano entrò nel suo campo visivo.
- Scusa - disse Trunks porgendole una mano per risollevarsi.
La donna la accettò di buon grado, tirandosi su con lentezza. – Non devi scusarti. Sei stato bravo -
- Forse mi sono fatto prendere un po’ la mano. - affermò, guardandola preoccupato.
- Hai fatto solo quello che devi -, poggiò una mano sulla testa scompigliandogli i capelli.
Dolorante decise di ritornare al suo angolo: era meglio riprendersi prima di chiedergli la rivincita. Solo in quel momento, seduta con la schiena poggiata alla parete, si rese conto che il ragazzino non si era spostato di mezzo centimetro da quando avevano iniziato lo scontro. Chiuse gli occhi: suo fratello era più che un ottimo maestro.
- Riesci ad alzarti o ti devo portare in braccio? - 
Riaprì gli occhi e incrociò quelli identici del fratello che la scrutava con le braccia conserte.  Quanto tempo era passato?
- Allora? -
- Riesco ad alzarmi, tranquillo - gli rispose tirandosi su. Rimase appoggiata alla parete sentendo le gambe molli, aveva ancora l’adrenalina in corpo.
- Bene, perché in caso contrario ti avrei lasciato qui. - affermò, gentilmente il fratello.
- Gentile come sempre, neh, oniichan? - lo punzecchiò.
L’altro scrollò le spalle andando a spegnere la gravità, la stanza tornò ad un colore normale e le luci rosse si spensero.
Trunks, seduto per terra, si stava asciugando il sudore con un asciugamano: aveva un labbro spaccato e un graffio sulla guancia, senza contare le numerose escoriazioni e lividi presenti su tutto il corpo. Uryasil si chiese per quanto avesse combattuto con il padre per ridursi in quello stato.
Tornò seduta permettendosi di osservare anche il fratello: aveva un taglio ancora sanguinante sul sopracciglio, le labbra spaccate in più punti e un graffio lungo e rosso sotto l’orecchio. Era stremato.
- Trunks? - disse la Saiyan attirando l’attenzione del ragazzino. – Mi fai vedere la tua vera forza? Non quella che hai usato contro di me. -
Trunks fece scattare lo sguardo su di lei: da ciò che sapeva Uryasil non sapeva percepire le aure.
- Sesto senso femminile, o qualcosa del genere. - disse come se lo avesse letto nel pensiero.
- Okay - e si alzò abbandonando l’asciugamano da una parte.
Le si parò davanti e chiuse gli occhi un secondo, l’aura dorata del Super Saiyan lo avvolse tingendogli i capelli d’oro. Riaprì gli occhi, diventati ormai verdi.
Uryasil fissò il bambino stupita. Percepiva, in senso figurato, la forza che sprigionava quella forma. C’era stato un drastico cambiamento in lui, oltre ai colori prima lavanda e azzurro e adesso oro e verde e alla forza sprigionata: nei suoi occhi era sparita l’innocenza di bambino, lasciando il posto a una smania di combattere senza precedenti. Lo sguardo era serio e concentrato, anche se il resto del viso era rilassato.
- Forte - sussurrò avvicinandosi a gattoni. – Emani calore, oltre che un potere enorme - Si voltò verso il fratello. – Anche tu sei in grado di farlo? - chiese indicando il ragazzino circondato d’oro.
- Ovviamente - rispose.
- Fallo -
- Scusa? -
- Fallo. Trasformati anche tu - gli chiese sorridendo.
Il principe dei Saiyan si trattenne dal risponderle che non prendeva ordini da nessuno, ma sapeva che quella risposta acida sarebbe sfociata in una discussione e lui era troppo provato per affrontarla. Ringhiò: non ricordava che sua sorella si comportasse come Bulma.
Si appoggiò con la schiena al computer, braccia e gambe incrociate.
La prima cosa che Uryasil vide cambiare furono i suoi occhi. Passarono da neri a verdi in un baleno, mentre i suoi capelli si tinsero gradualmente di biondo esattamente come quelli del figlio. Questo sì, che era un cambiamento fisico!
- Sei l’opposto di prima - disse ridacchiando. – I colori. - specificò quando lo vide aggrottare le sopracciglia.
Trunks per poco non scoppiò a ridere.
- Mi hai fatto trasformare solo per prendermi in giro? - sbottò.
- Non ti sto prendendo in giro. Dai, è un dato di fatto! Chiunque guardandoti lo penserebbe! -
Vegeta rifletté sulla cosa e si ricordò che anche Bulma gli aveva fatto lo stesso ragionamento quando, dopo lo scontro con Cell, si era trasformato di nuovo accanto a lei.
Gli aveva sorriso e detto: “Biondo con gli occhi verdi? Ti sei trasformato nel principe azzurro?” e aveva riso. Poi lo aveva baciato. “Ti preferisco moro. I ragazzi biondi non mi sono mai piaciuti.”
- Era questo il guerriero leggendario di cui Freezer aveva tanta paura. Ora capisco perché. Emanate una potenza immane. - disse Uryasil trascinandolo via dai suoi ricordi. – In questa forma lo avete sconfitto? -
- Non sono stato io - borbottò.
- E chi allora? -
- Kaaroth. -
Uryasil sobbalzò tirandosi su di scatto. – Kaaroth? Il figlio di Bardak? Il fratello minore di Radish? - disse prima che le gambe le cedettero. Il fratello però la prese in tempo, mettendole un braccio intorno alla vita.
- Sì, lui. Adesso torniamo dentro, non ho voglia di vederti stramazzare al suolo - disse tornando normale, la trasformazione gli rubava un sacco di energie in quello stato, era troppo stanco per tenerla a lungo.
Uscirono dalla stanza gravitazionale, lasciando che la pesante porta d’acciaio si chiudesse  alle loro spalle. Vegeta sorreggeva la sorella, che a mala pena riusciva a stare in piedi. La cosa lo scocciava, ma non poteva di certo lasciarla lì, a meno che non fosse stato masochista e gli fosse piaciuto sentire le urla della moglie.
Arrivati in infermeria la fece sedere sul lettino, poi, dopo essersi assicurato che non cadesse faccia avanti, si allontanò andandosi a poggiare con la spalla allo stirpe della porta, mentre Trunks si sedeva sulla sedia di fianco al letto.
- Cosa avete combinato? - chiese Bulma facendo il suo ingresso nella stanza. Lanciò uno sguardo al marito che mise subito le mani avanti.
- Non guardare me, io non c’entro niente - si difese il principe.
Allora la donna passò lo sguardo sul figlio, che girava sullo sgabello della stanza, mentre recuperava il kit di pronto soccorso e si accingeva a ricucire gli “squarci” sul viso della cognata.
Quando il ragazzino si accorse dello sguardo pesante della madre, smise di girare e iniziò a sudare freddo.
- Ho fatto solo quello che mi ha chiesto - si giustificò, imbronciandosi.
Bulma scosse la testa rassegnata, si sedette su un altro sgabello presente nella stanza e iniziò a disinfettare il viso tumefatto della Saiyan. Quando, però, si dovette occupare nel taglio sul fianco fissò male i due uomini nella stanza.
I due compresero e uscirono, per dare modo a Uryasil di togliersi il pezzo superiore della tuta e l’armatura così che Bulma potesse metterle i punti sulla ferita e fasciarla. Ad operazione finita, la mora si rivestì ed i due guerrieri, cacciati dalla stanza precedentemente, rientrarono.
Trunks si risedette sullo sgabello e la madre gli disinfettò i graffi e gli mise un cerotto sul naso.
- Ahi - protestò il ragazzino.
- Smettila. Non mi sembrava che ti dispiacesse quando te li facevi fare. - lo rimproverò la donna.
Trunks borbottò qualcosa simile a “l’adrenalina allevia il dolore”.
- Tu. Vieni qui. - ordinò al compagno che se ne stava ancora appoggiato alla porta.
– Muoviti. - pronunciò poi con enfasi, quando vide che lui non intendeva muoversi.
Trunks si alzò e lasciò il posto al padre che, sbuffante, si sedette sullo sgabello dando modo alla compagna di eseguire il suo lavoro.
- Non muoverti, se non vuoi che ti faccia più male di quanto ve lo siate fatto tra di voi - lo avvertì cominciando a disinfettare il taglio sul sopracciglio e le labbra spaccate.
- Ma voi Saiyan vi divertite a colpirvi la faccia? Avete tutti e tre le labbra spaccate!-
I tre alieni presenti si guardarono a vicenda e constatarono che la donna avesse ragione.
Bulma chiuse la cassetta e buttò le garze insanguinate. –Andate a farvi una doccia voi due. - disse rivolta al marito e al figlio. – E guai a te se ti muovi di qui, non ho voglia di doverti raccattare in giro per la casa svenuta – ordinò imperterrita, e mise la cassetta a posto.
- Signor sì, signora! - disse Uryasil sorridente.
- Allora qualcuno di voi ragiona. Non come qualcuno di mia conoscenza. - disse puntando lo sguardo sui due maschi in piedi. – E mi riferisco a tutti e due... -
Trunks si esibì in un sorriso innocente mentre Vegeta girava i tacchi e si dirigeva in camera, con il preciso intento di farsi una doccia.
L’azzurra raccomandò, di nuovo, a Uryasil di non alzarsi tranne che per andare in bagno fin quando non avesse ripreso completamente le forze. Ossia tre o quattro ore più tardi.
Si fermò a chiacchierare con Uryasil in attesa che si rimettesse, almeno un po', e ricevette i più vividi complimenti per il lavoro che aveva fatto con la camera gravitazionale. Bulma le aveva sorriso riconoscente e le aveva spiegato che era l’unico modo in cui aveva potuto rilegare Vegeta in quella casa, provocando le risa della cognata.
Dopo una buona mezz’ora si decise ad uscire dalla stanza, chiuse la porta e si diresse al piano superiore. Quando aprì la stanza trovò il marito seduto sul letto, intento a riflettere su chissà cosa.
- Interessante il pavimento? - lo prese in giro chiudendosi la porta alle spalle.
Lui non rispose limitandosi a fissarla di sottecchi.
- Come mai hai ritirato fuori quella tuta? - gli chiese, vedendolo armeggiare con la sua vecchia tuta da combattimento. Era da un bel po' che non gliela vedeva indossare, soprattutto da quando il Saiyan aveva deliberatamente scelto di non indossarla più.
Vegeta scrollò le spalle. – Me l’ha chiesto mia sorella. Dice che le fa strano vedermi vestito con abiti terrestri -
Bulma lo osservò con un sorriso: quella tuta aderiva ai suoi muscoli come una seconda pelle, le riportava alla mente i tempi in cui era una lotta fargli mettere qualcosa di diverso. Ora invece era lui stesso a frugare nell’armadio e prendere le prime cose che gli capitavano sottomano, tanto aveva solo colori basati sul nero lì dentro.
- Togliti la maglietta, per favore, non vorrei che ci fosse qualche taglio nascosto. - gli disse incrociando le braccia al petto.
- Sto bene - rispose lui, con un ennesimo sbuffo
- Quel tessuto nasconde più di quanto immagini – continuò, invece lei, irremovibile.
Alla fine cedette, si tolse quindi la parte superiore della tuta, rimanendo nudo dalla vita in su, ad eccezione dei guanti bianchi.
Bulma lo studiò constatando la mancanza di ferite nuove sulla pelle bronzea del compagno, già costellata di cicatrici. Gli sorrise compiaciuta, scrutando il suo viso contratto in un espressione contrariata. Il suo sguardo scivolò sulle sue mani, nascoste dai guanti bianchi macchiati di sangue, sicuramente della sorella.
Inconsciamente fece una smorfia infastidita: non gli piaceva che lui portasse quei guanti, le riportava alla mente quando lui le aveva rivelato che aveva iniziato a portarli per non ritrovarsi il sangue altrui sulle mani.
Lui si accorse del suo sguardo e lo seguì, alzò gli occhi al cielo, ma decise ugualmente di togliere i guanti, gettandoli da una parte, lontano dalla sua vista. La fede dorata brillava sulla sua mano.
Lei gli sorrise grata di quel gesto, si avvicinò al letto e gli prese la mano intrecciando le dita alle sue. Lo baciò cogliendolo di sorpresa, forse un po’ troppo forte dato i tagli sul labbro.
- Scusa – sussurrò, cercando di staccarsi, ma lui la trattenne, mettendole una mano dietro al nuca e avvicinandola ancor di più alle sue labbra.
Le fece dischiudere le labbra per infilarci la lingua in mezzo, la tirò verso di sé, sfruttando le loro mani intrecciate, facendola sedere sulle sue gambe. Le circondò la vita con l’altro braccio, mantenendo il contatto delle loro mani. Lei gli posò le mani sul petto, facendo sussultare il suo cuore.
Fanculo sua sorella, fanculo i ricordi, in quel momento voleva solo averla sotto di sé completamente nuda e scordarsi tutto il resto.

****

Era la seconda volta, in quella giornata, che riapriva gli occhi in una stanza che non riconosceva. La seconda volta che l’odore delle lenzuola pulite le inondava le narici, insieme a quello del sole e, stavolta, a quello tipico degli ospedali. La seconda volta in cui dovette ricordarsi di essere a casa del fratello e meravigliarsi della tranquillità della casa. E la seconda volta che si dovette alzare dal letto.
Si stiracchiò per bene, sentendo i muscoli intorpiditi e i punti tirare sul fianco. Ciò le ricordò il motivo per il quale si ritrovava in quella stanza che sapeva di disinfettante.
Un sorriso sincero affiorò sulle sue labbra al ricordo dello scontro con Trunks, il ragazzino che l’aveva messa K.O. senza difficoltà. Il risultato? Ne era uscita malconcia, piena di lividi e  con un taglio profondo sul fianco sinistro.
Uscì dalla stanza con le mani intrecciate dietro la testa. Si guardò attorno nel corridoio rendendosi conto che l’infermeria non era così lontana dalla camera degli allenamenti. Una scelta studiata? Non lo sapeva.
Non aveva capito come, ma si era ritrovata improvvisamente nello spiazzo tra il salone e la cucina. I bambini di casa erano seduti a terra circondati da una svariata selezione di giocattoli e peluche, alcuni più grandi di loro.
Bra giocava con una macchinina, divertendosi a farla scontrare con tutte le altre, simulando un incidente, mentre Trunks aveva il suo Nintendo DS in mano. Riusciva a sentire la musichetta tipica di quei videogiochi che interrompeva il chiacchericcio divertito di Bra.
Si avvicinò al maggiore e sbirciò oltre la sua spalla: sullo schermo un omino vestito con una salopette rossa e un capello dello stesso colore, correva lungo uno scenario che somigliava all’interno di un castello medioevale, colpendo con la testa cubi dai quali uscivano monete o oggetti , che lo avrebbero aiutato nel corso del livello.
- Che gioco è? -
- New Super Mario Bross - rispose il ragazzino continuando a giocare.
Uryasil si sedette al suo fianco a gambe incrociate, non capiva molto di videogame, ma Trunks sembrava divertirsi così rimase a guardarlo. Superò il livello senza difficoltà, sconfiggendo il boss con poche mosse, sbloccando così un altro mondo.
Tre quarti d’ora dopo iniziò a sentire il bisogno di bere e si diresse immediata in cucina. Dopo essersi versata un bicchiere d'acqua, si fermò ad osservare il sole che brillava fuori dalla finestra. Buttò un occhio all’orologio e si rese conto che era passata da un po’ l’ora di pranzo.
- Dai. Smettila -
La voce del fratello le arrivò chiara dal salotto. Si avvicinò, incuriosita, rimanendo nascosta dietro una parete.
- Smettila! -
- Perché? -
- Perché mi dai fastidio -
- Non è vero -
Sbirciò oltre la parete per osservare la scena: Vegeta era seduto sul divano, anzi era sbracato sul costoso sofà, con il telecomando in mano. Bulma era inginocchiata accanto a lui con entrambe le mani nei suoi capelli e sembrava divertirsi a scompigliarli a giudicare dal sorriso scemo che aveva stampato in faccia.
- Dai, Bulma, basta -
- Mi sto divertendo! -
L’azzurra si stava divertendo a giocare con i capelli del compagno, con entrambe le mani infilate nella folta chioma scura ne testava la consistenza sotto le dita. Aveva persino provato a portargli qualche ciocca sulla fronte, come gli succedeva naturalmente dopo la doccia.
- Sono così morbidi e forti - disse mentre faceva scorrere le dita fino alle punte.
Il Saiyan sbuffò: nessuno mai si era permesso di fare una cosa del genere, senza rimetterci una mano o la vita. Be', nessuno mai si era avvicinato tanto a lui prima di lei.  La fulminò con lo sguardo quando la sentì ridacchiare divertita. Distolse lo sguardo di fronte al suo sorriso luminoso.
- Smettila - lo disse con meno enfasi di quanto volesse.
Lei fermò le mani. – Ti da veramente cosi fastidio? - chiese mentre il suo sorriso scemò.
Lui sbuffò. – No -
- Va bene - accettò togliendo le mani dai suoi capelli.
Vegeta quasi ne sentì la mancanza, ma non protestò, pensando piuttosto a godersi quel momento di pace prima che lei se ne uscisse fuori con qualche altra stronzata delle sue. Passarono minuti in cui lei non fece assolutamente nulla ma rimase accanto a lui in silenzio. Sprofondò nel divano sentendo la mancanza delle sue cavolate.
Quando ormai si era abituato all’idea di passare il resto del pomeriggio in rigoroso silenzio, lei gli si arrampicò addosso mettendosi a cavalcioni sulle sue gambe.
- Ma che...? -
Lei lo ignorò accoccolandosi addosso a lui, poggiando la testa sul suo petto ascoltando il suono del suo respiro e il battito del suo cuore. Sollevò la testa per guardarlo in faccia, gli sorrise e tornò poi ad appoggiare la testa sul suo petto.
Uryasil distolse lo sguardo con un sorriso e tornò dai due bambini che ancora giocavano seduti a terra.
- Mi fai provare? - chiese a Trunks tornando a sedersi accanto a lui.
Il mezzo-Saiyan le passò il DS, spiegandole brevemente cosa dovesse fare. Uryasil ci mise poco a imparare i pochi comandi e a capire come funzionasse il gioco e in poco tempo finì la metà dei livelli presenti nel mondo appena sbloccato. Trunks sembrava sinceramente colpito da quella abilità dimostrata dalla Saiyan, che fosse qualcosa di famiglia? Una specie di gene presente nel patrimonio genetico? 
- Complimenti! Sei riuscita a terminare il mondo in meno di un’ora! - esclamò il piccolo Saiyan riprendendosi il Ds.
- Ed è una cosa buona? - chiese Uryasil
- Sì, nessuno che io conosca, a parte me, è mai riuscito a fare un record simile! - le disse tornando a fissare lo schermo avventurandosi nel livello successivo. – Dovresti provare a giocare con la Play Station -
- Peccato che il salotto sia stato monopolizzato dai tuoi -
Trunks si frugò in tasca e ne tirò fuori una capsula. – Ma qui ne ho un’altra -
Uryasil fissò l’oggetto incuriosita. – Cos’è? -
- Una capsula. All’interno puoi racchiuderci qualsiasi cosa, persino una casa - disse passandole l’oggetto.
- Fammi indovinare: un’altra invenzione di tua madre? -
- Di mio nonno. Mia madre l’ha solo migliorata -
Urysail squadrò l’oggetto studiandone le caratteristiche, sembrava così piccolo, non poteva credere che potesse contenere oggetti così grandi!
- Tua madre ha costruito la camera gravitazionale, tuo nonno ha inventato queste “capsule”  e tu sei una sorta di piccolo genio dei videogame. Siete una famiglia di geni, insomma -
Trunks alzò le spalle alzandosi da terra rimettendo la capsula in tasca. – La mamma dice che la mia intelligenza deriva più dal ramo paterno che da lei e dal nonno. Soprattutto perché, secondo lei, penso come uno stratega in mezzo al campo di battaglia e non come a un inventore nel suo laboratorio -
- Devo sentirmi lusingata quindi, essendo la sorella di tuo padre - rise alzandosi anche lei.
- Probabilmente sì - le rispose imboccando il corridoio.
In camera Trunks espose alla zia la sua vasta gamma di videogiochi, alcuni dei quali non erano ancora sul mercato: spara tutto, combattimento, corsa, simulatore di vita reale e persino qualcosa di tremendamente splatter e horror.
Optarono per “Need For Speed:  Most Wanted”  e si piazzarono davanti la console, joystick in mano e sguardo fisso sul televisore.
Le ore passarono veloci mentre i due premevano velocemente le dita sui bottoni, le auto sfrecciavano sulla pista e finiva quasi sempre in parità. Seduti a terra, con una ciotola di patatine tra di loro, sembravano non voler smettere mai.
- Ti sei data ai videogame, sorellina? -
Trunks ed Uryasil si voltarono verso la figura del principe dei Saiyan, che sostava in piedi proprio dietro di loro. Indossava un paio di jeans scuri e una t-shirt blu, e si aggirava per la casa a piedi scalzi.
- Non sei l’unico ad avere la passione per i videogiochi qui dentro, fratellino - gli rispose piccata, tornando a prestare attenzione al gioco.
Trunks fissava i due adulti, passando lo sguardo prima su una poi sull’altro, chiedendosi se dovesse darsela a gambe o scoppiare a ridere.
Vegeta fece schioccare la lingua sul palato prima di tornare sui suoi passi. – Vi voglio al piano di sotto tra dieci minuti al massimo -
- Altrimenti? - lo provocò la sorella.
Il Saiyan tirò fuori uno dei suoi ghigni migliori. – Altrimenti non troverete più niente da mangiare. Ricordate che utilizzare i poteri dentro casa è vietato - disse uscendo dalla stanza.
Trunks si alzò e spense la console, mentre la zia lanciava il joystick sulla moquette, stizzita.
La cena si consumò sparsi per il salotto, nonostante il tavolo fosse abbastanza grande da ospitarli comodamente tutti quanti. In parte sostarono per terra, o seduti sul divano, o addirittura sul tavolo stesso: tra di loro si effondeva un’atmosfera rilassata e familiare, molto tranquillizzante.  
Bulma, Trunks e Uryasil risero di gusto più volte, si presero in giro tra di loro, tirando fuori vecchi aneddoti, anche solo raccontati, e raccontando storie che sfioravano il limite del normale.
Uraysil ebbe persino il coraggio di tirare fuori una vecchia foto dei tre fratelli da piccoli e ovviamente Bulma la volle vedere prima che Vegeta gliela togliesse di mano.
La foto ritraeva i tre fratelli prima che si dividessero: Tarble si esibiva in un sorriso imbarazzato, Uryasil sorrideva radiosa e tratteneva Vegeta per un braccio, quasi avesse paura che potesse scappare via. Il maggiore dei tre, Vegeta, guardava l’obbiettivo in cagnesco, quasi minacciasse di uccidere chi ne stava dietro. C’era qualcosa in quell’espressione imbronciata che le ricordava un’altra persona.
Alzò lo sguardo sul figlio, che stava divorando la quinta ciotola di riso, con un’eleganza senza pari, e poi guardò di nuovo il bambino nella foto.
- Vi somigliate - disse attirando l’attenzione di tutti. – Tu e tuo padre. - specificò guardando prima il figlio poi il marito.
Uryasil si avvicinò per osservare la foto e alzò lo sguardo sul bambino.  – È vero siete due gocce d’acqua -
Trunks aggrottò le sopracciglia, le bacchette in bocca e fece la faccia di uno che non ci sta capendo nulla.
Le due donne scoppiarono a ridere.
- Se fai quella faccia siete proprio uguali - disse Uryasil tra le risate.
Finita la cena, nessuno si alzò per sparecchiare ma ci pensarono i robot a rimettere in ordine e caricare la lavastoviglie. Rimasero a guardare la televisione tutti assieme.
Ad un certo punto scattò una “guerra” tra i due bambini presenti:
Trunks lanciò un cuscino giù dal divano colpendo la sorellina poco distante. Quando lei si girò a guardarlo lui aveva riportato lo sguardo sul programma.
Glielo ritirò, colpendolo in testa. Il ragazzino la guardò male, ma lei gli sorrise innocente.
Trunks non le diede corda tornando a guardare lo schermo. Quando però gli arrivò un altro cuscino in faccia le dichiarò guerra, iniziando a prenderla a cuscinate. La piccola di casa non si fece intimidire e rispose allo stesso modo.
- Ragazzi! - li riprese la madre facendoli girare.
- Lasciali stare - le disse Uryasil.
- Preoccupati per quando useranno le mani al posto dei cuscini - intervenne Vegeta, guadagnandosi un’occhiataccia dalla moglie.
Verso le dieci la testa di Bra ciondolava senza sosta, sopraffatta da un'inevitabile sonno. Stupendo tutti, se stesso compreso, Vegeta prese la bambina in braccio e si diresse al piano di sopra, intenzionato a portare la bambina al letto.
Uryasil fissò il fratello scomparire sulle scale incantata: vederlo con un bambino in braccio era un’occasione più unica che rara! Le aveva sempre detto di odiare i bambini, persino quando lui stesso era uno di loro. Diceva che erano rumorosi, inutili e sporchi; se non avesse saputo che poi si sarebbero trasformati in adulti, avrebbe affermato tranquillamente che la natura avrebbe anche potuto sopprimerli. Quando, un pomeriggio, di ritorno da uno dei tanti incarichi di Freezer, gli aveva chiesto se avesse l’intenzione di cercare compagna ed assicurarsi un erede più in là, lui l’aveva guardata come se gli avesse proposto di avventurarsi nello spazio aperto senza navicella. Le aveva risposto che non aveva bisogno di una compagna fissa, si divertiva benissimo con quelle che gli passava il tiranno, e per quanto riguardava i bambini, be'... “Stai scherzando vero? Detesto quei cosi urlanti
Ed invece, dopo circa ventitré anni da quella conversazione, lo aveva ritrovato sposato e con due pargoli al seguito.
Ironia della sorte? Probabilmente sì.

****

Era circa l’una quando alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo e si ritrovò completamente sola in salotto. Batté le palpebre confusa: com’era possibile che si fossero dileguati tutti quanti senza che lei se ne accorgesse?
Sbuffò chiudendo il libro. Logico, erano Saiyan programmati per combattere e uccidere, avevano il passo più leggero di un assassino esperto. Si alzò dal divano dirigendosi alla televisione, che spense, facendo poi il giro della stanza per controllare che tutto fosse in ordine. Prima di uscire diede un’altra occhiata, poi spense la luce e si avventurò al piano superiore, per controllare che la sua famiglia fosse tutta lì e non in giro da qualche parte per il pianeta.
La porta di Trunks era dischiusa e il bambino dormiva rannicchiato da una lato. Sorrise nel vederlo e chiuse completamente la porta. La porta della stanza di Uryasil era chiusa e preferì non bussare, per non disturbare il suo sonno. Arrivata alla camera della secondogenita si meravigliò di trovarla vuota. Ci rifletté un attimo e tornò sui suoi passi, raggiungendo la camera matrimoniale. La porta era aperta, le bastò sospingerla un po’ con delicatezza per entrare. La scena che le si presentò davanti agli occhi la fece sorridere intenerita: Vegeta era sdraiato su un fianco, placidamente addormentato, con un braccio  affiancato alla bambina, come per tenerla al sicuro. Incredibile come fosse paranoico il guerriero quando si trattava della sicurezza della sua famiglia. Bra invece dormiva al suo fianco, in una delle manine strette a pugno c’era un lembo della maglia del padre, quasi avesse paura potesse andarsene.
Bulma spense la luce e tornò al piano di sotto, li avrebbe lasciati riposare tranquilli mentre lei completava il lavoro arretrato.
Si sistemò in laboratorio, una bottiglia d’acqua e dei fogli tra le mani per iniziare a lavorare.
- Cosa ci fai sveglia a quest’ora? -
La voce del marito la colse di sorpresa nel silenzio della stanza, facendola sobbalzare ed aumentare i battiti cardiaci. Si voltò di scatto verso di lui portandosi una mano al petto.
- Vegeta, sei tu. Mi hai fatto prendere un infarto! - disse guardandolo in cagnesco.
Il Saiyan sogghignò e le si avvicinò, cercando di guardare oltre la sua spalla i fogli che stava compilando.
- Non mi hai risposto -
Bulma sospirò: – Sto finendo del lavoro per domani, dato che è lunedì - disse tornando a prestare attenzione al lavoro.
- Alle quattro di notte? - le fece notare.
Le quattro di notte? Era veramente così tardi? Buttò un occhio all’orologio digitale appeso, e si rese conto che era lì da tre ore buone. Ecco perché si sentiva così stanca e assonnata. Si strofinò la faccia con le mani per poi tornare ad osservare i fogli.
- Devo comunque finire - disse semplicemente prima di trarre un sospiro.
Il silenzio che seguì la fece voltare, per scoprire che il marito si era dileguato chissà dove. Sospirò nuovamente e si concentrò: doveva finire il prima possibile per poter andare a letto anche lei.
Alla quarta volta che rileggeva la stessa riga capì che non c'era niente da fare: le parole si intrecciavano tra di loro formando frasi sconnesse e senza senso e lei faceva fatica a tenere aperti gli occhi. Si passò le mani nei capelli e si appoggiò allo schienale della sedia, stremata. Tornò a guardare l’orario accorgendosi che erano passati solo venti minuti da quando il compagno si era dileguato senza una parola. Emise un gemito frustrato e chiuse gli occhi: quella nottata sembrava non voler passare più.
Un profumino invitante le inondò i sensi. Si chiese ci facesse l’odore di thé caldo in laboratorio. Aprì gli occhi per incontrare quelli scuri del compagno. Si tirò su e lo fissò: le stava porgendo una tazza fumante di thé bollente.
Sbatté più volte le palpebre stupita, prima di afferrare la tazza. – Grazie - sussurrò.
L’uomo senza una parola si sedette dall’altra parte della scrivania e solo in quel momento notò che anche lui aveva una tazza in mano.
Non si accorse di essere rimasta a fissarlo, fin quando lui non le rivolse un’occhiata incuriosita. Bulma arrossì cercando di celare l’imbarazzo dietro la tazza, sorseggiando piano la bevanda. Era zuccherata al punto giusto ed era solo poco più che tiepida, esattamente come piaceva a lei. Si chiese cosa avesse spinto il Saiyan a fare un gesto del genere.
- Quanto ti manca? - chiese lui, tirandola giù dalle sue fantasie.
- Quei fogli che hai davanti sono gli ultimi - gli rispose indicandoglieli un movimento del capo.
Lui poggiò la tazza fumante sul tavolo e prese i fogli, li studiò con calma senza cambiare espressione neanche una volta. Li contò e li divise, dando una parte a lei.
Bulma lo fissò confusa allontanando la tazza e prendendo i fogli che le porgeva. Si stava veramente proponendo di aiutarla? Non fece in tempo a formulare la domanda che lui aveva già iniziato a correggere i fogli con attenzione maniacale. Sì, perché non gli bastava essere tremendamente bello, intelligente e astuto, no, lui era anche un fottuto maniaco dell’ordine. Si ritrovò a chiedersi se fosse sempre stato così o lo fosse diventato con il tempo. Si appuntò mentalmente di chiederlo alla sorella l’indomani.
La mezzora in cui lavorarono insieme la passarono in silenzio. Le aveva chiesto un paio di volte dei piccoli chiarimenti o la sua approvazione su una modifica. Alla fine solo il rumore delle penne che scrivevano e il fruscio dei fogli riempivano la stanza.
Bulma incominciò a premere più volte il tasto in cima alla penna, come una sorta di tic nervoso, mentre fissava l’ultimo foglio, ricontrollandolo per l’ennesima volta. Sul lavoro era piuttosto puntigliosa anche lei, in fin dei conti.
Quando si convinse di aver terminato abbassò i fogli e, sorprendentemente, il posto davanti a lei era vuoto. Aggrottò le sopracciglia: non le sembrava di aver sentito il marito uscire dalla stanza.
- Sono qui - la sua voce, alla sue spalle, le arrivò all’improvviso facendola sobbalzare.
Si voltò verso di lui con uno sguardo torvo: – Stai cercando di uccidermi per caso? È la seconda volta che mi fai prendere un infarto! - disse stizzita sistemando i fogli.
Lui ridacchiò senza però risponderle: – Vieni di tua spontanea volontà o ti devo prendere in braccio? - le chiese quando la vide indugiare sui fogli.
Bulma scrutò un’ultima volta i fogli e li rimise assieme mettendoli nella cartellina. Sapeva che se non lo avesse fatto, il mattino dopo non li avrebbe più trovati. Si girò a guardarlo concedendosi di fermarsi più del dovuto su quel suo fisico da Adone coperto solo dai jeans, da cui si intravedeva l’orlo dei boxer.
Sbuffò per poi raggiungerlo all’entrata, spense la luce e chiuse la porta precedendolo nei corridoi. Avvertiva a malapena i suoi passi dietro di lei: era così maledettamente silenzioso. A volte si girava e lui non era più dove lo aveva lasciato, allora lei sbuffava infastidita e lui riappariva facendole prendere un colpo. E rideva pure! Quanto la faceva arrabbiare quando faceva così, soltanto lui lo sapeva. Per questo si divertiva a farlo più e più volte.  Gli avrebbe spaccato la faccia in quei momenti, se non ci avrebbe rimesso una mano, dato che scontrarsi contro il cemento non era consigliabile.
Una folata di vento attraversò il corridoio facendola rabbrividire. Usciti dal lungo corridoio, che separava l’abitazione dai laboratori, si rese conto che da una delle finestre proveniva un vento gelido e umido. Si accorse che, mentre lei era nel suo mondo, fuori era cominciata una tempesta con i fiocchi. Accelerò il passo verso la finestra stringendosi nelle braccia: la canottiera che portava non la riparava dal freddo, per non parlare degli short di jeans e i piedi scalzi. Ora capiva perché il compagno le aveva portato del thé caldo e non una bottiglia d’acqua ghiacciata.
Sbirciò alle sue spalle: lui era ancor meno vestito di lei ma non sembrava patire il freddo. Maledetto sangue Saiyan! Tornò a guardare avanti, rimpiangendo quella tazza bollente che aveva terminato troppo presto. Arrivata davanti alla finestra la chiuse velocemente, stizzita.
A proposito di tazza bollente: perché Vegeta si era alzato dal letto ed era andato da lei, portandole, oltretutto, qualcosa di caldo da bere? L’aveva persino aiutata a terminare il lavoro, facendole compagnia. Che ci fosse qualcosa sotto? Si fermò di botto a quel pensiero.
- Che ti prende? - borbottò lui alle sue spalle.
Lei si voltò e puntò gli occhi nei suoi: – Perché? -
- Perché cosa? -
Bulma batté le palpebre mentre un brivido di freddo la percorreva da capo a piedi, nonostante avesse chiuso il freddo fuori dalla finestra. – Perché… sei venuto in laboratorio? - disse sfregandosi le mani sulle braccia.
Lui alzò gli al cielo e la sorpassò, intenzionato a non rispondere. Lei lo seguì quasi correndo: la fretta di raggiungerlo la fece immediatamente scaldare. “Almeno quello”, pensò sollevata
- Perché ti sei alzato? Perché mi ha portato del thé? Perché sei rimasto con me? - continuò imperterrita.
- Ma non eri stanca? -
Bulma gonfiò le guance ed accelerò il passo, standogli quanto più possibile appiccicata e ripetendogli le domande come un disco rotto. Fin quando lui non arrestò il passo di colpo e si voltò a guardarla.
- Se ti rispondo la finisci? -
Bulma annuì tornando a sfregarsi le mani sulle braccia, in corridoio faceva ancora piuttosto freddo.
Lui sospirò puntando lo sguardo altrove. – Mi sono alzato perché… - le lanciò uno sguardo veloce. – Non riuscivo a dormire, senza di te. - le ultime tre parole furono un sussurro appena percettibile.
- Quindi sei venuto a cercarmi? - gli chiese la donna quasi sotto shock. Aveva appena ammesso di non riuscire a dormire da solo!
Lui annuì semplicemente ficcando le mani in tasca, l’oscurità della stanza nascondeva il suo imbarazzo, per quanto poco potesse essere.
Bulma fece un paio di passi nella sua direzione. – E mi hai aiutato con il lavoro? Così potevo finire prima e tornare a letto con te? -
Lui annuì di nuovo senza distogliere lo sguardo dalla pioggia, che si abbatteva adesso sulla città e che aveva preso il posto della neve. Si sentiva tremendamente in imbarazzo a rivelarle, o meglio, a farle capire quelle sue piccole debolezze, anche se sapeva bene che lei non le considerava tali.
Quando si era svegliato, nel bel mezzo della notte, la prima cosa che aveva notato era l’assenza della compagna accanto a sé. Subito dopo, un mugolio appena percettibile gli era arrivato alle orecchie, costringendolo ad abbassare lo sguardo; la figlia era addormentata con una mano stretta alla sua maglietta. Era rimasto a fissare la parete di fronte, la testa appoggiata su una mano, indeciso sul da fare. La prima cosa sarebbe stata portare la figlia in camera sua e poi… E poi? Avrebbe potuto riprovare a dormire ma sapeva che si sarebbe rivelato un tentativo inutile. Sbuffò maledicendosi mentalmente per quella sorta di dipendenza che aveva per la compagna, soprattutto durante il sonno. Così si era alzato e, dopo aver messo Bra a letto, era sceso al piano inferiore seguendo la sua aura, finendo in laboratorio.
A tirarlo giù dalle nuvole ci pensò proprio lei, che gli si era letteralmente buttata addosso avvinghiandosi al suo collo come un’ancora di salvezza. Percepiva il suo sorriso, ancor prima di vederlo.
- Che ti prende!? - scattò in imbarazzo e preso in contropiede. Il corridoio era vuoto, erano le quattro e mezza di notte e loro erano soli al buio, di cosa dovesse vergognarsi non lo sapeva neanche lui.
Lei lo strinse di più, chiedendogli silenziosamente di ricambiare la stretta. Quando avvertì le braccia forti del compagno attorno a lei, si concesse di guardarlo in faccia; aveva la stessa espressione impassibile di sempre, tranne che per una nota di confusione. Gli sorrise avvicinandosi pericolosamente al suo viso.
- Grazie – sussurrò, prima di baciarlo dolcemente. Un bacio casto e veloce, troppo veloce forse vista l’espressione scontenta di lui quando si staccò.
Lo sentì borbottare qualcosa di poco comprensibile ma decise di ignorarlo, preferendo prenderlo per mano e attraversare il corridoio fino alle scale. Improvvisamente le tornò in mente che Yamcha non aveva mai fatto niente del genere per lei, mai si era azzardato ad alzarsi in piena notte per vedere cosa stesse facendo e perché non fosse a letto. Lui dormiva beato anche senza di lei al suo fianco, al contrario di Vegeta che sembrava non riuscire a riposare senza la sua compagna da stringere. Quel pensiero la fece ridere: un comune terrestre se la dormiva alla grande senza la sua ragazza di fianco e invece il temibile principe mercenario non ci riusciva.
- Perché ridi adesso? -
- Niente, mi è tornata in mente una cosa - rispose cercando di scacciare via quel pensiero.
- Cioè? -
Da quando in qua era così maledettamente curioso?
- Niente di che. Solo… un piccolo paragone -
- Paragone? -
Bulma annuì: – Tra te e Yamcha. -
Vegeta si bloccò di botto tirando la compagna indietro. – Cosa c’entra il tuo ex adesso? - le chiese con un’espressione schifata e a tratti furiosa. Solo il nome lo disgustava: detestava quel tipo e di sicuro non c'entrava niente con loro due, soprattutto in un momento come quello.
Bulma sospirò, conscia che se non glielo avrebbe detto non l’avrebbe lasciata andare. Si voltò a guardarlo e gli sorrise.
- Stavo ripensando al fatto che Yamcha, in tanti anni di relazione, non ha mai fatto una cosa del genere. Non si è mai alzato dal letto per venirmi a cercare, figuriamoci portarmi qualcosa da bere ed aiutarmi con il lavoro - gli disse facendo qualche passo verso di lui, le mani ancora intrecciate.
Negli occhi del Saiyan passò qualcosa di molto simile ad una luce di sfida, come se si sentisse perennemente in competizione con Yamcha. E ogni volta vinceva sempre.
Vegeta si aprì in un ghigno. – Un punto in più per me allora - le disse guardandola negli occhi.
Lei gli sorrise prima di posargli un bacio, leggero come una piuma, sulle labbra. Questa volta lui le impedì di staccarsi approfondendo il contatto, fino a che non vennero entrambi percorsi da un brivido di piacere e lei gli allacciò le braccia al collo, persa in quel bacio così profondo. Vegeta, per tutta risposta, la sollevò facendole mettere le gambe intorno ai propri fianchi, portandola così per le scale fino alla loro stanza.

****

Addentò un pancake, mugolando di soddisfazione quando le sue papille gustative danzarono a contatto con quel sapore paradisiaco. Si era dimenticata come fosse il vero cibo, quello fatto in casa e non recuperato in giro. Staccò un altro pezzo con voracità, godendosi nuovamente quel sapore che aveva scoperto di amare.
- Bulma! Questi pancake sono favolosi! - si congratulò quando ebbe ingoiato anche l’ultimo pezzo.
Bulma le sorrise mentre sorseggiava il cappuccino. – Non sono niente di speciale, in realtà -
Uryasil ne afferrò un altro precedendo il bambino davanti a lei, che la fissò contrariato.
- Oneesan**! Non è giusto! Tu ne hai fatti fuori sei e io solo quattro! - protestò il piccolo Saiyan cercando di togliere il dolce dalle mani della zia, che però fu più lesta e lo evitò.
- Devi essere più veloce nella vita, ragazzino - gli rispose addentando il pancake.
- Oneesan? - chiese Bulma fissandoli.
Trunks si appoggiò allo schienale imbronciato e a braccia incrociate fissava in cagnesco la zia che si gustava tranquillamente la colazione. – Mi ha chiesto lei di chiamarla così. Dice che “oba-san” la fa sentire vecchia - rispose.
Uryasil sorrise a lui e alla donna, sventolando poi il dolce davanti il ragazzino prima di addentarlo. Trunks le tirò un calcio sotto il tavolo, facendoglielo andare di traverso. Sorrise sadicamente soddisfatto a quella scena, sentendosi leggermente meglio.
La madre però non era dello stesso avviso e gli lanciò un’occhiata torva, prima di alzarsi e recuperare gli altri pancake bollenti dal ripiano, poggiandoli davanti al figlio, che  appena li vide si illuminò e incominciò subito a divorarli.
- Ti fa strano? - chiese Uryasil, tornando al discorso.
Bulma scrollò le spalle. – No. - disse tornando a sedere e prendendo una brioche calda, una delle tante.
Trunks addentò l’ottavo pancake gongolando: amava le vacanze anche per il fatto di potersi godere la colazione in santa pace. Senza il torpore del sonno né la costrizione di arrivare puntuale a scuola. Bevve un sorso di latte dalla tazza che aveva davanti.
Bulma lo guardò addentare un toast prosciutto e formaggio con i baffi di latte, e per poco non rigettò la colazione. Come diavolo faceva a passare da dolce a salato in quel modo? Che razza di stomaco avevano i Saiyan?
 A proposito di Saiyan…
- Uryasil, che tu sappia, Vegeta è sempre stato un maniaco dell’ordine? - chiese alla cognata che si era buttata sul bacon.
- Da ciò che ricordo direi di sì. Era sempre molto preciso, mi chiedo come abbia fatto a vivere in mezzo a tutti quei mercenari di diverse razze, data questa sua mania di mettere tutto in ordine - rispose addentando un pezzo di pane. – Perché? -
Bulma le sorrise e staccò un morso dalla brioche che ancora teneva in mano. – Curiosità -
Trunks fissava madre e zia cercando di raccapezzarsi, mentre affondava la forchetta nelle uova che aveva sotto il naso. Ora che ci pensava, anche lui in parte era una sorta di maniaco dell’ordine… con i videogame però, il resto lo lasciava lì dove capitava.
Una mano gli si posò sulla testa scompigliandogli i capelli, tirandolo via dai suoi pensieri. Alzò lo sguardo e sorrise al padre.
- Ciao papà -
- Ciao - rispose apatico prima di sedersi accanto a lui e fregargli un pancake dal piatto.
- Guarda chi si vede, il papà dell’anno! Non dicevi di odiare i bambini? - lo prese in giro la sorella con la bocca piena
L’uomo alzò le spalle indifferente. – In vent’anni le cose cambiano - rispose.
Uryasil poggiò i gomiti sul tavolo e adagiò il mento sulle mani. – Ho saputo che sei rimasto il precisino che ricordavo -
Vegeta le scoccò un’occhiataccia. – Tu invece sei la solita impicciona - disse addentando il dolce.
Uryasil non si perse d’animo e gli rivolse un sorriso radioso. – Però mi vuoi bene lo stesso -
- No, cosa te lo fa pensare? - gli sorrise lui, sornione.
Uryasil gli tirò un calcio sotto il tavolo, che non sortì alcun effetto, e si imbronciò. – Come fai a sopportarlo? - chiese a Bulma che le sorrise.
- Me lo chiedo anche io – le rispose alzandosi e mettendo la tazza nel lavandino. – Almeno tu lo puoi picchiare! -
Il ragazzino fissò i tre adulti sorridente, lui si godeva la scenetta ridendo sotto i baffi. Anche lui, volendo, poteva picchiare il padre, sempre se voleva poi ritrovarsi mezzo morto sul pavimento della stanza. Alla fine, quando lui lo prendeva in giro, si limitava ad imbronciarsi.
Affondò di nuovo la forchetta nelle uova e, mentre masticava, si versò un po’ di succo di frutta nel bicchiere. Dopo aver ingoiato, ne bevve un sorso continuando a squadrare i tre adulti davanti a lui che litigavano peggio dei ragazzini. Si chiese chi dei tre fosse più infantile.
- Andate in ufficio anche oggi? - chiese facendo riferimento all’abbigliamento dei genitori.
Bulma sbuffò. – Sì, ma si tratta di poche ore. A quanto pare in quel posto non riescono a fare due cose insieme senza combinare casini - borbottò versandosi un bicchiere di succo.
- Ufficio? - chiese Uryasil. – Tu lavori? - si rivolse poi al fratello, che sembrava ignorarla.
Infatti Vegeta continuò la sua colazione, senza degnare la sorella di mezza risposta. La quale, presa da un momento di follia, gli tirò dietro la prima cosa che trovò: un coltello molto, molto appuntito. Inutile dire che il maggiore lo schivò con facilità.
- Sei pregato di rispondere! - gli urlò contro. L’uomo davanti a lei neanche le diede retta ma, prima che Uryasil potesse saltare addosso al fratello e picchiarlo fino a farlo sanguinare dalle orecchie, Bulma le rispose.
- Sì, quello sfaticato lavora con me. Ed è anche piuttosto bravo - borbottò nascondendosi dietro il bicchiere.
Uryasil si accontentò e parve calmarsi, tornando ad appoggiarsi allo schienale della sedia, ma lanciò comunque un’occhiata fulminante all’uomo, che parve non farci caso.
Bulma si alzò ed invitò, con lo sguardo, il marito a fare lo stesso. Vegeta parve leggermente contrariato dal fatto che dovesse terminare di mangiare prima del previsto, ma fece come gli era stato chiesto senza lamentarsi.
Uryasil fece un fischio, prendendo in giro il fratello. – Che eleganza, fratellino - il maggiore le mostrò elegantemente il medio, provocando le risate del figlio.
Bulma ignorò quanto accaduto: preferiva evitare un litigio prima di quella sorta di riunione, che avrebbero avuto di lì a un paio d’ore.
- Più tardi dovrebbero passare i miei, c’è stato non so quale imprevisto e faranno tardi. O forse non passano affatto, non ne ho idea - rifletté la donna aggrottando le sopracciglia. Non ricordava bene cosa le avesse detto il padre al telefono. – Tu ricordi? - chiese poi al marito, il quale alzò le spalle.
- Sei tu quella che ci ha parlato al telefono - rispose lui appoggiandosi, con le mani in tasca, con la spalla allo stirpe della porta. Un sorrisetto di chi la sa lunga stampato in faccia.
Di colpo l’azzurra ricordò cosa era successo quella mattina, e del perché non ricordava cosa il padre le aveva detto.
La canzone “I love it” non le era mai sembrata così odiosa come in quel momento. Era almeno la terza volta che le parole “I don’t care, I love it” risuonavano nel silenzio della stanza e lei era vivamente tentata di scaraventare il telefono contro un muro. Tirò un sospiro di sollievo quando smise di squillare, si voltò dando le spalle al comodino e tornò a dormire.
Dopo neanche un quarto d’ora, “ l’aggeggio infernale” tornò alla carica, suonando forse più forte di prima costringendo la proprietaria ad abbandonare le braccia di Morfeo.
Bulma prese il telefono con un gemito di protesta e si mise seduta sul letto, fissando il telefono e cercando di mettere a fuoco il nome scritto sopra.
- Papà? - mugugnò quando riuscì a leggere. Premette il pulsante di risposta.
- Pronto? -
- Bulma, tesoro? Mi dispiace averti svegliato - rispose il Dr. Brief all’altro capo del telefono.
Bulma gettò un’occhiata alla radio sveglia: erano le 05:12. Troppo presto. – Non preoccuparti - mentì facendo una smorfia.
- Ascoltami, tesoro, ti ricordi che oggi ti avevamo promesso che saremmo passati? - continuò l’uomo.
- Sì - rispose la donna. Avvertì un leggero movimento alle sue spalle ma non ci fece molto caso credendo fosse il compagno che si muoveva nel sonno.
- Be', non so se faremo in tempo. -
Un brivido le percorse la schiena appena prima di sentire la sua voce. – Bulma? Che stai facendo? - le chiese Vegeta con la faccia di chi si era appena svegliato.
Lei gli fece segno di tacere e indicò il telefono.
- Bulma, mi stai ascoltando? - la richiamò il padre dall’altro capo.
- Eh? Sì, stavi dicendo che non sai se farete in tempo - Qualcosa si mosse alle sue spalle, le lenzuola produssero un fruscio soffuso, ma lei non ci fece caso.
- Sì, tua madre ha detto che deve passare assolutamente in un negozio appena aperto dall’altro capo del paese. E anche partendo adesso non so se riusciremo a star da te all’orario stabilito - riprese l’uomo.
Bulma si rese conto del movimento del marito solo quando lo sentì poggiare le labbra sulla sua pelle nuda. Ebbe un brivido e istintivamente provò a ritrarsi, ma lui l’aveva abbracciata da dietro, bloccandole qualsiasi via di fuga. Lo sentì ghignare sulla sua pelle.
- Quindi, molto probabilmente, faremo tardi. Per te non è un problema vero? -
Bulma trattenne un gemito quando le labbra di lui le baciarono la nuca. – No, certo che no - ribattè in un soffio.
Avvertì il sospiro di sollievo del padre. Bene, perché altrimenti tua madre mi avrebbe ucciso. Sai com’è fatta no? Quando si tratta di negozi… -
Aveva smesso di ascoltare dato che Vegeta era passato a baciarle il collo con voracità. Represse un sospiro estasiato quando la morse con delicatezza, mentre lui rise, silenziosamente, continuando la sua lenta tortura.
Si mise l’altra mano sulla bocca, cercando di non emettere suoni equivoci e concentrarsi sulle parole del padre.
- È molto testarda e non la ferma nessuno! Poi quando si parla di pasticceria... -
Si morse la lingua per non gemere. Concentrarsi sulla voce del padre con suo marito che la stuzzicava in quel modo, era impossibile. E Vegeta sembrava divertirsi dato che continuava a baciarle il collo indisturbato, passando poi sulle spalle e lasciando una scia umida dalla destra alla sinistra, senza tralasciare la parte sensibile alla base del collo tra le scapole.
Inspirò con forza quando la sua mano trovò un seno e cominciò a stuzzicare il capezzolo, passandolo tra il pollice e l’indice. Si era accorta solo in quel momento di essere ancora completamente nuda, ciò dava maggior accesso alle sue carezze. Le sfuggì un gemito, ma il padre parve non accorgersene, occupato com’era a vaneggiare.
- Ssh...- le intimò l’uomo alle sue spalle prima di ridacchiare.
Vegeta le accarezzò con delicatezza il braccio con la mano libera, continuando a torturare il capezzolo con l’altra e a baciale il collo. Era curioso di vedere fin quanto sarebbe stata in grado di resistere in quello stato, prima di chiudere la chiamata con una scusa e saltargli addosso, chiedendo, no, pretendendo di essere presa all’istante.
Ormai la voce del padre era un lontano ronzio nella sua testa, i baci e le carezze di Vegeta le mandavano in pappa il cervello, come sempre dopotutto. Quando un secondo gemito si fece largo tra le sue labbra, senza che chi dall’altra parte del telefono se ne rendesse conto, reclinò la testa sulla spalla del compagno, spingendo, in quel modo, il seno contro la sua mano e lasciandogli via libera di continuare a baciarla sul collo. Lo sentì ridacchiare e prendere a torturarle anche l’altro capezzolo. Era al limite, e pregava che il padre la smettesse presto di parlare.
- Ora devo andare, tua madre reclama la mia attenzione - disse.
A quelle parole le mani del compagno si fermarono di colpo, lasciandola accaldata e insoddisfatta.
- Non c’è problema, ci sentiamo più tardi in caso. - disse per poi chiudere la chiamata.
Si voltò di scatto verso il compagno, che sorrideva sornione; certo lui si era divertito a torturarla in quella situazione. Incrociò le braccia al petto e lo fissò truce.
- Ti sei divertito? -
- Oh sì. E anche tu. - rispose poggiando le mani dietro di sé.
- Ma non stavi dormendo? - gli chiese spegnendo il telefono e chiuderlo in un cassetto. Nessuno l’avrebbe più disturbata fino a nuovo ordine.
Vegeta scrollò le spalle.  –Lo sai che ho il sonno leggero. E tu non ti sei neanche degnata di abbassare la voce -
Lei lo fulminò con lo sguardo, poi cambiò atteggiamento, sorridendo maliziosa. – In certi momenti però non ti dispiace -
Lui non rispose, fece scivolare lo sguardo sul suo corpo nudo come se volesse imprimerselo a fuoco nella memoria. Le si avvicinò di scatto ghignando malizioso.
- E a te non dispiaceva che io fossi sveglio -
Bulma gonfiò le guance irritata, ma non ribatté. Si lasciò cadere sul letto e gli lanciò uno sguardo che la diceva lunga, in quel momento desiderava solo averlo sopra di sé, pelle contro pelle.
Quasi le avesse letto nel pensiero, lui si mosse posizionandosi sopra di lei. I nasi che si sfioravano e gli sguardi incatenati. Lei lo fissava con le sopracciglia aggrottate infastidita, mentre lui la guardava divertito.
- Adesso completi ciò che hai iniziato - gli disse.
- Che fai, dai ordini? -
- Sì, e muoviti anche - continuò allacciandogli le braccia al collo.
Si disse che una donna non poteva dargli ordini, tanto meno quando era sotto di lui, completamente nuda e che poco prima aveva sospirato sotto le sue mani. Ma non protestò e la baciò, continuando ciò che aveva iniziato.
 
Bulma mugugnò soddisfatta andandosi a rifugiare tra le braccia di lui. Sbadigliò sonoramente e chiuse gli occhi.
- Non hai paura che ti uccida nel sonno? -
La donna aprì un occhio e lo fissò: – Ma che scemenze vai dicendo? -
Vegeta le passò un dito lungo il profilo della gola, seguendo il percorso della giugulare, in una minaccia neanche tanto convincente. – Devo ricordarti chi sono? -
- Smettila con queste stronzate - ribatté lei sbadigliando. – So chi sei: il principe di una razza guerriera, un ex mercenario che ha seminato il panico nell’universo per anni. -
Si andò a sistemare meglio tra le sue braccia, infilando una gamba tra le sue e passandogli le braccia attorno al collo.
- Ma sono dieci anni che dormo tra le tue braccia, se mi avessi voluto uccidere l’avresti fatto. - gli ricordò sfiorandogli il naso con il suo.
- Che ne sai che non abbia cambiato idea? - chiese il principe attorcigliandosi una ciocca di capelli azzurri tra le dita.
Lei, in risposta, poggiò le labbra sulle sue trascinandolo in un bacio delicato e pieno d’amore, che lui ricambiò subito. Si strinse a lui, facendo combaciare i loro corpi che sembravano essere fatti per stare a contatto.
- Il fatto che io sia ancora viva, magari. - ribatté una volta che si fu staccata. Tornò ad accoccolarsi tra le sue braccia forti. – Non è male dormire tra le braccia del proprio carnefice. -
- Sindrome di Stoccolma? - ironizzò lui.
- Forse - e tornò a dormire.
 
Ecco perché non ricordava; quella carogna di suo marito aveva fatto la sua magia solo con qualche bacio e qualche carezza. E lei si era sciolta, come sempre.
Borbottò qualcosa riguardante la sindrome di Stoccolma e il fatto che doveva insegnare a Vegeta a tenere le mani a posto ogni tanto, sotto lo sguardo confuso di cognata e figlio e quello divertito del diretto interessato, prima di uscire dalla stanza trascinandosi dietro il marito.
 


*zia o zio in giapponese.
**sorellona/ sorella maggiore, corrispondente femminile di oniichan/oniisan.


angolo dell'autrice:

Ed eccomi di ritorno! Dopo una pausa più che lunga a causa della mia vita sociale inesistente e della scuola che non ha intenzione di darmi tregua quest'anno T^T
Tornando al capitolo: ho notatao che il personaggio di Uryasil ha riscosso un discreto successo tra di voi ed ho deciso di tenerlo nella storia ancora per un po', dato che anche a me sta simpatica -3- 
Ringrazio di cuore chi continua a seguirmi nonostante le mie continue assenze e ritardi ^^ 
 

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Capitolo 22
*** Bra's Birthday ***



Entrò a passo di carica, aprendo la porta con forza, ignorando la protesta dei cardini, che minacciavano di staccarsi. Percorse l’ingresso a passo più che svelto, sorpassò la cucina e il salone, non degnando nessuno di uno sguardo, e buttò la ventiquattrore da un lato in un gesto rabbioso, prima di tirare dritto per il corridoio che portava ai laboratori.
Uryasil, che aveva assistito alla scena in silenzio completo, si voltò a guardare il fratello, che, al contrario della consorte, era entrato con tranquillità e sostava davanti la porta del salotto.
-Ma che le prende?- chiese.
Il Saiyan alzò le spalle indifferente, mentre toglieva la giacca e la poggiava su una sedia: il maniaco dell’ordine era tornato.
-Piuttosto, dove è andata?- chiese Trunks.
-In laboratorio, probabilmente.-
-E che ci va a fare?- chiese Uryasil mentre fissava l'acino d’uva, staccato dal grappolo che teneva in mano.
-Sfogare la rabbia.- le rispose Trunks.
-Lavorando?-
Il ragazzino scrollò le spalle. –Ognuno ha il suo modo di rilassarsi.-
Uryasil non era molto convinta della cosa ma decise di non indagare; da ciò che le avevano riferito quei due, Bulma arrabbiata non doveva essere disturbata, a meno che non si volesse morire sotto atroci torture.
Mise l’acino in bocca riflettendo sulla possibilità che un’umana potesse far del male a un guerriero del loro livello: magari aveva qualche macchinario strano inventato appositamente per torturarli. Rabbrividì a quell’idea che, in fin dei conti, poteva essere anche vera.
Passarono due ore e poco più in silenzio, tanto che si chiese se fossero tutti scomparsi senza che se ne accorgesse, prima che si decise lei stessa a dire qualcosa.
Appoggiò la testa allo schienale del divano per poter osservare il fratello seduto dietro di lei, anche se a testa in giù e gli sorrise.
-Che vuoi?-
Il sorriso di Uryasil scomparve: – Come sei scorbutico. Non ho detto niente! -
-Quando sorridi in quel modo vuoi sempre qualcosa, Uryasil.- ribattè il maggiore.
-Mi stavo solo chiedendo che fine avesse fatto Bulma, sono due ore che è chiusa in laboratorio.- borbottò mentre si voltava per poterlo guardare nel verso giusto. –Forse è il caso di andar a controllare.-
-Sta bene, non c’è bisogno di andare a controllare.- rispose Vegeta.
-E tu che ne sai?-
-Posso percepire la sua aura.-
La principessa dei Saiyan si arrese e, sbuffando, tornò a guardare la televisione, anche se per niente interessata al programma. Era curiosa di sapere cosa stesse combinando la cognata, rinchiusa in quel posto pieno di cavi e impregnato dell’odore dell’olio usato per i motori.
-E se invece esistesse un modo per ingannarti? Potrebbero averla rapita e tu non te ne saresti accorto.- tornò alla carica.
-Non esiste un modo per ingannare la percezione dell’aura.- ribattè.
-E tu che ne sai?-
-Lo so e basta.-
- Lo so e basta - gli fece il verso lei. –Dai! Voglio andare a vedere cosa sta combinando!-
-Vai allora, cosa vuoi da me?-
La donna incrociò le braccia al petto. –Non so dove sia precisamente.-
-Segui la sua forza.-
-Non posso! Il mio rilevatore non capta energie così basse.- protestò.
L’altro non le rispose, preferendo rivolgere la sua attenzione al paesaggio fuori dalla finestra.
-Daiiii, oniichan!- lo pregò con voce smielata nella loro lingua.
-No.-
-Dai, dai, dai, dai!- iniziò la tiritera saltellandogli attorno come una bambina di cinque anni.
-Fatti accompagnare da Trunks.-
Uryasil si fermò e si voltò a guardare il ragazzino che li fissava e sembrava sul punto di scoppiare a ridere.
- Okay... -

***

- Si può sapere perché alla fine sono dovuto venire anche io? - protestò Vegeta seguendo a debita distanza sorella e figlio. La prima sembrava una bambina al parco divertimenti mentre l’altro era più spaventato da un’eventuale reazione negativa della madre, a quella visita.
I corridoi che portavano ai laboratori erano divisi dal resto della casa da una grande porta scorrevole, a cui serviva un codice per aprirsi. Così che, eventuali visitatori curiosi, non potessero accedervi neanche volendo. La parte prima della porta era identica al resto della casa, stessi colori e stessi materiali, mentre al di là, l’intero ambiente era fatto di metallo ad eccezione del pavimento.
- Perché sì - rispose Uryasil sorridendogli.
L’uomo si limitò ad emettere un grugnito incomprensibile mentre gli altri due aprivano la porta e si addentravano nella parte scientifica dell’edificio. Una volta aveva chiesto a Bulma il motivo per il quale, oltre che nei sotterranei della sede principale degli uffici, avessero dei laboratori in un’ala della casa. Bulma gli aveva risposto che il padre preferiva lavorare a casa piuttosto che arrivare in sede per usufruire dei vari macchinari.
- Questo posto mi ricorda la base di Freezer... - disse, all'improvviso, Uryasil fissando l’ambiente circostante. – C’è lo stesso odore metallico -
Vegeta si ritrovò a pensare che la sorella avesse più che ragione: anche lui, la prima volta che si era addentrato all’interno, aveva avuto la stessa sensazione di spiacevole familiarità. Un odore forte, pesante e che dava alla testa per la sua intensità. Gli anni al servizio di Freezer avevano macchiato entrambi i fratelli, anche se, per fortuna, il più piccolo, Tarble, era stato spedito lontano, prima che venisse preso sotto l'ala del tiranno come loro due. Ora, invece, quell’odore gli ricordava semplicemente lei e il suo lavoro di scienziata.
Fece una smorfia, risentito: diamine, era sempre nella sua testa quella donna?
- È questo? - chiese, poi, Uryasil affacciandosi sulla porta della terza stanza metallica incontrata e distraendolo dai suoi pensieri.
- Sì, sembra stia lavorando a qualcosa... - le rispose Trunks, iniziando a guardarsi intorno con aria un po' preoccupata.
-E a che cosa?-
- Non ne ho idea – gli fece il bambino, iniziando ad entrare nella stanza, tra i rumori e i pezzi metallici che ingombravano la stanza.
- Questo posto è interamente rivestito di metallo - notò la donna, alzando gli occhi sul soffitto e fissando, stupita, la sua grandezza.
- Come se tu non ne avessi mai visto uno - le ricordò il maggiore, avvicinandosi a lei e sbuffando.
- Erano diversi – rispose, – Qui non c’è gente incatenata e uomini con la frusta che urlano – pronunciò, poi, sovrappensiero, incuriosendo il più piccolo che camminava al suo fianco.
- Gente incatenata? - chiese, curioso, il piccolo.
Uryasil annuì: - Non avrai pensato che la gente al soldo di Lord Congelatore fosse lì di sua spontanea volontà, vero? -
Lord Congelatore? Viva la fantasia, avrebbe potuto trovare qualcosa di meglio, pensò il mezzosangue
- No, ma non credevo che gli scienziati lavorassero in quelle condizioni. -
- Questo è niente. Dovevi vedere cosa facevano ai soldati che non eseguivano gli ordini, - continuò schifata. – ringrazia che quel tizio sia morto e sepolto da molto tempo prima che tu nascessi -
Trunks battè le palpebre: – Se fosse ancora vivo voi sareste o morti o ai suoi ordini, e di conseguenza io non sarei potuto mai nascere - 
- Esatto. Per questo ritieniti fortunato, non hai idea di cosa abbiamo passato io e tuo padre – concluse la ragazza spiccia.
-Immagino -
-No, non immagini. È impossibile.- ribattè Uryasil prima che qualcosa le sfrecciasse davanti a una velocità impressionante, riportandoli alla realtà. I tre si spostarono appena in tempo, evitando il missile proveniente dal laboratorio.
Quando si voltarono per capire cosa li avesse quasi uccisi, strabuzzarono gli occhi: una chiave inglese era conficcata nella parete dietro di loro, ancora tremante per la forza del contraccolpo.
-Cos’era? Un tentato omicidio?- chiese la donna dai capelli scuri.
-Per essere ex mercenari, siete piuttosto rumorosi.- la voce della donna dai capelli azzurri arrivò chiara alle loro orecchie. –Entrate, non vi mangio mica.-
-Al massimo ci uccide con una chiave inglese.- borbottò Trunks evitando, subito dopo, un cacciavite tirato nella sua direzione.
La prima ad entrare fu Uryasil, che si guardò attorno meravigliata: l’ambiente ai suoi occhi era molto più grande visto dall’interno. Macchinari di ogni genere, computer, fogli vari e attrezzi da lavoro occupavano gran parte dello spazio circostante. In tutta la sua vita, era entrata in un posto simile solo per usufruire della vasca di rigenerazione quando veniva ferita in battaglia ma non aveva mai avuto a che fare con macchinari ad alta tecnologia come quelli o, probabilmente, non aveva mai dato peso a ciò che le stava attorno.
Si avvicinò alla scrivania dove Bulma era seduta ed afferrò un foglio.
-35 litri d'acqua, 20 chili di carbonio, 4 litri di ammoniaca, 1 chilo e mezzo di calce, 800 grammi di fosforo, 250 grammi di sale, 100 grammi di salnitro, 80 grammi di zolfo, 7,5 grammi di fluoro, 5 grammi di ferro, 3 grammi di silicio, più altri 15 elementi in minima quantità.*- lesse ad alta voce la Saiyan. –Cos’è?-
Bulma alzò un secondo lo sguardo dal suo lavoro per rispondere alla cognata. –Sono gli elementi che compongono il corpo umano.-
-Elementi? Quelli chimici?- chiese passando il foglio al fratello e prendendone altri.
-Sì, proprio quelli. Anche se avrei dovuto distinguere l’idrogeno dall’ossigeno, per l’acqua.-
-Sarebbero all’incirca 43 kg d’ossigeno e 7 kg di idrogeno.- rispose Vegeta fissando i calcoli al margine della pagina.
Trunks si mise ad osservare tutti i fogli sparpagliati sulla scrivania, cercando di comprenderne il senso. Calcoli, numeri, percentuali e schemi vari: sembrava che la madre stesse creando qualcosa di importante. Uno in particolare attirò la sua attenzione.
-E cosa devi farci con questi elementi? Vuoi creare un nuovo essere umano?- chiese Uryasil.
-No, anche perché sarebbe impossibile. Persino con l’alchimia.-
-Alchi-che?-
-Alchimia. È un antico sistema filosofico-esoterico che si espresse attraverso il linguaggio di svariate discipline come la chimica, la fisica, l'astrologia, la metallurgia e la medicina.- le rispose ancora una volta il fratello, mentre si rigirava il foglio tra le mani, cercando di venirne a capo.
-E cosa c’entra la filosofia con la scienza?-
-Apparentemente niente. Ma ci sono parecchi testi in cui si pensa all’alchimia come la forma più vicina alla magia.- continuò. –In alcuni di essi l'alchimia è considerata una scienza la cui applicazione pratica è, semplificando, un processo in tre fasi detto trasmutazione. La prima fase è la comprensione della struttura della materia, quindi la sua scomposizione e infine la ricomposizione.** Sono tutte invenzioni, ovviamente.-
Uryasil, per quanto intelligente e colta fosse, non ci stava capendo molto di quel discorso. Non aveva mai sentito parlare di alchimia. Fissò la famigliola cercando risposte nello sguardo di qualcuno, ma tutti tenevano gli occhi bassi.
-Ti sei messa a studiare l’alchimia, mamma?- chiese Trunks.
-No, ma mi è servita per creare questa- disse sollevando quella che sembrava un’innocua, per loro, pistola.
-Una pistola?- chiese il bambino.
-Non è così semplice. Quest’arma è in grado di far saltare la testa a chiunque.- disse alzandosi con l’arma in mano. Si posizionò davanti il compagno e gliela puntò alla testa. –Persino un Saiyan.-
Vegeta non aveva fatto una piega, non temeva assolutamente quel giocattolo. Avrebbe potuto spezzarlo in due come niente.
-Impossibile. Un’arma del genere non può neanche scalfirci.- ribattè Uryasil mettendosi alle spalle della cognata. Bulma però sembrò tutt’altro che scoraggiata da quelle parole.
-Vuoi provare?- chiese al compagno.
-Accomodati.- le rispose ghignando.
Bulma non ci pensò su due volte prima di premere il grilletto. Dall’arma non uscì nient’altro che un raggio blu, niente proiettili o missili o roba simile, che puntava dritto dritto alla testa del Saiyan. Il quale all’inizio neanche si mosse, anzi si mise a ridere di fronte a quella messa in scena; non importava che fossero proiettili o raggi laser, niente che i terrestri potessero impugnare poteva scalfirlo.
Pregustava già il momento in cui avrebbe preso in giro la compagna, per quel tentativo andato in malora, quando un campanello d’allarme suonò nella sua testa, mettendolo in guardia che quella cosa, per quanto innocua potesse sembrare, era pericolosa. Avvertendo un leggero calore sul viso, spostò la testa di lato all’ultimo secondo, così che il raggio colpisse il muro rivestito di metallo e non lui. Aveva rischiato grosso, ma s’era cavata con un taglio sulla guancia.
Bulma sorrise in un modo strano mentre abbassava l’arma: era inquietante, aveva l’aria di un cacciatore che aveva appena colpito una preda difficile.
Uryasil fissò sbalordita i due coniugi: non poteva crederci! Esisteva veramente qualcosa, su quel pianeta, in grado di uccidere persino loro!?
-È una tua invenzione?- le chiese il figlio.
-Sì. Ci ho passato mesi sopra, ne vado fiera. Ho creato un capolavoro - disse sorridente mentre rimetteva l’arma nella fondina legata alla cintura della tuta.
Vegeta si passò una mano sulla guancia ferita, quando la ritrasse era sporca di sangue.  Non era molto, dato che era riuscito ad evitare il colpo, se pur all’ultimo; doveva ringraziare solo il suo istinto di guerriero, che lo aveva messo in guardia, altrimenti avrebbe avuto qualcosa di ben più grave, di quel graffietto. Nella migliore delle ipotesi, avrebbe perso molto sangue, mentre nella peggiore avrebbe avuto un buco in testa, anche se dubitava che la moglie avrebbe rischiato così tanto. Alzò lo sguardo su di lei, chiedendosi se avesse previsto tutto, dopotutto lo conosceva meglio di chiunque altro e sapeva benissimo che non era così stupido da farsi uccidere in quel modo. Un ghigno affiorò sulle labbra fine del principe: quella donna non la smetteva di stupirlo.
-Come diavolo hai fatto a costruire una cosa del genere?- chiese Uryasil, ancora scossa per la scena appena vista.
Bulma le sorrise: – Ho fatto alcune ricerche su di voi. Principalmente analisi del sangue, che poi ho scomposto e messo a confronto di quello di un semplice terrestre. -
Girò attorno alla scrivania per andare a recuperare alcuni dati. Porse i fogli a tutti e tre prima di continuare a parlare. – Il vostro sangue e il nostro è molto simile, quasi identico. -
- Questo spiega perché siete compatibili geneticamente, giusto? - disse la Saiyan, riferendosi al fratello e alla consorte.
 -Esatto. Tranne che per qualche enzima e diversità nel DNA, siamo praticamente identici. Queste piccole differenza fanno sì che voi abbiate le caratteristiche che, effettivamente, possedete. Quali: forza, resistenza, velocità, tempi ridotti nella guarigione, potenza che aumenta ogni qual volta siete in fin di vita e tante altre cose che sapete già. - Si mise a sedere dietro la scrivania osservando uno ad uno i tre Saiyan che sostavano davanti a lei. Poggiò le braccia incrociate sul tavolo.
- Grazie a tutte queste informazioni, ho potuto scovare il mix perfetto che avrebbe potuto essere mortale anche per voi, che siete quasi dei semidei - continuò prendendo una fiala contenente un liquido blu. – Di conseguenza ho fatto in modo che, questo liquido, caricato in una particolare pistola, potesse dar vita a un’arma letale per chiunque -
- Come hai ottenuto il sangue? Da ciò che so, un normale ago non può penetrare la nostra pelle, a meno che la forza combattiva non sia vicina allo zero - chiese Uryasil abbandonando i fogli sul tavolo. Non ci avrebbe capito niente neanche se si fosse sforzata.
- Semplice. Ho sfruttato le innumerevoli bende e medicazioni varie di cui ricopro quei due ogni santo giorno.– rispose muovendo piano la fiala e guardando il marito attraverso essa. 
Un dubbio assalì il piccolo Trunks: sapeva bene che la madre fosse un genio ma era sicura al cento percento che quell’arma si sarebbe rivelata tale? Insomma, sembrava più un salto nel buio.
- Eri sicura di ottenere questo risultato? - chiese.
Bulma poggiò il viso sulla mano libera, continuando a fissare il liquido blu muoversi. – Non ero proprio sicurissima. Diciamo che avevo il settanta, ottanta percento di possibilità -
- Di riuscita? -
- Di fallire - disse fissando di sottecchi il bambino. – Però sono una persona tenace, le percentuali non mi spaventano -
- Ci hai sfruttati, insomma. - rise Trunks fissando l’espressione impassibile del padre.
- In parte. Ma è stato per una buona causa, adesso ne so di più su di voi e la vostra razza. E tutto ciò partendo da nemmeno una goccia di sangue - rispose rimettendo la fiala a posto.
- Vi ha usati come cavie da laboratorio - disse Uryasil scoppiando a ridere.
Vegeta posò i fogli sul ripiano e, con un gesto veloce, sfilò la pistola dalla fondina. La osservò per diversi istanti, prima che la proprietaria si accorgesse che le era stata rubata, constatando quanto all’apparenza fosse poco più di un giocattolo: aveva le sembianze di una di quelle pistole che si usano nei film di fantascienza. Spinto dalla curiosità la puntò addosso a lei.
- Cosa pensi di fare? - lo ammonì.
- Chi lo sa, - rispose enigmatico. – Un esperimento: secondo te funziona anche sugli umani? -
Bulma non si mosse continuando a fissare i suoi occhi, nei quali si rifletteva la luce blu emanata dall’arma. Sapeva benissimo che non lo avrebbe fatto. Infatti, pochi secondi dopo l’abbassò e la restituì alla donna, che sorrideva.
- Perché avresti costruito un’arma del genere? - le chiese incrociando le braccia al petto.
- Precauzione - disse mentre rinfoderava l’arma. – Sai com’è… Non si può mai sapere se e quando spunterà un altro dei vostri simili -
Vegeta sapeva benissimo che si riferiva all’episodio di Tarble, di cui lei ignorava l’esistenza, e di Uryasil, anch’essa ignara del fatto che il fratello non l’avesse detto a nessuno. Ancora glielo rinfacciava.

***

Si era alzata in piena notte, colta da una fame improvvisa e inarrestabile. Sapeva che, se non l’avesse placata, non sarebbe riuscita a dormire per il resto della notte. Così, in punta di piedi, più silenziosa di un fantasma – o di un killer professionista nel suo caso, - aveva sceso le scale ed era sgattaiolata in cucina: sapeva che il frigo era sempre pieno di cose buone, per cui, perché non approfittarne?
Non accese la luce per paura di svegliare il resto della casa, ma anche perché lei ci vedeva benissimo anche al buio. Aprì il frigo e i suoi occhi si illuminarono: cibo!
- Cosa stai facendo? -
Sussultò e reagì d’istinto, lanciando la prima cosa che aveva sottomano contro il presunto aggressore - che, poi, l’unico che avrebbe potuto farle del male era il fratello - che la voleva prenderla alla sprovvista, arrivandole alle spalle. Quando non avvertì il suono dell’oggetto che si schiantava contro qualcosa, si decise a voltarsi.
- Stavi cercando di uccidermi? - le chiese Vegeta, con in mano il piatto che aveva rischiato di finire frantumato contro il muro.
- Sei tu fratellone! - sospirò la donna, – Mi hai fatto prendere un colpo! -
L’uomo, vestito solo di un paio di pantaloni neri, posò il piatto sul ripiano della cucina.
- Per questo hai provato ad uccidermi con un piatto? - la prese in giro.
Uryasil gonfiò le guance infastidita, tornando a nascondere la testa nel frigo.
- Ho reagito d’istinto! Mi sei apparso alle spalle. - borbottò, fissando la parete dell’elettrodomestico.
- Che ci fai in piedi a quest’ora? - cambiò discorso il maggiore.
- Avevo fame. - rispose l’altra frugando alla ricerca di qualcosa di gustoso. – E lo sai benissimo che se non mangio non riesco a dormire. -
L’altro non le rispose, quasi per ripicca, e così fu costretta a tirare fuori la testa dal frigo per guardarlo in volto: era nascosto dall’oscurità, ma riusciva a vederlo ugualmente benissimo, quasi avesse una torcia puntata addosso; sembrava pensieroso o arrabbiato. Uryasil sbuffò: suo fratello aveva sempre quell’espressione indecifrabile stampata in faccia. Cominciò a chiedersi come faceva Bulma a capire ciò che provava: le aveva spiegato che i suoi occhi parlavano molto di più di quanto facessero le sue espressioni, ma per lei era comunque un'impresa. Lei non ci aveva mai visto niente, a parte una fredda compostezza e un rigido controllo. Che l’amore rendesse in grado di leggere al di là di qualsiasi barriera?
Alla fine, dopo aver frugato alla ricerca di qualcosa di commestibile, aveva optato per una semplice mela, sbattendo malamente l'anta del frigo e guadagnandosi un'occhiata seccata dal fratello, puntualmente ignorata. Non era il massimo del cibo disponibile, ma si doveva accontentare, dopotutto era sopravvissuta con molto meno, in passato.
Le ritornarono in mente i tempi in cui, sotto Freezer, era stata costretta a partecipare a missioni suicide, nelle quali i tre quarti della sua squadra perdeva la vita e, lei, ogni volta, si ritrovava da sola a cercare di tornare indietro, senza cibo né acqua per almeno un paio di giorni. Il più delle volte, infatti, la missione sforava i giorni previsti e lei, unica superstite e allo stremo delle forze, aveva a che fare con mostri al massimo della forza, pronti per ridurla in cenere. Quando tornava alla base, poi, il tiranno, o uno dei suoi tirapiedi, se la giornata girava nel verso sbagliato, poteva prenderla di mira e imporle una punizione a caso:  dal digiuno forzato, alle punizioni corporali peggiori, legata immobile, senza possibilità di sottrarsi ai colpi. Un incubo ad occhi aperti che, ogni volta, che le tornava alla mente, faceva ancora fatica ad addormentarsi la sera. Come quando le punizioni erano sovrapposte: riuscire a sopportare i colpi di frusta mentre il tuo corpo faceva addirittura fatica a stare in piedi per la mancanza di cibo, a volte era stato così logorante che, spesso, Vegeta,  si era proposto di prendere il suo posto. Ovviamente la richiesta veniva quasi sempre rifiutata, ma quando Freezer accettava di essere magnanimo con la principessa, al principe toccava il doppio di quanto avesse dovuto subire. Era andato avanti così per anni, lunghi anni, fino a quando, per un colpo di fortuna, era riuscita a fuggire, approfittando dell’assenza del tiranno e dei suoi scagnozzi più forti. Ignara che il fratello stesso stesse combattendo contro Freezer dall'altra parte dell'universo, Urysil aveva preso coraggio ed era scappata, facendo una strage tra i guerrieri più infimi di Freezer e fuggendo, il più lontano possibile.
Se solo avesse saputo che Vegeta era impegnato a combattere contro Freezer, si sarebbe precipitata in suo aiuto.
 
Diede un morso alla mela, iniziando a pensare che era stata molto fortunata a trovare delle persone, su un pianeta non conquistato da Freezer, che l’accolsero per un lungo periodo di tempo.
Lanciò uno sguardo al fratello, che fissava fuori dalla finestra il cielo stellato – sentiva, forse, la mancanza di casa? -  e si disse che a lui era andata ancora meglio! Insomma, quale persona sana di mente accoglierebbe nella sua casa qualcuno che, un anno prima, aveva tentato di far saltare in aria il suo pianeta? Forse nessuna e forse Bulma era veramente fuori di testa. O forse, semplicemente, Vegeta era stato sfacciatamente fortunato a trovare un persona disposta a perdonarlo e ad accoglierlo.
- Dì un po’ oniichan, - interruppe, poi, il silenzio, dando un mosto al frutto – Secondo te esiste il Karma? -
- Il Karma?-
Uryasil si sedette su una sedia:  – Sì dai! Quella forza invisibile secondo la quale se fai un’azione positiva, sarai ricompensato, se ne fai una negativa, il mondo ti punterà come un toro infuriato, prima o poi. -
- Che idiozia - commentò il principe, scuotendo la testa.
- Perchè, scusami? Secondo me esiste. -
Vegeta si voltò per osservare la sorella, un sorriso amaro aleggiava sulle sue labbra.
- Se veramente esistesse una cosa del genere, un Dio, una forza, uno spirito, o qualunque cosa sia, che ti restituisce nella stessa quantità le azioni che fai, credi veramente che io sarei qui? -
Uryasil inclinò la testa di lato. – Che intendi dire, fratellino?
- Intendo dire che, per tutto quello che ho fatto nella mia vita, quanto meno, avrei dovuto pagare con la stessa. - riflettè, tornando a guardare le stelle. – E invece sono qui, con una famiglia che mi ama e un tetto sopra la testa... Sono stato pure riportato in vita dopo aver commesso un'altra strage. E, ironia della sorte, proprio io che volevo tornare ad essere quello di un tempo, lo Saiyan assassino e spietato, alla fine sono stato etichettato come “buono” -
- E se fosse proprio questa la tua punizione? -
chiese Uryasil andando a buttare il torso della mela.
– Insomma, riflettici bene, fratellone: tu stesso hai da sempre disprezzato la vita intorno a te, distruggendo ogni cosa si posasse sul tuo cammino e, alla fine, tu stesso ne hai create due, di vite. L’idea di trovare una compagna ti disgustava come non mai ed, invece, ti sei sposato con una donna che ti ama per quello che sei. Volevi essere temuto dall’intero universo ed, invece, c’è gente che addirittura ti acclama come un eroe. -
Tornò a sedersi, a cavalcioni sulla sedia 'sta volta, osservando compiaciuta il fratello maggiore riflettere su quanto aveva suggerito. Osservò per un attimo i suoi occhi persi nei pensieri: sapeva che era un uomo intelligente ma, probabilmente, non ci era mai arrivato ad una simile conclusione.
- Tutto ciò che fin da bambino bramavi, alla fine l’hai ottenuto, però, al contrario. Secondo te questo non è Karma? - terminò sorridendo nella sua direzione.
Il fratello alzò lo sguardo in sua direzione, ancora assorto nei suoi pensieri e osservando il sorriso spontaneo della sorellina. - Forse hai ragione... - mormorò, infine, prima di sparire dalla vista di Uryasil.
Uryasil si alzò di scatto dalla sedia e battè le palpebre confusa: dove diavolo era andato? Era sparito in un attimo! - Oniichan? - chiamò nel buio della cucina, nella speranza di vederlo.
- Ehi! Non è giusto! Voglio farlo anche io! -

****

Il rumore della pioggia che sbatteva suoi vetri si fece prepotentemente largo tra i suoi sogni e non capì più se era immaginazione o realtà. Un tuono la fece sussultare e, a quel punto, capì che non era un sogno. Aprì un occhio: la luce soffusa della stanza accarezzò con dolcezza l’iride azzurra, e sbirciò la finestra aperta, fuori dalla quale sembrava si stesse scatenando il finimondo.
A lei l’estate piaceva proprio per la mancanza di temporali, caratteristica prettamente autunnale, ma non disdegnava quelli estivi; rifrescavano l’aria e duravano poco, lasciando poi il posto al brillante sole estivo.
Un brivido di freddo la percorse, ricordandole che non indossava nulla e il leggero lenzuolo di cotone non era abbastanza per scaldarla. Si costrinse a mettersi seduta sul letto e trovare qualcosa da indossare, anche solo una maglietta. I suoi occhi  percorsero la stanza alla ricerca di qualcosa di vicino da indossare fino a quando il suo sguardo cadde sui vestiti sparsi sul pavimento: come al solito si erano dati alla pazza gioia, sfogando la propria passione senza freni: neanche fossero adolescenti, ammise, poi, con un leggero sorriso sulle labbra. 
Non vedendo i suoi vestiti, probabilmente troppo lontani, diede un'occhiata a quelli di Vegeta, più vicini al letto. Sporgendosi un po’, riuscì ad afferrare la sua camicia, la infilò e la abbottonò partendo dal secondo bottone. Tornò, finalmente, a sdraiarsi tirando su il lenzuolo fin sotto il mento ma, neanche questa volta, riuscì a sentirsi calda e rabbrividì di nuovo al passaggio della leggera brezza che le carezzò la pelle.  Si voltò, risoluta, verso il compagno che dormiva pacificamente al suo fianco e, avvicinandosi, optò per sfruttare il calore di Vegeta. Intrecciò, dolcemente, le gambe con le sue e gli si appiccicò il più possibile, sfruttando il suo calore alieno come una comoda coperta. Si riaddormentò, infine, quando sentì le sue braccia che la stringevano forte, trasmettendole protezione e sicurezza.

****

Era sveglia, fin troppo sveglia, sveglissima. Stretta al suo coniglio di peluche, fissava la stanza immersa nella luce soffusa di quella uggiosa mattina. Non aveva più sonno: un tuono l’aveva svegliata un quarto d’ora prima e da allora non era più riuscita ad addormentarsi. Bra, alla sua tenera età di un anno, era terrorizzata dai tuoni e dai fulmini, proprio come la sua mamma, e i suoi sensi acuti da Saiyan non l’aiutavano.
Un tuono rischiarò la stanza un'altra volta e il forte suono che lo seguì la costrinse a stringersi, ancor di più, al suo amato peluche. Si tirò su le copertine fino alla testa.
- Mamma, papà... - mormorò, tremante sotto le copertine.
Ascoltò, nascosta, il fruscio lugubre del vento e, all'ennesimo ticchettio di qualcosa che batteva contro il vetro, attizzò l’udito, con il cuore che le batteva furioso nel petto. Spinta dalla curiosità, fece capolino attraverso le coperte per capire cosa fosse quel suono: dei rami dell'albero che cresceva nel giardino, vicino alla sua stanza, battevano, fiacchi contro la sua finestra, come delle lunghe dita scheletriche che cercavano di entrare e prenderla. Fissò la lunga ombra con gli occhietti sbarrati e lucidi.
Un fulmine, caduto non troppo lontano, la riscosse definitivamente: in un lampo, scavalcò le sbarre del lettino e si precipitò fuori dalla stanza, stringendo al petto il suo coniglietto. Non pensò neanche al fratello, che dormiva tranquillo nella stanza accanto alla sua ma si precipitò direttamente in quella dei genitori.
Trovò la porta socchiusa e la sospinse facendo, poi, qualche passo avanti nella stanza ombrosa.
- Mamma... - mormorò arrivando a pochi passi dal letto.
La donna, però, non si mosse e la piccola pensò di aver parlato troppo piano. Sconsolata si guardò i piedini nudi, chiedendosi se dovesse insistere. Chiamò la madre un'altra volta, con il risultato di una smorfia da parte della madre che si accoccolò ancora di più alla schiena del papà. Fece il giro del grande letto, portandosi dalla parte occupata dal Principe dei Saiyan.
- Papà... -  chiamò con lo stesso tono di prima.
Questa volta, però, ebbe la reazione che si aspettava. Vegeta, dotato di udito sopraffino e di un sonno leggero, si voltò nella sua direzione. Sbuffò alzandosi a sedere e fissando la bambina.
- Che ci fai qui? - le chiese sottovoce.
La bambina cominciò a torturare l’orecchio dell’amico di pezza. – Paua... - mormorò, infine, abbassando gli occhi verso il coniglietto.
- E di cosa? -
- Umoe... cattivo. - rispose alzando lo sguardo sul genitore.
Il Saiyan guardò gli occhi lucidi della sua bambina: doveva essere parecchio spaventata per aver corso da loro. Un tuono la fece sobbalzare nuovamente, al  che, Vegeta si convinse che doveva essere quello il motivo del terrore della piccola.
- Bra? Cosa ci fai qui, piccola? -
Bulma, con un occhio chiuso e uno aperto, svegliata dal forte rumore, si era tirata su a sedere, poggiando il mento sulla spalla del compagno per ritrovarsi davanti la figlia.
- Paua... - ripeté.
- Hai paura dei tuoni? -
Bra annuì, passando lo sguardo dal padre alla madre e stringendo forte il coniglio tra le sue braccia. In quel momento desiderava solo essere stretta dalle braccia della sua mamma e protetta dal suo papà, che avrebbe mandato via i mostri che la spaventavano.
Bulma sorrise alla bambina.
- Stupidagini. Questa stupida fobia l’ha presa da te. - borbottò il Saiyan senza staccare gli occhi da quelli azzurri della bambina. – Dovrei rimandarla in camera sua e chiudercela dentro -
Bulma, invece, scese dal letto e fece il giro, piegandosi all’altezza della sua bambina e, ignorando il commento acido del compagno, le posò una mano sulla testolina azzurra.
- Per stavolta, invece, resta a dormire qui – disse, prendendo in braccio la piccola, che si accoccolò tra le sue braccia.
- Cosa?! No! - protestò l’altro. – Non fai altro che fomentare le sue inutili paure -
Bulma tornò dalla sua parte del letto, dando modo al compagno di raccattare un paio di pantaloni ed indossarli che, borbottando, si rimise sotto le coperte, brontolando qualcosa riguardo la stupidità dei terresti. Bulma ridacchiò di sottecchi , accomodandosi anche lei a letto: si lamentava tanto, ma alla fine non sapeva resistere agli occhioni azzurri e innocenti di Bra.
- Oh, andiamo, l’hai permesso a Trunks non so quante volte. È giusto che lo permetta anche a lei... - disse strofinando il naso sulla guancia di Bra, che ridacchiò, contenta. Bulma posò la figlia sul letto che gattonò fino al centro infilandosi anche lei sotto le coperte.
Bra, poi, si mise a fissare il padre come a sfidarlo a cacciarla: sul suo dolce e paffutello visetto apparve una smorfia molto simile a quella di Vegeta e i suoi occhi azzurri si tinsero di una luce combattiva. Una sfida tra titani! Chissà chi ne sarebbe uscito vincitore, si domandò divertita Bulma.
- Va bene... - acconsentì, infine, Vegeta distogliendo lo sguardo dalla piccola che gli regalò un tenero bacio sulla guancia. – Ma tienimela lontana. – abbaiò, infine, dando la schiena alle due.
Bulma gli sorrise ed invitò la bambina a sdraiarsi vicino a lei, lontana dal padre. Bra non fu molto felice di allontanarsi dal papà che tanto adorava, ma non protestò, andando tra le braccia materne. L’azzurra si girò su un fianco, dando le spalle al marito, ed abbracciò la bambina, che continuava a stringere tra le braccia il suo peluche preferito. Alle sue spalle, Vegeta borbottò qualcosa nella sua lingua. Bulma sorrise: sapeva che la sua arrabbiatura non sarebbe durata a lungo.
Bra si addormentò subito, cullata dalle carezze e dalla voce della mamma che cantava sottovoce una ninna nanna per accompagnarla nei sogni.
- Sai, ancora non ci credo che oggi è già un anno che è con noi. - sussurrò, dopo un po', la donna, rompendo il silenzio.
Ricevette solo un grugnito come risposta e rimase a fissare gli occhioni chiusi della bambina. Nonostante fossero del colore del mare, erano identici a quelli del padre: avevano lo stesso taglio e lo stesso sguardo corrucciato. Le diede un bacio sulla fronte e chiuse gli occhi, per tornare a dormire.
Dopo un po' avvertì le braccia del compagno avvolgerla, dolcemente. Sorrise e si lasciò cullare dalle braccia di Morfeo.

****

Sbadigliò sonoramente, percorrendo il corridoio a piedi scalzi. Uryasil si stava godendo l’ennesimo giorno a casa del fratello, come una sorta di vacanza a spese di qualcun altro. La tranquillità che si avvertiva su quel pianeta le era penetrata dentro, diventando parte del suo essere fin da subito. Ora capiva perché Vegeta era rimasto lì. Altro che fama, potere e terrore: lì era trattato da re!
Vide una testolina azzurra affacciarsi dalla camera matrimoniale e si fermò, curiosa.
Bra, evidentemente appena sveglia, stava uscendo in corridoio, trascinandosi dietro il suo immancabile peluche. La piccola  alzò lo sguardo sulla Saiyan e le sorrise, tendendo poi le braccia nella sua direzione.
Uryasil la prese in braccio e scrutò le sue iridi chiare. Sfiorò il proprio naso contro quello della piccola, facendola ridere.
- Il tuo papà mi ha detto che oggi compi un anno. Auguri. - le disse senza aspettarsi che lei capisse.
Bra si limitò a ridacchiare, non comprendendo la situazione. Per quanto intelligente fosse, era pur sempre una bimba di un anno.
Uryasil continuò a parlarle mentre camminava con lei in braccio, scese le scale ed arrivò in salotto. Cercò con lo sguardo la madre della bambina per chiederle dove fosse il biberon, dato che la piccola era sicuramente affamata. Ma, in fin dei conti, chi non lo è da appena sveglio?
- Eccola! -
Uryasil si voltò per trovarsi davanti una raggiante Evelyn che, spuntata da chissà dove, le tolse la bimba dalle braccia per poterla sbaciucchiare a non finire. La Saiyan fissò la donna stralunata, chiedendosi chi diavolo fosse.
- Auguri piccola! Guarda, questo è per te – disse, poi, Evelyn passandole la custodia di un ciuccio avvolta in un fiocco rosso.
Bra afferrò la scatola con due mani, lasciando cadere il peluche a terra, e la studiò con curiosità. Non ci mise molto a capire che dovesse togliere il fiocco per aprirla e, quando riuscì a farlo, tirò fuori il ciuccio tutta contenta, riconoscendo l’oggetto.
- La tua mamma mi ha detto che ne distruggi tanti, quindi ho pensato che fosse il regalo migliore - cinguettò la donna castana, aprendosi in una risata.
Bra si girò versò Uryasil, passandole la scatolina come a chiederle di tenerla per lei e si mise il ciuccio in bocca. Si voltò verso la mamma, che se ne stava seduta sul divano, e le regalò un sorrisone con il ciuccio tra le labbra fine. Le tre donne si intenerirono: quella bimba era l'incarnazione della dolcezza.
- Tu devi essere Uryasil, giusto? Mi chiamo Evelyn - se ne uscì, poi, Evelyn voltandosi verso Urysil e allungando la mano alla Saiyan.
Uryasil la guardò inizialmente scettica: l’esperienza come mercenario l’aveva costretta a diventare diffidente con tutti quelli che incontrava ma, poi, vista la sincerità del suo sorriso, le sorrise di rimando, stringendole la mano.
- Ciao Evelyn. -
Evelyn le sorrise:  – Tu sei la sorella di Vegeta, la Principessa dei Saiyan, giusto? Conosco tuo fratello da appena un anno, ma sembra una persona a modo, se pur tremendamente scorbutico. -
Uryasil rise: la fama del fratello sembrava non volerlo abbandonare. – Scorbutico? Mio fratello è la persona più antipatica dell’universo! -
Le due scoppiarono a ridere: era l’inizio di una grande amicizia. Chi lo avrebbe mai detto che si fosse fatta due amiche nell’arco di pochi giorni?
Evelyn la invitò ad unirsi a loro a sedersi sul divano e a partecipare a quella “giornata tra donne”.
 
- Ma no! Perché lo avete eliminato? Era così bello! Doveva uscire quel cesso di Dan! - esclamò Evelyn sdraiata sul divano.
Bulma rise: – A volte i giudici non comprendono il gusto degli spettatori – disse, mettendosi in bocca un pop-corn indirizzandosi al programma che, da qualche minuto, avevano iniziato a guardare alla televisione.
Evelyn si imbronciò:  – Non hanno gusto in fatto di uomini, questo è il problema. - borbottò provocando l’ilarità delle altre due donne.
Bulma, Evelyn ed Uryasil si stavano godendo quella mattinata diversa, in cui gli uomini erano lasciati a loro stessi e loro tre si divertivano.
- Però, devo ammettere che anche Chris non è male - asserì Uryasil, seduta sul tappeto a gambe incrociate.
- Fai apprezzamenti? - la prese in giro Evelyn.
La Saiyan si voltò a guardarla. – Sono una Saiyan, non sono asessuata. Gli uomini carini attirano anche me, cosa credi? -
Evelyn le tirò un pop-corn per tutta risposta vista la risposta piccata della ragazza.
- E cosa aspetti a sposarti? -
- Sì, e magari anche a sfornare figli e diventare una brava mammina - rispose con sarcasmo. – No, troppi casini e troppa responsabilità. Non ho voglia di passare la mia vita dietro a pannolini sporchi, non fa per me. Preferisco divertirmi. -
Le altre due si esibirono in un “ohh” sorpreso, prima di tirarle un cuscino sulla testa.
- Stai dicendo che la mia vita è noiosa? - disse Bulma.
- Sì - disse Uryasil prima di ricevere altre cuscinate dalle amiche.
Scoppiarono a ridere tutte e tre, attirando l’attenzione di Bra, che giocava sul tappeto.
- Non avrei mai pensato che avrei potuto ridere con un programma come “American Next Top Model “ - disse Bulma. – Le modelle sono tutte così spocchiose -
- Sì, ma i modelli sono tutti così belli... - disse Evelyn stringendosi al cuscino e sospirando.
L’atmosfera fu spezzata, improvvisamente, dall’entrata di Vegeta che, silenzioso come sempre, aveva sorpassato il salone per dirigersi in cucina. Portava solo i jeans, da cui spuntava l’orlo dei boxer, ed era sudato, probabilmente appena uscito da una sessione di allenamenti.
Quando tornò sui suoi passi, attirò l’attenzione delle tre donne che si voltarono a guardarlo, ignorando i modelli che sfilavano.
Vegeta, sentendosi osservato, le guardò una ad una e si chiese cosa avessero da guardare. Sbirciò il programma che stavano seguendo con un’espressione schifata: donne! Passò oltre mentre Evelyn gli faceva “ciao ciao” con la mano, sorridendo.
- Eh, Bulma, tu un modello già ce l’hai sotto gli occhi tutti i giorni! - disse Evelyn, indicando il punto in cui il Saiyan si era fermato a parlare con il figlio.
Bulma battè le palpebre: – Che intendi dire, Ev?-
Evelyn incrociò le braccia sullo schienale e vi poggiò la testa: – Dai, non fare la finta tonta! Tuo marito è un dio greco sceso in terra, non negarlo. -
- Stai facendo apprezzamenti su mio marito, Ev? -
Evelyn mosse la mano davanti al viso, come a voler cancellare quell’idea assurda:  – Sono sposata, Bulma, felicemente sposata. Sto solo dicendo che non hai bisogno di fare sogni ad occhi aperti su quei quattro bambocci. Hai lui. -
Bulma si voltò dal divano per poter osservare il marito che le dava la schiena: i muscoli ben definiti guizzavano ad ogni suo movimento mentre le spalle larghe facevano mostra di sé su quel fisico non tanto alto; i jeans gli cadevano sui fianchi in modo sensuale, percorrendo le sue gambe fino alla fine. Ed il viso, su cui spiccavano quegli occhi neri come lo spazio più profondo, era il più bello che avesse mai visto in un uomo.
- Be', sì, devo ammettere che Vegeta non è male – disse, infine, con finta modestia, facendo arricciare il labbro all'amica, scocciata.
- È un alieno! Ovvio che è così bello!- rise Evelyn tirandole, infine, una gomitata.
- Ehi, Ur! - disse rivolta alla donna seduta sul tappeto.
Uryasil si voltò a guardarla mentre, nel frattempo, la piccola Bra si stava arrampicando su di lei.
- Voi Saiyan avete una forza maggiore della nostra, giusto? -
- Sì, certamente – rispose la Saiyan, mentre Bra cercava di attirare la sua attenzione tirandole i capelli.
- Chissà come deve essere stare sotto una creatura del genere... -
- Evelyn! - sbottò Bulma. Era pur sempre suo marito!
- Cosa c’è? Non dirmi che non è una sensazione stupenda, sentire di essere nelle sue mani. A contatto diretto con la sua pelle… -
- Smettila! - le disse tirandole un cuscino.
- Non dirmi che preferisci stare sopra? Avere il pieno controllo del rapporto e goderti lo spettacolo del suo bellissimo viso contratto dal piacere - continuò imperterrita Evelyn, senza fermarsi.
- Basta! - le impose, ridendo, Bulma, – E se proprio lo vuoi sapere, non mi fa stare mai sopra! È un fottuto megalomane anche nel sesso! Persino nel pieno dell’orgasmo sarebbe capace di tenere quell’espressione da schiaffi stampata in faccia! - continuò prendendo a cuscinate l’amica.
- Ehi, voi due: vi ricordo che Vegeta è mio fratello. Non mi fa impazzire l’idea di parlare della sua vita sessuale! Senza offesa Bulma ma, dai, che schifo! - protestò, infine, Uryasil che per tutto il tempo era rimasta in silenzio fissando, stupefatta, un'Evelyn sempre più sfacciata.
Passarono le ore a parlare, guardare la televisione e fare commenti su tutti gli uomini che apparivano sullo schermo; persino i poveracci delle pubblicità venivano analizzati dalla psiche femminile e ricevevano i solo aspri e severi commenti.
Continuarono così per tutta la durata della pubblicità, finché il faccione di Mr. Satan interruppe il loro gioco; si limitarono a ridere per le sciocchezze che diceva e per il suo tono da megalomane, preferendo non commentare, in quanto l’unica cosa che avrebbero potuto dire sarebbe stata davvero cattiva.
Apparve come sponsor di un’azienda di gadget e in sovraimpressione apparve una scritta che recitava: “Mr. Satan l’uomo più forte del mondo, che ci ha salvato più e più volte dalla minaccia imminente!”
- Più forte del mondo? È uno scherzo? - aveva commentato allora Uryasil.
Bulma scoppiò nuovamente a ridere e le spiegò che era tutta una facciata, per evitare di creare scompiglio tra i terrestri, rivelando invece che, in realtà, era stato un gruppo di alieni a salvare il pianeta più e più volte. In quel modo, almeno, loro potevano godere la tranquillità dell’anonimato, con la consapevolezza di aver salvato più volte la Terra, e al loro posto, a prendersi la gloria, ci pensava quel buffo ometto, che si godeva la fama di salvatore del mondo tutta per sè.
Uryasil asserì che quel tizio era davvero ridicolo: probabilmente, neanche i bambini avrebbero creduto ad una storia del genere. Erano più credibili i super eroi dei fumetti che quel tizio che sbraitava alla pubblicità.
Evelyn aveva concordato, aggiungendo che era una fortuna se la figlia di Mr. Satan non somigliasse al padre.
Dopo un po', le tre amiche cominciavano ad annoiarsi, quando il rilevatore di Uryasil captò un’energia degna di nota.
Subito dopo, nel salone della grande casa tondeggiante, che era diventato momentaneamente il regno delle donne, apparve niente meno che l’eroe bambinone: Son Goku.
- Goku! - scattò Bulma alla vista dell’amico in mezzo alla stanza, apparso come al solito, all'improvviso. Si alzò dal divano per andargli incontro. – Che ci fai qui? Ti serve qualcosa? -
Goku sorrise all’amica grattandosi la testa nel suo modo imbarazzato. – No, volevo solo portare un pensierino alla festeggiata. Dov’è? - disse porgendo una scatola non molto grande alla donna.
Bulma gli sorrise e gli indicò la bambina seduta a terra. – Dallo pure a lei, è abbastanza intelligente da saperlo aprire da sola -
Goku, allora, si avvicinò alla piccola, si sedette davanti a lei e le diede la scatola impacchettata.
Bra, ancora tra le braccia della zia, fissò l’oggetto per qualche secondo prima di cominciare a stracciare la carta. Non riuscì, però, a togliere il laccio che girava tutto attorno alla scatola. Gonfiò le guance infastidita mentre il suo visino diventava rosso di rabbia.
- A-aspetta ti do una mano – intervenì, gentilmente, Goku prima che la bambina si mettesse a piangere o a distruggere tutto, così tolse il fiocco e le ridiede la scatola. – Tieni -
Bra gliela strappò di mano, imbronciata per l'intrusione, e l’aprì senza fatica. In un attimo fu circondata dai presenti, curiosi di capire qualche fosse il regalo.
- Wow! È bellissimo, Goku, grazie! - esclamò Bulma tirando fuori il contenuto.
Il dono della famiglia Son, non era nient’altro che un bavaglino bianco con i bordi e i laccetti rosa. Nella parte centrale c’era ricamata la scritta I’m daddy’s princess in rosa.
- “Sono la principessa di papà”? Davvero? - chiese Evelyn a Bulma, facendo una faccia poco convinta.
Bulma annuì e rimise il dono nella scatola.
Bra fissava in cagnesco il ragazzone davanti a lei: lo aveva visto spesso in giro per casa. Ogni tanto in compagnia della sua mamma e ogni tanto del suo papà. Sporse le braccia verso di lui, chiedendo di essere presa in braccio.
- Ehm… credo che voglia te - disse Uryasil, passando la bambina all’uomo davanti a sé.
Goku prese la piccola Prince di buon grado, anche se lei lo stava fissando male, e le sorrise. – Ciao, Bra. Ti ricordi di me? -
- ‘Oku - disse lei.
Il Saiyan rimase piacevolmente colpito:  – Urca! Ma tu parli! -
- Certo che parla, - disse orgogliosa la mamma della bambina avvicinandosi ai due. – Sono sei mesi che ha cominciato a mettere in moto la lingua, la mia piccolina. -
- S-sei mesi? Incredibile! Gohan non ha detto una parola prima dei diciotto mesi e Goten non prima di un anno e mezzo -
Bulma sorrise sgargiante: – Ricordati sempre di chi è figlia – disse, puntandosi addosso un dito, come ad indicare il suo genio. 
Goku tornò a guardare la bambina che teneva in braccio e che continuava a fissarla con lo sguardo corrucciato. Si era messa a studiarlo accuratamente e nei suoi occhi azzurri vi era una determinazione atipica per una bambina così piccola. Sembrava indecisa sul come giudicarlo: amico o nemico? Bra assottigliò lo sguardo, rendendolo quasi truce, e gonfiò le guance infastidita. Aveva visto quell’uomo tante volte a casa propria ma non sapeva ancora come etichettarlo...
Goku, d’altra parte, battè le palpebre confuso e, sì, anche un po’ spaventato. Insomma, la piccola sembrava volerlo mangiare vivo! Quando gli si avvicinò di più, spalancò gli occhi sorpreso: non sapeva cosa aspettarsi dalla figlia del Principe dei Saiyan. Corrucciò anche lui lo sguardo, cercando di convincersi che la piccola non era pericolosa per la sua incolumità. Andiamo, aveva solo un anno in fin dei conti!
- Ehi, Bra, smettila di fissarmi in quel modo! Hai il viso di tua madre e lo sguardo di tuo padre, sei inquietante! - borbottò il Saiyan, infine.
Bulma ridacchiò, Uryasil scosse la testa e Evelyn coprì la risata con un colpo di tosse.
Bra, che sembrava aver deciso come comportarsi nei suoi confronti, addolcì l’espressione e si aprì in un sorrisone luminoso. Goku tirò un sospiro di sollievo: lo sguardo di Vegeta faceva paura persino su di lei.
La mise giù e si grattò la testa nel suo solito modo, mentre Bra si allontanava da lui gattonando verso il divano. Che diavolo, quella bambina quando voleva poteva davvero essere inquietante.
Una mano si materializzò nel suo campo visivo, quando abbassò lo sguardo incrociò due occhi color della notte.
- Tu sei Kaaroth, il figlio di Bardak e fratello di Radish? - gli disse Uryasil.
Goku, un po’ confuso, le strinse la mano: – Sì – disse, senza esserne veramente convinto.
- Ho avuto modo di conoscere tuo fratello e ti assicuro che non era una buona compagnia. Sono felice che tu lo abbia fatto fuori - gli disse con una smorfia di disgusto, la ragazza. Radish e Napa erano sempre stati degli individui piuttosto schifosi, la loro scomparsa era davvero un gran sollievo per l’universo intero.
- Hai conosciuto mio fratello? -
- Sì, era uno dei soldati ai miei ordini. Faceva un po' pena come persona, ma era un buon guerriero. -
Goku era sempre più confuso. Chi era quella donna?
Uryasil, notando lo sguardo perso di Goku, si ricordò di non essersi ancora presentata e che il fratello non aveva mai fatto parola con nessuno della sua esistenza.
- Mi chiamo Uryasil, sono la sorella minore di Vegeta Prince. Tu conosci mio fratello, vero? -
- Sorella!? Quindi sei una Saiyan anche tu! -
- Esattamente – gli sorrise, mentre la coda frusciava alle sue spalle.
- Urca, questa sì, che è bella! Vegeta ha anche una sorella! - disse ridendo in modo nervoso mentre le lasciava la mano. – A proposito di Vegeta, dov’è? -
- Ho mandato lui e Marco a comprarmi alcuni pezzi di ricambio per un progetto che ho in laboratorio. Saranno di ritorno fra poco, vuoi aspettarli? - intervenne Bulma.
Il Saiyan sospirò amareggiato e scosse la testa: – No, torno a casa. Ero venuto con la speranza che mi desse la rivincita dell’altra volta. Ah, che disdetta! Sarà per la prossima volta - disse prima di fare un gesto di saluto con la mano e scomparire dalla vista di tutti.
Uryasil rimase a fissare il vuoto davanti a lei con la mano ancora tesa, confusa più che mai. Dove diavolo era andato!? Battè le palpebre fissandosi la mano.
- Ci ho ripensato, rimango! - esclamò Goku ricomparendo davanti alle tre, un secondo dopo. 
Bulma sospirò sconfitta mentre Evelyn e Uryasil lo guardavano stralunate: non sarebbe mai cambiato.
Goku, ignaro del fatto che le tre donne lo stessero fissando, si avvicinò alla piccola di casa con l’intento di giocarci un po’ e conoscerla meglio: chissà se così, la prossima volta, non lo avrebbe squadrato in quella maniera inquietante. Si sedette sul tappeto dove la bimba stava giocando con una quantità esagerata di giocattoli diversi e di varie dimensioni, sorridendole.
Bra lo fissò perplessa prima di porgli l’orso di peluche con cui stava giocando: quell’uomo la incuriosiva. Non sembrava una persona cattiva, altrimenti la sua mamma non l’avrebbe fatto neanche entrare. Era piuttosto diverso da suo padre e aveva sempre stampato sul viso sempre un'espressione allegra. 
Goku prese il giocattolo dalle sua manine paffute, iniziando a muoverlo e a fare voci strane, imitando quella che sarebbe dovuta essere quella dell’orso in un cartone animato per bambini. Il suo essere un eterno bambino gli fu di aiuto in quanto riuscì ad abbassarsi al livello della piccola principessa, diventando, per qualche minuto, anche lui un bambino.
Bra sembrò gradire il gioco esibendosi in risate gioiose e sorrisoni degni di una bambina quasi del tutto sdentata.  Prese anche il coniglietto tanto amato dalla principessina, dando voce e personalità anche a lui e facendogli fare la conoscenza dell’orso. 
Si avvicinò i peluche alle orecchie, mettendo su un espressione attenta facendo finta che gli stessero comunicando qualcosa di importante. Spostò lo sguardo su Bra che lo guardava in attesa e le sorrise porgendole l’orso e il coniglio.
- Il Signor Orso e il Signor Coniglio vogliono un abbraccio dalla piccola festeggiata - le disse sorridente, cercando di coinvolgerla nel suo giochino.
Bra afferrò i peluche e li osservò per bene prima di scartare l’orso e abbracciare il coniglio. Goku la guardò confuso.
- Quel coniglio è un regalo di Vegeta, ce l’ha da quando è nata. È il suo preferito. - gli spiegò Bulma piegandosi all’altezza dei due.
Goku osservò la piccola intenerito, prima che iniziasse a distruggere i vari modellini sparsi per il pavimento: a quel punto il suo sorriso divenne una smorfia di rassegnazione. Era pur sempre la figlia di un Saiyan e come tale amava distruggere tutto ciò che le capitava a tiro.
Quando la piccola principessa si stufò di distruggere gli oggetti sbattendoli con forza contro il pavimento, iniziò a lanciarli contro le pareti ridendo come una matta quando si sfracellavano contro di esso, andando in mille pezzi. Goku ne schivò due o tre appena in tempo, mentre una quarta lo beccò dritto sul naso lasciandogli una bella impronta rossa con la forma della macchinina. Bra scoppiò a ridere di gusto a quella scena, sia per la faccia fatta dall’uomo, sia per la sua vena sadica, inconsciamente sviluppata.
Goku si massaggiò il naso con una smorfia di dolore: ne aveva di forza quella piccola peste.
- Ah, sì? Vuoi la guerra? E guerra sia! - esclamò prima di prendere la bambina e caricarla su una spalla.
Bra lanciò un piccolo grido divertito quando il Saiyan iniziò a correre per la casa e a volteggiare su se stesso, lanciandola, ogni tanto, in aria e riprendendola al volo.
- Ci sa fare con i bambini - constatò Evelyn osservando la scena dal divano mangiando pop corn.
- È uno di loro, come non potrebbe? - le rispose Bulma, sorniona, facendo ridere l’amica.
Goku prese nuovamente la bambina, facendole una pernacchia sul pancino e facendola ridere di gusto, poi la rimise sulle sue spalle correndo di qua e di là. Si bloccò davanti la porta d’ingresso quando avvertì lo scatto della serratura.
- Ciao Vegeta! - esclamò alla vista del Saiyan maggiore.
- E tu che ci fai qui? - chiese l’altro sfilando le chiavi dalla serratura e chiudendosi la porta alle spalle, al suo fianco Marco portava una scatola sulla spalla che sembrava essere molto pesante.
Il bambinone non fece caso al tono dell’altro. – Ho portato un pensierino alla piccola peste qui, visto che oggi compie gli anni. -
Bra, che ancora non si era accorta della presenza del padre, cercò di spronare il ragazzone sotto di sé a continuare il gioco. Si imbronciò quando non le diede retta, gonfiando le guance.
Vegeta osservò prima l’amico poi la bambina sulle sue spalle, la sua bambina. Anche se non si sarebbe detto, il principe era molto geloso della sua famiglia, e particolarmente di Bra, in quanto ultima arrivata.
- Perché Bra è sulle tue spalle? -
Goku guardò in su e incrociò il volto imbronciato della piccola che ancora aspettava il suo giro ma che, appena accortasi della presenza paterna, si alzò in un volo un po’ instabile, con l’intento di arrivare fra le braccia del tanto amato papà.
- Papà - biascicò quando raggiunse il genitore che, senza proteste, la prese in braccio.
Goku si grattò la testa nel suo modo tipico: – Stavamo giocando ma a quanto pare preferisce te a me. - disse prima di ridacchiare.
Vegeta gli passò di fianco con la bimba tra le braccia senza degnarlo di uno sguardo o una parola.
Marco, nel frattempo, tra una risatina sommessa e l’altra, aveva messo a terra la scatola su cui Bulma si era immediatamente precipitata, alla ricerca di qualcosa di cui non aveva capito neanche il nome.

****

Si rigirava quella scatolina tra le mani, indeciso sul da farsi. Forse sarebbe stato l’ennesimo smacco al suo orgoglio, già compromesso più del dovuto. Ma tanto, ormai, l’aveva comprato e non poteva di certo riportarlo in negozio.
Guardò il salone in cui gli altri chiacchieravano o giocavano con la piccola Bra e si chiese se casa sua fosse diventata improvvisamente un ritrovo per disagiati: per fortuna quello smidollato di Yamcha era fuori città altrimenti avrebbe girato i tacchi e se ne sarebbe andato, e al diavolo il compleanno di sua figlia!
La piccola, poi, giusto per mettere la ciliegina sulla torta, si era messa a battere i piedi e a piangere affamata, mentre Bulma si era chiusa in laboratorio a fare chissà cosa e non la sentiva, immersa com’era, nei suoi progetti.
- Sì, sì ora ti do la pappa. Non c’è bisogno di urlare! - borbottava Evelyn rivolta alla bambina che teneva tra le braccia. – Guarda chi c’è, Bra! – bisbigliò guardando con la coda dell’occhio il principe seduto su una delle sedie attorno al tavolo.
Bra, con gli occhi ancora lucidi e le guance bagnate dai lacrimoni, guardò il padre con la faccia di chi è esausto dal pianto. Allungò le braccine nella sua direzione, minacciando di far uscire altre lacrime se la sua richiesta non fosse stata esaudita.
Evelyn, che non aveva la minima voglia di sentire quell’angioletto piangere ancora, la porse al diretto interessato che, sbuffando, prese la piccola in braccio. Sorrise ai due e si voltò per cercare l’occorrente.
Lo sguardo le cadde sulla scatola contenente il bavaglino nuovo, con un sorriso furbo lo prese e lo legò al collo della bimba, che dava le spalle al padre, e quando si voltò, l’intera combriccola stava cercando di non scoppiare a ridere.
Vegeta, dal canto suo, ignaro di ciò che vi era scritto sul bavaglino, fissava truce tutti i presenti chiedendosi cosa avessero da ridere.
Goku ridacchiava sottovoce, Uryasil e Trunks si tenevano una mano sulla bocca e una sulla pancia, Marco stava per scoppiare ed Evelyn idem, mancava solo Bulma.
- Perché Bra stava piangendo? -
Appunto.
- Che avete da ridere?-  chiese la donna.
- È quello che vorrei sapere anche io. - borbottò il principe dei Saiyan, corrucciato.
Bulma puntò lo sguardo su di lui, poi sulla bambina e infine sul bavaglino. Serrò le labbra per non scoppiare a ridere di fronte al compagno, si schiarì la voce e gli parlò.
- Fossi in te guarderei il bavaglino di Bra, tesoro... -
Vegeta, più arrabbiato che incuriosito, fece come gli era stato detto: voltò la bambina e lesse il ricamo del bavaglino.
- I’m daddy’s… princess!? -
E nessuno ce la fece più a trattenersi: scoppiarono tutti in una fragorosa risata ai danni del principe, che a quel punto iniziò a chiedersi se era meglio far saltare tutto in aria o ucciderli uno ad uno. 
Trunks era scivolato lungo il muro tenendosi la pancia con una mano, Evelyn si sorreggeva ad Uryasil mentre ridevano come due pazze,  Goku se la rideva di gusto e Marco era, forse, l’unico che cercava di tenere un contegno.  Bulma si avvicinò al marito, con le lacrime provocate dalle troppe risate, e gli tolse la bambina dalle braccia, senza smettere di ridere.
Vegeta, con una vena della fronte che pulsava per la profonda irritazione, cercando di mantenere la calma, puntò lo sguardo sulla combriccola che non riusciva a smettere di ridere.
- Ah, ah, ah, molto divertente... - iniziò, sarcastico e con un tono che avrebbe fatto accapponare la pelle a tutti, alzandosi dalla sedia. – Di chi è stata la splendida idea, sentiamo... - chiese, facendo scrocchiare le dita di una mano. Avrebbe preso a pugni qualcuno, ne era certo.
Senza smettere di ridere, tutti puntarono il dito verso Goku, che bloccò le risate di colpo, sbiancando: il principe dei Saiyan si stava già muovendo nella sua direzione, con un’espressione tutt’altro che rassicurante. Mise le mani avanti e ridacchiò nervoso.
- Dai, Vegeta! Non è il caso di prendersela così tanto! Che c’è di male nell’ammettere che vuoi bene a Bra? - parlò con franchezza, però indietreggiando.
Il principe non rispose, corrucciando, se possibile, ancora di più lo sguardo e continuando ad avanzare costringendo l’altro ad arretrare, finchè la parete bloccò la sua fuga. Era morto.
- Che c’è di male, dici? - disse Vegeta, la sua voce risuonava gelida. – Potrei dire la stessa cosa del prenderti a cazzotti in questo preciso istante -
Gli occhi del principe iniziarono a fiammeggiare, mentre, Goku, avvertendo l'aura del compagno che raggiungeva picchi preoccupanti, si sforzò di apparire calmo, cercando attorno aiuto. Ma nessuno aveva la minima intenzione di mettersi contro Vegeta e, quindi,  afferrò che doveva cavarsela da solo.
- Non fuggi più? -
Il Saiyan più piccolo riportò lo sguardo sull’uomo di fronte e avvertì un brivido gelido percorrergli la spina dorsale: come diamine faceva Bulma a sostenere il suo sguardo quando litigavano!? Capì, all'ultimo di essere in trappola e, spacciato, iniziò a pensare che Re Kaio, forse, sarebbe stato contento di riaverlo sul suo pianeta.
Quando ormai si era preparato all’idea di tornare a casa con, minimo, qualche costola rotta, Vegeta gli voltò le spalle tornando in cucina come se nulla fosse.
L’adrenalina scemò dal corpo del guerriero e Goku si lasciò scivolare lungo la parete con un sospiro di sollievo: doveva ricordarsi di non stuzzicare Vegeta più del dovuto.

****

Sbadigliò annoiata e spense la televisione che non riusciva ad attirare la sua attenzione per più di dieci minuti. Si alzò dal divano con l’intenzione di fare qualcosa di più costruttivo. Salì le scale diretta in una delle tante stanze utilizzate come magazzino: forse c’era qualche progetto lasciato in sospeso. Attraversò il corridoio stiracchiandosi, alla bell'e meglio, senza prestare molta attenzione a ciò che la circondava e aprì una delle ultime porte sulla destra.
Sospirò sconsolata uscendo dalla stanza: tutti i progetti all’interno erano già stati completati in precedenza o impossibili da completare, a causa della mancanza di dati consistenti. Si guardò alle spalle chiedendosi se fosse il caso di provare con qualcos’altro, ma lasciò perdere tornando sui suoi passi.
La porta aperta della camera di Bra attirò la sua attenzione. Si affacciò e vide la figlia seduta sul tappeto, di fronte a lei Trunks che la intratteneva giocando con lei e impedendole di distruggere tutto. Si appoggiò alla porta con un sorriso intenerito e da quella posizione potè scorgere Vegeta che, appoggiato con la schiena alla ringhiera della porta finestra, osservava i due bambini con aria apparentemente indifferente. L’uomo spostò lo sguardo su di lei, facendole capire che sapeva che era lì.
Trunks si voltò verso di lei subito dopo e le sorrise. Bulma si avvicinò a loro e si abbassò alla loro altezza.
- Che state facendo? - chiese osservando gli occhioni azzurri dei suoi bambini.
- Giochiamo. Più che altro, tento di non far distruggere tutto a Bra - rispose il bambino aggrottando le sopracciglia. Bulma gli posò l’indice proprio sul punto in cui si avvicinavano di più ma Trunks non sembrò dargli peso.
- Quando aggrotti la fronte in questa maniera assomigli terribilmente a tuo padre. - disse facendo alzare lo sguardo del ragazzo su di sé. – Crescendo non fai altro che diventare una sua piccola copia... –
Trunks fissò la madre rilassando i muscoli della faccia, così che la sua espressione risultò solo confusa. Spostò poi lo sguardo sul padre che guardava altrove. Alzò le spalle tornando a giocare con le costruzioni.
- Trunks! C’è Goten al telefono! Scendi? - urlò la nonna dal piano di sotto.
Il ragazzino si alzò con calma. – Arrivo! - urlò prima di sparire nel corridoio.
Bulma rimase a guardare, sovrappensiero, la sua bambina costruire, distruggere e poi di nuovo costruire con i suoi giocattoli. Pensò che nessuno avrebbe pensato che sotto quel faccino d’angelo si nascondesse una natura aliena dalla forza devastante. Vide, poi, Bra afferrare uno dei mattoncini di plastica con l’ausilio della lunga coda e pensò che, forse, qualcosa che ricordasse il legame con quella razza guerriera, c’era. 
La piccola si allungò di nuovo verso un oggetto troppo lontano da riuscire a raggiungere con le manine e i capelli azzurri, che le coprivano le orecchie, si spostarono rivelando qualcosa di luccicante sui lobi. Bulma si avvicinò alla figlia e le tenne fermi i capelli dietro le orecchie, scrutando con attenzione ciò che le adornava: un paio di piccole pietre blu risaltavano e brillavano sulla pelle leggermente bronzea di Bra. La donna sollevò le sopracciglia stupita alla vista del nuovo paio di orecchini della figlia. Si voltò verso il compagno che ancora fissava fuori dalla finestra: il sole del pomeriggio illuminava il suo profilo di una tenue luce.
- È opera tua? -
Il Saiyan spostò lo sguardo su di lei un secondo, poi lo riportò verso il cielo.
- Sì. -
Aveva avuto qualche mese prima, Bulma, la malsana idea di far bucare le orecchie a Bra a poche settimane dalla nascita, come era stato fatto a lei. Inutili erano state le proteste dei due maschi di casa che avevano tentato di portare alla ragione la donna, ricordandole che Bra non era un comune terrestre e non avevano la più pallida idea di cosa sarebbe potuto succedere nell’esatto momento in cui il gioielliere avrebbe tentato di bucare i lobi alla bambina. Bulma, però, era stata irremovibile costringendoli, una settimana dopo, ad accompagnarla dal gioielliere, con la scusa di poter tenere la situazione sotto controllo che, infatti, si era rivelata pericolosa per l’incolumità del povero negoziante: dopo aver segnato il punto esatto dove sarebbero dovuti stare gli orecchini, Bulma si era seduta sullo sgabello con Bra, tranquilla, in braccio. Non appena, però, la piccola aveva visto l’anziano signore avvicinarsi con una pistola in mano, aveva iniziato a piangere a squarciagola liberando parte della sua aura. Dopo un primo momento di spaesamento da parte del gioielliere, e di nervosismo, da parte di Bulma, la bambina era stata calmata e distratta, potendo così farle forarle le orecchie.
Dopo quell’episodio Bra non si era mai lamentata degli orecchini: probabilmente neanche si rendeva conto di portarli. Giusto al primo cambio aveva fatto un po’ i capricci, alzando involontariamente la propria aura e impedendo alla madre di infilarle gli orecchini.
Mai si sarebbe aspettata che Vegeta gliene regalasse una paio: cos’erano poi quelli? Zaffiri? Chissà dove li aveva trovati.

****

I due nonni, quella sera, sbaciucchiarono a più non posso la loro nipotina, la riempirono di mille regali, che avrebbe rotto nel giro di poco tempo, sotto lo sguardo contrariato dei genitori che erano consapevoli di viziare già abbastanza la piccola peste.
- Oh tesoro, ancora non ci posso credere che ha già un anno! Mi sembra ieri quando siete tornate dall’ospedale! - disse smielata la donna bionda.
Bulma fece una strana smorfia prima di rispondere:  – A me no. Quel giorno ero ancora provata dal parto, Bra sembrava volermi aprire in due pur di uscire. - disse lanciando uno sguardo al marito che se ne stava in piedi accanto alla sorella.
Uryasil sembrò illuminarsi di colpo: – Aspetta, mi stai dicendo che hai partorito naturalmente? -
La scienziata si voltò a guardarla: – Certo. -
La Saiyan parve sconcertata:  – Ma sei terrestre! La tua forza non arriva neanche a un decimo della nostra! -
- Lo so -
- Come diavolo hai fatto a… a non morire? -
Bulma alzò le spalle come se non lo sapesse: a volte se lo chiedeva anche lei. Probabilmente qualcuno dall’alto la proteggeva fin dal momento in cui aveva deciso di tentare una relazione con quel Saiyan.
La donna dai lunghi capelli neri sembrò poco convinta e lanciò uno sguardo al fratello che, disinteressato al discorso, fissava un punto a caso sul muro: inutile cercare un appiglio in lui. Scosse la testa e prese per buono il beneficio del dubbio di cui, a quanto pare, tutti quanti sembravano giovarne.
 
Consumarono un’abbondante cena, a tutta la famiglia si era riunita attorno al tavolo del salotto chiacchierando assieme appassionatamente, compresa la giovane Uryasil che trovava la mamma di Bulma molto simpatica, anche se un po' fuori dal mondo.
- E così tu sei la sorella di Vegeta! Pensavo che lui e Goku fossero gli ultimi superstiti della vostra razza - aveva borbottato il Dr. Brief in direzione della Saiyan.
Uryasil aveva inghiottito il boccone prima di rispondere:  – Noi due, nostro fratello e Goku siamo gli ultimi. -
I signori Brief, poi, si erano ritirati nella loro casa appena terminato di mangiare, lasciando che la giornata finisse nella quiete della loro unità familiare. Si erano messi a guardare un film comico, a tratti demenziale, su cui Vegeta avrebbe avuto da ridire ma fu zittito immediatamente dalle occhiatacce da parte delle donne di casa. Neanche Trunks era corso in suo aiuto, preferendo dichiararsi neutro.
Dopo il terzo film della stessa colonna, Bra si era addormentata tra le braccia del padre. Uryasil gli si avvicinò osservando la bimba dormire come se fosse la cosa più bella del mondo. Secondo la Saiyan, Bra era la  bambina più bella che avesse mai visto: così come in Trunks, l’unione di due razze diverse aveva generato una bellezza straordinaria.
Quando avvertì il braccio cominciare a formicolare sotto il peso esiguo della bambina, Vegeta fece per alzarsi ma Bulma lo precedette, prendendogli la bambina dalle braccia e sparendo su per le scale. Il guerriero si era nuovamente rilassato sul divano seguendo con lo sguardo la donna. Moriva dalla voglia, però, di seguirle.
A circa metà film si dileguò in silenzio e raggiunse la camera della secondogenita, dentro la quale Bulma cantava sottovoce una ninna nanna in una lingua sconosciuta.
Entrò furtivo nell’oscurità della stanza, attirando lo sguardo della donna che non smise di cantare. Conosceva quelle parole: era la ninna nanna che la madre cantava loro, i tre eredi al trono, quando ancora in fasce non volevano saperne di addormentarsi.  L’aveva sentita tante volte, in passato.
Le parole della donna risuonavano nel silenzio della notte, riempiendo la stanza di una melodia dolce, quasi malinconica.
Si avvicinò a piccoli passi alla donna che teneva tra le braccia la loro bambina con gli occhietti socchiusi, tentando di far tacere l’istinto che scalpitava dentro quel corpicino. Entrambe baciate dalla luce lunare non sembravano far molto caso alla sua presenza, quasi non esistesse.  
Mentre la canzone giungeva al suo climax per poi sfumare fino alla fine, Vegeta si chiese come facesse lei a conoscere quella melodia, cantata con dolcezza, carezzandone le sillabe e facendo apparire, alle orecchie di chi ascolta, dolce una lingua dai toni così aspri e spigolosi.
Osò avvicinarsi di più, per osservare meglio il volto tanto amato della sua donna che era tornata a guardare il fagottino dormiente tra le sue braccia e si fermò al suo fianco, tanto vicino da sentirne il respiro sulla pelle.
Osservò, rapito, il volto angelico di quella figlia che non sembrava essere sua, ma che in realtà gli apparteneva in una maniera molto intima e infrangibile; ne scrutò i tratti delicati, cercando la somiglianza con il proprio viso. Inconsciamente allungò una mano per sfiorarle una guancia, così morbida e liscia sotto le sue mani forgiate da mille battaglie. Bella, esattamente come la donna con cui l’aveva generata; dolce, come il più maturo dei frutti; innocente, come solo una bambina può essere; forte, come una Saiyan. La degna principessa del regno perduto dei guerrieri Saiyan.
Bulma gli posò il capo sulla spalla.
- Finalmente si è addormentata. Se avessi saputo prima che quella canzone riesce a tranquillizzare il più instancabile dei guerrieri me la sarei fatta insegnare prima – rise, sottovoce, Bulma senza staccare gli occhi dall’angioletto che teneva tra le braccia.
Il Saiyan non rispose, troppo perso nei propri pensieri e nella contemplazione di Bra per farlo, preferendo fissare incuriosito la lunga codina che gli si era attorcigliata al polso.
- È stata Uryasil a insegnarmela: si sentiva in colpa per non aver niente da poterle regalare così mi ha insegnato questa ninna nanna... - disse la donna spostando lo sguardo sui tratti severi del marito. – Mi ha detto che è uno dei pochi ricordi che vi è rimasto di vostra madre. Dice che è l’unico modo per far addormentare un cucciolo Saiyan nel pieno delle sue energie. -
Vegeta rimase ancora in silenzio, distogliendo lo sguardo dalla bambina per posarlo sulla donna: si chiese il motivo per il quale la sorella aveva tirato fuori ricordi tanto brucianti. Forse rivedeva in Bulma la madre che loro non avevano potuto avere, a causa delle pretese di un re troppo avido e meschino, e in Bra l’infanzia che le era stata strappata via da un tiranno.
Fissò la sua donna incrociando quegli occhi così cristallini da potercisi specchiare e si abbassò per baciarla, lasciandola basita.
- Vado ad allenarmi - le disse quando si separarono avviandosi verso la porta dopo essersi delicatamente liberato della codina avvolta, ancora, attorno al suo polso.
Con la coda dell’occhio la vide mettere la bimba nella culla e assicurarsi che non si svegliasse.
- Non fare tardi... - sussurrò, guardandolo.
Come se fosse quella la maggior preoccupazione che potesse avere, come se non rischiasse di rimaner sepolto sotto le macerie di quella maledetta stanza, come già successo, uscendone fuori più morto che vivo...
Ma Bulma sapeva che con lui le raccomandazioni non servivano e che avrebbe sempre e comunque continuato a fare di testa sua, e poteva ben dire che quella fosse soltanto una delle innumerevoli cose che l’avevano fatta innamorare di lui. Aveva imparato, perciò, a limitarsi chiedendogli, quanto meno, di non rincasare troppo tardi, preferendo, magari, rotolarsi nelle coperte con lei invece che ammazzarsi di fatica sotto una gravità elevata.
Vegeta non rispose, varcando la soglia della cameretta rosa e bianca, indossando nuovamente la maschera di guerriero che aveva accantonato.

****

Sfinito dagli allenamenti, aveva percorso i lunghi corridoi di casa propria quasi trascinando i piedi: la stanchezza sembrava pesare sulle sue spalle come un macigno. Forse aveva esagerato interagendo un combattimento con Trunks e Uryasil nello stesso istante: certo, li aveva messi al tappeto senza troppe difficoltà, ma l’avere a che fare con due Saiyan di prima classe nello stesso identico momento, che oltretutto condividevano il suo stesso sangue, lo aveva provato parecchio.
Aprì la porta di camera propria quasi buttandocisi addosso e si trascinò fino a letto su quale si lasciò cadere, supino e con le bracca aperte. Chiuse gli occhi e un sospiro di stanchezza gli sfuggì dalle labbra.
- Sei tornato... E io che pensavo volessi rimanere l’intera nottata dentro quella stanza. -
Vegeta non si degnò neanche di guardarla.
- Risparmiami le tue frecciatine per domani mattina, quando avrò la forza di risponderti. -
Avvertì i suoi passi leggeri addentrarsi nella stanza, assieme al suo profumo che gli arrivò dritto alle narici. Il letto si abbassò leggermente quando Bulma vi si sedette sopra.
- Sei stravolto. Che diavolo avete combinato in quella stanza per ridurti in questo stato? - gli chiese, andando ad accarezzargli una guancia con il dorso della mano, incontrando la leggera ruvidezza dell’accenno di barba che gli scuriva la mascella.
Vegeta aprì gli occhi e li puntò su di lei. Non si ritrasse a quella carezza.
- Quei due si sono messi in testa che collaborando avrebbero potuto stendermi facilmente – ridacchiò. –  Sciocchi... -
- Quei due? Intendi Uryasil e Trunks? -
Vegeta si alzò da letto, ponendo fine a quel dolce contatto, e si diresse in bagno.
- E chi altri sennò? - lo scroscio dell’acqua segnò la fine di quella conversazione.
L’acqua calda gli donò sollievo ai muscoli contratti e Vegeta si ritrovò a ringraziare mentalmente l’inventore della doccia, dentro la quale si trattenne più del dovuto, godendosi la rilassante carezza dell’acqua sulla sua pelle forgiata da sanguinose battaglie.
Nonostante la stanchezza della giornata ancora pesasse sulle sue spalle, si sentiva decisamente meglio. Ora aveva bisogno solo di una dormita rigenerante per poter tornare in forze. Lo sguardo gli cadde sul disordine lasciato dalla compagna dopo essere uscita dal bagno: asciugamani e vestiti erano un ammasso umido di colori e tessuti non distinguibile a una prima occhiata. Alzò gli occhi al cielo chiedendosi cosa avesse fatto di male per ritrovarsi una moglie così casinista. Si avvicinò al cumulo, con l’intenzione di separare quanto meno gli asciugamani dagli indumenti, per capire se ce ne fossero di asciutti e puliti. Ma quando si chinò per frugare, con solo un asciugamano legato in vita, notò il completino di pizzo nero proprio in cima. Forse avrebbe fatto qualcos’altro prima di andare a dormire. Si rialzò ed uscì dal bagno con la precisa intenzione di ancorare la compagna al letto, ma ciò che si trovò di fronte era ben diverso dalla scena nella sua testa.
- Che diavolo ti sei messa? - le chiese indeciso se ridere o incavolarsi.
Bulma si voltò a guardarlo e gli regalò uno stupendo sorriso prima di esibirsi in una giravolta per mostrargli ciò che aveva indosso: un kigurumi***, un caldissimo e tenero pigiamone intero con le innocue fattezze di una scimmia.
- Ti piace? - gli chiese, afferrando la lunga coda del costume.
Vegeta rimase sconcertato all'inizio ma, alla fine, si lasciò andare ad una fragorosa risata. Sua moglie era tutta matta!
Bulma gonfiò le guance indispettita.
- Se non ti piace basta dirlo! - urlò abbracciandosi i fianchi.
Vegeta smorzò un po’ la risata puntando i suoi occhi scuri sul viso imbronciato di lei: sembrava una bambina. Le girò attorno con lentezza, studiando quell’assurdo pigiama che aveva addosso come se fosse una specie in via d’estinzione.
- Perché proprio una scimmia? - chiese incuriosito, un leggero sorriso aleggiava ancora sulle sue labbra.
Bulma puntò lo sguardo altrove: – Perché è l’unico animale ad avere una coda come la vostra... -
Il Saiyan la guardò stranito fermando il suo studio e la sua andatura attorno a lei.
La donna lo guardò con la coda dell’occhio prima di assestargli una pacca in corrispondenza della cicatrice della coda: lo vide sussultare prima di ritrovarsi ancorata al letto sotto il suo peso.
- Stai giocando con il fuoco... - le disse suadente.
- Mi sono già scottata molto tempo fa - gli rispose sorridendo con malizia, prima di andare a toccare nuovamente la cicatrice, nascosta sotto il tessuto dell’asciugamano.
Vide le sue pupille dilatarsi e le sue labbra schiudersi, lasciando sfuggire un sospiro più pensante degli altri. I suoi occhi sembravano più caldi del solito, come se l’ossidiana di cui prendevano il colore si fosse sciolta sotto il calore di quel tocco leggero. La cicatrice rotondeggiante alla fine della spina dorsale era rimasta un punto molto sensibile che, a quanto diceva, gli faceva correre delle scariche elettriche lungo il corpo e in contemporanea rilassare i muscoli: un’accoppiata strana ma tremendamente efficace. Catturò le sue labbra senza darle il tempo di pensare mentre le sue mani andavano a slacciare velocemente i bottoni di quello strano pigiama che proprio quella sera lei aveva deciso di indossare. Infilò una mano sotto la morbida stoffa incontrando solo la sua pelle liscia e non trovò nessuna barriera: non indossava nulla sotto. L’azzurra si lasciò sfuggire un sospiro estasiato a quel contatto, cercando nuovamente le sue labbra.

*Elementi che compongono il corpo umano. Questi sono elencati da Edward Elric, protagonista di Fullmetal Alchemist, mentre tenta una trasmutazione umana insieme al fratello, Alphonse Elric.
**Alchimia secondo FMA (sono fissata xD)
***Il kigurumi è un “pigiama” intero in pile, che può avere fattezze di animali o pokemòn. Io lo possiedo di Stitch :3


Angolo autrice:
Ventidue *-* Amo i numeri pari!
I’m back! Si non sono morta per vostra (s)fortuna, ho solo avuto molto da fare e anche la mia Beta è stata piuttosto impegnata e quindi ultra-mega-arci-ritardo. Gomen. Ma ecco qui il nuovo capitolo! Penso sia uno dei più lunghi che abbia scritto uwu (28 pagine e 13.000 e rotti parole o.o)
Non so voi ma io adoro questo nuovo trio: Bulma, Evelyn e Uryasil (che per la gioia del fratello è stata influenzata dalle altre due lol) quindi penso che terrò la sorellina del nostro principe ancora per qualche capitolo. A dir la verità non me la sento di mandarla via sola soletta(?). NO, non ci sperate! Niente human-boyfriend per Uryasil, penso che farebbe una brutta fine per mano di Vegeta. Povero, e noi non vogliamo che qualcuno venga headshottato(?) da Vegeta perché si è avvicinato troppo alla sorella vero? A meno che non sia Yamcha, che a proposito è fuori città per …affari suoi..? Meglio così :3

Alla prossima!

angelo_nero

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Capitolo 23
*** (Mis)Adventure in space - Parte Prima ***



- Ci siamo persi -
- Non ci siamo persi! -
- E allora dove siamo? -
- Non ne ho idea -
- Appunto, ci siamo persi. -
La donna arrestò il passo di botto e si voltò verso l’uomo che camminava a pochi passi da lei, sul bel viso le sopracciglia aggrottate e i denti stretti davano l’idea della furia che l’attraversava.
Puntò il braccio destro – con l'altro sorreggeva la bambina – su uno dei suoi fianchi prominenti, assumendo una posa battagliera, sfidando con lo sguardo l’altro che sembrava guardarla impassibile.
Assottigliò lo sguardo:  – Senti un po’, perché non fai lavorare un po’ più il cervello e meno la lingua, visto che sei tanto bravo? -
L’uomo alzò un sopracciglio. – Questo dovrei dirlo io a te, visto che ci hai tu portato qui -
Bulma lo fulminò con lo sguardo.
– Così adesso la colpa è mia? Di chi è stata la brillante idea di portare Trunks in giro per lo spazio per fargli studiare un po’ di astronomia? -
- Infatti la mia idea è stata brillante, e sarebbe andato tutto liscio se qualcuno qui non si fosse messo in mezzo -
- Io mi sono messa in mezzo!? Sei tu che ne hai fatto un dramma quando ti ho chiesto se potevo venire! - Bulma aveva stretto il pugno, trattenendosi dal colpire il compagno.
- Certo, dato che, come volevasi dimostrare, porti solo guai. Se te ne fossi rimasta a casa buona buona, noi saremmo già tornati a quest’ora – disse allora l'altro, volgendo lo sguardo altrove.
- Ho dovuto insistere visto che sono l’unico meccanico, io, qui. Se io non ci fossi stata, voi due sareste alla deriva da qualche parte nello spazio! - ribatté stizzita. Come osava quello scimmione mettere in dubbio la sua competenza?
Vegeta la guardò con la coda dell’occhio. – Mi credi così stupido? Anche io so dove mettere le mani in questi stupidi aggeggi - 
Diede un'occhiata al paesaggio che li circondava. – Comunque sia, se tu non avessi puntato i piedi per venire con noi a tutti i costi, tutto questo non sarebbe successo.-
-Guarda che sei tu quello che doveva controllare dove andavamo! Qui, quello che ha viaggiato per decenni per lo spazio sei tu, non io! -
Bulma ricominciò per il nervoso a camminare avanti e indietro, come una trottola, facendo salire il mal di testa al marito.
- Come se mi avessi dato la possibilità di avvicinarmi ai comandi. Non eri tu l’esperta di pilotaggio? - ribatté l'altro mimando le ultime parole facendo le virgolette con le mani, gesto che gli costò un'altra occhiataccia dalla donna.
-Esperta o meno, resta il fatto che tu avresti dovuto controllare le coordinate, così avremmo evitato di ritrovarci in questa situazione -
-L’ho fatto. Due volte. Ma, come al solito, non mi hai ascoltato, preferendo fare di testa tua! - sputò il Saiyan a denti stretti.
- Ovvio che ho fatto di testa mia, sono un genio e le mie idee sono sempre geniali! -
- Idee geniali del tipo quella di “atterrare su un pianeta sconosciuto senza alcun tipo di informazione a riguardo”? - le rispose sarcastico, l'altro, sbuffando.
Bulma si fermò di nuovo e gli puntò gli occhi azzurri addosso.
– Ma cosa diavolo vuoi che ne sappia io di pianeti! Io ho studiato tutto questo solo in teoria, tu hai fatto la pratica. La colpa è tua che non ci hai avvertiti del pericolo a cui andavamo incontro! -
- Ma, secondo te, io conosco ogni singolo pianeta dell’universo? Tu eri ai comandi e tu avresti dovuto prendere le dovute precauzioni -
- Io qui sono il genio non il viaggiatore intergalattico! -
Indugiò qualche secondo sul termine da usare per descrivere la vita di Vegeta prima di arrivare sulla Terra vista la sua “particolare esperienza giovanile” se così si poteva definire. Ma, per quanto ne sapeva lei, era ovvio che fosse di competenza del marito sapere dove si stesse andando e non sua. Squadrò, mettendo il broncio, il marito che, nella sua classica posa, scrollava sarcastico la testa con un sorrisetto sulle labbra.
- Allora tiraci fuori da questo casino, genio! - le sussurrò, infine, all’orecchio con una non poco velata ironia.
Bulma si trattenne dal tirargli uno schiaffo che non avrebbe portato nessun effetto se non quello di farsi male lei stessa, e si concentrò sul circondario: il pianeta sul quale erano atterrati era interamente buio, coperto da una fitta vegetazione alta il doppio di una foresta terreste.
Senza alcun tipo di punto di riferimento, era bloccati nell'oscurità. L’aria tutt'intorno era pesante e respiravano a fatica come se avessero corso chilometri. Non riusciva a vedere ad un palmo dal proprio naso e sia le torce elettriche che le sfere di energia non illuminavano più di cinque passi avanti a loro.
Sembrava non esserci via di uscita da quella specie di sottobosco nel quale erano andati a finire, constatò, preoccupata. Alzò gli occhi al cielo, cercando di scorgere almeno una stella luminosa per orientarsi ma era in parte coperto da fitte nuvole dal colore violaceo e in parte dalle chiome più alte degli alberi.
Sbuffò cercando di capire ancora una volta come diavolo ci erano finiti in quel sottobosco e, soprattutto, come potevano uscirne incolumi. Si chiese se quel posto fosse la dimora di bestie feroci o alieni magia-umani. Un brivido le percorse la schiena a quell’idea: non ci teneva a scoprirlo.
-Non si vede niente in questo fottuto posto! -
Si arrese, infine, andandosi a sedere su una roccia, passandosi una mano sulla faccia mentre la figlia i braccio la guardava curiosa.
Trunks si guardò attorno, alzando quanto più poteva la sfera di energia per cercare di illuminare oltre il suo raggio visivo ma senza successo. Non si riusciva ad illuminare niente che andasse oltre i cinque passi dalla loro posizione e iniziava ad essere frustrante.
Si girò verso l'oscurità dietro di loro, battendo più volte le palpebre per cercare di scrutare l’oscurità grazie ai suoi sensi sviluppati di mezzo-sangue. Ciò che riusciva a distinguere era solo vegetazione in ogni dove mentre tutt'intorno non c’era altro.
- Riesci a vedere qualcosa, Trunks? - gli chiese frustrata Bulma, poggiando la piccola Bra a terra.
- No, niente a parte alberi e oscurità -
- Non c’è altro su questo stupidissimo pianeta! - sbottò ancora la donna gemendo di frustrazione a quella consapevolezza. – Perché non sorvolate la zona e cercate di capire da dove si esce? -
- Impossibile - le rispose Vegeta senza voltarsi a guardarla.
- Perché? -
- Questo posto è circondato da una nube di gas tossico. Non si possono superare le cime degli alberi a meno che non si voglia andare incontro a morte certa - le rispose il Saiyan continuando a guardarsi attorno come alla ricerca di qualcosa.
Bulma s'imbronciò ancora di più, continuando a fissare trucemente il marito.
Vegeta si allontanò di qualche passo, avvicinandosi ad uno dei giganteschi alberi che circondavano la zona. Posò una mano sulla corteccia e quando la ritrasse era ricoperta di materiale viscido verdognolo. Aveva un odore forte e pungente, decisamente disgustoso.
- Che schifo - sbottò il ragazzino osservando la mano del genitore alla fioca luce della sua sfera di energia. – E quanto puzza. Mi viene da vomitare.-
- Come sei schizzinoso... – lo derise la madre.
Trunks storse il naso osservando il genitore sfregare tra di loro le dita impastate in quella roba. – Non sono schizzinoso. Questa cosa ha un odore tremendo -
- Dobbiamo andarcene – proruppe, improvvisamente, il Saiyan più grande interrompendo la conversazione. – E alla svelta anche -
Si abbassò la mano lungo il fianco portando lo sguardo al cielo e iniziando a scrutare con attenzione le chiome degli alberi scosse dal vento. Lanciò uno sguardo alla mano sporca facendo mentalmente il conto di quanto tempo avessero per allontanarsi da lì prima che chi aveva lasciato quella traccia tornasse.
Bulma si alzò dalla sua postazione e si avvicinò al compagno, ancora intento ad osservare le cime della vegetazione attorno a loro. Gli prese il polso e puntò la torcia sulla sostanza maleodorante e viscida che colava dalle sue dita.
- Sembra la stessa sostanza che abbiamo trovato nella vecchia pelle di Cell... - disse più a se stessa che a lui, osservando con attenzione la melma.
-“Abbiamo”? - chiese incuriosito Trunks, sottolineando il plurale della parola.
Bulma annuì. – Sì, io e te. O meglio, la tua controparte venuta dal futuro -
- Oh - gli avevano raccontato parecchie volte quella storia.
Un fruscio improvviso attirò l’attenzione di Vegeta che si voltò di scatto nella direzione opposta a quella dove si trovavano. Rimase in ascolto qualche secondo, immobile, in attesa che il suono si ripresentasse.
- Cosa stai… Mhp! -
La mano sinistra del principe si posò lesta sulle labbra della donna. Le intimò di fare silenziò mentre richiamò anche Trunks: - Spegni la torcia. Trunks, fai sparire quella sfera, al buio non dovrebbero vederci - 
Afferrò, infine, Bra mettendola in braccio a Bulma e posizionandosi davanti a loro per proteggerle.
- Hai sentito qualcosa? - balbettò la donna guardandosi attorno in trepidazione.
Vegeta rimase in silenzio, facendo scattare gli occhi in ogni direzione per poi fissarli nuovamente davanti a sé. Piegò leggermente le ginocchia, come pronto a difendersi in avanti in caso di necessità, anche se avrebbe preferito non doverlo fare, almeno non in quel posto.
Fece di nuovo segno di fare silenzio e si mosse di qualche passo in avanti, lentamente, senza emettere alcun suono. A Bulma sembrò persino che avesse smesso di respirare tanto erano mute le sue movenze, come un predatore che stanava la sua preda – o un assassino che punta alla sua vittima, a seconda dei punti di vista. Lei non poté sentire ciò che invece le sue orecchie allenate di Saiyan riuscirono a percepire.
Bulma non lo vide neanche comparirlo di nuovo davanti ai propri occhi, talmente fu veloce il suo movimento. Si accorse di averlo affianco solo quando avvertì il suo respiro sul collo.
- Quando ve lo dico, iniziate a correre senza voltarvi indietro – sussurrò cominciando ad indietreggiare, portandosi dietro la donna sulla cui spalla aveva poggiato una mano. – Per nessun motivo. Siamo intesi? -
Trunks, già con un piede più indietro rispetto all’altro, pronto a scappare, annuì e lanciò uno sguardo al padre. Sentiva una presenza strana nelle vicinanze, qualcosa che non somigliava affatto a nessuna delle auree che aveva avvertito in tutta la sua giovane vita.
- Perché dobbiamo scappare? Potete stenderlo in un secondo, qualunque cosa sia -
Vegeta si esibì nel suo solito ghigno sprezzante anche se i suoi occhi non erano così sicuri e anche Bulma, nel guardarlo, si sentì avvolta da una sensazione di incertezza – Ci sono delle volte in cui è meglio fare dietro front e darsela a gambe piuttosto che combattere -
Ma la donna non era del tutto convinta di quella risposta. Insomma che aveva sposato a fare un Saiyan, se poi le suggeriva di fuggire come un coniglio spaurito!?
Borbottò la sua disapprovazione sottovoce, guadagnandosi un’occhiataccia dal diretto interessato. Si ammutolì definitivamente quando lo stesso fruscio, che prima non era riuscita a sentire, le arrivò alle orecchie, seguito da un lamento macabro ed inquietante. Un brivido le corse lungo la schiena e, a tentoni, cercò la mano del marito stringendola forte una volta trovata. Il suono si fece più forte, più vicino di quanto volesse. Deglutì cercando di mantenere la calma e il sangue freddo.
- Non ancora... - sussurrò Vegeta indietreggiando di qualche passo. – Non ancora... -
L’azzurra sentiva il battito del cuore nelle orecchie talmente era veloce. Deglutì di nuovo mentre il sudore freddo le colava lungo la schiena e brividi le attraversavano le ossa.
- Ora! - disse solamente prima di voltarsi e iniziare a correre, seguito a poca distanza dal figlio.
Una foresta piena di alberi, arbusti e piante gigantesche non era l’ideale per una fuga, soprattutto se non si è agili come un Saiyan ben addestrato e si stanno portando venti chili di bambina con un braccio solo. Incespicò più di un paio di volte, Bulma, rischiando di cadere rovinosamente a terra. Imprecò quando l’ennesima radice si presentò sul suo cammino, costringendola a fare più attenzione a dove metteva i piedi, cosa non facile se si sta fuggendo da qualcosa.
Non sapeva esattamente cosa li stesse inseguendo, né se effettivamente correva dietro di loro. Le uniche cose che sentiva erano il suono dei suoi passi e il respiro accelerato. Vegeta le aveva detto di non voltarsi, per nessun motivo ma, persa nei pensieri e prima che se ne rendesse conto, si voltò per capire l’entità del loro assalitore anche se al momento non vide nulla.
Bra si muoveva agitata in braccio, lamentandosi e gemendo, impaurita. 
- Cazzo! - esclamò Vegeta fermandosi di botto. – Ce n’è uno anche qui! - disse mantenendosi a debita distanza da un’ombra nera di cui si potevano scorgere i soli occhi gialli e la dentatura affilata.
Una strana sensazione di inquietudine avvolse la scienziata, costringendola a voltarsi con estrema lentezza. Lanciò un urlo da record quando si ritrovò a  una spanna da una bocca con due file di denti affilati. Fece qualche passo indietro, colta dal panico, ma finì con l’inciampare in una radice, finendo con il sedere a terra. Arretrò ancora, strisciando a terra e mantenendo lo sguardo fisso su quei piccoli occhietti gialli privi di espressività.
Il principe si era voltato non appena udito il suono acuto proveniente da sua moglie, non riuscendo però ad evitarle di cadere e  di incrociare quello sguardo spaventoso. Imprecò un paio di volte prima di prendere la donna per mano e tirarla su di peso.
- In piedi! Dobbiamo andarcene di qui! - urlò riprendendo a correre in una delle direzioni non bloccate da quegli esseri.
 
Si lasciò cadere a terra, sfinita, Bra ancora tra le braccia che si succhiava il pollice, finalmente calma.
Respirava a fatica, i polmoni che le bruciavano ad ogni respiro e il cuore che sembrava voler sfondare la gabbia toracica. Alzò lo sguardo su marito e figlio che, al suo contrario, non sembravano affatto provati da quella corsa forsennata. Anzi sembravano più carichi di prima, pronti ad affrontare qualsiasi pericolo.
Si tirò su a sedere, scrutando il buio completo che li circondava. Si chiese se quei cosi fossero ancora nei paraggi. Il solo pensiero di trovarseli di nuovo di fronte le dava un forte senso di nausea. Rabbrividì al ricordo di due minuscoli occhi gialli che la fissavano. Si strofinò le braccia con le mani, cercando di scaldarsi, quando si ritrovò addosso una giacca di pelle nera. La afferrò e lanciò uno sguardo al marito, che le dava le spalle, prima di annusarla a fondo e infilarla, c’era il suo odore impresso sopra.
- Cosa diavolo erano quei…cosi? - interruppe il silenzio Trunks, scrutando attento il paesaggio.
- Un Sornom – gli giunse la voce del padre che si era andato sedere di fianco alla donna.
-Sono degli esseri fatti di ombra che abitano questo pianeta e divorano qualsiasi cosa si muova - spiegò mentre tracciava sul terreno alcuni segni.
– Questo pianeta è composto da sole due specie. I Sornom, predatori, escono solo di notte e mangiano qualsiasi cosa respiri. Captano il suono di ogni movimento a chilometri di distanza, di un respiro o del battito cardiaco. Di solito mangiano le loro prede vive, i loro denti secernono una sostanza paralizzante che però non impedisce alla vittima di sentire dolore ma ne blocca solo i movimenti. Sono estremamente veloci, molto più di me o di Wish - disse senza staccare gli occhi dal terreno.
Bulma deglutì felice di non averli più alle calcagna. D’un tratto la “scampagnata nello spazio” non le sembrò più così allettante.
- Il loro corpo è fatto d’ombra, non ho idea di dove vada a finire il cibo che ingeriscono e non ci tengo a saperlo. I colpi fisici sono inutili contro di loro - aggrottò le sopracciglia come se un ricordo spiacevole gli avesse attraversato la mente.
– Poi ci sono i Pentaphyllum che sono parte del pianeta stesso. Sono la vegetazione che ci circonda. Sono loro a riempire l’aria circostante con quelle spore velenose. Non ne ho idea di che poteri abbiano o di cosa sono capaci. Sono come alberi velenosi -
Chiuse gli occhi alzando lo sguardo, cercando di concentrarsi prevalentemente sul suo udito e olfatto visto che la sua vista, per quanto sviluppata potesse essere, non riusciva a distinguere quei mostri dal resto dell’oscurità. Quando fu sicuro di non avvertire alcun che, tornò a rivolgere l’attenzione alla sua famiglia.
- Come sai queste cose? - lo interruppe sbigottito Trunks, con uno sguardo stupito.
- Sono venuto su questo pianeta quando avevo all’incirca diciotto anni. Ho imparato tutto ciò che so a riguardo a spese dei miei subordinati – non aggiunse altro. Non gli piaceva rivangare il passato, soprattutto non di fronte al figlio. Ricordava perfettamente le urla di dolore dei suoi compagni mentre venivano maciullati dai denti degli Sornom. Non aveva fatto niente, limitandosi ad appuntare mentalmente ogni singola caratteristica che poteva tornargli utile. – Quei mostri d’ombra, inoltre, hanno libertà di movimento molto limitate, se restiamo su posti alti o difficili da raggiungere dovremmo essere al sicuro -
Trunks si mise a frugare nelle tasche, alla ricerca delle poche capsule che si era portato dietro. Le tirò fuori  trovandosi in mano le capsule che contenevano una semplice tenda per sei o sette persone, un materasso gonfiabile, un frigo-bar e una lampada ricaricabile manualmente.
Si voltò a guardare i genitori stringendo tra le mani le poche capsule. – Forse è meglio rimanere qui ' sta notte e tornare alla navicella domattina – disse, facendo per lanciare la capsula contenente la tenda.
- Non qui - La voce profonda paterna lo bloccò all’istante.
Trunks si voltò, con il braccio teso sopra la testa nel gesto di lanciare l’oggetto, scrutando con la coda dell’occhio la madre avvolta nella giacca di similpelle due taglie più grande. – Perché? -
- Perché non siamo abbastanza al sicuro - aveva una brutta sensazione che continuava a pervaderlo nonostante i suoi sensi non percepissero alcun tipo di pericolo. Sapeva che non poteva fidarsi, i Sornom erano capaci ci celare la loro presenza nel buio.
- Questo potrebbe andare bene? - li raggiunse la voce di Bulma dalla parte opposta della radura, mentre indicava una grotta scavata in quella che sembrava essere pietra. La grotta era grande e spaziosa, un po' inquietante ma mai quanto l'esterno.
Il figlio la raggiunse a passo svelto, sbirciando all’interno dell’apertura mentre dell’aria umida proveniente dall’interno lo accolse in pieno, solleticando il suo sensibile olfatto. Un odore maleodorante come il liquido che scendeva copioso dagli alberi gli fece storcere il naso. Tutt'intorno la quiete della foresta faceva da padrona e la grotta sembrava farne anch'essa parte. Si estendeva per un lungo corridoio, le pareti scavate e livellate dagli agenti atmosferici durante gli anni. Probabilmente quel pianeta era molto più vecchio della Terra.
In fondo alla grotta, nascosta da alcune pareti più sporgenti, si apriva un enorme spiazzo vuoto che riluceva pacatamente. Ne accarezzò le pareti incuriosito e si ritrovò il palmo pieno di una sostanza luccicante. Non sembra tossica, non aveva odore né consistenze particolari. Era come polvere, sparsa per tutte le pareti. Avanzò di qualche passo, guardandosi attorno per lo spiazzo, affascinato. Il lieve bagliore che la polvere rilasciava illuminava l'apertura di un vivo argento. Sorrise nell'osservare il luccichio sulle insenature più alte: i fenomeni naturali e anormali, lo sbalordivano quasi quanto le tecnologie più avanzate. Curioso come una madre, curioso come uno scienziato. 
Ammirando ancora quei favolosi giochi di colori, si ritrovò a fissare nella parete davanti a lui un enorme buco, scavato nella roccia, come un passaggio in un'altra stanza. Non era molto grande, al massimo un metro e mezzo di larghezza. Dalla cavità non proveniva alcuna luce ma una debole corrente d’aria vi passava attraverso. Un foro abbastanza ampio da farci entrare una persona: allungò un piede dall'altra parte della cavità ma si bloccò all'istante appena sentì qualcuno che, tirandolo per i pantaloni, voleva attirare la sua attenzione. Si ritrovò la sorellina, pollice in bocca e occhioni curiosi che lo fissavano con curiosità.
- Che c’è, Bra? -
La piccola tolse il dito dalla bocca prima di provare ad articolare una frase. – Tunks! - esclamò, allungando le braccine verso il fratello, chiedendo di essere presa in braccio e il ragazzino la sollevò con facilità.
- Hai trovato qualcosa? - lo raggiunse la voce della madre arrivandogli alle spalle.
Trunks accennò alla parete. – Questo. Credo che ci sia qualche apertura dall’altra parte, sento una leggera corrente d’aria. -
Bulma scrutò l’apertura per qualche secondo e posizionò la mano davanti ed attese. In effetti vi era una leggera corrente d'aria che fluttuava fuori dal foro, per poi spargersi nella cavità circostante.  – Vuoi andare a controllare? - chiese al bambino. Gli occhi blu di Trunks si illuminarono di colpo ed annuì sicuro, aprendosi in un sorriso.
Bulma gli scompigliò i capelli glicine e gli sorrise di rimando. – E già che ci sei puoi portarti dietro anche Bra, dato che non sembra essere intenzionata a lasciarti andare – asserì, allontanandosi.
Il sorriso di Trunks scemò d’un botto. – Eh!? Perché? Non può rimanere con te e papà? -
- Con te starà meglio, fidati. - gli lanciò un'occhiata, voltandogli le spalle. – Oh, potresti lasciarmi le capsule che ti sei portato dietro? Così iniziamo a preparare il posto per riposare. -
Il figlio le lanciò al volo il contenitore delle capsule oplà  e dopo aver infilato Bra nel foro, entrò anche lui sparendo dalla vista della madre. Bulma sorrise tornando fischiettante dal marito, ancora intento a studiare la grotta.
Il buco nel muro non era nient’altro che l’entrata per un lungo corridoio di pietra, grande più o meno quanto un condotto di areazione che si districava a lungo, nella cavità oscura. Bra gattonava davanti a lui, poggiando le manine paffute sulla fredda roccia mentre lui, da dietro, teneva la torcia puntata per illuminare meglio il sentiero. Di punto in bianco la bambina si fermò costringendo anche il fratello a bloccarsi.
Trunks, già infastidito dalla presenza della bambina che aveva dovuto portarsi dietro, accigliò lo sguardo.
– Perché ti sei fermata ora?-
La bimba si limitò a spostarsi di lato, facendo in modo che anche il fratello potesse vedere ciò che vedeva lei. Si avvicinò di qualche centimetro e sbirciò sotto di sé, dove il corridoio in cui erano continuava assumendo le sembianze di un enorme scivolo di pietra. Si voltò, rivolgendo alla sorellina un sorriso furbo.
– Che dici, scendiamo? - le chiese retoricamente, senza aspettarsi veramente una risposta.
- Sì! - incalzò la piccina, facendo risuonare nella buia caverna il suo gridolino di gioia.
- Sssh! - la riproverò, invece, il maggiore posandosi l’indice sulle labbra.
La bambina, sbigottita, portò entrambe le manine alla bocca, sbattendo più volte le lunghe ciglia, poi ridacchiò. Si sporse in avanti per osservare il “mega scivolo” di pietra che si estendeva per chissà quanto sotto i loro piedi. Rivolgendo un ultimo sorriso al fratello saltò giù, scivolando lungo la parte rocciosa, ridacchiando, felice.
Trunks non perse tempo, calandosi subito dopo di lei in quel cunicolo che, ne era sicuro, li avrebbe portati a scoprire qualcosa in più di quel posto misterioso. La curiosità lo assaliva come non mai. Trunks era curioso quanto, se non di più, di sua madre e l’idea di esplorare quel posto sconosciuto lo esaltava quasi quanto un combattimento.  Mentre scendeva velocemente nel cunicolo si chiese se avrebbero incontrato ancora quegli esseri di prima fatti d'ombra; magari quella grotta era proprio la loro abitazione. Meglio tenere gli occhi aperti.
Nonostante fosse tutto buio, una piccolissima luce preannunciava la fine dello scivolo. Bra, partita per prima, atterrò sul sederino sul duro pavimento di pietra mentre il pannolino attutì la caduta. La stessa fortuna non toccò, però, al fratello maggiore che, sprovvisto, ovviamente, di un buon pannolino o di un buon cuscino a portata di mano, batté con forza il sedere a terra. Si alzò dolorante, massaggiandosi il fondo schiena, non appena vide la sorellina allontanarsi di qualche passo da lui.
- Bra, non allontanarti! - asserì osservando la piccola che, mal ferma sulle gambine, avanzava sempre di più mentre lui era ancora lì a cercare di far passare il dolore.
Bra, però, si bloccò di colpo qualche passo dopo, quando si ritrovò davanti a quella che sembrava una porta di legno incastrata nella roccia. La fissò per qualche secondo, provando, poi, a spingerla per aprirla ma la porta non si muoveva di un millimetro, come bloccata dalle pareti. Le guance delle piccola si gonfiarono per il fastidio e, agguerrita, si voltò verso il fratello, alla ricerca di aiuto.
- Tato! - lo chiamò.
Trunks la raggiunse in pochi passi. – E questa? - chiese, passando il palmo sul legno vecchio.
Poggiò, poi, entrambe le mani sulla maniglia arrugginita e provò a tirare, a spingere cercando di non distruggere niente. Aggrottò la fronte quando si accorse che la porta non voleva saperne di aprirsi. Tentò di tirare con più forza, ma sembrava bloccata.
Un sorriso, poi, gli attraversò il volto. - Okay, se non ti apri con le buone allora farò a modo mio – sferrò un potente calcio alla lastra di legno marcio, che si aprì con un cigolio inquietante.
Trunks sbirciò all’interno, osservando l’ambiente, e assicurandosi che nessuno di quegli stupidi esseri d’ombra vi fosse nascosto. Quando fu sicuro che nessun Sornom fosse nei paraggi, entrò in quella che sembrava una stanza scavata nella nuda pietra. Peccato che la stanza in questione fosse più simile a un gigantesco cimitero: c’erano ossa ovunque, una forte puzza di morte e umidità si estendeva per tutto lo spiazzo.  Lo spettacolo che si apriva davanti ai suoi occhi era qualcosa di spaventoso e macabro. Si portò il braccio davanti al viso, l’odore era veramente molto forte. Sfilò la torcia dall’apposita asola attaccata alla cintura dei pantaloni e l’accese, puntandola contro i resti di quelli che dovevano essere creature aliene.
- Vieni - disse alla sorellina porgendole la mano che ella afferrò con prontezza.
Si addentrarono per la camera cauti,  puntando la torcia per terra, assicurandosi di non calpestare qualcosa di sgradito. Si chiese chi e quando avesse fatto quella che sembrava la strage di un’intera popolazione. Alcune ossa sembravano, addirittura, fuse con la pietra sottostante. Si accucciò vicino a un mucchietto: non capiva se appartenessero tutte allo stesso essere o erano parti di più individui, se così potevano essere chiamati. Ciò di cui era sicuro, era il fatto che non appartenessero ad esseri umani, Saiyan o altri esseri dalle sembianze umanoidi. Avevano delle specie di corna ai lati della testa e gli arti sembravano esageratamente lunghi mentre le orbite erano il doppio di quelle umane. Puntò, poi, la torcia sulla parete di fronte a sé illuminando una serie di simboli strani, avvicinandosi scavalcando qualche cadavere. Passò la mano, sovrappensiero, sulla parete per togliere della polvere. I geroglifici erano numerosi e si estendevano per tutta la parete, decorandola in ogni sua parte, fino al soffitto. Forse erano lettere di qualche lingua antica. Sfilò il telefono dalla tasca posteriore dei jeans e scattò alcune foto con l’ausilio del flash, intenzionato a chiedere ai genitori se conoscessero quei caratteri. Si osservò attorno, accorgendosi che, non solo la parete di fronte a lui ma anche tutte le altre circostanti presentavano gli stessi segni ripetuti più volte.
Si voltò di scatto quando il suono improvviso di qualcosa che rotolava attirò la sua attenzione. Puntò la torcia alle proprie spalle, ove la stanza curvava a sinistra impedendogli la vista di cosa vi fosse nascosto oltre la parete. Se fosse stato lo stupido protagonista di un film horror avrebbe urlato “C’è qualcuno?” nel silenzio della grotta, come se qualcuno avesse veramente potuto rispondergli. Ma poiché era meglio non rischiare e dato che a lui, in quanto a prestanza fisica e tecnica, Freddy Krugher e compagnia avrebbero “spicciato casa”, tornò a fissare i simboli, scattando altre tre o quattro foto dove gli sembrava fossero diversi.
- Tato? - lo richiamò, infine, Bra. La sua voce gli sembrava lontana mentre rimbombava.
Trunks puntò la torcia nella sua direzione, scoprendola a sbirciare oltre l’angolo e le si avvicinò incuriosito.
- Cosa c’è? Hai visto qualcosa? - si avvicinò e sbirciò anche lui oltre la parete. Gli parve di scorgere un movimento nel buio ma non ne fu totalmente sicuro.
Bra gli indicò un punto di fronte a loro e Trunks assottigliò lo sguardo per scorgere qualcosa nel buio. Gli sembrò di rivedere lo stesso movimento di prima. Accese la torcia e, con cautela, la puntò: vide una scia di sangue sul terreno, oltre ad altre ossa sparse qua e là. Puntò la luce sulla parete, dove gli stessi segni erano impressi come scavati della roccia.
- Non c’è niente... - sussurrò non molto convinto. Portò, poi, la torcia poco più giù e fece un balzo all’indietro spaventato, lasciando cadere la torcia a terra. – Ma che diavolo!? -
Riprese in mano velocemente la torcia e, sotto lo sguardo confuso della sorellina, tornò a puntarla contro quel qualcosa che aveva visto.
- Che schifo! - esclamò sottovoce, illuminando finalmente la figura che prima aveva scorto muoversi nel buio.
Non aveva idea di cosa fosse, e neanche gli interessava. L’essere era accucciato davanti ai resti di qualche animale, di cui poteva scorgere solo le zampe, e sembrava intento a divorare il suo pasto con una ferocia degna di un predatore. Era più basso di un comune essere umano, ma ne aveva le sembianze se non fosse stato per l’eccessiva magrezza e la testa più grande del corpo.
Trunks deglutì con forza mantenendo uno spaventoso autocontrollo, merito degli estenuanti allenamenti eseguiti ogni giorno e l’aver vissuto esperienze più grandi di lui. Ragionò velocemente capendo in pochi istanti che ciò che l’essere stava divorando non era un’animale ma qualcuno uguale a lui e che non se ne sarebbe stato lì buono buono con la luce puntata in faccia ancora per molto ma, prima che il mostriciattolo si accorgesse di loro, stato saggio alzare i tacchi. Si alzò in piedi e, con lentezza esasperante, cominciò ad arretrare un passo alla volta, tirandosi dietro la sorella.
- Piano, forse non se ne accorge se continuo a puntargli la torcia addosso… - sussurrò continuando a fissare l’essere accovacciato a pochi metri da loro.
Come se l’avesse sentito, l’essere si alzò di scatto, mostrando un viso scarno, coperto di sangue con due occhi enormi quasi fuori dalle orbite, i denti in mostra scoperti dalle labbra quasi inesistenti.
Trunks si bloccò di colpo e spense la torcia, sperando che al buio non ci vedesse. L’essere invece si alzò e iniziò a correre verso di loro. – Come non detto! Andiamo via! - urlò iniziando a correre a perdifiato.
Attraversò in un attimo l’enorme spiazzo trascinandosi dietro la sorellina. Sorpassò la porta e se la richiuse alle spalle rimanendovi appoggiato per interminabili secondi pregando che quel coso non riuscisse a sfondarla. Con un profondo respiro si allontanò dalla superficie di legno e si voltò tornando a correre sentendo dopo pochi attimi la porta sfondata. Non si girò neanche a guardare per assicurarsi che li stesse davvero seguendo, il suo istinto di guerriero gli diceva di continuare a correre. Girò a destra a un bivio, non avendo idea di dove stessero andando. La loro fuga fu bloccata da un muro.
- Merda! - esclamò il piccolo mezzo-sangue valutando se buttare giù la parete. Rischiava di far crollare tutto e dovette abbandonare l’idea all’istante. Non c’era altra via d’uscita, erano in trappola!
- Tunks! - lo richiamò la bambina tirandogli i pantaloni. Il ragazzino si voltò scorgendo in lontananza l’ominide che correva barcollante nella loro direzione: era piuttosto veloce per qualcuno che non sembra sapersi reggere sulle proprie gambe. E da come urlava non sembrava per niente amichevole.
- ‘osa vuoe? - biascicò Bra.
Trunks tornò a guardarsi attorno: a destra e davanti il muro bloccava qualsiasi via di fuga, a sinistra vi era una rientranza ma niente di più. Non potevano far altro che rimanere lì a meno che… Alzò la testa di scatto e vide esattamente ciò che cercava: tra il soffitto e la parete c’era uno spazio dentro il quale avrebbero potuto strisciare, o levitare. Si guardò le spalle, osservando l’essere che procedeva sempre più sicuro nella loro direzione, sempre più vicino.
-Cosa vuole? Mangiarci probabilmente... - disse con amarezza. Nelle situazioni estreme il suo “buonismo terrestre”, come lo chiamava suo padre, andava a farsi benedire lasciando spazio al carattere sprezzante e abbastanza realista che più si addiceva al suo sangue. Fanculo all’essere positivi, rischiavano di essere mangiati vivi! Un po’ di cinismo e realismo non avrebbe fatto male.
Prese in braccio la sorellina e si alzò dal suolo.  Fece appena in tempo a infilare la bambina nella rientranza che si sentì afferrare la gamba. Guardò sotto di sé prima di tirare un calcio in piena faccia all’omino. Lo vide barcollare con la testa piegata all’indietro e cadere di schiena.
Non si preoccupò di verificarne lo stato, preferendo salvarsi la pelle e tornare dai genitori.
- Andiamo! - le disse prendendola per mano e volando a velocità sostenuta attraversarono lo stretto cunicolo. Ringraziò per l’ennesima volta la parte di sé che non apparteneva alla Terra.
I rantoli sommessi dell’essere arrivavano fino alle loro orecchie, segno che per quanto malconcio era ancora vivo. Eppure era sicuro di avergli assestato un calcio abbastanza forte da rompergli l’osso del collo. Scosse la testa e si concentrò su ciò che era davanti a sé, non che ci fosse molto a parte polvere, buio e puzza di umido. Dopo un tempo che a loro sembrò eterno, Trunks si chiese se un’uscita ci fosse veramente e non fosse un condotto che girava attorno a vuoto. Forse, in quello spazio ristretto mancava l’ossigeno, forse era la suggestione dello spavento di prima, forse suo padre aveva ragione quando gli diceva che stava diventando uno smidollato a forza di stare con Goten, fatto sta che gli sembrava di star trascinando dietro di sé un peso morto.
- Oniichan… - mormorò una vocina affaticata alle sue spalle.
Il ragazzino si voltò: la sorellina, ormai al limite delle forze, manteneva a stento la levitazione e non riusciva a seguirlo con velocità. Per lei che era ancora così piccola doveva essere tremendamente sfiancante mantenersi per così tanto tempo in volo.
Rallentò quel che bastò per affiancarla. – Appoggiati a me, ti porto io - le disse permettendole di salirgli sulla schiena e continuare il tragitto in comodità. Trunks sperò che l’uscita fosse vicina, dato che le forze cominciavano a mancargli anche a lui. Quel posto sembrava risucchiargli l’energia vitale.
Per sua fortuna, poco avanti a loro il cunicolo terminava in un’apertura. Non aveva la minima idea di dove fosse finito e neanche gli interessava: si sentiva stanco e se quel coso fosse tornato non sarebbe stato in grado di contrastarlo.
Sbirciò all’interno dell’apertura accorgendosi che curvava verso il basso, non sapeva dove portasse con precisione ma qualunque posto purché fosse lontano da quel coso.
Sorrise. – Scendiamo di qua. Che ne pensi, Bra?-
Bra ricambiò il sorriso e annuì con fermezza al fratello.
Il ragazzo fece per imboccare l’entrata ma qualcosa lo tirò giù, facendogli dapprima perdere la levitazione per poi trascinarlo di sotto, dove effettivamente voleva andare. Cadde a terra senza alcuna possibilità di utilizzare i propri poteri per ammortizzare il botto, che naturalmente sentì solo lui. Bra se ne stava comodamente seduta su di lui.
- Siete tornati finalmente! -
Alzò la testa per incontrare gli occhi azzurri della madre. Batté le palpebre confuso scrutando l’ambiente circostante accorgendosi di essere tornato al punto di partenza. Come, non ne aveva idea.
Si alzò da terra frastornato, facendo scivolare la sorella all’indietro che rise divertita. Si guardò attorno di nuovo, incredulo.
- Dove eravate finiti? Vostro padre stava per venirvi a cercare. - lo rimproverò la madre prendendo in braccio la sorellina ed indicando con il mento il padre, che se ne stava appoggiato alla parete opposta.
-A dire il vero non ne ho la minima idea. - rispose. – Ci siamo ritrovati davanti a una porta. Quando l’ho aperta sembrava di essere stati catapultati nel cimitero degli elefanti* -
Prese qualcosa dal frigo bar e se la ficcò in bocca, senza verificare se fosse o meno scaduta.
- Non ti sarai spaventato per così poco. -
- Naah. - mormorò con la testa dentro il piccolo elettrodomestico. – Ciò che mi ha fatto prendere quasi un infarto è stato una specie di ominide anoressico che se ne stava accovacciato in un angolo, intento a divorare un suo simile -
Vegeta aprì un occhio e lo puntò sul figlio, rimanendo comunque in silenzio.
- Un che? - esclamò Bulma.
Trunks riemerse per un attimo. – Non so esattamente cosa sia, o era, e sinceramente non mi interessa. Assomigliava a un essere umano ma molto più basso e magro, sembrava malato. E affamato. Molto affamato - disse aggrottando le sopracciglia. – Probabilmente abbiamo disturbato il suo pasto dato che poi ha cercato di mangiare noi -
- Non gli avrete puntato la torcia addosso, spero - proruppe la voce profonda del principe.
Trunks sussultò sul posto. – Perché? Non dovevamo? -
Vegeta non rispose subito. Il suono della pioggia rimbombava all’interno.
- È indifferente. Quei cosi sono ceci a quanto ricordo... -
- Ma non avevi detto che questo pianeta era abitato solo da due tipi di creature? - gli chiese Bulma raggiungendolo.
Vegeta spostò lo sguardo su di lei. – Infatti. Probabilmente sono predatori di qualche altro pianeta. -
Trunks si avvicinò a lui, attirato dal suono fitto della pioggia che batteva sulle pareti della caverna, e si sporse quel che bastava per scrutare fuori dall’apertura dalla quale erano entrati.
- Non la toccare - lo bloccò non appena lo vide allungare il braccio per afferrare una delle gocce che cadevano dal soffitto. Trunks ritirò all’istante l’arto. – L’acqua su questo pianeta è acida. Basta uno schizzo a bruciare pelle, muscoli e ossa -
Il bambino rimase ad osservare le gocce nere cadere dal cielo come normalissima pioggia, abbattersi sul terreno e sulla natura circostante senza provocare alcun danno, eppure per loro era letale. Decise di non sperimentare e di fidarsi sulla parola: per quella serata ne aveva avute fin troppe di esperimenti.

****

La tenda poteva ospitare comodamente sei o sette persone, otto se piace stare a stretto contatto l’uno con l’altro. Cosa che né Trunks né Vegeta condividevano: amavano i loro spazi, destavano chi si avvicina troppo o li toccava senza permesso e tutto ciò che invadeva il loro spazio personale senza specifica richiesta veniva incenerito con lo sguardo. Naturalmente Bulma e Bra erano le eccezioni che confermavano la regola. A loro era permesso sbaciucchiare, appiccicarsi, abbracciare e persino colpire – a loro rischio e pericolo - i due che, volenti o nolenti, le lasciavano fare, senza lamentarsi particolarmente.
Eppure quella notte, su quel pianeta sconosciuto quanto pericoloso, Trunks nel suo cantuccio alla parte più estrema del materasso, dando le spalle ai genitori e alla sorellina che si era inserita tra loro poco dopo essersi coricata, si sentiva stranamente a disagio. Non sapeva dire se fosse stata solo suggestione, un desiderio inespresso che si portava dietro o semplicemente una necessità involontaria. Fatto sta che abbandonò il proprio spazio privato e si appiccicò alla schiena paterna, alla ricerca di calore e protezione. Rimase vigile per alcuni secondi, assicurandosi che il padre non fosse intenzionato a cacciarlo in nessun modo, prima di chiudere gli occhi e lasciarsi cullare dal sonno.
Vegeta, dal canto suo, si ritrovò praticamente circondato dalla sua famiglia: Bra e Bulma davanti a lui e Trunks appiccicato alla sua schiena. La donna dai capelli azzurri non aveva voluto saperne di lasciar andare la sua mano nemmeno da addormentata. 
Si alzò tenendosi sollevato con la mano libera e lanciò uno sguardo al bambino placidamente addormentato alle sue spalle, ripetendosi che una volta sveglio glielo avrebbe rinfacciato etichettandolo come “femminuccia che ha paura dei tuoni”. Così, tanto per vederlo arrabbiarsi ed assumere quell’espressione irritata così simile alla sua ma che lo divertiva e rincuorava terribilmente.
Il figlio si mosse nel sonno, andandosi a stringere ancora di più addosso a lui, circondandogli la vita con le braccia. In quel momento gli sembrò molto più indifeso di quanto in realtà fosse. Gli venne da ridere: come può un bambino in grado di far saltare in aria un pianeta essere indifeso? Ma in fin dei conti, forza o meno, Trunks rimaneva sempre un bambino, il suo bambino, ed era suo dovere di padre proteggerlo da qualsiasi cosa lo minacciasse, per quanto effimera e stupida fosse. Si sarebbe divertito, poi, a prenderlo in giro una volta passato il momento, ma, ora, doveva assicurarsi che stesse bene, fisicamente e psicologicamente.
Tornò a sdraiarsi, accorgendosi che Trunks non era stato l’unico a muoversi nel sonno ma che anche Bulma aveva invertito le posizioni: ora gli dava la schiena, stringendo la piccola Bra tra le braccia che ciucciava il dito, in mancanza del suo peluche preferito. Sbuffò un poco, borbottando qualcosa tra i pensieri che aveva a che fare con l’essere il Principe dei Saiyan e una donna troppo appiccicosa.
Però non gli dispiaceva poi troppo quella sistemazione, rifletté inspirando il dolce profumo della sua donna e quello di latte e neonato della bambina e andando ad abbracciare da dietro la prima, stringendola forte a sé.

*****

Fu l’ultima a svegliarsi. Quando aprì gli occhi la tenda, fino a poco prima piena di gente, era vuota. A farle compagnia solo la lampada da campeggio a carica manuale. Sbadigliò e si strofinò gli occhi prima di decidersi ad uscire dalla tenda per capire dove fosse andata il resto della sua famiglia. Trovò solo Bra con un biberon in mano che giocava con delle pietre ma di Vegeta e Trunks nessuna traccia. Si guardò attorno per un attimo, facendo mente locale di dove si trovasse e perché. Una volta che il suo geniale cervello ebbe ripreso a funzionare correttamente, si avvicinò a frigo-bar cercando all’interno qualcosa di commestibile. Trovò un paio di barrette al cioccolato e storse il naso: non che disprezzasse il cioccolato ma quel tipo di barrette non le piacevano proprio, per questo le aveva ficcate dentro un frigo praticamente inutilizzato. In mancanza di altro si dovette accontentare.
Si avvicinò all’apertura della grotta, curiosa come non mai di esplorare i dintorni, ora che il sole era sorto. Si fermò in ogni caso all'imboccatura della grotta, leggermente spaventata dall'idea di ritrovarsi davanti ad esseri poco raccomandabili. Magari alcuni predatori escono solo di giorno e non attendevano altro che un casuale viaggiatore da poter divorare in un sol boccone. La storia del “sol boccone” faceva molto cappuccetto rosso: forse l’avrebbero solo squarciata e dilaniata viva prima di mangiarla. Rabbrividì all’idea: la cosa non era comunque allettante.
Fece un paio di passi fuori, dopo essersi assicurata che Bra non si sarebbe mossa dalla postazione, e rimase a contemplare il pianeta sotto un altro punto di vista: il cielo dava sul rosa di giorno, o almeno quello che riusciva a intravedere oltre le nuvole viola che lo ricoprivano costantemente. La vegetazione gigante risultava meno inquietante vista alla luce solare – se si poteva intendere così la stella che illuminava il pianeta, in quanto era assolutamente sicura di essere anni luce lontana dal suo sistema solare – e poteva distinguere vari tipi e colori di piante tutto intorno allo spiazzo davanti a lei. Incuriosita si avvicinò a un fiore: assomigliava molto a una rosa terrestre, solo che era totalmente verde ed era sprovvista di spine. Chissà se aveva anche lo stesso profumo o la stessa consistenza sotto le dita…
- Non farlo -
Bulma sussultò quando la voce potente del marito le arrivò alle spalle. Si voltò per incrociare i suoi occhi.
- Perché? Sembra innocua – 
L’uomo le si avvicinò. – Sono questi fiori a riempire l’atmosfera di gas velenoso. Non  toccarli né annusarli -
La scienziata guardò sconsolata il bel fiore: avrebbe voluto prenderlo e portarlo sulla Terra per studiarlo. Si accovacciò lì davanti. – Sei sicuro che io non possa toccarlo? Mi piacerebbe poterlo analizzare, ho un debole per le cose pericolose -
- Sicuro. Ora alzati, così possiamo andarcene da questo schifo di posto - le disse porgendole la mano per aiutarla ad alzarsi.
 Bulma osservò il marito con sorpresa: non era da lui offrire una mano ma era sempre lei a chiederla. Con un sorriso accettò volentieri il suo aiuto ed afferrò la sua mano, facendosi tirare su di scatto. Gli finì quasi addosso – non che la cosa le dispiacesse: stare a stretto contatto con il suo uomo era una delle cose che preferiva – ma quella notte non erano riusciti ad avere un po' di intimità, a causa dei figli nello stesso letto, e di conseguenza il desiderio l’uno dell’altro sembrava centuplicato. L’azzurra gli sorrise lasciva, avvertendo distintamente il battito cardiaco del principe aumentare sotto il palmo della sua mano appoggiata sul petto. - Grazie – mormorò, prima di impossessarsi delle sue labbra, in un contatto breve ma intenso. Quel che bastava per farlo rimanere imbambolato a fissare il vuoto una volta che si sarebbe allontanata.
 
*ogni riferimento al Re Leone è puramente casuale (?)
 



Angolo Autrice:
I’m Back!
Tra studio, scuola guida e vita sociale (ma dove?) sono finalmente riuscita a terminare il capitolo e a pubblicarlo! Sono proprio contenta di come è venuto -3- Inizia una nuova avventura per l’allegra(?) famigliola. Ci allontaniamo dallo “Slice Of Life” misto a molto “Fluff” per spostarci sull’avventura con un pizzico di dark e horror :D Non credo saranno più di due o tre parti questa (dis)avventura. Spero vi piaccia questo cambiamento di direzione!   

angelo_nero

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Capitolo 24
*** (Mis)Adventure in space - Parte Seconda ***


Trunks si fece largo tra i cespugli alti il doppio di lui che gli sbarravano la strada. Spostò un paio di rami per evitare che gli finissero in faccia, una volta sorpassati.
Saltò, infine, una radice fin troppo spessa ed avanzò di qualche passo prima di fermarsi e guardarsi intorno: almeno di giorno si vedeva qualcosa in più, oltre alla fitta vegetazione che si espandeva per ogni dove.
Per esempio, quella costruzione gigantesca che si erigeva a pochi metri da loro e che assomigliava ai templi degli Aztechi, anche se Trunks dubitava fermamente che l'antica popolazione fosse arrivata sul quel pianeta a centinaia di anni luce dalla Terra ad insediarsi.
Il piccolo Saiyan fu indeciso se andare a controllare all’interno o girarle attorno e proseguire oltre.
-Cos’è quella costruzione?- squittì una voce poco lontana.
Trunks si voltò ad osservare la madre correre nella sua direzione e fermarsi qualche passo più avanti a lui.
-Non ne ho idea.- disse mentre anche il padre li raggiungeva, preceduto da Bra che avanzava a passo mal fermo.
Bulma sganciò dalla cintura dei pantaloni un binocolo e lo usò per scrutare meglio la costruzione davanti a loro.
Alle sue spalle i due maschi si scambiarono un’occhiata confusa e Trunks si limitò a un’alzata di spalle come risposta alla muta domanda del genitore: anche lui si chiedeva cosa avesse intenzione di fare la madre. Puntarono lo sguardo sulla donna che sembrava intenta ad analizzare da lontano il monumento dalle sembianze familiari, in attesa di un suo movimento che facesse capire le sue intenzioni.
-Ehm, mamma vuoi avvicin- EHI!- disse il ragazzino quando la madre scattò in avanti senza dar segno di volerli aspettare.
La donna si fece largo tra le foglie, anche se molti rami le graffiavano la pelle e il fango scivoloso e appiccicoso aveva iniziato a bloccarle i movimenti. Si fermò esattamente davanti all’entrata dell’immenso monumento che la sovrastava, mentre, dietro di lei i due figli e il marito la seguivano. Girò attorno alla costruzione, facendosi largo tra l’erba alta che costeggiava i fianchi e fece scorrere la mano lungo tutta la superficie, tastando uno per uno i blocchi che la componevano, alla ricerca di un passaggio segreto o qualcosa di simile.
Trunks, che teneva per mano Bra, e Vegeta la seguivano passo passo nella sua assurda ricerca. Secondo loro non c’era alcun passaggio segreto, dovevano semplicemente passare dall’ingresso principale, magari facendo saltare in aria la porta o qualunque cosa fosse ciò che lo sigillava.
Bra si liberò dalla presa del fratello e si mise a girare attorno alla costruzione dal lato apposto.
-Bra, dove vai?- le chiese Trunks
Seguita a pochi passi dal fratello maggiore percorse corricchiando la metà del lato destro della costruzione, poi si fermò di colpo ed alzò il visino verso un punto non ben indentificato che il ragazzino non riuscì a definire.
Trunks fissò perplesso sua sorella fin quando non si decise anche lui ad alzare la testa per osservare ciò che la bimba stava a guardare. Alzò le sopracciglia e la sua espressione assunse un tono di pura sorpresa.
-Wow!-
***
Vederla girare attorno a quella costruzione gli stava facendo venire il mal di mare. La voglia di far saltare tutto in aria si faceva sempre più pressante mano a mano che l’azzurra aggiungeva un giro a quelli completi che aveva già fatto attorno al monumento. Cosa diavolo continuava a camminare in tondo a fare, se tanto ciò che cercava non c’era!?
Bulma, invece, ignara delle manie di distruzione del compagno, continuava a studiare mattone per mattone ogni singola parete. Le aveva girate tutte almeno tre volte ma non si spiegava come mai non vi fosse alcun passaggio o leva o pulsante o qualsiasi altra cosa che le avrebbe permesso di accedere al santuario. Nei suoi viaggi alla ricerca delle sfere del drago da ragazzina, aveva visitato i luoghi più disparati e, come le disavventure che aveva vissuto con Goku le avevano insegnato, c’era sempre un modo per entrare. Sempre.
Fermò il suo andazzo e rimase a fissare la parete di fronte a lei in cagnesco: ci doveva pur essere un modo per entrare in quel posto! Aggrottò le sopracciglia mentre la sua mente geniale cominciava lavorare, creando le varie possibilità che avrebbe potuto intraprendere a quel punto. Quella di passare oltre era fuori discussione, voleva vedere e capire chi – o cosa – avesse costruito quel posto. Magari avrebbe trovato anche qualcosa che poteva confermare l’idea che, la vita sulla Terra, in realtà era nata nello spazio profondo.
Che ci fosse un punto dove lei ancora non aveva guardato?
Alzò la testa verso il cielo rosato di quello strano pianeta in cerca di ispirazione. Ma i suoi occhi azzurri non incontrarono mai l’ambigua volta sopra la sua testa e si fermarono piuttosto sulla parte alta della costruzione, dove si intravedeva un’apertura. Sorrise soddisfatta: aveva trovato la loro entrata.
- Mamma! - gridò Trunks. – Credo di aver trovato il modo di entrare, o meglio l’ha trovato Bra. -
Bulma continuò a guardare in alto: – Penso di averla trovata anche io. L’unico problema è come arrivare lassù… – borbottò sovrappensiero.
Il ragazzino battè le palpebre confuso e piegò la testa di lato incrociando le braccia la petto. Osservò la madre mentre tentava, invano, di scalare la scivolosa e ripida parete del monumento. La vide scivolare giù due, tre, quattro volte prima di decidersi a richiamarla.
- Mamma? -
Bulma sembrò non dargli attenzione mentre tentava, per la quinta volta, di scalare, senza riuscirci.
Trunks le si avvicinò di un paio di passi. Nel frattempo, silenzioso come il più esperto dei predatori, a godersi la scena, assolutamente patetica, gli si era affiancato anche Vegeta: Bulma sembrava aver trovato un appiglio e aveva scalato un paio di centimetri in più prima di bloccarsi di nuovo.
- Mamma…? Mamma? Mamma! - la richiamò ancora con più convinzione.
La donna dai capelli azzurri alla fine perse l'appoggio e si ritrovò con il sedere a terra in men che non si dica.
- Accidenti che male! Si può sapere che c’è, Trunks? Sto cercando di arrampicarmi. -
- A me sembra che tu stia cercando di romperti l’osso del collo. - disse Vegeta incrociando le braccia al petto, con il chiaro intento di non intervenire se la donna fosse scivolata ancora.
Bulma lo ignorò e tentò nuovamente di arrampicarsi.
- Mamma! - urlò di nuovo il ragazzino.
Bulma gli scoccò un’occhiataccia. – Che c’è!? -
Trunks indicò il padre. – Noi possiamo volare. Te lo sei dimenticato? -
La donna si riscosse e si diede della stupida da sola. Come si faceva a dimenticare di aver procreato con un Saiyan in grado di levitare a suo piacimento? Scivolò giù dalla parete e borbottando un “Lo sapevo, volevo solo vedere se riuscivo a cavarmela da sola” si diresse verso la più piccola della famiglia, lasciata sola a fissare l’apertura a circa dieci metri dal suolo.
- Questa è più in alto dell’altra. -
- Sì, ma sembra avere un punto d’appoggio più largo - disse Trunks indicando la rientranza.
Bulma, che non riusciva a vedere così lontano, dovette fidarsi delle parole del figlio.
- Bene, ma come arriviamo lassù? O meglio, come arrivo io lassù? - disse rivolgendo lo sguardo sul marito che la fissava a braccia conserte.
- Hai già abbandonato l’idea di scalarla a mani nude? - le chiese sarcastico, mentre Bra e Trunks si alzarono in volo.
Bulma avrebbe tanto voluto picchiarlo. – Smettila di prendermi in giro e portami fin là! - urlo additando il punto che Bra e Trunks si accingevano a raggiungere.
Il principe sciolse le braccia dalla posizione conserta e mostrò i denti indispettito. – Non darmi ordini, Bulma. Non lo sopporto -
La scienziata mantenne il suo sguardo senza paura. – Se non vuoi sentirti dare ordini avresti dovuto farlo e basta. - sibilò di rimando.
I due rimasero a guardarsi in cagnesco: come al solito ogni pretesto era buono per litigare. Trunks alzò gli occhi al cielo scocciato, chiedendosi cosa avesse fatto di male per ritrovarsi due genitori del genere.
- Ehi! Muovetevi! Altrimenti io e Bra entriamo senza di voi! - urlò attirando l’attenzione dei litiganti, che smisero di guardarsi in cagnesco per osservare lui.
Bra fece “ciao ciao” con la mano in direzione dei genitori, comodamente seduta nella rientranza.
Vegeta si limitò ad un ringhio sommesso prima di prendere in braccio la consorte e levitare fino a raggiungere il punto dove i loro figli erano fermi.
Bulma entrò nella piccola nicchia. – Ma è chiusa. -
Trunks si voltò verso la finestrella: sembrava essere stata bloccata dall’interno con una lastra di quello che sembrava vetro. Aggrottò le sopracciglia.
Bulma si avvicinò alla lastra e provò a spingerla via, non smuovendola di un millimetro. – Inutile, non si sposta.-
Si mise in ginocchio rimanendo a fissare truce l’apertura, come se guardandola male potesse d’incanto aprirsi. Tentò di buttarla giù con un calcio piuttosto forte, parlando dei suoi standard di donna umana, ma fu inutile anche quel tentativo.
- Perché non ti apri, stupida finestra!? -
Prima che Bulma potesse dar di matto e iniziare a picchiare un oggetto inanimato con il fumo che le usciva dalle orecchie, la piccola Bra le si avvicinò con calma, gattonando. La donna osservò la sua bambina senza capire le sue intenzioni.
La piccola fissò la lastra facendo ondeggiare la lunga coda alle sue spalle e con il dito in bocca. Si mise seduta sui talloni e guardò attorno a lei come se volesse constatare la solidità del posto. Poi, senza togliere il pollice dalla bocca, tese un braccio davanti a lei con la mano aperta. Sul piccolo palmo si formò una sfera d’energia non molto potente che venne poi scagliata contro la lastra, che si disintegrò all’istante provocando un gran polverone. Alcuni pezzi di vetro furono scagliati qua e là ma per fortuna nessuno di essi fu in grado di far loro del male.
Bulma incrociò le braccia la petto. – Certo, per voi è tutto più facile. – borbottò mentre Trunks la precedeva e si calava giù dalla finestra.
Il piccolo Saiyan atterrò illeso sulle proprie gambe e saltellò sul posto un paio di volte. Poi rivolse lo sguardo al padre. – Non possiamo volare qui dentro. Non so perché, ma sembra che qualcosa ce lo impedisca. -
Vegeta aggrottò le sopracciglia senza dire niente e fece per scendere ma Bra lo precedette e si lanciò a peso morto dalla finestra.
- Bra! -
Le braccia leggere del fratello accolsero la sorellina, calmando l'incedere del cuore impazzito di Bulma, mentre la piccola sembrava tutt’altro che spaventata dalla caduta nel vuoto di almeno quindici metri. Il glicine alzò lo sguardo sui genitori e si aprì in un sorriso rassicurante.
Bulma sospirò sollevata portandosi una mano al petto. Aveva seriamente temuto per la vita della sua bambina. Si voltò verso il marito che la fissava in modo strano, sembrava volerle dire qualcosa.
- Che c’è? Mi sono spaventata! Se non ci fosse stato Trunks, Bra adesso sarebbe una frittata. - si sfogò.
Il Saiyan alzò un sopracciglio impercettibilmente. – Bra è mia figlia – soggiunse, con logica imbattibile.
- Ti ricordo che qui dentro non potete volare! - lo ribeccò invece lei.
Il Saiyan si sedette sul bordo della finestra e guardò di sotto, per niente spaventato dall’altezza del salto che avrebbe dovuto affrontare. Si voltò verso di lei.
- Non si sarebbe fatta male in alcun modo - le disse fissandola negli occhi prima di lasciarsi cadere.
Bulma rimase un attimo a riflettere su quelle parole e nel mentre il marito era già scomparso dalla sua vista. – Ehi! Non andartene quando ti parlo! -
- Smettila di blaterale e vieni giù! - le urlò di rimando.
La scienziata deglutì spaventata. – Neanche per sogno! Io non sono come voi, se salto da qui mi sfracello! -
Il principe atterò pochi secondi dopo sulle proprie gambe, come se niente fosse.
- Voi andate avanti, io vi aspetto qui. - disse sedendosi a gambe incrociate.
- Scordatelo! Non ti lascio qui! -
Bulma sembrò non ascoltarlo. Non gli rispose.
- Ehi! Gradirei una risposta! -
La donna allora si affacciò. – Oh ma guarda! Ti dico la stessa cosa da dodici anni! Com’è sentirsi ignorati dal proprio interlocutore? -
La pazienza del principe cominciava a venir meno, quella donna chiacchierava troppo e faceva pochi fatti.
- Se scendi di lì, ascolterò tutti i tuoi vaneggi sugli ultimi progetti che hai portato a termine! - tentò di convincerla.
- Allora non è vero che non mi ascolti. Fai finta di non ascoltarmi! Che è peggio! - esclamò Bulma, tra le eco dell'inquietante tempio.
Vegeta stava seriamente valutando l’idea di lasciarla lì e andarsene per la sua strada. Se fosse stata in pericolo fatti suoi!
- Se ci tieni a farmi presente queste stronzate, vieni giù! Non ho voglia di litigare a quindici metri di distanza! - urlò spazientito.
Bulma gli fece la linguaccia ma si mise comunque seduta sul bordo, le gambe che penzolavano nel vuoto. Quindici metri separavano lei dal pavimento e di conseguenza da una morte per sfracellamento.
“Beh, almeno se mi romperò la testa morirò sul colpo. Senza soffrire.”
- Smettila di pensare alle possibilità che hai di morire e salta! -
Bulma gonfiò le guance, indispettita: Vegeta con gli anni aveva imparato a fare la stessa cosa che lei faceva con lui. Si rendeva finalmente conto di quanto potesse essere odioso e confortante allo stesso momento quando qualcuno, a te vicino, ti conosceva così bene da saper dire esattamente cosa pensavi e quando lo pensavi.
Osservò ancora una volta la distanza che la separava dalla sua famiglia. Deglutì, spaventata.
- Sei sicuro che non farò la fine di una frittata? - gli chiese con voce tremante mentre si spostava un po’ più in pizzo.
Vegeta sbuffò. –Ti pare che dopo tutto questo casino ti lascio morire in quella maniera? Se proprio devo ucciderti, lo faccio io -
- Non è divertente! Tanto lo so che non lo faresti mai! -
- Smettila di blaterale e scendi! Non abbiamo tutto il giorno! -
Bulma prese un bel respiro e fissò un’ultima volta l’enorme altezza che avrebbe dovuto coprire. La paura la bloccò: lei era una semplice umana, diamine!, perché suo marito non lo capiva?
- Non puoi venirmi a prendermi tu? - chiese con voce tremante.
- Non posso volare qui dentro. Scendi! -
L’azzurra era ancora piuttosto titubante, sicura che una volta effettuato il salto sarebbe morta.
- Ehi - la voce di lui la riscosse. – Ti fidi di me? -
Se si fidava? Dannazione, sì! Altrimenti non gli avrebbe mai permesso di entrare nella propria vita, farla a pezzi e poi ricostruirla pezzo per pezzo. Si fidava di suo marito più di quanto si fosse mai fidata di Yamcha o di Goku stesso.
Si disse che Vegeta, per quanto sadico fosse, non avrebbe mai lasciato morire la donna che amava in quel modo atroce senza fare niente per impedirlo. O no?
Scosse la testa e decise di non pensare più a nulla. Prese un altro bel respiro e si spinse giù, serrando gli occhi non appena avvertì il terreno mancargli sotto i piedi. Il volo le sembrò eterno, il vento le sferzava la faccia in modo quasi doloroso, lo stomaco sembrava essere sul punto di risalire su per l’esofago e il battito del suo cuore era talmente veloce che credeva sarebbe potuto fermarsi.
Il principe, dal canto suo, seguì ogni istante della caduta libera di Bulma e, quando fu vicina, tolse le mani dalle tasche per allungare le braccia verso di lei, pronto ad afferrarla. La donna atterrò addosso a lui a peso morto, in modo talmente violento che il Saiyan fece fatica a rimanere in piedi. Non disse nulla ma nella sua testa cominciarono a formarsi dei sospetti.
- Te lo avevo detto che non ti saresti ammazzata -
Bulma finalmente ebbe il coraggio di aprire gli occhi, se pur lentamente. Incrociò lo sguardo d’ossidiana che tanto amava, sentendo tutto d’un botto la paura scemare. Lo abbracciò d’impulso, lasciandolo stupito. Si sentiva al sicuro tra le sue braccia, era certa che niente avrebbe potuto scalfirla. Si lasciò andare ad un sospiro prima di tornare a guardarlo negli occhi. Gli sorrise.
- Grazie -
Lui arrossì un poco e borbottò qualcosa di incomprensibile, rimettendola poi a terra. Peccato che l’adrenalina scorresse ancora veloce nel sangue della scienziata e le gambe non la ressero. Fu perciò costretta ad approfittare del compagno per tenersi su. Quando il battito frenetico del suo cuore si placò, Bulma si staccò dal compagno, finalmente in grado di reggersi da sola.Trunks si fece largo tra i cespugli alti il doppio di lui che gli sbarravano la strada. Spostò un paio di rami per evitare che gli finissero in faccia, una volta sorpassati.
Saltò, infine, una radice fin troppo spessa ed avanzò di qualche passo prima di fermarsi e guardarsi intorno: almeno di giorno si vedeva qualcosa in più, oltre alla fitta vegetazione che si espandeva per ogni dove.
Per esempio, quella costruzione gigantesca che si erigeva a pochi metri da loro e che assomigliava ai templi degli Aztechi, anche se Trunks dubitava fermamente che l'antica popolazione fosse arrivata sul quel pianeta a centinaia di anni luce dalla Terra ad insediarsi.
Il piccolo Saiyan fu indeciso se andare a controllare all’interno o girarle attorno e proseguire oltre.
-Cos’è quella costruzione?- squittì una voce poco lontana.
Trunks si voltò ad osservare la madre correre nella sua direzione e fermarsi qualche passo più avanti a lui.
-Non ne ho idea.- disse mentre anche il padre li raggiungeva, preceduto da Bra che avanzava a passo mal fermo.
Bulma sganciò dalla cintura dei pantaloni un binocolo e lo usò per scrutare meglio la costruzione davanti a loro.
Alle sue spalle i due maschi si scambiarono un’occhiata confusa e Trunks si limitò a un’alzata di spalle come risposta alla muta domanda del genitore: anche lui si chiedeva cosa avesse intenzione di fare la madre. Puntarono lo sguardo sulla donna che sembrava intenta ad analizzare da lontano il monumento dalle sembianze familiari, in attesa di un suo movimento che facesse capire le sue intenzioni.
-Ehm, mamma vuoi avvicin- EHI!- disse il ragazzino quando la madre scattò in avanti senza dar segno di volerli aspettare.
La donna si fece largo tra le foglie, anche se molti rami le graffiavano la pelle e il fango scivoloso e appiccicoso aveva iniziato a bloccarle i movimenti. Si fermò esattamente davanti all’entrata dell’immenso monumento che la sovrastava, mentre, dietro di lei i due figli e il marito la seguivano. Girò attorno alla costruzione, facendosi largo tra l’erba alta che costeggiava i fianchi e fece scorrere la mano lungo tutta la superficie, tastando uno per uno i blocchi che la componevano, alla ricerca di un passaggio segreto o qualcosa di simile.
Trunks, che teneva per mano Bra, e Vegeta la seguivano passo passo nella sua assurda ricerca. Secondo loro non c’era alcun passaggio segreto, dovevano semplicemente passare dall’ingresso principale, magari facendo saltare in aria la porta o qualunque cosa fosse ciò che lo sigillava.
Bra si liberò dalla presa del fratello e si mise a girare attorno alla costruzione dal lato apposto.
-Bra, dove vai?- le chiese Trunks
Seguita a pochi passi dal fratello maggiore percorse corricchiando la metà del lato destro della costruzione, poi si fermò di colpo ed alzò il visino verso un punto non ben indentificato che il ragazzino non riuscì a definire.
Trunks fissò perplesso sua sorella fin quando non si decise anche lui ad alzare la testa per osservare ciò che la bimba stava a guardare. Alzò le sopracciglia e la sua espressione assunse un tono di pura sorpresa.
-Wow!-
***
Vederla girare attorno a quella costruzione gli stava facendo venire il mal di mare. La voglia di far saltare tutto in aria si faceva sempre più pressante mano a mano che l’azzurra aggiungeva un giro a quelli completi che aveva già fatto attorno al monumento. Cosa diavolo continuava a camminare in tondo a fare, se tanto ciò che cercava non c’era!?
Bulma, invece, ignara delle manie di distruzione del compagno, continuava a studiare mattone per mattone ogni singola parete. Le aveva girate tutte almeno tre volte ma non si spiegava come mai non vi fosse alcun passaggio o leva o pulsante o qualsiasi altra cosa che le avrebbe permesso di accedere al santuario. Nei suoi viaggi alla ricerca delle sfere del drago da ragazzina, aveva visitato i luoghi più disparati e, come le disavventure che aveva vissuto con Goku le avevano insegnato, c’era sempre un modo per entrare. Sempre.
Fermò il suo andazzo e rimase a fissare la parete di fronte a lei in cagnesco: ci doveva pur essere un modo per entrare in quel posto! Aggrottò le sopracciglia mentre la sua mente geniale cominciava lavorare, creando le varie possibilità che avrebbe potuto intraprendere a quel punto. Quella di passare oltre era fuori discussione, voleva vedere e capire chi – o cosa – avesse costruito quel posto. Magari avrebbe trovato anche qualcosa che poteva confermare l’idea che, la vita sulla Terra, in realtà era nata nello spazio profondo.
Che ci fosse un punto dove lei ancora non aveva guardato?
Alzò la testa verso il cielo rosato di quello strano pianeta in cerca di ispirazione. Ma i suoi occhi azzurri non incontrarono mai l’ambigua volta sopra la sua testa e si fermarono piuttosto sulla parte alta della costruzione, dove si intravedeva un’apertura. Sorrise soddisfatta: aveva trovato la loro entrata.
- Mamma! - gridò Trunks. – Credo di aver trovato il modo di entrare, o meglio l’ha trovato Bra. -
Bulma continuò a guardare in alto: – Penso di averla trovata anche io. L’unico problema è come arrivare lassù… – borbottò sovrappensiero.
Il ragazzino battè le palpebre confuso e piegò la testa di lato incrociando le braccia la petto. Osservò la madre mentre tentava, invano, di scalare la scivolosa e ripida parete del monumento. La vide scivolare giù due, tre, quattro volte prima di decidersi a richiamarla.
- Mamma? -
Bulma sembrò non dargli attenzione mentre tentava, per la quinta volta, di scalare, senza riuscirci.
Trunks le si avvicinò di un paio di passi. Nel frattempo, silenzioso come il più esperto dei predatori, a godersi la scena, assolutamente patetica, gli si era affiancato anche Vegeta: Bulma sembrava aver trovato un appiglio e aveva scalato un paio di centimetri in più prima di bloccarsi di nuovo.
- Mamma…? Mamma? Mamma! - la richiamò ancora con più convinzione.
La donna dai capelli azzurri alla fine perse l'appoggio e si ritrovò con il sedere a terra in men che non si dica.
- Accidenti che male! Si può sapere che c’è, Trunks? Sto cercando di arrampicarmi. -
- A me sembra che tu stia cercando di romperti l’osso del collo. - disse Vegeta incrociando le braccia al petto, con il chiaro intento di non intervenire se la donna fosse scivolata ancora.
Bulma lo ignorò e tentò nuovamente di arrampicarsi.
- Mamma! - urlò di nuovo il ragazzino.
Bulma gli scoccò un’occhiataccia. – Che c’è!? -
Trunks indicò il padre. – Noi possiamo volare. Te lo sei dimenticato? -
La donna si riscosse e si diede della stupida da sola. Come si faceva a dimenticare di aver procreato con un Saiyan in grado di levitare a suo piacimento? Scivolò giù dalla parete e borbottando un “Lo sapevo, volevo solo vedere se riuscivo a cavarmela da sola” si diresse verso la più piccola della famiglia, lasciata sola a fissare l’apertura a circa dieci metri dal suolo.
- Questa è più in alto dell’altra. -
- Sì, ma sembra avere un punto d’appoggio più largo - disse Trunks indicando la rientranza.
Bulma, che non riusciva a vedere così lontano, dovette fidarsi delle parole del figlio.
- Bene, ma come arriviamo lassù? O meglio, come arrivo io lassù? - disse rivolgendo lo sguardo sul marito che la fissava a braccia conserte.
- Hai già abbandonato l’idea di scalarla a mani nude? - le chiese sarcastico, mentre Bra e Trunks si alzarono in volo.
Bulma avrebbe tanto voluto picchiarlo. – Smettila di prendermi in giro e portami fin là! - urlo additando il punto che Bra e Trunks si accingevano a raggiungere.
Il principe sciolse le braccia dalla posizione conserta e mostrò i denti indispettito. – Non darmi ordini, Bulma. Non lo sopporto -
La scienziata mantenne il suo sguardo senza paura. – Se non vuoi sentirti dare ordini avresti dovuto farlo e basta. - sibilò di rimando.
I due rimasero a guardarsi in cagnesco: come al solito ogni pretesto era buono per litigare. Trunks alzò gli occhi al cielo scocciato, chiedendosi cosa avesse fatto di male per ritrovarsi due genitori del genere.
- Ehi! Muovetevi! Altrimenti io e Bra entriamo senza di voi! - urlò attirando l’attenzione dei litiganti, che smisero di guardarsi in cagnesco per osservare lui.
Bra fece “ciao ciao” con la mano in direzione dei genitori, comodamente seduta nella rientranza.
Vegeta si limitò ad un ringhio sommesso prima di prendere in braccio la consorte e levitare fino a raggiungere il punto dove i loro figli erano fermi.
Bulma entrò nella piccola nicchia. – Ma è chiusa. -
Trunks si voltò verso la finestrella: sembrava essere stata bloccata dall’interno con una lastra di quello che sembrava vetro. Aggrottò le sopracciglia.
Bulma si avvicinò alla lastra e provò a spingerla via, non smuovendola di un millimetro. – Inutile, non si sposta.-
Si mise in ginocchio rimanendo a fissare truce l’apertura, come se guardandola male potesse d’incanto aprirsi. Tentò di buttarla giù con un calcio piuttosto forte, parlando dei suoi standard di donna umana, ma fu inutile anche quel tentativo.
- Perché non ti apri, stupida finestra!? -
Prima che Bulma potesse dar di matto e iniziare a picchiare un oggetto inanimato con il fumo che le usciva dalle orecchie, la piccola Bra le si avvicinò con calma, gattonando. La donna osservò la sua bambina senza capire le sue intenzioni.
La piccola fissò la lastra facendo ondeggiare la lunga coda alle sue spalle e con il dito in bocca. Si mise seduta sui talloni e guardò attorno a lei come se volesse constatare la solidità del posto. Poi, senza togliere il pollice dalla bocca, tese un braccio davanti a lei con la mano aperta. Sul piccolo palmo si formò una sfera d’energia non molto potente che venne poi scagliata contro la lastra, che si disintegrò all’istante provocando un gran polverone. Alcuni pezzi di vetro furono scagliati qua e là ma per fortuna nessuno di essi fu in grado di far loro del male.
Bulma incrociò le braccia la petto. – Certo, per voi è tutto più facile. – borbottò mentre Trunks la precedeva e si calava giù dalla finestra.
Il piccolo Saiyan atterrò illeso sulle proprie gambe e saltellò sul posto un paio di volte. Poi rivolse lo sguardo al padre. – Non possiamo volare qui dentro. Non so perché, ma sembra che qualcosa ce lo impedisca. -
Vegeta aggrottò le sopracciglia senza dire niente e fece per scendere ma Bra lo precedette e si lanciò a peso morto dalla finestra.
- Bra! -
Le braccia leggere del fratello accolsero la sorellina, calmando l'incedere del cuore impazzito di Bulma, mentre la piccola sembrava tutt’altro che spaventata dalla caduta nel vuoto di almeno quindici metri. Il glicine alzò lo sguardo sui genitori e si aprì in un sorriso rassicurante.
Bulma sospirò sollevata portandosi una mano al petto. Aveva seriamente temuto per la vita della sua bambina. Si voltò verso il marito che la fissava in modo strano, sembrava volerle dire qualcosa.
- Che c’è? Mi sono spaventata! Se non ci fosse stato Trunks, Bra adesso sarebbe una frittata. - si sfogò.
Il Saiyan alzò un sopracciglio impercettibilmente. – Bra è mia figlia – soggiunse, con logica imbattibile.
- Ti ricordo che qui dentro non potete volare! - lo ribeccò invece lei.
Il Saiyan si sedette sul bordo della finestra e guardò di sotto, per niente spaventato dall’altezza del salto che avrebbe dovuto affrontare. Si voltò verso di lei.
- Non si sarebbe fatta male in alcun modo - le disse fissandola negli occhi prima di lasciarsi cadere.
Bulma rimase un attimo a riflettere su quelle parole e nel mentre il marito era già scomparso dalla sua vista. – Ehi! Non andartene quando ti parlo! -
- Smettila di blaterale e vieni giù! - le urlò di rimando.
La scienziata deglutì spaventata. – Neanche per sogno! Io non sono come voi, se salto da qui mi sfracello! -
Il principe atterò pochi secondi dopo sulle proprie gambe, come se niente fosse.
- Voi andate avanti, io vi aspetto qui. - disse sedendosi a gambe incrociate.
- Scordatelo! Non ti lascio qui! -
Bulma sembrò non ascoltarlo. Non gli rispose.
- Ehi! Gradirei una risposta! -
La donna allora si affacciò. – Oh ma guarda! Ti dico la stessa cosa da dodici anni! Com’è sentirsi ignorati dal proprio interlocutore? -
La pazienza del principe cominciava a venir meno, quella donna chiacchierava troppo e faceva pochi fatti.
- Se scendi di lì, ascolterò tutti i tuoi vaneggi sugli ultimi progetti che hai portato a termine! - tentò di convincerla.
- Allora non è vero che non mi ascolti. Fai finta di non ascoltarmi! Che è peggio! - esclamò Bulma, tra le eco dell'inquietante tempio.
Vegeta stava seriamente valutando l’idea di lasciarla lì e andarsene per la sua strada. Se fosse stata in pericolo fatti suoi!
- Se ci tieni a farmi presente queste stronzate, vieni giù! Non ho voglia di litigare a quindici metri di distanza! - urlò spazientito.
Bulma gli fece la linguaccia ma si mise comunque seduta sul bordo, le gambe che penzolavano nel vuoto. Quindici metri separavano lei dal pavimento e di conseguenza da una morte per sfracellamento.
“Beh, almeno se mi romperò la testa morirò sul colpo. Senza soffrire.”
- Smettila di pensare alle possibilità che hai di morire e salta! -
Bulma gonfiò le guance, indispettita: Vegeta con gli anni aveva imparato a fare la stessa cosa che lei faceva con lui. Si rendeva finalmente conto di quanto potesse essere odioso e confortante allo stesso momento quando qualcuno, a te vicino, ti conosceva così bene da saper dire esattamente cosa pensavi e quando lo pensavi.
Osservò ancora una volta la distanza che la separava dalla sua famiglia. Deglutì, spaventata.
- Sei sicuro che non farò la fine di una frittata? - gli chiese con voce tremante mentre si spostava un po’ più in pizzo.
Vegeta sbuffò. –Ti pare che dopo tutto questo casino ti lascio morire in quella maniera? Se proprio devo ucciderti, lo faccio io -
- Non è divertente! Tanto lo so che non lo faresti mai! -
- Smettila di blaterale e scendi! Non abbiamo tutto il giorno! -
Bulma prese un bel respiro e fissò un’ultima volta l’enorme altezza che avrebbe dovuto coprire. La paura la bloccò: lei era una semplice umana, diamine!, perché suo marito non lo capiva?
- Non puoi venirmi a prendermi tu? - chiese con voce tremante.
- Non posso volare qui dentro. Scendi! -
L’azzurra era ancora piuttosto titubante, sicura che una volta effettuato il salto sarebbe morta.
- Ehi - la voce di lui la riscosse. – Ti fidi di me? -
Se si fidava? Dannazione, sì! Altrimenti non gli avrebbe mai permesso di entrare nella propria vita, farla a pezzi e poi ricostruirla pezzo per pezzo. Si fidava di suo marito più di quanto si fosse mai fidata di Yamcha o di Goku stesso.
Si disse che Vegeta, per quanto sadico fosse, non avrebbe mai lasciato morire la donna che amava in quel modo atroce senza fare niente per impedirlo. O no?
Scosse la testa e decise di non pensare più a nulla. Prese un altro bel respiro e si spinse giù, serrando gli occhi non appena avvertì il terreno mancargli sotto i piedi. Il volo le sembrò eterno, il vento le sferzava la faccia in modo quasi doloroso, lo stomaco sembrava essere sul punto di risalire su per l’esofago e il battito del suo cuore era talmente veloce che credeva sarebbe potuto fermarsi.
Il principe, dal canto suo, seguì ogni istante della caduta libera di Bulma e, quando fu vicina, tolse le mani dalle tasche per allungare le braccia verso di lei, pronto ad afferrarla. La donna atterrò addosso a lui a peso morto, in modo talmente violento che il Saiyan fece fatica a rimanere in piedi. Non disse nulla ma nella sua testa cominciarono a formarsi dei sospetti.
- Te lo avevo detto che non ti saresti ammazzata -
Bulma finalmente ebbe il coraggio di aprire gli occhi, se pur lentamente. Incrociò lo sguardo d’ossidiana che tanto amava, sentendo tutto d’un botto la paura scemare. Lo abbracciò d’impulso, lasciandolo stupito. Si sentiva al sicuro tra le sue braccia, era certa che niente avrebbe potuto scalfirla. Si lasciò andare ad un sospiro prima di tornare a guardarlo negli occhi. Gli sorrise.
- Grazie -
Lui arrossì un poco e borbottò qualcosa di incomprensibile, rimettendola poi a terra. Peccato che l’adrenalina scorresse ancora veloce nel sangue della scienziata e le gambe non la ressero. Fu perciò costretta ad approfittare del compagno per tenersi su. Quando il battito frenetico del suo cuore si placò, Bulma si staccò dal compagno, finalmente in grado di reggersi da sola.
Il gruppetto si incamminò per quel luogo immenso che dall’interno era tutt’altra cosa: se all’esterno pareva un’antica costruzione, mantenuta piuttosto bene, ma in via di decadenza, all’interno pur conservando la facciata storica, era piena di aggeggi elettronici in ogni angolo. Pezzi di motori di astronavi, grandi lamiere in metallo con incisioni in chissà quale misterioso idioma e quelle che, almeno a prima vista, sembravano pezzi di gendarmeria e mille altre cose che neanche Bulma riuscì a riconoscere.
Trunks si guardava attorno incuriosito ed affascinato. Mai aveva visto tanto materiale alieno e così terribilmente avanzato che non fosse la Capsule Corp! Calpestò qualcosa che si ruppe sotto il suo peso. Abbassò lo sguardo e sollevò la scarpa per capire cosa avesse rotto.
- E questo? - si chiese prendendo in mano un pezzo di quello che sembrava essere uno specchio.
Lo girò per scoprire che ambo i lati erano riflettenti ma in modo diverso: il primo che aveva visto sembrava proprio uno specchio, mentre l’altro era formato come da tanti piccoli pentagoni che si illuminavano quando avvertivano del calore. Trunks passò la mano sopra il pezzo un paio di volte per cercare di capirne il funzionamento.
Qualcosa luccicò davanti a lui, distogliendo la sua attenzione da ciò che teneva tra le dita.
Senza mollare la presa sullo strano materiale trovato, si avvicinò alla fonte del luccichio insistente. A prima vista non vide nulla di sospetto, ogni blocco che componeva la parete sembrava combaciare alla perfezione. Forse troppo.
Gli occhi blu di Trunks fissarono intensamente il punto in cui tutta la fila di mattoni era perfettamente speculare a quella accanto. Peccato che tutti gli altri erano alternati e scalati di uno ad ogni fila per tre file, per poi ripetere il motivo.
Incuriosito passò una mano sulle due file identiche, avvertendo una diversa sensazione sotto il palmo passando da una all’altra. Sembravano composte di due materiali differenti: uno roccioso e sabbioso, tipico dei mattoni, e uno liscio e freddo, metallico. Trunks aggrottò lo sopracciglia confuso: da quando i mattoni sono perfettamente lisci?  Sicuramente quella non era la vera parete della costruzione.
Senza distruggere niente, il ragazzino infilò una mano in una crepa del finto muro e tirò verso di sé. Dalla parete si staccò una specie di pannello, o meglio uno schermo che continuava a riportare l’immagine del muro reale, se pur ad intermittenza. Trunks scoprì che, muovendo lo schermo, la piccola crepa mandava un luccichio fastidioso non appena veniva colpita dalla luce.
- Trovato qualcosa, Trunks? - proruppe la voce grave di Vegeta, che in quel luogo enorme e vuoto rimbombava in modo inquietante.
Trunks alzò gli occhioni blu sul genitore, incrociando due iridi color della notte, e sollevò lo schermo che aveva appena staccato.
- Questo -
Vegeta, non amante della tecnologia, fissò stranito l’oggetto che continuava a trasmettere l’immagine della parete mattonata ad intermittenza. Incrociò le braccia al petto ed attese che il bambino continuasse la sua spiegazione.
Trunks, seduto a terra a gambe incrociate, osservò il padre dal basso verso l’alto per qualche secondo prima di parlare di nuovo: - L’ho staccato da lì - disse indicando il punto vuoto, dal quale si intravedeva la parete originale e una serie di cavi colorati. – A quanto pare questo posto non è ciò che sembra -
Il Saiyan più grande seguì con lo sguardo il punto indicato da figlio davanti a loro. I cavi elettrici, staccati forse con troppa forza dal loro posto, emanavano scintille e puzza di bruciato. Non sembravano in grado di bloccare, però, l'energia nell'intera struttura.
Vegeta si avvicinò alla parete a passi lenti e osservandola per qualche istante. Tirò un pugno dritto davanti a sé, distruggendo uno dei tanti schermi che ricoprivano la struttura. Sembrava però essere un punto importante, dato che ci fu un calo di corrente e per pochi secondi la struttura rimase al buio. La luce tornò poco dopo.
Bulma, che si era fermata a guardare incuriosita il circondario, alzò lo sguardo sul soffitto quando la luce venne a mancare. Spostò lo sguardo sul figlio seduto a terra con qualcosa tra le mani, e sul marito, che aveva ancora il pugno conficcato nella falsa parete. Si avvicinò ai due, trascinandosi dietro Bra, la quale la teneva per mano e tentò di puntare i piedi per rimanere dov’era, senza riuscirci.
- Posso vedere? -
Trunks alzò ancora una volta lo sguardo sopra la sua testa, incrociando 'sta volta due occhi azzurri come i suoi, forse di una tonalità più chiara, e allungarle il pezzo che aveva tra le mani.
La madre non prese l’oggetto in mano ma si mostrò più interessata del padre ad esso.
- Somiglia a uno schermo. Lo stavano usando per mascherare il materiale con il quale è realmente fatto. - disse la scienziata guardandosi attorno. - Probabilmente gran parte della struttura è fatta di questi schermi -
Trunks sbattè le palpebre confuso. – Che bisogno c’è di nasconderla? -
La donna dai capelli azzurri non gli rispose, ma si allontanò di qualche passo, lasciando Bra a giocare con la marea di cavi colorati trovati chissà dove e Trunks dubbioso che ne seguiva il passo.
Vegeta staccò senza fatica il pannello che aveva distrutto precedentemente. Come sospettava: la parete era fatta interamente di metallo, di una lega non terrestre. I suoi dubbi cominciavano a prendere forma.
Bulma tastò la parete di fronte a quella fatta di pannelli, a cui ora ne mancavano due.
- Che fai? - le chiese Trunks senza spostarsi dalla sua posizione sdraiata con le gambe incrociate.
- Sto cercando… Questo! - esclamò quando sotto il suo tocco si aprì un piccolo sportellino.
Il bambino rotolò sulla pancia e si mise ad osservare la madre confuso. – Un bottone? -
Sfregò la mano poco sopra la piccola rientranza, riportando alla luce un cartello scritto in una lingua a lei sconosciuta. Non si fermò neanche a provare a decifrarlo, tantomeno chiese al compagno di farlo per lei.
“Figuriamoci se quel testone mi fa un favore!”
Trunks si alzò sulle braccia allarmato quando vide la madre avvicinare l’indice al pulsante.
- A-aspetta, mamma! Non sappiamo cosa attivi, potrebbe essere pericoloso -
- Non avrai paura spero - lo provocò prima di premere il dito sul tasto sconosciuto. – Visto? - disse quando nulla accadde nei primi istanti.
Avrebbe avuto ragione, se tutto d’un botto il terreno non si fosse messo a tremare e delle luci intermittenti rosse non avrebbero iniziato ad illuminare la stanza. 
- Che diavolo hai combinato!? - le urlò addosso il Saiyan puro sangue.
- Niente! -  gli rispose con lo stesso tono accusatorio.
- Possibile che non riesci a startene ferma per mezzo secondo!? -
- Pensavo avrebbe spento il tutto! Di solito i bottoni rossi servono agli arresti d’emergenza del sistema! -
- Di solito!? - le chiese sconcertato. – Non eri tu quella che si fidava esclusivamente nel suo ingegno!? Sbaglio o questa volta il criceto nella tua testa ha girato dalla parte opposta!? -
- Io non ho un criceto in testa, brutto ingrato! Il mio cervello funziona alla perfezione! - lo aggredì lei.
Trunks fissò i genitori sconcertato: non avevano idea di cosa sarebbe successo e quei due si mettevano a discutere!? Si alzò in piedi e fece qualche passo in avanti.
- Non è il momento di litigare! – urlò cercando di sovrastare sia la sirena che si era messa in funzione sia le urla di quei due. – Cerchiamo di capire cosa sta succedendo e poi… -
I litiganti, che si guardavano come se volessero sbranarsi a vicenda, smisero all’istante di ringhiarsi contro non appena si resero conto che la voce del figlio era scomparsa all’improvviso.
- Trunks? - chiamò Bulma sporgendosi oltre Vegeta.
Bra guardava dentro una botola che si era aperta nell’esatto punto dove prima c’era Trunks. Alzò gli occhi sui genitori.
- Oniichan giù! - disse prima che anche sotto di lei si aprisse un buco, facendola comparire alla vista dei genitori.
- Bra! - urlarono in coro i due.
- Ma che diavolo..!? - disse l’azzurra avvicinandosi di un passo al punto dove i due bambini erano scomparsi.
- Ehi! Guarda dove metti i piedi! Potresti... - la voce del principe si bloccò di colpo a metà frase.
Bulma si voltò e sbattè le palpebre quando non trovò nessuno alle sue spalle. – Vegeta? – chiamò prima che anche lei venisse risucchiata verso il basso da una forza a lei sconosciuta.
***
Vegeta si mise seduto, tenendosi la testa dolente con una mano: tre le urla di Bulma, la sirena e la caduta sembrava stesse per scoppiare. Si guardò attorno, alla ricerca innanzi tutto dei figli, scomparsi poco prima di lui.
Tutt’intorno c’era solo buio pesto, nessuna luce proveniente da sopra o dall’esterno. Si concentrò così sui restanti sensi per captare la presenza dei due mezzo-sangue. Battè le palpebre provando a mettere a fuoco l’ambiente circostante, i suoi occhi erano più sensibili rispetto a quelli di un comune essere umano, e la prima cosa che vide fu un turbine azzurro finirgli tra le braccia.
- Bra? -
La piccola alzò gli occhioni blu su di lui e gli regalò un sorrisone. – Tao papà! -
- Dov’è tuo fratello? -
- Sono qui -
Vegeta si voltò e scorse il figlio che si muoveva malfermo su qualcosa che ancora non aveva identificato. Quando il ragazzo alzò lo sguardo su di lui, gli sembrò che i suoi  occhi splendessero in mezzo a tutto quel buio. Probabilmente era un’allucinazione ma le iridi blu dei suoi figli sembravano illuminarsi.
Scosse la testa per cancellare il pensiero quando il primogenito si lasciò cadere in ginocchio vicino a lui. Bra sembrava non essere intenzionata a mollare la presa sulla sua vita, quindi si limitò ad incrociare le gambe e posare una mano sulla testa della bambina.
- Manca solo vostra madre a questo punto. La causa di questo casino - borbottò il principe.
Una luce si aprì sopra di loro e qualcosa di azzurro piombò a pochi passi, atterrando sulla stessa identica roba che aveva attutito loro la caduta.
- Eccola -
Bulma si mise seduta, stupita di non essersi fatta male e si guardò intorno senza alla fine vedere assolutamente nulla.
- Mamma? - la richiamò il primogenito.
- Trunks? Dove sei? -
- Qui - disse il piccolo Saiyan creando una sfera d’energia per fare luce.
Bulma gli mise subito le mani addosso, tastandolo ovunque per assicurarsi che fosse incolume e tutto intero.
Trunks fece un paio di smorfie ma la lasciò fare, fin quando non si stancò di essere ispezionato dalle mani materne.
- Sto bene, mamma. -
La donna si riscosse all’improvviso e con un “oh” sorpreso si divincolò dalla presa del figlio, guardandosi attorno di nuovo.
- Siamo qui - tuonò la voce del principe.
Trunks si voltò illuminando il padre che scendeva dal punto di atterraggio con la sorella in braccio. Bra sapeva diventare un koala quando voleva stare in braccio e un’anguilla quando desiderava scendere.
Bulma si alzò in piedi e si spolverò i vestiti, nonostante non vedesse a un palmo dal proprio naso. Si passò, poi, le dita tra i capelli azzurri cercando di spostarli da davanti gli occhi.
- Dove siamo? - chiese.
- Boh - rispose il glicine tornando ad illuminare l’ambiente circostante.
- Piuttosto di “dove siamo”, è meglio chiedersi “su cosa siamo” - sentenziò Vegeta creando anch’egli una sfera d’energia sulla propria mano ed illuminando ciò che avevano sotto i piedi, mentre ancora teneva tra le braccia la piccola.
- Bleah - commentò il piccolo Saiyan alzando un piede e scoprendo la suola della scarpa sporca di qualcosa di rosso e viscido.
- Che schifo. Cosa sono? - disse la donna facendo una smorfia.
Vegeta risalì il punto da cui era sceso ed alzò il braccio sopra la testa, ingrandendo anche la sfera per fare più luce. - Cadaveri -
Trunks strabuzzò gli occhi mentre Bulma si portò una mano alla bocca e uno allo stomaco.
- Cosa!? -
- Sto per vomitare -
Vegeta fece un giro su se stesso. – Non so di cosa e neanche mi interessa. Muoviamoci ad uscire di qui, non vorrei che qualche Sornom abitasse qua giù - disse scendendo con un balzo dal cumulo sul quale era.
A Bulma venne un brivido ricordando la pessima esperienza con quegli esseri di pura ombra e l’idea di incontrarli ancora non l’allettava. Scese in fretta dalla montagnetta che le aveva salvato la pelle e si affrettò a raggiungere il marito, ancorandosi alla sua maglietta.
Trunks scese con un salto, lanciandosi un’ultima occhiata alle spalle prima di seguire la famiglia.
 
- Sai almeno dove stiamo andando? - chiese Bulma dopo una buona mezz’ora di camminata.
- Certo. - rispose l’uomo.
- Sicuro? -
- Sì -
Ci fu un attimo di silenzio. – E se stessimo sbagliando strada? -
- No -
- Che ne sai. Qui non si vede niente! -
Vegeta arrestò il passo e si voltò verso la consorte, piegandosi in avanti fino a lasciare poco più che un respiro tra i loro visi.
- Io ci vedo benissimo e se non chiudi quella fogna ti lascio qui, sono stato abbastanza chiaro? - le sibilò con sguardo minaccioso.
Bulma si limitò ad annuire con gli occhioni blu spalancati e la bocca serrata.
Vegeta tornò dritto. – Bene - sentenziò prima di riprendere a camminare.
Alla fine, Bulma riuscì veramente a rimanere in silenzio, tranne per qualche piccolo gridolino spaventato da questa o quella cosa e versi disgustati ogni volta che dovettero avere a che fare con quei cadaveri non identificati. 
Vegeta si fermò ancora.
- Uhm? Perché ti sei fermato? - gli chiese la donna ancora attaccata alla sua maglietta.
Il Saiyan avanzò verso il lato sinistro e, dopo aver dato una rapida occhiata, assestò un potente calcio alla parete. Da essa si staccò qualcosa che somigliava alla grata di un tombino.
Bulma, Trunks e Bra si sporsero per vedere all’interno, o meglio all’esterno: sembrava esserci un lungo scivolo, leggermente più illuminato del punto in cui si trovavano in quel momento.
Vegeta si calò all’interno senza una parola, seguito dai due figli che non esitarono a calarsi giù. Solo Bulma rimase titubante per qualche secondo, poi alla fine entrò anche lei.
 
Alla fine della discesa l’attendeva un inaspettato salto di sei metri, al quale non era minimamente preparata. Per fortuna a prenderla al volo ci pensò il suo Saiyan, che previdente l’aveva attesa proprio alla fine.
La mise giù senza una parola e riprese a camminare, aprì la porta della stanza in cui erano e si immerse in un corridoio illuminato.
La luce brillante dei fili metallici che percorrevano tutte le pareti ferì gli occhi chiari dei presenti, per troppo tempo abituati al buio completo o alla penombra.
- Ma guarda che schifo! - esclamò Bulma una volta che fu riuscita a vedersi. – Sono coperta di… sangue! Non so neanche se possa essere chiamato così -
Trunks guardò la madre, poi se stesso e infine la sorellina che continuava a ripetere “‘chifo! ‘chifo!” fissandosi la maglietta imbrattata.
- Ci dovrebbero essere delle docce più avanti. Possiamo toglierci questa schifezza di dosso lì - osservò Vegeta, illuminando il corridoio davanti a sé.
Bulma e Trunks lo guardarono stupiti.
- E tu che ne sai? - gli chiese la consorte.
Il Saiyan non rispose preferendo tornare a camminare verso la loro meta. Gli altri tre si affrettarono a raggiungerlo, lanciando di tanto in tanto un’occhiata al circondario: nonostante il locale fosse fatto interamente di metallo, dal soffitto colava una strana sostanza verde e rossa. I pannelli erano quasi tutti staccati o danneggiati, i pochi funzionanti mostravano le immagini di un corridoio di una casa. Scelta bizzarra per un posto che da fuori assomiglia a un tempio antico.
Bulma non si fece troppe domande neanche quando, durante il cammino, incontrarono qualche cadavere mutilato, decapitato o i pezzi qua e là. Se non fosse abituata a vedere litri di sangue ogni volta che Trunks e Vegeta uscivano dalla camera gravitazionale, era sicura sarebbe svenuta. O avrebbe vomitato.
Alcune porte erano sfondate, altre socchiuse e altre ancora sigillate. Tutte rigorosamente di una lega metallica non comune. Si fermò a prendere un pezzo, chiedendosi quanta forza ci vorrebbe per distruggerne una. Probabilmente i Saiyan ne avevano più che abbastanza.
- Ecco - disse Vegeta illuminando la porta sfondata di una stanza che conteneva un centinaio di docce. – Vai prima tu, e portati dietro Bra. Trunks vai con lei, tanto le docce hanno la possibilità di chiudersi -
Il ragazzino annuì. – Ma poi cosa indossiamo? Non possiamo andare in giro con i vestiti bagnati -
A Bulma si accese la lampadina e iniziò a frugare nelle tasche, fino a trovare una capsula. La mostrò ai due che la fissarono straniti. Allora la scienziata, con un sorriso a trentadue denti, premette il pulsante in cima rivelandone il contenuto.
- Con queste! Le ho costruite tempo fa, speravo ci sarebbero state utili - sentenziò aprendo la valigetta comparsa tra le sue mani.
- Wow! - esclamò Trunks illuminando all’interno.
Vegeta invece fece una smorfia indecifrabile, forse non troppo contento dal tipo di abbigliamento proposto dalla compagna. Ma comunque sia, o quello o niente.
 
Bulma ci aveva impiegato più tempo del previsto a togliere il sangue e la melma da se stessa e dalla bambina. Avrebbe voluto potersi fare uno shampoo o almeno darsi una lavata con un sapone ma si dovette accontentare della sola acqua, più fredda che calda, che le docce spartane offrivano.
Aiutò Bra a calzare il pannolino e la battle suit fatta a misura di bambino: a differenza di quelle per adulti, quella della piccola era composta da un pantaloncino e una maglietta smanicata. Aveva i classici stivali bianchi ma era sprovvista di guanti e armatura.
Si vestì anche lei, perdendo qualche secondo per rimirarsi su un vetro riflettente mezzo staccato: per se stessa aveva creato un modello in cui il pantalone aveva una gamba a mo’ di pantaloncino e l’altra lunga, mentre per il resto era identica a quella di Vegeta e Trunks.
Uscì dal bagno preceduta da Bra che saltellava felice. Trovò Vegeta e Trunks, uno in piedi e l’altro seduto a terra, già lavati e vestiti.
- Oh, siete già qui? A quanto pare ciò messo più tempo del previsto ma quella melma non veniva via - disse posando la mano sul fianco destro. Detestava quando qualcosa si appiccicava ai capelli in quel modo. Era tremendamente difficile toglierla, e non veniva via mai del tutto.
Sbuffò guardando Bra che correva appresso a un insetto molto simile a una farfalla, solo grande il doppio.
Il silenzio cominciava a farsi pensante e lei si sentiva inspiegabilmente osservata. Si voltò verso marito e figlio, scoprendoli intenti a studiarla da capo a piedi.
- Be'? Che c’è da guardare? -
Trunks si aprì in su sorriso entusiasta. – Quella tuta ti sta benissimo mamma! Sembra che tu l’abbia sempre portata! - esclamò.
Bulma gli sorrise di rimando. – Grazie, Trunks - Poi spostò lo sguardo sul marito che, nonostante continuasse a fissarla, non aveva ancora espresso un parere. – Tu che ne pensi? -
Vegeta inclinò la testa di lato e si leccò le labbra mentre nei suoi occhi una scintilla maliziosa attirò la sua attenzione. Il Saiyan disse qualcosa nella sua lingua madre, qualcosa che però Trunks non comprese ma che fece arrossire Bulma.
Lasciando interdetti figlio e moglie, si staccò dl muro e riprese a camminare lungo il corridoio, seguito a pochi passi da Bra.
Trunks e Bulma si affrettarono a seguirlo e, mentre il primo apriva ogni porta che si trovava davanti, la seconda si limitava a scrutare l’ambiente circostante, lanciando di tanto in tanto un’occhiata alla figlioletta che a mala pena stava al passo del padre ma che, imperterrita, continuava a seguirlo.
- Perché mi sembra che tu conosca questo posto? - gli chiese di punto in bianco lei.
Vegeta la guardò con la coda dell’occhio. – Perché è così -
- Come sarebbe a dire “è così”? Mi avevi detto di esserci stato solo una volta da ragazzo e non esserti mai interessato all’esplorazione di questo pianeta! -
- Infatti -
Bulma bloccò il passo a quella risposta, ancora più confusa.
- Tu non conosci questo posto ma il posto. Giusto? - gli disse raggiungendolo di corsa.
Il Saiyan accennò un sorriso divertito. – A quanto pare il criceto ha ripreso a girare dalla parte giusta - la prese in giro.
Bulma ignorò la sua frecciatina, troppo curiosa di sapere cosa nascondesse il marito. – E mi sai dire anche perché lo conosci? -
- Semplice. Ci sono cresciuto -
- Eh? - disse l’azzurra il cui cervello cercava di trovare una risposta sensata. – Non mi dirai che…! -
Vegeta si fermò davanti a una porta di metallo più spessa delle altre che sembrava protetta da un codice ma lui se ne fregò e buttò giù la porta con una semplice imposizione della mano. Dietro di essa si aprì la sala comandi.
- Questo posto era una base dell’impero di Freezer -

 
 


angolo dell'autrice (sparita):

E anche il 24 è al suo posto! 
Non sono morta, ero solo troppo impegnata con gli esami per scrivere. Ma ora che ho terminato tutto sono qui per ammorbarvi lietarvi le giornate con i nuovi scleri capitoli di questa adorabile quanto malata storia -3-
L'avventura nello spazio non è finita, la nostra cara famigliuola dovrà temporeggiare sul pianeta...aspetta non gli ho dato un nome, vabbè. 
Dicevo: i nostri amati protagonisti dovranno ancora subire le pene dell'inferno sostare sul pianeta-che-non-ha-un-nome-perchè-sono-troppo-pigra-per-intentarlo per un po', quindi aspettatevi una terza a parte a breve e forse anche una quarta -3-
Bene, a voi i commenti!

angelo_nero

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Capitolo 25
*** (Mis)Adventure in space - Parte Terza ***



- Cosa? - esclamò Bulma.
Vegeta avanzò all’interno della sala, dove una serie di esserini rosa vestiti con la divisa di Freezer si accingeva a premere pulsanti a non finire, senza dar peso all’entrata piuttosto violenta della famigliola.
- Ehi - disse afferrandone uno dalla collottola e portandoselo davanti alla faccia. – Smettetela subito -
Il povero alieno, grande circa la metà di Bra, fissò tremante lo sguardo severo del principe. Non riuscì ad articolare parola, gelato dalla paura che potesse rimetterci le penne in qualche modo.
Anche tutti gli altri esserini si erano voltati, interrompendo il loro frenetico digitare per osservare, impotenti e spaventati, il loro compagno alla mercé di Vegeta.
- Io pensavo che l’impero Ice fosse andato in scatafascio dopo la dipartita di Sorbet* - riflettè Bulma. Che poi, “dipartita”, era un modo carino per dire che il caro comandate era stato fatto fuori senza tanti problemi.
Il principe scrollò il piccolo alieno. – A quanto pare Freezer aveva tirapiedi anche ai confini dell’universo - commentò fissando il suo ostaggio dritto negli occhi. Si voltò verso la sua famiglia. – Non gli è bastata la batosta sulla Terra, ha progettato un modo per vendicarsi, se fosse mai potuto tornare -
Trunks non ci stava capendo niente. Sapeva che suo padre aveva, diciamo, lavorato per Freezer per gran parte della sua vita. Gli avevano poi raccontato che il giovane Vegeta si era ribellato durante il viaggio su Namek – durante il quale aveva incrociato per la prima volta gli occhi azzurri di quella che poi sarebbe diventata la sua donna – e che, infine, il tiranno era stato sconfitto da Goku, trasformatosi per la prima volta in Super Saiyan.
Ma il discorso di un “ritorno” non gli quadrava. Che gli nascondessero qualcosa?
Bulma sbuffò. – Non penso che ci sia ancora qualche idiota che avrebbe il coraggio di tornare sulla Terra –  disse incrociando le braccia al petto, – Sono più che sicura che la voce della fine di Gold Freezer e i suoi scagnozzi abbia fatto il giro dell’universo –.
Non era sicuramente una novità la notizia che qualche Saiyan avesse creato scompiglio nei piani del Tiranno: dopotutto l’estinta popolazione dotata di lunga coda era conosciuta proprio per la strabiliante forza che aumentava di volta in volta. Freezer li aveva distrutti quasi tutti proprio per paura che potessero, un giorno, ribellarsi e distruggerlo.
Bulma si ritrovò a pensare che quel tipo fosse proprio un idiota patentato se, dopo essere stato sconfitto su Namek da Goku, aveva avuto il coraggio di approdare sulla Terra per vendicarsi per poi finire a pezzi e disintegrato da Mirai Trunks. Senza pensare al fatto che, non contento, undici anni dopo, covando ancora vendetta, era ritornato in vita e approdato nuovamente sulla Terra per ricevere solo botte di benvenuto da Vegeta e Goku in versione Super Saiyan Blue.
- Eh!? - si introdusse il piccolo mezzosangue. – Mi state dicendo che Freezer era sulla Terra e io non ho potuto affrontarlo!? -
Bulma sorrise al figlio che si era imbronciato di fronte alla prospettiva di aver perso una grande opportunità di fronteggiare un nemico.
- Principe Vegeta! - urlò qualcuno alle loro spalle.
Il Saiyan si voltò: erano anni che non sentiva qualcuno rivolgersi a lui in quella maniera. Aggrottò le sopracciglia riconoscendo chi lo aveva chiamato con quell’appellativo tanto famoso quanto sventurato.
- Met, capo-squadrone della sezione F, dedicata ai computer - sussurrò Vegeta mentre lasciava andare il piccolo alieno, che si dileguò terrorizzato.
Met sorrise e si avvicinò di un passo di troppo a Bulma e Trunks. Quest’ultimo gli puntò una sfera davanti al viso, come avvertimento.
L’alieno, sprovvisto di qualsiasi abilità combattiva, indietreggiò con le mani avanti.
- Non voglio farvi del male – si difese, spaventato.
Trunks però non abbassò il braccio e mantenne lo sguardo fisso su di lui.
- Non un passo in più - sibilò minaccioso.
Met deglutì ed abbozzò un sorriso. Poi si rivolse a Vegeta.
- Principe Vegeta, pensavamo foste morto o disperso. Sono felice di constatare il vostro perfetto stato di salute. Lo sapete, io e la mia squadra vi fummo sempre alleati e abbiamo sperato sempre in un vostro ritorno -
- Smettila di comportarti da leccaculo, Met – lo interruppe infastidito il principe, squadrandolo con sguardo ostile.
- Ma io non sto cercando di entrare nelle vostre grazie, vostra altezza, sono semplicemente felice di avervi di nuovo tra le nostre fila - disse piegando il busto in avanti in un inchino.
Bulma guardò prima Met poi Vegeta, cercando di raccapezzarsi nel comportamento molto più che rispettoso dell’alieno nei confronti del principe. Non aveva mai visto nessuno comportarsi in quella maniera nei confronti del marito. Da ciò che ricordava delle riprese fatte da un coraggiosissimo cameraman all’arrivo dei Saiyan sulla Terra, neanche Napa si era mai prostrato come stava facendo, invece, l’alieno alto mezzo metro o poco più. Si chiese se a Vegeta facesse piacere quel tipo di comportamento o preferisse essere trattato come un semplice uomo.
Trunks non intendeva abbassare la mano, nonostante avesse compreso che il padre conoscesse l’essere. Il suo istinto di guerriero gli diceva che non poteva fidarsi. 
- Principe Vegeta, potreste gentilmente dire a questo bambino che non ho intenzione di farvi del male? Qualunque sia il vostro legame con lui - disse Met fissando di sottecchi Trunks e Vegeta.
Il Saiyan più grande sibilò qualcosa che l’alieno non comprese e Trunks ingrandì la sfera nella sua mano.
Met sussultò e si portò una mano alle spalle pronto ad attaccare.
- Non ci provare - lo avvertì il ragazzino con uno sguardo che non ammetteva repliche.
L’alieno digrignò i denti ma fece come gli era stato detto, facendo sparire la sfera appena creata. Guardò dritto negli occhi il ragazzino che gli si parava davanti, chiedendosi quale legame ci fosse con il principe dei Saiyan.
Vegeta si guardò mentre gli tornarono in mente i troppi ricordi della sua infanzia. La sala comandi era uno dei posti preferiti di Freezer nei quali lo convocava, costringendolo e prostrarsi ai suoi piedi ogni volta. Chiuse gli occhi, assorto, finché qualcosa gli tirò la gamba della tuta ed abbassò lo sguardo per incrociare gli occhioni blu della sua bambina. Prendendola in braccio si disse che quella vita era finita e che non avrebbe mai permesso a nessuno di fare ai suoi figli ciò che era stato fatto a lui.
Premette un pulsante e l’intero sistema sembrò spegnersi.
- No! - urlò Met facendo un passo avanti e trovandosi la sfera di Trunks a mezzo centimetro dalla faccia. –Perché l’avete fatto!? Se il grande Freezer tornasse in vita... -
- Freezer non tornerà più – lo interruppe il Saiyan osservando i monitor che si spegnevano uno ad uno. – E se mai lo facesse, lo disintegrerò prima che possa anche solo progettare di fare qualcosa - continuò facendo scendere Bra.
Met ringhiò in protesta e lanciò un’occhiata veloce a uno degli alieni seduti tremanti alle postazioni, fermando lo sguardo su uno di essi in particolare.
L’esserino rosa si riscosse all’istante e corse fuori a perdifiato. Si fermò a pochi metri dalla porta della sala comandi, a tastoni andò alla ricerca di una chiave che solitamente teneva al collo ma che, stranamente, non c’era.
- Cerchi questa? - disse Bulma
L’alieno si voltò e vide la sua chiave in mano alla bambina che la donna teneva in braccio. Cominciò a urlare qualcosa nella sua lingua, che né Bulma né tantomeno Bra compresero, e corse verso di loro. Venne fermato dal piede della donna che lo teneva a distanza con la sola forza di una gamba.
Bra cominciò ad agitarsi e si divincolò dalla presa della madre. Poggiati i piedini a terra si avvicinò al piccolo alieno che continuava ad agitare le braccine, nel tentativo di colpire Bulma. Si fermò ad osservarlo un po’.
- Tu! - disse la piccola attirando l’attenzione dell’esserino che si fermò e si voltò verso di lei.
L’alieno minuscolo tentò di avvicinarsi a lei ma Bra con un pugno ben assestato lo spedì dall’altra parte della stanza, sfondando la parete di pannelli.
Bulma guardò la sua bambina con un sorriso orgoglioso. Tutta suo padre.
***
Met creò una sfera d’energia e la scagliò davanti a sé. Trunks la schivò piegando semplicemente il collo nella direzione opposta. Abbassò il braccio e fece sparire la sfera, stupendo l’alieno davanti a sé, che credeva l’avrebbe rilasciata, segnando la sua fine.
Met approfittò di quella inaspettata opportunità e si scagliò contro il ragazzino, con il chiaro intento di farlo fuori.
- Muori, moccioso! - urlò.
Trunks gli assestò un pugno sullo stomaco, talmente forte da togliere il fiato al suo avversario. Alle sue spalle, però, c’era qualcuno che, vigliaccamente, stava per colpirlo con un oggetto contundente. Trunks, veloce, afferrò il tizio con la coda e lo scaraventò addosso a Met, facendoli andare a sbattere entrambi contro il muro fuori dalla sala comandi.
- Ha la coda! - urlò qualcuno alle sue spalle.
Il piccolo mezzo Saiyan non si voltò neanche, preferendo mantenere lo sguardo fisso su Met che, al contrario del suo tirapiedi grande cinque volte lui, si stava alzando barcollante.
- Pensavo che voi scimmie vi foste estinte - borbottò cercando di liberarsi dal corpo privo di sensi dell’altro alieno che gli era stato scaraventato addosso.
Vegeta avanzò fino a mettere una mano sulla testa del figlio, che alzò lo sguardo su di lui incuriosito da quel gesto.
- Non del tutto – scoccò un'occhiata all'alieno incredulo davanti a sé, ghignando.
Trunks piegò le labbra allo stesso modo e liberò parte della sua aura. L’energia sprigionata dal piccolo e potente corpo di Trunks andò a curvare le pareti tutt’intorno a lui, spingendo Met e compagno contro il muro, spiattellandoli. Anche tutti gli altri esseri vennero scaraventati contro le pareti mentre i componenti elettronici esplosero in scintille e gli schermi si incrinarono fino a scoppiare.
Met iniziò a tremare e, nel panico, tentò di sgusciare via da sotto il corpo del suo commilitone svenuto. Quando ci riuscì prese a correre velocemente lontano da lì, in preda al terrore, pensando solamente a come salvarsi la pelle. Peccato che Vegeta non fosse dello stesso avviso e rilasciò una sfera di energia, che lo seguì fin quando non lo prese in pieno, facendo sparire la sua esistenza dalla faccia dell’universo.
Uno stivaletto bianco rimasto nella pozza di sangue fu l'ultima cosa che rimase del piccolo alieno.
- C’era proprio bisogno di uno spargimento di sangue? - borbottò Bulma affacciandosi all’interno. Va bene che era cattivo e che, molto probabilmente, aveva brutte intenzioni ma si sarebbe potuto trovare un'altra soluzione. Poi, osservando marito e figlio controllare se gli altri esserini erano ancora  svenuti, per poi, eventualmente, rispedirli a suon di bastonate nel mondo dei sogni, lasciò perdere l'idea di una ramanzina. In fin dei conti, quello era il mondo in cui aveva vissuto suo marito tanti anni fa. Uccidere, o essere uccisi.
Bra la sorpassò e corse verso il padre, ancorandosi alla sua gamba come fosse la sua unica salvezza.
- Cos’è successo qui? - chiese l’azzurra osservando la distruzione avvenuta all’interno della sala comandi.
Trunks si guardò attorno, accorgendosi di aver fatto un disastro. E dire che non aveva rilasciato neanche il 5% della sua potenza totale. Si chiese cosa avrebbe fatto se si fosse trasformato in Super Saiyan. A quanto pare la tecnologia in quel posto non era a prova di Saiyan.
***
In un modo o nell’altro riuscirono ad uscire da quel posto, oramai solo l’ombra di una base, e a dirigersi verso la navicella spaziale che li avrebbe finalmente riportati a casa. Quella scampagnata nello spazio era stata tutt’altro che divertente, almeno per Bulma.
Trunks, invece, sembrava al settimo cielo e continuava a blaterale qualcosa con il padre nella loro lingua madre, e Bra, iper-attiva, correva a destra e a manca, distruggendo ogni tanto qualche ostacolo. Vegeta, dal canto suo, aveva sempre la solita espressione e non dava segni di voler condividere le sue emozioni con lei, o con chiunque altro.
Si fermarono davanti un lago naturale con una stupenda cascata. L’acqua sembrava come quella terrestre, o quantomeno,  non  pareva tossica. 
Trunks fu il primo a togliersi i vestiti e a buttarsi dentro l’acqua limpida. Quando riemerse confermò ai genitori che non vi fosse alcun pericolo e che il livello dell’acqua non sembrava neanche troppo alto.
Bulma tolse le scarpe a Bra, che in un baleno seguì il fratello in acqua, ingaggiando una battaglia all’ultimo schizzo con il piccolo Saiyan. Sorrise, osservando i figli giocare tra di loro felici: a una prima occhiata sembravano una normale coppia di fratelli.  Un fruscio al suo fianco attirò la sua attenzione e, voltandosi, vide Vegeta togliersi la maglietta della tuta ed abbandonarla insieme a guanti, stivali ed armatura a terra. Lo vide avvicinarsi al bordo e tuffarsi, per poi riemergere bagnato dalla testa ai piedi nella secca appena sotto la cascata.
L’azzurra osservò incantata il corpo scolpito del compagno venir percorso dallo scroscio della cascata. Non si poteva di certo negare che Vegeta fosse un paradiso per gli occhi: alto appena centosettanta centimetri,  pettorali e addominali ben scolpiti, folta chioma scura a forma di fiamma a sfidare la forza di gravità, viso da Dio che non mostrava la sua reale età, occhi d’ossidiana pronti a nascondere un universo al quale solo lei aveva accesso, labbra fine perennemente piegate in un ghigno che solo poche volte aveva abbandonato, per piegarsi all’insù, e un raro sorriso che rivelava delle stupende fossette ai lati.
Si morse le labbra rendendosi conto di aver voglia di stargli più vicina.
Si tolse scarpe, guanti ed armatura, sganciò la cintura che teneva alla vita e si buttò anche lei, raggiungendo il compagno sotto il getto della cascata. L’acqua era piacevolmente fresca: su quel pianeta parevano esserci perennemente trenta gradi e di notte la temperatura arrivava a toccare i quindici come picco massimo. Non era proprio un posto adatto a lei: quegli sbalzi di temperatura la mandavano ai matti.
Nuotò con calma, raggiungendo la secca con qualche bracciata in più. Poggiò le mani sul terreno e fece leva per tirarsi su. Si affiancò presto all’uomo, anche se sembrava non essere interessato alla sua presenza: teneva gli occhi chiusi ed il viso rivolto verso il getto. Bulma fece passare le mani tra i capelli azzurri, sciogliendoli dai nodi e togliendo le ultime tracce di quella schifezza, non ben identificata, che le si era appiccicata addosso nei sotterranei. Sospirò in pace, portando il volto proprio sotto il getto copioso della cascara: l’acqua scorreva libera sul corpo, regalandole la sensazione di relax di cui aveva tanto bisogno.  Si era dimenticata di quanto fosse stressate un’avventura fuori porta. Molto fuori porta.
Passò le mani sul viso poi le lasciò ricadere lungo i fianchi, godendosi il massaggio che l’acqua le offriva.
Lanciò un’occhiata furtiva al Saiyan di fianco a lei, studiandolo dal basso, lungo le gambe toniche, ricoperte dal tessuto scuro e attillato della tuta, l’addome scoperto su cui l’acqua scendeva come una carezza, fino al bel viso, che scoprì intento a fissarla, incuriosito. Gli regalò un sorriso radioso e lui accennò un ghigno divertito.
- Devi starmi addosso in ogni modo, eh? -
Bulma allargò ancor di più il suo sorriso ma non gli rispose, spostando la propria attenzione sulla cascata e sul paesaggio che circondava quel piccolo lago naturale. Nonostante il cielo fosse di un assurdo rosato e le nuvole viola  non presagissero nulla di buono, l’ambiente non era così male, dopotutto. Ostentava molto verde, un verde acceso delle foreste che proteggeva il pianeta dall’avvento di invasori come se formasse un'enorme muraglia naturale; sul pianeta vi era anche qualche piccola costruzione artificiale che costituiva parte, forse, di un antico villaggio. Probabilmente sul pianeta non viveva più nessuno da secoli, fatta eccezione per quegli strani esseri d'ombra, visto l'evidente stato di abbandono delle case, che cadevano a pezzi e che erano quasi tutte crollate o sul punto di farlo. La donna si chiese che tipo di piccole creature avessero mai abitato quel posto e chissà cosa avesse messo fine alla loro esistenza.
Con la coda dell’occhio osservò il marito che era tornato a non prestarle attenzione, preferendo godersi quei momenti di silenzio, sacri per lui, i quali, sapeva, sarebbero potuti terminare da un momento all’altro. Si chiese se fosse stato proprio lui, appena diciottenne, e la squadra di guerrieri che capitanava, a sterminare la popolazione del pianeta. Non fece molta fatica ad immaginarsi un giovane e strafottente Vegeta intento a far vanto dei suoi poteri sul primo malcapitato che gli era finito tra le mani.
Preferiva non pensarci ma, anche se era difficile dirlo adesso, il nome del principe Vegeta aveva seminato terrore e morte per decenni nel passato. Ma quello era stato il mondo che gli avevano imposto, senza possibilità di scelta se non quella di imbracciare anche lui le armi: l’avevano cresciuto così e lui aveva seguito l’unica strada che aveva conosciuto. Ovviamente prima di arrivare sulla Terra e conoscere Goku, e lei.
Portò gli occhi azzurri sui due bambini che giocavano poco lontano, riflettendo su quanto fosse stata fortunata a riuscire a tenersi stretto quel Saiyan così sfuggente. Non era stato facile, doveva ammetterlo: il suo orgoglio aveva vacillato più di una volta per colpa di quel sentimento che, a distanza di dieci anni, ancora continuava a crescere nel suo cuore, giorno dopo giorno. Ma mai era caduto o rimasto calpestato. Forse quando l’aveva lasciata sola e incinta del primogenito, era stato poco più che scalfito, niente di più.
Si toccò la spalla destra, il suo marchio era impresso a sangue sulla sua pelle candida. Quante cose erano cambiate da allora.
- Sento il suono dei tuoi pensieri fino a qui -
Bulma sussultò colta di sorpresa e voltò lo sguardo verso di lui, che teneva gli occhi chiusi. Rimase a guardarlo in attesa che continuasse.
Vegeta aprì gli occhi e girò il viso verso di lei: - Il criceto che gira sulla ruota nel tuo cervello. Fa troppo casino. Se continui così ti uscirà il fumo dalle orecchie per lo sforzo... -
Bulma s'irrigidì, stringendo i pugni.
- Nel mio cervello non c’è un criceto che gira sulla ruota! Ma neuroni che funzionano alla perfezione - si difese guardandolo con le sopracciglia aggrottate.
Il Saiyan la guardò divertito e represse una risata. L’ilarità scomparve velocemente non appena posò lo sguardo sul corpo morbido di donna che aveva davanti. Gli piaceva osservarla quando lei non poteva vederlo, non lo avrebbe mai ammesso ma conosceva ogni sua singola espressione, ogni singolo punto di quel corpo fantastico.
Fece scorrere gli occhi scuri sulle gambe lunghe, delle quali solo una era coperta interamente dal pantalone della tuta, che però non lasciava molto all’immaginazione talmente era stretto, risalendo sull’addome piatto, sul seno prosperoso, sul collo fragile e sul viso contratto in un’espressione di indignazione. Indugiò forse un po’ troppo sull’incavo tra il collo e la spalla, dove aveva lasciato il suo marchio indelebile, tant’è che lei se ne accorse, anche se non fiatò.
Vegeta riportò gli occhi sul suo viso, specchiandosi nelle iridi chiare, così diverse dalle sue, in cui amava perdersi.
Le si avvicinò di un passo, riducendo lo spazio tra di loro, già molto ristretto. Era più alto di una buona spanna e poteva vantarsi di guardarla dall’alto in basso. Rimase a fissarla negli occhi per un tempo che sembrò infinito ad entrambi, rivivendo passo passo tutta la loro relazione fin dagli albori. Si soffermò sui propri errori, sulla sua testardaggine nel volergli inculcare una serie di emozioni di cui non conosceva neanche il nome, figuriamoci il significato, chiedendosi se avesse potuto cambiare qualcosa per fare ammenda dei propri peccati. Anche se, anche se potesse, la situazione non sarebbe cambiata di molto. Alla fine aveva vinto lei: Vegeta si era ritrovato incatenato a quel pianeta azzurro, rinchiuso in una gabbia dentro la quale il suo ego di un tempo, prima, non era riuscito ad uscire, ruggendo potente. Gli era sembrata una prigione ma poi, aveva capito che quelle catene non erano altro che la sua stessa volontà di rimanere e le sbarre si erano sciolte al calore dell'amore e della famiglia. Il ruggito del temuto Principe dei Saiyan era stato quietato e soffocato, per poi venir sovrastato dalle risate di una bambina.
- Ora è il tuo di cervello che lavora troppo - sussurrò lei dolcemente, posandogli una mano sulla guancia e trascinandolo via dai suoi vecchi ricordi.
Alle volte si chiedeva chi glielo avesse fatto fare di avere una famiglia, con responsabilità e sacrifici annessi. Poi guardava Bulma e si rendeva conto che, in realtà, era stato lui stesso a volere e a ficcarsi in quella situazione.
Bulma non sapeva cosa vagasse dentro i pensieri di suo marito, forse vecchi ricordi, e da una parte non ci teneva a saperlo. Tanto lui non glielo avrebbe detto ugualmente. Quindi si limitò a fissare i suoi occhi scuri pensierosi, studiandone i piccoli cambiamenti che aveva imparato a conoscere, cercando di interpretare i tormenti dell’uomo che amava. Dopotutto, si era innamorata di lui anche per quel suo essere inafferrabile.
In tacito accordo, senza mai staccare lo sguardo dagli occhi dell’altro, i due si avvicinarono lentamente, bruciando a poco a poco quei miseri dieci centimetri che li dividevano, fino a far combaciare le loro labbra in un bacio.
- Che schifo! -
Marito e moglie si staccarono all’istante, ma rimanendo abbracciati, e spostarono lo sguardo sul figlio maggiore che, con un'espressione che la diceva lunga su ciò che aveva visto, li guardava in cagnesco, prima di voltarsi e dare le spalle ad entrambi.
- Adulti! Bleah! Ma non potete farlo da un’altra parte? Ci sono dei bambini qui! - borbottò Trunks tornando dalla sorellina.
Bulma seguì il figlio uscire dall’acqua, trascinandosi dietro la sorella, e sedersi a terra dando loro le spalle. Rise di quell’atteggiamento tipicamente pre-adolescenziale. Saiyan o no, tutti quanti attraversavano lo stesso delicato periodo: Trunks stava crescendo e, come tutti i ragazzini, iniziava a provare disgusto per atteggiamenti romantici o solamente affettuosi.
Vegeta, non d’accordo con quella piccola interruzione del figlio, prese il viso della consorte con una mano e lo voltò verso di sé. Catturò la sua bocca, prendendola alla sprovvista. Sentì Trunks borbottare  ma decise di ignorarlo.
***
- Che fame! È da stamattina che non metto nulla sotto i denti! - si lamentò l’azzurra tenendo le mani all’altezza dello stomaco.
Dopo la breve sosta in quella piccola oasi, avevano ripreso il cammino verso la loro navicella. Il viaggio procedeva lento e senza pericoli, con Trunks ad aprire la fila e Vegeta a chiuderla. Sia mai che qualche Sornom decidesse di attaccarli di punto in bianco. Avevano percorso circa la metà della distanza che li separava dalla navicella, senza quasi incontrare difficoltà. La stella che illuminava il pianeta splendeva sopra di loro, come il sole a picco a mezzogiorno, e camminare in quella situazione non era di certo la miglior cosa, soprattutto se ti stava portando in groppa una bambina di un anno e mezzo e si doveva camminare con una donna particolarmente viziata, che non facevano altro che lamentarsi di qualcosa. Trunks e Vegeta dovettero fermarsi almeno tre volte sotto richiesta della scienziata, che lamentava dei giramenti di testa e gambe deboli. I due Saiyan si erano infine ritrovati a concordare sull’immensa fragilità degli esseri umani, che giustificava, a parer loro, la codardia che essi dimostravano ogni qual volta una situazione richiedeva maggior impegno.
- Trunks, hai ancora una di quelle barrette energetiche al cioccolato? -
Trunks falciò con una sfera di energia il groviglio di rovi che gli si parava davanti.
- No, hai dato l’ultima a Bra quando ci siamo fermati. Ricordi? -
Bulma incrociò le braccia al petto e sospirò arrendevole. Certo che ricordava, ma sperava che ne avesse tenuta un’altra da parte. Si guardò intorno, non riuscendo a capire dove fossero.
- Quanto manca alla navicella? -
- Mezz’ora di cammino, circa - le rispose Trunks.
- Eh!? Mezz’ora di cammino!? - esclamò fermandosi di botto.
La donna si lasciò cadere a terra, sedendosi sul terreno umidiccio mentre il suo stomaco brontolava ogni minuto più forte. Doveva mangiare o non sarebbe riuscita a fare un passo in più.
- Ho fame, non posso camminare ancora così tanto con lo stomaco vuoto! - si lamentò.
Gli altri tre furono costretti a fermarsi per darle retta.
- Non abbiamo tempo per riposare, mangerai sulla navicella - asserì severo il principe.
Bulma incrociò gambe e braccia, con la seria intenzione di non muoversi di lì fin quando il suo stomaco non avesse ricevuto cibo.
Vegeta la fulminò con lo sguardo, ricevendo uno sguardo altrettanto carico di determinazione da parte dell’altra. Si fissarono per un po’: nessuno dei due era disposto a cedere di un millimetro.
Trunks alzò gli occhi al cielo, assistendo per l’ennesima volta a una litigata senza senso dei genitori.
Borbottando qualcosa sull’immaturità di certi adulti, sotto lo sguardo curioso della sorellina si avvicinò al padre, che gli sembrava più propenso a ragionare.
- Potremmo andare alla ricerca di qualcosa da mangiare e poi rimetterci in cammino -
Gli occhi di Bulma si illuminarono mentre Vegeta represse un ringhio infastidito. L’uomo prese la più piccola dalla collottola e la lanciò, letteralmente, in braccio alla madre, per poi prendere il figlio maggiore allo stesso modo e trascinarlo via con sé.
- Voi due restate qui. Trunks, tu vieni con me -
Bulma guardò i due sparire oltre gli arbusti più alti di lei con un sorriso sulle labbra.
 
A circa un chilometro dal punto in cui avevano lasciato Bulma e Bra, Vegeta lasciò andare la maglietta di Trunks, il quale, colto di sorpresa dal brusco rilascio, cadde all’indietro battendo la testa sul terreno tutt’altro che morbido. Il padre, naturalmente, proseguì oltre. Trunks si chiese se si fosse almeno accorto di averlo mollato su un terreno ricoperto di pietre sporgenti, o se l’aveva fatto e basta, indifferente se sotto di lui ci fosse stato un precipizio o un morbido cuscino.
Si alzò massaggiandosi la testa e si affrettò a raggiungere l’adulto che scrutava l’ambiente circostante. Si guardò intorno anche lui, rendendosi conto che quella zona era diversa da tutto il resto del pianeta: il terreno era fatto prevalentemente di ghiaia e pietre di varie dimensioni, alcune anche piuttosto appuntite,  e la vegetazione sembrava ancor più alta, tant’è che Trunks fu pronto a giurare di non riuscire a vedere neanche uno spicchio di cielo tra le fronde incredibilmente fitte. Anche l’aria sembrava meno pesante, rendendo il respiro più leggero e più facile. Continuò ad osservare il circondario incuriosito da quel cambiamento nella natura.
- È strano - disse Vegeta osservando un punto non ben identificato.
- Cosa è strano? - chiese Trunks distogliendo l’attenzione dall’ambiente per posarla sul genitore.
Senza preavviso, il Saiyan maggiore levitò fino al ramo più basso dell’albero più vicino. Guardò dritto davanti a sé e ghignò.
- Come pensavo -
Trunks fissò il genitore incuriosito da quello strano comportamento.
- Seguimi – sentenziò invece l’adulto senza degnarlo di uno sguardo e sparendo dalla sua vista un secondo dopo.
Il ragazzino si riscosse dai propri pensieri e lo seguì senza una parola tra la vegetazione. Non aveva idea di dove si stessero dirigendo, ma si fidava cecamente del padre. Lui sapeva sempre dove andare e cosa fare, non c’era bisogno di domandargli nulla, bastava seguirlo.
Con un ultimo salto, Trunks raggiunse il padre, fermo in piedi  su un ramo davanti a lui. Ancora una volta non disse nulla e fu Vegeta stesso ad allungare un braccio e ad indicargli qualcosa davanti a loro.
Il ragazzino scorse, nello spiazzo ai loro piedi, quello che sarebbe stato il loro pranzo: un animale somigliante in tutto e per tutto a un cervo, che brucava l’erba sotto di loro, ignaro di essere stato puntato da due predatori.  Il mezzo-Saiyan riusciva a vederlo solo di spalle e, a parte il manto di un assurdo colore verdastro, sembrava proprio un cervo terrestre.
L’animale alzò la testa dal terreno e si voltò, puntando il muso della loro direzione, fu allora che gli occhi blu di Trunks furono in grado di cogliere un’importante caratteristica che distingueva quell’animale – se così poteva chiamarlo – da un comune cervo terrestre: sul muso aveva non due, ma tre occhi completamente neri che sembravano immobili.
Trunks storse il naso: quel coso faceva impressione, era quasi inquietante.
Al suo fianco, Vegeta non sembrò farsi molti scrupoli sull’aspetto dell’animale davanti a loro. Per uno che aveva divorato le peggio creature sui pianeti più disparati, tre occhi e un colore così particolare erano le cose meno strane che avesse visto. Concentrò una parte della propria aura nella mano e la modellò fino a formare una lama. Si voltò verso il figlio solo per intimargli di fare silenzio, posandosi l’indice dell’altra mano sulle labbra. Poi saltò giù dal ramo e si fiondò sull’essere.
Trunks lo osservò dal ramo, senza battere ciglio. Dopotutto si trattava sempre di sopravvivenza e aveva abbastanza fame. Vegeta gli indicò alla sua destra qualcosa che si muoveva furtivo tra l’erba alta. Il glicine scese dall’albero e si avvicinò alla propria preda il più silenziosamente possibile, piegandosi sulle ginocchia ed avanzando cauto: il padre gli aveva sempre ripetuto che, se voleva prendere di sorpresa il nemico, il silenzio era fondamentale. Si era esercitato per mesi per fare in modo che i propri passi diventassero leggeri e muti, esattamente come quelli del genitore, e i suoi sensi erano pronti a captare ogni minimo movimento.
Traferì la sua energia sulla mano, creando anch’egli una lama e fece gli ultimi passi verso la propria preda. Essa però percepì i suoi movimenti e si voltò di scatto, rivelando un aspetto somigliante a quello di una lepre di montagna.
Trunks, che sapeva di non doversi fidare delle apparenze, alzò il braccio con la lama d’energia per colpire l’animaletto, che però si rivelò predatore quanto lui, saltandogli addosso con una ferocia degna di un leone. Lo vide spalancare le fauci, rivelando una bocca grande quanto l’intera testa con file e file di denti aguzzi, fatti apposta per strappare la carne dalle ossa. Cadde a terra preso alla sprovvista, tenendo a debita distanza l’animale che tentava in ogni modo di azzannargli la gola. Manco fosse un vampiro!
Nel frattempo Vegeta, ignorando il figlio, fu attirato da un luccichio poco lontano. Abbandonò la carcassa momentaneamente e si avvicinò alla fonte del brillio insistente, stupendosi di ciò che trovò. Tra le piantagioni troppo cresciute, conficcata nel terreno vi era una spada, la cui elsa brillava alla luce solare.
Non gli ci volle praticamente nulla per estrarla dalla ghiaia, strappando via contemporaneamente le radici cresciuteci intorno. La guardò per qualche secondo incuriosito. Sicuramente era il residuo di qualche esplorazione andata male. La curiosità ebbe la meglio e decise di conservarla e portarla con sé, ponendola in una capsula oplà.  Forse un giorno gli avrebbe fatto comodo.
- Ah! Bastardo! - sentì l'urlo di dolore del figlio poco lontano, quando il “docile” animaletto riuscì a mordergli il braccio, con una bocca spuntata dal fianco.
Il falso coniglio continuava a spingere contro le sue braccia, puntando le zampe posteriori sul suo addome e conficcando le unghie nella pelle.
Trunks trattenne un gemito avvertendo la pelle lacerarsi sotto gli artigli: quella situazione doveva finire al più presto! Tenendolo lontano con il braccio sinistro, fece cadere a picco la mano ricoperta di energia affilata sul piccolo, quanto pericoloso, corpicino dell’animale assetato di sangue, tagliandolo in due nettamente e ponendo fine all'attacco.
Il ragazzino si tirò su a sedere, spostando la casacca del coniglio malefico, e si guardò attorno alla ricerca della figura paterna che spuntò dalla vegetazione alle sue spalle.
- Grazie per l’aiuto, eh! - proferì, sarcastico, alzandosi in piedi.
Vegeta alzò lo sguardo su di lui e poi lo posò su ciò che restava del coniglio-predatore. Alzò un sopracciglio riportando gli occhi sul figlio. Ciò che pensava era palese, non servivano altre spiegazioni.
- Quel coso ha cercato di staccarmi un braccio! - esclamò quando il padre gli passò davanti senza prestargli attenzione.
Vegeta recuperò il cervo e si incamminò.
- Troverai ben più di un coniglio sulla tua strada che vorrà la tua testa. Devi imparare a cavartela da solo -
- Ma siamo su un pianeta ai confini dell’universo! E poi quel coso non era un coniglio! - si difese il ragazzino seguendo il genitore. – Aveva una bocca anche sul fianco! -
Ma il padre non lo degnò di una risposta, lasciando che il silenzio parlasse, come sempre, per lui. Sentiva il figlio brontolare alla sue spalle, probabilmente indignato e offeso per essere stato lasciato solo alle prese con qualcosa di sconosciuto e di così inaspettato.
- Smettila di brontolare! Alla fine hai vinto tu, no!? - lo riprese stufo di avere una pentola di fagioli che lo seguiva.
Trunks si ammutolì all’istante ma gli fece comunque una linguaccia per ripicca, sicuro che non potesse vederlo. Lui era il primo a borbottare senza fine quando qualcosa non andava come voleva, e non era giusto che lui sarebbe dovuto solo stare zitto e subire.
“A volte invidio Goten, suo padre è stupido e fa come vuole sempre.” Il piccolo Saiyan incrociò le braccia al petto, mettendo su un’espressione imbronciata.
***
Non era di certo il miglior pasto consumato, la carne aveva un sapore strano e la cottura non era delle migliori, non c’era condimento né sulla pietanza né da poter aggiungere. Ma dovette accontentarsi, soprattutto perché i due Saiyan la fissavano in maniera talmente strana, che era sicura che se non avesse mangiato in silenzio l’avrebbero lasciata a digiuno per il resto del viaggio.
Bulma staccò l’ultimo pezzo e gettò via l’osso, convinta che qualche Sornom l’avrebbe sicuramente fatto sparire nel giro di qualche secondo. Si alzò in piedi, rinvigorita e sazia.
- Ora sto meglio! Possiamo continuare a camminare! - pronunciò in un sorriso rilassato, prendendo in braccio Bra e guardando gli altri due.
La mezz’ora di camminata preannunciata da Trunks si rivelò molto meno problematica e lunga di quanto si erano aspettati. Bulma aveva smesso di borbottare su qualsiasi cosa le succedesse lungo il tragitto, ora che aveva lo stomaco pieno. I due alieni trovarono molto rilassante il silenzio della donna che si portavano dietro. Il tempo impiegato per arrivare alla navicella sembrò, infatti, essersi dimezzato: senza qualcuno che continuava ad uccidere i loro neuroni lamentandosi costantemente nelle loro orecchie, si stava decisamente meglio. La scienziata sarà stata anche un genio, ma diventava estremamente logorroica quando voleva attirare l’attenzione con le sue lamentele.
Proprio Bulma fu la più felice nel ritrovare la sua preziosa invenzione, che li avrebbe riportati a casa sani e salvi. Fu, infatti, la prima a salire a bordo e a dirigersi verso i comandi, senza aspettare che gli altri due la raggiungessero. Inserì le coordinate per tornare indietro ed inserì il pilota automatico. Dopotutto quel tempo in silenzio le era venuta voglia di scambiare quattro chiacchiere con i suoi due uomini. Meglio uno e mezzo.
Si voltò, dando le spalle ai comandi e pronta per parlare, ma ad aspettarla c’era solo Bra, che se la dormiva alla grande sul pavimento succhiando il pollice. Non le rimase che rimuginare sulla poca educazione degli extraterrestri, e, presa in braccio la bimba assopita, si diresse verso le camere.
Adagiò Bra nel suo lettino e chiusa la porta della stanza, si diresse nella propria fischiettando. Aveva bisogno di una doccia e di una dormita. Aprì la porta e rimase un po’ delusa dal trovarla vuota, chissà dove si era andato a cacciare Vegeta. Oh, beh meglio così, aveva più tempo per farsi una lunga doccia senza interruzioni.
Una volta pulita e asciugata, frugò tra gli abiti del compagno, che lei aveva insistito nel portare, e si infilò una sua maglietta nera. Con i capelli azzurri ancora bagnati e canticchiando una canzone per bambini, raccattò i vestiti che aveva lasciato cadere e li buttò nella cesta dei panni sporchi. Tornò in stanza proprio quando la porta si aprì, rivelando la figura di Vegeta, a piedi scalzi, vestito con abiti terrestri e i capelli ancora bagnati.
Battè le palpebre un paio di volte, sorpresa dal ritrovarselo davanti fresco di doccia e non con la tuta addosso. Sicuramente aveva fatto la doccia poco prima di lei e poi si era allontanato per fare chissà cosa. Gli sorrise radiosa e gli fece “ciao ciao” con la mano.
Vegeta la studiò da capo a piedi in silenzio: quel faccino innocente stonava con il sensuale corpo da donna che si intravedeva sotto la maglietta dal taglio maschile. Un ghigno malizioso si delineò sulle labbra alla vista del tessuto appiccicarsi al corpo ancora bagnato della donna. Con un calcio chiuse la porta alle sue spalle facendo scattare la serratura automatica. Da quel momento in poi nessuno li avrebbe disturbati.
***
Se ne stava comodamente seduta sul divano dell’immenso soggiorno, sorseggiando del The verde e divorando una serie di pasticcini, gentilmente offerti dalla mamma di Bulma.
Uryasil, vestita con dei pantaloncini neri e una maglietta azzurra, si godeva il confort di casa Prince in assenza dei proprietari. All’inizio aveva insistito per farsi portare con loro ma il fratello era stato categorico: già la moglie era un “peso morto” di troppo e non ne voleva altri. La ragazza gonfiò le guance ricordando il modo in cui era stata etichettata. Lei non era un peso morto! Avrebbe potuto seguire Vegeta ovunque andasse a qualsiasi velocità.
Però alla fine era stato meglio così: il fratello e la sua famiglia stavano sicuramente affrontando qualche pianeta ostile, carente di cibo e acqua potabile, magari con temperature estreme e abitanti non molto ospitali, mentre lei, era comodamente seduta su un sofà che costava un occhio della testa, sorseggiando del The e mangiando pasticcini, nel frattanto che si godeva l’ambiente piacevolmente rinfrescato dal climatizzatore automatico della grande casa a cupola.
Il rombo di un motore attirò la sua attenzione: arrivava dal giardino, forse erano tornati.
Si ficcò in bocca l’ultimo pasticcino e a piedi scalzi si diresse fuori, appena in tempo per assistere all’atterraggio della navicella.
- Bentornati! - li accolse con un sorriso, appena i passeggeri iniziarono a scendere.
Bra le corse incontro e lei non esitò a prenderla in braccio, regalandole un buffetto affettuoso sulla guancia. La piccola rise e Uryasil ricambiò il sorriso a quella bimba che le metteva sempre allegria.
Trunks avanzò con più calma: - Ciao oneesan – si limitò a dire sorpassandola e sparendo in casa.
Uryasil lo seguì con lo sguardo, fin quando la sua chioma lilla scomparve dentro casa.
Nel frattempo anche i proprietari di casa le si avvicinarono, o meglio Bulma le si avvicinò. Vegeta tirò dritto senza degnarla di uno sguardo con un’aura maligna che lo circondava.
- Cos’ha? - chiese a Bulma indicando il fratello che si accingeva a levitare fino alla finestra della propria stanza. Bulma sospirò regalandole un sorriso stanco. - È stato un viaggio stressante -
L’azzurra la sorpassò e, a passo lento, entrò in casa accettando di buon grado il The verde che la madre le offrì.
Presto anche Bra si divincolò dalla sua presa e seguì la madre all’interno, lasciando Uryasil sola in mezzo al giardino, a chiedersi cosa fosse successo durante il viaggio di tanto sconvolgente da ridurre quella famiglia tutto pepe in quello stato.
Alzò le spalle preferendo non indagare, tanto il fratello non le avrebbe detto nulla. Chissà, forse, sarebbe riuscita ad estorcere qualche informazione a Trunks più tardi, durante una partita ai videogame.
Con il felice pensiero di una sana scazzottata virtuale, ritornò in casa, canticchiando una canzoncina che aveva sentito alla televisione qualche ora prima.
 
*Sorbet: tirapiedi di Freezer, che assume il comando dell’impero dopo la sua morte. Personaggio apparso nel film “La resurrezione di F” e in Dragonball Super.
 



Angolo Autrice:
Per la vostra gioia stasera doppia pubblicazione sul fandom. La mia beta ha finalmente finito di revisionare il capitolo ed ora è pronto.
Termina qui la piccola scampagnata nello spazio, per la felicità di tutti (Soprattutto di Vegeta, che non ne poteva più di trascinarsi la famiglia in giro per lo spazio-) si torna a casa, sulla Terra. 
Penso di essere stata un po' bastarda con il piccolo Trunks, ma chissene frega uwu 
Spero vi piaccia e ricordate di lasciarmi un piccola recensione con il vostro personale parere :3
Alla prossima!
angelo_nero

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Capitolo 26
*** Mother ***


NOTE: I dialoghi scitti in corsivo sono detti in lingua Saiyan



Era  tutto e niente allo stesso tempo. Percepiva ogni cosa e assolutamente nulla.
La sensazione di essere qualcosa e il nulla più totale era destabilizzante, eppure così rassicurante allo stesso tempo.
La percezione dei dintorni era strana, distorta. Come una radio che non si sintonizza per bene sulla stazione, la canzone è intermittente e gracchiante, facendo perdere il senso di ciò che dice.
Quanto tempo era passato?
Secondi, minuti, ore? Giorni? Forse anni. O addirittura secoli?
Il mondo lì fuori poteva non esistere più e non poteva saperlo.
Un’anima sospesa nel nulla, con ogni percezione del circondario azzerata. Un’anima come tante altre, in quel posto sembravano tutte uguali: parti spirituali di un corpo che non esisteva più, private di memoria e ricordi. Private di un’identità. Solo delle nuvolette fluttuanti.
Inconsistenti.
Eppure una volta anche loro erano esseri senzienti, con un nome e una vita. Con una volontà.
Volontà di fare del male, di veder soffrire gli altri per il proprio tornaconto personale. Per un piacere perverso e malato, che solo prova gusto a distruggere gli altri può comprendere.
Ma sotto sotto c’era qualcuno che non meritava quella punizione. C’era qualcuno che era stato “costretto” a fare ciò che ha fatto da qualcun’altro che, invece, si meritava la dannazione eterna e molto altro.
Le anime però non hanno una ragione e anche se fosse non potevano di certo opporsi alla decisione Divina. Il trapasso non era un verdetto preso con democrazia, valutando pro e contro, prove e testimonianze. No.
Il trapasso è un bivio: Inferno o Paradiso. E non c’è scusa, giustificazione o prova che tenga.
Se in vita ti sei comportato come si deve il Paradiso ti spalancherà le porte. In caso contrario verrai scaraventato nei meandri dell’Inferno, non prima, però, di essere stato privato di corpo e ricordi.
Tutto cancellato in un attimo. Tutto perduto per sempre.
Per questo si stupì quando la sua mente tornò ricolma di quei piccoli frammenti di vita passata.  In un secondo tutto ciò che le era stato tolto tornò al proprio posto.
Batté le palpebre confusa da quell’improvviso carico di informazioni riguardanti lei e quello che era stata. Si guardò poi le mani, la pelle bronzea liscia come la seta sembrava brillare in quel posto così cupo. Tirò un paio di pugni all’aria per verificare lo stato dei suoi muscoli, per troppo tempo rimasti... fermi, in un certo senso.
Incredibile: aveva riottenuto il suo corpo. E tutto per una sorta di istinto che l’aveva spinta a sgusciare via quando le guardie si erano allontanate.
La sirena d’emergenza ancora risuonava per il circondario facendo vibrare gli immensi cancelli davanti a lei, ultima misura di sicurezza dell’Inferno. Era riuscita ad uscirne appena prima che venissero chiusi.
Il suo corpo si era poi materializzato un istante dopo, come se la stesse aspettando al di fuori di quelle sbarre di metallo.
Ancora incredula osservò l’imponente struttura che aveva davanti e si chiese dove dovesse dirigersi ora che aveva riacquistato le proprie facoltà mentali.
Voltò le spalle, dunque, al cancello e fece un passo avanti. Poi scomparve.

***

Sulla Terra, nel frattempo, precisamente nel giardino della gigantesca casa a cupola, Uryasil rincorreva la nipotina dai capelli azzurri. La bambina era più veloce di quel che credeva la Saiyan, nonostante non avesse il sangue puro.
Bra, dal canto suo, rideva felice che ci fosse qualcuno a giocare con lei ai suoi ritmi. Giocare con la mamma o con i nonni non era uguale, doveva sempre trattenersi affinché non si stancassero di rincorrerla inutilmente e la lasciassero a giocare da sola.
Dalla cima dell’albero più solitario del giardino, il padre apprensivo della bimba osservava con attenzione le due rincorrersi. Non che fosse preoccupato però sempre meglio tenere sotto controllo la situazione. Sia mai che la sorella si inventasse qualche altra cavolata pericolosa delle sue.
-Presa!- urlò la donna con i capelli neri buttandosi addosso alla piccola ed afferrandola al volo.
Rotolarono per qualche metro prima di fermarsi e scoppiare a ridere solo a guardarsi. Bra però non perse tempo e, tornata in piedi, ricominciò a correre a perdifiato.
Uryasil ci mise qualche secondo di più ad alzarsi, più per dare vantaggio alla bambina che per reale necessità. Ma prima di poter pensare a riacchiappare la piccola peste azzurra, il suo sguardo incrociò la figura di Trunks.
Il piccolo mezzosangue, terminati i pochi compiti estivi, era sceso in giardino per sfogare un po’ il suo istinto di guerriero. Salutò la zia con un sorriso non appena la riconobbe e un secondo dopo fu travolto da qualcosa alto mezzo metro. Finì faccia a terra a tanto così dal dare una capocciata, con la sorellina seduta comodamente sulla sua schiena.
-Oniichan!- urlò Bra saltellando sulla schiena del fratello.
Trunks si girò a pancia in su ed afferrò la sorellina sotto le ascelle. La sollevò e la mise a terra, così che potesse saltellare senza distruggergli la colonna vertebrale.
-Ciao Bra. Sembra che non mi vedi da un’eternità.- disse il ragazzino.
Bra riprese a saltellare sul posto impaziente mentre Trunks si rialzava.
-Giochiamo! Giochiamo!-
-Non posso piccola, devo allenarmi con papà.-
La piccola si fermò all’istante e il suo sorriso radioso si trasformò in un broncio deluso. Non disse niente, si limitò a guardare i suoi piedi e ad annuire.
Trunks si intenerì e le scompigliò i capelli azzurri.
-Dai se finisco presto giochiamo dopo.- disse.
Gli occhietti azzurri di Bra si illuminarono felici, così come il suo sorriso tornò a risplendere sul visetto paffuto.
-Bra, lascia stare tuo fratello.- sentenziò Bulma dall’uscio della porta. -Deve ammazzarsi di allenamenti fino a stramazzare a terra. Così per il gusto di farlo.-
La frecciatina arrivò dritta alle orecchie del vero destinatario, che si limitò a una smorfia poco convinta mentre scendeva con un balzo dall’albero.
A Bulma non sfuggì e, appoggiandosi allo stirpe, si preparò a lanciarne un’altra.
-Sua maestà il re dei primati si è deciso a scendere dalla sua dimora. Hai incontrato qualche tuo simile lassù sui rami?-
Vegeta incrociò le braccia al petto e fece schioccare la lingua sul palato prima di risponderle.
-Disse il topo da laboratorio. Finito di effettuare esperimenti inutili quanto pericolosi? O stai costruendo qualche nuovo stupido, e altrettanto inutile, aggeggio dei tuoi?-
La donna accigliò lo sguardo quando il principe concluse la sua frase con un sorrisetto derisorio. I due iniziarono a guardarsi in cagnesco, come a volersi sbranare a vicenda.
Persino Uryasil ci aveva fatto l’abitudine a quei velenosi scambi di battute tra il fratello e la cognata. Si limitò ad osservarli da lontano un po’ perplessa: sembravano due cani rabbiosi legati alla catena, pronti a scattare l’uno verso l’altro ma tenuti a bada da una forza più grande di loro.
Bra le lanciò un pallone e la distrasse, riportandola invece con i piedi per terra.
Sorrise alla piccola e si preparò ad iniziare quel nuovo gioco, quando una folata di vento troppo forte per quella stagione le scompigliò i capelli.
Si voltò appena in tempo per vedere una navicella spaziale tonda atterrare a pochi metri da lei. Non era ancora molto capace di percepire le aure ma ne riconobbe una piuttosto simile alla sua e a quella di suo fratello. A quel punto fece due più due.
Vegeta e Trunks, che invece erano più avvezzi, ci misero poco a collegare l’energia sprigionata con il proprietario. Bra, che capiva ancora poco di energie spirituali, si  limitò ad osservare curiosa la scena.
-Che ci fai qui?- chiese il Saiyan maggiore mentre il portellone della navicella si apriva, rivelando l’unico occupante. -Tarble.- concluse quando la figura del fratello fu riconoscibile.
-Oniisan!- lo salutò il fratello.
Vegeta non si mosse di un centimetro mentre il fratello minore gli correva incontro quasi saltellando.
Tarble gli sorrise felice. -Sono venuto a trovarti!-
Il maggiore alzò gli occhi al cielo e voltò le spalle all’altro, andandosi ad appoggiare all’albero dal quale era sceso.
-Tarble! Che piacere rivederti! Come sta tua moglie?- lo accolse invece Bulma.
-Ciao Bulma! Anche per me è un piacere rivederti. Mia moglie sta bene ma ha preferito rimanere a casa questa volta.-
L’azzurra sorrise al cognato e lanciò invece un occhiataccia al marito. -Lascialo stare tuo fratello, è sempre il solito eremita.-
Tarble le sorrise un po’ in imbarazzo: Bulma come persona gli piaceva ma era forse troppo espansiva per i suoi gusti. Sembrava sprizzare affetto da tutti i pori.
-Ehi! Nanerottolo! Non si saluta più!?- gli urlò addosso Uryasil stanca di essere ignorata.
L’altro si voltò di scatto al suono di quella voce, inconfondibile.
-Uryasil! Che diavolo ci fai qui!? Sei viva! Come hai fatto a salvarti dall’esplosione!?- iniziò più sorpreso che felice.
La donna dai capelli corvini alzò gli occhi al cielo. -Anche io sto bene fratellino, grazie per avermelo chiesto!- ribattè piccata. -Comunque sono qui per il tuo stesso motivo: una visita al nostro caro fratellone.-
Tarble non seppe ribattere, si limitò a fissare la sorella piuttosto confuso. Ricordava che, mentre lui fu spedito su un lontano pianeta per il suo livello di combattimento troppo basso, il fratello maggiore e la sorellina furono “affidati” alle cure di Freezer dal loro padre. In cambio della promessa di non distruggere il pianeta Vegeta-sei.
Promessa non mantenuta ovviamente.
Per quanto ne sapeva lui, la vita al soldo del tiranno non era di certo rose e fiori. Anzi, gli era stato riferito da vari viaggiatori intergalattici che alcuni dei mercenari di Freezer sono arrivati a suicidarsi, facendolo passare per un omicidio da parte del nemico ovviamente, pur di non tornare tra le grinfie del Lord. Soprattutto se sconfitti o a mani vuote.
Non aveva idea di cosa spinse mercenari forgiati da mille e una battaglie a giungere ad un gesto così estremo, ma sicuramente qualcosa di più spaventoso della morte stessa.
Uryasil, però, al contrario di Vegeta, aveva mantenuto la lingua lunga che ricordava avesse da piccola. Si chiese come mai gli anni sotto Freezer e Re Cold non l’avessero scalfita più di tanto.Che fosse riuscita a scappare prima del peggio?
Tarble si sentì tirare i pantaloni della tuta, come se qualcuno di troppo piccolo volesse attirare la sua attenzione. Cosa non abituale per il Saiyan data la bassa statura di cui era dotato.
Abbassò lo sguardo ed incrociò due occhioni limpidi ed azzurri, due guanciotte rosee e un viso paffuto.
-Oh già, tu non conosci Bra. Lei è la nostra secondogenita, è nata un anno dopo la tua partenza.- gli spiegò Bulma.
-Secondogenita?- chiese incredulo Tarble senza riuscire a staccare gli occhi da quelli azzurrissimi della piccola. - Io pensavo che odiassi i bambini- disse poi rivolto al fratello, voltando la testa verso di lui.
-Lo pensavo anche io.- mugugnò l’altro.
Bulma sorrise ed andò a scompigliare i capelli alla figlia, abbassandosi alla sua altezza.
-Tuo fratello brontola tanto ma alla fine è un ottimo padre.- disse sorridendo al suo interlocutore -E poi questa piccolina è la principessina di papà.-
Bra rise quando la madre le sfiorò il naso con il proprio, facendole il solletico.
Il Saiyan ci mise un po’ a carburare quella nuova informazione: già era rimasto sconvolto quando aveva ritrovato il fratello sposato e con un figlio. Però Trunks era un maschio, quindi la cosa aveva un po’ ammortizzato la sorpresa. Pensava che nonostante il pessimo carattere il fratello riuscisse a gestire il figlio, attraverso gli allenamenti poteva passargli anche concetti di vita quotidiana.
Bra, invece, era una bambina dolcissima con due occhioni talmente grandi da non sembrare i suoi, in cui poteva rischiare di perdersi se continuava a guardarli. Come faceva a relazionarsi con lei? Di certo non con baci e abbracci ma neanche a suon di pugni.
-E tu invece? Non ti piacciono i bambini?- indagò l’azzurra.
-Io adoro i bambini! Sul mio pianeta mi occupo spesso dei più piccoli quando necessario.- rispose il ragazzo con un sorriso genuino.
-E allora che aspetti a farne uno tu?- gli domandò velenosa la sorella, puntellando la mano libera sul fianco.
Tarble ci mise un po’ a rispondere: imbarazzato, si passò una mano dietro il collo e spostò lo sguardo sul terreno.
Osservando il suo comportamento, le due donne si chiesero se avessero toccato un tasto dolente. Bulma e Uryasil si lanciarono un’occhiata.
Tarble sospirò prima di rispondere.
-Purtroppo io e mia moglie non siamo compatibili, sotto quel punto di vista. Non potremmo mai avere un figlio.- disse fissando la punta degli stivali bianchi.
Uryasil si pentì di avergli posto quella domanda, probabilmente il fratello ci soffriva molto di più di quanto desse a vedere. Lei non desiderava figli per il momento, quindi non poteva comprendere appieno cosa significasse non poterne avere nonostante il forte desiderio.
Bulma si rattristò, capendo in un certo senso cosa stesse provando il Saiyan: aveva desiderato così tanto un secondo figlio che, ad ogni tentativo fallito, si chiedeva sempre più se lei e Vegeta non fossero compatibili nonostante Trunks. Però lei alla fine aveva ottenuto la sua seconda gravidanza mentre Tarble non poteva neanche sperarci di avere un figlio suo.
-Perchè non adottare?- chiese senza pensare l’azzurra.
Il moretto alzò la testa dalle sue scarpe e fissò la cognata con un’espressione confusa.
-Cosa significa “adottare”?- chiese Uryasil da parte sua.
A Bulma, che non si aspettava quella domanda,  ci vollero parecchi secondi per formulare una risposta che avesse qualche senso.
-L’adozione, in pratica, consiste nel prendersi cura di un bambino senza genitori. Diventa tuo figlio legalmente anche se non ha il tuo DNA.- spiegò cercando di essere il più concisa e chiara possibile.
-Non so se esiste questa pratica sul mio pianeta, però so che quando dei bambini perdono i genitori e non ci sono parenti alcune coppie li prendono con sé.- spiegò il Saiyan – Può essere considerato “adottare”?-
-Penso di sì.- mormorò Bulma.
Tarble le sorrise riconoscente. -Ne parlerò con mia moglie quando tornerò a casa.-
Bulma sorrise di rimando al Saiyan, trovando il suo altruismo molto simile a quello di Goku. Erano molto simili caratterialmente quei due.  Ironia della sorte, il fratello minore del principe dei Saiyan aveva lo stesso modo di fare del suo rivale. Bisogna sottolineare che Tarble, però, era sicuramente più sveglio di Goku e con un po’ più di sale in zucca.
L’idea che non potesse sperimentare la paternità la rattristava, avrebbe fatto un buon lavoro come genitore. Forse avrebbe preso in considerazione l’idea dell’adozione suggeritagli.
-Uryasil.- la richiamò l’azzurra.
La Saiyan, che stava giocando alla lotta con Bra, attizzò le orecchie.
Bulma sfonderò un sorriso più falso di una moneta da tre euro.
-E tu non hai intenzione di figliare? Visto che critichi tanto tuo fratello.- ammiccò.
La schiena della Saiyan puro sangue fu percorsa da un brivido e la sua espressione si fece mano a mano più disgustata.
-Figliare? Ma scherzi? Giocare con i bambini mi piace ma prendermene cura tutto il giorno tutti i giorni fino a che non sloggiano neanche morta. Poi dovrei trovarmi un… essere di fattezze maschili biologicamente compatibile con me. E questo è decisamente l’ultimo dei miei desideri.- sentenziò.
All’udire quelle parole, in un angolo remoto del giardino, sotto l’ombra di un grande albero, il principe dei Saiyan tirò un impercettibile sospiro di sollievo. In un certo senso l’idea che la sorella non avesse intenzione di “accoppiarsi” lo rassicurava. Era sicuro che avrebbe ucciso qualunque essere di fattezze maschili avesse visto girare attorno alla sorella. Ovviamente era un segreto che sarebbe rimasto nascosto dentro di sé, chiuso, sigillato nei meandri del suo cuore non più di ghiaccio. Figuriamoci se gli salterebbe mai saltato in mente di dirlo a qualcuno. Soprattutto a quell’impicciona di sua moglie, che sembrava non riuscire a tenere un segreto per più di dieci secondi. Meglio tenerselo per sé.
Quando riportò la sua regale attenzione sui componenti della propria famiglia, Tarble era stato assalito dai nipoti e dalla sorella che avevano comodamente preso posto sulla sua schiena dopo una breve, quanto impari, lotta. Tarble non era mai stato il tipo che riusciva a vincere uno scontro di potere. Più che altro era quello che, pur provandoci, finiva sempre a prenderle e a sottostare agli altri. Vegeta si chiese se, nel caso fosse stato lui a dover sottostare per anni ai soprusi di Freezer e compagni, sarebbe riuscito a sopravvivere.  Per fortuna il padre aveva avuto “pietà” del fratellino e aveva preferito spedirlo in giro per lo spazio e non agli ordini del tiranno.
Una folata di vento scompigliò i capelli di tutti e Vegeta si perse nei suoi stessi pensieri mentre osservava i fratelli giocare con i figli e Bulma osservare divertita i tentativi, vani, di Tarble di imporsi sui Saiyan minori. Sarebbe stato bello poter condividere altri momenti di tranquilla quotidianità tutti insieme.
Sul verde prato curatissimo e amatissimo dalla signora Brief, i rilevatori di Uryasil e Tarble suonarono in contemporanea avvertendo tutti della presenza di un’aura nuova. I sofisticati dispositivi furono, però, ignorati sia dai proprietari che dagli altri Saiyan presenti, tutti troppo occupati a giocare tra di loro.
-Mi fa piacere vedervi tutti così allegri, insieme.-
La voce delicata di donna e marcata da un accento piuttosto rude, attirò l’attenzione di tutti: la lingua parlata era spigolosa, volgare e con una cadenza piuttosto formale. Sconosciuta e aliena.
Tra i presenti calò un silenzio irreale. Rimasero tutti immobili, senza quasi respirare. Fu come mettere in pausa il tempo: nessuno si mosse e nessuno parlò.
Solo il vento ebbe il coraggio di soffiare e scompigliare la folta chioma corvina della nuova arrivata.
-Madre- la voce di Vegeta spezzò il silenzio irreale, premendo “play” nuovamente.
Il Saiyan si avvicinò alla donna, che nel frattempo si era voltata verso di lui e ne seguiva i movimenti con lo sguardo. Si fermò a pochi passi da lei, rimase come sempre in quella posizione rigida militare, quasi fosse davanti a un superiore.
La donna si aprì in un sorriso appena accennato, i grandi occhi neri si velarono e assunsero una sfumatura malinconica. Allungò una mano e la poggiò sulla guancia del principe, che la lasciò fare. Inclinò di poco la testa e una lacrima sfuggì dalle sue ciglia.
-Come sei cresciuto… Il mio bambino, il mio coraggioso primogenito, è diventato uomo.- mormorò la donna con un tono morbido.
Vegeta alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
-Sono passati quasi quarant’anni.- rispose quasi annoiato.
La donna non smise di sorridere a quella risposta un po’ acida, anzi ne sembrava quasi divertita. Come se conoscesse il suo modo di fare ed era felice di averlo ritrovato dopo anni. La sua espressione cambiò quando avvertì una sensazione di bagnato sulla mano. Alzò allora lo sguardo sul volto del principe, voltato leggermente verso destra, e scoprì le sue guance rigate da lacrime rare che sgorgavano silenziose fuori dai suoi occhi, profondi come la notte.
Le sfuggì una risata mentre anche a lei una goccia di pianto sfuggì nuovamente e le rigò le guance ambrate.
Trunks, rimasto immobile, tirò fuori un espressione tra il confuso e il sorpreso alla vista del pianto sommesso di suo padre. Mai aveva creduto che quell’uomo fosse in grado di piangere. Non aveva fatto molto caso alle parole scambiate dai due, erano molto formali e lui conosceva poco e niente quel modo di parlare. Aveva però capito che il padre aveva chiamato “madre” la donna dai lunghi capelli corvini e che lei l’aveva definito “il suo bambino”.
Bulma, che conosceva quella lingua ancora meno del figlio, aveva però capito la situazione e un paio di lacrime silenziose erano scese dai suoi occhi. Non poteva immaginare il grande dolore e al contempo l’enorme gioia di quella donna nel rivedere i suoi figli, perduti per sempre.
-Mamma-
Uryasil fu la seconda a rivolgerle la parola, con gli occhi lucidi e prossimi al pianto.  Abbracciò la donna di slancio, dimenticando per un attimo la sua età e le regole della loro razza che imponevano il divieto di contatto fisico in pubblico, persino tra madre e figlio.
-Uryasil, bambina mia non piangere. Fatti guardare.- disse spostando con delicatezza la figlia da sé. -Sei cresciuta bene e sembri anche molto forte.-
La ragazza si asciugò le lacrime e drizzò la schiena, come un bravo soldatino e annuì energicamente, sorridendo poi di rimando.
Tarble, che era rimasto in disparte, non ebbe il coraggio di avvicinarsi alla madre. La vedeva come una sorta di divinità, intoccabile.
-Tu invece non sei cresciuto molto, vedo.- lo provocò la madre, tanto per far scattare quell’orgoglio sempre represso.
Tarble sussultò ma non rispose, piuttosto abbozzò un timido sorriso accondiscendente. Anche lui con le lacrime agli occhi, non osava però fare un passo in più.
La madre dei tre fratelli si sentì tirare la gamba dei pantaloni e abbassò lo sguardo, incrociando quello limpido e innocente di una bimba di poco più di anno che, con un dito in bocca, reclamava la sua attenzione. La donna la prese in braccio senza pensarci due volte, sotto gli sguardi preoccupati e atonici di tutti.
Bulma si avvicinò al compagno non appena si rese conto che la bimba tra le braccia della Saiyan era sua figlia.
La donna corvina studiò con attenzione i tratti dolci della bambina e i suoi grandi occhi chiari. Mai in tutto il suo viaggiare aveva incontrato sguardo più limpido di quello.
-Ciao piccola, come ti chiami?- le chiese.
Bra, che a malapena capiva la sua di lingua, non seppe comprendere né rispondere alla domanda che le era stata porta. Così si limitò a fissare confusa la donna davanti a sé, continuando a ciucciarsi il pollice.
La Saiyan, compresa l’impossibilità della piccola di risponderle, spostò lo sguardo sui tre figli in cerca di aiuto.
Tarble e Uryasil si guardarono l'un l'altra, come a chiedersi se dovessero farlo. Quasi di comune accordo indicarono il fratello maggiore che, per un gioco di prospettiva, sembrava essere tra loro due. Vegeta, sottovoce, maledì entrambi i fratelli.
La regina fissò il primogenito interrogativa, come a chiedergli se lui sapesse qualcosa di quella bambina.
Il Saiyan non ebbe in tempo ad aprire bocca che Bra, forse stanca di stare tra le braccia di una sconosciuta, si allungò verso di lui borbottando un "papà" così dolce da far sciogliere il cuore del principe ancora una volta. Si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo ed afferrò la sua piccola principessa chiedendosi perché doveva fargli lo stesso effetto ogni santa volta.
Bra abbracciò forte il suo papà, prima di regalargli un sorrisone sdentato. Vegeta non potè far altro che sciogliersi di nuovo interiormente.
Dannati sentimenti umani.
La Saiyan adulta fissò impassibile la scenetta diabetica, sembrava quasi contrariata da tutto quell’affetto. Fece un passo in avanti e i due fratelli minori trattennero il fiato, perché l’aura emanata dalla madre era tutto tranne che amichevole. Fissò la bambina in braccio al primogenito senza proferire parola, limitandosi a specchiarsi in quelle pozze cerulee.
Bra, dal canto suo, non sembrava intimorita dallo sguardo penetrante della donna, anzi lo sosteneva senza alcun apparente sforzo. Inclinò la testolina di lato e si mise il pollice in bocca, in attesa.
Rimasero a fissarsi per attimi che sembrarono interminabili. I genitori della piccola, e gli zii seppur in forma minore, trattennero il fiato per l’intera durata di quello scambio di sguardi. Pregando che non scoppiasse una guerra tra le due.
La Saiyan puro sangue fu la prima a distogliere lo sguardo, spostandolo sul padre della bimba.
-Vegeta- iniziò con un tono che sembrava di rimprovero. -Per quale motivo non hai detto subito che questa splendida bambina è tua figlia? E’ così dolce!-
Vegeta osservò stralunato la madre sorridere a Bra e lasciarsi afferrare un dito guantato dalle piccole manine. Okay che era morta troppo prematuramente per dare a lui, e ai fratelli, la possibilità di inquadrarne alla perfezione il carattere, e che per quanto Saiyan la donna non era poi così schiva a lasciarsi andare ai “sentimentalismi” con i figli, ma non credeva possibile un simile comportamento.
Uryasil, Tarble e Bulma tirarono istantaneamente un sospiro di sollievo non appena la “signora” aveva sorriso alla bambina.
Trunks, che aveva osservato tutta la scena in assoluto silenzio, si avvicinò alla zia e, quasi sottovoce, le chiese cosa stesse succedendo.Uryasil gli spiegò grosso modo la situazione, sperando che il bambino si accontentasse di un veloce riassunto.
-E come si chiama, vostra madre?- chiese il piccolo Saiyan storcendo il naso alla parola finale.
-Aranel*-
La donna si voltò a guardare i due, sentendo il proprio nome pronunciato in una lingua a lei sconosciuta. Riportò poi lo sguardo sul figlio maggiore.
-Anche lui è tuo figlio?- chiese senza aspettarsi una reale risposta.
Vegeta si limitò ad annuire.
Aranel, a quel punto, si mosse verso i due con andatura lenta e movimenti sinuosi, regale.
Trunks osservò la “nonna” oltre le spalle di Uryasil, che ancora tentava di riassumere la situazione -con scarsi risultati. Aggrottò involontariamente le sopracciglia e si mise sul chi va là, pur rimanendo immobile al proprio posto.
La Saiyan più anziana sorpassò la figlia senza tanti complimenti e si piegò abbassandosi all’altezza del piccolo mezzosangue. Gli sorrise, osservando il suo viso giovane contratto nell’espressione di chi non si fida e preferisce tenere la guardia alta.
-Tu sei il figlio maggiore di Vegeta?- chiese.
Il ragazzo annuì.
Aranel non si stupì molto dell’abilità del giovane di apprendere le sue parole.
-E come ti chiami piccolo principe?--Trunks- rispose atono. -Trunks Vegeta Prince- specificò poi.
La donna gli sorrise e fece uno strano gesto con la mano, che nella lingua Saiyan era come stringere la mano a qualcuno.
-Piacere di conoscerti, Principe Guerriero. Il mio nome è Aranel.-
Trunks imitò il gesto della donna, se pur con movimenti meno fluidi: era la prima volta che lo eseguiva sul serio.
-Piacere mio.- rispose.
Il bambino avrebbe quasi voluto aggiungere la parola “nonna” alla fine della frase, ma sapeva che nella lingua natia non esisteva. Così lasciò quasi la frase in sospeso, senza aggiungere altro.
Aranel si raddrizzò e rivolse uno sguardo d’orgoglio al piccolo guerriero, non poteva avvertirne l’energia e non aveva il rilevatore con sè, ma sapeva che era forte.
Gli diede le spalle e tornò sui propri passi, rivolgendo la propria attenzione ai figli minori che sembravano impazienti di parlare con lei. Rivolse appena uno sguardo di sufficienza a Bulma, in piedi accanto al compagno, prima di spostare definitivamente la propria attenzione sui due figli.
L’azzurra si risentì un poco per quello sguardo ma sorvolò pensando che la donna non si sentisse a proprio agio in un pianeta sconosciuto.
Il cielo si annuvolò in pochi attimi, coprendo il caldo solleone di agosto con nuvoloni neri. Appena il tempo di alzare il naso verso la volta grigia che la pioggia si abbattè sul giardino della casa a cupola, costringendo i suoi occupanti a rifugiarsi all’interno.
Bra venne messa giù appena varcata la soglia. Non perse tempo e corse verso la strana donna dai capelli scuri che la incuriosiva non poco.
Vegeta la seguì con lo sguardo fin quando il suo piccolo sederino coperto dal pannolino si posò sul pavimento, tra gli zii e la “nonna” paterna. A quel punto si accomodò sul divano, non poco scocciato dalla presenza della sorella accanto a sè, cercando di isolarsi dal resto.
Bulma sbirciò fuori dalla finestra chiedendosi cosa avesse scatenato quel repentino cambiamento climatico. Che la presenza della defunta regina Saiyan avesse qualcosa a che fare? Rivolse lo sguardo proprio sulla suocera che giocava con Bra come fosse la cosa più normale del mondo. Notò che, sulla chioma nera della donna, non aleggiava la classica aureola dorata, esibita con orgoglio da Goku durante il suo permesso di ventiquattro ore, dopo la morte a causa di Cell, al torneo di arti marziali.
A quanto ne sapeva lei, le anime destinate all’inferno venivano private di corpo e ricordi, purificate per poter essere poi reincarnate. Quindi cosa ci faceva Aranel, in carne ed ossa -e senza aureola- nel suo salotto? Che fosse successo qualcosa all’inferno?
Rimuginando si sedette sul bracciolo del divano, guadagnandosi un’occhiataccia dal marito che, insofferente sembrava voler sprofondare nel comodo sofà: okay la famiglia ma così era troppo!
Aranel, Tarble, Uryasil e persino Trunks parlavano la lingua natia di Vegeta-sei, incomprensibile per Bulma, che ne afferrava si o no dieci parole su un milione.
La scienziata in un primo momento provò a cogliere almeno il succo del discorso, nonostante capisse una parola sì e trenta no, ma quando persino Vegeta iniziò ad intervenire -o meglio inveire- ogni tanto, si stancò di sentirsi esclusa da tutto quel parlare. Si alzò quasi di scatto, attirando gli sguardi incuriositi di tutti, e sparì nel corridoio per minuti interminabili. Riapparve soddisfatta con un sorriso da orecchio a orecchio e mostrò agli occupanti del salotto cosa aveva recuperato dai meandri del suo laboratorio.
E se Uryasil e Tarble strabuzzarono gli occhi sorpresi, Vegeta alzò gli occhi al cielo consapevole che, il suo intento di tenere la moglie fuori dai loro discorsi usando una lingua a lei sconosciuta era appena andato a farsi un giro.
Bulma, infatti, aveva recuperato il rilevatore che aveva costruito anni orsono sul modello di quello di Radish, trovato in occasione del approdo del fratello di Goku sulla Terra. Tornò a sedersi accanto al marito e posizionò il dispositivo alieno sull’orecchio.
-Lo sai che non potrai comunque parlarle?- l’apostrofò il Saiyan.
-Per quello ci sei tu: farai da traduttore.- gli rispose la donna accendendo il rilevatore.
L’uomo sbuffò contrariato dall’ennesimo tentativo della moglie di infilarsi in affari non suoi. incrociò le braccia al petto e mise un simil broncio. Nessuno fece caso a quel suo cambiamento di umore, tanto era sempre accigliato.
Aranel, con ancora in braccio la piccola Bra, che non sembrava molto turbata dall’atmosfera pesante che aleggiava attorno a loro, iniziò a raccontare come fosse finita sulla Terra. Non ricordava nulla dei momenti prima della ri-acquisizione di corpo e ricordi, e non aveva la minima idea del perchè si fosse scatenato il putiferio all’Inferno. Sapeva solo che si era, istintivamente, spinta fuori dall’enorme cancello dorato. Poi il buio.
-Quando mi sono svegliata ero su questo pianeta azzurro.- disse senza guardare in faccia nessuno. -Poi ho semplicemente seguito il primo segnale captato dal rilevatore.-
- Quindi è un caso che tu sia qui?- chiese Bulma.
La donna, ovviamente, non comprese la domanda che le porse e la guardò accigliata.
La scienziata, a quel punto, capito che il marito non avrebbe tradotto di sua spontanea volontà, lo colpì con una gomitata. Si beccò un’occhiataccia prima che egli cominciasse a parlare per lei nella sua lingua madre.
Aranel finalmente capì cosa le era stato chiesto. -Sì. Non avevo alcuna intenzione di finire qui. Non so neanche dove sono.-
-Hai pensato a qualcosa di specifico, appena uscita da lì?- chiese Bulma incuriosita.
Vegeta tradusse.
La Saiyan sembrò pensarci un po’ su prima di rispondere sottovoce. -Credo di aver pensato di voler rivedere i miei figli.-
Scese il silenzio.
-Forse è stato quel pensiero a portarti sulla Terra. Dato che i tuoi figli sono qui adesso.- ipotizzò Trunks, spezzando il silenzio imbarazzante che si era creato.
-Terra?- chiese la donna corvina più anziana. -Come siete finiti su un pianeta ai confini dell’universo?- chiese poi rivolta ai figli.
Fu Uryasil a spiegare la situazione alla madre, in quanto Tarble fosse troppo intimorito dalla sua presenza e Vegeta troppo arrabbiato con la moglie per parlare.
-Beh, a dire la verità è Vegeta che ha messo radici su questo pianeta. Io e Tarble siamo solo di passaggio.- disse.
-E perchè mai vostro fratello si sarebbe recato su questo pianeta? Facendone poi sua dimora?- chiese Aranel confusa.
-Sono stato incastrato.- bofonchiò il principe guadagnandosi un’occhiataccia dalla moglie. -Da una petulante donna terrestre.- aggiunse.
Bulma gli tirò uno scappellotto che lo fece scattare in piedi manco lo avesse punto un’ape.
-Cosa diamine fai!?- le ringhiò addosso l’uomo.
-Ti do quello che meriti!- gli rispose lei senza scomporsi troppo.
Il Saiyan le ringhiò qualche brutta parola nella sua lingua che Bulma ignorò per evitare di far scatenare una sorta di guerra mondiale davanti a tutti.
-Siediti.- gli intimò la moglie senza guardarlo.
Vegeta, se pur contrariato, obbedì e tornò seduto ancora più accigliato di prima.
Bra, nel frattempo che i genitori avevano cominciato a litigare come cane e gatto, si era alzata ed era riuscita a recuperare il suo biberon con latte e biscotti appoggiato sul tavolo. Mise in bocca la tettarella e iniziò a succhiare tornando nell’altra stanza. Si arrampicò sul divano e si sedette in braccio a Tarble, che preso alla sprovvista si irrigidì. Bra non fece caso alla cosa e rimase dov’era.
Aranel non commentò la scena, a suo parere deprimente per la sua stupidità, ma si limitò ad osservarli con il disappunto stampato in faccia.
-Sinceramente mi interessa poco sapere come sei finito qui o chi ti ha “incastrato”. Vorrei sapere perchè sei qui.- sentenziò la donna osservando il figlio maggiore con un cipiglio di disappunto.
Vegeta le spiegò velocemente la storia di Goku e del suo approdo sulla Terra alla sua ricerca. Sorvolò sulla sua sconfitta per mano dei terrestri ottenuta in quell’occasione e si concentrò maggiormente sul fatto che, a battaglia conclusa, lui e Goku furono gli unici Saiyan rimasti.
Uryasil e Tarble, che ne sapevano veramente poco di quella storia, ascoltarono le parole frettolose del fratello pendendo dalle sue labbra.
-Aspetta, tutto questo è successo prima o dopo la morte di Freezer?- chiese Uryasil confusa.
Aranel sussultò nel sentire il nome del tiranno intergalattico che mise le mani sul suo popolo, decenni prima. Sbiancò e si irrigidì, entrando in uno stato di allerta. Si guardò attorno, come se Freezer potesse essere in quella stanza e potesse ascoltare le loro parole.
Nessuno dei presenti potè biasimarla, persino Trunks che di tutto ciò aveva sentito nient’altro che delle storie piuttosto addolcite.
La donna aveva palesemente cambiato atteggiamento, assumendo una postura più rigida e pronta a scattare in caso di pericolo rispetto a quella più rilassata di poco prima.
Uryasil le si avvicinò e con tono pacato ma non accondiscendente, spiegò alla genitrice che non c’era niente da temere, che il tiranno era stato ucciso anni prima.
A quel punto Aranel sembrò calmarsi un pochino, pur rimanendo sul chi va là. Non chiese chi fosse stato a far fuori il tiranno.
Puntò lo sguardo sul figlio maggiore, lo passò poi su Tarble e infine su Uryasil. Accarezzò la guancia di quest’ultima stupendola.
-Che vi ha fatto?- disse.
In un primo momenti non capirono a chi si riferisse la donna, poi lo sguardo di Uryasil si indurì e aggrottò le sopracciglia.
Nessuno rispose alla sua domanda ma i ricordi di quegli anni di supplizio passarono veloci come un fulmine nelle menti dei due fratelli. Troppo lungo da spiegare. Troppo doloroso da raccontare. Troppo cruento da riassumere.
-Vostro padre è stato un codardo. Vorrei aver potuto fare di più…- disse la donna stringendo i denti in un moto di rabbia.
Il Re dei Saiyan vendette i tre figli al tiranno per l’incolumità del proprio pianeta e della propria persona. A nulla valsero le preghiere della Regina, i tentativi di fargli cambiare idea per salvare l’incolumità dei propri figli. Egli rimase dalla sua idea fino alla fine e, quando la Regina minacciò il consorte di prendere i figli, compreso il legittimo erede al trono, e fuggire su qualche pianeta lontano dai domini di Freezer, glielo impedì nel modo più drastico possibile. La uccise. Davanti agli occhi dei tre bambini.
Il Re non rivelò mai ufficialmente il vero motivo per il quale la Regina morì. Disse che erano stati dei soldati esterni alla corte.
Essi non furono mai trovati, ovviamente, nè mai veramente cercati.
Da lì a poco due dei tre piccoli principi furono ceduti alla lucertola galattica, mentre Tarble fu spedito lontano dal Re stesso. E non per una sorta di senso di “pietà” verso il ragazzino dal carattere più debole ma per via del suo livello di combattimento eccessivamente basso. Quindi considerato inutile per i piani del Lord.
Il popolo non fece in tempo a sospettare del sovrano, sia per la morte della Regina che per la scomparsa degli eredi al trono, che Freezer, temendo la nascita del Super Saiyan e quindi la propria dipartita, fece esplodere l’intero pianeta.
-Non potevi fare molto. Sei stata uccisa proprio per averci provato.- sentenziò Vegeta tagliante.
L’attenzione si spostò automaticamente su di lui. Gli occhi di tutti furono calamitati dalla sua figura.
-Se quel codardo ha avuto bisogno di vendere la propria prole per salvarsi il culo, significa che non gliene importava poi molto di noi. Non che me ne freghi qualcosa.- disse volgendo lo sguardo alla finestra dietro i suoi interlocutori.
Fuori il temporale dava il meglio di sé, presagendo la fine del bel tempo nel giro di pochi mesi. Era ormai fine agosto e il clima sarebbe potuto cambiare velocemente.
Il Saiyan non aggiunse altro e il silenzio calò nella sala, il suono delle gocce di pioggia contro il vetro e dei tuoni in lontananza parlarono per loro creando un’atmosfera cupa attorno a quel discorso lasciato in sospeso.

***

La pioggia non sembrava voler cedere continuando a scrosciare a tutto spiano sulla Città dell’Ovest. Alcuni passanti correvano sotto di essa cercando disperatamente riparo in qualche negozio o sotto qualche balcone. Gli ombrelli venivano rigirati dal vento e trascinavano via il povero malcapitato rimasto attaccato, nel disperato tentativo di impedirgli di volare via.
Rinchiusa nel suo mondo fatto di ferro, oli per motori e attrezzi vari, Bulma si accorse a malapena del tempo al di fuori della propria abitazione, concentrata com’era sul proprio lavoro.
Da sotto un enorme velivolo spuntavano solo le gambe avvolte nella tuta protettiva, mentre le sue mani armeggiavano con il motore dello stesso. Nelle orecchie aveva un paio di cuffie, attaccate al telefono che teneva in tasca, che la isolavano dal resto del mondo.
Non si accorse neanche della presenza di un secondo individuo nella stanza prima che un paio di stivaletti bianchi entrassero nel suo campo visivo. A quel punto si spinse fuori dall’angusto pertugio nel quale si era andata ad infilare.
Il viso di Aranel, bello nella suo aspetto particolare ed alieno, dai tratti dolci e duri allo stesso tempo, degni di una regina guerriera, fu la prima cosa che vide.
Si tolse le cuffie dalle orecchie e fissò la suocera -le faceva strano pensarla in quei panni ma, in effetti, era quello che era.
La donna le disse qualcosa nella sua lingua e Bulma si ritrovò ad ascoltare quelle parole aspre e dure senza comprenderne il significato. Prima che la Saiyan partisse in quarta con il discorso, la scienziata le fece cenno di aspettare e recuperò il rilevatore sulla scrivania. Lo indossò e le fece cenno di ricominciare.
La Saiyan si osservò intorno con fare attento cercando oggetti a lei familiari che non sia il rilevatore calzato dalla terrestre.
-Cos’è questo posto?- le chiese la donna.
Bulma avrebbe voluto risponderle volentieri ma non conosceva molte parole in quella lingua. Frugò nel suo geniale cervello per qualche secondo, cercando di formulare una frase di senso compiuto.
- Ehm… questo è il mio laboratorio. Ci lavoro.- disse poco convinta di quello che pronunciava.
Aranel però sembrò capirla. - Quindi hai costruito tu queste cose? -
-Io e mio padre.-
- È questo che fai tutto il giorno?-
La scienziata annuì.
La Saiyan si fece un giro all’interno sfiorando con la mano guantata un po’ tutto ciò che le capitò a tiro, facendo attenzione a non distruggere nulla. Silenziosa studiò il posto come un cane studia la nuova casa in cui si trova.
-Sembri una donna intelligente, è così?-
- Sì.-
Aranel prese tra le mani un foglio poggiato sulla scrivania, non capì nulla di ciò che vi era scritto, i caratteri terrestri a lei erano sconosciuti. Lo rimise al suo posto e riprese a vagare per il laboratorio, incuriosita dalla vastità di macchinari mai visti presenti all’interno. Lo fece in silenzio, persino i suoi passi non emisero alcun suono, quasi fosse un fantasma.
Bulma la seguì con lo sguardo, cercando di capirne di più dai suoi modi di fare: era regale, composta. I suoi movimenti fluenti ed eleganti, si muoveva sinuosa anche solo camminando ma se si faceva attenzione si poteva scorgere un’impronta militare nei modi di fare. Quella di chi ha vissuto nella guerra, di chi vive per combattere e diventare più forte.
Non aveva idea della posizione delle donne nella società Saiyan, probabilmente le guerriere erano trattate al pari degli uomini.
Ma una Regina? Non valeva nulla in confronto a un Re, come era sulla Terra, o era sua pari? Avrebbe voluto tanto chiederglielo ma non aveva idea di come fare. Tra il bofonchiare qualche risposta in lingua Saiyan e fare una domanda così complessa c’era un mondo di parole, termini e modi che lei non conosceva. Anche perché fare un mix con la lingua terrestre era fuori discussione.
Forse poteva buttarsi su una domanda più semplice.
-Aranel.- la richiamò
La Saiyan si voltò nella sua direzione e rimase in attesa che la donna parlasse.
Una persona normale si sarebbe aspettata almeno un “sì?” che le faceva intuire che il suo interlocutore la stesse ascoltando. Ma Bulma era abituata ai modi di fare di Vegeta che, nel suo silenzio, diceva tutto.
-Ti piace la Terra?-
Aranel alzò le spalle e tornò a fare quello che stava facendo. -Non c’è male per essere un pianetucolo ai confini dell’universo.-
Ma perché i Saiyan, o gli alieni in generale, che approdavano sulla Terra aveva quel brutto vizio di sottolineare il fatto che fosse “ai confini dell’universo”? Esistevano forse pianeti più belli verso il centro?
-Tu sei la compagna di Vegeta?- chiese a bruciapelo Aranel continuando a fissare un punto lontano e dando le spalle alla scienziata.
Bulma sussultò e si andò a toccare d’istinto il simbolo del suo legame con il principe dei Saiyan, una cicatrice che valeva infinite volte di più dell’anello nuziale che portava al dito. La tuta da lavoro calzata a metà, con la parte superiore lasciata a penzoloni, e la semplice canottiera nera lasciavano scoperto quel piccolo dettaglio così importante. Era un segno leggerissimo, quasi invisibile, e lei lo custodiva gelosamente coprendolo, quando possibile con foulard colorati.
Nonostante fosse qualcosa che “deturpava” la sua pelle di porcellana, lei non aveva mai provato ribrezzo o fastidio alla sua vista come avrebbe fatto per qualsiasi altra imperfezione sul suo corpo di donna. Proprio perché era così importante per lei, per ciò che significava per loro.
Sussultò di nuovo quando avvertì la stoffa del guanto, che ricopriva le mani della Regina, sfiorarle la pelle marchiata. Non si era accorta minimamente della sua vicinanza. Istintivamente fece un passo indietro e coprì la cicatrice con la mano.
Aranel rimase con la mano a mezz’aria e abbozzò un sorriso malinconico, non sembrò però dovuto al gesto di reticenza dell’azzurra quanto più a un ricordo.
-Sai quasi ti invidio… Tu, una semplice, debole e inutile terrestre, con un livello combattivo che sfiora lo zero. Senza nessuna abilità nel combattimento. Tu sei riuscita ad ottenere quello che mai ho avuto, seppur desiderato quasi a morte.-
Bulma rimase in silenzio, in attesa che la Regina continuasse. La mano ancora salda sulla cicatrice ma non vi era paura nei suoi occhi, solo un’immensa curiosità.
La donna dai capelli scuri fece ricadere il braccio lungo il fianco ed inclinò la testa aggrottando le sopracciglia.
-Non so se tu abbia la minima idea di cosa significhi quel marchio per la nostra cultura. Di quanto sia prezioso per chi lo fa e per chi lo riceve.-
Negli occhi della Regina calò la tristezza e la malinconia, con una punta di gelosia. Probabilmente ella non ebbe mai potuto sperimentare quel legame, per quanto desiderato.
Da quel poco che era riuscita a ricavare da Vegeta, sapeva che quando un guerriero decideva di lasciare il proprio marchio su una donna, di qualunque classe sociale, pianeta, cultura o rango ella sia, le donava se stesso e si legava a lei indissolubilmente. Con un doppio filo d’acciaio, intrecciato come lo sarebbero state le loro vite fino alla loro morte.
Quasi nessuno si era spinto a tanto per una donna, non tanto per la monogamia che imponeva quel legame, quanto per la responsabilità legate e derivanti da esso. Era qualcosa di molto forte per quella popolazione di guerrieri.
-Dal tuo sguardo posso capire che sai molto più di quanto credessi.-
Bulma fu tirata giù dai suoi pensieri ancora una volta dalla Saiyan che le stava invadendo il territorio.
Annuì guardandola dritta negli occhi, sostenendo il suo sguardo meno pesante di quello di Vegeta ma pur sempre profondo e pieno di fatti poco gradevoli.
La donna sembrò apprezzare quell’atto di coraggio e rispetto da parte della scienziata. Le diede le spalle e si avviò al di fuori del laboratorio. Si fermò sull’uscio e le rivolse un ultimo sguardo.
-Se ha deciso di marchiarti deve tenere parecchio a te. Sono felice di constatare che almeno uno dei miei figli è riuscito dove io ho fallito.-
Dopo di che scomparve oltre la porta del laboratorio, lasciando Bulma in uno stato di confusione più totale.

**

Mentre l’adorata consorte si dilettava a giocare con tutta quella roba meccanica ed elettronica in laboratorio, e con la scusa di dover lavorare se ne andava via facendo finta di sbuffare, quando sapevano entrambi che lei adorava recarsi in laboratorio e sporcarsi le mani di grasso e olio, a lui toccava l’ingrato compito di accudire la principessina di casa.
Ingrato compito perché, nonostante il Saiyan adorasse con tutto se stesso quel frugoletto rosa e azzurro munito di lunga coda marroncina, la piccola Bra alla “veneranda” età di un anno e poco più ancora usava il pannolino. E lui odiava cambiare i pannolini.  Non perché non ne fosse capace, più che altro per il forte odore non proprio gradevole che emanava. Il suo povero sensibile naso era messo a dura prova ogni volta.
- Papà- lo richiamò la dolce vocina della bimba.
Il Saiyan abbassò lo sguardo incrociando quelle due pozze cerulee. La piccola gli indicò lo scaffale davanti al comodo sofà su cui era rimasto seduto, dopo che i fratelli e il figlio si erano rifugiati nella camera di quest’ultimo.
Fissò il mobile cercando di capire cosa potesse volere la figlia: una sfilza di peluche vari era appoggiata ai vari ripiani, davanti ai polverosi e, a suo dire, noiosissimi libri. Bra iniziò a tirargli i pantaloni, non contenta di essere ignorata, e l’uomo fu costretto ad alzarsi per darle retta.
- Cosa vuoi, Bra? - le chiese avvicinandosi allo scaffale impolverato.
La piccola gli indicò qualcosa in alto, dove neanche levitando poteva arrivare dato che i suoi poteri erano ancora acerbi e poco controllati, ma non riuscì a capire dove stesse indicando con precisione. Prese uno dei pupazzi negli scaffali più alti e glielo mostrò, ma Bra scosse la testa.
Allora ne prese un altro e ottenne la stessa razione. Lo fece per altre due volte, poi esasperato le chiese nuovamente cosa volesse. Bra, allora, allungò le braccine verso di lui chiedendo di essere presa in braccio.
Vegeta fece come richiesto e la piccola prese l'agognato peluche a forma di scimmia, mostrandolo poi con orgoglio al genitore con un sorrisone. Il Saiyan la guardò perplesso: che avesse colto la somiglianza tra la sua coda e quella dell’animale?
Scosse la testa. Era sì intelligente e precoce ma diamine!, a mala pena parlava figuriamoci se potesse collegare le due cose.
Bra, grata per l’aiuto che il genitore le aveva dato, lo abbracciò più forte che potè stringendo con le piccole braccia il suo collo taurino.
Vegeta non si oppose né ricambiò il gesto. Semplicemente si godette l’amore e il calore che quel piccolo corpicino poteva sprigionare.
- Ma che padre modello che sei, potresti tenere un corso a tutti i Saiyan maschi con prole.-
Aranel poggiata allo stirpe della porta, aveva osservato tutta la scena in disparte. Dal suo viso non trasparivano altre emozioni se non la derisione. La donna sapeva bene come mascherare i propri sentimenti. Fino a soffocarli.
- Peccato che i Saiyan rimasti si contino sulla punta delle dita di una mano.- rispose con ancora la figlia attaccata al suo collo.
La Saiyan si avvicinò al figlio con passo leggiadro. Era strano pensare che fossero madre e figlio, dovevano avere circa la stessa età anche se ne dimostravano la metà. Il loro sangue alieno impediva al loro corpo di invecchiare come chiunque altro, permettendogli di continuare a combattere per anni.
Vegeta osservò i movimenti materni con attenzione trovando nella sua mente ricordi sfuocati delle stesse movenze, viste da un’angolazione molto più bassa.
Aranel posò i propri occhi scuri sulla bambina che il figlio teneva tra le braccia e le porse il dito, come a chiederle di afferrarlo. Quando la piccola lo fece, lei le sorrise in maniera sincera.
- Ancora non so come si chiama questa creaturina così bella.-
- Bra -
- Hai dato ai tuoi figli nomi piuttosto importanti, eh.-
- Già.-
- Posso prenderla in braccio?-
Vegeta semplicemente le passò la figlia, che non protestò il fatto di essere stata ceduta tipo pacco postale, e si riaccomodò sul divano senza mai staccare gli occhi dalle due.
Bra incatenò il proprio sguardo blu innocente a quello scuro e penetrante della donna, sorreggendolo con innata semplicità. Non che gli occhi della nonna, per quante atrocità avesse visto, fossero poi così pesanti.
La Saiyan iniziò a parlare a Bra nella loro lingua natia, raccontando storie e leggende, canticchiando vecchie canzoncine stupide. Nonostante la piccola mezzosangue non capisse nulla di quello che la donna le stesse dicendo, ascoltò attentamente il suono della sua voce.
Vegeta le osservò per un po’, poi distolse lo sguardo e lo posò sulla tempesta estiva che si sfogava sulla calda città. Si chiese che fine avesse fatto Bulma, che sembrava essere stata inghiottita dal laboratorio. Valutò la possibilità di andarla a recuperare lui stesso.
- Ardua scelta, la tua.-
- Di che parli?-
Aranel creò una sfera di energia che attirò l’attenzione di Bra, l’ingrandì e la rimpicciolì sotto i suoi occhi attenti.
- Della tua situazione. Deve essere stata dura.-
- Non è stata una vera e propria scelta.- borbottò il moro sottovoce.
- Ah no? E cos’è stato allora?-
- Una serie di eventi sfortunati. - borbottò di nuovo.
La Saiyan cedette la sfera di energia alla bambina, che riuscì a mantenerla se pur con delle difficoltà, e si sedette di fianco al figlio maggiore.
- Quindi hai deciso di porre il tuo marchio sulla tua compagna per “una serie di eventi sfortunati”?-
L’uomo sobbalzò appena e lanciò un’occhiata di fuoco alla donna seduta accanto a lui, mandando imprecazioni contro la proprietaria di un caschetto azzurro e una lingua troppo lunga: quella donna e il suo vizio di parlare di tutto a tutti.
Digrignando i denti borbottò imprecazioni in varie lingue.
- Te ne ha parlato lei?-
- No. L’ho visto.-
Il Saiyan fissò la madre al suo fianco, che insegnava a Bra a mantenere una sfera di energia di modeste dimensioni, accigliato. Aveva tirato fuori quell’argomento così delicato con una semplicità impressionante. Riportò lo sguardo sulla finestra osservando le gocce sul vetro giocare a rincorrersi. Nella sua testa si materializzò l’immagine del marchio che aveva posto sulla donna dai capelli azzurri anni prima. A ripensarci lo aveva fatto quasi per istinto, senza tante cerimonie. Probabilmente il suo subconscio sapeva che ne era innamorato ancor prima che lo scoprisse la ragione.
-Quindi?-
- “Quindi” che?-
Aranel piantò gli occhi scuri sulla nuca del figlio, ancora voltato dalla parte opposta. Vegetà sentì il suo sguardo pesargli addosso più di un macigno ma fece finta di niente
-Quindi hai intenzione di illuminarmi sul motivo di un gesto così sconsiderato da parte tua?-
- Io non ho fatto nessun gesto sconsiderato.- ribattè
- Ah no?-
- No.-
Quel discorso cominciava ad irritarlo, odiava chi ficcava il naso in cose che non lo riguardano. E a parte da Bulma, impicciona di natura, non tollerava tale gesto da parte di nessuno.
Sua madre poi, che da quanto ricordava era una donna che si faceva gli affari propri, non aveva alcun diritto di mettere bocca sulla sua vita.
Il silenzio teso riempì lo spazio tra di loro, uno spazio troppo grande per essere colmato da delle parole. Il sofà su cui erano seduti sembrava non far più parte di quella stanza, di quella casa, di quel pianeta.
La corda dell’incomprensione era stata tesa: da una parte una donna che ha perso tutto, dall’altra un ragazzo, ormai uomo, che non aveva intenzione di far entrare la madre nella sua vita.
-E come la chiami allora?- tornò alla carica la donna.
-Come chiamo cosa?-
Aranel ignorò il tono scorbutico del figlio, serrando però la mascella infastidita da tanta rabbia e acidità nelle sue risposte.
-Se ti riferisci a quello non sono affari tuoi.- disse senza voltarsi a guardarla.
Scese di nuovo il silenzio tra i due, un mare di cose non dette e di rimpianti li circondò come degli squali attirati dall’odore del sangue.
Due generazioni diverse, due vite stroncate in modi diversi, due persone con esperienze diverse che non hanno idea di cosa abbia passato l’altro.
Tanta cattiveria come arma di difesa di fronte alla propria privacy messa a nudo, da un lato, e tanta indignazione rispetto a un muro insormontabile, dall’altro.
Fuori dalla vetrata il vento scuoteva con forza le chiome degli alberi, il suo sibilo era a tratti inquietante, e la pioggia battente distruggeva i deboli fiori lasciati a se stessi. Un tuono e la luce a led sul soffitto si spense di botto. Da sopra le proteste di chi era nel bel mezzo di una partita ai videogame.
Vegeta non si scompose, il generatore d’emergenza si sarebbe attivato a momenti riportando la corrente ai principali apparecchi presenti nell’abitazione. Un salva vita per chi lavora prevalentemente al computer.
Un lampo illuminò il viso del principe, visibilmente contrariato dalla piega che la conversazione con la figura materna aveva preso.
Aranel fissò accigliata il profilo del figlio, contrariata per il tono con cui le si stava rivolgendo.
-Sono tua madre.-
-E allora? Non ti da il diritto di ficcare il naso nei miei affari.-
-Ma ti rendi conto di ciò che hai fatto!?-
Vegeta scattò in piedi e strinse i pugni innervosito.
-Certo che lo so! Mi prendi per stupido!?-
Aranel ammutolì di fronte a tale scatto di rabbia limitandosi a fissarlo dal basso, con ancora la nipotina seduta sulle proprie gambe. Forse aveva toccato un tasto dolente ma voleva assolutamente sapere se il figlio fosse stato consapevole mentre eseguiva quel gesto.
-Per quale motivo non vuoi dirmelo?- insistette.
Vegeta ringhiò tra i denti esasperato da quella curiosità senza senso. Cosa le fregava se aveva o meno marchiato una terrestre? Tanto era morta e presto o tardi sarebbe tornata all’inferno e i suoi ricordi cancellati.
-Perchè non sono affari tuoi! Ho fatto delle scelte e non devo renderne conto a te!-
Stavano alzando parecchio il tono di voce, di questo passo si sarebbero sentite le loro urla per l’intera struttura. E non era esattamente ciò che più volevano.
Il Saiyan si passò le mani nella folta chioma corvina in difficoltà. Non gli piaceva parlare delle proprie scelte ma la madre non sembrava voler mollare il colpo. Dannazione era forse più testarda di Bulma!
Un tuono ruppe il silenzio e il lampo illuminò la stanza ancora una volta, rendendo spettrale il volto contratto del principe.
Bra continuava ad essere concentrata esclusivamente sulla sfera di energia che aveva tra le mani, ignorando tutto il resto che la circondava. Nemmeno i toni di un’ottava troppo alta del padre e della nonna la destavano dal suo interessante passatempo. Era talmente concentrata da non rendersi conto di essere nel bel mezzo di una battaglia verbale tra quei due.
-Vuoi sapere perchè l’ho fatto? Ebbene perchè la amo! Contenta adesso?- confessò sprofondando nuovamente sul comodo sofà. -Neanche me ne sono reso conto! Il mio corpo ha agito praticamente da solo.-
Vegeta ricordava che a quel tempo l’unico desiderio che aveva in testa, a parte quello di diventare Super Saiyan e superare Kaarot, era quello di sfogare i suoi istinti animali su quella donna dai capelli azzurri che tanto lo mandava ai matti. Non pensava minimamente al fatto di potersene innamorare e, a maggior ragione, di marchiarla. Quindi quando se ne rese conto, ormai troppo tardi, non disse niente alla giovane donna, che scambiò quel segno per uno dei tanti “inconvenienti” che si avevano andando a letto con un Saiyan.
-Cosa significa “La amo”?- chiese Aranel ripetendo quella parola a lei sconosciuta nella lingua terrestre.
Vegeta sussultò e si maledisse per non aver preso in considerazione il fatto che la madre non potesse in alcun modo conoscere quel termine non sapendo la lingua terrestre.
Panico. E ora? Come avrebbe potuto tradurglielo? Non esisteva una parola simile nella loro lingua, neanche lontanamente.
Rimase in assoluto silenzio cercando di far lavorare il cervello e trovare, nella lingua natia, qualcosa che somigliasse anche di poco a ciò che si intendeva con la parola “amore” .
-Fattelo spiegare da lei cosa significa! Manco io lo sapevo.- sbottò alzandosi dal divano con tutta l’intenzione di mettere fine a quella conversazione.
Strappò la figlioletta, ancora alle prese con la sfera d’energia, dalle braccia della madre ed uscì dalla stanza.
La luce tornò e Aranel si ritrovò a fissare il punto in cui il figlio era scomparso con più punti interrogativi di prima.

**

Sospirò stanca mentre spegneva la luce del laboratorio e si dirigeva in cucina per un po’ d’acqua fresca. Il caldo umido dei temporali estivi non lo sopportava, i vestiti le si appiccicano addosso e lavorare risultava quasi impossibile senza un condizionatore sparato a palla. Aveva bisogno di reidratarsi dopo tutte quelle ore passate alle prese con macchinari incandescenti e con la saldatrice tra le mani.
Percorrendo il corridoio che separava l’ala adibita a casa da quella contenente i laboratori, diede una sbirciata alle finestre chiedendosi quando mai avesse piovuto così tanto in quel periodo. Il pensiero che ciò dipendesse dalla presenza di un morto -senza aureola né permesso- nel mondo dei vivi si fece nuovamente largo nella sua mente. Forse avrebbe dovuto contattare Goku per vedere se lui ne sapesse qualcosa.
Inserì il codice della porta blindata che divideva i suoi due mondi e continuò il suo percorso sfilandosi i guanti e scalciando via le pesanti scarpe ani-infortunistica. Era sempre stata una persona disordinata e, nonostante lo sapesse bene, spesso urlava dietro al figlio, e più raramente al marito, di mettere apposto le proprie cose invece di lasciarle in giro. Non che spettasse a lei mettere in ordine, per quello c’erano i robot domestici, ma il fatto che qualcun altro lasciasse in disordine la irritava.
Raggiunse a piedi scalzi la cucina ma, invece di dirigersi al lavandino per un bicchiere d’acqua, apri il frigorifero e, dopo qualche secondo di contemplazione, scelse di bere una bibita energetica gelata.
Sorseggiando la sua bevanda si rese conto del silenzio irreale che aleggiava nella grande abitazione. Strano per un luogo dove erano radunati ben sei Saiyan. Probabilmente Trunks, Uryasil e Tarble erano di sopra a giocare con i videogame, ma Vegeta? Non sentiva alcun rumore provenire dalla camera gravitazionale, dunque di certo non si stava allenando. Che fosse andato a riposare?
Con la coda dell’occhio intravide una chioma corvina in salotto e, afferrando il rilevatore adibito a traduttore, si diresse verso di essa con l’intento di chiedere alla proprietaria che fine avessero fatto tutti.
-Aranel?-
La Saiyan si voltò verso di lei, non sembrava averla sentita entrare. Strano eppure Bulma era sicura che, nonostante la donna non sapesse percepire le aure e la propria forza spirituale fosse troppo bassa per essere rilevata in automatico dal rilevatore, se ne sarebbe accorta facilmente. Forse era con la testa tra le nuvole.
-Ehm… Vegeta?-
La donna alzò le spalle come a comunicarle che non aveva idea di dove il Saiyan fosse finito.
-Bra?- le chiese di nuovo un po’ incerta.
-Vegeta l’ha portata con sè.- disse sorprendendo la scienziata.
Aranel conosceva il nome di sua figlia? Non ricordava di averglielo detto quindi probabilmente, se non era stata lei, era stato il marito a riferirglielo.
-Posso chiederti una cosa?- disse di nuovo.
L’azzurra annuì curiosa, chissà cosa poteva mai sapere che interessasse alla guerriera. Non ne aveva la minima idea perciò rimase in attesa, sperando che non fosse niente di troppo complicato.
-Cosa significa “la amo”?-
L’azzurra battè le palpebre sorpresa
-Eh?- disse solo.
Aranel la fissò dritta negli occhi e si spiegò meglio:
-Vegeta… Quando gli ho chiesto perchè ti avesse marchiata mi ha detto quelle parole. Ma non ha saputo tradurmelo e ha detto di chiedere a te-
Bene. Ottimo. Come non detto, la Saiyan le aveva chiesto di spiegarle una cosa a cui neanche lei sapeva dare una spiegazione. Vegeta se ne era lavato le mani scaricando la patata bollente su di lei. Si appuntò mentalmente di rinfacciarglielo la prossima volta che lo incrociava.
Ci pensò su a lungo, cercando di trovare le parole più semplici da usare per spiegare una cosa così ampia e complicata come l’amore. Poteva usare le stesse parole che aveva usato con Uryasil? Forse no, la ragazza aveva avuto una leggera spolverata di affetto quando era fuggita da Freezer e approdata su un pianeta che l’aveva praticamente adottata. Aranel probabilmente l’unico tipo di affetto che conosceva era quello tra madre e figlio.
-Non lo sai fare?- le chiese la Saiyan vedendola indugiare.
-No è solo complicato da spiegare.- disse senza pensare a tradurlo.
Infatti quando alzò la testa sulla Saiyan la trovò con un’espressione confusa e si diede della stupida: non conosceva la sua lingua! E come faceva allora a darle una spiegazione?
Bulma si tolse il rilevatore di dosso, lo aprì e premette un paio di pulsanti. Poi lo richiuse e si avvicinò alla suocera, glielo porse e si sedette al suo fianco quando lo calzò.
-Premetto che è un concetto abbastanza ampio, quindi è complicato darti una definizione esatta di ciò che significa. Però proverò lo stesso a farti capire usando concetti semplici. Mi capisci?-
La Saiyan annuì attenta.
Bulma sospirò, prese un sorso della bibita e poi la posò sul tavolino davanti al divano.
-La parola che stai cercando in realtà è “amore”, che è un sentimento, come la rabbia, come la felicità. A differenza di questi due però, l’amore lega due persone non solo se stessi.-
Si fermò un istante per capire se la donna la stesse ascoltando. E a giudicare dalla sua espressione aveva tutta la sua attenzione.
-Diciamo che l’amore è come dividere il proprio cuore a metà, non in maniera letterale ovviamente, e donarle una parte a un’altra persona che dovrà custodirlo e proteggerlo dandoti, a sua volta, metà del suo di cui dovrai avere cura. E’ un tacito consenso nel mettere la propria vita in mano all’altra persona, che alla fin fine è quello che avviene anche con il vostro marchio.-
Bulma si toccò il collo in modo automatico, sorridendo appena al pensiero di condividere qualcosa di così prezioso con il suo Saiyan.
-Quando Vegeta ti ha detto quelle parole intendeva dire che l’ha fatto perchè ha scelto di condividere tutto se stesso con me, compresi paura, terrore e sofferenza. Amarsi significa poter contare sull’altro al centodieci per cento, significa volerlo proteggere a tutti costi, volerlo felice e in pace. Significa volerlo al proprio fianco e poterlo sentire non solo sotto le dita ma anche nell’anima.-
La donna dai capelli azzurri si perse in dolci ricordi, fatti di notti bollenti, frasi appena sussurrate, rari gesti dolci e spontanei. Le tornò in mente quando spiegò cosa fosse l’amore a Vegeta e si rese conto di aver usato le stesse identiche parole e lui ne rimase quasi scottato da quella rivelazione, lei non nè capì il motivo allora. Per il Saiyan quella parola era molto simile alla tradizione del suo popolo di marchiare una donna quindi era più che giustificata la sua iniziale paura e reticenza verso quel sentimento così profondo e importante.
Aranel rimase ad osservare il sorriso appena accennato che si era delineato sulle belle labbra della terrestre, chiedendosi quanto veramente si nascondesse dietro quelle parole. Probabilmente non l’avrebbe mai saputo.
Si tolse il rilevatore e lo porse alla sua interlocutrice che lo indossò alla svelta, consapevole che l’altra voleva dirle qualcosa.
-La tua spiegazione è stata esaustiva ma credo che dietro quelle parole ci sia molto altro. Da come ne parli e da come brillano i tuoi occhi sembra essere qualcosa di molto potente. Devo confessarti che una parte di me è gelosa, perchè tu sei riuscita ad ottenere qualcosa che raramente le donne della mia razza ottenevano. Non so se le due cose si equivalgono o se l’una è il rafforzamento dell’altra, ma sono convinta che di certo non si contrappongono.-
Bulma rimase in ascolto, rimanendo affascinata dal suono tagliente di quella lingua morta con i suoi abitanti. Il tono della regina era solenne e rispettoso, non c’era traccia dell’astio che, all’inizio, credeva albergasse in lei.
In un certo senso la sua gelosia la comprendeva, a volte anche lei era stata gelosa di quelle donne che potevano fare “cose da terrestri” con il proprio marito o compagno senza che egli si sentisse a disagio o cercasse di fuggire via. Ma ciò era un sentimento rilegato ai primi anni di relazione, ormai non le importava più di cosa potesse o non potesse fare con Vegeta. Le bastava avere il Saiyan accanto nella loro quotidianità.
Aranel sembrò soddisfatta della sua spiegazione e non le chiese altro. Calò il silenzio tra le due donne, che non sapevano cosa dire per rompere il gelo che si era creato.
Erano entrambe due donne testarde, determinate e segnate da una relazione burrascosa con un Saiyan reale – una finita meglio dell’altra. Entrambe fiere e forti, caparbi. Avevano molto in comune pur appartenendo a due razze diverse ed essendo cresciute in due modi opposti. E una di quelle tante cose era anche Vegeta, figlio, marito e padre. L’azzurra si chiese come avrebbe cresciuto i suoi figli Aranel se avesse potuto e cosa desiderava per loro. Di sicuro non una vita di schiavitù.
-Mamma! Abbiamo fame!-
La voce di Trunks ruppe finalmente quel silenzio che iniziava ad essere imbarazzante. Il bambino stava scendendo le scale con lentezza, seguito dagli zii intenti a litigare tra di loro su un tentativo di imbroglio da parte di Uryasil, la quale ovviamente negava tutto.
Anche lo stomaco di Aranel si mise a brontolare e Vegeta comparve all’improvviso da chissà dove, puntuale come un orologio, alla ricerca di cibo.
Bulma sospirò e si arrese all’idea di essere circondata da Saiyan affamati. Premette un pulsante sul telecomando abbandonato sul tavolino lì davanti e i robot domestici si misero all’opera, preparando cibo per un esercito.
I due fratelli continuarono a litigare e a scambiarsi insulti nella loro lingua, Vegeta li ignorò passando in mezzo accomodandosi sul divano e Trunks rideva sotto i baffi.
Aranel li guardò un po’ stralunata, l’aria di serenità che si respirava in quella casa non l’aveva mai sentita. Neanche prima dell’avvento di Freezer, nella loro specie esistevano delle regole severe sul comportamento da tenere. Quindi vedere che si rivolgevano gli uni agli altri in modo così informale la destabilizzava un pochino.
Come se la combriccola composta dai Saiyan -che tra l’altro erano tutti parte della stessa famiglia- non fosse già abbastanza problematica da gestire, Yamcha pensò bene di tornare a “casa” proprio quella sera rimanendo per qualche secondo fermo sulla soglia alla vista di tanta gente coda-munita nel salotto. Quando era andato via i Saiyan erano tre, perchè si erano improvvisamente moltiplicati?
Bulma lo accolse portandolo via dalla soglia tirandolo da un braccio e gli spiegò la situazione, presentandogli i fratelli e la defunta madre di Vegeta, il quale non sapeva se essere felice di poter tornare ad umiliare il terrestre o contrariato dal fatto che dopo più di un anno continuasse a non voler sloggiare.
Yamcha fece un mezzo gesto di saluto con la mano, non sapendo se qualcuno potesse capire la sua lingua, e si dileguò in mezzo secondo nella sua stanza.
Nel frattempo che i robot terminavano di preparare la cena, Trunks improvvisò con Uryasil un piccolo scontro cercando di tenere l’aura il più bassa possibile. Bulma non ne fu molto contenta ma non protestò.
Quando Yamcha finalmente si riaffacciò nel salotto e chiese ai proprietari di casa se potesse usare la stanza gravitazionale ogni tanto, quando Vegeta non la stesse usando, per allenarsi un po’, si guadagnò, oltre alle occhiate quasi omicide di Vegeta, anche altre sei paia di occhi puntati addosso, di cui quattro erano neri. In quel momento ebbe voglia di sprofondare in un baratro profondo quanto l’umiliazione che sentiva addosso o scomparire come faceva Goku con il teletrasporto.
-Basta che non combini casini con i comandi.- gli rispose gentilmente Bulma.
-O che non ti ritrovi faccia a terra per la gravità troppo alta.- lo prese in giro Vegeta ricordando quando il terrestre, invidioso, aveva tentato di entrare nella stanza finendo per rischiare di morire schiacciato sotto il suo stesso peso.
L’azzurra scosse la testa e non prese le difese dell’amico che, in imbarazzo, aveva cominciato a ridere in maniera strana, nè assecondò il tentativo di umiliazione del marito. Piuttosto rimase neutrale e si alzò dal divano, annunciando che si sarebbe andata a fare un doccia rigenerante, lasciando Yamcha in balia dei Saiyan presenti.
Anche Bra fece la propria comparsa, raggiungendo le braccia paterne fluttuando, per quanto la sua instabile energia spirituale le permettesse. Si fece però mettere giù quasi subito, attratta dai giocattoli sparsi sul pavimento.
Quando Yamcha le si avvicinò, con l’intento di giocare un po’ con lei in attesa della cena, la bimba gli porse una macchinina azzurra invitandolo a partecipare. Ovviamente tutto ciò accadde sotto lo sguardo attento di Vegeta.
Finalmente la cena fu pronta e anche Bulma tornò tra i guerrieri, stavolta pulita e profumata, calzando un pantaloncino di jeans e una t-shirt nera infilata all’interno.
Il profumino del cibo in talvolta spinse i Saiyan presenti a litigarsi fin da subito le porzioni, ancor prima di sedersi a tavola.
Vegeta mise Bra nel seggiolone e prese posto tra moglie e figlio, lontano dai fratelli e, soprattutto, da Yamcha il quale si ritrovò tra Tarble e Uryasil che si litigavano anche l’acqua.
Aranel studiò tutti quanti in silenzio, godendosi il cibo terrestre mai prima d’ora assaggiato, e si accorse dell’astio che il figlio maggiore emanava nei confronti del guerriero terrestre soltanto da come egli lo guardava.
-Perchè tuo fratello odia tanto quel tizio?- chiese alla figlia accanto a lei.
-Perchè Yamcha è l’ex fidanzato di Bulma, tra loro c’è una sorta di rivalità territoriale. - le rispose in lingua terrestre Uryasil sogghignando.
Dei diretti interessati solo Bulma si fermò ad ascoltare, in quanto Vegeta era più concentrato a mangiare e Yamcha non voleva essere preso di mira ancora.
Aranel battè gli occhi confusa e chiese ai presenti come fossero finiti insieme Vegeta, un alieno, e Bulma, terrestre, quando c’era già un altro terrestre di mezzo.
Uryasil scoppiò a ridere e rispose alla madre che il terrestre era stato così idiota da farsi fregare la ragazza sotto il naso dal primo uomo che aveva messo piede in casa sua, alieno tra l’altro.
I commensali continuarono a parlottare nelle due lingue, traducendo le domande di Aranel e rispondendo nella lingua terrestre, in quanto lei portasse ancora il rilevatore modificato da Bulma addosso.
A fine pasto, per la felicità di Vegeta, rimasero tutti quanti nel grande salone della casa a cupola ad intrattenersi nei modi più disparati. Yamcha aveva declinato l’invito a passare altro tempo con loro mettendoli al corrente del fatto che avesse un appuntamento quella sera. Bulma allora si raccomandò, nel caso fosse tornano a tarda notte o al mattino presto, di usare il display di riconoscimento vocale e non inserire la chiave nella toppa, in quanto avrebbe fatto scattare l’allarme svegliando mezza città. Il guerriero la rassicurò dicendo che avrebbe fatto come gli era stato detto, poi uscì di casa sbattendo la porta.
Aranel si intratteneva con la più piccola di casa, che aveva preso in simpatia, e scambiava qualche parola con Trunks, il quale stava giocando alla play station insieme agli zii e al padre, alternandosi.
Bulma invece si era chiusa nuovamente in laboratorio avendo del lavoro da portare a termine, lasciando al marito il compito di comportarsi come il perfetto padrone di casa.
I maschietti coda muniti, o almeno in teoria, più Uryasil se le davano di santa ragione attraverso uno dei giochi ultra violenti del ragazzino con i capelli glicine. La libreria video-ludica di Trunks comprendeva ben pochi titoli che non avessero sangue o combattimenti vari, guadagnandosi, ad ogni nuovo acquisto, “l’accusa” materna di star diventando guerra-dipendente come il padre, a cui lui non dava molto peso.
L’atmosfera rilassata fece un effetto calmante sui nervi perennemente tesi dei purosangue, abituati a rimanere sull’attenti tutto il tempo. E mentre ormai Vegeta e Uryasil ci avevano fatto l’abitudine, e per Tarble non era mai stato un problema, Aranel lo trovò strano e surreale. Non sapeva neanche quando fosse stata l’ultima volta che si era sentita così al sicuro e a proprio agio in qualche posto, sempre che ci fosse mai stata.
La Saiyan con il simbolo reale stampato sull’armatura non aveva idea di cosa fosse la tranquillità familiare, si sentiva un po’ fuori luogo ma non lo diede a vedere continuando a giocare con Bra. Si era affezionata a quella piccoletta nell’arco di poche ore, i suoi occhi limpidi e innocenti le ricordavano prepotentemente l’ultima volta che aveva visto quelli dei suoi figli prima di morire anche se i colori non potevano essere più diversi. Studiò il viso sorridente della bambina cercando somiglianze con quello del figlio maggiore, non trovandone si chiese quanto sangue Saiyan scorresse nelle sue vene. Teoricamente il 50% ma l’aspetto esteriore, coda esclusa, era in tutto e per tutto quello di Bulma quindi umano e il suo rilevatore le dava un’energia piuttosto bassa. Chissà come funzionava sulla Terra l’aspetto di categorizzazione dei guerrieri.
Passarono le ore e pian piano gli usufruenti della stanza cominciarono a ritirarsi per la notte. Tarble fu il primo a dare forfait, distrutto dal lungo viaggio che aveva fatto per arrivare dal suo pianeta alla Terra, e a chiedere a Vegeta quale stanza potesse utilizzare per la notte.
Trunks fu il secondo, quasi spedito a letto a calci in culo dal padre visto l’orario ben oltre la soglia consentita. Borbottò qualcosa ma ubbidì al genitore. Uryasil lo seguì poco tempo dopo, dichiarando di voler fare un bagno rilassante prima di coricarsi, lasciando Aranel, Vegeta e Bra nel grande salotto.
Aranel avvertì il figlio che la bambina stava crollando dal sonno, spingendolo ad alzarsi e prendere in braccio la figlia, la quale si aggrappò a lui tipo ancora di salvezza e si addormentò cullata dal battito cardiaco.
Bulma spuntò una mezz’oretta dopo che Bra si addormentò, affacciandosi al salone diventato improvvisamente silenzioso. Fece un cenno con la mano ad Aranel e si andò a sedere accanto al marito. Solo in quel momento si accorse della presenza di Bra tra le sue braccia forti, aggrappata alla sua maglietta e con la coda attorcigliata attorno al polso della mano che la sorreggeva. Sorrise constatando che Vegeta non si era ancora lamentato del modo in cui la figlia si era addormentata addosso a lui, rifiutando categoricamente di essere messa nel lettino.
Accarezzò con dolcezza i capelli azzurri della sua bambina, facendo attenzione a non svegliarla e rivolse uno sguardo altrettanto dolce al compagno.
La Saiyan osservò la scenetta in silenzio e si trattenne dal dire qualsiasi cosa potesse spezzare quell’atmosfera carica d’amore che si era creata.
-La porto nella sua stanza.- disse dopo svariato tempo il principe, riferendosi alla figlioletta che, finalmente aveva allentato la presa sulla sua maglietta.
Bulma annuì e lo seguì con lo sguardo, fissando la sua schiena muscolosa messa in risalto dal leggero tessuto della T-shirt e la testolina azzurra di Bra appoggiata alla sua spalla, fin quando non scomparve nel buio del corridoio. A quel punto si voltò verso Aranel e le riconsegnò il suo rilevatore, precedentemente preso in prestito.
-Ho apportato qualche modifica, ora puoi usarlo anche come traduttore. Rileva in automatico la lingua e la traduce nella tua. Fa tutto da solo, ti basta spingere questo tasto.- le spiegò indicandole il tasto azzurro all’interno del dispositivo.
La Saiyan lo prese e ringraziò silenziosamente la terrestre restituendole il suo. Le chiese poi se potesse usufruire di una delle loro stanze per riposare. Ovviamente Bulma le disse di sì, e l’accompagnò fino a quelle designata al suo riposo, una delle ultime in fondo al corridoio. Poi si diresse verso la propria e vi entrò chiudendosi la porta alle spalle.

La mattina dopo la regina Saiyan non c’era più. Svanita nel nulla come era apparsa. Probabilmente i casini all’inferno erano stati sistemati e, accortosi della mancanza di un’anima, Re Yammer l’aveva richiamata a sè, restituendole il posto a lei designato.Uryasil, nonostante il suo orgoglio fosse secondo solo a quello del fratello maggiore, fu quella che diede più a vedere che ci era rimasta male dalla seconda prematura scomparsa materna. Era la più piccola, quella che aveva avuto meno tempo da passare insieme alla donna prima della sua morte, e aveva sperato che si sarebbe trattenuta un po’ di più in mezzo a loro nonostante non fosse il suo posto in quanto morta. Si pentì di aver passato il pomeriggio davanti ai videogame invece di parlare con la madre.
Tarble, come il fratello maggiore, non diede a vedere il dispiacere, stampandosi in faccia un’espressione tranquilla volta a consolare la sorella minore davanti alla perdita della genitrice, per la seconda volta.
Vegeta non aprì bocca e la sua espressione, come la sua posa, rimasero invariate dall’istante in cui entrò nella stanza fino a quando ne uscì, voltando le spalle alla sorella, inginocchiata a terra davanti il letto usato dalla donna che aveva dato loro la vita, che tentava in tutti i modi di trattenere le lacrime, al fratellino, che provava a rassicurarla pur sull’orlo delle lacrime e al resto della propria famiglia.
Bulma decise di non seguirlo, rispettando il suo bisogno di allontanarsi da tutti per metabolizzare la cosa a suo modo. Probabilmente Vegeta, anche se non lo dava a vedere, era quello che ne avrebbe sofferto di più. In quanto figlio primogenito aveva avuto l’occasione di passare più tempo di tutti con la figura materna da piccolo, soffrendo maggiormente alla sua scomparsa la prima volta e sentendo ancora una volta quel dolore attanagliargli l’anima di fronte alla seconda, seppur fittizia.
E mentre il caldo vento estivo accarezzava con dolcezza la Città dell’Ovest, scacciando le nuvole che il giorno precedente avevano occupato l’intero manto azzurro, i tre principi eredi affrontavano, ancora una volta, ognuno a modo proprio, la scomparsa di una figura importante persa troppo presto.


*Aranel: “Stella del Re” in Elfico Da aran = “re” ed el =”stella”


 

AngoloAutrice:

Sono tornata! Dopo un anno, credo, che non mi facevo viva sono finalmente riuscita a terminare e pubblicare il nuovo capitolo!
Ho deciso di inserire la madre di Vegeta per dare un tono un po’ più drammatico a questa storia fluffosa e analizzare il rapporto che, secondo me, aveva il nostro caro principe con la figura materna. Spero di non essere scesa nell’ OOC con Vegeta, soprattutto nella parte iniziale.
Cercherò di aggiornare in modo più regolare d’ora in poi, evitando di far passare così tanto tempo tra un capitolo e l’altro.
Aspetto le vostre recensioni :3

angelo_nero

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Capitolo 27
*** Vegeta 'Dad Mode': On ***


-Cosa diavolo significa che ha la febbre!?- sbottò Bulma alzandosi in piedi.
L’intero aeroporto si girò a guardarla, chi con curiosità chi con ammonimento. Bulma sussultò sentendosi in imbarazzo per la figura appena fatta. Diede le spalle alle persone sedute e di affrettò ad abbassare la voce, attendendo che chi dall’altra parte della cornetta le desse una risposta.
-Non mi sembra di aver parlato una lingua a te sconosciuta.- sentenziò una voce maschile dall’altra parte.
-Com’è possibile? Quanto ha?-
Vegeta, appoggiato indolentemente a un mobile all’ingresso, lanciò un’occhiata al termometro poggiato lì di fianco.
-Quarantatre.- disse soltanto.
Bulma si massaggiò la base del naso, riflettendo su quanto cominicatole dal marito a cui aveva affidato la cura di entrambi i figli per quei due giorni in cui lei sarebbe stata via per un convegno di lavoro.

Aveva provato in tutti i modi ad evitare quel viaggio, proprio non le andava di passare del tempo con vecchi bacucchi il cui unico interesse erano i soldi nelle proprie tasche. Quella riunione con a tema le risorse under 30 non sarebbe servita a far cambiare loro idea sul fatto che i giovani fossero tutti stupidi e scansafatiche. Per non parlare dei giovani di sesso femminile, sulle quali non mancavano mai battutine volgari o a sfondo sessuale. Quante volte aveva desiderato chiudere loro la bocca conficcandogli in gola una delle tante penne sparse sul tavolo.
Ma era stata praticamente costretta dall’intero reparto risorse umane, composto da ragazzi da poco laureati che non ne potevano più di fare la gavetta per quattro idioti brizzolati, a partecipare.  
E chi meglio della giovane direttrice dell’azienda? Okay, non era più un under 30 ormai, però sapeva il fatto suo.
Per questo si trovava in aeroporto da ormai due ore in attesa che aprissero l’imbarco. Si era decisamente stupita quando lo smartphone si era messo a squillarle in tasca e sul display era apparso il numero di suo marito -gli aveva regalato uno smartphone dopo aver asserito che se persino Goku aveva imparato ad usarlo lui non avrebbe avuto problemi.- con annessa foto. Si era affrettata a rispondere ma tutto si aspettava tranne che quella notizia.
-Che in termini Saiyan equivale a un trentanove per un comune mortale.- borbottò tra sé tornando a sedere. -Come sta?-
-Dorme.- rispose.
Bulma sospirò passandosi una mano tra i capelli azzurri. Aveva sempre dato per scontato che avere figli da un Saiyan comportava la consapevolezza che farli ammalare era praticamente impossibile, i loro anticorpi erano diecimila volte più potenti di quelli terrestri e i banali virus e batteri presenti sulla Terra poco potevano a confronto. Ovviamente aveva visto i suoi bambini ammalarsi un paio di volte ma era durata meno di un giorno e non li aveva praticamente quasi intaccati, una bella dormita ed erano come nuovi.
Ma sta volta sembrava che Trunks fosse stato messo k.o. da una brutta influenza. Forse aveva beccato qualche strano virus durante il viaggio nello spazio o Uryasil o Tarble gli avevano trasmesso involontariamente qualcosa.
Afferrò al volo la valigia e si diresse all’uscita del gate.
-Okay, torno a casa. Si fottessero loro e la riunione.- sentenziò. -Dammi un’ora e sono lì.-
-Non ci provare, vai a quella stupida riunione.- l’ammonì l’altro.
-Ma, Trunks…!- protestò lei.
-Trunks è forte, non sarà una banale influenza a ucciderlo. Ci penso io qui, tu vai.- le disse.
Bulma fermò la sua corsa a un passo dall’uscita.
-Sei sicuro? Ci metto un attimo ad annullare il volo.- tentò nuovamente lei. Avrebbe dato qualsiasi cosa per non andare.
-Mi prendi per stupido? So come badare a un ragazzino! Ci vediamo domani.- disse e buttò giù.
Bulma si ritrovò a fissare il telefono assente, stordita dalle parole del marito. Sorrise constatando quanto fosse cambiato negli anni, era diventato un genitore responsabile che non ci pensava due volte a farsi carico di tutto per permetterle di lavorare.
Rimise il cellulare in tasca e tornò a sedersi, proprio prima che aprissero il gate. Avendo pagato un biglietto in prima classe, fu tra i primi ad accedere all’aereo e a sedersi al proprio posto.
Sospirò accomodandosi vicino al finestrino, fissò la pista pensierosa chiedendosi se fosse veramente il caso di partire e lasciare il suo primogenito a casa malato. Scosse con veemenza la testa: c’era Vegeta con lui, era in ottime mani.

Il Saiyan rimise il telefono in tasca con stizza, Bulma sembrava non credere che lui potesse benissimo cavarsela da solo non c’era bisogno che lei corresse a casa per fare da crocerossina al figlio. A Trunks sarebbe bastata una bella dormita per tornare in forma, niente di cui preoccuparsi.
-Papà?- mormorò Bra.
Vegeta abbassò lo sguardo sulla figlia che, seduta per terra, lo fissava curiosa facendo le bollicine con la saliva. Ignorò il suo sguardo e la superò, diretto al piano superiore per controllare il figlio maggiore. Aprì la porta della stanza trovandola buia e silenziosa, soltanto il respiro del ragazzino e qualche lieve colpo di tosse. Richiuse lentamente l’uscio dopo essere rimasto qualche attimo in più a fissare la figura avvolta nell’oscurità nel letto.
Tornò al piano di sotto, alla ricerca della secondogenita. La trovò in salotto, circondata dai giocattoli più disparati che tentava di distruggere uno a uno. Le tolse dalle mani quello che sembrava un vecchio dinosauro giocattolo di Trunks, a cui il ragazzino era particolarmente affezionato, e si buttò sul divano osservando la bambina giocare da sola.
Regnò il silenzio più completo per quelle che gli sembrarono ore, Vegeta fissava fuori dalla grande vetrata il tiepido vento del mattino scompigliare le chiome degli alberi del giardino. Era decisamente presto per tutti, Bulma aveva l’aereo alle nove ma voleva essere in largo anticipo, quindi la sveglia era stata fissata per le sei.
Il piano in realtà era quello di alzarsi solo lei, prepararsi e andare in aeroporto dopo aver salutato la famiglia dormiente. Peccato che Bulma non era il tipo di persona che sapeva fare le cose silenziosamente e Vegeta, oltre a possedere un udito molto fino e un sonno assai leggero, non riusciva a dormire gran che senza lei accanto. Così si era alzato anche lui e, dopo un po’ di sano sesso mattutino, l’aveva seguita come un’ombra per tutta casa mentre si preparava e salutava entrambi i figli. Avevano trovato Bra più arzilla che mai, che li aspettava seduta nel lettino con le sbarre intenta ad osservare il coniglio di peluche come se potesse parlare. Non era stato possibile farla riaddormentare, quindi erano stati costretti a farla uscire dalla culla.
-Trunks mi è sembrato caldo.- gli aveva rivelato uscendo dalla stanza del ragazzino.

Lui l’aveva liquidata dicendole che i Saiyan avevano una temperatura più alta di quella terrestre, era normale che le fosse sembrato caldo.
Bulma aveva annuito, anche se non del tutto convinta, ed aveva lasciato l’abitazione, non prima di aver salutato il compagno con un bacio e la figlia con una pernacchia sulla pancia. L’uomo aveva giurato di averle visto scendere una lacrimuccia mentre gli restituiva la bambina, aveva alzato gli occhi al cielo e si era chiuso la porta alle spalle.
-Che silenzio.- borbottò Uryasil sbadigliando. -’Giorno fratellone.-
Vegeta le lanciò a malapena un’occhiata quando entrò in salotto e gli si sedette accanto stiracchiandosi. Assottigliò lo sguardo quando la vide stravaccarsi sul sofà occupando ben più di metà.
-Iaia!- esclamò Bra quando notò la Saiyan.
Uryasil la mise finalmente a fuoco e si affrettò ad alzarsi per prendere in braccio la sua nipotina.
-Ehy! Che ci fai già sveglia, piccola peste!- le disse prima di farle una pernacchia sul pancino.
Bra rise sgambettando felice, abbracciando poi la zia con le paffute braccine. Uryasil ricambiò il contatto, seppur con imbarazzo, quel tipo di manifestazione affettiva era ancora nuova per lei. La mise giù e le si sedette accanto sul tappeto.
-Bulma?- chiese la donna.
-Viaggio di lavoro.- tagliò corto lui fissandole.
La bambina porse un triceratopo alla Saiyan, invitandola a giocare insieme a lei, che invece manovrava un T- Rex di tutto rispetto.
-Senza di te?-
L’uomo scrollò le spalle, a lui poco interessava la burocrazia di quell’impiego che si divertiva a ricoprire per il puro gusto di dare ordini agli altri. I viaggi di lavoro, l’ampliamento del personale, la politica aziendale erano tutte cose che poco lo riguardavano. Se ne era sempre occupata Bulma e a lui andava bene così.
-Se il problema sono i ragazzi potevate tranquillamente lasciarli a me e Tarble.- sentenziò senza prestargli apparentemente attenzione.
Vegeta si ritrovò a fissare la donna con un sopracciglio alzato. Se lei si fosse degnata di voltarsi a guardarlo avrebbe letto nei suoi occhi tutta la perplessità che tale domanda gli provocava. Voleva bene ai suoi fratelli, era felice che fossero ancora in vita e che l'avessero ritrovato dopo anni, però non avrebbe affidato loro neanche una pianta grassa, figuriamoci i suoi figli. Piuttosto li avrebbe lasciati a Junior, che stando alle parole di Videl era un ottimo baby sitter.
-Sì, certo.- disse con sarcasmo.
Uryasil colse al volo l’intonazione nella voce del fratello e decise di voltarsi a guardarlo. Gli lanciò un’occhiataccia mentre lui ovviamente guardava altrove, non interessato al contatto visivo con lei.
-Non mi lasceresti la responsabilità di Trunks e Bra?- gli chiese.
-Ovvio.- disse l’uomo dopo qualche secondo. -Che no.- aggiunse poi.
Un dinosauro venne fermato a un centimetro dalla sua faccia e di certo non ci era arrivato da solo. Spostò lo sguardo sulla sorella che, con ancora il braccio teso, lo fissava in cagnesco, risentita per la mancata fiducia che il fratello riponeva in lei.
-Si da il caso che tua figlia mi adori.- disse gonfiando il petto orgogliosa.
-Bra adora anche tutto ciò che è rosa e che brilla. Non è una fonte attendibile.- la buttò giù l’altro.
A Uryasil venne voglia di strozzarlo, quando ci si metteva diventava più odioso del solito smorzando ogni piccolo interesse nel conoscerlo meglio. Stizzita gli diede le spalle tornando a giocare con la mezzosangue dai capelli azzurri, borbottando sottovoce quanto fosse irrascibile.
-Ti ho sentito.-
La donna si trattenne dal saltargli al collo sfogando la sua rabbia su un pupazzo, stringendolo con così tanta forza da distruggerlo immaginando che fosse la testa del fratello. Ciò le regalò quel minimo di soddisfazione che uno scontro diretto con lui non le avrebbe mai dato.
Vegeta, dal canto suo, neanche aveva fatto caso all’ira della sorella e poco gli importava. Perso nei propri pensieri fissava fuori il sole abbattersi sulle chiome degli alberi e sull’intera città, alzando le temperature e regalando agli abitanti le ultime calde giornate della stagione.
Non si sapeva spiegare il motivo per il quale Trunks, da sempre con una salute di ferro, si potesse essere ammalato in quel modo in piena estate. Si chiese se fosse dipeso da cause extraterrestri o semplicemente da un calo delle difese immunitarie che lo avevano esposto a virus e batteri che, altrimenti, non avrebbero mai attecchito il suo organismo.
Lo smartphone vibrò in tasca un paio di volte e, conscio di chi poteva essere il mittente, si affrettò ad afferrarlo. Lo sbloccò e ben due messaggi fecero la comparsa sullo schermo, entrambi di Bulma che lo avvertiva di essere arrivata e che avrebbe chiamato per sapere le condizioni del primogenito. Alzò gli occhi al cielo e rimise l’oggetto al suo posto senza prendere minimamente in considerazione la possibilità di risponderle.

Bulma sbadigliò per l’ennesima volta quella mattina, seduta con le gambe accavallate su una delle tante sedie rosso scuro della stanza. Dalla posizione in cui era poteva osservare le facce di tutti i presenti, alcuni più interessati di altri che, come lei, sbadigliavano o si distraevano in continuazione. Spostò lo sguardo sull’improvvisato oratore che, con enfasi poco celata, esponeva il proprio pensiero sul progetto esaminato. Non si sforzò neanche di mettere a fuoco cosa ci fosse scritto sulla lavagna o sulla proiezione, si stava già sforzando per rimanere sveglia non le serviva mandare in pappa il cervello a quell’ora del mattino. Manco fossero a scuola!
Annuì un paio di volte quando l’interlocutrice incrociò il suo sguardo, per fare la parvenza che stessa quantomeno ascoltando ciò che stava dicendo quando in realtà avrebbe voluto soltanto dormire. Non era mai stata una tipa mattutina, le alzatacce non facevano per lei. Tornò a fissare lo schermo della LIM assente riflettendo sulle condizioni fisiche del primogenito che, stranamente, si era beccato una tipica influenza terrestre pur non avendone mai contratta una in vita sua. Sperò che non fosse contagiosa o si sarebbe ritrovata con cinque Saiyan ammalati, se contava soltanto quelli della sua famiglia. Sei se Goten avesse girato attorno all’amico malato, cosa molto plausibile dato il forte legame che avevano. Ci mancava poco che vivessero in simbiosi. Si chiese se la fusione avesse rafforzato tale legame, da quel poco che le aveva raccontato Vegeta le menti dei due guerrieri fusi rimanevano distinte ma comunicavano come se fossero una. Le sarebbe piaciuto capirci un po’ di più su quella storia, se magari quel testone aprisse bocca più facilmente invece di farsi tirare fuori le parole con le tenaglie.
Sbuffò conscia che se voleva ricevere qualche informazione decente senza finire con il litigare con l’interlocutore più muto che esista, avrebbe dovuto chiedere a Son-kun o ai due bambini. Chissà magari vedendola interagire con il rivale si sarebbe sbloccato e avrebbe parlato. Sorrise malvagiamente: adorava giocare sulla sua gelosia.

-Trunks?-
Il ragazzino, seduto sul letto, si voltò appena sentendosi chiamare dando modo al genitore di guardarlo negli occhi. Si allungò per accendere l'abat jour accanto a letto, appositamente coperta da un panno per non ferirgli le pupille una volta accesa.
Vegeta si avvicinò al figlio fermandosi a un paio di passi dal letto singolo che ancora portava le lenzuola con i dinosauri. Scrutò il suo viso illuminato appena dalla fioca luce proveniente dalla lampadina di fianco. Non aveva una bella cera, era pallido e visibilmente stanco, le guance arrossate per la febbre erano l’unico tocco di colore sul volto altrimenti cereo del ragazzino. Gli occhi azzurri erano velati e privi della consueta vitalità che li contradistingueva.
-Come ti senti?- gli chiese un po’ impacciato.
Il ragazzino tirò su col naso prima di rispondergli.
-Mi fa male la testa e ho lo stomaco sotto sopra, mi viene da vomitare.- mormorò. -E sono stanchissimo.-
L’uomo prese il viso del ragazzo tra pollice e indice, voltandolo ora da una parte ora dall’altra con delicatezza scrutando una seconda volta il suo aspetto malaticcio. Si allontanò da lui dirigendosi alla parete opposta, aprì la finestra e alzò la serranda.

Trunks mugugnò indispettito dalla luce esterna, abituato all’oscurità della stanza.
-Tieni.- asserì il genitore passandogli il termometro.
Il ragazzino lo fissò per qualche secondo prima di metterselo sotto il braccio e appoggiare la schiena ai cuscini, precedentemente sistemati. Vegeta gli si sedette accanto, in silenzio. Trunks tirava su con il naso e tossiva ma stranamente non gli dava fastidio, anzi era preoccupato per la sua salute. Non era un bambino malatticcio, non lo era mai stato ma sta volta era capitolato. Quale sia il virus che era riuscito a eludere il sistema immunitario Saiyan, rimaneva un mistero.
-Papà?- mugugnò con voce nasale.
-Mh?-
-Secondo te morirò?-
Il Saiyan sussultò sul posto e fece saettare lo sguardo sul figlio che, con il naso totalmente chiuso, respirava con la bocca.
-Non dire stronzate, è una banale influenza.- gli disse.
Trunks alzò lo sguardo sul soffitto tentando invano di riacquistare la respirazione con il naso, era tremendamente fastidioso ora capiva i suoi compagni di scuola quando si lamentavano dell’influenza. Naso chiuso, tosse, febbre, stanchezza perenne, dolori ovunque, avrebbe preferito un allenamento massacrante. Tossì e starnutì in contemporanea maledicendo mentalmente qualsiasi cosa l’avesse fatto ammalare.
Il termometro suonò e Trunks si affrettò a toglierselo di dosso porgendolo poi al padre, non aveva la forza neanche di pensare.
Vegeta afferrò l’oggetto e, dopo aver lanciato un’occhiata al figlio, si concentrò sulle due cifre che lampeggiavano sul display.
-Quarantadue e sei.- gli disse.
Trunks tirò rumorosamente su con il naso.
-Lo sento.- disse con una smorfia contrariata per poi abbandonare la testa sui cuscini mugugnando.
-Hai fame?-
Il glicine spostò appena la testa per osservare il padre che, con la solita espressione corrucciata, se ne stava seduto sul suo letto e lo osservava probabilmente preoccupato. Ci pensò su qualche secondo prima di scuotere la testa in segno di negazione, lo stomaco gli doleva e brontolava da qualche minuto ma la nausea era troppo forte per fargli venire voglia di mangiare.
Si voltò su un fianco colto da una fitta alla testa, desideroso di dormire ancora un po’.
Il Saiyan non fiatò, cogliendo al volo il messaggio non espresso del figlio. Si alzò dal letto, gli scompigliò la chioma lavanda ed uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle. Rimase qualche secondo appena fuori la stanza riflettendo sulla possibilità di chiamare la consorte per comunicarle lo stato di salute del figlio. Prese lo smartphone, lo sbloccò e, quasi l’avesse letto nel pensiero, il numero della compagna fu il primo ad essere visualizzato in rubrica. Gli scocciava un po’ farle rapporto ma alla fin fine il figlio era di entrambi.
Fece partire la chiamata.
-Wow! Raramente ho visto una temperatura così alta!- asserì Uryasil spuntando da chissà dove. -Trunks sta male?-
L’altro annuì semplicemente facendole poi segno di starsi zitta ma l’altra lo ignorò sfilandogli il termometro dalle mani.
-Febbre? Come mai? Noi Saiyan non ci ammaliamo spesso, forse è colpa del fatto che è mezzosangue.- ragionò ad alta voce guadagnandosi un’occhiataccia dal fratello.
Il maggiore mimò con le labbra la parola “silenzio” nella loro lingua natia. La donna gli fece la linguaccia però ammutolì, spostando lo sguardo altrove mentre lui si spostava qualche passo lontano dalla stanza per non disturbare il suo occupante.
-Oh, Vegeta! Ti stavo per chiamare, qui è di una noia mortale! Come sta Trunks?-  esclamò Bulma.
Vegeta alzò gli occhi al cielo di fronte alla veemenza con la quale la donna aveva risposto alla sua chiamata. Sempre così esagerata.
-Come vuoi che stia? Ha la febbre, è uno straccio.- le disse appoggiandosi al muro.
Bulma alzò gli occhi al cielo mentre qualcuno la invitava ad abbassare la voce, in quanto di trovassero in un edificio con sale adibite prevalentemente a riunioni. Ignorò chiunque si trovasse nei paraggi e si concentrò sulla chiamata, decidendo di andarsi a prendere qualcosa alle macchinette. La sala relax non era lontana da dove si era riunito il convegno della Capsule Corp. ma a lei sembrò di stare su un altro universo quando, raggiunta, potè bearsi della tranquillità lasciandosi cadere su una delle poltroncine. Sospirò fissando la macchinetta con un’improvvisa voglia di cioccolato.
-Quanto?- chiese al marito.
-Quarantadue e sei.-
Prese a massaggiarsi una tempia con l’altra mano chiedendosi se fosse stato opportuno partire ugualmente con il figlio in quelle condizioni. Che madre degenere, sarebbe dovuta rimanere a casa e mandare a tutti quel paese, anche perchè di tutta quella storia a lei fregava meno di zero.
-Siamo sempre lì, ha mangiato?-
-No, ha detto di avere lo stomaco sottosopra.- le riferì.
Bulma per poco non scattò in piedi a quella risposta. Che diamine, Vegeta doveva sapere l’importanza del cibo in una veloce guarigione, per di più se il malato è un Saiyan che non farebbe altro che mangiare tutto il giorno.
-Come no!? Se non mangia niente non ce la farà a rimettersi in piedi!- sbottò. -Dovresti saperlo meglio di me che ha bisogno di mangiare per recuperare le forze! Sei proprio un idiota!-
-La smetti di urlare? Stai dando di matto per una banale influenza! Trunks è abbastanza grande da sapere se ha fame e agire di conseguenza, non ha bisogno della balia. Cosa dovrei fare, imboccarlo a forza!?- gli urlò di rimando lui per poi ricordarsi del figlio dormiente a pochi passi.
Uryasil fissò il fratello senza capire il motivo di quello scatto di rabbia nei confronti di chi stava all’altro capo del telefono. Si fermò ad ascoltare cercando di venirne a capo.
-Sì, se fosse necessario!- rispose lei alzandosi in piedi di scatto.
La sala era vuota, c’era soltanto lei e quattro poltroncine bianche, asettiche come il resto di quell’edificio. Dato l’orario la maggior parte delle persone stavano lavorando e non era il caso di alzare eccessivamente il tono della voce se non voleva che la segretaria la richiamasse di nuovo.
-Non capisco questo tuo panico per una cosa così stupida.- borbottò lui.
-Voi Saiyan avete il brutto vizio di non ammalarvi mai, è ovvio che vado nel panico quando succede! Non ho idea di cosa fare o come curarlo, da qui poi!-
Vegeta alzò un sopracciglio confuso dal fatto che avesse etichettato come brutto vizio la facoltà di stare sempre bene dovuta al sangue alieno che gli scorreva nelle vene, il viaggio doveva averle dato alla testa. Gli tornò alla mente il giorno dell’esplosione della camera gravitazionale, della paura che aveva letto nei suoi occhi nel vederlo fuori combattimento, inerme tra le sue braccia coperto di ferite più o meno profonde. Quantomeno quel giorno la causa del suo male era nota a tutti e si era rimesso in piedi alla velocità della luce, forse anche troppo presto dato che aveva poi rischiato di collassare di nuovo nella stanza e si era guadagnato una strigliata da lei.
Si passò una mano sul viso trovando la situazione simile, soltanto che quello inerme era Trunks e le sue “ferite” non erano esterne e facili da curare, e lei era lontana centinaia di chilometri da casa. Okay, forse aveva il diritto di dare di matto ma Trunks non era solo, c’era lui. Che in effetti ci capiva poco di malanni vari però sapeva cosa andava fatto e cosa no senza che lei gli stesse con il fiato sul collo.
-Non ha bisogno di essere curato, gli basta una dormita rigenerante e domani starà meglio. Non c’è bisogno di tutto questo teatro.- le disse in tono piatto.
La sentì sospirare dall’altra parte del telefono e si chiese quanto stesse diventando matta per quella storia, manco fosse mezzo morto a causa di uno scontro. Probabilmente sarebbe stata meno preoccupata. Lei e le sue paranoie.
-Lo spero, tesoro, lo spero.- mormorò appena.
Si sentiva impotente e non le piaceva, sarà stata anche una stupida influenza ma non aveva idea degli effetti che poteva dare sui mezzosangue o cosa potesse dargli per farlo stare meglio. Alzò lo sguardo dal pavimento e incrociò gli occhi della segretaria che le fece cenno di tornare in sala, probabilmente qualcuno aveva notato la sua assenza. Le fece di sì con la testa e la vide sparire nel corridoio.
-Ascolta io devo tornare dentro, tienimi aggiornata sulle sue condizioni. Misuragli la febbre ogni due ore e se vedi che non si abbassa ci sono delle gocce nell’armadietto del nostro bagno. La boccetta ha un’etichetta blu, dagliene quindici con mezzo bicchiere d’acqua.- gli spiegò mentre un forte mal di testa cominciava a pulsare sulle tempie.
Il Saiyan si appuntò mentalmente quanto la consorte gli stava dicendo, anche se non vedeva l’utilità di un medicinale terrestre su un mezzosangue. Avevano appurato ormai da anni che i farmaci terrestri non avevano effetto sul loro organismo alieno. Preferì non discutere, sarebbe stata capace di non smettere più.
-È un farmaco potenziato, se te lo stai chiedendo. Non lo farà guarire ma lo aiuta ad alleviare i sintomi e abbassa la febbre. Ti chiamo quando esco da qui.- gli spiegò quasi lo avesse letto nel pensiero. Dopo anni che stavano assieme poteva tranquillamente anticipare le sue domande, soprattutto quelle inespresse.
Vegeta fece una smorfia poco convinta alla prospettiva di essere praticamente stalkerato dalle sue chiamate. Non fiatò, evitando una terza guerra mondiale di parole.
-Come ti pare.-
Ed era sicuro che lei stesse sorridendo dall’altra parte.
-A più tardi. Ti amo.- disse Bulma e chiuse la chiamata.
Invece di tornare dentro, Bulma si prese altri dieci minuti di pausa prendendosi un caffè alla macchinetta. Magari le avrebbe calmato il mal di testa.

Bra afferrò i pantaloni del padre e li tirò verso il basso richiamando la sua attenzione a quello strattone. Incrociò il suo sguardo scuro ed inclinò la testa.
-Pappa.- disse.
Il Saiyan sbuffò, ricordandosi che la figlia fosse a digiuno. La prese in braccio e lanciò uno sguardo alla sorella, che lo fissava derisoria e con la battuta sulla punta della lingua.
-Non ci provare. Prendi Tarble e andate a farvi un giro.-
-Eh? E dove?-
-Non m'interessa, basta che vi togliete dai piedi. Ho già due bambini a cui badare, non me ne servono altri.- sentenziò scendendo le scale.
Uryasil gli fece il verso quando era ormai al piano inferiore mandandolo anche a quel paese in più di una lingua. Non era una bambina, non aveva bisogno delle cure del fratello nè di stargli tra i piedi come i suoi figli e la cosa che però lui si ostinava a considerarla una rompiscatole le dava sui nervi. Andò a recuperare il fratello, buttandolo giù dal letto in una maniera tutt’altro che delicata, spalancando con forza la porta della camera in cui riposava e trascinandolo fuori le coperte contro la sua volontà. Inutili furono le sue proteste, Tarble era come al solito bullizzato dalla sorella a causa del suo carattere mansueto.
I due, dopo aver rubato dei vestiti terrestri dagli armadi dell’allegra famigliola, uscirono di casa senza neanche far colazione -nonostante Tarble sbavasse su tutto ciò che c’era a tavola- sbattendo la porta ed ignorando il fratello maggiore che, con un sopracciglio alzato, fissò l’intera scena senza fiatare.
-Tieni.- disse a Bra consegnandole il suo biberon stracolmo di latte e biscotti, il primo di sei già pronti.
La bambina prese la sua colazione e si piazzò davanti alla tv, dove un cartone animato per bambini piccoli aveva il compito di intrattenerla per un po’, almeno finchè anche Vegeta non avesse terminato la sua di colazione.
Data la voracità tipica della loro razza, nessuno dei due impiegò poi molto tempo a trangugiare tutto il cibo che avesse sotto il naso. Bra richiamò l’attenzione paterna, costringendolo a prendere parte ai suoi giochi privi di qualsiasi logica dove il massimo che lui doveva fare era stare a guardare ciò si inventava.
La mattinata trascorse veloce, padre e figlia si stancarono presto di giocare insieme, data la poca collaborazione di lui e le limitate capacità intellettive di lei. Alla fine si ritrovarono nella stessa stanza ma con due occupazioni diverse, ovviamente senza che il Saiyan distogliesse lo sguardo scuro dalla figlioletta.
Fu proprio lo stomaco di Bra a iniziare a borbottare per primo intorno a mezzogiorno. Quindi, armato di una pazienza che non credeva di possedere ma che aveva imparato a usare con la figlia minore, che era più una trottola vivente che una persona, si appropinquò a nutrire la mezzosangue che non stava mai ferma. Dovette legarla, letteralmente, al seggiolone per poterla fare mangiare in maniera decente senza distruggere mezza casa o le sue facoltà mentali. Mai, prima della nascita di quel turbine azzurro, avrebbe detto che badare a un bambino poteva essere molto più complicato e faticoso di un combattimento all’ultimo sangue. Eppure era certo che se non ci fosse stata Bulma a dargli il cambio, avrebbe dato di matto molto presto. Per fortuna la consorte accorreva in suo aiuto ogni qual volta lo vedeva in difficoltà o sul punto di esplodere, cosa assai rara visto la venerazione che aveva per la secondogenita.
Bra fu lasciata libera di tornare a distruggere i suoi giochi a pasto completato e a ruttino ultimato. La bimba sembrava la persona più tranquilla al mondo, finchè non si arrabbiava o la si lasciava sola per troppo tempo. A quel punto o si scatenava l’inferno o calava il silenzio più totale, entrambe le opzioni erano tremende per chi le stava attorno. La codina marroncina ondeggiava alle sue spalle e la piccola emetteva versi incomprensibili misti alle poche parole conosciute. Era piuttosto calma con lo stomaco pieno, come tutti i Saiyan.
Il rumore di piccoli passi attutiti si avvertì a malapena sopra al vociare della televisione accesa. Il suo udito fine non si lasciava sfuggire niente e il suono dei passi del figlio ormai gli era entrato in testa. Alzò lo sguardo dal divano e lo trovò in piedi sulla soglia del salotto.
-Che ci fai in piedi?- gli chiese.
Il ragazzino si strofinò un occhio apparendo agli occhi del genitore ancora più piccolo di quanto già non fosse. Era pallido con le guance arrossate, i capelli arruffati e leggermente appiccicato alla fronte. Il pigiama estivo blu, composto da un pantaloncino e una maglietta a mezze maniche, gli cadeva preciso sul fisico asciutto e allenato pur rimanendo quello di un bambino di undici anni.
-Ho fame, papà. Non riesco a dormire con lo stomaco che brontola.- si lamentò sbadigliando.
Vegeta si alzò dal divano, lasciando Bra a giocare da sola su di esso, e si avvicinò al figlio maggiore. Gli posò una mano sulla fronte per verificare la presenza o meno di febbre, un gesto usuale per qualsiasi genitore ma che per Trunks, nonostante lo stato in cui versasse, aveva un qualcosa in più. Non fiatò per gli interminabili secondi che il padre compì quel gesto, non che avrebbe potuto protestare comunque. 
-Siediti, prima di crollare per terra. Ti preparo qualcosa.- gli disse superandolo e dirigendosi in cucina.
Trunks annuì e si andò a sedere sul divano, accanto alla sorellina che scese subito dopo andando a rovistare tra i suoi giochi. Il ragazzino la fissò confuso, e Bra tornò da lui con un dinosauro e un termometro giocattolo tra le mani. 
-Oniichan male.- disse porgendogli i giocattoli 
Trunks sorrise appena alla sorellina, constatando ancora una volta quanto sveglia fosse per l’età che aveva.  Si sdraiò poi sul divano, colto da un capogiro. Chiuse gli occhi cercando di rilassarsi.
-Non dormire, mangia prima.- 
La voce del padre gli arrivò forte e chiara a pochi centimetri, aprì perciò gli occhi blu e mise a fuoco l'ingente quantità di cibo che gli mise davanti. Il profumino era piacevole, non si fece molte domande sulle abilità culinarie del genitore e si sforzò per mettersi seduto. Aveva perso la cognizione del tempo.
Vegeta gli si sedette affianco apparentemente non interessato senza però mai perderlo di vista. Attese che finisse di mangiare osservando distrattamente la TV accesa su un canale casuale. Bra giocava sul tappeto poco più avanti senza lamentarsi. 
Quando Trunks posò le bacchette sul vassoio, Vegeta notò che aveva mangiato meno della metà di quanto faceva di solito probabilmente dovuto allo stato in cui versava. Il ragazzino tornò a sdraiarsi, posando il capo sulle gambe del padre.
-Misura la febbre, così tua madre non mi urla contro.- gli disse porgendogli il termometro.
Trunks ubbidì mettendosi il termometro sotto al braccio e chiuse gli occhi. 
Scese il silenzio, i versi di Bra erano l'unica cosa che si percepiva a parte il sottofondo televisivo.
Il termometro suonò e il Saiyan attese che il figlio glielo porgesse. Ma ciò non accadde. Abbassò lo sguardo su di lui, trovandolo placidamente addormentato su di sé. Con delicatezza , allora, sfilò l'oggetto e controllò la temperatura misurata: quaranta e mezzo. La febbre era scesa, per questo era riuscito ad alzarsi dal letto e raggiungere il salotto. Però non era abbastanza bassa da fargli tornare il solito appetito ed era crollato addormentato, sicuramente con un forte mal di testa. Non lo svegliò nè si spostò, afferrò una coperta buttata lì di fianco e coprì il figlio. Assurdo con una temperatura di trentagradi esterna ma il ragazzino tremava di freddo e sudava insieme. Non voleva peggiorare la situazione. Si sistemò meglio sul sofà e mandò un veloce messaggio alla consorte con la temperatura e lo stato del figlio, sarebbe stata contenta di sapere che era riuscito a farlo mangiare. Accarezzò con delicatezza i capelli glicine del figlio che si raggomitolò su se stesso stringendosi a lui.
Si lasciò sfuggire un sospiro godendosi la quiete di quella casa solitamente confusionaria. Non si spostò dalla posizione per non svegliare il figlio, non gli dispiaceva prendersi cura di lui. Un tempo l’avrebbe scansato malamente e se ne sarebbe andato, schifato per quei sentimenti che non voleva provare nè manifestare. Si sarebbe richiuso nella stanza gravitazionale e avrebbe ignorato tutti, attendendo un nuovo scontro tra pesanti allenamenti che finivano a tarda notte.
Alla fin fine non era poi così male godersi la pace e la compagnia della propria famiglia, allentando il ritmo e cercando di imparare a rilassarsi. Ovviamente l’adrenalina dello scontro la preferiva alla noia della pace, era pur sempre un guerriero Saiyan, però staccare la spina gli faceva bene e con il tempo aveva imparato a non odiare quei giorni di tranquillità familiare.
Mancavano venti minuti alle due quando il cellulare, poggiato sul tavolino lì davanti, si mise a vibrare. Fu tentato di ignorarlo ma conosceva chi lo stava cercando e non aveva voglia di subirsela pure a distanza, perciò afferrò l’oggetto e lo sbloccò.
“Quantomeno gli si è abbassata, dagliele lo stesso le gocce quando si sveglia. Bra?” recitava il messaggio della donna.
Il Saiyan lanciò uno sguardo alla bambina che, per qualche motivo a lui sconosciuto, si divertiva a staccare ed a riattaccare le teste delle bambole. Era decisamente più brava a staccarle che a rimetterle al loro posto, e quando raggiunse un numero di decapitati maggiore di quelli con ancora la testa sulle spalle -letteralmente- si alzò.
Vegeta seguì i suoi movimenti fino a che non gli si fermò davanti, due bambole in una mano e le teste nell’altra tese davanti a sè. Il genitore alzò un sopracciglio confuso ma prese ugualmente i giocattoli e, dopo aver fissato la figlia per qualche istante, li rimontò in un secondo. Bra ne sembrò entusiasta dato che gli portò tutte le bambole decapitate ed attese trepidante che il padre gliele rimontasse.
“Decapita le bambole ma non è capace a rimontarle.” le rispose.
Bulma per poco non scoppiò a ridere di fronte a quel messaggio, si trattenne con le lacrime agli occhi per evitare di fare figuracce in mezzo a tutti quegli uomini seri in giacca e cravatta. Si sentiva un’adolescente che si nascondeva dall’insegnante messaggiando dietro l’astuccio, per niente interessata alla lezione.
Quella bambina si presentava sempre più sadica, con comportamenti che, un bambino normale, non avrebbe. Tipo quello di decapitare le bambole. Vegeta si ostinava a dire che non gli somigliava quando Bra aveva “gusti” piuttosto simili ai suoi.
“Mi ricorda qualcuno.”
Vegeta prese quel messaggio come una frecciatina ma la ignorò riconsegnando l’ultima bambola alla figlia. Bra gli lasciò un bacio sulla guancia come ringraziamento e tornò a giocare, probabilmente rendendo vittime di mutilazioni qualche altro giocattolo innocente, mentre lui si premurò di rispondere alla donna.
“Non dovresti essere in riunione?” le chiese.
Bulma sbuffò.
“Lo sono ma mi annoio.” rispose.
La risposta del compagno tardò ad arrivare così si costrinse ad ascoltare almeno per qualche minuto, quantomeno per capire di cosa stessero parlando. Lanciò un’occhiata alla lavagna interattiva sulla quale erano proiettate delle slide con grafici e altra roba noiosa, accanto una scrittura tondeggiante e precisa aveva appuntato varie parole apparentemente non connesse tra di loro. L’azzurra neanche cercò di pensarci, preferendo ascoltare ciò che una ragazza dai corti capelli chiari stava illustrando.
Il telefono vibrò e la sua concentrazione sul discorso si volatilizzò. Aggrottò le sopracciglia leggendo il nuovo messaggio ricevuto.
“E allora smettila di rompere a me e fai il tuo dovere.”
Non gli rispose, lanciando malamente lo smartphone nella borsa e incrociando le braccia al petto. Le era sembrato troppo gentile infatti, mai fidarsi di quello scimmione. Abbandonò completamente l’idea di intrattenersi messaggiando con il marito e si concentrò sulla riunione, più tardi l’avrebbe chiamato e gliene avrebbe dette quattro.

La quiete di casa venne interrotta brutalmente dall'arrivo di un inatteso, quando indesiderato, ospite che, al contrario di tutti i comuni mortali, si era direttamente teletrasportato dentro casa bypassando tutti i concetti di educazione e privacy esistenti.
-Ehilà!- esclamò un entusiasta Goku.
Trunks sussultò nel sonno e Vegeta lo fulminò con lo sguardo prima di intimargli di fare silenzio. Indicò il ragazzino placidamente addormentato su di sé quando vide lo sguardo confuso del rivale.
-Oh.- disse Goku per poi abbassarsi all'altezza del viso del mezzosangue. -Non è un po' presto per dormire?- chiese sottovoce.
Vegeta alzò gli occhi al cielo e fu tentato di urlargli dietro i peggio insulti ma si trattenne. E siccome conosceva i modi di fare dell'altro, decise di portare il figlio in camera così che potesse riposare tranquillo.
Goku osservò l'amico prendere in braccio il ragazzino incuriosito, non lo aveva mai visto in atteggiamenti così affettuosi nei confronti di nessuno nonostante sapesse che amasse la sua famiglia più di quanto lui stesso facesse con la propria. Rimase immobile nella stessa posizione fissando le scale che portavano al piano di sotto.
-’oku!- esclamò Bra riconoscendolo ed attirandone l’attenzione.
L’eroe sembrò essersi accorto solo in quel momento della bambina che, malferma sulle gambine paffute, gli corse incontro. La prese al volo sollevandola in aria facendola ridere.
-Ehy, principessa! Il tuo papà mi tratta male.- le disse lanciandola in aria e riprendendola al volo.
Bra rise di gusto e Goku non perse tempo rigirandosela un po’ come gli andava per farla divertire: la mise a testa in giù, la fece tornare dritta, la lanciò in aria e la riprese, le fece fare una piroetta e infine se la mise a cavalcioni sulle spalle. Gli piacevano i bambini.
Le risate della piccola arrivarono fino alle orecchie del padre che, borbottando sottovoce qualche insulto al consanguineo, mise sotto le coperte Trunks, chiuse le tende e spense la luce lasciata accesa sul comodino. Gli sfiorò la fronte prima di uscire, poi si chiuse la porta alle spalle lanciandogli un’ultima occhiata.
Tornò al piano inferiore, dove trovò Goku che teneva a testa in giù la bambina. Li osservò con un sopracciglio alzato.
-Non so quanto ti convenga tenerla in quella posizione, ha mangiato da poco.- lo avvertì tornando a sedersi.
Il ragazzo troppo cresciuto capì l’antifona e rimise dritta la mezzosangue, assicurandosi poi che non stesse per rimettergli addosso.
Il Saiyan maggiore rimase in piedi ad osservare l'altro che giocava con Bra senza sballottolarla troppo. Non gli piaceva granchè il fatto che coccolasse la sua principessa ma decise di sorvolare momentaneamente. 
-Cos'ha Trunks? Non mi sembrava granchè in forma.- chiese Goku mentre Bra gli si arrampicava addosso.
-Influenza.- rispose appena. 
Goku lo guardò sorpreso e stranito. 
-Ero convinto che non potessimo ammalarci.- 
Vegeta alzò le spalle osservando la figlia che tirava i capelli del rivale trovandolo un gioco divertente. 
Goku si tolse la bambina dalla testa rimettendola a terra, così che non potesse far danni, invitandola a giocare con qualcosa di diverso dai propri capelli. Ad esempio quel pupazzo a forma di papera che faceva rumore. Bra, interessata al suono emesso dal giocattolo, inclinò la testolina di lato quando Goku lo premette di nuovo. Allungò poi le braccia per afferrarlo ma l'adulto lo portò lontano dalle sue mani. 
-Che ci fai qui?- gli chiese Vegeta. 
Goku fece squittire la papera e Bra, tentando di afferla, gli cadde addosso. Infastidita, la bimba, una volta tiratasi su, si sedette a terra incrociando le braccine al petto imitando la tipica posa paterna. Il ragazzone le sorrise consegnandole finalmente il giocattolo.
-Volevo chiederti se ti andava di venire con me sul pianeta di Lord Beerus, per un allenamento intensivo.- disse voltandosi a guardarlo. 
Vegeta se lo aspettava: tipico, non poteva di certo cercarlo per un motivo diverso. Si chiese se, nonostante avesse visto le condizioni in cui Trunks riversava, avesse ancora intenzione di trascinarlo da quel gatto troppo cresciuto. Lo fissò in attesa, come se volesse che aggiungesse qualcosa, e Goku ricambiò lo sguardo, probabilmente attendendo una sua risposta. 
-Cosa?- 
Goku batté le palpebre sfoderando uno dei suoi mega sorrisi che convinceva sempre tutti che fosse tutto a posto ma che, a lui, dava sui nervi. 
-Vieni?- gli chiese sorridente.
Vegeta alzò un sopracciglio assai convinto che il rivale avesse l'intelligenza inversamente proporzionata alla forza. 
-No.- gli rispose.
Goku cambiò espressione in una delusa e lasciò che Bra gli salisse addosso per sedersi tra le sue gambe.
-Eh? E perché? Lo sai che Whis non mi fa allenare se non ci sei anche tu.- protestò.
-Ma secondo te posso lasciare tutto e venire con te?- gli chiese in modo quasi retorico.
L'eroe battè le palpebre confuso da tale domanda, senza pensare minimamente al fatto che non necessitasse di una risposta.
-Qual è il problema?- 
Vegeta si diede una manata in faccia stupendosi, ancora una volta, di quanto le capacità di osservazione del rivale fossero assai scarse in tutto ciò che era fuori dal combattimento. Come faceva ad essere ancora vivo non lo sapeva. 
Cacciò via la voglia di strangolarlo e pensò a una risposta concisa e semplice da dargli. 
-Trunks è malato e Bra non è autosufficiente. Non posso e non voglio lasciarli soli.- sentenziò fissandolo dritto negli occhi. 
Goku sembrò pensarci su, forse avrebbe compreso la situazione e non avrebbe insistito ancora. Alla fine era un padre pure lui e doveva pur sapere cosa significava avere la responsabilità di un altro essere vivente. 
-Perchè no?- 
Ma lui era Goku, un idiota patentato con zero senso di responsabilità, che aveva cresciuto a malapena il primogenito per qualche anno e poi aveva mollato lui e l'altro figlio alla moglie, senza alcun rimorso. Troppo stupido ed ingenuo per provarne, ancora si chiedeva per quale assurdo motivo Chichi non lo avesse cacciato a calci in culo da casa. 
Ovviamente Vegeta non era perfetto, ne aveva fatti di errori in vita sua sia con Bulma che con Trunks, però aveva compreso di aver sbagliato e si stava dando da fare per rimediare. Poi i figli si fanno in due, non si possono scaricare le responsabilità solo sulle spalle di uno. 
-Perchè no, non penso ci sia bisogno che io te lo spieghi puoi arrivarci da solo. Anche se sei idiota.- borbottò come risposta incrociando poi le braccia al petto. 
Goku, pur non avendone compreso il motivo, capì che Vegeta non avrebbe cambiato idea neanche se l'avesse pregato. Perciò si alzò portandosi dietro la piccola mezzosangue, sospirò e la riconsegnò al padre che lo fissava impassibile.
-Allora dovrò accontentarmi del pianeta di Re Kaioh, anche se l'ultima volta mi ha intimato di non tornarci perché lo avevo quasi distrutto.- disse posandosi due dita sulla fronte. -Ci vediamo!- E sparì. 
Il Saiyan si ritrovò nuovamente da solo con la figlia. La guardò negli occhioni blu, mentre lei mangiucchiava il giocattolo di gomma. Glielo tolse, sostituendolo con il ciuccio che trovò appoggiato nel suo contenitore sul tavolo. Lanciò poi uno sguardo all'orologio digitale sul televisore: segnava le 14:25. 
Bra era solita fare un riposino pomeridiano, per fare in modo che potesse poi essere abbastanza stanca all'orario giusto per andare a letto la sera ma abbastanza riposata da arrivarci, perciò la prese in braccio e la portò nella sua stanza. Non sapeva esattamente come facesse Bulma ad addormentarla, l'aveva sentita canticchiare il più delle volte o leggerle qualcosa. Osservò la libreria piena di libri colorati e con figure molto stilizzate e cartoon. Ne prese uno a caso. 
Bra lo guardò con gli occhioni blu spalancati, i codini azzurri ai lati della testa puntavano verso l'alto richiamando l'atipica pettinatura a fiamma paterna, in attesa. Lui le lanciò un'occhiata prima di iniziare a leggere.

Bulma sbadigliò osservando l'elegante orologio da polso che portava, erano quasi sei ore che era lì dentro ad ascoltarli litigare. Aveva persino saltato la pausa pranzo a causa di quegli idioti retrogradi che urlavano addosso a quei poveri ragazzi che, con calma e un po' spaventati, cercavano di spiegargli il loro punto di vista. E in teoria si sarebbe dovuta aprire una discussione pacifica, degna di persone adulte e colte, non una sorta di lotta per la supremazia con urla, insulti e pregiudizi che neanche alla scuola elementare si faceva così. Li guardò ad uno ad uno: in dodici contro tre, uomini strizzati nei loro abiti eleganti che sputavano veleno su tre giovani risorse, che non chiedevano altro che avere lo stesso rispetto di chiunque altro, indifferente se lavorassero lì da un mese o da sei anni.
Non aveva molta voglia di intervenire, pensava che non ne valesse la pena tanto era comunque lei a decidere. Poteva licenziarli tutti quei vecchi senza dare spiegazioni a nessuno. Ma quando uno dei rispettabili uomini d'affari allungò una mano sulla ragazza del gruppo che stava insultando, asserendo che le donne servissero soltanto per una cosa e non avrebbero dovuto avere diritto di parola, scattò in piedi attirando l'attenzione di tutti.
-Cos'è questa? Una giungla? Vi pare il modo di affrontare una discussione? Mi vergogno di voi.- disse mettendosi poi alle spalle dei tre ragazzi. Fulminò con lo sguardo il vecchio maniaco misogino prima di riprendere a parlare:- Questi ragazzi vi stanno chiedendo un po' di rispetto e voi gli rispondete urlandogli contro? Ma guardatevi. Infilati nei vostri abiti di sartoria costanti quanto un mese di stipendio di un lavoratore medio, che fate i saccenti buttando odio e pregiudizi su qualcuno che neanche conoscete, rifiutandovi di dare loro una possibilità. Vi sembra il modo adatto di dare il buon esempio alla generazione futura?-
La sala ammutolì, nessuno osò dire niente né contraddirla. Bulma aveva quel carisma in grado di farsi rispettare pur indossando una camicia piuttosto scollata. Fece il giro del tavolo, tornando al proprio posto a capotavola rimanendo in piedi. Assottigliò lo sguardo.
-Qui il capo sono io e non accetto né i pregiudizi né gli insulti, e se vi becco ad allungare le mani o a dare della puttana a qualche ragazza vi faccio sbattere in galera per molestie sessuali.- sentenziò guardandoli in faccia. Qualcuno fissava il pavimento altri borbottavano sottovoce e altri ancora, per quanto pochi, avevano il coraggio di guardarla in faccia invece che nella scollatura. -Perciò se vi vedo sgridare senza motivo questi giovani apprendisti vi licenzio, se vi becco ad urlargli dietro vi licenzio, se vi sento insutarli vi licenzio, se vi becco a sfruttarli vi licenzio, se vi vedo mancare loro di rispetto vi butto fuori a calci. Capito?- terminò con un sorriso inquietante.
Annuirono tutti all'unisono e Bulma poté dichiarare terminata la riunione.
I ragazzi le si avvicinarono timidamente, ringraziandola sentitamente per aver preso le loro difese. L'azzurra sminuì il suo intervento, affermando che fosse dovere di ogni dirigente assicurarsi che i propri dipendenti stessero bene sul posto di lavoro.
Dopo sette interminabili ore chiusa dentro quell'ufficio riuscì finalmente a prendere una boccata d'aria, passeggiando per le vie della città per raggiungere il suo albergo, non molto lontano dall'edificio da cui era uscita. Non vedeva l'ora di farsi una doccia e indossare qualcosa di comodo.
La sua camera era una lussuosa suite con un letto matrimoniale, un balcone che dava sulla piazza principale con un panorama fantastico, il bagno in camera e un armadio enorme. C'era persino un secchiello con una bottiglia di un ottimo champagne, sicuramente molto costoso.
Si spogliò lasciando una scia di vestiti fino alla doccia, anch'essa molto grande e dotata della migliore tecnologia. Ci rimase poco più di mezz'ora godendosi il relax dopo un'intensa giornata di lavoro. Quando uscì, si avvolse nel morbido asciugamano bianco appeso lì vicino. Si buttò sul letto prendendo il cellulare per vedere se Vegeta le avesse mandato messaggi o l'avesse chiamata.
C'era un messaggio, non da suo marito però. Lo aprì e sbuffò leggendolo: avevano organizzato una cena con altri pezzi grossi provenienti da tutto il paese. Non aveva voglia di partecipare ma doveva. Rispose velocemente che ci sarebbe stata poi chiamò Vegeta.
-Ehy.- gli disse appena sentì che aveva risposto. -Come va lì? Io sono appena rientrata.-
-Trunks dorme, Bra pure. L'idiota è venuto a chiedermi di andare con lui da Whis.- riassumò lui gli interi eventi della mattina.
-Son-kun? Non gli avrai detto di sì.- chiese in modo retorico.
-Ti pare!?- sbottò lui colto sul vivo.
Lei sorrise, era sicura che avrebbe reagito così. Sospirò esausta vagliando la possibilità di alzarsi e vestirsi ma la sua valigia le sembrava così lontana. Si girò a pancia in giù nel vano tentativo di alzarsi.
-Come sta la mia principessa? Mi manca.-
Lui sbuffò e lei rise.
-Sta bene, corre ovunque e distrugge tutto anche se sa a malapena tenersi in piedi.- si lamentò.
-Energia inesauribile, testardaggine, manie di distruzione e appetito infinito. Sì, è proprio tua figlia.- disse prima di scoppiare a ridere.
Lo sentì borbottare nella sua lingua qualcosa che non capì. Si asciugò le lacrime e prese un respiro profondo per calmarsi.
-Questa stanza è stupenda, ha tutto ciò di cui ho bisogno e oltre.-
-Mh.- le rispose il principe poco interessato.
Le sue labbra si tesero in un sorriso triste, dannazione era via da poche ore ma già quel testone le mancava.
-Tranne te.- sussurrò.
Dall'altra parte solo silenzio ma era sicura che l'avesse sentita. Stava solo metabolizzando la cosa e non le rispondeva perché non era da lui. Per loro il contatto fisico, le litigate e gli sguardi erano molto importanti e la distanza che si metteva in mezzo rendeva le cose difficili. Ma ciò non avrebbe mai fatto vacillare il loro rapporto.
-Vai ad allenarti? Ora che entrambi dormono e sei libero.- cambiò discorso quando il silenzio diventò troppo lungo.
-Sì.- disse solo lui.
-Allora ti lascio andare ad ammazzarti in quella camera delle torture.- scherzò guadagnandosi un grugnito come risposta. -Ci sentiamo più tardi. Ti amo.-
Attese qualche secondo una sua risposta, che non arrivò, prima di chiudere la chiamata.
Fissò il telefono per qualche secondo, lo sfondo li ritraeva davanti allo specchio lui senza maglietta e lei con il top da allenamento. Guardavano il telefono ed in evidenza c'era l'addome scolpito del Saiyan e quello tonico con appena l'ombra degli addominali di lei. L'aveva accontentata, scattando quella foto, senza farsi pregare troppo ma aveva protestato quando l'aveva vista che la impostava come sfondo.
Sospirò tirandosi finalmente su dal letto, si sarebbe fatta un giro in centro per non pensare a quanto le mancasse la sua famiglia. Del sano shopping avrebbe sanato le sue ferite dell'anima.

Il campanello suonò non appena lei chiuse la chiamata. Si chiese chi mai potesse essere dato che chiunque potesse cercare Bulma sapeva che fosse fuori città. Aprì la porta trovandosi davanti il faccione felice e un po' imbarazzato di Goku.
-Che vuoi?-
-Re Kaioh mi ha cacciato, non vuole che mi alleni da lui e Chichi mi ha buttato fuori di casa dandomi del nullafacente. Posso allenarmi qui?- raccontò con la faccia colpevole.
Vegeta alzò gli occhi al cielo voltandogli poi le spalle per dirigersi al piano di sopra.
Goku lo fissò sparire su per le scale, entrò e chiuse la porta sedendosi poi sul divano. Osservò lo stato in cui il salotto riversava con giocattoli ovunque e un paio di biberon lasciati sul tavolino. Era esattamente l'aspetto che aveva una casa in cui abitava una famiglia con bambini. Attese con pazienza che l'amico riaffiorasse nella stanza.
Il principe scese le scale silenziosamente, Goku non se ne sarebbe accorto se non sapesse percepire le aure.
-Andiamo fuori.- sentenziò.
Goku annuì e lo seguì nei lunghi e intrigati corridoi della grande casa a cupola. Uscirono sul giardino posteriore, occupato in gran parte dall'enorme piscina installata e sempre pulita. Vegeta posò in un angolo il telefono e un paio di borracce piene d'acqua prima di fare cenno al compare di poter iniziare.
Si allenarono per ore, il sole stava ormai tramontando quando decisero di interrompere e reidratarsi.
Seduti sul verde prato riprendevano fiato dal lungo e intenso allenamento. Niente a che vedere con quelli affrontati con Whis ma riuscivano ad ottenere ottimi risultati anche da soli.
Lo smartphone accanto a Vegeta s'illuminò attirando l'attenzione di entrambi. Il Saiyan maggiore lo sboccò: trovò due chiamate perse e altrettanti messaggi di lavoro, ci avrebbe pensato più tardi. Ciò che catturò la sua attenzione fu la grande quantità di messaggi ricevuti da Bulma.
"So che ti stai allenando ma sono andata a fare shopping e volevo un parere." Recitava il primo messaggio della lista, seguito da una serie infinita di foto della donna calzata in outfit tutti diversi. Dai pantaloncini ai completi, dai vestiti lunghi fino a terra ai bikini più disparati. Vegeta non si premurò di nascondere tutto ciò all'amico di fianco, Goku era idiota ma non un impiccione né un chiacchierone. Anche se avesse visto non gli sarebbe importato.
Il ragazzone rimase sorpreso dal fatto che il rivale possedesse un telefono proprio e che ci fosse qualcuno che lo contattasse. Osservò le foto dell'amica, non prendendo minimamente in considerazione l'idea che ce ne potessero essercene private.
"Questa sera ho una cena con dei tizi che odio ma che farebbero bene all'azienda. Cosa metto?" Sentenziava l'ultimo messaggio di testo seguito anch'esso da altre foto. Solo tre: un vestito rosso lungo fino a terra che le cadeva morbido addosso, con scollatura non eccessiva tempestata di pietre che lo facevano rilucere; un vestito che le arrivava sopra al ginocchio azzurro con del tulle più chiaro sulla gonna che dava volume e la scollatura a cuore senza maniche; un completo giacca e pantaloni bianco, con al di sotto nient'altro che una bralette in pizzo dando l'effetto vedo-non vedo.
Osservò con attenzione le tre foto, vagliando i pro e i contro di ogni abito, compresi scollatura, pelle esposta e possibili sguardi indiscreti degli uomini presenti alla cena.
"Questo." e la foto scelta era la prima, elegante e sexy ma non troppo.
Bulma gli rispose con un emoticon con un cuoricino.
"Finiti gli allenamenti?"
"Sì."
"Salutami Son-kun!"
-Ma cosa...-
Come diavolo faceva a sapere che ci fosse anche lui? Lasciò cadere l'argomento, chiuse la chat e l'applicazione esponendo a sguardi indiscreti lo sfondo.
-Hey, non ti facevo così romantico."- lo prese in giro.
La foto era quella del matrimonio, una delle tante, che li ritraeva uniti in un bacio delicato appena dopo il "sì" e lo scambio degli anelli.
Il Saiyan sussultò arrossendo un poco, affrettandosi a bloccare il telefono e toglierlo dal campo visivo dell'altro. Goku però fece in tempo a vedere di sfuggita il blocco schermo: una foto di famiglia in cui Trunks era sorridente in primo piano e Bra, seduta a terra, fissava l'obiettivo confusa. Sorrise appena mentre l'amico si alzava e rientrava in casa.
-Io vado!- gli urlò dietro.
Vegeta gli fece un gesto veloce della mano per fargli capire che lo aveva sentito e che gli andava più che bene che si levasse dalle scatole.
Goku sparì e il principe si chiuse la porta alle spalle. Tornò al piano di sopra per farsi una doccia rigenerante prima di controllare i figli.
Si affacciò alla camera di Bra con ancora i capelli bagnati, stupendosi di trovare la porta socchiusa. Trovò sia lei che il primogenito seduti sul pavimento della stanza, intenti a giocare con un trenino radiocomandato. Il Saiyan si appoggiò allo stirpe della porta osservandoli giocare insieme senza litigare.
-Da quanto tempo siete svegli?- chiese loro.
-Ciao, papà.- lo saluto il maggiore senza voltarsi. -Da un paio d'ore o giù di lì.-
Vegeta si stupì di non averli sentiti, di non aver fatto caso alle loro auree. Probabilmente perché Bra non si era mossa dalla stanza e Trunks aveva compiuto un tragitto assai breve dalla sua.
-Quando ho aperto la porta ho trovato Bra appesa alla maniglia, cercava di uscire dalla stanza da sola.- aggiunse poi.
Tipico di Bra, se nessuno era nei paraggi per darle ciò che voleva se lo prendeva con le sue forze. Testarda e imperterrita nelle sue scelte per raggiungere gli obiettivi, sfruttava la sua forza anomala per sgusciare via dalla culla e provare ad uscire in corridoio. Un piccolo genio testardo. Era proprio sua figlia.
La prese in braccio e si diresse nel bagno adiacente sotto lo sguardo incuriosito di Trunks. Le cambiò il pannolino, assicurandosi che non si fosse sporcata i vestiti, e la mise giù libera di tornare alle sue attività con il fratello.
-Hai misurato la febbre?- chiese poi proprio a lui.
Trunks annuì.
-Poco più di trentotto.- affermò felice di stare bene.
Vegeta lo osservò constatando che sembrasse sul serio stare bene ma che era meglio per lui se stesse riguardato per evitare ricadute e la necessità di farmaci. La sua attenzione si spostò altrove quando due auree familiari entrarono in casa, anche se nessuno aveva dato loro le chiavi. Le voci dei fratelli ruppero il silenzio che aveva dominato la casa in quelle ore, soprattutto Uryasil che urlò a squarciagola il nome del fratello maggiore avvertendolo che fossero tornati. Ma va? Come se non li avessi sentiti.
Vegeta abbandonò la stanza della secondogenita per dirigersi al pian terreno ed accogliere con la sua solita espressione scazzata i due appena rientrati.
-Siamo stati alla fiera dei dolci nella città accanto! C'era tanta di quella roba che non sapevamo cosa mangiare.- sentenziò Uryasil mostrandogli poi l'enorme lecca lecca colorato che si era portata dietro.
-Mai visto così tanto cibo colorato in un solo posto!- esclamò Tarble con gli occhi luccicanti. -Poi era tutto così buono!-
Vegeta guardò i fratelli constatando che fossero in preda agli effetti collaterali del troppo zucchero, sembravano due bambini che vedevano per la prima volta qualcosa di bello e colorato. E in effetti era così: Tarble forse era quello che aveva vissuto più normalmente, ma tutti e tre portavano i segni di un'infanzia rovinata dalle mani di qualcun altro. Era più che logica la loro reazione di fronte a quello che, per Vegeta, era la normalità e un comportamento abbastanza infantile. Li osservò per un po' schizzare da una parte all'altra della stanza raccontando aneddoti e descrivendo tutto ciò che avevano visto in quelle ore, prima che la cosa gli iniziasse a dare sui nervi.
-Avete mangiato troppo zucchero, vedete di non combinare casini.- li rimproverò voltandogli le spalle.
Uryasil gli fece il verso e Tarble scoppiò a ridere. Vegeta neanche tentò di farla smettere, preferì ignorarla.
-Ehy fratellone!- lo richiamò Uryasil mentre lui si avviava fuori dalla stanza. -Io e Tarble stavamo pensando di rimanere qui ancora un po'. Non è un problema per voi, vero?-
Vegeta si fermò voltandosi appena per guardare i sorrisi a trentadue denti di entrambi.
-Specifica "ancora un po' ".- le disse con sospetto.
Uryasil si mise a giocherellare con uno dei sacchetti pieni di caramelle che aveva acquistato -a spese di Bulma ovviamente- catturando l'attenzione di Tarble.
Vegeta rimase in attesa osservando la sorella che eludeva appositamente il suo sguardo.
-Un anno o due.- borbottò la più piccola.
-Cosa!?- esclamò il maggiore dei tre.
Uryasil sgusciò via.
-Ho già chiesto a Bulma e mi ha detto che per lei non ci sono problemi.- disse prima di allontanarsi da lui.
Tarble rimase dov'era ed alzò le spalle quando il fratello puntò lo sguardo su di lui. Non ne sapeva niente.
La cena fu l'unico pasto della giornata che consumarono tutti insieme, mandando quasi in tilt i robot incaricati di cucinare per loro. Trunks, con rinnovato appetito, si sedette a tavola accanto alla zia che lo fissò per un po' con uno strano sguardo.
-Che c'è?- chiese il mezzosangue.
Uryasil aggrottò le sopracciglia continuando a fissare il nipote, Trunks si chiese perché lo guardasse in quella maniera.
-Non è che sei contagioso e ci stai passando l'influenza a tutti?-
Trunks mise il broncio.
-Non sono contagioso. Almeno non credo.- disse alzando le spalle.
Uryasil assottigliò lo sguardo non convinta della parole del ragazzino e si spostò di qualche centimetro lontano da lui. Il diretto interessato si risentì per quel comportamento, manco fosse un appestato.
-Ehy!- si lamentò.
La Saiyan adulta lo ignorò iniziando a mangiare la propria parte.
-Non si sa mai. Magari quel virus potrebbe uccidermi.-
Trunks incrociò le braccia al petto.
-Magari sei stata tu a contagiarmi e a mettere in pericolo la vita di tutti!- le rispose.
-Io sto benissimo.- asserì la donna fissandolo negli occhi azzurri.
-Mai sentito parlare di portatore sano? Probabilmente il virus è rimasto latente nel tuo organismo senza causarti sintomi.- le spiegò con calma.
Uryasil scattò in piedi, sentendosi accusata.
-Stai dicendo che è colpa mia se stai male!?- sbottò.
Trunks la imitò fronteggiandola parecchi centimetri più in basso, compensò la cosa con uno sguardo furioso da far invidia a quello del padre che ignorava entrambi.
-Per quanto ne so potresti aver portato sulla Terra qualche strana malattia dallo spazio!- l'accussò.
-Secondo me sono le vostre malattie terresti a farci rimettere la pelle!- rispose la donna.
I due rimasero a guardarsi in cagnesco, scoprendo i denti e ringhiando come animali. Tarble li osservò stralunato non pensando che quei due potessero attaccar briga l'uno con l'altra, mentre Vegeta semplicemente li ignorava prestando attenzione al cibo che aveva davanti e nient'altro.
Quando i due smisero di litigare, e di lanciarsi occhiatacce, avevano ormai terminato tutti di mangiare.
Trunks si piazzò davanti ai videogame, impaziente di terminare quel gioco lasciato a metà dal giorno prima a causa dell'influenza. Tirò su con il naso un paio di volte ma si sentiva abbastanza bene da permettersi una partita.
-Papà, giochi con me?- chiese voltandosi a guardare il genitore passandogli un joystick.
Vegeta non se lo fece ripetere due volte, afferrando l'oggetto e sedendosi accanto al figlio per qualche mazzata virtuale.
Uryasil si mise a giocare con Bra facendole facce buffe per farla ridere. La piccola era molto divertita dalle espressioni della zia, stringendo il coniglietto di peluche seduta nel seggiolone la osservava. Uryasil volle fare qualcosa di diverso, perciò creò una sfera d'energia catturando il suo sguardo incantato. Ne creò un'altra nell'altra mano e Bra ne rimase affascinata, allungando le mani per afferrarle. Gliele mostrò da più vicino, poi le fece scomparire. Le ricreò nuovamente illuminando il viso della bambina che sembrava non saper che pensare. Ripeté il gesto e Bra era sempre più interessata a quel gioco di luce, non capendo come funzionasse. Uryasil le passò una sfera invitandola a mantenerla senza farla sparire. Bra abbandonò momentaneamente l'amato peluche per concentrarsi sul nuovo gioco.
-Che diavolo stai facendo?- la rimproverò Vegeta.
Uryasil sorrise al fratello osservando la nipotina impegnarsi a mantenere la sfera d'energia.
-Non è fantastica? Ha a malapena un anno ma riesce già a mantenere una sfera.- disse orgogliosa.
Vegeta osservò la bimba che con il faccino corrucciato si sforzava di rimanere abbastanza concentrata per non far sparire quella palla di luce. Quella bambina era indubbiamente in gamba, chissà se vorrà allenarsi.
Spostò lo sguardo sulla sorella che sembrava fiera della abilità di Bra più di quanto non lo fosse lui e iniziò a valutare l'idea che non fosse poi così male se si fosse trattenuta ancora un po'.
Bra sbadigliò perdendo il controllo sulla sfera che sparì. Si strofinò un occhietto con la mano, sbadigliando di nuovo. Sbattè le palpebre semichiuse mentre la testolina iniziava a ciondolare.
Vegeta osservò la figlia che dormiva in piedi e la tirò fuori dal seggiolone.
-Ci penso io.- sentenziò Uryasil togliendo la bambina dalle braccia del padre.
-Ne sei capace?- chiese.
Uryasil gli sorrise voltandogli le spalle e dirigendosi al piano superiore.
-Tu occupati di Trunks.- gli disse.
Il Saiyan osservò la sorella andarsene con tutta la sicurezza del mondo senza sapere a cosa andasse in contro. Bra gli fece ciao ciao con la mano da oltre la spalla di Uryasil con un dito in bocca.
Vegeta rimase a giocare con il figlio maggiore ancora per qualche ora, alternandosi con Tarble che li fissava impaziente.
Uryasil tornò dopo una buona mezz'ora comunicando al fratello che la bimba dormiva alla grande, aveva dovuto leggerle tre storie e cantarle due volte la stessa canzone ma alla fine era crollata. Si unì anche lei alla battaglia virtuale prendendo il posto di Tarble.
Trunks avvertì una fitta alla testa che si fece mano a mano più costante e insistente. Un brivido gli percorse la schiena mentre la stanchezza gli pervase il corpo. Si accasciò sul divano sentendosi improvvisamente privo di forze.
Vegeta se ne accorse e gli posò una mano sulla fronte.
-Ti sta salendo la febbre. Vai a letto.- gli disse quasi come un ordine.
Il ragazzino assottigliò lo sguardo mettendo a fuoco il televisore, davanti al quale Uryasil e Tarble lo guardavano preoccupati. Trunks scosse la testa sfoderando un sorriso rassicurante.
-Sto bene, ho solo un po' di mal di testa.- disse fregando il joystick dalle mani della zia e riprendendo a giocare.
Vegeta osservò il figlio per niente convinto ma lo lasciò stare, era abbastanza grande da giudicare da solo quanto stesse male.
Ma non passarono neanche due ore che il ragazzino si prese la testa tra le mani, smettendo di giocare, colto da un forte capogiro. Appoggiò la testa allo schienale del divano chiudendo gli occhi e attirando gli sguardi dei tre adulti.
-Forse è meglio se vado a dormire, non mi sento tanto bene.- mormorò ad occhi chiusi.
Si alzò un po' barcollante, tutta la stanza gli girava e le gambe sembravano non reggerlo. Rimase qualche secondo attaccato al divano cercando di ritrovare le forze per tornare in camera. All'improvviso si ritrovò a un metro da terra senza che lui avesse fatto un passo.
-Papà?-
-Avresti dovuto ascoltarmi.- gli disse il Saiyan.
Trunks non ebbe la forza di rispondere, si limitò a poggiare la testa sulla spalla del padre e a lasciarsi trasportare. Si vergognava un po', era troppo grande per farsi prendere in braccio -nonostante fosse una delle cose che desiderasse di più dal padre- ma non avrebbe avuto la forza di raggiungere il piano superiore con le proprie gambe. Osservò gli zii: Tarble gli sorrideva, conscio che il ragazzino fosse felice di un gesto d'affetto dal padre, mentre Uryasil lo prese in giro, dandogli del poppante malaticcio, della schiappa e altre cose che non aveva voglia di capire. Le fece la linguaccia, ignorando la cosa godendosi l'abbraccio paterno.
Vegeta ignorò i fratelli e portò il figlio in braccio fino alla sua camera, in completo silenzio. Trunks fissò il pavimento confuso, gli scoppiava la testa probabilmente avrebbe dovuto ritirarsi quando la febbre aveva iniziato a risalire. Adesso non si sarebbe sentito così.
Il Saiyan non lo lasciò sulla porta ma lo adagiò sul letto affinché si potesse infilare sotto le coperte il prima possibile. Il ragazzino sbadigliò.
-Misura la febbre.-
Trunks afferrò il termometro mezzo addormentato e lo mise sotto il braccio. Attesero in silenzio che l'oggetto si mettesse a suonare.
Vegeta osservò la temperatura aggrottando le sopracciglia, uscì dalla stanza sotto lo sguardo confuso del figlio. Tornò con un bicchiere d'acqua.
-Tieni, tua madre ha detto che potrebbero farti stare meglio.- disse porgendogli il bicchiere.
Il ragazzino lo fissò storcendo il naso, non gli piacevano le medicine non le prendeva mai. Guardò il padre chiedendosi se lui fosse convinto di ciò che gli stesse dando o stesse semplicemente eseguendo gli ordini della madre. Sospirò prendendo il bicchiere e ingerendo il liquido tutto d'un botto, ignorando il sapore amarognolo. Fece una smorfia schifata riconsegnando il bicchiere al genitore.
-Che schifo.- si lamentò. Avrebbe avuto quel saporaccio in bocca per tutta la notte.
Vegeta spense la luce osservando il figlio che si sistemava comodamente.
-Buonanotte, papà.-
-Notte.-
Si chiuse la porta alle spalle prendendo poi il telefono per aggiornare la consorte. Neanche il tempo di sbloccarlo che il cellulare si mise a vibrare mostando sul display il numero di Bulma con una sua foto, scelta da lei ovviamente. Rispose alla chiamata ma non riuscì a proferir parola che la donna iniziò ad urlare.
-Vegeta! È tutta la sera che provo a chiamarti, si può sapere dov'eri finito? Mi stavo preoccupando.- esclamò più arrabbiata che spaventata.
Il Saiyan non aveva idea di cosa stesse parlando, aveva tenuto in tasca il telefono per tutto il tempo eppure non era mai squillato.
-Non so di cosa stai parlando.- le rispose allontanandosi dalla porta del figlio.
-Guarda sul registro chiamate.- gli disse.
L'uomo seguì il suo consiglio dando un'occhiata a tutte le chiamate ricevute quel giorno e, a parte quelle due provenienti dall'azienda che aveva ignorato appositamente in quanto non desiderasse essere disturbato, non trovò altro. Si chiese se la donna avesse le allucinazioni o cosa perché lui non aveva ricevuto le sue chiamate.
-Ti sbagli. Non ci sono chiamate.- le disse aprendo la porta della propria stanza.
Bulma sospirò.
-Non importa, come state? Questa cena sembra non finire più, sono distrutta. Vorrei soltanto buttarmi sul letto e dormire invece sono bloccata in una discussione politica con quattro mausolei.- si lamentò buttandosi sul divanetto nell'ala di attesa.
Erano ore che stava seduta a quel tavolo ad ascoltare chiacchiere inutili e a spizzicare cibo esageratamente costoso. Le mancava la confusione di casa sua, i suoi Saiyan che divoravano qualsiasi cosa di commestibile, Bra che gorgogliava parole poco comprensibili e Uryasil che tentava di integrarsi in quella nuova società.
Accavallò le gambe sorseggiando il terzo, forse quarto bicchiere di champagne. Costoso quanto disgustoso, la graduazione era più bassa di una birra ma non c'era altro.
-Trunks ha di nuovo la febbre.- disse soltanto.
Bulma sospirò a quella notizia, sembrava che il primogenito si fosse beccato un virus parecchio resistente al suo organismo. Sperava soltanto che si limitasse a un'influenza un po' ardua da mandare via senza strascichi nel tempo.
Poco lontano da lei il tavolo occupato dagli eleganti signori con cui aveva cenato se la rideva di gusto per chissà quale scadente battuta. Storse il naso affatto convinta di voler tornare al proprio posto in mezzo a loro.
-Gli hai dato le gocce che ti ho detto?- gli chiese.
-Sì.-
-Allora dovrebbe stare meglio nel giro di qualche ora, dagli un'occhiata ogni tanto per favore.- disse sorseggiando lo champagne che aveva nel bicchiere.
Da lontano potè vedere i commensali alzarsi, recuperare i propri soprabiti -più per scena che per necessità- e salutare amabilmente il cameriere che si stava occupando di sparecchiare il tavolo. Bulma pregò che non si avvicinassero scivolando inconsciamente sul divano nel tentativo di sprofondare e sparirci dentro. Ma i suoi timori furono fondati, quando un uomo sulla sessantina con i capelli brizzolati le si avvicinò cordiale. Aveva gli occhi velati e le guance arrossate dall'alcol, al contrario di ciò che stava bevendo lei, il vino al loro tavolo era decisamente più qualitatevole e possedente una gradazione molto più alta di una birra. Probabilmente avevano alzato un po' il gomito.
Bulma sorrise all'uomo indicandogli poi il telefono che aveva all'orecchio. Egli ricambiò il suo sorriso.
-Mrs Prince noi andiamo a bere qualcosa in un locale qui vicino. Le va di venire con noi?- chiese gentilmente l'uomo.
Bulma scosse la testa, togliendosi subito da quell'impiccio senza però smettere di esibire il suo sorriso, anche se molto forzato.
-Mi dispiace ma preferirei tornare in albergo. Mio figlio ha la febbre e vorrei rimanere a sua disposizione.- buttò lì la scusa, usando Trunks come via di fuga per slacciarsi da quel gruppetto che non sopportava più.
Il gentiluomo trasformò il sorriso in una smorfia delusa per qualche secondo, gli avrebbe fatto comodo posare gli occhi su una bellezza giovane e ben messa come lei invece che sulla moglie. Poi tornò a sorridere e si congedò lasciando l'azzurra libera dalla loro compagnia.
Bulma gli sorrise quando il signore le fece il baciamano prima di dileguarsi. Lo seguì con lo sguardo uscire dal ristorante insieme alla moglie e altre quattro persone finché non sparì dentro un taxi.
Non si rese conto di aver trattenuto il respiro fin quando non si sentì sbuffare di sollievo. L'aveva scampata. Prese la borsa e uscì anche lei dal ristorante, fermandosi appena fuori per chiamare un taxi.
-Me ne sono liberata, non li sopportavo più. È tutta la sera che chiacchierano ininterrottamente, avrei tanto voluto chiudergli la bocca con un pugno.- si lamentò attendendo l'arrivo del taxi.
Vegeta pensò di dirle che ora capiva come si sentiva lui a sentirla parlare in continuazione senza poterla far smettere, ma si tenne il pensiero per sé dirigendosi nella propria stanza. Si sedette sul letto scalciando via le scarpe mentre la donna ancora parlava raccontandogli le sue disavventure.
-E invece sono rimasta lì ad ascoltarli vaneggiare di neanche so cosa, dato che a un certo punto ho smesso di prestargli attenzione. Ti giuro, Vegeta, mai in vita mia ho desiderato così tanto uccidere qualcuno.- borbottò salendo sul taxi. Gli comunicò il nome dell'hotel e si accasciò sul sedile posteriore esausta, non vede l'ora di buttarsi sul letto e chiudere i contatti con il mondo fino al mattino dopo. -Come sono andati i tuoi allenamenti? Quante ferite avete tu e Son-kun? E quanto gravi?-
Il Saiyan si lasciò cadere all'indietro sul materasso mentre tutta la stanchezza della giornata gli piombava addosso. Non avrebbe mai pensato di essere più stanco dopo essere stato dietro ai figli più che dopo un allenamento. Essere genitore, a volte, lo distruggeva. Sbadigliò colto da sonnolenza, non era neanche mezzanotte.
-Normale. Abbiamo usato il giardino sul retro invece della stanza gravitazionale. - borbottò.
-Come mai? Pensavo che vi sareste ammazzati come vostro solito.- gli chiese la donna stupita fissando fuori dal finestrino le luci degli edifici sfrecciare.
-Non volevo isolarmi.- disse spicciolo, con poca voglia di spiegarsi.
Ma Bulma lo conosceva, sapeva come leggere tra le righe delle sue frasi il più delle volte brevi. Sorrise constatando che la sua decisione fosse dovuta al fatto di essere da solo in casa con il figlio maggiore malato e la minore di appena un anno. Era proprio bravo, anche se si rifiutava di ammetterlo.
-Quindi vi siete trattenuti.- asserì scendendo dal taxi.
Vegeta non le rispose e Bulma entrò in hotel, salutando appena la receptionist notturna e prendendo l'ascensore.
-Ti invidio, sai? Tu sei stato tutto il giorno a divertirti, mentre io ho dovuto sopportare un sacco di gente che spara battute assurde pensando di essere simpatica.- si lamentò l'azzurra entrando nella propria stanza scalciando via le costose quanto scomode scarpe.
Il principe sollevò un sopracciglio per niente d'accordo con l'affermazione della consorte.
-Divertirmi? Stare dietro a Goku e i miei fratelli ti sembra "divertente"?- le disse. -Cos'hai da ridere?- sbottò quando lei iniziò a ridacchiare.
-Hai chiamato Son-kun "Goku".- gli fece notare.
Vegeta sbuffò ignorando ciò che lei aveva sottolineato. A volte chiamava il rivale con il suo nome terrestre spontaneamente, ciò stava a significare, secondo Bulma, che il suo odio per lui era stato completamente sostituito da una sana rivalità e che lo vedeva come un amico. Il principe mai le aveva dato retta ma sapeva che aveva ragione a riguardo e che, almeno a se stesso, doveva ammettere che il sentimento che lo legava a Son Goku era quanto di più simile a un'amicizia che conoscesse. Ma era diversa da quella che aveva con Marco, che vedeva molto più simile a sé e con cui andava decisamente più d'accordo, però non poteva dire di odiarlo ormai. Più che altro si limitava a sopportarlo.
-Non hai nominato né Trunks né Bra, non mi dirai che tre adulti Saiyan sono peggio di due bambini!- gli disse osservandosi allo specchio, constatando che, nonostante la serata abbia messo a dura prova la sua pazienza il suo aspetto fisico era pressoché impeccabile. Sorrise alla sua immagine riflessa.
-Sì.-
Bulma scoppiò a ridere. Sapeva che il marito non aveva tutti i torti a definire la compagnia di Goku, Uryasil e Tarble peggio di stare dietro ad entrambi i figli. Era assurdo come tre elementi della stessa famiglia potessero essere così diversi eppure così simili.
-Beh, dai, guarda il lato positivo ti resta solo domani.- gli disse buttandosi sul letto.
-Come se non sapessi che quei due abbiano deciso di rimanere qua per chissà quanto tempo.- borbottò infastidito.
Bulma rise di nuovo.
-Mi fa male la pancia a forza di ridere.- si lamentò asciugandosi una lacrima sfuggita.
L'azzurra sospirò con ancora il sorriso sulle labbra. Lanciò uno sguardo all'orologio constatando che, se non si fosse messa a dormire prima di subito, la mattina dopo non si sarebbe alzata neanche se la Terra fosse stata sotto attacco da Freezer, Cell e Majin Bu insieme.
-Vado a farmi una doccia poi mi butto a letto, altrimenti domani la sveglia non la sentirò mai.- disse girandosi su un fianco. -Buonanotte.-
-'Notte.-
L'azzurra sorrise.
-Ti amo.-
E lui chiuse la chiamata.
Bulma rimase qualche secondo a fissare il display prima di gettare il telefono sul letto con poca cura e infilarsi nel bagno adiacente. Optò per una doccia veloce quando desiderava ardentemente un bagno caldo, magari in compagnia del suo Saiyan. Si buttò poi sul letto fregandosene di bagnare il cuscino con i capelli a malapena tamponati con l'asciugamano. Si rigirò nel letto almeno una decina di volte tentando di prendere sonno su quel materasso eccessivamente grande. Era troppo vuoto, si sentiva quasi perdere in tutto quello spazio.
La stanza aveva il climatizzatore automatico, aveva potuto impostarlo in modo tale da rimanere fresca ma senza congelare l'intera notte. Eppure la mancanza di calore al suo fianco non la faceva rilassare del tutto. Sbuffò: non le era mai capitato di dormire da sola da quando si era sposata e a quanto pare aveva perso l'abitudine. Si chiese se anche Vegeta si stesse rigirando nel letto incapace di prendere sonno a causa della sua assenza.

Il principe aprì piano gli occhi scuri per abituarsi alla luce che prepotentemente filtrava dalla finestra. Mise a fuoco la parete di fronte a sé senza ricordarsi il momento in cui aveva preso sonno quella notte, probabilmente tardi a giudicare dalla stanchezza che gli pervadeva le membra. Aggrottò appena le sopracciglia chiedendosi se quella sensazione di calore che avvertiva alle proprie spalle fosse frutto del dormiveglia in cui era. Si voltò appena scorgendo una capigliatura scompigliata color lavanda appoggiata alla propria schiena. Trunks dormiva placidamente attaccato al padre, il respiro regolare e il viso coperto dai capelli se ne stava rannicchiato contro la sua schiena con la coda abbandonata di lato.
Vegeta era abbastanza sicuro di essersi addormentato da solo la sera precedente e di non aver avvertito l'aura del figlio avvicinarsi alla propria stanza. Probabilmente il ragazzino si era svegliato in piena notte e, per chissà quale motivo, aveva deciso di recarsi nella stanza dei genitori e appisolarsi lì. Gli spostò i capelli dal viso scrutando la sua espressione rilassata dal sonno, gli occhi azzurri chiusi e la bocca dischiusa. Non sembrava avere la febbre, la sua fronte era fresca e non dava alcun segno di malessere. Gli rimase accanto per un po' osservandolo dormire tranquillo al proprio fianco, dalla finestra una leggera brezza gli scompigliava i capelli e donava solievo dalle temperature estive della camera. Anni prima l'avrebbe buttato giù dal letto malamente sgridandolo per essere entrato senza permesso, invece ora se ne stava lì ad osservarlo dormire come se fosse la cosa più interessante del mondo. Notò che il pigiama che aveva addosso era diverso da quello indossato il giorno prima. Durante la notte la febbre doveva essersi sfogata facendolo sudare fino a inzuppare il pigiama, costringendolo a cambiarsi, aveva ancora i capelli leggermente umidi. Chissà per quale motivo poi aveva deciso di non tornare a dormire nel proprio letto ma di aprire la porta della camera matrimoniale e occupare il posto vuoto accanto a lui. Pensava che ormai fosse grande sentire la necessità della presenza genitoriale per dormire sereno.
Decise di non pensarci continuando a passare le dita tra le ciocche glicine. Certo che gli somigliava parecchio e più andava crescendo più la cosa diventava evidente.
Non seppe dire quanto tempo era passato quando si alzò dal letto lasciando il figlio dormiente. Sbirciò appena nella cameretta di Bra, appurando che stesse ancora dormendo profondamente. Scese giù in cucina, trovandola silenziosa come raramente succedeva, fece una colazione veloce e si diresse poi nell'amata stanza gravitazionale.

-Come "cancellato"? Che significa!?- sbottò Bulma alla ragazza seduta dietro al bancone.
-Mi dispiace Mrs Prince. Ma la compagnia ha deciso di scioperare e tutti i voli sono cancellati.- si scusò l'impiegata smanettando con il computer. -Posso prenotarle un altro volo. A che ora le servirebbe?-
-Il prima possibile.- disse fissando l'orologio da polso che portava.
-Alle ventuno va bene?-
Bulma sobbalzò.
-Non ce ne è uno prima?- chiese.
L'impiegata scosse la testa mortificata e Bulma si lasciò andare ad un sospiro di rassegnazione. Le fece cenno di prenotarle un posto, qualunque esso sia. Prese il biglietto, pagati con il rimborso del volo cancellato, e si allontanò sconsolata ignorando il cordiale saluto della ragazza addetta alla prenotazione. Si buttò su una delle poltroncine fissando il pezzo di carta con su scritto il numero del volo. Dannata compagnia aerea proprio quel giorno doveva decidere di scioperare? Appoggiò la testa allo schienale guardando il soffitto con lo sguardo corrucciato. Cosa avrebbe fatto tutte quelle ore? Doveva girovagare per l'aeroporto fino a scavare un tunnel in attesa del suo volo? Era arrivata con un'ora abbondante d'anticipo su quello che credeva essere l'orario del volo che l'avrebbe riportata a casa e invece si ritrovava a dover morire di noia in attesa di quello delle nove. Sbuffò afferrando il telefono per avvertire il marito della situazione.
Vegeta le rispose al secondo squillo, manco vivesse in simbiosi con l'oggetto.
-Ciao.- sospirò la donna.
-Ciao.- rispose lui.
-Che fate? Io sono in aeroporto ma il mio volo è stato cancellato.- disse sapendo che al suo interlocutore non piacessero i giri di parole.
Il Saiyan alzò un sopracciglio interrogativo di fronte alle parole della consorte. Diede una sbirciata all'orario sull'orologio da polso.
-E quindi?- le chiese aspettandosi una conseguenza.
Bulma sospirò scivolando sulla comoda poltroncina.
-Quindi devo aspettare fino alle nove per il primo volo disponibile. Ciò significa che sarò a casa non prima di mezzanotte, ti toccherà mettere a letto Bra anche stasera.- gli comunicò.
L'uomo spostò lo sguardo sulla bambina che stava spingendo sull'altalena dal seggiolino a forma di gabbia. Rideva felice e non sembrava avere pensieri.
-Ok.- disse solo.
-Mi dispiace tesoro, vorrei poter fare qualcosa a riguardo.-
Il Saiyan scrollò le spalle indifferente, qualche ora in più o in meno non gli cambiavano la vita. E occuparsi della messa a letto della bambina dai capelli azzurri era qualcosa che non gli pesava fare, dato che se ne occupava comunque il cinquanta percento delle volte.
-Non è un problema.-
-Voi che fate? Trunks mi ha detto che siete usciti, pensavo odiassi i posti affollati.- cambiò discorso lei.
Vegeta spostò lo sguardo sul figlio maggiore che si rincorreva con Goten poco lontano, sembravano due normalissimi ragazzini di undici anni se non fosse per la lunga coda che si intravedeva sotto gli abiti del più grande.
-Piuttosto che rimanere dentro casa con tutti e cinque.- borbottò.
Bulma rise, Vegeta iniziava a diventare intollerante quando rimaneva a stretto contatto con le stesse persone forzatamente senza poter staccare la spina. E data la propria assenza, la febbre di Trunks, e Bra non autosufficiente, il principe aveva avuto ben pochi momenti da dedicare agli allenamenti, di conseguenza la sua tolleranza era scesa sotto la soglia minima. Anzi che non era ancora fuggito su qualche lontano pianeta.
-Aspetta, hai detto cinque?- chiese poi contando soltanto però quattro elementi disturbanti nella sua famiglia, a meno che il principe non si riferisse a se stesso.
-Goten ha ben pensato di venire a trovare Trunks avendo saputo dal padre che fosse stato male.- disse lui fissando i due bambini che saltavano da un albero a un altro, come due scimmie.
-Oh.- mormorò. Povero Vegeta, avrebbe dovuto fare il babysitter a ben tre bambini Saiyan e probabilmente il più tranquillo era la più piccola.
Un bip bip continuo proveniente dal telefono la costrinse a spostarlo dall'orecchio per osservarlo: sbuffò notando che la batteria si stava ormai scaricando.
-Ho il telefono scarico, devo andare a cercare una presa prima che muoia. Ti chiamo più tardi.- si lamentò alzandosi dalla sedia.
-Puoi anche non farlo.- le rispose lui
Bulma lo ignorò.
-Ci sentiamo dopo, tieni d'occhio i bambini.- si raccomandò prima di chiudere la chiamata.
Vegeta fissò in cagnesco il telefono rendendosi conto che la donna non gli aveva dato il tempo di ribattere che aveva chiuso la chiamata. Rimase il dispositivo in tasca concentrandosi poi sulla figlia che, stanca di starsene seduta in quella specie di prigione per bambini, si agitava tentando di liberarsi. Nonostante fosse in grado di volare, aveva le gambine incastrate negli appositi buchi e non riusciva ad uscire. Vegeta l'aiutò prima che iniziasse ad urlare o a distruggere qualcosa.
Non appena Bra poggiò i piedi per terra, schizzò lontano diretta allo scivolo decisamente non adatto alla sua età. Ma a lei non importava e, partendo dalla base dello scivolo e non dalle scale, iniziò a salire scivolando ovviamente giù dopo pochi passi.
Il padre si fermò a guardarla per diversi minuti, nei quali imperterrita Bra continuava la sua scalata senza riuscire ad arrivare oltre poco sopra la parte finale. Alla fine si arrese, sedendosi e gonfiando le guance indispettita. Gli occhioni azzurri si riempirono di lacrime e la codina sfuggì dalla costrizione dei vestiti che dovevano nasconderla. Quando stava per urlare tutta la sua frustrazione, si sentì alzare di diversi centimetri da terra da qualcuno alle sue spalle. Si voltò appena sorridendo al padre che la mise in cima allo scivolo e le diede una piccola spinta per farla scendere giù. Inutile dire che alla bimba piacque talmente tanto che il genitore fu costretto a ripetere il gesto infinite volte, perdendone il conto.
-Papà!- urlò Trunks raggiungendolo di corsa, seguito dal migliore amico. -Io e Goten andiamo a prendere un gelato.-
Il Saiyan annuì appena e consegnò un paio di banconote al figlio, che lo fissò stranito.
-I soldi li ho non c'è bisogno che...- protestò non capendo.
-Non ci provare nemmeno.- sentenziò l'adulto distogliendo lo sguardo da entrambi i ragazzini.
Trunks si voltò a guardare l'amico che si limitò ad alzare le spalle, confuso quanto lui. Il piccolo principe allora intascò i soldi e, seguito come un'ombra dal Son, s'incamminò verso la gelateria poco distante.

Guardò l'orologio per la quarta volta in dieci minuti e sbuffò. Il tempo sembrava non passare mai in quell'aeroporto, lo sapeva che non sarebbe dovuta andare a quel convegno. Se fosse rimasta a casa non sarebbe rimasta bloccata lì senza nulla da fare. Spostò le iridi azzurre sul circondario cercando disperatamente qualcosa che le facesse passare quelle quattro ore prima dell'imbarco.
L'aeroporto era pieno di negozi di tutti i tipi, dai più colorati a quelli più eleganti, passando per i ristoranti e i negozietti di souvenir, che in teoria dovrebbero invitare i clienti ad entrare esponendo oggettucoli di dubbia utilità ma a lei veniva soltanto voglia di stare alla larga.
Si fermò ad osservare un negozio di abbigliamento dal nome noto, magari lo shopping l'avrebbe aiutata a far passare il tempo. Sospirò rendendosi conto di non aver abbastanza spazio nella valigia per i suoi acquisti compulsivi e di comprarne una più grande da tirarsi dietro proprio non le andava. Bocciata anche quella possibilità continuò a guardarsi attorno, finché non incrociò la figura di una ragazza, una cameriera, che fuori dal locale invitava ad accomodarsi le persone che bazzicavano nei paraggi. Bulma si sporse per leggere il nome del posto e i suoi occhi si illuminarono quando lesse che poteva avere accesso alla rete e ricaricare i dispositivi con una piccola consumazione. Non ci pensò due volte ad afferrare le proprie cose e a dirigersi all'interno. La cameriera le lanciò uno sguardo spaventato da tanta irruenza ma tornò alla sua attività mentre una sua collega portava il menù all'azzurra.
Bulma ringraziò la ragazza e provvedette ad attaccare il portatile alla corrente e il telefono ad esso, così da poter utilizzare e ricaricare entrambi i dispositivi occupando il minor spazio possibile. Accese il computer facendo illuminare lo schermo dello smartphone di conseguenza e prese a far scorrere lo sguardo sulla lunga lista di leccornie presenti sul menù. Non pensava di avere fame finché le immagini invitanti dei vari piatti disponibili non le fecero brontolare lo stomaco, chissà se poteva ordinare mezzo menù... Ridacchiò sottovoce ritrovando quel pensiero molto poco consono a lei ma sicuramente più calzante alla maggioranza dei membri della sua famiglia. Stomaci Saiyan insaziabili e dal metabolismo talmente veloce da poter ingerire il quantitativo calorico di un'intera vita in un pasto senza risentirne, anzi avendo fame di nuovo poche ore dopo. Per fortuna che aveva dalla sua una serie di robot domestici che si occupavano della preparazione della maggioranza del cibo, altrimenti con l'arrivo di Uryasil e Tarble e lo svezzamento di Bra avrebbe finito per odiare il cibo in ogni sua forma. Si chiese come facesse Chichi con Goku e Goten, e a volte anche con Gohan, a preparare tutta quella roba ogni volta.
L'arrivo della cameriera, una ragazza dalla pelle color cappuccino e i lunghi capelli scuri legati in un'ordinata coda alta, la distrasse dai propri pensieri chiedendole poi gentilmente se avesse deciso cosa ordinare. Bulma le sorrise cordiale e prese una cheesecake ai frutti di bosco e un mocaccino. La ragazza prese il suo ordine sul palmare che portava la doppia C stampata sul retro, segno inequivocabile che fosse un prodotto della Capsule Corp., e le chiese se desiderasse altro. Bulma scosse la testa e la ragazza si premurò di riprendersi il menù e lasciarle la password della rete del locale.
-La invito ad accedere nel caso avesse bisogno di una connessione veloce.- le disse prima di allontanarsi.
L'azzurra si collegò al wi-fi senza pensarci troppo. Si mise a spulciare le mail, rispondendo a quelle più urgenti e cestinando quelle di spam o di inviti che non le interessava accettare. Ne trovò ben sei dell'ultimo tipo, di cui la maggioranza poteva anche evitare di rispondere mentre l'ultima attirò la sua attenzione: invitavano lei e la sua famiglia a presidiare a un compleanno di un pezzo grosso di un'azienda affiliata con la propria, evento privato pieno di gente importante nel campo dell'elettronica e dell'informatica oltre che sicuramente spocchiosa e noiosa-, specificando che il suo tempo sarebbe stato ripagato con una cospicua cifra in denaro da usare per spese aziendali. Bulma ci riflettè su qualche istante, era la prima volta che volevano pagarla per presentarsi ad una festa e non sapeva se prendere la cosa con leggerezza, e prendere la palla al balzo, o rimanere sospettosa di quella strana proposta, ed evitare di accettare senza pensarci. Le serviva un consiglio, perciò inoltrò la mail al marito che era stato spinto da lei a crearsene una aziendale che avrebbero condiviso, quantomeno per dare l'impressione che gli interessasse quel lavoro. Chiuse la casella di posta elettronica andando ad aprire il browser per effettuare qualche ricerca su questo tizio che la voleva pagare per presentarsi alla sua festa di compleanno.
-Ecco il suo ordine!- sentenziò la cameriera poggiando sul tavolo la fetta di torta e la tazza stracolma.
-Grazie.- le rispose Bulma.
La ragazza le sorrise e si congedò occupandosi del tavolo poco lontano da lei.
Bulma prese un sorso della bevanda calda mentre sfogliava le pagine dei vari siti su cui il nome del tizio compariva. Sembrava che avesse da poco acquistato delle azioni che gli avevano fruttato parecchi soldi e si era messo in affari con il proprietario di un'importante azienda metalmeccanica, nonostante egli non avesse uno straccio di laurea o conoscenza in materia. Bulma aggrottò le sopracciglia riflettendo sul fatto che a volte i soldi valgono fin troppo. Addentò la cheesecake e andò in brodo di giuggiole quando il suo sapore dolciastro le esplose in bocca. Le ci voleva proprio!

Bra correva su e giù con il suo passo malfermo, sollevandosi da terra quando cadeva senza alcun problema. Il terreno scosceso e irregolare non l'aiutava a mantenere un buon equilibrio ma sarebbe stato un buon esercizio per i suoi deboli muscoli. Poteva far esplodere una nazione con uno starnuto se solo avesse voluto ma prima doveva imparare a reggersi sulle proprie gambe evitando di rovinare a terra ogni due per tre.
Vegeta seguì con lo sguardo i movimenti della figlia che si alzava per la quinta volta nel giro di dieci minuti. Aveva poco più di un anno ma era una bambina testarda che non si arrende.
-Ma guarda chi c'è! E io che pensavo che uscire alla luce del sole ti provocasse qualche strana reazione allergica.-
Il Saiyan fece roteare le pupille sulla figura snella della migliore amica della moglie, Evelyn, che gli si avvicinava spavalda e ironica. Inquadrò la sua espressione per un secondo prima di tornare a guardare Bra, intenta a giocare con una farfalla seduta a terra.
-Te ne stai sempre chiuso in quella stanza, hai deciso di fare vita sociale?- gli disse affiancandolo.
Vegeta non le rispose ignorandola come farebbe con chiunque altro di fastidioso per il suo udito. Sopportava quella donna soltanto perché era amica di Bulma e aveva stretto un legame con il marito, Marco. Per il resto avrebbe volentieri voluto farla sparire dalla sua vista.
Evelyn non sembrò felice di essere ignorata e si sporse ad osservare il suo viso.
-Pronto? C'è nessuno in casa? Hai lasciato il cervello da qualche parte o cosa?-
-Che diavolo vuoi?- le chiese senza guardarla.
-Allora ce l'hai la lingua! Pensavo ti avessero tagliato anche quella insieme alla coda!- scherzò provocatoria.
Il Saiyan le lanciò un'occhiataccia prima che il telefono nelle sue tasche si mise a vibrare. Lo fece un paio di volte, di sicuro non era una chiamata ma più probabilmente una notifica di qualche messaggio. Prese il dispositivo e sbloccandolo verificò chi, o cosa, richiedesse la sua attenzione: una mail inoltrata da Bulma. La aprì.
"Questo invito non mi convince, vogliono pagarci per presentarci alla festa. Dai un'occhiata mentre io faccio qualche ricerca?"
Diede una letta veloce, giusto per capire di cosa si trattasse. Non trovò niente di fuori posto, a parte la voglia di questo tizio di sperperare soldi a caso senza alcun logico e apparente motivo sensato. Non le rispose, chiudendo l'app e rimettendo il telefono in tasca.
-I tuoi fratelli? Non li ho visti.- chiese la castana guardandosi attorno.
-Non ci sono.-
-Ah, ecco. Quindi stai facendo il babysitter da solo?-
Il Saiyan scrollò le spalle, facendo cadere il discorso. Odiava chiacchierare.
Evelyn non sembrava dello stesso avviso e iniziò a girargli attorno manco fosse un'attrazione strana. Osservò la sua espressione accigliata indecifrabile cercando di scorgere un qualcosa che le potesse far capire a cosa stesse pensando, senza ovviamente riuscirci. Fermò il suo andazzo da mal di mare posando i pugni sui fianchi e stampandosi un'espressione dubbiosa in faccia.
-Sei noioso, te lo ha detto mai nessuno?- gli disse. -Non capisco come faccia Bulma a sopportarti.-
Vegeta fece nuovamente roteare lo sguardo sulla donna, incrociando così i propri occhi neri con i suoi nocciola. La vide sussultare leggermente prima che aggrottasse le sopracciglia. Si erano guardati negli occhi forse un paio di volte ed Evelyn non aveva mai fatto caso a quanto fossero profondi quelli del principe e a quanto il suo sguardo incutesse un certo timore a primo impatto. Vegeta sogghignò.
-Mi chiedo la stessa cosa di te.- le rispose.
Evelyn sussultò di nuovo, colta sul vivo. Incrociò le braccia al petto e sorrise all'alieno.
-Bulma mi adora, non ha bisogno di sopportarmi.- gli rispose facendo scattare il mento verso l'alto in un moto d'orgoglio.
Vegeta allargò il suo ghigno mentre le iridi scure iniziarono a brillare divertite.
-Certo, siete uguali.Evelyn ebbe un brivido lungo la schiena.
-Che vuoi dire?- 
Vegeta riportò lo sguardo lontano dalla donna preferendo posarlo su Bra che nel frattempo era stata affiancata da Keiko. Entrambe sedute affianco a Trunks e Goten su una panchina che si dividevano un gelato, la più grande delle due bambine aiutava l'altra a non sporcarsi eccessivamente mentre gustava per la prima volta quel dolce ghiacciato. 
-Siete entrambe logorroiche, incoerenti e vanitose fino all'eccesso.- pronunziò il principe senza voltarsi a guardare la sua interlocutrice. - Per non parlare del rispetto, che è inesistente in entrambe.- 
Evelyn colse appieno l'insulto non proprio velato che "l'amico" le stava tirando elencando alcune delle sue caratteristiche in comune con la donna che si era sposato. Sapeva benissimo di non essere una persona affabile però sentire quel Saiyan sottolinearlo in modo così fastidioso le mandava il sangue al cervello. Ora capiva perché l'amica ci litigava sempre, lei avrà anche la lingua lunga ma lui non era da meno. Fece per rispondergli per le rime ma il telefono le squillò in tasca avvertendola dell'arrivo di una videochiamata.Lo tirò fuori velocemente lanciando un'occhiataccia all'uomo a pochi passi da lei che però sembrava più concentrato sui quattro bambini che sulla loro conversazione. Quando riportò l'attenzione sullo schermo fu felice di leggere il nome della migliore amica sopra all'icona della chiamata in arrivo. Rispose stampandosi un sorriso a trentaduedenti in faccia.
-Bulma!- esclamò con enfasi.
Bulma le sorrise di rimando. 
-Evelyn! Come te la passi? È da un po' che non ci sentiamo!- le rispose con altrettanta enfasi l’azzurra .
-Non male, nonostante la noia della quotidianità dobbiamo uscire di nuovo prima che muoia per eccesso di accidia.- si lamentò la castana. -Tu?-
-Una di queste sere usciamo solo io e te, promesso!- le rispose facendole vedere le dita incrociate e sorridendo quando lei le mostrò lo stesso gesto. -Io sono qui in aeroporto, bloccata in attesa del primo volo disponibile dopo la cancellazione del mio dopo un meeting a cui non volevo neanche partecipare. Siano santificati i bar con wifi e dolci a volontà.- 
-Meeting? Me ne avevi parlato qualche settimana fa se non sbaglio. Ma mi è sembrato di capire che non avevi nessuna intenzione di andarci, come mai hai cambiato idea?- 
Bulma si passò le mani sulla faccia, stressata dall'aver dormito poco e dall'incontro di quella mattina con quei quattro idioti che aveva come coordinatori dei reparti.
-Non ho cambiato idea. Cioè, sì, l'ho fatto ma non di mia spontanea volontà. Se non fosse stato per Shirotani e Maya che mi hanno quasi pregato in ginocchio di andare, non avrei mai accettato. Non sopporto stare per così tanto tempo con gente "normale" ma non me lo sono neanche sentita di lasciarli in balia del gruppo di Satoshi, che non hanno perso tempo per bullizzarli nonostante fossi lì.- spiegò poggiando la testa su una mano e fissando il via vai fuori dal locale di gente con valigie più grandi di loro. -Quei vecchiacci non sanno relazionarsi con nessuno a parte loro stessi. Uno ha pure osato allungare le mani su una ragazza.- 
La sua lunga spiegazione venne interrotta dall'arrivo della cameriera che le consegnava una mega fetta di torta al cioccolato che Bulma non esitò ad assaggiare appena le fu messa sotto al naso. Evelyn la guardò con un sopracciglio alzato.
-Sbaglio o ti sei già fatta fuori una fetta di cheesecake ai frutti di bosco e un mocaccino? Guarda che se continui così perderai il titolo di sex symbol della città.- la rimproverò mentre lei prendeva un'altra forchettata.
Bulma le sorrise mostrandole il pezzo di torta sulla forchetta prima di metterselo in bocca.
-Non ti preoccupare, ho i miei metodi per bruciare tutto ciò che ingurgito. E la palestra non c'entra. Devo ricordarti che ho sposato un Saiyan?- ammiccò.
Evelyn alzò gli occhi al cielo.
-No, non me lo sono dimenticata e la vostra vita sessuale non m'interessa. Piuttosto guarda chi ho incontrato.- disse prima di girare la telecamera.
Bulma spalancò gli occhi quando sullo schermo del portatile apparve l'inconfondibile figura massiccia del principe dei Saiyan, in tutta la sua austera regalità e arcigna compostezza. Le aveva detto che era uscito con i bambini -con Goten come imbucato- ma il parco era decisamente un posto pubblico troppo affollato per i suoi gusti. Doveva proprio essere disperato. 
Il faccione di Evelyn le coprì la visuale della sua dolce metà.
-Visto? E io che pensavo fosse una specie di eremita chiuso sempre dentro casa con zero contatti umani.- disse tornando ad inquadrarlo. -Invece lo becco nel parco centrale della città, con tre bambini al seguito e nessun segno di insofferenza.- 
Bulma poté vedere Vegeta che si dilettava nel cercare in ogni modo possibile e immaginabile di tenere Bra lontana dal fango o qualsiasi altra cosa che potesse imbrattarla da capo a piedi. E siccome alla piccola Saiyan piaceva tanto sporcarsi ma poco fare il bagno, era sempre una lotta cercare di ripulirla da tutto lo schifo in cui ruzzolava un giorno sì e l'altro pure. Anche perché dopo esserci riusciti con uno sforzo sovrumano, la peste tornava a sporcarsi come se nulla fosse. 
Per lei era sempre complicato tenere i figli -anche Trunks sembrava amare sporcarsi fin da piccolino, che fosse una caratteristica Saiyan?- puliti per più di un'ora, soprattutto se erano all'aperto e tutto ciò con cui decidevano di interaggire finiva inevitabilmente per sporcarli. Okay, erano bambini, con il pieno diritto di sporcarsi a volontà, ma se poi doveva affrontare una lotta all'ultimo sangue per lavarli diventava uno stress. 
Anche Vegeta sembrava in difficoltà nel tenere Bra lontana dall'erba bagnata e dal fango, e alla fine la bambina riusciva a fare di testa sua e imbrattarsi da capo a piedi. Vide il Saiyan fare una smorfia schifata ed arrendersi all'evidenza, lasciandola fare come voleva. 
-Lo sai che il tuo amato maritino ha detto che siamo lunatiche e con la lingua lunga?- le disse Evelyn girando la telecamera verso di sé.
-Siamo?- 
Evelyn annuì. 
-Sì, solo perché gli ho detto che è noioso e sembra che il gatto gli abbia mangiato la lingua.- esclamò premurandosi di alzare la voce per farsi sentire dal diretto interessato.
-Rimani comunque incoerente e logorroica.- ribatté l'uomo.
-Ma lo senti!? Stupido Seitan, hai anche il cervello di una scimmia oltre che la coda!?- sbottò la castana sbagliando a pronunciare il nome della razza guerriera.
Bulma scoppiò a ridere. Vegeta le lanciò un'occhiataccia.
-Saiyan. Non Seitan, non sono uno stupido alimento.- sibilò lui colto sul vivo. -Sei stupida oltre che logorroica?- 
-Non sono stupida! Sei tu il maleducato!- sbottò la castana per niente intimorita.
-Rimani comunque logorroica, incoerente e vanitosa alla nausea. Fossi in Marco mi sarei già suicidato piuttosto che starti a sentire.- rispose lui.
A Evelyn venne il forte impulso di saltargli al collo e strangolarlo con tutte le sue forze. Era veramente odioso quando ci si metteva. 
-Bulma, ti offendi se lo ammazzo?- 
L'azzurra scoppiò a ridere più forte attirando gli sguardi incuriositi del locale. 
-Non so quanto ti convenga, Ev. Ti faresti solo male.- le rispose asciugandosi le lacrime, quei due erano uno spasso insieme litigavano come cane e gatto. -E poi sei stata tu a sbagliare il nome della sua razza, come pretendi che non si offenda? È il principe.-
-Sì, principe. Principe di sta gran ceppa! Un primate in posizione eretta, persino una scimmia è più simpatica di lui!- urlò più al Saiyan che all'amica.
Bulma, con ormai le lacrime agli occhi, tentò inutilmente di soffocare le risate con le mani chiedendosi perché non li avesse fatti conoscere prima. E mentre lei cercava di capire come non morire dal ridere, Evelyn continuava a dare del primate e del troglodita a Vegeta che rispondeva per le rime dandole della narcisista e logorroica. Il tutto ovviamente detto con tono pacato e quasi disinteressato mentre Evelyn urlava a pieni polmoni la sua indignazione e gli tirava un po' tutto quello che le capitava a tiro, nella speranza di fargli male. 
-Idiota. Come hai fatto a innamorartene, me lo spieghi?- le chiese.
Bulma alzò le spalle asciugandosi le lacrime mentre le risate andavano via via scemando.
-Urlandogli dietro tutto il giorno tutti i giorni, con lui che mi rispondeva per le rime e mi minacciava di morte una volta sì e l'altra pure. Un po' come stai facendo tu.- le disse ritornando indietro con la mente alle perenni litigate dei primi giorni di convivenza. 
Evelyn fissò dubbiosa il "troglodita" mentre toglieva la figlia da addosso a Goten che cercava di terminare in pace il proprio gelato, che Bra voleva a tutti i costi togliergli. 
-Sarà. Io una persona così non la sopporterei neanche un secondo, figuriamoci una vita intera.- le disse la castana. 
-Lo pensavo anche io all'inizio ma poi ho capito che le nostre litigate mi davano una scarica di adrenalina a cui non avrei voluto fare a meno.- affermò l'azzurra scrollando le spalle.
Evelyn fulminò con lo sguardo l'uomo che si ostinava a darle le spalle, preferendo distrarre Bra per farla smettere di piangere.
-A proposito di Marco!- sbottò l'azzurra collegandosi all'affermazione del marito. -Come mai non è con te? Pensavo viveste in simbiosi, ti saresti tolta dall'impiccio di interagire con Vegeta.- 
Evelyn sospirò.
-È dovuto tornare in Italia per dei problemi tecnici all'interno della MMI. Non ho ben capito ma praticamente si è imbarcato sul primo volo disponibile.- raccontò infastidita dalla situazione. -Dovrebbe tornare domani, sempre se non ci sono altri casini che ci costringano a tornare tutti e tre.- 
-Casini di che tipo?- indagò l'azzurra fissando annoiata il menù.
-Sembra che qualcuno abbia appiccato un incendio ai server. Doloso ovviamente.- 
Bulma sobbalzò.
-Che? È un sabotaggio! Avete idea di chi possa essere stato?- chiese.
Evelyn alzò gli occhi al cielo.
-Abbiamo una lista infinita di persone che ci odiano, ci vorrà del tempo per capire se c'è un nesso o è qualcun altro.- borbottò la donna osservando il gruppetto di bambini poco lontano.
Bulma si ritrovò a guardare l'amica tra il preoccupato e il sollevato, Evelyn sembrava affatto interessata alla questione anzi l'aveva liquidata come fosse una cosa normale. Beh erano pur sempre una grande azienda e come tale avevano dei rivali, ma non credeva possibile che qualcuno si spingesse a tanto. Potevano rimetterci la vita centinaia di persone. 
A meno che il piromane non sapesse dove colpire. E a quel punto avrebbe limitato i danni ai componenti inanimati della MMI evitando di fare vittime umane.
-Avete mai pensato che possa essere qualcuno all'interno?- domandò la scienziata voltandosi per chiamare la cameriera.
Evelyn parve cadere dalle nuvole a quell'affermazione e rimase per un tempo immemore a fissare lo schermo del telefono mentre l'amica ordinava un Sex On The Beach. 
-In effetti no. Ora chiamo Marco e gli riferisco la cosa, grazie Bulma ti devo un favore.- 
La moglie del principe dei Saiyan le sorrise. 
-Ma quale favore, sei mia amica.- le disse ringraziando la cameriera che le portava il cocktail ordinato.
- Ora vado, così faccio una chiamata dall'altra parte del mondo e spendo un patrimonio. - ironizzò.
Bulma rise.
-Salutami Marco e i bambini. Non litigare con Vegeta, lo so che è odioso ma cerca di andarci d'accordo.- si raccomandò sorseggiando la bevanda alcolica.
Evelyn sbuffò.
-Ci proverò, tuo marito è insopportabile. Chiamami quando atterri!- 
Bulma annuì prima di salutarla con la mano e chiudere la chiamata.
Evelyn aprì la rubrica e chiamò il marito, pregando di avere abbastanza credito, mentre dalla parte opposta del parco i quattro bambini giocavano a rincorrersi e passandosi Bra come se fosse un pallone. La bambina però sembrava divertirsi e ciò bastava al padre per lasciarli fare. 

Bulma sbadigliò davanti la quinta puntata di quella serie tv che ancora non era riuscita a completare. Il lavoro e i figli le toglievano i tre quarti del tempo e il restante veniva occupato dal marito che, in un modo o nell'altro, riusciva a farla imbestialire con qualche frecciatina delle sue. E il tempo che riusciva a ritagliarsi per sé era veramente poco ultimamente. Quindi quale momento migliore dell'attesa del proprio volo per farsi una bella maratona?
Aveva ordinato un caffè e una ciotola di arachidi per giustificare la sua permanenza nel locale senza fare la figura di chi è lì solo per la connessione e la corrente.
Si era vista un paio di film della durata di non più di un'ora e aveva lavorato un po' su vecchi progetti arretrati. Il tempo però non sembrava passare mai e quando finalmente venne annunciato l'arrivo del suo volo esultò sottovoce. Prese rapidamente le sue cose e si diresse al gate per poter finalmente tornare a casa. Stranamente, invece di esserci soltanto l'addetto che poneva le etichette ad ogni bagaglio, era stata installata una postazione di controllo con tanto di scanner. L'azzurra pensò che la cosa avrebbe rallentato ancor di più la già esasperante attesa.
Per sua fortuna la fila scorreva veloce nonostante la gente ad aspettare fosse veramente tanta. Si ritrovò davanti al rullo sul quale poggiò la valigia in pochi minuti. Passò sotto al metal detector pregando che non suonasse per qualcosa di idiota, tipo le scarpe. Si accinse a recuperare gli oggetti posati, insieme alla valigia, sul rullo quando l'addetto alla sicurezza la richiamò e le fece cenno di avvicinarsi.
-Mi scusi ma nella sua valigia c'è qualcosa che non va, dovremmo fare altri controlli. Mi segua, per favore. - le disse una guardia.
-Cosa?- sbottò la donna incredula, ci mancava solo che perdesse il volo!
-Non si preoccupi sarà questione di pochi minuti.- la rassicurò.
Bulma fissò trucemente l'uomo che la invitava ad oltrepassare una porta poco lontana e a lasciare il suo bagaglio a lui. La donna si ritrovò a dover favorire oltre a tutti i documenti anche il motivo per il quale fosse partita. Quasi si mangiò vivo il ragazzo dall'altra parte della scrivania quando le chiese perché dovesse prendere quell'aereo. La lasciò poi da sola, uscendo dalla stanza e parlottando poco lontano con qualcuno mentre lei muoveva su e giù la gamba per niente contenta di quella storia.
Passarono diversi minuti e Bulma pensò di star perdendo il volo per una stupidaggine.
La porta si aprì.
-Mrs Prince? Il suo bagaglio è a posto, mi scuso per averla fatta attendere.- asserì la guardia.
Bulma si alzò di scatto dalla sedia e uscì dalla stanza spintonando malamente sia la guardia che il ragazzo che le aveva posto tutte quelle domande inutili. Recuperò il suo bagaglio ed oltrepassò la porta del gate sbattendo i piedi.

Si rigirò nel letto per l'ennesima volta senza riuscire in alcun modo a prendere sonno nonostante la giornata passata a correre dietro ai propri figli e a quello del rivale. Si sentiva spossato ma il sonno tardava ad arrivare. Fissò il soffitto osservando le curiose ombre create dalle luci provenienti dall'esterno chiedendosi se rimanere immobile nel letto lo avrebbe aiutato ad addormentarsi. Cercò tutte le auree presenti dentro casa, localizzandole ognuna nella propria stanza. Trunks aveva accusato di nuovo i sintomi dell'influenza, con febbre e raffreddore, seppur in maniera lieve rispetto al giorno prima, e per evitare di far ammalare anche Bra era stato spedito a letto prima del solito. La bambina era stata lasciata alle cure degli zii mentre lui si rilassava con un po' d'allenamento mentale all'interno della camera gravitazionale.
Sbuffando si alzò dal letto scalciando il lenzuolo. Aveva ormai compreso che non si sarebbe addormentato senza la presenza della sua donna accanto. Incredibile come per anni era riuscito a riposare dopo aver tolto innumerevoli vite ma non riuscisse a chiudere occhio se Bulma non era al suo fianco.
Diede un'occhiata all'orologio digitale della radiosveglia sul comodino e si vestì. Afferrò le chiavi della macchina e si diresse al piano inferiore.
-Esci?- chiese Uryasil stravaccata sul divano con una busta di pop corn appena fatti.
Vegeta la squadrò chiedendosi se la tranquillità della Terra non la stesse eccessivamente rendendo pigra. Non avrebbe mai voluto che si trasferisse da loro a vita, l'idea gli dava i brividi.
-Sì.-rispose atono. -Dai un'occhiata a Trunks e Bra.-
Uryasil gli sorrise ma lui era già fuori dalla porta. Rimase a fissare l’uscio per qualche istante prima di alzare le spalle e tornare a godersi il film.

-Ti rendi conto? Ho rischiato di perdere il volo per una cosa stupida!- sbottò Bulma.
-Cosa stupida non direi, però di certo non è stata una cosa simpatica.- le rispose Evelyn.
-Mi hanno fatto passare per una trafficante di droga quando il bagaglio sospetto era quello prima del mio!-
Bulma fissò i bagagli sul rullo attendendo di vedere il proprio per poterlo prendere e dirigersi verso l'uscita. L'orologio da polso segnava ormai mezzanotte passata, l'aereo aveva avuto dei ritardi a causa di alcuni controlli e del maltempo. Perciò era atterrato con una buona mezz'ora di ritardo rispetto all'orario previsto.
Si guardò attorno in quell'aeroporto semi vuoto chiedendosi se dovesse chiamare un taxi o i suoi per farsi venire a prendere.
Evelyn rideva di gusto delle sue disavventure dall'altra parte della cornetta.
-Tra quanto pensi di essere a casa?-
Bulma sbuffò e adocchiò il proprio bagaglio. Si avvicinò al rullo e lo prese, verificando che fosse intatto e il lucchetto posto sulla cerniera non fosse stato manomesso per qualche motivo.
-Dipende se riesco a trovare un taxi, è un mortorio qui.- disse guardandosi attorno.
-Perchè non affitti un'auto?- le chiese Evelyn.
Bulma posò il trolley per terra e si diresse all'uscita trascinandoselo dietro. Il rumore delle ruote sul liscio pavimento dell'aeroporto era l'unico suono tutto intorno. Okay che era mezzanotte ma di voli ne partivano a bizzeffe a qualsiasi ora.
Non si fece troppe domande dando la colpa alla stagione estiva.
-Credo che lo farò. C'è una fila infinita di gente qui fuori.- asserì facendo dietro front e dirigendosi all'uscita opposta. -Novità sull'incendio?-
-No, nessuna. La polizia sta indagando ma visto come funzionano a rilento le cose in Italia ci metteranno un'eternità. Penso che ingaggeremo qualche detective privato, magari americano.- le rispose un po' giù di morale. -Per ora possiamo solo aspettare, Marco tornerà fra un paio di giorni.-
-Scusa la domanda idiota, ma non avete sistemi di sicurezza?- chiese l'azzurra.
-Ovviamente ma non sembra essere bastato.-
Bulma ci riflettè sopra qualche istante, voleva aiutare l'amica a risolvere i suoi problemi di sicurezza ma non aveva alcuna conoscenza della legge e di evocare Shenron per trovare il piromane non se ne parlava, avevano esaurito i desideri per quell'anno.
-Che ne dici se vi procuro uno dei nostri ultimi modelli ? A titolo gratuito ovviamente.- propose.
-Dici sul serio?- esclamò Evelyn. -Grazie infinite, Bulma! Prometto che mi sdebiterò! -
Bulma sorrise continuando a percorrere l'aeroporto, ringraziò di aver indossato un paio di biker e non le scarpe alte altrimenti i suoi piedi avrebbero già chiesto pietà. Non c'era molta gente, anche l'accoglienza per i voli in arrivo era piuttosto scarna. A parte un paio di coppie e due o tre gruppetti, nessuno fissava con trepidanza il display con gli orari di arrivo lasciando la sala quasi completamente scarna con il silenzio che regnava sovrano in quel grande spazio.
Evelyn aveva iniziato a lamentarsi del fuso orario che le impediva di sentire il marito ad orari decenti per entrambi senza dover passare la notte in bianco o alzarsi all'alba, quando Bulma facendo scorrere gli occhi da angolo ad angolo con curiosità scorse una figura familiare appoggiata a una colonna. Assottigliò lo sguardo cercando di mettere a fuoco quello che, ne era sicura, fosse uno scherzo della stanchezza. Si avvicinò un poco strabuzzando gli occhi incredula davanti a ciò che non credeva possibile.
-Ev?-
-Sì?-
Batté le palpebre un paio di volte.
-Quante probabilità ci sono che io stia guardando il sosia di mio marito?- chiese.
-Beh, si dice che ognuno di noi abbia sette sosia sparsi per il pianeta. Ma considerando che la persona di cui parliamo è un alieno, non credo sia possibile.- le rispose titubante, poco convinta di ciò che stesse dicendo. -Perchè?-
Bulma fece qualche altro passo in avanti, avvicinandosi di più all'uomo dalla capigliatura a fiamma appoggiato al muro.
-Perchè o qualcuno è riuscito a creare un suo clone o quello che ho davanti è il principe dei Saiyan in carne ed ossa. E non so quale delle due sia la meno plausibile.- disse e chiuse la chiamata ignorando le proteste dell'amica dall'altro capo.
Non fiatò fin quando non gli fu a meno di un metro di distanza, era consapevole che lui avesse percepito la sua aura avvicinarsi e che sapesse della sua presenza accanto a sé.
-Ma che bella sorpresa. Avrei dato più probabilità alla fine della Terra che al fatto che mi venissi a prendere di tua spontanea volontà.-
Vegeta si voltò a guardarla scoprendola sorridente di cuore nonostante la frecciatina. Si staccò dal muro e le tolse la valigia dalle mani, senza una parola s'incamminò verso il parcheggio.
Bulma non si lamentò consapevole che quello fosse stato già un grande sforzo per il Saiyan. Si limitò a seguirlo sorridente, non se lo sarebbe mai aspettata.
Anche il parcheggio era semivuoto, le poche macchine presenti erano probabilmente dei dipendenti dell'aeroporto e dei pochi negozi ancora aperti. Sembrava il set di un film horror, se fosse spuntato da dietro un angolo un tizio con una motosega non si sarebbe stupita.
La lussuosa macchina sportiva nera faceva la sua porca figura in mezzo a tutte le altre, svettando come un diamante in un cumulo di terra e roccia. Vegeta non era mai stato il tipo che amava particolarmente fare sfoggio del proprio denaro ma non disdegnava di certo tutto il lusso che potevano permettersi, dopotutto era pur sempre un principe. Bulma lo guardò buttare malamente la valigia nel portabagagli e chiuderlo con poca grazie. Lo seguì con lo sguardo quando fece il giro dell'auto e le si affiancò dalla parte del guidatore, la fissò con un sopracciglio alzato mentre lei sorrideva.
Il Saiyan capì che non si sarebbe spostata di lì, permettendogli di entrare per poter mettere in moto e tornare indietro, nè si sarebbe messa alla guida lei stessa. Perciò si appoggiò alla vettura con le braccia incrociate attendendo che la donna gli desse qualche indizio su cosa avesse intenzione di fare. Passarono interi secondi senza che nessuno dei due facesse un passo ma quando Vegeta aprì la bocca per parlare ciò gli fu tempestivamente impedito dall'azzurra che posò con delicatezza le proprie labbra sulle sue trascinandolo, volente o nolente -più volente-, in un dolce bacio che sapeva di mancanza e d'amore.
Il principe, dopo un primo attimo di sbigottimento, ricambiò senza esitazioni quel contatto che tanto gli era mancato in quei due giorni. Non lo avrebbe mai ammesso a lei ma starle lontano era una tortura per la sua anima, legata con un doppio filo d’acciaio a quella della sua donna. Quasi a malincuore lasciò andare le dolci labbra della consorte quando ella si staccò per poterlo guardare.
-Mi sei mancato anche tu.- gli disse sfiorandogli il naso con la punta dell'indice. Poi si staccò e si andò ad accomodare sul sedile del passeggero.
Vegeta rimase qualche secondo a fissare il vuoto, cercando di capire il senso di quella frase. Aprì poi la portiera e s'infilò in macchina.
-Non vedo l'ora di farmi un bagno e buttarmi sul letto, questi due giorni sono stati strazianti.- gli disse voltandosi a guardarlo. -Come sta, Trunks? Pensavo- -
Vegeta non la lasciò continuare, avvicinandosi e prendendosi un bacio decisamente meno casto di prima, più possessivo. Si staccò dopo poco e mise in moto come se nulla fosse.
Bulma batté le palpebre stupita poi gli sorrise, felice di essere tornata alla normalità.
Lo scenario che li attendeva a casa era assai diverso da quello che ci si sarebbe aspettato di trovare rimettendo piede nell'abbitazione alle due meno cinque del mattino: Tarble, Uryasil, Yamcha, Bra e Trunks dormivano per metà sul divano e per metà per terra. Il maggiore dei due bambini ronfava con la testa sulle gambe della zia mente Bra occupava buona parte del divano ciucciandosi il pollice.
I due proprietari di casa fissarono la scena per diversi secondi, chiedendosi come e quando fossero finiti in quella posizione tutti insieme. Vegeta era sicuro che entrambi i figli fossero nei loro letti nel momento in cui era uscito e che Yamcha fosse ancora fuori casa per chissà quale motivo. Spense il televisore e la console cercando di farsi meno domande possibili mentre Bulma recuperava Bra e la portava di sopra. Una volta tornata si occupò di coprire alla bene e meglio i tre adulti dormienti mentre il marito si occupava di portare il primogenito nella sua stanza.
-Pensavo che dormissero entrambi.- asserì Bulma chiudendosi la porta della propria stanza alle spalle.
-Così era quando sono uscito.- le rispose Vegeta togliendosi la maglietta con un movimento fluido.
Bulma rimase qualche secondo ad ammirare la sua schiena mordendosi il labbro per cercare di fermare tutti quei pensieri erotici sul compagno.
-Oh, ‘fanculo!- esclamò.
Il Saiyan incuriosito si voltò al suono della sua imprecazione e se la ritrovò addosso in un attimo, con le labbra premute sulle sue e intenti ben poco puri. Non si oppose e l'abbracciò di rimando.

-Com'è andata la riunione?-
Bulma si sdraiò sul tavolino ricordando gli eventi dei giorni precedenti con una smorfia infastidita.
-Tremenda. Ho desiderato che qualcuno invadesse la Terra per conquistarla pur di non stare chiusa lì dentro ad ascoltare roba campata in aria. Ho dovuto minacciarli tutti quanti per farli stare zitti e mettere la parola fine a questa storia.- raccontò borbottando mentre le veniva posata davanti al taso una tazza di caffè bollente. -Grazie Yamcha.-
Il guerriero sfreggiato sorrise cordiale accomodandosi di fronte a lei. 
Bulma soffiò sulla bevanda un paio di volte prima di prenderne un sorso e gioire quando la caffeina fece il suo effetto.
Uryasil alzò un sopracciglio confusa dall'affermazione della cognata.-Minacciati... di morte?- chiese spiegazioni.
Bulma soffiò via una ciocca che le era caduta sugli occhi sorseggiando con calma il caffè bollente.
-Purtroppo no, è contro la legge e io non possiedo armi.- si fermò un secondo a riflettere. -A meno che un Saiyan sia considerato un'arma.-
Uryasil scoppiò a ridere fragorosamente aspettandosi di tutto tranne che una battuta.
Bulma sorrise e tornò alla sua bevanda.
-Mi sono limitata a dire che li avrei licenziati in tronco se avessero fatto di testa loro.- spiegò stiracchiandosi sulla sedia.
-La prossima volta portati Vegeta, così non avrai neanche bisogno di minacciarli basterà un suo sguardo.- propose Uryasil cercando di smettere di ridere.
-Non ci sarà una prossima volta per almeno un mese, ho bisogno di prendermi delle ferie o morirò di lavoro.- si lamentò la scienziata finendo il caffè e allontanando la sedia dal tavolo. -Piuttosto, come siete finiti tutti quanti sul divano alle due del mattino?-
Uryasil afferrò un muffin e gli assestò un morso osservando distrattamente il quadro appeso dietro a Bulma.
-Ci siamo messi a giocare ai videogames e tra una partita e l'altra...- iniziò la Saiyan.
-Tra una litigata e l'altra.- specificò Yamcha guadagnandosi un'occhiata di fuoco dalla donna. -Che c'è? Non facevate altro che discutere.-
Altra occhiata da "chiudi il becco terrestre" e Yamcha ammutolì nascondendosi dietro la tazza che portò alla bocca.
- Ci siamo addormentati. Chi prima chi dopo.- terminò spostando lo sguardo dall'ex predone del deserto e posandolo sull'azzurra.
-Ma Trunks e Bra dormivano.- disse confusa.
Uryasil scrollò le spalle addentando nuovamente il muffin, dannazione il cibo su quel pianeta era afrodisiaco! 
-Trunks diceva di non riuscire a dormire e Bra probabilmente è stata svegliata dalle nostre grida.- ipotizzò con nonchalance.
Bulma la guardò di sottecchi raccontare la cosa come se svegliare una bambina di un anno dormiente a forza di urla fosse la cosa più normale del mondo. Scosse la testa ricordandosi di star parlando con una Saiyan, per loro era normale spedire i neonati di basso livello su pianeti lontani figuriamoci se rispettavano il sonno di un bambino così piccolo. Sospirò alzandosi dalla sedia, esibendo il bel fisico coperto solo da una maglietta decisamente non sua di due o tre taglie più grandi. 
Yamcha si strozzò con il caffè a quella vista arrossendo visibilmente ma Bulma non ci fece caso, voltando le spalle ai due per dirigersi al piano superiore stiracchiandosi. Ciò attirò lo sguardo involontario dell'uomo con la cicatrice sulle lunghe gambe e sul fondoschiena della donna che il movimento verso l'alto delle braccia aveva lasciato scoperto dalla protezione della T-shirt. 
Uryasil se ne accorse e, siccome il suo rapporto con il guerriero terrestre non era esattamente quello di due buoni amici, credette fosse giusto informare il diretto interessato dello sguardo languido. Perciò si alzò in tutta calma, lasciando a metà la colazione, e si diresse al piano superiore senza destare alcun sospetto nell'uomo rimasto seduto al tavolo.
-Bulma lo sai che il tuo ex ti guarda il culo?- esclamò premurandosi di farsi sentire al piano di sotto.
Yamcha si strozzò di nuovo e cadde dalla sedia rovesciando il restante contenuto della tazza sul pavimento. 
-Eh!?- rispose l'azzurra stupefatta.
Alla voce della donna seguì quella potente del principe dei Saiyan che, con un paio di insulti coloriti in varie lingue, diede l'idea a Yamcha di essere nei guai.
-Te l'ho detto di coprirti!- esclamò il guerriero Saiyan.
-Ma che vuoi! È casa mia posso andare in giro anche nuda se voglio!- ribatté la donna.
Yamcha sentì distintamente Vegeta ringhiare infastidito, sembrava un animale feroce impossibilitato a reagire. Si alzò da terra e, in punta di piedi, si diresse alla porta di casa incurante di essere ancora in pigiama.
-Ehy, Yamcha! Spero che ti sia allenato a sufficienza o stai per morire per mano mia!- esclamò il sovrano dell'estinto pianeta.
Il terrestre sussultò e rabbrividì. Era decisamente nei guai e fuggire non sarebbe servito.






Angolo Autrice:

Weilà! Gentaglia (sempre che ci sia ancora qualcuno che segua sto sclero.) come ve la passate? Evelyn è tornata e Vegeta è costretto a occuparsi dei figli :D Boh non avevo idee per PV quindi ho ripreso in mano un po' di fluff demenziale ed uscito sto capitolo lungo na settimana. Perchè sì, io sparisco per mesi ma quando torno i capitoli non finiscono mai. O mi si ama o mi si odia lol
Niente, ora torno a chiudermi nel mio antro per carcare di tirare fuori qualcosa di buono dall'altra long.
See ya.


 


 

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