Pokémon Heart Free and Water Silver

di Ottachan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inizio. [Makoto's Side] ***
Capitolo 2: *** Inizio. [Haruka's Side] ***
Capitolo 3: *** Inizio. [Rin's Side] ***
Capitolo 4: *** Prime avventure. [Makoto's Side] ***
Capitolo 5: *** Prime avventure. [Haruka's Side] ***
Capitolo 6: *** Prime avventure. [Rin's Side] ***
Capitolo 7: *** Violapoli. [Makoto's Side] ***
Capitolo 8: *** Violapoli. [Haruka's Side] ***
Capitolo 9: *** Violapoli. [Rin's Side] ***
Capitolo 10: *** Azalina e dintorni. [Makoto's Side] ***
Capitolo 11: *** Azalina e dintorni. [Haruka's Side] ***
Capitolo 12: *** Azalina e dintorni. [Rin's Side] ***
Capitolo 13: *** Tra lecci e metropoli [Makoto's Side] ***
Capitolo 14: *** Tra lecci e metropoli [Haruka's Side] ***
Capitolo 15: *** Tra lecci e metropoli [Rin's Side] ***
Capitolo 16: *** Leggende e realtà [Makoto's Side] ***
Capitolo 17: *** Leggende e realtà [Haruka's Side] ***
Capitolo 18: *** Leggende e realtà [Rin's Side] ***
Capitolo 19: *** Al di là del mare [Makoto's Side] ***
Capitolo 20: *** Al di là del mare [Haruka's Side] ***
Capitolo 21: *** Al di là del mare [Rin's Side] ***
Capitolo 22: *** Prese di coscienza [Makoto's Side] ***
Capitolo 23: *** Prese di coscienza [Haruka's Side] ***
Capitolo 24: *** Prese di coscienza [Rin's Side] ***
Capitolo 25: *** Il viaggio riprende [Makoto's Side] ***
Capitolo 26: *** Il viaggio riprende [Haruka's Side] ***
Capitolo 27: *** Il viaggio riprende [Rin's Side] ***
Capitolo 28: *** Trovare la forza in se stessi [Makoto's Side] ***
Capitolo 29: *** Trovare la forza in se stessi [Haruka's Side] ***
Capitolo 30: *** Trovare la forza in se stessi [Rin's Side] ***
Capitolo 31: *** Ghiaccio bianco e divise nere [Makoto's Side] ***
Capitolo 32: *** Ghiaccio bianco e divise nere [Haruka's Side] ***
Capitolo 33: *** Ghiaccio bianco e divise nere [Rin's Side] ***
Capitolo 34: *** La Lega [Makoto's Side] ***
Capitolo 35: *** La Lega [Haruka's Side] ***
Capitolo 36: *** La Lega [Rin's Side] ***
Capitolo 37: *** Epilogo. [Their Side] ***



Capitolo 1
*** Inizio. [Makoto's Side] ***


Ultimo fill della Seconda Notte Bianca organizzata dalla pagina No ma Free lo guardo per la trama, eh con prompt di Amaerise Makoto è da sempre accanto a Haru ma, da quando quel Rin ha rubato un Totodile dal laboratorio del prof. Elm, Haru è tutto preso dal rivale. Il prompt mi è piaciuto così tanto anche perchè così posso scrivere di shotini pucciosi senza rischiare di andare in galera che ho deciso di farne una serie (e qui mi direte: 'Ma tanto non fai nessuna fatica, la trama di base segue di pari passo quella dei videogiochi!' Avete ragione, mi piace vincere facile lol xD). E per l'occasione ho modificato l'avatar: ammirate la bellissima (???) SlowpOtte <3 (visto che sto ancora aggiornando robe risalenti alla seconda NB quando la terza è finita da un pezzo... Dettagli) ma nonostante l'immagine poco rassicurante mi impegno ad aggiornare questa fic con abbastanza regolarità (intanto ho pronti i capitoli fino al terzo per ogni evenienza). Ringrazio in anticipo chi leggerà, chi continuerà a seguire il tutto e chi commenterà, grazie davvero çwç E ringrazio ancora Amaerise per l'idea di base <3 (sperando di non avergliela fregata xDDDDD).
PS: negli avvertimenti ho segnato 'Otherverse' perchè, ovviamente, tutti i capitoli faranno riferimento all'ambientazione dei videogiochi, non a quella dell'anime (giusto per essere chiara, meglio mettere nero su bianco queste 'questioni burocratiche' xD).

Edit del 27-09-2014: prima revisione, effettuate alcune correzioni.

 
Capitolo 01 – Inizio. [Makoto’s side]
 
Makoto e la sua Chikorita aspettavano trepidanti, davanti al portone di casa Nanase, che l’amico si facesse finalmente vivo. Il bambino aveva bussato una volta, due volte, tre volte, ma non aveva ancora ricevuto alcuna risposta. Che Haruka fosse di nuovo immerso nella sua amata vasca da bagno ad oziare? Gli sembrava strano. Makoto si spostò verso sinistra per osservare la finestra del bagno che si affacciava dal lato ovest della villetta: nessun segno di vapore. Il ragazzino si ritrovò ad emettere un profondo sospiro sconsolato. Decise quindi di dirigersi, stanco di aspettare, verso la porta sul retro della casa del vicino per entrare di soppiatto come spesso gli era già capitato di fare in passato; che grande sorpresa quando scoprì che la porta era stranamente chiusa a chiave. Strano. Molto strano! Cosa fare? Forse il professor Elm, il grande luminare di Johto che tutto sapeva e tutto o quasi poteva (concernente ovviamente l’immenso mondo dei pokémon) l’avrebbe sicuramente aiutato.
Makoto fece rientrare il proprio starter nella pokéball e si avviò verso ovest in direzione del laboratorio. All’interno di esso l’aria che tirava non era delle più favorevoli: il telefono squillava ripetutamente ed il professore rispondeva ad esso con aria preoccupata; alcuni scienziati discutevano animatamente con la polizia mentre altri premevano incessantemente i tasti del computer producendo irregolari rumori di veloci ticchettii. In un primo momento Makoto rimase in disparte ad osservare la situazione cercando di capire cosa stesse succedendo, ma poi prese coraggio e si avvicinò al professore.
‘Oh, ma salve Makoto-chan! Sei venuto qui per domandarmi qualcosa sulla tua Chikorita?’
‘No, in realtà mi chiedevo se sapesse dove si fosse cacciato Haru-chan! Non è in casa…’
‘Ah, credo oramai sia già arrivato a Fiorpescopoli…’
Cosa? Haruka era partito senza dire nulla al migliore amico?
‘Se ne è andato???’
‘Si, abbiamo avuto un problema qui al laboratorio. Ti ricordi quando l’ho mandato da Mister Pokémon a ritirare l’Uovo? Diciamo che ha avuto un incontro con uno strano ragazzino dai capelli rossi… Dalla descrizione abbiamo scoperto che è lo stesso bambino che ha rubato il Totodile dal nostro laboratorio poco fa… Ho chiesto ad Haru di darmi una mano a fermarlo e così si è messo subito in viaggio…’
Ok, Elm cosa avevi promesso ad Haruka Nanase per convincerlo a partire da solo in giro per tutta la regione? Una fornitura di pokémelle allo sgombro a vita? Oppure avresti finanziato la costruzione di una piscina coperta nel centro di Borgo Foglianova? E perché Haruka non aveva detto nulla a Makoto? Non voleva coinvolgerlo in un’avventura che avrebbe rischiato di diventare pericolosa? Eppure Mako-chan si sentiva al sicuro ora che era diventato un allenatore di pokémon. Era certo che, grazie all’aiuto della sua fedele Chikorita, sarebbe stato in grado di superare qualsiasi difficoltà. Magari avrebbe anche provato a sfidare le otto palestre di Johto per constatare la propria forza. E poi chissà… Sarebbe stato un sogno combattere contro i Superquattro della lega di Altopiano Blu e provare a battere il campione di turno. Gli occhi di Makoto si illuminarono per la determinazione e, senza pensarci troppo, il ragazzino si ritrovò a chiedere al professor Elm il permesso di partire per dare una mano ad Haruka con la ricerca. 
‘Perché no, mi sembra carico. Potrà fare, in questo modo, un’esperienza che lo aiuterà a crescere e a maturare’ un signore anziano, che indossava un lungo camice bianco come i professori di quel laboratorio, si avvicinò ai due con aria tranquilla.
‘Professor Oak, è davvero convinto di quello che ha detto?’ Elm sembrava visibilmente preoccupato.
‘Certo, glielo leggo negli occhi: il suo cuore è generoso e altruista, sarà in grado di fare facilmente amicizia con tutti i pokémon che incontrerà, ne sono certo’
Makoto sorrise imbarazzato arrossendo leggermente, non era abituato a ricevere così tanti complimenti tutti in una volta sola, e da un’unica persona poi!
‘Tieni piccolo’
Il professor Oak tirò fuori dalla sua tasca uno strano oggetto rettangolare e sottile di colore rosso e glielo porse sorridendo.
‘Questo è un pokédex, il secondo oggetto che caratterizza un vero allenatore di pokémon. Il primo è costituito dalle pokéball ovviamente. Ti aiuterà durante il tuo percorso. E aiuterai anche me ed Elm in questo modo: i pokémon di Jhoto sono ancora poco conosciuti da me nel Kanto. Trovali tutti e registra col pokédex più informazioni possibili!’
Detto ciò, Oak salutò il collega, con una stretta di mano, e il bambino, arruffandogli la folta capigliatura castana; infine uscì dal laboratorio.
Makoto corse subito a casa a dare la bella notizia alla propria famiglia la quale, dopo un momento di smarrimento, diede il permesso definitivo per lasciarlo partire all’avventura. Addirittura la mamma gli regalò un paio di scarpe da ginnastica che gli avrebbero permesso di correre più velocemente lungo gli intricati e ancora sconosciuti percorsi di Johto. 
Un bacio a lei, un bacio a papà, un altro ai piccoli Ren e Ran e poi via, fuori di casa, con i familiari tetti verdi della piccola cittadina di Borgo Foglianova lasciati alle spalle e, davanti a sé, il Percorso 29 che si stagliava per la prima volta davanti ai suoi occhioni di smeraldo. Nel suo cuore la speranza di incontrare Haruka al più presto per poter continuare il viaggio insieme.

 

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Capitolo 2
*** Inizio. [Haruka's Side] ***


Ed eccoci qui al secondo capitolo del mio crossover! Nulla da dire, solo che questa parte è leggermente antecedente al primo scenario di Makoto e vede la scelta del proprio starter (e non solo) dal punto di vista di Haruka. Tutto qui, ringrazio in anticipo chi leggerà e commenterà anche questo capitolo e ringrazio in anticipo anche  Amaerise che si sta occupando di fare un bannerino per la storia (senza contare che l'idea di base di questo crossover deriva da un suo promp scritto surannte la seconda Notte Bianca della pagina No ma Free lo guardo per la trama, eh).

Edit del 27-09-2014: prima revisione, effettuate alcune correzioni.

 
Capitolo 02 – Inizio. [Haruka’s side]

Quella mattina Haruka era stato svegliato di soprassalto da un Makoto estremamente entusiasta che aveva fatto irruzione a casa sua. Finalmente anche lui aveva compiuto undici anni e non vedeva l’ora di andare nel laboratorio del professor Elm per ottenere il proprio pokémon personale. I due bambini, infatti, si erano scambiati la promessa di andare a scegliere il proprio starter insieme una volta che il più piccolo di loro avesse raggiunto l’età giusta. Per quanto la cosa fosse poco credibile, Haruka era più grande di Makoto di quasi cinque mesi. A guardarli bene si poteva solo che pensare al contrario: Haru era piccolo e dal fisico longilineo e affusolato, Makoto aveva una struttura ossea più massiccia che lo faceva apparire quasi imponente. Era stata nonna Nanase a dire: ‘È nato con un corpo grande perché in lui risiedono troppa pazienza e gentilezza; un fisico normale non sarebbe stato in grado di contenerle entrambe per bene! Makoto, cresci sano e forte ma non cambiare mai’.
La sua corporatura, comunque, non metteva dubbi sul fatto che il ragazzino possedesse una forza superiore alla media: Makoto non perse tempo a dimostrare questo piccolo dettaglio trascinando letteralmente l’amico fuori dal letto e obbligandolo, poi, a scendere per preparare la colazione, lavarsi e vestirsi, il tutto il più in fretta possibile.
I genitori di Haruka non erano mai in casa: da quasi un anno si erano trasferiti per lavoro nella sfavillante Azzurropoli, nel Kanto, e il bambino aveva prima vissuto con la nonna, poi, dopo la morte di quest’ultima, aveva deciso di rimanere da solo nonostante le incessanti richieste da parte della famiglia Tachibana che lo volevano da loro.
Vivere da solo non gli dispiaceva, anzi: il dover occuparsi personalmente e autonomamente della propria vita, avendo il massimo potere decisionale per ogni minima cosa, gli dava quel senso di onnipotenza tipico di quei ragazzini che, per la prima volta nella loro vita, capiscono che essere responsabili e un po’ più maturi può portare anche a dei vantaggi. Aveva scoperto di avere una passione innata per la cucina ed un talento naturale per essa e per tutto ciò che metteva in azione la sua buona manualità.
Ma tornando a quel giorno di autunno, la scena che poteva essere ammirata in casa Nanase era la seguente: Makoto, seduto  sui talloni, che non riusciva a nascondere la trepidazione e l’impazienza che lo pervadevano, ed Haruka, in piedi su di uno sgabello, dando le spalle all’amico, intento a girare sulla griglia il suo amato trancio di sgombro. Dopo aver mangiato la propria pietanza in maniera estremamente veloce (lo sguardo vivace e, nello stesso tempo, irrequieto di Makoto lo stava innervosendo; il moro aveva ben capito che era cosa buona e giusta uscire fuori il prima possibile), il piccolo padrone di casa lavò i piatti con altrettanta velocità e finalmente, per la gioia di entrambi, i due bambini fecero finalmente tappa verso il laboratorio del professor Elm (Haruka non l’avrebbe mai ammesso ma anche lui non stava più nella pelle).
Lo studioso di pokémon li accolse festoso con un grande sorriso e andò subito al sodo mostrando ai bambini le tre pokéball con dentro gli starter che potevano essere scelti. La mano di Haru si fiondò senza indugio sulla sfera che conteneva Cyndaquil, Makoto invece rimase qualche minuto a pensare indeciso. Alla fine, con gli occhi leggermente lucidi per l’emozione, prese finalmente una decisione: sarebbe diventato l’allenatore della piccola Chikorita. Il professore si complimentò per scelta di entrambi scompigliando i loro capelli corti; chiese poi ai neo allenatori se volessero dare un soprannome al proprio pokémon.
‘Saba’
 ‘Prego?’
Makoto fu certo che l’amico, in un istante durato pochi centesimi di secondo, avesse emesso un lieve sorriso mentre fissava la propria pokéball felice ed orgoglioso della scelta appena effettuata.
‘Haru-chan, sei sicuro di questo soprannome?’ chiese il professore con aria interrogativa.
In tutta risposta il moro gli rivolse uno sguardo che poteva solo che dire: ‘Mi ha sentito, no?’ al quale Elm, però, non fece caso poiché il telefono del laboratorio aveva iniziato a squillare rumorosamente. L’uomo in camice rispose rapidamente alla chiamata e, qualche istante dopo, intuendo che il discorso con l’interlocutore sarebbe andato per le lunghe, sollevò la mano per salutare i due bambini. Haruka e Makoto furono finalmente liberi di uscire.
‘Haru, Haru…’ il ragazzino dai capelli castani strinse la propria mano attorno al lembo della maglia dell’amico. ‘Senti, ti va di combattere contro di me? La nostra prima sfida!’
Gli occhi di Makoto brillavano con la stessa intensità della luce del sole e sembravano essere diventati più grandi a causa della forte emozione provata durante quella mattinata. Haruka non rispose, lasciò che il piccolo Cyndaquil, liberato dalla pokéball, facesse comprendere all’amico che aveva decisamente acconsentito alla sua richiesta.
‘Chikorita, Azione!’ il pokémon d’erba scattò in avanti e prese in pieno il povero Saba il quale, tremando leggermente instabile, si rialzò sulle zampe posteriori pronto a contrattaccare.
‘Saba, Fulmisguardo!’ gli occhi di Cyndaquil si illuminarono di una luce sinistra e Chikorita ne rimase visibilmente intimorita.
‘Forza Chikorita, di nuovo Azione!’ ma questa volta il pokémon mancò il bersaglio. Haru ne approfittò per ordinare a Saba di colpire l’avversario. Tempo un altro turno e lo starter di Makoto si accasciò a terra esausto. Haruka aveva vinto la sua prima sfida. L’altro bambino non sembrava però triste: il suo sguardo non aveva perso la luce iniziale e il suo solito sorriso non aveva abbandonato, nella maniera più assoluta, quel piccolo volto dai lineamenti rotondi. Era solo emozionato come prima. O forse leggermente di più.
‘Wow, ce l’hai fatta per poco! In futuro ti chiederò sicuramente una rivincita!’
‘Mmm…’ Haruka fece rientrare il pokémon di fuoco nella ball senza però riuscire a nascondere la gioia immensa che stava provando in quel momento: i suoi occhi ridevano felici e Makoto se ne accorse subito. Il loro incontro, comunque, aveva riunito un piccolo gruppo di spettatori curiosi e il ragazzino dagli occhi verdi, leggermente in imbarazzo, ne approfittò per defilarsi con la velocità di un Rapidash verso la propria abitazione, usando come scusa il desiderio di far riposare il proprio starter per poi mostrarlo ai fratellini in tutto il suo splendore. Haruka, invece, tornò indietro verso il laboratorio per far curare il vittorioso Saba. Ma non appena si avvicinò alla porta della struttura, il professor Elm uscì all’improvviso e rischiando di colpire malamente il povero ragazzino.
‘Oh Haru-chan, cercavo proprio te o Mako-chan. Mi potresti fare un favore? Poco distante da qui abita un signore chiamato Mr. Pokémon; ha detto che ha un oggetto importante da farmi analizzare. Purtroppo io non posso lasciare il laboratorio… Potresti andare tu da lui?’
Haruka sospirò pensando come al suo solito: ‘Troppa fatica…’ ma il professore interpretò il suo silenzio come una sorta di approvazione priva di parole. Lo fece entrare nel laboratorio, curò il Cyndaquil ferito, gli regalò delle pozioni per il viaggio e gli restituì il pokégear che il bambino aveva affidato, qualche giorno prima, ad uno degli assistenti in modo che fosse riparato.
‘Mr. Pokémon vive in una casetta isolata a nord di Fiorpescopoli lungo il Percorso 30. La riconoscerai subito: davanti ad essa si trova un grande prato con l’erba alta piena di pokémon. Lo avvertirò del tuo arrivo, non ti preoccupare. Grazie ancora del favore che mi stai facendo!’
E senza nemmeno avere la possibilità di lamentarsi o di esprimere la propria opinione, Haru fu catapultato in quella che sarebbe diventata l’avventura più grande della propria vita.

 

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Capitolo 3
*** Inizio. [Rin's Side] ***


Colpo di scena, il capitolo è scritto dal punto di vista di Rin! Non ve l'aspettavate vero u.u???
In questa parte (che personalmente reputo la più interessante dello scenario dell'inizio) c'è molta più azione (alleluja xD) quindi spero possa piacere di più :3
Alla fine di ogni scenario ho deciso di mettere una sorta di 'riassunto cronologico' degli eventi visto che ok, il tutto accade in contemporanea, però i capitoli non seguono un perfetto ordine cronologico (è una mia paranoia: ho paura che, chi legge questa fic, si ritrovi confuso xD).
Detto ciò ringrazio in anticipo chi leggerà anche questa parte <3

Edit del 27-09-2014: prima revisione, effettuate alcune correzioni.


 
Capitolo 03 – Inizio. [Rin’s side]
 
Rin correva velocemente, il cuore in gola che batteva ad una velocità mai percepita prima d’ora, il fiato corto e lo stomaco stretto in una morsa. L’aveva fatto. L’aveva veramente fatto. Non poteva ancora crederci. Era diventato un allenatore di pokémon. In una maniera poco ortodossa, certo, ma non poteva rischiare che qualcuno, magari meno determinato di lui, potesse sottrargli il suo amato Totodile. Era stato estremamente fortunato: i due bambini che si erano presentati quella mattina al laboratorio per scegliere il proprio starter avevano deciso di prendere Chikorita e Cyndaquil. Rin aveva passato quei dieci minuti pieni di tensione spiandoli di nascosto, con solo la fronte e gli occhi appiccicati al vetro della finestra ovest della struttura, pregando gli dei dell’universo chiedendo loro di ‘suggerire’ ai due, se possibile, di non soffiargli da sotto il naso il proprio pokémon preferito. E così era successo. E poi l’ansia aveva iniziato a catturarlo logorando i suoi pensieri e portandogli via piccoli pezzetti di cuore senza chiedergli il permesso. E adesso? Rin non aveva ancora compiuto undici anni e quindi non poteva diventare allenatore di pokémon. Ecco, lo sapeva benissimo, sarebbe stato meglio che Totodile fosse stato portato via per primo, almeno si sarebbe messo l’animo in pace e sarebbe tornato a casa oramai preparato psicologicamente all’attesa del suo prossimo compleanno. E invece si era ritrovato ad osservare quella pokéball, lasciata da sola sul tavolo centrale, con una bramosia difficile da quantificare. Cosa fare?
Dal lato dell’ingresso del laboratorio iniziò ad essere percettibile quel classico rumore di scontro misto a grida di incoraggiamento tipico delle battaglie fra pokémon; Rin si affacciò senza lasciare il proprio nascondiglio diventando, senza rendersi conto, il primo testimone della primissima lotta tra i due bambini neo allenatori. Il combattimento non durò molto e vide come vincitore il ragazzino dai capelli neri. C’era d’aspettarselo. L’altro bambino non aveva fatto combattere il proprio Chikorita al massimo delle potenzialità mentre Cyndaquil, nonostante la partenza più lenta, aveva tirato fuori un’aggressività vincente. Rin si ritrovò ad invidiare da morire quei due amici: voleva anche lui partecipare ad una sfida con il proprio pokémon, voleva dimostrare di essere un grande allenatore e vincere tutte le battaglie. Voleva essere assolutamente il numero uno. La voce del professore a capo di quel laboratorio lo distolse dai propri pensieri e la paura di essere scoperto lo portò a nascondersi, alla velocità del suono, come un cucciolo di Sentret lontano dalla madre. Il rossino non riuscì a capire bene il discorso ma, qualche minuto dopo, il bambino che aveva vinto lo scontro di prima aveva iniziato ad incamminarsi con aria annoiata verso il Percorso 29, fermandosi quando il suo sguardo incrociò proprio quello di Rin.
‘Che cavolo hai da guardare?’ ringhiò il ragazzino dai denti aguzzi.
L’altro non rispose, continuò a fissarlo per un’altra manciata di secondi e poi si diresse per la propria strada; Rin lo seguì con lo sguardo fino a quando non scomparve dietro agli alberi del percorso.
Ma guarda che faccia da antipatico che ha… Solo perché ha uno starter forte si sente in diritto di essere superiore. Non lo sopporto, non lo sopporto proprio!
Il bambino, immerso nei propri pensieri, decise di tornare a casa sconsolato ma, guardando per l’ultima volta attraverso la finestra del laboratorio, notò che nessuno si trovava nella stanza con l’ultima pokéball rimasta. Totodile era stato lasciato del tutto incustodito. Il cervello non fece in tempo a collegare tutti i suoi circuiti per dare ordini precisi al corpo che Rin aveva già fatto scorrere verso l’alto il vetro della finestra aprendola senza far rumore. Un’altra occhiata nella stanza. Nessuno si era accorto di nulla. Il bambino passò attraverso il piccolo spiraglio che si era aperto e si intrufolò all’interno del laboratorio. E poi, tempo di un paio di battiti di ciglia, prese la sfera, si gettò al di fuori della struttura e scappò via in direzione del Percorso 29. Appena si sentì al sicuro, appena decise che la distanza tra lui e Borgo Foglianova fosse soddisfacente, si gettò nell’erba alta per nascondersi e far uscire alla luce del sole il suo amato Totodile. Una coppia di Pidgey volò via spaventata quando lo starter fece la sua apparizione in quel piccolo spiazzo verde. Il pokémon coccodrillo si materializzò alla vista di Rin emettendo il suo classico verso allegro, poi spostò la testa da un lato e dall’altro, leggermente confuso, non riuscendo a capire in che luogo si trovasse. Il bambino ignorò lo stato d’animo del suo nuovo amico e, tremando dalla gioia, lo abbracciò ridendo come non aveva mai fatto in vita sua. D’altro canto Totodile rimase sorpreso dalla reazione del suo giovanissimo allenatore, e fece per mordergli la manica della maglietta con fare giocoso, cercando di non ferire il ragazzino. Rin iniziò a piangere a dirotto: non avrebbe mai creduto che il suo desiderio più grande si stesse realizzando così facilmente, un passo alla volta. Aveva anche iniziato a dimenticare il piccolo dettaglio del furto di pokémon quando Totodile gli asciugò le lacrime leccandogli la guancia con la sua lingua ruvida.
‘Da adesso in poi staremo insieme per sempre e diverremo i migliori di Johto. Anzi, del mondo intero!’
Un ultimo abbraccio al pokémon prima di farlo rientrare nella ball e poi via, verso ovest, giungendo alla fine del Percorso 29. Sul limitare di Fiorpescopoli, Rin incontrò di nuovo il bambino dai capelli neri e, con un sorriso orgoglioso dipinto sul volto, gli rivolse la parola.
‘Ehi, ho visto che anche tu hai un pokémon  con te. Ti va una sfida?’
L’altro ragazzino rimase in un primo momento attonito ma subito dopo, appena gli tornò alla mente dove aveva già visto lo sfidante, sganciò dalla cintura la pokéball che conteneva Cyndaquill e si preparò a combattere.
‘Io sono Rin Matsuoka! Ho un nome femminile ma ti assicuro che sono un ragazzo!’
Nessuna risposta; l’altro allenatore si limitò a mostrare il proprio starter di fuoco.
‘Puoi anche essere meno maleducato e presentarti anche tu’ Rin si stava innervosendo: quando aveva incrociato lo sguardo del moro vicino al laboratorio del professor Elm, aveva avuto l’impressione di trovarsi di fronte ad una persona dal carattere non facile, ma non credeva che quel bambino fosse utile come un Magikarp fuori dall’acqua.
‘…Mi chiamo Nanase’
‘Bene! Nanase, preparati perché ti mostrerò la differenza che c’è tra me e te e la cosa non ti farà affatto piacere! Vai Totodile!’
Il pokémon coccodrillo uscì fuori dalla pokéball e, entrando come in sintonia con i sentimenti del proprio allenatore, assunse un’espressione piuttosto aggressiva.
‘Vai Saba, usa Braciere!’ Cyndaquil inspirò aria con tutte le proprie forze per poi lanciare una manciata di piccole fiammelle ai piedi dell’avversario.
‘Pfff… Ma non hai studiato che il fuoco è poco efficace contro i pokémon d’acqua? Totodile, forza, usa Fulmisguardo!’ e gli occhi del pokémon si illuminarono nel tentativo di intimidire il nemico rendendolo più debole.
Muro di Fumo!’ lo starter di fuoco inspirò abbondantemente di nuovo ma questa volta, dalla propria bocca, partì una cortina di fumo che lo avvolse quasi totalmente nascondendolo alla vista dell’avversario.
‘Totodile, cercalo e usa Graffio!’ il coccodrillò, però, non riuscì a scorgere Cyndaquil, anzi, si ritrovò steso a terra a causa dell’attacco Azione dell’avversario: quest’ultimo aveva approfittato della sua scarsa visibilità per colpirlo ad un fianco cogliendolo alla sprovvista.
‘Totodile, alzati!’ ma lo starter d’acqua si reggeva a malapena sulle proprie zampe.
‘Forza Totodile, ce la puoi ancora fare, alzati!’ ma il pokémon coccodrillo cadde a terra esausto. Persino Rin si sentì quasi mancare le forze. La sua prima battaglia: un fallimento. Non voleva credere di aver perso contro quel ragazzino dagli occhi antipatici. Sforzandosi malamente per ricacciare le lacrime che gli stavano bagnando gli occhi, Rin fece rientrare nella propria sfera il pokémon sconfitto e, lanciando uno sguardo di odio contro Nanase, disse: ‘Ti ho lasciato vincere! Ora non esultare troppo! La prossima volta ti disintegrerò’ e iniziò a correre verso il Centro Pokémon di Fiorpescopoli.

Per fortuna Totodile stava bene: era soltanto stanco a causa della battaglia faticosa appena persa. In meno di un’ora di tempo aveva riacquistato tutte le proprie forze ed era tornato vispo e arzillo come prima. Ma l’umore di Rin non era affatto migliorato, anzi: il bambino, in un primo momento, si era convinto che era meglio rinunciare al proprio sogno e aveva iniziato a pensare alle varie scuse che avrebbe dovuto inventare, quando sarebbe rientrato a Borgo Foglianova, per restituire Totodile a Elm. Alla fine, però, si convinse che era meglio inseguire le proprie ambizioni e così corse di nuovo, con tutto il fiato che aveva in corpo, verso il Percorso 30. Arrivato in quella nuova zona setacciò, con movimenti nervosi e violenti, tutte le zone d’erba dell’aera a caccia di pokémon: appena ne trovava uno mandava Totodile a combatterlo e a batterlo in modo che si rafforzasse in vista delle lotte future. Una volta mandato ko il pokémon selvatico di turno, ecco che partiva nuovamente alla ricerca di altri. Il pokémon coccodrillo iniziava a percepire la stanchezza derivata da tutti quegli scontri ma il proprio padrone, accecato dalla bramosia di combattere, non ci fece minimamente caso. Battere Nanase sarebbe diventata la seconda missione principale della propria vita.


CRONOLOGIA SCENARIO 'PRIME AVVENTURE'

- Haruka e Makoto vanno a scegliere il proprio starter;
- Rin li osserva di nascosto dalla finestra ovest del laboratorio;
- Haruka e Makoto si sfidano fuori dal laboratorio. Vince Haruka;
- Makoto torna a casa per mostrare Chikorita ai fratellini;
- Elm ferma Haruka e lo manda da Mr. Pokémon;
- Primo incontro tra Rin e Haruka;
- Rin approfitta di un momento di distrazione per rubare Totodile;
- Rin scappa verso il Percorso 29;
- Rin incontra Haruka sul limitare di Fiorpescopoli e lo sfida;
- Rin perde, va al centro pokémon si dirige al Percorso 30 per 'allenarsi';
- Haruka torna da Elm e riparte all'inseguimento di Rin (lo si leggerEnel secondo scenario);
- Makoto scopre che Haruka Ediretto a Fiorpescopoli e decide di partire anche lui all'avventura.

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Capitolo 4
*** Prime avventure. [Makoto's Side] ***


Ed eccoci al nuovo capitolo che segna l'inizio del secondo scenario di questa piccola avventura *Otta sparge intorno a se petali di rosa profumati per festeggiare* (???)!
In questa parte, come nelle due successive, verranno descritti un pò meglio i caratteri dei tre giovani protagonisti ed il loro rapporto con i pokémon che andranno a sviluppare. Quindi si, tanto pensiero e un pò meno azione. Ma dal terzo scenario in poi le cose si faranno più vivaci, lo prometto èwé!
Ho deciso di velocizzare la pubblicazione (da un capitolo ogni due settimane a uno a settimana) perchè il mio animo appena appena paranomico ha iniziato a temere di arrivare ai 90 anni di età senza aver concluso questo piccolo lavoro xD!
Pirlate a parte, buona lettura e grazie in anticipo a chi leggerà questa parte :3

Edit del 29-09-2014: prima revisione, effettuate alcune correzioni.

 
Capitolo 04 – Prime avventure. [Makoto’s side]
 
Makoto si era bloccato sul limitare del Percorso 29. Se fino ad un secondo prima non vedeva l’ora di partire all’avventura, l’istante successivo aveva iniziato a riempirsi di domande sul fatto che da quel momento in avanti avrebbe contato solo sulle proprie forze e su quella dei propri pokémon, che per diventare allenatori ci volevano pazienza e attenzione verso di essi, che forse undici anni erano troppo pochi per fare tutto questo… Che forse non sarebbe stato di aiuto ad Haruka! Insomma, era rientrato con la coda fra le gambe nel laboratorio del professor Elm e quest’ultimo aveva fatto una fatica immane per convincerlo del fatto che, si, Haruka aveva talento in tutto quello che faceva ma Makoto, in più, aveva dolcezza e gentilezza: si sarebbe fatto sicuramente ascoltare da qualsiasi pokémon fosse stato in grado di catturare, e questa era la cosa più importante!
‘Anche il professor Oak ha visto in te delle grandi capacità! Vuoi dubitare delle parole di un luminare come lui?’
‘…Veramente no…’ Makoto iniziava a vergognarsi di aver fatto marcia indietro.
‘Ehi, se hai paura di non farcela, perché non catturi quanti più pokémon puoi per formare una squadra forte che non ti abbandoni mai?’
A quella domanda gli occhi del bambino si illuminarono. Ma certo, era così ovvio! Si era fatto prendere dal panico senza nemmeno aver provato ad agire come un vero allenatore! L’essere troppo abituato a prendersi cura dei propri fratellini e di Haru, mettendo di conseguenza in secondo piano quello che desiderava veramente, declassandolo magari a semplice capriccio, l’aveva mandato nel pallone. Doveva imparare ad occuparsi di se stesso e a limitarsi a fornire supporto all’amico che doveva raggiungere. Elm intuì i pensieri del bambino e, per incoraggiarlo un altro poco, gli regalò cinque pokéball.
‘Mi raccomando, usale anche per aiutarci col pokédex come voleva il professor Oak!’ disse divertito mentre gli porgeva quegli utili strumenti con un grande sorriso. Anche Makoto sorrise di rimando e, deciso a non fare di nuovo brutta figura, questa volta prese coraggio e si addentrò all’interno del percorso 29, non prima di aver fatto uscire dalla sfera la propria Chikorita.
‘Chikorita, stammi vicino. Andiamo a catturare altri pokémon per farti compagnia!’
Lo starter d’erba, in tutta risposta, fece ondeggiare la foglia che aveva in capo emettendo un verso molto allegro. Non appena il bambino si diresse verso sud-ovest per iniziare la propria avventura, un Pidgey fece capolino proprio davanti ai loro occhi sbattendo le sue piccole ali bicolori.
‘Chikorita, Chikorita, guarda! Un Pidgey! Catturiamolo!’
Chikorita obbedì al proprio padroncino e, dopo aver attaccato due volte con Azione,  rimase in attesa di ordini. Ma Makoto si limitò a lanciare una delle ball che gli erano state donate poco prima dal professore e, così facendo, catturò il suo primo pokémon.
‘Chikorita, ce l’abbiamo fatta’ disse il ragazzino con le lacrime agli occhi mentre abbracciava la sua beniamina. ‘Ora sentiamo cosa dice il pokédex!’
Pidgey, pokémon uccellino di tipo Normale e Volante. Altezza: 30 cm, peso: 1,8 kg. Comune tra l’erba e nelle foreste, è molto docile e tiene alla larga i nemici sollevando sabbia. Lo si può trovare molto facilmente lungo i percorsi 29, 30, 31, 35, 36, 37 e nel Parco Nazionale di Johto.
‘Wooooow! Questo pokédex dice un sacco di cose! È utilissimo, vero?’
Chikorita strinse i propri occhi rossi ed emise un verso tanto deciso quanto adorabile.
‘Voglio sapere altro, voglio catturare altri pokémon… Ma prima torniamo indietro dal professore per curarti!’
Makoto rientrò a Borgo Foglianova e, con grande stupore da parte del professor Elm, si diresse di nuovo nel laboratorio.
‘Bravo, complimenti per la cattura… ma vai pure avanti o non riuscirai mai a raggiungere Haru-chan!’ disse alla fine l’uomo leggermente preoccupato. Il bambino lo rassicurò rispondendo che non avrebbe più perso tempo e che, senza indugio, sarebbe giunto a Fiorpescopoli in un attimo. Eppure il professore lo rivide affacciarsi alla porta del laboratorio per ben altre due volte: la prima per fargli vedere il Rattata che aveva appena catturato, la seconda per un Sentret.
‘Senti Mako-chan, lo sai che nei Centri Pokémon di grandi città come Fiorpescopoli puoi depositare nel pc tutti i pokémon che vuoi e che, con un solo click, io posso dare un’occhiata ai tuoi box per valutare lo sviluppo del tuo pokédex? Non serve che tu torni qui ogni volta! Hai capito?’
Il piccolo allenatore intuì che forse, ma proprio forse, aveva iniziato a mettere a dura prova la pazienza del professore e che forse, ma proprio forse, era meglio seguire i suoi consigli. Forse.
‘Tra l’altro hai deciso se tenerli in squadra oppure no?’
‘Ecco, non lo so… Come si capisce quando un pokémon è quello giusto?’
‘Bhè, ci sono allenatori che usano solo i lori preferiti, anche se questo è controproducente soprattutto se vuoi sfidare le varie palestre di Johto. Se vuoi un mio consiglio creati una squadra bilanciata con pokémon che coprono tutti i tipi conosciuti. Ovviamente scegli fra quelli che ti piacciono di più: in questo modo il vostro legame sarà saldo e indistruttibile e sarà più semplice andare avanti nell’avventura’
In effetti, Chikorita esclusa, tutti gli altri pokémon che aveva catturato rientravano nella tipologia Normale; forse solo Pidgey si distingueva visto che era anche di tipo Volante. Però Makoto non era comunque convinto sulla sua futura presenza in squadra.
‘Dai, pensaci su ma nel frattempo prosegui per favore!’ e, detto ciò, il professore sospinse il bambino, in maniera comunque molto delicata, verso l’uscio del laboratorio.
Per la quinta e ultima volta (o almeno queste erano le preghiere di Elm) Makoto si ritrovò a dare le spalle alla cara vecchia Borgo Foglianova deciso, finalmente, a raggiungere Fiorpescopoli.
 
Dopo aver attraversato tutto il Percorso 29, finalmente i tetti dal colore caldo della cittadina riempirono gli occhioni rotondi del bambino. Un signore anziano lo accolse calorosamente e lo invitò a seguirlo.
‘Sei agli inizi con i pokémon? Niente paura! È normale: per tutti c’è un inizio! Se vuoi ti posso insegnare un paio di cose’
Il piccolo allenatore rimase sorpreso dal carattere così espansivo del vecchietto ma accettò di buon grado i suoi consigli.
‘Va bene. Seguimi!’ e detto ciò lo trascinò in giro per la città mostrandogli prima il Centro Pokémon, poi il Pokémon Market; gli indicò la strada da seguire per arrivare al Percorso 30 e infine gli mostrò il mare. Makoto rimase sorpreso dal grande quantitativo d’acqua che circondava Fiorpescopoli; anche Borgo Foglianova si affacciava sul mare ma esso era poco visibile, una piccola lingua blu che si insinuava nel folto del boschetto est. Quell’immagine mise un po’ di timore al bambino il quale, quasi subito, si voltò a ringraziare il signore per averlo aiutato ad orientarsi e si fiondò nel Centro Pokémon. In quel luogo, mentre Chikorita era stata affidata alle cure delle infermiere per riprendere energie, il neo allenatore si ritrovò a ‘giocare’ con il computer e si meravigliò della tecnologia del pc che permetteva la creazione di un proprio account e quindi il trasferimento delle sfere in box personalizzabili dagli utenti stessi. Alla fine decise di depositare Pidgey, Rattata e Sentret: avrebbe continuato a catturare tutti i pokémon che gli fossero capitati davanti e poi avrebbe scelto quelli con i quali sentiva più affinità. E poi la comodità dei box consisteva proprio nella possibilità di ritirare tutti i pokémon che voleva da qualunque città: se avesse avuto dei ripensamenti non avrebbe dovuto preoccuparsi troppo. Appena spense il computer si ricordò di un piccolo dettaglio che gli era leggermente passato di mente: non si era ancora messo alla ricerca di Haru! Approfittando del fatto che Chikorita era ancora nelle mani delle infermiere, uscì dal Centro per raccogliere informazioni. Dopo un paio di giri a vuoto nel centro della cittadina, Makoto, come se avesse avuto un’illuminazione, si diresse al confine con il Percorso 29 dove ritrovò il signore anziano appostato in cerca di altri nuovi allenatori. La cosa effettivamente era piuttosto inquietante ma, preso coraggio, il giovane allenatore si rivolse nuovamente a lui.
‘Signore, scusi! Per caso è passato da queste parti un bambino moro con gli occhi blu, le sopracciglia così (e, dicendo ciò, portò gli indici delle mani sopra i propri occhi, inclinandoli verso il naso in modo da mostrare un’espressione corrucciata)… Dovrebbe avere un Cyndaquil di nome Saba…’
‘Aaaaah, quel bambino! È passato di qui un paio di volte… Mi ero offerto di aiutarlo come ho fatto con te ma non mi ha degnato di uno sguardo. Mi ha totalmente ignorato! I giovani d’oggi non sanno più come comportarsi con gli anziani! Comunque ha preso per due volte il Percorso 30… Credo si sia diretto verso Violapoli… Ha anche combattuto contro un ragazzino dai capelli rossi che aveva un piccolo Totodile’
‘Ah, sto cercando anche lui!’
‘Guarda, anche lui è corso via verso il Percorso 30…’
‘Ok, Percorso 30 e poi Violapoli! Ricevuto!’
‘Ah, comunque prima di Violapoli dovrai attraversare anche il Percorso 31. Ti conviene fare il pieno di Pozioni!’
Il bambino non se lo fece ripetere: dopo aver ringraziato con un inchino esagerato il vecchietto, fece tappa al Pokémon Market per rifornirsi di oggetti curativi e di ball, poi rientrò nel Centro Pokémon, attese che le infermiere gli restituissero la sua amata Chikorita e diede un ultimo saluto alla Città dei fiori profumati.

 

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Capitolo 5
*** Prime avventure. [Haruka's Side] ***


Ma salve gente! In questo capitolo, che (come dice il titolo) sviluppa il punto di vista di Haru, c'è un pò di trama. O almeno quella che mancava per concludere il quadro iniziale con tanto di visita a Mr.Pokémon (con dialoghi tratti dal gioco) (alcuni di essi li ho dovuti modificare a causa dell'italianese poco correggiuto della traduzione, wtf O_O) e incontro con Oak. Mi fermo sennò spoilero tutto xD!
Buona lettura e grazie in anticipo a chi leggerà questa piccola parte çwç
Prima che mi dimentichi, caso mai nessuno avesse visto il mio profilo efp aggiornato, questa fic è diventata l'appuntamento settimanale del mercoledì, le altre fic (originali e non) avranno cadenza irregolare ma saranno pubblicate generalmente di sabato.

Edit del 29-09-2014: prima revisione, effettuate alcune correzioni.

 
Capitolo 05 – Prime avventure. [Haruka’s side]
 
Nonostante la partenza obbligata, che aveva costretto Haruka a lasciare momentaneamente la sua città natale, e l’incontro con quello strano ragazzino dai capelli rossi seminascosto dietro al laboratorio di Elm, il viaggio lungo il Percorso 29 era trascorso in maniera tranquilla e senza troppi intoppi. Era stato interrotto giusto dalla comparsa di qualche Pidgey selvatico che Saba si ritrovò a combattere e poi a battere, diventando pian piano sempre più consapevole delle proprie capacità in battaglia (e di conseguenza il suo padroncino imparò a destreggiarsi con le diverse strategie da adottare contro pokémon di tipologia diversa). Haru non aveva impiegato molto tempo per arrivare a Fiorpescopoli; dopotutto la strada era praticamente quasi dritta e gli assistenti del professore avevano munito il suo pokégear di una utilissima mappa. Perdersi era impossibile. Comunque sia, appena varcato il confine della città, il bambino venne bloccato da un signore anziano molto espansivo e con molta, forse un po’ troppa, generosità da donare agli altri: non vedeva l’ora di offrire al nuovo arrivato una visita guidata completa della città.
‘Sei agli inizi con i pokémon? Niente paura! È normale: per tutti c’è un inizio! Se vuoi ti posso inseg…’
‘Non serve, grazie’ e detto ciò, con la mappa del pokégear attivata al suo polso, il ragazzino trovò da solo la strada per il Centro Pokémon. Arrivato a quella nuova destinazione, Haruka si voltò indietro pensando che forse era stato un po’ troppo brusco con quel nonnino e che magari avrebbe dovuto ringraziarlo per il disturbo che voleva prendersi nell’aiutarlo per forza. Ma oramai era troppo tardi per tornare indietro: aveva una missione da compiere e l’avrebbe svolta il più velocemente possibile. Non vedeva l’ora di tornare nella sua casetta a Borgo Foglianova, chiudersi in bagno e immergersi nella vasca piena di acqua calda. Chissà se Saba poteva farsi il bagno con lui! Una volta tornato dal professore gliel’avrebbe chiesto di sicuro! Dopo aver atteso che il piccolo Cyndaquil fosse tornato nel pieno delle forze grazie al lavoro amorevole delle infermiere del Centro, il bambino si diresse senza indugio verso il Percorso 30 scegliendo, al bivio, di andare verso destra visto che, proseguendo lungo la strada di sinistra, avrebbe raggiunto il Percorso 31 e poi Violapoli. Quella via, comunque, al momento era inaccessibile poiché una coppia di giovani allenatori si stava sfidando con i propri pokémon bloccando il passaggio (Rattata VS Pidgey, si accettano scommesse sul vincitore!). Dopo un’altra decina di minuti di camminata, interrotta come al solito da una manciata di pokémon selvatici, finalmente il tetto scuro dell’abitazione di Mr. Pokémon fece capolino di fronte agli occhioni blu di Haruka. Il bambino si avvicinò rapidamente all’uscio e bussò alla porta: un signore anziano ma distinto e dall’abbigliamento molto elegante lo accolse nella propria abitazione.
‘Che bello vederti! Carissimo Haru-chan! Poco fa ho scritto io quel messaggio al professor Elm!’
Il ragazzino dai capelli neri avrebbe volentieri risposto: ‘L’avevo vagamente intuito’ ma per educazione si limitò ad annuire in silenzio. Con la coda dell’occhio notò che Mr. Pokémon stava ospitando anche un’altra persona: precisamente un altro signore anziano dall’aria saggia e matura che indossava un camice bianco proprio come il professore di Borgo Foglianova. Nel frattempo il padrone di casa si era avvicinato alla vetrina situata nell’angolo ovest del soggiorno ed era tornato a rivolgersi al bambino tenendo, però, in mano un qualcosa di mai visto prima dalla forma rotonda e allungata.
‘Ecco l’oggetto che vorrei che il professor Elm analizzasse’ e glielo porse senza alcuna esitazione.
Haruka prese in mano quella strana cosa misteriosa e, al contatto con essa, percepì subito una particolare sensazione di calore ed una delicatissima vibrazione provenire dall’interno.
‘Questo me l’ha regalato quella persona che conosco ad Amarantopoli… Che ne dici di questo uovo? Non ne hai mai visto uno così a Jotho?’
In realtà Haruka non aveva visto nulla del genere in assoluto in tutta la sua breve esistenza.
‘E così pensavo, non è che magari il professor Elm mi sa dare qualche delucidazione?’
Anche questa volta il bambino avrebbe voluto rispondere: ‘E come faccio io a saperlo?’ ma si tenne tutti i pensieri per sé anche perché la vista di quell’uovo misterioso aveva catturato tutta la sua attenzione.
‘Infatti lui è il più esperto di evoluzioni pokémon al mondo’
Ma veramente? Parlava proprio di Elm di Borgo Foglianova, lo studioso un po’ svampito e con la testa sempre tra le nuvole?
‘E lo dice il professor Oak!’
Oak? Il nome gli era familiare…
‘Stai tornando dal professor Elm? Allora la tua squadra pokémon farà meglio a riposare un po’…’ e detto ciò prese le pokéball di Haruka (o meglio LA pokéball con Cyndaquil dentro) per metterla all’interno di un macchinario ingombrante che troneggiava in fondo alla sala. Nell’attesa Mr. Pokémon offrì del the al bambino e lo fece accomodare vicino all’uomo col camice bianco. Quest’ultimo, dopo aver finito la propria tazza ed aver spento il pc portatile che aveva davanti ai propri occhi, attendendo che anche il ragazzino terminasse di bere, si rivolse poi con tono calmo e gentile al neo allenatore.
‘Mi presento. Sono un ricercatore di pokémon, mi chiamo Oak, piacere’ e tese la mano verso quella di Haru. Quindi era lui il professore che riponeva molta stima nei confronti di Elm. Contento lui.
‘E tu sei Haruka, vero?’
‘Si, piacere’
‘Ero passato a salutare il mio vecchio amico Mr. Pokémon. Mi ha detto della tua missione per il professor Elm così ti stavo aspettando’
Lo stava aspettando? Perché? Haruka iniziò ad essere sospettoso verso lo scienziato, sentiva puzza di altri favori da fare. Oak indicò la sfera, con Saba al suo interno, posta ancora dentro al macchinario di cura e Mr. Pokémon, dopo aver fatto gli ultimi accertamenti, la restituì al bambino.
‘E questo cos’è? Un pokémon raro? Fammi vedere…’
Haru, automaticamente, ubbidì subito facendo uscire alla luce del sole la propria bestiola. Meno male che aveva deciso di stare sulla difensiva.
‘Ah! Quindi sei l’assistente del professor Elm!’
Ma davvero? E quando aveva ricevuto questa nomina?
‘Capisco perché il professore ti ha dato un pokémon per la missione: per esperti come il professor Elm e me, i pokémon sono degli amici. Sapeva che avresti trattato il tuo pokémon con amore e attenzione’
Gli occhioni blu del bambino, per un momento, si illuminarono di gioia mista ad orgoglio.
‘Bene! Mi sembri affidabile. Posso darti un’altra missione? Guarda, questa è l’ultima versione del pokédex. È un’enciclopedia elettronica avanzatissima, le cui pagine aumentano automaticamente man mano che vai scoprendo i pokémon!’ disse mentre sventolava davanti agli occhi di Haru uno strano e sottile oggetto rettangolare di colore rosso.
‘Cattura tutti i pokémon che puoi per completare il tuo pokédex. Ma mi sono già trattenuto troppo. Devo andare a Fiordoropoli per registrare il mio programma alla radio. Haru-chan, so che ci rivedremo. Mi raccomando, porta l’uovo a Elm!’
 
Mr. Pokémon salutò i due ospiti e Haruka ed il professore varcarono la porta dell’abitazione insieme. Proprio in quell’istante il pokégear del bambino suonò ed Haru rispose subito con solerzia. La chiamata proveniva dal laboratorio di Borgo Foglianova.
‘Pronto? Haru-chan? È un disastro! È davvero terribile! E ora che faccio? E… Oh no… Devi venire subito qui!’ e la chiamata venne interrotta prima che il ragazzino potesse proferir parola.
‘Problemi da Elm?’ disse Oak con aria preoccupata.
‘Sembrerebbe di si…’
‘Fammi chiamare la stazione radio per avvertire del mio ritardo, vengo con te a Borgo Foglianova… Tu intanto precedimi e va a vedere cosa c’è che non va’
Haruka non se lo fece ripetere due volte e, di corsa, prese il Percorso 30 a ritroso, battendo i pokémon selvatici che gli si paravano davanti; attraversò poi Fiorpescopoli ma, una volta imboccato il Percorso 29 venne fermato da un familiare bambino dai capelli rossi. Egli gli sorrise con fare fiero e gli parlò con tono orgoglioso.
‘Ehi, ho visto che anche tu hai un pokémon con te. Ti va una sfida?’
Haru impiegò un poco per ricordarsi dove aveva già visto quel viso dagli occhi rossi e taglienti; quando gli tornarono alla mente quell’incontro vicino al laboratorio di Elm e le parole non proprio gentili di quel ragazzino, decise di non tirarsi indietro e prese in mano la sfera contenente Saba.
‘Io sono Rin Matsuoka! Ho un nome femminile ma ti assicuro che sono un ragazzo!’
E allora?’ pensò il moro senza però emettere alcun suono mentre faceva scendere in campo il suo Cyndaquill.
‘Puoi anche essere meno maleducato e presentarti anche tu’ disse Rin spazientito. Era così importante ‘fare conoscenza’ ora e in quel frangente? Haru non aveva tempo da perdere, doveva rientrare di corsa a Borgo Foglianova.
‘…Mi chiamo Nanase’ tagliò corto il bambino. Non voleva che l’altro scoprisse che anche il suo nome era palesemente da ragazza.
‘Bene! Nanase, preparati perché ti mostrerò la differenza che c’è tra me e te e la cosa non ti farà piacere! Vai Totodile!’
La sfida, fortunatamente durò meno del previsto e il bambino rosso, dopo aver farfugliato qualcosa trattenendo a stento le lacrime, corse via all’interno di Fiorpescopoli.
 
Haru finalmente giunse davanti al laboratorio dove fu accolto da un Elm sull’orlo di una crisi di nervi e un poliziotto con il taccuino degli appunti pieno di note.
‘Haru-chan, qualcuno ha rubato il Totodile rimasto qui sul tavolo dentro la sua ball! Secondo alcune testimonianze un bambino dai capelli rossi è stato visto correre molto velocemente verso il Percorso 29 dopo essere stato nei pressi del laboratorio. Per caso sei riuscito ad incrociarlo?’
‘Si, mi ha sfidato poco prima che tornassi qui e aveva proprio un Totodile. Il suo nome è Rin Matsuoka se non ricordo male…’
‘Hai detto Matsuoka?’ disse Elm stupito. Lo scienziato rimase qualche istante in silenzio come per riflettere, poi congedò i poliziotti per rivolgersi di nuovo ad Haruka.
‘Intanto cosa aveva Mr. Pokémon da darmi con così tanta urgenza?’
Il bambino tirò fuori l’uovo misterioso e l’espressione del professore mutò radicalmente. Sembrava quasi che, per un istante, l’incidente del furto fosse caduto nel dimenticatoio.
‘Wow! Un uovo! Un uovo vero! Non vedo l’ora di mettermi subito a studiarlo! Comunque senti, puoi farmi un altro favore… Puoi inseguire quel bambino? Non ti chiedo di convincerlo a riportare indietro Totodile, cerca solo di farlo ragionare… Fagli capire che i bambini non dovrebbero rubare. Se puoi diventa suo amico… Me lo faresti come favore?’
Haruka era visibilmente confuso. Cioè, doveva fare amicizia con Matsuoka come se nulla fosse accaduto?
Alla fine vinse l’insistenza di Elm e il moro non riuscì a fare a meno di partire di nuovo. Sul limitare del Percorso 29 si voltò in direzione ovest alla ricerca dei tetti verdi della propria abitazione e di quello di Makoto. Forse avrebbe dovuto avvertire l’amico. Scelse alla fine, sospirando, di proseguire per la propria strada, deciso di tenere per sé quel Persian da pelare; prese poi a correre come non aveva mai voluto fare in tutta la propria vita, con la speranza che quel ragazzino un po’ acido non si fosse allontanato troppo da Fiorpescopoli.

 

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Capitolo 6
*** Prime avventure. [Rin's Side] ***


Ultimo capitolo del secondo scenario di questa fic, olè :D
Vi avverto, ho sofferto molto mentre scrivevo la prima parte con i combattimenti di Rin ç.ç Lo capirete leggendo.
Non ho altro da dire se non ringraziare in anticipo chi leggerà e/o commenterà la storia <3 
Alla fine troverete il riassunto, in ordine cronologico, del secondo scenario.


Edit del 29-09-2014: prima revisione, effettuate alcune correzioni.
 
Capitolo 06 – Prime avventure. [Rin’s side]

‘Totodile, usa Ira!’
Lo starter d’acqua emise un ruggito che fece rabbrividire il povero Rattata nemico il quale, pochi istanti dopo, venne travolto con violenza e sbattuto contro gli alberi che si trovavano alle spalle del proprio allenatore finendo ko. Rin aveva avuto la meglio su Gennaro il Bullo.
‘Acciderba! Neanche più un pokémon valido!’
Il rosso sorrise in silenzio mostrando i canini appuntiti. L’allenamento intensivo che aveva fatto svolgere al proprio Totodile stava dando i suoi frutti. Ma non era ancora abbastanza.
‘Senti, mi dai il tuo numero? Così ti chiamo per una lotta!’
‘Non mi interessa. Io oramai sono ad un altro livello rispetto a te…’
E detto ciò diede le spalle al suo interlocutore per dirigersi verso nord. Voleva mettersi alla prova in un’altra sfida, voleva battere qualcuno e far sentire anche a lui l’umiliazione di essere un perdente. Dopo un centinaio di metri, Rin scorse in lontananza un altro bambino con cappello con visiera e pantaloncini corti. Egli non si sarebbe sottratto di sicuro alla sfida, gli allenatori di quel tipo amavano scontrarsi gli uni con gli altri, perché non approfittare?
‘Ehi tu!’ disse Rin per attirare l’attenzione dell’altro; quest’ultimo non perse tempo in chiacchiere e gli rispose subito: ‘Alleni i pokémon, giusto? Allora devi combattere!’
Come volevasi dimostrare, fu direttamente Dennis il Bullo a proporre una lotta. Povero ingenuo.
‘Vai Pidgey, scelgo te!’ il pokémon uccellino si materializzò sul campo di battaglia sbattendo velocemente le proprie ali tozze.
‘Totodile, attacca con Morso’ lo starter non se lo fece ripetere due volte e si avventò sul collo del proprio avversario con una violenza mai vista prima. Pidgey emise striduli versi di sofferenza mentre provava ad alzarsi in volo per staccarsi il coccodrillo di dosso. Dennis fece rientrare il proprio compagno nella ball solo per evitare che si ferisse troppo.
‘Tu sei matto!!!! Il tuo Totodile stava per staccargli la testa!’
‘Questo è un combattimento e questo è l’attacco che conosce il mio pokémon. Puoi sempre arrenderti se la cosa non ti va a genio…’
In tutta risposta il Bullo gli mandò contro Rattata, il suo ultimo pokémon disponibile.
‘Rattata, sfrutta la tua velocità per eludere i suoi colpi e poi usa Attacco Rapido!’
Il roditore obbedì subito al proprio allenatore riuscendo ad evitare, saltando da un lato, il secondo Morso di Totodile.
‘Totodile, Pistolacqua!’ il coccodrillo emise piccoli ma potenti getti d’acqua che andarono a schiantarsi al suolo provocando un forte rumore; soltanto due di essi riuscirono a colpire il Rattata nemico il quale perse l’equilibrio rallentando, di conseguenza, i propri movimenti.
‘Adesso Totodile, Graffio!’ lo starter d’acqua approfittò subito della situazione per gettarsi contro il pokémon avversario sferrando il colpo decisivo per aggiudicarsi lo scontro.
‘Eppure prima ho vinto…’ furono le uniche parole che Rin sentì uscire dalla bocca di un Dennis quasi piangente prima di proseguire verso il Percorso 31.
 
Dopo aver battuto con molta facilità un Pigliamosche ed il suo Caterpie, il bambino dai capelli rossi trovò la strada di fronte a sé bloccata da un albero. Consultando la mappa del Pokégear individuò un percorso alternativo, leggermente più lungo, che puntava verso est per poi passare davanti ad una profonda cavità naturale che rispondeva al nome di Grotta Scura.
Una grotta… Di sicuro lì dentro ci saranno pokémon molto più forti rispetto a quelli di questa zona… Una volta arrivato a Violapoli mi dovrò fermare a chiedere informazioni
Rin fece il giro largo e si diresse prima ad est, poi a nord-ovest costeggiando l’ingresso della caverna che aveva destato il suo interesse; infine decise di proseguire verso ovest in direzione della porta della città di Violapoli. Prima di giungere a destinazione, comunque, accettò la sfida dell’ennesimo Pigliamosche che gli si era parato davanti. Quest’ultimo aveva una squadra composta solo da innumerevoli Caterpie piuttosto deboli… Ma era idiota? Come poteva pensare di combattere con dei pokémon così incapaci? Rin aveva oramai capito che la forza valeva su tutto e tutti: o si è forti e capaci o non si va da nessuna parte. E lui ne aveva di strada da fare per raggiungere il suo sogno. Prese in mano la sfera che conteneva Totodile, la fissò per un istante e poi, sospirando con fare non  molto soddisfatto, proseguì verso la città.
 
Violapoli era una cittadina piuttosto grande ma dall’atmosfera molto tranquilla, merito della Torre Sprout e dei monaci che risiedevano al suo interno. Il primo edificio che Rin incontrò dopo il suo ingresso fu proprio il Centro Pokémon, non poteva sperare di meglio. Lasciò che le infermiere si prendessero cura di Totodile e iniziò così a raccogliere informazioni prima nel centro stesso, poi fuori da esso, fermando la gente che camminava per le strade della città per godersi gli ultimi raggi del sole autunnale. Dopo aver incontrato diverse persone, chi più informato e chi meno, alla fine Rin capì che la grotta aveva preso quel nome così poco rassicurante a causa della più totale oscurità che permeava al suo interno, e che solo un pokémon che aveva imparato la mossa Flash avrebbe potuto portare quel minimo di luce per permettere al proprio allenatore di guardare dove mettere i piedi. Questo era l’unico metodo conosciuto per poter esplorare la Grotta Scura senza crearsi troppi problemi. La MT70 contenente Flash poteva comunque essere ottenuta solo e soltanto scalando la Torre Sprout, dalla base fino alla cima, e battendo, alla fine, Vico, l’Anziano del luogo, la massima autorità  tra i monaci della torre.
Mentre Rin riprendeva il percorso a ritroso per andare a ritirare Totodile dal Centro, si morse il labbro pensieroso: non stava più nella pelle dall’idea di poter combattere contro stormi di Zubat e gruppi di Geodude i quali, paragonati ai deboli Rattata, Pidgey e Sentret selvatici battuti fino a quel momento, portavano una folata di novità non indifferente nella sua piccola avventura! Totodile poi meritava di allenarsi contro pokémon più forti! Però senza Flash le cose si sarebbero fatte più complicate. Scalare la Torre Sprout e sfidare i monaci e l’Anziano era fuori questione: avrebbe perso troppo tempo e lui avrebbe voluto combattere contro il capopalestra di Violapoli prima che calasse la notte. E se si fosse presentato direttamente da Valerio per ottenere la medaglia? No, era meglio rinforzare il più possibile Totodile per evitare spiacevoli sorprese… La sconfitta ricevuta contro Nanase aveva lasciato nel suo cuore una ferita che faceva fatica a rimarginarsi; se avesse perso anche contro un capopalestra… No, non voleva pensarci nella maniera più assoluta! Lui doveva essere forte, il più forte, l’aveva promesso a se stesso tanti anni fa quando, nonostante fosse stato solo un bambino piccolo, era diventato l’uomo di casa.
I suoi passi si fecero più veloci, la sua falcata più ampia; Rin prese a correre verso il Centro cercando di mantenere il respiro regolare, non voleva farsi vedere senza fiato di fronte alle infermiere del posto.
Dopo essere giunto a destinazione, dopo aver ringraziato lo staff della struttura per essersi preso cura di Totodile con un profondo inchino, il bambino si diresse velocemente verso est, superando le porte della città e proseguendo fino a quando non intravide l’ingresso della caverna che aveva suscitato in lui tanta curiosità. Fece uscire il suo starter dalla ball, respirò profondamente e, dopo aver rivolto un ultimo sguardo verso Totodile come per prendere coraggio, decise, finalmente, di entrare all’interno di essa. Chi aveva deciso di dare quel nome altisonante a quella grotta, di sicuro non l’aveva fatto per esagerazione o per ironia: Rin non riusciva a vedere letteralmente ad un palmo dal suo naso. Le mani, stese lungo i fianchi e leggermente tremanti per la tensione, si erano perse nell’oscurità del luogo e il ragazzino dai capelli rossi non riusciva più a intravederle. Poteva però percepire, stringendo i muscoli e muovendo gli arti, che il proprio corpo fosse ancora tutto al suo posto; aveva solo l’impressione che qualcuno lo avesse maledetto con un incantesimo dell’invisibilità che impediva anche a se stesso di vedersi nella propria completa interezza. Fece un passo indietro in modo da riavvicinarsi all’ingresso per sfruttare quel poco di luce che proveniva dall’entrata e, improvvisando un piano per attirare almeno degli Zubat selvatici, iniziò a strillare con tutto il fiato che aveva in corpo agitando, contemporaneamente, il braccio dove era legato il Pokégear che emetteva una minima luce. Nel frattempo Totodile aveva iniziato a concentrarsi sull’oscurità del luogo, in modo che i suoi occhi si abituassero all’assenza di luce, ottenendo così più chances di colpire gli avversari in avvicinamento nonostante il buio.
Il piano di Rin sembrò funzionare. Forse anche troppo… Uno stormo composto da una decina di Zubat si stava avvicinando minaccioso contro di loro. Che avessero ricevuto un brusco risveglio? I pokémon pipistrello, però, si fiondarono contro la fonte di tutta quella confusione ignorando il coccodrillo azzurro in posizione di difesa; il ragazzino cercò di accucciarsi il più velocemente possibile, le braccia sopra alla testa per ripararsi il viso, dimenticando che il Pokégear aveva ancora la luce attivata, e per la prima volta in vita sua si ritrovò a provare terrore puro. Totodile si gettò subito contro gli Zubat per proteggere il proprio allenatore e incominciò ad attaccarli con tutta la forza che aveva in corpo: senza che Rin gli desse ordini, lo starter d’acqua iniziò prima con Ira, poi proseguì con Pistolacqua per colpire tutti insieme i pokémon selvatici (bagnando inavvertitamente anche il proprio padroncino) e infine diede loro il colpo di grazia alternando Graffio a Morso. Per fortuna il bambino dai capelli rossi ne uscì solo con qualche ammaccatura e nessuna ferita. Non appena egli si voltò verso Totodile per ringraziarlo a dovere, fu testimone di un evento fantastico: il pokémon coccodrillo si illuminò di una luce bianca fortissima, talmente potente da rischiarare le pareti della Grotta Scura per una manciata di secondi; le sue dimensioni cambiarono, il corpo divenne un po’ più alto e massiccio, le mascelle più grandi e forti, le sue scaglie si indurirono e comparvero anche sulla sua testa dal profilo squadrato. Totodile si era evoluto in Croconaw.
Rin non riuscì a trattenere le lacrime ed abbracciò forte il suo compagno, il quale rispose semplicemente leccandogli la guancia per asciugargliela a modo suo. Nonostante la sua forma fosse cambiata, Croconaw era rimasto il suo solito starter di sempre. Il sangue del ragazzino ribollì nelle vene, gli occhi gli si asciugarono ed assunsero un’espressione decisa e sicura e, senza far rientrare il proprio pokémon nella sfera, si diresse verso Violapoli pronto a lanciare una sfida al capopalestra.
 
Ma non appena si ritrovò di fronte alla palestra della città, Rin si imbattè proprio in Valerio: il ragazzo dai capelli blu stava chiudendo la struttura a chiave e, in un primo momento, non notò il bambino. Appena si accorse di lui, intuendo perché quel ragazzino si trovasse lì, disse prontamente: ‘Mi dispiace, devo allontanarmi per delle commissioni… Torna domani se puoi!’
‘No, non posso proprio perdere tempo! Ti prego, combatti con me! Questa è la prima palestra che sfido!’
Valerio guardò negli occhi del piccolo allenatore e rimase abbagliato da quanta serietà e fermezza emanavano nonostante la sua giovane età.
‘…Va bene, allora entra.- e detto ciò riaprì la porta della palestra -Non credere però che ci andrò leggero solo perché non hai ancora una medaglia con te!’
‘Non chiedo di meglio’ e, sorridendo, Rin si voltò verso il suo Croconaw fiero e felice.
 

CRONOLOGIA SCENARIO 'PRIME AVVENTURE' (quella del primo scenario si trova in fondo al capitolo 3)
- Haruka va da Mr. Pokémon dove incontra il professore Oak. Riceve Pokédex e uovo misterioso;
- Sul limitare di Fiorpescopoli incontra Rin e accetta la sua sfida battendolo;
- Rientra a Borgo Foglianova dove scopre il furto di Totodile da parte di Rin;
- Elm chiede ad Haru di inseguire Rin e il bambino e si dirige di nuovo a Fiorpescopoli;
- Makoto, preso dalla paura, ha problemi a partire;
- Elm suggerisce a Makoto di catturare più pokémon in modo da stare più tranquillo, Makoto lo prende troppo alla lettera;
- Makoto giunge finalmente a Fiorpescopoli ma di Haru nessuna traccia;
- Makoto scopre che Haru e Rin sono stati visti verso il percorso 30 e si dirige verso di esso;
- Rin è ossessionato dall'allanare Totodile e setaccia il percorso 31;
- Rin decide di esplorare solo l'ingresso della Grotta Scura per potenziare Totodile;
- Totodile si evolve in Croconaw;
- Rin sfida Valerio.

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Capitolo 7
*** Violapoli. [Makoto's Side] ***


Salve gente, eccoci finalmente al terzo scenario, al momento il mio preferito tra quelli che ho già scritto! Ok, diciamo pure che questo, secondo il mio modestissimo parere (no, non è vero, sto sghignazzando abbondantemente presa dalla superbia), è il capitolo migliore tra quelli che ho pubblicato *Otta abbraccia shota!Makoto e piange lacrime di sangue miste ad arcobaleni*
Non parlo più sennò inizierei a cimentarmi in un papiro di autocelebrazione e io non voglio essere presa per antipatica quindi buona lettura e un grazie a chi sta continuando a seguire questa serie, vi voglio bene çwç <3


Edit del 30-09-2014: prima revisione, effettuate alcune correzioni.
 
Capitolo 07 – Violapoli. [Makoto’s side]
 
Makoto era riuscito a trovare ospitalità per la notte presso una casa, situata nel bel mezzo del Percorso 30, appartenente ad un gentile signore il cui unico argomento delle discussioni era costituito dai mille e più usi delle ghicocche. Era riuscito ad ampliare il pokédex catturando un Caterpie, un Weedle e uno Spinarak; quando si trovò davanti anche un Hoothoot selvatico capì che forse la giornata stava volgendo al termine e che era meglio trovare rifugio o accamparsi lì vicino (non prima, però, di aver fatto entrare nella ball anche il pokémon gufo). Era la prima volta che passava la notte fuori dalla sua bella e accogliente cameretta di Borgo Foglianova. Si ritrovò a provare nostalgia di casa quando si accorse che non avrebbe scelto una storia dalla grande libreria della sua stanza per poi leggerla ai fratellini in modo che si addormentassero sereni, e non si sarebbe svegliato sentendo l’odore del latte caldo e dei biscotti appena sfornati che proveniva dalla cucina di casa. Il piano perfetto consisteva nell’arrivare a Violapoli entro sera e passare la notte nel Centro Pokémon, alzarsi di buon’ora, andare a controllare nel Percorso 31 se i pokémon diurni si erano già svegliati e poi dirigersi alla palestra di Valerio per sfidarlo. E invece aveva perso tempo andando dietro ai pokémon selvatici: aveva preso decisamente molto sul serio la missione che gli aveva affidato il professor Oak. Ora, però, si sentiva molto intimorito là all’aperto; il buio aveva preso il posto della luce, le fronde rigogliose degli alberi avevano assunto tonalità fredde e i loro rami si muovevano, seguendo la brezza serale, emettendo scricchiolii sinistri. Makoto preferiva non tornare a Fiorpescopoli per evitare di perdere altro tempo, ma la strada che portava a Violapoli era troppo lunga per percorrerla in breve tempo. E di accamparsi là fuori non se ne parlava assolutamente! Per fortuna si imbatté in una casetta isolata lì in zona e pregò di trovare una persona gentile che avesse pietà di lui e gli concedesse asilo politico, se così poteva definirlo. Fu molto fortunato: il padrone di casa era una persona sola e fu felice di trascorrere alcune ore in compagnia di un bambino così gentile il quale, per ripagare l’ospitalità ricevuta, lo aiutò nella preparazione della cena e lavò i piatti sporchi al posto suo.
L’indomani mattina Makoto si svegliò prestissimo, raccolse alcune Ghicocche dall’albero vicino casa, che andò poi a disporre in un cesto di vimini sul tavolo del soggiorno, e, dopo aver salutato l’uomo ringraziandolo come se la propria vita fosse salva per merito della sua generosità, prese a correre verso nord deciso a non perdere più tempo. Ma non riuscì a cedere alla tentazione di catturare un Ledyba selvatico e un esemplare femmina di Bellsprout la quale, attraverso il Pokégear, passò automaticamente nel Box1 del suo pc.
 
Superò le porte della città di Violapoli che si era fatta quasi ora di pranzo. Tappa successiva: Centro Pokémon, dove Chikorita iniziò a ricevere le prime cure da parte delle infermiere del posto mentre gli altri pokémon catturati finivano dritti nei box del pc. Makoto uscì fuori per esplorare i dintorni e, come prima cosa, si diresse verso la palestra con la speranza di vedere Valerio combattere con i propri occhi. Magari proprio contro Haru! E invece la struttura era stata chiusa a chiave e un biglietto, scritto dal capopalestra in persona, segnava che quest’ultimo era fuori per delle commissioni. Bhè, il bambino era stato fortunato la sera prima quando aveva trovato ospitalità dal signore delle ghicocche, quell’ondata di buona sorte non sarebbe potuta durare così a lungo. Anzi.
Decise quindi di continuare il giro di Violapoli andando a visitare l’edificio più caratteristico del luogo: la Torre Sprout. La struttura, costruita interamente in legno, svettava su tutta la città con i suoi tre piani di altezza. Il bambino si informò sul luogo scoprendo che, all’interno di esso, si potevano sfidare alcuni allenatori; egli, però, prese la decisione di recarsi alla torre ‘disarmato’: voleva solo affacciarsi dalle finestre dell’ultimo piano per cercare Haru dall’alto. Non avrebbe mai creduto, invece, che sarebbe stato in un certo senso Haruka a scovare lui: i due piccoli allenatori si ritrovarono faccia a faccia all’ingresso stesso della struttura. Makoto trattenne con forza lacrime di felicità e, sollevato, si gettò sulle mani dell’amico per stringerle forte, come se avesse paura che l’altro potesse scappare di nuovo lontano da lui.
‘Haru-chan, Haru-chan, sei proprio tu?’
‘…Togli il chan!’
Quella risposta eliminò, ovviamente, ogni dubbio. I due bambini si diressero verso il Centro Pokémon raccontandosi le avventure che avevano vissuto fino a quel momento; Makoto venne a conoscenza di tutti i dettagli su Rin, scoprì che Haruka aveva catturato un Hoothoot lungo il Percorso 31 e che l’aveva soprannominato Tuna, che aveva passato la notte nel Centro e che, non trovando quella mattina Valerio nella palestra, aveva deciso di allenarsi battendo monaci e anziano della Torre Sprout. Ovviamente aveva vinto. Il bambino dagli occhioni verdi, in tutta risposta, gli fece vedere orgoglioso il proprio Pokédex ricco dei pokémon della zona. I due pranzarono nel Centro e, non appena Makoto ritirò la sua Chikorita nel pieno delle forze, entrambi fecero un secondo tentativo per vedere se la palestra di Violapoli fosse di nuovo aperta al pubblico. Per fortuna, o forse no, Valerio era rientrato dalle sue commissioni ed era pronto a sfidare chiunque avesse avuto il coraggio di farlo. Prima del capopalestra, comunque, c’era un allenatore da affrontare, una specie di esame preliminare superato il quale si poteva combattere contro il capo in persona per provare a conquistare l’agognata Medaglia Zefiro.
Makoto decise di andare avanti per primo: si presentò a capopalestra e allenatore, spiegando loro che quella era la prima medaglia che stava provando a conquistare; Valerio e l’altro giovane uomo dai capelli biondi, pizzetto chiaro, acconciatura da sparviero e tuta rossa, scelsero, di conseguenza, i pokémon che avrebbero dovuto utilizzare contro un allenatore alle prime armi. La battaglia preliminare iniziò subito dopo: il biondo si fece avanti e parlò con timbro alto e impostato, fortunatamente non minaccioso.
‘Benvenuto nella palestra di Violapoli! Io sono Goro Sasabe, il tuo primo sfidante. Se riuscirai a battermi andrai dritto da Valerio per vincere la Medaglia Zefiro. Sei pronto piccolo?’
‘Certo!’ Makoto arrossì leggermente per la tensione e la voce gli tremò un pochino.
‘Vai Spearow, scelgo te!’
Il pokémon uccellino apparve sul campo di battaglia sbattendo fragorosamente le ali rosse ed emettendo il suo classico verso minaccioso.
‘Chikorita, vai!’
Lo starter d’erba non si fece intimorite e abbassò il capo pronto a caricare al primo ordine del proprio allenatore.
‘Ehi piccolo, sei sicuro di aver fatto bene a scegliere quel pokémon?’ Goro sembrava quasi interdetto.
‘È praticamente l’unico allenato che possiedo… Perché?’
‘Basta suggerimenti, combattete!’ Valerio si intromise nel discorso facendo ammutolire i due sfidanti. Haruka lo guardò storto per un momento.
‘Chiedo scusa Valerio. Allora iniziamo. Spearow, vai con Furia!’
Il pokémon volante prese la rincorsa e, librandosi in aria parallelo alla pavimentazione della palestra, colpì il proprio avversario sfruttando la forza di tutto il suo corpo. Chikorita incassò il colpo ma si riprese velocemente.
‘Chikorita, usa Foglielama!’ lo starter ruotò la testa per lanciare piccole foglie contro Spearow; quest’ultimo, però, sembrò quasi non percepire alcun danno e la cosa destabilizzò molto Makoto.
L’espressione contrita sul volto di Goro lasciava intendere il fatto che l’uomo volesse aiutare un così giovane allenatore privo di esperienza, ma lo sguardo severo di Valerio gli fece capire che le lotte in palestra erano un qualcosa da prendere sul serio, dopotutto non si trattava di semplici sfide tra allenatori comuni dove si metteva in gioco solo l’orgoglio. Qui si vincevano le medaglie, il riconoscimento ufficiale che dava accesso alla sfida della Lega Pokémon per diventare campione indiscusso di Johto.
‘Spearow, attacca con Ruggito!’ un verso acuto e inquietante riempì la palestra con prepotenza e Chikorita si trovò ad abbassare la foglia sul capo cercando di proteggersi da quell’onda d’urto che la stava indebolendo. Makoto cerò di cambiare tattica ordinando allo starter di colpire l’avversario con Azione ma Sperarow evitò la carica avversaria e contrattaccò con Beccata. Il pokémon d’erba finì ko in un istante. Il bambino, visibilmente shockato, corse a stringere tra le braccia il proprio pokémon, come se volesse proteggerlo dall’avversario volante, ma Sasabe, veramente dispiaciuto, fece semplicemente rientrare Spearow nella ball. Il bambino diede il cambio ad Haruka e corse al Centro Pokémon per offrire a Chikorita cure d’urgenza. Non appena si accertò che il proprio starter non si trovasse in condizioni gravi, rientrò di nuovo nella palestra per vedere lo scontro dell’amico. Haru aveva già battuto Goro e stava combattendo contro l’ultimo pokémon di Valerio. Lo scontro finale non durò molto e vide il piccolo moro vincitore; addirittura Cyndaquil cambiò forma evolvendosi in Quilava. Makoto si sentì triste e felice nello stesso momento.
 
‘Vuoi che ti aspetti?’ disse Haruka rompendo il silenzio che aveva accompagnato i due bambini lungo la strada verso il Centro. Makoto guardò un momento l’amico negli occhi, poi abbassò la testa e, sorridendo, rispose: ‘No, vai pure avanti e insegui Matsuoka-chan. Io finirei solo per rallentarti. Sai, se non catturo tutti i pokémon della zona non sono contento’.
Il suo sorriso sembrava leggermente forzato ma il moro decise di non indagare oltre e di salutare l’altro davanti alla struttura dall’inconfondibile tetto rosso.
Il bambino dagli occhi verdi si mise ad aspettare all’interno che il suo Chikorita si riprendesse del tutto, la testa bassa, le dita delle mani incrociate sopra le ginocchia. Non piangeva, stava solo in disparte in silenzio. Rimase così fermo per una buona mezz’ora fino a quando una persona familiare non si presentò di nuovo di fronte a lui. Haruka era tornato indietro.
‘Sono stato nell’Accademia Pokémon qui vicino. La palestra di Violapoli usa pokémon di tipo volante che sono deboli alla roccia e all’elettricità. Puoi trovare dei pokémon roccia nella Grotta Scura a est di qui ma te la sconsiglio, è molto buia. Ma se proprio vuoi andare ad esplorarla, usa questa’ e gli poggiò sulle gambe la custodia della MT70 che conteneva Flash.
‘Oppure puoi trovare dei pokémon elettrici lungo il Percorso 32…’
Haru rimase un istante in silenzio, come se non fosse abituato a parlare così tanto con qualcuno e quindi doveva fermarsi per riprendere fiato. Makoto aveva preso la Macchina Tecnica con entrambe le mani e stava contemplando la sua custodia con la bocca aperta dalla sorpresa.
‘Sbrigati’ concluse il moro quasi freddamente e, detto ciò, lasciò la città questa volta in maniera definitiva.
Non appena Chikorita si fu ripresa dalle ferite ricevute nella palestra, il bambino dagli occhi verdi si precipitò a sud di Violapoli dove, dopo un po’ di ricerche, si imbatté in un Mareep selvatico. Tempo pochi attacchi e anche la pecorella entrò a far parte della squadra, questa volta però come membro fisso. Makoto fece uscire il pokémon lana dalla ball e lo abbracciò forte, facendo sparire il proprio volto nel folto della peluria di quel piccolo corpicino. In tutta risposta, Mareep belò compiaciuto ed emise leggerissime scariche elettriche che andarono a pizzicare delicatamente le guance del suo nuovo allenatore.

 

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Capitolo 8
*** Violapoli. [Haruka's Side] ***


Secondo capitolo dedicato a Violapoli anche se, le battaglie della palestra, saranno descritte in modo rapido e veloce. Il capitolo di Rin, invece, avrà in primo piano lo scontro con Valerio; ho scelto di andare avanti in questa maniera perchè, diciamolo, le palestre sono quelle, le tipologie di pokémon usate dai capi sono sempre le stesse e rischiavo di fare un grosso copia e incolla con la storia... Spero chiuderete un occhio su questo xD
Cooooomunque, buona lettura e ringrazio in anticipo chi leggerà e/o commenterà <3


Edit del 30-09-2014: prima revisione, effettuate alcune correzioni.
 
Capitolo 08 – Violapoli. [Haruka’s side]
 
Hoothoot, pokémon gufo di tipo Normale e Volante. Altezza: 70 cm, peso: 21,2 kg. Ha un eccezionale senso del ritmo, tiene il tempo piegando la testa a intervalli regolari. Lo si può trovare molto facilmente dopo il tramonto lungo i percorsi 29, 30, 31, 32, 33, 34, 35, 36, 37, 38, 39, 43, 47, 48, nel Bosco dei Lecci e nel Parco Nazionale di Johto.
Il pokédex, con la sua voce computerizzata, forniva ad Haruka una completa descrizione del nuovo membro della squadra, il quale era stato subito soprannominato Tuna. Il sole era calato già da un’ora e il ragazzino aveva quasi raggiunto Violapoli. Come volevasi dimostrare, non c’era traccia di Rin a Fiorpescopoli e il moro si trovò costretto a proseguire verso nord con la speranza di trovare il rosso accampato nel Centro Pokémon della Città dagli antichi profumi. Arrivò nella struttura di cura che era già ora di cena ma quel ragazzino dai denti aguzzi sembrava essere sparito nel nulla. Dopo aver consegnato la propria squadra alle amorevoli cure delle infermiere del Centro, Haru mangiò velocemente un boccone e si addormentò presto su di una brandina. Il mattino successivo si alzò di buon ora e prese a chiedere in giro alle persone del luogo se avessero visto un bambino che corrispondeva alla descrizione di Rin. Stando alle loro parole, quel ragazzino aveva lasciato Violapoli la sera precedente ma nessuno aveva idea di dove fosse diretto. Haruka non poté fare a meno di sospirare contrariato: la sua scampagnata in giro per Johto non sarebbe finita presto come avrebbe voluto … Magari ne poteva approfittare per combattere contro i vari capopalestra delle regioni! Come se avesse finalmente trovato una giustificazione convincente alla sua lunga scarpinata, si diresse subito nel centro della città deciso a sfidare Valerio ma, con grande sorpresa, si ritrovò di fronte ad una porta chiusa a chiave. Decisamente un ottimo inizio! Cosa fare per ingannare l’attesa? Il suo sguardo si spostò verso nord dove la grandiosa Torre Sprout arrivava quasi a toccare il cielo. Leggende narrano come un Bellsprout, alto più di trenta metri, fosse diventato il grande pilastro centrale della struttura e che oscillasse a causa delle battaglie al suo interno. Da quello che aveva sentito in giro, salendo fino in cima era possibile sfidare folti gruppi di monaci fino ad arrivare dall’Anziano del luogo. Se l’avesse battuto, avrebbe potuto ottenere la Mt07, la macchina tecnica grazie alla quale si poteva insegnare la mossa Flash ad un pokémon. Il premio finale non gli interessava più di tanto, era però curioso di mettere alla prova il nuovo membro della sua squadra. Nel giro di cinque minuti si era già fatto strada all’interno del piano terra della torre ed era rimasto come ipnotizzato dai movimenti lenti del pilastro centrale. Superata la sorpresa iniziale, Haruka si sistemò lo zaino che teneva sulle spalle e iniziò a salire la prima scalinata pronto a combattere contro chiunque gli si fosse parato davanti impedendogli di proseguire. Il primo piano della torre, contrariamente al piano inferiore che pareva caratterizzato da un androne del tutto libero, si sviluppava come un intricato labirinto di legno dove dei Rattata selvatici avevano costruito il loro nido rosicchiando piccole aperture nelle pareti. L’aria era intrisa di incenso e aromi dal profumo intenso, si respirava a fatica, e Haru si chiese come facessero i monaci a meditare in quelle condizioni così avverse! Era sicuro di poter trovare anche dei fantasmi lì dentro! Proseguì cercando di orientarsi tra le pareti di legno, con il pavimento che scricchiolava ad ogni suo passo, fino a quando non si imbatté nel primo sfidante.
‘Per quanto violente siano le lotte, questa Torre non cadrà mai!’
Plato, Saggio, fece uscire dalla sua pokéball un piccolo esemplare di Bellsprout dallo sguardo vispo e pieno di voglia di combattere. Haruka si sentì piuttosto fortunato: gli unici due pokémon che possedeva erano entrambi forti contro il tipo Erba; iniziò quindi a temere che la sua scalata verso l’Anziano si sarebbe conclusa un po’ troppo rapidamente. La cosa, comunque, non lo turbò più di tanto (anzi!) e, sperando di trovare lungo la strada molti più allenatori, possibilmente più forti, iniziò a testare le capacità di Hoothoot. La battaglia, come Haru aveva immaginato, non durò molto e il pokémon gufo si dimostrò all’altezza delle aspettative, se non di più. Imparò anche l’attacco Beccata, giusto per rendere la scalata del suo nuovo allenatore semplice come una scampagnata.
‘Mi sono impegnato ma sono debole… Ragazzino, hai il permesso di proseguire’.
Il piccolo moro seguì il consiglio dell’altro e si ritrovò così a dover scendere delle scale. Strano. Non doveva arrivare in cima? Tornò così di nuovo all’altezza del piano terra e, in fondo al corridoio, scorse un altro monaco da battere con altri tre Bellsprout pronti alla lotta. Terminato il combattimento, Haruka proseguì raggiungendo, per la seconda volta, il secondo piano. A nord si prospettava solo un vicolo cieco, a sud l’ennesima battaglia. Uscito vincitore anche da quest’ultima, il neo allenatore seguì il percorso verso destra, con il profumo d’incenso che diventava, mano a mano, sempre più forte. Finalmente, dopo aver oltrepassato l’ultima scalinata, davanti agli occhi del bambino si palesò un’immagine sorprendente che esprimeva un misto di forza e sacralità e che lo mise leggermente in soggezione: quattro monaci, schierati uno di fronte all’altro in due file, creavano come un passaggio verso l’Anziano della Torre, seduto sui talloni e con la schiena dritta, il viso e il corpo rivolto verso il nuovo arrivato. Haru deglutì senza fare rumore e si asciugò le piccole gocce di sudore che gli stavano colando lungo la tempia a causa dell’aria ferma. E poi proseguì, determinato a completare l’opera e a battere il capo. I primi due sfidanti possedevano un solo Bellsprout ma di livello piuttosto alto: il ragazzino fece piuttosto fatica a vincere. I due successivi gli misero contro un Bellsprout e un Hoothoot e, in questi ultimi casi, Haruka fu costretto ad utilizzare persino delle pozioni. Alla fine, cercando di rimanere concentrato al massimo, riuscì a battere anche questi ultimi ottenendo così il permesso di sfidare l’Anziano Saggio. Quest’ultimo si alzò in piedi e, sorridendo con fare paterno, parlò con tono calmo al bambino.
‘Sono felice che tu sia qui. La Torre Sprout è un luogo per allenarsi. Le persone e i pokémon mettono alla prova il proprio legame costruendo un futuro radioso. Io sono la prova finale. Fammi vedere quanto è solido il legame fra te e i pokémon! Vai Bellsprout!’
Il pokémon d’erba fece capolino tra i due muovendosi in maniera molto sinuosa; Harka gli rispose ovviamente con Hoothoot.
‘Tuna, usa Beccata!’ e il piccolo gufo si avventò sul pokémon fiore colpendolo con il proprio becco. Tempo un altro attacco e Bellsprout cadde al tappeto.
‘Sei molto bravo per essere un bambino’ disse l’Anziano continuando a sorridere. ‘Chissà come te la cavi combattendo con pokémon simili a quello che hai schierato in campo…’ e detto ciò evocò il proprio Hoothoot personale.
‘Tuna, vai con Azione!’ Haru cercò di non farsi prendere in contropiede e fece combattere il proprio gufo facendogli usare tutto il corpo. Ma il pokémon avversario era molto forte e con molte più battaglie sulle proprie spalle: esso approfittò della vicinanza dell’altro per addormentarlo con Ipnosi. Tuna si assopì all’istante rimanendo, così, alla mercé dei colpi dell’Hoothoot nemico; quest’ultimo, senza pensarci troppo, ne approfittò per mandarlo ko dopo parecchi attacchi Beccata.
‘Saba, scelgo te! Ce la possiamo fare!’ il piccolo allenatore era estremamente preso da quel combattimento. Ordinò subito al suo starter di creare un Muro di Fumo in modo da sparire alla vista del pokémon gufo evitando, così, l’attacco Ipnosi; poi, approfittando di ciò, fece lanciare al suo Cyndaquil vari Braciere mentre si spostava velocemente da zona a zona, per non far individuare allo sfidante la sua posizione. Quella strategia si rivelò vincente e, in poco tempo, anche l’Hoothoot avversario si dovette ritirare dall’incontro. L’ultimo pokémon del saggio: un altro Bellsprout. Ovviamente qui non ci fu partita. Bastò un Braciere ben assestato per far cadere a terra il povero pokémon d’erba, colpito nel punto debole. Haruka aveva stravinto.
‘Eccellente! Di certo il tuo stile di lotta è irreprensibile’
Il piccolo vincitore emise una lieve smorfia di confusione non riuscendo a capire bene la parolona strana che l’Anziano aveva appena pronunciato.
‘Non dubito che potrai batterti ad armi pari con Valerio. A proposito… Un allenatore come te riuscirà senz’altro ad usare questa mossa. Prendi la MT Flash. Fanne buon uso!’ e, dopo aver consegnato la macchina tecnica al bambino, tornò a sedersi al proprio posto.
‘Se insegni Flash ai tuoi pokémon, potrai illuminare anche i luoghi più bui. Ti auguro che questo viaggio sia per te fruttuoso’
Dopo aver ringraziato il Saggio, Haruka seguì il percorso a ritroso e, una volta uscito dalla Torre, si imbatté in Makoto. Non vedeva l’altro da poco più di una giornata ma si sentiva come se avesse incontrato un vecchio amico dopo molti anni: comprese come quel viaggio stesse portando entrambi i bambini attraverso un percorso che li avrebbe resi più maturi e forti. I due si diressero verso il Centro Pokémon aggiornandosi su tutto quello che era accaduto loro durante quel breve/lungo periodo di separazione e poi, dopo aver pranzato insieme, decisero di controllare se la palestra di Violapoli fosse di nuovo aperta. A quanto pareva, Valerio ed il suo allenatore aiutante sembravano stessero aspettando proprio loro. Makoto, in un impeto di coraggio, decise di andare a combattere per primo, ma purtroppo la sua Chikorita era svantaggiata rispetto allo Spearow di Sasabe-kun e finì ko in poco tempo. L’allenatore aveva provato a dare dei consigli al piccolo sfidante ma le parole severe del capopalestra avevano bloccato ogni aiuto possibile. Questo diede molto fastidio al bambino dai capelli neri il quale, fregandosense di rischiare di rendere la sua prossima battaglia molto più difficile e impegnativa, offrì a Valerio il suo sguardo contrariato.  Mentre Makoto si era allontanato dalla palestra per far curare il proprio starter, Haruka si trovò ad affrontare l’allenatore biondo che, questa volta, gli mandò contro un Pidgey. Il suo Cyndaquil, rinforzato dalla battaglia contro l’Anziano della Torre Sprout, impiegò solo due mosse per rendere esausto il pokémon volante avversario; Goro si fece subito da parte lasciando il suo posto al capopalestra. Quest’ultimo non perse tempo e mandò subito in campo il suo di Pidgey. Anche in questo caso, usando però un Braciere in più, il pokémon nemico cadde al tappeto abbastanza velocemente. Ma Valerio aveva un asso nella manica: uno splendido esemplare di Pidgeotto, dalle ali maestose ed il corpo grande e resistente, uscì dalla sua ball, rapido e aggressivo, lo sguardo torvo e il becco affilatissimo. La battaglia si era fatta molto più difficile: Valerio stava usando una tattica molto aggressiva fatta di Attacchi Rapidi e ritirate altrettanto veloci; era molto difficile colpire il suo pokémon. Haruka si ritrovò costretto ad usare la strategia che aveva sperimentato contro l’Anziano: prima Muro di Fumo per bloccare l’avversario, poi vari Braciere lanciati da direzioni differenti per confonderlo. Quando Saba avanzò con Azione per dare il colpo di grazia a Pidgeotto, Makoto apparve dalla pedana-ascensore giusto in tempo per vedere il pokémon uccello andare ko e lo starter dell’amico illuminarsi di luce propria mentre cambiava forma diventando più longilineo e affusolato grazie all’evoluzione.
 
Dopo che Haruka ottenne la Medaglia Zefiro, i due bambini si separarono al Centro Pokémon, nonostante l’intenzione del moro di fermarsi ad aspettare l’altro. Haru decise, quindi, di proseguire passando davanti all’Accademia Pokémon e poi di nuovo alla palestra per imboccare il Percorso 32; ma, non appena superò la struttura che poco prima l’aveva visto vincitore, fece marcia indietro e rientrò nell’edificio adibito a scuola con l’intenzione di aiutare Makoto. Il suo amico, buono com’era, non avrebbe mai fatto combattere i propri pokémon in maniera aggressiva; era meglio che ricorresse a mosse o caratteristiche che lo avrebbero solo che avvantaggiato in battaglia.
Questa volta sarebbe stato Haruka ad occuparsi di lui sostenendolo e prendendosi cura dell’amico proprio come Makoto era solito fare con le persone alle quali era più affezionato.

 

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Capitolo 9
*** Violapoli. [Rin's Side] ***


Eccoci alla conclusione del terzo scenario dedicato a Violapoli.
Ne approfitto per lasciare un avviso: Pokémon Heart Free and Water Silver si prende un paio di settimane di pausa, giusto il tempo per organizzarmi con dei 'piccoli' impegni che sono sopraggiunti maledettamente inesorabili XD (nulla di grave u.u), non ho assolutamente intenzione di abbandonare questo progetto!
Detto ciò buona lettura, ringrazio in anticipo chi passerà per questo capitolo e... a prestissimo :3
(come al solito, a fine scenario, ci sarà un breve riassunto con gli eventi in ordine cronologico).


Edit del 30-09-2014: prima revisione, effettuate alcune correzioni.
 
Capitolo 09– Violapoli. [Rin’s side]
 
‘…Va bene, allora entra. Non credere però che ci andrò leggero solo perché non hai ancora una medaglia!’ disse Valerio mentre girava la chiave nella serratura della palestra che aveva chiuso pochi attimi prima.
‘Non chiedo di meglio’ e, sorridendo, Rin si voltò verso il suo Croconaw, fiero e felice.
I due entrarono all’interno della struttura e il bambino dai capelli rossi rimase quasi sorpreso dalla vista di ciò che era celato all’interno: quella minima parte di pavimentazione destinata alle battaglie si trovava proprio sopra alle loro teste! I due sfidanti dovettero utilizzare una pedana mobile per raggiungere il percorso di legno sovrastante; quest’ultimo, nella parte centrale, si contorceva a mò di serpentina andando, nella parte finale, ad allargarsi per lasciare spazio alla postazione di Valerio. Lungo il perimetro della struttura, invece, il pavimento era costituito da grandi lastroni di vetro.
‘Mi confermi che questa è la tua prima palestra?’
Rin annuì e il giovane dal ciuffo blu scelse di conseguenza due pokéball tra quelle che erano allineate su uno scaffale del muro in fondo.
‘È ora di spiccare il volo!’ disse il capopalestra spostando il suo ciuffo pesante.
Il primo pokémon volante che mandò in campo fu Pidgey; il piccolo allenatore, ovviamente, fece combattere il suo Croconaw fresco fresco di evoluzione.
‘Forza Croconaw, Ira!’ il timbro del verso dello starter d’acqua, dopo la trasformazione, aveva ottenuto una tonalità più bassa e minacciosa e il suo ruggito battagliero incuteva molta più paura rispetto a prima. Il coccodrillo, con le fauci spalancate, si avventò contro Pidgey il quale, purtroppo per lui, non fece in tempo a librarsi in aria per evitare l’attacco: lo scontro con il possente corpo di Croconaw lo fece andare direttamente a sbattere contro il proprio allenatore il quale lo prese, fortunatamente, al volo. Rispedito al mittente con tanto di timbro!
Rin, in compenso, faticava a credere che quel pokémon così forte e quasi invincibile fosse proprio il suo solito, oramai non più piccolo, starter. Che cosa incredibile l’evoluzione!
‘Non male per essere un novellino’ disse Valerio facendo rientrare il Pidgey nella sfera. ‘Non ti aspettare che la battaglia si concluda così in fretta, siamo ancora in volo. Pidgeotto, Attacco Rapido!’
Il pokémon volante, non appena uscì dalla sfera, si gettò in picchiata verso Croconaw, colpendolo su di un fianco e facendolo sbilanciare.
‘Croconaw, riprenditi! Vai con Morso!’ il coccodrillo spalancò le fauci pronto ad addentare la propria preda, ma il pokémon uccello iniziò a volare da un angolo all’altro della palestra evitando tutti gli attacchi fisici.
Cavolo!’ Rin iniziò a pensare che forse era stato solo baciato dalla fortuna contro il Pidgey di prima, che aveva totalmente sottovalutato la capacità dei pokémon volanti di librarsi in aria per evitare gli attacchi dei nemici privi di ali. Come poteva uscire da quella situazione di stallo? Lo starter d’acqua mostrava una buona resistenza contro i colpi del suo avversario ma per quanto ancora avrebbe potuto continuare in quel modo? Il bambino doveva pensare ad una strategia… E, possibilmente, in fretta!
Dopo l’ennesima Raffica subita, Croconaw aveva iniziato a mostrare i primi segni della fatica: in effetti, dopo lo scontro con gli Zubat della Grotta Scura, non aveva avuto tempo per riposarsi per riprendere le energie. Lui ed il suo giovane allenatore si erano diretti subito nella palestra di Violapoli senza passare prima per il Centro Pokémon, tanto il rosso si sentiva carico.
Merda, forza Rin, pensa a qualcosa! Qualunque cosa ma subito!!!
Si dice che persone e pokémon, se messi sotto pressione, riescano a dare il meglio di loro utilizzando tutte le energie che scorrono nel proprio corpo.
‘Croconaw, forza, usa Pistolacqua!’ Rin tentò il tutto e per tutto per sbrogliarsi da quella situazione: se il pokémon volante non poteva essere raggiunto con gli attacchi fisici, forse bisognava tentare con quelli speciali. Il coccodrillo azzurro, obbedendo prontamente al padrone, emise tre potenti getti d’acqua contro l’ avversario: il primo venne evitato, il secondo anche. Pidgeotto non si aspettava che entrambi i colpi, a causa della forza di gravità, iniziassero a precipitare qualche istante dopo infrangendosi sul suo dorso, bloccandogli i movimenti e facendogli prendere in pieno il terzo e ultimo getto.
‘Vai, ora usa Graffio Croconaw!’ e lo starter d’acqua, approfittando della perdita di equilibrio del pokémon volante, con conseguente caduta, lo colpì con una potente zampata mandandolo ko.
Rin era riuscito a vincere lo scontro per un soffio. La sua prima palestra, la sua prima medaglia.
Valerio sorrise soddisfatto: ‘Ok… Non mi resta che atterrare con onore’. Si avvicinò al suo piccolo sfidante, gli prese la mano e poggiò al centro di essa la tanto agognata Medaglia Zefiro.
‘Gli amati pokémon di mio padre…’ disse poi sospirando. Rin trasalì un momento colto dalla sorpresa. Il capopalestra riprese, però, subito a parlare.
‘Bisogna saper accettare una sconfitta. Ecco la medaglia della Lega Pokémon, la prova che hai fatto furore in questa palestra!’.
Detto ciò i due ripresero la pedana mobile e uscirono all’esterno. Valerio chiuse a chiave la struttura, finalmente libero di poter sbrigare quella vecchia commissione urgente, con la speranza di non essere troppo in ritardo; Rin lo osservò allontanarsi senza muovere alcun muscolo. L’eccezione era costituita dal proprio cuore, il quale batteva ancora fortissimo per la tensione e l’emozione dell’incontro appena concluso. Il ragazzino abbassò lo sguardo verso la mano che teneva la ball di Croconaw, ripensando a quello che aveva detto il capopalestra subito dopo la battaglia, la parte riferita a padre, e quasi si pentì di aver fatto combattere il suo starter con così tanta aggressività. Sospirò profondamente e una piccola nuvola di vapore fuggì veloce dalla sua bocca a causa dell’aria fresca della sera. Si era fatto molto tardi, doveva proseguire il suo viaggio. Consultando la mappa sul Pokégear, Rin notò che, per raggiungere la città successiva, Azalina, avrebbe dovuto attraversare un’altra grotta, non buia come quella lungo il Percorso 31, ma sicuramente piena di Zubat. Storse il naso con fare non proprio entusiasta. Tutti gli allenatori sceglievano un pokémon preferito sul quale contare nelle situazioni più disparate; lui, invece, ne aveva anche uno che, sicuramente, non avrebbe mai catturato nemmeno se fosse stato costretto a farlo.
 
Il Percorso 32 era lungo e tortuoso, Rin avrebbe dovuto essere rapido e attento a non camminare nell’erba alta per non essere interrotto dai pokémon selvatici di turno. Si mise in marcia subito, in un primo momento avanzando con passo rapido e costante, poi prese a correre sempre più veloce. Il sole era calato da un pezzo e gli allenatori, che solitamente si potevano incontrare lungo la strada, a quell’ora erano sicuramente rincasati da tempo. Il bambino dai capelli rossi riuscì a raggiungere il Centro Pokémon, che offriva l’ultima possibilità di riposo prima di attraversare la caverna, che era quasi notte. Lasciò la ball con Croconaw sul bancone della struttura, prese qualcosina da mangiare dal distributore lì vicino e si accampò malamente su di una poltroncina.
Si svegliò il giorno successivo che era già passata l’ora di pranzo. Aveva dormito veramente troppo e questo lo innervosì parecchio. Anche perché non era proprio in procinto di andare a fare una scampagnata divertente in compagnia del suo starter. Ritirò il pokémon coccodrillo ringraziando velocissimamente lo staff del luogo e imboccò subito l’ingresso della caverna.
Con somma gioia, Rin poté constatare che non tutte le grotte di Johto fossero buie e terribilmente oscure. Certo, anche quella sembrava ospitare un piccolo regno degli Zubat, ma almeno il bambino poteva vedere il terreno sotto i propri piedi e intercettare quei maledetti pokémon pipistrello per poi nascondersi al loro sonar prima di essere scoperto e attaccato. Per questo motivo impiegò un sacco di tempo per percorrerla tutta; in compenso aveva approfittato dei Geodude e Rattata del luogo per rinforzare un altro poco il suo amato Croconaw. Ma quando si trovò davanti agli occhi un bellissimo esemplare di Onix (il quale, poverino, in un primo momento era stato usato come nascondiglio anti Zubat), il ragazzino dai capelli rossi e i denti appuntiti non riuscì a fare a meno di pensare che, con in squadra un pokémon all’apparenza così potente e resistente, il suo viaggio verso la Lega Pokémon sarebbe stato meno difficile e tortuoso. Per la prima volta si ritrovò a cercare di frenare la forza e l’aggressività del suo starter per non perdere l’occasione di ottenere quel fantastico serpente di roccia; evitò nella maniera più assoluta di ordinare a Croconaw di colpirlo Pistolacqua e fece in modo che il suo compagno utilizzasse solo attacchi fisici. Nel giro di pochi minuti il pokémon di roccia si era aggiunto alle fila di Rin e il bambino poté finalmente sentirsi un vero e proprio allenatore.
 
Uscì dalla grotta felice di riuscire a vedere di nuovo la luce dell’esterno e respirò a pieni polmoni l’aria fresca del tardo pomeriggio. Il sole era ancora alto nel cielo; doveva approfittarne e lanciare la sfida al capopalestra di Azalina. L’entusiasmo della cattura appena effettuata mise le ali sotto i suoi piedi: Rin prese a correre veloce, impaziente di raggiungere la cittadina più a sud di tutta la regione. Tempo pochi minuti ed ecco che quel piccolo borgo rurale aveva fatto capolino con le sue casette di legno e il profumo delle ghicocche nell’aria. Al Centro Pokémon, Rin richiese solo un piccolo controllo per la sua squadra: non voleva perdere altro tempo poiché non vedeva l’ora di provare Onix contro la palestra di Raffaello.



CRONOLOGIA SCENARIO 'VIOLAPOLI' (quella del secondo scenario si trova in fondo al capitolo 6)
- Rin batte Valerio grazie a Croconaw e arriva, di notte, al Centro Pokémon vicino alla Grotta di Mezzo;
- Haruka cattura Hoothoot (Tuna) nel Percorso 31 e giunge a Violapoli per l'ora di cena;
- Makoto trova ospitalità per la notte in una casa isolata nel mezzo del Percorso 30;
- La mattina successiva Haruka scala la Torre Sprout e batte Vico l'Anziano;
- Makoto esplora il Percorso 31 e raggiunge Violapoli;
- Makoto e Haruka si incontrano ai piedi della Torre Sprout;
- Rin si sveglia all'ora di pranzo, ed entra nella Grotta di Mezzo;
- Makoto viene sconfitto da Goro Sasabe nella palestra di Violapoli;
- Haruka sconfigge Goro e Valerio e ottiene la Medaglia Zefiro. Cyndaquil si evolve in Quilava;
- Rin prosegue nella Grotta di Mezzo molto lentamente sperando di non incontrare Zubat;
- Haruka e Makoto tornano nel Centro Medico di Violapoli e le loro strade si dividono;
- Haruka si ferma all'Accademia Pokémon dove ottiene informazioni per battere Valerio. Va a riferire tutto a Makoto e gli cede la MT 70;
- Haruka inizia ad esplorare il Percorso 32;
- Makoto, dopo aver aspettato che Chikorita si riprendesse, cattura un Mareep;
- Rin, nella Grotta di Mezzo, cattura un Onix.


 

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Capitolo 10
*** Azalina e dintorni. [Makoto's Side] ***


Wow, siamo già al decimo capitolo!! Ringrazio già con grande anticipo chi leggerà questa nuova parte!
Purtroppo gli aggiornamenti si faranno leggermente più irregolari ma non ho assolutamente intenzione di abbandonare questo piccolo progetto che, personalmente, amo scrivere (c'è avventura, pucciosità, pokémon e tre shotini adorabili così diversi ma, per certi versi, anche simili tra loro... Cioè, mancherebbe il p0rn per rendere tutto più perfetto ma direi che questo non è il caso XDDDDDD). Quindi, se potete, abbiate pazienza e continuate a seguire la fic fino alla fine, please :3

Edit del 01-10-2014: prima revisione, effettuate alcune correzioni.

 
Capitolo 10– Azalina e dintorni. [Makoto’s side]
 
‘Chikorita, ti presento Mareep. Mareep, lei è Chikorita. Mi raccomando, fate amicizia!’
Lo starter d’erba fece roteare la foglia che aveva in testa con fare orgoglioso mentre il pokémon pecorella belò abbassandosi sulle zampe anteriori, come se volesse simulare una sorta di inchino. Il piccolo allenatore rise a quello spettacolo divertente. Era proprio come aveva detto Elm: doveva scegliere i pokémon che preferiva, tra quelli di diversa tipologia, in modo da creare una squadra bilanciata e sulla quale fare affidamento. L’addestramento avrebbe fatto il resto. Makoto fece rientrare solo Chikorita nella propria sfera e decise di prendersi un momento per allenare il nuovo membro; non resistette comunque alla tentazione di catturare anche un Ekans e un Hoppip selvatici.
Mareep, comunque, si rivelò essere un pokémon piuttosto affidabile: era abbastanza agile, dalla capacità di difesa e di attacco ben bilanciate, e poi quando lanciava Tuonoshock faceva venire i brividi dallo spavento! Che boati rumorosi causavano le sue scariche elettriche quando colpivano il terreno o le rocce intorno a loro! Quando il suo padroncino si sentì soddisfatto delle battaglie appena vinte, decise di premiare il pokémon con una pozione e si diresse, determinato, verso la palestra di Violapoli. Una volta entrato nella struttura, non appena il giovane allenatore si ritrovò al piano superiore dopo aver attivato per l’ennesima volta la pedana mobile, Makoto si presentò di nuovo davanti a Valerio e Sasabe chiedendo loro, in ginocchio, di ottenere una rivincita.
‘Non c’è bisogno di tutte queste formalità, alzati piccolo!’ disse il biondo accucciandosi verso di lui per parlargli dalla stessa altezza. ‘L’importante è che tu ti senta pronto e più sicuro di te!’.
Valerio osservò quella scena in silenzio, un piccolo sorriso sul volto, rendendosi conto di come le nuove generazioni fossero state benedette dalla fortuna di possedere una grande forza di volontà dalla loro parte. Mosse poi il proprio ciuffo blu e chiamò Sasabe per la scelta dei pokémon da utilizzare.
Goro mandò in campo di nuovo Spearow; una rivincita totale, pensò il suo giovanissimo avversario. Effettivamente quest’ultimo non fece in tempo ad ordinare al proprio Mareep di attaccare con Tuonoshock che quel povero pokémon volante si ritrovò ko senza aver avuto la possibilità di schivare il colpo. Sfruttare sempre i punti di forza e le debolezze dei vari tipi, Makoto non se lo sarebbe più scordato.
‘Woooo, ecco perché volevi combattere subito! Qualcuno qui ha fatto i compiti, vero Valerio?’
Il capopalestra annuì leggermente e si avvicinò al piccolo allenatore pronto a combattere.
‘Vorrà dire che mi impegnerò di più per non far terminare subito il combattimento’ e detto ciò affidò le sorti della battaglia ai suoi Pidgey e Pidgeotto. Purtroppo per loro, la battaglia finì in maniera estremamente rapida incoronando Makoto come vincitore indiscusso. Il bambino trattenne a stento le lacrime mentre Valerio gli consegnava la Medaglia Zefiro, e Mareep, con il suo solito modo di fare dolce e adorabile, si sollevò sulle zampe posteriori in modo che la mano del proprio padroncino fosse a diretto contatto con la sua testolina lanosa.
 
Il sole aveva iniziato da poco a tramontare quando il bambino, saltellando felice verso il Centro Pokémon a causa del buon risultato ottenuto, si imbatté in un assistente del professore Elm.
‘Ohi Mako-chan, da quanto tempo! Speravo che tu o Haru-chan foste ancora a Violapoli! Devi sapere che Elm vorrebbe che uno di voi due allevasse questo uovo. È quello che ci ha mandato Mr. Pokémon e che Haruka era andato a ritirare’ disse tirando fuori dal borsone il soggetto del discorso.
‘Si, me ne avevano parlato sia lui che Elm! Questa però è la prima volta che lo vedo da vicino’ il bambino era visibilmente incuriosito da quell’oggetto tondo che vibrava, di tanto in tanto e in maniera quasi impercettibile, tra le mani dell’uomo.
‘Imparare a prendersi cura di un uovo potrebbe aiutarvi a crescere come allenatori! Te la senti di prendere questa responsabilità? Se non vuoi non importa, andrò alla ricerca di Haru-chan e chie…’
‘No no, lo prendo io per favore! Da esso nascerà un pokémon, vero? Voglio assolutamente vederlo! Per favore!’ disse Makoto con gli occhioni verdi estremamente spalancati, incuranti della brezza fredda della sera. L’assistente di Elm rise e, scompigliando con fare paterno i capelli castani del bambino, gli affidò quel compito pieno di responsabilità.
‘Poi avvisaci quando si schiuderà!’ disse l’uomo mentre si allontanava da Violapoli.
Makoto rientrò al Centro, affidò Chikorita e Mareep allo staff della struttura e si dedicò anima e corpo all’uovo: lo pulì con delicatezza usando acqua tiepida e una spazzola con le setole morbide, lo fece adagiare sopra un piccolo cuscino e, dopo averlo circondato con una coperta, gli parlò fin quando non cadde egli stesso addormentato, esausto per la giornata piena appena terminata.
Il mattino seguente il ragazzino si svegliò pieno di energie e pronto a incamminarsi verso la sua prossima meta! Aveva sentito che la strada ad ovest della città era bloccata da uno strano albero e quindi si mise in marcia verso il Percorso 32; prima però arrotolò attorno all’uovo un asciugamano morbido a mò di protezione e adagiò delicatamente nello zaino quella sorta di culla così fragile.
Il Percorso 32 non era costituito da un tracciato ben definito da una propria pavimentazione: la strada si snodava tra zone ricche di erba alta, piccoli rialzi che potevano essere facilmente saltati per scendere al livello inferiore in maniera più rapida ed una sorta di banchina di legno dove alcuni pescatori si riunivano per condividere il loro hobby e la cattura di qualche pokémon d’acqua. Makoto indugiò molto nell’erba alta cercando di capire se, da bravo collezionista, aveva già ‘ripulito’ la zona il giorno precedente, quando si era messo d’impegno per allenare Mareep in vista della palestra. Bhè, in poche parole perse solo tempo prezioso come al suo solito. Il ragazzino rimproverò se stesso in silenzio: se avesse rallentato ancora il suo viaggio, non avrebbe fatto in tempo a raggiungere Haruka; quest’ultimo sarebbe diventato campione della Lega e lui sarebbe rimasto indietro per sempre, lontano dall’amico divenuto oramai irraggiungibile. Makoto scosse la testa stringendo pugni e labbra, poi riprese a muoversi con passo veloce diretto verso sud. Dopo un paio di ore si ritrovò all’imbocco di una grotta dall’apertura stretta e, dal lato opposto, un Centro Pokémon. Il suo carattere prudente portò il suo corpo a muoversi verso la struttura di cura senza pensarci più del dovuto; ne approfittò per far riposare un poco la sua squadra e per togliere dallo zaino l’uovo. Quest’ultimo continuava ad emanare un piacevolissimo calore ed il bambino non riuscì a resistere alla tentazione di abbracciarlo portando l’orecchio destro sulla superficie liscia del guscio per ascoltare le vibrazioni che il piccolo pokémon al suo interno emetteva, stavolta, in maniera poco più percettibile. Un signore vestito con giacchino smanicato arancione con tante tasche, t-shirt bianca, pantaloni color crema e cappello in tinta si avvicinò a lui con fare amichevole.
‘Ehi piccolo, quello è un uovo pokémon?’
‘Si!’ Makoto sorrise verso l’oggetto che teneva sul grembo come era solito fare con i propri fratellini a Borgo Foglianova.
‘Wow, che fortuna! Devi amare proprio i pokémon! Prendi questo come regalo!’ e gli offrì una canna da pesca dall’aspetto piuttosto semplice e rozzo: il manico era formato da un unico pezzo di legno che era stato solo appena scartavetrato e non dipinto, il filo era semplicemente annodato al cimmino e non era presente nessun mulinello per avvolgere la lenza. Si trattava di uno strumento per la cattura di pokémon di piccola taglia.
‘Grazie mille signore, andrò subito a provarlo!’
Il ragazzino affidò anche l’uovo alle infermiere della struttura e si diresse veloce verso la banchina situata lì vicino. Makoto si mise prima ad osservare i movimenti dei pescatori seduti lungo i cigli di legno, poi provò ad imitarli: le primissime volte fece scappare le sue piccole ma ambite prede a causa del tempismo sbagliato dettato dalla sua inesperienza; poi, una volta capito bene il meccanismo, riuscì a pescare e poi catturare un energico Magikarp guizzante. Rientrato nel Centro, depositò la sua ultima conquista nel pc e, dopo aver ritirato pokémon e uovo, decise che forse era arrivato il momento di sbrigarsi e di raggiungere Azalina. Si ritrovò, quindi, a dover attraversare la Grotta di Mezzo. I suoi occhi impiegarono un po’ di tempo per abituarsi all’eterna penombra della caverna ma, quando essi ci riuscirono, per Makoto si aprì un nuovo mondo dominato da pokémon mai incontrati prima: quelli di tipo Roccia e Terra. Si imbatté subito in un Geodude che fece suo in pochi semplici attacchi della sua fedele Chikorita; poi fu il turno di Onix e, infine, anche un piccolo esemplare di Sandsrew entrò nella pokéball che il ragazzino gli aveva lanciato contro senza troppi problemi. Il bambino dagli occhi verdi si sentiva molto più forte e coraggioso; era proprio come aveva detto Elm: stare insieme ai pokémon tira sempre fuori il lato migliore delle persone portandole a maturare in poco tempo. Si mise a ridere sotto i baffi al pensiero che forse, senza i suoi amati mostriciattoli al suo fianco, avrebbe avuto paura di entrare in un luogo così buio e angusto. Quando uscì dalla grotta, dopo aver catturato ovviamente anche uno Zubat selvatico e pescato un Goldeen in uno degli specchi d’acqua disseminati all’interno della caverna, Makoto si fermò un istante a respirare l’ara fresca del Percorso 33. Si trovava nel punto più a sud di Johto, forse doveva chiamare casa per far sapere alla sua cara famiglia i progressi che stava facendo così velocemente. Ma uno strano bambino dagli occhi allungati, i denti aguzzi e i capelli rossi lo chiamò attirando la sua più totale attenzione.
‘Ehi tu, ragazzino!’ disse quello.
‘Si, dimmi!’ rispose Makoto immaginando che il suo piccolo interlocutore volesse chiedere delle informazioni.
‘Tu sei uno di quei due bambini di Borgo Foglianova, vero? Quello che ha preso Chikorita…’
‘…Come fai a saperlo?’ Makoto fece un passo indietro a causa della sorpresa.
‘Questo non ha importanza. Combattiamo!’ e, senza aspettare la risposta dell’altro, il giovane allenatore misterioso mandò in campo Croconaw. Finalmente il bambino dagli occhi verdi riordinò le idee e intuì l’identità dello sfidante.
‘Tu sei Matsuoka-chan, vero? Allora hai rubato veramente Totodile dal laboratorio! Haru-chan mi ha detto tutto! Per favore, potresti tornare indietro a riconsegnare il pokémon a Elm?’
‘Haru-chan?’ Rin aveva palesemente ignorato la parte finale del discorso.
‘Haruka! Haruka Nanase!’
‘Aaaaah, Nanase… E così si chiama Haruka’ disse il ragazzino dai capelli rossi sghignazzando. ‘Anche il suo è un nome da ragazza… E a quanto pare, se ne vergogna pure visto che si è presentato solo con il cognome!’ Rin aveva riacquistato molta autostima.
‘Cosa c’è da ridere?’ Makoto cercava di mostrare un’espressione piuttosto contrariata ma i suoi occhioni grandi e rotondi non gli davano la possibilità di sembrare minaccioso.
‘Niente… Non dirmi che anche tu hai un nome da femmina?’ a quelle parole il bambino castano arrossì lievemente. Dal suo volto sparirono tutti i segni di ostilità che aveva provato ad ostentare fino a pochi secondi prima.
‘Ecco… Mi chiamo Makoto Tachibana…’
‘Ahahahah! Ma tu guarda!’ Rin rise fragorosamente mentre sul viso dell’altro si manifestavano particolari sfumature di rosso che andavano, mano a mano, a scurirsi partendo dal centro delle guance.
‘Senti Tachibana, devi combattere per forza! Troppe coincidenze!’ tre starter, tre piccoli allenatori ambiziosi con tre nomi da ragazza. Se si fossero incontrati in circostanze diverse, sarebbero diventati sicuramente grandi amici. Makoto ci pensò un po’ su, poi mandò in campo Mareep.
‘Un pokémon elettrico! Ci vai giù pesante! Non crederai mica di riuscire a battere il mio Croconaw con un pokémon ancora al primo stadio evolutivo!’ il pokémon coccodrillo, effettivamente, era parecchio imponente se confrontato con quella dolce pecorella dall’aspetto piuttosto innocuo.
‘Vai Croconaw, usa Morso!’ lo starter d’acqua fece un balzo per catturare, con le proprie mascelle possenti, la carne tenera di quel piccolo Mareep ma il pokémon lana, spaventato da una così forte irruenza, lanciò rapido una scarica elettrica che paralizzò il proprio avversario. Il corpo di Croconaw cadde a terra ed i muscoli dei suoi arti iniziarono a vibrare come se il coccodrillo stesse lottando contro se stesso per riuscire a muoversi.
‘Questo non è valido!’ ringhò Rin visibilmente alterato. Makoto, di contro, decise che non era il momento di farsi prendere dai sensi di colpa e diede al suo compagno l’ordine di attaccare ripetutamente con Tuonoshock. L’asso vincente del rosso finì presto ko, non si poteva dire lo stesso per la sua rabbia. Il rosso era davvero furente, digrignava i denti come se volesse spaccarli tanto si era innervosito!
‘Ora tocca a me buttare giù quella tua pecora inutile… Vai Onix!’ l’imponente serpente di roccia apparve sul campo di battaglia facendo tremare leggermente la terra sotto ai loro piedi. 

 

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Capitolo 11
*** Azalina e dintorni. [Haruka's Side] ***


Salve a tutti! In questo capitolo c'è un pò meno azione e tanti pensieri da parte di Haruka. E se proprio vogliamo dire la verità, Haru fa anche la figura del pirla, lol (ma non si arrende mai e io lo adoro anche per questo, quindi va tutto bene) (???). Anche se la figura peggiore la fa la special guest di questa parte (forse avrete già intuito chi potrebbe essere xD). Vi prometto però che nel prossimo capitolo ci saranno molti più combattimenti u.u
Detto ciò, grazie in anticipo a chi leggerà anche questa parte <3

Edit del 01-10-2014: prima revisione, effettuate alcune correzioni.
 
Capitolo 11- Azalina e dintorni. [Haruka’s side]
 
Haruka camminava nel centro della città di Violapoli con il suo solito sguardo indifferente, nonostante l’orgoglio che provava per l’azione nobile che aveva appena effettuato aiutando Makoto. Anche se la sua mente era tutta concentrata su Rin Matsuoka e su dove il bambino dai denti aguzzi si fosse cacciato, il ragazzino dai capelli neri non poté fare a meno di notare, davanti al Market, una fanciulla abbigliata con una strana veste di colore rosso che le cadeva dritta fino ai piedi, la vita stretta in una cintura di stoffa verde e, sulla testa bruna, i capelli legati verso l’alto in uno chignon tenuto da due bastoncini dorati. Non passava di certo inosservata. La giovane donna si accorse dello sguardo interrogativo di Haruka ma, con fare gentile, gli sorrise mettendo così in mostra le sue labbra rosse di trucco e il volto diafano. Il bambino abbassò lievemente il capo, come per salutare in maniera discreta, e poi passò oltre: nonostante il fare cortese di quella ragazza, egli si sentì quasi in soggezione, come se quella figura così delicata e minuta possedesse, invece, una forza schiacciante. Scacciò dalla testa quest’ultimo pensiero e si diresse verso l’uscita ovest della città in direzione del Percorso 36. Dopo una decina di minuti di cammino, il ragazzino dovette fermarsi di colpo poiché uno strano albero dalla chioma particolarissima stava sbarrando la strada bloccando il passaggio con il proprio ingombro. Haru rimase immobile a fissarlo cercando di capire, facendo leva sulla sua buona memoria visiva, a quale specie appartenesse. Il risultato fu, ovviamente, nullo. D’istinto posò la mano sulla corteccia accorgendosi come essa, al tatto, risultava più simile alla superficie delle rocce tanto era fredda e quasi levigata. Sospirò profondamente deciso di lasciar perdere la faccenda, quindi accese il pokégear e consultò la mappa. Per uscire da Violapoli poteva proseguire seguendo il Percorso 32 che portava verso Azalina, un’altra cittadina sede di una palestra. Convinto che anche Matsuoka avesse deciso di percorrere la strada verso sud, Haruka fece marcia indietro e tornò sui propri passi; procedette di nuovo di fronte al Pokémon Market, ma della ragazza con quello strano vestito rosso non c’era più traccia. Prima di proseguire decise, comunque per scrupolo, di acquistare pozioni e pokéball. Quanto aveva fatto bene a fermarsi per fare il pieno di oggetti curativi! Il Percorso 32 si rivelò talmente tanto ricco di allenatori bramosi di sfide e di zone dall’erba alta piene di pokémon selvatici che la resistenza del moretto fu messa a dura prova! Egli si trovò persino a desiderare l’apparizione di un Centro Pokémon con annessa una struttura piena di vasche ricolme di acqua calda tanto quel percorso così ostico gli aveva prosciugato tutte le energie! Il suo desiderio fu realizzato in parte: gli occhi di Haruka notarono, oltre la lunga banchina di legno, sempre dritto davanti a lui, il familiare tetto rosso della costruzione adibita alla cura dei pokémon (niente vasche, però!). Tempo di battere tre pescatori e i loro Magikarp e poi via, di corsa verso il Centro. Il ragazzino, prima ancora di consegnare i propri compagni di viaggio alle infermiere, cercò con lo sguardo teste rosse e sorrisi dai denti appuntiti. Ovviamente non ebbe così tanta fortuna. Matsuoka sembrava avere le ali ai piedi; possibile che fosse già arrivato ad Azalina o addirittura oltre? O magari, più semplicemente, non era così ambizioso come Haruka aveva intuito fosse, e quindi non aveva mai lanciato sfide alle palestre, approfittando così del tempo risparmiato per guadagnare terreno e far perdere le proprie tracce? Il bambino dai capelli neri si sedette pesantemente su di una poltroncina e sbuffò stanco. Le sue gambe erano indolenzite e sentiva i suoi piedi pregare affinché fossero liberati dalla calda presa delle sue scarpe. Rin Matsuoka dava l’idea di essere un bambino instancabile e pieno di energia: durante il loro ultimo incontro, quando Saba, ancora al primo stadio evolutivo, aveva battuto il Totodile rubato dal laboratorio di Borgo Foglianova, il ragazzino dai capelli rossi era corso via veloce come il vento senza mai voltarsi indietro; che fosse capace di mantenere quel ritmo sfrenato così tanto a lungo da viaggiare di città in città in tempi piuttosto limitati? Haruka ripensò alle parole di Elm: inseguire Matsuoka, raggiungerlo, parlare con lui per farlo ragionare e diventare suo amico. Per riuscire a portare a termine quello strano compito si sarebbe dovuto allenare per guadagnare resistenza nella corsa? Sarebbe stato il caso. Forse. Il ragazzino si addormentò raggomitolato sulla poltroncina, e non si svegliò nemmeno quando una gentile infermiera del luogo gli mise addosso una morbida coperta pesante per rendere il suo riposo un minimo più confortevole.
 
La mattina seguente Haru si alzò di buon’ora anche se la sua testa non era riuscita a liberarsi dei mille mila pensieri che lo avevano attanagliato la sera precedente. Notò la coperta solo quando quest’ultima scivolò lentamente sulle sue ginocchia ossute; la piegò con precisione quasi maniacale e la consegnò allo staff del centro, poi ritirò Saba e Tuna ed uscì finalmente all’aria aperta. La sua mente era ferma sulla forte decisione di iniziare, poco alla volta, ad allenarsi nella corsa e quindi, senza pensarci troppo, decise di fare un po’ di stretching alle gambe per riscaldarsi. Appoggiò la mano sinistra al muro e con l’altra prese la caviglia destra per spingerla delicatamente contro il sedere. Un allenatore, diretto in quel momento nel Centro Pokémon, assistette allo spettacolo non riuscendo a trattenere, però,  una sottile risata: essa fuoriuscì dalla sua bocca sotto forma di sbuffo nonostante il ragazzo avesse portato, con molto buon senso, la mano sulle labbra per nascondere la sua espressione divertita. Haruka, come era prevedibile, smise di colpo quella sua nuova attività mattutina e, guardando malissimo il povero malcapitato, si sistemò meglio lo zaino in spalla e si spostò verso l’ingresso della Grotta di Mezzo. L’aria all’interno della caverna era fresca e odorava di umidità, le condizioni quindi non erano così avverse per iniziare ad approcciarsi alla corsa. Haru sperò quasi che la sua buona capacità di apnea, sviluppata nuotando nel mare del Percorso 27, gli desse il fiato necessario per percorrere a velocità moderata ma costante l’intera grotta. Prima di partire chiuse gli occhi e fece due grossi respiri profondi, poi, pian piano, cominciò ad accelerare poco alla volta e in maniera graduale. Nonostante la buona volontà, però, correre su lunga distanza si rivelò più difficile del previsto, e i laghi del luogo, con quell’acqua così invitante, limpida, ferma e fresca, furono oggetto di grande distrazione da parte del bambino. Erano passati addirittura due giorni dall’ultimo bagno degno che aveva effettuato in una vasca colma e piacevolmente calda. Erano i suoi occhioni blu, che in quei momenti assumevano sfumature più chiare che ricordavano le onde del mare, che riacquistavano vita alla vista di tutta quell’acqua: erano quasi in contrasto con la sua espressione sempre impassibile e la sua bocca chiusa con le estremità rivolte continuamente verso il basso. Cioè, si poteva nuotare tranquillamente all’interno di quei laghi!!! Haruka scosse la testa cercando di concentrarsi sul proprio respiro e sul movimento regolare delle sue gambe con scarsi risultati: le sue falcate andavano a rallentare alla vista di ognuno di quegli specchi d’acqua e il suo tragitto seguiva come una serpentina irregolare quando il suo cervello decideva di far avvicinare il corpo ad essi. Conclusione: a quasi metà del tragitto, Haru dovette fermarsi a riprendere fiato esausto. Bhè, era palese che dovesse lavorare un po’ di più sulla resistenza, intesa ovviamente nel significato più generale del termine. Comunque, non appena il ragazzino sollevò il braccio destro per asciugarsi le gocce di sudore sulla fronte,  un Geodude selvatico approfittò di quel momento per fare un attacco a sorpresa. Il moro rispose ovviamente a tono.
‘Saba, Braciere!’ ma il fuoco sembrò non debilitare in maniera pesante il pokémon avversario. Haruka non si fece impressionare e continuò a far ripetere al proprio Quilava quello stesso attacco finché, dopo aver indebolito Geodude abbastanza , decise di lanciare contro il mostro di roccia una pokéball. Il pokémon non si divincolò troppo ed entrò in men che non si dica nella squadra di Haru. Il bambino rimase qualche istante ad osservare la sfera con il nuovo compagno all’interno e, annuendo soddisfatto, sussurrò: ‘Ti chiamerò Sake!’
Il piccolo allenatore uscì, infine, dalla caverna dopo aver provato a correre per altre due volte con scarsi risultati; si ritrovò, infine, piegato con le mani appoggiate alle ginocchia a riprendere fiato, piuttosto deluso dalla sua scarsa forma. Per un istante gli parve di notare verso ovest, con la coda dell’occhio, una testa rossa scomparire verso il basso; si voltò di colpo ma quello che vide in lontananza fu solo un vecchio pozzo di pietra e, dietro di esso, le prime abitazioni rurali di Azalina. Attese un paio di minuti per catturare quanto più ossigeno i suoi giovani polmoni potessero ancora contenere, poi proseguì verso la cittadina. Per non perdere troppo tempo, lasciò solo Saba e Sake al Centro Pokémon, deciso a sfidare Raffaello puntando tutto su Hoothoot. Inconsapevolmente era stato fortunato: nonostante non si fosse informato sulla palestra, qualunque pokémon della sua squadra avesse scelto, si sarebbe comunque trovato avvantaggiato contro i coleotteri del capo.
 
Entrò, ancora senza fiato, nella struttura di lotta e, superato l’atrio, osservò incuriosito l’architettura particolare della palestra: essa si sviluppava in lunghezza vedendo l’alternarsi di piani pavimentati a parquet e zone di vuoto che potevano essere superate attraverso travi di legno che delineavano percorsi intricati. Il ragazzino intuì che doveva servirsi dei veicoli a forma di Spinarak posti sul limitare di quello strano baratro per poter proseguire. Che fosse una moda di Johto costruire palestre con elementi sopraelevati?
Proprio come un ragno…’ pensò Haruka.
Non appena il piccolo allenatore giunse sulla zona pavimentata centrale, un ragazzo di circa sedici anni con capelli corti blu, occhi color ametista e occhiali dalla spessa montatura rossa, si avvicinò a lui e parlò con timbro orgoglioso e ben impostato.
‘Benvenuto nella palestra di Azalina famosa per i suoi letali pokémon coleottero! Io sono Rei Ryugazaki, prova preliminare prima di accedere al capopalestra. Sei qui per sfidare Raffaello?’
Haruka annuì in silenzio mentre osservava interdetto l’abbigliamento improbabile indossato dal suo interlocutore: egli portava una sorta di costume scuro tutto intero, che gli lasciava scoperte solo le braccia muscolose, con una stampa ricca di farfalle viola svolazzanti; in vita teneva una cintura di cuoio dove svettavano varie pokéball e i suoi piedi erano nudi sul freddo parquet. Funzionale o meno, quel ragazzo sembrava perfettamente a suo agio in quel particolare completo dalle sfumature color indaco. Haru decise di far finta di niente.
‘Bene, posso sapere se questa è la tua prima palestra oppure sei riuscito a conquistare altre medaglie?’
Il piccolo allenatore mostrò la Medaglia Zefiro che aveva ottenuto a Violapoli nella palestra di Valerio.
‘Perfetto, allora scelgo te Butterfree!’ la farfalla viola apparve sul campo di battaglia agitando le sue belle ali iridescenti, le quali sparsero in aria una manciata di polvere cristallina.
Haruka, di sicuro, sarebbe diventato molto ricco se solo avesse potuto scommettere sulla scelta del pokémon dell’avversario…
Hoothooot venne fatto uscire dalla ball e si preparò per una battaglia… piuttosto breve. Bastò una sola Beccata per mettere al tappeto il fragile pokémon coleottero. Rei assunse un’espressione teatrale carica di dolore, come se fosse stato colpito anch’esso nel suo punto debole.
‘Contro un pokémon volante si può lavorare poco di tattica e strategia… Gli uccelli sono i predatori naturali degli insetti, è stata Madre Natura stessa a renderli nemici! Comunque sia, hai il permesso e il diritto di proseguire fino a Raffaello. Ma non sottovalutare i suoi pokémon coleottero!’ e, detto ciò, premette un pulsante che richiamò un veicolo-Spinarak dalla loro parte.
Haru montò sul piccolo mezzo di trasporto e proseguì verso l’ultima piattaforma dove l’aspettava un ragazzino poco più grande di lui, dai folti capelli viola, con una frangia pesante che gli copriva le sopracciglia, e dai grandi occhioni dello stesso colore. Il giovane moro si presentò a lui e gli mostrò, come da prassi, l’unica medaglia che aveva conquistato fino a quel momento. L’altro scelse i pokémon giusti per la battaglia e nel frattempo parlò all’altro con fare amichevole: ‘Sai, con i pokémon coleottero non ho proprio rivali. Sto studiando per diventare un’autorità in quel campo. Ora ti mostrerò quello che ho imparato! Vai Scyther!’ l’agile mantide verde sembrò quasi saltare fuori dalla sua sfera tanto era veloce. E questa sua caratteristica, effettivamente, mise leggermente in crisi il povero Tuna: il gufo non riusciva quasi a colpire il pokémon avversario e quest’ultimo sembrava preferire giocare sulle finte che attaccare direttamente.
Ad Haru venne in mente una strategia un po’ rischiosa ma che, se fosse andata a buon fine, avrebbe potuto cambiare totalmente le sorti della battaglia. Doveva solo attirare Scyther precisamente davanti al suo Hoothoot…
‘Tuna, allontanati da lui e rimani a mezz’aria!’ il pokémon gufo obbedì bubolando mentre sbatteva le sue corte ali quanto bastava per non librarsi ad una distanza troppo eccessiva.
‘Scyther, Attacco Rapido!’ e la mantide saltò veloce facendo leva sulle sue due zampe scattanti.
‘Tuna, Ipnosi, ora!!!!!’ i due pokémon erano faccia a faccia; il coleottero di Valerio non riuscì a sottrarsi dallo sguardo fisso di Hoothoot e, quindi, cadde malamente a terra addormentato. Tuna obbedì al padrone finendo il proprio avversario con una serie di Beccata ben assestati. Haruka, comunque, non ebbe bisogno di mantenere quella stessa strategia anche contro gli altri pokémon: Raffaello era un allenatore che preferiva attaccare subito con il proprio asso nella manica per terminare il più brevemente possibile l’incontro (che questa fosse una tattica scelta proprio per ovviare alla fragilità del tipo coleottero?), quindi il Metapod ed il Kakuna che mandò successivamente in campo non furono allo stesso livello di Scyther.
‘Ahi ahi, è finita…’ disse sconsolato il capopalestra. ‘Strabiliante! Conosci proprio bene i pokémon! La mia ricerca va approfondita. Ok, hai vinto tu, ecco la Medaglia Alveare!’ e sorrise in maniera gentile nonostante la sconfitta.
Haru salutò il capopalestra e, tornando indietro, fece lo stesso anche con il ragazzo farfalla; rientrò al centro pokémon, ritirò Quilava e Geodude e, dopo aver rimesso in forze il suo Hoothoot con una Pozione per perdere meno tempo possibile, si spostò verso ovest per inoltrarsi nel Bosco dei Lecci, convinto che Matsuoka fosse ancora avanti a lui.
Non avrebbe mai potuto immaginare quanto si fosse sbagliato.

 

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Capitolo 12
*** Azalina e dintorni. [Rin's Side] ***


Salve a tutti! Questo capitolo mi ha uccisa xD! Accadono molte (anche troppe) cose e ho cercato, di conseguenza, di essere più concisa. Come se non bastasse ho sofferto un sacco nello scrivere questa parte a causa di tutto quello che succede... Rin, perdonami, io ti voglio bene, la colpa è della trama, non mia ç_ç !
Pirlate a parte, ringrazio in anticipo chi leggerà e/o commenterà, grazie davvero çwç <3
Per quanto riguarda il prossimo capitolo, ci vorrà un pò prima che lo leggiate; nonostante l'irregolarità dei miei post cercherò sempre di pubblicare i tre capitoli che compongono lo stesso scenario a distanza di una settimana l'uno dall'altro. Comunque sia ho assolutamente intenzione di completare questa fic: ho ben chiaro in mente i capitoli conclusivi (alias l'ultimo scenario ed un capitolo di epilogo), manca ''''solo'''' la parte centrale, coff coff.
Grazie ancora per la lettura <3
PS: come al solito, alla fine, potrete leggere il riassunto con gli eventi in ordine cronologico di questo scenario.

Edit del 01-10-2014: prima revisione, effettuate alcune correzioni.

 
Capitolo 12– Azalina e dintorni. [Rin’s side]
 
Rin uscì dalla palestra con un sorriso che arrivava quasi a sfiorare le sue orecchie. La sfida contro Rei Ryugazaki e poi quella contro Raffaello erano terminate in maniera fin troppo rapida; il ragazzino dai capelli rossi era fiero di se stesso e del nuovo arrivato Onix: non avrebbe mai immaginato che il pokémon di roccia fosse tanto forte al punto da mandare ko i coleotteri dei suoi avversari con un solo attacco. Per la prima volta Rin si ritrovò a bramare una squadra pokémon completa e ben allenata, e fu così che, il mattino successivo, si svegliò presto e ritornò indietro verso il Percorso 33 con delle pokéball in mano. Tempo pochi passi nell’erba alta ed ecco un giovane esemplare di Spearow selvatico fare capolino di fronte ai suoi occhi. E il piccolo allenatore non se lo fece sfuggire! Fece scendere in campo Croconaw (il coccodrillo era rimasto fermo per troppo tempo, Rin aveva paura che si rammollisse) e, dopo solo un Pistolacqua, il pokémon volante entrò senza troppi sforzi nella sua sfera. Il piccolo allenatore emise un grido di soddisfazione, oramai non poteva più fare a meno di quella bella sensazione che aveva provato il giorno precedente, quando Onix era entrato a far parte del gruppo: si sentiva un allenatore a tutti gli effetti, aveva conquistato da solo e con le proprie forze ben due medaglie e non vedeva l’ora di ottenere le rimanenti per poter avere il permesso di sfidare i campioni della Lega Pokémon. Uno strano movimento furtivo, però, catturò la sua attenzione: un gruppo ristretto di persone vestite di nero era entrato nel pozzo situato a metà strada tra il Percorso 33 ed Azalina cercando di non dare troppo nell’occhio (come se la loro divisa scura non risaltasse minimamente in una zona dove dominava il verde degli alberi e del prato). Dopo un momento di riflessione, alla fine Rin decise di andare a curiosare un poco in quel luogo, ignaro del fatto che, se avesse deciso di rimanere sul percorso ancora per qualche istante, avrebbe notato Haruka uscire dalla Grotta di Mezzo.
Il pozzo era accessibile dall’esterno per mezzo di una scala a pioli che scricchiolava in maniera poco rassicurante sotto il peso del ragazzino: il legno era bagnato e gonfio a causa dell’umidità e il freddo che emanava la roccia dello scavo fece rabbrividire Rin dalla testa ai piedi. Egli pensò subito che nessuna persona sana di mente avrebbe scelto il Pozzo come luogo d’incontro, che forse si stava andando a tuffare in un qualcosa di cui era meglio rimanere all’oscuro… Di fatti, non appena i suoi piedi raggiunsero il suolo grigio del fondo, il bambino notò accanto a lui un grosso gruppo di Slowpoke privo di coda: alcuni di loro stavano fermi e immobili con lo sguardo perso nel vuoto, altri, alternandosi tra loro, emettevano un verso straziante carico di dolore. Rin rimase pietrificato di fronte a quella visione. Il primo pensiero che gli frullò nella testa fu quello di fare retro front e proseguire per la sua strada verso la città più vicina, ma non appena percepì alcune voci in fondo al tunnel che parlavano di futuri guadagni grazie alla vendita di quelle code, il ragazzino non riuscì a resistere e caricò a testa bassa verso di loro. Il gruppo di uomini in nero si trovava nel bel mezzo di uno slargo di roccia: uno di loro brandiva un grosso coltello con la mano destra, un altro teneva immobile il corpo dello Slowpoke di turno mentre altri tre andavano in giro ad acciuffare altri esemplari di quello strano pokémon rosa. Uno di essi notò l’intruso e si avvicinò a lui.
‘Ehi, che ci fa un bambino qui?’
Rin lo spintonò e provò a proseguire oltre; l’uomo però era più alto e forte e lo prese per il polso catturandolo.
‘Croconaw!!!’ il pokémon coccodrillo uscì dalla sfera e, con un Pistolacqua ben assestato, scagliò il tizio sulla parete di fondo facendogli perdere i sensi. Il ragazzino, con lo starter che gli copriva le spalle, raggiunse il centro dell’area assistendo all’ennesima amputazione che l’uomo con il coltello aveva inferto ad un nuovo Slowpoke.
‘Che diavolo state facendo???’ gridò Rin stringendo i propri pugni fino a farsi male.
La persona che aiutava l’uomo con il coltello si avvicinò al ragazzino e a Croconaw con sguardo minaccioso.
‘Questo non è un posto per i bambini. Se ti sei perso, torna indietro da quella parte e troverai la sc…’
‘Che cosa diavolo state facendo?????????’
Il gruppo degli uomini in nero aveva circondato il piccolo allenatore. Fu il tizio con il coltello a prendere parola questa volta.
‘Credo sia piuttosto palese… Tagliamo la coda agli Slowpoke, no?’
Rin iniziò a innervosirsi e ordinò a Croconaw di usare di nuovo l’attacco Pistolacqua; alla maggior parte del gruppo toccò la stessa sorte che aveva ricevuto il loro compagno poco prima: essere sballottati, chi con più e chi con meno violenza, contro le pareti fredde della grotta. Gli Slowpoke furono molto più fortunati: quasi tutti furono trascinati verso il lago di quel piano, dove trovarono la fuga tuffandosi in acqua nella maniera più veloce possibile che la loro andatura goffa poteva permettere loro. L’uomo con il coltello riuscì a rimanere fermo sul posto aggrappandosi ad una sporgenza del pavimento.
‘E così hai il coraggio di sfidare il Team Rocket? Non credere che io sia come le mie reclute! Io sono il generale Milas, il più crudele del gruppo! Prova ad intralciarci e capirai il perché!’ il generale mandò in campo Zubat e Rin non poté fare a meno di osservare il pokémon avversario con sguardo nauseato. Croconaw, senza aspettare alcun ordine, era corso a frapporsi fra il pipistrello e il proprio allenatore, pronto a combattere senza risparmiarsi. Milas osservò lo starter d’acqua ed un ghigno sottile si dipinse sul suo volto dai lineamenti affilati, mostrando una fila di denti bianchi come l’avorio.
‘Quel Croconaw… Eh eh eh. Tu non sei diverso da noi!’
Non sei diverso sa noi?’ Rin non comprese, in quel primo momento, quelle strane parole ma un forte senso di rabbia gli colpì lo stomaco con forza sovraumana, e salì verso l’alto fin sopra la sua testa facendogli rizzare i capelli.
‘Croconaw, usa Morso!’. Il coccodrillo si avventò sul pokémon avversario riuscendo solo a stringere tra le proprie fauci le due code del pipistrello. L’attacco, nonostante tutto, sembrava aver causato diversi danni visto che il povero Zubat iniziò ad emettere un verso straziante carico di dolore.
‘Zubat, Supersuono!’ Milas, ignaro della sofferenza del proprio compagno di battaglia, approfittò dei suoi versi di dolore per confondere il pokémon d’acqua ma, sfortunatamente per lui, il pipistrello soffriva troppo per poter modulare il proprio timbro in modo da essere efficace. Zubat, infine, cadde sbattuto a terra da una zampata di Croconaw e fu finito poi con l’attacco Ira.
Milas sorrise con fare malvagio: ‘Ovunque andiamo c’è sempre qualcuno che si mette tra i piedi… Ma tu non sei diverso da noi: hai rubato quel Croconaw, vero?’
Rin rimase spiazzato da quelle ultime parole. Come cavolo aveva fatto a scoprirlo? Il generale, intuendo i pensieri del ragazzino, rispose: ‘Noi siamo abituati a rubare pokémon, abbiamo visto quegli occhi un milione di volte. -disse indicando lo starter d’acqua- Attento, il tuo caro amichetto potrebbe iniziare a prendere decisioni autonome e, una volta diventato più forte, potrebbe non obbedirti più e fuggire, se non addirittura attaccarti…’
‘No… Non è vero…’
‘Tu, comunque, sei forte e noi abbiamo bisogno di gente come te! Unisciti al Team Rocket e potresti avere una squadra intera formata da Totodile, Croconaw e Feraligatr!’
In tutta risposta Rin obbligò il coccodrillo azzurro ad attaccare l’uomo con Pistolacqua; Milas, però, evitò il colpo gettandosi a terra con una capriola.
‘Se non vuoi diventare uno di noi vorrà dire che dovrò mettere fuori uso il tuo caro amichetto. Vai Koffing!’ disse mentre il pokémon velenoso entrava in scena lasciando, dietro di sé, una densa nuvola di fumo scuro; ma non fece in tempo a preparare un attacco che il coccodrillo di Rin, senza aspettare ordini, lo aveva già fatto fuori con potentissimo Pistolacqua.
‘Uuufff…’ si lamentò Milas estremamente contrariato. ‘Oggi i bambini sono capaci di tutto! Sai, il Team Rocket è stato sciolto tre anni fa… Ma abbiamo continuato le nostre attività di nascosto. E non sarà una pulce come te a fermarci! Trema, trema per la paura in attesa delle nostre prossime mosse! A meno che tu non voglia unirti a noi…’
Rin, in tutta risposta, sputò sul pavimento umido della grotta sotterranea senza staccare gli occhi da quelli del generale. Milas sorrise di nuovo mentre dalla tasca estraeva una piccola sfera scura.
‘Peggio per te’ e, così facendo, gettò a terra il piccolo oggetto rotondo, che si rivelò essere una mini bomba fumogena. Scomparve così alla vista del bambino.
Rin si voltò verso Croconaw ripensando alle parole del generale. Effettivamente era capitato alcune volte che il suo starter prendesse decisioni prima ancora di ricevere ordini. Avrebbe dovuto aspettarsi di essere attaccato o ferito da lui in un impeto di ribellione? No, non l’avrebbe permesso, sarebbe diventato più forte e avrebbe mantenuto il massimo controllo sul suo amato starter. Fece rientrare il coccodrillo nella sua sfera e si avviò lentamente verso le scale del pozzo. Una volta tornato in superfice, il ragazzino scorse una figura familiare sul limitare della Grotta di Mezzo: era il bambino di Borgo Foglianova, quello che aveva perso contro Nanase il suo primissimo scontro. Sorrise in maniera sprezzante: battere quel piccolo allenatore gli avrebbe ridato la sicurezza che aveva perduto a causa delle parole dure di Milas; si sarebbe convinto che la sua bravura con i pokémon avrebbe evitato che accadesse tutto quello che il generale aveva predetto e sarebbe andato avanti con la sensazione di avere un peso in meno da portare sulle proprie spalle.
Si approcciò quindi al ragazzino, scoprì il nome femminile di Nanase e quello del suo sfidante ridendo poi a causa di tutte quelle piccole coincidenze che sembravano legare i tre bambini. Ma non si fece intenerire troppo dalla conversazione e mandò in campo Croconaw senza pensarci troppo. Makoto scelse di far lottare Mareep il quale ricorse alla paralisi per sconfiggere il coccodrillo d’acqua.
‘Ora tocca a me buttare giù quella tua pecora inutile… Vai Onix!’ l’imponente serpente di roccia apparve sul campo di battaglia facendo tremare leggermente la terra sotto ai loro piedi. Senza pensarci troppo, Rin fece attaccare il suo pokémon con una potente Sassata che investì la pecorella senza lasciarle vie di scampo.
‘Vai così Onix!!!’ rise felice il ragazzino dai denti aguzzi riacquistando sicurezza e concentrazione: Mareep era stato sconfitto con solo un attacco, Rin non poteva chiedere di meglio.
‘Chikorita, scelgo te!’ Makoto fece combattere il proprio starter sfruttando la sua superiorità contro i pokémon di tipo Roccia ma il suo avversario non aveva smesso di sghignazzare nonostante si trovasse in svantaggio. Era così sicuro che la pellaccia dura di Onix avrebbe resistito ai suoi attacchi oppure stava prendendo in giro il bambino dagli occhi verdi perché sembrava che quest’ultimo non avesse allenato abbastanza il suo pokémon iniziale, visto che si trovava ancora al primo stadio evolutivo? Makoto cercò di rimanere concentrato e ordinò alla sua amata Chikorita di usare Foglielama; Rin dovette cambiare subito espressione visto che quell’attacco debilitò pesantemente il suo forte Onix. Il serpente di roccia aveva iniziato a far ruotare i massi che componevano il suo corpo in maniera più lenta e la sua testa non si ergeva più sopra il piccolo gruppo di sfidanti: si reggeva a fatica appena al di sopra del volto del suo allenatore.
‘Onix, colpiscilo con Azione!’ l’attacco andò a segno causando ingenti danni allo starter avversario.
‘Chikorita, Ripresa!’ mentre il pokémon d’erba approfittava delle sostanze nutritive del terreno per recuperare energie, Rin sostituì Onix con lo Spearow appena catturato. Gli occhi di Makoto si illuminarono alla vista del pokémon volante.
‘Wow, uno Spearow! Dove l’hai catturato??? Lo voglio anche io!!!’ il bambino dagli occhi verdi si dimenticò della battaglia per un istante, tanto era grande la sua voglia di arricchire il pokédex. Rin sembrava quasi interdetto dall’insistenza dell’altro ma alla fine decise di rispondere: ‘In questo Percorso, in quel piccolo spiazzo con l’erba alta…’
‘Grazie mille, allora dopo farò un giro a controllare!! Grazie ancora’ sorrise l’altro estremamente entusiasta.
‘…Come vuoi’ si limitò a rispondere il bambino dai capelli rossi. Nel frattempo, l’altro allenatore non si fece prendere in contropiede e sostituì Chikorita mandando in campo un piccolo esemplare di Sandshrew.
Maledetto, sa usare il cervello…’ pensò Rin mordendosi il labbro inferiore. ‘Spearow, vai con Fulmisguardo!’ l’allenatore dai capelli rossi, grazie all’esperienza avuta con Onix, sapeva benissimo che i pokémon di tipo terra o roccia possedevano una difesa quasi inespugnabile, così fece di tutto per indebolire l’avversario rendendolo più esposto ai colpi del suo Spearow. Purtroppo per lui, Sandshrew conosceva la mossa Ricciolscudo che gli permetteva, appallottolandosi su se stesso, di aumentare la propria resistenza contro gli attacchi esterni. Dopo un’infinità di tempo che sembrava non voler passare mai, alla fine Spearow andò ko per sfinimento. Entrambi gli allenatori erano esausti e Rin non voleva credere di essere praticamente spacciato. Mandò in campo una seconda volta Onix mentre Makoto sostituiva il suo topo di terra con Chikorita; quest’ultima fece terminare l’incontro usando, ovviamente, Foglielama. Una luce potente investì lo starter d’erba che iniziò a crescere di statura, mostrando un collo alto e longilineo; piccoli boccioli verdi spuntarono dalle sue spalle minute e, mentre le zampe avevano iniziato ad ingrandirsi ed irrobustirsi, la coda divenne più acuminata e la foglia sopra la sua testa  più lunga e con i bordi taglienti. Chikorita si era finalmente evoluta in Bayleef. Rin si morse di nuovo il labbro fino a farlo sanguinare e, senza rivolgere alcuna parola a Makoto, scappò in direzione di Azalina. Come la prima volta che era fuggito da Borgo Foglianova, dopo aver rubato Totodile, si ritrovò a correre con quanto fiato aveva in corpo per superare la città il più velocemente possibile; si inoltrò nel bosco dei Lecci e proseguì verso l’uscita senza mai voltarsi indietro.



CRONOLOGIA SCENARIO 'AZALINA E DINTORNI' (quella del terzo scenario si trova in fondo al capitolo 9)
- Makoto, nel tardo pomeriggio, batte Valerio grazie a Mareep e rimane a Violapoli fino al mattino successivo. Incontra l'assistente di Oak che gli da l'Uovo Misterioso;
- Rin arriva la sera ad Azalina, batte il capopalestra Raffaello e passa la notte al Centro Pokémon;
- Haruka raggiunge il centro Pokémon vicino all'ingresso della Grotta di Mezzo e si accampa nella struttura;
- Haruka si alza all'alba ed inizia subito ad esplorare la Grotta di Mezzo, cattura Geodude (Sake);
- Makoto si incammina molto velocemente lungo il percorso 32 e giunge alla Grotta di Mezzo;
- Rin, il mattino successivo, cattura Spearow lungo il Percorso33, poi nota strani movimenti di gente vestita di nero che si avvia verso il Pozzo Slowpoke. Decide di seguirli;
- Haruka esce dalla Grotta di Mezzo e, per poco, non incrocia Rin. Si dirige al Centro Pokémon della città;
- Makoto esplora la Grotta di Mezzo catturando tutti i pokémon selvatici che gli si parano davanti;
- Rin si scontra con il Team ROcket rifiutando il loro invito ad unirsi al gruppo. Li batte e li mette in fuga;
- Haruka sconfigge Raffaello e prosegue verso il Bosco di Lecci convinto che Rin sia ancora avanti a lui;
- Rin esce dal pozzo e nota Makoto avanzare verso Azalina. Lo sfida;
- Makoto batte Rin grazie a Sandshrew e Chikorita si evolve in Bayleef;
- Rin scappa e supera il Bosco di Lecci.

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Capitolo 13
*** Tra lecci e metropoli [Makoto's Side] ***


Salve, non sono morta, ho solo avuto problemi con la scheda video del mio pc e ho dovuto lasciare in manutenzione il mio piccolino per ben due settimane (stavo morendo per la crisi d'astinenza da internet, fate vobis xD) (no, la cosa non mi fa onore, lo so ç_ç).
Finalmente un nuovo capitolo! Chiedo subito scusa a chi lo aspettava (chi????) e ringrazio in anticipo chi leggerà anche questa parte <3.
Non dico nulla, solo che Makoto sta maturando e io sono felice per lui çwç <3
Spero non ci siano troppi errori, l'ho riletto solo una volta D:
Alla prossima settimana con il capitolo 14 :3


Edit del 15-10-2014: prima revisione, effettuate alcune correzioni.
 
Capitolo 13– Tra lecci e metropoli [Makoto’s side]
 
La testa rossa di Rin era scomparsa ben oltre l’orizzonte ma Makoto non riusciva a smettere di tenere gli occhi fissi nella direzione dove era scappato il suo sfidante. Per pochi momenti aveva percepito come una sorta di aura positiva intorno al ragazzino, come se, nonostante le azioni negative che il rosso aveva commesso a Borgo Foglianova, non ci fosse traccia di malvagità in lui. Il bambino dagli occhi verdi abbassò lo sguardo verso la sua Bayleef e le accarezzò il collo longilineo con fare amorevole.
‘Secondo te dobbiamo seguirlo e parlargli? Credi si sia fermato ad Azalina?’
Lo starter emise un verso dal tono abbastanza titubante e dubbioso e Makoto non poté fare a meno di sospirare. Il suo viaggio, comunque, lo stava portando ad Azalina per sfidare Raffaello. Non era riuscito a notare alcuna medaglia spillata sulla canottiera di Rin; forse il ragazzino teneva i suoi piccoli trofei conservati in una qualche scatola all’interno dello zaino, oppure non era assolutamente interessato ai combattimenti nelle palestre… Avrebbe dovuto fermarlo e, insieme ad Haru, avrebbe dovuto riportarlo a Borgo Foglianova. Makoto emise un sorriso triste: temeva di non essere più in tempo per raggiungere l’amico d’infanzia.
Bayleef piegò il capo da un lato e provò a migliorare l’umore del proprio allenatore con la sua espressione buffa. Il bambino dagli occhi verdi ritornò in sé e, dopo aver accarezzato con energia la testa del proprio pokémon, lo fece rientrare nella ball e si incamminò verso la cittadina.
Il sole era ancora alto in cielo quando il ragazzino dagli occhioni verdi giunse in prossimità del Centro Pokémon di Azalina. Non fece in tempo a voltarsi per entrare nella struttura che una voce anziana, forte e rumorosa, attirò la sua attenzione: un uomo dai capelli grigi pettinati all’indietro, dallo sguardo severo e le mani robuste, circondato da un piccolo gruppo di cittadini, stava cercando di radunare quanta più gente potesse per una spedizione nel Pozzo Slowpoke.
‘È successo sicuramente qualcosa di grave! Gli Slowpoke non sono ancora rientrati in città! È sicuramente colpa del Team Rocket! Non dovevamo lasciarli liberi di gironzolare qui in città!’
La folla sembrava voler rassicurare il vecchio signore: quegli uomini in nero non si erano fatti vedere in città già dalla mattina, probabilmente gli Slowpoke avevano avuto uno dei loro famosi attacchi di pigrizia ed erano rimasti a riposare nel Pozzo, vicino all’acqua.
L’uomo digrignò i denti e, dopo aver espresso tutto il suo disappunto, si incamminò a grandi falcate verso l’uscita della città, passando davanti a Makoto. Non appena superò la porta del Centro Pokémon, però, l’anziano inciampò su di un sasso e cadde rovinosamente a terra; il piccolo allenatore, prontamente, gli offrì subito la propria spalla per farlo rimettere in piedi e provò a portarlo al Centro con la speranza che nella struttura fosse disponibile del ghiaccio da usare subito.
‘No, lascia perdere, portami al Pozzo! Tenete duro Slowpoke, Franz sta arrivando!’ gridò alzando il pugno al cielo. Come se avessero voluto rispondere a quel richiamo per tranquillizzare l’uomo, un piccolo gruppo di quei pokémon ronfone fece capolino, sul limitare della città, alla massima velocità che il loro corpo lento potesse concedergli. Franz si abbassò in ginocchio e pose una mano sulla testa di quelle buffe creature.
‘Sembra stiano bene… Bambino, accompagnami velocemente al Pozzo per favore. È qui vicino…’
Makoto obbedì prontamente e, tempo cinque minuti di marcia, si ritrovò ad aiutare l’anziano a scendere delle scomode scale. Sotto terra sembrava tutto tranquillo, l’acqua scorreva emettendo delicati fruscii rassicuranti e i pokémon del luogo mostravano una calma quasi sospetta. Alcuni di essi non avevano più la coda e questo fece arrabbiare l’uomo moltissimo.
‘Quei maledetti!!!! Se torneranno li aspetterò a braccia aperte per dar loro una lezione!’
‘Perché hanno fatto questo?’ disse il bambino cercando di nascondere meglio che poteva il dolore che gli provocava la vista di quei poveri pokémon mutilati.
‘Per vendere le code e guadagnarci sopra. Il Team Rocket è una banda di criminali che usa i Pokémon per loschi fini. Ufficialmente si sono sciolti tre anni fa. Se si stanno riunendo, non ci può essere niente di buono dietro...’ gli occhi di Franz si strinsero in un’espressione meditabonda e una nuova ruga apparve sulla sua fronte. ‘Comunque grazie per avermi aiutato prima. In cambio prendi questa!’ e gli mise in mano una lucidissima Rapid Ball. ‘Io sono un artigiano specializzato nella realizzazione di sfere per la cattura di pokémon usando delle ghicocche. In futuro portamene pure qualcuna, ti realizzerò una nuova ball!’
Makoto ringraziò il signore e, dopo aver deciso di non catturare nessuno Slowpoke per rispetto verso Franz, si diresse di corsa verso la palestra di Raffaello; la vittoria arrivò senza troppi problemi grazie alla forza del suo nuovo amico Sandsrew (il quale, visto i successi, meritò un proprio posto in squadra). Visto che il sole aveva appena iniziato il suo viaggio verso ovest e che i propri pokémon avevano avuto bisogno solo di un controllo veloce al Centro, il ragazzino decise di proseguire il proprio cammino, determinato a diminuire la distanza tra lui ed Haru e magari riacciuffare Rin.
Il Bosco di Lecci collegava Azalina ed il Percorso 34 per mezzo di un tratto labirintico dove regnava sempre la penombra. L’aria fresca e leggermente ferma del luogo, appena appena profumata di un’essenza dolciastra quasi irresistibile, ipnotizzò Makoto il quale si ritrovò a rallentare, incuriosito, i propri passi per riempirsi il naso di quel tenue odore. Chissà se anche Haru si era fermato in quel luogo con gli occhi chiusi e la testa libera dai propri pensieri.
Forse no, lui avrebbe preferito un grande specchio d’acqua dove nuotare!’ pensò sorridendo.
Dopo aver catturato un piccolo esemplare di Hoddish ed aver proseguito lungo una stradina rumorosa a causa di vari pezzi di rami secchi caduti a terra, ripensò alle parole di Franz: il Team Rocket, nel pozzo Slowpoke, aveva tagliato a quei pokémon la loro coda per rivenderla al miglior offerente. Eppure Makoto aveva visto solo Rin provenire da quella parte. Che il ragazzino dai capelli rossi fosse un membro di quel gruppo? No, non poteva essere, Matsuoka non poteva essere così malvagio! O almeno così l’allenatore dagli occhi verdi sperava. Certo, non si era nemmeno comportato molto bene con il professor Elm prendendo senza permesso Totodile… Ma arrivare addirittura a mutilare degli Slowpoke innocenti per soldi! Makoto ci pensò un momento e poi gli tornò alla mente un piccolo dettaglio: Rin aveva con sé lo starter d’acqua rubato, anzi, addirittura il pokémon si era evoluto in Croconaw! Se avesse fatto parte di quel gruppo di criminali avrebbe di sicuro già venduto il piccolo coccodrillo. Oppure Totodile gli serviva per far vedere al Team Rocket che lui era degno di far parte di quella squadra?
Makoto scosse la testa per scacciare via quel groviglio di pensieri che gli stavano togliendo il buonumore; riprese il suo cammino e ne approfittò per catturare un Paras ed un Pineko.
Quasi non si accorse di essere uscito dal bosco tanto il sole, tramontando, era andato ad affievolire la propria luce. In compenso i suoi occhi notarono come gli alberi andassero mano a mano a sparire per lasciare posto, sull’orizzonte, a palazzine e costruzioni piuttosto alte. C’era ancora un po’ di strada da fare prima di raggiungere la città, così il giovane allenatore decise di chiedere ospitalità per la notte ad una piccola casetta con un grande giardino situata a metà del Percorso 34. Makoto si ritrovò nella famosa Pensione dove due gentilissimi anziani si occupavano dei pokémon che gli allenatori più impegnati lasciavano loro: marito e moglie si prendevano l’impegno di allevarli e allenarli e spesso erano testimoni della nascita di nuove vite sotto forma di uova misteriose. Il ragazzino, saputo ciò, fu ben lieto di mostrare il proprio uovo che teneva al sicuro nello zainetto ed entrambi i nonnini non avevano dubbi sul fatto che si sarebbe schiuso prestissimo.
La mattina seguente il giovane allenatore si svegliò pimpante e pieno di energia; salutò la coppia di anziani e proseguì verso nord. Aggiornò il proprio pokédex con notizie riguardanti Abra, Ditto e Drowzee e passò presto sotto l’arco che dava ai visitatori il benvenuto alla città di Fiordoropoli. Makoto non aveva mai visto in tutta la sua vita una metropoli così grande e piena di persone di tutte le età. Dopo tutto aveva trascorso tutta la sua infanzia in una cittadina piccola dove tutti conoscevano tutti e dove il turismo non era assolutamente sviluppato. Iniziò a camminare guardandosi intorno con gli occhi spalancati dallo stupore: da un lato faceva capolino il famosissimo Centro Commerciale ricco di negozi che vendevano strumenti di cura, pokéball, macchine tecniche, congegni per la lotta e tantissimo altro. Makoto rischiò quasi di perdersi tra tutti quegli scaffali ricchissimi! Dall’altro lato, poco più a nord del Centro Pokémon, il casinò, tappa fondamentale per gli adulti che visitavano Fiordoropoli per la prima volta. E poi come scordarsi la Torre Radio? Il ragazzino entrò nella struttura senza indugio; purtroppo non tutti i piani erano accessibili per una visita ma, nonostante ciò, Makoto si divertì molto a rispondere alle domande del quiz che veniva proposto nel centro accoglienza al piano terra. Riuscì anche a vincere la scheda radio da aggiungere al pokégear per poter ascoltare i vari show radio della torre durante il suo viaggio per Johto. Si sentì incredibilmente felice quando scoprì che un particolare programma trasmetteva una marcia così allegra e trascinante da attirare i pokémon selvatici quando si camminava nell’erba alta. All’esterno una persona vestita di nero attirò la sua attenzione: essa stava ferma e immobile di fronte alla Torre, lo sguardo fisso verso l’antenna installata sulla sommità della struttura, come se stesse controllando qualcosa. Quando si accorse dello sguardo interrogatorio di Makoto, essa rivolse al bambino un’occhiataccia terribile che esprimeva così tanta rabbia che il ragazzino si ritrovò a fuggire via impaurito. E fu così che il piccolo allenatore si ritrovò di fronte alla palestra della città. Dopo un momento di titubanza, derivato dalla mancanza nella propria squadra di un pokémon forte contro la tipologia Normale, Makoto decise di provare a testare comunque la propria abilità. La palestra aveva una dimensione molto ridotta se confrontata a quella di Azalina o di Violapoli: le pareti erano dipinte di colori sgargianti e il pavimento poggiava direttamente sul terreno. Il ragazzino, però, aveva totalmente sottovalutato il labirinto di scale, rampe e passaggi che si snodavano all’interno aumentando il tempo di permanenza degli allenatori. Giunto a fatica nella parte centrale della palestra, una fanciulla dal sorriso delicato, dai capelli castani che le arrivavano sulle spalle e dai limpidi occhi gentili si avvicinò a lui con fare cordiale.
‘Benvenuto piccolo sfidante! Questa è la palestra di Chiara e io sono Miho Amakata. Se riuscirai a battermi, avrai il permesso di sfidare il capopalestra. Vedo che hai già due medaglie, bene! Bando le ciance, che vinca il migliore!’
La voce della donna era amichevole e cristallina, Makoto iniziò a temere di poter ferire i suoi pokémon e, di conseguenza, far sparire dal suo volto dolce quel tenero e materno sorriso. Mai sottovalutare le donne. Soprattutto se mandano in campo uno Snubbul che poteva essere tutto fuorché pacifico e adorabile.
‘Bayleef, Azione!’ mai errore più grande! Il pokémon fata (che di così ‘etereo’ aveva ben poco) era decisamente più resistente del previsto e contrattaccò senza pensarci su due volte con un Morso ben assestato. Lo starter d’erba accusò il colpo e questo sorprese incredibilmente Makoto: si rese conto che, se quella donna dall’apparenza delicata costituiva la prova preliminare per poter combattere contro il capopalestra, non era stata messa lì per fare bella presenza. Realizzò di trovarsi di fronte ad un’allenatrice veramente forte: se lei lo stava mettendo così in difficoltà, chissà quanto avrebbe rischiato contro Chiara in persona! Makoto respirò profondamente e decise di pensare ad una strategia usando tutta la sua forza di volontà. Bayleef percepì l’impegno del proprio compagno e, in perfetta simbiosi con l’amico, si concentrò al massimo. Recuperò energia con la mossa Ripresa e si mise rapidamente in posizione di difesa.
‘Snubbul, Rogodenti!’ Makoto si rese conto di star combattendo una delle battaglie più difficili della propria vita: la sua avversaria conosceva i punti deboli delle varie tipologie di pokémon e non aveva paura di sfruttarli. Lo starter d’erba riuscì all’ultimo ad evitare l’attacco; il suo avversario era riuscito solo a colpire di striscio solo le foglie che crescevano lungo il suo collo ma, nonostante ciò, quel lieve graffio gli aveva procurato molto dolore a causa del fuoco.
‘Bayleef, non stare mai ferma sullo stesso posto! E contrattacca con Foglielama!’ in questo caso bisognava solo che andare giù pesante con l’attacco più potente che si aveva a disposizione. Dopo uno scambio di altri colpi, finalmente Snubbul cadde al tappeto esausto e a Makoto ottenne il permesso di proseguire.
‘Nella guerra, determinazione; nella sconfitta, resistenza; nella vittoria, magnanimità; nella pace, benevolenza’ disse Miho chiudendo gli occhi e alzando il mento mentre l’indice della sua mano destra roteava in aria con fare da maestrina. ‘Va avanti, Chiara ti aspetta! Fai attenzione!’
Il piccolo allenatore si ritrovò a passare proprio sotto alla pedana grazie alla quale aveva raggiunto la zona centrale e, poco più avanti, dopo l’ennesimo slargo, notò che ad attenderlo c’era una ragazzina dai capelli rosa raccolti in due morbidi codini. Memore della battaglia precedente, il bambino si preparò prima psicologicamente.
Ciao! Sono Chiara! Tu non eri alla Torre Radio? Ti ho visto di sfuggita prima… Allora, vedo che alleni pokémon! Tutti sono nel mondo dei Pokémon, così ci sono entrata anch'io. I pokémon sono carinissimi! Vuoi lottare? Sono forte, t'avverto!’
Non poteva essere altrimenti. Il suo Clefairy aveva lo sguardo vispo e vivo di chi è totalmente sicuro di sé; Makoto decise di andare sul sicuro facendo scendere in campo Mareep e facendogli usare subito Tuononda. Il pokémon fata (lui si che poteva essere definito in quel modo!) venne paralizzato all’istante e la pecorella non si fece abbindolare dai suoi occhioni diventati all’improvviso tristi e sofferenti: obbedendo al suo padrone continuò a dar mostra delle sue migliori mosse di tipo elettrico fino a quando Chiara non fu costretta a ritirare Clefairy dalla battaglia. In quel momento una luce fortissima proveniente dal Mareep accecò momentaneamente i due sfidanti e, quando questi ultimi furono in grado di riaprire gli occhi, quello che videro fu un nuovo pokémon che riusciva a reggersi da solo sulle zampe posteriori e che aveva perso quasi totalmente la lana. Ma non era ancora tempo di festeggiare.
‘Co-Cosa? Me ne resta solo uno? Ma ti darò comunque del filo da torcere!’ e detto ciò fece uscire dalla sfera il suo asso nella manica: la temibile Miltank! Bastò un solo Rotolamento per mandare Flaaffy ko e Makoto fu costretto a rimandare in campo Bayleef, il più forte della propria squadra. Fu una battaglia di logoramento: i due mostri sfidanti si colpivano a vicenda e si curavano quasi in sincrono: uno usava Ripresa, l’altro Buonlatte. Alla fine Makoto, mordendosi un labbro, si decise a ricorrere a Velnpolvere per smuovere la situazione: non voleva rischiare che la battaglia continuasse all’infinito. Era disposto ad arrendersi solo per evitare che entrambi i pokémon si ferissero troppo? Non poteva permetterselo. La sua strategia si rivelò vincente: nonostante i tentativi di cura di Miltank, il veleno e i colpi di Bayleef indebolirono la povera mucca che finì ko dopo aver emesso un terribile muggito di dolore. Makoto non riuscì ad esultare poiché, una Chiara colta da fortissima disperazione, aveva coperto il suo grido di vittoria con singhiozzi profondi. Miho si avvicinò a lei e le accarezzò la testa: ‘Non dimenticare, come al tuo solito, di dargli la Medaglia Piana!’
‘Perché questi ragazzini di oggi sono così forti? Non lo accettooooooo!!!!!’
Makoto rimase basito da quelle ultime parole.
‘…Ragazzini di oggi?’
Miho parlò al posto di Chiara: ‘Si, tu sei il secondo bambino nel giro di due giorni che riesce a batterci senza fare troppi complimenti’
‘Per caso il bambino aveva i capelli neri e gli occhi blu? Era sempre imbronciato?’
La ragazza dalla chioma castana ci pensò un po’ su e poi diede la sua risposta affermativa.
Makoto fece retro front e ripercorse all’inverso il labirinto della palestra di corsa; si bloccò solo verso l’uscita poiché Miho l’aveva raggiunto con in mano la medaglia che stava rischiando di lasciare al relativo capopalestra. Infine si diresse, con tutto il fiato che aveva in corpo, verso il Centro Pokémon della città, sicuro che avrebbe ritrovato in quel luogo il suo migliore amico in compagnia dell’altro ragazzo. Non poteva sbagliarsi.

 

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Capitolo 14
*** Tra lecci e metropoli [Haruka's Side] ***


Eccoci qui con l'ennesimo capitolo che vedrà Haruka come protagonista (ma davvero? Il titolo non lo diceva per niente xD) alle prese con il Bosco di Lecci. Cosa farà? Come uscirà da quel labirinto intricato di alberi? Ma soprattutto, chi incontrerà?
Grazie in anticipo per la lettura, ci si legge mercoledì prossimo con il pov di Rin >w<
(perdonate eventuali errori, l'ho riletta solo unavolta; prima o poi farò una mega revisione di tutti i capitoli postati, promesso èwé)

Edit del 15-10-2014: prima revisione, effettuate alcune correzioni.

 
Capitolo 14– Tra lecci e metropoli. [Haruka’s side]
 
Haruka si mise a fare un po’ di stretching prima di riprendere i suoi allenamenti con la corsa. Visto che aveva miseramente fallito nella Grotta di Mezzo, sentiva un forte bisogno di riscattarsi il più presto possibile. Certo, il terreno leggermente accidentato del Bosco di Lecci non facilitava alcuna attività motoria, ma al ragazzino non importava, anzi, in questo modo avrebbe rafforzato le proprie gambe più rapidamente guadagnando in velocità. Una sorte simile sperava toccasse anche ai propri polmoni; quanto voleva avere anche sulla terra ferma la stessa resistenza che utilizzava quando nuotava nel mare a est della sua Borgo Foglianova.  Peccato che, dopo essere brutalmente inciampato su di un ramo secco, rischiando di cadere malamente di faccia, pensando tra sé e sé: ‘Troppa fatica’, decise che era meglio fare affidamento solo sulla propria camminata. Dopotutto chi va piano va sano e lontano, no?
Il bambino non fece in tempo a sentirsi arrabbiato per la poca sicurezza del percorso che un ragazzino con capelli e occhi scuri, con sul viso un paio di occhiali dalla montatura spessa e dall’aria visibilmente preoccupata gli venne incontro.
‘Che guaio! Il mio capo sarà furioso! I Farfetch’d che tagliano la legna per ricavare della carbonella sono fuggiti! Saresti capace di riacciuffarli? Io ci ho provato in mille modi ma non ce l’ho proprio fatta! Devi sapere che loro hanno un udito sopraffino e, appena sentono il rumore di un ramo che scricchiola, si voltano in quella direzione! Se in quel momento li si afferra da dietro, di sicuro… Grazie, grazie, grazie, sono andati da quella parte!!!’
Un deja-vu! Haru aveva già vissuto un’esperienza simile? Ma certo! Al laboratorio del professor Elm, quando quest’ultimo lo aveva obbligato a mettersi in viaggio alla ricerca di Rin. E lui che si preoccupava della propria poca resistenza nella corsa! Prima di tutto avrebbe dovuto lavorare sulla sua mancanza di tempismo nel fermare le persone attorno a lui: se queste ultime avevano la tendenza a richiedergli favori ai quali Haru preferiva stare lontano, il piccolo moro avrebbe dovuto trovare un modo per fuggire da loro alla svelta, evitando magari il contatto visivo con essi! E invece no, si era fatto fregare per l’ennesima volta. Sbuffando e pensando di nuovo: ‘Troppa fatica’, il moro si ritrovò a inoltrarsi nella zona est del bosco alla ricerca di quei particolari pokémon volanti.
Haruka individuò presto il pennuto poco lontano dall’assistente: il Farfetch’d ruotava, placido e tranquillo, il gambo di porro che teneva in mano, seminascosto tra un leccio ed una grande roccia ricoperta di morbido muschio. Il bambino ripensò alle parole dell’assistente carbonaio: attenzione a non fare troppo rumore e catturare il pokémon quando quest’ultimo è rivolto di spalle. Più facile a dirsi che a farsi. Creare un diversivo per distrarre la selvanatra utilizzando, invece, proprio suoni sospetti? Quella poteva essere una buona idea! Haruka aggirò i rametti fino a trovarsi dietro un’altra roccia, situata precisamente di fronte all’ignaro Farfetch’d, e lanciò contro di essi un sasso causando uno scricchiolio forte e improvviso. Come volevasi dimostrare, il pokémon volante si voltò verso quel rumore inaspettato, affacciandosi dal suo piccolo nascondiglio. Haru ne approfittò per gettarsi nel fitto del sottobosco del luogo, aggirare con calma un piccolo gruppo di alberi dalla chioma frondosa, e, infine, catturare il povero pennuto. Forse il bambino aveva sottovalutato le proprie abilità di agente segreto, fatto sta che il Farfetch’d non riuscì a fare altro che sbattere le proprie corte ali per cercare di liberarsi dalla quella strana e fastidiosa stretta umana. Il giovane allenatore ritornò dal ragazzino con gli occhiali per mostrargli fiero la propria preda (la sua espressione mostrava un broncio come al solito; erano i suoi occhi a brillare orgogliosi).
‘Wow! Hai davvero acciuffato Farfetch’d!’ esclamò sorpreso l’assistente carbonaio. ‘Non so come ringraziarti! Però… C’è ancora un altro Farfetch’d in giro!’
Ma tu guarda, ovviamente non poteva essere finita così! Siccome Haruka era quel tipo di persona che preferiva terminare i propri compiti invece di lasciare le cose a metà, sbuffando una seconda volta, si ritrovò a tornare sui propri passi nella zona sud-est del bosco.
Stavolta fu costretto ad inoltrarsi molto più in profondità: evidentemente l’altro pennuto aveva un carattere decisamente più scaltro e furbo e non si era assolutamente fermato a giocare a poca distanza dal padroncino; sprezzante del pericolo e carico di spirito di avventura si era addentrato nel verde in esplorazione. Il piccolo moro fece molta fatica a scovarlo: il pokémon era andato a nascondersi in una zona di sottobosco incredibilmente fitta, Haru riuscì a scorgere il becco del pennuto praticamente solo per sbaglio! Oltre ad essere coraggioso, il Farfetch’d era anche sospettoso e guardingo: al minimo fruscio di vento, infatti, si guardava intorno cauto, pronto a scappare in caso di pericolo. Sarebbe stato molto difficile acciuffarlo. Di fatti, la tattica usata poco prima per l’altro pennuto, risultò inutile. Il pokémon non si fece fregare: aveva subito notato il sasso lanciato dal ragazzino e, seguendone con lo sguardo la traiettoria, aveva impiegato pochi istanti per localizzare Haruka e ancora meno per allontanarsi da lui. Il bambino, dopo un altro paio di tentativi non andati a buon fine, chiese aiuto al suo Saba. Il Quilava divenne il diversivo perfetto: senza essere visto, emise un ruggito che, oltre a catturare l’attenzione di Farfetch’d, coprì i passi del piccolo allenatore; quando lo starter uscì allo scoperto, mostrando uno sguardo a dir poco minaccioso, indusse il pokémon volante a fuggire nella direzione dove era nascosto il piccolo allenatore. Il piano si rivelò vincente e anche il secondo pennuto venne diligentemente riportato dall’assistente carbonaio.
‘Wow! Entrambi i Farfetch’d sono tornati! Grazie, grazie davvero!’ disse il ragazzino con gli occhiali addirittura quasi commosso.
Meno male, erano solo due…’ pensò Haruka decisamente sollevato. Forse avrebbe dovuto preoccuparsi, più che altro, del ‘sono tornati’. Era lui che aveva riportato i pennuti indietro!
‘I pokémon del mio capo non mi obbediscono perché non ho medaglie. Ma per fortuna c’eri tu!’
In quel momento sopraggiunse un signore robusto, dai capelli folti dal taglio selvaggio e lo sguardo fiero; indossava un vestito tradizionale chiaro composto da una camicia larga e pantaloni lunghi fino a poco sotto il ginocchio. Parlò rivolgendosi prima all’assistente, poi al moro.
‘Oooh, i miei Farfetch’d! Non mi dirai che… Sei tu che li hai ritrovati?’
Haru si limitò ad annuire. Sperava che quel signore non avesse l’intenzione di organizzare una festa per ringraziarlo; non aveva tempo da perdere lui!
‘Senza di loro non possiamo tagliare i rami e ricavare la Carbonella! Grazie, devo proprio sdebitarmi! Prendi questo!’ Haruka ottenne la MT01. Essa conteneva la mossa Taglio grazie alla quale un pokémon acquistava l’abilità di creare varchi eliminando alberi o altri ostacoli naturali che poteva incontrare lungo il proprio cammino. ‘Si usa così. Vai Farfetch’d!’
Il pokémon selvanatra, quello più furbo tra i due, affilò il proprio becco e distrusse un alberello a pochi passi dal gruppetto facendo scoprire, in questo modo, un piccolo sentiero intricato che continuava verso nord.
Haru ringraziò carbonaio e assistente e proseguì seguendo quel percorso con Saba che gli trotterellava accanto. Il ragazzino aveva deciso di approfittare dei vari pokémon di tipo coleottero ed erba del luogo per far allenare il proprio starter in vista della prossima palestra. Voleva perdere il minor tempo possibile; la scelta più ovvia ricadeva nello sfruttare la debolezza al fuoco dei vari Weedle, Metapod e Hoddish selvatici per guadagnare rapidamente esperienza e aumentare le possibilità di Quilava contro il capopalestra successivo.
 
Nella zona nord del bosco, con grande sorpresa, il giovane allenatore si imbatté in una figura familiare: la fanciulla dallo strano vestito rosso che aveva visto di fronte al Pokémon Market di Violapoli. Il suo volto, però, non mostrava l’espressione calma e serafica che tanto aveva attratto l’attenzione del ragazzino poco tempo prima; la ragazza sembrava visibilmente preoccupata e girava su se stessa come se fosse alla ricerca di un qualcosa che aveva perso. Haruka rimase qualche secondo ad osservarla da lontano, poi, quando anche la giovane donna notò la presenza del piccolo, lei si avvicinò a lui, con la speranza che illuminava il suo sguardo.
‘A passo di danza mi sono smarrita. Nel bosco selvatico sola e impaurita!’
Haru sgranò gli occhi, stupito da quello strano modo di parlare. La fanciulla continuò.
‘Che accade, ordunque? Ti ricordi di me comunque?’
Il bambino annuì spiegando che i due si erano già incontrati, di sfuggita, a Violapoli.
‘A Violapoli hai detto? Non ti inganna forse l’aspetto?’
Il giovane allenatore rimase in silenzio non capendo il senso di quelle ultime frasi pronunciate.
La ragazza fece cadere il discorso: ‘Sai dov’è l’uscita del bosco che, ahimè, non conosco?’
A quelle parole fu Saba a reagire. Sollevò il muso, chiuse gli occhi e annusò l’aria. Poi, dopo aver guardato per qualche istante il proprio padroncino con fare serio e deciso, fece qualche passo verso ovest. Si fermò, si voltò di nuovo verso i due ed emise un verso di richiamo. Voleva essere seguito. La donna in rosso si mosse per prima, seguita subito dopo da Haruka; lo starter di fuoco, mostrando una sicurezza rassicurante, deciso e rapido, guidò velocemente la strana coppia verso l’uscita del bosco.
‘Oh, conosceva lui il percorso? Che pokémon bravo, mi è venuto in soccorso!’ disse con entusiasmo la fanciulla che oramai aveva riacquistato la sua espressione serena. ‘Grazie giovane allenatore! Vi ringrazio con molto calore!’ dopo di che sparì  entrando nella struttura che segnava il confine con il Bosco di Lecci ed il Percorso 34. Haru non proseguì subito verso l’uscita; rimase ancora il tempo necessario per far sconfiggere a Saba un altro piccolo gruppo di pokémon selvatici, premiando anche lo starter con una ristorante pozione. Quando uscì finalmente da quella fitta vegetazione, il bambino fu costretto a fermarsi per riabituarsi alla forte luce di quel caldo pomeriggio. Certo, la fortuna non fu proprio dalla sua parte: un bullo lo aveva intercettato non appena aveva messo piede fuori sul percorso e lo aveva sfidato immediatamente senza attendere che il moro si riprendesse. Per sua sfortuna, la sua squadra numerosa venne messa ko in poco tempo e Haruka ne approfittò per rimettersi in marcia il più velocemente possibile. Dopo aver sconfitto un’altra manciata di allenatori disseminati lungo la strada, il piccolo allenatore finalmente varcò la soglia della lussuosa Fiordoropoli. Strade lastricate, mare che si perdeva ad ovest a vista d’occhio, palazzine altissime e tanta, tantissima gente… Il ragazzino rimase leggermente scombussolato, abituato com’era alla più quieta e immersa nel verde Borgo Foglianova; quella nuova città così ricca di tutto rischiava di mandarlo leggermente nel panico. Accese quindi il pokégear per ottenere il massimo delle informazioni e per evitare di perdersi: poco più avanti, verso destra, avrebbe trovato il Centro Pokémon mentre sulla sinistra si sarebbe stagliato il grande Centro Commerciale; la palestra si trovava poco più a nord, bastava seguire la strada principale. Il ragazzino, per non perdere troppo tempo, andò prima ad acquistare quanti più strumenti di cura il suo zainetto era in grado di  contenere, la sua destinazione successiva, poi, avrebbe previsto la conquista della Medaglia Piana.
 
Forse Haruka aveva peccato un poco di superbia: nonostante il suo fedele Saba possedesse una forza superiore alla media di tutti i pokémon incontrati fino a quel momento, il bambino ebbe grosse difficoltà nel battere Chiara e la sua temibile Miltank anche perché, quest’ultima, aveva la brutta abitudine di usare Buonlatte ogni qual volta riceveva un colpo più forte del dovuto. Alla fine, grazie ad una strategia più aggressiva unita ad una buona dose di fortuna (Quilava riuscì a bruciare il proprio avversario), Haru sconfisse la capopalestra di Fiordoropoli.
 
Il ragazzino ripercorse di nuovo il vialone principale in direzione, questa volta, del Centro Pokémon; il cielo aveva iniziato a tingersi di scuro e oramai il sole era quasi del tutto scomparso al di sotto del mare. Il bambino dai capelli neri si sentiva esausto. Quel combattimento l’aveva stremato. Ripensò a Makoto e a come era stato sconfitto a Violapoli; gli tornò alla mente la sua breve sosta alla Scuola per Allenatori e come era andato a riferire all’amico il punto debole della squadra di Valerio. Forse avrebbe dovuto prendere come abitudine quella di informarsi sulla tipologia di pokémon usata nelle palestre per poter, quindi, elaborare una strategia vincente. Non voleva più stancarsi come aveva fatto quel pomeriggio. In quel momento bramava soltanto un bel bagno caldo, una cena abbondante e tante, tante ore di sonno. Ok, forse avrebbe dovuto limitare al minimo il suo riposo… Non aveva ancora trovato Rin e aveva paura che quest’ultimo sparisse dalla sua vista per sempre prima che egli compisse la missione che Elm gli aveva affidato quella volta al laboratorio.
Non riuscì a credere ai propri occhi quando, al Centro, vide davanti al bancone una testa rossa decisamente familiare consegnare i propri pokémon alle infermiere del posto.
Quella era stata davvero una giornata dai mille incontri.

 

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Capitolo 15
*** Tra lecci e metropoli [Rin's Side] ***


Siamo già al quindicesimo capitolo ma non siamo ancora arrivati alla metà della storia D: 
Questa è la prima volta che vado avanti su di un progetto così lungo (ok, ho la scusa che devo postare e quindi il mio cervello capisce che deve connettersi per mettere quelle 3-4 parole bene in riga xD).
Ringrazio in anticipo chi legge e/o commenterà anche questa parte (siete molto gentili, grazie çwç <3) 


Edit del 15-10-2014: prima revisione, effettuate alcune correzioni.
 
Capitolo 15– Tra lecci e metropoli. [Rin’s side]
 
A Rin mancava il fiato.
Si sedette a terra ed iniziò a ansimare violentemente.
I suoi singhiozzi si mescolavano e si sostituivano alle grosse boccate d’aria che il bambino cercava di catturare con tutta la forza che poteva permettersi di usare.
Abbandonò la schiena contro il tronco di uno dei lecci situati lungo il confine con la città di Azalina e alzò il viso verso l’alto.
Abbondanti lacrime avevano iniziato a rigare, calde, le sue guance rotonde e pareva non avessero voglia di smettere con quella loro facile discesa.
Il ragazzino raccolse le ginocchia al petto e nascose il volto tra di esse. Non voleva che nessuno lo vedesse piangere. Lui, che si vantava di voler diventare forte  e adulto il prima possibile… Tale impresa si stava rivelando più ardua del previsto.
Rin tirò su con il naso e fece uscire allo scoperto gli occhi al di sopra delle proprie rotule: si era gettato a capofitto oltre la cittadina e non si era minimamente guardato intorno, non si era fermato a leggere i cartelli per capire dove sarebbe andato a finire con la propria fuga. I suoi occhioni, ancora bagnati dalle lacrime, si spostarono prima verso destra, poi verso sinistra. Attorno a lui alberi, alberi e ancora alberi. Il luogo ideale per orientarsi al meglio, certo! Un po’ a causa dello stato confusionale in cui verteva, un po’ per colpa delle fronde ampie dei lecci che coprivano quasi totalmente il cielo, un po’ per la mancanza di fiato causata dalla sua più che rapida corsa, Rin iniziò a sentirsi quasi in trappola. Gli alberi erano numerosissimi, tutti uguali ed estremamente vicini gli uni agli altri, il percorso da seguire per uscire dalla parte opposta di Azalina era decisamente poco visibile e i rami secchi che cadevano dall’alto emettevano rumori a dir poco inquietanti. Il ragazzino sollevò il polso dove era solito portare il pokégear e accese l’apparecchio; consultò la mappa e zoommò sull’area dove il navigatore aveva segnato la sua posizione.
‘Bosco di Lecci’ mormorò in un soffio il ragazzino. Ritornò a guardarsi intorno questa volta con gli occhi decisamente più asciutti. ‘Quindi questi sono dei lecci…’ si ritrovò a pensare dopo aver riacquistato un poco il controllo su di sé. Purtroppo il pokégear non era riuscito a trovare una mappa più dettagliata della strada da seguire: le chiome folte degli alberi non permettevano una buona ricezione della linea. Rin si ritrovò a sbuffare mentre un’altra ondata di lacrime si stava affacciando dai suoi occhi vermigli; sarebbe dovuto andare a tentativi e questo non gli andava giù, voleva allontanarsi da Azalina il prima possibile.
Un rumore di voci lo distolse dai propri pensieri e il bambino, all’improvviso, si ritrovò a nascondersi, gettandosi nel sottobosco, senza nemmeno sapere il perché. Quel poco che i suoi occhi riuscirono a vedere, attraverso lunghi ciuffi d’erba leggermente umidi, fu una piccola comitiva molto particolare composta da un signore di mezza età con uno strano vestito tradizionale di colore bianco, un ragazzino dai capelli scuri e occhiali blu dalla montatura spessa e una coppia di pokémon volanti con un porro in mano, tenuti stretti tra le braccia delle due persone. Che i due temessero la fuga di quei pennuti? Perché non usare delle ball invece di tenere le mani, così, inutilmente occupate? E pensare che Azalina era conosciuta in tutta Johto per essere la città delle pokéball artigianali! Mhà, in fondo non erano problemi suoi: Rin avrebbe dovuto trovare il modo di uscire da quel bosco il più velocemente possibile.
Dopo che lo strano gruppetto scomparve nella struttura che divideva il Bosco di Lecci dalla città di Azalina, Rin attese una decina di minuti, durante i quali non aveva smesso di guardarsi intorno nella speranza di non essere visto, poi si rimise in piedi e uscì, sempre guardingo, dal proprio nascondiglio improvvisato. Iniziò, innanzitutto, a dirigersi verso nord; la città successiva si trovava in quella direzione, tanto valeva tenere da conto questo piccolo grande dettaglio! Ovviamente le cose non erano così semplici: il percorso si snodava in un labirinto di alberi e uscirne fuori senza una mappa sarebbe stata un’impresa ardua. Trovando davanti a sé la via bloccata, Rin fu costretto a svoltare verso est e per lui fu la fine: iniziò a girare in tondo come uno stupido e, quando si accorse di aver ripetuto la strada almeno una decina di volte, iniziò a piangere per la rabbia poiché aveva già perso metà giornata in quel luogo malefico.
Giuro che se dovessi incontrare, in futuro, un altro bosco simile a questo, gli dò fuoco!’ pensò amaramente il bambino. Per fortuna che i pokémon del luogo erano poco aggressivi, in caso contrario non ci avrebbe pensato su due volte a distruggere tutto e, per giunta, con gioia!
Ad un certo punto, dopo essere tornato indietro sui propri passi, i suoi occhi si voltarono verso la base di un tronco d’albero tagliato. L’aveva già notato prima, ma questa volta il suo istinto gli suggerì di avvicinarsi per controllare meglio. Il ragazzino si accostò ad esso e, dopo essersi affacciato, riuscì ad osservare, oltre di esso, un’altra area del bosco a lui sconosciuta. Che partisse da lì la strada da seguire?
Ma il percorso non si vede minimamente, non potevo sapere che dovevo superare questo punto per poter procedere oltre!’ pensò Rin cercando di giustificarsi meglio che poté; oramai aveva finito le lacrime, tutto ciò che gli rimaneva era andare avanti.
Superò un piccolo tempio situato proprio al centro del luogo (e si fermò un istante a pregare una persona in particolare chiedendole di aiutarlo a non perdere più la strada) e, dopo un paio di ore di marcia forzata, con i piedi stanchi che gli facevano malissimo, finalmente uscì fuori all’aperto.
Rin respirò abbondantemente sotto il cielo di quel tardo pomeriggio; all’interno del bosco l’aria era ferma e ricolma di aromi dolciastri di resina e foglie d’albero (e magari anche di qualche attacco Profumino dei pokémon che abitavano quel luogo). Tutti quegli odori gli avevano fatto venire il mal di testa e il bambino si sentì incredibilmente felice quando si ritrovò davanti il cartello che indicava il Percorso 34. Lo seguì di corsa tanto non vedeva l’ora di rifugiarsi in un centro abitato e, una volta raggiunta la città di Fiordoropoli, si fiondò nel Centro Pokémon senza fare alcuna deviazione. Consegnò nervosamente la sua squadra alle infermiere del posto chiedendo loro di fare più in fretta possibile: si sentiva nudo senza la sua squadra al massimo delle forze. Quella era stata la prima volta, durante il suo viaggio, che aveva proseguito il proprio cammino senza Croconaw e gli altri. Forse era stata proprio l’assenza delle sue piccole creature, rimaste esauste dopo l’incontro-scontro con Tachibana, ad averlo messo in una condizione di insicurezza durante tutta quella lunga giornata. Ma ora i suoi pokémon sarebbero tornati più in forma che mai e Rin non vedeva l’ora di riaffacciarsi sul il Percorso 34 per allenarli il più possibile. Si convinse che non si era impegnato minimamente prima contro Nanase e poi contro il suo amichetto, la prossima volta sarebbe andata di sicuro diversamente. Non fece in tempo a girarsi, dando le spalle al bancone della struttura, che i suoi occhi rossastri si incrociarono proprio con quelli stupiti di Haruka. Oh no. Non era ancora pronto, aveva appena consegnato i propri pokémon per farli rimettere in sesto, non doveva incontrare quel ragazzino pestifero così presto! La bocca di Rin si contorse in un’espressione visibilmente scocciata e, dai suoi denti aguzzi stretti gli uni contro gli altri, fuggì un ‘Tsk’ di dissenso. Dall’altra parte, il moro, dopo un momento di stupore che l’aveva tenuto paralizzato davanti alla porta del Centro con gli occhi sbarrati, si avvicinò all’altro a grandi passi e, con la mano destra, si avvinghiò al polso di Rin.
‘Ciao’ disse il bambino stringendo la presa. ‘Voglio diventare tuo amico’.
Deciso e conciso.
Il rosso non sapeva se essere irritato per quel contatto improvviso e fastidioso (si sentiva decisamente in trappola) o se iniziare a ridere in faccia ad Haruka per quello che egli aveva appena tentato di dire. Cioè, le sue parole sembravano terribilmente in contrasto con quello che stava facendo la sua mano.
Tutte le persone, addetti e non, che la struttura stava ospitando in quel momento si voltarono sorpresi all’udire la risata chiassosa di Rin: ‘No, ti prego, dimmi la verità, stai scherzando?’
Il bambino dai denti aguzzi non riusciva assolutamente a capire: l’espressione del moro non era di facile interpretazione, lo stava prendendo in giro oppure era serio?
‘No, voglio essere veramente tuo amico!’
La seconda opzione sembrava quella più verosimile. Certo, quell’espressione quasi corrucciata aveva poco di convincente…
‘Ma io non voglio essere il tuo’ rispose Rin con un po’ di astio nel timbro della sua voce, mentre con la mano libera cercava di staccare dal proprio polso quella dell’altro.
‘…Questo è un problema’ e il moro, dopo aver mollato la presa, si chiuse il mento con le dita e assunse un’espressione meditabonda.
‘Senti, lasciami stare che sono esausto e ho decisamente bisogno di dormire!’ e, detto ciò, il rosso si diresse spedito verso il divanetto del Centro Pokémon; il sole era calato da un pezzo e lui voleva solo dormire. Haruka, dopo aver praticamente lanciato alle infermiere le sue pokéball tanto aveva fretta,  raggiunse il più velocemente possibile Rin e si sedette accanto a lui. Il rosso, in tutta risposta, gli mostrò uno sguardo decisamente contrariato e infastidito. L’altro bambino, sfoggiando involontariamente un’insensibilità mai avuta prima, ignorò quello che provava il rosso, anzi, gli si avvicinò di più in modo da avere metà corpo in diretto contatto con quello di Rin.
‘Ehi, il divano è grande, potresti farmi il favore di stare dalla tua parte?’ chiese l’allenatore dai denti aguzzi esasperato.
Non ricevette alcuna risposta: Haruka gli si era addormentato appoggiando la testa sulla sua spalla.
Questo è decisamente troppo!’ pensò arrabbiato il ragazzino qualche istante prima di cadere addormentato anch’egli, esausto per la lunghissima giornata appena terminata.
 
Il mattino successivo Rin si destò sentendosi osservato; Haru, già sveglio da chissà quanto tempo, teneva i suoi occhioni blu fissi sul volto dell’altro. Il rossino si alzò di soprassalto colto alla sprovvista: la sua espressione tra lo stupore ed il puro terrore era nettamente in contrasto con quella tranquilla e seria del bambino dai capelli neri.
‘Ma sei uno stalker?’ disse Rin portando le braccia in avanti per stabilire una distanza di sicurezza da quello strano ragazzino.
Dopo qualche secondo di silenzio, l’altro rispose: ‘…Stavo solo pensando a come si fa a diventare amici’
‘Ecco, risparmiati la fatica, noi non lo saremo mai! Capito???’
Il moro corrugò la fronte e aggrottò leggermente le sopracciglia.
Cos’ha che non va questo idiota???’ pensò Rin cercando capire cosa Haruka volesse da lui e dalla vita. Ovviamente non riuscì a immaginare nessuna risposta valida. Sospirando più esausto di prima, il rosso si voltò verso la porta del Centro e uscì per fare un giro in città. Ovviamente l’altro bambino lo seguì senza fare complimenti, camminando fianco a fianco a lui.
Rin decise in un primo momento di ignorarlo ma la pazienza raggiunse il suo limite quando, nel centro commerciale, Haru iniziò ad acquistare anch’egli tutto quello che comprava l’altro.
‘Scusa ma non riesco a capire il perché di tutto ciò…’
‘Per trovare cose in comune’ rispose prontamente il moro. Sembrava quasi compiaciuto da quel gesto che aveva pensato e messo in pratica da solo senza nessun aiuto.
Il bambino dai denti aguzzi sbuffò infastidito, poi si diresse velocemente verso l’ascensore della struttura. Haruka, come c’era da aspettarselo, lo seguì il più rapidamente possibile, entrando al volo prima che le porte si chiudessero davanti a lui con il rischio di farlo rimanere da solo sul piano. I due uscirono dalla struttura l’uno di fianco all’altro, proprio come erano entrati.
‘Senti, non c’era bisogno di inseguirmi… Ho ancora la squadra al Centro Pokémon, non posso scappare. Anzi, semmai dovevi approfittare della mia assenza per prendere Croconaw e tornare a Borgo Foglianova. Era più logico, no?’ disse Rin incredibilmente esasperato. Se non fosse per il piccolo dettaglio che il suo starter facesse decisamente parte del sogno che stava cercando di realizzare con tutte le proprie forze, lo avrebbe ceduto, senza indugi, ad Haru solo per levarselo dalle scatole.
Il moro si limitò a scuotere la testa senza dire alcuna parola; non lo stava, quindi, seguendo a causa del furto al laboratorio di Elm? C’era dell’altro? Sicuramente.
Una volta raggiunta la struttura di cura, i due bambini si ritrovarono, con grande sorpresa da parte di entrambi, davanti al terzo piccolo neo allenatore di Borgo Foglianova. Quest’ultimo si avventò su Haruka abbracciandolo.
‘Haruuuuu! Sei ancora qui! Meno male, avevo paura te ne fossi già andato! Che c…’ Makoto si bloccò di colpo non appena i propri occhi incontrarono quelli rossi di Rin.
‘Haru, ma sei riuscito a catturarlo, grande!’ disse il ragazzino indicando, stupito, Matsuoka.
‘Prima di tutto, non trattarmi come se fossi un pokémon! E poi non mi ha catturato assolutamente… Sono qui solo per ritirare la mia squadra!’ disse il rossino avvicinandosi al bancone.
Haruka attirò di nuovo l’attenzione del suo migliore amico tirandogli la stoffa della maglietta: ‘Ti ricordi come abbiamo fatto a diventare amici?’
Makoto ci pensò un momento, poi rispose: ‘Bhé, eravamo vicini di casa, ci vedevamo tutti i giorni e stavamo sempre insieme… È stato tutto molto naturale. Perché?’
Lo sguardo del moro si voltò verso le spalle di Rin, il quale stava ritirando, sospirando, le proprie pokéball, e il piccolo Tachibana intuì, come era solito fare, cosa stesse pensando Haruka. Si avvicinò al rosso e, dopo avergli messo una mano sulla spalla, chiese: ‘Ti va di giocare con noi?’
Dopo qualche secondo di stupore (‘Ecco un altro bambino folle che elemosina la mia amicizia! Rubare pokémon rende popolari?’) Matsuoka replicò: ‘Ma certo! Giochiamo a nascondino! Io conto, voi andate a nascondervi mooolto bene, mi raccomando!’
Intuendo il probabile piano di fuga improvvisato dell’altro, Makoto decise di cambiare approccio provando a conoscere meglio il suo giovane interlocutore: ‘Ti piace Totodile come starter… Hai una passione per i pokémon d’acqua?’
Nessuna risposta.
‘Tu sei un allenatore molto forte! Durante l’ultima sfida mi hai messo molto in difficoltà! Ti va di allenarti insieme ad Haru e me?’
Rin diede le spalle a Makoto ignorandolo.
‘Sai, la mia famiglia è molto numerosa! Oltre al papà e alla mamma ho due fratellini piccoli. Sono gemelli! Vuol dire che sono nati insieme, sai? Anche la tua famiglia è numerosa?’
A quelle ultime parole, il rosso si voltò di scatto mostrando uno sguardo carico di rabbia e frustrazione. Makoto si azzittì all’istante, impaurito da quegli occhi vermigli che sembravano bruciare come fuoco.
 
La giornata passò all’insegna della tensione; Rin venne seguito anche quando si diresse nella palestra di Chiara per ottenere la Medaglia Piana e fu costretto ad addormentarsi su quel divanetto del Centro Pokémon in mezzo a quei due strani bambini.
Si svegliò poco prima dell’alba. I due piccoli stalker dormivano ancora della grossa; ne approfittò per sguisciare via dal divano evitando di produrre alcun tipo rumore. Per fortuna i due amichetti non si accorsero di nulla. E poi via, imboccò di corsa il vialone principale di Fiordoropoli e si diresse a nord verso il Percorso 35; lo superò rapidamente, si addentrò nel Parco Nazionale e poi sbucò lungo il Percorso 36. Di lì a poco si imbatté in uno strano albero, dalle chiome perfettamente rotonde ma dal fusto freddissimo al tatto, che bloccava il passaggio con la propria massa. Lo prese a calci arrabbiato. Quella era l’unica strada che portava alla città di Amarantopoli e, di conseguenza, alla medaglia successiva. Ricacciò indietro le sue lacrime di rabbia e, dopo aver respirato abbondantemente per calmare i nervi, si mise a scalare quella strana pianta mettendo tutta la propria forza di volontà. L’impresa fu più ardua del previsto: la corteccia di quell’albero bizzarro era liscia e priva di un qualsiasi appoggio decente; sembrava appartenere più al mondo delle rocce che a quello vegetale. Dopo aver fatto leva su tutti i propri muscoli e sul proprio senso di equilibrio, Rin superò l’ostacolo con il sole che aveva appena iniziato a spuntare all’orizzonte. Dopo essersi asciugato alcune piccole gocce di sudore che gli avevano imperlato la fronte e dopo aver ripreso un poco di fiato, il bambino si rivolse verso nord pronto a proseguire il proprio cammino.


CRONOLOGIA SCENARIO 'TRA LECCI E METROPOLI' (quella del quarto scenario si trova in fondo al capitolo 12)

- Haruka si inoltra nel Bosco di Lecci e aiuta l'assistente del carbonaio a recuperare i Farfetch'd del capo. Ottiene da quest'ultimo la MN01 Taglio;
- Makoto incontra Franz, che crede che il Team Rocket sia ancora nel Pozzo, e l'anziano gli regala una ball artigianale; 
- Haruka incontra la Kimono Girl che ha intravisto a Violapoli e la scorta verso l'uscita del bosco grazie a Quilava;
- Rin si perde nella parte iniziale del Bosco di Lecci;
- Makoto batte Raffaello e fa una breve sosta al Centro Pokemon;
- Haruka esce dal bosco, supera il Percorso 34 e la Pensione e raggiunge Fiordoropoli. Si dirige poi alla palestra;
- Rin, esausto, riesce ad uscire dal bosco; prosegue il suo cammino e raggiunge il Centro Pokemon della citta;
- Dopo aver catturato tutti i Pokemon del luogo, Makoto decide di passare la notte nella pensione;
- Haru batte la capopalestra Chiara e incontra Rin al Centro Pokemon. Non si fa sfuggire il ragazzino dai capelli rossi;
- Il mattino seguente Makoto raggiunge Fiordoropoli, la visita rapidamente e va a battere Chiara. Incontra Rin ed Haru nel Centro;
- I tre ragazzi passano la giornata in citta;
- Rin sfida Chiara, seguito da Haruka e Makoto che non lo perdono di vista, e ottiene la Medaglia Piana;
- Rin si sveglia che non e ancora l'alba e scappa verso nord.

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Capitolo 16
*** Leggende e realtà [Makoto's Side] ***


Ecco, non vedevo l'ora di scrivere questo scenario çwç E ok, questo primo capitolo è un pò lento ma vi prometto che già dal prossimo ci sarà più azione e... 'leggenda' (come dice il titolo xD).
Grazie in anticipo a chi leggerà çwç <3


Edit del 15-10-2014: prima revisione, effettuate alcune correzioni.
 
Capitolo 16 – Leggende e realtà. [Makoto’s side]
 
‘Haru-chan! Haru-chan! Svegliati!’
Makoto provò in tutti i modi a far aprire gli occhi al suo caro amico che, da quello che sembrava, preferiva rimanere immerso nel mondo dei sogni piuttosto che dare retta a lui. Si era limitato a bofonchiare un: ‘Togli il chan’ prima di rigirarsi dalla parte opposta dando le spalle a Makoto.
‘Haruuuu!!! Meno male che sono io quello che fa fatica ad alzarsi! Rin se n’è andato! È scappato via!! Dobbiamo seguirlo!!!’
A quell’ultima frase Haruka aprì un solo occhio e lo utilizzò per scandagliare la hall del Centro Pokémon di Fiordoropoli, dove avevano passato la seconda notte dormendo in tre su un piccolo divano.
‘Non è in bagno?’
‘No! Quando mi sono accorto che non c’era più, ho setacciato tutto il Centro ma nulla… E se avesse già lasciato la città? Haru, lo abbiamo perso…’
Il piccolo allenatore dai folti capelli castani era sull’orlo del pianto. Dovevano partire il più presto possibile, di questo ne era sicuro!
‘Haru…’
Il moro si alzò in piedi, si sistemò la maglietta alla meglio e, imitando il gesto che era solito fare il suo migliore amico, tese la mano destra verso Makoto: un sincero invito a proseguire insieme la loro avventura.
‘Si però non dobbiamo dimenticare di lavarci i denti prima di partire!’
Dopo un breve (ma obbligato!) appuntamento al bagno, i due ragazzini, zaini in spalla, si rivolsero verso nord pronti ad uscire dalla città… O quasi! Makoto si distrasse mettendosi ad ammirare i mille e più colori del negozio di fiori della città. Quanto avrebbe voluto comprare un vasetto da regalare alla mamma… Peccato che la sua bella casa dal tetto verde fosse così lontana. La commessa del negozio si avvicinò al piccolo allenatore: ‘C’è qualche piantina che ti interessa?’ disse sorridendo.
‘Bhè… In realtà… Vorrei prendere qualcosa ma la mamma abita lontano, a Borgo Foglianova. I fiori si sciuperebbero prima di giungere a lei…’
‘Mmm… In realtà, passando per il Percorso 36 dovresti arrivare subito a Violapoli e da lì la strada è molto breve!’
Makoto percepiva chiaramente lo sguardo di fuoco di Haruka perforargli le spalle: non dovevano perdere troppo tempo. E lo sapeva bene!
‘Lei è molto gentile, scusi se le ho fatto perdere tempo ma dobbiamo andare avanti…’
‘Verso nord? Vi avverto, dopo il Parco Nazionale potreste imbattervi in uno strano albero che blocca la strada sia per Amarantopoli sia per Violapoli. Vi consiglio di prendere un annaffiatoio per liberarvi la via… Vedrete che sorpresa!’
Fu Haruka a fiondarsi sul piccolo oggetto e a passarlo rapidamente nelle mani dell’amico. Dopo aver salutato la donna con un inchino, il bambino dai capelli neri si aggrappò alla manica della maglia di Makoto per trascinarlo, finalmente, oltre la città.
 
Il Percorso 35 era costituito da una breve e semplice strada lastricata a forma di S ribaltata che collegava Fiordoropoli al famoso Parco Nazionaledi Jotho. Pochissimi allenatori sostavano lungo quella corta via di passaggio; preferivano concentrarsi all’interno del Parco dove potevano mettersi in evidenza partecipando alla anch’essa nota Gara Pigliamosche.
‘Haru, Haru! Guarda là! Uno spiazzo d’erba alta! Possiamo andare a controllare quali pokémon ci abitano? Per favore!!!’ disse Makoto emozionato quando, verso la fine del percorso, aveva intercettato una possibile zona di cattura che sembrava chiamarlo tanto pareva bella e ricca! Ovviamente lo sguardo eloquente dell’amico lo fecero subito tornare alla realtà e il piccolo allenatore dagli occhi verdi dovette abbandonare subito, per quella giornata, la sua irrefrenabile voglia di arricchire il Pokédex.
Il Parco Nazionale era costituito da una grandissima area di forma circolare, preceduta da una più piccola rettangolare con la funzione di zona ristoro, sempre dominata dal verde; nella parte centrale si poteva ammirare una bellissima fontana circolare e, lungo il perimetro, una scia di lampioni, posti a distanza regolare gli uni dagli altri, garantiva una buona illuminazione anche per le ore più buie della sera. Le aiole, inoltre, erano potate in modo che, dall’alto, apparisse la forma di una pokéball. Anche in questa zona, Makoto rischiò di ricevere una forte tirata di orecchie da parte di Haruka.
‘Dai Haru, solo per cinque minuti! Guarda laggiù!!!!! Un Sunkern! Ma lo sai che esplodono, vero?’
Il moro, ovviamente, ignorò l’amico e proseguì voltandogli le spalle. Makoto sospirò rattristato ma consapevole della sua tendenza poco sana a distrarsi facilmente ad ogni fruscio d’erba. Meno male che c’era Haru con lui o non sarebbe riuscito mai a proseguire.
E finalmente i due piccoli amici imboccarono l’inizio del Percorso 36. Dopo aver combattuto in coppia contro un paio di allenatori (uno Psiche e uno Scolaro), i due bambini si ritrovarono di fronte a quel fatidico albero posto precisamente nel punto in cui partivano le diramazioni per Violapoli a est e per il Percorso 37 a nord. Aveva proprio deciso di crescere nel posto più scomodo per chi doveva transitare! Haruka riconobbe subito quella strana pianta: dopo aver ottenuto la Medaglia Zefiro, si era diretto proprio lungo quel tratto ma, a causa della strada bloccata, era stato costretto a deviare a sud verso il Percorso 32.
‘Makoto…’ si limitò a dire, conscio del fatto che il suo migliore amico lo conosceva talmente a fondo da intuire ogni suo pensiero senza margine di errore.
‘Si, l’innaffiatoio… Corro a riempirlo alla fontana del Parco e torno!’
‘Non perdere tempo!!!’
‘Tranquillo, non potrei mai lasciarti da solo ad aspettare…’ rispose Makoto un po’ sconsolato.
Haru aveva ragione a non fidarsi ma l’amico tenne fede alla propria promessa fatta e tornò dall’altro praticamente correndo, rischiando di rovesciare l’acqua che aveva appena raccolto.
‘Sai, sono proprio curioso di capire cosa intendeva la fioraia di Fiordoropoli quando ci ha detto di annaffiarlo…’ disse il ragazzino ancora con il fiatone. ‘Secondo te scapperà via? Ahahahah’
Makoto rideva divertito dall’idea assurda che gli era venuta in mente. Haruka si limitò a fare spallucce non sapendo cosa rispondere.
Bhè, il bambino non ci era andato troppo lontano… Non appena una piccola manciata di gocce d’acqua toccarono la base di quella strana pianta, quest’ultima iniziò a vibrare in maniera eccessiva emettendo un verso così strano e inaspettato da far correre Makoto dietro le spalle di Haru per potersi nascondere alla bene e meglio. Un paio di occhi vispi si aprirono sulla cima di quel particolare albero e i due rami, che portavano piccole chiome dalla forma perfettamente rotonda, si mossero come se fossero degli arti. Infine, un paio di piedi affusolati emersero dal terreno e presero a muoversi permettendo la fuga alla creatura appena risvegliata. Il Pokédex di entrambi i ragazzini emise un ‘bip’ di avvertimento: un certo Sudowoodo era stato registrato in archivio e così i due giovanissimi allenatori intuirono all’unisono di essersi trovati di fronte ad un pokémon, non ad una pianta dalla forma particolare.
‘Un pokémon di tipo Roccia! Ecco perché è scappato via a contatto con l’acqua! Non è fantastica questa cosa?’ disse Makoto con lo sguardo carico di stupore. Anche il suo compagno di viaggio era rimasto parecchio incuriosito e non riusciva ancora a credere a quello che aveva appena visto. La sua espressione sembrava quella solita ma i suoi occhi erano leggermente più sgranati; Makoto conosceva troppo bene Haruka e aveva imparato a distinguere ogni minimo cambiamento dei muscoli facciali dell’altro. Per questo rise divertito portando la mano alla bocca per attenuare il suono delle sue risate. Il moro si voltò verso di lui come per dire: ‘Andiamo su, abbiamo perso troppo tempo’ e quando Makoto fu sul punto di riprendere a camminare, le parole del suo amico lo fecero bloccare sul posto.
‘Ora la strada per Violapoli è libera’ Haru indicò verso est. ‘Prenderemo Rin e torneremo a Borgo Foglianova da Elm. Poi passeremo subito a salutare la tua mamma’
‘Haru…’
Come risposta, il bambino dai capelli neri si rivolse verso nord per proseguire il proprio cammino; Makoto fece per seguirlo ma inciampò su di un sasso e finì rovinosamente con la fronte contro un albero. Dalla pianta cadde un coleottero blu con un bellissimo corno in testa: il bambino dai capelli castani non fece in tempo a togliersi da lì sotto che il pokémon gli finì addosso costringendolo a gettarsi a terra. Haruka, senza pensarci troppo, estrasse rapidamente una ball e la lanciò contro quell’insetto gigante per toglierlo da sopra il corpicino dell’amico; tempo qualche secondo e un forte esemplare di Heracross era entrato, inconsapevolmente, a far parte della sua squadra. Tanto valeva tenerlo!
‘…Ti chiamerò Katsuo’
Quando il moro si rivolse verso Makoto per aiutarlo ad alzarsi, quest’ultimo stava piangendo a dirotto con le mani tra i folti capelli castani. Che si fosse fatto male?
‘Tutto bene?’
‘Haru… Ho sentito un rumore brutto provenire dal mio zaino…’
Haruka non capiva.
‘Credo di aver rotto l’uovo… Quello che mi aveva affidato l’assistente di Elm…’
Il moro, dopo un istante di esitazione, ricordò a cosa l’altro bambino si stesse riferendo.
‘Haru, non mi affideranno più nemmeno i miei fratellini, ho ucciso l’uovo, non merito più fiducia!’
Makoto respirava faticosamente a causa dei potenti singhiozzi che gli mozzavano il fiato. Haru non sapeva cosa fare. Solitamente, quando Ren e Ran piangevano, era Makoto l’unico capace di consolarli e di migliorare il loro umore. Cosa poteva fare lui, invece?
Si spostò alle spalle dell’amico, il quale non si mosse da quella posizione rannicchiata a terra, e aprì il suo zaino. L’uovo presentava una brutta crepa proprio al centro, e un numero indefinito di fessure più piccole avevano iniziato ad aprirsi, in maniera caotica ma concentrica, verso l’esterno. Makoto si sollevò a sedere, continuando a piangere a causa dei rumori poco rassicuranti che emetteva il guscio di continuo. Con grande sorpresa (e sollievo!)  di entrambi, un piccolo esemplare di Togepi ruppe definitivamente la parte superiore dell’uovo e fece fuoriuscire la sua testolina appuntita per osservare, incuriosito, il mondo per la prima volta.
Questa volta le lacrime di Makoto furono di felicità: Haru gli porse il baby pokémon e lui non fu in grado di resistere dall’abbracciarlo. Togepi emise dei versetti acuti colmi di felicità e questo bastò per far riprendere colore al suo nuovo allenatore. Haruka aspettò in silenzio che l’amico smettesse totalmente di piangere, poi si alzò in piedi per primo.
‘Haru, scusa… Sono capace solo di rallentarti…’
‘Smettila di dire queste cose e seguimi. Abbiamo una missione da compiere!’
Makoto rise, fece entrare il nuovo arrivato in una pokéball e riprese, finalmente, il cammino.
Quando i due entrarono nell’erba alta del Percorso 37, l’allenatore dagli occhi verdi notò subito un piccolo Vulpix dormire beatamente a pochi metri di distanza da loro.
‘Haru, Haru, Haru! Guarda laggiù!’
Questa volta fu il moro ad intuire i pensieri dell’altro tant’è che rispose: ‘E va bene, ma solo perché io ho preso Katsuo prima’
Makoto si avvicinò silenziosamente alla sua ambitissima preda e la catturò con una facilità quasi disarmante.
‘Grazie mille! Giuro che questa è l’ultima volta che interrompo il viaggio!’
‘Anche perché siamo arrivati’
Davanti a loro, poco più a nord, si stagliava la porta della città di Amarantopoli, costruita seguendo lo stile tradizionale antico. L’ingresso perfetto per quella città ricca di storia.

 

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Capitolo 17
*** Leggende e realtà [Haruka's Side] ***


Ed eccoci al capitolo 17! Mi piace molto questo numero, spero porti fortuna al nostro Haruka visto che si andrà a cacciare (forse) in un guaio brutto D:
In questa parte ho cercato di mixare elementi della seconda generazione insieme a quelli del remake in modo da rendere le cose, in generale, più scorrevoli e logiche. Spero la cosa non crei problemi xD!
Capitolo con un pezzo di 'mitologia' di Amarantopoli <3 Quanto mi piacciono queste cose, non potete capire <3333
Ma basta divagare, grazie in anticipo a chi leggerà çwç <3


Edit del 15-10-2014: prima revisione, effettuate alcune correzioni.
 
Capitolo 17 – Leggende e realtà. [Haruka’s side]
 
La porta di Amarantopoli era composta da una semplice struttura di tipo tradizionale formata da due larghi pilastri di legno lucido e una trave ricoperta da tegole di colore rosso scuro; la superficie della città era tutta lastricata in pietra grigia e le abitazioni erano sormontate da tetti a pagoda. L’atmosfera che regnava in quel luogo era misteriosa e, nello stesso tempo, parecchio suggestiva. Haruka e Makoto non riuscirono a fare a meno di fermarsi un secondo ad ammirare tutto ciò che si trovava di fronte ai loro occhi. Amarantopoli, città ricca di storia. Mai slogan fu più adatto. Persino le foglie rosse degli alberi situati poco più a nord contribuivano a dare alla cittadina un aspetto più antico e affascinante.
Fu Haruka il primo a varcare le soglie della città; Makoto lo raggiunse poco dopo accelerando il passo.
‘Wow, ma è una città bellissima, vero?’ disse il bambino dagli occhi verdi mettendo in mostra uno dei suoi sorrisi più luminosi.
‘Già…’ per quanto tutto quello che i due ragazzini avevano attorno li lasciasse senza fiato, Haru, sorprendendo in primis se stesso, riuscì a trovare la forza per rispondere, seppure in maniera sbrigativa, all’amico.
Di comune accordo, i giovani allenatori decisero di iniziare a chiedere informazioni su Rin nel Centro Pokémon della città. Per un momento i due avevano sperato di trovare la testa rossa di Matsuoka fare capolino vicino al bancone, ma purtroppo quello non era il loro giorno fortunato. In compenso vennero a conoscenza, con grande sollievo, che il rossino si trovava ancora in giro in città, probabilmente stava combattendo, in quel momento, contro il capopalestra Angelo.
Haruka e Makoto si diressero, senza fare altre soste, nella palestra di Amarantopoli ma, una volta entrati all’interno di essa, si ritrovarono letteralmente circondati dal buio. Il bambino dagli occhi verdi aveva iniziato visibilmente a tremare; il moro strinse forte la mano dell’amico per dargli coraggio. Anche Haru non si sentiva pienamente a suo agio in quell’oscurità quasi totale ma cercò di farsi forza per proseguire: se lui fosse crollato, anche Makoto avrebbe fatto lo stesso.
‘BHÙ !!!!’ una voce squillante, proveniente da una figura minuta con folti capelli biondi e occhi grandi e rotondi, irruppe con violenza davanti ai due bambini procurando loro un grosso spavento. Makoto, gridando terrorizzato, cercò di nascondersi dietro al moro, con le mani strette sulle sue spalle, cercando di sforzarsi per ricacciare le lacrime che avevano preso ad inumidirgli gli occhi. Anche Haruka emise un grugnito di paura ma ben più discreto; cercò comunque di riprendersi il più rapidamente possibile per il bene del suo migliore amico. In compenso il ragazzino biondo era scoppiata in una risata talmente forte e divertita da fargli venire il mal di pancia. Solo in quel momento un piccolo faro illuminò la piccola porzione di palestra dove si trovavano i tre fanciulli rivelando così ai due di Borgo Foglianova il viso decisamente poco spaventoso del nuovo arrivato.
‘Fantastico, ci cascano tutti!!!’ disse quest’ultimo, leggermente accucciato, mentre stringeva le braccia affusolate attorno al proprio stomaco, come se avesse paura che gli potesse fuggire via a causa di tutto quel ridere. ‘Benvenuti nella palestra di Amarantopoli! Io sono Nagisa Hazuki, prova preliminare per accedere alla sfida con Angelo! Voi siete?’
Il moro si prese la responsabilità di parlare per due (cosa che gli costò uno sforzo enorme!) visto che l’amico non si era ancora ripreso da quel brusco shock iniziale.
‘Io sono Nanase, lui è Tachibana. In realtà siamo qui per chiedere un’informazione. Per caso un ragazzino dai capelli rossi e i denti aguzzi di nome Rin Matsuoka sta sfidando in questo momento il capopalestra?’
Il biondino rivolse lo sguardo verso l’alto con fare pensieroso, poi rispose: ‘Aaaaaah! Sisi, ora ricordo! Quel bambino… Sono riuscito a spaventarlo benissimo! Certo, ho rischiato di prendermi un pugno in faccia ma ne sarebbe comunque valsa la pena! Dovevate vedere la sua faccia!!!’
‘Sta ancora combattendo?’ cercò di tagliare corto Haruka. Non vedeva l’ora di uscire dalla palestra e prendere qualcosa di caldo da bere per Makoto.
‘In realtà ha finito circa un quarto d’ora fa… E a quanto pare ha stravinto!’
‘Grazie mille’ disse Haruka voltandosi velocemente verso l’uscita e trascinando l’amico per una mano.
‘Ehi, non volete ottenere la medaglia della palestra?’
‘Dopo’ si limitò a rispondere il moro. Aveva parlato abbastanza. E la giornata era appena iniziata!
Una volta all’esterno Makoto parve calmarsi. Haru era a conoscenza delle diverse paure dell’altro, per questo rimase in silenzio vicino al bambino dai capelli castani fino a quando quest’ultimo non si fu ripreso un poco.
‘Scusa Haru se ti sto facendo perdere tempo come al solito’ disse Makoto con lacrime di tristezza agli occhi. Il moro non rispose ma si voltò verso il Centro Pokémon e prese a camminare.
‘Haru!!!’ Makoto, con passo incerto, seguì l’amico cercando di attirare la sua attenzione invano.
Una volta entrati nella struttura di cura, Haruka si fermò.
‘Haru, i tuoi pokémon non stanno bene?’
‘Tu rimani qui’ rispose l’altro semplicemente.
‘Aspetta, la città è grande, conviene dividerci per cercare Rin e…’
‘Ti tremano ancora le gambe per prima’ disse il bambino dai capelli neri indicando le ginocchia dell’amico ancora scosse da lievi tremiti. Era stupefacente come Makoto riuscisse a stare in piedi nonostante tutto.
L’allenatore dagli occhi verdi non riuscì a trovare parole per negare l’evidenza, così rimase in silenzio senza poter fare nulla.
‘Rimani di guardia al Centro, Rin dovrà passare per forza per di qua. Se non lo trovo io in giro per Amarantopoli, lo incontrerai di sicuro tu’ il moro ostentava una finta sicurezza per tranquillizzare l’amico.
Makoto guardò Haruka negli occhi e non riuscì ad opporsi a quel suo piano appena abbozzato ma decisamente logico.
‘Va bene… Teniamoci però in contatto con il pokégear! Il primo che trova Rin avverte l’altro, ok?’
Finalmente un accordo. Haruka salutò l’amico e iniziò a setacciare la zona sud della città. Nonostante la piacevole brezza di quella tarda mattinata, c’era pochissima gente in giro per Amarantopoli. Il ragazzino fu costretto a spostarsi, quindi, nella zona centrale del luogo; si ritrovò così di fronte ad una particolare struttura tradizionale con doppio tetto a pagoda di colore blu; entrò all’interno di essa e fu accolto da un signore anziano vestito di tutto punto, il padrone dell’edificio molto probabilmente.
‘Benvenuto nel Teatro di Danza di Amarantopoli! Sei qui per ammirare la danza delle nostre fantastiche Kimono Girls o per sfidarle in modo da poter vincere la MN Surf?’
Haruka notò, sul palco, la fanciulla dallo strano vestito rosso che aveva incontrato precedentemente a Violapoli e nel Bosco di Lecci. Anche lei si accorse presto della sua presenza e, continuando a danzare con grazia, rivolse al bambino un caldo sorriso luminoso.
‘Eeeeeh, piccolo hai buon gusto! Certo che però sei precoce! Quindi un tavolo per te?’
‘No, vorrei solo un’informazione’ disse il moretto dando finalmente attenzione all’anziano elegante. ‘È passato di qui un ragazzino dai capelli rossi e i denti aguzzi, alto più o meno come me, di nome Rin Matsuoka?’
‘In realtà qui vengono solo persone, come dire, un pochino più adulte… Tu al momento sei il più giovane visitatore che il teatro abbia mai avuto!’
L’uomo continuò a parlare ancora per un po’ di tempo ma Haruka aveva oramai ottenuto le informazioni che gli servivano, o meglio, aveva capito che Rin non era passato da quella parte. Rivolse un ultimo sguardo verso la Kimono Girl a lui familiare e la salutò in silenzio con un piccolo cenno della testa.
‘Signore, la ringrazio, scusi se le ho fatto perdere tempo’ e, dopo un profondo inchino, uscì di nuovo in città. Si sentì un po’ Makoto per quelle ultime parole che aveva pronunciato quasi senza pensarci. Che l’amico l’avesse leggermente contagiato? Ricacciò subito il pensiero giù da dove era giunto; aveva una persona da cercare e non poteva perdere tempo in pensieri futili.
Parlando con alcuni passanti, finalmente Haruka venne a sapere che Rin era stato visto correre verso la Torre Bruciata situata nella zona nord-ovest della città. Il moro si sbrigò a raggiungere il luogo designato con la speranza di trovare il ragazzino ancora lì. Mandò anche un messaggio a Makoto per avvertirlo.
 
L’interno della torre era costituito prevalentemente da macerie: stando a quello che aveva spiegato la gente del posto, un forte incendio, causato da un fulmine, aveva bruciato tutto procurando la dipartita del pokémon leggendario guardiano del luogo e la morte di altri tre pokémon; solo un improvviso acquazzone, tanto inaspettato quanto prodigioso, aveva domato le fiamme fino ad estinguerle. Mosso da pietà, il pokémon leggendario guardiano della Torre gemella a nord-est, la Torre Campana, riportò in vita le tre vittime concedendo loro poteri eccezionali. Anche il secondo guardiano, però, aveva abbandonato il luogo che era solito occupare e nessuno era stato più in grado di vederlo; invece i tre pokémon rinati erano rimasti legati alla torre nel quale erano deceduti. Non si sapeva comunque nient’altro.
Il pavimento scricchiolava in maniera poco piacevole sotto le scarpe di Haruka; se voleva far notare a Rin la propria presenza, ci stava riuscendo perfettamente! Il giovane allenatore fece di tutto per cercare di evitare di incappare in lotte contro i Rattata selvatici che avevano scavato le proprie tane nel legno oramai quasi marcio della struttura portante. Un foro enorme nella parte centrale del pavimento permetteva di vedere i resti malconci del piano interrato: l’umidità aveva fatto sbiadire malamente i colori di pareti e pavimento, e quel poco che rimaneva degli elementi interni aveva l’aspetto fragile che assumono gli oggetti esposti alle intemperie e al tempo senza protezioni. Uno spettacolo decisamente malinconico. Tre strane statue, dall’aspetto vagamente zoomorfo, erano posizionate al centro del piano interrato. Dopo alcuni minuti di contemplazione, Haruka si decise a prendere le scale per scendere di sotto. Fu costretto a stare attento dove e come metteva i propri piedi: i gradini erano pericolanti, altri si piegavano sotto il peso del ragazzino mentre altri ancora erano già direttamente rotti. Un rumore improvviso attirò la sua attenzione. Un pokémon selvatico? Rin? Haruka proseguì verso quella che doveva essere la fonte di quel suono ma si ritrovò ben presto ad inseguire una sorta di preda sfuggente non ben definita. In realtà in cuor suo sapeva benissimo cosa stesse rincorrendo. O meglio, CHI.
‘Rin?’ disse alla infine svoltando l’ultimo angolo prima di trovarsi davanti proprio il ragazzino dai capelli rossi chiuso in un vicolo cieco. Quest’ultimo emise un ‘Tsk’ infastidito piuttosto rumoroso, poi, dopo aver pesantemente sospirato con rassegnazione, si voltò verso di Haru sfoggiando un sorriso forzato.
‘Oh ma tu guarda, proprio tu, non me lo sarei mai aspettato! E comunque, quanta confidenza!’
‘Rin, usciamo da qui. È tutto pericolante…’ disse il moro non nascondendo la sua preoccupazione.
‘Perché invece non ci sfidiamo? La resa dei conti una volta per tutte! Se io vinco, tu e il tuo amichetto mi lasciate in pace, se vinci tu farò il bravo e tornerò a Borgo Foglianova. Che ne dici?’
‘Che dobbiamo uscire’
‘Battimi prima!’ disse l’altro facendo uscire dalla pokéball il proprio Feraligatr fresco fresco di evoluzione. Il coccodrillo ruggiva in maniera inquietante e Haruka iniziò a percepire una morsa di gelo attanagliargli lo stomaco. Una goccia di sudore freddo prese a scendere dalla sua tempia e arrivò presto fin sotto al mento; quando cadde a terra senza far rumore, il pokémon d’acqua aprì le mascelle per emettere un verso di battaglia tanto forte da far tremare tutta la torre.
‘Fai uscire fuori il tuo starter o chiunque tu voglia!’
‘No’
‘COMBATTI!’
‘No’
Prima di ricevere qualunque ordine, Feraligatr balzò in avanti pronto a colpire Haruka; quest’ultimo avvicinò la propria mano alla sfere che teneva sulla cintura pregando tutti gli dei dell’universo che non fosse troppo tardi.

 

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Capitolo 18
*** Leggende e realtà [Rin's Side] ***


Eccoci al nuovo capitolo che conclude anche lo scenario di Amarantopoli, yeeee xD
Scusate se ho saltato una settimana ma mi trovavo in 'pseudovacanza' in un posto senza internet, quindi D: ...
Comunque, salvo altri imprevisti, la pubblicazione dovrebbe tornare regolare con un capitolo a settimana xD
Grazie in anticipo a chi leggerà/commenterà çwç <333


Edit del 15-10-2014: prima revisione, effettuate alcune correzioni.
 
Capitolo 18 – Leggende e realtà. [Rin’s side]
 
‘Papà, papà! Mi racconti ancora di quando da bambino sei diventato allenatore di pokémon?’
L’uomo osservò il ragazzino con uno sguardo ricco di tenerezza e non riuscì a fare a meno di scompigliare la morbida chioma rossa del suo figliolo.
‘Ancora? Sarà la milionesima volta…’
‘Ma è la mia storia preferita! E poi, quando avrò la tua età, voglio fare tutto quello che hai fatto tu! Mi serve un ripasso!!!’
Il padre emise una sonora risata, incapace di resistere all’entusiasmo del piccolo.
‘E va bene ma tu presta bene attenzione! Tutto è iniziato quando avevo undici anni e mi stavo dirigendo al laboratorio di Borgo Foglianova per scegliere Totodile come pokémon iniziale…’
 
Rin si svegliò esausto a causa delle poche ore di sonno che aveva sulle proprie spalle e di uno strano sogno, di cui non ricordava nulla, ma che gli aveva lasciato fin dentro le ossa una forte sensazione di nostalgia. Si sollevò a fatica mettendosi seduto su quell’ennesima poltroncina scomoda dell’ennesimo Centro Pokémon, diventato oramai la sua cuccia abituale, e, strizzando gli occhi, si mise goffamente a tirare fuori dallo zaino il proprio pokégear per controllare l’orario. Erano quasi le 10 di mattina. Quel numero decisamente troppo alto lo fece destare quasi del tutto, una capatina al bagno a rinfrescarsi il viso con acqua gelida completò l’opera. Il ragazzino non aveva tempo da perdere; a quell’ora i suoi due piccoli inseguitori dovevano avere già notato da un bel pezzo la sua assenza, anzi, di sicuro si erano già messi in marcia per Amarantopoli. Dopotutto quella era una meta obbligatoria per via della palestra di Angelo, e la sua Medaglia Nebbia era uno degli elementi necessari per poter accedere alla Lega Pokémon. Rin non ci pensò due volte: ritirò i suoi compagni di viaggio che aveva affidato pochissime ore prima allo staff notturno del Centro e si diresse subito verso ovest, impaziente di iniziare la sfida.
Non appena entrò nella palestra, la porta si chiuse di soprassalto dietro di lui e il buio iniziò a farla da padrone. Il piccolo allenatore, sperando che i propri occhi si abituassero presto a quella pressoché totale oscurità, proseguì a passi brevissimi e incerti tentando, invano, di scovare possibili punti luce, di quelli utili al capopalestra per potersi orientare fino al proprio posto di combattimento. Ma nulla, il bambino dai capelli rossi aveva come la sensazione di camminare nel vuoto: intorno a lui solo il nero, soltanto i suoi passi irregolari interrompevano il silenzio. O quasi.
‘BHÙ!’
L’apparizione improvvisa di non seppe dire cosa (Rin non riuscì a capirlo in un primo momento) gli causò uno spavento tale da fargli perdere l’equilibrio e cadere supino malamente a terra. Un faro si accese sopra la propria testa illuminando un ragazzino dalla folta chioma bionda che si gettò letteralmente sul pavimento dalle risate.
‘AHAHAHAHAHAH! Uno specchio, uno specchio! Mi serve uno specchio!!! Hai una faccia fantastica, complimenti, devi vederla anche tu, ahahahah!’
Rin, praticamente in lacrime a causa dei dieci anni di vita appena persi, fece presto a riprendersi del tutto dallo shock: un sentimento di rabbia funesta gli fece ribollire il sangue e, dopo aver mostrato all’altro i propri canini in un ghigno poco rassicurante, fece per avventarsi sul povero malcapitato roteando un pugno. Per fortuna l’altro ragazzo era piuttosto sveglio e possedeva dei buoni riflessi fulminei, così si rialzò in piedi con un balzo riuscendo ad evitare quell’improvviso contrattacco.
‘Ehi ehi, calma! Io sono Nagisa Hazuki, e se mi metti fuorigioco fisicamente non potrai sfidarmi per accedere ad Angelo!’
Rin parve fregarsene di quella frase decisamente basilare per la conquista della sua quarta medaglia e tentò di colpire Nagisa con un altro pugno. Anche per questa volta il biondino riuscì a rimanere illeso grazie alla propria buona agilità.
‘Senti, se hai così tanta voglia di combattere, fai scendere in campo il tuo pokémon migliore, ok? Se mi batterai, oltre a poter passare alla sfida con Angelo, riceverai anche le mie scuse, che ne dici?’
‘Dico che ti converrà prepararti psicologicamente: ti straccerò così velocemente da costringerti a chiedere perdono in ginocchio! Vai Croconaw!’ lo starter d’acqua uscì dalla pokéball emettendo un forte ruggito, come se la rabbia del suo allenatore fosse fluita anche in lui.
‘Oooooooh, fossi in te non sottovaluterei la situazione… Vai Misdreavus, fagli scoprire il vero terrore!’
Nonostante fosse ancora arrabbiato per lo scherzo poco divertente appena subito, Rin riuscì a malapena a trattenere una risata sincera tanto la testa scapigliata del suo avversario somigliava leggermente, come forma, alla capigliatura nera e fuxia dello spettro appena mandato in campo.
‘Croconaw, Morso!’ il bambino dai capelli rossi non perse tempo e ordinò al proprio pokémon di colpire sfruttando il punto debole di Misdreavus e quest’ultima non riuscì proprio a sfuggirgli. Il fantasma nero emise un urlo di dolore agghiacciante; persino Nagisa perse il suo solito sorriso.
‘Misdreavus!!!’ il pokémon stridio faceva fatica a mantenersi in aria: galleggiava malamente a meno di un metro di altezza con la parte del corpo ferita rivolta verso terra.
‘Misdreavus, usa Stordiraggio!’ Nagisa sperava di poter guadagnare tempo confondendo l’avversario per portarlo a colpirsi da solo ma la sua compagna non riuscì ad effettuare l’attacco: Croconaw, senza ricevere alcun ordine, si era già avventato contro di lei prima che quest’ultima avesse il tempo di concentrarsi. Lo spettro cadde a terra lentamente, volteggiando come se fosse un foglio di carta lanciato in aria, e Nagisa non poté fare più nulla.
‘…Sei un osso veramente duro! Come promesso, ti faccio le mie più since…’
‘Non mi importa più’ Rin lo interruppe bruscamente e proseguì verso la sua meta, uscendo dall’area illuminata, con il proprio starter che lo seguiva poco dopo. Non aveva tempo da perdere.
Questa volta i suoi passi furono più veloci e sicuri: non credeva che anche il capopalestra fosse in vena di giochi o trucchetti. Continuò dritto fino a quando un faro, dalla potenza maggiore rispetto a quello che si era acceso nello scontro preliminare, lo costrinse a fermarsi. Di fronte a lui la figura eterea e longilinea di Angelo.
‘Hai fatto un ottimo lavoro per giungere qui’ disse l’uomo dalla lunga capigliatura dorata. ‘Ad Amarantopoli i pokémon sono sempre stati riveriti. Si dice che un pokémon leggendario apparirà per sfidare un allenatore forte e puro. È per questo che mi sono allenato qui, in segreto, tutta la mia vita’. Gli occhi chiarissimi del capopalestra si illuminarono per qualche istante; Rin capì subito che Angelo stava parlando, ovviamente, del proprio sogno. Certo che ne aveva di pretese! Incontrare un pokémon leggendario! Almeno, il desiderio più grande del giovane allenatore, vincere la Lega Pokémon con Feraligatr, era un’ambizione decisamente più realizzabile. L’altro continuò a parlare.
‘Tu sarai parte del mio addestramento! Vai Gastly!’ l’inquietante e gassosa figura del primo pokémon di Angelo mise leggermente in soggezione Rin; lo stesso discorso sembrava non valere per Croconaw. Quest’ultimo, infatti, fece incominciare il combattimento ancor prima di ricevere ordini e, dopo aver effettuato uno slancio violento in avanti, provò a mordere il proprio avversario. Gastly aumentò il distacco dal terreno appena in tempo: il suo corpo centrale rimase illeso, e quello che lo starter d’acqua percepì tra le proprie fauci fu lo sgradevole sapore del veleno del gas del rivale. Fortunatamente il coccodrillo, tossendo, riuscì a sputare quella sostanza tossica prima che entrasse in circolo nel suo corpo avvelenandolo irrimediabilmente.
‘Quel Croconaw è indisciplinato e troppo aggressivo! Non dovresti lasciargli fare tutto quello che vuole!’
‘Finché mi farà vincere non sarà un problema! Croconaw, usa Pistolacqua!’ lo starter emise tre potenti getti d’acqua, due dei quali presero di striscio Gastly; il terzo lo colpì in pieno destabilizzandolo, così il coccodrillo ne approfittò per avventarsi sul proprio avversario usando l’attacco Morso. Il grande quantitativo di danni subìti mandò ko all’istante il povero spettro e Angelo fu costretto a far scendere in campo Haunter. Anche contro questo rivale, come per l’Haunter successivo, Rin si limitò a lasciar sfogare la voracità del proprio Croconaw e si divertì nel vedere il volto di Angelo, colui che viveva nel buio ed era in contatto con i fantasmi, sbiancarsi sempre di più.
‘Io ci credo ancora, non tutto è perduto! Gengar, scelgo te! Usa Sbigoattacco, sbrigati!’ il capopalestra decise di sfruttare la velocità del proprio pokémon ombra per attaccare per primo, con la speranza di infliggere il maggior numero di danni possibili. L’attacco andò a segno causando, però, di conseguenza l’ira di Croconaw che provò ad allontanare da sé Gengar usando Pistolacqua. Ma lo spettro era incredibilmente agile e, spostandosi a zig zag, ne uscì totalmente illeso.
Il suo ghigno malizioso e i suoi movimenti rapidissimi innervosirono parecchio sia Rin, sia lo starter. Questa volta il giovane allenatore si intromise e ordinò al proprio pokémon di usare Gelodenti. Angelo, sentendo il nome di quell’attacco, emise un sorriso sollevato: non era bastata la dimostrazione di agilità di Gengar? Quel ragazzino voleva ancora tentare con un attacco fisico? Illuso. O quasi.
Croconaw scattò contro lo spettro e quest’ultimo si librò in aria, come al solito, per evitarlo; solo la parte più esterna del suo piede destro rimase leggermente ferita dai denti del coccodrillo. Ma non era il danno subìto la preoccupazione maggiore: dal segno del morso iniziarono ad apparire piccole schegge di ghiaccio che ricoprirono in pochi secondi l’arto di Gengar appesantendolo e rallentandolo.
‘E ora Morso!’ lo starter d’aqua questa volta non fallì il colpo: catturò tra le proprie fauci il malcapitato pokémon ombra azzerandone la sua energia. Nonostante il compagno di Angelo fosse fuori combattimento, Croconaw continuò a stringere la propria morsa sul corpo di Gengar scuotendo anche la testa, con fare iroso, da una parte all’altra. Uno spettacolo quasi macabro che mise paura anche allo stesso capopalestra! Quest’ultimo, cercando di essere il più veloce possibile, fece rientrare nella sfera il pokémon sconfitto. Anche Rin rimase un momento atterrito da quella terribile dimostrazione di aggressività, ma il suo cuore iniziò a sobbalzare nel petto quando una luce fortissima ricoprì il corpo del suo starter. La forma finale. Feraligatr. Gli arti del coccodrillo si fecero più lunghi e muscolosi, le sue scaglie più grandi e dure, il muso più aguzzo e forte; era diventato talmente alto da essere in grado trasportare il proprio allenatore sulle proprie spalle. E Rin gli si gettò contro per abbracciarlo. Il pokémon, però, non rispose a quella dimostrazione di affetto: i suoi occhi erano fissi su Angelo, il suo respiro era affannato e sembrava emettere leggeri ringhi tanto bramava un altro combattimento. Il giovane allenatore dai capelli rossi, dopo alcuni minuti di contemplazione, fece rientrare nella ball il proprio starter e poi si rivolse al capopalestra offrendogli uno dei suoi sorrisi più orgogliosi. Angelo si avvicinò a lui e limitò al minimo la conversazione: ‘Questa è la Medaglia Nebbia, segno che hai superato la palestra di Amarantopoli. Non ho nulla da dirti, ma se fossi in te sarei preoccupato per la situazione del tuo starter’.
Il ragazzino ignorò l’ultima parte del discorso e uscì trionfante dalla palestra. Stava per imboccare la strada che portava al Centro Pokémon quando si accorse che due volti familiari avevano appena superato la porta della città.
Tsk, ma non si danno mai pace?’ pensò infastidito il rossino. Fortunatamente riuscì a nascondersi dietro la struttura della palestra poco prima che Makoto e Haruka si accorgessero della sua presenza. Cosa doveva fare? Chiedere asilo ad Angelo? Naaaa, cosa ci avrebbe guadagnato lui dal nascondere un bambino che, pochi minuti prima, l’aveva stracciato malamente? Iniziò a guardarsi intorno: di fare irruzione in casa di sconosciuti non se ne parlava proprio, di chiedere aiuto ai monaci… solo come ultima risorsa. E poi notò i resti della Torre Bruciata. Un rudere pericolante, il posto migliore per nascondersi senza avere gente intorno. Rin percorse a grandi falcate la distanza che lo separava dal suo nuovo rifugio, salì gli scalini a due a due e riprese fiato solo quando si sentì al sicuro all’interno della struttura. Il suo istinto gli consigliò di scendere al piano di sotto; non pensò minimamente che, in realtà, si era decisamente messo in trappola da solo. Difatti non passò molto tempo che dei passi sospetti proveniente dal piano superiore iniziarono a far cadere della polvere sopra la propria testa.
Rin stai zitto, non respirare… Ora se ne andrà via, se ne andrà via di sicuro!’ per una manciata di minuti il ragazzino credette di averla fatta franca, ma quando i passi ricominciarono a muoversi, questa volta facendo scricchiolare malamente i gradini che conducevano proprio a lui, scappò via di corsa come se fosse una preda braccata. Pessima idea: dopo aver superato uno slargo con tre strane statue centrali, il bambino andò ad infilarsi in quello che si rivelò essere un vicolo cieco.
 
‘Rin?’ una voce alle sue spalle, gli fece realizzare che non avrebbe più potuto evitare quell’incontro. Haruka Nanase.
‘Tsk’ emise rumorosamente il rossino prima di voltarsi verso l’altro mettendo in mostra uno dei suoi sorrisi più smaglianti. Peccato che fosse decisamente e visibilmente forzato.
‘Oh ma tu guarda, proprio tu, non me lo sarei mai aspettato! E comunque, quanta confidenza!’ il tono della sua voce era palesemente sarcastico; non voleva, nella maniera più assoluta, nascondere all’altro il suo fastidio.
‘Rin, usciamo da qui. È tutto pericolante…’
Vattene tu!’ stava per dire il bambino ma un’idea diversa e decisamente più divertente gli attraversò il cervello con la velocità di un fulmine. ‘Perché invece non ci sfidiamo? La resa dei conti una volta per tutte! Se io vinco, tu e il tuo amichetto mi lasciate in pace, se vinci tu farò il bravo e tornerò a Borgo Foglianova. Che ne dici?’
‘Che dobbiamo uscire’
‘Battimi prima!’ Rin fece uscire dalla sfera Feraligatr e la vista di quelle mascelle dai denti bianchissimi e affilatissimi e di quel corpo massiccio e imponente procurarono ad Haruka visibili gocce di sudore freddo. Questo rallegrò molto il rosso. Comunque, nonostante il ruggito minaccioso dello starter d’acqua, l’altro giovane allenatore sembrava non avere intenzione di accettare la sfida.
‘Fai uscire fuori il tuo starter o chiunque tu voglia!’
‘No’
‘COMBATTI!’
‘No’
Prima di ricevere un qualsiasi ordine, Feraligatr balzò in avanti pronto a colpire Haruka; quest’ultimo avvicinò la propria mano alla sfere che teneva sulla cintura pregando tutti gli dei dell’universo che non fosse troppo tardi.
 
‘Bayleef, Azione!’ lo starter d’erba di Makoto apparve all’improvviso frapponendosi tra l’amico e il coccodrillo. Il suo attacco non sembrava aver causato molti danni, anzi, il pokémon foglia pareva trattenere a stento la forza dell’altro. Haru fece scendere in campo Saba per aiutare a bloccare l’avanzata del loro avversario.
Rin saltò addosso a Feraligatr, aggrappandosi alle scaglie rosse della sua schiena, nel tentativo di fermarlo. Perché stava per fare del male ad un essere umano? I pokémon non combattevano solo contro altri pokémon?
‘Feraligatr, cosa stai facendo??? CALMATI!!!!!’
Il coccodrillo non lo ascoltava, continuava a spingere i corpi più piccoli degli altri due starter per arrivare ad Haruka; le sue pupille erano diventate fessure sottilissime, larghe quanto aghi e i suoi denti digrignavano in maniera rumorosa.
Il sogno di Rin si stava sgretolando sotto le proprie mani nonostante la presa salda che stava cercando di tenere sulle scaglie del proprio pokémon. Aveva finalmente ottenuto un Feraligatr proprio come suo padre; possibile che, vista la situazione decisamente pericolosa, sarebbe stato costretto ad abbandonarlo?
‘FERALIGATR!!!!!!!!!’ urlò il ragazzino in lacrime.
Lo starter ignorò i pugni che il proprio allenatore cercava di sferragli, usando una sola mano, dietro la sua schiena. Sollevò il petto per assumere un’aria più imponente e lanciò uno dei ruggiti più vigorosi e duraturi che era in grado di emettere. Anche Bayleef e Cyndaquill emisero i loro versi di sfida per nulla intimoriti, il loro forte desiderio di proteggere Makoto e Haruka li aveva riempiti di coraggio.
E poi accadde l’incredibile.
Una scossa di terremoto spaccò il terreno in più frammenti, separando le due controparti; una luce fortissima, proveniente dallo slargo con le statue, illuminò tutto il piano inferiore accecando, per un istante, i tre allenatori e i loro compagni. Dei ruggiti, così potenti da far raggelare il sangue, fecero tremare il solaio del piano superiore fino a farlo distruggere. Quello che Makoto, Haruka e Rin videro prima di essere sepolti dalle macerie furono tre strani pokémon, simili a dei cani, saltare verso l’alto per poi sparire oltre la città. Il primo sembrava la reincarnazione del fuoco, distruttivo e fiammeggiante. L’altro la reincarnazione dell’acqua, potente e iridescente. L’ultimo la reincarnazione del fulmine, rapido e luminoso.
 
Rin fu molto fortunato ad avere con sé un pokémon all’ultimo stadio evolutivo: la massa notevole di Feraligatr lo aveva ben protetto dalle macerie, e lo starter aveva poi scavato una via d’uscita usando i suoi forti arti. Un gruppo di cittadini si stava raggruppando, tanto incuriosito quanto spaventato, intorno a quello che restava della Torre Bruciata. Il ragazzino doveva svignarsela prima di trovarsi in mezzo ai guai.
Si voltò alla ricerca di Haruka e Makoto ma dei due bambini nemmeno l’ombra. Forse erano ancora intrappolati sotto ai detriti.


CRONOLOGIA SCENARIO 'LEGGENDE E REALTA'' (quella del quinto scenario si trova in fondo al capitolo 15)

Makoto e Haruka si svegliano senza Rin. Si mettono subito in marcia;
- Makoto, dopo aver ottenuto l'annaffiatoio, sveglia il Sudowoodo che bloccava il passaggio liberando, cosi, la via;
- Rin si alza tardi. Va a sfidare Angelo;
- Haruka, grazie a Makoto, cattura un Heracross (che chiama Katsuo) e l'uovo misterioso dell'amico si schiude rivelando Togepie;
- Makoto cattura Vulpix;
- Rin esce vittorioso dalla palestra della citta con Croconaw appena evoluto in Feraligatr, fa per andare verso il Centro Pokemon quando intravede i suoi inseguitori poco lontano. Scappa a nascondersi nella Torre Bruciata;
- Makoto e Haruka varcano i confini di Amarantopoli. Cercano Rin alla palestra con scarso successo. Makoto torna al Centro Pokémon e Haru continua la sua ricerca;
- Haruka, dopo aver chiesto nel Teatro di Danza (dove incontra anche la Kimono Girl che aveva rivisto al Bosco di Lecci) si dirige alla Torre Bruciata;
- Breve inseguimento tra Haruka e Rin;
- Haruka trova Rin e avverte Makoto tramite messaggio al Pokegear;
- Rin lancia una sfida ad Haruka obbligandolo a combattere. Haruka risponde negativamente;
- Makoto raggiunge l'amico appena in tempo per salvarlo da Feraligatr;
- Entei, Suicune e Raikou si svegliano dal loro sonno e la loro energia causa un terremoto con conseguente crollo di una piccola parte della struttura;
- Rin riemerge dai detriti ma di Makoto e Haruka neanche l'ombra.

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Capitolo 19
*** Al di là del mare [Makoto's Side] ***


Diciannovesimo capitolo! Non ho mai scritto così tanto in vita mia xD
Prima di tutto chiedo scusa per le 'piccolissime' modifiche che ho fatto alla mitologia di Amarantopoli... Mi parevano più 'coerente' così.
E poi bhò, dico solo che sono una persona orribile e che sento il bisogno di abbracciare shota!Makoto chiedendogli scusa ç_ç
PS: grazie in anticipo chi leggerà/commenterà anche questa parte, grazie davvero çwç <3333


Edit del 20-10-2014: prima revisione, effettuate alcune correzioni.
 
Capitolo 19 – Al di là del mare. [Makoto’s side]
 
‘Tieni aperto l’occhio per favore…’ disse il medico mentre puntava una tanto piccola quanto forte luce contro l’iride smeraldina di Makoto. Il bambino si impegnò al massimo nel cercare di non battere le ciglia a causa del leggero fastidio che stava provando in quel momento e fortunatamente riuscì persino a trattenere le lacrime. Si sentiva ancora leggermente confuso per quello che era accaduto il giorno precedente: nel giro di una manciata di secondi aveva sentito la terra tremare e spaccarsi sotto i propri piedi, visto tre strani cani risvegliarsi dalle statue situate nella stanza centrale, udito i loro terribili ruggiti per poi ritrovarsi colpito da pezzi di legno e pietra caduti dal soffitto. Per fortuna che c’erano Haru e i due starter con lui o sarebbe sicuramente morto dalla paura. I soccorritori del luogo avevano ritrovato i due bambini abbracciati l’uno all’altro, ancora tremanti dallo spavento, e sopra di loro Bayleef e Quilava, fedelissimi, che li avevano protetti contro l’impatto. Stando a quello che avevano detto gli adulti del luogo, un ragazzino dal viso sporco di polvere e dai capelli rossi arruffati, come se fosse fuggito dal crollo della Torre Bruciata, aveva avvisato le persone, che erano accorse sul luogo, della probabile presenza di due piccoli allenatori rimasti bloccati nel piano inferiore del rudere; purtroppo era subito scappato alla prima distrazione, prima ancora di rispondere ad alcune domande e di ricevere un minimo di aiuto.
Haruka era seduto accanto a lui con la testa bassa e gli occhi chiari rivolti verso la fasciatura che gli ricopriva tutto l’avambraccio sinistro. Per fortuna la ferita non era grave e non c’era stato bisogno di mettere nessun punto; stessa cosa per i graffi che si era procurato lungo i polpacci e sulle ginocchia. Makoto, invece, si era ritrovato con un taglio abbastanza profondo sulla tempia destra; non era assolutamente in pericolo di vita ma lo staff medico lo aveva obbligato a rimanere a riposo per almeno un giorno intero. E questo non aveva fatto altro che aumentare il senso di colpa che il bambino covava già da un pezzo dentro il proprio cuore: stava rallentando per l’ennesima volta il suo caro amico e Rin, oramai, era sicuramente lontano da loro.
‘Perfetto, tutto ok, le pupille rispondono bene. Puoi stare tranquillo piccolo, stai benissimo!’
Makoto sorrise raggiante, indiscutibilmente rassicurato, e si voltò verso l’amico per condividere con lui la propria gioia. Haruka continuava a tenere lo sguardo rivolto verso il braccio fasciato ma i suoi occhi si erano accesi di una luce chiara e le sopracciglia, sempre e comunque rivolte verso l’interno, apparivano decisamente più rilassate.
‘Quindi posso continuare il viaggio?’
‘Sarebbe più saggio riposare ancora un po’…’
Makoto perse tutto l’entusiasmo che la notizia delle sue buoni condizioni aveva acceso meno di un minuto fa. Il suo viso si rabbuiò quasi totalmente. Guardò di soppiatto Haru per interpretare la sua espressione e quello che notò fu un leggerissimo velo di delusione nei suoi occhi.
‘Haru… Vai pure avanti. Non voglio che tu perda le tracce di Rin…’
‘No, ti aspetto’ rispose subito l’altro.
Dopo vari tentativi di convinzione, alla fine Makoto riuscì ad ottenere il permesso di lasciare Amarantopoli con la promessa di non sforzarsi troppo e di fare piccole pause durante il tragitto di viaggio.
La prima tappa che i due bambini raggiunsero, comunque, fu la palestra di Angelo. Dopotutto non avevano ancora conquistato la Medaglia Nebbia. Il capopalestra era stato uno dei volontari che aveva liberato i bambini dalle macerie della Torre e si era ritrovato ad essere anche il testimone della fuga dei tre cani.
‘Quelli erano proprio Raikou, Entei e Suicune; il fulmine come quello che causò l’incendio della Torre, il fuoco come quello che provocò la distruzione della struttura e infine l’acqua come la pioggia che domò le fiamme. Tantissimi anni fa, a causa di questo incidente, il Pokémon Immersione, il guardiano della torre, volò via dal luogo e non fece più ritorno. Inoltre tre pokémon innocenti morirono a seguito di quella disgrazia; essi furono comunque riportati in vita dal Pokémon Arcobaleno, il guardiano della Torre di Latta, oramai scomparso anche lui, ottenendo poteri incredibili pari a quelli dei pokémon leggendari. Per ringraziare la vita ottenuta nuovamente, i tre cani si tramutarono in statue e iniziarono a vegliare su Amarantopoli per proteggerla da eventuali futuri incidenti. Dopo aver lottato contro di voi mi unirò a Eugenius, ricercatore esperto in pokémon leggendari, e andrò ad esaminare i resti della Torre Bruciata’.
Il primo a combattere fu Makoto, felice di aver potuto attraversare, in via del tutto eccezionale, la palestra con tutti i fari accesi. Decise di utilizzare Vulpix, il nuovo arrivato, anche per testare la sua forza. Il pokémon volpe sembrava, ad un primo colpo d’occhio, possedere forza e agilità superiori alla media e fortunatamente non deluse le aspettative del suo nuovo allenatore. Soprattutto la sua mossa Lanciafiamme lasciò di stucco tutti coloro che si trovavano nella palestra in quel momento. Con in mente il brutto pensiero che forse Angelo ci era andato piano contro di lui per via della brutta esperienza che il piccolo aveva vissuto il giorno precedente, Makoto si ritrovò a prendere in consegna la Medaglia Nebbia. Ovviamente anche Haruka non fu da meno e si ritrovò incoronato vincitore nel giro di poco tempo. Dopo aver effettuato una breve pausa nel Centro Pokémon della città, i due ragazzini si diressero verso l’uscita ovest di Amarantopoli, dove, secondo alcune persone, Rin era stato visto l’ultima volta.
 
Il Percorso 38 era formato da una breve fascia orizzontale recintata divisa in zone di verde alternate con stradine sterrate. Dopo aver chiesto alcune informazioni agli allenatori del luogo, i ragazzini scoprirono che la via più rapida per proseguire oltre era costituita da quella che costeggiava il fitto boschetto nord del posto. Fu Haru quello che accettò di lottare contro gli sfidanti che chiedevano ai due bambini di combattere; anche Makoto voleva fare la propria parte ma l’amico non voleva proprio sentire ragioni. Il giovane allenatore dagli occhi verdi iniziò a provare fastidio per la condizione di ferito che si era ritrovato involontariamente a ricoprire: non sarebbe successo nulla di male se avesse fatto un paio di lotte pokémon! Ovviamente poi si sarebbe riposato; aveva dato la sua parola al dottore qualche ora prima e lui era un tipo che manteneva le proprie promesse. Ma niente, Haruka era irremovibile.
Una volta entrati nel Percorso 39, i due bambini decisero di comune accordo di fermarsi un poco per riprendere fiato. Visitarono la Fattoria Mumu, ricca di Miltank e Tauros che scorrazzavano liberi e felici per i prati, e assaggiarono il buonissimo e nutriente latte per il quale la struttura era famosa. Il sapore dolce e corposo di quella bevanda mise in forze entrambi i ragazzini; fu addirittura Makoto a chiedere all’amico di continuare con il viaggio!
Dopo alcune centinaia di metri di percorso, tutto dritto verso sud, i due bambini si trovarono a respirare, finalmente, l’aria salmastra di Olivinopoli. La cittadina si sviluppava lungo la costa occidentale di Johto ed era famosa soprattutto per il Faro Scintillante, diventato di recente anche meta turistica, e il porto, noto per i suoi traghetti che collegavano la regione con il mondo esterno. Prima di far capolino alla palestra, situata appena sotto l’entrata di Olivinopoli, i due bambini proseguirono fino al Centro Pokémon, costruito vicino alla spiaggia. Per Haruka quello era il paradiso e Makoto non riuscì a fare a meno di sorridere mentre osservava gli occhi dell’amico farsi sempre più grandi e limpidi come l’acqua del mare che osservava con tanto ardore. Peccato che lui, invece, non provava gli stessi sentimenti dell’amico. Quella distesa infinita di acqua, che andava a confondersi con il cielo come se volesse inghiottirlo, gli trasmetteva un’ansia crescente nonostante il sole illuminasse quella superficie blu facendola risplendere come una gemma preziosa. Il ragazzino scosse la testa per scacciare via quegli ultimi pensieri ed entrò per primo nel Centro. Dopo aver fatto riprendere velocemente le forze ai pokémon di Haru, i due amici si diressero verso la palestra della città ma la struttura era chiusa a chiave. Dopo aver chiesto un po’ in giro, i due bambini scoprirono che Jasmine, la capopalestra di Olivinopoli, era corsa verso il Faro quella mattina stessa e sembrava non fosse ancora uscita.
 
Il Faro Scintillante si ergeva alto nella parte sud-est della città al di sopra di un piccolo promontorio che si affacciava sul mare. Il suo corpo bianco era sottile e longilineo: il terrore che il tetto blu potesse crollare a causa della, a prima vista, poco robusta struttura portante veniva spazzato via una volta entrati all’interno dove si poteva constatare lo spessore ingente dei mattoni di pietra del corpo. Dopo aver salito con fatica i gradini delle ripide scale che collegavano ogni livello (ovviamente fu Makoto stesso a richiedere piccole pause ogni volta che raggiungevano un piano superiore), i due giovani allenatori arrivarono finalmente in cima dove una preoccupatissima Jasmine teneva in grembo un Ampharos dall’aspetto non propriamente sano. Alla vista di quel pokémon elettrico, Makoto e Haruka si bloccarono di colpo. La capopalestra si accorse presto di loro e, rivolgendo un sorriso leggermente forzato, disse con voce tenue: ‘Questo piccolino illuminava il mare ogni notte. Ma all’improvviso ha dato segni di cedimento e ora respira affannosamente…’ Un ombra rabbuiò gli occhi chiari della bella fanciulla e Makoto strinse forte la mano del suo amico. Si sentiva in empatia con Jasmine e il volto sofferente del pokémon lo aveva fatto sentire così triste da non riuscire quasi a trattenere le lacrime.
‘So che c’è una farmacia fornitissima a Fiorlisopoli - continuò la donna - ma è al di là del mare… E io non posso lasciare Amphy da solo. Posso chiedervi un favore?’
‘Sicuro! Andremo noi a prendere la medicina per Amphy! Dicci solo quale nave dobbiamo prendere e saremo di ritorno il prima possibile!’
Makoto non era riuscito a trattenersi: doveva assolutamente aiutare Jasmine e il povero Ampharos. Certo, si era ritrovato a prendere la decisione anche per Haru, e già percepiva, senza girarsi verso di lui per ottenere conferma, il volto leggermente contrariato dell’amico. Ma oramai si era messo in mezzo, e lui era un bambino di parola. La capopalestra ritrovò il sorriso per un momento, poi proseguì: ‘In realtà le navi sono tutte bloccate in porto visto che il pokémon che faceva funzionare il faro non emette più luce’ e detto ciò rivolse lo sguardo verso Amphy ‘Purtroppo dovete arrangiarvi da soli, mi spiace’
Una goccia ghiacciata di sudore scivolò lungo la schiena di Makoto: per la prima volta il bambino non sarebbe riuscito a mantenere una promessa.
‘Vedremo cosa saremo in grado di fare’ disse Haruka poggiando le mani sulle spalle dell’amico per trascinarlo fuori da quella stanza. Durante la discesa i ragazzini non emisero alcun suono e Makoto rimase tutto il tempo con gli occhi fissi sui propri piedi e un’espressione atterrita sul viso. Solo una volta raggiunto l’esterno, nel momento in cui la brezza salmastra del porto scompigliò i loro capelli in maniera poco delicata, il moro disse: ‘Hai ancora paura dell’acqua?’
Silenzio. Makoto non voleva rispondere. Si sentiva uno stupido, un debole che non riusciva a superare le proprie paure e, di conseguenza, a maturare. Il suo viso venne rigato da calde lacrime salate proprio come il mare. Haruka sospirò in maniera impercettibile.
‘Tu rimani qui, andrò io a prendere la medicina’
‘E come? Non ci sono navi?’ questa volta il bambino dagli occhi verdi si ritrovò ad alzare un po’ troppo la voce. L’amico non ci fece caso.
‘Nuoterò’
‘Ma è lontano!’
‘Nemmeno troppo… Ho guardato il Pokégear e a quanto pare sono molti gli allenatori che fanno il tragitto a nuoto per allenare loro stessi e i pokémon’
‘Comunque sia non posso lasciarti andare da solo! Sono io che ho fatto la promessa a Jasmine…’
‘E allora mi raggiungerai dopo! Ad Amarantopoli, nel Teatro di Danza, regalano la MT Surf se riesci a battere le loro Kimono Girl…’
Makoto non dovette pensarci su troppo. Si sistemò lo zaino e salutò l’amico.
‘Aspettami a Fiorlisopoli’
‘Ma non metterci troppo, c’è un pokémon malato che aspetta le sue medicine, ricordatelo!’
Makoto, ignorando la ferita alla tempia che aveva iniziato a pulsare leggermente, iniziò a correre verso nord facendo il percorso a ritroso. Varcò la porta ovest di Amarantopoli che era oramai pomeriggio. Girò la città in lungo e in largo per trovare il Teatro e, non appena si ritrovò davanti alla struttura cercata, entrò aprendo la porta con uno scatto violento che spaventò gli spettatori in sala. Il padrone del Teatro gli si avvicinò sorridendo ma il bambino non lo lasciò parlare: disse chiaramente che voleva sfidare le Kimono Girl e che aveva poco tempo a disposizione. Fu portato in una stanza totalmente rivestita di legno dove cinque ragazze con indosso abiti tradizionali dai colori variopinti, lo aspettavano sedute sulle ginocchia. La prima fanciulla si alzò in piedi e gli mandò contro un Vaporeon. Niente di più semplice: Bayleef mise ko il pokémon d’acqua con un solo Foglielama. Fu il turno della seconda ragazza che mandò in campo Jolteon. Anche in quel caso il tutto si risolse in maniera piuttosto rapida: Sandsrew fu una scelta tanto obbligata quanto necessaria. I problemi arrivarono con la terza sfidante ed il suo Flareon. Makoto non possedeva ancora nessun pokémon d’acqua e ne avrebbe dovuto catturare assolutamente uno subito dopo aver ottenuto la MN03. Sandsrew rimase anche per quell’incontro e, faticando e arrancando, riuscì a vincere per un soffio. Per quanto riguardava i pokémon delle ultime due battaglie, Espeon e Umbreon, Makoto non aveva idea di come affrontarli. Più pensava, più la testa gli faceva male. Ma non aveva assolutamente tempo da perdere e così decise di mandare in campo ancora una volta il pokémon più forte che possedeva in squadra: Bayleef. Quest’ultima, percependo l’ansia e la fretta del proprio allenatore, combatté senza risparmiarsi e utilizzando tutte le proprie energie. E quando anche l’ultima Kimono Girl assaporò l’amaro sapore della sconfitta, lo starter d’erba divenne luce e modificò la propria forma per la seconda e ultima volta. Come un bocciolo che, raggiunta la maturità, sboccia orgoglioso rivolto verso il sole, così i petali di Meganium si aprirono sotto lo sguardo ammaliato, anche se un poco sofferente, di Makoto. Il bambino, però non perse troppo tempo per esultare: strappò quasi dalle mani del proprietario del teatro la MN Surf e fuggì via verso l’uscita.
Un pokémon d’acqua, mi serve un pokémon d’acqua…’ lo sguardo del bambino ricadde sul piccolo specchio d’acqua posto vicino all’entrata della Torre di Latta e, senza pensare un secondo di più tanto la testa gli faceva male, calò il suo Amo Vecchio. Un piccolo esemplare di Poliwag abboccò all’esca e Makoto decise di rischiare il tutto e per tutto tirandogli direttamente contro una pokéball.
Ti prego entra, entra, entra…’ pregò il giovane allenatore a denti stretti. Forse fu molto fortunato, oppure qualcuno aveva veramente ascoltato quelle preghiere, fatto sta che il pokémon girino entrò a far parte della squadra e fu subito istruito grazie alla MN03. Senza nemmeno tornare al centro pokémon, Makoto corse rapidamente verso il Percorso 38: il sole stava per tramontare e la luce stava andando man mano a sparire. Ma un qualcosa bloccò il ragazzino a metà del Percorso 39: una strana sensazione di terrore aveva iniziato a comprimergli il cuore e la tempia aveva iniziato a pulsargli in maniera quasi insopportabile. Il piccolo percepì inoltre un’inquietante presenza dietro le spalle: qualcuno o qualcosa lo stava osservando in maniera insistente…
Un pokémon feroce?’ pensò d’istinto il ragazzino. Ma i pokémon non attaccavano gli uomini… Con la mano tremante prese la ball contenente Meganium e se la portò sul petto. Gli mancava il respiro. Sentiva chiaramente il cuore rimbombargli dentro al corpo e la sua testa essere vicina all’esplosione. Quando si decise a far uscire il suo starter dalle sfera, quella presenza scomparve così, all’improvviso, proprio come era apparsa. Il dolore alla tempia si attenuò e Makoto si sentì come svuotato. Le sue gambe cedettero e il bambino si ritrovò a terra come se non avesse più il controllo sul proprio corpo. Meganium emise un verso preoccupato e poi provò a spintonare il suo allenatore per obbligarlo a rialzarsi in piedi. Nulla da fare. Lo starter allora strinse i denti sulla stoffa della maglietta del bambino, dietro alle spalle, e, dopo averlo sollevato, lo poggiò sul proprio dorso per portarlo verso la spiaggia. Una volta arrivati a destinazione, Makoto diede alla sua Meganium una delle carezze più delicate e ricche di ringraziamenti che un piccolo essere umano potesse mai fare ad un proprio pokémon. Dopo averla fatta tornare nella pokéball, il ragazzino fece uscire fuori questa volta Poliwag e si preparò per la traversata. Il sole era scomparso verso Fiorlisopoli e il cielo e il mare si erano tinti di un colore scurissimo. Il giovane allenatore si tolse la maglietta e rabbrividì a causa del vento freddo della sera.
Ce la posso fare, devo solo tenere le mani ben salde su Poliwag. Mi trascinerà lui… Non mi farà cadere in acqua, assolutamente no…
Tenendo tra le braccia il piccolo girino, Makoto mise il piede destro nell’acqua e quasi perse l’equilibrio quando un onda spostò quello sinistro obbligandolo ad indietreggiare. Sembrava come se il mare non volesse concedergli il permesso di attraversare il suo territorio. Quando un’onda più forte andò ad infrangersi violentemente su uno scoglio emettendo lo stesso sordo rumore che il bambino aveva sentito quando il solaio della Torre Bruciata era caduto sulla sua testa, non ci fu più nulla da fare.
Makoto si accucciò schiacciando Poliwag tra petto e ginocchia e iniziò a singhiozzare violentemente.
‘Haru, scusa, scusa…’

 

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Capitolo 20
*** Al di là del mare [Haruka's Side] ***


Ciao, sono Otta e ho scritto questo capitolo prima della puntata 11 di Free Eternal Summer. Ora ho visto l'episodio e voglio morire male, ergo non so se sono riuscita a correggere tutti gli errori di questo ventesimo capitolo (omg, il numero aumenta D: Continuo a dire sempre la stessa cosa, comunque non ho mai scritto una fic o una original lunga così tanto e sono emozionata xD) (ok, la trama me l'ha già regalata la Game Freak con Heart Gold e Soul Silver... Ma son dettagli, vero???)...
Intanto chiedo scusa per la 'mega cosa di Free che ho modificato' (non so come descriverla meglio visto che non voglio far spoiler xD) e che magari farà storcere il naso ai 'puristi' della serie... Chiedo venia ma mi sembrava più logico 'metterla così' ç.ç
Tornando a noi, grazie in anticipo a chi leggerà >w<

Edit del 20-10-2014: prima revisione, effettuate alcune correzioni.

 
Capitolo 20 – Al di là del mare. [Haruka’s side]
 
Haruka non lo avrebbe mai ammesso ma, quando aveva visto il soffitto della Torre Bruciata diventare sempre più vicino e aveva realizzato cosa stesse per accadere, si era fatto prendere dal panico. Era stato lui a stringere la mano di Makoto per trascinare l’amico a sé sperando che quell’abbraccio desse coraggio a entrambi.
Haruka non lo avrebbe mai ammesso ma, quando si era ritrovato schiacciato dai detriti e aveva percepito un dolore lancinante al suo braccio sinistro, nonostante il tempestivo intervento di Quilava e Bayleef accorsi per fare da scudo ai propri allenatori, aveva incominciato a tremare in maniera incontrollata.
Haruka non lo avrebbe mai ammesso ma, alla vista di tutto quel sangue che aveva iniziato a fuoriuscire dalla tempia di Makoto, notando poi che l’amico era rimasto immobile e con gli occhi chiusi apparentemente svenuto, aveva iniziato a piangere.
E lui non doveva e voleva piangere.
E se l’amico si fosse svegliato all’improvviso e l’avesse visto in quelle condizioni? L’avrebbe consolato e aiutato come era solito fare. Come al solito. Come era sempre stato fino a quel momento.
Makoto non era nato per essere una sorta di appendice di Haru. Certo, durante la loro infanzia il ragazzino aveva ricoperto, involontariamente, il ruolo di anello di congiunzione che collegava Haruka con il resto del mondo: il moro era sempre stato un bambino riservato e silenzioso non per timidezza ma per via del suo carattere molto introverso; era Makoto che esternava i suoi sentimenti anche per lui, che comprendeva i suoi pensieri e li formulava a voce alta. Makoto, pian piano e inconsapevolmente, aveva cercato di farlo uscire dal suo guscio; Haru si sentiva in dovere di ricambiare almeno quel suo sforzo. Aveva alla fine accettato la missione di Elm proprio con la speranza di diventare un ragazzino più maturo e indipendente; peccato che la vista dell’amico a Violapoli, dopo praticamente poco più di un giorno di lontananza, lo aveva fatto gioire dal profondo e anche tanto nonostante i suoi buoni propositi.
Quando Bayleef leccò la guancia del proprio allenatore facendolo risvegliare, Haruka nascose il viso sul petto dell’amico.
‘Haru… Stai bene?’ la voce flebile di Makoto il quale, nonostante il dolore della ferita alla tempia, si preoccupava per le condizioni dell’altro, non aiutò Haruka a fermare le proprie lacrime. Utilizzando tutta la forza di cui disponeva, il bambino dai capelli neri cercò di rispondere usando il suo solito tono leggermente distaccato nonostante fosse sicuro di aver fatto uno sforzo inutile: Makoto era capace di leggergli dentro e questa era una realtà non modificabile. Fortunatamente i soccorsi arrivarono molto rapidamente e i due ragazzini si ritrovarono presto distesi su di una superficie decisamente più comoda.
Appena ottenne il permesso di ripartire insieme a Makoto, con l’obbligo di fare molte pause per non stancare l’amico, Haruka tirò un sospiro di sollievo: in questo modo avrebbe potuto dimostrare a se stesso di essere capace di prendere le redini della situazione e, nello stesso tempo, di ricambiare l’aiuto ricevuto fino a quel momento dall’amico. Il suo compagno di viaggio, però, non sembrava intuire le ragioni dell’altro: aveva messo su un’espressione leggermente corrucciata decisamente non da lui.
 
Una volta giunti a Olivinopoli, dopo aver scoperto le condizioni del pokémon del faro e dopo aver accettato di andare a prendere la medicina a Fiorlisopoli, i due amici furono costretti a separarsi. Haruka si fidava di Makoto: sapeva che l’amico, nonostante non lo desse a vedere, era un ragazzino molto forte e tenace; avrebbe sicuramente affrontato con coraggio la propria paura più grande e l’avrebbe raggiunto in poco tempo. Anzi! Poteva benissimo superarlo e approdare prima di lui a Fiorlisopoli visto che avrebbe fatto affidamento alla mossa Surf di un pokémon.
Makoto aveva iniziato ad avere paura dell’acqua a causa della morte di un vecchio pescatore, suo amico, avvenuta qualche anno prima durante una tempesta che era apparsa lungo il Percorso 27. Il bambino si era convinto che in fondo al mare viveva nascosto un pokémon malvagio pronto a catturare e inghiottire le prede ignare che osavano disturbare il suo sonno. Haruka, al contrario, amava l’acqua e la sensazione di libertà che provava quando galleggiava trasportato nelle onde. Adorava come i suoni esterni arrivavano ovattati alle sue orecchie, come se fossero stati purificati da quel liquido trasparente prima di giungere a lui. Non riusciva a resistere a quel mondo misterioso che vedeva sul fondale marino: la sabbia scura scolpita in onde morbide, immobile al primo sguardo, ma che si sollevava a salutare chi si trovava sopra di essa quando un piede o una mano toccava il fondo, le alghe che ondeggiavano placide al modificarsi della corrente, come se il tempo si fosse rallentato in contrasto con la frenesia della superficie... Peccato non riuscire a passare quelle sensazioni anche a Makoto.
 
Haruka osservò l’amico correre via verso nord e tenne lo sguardo fisso verso quella direzione fino a quando il piccolo vicino di casa non scomparve oltre l’orizzonte. Il moro si girò verso il mare e, dopo aver inspirato abbondantemente l’aria piacevolmente salmastra della cittadina, si tolse maglietta e pantaloni: fin da quando aveva scoperto la sua passione per il nuoto aveva iniziato a portare, sotto ai vestiti, un piccolo costume da bagno. Metti che si fosse presentata l’occasione di tuffarsi in mare… doveva farsi trovare preparato! Il ragazzino ripose tutto nello zaino, sperando di non ritrovare tutto il contenuto irrimediabilmente zuppo, e avanzò oltre il bagnasciuga. L’acqua era piacevolmente fresca e la sabbia morbida al tatto. Haru si accucciò sulle ginocchia e allungò le braccia; flettendo le gambe e usando i piedi per darsi la spinta, il bambino si distese sul pelo dell’acqua e poi si immerse totalmente.
Finalmente. Quanto gli era mancato quel suo mondo chiaro e ovattato. Haruka fluttuò in silenzio, con gli occhi chiusi, e rimase in apnea il più a lungo possibile prima di riemergere ed iniziare a nuotare lungo il Percorso 40.
Forse aveva sottovalutato la distanza tra Olivinopoli e Fiorlisopoli, forse aveva leggermente perso la propria stamina da quando aveva incominciato il suo viaggio all’inseguimento di Rin e quindi aveva messo il nuoto da parte… Comunque sia, una volta raggiunto il Percorso 41,  faticò molto per evitare i mulinelli d’acqua che costellavano la zona. Per fortuna la sua sicurezza e il suo buon controllo gli permisero di superare, praticamente illeso, anche quell’ultimo ostacolo e il ragazzino toccò la spiaggia di Fiorlisopoli che si era fatta già sera. Si voltò subito verso nord-est nella speranza di vedere la figura familiare di Makoto apparirgli all’orizzonte. Ma nulla, calma piatta a perdita d’occhio. Haru entrò nel Centro Pokémon solo per farsi dare al volo un asciugamano per evitare di prendere un malanno: Makoto gli aveva promesso che l’avrebbe raggiunto subito e lui l’avrebbe aspettato sul bagnasciuga. Ma la stanchezza della nuotata si fece sentire e l’amico tardava ad arrivare; Haruka, senza rendersene conto, sprofondò in un sonno molto profondo seduto sulla sabbia.
 
Attorno a lui il buio. E il silenzio più pesante. Persino il suo respiro non emetteva alcun rumore. E poi, all’improvviso, il suono di una goccia d’acqua caduta in mare: in un primo momento Haru non riuscì a capire cosa aveva causato quella strana interferenza e da dove essa provenisse; osservando verso il basso, notò solo di avere le caviglie immerse in un’acqua nera come il vuoto che lo circondava e immobile in maniera innaturale. Dopo qualche secondo, lenti cerchi concentrici causati molto probabilmente proprio dalla goccia che aveva sentito cadere poco prima, si avvicinarono a lui e andarono a concentrarsi laddove le sue gambe erano immerse nel liquido. Le prime onde erano scure e quasi invisibili, Haruka percepiva praticamente solo il loro spostamento quando andavano a sbattersi, delicatamente, sulle caviglie; mano a mano che aumentavano di numero, il colore dell’acqua andava pian piano a schiarirsi e a diventare sempre più luminoso, come se la goccia che aveva causato tutti quei piccoli spostamenti avesse pian piano purificato la zona decontaminandola. Quando tutto divenne così chiaro e luminoso da bruciare gli occhi, Haru si svegliò di soprassalto con una strana sensazione che gli stringeva lo stomaco. Si guardò intorno e si accorse di non trovarsi più sulla spiaggia: davanti a lui si stagliava il bancone del Centro Pokémon, qualcuno doveva averlo visto assopito sul bagnasciuga e lo aveva portato all’interno. Il ragazzino si alzò di colpo e uscì dalla struttura; si diresse verso la spiaggia e si bloccò quando si rese conto che Makoto non era ancora arrivato. Iniziò a temere che non fosse proprio partito.
E se ho preteso troppo da lui? Dovevo rimanergli accanto per attraversare il mare insieme?
Una forte folata di vento obbligò Haruka a voltarsi per evitare che la sabbia gli andasse negli occhi. Nella mente del bambino apparve prima, per pochissimi istanti, una macchia rossa che scomparve non appena il moro si accorse di essa. E poi un familiare rumore, come di una goccia caduta in acqua, proprio quella del sogno avuto la notte precedente. Proveniva da nord. I piedi del giovane allenatore si mossero da soli, prima ancora che il cervello potesse formulare un ordine. Haru si ritrovò, così, su di un piccolo promontorio scoglioso che si affacciava sul mare; sopra di esso alcune lapidi dal colore chiarissimo sembravano svettare in contrasto con il blu terso del mare. Poi tutto sembrò ottenere un senso quando, seguendo l’ennesimo rumore della goccia d’acqua, Haruka si fermò davanti alla tomba di famiglia dal nome decisamente familiare: Matsuoka. Il moro si voltò all’improvviso come se avesse percepito una strana presenza alle proprie spalle e per un istante i suoi occhi incontrarono quelli di una bestia cristallina. L’immagine di quello strano essere, però, svanì prima che il ragazzino potesse capire chi o cosa si fosse ritrovato davanti ai propri occhi. Rimase solo una strana sensazione di impotenza che gli pesava in maniera grave sullo stomaco. D’istinto Haruka si diresse di corsa verso la palestra di Fiorlisopoli. Mai l’interno di una struttura poteva apparire più diverso da quello che la gente tendeva ad immaginare osservando l’esterno: una cascata d’acqua, situata nel centro esatto dell’edificio, divideva in due la zona; la palestra si snodava verso l’alto su diversi livelli: su quello centrale si trovava una ragazza, di circa sedici anni, con dei lunghi capelli rossi raccolta in una coda, su quello più alto Furio, il capopalestra. Nonostante  il giovane allenatore fosse decisamente sbalordito da tutta quell’acqua scrosciante racchiusa in un luogo al coperto, il suo sguardo rimase fisso sulla figura della fanciulla che sembrava aspettarlo a pochi metri di altezza. Haru iniziò la scalata resistendo alla pressione della cascata che rendeva più difficile la presa sulla roccia e, compiuto un ultimo sforzo sia fisico che di volontà, si ritrovò faccia a faccia con la giovane donna misteriosa.
‘Benvenuto nella palestra di Fiorlisopoli specializzata nel fortissimo e muscolosissimo tipo lotta!’ disse lei con sguardo sognante. ‘Io sono Gou Matsuoka ma tu chiamami Kou. Sono la prova prelimi…’
‘Tu conosci Rin Matsuoka?’ disse Haruka interrompendo, per la prima volta nella sua vita, una persona più grande di lui.
‘Oh, bhè, è il mio fratellino… Perché, sei un suo amico?’
Il piccolo allenatore quasi perse l’equilibrio per la sorpresa. Effettivamente, dentatura a parte, i due si somigliavano moltissimo. Haruka rimase in silenzio e Gou riprese a parlare.
‘Sai, Rin è venuto a trovarmi e a sfidarmi ieri… Quando gli ho chiesto se a Fiorpescopoli era riuscito a trovarsi degli amici, lui mi ha risposto che non lo sapeva… Io invece ero sicura non fosse totalmente da solo e che magari, come al suo solito, non si era accorto dell’affetto di chi aveva attorno…’
Haru strinse i pugni. In realtà non era riuscito a diventare amico di Rin e il fatto che, molto probabilmente, la sorella non sapesse nulla del furto di Totodile gli rese le cose più difficili. Respirò profondamente e poi si decise a dire la verità. O almeno una parte di essa.
‘Non sono ancora suo amico ma dovrò diventarlo presto…’
‘…Devi, non vuoi?’ la ragazza, nonostante tutto, sorrise. Haru cambiò discorso.
‘Poco fa ho visto una tomba sul promontorio. C’era scritto il cognome Matsuoka…’
‘Si, noi Matsuoka siamo originari di qui. Rin e la mamma si sono trasferiti l’anno scorso a Fiorpescopoli nella casa di nostra nonna; io sono rimasta a Fiorlisopoli per via dei miei impegni nella palestra. Cos’è, stai cercando di conoscere meglio il mio fratellino partendo dal luogo in cui è cresciuto?’
Haruka si ritrovò ad annuire come se volesse cogliere quell’opportunità al volo. Magari avrebbe scoperto di più sul conto di Rin e magari avrebbe intuito le motivazioni dietro all’incidente avvenuto nel laboratorio di Borgo Foglianova.
‘Allora batti prima me e poi Furio. Quando avrai finito risponderò ad ogni tua domanda. Vai Machoke, scelgo te!’

 

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Capitolo 21
*** Al di là del mare [Rin's Side] ***


E mentre Makoto e Haruka angstano con gioia (ma anche no), Rin se la spassa a Fiorlisopoli (ma anche no). Fine delle anticipazioni u.u.
Allora, tornando seri, ho un avviso da fare. Mi è capitato per sbaglio sotto gli occhi il primo capitolo di questa fic e, dopo averlo letto, il mio primo pensiero è stato: 'Omg wtf, esci da questo pc satana!' tanto era scritto male (cioè, come ho fatto a non accorgermi dei mega errori che ho fatto xDDDDDD???) ergo per cui Pokémon Heart Free and Water Silver si prende una, massimo due settimane di riposo in modo che io possa correggere tutto! Ma tranquilli, non abbandonerò il progetto nella maniera più assoluta visto anche il fatto che ci stiamo avvicinando alla fine... 
Ringrazio in anticipo chi leggerà e/o commenterà >w<
(in fondo, come al solito, il riassunto in ordine cronologico dei fatti avvenuti in questo scenario).


Edit del 20-10-2014: prima revisione, effettuate alcune correzioni.

 
Capitolo 21 – Al di là del mare. [Rin’s side]
 
‘L’acciaio che ho temprato con cura non può arrugginirsi per così poco! Un cuore di acciaio non si arrende mai!’
Rin si trovava in difficoltà: Jasmine aveva mandato in campo il suo ultimo pokémon disponibile, Steelix, e lui non sapeva chi far combattere della propria squadra. Fino a quel momento se l’era cavata egregiamente contro i due Magnemite nemici usando solamente Onix; contro quell’ultimo pokémon d’acciaio avrebbe dovuto, per forza, far affidamento su di un altro compagno. Un’idea, in realtà, ce l’aveva eccome, ma visti gli ultimi episodi… E se Feraligatr avesse aggredito anche la capopalestra? Il ragazzino avrebbe dovuto dire addio definitivamente alla Lega Pokémon, poco ma sicuro.
‘Tutto bene piccolo?’ chiese, preoccupata, la giovane donna notando l’esitazione del bambino.
Rin non rispose.
‘Hai ancora dei pokémon a disposizione, no? Che succede?’
Il rossino si morse un labbro e scosse la testa. Non doveva mostrare esitazione, doveva essere forte e prendersi dei rischi se voleva inseguire i propri sogni. Doveva essere più sicuro di sé.
‘Feraligatr, vai!’ Rin cercò di concentrarsi al massimo sul proprio starter in modo da riuscire a intervenire tempestivamente in caso di un comportamento troppo violento da parte del suo coccodrillo.
‘Steelix, Codacciaio!’ il serpente di metallo si avvicinò al proprio avversario effettuando una torsione su se stesso, poi colpì il pokémon d’acqua con la parte esterna della propria coda come se volesse farlo indietreggiare. Feraligatr, contrariamente alle aspettative, resistette a quell’attacco con molta facilità. Per il momento pareva tutto sotto controllo. Nessuna reazione strana, nessun ruggito minaccioso, nessun movimento troppo aggressivo, nessuna iniziativa presa senza ascoltare il proprio allenatore. Un’ordinaria battaglia. Rin tirò un sospiro di sollievo: oramai tranquillizzato e con la coscienza a posto, decise di passare al contrattacco.
‘Feraligatr, usa Pistolacqua!’ l’attacco dello starter colpì in pieno il serpente corazzato il quale, a causa della sua mole, non riuscì a spostarsi per tempo. Un terribile verso di dolore fece vibrare l’aria intorno ai due sfidanti; per un istante Rin si ritrovò ad alzare la guardia per fissare il proprio pokémon d’acqua nel timore di una sua reazione violenta. Feraligatr, nonostante tutto, osservava immobile il proprio avversario e, per il momento, pareva ancora abbastanza tranquillo.
‘Feraligatr, subito, di nuovo Pistolacqua!’ Rin si intromise il più velocemente possibile per evitare di lasciare troppi spiragli di libertà al proprio starter. E così,  dopo essere stato colpito una seconda volta nel proprio punto debole, lo Steelix di Jasmine cadde a terra esausto.
 
Era passata solo un’ora dalla vittoria ottenuta nella palestra di Olivinopoli ma il giovane allenatore dai capelli rossi si trovava già su di una nave pronto a raggiungere Fiorlisopoli. Chiudendo gli occhi poteva già vedere i tetti blu della cittadina, quella spiaggia familiare dove aveva passato tutta l’infanzia a giocare con la sabbia e a nuotare, la casetta vicino alla palestra dove era nato e infine il promontorio a nord, dove si trovava il cimitero del paese e dove riposava, da un paio di anni, il suo adorato papà. Contò le medaglie che era riuscito a conquistare fino a quel momento… cinque! Aveva già completato più della metà del percorso! Il suo viaggio verso la Lega si sarebbe concluso molto presto! Sempre se Nanase e Tachibana non l’avessero raggiunto prima. Chissà se quei due stavano bene. Rin era sicuro di aver avvertito per tempo i soccorsi di Amarantopoli… Certo, non si era fermato a scavare nelle macerie della Torre Bruciata per aiutare i due piccoli allenatori, ma almeno la sua parte l’aveva fatta! Se fosse rimasto con loro, non sarebbe più riuscito ad andare avanti. Ne era fermamente convinto. Quei due l’avrebbero riportato con la forza a Borgo Foglianova e gli avrebbero fatto restituire il proprio starter. E questo non poteva permetterlo. Non in quel momento, almeno. Quella dell’amicizia era sicuramente una scusa per fargli abbassare la guardia. Rin si mise ad osservare le sfere contenenti i pokémon che lo avevano accompagnato fino a quel momento: il fortissimo Onix, il primo compagno in assoluto che avesse mai catturato, il rapido Spearow che avrebbe di sicuro ricoperto il ruolo da protagonista nella palestra di Fiorlisopoli, Magnemite, il nuovo membro, nel quale era incappato mentre scappava lungo il Percorso 38 allontanandosi da Amarantopoli. E infine Feraligatr. Il suo Feraligatr. Il suo starter. Il bambino sospirò leggermente intristito. Cosa stava succedendo al proprio pokémon? E se fosse stato Rin stesso, invece, il vero problema?
Tu non sei diverso da noi!’ nei ricordi del piccolo allenatore apparve l’immagine di Milas, il generale del Team Rocket che il ragazzino aveva sconfitto qualche tempo prima nel Pozzo Slowpoke. ‘Tu non sei diverso da noi!’ gli aveva detto. Rin si morse il labbro visibilmente innervosito: ‘Mi è tornato in mente un tipo veramente miserabile… Devo essere di sicuro stanco, il cervello mi sta facendo dei brutti scherzi’ pensò poco prima di scendere sottocoperta per riposarsi un poco.
Quando approdò nel porto di Fiorlisopoli, il bambino si diresse subito alla palestra della città, con la speranza di incontrare una persona a lui molto cara.
 
‘Rin?’ disse la fanciulla dalla folta coda rossa quando vide il giovane allenatore scalare la roccia della cascata artificiale della struttura di lotta. La ragazza corse verso il rossino e lo abbracciò con tutta la forza che aveva in corpo.
‘Onii-chan, onii-chan, ma sei proprio tu? Fatti guardare… Ma stai diventando un ometto!’
‘Tu invece non sei cambiata di una virgola Gou’ rispose Rin visibilmente commosso. Era da un anno che non vedeva la sorella; era impaziente di dimostrarle che, oltre ad essere cresciuto in altezza, era diventato anche un bravo allenatore di pokémon.
‘Aspetta, non mi dire… Sei qui per sfidare Furio?’
‘Certo!’ disse Rin ostentando tutto il proprio orgoglio.
‘Sei riuscito a farti dare uno starter nonostante tu non abbia ancora compiuto undici anni?’
Ecco, la domanda che più temeva in assoluto.
‘Certo… Sai, era avanzato un pokémon al laboratorio di Borgo Foglianova e il professore Elm mi ha detto che, se volevo, potevo tenerlo io!’
Una bugia. Uscita così, sicura e tranquilla, dalle sue labbra, come se quel fatto appena raccontato fosse accaduto veramente. Qualunque cosa Rin avesse detto, verità compresa, avrebbe comunque deluso Gou… tanto valeva raccontare una storia gioiosa e positiva che non facesse preoccupare la sorella. ‘E indovina un po’ chi mi è toccato?’
Le labbra della ragazza tremarono lievemente per l’emozione: ‘Un Totodile?’ disse Gou tutto d’un fiato, non riuscendo a trattenere le lacrime tanto era felice. ‘Così avrai un Feraligatr come quello di papà!’ continuò poi portandosi le mani sugli occhi nel tentativo di asciugarli il più rapidamente possibile.
Rin abbracciò la giovane donna: ‘È già diventato un Feraligatr’
 
Dopo aver passato un paio di minuti in silenzio per cercare di riprendersi, la fanciulla decise di iniziare subito con il combattimento, e ovviamente non ci sarebbe andata leggera solo perché c’era il suo caro fratellino, quella volta, nel ruolo di sfidante.
‘Vai Machoke, fagli vedere i tuoi muscoli!’ il pokémon lotta, non appena fuoriuscì dalla pokéball, si sistemò in modo da mettere in mostra i propri bicipiti pompati.
‘…Gou, sei ancora così fissata?’
‘Zitto tu, maniaco dei Totodile! Se solo facessi più esercizi di potenza, ti accorgeresti anche tu della bellezza di un bel muscolo guizzante!’ rispose la giovane assumendo un’espressione sognante.
‘Ok, meglio finirla in fretta… Spearow, Aeroassalto!’ il pokémon uccellino non perse tempo e, dopo essersi librato in aria, calò in picchiata contro il proprio avversario. Machoke, colto nel punto debole, iniziò a vacillare in maniera pericolosa, rischiando anche di cadere rovinosamente a terra.
‘Wow, non credevo fossi diventato così forte!’
‘E non hai visto nulla! Spearow, finiscilo con una Beccata!’
‘Machoke, Vendetta, subito!’ il pokémon megaforza colpì con un pugno il proprio sfidante nello stesso istante dell’attacco dell’altro: il compagno di Gou cadde a terra sfinito ma almeno era riuscito a danneggiare, seppure in maniera leggera, il piccolo Spearow.
La fanciulla si avvicinò al fratello e gli scompigliò i capelli con fare giocoso: ‘Nonostante abbia perso non riesco a non essere contenta! Sono fiera di te! Continua così e la Medaglia Tempesta sarà presto tua!’
Rin sorrise molto soddisfatto. ‘Dopo il combattimento tornerò subito a casa e preparerò una cena con i fiocchi!’
‘Non vedo l’ora arrivi la fine del mio turno, allora!’
Il rossino salutò la ragazza e riprese la scalata verso il livello superiore di quella montagnola artificiale. Davanti a lui, sotto allo scroscio d’acqua che dava inizio alla cascata, si trovava un omone dalla stazza notevole, dai capelli scuri e dai folti baffoni castani. Dietro di lui, una signora dai capelli ramati e gli occhi verdi, osservava l’uomo con uno sguardo adorante. L’omaccione parlò con voce chiara e potente: ‘Uoooh! L’acqua della cascata che mi scorre sulla testa… Brrr! Ogni giorno la cascata mi rinvigorisce!’
Rin rimase un po’ interdetto da quell’immagine che, nella mente del capopalestra, doveva risultare ovviamente epica e piena di potenza, assolutamente non inquietante.
‘Scusi… Ma l’acqua cosa c’entra con i pokémon lotta?’ si ritrovò a chiedere il rossino.
‘Già, già, hai ragione. Passiamo allora all’azione! Io sono Furio e questo è Primeape!’ gridò l’uomo, senza perdere altro tempo, facendo scendere in campo il primo avversario da battere.
‘Spearow, scelgo te! Usa Aeroassalto!’ il pokémon volante obbedì subito al proprio allenatore e si ritrovò ben presto a fronteggiare la scimmia di Furio occhi negli occhi. Primeape, rispetto al Machoke di Gou, possedeva una corporatura più compatta e scattante: i suoi movimenti erano decisamente più agili e il compagno di Rin si ritrovò subito in difficoltà. I suoi attacchi di tipo volante riuscivano a ferire l’avversario solo di striscio infliggendo pochi danni; il pokémon lotta, inoltre, sprezzante del pericolo, approfittava proprio dei momenti in cui Spearow si avvicinava per colpire usando i propri pugni al massimo della potenza. Nonostante Rin avesse utilizzato un pokémon di tipologia avvantaggiata contro quelli della palestra di Firolisopoli, vinse quella prima battaglia per il rotto della cuffia. E in quel preciso istante, investito da una potentissima luce accecante, Spearow iniziò a trasformarsi in un maestoso Fearow. Il suo becco divenne acuminato e minaccioso, proprio come gli artigli; le sue ali, invece, nonostante l’apparenza elegante,  divennero parecchio robuste. Il pokémon volante comunque, sebbene l’evoluzione l’avesse rafforzato di molto, non aveva una bella cera: bastò solo un attacco Surf di Poliwrath, la seconda scelta di Furio, a mandarlo ko. Rin rimase in silenzio a pensare mentre faceva rientrare Fearow nella propria sfera. Contrariamente a quello che era accaduto durante l’incontro con Jasmine, questa volta non andò nel pallone e si mise subito a pensare, lucidamente, a come ribaltare la situazione. Forse era arrivato il momento di rischiare: non avrebbe mandato in campo Feraligatr ma avrebbe provato a dare una possibilità a Magnemite. Quest’ultimo era sì forte contro i pokémon di tipo Acqua come Poliwrat, ma la sua seconda natura d’Acciaio lo rendeva debole contro le mosse di Lotta.
‘Magnemite, scelgo te! Levita fino a quando Poliwrath non sarà più in grado di colpirti con i suoi pugni!’ il pokémon calamita si librò in aria in maniera meno epica e maestosa rispetto al compagno di squadra che aveva combattuto prima di lui, ma, così facendo, riuscì a tenere al sicuro il proprio punto debole.
‘Sei furbo ragazzino ma io non perderò facilmente… Poliwrath, Surf!’ Furio diede l’ordine e il suo pokémon rispose obbediente. Ma il risultato che quest’ultimo ottenne fu solo quello di regalare al proprio avversario una rinfrescante doccia ristoratrice, tanto il danno fu minimo.
‘Magnemite, Scintilla!’ l’occhio del mostriciattolo si chiuse per pochi secondi in modo da accumulare potere nel più breve tempo possibile; si riaprì solo per liberare tutta l’energia elettrica accumulata canalizzandola contro Poliwrath. Quest’ultimo non riuscì a trovare possibilità di scampo: la potentissima scossa elettrica l’aveva colpito in pieno e il pokémon girino cadde in ginocchio inerme. Nonostante tutto l’impegno utilizzato per cercare di mantenersi cosciente, il compagno di Furio perse i sensi pochi istanti dopo.
‘Ahahah! È stata una bella lotta! Ma devo ammettere la mia sconfitta. D’ora in poi mi allenerò 24 ore al giorno…’
‘Ma caro… Così passerai sempre meno tempo con me!’ disse la signora dai capelli ramati che, fino a quel momento, era rimasta sempre in disparte (a dire il vero Rin si era totalmente dimenticato di lei per quanto era concentrato sulla propria battaglia).
‘Tesoro, hai ragione, io sopravvivo solo grazie al tuo amore, non posso permettermi di lasciarti sola troppo a lungo’ rispose l’omone avvicinandosi alla propria donna per poi abbracciarla. Quell’immagine decisamente diabetica provocò un leggero senso di nausea nel piccolo Rin.
‘Non ci far caso, sono sempre così… Passato l’imbarazzo iniziale poi ci fai l’abitudine!’ si intromise Gou la quale conosceva le espressioni facciali del fratellino come se fossero scritte a caratteri cubitali su di un libro aperto. ‘Ehi Furio! La medaglia!’ aggiunse rivolta al capopalestra nel tentativo di attirare la sua attenzione.
‘Si, eccomi, scusa tanto… Piccolo, hai meritato la Medaglia Tempesta! Portala con orgoglio!’
‘Siccome sei stato così bravo, ho deciso di farti un piccolo regalo…’ disse la moglie di Furio avvicinandosi al giovane vincitore. ‘Questa è la MN02 e contiene Volo. Puoi insegnarla al tuo Fearow per poter viaggiare sul suo dorso e tornare nelle città che hai già visitato!’
‘Grazie mille! È una mossa utilissima!’ Rin era raggiante. Non vedeva l’ora di librarsi nel cielo proprio come un pokémon volante!
 
Quando Gou rientrò a casa dopo aver finito il suo turno in palestra, il fratellino l’accolse con una tavola apparecchiata ed un invitante profumino di pesce alla griglia. Il rossino non aveva fatto molta fatica a trovare pentole e stoviglie: la casa era rimasta tale e quale a come l’aveva lasciata un anno prima. Egli era partito da Fiorlisopoli per trasferirsi a Fiorpescopoli, con la madre, nella vecchia casa della nonna. Aveva preso l’idea del trasferimento come un segno del fato: era andato praticamente ad accostarsi a Borgo Foglianova, la città sede del laboratorio pokémon; non era solo lui a sognare di diventare un allenatore di pokémon come il padre, era il destino stesso a dargli la sua benedizione!
‘Allora, dimmi dimmi… Hai trovato tanti amici a Fiorpescopoli?’
Rin abbassò le bacchette verso il piatto e rimase un istante in silenzio. Non sapeva come rispondere.
‘Non lo so’ si limitò a dire prima di far cadere il discorso ricominciando a mangiare. La sorella rispettò il suo silenzio decidendo di cambiare argomento.
‘Quindi ora che farai?’ chiese Gou dopo aver spazzolato, in pochi bocconi, tutto quello che aveva sul piatto.
‘Partirò domani mattina…  Mi mancano le medaglie di Mogania e di Ebanopoli. E poi la Lega!’
La fanciulla sorrise dolcemente con fare nostalgico: ‘Mi sembri quasi papà…’
Rin rise. Rise di cuore. ‘Eheheh, vedrai che riuscirò a fare anche quello che lui non è riuscito a portare a termine! Prima di volare via ho intenzione di andarlo a trovare…’
 ‘Ne sarà sicuramente felice… Allora, visto che domani mi tocca stare in palestra molto presto, probabilmente non farò in tempo a salutarti. Prendi questo ora. È il mio regalo per i traguardi che hai raggiunto. La sua forza ti sarà sicuramente utile’ la ragazza gli porse una pokéball contenente un Machoke, uno della sua infinita collezione. Il rossino non riuscì a dire di no.
 
Il giorno successivo, come promesso, il bambino si recò sul promontorio nord dove era situato il cimitero di Fiorlisopoli. Si fermò davanti alla tomba del padre e rimase qualche secondo in silenzio con lo sguardo fisso su di essa. Poi fece uscire dalla pokéball il suo Feraligatr e si mise a parlare.
‘Papà, ora anche io sono un allenatore di pokémon e, proprio come te, ho iniziato con un Totodile. Solo che… non l’ho ottenuto… diciamo in maniera legale, ecco. Se la cosa per te va bene lo stesso, ne sono più che felice. In caso contrario… dammi un segno! Fammi capire se ti sei offeso, che non ti è piaciuto come mi sono comportato… Sappi solo che l’ho fatto seguire il sogno che tu non sei riuscito a raggiungere!’
Ancora silenzio.
Un silenzio pesante.
Persino il vento aveva smesso di soffiare.
E Rin sorrise.
‘Grazie papà!’ e, dicendo ciò, diede un piccolo pugno alla fredda lapide.
Dopo aver fatto rientrare Feraligatr, fu Fearow ad entrare in scena: il ragazzino salì in groppa al pokémon volante e, dopo essersi afferrato per bene alle sue piume, si alzò in volo.
Dall’alto la sua città natale sembrava così piccola e tranquilla. In cuor suo si sentì quasi dispiaciuto: sarebbe rimasto volentieri un altro po’ con la sorella. Ma ora che era entrato in possesso della MN02 sarebbe andato a farle visita molto più spesso.
Una volta superato il mare aperto, la spiaggia di Olivinopoli si mostrò presto ai suoi occhi. Ma un piccolo dettaglio aveva catturato l’attenzione del bambino: una piccola figura familiare sedeva, accovacciata su se stessa, davanti al bagnasciuga. Rin riconobbe subito Makoto. E notò la sua fasciatura lungo la fronte.
Non riuscì a fare a meno di scendere.


CRONOLOGIA SCENARIO 'AL DI LA' DEL MARE' (quella del quinto scenario si trova in fondo al capitolo 18)

- Rin, dopo aver segnalato che Haruka e Makoto erano rimasti bloccati sotto le macerie della Torre Bruciata, fugge da Amarantopoli, prosegue lungo il percorso 38 e cattura Magnemite;
- Makoto e Haruka vengono soccorsi e portati al piu vicino centro di cura;
- Rin arriva ad Olivinopoli dove passa la notte sfinito. Il giorno seguente sfida e batte Jasmine;
- Dopo un giorno di totale riposo, Haruka e Makoto battono Angelo e proseguono la ricerca di Rin verso ovest;
- Rin prende la nave e si mette in viaggio per Fiorlisopoli;
- Il pokémon del faro si ammala;
- Arrivati a Olivinopoli nel primo pomeriggio, Makoto e Haruka scoprono che il pokemon del faro non sta bene e Jasmine è andata da lui per accudirlo. La capopalestra spiega ai bambini che a Fiorlisopoli c'e un bravo farmacista che potrebbe preparare una cura per Amphy e i due allenatori decidono di aiutare la fanciulla;
- Rin giunge a Fiorlisopoli dove sfida prima sua sorella Gou e poi Furio. Spearow si evolve in Fearow;
- Haruka decide di raggiungere Fiorlisopoli a nuoto, Makoto invece, a causa della sua paura per l'acqua, torna ad Amarantopoli dove sfida le Kimono girl e ottiene la MN Surf. Nel laghetto della citta, cattura Poliwag. Si incammina per Olivinopoli;
- Rin torna nella casa dove è cresciuto e, in attesa di Gou, prepara la cena. Al rientro della sorella, riceve Machoke;
- Haruka approda a Fiorlisopoli e si piazza sulla spiaggia in attesa dell'amico;
- Makoto, a metà del Percorso 39, percepisce una presenza potente e inquietante che, però, sparisce rapidamente. Arriva a Olivinopoli ma, una volta giunto sul bagnasciuga, non ha il coraggio di proseguire;
- L'indomani mattina Rin va a trovare la tomba del padre. Poi, grazie a volo, lascia Fiorlisopoli;
- Haruka si risveglia nel Centro Pokémon dopo uno strano sogno, va in spiaggia. Makoto non è ancora arrivato. Seguendo il suono udito nel sogno, si dirige nel cimitero della città dove trova la tomba dei Matsuoka e incontra, per pochi istanti, una creatura cristallina. Corre verso nella palestra di Fiorlisopoli dove fa la conoscienza di Gou;
- Rin, dall'alto del suo Fearow, passa sopra la spiaggia di Olivinopoli dove vede Makoto.

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Capitolo 22
*** Prese di coscienza [Makoto's Side] ***


Ciao, mi sono scordata che dovevo correggere i vecchi capitoli/continuare a scrivere questa fic e quindi non ho giustificazioni per questo ritardo x.x
Se la cosa vi può consolare, ho nerdeggiato tanto e ho visto molti anime <3 (brava, procrastina è_é!) (comunque la prima revisione di tutti i capitoli è stata portata a compimento u.u)
Tornando a noi, questo primo capitolo di questo nuovo scenario (ho perso il conto... A che numero siamo arrivati o.o???) non contiene molta azione... E i due che lo seguiranno non saranno da meno... Spero non siano noiosi nonostante tutto!
Grazie in anticipo achi leggerà/commenterà >.<

 
Capitolo 22 – Prese di coscienza. [Makoto’s side]
 
Makoto non aveva chiuso occhio quella notte. Era rimasto fermo e immobile, accucciato sulla sabbia, con Poliwag stretto tra le proprie braccia. Nel tentativo di farsi coraggio, aveva fatto uscire dalla sfera anche Meganium. Poi Flaaffy. Poi Sandsrew. E infine anche Togepi e Vulpix. Con tutta la squadra al completo che lo guardava fiduciosa, Makoto non avrebbe dovuto e potuto fare il codardo: i suoi mostriciattoli erano lo stimolo perfetto per poter dare il massimo cercando di lasciarsi alle spalle le proprie paure. E invece le sue gambe si erano tramutate in rocce, come gli scogli che costeggiavano la spiaggia di Olivinopoli, e il ragazzino non era più riuscito ad alzarsi in piedi. Aveva trascorso tutta la notte così, in silenzio, con lo sguardo rivolto verso quella distesa nera e all’apparenza infinita che prendeva il nome di mare.
 
La sera aveva lasciato lo spazio al giorno e il sole aveva iniziato a rischiarare buona parte della città, ma la porzione di mare che collegava Il porto della brezza marina con Fiorlisopoli, situata ad ovest, continuava a mantenere, ovviamente, inquietanti sfumature scure.
Il bambino non piangeva più: i suoi occhi oramai erano diventati asciutti come la sabbia sulla quale era seduto, e non avevano più lacrime da versare.
Gli restava solo l’autocommiserazione.
Il suo pensiero andò ad Haru. Il suo amico aveva fatto male a riporre tutta la sua fiducia in lui. Makoto sperava solamente che il moro fosse così intelligente da capire che, oramai, era inutile aspettare ancora, doveva andare subito a prendere la medicina per il pokémon del faro e portarla lui stesso il prima possibile.
Il suo sguardo si spostò verso Meganium. Il suo starter si era accoccolato a lui, tenendo il fianco a diretto contatto con il corpo del proprio allenatore, e dormiva placidamente. Flaaffy, Sandsrew, Togepi e Vulpix, invece, si erano allontanati di pochi passi per poter giocare con la sabbia senza disturbare il bambino. Avevano scavato buche e costruito piccole montagnole che si divertivano a superare saltando. Togepi, però, si era incastrato in uno di quei piccoli fossi creato, molto probabilmente, proprio da lui stesso; grazie all’intervento di Flaaffy e Sandsrew, che avevano iniziato a tirarlo per le piccole braccia, e alle spinte di Vulpix, il pokémon pallapunte riuscì a liberarsi giusto in tempo per andare a scavare l’ennesima buca. Makoto avrebbe voluto sorridere a quello spettacolo così divertente e spensierato, ma i muscoli del proprio volto sembravano non volergli rispondere. In compenso il suo sguardo andò su Poliwag che teneva ancora stretto al petto: quest’ultimo sembrava osservare il piccolo gruppo di compagni di squadra con fare decisamente bramoso. Il ragazzino allentò la presa e adagiò il girino sulla sabbia accanto a sé; Poliwag si voltò verso l’allenatore e si strofinò ad una sua gamba in segno di ringraziamento. Poi raggiunse gli altri correndo goffamente a casa dei propri piedini minuscoli direttamente attaccati al corpo rotondo. Le braccia di Makoto, che avevano iniziato a percepire una poco piacevole sensazione di freddo da quando avevano lasciato libero il pokémon, andarono a incrociarsi sullo stomaco, nascoste dietro alle gambe, e il mento del bambino si poggiò, pigramente, sulle ginocchia rotonde.
Un sospiro. Solo un sospiro fece capolino dalle labbra di Makoto e Meganium se ne accorse: si svegliò di colpo e avvicinò il proprio collo verso i piedi dell’ allenatore in modo che il suo grande occhio dorato fosse a diretto contatto con lo sguardo del bambino. Il ragazzino non riuscì a sottrarsi ad esso. Nonostante la sua bocca fosse rimasta immobile, non concedendo ad alcun suono di uscire, il suo cuore aveva iniziato a parlare al proprio starter, come se fosse certo che il legame indissolubile che li legava avrebbe permesso ai due di comprendersi.
Sai Meganium, io purtroppo sono un codardo. Mi basta poco per bloccarmi. E non riesco a convincermi del fatto che, la maggior parte delle volte, sono io stesso a crearmi problemi. Proprio come quella volta in cui ho immaginato l’esistenza di un pokémon malvagio sul fondo del mare… E un incidente avvenuto a causa di una tempesta lungo il Percorso 27 che si è portato via un pescatore amico della mia famiglia non ha fatto altro che convincermi sul fatto che avessi ragione. Lo so, ero un bambino quando ho iniziato a credere a questa stupidaggine… Eppure eccomi qui, fermo immobile sulla sabbia, che non riesco nemmeno a mettere piede in acqua. Cosa posso fare? Perché non sono abbastanza forte da riuscire a sconfiggere le paure di quando ero piccolo?
Lo starter, come se avesse percepito la velata richiesta di aiuto del proprio allenatore, sollevò il collo e strofinò il muso contro la guancia di Makoto. Le braccia del bambino finalmente si staccarono dallo stomaco e andarono a cingere la testa rotonda di Meganium. Il ragazzino si ritrovò a respirare a pieni polmoni il lieve profumo gradevole che proveniva dai grandi fiori sul dorso del suo pokémon d’erba, e questo bastò a riaccendere un piccolissimo sorriso sul suo volto.
Un potente battito d’ali che aveva alzato, però, una minuscola nuvola di sabbia e una voce familiare, che Makoto non credeva avrebbe risentito così presto, interruppero quel momento idilliaco. Meganium si staccò dal proprio allenatore per sollevarsi sulle quattro zampe e mettersi in posizione di difesa, come se volesse proteggere il ragazzino alle proprie spalle.
‘Jo’
 ‘Matsuoka Rin…’ disse il castano tutto d’un fiato come se stesse sospirando. E poi silenzio.
Il ragazzino dai denti aguzzi fece schioccare la lingua, poi riprese a parlare: ‘Quella ferita sulla testa… Te la sei fatta alla Torre Bruciata?’
Makoto annuì.
‘Quanto è profonda?’
‘Non è grave, non preoccuparti!’ il bambino dagli occhi verdi sollevò il volto e sorrise in maniera dolce, peccato che le sue profonde occhiaie, causate dalla notte insonne appena trascorsa, lo facevano sembrare più stanco e stremato di quello che volesse far credere.
‘Non mi interessa, fammi dare un’occhiata… Anche perché in alcuni punti credo si sia aperta’
Makoto portò una mano sulla tempia e, toccando la zona ferita il più delicatamente possibile, percepì la stoffa della fasciatura leggermente più secca.
Rin provò ad avvicinarsi a lui ma Meganium si frappose tra i due ragazzini.
‘Meganium, va tutto bene, lascialo fare’
Lo starter d’erba si allontanò dal rossino senza però staccargli gli occhi di dosso; Rin si inginocchiò sulla sabbia e iniziò a srotolare la fasciatura con movimenti lenti ma precisi. Finalmente Makoto riuscì a vedere su di essa piccoli grumi di sangue rappreso sporcare il cotone della stoffa.
‘Hai delle garze di riserva?’
‘Mi hanno dato tutto un kit di primo soccorso in caso di emergenza…’
‘Tiralo fuori’ e, mentre diceva ciò, si allontanò verso il bagnasciuga per inumidire un fazzoletto. Quando ritornò verso Makoto, senza dire alcuna parola, si inginocchiò di nuovo di fronte a lui e iniziò a tamponare delicatamente il taglio per ripulire i punti. Con fare sicuro prese poi ovatta e disinfettante e, infine, srotolò una benda pulita intorno alla testa dell’altro.
L’allenatore castano aveva cercato di non emettere alcun suono nonostante il bruciore lancinante che aveva provato alla tempia mentre Rin lo stava disinfettando: i piccoli pokémon della sua squadra si erano avvicinati ai due bambini per vedere cosa stesse accadendo e Makoto non voleva che anche loro si preoccupassero troppo.
‘Fatto. Questa fascia qui, però, - continuò indicando la benda sporca ancora in mano all’allenatore dagli occhi verdi - andrebbe lavata. Così la potrai usare nuovamente’
‘Sai molte cose sul primo soccorso!’ disse l’altro ragazzino sorridendo pieno di gratitudine.
‘Mio padre era un pescatore e spesso tornava a casa con piccole ferite…’ rispose Rin senza quasi pensarci. Poi, come se si fosse accorto di aver involontariamente iniziato a dare troppa confidenza al bambino davanti a sé, cambiò discorso. ‘Piuttosto… Hai viaggiato tutta la notte? Hai una faccia terribile’
Makoto portò istintivamente le mani sulle guance senza, però, percepire nulla di diverso al tatto. Sollevò lo sguardo e si ritrovò a constatare come il suo interlocutore stesse evitando il contatto visivo con tutte le proprie forze. Intuì subito che Rin si sentiva, in qualche modo, in colpa per quello che era accaduto nella Torre Bruciata e quindi voleva essere di aiuto un minimo. Nello stesso tempo, però, la paura di poter essere bloccato e riportato a Borgo Foglianova, faceva tenere tutti i suoi sensi all’erta. Makoto si ritrovò così, inconsapevolmente, a confidarsi con lui.
‘In realtà no… Ieri dovevo attraversare il Percorso 40 a nuoto per arrivare a Fiorlisopoli… Non ci sono più navi perché il pokémon del faro si è ammalato e non fa più luce… E a Fiorlisopoli c’è una farmacia che vende una medicina speciale. Ma io ho paura del mare, e quindi…’
Una forte brezza salmastra bloccò le parole del ragazzino e costrinse lui e il suo interlocutore a chiudere gli occhi per evitare l’ennesima nuvola di sabbia che si era alzata accanto a loro.
‘…Il mio Fearow conosce la mossa Volo. Posso arrivare a Fiorlisopoli in un attimo’
Makoto si sorprese nel sentire quell’ultima frase. Nonostante quelle parole gentili, però, lo sguardo di Rin si rabbuiò per un istante e i suoi denti presero a mordere, con violenza, il labbro inferiore.
Il castano sorrise.
‘No, devo andare io, anche perché Haru mi aspetta laggiù. Meglio che mi faccia forza ed entri in acqua’ Makoto si alzò in piedi e prese a togliersi la sabbia di dosso sbattendo le mani su gambe e fondoschiena. Il rossino guardò l’altro sollevarsi da terra. Le sue labbra si mossero nuovamente da sole.
‘La palestra di Fiorlisopoli è specializzata nel tipo Lotta. Usa pokémon Psico o Volanti per avere la meglio. Te lo dico perché io non rallenterò il mio viaggio solo perché voi due siete rimasti indietro’
‘Saremo noi a recuperare in un soffio il tempo perduto, non temere!’
‘Questo lo vedremo!’ e, dopo aver fatto uscire Fearow dalla propria pokéball, si librò in aria, questa volta tenendo lo sguardo fisso su quello di Makoto.
 
‘Ehi gente, mi sa che dobbiamo andare anche noi…’ disse il bambino dopo che la sagoma del suo rivale dai capelli rossi scomparve dietro ad una nuvola. Il gruppetto di pokémon si riunì davanti al proprio allenatore il quale, uno ad uno, fece rientrare i suoi piccoli amici nelle rispettive sfere, Poliwag escluso. E poi un piccolo ripensamento. Togepi si ritrovò di nuovo in campo senza capire fondamentalmente il perché. Ma Makoto aveva tutto sotto controllo. Prese in braccio il girino e mise sulla propria testa il pokémon pallapunte; respirò in maniera molto profonda per un paio di volte e poi iniziò ad avvicinarsi all’acqua con passi incerti. A contatto con i propri piedi, il mare era piuttosto freddo ma non gelato come la sera precedente. Il bambino portò lo sguardo verso Poliwag e, con la voce tremante per la tensione, disse: ‘Mi fido di te. Non nuotare troppo veloce o rischierò di stringerti troppo forte per paura che tu possa sfuggirmi dalle mani. E tu Togepi – continuò sollevando gli occhi - tieniti forte! Se incontreremo dei pokémon d’acqua, tu cerca di batterli usando Metronomo!’
Entrambe le bestiole recepirono perfettamente il messaggio e, a conferma di ciò, emisero in contemporanea il loro verso di assenso.
‘Bene…’ disse Makoto oramai quasi pronto ad affrontare la sua paura più grande. 
Emise un respiro profondo con gli occhi ancora chiusi.
Avanzò di un passo.
Respirò con tutte le proprie forze una seconda volta.
Un altro passo.
Si abbassò sulle ginocchia, tenendo la testa dritta per non far cadere Togepi, e fece entrare in acqua Poliwag.
‘…Ok, Surf!’
E mentre il ragazzino fletteva le gambe per darsi la spinta iniziale, il girino prese a battere i propri piedini in maniera veloce, senza provocare fastidiosi schizzi d’acqua che sarebbero andati a colpire il viso del proprio allenatore.
In un primo momento Makoto si era limitato a rimanere fermo e a galla con gli occhi chiusi. Poi, sentendo Togepi sulla propria testa che emetteva versi felici come se volesse cantare una canzoncina di mare allegra, si sforzò di guardare lo spettacolo che si stendeva di fronte a sé. Attorno a lui, ovviamente, solo il blu del mare. Ma non quel blu minaccioso tendente al nero che aveva visto la sera precedente. Un turchese chiaro, molto luminoso, e trasparente solo sulla superficie. Il ragazzino riuscì a vedere le proprie braccia distese e le mani che si reggevano su Poliwag. E in alto, un cielo terso e privo di nuvole vegliava su di lui facendo in modo che il sole non fosse oscurato da nulla. Cercando di non sbilanciarsi con il corpo per non far perdere l’equilibrio a Togepi, Makoto prese a muovere i piedi alternandoli e seguendo un ritmo regolare. Aveva iniziato a sentirsi quasi in colpa: ok che Poliwag conosceva la mossa Surf, ma era pur sempre un pokémon dalle piccole dimensioni se paragonato alla stazza di un essere umano. E se si fosse stancato prima di arrivare a destinazione? Makoto si guardò intorno muovendo solo i propri occhioni di smeraldo. Il percorso davanti a sé era ancora lungi dall’essere completato ma, fortunatamente, dei piccoli scogli dalla forma squadrata, spuntavano fuori dall’acqua come se dovessero adempire all’arduo compito di offrire una zona di riposo per gli allenatori che attraversavano il mare.
Ripetendosi fino allo sfinimento ‘Ce la posso fare, ce la posso fare’, concedendo a se stesso e ai suoi due pokémon pause ristoratrici e controllando spesso il pokégear per controllare quanto mancasse alla propria meta, Makoto si ritrovò a percorrere, poche ore dopo, l’ultimo tratto in mare con Fiorlisopoli ben visibile davanti ai propri occhi. L’impazienza di poter finalmente uscire dall’acqua e camminare su di una superficie più solida lo portarono a sbattere le gambe con un po’ troppo vigore: un Tentacool, infastidito da tutto quel movimento, saltò fuori dall’acqua e attaccò il gruppetto con Bollaraggio. Poliwag sfuggì alla presa di Makoto per fare da scudo al proprio allenatore senza pensare, però alle conseguenze. Il bambino, privato del proprio sostegno, si sbilanciò rischiando di affondare in acqua, ma il pensiero che Togepi potesse finire in mare e, di conseguenza, annegare, spinse il bambino a muovere gambe e braccia per mantenersi a galla. Come se avesse percepito il pericolo che rischiavano di correre Makoto e il suo compagno di squadra, Poliwag invertì la rotta e si avvicinò alle mani del proprio allenatore. In quel momento una potentissima luce, situata appena al di sopra del livello del mare, investì Makoto e gli altri pokémon accecandoli per un piccolo istante: un mostriciattolo bianco e dal collo affusolato, con due piccole alette sul dorso, fece capolino sulla testa castana del ragazzino e si mise a guardare il proprio allenatore in attesa di ordini.
‘…Forzantica, ora!’ Togetic colpì violentemente Tentacool costringendolo ad allontanarsi dal gruppo e intimidì l’avversario emettendo un fastidiosissimo verso stridulo usando tutto il fiato che aveva in corpo. Poi, come se volesse dare coraggio al proprio allenatore, si librò in aria, facendo vibrare le proprie piccole ali, e si fece inseguire da Poliwag.
 
Quando i piedi di Makoto raggiunsero finalmente la sabbia soffice della spiaggia di Fiorlisopoli, le gambe del bambino cedettero. Ma delle braccia longilinee dal tocco familiare resero quella caduta meno dolorosa: Haruka, respirando pesantemente come se avesse il fiatone, aveva preso al volo il suo caro vecchio amico e lo guardava con fare preoccupato. Dietro di lui, una fanciulla dai lunghi capelli rossi stava correndo verso i due bambini.
‘Haru, scusa il ritardo! Però… ce l’ho fatta!’ disse Makoto prima di perdere i sensi esausto.

 

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Capitolo 23
*** Prese di coscienza [Haruka's Side] ***


Salve a tutti :3
Capitolo con il pov di Haruka dove, però, è forte l'ombra di Rin... Haru, sorry, al prossimo scenario brillerai come protagonista al 100% (forse) (e fu così che... no)
Questa parte mi è venuta più lunga del solito... Non mi sono regolata proprio xD! Spero che, nonostante tutto, non sia troppo pesante!!!
Grazie in anticipo per chi leggerà/commenterà <3 

 
Capitolo 23 – Prese di coscienza. [Haruka’s side]
 
Il Machoke di Gou giaceva a terra inerme, non aveva più energie per potersi rialzare. L’ultimo attacco di Hoothoot era stato impossibile da evitare: il gufo era sceso in picchiata in maniera veloce e violenta, il pokémon lotta era stato colpito in pieno nel proprio punto debole.
Haruka accarezzò il compagno vincitore prima di farlo rientrare nella sfera. I suoi occhi andarono a cercare quelli della sfidante, come se il ragazzino aspettasse il suo permesso per poter andare avanti.
‘Bhè, direi che mi hai stracciata alla grande. Non mi guardare così, una promessa è una promessa, batti Furio e ti racconterò di più su Rin’
Haru abbassò lo sguardo. Non intendeva assolutamente dubitare della lealtà della Matsuoka e, soprattutto, sembrare un ragazzino malfidato e sospettoso, ma non trovando le parole giuste per chiarire il malinteso si limitò ad effettuare un cenno di riverenza con il capo prima di proseguire con la scalata della palestra.
 
In cima all’ultimo livello, Furio si trovava seduto a gambe incrociate, con un potente scroscio d’acqua che gli colpiva il capo. I suoi occhi erano chiusi e le braccia lasciate morbide sopra le ginocchia: sembrava stesse meditando in santa pace. Haruka si bloccò sul limitare della cascata e si guardò intorno. L’acqua che scorreva lungo la parete rocciosa della palestra proveniva da una grandissima tubatura che sembrava fuoriuscire dal muro retrostante. Sicuramente, dietro di esso, si trovava un grande macchinario che permetteva il ricircolo del liquido. Se da un lato il ragazzino si ritrovò a chiedersi: ‘Chissà quanto paga di bolletta…’, dall’altro non riuscì a fare a meno di immaginare quante volte sarebbe riuscito a riempire la sua piccola cara vasca nella casetta a Borgo Foglianova utilizzando tutta l’acqua della struttura. Di conseguenza, sentì l’impellente bisogno di incoronare la palestra di Fiorlisopoli come la più spettacolare di tutta Johto. Nessun dubbio al riguardo!
Questa volta fu Furio a dover osservare lo sfidante perso nel proprio mondo. Dovette addirittura richiamarlo un paio di volte prima di catturare, finalmente, l’attenzione del bambino. Haruka si ritrovò a serrare le labbra e ad abbassare gli occhioni blu leggermente imbarazzato... Per fortuna si riprese subito.
‘Salve, come avrai ben capito io sono Furio, capopalestra di tipo lotta. I mie pokémon possono frantumare ossa e pietre! Avanti, dobbiamo lottare! Machamp, scelgo te!’ un pokémon dall’aspetto antropomorfo con corporatura alta e molto massiccia entrò in campo sollevando le quattro braccia muscolose. Haru non si fece intimidire e scelse, ovviamente, di far combattere Tuna, il suo fedele Hoothoot. Trattandosi di uno sfidante che aveva da tempo raggiunto l’ultimo stadio evolutivo, il piccolo allenatore si ritrovò costretto a pensare rapidamente ad una strategia per riuscire a vincere quella dura battaglia. Nonostante il quantitativo esagerato di muscoli pesanti, il Machamp di Furio era agile e scattante: gli attacchi di Hoothoot basati sulla velocità vennero tutti intercettati e, di conseguenza, schivati. Dall’altra parte, i pugni potentissimi che scagliava il pokémon lotta mancavano di precisione. Certo, se avessero centrato il bersaglio avrebbero causato un numero di danni decisamente esagerato… Non c’era da scherzare con questa palestra.
‘Tuna, mantieni alta la tua velocità e non farti prendere!’ disse Haru mentre cercava di far lavorare il cervello pensando ad una tattica efficace. Mantenere Hoothoot sulla difensiva e lasciare Machamp colpire a vuoto poteva essere una strategia… Peccato che l’asso di Furio, grazie ai vari allenamenti effettuati, sembrava possedere un’energia a dir poco infinita. E poi era disonorevole sconfiggere un avversario approfittando della sua stanchezza.
All’improvviso, un’idea (o meglio, un ricordo) fece capolino nella mente del ragazzo come un fulmine a ciel sereno.
‘Tuna, cala in picchiata! Ora!’
‘Machamp! Accoglilo con un Dinamipugno!’
Nel preciso istante in cui lo sguardo del gufo incontrò quello dell’ avversario, Haruka ordinò al proprio pokémon di usare l’attacco Ipnosi riuscendo così a far uscire illeso il proprio compagno. Proprio come aveva fatto ad Azalina contro lo Scyter di Raffaello.
Con un tonfo assordante Machamp franò a terra. La sua espressione era placida e serena: si era addormentato pacificamente. Come sembrava innocuo quel mostro nerboruto così rannicchiato su se stesso! Peccato che, dopo tre Beccata da parte di Tuna, Furio fu costretto a ritirarlo dalla lotta.
‘Non perderò così facilmente… Vai Hitmontop!’
Haruka si sorprese quando il secondo pokémon del capopalestra uscì dalla sfera per apparire di fronte ai proprio occhi: contrariamente a Machamp, quest’ultimo mostriciattolo sembrava tutto fuorché potente. Ma non appena, con un balzo rapidissimo, si tuffò di testa effettuando una verticale e iniziò a roteare vorticosamente, tutti i dubbi vennero dissolti all’istante: anche questo sarebbe stato un avversario ostico.
‘Hitmontop, Triplocalcio!’ il pokémon lotta si gettò velocissimamente contro Tuna, il quale, riuscì a evitare, fortunatamente, due calci su tre. Svantaggiati o no, i compagni di Furio non temevano rivali. La strategia del capopalestra si basava totalmente sulla forza bruta: poco importava se l’avversario riusciva ad eludere alcuni colpi, prima o poi un attacco sarebbe andato a segno e il quantitativo di danni inflitti sarebbe stato assurdo.
Haru si morse il labbro violentemente; si era scaldato più del solito. In genere era riuscito a cavarsela sempre abbastanza velocemente contro tutte le palestre che aveva incontrato lungo il proprio cammino. Adesso, invece, faceva fatica a scegliere quali attacchi far effettuare ai propri pokémon, anche se di tipologia avvantaggiata rispetto ai nemici scesi in campo. Ovviamente la strategia scelta prima con Machamp sarebbe stata inutile contro Hitmontop: quest’ultimo non solo aveva il viso letteralmente accostato al terreno, rendendo quindi difficile il contatto con gli occhi di Hoothoot,  inoltre ruotava su se stesso a velocità non quantificabile senza particolari strumenti di calcolo… Praticamente avrebbe caricato alla cieca alla minima percezione di un movimento sospetto se non fosse stato per gli ordini precisi di Furio. Con l’aumentare delle medaglie conquistate cresceva il livello di difficoltà nelle palestre.
Dopo aver osservato per un po’ il comportamento del pokémon avversario, Haruka decise che era arrivato il momento di attaccare. O quasi.
‘Tuna, indietreggia!’
‘Cosa? Una ritirata? Non credere che lo lascerò scappare così! Hitmontop, Attacco Rapido!’ aumentando la propria velocità di rotazione, il pokémon lotta si avvicinò pericolosamente ad Hoothoot.
‘Tuna, scatta di lato!’
‘Hitmontop, fermati!’
‘Adesso, Beccata!’ approfittando della bassa capacità di reazione del compagno di Furio, dovuta soprattutto  all’incredibile aumento di velocità che aveva obbligato Hitmontop a bloccarsi per cambiare direzone, il gufo riuscì a colpire in pieno il proprio avversario. Purtroppo quest’ultimo riuscì a resistere rimandando a chissà quando la conclusione dello scontro.
Haruka iniziò a digrignare i denti. Sperava in un brutto colpo con conseguente ko. Ora che aveva mostrato la sua strategia vincente, i suoi avversari non si sarebbero più fatti prendere in contropiede. Doveva per forza terminare l’incontro con un ultimo attacco. Stringendo i pugni e abbassando lo sguardo, il giovane allenatore dai capelli neri decise quello che sarebbe stato il suo ultimo ordine.
‘Vai Hitmontop, attaccalo più forte che puoi con Triplocalcio!’
‘Tuna, caricalo con un Beccata, ora!!!’
I due pokémon si colpirono a vicenda praticamente nello stesso istante. Solo chi possedeva più tempra avrebbe resistito. Inizialmente i due sfidanti non riuscirono a capire quale fra i due mostri avversari avesse avuto la meglio: entrambi erano usciti da quell’ultimo colpo parecchio malconci e al limite delle loro energie. Ma alla fine fu Hitmontop a crollare a terra senza emettere alcun verso. E proprio in quel preciso istante, rafforzato dalle ultime faticose battaglie appena vinte, Hoothoot illuminò se stesso e tutta l’area, rendendo cristallina l’acqua della cascata che scorreva dal tubo del livello più alto della struttura: il gufo spalancò le sue ali come per lasciarle libere di crescere verso l’alto, lo stesso fece anche il suo corpo. Le piume aumentarono di grandezza e andarono ad irrigidirsi, le zampe si irrobustirono acquistando un aspetto più intimidatorio grazie alla comparsa di artigli molto aguzzi. Tuna era diventato un bellissimo esemplare di Noctowl, alto molto più di Haruka. Furio si ritrovò a sorridere soddisfatto dell’incontro.
‘Eeeeeeeh, ho perso… Direi che hai decisamente meritato la Medaglia Tempesta!’
L’emozione del momento fece brillare gli occhi del bambino. Nonostante tutto, Haru cercò di non mostrare esageratamente la sua gioia abbassando lo sguardo e annuendo senza dire nessuna parola.
Un applauso alle sue spalle lo fece voltare di scatto all’improvviso: Gou Matsuoka lo aveva seguito e aveva assistito in silenzio a tutto l’incontro. Il piccolo allenatore non se ne era accorto minimamente.
‘Capo, è ora di pranzo. Facciamo pausa? Ho promesso un paio di cose a questo ragazzino’ disse la fanciulla mentre poggiava delicatamente una mano sulla spalla di Haruka.
‘Certo Kou! Tu torna pure a casa. Io rimango qui ad aspettare che arrivi mia moglie’
‘Ci rivediamo questo pomeriggio! Haruka, vieni a casa con me. Ho parecchie cose da raccontare’
Leggermente in imbarazzo per quel contatto inaspettato, il bambino seguì la giovane donna in maniera mansueta. I due scesero velocemente i livelli che li separavano dal piano terra ma, una volta raggiunta l’uscita, vennero bloccati da una bella signora dalla capigliatura ramata.
‘Oh, Kou-chan! Stacchi di già?’
‘Si, Furio ha appena finito un bell’incontro!’ e, mentre pronunciava quelle ultime parole, la ragazza diede una amichevole pacca alla schiena di Haru.
‘Non mi dire che questo bambino ha battuto mio marito? I giovani d’oggi sono davvero molto intraprendenti! Tieni piccolo, questa è tua! Te la sei meritata!’ la donna, molto gentilmente, offrì al moro la MT02 contenente Volo. ‘Grazie a questa potrai tornare in un attimo nelle città che hai visitato!’
Haruka ringraziò e salutò la signora con un inchino, poi uscì dalla palestra con Gou al suo fianco. Non appena mise piede sul terreno sabbioso di Fiorlisopoli, però, si voltò improvvisamente verso est, verso il mare, colto da uno strano presentimento. Una figura piccola dai capelli scuri si stava avvicinando alla spiaggia seguendo come una specie di fatina di colore bianco. Makoto era riuscito a superare i Percorsi 40 e 41. Senza dire nulla alla sua accompagnatrice, il moro iniziò a correre il più velocemente possibile verso il bagnasciuga.
Il suo amico era talmente esausto che non l’aveva proprio visto arrivare: si accorse della presenza di Haruka solo quando quest’ultimo lo prese al volo evitando che l’altro cadesse sulla sabbia.
‘Haru, scusa il ritardo! – disse il castano sorridendo nonostante tutto - Però… ce l’ho fatta!’
Gou raggiunse i bambini nel momento in cui Makoto perse i sensi.
 
‘Non ti preoccupare, è solo stanco per la nuotata. È proprio come dice la moglie di Furio, i bambini di oggi sono molto intraprendenti!’ la Matsuoka chiuse la cameretta del fratello nella quale aveva fatto adagiare il nuovo arrivato, lasciando a Togetic e Poliwag il compito di vegliare su di lui. ‘Ho controllato anche la ferita sulla fronte e, a quanto pare, è riuscito a non farle prendere troppa acqua. I punti non si sono ammorbiditi. Quindi possiamo andare tranquillamente al piano di sotto e cucinare qualcosa per tutti e tre’
Haruka rimase in silenzio a fissare il legno dell’uscio chiuso. Aveva iniziato a sentirsi in colpa. Forse non avrebbe dovuto lasciare che l’amico combattesse contro le proprie paure da solo.
‘Haruka?’
E se non ce l’avesse fatta? E se avesse avuto un attacco di panico nel bel mezzo del mare, dove nessuno avrebbe potuto soccorrerlo?
‘Haru?’
Il moro si voltò di colpo verso la fanciulla con sguardo estremamente sorpreso.
‘Scusa, ho usato troppa confidenza?’
Il ragazzino scosse la testa in silenzio e si diresse verso le scale senza attendere che Gou gli mostrasse la strada.
Una volta arrivati in cucina, i due si lavarono le mani e aprirono il frigo.
‘Vediamo… Stamattina è arrivato in porto un carico abbondante di sgombro fresco e l’ho comprato senza pensarci troppo. Possiamo farlo alla griglia, che ne dici?’
Gli occhi sognanti di Haruka furono una risposta più che chiara.
‘Allora, da dove posso cominciare…’ iniziò la fanciulla mentre passava al bambino delle verdure da lavare. ‘Io e Rin siamo nati entrambi qui a Fiorlisopoli. Mamma era una casalinga, papà un pescatore. Anche se, in realtà, prima che nascessimo, lui era stato un allenatore di pokémon’
Gou sorrise nel ripensare ai propri genitori da giovani. Haru ascoltava tutto in silenzio senza perdere nemmeno una parola.
‘È stato proprio papà a farci appassionare al mondo dei pokémon… E Rin lo ammirava tantissimo! Non so quante volte si è fatto raccontare la storia di come lui ha iniziato a diventare allenatore e delle sue avventure con Totodile al suo fianco!’
Haru rischiò di condire la verza, che stava tagliando sottilmente, con il proprio sangue a causa della sorpresa. Forse stava per iniziare a comprendere il motivo delle azioni del rossino.
‘Papà sognava di diventare Campione della Lega Pokémon… Ma non l’ha mai realizzato perché, prima di potersi iscrivere al torneo, ha conosciuto mamma a Fiorlisopoli. E una cosa tira l’altra… E sono nata io. Papà ha deciso di abbandonare i combattimenti per cercare un lavoro più redditizio per la famiglia che stava costruendo. E siccome Fiorlisopoli si trova sul mare, bhé, era quasi una scelta obbligata entrare a far parte di un equipaggio di pescatori. Tuttavia, qualche anno fa, una brutta tempesta ha fatto colare a picco la barca dove lavorava papà portandoselo via insieme ad altri suoi colleghi. Per Rin questo è stato un trauma incredibile… Dopotutto era molto piccolo. Aveva perso la persona che stimava di più in assoluto. Dopo un breve periodo trascorso chiuso in camera, iniziò a cambiare completamente. Si mise ad aiutare in casa, a consolare mia madre e me quando eravamo tristi, e smise di piangere. Iniziò a fare il conto degli anni che lo separavano dal momento in cui sarebbe potuto diventare allenatore di pokémon. Diceva che non vedeva l’ora di scegliere Totodile e di iniziare il viaggio alla conquista delle palestre delle varie città… E quando l’anno scorso la casa a Fiorpescopoli si è liberata dopo la morte di nostra nonna paterna, Rin ha iniziato a pregarci di lasciarlo andare a vivere da solo laggiù. Sarebbe, così, stato vicinissimo a Borgo Foglianova. Alla fine mamma si è trasferita con lui. E poi, credo che il resto tu lo sappia già. Gli hanno ceduto Totodile prima del tempo e così lui ha iniziato la propria avventura. No?’
Haruka abbassò lo sguardo incapace di rispondere. La storia di Rin aveva chiarito molte cose. Ma, nonostante tutto, il moro non riusciva a giustificare l’azione sconsiderata dell’altro.
Gou sospirò: ‘Dimmi la verità. Non è vero che Rin ha ricevuto uno starter prima del compimento dei suoi undici anni solo perché Totodile non era stato ancora scelto e quindi rischiava di rimanere da solo al laboratorio…’
Haru sobbalzò sorpreso. Nonostante non avesse rivolto lo sguardo alla fanciulla o detto nulla di sconveniente, la giovane donna aveva praticamente letto i suoi pensieri.
‘Sai, in realtà io so tutto del furto, ma quando Rin è passato qui ho deciso di stare al suo gioco. Mi sembrava così orgoglioso e felice… Forse ho fatto male a non fermarlo’ a quelle parole il moro sgranò gli occhi e rivolse il viso verso quello della ragazza. Gou emise un sorriso triste e poi prese a spiegare il tutto senza tralasciare alcun dettaglio.
‘Mi ha chiamato mamma qualche giorno fa… La polizia si è presentata sotto casa sua: un ragazzino dai capelli rossi aveva rubato dal laboratorio di Borgo Foglianova una pokéball contenente Totodile, e la descrizione del ladro coincideva con quella di Rin. Poi, però, Elm ha ritirato la denuncia. Forse aveva capito che si trattava di mio fratello. Dopotutto lui è stato il rivale di mio padre durante il suo periodo da allenatore’
Haruka non riuscì a togliere dalla propria faccia l’espressione stupita che si era dipinta sul volto. Elm e il padre di Matsuoka allenatori rivali. E magari avevano persino scelto insieme lo starter da prendere proprio come avevano fatto lui e Makoto poche settimane prima!
Gou riprese a parlare.
‘Mamma mi chiese di provare a contattare Rin con il pokégear visto che lei non ci riusciva… Ma nulla. Forse ha bloccato tutti i numeri. Voleva sapere almeno se lui stesse bene. Devo dirle di tranquillizzarsi…’
La fanciulla abbassò lo sguardo per andare a incontrare gli occhi blu del suo piccolo interlocutore.
‘Ho un favore da chiederti. Se è vero quello che mi hai detto tu stamattina, se vuoi davvero diventare amico di mio fratello, per favore raggiungilo. Digli che non c’è bisogno che diventi la fotocopia di nostro padre, che non deve sentirsi obbligato a fare quello che papà non è riuscito a completare. Lui non è papà, è una persona diversa e, proprio per questo, altrettanto speciale’. 

 

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Capitolo 24
*** Prese di coscienza [Rin's Side] ***


Yeee, nuovo capitolo! Scusate il ritardo ma mercoledì sono stata praticamente tutto il pomeriggio fuori casa per vedere la Principessa Splendente e piangere malissimo. Che poi, maledetti, solo 3 giorni di proiezione, e pure infrasettimanali è_é! Maledetti!
Ma tornando a noi... Capitolo in cui c'è poca azione ma si pensa molto... Diciamo che questo scenario ha costituito la svolta che ha fatto maturare i tre protagonisti: Makoto ha capito come superare i propri limiti, Haruka è venuto a conoscenza del passato di Rin e, da ora in poi, saprà come comportarsi con lui, e Rin avrà, in questo capitolo, un'illuminazione divina xD Spero non sia troppo noioso >.<
Grazie in anticipo a chi leggerà <3 
In fondo il solito riassunto cronologico di questo scenario :3

 
Capitolo 24 – Prese di coscienza. [Rin’s side]
 
Una volta superato il mare aperto, la spiaggia di Olivinopoli si mostrò presto ai suoi occhi. Ma un piccolo dettaglio aveva catturato l’attenzione del bambino: una piccola figura familiare sedeva, accovacciata su se stessa, davanti al bagnasciuga. Rin riconobbe subito Makoto. E notò la sua fasciatura lungo la fronte.
Non riuscì a fare a meno di scendere.
L’altro ragazzino, seppur leggermente infastidito dalla piccola tempesta di sabbia che Fearow aveva creato durante l’atterraggio, sembrava quasi totalmente apatico. Non si era nemmeno voltato per capire la causa di tutta quella confusione. In compenso fu Meganium ad sollevarsi da terra e a pararsi davanti al proprio allenatore come per proteggerlo. Si era per caso legata al dito (o, in questo caso, alla zampa) lo strano comportamento aggressivo avuto da Feraligatr pochissimo tempo addietro?
‘Jo’ fece il rossino per attirare l’attenzione di Makoto cercando di non apparire litigioso agli occhi dello starter d’erba.
‘Matsuoka Rin…’ disse il castano tutto d’un fiato come se stesse sospirando. E poi silenzio.
Strano! A Fiordoropoli, durante quella mezza giornata passata insieme a lui e a Nanase, Rin aveva potuto constatare come l’altro bambino fosse di natura allegra ed estremamente socievole. Anche troppo. L’incidente accaduto ad Amarantopoli poteva essere una delle cause di quel particolare comportamento?
Il ragazzino dai denti aguzzi fece schioccare la lingua, poi riprese a parlare: ‘Quella ferita sulla testa… Te la sei fatta alla Torre Bruciata?’
Makoto annuì. Rin strinse i denti provando un reale e sincero senso di dispiacere.
‘Quanto è profonda?’
‘Non è grave, non preoccuparti!’ il bambino dagli occhi verdi sollevò il volto e sorrise in maniera dolce, peccato che le sue profonde occhiaie, causate dalla notte insonne appena trascorsa, lo facessero sembrare più stanco e stremato di quello che volesse far credere. Si vedeva lontano chilometri come Makoto stesse cercando di sembrare spensierato quasi come al solito. Lo capiva persino Rin nonostante non lo conoscesse quasi per nulla.
‘Non mi interessa, fammi dare un’occhiata… Anche perché in alcuni punti credo si sia aperta’ il rossino, senza nemmeno rendersene conto, si ritrovò a perdere tempo vicino a uno di quei due bambini che avevano come scopo principale quello di riportarlo al laboratorio di Elm. E dopo essere passato nella sua cittadina natale e, in particolare, dopo la visita alla tomba del suo adorato padre, non aveva avuto più dubbi sulla strada da seguire: essa non sarebbe passata per Borgo Foglianova, almeno non prima di una bella visita alla Lega di Johto. Eppure, nonostante tutto, non riusciva a ignorare Makoto. E l’espressione incredula che fece l’altro ragazzino non appena sollevò la mano per tastare la fasciatura sulla tempia ferita convinse Rin su una cosa: aiutare un proprio rivale gli avrebbe fatto guadagnare punti karma; al prossimo incontro la buona sorte sarebbe stata dalla sua parte e magari, inferendo al castano o a Nanase una sonora sconfitta, avrebbe fatto vacillare la loro volontà portandoli, di conseguenza, a rinunciare alla loro folle impresa di seguirlo per tutto il paese.
Rin provò ad avvicinarsi a Makoto ma Meganium si frappose tra i due ragazzini.
‘Meganium, va tutto bene, lascialo fare’
Lo starter d’erba si allontanò dal rossino senza però staccargli gli occhi di dosso; Rin si inginocchiò sulla sabbia e iniziò a srotolare la fasciatura con movimenti lenti ma precisi. Finalmente Makoto riuscì a vedere su di essa piccoli grumi di sangue rappreso sporcare il cotone della stoffa.
Il taglio, fortunatamente, non era messo male e i punti erano ancora tutti al loro posto. Quelle poche gocce di sangue che avevano macchiato il bendaggio erano state quasi sicuramente causate da un qualche brusco movimento che era andato a indebolire i due lembi di pelle appena ricuciti.
‘Hai delle garze di riserva?’ disse Rin oramai deciso a portare a termine il suo ruolo improvvisato da infermiere.
‘Mi hanno dato tutto un kit di primo soccorso in caso di emergenza…’
‘Tiralo fuori’ e, mentre diceva ciò, si allontanò verso il bagnasciuga per inumidire un fazzoletto. Quando ritornò verso Makoto, senza dire alcuna parola, si inginocchiò di nuovo di fronte a lui e iniziò a tamponare delicatamente il taglio per ripulire i punti. Con fare sicuro prese poi ovatta e disinfettante e, infine, srotolò una benda pulita intorno alla testa dell’altro. I due bambini, durante quelle operazioni delicate, rimasero entrambi in silenzio; persino i pokémon del castano, che si erano avvicinati per assistere alla medicazione, avevano osservato i due giovanissimi umani senza emettere alcun verso.
‘Fatto. Questa fascia qui, però, - continuò indicando la benda sporca ancora in mano all’allenatore dagli occhi verdi - andrebbe lavata. Così la potrai usare nuovamente’ Rin si alzò in piedi e fece per ristabilire la dovuta distanza che due rivali, in condizioni normali, dovrebbero tenere.
‘Sai molte cose sul primo soccorso!’ disse l’altro ragazzino sorridendo pieno di gratitudine.
‘Mio padre era un pescatore e spesso tornava a casa con piccole ferite…’ rispose Rin senza quasi pensarci.
Dannazione!
Senza rendersene conto aveva abbassato la guardia e si stava involontariamente aprendo a Makoto. Era tutta colpa di Tachibana! Con quel suo sguardo gentile e il carattere così mite e cortese portava la gente intorno a lui a rilassarsi troppo in sua presenza. Il rossino decise, di conseguenza, di cambiare rapidamente discorso: ‘Piuttosto… Hai viaggiato tutta la notte? Hai una faccia terribile’
Mentre pronunciava quelle parole, Rin voltò il viso verso il blu del mare; aveva deciso di interrompere nella maniera più assoluta il contatto visivo. Dopo una manciata di secondi di silenziosa incertezza, il ragazzino ferito riprese a parlare come se stesse di fronte ad un amico di lunga data.
‘In realtà no… Ieri dovevo attraversare il Percorso 40 a nuoto per arrivare a Fiorlisopoli… Non ci sono più navi perché il pokémon del faro si è ammalato e non fa più luce… E a Fiorlisopoli c’è una farmacia che vende una medicina speciale. Ma io ho paura del mare, e quindi…’
Una forte brezza salmastra bloccò le parole del ragazzino e costrinse lui e il suo interlocutore a chiudere gli occhi per evitare l’ennesima nuvola di sabbia che si era alzata accanto a loro.
Rin rimase sorpreso. Che Makoto, dopo aver sentito quella tanto piccola quanto fuggevole confidenza che il rossino aveva espresso per sbaglio, avesse deciso di aprirsi a lui in modo da eliminare, o almeno affievolire, il disagio che aveva capito provasse Rin stesso a causa di quella situazione? Essere così empatico e attento al timbro della voce e ai gesti degli altri faceva parte anche di quelle qualità che differenziano un allenatore casuale con uno di quelli esperti?
‘…Il mio Fearow conosce la mossa Volo. Posso arrivare a Fiorlisopoli in un attimo’
Ecco. L’aveva rifatto di nuovo. Aveva di nuovo aperto bocca senza collegarla al cervello. Doveva approfittare di quell’occasione per scappare e completare le palestre della regione, non per fare il bravo bimbo che aiuta la gente in difficoltà, nemici compresi. Il suo sguardo si rabbuiò all’istante.
‘No, devo andare io, anche perché Haru mi aspetta laggiù. Meglio che mi faccia forza ed entri in acqua’ Makoto si alzò in piedi e prese a togliersi la sabbia di dosso sbattendo le mani su gambe e fondoschiena. Il rossino guardò l’altro sollevarsi da terra. Abbassò nuovamente gli occhi: sicuramente Tachibana aveva intuito tutti i suoi pensieri. E non avrebbe mai approfittato di lui. Le labbra di Rin si mossero nuovamente da sole.
‘La palestra di Fiorlisopoli è specializzata nel tipo Lotta. Usa pokémon Psico o Volanti per avere la meglio. Te lo dico perché io non rallenterò il mio viaggio solo perché voi due siete rimasti indietro’ l’ultimo consiglio. Poi i due bambini sarebbero tornati, definitivamente, avversari come prima.
‘Saremo noi a recuperare in un soffio il tempo perduto, non temere!’
‘Questo lo vedremo!’ e, dopo aver fatto uscire Fearow dalla propria pokéball, Rin si librò in aria, questa volta tenendo lo sguardo fisso su quello di Makoto.
 
Mentre sorvolava rapidamente il Percorso 39, l’allenatore dai denti aguzzi si ritrovò a ripensare a quella manciata di frasi che aveva scambiato, poco prima, con l’altro bambino. In un certo senso, si ritrovò a pensare come i due fossero, sotto sotto, molto simili. Entrambi volevano diventare più forti cercando di fare affidamento solo su loro stessi. Ovviamente avevano entrambi motivazioni diverse, ma alla base di tutto si trovavano promesse importanti fatte a persone verso le quali andava tutto il loro affetto.
Rin sorrise.
‘Forse, una volta battuta la lega, dovrei andare a restituire Feraligatr a Elm e fare pace con Tachibana e Nanase… Tu che dici Fearow?’
Il pokémon volante emise un verso acuto, però, di difficile interpretazione. Il rossino sospirò confuso ma non riuscì a fare a meno di carezzare gentilmente le piume del collo longilineo del proprio compagno.
Ma una volta giunto in prossimità di Amarantopoli, un’improvvisa tempesta colse allenatore e pokémon decisamente impreparati. Il vento incominciò a soffiare in maniera molto forte deviando la loro traiettoria, una fortissima pioggia aveva reso quasi impossibile vedere dove fossero finiti e dei luminosissimi lampi seguiti da potentissimi tuoni, simili a ruggiti di una bestia pericolosa, spaventarono a morte Fearow. Rin rischiò di mordersi la lingua a causa degli improvvisi sobbalzi e cambi di direzione che il proprio pokémon si ritrovò a fare impaurito. Provò invano a calmarlo; gli chinò la testa per indurlo ad atterrare e cercare un riparo ma nulla, aveva totalmente perso il suo controllo. Fu costretto, così, a stringersi forte al piumaggio di Fearow per evitare di cadere e, di conseguenza, farsi molto male.
 
Quando la tempesta si allontanò dalle sue spalle, quando la pioggia smise di scendere e le nuvole iniziarono a diradarsi, Rin aprì gli occhi e si sporse verso il basso per capire dove fosse finito. A nord intravedeva in lontananza la Torre Sprout; a sud facevano capolino una manciata di familiari tetti color rosa.
‘Fiorpescopoli?’ disse il ragazzino in un sussurro.
Fearow iniziò a volteggiare nell’aria, disegnando grandi circonferenze, in attesa di ricevere ordini dal proprio allenatore.
Rin rivolse lo sguardo nuovamente verso nord, oltre Violapoli: grossi nuvoloni scuri levitavano, minacciosi, oltre la città del capopalestra Valerio. Che si trovassero proprio sopra Amarantopoli? Aveva due possibilità: proseguire fino a Violapoli e poi raggiungere il Percorso 42, la sua meta, a piedi oppure attendere che quell’improvvisa tempesta passasse e volare direttamente nella città della Torre Bruciata.
Era consapevole che, in entrambi i casi, avrebbe perso del tempo rischiando di essere raggiunto facilmente da Nanase e Tachibana. Cosa conveniva fare di più? Accese il pokégear per controllare il meteo della regione: con sorpresa scoprì che nel nord di Johto era previsto sole, non pioggia. Bhè, ottimo aiuto!
Il ragazzino sospirò e abbassò lo sguardo verso Fiorpescopoli. Ripensò a Gou e a come fosse felice di averlo rivisto dopo tutto quel tempo. Poteva ben pensare di tornare a casa da sua madre. E se lei sapesse già tutto del furto di Totodile poiché si trovava vicino a Borgo Foglianova? Anche lui era stato poco furbo: non appena era entrato in possesso dello starter, aveva sfidato apertamente Nanase proprio in quella cittadina… Di sicuro gli abitanti del luogo avevano riconosciuto Rin e, notando come fosse in compagnia di un Totodile, avrebbero intuito all’istante l’identità del ladro del laboratorio. Ma no, cosa stava andando a pensare? Sua madre non lo avrebbe tradito mai! E forse non era venuta a conoscenza del casino di Borgo Foglianova visto che nemmeno Gou sapeva nulla… Forse non sarebbe stato costretto a interrompere il proprio viaggio! Ma si, se avesse parlato con la madre spiegandole tutte le proprie ragioni magari avrebbe ottenuto il permesso di proseguire fino alla Lega senza incappare contro problemi di varia natura!
Rin si convinse sempre di più: realizzare il sogno del padre e poi restituire Feraligatr a Elm, dopo avergli chiesto perdono dal profondo del cuore… Quella era la strada da intraprendere. Si sentiva persino pronto a scontare qualsiasi punizione gli avessero successivamente inferto se prima avesse avuto la possibilità di diventare campione della Lega di Altopiano Blu.
Il ragazzino prese la sfera contenente il proprio starter d’acqua e l’avvicinò al proprio cuore: ‘Sai Feraligatr, io ti devo delle scuse. Alla fine ti ho sempre trattato come uno strumento necessario per realizzare il sogno di papà… E non è così! Non è per mezzo di te ma con te! Scusami, sono stato un allenatore stupido. Ma prometto di migliorare! Te lo giuro! Imparerò anche a controllare i tuoi strani scatti d’ira perciò non preoccuparti! Vediamo di andare avanti insieme!’
 
Rin attese l’arrivo dell’ora di pranzo prima di uscire allo scoperto dai cespugli del Percorso 30.
Non c’era nessuno in giro; Fiorpescopoli sembrava quasi svuotata da tutti i suoi abitanti. Nonostante tutto, il piccolo allenatore avanzava con cautela nascondendosi, guardingo, dietro agli edifici. Una volta raggiunta la casa appartenuta alla nonna, aprì velocemente l’uscio per poi richiuderlo rapidamente dietro le proprie spalle. Quasi si commosse nel percepire quel familiare odore di buon cibo caldo provenire dalla cucina. Rin si affacciò nella stanza dove si trovava la madre, di spalle, ai fornelli, intenta a preparare il pranzo.
‘Mamma, sono a casa’

CRONOLOGIA SCENARIO 'PRESE DI COSCIENZA' (quella del settimo scenario si trova in fondo al capitolo 21)

- Makoto e Rin si incontrano sulla spiaggia di Olivinopoli. Il rosso aiuta l'altro a medicarsi e poi prosegue il viaggio;
- Makoto decide di attraversare il mare con l'aiuto di Poliwag e Togepi;
- Haruka batte Gou e Furio e il suo Hoothoot si evolve in Noctowl. Ottiene la Mn02;
- Una stranissima tempesta coglie in pieno Rin prima che quest'ultimo riesca a raggiungere Amarantopoli;
- Makoto raggiunge Fiorlisopoli e perde i sensi per la stanchezza. Per fortuna Haruka lo sostiene prima che cada a terra;
- Haruka porta Makoto nella casa di Gou. Mentre il moro e la fanciulla preparano il pranzo, quest'ultima gli racconta dettagli sull'infanzia di Rin;
- Rin fugge dalla tempesta e si ritrova vicino a Fiorpescopoli. E' indeciso se proseguire verso nord a piedi oppure aspettare nella vecchia casa di sua nonna che la tempesta passi.


 

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Capitolo 25
*** Il viaggio riprende [Makoto's Side] ***


Yeee, al miracolo, un nuovo capitolo!
Ok, sarcasmo a parte, ho deciso di 'velocizzare i tempi' cercando di postare uno scenario a settimana (più nello specifico: il capitolo riguardante Makoto di lunedì, quello di Haruka il mercoledì e quello di Rin venerdì) e concludere in fretta questa storia (salvo imprevisti tipo 'Omg, è Natale, mia madre mi schiavizza per preparare dolci per parenti' oppure 'Ah, ma in effetti con i miei amici non ci siamo ancora scambiati i regali D: ' etc). Ovviamente cercherò di mantenere una certa cura per ogni capitolo quindi farò in modo di non peggiorare la qualità nonostante la rapidità di 'produzione'... O almeno spero >.<
Quindi dovrete avere solo pochissima pazienza, questo crossover avrà la sua conclusione che si avvicinerà, questa volta, a velocità più sostenuta :3
Ringrazio in anticipo chi leggerà/commenterà questo capitolo e voglio dare un abbraccio forte a chi ha continuato a seguirmi dal primo capitolo nonostante le uscite discontinue di questi scenari <3

 
Capitolo 25 – Il viaggio riprende. [Makoto’s side]
 
Makoto si risvegliò in una stanza a lui non familiare. Il soffitto chiaro era dominato da un lampadario a forma di nuvola che non aveva mai visto prima di allora, le pareti erano dipinte semplicemente con della vernice celeste e, sul letto dove il bambino era adagiato, dei peluches a forma di squalo lo guardavano con i denti aguzzi ben in mostra. Altri occhi, però, erano intenti ad osservarlo con fare decisamente più vivo: Poliwag e Togetic, rimasti fuori dalle proprie sfere quando il loro allenatore aveva perso i sensi sulla spiaggia di Fiorlisopoli, erano restati a vegliare su Makoto con aria preoccupata. Quante feste fecero quando il ragazzino si risvegliò chiamando, una volta notata la loro presenza, il nome di entrambi. Dopo aver accarezzato con affetto i suoi fedeli compagni e dopo aver concesso loro, finalmente, del meritato riposo nelle loro sfere, il piccolo allenatore scostò le lenzuola bianchissime e si mise a sedere. Notò subito la canottiera scura che stava indossando: era leggermente corta e piuttosto attillata. Il padrone della casa nella quale si era riposato aveva asciugato e rivestito Makoto con uno degli indumenti che aveva a portata di mano e che sicuramente apparteneva a un ragazzino di costituzione leggermente più minuta rispetto a lui. Il bambino, imbarazzato, provò a tirare più giù che poté il lembo inferiore della canotta, ma, dopo aver percepito un tanto lieve quanto spaventoso rumore simile a quello di uno strappo, decise di lasciare perdere: a Ponyta donato non si guarda in bocca (fortunatamente erano saltati solo un paio di punti dell’orlo, il danno era praticamente impercettibile).
Si mise a cercare invano, all’interno della stanza, la propria t-shirt, ma del suo indumento nessuna traccia. Intuì che forse, nonostante l’attenzione che aveva posto nel non far entrare troppa acqua nello zaino, la maglietta si era inzuppata così come tutte le sue cose. Makoto emise un sospiro imbronciato e finalmente decise di uscire da quella camera; dopotutto non aveva ancora ringraziato il padrone di casa. Il suo pensiero, comunque, lo portò verso Haruka e su come l’avesse aspettato nonostante il ritardo. Se da una parte si sentiva felice per la fiducia che il vicino di casa aveva riposto in lui, dall’altra percepiva un’ansia crescente per il pokémon malato del faro di Olivinopoli. Non doveva permettersi di perdere altro tempo.
Scese le scale lentamente, un passo alla volta, felice di poter sentire sotto ai piedi nudi la superficie liscia e soprattutto solida dei gradini di legno. Nonostante il coraggio mostrato nel superare una delle sue più grandi paure, il bambino continuava a preferire la terraferma e a temere il mare.
Una volta giunto al piano inferiore, fu facile capire dove trovare la persona che l’aveva ospitato: una voce femminile, piuttosto acuta, rendeva nota la zona da raggiungere: bisognava semplicemente seguire quel percorso sonoro.
‘Per Rin questo è stato un trauma incredibile… Dopotutto era molto piccolo. Aveva perso la persona che stimava di più in assoluto’
Makoto si bloccò prima di raggiungere la porta della cucina. Qualcuno stava parlando di Rin. Rimase fuori in silenzio ad ascoltare per timore di interrompere un discorso importante.
‘Dopo un breve periodo trascorso chiuso in camera, iniziò a cambiare completamente. Si mise ad aiutare in casa, a consolare mia madre e me quando eravamo tristi, e smise di piangere. Iniziò a fare il conto degli anni che lo separavano dal momento in cui sarebbe potuto diventare allenatore di pokémon. Diceva che non vedeva l’ora di scegliere Totodile e di iniziare il viaggio alla conquista delle palestre delle varie città… E quando l’anno scorso la casa a Fiorpescopoli si è liberata dopo la morte di nostra nonna paterna, Rin ha iniziato a pregarci di lasciarlo andare a vivere da solo laggiù. Sarebbe, così, stato vicinissimo a Borgo Foglianova. Alla fine mamma si è trasferita con lui. E poi, credo che il resto tu lo sappia già. Gli hanno ceduto Totodile prima del tempo e così lui ha iniziato la propria avventura. No?’
Makoto si morse un labbro. Da quello che aveva potuto capire, una parente stretta di Matsuoka stava raccontando dei dettagli sull’infanzia di Rin. Le parole di quella fanciulla lasciavano trapelare tutto l’entusiasmo e la voglia di lottare del giovane rossino, come spiegarle ciò che era successo in realtà senza far soffrire nessuno?
La ragazza sospirò: ‘Dimmi la verità. Non è vero che Rin ha ricevuto uno starter prima del compimento dei suoi undici anni solo perché Totodile non era stato ancora scelto e quindi rischiava di rimanere da solo al laboratorio…’
Makoto sentì il proprio stomaco sobbalzare. Fece per sporgere la testa per vedere di persona chi conoscesse Matsuoka al punto tale da individuare ogni sua bugia e quello che notò fu una giovane donna dai lunghi capelli rossi conversare, davanti al bancone della cucna, con un Haruka visibilmente sorpreso. Somigliava tantissimo a Rin.
‘Sai, in realtà io so tutto del furto, ma quando Rin è passato qui ho deciso di stare al suo gioco. Mi sembrava così orgoglioso e felice… Forse ho fatto male a non fermarlo. Mi ha chiamato mamma qualche giorno fa… La polizia si è presentata sotto casa sua: un ragazzino dai capelli rossi aveva rubato dal laboratorio di Borgo Foglianova una pokéball contenente Totodile, e la descrizione del ladro coincideva con quella di Rin. Poi, però, Elm ha ritirato la denuncia. Forse aveva capito che si trattava di mio fratello. Dopotutto lui è stato il rivale di mio padre durante il suo periodo da allenatore’
Haru rimase in silenzio quando la fanciulla gli svelò quell’ulteriore dettaglio sulla propria famiglia. Makoto decise di non entrare ancora nella conversazione; non avrebbe saputo come comportarsi e cosa dire.
‘Ho un favore da chiederti. Se è vero quello che mi hai detto tu stamattina, se vuoi davvero diventare amico di mio fratello, per favore raggiungilo. Digli che non c’è bisogno che diventi la fotocopia di nostro padre, che non deve sentirsi obbligato a fare quello che papà non è riuscito a completare. Lui non è papà, è una persona diversa e, proprio per questo, altrettanto speciale’
Il bambino capelli castani entrò in cucina cogliendo di sorpresa Gou e Haruka. I suoi occhi erano leggermente lucidi ma il suo viso era calmo e sereno. Sorrideva lievemente.
‘Saremo in due a diventare amici di Rin! Lui non è cattivo, è solo maldestro con le persone… E sa di essere nel torto! Quindi per favore, lei e sua madre non sgridatelo!’
‘Makoto…’ gli occhi di Haru incontrarono, preoccupati, quelli dell’amico. Il castano sorrise: Matsuoka era maldestro con le persone proprio come Haruka. In fondo loro due un poco si somigliavano.
‘Ma prima c’è una cosa più importante da fare… Dobbiamo prendere la medicina per il pokémon del faro di Olivinopoli!’
‘Ah, la farmacia è qui a due passi… Allora vi lascio liberi!’ poi, rivolgendosi al moro, disse: ‘Grazie mille per avermi ascoltata. E grazie anche a te per tutto quello che fai e farai per il mio stupido fratellino. Spero che vi accetti presto entrambi come amici!’
‘Però …’ Makoto arrossì improvvisamente ‘Ecco… La mia maglietta… Cioè, grazie mille per avermi aiutato e ospitato… Però…’
‘I suoi vestiti per favore’ si intromise Haruka completando la frase dell’altro. Visto che dovevano sbrigarsi a tornare ad Olivinopoli, tanto valeva tagliare corto.
‘Oh si, ma certo… Anche se non credo si sia ancora asciugata del tutto…’ dovette ammettere Gou.
‘Non importa, va bene anche così…’
Dopo aver raccattato tutti i propri averi, Makoto e Haruka si diressero nella farmacia di Fiorlisopoli. Poi pranzarono velocemente in casa Matsuoka.
 
‘Alla palestra la moglie di Furio regala la MN Volo. Vai ad avvertire Gou: è lei l’allenatrice che devi battere prima del capo’
Haruka ce la stava mettendo tutta per prendere l’iniziativa e risolvere velocemente le cose, Makoto lo intuì subito. In questo modo si sentì ancora più in colpa: era lui la zavorra che non permetteva all’amico di andare avanti. Il bambino dagli occhi verdi abbassò il volto mostrando un sorriso dolce anche se un po’ triste: ‘Haru, vai avanti. Per favore’
Il moro si voltò di scatto e fece per controbattere… Venne interrotto subito.
‘Io non credo di riuscire a battere in breve tempo questa palestra. Quando sono andato nel teatro delle Kimono Girl, ho fatto fatica negli ultimi combattimenti! Mi sono informato su Furio e sui suoi pokémon: in squadra avrei solo Togetic avvantaggiato come tipologia! Ma lui si è appena evoluto, non conosce le mosse giuste… Devo per forza fermarmi e allenarlo!’
Makoto fece una pausa. Haruka lo osservava in silenzio a bocca aperta.
‘Haru… Cerca di capirmi! Mi sento come se ti stessi rallentando… E non provare a dire di no, in cuor tuo pensi anche tu quello che ho appena detto. Per favore, vai avanti e chiedi scusa a Jasmine da parte mia… Dopotutto sono stato io a proporre noi due per aiutare Amphy. Ti prego, torna da solo e in fretta ad Olivinopoli!’
Gli occhi blu di Haruka si stavano assottigliando in un’espressione decisamente poco rassicurante. Makoto lo capiva benissimo: prima l’aveva praticamente costretto ad aiutare una persona sconosciuta e poi gli cedeva tutto il da farsi. Ottimo comportamento, davvero!
‘Ti prometto una cosa: con Rin sarà diverso! Anche se ho promesso io a Gou che noi due saremmo diventati entrambi suoi amici, io farò di sicuro la mia parte, non ti lascerò fare tutto da solo! Anche a costo di saltare qualche palestra! E quando noi due ci incontreremo di nuovo, ti sfiderò in modo che tu capisca che il mio ritardo non è stato un qualcosa di inutile!’
Il castano strinse i pugni e mostrò all’amico uno dei suoi sguardi più seri e fermi. Haruka, dopo alcuni momenti di silenzio, sembrò finalmente capire i sentimenti dell’altro e si ritrovò a sospirare esausto: ‘…Vedi di allenarti bene oppure mi ritroverò costretto a rispedirti a Borgo Foglianova!’
 
I due amici si salutarono sulla spiaggia di Fiorlisopoli.
Makoto si diresse a nord verso una piccola zona con l’acqua poco profonda circondata da bassi scogli. In quel luogo andavano a riposarsi grossi gruppi di Tentacool: il luogo ideale per far guadagnare esperienza al piccolo Togetic.
Haruka, invece, prese il volo verso nord-est e sparì rapidamente oltre l’orizzonte.
 
Quando Gou uscì dalla palestra per concludere la propria giornata di lavoro, notò in lontananza la figura di Makoto dare ordini al proprio pokémon. Quella mattina, quando aveva scorto il bambino arrancare esausto sulla spiaggia della città, si era spaventata nel vederlo improvvisamente crollare svenuto sul bagnasciuga e si era presa subito cura di lui reputandolo debole e bisognoso di aiuto nonostante l’aspetto quasi imponente per la sua età. In quel momento, invece, comprese come aveva mal giudicato quel giovanissimo allenatore che si stava impegnando con tutto se stesso per poter proseguire, senza rimpianti, lungo la propria strada.
Si avvicinò a Makoto e si rivolse a lui solo quando l’ennesimo Tentacool andò ko concedendo un po’ di respiro a Togetic.
‘Si sta facendo buio… Meglio concludere per oggi, non credi?’
Makoto alzò lo sguardo verso la fanciulla e una goccia di sudore scese rapidamente dalla sua fronte fino al mento.
‘Si, forse dovrei andare al Centro Pokémon… Togetic inizia ad essere esausto. Grazie mille per la preoccupazione!’
Il bambino fece per allontanarsi ma Gou lo bloccò per il polso.
‘Dopo aver lasciato il tuo amico al Centro, vieni a casa mia. Non hai un posto dove dormire, no? Ti preparerò anche una cena sostanziosa per recuperare le energie! E non provare a dire di no, è il mio ringraziamento per l’aiuto futuro che darai tu, insieme ad Haruka, per mio fratello! Vedilo come un investimento!’
Il ragazzino aveva aperto la bocca come per controbattere in maniera educata ma le ultime frase della Matsuoka gli aveva bloccato in gola le parole.
Il castano, dopo qualche secondo di smarrimento, non riuscì a fare a meno di ridere; l’unica parola che fuoriuscì dalla sua bocca fu un goffo ‘grazie’.
Gou continuò con fare da maestrina: ‘Però non credere che quando mi sfiderai in palestra io sarò così gentile, mi raccomando!’
 

 

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Capitolo 26
*** Il viaggio riprende [Haruka's Side] ***


Inizio già chiedendo scusa perchè la parte di Rin, molto probabilmente, uscirà sabato invece che venerdì (brava Otta, meno male che ti stavi impegnando per rendere la pubblicazione più regolare xDDDD)
Comunque sia, capitolo più lungo e con tanta roba dentro (dai Haru, go Haru!).
Ah, voglio precisare una cosa... Quando ho ideato tutta la scaletta di avvenimenti per questo crossover, quando ho creato squadre e 'sistemato' gli allenatori delle varie palestre, la stagione 2 di Free non era ancora uscita. Nonostante la messa in onda di Eternal Summer, ho deciso comunque di proseguire con i miei appunti senza modificare nulla, magari farò apparire un paio di personaggi della seconda stagione come cammei, vedremo u.u (ok, capirete questa frase solo dopo aver letto il capitolo, chiedo scusa in anticipo xD)
Detti ciò, grazie a chi sta continuando a seguire questa storia, a chi leggerà e/o a chi recensirà :3 Grazie mille çwç
E buon Natale!!!

 
Capitolo 26 – Il viaggio riprende. [Haruka’s side]
 
‘Haru, vai avanti. Per favore’
Il moro si voltò di scatto e fece per controbattere… Venne interrotto subito.
‘Io non credo di riuscire a battere in breve tempo questa palestra. Quando sono andato nel teatro delle Kimono Girl, ho fatto fatica negli ultimi combattimenti! Mi sono informato su Furio e sui suoi pokémon: in squadra avrei solo Togetic avvantaggiato come tipologia! Ma lui si è appena evoluto, non conosce le mosse giuste… Devo per forza fermarmi e allenarlo!’
Haruka rimase incredibilmente sorpreso da quelle ultime parole. Non aveva mai visto Makoto così serio prima di quel momento.
‘Haru… Cerca di capirmi! Mi sento come se ti stessi rallentando… E non provare a dire di no, in cuor tuo pensi anche tu quello che ho appena detto. Per favore, vai avanti e chiedi scusa a Jasmine da parte mia… Dopotutto sono stato io a proporre noi due per aiutare Amphy. Ti prego, torna da solo e in fretta ad Olivinopoli!’
Gli occhi blu di Haruka si stavano assottigliando in un’espressione decisamente poco rassicurante. Il moro sperava di far capire all’altro, con la sola espressione del proprio viso, che non reputava minimamente l’amico come zavorra. Non lo pensava nella maniera più assoluta e non l’avrebbe comunque mai, mai, mai considerato in quel modo. Ma Makoto, per la prima volta, sembrava non riuscire a guardarlo dentro tanto si sentiva in colpa per il ritardo accumulato e preoccupato per il pokémon del faro di Olivinopoli.
Il bambino dai capelli castani riprese a parlare: ‘Ti prometto una cosa: con Rin sarà diverso! Anche se ho promesso io a Gou che noi due saremmo diventati entrambi suoi amici, io farò di sicuro la mia parte, non ti lascerò fare tutto da solo! Anche a costo di saltare qualche palestra! E quando noi due ci incontreremo di nuovo, ti sfiderò in modo che tu capisca che il mio ritardo non è stato un qualcosa di inutile!’
Ancora a giustificarsi. Makoto non doveva discolparsi di nulla, perché non lo voleva capire?
Haruka non sapeva come comportarsi e cosa rispondere. L’amico si era intestardito come non aveva mai fatto in vita sua e non voleva sentire ragioni. Non si sarebbe mosso senza il consenso di Haru.
Il moro si ritrovò a sospirare esausto: ‘…Vedi di allenarti bene oppure mi ritroverò costretto a rispedirti a Borgo Foglianova!’
Makoto riacquistò di nuovo il suo classico sorriso e Haruka si sentì, finalmente, sollevato.
 
I due amici si salutarono sulla spiaggia di Fiorlisopoli.
Makoto si diresse a nord verso una piccola zona con l’acqua poco profonda circondata da bassi scogli. In quel luogo andavano a riposarsi grossi gruppi di Tentacool: il luogo ideale per far guadagnare esperienza al piccolo Togetic.
Haruka, invece, prese il volo verso nord-est e sparì rapidamente oltre l’orizzonte.
 
Il faro di Olivinopoli fu la prima cosa che gli occhi del piccolo allenatore dai capelli neri vide una volta entrato nella zona sud del Percorso 40 sul dorso di Tuna, il Noctowl; il ragazzino guidò goffamente il pokémon volante sul terrazzo situato sulla sommità della struttura e atterrò con non poca difficoltà.
La sua prima esperienza di volo non era stata delle migliori: aveva creduto che volare fosse un poco come nuotare nell’aria ma le sue aspettative differivano totalmente con i propri pensieri. Se l’acqua accarezzava docilmente il suo volto per lasciarlo passare, l’aria era invece prepotente e fredda, colpiva il suo viso con violenza senza preoccuparsi di fargli male, sembrava non voler far passare il giovane allenatore nel suo territorio.
Una volta che Haruka e Noctowl atterrarono al faro, il bambino emise un profondissimo respiro di sollievo. In futuro avrebbe usato la mossa Volo solo in caso di emergenza. Meglio proseguire a piedi, se non addirittura, ovviamente dove possibile, nuotando.
Fu Jasmine stessa a raggiungere Haru sulla terrazza. La fanciulla si stupì nel veder tornare solo uno dei due giovani allenatori che erano partiti insieme per Fiorlisopoli.
‘Bentornato… Ma il tuo amico?’
‘Ha avuto un imprevisto…’ il bambino non perse tempo e, rapidamente, tirò fuori dallo zaino il pacchetto che aveva ricevuto nella Farmacia della città appena lasciata alle proprie spalle.
‘Questa medicina farà guarire Amphy?’ chiese la capopalestra visibilmente in ansia.
‘Credo di si…’ come mai Jasmine era diventata così dubbiosa? Era stata lei ad indicare proprio in che farmacia andare!
‘Ehm, non offenderti ma… Amphy non accetta nulla dagli estranei!’ disse la fanciulla con tono pacato come se volesse scusarsi. Haruka stava iniziando ad innervosirsi. Aveva volato il più rapidamente possibile per portare la cura per Ampharos in tempi brevi e adesso doveva perdere altri minuti preziosi perché quel pokémon viziato voleva che fosse una persona specifica a curarlo? Perché il mondo non vedeva l’ora di complicarsi la vita? Nonostante i pensieri poco carichi di gioia, il moro cedette la pozione alla capopalestra la quale, per fortuna, la mise subito a disposizione del pokémon elettrico. Quest’ultimo bevve la medicina tutta d’un sorso e, una volta svuotata la boccetta, sul suo viso giallo apparve un’espressione come di disgusto, comunque sia molto buffa.
‘…Amphy, come ti senti?’ chiese Jasmine ancora tesa come una corda di violino.
Il pokémon elettrico sollevò il capo rotondo e, dopo che fu sparito dalla sua bocca quel retrogusto dal sapore orribile, emise un verso decisamente più carico di energia. Tremando lievemente sulle sue corte zampe, si mise in piedi da solo, si spostò verso l’esterno del faro e, concentrandosi, emise un debole ma luminoso piccolo bagliore. Non si poteva fare a meno di pensare che la medicina di Fiorlisopoli avesse almeno ridato un po’ di energia al corpo debilitato del povero Ampharos.
Jasmine emise un fortissimo sospiro di sollievo: ‘ Mi sento così sollevata! È semplicemente meraviglioso! Grazie, grazie davvero, è tutto merito tuo!’
Haruka abbassò lo sguardo. In realtà era stato Makoto a proporre entrambi per andare a prendere la pozione… Una volta completato il suo allenamento, una volta raggiunta Olivinopoli, Jasmine l’avrebbe sicuramente riconosciuto e avrebbe ringraziato anche lui a dovere. Per questo il moro non disse nulla e non si mosse minimamente in modo che nessuna parte del proprio corpo desse la sensazione di voler prendere, al cento per cento, tutti i meriti.
‘Meglio tornare alla palestra… Tu eri venuto qui anche per sfidarmi, vero? Dammi una mezz’oretta per organizzare tutto, ci vediamo più tardi!’
Jasmine diede un’ultima occhiata ad Amphy prima di raggiungere, praticamente di corsa, l’ascensore della struttura.
Haru, rassegnato all’idea di dover aspettare un poco, decise di prendere le scale con calma.
 
Fortunatamente, quando il piccolo allenatore si presentò davanti alla palestra, trovò la porta aperta e un lungo corridoio circondato da pilastri d’acciaio ad attenderlo. Il soffitto era caratterizzato dal susseguirsi di numerosi travi dello stesso materiale il quale non lasciava dubbi sulla tipologia di pokémon nella quale Jasmine poteva essere specializzata.
A circa metà del percorso, Haruka fu bloccato da una ragazzina dall’apparenza molto simile a quella della capopalestra: possedeva infatti grandi occhi verde acqua e lineamenti molto delicati; una frangia corta e dei piccoli ciuffi morbidi le incorniciavano il viso, il resto dei capelli era raccolto sulla cima della testa da uno chignon voluminoso.
‘Benvenuto nella palestra di Olivinopoli! Io sono Chigusa Hanamura, prova preliminare da superare prima di accedere allo scontro con Jasmine. La capopalestra mi ha detto tutto… Sei tu che hai portato al faro la medicina per Amphy, vero?’
Haru aveva iniziato a sentirsi a disagio. Stava ricevendo troppe attenzioni quel giorno. Ecco, lo sapeva, avrebbe dovuto convincere Makoto a seguirlo a costo di fargli saltare la palestra di Fiorlisopoli. Lui si che se la sarebbe cavata velocemente anche per due!
La fanciulla, dopo aver atteso invano un qualche tipo di segnale di risposta da parte del suo piccolo interlocutore, riprese a parlare con tono pacato come se si stesse rivolgendo ad un ragazzo molto timido.
‘Mi potresti far vedere quante medaglie sei riuscito a conquistare, per favore?  Sai, devo sapere quale pokémon posso mandarti contro…’
‘Cinque’ rispose il moro rapidamente. Makoto sarebbe stato utilissimo per evitare la creazione di quella situazione decisamente imbarazzante.
‘Oh… Perfetto.  Allora scelgo te Skarmory!’ un volatile dal piumaggio sottile come una lama e altrettanto brillante fece la sua comparsa in campo riflettendo sulle proprie ali la luce del sole pomeridiano.
‘Saba, vai!’ in una palestra dove combattevano allenatori specializzati nella tipologia d’acciaio, Quilava non poteva che essere la scelta migliore.
‘Skarmory, Agilità!’ conscia della debolezza al fuoco del proprio pokémon, Chigusa decise di agire d’astuzia ordinando al proprio compagno di aumentare la propria velocità e, di conseguenza, la capacità di evitare i colpi. Questo non spaventò minimamente Haruka; il ragazzino, memore del proprio ultimo combattimento contro Furio, decise di adottare la sua stessa tattica: avrebbe fatto attaccare il proprio starter con tutta la forza che possedeva, prima o poi avrebbe colpito il proprio avversario mettendo a segno moltissimi danni.
‘Saba, usa Lavasbuffo!’ Quilava emise un ruggito potentissimo e dalle proprie fauci eruppe un vigoroso sbuffo di magma incandescente. Il volatile d’acciaio riuscì ad evitare il colpo librandosi in aria.
‘Saba, continua!!!’ il pokémon di fuoco obbedì prontamente a quell’ultimo comando diventando una vera e propria trottola spara lava. Al quarto soffio incandescente, l’ondata rovente colpì di striscio un’ala di Skarmory infliggendogli lo status ‘bruciato’.
‘Skarmory, Aerasoio!’ Chigusa tentò un approccio più offensivo con la speranza di terminare la battaglia il più velocemente possibile ma la ferita del proprio compagno aveva reso i suoi movimenti più lenti e prevedibili. Il quinto Lavasbuffo investì il pokémon d’acciaio senza lasciargli scampo, Haruka era riuscito così a vincere quel primo incontro senza far riportare al proprio pokémon chissà quali ferite.
‘Ti faccio i miei complimenti. Hai tutto il diritto di andare a sfidare direttamente Jasmine!’
Il ragazzino non se lo fece ripetere: richiamò Saba nella sua sfera e proseguì lungo il corridoio, non prima di aver salutato l’allenatrice con un cenno della testa.
Jasmine si trovava sopra un piccolo palco metallico che risplendeva grazie ai faretti del controsoffitto puntati perpendicolarmente verso di esso. La fanciulla lo stava aspettando con un dolce sorriso sul volto.
‘Grazie per il tuo aiuto al faro… Ora però mi vedrai in un’altra veste! Lascia che mi presenti come di deve. Sono Jasmine, capopalestra del tipo… Ta-dan! Acciaio!’ L’espressione tesa e preoccupata che aveva mostrato al faro aveva lasciato posto ad una più allegra e rilassata. ‘Conosci il tipo acciaio? È duro, freddo e anche affilato. Forte, sai? Davvero, eh?’ e, come se volesse dimostrare di non essere nel torto, mandò direttamente in campo Magnemite.
‘Saba, scelgo te! Lavasbuffo!’ Haruka tentò di nuovo la strategia di Furio.
Nonostante si trovasse di fronte ad un’allenatrice decisamente più forte rispetto alla fanciulla battuta precedentemente, Quilava colpì subito il proprio avversario con una potenza tale da mandarlo ko in un colpo. Questo sorprese molto il ragazzino il quale si ritrovò quasi spiazzato: era il suo starter ad essere diventato di colpo molto forte oppure c’era qualcosa sotto? La sua domanda implicita ottenne prontamente una risposta quando Jasmine mandò in campo il suo Steelix. Quello di prima poteva essere considerato come una sorta di riscaldamento.
‘Steelix, usa Codacciaio!’ questa volta fu la capopalestra a partire aggressiva: il suo compagno si arrotolò velocemente su se stesso e, con uno slancio rapidissimo, frustò letteralmente Quilava con l’estremità della sua coda. A causa del colpo appena subito, lo starter scivolò malamente all’indietro ma si riprese, fortunatamente, in un attimo: si sollevò immediatamente su due quattro zampe e rimase, così, in attesa di nuovi ordini.
‘Saba, Ruotafuoco!’ una fila di fiamme affusolate dal colore scarlatto presero a danzare intorno al corpo sottile del pokémon. Quello spettacolo affascinante, comunque, non durò molto a lungo: una volta caricata tutta l’energia, Quilava lanciò contro l’ avversario tutta la propria potenza di fuoco. Peccato che la pelle dura del serpente d’acciaio lo protesse da quell’attacco fisico minimizzando i danni.
‘Steelix, Sassata, ora!’ il compagno di Jasmine si concentrò per qualche secondo, poi, dopo aver fatto apparire un numero indefinito di solidi massi di roccia, li scagliò tutti contro lo starter colpendolo nel suo punto debole.
Saba non riusciva più ad alzarsi in piedi: si reggeva tremolante su tutte e quattro le zampe. Haruka cercò di pensare ad una nuova strategia alla velocità della luce. Forse avrebbe dovuto far rientrare il proprio compagno sostituendolo… Con chi? Proprio mentre il ragazzino stava per recuperare la sfera di Quilava per richiamare il compagno, quest’ultimo iniziò ad emettere una luce potentissima che, amplificata dalle superfici metalliche della palestra, accecò momentaneamente i due sfidanti ed il pokémon avversario. Utilizzando le ultime energie che possedeva nel corpo, Saba si alzò sulle due zampe posteriori crescendo contemporaneamente verso l’alto; la sua ombra si fece più minacciosa, il suo muso più affusolato, l’espressione più aggressiva, e le fiamme sulla sua schiena presero ad ardere con maggiore potenza. Lo starter aveva finalmente raggiunto il suo ultimo stadio evolutivo diventando un fortissimo esemplare di Typhlosion. Haru, notando l’instancabile voglia di combattere del proprio starter, decise di tenerlo in campo ancora per un po’.
‘Saba, Lavasbuffo!’ con l’evoluzione aumentò non solo la forza fisica del pokémon di fuoco; anche la velocità di attaccò crebbe a tal punto da cogliere di sorpresa lo stesso Steelix il quale, non facendo in tempo ad evitare l’attacco, crollò esausto rovinosamente a terra con un terribile tonfo.
‘Davvero notevole!’ si ritrovò a dire la fanciulla percependo, sempre più vicino a lei, la sconfitta.
L’ultimo pokémon di Jasmine, un altro Magnemite, se la dovette vedere, questa volta, con Sake, il Geodude di Haruka. I suoi attacchi elettrici non vennero nemmeno percepiti dallo sfidante di roccia e, dopo un paio di scambi di colpi del tutto ìmpari, l’allenatore di Borgo Foglianova riuscì a vincere l’ennesima battaglia.
‘Tu mi superi sia per capacità che come gentilezza. Secondo le regole della Lega, ti conferisco questa Medaglia…’
Haru ottenne, così, la Medaglia Minerale!
‘Ecco, non so come dirlo bene… Ma buona fortuna!’
Il bambino dai capelli scuri si ricordò delle parole che la giovane donna aveva pronunciato a inizio incontro: ‘Ora però mi vedrai in un’altra veste’. Effettivamente egli aveva potuto osservare le varie sfumature che formavano il carattere di Jasmine: materna e preoccupata al faro, allegra e piena di energia prima della battaglia e ferma e letale come l’acciaio durante il combattimento. Di sicuro era una donna dalla personalità molto forte!
Haruka salutò educatamente capopalestra e allenatrice e si diresse velocemente verso l’uscita della struttura.
 
Il sole aveva iniziato appena a tramontare, c’era ancora tempo per proseguire nel proprio viaggio. Il bambino decise di ignorare il Centro Pokémon di Olivinopoli per dirigersi, a piedi, direttamente verso quello di Amarantopoli: avrebbe affidato lì la propria squadra esausta, trovando anch’egli un divanetto per accamparsi. Avrebbe affrontato, così, il Percorso 42 il giorno successivo. Questo era il suo piano.

 

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Capitolo 27
*** Il viaggio riprende [Rin's Side] ***


Nonostante le premesse, sono riuscita a completare il capitolo in tempo (Urrà per me \èwé/)
In compenso il prossimo scenario slitterà di una settimana per cause di forza maggiore ç_ç (ho fatto un calcolo... Praticamente non starei mai in casa, e mi rifiuto di buttare giù qualcosa sul mio cellulare xD). Mi scuso in anticipo per il... disagio?
Vabbè, comunque sia, grazie mille a chi leggerà/recensirà anche questa parte çwç
Ovviamente, come ogni fine scenario, in fondo al capitolo ci sarà il riassunto cronologico di questa parte :3

 
Capitolo 27 – Il viaggio riprende. [Rin’s side]
 
Il cuore di Rin aveva preso a battere in maniera sempre più accelerata mano a mano che i suoi passi lo avvicinavano, sempre più, alla cucina. In quel tragitto di pochi metri, il suo cervello aveva iniziato a tartassarlo con mille e più domande. E se la mamma fosse arrabbiata? Dopotutto il bambino aveva tenuto la funzionalità del telefono del pokégear sempre spenta… E lui non si faceva sentire da tanto! E se lo volesse cacciare di casa? O peggio, se avesse saputo da Elm del furto di Totodile? E se, quindi, avesse fatto le dovute preparazioni per rispedire lo starter a Borgo Foglianova?
Nonostante i pensieri negativi, la nostalgia della famiglia, che lo aveva investito come una violenta onda del mare di Fiorlisopoli da quando si era rincontrato con la sorella, aveva preso il sopravvento e aveva impedito al rossino di scappare per l’ennesima volta.
Rin si affacciò nella stanza dove si trovava la madre, di spalle, ai fornelli, intenta a preparare il pranzo.
‘Mamma, sono a casa’
Il mestolo che la signora Matsuoka teneva in mano cadde a terra emettendo un sonoro tonfo metallico. Dopo alcuni secondi di incertezza, come se la donna stesse cercando di capire se avesse immaginato o meno la voce del figlio, finalmente si voltò verso di Rin.
‘…Tesoro?’
‘Si mamma. Sono io!’ nonostante il lieve senso di colpa che provava per essere sparito all’improvviso, il ragazzino corse incontro  alla madre abbracciandola con tutta la forza che possedeva in corpo. La stretta, fortunatamente, fu ricambiata con la stessa intensità.
‘Ero così preoccupata… Perché non ti sei fatto trovare al pokégear? Avresti dovuto almeno scrivere a me e a tua sorella qualcosa!!!’
Nonostante il tono severo di quelle parole, le braccia calde della donna sembravano quasi dire: ‘Meno male che stai bene!’, ‘Mi sei mancato’, ‘Ti voglio bene!
Rin non rispose nulla: era troppo impegnato a ricacciare lacrime di commozione dentro gli occhi. Non voleva far vedere alla madre che in realtà provava nostalgia per i suoi giorni passati in famiglia; voleva mostrarle che il viaggio che aveva intrapreso così all’improvviso lo stava facendo crescere e maturare, che stava diventando più forte e autonomo, che, nonostante la partenza basata su fatti negativi, si stava avvicinando alla realizzazione del sogno di suo padre.
La signora, spostando le mani sulle spalle del figlio per mantenere il contatto con lui, si inginocchiò per osservare meglio il suo viso infantile.
‘Tesoro, ti vedo pallido e stanco… Che cosa hai fatto per tutto questo tempo?’
Rin sorrise orgoglioso mettendo in mostra i canini appuntiti. Non vedeva l’ora di rispondere alla domanda!
‘Sono diventato allenatore di pokémon e ho iniziato a sfidare le palestre di tutta la regione! Ho girato mezza Johto da solo, sai?’
La madre, vedendo il volto estremamente soddisfatto del proprio piccolo, non riuscì a non sorridere di rimando.
‘In realtà mamma, io avrei preferito continuare fino ad Altopiano Blu prima di tornare a casa… Volevo fare a te e a Gou una sorpresa! Un figlio campione della Lega Pokémon! Però ho avuto un contrattempo, ecco… E quindi ho pensato che forse sarebbe stato meglio passare da te…’
‘Decisamente! Io e tua sorella non sapevamo proprio come contattarti!!! E se tu avessi avuto bisogno di aiuto?’
‘Avevo i miei pokémon con me!’ e, dicendo ciò, Rin mostrò alla madre le cinque pokéball che l’avevano accompagnato durante tutta la sua avventura. In particolare il rossino posò nelle mani della donna la sfera contenente Feraligatr.
‘Mamma, lo sai chi c’è qui dentro? Scommetto che indovinerai di sicuro!’
La signora, intuendo subito cosa intendesse il figlio, rimase atterrita per un istante a causa della commozione mista a sorpresa. Purtroppo, però, si riprese subito e rivolse al rossino uno sguardo a metà strada tra il preoccupato e il severo.
Rin deglutì rumorosamente: dal suo volto il sorriso aveva deciso che forse era arrivato il momento di sloggiare. Mamma sapeva. O aveva semplicemente intuito che qualcosa non andasse. A lei non si poteva nascondere nulla. Oppure era stato Elm a raccontarle la storia del furto e lei aveva semplicemente messo insieme i pezzi del puzzle.
Il rossino abbassò lo sguardo e ripensò alla sorella… Se avesse saputo prima che il suo viaggio l’avrebbe riportato a Fiorpescopoli prima del tempo, si sarebbe fatto coraggio e avrebbe detto la verità a Gou. Iniziava a sentirsi un verme.
‘Mamma…’ disse in un soffio talmente lieve da risultare quasi impercettibile.
Non riuscì, però, a finire la frase.
La donna cambiò espressione e, alzandosi in piedi parlò con un tono dolcissimo: ‘Scommetto che hai fame. Da quant’è che non fai un pasto decente? Dopo che ti sarai riposato un poco mi dirai tutto quello che hai fatto. Tutto quanto!’
‘Mmm…’ il bambino non si mosse. Le lacrime di commozione che poco prima aveva cercato di trattenere con la forza, adesso volevano scendere violente lungo le guance assumendo, questa volta, una connotazione di tristezza.
‘Vai a fare una doccia, ti chiamo quando è tutto pronto a tavola’
 
Rin salì al piano superiore ed entrò, prima di tutto, nella sua stanza. In confronto a quella che aveva lasciato a Fiorpescopoli, la camera era decisamente meno decorata e più fredda. Dopotutto si era trasferito in quella città da meno di un anno, non aveva pensato di personalizzare in maniera definitiva quella che non riusciva ancora a considerare come la propria camera da letto. Essa, quando la nonna era in vita, veniva utilizzata come studio: vicino alla finestra, infatti, era sistemata una bella scrivania di legno lucido decisamente poco adatta per una stanza da bambini. Le pareti, poi, erano decorate con quadri che ritraevano paesaggi bucolici e un tappeto di fattura pregiata ricopriva la quasi totalità del pavimento. Era stato lui stesso a decidere di non sistemarsi nella camera dove un tempo dormiva il padre proprio per lasciarla il più intatta possibile. Un futon nello studio, da riporre in un armadio di giorno e da srotolare solo per la notte, sarebbe stato più che sufficiente!
Il bambino aprì la cassettiera e scelse con cura gli indumenti puliti da indossare subito dopo essersi lavato. Poi, dopo aver posato tutto in una cesta sistemata nell’antibagno, si infilò sotto la doccia; che bella sensazione l’acqua calda sulle spalle! La fatica del viaggio stava, piano piano, scivolando via dal proprio corpo come le gocce del getto sotto il quale si trovava. In effetti, a forza di correre, non era riuscito mai a trovare un momento per sé per rilassarsi e i divanetti dei Centri Pokémon, sui quali era solito dormire ultimamente, non gli garantivano un riposo perfetto.
Uscì dal bagno mezz’ora dopo come rinato.
 
‘La prima palestra che ho sfidato è stata quella di Violapoli! Io mi sono prima allenato nella Grotta Scura e così Totodile è diventato Croconaw. E Valerio l’ho sconfitto subito!’ Rin raccontava la sua avventura in giro per Johto a voce molto alta: il suo orgoglio non gli permetteva di fare altrimenti.
‘La Grotta Scura? Intendi quella totalmente buia?’
‘Certamente! Io non avevo assolutissimamente paura! Anzi! Ho fatto rumore per attirare i pokémon selvatici così Totodile li poteva sconfiggere tutti in una volta!’ ovviamente tralasciò il fatto che gli Zubat avevano attaccato lui e non il proprio starter.
‘E dopo Violapoli?’
‘E dopo Violapoli sono andato a sud verso la Grotta di Mezzo… E ho battuto tutti gli allenatori del Percorso… E anche quelli nella grotta. E ho anche catturato Onix! E con lui ho affrontato Raffaello di Azalina e sbeeeeem! L’ho battuto in cinque secondi!’ per enfatizzare la sua ultima frase, Rin sollevò la propria mano destra e tese verso l’alto le sue dita affusolate.
‘Che bravi sia tu che Onix!’
‘Già e allora, già che c’ero, ho cercato in zona altri pokémon… E così ho catturato Spearow! E poi, nel pozzo lì vicino, ho scacciato dei cattivi vestiti in nero che stavano tagliando le code agli Slowpoke per rivenderle… Ho sconfitto persino il loro capo!’ descritto così, l’incontro-scontro avuto con Milas aveva ottenuto una sfumatura più epica e meno infelice.
‘Wow, li hai scacciati tutti da solo?’ la donna, questa volta, mostrò un’espressione decisamente più preoccupata.
‘Certo, perché Croconaw era fortissimo già da prima!! E poi ho superato il Bosco di Lecci e sono arrivato a Fiordoropoli! È una città grandissima! Più grande di Fiorlisopoli! E lì Chiara, la capopalestra, usa pokémon di tipo normale… Ma sono riuscito a sconfiggere anche lei e sono andato ad Amarantopoli! Qui Croconaw ha mandato ko subitissimo gli spettri di Angelo! E si è evoluto in Feraligatr!’ meglio saltare la parte dell’incidente avvenuto nella Torre Bruciata. ‘E poi ho corso fino ad Olivinopoli anche se, comunque, mi sono fermato per catturare un Magnemite. Comunque, nella palestra di Olivinopoli, ho usato prima Onix e poi Feraligatr… Ed è stato semplicissimo vincere!’
‘Bravissimo tesoro!’
‘E quindi ho preso subito una nave e sono tornato a Fiorlisopoli… Mi dispiace per Gou ma lei e Furio erano troppo deboli per il mio Spearow! Che si è evoluto in Fearow! E poi la moglie di Furio mi ha regalato ma MN02 e Fearow ha imparato Volo! E io ho volato con lui! È fighissimo volare mamma! Quando sarò diventato campione della Lega ti prometto che voleremo insieme verso Fiorlisopoli e faremo una sorpresa a Gou!’
‘Siamo sicuri che il tuo pokémon possa reggere due persone?’
‘Ma certo, è il mio Fearow! L’ho allenato tantissimo, quindi è fortissimo!!!! Ah, mi stavo dimenticando di dire che Gou mi ha regalato un Machoke! E così la mia squadra è diventata di cinque pokémon!’
‘Te ne manca uno per essere al completo. Hai già pensato chi catturare?’
Rin portò la mano destra sotto al mento e assunse un’espressione meditabonda: ‘Mmm… Non so… Forse un pokémon di fuoco… Poi vedrò!!’
La sera era calata già da un pezzo e il bambino aveva concluso solo in quel momento il racconto di quasi tutta la propria avventura. La sua testa aveva iniziato a pesare e i suoi occhi non volevano più restare aperti.
‘Tesoro, sei esausto. Inizio a pensare che durante il viaggio tu non abbia mai dormito a sufficienza… Vai a letto. Così magari domani mattina mi racconterai anche come è iniziato il tuo viaggio…’
L’ultima frase fece destare leggermente il ragazzino il quale scattò in piedi dalla sedia. Ma quel piccolo shock non fu abbastanza per risvegliarlo del tutto: il rossino accettò di buon gusto il consiglio della madre e salì a passi pesanti verso la camera-studio.
 
Nonostante la stanchezza, Rin rimase in dormiveglia per quasi tutto il tempo. Nel buio della sua mente, un paio di occhi rossi e inquietanti lo stavano fissando con insistenza. Nel momento in cui, sotto a quello sguardo poco rassicurante, fecero capolino, come se una bestia avesse aperto le sue fauci, due file di zanne tanto lunghe quanto taglienti, il bambino si svegliò di colpo madido di sudore. Si diresse in bagno per lavarsi e indossare una nuova canottiera e un altro paio di pantaloni. Quando fece per ritornare in camera, un brivido rapido come una scossa elettrica gli raggelò la schiena e un rumore assordante di tuono obbligò il ragazzino a rannicchiarsi a terra con le mani sulle orecchie. Dopo una manciata di secondi di terrore, Rin si affacciò dalla finestra: il cielo notturno era sereno e non c’erano nella maniera più assoluta nuvole minacciose sopra la cittadina di Fiorpescopoli. Il piccolo allenatore si sporse nella stanza della madre. La donna dormiva tranquillamente e sembrava non aver percepito alcun rumore. Che il rossino si fosse immaginato tutto?
Quando Rin rientrò nella propria stanza, il rumore di un secondo tuono lo terrorizzò del tutto. D’istinto prese lo zaino e le ball, scese rapidamente al piano inferiore, si mise le scarpe il più velocemente possibile e corse via dalla propria abitazione trattenendo a fatica un urlo di paura.


CRONOLOGIA SCENARIO 'IL VIAGGIO RIPRENDE' (quella del settimo scenario si trova in fondo al capitolo 24)

- Makoto si sveglia nella stanza di Rin. Scende al piano inferiore e ascolta Gou parlare del fratellino ad Haruka;
- Rin entra nella sua casetta a Fiorpescopoli e si rincontra con la madre;
- Dopo aver preso la medicina per Amphy alla farmacia, Haru prosegue per Olivinopoli e Makoto decide di rimanere a Fiorlisopoli per allenarsi e non essere più di peso all'amico;
- Rin racconta alla madre le sue avventure tacendo ancora, per il momento, sul furto di Totodile avvenuto al laboratorio di Elm;
- Haruka consegna la medicina a Jasmine e si dirige verso la palestra della città;
- Makoto si allena fino a tarda sera con Togetic. Gou lo obbliga a passare la notte in casa Matsuioka;
- Haruka batte Jasmine e vola fino ad Amarantopoli dove si sistemerà al Centro Pokémon per la notte;
- Rin non riesce a dormire. Il suo sonno è disturbato dalla visione di due strani e inquietanti occhi rossi. Il rumore di due tuoni, che pare sentire solo il ragazzino, lo terrorizza al punto da costringerlo a scappare dalla propria abitazione.

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Capitolo 28
*** Trovare la forza in se stessi [Makoto's Side] ***


Capitolo con poca azione ma che almeno conclude le vicende di Fiorlisopoli e Olivinopoli! Finalmente la storia andrà avanti molto velocemente! Le battaglie saranno sicurissimamente presenti nel prossimo capitolo èwé !
Chiedo scusa se ci saranno piccoli orrori nella storia, l'ho riletta solo una volta, ma una volta conclusa tutta riprenderò in mano da dove mi sono fermata la volta scorsa con la revisione e sistemerò tutto, lo prometto u.u
Non dico altro, spero che questa parte vi piaccia >w< !
Ringrazio in anticipo chi leggerà/recensirà, grazie mille çwç <3

 
Capitolo 28 – Trovare la forza in se stessi. [Makoto’s side]
 
Quel mattino Makoto si era svegliato fresco e ben riposato. Dopotutto aveva dormito su un vero letto e non su uno di quei scomodi divanetti dei vari Centri Pokémon sparsi per tutta Johto. Si stiracchiò per destarsi del tutto e scese dal letto per aprire la finestra della camera di Rin. Il sole era già alto e il cielo era di un colore azzurro brillante, proprio come quello del mare poco sotto di esso.
Makoto sorrise dolcemente: il mare stava diventando per lui sempre meno minaccioso. Certo, avrebbe dovuto lavorare ancora un bel po’ prima di sentirsi totalmente a suo agio in acqua, ma il blocco che aveva pesato sul suo cuore, a causa della morte del pescatore amico di famiglia, si stava pian piano sciogliendo: il primo passo era stato fatto. Tutto grazie ai pokémon e alle parole di Rin. Cercare di diventare amico del rossino era un prezzo da pagare troppo piccolo rispetto a quello che aveva ottenuto in quel momento. Per questo doveva sbrigarsi a diventare forte in fretta: aveva deciso di diventare il tramite che avrebbe collegato anche Haruka a Rin. Dopotutto chi meglio di lui avrebbe potuto ricoprire quel ruolo?
Noi tre, alla fin fine, siamo molto simili’ si ritrovò a pensare Makoto. ‘Conosciamo bene i nostri limiti e le nostre debolezze e cerchiamo di combattere per diventare più forti. Se stessimo insieme potremo maturare e crescere più rapidamente! Spero anche Rin lo capisca…
Un oramai familiare rumore di passi sulle scale fece tornare il bambino dagli occhi verdi alla realtà. Gou si affacciò nella stanza dopo aver bussato delicatamente sulla porta.
‘Makoto, è pronta la colazione! Mi raccomando, fai il pieno di energia perché non ti lascerò vincere molto facilmente contro la mia squadra!’
‘Lo so, grazie mille!’ il piccolo allenatore sorrise soddisfatto: non avrebbe mai voluto un trattamento di favore per aver preso l’impegno di raggiungere Rin. Anzi! Meglio una vittoria sudata, che avrebbe dato conferma della forte volontà di Makoto, che un trionfo vacuo ottenuto solo per perdere meno tempo.
‘Benissimo. Io vado in palestra, quando ti senti pronto raggiungimi!’
La fanciulla chiuse l’uscio della cameretta alle sue spalle e si incamminò verso l’esterno.
Makoto si andò a lavare e vestire rapidamente, rifece il letto della stanza dove aveva dormito, mangiò con voracità tutto ciò che la Matsuoka aveva lasciato sulla tovaglia della cucina e pulì piatti e tavolo. Dopo una breve capatina in bagno per lavarsi i denti, il bambino, finalmente, uscì dall’abitazione e rimase fermo per pochi secondi, davanti al portone d’ingresso, per respirare a pieni polmoni l’aria salmastra della cittadina e godere di quel caldissimo sole autunnale così strano da percepire proprio in quella stagione.
Bene, possiamo andare!’ disse il ragazzino tra sé e sé.
 
Peccato non si aspettasse di dover compiere una prova fisica prima di poter raggiungere almeno l’allenatore preliminare.
Una piccola cascata, non potentissima ma comunque fastidiosa, rendeva scivolose le pietre da scalare per raggiungere Gou e Furio ai piani superiori.
Che il mondo stesse cercando di aumentare la fobia di Makoto per l’acqua?
Il ragazzino cercò di vederla sotto una luce positiva: se fosse riuscito a superare anche quell’ostacolo, niente l’avrebbe più bloccato nel suo viaggio! Dopotutto, ciò che non uccide fortifica, no? Ovviamente a terra era stato sistemato tutto l’occorrente per non trasformare una probabile caduta in una corsa all’ospedale… Sennò la palestra avrebbe dovuto chiudere i battenti già da tempo!
Makoto, dov’è finita la tua forza di volontà? Male che vada cadrai su di un materassino… Chissà quanti altri prima di te sono finiti a terra! L’importante è rialzarsi! Forza Makoto, hai lasciato andare avanti Haru da solo e ti sei allenato tanto solamente per diventare più forte contro questa palestra e quelle a venire. Dai, su!’ il ragazzino sgridò se stesso nella sua mente dandosi anche piccoli schiaffi leggeri sulle guance per riprendersi da quella non proprio bella sorpresa iniziale.
Un sospiro profondo per concentrarsi, la mano destra sulla sporgenza rocciosa più bassa, quella sinistra un poco più in alto, proprio sotto il getto gelato della cascata. Un brivido di freddo lungo la schiena, un ginocchio piegato alla ricerca di un appoggio più o meno sicuro e poi via, la scalata ebbe inizio.
 
‘Con la mia autorità di capopalestra di Fiorlisopoli, ti conferisco la Medaglia Tempesta come simbolo della tua vittoria! Complimenti a te e a i tuoi pokémon!’ Furio sorrise soddisfatto e Gou non la smetteva di applaudire orgogliosa.
Makoto, alla fine, ce l’aveva fatta. O meglio, il suo Togetic era riuscito, attacco dopo attacco, a resistere contro i propri avversari e a batterli colpendoli nel loro punto debole. Il bambino non avrebbe potuto desiderare di meglio! Certo, Furio era stato un osso veramente duro da piegare e per qualche minuto il piccolo allenatore aveva creduto di non farcela. E invece il suo pokémon Felicità aveva fatto di tutto per non far perdere la speranza al suo giovane amico. Rimanendo fedele al nome della propria specie, gli aveva veramente portato la gioia sconfiggendo l’asso nella manica del capopalestra.
‘Ora potrai raggiungere Haruka!’ disse Gou mettendogli una mano sulla spalla con fare materno.
Makoto sorrise molto allegramente, oramai nulla l’avrebbe più fermato.
 
Dopo aver ottenuto la MN Volo dalla moglie di Furio, dopo aver salutato la Matsuoka abbracciandola amorevolmente, Makoto si fermò un momento al Centro Pokémon di Fiorlisopoli per far riprendere le energie a Togetic e per informarsi, usando il pc, sulle palestre rimanenti a Johto.
Ovviamente la sua prima tappa sarebbe stata Olivinopoli dove avrebbe dovuto sfidare Jasmine; si stupì nel constatare che i pokémon usati dalla fanciulla facessero parte della tipologia Acciaio. Visto che si stava prendendo cura di un Ampharos, veniva quasi spontaneo pensare che la giovane donna fosse specializzata nel tipo elettrico.
La palestra relativamente più vicina a quella di Jasmine si trovava a Mogania e apparteneva ad Alfredo, maestro del tipo Ghiaccio. Infine, Ebanopoli e i pokémon Drago di Sandra.
Makoto fece mente locale: contro Jasmine e Alfredo non aveva assolutamente dubbi! Vulpix sarebbe stato assolutamente utile, se non addirittura necessario! Per quanto riguardava l’ultima palestra… Eeeeeh… Non sapeva proprio che strategia mettere in pratica per ottenere la vittoria in maniera semplice e veloce. Decise comunque di non logorarsi troppo il cervello: due palestre su tre potevano essere considerate conquistate, per l’ultima forse la tattica migliore sarebbe stata quella di allenare in maniera bilanciata tutta la propria squadra.
Non appena lo staff del Centro gli restituì Togetic nel pieno delle sue energie, Makoto corse subito all’esterno impaziente di provare l’ebrezza del volo per la prima volta. Quando fece uscire il proprio compagno dalla sfera sul terreno sabbioso della spiaggia di Fiorlisopoli, un dubbio colse il giovane allenatore: le dimensioni ridotte di Togetic avrebbero reso decisamente difficile il trasporto; come poteva il mostriciattolo stringere Makoto con quelle sue zampine corte corte?
Il ragazzino dagli occhi verdi andò momentaneamente nel panico. E se avesse fatto male i conti? E se il suo pokémon non fosse riuscito a volare con lui?
Intuendo l’ansia crescente del proprio amico, Togetic emise un verso acuto per far tornare il bambino alla realtà. Una volta ottenuta la sua attenzione, la fatina bianca si librò sopra la testa di Makoto, poggiò una zampa su di essa e chiuse gli occhietti per concentrarsi. In un istante durato pochi battiti di ciglia, l’allenatore si ritrovò rinchiuso in una sfera luminosa e trasparente, simile ad una bolla di sapone, e sotto ai suoi piedi il terreno iniziò ad allontanarsi. Makoto stava volando.
Volare gli stava facendo provare una sensazione stranissima: si sentiva leggero, troppo leggero, e percepiva un non proprio rassicurante senso di vuoto sotto i propri piedi. Di contro, la sfera luminosa gli impediva di avvertire, sulla propria pelle, la spinta del vento… Meglio così o avrebbe avuto la sensazione di stare in bilico in maniera decisamente!
Quando Togetic lo fece atterrare sulla spiaggia di Olivinopoli, Makoto dovette fermarsi un istante per riprendersi: sentiva lo stomaco sotto sopra e la testa vuota e dolorante. Dopo essere entrato nell’Olivin Bar per prendere una bevanda zuccherosa, riacquistate le forze, il ragazzino corse subito in direzione della palestra per chiedere scusa a Jasmine per aver lasciato che Haruka le portasse la medicina da solo e per sfidarla.
 
Vulpix si comportò molto bene contro Chigusa e diede del filo da torcere anche allo Steelix di Jasmine. Ma contro i due Magnemite della capopalestra, Makoto ritenne più sensato utilizzare Sandshrew per sfruttare la sua resistenza all’elettricità. Non solo riuscì a sconfiggere i due pokémon Calamita con poche semplici mosse e uscendo praticamente indenne dai loro attacchi, ma addirittura modificò il proprio aspetto evolvendosi in Sandslash! Makoto non avrebbe potuto sperare in meglio!
Dopo aver ottenuto la Medaglia Minerale e dopo aver chiesto perdono all’infinito a Jasmine per non essere riuscito a portare lui stesso la pozione per Amphy (la fanciulla temeva che la schiena del ragazzino si spezzasse tanto Makoto si era inchinato in maniera remissiva!) il bambino decise di dare a Vulpix delle pozioni in modo da non fermarsi per chissà quanto tempo al Centro Pokémon di Olivinopoli.
Volendo allenare ancora un poco la volpe di fuoco, e magari anche Poliwag il quale, fin da quando era stato catturato, non aveva ancora preso parte ad alcuna lotta, Makoto preferì raggiungere Amarantopoli a piedi indugiando, senza perdere comunque troppo tempo, nell’erba alta a caccia di pokémon selvatici da battere.
La permanenza lungo il Percorso 39, difatti, fu molto breve. Anche perché le zone verdi erano piuttosto scarse. In realtà, per essere puntigliosi, ce n’era solo una e pure piccola! Il bambino, quindi fece combattere giusto un paio di brevi battaglie a Vulpix prima di proseguire per il Percorso 38. Ma proprio lungo il confine tra le due strade, una strana sensazione di terrore iniziò a comprimergli il cuore e la tempia aveva iniziato a pulsargli in maniera quasi insopportabile. Makoto, però, tornò subito lucido. Aveva già provato un qualcosa di simile e sempre, più o meno, all’altezza di quel tratto che stava percorrendo. La ferita che si era procurato alla Torre Bruciata aveva iniziato a fare meno male e il ragazzino trovò più facile riordinare i propri pensieri.
L’altra volta mi sono immaginato un pokémon feroce pronto ad attaccarmi… Non credo di essere nel torto ma non riesco nemmeno a darmi ragione… I pokémon non attaccano gli umani!
Il piccolo allenatore inspirò a pieni polmoni nel tentativo di calmare i battiti del proprio cuore. La volta scorsa aveva chiamato a sé Meganium perché il dolore alla tempia gli aveva impedito di pensare con calma cosa stesse accadendo. Se fosse riuscito a ragionare in tutta tranquillità, si sarebbe accorto di una cosa: il suo cuore non si sentiva minacciato, Makoto provava solo una forte e violenta emozione.
Il ragazzino decise di voltarsi senza evocare il proprio starter, tenendo comunque, per sicurezza, la sua pokéball in mano.
I suoi occhi verdi rimasero fissi di fronte alla figura imponente di un cane dal pelo rosso: le zampe erano ferme e robuste, la schiena presentava rigidi spuntoni metallici dai quali si spandeva del fumo grigio, il suo volto, dominato da un fiero sguardo scarlatto, presentava ciuffi di pelo che andavano dal color rubino fino al giallo chiaro e sembravano delle lingue di fuoco immobili.
Makoto si rese conto di non provare alcuna sensazione di paura, solo rispetto e riverenza.
‘Entei…’ disse il ragazzino di getto, senza pensarci troppo, come se avesse intuito l’identità della bestia che si era mostrata a lui.
‘Si, sono io’ il pokémon vulcano non aprì bocca ma le sue parole risuonarono chiare e forti nella testa del bambino. ‘La tua forza, unita a quella di altri due bambini, ha risvegliato noi Bestie Leggendarie dal nostro lungo sonno. Anni fa, dopo aver ottenuto nuovamente la vita, Suicune, Raikou ed io abbiamo deciso di tramutarci in statue per proteggere Amarantopoli oramai priva dei suoi due guardiani. Ma oggi non è la nostra città ad avere dei problemi. Abbandonando la nostra forma di pietra, ci siamo accorti di un piccolo nido di malvagità che ha sparso focolari neri in giro per la regione. Quello ha sud, fortunatamente, è stato fermato in tempo prima del nostro risveglio. Ora ne rimangono solo deboli e fredde braci. Per quanto riguarda quello a nord-est… Qualcuno ci sta già pensando. Si tratta del pupillo di Suicune. Ne rimane uno al centro’
Makoto si inumidì le labbra e poi prese a parlare: ‘Volete che me ne occupi io?’
‘No’ la voce di Entei risuonò severa e potente nella mente del bambino, e quest’ultimo iniziò a tremare lievemente. ‘Tu hai un altro compito. Meno plateale ma ugualmente importante. E credo tu sappia già a cosa mi riferisco’
Makoto abbassò lo sguardo e provò a pensare a tutti gli impegni che aveva preso durante il viaggio e che non aveva ancora mantenuto.
‘Qualunque cosa accada, prosegui lungo il tuo cammino, vai avanti e non guardare indietro mai’
Il bambino sollevò lo sguardo e rivolse un dolce sorriso al pokémon leggendario.
‘Ho capito. Farò quello che mi hai chiesto! Lo giuro! Ho dato la mia parola a molte persone… Ma sento che, se manterrò almeno la mia promessa con te, potrò portare a termine tutto ciò che mi sono prefissato!’
Entei abbassò il capo in segno di gratitudine e una strana pietra di colore rosso apparve tra lui e il bambino.
‘Questo è un segno di ringraziamento per avermi risvegliato. Ti sarà utile per proseguire lungo il tuo percorso. Ti saluto giovane allenatore. La mia presenza è richiesta altrove. Se la sorte lo vorrà, mi incontrerai di nuovo in giro per il mondo. E non sarò solo’
Il pokémon Vulcano emise un ululato così forte e profondo da lacerare la terra, poi, con un grande balzo, sparì oltre il bosco a ovest, verso le montagne.
Makoto mantenne lo sguardo fisso verso l’orizzonte fino a quando la figura della bestia leggendaria non scomparve del tutto. Teneva stretto nelle sue mani la strana pietra scarlatta che aveva ricevuto poco prima. Essa pulsava lievemente come se fosse carica di energia ed era piacevolmente calda.
Il ragazzino si inoltrò lungo il Percorso 38 con ancora il dono di Entei in mano e notò come esso diventasse più caldo quando Vulpix scendeva in campo per battere il pokémon selvatico di turno. Solo quando la città di Amarantopoli fece capolino davanti agli occhi del piccolo allenatore, Makoto decise di avvicinare la roccia alla volpe dalle sei code del colore del rame. Come reagendo al fuoco interiore di quest’ultimo, la pietra emise un potentissimo fascio di luce che causò l’evoluzione del pokémon: la figura di Vulpix divenne più snella, alta e slanciata, il manto si schiarì fino a diventare del colore dell’oro pallido e altre tre code si aggiunsero a quelle esistenti. Ninetales apparve, finalmente, davanti allo sguardo meravigliato del proprio allenatore.
Ma le sorprese non finirono lì!
Una volta che Makoto superò la porta ovest della città di Amarantopoli, notò subito il profilo familiare di un ragazzino dai capelli rossi uscire da quello che era rimasto delle macerie della Torre Bruciata.

 

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Capitolo 29
*** Trovare la forza in se stessi [Haruka's Side] ***


In questo capitolo, finalmente, sono arrivata a scrivere uno dei pezzi che mi ero divertita ad immaginare fin da quando ho iniziato questo crossover. E poi vabbè, momento fangirl per uno dei mie personaggi preferiti evaH! Chiudo qui o rischio di fare un papiro di introduzione più lungo della storia xD
Grazie in anticipo a chi leggerà/recensirà questa parte <3

 
Capitolo 29 – Trovare la forza in se stessi. [Haruka’s side]
 
Il Percorso 42 si presentava come una piccola lingua di terra e acqua racchiusa a nord dal fianco roccioso del Monte Scodella e, a sud, da un fittissimo bosco impraticabile dalla vegetazione del colore dello smeraldo. La conformazione di questo passaggio sembrava proprio dire: ‘Prosegui dritto’ o ‘Vai avanti’ per quanto, gli esploratori e gli avventurieri più coraggiosi, amassero addentrarsi nelle caverne labirintiche della montagna.
Haruka consultò il Pokégear: la città che avrebbe dovuto visitare per ottenere una delle ultime due medaglie mancanti per poter accedere alla Lega Pokémon si trovava, in linea d’aria, perfettamente di fronte a sé. Doveva proseguire, praticamente in linea retta. Nuotando nei due laghi che interrompevano quelle piccole fasce di terra.
Il ragazzino si tolse maglietta e pantaloni e rimase, così, stoicamente in costume, nonostante la brezza fresca del nord gli causasse piccoli scossoni di brividi lungo tutto il corpicino. Ovviamente ripose tutto velocemente nello zaino.
Mi riscalderò nuotando!’ pensò il bambino con gli occhi che si facevano sempre più luminosi man mano che i suoi piedi lo portavano vicino alla riva del primo specchio d’acqua.
Il lago era calmo e liscio come una grande goccia d’olio lasciata a se stessa su di un piatto di ceramica. E il suo colore era di un azzurro così chiaro e trasparente... Irresistibile! Quando Haru si immerse, ripensò a quello che aveva provato quando aveva volato su Noctowl il giorno precedente; constatò subito come niente superasse la sensazione di galleggiare placidamente nell’acqua avendo potere decisionale se seguire la corrente oppure prendere una direzione diversa.
Il ragazzino raggiunse rapidamente il pezzo di terra centrale e si rituffò  nel secondo lago con altrettanta velocità. Questa volta indugiò di più sotto il pelo dell’acqua: si stava dirigendo in una zona di Johto dominata dalle montagne e dove regnava un clima gelido, doveva riempirsi gli occhi di quel magico mondo ovattato per stamparlo bene nella propria memoria e, quindi, non correre il rischio di dimenticarlo. Quella era la prima volta che nuotava in un bacino naturale di acqua dolce: la sua pelle era sempre stata a contatto con il mare; lo spettacolo che gli si mostrava davanti era diverso rispetto a quello di cui era abituato. Se l’oceano tra Olivinopoli e Fiorlisopoli, come anche quella lingua d’acqua a est della sua Borgo Foglianova, presentavano un fondale roccioso e pieno di flora acquatica dai mille colori, quello del lago del Monte Scodella era per lo più sabbioso e mille sfumature di ocra facevano da padrone. Sembrava una spiaggia sottomarina, lontana dal sole ma non per questo fredda.
Haruka dovette abbandonare il suo mondo ovattato troppo presto per i suoi gusti: un pescatore della riva est, vedendo indugiare troppo il bambino sott’acqua, aveva iniziato a preoccuparsi e aveva preso una barca per tirarlo fuori di lì.
‘Sei matto? L’autunno qui è freddo! Rischi l’ipotermia! I ragazzini d’oggi amano fare le cose più pericolose per dimostrare di essere ‘fighi’… E poi fanno preoccupare i loro genitori! Non farlo mai più!’
Il piccolo allenatore, nonostante tenesse il suo sguardo dritto negli occhi di quell’adulto, aveva la mente ancora all’interno dell’acqua: gli era sembrato di vedere un piccolo gruppo di Goldeen dirigersi sotto il costone della montagna, di sicuro c’era una grotta sotterranea che conduceva ad un lago all’interno del Monte Scodella. Che il suo istinto avesse ragione, non l’avrebbe mai scoperto.
Il pescatore continuò la sua ramanzina anche una volta attraccato ad est, e solo quando ebbe finito di parlare donò ad Haru un asciugamano pulito e lo obbligò a procedere per Mogania.
 
Mogania era una cittadina montana dalle dimensioni ridotte formata da un piccolo agglomerato di casette dal tetto rosso. L’unico punto di interesse era costituito dalla palestra di Alfredo, il maestro del duro inverno. Nonostante la placida atmosfera che il bambino si aspettava da un paesino così simile alla sua Borgo Foglianova, la gente del posto era in totale fermento! C’era chi cercava di mettersi in contatto, invano, con la polizia (per qualche strano motivo le apparecchiature elettroniche facevano fatica a prendere il segnale, come se una frequenza più forte creasse disturbo nella linea), chi andava e veniva dal Centro Pokémon, chi provava ad avventurarsi verso nord tornando indietro subito dopo.
‘I pokémon del Percorso 43 sono come impazziti!’
‘C’è qualche problema al Lago d’Ira!’
‘Bisogna fare qualcosa per bloccare i pokémon selvatici prima che raggiungano Mogania!’
Haruka sentiva puzza di Rin. Ne era sicuro. Oramai si era abituato ad accostare il rossino alla parola ‘guaio’ da quella vicenda che aveva portato al crollo dei resti della Torre Bruciata.
Non perse tempo e, zaino in spalla, entrò nella struttura che divideva la città dalla strada per il Lago d’Ira.
 
Il Percorso 43 presentava, sulla destra, un piccolo edificio filtro. Il bambino si diresse verso di esso per raccogliere informazioni sulla situazione, ma fu accolto da un gruppetto di adulti che bloccava il passaggio per salvaguardare Mogania (un uomo approfittatore e privo di scrupoli aveva addirittura stabilito un pedaggio costosissimo per poter passare oltre!!!).
Per proseguire a nord bisognava, quindi, solo che inoltrarsi lungo l’accidentato percorso a ovest dominato da dislivelli, zone coperte dall’erba alta, alberi dalla chioma fittissima e specchi d’acqua dalle forme regolari.
Sforzandosi al massimo per rimanere concentrato su dove mettere i piedi, evitando, di conseguenza, di avvicinarsi troppo ai laghi (o avrebbe solo perso tempo), Haru si fece strada tra vegetazione e pokémon selvatici che scappavano verso la sua direzione come se fossero impauriti.
C’è qualcosa di strano… Mi sa che Rin non c’entra nulla con questo!’ si ritrovò a pensare il moro gettandosi da un lato per evitare un Girafarig che lo stava per investire senza fare troppi complimenti.
I suoi dubbi trovarono una risposta una volta raggiunto il Lago d’Ira. E i suoi occhi faticarono a credere allo spettacolo che gli si stava parando di fronte. Un bellissimo esemplare di Gyarados dalle squame rosse e brillanti si contorceva ed emetteva versi terrificanti come in preda al dolore. La sua coda, sbattendo sul pelo dell’acqua, creava alte onde anomale e le sue grida strazianti facevano impazzire i pokémon della zona. Haruka notò inoltre, poco più lontano, anche un piccolo gruppo di Magikarp i quali, entrando come in risonanza con il Gyrados rosso, presero ad evolversi l’uno dietro l’altro.
Di sicuro Rin non poteva essere la causa di tutto quel trambusto. Haru emise quasi un sospiro di sollievo. Intuì, comunque, che, una volta bloccato il serpente d’acqua dalla colorazione così atipica, forse sarebbe riuscito a portare il lago alla normalità.
‘Katsuo, frenalo con Nottesferza!’ l’Heracross di Haruka, non appena uscì dalla propria sfera, si gettò contro il pokémon avversario utilizzando il corno come se fosse una lama. L’attacco, però, non ottenne il risultato voluto. Anzi, questo servì a far aumentare la rabbia del Gyarados rosso: quest’ultimo si avvicinò rapidissimamente verso la riva e utilizzò Ira di Drago contro il coleottero. Katsuo accusò il colpo ma la sua buona costituzione gli permise di rimanere in piedi.
Contatore, ora!’ Haru sperava in un contrattacco potente a causa della mossa fortissima utilizzata dal serpente rosso. Purtroppo il Gyarados sembrò non percepire minimamente il colpo appena subito: alzò il capo al cielo ed emise un ennesimo ruggito di rabbia.
Nessuno sarebbe riuscito a fermarlo, pensò Haruka mentre provava, per la prima volta in vita sua, una sensazione di terrore unita alla consapevolezza di essere decisamente inutile.
Ma mentre il drago scarlatto si preparava ad avventarsi, un’ultima volta, su di un Heracross quasi esausto, un cane dal pelo azzurro con macchie bianche, la criniera viola e gli occhi rossi apparve improvvisamente dalla vegetazione e caricò la bestia del lago. Quest’ultima perse l’equilibrio sparendo per pochi istanti sott’acqua, ritornò in superficie solo per spostare la sua attenzione verso quel nuovo avversario. Il cane attaccò di nuovo, poi rivolse il suo sguardo verso il ragazzino.
‘Se vuoi fermarlo, catturalo’ disse una voce profonda che risuonò forte e chiara nella mente del piccolo allenatore. Prima ancora di chiedersi chi avesse parlato, Haruka si ritrovò a lanciare una pokéball contro il Gyarados immobilizzato dal morso dell’altra bestia.
Una manciata di secondi di silenzio teso, poi la sfera smise di tremare.
 
Il cane azzurro, mostrando una grazia che quasi andava in contrasto con la potenza che aveva utilizzato poco prima in combattimento, camminò sul pelo dell’acqua verso il bambino; ogni volta che le sue zampe sfioravano la superficie del lago, quest’ultimo sembrava come purificarsi.
Haru si ricordò di aver già visto quella bestia poco tempo prima: essa era apparsa all’improvviso a Fiorlisopoli, nel cimitero della città, e sicuramente era stata lei a condurre il bambino davanti alla tomba di Matsuoka padre.
Il cane si fermò a pochissimi metri dal ragazzino e avvicinò il capo come per parlare. Ma improvvisamente il suo corpo si irrigidì e i suoi occhi si fissarono su di un punto alle spalle del moro. Il quadrupede si voltò e, con un balzo, sparì nella stessa direzione dalla quale era arrivato.
Pochi istanti dopo, dalla stradina accidentata che Haruka aveva percorso per raggiungere il lago, apparve un uomo alto, dai capelli rossi, dal viso maturo e dai bei lineamenti che si fermò di colpo non appena si accorse della presenza del bambino.
‘…Hai sistemato tu tutto questo?’ disse poi indicando lo specchio d’acqua tornato alla normalità.
Haru, distratto dalla presenza di quella creatura dal pelo azzurro, non aveva notato che, una volta catturato Gyarados, il lago era tornato ad essere una tavola piatta, e che i pokémon della zona si stavano calmando poco alla volta.
Il moro si ritrovò ad annuire mentre teneva lo sguardo fisso sulla sfera contenente la sua ultima conquista. Stava già pensando di soprannominarlo Ebi.
L’uomo incrociò le braccia e contemplò la zona con sguardo serio e attento.
‘Io sono Lance, qual è il tuo nome?’
‘Nanase’ rispose Haruka velocemente. L’altro continuò.
‘Ho sentito delle voci strane su quello che stava accadendo a Mogania e sono venuto ad indagare. Sai, a quanto pare i Magikarp sono stati costretti ad evolversi tramite un segnale radio proveniente da qualche parte in città… Comunque, se sei riuscito qui a calmare le acque, nel senso stretto del termine, vuol dire che sei un allenatore niente male. Per favore, aiutami ad investigare in città!’
Il bambino non riuscì a rispondere negativamente a quella richiesta: Lance emanava un’aura particolare dalla quale era impossibile distogliere l’attenzione… Di sicuro il carisma era una delle sue armi vincenti.
‘Io mi avvio in città e inizio le prime ricerche…  Ci vediamo laggiù’
L’uomo scomparve rapidamente così come era arrivato.
 
Una volta tornato a Mogania, Haru si diresse subito nel Centro Pokémon per offrire un primo soccorso a Heracross e Gyarados. Non fece in tempo ad uscire dalla struttura che Lance gli passò davanti correndo dritto verso il proprio obiettivo: una piccolo negozio situato nella parte centrale della cittadina. Il ragazzino lo seguì senza pensarci troppo e quando entrò all’interno di quella piccola bottega…
‘Dragonite, Iper Raggio!!!!!’ un drago dalle forme morbide e le scaglie dorate emise un potentissimo fascio di luce dalla bocca il quale andò a distruggere un poster attaccato sulla parete opposta all’ingresso rivelando l’entrata ad un covo sotterraneo. Sospetto, decisamente sospetto! Certo che anche i metodi di Lance non erano stati dei più tranquilli…
‘Nanase! Meno male che sei arrivato qui anche tu! Stavo per andare a cercarti… Comunque ho scoperto che sotto questo punto un gruppo di persone vestite in nero stanno facendo partire degli strani segnali radio. Noi umani non possiamo percepirli ma, a quanto pare, i pokémmon si! Presto, andiamo a vedere cosa diamine sta succedendo!!!’
Haruka aveva oramai perso il conto. Quante volte era stato trascinato, controvoglia, in avventure che non lo riguardavano nella maniera più assoluta?
E perché non riusciva mai ad avere la prontezza di riflessi per declinare quei decisamente pericolosi inviti?

 

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Capitolo 30
*** Trovare la forza in se stessi [Rin's Side] ***


Capitolo 30, o emme gi! Non ho mai scritto così tanto in vita mia xD
Che dire... Nulla. Solo che mi sono divertita tantissimo nel caratterizzare un 'personaggio' che apparirà in questa parte.
Ringrazio in anticipo chi leggerà/recensirà, grazie davvero >.<
PS: alla fine, il solito riassunto di scenario con i fatti elencati in ordine cronologico :3

 
Capitolo 30 – Trovare la forza in se stessi. [Rin’s side]
 
Che ore erano? In fin dei conti non lo voleva sapere veramente. Era troppo esausto per controllare il pokégear. Era ora che si riposasse… Ma i suoi nervi a fior di pelle non gli permettevano di addormentarsi.
Un sole rosso e rotondo come un’arancia aveva iniziato a sorgere verso est quando Rin si ritrovò a calpestare la pavimentazione di Violapoli. Alzò gli occhi al cielo e contemplò, esausto, quella sfera così calda e bella. In quella direzione si trovava Altopiano Blu e la sede della Lega Pokémon. Oramai mancava poco!
Il bambino sollevò una mano verso l’alto e chiuse il pugno nascondendo così, dietro di esso, tutto il sole.
È così vicino che posso quasi toccarlo con una mano… Mi riposerò solo cinque minuti, poi riprenderò il viaggio! Manca poco, forza Rin!
Non se la sentiva di fare marcia indietro verso casa. Non dopo aver promesso alla madre di raccontarle tutto quello che era successo… Per poi sparire improvvisamente e senza avvertire!!!
Il bambino si trascinò, utilizzando le ultime energie, verso il Centro Pokémon della città; dopo aver rifiutato le attenzioni che lo staff della struttura, preoccupato, era stato in procinto di offrirgli, il giovane allenatore si stese supino sul divanetto più vicino, l’avambraccio sugli occhi per evitare di captare quella minima frequenza di luce che lo avrebbe, irrimediabilmente, portato a svegliarsi.
Ma prendere sonno fu un’impresa ardua e, purtroppo, inutile. Ogni volta che Rin riusciva miracolosamente a raggiungere il dormiveglia, quei maledettissimi occhi rossi riprendevano a fissarlo in maniera intensa. Il bambino li percepiva pericolosamente vicini; provò a muovere le braccia davanti a sé nella speranza di far fuggire via quella presenza fastidiosa ma quello che ottenne fu solo una brutta caduta sul pavimento freddo del Centro.
Il piccolo allenatore, tutto ammaccato, si risedette sul divano come se non fosse successo nulla e si sdraiò, su di un fianco, dando le spalle al bancone. Si rannicchiò su se stesso.
Questa volta non dovette aspettare il dormiveglia per ritrovare, per l’ennesima volta, quei due occhi rossi, grandi, sempre più vicini.
Se sei un mostro mangia sogni, vattene via! Non ti lascerò fare quello che ti pare!’ gridò Rin nella sua mente mettendoci tutta la forza che gli era rimasta addosso.
Di contro, delle palpebre scure calarono lentamente davanti a quei bulbi enormi, come per simulare un’espressione leggermente contrariata.
Se non sei un mostro mangia sogni, allora lasciamo dormire! Poi farò tutto quello che vorrai tu, lo giuro!’ il bambino era disperato. Avrebbe fatto di tutto pur di ottenere almeno un’ora di sonno sereno. Persino diventare la pedina di qualche demone… Sempre e solo se, quest’ultimo, gli avesse dato la possibilità di poter sfidare la Lega Pokémon, sia ben chiaro!
Gli occhi rossi sparirono per un breve istante: al loro posto apparirono due canini bianchi e aguzzissimi a forma di sciabola, come a voler simulare un sorriso. E poi un potentissimo rombo di tuono destò, di colpo, Rin il quale si ritrovò, sveglissimo, seduto sul divanetto del Centro Pokémon, con una coperta che stava scivolando a terra dalle sue gambe.
…Non ho dormito per nulla?’ il rossino controllò il pokégear. Era ora di pranzo.
Quindi ho dormito, e anche tanto! Ho come la sensazione di essermi sdraiato solo pochi secondi fa…
Il giovane allenatore si guardò le mani, poi si mise ad osservare l’ambiente intorno a sé. La stanchezza era scivolata via dal suo corpo e una nuova energia stava scorrendo all’interno di esso.
Dopo aver restituito la coperta, che qualcuno dello staff gli aveva sicuramente messo sopra una volta addormentato, e dopo aver ringraziato le infermiere della struttura, il ragazzino mangiò velocemente un panino e si diresse, subito, verso nord.
 
Non appena giunse ad Amarantopoli, Rin constatò come, nella zona settentrionale del paese, non ci fosse più alcuna tempesta. Il cielo era sereno e il vento docile e fresco. Impossibile che piovesse!
Il ragazzino si ritrovò a sorridere soddisfatto: il tempo era perfetto per volare! Ma non fece in tempo a mettere la mano sulla pokéball contenente Fearow che una strana sensazione lo colse di sorpresa, bloccandolo sul posto. Rin percepiva come dell’elettricità nell’aria e una leggera scossa elettrica gli fece venire dei brividi lungo la colonna vertebrale. Questo fastidio aumentava mano a mano che i suoi piedi lo avvicinavano all’uscita est della città. Notando come quella brutta sensazione lo stesse portando alle lacrime, il bambino, d’istinto, prese a correre nella direzione opposta, ottenendo subito tanto, ma tanto sollievo!
Si ritrovò, così, davanti ai resti della Torre Bruciata… Uno strano foro che mostrava le scale per raggiungere il piano interrato, proprio dove si era scontrato con Nanase e Tachibana poco tempo prima, era aperto proprio sotto alla luce del sole e sembrava quasi invitarlo ad entrare.
I passi di Rin erano lenti e leggeri: il bambino si sentiva poco sicuro all’interno di quella struttura diventata, oramai, quasi impraticabile, ma non riuscì a fare a meno di proseguire.
Una volta raggiunta la grande sala centrale, quella che ospitava le tre statue che si erano animate durante il cedimento della torre, il bambino si dovette bloccare di colpo con il cuore in gola.
‘Ooooh, finalmente sei arrivato! Certo che ce ne hai messo di tempo prima di capire che dovevi tornare in questo posto!’ una tigre dorata, comodamente adagiata su di una trave caduta a terra, sbadigliava annoiata mentre parlava a Rin direttamente nella sua testa. Aveva il torace bianco, una sottile coda azzurra a forma di fulmine, due zanne chiare, grosse e ricurve, una sorta di mantello viola sul dorso e due occhi rossi dalla forma decisamente familiare. Il ragazzino iniziò a balbettare incredulo.
‘Ma ma ma… Sei tu il mostro che non mi ha fatto praticamente dormire?’
‘Mostro dillo a qualcun altro!’ rispose acido il quadrupede. ‘Io sono Raikou, l’incarnazione del tuono, non una bestia qualsiasi! E poi ti ho lasciato riposare alla fine! Ti ho anche fatto da sveglia…’
‘Dimmi perché mi stai perseguitando! Mi hai fatto fuggire da casa!’
‘Quella è assolutamente colpa tua! Io avevo evocato delle tempeste per indicare questa zona in modo che tu mi raggiungessi… E invece te ne sei andato da tutt’altra parte! Dovevo trovare un modo per farti tornare sulla retta via, no?’ Raikou sembrava molto compiaciuto del piano architettato per richiamare il ragazzino. Rin decisamente meno.
‘…E certo, mi pare normale attraversare un terribile temporale su di un pokémon volante che, guarda caso, è debole ai fulmini! Ottima trovata, scemo io che non ci ho ragionato su!’
‘Bimbo, non mi piace questo tuo sarcasmo inutile… A parte il fatto che, quella tempesta, era stata creata in modo che solo tu e la tua squadra poteste percepirla… Ringrazia il fatto che, in teoria, io ho un debito nei tuoi confronti o non mi starei trattenendo nel tappare l’entrata a questa torre che, oh ma tu guarda, è anche l’unica uscita!’
Rin cercò di calmarsi.
‘Signor Raikou…’
‘Bene, vedo che hai capito che devi portarmi rispetto…’
‘…Dicevo… Perché sei in debito con me?’
La tigre si stiracchiò allungando le zampe anteriori verso il bambino. Quel non propriamente lieve movimento fece scricchiolare la trave sulla quale si era sistemato.
‘Tu e i tuoi due amichetti… Con la vostra energia avete risvegliato me e i miei fratelli dal nostro lungo sonno di pietra. E a quanto pare noi tre siamo sempre stati così concentrati su Amarantopoli da non notare quello che stava succedendo nel mondo… Se non si fosse intuito, con il risveglio i nostri sensi si sono amplificati andando a coprire tutta la regione. Incredibile, vero?’
La bestia guardava fisso Rin in attesa di una sua risposta affermativa.
‘Si, certo, prego, non c’è di che… Dovevi per forza ringraziarmi? Sai, a causa dei tuoi fantastici temporali avrei perso un pochino di tempo… Per non parlare poi del rischio di essere diseredato da mia madre…’
‘I miei fratelli si sono messi ad inseguire gli altri due bambini. Io ho pensato fosse più comodo aspettarti qui visto che tanto eri di passaggio… Peccato tu non ti sia fermato nonostante tutti i miei sforzi. I tuoi capelli sembrano belli e sani, per caso si nutrono della tua materia grigia?’
Il bambino avrebbe voluto lanciarsi contro la tigre e prenderla a calci ma, fortunatamente, il suo cervello non fece arrivare l’impulso alle gambe. Si trovava, comunque, di fronte a Raikou, un pokémon leggendario, meglio non inimicarselo. Bhè, fortunatamente non tutta la materia grigia era finita per diventare nutrimento per la sua chioma rossa.
‘Eh già, povero me…’ si limitò a rispondere il piccolo allenatore.
‘Ah, e poi c’era un’altra cosa che dovevo dirti prima di ricongiungermi con i miei fratelli e partire per la missione…’ la tigre sollevò una zampa e iniziò a grattarsi il petto. Poi guardò, con la coda dell’occhio, l’espressione del ragazzino. Aveva la sua più totale attenzione e questo lo rallegrò moltissimo. ‘Ho detto che, con il risveglio, noi Bestie leggendarie ci siamo accorte di altri piccoli problemi sparsi per Johto, no?’
‘Si, subito dopo avermi spiegato la grandiosa idea della tempesta per portarmi qui…’
‘Bene, siccome sei stato attento farò finta di non aver percepito il tuo tono da strafottente, sono proprio magnanimo io! A quanto pare c’è un gruppo di persone che si diverte a creare guai in giro… Stai attento. Tu e i tuoi amichetti. Poi, se ti avanza tempo, non sia mai che io ti faccia fare altro ritardo visto che a te piace lamentarti di questo, chiedi loro di darsi una calmata! È poco gradevole la sensazione di… nero che stanno facendo provare a noi tre povere bestie!’
Rin si sentiva confuso: ‘Non puoi pensarci tu con i tuoi fratelli?’
Raikou sollevò il petto e il suo timbro si fece più profondo: ‘Noi pokémon non possiamo interferire con le faccende degli umani. Per quanto voi umani vi sentiate liberi di sfruttare noialtri come meglio, o peggio, credete. Noi tre abbiamo potere solo sulle calamità naturali grazie alla seconda vita concessa dal nostro padre Ho-oh. Visto che me lo stai chiedendo con insistenza, ti racconterò la missione importantissima che sto per intraprendere insieme a Suicune ed Entei, sentiti orgoglioso!’
Il rossino annuì; preferì rimanere in silenzio piuttosto che fare una battuta causando l’ira di Raikou.
‘Una volta riuniti, io e i miei fratelli partiremo per un viaggio alla ricerca di Ho-oh e Lugia, colui che proteggeva Amarantopoli quando questa torre era ancora in piedi. Una volta ritrovati, viaggeremo per il mondo per ridare alle persone, con la nostra apparizione, speranza e per spingere i puri di cuore a prendere in mano la situazione. Solo così diminuirà la presenza di piccoli gruppi di uomini in nero come quelli che stanno creando scompiglio ora a Johto. Faremo solo comparse piccole e fugaci… E verremo considerati proprio come delle divinità! Non vedo l’ora!’
Rin aveva ascoltato fino a ‘uomini in nero’. Non aveva dubbi: ad Azalina aveva sconfitto solo una manciata di membri del Team Rocket, era probabile che i gruppi principali e più forti fossero ancora in libertà.
‘E sia. Se mi capiterà di incrociare questi tizi sulla mia strada, li farò pentire di tutte le azioni malvagie che hanno compiuto contro altre persone e contro i pokémon!’
‘Oh, mi piace come ragioni! Peccato per quel caratteraccio… Bhè, il mio dovere l’ho fatto, ora esci e non voltarti indietro fino a quando non ti troverai all’aria aperta. Addio bambino dai capelli rossi, cresci sano e forte e non farmi pentire di essermi mostrato a te!’
‘Grazie’ si limitò a rispondere il rossino. Poi, obbedendo ciecamente agli ultimi ordini di Raikou, diede le spalle alla tigre e tornò indietro sui propri passi con precisione millimetrica.
Una volta raggiunta l’uscita, Rin girò lo sguardo come se si aspettasse di veder fuggire via la tigre dorata. Invece, con grande sorpresa, notò che il foro, attraverso il quale era passato, era scomparso come se sigillato dalle macerie del soffitto.
‘Matsuoka?’ un Makoto selvatico apparve dalla porta ovest di Amarantopoli. Anch’egli si mise ad osservare, confuso, i detriti della Torre Bruciata, come se avesse notato un particolare che andava a cozzare con quello che i suoi occhi stavano venendo in quel momento.
‘Sei di ritorno da Fiorlisopoli?’ disse il rossino di getto, senza pensarci troppo.
Tachibana si voltò totalmente verso di lui, un sorriso luminosissimo e orgoglioso sul viso.
‘Si. Sai, alla fine ce l’ho fatta… Ho affrontato il mare. E ho battuto Furio!’
‘…Sono contento per te’ nonostante non ci fosse molta partecipazione nel tono della sua voce, il rossino, in cuor suo, si sentiva felice. Dopotutto sapeva che Makoto ce l’avrebbe fatta.
‘E ho conosciuto tua sorella. Lo stesso anche Haru’
Lo sguardo di Rin si rabbuiò. Era inevitabile che succedesse. Dopotutto gli allenatori che costituivano le prove preliminari prima dei capopalestra erano soliti presentarsi. E di sicuro Gou non sarebbe rimasta zitta a farsi gli affari suoi… Chissà cosa aveva raccontato a Tachibana e Nanase! Conoscendola, ovviamente tutto. E per i due bambini sarebbe stato molto facile fare due più due. Troppo facile.
‘Matsuoka?’ il ragazzino dagli occhioni verdi cercò di attirare l’attenzione dell’altro.
‘Mmm?’
‘Io starò per un pò al Centro Pokémon. Vieni con me?’
Rin rimase decisamente sorpreso. Si sarebbe aspettato discorsi tipo: ‘Mi dispiace per quello che è successo!’ oppure ‘Tu non sei cattivo, le circostanze ti hanno fatto agire in quel modo’ e altre frasi ricche di pietà verso di lui.
Non sapeva come rispondere.
‘Io… Volevo volare subito per Mogania. Ecco…’ l’allenatore dai capelli rossi si voltò di scatto per nascondere il volto: i suoi occhi stavano iniziando ad inumidirsi e lui non voleva piangere di fronte a uno dei suoi rivali.
‘Allora ci vediamo alla Lega!’ rispose Makoto senza indagare oltre.
Rin fece uscire Fearow dalla sfera e montò in groppa senza dire nessuna parola. Poi, continuando a dare le spalle all’altro bambino, sollevò semplicemente una mano per salutare.
 
Una volta giunto nei pressi di Mogania, il bambino dovette stringersi forte al corpo del proprio pokémon per cercare un po’ sollievo dall’aria fredda della montagna. Non appena atterrò nella cittadina, rimase sorpreso nel vedere un numeroso gruppo di abitanti circondare, compatti, una piccola bottega. Una volta avvicinatosi, e una volta percepito dal pokégear acceso di un signore lì vicino uno strano messaggio che inneggiava al Team Rocket e alla speranza del ritorno del loro leggendario capo Giovanni, la rabbia prese il sopravvento e Rin si diresse subito in volo alla stazione radio di Fiordoropoli, pronto per la resa dei conti.

CRONOLOGIA SCENARIO 'TROVARE LA FORZA IN SE STESSI' (quella del nono scenario si trova in fondo al capitolo 27)

- Rin arriva all'alba a Violapoli. Prova a riposarsi al Centro Pokémon ma quegli strani occhi non vogliono lasciarlo in pace. Dopo pranzo, dopo pun pò di ore di sonno, riprende la sua corsa in direzione Amarantopoli;
- Makoto, la mattina successiva, batte Gou e Furio. Dalla moglie del capopalestra ottiene la MN02;
- Haruka giunge a Mogania poco prima di pranzo e viene a sapere di alcuni problemi al Lago d'Ira dalla gente del posto. Temendo che la causa di tutto fosse Rin, decide di visitare quel luogo;
- Makoto, nel primo pomeriggio, raggiunge Olivinopoli volando, e va a sfidare subito Jasmine;
- Haruka scopre che i problemi al Lago d'Ira erano stati causati da un potentissimo Gyarados rosso. Prova a sfidarlo con Heracross ma si trova ben presto in difficoltà. Grazie all'aiuto di Suicune, il bambino cattura il pokémon d'acqua e incontra Lance;
- Rin entra ad Amarantopoli e, seguendo il suo istinto, si avvicina ai resti della Torre Bruciata. Nel piano inferiore troverà Raikou ad attenderlo;
- Makoto batte Jasmine e decide di raggiungere Amarantopoli a piedi per allenare Vulpix e Poliwag. Verso la fine del Percorso 39 si imbatte in Entei il quale gli dona una Pietra Fuoco per far evolvere il pokémon Volpe;
- Haruka torna a Mogania dove entra, insieme a Lance, in un covo sotterraneo misterioso;
- Makoto raggiunge Amarantopoli dove trova Rin. I due hanno un breve scambio di parole, poi il rossino volerà via verso est;
- Rin arriva a Mogania e, una volta scoperto della presenza dl Team Rocket alla Torre Radio, decide di bloccarli, fuorioso, a Fiordoropoli;

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Capitolo 31
*** Ghiaccio bianco e divise nere [Makoto's Side] ***


Intanto chiedo scusa per aver 'zompato' una settimana senza postare nulla x.x Cercherò di non farlo più ç.ç (anche perchè oramai manca poco alla conclusione, sarei matta a procrastinare male D: )
Altra cosa: siccome i miei appunti sulle palestre (e sugli allenatori 'special guest' (lol?) risalgono a prima della seconda stagione, diciamo che alcuni 'animali-totem' potrebbero non coincidere più con le informazioni ufficiali che la Kyoani ha passato (capirete di cosa sto parlando leggendo u.u)!
Detto ciò, capitolo ricco ricco di battaglie! Ne sono abbastanza contenta :3
Grazie in anticipo a chi leggerà/commenterà <3
Capitolo 31 – Ghiaccio bianco e divise nere. [Makoto’s side]
 
‘Matsuoka?’ il ragazzino dagli occhioni verdi cercò di attirare l’attenzione dell’altro.
‘Mmm?’
‘Io starò per un po’ al Centro Pokémon. Vieni con me?’ Makoto rimase in attesa di una risposta da parte di Rin. Osservò però, con leggera preoccupazione, il cambio di espressione del rossino: quest’ultimo sembrava essere diventato triste tutto ad un tratto! Che il piccolo Tachibana avesse detto qualcosa di sbagliato? Makoto, comunque, non fece in tempo a fare alcun gesto per ristabilire l’equilibrio in quella conversazione: Rin si voltò di scatto dandogli le spalle e riprese a parlare.
‘Io… Volevo volare subito per Mogania. Ecco…’ il tono della sua voce lasciava trapelare una scarsa sicurezza in sé, così atipica dall’immagine che il ragazzino era solito mostrare.
Makoto decise di non indagare oltre, il suo interlocutore ce la stava mettendo tutta per sviare il discorso: ‘Allora ci vediamo alla Lega!’ disse semplicemente con un grande sorriso in volto.
Rin fece uscire Fearow dalla sfera e montò in groppa senza dire nessuna parola. Poi, continuando a dare le spalle all’altro bambino, sollevò semplicemente una mano per salutare.
 
Dopo una breve pausa al Centro Pokémon fatta giusto per dare un controllo veloce a Ninetales, Makoto si rimise lo zaino in spalla e proseguì, deciso, verso est.
Non appena si addentrò lungo il Percorso 42, il piccolo allenatore incappò ben presto nei due specchi d’acqua racchiusi tra il Monte Scodella e il boschetto sud. Notando con estremo sollievo come la superficie di quei laghi fosse calma e, soprattutto, molto ridotta rispetto alla distesa marina che aveva dovuto affrontare per raggiungere Fiorlisopoli, il bambino non ci pensò più di tanto: si tolse rapidamente la maglietta e chiamò il suo fidato Poliwag. Un paio di Surf e la riva est era stata conquistata in maniera estremamente veloce!
Una volta entrato in Mogania, Makoto si diresse al Centro Pokémon per asciugarsi un poco. Mentre si strofinava con vigore un asciugamano sulla testa, il ragazzino ascoltò alcuni adulti parlare; rimase sorpreso nel constatare come, pochissime ore prima, un problema causato da un noto gruppo di criminali in nero, avesse mandato nel panico la cittadina. Ma fortunatamente un certo Lance e un piccolo aiutante dai capelli neri avevano sventato i loro piani malvagi riportando a la pace.
Stavano parlando quasi sicuramente di Haruka! E, da quanto era stato detto, fino a poco tempo prima il moretto si trovava proprio nella città che Makoto aveva appena raggiunto!
Forse ho iniziato a recuperare il tempo perduto a Fiorlisopoli! Forse Haru è più vicino a me di quanto io stesso possa credere!
La notizia caricò al massimo il bambino: egli uscì dal Centro praticamente senza salutare o ringraziare lo staff della struttura e si diresse, di corsa, al cospetto di Alfredo.
All’interno della palestra si respirava un’aria decisamente ghiacciata: ogni volta che Makoto emetteva un respiro, piccole nuvole di condensa fuoriuscivano dalla sua bocca. Qualcuno doveva aver spento il riscaldamento, se non addirittura messo in moto i condizionatori. Il piccolo allenatore si trovava in una stanza quadrata, dalle dimensioni ridotte. Ad un primo sguardo, saltava subito all’occhio l’alternarsi di due tipi diversi di pavimentazione dello stesso colore bianco con sfumature azzurrine: la prima formata da una successione di piastrelle di grandi dimensioni, l’altra totalmente liscia.
Il ragazzino, non vedendo nessuna persona in giro, decise di raggiungere rapidamente la porta che pareva attenderlo in fondo alla stanza; ma non appena mise piede sul pavimento liscio, finì subito a terra senza capire bene il perché. Era scivolato malamente! Fortuna che si trovava da solo: sarebbe morto dalla vergogna se qualcuno l’avesse visto! Solo quando Makoto provò a rialzarsi in piedi, poggiando le mani a terra per fare leva su di esse, si accorse di trovarsi sopra un enorme lastrone di ghiaccio. Avrebbe dovuto intuirlo un po’ prima, dopotutto quella era la tipologia di pokémon usata dal capopalestra! Goffamente il bambino indietreggiò di sedere fino al pavimento mattonellato; una volta raggiunta quella base più stabile, si alzò in piedi in tutta sicurezza.
Dopo aver capito il trucco della palestra, Makoto prese a sfruttare la pavimentazione ghiacciata per spostarsi velocemente utilizzando il minimo di energia. Una volta superata la porta in fondo alla stanza, il ragazzino si ritrovò in un ambiente decisamente più grande; al di là del solito lastrone di ghiaccio, da superare ‘pattinando’, lo aspettava un ragazzo dai capelli argentati e folti, dalla frangia pesante e gli occhi chiari. Aveva anche un piccolo neo sotto l’occhio destro.
Questa volta Makoto, conscio di non essere solo, si concentrò maggiormente sulla pavimentazione e raggiunse il fanciullo misterioso senza cadere o scivolare in maniera poco aggraziata.
‘Piacere, sono Aiichiro Nitori, prova preliminare da superare prima di raggiungere Alfredo. Ecco… Potrei sapere quante medaglie hai ottenuto fino ad ora?’ l’allenatore parlava in modo leggermente impacciato ma molto educato. Makoto gli annunciò, sorridendo orgoglioso, che quella che stava per affrontare sarebbe stata la sua penultima palestra.
‘…Allora a scendere in campo sarà Dewgong!’ Aiichiro fece uscire dalla pokéball quello che sembrava, a prima vista, un bell’esemplare di otaria dal corpo chiarissimo e longilineo, gli occhi vispi e il corno lucido.
Il bambino dai capelli castani rimase un istante come interdetto. Ma quello non era un pokémon d’acqua? Forse possedeva anche il secondo tipo ghiaccio. Di sicuro Ninetails non sembrava il compagno più adatto da mandargli contro.
‘Flaaffy, scelgo te!’ la pecorella rosa scese in campo nonostante non fosse ben allenata come il resto della squadra.
‘Flaaffy, Tuononda!’ per ovviare al divario di livello che si era creato a causa della forza dello sfidante, Makoto decise di ricorrere alle alterazioni di status per ottenere il massimo del vantaggio. Dugong, così, venne immediatamente paralizzato senza riuscire ad opporre resistenza.
‘Dugong, Geloscheggia, ora!’ il pokémon Otaria, a causa della paralisi, divenne incredibilmente lento: il suo attacco venne letto subito da Flaaffy, il quale, con un rapido balzo, evitò il colpo.
‘Flaaffy, termina l’incontro con Tuonoshock!!!’ nonostante la forza dell’elettricità contro l’acqua, nonostante la previsione ottimista di Makoto, il compagno di Nitori riuscì a resistere ancora per un altro round. Ma i suoi minuti erano oramai, comunque, contati: un secondo attacco elettrico del pokémon Lana bastò per mandare l’avversario ko.
 
La porta alle spalle di Aiichiro conduceva direttamente alla sala di Alfredo. In quella stanza non si trovava alcuna pavimentazione ghiacciata; evidentemente il capopalestra preferiva evitare di vedere allenatori cadere goffamente a terra a causa di uno scivolone.
Meglio così!’ pensò il bambino dagli occhi verdi nonostante, fino a quel momento, non se la fosse cavata male sul ghiaccio. Ma di sicuro, di fronte allo sguardo severo di quell’anziano capopalestra, si sarebbe fatto prendere dal nervosismo e ne avrebbe combinata una delle sue.
‘I pokémon fanno esperienze diverse nella vita, proprio come noi’ disse l’uomo mentre il giovane allenatore si avvicinava a lui con passo lento ma non per questo incerto. ‘Anch’io nella mia esistenza ho visto e sofferto molto…’
Alfredo fece una pausa: aspettò che Makoto lo raggiungesse sul suo palchetto prima di riprendere.
‘Visto che sono più anziano, ti mostrerò cosa intendo. Vivo con i pokémon da quando tu non eri neppure al mondo! Non perderò tanto facilmente!’
Non fu il freddo, furono quelle ultime parole a far rabbrividire il bambino dalla testa ai piedi.
‘Io, Alfredo, allenatore dell’inverno, ti mostrerò la mia potenza! Vai Lapras!’ il pokémon trasporto uscì dalla propria ball facendo tremare il pavimento tanto grande e pesante era.
Un altro pokémon d’acqua che avrebbe spazzato Ninetails con un solo attacco! Makoto si morse il labbro pensando a quanto avesse sottovalutato la palestra di Mogania.
‘Flaaffy, scelgo te!’ il pokémon Lana si ritrovò ad essere, per la seconda volta, il protagonista di quegli scontri. ‘Tuononda, subito!!!’ visto che contro Aiichiro aveva funzionato, Makoto tentò di rimettere in pratica quella strategia ben collaudata. Peccato che Lapras, mostrando un’agilità impensabile per una creatura di tali dimensioni, evitò il colpo.
‘Lapras, Geloscheggia’ il timbro di Alfredo era calmo e quasi freddo, come se l’uomo fosse al di sopra della battaglia. Al contrario, il suo pokémon dimostrava un’energia e una vitalità invidiabile: lo percepì benissimo Flaaffy che prese in pieno il suo ultimo attacco.
‘Flaaffy, di nuovo Tuononda!’ Makoto si era intestardito nel voler paralizzare il compagno di Alfredo. Fortunatamente per lui, l’attacco andò a buon segno causando lo status negativo a Lapras.
‘Lapras, Geloraggio’ nonostante il pokémon fosse bloccato sul proprio posto, esso aprì la bocca ed emise un potentissimo fascio di energia fredda contro la pecorella. Flaaffy, al limite delle sue forze, barcollò visibilmente.
‘Flaaffy, veloce, Tuonoshock!’ il compagno di Makoto riuscì ad infliggere parecchi danni al Lapras avversario, ma tutto questo non bastò per sconfiggerlo; un secondo Geloraggio mandò ko il pokémon Lana prima che esso potesse contrattaccare una seconda volta.
Il ragazzino decise di rischiare il tutto e per tutto: avrebbe mandato in campo Meganium ben conscio della sua debolezza al gelo. Voleva scommettere sulla paralisi che Flaaffy era riuscito ad affibbiare a Lapras e alla conseguente perdita di riflessi che l’avversario aveva ottenuto a causa dello status negativo.
‘Meganium, Fogliamagica, subito!’
Fortunatamente fu lo starter a colpire per primo: grazie anche ai danni ricevuti poco prima, il compagno di Alfredo fu costretto ad abbandonare il campo esausto.
‘Hmm… Niente male’ disse il capopalestra senza scomporsi troppo.
La sua seconda e ultima scelta fu Piloswine. Makoto emise un fortissimo respiro di sollievo: finalmente Ninetails avrebbe potuto riscaldare l’atmosfera con i suoi attacchi di fuoco.
Non ci volle molto, infatti, per sbaragliare anche quel pokémon ottenendo, di conseguenza, la Medaglia Gelo.
‘La tua forza mi ha colpito! La tua volontà ti farà superare ogni ostacolo della vita. Meriti veramente questa medaglia!’
 
Makoto corse via dalla palestra con il simbolo della propria vittoria ancora in mano. Ignorò il centro Pokémon della cittadina e si inoltrò verso est, direzione Via Gelata. L’eccitazione per lo scontro appena concluso e la consapevolezza di aver accorciato le distanze con Haru gli avevano messo le ali ai piedi. Peccato che la grotta che stava per esplorare fosse costituita prevalentemente da lastroni ghiacciati. Difatti, non appena ne varcò l’ingresso, scivolò malamente a terra, facendosi anche abbastanza male! Fortunatamente non demorse e, ricordando le differenze di pavimentazione della palestra appena superata, mettendo un po’ più attenzione, prese a pattinare in cerca dell’uscita.
 
Una volta trovato un varco per l’esterno, finalmente all’aria aperta, Makoto notò come il cielo avesse già iniziato a tingersi di blu scuro. Il bambino si diresse subito al Centro Pokémon di Ebanopoli dove affidò in tempo la propria squadra prima di cadere addormentato, esausto per la giornata piena appena trascorsa.
Il mattino seguente il bambino si diresse, emozionatissimo, verso l’ultima palestra della regione.
Contrariamente al clima della struttura di Mogania, in quell’ultimo edificio l’aria era calda e afosa. Il pavimento era costituito da blocchi mobili che sembravano galleggiare e ruotare su di un lago di lava! Inutile dire che l’ansia di Makoto iniziò a crescere a dismisura. Dopo aver giocato con la prima pedana, fortunatamente il bambino indovinò la sistemazione che quest’ultima doveva avere per poter sbloccare un passaggio verso la stanza centrale. All’intero di essa lo aspettava un ragazzo altissimo e dalle spalle larghe, i capelli rossi scompigliati verso l’alto, gli occhi sottili e dorati e un sorriso divertito sul volto.
‘Complimenti per essere arrivato fin qui! Io sono Seijuro Mikoshiba, l’asso di Sandra! Dimmi dimmi… Questa sarà la tua ultima medaglia da conquistare, vero? Molti allenatori lasciano questa palestra per ultima perché non sanno come gestire la potenza dei nostri pokémon drago! Ti sei preparato a dovere, vero?’
‘S-s-si signore!’ Makoto si irrigidì intimorito. Altro che ‘sconfiggiamo la palestra di Ebanopoli con gli attacchi più forti di tutti i pokémon a disposizione’, qui bisognava pensare ad una strategia efficace! E pure subito!
‘Bhè, bando alle ciance… Vai Kingdra!’ il pokémon drago apparve sul campo di battaglia mostrando una grazia innata.
Non avendo a disposizione pokémon capaci di colpire quell’avversario nel suo punto debole, il bambino decise di far combattere il più forte della propria squadra: ‘Meganium, vai!’
‘Kingdra, Dragopulsar!’ Seijuro iniziò l’incontro con l’intenzione di non risparmiare nessuna energia. Il suo pokémon si concentrò per creare una potentissima onda d’urto che andò ad infrangersi sul petto robusto dello starter.
La potenza dei pokémon drago…
‘Meganium, Fogliamagica!’ la compagna di Makoto evocò una pioggia di foglie luminose che circondarono l’avversario non lasciandogli scampo. Il piccolo allenatore ce l’avrebbe messa tutta!
‘Kingdra, Iper Raggio, adesso!’ il drago non perse tempo e aprì la bocca: un potentissimo fascio di luce dai mille colori investì totalmente Meganium lasciandola in piedi con pochissima energia. L’attacco, comunque, debilitò Kingdra stesso il quale iniziò a respirare affannosamente.
‘Meganium, Sintesi!’ lo starter chiuse gli occhi per concentrarsi e aprì i suoi petali verso l’alto; così facendo recuperò l’energia che, tramite i raggi solari, aveva catturato nel fiore sul suo dorso e fu nuovamente in forze per colpire l’avversario. ‘E adesso Petalodanza, subito!!!’ Makoto approfittò delle condizioni poco ottimali del pokémon drago per finirlo velocemente.
‘Argh, me l’hai proprio fatta, non credevo che il tuo starter potesse curarsi! Bhè, hai il permesso di avanzare fino a Sandra. Buona fortuna!’
 
Dopo aver superato l’ultimo rompicapo con la seconda pedana mobile, finalmente il bambino si ritrovò al cospetto della capopalestra dalla lunga coda turchina.
‘Io sono Sandra! Sono il più grande allenatore di pokémon di tipo drago. Posso tener testa persino ai Superquattro della Lega Pokémon!’ nelle sue parole si potevano percepire un orgoglio smisurato e una grande sicurezza nella propria forza. ‘Vuoi ancora sfidarmi?’
Makoto deglutì intimorito. Ma non riuscì a trovare il coraggio di ritirarsi: era giunto nell’ultima palestra superando tantissime prove, niente e nessuno avrebbe potuto più fermarlo!
 

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Capitolo 32
*** Ghiaccio bianco e divise nere [Haruka's Side] ***


Capitolo decisamente più lungo rispetto al solito... ma spero vivamente non sia noioso >.<
In questa parte Lance, con la sua energia, sembra essere il protagonista della storia, ma tranquilli, Haru non sarà messo troppo in ombra (o almeno credo ç.ç ).
Questo scenario di Mogania presenta tantissime battaglie... Che fatica cercare di trovare modi di rendere ogni combattimento diverso xD
Comunque ringrazio in anticipo chi leggerà e/o recensirà, grazie mille davvero >w<

 
Capitolo 32 – Ghiaccio bianco e divise nere. [Haruka’s side]
 
Il covo del Team Rocket era incredibilmente vasto, sembrava quasi estendersi, con tutta la propria superficie, nella totalità dei sotterranei di Mogania. Il gruppo di delinquenti aveva fatto le cose in grande: pareti e solai erano costruiti in solido acciaio e delle statue raffiguranti Persian di pietra, dagli occhi luminosi in maniera decisamente sospetta, non facevano che aumentare la sensazione di ansia e claustrofobia che si provava già scendendo i primi gradini.
‘Nanase, occhi aperti. Devi essere pronto a tutto!’
Haruka annuì a Lance senza staccare gli occhi dal suo gigantesco Dragonite il quale, a fatica, riusciva a stare in piedi in quel lungo corridoio dal soffitto basso.
‘Credo che i proprietari della bottega abbiano già avvertito i membri del Team che si trovano qui sotto… Non credo serva a nulla procedere troppo lentamente cercando nascondigli. Tu che dici?’ proseguì l’allenatore dai capelli rossi.
‘Mmm…’ il bambino si distrasse per un momento. Uno strano lampo di luce proveniente dagli occhi della statua Persian più vicina aveva catturato la sua totale attenzione. Ignorando momentaneamente Lance, Haru si avvicinò al felino di pietra per controllare meglio.
Un allarme dal suono fastidiosissimo iniziò a cantare all’improvviso facendo saltare all’indietro il ragazzino per lo spavento. Dal fondo del corridoio iniziarono a risuonare dei passi veloci di alcuni uomini in nero, sempre più vicini.
‘Un sensore in una statua… Poco male, tanto avevamo deciso di affrontare il Team Rocket faccia a faccia, no? E poi, venendoci così incontro, ci risparmiano la fatica di andare a stanarli uno per uno!’ l’uomo dai capelli rossi era decisamente una persona ottimista e intraprendente.
‘Dragonite, Tornado!’ non appena un piccolo gruppo di soldati semplici fece capolino davanti agli occhi di Haruka e Lance, quest’ultimo fu subito pronto ad accoglierli… In maniera un po’ troppo violenta! La potente tromba d’aria che il pokémon generò agitando le proprie ali, rispedì all’indietro i padroni di casa facendoli sbattere contro la parete di fondo.
‘Ehi!’ se fino a pochi secondi prima il piccolo moro aveva provato un minimo di ammirazione verso quell’allenatore così affezionato ai draghi e pieno di risorse, ora iniziava a sentirsi intimorito.
Lance, intuendo i pensieri del bambino, si giustificò subito: ‘Dragonite li ha solo messi fuori combattimento! Non ordinerei mai ad un mio compagno di ferire degli esseri umani! Mai!’
‘…Come vuoi tu’ Haru spostò lo sguardo verso la fine del corridoio per evitare di incrociare gli occhi dell’allenatore.
‘Dai piccolo, proseguiamo. Il Team Rocket non si sconfiggerà da solo!’
Ogni volta che i due passavano davanti ad una statua Persian, l’allarme suonava rumorosamente attirando piccole orde di uomini in nero. Per questi ultimi incontri, Lance attese che i vari gruppetti avversari mandassero in campo i loro pokémon prima di attaccare. Anche Haruka cercò di essere di aiuto: notando come Dragonite conoscesse anche attacchi elettrici, mandò in campo Sake, il suo Geodude, giusto per non rischiare di vedere la propria squadra annientata dall’allenatore alleato a causa della forza incontenibile del drago.
Verso la parte centrale del corridoio, a sud, si apriva una stanza molto grande adibita a magazzino. Vedendo Lance proseguire dritto, Haru decise di ignorare quell’ambiente.
Arrivati in fondo all’edificio, un secondo corridoio, che questa volta puntava verso sud, portava a delle scale che conducevano al piano inferiore. Peccato che, una volta svoltato l’angolo, i due allenatori si trovarono faccia a faccia con un uomo vestito in nero.
‘Ah, vorreste proseguire da lì? Il pavimento è disseminato di bombe nascoste: un passo falso e… BUM!!! Ma tanto vi fermerò prima io. Rattata, Grimer, scelgo voi!’ la recluta Rocket non perse tempo e obbligò i due intrusi a combattere.
‘Dragonite, Tuono subito!’ il roditore nemico uscì, esausto, subito dalla battaglia; il pokémon melma, invece, riuscì a resistere riportando, comunque, gravi danni.
‘Sake, Sassata!’ fu il Geodude di Haru, rimasto ovviamente illeso dall’attacco elettrico del proprio alleato, a completare l’opera.
‘Dannazione… Perlomeno sono riuscito a far guadagnare un po’ di tempo ai miei compagni’
‘Parla! C’è un modo per passare di qui senza attivare le bombe?’
‘Provateci! Poi se vi capiterà di perdere un braccio o una gamba, non date la colpa a me visto che vi ho avvertiti!’
‘Maledetto…’ Lance strinse i pungi così forte da procurarsi delle piccole ferite con le unghie. Per un momento Haruka temette di dover trovare un modo per cercare di contenere l’ira dell’esperto di pokémon drago; fortunatamente l’uomo dai capelli rossi riuscì a riprendere subito il controllo di se stesso. ‘Vattene adesso che non hai più pokémon pronti a difenderti o io non sarò magnanimo come adesso. Nanase, cerchiamo un percorso secondario, staneremo tutti i membri del team anche a costo di passare per i condotti di aerazione!’
Haru indicò al compagno la porta che conduceva ai magazzini. Potevano provare ad investigare da quella parte.
Il deposito, a causa della complicata disposizione dei vari container colorati, dava la sensazione di essere un labirinto in miniatura. A fatica i due riuscirono a raggiungere un’area centrale adibita a sala di controllo dove uno scienziato, armato di pokéball, sembrava aspettare proprio loro.
‘Complimenti per essere arrivati fin qui! Un tempo questo era un covo ninja. Ci sono molte trappole per gli intrusi come voi; noi ci siamo limitati a modernizzare un po’ il tutto. Ma io fermerò la vostra corsa qui! Magnemite, andate!’ due pokémon calamita entrarono in campo emettendo piccole scosse elettriche dalle loro estremità metalliche.
Haruka si ritrovò a pensare come i membri del Team Rocket, presi da soli e uno per volta, non rappresentassero poi chissà quale grande problema. Cioè, aveva affrontato palestre con all’interno allenatori decisamente più temibili! Che ci fosse altro sotto?
‘Dragonite, Tornado!’ la potente tromba d’aria emanata dal drago catturò entrambi i pokémon avversari. I due mostri elettrici, sballottati da quella forte corrente, andarono a scontrarsi tra di loro ripetutamente causando piccoli lampi d’attrito. Alcuni andarono a colpire Dragonite e Sake (il quale, ovviamente, non percepì alcun danno), altre mandarono in corto circuito il pc della stanza disattivando, così, telecamere nascoste e sensori nelle statue Persian.
‘Maledetti… Magnemite, cercate di riprendervi e usate entrambi Sonicboom!’
‘Dragonite, Iperaggio!’ il pokémon di Lance fu molto veloce: approfittando della vicinanza dei due avversari, emanò un potentissimo fascio di energia che colpì entrambi mandandoli ko. Haru era rimasto a guardare la sfida a bocca aperta e senza avere la possibilità di fare nulla. Aveva comunque capito che era meglio non trovare sulla propria strada Lance come avversario, soprattutto se l’uomo non sembrava di ottimo umore!
‘Nanase, guarda lì dietro! Una mappa di questo piano con sopra segnate le statue con i sensori… Ok, ora come ora è più utile sapere come raggiungere quelle scale attraverso un altro passaggio!’
Dopo alcuni minuti di studio, l’uomo dai capelli rossi prese per mano il ragazzino e proseguì spedito zigzagando attraverso i container.
‘Senti piccolo… Il mio Dragonite deve recuperare un po’ di energie dopo Iperaggio… Semmai dovessimo incontrare un’altra recluta, ce la farai a batterla da solo?’
‘Si, dovrei…’ le strategie di quegli uomini in nero sembravano non preoccupare Haru più di tanto.
‘Grazie mille, al mio amico servono solo cinque minuti! Non ti lascerò solo in questo covo, te lo giuro!’
 
Il primo piano interrato presentava una disposizione di pareti e container decisamente meno complicata rispetto a quella vista al piano superiore. Un corridoio molto breve si diramava in due direzioni: a sinistra verso uno spesso portone d’acciaio e a destra verso uno spiazzo che portava alle scale di un secondo piano sotterraneo.
I due si avvicinarono al grande uscio metallico.
Trasmettitore di onde anomale c’è scritto…’ disse Lance leggendo la targhetta sul muro. ‘È da qui che hanno fatto partire i segnali radio che hanno fatto impazzire i Magikarp del Lago d’Ira!!!’
L’uomo provò a forzare entrambe le ante ma il bambino gli fece notare subito la presenza di un tastierino proprio al di sotto della targhetta. Lance era una vera e propria testa calda che si gettava a capofitto nelle missioni senza, però, fermarsi un momento per studiare il contesto in cui si trovava. In questo caso la razionalità di Haruka gli fu molto di aiuto.
Una volta scesi nel secondo piano interrato, l’esperto dei draghi si gettò letteralmente addosso alla prima recluta che entrò nel suo campo visivo… Peccato che toccò al bambino sfidarla visto che Dragonite necessitava ancora di alcuni minuti per riprendersi.
Sconfitto velocemente, l’uomo in nero fu costretto a vuotare il sacco possibilmente in maniera rapida: ‘Ecco… Per aprire la p-p-porta del Trasmettitore è necessario inserire una scheda e una password in mano al ge-ge-generale Maxus! Egli si t-t-trova nell’ufficio del ca-ca-capo. Però è ne-ne-necessario un c-c-codice di riconoscimento per entrare in q-q-quella stanza!!!’
‘E ovviamente tu non la conosci…’ disse Lance digrignando i denti.
‘S-s-so solo che sono due pass! Sono una semplice r-r-recluta io, non so proprio nulla! Nulla!!!’
Dopo aver setacciato tutto il piano, dopo aver stanato tutti i soldati semplici messi di guardia, i due allenatori, finalmente, si diressero davanti all’uscio dell’ufficio con entrambe le password in mano: Codaraticate e Codaslowpoke.
All’interno di esso, un uomo distinto, con la divisa molto diversa rispetto a quella indossata dai membri del Team sconfitti fino a quel momento, si trovava seduto ad una scrivania, ed era intento ad esaminare con molta attenzione lo schermo del pc.
‘Mmm… Interessante. Vi ho osservati tramite le telecamere nascoste. Non avevo dubbi, con la vostra forza, prima o poi, sareste giunti fino a qui. Tu sei Lance di Ebanopoli, vero? Da quando in qua hai iniziato a fare il babysitter?’
Haru non sembrò gradire molto le ultime parole dell’uomo in nero.
‘Maxus, non siamo qui per perdere tempo’ l’uomo dai capelli rossi tagliò corto rapidamente e i suoi occhi si voltarono per cercare quelli di Dragonite. ‘Siamo qui per la scheda e la password per la sala del Trasmettitore. Dacci tutto e subito, così eviterai uno scontro decisamente a senso unico’
‘Io non sono come le mezze calzette che avete affrontato fino ad ora e che non sono riuscite nemmeno nel semplice compito di trattenervi… Patiranno anche la vergogna di essere stati sconfitti da un ragazzino!’ questa volta il generale si rivolse verso Haruka. ‘Facciamo una scommessa: se vinco io voi due ve ne andrete via con la coda tra le gambe e non interferirete mai, mai, mai più con i piani del Team Rocket’
‘E se vinciamo noi tu ci darai tutto quello che ci serve!’ Lance tagliò corto.
‘Sempre se riuscirete a battermi… Golbat, Weezing, distruggeteli!’
I due allenatori, ovviamente, lasciarono la scena ai loro Dragonite e Geodude.
‘Golbat, Sgomento! E tu Weezing, usa Smog!’ mentre il pokémon Velenuvola emetteva una potente scarica di gas maleodoranti, il pipistrello blu si gettò prima contro il compagno di Lance, facendolo tentennare, poi contro quello di Haru.
‘Dragonite, riprenditi e usa Tuono!’ proprio mentre il rosso ordinava l’attacco da mettere a segno, la nube tossica raggiunse il drago il quale, a causa del colpo appena ricevuto, non riuscì a scappare. Lo status negativo debilitò il pokémon interrompendo la sua carica.
‘Sake, Rotolamento su Weezing!’ Geodude scattò in avanti contro l’avversario e, così facendo, riuscì a non sostare troppo nella coltre velenosa.
‘Golbat, rimani vicino a Weezing e tu Weezing vai con Muro di Fumo!’ Maxus, ritenendo oramai spacciato il Dragonite di Lance, che tanto sarebbe andato presto ko da solo a causa del veleno, decise di rivolgere le attenzioni solo sul pokémon del ragazzino: non avendo mosse efficaci contro il tipo terra-roccia, decise che nascondere alla vista dell’avversario la propria squadra fosse una mossa saggia da effettuare. In quel modo, gli attacchi dei suoi pokémon sarebbero stati improvvisi e inaspettati e di sicuro non avrebbero mai mancato il bersaglio.
‘Dragonite, Tornado!’ il drago dorato impiegò tutte le proprie forze per riuscire a creare almeno una piccola corrente d’aria che dissipasse il fumo scuro appena creato; fortunatamente riuscì nel suo faticoso intento.
‘Sake colpiscili entrambi con Cadutamassi!’ Haruka approfittò subito del supporto fornito dal pokémon di Lance e andò a segno con uno degli attacchi più potenti del proprio compagno. Per Weezing non ci fu più nulla da fare: i danni subiti in precedenza l’avevano debilitato parecchio nonostante l’espressione assente della creatura velenosa non lo desse molto a vedere.
Haru completò l’opera ordinando al proprio compagno di finire Golbat con Sassata. In quel momento la pelle coriacea di Geodude divenne dura come quella di un diamante e decisamente più porosa, i suoi arti si duplicarono e si irrobustirono e delle tozze gambe fecero capolino nella parte inferiore del corpo. Sake aveva raggiunto il suo secondo stadio evolutivo diventando un Graveler.
Lance, ignorando la scena emozionante, si avventò su Maxus: ‘Ora la password!’
Il generale Rocket, in tutta risposta, abbassò lo sguardo verso il pc. Sullo schermo, uno sfondo nero con una scritta bianca al centro recava le parole ‘Viva Giovanni’.
L’uomo dai capelli rossi non perse tempo e trascinò Haruka al piano superiore.
‘Sai, il Team Rocket si sciolse tre anni fa quando fu sconfitto dall’allenatore che poi diventò, quell’anno, campione della Lega Pokémon. Il loro capo si chiamava Giovanni…’ Lance emise quelle parole in un soffio, come se, più che voler parlare al ragazzino, stesse ripetendo quella frase a se stesso.
Una volta sbloccata la porta della sala trasmissioni, i due allenatori vennero bloccati da una voce femminile: ‘Fermatevi lì dove siete! L’orgoglio del Team Rocket non fa che subire, ed è oramai quasi in frantumi… Perciò vediamo di darci un taglio! Per quanto siate forti, non potrete mai farcela contro di me! Sono Atena, capo in assenza di Giovanni e vi mostrerò il grande errore che avete fatto sfidando il Team Rocket! Arbok, scelgo te!’
‘Dragonite, cerca di resist…’
‘Lance!’ Haruka si frappose tra il rosso e la loro avversaria. ‘Combatterò io. Il tuo pokémon è ancora avvelenato. Lascia fare a me’
L’allenatore dei draghi fece per rispondere ma lo sguardo deciso del ragazzino lo fece desistere. Si limitò ad abbassare lo sguardo e ad indietreggiare di qualche passo lasciando al piccolo tutto lo spazio a lui necessario.
‘Sake, Magnitudo!’ inutile dire che Graveler si trovasse decisamente in vantaggio per quanto riguardava la tipologia d’attacco. Il cobra velenoso, infatti, era debole contro la tipologia terra: il compagno di Haru dovette insistere solo una seconda volta prima di aggiudicarsi la vittoria.
La donna si morse il labbro infastidita per la sconfitta. Poi un sorriso malizioso iniziò a mostrarsi sul suo viso maturo: ‘Sapete che vi dico? L’esperimento con le onde elettromagnetiche è andato bene, perciò di questo covo non mi importa più nulla! Abbiamo piani molto, molto più grandi!’
Atena lanciò a terra una sfera dalle piccole dimensioni che si rivelò essere una bomba fumogena. Quando l’aria ritornò pulita e gli occhi dei due allenatori ripresero a vedere, degli uomini in nero non c’era più traccia! Lance, ignorando come il magazzino era stato evacuato in maniera decisamente troppo rapida, irruppe nella sala trasmissioni: il segnale radio non era stato ancora bloccato! L’uomo passò una manciata di minuti davanti ad una piccola pedana piena di pulsanti, poi incominciò a premere alcuni tasti con precisione meccanica, come se avesse capito come risolvere quel dato problema. Il macchinario emise un breve bip prima di spegnersi del tutto.
 
Una volta usciti in superficie, Lance fu costretto a tornare verso est per cause di forza maggiore: ‘Nanase, spero di incontrarti ancora… Anzi, sono sicuro che ci rivedremo di nuovo. Anche perché tu mi ricordi una persona che ho conosciuto in passato! Bhè, allora arrivederci!’
Quando Haruka entrò nel Centro Pokémon di Mogania per far riposare il suo Graveler, una strana comunicazione radio bloccò la trasmissione musicale che i membri dello staff erano soliti far partire per alleviare l’attesa dei loro client: qualcuno stava parlando del Team Rocket! In particolare lo speaker sembrava lanciare messaggi ad un certo Giovanni, nascosto chissà dove per evitare di essere arrestato… Ora non avrebbe avuto più avuto problemi: il gruppo di uomini in nero sembrava aver riacquistato nuove forze e sarebbe stato quindi in grado di proteggere il loro capo leggendario!
In un primo momento il ragazzino provò ad ignorare quello strano programma, nonostante avesse appena vissuto sulla propria pelle le angherie del Team Rocket. Poi però il suo cuore gli impedì di resistere oltre: Doveva vederla in questo modo: non era riuscito a completare fino in fondo il compito di bloccare i membri di quel gruppo a Mogania. Sarebbe stato meglio completare del tutto l’opera. Magari questo l’avrebbe anche aiutato ad allenare i membri della sua squadra che avevano combattuto di meno fino a quel momento.
Sbuffando, nonostante fosse stato lui stesso a prendere quella decisione, Haru fece uscire Noctowl dalla sua sfera per dirigersi rapidamente in volo verso la Stazione Radio di Fiordoropoli.

 

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Capitolo 33
*** Ghiaccio bianco e divise nere [Rin's Side] ***


E con questo capitolo si può dire conclusa la parte riguardante il Team Rocket (anche se, a causa dell'eccessiva lunghezza, ho dovuto effettuare dei piccoli tagli ç_ç)! E posso confermare una cosa: il prossimo scenario, quello dedicato alla Lega, sarà l'ultimo (al quale poi seguirà un capitolo unico di epilogo).
Sono emozionata! Questa è la prima volta che porto a termine qualcosa, mi fa uno strano effetto xD! Comunque sia, per cause di forza maggiore, il capitolo 34 uscirà non questo lunedì ma il 2 febbraio (con il 35 mercoledì 4 e il 36 venerdì 6. Spero di riuscire a pubblicare l'epilogo per domenica 8 ma non garantisco nulla, sorry ç.ç )
Ringrazio in anticipo chi leggerà questo capitolo e continuerà a farlo fino alla fine <3333
 
Capitolo 33 – Ghiaccio bianco e divise nere. [Rin’s side]
 
Che diamine sta succedendo?’ pensò Rin digrignando i denti mentre gli tornavano alla mente le strane parole trasmesse alla radio che aveva sentito, veramente per sbaglio, pochi minuti prima. Il ragazzino cercò di liberare la mente affondando la testa nascosta tra le penne lucide del suo fedele Fearow.
Cosa cavolo hanno ancora in mente di fare quelli del Team Rocket!!!’ l’incontro con Milas avvenuto qualche tempo prima nel Pozzo Slowpoke e il suo invito ad entrare nel Team Rocket poiché il rossino era tale e quale a loro, avevano lasciato nel cuore del piccolo allenatore una pesante sensazione di inquietudine. Non poteva negarlo, aveva commesso un errore imperdonabile rubando Totodile dal laboratorio del professor Elm ed era stato lo stesso starter, con il proprio comportamento, ad averglielo fatto capire… Ok, anche Nanase e Tachibana si erano un pochino impegnati per aprirgli gli occhi. Ma tutto ciò non avrebbe mai portato il bambino a continuare a commettere atti egoistici e malvagi! Nella maniera più assoluta!
Rin non avrebbe mai voluto essere come loro!
I suoi pensieri vennero interrotti da Fearow il quale aveva finalmente raggiunto Fiordoropoli e si stava preparando ad atterrare davanti al Centro Pokémon.
Il ragazzino non perse tempo e si diresse di corsa alla Torre Radio della città. All’interno dell’edificio, due membri del Team Rocket sembravano parlare tra di loro davanti alle scale che portavano al piano delle sale registrazioni. Rin si gettò su quello più vicino e riversò su di lui la propria rabbia. Peccato per un piccolo dettaglio…
‘Voi del Team Rocket… Siete un’accozzaglia di… Nanase?’ il bambino dai capelli rossi stava strattonando Haruka in persona! Cosa diavolo stava succedendo? ‘TU SEI UNO DI LORO?’
Il piccolo moro prese Rin per un polso nella speranza che il ragazzino allentasse la presa. Con il suo solito timbro di voce, velato in maniera quasi impercettibile di leggera rabbia, sussurrò al piccolo allenatore: ‘Non disturbare il mio piano…’
‘MA CHE PIANO E PIANO! Levati questa schifosa divisa di dosso!!!’ detto ciò, Rin strappò via, dalla testa del suo interlocutore, il cappello scuro del team nemico e lo gettò violentemente a terra per poi calpestarlo.
Ovviamente la vera recluta posta a guardia delle scale non rimase con le mani in mano: tramite il suo pokégear chiamò in men che non si dica dei rinforzi e così i due ragazzini si ritrovarono ben presto circondati da uomini in nero.
‘…Infiltrazione non riuscita. Grazie mille Matsuoka!’ sbuffò Haruka visibilmente infastidito.
‘Il tuo piano faceva acqua da tutte le parti… Non vedi come ti sta larga quella divisa? Ti avrebbero scoperto subito! A proposito, dove l’hai trovata?’
Gli uomini in nero mandarono in campo i loro pokémon migliori.
‘Lo vuoi proprio sapere ora?’
In tutta risposta il rossino fece uscire Magnemite dalla sua pokéball e gli ordinò di attaccare gli avversari con Scintilla.
Haruka ebbe un deja vue incredibile: dopotutto aveva terminato da poco di combattere il Team Rocket a Mogania con un allenatore dai capelli ramati, dal carattere a dir poco infiammabile che non si faceva remore nel far effettuare al proprio pokémon attacchi elettrici ad area.
Una volta messi ko i mostriciattoli avversari, dopo aver fatto fuggire via il gruppetto di uomini in nero, Rin rivolse tutta la sua attenzione su di Haruka.
Sorprendentemente, il moro parlò subito, anticipando la probabile domanda che il rossino voleva porgli: ‘La divisa l’ho trovata in uno scatolone nel sottopassaggio della città’
‘Ok, ma cosa più importante… Che ci fai qui?’
Il ragazzino dagli occhi blu raccontò all’altro bambino del suo incontro poco amichevole con i membri del Team Rocket avvenuto a Mogania e dei preparativi che il gruppo aveva effettuato al Lago d’Ira in vista di un qualcosa di più grande.
Mano a mano che Haruka andava avanti con il racconto, l’espressione del rossino diventava sempre più cupa. Rin non aspettò che il suo giovane rivale finisse il discorso: prese a salire i gradini a due a due per raggiungere il primo piano il più in fretta possibile. Ovviamente il moro cercò di stargli dietro.
 
Il primo piano era costituito semplicemente da due grandi sale trasmissioni separate da pareti insonorizzate. Gli speacker che lavoravano in quelle stanze erano ammassati davanti alla parete di fondo, vicino alle scale che portavano al piano superiore. Due uomini in nero controllavano il gruppetto facendo avanti e indietro per il corridoio che collegava le due sale.
‘LIBERATE SUBITO GLI OSTAGGI!’ gridò Rin non appena il suo sguardo incrociò quello dei due membri del Team. Haruka, ovviamente, percepì prima la voce del rossino; quando raggiunse l’ultimo gradino e vide il piccolo allenatore pronto a sfidare due uomini adulti, emise un sospiro pesante sia per la fatica di aver corso per delle scale, sia per il carattere troppo impulsivo dell’altro.
I due uomini mandarono in campo un Koffing e un Grimer; Rin chiamò Feraligatr.
‘Feraligatr, usa Sgranocchio su Koffing!’ lo starter d’acqua spalancò le fauci ed emise un potentissimo ruggito. Poi, con uno slancio, bloccò il pokémon velenoso tra le sue mascelle.
‘Koffing, Muro di Fu…’
‘Katsuo, Aeroassalto, corri!’ l’Heracross di Haru, più veloce del mostriciattolo dell’uomo in nero, diede il colpo di grazia a Koffing prima che esso potesse effettuare il proprio attacco.
‘Ehi, non ti ho chiesto aiuto!’ gridò Rin irritato, molto irritato!
Nanase sbuffò decisamente infastidito ma non rispose nulla: litigare con qualcuno che aveva il suo stesso obiettivo, fermare il Team Rocket, sarebbe stata solo una perdita di tempo.
L’altro uomo in nero ne approfittò per attaccare il pokémon coleottero; questa volta fu Feraligatr a spazzare via l’avversario facendo uscire illeso Heracross dalla battaglia.
‘Ora siamo pari. Non starmi tra i piedi, grazie! Vai pure a combattere contro le tue ultime palestre mancanti, qui ci penso io!!!’ disse il rossino con tono acido.
Haruka guardò storto il bambino rimanendo fermo sul proprio posto senza effettuare alcun movimento. Riprese a camminare solo quando Rin incominciò a salire i gradini per andare al secondo piano. Ovviamente seguì i passi di Matsuoka come se fosse la sua ombra. E l’allenatore dai canini appuntiti sembrò non gradire quella presenza troppo vicina per i suoi gusti.
 
Il secondo piano era costituito da un open space adibito ad ufficio; un piccolo corridoio situato a sud portava ad una sala chiusa a chiave. Continuando a battibeccare per questioni futili come se non ci fosse un domani, i due bambini salirono subito al terzo piano. Esso era adibito a sala relax: un grande tavolo rettangolare era posto al centro della stanza, un piccolo divano e una tv erano sistemati in basso verso destra. In quella zona erano stati ammassati cinque membri dello staff della radio; anche qui altre due reclute in nero facevano la guardia affinché nessuno fuggisse.
Nonostante i continui litigi, con conseguente sorpresa e confusione per i due del Team Rocket, Rin e Haruka riuscirono a sconfiggere, e poi a mettere in fuga, anche quei soldati semplici.
Una fanciulla dai lunghi capelli, probabilmente una speaker, pregò loro di salvare il direttore della Torre Radio tenuto in ostaggio al piano superiore.
‘Non preoccupatevi, salverò tutti dalle grinfie degli uomini in nero e distruggerò ogni piano del Team Rocket!’ Rin partì in quarta verso le scale; Haruka non fece in tempo a fermarlo. Si limitò a salutare con un inchino la donna e ad inseguire l’altro il più velocemente possibile.
 
L’ufficio del direttore era costituito da una stanza dalle piccole dimensioni ma riccamente decorata: un tappeto dai colori sgargianti ricopriva quasi tutta la superficie dell’ambiente e quasi andava a cozzare con la vernice chiara e semplice usata per ricoprire le pareti; quadri di vedute di tutta Johto circondavano la scrivania della segretaria, più piccola e di colore bianco, e quella dello stesso direttore, in legno massello e dal colore caldo. L’uomo anziano si trovava legato proprio dietro al proprio piano di lavoro, in compagnia di una figura familiare.
‘Oh ma tu guarda, l’amichetto di Lance!’ Maxus, seduto sul tavolo di legno, giocava con un fermacarte di metallo. ‘Giusto in tempo per vedere come riuscirò a tingere il mondo intero con i colori del Team Rocket! Vedo che hai portato la versione ristretta del domadraghi… Anche se somiglia a Lance non credo sarà al suo stesso livello…’
‘Complimenti per le tue ottime conoscenze Nanase!’ disse Rin mettendo tutto il sarcasmo possibile nella sua frase.
‘Come se non avessi voluto altro dalla vita…’ rispose Haruka utilizzando lo stesso tono del rossino.
‘Questa volta non mi farò fregare da dei mocciosi… Golbat, Weezing, è arrivato il momento della rivincita!’ Maxus chiamò a sé i suoi due fedeli pokémon velenosi; Rin scelse di far combattere Onix, Haru mandò in campo Ebi, il suo Gyarados, per testare la sua forza. Il serpente marino, effettivamente, spazzò via da solo entrambi gli avversari causando l’ira del bambino dai capelli rossi: il suo Onix aveva rischiato quasi di finire ko a causa di quegli attacchi d’acqua!!!
Il generale scese dalla scrivania ed iniziò ad indietreggiare intimorito: aveva totalmente sottovalutato la situazione! A Mogania era stato sempre Lance a trainare i combattimenti, il ragazzino dai capelli neri era stato messo totalmente in ombra. Egli, in realtà, se la cavava bene! L’uomo iniziò a ridere portandosi una mano alla bocca. Quando si riprese, tirò fuori dalla propria tasca una carta magnetica: ‘Voglio farvi un piccolo regalo… Prendete questa e usatela sulla porta metallica del secondo piano. Ci saranno altri generali ad attendervi. Andate a trovarli se avete coraggio!’
Rin strappò dalle mani di Maxus la tessera e poi andò a liberare il direttore: ‘Tu sparisci…’ disse poi a denti stretti rivolgendosi al generale o ad Haruka. O ad entrambi, non fu chiaro. L’uomo del Team Rocket, comunque, continuando a ridere, si incamminò verso le scale.
‘Grazie mille! Per tutto quello che state facendo! Nessuno sa cosa accadrebbe se il Team Rocket prendesse il controllo del trasmettitore. Potrebbero persino controllare i pokémon con onde radio manomesse! Salvate la Torre Radio, vi prego! E tutti i pokémon del paese!’ il direttore sembrava disperato. Il rossino non disse nulla, si limitò ad annuire in silenzio per poi correre verso le scale. Haruka, però, gli bloccò il polso fermando i suoi passi.
‘CHE CAVOLO VUOI ORA?’ Rin non ce la faceva più, avrebbe voluto schiaffeggiarlo!
‘Combattiamo insieme. In due avremo più possibilità!’ l’allenatore dai denti appuntiti rimase un momento interdetto dallo sguardo tanto limpido quanto fermo dell’altro bambino. Non l’aveva mai visto agire così. Non che lo conoscesse bene, ma durante quella giornata, che aveva trascorso con lui e Tachibana proprio a Fiorlisopoli, aveva intuito che il moro fosse un ragazzino abbastanza indifferente alla vita e che, alla fine, tutto quello che faceva avveniva tramite un’inerzia generata da chi gli stava intorno. Ora, invece, aveva un atteggiamento deciso e molto razionale.
Rin non riuscì a sovrastare Haruka.
‘Fai come vuoi’ si limitò a rispondere abbassando lo sguardo, per interrompere il contatto visivo, e facendo movimenti a scatto con il polso per liberarlo dalla stretta dell’altro.
Ma non appena i due aprirono la porta metallica del secondo piano e salirono le scale del lato est dell’edificio, un altro generale dall’aria familiare interruppe la loro corsa. Rin lo riconobbe subito.
‘Ci incontriamo di nuovo, bimbo del Pozzo Slowpoke. Ne hai fatta di strada da quel giorno! Vedo una nuova risolutezza nei tuoi occhi… preferivo lo sguardo che avevi prima!’
‘Milas…’ disse Rin lasciando trapelare tutto l’odio che provava per quell’uomo. ‘Nanase, so che dovremo lottare insieme per avere più possibilità… Ma per favore, fammi combattere da solo ora!’
Haru sembrò comprendere i sentimenti del rossino e fece un passo indietro. Il piccolo Matsuoka fece entrare in campo Feraligatr.
‘Oh, anche il tuo pokémon ha uno sguardo diverso… Peccato, da voi mi sarei aspettato di meglio. Vai Crobat, Velenodenti!’ il pipistrello dalle quattro ali calò in picchiata contro lo starter.
‘Feraligatr, Pistolacqua!’ il coccodrillo emise un potente getto d’acqua la cui pressione evitò che il pokémon veleno-volante si avvicinasse troppo per mettere a segno il colpo.
‘Crobat, lascia stare, ora usa Sgomento!’ non potendo colpire in maniera diretta il proprio avversario, Milas decise che la strategia migliore sarebbe stata quella di mettere a segno attacchi a distanza. La creatura ai suoi ordini colpì in pieno Feraligatr il quale, però, riuscì a rimanere stabile sulle proprie zampe grazie alla sua mole immensa.
‘Feraligatr, Gelodenti veloce e poi torna indietro!’ quell’attacco così improvviso colse di sorpresa il pipistrello il quale non fece in tempo né a spostarsi, né a contrattaccare. Quel morso l’aveva debilitato tantissimo: Crobat era stato colpito nel suo punto debole.
‘Maledetto…  Velenodenti ancora!’
Sgranocchio!!!’ i due avversari accorciarono le distanze: uno scendendo in picchiata, l’altro gettandosi sul pokémon nemico. Entrambe le creature rimasero aggrappate, con le loro zanne, l’uno all’altra, ma il pipistrello, che aveva riportato precedentemente più danni, fu l’unico a cadere a terra esausto.
‘IO NON SARÒ MAI COME VOI!!!!’ gridò Rin mentre delle calde lacrime avevano preso a scendere dai suoi occhi scarlatti. Haruka rimase confuso da quella reazione.
Milas non disse nulla. Si limitò a sogghignare e ad uscire dall’edificio sussurrando: ‘Peccato, è un vero peccato. Noi avremmo avuto bisogno di gente come te…’
L’ultimo piano della Torre Radio era costituito dall’osservatorio. In cima Atena, capo provvisorio degli uomini in nero in assenza di Giovanni, sembrava pronta ad attenderli: ‘Da qui in alto si gode di un’ottima vista! Mezza Johto si sta offrendo ai nostri occhi. Ora l’intero paese sa che ci siamo riuniti! Così Giovanni, il nostro capo, farà ritorno! E noi ci riprenderemo tutto il nostro potere!!!’
 
La polizia fece finalmente irruzione mentre Rin ed Haruka assestavano, insieme, il colpo decisivo ai pokémon di Atena. La donna venne arrestata e, con lei, venne bloccato sul nascere il piano del Team Rocket. Per gli uomini in nero non ci fu altro da fare se non sciogliere il gruppo. Nessuno riuscì a capire se quel giorno segnò veramente la fine di quel Team. Il messaggio per Giovanni era stato comunque inoltrato; il vecchio capo sarebbe uscito poi allo scoperto per far rinascere dalle ceneri il suo gruppo di malviventi? Nessuno, al momento, era capace di dare una risposta.
I poliziotti riuscirono ad interrogare soltanto Nanase; Rin era fuggito sul suo Fearow, veloce come il vento, e nessuno aveva capito bene dove fosse diretto.
In realtà sarebbe stato molto semplice capire le intenzioni del rossino: egli, infatti, aveva preso il volo verso Azalina ed era arrivato in città che era quasi tramontato il sole. Il ragazzino si diresse subito al Pozzo Slowpoke e ispezionò la caverna sotterranea da cima a fondo: voleva controllare con i suoi stessi occhi se qualche membro fuggiasco del Team Rocket si stesse nascondendo in attesa di recuperare forze e risorse. Fortunatamente non c’era traccia di uomini in nero.
Il giorno seguente fu il turno di Mogania. Stando ai racconti di Nanase, i primi problemi erano iniziati al Lago d’Ira. Rin si inoltrò lungo il Percorso 43 dove si imbatté in un Houndour ferito alla zampa. Il bambino si avvicinò con cautela al canide e, dopo aver acquistato la sua fiducia offrendogli un po’ d’acqua e alcune bacche, fasciò la ferita con il massimo della cura.
Una volta raggiunto il Lago, il ragazzino constatò come il posto fosse tranquillo e pacifico, decisamente uno scenario diverso rispetto a quello che aveva vissuto Haruka il giorno precedente. Quando il rossino si voltò per chiamare Fearow e tornare in città, i suoi occhi videro l’Houndour di prima camminare, zoppicando, verso di lui. Il pokémon buio-fuoco si avvicinò al bambino e gli leccò, docilmente, una mano; Rin sorrise e decise di portare il quadrupede con sé al Centro Pokémon di Mogania. Sarebbe diventato l’ultimo membro della sua squadra.

CRONOLOGIA SCENARIO 'GHIACCIO BIANCO E DIVISE NERE' (quella del nono scenario si trova in fondo al capitolo 30)

- Haruka, dopo aver sconfitto il Team Rocket a Mogania, si dirige alla stazione radio di Fiordoropoli;
- Rin arriva a Fiordoropoli poco dopo di Haru, incontra il moro e decide di mettere da parte il suo astio per sconfiggere definitivamente gli uomini in nero;
- Makoto prosegue il suo viaggio verso Mogania;
- Dopo aver sconfitto il Team Rocket, Rin vola via verso Azalina per controllare la situazione al Pozzo Slowpoke;
- Haruka parte subito per Mogania;
- Makoto Batte Alfredo, raggiunge velocissimamente Ebanopoli e passa la notte al Centro Pokémon;
- Rin setaccia tutta Azalina per capire se il Team Rocket è tornato nelle zone dove ha già compiuto malefatte per riorganizzarsi. Esausto, si addormenta nel Centro Pokémon della cittadina;
- Makoto, il mattino successivo, sfida Sandra;
- Il mattino dopo Rin atterra a Mogania e si dirige al Lago d'Ira per un ultimo controllo. Cura un esemplare di Houndour ferito e lo fa diventare membro della sua squadra.

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Capitolo 34
*** La Lega [Makoto's Side] ***


Combattimenti, combattimenti, combattimenti e ancora combattimenti (con relativi tagli, purtroppo ç.ç). In questo scenario ci si picchia con viulenza! Farò in modo di non rendere monotono e noioso il tutto xp
Cooooomunque... Ultimo scenario D: (escluso il capitolo unico di epilogo). Siamo quasi alla conclusione di questo racconto che mi ha tenuta piacevolmente occupata per un anno intero. Non ho fatto ancora un conto globale delle parole macinate e dei kilobites riempiti ma di sicuro questo crossover manterrà il record per molto tempo xD
Che dire, grazie ancora a chi leggerà/recensirà e tenete duro, la conclusione sta arrivando (non so se essere triste o tirare un sospiro di sollievo o.o )
PS: salvo problemi improvvisi, il capitolo di epilogo dovrebbe uscire regolarmente domenica, yeeee!

 
Capitolo 34 – La Lega. [Makoto’s side]
 
Dopo aver superato l’ultimo rompicapo con la seconda pedana mobile, finalmente il bambino si ritrovò al cospetto della capopalestra dalla lunga coda turchina.
‘Io sono Sandra! Sono il più grande allenatore di pokémon di tipo drago. Posso tener testa persino ai Superquattro della Lega!’ nelle sue parole potevano essere percepiti un orgoglio smisurato e una grande sicurezza nella propria forza. ‘Vuoi ancora sfidarmi?’
Makoto deglutì intimorito. Ma non riuscì a trovare il coraggio di ritirarsi: era giunto nell’ultima palestra superando tantissime prove, nulla l’avrebbe fermato!
‘Bene, allora fatti avanti! Anche io in quanto allenatore ce la metterò tutta a prescindere dall’avversario! Gyarados, scelgo te!’ la donna mandò in campo un serpente marino dallo sguardo minaccioso e dai denti tanto aguzzi quanto pericolosi.
‘Flaaffy, io credo in te!’ il ragazzino decise di fidarsi, ancora una volta, del suo fidato pokémon elettrico. Dopotutto si era rinforzato parecchio nella palestra di Alfredo; nella più buia delle ipotesi il mostriciattolo almeno indebolito un poco la squadra di Sandra.
‘Gyarados, Ira di Drago!’ il pokémon della capopalestra emise un ruggito talmente forte da far tremare le pareti della struttura; Flaaffy scattò verso un lato per evitare di essere colpito, in questo modo solo la sua zampa destra fu ferita.
‘Bene Flaaffy, vai con Tuonoshock!!!’ meglio non temporeggiare; contro un nemico così aggressivo bisognava solo che rispondere con la mano pesante. L’attacco della pecorella, fortunatamente, andò a buon fine e questo non fece altro che aumentare la rabbia del pokémon drago.
‘Gyarados, Morso, ora!!!’ il serpente si avventò su Ampharos con una velocità e una violenza indescrivibile: il compagno di Makoto venne investito dalla forza dell’avversario e non riuscì a sfuggirgli. La sua energia era ridotta al minimo: oramai era alla mercé di Sandra. Ma qualcosa di incredibile accadde: l’elettricità che scorreva sottopelle al pokémon Lana passò attraverso le zanne di Gyarados paralizzandolo all’instante.
‘Flaaffy, Tunoshock, sbrigati!’ il piccolo allenatore aveva capito che, per ottenere la vittoria, bisognava sfruttare ogni minima occasione. Da quel punto di vista era maturato veramente molto rispetto ai primi tempi.
Dopo essere stato colpito nel proprio punto debole, Gyarados fu costretto a ritirarsi, esausto, dal campo di battaglia. E proprio in quel preciso istante Flaaffy si illuminò di luce propria, diversa comunque da quella generata da un suo attacco di tipo elettrico, e ottenne la sua ultima forma evolutiva: divenne un bellissimo esemplare di Ampharos.
‘La vera sfida inizia adesso! Vai Dragonair!’ un altro pokémon dalla forma simile a quella di un serpente, seppur decisamente più aggraziato rispetto a Gyarados, uscì dall’ultima sfera di Sandra. Il drago emanava un’aura particolare, non sembrava una creatura appartenente a quel mondo.
‘Ampharos, rientra… Vai Meganium!’ il pokémon Luce non era più in grado di combattere, questo Makoto l’aveva intuito benissimo. Per questo decise di far combattere al proprio starter la sua ultima battaglia contro l’ultimo pokémon dell’ultima palestra di Johto.
L’incontro durò tantissimo: gli attacchi di Dragonair erano decisamente più potenti rispetto a quelli di Meganium ma quest’ultima, grazie a Sintesi, possedeva la capacità di curarsi.
Makoto riuscì a vincere, a fatica, per un soffio!
‘Ho perso, non posso crederci… Ma devo accettare questa sconfitta. Prendi, questa è la Medaglia Levante. Se questa è stata la tua ultima palestra, da ora in avanti hai il permesso di accedere alla Lega Pokémon situata ad Altopiano Blu. Buona fortuna, ne avrai bisogno’.
 
Con l’aiuto di Togetic Makoto raggiunse la sua amata città natale, Borgo Foglianova, e si fermò per un paio di ore per salutare la propria famiglia e dare loro la buona notizia: era diventato ufficialmente un candidato per competere contro i Superquattro. I suoi genitori si preoccuparono tantissimo quando videro la fasciatura sospetta intorno alla testa del loro bambino, ma quest’ultimo li rassicurò dicendo loro di stare benissimo. Quante feste che fecero Ren e Ran al loro fratellone! Avevano sentito tantissimo la mancanza di Makoto! Il ragazzino promise loro di tornare a casa il più presto possibile; ora il dovere lo chiamava ma, una volta rientrato, avrebbe raccontato loro, per filo e per segno, tutte le avventure che aveva vissuto in giro per Johto in compagnia dei suoi pokémon.
Velocissimamente, il ragazzino percorse, grazie a Poliwag, la lingua di mare del Percorso 27 e si inoltrò presto all’interno della Via Vittoria.
Makoto non vedeva l’ora di mostrare ad Haruka che ce l’aveva fatta, che era riuscito a conquistare tutte le medaglie, che era diventato un allenatore forte e non sarebbe più stato un peso per nessuno.
Ma quando il bambino dagli occhioni verdi giunse ad Altopiano Blu, quando entrò nell’edificio della Lega, non trovò alcuna traccia dell’amico.
 
‘Scusi signore, per caso è passato di qui un bambino con i capelli neri e gli occhi blu? È alto così e ha la mia stessa età!’
‘Mi spiace piccolo, l’ultima persona che si è fatta vedere qui in giro ha sfidato i Superquattro circa una settimana fa e di sicuro era molto più grande di te…’ rispose un ragazzo molto alto e dalle spalle larghe, i capelli castano scuro tagliati corti e gli occhi verde acqua.
Makoto, sconsolato, tornò verso il bancone dello staff medico dove aveva lasciato la propria squadra a riposare. Il grande e unico edificio di Altopiano Blu era, in maniera perfettamente simmetrica, diviso in due parti: da un lato vi era la zona adibita a Centro Pokémon, dall’altro si trovava il Market. Nel centro esatto della struttura un’ampia porta rettangolare, sempre tenuta sotto controllo da un addetto che aveva il compito di verificare la presenza di tutte e otto le medaglie, portava nelle sale dei Superquattro.
Quando le lancette dell’orologio si sistemarono in modo da segnare le sette di sera, quando Makoto aveva iniziato a sprofondare, in maniera scomposta, tra i cuscini dei divanetti del luogo tanto era annoiato, Haruka fece finalmente il suo ingresso nell’edificio della Lega.
‘Haru-chan!’ disse il castano correndo incontro all’amico per abbracciarlo.
‘Togli il chan…’ gli rispose subito l’altro in maniera gentile nonostante la scelta delle parole usate potesse far pensare al contrario. In realtà l’allenatore dai capelli scuri era felice di aver trovato Makoto proprio ad Altopiano Blu. Voleva dire che l’amico era riuscito a conquistare tutte le medaglie.
‘Haru, Haru! Mi stavo preoccupando tantissimo! Avevo paura tu avessi già battuto i Superquattro e te ne fossi tornato a casa… Come hai fatto ad arrivare dopo di me?’
Haruka iniziò a raccontare, in maniera molto sbrigativa, le sue disavventure contro il Team Rocket, prima a Mogania con Lance e poi a Fiordoropoli con Rin.
Quando il moro terminò di parlare si accorse di come l’amico fosse silenzioso in maniera decisamente sospetta: quest’ultimo aveva abbassato lo sguardo e si stava mordendo il labbro inferiore con fare leggermente nervoso.
‘Makoto?’
‘Senti… Ecco… Noi abbiamo preso i nostri starter insieme il giorno del mio compleanno. Ma da allora sono successe tantissime cose… Ci siamo separati, ci siamo rincontrati per poi dividerci ancora, e abbiamo vissuto esperienze diverse. Proprio noi che siamo cresciuti facendo ogni giorno le stesse cose insieme… Ho un favore da chiederti: sfidiamoci! Se vincerò io, non avrò più alcun dubbio e combatterò con te contro i Superquattro. Se vincerai tu, io rimarrò fuori ad osservarti e a fare il tifo’
Haruka non riusciva a comprendere la decisione dell’amico.
Makoto riprese a parlare ignorando l’espressione sorpresa del moro: ‘Sai, non voglio sfidare la Lega con te solo per avere l‘illusione che tutto sia tornato alla normalità, come al solito. Io l’ho capito subito: tu sei cresciuto tanto in questo periodo! Sei diventato più indipendente e io devo esserne felice! Anche io sono cambiato. Ma… Ecco… Non voglio, in memoria di come siamo sempre stati finora, iniziare qualcosa insieme a te rischiando, però, di non portarla a termine. Quindi ho pensato… Se riuscirò a battere te, l’allenatore che io reputo più forte, allora non avrò problemi con la Lega…’
Haru abbassò lo sguardo per non far vedere all’amico la propria espressione arrabbiata. Perché si stava facendo così tanti problemi? Perché tutti quei dubbi?
Il bambino dagli occhi blu si girò verso l’uscita e si fermò una volta raggiunta la porta. Sussurrò semplicemente il nome di Makoto.
Il castano, nonostante l’avventura avesse cambiato entrambi, riuscì a capire, come al solito, i pensieri di Haruka, il quale sembrava suggerire di combattere di fuori per evitare di creare confusione all’interno.
Non appena l’amico lo raggiunse, Haruka disse: ‘Io ce la metterò tutta in questo incontro. Tu devi fare lo stesso!’
‘Certo!! Vai Ninetales!’ la volpe bianca saltò con grazia fuori dalla propria ball, impaziente di combattere.
‘Ebi, scelgo te! Idropompa!’ il serpente marino del colore del corallo si contorse su se stesso prima di emettere un potentissimo getto d’acqua che colpì il pokémon di Makoto nel suo punto debole mandandolo ko in un istante.
‘Wow, ma quel Gyarados è rosso! Ma che bello!’ disse il bambino dagli occhioni verdi impressionato dall’aspetto e dalla potenza del compagno di Haru. ‘Forza Ampharos, Scarica!’ il pokémon Luce attaccò l’avversario con uno dei colpi più forti che aveva a disposizione facendo cadere a terra, esausto, Ebi.
‘Forza Sake, Terremoto!’ Graveler colpì, con tutti e quattro i pugni, il suolo facendolo tremare in maniera pericolosa. Ampharos perse l’equilibrio e fu sopraffatto dall’attacco nemico.
Entrambi i ragazzini erano cresciuti molto come allenatori: imparando a conoscere i pokémon e le loro tipologie, avevano capito come sfruttare al meglio la propria squadra cercando di tenere sempre in mente punti di forza e debolezze di chi si trovava contro di loro. Nonostante la concentrazione che entrambi i bambini stavano utilizzando per far combattere i propri compagni al massimo, si vedeva lontano un miglio quanto si stessero divertendo!
‘Vai Poliwag! Pistolacqua!’ Makoto decise di scommettere sul pokémon girino. Nonostante quest’ultimo avesse lottato molto poco nelle battaglie alle quali il ragazzino aveva partecipato, si era comunque allenato a trasportare il proprio allenatore attraverso i più svariati specchi d’acqua. Sebbene l’attacco tenesse in considerazione il punto debole dell’avversario, quest’ultimo riuscì a resistere.
‘Sake, Rotolamento!’ la roccia prese a ruzzolare a zigzag per tutto il campo di battaglia: il primo colpo andò a segno, il secondo mancò il bersaglio, il terzo prese di striscio il girino.
‘Dai Polowag, ce la puoi fare! Ancora Pistolacqua!’ il pokémon d’acqua, con le ultime forze rimaste, lanciò, per la seconda volta, una piccola pioggia veloce che mandò finalmente ko il Graveler avversario.
‘Tuna, Eterelama!’ Nocthowl avrebbe potuto solo sfiorare Poliwag per azzerare tutte le sue energie, tanto quest’ultimo era stato ferito in precedenza.
‘Vai Sandslash! Frana!!!’ il roditore corazzato evocò una cascata di rocce sulla testa del gufo e per il volatile non ci fu più nulla da fare.
‘Katsuo, Breccia!’ ad Haruka erano rimasti solo due pokémon: Heracross, appena sceso in campo, e Typhlosion. I suoi occhi si strinsero in un’espressione leggermente preoccupata quando il compagno di terra di Makoto si rialzò in piedi ancora abbastanza in forze.
‘Sandslash, Vortexpalla, ora!’ il topo delle sabbie indurì i propri aculei e, ruotando come una trottola, si avventò, rapido, su di Heracross.
Contatore!’ non appena Sandslash colpì Katsuo, quest’ultimo contrattaccò subito rispedendo al mittente tutti i danni appena ricevuti. Il roditore perse i sensi a causa del brutto colpo subìto.
‘Vai Togetic! Usa Volo!’ il coleottero non riuscì ad evitare l’attacco: la picchiata avversaria non aveva lasciato scampo, per Katsuo la battaglia era oramai finita.
‘Forza Saba, Rotolamento!’ imitando Graveler, Typhlosion si arrotolò su se stesso e colpì con violenza il pokémon felicità.
‘Togetic, usa Forzantica!’ il compagno di Makoto si concentrò ed intorno a lui iniziarono a roteare dei massi. Quando la fatina riaprì gli occhi, le rocce vennero spedite tutte contro lo starter di fuoco.
‘Saba, Lavasbuffo!’ magma bollente fuoriuscì, con la forza di un vulcano, dalle fauci di Typhlosion; nonostante Togetic riuscì a resistere a quell’ultimo attacco, i suoi arti bruciati lo logorarono lentamente fino a mandarlo ko.
‘Vai Meganium!’ gridò il castano mandando in campo il suo starter. Poi sorrise. ‘Ti ricordi Haru? La nostra prima battaglia: Cyndaquil contro Chikorita… Come erano piccoli i nostri starter! Adesso potrebbero trasportarci addirittura in groppa!’
Gli occhi di Haruka si illuminarono leggermente: il ricordo di quella mattinata al laboratorio del professor Elm a Borgo Foglianova era stato ben memorizzato e poi custodito nel suo cuore: non l’avrebbe mai e poi mai dimenticato.
‘Questa è la resa dei conti…’ disse il moro tutto d’un fiato. Per quanto quella frase potesse essere interpretata con una sfumatura negativa, Makoto intuì quello che voleva esprimere realmente il suo amico: a entrambi era rimasto solo il loro starter. E, molto probabilmente, un solo attacco sarebbe bastato per decretare la vittoria di uno di loro. Nonostante il suo pokémon fosse svantaggiato dal punto di vista della tipologia, il castano decise di non arrendersi.
‘Meganium, Solarraggio!!!’
‘Saba, Lanciafiamme!!!’

 

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Capitolo 35
*** La Lega [Haruka's Side] ***


Finalmente iniziano le sfide ai Superquattro! C'è un motivo se ho scelto di non descrivere bene alcuni combattimenti... Lo scoprirete presto u.u
Penultima parte dell'ultimo scenario e terzultimo capitolo di questa storia. Wow, ancora non riesco a crederci xD
Ringrazio chi leggerà/commenterà, grazie davvero tanto çwç
 
Capitolo 35 – La Lega. [Haruka’s side]
 
I poliziotti interrogarono Haruka per quasi tutto il pomeriggio. Quando il bambino fu finalmente libero di andare via, egli volò direttamente in direzione Mogania: voleva riuscire a vincere la Medaglia Gelo entro quella stessa giornata. Grazie alla forza di Typhlosion, il giovane allenatore riuscì a farsi strada fino ad Alfredo. Il capopalestra fu duro da battere ma Haruka era molto risoluto e si fidava della propria squadra; il bambino riuscì a conquistare la medaglia appena in tempo: il sole aveva iniziato a tramontare e la palestra doveva chiudere.
Il giorno successivo il ragazzino non perse tempo e si diresse ad est, verso la Via Gelata.
Arrivò a Ebanopoli in tarda mattinata ed entrò nella palestra della città dopo l’ora di pranzo. Non appena Haruka ebbe la meglio su Sandra, il piccolo allenatore uscì rapidamente dalla struttura per tornare alla sua cara vecchia Borgo Foglianova. La prima cosa che fece, una volta entrato in casa, fu dirigersi di corsa in bagno, aprire l’acqua calda nella vasca e immergersi dentro fino al naso. Da quanto tempo non si faceva un bagno degno di quel nome! Le sue spalle, sempre in tensione per il peso dello zainetto, incominciarono a rilassarsi e le sue gambe stanche ebbero, finalmente, un lungo momento di sollievo.
Riprese il viaggio, in direzione Via Vittoria, sentendosi come rinato.
Alla fine, arrivò ad Altopiano Blu che erano le sette di sera. Haruka fu leggermente sorpreso nel trovare Makoto seduto in maniera poco composta su uno dei divanetti nella Sala Accettazione della Lega Pokémon, ma lo fu di più nell’ascoltare lo strano discorso dell’amico: quest’ultimo era decisamente intenzionato a sfidare il moro e, solo in caso di vittoria, avrebbe concorso anch’egli per diventare Campione della Lega Pokémon. Se avesse perso, invece, non avrebbe combattuto contro i Superquattro. Gli occhi di Makoto mostravano una risoluzione mai avuta prima di quel momento; Haru non provò nemmeno a dissuadere il compagno, anzi! Gli promise di utilizzare tutto il proprio impegno in quella loro ultima sfida.
E così, attacco dopo attacco, i due amici erano rimasti con un solo pokémon a testa, il loro starter per la precisione.
‘Questa è la resa dei conti…’ disse il moro tutto d’un fiato.
‘Meganium, Solarraggio!!!’
‘Saba, Lanciafiamme!!!’
I due pokémon emisero i loro raggi di energia elementale nello stesso preciso istante: per alcuni secondi i loro fasci di fiamme e luce si incontrarono e scontrarono nel centro esatto del campo di battaglia che i due ragazzini avevano improvvisato appena fuori l’edificio della Lega; poi però, complice la tipologia di attacco più avvantaggiata, le fiamme di Typhlosion iniziarono a guadagnare terreno fino a raggiungere il proprio avversario. Meganium tentò di resistere più che poté, purtroppo il fuoco nemico e la stanchezza dovuta all’uso di Solarraggio presero il sopravvento: lo starter d’erba si accasciò a terra e non fu più in grado di combattere.
Per un istante lungo quanto un battito di ciglia Haruka colse nell’espressione di Makoto un leggero velo di malinconia che però si trasformò rapidissimamente in un sorriso spensierato.
‘Oh perso, eheheh!’ disse il castano ridendo, come se fosse consapevole di aver dato tutto se stesso e che quindi non doveva avere alcun rimpianto. ‘Haru, sei davvero forte… Diverrai sicuramente il Campione della Lega!’
Il piccolo Nanase abbassò lo sguardo in silenzio, poi, dopo aver richiamato Typhlosion, prese per mano l’amico e lo trascinò all’interno dell’edificio: ‘Andiamo, inizia a fare freddo…’
I due bambini affidarono entrambe le squadre alle infermiere della zona adibita a Centro Pokémon, poi, dopo aver mangiato velocemente un panino preso da un distributore automatico, si accasciarono addormentati, l’uno accanto all’altro, su uno dei divanetti della Sala Accettazione.
Il mattino seguente Haruka si ritrovò presto davanti alla porta che conduceva alle stanze dei Superquattro.
‘Il sottoscritto, Sousuke Yamazaki, con l’autorità conferitami dal presidente della Lega Pokémon, accetto il qui presente Haruka Nanase come candidato alla carica di Campione di Altopiano Blu dandogli il permesso di poter sfidare i Superquattro Pino, Koga, Bruno e Karen e il Campione Lance’
Haru sussultò: non avrebbe mai pensato di rincontrare il domadraghi in quelle circostanze. Ma non si perse d’animo e, dopo aver salutato con un cenno della testa il suo amico Makoto, varcò la soglia che avrebbe cambiato la sua vita.
 
In fondo all’ultimo corridoio si trovava la stanza del primo dei Superquattro. La sala era caratterizzata dalla presenza di pareti divisorie di colore bianco sistemate in modo di dare l’impressione di trovarsi in uno spazio dalle dimensioni variabili a seconda di dove l’osservatore stesse guardando. La pavimentazione era costituita da fredde mattonelle color lavanda e, al centro di essa, una decorazione a forma di pokéball riprendeva i colori usati nella stanza. Poco dietro si trovava un giovane uomo dai capelli color vinaccia e una strana maschera scura sul volto.
‘Eccoti alla Lega Pokémon. Permettimi di presentarmi: mi chiamo Pino. Mi sono allenato in tutto il mondo per potenziare i miei pokémon di tipo Psico. Infine sono stato ammesso tra i Superquattro. Qui non potrò che migliorare. Che io perda è impossibile! Vai Xatu!’
‘Sake, scelgo te! Sassata!’
Psichico, ora!!!’ il volatile di Pino era decisamente più veloce rispetto a Graveler, quindi riuscì ad attaccare per primo senza troppa fatica. Fortunatamente la roccia riuscì a resistere al colpo avversario e si riprese in fretta per restituire i danni subiti.
‘Xatu, Stordiraggio!’ il pokémon Magispecchio emise un verso acutissimo che portò Graveler alla confusione.
‘Sake, Sassata di nuovo, forza!’ il compagno di Haruka, dopo un momento di smarrimento, riuscì ad attaccare di nuovo mandando ko il volatile verde. Peccato fosse troppo confuso per continuare.
Jinx, scelgo te!’
‘Vai Saba! Lavasbuffo!!!’ la potenza di Typhlosion non lasciava scampo ai pokémon di tipologia svantaggiata che aveva di fronte: proprio come era successo la sera prima con Meganium, anche questa volta lo starter di fuoco riuscì a mettere ko in un solo colpo il proprio avversario.
‘Vedo che hai scelto un pokémon forte quando hai iniziato la tua avventura per conquistare le medaglie di Johto. Ma il riscaldamento è finito: vai Slowbro!’
‘Saba rientra! Katsuo, tocca a te!’ Haru, fortunatamente, ebbe la prontezza di cambiare subito il proprio compagno in campo con Heracross. Anche perché, in caso contrario, Typhlosion se la sarebbe vista contro un attacco d’acqua dell’avversario.
‘Slowbro, Idropulsar!’ l’ondata anomala prodotta dal pokémon paguro prese in pieno il coleottero. Quest’ultimo riuscì a difendersi alla bene e meglio: dopotutto la sua tipologia non aveva resistenze naturali all’elemento dell’acqua, quindi il colpo inflisse un considerevole numero di danni, seppur non troppo esagerato.
‘Katsuo, Nottesferza!’ l’impeto di Heracross destabilizzò Slowbro facendolo cadere a terra supino. Approfittando, quindi, della sua lentezza nel rialzarsi, Haruka ordinò di nuovo lo stesso attacco.
‘Ciò che fa paura dei pokémon Psico è che l’ultimo rimasto continua fino alla fine. Forza Exeggutor!’ nonostante le parole del Superquattro e la tenacia del pokémon Nocecocco, Saba fece il suo rientro in scena bruciando l’avversario fino ad azzerarne l’energia.
‘Io non posso crederci…’ disse l’uomo vedendo cadere anche il suo ultimo compagno. ‘Nonostante la sconfitta non posso demordere. Continuerò a lottare finché non sarò il più grande. Ora proverai tutta la potenza dei Superquattro!’
Un forte rumore di una serratura azionata catturò l’attenzione del bambino. Quello era un segnale: poteva proseguire nella stanza successiva.
 
Il secondo sei Superquattro, Koga, era conosciuto in tutta Johto per essere stato il capopalestra di Fuxiapoli, una città situata nel sud del Kanto. I suoi pokémon velenosi furono un ostacolo duro da superare ma grazie all’azione combinata di Typhlosion e Noctowl la vittoria arrivò in breve tempo.
 
La terza sala si trovava sospesa su di un bacino di lava, simile a quello che Haruka aveva visto nella palestra di Ebanopoli. Ma il pavimento non presentava nessun enigma da superare: le sue lisce piastrelle di color avorio non nascondevano trabocchetti o congegni da attivare per proseguire. Il suo avversario lo aspettava sopra la decorazione a pokéball di colore rosso. Le sue spalle erano massicce e muscolose, i suoi lineamenti duri, i capelli lunghi e scuri gli davano un’aria selvaggia ma non per questo trascurata.
‘Sono Bruno dei Superquattro! Mi alleno sempre al massimo perché credo in me e nelle possibilità dei miei pokémon. Riuscirai a tenerci testa?  Vai Hitmontop!’ il pokémon lotta si materializzò sul campo di battaglia roteando su se stesso come una trottola.
‘Forza Tuna!’ la scelta di Haruka fu, praticamente ovvia: non avrebbe mai potuto evitare di sfruttare i punti di forza del proprio Noctowl.
‘Hitmontop, Triplocalcio!’ il compagno di Bruno aumentò la propria velocità di rotazione e si avventò sul pokémon volante: i primi due calci non sembrarono aver causato chissà quali danni, ma il terzo obbligò il gufo a scendere di quota.
‘Tuna, Eterelama!’
‘Hitmontop, Contatore!’ mentre Noctowl sbatteva le ali per creare una tanto sottile quanto letale lama d’aria, il pokémon Lotta si preparava a contrattaccare con tutta la propria forza; peccato che il colpo che subì lo stese del tutto non permettendogli, così, di rispedire i colpi al mittente.
‘Hitmonlee, raggiungilo con Calciosalto!’ il secondo membro della squadra di Bruno sfruttò le sue gambe agili e lunghe per raggiungere l’elevazione del gufo; quest’ultimo incassò il colpo ma il danno fu irrisorio.
‘Tuna, vai con Beccata!’ il pokémon volante calò in picchiata sulla testa di Hitmonlee ma quest’ultimo evitò il colpo.
Calciardente, ora!’ Bruno cercò di sfruttare la vicinanza di Noctowl ma il gufo fu più rapido e si alzò nuovamente in volo.
‘Di nuovo Beccata, subito!’ sfruttando l’energia del decollo appena effettuato, il gufo si gettò di nuovo contro Hitmonlee, con il doppio della velocità, azzerando di conseguenza l’energia del proprio avversario.
‘Dannazione!!!! Vai Hitmonchan, Tuonopugno!!!’ il pokémon Tirapugni era decisamente più rapido rispetto ai suoi due compagni precedenti: riuscì colpire violentemente Noctowl con un destro carico di elettricità prima che l’avversario riprendesse quota. Il gufo stava iniziando a trovarsi in difficoltà: riusciva ancora a volare in alto ma i suoi spostamenti erano decisamente più lenti.
‘Tuna, vola più in alto che puoi! Poi usa Confusione!’ Haruka decise di stare sulla difensiva colpendo da lontano. Nocowl obbedì prontamente al proprio allenatore: dopo essersi sistemato ad una distanza di sicurezza, si concentrò velocemente per poi inviare contro all’avversario le sue forti onde psichiche. Riuscì, così, anche a confondere Hitmonchan.
‘Hitmonchan, riprenditi e usa Tuonopugno di nuovo!!!’ il pokémon lotta non riuscì a seguire gli ordini di Bruno: inciampò sui propri piedi e si ferì da solo.
‘Tuna, approfittane, Aeroassalto!’ il gufo si buttò in picchiata il più velocemente possibile; il suo colpo fu violento e mandò ko l’avversario. Ma le sue energie scarseggiavano: si vedeva lontano un miglio che non avrebbe retto un'altra battaglia.
‘Forza Machamp, un ultimo piccolissimo sforzo!’
‘Ebi, tocca a te!!!’ Noctowl fu prontamente sostituito da Gyarados.
L’ultimo scontro durò molto di più rispetto a quelli precedenti: entrambe le parti non possedevano attacchi che sfruttassero i punti deboli dei loro avversari ma il pokémon di Haruka era resistente contro il tipo Lotta. A parità del numero di colpi inferti, Ebi aveva ricevuto molti meno danni, per questo riuscì, alla fine, ad uscire vincitore da quella sfida.
‘Ho perso, non ho il diritto di dire nulla. Il tuo prossimo avversario ti aspetta’
 
Prima di entrare nella stanza con l’ultimo Superquattro, il bambino ebbe l’accortezza di ripristinare l’energia del gruppo usando delle pozioni. La sua fu una scelta saggia: contro Karen, maestra del tipo Buio, il suo Heracross, ferito dai pokémon di Pino, dovette occupare il ruolo di protagonista assoluto (fatta eccezione per quando la donna mandò in campo Murkrow; in quel caso fu Graveler ad entrare in campo). Dopo aver ottenuto finalmente anche la quarta vittoria, Haruka venne indirizzato verso la Sala del Campione.
 
Il bambino si ritrovò a pensare al nome della stanza nella quale era finito: più che Sala del Campione avrebbero dovuto chiamarla Sala del Principe o del Sovrano. Pavimento e pareti brillavano di un colore metallico molto simile all’oro, colonne dal fusto molto largo scandivano i passi del giovane sfidante e statue raffiguranti piccoli Dratini mettevano in evidenza il percorso da seguire per giungere fino a Lance, come se il tappeto color porpora steso al centro dell’ambiente non fosse un indizio più che palese. L’uomo dai capelli rossi aspettava Haruka in fondo alla stanza, in uno slargo recintato decorato, a terra, con una pokéball metà rossa e metà blu.
‘Ti stavo aspettando Nanase, o dovrei dire Haruka!’ disse Lance non appena il bambino lo raggiunse. ‘Sapevo che, con le tue abilità, saresti giunto fino a qui. Non c’è bisogno di parlare. Noi lotteremo per determinare chi è il più forte tra noi due. Come allenatore più potente e come Campione della Lega Pokémon… Io, Lance, il Maestro dei Draghi, accetto la tua sfida! Vai Charizard!’ la figura maestosa del serpente d’acqua mise quasi in soggezione il piccolo moro.
‘Forza Sake, scelgo te!’ ma quella era la sua ultima battaglia e non doveva dimostrare alcuna debolezza. Doveva rimanere concentrato al massimo per scegliere al meglio il proprio compagno da utilizzare in battaglia.
‘Charizard, Dragartigli!’ il pokémon di fuoco si avventò contro l’avversario usando il suo attacco più potente. Graveler sembrò non riportare molti danni.
‘Sake, usa Sassata!’ la roccia evocò una pioggia di pietre che andarono a colpire il drago nel suo punto debole. La battaglia di Charizard finì in quel momento.
‘Gyarados, tocca a te!’ il serpente d’acqua fece il suo ingresso ruggendo in maniera violenta.
‘Katsuo, vai!’ Graveler fu sostituito da Heracross.
‘Gyarados, Dragopulsar!’ il drago si concentrò per un istante, poi emise un potente raggio scuro di energia. Il coleottero incassò il colpo ma riuscì a rimanere in piedi.
‘Forza Katsuo, Nottesferza!’ Heracross si gettò contro l’avversario attaccando rapidamente con il proprio corno. Gyarados, nonostante il violento impatto, resistette al colpo.
‘Forza Gyarados, Flagello!’
‘Di nuovo Nottesferza!!!’ i due pokémon si scontrarono nella metà esatta del campo e si colpirono a vicenda praticamente nello stesso istante. I due allenatori rimasero col fiato sospeso: chi era riuscito a mandare ko l’altro? La risposta arrivò, purtroppo, quasi subito: entrambe le creature si accasciarono al suolo esauste.
‘Aerodactyl, è il tuo turno!’ Lance mandò in campo il Fossile Volante.
‘Ebi, puoi farcela!’ Haruka scelse di far combattere il suo Gyarados rosso.
Purtroppo per il drago di roccia del Campione, l’attacco d’acqua del serpente marino azzerò l’energia dell’avversario con un solo attacco.
‘Sei migliorato molto da quando ci siamo incontrati a Mogania. Ma non cantare ancora vittoria, ho un asso nella manica: vai Dragonite!’
Haruka conosceva la potenza del drago dorato, dopotutto l’aveva visto combattere nel rifugio Rocket un paio di giorni prima. Decise comunque di lasciare Gyarados in campo: il suo pokémon conosceva un attacco che sfruttava la debolezza dell’avversario.
‘Dragonite, Oltraggio!’ il compagno di Lance si lanciò contro il serpente rosso sfogando tutta la propria ira. Haruka aveva fatto male i conti: il suo pokémon aveva accusato gravemente il colpo e faceva fatica a tenere alta la testa.
‘Forza Ebi, Gelodenti!’ il suo avversario aveva fatto scendere in campo il suo ultimo compagno; il moro non doveva risparmiare né se stesso, né i propri pokémon. Con una sensazione di gelo nel cuore, consapevole del fatto che avrebbe sacrificato il suo caro Gyarados, Haru ordinò a Ebi di attaccare comunque conscio del fatto che avrebbe almeno inflitto all’avversario un ammontare di danni esagerato.
Come il ragazzino aveva previsto, il drago alato uscì parecchio malconcio dal colpo appena subìto; ma nonostante tutto ebbe la forza di mandare ko il pokémon d’acqua.
‘Saba, un ultimo sforzo! Lavasbuffo!!!’
‘Dragonite, Fuocobomba!’ le due sfere di magma esplosero a mezz’aria non appena le loro energie entrarono in contatto l’una con l’altra.
‘Saba, Lanciafiamme!’
‘Di nuovo Fuocobomba!!!’ per la seconda volta i due attacchi di fuoco si scontrarono nel centro del campo ma, mentre il colpo di Dragonite era costituito da una sola palla di fiamme che esplose subito annullando il proprio effetto, il fascio di fuoco di Typhlosion emanava un’energia continua: dopo aver distrutto il Fuocobomba avversario, raggiunse presto il drago di Lance bruciandolo e sconfiggendolo.
L’uomo dai capelli rossi rimase sbigottito in silenzio. Poi un lieve sorriso iniziò a fare capolino sul suo volto e le parole parvero uscire da sole dalle sue labbra: ‘…Caspita, sei diventato davvero potente! Somigli veramente tanto al vecchio Campione che riuscì a sconfiggermi tre anni fa. Chissà che fine ha fatto lui… Comunque i tuoi pokémon hanno risposto alla tua forza e alla tua natura onesta. Il sottoscritto, Lance, dall’autorità conferitami dal Presidente della Lega Pokémon nomino Haruka Na…’
‘ASPETTATE!!!’ una voce infantile ma dal timbro potente interruppe la proclamazione del moro come Campione della Lega.
 

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Capitolo 36
*** La Lega [Rin's Side] ***


Ultimo capitolo dell'ultimo scenario e penultimo capitolo della storia... O emme gi...
Non saprei cos'altro dire...
Quindi ringrazio direttamente chi leggerà/recensirà <3

 
Capitolo 36 – La Lega. [Rin’s side]
 
Rin iniziò ad odiare a morte il progettista della palestra di Mogania. Quale mente malvagia aveva avuto la brillante idea di pavimentare l’edificio con dei lastroni di ghiaccio? Il ragazzino aveva smesso di contare le volte in cui era caduto a terra causandosi lividi su lividi. Addirittura, nella stanza centrale, l’allenatore Nitori gli era venuto incontro per aiutarlo a mantenere l’equilibrio. Il rossino giurò a se stesso che avrebbe inferto una sonora sconfitta ad Alfredo se fosse riuscito a raggiungere il capopalestra prima di finire all’ospedale. Fortunatamente Rin riuscì a mantenere quella sorta di promessa al cento per cento, complice anche Houndour, il quale si era ripreso benissimo dalla ferita alla zampa.
Dopo una breve sosta al Centro Pokémon, il ragazzino fece rotta verso est; non si sarebbe mai aspettato di trovare una brutta sorpresa ad attenderlo! La Via Gelata, fedele al proprio nome, era ricoperta da strati e strati di solido ghiaccio. E ovviamente era famosa per essere l’unico mezzo diretto per poter raggiungere Ebanopoli nel tempo più breve possibile. Soffocando tra i denti mille e più maledizioni, Rin strinse i pugni ed iniziò a fare i primi passi… Per poi cadere subito rovinosamente di sedere.
 
Quando il bambino vide una tenue luce fare capolino, in lontananza, dalle tenebre della grotta, non riuscì a trattenere le lacrime. Si sentiva stanco, si reggeva a malapena in piedi ed era pieno di lividi ed escoriazioni.
Non entrerò mai più in una grotta ricoperta di ghiaccio in vita mia!’ si ritrovò a sussurrare più e più volte come se fosse sicuro che, trasformando quella frase in un mantra, il suo desiderio si sarebbe avverato. Non appena uscì fuori alla luce del sole, il ragazzino allargò le braccia e respirò a pieni polmoni il profumo della libertà. Poi, come per volersi vendicare delle brutte cadute effettuate all’interno della Via Gelata, diede un forte calcio contro la parete rocciosa dietro a sé. Peccato che, in quel modo, riuscì a guadagnare solo che una ferita in più.
Una volta ripresosi dall’ennesimo dolore, una volta raggiunta la periferia nord-est di Ebanopoli, Rin notò una figura familiare volare verso sud in groppa ad un Noctowl.
‘Tsk’
Haruka Nanase, come era prevedibile, l’aveva battuto sul tempo riuscendo a raggiungere, e superare, l’ultima palestra prima di lui. Rin, comunque, non aveva nulla da rimproverarsi: i suoi sopralluoghi, effettuati per controllare che il Team Rocket avesse veramente abbandonato l’idea di ricongiungersi per l’ennesima volta, l’avevano fatto ripartire con il cuore più leggero.
E con la stessa serietà e concentrazione usate per scacciare il gruppo di uomini in nero, Rin riuscì a sconfiggere prima Mikoshiba, poi Sandra in persona. La donna sembrava veramente seccata: stando alle sue parole, troppi ragazzini, negli ultimi due giorni, l’avevano messa alle strette. Aveva quasi intenzione di chiudere per un breve periodo la palestra per allenarsi nella Tana del Drago.
 
Una breve sosta al Centro Pokémon di Ebanopoli e poi di corsa verso sud, veloce come il vento, sfruttando le maestose ali di Fearow. Ma poco prima di giungere a Borgo Foglianova, il bambino bloccò il proprio pokémon obbligandolo ad atterrare a metà del Percorso 29. Perché non ci aveva pensato prima? Stava per rientrare nella cittadina nella quale aveva rubato Totodile!!! E se l’avessero visto? L’avrebbero sicuramente fermato per farsi restituire lo starter d’acqua mettendo la parola fine, in maniera definitiva, sul sogno di diventare campione della Lega.
Rin non poteva permettere che le sue pessimistiche fantasie prendessero forma: mancava oramai pochissimo al traguardo finale. E l’avrebbe raggiunto sicuramente, cascasse il mondo!
Per questo attese che calasse la notte: con il favore del buio il bambino percorse Borgo Foglianova da est a ovest e attraversò rapidamente la lingua di mare del Percorso 27. Solo quando raggiunse il Percorso 26 si sentì al sicuro. Il rossino si sedette a gambe incrociate con la schiena contro il fusto un albero e si addormentò non appena poggiò la testa contro la dura corteccia alle proprie spalle.
 
Rin si destò all’alba dolorante per la posizione scomoda assunta nelle ore precedenti e per i lividi che non accennavano a sparire dal proprio corpo. Ma non sarebbe stato di certo quel fastidio a fermarlo. Assolutamente no! Se alzava la testa poteva ammirare l’Altopiano Blu, la montagna sulla quale era stata costruita la sede della Lega Pokémon. Già si immaginava in cima, al cospetto dei Superquattro in persona, incoronato Campione insieme alla propria squadra, con il nome inciso a chiare lettere nella Sala d’Onore…
Il bambino si alzò in piedi e riprese subito a camminare: il solo pensiero di aver quasi raggiunto la propria meta finale gli ridiede energia e i suoi lividi non sembrarono più così dolorosi.
 
Ma una volta raggiunto Altopiano Blu, all’interno dell’edificio, Rin fece un incontro inaspettato.
‘…Tachibana?’
‘Matsuoka? Non mi dire che anche tu sei riuscito a conquistare tutte le medaglie di Johto?’
‘Bhè, si…’ il rossino iniziò a sentirsi confuso. Che ci faceva uno dei suoi rivali comodamente seduto su uno dei divanetti della Sala Accettazione? Quando i suoi occhi si posarono su uno degli schermi della stanza, tutto gli fu più chiaro: l’incontro di Nanase stava venendo proiettato in diretta. Il ragazzino dai capelli neri stava combattendo contro Koga; era già passato al secondo incontro. Di questo passo avrebbe ottenuto lui il titolo di Campione.
Rin ignorò Makoto e si diresse verso il responsabile dell’accettazione, un ragazzo molto alto, dalle spalle larghe, i capelli castano scuro e gli occhi verde acqua.
‘Senti, per favore, ho tutte e otto le medaglie… Fammi entrare!!! Voglio sfidare anche io i Superquattro e il Campione!’ per paura che il suo sogno gli sfuggisse dalle dita e per non perdere troppo tempo, il ragazzino aveva dimenticato le buone maniere e si era rivolto in tono brusco e poco gentile ad una persona più grande di lui. Quando il bambino se ne accorse, abbassò lo sguardo e si morse un labbro rimanendo in silenzio.
L’uomo prese a parlare: ‘Non esiste alcuna regola che vieti l’accesso alle sfide della Lega quando sta lottando qualcun altro. Semplicemente non bisogna combattere due contro uno. I Superquattro hanno un numero elevato di pokémon con loro, semplicemente ne usano pochi alla volta… Se il ragazzino che sta combattendo ora verrà sconfitto prima di arrivare al campione, tu avrai la possibilità di sfidare Lance. In caso contrario, vincerà chi arriverà primo, tienilo a mente’
Lo sguardo di Rin si illuminò all’improvviso. Non tutto pareva essere perduto.
Dopo che il responsabile, con la sua solita formula, proclamò il rossino candidato a competere per il ruolo di Campione, quest’ultimo schizzò via nella sala di Pino. In quello stesso istante Haruka si preparava ad affrontare la sua terza prova contro Bruno.
 
L’incontro con il Superquattro maestro dei pokémon Psico si risolse piuttosto velocemente. Houndour aveva combattuto in maniera aggressiva e non aveva lasciato scampo ai suoi avversari. L’esperienza accumulata nelle ultime due palestre e in quel primo incontro alla Lega, avevano fatto in modo che il quadrupede si evolvesse proprio dopo aver inferto il colpo di grazia all’ultimo compagno di Pino: sul suo capo comparvero un paio di corna aguzze del colore dell’avorio, il suo corpo si fece più grande, snello e muscoloso, la sua coda divenne più lunga e uno spuntone acuminato fece capolino in fondo ad essa.
Il piccolo allenatore si inchinò con rispetto a Pino: non riusciva ancora credere a quello che stava succedendo! Aveva sconfitto il primo Superquattro. Avrebbe fatto lo stesso anche con gli altri tre.
 
La seconda stanza della Lega era famosa per causare una strana sensazione di straniamento nel cuore di chi entrava in essa per la prima volta: nonostante Rin fosse sicuro di trovarsi all’interno di un edificio e al coperto, tutto quello che lo circondava sembrava quasi indicare il contrario. Il pavimento era caratterizzato da elementi di pietra squadrati e leggermente irregolari; essi erano sistemati l’uno accanto all’altro, leggermente staccati tra loro, e in quel piccolo spazio spazio, largo appena un paio di centimetri, spuntavano ostinati piccoli ciuffi d’erba verde. Le pareti, nella prima metà della sala, presentavano elementi d’acciaio chiaro che si sviluppavano in altezza come ad imitare il fusto di un albero mentre, nella parte finale, vicino alla porta da oltrepassare una volta battuto il Superquattro, quei pilastri andavano a confondersi con le edere ed altre piante rampicanti. Il soffitto, però, catturò tutta l’attenzione del ragazzino: esso era totalmente ricoperto di fronde foltissime come a voler dare, nel visitatore, la sensazione di trovarsi in una foresta dalla vegetazione molto fitta.
Al centro della sala, un uomo che aveva superato la quarantina, dai capelli scuri leggermente brizzolati e i tratti somatici orientali, vestito come un ninja, attendeva il rossino sopra la decorazione del pavimento a forma di pokéball verde e viola.
‘Ah ah ah ah! Sono Koga dei Superquattro! Sono un ninja moderno e vivo nell’ombra’ nonostante le ultime parole dette, il suo timbro di voce potente e la sua risata rumorosa sembravano far quasi pensare all’opposto. ‘Il mio stile ti confonderà distruggendoti! Confusione, sonno, veleno… Ti annienterò con le mie infide tecniche! Ah ah ah ah! Con i pokémon la forza bruta non basta: ora te lo dimostro! Forretress, scelgo te!’ le parole dell’uomo e il coleottero velenoso non riuscirono minimamente a intimorire Rin: quest’ultimo sorrise in maniera maliziosa e mandò in campo l’appena evoluto Houndoom, un pokémon decisamente avvantaggiato grazie alla tipologia Fuoco a lui appartenuta.
‘Forretress, Comete!’ il compagno di Koga roteò su se stesso emettendo una pioggia di raggi a forma di stella. Il rossino continuò a sghignazzare più forte vedendo come quell’attacco non avesse nemmeno minimamente scalfito il suo cane infernale.
‘Forza Houndoom, usa Rogodenti!’ il morso infuocato del quadrupede bastò e avanzò per mandare ko il proprio avversario.
Il Superquattro, però, parve non scomporsi troppo: ‘Ariados, tocca a te!’
Un altro coleottero? Koga è più stupido di quello che credessi…’ pensò il ragazzino mentre faceva capire al Superquattro che non aveva l’intenzione di cambiare pokémon. Il fuoco del suo Houndoom era superefficace anche contro il corpo fragile del ragno rosso.
‘Ariados, Velenpuntura, adesso!’ il coleottero si voltò di spalle e, dalla sua estremità posteriore, sparò rapidamente un sottilissimo ago velenoso. Il canide non riuscì ad evitare il colpo e le conseguenze di quell’attacco furono disastrose: Houndoom venne avvelenato all’istante!
‘Primo: far credere all’avversario di essere onnipotente. Secondo: distruggere il suo orgoglio. Terzo: approfittare del punto due per ottenere la vittoria, ah ah ah ah’ disse Koga ridendo mentre svelava il suo subdolo piano.
Rin si morse un labbro e decise di sostituire Houndoom con Fearow: ‘Fearow, Volo subito!’ il pokémon becco si alzò fino al soffitto creando il massimo distacco tra sé e Ariados; il coleottero tentò di sparare una seconda Velenpuntura ma il proprio raggio d’azione era troppo breve. Il volatile, così, si vendicò del compagno precedentemente avvelenato scontrandosi, sfruttando la picchiata, contro il proprio avversario, azzerandone l’energia.
‘Venomoth, Tossina!’
Aeroassalto, subito!!!’ Fearow riuscì ad essere più veloce rispetto alla nube velenosa che si stava avvicinando a lui minacciosa: dopo averla superata con un battito d’ali, il pokémon Volante si scontrò contro la Velentarma lasciandola in fin di vita.
‘Venomoth, usa Psichico!!!’ non riuscendo ad infliggere malus al prorpio avversario, Koga optò per una strategia più aggressiva. Il suo colpo ferì gravemente il compagno di Rin, ma non fu abbastanza per mandarlo ko.
Fearow ebbe, così, la sua ultima occasione per porre fine a quel combattimento.
‘Ah, vedo che finalmente hai iniziato a mostrare quanto vali!’ disse l’uomo impressionato.
L’ultimo pokémon che Koga mandò in campo fu Crobat.
Rin decise di far combattere Magnemite.
Sconfiggere anche l’ultima risorsa del Superquattro fu abbastanza semplice: il pokémon calamita era immune al veleno e aveva una difesa fisica molto, molto alta. Inoltre l’elettricità costituiva il punto debole del pipistrello dalle quattro ali… Il risultato era decisamente prevedibile.
‘Ti ho attaccato con tutte le mie tecniche ma è stato tutto inutile. Sei riuscito a mantenere i nervi saldi, complimenti! Vai nella prossima stanza e metti alla prova le tue capacità’
In un impeto di gentilezza, Koga regalò a Rin l’antidoto contro il veleno di Ariados. In quel modo Houndoom si sarebbe ripreso in un attimo!
 
Il terzo Superquattro, Bruno, cercò di mandare in campo i suoi pokémon più forti ma fu tutto inutile: Fearow, ripresosi prima di iniziare lo scontro grazie all’uso di alcune pozioni, era decisamente superiore sia come tipologia, sia come velocità. Non ci fu Contatore che potesse scalfirlo!
 
La sala dell’ultimo Superquattro era debolmente illuminata da piccoli faretti sparsi in maniera irregolare sul pavimento; quest’ultimo era costituito dall’alternarsi di lastroni di pietra scura che aumentavano l’aspetto cupo della stanza. Le pareti erano drappeggiate da eleganti arazzi di velluto color porpora e il soffitto, in maniera simile al pavimento, era tempestato di faretti come se fosse un cielo notturno stellato. Karen lo aspettava sopra la decorazione a forma di pokéball blu e viola. La fanciulla aveva un aspetto regale: la sua pelle era del colore della porcellana e morbidi capelli turchesi scendevano fino al suo giro vita come se fossero, in realtà, un mantello.
‘Io sono Karen dei Superquattro. Mi piacciono i pokémon di tipo Buio, il loro aspetto duro e ribelle è così attraente, e sono così forti! Dai, fammi divertire, lottiamo! Vai Umbreon!’
Altro che aspetto regale: dopo quella presentazione Rin non riuscì a fare a meno di pensare come la donna fosse in realtà simile ad una regina tiranna appassionata di battaglie.
‘Machoke, tocca a te!’ il pokémon lotta, regalato qualche giorno prima dalla sorella, fu finalmente libero di combattere.
‘Umbreon, Doppioteam!’ il compagno di Karen iniziò a muoversi ad una velocità non calcolabile dando la sensazione di aver creato più copie di se stesso.
‘Machoke, Preveggenza!’ la creatura forzuta chiuse gli occhi e iniziò a concentrarsi.
‘Cos’è, non sai come reagire alla rapidità del mio pokémon? Umbreon, continua a muoverti velocemente e poi usa Finta!’ nonostante il piccolo quadrupede si fosse fermato proprio di fronte al proprio avversario, il colpo che Machoke percepì gli arrivò da un fianco.
‘Machoke, Incrocolpo!!!’ dopo che furono trascorsi alcuni istanti di stasi durante i quali il pokémon Lotta era rimasto sempre con gli occhi chiusi, quest’ultimo, grazie a Preveggenza, si spostò in avanti di un solo passo e stese con forza entrambe le braccia in un punto preciso. Proprio in quel momento, le ‘copie’ di Umbreon andarono a ricongiungersi con la figura principale una alla volta: l’attacco di Machoke aveva preso in pieno il bersaglio infliggendogli un brutto colpo e mandandolo  terra esausto.
‘Dannazione… Vai Murkrow!’
‘Ottimo lavoro Machoke, torna dentro’ sussurrò il ragazzino alla pokéball che conteneva il pokémon Lotta. Gou aveva allenato il suo vecchio compagno in maniera impeccabile, nulla da ridire! ‘Forza Onix!!!’
Contro il serpente di roccia ci fu poco da fare. Nonostante gli attacchi di Murkrow non mancassero mai il bersaglio, la difesa del pokémon di Rin era troppo alta, per non parlare poi del vantaggio di tipologia che quest’ultimo possedeva! Bastarono, infatti, un paio di attacchi di roccia per mandare ko il secondo pokémon di Karen.
‘Vileplume, scelgo te!’ contro il pokémon Buio-Erba il rossino decise di utilizzare il fido Houndoom.
‘Vileplume, Paralizzante!’
‘Houndoom, Lanciafiamme!!!’ il raggio di fuoco del quadrupede bruciò all’istante la polvere emanata dal fiore di Vileplume evitando che essa lo raggiungesse; alcune fiamme raggiunsero anche il capo del pokémon avversario inferendo un minimo ammontare di danni.
‘Vileplume, Acido!’ l’attacco andò a segno ma il cane infernale riuscì a restare in piedi giusto il tempo per dare il colpo di grazia al compagno della Superquattro.
‘Per la prima volta sono con le spalle al muro… Non mi era mai successo! Eppure, nonostante la situazione, mi sto divertendo parecchio! Anche io ho un Houndoom e, come il tuo è parecchio forte!’ l’ultima scelta di Karen, come aveva lei stessa annunciato, fu proprio il segugio di fuoco.
Ma Rin non si fece sedurre dalla possibilità di effettuare un combattimento totalmente alla pari: il desiderio di vincere il prima possibile lo portò a mandare in campo il suo caro Feraligatr.
‘Houndoom, Sgranocchio, ora!!!’ la fanciulla aizzò il proprio pokémon contro l’avversario… Ma fu un grave errore! Quando le fauci del quadrupede nero azzannarono un arto del coccodrillo d’acqua, lo starter rispose con un potente Idrondata. La vittoria di Rin fu schiacciante.
‘Pokémon forti. Pokémon deboli. Sono distinzioni dettate dall’egoismo. Gli allenatori davvero in gamba dovrebbero vincere con i loro preferiti. Mi piace il tuo stile, tu sai cosa importa davvero. Vai: il Campione ti aspetta!’
Rin non poté fare a meno di dare totalmente ragione a Karen: proprio lui che si era macchiato di un grave reato pur di ottenere il pokémon che tanto desiderava, che era andato a stanare il Team Rocket che viveva proprio sfruttando i cosidetti ‘pokémon forti’, che era riuscito ad arrivare all’ultima sfida proprio grazie a Feraligatr.
Ma il tempo della contemplazione fu breve: obbedendo alle ultime parole della Superquattro, il bambino scattò via verso la Sala di Lance.
 
‘ASPETTATE!!!’ gridò il ragazzino a pieni polmoni non appena le sue orecchie percepirono le frasi della proclamazione del nuovo Campione della Lega.
‘Aspettate per favore…’ Rin aveva il fiatone. Davanti ai suoi occhi, il domadraghi aveva assunto un’espressione a dir poco infuriata mentre Haruka non sembrava molto sorpreso di vederlo.
‘Ragazzino, arrivi tardi. Sto per proclama…’
‘Un attimo!’ sorpresa delle sorprese, fu Haruka a fermare la sfuriata di Lance. ‘Proclamato ufficialmente o meno, io ora sono il Campione della Lega, vero?’
L’uomo dai capelli rossi rimase un istante in silenzio pensieroso. Poi riprese a parlare: ‘Bhè, mi hai battuto… Anche se il tuo nome non è stato ancora registrato nella Sala d’Onore, si, tu sei il Campione…’
‘E come Campione posso accettare le sfide degli allenatori che riescono a superare le prove dei Superquattro, no?’
Lance rimase per un momento interdetto dalle parole, decisamente logiche, del piccolo allenatore; si ritrovò, quindi ad annuire non trovando argomentazioni per negare il tutto.
Ma quello più sorpreso di tutti fu Rin il quale non riusciva a staccare lo sguardo dagli occhi seri ma sinceri di Nanase. Il moro voleva veramente combattere contro di lui.
‘Haruka Nanase, ti sfido per ottenere il titolo di Campione della Lega Pokémon!’ le parole del bambino dai denti aguzzi fuoriuscirono praticamente da sole.
Haruka rivolse il viso verso Lance e il domadraghi sospirò sentendosi inerme.
‘Datemi le pokéball con le vostre squadre. Entrerò un momento nella Sala d’Onore per curare i vostri pokémon… Scommetto che volete combattere una battaglia al massimo delle forze’
I due ragazzini acconsentirono all’unisono.
Rin fremeva a causa dell’adrenalina: ce l’avrebbe messa tutta in quell’ultima sfida!
Dopotutto l’aveva promesso al padre.


CRONOLOGIA SCENARIO 'LA LEGA' (quella del decimo scenario si trova in fondo al capitolo 33)

- Haruka giunge a Mogania, batte Alfredo e passa la notte lì. Il giorno successivo attraversa la via Gelata;
- Rin, dopo aver superato con grande difficoltà la prova dei pavimenti ghiacciati della palestra, batte Alfredo grazie a Houndour. Dopo una breve sosta al Centro Pokémon, il bambino si dirige ad est;
- Makoto batte Sandra e vola verso Borgo Foglianova per ricongiungersi con la famiglia. Parte poco dopo per la Via Vittoria;
- Haruka arriva ad Ebanopoli e si dirige verso la palestra;
- Rin ha problemi nell'affrontare la Via Gelata;
- Makoto supera la Via Vittoria;
- Haruka batte Sandra e torna al Centro Pokémon per far riposare un poco la squadra. Torna, subito dopo, a Borgo Foglianova;
- Rin giunge ad Ebanopoli e scorge Haruka volare via in groppa a Nocthowl; 
- Makoto arriva ad Altopiano Blu ma dell'amico d'infanzia non c'è traccia;
- Haruka rientra a Borgo Foglianova e parte verso est dopo aver fatto un bagno ristoratore. Raggiungerà Altopiano Blu solo verso sera;
- Rin va a sfidare Sandra. Dopo aver ottenuto la medaglia, aspetta la sera e il buio per superare Borgo Foglianova senza essere visto. Si accampa all'inizio del Percorso 26;
- Makoto e Haruka si ricongiungono alla Lega. Il castano sfida l'amico in un incontro;
- Haruka vince lo scontro e Makoto decide di non andare a combattere contro i Superquattro; 
- Rin si alza all'alba e raggiunge la Via Vittoria. Cerca l'uscita per Altopiano Blu il più velocemente possibile;
- Il mattino successivo Haruka entra nella prima stanza, quella di Pino. Makoto osserverà l'incontro dell'amico in diretta tramite un mega schermo;
- Rin arriva esausto alla sede della Lega Pokémon. Incontra Makoto il quale gli mostra a che punto è arrivato il moro. Desideroso di non farsi soffiare il posto di Campione da Haru, Rin va a combattere contro i Superquattro;
- Haruka batte Pino e Koga. Passa rapidamente alla stanza di Bruno;
- Rin sconfigge Pino il più velocemente possibile grazie a Houndour. Il pokémom si evolve in Houndoom;
- Haru batte Bruno e corre subito nella stanza di Karen;
- Rin, senza perdere altro tempo, sconfigge Koga e poi Bruno;
- Haruka batte Karen e si incontra, per la seconda volta, con Lance;
- Rin prosegue rapidamente verso Karen;
- Haruka, dopo una battaglia appassionante, sconfigge Lance; 
- Rin entra nella stanza del campione durante la proclamazione di Haruka. Nonostante le rimostranze di Lance, è Haruka stesso ad accettare la sfida di Rin. Il domadraghi fa curare entrambe le squadre in modo che il loro ultimo combattimento venga effettuato al massimo delle loro forze.

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Capitolo 37
*** Epilogo. [Their Side] ***


Mi fa strano mettere la spunta a 'Storia Completa' mentre sto per postare questo capitolo. Siamo veramente arrivati alla fine! E se da un lato sono felice di aver finalmente concluso qualcosa, dall'altro ho come una sensazione di vuoto... Dovrò salutare i miei shotini ç.ç
Comunque sia, grazie a questo racconto, nonostante la base fosse stata generosamente offerta dalla Game Freak (anche se non lo sa, lol xD), sono felice di aver continuato a scrivere, anche perchè sento di essere migliorata molto. Ovviamente, più in là col tempo, riprenderò in mano tutti i capitoli e li controllerò per apportare varie correzioni xp
Doveroso è ringraziare Amaerise perchè questo crossover è nato grazie ad un suo prompt della Seconda Notte Bianca organizzata dalla pagina di No ma Free lo guardo per la trama, eh . 
E poi un grazie enorme a chi ha continuato a leggere recensendo o meno i vari capitoli. Grazie mille!
Detto ciò mi fermo qui, sennò potrei diventare troppo sentimentale xD !
Con la speranza che ci sia qualcuno che continuerà a seguirmi nonostante il crossover sia finito, non mi resta che dire: arrivederci alla prossima fan fiction o original :3

 
Capitolo 37 – Epilogo. [Their Side]
 
‘Interrompiamo il programma in corso per un’edizione straordinaria del nostro consueto appuntamento con le notizie. Nell’estremo est della regione di Johto un gruppo di persone è stato testimone di un avvenimento che ha, a dir poco, dell’incredibile: uno strano gruppo di pokémon formato da due grandi volatili, uno dorato e l’altro argentato, e tre quadrupedi dall’aspetto simile a quello delle Bestie Leggendarie di Amarantopoli, è apparso improvvisamente lungo il Percorso 26 per poi dirigersi, in maniera incredibilmente veloce, verso il Kanto. Restate sintonizzati su questo canale: in caso di aggiornamenti, ottenuti grazie alla collaborazione con il Giornale dei nostri vicini di regione, noi saremo i primi a darvi altre notizie fresche di giornata!’
 
Il telefono squillò a casa Tachibana emettendo il suo solito rumore dal timbro acuto e ripetitivo. Fu la mamma di Makoto a rispondere.
Erano passati un paio di giorni da quando il bambino era rientrato da Altopiano Blu. Mantenendo la sua promessa, il piccolo allenatore dagli occhioni verdi aveva passato tutto il tempo con i suoi fratellini giocando con loro, mostrando loro tutte e otto le medaglie ottenute nelle palestre di Johto e, ovviamente, facendo loro conoscere tutti i pokémon della propria squadra. E proprio mentre stava raccontando a Ren e Ran l’ultima sfida di Haruka e Rin, la madre bussò alla porta e attirò l’attenzione del figlio primogenito.
‘Tesoro, ha chiamato Elm proprio un secondo fa. Dice che ha bisogno di voi. Puoi fare un salto al suo laboratorio, per favore?’
‘Ma mamma!!!’ gridò la sorellina mettendo il broncio.
‘Stava per dirci chi tra Haru-chan e Rin-chan ha vinto!’ il fratellino si mise quasi a piangere.
‘Ehi voi due…’ Makoto prese a parlare accarezzando le teste di entrambi i bambini ‘Che ne dite di fermarci, per il momento? Appena rientrerò a casa, finirò di raccontarvi tutto, va bene? Non bisogna far aspettare gli adulti!’
I due piccoli di casa non poterono far altro che ubbidire al fratello maggiore e andare a giocare nella loro stanza.
Makoto uscì velocemente di casa e, senza pensarci troppo, si diresse verso l’abitazione del suo caro amico d’infanzia.
 
Haruka stava oziando beato nella sua vasca. Dopo essere rientrato dalla Lega Pokémon, aveva deciso che avrebbe recuperato tutti i bagni che non era riuscito a fare durante il suo lungo viaggio.
Il suo sogno sarebbe stato far entrare in vasca almeno uno dei membri della sua squadra, ma Typhlosion e Graveler erano deboli all’acqua, Noctowl non sembrava entusiasta di tutto quel vapore (che avesse paura di finire bollito e poi mangiato come una comune zuppa di pollo?) e Gyarados ed Heracross erano troppo grandi per poter entrare con lui nella tinozza di ceramica.
Il moro si ritrovò a sospirare leggermente amareggiato, ma quella sensazione di delusione scomparve in un battito di ciglia. Alla fine si sentiva molto orgoglioso di se stesso: per la prima volta era riuscito a concludere qualcosa contando solo sulle proprie forze. Ma quello sarebbe stato solo l’inizio; in fin dei conti non gli sarebbe dispiaciuto partire per un’altra avventura… Magari andando meno di corsa e godendosi di più il tempo con i propri pokémon.
‘Haru-chan, sei in bagno come al solito?’
‘Togli il chan…’
Makoto, come era solito fare, era passato per l’entrata posteriore della casa, senza fare troppi complimenti.
‘Haru, sbrigati! Il professor Elm ci ha chiamati al suo laboratorio! Ma prima passiamo a prendere Rin a Fiorpescopoli!’
Il bambino dagli occhi verdi tese la sua mano destra per aiutare l’amico ad alzarsi; Haruka la afferrò subito e uscì dalla vasca senza aggiungere alcuna lamentela.
 
Rin si trovava sdraiato sul letto della vecchia camera del padre. Era la prima volta che passava così tanto tempo in quella stanza. L’aveva sempre guardata dall’uscio per paura di modificare qualcosa al suo interno anche solo con la propria presenza. Eppure, quella volta, aveva deciso di eliminare quel distacco che lui stesso aveva creato, forse perché, oramai, si sentiva molto più vicino al padre.
Dopo l’avventura alla Lega Pokémon, il ragazzino era subito rientrato a Borgo Foglianova, accompagnato da Nanase e Tachibana, per scusarsi con il professor Elm. Aveva l’intenzione di restituire Feraligatr: certo, il pokémon aveva raggiunto l’ultimo stadio evolutivo e quindi non poteva più essere scelto come starter, ma in quel modo sarebbe comunque stato utile per far nascere dei nuovi cuccioli di Totodile.
Il professore però, sorridendo, gli restituì subito la ball dicendo che l’undicesimo compleanno del rossino sarebbe avvenuto di lì a pochi mesi, quindi il coccodrillo d’acqua sarebbe stato quasi sicuramente suo in ogni caso.
‘Somigli tantissimo a tuo padre…’ aveva, infine, concluso.
Già, io somiglio molto a papà… Perché il suo sogno ha continuato a vivere in me e con me è stato sempre il suo spirito…
I suoi pensieri vennero interrotti, però, improvvisamente dalla madre: ‘Rin! Puoi scendere? Ci sono i bambini di Borgo Foglianova ad aspettarti!’
L’allenatore dai canini aguzzi si fiondò al piano di sotto.
 
‘Siamo venuti a prenderti!’ disse allegro Makoto facendo anche le veci di Haruka. ‘Il professor Elm ha bisogno di noi al laboratorio, non facciamolo aspettare!’
‘…Sicuri che abbia chiesto anche di me?’ disse Rin titubante. Nonostante il luminare del mondo dei pokémon l’avesse perdonato, il bambino non si sentiva ancora a suo agio nel farsi vedere a Borgo Foglianova.
‘Invece di fare sempre l’indeciso, seguici e basta’ tagliò corto il ragazzino dai capelli neri.
‘Sbaglio o hai iniziato a prenderti troppa confidenza?’ rispose il rossino, però, sorridendo.
‘Bhè, Haru comunque ha ragione! Meno lamentele, più azione!’ continuò Makoto non riuscendo a nascondere la sua espressione divertita.
Il terzetto evocò i propri pokémon Volante e tornò nella cittadina ad est in un paio di battiti d’ali.
 
‘Oh ragazzi, eccovi qui! C’è anche Rin-chan, perfetto!!! Vi ho fatto venire perché ho qualcosa per voi! Sono dei Biglietti Nave. Così potete andare a catturare pokémon nella regione del Kanto’.
Gli occhi di Makoto sembrarono ingrandirsi e illuminarsi per l’emozione. Effettivamente, nell’ultimo periodo, aveva trascurato il pokédex per recuperare il terreno perso per raggiungere Rin e Haruka.
Il professore continuò: ‘La nave partirà da Olivinopoli. Con la vostra squadra avete viaggiato ovunque… Salutatemi il professor Oak nella regione del Kanto!’
Lo scienziato distribuì ai bambini i biglietti e salutò tutti quanti in maniera molto calorosa.
‘Mmm… Mi sa che dovrò scusarmi con i miei fratellini!’ il piccolo allenatore dagli occhioni verdi fece un salto a casa e poi raggiunse gli amici il più velocemente possibile.
Una volta tornato Makoto, Rin chiese un favore al gruppo: ‘Sentite, visto che dovremo andare ad Olivinopoli, non è che possiamo fare una breve deviazione per Fiorlisopoli? C’è una cosa che devo fare assolutamente… Farò in fretta, promesso, ma mi piacerebbe che voi mi accompagnaste…’
I due bambini di Borgo Foglianova annuirono senza farsi problemi, dopotutto non sarebbe stato male portare un saluto anche a Gou.
 
Una volta giunti nella città in riva al mare, il trio si diresse, spedito, nella palestra di Furio per salutare la giovane allenatrice dalla lunga coda. Quest’ultima quasi si commosse profondamente nel vedere che il fratellino, alla fine, era riuscito a stringere amicizia con entrambi i suoi vecchi rivali. Ma non riuscì a trattenere le lacrime per la notizia bomba che il piccolo Rin le disse subito dopo. Dopo una breve chiacchierata, il rossino guidò il gruppetto a nord, verso il cimitero della cittadina. Rin si rivolse alla tomba della famiglia Matsuoka: ‘Ehi papà, come stai? È da un po’ che non ci si sente… Ma sai, non sono riuscito a venire prima perché avevo alcune faccende burocratiche da risolvere. Non essere geloso di me per quello che sto per mostrarti!’ il ragazzino tirò fuori dal proprio zaino una scatoletta dalla forma rettangolare, di quelle usate per contenere le medaglie conquistate in giro per la regione. Oltre ad esse, nella parte superiore spiccava una targhetta dorata decorata, lungo la cornice, con i simboli delle palestre di Johto. Al centro, una scritta molto elegante incoronava un certo Rin Matsuoka come Campione della Lega Pokémon. ‘Alla fine sono riuscito a realizzare il tuo sogno con Feraligatr come promesso. D’ora in avanti non dovrai più preoccuparti di nulla!!!’
Una volta finito di parlare, il rossino si rivolse ai suoi due nuovi amici, facendo loro capire che Olivinopoli sarebbe stata la loro meta successiva.
 
 Dopo una battaglia estenuante che aveva visto Haruka e Rin rimanere con un solo pokémon, Typhlosion e Feraligatr, il rossino era riuscito ad avere la meglio all’ultimo. Lance concluse prima la cerimonia di premiazione di Nanase, che era stata interrotta dall’arrivo del piccolo Matsuoka, poi si rivolse al giovane allenatore dai canini aguzzi, il quale piangeva a dirotto come se si fosse ferito gravemente. Ovviamente, al contrario delle apparenze, il bambino stava provando una gioia talmente incontenibile che il suo corpo, essendo arrivato a saturazione, aveva deciso di smaltire quella sensazione di felicità facendola passare attraverso i suoi occhi scarlatti.
Il ragazzino dai capelli rossi, comunque, decise di non prendere il posto di Lance nella Sala del Campione: non voleva mettere subito radici in un unico posto rischiando di annoiarsi a morte in attesa di un futuro sfidante. Il domadraghi, non essendo la prima volta che ricopriva di nuovo quel ruolo nonostante avesse già concluso la propria carica, non poté far altro che augurare buona fortuna ai due piccoli allenatori.
 
Quando il trio arrivò al porto di Olivinopoli, la nave stava quasi per salpare.
Il viaggio, comunque, non durò molto: dopo solo un paio di ore i tre piccoli allenatori poterono osservare all’orizzonte i tetti di una cittadina mai vista prima: Aranciopoli.
‘Ehi guardate laggiù! C’è una palestra! Perché non andiamo a dare un’occhiata?’ Rin si sentiva euforico. Una nuova regione, una nuova città, tantissime nuove sfide ad attenderlo.
La palestra di Aranciopoli, esternamente, non differiva molto dalle strutture di lotta già viste a Johto.
Al suo interno, un enigma composto da interruttori nascosti in cestini da premere seguendo una precisa successione, apriva le porte di una sala centrale dove si trovava un giovane allenatore dai folti capelli ramati, gli occhi allungati di colore oro e un divertito sorriso stampato sul volto.
‘Benvenuti nella palestra di Lt. Surge, maestro dei pokémon di tipo elettrico! Io sono Momotarou Mikoshiba! Non ho mai visto le vostre facce prima d’ora… Non siete del Kanto?’
‘Veniamo da Borgo Foglianova, Johto!’ rispose Makoto amichevolmente.
‘E abbiamo già conquistato tutte le medaglie della nostra regione’ aggiunse Rin con fare orgoglioso.
‘Da Johto? Allora avete di sicuro combattuto con il mio fratellone a Ebanopoli! Sapete, lui è l’allenatore di Sandra!’
Dopo aver passato alcuni minuti a chiacchierare allegramente (Momotarou era molto espansivo e pieno di energia), i giovani ragazzi si prepararono presto a combattere.
‘Uno per volta, però!’ specificò Mikoshiba Junior.
 
‘Vai Pikachu!!!’
‘Sandslash, scelgo te!’ il primo a combattere fu Makoto.
‘Wow, un pokémon di tipo terra… Siete piccoli ma con voi non si può scherzare! Pikachu, Schianto!’ il roditore elettrico sfruttò la propria velocità per raggiungere il proprio avversario e colpirlo, in maniera potente, con la propria coda. L’attacco destabilizzò Sanslash che perse l’equilibrio cadendo a terra supino.
‘Pikachu, di nuovo Schianto!’
‘Sandsrew, Rotolamento!!’ il pokémon corazzato non dovette nemmeno alzarsi in piedi per prendere la rincorsa: esso sfruttò le scaglie sul dorso per darsi la spinta, poi si scontrò con il proprio avversario dopo aver effettuato soltanto una sola rotazione, tanto i due erano oramai vicini. Pikachu, a causa dell’impatto, venne sbalzato all’indietro.
‘Sandsrew, ora, Terremoto!!!!’ una scossa tellurica fece tremare tutto l’edificio in maniera poco sicura, ma grazie a questa mossa Makoto vinse la sua sfida preliminare e ottenne il permesso di proseguire fino al capopalestra.
 
Dopo aver risolto un altro rompicapo con i pulsanti, finalmente il trio si trovò faccia a faccia con un uomo dal fisico robusto e muscoloso, vestito con abiti mimetici, dai capelli corti e ossigenati e gli occhi chiarissimi nascosti dietro un paio di occhiali da sole molto scuri.
‘Ehi you! Credo di dovervi dare una lezione! You want to challenge me? Con i pokémon di tipo elettro sono number one! Non ho mai perso una fight! Come agli altri miei enemies, vi farò prendere la scossa!!! Vai Electrode!’ il capopalestra parlava in maniera decisamente strana… Che quello fosse l’accento del Kanto?
‘Sake scelgo te!’ Haruka mandò in campo il suo fido Graveler.
‘Electrode, Schermoluce, ora!’ il pokémon elettrico evocò una sorta di barriera luminosa in modo da  ottenere protezione dagli attacchi avversari.
‘Sake, Magnitudo!’ nonostante la forza dell’attacco di Graveler, che sfruttava anche il punto debole del compagno del capopalestra, avesse ferito gravemente la sfera, quest’ultima, grazie a Schermoluce, riuscì a resistere.
‘Electrode, contrattacca con Comete! Fight!!!’ il pokémon bicolore si concentrò brevemente e poi emise vari raggi a forma di stella che andarono a infrangersi, con scarsi risultati, sulla pelle coriacea di Graveler.
‘Sake, Sassata!’ un paio di colpi subìti dalla cascata di rocce, e il compagno di Lt.Surge andò velocemente al tappeto.
 
‘Che fine ha fatto la mia marvellous strategia? Electabuzz, go now!!!’ il pokémon elettrico fece il suo ingresso mostrando tutta la sua maestosa figura.
‘Pff, forza Onix!’ Rin si sentiva molto sicuro di se stesso.
‘Electabuzz, Colpo Basso!!’ ma non avrebbe dovuto sottovalutare troppo l’avversario. L’asso di Lt. Surge conosceva attacchi di tipo Lotta! E questo fu un duro colpo tanto per lui, quanto per il suo serpente di pietra.
‘Dannazione, Onix usa Fossa, subito!!!’ il pokémon di roccia scavò una sorta di galleria sotterranea riuscendo, così, a nascondersi alla vista del proprio avversario.
‘Electabuzz, move yourself con Attacco Rapido e non farti prendere!’ il mostro bipede incominciò a vagare a scatti per il campo tenendo un’andatura a zig-zag. Ogni volta che, sotto alle proprie zampe, percepiva il terreno tremare leggermente, si spostava subito dalla parte opposta. Ma quando Electabuzz si ritrovò chiuso in un angolo, Onix riemerse con violenza dal terreno colpendo l’avversario con tutta la propria forza.
 
‘Arrrgh! Siete veramente strong! E va bene, alright, eccovi la Medaglia Tuono. Custoditela con cura, please!’
I tre bambini erano tutti riusciti a sconfiggere la loro prima palestra del Kanto.
Una volta usciti dall’edificio, Makoto, Haruka e Rin iniziarono a pensare a cosa fare da quel momento in poi.
‘Mappa?’ suggerì il moro.
‘Allora, vediamo…’ fu l’allenatore dagli occhi verdi a tirare fuori il Pokégear. ‘A nord di qui, superato il Percorso 6, si trova la città di Zafferanopoli! E poi a est c’è Azzurropoli! Non è lì che si trovano i tuoi genitori per lavoro Haru?’
Il piccolo Nanase annuì senza dire nulla; nonostante la sua solita espressione indifferente, il suo amico d’infanzia notò nell’altro una lieve luce nei suoi occhi: Haruka non l’avrebbe ammesso mai ma non vedeva l’ora di riabbracciare i suoi familiari.
‘Possiamo passare lì come terza meta!’ aggiunse Makoto.
‘Aspetta, a nord e a est di Zafferanopoli cosa c’è?’ Rin si avvicinò al castano per osservare meglio il Pokégear.
‘La città di Celestopoli e quella di Lavandonia…’ rispose il piccolo Tachibana.
Il rossino sorrise maliziosamente mostrando i suoi canini appuntiti: ‘E se dopo Zafferanopoli ci dividessimo? Ognuno sceglierà una direzione e poi ci incontreremo di nuovo una volta esplorato tutto il Kanto e conquistato tutte le medaglie della regione! Che ne dite? E chi arriverà ultimo dovrà offrire una merenda a tutti!’
I due bambini di Borgo Foglianova, in un primo momento, non sembrarono molto entusiasti di riprendere a correre in giro per il mondo, ma vedendo l’espressione emozionata comparire sul volto del loro nuovo amico, non riuscirono proprio a dire di no.
‘Ottimo! Però prima dobbiamo pensare ad un traguardo che vogliamo raggiungere in questo secondo viaggio… Per essere più motivati a dare il massimo!!!’ Rin non riusciva a trattenere l’eccitazione per la nuova sfida. ‘Inizio io!!! Io voglio conquistare tutte le medaglie di questa regione e battere tutti gli allenatori del posto! Insomma, diventare il numero uno anche qui!!!’
‘Io voglio allenarmi molto e incontrare tutti i pokémon di questo paese. Compreso il gruppo di leggendari che è stato avvistato spostarsi qui nel Kanto. E poi, magari, sfidare finalmente i Superquattro per avere il mio nome inciso nella Sala d’Onore vicino ai vostri!’ Makoto non passò molto tempo a pensare al proprio piccolo sogno.
‘Io voglio vedere tutti posti nuovi della regione. E poi, quando ci riuniremo, vorrei combattere di nuovo contro di voi…’ Haruka fu, come il suo solito, molto breve e conciso. Ma si era aperto ai suoi due compagni, e Makoto e Rin gradirono molto quello sforzo.
‘Allora partiamo subito per Zafferanopoli!’ Rin non stava più nella pelle, non vedeva l’ora di iniziare quella nuova avventura. Haruka e Makoto dovettero, di conseguenza, faticare molto per convincere il rossino a fare un salto con loro al Centro Pokémon.
Una volta curate le squadre, il trio di giovani allenatori uscì da Aranciopoli per addentrarsi lungo il Percorso 6.
Un futuro fatto di nuove esperienze, battaglie, momenti di gioia e delusioni attendeva i tre bambini di Johto in quella nuova regione.
 
FINE

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