Tra le Ali del destino.

di Vale_DL
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Battito di cuore. ***
Capitolo 2: *** Contatto inaspettato. ***
Capitolo 3: *** Will and Ronnie. ***



Capitolo 1
*** Battito di cuore. ***


Tra le Ali del Destino.
 

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Capitolo 1
Amavo la pioggia.

Oggi era una di quelle giornate, si una di quelle in cui le nuvole rendono il cielo di un colore triste, una di quelle dove si inizia con il piede sbagliato e la si finisce ancora peggio, oggi era una di quelle giornate che ti creavano una strana sensazione allo stomaco mentre una strana nostalgia si impadroniva della tua persona, inaspettatamente. Una delle giornate in cui non c'era traccia di sole, creando in te una strana sensazione sconosciuta, come se si fosse perso per sempre, come se non potesse più illuminare le giornate, semplicemente come se fosse stato rubato e nessuno si rendesse conto della gravità della sua assenza. Oggi è una di quelle giornate un po’ così, una di quelle in cui è difficile lasciar fuggire un sorriso, condizionata inconsapevolmente dalle nuvole che si estendono fin sopra le nostre teste, una di quelle giornate disastrose, che poi forse non è manco vero, talmente tristi da essere schifosamente attraenti e meravigliose, oggi è semplicemente una di quelle giornate dove il sole è stato rubato ma non ti importa più di tanto perché delle goccioline cadono leggere sulla tua pelle, dandoti sensazione di libertà, sensazione di purezza rara.

Amavo la pioggia.

Gocce. Gocce d'acqua che si staccano dalla terra madre per schiantarsi su qualcosa di imprevedibile, che poi altro non era che ogni centimetro di terra sotto di esse, gocce così limpide da rendere l'acqua cristallina di un ruscello quasi una stupida pozza di fango, gocce capaci di combattere da sole, gocce così diverse tutte fra loro da creare qualcosa di raro, magnifico, perfetto. Così è che quelle piccole cosine si staccavano da una nuvola schiantandosi quasi con foga, con desiderio, su di noi, piccole gocce capaci di lottare da sole, gocce senza paura ma con molto onore. 

Amavo la pioggia.

Amavo le giornate come queste, amavo sentirmi come quel tempo grigio e cupo, amavo sentire l'atmosfera nostalgica intorno a me facendomi sentire così pura, così pura da non avere paura del giudizio altrui, così pura a essere completamente diversa a tutti i miei coetanei, così pura quanto speciale. Amavo la pioggia perché era simbolo di ribellione, di pura inconsapevolezza, l'amavo perché era imprevedibile ed era così che io mi volevo sentire, qualcosa di così strano da essere unico, da essere unicamente perfetto.

Amavo la pioggia.

Amavo come quell'atmosfera circondasse l'ambiente in cui vivevo, come quel grigio di nuvole abbracciasse i colori bianchi e rossi dell'università, come quelle piccole gocce si sfracellavano addosso a tutti gli studenti che cercavano buffamente di proteggersi con un qualsiasi cosa gli capitasse di mano, amavo come quel venticello si schiantasse contro la mia felpa nera che non lasciava via libera, come la mia treccia castana continuasse a lottare per rimanere sulla mia spalla destra, come i miei occhi si mimetizzavano con le cortecce di alberi disposte in file ordinate per numero e, soprattutto, amavo la pioggia che si univa a ciascun elemento presente, lasciando sensazione di assoluta armonia.

Amavo la pioggia, l'amavo davvero.

"Ehi Samantha!. Sam, aspetta!"  Una voce si fece spazio poco più lontano da me, mi voltai per vedere chi era.

Non feci in tempo a focalizzare la proprietaria della voce che subito davanti a me comparve una figura piuttosto buffa, con una smorfia stampata sul viso che mi fece sorridere istantaneamente. La figura qui davanti appartiene ad Elizabeth Thompson, nonché Ely, la ragazza da un metro e sessantacinque e un sorriso, la mia migliore amica dai tempi della prima media.

Io ed Elizabeth ci eravamo conosciute precisamente il primo giorno di scuole medie, lei era la tipica ragazzina vivace con un profondo sentimento verso la moda, io ero semplicemente la tipica ragazzina timida destina a 3 anni di solitudine se non l'avessi conosciuta. Come al solito mi escludevo da tutto e anche quel giorno feci altrettanto, non è che non mi piacesse stare con gli altri, anzi, era semplicemente che agli altri non piaceva stare con me, così preferivo starmene da sola seduta sul banco a guardare un punto indefinito dalla finestra magari evitando le battute stupide mie compagni destinati alla sottoscritta. Quel giorno però, mentre fissavo la conformità del mio banco, mi sentii toccare una spalla e mi girai immediatamente trovandomi un sorriso perfetto accompagnato da degli occhi color azzurro cielo, mi chiese semplicemente se il posto era libero ignara che da lì sarebbe nata un'amicizia eterna. 

Da quel giorno erano passati un bel po’ di anni, ora Ely era diciannovenne e il tempo aveva giocato a suo favore. Non era più una ragazzina e il suo corpo lo faceva capire al meglio, procurandole di tanto in tanto anche qualche problema, insomma era diventata proprio una rarità del sesso femminile, con i propri pro e contro. La lunga chioma di capelli biondi le ricadeva liberamente sulla schiena, formando dei boccoli nelle punte che man mano si andavano a schiarire sempre di più facendo sembrare di aver rubato le sfumature al giallo più puro fino ad arrivare a quello più freddo, più delicato. Il corpo esile mostrava le proprie curve sistemate nel posto giusto, come a creare una sorta di percorso destinato ai peccatori lussuriosi. Le labbra era sottile, talmente tanto da sembrare alcune volte inesistenti creando, così, la voglia di cercare qualcosa di magico e perfetto con il dolce profumo di fragola. Infine, gli occhi...quelli erano rimasti sempre uguali, l'unica cosa che non era cambiata, l'unica cosa ad essere così monotona ma schifosamente perfetta, occhi color cielo che lasciavo trasparire il mondo racchiuso in essi facendoti perdere in un qualcosa di così intrigante da essere proibito...erano occhi semplici, privi di sfumature e completamente e insistentemente azzurri, semplicità che ti fotte.

Poi c'ero io, tipica ragazza timida che vive in un mondo fatto di sola musica e di romanzi, tipica studentessa universitaria, tipica ragazza invisibile. Non ero cambiata molto in questi anni e il tempo non mi aveva donato niente, semplicemente niente se non un mondo completamente diverso dove le storie d'amore erano sui libri e le consolazioni nelle canzoni, racchiudendo tutta la mia vita nei miei occhi, usati per leggere e nelle mie cuffie, usate per vivere. I lunghi capelli mossi come onde in pura marea mi ricadevano liberi sulle spalle, raccolti spesso in delle trecce o code disordinate come oggi, come sempre. I miei erano capelli che sembravano vittima di un furto, capelli privi di colore e rarità, capelli di un semplicissimo color corteccia, capelli di un normalissimo color castano. Il mio corpo esile era sempre rivestito dalle innumerevoli felpe che oramai avevano preso il ruolo di seconda pelle, e le curve non sapevo neanche se le avevo, forse colpa del mio metro e sessantacinque di pura timidezza. Le labbra abbastanza carnose definivano il mio viso, labbra che erano di un color roseo, labbra che sorridevano solamente in presenza di Ely, labbra così perfette perché mi permettevano di entrare in un nuovo mondo grazie ai miei romanzi, labbra che profumavano di fragola. Per finire gli occhi, occhi color nocciola, occhi inespressivi, occhi di colore neutro che di raro aveva ben poco, che di bello non avevano neanche la forma, che di semplice avevano tutto.

"Ely, ma che hai fatto? se fradicia" lottai con tutta me stessa per cercare di trasformare quella risata in un semplice sorriso divertito e lentamente spostai il mio ombrello per ripararla dalla pioggia

"Stai scherzando vero? Era un'ora che ti venivo dietro!" pugni stretti, smorfia in viso.

"Uhm..non me ne ero accorta, credevo che finissi più tardi il corso di letteratura, oggi." le sorrisi dolcemente

"Lasciamo perdere.." esclamò rassegnata "Piuttosto, hai programmi per oggi pomeriggio?" stessa domanda oramai rifilatami da sempre più o meno.

"No! e questo vale per entrambe le domande Ely, non uscirò con quel branco di animali che tu chiami amici!" mi voltai ed iniziai a camminare verso il nostro dormitorio.

"Ma non sai neanche se avrei chiesto quello Sam!, e poi che ti costa scusa?" mi venne dietro

"Lo so invece, dato che mi proponi quella domanda da sempre ormai!  poi mi costa eccome, non posso sprecare un pomeriggio per andare in giro con quei babbuini di prima categoria e sinceramente ho ben altro da fare!" gesticolai con la mano.

"Tsè...sentiamo cosa dai! magari leggere uno di quei stupidi libri?" cosa aveva detto? l'avrei uccisa se non tenevo l'ombrello con una mano!

"Non sono stupidi! e poi è sempre meglio che uscire con quei trogloditi, non credi?" affermai esasperata

"Fai come vuoi Sam, io vado ciao!" mi baciò le guance e poi si dileguò tra la folla.

Rimasi ancora lì, ferma sempre nello stesso punto non capendo perché in un certo senso le sue parole mi avessero ferita, come una scheggia di vetro che ti ferisce al  primo contatto, eppure non aveva detto niente, eppure aveva detto tutto ciò che c'era da dire. Forse la mia vita era così disastrosa come Ely mi voleva far capire? cosa c'era di male nel passare il proprio tempo libero tra musica e romanzi? Niente, non trovavo risposte alle mie domande ma, in fin dei conti, non avevo bisogno di risposte perché a me piaceva così, perché per me era quello il significato di vita.
Lentamente mi accorsi che la pioggia pian piano scompariva dalla mia vista, alzai la testa per guardare il cielo e, sorprendentemente, mi ritrovai un cielo che pian piano si tingeva di azzurro, un colore così naturale, così raro, così perfetto. Fu in quel momento che realizzai che la pioggia era scomparsa nella frazione di un secondo e, dispiaciuta in parte, mi focalizzai nuovamente sullo scenario di fronte a me. Il sole era ritornato, magicamente era stato restituito al suo compagno d'eternità ma, in fondo, non se ne era mai andato, stava solamente aspettando il momento giusto per comparire in tutta la sua bellezza.                                            
Il paesaggio davanti a me si tinse di altri colori, colori più caldi, colori più vivi. I colori dell'università non furono più così freddi e cupi come lo erano precedentemente, bensì si tinsero di un bianco latte e di un rosso fuoco, gli alberi ripresero il proprio colore naturale facendo sì che le foglie ingrigite dal tempo splendessero in una grande varietà di colori e, come tocco finale, quell'erbetta che colorava i parchi di un verde freddo e bagnato si trasformassero in un verde acceso con qualche goccia cristallina, amavo tutto ciò  e l'amavo davvero. 

Pian piano decisi di avviarmi anche io, rintanarmi nel mio solito posto per leggere uno dei miei magnifici libri, incominciando la solita routine che io amavo incondizionatamente. Poco dopo arrivai lì, nel mio parco preferito, un parco piccolo ma semplicemente perfetto. Le innumerevoli panchine che erano disposte in maniera lineare erano sparse un po’ dappertutto, i numerosi alberi facevano sembrare quel territorio un vero paradiso e quelle foglie sparse in tutto il parco rendevano il posto ancora più intrigante, più magico. Decisi di andarmi a sedere nel mio solito posto la quercia centrale, antica, lesionata, guerriera, sopravvissuta. Delicatamente estrassi il libro dal mio zaino e iniziai ad entrare in un mondo che di stupido aveva fin poco, che di perfetto aveva tutto.

"La vita, ora lo capiva, somigliava ad una canzone" una voce mi distrasse dalla mia lettura, alzai lo sguardo." The Last Song, Nicholas Sparks, bel libro" sorrise.

"Come scusa? tu hai letto questo libro?" chiesi incredula, non era certo un libro per ragazzi questo.

"Questo è molti altri" rise, una risata così pura proveniva da quella figura "Sai, non credo che ci sia la distinzione tra maschile e femminile, credo invece che se un libro è magnifico lo è anche a prescindere dal lettore, no?" sorrise, grattandosi la nuca, forse aveva capito il mio stupore verso di lui. Mi limitai solamente ad annuire, lui mi sorrise e senza nemmeno farci caso scomparve tra la piccola folla.

-"Sai, non credo che ci sia la distinzione tra maschile e femminile, credo invece che se un libro è magnifico lo è anche a prescindere dal lettore, no?"- 

Frase più vera, frase più bella, frase più realistica non c'era, frase semplicemente pronunciata da una bocca estranea, una frase che fece semplicemente accelerare il mio battito cardiaco.
 
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S
alve a tutti!

Vorrei precisare che questa è la mia prima storia su efp, anche se questo canale esisteva già precedentemente.
Si avete capito bene, questo canale mi è stato donato da una mia amica che non aveva più voglia di scrivere quindi ho deciso di rinnovarlo cambiando anche il nome.

Per quanto riguarda la storia spero che vi piaccia tanto quanto piace a me, aspetto una vostra recensione <3

 
GRAZIE MILLE!


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Capitolo 2
*** Contatto inaspettato. ***


Tra le Ali del Destino!
 

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Capitolo 2

Occhi color cielo si espandevano in tutta la mia mente occupandola sempre di più, occhi che di banale avevano fin poco e che di speciale avevano tutto, occhi di sconosciuto.
Mi ero sempre soffermata a guardare ogni minimo dettaglio di una persona, mi piaceva scrutarle per farmi un’idea di ciò che potevano essere, osservarle per capire i loro gesti e le loro intenzioni ma, mai nella vita, mi era capitato di farmi prendere tanto da un dettaglio che poteva essere irrilevante, se non addirittura banale. Ogni qual volta che osservavo qualcuno non mi importava ciò che pensasse, mi focalizzavo solamente sull'obbiettivo e osservavo ogni suo minimo spostamento, da ogni suo respiro irregolare che incitava il petto ad andare su e giù al più banale battito di ciglia, credevo solamente che ogni gesto, ogni azione fosse lo specchio dell’anima che un individuo esternava a fatica, quindi ceravo di capirla da me. Non ero una specie di ossessionata, non lo ero mai stata in nessun campo, solamente volevo conoscere una persona da subito e forse anche più di altri ma, a essere oneste, mi riusciva sempre bene e, al minimo dettaglio, riuscivo a farmi immediatamente un’idea di chi avevo davanti, forse una dote che aspettava alle persone timide come me o, semplicemente, ero io che non mi limitavo a volgere uno sguardo completamente superficiale.


Mai, mai in vita mia però, mi era successa una cosa simile, mai mi ero lasciata trasportare da qualcosa così irrilevante come gli occhi ma, in verità, sapevo benissimo che così irrilevanti, dopo tutto, non erano affatto.Si dice che gli occhi siano lo specchio dell’anima, io credo che siano solamente un mucchio di cazzate per coinvolgere i più sentimentali, poveri illusi loro che ci credono. Gli occhi, per quanto profondi e sinceri, sanno benissimo fingere una luce che, di fatto, non gli appartiene affatto, sono solamente altre piccole macchine comandate dal cervello e se fossero realmente lo specchiò dell’anima non si saprebbe piangere per finta, se fossero realmente lo specchio dell’anima mostrerebbero a tutti quanta falsità ci circonda.Di fatto, gli occhi, sono veramente qualcosa di irrilevante, ma di solito sono quelli che rendono tutto così perfetto, un qualcosa di irrilevante con cui non si potrebbe mai stare senza, tanto irrilevante da essere dannatamente essenziale per l’anima.

La cosa strana è che mi piaceva, mi piaceva davvero questa situazione. Non avrei mai immaginato che mi sarei fatta prendere così tanto, ma era una sensazione piacevole, talmente tanto da essere schifosamente magnifica. Era strano come, occhi del genere, mi avessero stregato in quel mondo e, in fondo, ne avevo visti talmente tanti di occhi come i suoi che mi risuonavano come qualcosa di monotono ormai, tutti così simili, tutti così esattamente uguali agli altri, tutti così inespressivi…tutti tranne i suoi, proprietari di una magneticità unica, proprietari di un colore così comune che solo loro rendevano speciale, proprietari di un qualcosa che li distingueva dagli altri, che li rendeva bellissimi.

Eppure era stata solo una svista, una frazione di secondo in cui i miei occhi avevano incrociato i suoi e, in fondo, non mi ero neanche soffermata a guardarlo per bene, troppo stupita dal fatto che conoscesse quel libro, troppo stupita dalla frase uscita dalla sua bocca, troppa stupita, stupita e basta. Con lui era stato semplicemente diverso, non lo avevo scrutato come facevo sempre e, a stento, ero riuscita a decifrare il colore dei suoi occhi, eppure adesso mi ritrovavo a pensare a lui, a pensare a quell'azzurro intenso, a quel colore che tanto sapeva di libertà, a quel colore azzurro che tanto assomigliava ad un cielo che si estendeva fin sopra un paesaggio perfetto, paesaggio che aveva sapore di sconosciuto.

“Ehi Sam, mi ascolti?” Una mano si muoveva davanti ai miei occhi, era Elizabeth.

“Uhm...si Ely, ti sto ascoltando” risposi distrattamente, i miei pensieri finirono all'istante non facendo scomparire mai quel colore azzurro intenso.

“Allora? Che mi dici? Ti va bene o....” iniziò ma io la interruppi

“Va bene Ely” frettolosamente cercai di liquidare la mia amica, non sapendo neanche ciò di cui stavamo parlando.

“D-davvero? Oh Sam, sapevo che questo momento sarebbe arrivato, sono così felice!” un meraviglioso sorriso si formò sulla faccia della mia amica, di quale momento parlava?

“Uh? A quale momento ti riferisci?” dissi un po’ spaesata ma la verità era che quei stupidi pensieri non mi avevano fatto prestare attenzione a Ely, neanche per un secondo.

“Ma come? Mi hai detto di si per uscire con me e i ragazzi Sam, finalmente ti sei decisa!” mi venne incontro abbracciandomi…COSA LE AVEVO DETTO IO?

“COSA?” mi distaccai dal suo abbraccio, urlando “Dimmi che è solo uno scherzo Ely, dimmelo perché mi sto iniziando a innervosire!” ed era vero, ero abbastanza nervosa.

“Ma...Sam...mi hai detto va bene, sei stata tu a dirlo, non io. Non puoi dire una cosa e....”

“Ma scherzi vero? NON CI SONO USCITA DA UNA VITA E DOVREI INIZIARE ADESSO? Se la pensi così stai davvero male Ely!” infuriata mi alzai dalla panchina.

“Ma sei stata tu a dirmi di si Sam, io...” abbassò lo sguardò

“Tu niente Elizabeth, io non vengo punto. Adesso scusa ma ho lezione di filosofia teorica, a dopo” velocemente raccolsi le mie cose e mi incamminai a passo svelto verso l’ingresso dell’università.

Non potevo ancora crederci, Elizabeth mi conosceva davvero così poco da credere che avrei accettato? Non riuscivo veramente a crederci. Non è che io non volessi uscire con lei, era solamente che non volevo uscire con quei pezzi di trogloditi che lei definiva amici, e chissà poi che bello avere degli amici con il quoziente intellettivo minore di un babbuino. Stupida me che ero riuscita a distrarmi per uno che, in fondo, non conoscevo, stupida me del dirgli di si e stupida me che non fa altro che pensare ancora a quegli occhi color cielo, stupida, solo stupida.

Entrai nell’università e mi affrettai nel raggiungere il mio posto, almeno per oggi volevo terminare gli effetti negativi e, sicuramente, una sgridata da parte del professore Smith lo era di sicuro. Odiavo letteralmente quell’uomo, tanto virile quanto egocentrico e bastardo, non faceva altro che sentirsi superiore agli altri in qualsiasi circostanza facendosi odiare da ogni essere vivente presente sulla faccia della terra, compresa sua moglie che lo aveva mollato qualche mese prima e che non si capiva del perché lo avesse sposato. Tutto sommato però l’ora di filosofia teorica passò velocemente, materia che secondo me era tanto dura quanto interessante, e nonostante i continui egocentrismi da parte del professore in meno di 60 minuti mi ritrovai fuori dall’università. Avevo circa una pausa di 30 minuti prima che iniziasse l’ora di filosofia della storia, così mi recai nel mio posto per ingozzarmi del mio libro preferito: The Last Song.

Questa mattina quel piccolo parco luccicava di pura magia. Le foglie degli alberi iniziavano a diventare di un verde acceso e vivo, lasciando il vuoto dell’inverno e i colori dell’autunno solamente un ricordo. I primi fiori cominciavano a spuntare dall'erba ben falciata, fiori di un rosso acceso, di bianco purezza e di un blu d’amicizia, fiori speranzosi che segnalavano l’arrivo della primavera, che segnalavano la nascita di una nuova vita.

“La vita è una scalata, ma la vista è grandiosa.” Una figura pian piano si sedette accanto a me, io chiusi il libro mantenendo il segnale e alzai lo sguardo, sapevo già chi era.

“The Last Song, Nicholas Sparks” sorrisi

“Esatto” ricambiò il sorriso

“Dimmi un po’, te ne vai sempre in giro a fare così?” sorrisi imbarazzata distogliendo lo sguardo, maledetti occhi color cielo.

“Così come?” un velo di confusione comparve sul suo viso

“Non lo so…così, cioè andare in giro a dire frasi di libri che, per la cronaca, neanche dovresti sapere la loro esistenza” gesticolai.

“Non proprio” scoppiò in una fragorosa risata, niente di più bello mi si era mai presentato davanti “Non è che lo faccia con tutti, solamente con i soggetti che trovo più interessanti” si passò una mano sulla nuca.

“Quindi mi hai trovata interessante?” alzai un sopracciglio per lo stupore

“In un certo senso” di nuovo il suono della sua risata arrivò dritto al mio cuore, che stupido organo del cazzo…cosa gli succedeva adesso?

“Oh...” abbassai lo sguardo sul libro, mostrando un lieve imbarazzo che non passò inosservato. In quel momento speravo solamente che il bruciore sulle mie guancia non si trasformasse in un roseo color carne.

“Quindi sei una fan accanita di Sparks, eh?” si distese lentamente sull'erba portando le mani dietro la nuca, non mi persi neanche un singolo gesto di ciò che fece, l’osservavo quasi incantata, quasi rapita.

“Beh...” abbassai lo sguardo “Diciamo che ho letto tutti i suoi libri, 2 volte.” Sorrisi giocherellando con la copertina del libro, mentre sentivo i suoi occhi puntati su di me “Oh…questo invece e già le quarta volta che lo rileggo” alzai lo sguardo e lo fissai negli occhi, brutta mossa, lo riabbassai immediatamente.

“Cavolo…io dopo la seconda volta li lascio perdere, mi sa che è già tanto se ci arrivo ad una seconda volta” rise, maledetto cuore che voleva uscire dal petto, maledetto, maledetto.

“Vedi, hai presente quella sensazione di vuoto? Si quella che ti viene di solito dopo che è successo qualcosa o semplicemente dopo che si finisce un film, proprio quella.” Sorrisi “A me iene ogni volta che arrivo alle ultime pagine di questo libro, ogni qual volta che sento scorrere tra le mie dita le ultime pagini rimanente e, in verità, non so neanche spiegarmi il perché, sento solo che una sensazione di nostalgia si impossessa di me lasciando pian piano il vuoto, vuoto che vuole essere colmato.” Lo guardò per un attimo, poi distolgo lo sguardo “Così una volta terminato il libro, senza accorgermene, mi ritrovo di nuovo a leggere la prima pagina…e sai qual è la cosa più strana? Che ogni singola volta è come se lo leggessi per la prima volta, provando le stesse sensazioni che ebbi il giorno in cui me lo regalò mio nonno, le stesse e identiche sensazioni.” Sorrisi nostalgicamente. “Scusa ti sembrerà stupido e…”

“Sssh…sta zitta, è bellissimo ciò che ha detto” pian piano vidi che la sua mano si posò leggermente sulla mia, emettendo la frase come un piccolo dolce e seducente sussurro. Occhi color cielo erano fissi su di me, ero completamente congelata dalla sua reazione, dal suo sguardo puntato costantemente sul mio, dal suo sussurro uscito come quasi un qualcosa di conforto, dalla sua mano che adesso era appoggiata sulla mia trasmettendomi calore, calore puro. Arrossii ferocemente e ritrassi subito la mano, dovevo andarmene, andarmene per non rischiare che il mio cuore esplodesse dal mio petto.

“Scusami, devo andare” senza aspettare una sua risposta raccolsi le mie cose e mi diressi verso l’università a passo svelto.

Per tutto il tempo avevo sentito il suo sguardo su di me, non sapevo se lo avevo offeso in qualche modo o se avesse capito il mio palese disagio nel stagli vicino ma, sinceramente, in questo momento temevo più per il mio povero cuore che per qualsiasi altra cosa. Non mi era mai successa una cosa del genere, insomma mai nessuno avevo usato avvicinarsi tanto a me, mai nessuno del sesso maschile si intendeva e, ovviamente, escluso mio padre e mio fratello. Tutto ciò mi sembrava completamente una stupida pazzia, non capivo assolutamente perché il mio cuore reagiva in quel modo davanti a quel ragazzo, non lo conoscevo nemmeno eppure bastava solamente uno sguardo o un banalissimo tocco per mandare il mio cuore in estasi, estasi perenne. Non volevo scappare, mi piace stare in quella situazione a dire la verità ma qualcosa, dentro di me, mi impediva di stargli vicino, mi impediva di provare un qualcosa troppo grande per me stessa e ogni volta finivo sempre per ritirarmi indietro proprio sul fronte di battaglia, perdendomi quella che poteva essere una sana vittoria.

In vita mia non ho mai avuto un ragazzo ma sono pur sempre una donna e si sa che tutte le donne, a prescindere se lo danno a vedere o meno, sognano il principe azzurro o semplicemente l’uomo perfetto.         
Ecco io non sogno niente del genere ma era ovvio che per il mio futuro immaginavo una tenera e dolce famigliola, e questo comprendeva anche il sesso maschile.
Adesso i miei pensieri erano occupati a rivivere quella sensazione di purezza con il solo contatto di mano, pensieri che uccidevano lentamente il mio cuore, pensieri che alimentavano la mia anima, pensieri che non se ne sarebbero andati poi così facilmente. E se provare tutto ciò significava scottarsi allora ero pronta a rischiare, rischiare per un qualcosa che per la prima volta in vita mia mi donava purezza, purezza d’amore.

 
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Salve popolo di Efp!

Allora volevo iniziare con il dire che questo capitolo mi piace davvero perché intravediamo molti dei sentimenti di Sam e il primo dialogo con Mr. Occhi color cielo Xd, quindi spero vivamente che vi piaccia e che non vi annoi.

 
GRAZIE! <3
 
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Capitolo 3
*** Will and Ronnie. ***


Tra le Ali del Destino.
 

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Capitolo 3.

Sam…Sam, guarda qui!”  mio fratello attirò la mia attenzione, io corsi verso di lui facendo attenzione agli enormi massi posti sull’erba

“Oh…è una farla Jack?” dissi estasiata, i miei occhi da bambina non avevano mai visto cosa più bella

Sorrise “Si Sam, si dice farfalla però” iniziò a ridere rumorosamente

Io incrociai subito le braccia e misi il broncio “Non ridere di me, Jack. Sai benissimo che se fai il cattivo con me dico tutto alla mamma!”

“Scusami piccola Sam.” sorrise scompigliandomi i capelli con la mano destra “Non è bellissima?” vidi che pian piano i suoi occhi iniziavano a luccicare di meraviglie, probabilmente proprio come i miei.

“Si, Jack. È bellissima” sorrisi per un’istante, poi ritornai seria e alzai lo sguardo verso mio fratello “Jack…?” strinsi i pugni

“Si piccola Sam?”

“Credi che anche tu diventerai una farla?” domandai trattenendo le lacrime e mordendomi il mio piccolo labbro con tutti i dentini.

“Non lo so, Sam.” il suo sguardo tornò serio, triste, cupo.

“Jack…io non voglio che tu te ne vada, non voglio che tu muoia Jack! non voglio” l’abbracciai più che potevo, come per non farlo andare più via da me, come a tenerlo mio per sempre…mentre piccole lacrime bagnavano la sua tenuta ospedaliera, brutta, ingrigita, senza personalità, come se fosse senza vita.

“Sai Sam, prima o poi, ogni essere vivente chiuderà gli occhi per sempre, è il ciclo della vita e a prescindere se ci faccia male o no non possiamo cambiare qualcosa che non dipende da noi, ma bensì dalle stelle, dal destino. Tutti sono destinati ad addormentarsi in un sonno che ti culla per l’eternità, chi prima come me o chi dopo come gli altri ma, piccola Sam, voglio che tu sappia una cosa” disse mentre mi asciugava le lacrime che bagnavano il mio viso “Sam, voglio che tu sappia che non c’è nulla da temere nella morte, essa non è cattiva ma bensì premurosa e ti posso assicurare con tutto il cuore che non farà male come tu credi, è come addormentarsi, come fare un lungo e piacevole pisolino e , una volta svegliati, vedrai che tutte le cose più belle, che tutti i desideri saranno li, trasformatisi in un qualcosa di puro e perfetto” sorrise dandomi un bacio in fronte “Piccola mia, ciascuno di noi rientra nel proprio destino, inciso sul suo cuore, magari il mio è arrivato al  lieto fine ma il tuo no, non buttarti giù, ti prego fallo per me. Sam promettimi che non ti lascerai mai andare qualsiasi cosa succeda, mamma e papà hanno bisogno di te, loro hanno bisogno che tu gli stia vicino. Sam io ho bisogno che tu me lo prometta!” con gli occhi lucidi e le mani tremolanti mi afferrò per le spalle, poi mi abbracciò con foga, foga e desiderio di un amore tra fratello e sorella, tra sorella e fratello.

“Ma io non voglio che tu vada via! non voglio che tu mi lasci da sola Jack!”

“No Sam, non piangere altrimenti mi distruggi. Ehi ascoltami…” mi guardò dritto negli occhi “Piccola Sam…” mi accarezzò una guancia “ Ehi, io sarò sempre con te, anche quando non ci sarò più fisicamente. Io sarò per sempre nel tuo cuoricino e ti giuro che ogni qual volta che ne sentirai il bisogno potrai chiudere gli occhi e io ci sarò, sarò lì per te, basta solamente che tu mantenga vivi i tuoi ricordi…come farò io con il ricordo del tuo splendido sorriso, quello non lo potrò mai dimenticare” mi sorrise dolcemente, poi mi abbracciò.

“ Lo giuri Jack? Giuri che non mi lascerai mai da sola?”

“Lo giuro, Piccola Sam” mi sussurrò dolcemente.


Da quel giorno in poi ne susseguirono altri dove, giorno dopo giorno, mio fratello non faceva altro che peggiorare. Avevo solamente 5 anni, ero così piccola…giorno dopo giorno vedevo completare la trasformazione di Jack, trasformazione che di certo non lo rispecchiava, che non rispecchierebbe nessuno. Io ero lì quando pian piano gli occhi di mio fratello diventavano sempre più incavati, sempre più neri, sempre più stanchi. Io ero lì quando i capelli di Jack iniziarono a cadere, uno per uno, chiazza per chiazza. Ero lì quando iniziarono a spuntargli delle macchie violacee/rossastre sul viso, sul collo, sul corpo. Ero lì quando iniziò a ingiallirgli i denti, a schiarirli la bocca, quando iniziò a diventare sempre più pallido, quando iniziò a muoversi a fatica, a parlare per miracolo, a non ridere più, a stare addormentato tutto il tempo, quasi tutto…io ero lì, ero lì in tutto. 
Poco dopo mio fratello morì, non fu una morte dolorosa, proprio come mi aveva assicurato mesi prima, non fu una morte atroce per lui…semplicemente mi guardò, mi sorrise e smise di respirare, per sempre. Il suo organismo non aveva retto più, era stanco, debole ma lui aveva lottato fino alla fine, il suo lieto fine era arrivato e aveva chiuso gli occhi, per sempre. Io mi limitavo solamente a guardare, guardare come il cuore di mia madre si frantumava minuto dopo minuto, ascoltare le urla disperate di mio padre, guardare le lacrime che scorrevano sul viso di tutti tranne che sul mio. Io ero rimasta forte, proprio come gli avevo promesso, stringendo i pugni, mordendomi il labbro, chiudendo gli occhi lucidi…non potevo piangere ma avevo così tanta voglia di farlo, solo per lui. Avevo solamente 5 anni quando morì Jack, lui solamente 14. Quel giorno mi ripromisi che non mi sarei mai dimenticata di mio fratello e in tutta la mia vita non l’avevo mai fatto, neanche per un minuto, neanche per un secondo e, anche se era doloroso, Jack era rimasto sempre lì, nel mio cuore. Mi ricordo che molte volte da bambina chiudevo gli occhi e gli parlavo, come mi disse lui, la cosa strana era che pensavo che Jack, in un modo o nell’altro, mi ascoltava, mi rispondeva, mi consolava e semplicemente mi amava. Giorno dopo giorno gli raccontavo tutto ma con il passare del tempo iniziai a crescere e con me anche le mie razionalità. Oggi non parlavo più con Jack ma lo pensavo costantemente, lo amavo in ogni attimo della mia esistenza, lo ricordavo ancora e semplicemente mantenevo vivi i ricordi di lui, ricordi che sicuramente manteneva vivi anche Jack, ovunque esso si trovava, ovunque Dio avesse deciso di trasformarlo in un angelo.

La leucemia era riuscita a portare via mio fratello, essa però non era riuscita a portare via l’amore che provavamo l’uno per l’altro, uno di quelli che non dimentichi, uno di quelli che ti salva la vita come mio fratello l’aveva salvata a me durante la sua breve ma fondamentale esistenza.

“Ehi Sam, come va?” Mi chiese Elizabeth.

“Tutto bene” risposti distrattamente giocherellando con la penna, in realtà non andava bene per niente.

“Sai, stavo pensando che…”

“No, Ely. Risparmiami, almeno per oggi “ posai la penna e la guardai negli occhi “ Sai perfettamente che oggi non mi si deve chiedere niente…”

“Scusami Sam, davvero” abbassò lo sguardo.

Per tutta la giornata universitaria non proferii parola con Elizabeth. Non avevo assolutamente voglia di parlare con nessuno, né di ascoltare niente, volevo solamente chiudere gli occhi e sentirmi in pace con me stessa

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“Vedo che intendi finire quel libro per la quarta volta eh!” una risata mi fece alzare lo sguardo “Ciao!” sorrise dolcemente.

“Ehi, no…veramente non ci capivo più niente da un pezzo ormai” sorrisi immergendomi nell’azzurro dei suoi occhi

“Come fai a non capirci niente? Lo sai a memoria quel libro” mi guardò piuttosto confuso

“Anche tu, dalle frasi con cui entri in scena ogni volta”

“Mi hai proprio beccato eh?” si passò una mano sulla nuca “come mai non prestavi attenzione alla lettura?” i miei occhi si inumidirono all’istante e abbassai immediatamente lo sguardo “Ehi stai bene?” si sedette difronte a me e mi scrutò in volto

“Ehm...sì, diciamo che oggi è una giornata un po’ triste per me...” abbassai lo sguardo, dio da vicino era ancora più bello

“Ti ha lasciato il fidanzato?” scoppiò in una fragorosa risata

“No, oggi è il giorno in cui morì mio fratello” strinsi i pugni, morsi il labbro e cercai di mantenere dentro me le lacrime mentre lui si ammutolì all’istante.

“Sai, non so neanche come ti chiami” mi sorrise, voleva cambiare argomento e io gliene fui grata.

“Beh, neanche io so il tuo nome” gli sorrisi grata, sperando che capisse.

“Beh tu puoi chiamarmi Will” mi sorrise “Io ti chiamerò Ronnie” rise, io sentii le guance andarmi a fuoco, si era bevuto il cervello, questo era completamente pazzo.

“Non vedo il motivo per cui dovremmo chiamarci con nomi non nostri” abbassai immediatamente lo sguardo, sperando non notasse il mio rossore sulle guance

“Andiamo, Ronnie. Credevo ti piacessero i personaggi del tuo prezioso libro no?”

“Will e Ronnie sono una coppia, noi neanche ci conosciamo” tenevo lo sguardo basso, ero sicura che se lo avrei alzato sarei diventata ancora più rossa in viso. Maledetto cuore che palpitava.

“Io ti conosco, Sei la mia Ronnie. La ragazza dei mille libri, delle felpe enormi e dai continui arrossamenti facciali” rise sfacciatamente per poi avvicinarsi al mio orecchio “Mi piace quando arrossisci” sussurrò per poi mordersi il labbro e io seguii quel gesto dannatamente sexy con la punta degli occhi, successivamente iniziò a ridere. Sicuramente aveva notato che mi ero fatta, fin troppo, coinvolgere da quel suo gesto, maledetto!  “Ciao piccola Ronnie” disse alzandosi ed andandosene.

Non so per cosa il mio cuore adesso stava battendo a mille, se per il suo modo sfrontato nel darmi dei nomignoli o solamente perché ci aveva immaginato come una coppia, stava di fatto che mi sembrava che il cuore mi era scoppiato in petto. Un’altra volta mi ritrovavo persa nei suoi occhi, occhi che annebbiavano costantemente la mia mente, occhi che mi coinvolgevano in un modo che mai avevo provato prima. Adesso sentivo solamente il battito del mio cuore nel sussurro delle sue parole, un colpo alla mia anima nel sentire la sua risata, una strana sensazione che mi creava dei piccoli brividi percorrenti tutta la schiena, brividi bestiali. Era strano e alquanto illogico che una persona mi trasmettesse ciò, non mi ero mai sentita in questo modo, credevo che la sensazione da innamorati era tutto un farfalle nello stomaco e un tremolio alle gambe, invece quello che provavo io era ben diverso, qualcosa che andava ben oltre l’amore, completamente.
Avevo sempre sostenuto che l’amore fosse il sentimento per eccellenza, quello che ti faceva provare felicità ma nello stesso tempo dolore e tristezza ma, in verità, mi sbagliavo di grosso. L’amore, quello vero, faceva provare solamente felicità, escludendo completamente il dolore, sentimento che non apparteneva veramente alle definizione amore. Il sentimento per eccellenza non era l’amore, non era nessun sentimento in verità, Il sentimento per eccellenza era l’anima, anima che univa due persone in un qualcosa di puro. 

Rimasi lì, seduta a gambe incrociate, ancora per un po’, forse ancora scioccata, forse ancora con qualche battito accelerato di troppo. Pian piano iniziai a rilassarmi sempre di più, dimenticando così ciò che non riusciva a darmi pace, dimenticando ciò che mi rendeva talmente nervosa e strana da essere schifosamente felice. Era incredibile come, ciò che si mostrava ai miei occhi, mi lasciava letteralmente senza fiato, tutto ciò che caratterizzava quel piccolo parco era così pacifico e naturale da essere semplicemente perfetto, perfetto quanto puro. Cumoli di foglie secche si schiantavano contro le suole di scarpe dei passanti, foglie che ricordavano la fine dell’inverno, foglie che lasciavano posto ad altre piccole foglioline sbocciate dagli alberi come a segnalare la nascita di una nuova vita, piccola e insignificante come vitale ed essenziale. Pensavo vivamente che tutto fosse perfetto, puro come una rosa bianca, agitato come una tempesta, semplice come la vita in un ricordo, magnifico come un amore che non sapeva di essere tale.

“Sam, mi dispiace, volevo solamente chiederti scusa. Sono stata una stupida a chiederti di uscire proprio oggi” La voce di Elizabeth si fece spazio tra quelle sensazioni di libertà, alzai lo sguardo.

“No, scusami tu. Sono stata una stupida, perdonami” mi alzai e l’abbracciai “Sai che ti voglio un bene dell’anima, davvero, sei la persona migliore che io conosca, perdonami” l’abbracciai ancora più forte, sussurrando le ultime parole.

“Sei una persona fantastica, davvero” ricambiò l’abbraccio assaporando ogni singolo momento.

“Ehm…posso farti una domanda?” mi distaccai chiedendo insicura, volevo sapere a tutti i costi, possibile che la sua frase fosse solamente sarcastica?

“Io ti conosco, Sei la mia Ronnie. La ragazza dei mille libri, delle felpe enormi e dai continui arrossamenti facciali”
Questa frase tormentava la mia mente, esattamente come il cuore.

“Dimmi pure Sam” sorrise

“Trovi che io arrossisca facilmente?” abbassai immediatamente lo sguardo, imbarazzata

“No, non ti ho mai vista arrossire” mi disse curiosa

“E…ecco, le felpe…trovi che mi stiano male?” la guardai fissa negli occhi

“Non capisco il motivo di queste domande, Sam” mi guardò seria “ è successo qualcosa?”

Abbassai immediatamente lo sguardo “No, niente…pura curiosità. Andiamo a casa”.

Elizabeth si limitò soltanto ad annuire, più confusa di quanto non lo fossi io. Sinceramente? Non capivo neanche io il motivo del mio comportamento, da un giorno all’altro era passata da uno stato d’animo a quello successivo come fosse un gioco, gioco che costava battiti di cuore assurdi, illogici, magnifici. Non era amore, figuriamoci, semplicemente non credevo potessi provare un qualcosa per uno sconosciuto. Personalmente credevo fosse illogico parlare di un sentimento così prematuro e considerarlo amore, come credevo fosse illogico l’amore a prima vista, come credevo fosse illogico amare un qualcosa che non si conosceva affondo. La parola amore indicava tutti i sentimenti spigionati in te ogni qual volta penavi ad un dettaglio di una persona, ai brividi che essa ti trasmetteva con un solo tocco, al cuore impazzito ad ogni suo sussurro, ad amare ogni suo difettoche lo rendeva tremendamente perfetto. Come? Come, però, si poteva chiamare un sentimento verso qualcosa come l’ignoto? Semplicemente era qualcosa di tremendamente illogico, talmente tanto da essere una cruda verità, una verità talmente reale quanto perfetta.
 
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S
alve a tutti!

Rieccomi qui ^_^
spero vivamente que questo capitolo vi piaccia, ho cercato di trattatare con il massimo equilibrio la situazione di Jack, quindi spero che vi piaccia davvero.
Aspetto una vostra recensione <3

 
P.s ho dovuto creare questo profilo ed eliminare "Be_strong_ Girl" perché mi dava problemi grafici <3

 
GRAZIE MILLE!


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