Come As You Are

di Lumik Lovefood
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Vermut Dolce ed i sensi di colpa non vanno d'accordo! ***
Capitolo 2: *** La torta al cioccolaco conquista sempre tutti! ***
Capitolo 3: *** Dafne al Tompkins è più interessante di Orlando Bloom in persona! ***
Capitolo 4: *** Le Rose e i capelli biondi col gel, han sempre le spine! ***
Capitolo 5: *** Esiste cosa più dolce di un gelato? ***



Capitolo 1
*** Il Vermut Dolce ed i sensi di colpa non vanno d'accordo! ***






Come As You Are


- Il Vermut Dolce ed i sensi di colpa non vanno d'accordo! -




Cercando di non far cadere mia nipote dalle mie stesse braccia, e così evitare la furia omicida di mio fratello, cerco le chiavi di casa di quest'ultimo per poter rientrare, dopo aver saccheggiato i più disparati negozi con la sua bellissima, ed ora anche usatissima, carta di credito.
Dopo essere riuscita ad entrare ed a chiudermi la porta alle spalle, sento dei passi che si avvicinano a me. Sono troppo leggeri per essere di mio fratello, un bestione biondo che non si sa da dove sia uscito, e camminano troppo velocemente... Chi diavolo c'è in casa?
Stringo di più Vivienne, che al contrario mio non sembra per nulla in ansia, e faccio alcuni passi in direzione della cucina, ma vengo bloccata da una voce che proviene dai miei piedi.
“Tibby!”
Abbasso lo sguardo e vedo Flynn Bloom che mi guarda felice come una Pasqua, aggrappandosi alla miei gambe. Io sono incapace di mettere insieme nemmeno una vocale per la sorpresa.
Lui si stacca da me e mi guarda “Siamo venuti a trovarti. Te ne sei andata senza salutare.” mi sta rimproverando questa piccola peste e sto per ribattere, ma mi soffermo alle parole che ha usato.
“Siamo venuti?” Chi?
Poso a terra Vivienne e le tolgo il cappello ed il cappotto, appendendolo all'appendiabiti che c'è all'ingresso. I due bambini si guardano curiosi l'un l'altro, ma mentre mia nipote sembra più timida e si nasconde dietro le mie gambe, Flynn sembra più sfacciato, dato che la sta guardando incessantemente.
Mi abbasso su Vivienne “Questo è Flynn. E' un amico della zia.”
Lei si limita a guardarlo, con i suoi occhietti azzurri che si abbassano immediatamente non appena scorgono la figura del bambino.
Cara mia, da grande ti ritroverai zitella come tua zia se non sei un po' più disinibita!
Flynn sembra aver capito, oppure agisce giusto perché si sta annoiando, e si avvicina a Vivienne, tenendo alzata una manina “Mi chiamo Flynn e mi piace la torta al cioccolaco.”
Scoppio a ridere perché ricordo che anche con me si è presentato in questa maniera.
La bambina sgrana gli occhi ed a me viene un lampo di genio: a Viv piace la torta al cioccolato!
Mia nipote esce dalle mie gambe e stringe titubante la mano al bambino, mormorando solo che si chiama Vivienne.
Improvvisamente, sento dei rumori provenire dalla cucina, sembra vetro rotto. Mi volto sui bambini, che si stanno ancora stringendo la mano e si guardano curiosi “Perché zia, non vai a far vedere a Flynn i tuoi bellissimi giocattoli?”
Ed immediatamente si sono dileguati.
Faccio un bel respiro e mi avvicino cauta in cucina, sentendo delle voci che mugugnano provenire da essa.
Mi affaccio alla porta, e forse non avrei dovuto proprio farlo.


Se potessi, prenderei a sberle quell'idiota e quell'altro deficiente che sono stesi sul tavolo della cucina, ubriachi come non mai!
Reese Lanyon (sì, mio fratello, che si pentirà tra poco di essere tale), è completamente ed inevitabilmente ubriaco marcio. Con la sua stazza da giocatore di football e il cervello di una gallina, occupa solo lui mezzo tavolo della cucina, russando e mugugnando nel sonno cose senza senso. Per come è carico di alcol, regge ancora la bottiglia di Vermut dolce tra le dita, nonostante il liquido sia finito da un pezzo e non ci sia nessun bicchiere a raccoglierlo, dato che giace infranto sul pavimento.
Voi vi starete chiedendo che è l'altro, vero? Beh, vi annuncio che Mr. Orlando Bloom non farà alcun altro film, dato che lo disintegro con le mie stesse mani, ma a lui ci penserò dopo, ora viene prima quell'idiota di mio fratello.
Mi avvicino a lui e gli do un forte scossone, talmente forte che apre gli occhi di scatto e grida “Il terremoto!”.
Non appena si rende conto che non c'è nessun fenomeno sismico in atto, sfortunatamente per lui, si accorge della mia presenza e forse, ma forse, sperava che fossi un'illusione ottica dovuta all'alcol, ma non appena sente una mia mano togliergli la bottiglia vuota in mano, inizia a piagnucolare.
“Oh Tibby... Oh Tibby... Era un goccio, solo un goccio... Oh Tabitha.”
Cerco di non sentire quel lamento e di farlo alzare dalla sedia, portandomi un suo braccio, o una mia gamba che sembra un suo braccio, sulla mia spalle, caricandomelo un po' addosso per portarlo nella sua stanza.
Fortunatamente, ha sempre avuto un buon senso dell'equilibrio e mi aiuta in questa ardua impresa. Il corridoio che devo percorrere, sempre per mia fortuna, non è tanto lungo e difficile da percorrere, ma nel viaggio, dobbiamo passare davanti la cameretta di Vivienne, intenta a giocare coi colori insieme a Flynn.
Non fosse mai successa una cosa del genere...
Mio fratello, non appena vede la figlia, perde ogni tipo di dignità che aveva, non che fosse molta in principio, ed inizia a piagnucolare di nuovo, gridando per giunta.
“Mio raggio di sole! Mio piccola ciabattina fru fru! Papà sta bene, papà sta benone. Sta' solo giocando!”
Mi verrebbe voglia di prenderlo a sberle “E che gioco gli vorresti insegnare ? Quello del bere?” grugno inviperita.
“Oh Tabitha!” ed inizia a piangere come un bambino. Fortunatamente, i veri bambini l'hanno presa sul ridere e non hanno dato peso a quello che blaterava mio fratello.
Dopo tanto, siamo arrivati nella sua stanza e posso buttarlo, letteralmente, sulle sue lenzuola blu notte, togliendoli poi le scarpe e la cintura ai pantaloni, la cravatta e la giacca del completo non c'erano, probabilmente l'aveva tolte lui stesso in un attimo di euforia disinibita.
Prima che me ne potessi andare, mi afferra per un polso e mi fa chinare su di lui, schiaffandomi il suo faccione rosso in faccia e fissandomi dritto negli occhi, nonostante i suoi sono praticamente invisibili tra le sue palpebre calate. Sento il suo alito saturo di alcol entrarmi in corpo, rischio di ubriacarmi se gli sto ancora vicino ma, nonostante i vari tentativi di togliermelo, rimango lì, a guardarlo.
“Tu.” dice, con gli occhi ormai chiusi, non continuando a parlare.
“Io.” gli dico, alzando la voce e ridestandolo.
“Tu, sei fortunata.” e dopo di questo, crolla completamente, fatto fuori dall'alcol.
Faccio un sospiro e mi stacco da lui, prendendo poi il suo cellulare, poggiato sul comodino, e componendo il numero della sua segretaria, Jennifer.
“Pronto? Reese?” risponde Jen, preoccupata.
“Sono Tibby. Scusa il disturbo, ma purtroppo non credo che mio fratello si possa presentare domani a lavoro.” spiego, cercando di essere più seria possibile.
“Cosa? E' successo qualcosa di grave?” chiede lei, con la voce acuta.
“No, nulla, tranquilla. E' solo che, tornato dall'ufficio, si è precipitato in bagno a vomitare, cosa che sta facendo tutt'ora, e...” getto un'occhiata a mio fratello, che in quel momento aveva preso a russare con la bocca aperta come un forno “E' veramente messo male.” conclusi poi, al telefono.
“Ti mando un'ambulanza?” chiese lei, efficiente come sempre.
“No! Ho chiamato il medico di famiglia, non preoccuparti.” gridai da schizzata.
Jennifer rimase un attimo in silenzio, ma poi parlò “Va bene. Fammi sapere se hai bisogno di qualcosa.”
“Sì. Grazie. E scusami.” e riattaccai velocemente il telefono.
Poi guardai Reese “Mi devi un favore.”



Uscii dalla sua stanza e mi avviai velocemente in cucina, dall'altro. Rimasi un attimo ad osservarlo dallo stipite, incrociando le braccia al petto.
Quell'idiota era venuto fino al Vermont per me? Chissà chi gli aveva dato tutte queste indicazioni su dove trovarmi... Ma poi mi venne un'illuminazione: mia madre. Aggrappai immediatamente il mio cellulare e le composi un messaggio, che inviai subito.

“Grazie, eh!”

lo riposi in tasca e mi avvicinai ad Orlando, che dormiva beatamente, ogni tanto facendo dei versi senza senso. L'avevo già visto dormire, in verità, ma ora mi sembrava di vederlo per la prima volta e non potei non osservarlo bene, vedere la linea della sua mascella, gli zigomi squadrati che finivano vicino agli occhi dalle lunghe ciglia scure e le labbra, quelle labbra sottili che ogni tanto si muovevano. Ripensai al nostro bacio...
Lo guardai un altro po', sospirando, finché non decisi di svegliarlo, una volta per tutte.
Gli posai una mano sulla spalla e lo scossi energicamente, chiamandolo “Orlando.”
Fortunatamente si sveglia subito, stropicciandosi gli occhi per poi volgerli a me. Non appena mi mette a fuoco, li sgrana, non so se per la sorpresa o per l'imbarazzo di trovarsi così in fretta faccia a faccia con me ed ubriaco.
Alza il busto di scatto, continuandomi a fissare in quel modo stralunato, muovendo un po' le labbra, finché non riesce ed emettere un suono, una parola “Tibby.”
Mi rende felice e nello stesso tempo mi mette paura, sentire nuovamente il mio nome uscire dalle sue labbra.
Lo guardo un po', per poi dirgli “Andiamo a letto.”
Non so cosa abbia capito, ma il suo sguardo s'illumina, nonostante abbia due occhi che sembrano due gommoni. Come per mio fratello, mi metto un suo braccio sulla spalla e cerco di farlo alzare ma, a giudicare dalle sue gambe a gelatina, sarà un'impresa più difficile di quella che mi è toccata con Reese.
Lo trascino nel vero senso della parola, dato che non muove per nulla le gambe, nella mia stanza, stendendolo poi sul letto. Lui però non mi lascia il collo e sono costretta a guardarlo negli occhi ed a perdermi nei suoi pozzi scuri come la pece.
“Mi dispiace.” mormora con un fil di voce “Ho fatto una cazzata.”
“Ho notato.” gettandogli un'occhiata da capo a piedi, ma credo di non aver capito bene, dato che cruccia i sopraccigli e mi guarda strano.
“Non intendevo il Vermut...” e sta' muto, aspettando me, aspettando che sia io a parlare. Non voglio parlarne ora, soprattutto perché è ubriaco lercio e perché non me la sento ancora. So che non posso rimandare in eterno, ma cavolo! Mi ha riempita di bugie perché non aveva il coraggio di dirmi la verità!
“Ne parliamo domani.” taglio corto, togliendomi le sue mani dal collo e dandogli le spalle, facendo per andarmene, ma lui mi blocca un polso, e mi costringe a voltarmi verso di lui.
Ha lo sguardo sofferente, di uno che si sente in colpa, di uno che sa di aver fatto una cazzata immane. Stringe di più le dita intorno al mio polso ed io, istintivamente, abbasso lo sguardo verso quell'intreccio di pelli e calore.
Mi fa male, mi fa male sentirlo nuovamente sulla mia pelle, nonostante sia quello che voglio.
Alzo lo sguardo verso di lui e lo vedo muovere le labbra.
“Io voglio te.”




Mi chiamo Tibby Lanyon, ho ventisei anni e lavoro in un ufficio di Grafica Pubblicitaria. Sono del Vermont ma vivo a New York, in un appartamento tutto mio, preso dopo molti sacrifici. Amo il tiramisù ma odio gli spinaci. La mia giornata tipica è molto monotona: casa-lavoro-casa. Odio le feste e i glitter su ogni cosa esistente in questo mondo. Non sono bionda, non solo alta e non sono una modella.

Altro? Mmh... Ah, sì!

E mi sono incasinata la vita col mio nuovo vicino di casa, Orlando Bloom.
Volete sapere come?





- Sclero d'autrice -

Salve! Sono di nuovo qui con una nuova storia, un po' diversa dalla precedente che ho pubblicato, e sicuramente più lunga di essa.
Questo capitolo è un po' corto, ma mi serve per introdurvi al meglio la storia e per riprendere, dopo diversi capitoli, da qui la narrazione. Amo quando si parte dal presente per andare al passato e riprendere il presente poi, molte mie storie iniziano così! ^___^
Ho introdotto un po' di personaggi nuovi e spero di avervi incuriosito almeno un po'... Non credo di fare una storia lunghissima, forse alcuni capitoli lo saranno, ma in totale la storia non dovrebbe avere più di dieci capitoli! Mi sono messa questa piccola imposizione, perché altrimenti farei un'opera omerica che non avrebbe fine e vorrei evitare ciò, non solo per me ma anche per voi lettori!
Non avevo programmato di scrivere un'altra storia, soprattutto perché ho un'altra all'attivo, che per il momento rimarrà un po' ferma, o comunque subirà dei rallentamenti... Il mio problema è che non riesco a non immaginare le cose ed a non scriverle! Io devo scrivere!
E cos'è meglio di una giornata grigia e piovosa per farlo? Mi ha spronato la mia piccola calopsitta Giorgi (se non sapete cos'è, vedete su internet), che si era gonfiato tanto da diventare simile ad un uccello di Angry Birds, che non ho fatto a meno di ridere e di aver voglia di buttarmi in quest'avventura. :D
Or bene, credo di aver detto tutto... Spero! xD
Ci vediamo al prossimo capitolo! :)

Un bacione, vostra Lu

EDIT delle 2:14 pm: Questa sera (25-01-2014), sarà presente Orlando Bloom a "C'è posta per te" di Maria De Filippi. Appene io e mia sorella, grande fan anch'essa dell'attore, abbiamo saputo la notizia tramite il TG5, abbiamo fatto una hola da Guinness dei primati! Mia madre era sconvolta! xD Io, purtroppo, non potrò vedere la puntata, a meno che non compaia proprio all'inizio, ma mia sorella poi mi racconterà tutto! :D




Potete trovarmi su Facebook, a questo profilo LuMiK Efp :)

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Capitolo 2
*** La torta al cioccolaco conquista sempre tutti! ***






Come As You Are


- La torta al cioccolaco conquista sempre tutti! -





Ciao, mi chiamo Flynn, ho tre anni e mi piace la torta al cioccolaco.”


Ok, ora, immaginatevi di essere in ritardo per il lavoro, con una consegna imminente da fare, il braccio carico di fogli e notebook, preziosissimo per voi. Immaginatevi un bambino di a mala pena tre anni che per poco non investite con la vostra furia, ed il gioco è fatto.
Stavo uscendo dal mio appartamento, conscia che il mio capo mi avrebbe ammazzato se avessi consegnato in ritardo il mio lavoro e, non appena imbuco il corridoio del palazzo che porta all'ascensore, mi ritrovo una vocina stridula ed infantile che si presenta in quella bizzarra maniera. Guardo in basso, verso i miei piedi, facendomi largo tra borse e borsette, e noto un bambino dalla faccia felice e simpatica, con addosso un cappellino scuro ed un cappotto giallo, che lo fa sembrare un limone.
Lo guardo incuriosita, ma lui non sembra minimamente minato dalla mia presenza, anzi, allarga ancor di più il sorriso, scoprendo dei piccoli dentini bianchi ed irregolari.
Improvvisamente, mi viene in mente mia nipote, Vivienne, la figlia di mio fratello. Quanto mi manca...
Mi abbasso per raggiungere la sua altezza e, mandando a farsi friggere il lavoro, mi presento a mia volta, utilizzando lo stesso ed identico modo del bambino “Ciao, mi chiamo Tibby, ho ventisei anni e mi piace il tiramisù.”
Flynn, non appena sente il mio modo di presentarmi, gonfia le guance euforico e gli occhi gli si illuminano, sicuro di aver trovato una compagna di giochi, ma non oggi, piccoletto!
Avvicinandomi di più al suo viso, gli chiedo “Dov'è la tua mamma?”
Lui scuote la testa “Mamma non c'è. Papà.” e si guarda le spalle. Io alzo gli occhi al di sopra di esse, sentendo dei rumori di passi frettolosi avvicinarsi sempre più, provenire dalla tromba delle scale.
Ne esce un uomo che correva velocemente verso di noi, col fiatone ed una borsa che ondeggiava pericolosamente sulla sua spalla. Appena fu vicino, si piegò in avanti, poggiando le mani sopra le ginocchia, sfinito per la corsa. Io e Flynn lo guardammo stupiti, più io che lui a dir la verità.
“Flynn... La prossima volta che vuoi scappare, prendi almeno l'ascensore.” mormorò l'uomo senza fiato, o comunque con quel poco che gli era rimasto, e non alzando lo sguardo da terra.
Il bambino fu felice di vedere il padre ed mi indicò “Lei è Tibby e le piace il tiramisù.” e fece un enorme sorriso.
L'uomo alzò gli occhi su di me, concentrandosi a vedere i miei pantaloni rossi scozzesi e la T-shirt bianca sotto il chiodo di pelle.
Gli sorrisi ed allungai una mano verso di lui “Piacere, padre di Flynn. Tibby.”
Solo dopo notai che aveva un viso familiare, come se l'avessi visto molte volte, anche se in quel momento non ricordavo dove...
L'uomo me la strinse “Piacere, Orlando.”
E capii chi fosse, ma cercai di non darlo a vedere e di risultare naturale “Sai, credo di averti visto da qualche parte.” scherzai ed azzardai un sorriso, subito corrisposto da uno dei suoi, forse felice che non gli fossi saltata addosso o per il semplice motivo di non aver gridato, pianto, o di essere svenuta alla sua sola presenza, cosa che capitava all'ottanta per cento delle sue fan, forse anche al novantanove.
Da premettere: io non sono una sua fan sfegatata, ma sarei una scema a non riconoscerlo!
Cielo, lui era Orlando Bloom! Perfino mia madre, non molto propensa a televisioni e quant'altro, sapeva chi era, e non solo perché era appassionata della saga de “I Pirati dei Caraibi”. Nei gossip e quant'altro, lo descrivono come un sex symbol di fama mondiale, con schiere di donne pronte a tutto per conquistare il suo cuore, ma ora, mi sembra solamente un padre che rincorreva quella peste di suo figlio, vestito di soli jeans e felpa.
L'attore mi ridestò dai miei pensieri “Tu abiti qui?”
Sorrisi “Sì, sono appena uscita dal mio appartamento, il sette.”

Davvero?” sembrava stupito “Io mi sono appena trasferito a quello di fronte. E' l'ottavo.”
Sul serio?” sgranai gli occhi, per poi abbassarli verso Flynn “Siamo dirimpettai.” e gli regalai un sorriso.
Dirimpeppi, sì!” esclamò entusiasta il piccolo. Risi di gusto e gli posai una mano sulla testolina, coperta ancora al cappello.
Orlando riprese la parola “Spero che non ti abbia disturbato...”
“No, tutt'altro! Si è presentato in maniera impeccabile.” esclamai, gettando uno sguardo complice a Flynn, che gonfiò le guance felice.
Presi in mano il mio cellulare e, non appena vidi l'orario che segnava, strabuzzai gli occhi e iniziai a camminare verso le scale “Scusate, devo scappare. Il lavoro chiama.” e mi indicai le spalle con un pollice “Non è molto convincente come benvenuto, ma devo proprio andare...” mentre lo dicevo, mi guardavo costantemente le spalle per vedere dove mettevo i piedi “Arrivederci e buona fortuna col trasloco. Ciao Flynn.” e, dopo un breve cenno di saluto con la mano, scappai inghiottita dalle scale.



Flynn sventolava felice una manina paffuta verso le spalle della vicina, mentre io gli presi l'altra e lo condussi davanti la porta del nostro nuovo appartamento. Feci un sospiro profondo prima di inserire la chiave nella toppa e girarla, prima di aprire la porta alla mia nuova vita.
La spalancai ed una luce investì sia me che Flynn, trovandomi poi il salone come primo ambiente casalingo. La sala era molto luminosa, grazie all'enorme vetrina da cui entrava tutto il Sole possibile ed i divani neri di pelle guizzavano a contrasto con i mobili e le pareti candide. Presi in braccio mio figlio ed arrivai alla cucina, guardandomi attorno, stupito del lavoro che avevano fatto i traslocatori e la design d'interni che avevo ingaggiato per arredarmi la casa. La professionista era riuscita a fondere perfettamente lo stile moderno e l'utilità di una casa con dentro un bambino di tre anni: la cucina era ampia e luminosa, con apparecchi elettronici di ultima generazione ed un frigo grosso come un armadio, il tutto su mobili bianchi e neri; il tavolo era lungo e di plastica trasparente, con sei sedie in coordinato.
“Andiamo a vedere la tua cameretta?” Flynn si agitò tra le mie braccia per farsi mettere a terra, ed l'accontentai subito, vedendolo poi precipitarsi alla sua stanza, anche se non sapeva di preciso dove fosse.
Dopo che gliela indicai, Flynn aprì faticosamente la porta della camera e rimase impalato per lo stupore: era meravigliosa ai suoi occhi.
Lo raggiunsi e gli sorrisi dolcemente “Ti piace lo spazio, vero?”
Il bambino si buttò sul suo letto, ma non un letto qualunque, un letto-razzo, dato che aveva quelle fattezze. Le pareti erano dipinte di un blu scuro a cui erano state spruzzate piccole gocce bianche che assomigliavano a tante stelle luminose. Mi avvicinai alla finestra e chiusi le tapparelle, per creare del buio e per far vedere altro a mio figlio: i puntini erano stati creati con della pittura fosforescente e s'illuminavano al buio, facendo sembrare l'intera stanza un cielo stellato. Quando le riaprì, mi ritrovai aggrappato alle gambe Flynn, che per la felicità non riusciva a spiccicare una parola completa.
Gli posai dolcemente una mano sulla testa “Deduco che ti piace.” riuscì a mormorare dopo averlo fissato a lungo, col sorriso sulle labbra.



Sono riuscita ad arrivare in ufficio senza troppo margine di ritardo, e mi sono anche ritrovata una tazza fumante di the al limone, portatami dal mio vicino di scrivania. Sono stata proprio brava!
“Hai una relazione da scrivere.” mi dice Ithan, sorridendomi da sopra i libri che avevo sulla scrivania.
Ed eccolo il mio vicino di scrivania, Ithan Cattlermore, trentatré anni compiuti, un curriculum che invidio ed una testa schizzata che la mia, al confronto, impallidisce, talmente schizzata da chiedermi una volta a mese un appuntamento, da me sempre rifiutato: non mi piace mischiale la vita privata col lavoro, e non piace nemmeno lui!
“Ma non dirmi...” scherzai, sbuffando e raccogliendomi i capelli castani in una coda “Hooper ancora si vede?”
Hooper è il capo dell'ufficio, un omone grande e grosso, per non dire grasso, che prima delle dieci non si presenta a lavoro. Da dire che, io attacco alle otto e mezza del mattino!
Il ragazzo scosse la testa bionda e piena di gel “Il capo ancora si fa vedere... In compenso, Stevenson ha già iniziato a fare il capetto, dando ordini a destra e manca.”
Stevenson è, per così dire, il vicecapo auto eletto dell'ufficio. Penso che non abbia mai avuto a che fare con posizioni di potere ed, infatti, appena ne ha per le mani un po', ne abusa anche per le cose più stupide, come...

Laynon, portami un caffè, decaffeinato, senza schiuma, amaro e nero!”
Che avevo detto? La sua voce e il suo ordine, si fecero sentire per tutto il piano, rimbalzandomi nel ccervello.
Sbuffai: era la tipica giornata d'ufficio.


Fortunatamente, il tempo era passato senza troppi intoppi a lavoro, ed ero tornata a casa prima del solito, stranamente nemmeno la metropolitana aveva fatto tardi. Capitassero più spesso giornate fortunate!
Davanti la porta di casa, iniziai a trafficare nella borsa per trovare le chiavi e mi guardai le spalle, vedendo la porta dell'appartamento otto. Guardai l'ora sul cellulare. Era presto, troppo presto per i miei canoni.
Entrai in casa e posai tutta la roba che avevo sul divano e mi ci buttai sopra manco fossi una morta.
Non so per quanto tempo me ne sono stata seduta senza muovere un muscolo, forse minuti, ore, ma la lancetta dell'orologio non si era mossa d'un millimetro, anzi, avevo la netta sensazione che fosse tornata anche indietro!
Guardai la mia porta d'ingresso e decidetti che era proprio ora di alzarmi dal divano.



Stavo mettendo apposto alcuni scatoloni rimasti ancora colmi di roba, mentre Flynn era concentrato a scegliere se giocare con le automobiline oppure con i colori, quando sentiamo entrambi suonare alla porta.
Mio figlio si precipitò subito su di essa, cercando in tutti i modi di mettere un occhio sullo spioncino, non riuscendoci. Gli fu subito affianco ed aprii la porta, ritrovandomi in faccia un pacco di carta trasparente, da cui poi vi uscì la testa della vicina.
“Ciao.” sorrise lei “Ehm... Ecco... Benvenuti nel palazzo!” esclamò, sempre sorridendomi “Spero di non disturbare...”
“No, anzi...” mi scansai e le feci segno di entrare. Flynn le si attaccò subito alle gambe, salutandola ripetutamente con dei “Ciao.”.
Lei gli sorrise e gli posò una mano sulla testa “Ecco, mi sono ricordata che qualcuno, questa mattina, mi ha detto che gli piacciono le torte al cioccolato, e così...” abbassò il pacchetto che aveva tra le mani e lo fece guardare al bambino, che glielo tolse immediatamente tra di esse, mostrandolo poi fiero a me.

E' una torta al cioccolaco!” e corse in cucina, cercando di metterlo sopra al tavolo.
Lo guardai, sorridendo, per poi voltarmi verso la ragazza “Grazie, davvero, non dovevi.”

Figurati! Sono uscita prima da lavoro e così...” arrossì violentemente da dietro le lentiggini, conscia che i miei occhi la stavano guardando curiosi, e si grattò la testa, imbarazzata. Alzò lo sguardo su un punto imprecisato e credo che abbia visto i scatoloni che stavo svuotando, perché disse poi “Oh, ma vedo che stai completando il trasloco... Sarà meglio che vada...” e si stava muovendo verso la porta, ma io le presi delicatamente un polso.
“Resta e mangia un pezzo di torta con noi.” e lasciai la presa su di essa.
Lei mi guardò sorpresa e stava per rispondere, se non fosse arrivato Flynn, con delle briciole intorno alla bocca, che si aggrappò violentemente alle gambe di Tibby e le gridò che era una torta
buonissimissima, per usare un suo termine. Lei gli sorrise e lanciò uno sguardo verso di me, per poi annuire “Va bene.” si piegò sulle ginocchia e si rivolse a mio figlio “Davvero, è buonissimissima la torta?”
Lui gonfiò le guance e le prese una mano, costringendola a seguirlo in cucina.
Appena entrò, si guardò intorno meravigliata e, dopo essersi seduta su una sedia, si rivolse a me “Hai sistemato davvero bene qui... La mia casa è identica, ma al confronto fa pietà!”
Risi di gusto “Magari fosse farina del mio sacco! Mi sono fatto aiutare da dei professionisti...” andai verso dei cassetti di una credenza e presi un coltello e iniziai a tagliare il suo dolce a fette, così da far smettere Flynn, che staccava i suoi bocconi dalla torta stessa con le mani, rovinando la forma perfetta “Non potevo occuparmi tutto solo del trasloco, di mio figlio, del lavoro e della separazione con Miranda...” mi bloccai di scatto. Sapevo che Flynn mi stava osservando stralunato, mica è così stupido, sa come si chiama la madre.
Anche Tibby si accorse che l'atmosfera era cambiata, ma mi stupì con la sua prontezza d'azione “Flynn, perché non ci facciamo dare il coltello da papà e tagliamo insieme la torta?”
Lo sguardo di mio figlio cambiò improvvisamente e tornò ad essere felice e spensierato, come sempre. Per quanto ero rimasto imbambolato, non mi accorsi nemmeno che la vicina mi aveva tolto il coltello di mano e si era avvicinata alla sedia di Flynn, per aiutarlo a tagliare dalla torta tre fette perfette.
Tibby alzò lo sguardo su di me e mi sorrise, io riuscì solo a mimarle un “Grazie.” con le labbra.

La torta era squisita, anche se era giovane ci sapeva fare coi fornelli. A dir la verità, non nutro grandi aspettative culinarie da donne al di sotto dei cinquant'anni, esempi lampanti sono mia sorella Sam ed anche la mia ex moglie, Miranda: farle avvicinare ai fornelli era come firmare la propria condanna a morte!
Un altro appunto da farle era che ci sapeva fare coi bambini: Flynn si stava addormentando tra le sue braccia, mentre lei camminava lentamente sotto e sopra per il salone, cullandolo dolcemente e sussurrandogli qualcosa nelle orecchie. In un batter d'occhio è crollato, e lei non fece altro che posarlo sopra al divano e mettergli una coperta sopra il corpo, e lo lasciò lì, non prima di avergli accarezzato un po' la testa.
Io ho osservato tutta la scena, appoggiato allo stipite della porta della cucina, come ipnotizzato dalla sua figura.
“Come fai?” le chiesi in un sussurro.
Lei parve stupita della domanda e si avvicinò a me, mettendosi una ciocca di capelli castani dietro l'orecchio e sorridendomi “Anche io ho a che fare con una peste...”
“Hai un figlio?”
Ma che razza di domanda mi è uscita?
Hai del tatto, Bloom, davvero! Se non ti prende a sberle, è una santa!
Lei indugia un attimo nel rispondermi, forse perché stupita della domanda o per valutare i miei movimenti, il mio viso, forse per studiarmi. Improvvisamente, però, un pensiero s'impadronisce della mia testa: spero con tutto me stesso che dica di no.
“No, ho una nipote.”
Dai cazzo!
Mi verrebbe voglia di saltare, ma me ne sto buono al posto mio “Ah?” ringrazio il cielo per essere attore, perché so fingere un tono sorpreso davvero convincente “E quanti anni ha?” le dico, sorridendole.
I suoi occhi s'illuminano, forse le piace parlare della nipote “Non ci crederai, ma ha tre anni come Flynn. Si chiama Vivienne, è la figlia di mio fratello.”.
“Ecco perché ci sai fare coi bambini.” le dico, indicandola scherzosamente con un dito.
Lei ride di gusto e si avvicina al tavolo della cucina, prendendo i piatti dove abbiamo mangiato la torta e posandoli nel lavabo, per poi girarsi verso di me, che nel frattempo avevo seguito i suoi passi, ed appoggiare le mani sul mobile “No. Mia nipote ha più o meno lo stesso problema di Flynn: ha un genitore solo. Il problema, che a Vivienne non è una cosa temporanea...”.
Divento triste “Mi dispiace. Non sapevo che tuo fratello è vedovo.”
Lei scoppia in una risata “No, ma che hai capito?” sta ancora ridendo ed io sono sconcertato “Allora, hai presente tutte le possibili variabili di una famiglia allargata e cose così?” - annuisco, ancora confuso - “Beh, rimuovi tutto, perché la mia famiglia ti stupirà!” e mi sorride furba, invitandomi a sedermi intorno al tavolo.

No, aspetta, ripeti un attimo, tuo fratello ha ricorso ad una gravidanza assistita?” praticamente lo grido, incapace di capire per bene cosa diavolo avessero in testa la famiglia di Tibby. No che sia strano voler diventare padre, anzi tanto di cappello, ma di volerlo al tal punto di bruciare le tappe e ricorrere ad una sconosciuta? Non era meglio, e meno dispendioso, trovarsi una donna?
Lei mi sorride e fa spallucce “Già. Mio fratello ha sempre avuto il desiderio di avere un figlio, fin dal liceo. Quando poi ci siamo trasferiti a New York dal Vermont e lui si è trovato un buon lavoro, non ha perso tempo. Questo suo atteggiamento ricorda molto mia madre, in effetti...” e diventa pensierosa all'improvviso.

Com'è tua madre?” ho quasi paura a chiederglielo e forse lei lo nota, dato che sbotta ancora in una risata di gusto.
“Mia mamma...” già come inizia, non si preannuncia nulla di buono o normale “... Era una ragazza madre. Non per caso, ma per scelta. Voleva diventare madre subito e... Ha chiesto a due suoi amici di accontentarla.”
Sono sconvolto “Quindi tu... Saresti il risultato di una... Scappatella?” non so che altro termine usare, ma i suoi occhi fiammeggiano.
“Non sono il risultato di una
scappatella, come la definisci tu.” sembra arrabbiata, ho la sensazione di averla offesa, e non poco “Mia madre ha cresciuto egregiamente me e mio fratello: ci ha dato una casa, ci ha permesso un'istruzione, e non è mai stata da meno rispetto ad altri genitori e la ritengo una donna coraggiosa: ha cresciuto me e mio fratello da sola!”
Rimango pietrificato dalla forza d'animo e dal rispetto che ha per sua madre, oltre all'affetto che prova per lei. Forse, molte altre persone l'hanno giudicata in passato ed ha sofferto per questo, ed io mi sono comportato alla stessa maniera: l'ho giudicata come un risultato di una “botta e via”, come se fosse un errore, ma mi sono sbagliato ed ora che rifletto sulle sue parole, anche io penso che sua madre sia stata una donna coraggiosa ed anche indipendente. Poche donne avrebbero fatto quello che lei si è prefissata fin da piccola.
“Scusami, non volevo offenderti...” le mormoro, abbassando gli occhi.
Lei mi sorride e mi stringe una sua mano intorno alla mia, posata sul tavolo, per toglierla subito “Non preoccuparti! E' mia madre che è una mezza specie di...” e pare rifletterci sopra per trovare un aggettivo adatto.
“Hippy?” le suggerisco io.
Lei scoppia a ridere “Beh, io avrei usato “stramba”, ma hippy è meglio. Sicuramente, sei stato più gentile di me.” e fa ride anche me.
Alza i suoi occhi olivastri verso l'orologio sulla parete, e si alza dal posto “Sarà meglio che vada. Ho già disturbato abbastanza ed ho del lavoro da fare.”
L'accompagno alla porta, aprendogliela per poi appoggiarmi allo stipite di essa, osservandola.
Lei mi sorride e mi sventola una manina “Beh, vicino, ci vediamo allora.”
Ricambio il sorriso ed il saluto “Mi raccomando, attenta per strada, vicina.” e scoppia in una risata.
Lei si avvicina alla porta del suo appartamento, la apre e si volta a guardarmi “Buonanotte.” mormora, abbassando poi gli occhi per terra.
“Buonanotte.” e chiudo la porta di casa, dopo aver visto lei che faceva altrettanto.



Il mattino seguente, mi sveglio presto e molto attiva, ho tutto il tempo di prepararmi con calma e sorseggiarmi beatamente il mio beneamato the al limone, osservando il tempo fuori dalla finestra. E' nuvoloso ma, non so perché, mi sembra di vedere il Sole ovunque io mi giri. Guardo l'ora. Sono le otto precise e spaccate, ed è tempo di uscire per andare a lavoro. Ho, come sempre, una consegna da fare, un bozzetto di una campagna pubblicitaria per una nota marca di dentifrici, e spero che Hooper l'accetti per poter fare il layout definitivo. Mi metto il cappotto ed esco di casa, chiudendo a chiave la porta. All'improvviso, sento una voce acuta.
“Tibby!”
Mi volto ed è il piccolo Flynn che mi sta dando il buongiorno, aggrappandosi alla mie gambe e guardandomi con gli occhi illuminati di felicità.
Io gli sorrido e gli poso una mano sulla testolina, coperta da un cappellino “Buongiorno Flynn. Dove te ne vai in giro alla buon'ora?”
“Stiamo andando all'asilo.”
Alzo lo sguardo e mi ritrovo gli occhi di Orlando, che mi sorridono. Lo ricambio immediatamente “Buongiorno.”
“Buongiorno.” è cordiale e posato, e mi osserva da capo a piedi.
Io volgo lo sguardo verso Flynn “Non sei contento di andare all'asilo? Sei un ometto oramai...”

No, mi fa schifo.” . Caspita, lapidario il bambino.
Getto uno sguardo ad Orlando, che alza gli occhi al cielo, esasperato “E' da questa mattina che fa i capricci. Nemmeno la madre è riuscita a farlo ragionare.”
Mi piego sulla ginocchia per abbassarmi verso di lui “Eh no, non diventerai mai grande se non vai all'asilo.”
“Ma io voglio stare con papà.” mi dice, piagnucolando.
“Tuo padre deve lavorare, non starebbe con te comunque.” cerco di farlo ragionare. So che sono discorsi piuttosto difficili per una bambino di soli tre anni, ma è un tipetto sveglio e so che, con un po' di persuasione e forse qualche promessa, riuscirò a convincerlo, con Vivienne ci riesco sempre! Flynn incrocia le braccia al petto, come per non volerne sapere nulla di nulla.
“Flynn, quando esci dall'asilo?”
"Alle tre.” mi risponde Orlando “Un mio assistente lo andrà a prendere e lo porterà a Brodway, dove sto finendo di provare “Romeo e Juliet”...”
“Ah sì, ho visto la locandina.” gli dico, per poi rivolgermi di nuovo al bambino “Allora, facciamo così: se tu vai all'asilo, verrò io a prenderti e passeremo un pomeriggio insieme al Tompkins Square. Che ne dici? Però non devi fare i capricci e tuo padre deve essere favorevole.”.
Flynn pare convinto, e getta uno sguardo supplichevole al padre “Ti prego. Ti prego. Ti prego.” gli ripete come se fosse una filastrocca.
Lui lo guarda, a disagio “Non so Flynn, Tibby lavora e non vorrei che la disturbassi...” e mi lancia un'occhiata.
“Non gliel'ho avrei mai proposto, se così fosse...” e gli sorrido, per poi avvicinandomi di più a lui “Senti, so che sono la tua vicina e mi hai conosciuto solo ieri, anch'io sarei titubante a lasciare mio figlio nella mani di un estraneo... Quindi, se non vuoi, fa nulla, davvero.”
Orlando sgrana gli occhi, sorpreso “Ma cosa dici? Lo hai trattato meglio tu, che l'hai conosciuto solo ieri, no che i miei collaboratori che lo conoscono da quando è nato” esclama, sinceramente “Loro lo fanno per dovere, ma tu per piacere. Affiderei anche la mia vita a te, no che a loro!”
Spalanco gli occhi, stupita.
Sul serio, pensa questo di me? Mi ha quasi commossa, davvero!

"Quindi... E' un sì?” gli chiedo, furba.
Lui sospira, forse perché si è reso conto di aver detto più di quanto doveva e dice “Sì.”
Flynn lancia un grido ed abbraccia le gambe del padre, felice, anche io mi sono concessa una risata.
“Hai un pezzetto di carta?” mi chiede, cercando di sovrastare il giubileo del figlio. Io traffico un po' con la borsa e vi traggo fuori una penna ed un foglio.
Lui vi scribacchia qualcosa e me lo porge “Questo è l'indirizzo dell'asilo ed il mio numero di cellulare. Per qualsiasi evenienza, chiamami.”
Glielo prendo dalle mani e gli sorriso “Agli ordini.”







Ben ritrovati!
Vi porto molto velocemente questo nuovo aggiornamento. Partiamo con la storia vera e propria, ora!
Questo è il faditico incontro tra la protagonista, nonché mio PG, e l'attore. Tutto è iniziato grazie a Flynn, questo bellissimo bambino di tre anni. 
Premetto una cosa: dei miei cugini, io sono la più piccola (ho ventuno anni, quindi fate voi... .___.) e sono ancora tutti scapoli o comunque non in fase di maternità, in ragion per cui, non so di preciso come parlano o il grado di conoscenza linguistica che hanno i bambini a quest'età, per cui ho cercato sì di far capire cosa dice, ma comunque di non farlo sembrare Dante! Spero di aver fatto un buon lavoro, in proposito.
Come avrete sicuramente notato, ci sono delle lettere colorate all'inizio di alcuni paragrafi. Io non amo che vengano usati molti colori nelle fanfiction, io stessa se li uso è solo per il titolo, ma ho adoperato questo modo per far capire al lettore chi parla, e non per non farlo "scimunire", come direbbe mia madre, alla ricerca di sapere chi parla dei protagonisti. Il rosso è per Tibby ed il blu per Orlando. :)
Altra cosa: io non conosco Orlando Bloom, suo figlio Flynn, Miranda Kerr e Samantha Bloom, i caratteri e/o i modi di dire e di agire, sono tutti di mia invenzione e spero di non offerderli in alcun modo!

Ora, passo ai ringraziamenti!
Ringrazio le persone che hanno letto il capitolo precedente, in particolare usamimisaki e Lauretta_03, che hanno inserito la storia tra le preferite, quest'ultima ha anche recensito il capitolo precedente; e ringrazio anche LeGilr_ e jess chan, che hanno invece inserito la storie tra le seguite. Spero di avere una vostra, ed anche da altri, perché no, opinione a proposito del capitolo e della storia! :)
Con questo vi saluto e ci sentiamo alla prossima!
Un bacione dalla vostra Lu 


EDIT: Avete visto la puntata di sabato di "C'é Posta per Te"? Io sono riuscita avederla alla fine... Che invidia per quella ragazza! >.< Orlando è stato gentilissimo, oltre che bellissimo, come sempre... Dopo questa puntata, non vedrò più "C'é Posta per Te", anche perché, non l'ho mai visto in vita mia come programma! xD




Potete trovarmi su Facebook, a questo profilo LuMiK Efp :)

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Capitolo 3
*** Dafne al Tompkins è più interessante di Orlando Bloom in persona! ***






CAYA - Chap. III

Come As You Are


- Dafne al Tompkins è più interessante di Orlando Bloom in persona! -




Da quando Tibby gli ha dato la bellissima notizia che l'andrà a riprendere all'uscita dall'asilo, Flynn è felicissimo di ciò, è entrato in macchina saltellando e non la smette di cantare una canzoncina che non ha ne capo ne coda.
Da una parte sono felice che va' all'asilo senza troppi capricci e che prende tutto come un gioco, dall'altra sono piuttosto geloso: è stato convinto dalla vicina piuttosto che da me o dalla madre!
“Vado al parco con Tibby. Vado al parco con Tibby e giochiamo insieme. Vado al parco con Tibby.” ripeteva felice, ed io non riuscii a trattenere un sorriso, era davvero contento.
Improvvisamente, ripensai alla frase che le avevo rivolto.

Lo hai trattato meglio tu, che l'hai conosciuto solo ieri, no che i miei collaboratori che lo conoscono da quando è nato. Loro lo fanno per dovere, ma tu per piacere. Affiderei anche la mia vita a te, no che a loro!”
Certo che ho delle cadute di stile bestiali, se mi metto a dire delle frasi del genere alla vicina. Anche se, è la pura verità!
Ripensai al suo viso, shoccato, ed a gli occhi sgranati fino all'invero simile. Era proprio buffa.
Arrivati all'asilo però, Flynn iniziò a fare un po' di storie.
“Non ci voglio più andare!” ed aveva incrociato come prima le braccia al petto.
Eravamo fermi come due broccoli proprio alla porta d'ingresso, eppure non sembrava un brutto edificio, le pareti esterne erano dipinte di un giallo acceso, ed aveva un piccolo giardinetto verde dove vi erano delle altalene e quant'altro e dei palloni sparsi un po' in giro; i vetri dell'asilo erano grandi e tappezzati da disegni di girasoli, di animali e palloncini. Non era un posto malaccio, ma Flynn proprio non voleva entraci.
Lo presi di forza tra le braccia e suonai il campanello. Mio figlio si agitava, cercando di farmi perdere la presa su di lui, ma non ci riuscì.
Lo fissai dritto negli occhi e gli dissi “Se tu non vai all'asilo, Tibby non verrà a prenderti!”
Lui ascoltò le mie parole ed abbassò lo sguardo, ma si rianimò subito “Ma può sempre venirmi a prendere a casa!” disse con forza, cercando di fare un ragionamento, e la cosa mi stava per far ridere, ma dovevo mantenere il mio status di serietà.
“Eh no. I patti erano che se tu andavi all'asilo, Tibby ti avrebbe ripreso, ma se non ci vai, non andrai proprio da nessuna parte.”
E si zittì, convinto.
Alla porta arrivò una signora, sulla cinquantina, con gli occhiali da vista in mano ed i capelli striati di bianco. Sembrava tranquilla ed efficiente nel suo lavoro, se così non fosse stato, avrei fatto passare un brutto quarto d'ora ai miei collaboratori!
“Buongiorno.” salutò la signora “Lei è...?”
“Buongiorno, sono Bloom e questo è mio figlio, Flynn. Oggi deve iniziare l'asilo presso di voi.”
Lei mi fece segno di entrare e mi portò ad un piccolo ufficio, dove mi fece firmare diversi fogli e scrivere eventuali allergie alimentari di Flynn. Dopo di che, mi portò di fronte agli altri bambini e mi fece togliere il cappello ed il cappotto a mio figlio, per poi prenderlo lei stessa e metterlo ad un appendiabiti.
“Mr. Bloom, l'asilo apre dalle otto alle nove e chiude dalle tre alle quattro, come ben sa...” iniziò a dire lei, ed io la bloccai.
“Sì, a tal proposito, vorrei dirle che all'orario di chiusura verrà una ragazza a riprendere mio figlio.”
“La mamma?” chiese, lanciando uno sguardo dolce a Flynn, che si era aggrappato alle mie gambe ed osservava curioso i suoi coetanei a giocare e colorare.
Tibby sua madre? Oddio, no... Cioè, no che non fosse brava, anzi bravissima con Flynn, ma sua madre... No... Insomma...

No. Una vicina di casa che si è offerta di venirlo a riprendere. Io sono a lavoro e non posso.”
“Ha fatto bene a dircelo, non diamo i bambini al primo che capita. Come si chiama la ragazza?” chiese la signora.
“Tibby.” risposi immediatamente, sorridendo anche “E' alta, con i capelli castani... E...” riflettei un po'. Avrei voluto dirle che aveva dei bei occhi color oliva, delle lentiggini che le spruzzavano simpaticamente il volto ed un sorriso dolce e luminoso, ma mi limitai a dirle che... “Oggi aveva dei jeans ed un cappotto scuri... ”.
Lei annuì e si abbassò verso Flynn “Vogliamo andare a giocare un po'?”
Mio figlio annuì e rivolse uno sguardo verso di me, un po' triste. Io lo guardai prendere per mano la signora ed avvicinarsi ad un gruppo di bambini che colorava coi pastelli.
Decisi che era meglio andarsene, altrimenti lo avrei preso e portato con me a lavoro. Si, sono stato altre volte lontano da lui, specialmente ora che io e Miranda ci stiamo separando e lo teniamo a turno ogni due settimane, ma mi fa male saperlo nella mia stessa città e non averlo affianco a me mentre lavoro. Di solito, lo porto ovunque io vada, ma queste ultime settimane sono importanti per le prove, dato che tra meno di un mese debuttiamo a teatro, e poi è giusto che stia coi bambini della sua età no che con lo staff.
Entro in auto e mi dirigo al teatro.


Arrivato a Broadway, incontro subito la mia assistente, Rose, pronta già con la tabella di oggi in una mano ed un caffè macchiato nella altra. E' una donna sui quarant'anni, e da sempre lavora nel mondo dello spettacolo, specialmente a teatro. Si è sempre rivelata affidabile ed efficiente, forse anche troppo dato che tratta le sue tabella come se fossero dei figli che hanno sempre ragione.
Mi sta dicendo quali scene dobbiamo provare in particolare oggi, perché ci sono stati dei cambiamenti nel copione e devo anche fare delle prove costume. Sono già stanco prima ancora di iniziare!
“A che ora esce Flynn dall'asilo? Bruce lo andrà a prendere.” sbotta a dire lei mentre camminiamo verso il palco, segnandoselo sopra ad un foglio ed aspettando che gli dica l'orario.
“Non c'è bisogno. Ho risolto questo problema.” le dico, togliendomi la giacca e prendendole di mano la tabella.
Lei mi guarda, stranita “Risolto, tipo? Una baby sitter?”
Rifletto un attimo. Di certo, Tibby non è da considerarsi tale, ma voglio evitare domande invadenti ed insensate “Sì...”

E' qualificata? Sicuro che sia adatta al ruolo? Dammi nome e cognome e faccio fare delle ricerche a Bruce e...”
La zittisco con un cenno di mano “Rose, sì alla prima domanda e sì anche alla seconda e, per la terza, non c'è bisogno di fare alcuna ricerca.” ed entro sul palco, pronto per fare le prove di questo stramaledetto spettacolo.



Seguendo il foglietto, sono arrivata all'asilo di Flynn. Fortunatamente, si trova vicino l'ufficio in cui lavoro e mi sono bastate poche fermate d'autobus per arrivarci, e sono potuta rimanere di più in ufficio per portarmi avanti col lavoro: il mio bozzetto la campagna pubblicitaria del dentifricio è stata accettata!
Prima di bussare, un pensiero mi attraversa la mente.
E se non mi danno Flynn perché non sono una parente?
Forse dovrei chiamare Orlando e poi farci parlare l'insegnate.
Oddio, e se mi prendono per una pedofila?
Prendo il mio cellulare, dove ho salvato il numero di Orlando, vado sulla sua scheda e la fisso per un po'.
Mi vergogno troppo a chiamarlo, poi per una cosa del genere... Mi prenderebbe per pazza! Sicuramente, starà provando delle scene...
Scuoto la testa per togliermi quei pensieri e, dopo aver riposto il telefono in borsa, busso alla porta e mi apre, dopo un po', una signora dall'aria dolce e coi capelli ingrigiti.
“Buongiorno!” esclamo io, sorridendole “Sono venuta a riprendere un bambino. Si chiama Flynn Bloom.”
La signora non sembra stupita, anzi “Sì, il padre ci ha avvertito che l'avrebbe ripreso lei.” e mi fa entrare, mentre io sospiro. Immediatamente, alla mie gambe si aggrappa Flynn, uscito da chissà dove e felice di vedermi.
“Tibby. Tibby. Tibby.” ripeteva e mi fece sciogliere in un sorriso.
La signora mi diede il cappotto ed il cappello del bambino e, dopo averglielo messo, ci dirigiamo verso la porta, mano per mano.
“Saluta la maestra, Flynn.” gli dico, voltandomi verso la signora, che ci sorride.
“Ciao ciao.” esclama lui, sventolando una manina.
Io lo guardo e poi mi rivolgo alla donna “Arrivederci.”
“Arrivederci a lei. A domani Flynn.”
E finalmente usciamo.

Com'è andato all'asilo?” chiedo a Flynn, tendendolo stretto per mano, aspettando che il semaforo diventi verde e ci permetta di attraversare la strada.
“Bene. Ho fatto un disegno di papà ed io che ci mangiamo la tua torta al
cioccolaco.” e sorrido, pensando alla scena “Poi ho giocato un po' a palla con dei bambini, ma mi sono stufato. Non sapevano giocare!” esclama, quasi arrabbiato.
Io scoppio in una risata “Ma Flynn, potevi insegnarglielo, no?” gli dico, prendendolo in braccio e scendendo le scale della metropolitana.
“Domani lo faccio.” mi dice tutto serio.
“Hai mangiato all'asilo?”
Lui annuisce “Sì, ma faceva schifo.”
Rido ancora “So io come rimediare.”
Prendiamo la metropolitana e mi siedo su uno dei sedili di essa, mettendomi sopra le gambe Flynn e stringendolo a me, così da non farlo cadere o far andare in giro per il vagone. A quest'ora non è molto piena di gente, ma comunque non voglio che vada in giro da solo, non si sa mai chi può incontrare e, se gli capitasse qualcosa, Orlando mi ammazzerebbe come minimo.
“Che cos'è?” mi chiede curioso.
“E' una metropolitana. Non ci sei mai salito?”
Lui scuote il capo.
“E' una specie di treno che viaggia sottoterra, come i lombrichi.” cerco di spiegargli in modo semplice.
“I lombrichi sono brutti.” dice, con un viso schifato.
Rifletto un attimo sulle sue parole, in effetti non ho usato un buon paragone “Hai ragione.” gli dico semplicemente.


Dopo una breve passeggiata, dalla fermata della metro, arriviamo finalmente al Tompkins Square Park, un piccolo quadrato verde che, secondo me, non ha nulla da invidiare a quello più famoso, il Central.
Ci sono alberi enormi, un bellissimo prato all'inglese e tante panchine di pietra che bordano le piccole stradine di mattonelle che zigzagano all'interno del parco. C'è anche un piccolo chiosco che vende dei stuzzichini, dei gelati e delle bibite.
Dopo aver postato a terra Flynn e preso la sua mano, lo porto verso il piccolo ristoro e gli chiedo cosa vuole. E' un giorno abbastanza freddo, nonostante stiamo a fine agosto, ma New York non è certo nota per il suo bellissimo clima, ma lui opta per un gelato al
ciocclaco, come lo chiama lui.
Prendo un cono per lui e per me prendo una bottiglia d'acqua frizzante, dato che il mio stomaco è pieno col panino che mi ha portato Ithan, c'era dentro il tonno, le uova e la maionese, una bomba vera e propria.
Ci sediamo sopra una panchina e lui si gusta il suo gelato, imbrattandosi tutto il viso ma, per fortuna, tenendo immacolati sia il cappotto che i pantaloni scozzesi che ha addosso. Glielo pulisco con un fazzoletto e decidiamo, dopo aver finito, di farci una passeggiata per il piccolo parco. Lo prendo sotto le ascelle e lo metto sopra alle mie spalle, così da poter accarezzare le fronde degli alberi con la sua mano, e per muovere quei piccoli raggi di Sole che penetravano tra i rami degli alberi e dalle spesse nuvole grigie.
Dopo che ne ha carezzati un po', all'improvviso mi chiama ed io alzo lo sguardo verso di lui “Cosa c'è?”
“La mano profuma.” mi dice, abbassando una manina verso il mio naso. Conosco questo odore...
“Quella pianta si chiama alloro.” gli dico, sorridendo e posandolo poi a terra “Ha una triste storia, lo sai?”
Lui scuote la testa e continua ad annusarsi la mano.
Io mi abbasso sulle ginocchia e lo guardo, chiudendogli un po' di più il cappotto “Il Dio del Sole, Apollo, si era innamorato di una giovane ninfa, Dafne, che però non ricambiava il suo amore. Così lei cercò di fuggire da Apollo e, capendo di non riuscirci, chiese aiuto a Madre Terra, che la trasformò in una pianta d'alloro. Da allora, Apollo, considerò quella pianta sacra, dato che non poteva avere Dafne in vita e nemmeno il suo amore.”
“Che storia triste.” mi disse, col gli occhi che fissavano la pianta. Si avvicinò cautamente ad essa, e posò una mano sul tronco, accarezzandone la corteccia “Povera Dafne...” mormorò, rivolto alla pianta d'alloro.
Io sorrisi ed un piccolo raggio di Sole investì lui e l'albero. Mi venne in mente un'idea.
“Flynn, resta un attimo fermo così.” gli dissi, mentre trafficavo con la borsa in cerca del mio cellulare.
Flynn obbedì e restò immobile, finché io non gli scattai una bellissima foto: lui, con una mano appoggiata sull'albero ed un bellissimo raggio di Sole che lo baciava e gli illuminava i tratti. Lo richiamai vicino a me e gliela mostrai, orgogliosa di quel bel scatto.
“Ti piace?”

Sì!” disse, entusiasta, prendendo tra le sue dita il mio cellulare per osservare meglio la foto.
“Il Sole bacia i belli, lo sai?”.
Lui guardò il Sole, coprendosi gli occhi con una manina, sorridendo poi.
“La inviamo a papà?” gli chiesi. Lui annuì, gonfiando le guance di felicità.


Dopo un po', decidiamo di tornare a casa, dato che sono le cinque passate e si sta facendo buio. Orlando ancora ha finito di fare le prove, per cui lo faccio entrare nel mio appartamento.
Appena entra, resta completamente imbambolato a vedere il suo interno, senza nemmeno sentire la mia voce che gli dice che può togliersi il cappotto e fare come se fosse a casa sua.
Resta a fissare le pareti rosse del salone, dove vi sono appese delle foto di famiglia ed alcuni pannelli con alcune delle mie pubblicità più riuscite e pubblicate su riviste e cartelloni. Lui le fissa, forse perché ne riconosce qualcuna delle più note, come quella della bevanda più bevuta al mondo, la Coca Cola.
“Ti piacciono?” gli dico, avvicinandomi verso di lui e togliendogli il cappotto.
Annuisce, non spostando lo sguardo dai pannelli, con la bocca semiaperta.
Lui continua a guardarsi intorno, mentre mi segue in cucina, sicuramente più modesta della sua, coi mobili in legno chiaro ed un tavolo sempre di legno con sole quattro sedie.
“Hai sete?” gli chiedo, ma lui scuote il capo e si aggrappa alle mie gambe.
“Mi racconti ancora la favola di Dafne?” mi chiede, supplicandomi in un modo a cui non posso non dire sì.
Lo prendo in braccio e lo faccio accomodare sul divano beige che ho in salotto e vado in camera mia a prendere un libro, per poi tornare da Flynn e sedermi accanto a lui, mostrandogli il tomo.
“Questo libro si chiama “Metamorfosi” e l'ha scritto Ovidio.” gli spiego, anche se non credo che capisca o che voglia sentire questo.
Sfoglio le pagine, fino ad arrivare al capitolo che m'interessa, iniziando a leggergli quella storia d'eterno amore.

Apollo l'ama, e abbraccia la pianta come se fosse il corpo della ninfa; ne bacia i rami, ma l'albero sembra ribellarsi a quei baci. Allora il Dio deluso così le dice: 'Poiché tu non puoi essere mia sposa, sarai almeno l'albero mio: di te sempre, o lauro, saranno ornati i miei capelli, la mia cetra, la mia faretra".

Mi giro verso Flynn, dopo aver letto le ultime righe di questa bellissima e tristissima storia, ma lui dorme beato con la testa poggiata su le mie gambe. Mi sposto lentamente, cercando di non svegliarlo, e vado a prendere una coperta ed il mio inseparabile notebook, insieme agli occhiali da vista.
Copro il bambino con la coperta e, sedendomi per terra appoggiando la schiena contro il divano, inforco gli occhiali e mi metto a lavorare su una pubblicità che sto realizzando.



Mi è appena arrivato un messaggio da parte di Tibby. Leggendo il suo nome, mi sono allarmato, ma vedendo che l'allegato era una foto, mi sono calmato.
Era una bellissima foto di Flynn che poggiava una manina su un albero, investito da un raggio di Sole. Mi fece sorridere quello scatto ed anche tranquillizzare sul fatto che stava bene e si stava divertendo molto con la vicina. In effetti, era molto che non andava in giro tranquillamente, senza che dei fotografi ci scattassero foto ogni minima cosa che facevamo.
Alzai lo sguardo e sentì Rose che mi chiamava, per provare un'altra scena. Guardai l'ora al telefono: mancava poco e sarei potuto uscire da quest'inferno!
Non che non mi piaccia recitare, anzi, è la mia passione, la mia vita, ma odio dover provare e riprovare, farmi adattare gli abiti di scena addosso e quant'altro. Io voglio solo recitare, tutto quello che c'è intorno all'attore, la scenografia, gli abiti di scena, non m'interessano. Datemi solo le mie battute e sarò l'uomo più felice della Terra.
Per fortuna, non fu molto impegnativa e non avevano nemmeno cambiato le battute, così potei recitare quelle che avevo memorizzato a pennello. Ci fu un applauso finale, e corsi subito a raccattare la mia roba per poter tornare immediatamente a casa, ma fui bloccato da una voce.

Orlando, vai già via?”
Mi voltai ed era la mia partner dello spettacolo, Condola Rashad. Aveva addosso dei semplici jeans con una camicetta, di certo non adatti a Giulietta, ma a lei stavano bene.
“Sì, devo correre da Flynn... L'ho lasciato...” ma mi bloccai subito, non volevo che sapesse dove fosse e con chi.

Lei annuì con il capo “Credevo che saresti venuto con noi a mangiare fuori...” e mi sorrise triste.
“Sarà per la prossima volta! Ciao!” e fuggì via da Broadway, lasciandola lì.

Non aspettai nemmeno l'ascensore, e mi feci quattro piani di scale a piedi, correndo come un matto e con la tracolla che oscillava paurosamente. Arrivai davanti la porta dell'appartamento sette e mi piegai sulle ginocchia, riprendendo il fiato consumato, sentendo poi il cellulare che vibrava nella tasca dei jeans.
Lo presi e guardai il nome sul display. Era Miranda.
“Pronto?”
“Ciao. Scusa il disturbo, ma volevo sapere com'è andato il primo giorno d'asilo di Flynn...” mi chiese. Sembrava addirittura imbarazzata, di certo, era difficile gestire una separazione con un figlio di mezzo e non fargli mancare nulla. Noi ci stavamo provando, e pareva funzionare, per ora.
“E' andato... Bene, anche se ha continuato a fare capricci, perché non voleva entrare.” in realtà, prendevo tempo per evitare la seconda domanda. Io non sapevo come fosse andato, se era stato buono o se si era azzuffato con qualche bambino, ma se non mi avevano chiamato le maestre e nemmeno Tibby, vuol dire che tutto era filato liscio come l'olio, solo che non le volevo far sapere che poi Flynn, aveva passato il pomeriggio con la vicina, o baby sitter, che dir si voglia: per convincerla a lasciarmi Flynn per due settimane al mese, le avevo promesso che mi sarei occupato personalmente di nostro figlio.

Dov'è ora?” esclamò, improvvisamente, forse notando che ci mettevo troppo a risponderle.
“Sta' dormendo. Si è stancato molto oggi... Quando si sveglia, ti chiamo e ci parli, ok?”
D'accordo, a dopo!” e chiuse la chiamata.
Riposi il cellulare in tasca e suonai alla porta. Mi venne ad aprire quasi subito Tibby, ed aveva addosso degli strani occhiali da vista grandi e neri.
“Ehm, devo aver sbagliato casa.” le dissi, scherzando.
Lei si morse il labbro e se li tolse immediatamente dal naso, mormorando “Spiritoso.” e facendomi entrare in casa sua.
Mi guardai intorno, in effetti le mura e gli ambienti erano delle stesse dimensioni del mio appartamento ma lei viveva un po' nel caos più totale! Le pareti erano tappezzate da ogni genere di cartellone pubblicitario, foto e quadri; il tavolino del salone era pieno di fogli, matite e colori e, non so come, era riuscita a farci entrare il suo notebook. Non immagino la cucina o la sua stanza.
“Flynn dormiva ed, allora, ho lavorato un po'...” disse, a mo di scusa.
“Perdonami, ho davvero approfittato della tua gentilezza.”
“Ma figurati, ho passato un piacevole pomeriggio con Flynn.” e mi sorrise, voltandosi verso il divano, dove mio figlio sonnecchiava beatamente.
Sorrisi anche io e mi avvicinai a lui, carezzandogli la testa, dolcemente, per non svegliarlo “Si è comportato bene?” chiesi a Tibby, volgendo lo sguardo verso di lei.
“Egregiamente. Non ha fatto capricci ed è capace di mangiare un cono gelato senza sporcarsi. Vedessi mia nipote...”
La bloccai, prima che potesse continuare “Ti ha fatto comprare un gelato?” spalancai gli occhi e portai immediatamente la mano sulla tasca posteriore dei jeans, dove avevo il portafogli “Ti rendo i soldi.”
Tibby si fiondò su di me e posò delicatamente una sua mano sulla mia “Non osare.” era dura mentre lo diceva “Mi offendo.”.
La fissai dritta negli occhi e mi persi in quelle distese verdognole, anche se ora sembravano fredde, fredda come la pelle che aveva lasciato le sue dita. Mestamente, mollai il portafogli ed alzai le mani in segno di resa “Agli ordini.”
Lei scoppiò in una risata “Vuoi qualcosa da bere?”
“No, grazie. Ho già disturbato troppo.” e, cautamente, presi tra le braccia Flynn, evitando di svegliarlo, e mi avvicinai alla porta.
Lei mi seguii e me l'aprì, aspettando che io ne uscii, per poi voltarmi verso di lei.
“Non so davvero come ringraziarti...” le dissi, sincero. Era stata bravissima con Flynn ed anche lui deve averla presa in simpatia, se non si comportava da scalmanato oppure non faceva capricci.
“Figurati...” mi sorrise lei, timida ed imbarazzata “Se vuoi, domani possiamo fare la stessa cosa... Non ho tanto lavoro...” e si morse il labbro.

Davvero? Lo faresti?” ero stupito, era davvero una persona di buon cuore.
“Sì...Insomma, fin quando non lavoro tanto, si può fare tutti i giorni.”
“Flynn ne sarebbe felice...” e mi sorrise, ma io non finii la frase “... Ed anche io.”

Tibby spalancò gli occhi ed arrossì violentemente “Davvero?” balbettò, in imbarazzo.
Io annuì col capo “Buonanotte, allora. A domani.” e le sorrisi. Lei fece lo stesso prima di chiudere la porta di casa.

“Papà è stato bellissimo!”
Flynn mi stava raccontando tutto il pomeriggio passato con Tibby e, dall'enfasi che ci metteva, sembrava che l'aveva passato splendidamente.
“Abbiamo preso un lombrico, sotto terra, e siamo arrivati al parco.”
“Un lombrico?” gli chiesi, stranito ma nello stesso tempo curioso.
“Sì. Sì.” mi rispose Flynn, agitandosi un po' sopra il divano “E' un trenino tipo... Più o meno.” sembrò rifletterci, ed io avevo capito a cosa si riferiva.
“Si chiama
metropolitana.” gli spiegai, lentamente, ma lui voleva passare già oltre, senza stare ad ascoltarmi.
“Ho mangiato un gelato al
cioccolaco, e poi Tibby mi ha preso e fatto toccare gli alberi. Uno era profumato.” disse, gonfiando le guance, felice come non mai e portandomi una sua mano sotto il naso.
“Profumato?” sembravo un'idiota, mentre glielo chiedevo e cercavo di essere stupito come non mai.
“Sì. Profumava e si chiamava Dafne. Tibby mi ha raccontato una storia triste triste sull'albero...” ed anche il suo viso assunse quella sfumatura.
“Non vuoi raccontarmela?” gli chiesi, prendendolo e mettendomelo di fronte, sulle gambe.
“Il Dio del Sole si era innamorato di Dafne, ma lei non lo voleva, e allora, si trasformò in un albero, ma alla fine Apollo sta' sempre attaccato a lei, anche se è morta.” Conosco questa storia, anzi, questo mito. Ricordo di aver visto una statua che raffigurava questi personaggi ad uno dei miei pochi viaggi in Italia. Mi aveva colpito moltissimo.

Che storia triste...” poi mi venne un flash “L'albero Dafne è quello della foto?”
Il suo viso s'animò “Sì! Tibby mi ha fatto una foto mentre il Sole baciava l'albero e me. Tibby dice che il Sole bacia i belli. Quindi io sono bello?” mi chiese Flynn, ed io non riuscì a trattenere una risata.
“Sei bellissimo.” gli dissi, accarezzandogli la testa.


Mentre Flynn stava guardando dei cartoni alla televisione ed io tentavo di mettere su una cena, squillò il mio cellulare. L'acchiappai in fretta e notai che era Miranda.
Cazzo, me ne ero scordato!
Lo lasciai squillare, finché non si chiuse automaticamente la chiamata e mi avvicinai al divano dove era seduto Flynn.
“Flynn, ora chiamiamo la mamma.” io suoi occhi s'illuminarono, ma cercai di bloccarlo, perché stava già scendendo dal divano per prendere il mio cellulare “Ascoltami... Non dire alla mamma che sei stato con Tibby, digli che sei stato con Bruce al parco.”
Lui sembrava non capire e mi guardava, stranito “Ma Bruce è brutto.” mi disse, con un tono lagnoso “E poi, perché alla mamma non posso dire che sono stato con Tibby? Non le sta' simpatica?”
Sorrisi “Ma no, Flynn, è solo che...” non sapevo che inventarmi “Alla mamma...” - e che gli dicevo ora? - “Alla mamma non piacciono le baby sitter...”
“Ma Tibby è Tibby, non è una baby sitter!” mi risponde, ingenuo, mio figlio.
In effetti, Tibby non era una baby sitter, era la vicina per essere precisi, ma era meglio evitare l'argomento a priori “Non dirglielo e basta, chiaro Flynn? O si arrabbia sia la mamma che il papà.”
Ero finito alle minacce, si. Come sono caduto in basso.
Lui sbuffò, contrariato, ma alla fine si convinse e fece una telefonata alla mamma senza nominare Tibby, baby sitter ed affini.
Mi sono salvato la pellaccia.








Eccomi nuovamente qui, signori, con un nuovo aggiornamento! 
Continuiamo col passato, dove troviamo la nostra protagonista alle prese col piccolo Flynn... Mi piacciono moltissimo i parchi, ci passerei tutta la giornata all'interno di uno di essi. Poi, quelli di New York hanno qualcosa di particolare, di magico che non potevo non inserire!
Altra cosa che dovevo e volevo a tutti i costi mettere, era il mito di "Apollo e Dafne". Io amo sia la loro triste storia che la statua del Bernini! Quando sono andata a Roma a vederla, sono rimasta impalata come una scema per un quarto d'ora a guardarla, a memorizzare ogni minimo stupido dettaglio! Manco fosse un quadro di Caravaggio, altro artista che amo alla follia! 
Poi, ho reso omaggio alla mia città con Ovidio, per chiudere in bellezza! :) A proposito, i versi che ho scritto sono i 555-559, per chi li volesse andare a ritrovare.
Come avrete notato, se siete stati attenti, parlo dello spettacolo teatrale di "Romeo and Juliet", che ha avuto la sua prima il diciannove settembre del duemilatredici, quindi abbiamo anche una linea temporale a cui fare riferimento...
Aggiungo: Caro Orlando, le bugie hanno le gambe corte! xD

Ripeto: io non conosco Orlando Bloom, suo figlio Flynn, Miranda Kerr e Condola Rashad, i caratteri e/o i modi di dire e di agire, sono tutti di mia invenzione e spero di non offerderli in alcun modo!

Ringrazio, come sempre, chi ha letto lo scorso capitolo, specialmente rainsofcastamere, Alexnicole e Scarl_Bloom 94, che hanno inserito la storia tra le preferite, e Aandyy che invece l'ha inserita nelle seguite! Ringrazio poi ancora Scarl_Bloom 94 e Lauretta_03 che hanno recensito lo scorso capitolo! :)

Credo di non aver altro da aggiungere, se non che ci sentiamo prossimamente! :)
Un bacione dalla vostra Lu

Potete trovarmi su Facebook, a questo profilo LuMiK Efp :)

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Capitolo 4
*** Le Rose e i capelli biondi col gel, han sempre le spine! ***






Dedico questo capitolo a Marco,
che alla fine non ce l'ha fatta a superare
il brutto incidente che lo ha coinvolto il 18 gennaio scorso.
Corri a fare meta con Sasà.




Come As You Are


- Le Rose e i capelli biondi col gel, han sempre le spine! -




E' quasi una settimana che vado a riprendere Flynn all'asilo e lo porto un po' in giro però, lui, si è affezionato all'albero Dafne, come oramai lo chiama, del Tompkins Square e lo vuole sempre andare a trovare. Orlando continua magnificamente le sue prove a Broadway ma non ho proprio il coraggio di andarlo a trovare, nonostante mi abbia invitato più di una volta, per sdebitarsi.
Sono seduta ad una panchina che si trova proprio di fronte a Dafne e vedo Flynn che gli gira intorno, tenendo una mano sopra la corteccia, come per accarezzargliela. Mi sono portata con me la mia macchina fotografica, ed ogni tanto scatto qualche foto al bambino, che mi lancia qualche sguardo curioso.
Sono chinata sopra lo schermo della macchinetta, e non mi accorgo che Flynn si è avvicinato a me, fissandomi il profilo e sorridendomi.
“Il Sole ti ha baciata.” mi dice, euforico.
Io lo guardo stranita, non capendo cosa sta dicendo “Cosa hai detto?”
“Il Sole ti ha baciata. Guarda.” ed indica alla mia sinistra. Seguo la direzione da lui indicatami e mi ritrovo la sfera rovente e rossa del Sole, che sta tramontando su New York.
Sorrido, ripensando alle parole del bambino “Hai ragione: mi ha dato proprio un bel bacio.” e gli scompiglio amorevolmente i capelli.
“Ma tu sei già bella. Il Sole ora l'ha capito. Tu sei
bellissimissima.” e mi scocca un bacino sulla guancia.
Lascio la macchina fotografica, posandola affianco a me, e prendo Flynn, poggiandomelo sopra le gambe, e sorridendogli radiosa “Mi sa che da grande, farai stragi di cuori...”
Lui ride e mi abbraccia stretta. Guardo l'ora e decido che è meglio incamminarsi verso casa, dato che stava facendo buio, e forse, tra non molto, sarebbe rientrato anche Orlando.
Predo per mano Flynn, e percorriamo un po' di strada a piedi per raggiungere la metropolitana. Le vie sono quasi sgombre e si notano solo le insegne dei negozi maggiormente, illuminati a dovere da luci e quant'altro.
Sorrido mentre Flynn dondola le nostre mani ed mi accorgo che una persona si sta avvicinando a noi, alla mia sinistra. Guardo meglio, e mi accorgo che è un uomo, con un cappotto beige ed in mano una macchina fotografica.

Cazzo!

All'istante, prendo in braccio il bambino e li copro il viso, schiacciandoglielo delicatamente sulla mia spalla, ed affretto il passo, guardandolo di sbiego.
Flynn non capisce perché io lo faccia, ed infatti si dimena un po' tra le mie braccia “Tibby. Tibby. Non vedo nulla!”
“Shh.” gli sussurro in uno orecchio, mentre l'uomo si avvicina a noi.
“Ma quello non è Flynn Bloom? Non è il figlio di Orlando Bloom?” grida il tizio ed indica il bambino che ho tra le braccia.
Io nemmeno mi fermo a parlargli, e continuo a camminare spedita come un treno, ma il paparazzo non demorde, ed inizia a scattare foto a raffica.
“Ci lasci in pace!” grugnisco, al limite della sopportazione, quasi correndo.
Lui continua a scattare foto, seguendomi “Dove lo porta? Chi è lei?”
Mi giro verso di lui, con uno sguardo che fiammeggia di rabbia.
Che stia pensando che l'abbia rapito, quest'idiota scocciatore?
“Sono una collaboratrice del padre, e lo sto portando da lui!” gli grido, arrabbiata come non mai.
Alzo lo sguardo e vedo parcheggiato a fianco del marciapiede, un bellissimo taxi giallo, da cui sta scendendo proprio in quel momento una persona, liberandolo apposta per me. Con uno scatto felino, mi fiondo dentro la vettura, scacciando il malcapitato che aveva solo appena messo fuori un piede, e mi chiudo dentro, urlando al guidatore “A Broadway! Ed in fretta!”
Voltandomi verso il finestrino della macchina, vedo arrivare il paparazzo, sempre armato con quella sua diavoleria. Cerca di scattare una foto, ma è troppo tardi, il taxi è partito salvando me e Flynn in corner.

Chi era?” mi chiede Flynn, mentre lo poggio sul sedile e gli passo la cintura intorno alla vita.
“Nulla di che, tranquillo.” e cerco di sorridergli più tranquillamente possibile. Mi poggio pesantemente sul sedile e faccio un sospiro liberatorio. Mi armo del mio cellulare e cerco il numero di telefono di Orlando, ma suo figlio m'interrompe.
“Dove andiamo?” mi chiede, ingenuamente, osservando la città scorrere da i finestrini del taxi.
“Da papà.” e mi becco uno dei suoi bellissimi sorrisi.
Premo il tasto di chiamata e mi porto il telefono all'orecchio.
“Orlando? Scusa il disturbo, ma...”


Io e Flynn siamo davanti all'ingresso artisti di Broadway. Non avevo mai visto così da vicino il teatro, perché non sono tipo da uscite e non ho nessuno con cui uscire che ne valga davvero la pena, anche se i classici mi piacciono. Sono un po' nervosa, qui ci dovrebbe essere tutto lo staff e gli assistenti di Orlando, oltre agli attori.
Chissà se sanno del mio arrivo?
Chissà se Orlando avrà parlato di me a qualcuno?
Beh, alla prima domanda, non so rispondere, ma la seconda, credo, sia affermativa, dato che ho sostituito gli assistenti di Orlando nel compito di occuparsi di Flynn.
Busso alla porta, e dopo un po' mi viene ad aprire una donna sulla quarantina, con un completo scuro e i capelli biondi raccolti a crocchia. Mi guarda dall'alto in basso, concentrandosi maggiormente su Flynn, infatti, saluta lui e non me.
“Ciao Flynn, come stai?” mentre sorride, fa una faccia raccapricciante, non deve essere abituata a farlo. Il bambino, però, non si scompone più di tanto e la saluta con un piccolo sorriso ed una sventolata di manina.
Finalmente, la tizia si volta volta verso di me, e mi rivolge un sorriso di circostanza “Tu sei la
baby sitter, suppongo.” il tono in cui lo dice, non è molto amichevole, sembra più una burla.
Baby sitter? Ora sono diventata la baby sitter?
Mi sta montando la rabbia. Come diavolo si è permesso?
Meglio lasciar perdere, per ora, e affrontare quest'arpia.
Il bambino, però, si intromette nel nostro piccolo scambio di sguardi poco amichevoli “Lei è Tibby!” esclama euforico.
“Sì.” le rispondo, sfoggiando il mio miglior sorriso, e facendo un passo per entrare, ma lei mi blocca immediatamente.
“E' stato davvero gentile, da parte tua, accompagnare Flynn. Ora ci pensiamo noi.” e la tipa tende una mano verso il bambino, che invece si stringe maggiormente alla mie gambe e la guarda sottecchi.
“Credo che Flynn sia contrariato. Sarà meglio che rimanga.” le dico in tono affabile, gongolando al mio interno per lo smacco ricevuto da Flynn.
La faccia della signora si gela, sgranando gli occhi sorpresa, ma si riprende subito, guardandomi sempre con quel sorriso da sfotto “Dai Flynn, andiamo a giocare io e te, così la baby sitter se ne può andare.”
Alzo un sopracciglio. Questa mi vuole proprio fuori dalle palle!
Sto per ribattere ma, fortunatamente per lei, arriva in gran fretta Orlando, che la richiama, un filino seccato.
“Rose! Che diavolo stai facendo? Falla entrare!”
Rosa, la tizia antipatica, diventa bianca come un cencio, mentre io la supero con il mio più bel sorriso trionfante e mi avvicino ad Orlando. Lui mi sorride e prende in braccio Flynn, per poi posare una mano sopra la mia spalla, invitandomi a seguirlo. Io ricambio il sorriso, cercando di non far trasparire il mio nervosismo e la mia rabbia verso le sue mancanze.
Io non dico che doveva presentarmi come “La Formidabile Tibby”, ma nemmeno come una
baby sitter qualunque! Credevo di non esserlo... Quanto sono stupida.


Appena Tibby mi ha chiamato, sono saltato come una molla. In verità, non dovrei tenere il cellulare in tasca durante le prove, ma mi aspetto sempre qualche messaggio da lei. Non so perché, ma mi rallegrano la giornata, anche se riguardano sempre e solo Flynn. Dovrebbe arrivare a momenti, anche se ci sta mettendo un po' troppo per i miei gusti, dato che dovrebbe venire con un taxi. Poi le vorrei ridare anche i soldi... Vedo l'ora sul cellulare, mi ha chiamato più di mezz'ora fa e non è lontano da qui il Tompkin. Deve essere successo qualcosa.
Decido di andare alla porta d'ingresso del teatro e sento delle voci provenire da essa. E' Rose, che sta parlando con qualcuno che è fuori.

Credo che Flynn sia contrariato. Sarà meglio che rimanga.”
Ma questa è Tibby! E' arrivata, per fortuna.

Dai Flynn, andiamo a giocare io e te, così la baby sitter se ne può andare.”
Ma che diavolo sta dicendo quella? Non la può mandare via! Meglio intervenire.
Mi avvicino a loro, e grido “Rose! Che diavolo stai facendo? Falla entrare!”.
La mia assistente, che forse resterà tale ancora per poco, sembra aver ingoiato un rospo e sbianca immediatamente. Mi guarda, scoccandomi un'occhiata di dissenso, ma io la ignoro e faccio segno a Tibby di entrare.
Prendo in braccio mio figlio e con una mano le cingo le spalle “Credevo che ti eri persa...” le sussurro in un orecchio.
Lei getta un'occhiata fugace alle sue spalle e faccio lo stesso anche io: Rose non sembra molto contenta di ciò.
“Lasciala perdere, è di natura acida.”
“In realtà, penso che abbia ragione. Forse sono di troppo... Però, mi è sembrata una buona occasione per accettare i tuoi inviti alle prove.” Tibby abbozza un sorriso e guarda a terra, imbarazzata.
“Grazie.” le dico, lasciandole le spalle “Spero che tu non ti sia spaventata per via di quel paparazzo...”
Le scuote la testa, vivacemente “Pensavo a Flynn più che altro.”
“Tranquilla. Ti devo ringraziare una seconda volta.”
“Figurati...” ci guardiamo negli occhi, mentre Flynn, per tutto il tempo della nostra conversazione, non faceva altro che ripetermi cosa aveva fatto fino a quel punto della giornata. Io non lo stavo nemmeno ascoltando, a dirla tutta, ero concentrato a vedere quelle distese olivastre che sembravano più scure del solito, più tristi.
Tibby mi prende dalle braccia Flynn e lo tiene nelle sue “Dove possiamo metterci, senza dare disturbo?”.
Le feci strada verso delle scale che portavano a delle cucce e la feci sedere. Ricalai quasi immediatamente, perché Rose stava sbraitando il mio nome ai quattro venti. Appena la ebbi di fronte, immaginai subito che si stava preparando per farmi una sfuriata.
“Che diavolo ti è passato per il cervello? Inviti la
baby sitter a vedere le prove?”
Quelle parole le aveva dette talmente velocemente, che non le afferrai subito e le chiesi, più gentilmente possibile, di ripeterle.
“Perché non può, scusa? Si occupa meravigliosamente bene di Flynn.” le avevo risposto, salendo sul palco e voltandole deliberatamente le spalle.
“Non può, punto e basta.” aveva sbottato, con un tono di voce tutt'altro che amichevole e basso. Temevo che Tibby la potesse sentire, e le volsi uno sguardo, ma pareva un timore infondato: aveva preso Flynn in braccio e gli indicava il soffitto.
Rose aveva scoperto la mia occhiata verso la ragzza, ed infatti “Chi è lei? Non mi sembra una semplice
baby sitter...”
“E' la vicina.” le risposi breve e ripresi le mie prove, cercando di essere più concentrato possibile.

Semplice a parole!

Mi ritornavano continuamente gli occhi di Tibby in mente, erano sì felici di vedermi, ma in fondo, davvero in fondo, avevano un'ombra triste, a tratti anche delusa. Chissà che le era successo...


Finalmente, avevamo finito e corsi immediatamente da Tibby e Flynn. La ragazza mi fece un piccolo applauso, entusiasta, o comunque lo pareva, dato che c'era sempre quella sensazione sui suoi occhi, che non mi piaceva affatto.
“E' stato spettacolare, davvero!” si congratulò con me, con evidente sincerità. Io le sorrisi, per poi prendere in braccio Flynn e mettere una mano sulla sua spalla, per condurla fuori dal teatro. Erano le otto di sera passate e il mio stomaco si stava contorcendo dalla fame. Non salutai nessuno della troupe e mi incamminai velocemente verso la macchina, con Flynn e Tibby al seguito.
“Ho una fame.” dissi, allacciando mio figlio saldo al seggiolino dell'auto.
Tibby mormorò un lieve “Già...” ma era rimasta ferma a fissare la portiera nera della mia auto, senza entrarvi.
“Non entri?”
Lei mi guardò stranita, ma non mi rispose.
“Pensi che ti faccia tornare a piedi, dopo tutto quello che fai per Flynn e per me?” e poi aggiunsi, dolcemente “Sali.”
Tibby divenne rossa in volto ed aprì lentamente e cautamente la portiera dell'auto, per poi entrarvi e richiuderla con la stessa accortezza di quando l'aveva aperta.
Entrai anche io e misi in moto, ma poi mi venne un lampo di genio “Ho un'idea!” esclamai, facendo sobbalzare la mia vicina, intenta a mettersi la cintura di sicurezza “Andiamo a cena fuori!”
Lei mi guardò come se avessi tre teste “Che stai dicendo?”. Era davvero scocciata.
“Andiamo a cena fuori: io, te e Flynn. Non vorrai cucinare a quest'ora?”
Lei prese di mano il suo cellulare e strabuzzò gli occhi, rendendosi conto che era effettivamente molto tardi.
“Dove proponi di andare?” chiese, animandosi un pochino e questo mi fece sciogliere in un sorriso.

Italiano o cinese?”
“Italiano!” e mi sorrise anche lei, per poi scurirsi subito “Ma non mi sembra il caso... Non è che, ci saranno altri paparazzi?”
“Anche se fosse, non preoccuparti.” e cercai di convincerla, stava per rispondermi ma sentii la suoneria di un cellulare. Era il suo.

Pronto?” disse lei. Sentii un mormorio dall'altro capo, ma non capii se era un maschio o una femmina, ma lei mi sciolse immediatamente questo dubbio.
“Ithan, dimmi tutto.” sembrava seria e professionale, molto probabilmente era un collega. Rimasi zitto, per ascoltare quello che diceva lei e, magari, capire quello che diceva quel
Ithan.
“Allora... La documentazione del cliente Stevenson è nella cartella col codice numero sei, sette, uno, zero. Ha deciso per il verde e il rosso, alla fine, con la cornice bianca.”. Sembra davvero una in gamba nel suo lavoro.
Ha detto Hooper che domani ci toccano gli straordinari, ecco perché ti ho chiamata.” disse, quello dall'altro capo. Che cosa?

Davvero?” sembrava stupita “Straordinari, del tipo?”
Otto mezza – Otto, circa.
“Ah... Ok. Ci vediamo domani.”
A domani Tibs!” e chiuse la chiamata.
Tibs?
Che razza di soprannome è?
Strinsi le mani intorno al volante, forse anche troppo.
“Scusami.” mi disse Tibby “Era un mio collega di lavoro. Domani non posso andare a prendere Flynn.” sembrava seriamente dispiaciuta e si tormentava le mani in una stretta convulsiva. La guardai con la coda dell'occhio e le posai una mano sulle sue, per fermarla.
“Tranquilla.” ed abbozzai un sorriso. Domani sarebbe toccato a Rose prendere Flynn dall'asilo. Non ero molto felice di ciò, specialmente dopo oggi: lei avrebbe sicuramente gongolato!
Flynn, ovviamente, non fu felice “Non ci voglio andare all'asilo! No! No! E no!”
“Flynn, per favore.” lo ammonii, guardandolo dallo specchietto retrovisore “Sapevi benissimo che Tibby non è ai nostri comodi.”
“Ma io voglio Tibby.” piagnucolò mio figlio. Io non gli risposi, e nemmeno Tibby aveva qualcosa per farlo calmare, finché...
“Flynn, ti prometto che poi staremo insieme tutto il giorno qualche volta, ok?”
Dallo specchietto, vidi che si riprese subito ed abbozzò un sorriso “Andiamo da Dafne tutto il giorno?” chiese, speranzoso.
Tibby si voltò con la testa, per vederlo meglio, e gli sorrise “Sì.”


La chiamata di Ithan è stata provvidenziale, per davvero!
Ho trovato una buona scusa per vendicarmi un po' di Orlando. Non credo che abbia preso bene la notizia, vedo che il suo sguardo è più duro e più freddo del solito, ma ogni tanto qualche colpo di fortuna capita anche a me.
Finalmente, oserei dire!
Non sono brava a meditare vendetta, sono più il genere di persona stupida che si lascia scivolare tutto addosso, facendo poi la figura della scema, perché io sono
scema. Mi dispiace però per Flynn: ci è rimasto davvero male. Fortuna che sono riuscita a tirarlo un po' su di morale. Infatti, alla cena non ha fatto altro che parlare, parlare e parlare, entusiasta come al solito.
Siamo in un delizioso ristorante italiano. Ho mangiato altre volte questa cucina, e la preferisco a molte altre, in parte perché è davvero buona, in parte perché mio fratello Reese, essendo un giornalista, ha fatto diversi viaggi in Italia ed ha raccolto molte ricette tipiche, e me ne ha passata qualcuna.
“Papà! Papà!” grida il piccolo, richiamando a gran voce il padre, che rimane con il raviolo infilzato nella forchetta a mezz'aria “Oggi il Sole ha baciato Tibby!” e sgrana gli occhi, gonfiando anche le guance.
“Davvero?” chiede Orlando, facendo un tono stupido, vagamente scherzoso.
“Sì, papà. Però il Sole è stupido: solo ora capisce che Tibby è
bellissimissima!”.
Rido di gusto, e cerco di nascondere il mio imbarazzo bevendo un sorso d'acqua.
Orlando si volta verso di me, e mi sorride, guardandomi con uno sguardo che non gli avevo mai visto prima: sembra dolce, sensibile e lievemente devoto.
“Hai ragione.” mormora dopo una breve pausa, trasformando il suo sorriso radioso in uno timido ed impacciato.
Per poco non mi va di traverso l'acqua e non la faccio uscire dal naso.
Ma che cavolo si è messo a dire?
Lo guardo sconvolta, con gli occhi fuori dalle orbite e tenendomi ancora il bicchiere vicino alla bocca, per nascondere il sorriso da idiota, che sicuramente avrò, sulle labbra.
Non so come, ma mi bastano poche sue parole per farmi capitolare come una ragazzetta qualunque e farmi venire le farfalle allo stomaco, che raggiungono anche la mia gola, impedendomi di parlare e collegare il cervello. Finalmente, tolgo il bicchiere dalla bocca e gli abbozzo un sorriso imbarazzato, degno di me, e mordicchiandomi poi le labbra.
“Ti ho imbarazzato?” mi chiede, sporgendosi un po' sul tavolo per guardarmi meglio.
“No, tutt'altro...” e continuo a sorridergli, come una cretina.
Ora, non so se è davvero così, oppure riesce a mascherarlo bene perché è un attore, ma è praticamente senza il minimo sentore d'imbarazzo e molto sicuro dei se e delle sue capacità, praticamente il mio contrario. Io vivo nell'incertezza costante, specialmente sulla mia vita privata. Nel lavoro, so perfettamente che ruolo ricopro e le responsabilità che ho, sia nei lavori che avvio sia coi vari colleghi e assistenti, ma nella mia vita, sono un completo disastro!
Ho avuto solo una relazione, durata un paio d'anni, quando avevo iniziato a frequentare l'università, quindi si tratta di moltissimi anni fa.
Ricordo che si chiamava Michael ed era il solito ragazzo tranquillo, con una media universitaria tranquilla, una vita tranquilla ed una famiglia tranquilla. Frequentava il corso di giornalismo e legammo subito dato che mio fratello è giornalista. Per stare con lui, stavo perdendo di vista i miei obbiettivi esistenziali e non mi applicavo per nulla nello studio, rischiavo di finire fuori corso. Per fortuna, sono rinsavita e l'ho lasciato, concentrandomi poi anima e corpo sull'università. Avevo ventuno anni e quella fu la mia prima ed unica relazione che ho avuto, sicuramente intensa dato che stavamo insieme tutti i giorni, ma dopo di quella, sono sempre rimasta sola, e non mi è nemmeno dispiaciuto, a dir la verità.
Ora però, di fronte a me, ho Orlando, che mi sta facendo battere il cuore ancora. Dovrei aver paura, ma stranamente non ne ho: Orlando mi fa sentire sicura. Forse, sto correndo un po' troppo con la fantasia e i castelli, ma con lui sarei capace di costruire qualcosa. Ho una stabilità economica e lavorativa adesso, sono ormai donna e dovrei pensare ad un futuro con marito e figli, non sono vecchia, però molte persone a ventisei anni hanno già un marito ed un figlio, ed io nemmeno un fidanzato!
Dovrei ricorrere ai ripari.



Tutto bene?” chiedo a Tibby, dopo averla fissata per un po'.
Deve proprio essersi persa nei suoi pensieri, visto che non mi ha risposto per un po' di tempo e sembrava in trance.

Sì, scusami, ero sovrappensiero.”
“Stavi pensando al lavoro di domani?” le domando curioso, sorseggiando un po' di vino rosso dal mio bicchiere. O ad
Ithan?
“Ehm, sì...” è un po' titubante “E' un cliente molto importante ed uno dei maggiori finanziatori della società del mio capo. E' basilare un ottimo lavoro.” e mi sorride con più forza.
“Buona fortuna, allora. Ma non credo che ce ne sarà bisogno... Fai degli ottimi lavori, da quello che ho visto a casa tua.” sono sincero: è bravissima nelle forme e negli abbinamenti di colore.
“Grazie, davvero.” dice, arrossendo un poco dietro le sue lentiggini.
Finiamo la cena, in silenzio, anche Flynn non è particolarmente loquace ora, dev'essere molto stanco, dato che questo pomeriggio non si è fatto il solito pisolino sul divano di casa di Tibby.


Dopo aver litigato un po' con la mia vicina perché insisteva di pagarsi da sola il conto, ci dirigiamo in macchina, e lì Flynn crolla dal sonno.
Durante il tragitto, non parliamo, e lei si limita ad osservare le luci della strada dal finestrino, ogni tanto carezzandolo con un dito e sporgendosi per guardare meglio. Arrivati sotto al palazzo, mi aiuta prendendo Flynn in braccio, cercando di non farlo svegliare, mentre io prendo la mia tracolla col copione ed altre cose utili a lavoro.
La faccio entrare nel mio appartamento e si dirige in camera di mio figlio per spogliarlo e metterlo a letto. Io fisso la scena appoggiato alla soglia della porta, con le braccia incrociate al petto.
Improvvisamente, Flynn si sveglia, un po' stordito, e si ritrova il viso di Tibby, che gli sorride dolcemente “Dormi qui?” chiede, speranzoso.
Lei fa un risolino “No, ho il mio lettino che ti aspetta.”
“Ma non puoi dormire da sola. Vero, papà?” si volta verso di me, con gli occhi sgranati, in cerca di sostegno. Io mi avvicino a lui, e mi siedo sul suo letto, carezzandogli dolcemente la testa.
“E' vero. Ma domani Tibby deve andare a lavoro. Sarà per un'altra volta.”
Si butta all'indietro con la schiena, e si volta poi di lato, offeso “Buonanotte.”
Sia io che Tibby ridiamo, e lo lasciamo dormire, chiudendogli la luce e un po' la porta.
Lei va verso la porta di casa e la apre, voltandosi poi verso di me, sorridendomi “Grazie di tutto, davvero. Dal teatro alla cena.”
“Mi spiace averti creato dei disturbi coi paparazzi. Non pensavo che riconoscessero Flynn.” le dico, mortificato, avvicinandomi un po' a lei, e guardandola negli occhi.
“Figurati. Spero di poterlo portare nuovamente in giro...”
E non so perché, ma l'abbraccio.
Lei, penso che sia sconvolta, perché rimane un attimo rigida e con le mani che penzolano sui fianchi, ma poi sento le sue spalle che si rilassano e le sue mani percorrermi la schiena, per stringerla in un lieve abbraccio.
“Grazie.” le sussurro ai capelli profumati di vaniglia.
Lei si stacca da me, tenendo il viso basso, forse rosso di vergogna, e, balbettando una buonanotte, s'infila nel suo appartamento in fretta e furia.
Io rimango fermo, immobile, alla porta di casa mia, osservandomi distrattamente i palmi delle mani, che per poco avevano tenuto quel calore così puro e benevolo. Le stringo in un pugno, chiudendo la porta abbastanza violentemente.
L'avrò forse spaventata?
Avrò agito d'impulso?
Maledizione, sono un'idiota.


Oddio, mi ha abbracciato.
Pensavo di morire strozzata del mio stesso cuore pulsante finito in gola per l'emozione.
Che imbecille che sono stata!
Sono scappata come una codarda e come una qualunque ragazzina.
Chissà che penserà di me ora.
Cielo, non ricordavo di poter provar tutte queste emozioni per un ragazzo, e tutte insieme.
Col cuore che cerca prepotentemente di uscirmi in gola, mi metto il pigiama ed mi infilo a letto.
Con tutte le emozioni che ho provato oggi, mi ero anche scordata che domani mi tocca stare in ufficio fino a tardi con Ithan. Cavolo, avrei voluto stare un po' con Orlando... Cioè, con Flynn!
Maledizione, sto diventando una scema! E dire che volevo fargliela pagare un po' per il tiro della baby sitter, ed un po' anche per quell'arpia di Rose. Sicuramente, sarà molto compiaciuta domani, sapendo che non ci sarò io con Flynn.
Meglio dormire e non pensare a nulla. Domani si lavoro, e pure tanto.


Mamma mia, sono quasi le otto di sera ed ancora finiamo. Questa campagna pubblicitaria è un vero parto. Bisogna calcolare ogni cosa minuziosamente, analizzare gli spazi più trafficati per avere maggior propaganda ed impatto, i colori non devono cozzare tra di loro e, soprattutto, rispettare le esigenze del cliente.
Ithan non smette mai di apportare modifiche affinché tutte le cose elencate sopra si realizzino nel migliore dei modi. Sarà anche uno schizzato, ma per quanto riguarda il suo lavoro, è un mostro, ecco perché Hooper nutre grande fiducia in lui.
Orlando mi ha inviato vari messaggi oggi, principalmente foto di Flynn ed un paio anche sue. In una c'era Flynn che scappava da Rose per raggiungere il padre sul palco, e buttarsi alle sue gambe. L'aveva fatta da lontano un altro suo collaboratore, e se l'era fatta inviare per quanto era esilarante. Ho riso come una pazza, soddisfatta che quella megera avesse quello che si meritava.
“Tu che dici, Tibs? Time Square è l'ideale per un cartellone dieci per quindici.”
“Sì. Io direi di metterne uno anche al Tompkins.” propongo al mio collega, cerchiando il luogo sulla cartina con un pennarello rosso “Ci vado spesso, ultimamente, e c'è un ottimo spazio pubblicitario di circa tre metri, ben visibile, sia dal parco che dalla strada. E poi, lì vicino c'è anche una metropolitana, è perfetto.”
Ithan sembra molto soddisfatto ed annuisce, guardandomi con un sorrisino compiaciuto “Direi che può bastare, per oggi. Possiamo continuare a lavorare a casa. Che ne pensi?”
Gli sorrido, stiracchiandomi un po' e sospirando, soddisfatta. Sciolgo i miei capelli dalla coda ed inizio a sistemare le mie cosa nella borsa, finché non sento la mano di Ithan posarsi sulla mia spalla.
“Sono le otto passate, che ne dici di andarci a mangiare qualcosa fuori... Insieme?” quell'ultima parola l'aggiunge titubante, guardandomi con una luce di speranza negli occhi. Ho sempre rifiutato i suoi inviti, ma oggi abbiamo fatto davvero un buon lavoro e mi ha dato alcune dritte interessanti che potrei utilizzare su alcuni miei lavori futuri.

Beh, perché no...” gli rispondo, e mi regala un bellissimo sorriso.
“Perfetto. Allora, sbrighiamoci. Ho una fame.” e scoppia in una risatina nervosa.
Non sono molto convinta di questa scelta, ma cosa potrebbe succedere di male? Un po', lo faccio per una piccola soddisfazione personale contro Orlando, sempre per il fatto della storia della baby sitter; un po', per accontentare Ithan, dato che sono più di due anni che mi chiede di uscire. Speriamo che così per un po' la smetta, e che non lo prenda come incentivo per aumentare il numero delle volte in cui me lo chiede, da una al mese a tre!


Mi porta in un ristorante molto carino, con luci soffuse ed i tavoli rotondi. Davvero di classe! Forse l'ha presa un po' troppo sul serio la storia di mangiare qualcosa fuori...
Fisso costantemente il menù, per cercare di evitare una conversazione con lui, o semplicemente il suo sguardo. Inizio a tamburellare con un piede, dato che sono leggermente nervosa ed in imbarazzo, sicuramente anche rossa in viso. Lui, invece, sembra tranquillo, perfettamente a suo agio.
Mi fa salire un po' la rabbia, ad essere sinceri. Ha sempre avuto questa sua sfacciata sicurezza di se, sia nelle situazioni di poco conto che in quelle importanti. Non che sia un pallone gonfiato o che sventola ai quattro venti le sue sensazionali esperienze o avventure, ma il suo carattere cozza molto col mio, ed è uno dei motivi per cui non ho mai accettato un suo invito, insieme al fatto di non voler rapporti con dei colleghi di lavoro. Troppe complicazioni che io non sono in grado, ed non voglio, gestire.
Sento il mio telefono che suona. Ho un messaggio in entrata.

Scusami...” dico ad Ithan, mordendomi il labbro e prendendo il cellulare dalla tasca. E' un messaggio di Orlando.
Quando lo apro, tutto si fa improvvisamente più chiaro nella mia mente, e non posso fare a meno di sorridere, felice.
E' un autoscatto suo e di Flynn, seduti sul divano, col pigiama e trapunta, intenti a vedersi la televisione.

Pigiama + Coperta + Harry Potter. :)”

Sono davvero carini insieme, ed ogni giorno che li vedi, noto la somiglianza che c'è tra di loro.
Alzo un poco lo sguardo verso Ithan, intento a leggere ancora il menù che ha sulle mani.
Non voglio stare qui.
Ora so dove devo stare e con chi.
Voglio andare da loro.
“Ithan.” lo chiamo, con voce tremante. Lui volge lo sguardo verso me ed accenna un sorriso, come risposta che mi sta ascoltando.
“Mi dispiace. Devo andare.”
Il suo sorriso si spegne improvvisamente, come se colpito da un blackout “Ma come...?” sembra confuso.
“Mi dispiace, davvero.” gli dico, alzandomi dalla sedia e prendendo il cappotto che vi era poggiato sopra.
“E' successo qualcosa di grave? Ti accompagno io...”
“No!” gli grido, come una pazza “Tranquillo, vado da sola. Grazie e scusami.” e scappo via, cercando la metropolitana più vicina possibile.
Sto arrivando.







Salve!
Scusate il ritardo, ma ho avuto dei problemi e NVU non era nemmeno tanto collaborativo in questi giorni: mi cambiava il carattere e la dimensione automaticamente ad alcuni pezzi del capitolo... Un nervoso!
Purtroppo vado un po' di fretta oggi, e risponderò in seguito alle meravigliose recensioni che mi han lasciato Scarl_Bloom 94 e Lauretta_03! :)
Come vedete, in questo capitolo qualcuno sta muovendo i primi passi... Nel prossimo capitolo, ci saranno delle belle, fidatevi! ;)

Ripeto: io non conosco Orlando Bloom e suo figlio Flynn, i caratteri e/o i modi di dire e di agire, sono tutti di mia invenzione e spero di non offenderli in alcun modo!

Bene, dopo di questo, vorrei ringraziare jess chan che ha inserito la storia nelle preferite! Spero di avere una vostra opinione su questo capitolo! Ah, siccome non l'ho potuto controllare molto questo capitolo, segnalatemi eventuali errorri, verranno poi corretti al più presto!
Credo di aver detto tutto!
Se non mi vedete tra una settimana, vorrà dire che sarò morta: tra un paio d'ora su Rai Movie, ci sarà il film con Tom Hiddleston, che tra l'altro compie gli anni oggi, per cui "AUGURI!", che s'intitola "Il Profondo Mare Azzurro" (The Deep Blue Sea). Non vedo l'ora di vederlo, dato che l'anteprima l'avevano fatta un giovedì, se non mi sbaglio, verso mezzanotte, ed io non sono riuscita a vederlo perché alle sei suona la sveglia per andare a lavorare... ._____.

A presto, dolci donzelle!
Un bacione dalla Lu :*



Potete trovarmi su Facebook, a questo profilo LuMiK Efp :)




EDIT DEL 12/02/2014, alle ore 4.31 p.m. : HO AGGIUNTO IL BANNER! L'ho fatto io, e spero che vi piaccia! :)

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Capitolo 5
*** Esiste cosa più dolce di un gelato? ***






Come As You Are


- Esiste cosa più dolce di un gelato? -




Ci siamo infilati entrambi il pigiama e, con una bella coperta, siamo pronti per passare questo sabato sera sul divano a vedere “Harry Potter e la Pietra Filosofale”. Flynn lo vede per la prima volta, e penso che gli piacerà molto, ama i film o le storie che hanno a che fare con la magia. Un volta, abbiamo visto a Londra uno spettacolo di magia, e ne è rimasto incantato tanto che, tornato a casa, si è messo una tovaglia intorno al collo ed ha iniziato a blaterare degli incantesimi contro una delle sue macchinine. Era buffissimo e bellissimo insieme.
Siamo al momento più magico, secondo me, ovvero quando Harry conosce il suo status di mago. Flynn, è rapito dal film, non fa domande e segue il tutto attentamente, in silenzio religioso.
All'improvviso, suonano alla porta. Vedo l'ora sull'orologio appeso alla parete, sono le nove passate. Chi sarà a quest'ora?
Metto il film in pausa, lasciando perdere il piccolo gemito di lamento provenire dalle labbra di mio figlio, e mi dirigo verso la porta, aprendola lentamente.
Davanti a me, trovo un barattolone di gelato alla crema e cioccolato, tenuto in mano da una ragazza con un pigiama a tuta rosso.

Tibby.” esclamo, facendola entrare e stringendola velocemente in un abbraccio “Non ti aspettavamo.” mormoro confuso e leggermente imbarazzato, ho addosso il mio pigiama blu. Nell'abbracciarla, non ho riscontrato la fermezza e l'impaccio che c'era in quello di ieri, e ne sono molto felice. Anche i suoi occhi, sembrano più caldi e luminosi.
Scusa. Volevo avvertire, ma poi ho pensato di fare una sorpresa...” e agitò lievemente il barattolo che aveva in mano.

Flynn le si attaccò subito alle gambe e gridò, felice “Tibby, sei arrivata! Sei arrivata! C'è Harry Potter ed uno con la coda da maialino!” ed indicò lo schermo del televisore.
Tibby rise “Allora sono arrivata giusto in tempo.” e seguì Flynn verso il divano, lanciandomi uno sguardo complice. Li seguii subito e mi sedetti sul divano insieme a Flynn. Tibby andò in cucina e prese tre cucchiai, per poi raggiungere me e mio figlio e mettersi al suo fianco, si coprì con la coperta ed aprì il barattolo di gelato, mettendolo nelle mani di Flynn e distribuendoci i cucchiai.
E restammo in silenzio per tutta la durata del film.

Flynn, come da copione, si è addormentato. Tibby gli toglie delicatamente tra le dita il barattolo vuoto ed io lo prendo in braccio, cercando di non svegliarlo, e lo porto nella sua stanza, mettendolo a letto e rimboccandogli le coperte dolcemente. Torno in cucina e vedo Tibby intenta a lavare i cucchiai che abbiamo usato per il gelato nel lavello. Oramai è di casa e sa più o meno dove si trovano tutti gli utensili ed altro, no che ce ne siano molti.
Le arrivo alle spalle e lei, sentendo i miei passi, si volta verso di me, con le mani ancora insaponate e mi sorride. Sciacqua velocemente le posate e le ripone nel cassetto, dopo averle asciugate, e mi sorride, guardandomi negli occhi, in silenzio.
“E' stata una piacevole sorpresa, la tua.” le mormoro, guardandola da capo a piedi, seguendo le linee del suo bel corpo.
“Figurati.” disse lei, mordendosi il labbro “Pensavo addirittura di disturbare...”
“Non disturbi mai. A me fa piacere vederti...” -
ma che cavolo...? - “Ed anche a Flynn!” aggiungo in fretta ed con un tono di voce non mio.
Tibby fa un risolino.
Ogni volta che sto con lei, il mio cervello va in tilt, peggio di un jubox degli anni sessanta!
Stiamo un attimo in silenzio e do un'occhiata all'orologio sulla parete. E' mezzanotte passata.
“Visto che non è troppo tardi, che ne diresti di rimanere un altro po' qui? Magari vediamo un altro film, ne ho alcuni belli.”
Lei sta per aprire bocca, sicuramente per dire la sua ormai frase retorica, ma io la interrompo “E non dire che non vorresti disturbare, non lo fai mai.”
Tibby mi lancia un'occhiataccia in tralice, ma poi scoppia in una risata e, dopo averle fatto un elegante gesto con la mano in direzione del divano, si siede ed aspetta che le elenchi i titoli dei vari DVD che ho.
“Allora... C'è “Wanted”, “Ocean's Eleven”, qualcosa sui Beatles, sui Queen... Ah! C'è la serie di “Rocky” e “Rambo”... “Il Padrino”...” sto cacciando dal mobile quanti più film possibili, posandoli a terra in modo disordinato.
Tibby mi affianca subito, e ne prende qualcuno, rigirandoselo tra le mani “Non hai nessun film dei tuoi?” disse, trattenendo a stento una risata.
La guardo interdetta. Cosa si aspettava? Che avessi tutta la trilogia de “Il Signore degli Anelli” e de “I Pirati dei Caraibi”?
“No.” le dico un po' stizzito, prendendole di mano il DVD che aveva “Preferisco non averci a che fare per un po'.”
“Scusami.” dice, con tono lieve “Ti piace “Wanted”?” mi chiede, agitandomelo sotto gli occhi.
Annuisco col capo e metto il DVD nel lettore, mentre lei si siede sul divano e mi tiene aperta la coperta, aspettando che a mia volta mi sieda.

Pazzo è vivere come una nullità quando hai il sangue di un assassino che ti scorre nelle vene. Pazzo è farsi umiliare e farsi calpestare, trascinarsi in una miserabile esistenza quando hai un leone chiuso nel tuo corpo e la chiave per liberarlo.”

“Adoro Morgan Freeman in questa scena.” dico, sovrappensiero.
“Davvero?” mi chiede Tibby, concentrata sul film, senza guardarmi.
“Sì. Diavolo, ha recitato quella frase in modo impeccabile! Quelle parole avranno scosso l'animo di Wesley peggio di un uragano e le dice come se fosse per lui la cosa più naturale del mondo.” continuo a dire, e non mi fermo “Ha un modo di attirare il pubblico che io non potrò mai eguagliare!”
Tibby si volta velocemente verso di me, con uno sguardo sconcertato, ma non parla.
“Quella frase, ha cambiato completamente l'esistenza di Wesley, gli ha aperto un nuovo mondo, una nuova vita!”

Beh...” pare rifletterci sopra “Se come nuova vita, intendi quella di un assassino...”
“No, dico: può una semplice frase, cambiarti la vita, renderla migliore, felice?” esclamo, infervorato da questo pensiero contorto.
Lei mi guarda dolcemente, e mi sorride “Sì...” mormora poi, spostandosi un po' ed avvicinandosi di più a me, che la guardo rapito “A me è capitato.”
“Davvero?” le chiedo, stupito e curioso insieme “E qual'è?”
Tibby diventa improvvisamente rossa in volto e si mordicchia il labbro inferiore. Inizia a fare dei cerchi sopra la coperta col dito, impacciata, ma poi prende un respiro profondo e mi dice “
Affiderei anche la mia vita a te”.
Spalanco gli occhi, completamente shoccato.
E' la mia frase, la ricordo perfettamente.
Rimango a fissarla, rapito dalla sua figura, dai suoi occhi color oliva e dalla sue guance che si stanno imporporando di rosso da cui spuntano quelle piccole lentiggini che tanto mi piacciono.
Nessuna, ripeto
nessuna, persona è riuscita a colpimi il cuore come ha fatto questa ragazza. Tibby alza lo sguardo verso di me, incerta.
“E... Ed a te?” cerca di sviare i miei pensieri, ed appena incontra i miei occhi, abbassa i suoi sulla coperta.
Mi avvicino di più a lei, prendendole il mento col pollice e l'indice, costringendola delicatamente a guardarmi. I suoi occhi sono lucidi.
Prendo fiato “Me l'hanno appena detta.”.
Ed unisco le nostre labbra con un gesto deciso ma nello stesso tempo dolce. La sento irrigidirsi al mio contatto, ed io tolgo la mia mano sul suo mento per non essere troppo oppressivo o irruento.
Dio solo sa quanto ho desiderato questo momento, averla anche solo per un attimo mia, sentire il calore delle sue labbra sulle mie e la sensazione che tutto quello che voglio nel mondo sia a portata di “bocca”.
Mi stacco da lei e la guardo, poggiando la mia fronte sulla sua. Chino un po' il capo e la osservo, stringendo lievemente lo sguardo.
Lei pare riprendere fiato, col viso completamente rosso, e guarda distrattamente le mie labbra.
Poi, all'improvviso, si sporge verso di me, e mi bacia, ancora.



Al diavolo i pensieri, le congetture ed i programmi di una vita.
Al diavolo tutto e tutti.
Questo bacio, per me, è stato il migliore della mia vita.
D'accordo, non avrò baciato molte persone, ma cavolo -
cavolo - lui è la migliore di queste.
Sento il suo calore sulle mie labbra ed il suo sapore nella mia bocca. Mandando a quel paese le mie insicurezze ed il mio pudore, mi sono praticamente gettata tra le sue braccia per poterlo baciare ancora, e non me ne pento per nulla.
Inconsciamente, forse aspettavo questo momento da tanto, lo desideravo.
Le nostre bocche si staccano, finalmente, per far si che i nostri polmoni si riempiono nuovamente d'aria.
Mi metto a ridere quando lo vedo sorridere, forse sollevato che non l'abbia preso a sberle.
Appoggia di nuovo la sua fronte contro la mia, guardandomi negli occhi “Mi sono ripreso la mia rivincita col Sole.”
Faccio un risolino divertito “Ah si? Maledizione, ed io che pensavo che volessi baciarmi sul serio...”
Orlando scoppia a ridere, e unisce nuovamente le nostre labbra in un bacio famelico, che io ricambio totalmente. Non mi sentivo così bene da tantissimo tempo.
Stiamo ancora un po' così, accoccolati l'uno nelle braccia dell'altra, scambiandoci dei baci, mentre il tempo passa troppo velocemente per i miei gusti. Sei proprio un bell'affare, eh, orologio del cavolo.
Sono le due ed è veramente ora di andare. Mi muovo leggermente tra le sue braccia e mi alzo dal divano, aggiustandomi un poco il pigiama con le mani.
Orlando mi guarda dispiaciuto, glielo leggo negli occhi, ma non dice nulla e, alzandosi a sua volta, mi accompagna alla porta.
Io la apro e mi volto verso di lui, sorridendogli appena e mordendomi poi le labbra “Beh, buonanotte.”
Lui mi prende il viso con le mani e mi bacia, dolcemente, per poi staccarsi e sorridermi “Domani vogliamo andare da Dafne, io, te e Flynn? Voglio conoscerla.”
Io gli sorrido e annuisco col capo.
“Alle undici.” sussurra alle mie labbra, per poi baciarle nuovamente.
Mi stacco da lui, a malincuore, e vado verso la porta di casa mia, aprendola, ma prima di entrare mi volto verso Orlando e gli sorrido.
“Buonanotte.” mi sussurra, prima che io mi chiuda la porta alle spalle.
Cielo, ho il cuore a mille!
Nonostante ho una mano stretta sul petto ed Orlando è lontano da me, non riesco a farlo smettere di battere così prepotentemente, un altro po' mi arriva alla gola.
Ci siamo baciati! Ci siamo baciati!
Mi sento felicissima! Non so nemmeno descrivere tutte le emozioni che provo in questo momento, sono troppe tutte insieme.
Non avrei mai pensato che sarebbe successo, ma non perché non lo volevo, anzi! Ho pensato spesso a lui, ho mollato Ithan in uno dei ristoranti più chic che abbia mai visto, per andare da lui, che aveva addosso un pigiama blu e guardava Harry Potter con Flynn.
Ok, sono cotta e stra-cotta di Orlando Bloom, ma non l'attore, il mio vicino di casa.
Sono nel mio letto e non riesco a dormire, mi giro e rigiro come un petto di pollo nella impanatura, domattina sarò esausta ancor prima di alzarmi dal letto ed avrò un aspetto orribile.
Ma come faccio a dormire?
Non vedo l'ora che arriva domani.
Mi volto verso il comodino e controllo l'ora. Sono le cinque del mattino appena passate. Quando arrivano le undici?


E' inutile dire che ho dormito a mala pena tre ore, ero troppo agitata. Sto cercando di coprire le occhiaie con del correttore, e credo di esserci riuscita, o almeno non sono così scure come lo erano quando mi sono alzata. Ho avuto tutto il tempo per fare una buona colazione, di rilassarmi in un bel bagno caldo e di scegliere i vestiti. In realtà, non l'ho mai fatto per nessuno, la prima cosa che prendevo dall'armadio, me la infilavo ed uscivo, senza nemmeno guardarmi allo specchio. Spero solo che Orlando non si accorga di nulla.
Stranamente, nulla è andato storto, anche il Sole ha deciso di venirmi incontro, spuntando caldo e luminoso dalle nubi grigie, che si stanno allontanando e si dirigono verso nord.
Misa che se le beccherà tutte Reese nel Vermont.
Mi liscio con una mano i jeans che ho addosso e metto il mio chiodo di pelle sopra la felpa verde scuro che ho, aggiustando alla meglio i capelli, che ho lavato ed asciugato al naturale, infatti alcune ciocche terminano con dei piccoli boccoli castani che non sono niente male oggi. Mi guardo allo specchio che ho all'ingresso e, per la prima volta in tutta la mia vita, mi piaccio. Mi volto leggermente per vedere anche il retro di me, e lancio uno sguardo complice allo specchio, come se questo potesse rispondermi e dirmi
“Sei fantastica, Tibby!”.
Suonano alla porta e lancio un'occhiata all'orologio che ho appeso alla sala. E' puntualissimo. Afferro la mia borsa, gettata per oscure ragioni sul divano, mi metto gli occhiali da sole in testa ed apro la porta.
Davanti ai miei occhi si staglia la figura bellissima e sorridente di Orlando, vestito così simile a me, anche se lui sarà sicuramente molto più affascinante. Ricambio il sorriso e lui mi bacia velocemente le labbra, per poi girarsi verso Flynn, che era distratto dal pallone che aveva in mano.
Sorrido al bambino e mi piego sulle ginocchia per raggiungere la sua altezza “Buongiorno Flynn!”

Tibby!” mi scocca un bacino sulla guancia e tira per una mano il padre, gridando “Andiamo! Andiamo! Dafne mi aspetta!”
Orlando ride “Beh, non è educato far attendere le signore.” mi rivolge uno sguardo complice, ed inizia ad incamminarsi verso le scale, trascinato dal figlio. Chiudo la porta di casa e gli raggiungo immediatamente.
“Andiamo con la macchina.” mi dice Orlando, prendendo in braccio Flynn.
Io annuisco e mi calo gli occhiali da sole sugli occhi, cosa che fa anche lui, per poi cacciarne un paio dalla tasca del suo chiodo e mettergli sugli occhi di Flynn.
“Man in Black.” esclamo, ridendo.
Orlando mette nel sediolino Flynn e, dopo averlo assicurato per bene con le cinte, entra a sua volta nella vettura, seguito subito da me.

Mi indichi la strada, GPS.” scherza lui, accarezzandomi la gamba dolcemente.
“Spiritoso, ma credo che, se non metti in moto, non andremo proprio da nessuna parte.”


Arrivati al Tompkins, Orlando rimane completamente stupito dal meraviglioso verde che c'è qui. I raggi del Sole che penetrano dai rami degli alberi, rendono il suolo costellato di piccoli specchietti di luce, che Flynn cerca di calpestare, saltellandoci sopra. Orlando lo guarda, sorridendo, e poi mi mette un braccio intorno alle spalle, mentre con l'altro si rigira il pallone che il figlio gli ha mollato.
E' stupendo qui.” mi sussurra ad un orecchio.
“Io ci vengo quando ho bisogno di idee per il lavoro.” ammetto, grattandomi un po' la testa, imbarazzata “E' stimolante.”

Hai ragione.” mi disse invece, stupendomi, e stringendomi ancor di più e baciandomi sul naso, mentre il Flynn era distratto.
“Papà!” grida il bambino, proprio nel momento in cui si stacca da me “Dafne!” ed indica l'albero di lauro.
Orlando rimane a bocca aperta. Si allontana da me, ma non mi dispiace, perché l'espressione di stupore che ha sul viso è mille volte meglio del suo calore, anche se non lo disprezzo, eh!
Si avvicina all'albero e gli posa delicatamente una mano sulla corteggia, con affianco Flynn che fa la stessa ed identica cosa. E' un momento bellissimo, i raggi solari bordano i loro contorni facendoli sembrare d'oro.
Traffico nella borsa e prendo velocemente la mia macchina fotografica, scattandogli foto a ripetizione, non posso perdere questo momento.

Orlando, sentendo il rumore della macchinetta, si volta verso di me, confuso, ed abbassa velocemente la mano, cosa che invece Flynn non fa, abituato ad essere un mio soggetto fotografico.
“Cosa fai?” mi chiede, curioso, avvicinandosi a me.
“Immortalo il momento.” gli dico, scattandogli a tradimento una foto al viso. Lui chiude leggermente gli occhi, anche se non c'è nessun flash, ed agguanta velocemente la mia macchina, per poi voltarla verso di me e scattarmi una foto, probabilmente con gli occhi sbarrati dallo stupore.
“Ma che fai?”. Un lamento mi era uscito.

Foto.” e me ne scatta un'altra “Vai vicino all'albero.”
Sono io la fotografa!” dico, autoritaria e con contegno “Io fotografo.”
“Cambio di programma.” esclama entusiasta. Anche Flynn lo è, perché si precipita verso dei me, lasciando perdere per un po' Dafne, e mi prende una mano, trascinandomi verso l'albero. Orlando, ovviamente, immortala il momento.
Gli lancio un'occhiataccia ma lui la prende sul ridere “Cerca di essere naturale.” mi suggerisce, portandosi l'obbiettivo sull'occhio.
“Naturale?” ripeto, stralunata “Quello abituato alle foto, qui in mezzo, sei tu.”

Naturale.” mi ripete.
Sbuffo, contrariata, mentre Flynn sembra davvero felice di potersi fare una foto con me. Lo guardo, sorridendo felice, per poi prenderlo in braccio per potergli far accarezzare le foglie. Lui ne è entusiasta e si sporge sempre più per poterle toccare tutte. Sento l'incessante rumore della macchinetta che scatta, e sorrido.

Quel deficiente...
Hai finito di fare il paparazzo?” gli chiedo, posando a terra Flynn, che prende il pallone in mano e lo butta a terra, rincorrendolo poi.
Lui mi afferra per un braccio e mi avvicina a se, scoccando poi un bacio sulla guancia e scattando una foto per immortalare il momento “No.” esclama poi, sorridendomi con il suo solito modo che mi fa sciogliere.


La giornata passa tranquilla. Orlando si è messo addirittura a giocare a pallone col figlio, cosa che io ho evitato come la peste, per non mostrare le mie doti di schifo. Dopo un po', si siede sfinito sulla panchina di pietra, affianco a me. Io sono rimasta tutto il tempo a scattare foto ed a vederli giocare a palla, facendomi anche delle risate nel sentire Flynn che sgridava il padre quando sbagliava qualcosa.
“Domani Flynn va con la madre.” mi sussurra.
“D-davvero?”. Mi aveva raccontato che tenevano a turno Flynn per due settimane, poi se lo scambiavano. Orlando mi aveva spiegato che odiava tantissimo questo metodo, sembrava che Flynn fosse un oggetto, ma era l'unico modo per averlo un po' affianco.

Già. Domani mattina lo porto all'asilo e poi Miranda lo andrà a prendere.”
Abbasso la testa, un po' triste. Mi piace la compagnia di Flynn, anche se è solo un bambini mi ha fatto ridere più lui di tutti i ragazzi che ho frequentato, ovvero due. E poi, è grazie a lui che io e Orlando ci siamo avvicinati.
“Mi dispiacerà non andarlo più a riprendere...” mormoro, triste.
Lui mi mette un braccio intorno al collo e mi bacia lievemente il naso “Fidati, queste due settimane passeranno in un baleno.” e mi guarda furbo.

Che diavolo ha in mente?
Guarda l'ora sul suo cellulare e, entusiasta, annuncia che ha una fame da lupi, seguito a ruota da Flynn, che corre verso di noi col pallone in mano. Orlando lo afferra al volo e lo lancia lievemente in aria, per poi far atterrare le guance del piccolo proprio sulle sue labbra. E' una scena dolcissima.
Mi avvicino a loro, sorridendogli felice e mi becco anche un bacio da Flynn. Lo prendo dalle braccia del padre e lo stringo tra le mie. Lui ride felice mentre Orlando mi mette un braccio sulle spalle e mi conduce verso la sua macchina.


E' sera, e siamo appena tornati a casa.
Tibby sta mettendo a letto Flynn che, puntualmente, si è addormentato nel viaggio di ritorno.
E' stata una bellissima domenica, per i miei gusti: io non lavoravo, Tibby anche era libera e Flynn non ha fatto alcun capriccio. E' stata una giornata all'insegna del benessere e delle risate, peccato che dovremmo aspettare un po' per poterla ripete.
Mi affaccio alla stanza di Flynn e lo vedo steso sul letto, appoggiato al braccio di Tibby, intenta a leggergli una favola.

Zorba rimase a contemplarla finché non seppe se erano gocce di pioggia oppure lacrime ad annebbiare i suoi occhi gialli di gatto nero grande e grosso, di gatto buono, di gatto nobile, di gatto del porto.”

Conosco questa storia, il volumetto del romanzo mi è capitato tra le mani mentre girovagavo per una libreria. Anche se ero un po' troppo cresciuto, allora mi piacque molto “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” di Sepúlveda, sono contento che Tibby glie l'abbia letta.
La vedo sciogliersi delicatamente dal corpo di Flynn, e rimboccargli amorevolmente le coperte, per poi girarsi verso di me e sorridermi.
“Che c'è?” mi chiede, mentre si chiude la porta della cameretta alle spalle.

Sei fantastica. Dico sul serio.”
Lei fa un risolino e sta per dirmi qualcosa, ma veniamo interrotti dalla suoneria del suo cellulare.
“Scusami.” mormora, mordendosi il labbro ed afferrando l'apparecchio “Pronto?”
“Tibbit?” Chi è dall'altro capo non lo so, ma urla come un matto.
“Reese! Che è successo?”
“Come va, sorellina? Quando ci vieni a trovare?” E' il fratello!
“Quando avrò delle sacrosante ferie.” esclama triste Tibby, rivolgendomi uno sguardo fugace “Viv come sta?”

Sta' benone. Te la passo.”. La vedo che tamburella con un dito il retro del cellulare, mentre fa dei passi verso il salotto, seguita da me.
Zia?” è un voce piccola e sottile, ma quella parolina lo capita subito.
“Ehi Viv! Come stai cucciola?” e si butta a sedere sul divano, con un sorriso che le va da lato a lato sul viso. Mi siedo affianco a lei, che ha un sorriso anche per me.
“Sto bene, ma mi manchi.” mormora triste la bambina. Poverina, le mancherà molto la zia.

Dai che ci vediamo presto. Come va l'asilo?” le chiede Tibby, mentre mi stringe la mano che ho appoggiato sulla sua gamba.
Bene. Ho fatto un disegno del papà, ma siccome il pastello giallo era finito, ho usato quello verde.”

Scoppia a ridere ed io la seguo a ruota. Sul sottofondo della chiamata, sento il fratello che prende il cellulare dalla mano della figlia e sbraita
“Sono sempre più figo di te, Tibbit!”
Scoppiamo a ridere come non mai, Tibby addirittura si mette una mano davanti alla bocca per quanto si sta divertendo.
“Chi c'è con te?” chiede improvvisamente il fratello, sentendo le mie risa.
Mi schiaffo immediatamente una mano in bocca, imbarazzato, ma Tibby scuote la testa, serena “Un amico.” dice poi.

Ma non mi dire!” grida come un forsennato “E chi è? Ithan?”
Lancio un'occhiataccia a Tibby. Cos'è questa storia che suo fratello conosce il nome di
quello?
“Idiota!” taglia corto lei “Ci sentiamo domani!” e gli riattacca senza dargli il tempo di ribattere, per poi rivolgermi un sorriso.
Io la guardo, contrariata “Perché tuo fratello conosce quell'Ithan?”
Tibby mi guarda e sbotta in una risata vuota “Stai scherzando, spero...” ma, vedendo i miei occhi, parla senza troppi preamboli “Un paio di volte, Reese ha passato delle settimane e qui, e mi veniva a prendere a lavoro. E' lì che ha conosciuto Ithan, ma nulla più, nulla meno.”
La cingo in un abbraccio e le prendo un bacio. Lei sorride tra le mie labbra ed approfondisce il nostro contatto, che io ricambio appieno, ma è tardi e domani si lavora. Va verso la porta, dopo che ci siamo faticosamente staccati l'uno dall'altra e mi scocca un altro bacio, questa volta della buonanotte.
Prima che possa chiudersi la porta di casa alle spalle, le chiedo “Ma dove lavori tu?”
“Alla Hooper Publisher e Co.” mi risponde, senza pensarci troppo ed io richiudo la porta, lanciandole un sorrisino.


Lasciare Flynn all'asilo, per me è stato un trauma, e penso anche per lui. Questa notte, cercando di non svegliarlo, dalla sua stanza lo portato nella mia, così abbiamo dormito insieme. Lo so, è stupido, però lo rivedrò tra due settimane ed, abituato ad averlo sempre vicino, mi sembrano eterne.
Arrivati all'asilo, entriamo e gli tolgo il cappotto e gli aggancio agli appendi abiti. Lui mi guarda triste, perché sa che non ci vedremo per un po', e si slancia per darmi un abbraccio.
“Oggi non posso stare con te?” mi chiede, con una dolcezza ed un'innocenza tali, che mi sta venendo voglia di mollare asilo e lavoro e portarmelo al Tompkins da Dafne.
“Magari, cucciolo.” gli dico, accarezzandogli la testolina e baciandogliela. In quel momento arriva la maestra, la stessa signora che ci ha accolto la prima volta che siamo passati da quella porta, la quale ho scoperto finalmente come si chiama.

Buongiorno.” esclama Mr.s. Stern, sorridendoci “Come mai i capricci questa mattina, Flynn?” aggiunge dolcemente a mio figlio.
“Mi scusi. Vede, oggi verrà a riprenderlo la madre, la mia ex moglie... E non lo rivedrò per due settimane.”
La signora capisce immediatamente la situazione, visto che avrà visto più bambini di me, e sorride gentile, carezzando un poco la testa di Flynn “La signora come si chiama?” mi chiede, evitando di staccarmi dall'abbraccio mio figlio. Lui non piange, abituato oramai a vedere i genitori a turni, però so che gli fa male, specialmente quando sono così piccoli.
“Miranda Kerr.” le dico, velocemente “Alta, bionda, occhi azzurri.” snocciolo, facendogli una breve descrizione, che non gli rende per nulla giustizia, dato che è molto più bella.
Sciolgo l'abbraccio da Flynn e lo fisso dritto negli occhi “Ascolta, noi ci rivedremo tra due settimane. Fa' il bravo con la mamma e, mi raccomando, non nominargli Tibby, ok?” - lui annuisce freneticamente col capo - “Ci sentiamo per telefono, sta' tranquillo.”.

Lo stringo di nuovo forte forte e lo lascio andare, una volta per tutte. Mr.s. Stern gli offre una mano, che lui afferra, non togliendomi gli occhi tristi di dosso. Mi fa malissimo vederlo così, è come una pugnalata, ma non posso fare altrimenti: meglio due sole settimane, che vederlo raramente, o non affatto.
L'unico rammarico che ho della pratica del divorzio, è il fatto che quello che ci capita in mezzo e che ne soffrirà di più, è Flynn. Cammino all'indietro, per guardare fino alla fine il mio bambino che attraversa il corridoio e sparisce dietro la porta.
Meglio andare, altrimenti mi metto a piangere, e dubito che mi fermerei facilmente.



Finalmente, esco da lavoro. Sono le due spaccate e non devo nemmeno fare gli straordinari perché tutto il lavoro che ho svolto fino alle due di notte è bastato per mandare in stampa il progetto. Sto scendendo in fretta e furia le scale dell'ingresso, controllando costantemente l'orologio del cellulare, dato che alle quattro devo andare a prendere Flynn...
Mi blocco di stacco.
Io non devo andare a prendere Flynn.
Sbuffo sconsolata e decido di prendermela comoda. Percorro la strada mancante con calma, talmente tanta che mi ha raggiunto Ithan, sorridendomi come al solito. Per fortuna non se l'è presa molto per la storia di averlo abbandonato come un'idiota al ristorante.
“Non avevi fretta?” mi chiede.
“Lo credevo, ma mi sono ricordata che non era necessario.” ammetto, imbarazzata, grattandomi la testa, mentre usciamo dall'edificio e veniamo investiti dalla luce solare.
“Davvero? Allo che ne dici di...” inizia a dire, ma non lo ascolto per nulla, dato che sono completamente imbambolata dalla vettura nera che è parcheggiata proprio davanti l'ingresso della Hooper Publisher e Co., a cui vi è appoggiato un uomo vestito di nero e con gli occhiali da sole calati sugli occhi.
Lo guardo, stupita e mi allontano dal mio collega, mormorandogli “Ci vediamo domani.” e mi avvicino all'uomo, che ha iniziato a sorridere soddisfatto.
“Tu sei pazzo!” dico, con gli occhi sgranati per lo stupore.
“Sorpresa!” esclama, allargando le braccia, Orlando Bloom.






Ehm ehm... Salve miei prodi! Lo so, questa settimana ci ho messo molto di più ad aggiornare, ma non è colpa mia... Almeno, non in parte. ^-^'
Che ne dite di questo capitolo?? Siiiii! Spero che almeno un po' vi si sia scaldato un po' e vi abbia fatto scucire un sorriso, sia dolce che amaro.
Spero di aver reso bene i sentimenti di entrambi, non sapete che fatica cercare di immedesimarmi in entrambi... Ma questo è il risultato che fa meno schifo! :D

CHe ne pensate del banner?
Non sono un'esperta di computer, mi sto dilettando un pochino ed ho deciso di farlo semplice semplice, come me. Lo so cosa state pensando, ma Scarl_Bloom 94 è arrivata prima di tutti (Muahahahah!): Orlando è leggermente (tanto) giovane nel banner, rispetto a quello narrato nella storia ma, come ho detto a lei, a questa foto piace da impazzire e rispettava molto i miei limiti (e mancanze) che ho verso il computer. Spero che non me nee vogliate. :)


Ripeto: io non conosco Orlando Bloom e suo figlio Flynn, i caratteri e/o i modi di dire e di agire, sono tutti di mia invenzione e spero di non offenderli in alcun modo!

Come sempre, ringrazio chi ha letto lo scorso capitolo, in particolare Alexnicole, Scarl_Bloom 94 e Lauretta_03 che lo hanno anche recensito! Spero che vi piaccia anche questo come lo scorso! :)
Vorrei inoltre ringraziare Asiietta, che ha inserito la storia tra le preferite e SickOfLoveSong e bellemorte86, che invece l'hanno inserita nelle seguite!
Attendo i pareri di tutti! :)

Credo di aver detto tutto!
A presto, miei cari! :)
Un bacione, vostra Lu


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