Occhi di smeraldo II di _Cthylla_ (/viewuser.php?uid=204454)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio di tanti nuovi casini ***
Capitolo 2: *** Partenza! ***
Capitolo 3: *** Di vecchi sessisti ed altre anomalie ***
Capitolo 4: *** Questo matrimonio non s'ha da fare ***
Capitolo 5: *** ''Altri metodi'' ***
Capitolo 6: *** Lettere color lavanda ***
Capitolo 7: *** All hail Emerald! ***
Capitolo 8: *** ''We can''. ***
Capitolo 9: *** Una sporca faccenda ***
Capitolo 10: *** Can't help falling in love ***
Capitolo 11: *** Tratti di famiglia ***
Capitolo 12: *** ''La Risata'' ***
Capitolo 13: *** Occhi neri ***
Capitolo 14: *** Tratti di famiglia, parte II ***
Capitolo 15: *** Per un pugno di nocciole ***
Capitolo 16: *** Un fiore d'ibisco ***
Capitolo 17: *** La pace non dura mai a lungo... ***
Capitolo 18: *** To Lose ***
Capitolo 19: *** Is too late to apologize ***
Capitolo 20: *** Apocalisse ed Armageddon ***
Capitolo 21: *** Un tipo...eccentrico. ***
Capitolo 22: *** Don't worry, be happy. ***
Capitolo 23: *** Io confesso ***
Capitolo 24: *** Via dall'isola!...e non solo... ***
Capitolo 25: *** Nightmare ***
Capitolo 26: *** Il compleanno dell'Infanta ***
Capitolo 27: *** Nozze imminenti! ***
Capitolo 28: *** cambio d'abito ***
Capitolo 29: *** Matrimonio con sorpresa ***
Capitolo 1 *** L'inizio di tanti nuovi casini ***
“che sia stato un
errore?”
Domanda da oltre un miliardo di
dollari, quella che Warsman
si poneva tutte le sere mentre leggeva uno qualsiasi dei tanti libri
che
dimoravano sugli scaffali della casa che un tempo era stata di Emerald
J.V.P.
Lancaster, e che la ragazza gli aveva affittato quando -ormai qualche
mese
prima- aveva accettato la proposta di Kevin di andare a vivere da lui.
Ci era
voluto del tempo perché lei si decidesse a dirgli si,
nonostante anche prima
Hammy stesse più a casa di Kevin che nella propria, e da
quel momento lei e il
russo si erano scambiati di domicilio esattamente come avevano
stabilito di
fare in un caso del genere.
Erano due che non avrebbero mai
potuto vivere sotto lo
stesso tetto, mai più; o almeno, non senza che tale
convivenza portasse a delle
conseguenze che avrebbero potuto essere catastrofiche, considerando
tutto
quello che avevano da nascondere.
No, nonostante tutto quel che era
successo né lui né Emerald
avevano perso l’abitudine di avere dei segreti. Era qualcosa
che non avrebbero
mai perduto, probabilmente.
“che sia stato un
errore?” si domandò ancora il russo “che
abbiamo sbagliato, a tornare?”
Si, era qualcosa a cui pensava
spesso. Molto, molto spesso.
Forse perfino troppo.
Si trovava a chiedersi come sarebbe
stato continuare a
viaggiare attorno al mondo senza dover rendere conto a nessuno e senza
alcun
obbligo di fare ritorno, eternamente, o almeno finché non
fossero morti.
Una cosa sola lo consolava: la
consapevolezza di non essere
il solo, dei due, a pensarci.
Che Emerald con Kevin fosse felice
era fuor di dubbio. Lui
era “il suo amore”, lo sarebbe sempre stato. Ed
aveva visto con i suoi stessi
occhi che effetto faceva alle persone vederli insieme, così
giovani, così
belli, così innamorati. Capitava sovente che quando Emerald
sorrideva, coloro
che guardavano lei e Kevin sorridessero istintivamente, di riflesso.
Avevano
quell’aria di chi sta vivendo una favola, l’aria
delle persone per le quali
sembra essere sempre primavera, con le sue gioie, i suoi colori, i suoi
profumi;
la primavera era vita, loro erano vita.
Eppure…
Emerald aveva tutto questo, tuttavia
continuava a sentire
quel richiamo.
Quando pensava di non essere vista la
ragazza lasciava che
quella vita le fluisse via dal viso e guardava lui, Warsman.
E lui capiva.
Capiva fin troppo bene che quel bel
quadretto,
quell’idillio, il sipario che si apriva su quella
felicità che se non fosse
stato per il disinteresse ormai totale di Robin Mask verso suo figlio
sarebbe
stata perfetta, era tenuto su da un filo più sottile di uno
dei capelli di
Emerald.
Un filo che sarebbe bastato un niente
per spezzare.
Un niente come una parola di troppo.
“che quel che sta per
succedere forse sia…meglio…per tutti?”
si chiese il russo, occhieggiando il telefono che squillando giusto
poche ore
prima aveva portato una notizia alquanto strana.
La porta principale si
aprì pian piano.
«il bimbo è
nella culla, siamo liberi di procedere…»
«mi era parso di averti
detto di evitare le espressioni in
codice. Soprattutto espressioni come questa»
borbottò lui.
Emerald J.V.P. Lancaster
alzò gli occhi al cielo per poi
chiudere la porta dietro di sé. «riesci a
scartavetrare le palle perfino in
momenti come questo? Come on! Dobbiamo andare, o
finiremo per arrivare
in ritardo».
«come se tu solitamente non
lo facessi apposta, ad arrivare
tardi…che razza di sottospecie di diva» il russo
posò il libro sul tavolino
accanto.
«ti decidi si o no ad
alzare quelle chiappe mosce dal
divano? …mpf, che maleducato» sbuffò
lei evitando il soprammobile che Flash gli
aveva tirato dopo essersi alzato «avresti potuto farmi
male».
«magari era quel che
volevo, non ci hai pensat-agh!»
emise un’esclamazione di dolore con quel poco fiato che gli
era rimasto. Emerald
aveva raccolto il soprammobile e glielo aveva tirato a sua volta,
colpendolo
dritto al ventre tanto forte da farlo cadere a terra.
La ragazza si guardò la
mano destra con un sorrisetto, e
mosse le dita. «eppure sei stato tu a chiamarmi Braccio di
Ferro la prima
volta. Adesso per farti male mi basta lanciarti un
soprammobile».
Il russo di rialzò con un
ringhio sordo. «e allora perché
non lasci a casa almeno quell’accidenti di
pistola?!»
Eh si, Hammy non si era tolta il
vizio di girare con
marsupio e doppietta. Nemmeno in posti come quello nel quale si
apprestavano ad
andare.
«ma anche no. Dai dai, che
abbiamo una gara di tango da
vincere noialtri!»
Uscirono di casa quasi di soppiatto,
come se stessero
andando a nascondere un cadavere invece che a ballare. La cosa
diventava
doppiamente assurda, poi, se di pensava che Emerald e Warsman erano gli
stessi
due che mesi prima avevano quasi raso al suolo casa di Kevin senza
nemmeno
preoccuparsi di nascondersi.
A pensarci bene era incredibile che
in quell’occasione
nessuno avesse chiamato la polizia, i pompieri,
l’esercito…
I due sonori
“bi-bip” del cellulare di Emerald, dunque, fu
del tutto inappropriato al di là del fatto che per poco non
fece prendere un
colpo ad entrambi.
«ma che dia…e
spegni quell’affare! Per poco non mi viene un
colpo!»
«ad avere saputo che basta
così poco avrei alzato
ulteriormente il volume!» ribatté lei, obbedendo
senza nemmeno leggere i
messaggio di Roxanne e Jacqueline, nonostante fosse strano sia che
gliene
avessero mandati a quell’ora che…beh…
Jacqueline MacMadd che la messaggiava?
«…tu alla gara
vuoi arrivarci sana oppure no?»
«e tu?» rispose
lei con un sorrisetto.
Il russo le diede
un’occhiata senza rispondere.
“con quel che ho da dirti
mi sa che quel sorrisetto
scomparirà presto” pensò.
:: qualche ora prima ::
«quindi a Kevin non
dispiace che tu esca con noi?»
La domanda di Terry Kenyon era
retorica, e sottolineata da
un sorrisetto alquanto ironico sapendo che benissimo che se Kevin
già prima non
gradiva che Emerald uscisse insieme a lui e al resto della combriccola,
figurarsi adesso che stavano insieme.
«no no, non gli dispiace,
anche perché in caso contrario si
scorderebbe il sesso per un paio di settimane. Cavolo, il fatto che
stiamo
insieme non dev’essere sinonimo di Alcatraz».
«avrebbe potuto venire
anche l-» avviò a dire Kid,
bruscamente interrotto da Jeager.
«con tutta la buona
volontà herr Muscle ma io
francamente sono molto più felice del fatto che Hammy esca
con noi da sola».
«beh ormai Kevin Mask ha
poco da fare il superiore
considerando come ha perso» buttò lì
Dik Dik senza pensarci, facendo calare il
silenzio più completo e ricevendo un mucchio di bruttissime
occhiate.
Tutti quanti si ricordavano ancora
fin troppo bene di quel
giorno orrendo. Kid che sembrava sul punto di perdere, poi il buio, lo
sparo,
la musica, Howard Lancaster ed il suo esercito, la Princess’
Revenge, il modo
bestiale nel quale era stato trattato Warsman…e
l’ultimo sparo.
Molti di loro trovavano incredibile
che Emerald fosse ancora
lì, invece che tre metri sottoterra col cuore spappolato da
un proiettile sparatole
contro per errore dal suo stesso padre.
«in un contesto diverso
forse sarebbe anche finita in modo
differente» disse piano la ragazza
«…senza offesa Kid».
«no, no, niente offese,
figuuurati» minimizzò il kinniku con
un gesto della mano e l’aria imbarazzata «ehm,
vogliamo andare? Io ho fame!!!»
«in effetti ne ho parecchia
anche io» commentò Emerald «e
direi che facciamo per davvero meglio ad andare prima che Meat vi trovi
e vi
ricacci tutti sul ring a suon di colpi di scopa!»
A quelle parole saltarono tutti
quanti sulla gigantesca
macchina di Terry - lui alla guida, Jeager accanto, Emerald tra i due,
Dik Dik,
Wally e Checkmate sul sedile posteriore e Kid sul retro dato che non si
lavava
da una settimana - e partirono con una bella sgommata.
«guida
pianooOOOOOH!!!» urlò da dietro Kid Muscle.
«non posso andare piano,
questa bella signora ha bisogno di
azione! Iiiii-ha!» esclamò il
texano riferendosi all’auto «e poi, come
ha giustamente osservato Emerald, Meat potrebbe trovarci da un momento
all’altro».
«almeno la prossima volta
impari a lavarti, Kid!» aggiunse
Wally.
«ma io sono allergico
all’acqua!!!»
«…cieeeeelo…»
sospirò Checkmate mettendosi una mano sul viso
«e poi si stupisce che Roxanne non voglia ancora saperne di
fidanzarsi con
lui?»
«Kiiiiid,
non avere fretta di fidanzarti, da’retta!» gli
urlò scherzosamente Hammy
facendo ridere più o meno tutti.
«non dev’essere
facile la convivenza con Mr.Mask» osservò
Checkmate.
«mah…in un certo
senso si può dire che io e lui
“convivessimo” già da prima dato che io
ero sempre a casa sua o lui a casa mia
ed avevamo già le nostre cose l’una in casa
dell’altro…ma ammetto che comunque
è un po’diverso. Adesso ci vediamo sette giorni su
sette, quasi ventiquattro
ore su ventiquattro…si, è
…diverso».
«non sembri molto
entusiasta» commentò Jeager «eppure
quando
siete insieme sembrate stare in un mondo a parte».
«ma no, io sono
più che felice di stare con Kevin
considerando quando abbiamo faticato. E quando c’è
lui con me beh…sono contenta
che ci sia, e penso solo a quello…»
“ma?”
pensò Terry senza però dirlo ad alta voce.
Ed il “ma” non
arrivò mai.
Hammy sembrava essere effettivamente
contenta di stare con
Kevin. molto,
molto contenta.
Eppure era come se…mah…non avrebbe saputo dirlo.
Lui come tutti i ragazzi un
po’più svegli della Lega aveva
intuìto che se anche l’idillio
“Kemmy” era reale, c’era comunque
qualcosa di
poco chiaro sotto. Tanto per cambiare.
Lì per lì aveva
pensato che, semplicemente, per una ragazza
come lei fosse un po’difficile adattarsi alle esigenze di un
tipo come Kevin.
Emerald era una molto “libera”, come si suol dire,
che necessitava dei suoi
spazi. Non era tipo da vivere in simbiosi col partner.
E anche Kevin a dire il vero era
così, con Emerald
condivideva molto, ma aveva bisogno delle “proprie”
cose, aveva le “proprie”
esigenze e così via. Solo che era anche tremendamente
geloso, e pur andandogli
bene che lei uscisse con Roxanne, Trixie, Chichi e ogni tanto
-incredibile ma
vero!- pure con Jacqueline MacMadd, le cose cambiavano se Emerald
usciva con
altri ragazzi.
Hammy questo comportamento di Kevin
non lo capiva granché.
Insomma, li chiamava sempre “perdenti qui, perdenti
là”, che senso aveva poi
temere che lei finisse a tradirlo con uno dei ragazzi, se erano tanto
“perdenti” mentre lui era “sempre e
comunque più forte di loro”?
Per evitare di fargli rodere troppo
il fegato Emerald aveva
perfino provato ad “inserirlo” insieme a lei nella
combriccola, pensando che se
avesse visto con i propri occhi che tra lei e i ragazzi non succedeva
niente di
ambiguo si sarebbe dato una calmata.
Aveva rinunciato a quel piano quando
lui aveva quasi finito
per fare a botte con Jeager, reo di averle lasciato finire le proprie
patatine
dato che in tutto il ristorante non ce n’erano più
e a lei andavano ancora.
Un gesto semplicemente gentile
che a Kevin era parso,
testuali parole, “…un tentativo di insidiare la
mia donna, quindi stalle
lontano o ti rispedisco in Germania sotto forma di cane tritata per
fare i
vostri dannati wurstel!!!”
A quel punto Emerald gli aveva detto
seccamente di piantarla
e che avrebbe dovuto imparare ad essere gentile quanto Jeager. Da
lì era nata
una discussione, alla fine della quale Kevin se n’era andato.
Ed Emerald non gli era mica andata
dietro, nossignore. Si
era fermata da Roxanne.
Tre giorni!
Si insomma a volte stare con Kevin
poteva rivelarsi un
po’problematico, e Terry aveva pensato che
c’entrasse questo.
Ma non ne era convinto.
Insomma, in quei cinque mesi e mezzo
di silenzio qualcosa
doveva pur essere successo. Ed Hammy era stata piuttosto sul vago.
Troppo.
Ed Emerald era pericolosa quando
stava sul vago nel
raccontare i fatti propri, perché di solito significava che
c’era qualcosa
sotto.
Ricordava ancora bene il giorno in
cui lui e gli altri
l’avevano rivista per la prima volta, felice e contenta,
perfettamente in forma
e pure abbronzata. Erano stati gli ultimi due dettagli a saltargli
all’occhio,
com’erano saltati all’occhio anche di Meat; una
persona a cui hanno sparato da
poco non è così in
forma. Ed era strano che parlasse di un
periodo complicato, quando aveva quell’abbronzatura che
urlava “sono stata in
vacanza a divertirmi”.
Il fatto che non avesse cicatrici
addosso era la parte meno
assurda, in fin dei conti avrebbe potuto benissimo pagare ogni sorta di
intervento estetico avendo i soldi che a momenti le uscivano dalle
orecchie.
Ma come spiegare il fatto che, da
come si muoveva, braccio e
spalla destra non sembravano minimamente indeboliti? Dopo un colpo del
genere avrebbero
dovuto esserlo. Lei era
un’umana…abbastanza forte si, figlia di un chojiin
si, ma sempre un’umana. Era strano che una ferita del genere
non avesse
lasciato tracce.
E non c’era solo
quello…
«o beh, meglio
così» concluse il tedesco «spero solo
che non
avrà da ridire se mai ti offrissi delle patatine!»
«occhio non vede, cuore non
duole, Emerald mangia!» ribatté
lei con un sorriso.
«mangia e non mette su
nemmeno un grammo» sospirò Wally «sei
la disperazione di mia madre».
«già,
quand’è che lei e tua sorella tornano qui? Voglio
il
salmone! È bravissima a cucinare il salmone» disse
Hammy.
«non lo
so…»
Il cellulare di Emerald
squillò.
«è Kevin che
chiama per la TERZA volta?» le domandò Dik Dik.
«no, è
papà. Chiama tutti i giorni ormai. Dimmi
papà».
– ciao
principessa. Come stai?
Nessuno dei ragazzi era molto
contento di sentire la voce di
Howard Lancaster pur sapendolo lontano chilometri e chilometri. Non
erano mai
abbastanza!
«bene, bene. è
tutto ok, io e i ragazzi stiamo andando a
mangiare…»
–
tua
nonna Verbena sarà lieta di saperlo. Mi stressa di continuo
perché mi assicuri
che tu mangi abbastanza, sai com’è fatta.
«eh si, lo
so…»
– Kevin Mask non
è lì con te?
“Kevin Mask”. Mai
“il tuo ragazzo”, “il tuo
fidanzato”, “il
tuo compagno”…eppure non aveva avuto problemi a
definire così Turbinskii,
quando era con lui che stava insieme.
Poteva solo significare una cosa:
nonostante Howard ogni
volta che lei glielo chiedeva si ostinasse a negare la cosa, Kevin non
gli
piaceva. Ma proprio per niente.
E poco contava che fosse un nobile
inglese figlio di un
altro nobile inglese nipote di un altro nobile inglese e via
discorrendo, visto
che era un Mask.
Il patto era stato annullato, ma non
significava che
l’acredine fosse venuta meno. Pur colpevolizzando
sé stesso al 99,99% per
quanto era accaduto mesi prima, Howard si era trovato a pensare che se “ìl
pòvèrò Kèvìn
nòn àvèssè
sòffèrtò tròppò” Emerald non
avrebbe
preso il colpo che invece doveva toccare a quella che lui continuava a
considerare solo una brutta bestiaccia delle steppe. Pur mantenendo
intatta la
promessa fatta ad Hammy stessa di lasciare vivere liberamente e
tranquillamente
la bestiaccia in questione.
Non immaginava minimamente che
Emerald avesse passato con
Warsman due mesi e mezzo a fare chissà che cosa,
prima di tornare a
Tokyo.
«no, ci sono solo Terry,
Jeager, Wally, Checkmate, Dik Dik e
anche Kid Muscle…le ragazze ci aspettano al locale,
invece».
– very well.
Divertitevi allora, ci sentiamo domani.
Le telefonate di suo padre erano
sempre brevi e concise, se
andava tutto bene. Una delle tante cose che amava di lui. A dire il
vero anche
dopo tutto quel disastro Hammy continuava ad amare TUTTO, di lui, al
punto da
aver sempre detto a tutti che era stata colpa sua se lui le aveva
sparato per
errore.
Era un’altra delle cause di
discussione con Kevin, che non
riusciva a concepire un atteggiamento del genere, che Emerald
diventasse sorda,
cieca e muta ogni volta che si trattava di suo padre.
…e viceversa. Questo va
detto. Howard l’avrebbe appoggiata e
giustificata anche se lei fosse entrata in un bar ed avesse fatto una
strage.
«breve e conciso,
eh?» spezzò il silenzio Checkmate.
«eh si, lui è
cos…un messaggio…Kevin: “ho chiamato
alle
14:19 del bla bla bla informazione gratuita del servizio CHIAMAMI di
Vodafone”!»
«e tre!»
annunciò forte Terry per farsi sentire anche da Kid
sul retro.
«tre?! Ha chiamato di
nuovo?!» strillò il kinniku.
«faccio meglio a
richiamarlo, altrimenti quando torno a casa
non scartavetrerà le palle, le piallerà
proprio» sospirò Hammy, richiamando
Kevin che rispose al primo squillo.
– con
chi eri al
telefono?! Ti ho chiamato ed era occupato! Chi era? Con chi altri ti
senti?! Li
hai tutti lì…
In un certo senso era dolce quando
faceva il geloso. E
considerando com’era fatto Kevin, Emerald sapeva che avrebbe
dovuto iniziare ad
inquietarsi se un giorno Kevin avesse smesso di preoccuparsi di con chi
usciva
e chi non usciva.
Ma adesso come adesso le risultava
soltanto una gran rottura
quando attaccava con quella nenia.
«era un modello norvegese
del tutto simile a Thor di Asgard,
che mi ha invitata nella sua magnifica villa al mare, dove ce ne
staremo tre
settimane a scopare come dannati per tutto il
tempo…»
–
COME COME?!!
«era mio
padre»
sbuffò lei «stavo scherzando».
Silenzio dall’altra parte.
– forse
preferivo il
norvegese.
«non ricominciare per
piacere. È successo qualcosa?...hai
bisogno di me?»
Senza capire come, Hammy lo
“sentì” sorridere. Forse
accadeva che due persone molto legate tra loro potessero
“sentirsi” in quel
modo.
– quello
sempre.
Ma che carino.
«tornerò prima
di cena promesso…»
«prima di cena? Peccato,
avremmo voluto portarti in quel
nuovo locale sulla quinta st-» avviò a dire Terry,
ma venne interrotto da Kevin
al telefono.
– il
tedesco torna in
Germania pronto per diventare wurstel, ma tu torni in Texas pronto per
essere
grigliato, right?!
«…scenate a
parte stasera non avrei potuto lo stesso, quando
usciamo io e voi finiamo sempre a fare tardi, ed io non
posso».
Aveva altri impegni, per quella sera.
E non necessariamente con Kevin,
almeno dalle dieci in poi.
– Kevin,
non stai
facendo esattamente una bella figura. E poi lo sai che quella non
capisce.
«ma tu i cavoli tuoi mai,
eh Sorcio?»
Altra questione che lasciava Terry e
compagnia alquanto
perplessi: aver permesso a Flash di vivere nella sua vecchia casa, a
poca
distanza da quella nella quale vivevano lei e Kevin, dopo che lui aveva
tentato
di ucciderla più volte. Ma non era quella la cosa
più strana.
Infatti, da quel che avevano
raccontato Roxanne, Trixie e
Chichi…beh…non avrebbero potuto giurarci, avevano
specificato, ma circa un mese
prima era parso loro di vedere Warsman ed Hammy
insieme, da soli -ossia senza Kevin- dentro ad un locale.
Le tre in
seguito avevano detto “sarà stata
un’impressione”, visto che quando erano
ripassate non li avevano più visti, ma il sospetto era
rimasto.
– piantatela
tutti e due! Possibile che dobbiate sempre
stare a discutere?! Non voglio trovarmi casa distrutta
un’altra volta!
«ecco appunto Flash, ti ho
pure lasciato la mia vecchia
casa, perché diamine stai sempre a rompere da
noialtri?»
– adesso capisci
cosa si prova ad avere qualcuno di
indesiderato in casa propria…
– Emerald NON ERA
indesiderata!
«l’unico
indesiderato era un certo psicotico con la
balalaica».
– quale parte di
“piantatela” non avete capito?!
A quel punto Emerald decise che ne
aveva abbastanza.
«crrrrr t-dev-sa-crrr-utare-st-entr-crrr
in gall-» disse, e chiuse la chiamata spegnendo pure il
cellulare. La vecchia
scusa della linea che cadeva perché “stavano
entrando in galleria”. Poi che in
quella strada non ci fossero gallerie era un dettaglio.
«dovrai cambiare scusa, in
queste due settimane è già la
sesta volta che entri in galleria» commentò
Checkmate.
«già.
Dovrò inventare dell’altro, o non
basterà più a
sostenermi nella mia fuga da Alcatraz» rispose Hammy con un
sorriso per far
capire che stava scherzando.
«”Fuga da
Alcatraz II: il film”. Trama: un’affascinante DJ
viene tenuta rinchiusa e/o tartassata costantemente di telefonate dal
pazzo
fidanzato inglese che minaccia i suoi amici di fare di loro carne da
grigliata…”» disse Terry con la voce da
narratore.
«…“il
pazzo fidanzato inglese viene aiutato nell’impresa da
un russo ancora più pazzo di lui che per festeggiare i
propri successi balla la
danza del cosacchi mentre gioca a Mah
Jong…”» continuò Emerald,
facendo fare ai
ragazzi un’altra risata. A quella velocità erano
anche già arrivati al locale,
ed una volta fermi scesero dall’auto.
« “ma alla fine
gli amici della ragazza riescono a liberarla
da Alcatraz e se ne vanno a mangiare al ristorante felici e con-oh, cavolo»
sbuffò Terry.
Roxanne, Trixie e Chichi lo
guardavano e salutavano con
facce colpevoli.
Davanti a loro c’era Meat,
che aveva le braccia incrociate,
la testa abbassata e stava battendo nervosamente un piede a terra.
Esplosione tra
tre…due…uno…
«PELANDRONI!!!»
urlò «sempre a divertirvi! Sempre ad
ingozzarvi!!!...e tu!» indicò
Hammy, che indietreggiò perfino «ci sono
ancora parecchie cose che dobbiamo discutere!»
Inutile dire che la persona che
l’aveva assillata
maggiormente con le domande era stato Meat, giustamente preoccupato. Ma
alle domande
del piccolo allenatore la ragazza aveva dato, come a tutti, rispose
brevi ed
inconsistenti.
Solo che lui ovviamente non si
accontentava, memore di
com’era andata a finire l’ultima volta. E
così continuava a tartassarla col
voler parlare dei mesi in cui era sparita, cosa per la quale con sommo
dispiacere Emerald era stata costretta ad iniziare ad evitarlo un
po’.
«eeeh, non capisco di che
parli…»
“perché avete
fatto la spia?” domandò con un’occhiata
alle
ragazze “perché gli avete detto dove dovevamo
vederci?”
Che l’avessero fatto
proprio perché anche loro trovavano
strana quella sua vaghezza?
«…ne parliamo
dopo. E voialtri!!! Dovreste essere ad
allenarvi!»
«ma
Meeeat…» sbuffò Kid «il
Torneo è concluso, i cattivi non
ci sono più, che ci alleniamo a fare? Lasciaci
divertire!»
«divertirvi un corno!
Dovete essere sempre pronti ad
affrontare qualunque emergenza!...e paro anche per te» si
rivolse di nuovo ad
Emerald «sai che penso che sia un bene che anche tu inizi ad
allenarti!»
«Meat io non sono una
chojiin, e pure come allenatrice ho
dimostrato di valere meno di zero…per non parlare del fatto
che sono fidanzata,
e gli allenamenti toglierebbero del tempo a quello che passo con
l’amore mio».
«bella scusa ma, primo,
Kevin continua ad allenarsi quindi è
bene che lo facciate anche voi; secondo, lui adesso non
è in palestra, e
se tenessi tanto a passare il tuo tempo con lui saresti a casa e non
qui!»
«mi hanno sparato
addosso» tentò debolmente Emerald
«…anche
se è stata colpa mia…»
«non hai nemmeno una
cicatrice, e non sembri avere riportato
danni, tutt’altro! Niente scuse!»
concluse Meat.
«non è comunque
una chojiin! È un’umana. Anche Roxanne
è
forte, ma non per questo vuoi allenarla» gli fece notare
Jeager.
«Roxanne non solleva
una poltrona col solo braccio destro!!!»
urlò Meat.
I ragazzi, ed anche le ragazze,
sospirarono.
Ancora con quella
storia…andava avanti in quel modo da due
settimane.
«ma io veramente ero con
te, e non l’ho vista farlo» obiettò
Roxanne.
«nemmeno noi»
aggiunsero Trixie e Chichi.
Erano andati a trovarla loro quattro,
e Meat aveva detto di
aver visto -dalla finestra che dava nel salotto- Emerald che sollevava
con un
solo braccio l’intero divano, tenendolo in alto. Peccato che
quando anche le
ragazze avevano controllato, Emerald lo stava solo alzando leggermente
e con
una certa fatica.
In realtà era Meat ad
avere ragione, dato che Kevin quel
giorno non era in casa Hammy si era approfittata della forza datale dai
naniti
per fare più comodamente le pulizie. Ed aveva ragione anche
sul fatto che attualmente
sempre grazie ai naniti avrebbe potuto essere classificata una delle
poche
donne chojiin, come quella ragazza rumena, Fiona. Ma Emerald a riguardo
se ne
stava ben zitta!
Se avesse rivelato la sua nuova forza
avrebbe dovuto
frequentare la Scuola di Ercole, o comunque una qualunque scuola di
wrestling
come avevano fatto tutti gli altri al di là
dell’addestramento con i propri
sensei. E, sinceramente, ad Emerald non andava affatto.
Tanto più che se fosse
finita nella Scuola di Ercole avrebbe
avuto Robin Mask tra i propri insegnanti, e ci sarebbe sempre stato
l’altissimo
rischio che lei in barba alle regole e quant’altro finisse
per spaccargli la
faccia, dato che aveva tranquillamente modo di farlo anche se lui
portava una
maschera di ferro!
Quindi eccetto che a Flash non aveva
detto una parola a
riguardo, a nessuno, convinta che così sarebbe stata al
sicuro.
Poi, questo era tutto da
vedersi…
«Meat, vorrei davvero
riuscire a sollevare un divano
con un solo braccio, ma proprio non mi è
possibile…ed è già tanto che sia
riuscita ad evitare danni permanenti!» disse dunque
«mi sa che ti sei confuso,
può capitare».
Lui la guardò a lungo.
«io sono più che
certo di non essermi confuso per niente».
Quant’era complicato
nascondergli le cose.
«beh dai facciamo
così…adesso mangiamo tutti insieme, una
volta finito torniamo ad allenarci e prima di cena Hammy torna a
casa» propose
Jeager «così facciamo contenti noi, Meat, e anche
Kevin Mask».
«eddai Meat, ce la
meritiamo una pausa» disse Van Dik.
«voi siete sempre
in pausa!» borbottò il piccoletto,
che comunque sembrava stare iniziando a cedere.
«Meat, come on!
Abbiamo fame! Tanta-tanta-tanta
fame!» specificò Hammy «mangia con
noi!»
E alla fine, inutile dirlo, si
lasciò convincere…
:: qualche ora dopo ::
«aveva detto che sarebbe
tornata prima di cena!»
Sentendo Kevin brontolare in quella
maniera Warsman pensò a
cos’era che lui stesso aveva detto al ragazzo più
e più volte quando ancora non
era “impegnato” - definizione di Emerald; Kevin si
riteneva ufficialmente
fidanzato - : “se anche foste una coppia non cambierebbe
niente, staresti
sempre a cercarla al telefono e a dire
‘dov’è, dove non è, con chi
è, con chi
non è’…”.
E non aveva avuto torto!
«Kevin, sono le sei. Si
cena alle otto meno un quarto. Datti
una calmata».
«ma lei è con loro!»
«ma lei non fa niente di
“strano” con loro, se avesse
qualcosa da nascondere non ti proporrebbe ogni volta di andare insieme
a lei. Guarda
che se continui così, per come la conosco, non
andrà a finire bene».
Un avvertimento fatto col cuore in
mano, dato che
Flash/Warsman/quant’altro sapeva benissimo che per Kevin
perdere quella ragazza
sarebbe stato un trauma.
Altro motivo per il quale si sentiva
abbastanza uno schifo
pensando a quel che era successo tra lui e quella ragazza.
“e
se penso che una
volta al mese mettiamo a questo ragazzo dei sonniferi nel bicchiere per
avere
la notte di tango libera…mi verrebbe da mettere le mani nei
capelli!”
…e che rischiava spesso di
succedere di nuovo, dato che se
le andavano pure a cercare. In fin dei conti se il tango era
consigliato come
terapia riabilitativa per coppie in crisi un motivo ci doveva pur
essere, no?
Per non parlare del fatto che in quella che adesso era casa sua, di
trofei
vinti assieme a lei il russo ne aveva abbastanza.
Già…ne aveva
abbastanza, dei trofei…ma forse era della sua
Nemica Mortale Numero Uno, che non aveva mai abbastanza.
Ed era meglio non pensare che lui si
avvicinava ai sessantadue
anni e lei ne aveva ancora diciannove, e che
avrebbe potuto essere sua figlia o sua nipote, e che
l’aveva vista
giocare con un grillo quando lei aveva tre anni e lui già
quarantadue, e un
sacco di altre cose che lo facevano sentire un vecchio e brutto porco
libidinoso…si consolava solo col fatto che
a) lei non era poi tanto meglio di lui
b) era stata lei a tirare fuori
l’idea del sonnifero
c) era sempre lei a metterla in
pratica
d) occhio non vede, cuore non duole
e) ballavano e basta, santo cielo,
non la stava rubando al
suo pupillo
f) al caro Howard Lancaster forse
sarebbe venuto un infarto
all’idea della sua amatissima figliola insieme a lui
g) …a
quell’età, con quella storia, con quel corpo e
viso
martoriati, riusciva ancora ad acchiappare!...più o meno.
«già,
dimenticavo, tu la mia
fidanzata la
conosci bene» disse Kevin estremamente seccato
all’idea. Povero. Gli seccava
già così, e non sapeva niente.
«non essere ridicolo.
È solo che una come lei non gradisce
di essere assillata, ecco tutto, non ci vuole un genio per capirlo,
né serve
conoscerla poi così tanto bene».
«parli bene, peccato che
poi vi divertiate a farmi sentire
un ignorante».
Flash lo guardò perplesso.
«prego?»
«ve ne uscite con i
commenti in latino quando c’è il TG!»
Un paio di sere prima era passata la
notizia della morte
dell’ultimo discendente di una delle tante stirpi di nobili
che pur avendo
perduto la propria reale importanza continuavano comunque a mantenere
il
titolo, e Flash se n’era uscito con “Pallida Mors,
aequo pulsat pede pauperum
tabernas regumque turris”. Il fatto che avesse avuto una
pessima vita non
voleva certo dire che fosse ignorante.
Kevin se n’era uscito con
un “eh?” di totale incomprensione.
Ed Emerald aveva tradotto
“la pallida morte con piede
imparziale bussa alle stamberghe dei poveri e ai palazzi dei re.
Orazio, Odi,
I,4,13 ”.
E
lui aveva provato
quel che doveva provare costantemente Kid Muscle, che comunque era ben
più
ignorante di lui.
«ah, ma quello non
è niente…»
«commenti in latino,
discussioni su sproloqui di vecchi
cinesi…»
“…‘L’Arte
della Guerra’ = sproloquio di un vecchio
cinese…poveri noi” pensò il russo.
«e fate quel gioco
strano!»
«…Mah
Jong».
«appunto. E mi tagliate
fuori, cosa che invece dato che IO
sono il suo fidanzato non dovrebbe succedere!»
«Kevin, noi ad insegnarti
ci abbiamo provato. Ma tu non hai
avuto la pazienza di imparare!»
Proprio in quel momento la porta di
casa si aprì.
«sono tornat-mmmh!»
Emerald non poté nemmeno finire di parlare che si
trovò la bocca impegnata da
quella del suo ragazzo, che da come si comportava sembrava non averla
vista per
anni invece che solo per qualche ora «…devo
esserti mancata parecchio, mh?»
«già»
confermò lui prendendola in braccio ed andando sul
divano. Per quello che lo riguardava Warsman, Orazio e il Mah Jong non
esistevano più! «che avete fatto tutto questo
tempo?»
«abbiamo mangiato e poi
siamo andati al cinema. E guarda,
secondo me Terry e Trixie andranno a finire
insieme…»
«delle due T non so quale
sia peggio…»
«Kevin, non fare
l’acido… Capitan Pantaloni Aderenti basta e
avanza» aggiunse poi, vedendo il suddetto sedersi sulla
poltrona. Se ne sarebbe
andato solo dopo cena, come al solito.
«se io sono acido tu sei
velenosa. Vipera».
«i serpenti li mangiano, i
sorci» gli ricordò la ragazza.
«non costringetemi a farvi
smettere con le cattive!» li
avvertì Kevin.
Certo che a volte gli sembrava
proprio di avere a che fare
con due bambini.
«è lei che ha
iniziato».
«che porti i pantaloni
aderenti è un dato di fatto».
«anche tu porti i
pantaloncini corti, ma non ti chiamo
Capitan Pantaloncini Invisibili!»
«perché infatti
non sono invisibili, si vedono. Proprio
come le tue chiappe mosce».
«BASTA HO DETTO!»
sbottò infine Kevin.
«…mpf»
fu la risposta di entrambi.
«io non ti
sopporto» borbottò Hammy all’indirizzo
di Flash.
«e io ti odio
profondamente».
Altro momento di silenzio nel quale
Emerald si accoccolò
contro Kevin.
«Mah Jong?»
Peccato che non parlasse con lui,
però.
«Mah Jong sia! Ti
straccerò stavolta, Lancaster» disse con
una gran sicumera il russo alzandosi ed andando a prendere il gioco.
«dai, impara a giocare
anche tu» bisbigliò la ragazza a
Kevin «guarda che è divertente, giuro».
«io avrei preferito andare
di sopra…»
«FLASH! Il Mah Jong va per
un’altra volta!» strillò Emerald
afferrando Kevin per un braccio e trascinandolo su per le scale.
E l’inglese non riusciva a
capire se lei lo stava
effettivamente trascinando o fosse lui stesso a non opporre la minima
resistenza.
Ovviamente, considerando che Hammy lo
aveva afferrato con la
destra, era la prima opzione.
«…ma cosa
c’è di più importante del Mah
Jong?!»
“eccetto il
tango” aggiunse mentalmente “ma tanto quello va
per dopo”.
Emerald lo guardò facendo
un gesto come a dire “ma non è
ovvio?!”.
«siamo due quasi ventenni
fidanzati da pochi mesi, secondo te
a che mi riferisco?!»
«alla tua
attività preferita, immagino…»
«non è tempo di
chiacchiere!!!» si intromise Kevin, stavolta
trascinando lui Emerald in camera
e
quasi sbattendosi la porta alle spalle quando entrarono.
Il russo osservò il gioco
da tavolo che aveva in mano e lo
posò sopra il tavolo prima di andare via e tornare a casa
propria.
Magari nell’attesa che
arrivassero le dieci avrebbe potuto
fare qualche solitario con le carte.
O guardare la tv.
O mettersi a curare il giardino.
O leggere.
O magari riprovare ancora a creare un
profilo in quel sito
di incontri…
“seh, mh, dovresti scrivere
così: ‘mezzo robot russo svitato
e con le chiappe mosce cerca compagna con pari
caratteristiche’…”
Tale era stato il commento di Emerald
quando lo aveva
beccato. Pensare che fino a pochi mesi prima…no, il sarcasmo
non era mai
mancato, come discussioni, lotte e litigate epiche.
E non solo.
Ma era anche per quello che il fatto
che adesso potesse
stare con qualcuno solo per una sera al mese, passando le altre in
completa
solitudine, lo trovava quasi ingiusto. Ok, ci era abituato. Ma non
voleva dire
che questo lo rendesse più piacevole…
Il telefono squillò.
Strano.
Il russo non capiva chi potesse
essere. Nel dubbio non
rispose nemmeno, lasciando partire la segreteria telefonica.
– Emerald
Janice
Verbena Phoebe Lancaster, questa è una comunicazione
ufficiale della Scuola di
Ercole…
“…cosa?!”
pensò il russo allibito “perché la
Scuola di
Ercole la cerca? A meno che non abbiano saputo del
braccio…”
– causa
ampliamento
organico domani tu ed altre due ragazze umane verrete prelevate e
portate qui,
insieme a due chojiin di stanza sulla Terra ed una del Pianeta dei
Demoni che
necessitano di un “aggiornamento”.
“ad Emerald non
farà piacere saperlo. Ma non mi spiego il
motivo per cui…tre ragazze umane e tre
chojiin…cosa vuol fare MacMadd, una
specie di super gruppo tutto femminile?”
Precisamente. Avendo ricevuto
moltissime proteste da diverse
associazioni femministe per la scarsità di wrestlers donne,
aveva deciso di
rimediare. Inizialmente non era affatto convinto, aveva sempre pensato
anch’egli
che il wrestling non fosse cosa da donne, ma quando le associazioni in
questione avevano offerto dei finanziamenti alla scuola, beh…
“MacMadd avrà
chiamato qui convinto che lei viva ancora in
questa casa, probabilmente. Comunque alla ragazzina lo dirò
dopo la serata di
tango, altrimenti finiremmo per perdere…eh, già!
Ma se va via non si sa per
quanto alla Scuola di Ercole, io poi con chi ballo?”
pensò improvvisamente “e
Kevin come la prenderà? Ma più che altro mi
immagino la reazione di lei…”
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Capitolo 2 *** Partenza! ***
Ultime due note, ultima presa, ultimo
ed unico pensiero:
“ce le andiamo a
cercare”.
Agli applausi della folla ormai erano
abituati.
«adesso possiamo anche
staccarci» disse piano il russo.
«sei tu che
mi stai tenendo. Genio».
Si staccarono, si inchinarono. Le
altre coppie avevano
capito di non avere speranze di vittoria già da un pezzo. Ed
infatti è ad
Emerald e Warsman che i giudici consegnarono il trofeo, per
l’ennesima volta.
«siete diventati
un’istituzione ormai» disse uno di loro
porgendogli il trofeo «da dove tirate fuori tanta
intensità?»
«dal fatto che ci odiamo
profondamente».
«lui è il mio
Nemico Numero Uno. È normale».
Il giudice li guardò
perplesso e scosse la testa, tornando a
sedere mentre i due uscivano dal locale soddisfatti.
«veni, vidi, vici!»
disse Hammy «naturalmente è tutto
merito mio…»
«ma direi proprio di no. A
fare il grosso del lavoro sono
io, tutto quel che fai tu è mettere vestiti
tattici» aprì la macchina, Emerald
salì prima di lui.
«…che vuol dire
vestiti tattici?»
«che mostrano
“per errore” il più possibile»
ribatté lui
salendo a sua volta e mettendo in moto.
«Flash, tu sai benissimo
che i vestiti da tango devono
lasciare libertà di movimento».
Partirono.
«ma ce ne sono alcuni con
spacchi più ragionevoli, che non
arrivano fin oltre metà coscia!»
«me li posso permettere. Mi
sa che la faccenda crea problemi
solo a te, che evidentemente temi di non riuscire ad evitare di
saltarmi addosso
come un-»
«non ti azzardare a finire
la frase, o ti strangolo» la
avvertì il russo, capendo che la successiva parola sarebbe
stata “animale”.
«ci hai già
provato una volta e ti è andata male,
figuriamoci adesso» lo prese in giro lei, con una risata.
«ridi, ridi, che oggi
è l’ultimo giorno!» disse Warsman in
un tono che alla ragazza non piacque affatto, e che uccise quella
risata come
avrebbe potuto fare un sicario professionista. Emerald accese comunque
il
cellulare, mentre lo guardava.
«che cavolo vuoi
dire?!»
Bi-bip ripetuti dal cellulare.
«…sette messaggi
da Ro’ e quattro da Jacqueline?...la
faccenda diventa sempre più stran-» il telefono
iniziò a squillare «Jacqueline
mi sta chiamando!...pronto?»
– miracolo, la
signorina ha deciso di rispondere.
«si può sapere
che hai da massaggiarmi di continuo come uno
stalker?! …o come Kevin? »
Se non avesse dovuto guardare la
strada Flash avrebbe alzato
gli occhi al cielo.
Se non altro la telefonata della
MacMadd, che lui da dopo il
Torneo non sopportava granché -e ancora non si spiegava come
fosse possibile
che lei ed Hammy avessero iniziato a frequentarsi!- gli avrebbe
risparmiato
dover spiegare ad Emerald che…
– non ti hanno
ancora chiamato?...sia per aumentare
l’organico che a causa di varie proteste di alcuni gruppi di
femministe mio
padre e mio fratello vogliono mettere su una squadra di sei donne, tre
sono già
chojiin che vengono a fare una sorta di
“aggiornamento” e tre…lo diventeranno.
E indovina un po’a chi tocca?
Emerald sbiancò.
«…ma nemmeno per
idea».
– è
quel che ho detto anch’io, ma mio padre è stato
chiaro sul fatto che se un giorno voglio prendere il posto di mio
fratello devo
unirmi a questa squadra. Oh, non posso pensarci…i miei
poveri capelli, le mie
povere unghie,alla Scuola di Ercole
mi
rovinerò tutta!
«ah, quindi la fregatura
l’hai presa bella! Io comunque non
ci sto, mi spiace».
– non
è questione di starci o meno, è già
stato tutto
deciso. Vengono a prenderti domani.
«ma io non ci voglio
venire. Non sono interessata. Io faccio
la DJ, va bene?!»
– sei figlia di
un chojiin e sei stata addestrata, temo
che tu non abbia scuse.
«non ho bisogno di scuse,
se io in un posto non ci voglio
andare non ci vado, tanto più alla Scuola di Ercole!...e
comunque…mi hanno
sparato…»
– i dati dicono
che sei tornata perfettamente in forma.
«fisicamente forse ma
psicologicamente ah ahimé ho ancora
gli incubi…ehm…non è credibile
vero?»
«ma quanto mi sto
divertendo…» commentò Flash
«ti spaventa
la fatica, Lancaster? La vera fatica?»
«no, mi spaventa
l’idea di finire a rompere il muso ad un
certo vecchiaccio inglese che guarda caso è il padre del mio
ragazzo.
Jacqueline» tornò a parlare al telefono «io
non ci vengo. Non è
questione. Stanotte sparisco, e se mi vorranno dovranno stanarmi,
ammazzarmi e
trascinarmi lì dentro come cadavere!»
– eppure
partiresti avvantaggiata, al contrario di
quella ragazza con le codine che sta dietro a Kid Muscle tu hai un
addestramento serio alle spalle. E anche io, qualcosina…
In fin dei conti Jacqueline non
poteva non aver fatto
proprio niente-niente se poteva lanciarsi da un elicottero ed atterrare
elegantemente e senza farsi male, giusto?
« cosa? Roxanne?! Ma
perché lei, che diavolo c’entra?!»
«la ragazzina due
codini?» anche il russo era un po’stupito
«c’entra poco, effettivamente».
– è in
mezzo al mondo del wrestling, ha dato prova di
sapersela più o meno cavare e…mi sa che mio padre
e mio fratello non avevano
altre idee.
«la
ammazzeranno!...e…le tre chojiin chi sarebbero?»
– Anubi Crea
dall’Egitto, Kirika dal Pianeta dei Demoni e
Fiona dalla Romania…
«Fiona,
“Diva From The Hell”. È
l’unica di cui ho sentito parlare!»
– quella con i
capelli rosa e la treccia.
«ho capito».
– quindi domani
ti farai prelevare o sarai già sparita?
Breve silenzio da parte di Hammy.
«non lo so. Ciao,
Jacqueline».
E prima che la rossa potesse
ribattere, Emerald aveva già
riattaccato.
«ma
perché?» borbottò poi la londinese
«io non ho mai voluto
saperne niente…»
«fai una telefonata a
paparino, che così ti toglierà le
castagne dal fuoco» nella frase del russo era ben udibile una
punta di scherno.
Aveva sempre trovato uno spreco che Emerald facesse la DJ a tempo perso
quando
avrebbe potuto, appunto, farsi addestrare alla Scuola di Ercole ed
ottenere il
titolo di chojiin. Aveva una memoria eidetica che le avrebbe consentito
di
imparare subito tutto quel che c’era da imparare, non era una
povera donnetta
indifesa neanche prima quando ancora non aveva i naniti e dunque
avrebbe potuto
ottenere buoni risultati…si, si, era un vero spreco, non
c’era altro modo di
definirlo.
«sono tentata. Mi
basterebbe davvero una telefonata per
rimanere qui».
«da buona
vigliacca».
Lei gli lanciò
un’occhiata truce. «da buona vigliacca che ti
ha salvato le chiappe prendendo quel che doveva toccare a te».
Già.
«appunto. Non ti capisco.
Potresti imparare tutto
velocemente, hai un buon addestramento alle spalle, il coraggio non ti
manca
nemmeno quando devi affrontare nemici più grossi e forti di
te» e lo diceva
perchè lo aveva sperimentato sulla propria pelle!
«hai anche un “potere” che è
ancora segreto dato che ti hanno classificata come umana,
perché vuoi sprecare
l’occasione di diventare una chojiin vera e
propria?»
«magari perché
non me ne frega niente?! E poi ho un
fidanzato di cui occuparmi!»
«so che a volte si comporta
come tale, ma Kevin non è un
bambino. Non proprio. Non sempre» aggiunse «ti
consentirebbe di avvicinarti
ancor di più a lui».
«standogli lontana per non
so quanto?!»
«se temi che possa
rimpiazzarti non hai capito niente di
quel ragazzo» disse il russo «chi altri avrebbe
aspettato per tutto quel tempo
una sciocca come te? guarda che lui si dichiara ufficialmente
fidanzato».
«…lo
so».
«ed è della mia
stessa idea sullo spreco di potenziale. Non
credere che non me ne abbia parlato».
Ne aveva parlato anche a lei,
più volte. Aveva accettato,
come anche Howard, l’idea che lei volesse fare altro. Ma non
significava che né
lui né Howard stesso fossero ultra-super-iper-mega-felici.
«lo ha detto anche a
me».
«forse Kevin soffrirebbe un
po’per la temporanea
separazione, ma…è temporanea, appunto. E sa che
è necessaria. Io penso che
andando alla Scuola di Ercole e tornando come chojiin diplomata lo
faresti
molto contento».
«tu mi vuoi solo fuori
dalle scatole, e ti auguri che non
sopravviva all’esperienza».
«è vero che ti
voglio fuori dalle scatole, ma ad ucciderti
posso essere solo io» disse, e vedendo la faccia della
ragazza sospirò
«Emerald, alla fine fa’un po’come credi.
E tira giù quei piedi dal sedile».
«non scartavetrare le
palle» borbottò lei, dopo aver tirato
su le gambe, averle abbracciate ed aver posato la testa sulle ginocchia
«non è
una decisione facile. E poi…a Kevin vorrei dirlo subito
ma…»
«col sonnifero
l’hai addormentato, con lo stimolante lo
svegli».
«si, e quanta roba gli
diamo?!...ma d’altro canto mi sa che
mi toccherà fare proprio
così…» un grosso sospiro «che
immenso casino. Io lassù
non ci voglio andare, ma se mi rifiuto so che non farei felice
né Kevin, né
papà…»
«né
me».
Breve silenzio.
«di te chissenefrega.
Comunque non è solo quello. C’è anche
Roxanne che…beh…è davvero quella che
parte più svantaggiata, e non penso che
Jackie le darebbe una mano, ma le servirà.
Insomma…non penso che anche se siamo
ragazze gli allenamenti saranno così tanto meno
duri».
«concordo».
Che doveva fare Hammy?
Rifiutarsi di andare, visto che ne
aveva modo, e fregarsene
di tutto e tutti sapendo di deludere le persone a cui teneva di
più in tutta la
galassia e che avrebbe lasciato un’amica nei guai…
O andare?
“facile che quelli
lassù tentino di rendermi la vita un
inferno. No, mi correggo: quello”.
Ergo, Robin Mask. Ed Emerald sapeva,
dai racconti dei
ragazzi, che nella Scuola era proibito avere contatti con
l’esterno, se non in
casi speciali…
“quel divieto volendo si
può aggirare in vari modi. E poi a
Robin Mask volendo lo acchiappo per la collottola e lo lancio cento
metri più
in là” si disse “mi sa
che…si, forse…potrei sempre prenderlo come
un’altra
avventura, e…mh…non lo so, non lo so.
È che a me piace fare le cose a modo mio,
e lassù ci sono regole, regole sulle regole, regole sulle
regole che regolano
le regole, insomma è una gran rottura…fammi
chiamare papà, và”.
«che fai?»
«chiamo mio
padre».
«…ah».
Pur sapendo che ora teoricamente
Howard H.R.J. Lancaster non
costituiva più un pericolo per lui non significava che fosse
lieto di sentirne
la voce, anche solo per sbaglio.
– Hammy. Ormai
lì da te è notte inoltrata – osservò
l’uomo, allarmato – è successo
qualcosa?
«hanno chiamato quelli
della Scuola di Ercole. Praticamente
vogliono fare un super gruppo completamente femminile, costituito da
tre chojiin
da aggiornare e tre umane…tra le
quali…io».
Breve pausa di silenzio
dall’altra parte.
– sei
convalescente. Non sono convinto che sia bene per
te.
Assurdo, pensò, eppure
purtroppo lo sapevano tutti da
cos’era uscita Emerald appena qualche mese prima, era una
cosa idiota che
l’avessero contattata! Certo, era vero che sua figlia stava
benissimo adesso. a
dirla tutta non era mai stata meglio
in vita sua. Ma gli altri che ne sapevano?!
«non è tanto per
quello che nemmeno io so che fare…io sto
bene. E poi adesso con quei naniti non sono più esattamente
umana».
Certo che i MacMadd dovevano essere
proprio alla
disperazione, se avevano preso quella decisione. Non tanto quella di
creare un
gruppo di lottatrici, per come la pensava Howard se erano ben
addestrate come
lui aveva addestrato Emerald potevano benissimo stare sul ring; inoltre
c’era
quella ragazza rumena, Fiona, che teneva alto l’orgoglio
delle donne nel
wrestling ed era la prova vivente che il suo pensiero era corretto. Ma
a parte
Hammy…Howard non aveva notizie sul fatto che altri suoi ex
colleghi avessero
avuto qualche figlio, a parte quelli già conosciuti
s’intende. Quindi che
volevano fare, prendere due ragazze qualunque e mandarle allo
sbaraglio?!
– continua a
tenerlo per te, strategicamente è la miglior
cosa. Sai chi ci sarà nel gruppo oltre a te? le due umane in
particolare?
«umane ci siamo io
e…l’ho trovato assurdo quando me l’hanno
detto, ma le altre due sono la mia amica Roxanne -quella coi codini,
sai- e la
sorella di Ikimon MacMadd».
– …ma
che hanno nel cervello, segatura? Roba da non
credere, un conto è addestrare figlie
di
chojiin, un altro prendere due ragazze a caso e gettarle nella mischia!
«penso che Jacqueline
qualcosina abbia fatto, a preoccuparmi
è Roxanne che…si, ok…i teppistelli del
quartiere li picchia, ma…»
Warsman continuava a guidare senza
dire una parola.
Lui non era lì.
Finché Howard poteva
sentirlo, lui non era lì.
– sai che posso
farti sparire o bloccare la procedura, se
vuoi.
«si lo so. Ma so pure che
tu avresti voluto che anche io,
come te in passato, frequentassi la Scuola di Ercole».
Peraltro Howard Lancaster e Robin
Mask si erano conosciuti
meglio proprio in quel frangente. Erano stati presentati già
prima, ma la vera
amicizia era nata lì nella scuola; Howard era un
“novellino”, allora, e Robin
era in un periodo di aggiornamento. La cosa divertente è che
avevano finito
comunque per diventare istruttori della Lega nello stesso anno.
– ma dovresti
anche sapere che per me conta quel che vuoi
tu, non quel che voglio io.
«si, so anche questo.
Verranno a prelevarmi già domani, ed
io non so che fare. A me non è mai interessato diventare una
chojiin vera e
propria, ma se vado sia tu che Kevin sareste contenti perché
tornerei come
wrestler diplomata, e potrei aiutare Roxanne che altrimenti non so come
se la
caverebbe».
– la scelta sta a
te. Io ti appoggerò qualunque essa sia.
Un minuto di silenzio.
«non posso lasciare Roxanne
ad affrontare da sola una cosa
così».
– quindi partirai
per aiutare la tua amica.
«…si».
Ed Howard Lancaster non sapeva se
essere più fiero o
preoccupato per questo.
– chi
l’avrebbe detto che alla fine saresti andata lì
anche tu?
«io senz’altro
no».
– come on,
Hammy. Secondo me la
decisione che hai preso è giusta.
“anche perché la
tiene lontano dal quel teppista da
strapazzo del figlio di Robin Mask, il che non è
male” pensò Howard.
Per poi rendersi conto di una cosa
fondamentale.
Forse l’avrebbe tenuta
lontana da Kevin, ma l’avrebbe tenuta
fin troppo vicina a Robin.
Ed Howard sapeva che tra i due Mask
il più giovane, tutto
sommato, era il male minore.
Non che lui avesse paura di Robin
Mask, tutt’altro. Se mai
era Robin, a dover avere paura di lui. E gliel’aveva
ampiamente dimostrando,
umiliandolo pure, annullando l’Assalto Olap. Solo che
l’idea di Emerald sola,
lassù…
“non
c’è solo Robin Mask lassù. Fuori dal
ring Ramenman,
Buffaloman, Sozumi, i due cugini americani e gli altri sono tutte
quante brave
persone che non permetterebbero che ad Emerald venga fatto del male al
di fuori
degli allenamenti” pensò “specialmente
se ci tengono a far si che la Scuola di
Ercole non venga rasa al suolo dal mio esercito” aggiunse.
– solo
una cosa.
Continueremo a sentirci tutti i giorni, ok? Due volte al giorno.
«a dire il vero quello
sarebbe proibito».
–
lo faremo diventare
lecito, right?
«right.
Sarebbe
bello poter evitare di perdere i contatti con la gente a cui
tengo».
Ennesima alzata di occhi da parte del
russo, che i
favoritismi non li aveva mai visti di buon occhio.
– tranquilla.
Tu non
pensare a nulla se non ad affrontare quest’avventura con
più serenità
possibile. E se mai succedesse qualcosa che non dovrebbe succedere, non
esitare
ad avvertirmi. Ciao, Hammy.
Dopo quella telefonata Emerald era
decisamente più calma.
«mi sento già meglio».
«comodo avere sempre le
spalle coperte. Già mi immagino il
discorso in stile mafioso di tuo padre ai MacMadd».
«piantala, lui non
è così!»
Finalmente erano arrivati davanti a
casa di Kevin.
«quante volte
dovrà spararti per farti capire che lui invece
è proprio così?»
Emerald scese brusca
dall’auto. «tu vedi solo quello che ti
pare».
«mi sa che a vedere quel
che ti pare sei tu. Chissà che la
permanenza nella Scuola di Ercole non ti svegli un
po’».
Il russo continuò a
guidare lungo la via, ed Hammy rientrò
in casa. La prima cosa che fece fu una doccia veloce, per poi entrare
nella
camera da letto nella quale Kevin dormiva profondamente.
Era così carino che non se
la sentì di svegliarlo, e decise
che gli avrebbe detto della cosa il mattino dopo, mettendosi
così a riempire il
borsone con qualche canottiera, dei pantaloncini, delle felpe e
parecchio
intimo.
Lei, alla Scuola di Ercole.
Non ci credeva ancora.
Il telefono di Vance MacMadd lo
svegliò a notte fonda con
dei potenti squilli.
Si rigirò nel letto con
dei grugniti. Erano le quattro meno un quarto
del mattino,
Cristo.
«mmmfhmhr, chi mi secca a
quest’or-»
– sono
Howard
Lancaster, Mr. MacMadd.
Sentire quel nome lo fece svegliare
del tutto,
all’improvviso, con un’assurda morsa ghiacciata
allo stomaco. Vance era un
altro di quelli che ricordavano bene cos’era successo mesi
prima. E, se era
successo, era stata anche colpa sua.
Si era lasciato corrompere con una
valigetta piena di tanti
bei milioni di sterline, ed Howard aveva quasi compiuto un atto
terroristico
occupando lo stadio col suo esercito, per non parlare del fatto che
c’era stata
quasi un’esecuzione pubblica!
«ah! Ehm!...di-dimmi,
Lancaster…»
– mi
perdonerà per
l’ora tarda, ma è qualcosa della massima
importanza. Allora, ho sentito dire
che la Muscle League vuole creare un super gruppo tutto di lottatrici
donne,
giusto? – piccola pausa – tra
le
quali mia figlia Emerald.
«si…beh…capiscimi
Howard, è stata una scelta obbligata,
insomma, è tua figlia…figlia di un chojiin, con
un certo addestramento alle
spalle, presumo…non penso sia qualcosa di ingiusto, e poi io
stesso ho
coinvolto mia figlia Jacqueline, e quanto all’altra ragazza
terrestre mi
sembrava piuttosto idonea…»
– non
è per questo che
ho chiamato, Mr. MacMadd, per quanto sia dell’idea che
mandare due ragazze
qualunque allo sbaraglio sia quantomeno stupida.
MacMadd ingoiò il rospo e
non replicò. Capì che non era il
caso.
«è stata una
cosa improvvisa, capisci. Associazioni di
femministe hanno protestato…ed hanno offerto dei
finanziamenti…»
– e
pecunia non olet,
vero?
MacMadd aggrottò la fronte
perplesso, senza capire quel che
aveva detto. Meglio aspettare che continuasse a parlare, va.
– pur
avendo
tranquillamente modo di rifiutare, mia figlia ha deciso di frequentare
la
Scuola di Ercole. Ma vedi, io quando si tratta di mia figlia tendo a
diventare
apprensivo. Soprattutto dopo l’ultimo incidente. E se divento
apprensivo,
divento anche, come dire, imprevedibile.
Vance deglutì, e rimase
ancora in silenzio.
– potremmo
scongiurare
ogni rischio se mia figlia avesse modo, due volte al giorno, di
comunicare con
me e con chi le vuole bene. Giusto per rassicurarci sul fatto che non
le accada
nulla di anomalo, visto che a me in particolare le
cose…anomale…non piacciono.
«è contro il
regolamento» protestò debolmente Vance.
– ah
davvero. Anche
l’altra volta era “contro il
regolamento”, ma quando hai visto la security - o
meglio, una sua parte - sei stato ragionevole. Security che in questi
mesi tra
l’altro ho più che raddoppiato.
«ah…sul
serio?...raddoppiato».
– più che
raddoppiato. Comunque…a quanto ne so, la Scuola non
è esattamente
in ottime condizioni. Diciamo pure che potrebbe crollare da un momento
all’altro, basterebbe una spintarella. Se però
decidessi di aggirare quella
sciocca regola dei contatti vietati, e vigilassi attentamente in modo
che ad Emerald
-come ho detto prima- non accada niente
di anomalo, avendo qualche soldo da investire potrei decidere
di farlo
nella Scuola che io stesso ho frequentato anni fa. Sarebbe un aiuto da
parte di
un ex collega della Muscle League. Niente di strano.
Discorso che tradotto era:
“fai quello che dico io e diventi
ricco, non farlo e raderò al suolo tutto, vedi un
po’tu cos’è meglio”.
– dunque?
«in effetti ci sarebbero
gli intonaci da rifare…e in fondo
due chiamate non sono chissà che cosa…e, beh,
certamente, per quanto sembri a
posto immagino che Emerald sia reduce da un periodo non proprio
semplice, e
sorvegliare è anche un po’compito
mio…»
– in
particolare
controlli che il mio caro amico Robin non faccia qualche stupidaggine
come
approfittarsi della sua posizione per rendere la vita difficile a mia
figlia.
So che la Scuola di Ercole non è un parco divertimenti, ed
è giusto che Emerald
si alleni come le altre, ma non vorrei che a causa
dell’acredine che Robin ha
verso di me finisse per sfogarsi su mia figlia. Credo che diventerei
furioso, e
quando lo divento non piace a nessuno. In verità diventarlo
non piace nemmeno a
me. Tutto chiaro, Mr. MacMadd?
«cristallino».
– i
primi cinque
milioni di sterline arriveranno oggi stesso sul conto della Scuola. A
risentirci.
Vance sentì Howard
riattaccare.
E capì che si era lasciato
fregare di nuovo.
“ah, macché. Due
telefonate non sono niente, ed ha detto che
vuole che sua figlia si alleni come le altre. Devo solo stare attento
che Robin
Mask non prenda di mira la ragazza, niente di trascendentale. Per
quanto…è
stato Robin stesso a proporre per primo il nome di Emerald per le tre
umane da
addestrare!”
Che, dopo che la sua tecnica
più letale era stata annullata
ed aver diseredato per questo il proprio figlio destinando dunque tutti
i suoi
averi allo Stato, pensando di non avere più niente da
perdere Robin volesse
davvero tentare di rivalersi un minimo sui Lancaster prendendo di mira
Emerald
e facendole passare l’inferno? Anche se era la ragazza di suo
figlio, o forse
anche per quello? Voleva davvero scavarsi la fossa in quel modo?!
Eppure lo
aveva visto cos’era capace di fare Howard se si infastidiva
sua figlia.
“sono tutte illazioni, le
mie, non ho uno straccio di prova.
E tra l’altro è meglio che riprovi a
dormire”.
E per riuscire
nell’impresa, invece delle pecore, si divertì
a contare i milioni che gli sarebbero entrati in tasca.
:: nove del
mattino,
Tokyo ::
«io…francamente
sono diviso in due. Se da un lato sono
contento che tu finalmente ti sia decisa a smetterla di sprecare le tue
potenzialità, dall’altro so che mi mancherai. E
parecchio».
Kevin lo trovava quasi ingiusto,
pochi mesi -finalmente-
insieme, e lei già doveva ripartire. Ma d’altro
lato non era sciocco, e si
rendeva conto che quello era lo “sviluppo naturale”
che doveva avere la figlia
di un chojin, altro che andare a fare la DJ nei locali!
«mi mancherai anche tu.
Magari ogni tanto fuggirò di notte e
ti verrò a trovare».
«sarebbe bello, ma voglio
che tu prenda questa cosa sul
serio ed eviti di farti espellere, Scimmiattolo».
«anche prendendo la cosa
seriamente non posso garantirti che
non mi espelleranno, visto che…di’, ma spaccare i
denti ad un istruttore
comporta l’espulsione?»
«non partire con questi
presupposti!» la avvertì seccamente
l’inglese «e si, spaccare i denti a mio padre
comporterebbe l’espulsione!»
«…il
naso?»
«Emerald!»
«…un calcio
nelle palle?»
«NO!»
«ok, tanto tu non sarai
lassù ad impedirmelo».
«di’, ma ti
piacerebbe se io spaccassi i denti a tuo padre?»
«mio padre non è
uno stronzo diseredatore folle».
«Emerald…non voglio
che insulti mio padre, va bene? io non dico che il tuo
è un pazzo che al
posto di uomini vede volpi e considera il mondo come una riserva di
caccia, e
tu non dici che il mio è uno stronzo diseredatore folle,
idiota e tutti gli altri
epiteti che ti ho sentita rivolgergli in questi mesi!»
Emerald sollevò un
sopracciglio.
«ok, lasciamo i padri da
parte prima che diventino causa di
un vero litigio».
«saggia decisione. Vieni
qui» la abbracciò forte
«quant’è
che starai via?»
«tre mesi, o qualcosa del
genere».
«l’idea di non
sentirci tre mesi però mi fa diventare
matto».
«ah, quello l’ho
risolto…»
Kevin la guardò perplesso.
«che vuoi dire? le regole dicono
espressamente che…non vorrai cercare di contattarmi di
nascosto? Anche per
quello potresti essere espulsa».
«no, no, non
c’è pericolo. Ho ricevuto un messaggio di
papà
che diceva che Mr. MacMadd non ha problemi a lasciarmi telefonare due
volte al
giorno alle persone che voglio sentire!»
“ah. Mi immagino il
discorso del mio adorabile futuro
suocero, ‘lascia che mia figlia mi telefoni o faccio
distruggere la Scuola di
Ercole da una bomba atomica, right?’…”
pensò Kevin.
«avrei dovuto
immaginarmelo. Credevo che volessi fare sul
serio…»
«avresti preferito non
sentirmi davvero per tre mesi quindi?!»
«no! Sto solo dicendo che
con queste premesse…è che non mi
piacciono i favoritismi, lo sai. E probabilmente tuo padre
avrà preteso per te
una suite superlusso, che le ore di allenamento fossero dimezzate e che
tu sia
servita e riverita…»
«guarda che anche lui
prende la cosa sul serio. Vuole solo
essere sicuro che non succeda niente di anomalo, visto che
lassù c’è il tuo
adorabile papà».
«tsk. Come se tu fossi una
bambolina indifesa, ma per
favore» sbottò «non si rende proprio
conto che volendo sei in grado di mandare
la gente all’ospedale! Eppure dovrebbe saperlo dato che ti ha
insegnato tutto
lui!»
«è normale che
si preoccupi per me».
«lui si preoccupa TROPPO!
Ed hai visto a cos’ha portato. È
che…non vorrei che andasse a finire male di nuovo. Ho
rischiato di perderti una
volta, basta e avanza».
La ragazza gli si
arrampicò addosso, sollevò la maschera e
lo baciò.
«non perderai nessuno, la
nostra promessa vale ancora».
«ecco, a tal
proposito…»
«dimmi».
Kevin rimase un po’in
silenzio. «…niente. Volevo dirti che
sei un incrocio tra una scimmia, uno scoiattolo ed un koala».
Il campanello suonò, ma la
porta principale era già aperta.
«tre mesi senza
rompiscatole, finalmente un po’di
respiro…»
«tre mesi senza il russo
psicotico attorno, finalmente un
po’di respiro!» ribatté Emerald.
«…ma non
riuscite ad evitare di litigare nemmeno adesso?! La
nave della Scuola di Ercole arriverà a minuti!»
«mi raccomando Kev, fatti
insegnare a giocare a Mah Jong.
Così quando torno potremo giocare in tre» gli
diede un ultimo bacio e poi
scese, uscendo dalla porta col borsone.
«giocare in
tre?...» disse piano Flash, così che solo lei lo
sentisse.
«che vecchio porcello,
mamma mia» sbuffò lei «non che il
posto in cui sto andando sia meglio. Lì di vecchi porcelloni
è pieno».
«allora ti
divertirai».
«mai quanto tua madre sulla
statale. Le sue gambe non si
trovano vicine da talmente tanto tempo da aver segnalato
vicendevolmente la
sparizione a “Chi l’ha visto?”».
Flash avrebbe voluto rispondere a
tono, ma proprio in quel
momento arrivò l’astronave della Scuola di Ercole.
Il portello si aprì.
«Emerald!»
Roxanne, che si sbracciava, ed aveva
l’aria decisamente
ansiosa.
“è proprio per
via tua che ho accettato” pensò Hammy,
facendo tre passi avanti.
«dai, muoviti, aspettiamo
solo te!»
«tanta fretta di rovinarti
i capelli, JJ?»
«…non
ricordarmelo…»
Emerald chiuse brevemente gli occhi,
scosse la testa e
sorrise.
Guardando lassù vide le
altre ragazze che avrebbero fatto
parte del gruppo, delle quali riconobbe solo Fiona.
«ci vediamo tra tre
mesi» disse a Kevin con un sorriso
triste. Guardò anche Warsman, ma non disse nulla.
Il raggio traente la
illuminò, e lei iniziò a salire su.
«Emerald!»
solo a
quel punto Kevin si decise a dirle quel che avrebbe voluto dirle prima
«quando
tornerai mi sposi?!»
«come hai detto? Non ti
sento! C’è un sacco di rumore qui!
Ciao, ciao!» esclamò Emerald, appena prima che il
portello si chiudesse e
l’astronave partisse.
La ragazza si guardò
attorno. Certo che non era grandissima,
l’astronave. Vabbè, in fondo erano solo in sei.
«ti aveva chiesto di
sposarlo, comunque» fu la prima frase
che le venne rivolta «se l’ho sentito io da qui
dovresti averlo sentito anche
tu!»
A parlare era stata…
“oddio, Bernadette di The
Big Bang Theory senza occhiali e
con le orecchie da sciacallo?” pensò Hammy.
…Anubi Crea, una chojiin
proveniente dall’Egitto. Era di
poco più bassa di lei ma comunque ben fatta, vestita con
abiti tipici del suo
Paese. Una ragazza piuttosto carina.
Come Bernadette, appunto.
«infatti l’ho
sentito benissimo, ma lasciamo perdere questo
piccolo dettaglio…Emerald J.V.P. Lancaster» si
presentò tendendole la mano, che
venne prontamente stretta.
«Anubi Crea. Sono una
chojiin e vengo dall’Egitto».
«piacere di
conoscerti».
«piacere mio».
«…non siamo qui
per fare amicizia» disse seccamente una
ragazza alta, con i capelli dello stesso colore di quelli di Kiki,
vestita da
uomo e non troppo bella.
«su, Kirika,
rilassati» sospirò un’altra ragazza,
anche lei
abbastanza alta, con gli occhi azzurri ed una lunga treccia rosa
«io sono Fiona,
piacere…»
«Fiona, The Diva from the
Hell! Credo di aver visto qualche
tuo incontro» disse Emerald mentre si stringevano la mano.
Nonostante le sue
difficoltà a farsi delle amiche quelle ragazze sembravano a
posto.
A parte Kirika.
Ma non voleva giudicarla troppo in
fretta.
«io ti ho vista come
secondo di Kid Muscle nella finale del
Torneo. Avrebbe fatto meglio a darti retta...anche se ammetto che la
storia
dell’ipnosi mi ha fatta inquietare».
«il fatto è che
bisogna sapersi far obbedire, ma a me non riesce
ancora benissimo. Magari migliorerò».
«ecco, questo è
lo spirito!» approvò Fiona, che aveva deciso
che Hammy tutto sommato le piaceva.
«già…»
«visto che sei tanto carica
ed ottimista perché non ti
occupi di quelle due rincantucciate nell’angolino a
piagnucolare?»
Sarà. Ma Emerald, a
Kirika, la preferiva quando stava zitta.
«che poi mi domando che ha
da lagnarsi la figlia del
direttore della Scuola di Ercole. Tsk» la ragazza del Pianeta
dei Demoni si
alzò ed andò verso Jacqueline «ti
spaventa la fatica, vero? E anche a te, Due
Codini. Vi auguro di sopravvivere all’esperienza».
«se ce l’ha fatta
Dik Dik Van Dik ce la fanno tutti» disse
con falsissima sicumera Roxanne, sorprendendo comunque Kirika che diede
in una
gran risata.
«dai, dai, che se non altro
hai fegato!»
«effettivamente Van Dik
è arrivato primo e ha vinto solo un
incontro. In coppia. Contro un sedere ed una rana» disse
Anubi Crea «la cosa è
incoraggiante. Magari ce la fanno tutti per davvero!»
«a dire il vero gli
allenamenti sono diventati molto più
duri e severi di prima» disse Jacqueline.
«non mi
preoccupo» spallucciò Fiona
«più duri sono, più
forte divento».
«that’s
right. Ragazze,
consulenza veloce sulle regole…»
«non preoccupatevi di
quelle, ve le diranno subito e
pretenderanno che le impariate tutte alla svelta. Auguri»
disse Kirika.
«Miss memoria eidetica non
avrà problemi in tal senso»
sospirò Jacqueline.
«già».
Roxanne guardò fuori
dall’oblò. Cavolo, aveva paura.
«chi ha la memoria
eidetica? Tu?» la demonessa si avvicinò
ad Emerald «quindi esiste davvero, non è una
chimera».
«ricordi
tutto-tutto-tutto?» le chiese Fiona, incuriosita.
Emerald fece spallucce.
«già. A volte
è utile. Altre però è una maledizione.
Metti,
tenere a mente ogni dettaglio dei momenti piacevoli è una
bella cosa. Tenere a
mente i momentacci no. Ma non è qualcosa che
controllo».
«anche questo è
vero».
«ehm…una
cosa…chi sono gli istruttori più
severi?» domandò
Roxanne.
«tutti» rispose
semplicemente Crea.
«ma i
più-più?» incalzò Jacqueline.
«…tu
teoricamente dovresti saperlo...»
«ma questa avrà
passato la vita nei centri benessere!» disse
Kirika «che ne sa?»
«ehi, non sono digiuna di
addestramento. Solo che tengo
anche al mio aspetto. Cosa che non si può dire di
te».
«non ti permettere
di-»
«ragazze, non sarebbe il
caso di stare calme?» fu Emerald a
mettersi in mezzo «siamo tutte sulla stessa barca. Per noi
è tutto nuovo, ma
anche per voi sarà diverso dall’ultima volta, se
è tutto più complicato».
«togliti di
mezzo».
«toglimi
di mezzo
tu, se ce la fai».
Lungo scambio di sguardi. Nessuna
delle due cedette, ed
Emerald poi era abituata a ben altro che ad una demonessa attaccabrighe.
«mh. Un’altra che
ha fegato» concluse Kirika «vi servirà
tutto quello che avete».
«però non avete
ancora risposto alla domanda» fece notare
Jacqueline.
«beh, i più
severi sono Buffaloman, Ramenman e Robin Mask»
disse Fiona «senza dubbio».
«ah davvero? spero di non
dovermi trovare a rompere i denti
al padre del mio ragazzo» disse Hammy.
«Em, mi sa che
sarà lui a rompere noi» disse Roxanne.
«non fare la
spaccona» sbuffò Jacqueline.
Non lo sapevano, ma Emerald era
serissima. Non era una
spacconata. E aveva pure modo di farlo. Le mancava solo un motivo
valido, o
anche non-proprio-valido-ma-quasi.
«smetterà
presto» disse Kirika.
«davvero, Emerald, non
sarà una passeggiata» la avvisò Crea
«non perché penso che tu valga poco, ma
perché è difficile.
Ecco tutto».
«non ne dubito, ma se posso
i denti glieli spacco lo
stesso».
«ti farai
espellere» disse Fiona.
«ne varrebbe la pena, ed ho
ottimi motivi per farlo. No
Ro’?»
Già. Emerald aveva tutti i
motivi del mondo, per come la
pensava.
«i motivi si. Ma
modo…non so».
«alla fine dovremo averlo
per forza, perché la sfida finale
è quella. E se non la supereremo, niente diploma»
ricordò loro Jacqueline.
«per noi la cosa
è diversa, noi li abbiamo già battuti in
passato, ma la prima volta è tragica» disse Fiona.
«non sempre la prima volta
è tragica. A me è andata bene»
scherzò Hammy con un evidente doppio senso.
L’unica a ridere fu la
demonessa. Le altre…due erano troppo
tese, e due si misero una mano sul viso.
«ah si,
t’è andata bene! Buon per te!»
«…di queste
battute ne fa spesso?» chiese Fiona a Roxanne.
«oh si».
«con tutti, poi»
aggiunse Jacqueline.
«meglio che stia attenta.
Gli istruttori apprezzano il
coraggio ma non perdonano la sfacciataggine».
«magari impareranno prenderla
bene».
Altra risata sguaiata della demonessa.
Ok, via, nemmeno lei era male.
«non penso che impareranno
a prendere bene la
sfacciataggine…» disse Crea.
«era un’altra
battuta a doppio senso» sospirò Fiona.
«oh!»
«no dai, rifletteteci bene:
se un mucchio di uomini stanno
sempre nello stesso posto a seccare le altrui genti e non tornano mai a
casa le
opzioni sono a)sono dei frustrati disammogliati b)hanno una moglie, ma
non
gliela sgancia. No, seriamente: Ramenman ha moglie?»
«non che io
sappia» disse Roxanne.
«Buffaloman ha
moglie?»
«mah. Se ce l’ha
non so» commentò Fiona.
«e la moglie di Robin Mask
per la disperazione ha finto di
morire così che il marito non la facesse cercare ed
è fuggita » concluse
Emerald «tutte conferme alla mia teoria!»
«ma veramente a me risulta
che Alisa Macintosh sia morta
veramente, e non c’è da scherzare su queste
cose» disse secca Crea.
«sulla sua presunta morte
non si sanno molte cose » la
contraddisse Emerald «e a rifletterci bene per Robin Mask
sarebbe stato meno
umiliante dire che era morta, piuttosto che ammettere
un’eventuale fuga».
«illazioni. Tutto campato
in aria» disse anche Jacqueline.
«mica tanto, visto che sto
ripetendo più che altro le
opinioni di Kevin Mask. Se non sa lui quello che dice, non lo sa
nessuno».
«comunque se anche la
signora Mask fosse fuggita di casa non
ci riguarderebbe» concluse Fiona.
«right.
Ma
comunque conferma la mia teoria sul fatto che i rompi sono rompi
perché si
divertono poco!»
«effettivamente mio padre
è veramente insopportabile» disse
Kirika «ed è single!»
Din…don…
“tra cinque minuti
atterreremo alla Scuola di Ercole.
Preparatevi a scendere!”
«tale verità
suprema comunque è bene tenerla per noi» disse
Crea.
«siamo
arrivati…oddio» farfugliò Roxanne.
L’astronave
atterrò, e le sei ragazze scesero in formazione
compatta, con Emerald e Fiona davanti.
«Fi’».
«mh?»
Hammy sputò sulla mano
destra porgendola a Fiona «venti
dollari che spacco i denti a Robin Mask prima della fine di questi tre
mesi».
Dopo una breve esitazione la rumena
sputò a sua volta sulla
mano. «andata».
«ti auguro di sopravvivere
alle tue parole» disse Kirika.
Jacqueline osservava il grande
portone di pietra. Aveva una
gran voglia di salire di nuovo sull’astronave e filarsela.
Idem Roxanne.
Il portone iniziò ad
aprirsi…
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Capitolo 3 *** Di vecchi sessisti ed altre anomalie ***
«ricordi il tuo primo
incubo?»
Era il classico benvenuto che gli
istruttori - Robin Mask
per la precisione - davano ai nuovi allievi al loro arrivo. O anche a
quelli
che venivano in aggiornamento.
Ma se tale frase alquanto cupa
generò in Roxanne un enorme
aumento dell’ansia, un’espressione preoccupata in
Jacqueline, ed un’espressione
seria sui volti di Fiona ed Anubi Crea…
«lo rivivrai ancora, stando
tra questa mura…» anticipò
Kirika piano in falsetto e con espressione annoiata «sempre
la stessa solfa».
«lo rivivrai ancora, stando
tra questa mura…»
«quindi significa che qui
da qualche parte ci sono dei
marshmallow giganti che camminano? Not bad!»
…lo stesso non si poteva
dire né per la demonessa né per
Emerald J.V.P. Lancaster. Non erano i discorsi minacciosi a
spaventarle.
Kirika poi l’aveva
già sentito una volta ed era ancora lì.
L’irrequieta
chojiin del Pianeta dei Demoni, al di là dei discorsi di
avvertimento che aveva
fatto alle nuove arrivate, ricordava i propri trascorsi nella Scuola
quasi
divertita.
Gli istruttori le avevano fatto
passare le pene dell’inferno
nel tentativo di domarla, lei, la figlia del leader degli Psycho
Chojiin, Yama
Khan…ma anche lei non aveva fatto passare loro ore liete. E
nonostante le
punizioni, aveva sempre continuato testardamente a trasgredire regole
su
regole.
Era quella l’idea della
demonessa, che le regole erano fatte
per essere infrante, i miti erano fatti per essere sfatati, ed i
palloni
gonfiati come Robin Mask e compagnia erano fatti per essere sgonfiati
da
qualcuno più pungente di loro.
Fu per questo che, unica in tutto il
gruppo di ragazze
nonché in tutta la stanza
dove si
trovavano, rise sguaiatamente alla battuta con la quale la Lancaster
aveva
rovinato il benvenuto di Robin Mask. Eh si, la ragazzina aveva fegato,
ed era
sfacciata come piacevano a lei. Si chiese solo quanto tutto
ciò avrebbe durato,
chi avrebbe avuto ragione di chi; Emerald su quei vecchiardi, o i
vecchiardi su
Emerald?
«nyah-ah-ah-ah-ah-ah, buona
questa!»
“comincia male”
pensò Fiona “c’è Robin Mask
che la sta
guardando come se volesse ucciderla”.
«…era proprio
necessario?!» sbottò Jacqueline.
«è colpa mia se
nel mio primo incubo c’erano dei marshmallow
giganti?»
«mh, e poi
com’è finito, Lancaster?» le
domandò Kirika.
«come vuoi che sia finito?
Li ho mangiati!»
«nyah-ah-ah-ah-ah-ah!»
«la Scuola di Ercole
è un luogo serio le cui prove vanno
affrontate, dunque, con il massimo impegno. Forse non ti è
ancora chiaro,
Emerald, ma lo sarà presto».
Ramenman era stato pacato, ma anche
freddo e deciso. Non del
tipo che faceva girare le scatole ad Hammy, comunque, che si era resa
conto che
probabilmente non sarebbero stati in molti ad apprezzare il racconto
sui
marshmallow.
«right, Mr.
Ramenman».
«e vi metteremmo
immediatamente al lavoro se…che perdita di
tempo…» borbottò Buffaloman
«se il direttore, il signor MacMadd, non avesse
concesso ai giornalisti di intervistare voi ed anche alcuni di noi
istruttori.
La costituzione di un gruppo di supereroine è qualcosa di
completamente inedito
nella Muscle League…»
«inedito nonché
totalmente inutile dal mio punto di vista»
aggiunse freddamente Robin.
«a prendere le decisioni
però sono io, qui» disse Vance
MacMadd sbucando fuori dall’ombra e dirigendosi vicino alle
ragazze «fatto buon
viaggio?»
L’aveva chiesto a tutte, ma
guardava Emerald. Va’ a capire
perchè.
«si si,
normale…»
Roxanne si fece ancora più
piccola. Lei non era una
vigliacca, ma per una ragazza qualunque quale era lei la situazione in
cui si
trovava poteva risultare decisamente stressante. Per cui Emerald fu
lesta e
poggiarle una mano sulla spalla facendole un piccolo sorriso
d’incoraggiamento,
che lei ricambiò prontamente.
«potevi mandare
un’astronave migliore» sbuffò Jacqueline
all’indirizzo di suo padre «più veloce,
più lussuosa, e con almeno uno
specchio».
«il budget è
quello che è, lo sai» ribatté Vance,
evitando
di dirle che erano appena arrivati cinque nuovi milioni sul conto della
Scuola,
dei quali si era intascato almeno il 95% «Emerald, ad
intervista conclusa
sarebbe il caso che contattassi tuo padre…»
«che cosa?! è
contro le regole!» protestò subito Buffaloman.
«silenzio! L’ho
già detto che qui a prendere decisioni sono
io!» ribatté MacMadd «come stavo
dicendo, che chiamassi tuo padre per dirgli
che è tutto a posto. Cosa che farai anche prima del
coprifuoco. Entrambe le
volte avrai venti minuti. D’accordo?»
Le chojiin, Jacqueline e Roxanne
erano tutte un po’sorprese
da questo fatto. Non che non capissero che, dopo l’incidente,
Howard Lancaster
fosse decisamente in ansia per la figlia. L’incontro di
finale poi l’avevano
visto tutte, e si erano rese bene conto dell’attaccamento
dell’inglese verso la
figlia; tutto quel putiferio l’aveva fatto perché
Warsman, a suo dire, le aveva
messo le mani addosso. Roxanne in particolare sapendo quel che
c’era sotto
comprendeva ancora meglio che sapendo la propria figlia nelle mani di
Robin
Mask, Howard fosse giustamente preoccupato.
Ma non erano proprio felicissime di
questa leggera disparità
di trattamento, pure se in fondo si trattava di un paio di telefonate
al
giorno.
Solo a Kirika e Jacqueline non
fregava proprio niente, dato
che la demonessa quell’idiota quasi -suicida di suo padre
meno lo sentiva
meglio era, e Jacqueline il suo, di padre, lo aveva lì.
«ah, quindi posso
telefonare sul serio?»
«ah-ha. E mi
raccomando…”va tutto bene, non
succede niente
di anomalo, non c’è
di che preoccuparsi”. Di’ così a tuo
padre»
sollevò le sopracciglia inesistenti ed annuì
velocemente con la testa «di’
così, mh?»
Crea e Fiona si scambiarono
un’occhiata, chiedendosi
entrambe
a) quanti milioni
stavolta Howard H.R.J. Lancaster
avesse offerto a Vance MacMadd.
b) se avesse
minacciato di radere al suolo la Scuola
di Ercole se lui ed Emerald non avessero potuto sentirsi!
«beh, finora effettivamente
è andato tutto bene».
«altre clausole speciali,
MacMadd? Ore di allenamento
dimezzate, una stanza superlusso?» chiese Ramenman con una
punta di sarcasmo.
Era un altro che detestava favoritismi e trattamenti speciali di quel
genere.
Un conto era se si trattava di intervenire più intensamente
su qualche
allievo/a che restava indietro per aiutarlo/a a tirare fuori le proprie
potenzialità,
un altro trattarlo/a come un principe o una principessa.
«no, no, che dimezzamenti e
stanze superlusso?!» esclamò
Emerald incrociando le braccia «voglio allenarmi come tutte
le altre, io. Sono
qui per diventare una chojiin, non per passare l’aria. Se
avessi voluto passare
l’aria sarei rimasta a Tokyo».
“mh. Ecco, già
va meglio” pensò l’orientale
“se non altro
dicendo così dimostra di voler fare sul serio al di
là dell’iperprotettività di
suo padre”.
Ramenman era un altro di quelli che
non avrebbe mai
dimenticato. Così come anche Buffaloman.
«infatti così
sarà. Niente privilegi principeschi. Solo
queste due telefonate
giornaliere…nient’altro» disse
rapidamente Vance.
«ok».
Robin Mask non aveva più
detto una parola, sapendo che
altrimenti sarebbe esploso indignato. Ok, erano solo due telefonate.
Ok, la
ragazza eccetto quelle sembrava non desiderare altri privilegi.
Ma per lui, quello era già
più che troppo.
Da quando aveva visto
l’Olap ribaltata…annullata in un modo
così stupido…il nome della sua famiglia
nuovamente macchiato, non solo dai
Kinniku ma anche da Howard Lancaster, dai
Lancaster, non era riuscito a pensare ad altro che ad una
vendetta. Proprio
come gli succedeva una volta con Suguru Kinniku, King Muscle, prima di
iniziare
ad imparare a rispettarlo.
I Lancaster avevano lasciato davvero la sua famiglia senza niente,
ed avevano usato un Kinniku come strumento. Oltre al danno la
beffa, la
beffa suprema…imperdonabile.
Imperdonabile.
Che Howard Lancaster lo facesse pure
ammazzare, dopo. Che
distruggesse pure la Scuola, se ci teneva tanto. Ma lui si sarebbe
preso la sua
vendetta colpendolo dove gli faceva male, ossia angariando in ogni modo
la sua
amata figlioletta che oltretutto sembrava proprio non aver capito in
che
situazione si trovava. Ma l’avrebbe capito presto,
perché l’avrebbe ridotta uno
straccio.
Sarebbe uscita da quella scuola come
l’ombra di quella che
era…se ne fosse mai uscita. E poco gli importava anche che
stesse con suo
figlio.
“figlio”.
Era costretto a chiamare figlio quel
fallito, Cristo.
Lui e gli altri erano tanto impegnati
a dare il “benvenuto”
da non accorgersi che i giornalisti di cui parlava MacMadd si stavano
avvicinando di soppiatto con cineprese, microfoni e fotocamere per
poter
riprendere la situazione “al naturale”. Senza
strani costrutti.
Aki Azumaya in particolare era
convinta che davanti alle
telecamere si sarebbero mostrati tutti tanto entusiasti, carini e
gentili. E
falsi.
«dai
dai…andiamo…non facciamoci
scoprire…»
Quel che voleva lei invece era la
verità. Che in quel caso,
stranamente, sarebbe stata di certo molto più succosa che un
bel pettegolezzo
che aveva ben poco di vero ma molto di scandaloso.
«Aki…penso che
siamo abbastanza vicini» bisbigliò un
cameraman.
«si, infatti questo posto
è perfetto. Mh, mi sembrano tesi…vediamo
che succede».
«ah…Mr. MacMadd?
Un’altra cosa. È un problema se mi tengo
questa?» disse Emerald tirando fuori la doppietta dal
marsupio, facendo
indietreggiare Vance.
«è proibito
anche tenere armi dentro la scuola!» sbottò
Buffaloman.
«è scarica, Mr., e
veramente credo di aver pure dimenticato i proiettili sulla Terra, solo
che per
me è un portafortuna».
«è sempre
un’arma!»
«…però
scarica è meno pericolosa delle corna che ha lei sul
capo, a dirla tutta. Massimo che posso fare è darla in testa
a qualcuno».
«…si
è portata dietro la pistola?» allibì
Roxanne.
«dici che è
scarica davvero?» Anubi Crea aveva qualche
dubbio in proposito.
«se l’ha detto
dovrebbe essere vero, anche perché gli
istruttori potrebbero chiederle di disinserire la sicura e premere il
grilletto
per verificarlo» osservò Fiona «al di
là dei significati simbolici, comunque,
non ha torto a dire che forse una pistola scarica è meno
pericolosa delle corna
di Buffaloman».
«giustappunto, Emerald, se
è scarica non dovresti avere
problemi a fare quel che ha detto Fiona» la esortò
sempre pacatamente Ramenman,
al che la ragazza fece spallucce, tolse la sicura, e sotto gli occhi
allibiti
di tutti se la puntò alla testa premendo il grilletto sei
volte.
«scarica. Visto?»
«sei impazzita?!!
E se ce ne fosse stato uno?!!» urlò
MacMadd pallido come uno straccio all’idea della reazione di
Lancaster padre.
«lo saprò io se
la mia pistola è scarica o meno!»
«…quella della
quasi totalità degli uomini di qui lo è di
sicuro» disse sarcastica Kirika, e stavolta fu Emerald a
darle sostegno con una
risata.
«uff, ma ti ci metti anche
tu?» Crea alzò gli occhi al
cielo.
«allora Mr. MacMadd la
posso tenere si o no?» tornò a
domandare Hammy.
Roxanne non riusciva proprio a
capirla quella ragazza.
Sapendo che a parte due telefonate non avrebbe avuto privilegi di sorta
avrebbe
dovuto essere spaventata, e vedendo come la guardava Robin Mask avrebbe
dovuto
esserlo il triplo, e invece scherzava con quella demonessa dalla quale
lei, dal
canto suo, avrebbe fatto in modo di stare più lontana che
poteva.
«beh a questo punto penso
che tu possa tenerl-»
«no, affatto!»
esplose infine Robin, che non ne
poteva più di quel teatrino. Rapidamente si
avvicinò la ragazza, con la mano
tesa «dammela ».
L’unica reazione di Emerald
in quel caso fu un guizzo
divertito negli occhi smeraldini, mentre le altre -eccetto Kirika che
si stava
trattenendo dal ridere di nuovo, e della grossa- osservano la scena
stando
mute.
«no»
replicò tranquilla la ragazza.
«non era una richiesta, era
un ordine: dammela
immediatamente!»
Fiona si voltò di poco.
«non ridere!» sibilò a Kirika.
«…la vuole
immediatamente, lui…» borbottò piano la
demonessa
dai capelli verdi, sempre più vicina allo scoppiare a ridere.
Fu Crea ad accorgersi di uno
scintillio a poca distanza, lo scintillio
del vetro di una cinepresa.
«mi sa che ci stanno
riprendendo» disse dunque pianissimo
alle altre.
«forse dovremmo
avvisarli» disse Roxanne ancora più piano.
Jacqueline si limitò a voltarsi a favore di telecamera,
dando loro il proprio
lato migliore.
Sollevando un sopracciglio, Emerald
J.V.P. Lancaster invece
di rimettere la pistola nel marsupio o porgerla a Robin Mask tese i
pantaloncini e l’elastico laterale del tanga, per poi mettere
lì la pistola, al
sicuro sotto la stoffa nera simil-jeans ed un altro pezzetto di stoffa
alquanto
irrisorio. Tutto ciò senza mai staccare gli occhi da quelli
assassini del suo
interlocutore.
«mi sa che se proprio la
vuole dovrà prenderla con la forza,
perché di mia volontà non gliela do
senz’altro!» sentì Kirika, che non ce
l’aveva fatta più, scoppiare a ridere come una
matta «e tu che ridi? È una cosa
seria! Il direttore ha detto che posso evitare di dargliela ma lui la pretende!…»
Solo a quel punto anche la giovane
Lancaster notò il breve
scintillio che aveva portato Anubi Crea ad accorgersi dei giornalisti,
capendo
a sua volta che probabilmente tutta quella scena sarebbe andata a
finire dritta
dritta in televisione, in ogni rete della galassia.
E mentre le più serie del
gruppo, ossia Fiona, Crea e
Roxanne, avevano poggiato una mano sul volto, adesso anche Jacqueline
MacMadd
ridacchiava. Quanto a Robin Mask, stava provando un misto letale di
furia allo
stato puro e vergogna. Dileggiato a quel modo davanti ai suoi colleghi,
davanti
alle allieve, davanti al direttore…!
E proprio dalla figlia di Howard
Lancaster!
Se già da prima lei non
gli piaceva proprio perché “troppo
sfacciata” ed “una che non sa stare al suo
posto” figurarsi adesso!
«taci, indecente
svergognata!!!» ringhiò.
«perché, che ho
detto di male?» gli domandò Hammy mimando
perfettamente un’aria perplessa, e di seguito una palesemente
seccata ed
irritata «ah. Ma certo. Avrei dovuto capirlo prima»
alzò la voce «visto che lei
è un grandissimo bigotto sessista, dato che sono una ragazza
ed ho una vagina
se in un discorso parlo di “darla” o “non
darla” devo riferirmi a quella per
forza vero?! Non alla doppietta della quale si discorreva fino a trenta
secondi
fa!»
Sembrava veramente arrabbiata, tanto
che anche Ramenman e
Buffaloman si avvicinarono di più.
«ma no, ma certo che non
voleva intendere quello!» esclamò
seccamente Buffaloman.
«e no?! Mi ha dato
dell’indecente svergognata ed ho solo
detto che non voglio dargli la doppietta avendo il permesso di tenerla,
ovvio
che intendeva quello!» si voltò versò
il suo compatriota inglese «Robin Mask,
lei è ufficialmente un bigotto, un sessista e pure un
libidinoso perché
altrimenti non sarebbe andato a pensare certe cose».
«ma come osi?!»
sibilò l’inglese, e fu Ramenman a
trattenerlo «dico, come osi?!»
«ha ragione!»
esclamò all’improvviso Kirika andando di
fianco ad Emerald e ponendole una mano sulla spalla come a voler fare
un gesto
di protezione ed appoggio nei suoi confronti. Non avrebbe mai perso
l’occasione
di far vedere un po’di sorci verdi a quel pallone gonfiato
che peraltro lei
aveva battuto, quando si era trattato di fare l’esame finale
«bigotto!
Libidinoso! Sessista!»
«Kirika, torna al tuo
posto! La cosa è già abbastanza
tragica senza che ti ci metta anche tu!» sbottò
Buffaloman che fu costretto ad
aiutare Ramenman a tenere a freno il loro collega inglese che
altrimenti il
cielo solo sapeva cos’avrebbe combinato.
«signori, e signorine, per
favore! Non è buona cosa
continuare questo litigio!» Vance MacMadd cercava di
riportare la calma, ma non
lo calcolava nessuno.
«lo sapevo io che una
squadra di donne era una pessima idea!
Le donne non c’entrano niente con la lotta! Sono troppo poco
serie, troppo
libertine ed immorali! Il loro posto è a casa a
lavorare all’uncinetto,
non in una scuola di wrestling o sul ring!!!»
Robin
Mask nel ripensare a tutti
gli anni vissuti in tempi ben diversi da quelli attuali -tempi nei
quali le
donne se ne stavano chiuse in casa a badare ai figli e non rompevano le
scatole- diede sfogo a tutto quel che pensava delle “ragazze
di oggi”, a parer
suo senza educazione, senza morale, senza inibizioni, senza rispetto
per il
sacro potere che l’essere uomini conferiva agli uomini
stessi. Era più che
altro la rabbia a farlo parlare in quel modo, lui che solitamente era
molto
freddo e controllato, ma…Hammy era quello che era, e Kirika
non gli era mai
piaciuta.
E se era stato lui stesso a chiedere
di Emerald per
perseguire i propri scopi, stesso discorso non era valso per la
demonessa,
nominata invece da Pentagon che allora l’aveva…
“presa sotto l’ala”.
«come sarebbe a dire
“poco serie, libertine ed immorali”?!»
sbottò Anubi Crea che, pacifica quanto si vuole, ma quando
sentiva cose come
quella perdeva le staffe e apriti cielo «hanno ragione
Emerald e Kirika, lei è
un sessista!»
«oooh no, anche lei ci si
mette adesso» sbuffò Vance.
Aki Azumaya fremeva esultante dal
proprio nascondiglio.
Quello era oro colato! Niente di meno!
«infatti si, come si
permette di dire che tutte le donne
siano in quel modo solo perché donne, appunto?!»
anche Roxanne sentendo quel
che aveva detto si mise in mezzo «dovrebbe
vergognarsi!»
«lei aveva moglie, anche
sua moglie era immorale e libertina
allora?!» anche Jacqueline, ormai incavolata nera, ci mise
del suo.
«non nominare mia
moglie!!! Lei sapeva stare al proprio
posto!!!»
Decidendo che la situazione fosse
degenerata già fin troppo,
e ricordandosi dei giornalisti, Fiona pur avendo preso malamente come
le altre
gli epiteti dell’istruttore inglese indicò il
nascondiglio della Azumaya.
«GIORNALISTI!!!»
urlò.
Parola che ebbe un effetto calmante
su tutti, anche sullo
stesso Robin Mask.
«che
cosa…giornalisti! Dove?!» sbiancò Vance
pensando alla
figura barbina che loro, in quel caso come rappresentati della Scuola
di
Ercole, avevano fatto.
«sono
lì! stanno fuggendo!» urlò
Buffaloman per poi
lanciarsi all’inseguimento «ehi voi!!!»
«tornate indietro, era un
malinteso!» anche Ramenman lo
seguì a ruota, come Vance, mentre Robin Mask dopo
un’ultima occhiata omicida ad
Emerald rientrò nella scuola a grandi e furenti falcate.
«tu dei giornalisti lo
sapevi vero Lancaster?» le domando
Kirika «da un pezzo».
Hammy lì per lì
rispose con un sorrisetto ed un’alzata di
sopracciglio che valeva più di mille parole.
«perché, tu
no?»
«quindi l’hai
fatto di proposito» disse Jacqueline buttando
all’indietro i lunghi capelli rossi che, pensò,
d’ora in poi avrebbe dovuto
raccogliere in una coda.
«a dire il vero ha fatto
tutto da solo. Io mi sono solo
rifiutata di dargliela!» disse Emerald facendo spallucce.
«nyah-ah-ah-ah-ah-ah, vieni
Lancaster» Kirika le fece cenno
di seguirla dentro la scuola «porta qui dentro chiappe e
valige, che tanto
quelli ne avranno ancora per un pezzo!»
Già, inizialmente Emerald
aveva scelto di portare via solo
un borsone bello grosso. Ma poi aveva cambiato idea, portandosi via
altre tre
grosse valige con dell’altra roba. Valige particolari a dire
il vero… ma si
sarebbe visto dopo.
«effettivamente stare qui
fuori è un po’inutile. Entriamo?»
mise il braccio sinistro attorno alle spalle di Roxanne e
guardò Fiona ed Anubi
Crea. Jacqueline, con le sue sei valige (sei! E grosse!) era
già partita
per fatti suoi. Nella Scuola di Ercole come allieva non c’era
stata, ma ciò non
significava che non la conoscesse lo stesso.
«ormai che altro
c’è da fare…»
sospirò la rumena, che
comunque non aveva gradito tutta la scena di prima.
Emerald aveva i suoi pregi, ma anche
dei difetti belli
grossi. Tra i quali, a quanto pareva, diventare una grande stronza se
provocata
anche poco poco. Si, Robin Mask rimaneva un sessista sempre e comunque,
ma era
stata lei -con l’aiuto di una Kirika al quale non pareva il
vero di aver
trovato una specie di alleata- a portarlo ad agire in quel modo, con
quella
scenata di rabbia che in verità l’aveva inquietata
non poco. Ed avrebbe anche
voluto saperne di più sul perché Robin Mask e i
Lancaster si detestavano in
quel modo, perché in quell’incontro di finale si
era parlato di firme e patti,
ma firme per cosa, e patti di cosa? quello non era stato detto con
precisione…
«libertine! Tsk! a volte
Robin Mask capisce meno di una gallina
lobotomizzata» sbottava ancora Anubi Crea che era quella che
aveva preso peggio
tutto «immorali! Puah!»
«Anubi Crea, appena
arrivata già ce l’hai con qualcuno?»
La vista di Sozumi, che tra gli
istruttori era sempre stato
il suo preferito, rasserenò un po’
l’egiziana.
«oh…Sozumi…salve».
«dovresti imparare a stare
un pochino più tranquilla,
ragazza mia» le disse lui in un rimprovero bonario
«quindi, ecco qui nuove e
vecchie arrivate…» fece scorrere lo sguardo su di
loro «allora, Fiona…tutto a
posto?»
«si» rispose
semplicemente lei sistemandosi la lunga treccia
rosa.
«Kirika figlia di Yama
Khan, ti sei decisa a mettere
finalmente la testa a posto?»
«ma non penso
proprio!»
Sozumi fece un grosso sospiro, mentre
a lui si univano anche
Black Hole e Pentagon.
«quindi presumo che mi
farai tribolare ancora!» disse
quest’ultimo alla demonessa, che rise per
l’ennesima volta.
«chiaro!»
«non pensavo che avrei
visto la figlia di MacMadd qui, un
giorno» disse lentamente Black Hole, voltandosi prima verso
Jacqueline e poi
verso Emerald «…stesso discorso vale per te.
Dicevano che preferissi fare
altro».
«eppure eccomi».
E dal modo in cui si
avvicinò alla ragazza con i due codini,
come a volerla difendere, Black Hole capì anche
perché.
«eh già, la
scommessa di MacMadd» disse poi Pentagon
riferendosi a Roxanne, appunto «è stato lui a fare
il tuo nome».
«ehm…ah
si?»
MacMadd aveva detto spesso,
scherzando, “perché non
prendiamo lei nella Muscle League?” nei momenti in cui
l’aveva vista picchiare
Kid Muscle. Assurdo come da quello scherzo si fosse passati ad un
intento
serio, e tutto perché non aveva avuto altre idee.
«si»
l’americano si voltò verso Emerald «la
spalla sta
bene».
Già, anche lui era a bordo
ring con Ramenman e Buffaloman.
Solo che Jacqueline invece che Pentagon l’aveva chiamato
Starface,
presumibilmente per via della stella sul volto liscio e bianco.
«già. La mia
spalla sta bene».
«ottimo».
“anche se è
bianco ed ha le ali da angioletto è tetro
uguale” pensò Hammy.
«Ramenman e gli altri dove
sono? Avrebbero dovuto darvi il
benvenuto!» disse Sozumi.
«infatti, solo che poi
hanno avuto qualche problema con dei
giornalisti invadenti che hanno ripreso Robin Mask nel suo exploit
da-» avviò a
dire Jacqueline, interrotta da Anubi Crea con un mezzo strillo isterico
modello…
Bernadette.
«sessista di merda!»
«Crea!» si
stupì Sozumi «ma che è
successo?»
«niente…ho
chiesto a Mr. MacMadd se potevo tenere come
portafortuna la mia pistola, ovviamente scarica» Hammy la
tirò fuori dai
pantaloncini «lui ha detto che potevo tenerla, mentre Robin
Mask voleva che
gliela dessi per forza, e quando gli ho detto di no mi ha dato della
svergognata immorale perché va’a capire quel che
ha pensato! Probabilmente
credeva che con tutti quei “darla” e “non
darla” ci fosse qualche doppio senso
di mezzo, e quello si è messo a dire che noi donne non siamo
adatte al
wrestling perché “immorali, libertine e poco
serie”!»
«incredibile»
borbottò Sozumi scuotendo la testa.
Pentagon non commentò, ma
tra l’averla vista già in azione
durante l’incontro finale con quelle battutine velenose ed il
sogghigno della
sua “protetta” Kirika, l’americano aveva
la sensazione che Emerald in tutto
qual racconto non fosse così innocente come sembrava. Non
che la cosa gli
importasse. Robbie per come la pensava l’americano era sempre
stato troppo
rigido, da buon inglese aristocratico consumato. Diciamo che non era
esattamente tra i colleghi che trovava più
simpatici…e che fosse un po’sessista
comunque era vero.
«comunque ecco, tranquilla
Crea. Sono certo che non lo
pensava davvero» cercò di riparare Sozumi
«sai com’è fatto Robin, quando si
arrabbia sul serio parte per la tangente e chi lo ferma
più?»
«mi auguro di non vederlo
più in quel modo» disse Roxanne.
«dovrebbe farsi una
camomilla allora» sbuffò Kirika.
«avrei dovuto portare il
fucile con i sedativi che uso a
volte quando vado a caccia con mio padre» disse Hammy con
aria pensosa.
«…tu
vai…a caccia?» Fiona tra le altre cose se non era
proprio un’animalista c’era vicina…
«da quando ero piccola. Non
di frodo, ovviamente, solo quando
è stagione e solo per il numero di prede consentito dalla
legge. Inoltre uccido
solo cose che poi mangiamo».
Gli inglesi di classe alta e la
caccia: binomio inevitabile.
Solo che più che altro valeva per gli uomini.
«d’accordo,
torniamo alle cose serie» disse Black Hole
«avrebbero dovuto comunicarvelo Buffaloman e gli altri, ma a
questo punto lo
faremo noi. Riguarda l’assegnazione delle stanze».
Se gli uomini dormivano in sei per
camera, per le donne non
valeva lo stesso discorso. Di allieve ce
n’erano sempre state
pochissime, e comunque era sempre stato tenuto in conto che avevano
delle
esigenze diverse; per cui erano state adibite all’uso
“perfino” sei stanze da
due posti, che avevano “addirittura” un piccolo
bagno con doccia annesso per
una. Di queste sei stanze, in questo caso, ne sarebbero state dunque
utilizzate
solo tre.
«di che si
tratta?» domandò Jacqueline.
«vogliamo mettere insieme
per ogni stanza un’allieva nuova
ed una più anziana. Pensavamo che potesse essere
d’aiuto».
«ah, ok» disse
Crea, che come anche Fiona -che stava
annuendo- non aveva problemi.
«mi toccherà
fare da balia, oh no» sbuffò invece Kirika
temendo che la mettessero insieme alla due codini o peggio ancora alla
rossa.
«che tu lo voglia o no ti
tocca, Kirika» disse Pentagon.
Sozumi si sgranchì la voce.
«allora, sarete messe
così: Anubi Crea e Jacqueline MacMadd
insieme…»
Le due si guardarono. Non si
trovavano né simpatiche né
antipatiche, quindi tutto sommato era un buon inizio.
«Roxanne Nikaido, che
è quella più “nuova” a tutto
questo
starà con Fiona…»
“Dio ti
ringrazio!” pensò la ragazza avvicinandosi alla
lottatrice rumena, che le stava sorridendo.
«e di
conseguenza…»
«nyah-ah-ah-ah-ah-ah io
con la Lancaster!
Ecco, così la faccenda mi può stare anche
bene!» sentenziò la demonessa che
aveva completamente cambiato espressione, da seccata a molto
soddisfatta.
«vedete di non fare troppi
danni, o sarete punite» le avvisò
Pentagon, pur sapendo che era un avvertimento totalmente inutile
conoscendo
Kirika ed avendo visto lo strano brillio negli occhi della londinese,
oltre al
suo sorrisetto.
Si chiese se non avessero sbagliato
le disposizioni…
Proprio in quel momento i loro
colleghi e Vance MacMadd,
reduci da un inseguimento infruttuoso, entrarono nella stanza.
«dannati
giornalisti…» brontolava Buffaloman.
«non siete riusciti a
prenderli?» gli domandò Sozumi.
«no!»
sbottò Vance «avete comunicato alle ragazze la
loro
disposizione nelle stanze?»
«si, si» disse
Pentagon. Robin Mask le squadrò tutte e sei.
«in fila»
disse freddamente. Loro obbedirono.
«a coloro cui questo non
è ancora chiaro voglio ricordare
che qui non c’è posto per battute, scherzi e prese
in giro» sentenziò
camminando davanti a loro «questo è il posto che
imparerete a temere di più in
tutta la galassia, o che vi ricorderete di temere
di più» aggiunse,
trovandosi davanti a Kirika «non
importa
se siete delle donne, conoscerete sudore, lacrime, sangue, sacrificio.
Dolore
fisico e psicologico» si fermò davanti ad Hammy,
che era l’ultima della fila
«specialmente tu».
«Robin…»
disse Vance in tono di avvertimento, memore delle
parole del padre della ragazza, ma venne ignorato. Ed il resto degli
istruttori, come tutti, ebbe la conferma che Robin Mask aveva nominato
Emerald
proprio per darle addosso.
“si chiama scavarsi la
fossa” pensò Pentagon.
«ah davvero».
Non che la ragazza sembrasse
spaventata, però.
«si, davvero»
disse Robin ancora più minaccioso.
«in tutto questo discorso
non ho sentito una sola parola di
scuse verso il genere femminile, per quel che lei ha detto prima. Lo ha
fatto
apposta o mi sono persa qualche passaggio?»
In effetti delle scuse sarebbero
state doverose, ma
l’inglese non era dell’umore. Così dopo
un breve momento di silenzio…
«…e vuoi sapere
perché a conoscerlo sarai soprattutto tu?»
«Robin, non è il
caso» lo avvisò anche Ramenman,
inascoltato.
«a questo punto direi che
sono curiosa di sentirlo».
L’uomo le si
avvicinò ancora di più, fino ad incombere su di
lei che ancora si ostinava a non abbassare lo sguardo.
«perché sei una
svergognata, sfacciata e viziata, figlia di
un lurido pazzo criminale e stai con quel miserabile fallito che sono
costretto
a chiamare figlio!»
L’istante prima che Emerald
reagisse la maggior parte dei
presenti capì che
a) Robin Mask
aveva veramente esagerato.
b) che aveva
fatto un errore a non tenere la lingua a
freno.
Dopo aver deciso che -nonostante il
forte desiderio di
romperlo in due- era meglio non usare il pugno super potenziato con
quale
avrebbe potuto trapassare il bacino da parte a parte, Emerald diede un
calcio a
tutta forza contro l’inguine dell’inglese
causandogli un dolore tale da
portarlo ad emettere un acuto che nemmeno Maria Callas nei suoi momenti
migliori, e a crollare a terra piegato in due dal dolore.
Altro che le stelle, gli aveva fatto
vedere un mucchio di
galassie!
«Robin!»
esclamò Sozumi accorrendo in suo soccorso. Emerald
osservò con puro disprezzo il padre del suo ragazzo,
sperando di avergli
comunque rotto qualcosa e pensando che la prossima volta se mai ci
fosse stata
e non l’avessero espulsa quel giorno stesso avrebbe usato il
pugno eccome!
«le ho fatto male? strano.
Non pensavo che un verme come lei
avesse le palle».
“mi espellessero pure, ne
è valsa la pena, avevo voglia di
farlo da quasi un anno!” pensò mentre senza dire
una parola di più prendeva le
valige e se ne andava nemmeno-lei-sapeva-dove.
La prima a riprendersi dalla sorpresa
fu la demonessa, che
le andò dietro.
«Lancaster! aspetta, per le
stanze devi andare a destra!»
«non
c’è niente da vedere! Andatevene in camera anche
voialtre!» ordinò loro Buffaloman
«veloci!»
«filiamo via»
bisbigliò Fiona a Roxanne sparendo con lei nel
corridoio, velocemente imitate da Anubi Crea e Jacqueline.
Tutti gli istruttori erano rimasti
attorno a Robin Mask,
aiutandolo ad alzarsi e facendolo arrivare almeno nella sala insegnati.
L’unico
che non aveva fatto minimamente caso alle sue condizioni era Vance
MacMadd, che
si torceva le mani all’idea di quel che Emerald avrebbe
raccontato a suo padre.
“va’ a vedere che
perderò tutto per colpa di quel pazzo di
un inglese!” pensò.
«…la prossima
volta gliele
faccio vomitare!» esclamò Emerald,
ancora furiosa «come si è azzardato a
dire quelle cose di mio padre e di Kevin?! stupido idiota tonto cretino
deficiente coglione imbecille patentato bastardo stronzo inutile
schifosissimo
verme di cimitero!»
Già, se Hammy aveva
reagito in quel modo non era stato mica
per quel che Robin aveva detto di lei, nossignore. Ma aveva insultato
suo padre
e il suo ragazzo, che peraltro era pure suo figlio. Kevin lo difendeva
ancora,
e Robin Mask lo aveva apostrofato a quel modo! E poi…suo
padre non era uno
stinco di santo…ma sentendo quel “pazzo
criminale” aveva proprio perso le
staffe.
Quanto a Kirika era indecisa se
mettersi a ridere o cercare
di calmarla.
Decise per la prima opzione.
«nyah-ah-ah-ah-ah-ah-ah, ed
ecco che Robin Mask non può più
andare a mignotte!...l’avrei fatto anche io, ragazza mia. Io
del mio vecchio ne
dico di tutti i colori ma se qualcun altro ci prova lo ammazzo di
botte».
«non capisce un
cazzo!» sbottò Emerald «che mi facciano
pure
espellere se hanno tanta voglia ma io quel che ho fatto lo rifarei
trecentoventisette volte, se lo meritava, un conto era che insultasse
me perché
di quello mi sarebbe fregato fino a un certo punto ma mio padre e Kevin
non li
deve toccare!»
«ormai dovrebbe averlo
capito. Lancaster» da una delle
tasche della sua giacca tirò fuori una piccola bottiglietta
di vetro «liquore
del pianeta dei demoni, bevine giusto un paio di sorsi che è
roba forte» la
avvertì lanciandogliela «ti dirò, se
non ti buttano fuori sono contenta di
essere capitata con te; sei una di quelle che della vita ha capito
tutto!»
Emerald afferrò la
bottiglietta al volo. «altrettanto».
«non una parola su questi
viveri segreti o sei morta».
«ti rivelo un segreto,
quelle tre valige sono così grosse perché
hanno degli scomparti segreti non rilevabili da alcuna scansione fatte
apposta
per portarsi dietro cose che non ci si potrebbe portar dietro, e dentro
ho una
grossa scorta di alcolici» disse bevendo due sorsi dalla
bottiglietta per poi
restituirla a Kirika «adesso siamo pari».
«avevo ragione: tu della
vita hai capito veramente tutto».
:: circa
un’ora e
mezzo dopo ::
«che ne facciamo della
ragazza? Il regolamento imporrebbe di
buttarla fuori per un atto del genere!» disse Buffaloman.
«no che non la buttiamo
fuori, io la voglio uccidere con le
mie stesse mani!» esclamò Robin Mask furioso e
ancora dolorante
«quella…sfacciata…svergognata…»
«basta!» disse
Ramenman imperioso «se andiamo a fondo della
questione è palese che la colpa non è solo
sua».
«che vorresti
dire?!»
«che se anche odi suo padre
non avevi diritto di dirle
quelle cose, come non l’avresti di prenderla di mira.
Sospettavo che fosse per
quello che l’hai voluta qui, ma credevo che alla fine saresti
stato
ragionevole!» quasi grido Vance.
«se avessi detto le stesse
cose di mio padre e della mia
ragazza penso che avrei
reagito alla
stessa maniera. Non che la ragazza abbia fatto bene, è
comunque un
comportamento inaccettabile, ma…te la sei cercata,
ecco» concluse l’orientale.
«ma l’avete vista
come si comporta! E l’avete sentita quando
mi ha rivolto quelle parole offensive mentre ero a terra, suo padre
è un
pessimo soggetto, e lei non è diversa!»
tornò alla carica Robin.
«non penso che avrebbe
tentato di sterilizzarti se tu non
l’avessi attaccata per primo» disse Pentagon.
«non ha il minimo
autocontrollo!» sbottò Buffaloman «e
come
elemento problematico c’è già la tua
cara Kirika!»
«credo che a dire il vero
di autocontrollo ne abbia avuto
fin troppo» lo contraddisse Black Hole.
«e delle scuse sarebbero
state opportune, riguardo quelle
considerazioni sessiste» aggiunse Ramenman.
«ci credo che Anubi Crea
era furiosa. Robin, ma che ti è
preso?!» gli domandò Sozumi.
«se è per quella
cosa dell’Olap guarda che ha sconvolto
tutti, non solo te. Ma a dirtela tutta non è colpa di Howard
Lancaster se
quella mossa è imperfetta; lui ha solo fatto quel che
Buffaloman fece con la
Kinniku Buster, l’ha ribaltata, è nella natura
delle mosse: qualcuno le
inventa, qualcuno le ribalta! È normale!» riprese
a dire Pentagon «ok, era una
mossa storica e quant’altro, ma allora i Kinniku che
avrebbero dovuto fare,
sparare a tutti i figli dei wrestlers che hanno annullato una delle
loro mosse?
Ma andiamo!»
«non
immischiarti tu!»
ringhiò l’inglese «non puoi
capire!»
«il discorso di Pentagon
però è logico».
«Ramenman, anche tu?!
Eppure tu c’eri! Eppure lo sai
benissimo com’è andata!»
«no, non lo so,
perché a dirtela tutta io devo ancora capire
cos’è quella storia…patto, non patto,
firma, non firma, notai, testimoni, tu
non hai detto niente a nessuno di noi riguardo a questo».
«perché non vi
riguarda!!!»
«…MA LO SAI CHE
SE EMERALD DICESSE LA COSA SBAGLIATA A SUO
PADRE POTREBBE SCOPPIARE IL CAOS?!!» esplose infine Vance
MacMadd «magari a te
della sorte di questa scuola non importa ma a me si! Qui si addestrano
gli
eroi! È la sede storica! E soprattutto mi porta un mucchio
di introiti!»
«solo a quelli
pensa» borbottò Buffaloman.
«ha
detto bene, al
momento di tutto questo non me ne importa niente!!!»
ringhiò Robin Mask
alzandosi -con sommo dolore- ed andandosene dalla stanza.
«con la ragazza parlo
io» disse pacatamente Ramenman
alzandosi «vedrò di risolvere la cosa».
«va bene. Affido la cosa a
te» disse Vance «fa’ del tuo
meglio».
«dici che la
espelleranno?»
Pur essendo l’esperta del
gruppo Fiona stavolta non sapeva
che dirle, a Roxanne.
«ha fatto qualcosa che va
contro ogni regola. Robin Mask
l’ha presa male fin da subito -anche per colpa sua a dirtela
tutta- ma in ogni
caso non avrebbe dovuto dirle quelle cose. Io...in un certo senso posso
capirla. Nemmeno io l’avrei presa bene se avesse parlato in
quel modo di mio
padre e del mio compagno, tanto più che il compagno in
questione è suo figlio. Non
riesco ancora a credere
che l’abbia definito un miserabile fallito, Kevin Mask ha
combattuto più che
bene in quell’incontro, e se ha perso è stato solo
per quel ribaltamento
improvviso della Tecnica Olap».
«lo ha perfino
diseredato» disse Roxanne quasi tra sé e
sé.
«ma
veramente?...» la rumena scosse la testa
«incredibile. È
l’unico figlio maschio…»
«lo so! Anche Hammy
è rimasta di sasso quando l’ha saputo».
Fiona la guardò perplessa.
«“Hammy”? è così
che la chiamano
gli amici?»
«eh…è
una lunga storia. Il fatto è che Emerald pare un
po’la
reincarnazione di uno scoiattolo, sta più
“arrampicata” che a terra. Spesso
penzola dai rami degli alberi di nocciole a testa in
giù».
Fiona fece un sorrisetto.
«ah si? Continuo a non capire che
c’entri questo con il fatto che la chiami Hammy, ma va bene
così» si buttò
distesa sul letto con un sospiro «che giornataccia, ed
è tutt’altro che
finita».
«dici che con gli
allenamenti inizieranno oggi?»
«col caos che
c’è stato non credo, ma da domani si inizia a
faticare. Fatti forza, perché non sarà
facile».
«sono amica dei ragazzi
della Muscle League, dai loro racconti
qualcosa so. Arrampicate con massi,
bestie…feroci…superare un fiume pieno di
coccodrilli stando attaccati ad un tronco e con dei pesi ai
piedi…»
«oh si».
«correre su un
tapis-roulant con delle lame rotanti che ti
triturano se rallenti…»
«già».
«gli addestramenti nel
corpo a corpo con gli istruttori, le
regole da imparare a memoria…»
«parecchie. Lo sai, io
penso che Emerald sia venuta qui solo
perché ci sei tu».
Roxanne spalancò gli
occhi, mentre disfaceva la valigia.
«c-cosa?»
«ma si. Non la conosco bene
ma mi sembra insofferente alle
regole quanto Kirika, e dubito che si sarebbe infilata qui dentro
sapendo che
c’è Robin Mask se non avesse avuto un motivo
più che valido per farlo. Fino ad
ora non si era mai interessata a questo mondo no? Sbaglio?»
«…vero»
ammise Roxanne «quindi tu pensi che l’abbia fatto
per proteggermi».
«parlando francamente qui
sei quella che parte più
svantaggiata. Io comunque ti darò una mano. Ed Emerald
anche, se non la
espelleranno» assunse un’aria pensosa
«va’ a vedere che perderò venti
dollari».
«a proposito di
Kirika…mi sembra un
pochino…ecco…»
«ah, all’inizio
non la potevo vedere neanche io. Poi mi sono
abituata. Non è male in realtà, è
solo…una demone» Fiona fece spallucce
«suo
padre era un nemico della Lega, è già tanto che
lei sia passata dalla nostra
parte. Comunque…dato che sei amica di Emerald hai una vaga
idea del perché preciso di
tutto questo odio tra lei,
Robin Mask e suo padre Howard Lancaster?»
Roxanne si buttò a sua
volta sul letto. «ho saputo tutta la
storia qualche mese fa. Per come la penso ha tutti i motivi di volerlo
prendere
a calci nelle palle!»
«lei se la prenderebbe se
mi raccontassi?»
«non credo. Ecco, da quel
che ho capito è andata così…»
Non si poteva dire che al di fuori
del ring Ramenman non
tenesse un comportamento assolutamente educato. Specialmente con le
signorine.
E tanto più con delle signorine presumibilmente arrabbiate.
Infatti bussò leggermente
alla porta.
«sono
Ramenman…»
Fossero stati allievi maschi forse
avrebbe bussato ed
aperto, semplicemente. Ma essendo allieve femmine potevano starsi
spogliando, o
simili, e sarebbe stata una situazione quantomeno
imbarazzante…quindi avrebbe
aspettato che fossero loro, ad aprire la porta. Almeno sarebbero state
di
sicuro presentabili.
Ad aprirgli però fu la
stessa Emerald, avvolta in un
asciugamano, con la pelle ancora umida ed i capelli davanti agli occhi.
«…è qui
per me, vero?»
“!!!...ha uno strano
concetto di presentabile, la ragazza”
pensò.
«eeh…si. Posso
entrare?»
«si. Siamo
“soli”, si può dire»
mimò le virgolette con una
mano sola mentre le faceva accomodare, visto che con l’altra
mano doveva tenere
fermo l’asciugamano «Kirika al momento è
occupata».
A fare la doccia, a quanto pareva,
dato che si sentiva il
rumore dell’acqua che scorreva.
«va bene. Probabilmente non
ci vorrà molto» incrociò le
braccia dietro la schiena «riguarda quel che è
successo prima, naturalmente».
«volete
espellermi?»
«da regolamento dovremmo,
ma ti sono state riconosciuti
delle forti attenuanti. Ovviamente il tuo comportamento è
stato inaccettabile,
ma lo è stato anche quello di Robin Mask. Perciò
riceverai solo una punizione;
prima parte degli allenamenti raddoppiata».
Le era andata già di
lusso. E poi…allenamenti raddoppiati?
Che fosse. Ci stava.
«sissignore».
Mh. Se non si trattava di Robin Mask
era ragionevole,
allora, pensò l’orientale.
«oltre ovviamente a delle
scuse».
A quelle parole la ragazza
rizzò la testa, lo guardò,
socchiuse gli occhi, fece schioccare la lingua contro il palato e
scosse la
testa.
«no».
«Emerald
Lancaster…»
«no.
Ha insultato
prima tutte le donne, poi me, poi mio padre e poi suo figlio. Accetto
la
punizione e prometto che quanto è accaduto non
accadrà ancora, se d’ora in poi
non dirà più cose del genere dei miei
cari» specificò «ma
scusarmi…! Oh no. E
anche lei se è minimamente corretto riconoscerà
che ho le mie buone ragioni».
Silenzio da parte di Ramenman che
stava prendendo una
decisione alquanto complicata e che al suo collega inglese non sarebbe
piaciuta.
«se le scuse fossero
reciproche?»
«lui per primo».
«eh. Questo è
pretendere troppo».
«e poi anche lui dovrebbe
essere punito, per la par condicio».
«non pensi di averlo punito
abbastanza con quella terribile
ginocchiata?»
Emerald assunse un’aria
riflessiva. «a Warsman ho sparato
per molto meno» confessò «glielo dico
perché è lei. E perché tanto i
proiettili
li ho dimenticati davvero quindi non c’è rischio
che succeda qualcosa del
genere qui».
Ok. Avevano a che fare con la
versione femminile di Howard
H.R.J. Lancaster in miniatura.
«ecco, è
già qualcosa» sospirò lui
«allora? Se le scuse sono
reciproche va bene o ci vuoi proprio costringere ad espellerti o
infliggerti
una punizione ancora più dura?»
«scuse reciproche siano. Ma»
disse a voce più alta «lui per primo!»
Sarebbe stata dura.
«vedremo. Ah,
un’altra cosa. Tra poco sarebbe bene che
chiamassi tuo padre…e Vance MacMadd è alquanto
allarmato per quel che gli
dirai».
«se Robin Mask mi porgesse
le sue scuse…ed io dunque le
porgessi a lui…» aggiunse «entro
un’ora non ci sarebbe motivo di lamentarmi con
nessuno di quell’episodio. In fin dei conti lei ha ragione,
quella ginocchiata
è stata una punizione di per sé. E non vorrei che
ci andasse di mezzo qualcuno
che non c’entra nulla, quindi…direi che non sia
necessario dire altro no?»
recuperò dei vestiti dalla valigia «anche
perché vorrei mettermi dei vestiti
asciutti adesso».
Capita l’antifona Ramenman
uscì dalla stanza senza dire null’altro.
Meglio risparmiare le parole nel
tentativo di far ragionare
Robin Mask.
***
Kirika, Anubi Crea e Fiona
sono tutt'e tre canoniche, ma più che altro è
conosciuta solo l'ultima delle tre. Per cui...
ecco Kirika
ed Anubi Crea
|
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Capitolo 4 *** Questo matrimonio non s'ha da fare ***
:: Tokyo, sera ::
Tutti i ragazzi della Muscle League
erano sintonizzati sullo
stesso canale. Avevano sentito di uno speciale del TG serale, che
avrebbe
parlato della costituzione del nuovo super gruppo ed avrebbe mostrato
delle
riprese fatte poco dopo l’arrivo delle ragazze nella Scuola.
Per i ragazzi era
un modo di vedere come se la cavavano Roxanne, Emerald e…si,
anche Jacqueline.
Loro se le erano immaginate
quantomeno inquiete all’idea di
dover affrontare -così all’improvviso, poi!- una
cosa del genere.
Si erano immaginati di vederle in
fila, serie serie e
composte mentre gli istruttori facevano i loro discorsi.
Avevano creduto che durante la
probabile intervista, se mai
avessero domandato qualcosa a loro invece che agli ex wrestlers, si
sarebbero
dichiarate che so, “emozionate, un po’inquiete,
è tutto nuovo, bla bla bla…”
“mi sa che se
proprio la vuole dovrà prenderla
con la forza, perché di mia volontà non gliela do
senz’altro!”
Quel che stavano vedendo invece era
di tutt’altro stampo.
Perché Emerald contrariamente a quanto Meat in particolare
aveva auspicato si
stava comportando…beh…da Emerald. Come al solito.
Con la consueta
sfacciataggine, le consuete battutine e i suoi classici gesti ambigui
come
infilare la pistola sotto pantaloncini e tanga.
«…ma che
diamine?!…»
“e
tu che ridi?”
«quella ragazza non me la
ricordo» disse Dik Dik indicando
Kirika sullo schermo «e nemmeno
quest’altra» indicò Anubi Crea
«Fiona però ce
l’ho presente…»
«al momento non
è quello che importa!!!» urlò Meat.
“È una
cosa seria! Il direttore ha detto che
posso evitare di dargliela ma lui la pretende!…”
A quel punto sia Terry che Kid Muscle
capendo benissimo il
palese doppio senso -già, Kid non capiva una mazza di niente
eccetto quelli-
scoppiarono a ridere esattamente come aveva fatto Kirika.
«capito, Robin Mask vuole
proprio che gliela dia! La
pretende!» ragliò il texano «il padre
cerca di fare concorrenza al figlio!»
«ma dite che si era accorta
dei giornalisti?» domandò Wally.
«se n’erano
accorte tutte quante, si sono voltate tutte in
direzione delle telecamere almeno una volta!» fece osservare
loro Jeager «però
lei no, effett…oh, ecco, se n’è accorta
adesso».
“taci, indecente
svergognata!!!”
«Robin
Mask è
nero…» osservò Meat «le cose
non si mettono bene! Ma che lei che si è messa in
testa?!»
L’immagine
cambiò,
e comparve per un attimo quella di Aki Azumaya.
“classico
esempio di come noi donne, in ambienti come quello del wrestling,
vengano
denigrate per un semplice fraintendimento. Dimostrazione che le
associazioni
femministe avevano tutte le ragioni di protestare contro lo sfacciato
maschilismo che regna nella Scuola di Ercole, che l’ex
presidente della IWF
Vance MacMadd aveva perfino tentato di negare, così come gli
altri istruttori
della Scuola…tra i quali lo stesso Robin Mask! Ma come si
può vedere da queste
immagini, e soprattutto da quelle che vi mostrerò in
seguito, le sue
dichiarazioni a favore delle donne erano false quanto una moneta di
plastica.
Ad ogni modo, tra poco vedrete come le nostre ragazze mostrano di
sapersi
difendere”.
Il video
riprese ad
andare.
“perché,
che ho detto
di male? ah. Ma certo. Avrei dovuto capirlo prima, visto che lei
è un
grandissimo bigotto sessista, dato che sono una ragazza ed ho una
vagina se in
un discorso parlo di ‘darla’ o ‘non
darla’ devo riferirmi a quella per forza
vero?! Non alla doppietta della quale si discorreva fino a trenta
secondi fa!”
«non gli ha fatto fare una
bella figura» commentò Trixie «ed
è inutile che Buffaloman cerchi di metterci una
pezza».
“ma
no, ma certo che
non voleva intendere quello!”
“e
no?! Mi ha dato
dell’indecente svergognata ed ho solo detto che non voglio
dargli la doppietta
avendo il permesso di tenerla, ovvio che intendeva quello! Robin Mask,
lei è
ufficialmente un bigotto, un sessista e pure un libidinoso
perché altrimenti
non sarebbe andato a pensare certe cose”».
«UOOOOOOOOOOOOOOH!»
urlarono tutti insieme i ragazzi della
League.
«lo ha insultato davanti
alle telecamere!...vedete come la
sta guardando? Oddio, la ammazza!!!» strillò Kid.
«non lo fa solo
perché lo stanno trattenendo» disse Kiki.
“ma
come osi?!dico,
come osi?!”
«si, ma facendo
così herr
Mask la ammazzerà durante gli addestramenti» disse
Jeager, un po’allarmato.
“ha
ragione! Bigotto!
Libidinoso! Sessista!»
«in compenso se non la
buttano fuori oggi stesso pare che
Emerald abbia…»
«…trovato
un’alleata».
Il commento di Warsman, seduto in
cucina con Kevin, riguardo
ad Hammy e Kirika era stato
piuttosto neutrale. Ma sentendo tutti quei doppi sensi, che in seguito
la
ragazza era riuscita ad utilizzare per far apparire Robin Mask come un
“bigotto
sessista libidinoso” lui aveva pensato solo due cose.
La prima, quando l’aveva
vista mettersi la pistola nei
pantaloncini con un gesto che aveva trovato a dir poco ammiccante: “è la solita
puttanella”.
Le seconda, quando Emerald aveva
occhieggiato i giornalisti
per poi fare la sceneggiata da “sono una donna con
l’orgoglio offeso”: “ed
è anche la solita stronza!”
«non l’ha detto
veramente. Dimmi che ho sentito male io e
non gliel’ha detto sul serio» Kevin Mask
appoggiò il viso sulle mani «dimmi che
non gli ha dato del bigotto sessista libidinoso, perché se
così fosse mio padre
non gliela farebbe esattamente passare liscia…»
“Kirika,
torna al tuo
posto! La cosa è già abbastanza tragica senza che
ti ci metta anche tu!”
«e invece
gliel’ha detto sul serio, Kevin. Era un pezzo che
non vedevo tuo padre così furioso!» disse il russo
vedendo Buffaloman aiutare
Ramenman a tenere fermo il suo vecchio maestro ed amico. Sembrava che
fosse una
cosa comune tra loro due finire a perdere le staffe quando si trovavano
davanti
Emerald J.V.P. Lancaster.
“poi immagino che Robin ce
l’abbia con lei anche per via di
quel che ha fatto suo padre. E se fosse stato lui a nominarla proprio
per
poterle dare addosso?” si chiese “sarebbe un gesto
sciocco, ma Robin è anche un
uomo vendicativo, e non mi stupirebbe se avesse deciso
di…finire ad affossarsi
da solo”.
«aveva detto di voler fare
sul serio!» esclamò Kevin, tra il
preoccupato a morte per la salute della sua ragazza e
l’irritato «aveva detto
che non avrebbe fatto stupidaggini e invece sta facendo tutto il
contrario!»
“signori,
e signorine,
per favore! Non è buona cosa continuare questo
litigio!”
«ma tu ti aspettavi veramente
che lo facesse?»
“io un po’a dire
il vero ci avevo sperato” pensò Flash.
«si! Me lo aspettavo!
Insomma, dopotutto che ha deciso di
andare lassù e piantarmi qui da solo tre mesi facesse almeno
le cose per bene.
Anche se comunque…» incrociò le braccia
e guardò malamente l’immagine di suo
padre in tv «non avrebbe dovuto darle
dell’indecente svergognata!»
“lo
sapevo io che una
squadra di donne era una pessima idea! Le donne non c’entrano
niente con la
lotta! Sono troppo poco serie, troppo libertine
ed immorali!
Il loro posto è a
casa a lavorare all’uncinetto, non in
una scuola di
wrestling o sul ring!!!”
Stavolta fu Flash a mettersi una mano
sul volto, mentre
Kevin rimaneva senza parole.
«mi spiace dirlo ma
stavolta Robin non è stato furbo per
niente».
«ma sono concetti
medioevali! Che razza di sessista» sbottò
Kevin «sapevo che era rimasto indietro anni ed anni ma non
credevo così tanto!»
«ed ecco che
così facendo Emerald gli ha messo contro più o
meno tutte le donne della galassia che si schiereranno a favore suo e
delle
altre» il russo alzò gli occhi al cielo e scosse
la testa «questo è l’inizio di
una guerra nella Scuola di Ercole, ragazzo mio».
“non è che io
come arcinemico non le basto più?”
pensò,
quasi con…una punta di irritazione! “magari la
signorina adesso che dobbiamo
contenerci punta ad altro. Non le bastano più i
punzecchiamenti col
sottoscritto, adesso anche con Robin Mask si ammazzerà a
ritmo Dies Irae, poi
tenteranno di uccidersi durante Halloween e infine finiranno dispersi
su
qualche satellite della nebulosa di Ercole insieme ad una scorta di
alcolici
che finiranno in una sera per poi ritrovarsi nudi e reduci da una notte
di
sesso sfrenato della quale lei giurerà di non ricordare
niente!”
«senti Hammy magari
l’avrà pure fatto apposta ma quelle
parole in bocca non gliele ha messe lei, e nemmeno quei pensieri
retrogradi
nella testa!» disse aspro l’inglese vedendo tutte
quante le ragazze dare
addosso a suo padre «se le associazioni femministe adesso gli
si scaglieranno
contro guarda, fanno più che bene. Questo è un
esempio dei comportamenti solo
apparentemente ineccepibili per i quali sono scappato di casa da
piccolo…»
“uuuuh, ed eccolo che
ricomincia” pensò il russo sforzandosi
di non alzare gli occhi al cielo. Se non altro però questo
l’aveva distolto da
foschi pensieri di Emerald che finiva a tradire la loro arci inimicizia.
Nonché Kevin,
naturalmente, sarebbe stato orribile se lei
fosse davvero finita a farsi pure il padre del suo ragazzo.
«…prima vaneggia
di cavalleria e galanteria, poi se ne esce
con cose come questa!»
Warsman avrebbe tanto voluto potergli
dare torto. Ma lui
stesso sapeva benissimo che Robin Mask ultimamente stava dando i
numeri, era
evidente anche dal solo fatto che avesse diseredato il suo unico figlio
maschio.
«e se penso che
diventerà il suocero di Hammy…»
Ecco, il campanello di allarme che
gli risuonò nella testa a
sentire Kevin parlare in quel modo fece svanire in un attimo ogni altro
pensiero.
«basta con questa storia
del matrimonio! Kevin! Non hai
ancora vent’anni!»
«e allora?! Emerald mi ha
raccontato che i suoi genitori si
sono sposati appena sua madre ha compiuto diciotto anni e suo padre
venti!»
«e si che tu dei genitori
di Emerald hai così tanta
stima…» disse Warsman
sarcastico.
«Lady Janice mi
è simpatica, non le piacciono i tedeschi. E
poi…si possono dire tante cose, ma non che non sono una
bella famiglia modello
Mulino Bianco. Una famiglia bella e grande poi, dato che si riconoscono
anche
tra cugini lontani. Per dire, il figlio del cugino di suo padre Hammy
lo
riconosce*. E anche i nipoti dei vari fratelli e sorelle di sua nonna
Verbena
li riconosce tutti. È il tipo di famiglia che volevo io,
grande e unita…»
«si ma non stavamo parlando
della “meravigliosa famiglia
Lancaster”, qui si parlava di te e della tua idea balzana di
voler sposare
quella ragazza appena torna! E poi chi ti dice che
accetterebbe?»
«lei mi ama! Se non ha
accettato stamattina è solo perché
non ha sentito…»
«ha sentito, voglia te se
ha sentito, il rumore dei motori
era troppo poco perché
non sentisse.
Solo che a quanto pare lei tutta questa voglia di convolare a nozze
così
giovane non ce l’ha. Com’è comprensibile
che sia!»
Incredibile che si trovasse ad
appoggiare Emerald ma in quel
caso la ragazza si dimostrava molto più ragionevole del suo
pupillo che invece
stava dando i numeri come suo padre, solo in modo diverso.
Non era bene che si sposassero
adesso.
Non era bene che si sposassero e
basta per come la pensava
lui, a dire il vero.
Da fidanzati Emerald aveva dimostrato
di poter gestire sia
il rapporto con Kevin che quel poco che era rimasto della loro arci
inimicizia,
ma poi? Una volta sposati come sarebbe andata a finire?
Per non parlare del fatto
che…sarebbero rimasti lì a Tokyo o
Emerald avrebbe voluto tornare a Londra e magari vivere in quella villa
immensa
doveva viveva anche il resto della propria famiglia?
Ok, Kevin quelle condizioni
probabilmente non le avrebbe
accettate. Vivere sotto lo stesso tetto con un uomo che odiava? Ma dai.
Non lo
aveva fatto con suo padre, tantomeno lo avrebbe fatto col
suocero…
Già, a proposito: con quel
matrimonio ci sarebbero stati dei
grossi problemi ai quali Kevin non aveva nemmeno pensato.
Lui adesso era diventato uno
spiantato diseredato con solo
un cognome nobile dalla sua; Emerald invece era una ragazza
dell’alta borghesia
inglese nonché unica ereditiera
di una
fortuna incalcolabile,
nemmeno
fosse stata Momoka Nishizawa*.
Vuoi che Howard H.R.J. Lancaster non
pretendesse che Emerald
facesse firmare a Kevin un contratto prematrimoniale col quale
dichiarava che
in caso di divorzio avrebbe rinunciato ad ogni diritto sul suo
patrimonio? Ed
era chiaro che Emerald avrebbe accontentato paparino in quella che
sarebbe
stata la prima ed unica pretesa in tutta la vita che Howard avrebbe
voluto che
lei accontentasse.
Si vedeva già la scena
davanti, come fosse stato un film.
Lei che arrivava con quel foglio, Kevin che lo leggeva e sbottava un
“ma come,
non ti fidi di me” e quant’altro, lei che ribatteva
con “mi fido, e proprio
sapendo che non sei un cacciatore di dote non capisco che problemi hai
a
firmare”…ed il litigio che ne sarebbe conseguito.
«lei mi ama, io amo lei,
non vedo che problema c’è!»
ribatté
Kevin.
«perché quando
si tratta di quella ragazza tu non vedi al di
là del tuo naso».
“e forse è
meglio che Kevin non sforzi troppo il suo
cervellino nel tentativo di scoprire i vari retroscena,
perché sarebbe un gran
disastro”.
«ah si?! E allora dimmeli
tu tutti questi problemi visto che
sei tanto più sveglio di me e conosci la mia ragazza tanto
bene!!!»
Ridagli con quella faccenda!
«Kevin, per l’ennesima volta,
non è questione di conoscerla bene: è questione
di lo-gi-ca» lo guardò «anche
se parlare di cose logiche a qualcuno che chiacchiera di sposarsi senza
avere
la più pallida idea di cosa significa non ha molto
senso».
«che vuoi che significhi
sposarsi? Che io e lei saremo
marito e moglie, andremo in luna di miele, vivremo insieme in una casa
più bella
e grande di questa, prenderemo un labrador femmina color miele che
chiameremo
Elodie, ed avremo almeno due figli possibilmente una femmina e un
maschio che
si chiameranno rispettivamente Eve -il nome l’ho scelto io-
Emerald Janice
Alisa Mask Lancaster e Feng-yi -come il suo trisnonno- Mask Lancaster.
Niente
nome lungo se fosse maschio, perché io a
mio figlio “Howard” e
“Robin” non ce lo chiamo…ma dove
vai?»
No, no, quello era troppo per Flash
che a sentire tale
sproloquio si era alzato ed era andato via dalla cucina. In certi casi
solo
quello si poteva fare.
Kevin non aveva capito un accidenti
della vita.
«Warsman!...aspetta, dove
vai?»
«ad aprire la finestra per
far uscire tutta la gran quantità
di idiozie che hai appena detto. Ho capito che sei giovane e innamorato
e hai
un sacco di sogni, ma ti facevo un po’più
“pratico”…»
«se è per il
labrador
potrebbe chiamarsi Lakshmi invece di
Elodie…»
«il labrador
è l’ultimo dei problemi!...e comunque la
tua ragazza preferisce i gatti e i conigli».
«e tu che ne
sai?!»
«…dico, ma non
l’hai mai visto il suo blog su Tumblr?»
Ed ecco che se mai fosse saltato
fuori che lui conosceva
altre cose di Emerald che invece Kevin non conosceva, aveva trovato una
giustificazione abbastanza valida. Anche perché sul blog di
Emerald
praticamente c’era tutto per davvero, a leggere con un minimo
di attenzione.
Si beh. Tutto a parte quel che
riguardava loro due e il suo
super braccio.
«a dire il vero non ci ho
mai badato granché. Non sono un
patito di social network e simili amenità…e tu
come ci sei capitato?»
«nel periodo del Torneo,
per verificare che non si facesse
scappare qualcosa nemmeno lì riguardo ai nostri allenamenti.
Poi che mi sia
messo a leggerlo è un altro discorso; si trattava di
conoscere il nemico!»
«il
“nemico”, tsk…non dirmi che siete ancora
nemici mortali,
pensavo che aveste smesso! Non voglio trovarmi casa distrutta
un’altra volta!»
sbottò, per poi guardarsi attorno e vedere il divano
desolatamente vuoto «…già.
Per almeno tre mesi non c’è questo
rischio» fece un grosso sospiro.
«è partita stamattina
e già sospiri? Che dovrei dire
io allora?»
Kevin rizzò immediatamente
le antenne, pronto a ridurre in
polpette chiunque avesse manifestato strani attaccamenti alla sua
futura
moglie. Warsman incluso.
«perché? Tu che
c’entri?! Che rapporti hai con lei di cui io
sono all’oscuro?!!»
Certe domande per Kevin sarebbe stato
meglio non farle, ma
il russo riuscì ad incassare decentemente e dare una
risposta altrettanto
decente.
«non ne ho.
È solo che non ho più nessuno con cui
giocare a Mah Jong o con cui parlare di…“sproloqui
di vecchi cinesi”».
Oltre al resto che era bene non
dirgli.
«scusami tanto se invece di
fare giochi da tavolo preferisco
andare in palestra ad allenarmi e se non mi piace scartabellare vecchi
libri
che non legge nessuno» disse acidamente l’inglese.
«non era un rimprovero, era
la constatazione di un dato di
fatto, Kevin. Ed ovviamente con questo non dico che tu non sia
intelligente,
solo che ti piacciono cose diverse dalle mie. Più
da…“giovane d’oggi”».
«anche ad Emerald piace
quel che piace a me!»
«infatti non ho negato
nemmeno questo, di cose in comune ne
avete diverse» disse Flash. Poi il fatto che non avrebbe
saputo dirne una che
fosse una eccetto l’amore per birra e fish&chips era
un altro discorso
«solo che ecco…diciamo che se foste due
antibiotici…»
«…ma che
paragone è?!»
«tu saresti uno di quelli
mirati per un singolo tipo di
batterio, lei uno di quelli ad ampio spettro.
“acchiappa” più cose insomma»
si
alzò «è bene che io torni a casa,
adesso. E se Emerald dovesse chiamarti per
piacere evita di chiederle di sposarti
un’altra volta. Non solo perché è
una cosa sciocca…»
«ehi! Non
hai il diritto di giudicare, chiaro?! Tsk!
tutta invidia, ma non è colpa mia se io ho qualcuno e tu
invece sei da solo».
Si rese conto di essere stato stronzo
subito dopo aver
finito di parlare.
«…ma anche
perché sarebbe squallido» concluse il russo per
poi andarsene velocemente senza nemmeno guardarlo in faccia.
«Warsman, aspetta, non
volevo dire quello che-»
L’altro non lo
ascoltò, uscendo di casa e chiudendosi la
porta alle spalle.
«ha ragione Emerald, dovrei
imparare a pensare prima
di aprire bocca. Peccato che poi lei sia la prima a non farlo ma questo
è un
altro discorso.
–
insomma…come qualche ora fa. È tutto a
posto.
«si,
non c’è niente di cui preoccuparsi».
–
ne sei sicura? Perché da quel
servizio in
tv che ho visto la faccenda mi sembra diversa.
«Robin
Mask è solo un vecchio sessista, si può gestire.
Insomma…eventualmente gli tiro
giù tutti i denti con il mio pugno proibito e chi
s’è visto s’è
visto…si, lo so
che avevamo programmato di far saltar fuori la faccenda del
pugno-non-si-sa-come-super-potente
alla fine…ma comunque ecco, il nocciolo della questione
è che non c’è ragione
che ti preoccupi».
L’ultima
volta che Hammy gli aveva detto che non c’era ragione di
preoccuparsi era
saltato fuori che la bestiaccia immonda le aveva messo le mani addosso,
quindi
se Howard diffidava di tale affermazione aveva le sue buone ragioni.
Ma
d’altro canto era vero che sua figlia un vecchiardo come
Robin -così lo
definiva dall’alto, anzi dal basso, dei suoi quarantacinque
anni- poteva gestirlo
benissimo.
–
diciamo che fingerò di crederci.
«uff.
Che malfidato».
–
ho le mie buone ragioni per esserlo. Sono
passati sei minuti, visto che nella telefonata di prima siamo stati a
parlare
tutti i venti minuti che hai a disposizione perché in questa
non chiami i tuoi
amici? Lo sai che puoi farlo.
«infatti
ci stavo pensando, una telefonata a Kid e compagni la faccio
senz’altro, però
non so che è il caso di chiamare Kevin…»
Mh.
Strano che lo dicesse, pensò Howard.
–
come mai? È successo qualcosa?
Glielo
chiese sperando ardentemente che lei se ne uscisse con “mi ha
stufato e lo
voglio lasciare”. Si, non si sarebbe mai messo in mezzo alla
loro relazione, ma
ciò non voleva dire che Kevin Mask gli piacesse. Non tanto
perché era stato
diseredato, non era una questione di soldi o del fatto che Emerald
doveva
scegliersi un partner ricco; per quel che lo riguardava avrebbe potuto
pure
mettersi con il figlio di un giardiniere, se la rendeva felice.
Ma
Kevin Mask…un ex D.m.P.,
un teppista
dai capelli lunghi e per di più figlio di Robin!...per
fortuna era una cosa
seria solo fino ad un certo punto. Insomma, non c’era niente
di ufficiale…
«niente,
a parte che mentre stavo partendo mi ha chiesto di sposarlo».
Errata
corrige.
C’era
qualcosa di ufficiale eccome.
Ammutolì
perfino, all’idea di Kevin Mask nella sua famiglia.
Catastrofe,
tragedia, disastro!
«papà?
Ci sei?»
Disastro,
disastro!!!
–…certo che ci sono, principessa. Quindi ti ha
chiesto di sposarlo…e tu che gli hai detto?
“dimmi
che gli hai detto di no Hammy ti prego dimmi
che gli hai detto di no!” pensò. Aveva usato un
tono tranquillo, ma lui non era
tranquillo per niente!
«io?
Che vuoi che gli abbia detto, niente, ho fatto finta di non aver
sentito,
perché io di sposarmi adesso non ne voglio sapere!»
Chiudendo
per un attimo il microfono sul cellulare Howard Lancaster fece un
enorme
sospiro di sollievo. Niente teppisti in famiglia, ancora, ringraziando
Iddio.
Non che lui in Dio credesse granché. Se mai avrebbe chiesto
a Janice di
accendere un cero anche per lui, la prossima volta che sarebbe andata a
messa.
–
ah! Bene, bene, saggia scelta, ottimo.
Almeno tu sei stata ragionevole! State insieme da pochi mesi e
già parla di
sposarsi, ma per l’amor del cielo. Poi lascia perdere che tua
madre ed io…
«voi
siete solo un’eccezione mica la regola. Magari tra sette o
dieci anni se
staremo ancora insieme se ne potrà parlare, ma adesso non
è proprio cosa».
–
no no, infatti, non è cosa per niente. E comunque Hammy ti
renderai conto che se tra sette o dieci anni
ufficializzerete davvero la
cosa…beh…– breve pausa
– Emerald,
voglio dirtela com’è perché so che sei
una ragazza intelligente e che capirai.
Tu sei l’ereditiera di una fortuna immensa, lui ha un pugno
di mosche in mano;
ti renderai conto che, sempre sperando che vada tutto per il meglio
ovviamente,
sarebbe bene tutelarsi prima, per
evitare grane in caso di divorzio.
«insomma
se io e Kevin staremo ancora insieme tra dieci anni, cosa in cui spero
ma
niente affatto scontata, dovrò fargli firmare un contratto
prematrimoniale».
Aveva
capito alla perfezione cosa intendeva, e non sembrava averla nemmeno
presa
male.
–
detta in breve è così.
Tu sai che a me in
realtà dei soldi poco importa però, ecco,
è per evitare noie.
«no
no, ho capito e concordo. In fin dei conti Kevin non è un
cacciatore di dote,
non vedo che problemi ci potrebbero mai essere se,
nel caso, eventualmente, se mai, magari, forse ci sposassimo
tra parecchio tempo».
Ma
quanto era bello avere una figlia così ragionevole e coi
piedi per terra,
invece che una diciannovenne qualunque accecata dall’amore.
Per come la pensava
Mr. Lancaster amore e questioni pratiche andavano sempre divisi, ed era
qualcosa che aveva spesso ripetuto ad Emerald.
–
bene, bene. Allora ti lascio telefonare
ai tuoi amici, Hammy. Dodici minuti li hai ancora…ciao. Mi
raccomando, se
capita qualcosa non esitare a dirmelo.
«ah…papà?»
–
si?
«effettivamente
una cosa negativa da segnalare ce
l’ho. Io e le ragazze mangiamo da schifo».
–
non
da domani in
poi. Ah, e quella cosa che hai chiesto dovrebbe
arrivare proprio
stasera. Ciao, Hammy.
E
chiuse.
No,
alla fine Emerald come promesso non aveva detto niente a suo padre del
“piccolo
alterco” con Robin Mask. In fin dei conti Ramenman
l’aveva convinto infine a
scusarsi, dopo la cena -alquanto spartana- nella sala mensa.
Per
primo.
Una
scena assolutamente comica in quanto quelle scuse -almeno quelle ad
Emerald-
semi ringhiate erano parse più un “io ti torcerei
il collo con le mie
mani”. Di
stampo un po’diverso quelle
verso le altre ragazze, con le quali evidentemente l’inglese
aveva scelto di
“allenarsi” prima di presentare quelle pubbliche a
tutte le donne in diretta
televisiva.
Vedendo
in tv quel servizio che lo classificava come un vecchio retrogrado
sessista
maschilista si era chiesto se anche i suoi colleghi si fossero accorti
che tutte le ragazze, Lancaster
inclusa,
sapevano benissimo di essere riprese e non avevano detto una parola.
E
questo aveva spiegato anche il curioso fatto che Kirika si fosse
schierata
subito dalla parte di Emerald. Robin sapeva benissimo che quella
malnata
demonessa lo aveva sempre detestato -cosa reciproca- ed era chiaro,
ovvio, che
aveva scelto di non perdere l’occasione creata da Emerald di
umiliarlo
pubblicamente.
“tanto
alla fine me la paga” pensò “le
renderò la vita qui un inferno, e poi…”
Sarebbe
bastata qualche sostanza strana nel cibo e volendo avrebbe anche
potuto…
“se
la vuole dovrà prendersela con la forza perché io
di mia volontà non gliela do
sicuramente”.
…già,
avrebbe anche potuto…
Trasalì.
No.
Eh
no. No no.
Scosse
violentemente la testa scacciando il pensiero assurdo che gli era
venuto in
mente. Assurdo, insensato, contro tutto quello che gli era stato
insegnato.
Assolutamente
no.
Un
conto era il proprio piano originale, un altro macchiarsi di una colpa
così
grave.
No,
era impensabile. Una cosa del genere non avrebbe dovuto passargli per
la testa
neanche per un istante.
Ma
che gli era preso?!
Che
avrebbe detto suo padre se avesse saputo che per un attimo aveva
pensato di
violentare una ragazza che avrebbe potuto essere sua figlia o
addirittura sua
nipote?!
…e
che oltretutto stava con suo figlio…
La
sete di vendetta contro il suo ex amico Howard H.R.J. Lancaster gli
stava
facendo perdere la testa o cosa?
“non
diventerò un mostro per colpa sua”
pensò con convinzione “non sono così.
Io
sono molto meglio, di così. Non ho mai fatto niente del
genere e mai lo farò.
Che sono, un animale? In assoluto, no”.
“…‘non
è colpa mia se io ho qualcuno e tu sei da
solo’…grazie
mille per avermelo ricordato”.
Solo, solo, era sempre stato
così: s-o-l-o. A parte la
compagnia di qualche prostituta ogni tanto col quale soddisfare i
propri
istinti maschili, ovviamente. Ma non era un pensiero molto confortante.
Non aveva -e non avrebbe- mai trovato
davvero qualcuno.
Non alla sua età, non col suo passato e non ridotto
così com’era.
Nessuna donna lo avrebbe mai
accettato e gli avrebbe mai
voluto bene, nemmeno la più disperata tra le disperate,
nemmeno una ottantenne
accattona piena di pulci.
Non aveva nemmeno mai baciato sul
serio una donna fino a qualche
mese prima.
E anche quell’episodio
avrebbe fatto meglio a toglierselo
dalla testa una volta per sempre, visto che tanto non ci sarebbe stato
un
seguito visto che lui ed Emerald avevano scelto di tornare.
Ecco, l’unico periodo di
tempo in cui si era sentito davvero
“in compagnia” era stato quello di soli due mesi e
mezzo con la sua Nemica
Numero Uno. Incredibile, la odiava ancora a morte eppure eccolo
là perso tra i
ricordi…
Sentire il proprio cellulare che
squillava gli fece quasi
prendere un colpo. Il numero era sconosciuto, ma di un telefono fisso,
e a
giudicare dal prefisso sembrava una chiamata interplanetaria.
Vuoi vedere che…?
– nella vecchia
fattoria ia-ia-oh! C’è il porcello!
Cello! Ce- ce- cello!...
«sarei tentato di
riattaccarti in faccia, Lancaster».
Pensi al diavolo, spunta la coda!
«si può sapere
che ti è saltato in testa?! Hai fatto fare
una figura tremenda a Robin Mask!»
– ma veramente ha
fatto tutto da solo, che quelle idee in
testa non gliele ho messe io. E quello non è il peggio.
A quelle parole il russo
iniziò già ad inquietarsi.
«…che altro hai
combinato?»
– gli ho tirato
una ginocchiata alle palle.
“ma io perché
una cosa del genere la temevo?!”
«pensavo fossi andata su
con l’idea di fare sul serio e
diventare una vera chojiin, non con l’intento di sterilizzare
il padre del tuo
ragazzo! Lancaster! Vedi di far funzionare quell’unico mezzo
neurone che hai…»
– io perlomeno
mezzo ne ho, tu manco quello…
«…e comportati
come si deve almeno per una volta dimostrando
che sai anche sembrare diversa da una puttanella sfacciata quale
sei!»
Ma che gentile.
– mh. So a chi
tirare una ginocchiata la prossima volta,
appena torno più preparati, che ti tocca. Sempre che non
decida di spararti
alla testa direttamente.
«Robin potrebbe decidere di
renderti la vita difficile!»
– lo stronzo lo
aveva deciso già prima che arrivassi. Me
lo ha praticamente sbattuto in faccia davanti a tutti. Ha detto
precisamente
che io più di tutte le altre conoscerò il dolore
perché sono “una svergognata,
sfacciata e viziata, figlia di un lurido pazzo criminale e stai con
quel
miserabile fallito che sono costretto a chiamare figlio”.
Ah.
– capirai, non ci
ho visto più.
Su di lei e su Howard Lancaster Flash
poteva tranquillamente
dare ragione a Robin. Ma che avesse parlato in quel modo di Kevin ,che
tutto
era meno che un miserabile fallito, era una cosa inaudita.
Inaccettabile.
Brutta proprio!...possibile che non riuscisse davvero a rendersi conto
che
Kevin era un ragazzo meraviglioso e che avrebbe meritato tutto meno che
quel
disprezzo?
Fosse stato al posto di Robin lui
l’avrebbe trattato
diversamente. Ma non era suo padre, purtroppo, anche se aveva cercato
di
“occuparsene” in maniera quasi analoga.
A parte che per i sonniferi, i
segreti, e lo strano rapporto
con la sua ragazza ovviamente.
«se ha detto davvero
così…»
– ho parecchi
testimoni.
«è davvero
ingiusto nei confronti di Kevin. Ultimamente
entrambi i Mask stanno dando i numeri».
– perché,
che ha combinato Kevin? non posso andarmene
nemmeno un giorno che già fa danni…!
«vuoi farmi credere che
davvero non hai sentito Kevin
chiederti di sposarlo?»
– ah. Quello. Ho
sentito eccome ma non mi pare il caso,
ho diciannove anni porca miseria, che cavolo di discorso è?
«allora il labrador come lo
chiamerete, Elodie o Lakshmi?»
– ha VERAMENTE
tirato fuori questa storia anche con
te?!…e io che speravo che scherzasse…sai una cosa
del tipo di quando uno dice
“ah, io domani partirò e andrò alle
Hawaii tre anni in un albergo a sette
stelle”!
«lui invece non scherza
affatto, purtroppo. Farai meglio a
chiarire la cosa, non credi?»
– non oggi, sto
per finire i minuti della seconda
telefonata. Li ho divisi tra papà e, beh…te.
Aveva chiamato lui.
Di tutti, lui.
«perché?»
– ma che ne
so…
«fai le cose senza nemmeno
sapere perché le fai, andiamo
bene!»
– magari
perché l’idea di un porcello solo soletto a
menarselo nella mia vecchia casa non mi piaceva.
«non mi stavo…!
Sei una grandissima porca, altro che donna
dalla dignità offesa!»
– ah-ha! Ti ho
interrotto, eh?
«ma va’ al
diavolo, va! E vedi di non finire a farti anche
Robin Mask».
– il mio Nemico
Mortale Numero Due? ma anche no. Di
Pallemosce me ne basta uno!
«Pallemosce,
dici…devo proprio ricordarti come si è svolta
la cosa?»
– non ce
n’è bisogno. Ti saluto. Non giocare troppo con
l’arnese o finirai per romperlo dato che è vecchio
come il proprietario!
Chiuse prima che lui potesse
ribattere.
Il russo rimase lì, col
cellulare in mano, a guardare lo
schermo con aria assente.
«Nemico Mortale Numero Due.
Sono ancora in cima alla
lista» disse tra sé e sé.
Ed un piccolo pensiero vagamente
vendicativo andò anche a
Kevin, nonostante poi il dispiacere per lui lo avesse coperto subito:
“il
‘qualcuno’ che tu pensi di avere ha chiamato ME,
non
te!”.
Il telefono di Vance MacMadd
squillò.
«si?»
– di quei primi
cinque milioni che le ho dato ne
usi almeno un paio per far mangiare
decentemente tutte le ragazze, d’ora in
avanti.
Chiamata terminata.
Ma era stata più che
sufficiente.
:: una del mattino ::
«il coprifuoco è
scattato da un pezzo, che ci fate fuori a quest’ora?!
Kirika! Sei la solita!»
La demonessa alzò gli
occhi. «Anubi Crea, a volte sei
abbastanza rompipalle da farmi pensare che tu voglia diventare
un’istruttrice».
«e tu Emerald sei
già stata fortunata ad evitare
l’espulsione, se ti beccano fuori a quest’ora
potrebbero anche cambiare idea!»
continuò imperterrita l’egiziana, in camicia da
notte e capelli bellicosamente
sciolti. Era piccina e morbida, ma parecchio agguerrita.
«come on, so
per certo che non buttano fuori nessuno
solo per questo. Se mai appesantirebbero la mia punizione, sai quanto
me ne
frega».
«tu non hai idea di cosa ti
aspetta ecco perché parli così!
ma tu Kirika ce l’hai eccome, e se hanno messo insieme
un’allieva vecchia e una
nuova è proprio perché dovremmo dissuaderle dal
fare cose di questo genere!»
«Jacqueline che
fa?» le domandò Hammy ficcando la testa
dentro la stanza per poi trattenersi dallo scoppiare a ridere vedendo
la rossa
dormire con un asciugamano attorno alla testa, un impacco verdognolo
sulla
faccia e due fette di cetriolo sugli occhi «ah! Devo farle
una foto!!!» tirò
fuori la macchinetta digitare, zoomò e scattò la
foto «appena mi riconnetto ad
internet questa finisce sul mio blog, prima di partire ho aperto la
sezione
“Life In Hercules Factory”…»
«ma si può
sapete cos’è ‘sto casino?!»
sibilò Fiona aprendo
la porta della stanza attigua a quella di Crea e Jacqueline
«ah! dovevo
immaginarmelo. Non pensi che sarebbe meglio se evitassi guai,
tu?»
«che succede?»
disse sottovoce Roxanne affacciandosi a sua
volta sul corridoio «…Emerald! Torna in camera
tua, se vi trovano fuori…»
«morite voi di fame, noi
andiamo a procacciare del cibo!» ribatté
a mezza voce Kirika «che diamine non mangiavo così
male da quella volta in cui
da ubriaca ho mangiato per errore della pappa per gatti!»
«guardate che il cibo della
mensa è sempre quello» sbuffò
Fiona «su, non fate le stupide e tornate dentro!»
«ascolta, io di tutte le
volte che sono uscita…in
proporzione diciamo che mi hanno beccata giusto quattro volte su
quindici».
«il 26,
666666666666666666666666666667% delle volte.
Percentuale accettabile» sentenziò Hammy
«e comunque non andiamo in mensa, Fi’.
Entriamo nella suite di MacMadd».
«lì
c’è roba buona» annuì Kirika
«oltre alla wi-fi».
«ma siete totalmente
rincoglionite?!» sibilò Crea sempre più
arrabbiata.
« dobbiamo anche andare a
cercare la piantina dei condotti
di aerazione di questo posto. Abbiamo tolto un attimo la grata di
quello di
camera nostra ed abbiamo visto che io lì dentro viaggio
benissimo, quindi se
mai dovesse servirci qualcosa passo attraverso quelli, arrivo dove
voglio e lo
prendo».
Ci credo, al momento era quarantotto
chili ed era alta un
metro e sessantuno.
«la cosa più
urgente qual è, la piantina o il cibo?» chiese
la londinese a Kirika.
«la piantina. Una volta
presa quella non avremo più problemi
di viveri».
«ma se vi beccano mentre
siete in giro?!» anche Roxanne si
era innervosita.
«siamo in pigiama, fingiamo
un attacco di sonnambulismo».
«ah si, molto credibile, tu
poi!» sbottò Fiona, sempre a
volume controllato.
«vabbè ragazze,
buonanotte a voi e in bocca al lupo a
noialtre» concluse Emerald iniziando a correre velocemente
lungo il corridoio
con la demonessa e sparendo alla vista.
«sono pazze. Se le
beccano…» borbottò Anubi Crea.
«Panz MacMatto tiene quasi
tutto nello stesso magazzino»
stava dicendo sottovoce Kirika «a parte le cose
più strane che invece sono nei
sotterranei».
«conosci bene il posto,
neh?»
La loro corsa si era fermata solo un
attimo, quando avevano
visto passare Curry Cook che evidentemente quella sera era di ronda. Ma
a parte
quello non avevano avuto altri intoppi, anche perché
l’indiano non aveva
nemmeno percepito la loro presenza.
«oh si. Un’uscita
dopo l’altra ho imparato» disse Kirika
correndo «solo che io più che il cibo cercavo un
modo per andarmene di qui. Non
ci volevo stare, all’inizio».
«ti hanno dato
problemi?»
Emerald sperò che la
compagna di stanza non la trovasse
troppo indiscreta. Kirika odiava le impiccione. Ma d’altra
parte era stata
proprio lei ad avviare il discorso.
«Robin Mask»
disse semplicemente la demonessa «con gli altri
ex cattivi terrestri non ha avuto problemi, ma
poiché io sono mezza
demone figlia di un demone…non è solo sessista,
è anche razzista».
«insomma andrebbe abbattuto
come faccio con le volpi».
«oh si, che diamine, se lo
fai ti regalo una fornitura a
vita di liquore del mio pianeta» si fermò davanti
ad una porta «eccoci qua,
dovrebbe essere apert…ma…no! è chiusa!
Prima non era mai chiusa!»
«mh. Faccio io»
sentenziò Hammy vedendo che il tipo di
serratura era apribile con una forcina.
Pochi istanti dopo poterono entrare.
«si tutto sommato
l’idea di due per stanza non era malvagia
per niente» commentò Kirika «io avrei
dovuto spaccare la serratura».
I magazzini erano strapieni di roba
di ogni genere, ma a
detta di Kirika teoricamente i documenti che cercavano erano in uno
dell’enorme
e disordinato mucchio di grossi scatoloni vicini
all’ingresso. Come a voler
trovare un ago in pagliaio in effetti, pensarono, ma le due non
intendevano
arrendersi nonostante questo e il fatto che avessero solo una misera e
piccola
torcia elettica.
Esclusero a priori le scatole
più nuove concentrandosi su
quelle sulle quali era stato segnato l’anno in cui i condotti
di aerazione
erano stati costruiti, diversi anni prima. Trovarono lo scatolone con
la
piantina della scuola, e quella dei
condotti, circa tre quarti d’ora dopo.
«ce l’abbiamo
fatta!» esultò Kirika spegnendo la torcia e
ficcandosi i figli in tasca «ottimo, possiam-»
Vedendo la porta aprirsi leggermente
Emerald e la demonessa
si nascosero dietro agli scatoloni.
Appena in tempo.
«…che ci fa qui
Robin Mask a quest’ora?» disse pianissimo
Kirika «non ci voleva…»
Emerald però pensava ad
altro. Ossia al brillio della chiave
del magazzino -solo quella poteva essere dato che era l’unica
che aveva e che
l’aveva appena rimessa lì dopo essere entrato -
che quasi stava cadendo dalla
tasca dell’inglese.
Allungando appena un braccio la
ragazza riuscì ad afferrarla
senza che lui non se ne accorgesse nemmeno.
«entrare è
entrato, ma per stanotte non esce» disse molto
piano. Kirika sogghignò.
«diavolo se hai capito
tutto della vita, tu. Però mi chiedo
che cosa stia cercando».
Hammy aveva già attaccato
la modalità video della sua
macchinetta, in visione notturna, e stava riprendendo la scena.
«l’insigne Robin
Mask si avventura nei magazzini alle una di
notte alla ricerca…» bisbigliava Hammy
«…alla ricerca di…»
Da un sacco ben sepolto sotto altre
cianfrusaglie
l’aristocratico tirò fuori nientemeno
che…
Le due si tapparono la bocca a
vicenda per non scoppiare a
ridere.
Una bambola di silicone, Cristo!
Non qualcosa che era possibile
scambiare per un manichino da
allenamento, ma una bambola erotica di quelle da migliaia di dollari.
Ok, quello era oro colato, ed era
sufficiente.
Uscirono velocemente dal magazzino
chiudendosi la porta alle
spalle.
«ops. La porta si
è chiusa da sola e il povero Robin ha
perduto la chiave chissà dove in tutto quel
disordine» Kirika si fece dare la
chiave e la mise nella stessa tasca doveva aveva messo i fogli
«lui non l’ha
trovata ed è rimasto chiuso qui tutta la notte».
Corsero via.
«una bambola erotica
nascosta nel magazzino, what the
fuck?! Chi è l’immorale
adesso?»
«ok dopo questa non ho
più nemmeno voglia di arrivare fino
alla stanza di Panz MacMatto. Torniamo in camera e beviamo qualcosa
alla salute
di Rob Pervertito Mask».
Solo un’altra volta
incrociarono Curry Cook, che anche in
questo caso non le vide, e in breve tempo furono nel corridoio
dov’era la loro
stanza.
Sentendo i loro passi Crea, che
evidentemente era rimasta in
piedi ad aspettarle, uscì di nuovo.
«siete pazze!»
«però abbiamo
avuto la piantina e anche di più!»
«ah, quindi Vance MacMadd
si concede ancora un trattamento
diverso da quello che riserva agli studenti?» storse il naso.
«probabile, ma non siamo
andate da lui, abbiamo…ah, guardati
il video!» disse Hammy.
Mentre le immagini scorrevano Anubi
Crea allibiva.
«…una…nel…non
ci credo...»
«e non è finita:
lo abbiamo chiuso dentro!» sghignazzò
Kirika.
«voi
cosa?!»
«credeva di essere solo,
povero. La porta si è chiusa da
sola, e ahimé, lui non aveva più la
chiave» spallucciò Emerald mentre Kirika si
indicava la tasca «e non abbiamo lasciato tracce. Abbiamo
entrambe i guanti».
“visto che quel
che avevo chiesto è arrivato davvero
poi io ne ho anche di nuovi di tessuto satinato brevettato
Lancaster” pensò.
«giornataccia per il povero
Robbie. E anche nottataccia»
sospirò falsamente contrita la demonessa
«’notte».
E se ne tornarono in camera.
Anubi Crea scosse la testa.
Non sapeva se essere più
scioccata da loro due o da Robin
Mask…
«nascondere la sua bambola
in magazzino, certo che non è
sveglio» commentò Kirika lasciandosi offrire da
bere da Hammy.
«magari la tiene
lì perché dice “se la trovano in camera
mia
sanno che è mia sicuro, se invece la trovano lì
chissà”» ipotizzò la
londinese
bevendo a sua volta un sorso di cognac di quello buono «ma
poi rischia che gli
accadano cose come questa. O forse lo fa perché un
aristocratico vecchio stampo
come lui non riesce ad accettare la propria perversione e a tenere la
bambola
nell’armadio o sotto il letto».
«fanculo Freud,
è coglione e basta».
«right».
***
* il padre di Howard, Hogan, aveva un
fratello. Questo
fratello ha generato un figlio maschio -cugino di Howard- che ha
generato a sua
volta un altro figlio maschio -cugino di Hammy, più alla
lontana-. Dunque non
importa se Howard e Janice hanno solo una figlia femmina, il cognome
dei
Lancaster continuerebbe comunque ad essere tramandato.
* (Keroro Gunso) Momoka
Nishizawa, dodicenne dalla
doppia personalità figlia di Baio Nishizawa, talmente ricco
che controlla
praticamente tutta l’economia mondiale, oltre ad essere
responsabile del 51%
dello sviluppo spaziale della Terra.
E
tra le altre cose, anche Baio Nishizawa stravede per la
figlia xD
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Capitolo 5 *** ''Altri metodi'' ***
:: Tokyo, nove del mattino ::
Si guardavano, uno in piedi davanti
alla porta aperta con un
cesto di muffin, l’altro a braccia incrociate.
«sono stato…per
ieri sera…seh. Insomma. Quello».
A Kevin non riusciva ancora di
scusarsi come si deve,
nemmeno quando si rendeva conto di essere stato davvero bastardo.
Che gli era saltato in testa di
dirgli “non è colpa mia se
io ho qualcuno e invece tu sei da solo”? di certo per il suo
amico vivere in
completa solitudine non era piacevole. Insomma,
non aveva una donna, non
aveva altri amici oltre a lui…un uomo solo, proprio.
Inoltre da quando stava con Emerald,
si vedevano un po’più a
lungo giusto in palestra. Quanto al resto…si, era sempre a
mangiare da loro, ma
poi spesso e volentieri lui ed Hammy si chiudevano in camera e chi
s’è visto
s’è visto…
«mh. Non credo di capire
quel che vuoi dirmi, sarà che sono
uno straniero che essendo solo non riesce ad
imparare bene la lingua».
«hai capito
eccome» borbottò Kevin.
Rimasero lì fermi in
silenzio per un paio di minuti.
«se non hai altro da dirmi
torno alle mie attività solitarie».
Fece per chiudere la porta quando
Kevin alla fine si
rassegnò.
«va bene. Scusami per ieri
sera, non avrei dovuto dire
quello che ho detto e sono stato uno sciocco» disse tutto
d’un fiato, come per
togliersi il pensiero.
«oh. Ce l’hai
fatta a quanto pare» commentò Warsman
invitandolo ad entrare con un cenno «non credo di riuscire a
finire da solo
tutti questi muffin…se mi dai una mano…»
L’inglese, se non altro
sollevato, accettò l’invito ad
entrare in casa. Da quando Hammy e Flash erano tornati non ci aveva
messo più
piede, ma non era cambiata poi così tanto; stessi mobili,
stessi libri…magari
era solo più ordinata di quando ci viveva Emerald.
“il trofeo è
sparito” pensò Kevin notando che non era
più
dove l’aveva visto l’ultima volta “ma chi
se ne importa”.
Non immaginava che quello, tutti gli
altri trofei nonché
vari souvenir dei due mesi e mezzo di viaggio fossero stati messi tutti
quanti
dentro quella che una volta era stata la camera da letto di Emerald,
che a
parte i vestiti e pochi oggetti non aveva portato via praticamente
nulla.
No, Flash non dormiva nella camera di
Hammy, ma in quella
che era stata la stanza degli ospiti. Aveva tenuto perfino le
fotografie
-eccetto quelle in cui apparivano Howard e/o Connors, messe in qualche
cassetto- inclusa una grande che Kevin aveva fatto ad Emerald durante i
primissimi tempi di conoscenza, che la raffigurava sorridente e seduta
su una
panchina con le ginocchia raccolte contro il petto. C’erano
anche quelle nei
panni di DJ Smeraldya…anche quel tempo era finito. Emerald
si era perfino fatta
togliere il tatuaggio, dicendo che “non se lo sentiva
più bene addosso” quando
gli altri le avevano chiesto perché.
«non hai cambiato
praticamente niente» commentò dunque
Kevin.
«andava bene
com’era».
Il ragazzo passò un dito
sul divano, che era di quelli
estremamente ampi e morbidi, con lo schienale basso e piano di cuscini.
«io
devo ancora capire perché l’ha cambiato».
«non gliel’hai
chiesto?...già, avevi altro per la testa che
chiederle del divano».
“il motivo per cui
l’abbiamo cambiato peraltro è analogo a
ciò che avevi ‘per la testa’!”
pensò il russo.
«eh…»
si sedettero al tavolo della cucina «già. Tra una
cosa
e un’altra ho finito per dimenticarmi di farle diverse
domande, tipo qualcuna
un po’più specifica su cos’è
successo nei mesi in cui è sparita».
“precisamente il tipo di
domanda che non devi farle!”
pensò Warsman attaccando per primo il gruppo di muffin.
«eppure l’hai sentita
cos’ha detto. È stato un intervento difficile che
ha avuto anche delle
complicazioni in seguito. Per non parlare del fatto che si è
fatta togliere
tutte le cicatrici che aveva addosso, nonché il tatuaggio;
tutte cose per cui
serve tempo, non credi?»
«ma si,
si…queste cose non le metto in dubbio anche
perché
le prove le ho sotto gli occhi, ma
quell’abbronzatura?»
«lampade, Kevin,
lampade».
«dopo degli interventi alla
pelle?!»
«eppure tu sai bene che le
cliniche del suo adorabile padre
sono estremamente avanzate. Vuoi che non abbiano sviluppato un tipo di
lampade
particolari, se sono riusciti a riparare i suoi tessuti alla
perfezione?»
Anche Kevin diede l’assalto
ad un muffin. «altra cosa che
non mi spiego. Le hanno sparato addosso ed è più
in forma di prima».
«come se per te non avesse
sempre valso lo stesso discorso,
più botte prendevi più forte
diventavi…»
«divento!»
lo corresse Kevin «e poi io sono io, lei
è
lei».
Breve silenzio mentre mangiavano.
«quanto al
matrimonio…»
«ancora?»
«no…è
che ci sto riflettendo sopra. Mi sa che hai ragione.
Nonostante secondo me non sia una questione di età ma
più che altro di sentirsi
pronti al “grande passo”…»
«quindi non ti senti
pronto».
«no, io mi sento pronto
eccome! Lei no però. Ci ho
riflettuto su più o meno tutto stanotte, lei non poteva non
aver sentito quel
che le aveva detto, e se non mi ha risposto vuol dire
che…beh…che non mi vuole
sposare. Non adesso, almeno. E so che se le rompessi le scatole con
questa
storia probabilmente finiremmo a litigare di brutto, e non è
cosa» sospirò «mi
sono lasciato prendere un po’la mano, eh?»
«vagamente, guarda, solo
vagamente. In un certo senso posso
perfino capirti…sei stato cinque mesi e mezzo senza nemmeno
sapere se fosse
viva, morta, o altro, te la sei vista rispuntare davanti
all’improvviso, eri
libero di stare insieme a lei…e sei andato fuori di
testa».
Kevin dopo aver assimilato i concetti
annuì lentamente. «mi
sa che è così. Ma comunque il fatto che abbia
accantonato l’idea di sposarla
appena la rivedrò non vuol dire che io la ami di
meno».
«a dirtela tutta compagno
mi sa che vuol dire il contrario.
Rispettare i suoi tempi è una prova
d’amore».
Altra pausa di silenzio.
«Warsman, ma
tu…è una domanda abbastanza personale, quindi
se vuoi sei libero di dirmi “fatti gli affari
tuoi”...»
«sentiamo».
«dopo Anya non
c’è stata più nessuna per cui tu
abbia…ecco…sentito qualcosa? e
viceversa?»
Il russo sbuffò una specie
di risata amara.
«tu non hai idea di quel
che c’è qui sotto» si indicò
il
volto coperto dalla maschera «ho corpo e volto martoriati, ho
un computer
interno, sono un mezzo robot. Ovvio che non ci sia più stato
un “viceversa”. E
sapendo che non ci sarebbe mai stato il “viceversa”
non mi sono nemmeno mai
dato pena di sentire il “qualcosa”».
«che gente
superficiale» borbottò Kevin, riferendosi alle
donne che Flash non aveva avuto.
«non è una
questione di superficialità. Non proprio. Devi
capire che il mio volto è…in pratica
c’è un solo occhio buono, e quanto al
resto un miscuglio di interi metallici e tessuti scoperti
perché di pelle non
ce n’è più, quindi non è
proprio un bel vedere».
“…ma
perché gliel’ho chiesto?” rimpianse
Kevin, pur provando
quasi compassione per lui.
«quindi…niente,
insomma. Però sono superficiali lo stesso»
non ci credeva più ma lo disse lo stesso
«possibile che nemmeno una abbia…?»
L’ennesima breve pausa di
silenzio durante la quale il russo
aveva preso in mano un muffin.
«una» disse piano
«una soltanto. E nemmeno poi così tanto
tempo fa. Ma non era cosa. avevamo entrambi
troppi…impegni…e comunque era un
rapporto abbastanza strano. Non era nemmeno amore. Era…non
so nemmeno io cosa.
So solo che quando ha visto il mio viso non è scappata
urlando. E non era
nemmeno disgustata, o incuriosita modello “amante dello
splatter”. Lei è
rimasta lì come se non ci fosse niente che non
andava».
Ogni volta che si metteva a parlare
dei suoi fatti privati
Kevin rimaneva inevitabilmente ad ascoltarlo muto come un pesce.
Un’altra cosa
che Flash sapeva fare bene era raccontare le cose.
«ma se era così
perché non siete rimasti insieme? non penso
che qualcuno del genere si incontri tutti i giorni».
“oh, io e te la incontriamo
tutti i giorni eccome” pensò
Flash sentendosi pure colpevole nonostante allora Kevin ed Emerald non
stessero
ancora insieme ufficialmente.
«te l’ho detto,
non era cosa. C’erano troppi problemi, oltre
che qualcun altro di mezzo. E poi ho anche detto che qualunque cosa
fosse non
era nemmeno amore».
«sarà, ma se
è andata davvero come dici anche se non era
amore c’era vicino secondo me. E quel qualcun altro potevate
pure mandarlo ad
diavolo, no…»
Warsman non sapeva se aveva
più voglia di scoppiare a ridere
amaramente o sotterrarsi e basta, considerando che Kevin praticamente
gli stava
dicendo “avresti dovuto rimanere eternamente in viaggio con
la mia ragazza”.
Meglio cambiare discorso.
«meglio parlare
d’altro. Di’, Emerald ti ha chiamato ieri
sera?»
“ok, sono un bastardo anche
io”.
«no…magari
è sempre per quel discorso del matrimonio. Ma
tanto non lo tirerò più fuori».
«bene, bene».
«aveva detto che ci saremmo
sentiti però!» incrociò le
braccia, un po’irritato «insomma, se non mi chiama
non posso nemmeno non tirare
fuori la faccenda e tranquillizzarla! E poi comunque dovrebbe
chiamarmi
e basta, sono il suo fidanzato, non c’è nessuno
che dovrebbe aver voglia di
sentire più di me».
«probabilmente
sarà stata al telefono col simpatico Howie».
«il simpatico Howie per
quanto mi riguarda deve andare
all’inferno» borbottò Kevin.
Entrambi si guardarono attorno, come
temendo che pur essendo
lontano migliaia di chilometro Mr. Lancaster potesse sentirli. Sarebbe
stato il
colmo se si fosse sentita la sua voce da un punto indefinito dire
“Io vi SEntooooooooOH!”
«altro valido motivo per
rimandare il matrimonio, che dici?»
«oh si, non ho proprio
fretta di farlo diventare mio
suocero. Più o meno come Emerald non ha fretta di diventare
la nuora di mio
padre».
Già, meglio non dire a
quel povero ragazzo cos’era che suo
padre aveva detto di lui. “miserabile fallito”.
Povero Kevin.
«beh, direi che-»
«EHIIIIIIIIIIII DI
CAAAAAAAAAAAAAASAAAAAAAAA?!!»
I due guardarono fuori.
Si guardarono.
«chiamasi giornata rovinata
direi. Ma perché sia la finestra
del salotto che questa devono proprio dare sulla strada?»
sospirò Flash.
«ma più che
altro perché non abbiamo chiuso le tende,
perché?!» sbottò Kevin
«proprio questo branco di scimmie doveva capitarmi
davanti…»
«Keviiiiin non
fare l’asociale ed esci dalla tana!!!»
«idiozia, esci da questo
corpo» disse Flash mimando il gesto
di tirare l’acqua santa addosso a Kid Muscle, che stava
spiattellando la faccia
sul vetro della finestra «…mh! Se rimane
così la sua faccia è quasi peggio
della mia».
«non è che hai
un bazooka?»
«no».
«un mitra di quelli
grossi?»
«no».
«un fucile laser?»
«no».
«un fucile
normale?»
«nemmeno».
«una pistola?»
«no».
«una scacciacani?»
«niente».
«una katana?»
«eh no».
«un coltello da
lancio…?»
«KEEEEEEEEEEVIIIIIIIIN!!!
…e…e quell’altro…non
ignorateci!!!» strillò Kid Muscle appiccicandosi
ancora di più al vetro.
«…non ho nemmeno
quello ma se aspetti un attimo posso
tirarti fuori una molotov» propose Flash.
«non sarebbe male ma temo
che dovremo sentire che accidenti
vogliono» sospirò l’inglese, uscendo di
casa con Warsman.
«oh, ce l’avete
fatta ad uscire. Iniziavamo a pensare che
avremmo dovuto tirarvi fuori dando fuoco alla casa»
scherzò Terry.
«Kenyon la faccenda della
grigliata è ancora valida. Che
volete?»
Erano venuti a ranghi compatti, Kid,
Meat, la combriccola,
Jeager, Checkmate e le due ragazze rimaste.
«volevamo sapere se tante
volte visto che state insieme
Hammy ha chiamato almeno te per dirti qualcosa…lo avete
visto il telegiornale
ieri sera?»
Per Meat era ancora un
po’difficile accettare che Warsman
fosse ancora lì, che spesso indossasse i panni di Flash e
che lui continuasse a
frequentare Kevin ed Emerald. Ma il piccoletto aveva anche la
sensazione che,
al solito, il russo sapesse qualcosa di più riguardo ai
misteri che circondavano
la sparizione di Emerald ed il suo ritorno -che caso strano
era avvenuto
il suo stesso giorno!- quindi tra le altre cose aveva pensato di dover
provare
ad avvicinarlo in qualche modo. Era per Hammy che lo faceva. temendo
che si
fosse ficcata -e stesse andando a ficcarsi- di nuovo in qualche
guaio/pessima
situazione/periodo complicato/enorme casino/faccenda ambigua.
C’erano troppe cose che non
tornavano. Troppe domande senza
risposta. E lì c’era rimasta solo una persona che
le risposte le aveva tutte,
ossia proprio Warsman. Non gli era nemmeno chiaro come avesse fatto a
scampare
alla morte dopo che quei soldati l’avevano preso, anche se
per quello gli
sarebbe bastato chiedere ad Emerald che avrebbe risposto “ho
voluto io che
fosse liberato”.
Ma anche di questo il
perché non era mica tanto chiaro.
A meno che l’odio tra lei e
Warsman avesse assunto sfumature
ancora più strane di quelle di prima, complice anche lo
sfascio di tempo fa.
Chi gli garantiva che non fosse successo qualcosa di analogo, nel tempo?
E poi c’era quel
braccio…
«ovviamente lo abbiamo
visto ma no, non ho saputo niente
quindi potete anche andarvene» disse brusco Kevin.
«eddai Kev
andiaaaamo…non essere cattivo!» Kid gli
andò
vicino «ah, ho capito, era una telefonata hot!!!»
«ma che…no! Non
ha chiamato e basta!!! E comunque se anche
ci fosse stata una telefonata hot non sarebbero fatti tuoi! E nemmeno
vostri!»
sbottò guardando malamente anche gli altri.
«aaah, quindi sei nervoso
perché Hammy non ti ha chiamato»
commentò Jeager.
«già dimenticato
il discorso dei wurstel? Devo rinfrescarti
la memoria?»
Warsman gli mise una mano sulla
spalla. «compagno, calmati.
Non è tempo né luogo per mettersi a fare a
pugni» lo fece indietreggiare «no,
di Emerald non sappiamo niente» mentì
«anche se Kevin avrebbe gradito sapere
qualcosa, proprio in considerazione di quel che è stato
mostrato nel TG».
«proprio niente
niente?» insistette Trixie, che voleva
sapere sia di Hammy che ovviamente della sua carissima amica Roxanne.
«purtroppo no. Non che io
senta la mancanza di Emerald
sinceramente».
“Sinceramente”…?
Mica tanto!
«pensare che lei ti ha
anche salvato la vita» sbottò Terry
«dovresti ringraziarla in ginocchio ogni volta che la
vedi…»
«tu che cosa vuoi saperne
di-» scattò Kevin, ma Flash lo
trattenne ancora.
«ok, è tempo di
chiarire un paio di questioni. È vero, io ho
tentato di farla fuori. Ma per chi ancora non lo sa, o fa finta di non
saperlo,
lei ha fatto la stessa identica cosa.
Inoltre nonostante sia stato Turbinskii a dare “il colpo di
grazia”, se è
successo quel che è successo è proprio
perché Emerald stessa ha attirato qui
suo padre dicendogli che forse io ero quello che cercava. Come se
questo non
bastasse…» per freddo che fosse la rebbia si
avvertiva bene nella sua voce. La
rabbia di qualcuno accusato, lui solo, per qualcosa che aveva fatto anche qualcun altro. Di qualcuno fatto
sempre passare per mostro, mentre i veri mostri se ne stavano in
splendide
ville ed erano pieni di soldi, nonché sempre giustificati.
«…come se questo
non bastasse, sono stato torturato dai
soldati di Lancaster per due settimane. Non
ero certo di uscirne vivo. Eppure di quel che hanno fatto loro nessuno parla. Nessuno ce
l’ha davvero con
l’uomo che ha sparato alla propria figlia, che mi ha
braccato come un animale, e poi…perché lo ha
fatto? Per puro gusto, perché
undici anni fa non ne aveva alcun motivo, io sua figlia non
l’avevo mai
toccata. Così come nessuno ce l’ha con Emerald,
anche se mi ha sparato addosso.
Vedete solo quel che volete vedere, come sempre, come tutti».
Erano tutti ammutoliti, e si
scambiavano occhiate. Il russo
però non aveva ancora finito.
«è vero che io
non sono uno stinco di santo. E sono anche
stato un supercattivo e quant’altro. Ma non sono santi
nemmeno Emerald e
famiglia».
«questo…noi lo
sappiamo» disse piano Checkmate «Howard
Lancaster è-»
«è qui,
è là, eppure non ho visto nessuna folla
inferocita
contro di lui, né sentito nessun notiziario parlarne male,
né letto sui
giornali qualcosa di differente da “tragico
incidente”, o “la giusta vendetta
di un padre contro il mostro che ha aggredito sua figlia”!
Come la mettiamo?!»
Detto questo rientrò
bruscamente in casa.
Ne aveva abbastanza.
«beh, complimenti
vivissimi» fu l’unico commento sarcastico
di Kevin all’indirizzo degli sgraditi visitatori prima di
seguirlo.
I ragazzi della League e le ragazze
se ne andarono,
scambiandosi ancora occhiate.
«mi sa che ci era sfuggito
il punto di vista di qualcuno, in
tutta quella storia» disse piano Wally.
«ha comunque messo le mani
addosso ad Emerald» ribatté Dik
Dik.
«si, ma è vero
anche tutto il resto».
«che il padre di Emerald lo
abbia fatto braccare come un
animale però non ci sono prove» osservò
Jeager «non che questo significhi che
io non ce lo veda a fare qualcosa
del
genere».
«si…Kevin stesso
aveva detto “anche Emerald ha fatto…” e
lui
com’è che rispose?»
«“i cani rabbiosi
vanno abbattuti”» disse Trixie senza alcun
entusiasmo «mi è rimasto impresso,
sinceramente».
«tutto sommato a volte io
sono portato a pensare che Warsman
sia più umano di Howard Lancaster» ammise Meat
«tant’è vero che quest’ultimo
non avrebbe esitato a compiere un omicidio in diretta televisiva, se
Hammy non
si fosse messa in mezzo».
«continuano a sentirsi
tutti i giorni ma io mi chiedo…com’è
possibile?» disse Terry mentre salivano tutti in macchina.
«in fondo è
sempre suo padre…» disse Kid, che era rimasto
zitto zitto per tutto quel tempo.
«si ma
è…è…ah» Terry
sbuffò «di modi di definirlo ce ne
sarebbero tanti, e nessuno lusinghiero!»
«anche ammettendo che un
genitore è sempre un genitore, io
continuo a chiedermi perché abbia salvato la vita a Warsman
e sia lei che Kevin
continuino a frequentarlo. Lei gli ha lasciato pure la sua vecchia
casa.
Insomma, Kevin Mask non dovrebbe frequentare volentieri qualcuno che,
in ogni
caso, le mani addosso alla sua ragazza ce
le ha messe» disse Dik Dik.
“e non si sa nemmeno bene
fino a che punto” pensò Meat.
No, no, urgevano indagini. Urgeva
avvicinare Flash. E
magari...
Presumibilmente Howard doveva sapere qualcosa riguardo a quel braccio.
Solo che, con quale scusa incontrarlo
e chiederglielo? E poi
avrebbe dovuto avventurarsi fino a Londra. E non era nemmeno detto che
l’avrebbe trovato, considerando quanto viaggiava.
E poi, se anche l’avesse
trovato, perché mai Mr. Lancaster
avrebbe dovuto dirgli la verità? Se gli avesse detto
“glielo chiedo perché temo
che Hammy possa andare a cacciarsi o essersi cacciata in qualche
guaio” -ossia
i propri veri pensieri- ci sarebbe stato il rischio che mettesse di
nuovo in
moto quella che lui si ostinava a chiamare
“security” e che invece era un
esercito vero e proprio.
“no, no…meglio
non svegliare il can che dorme e lasciare il
padre di Emerald dove sta” concluse
“farò le mie indagini qui a Tokyo. Un modo
per avvicinare Warsman ci deve essere”.
E sempre a proposito del russo,
quando avevano chiesto
notizie di Emerald gli era parso avesse un’aria strana.
Va’ a vedere che Hammy,
contrariamente a quel che diceva,
con lui si era fatta sentire eccome!
Ma se le cose stavano
così, risultava tutto ancora più
strano. Tra tutti quelli che avrebbe potuto chiamare, perché
proprio il russo?
“troppe domande, nessuna
risposta”.
«io penso che quegli
imbecilli…»
«fa niente Kevin, tanto
quelle erano tutte cose che prima o
poi andavano dette. Mi hanno dato l’occasione di
farlo».
L’inglese non
commentò. Si guardò brevemente attorno.
«Warsman…»
«si?»
«quindi i soldati non si
sono limitati a trattenerti come mi
avevi detto».
Ops.
«…no».
«perché me
l’hai taciuto?»
«perché tanto
ormai quel che è fatto è fatto. E non volevo
farti stare in pensiero. Ma ho parlato troppo, accidenti a
me».
«ma Hammy questo lo
sa?»
«è lei che ha
voluto che mi liberassero. Ma l’ordine di suo
padre al dannato Connors è arrivato due settimane dopo. E
l’americano ha
voluto…”divertirsi”».
Kevin scosse la testa arrabbiato, e
anche disgustato. «io li
odio. Tutti e due. Invece Emerald continua a tenere entrambi su un
piedistallo,
e se più o meno posso arrivare quasi a comprendere che lo
faccia con suo padre,
non capisco il motivo per cui faccia lo stesso con
quell’americano».
«che fosse una sua cotta
infantile?» pareva che l’avesse
detto così per caso, ma in realtà sapeva per
certo che era proprio così.
Emerald a domanda rispondeva, e quando -vedendola rispondere ad alcuni
messaggi
dell’americano- gli aveva domandato perché
sembravano essere così intimi ecco
che era saltata fuori la verità: Michael Connors era stato
una cotta infantile,
durata anni, dichiarata, e se non si era trasformata in altro era solo
perché
l’americano voleva evitare guai con Lancaster padre.
«primo: le cotte infantili
si superano. Secondo: adesso è
fidanzata. Terzo: quel tizio è uno stronzo».
«quarto: sei geloso di
qualcuno che dovrebbe essere a
chilometri di distanza da noi. A proposito, non ti inquieta sapere che
la tua
ragazza è in un posto pieno di uomini che non hanno
sottomano carne fresca da
un bel po’?»
«seh! Hammy che perde tempo
con degli ultrasessantenni
avendo me per le
mani…che idiozia».
E a Flash venne di nuovo sia da
ridere che da sotterrarsi.
:: Scuola
di Ercole,
in aula ::
Una volta a Robin Mask insegnare le
regole piaceva.
Le regole davano un senso a tutto
quel sistema. Le regole
erano sacre.
Peccato che dal giorno prima sembrava
proprio che
preferissero mandarle tutti al diavolo.
Aveva dovuto perfino scusarsi per primo con quella grandissima
stronza, perché Emerald altro non
era...avrebbe preferito mille volte prendere a sberle quel faccino da
bambola
di porcellana che si ritrovava, giusto per farle sparire quel
sorrisetto
soddisfatto che le aveva visto in viso quando lui era stato costretto a
cedere.
“spero che d’ora
in poi, tra le altre cose, non pretenderà
più che gliela dia. La pistola”.
Questo gli aveva sussurrato appena
prima di andarsene a
cena, dopo le scuse reciproche, senza farsi sentire da nessun altro.
E lui, in quel momento, aveva
pensato…“non sono un animale,
ma per la prima volta nella mia vita tutto sommato non mi
dispiacerebbe”.
Lui l’aveva nominata per
darle il tormento. Non avrebbe
voluto finire lui stesso ad essere tormentato. E quello di ieri era
stato solo
il primo giorno!
Inoltre era nervosissimo
perché quella notte l’aveva passata
chiuso in magazzino -era stato Geronimo a tirarlo fuori, verso le sei
del
mattino- a cercare una chiave che pareva essersi volatilizzata. Eppure
lo
sapeva che avrebbe dovuto lasciar perdere quella maledetta bambola -dai
capelli
e “pelle” chiari come quelli della sua ex moglie-
una volta per tutte. Era una
cosa così maledettamente perversa…eppure quella
notte ne aveva sentito il
bisogno. E proprio per via di quei pensieri da animale.
Meglio una bambola che la ragazza,
tutto sommato. Si, magari
avrebbe fatto prima a chiamare su una prostituta, ma che figura avrebbe
fatto
se si fosse saputo che lui, Robin Mask, l’ineccepibile Robin
Mask, oltre ad
essere un sessista andava pure a mignotte?
…non che trafficare con
una sex doll fosse tanto meglio, ma
perlomeno non ci sarebbe mai stato il rischio che la bambola dicesse la
verità
a qualcuno, no?
“e nemmeno la colazione di
oggi ha contribuito a migliorare
il mio umore, perché ho una vaga idea di chi sia la persona
a cui la dobbiamo”
pensò. Urtato? No! Era us-urtato!
Perché nonostante avesse fatto qualcosa di buono -il cielo
solo sapeva quante
volte aveva rotto le scatole a Vance MacMadd perché facesse
mangiare loro e gli
studenti in modo sano!- in quel modo Howard H.R.J. Lancaster aveva di
nuovo
mandato il seguente messaggio:
“comando
IO, anche se
non sono presente nella Scuola. Comando qui, comando lì da
voi, comando ovunque
i vostri piccoli cervelli possano arrivare a pensare. Ricordatelo,
carissimo
Robin”.
Paranoia a duemila, insomma.
E, pur avendo una fame tremenda, si
era pure alzato prima
che arrivassero le allieve. Non aveva avuto la minima voglia di
trovarsi
davanti la ragazza, proprio no; era troppo simile al padre. Ed aveva
lasciato a
Buffaloman e Teapackman il compito di far fare alle ragazze la sessione
mattutina di allenamento.
Solo che adesso, invece, gli toccava
per forza.
Chiuse brevemente gli occhi e le
sentì arrivare tutte e sei.
Le donne, col loro chiacchiericcio…pensare che da giovane
gli piaceva perfino.
Il loro chiacchiericcio, le loro risate, i loro profumi. Erano stati
proprio
questi tra fattori a far si che provasse il desiderio di avvicinarsi ad
Alisa:
il suo profumo di fiori…la sua risata
argentina…il modo in cui l’aveva vista
parlare col suo gruppo di amiche quando ancora andavano ad Oxford,
soffiandosi
via ogni tanto i capelli biondo chiaro dal viso.
Si erano innamorati, sposati, avevano
avuto Kevin. E poi…
Quei ricordi dolci e nostalgici
vennero spazzati via da
un’improvvisa ondata di rabbia. Aumentata dal fatto che ad
entrare per prima in
aula fu proprio Emerald J.V.P. Lancaster con quel suo-oh
mio Dio.
Stava per pensare
“sorrisetto” ma era passato decisamente in
secondo piano.
Ma come poteva quella ragazza essere
così
maledettamente…indecente?!
«buongiorno Mr.Mask! come
mai non c’era stamattina? Ci ha
fatte preoccupare».
Erano entrate anche tutte le altre,
ma non gli importava
granché. Era troppo impegnato a fissarla ed odiare quel suo
tono di
preoccupazione che sembrava sincero, in contrasto col luccichio negli
occhi
smeraldini che rivelava invece tutto il contrario.
Odiava quello scintillio, per quanto
invece in passato lo
aveva apprezzato negli occhi dell’ex caro amico.
«tu…sei…assolutamente
indecente!»
Emerald si guardò, lo
guardò.
«lei a
sessant’anni e passa indossa quella specie di mutande
di ferro e quella indecente è una diciannovenne bella
tonica. De gustibus non est disputandum, ma
qui
si rasenta il ridicolo».
Hammy indossava quella che
teoricamente doveva essere una
tuta da combattimento, in tessuto nero simil satinato, sottilissimo,
con sette
spacchi sulla parte sinistra, aderente come una seconda
pelle…
E senza uno straccio di intimo sotto,
a quanto pareva.
«non ci si presenta
“vestite” in questo modo! Ribadisco quel
che ho detto ieri. Tu sei una svergognata indecente!»
«mi sa che oggi la lezione
salta» sospirò piano Crea.
«scusi ma se vogliamo dirla
tutta sono meno vestita io di
lei» commentò Jacqueline.
«non
ti ho
interpellata» disse freddamente l’inglese.
«comunque è
vero» spallucciò Kirika.
«e non ho interpellato
nemmeno te!»
«vedendo le foto delle
vecchie allieve appese qui non mi
sembra di essere poi così indecente» Emerald
gliele indicò con un cenno del
capo «tanto più che…non sarò
Miss Universo, però questa tuta so di potermela
permettere».
Robin Mask fece per ribattere, ma
ricordandosi che aveva una
lezione da tenere cambiò idea.
«a sedere» disse
in tono secco «tutte e sei. Tu ed io
parliamo dopo la lezione».
«…da
soli?» Kirika si buttò letteralmente a sedere su
uno
dei banchi più in fondo «uh
oh…»
«taci o avrai una punizione
anche tu!...no no, Lancaster» la
bloccò vedendo che stava raggiungendo Kirika «tu
qui davanti. Devo vederti
bene».
«eeeeh, ma allora! Capito
Hammy, vuole vederti
bene!...strano, mi risultava che i vecchi da vicino ci vedessero
peggio!
nyah-ah-ah-ah-ah-ah-ah!»
«ma la vuoi
smettere?» stavolta fu Roxanne a parlare,
precedendo di poco Fiona «siamo qui per fare
lezione!»
«due codini,
un’altra parola e ti ritrovi calva…»
«basta
così! Prima
parte degli allenamenti raddoppiata anche per
te!...demoni…tutti una gran
seccatura» borbottò l’inglese.
«insomma io dove devo
andare, signore?»
Oh, quanto suonava ironico quel
“signore” sulle sue labbra,
nonostante il tono con cui l’aveva detto fosse perfettamente
serio!
«dove
ti pare!!!»
sbottò alla fine Robin, al che lei fece spallucce e dandogli
le spalle
-mostrando di avere tra l’altro un didietro di tutto
rispetto- raggiunse Kirika
in fondo.
«Ro’ tu non vieni
qua?»
«mmmh…no…meglio
se sto qui davanti».
Mica per via di Emerald, ma per via
della demonessa.
«fine delle chiacchiere,
ora silenzio!»
«sicuro di star bene, Mr.
Mask? mi sembra un po’agitato…ha
dormito bene questa notte?»
Breve attimo di silenzio durante il
quale, nonostante non
avesse uno straccio di prova, Robin Mask arrivò ad intuire
che forse la notte
trascorsa in magazzino non era stata affatto frutto di un incidente.
«magnificamente. Ma non
c’è necessità che te ne
preoccupi»
disse seccamente, per poi iniziare finalmente la lezione.
Curiosamente durante i primi venti
minuti andò tutto liscio
come l’olio. Poi decise di trovare una scusa per rimproverare
la giovane
Lancaster…
«non ti curi nemmeno di
prendere appunti, vedo. Sappi che
domani ti chiederò tutto quel che sto spiegando».
«glielo ripeterò
esattamente come l’ha detto, col tono nel
quale l’ha detto, facendo i gesti che lei ha fatto. Posso
farlo perché ho una
memoria eidetica, come lei ben sa.
Non se ne ricorda? Dovrebbe farsi controllare, non vorrei che avesse
qualche
malattia strana e finissimo per perderla, sarebbe un vero peccato per
l’intera
struttura».
Praticamente gli aveva dato del
vecchio smemorato malato di
mente. Senza usare parole, o anche solo un tono, col quale lui avrebbe
potuto
accusarla di qualcosa che non sembrasse vera preoccupazione per la sua
salute.
Ma lui come stavano le cose lo sapeva
benissimo.
“dopo, Robin,
dopo”.
«la mia memoria funziona
alla perfezione. Forse non come la
tua…a tal proposito, magari sarebbe il caso che proprio
perché ne hai la
possibilità ti avvantaggiassi imparando anche i quattro
capitoli di regole
successivi».
“tanto a leggere sono
veloce, chissenefrega” pensò Hammy.
«sissignore, nessun
problema. Solo che i gesti che farebbe
lei nello spiegarli dovrò inventarmeli
temo…»
Kirka scoppiò a ridere
inevitabilmente.
«ahem…Mr.Mask,
potremmo andare avanti?» si intromise Fiona,
alquanto seccata. Non voleva interrompere quello che per lei era un
ripasso già
di per sé noioso.
«certo, Fiona. Allora, come
stavo dicendo…»
«…“adesso
vi insegnerò a giocare con le sex dolls. Prima di
tutto dovete trovare un posto al riparo da occhi
indiscreti…”» bisbigliò
Emerald a Kirika.
«“e per
‘al riparo da occhi indiscreti’ non intendo il
magazzino, perché potreste rimanere chiuse dentro
com’è capitato a me stanotte,
chissà perché”»
continuò Kirika, bisbigliando a sua volta.
«c’è
qualcosa di divertente?!»
Beccate.
«no signore, ma
è inevitabile a volte sorridere quando si
resta incantati dal discorso di qualcuno. Lei poi è un
oratore veramente abile.
Riuscirebbe a coinvolgere anche un manichino» breve pausa
«…magari un manichino
femmina dato che qui siamo tutte
donne».
«dovremmo prenderci una
mascotte per il gruppo, Emerald. Che
ne dici di una di quelle sex dolls così
realistiche?» propose Kirika.
Quel poco che si vedeva della faccia
di Robin Mask era da
assoluto primo piano.
No.
Ooooh, no.
Non era possibile.
Allora…erano state quelle due bastarde!!!
Solo che non aveva uno straccio di prova visto che le due gli avevano
fatto
capire che sapevano senza essere
minimamente dirette o dare l’impressione di parlare proprio
di quello; inoltre
Curry Cook aveva detto di non aver visto niente di strano.
E nemmeno a pensare di incastrarle
cercando le loro impronte
digitali, dato che avevano entrambe i guanti. E dove cercarle le
impronte poi?!
E…era anche una questione
così umiliante…
«niente. Mascotte. Per. Il.
Gruppo. Torniamo alle cose
serie! E vi proibisco di parlare oltre di quei…cosi di
silicone immorali».
«ahem, signore»
Emerald alzò la mano «ma se quegli oggetti
sono immorali com’è da considerarsi chi li
usa?»
Ma che tono innocente che aveva,
quella stronza.
«torniamo
alla
lezione, grazie!!!»
“certo che sono bastarde
dentro” pensò Crea, un po’con reale
biasimo e molto no, non avendo ancora digerito il sessismo di Robin
Mask.
Il suddetto continuò la
sua lezione senza muovere altri
rimproveri a nessuno. E tornò tutto a filare liscio.
Quando la lezione finì
l’inglese fece uscire tutte le
ragazze, anche Kirika, tranne Emerald.
«dite a Ramenman che gliela
manderò più tardi» disse secco,
per poi chiudere la porta.
Erano soli.
«tu.
Tu sei una
grandissima stronza. Ed anche…» la
guardò «una svergognata. Come se questo non
bastasse sei responsabile di quel che mi è accaduto
stanotte!!!»
«perché, cosa le
è accaduto stanotte?»
«non
fingere di non
saperne nulla!!! tutte quelle allusioni a…quegli
oggetti…»
«le sex dolls?»
«non
potevano essere
casuali!!!» ringhiò lui
«ammettilo! Tu c’entri! E anche Kirika!»
«non capisco a cosa si
riferisce. Né cosa c’entrino le
bambole di silicone, a dire il vero».
“ma come mi
diverto” pensò Hammy.
«voi due stanotte mi avete
chiuso nel magazzino!»
«che? Noi stanotte
dormivamo. Che diamine, con la punizione
che mi spettava oggi non sarei certo stata alzata chissà
quanto. E poi comunque
noi rispettiamo il coprifuoco…»
«non credo ad una parola!!!
Non ho le prove purtroppo, ma
sappi che le troverò, e a quel punto sarai nei guai. Guai
molto seri…» la
guardò di nuovo «e non ti basterà
mostrare tutto il mostrabile per salvarti».
«Mr.
Mask…parliamoci francamente. Perché tanti
problemi col
mio vestiario? Le allieve di quelle foto non hanno quasi niente
addosso. E come
ha osservato Jacqueline, forse lei è anche più
svestita di me. A questo punto
mi viene da pensare che il problema non riguardi la decenza, ma il
fatto che io
sia una Lancaster. E non solo» si mise a sedere sopra un
banco ed accavallò le
gambe, con lui che continuava a fissarla «da come mi fissa di
continuo mi viene
da pensare che qui ci troviamo in una situazione simile a quella della
volpe e
l’uva. Non potendo arrivarci la volpe disse che era acerba. E
stia pur certo
che suo figlio mi piace molto più di lei, che invece non mi
piace affatto.
Andiamo, pretendere di farsi una diciannovenne è troppo
perfino per lei».
Silenzio.
Emerald sentì dei passi in
lontananza, lungo il corridoio.
Robin invece no, troppo preso a cercare di controllarsi.
«forse è stato
un bene che quel patto sia stato spezzato,
perché non voglio una meretrice come te nella mia
famiglia» disse con rabbia.
Lei fece un sorrisetto.
«adesso capisco da chi
Warsman ha preso il suo charme. A lui
ho sparato, ma fortunatamente per lei la mia pistola adesso
è scarica» si alzò
e gli andò vicino «più o meno come la sua.
Ma ho altri metodi per far si che la smetta di rompermi le
scatole».
I passi erano sempre più
vicini. Ok, era tempo di chiudere.
«Mr. Mask»
alzò la voce, e gli andò ancora più
vicina «tutto
ciò che voglio è potermi addestrare in pace come
tutte le altre ragazze senza
venire presa di mira da lei, che da quel che ho visto finora
è solo un vecchio dalla
libidine repressa!»
Ok, quando era troppo era troppo.
L’inglese le
afferrò i polsi e la sbatté sulla cattedra, con
chissà quali intenti. Lei gridò, si
dibatté…curioso che facesse così,
considerando che avrebbe potuto liberarsi di lui facilmente.
«NO! Mi
lasci
immediatamente!!! Subito!!!»
La porta si aprì
all’improvviso, ed apparve Ramenman.
«che che…Robin, che
diamine stai facendo?!»
Incredibile. Il suo collega stava
davvero cercando di…abusare…di
quella ragazza?
Era arrivato a tal punto?
Il suddetto sentendo la voce
dell’orientale lasciò andare i
polsi della ragazza e si staccò da lei come se si fosse
scottato. Lei corse
addosso a Ramenman.
«g-grazie…»
si strinse a lui brevemente, per poi staccarsi.
«va tutto bene
adesso» cercò di tranquillizzarla Ramenman
«raggiungi le tue compagne…se te la
senti».
«sissignore. Io e Mr. Mask
abbiamo avuto uno scambio di
opinioni che è…degenerato
e…» guardò in basso, e diede
un’occhiata quasi spaventata
all’inglese «meglio che vada».
«si, vai»
Ramenman si voltò a guardare il suo collega,
mentre Emerald usciva.
E di conseguenza non la vide voltarsi
e dire a Robin Mask, solo
col movimento delle labbra…
“altri
metodi”.
Emerald uscì correndo,
lasciandoli soli.
«lei…lo ha fatto
apposta!» ringhiò l’inglese
«lo fa apposta,
lo ha fatto apposta anche adesso! Mi ha provocato!»
«ho sentito che ti ha detto
di lasciarla in pace e ti ha
dato del vecchio dalla libidine repressa, ma da quel che ho visto pare
avere
ragione! Robin, che diavolo pensavi di fare a quella
ragazza?!»
«insegnarle
a stare al
suo posto una volta per tutte!!!»
«abusandone?!!
Ma ti
senti quando parli?! Devi darti una calmata! Fatti una vacanza, torna a
Londra,
fa’ quel che ti pare ma la devi smettere di darle addosso, e
ringrazia il cielo
che sembri non volerti denunciare a nessuno!»
«quella è
esattamente come suo padre!!! Se non peggio! Solo che
voi non lo vedete!»
«Robin, io
all’incontro c’ero. Lo so che non è una
santa,
cosa credi? Ma il tuo comportamento è inqualificabile, non
puoi agire così,
anche se è la figlia di Howard! Ed anche se ti
avesse…provocato…in tutte le
maniere del mondo, non cambierebbe niente. Non so che ti prende, ma
vedi di
fartela passare. O finirai per essere buttato fuori».
«è quel che lei
vuole!»
Si, ma solo perché lui le
dava costantemente addosso e l’aveva
fatta entrare nella Scuola proprio per quel motivo.
L’orientale scosse la testa.
«raggiungo le allieve. Tu
pensa bene a quel che ho detto».
E lo lasciò lì
da solo.
***
La tutina di Hammy xD
|
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Capitolo 6 *** Lettere color lavanda ***
capnuovo.2
«accomodati…»
Emerald non si era inquietata quando
Ramenman le aveva
chiesto di venire nel suo ufficio, dopo cena. Immaginava di sapere su
cos’era
che voleva discutere.
Entrando notò in tutta la
stanza una gran quantità di rosso,
oro, verde giada, statuette di draghi. Proprio della serie
“son cinese e me ne
vanto”, ma a lei quei colori e l’arredamento di
mobili scuri, nonché una
lampada a forma di lanterna cinese ad illuminare l’ambiente,
non dispiacevano.
Oltretutto le sedie davanti alla
scrivania parevano comode.
Si era cambiata dopo aver fatto la
doccia, prima di cena.
Aveva perfino lavato la tuta, che era fatta di un materiale
estremamente
particolare che oltre ad essere anti graffio ed anti strappo si
sporcava
pochissimo, si puliva con acqua e sapone normale, e si asciugava a
temperatura
ambiente in nemmeno un quarto d’ora.
La ragazza si accomodò su
una delle sedie.
«credo che ti sappia di
cos’è che voglio parlare.
Innanzitutto…beh...è da ammirare che tu abbia
svolto l’addestramento come se
non fosse successo niente. Nonché il modo in cui
l’hai svolto in sé per sé.
Arrampicarsi su quella parete rocciosa -quattro volte poi, invece di
due- con
tutti quei pesi addosso non è facile, soprattutto per una
ragazza magrolina
come te. Come se questo non bastasse sei anche riuscita ad evitare a
Roxanne
Nikaido di cadere».
Quando aveva incontrato Kevin per la
prima volta Emerald era
più debole. Addestrata e quant’altro, ma
più debole anche di quanto fosse prima
dell’intervento e dei naniti. Poi, forse perché
con la presenza di Warsman si
era trovata in una situazione di pericolo costante o forse
perché spesso quando
Kevin si allenava non restava esattamente a guardare e basta, si era
man mano
fortificata. Ridiventando quella che avrebbe dovuto essere. Si potrebbe
dire
che Emerald in quel periodo avesse ritrovato il proprio vero
“io” che lontano
del mondo del wrestling e dai pericoli aveva perduto di vista.
«io alle arrampicate sono
abituata, Mr. …e quanto a Roxanne
non ha fatto niente di speciale visto che avevo trovato un punto in cui
appoggiarmi bene e non ho dovuto sforzarmi per evitare di cadere a mia
volta».
«ho trovato comunque
sorprendente che tu sia riuscita a
tirarla su col solo braccio destro».
Pessima considerazione, pessima,
pessima.
«sarà stata la
forza dell’amicizia?» Emerald fece spallucce
«io volevo solo aiutarla».
«ma infatti non ho detto
che hai fatto qualcosa di male,
tutt’altro. Ero solo sorpreso. E proprio in virtù
di quel che ho visto ho
pensato: “se ha forza sufficiente da fare questo,
perché prima sembrava non
riuscire a difendersi dal mio collega”?»
Altra domanda scomoda.
«in effetti io non sono
precisamente una ragazzina indifesa.
Solo che mi ha colta di sorpresa. Nel senso…sapevo di non
essergli simpatica,
ma non pensavo che sarebbe arrivato a quello. Per non parlare del fatto
che è
un insegnante, e dovrebbe dare l’esempio
anche…caratterialmente ecco. Non so
come funzioni qui ma teoricamente un insegnante dovrebbe aiutare a
forgiare
anche il carattere di una persona, non solo
pensare ad aumentarne la
massa muscolare».
«…e non hai
torto nemmeno su questo» concesse l’orientale
«ho capito. Solo che a questo punto io credo di avere il
diritto di sapere cosa
c’è sotto questa storia. Robin di solito non
è certo tipo da agire così» si
chinò leggermente verso di lei «non ti nascondo
che sono preoccupato. E tanto
per chiarire, con “questa storia” intendo
ciò di cui si discuteva durante le
finali chojiin».
Lei annuì. «lo
avevo immaginato. Ecco, le cose sono andate
così: anni fa mio padre, per alcuni investimenti sbagliati,
si trovò sull’orlo
della rovina. Robin Mask, allora suo amico fidato come penso sappia
anche lei,
si offrì di prestargli il denaro che serviva…a
patto che accettasse di
“promettere” legalmente me e Kevin».
Ramenman non era certo di aver
sentito bene…
«un…matrimonio
combinato, in pratica?»
«eravamo promessi
l’uno all’altra ed avremmo dovuto
convolare a nozze appena possibile. Mio padre fu costretto ad
accettare. Se non
avesse avuto me, mia madre ed il resto della famiglia da mantenere non
gli
sarebbe importato granché del crollo finanziario, ma non se
l’è sentita di far
vivere me ed il resto della famiglia come accattoni. Sottoscrisse il
patto,
così come Robin Mask, e Warsman come testimone. Ma lo fece
con l’idea di restituire
a Robin Mask tutta la somma di denaro che gli aveva prestato, e con gli
interessi, così da tirarmi fuori da quella faccenda. Cosa
che fece due anni
dopo, visto che gli affari hanno in qualche modo ricominciato a girare
estremamente
bene. Nonostante ciò, Mr. Mask si rifiutò di
annullare il patto col dire che
non gli era mai importato che mio padre gli restituisse i soldi.
Papà ha
cercato di convincerlo in tutti i modi possibili, ma non
c’è stato verso.
Lasciò la Lega in quel periodo lì proprio
perché non voleva più trovarsi
davanti Robin Mask».
Ed ecco che erano stati chiariti un
paio di misteri, ma era
una storia che aveva dell’incredibile. Quindi era da quello
che derivava tanta
acredine?
«poi quando avevo otto
anni, all’incirca…ecco, premetto che
io se questa storia è proprio vera vera non lo so ancora,
anche se dopo quel
che è successo qualche mese fa sono abbastanza
propensa a credere di
si…in pratica stando a quel che mi ha detto Warsman per
cercare di mettermi in
testa che mio padre è un mostro pare che lui
l’abbia fatto braccare come un
animale selvaggio per catturarlo e convincere così Robin
Mask a firmare per
l’annullamento del patto. Sempre stando a quel che mi ha
detto Warsman la
caccia è durata anni. Io ribadisco, se è vero non
lo so, ma se lo fosse sarebbe
una cosa in più da aggiungere alla lista di
“perché Mr. Mask odia mio
padre”».
“non so perché
ma io credo che questa storia sia vera
eccome. Spiegherebbe meglio sia tutto questo odio che il motivo per cui
Warsman
è improvvisamente sparito dalla circolazione anni
fa” pensò l’orientale.
«e quanto al resto non
c’è molto da dire. Ho saputo del
patto solo poco tempo dopo l’inizio del Torneo, e dallo
stesso Robin Mask per
di più. Quel che è successo dopo lo sa,
perché c’era. Ecco tutto».
C’erano tante cose per cui
essere scioccati, in particolare
per l’atteggiamento di entrambi i
“gentiluomini” se li si voleva chiamare
così,
nonché il fatto che…se Howard Lancaster aveva
subìto un tracollo finanziario
c’era da chiedersi come avesse fatto a diventare
così schifosamente ricco in
pochi anni!
Mh. No. Forse era meglio non
chiederselo invece.
«Robin di tutto
ciò ovviamente non ha mai raccontato niente.
Mask…sempre pieni di segreti» commentò
Ramenman «ad ogni modo nonostante l’odio
tra lui e tuo padre non ha il minimo diritto di prendersela anche con
te».
«si beh…i figli
finiscono spesso a pagare per le colpe di
padri, guardi quel che è successo a Kid Muscle; la
maggioranza di quelli che ce
l’avevano con lui erano quelli che -o figli di quelli che-
suo padre batté nei
tempi d’oro».
Vero anche quello. La ragazza diceva
un mucchio di cose
vere, a quanto pareva.
«si, ciononostante quando
Kid Muscle di è allenato qui Robin
non lo ha preso di mira. E anche tra i Kinniku e la famiglia Mask
c’è sempre
stata una specie di faida familiare».
«forse perché
era Kid Muscle e non Lady Muscle, e Robin Mask
è un sessista conclamato».
«oh, credimi, sarebbe stato
molto più facile dare il
tormento a Kid Muscle di quanto possa esserlo darlo a te» si
alzò, mettendosi a
girare attorno a lei «e lo sai perché?»
«non proprio, ma sono
curiosa di sentire la sua opinione».
«Kid Muscle ha solo tre
cose dalla sua: il dna» sollevò il
pollice «l’Ultimate Muscle»
sollevò l’indice «la fortuna»
sollevò il medio per
poi abbassare tutte le dita «tu invece dalla tua hai una
certa forza» di nuovo
sollevò il pollice «cervello»
tirò su l’indice «la forza di
volontà per far
andare le cose come tu desideri»
sollevò il medio «e nonostante quel che
è successo prima, anche la freddezza che ci vuole per
affrontare gli ostacoli
che trovi sul tuo cammino, al di là dei pesi che porti sulle
spalle e se
affrontarli ti piaccia o meno» sollevò
l’anulare «l’ho visto durante la finale.
Non ti piaceva indurre Kid Muscle a combattere in quel modo. Spesso non
riuscivi nemmeno a guardare. Però lo facevi.
Oh, dimenticavo la quinta
cosa…» sollevò il mignolo «un
aspetto da bambolina che nasconde gli altri
quattro fattori facendoli diventare una sorta di sorpresa. Cosa,
questa, che
hai in comune con Anubi Crea…»
“ha dimenticato anche la
sesta cosa, un braccio potenziato”
pensò Hammy.
«…e si, anche
con tuo padre» ammise l’orientale «quando
l’ho
conosciuto tutto pensavo ma non che fosse in grado di sparare a
qualcuno a
sangue freddo, e invece…»
«ma lui infatti di solito
è adorabile, solo che non gli
piace che mi si mettano le mani addosso. Tant’è
vero che non gli ho raccontato
niente di quel che è successo oggi, temendo che butti
giù la scuola» Emerald lo
aveva detto scherzando, ma non si sbagliava affatto! «quindi
io secondo lei sarei
più difficile da prendere di mira rispetto a Kid Muscle per
questi motivi».
«se qualcuno di noi avesse
preso di mira Kid Muscle lui
avrebbe semplicemente frignato come una…mh. Non posso
più dire “come una
ragazzina”, adesso. Diciamo che avrebbe pianto il doppio di
quel che ha pianto,
e quel che ha pianto è già troppo!»
«mh, immagino»
sospirò Emerald con un sorrisetto «è un
bravissimo ragazzo ma diciamo che coraggio ed attenzione
all’igiene personale
non rientrano tra le sue qualità» si
alzò «posso andare? Ho quattro capitoli di
regole in più rispetto alle altre da leggere ed imparare a
memoria con annesse
spiegazioni».
«…quattro? Beh
spero che tu ci riesca…certo, puoi andare.
Abbiamo finito».
«ce la faccio, non si
preoccupi, mi basta leggere le cose
una volta per non scordarmele più».
Ah già, la tanto
favoleggiata memoria eidetica. Utile in
certi casi.
«e a dire il vero molte,
con annesse spiegazioni, le conosco
già. Di tutto il libro. Mio padre me le insegnò
quando ero più piccola. Quindi
una volta letta quella quindicina che non so sarò a
posto» continuò lei,
aprendo la porta «mi permette un commento?...rimanga tra lei
e me però».
«dimmi».
«Robin Mask non
è molto sveglio, nemmeno se si tratta di
punirmi».
E detto questo se ne andò.
«mh. No. Effettivamente non
lo è» disse tra sé e sé
Ramenman.
Emerald camminando lungo il corridoio
sentì il cellulare
emettere un suono. Pensò fosse strano, a parte che nelle
stanze di MacMadd non
c’era rete, quindi non poteva essere né una
chiamata né un messaggio.
“ma che…oh! Il
promemoria!” pensò, guardando lo schermo
“e
questa è una notifica che mi ricorda che tra una settimana
è il compleanno
di…mpf, non che abbia bisogno dei promemoria per ricordarmi
la data, ma è stato
un bene che me lo sia segnato, con tutto quel che succede qui pur
ricordandomelo avrei potuto finire a non pensarci su”.
Rimise il telefono in tasca e
continuò a camminare lungo i
corridoi.
C’era una porta socchiusa,
dalla quale usciva in sottile
raggio di luce…
«ecco la posta, Mr.
Mask».
«grazie».
“uh-oh. Ecco
dov’è la stanza del Porcellone In
Seconda”
pensò, senza riuscire ad evitare di fermarsi a spiare.
Da quel che poteva vedere non
sembrava esserci niente di
strano nella posta di Robin Mask…eccetto che per due buste
da lettera color
lavanda pallido. Mh, non ne aveva mai viste di quel colore. Se solo
fossero
stati più vicini magari avrebbe potuto riuscire a leggere il
nome del mittente.
Vedendo l’inserviente che
aveva portato le lettere a Robin
venire verso la porta la ragazza corse a nascondersi al buio.
Funzionò, perché
il tizio passò senza vederla neppure.
“tanto nella stanza di
Mr.Mask in questi giorni ci devo
andare sicuro, altrimenti non avrò niente da regalare a chi
so io” pensò “se
solo…oh. Oh-oh-oh. Va’ a vedere che è
l’occasione buona”.
Robin Mask infatti era uscito dalla
stanza appena
l’inserviente era sparito, spegnendo la luce e chiudendosi la
porta alle
spalle. A chiave, ovviamente, ma non rappresentava un problema poi
così grosso
visto che la serratura era come quella del magazzino, apribile con una
forcina.
Doveva scegliere, entrare nella sua
stanza o seguirlo?
Magari per beccarlo di nuovo -e qui quasi si mise a ridere- con la
bambola?
Alla fine decise per la prima
opzione.
Appena Robin Mask fu, come
l’inserviente, scomparso lungo il
corridoio la ragazza diede l’assalto alla serratura,
scassinandola con fin
troppa facilità.
La sicurezza nelle stanze non era
granché, a dirla tutta.
Forse perché davano per scontato che la gente fosse troppo
distrutta dopo ogni
allenamento per fare qualche stupidaggine, o perché gli
istruttori credevano
che gli allievi e le allieve li temessero troppo -o avessero
più rispetto e
discrezione- per entrare. Fosse come fosse stava di fatto che Emerald
era
entrata senza nessuna fatica.
«ah…ok, ho
capito quale stanza è. Una volta finito mi infilo
nel condotto di aerazione e chi s’è visto
s’è visto» disse piano tra sé
e sé,
riportando alla mente le immagini della piantina in ogni dettaglio.
Anche in
casi come quello la sua memoria eidetica tornava utile,
perché le era bastato
guardare quei fogli una volta per ricordarsi tutto alla perfezione.
Si sfregò le mani.
«benvenuti alla svendita
degli articoli firmati Robbie
Robbie. Prendete quello che volete, tanto è
gratis» mormorò. I guanti li aveva
già infilati, bene «da dove comincio?...ah, ma
certo, dall’armadio».
Aprendo l’armadio si
trovò davanti, tra le altre cose, una
buona scorta di vestaglie pregiate e pigiami di seta. Dopo aver
controllato la
taglia e deciso che potevano andare bene ne tirò
giù diversi, si tolse la felpa
e la usò come sacco.
«a mettere le mani nei
cassetti ho quasi paura» commentò,
aprendone uno «mh. Calzini. In ordine di colore, adesso mi
spiego da chi ha
preso Kevin se non altro» lo richiuse e ne aprì un
altro «mutande. Anche qui
niente di strano. Magari i giocattoli li tiene nel cassetto numero
tre» disse,
chiudendo il cassetto ed aprendo l’ultimo.
Vuoto. Curioso.
Non appagata la giovane Lancaster
tirò fuori l’intero
cassetto per verificare se ci fosse qualcosa dietro, o sotto.
«niente. Eppure la cosa non
mi convince…» bussò leggermente
contro il fondo dell’armadio.
Che suonò a vuoto.
«ah-ha. Un doppio fondo. Mi
sa che ho beccato il
nascondiglio dei giocattoli» bisbigliò, tastando
con le mani guantate per
trovare l’apertura. Rimosso il pannello di legno
però si trovò davanti una
specie di cassaforte in acciaio con uno schermo ed una piccola tastiera
alfanumerica sotto.
Ma che diavolo aveva Robin Mask da
nascondere?!
“ok, adesso è
ufficiale, devo scoprire cosa cavolo c’è qui
dentro. Solo che non so come. Dovrei beccare la password”
diede una veloce
occhiata alla porta “di passi in corridoio non ne sento.
Posso tentare”.
Provò
“Robin”, “Robin Mask”,
“Robin Grande”, “Robin Knight”,
“Alisa”, “Alisa Macintosh”,
“sono un grandissimo porco ma non lo voglio
ammettere”,
“odio i Lancaster”, “i Kinniku sono
esseri inutili”…tentò perfino un
“Kevin”,
ma ovviamente anche quella password era sbagliata.
Poi l’illuminazione.
«già, ma che
cogliona che sono».
“what’s
good enough, is never good enough”.
Che
teoricamente doveva voler dire
“abbastanza buono, non è abbastanza”,
ossia il motto della famiglia Mask.
«all
right»
sorrise soddisfatta quando sentì la serratura scattare e
poté aprire la
cassaforte «vediamo un po’ che giocattoli
hai…» preparò perfino la macchina
fotografica, tanto per non sbagliarsi.
Ma non si trovò davanti
quello che pensava.
Infatti non c’erano
giocattoli erotici o cose di valore in
quella cassaforte, no.
Ma era piena di quelle lettere dalla
busta color lavanda
chiaro, da quelle visibilmente più vecchie alle
più nuove.
«ma che
diamine…»
Se Robin Mask metteva quelle lettere
lì, dovevano contenere
qualcosa che nessuno avrebbe mai dovuto
sapere.
La prima cosa che fece Hammy fu
scattare qualche fotografia
all’insieme di buste, per poi prenderne alcune. Robin Mask
anche lì era stato
molto metodico, le aveva divise anno per anno. Le saltò
subito all’occhio che
le più vecchie erano datate un anno dopo la nascita sua e di
Kevin, e che
avevano cadenza settimanale.
«questo è
strano…» mormorò, per poi accorgersi di
altre
quattro cose fondamentali.
La prima: venivano tutte da Nettuno.
La seconda: il mittente era
“A.”
La terza: la calligrafia sembrava
femminile.
La quarta, la più
importante…
«se Robin Mask non si
è fatto cambiare nome in segreto
chiamandosi “Konrad”, “Kentin”,
“Kenneth” o “Kenny” queste
lettere qui sono per
Kevin, dato che il destinatario
della
maggior parte di queste lettere è “K.
Mask”».
Si, poi ce n’erano anche
Robin, ma poche, e tutte risalenti
a quando Kevin doveva avere da uno ai tre,
quattro anni; poi ce n’era una di quando
doveva averne più o meno otto…e più
nulla, per Robin Mask.
“qualcuno scrive a Kevin
ogni settimana da quasi vent’anni
ma Robin Mask fa in modo che queste lettere non gli arrivino”
fotografò diverse
buste, le prime, le ultime in ordine di arrivo, alcune di quelle per
Robin…
Di queste prese quella che risaliva a
quando Kevin aveva
otto anni, mentre delle altre ne prese una a caso tra quelle risalenti
ad un
paio di mesi prima.
Passi lontani in corridoio.
Ok, doveva filare.
Rimise tutto velocemente al suo
posto, chiuse cassaforte,
doppiofondo, armadio, agguantò la felpa -con ancora
vestaglie e pigiami dentro
ovviamente- salì sulla scrivania, tolse la grata del
condotto di aerazione e la
richiuse poco prima che Robin Mask rientrasse ed accendesse la luce.
“mh. Non eri andato a
prendere la bambola a quanto pare”
pensò Hammy, dandogli un’ultima occhiata
attraverso la grata per poi scivolare
via lungo il condotto senza alcuna fatica, in direzione della propria
stanza.
Aveva una quindicina di regole con
annesse spiegazioni da
imparare a memoria.
E soprattutto aveva un paio di
lettere sulle quali
riflettere.
Aprirle o non aprirle?
Se si fosse trattato di altro non
sarebbe stata a pensarci tanto, ma sospettava che in quelle
buste color lavanda ci fosse qualcosa di veramente grosso.
Magari sarebbe stato bene che ne
parlasse con qualcuno, ma era difficile scegliere chi.
Pensando che da lì ad una
settimana però avrebbe fatto una piccola fuga di qualche ora
sulla Terra però si sentiva già meglio.
:: Londra ::
«non credo di aver sentito
bene. Dalle informazioni che
avete raccolto Emerald, trasferitasi a casa di Kevin Mask, ha lasciato
la casa
dove viveva prima -e che le appartiene ancora- a quella
bestia?»
Howard Lancaster aveva raccolto
informazioni su quella casa
a Tokyo perché sapendola disabitata avrebbe voluto parlare
ad Hammy dell’idea
di metterla in vendita o affittarla a qualcuno.
Ed era saltato fuori che invece non
solo non era disabitata
per niente, ma che Emerald l’aveva già
“affittata” -mica scema a farsi pagare
l’affitto in nero- a Warsman, nientemeno!
D’accordo, Hammy gli aveva
chiesto che fosse lasciato libero.
D’accordo, gli aveva
impedito di sparargli mettendosi in
mezzo per “non farlo diventare un assassino”.
Ok, quando aveva indagato facendole
domande un po’ più
specifiche era saltato fuori che erano, parole di Hammy,
“arcinemici”.
E, va bene, aveva promesso a sua
figlia che l’avrebbe
lasciato in pace.
Ma non avrebbe mai creduto che
quell’animale fosse così idiota
da andare a vivere a pochissima distanza da sua figlia e
Kevin Mask.
Kevin Mask…hippy,
diseredato, ex teppista, ma tutto questo
l’aveva già pensato più volte e non era
la cosa più grave.
Ad essere grave era il fatto che non
sembrava essere in
grado di proteggerla. No, non lo era se Hammy e quella brutta
bestiaccia
potevano mandare avanti un “rapporto da arcinemici”
sotto il suo naso senza che
lui neppure se ne accorgesse o, peggio ancora, fingesse
di non accorgersene.
«proprio così,
signore».
Tovarich Turbinskii, con la divisa
grigio scuro recante su
petto e braccia lo stemma dei Lancaster -una pantera nera dagli occhi
verde
smeraldo, neanche a dirlo, su uno scudo argentato- stava lì
in piedi
sull’attenti, serio e composto nel riferire le ultime
novità all’uomo cui
doveva la sua “rinascita”. Braccia nuove,
componenti nuove impiantate nel
corpo…adesso poteva volare tranquillamente anche senza il
propulsore a fulcro,
e la sua forza era aumentata in maniera esponenziale.
«such a stupid
beast. Le due settimane in mia
compagnia non gli sono bastate per capire che deve starle
lontano».
Di diverso stampo invece era
l’atteggiamento di Michael Connors,
stratato sulla sedia davanti alla scrivania di Mr. Lancaster con un
filo d’erba
in bocca. E contrariamente a Turbinskii che era assolutamente
inappuntabile,
lui aveva la giacca della divisa slacciata, la canottiera mezza
sollevata, e i
pantaloni un po’troppo bassi. Non che al suo capo sembrasse
importare qualcosa,
ed era così; finché Connors avesse continuato ad
avere quella specie di
venerazione nei suoi confronti, per quel che lo riguardava poteva anche
stare
in quel modo.
«se mia figlia non avesse
voluto diversamente avrei lasciato
che fossi tu ad occupartene. A tua discrezione».
Quelle parole, “a tua
discrezione”, per Connors erano
l’equivalente di “hai vinto il jackpot al
Superenalotto”. Perché volevano dire
che aveva carta bianca, completa libertà di agire nel
raggiungimento
dell’obiettivo prefissato. Che il fine giustificava i mezzi,
qualunque essi
fossero.
E voleva anche dire una sorta di
“divertiti”, cosa che per i
suoi antagonisti non si rivelava mai buona.
L’americano si tolse di
bocca il filo d’erba. «miz Lancaster
è troppo buona, l’ho detto allora e lo ripeto
adesso».
Si, per lui la figlia del suo capo
era veramente troppo
buona. Forse perché lui, che era stato un mercenario fino ai
vent’anni di età
-ossia quando Mr. Lancaster lo aveva preso con sé- nelle
zone di guerra dov’era
stato aveva visto e commesso le peggiori atrocità. Visti gli
abissi più oscuri
dell’animo umano, la malvagità assoluta, il
sangue, la morte, la miseria, che
Hammy non fosse poi così tanto una santa per lui era cosa di
ben poco conto.
«zajchik
moi…» mormorò piano il russo.
Per lui
Emerald era, e sempre sarebbe stata, il suo coniglietto.
«ovviamente non
interferirò con la scelta di mia figlia di
lasciare che quella…cosa…viva a poca distanza da
lei» disse Howard «se ha
deciso così doveva avere i suoi motivi. Ma ciò
non toglie che visto questo non
posso lasciarla “scoperta”».
Turbinskii fece un passo avanti.
«mi avete preso come capo
di quella che doveva essere la security personale di vostra figlia, io
e gli
uomini possiamo andare sul posto. Emerald adesso è alla
Scuola di Ercole, ma se
iniziassimo ad organizzarci ora…»
«that’s
right. Prevenire
è meglio che curare. Da qui a una settimana tu e gli uomini della scorta di Hammy
vi stabilirete nelle
case disabitate di quella strada, così da vigilare sulle
azioni della bestia ed
intervenire se dovesse fare qualcosa che non deve fare nei confronti di
mia
figlia».
Il russo parve felice della cosa,
perché almeno avrebbe
avuto un’occasione di rivedere Emerald. Non che il suo nuovo
lavoro non lo
facesse sentire appagato, era a capo della scorta di Emerald ma quando
questa
non era attiva in quel senso si occupavano anche di altro di
più interessante,
ma in un certo senso era comprensibile che desiderasse stare accanto
alla
ragazza con cui era stato insieme quattro mesi e passa.
Pur sapendo che non c’erano
possibilità di un ritorno di
fiamma.
«sissign-»
«un momento».
Era stato Connors a parlare.
Solitamente Tovarich nei suoi
confronti era piuttosto “neutrale” non trovandolo
né antipatico né
particolarmente simpatico, ma in quel caso una punta
d’irritazione la sentì.
«qualcosa che non
va?»
«l’idea
indubbiamente è buona. Solo un punto, signore:
voglio andare io» disse
l’americano
«Turbinskii potrebbe temporaneamente prendere il mio posto,
lo sapete anche voi
che ricoprirebbe bene l’incarico».
Mr. Lancaster sollevò un
sopracciglio. «perché tu e non
lui?»
“già,
perché lui e non io?!” pensò il russo.
«perché al di
là del resto degli uomini della scorta, che si
stabiliranno lì in abiti civili come da piano, quella
stupida bestia avrebbe
più paura di me che di lui» indicò
Turbinskii con un cenno del capo «credo che
il solo vedermi lo farebbe quasi pisciare sotto…»
«Connors».
Non c’era nemmeno bisogno
di aggiungere altro per far capire
all’americano che aveva utilizzato un linguaggio troppo
volgare.
«scusate, signore. Comunque
il senso è quello, sapendo che
ci sono io in giro starà ben lontano da vostra
figlia».
«ma che gli hai fatto in
quelle due settimane?»
Stavolta era stato Turbinskii a
parlare.
«i dettagli non sono
importanti» minimizzò Howard «ad ogni
modo come ragionamento mi sembra piuttosto logico. Andrai tu a Tokyo,
Connors.
Mi raccomando però: non toccare la
bestia
a meno che questa faccia del male ad Hammy o ti attacchi per
primo. Ho
fatto una promessa ad Emerald ed intendo mantenerla».
«lo so. Miz
Lancaster
vuole che venga lasciato in pace» ripeté il
soldato in tono quasi annoiato.
Howard si accese un sigaro.
«ci tengo a specificare che
non sei autorizzato ad indurlo ad attaccarti
per primo. Sei lì per
fare da deterrente e per reagire nel
caso lui agisca».
Turbinskii c’era rimasto
male, ma non disse una parola. In
un certo senso aveva quasi ricevuto una promozione temporanea
considerando che
avrebbe preso il posto dell’americano.
Però…uffa. Non era giusto. L’idea era
stata sua.
“anche quel che dice
Connors è vero, però. Flash, o Warsman
che sia, avrebbe più paura di lui che di me. Con o senza
scorta intorno” ammise
con sé stesso.
«tutto chiaro. Ma nel caso
la bestia faccia una delle cose
che avete detto voi…far del male ad Emerald, o attaccarmi
per primo senza che
io l’abbia provocato…»
Non finì la frase,
attendendo che fosse il suo capo a farlo.
«in quel caso sentirai
prima cosa ne pensa mia figlia. Nel
caso lo volesse fuori dalla propria vita una volta per tutte
beh…è a tua discrezione».
Sulla faccia da schiaffi di Connors
comparve un largo
sorriso, mentre gli occhi neri come la pece luccicavano soddisfatti.
«voi sapete che quando dite
queste parole a me suona come
“Connors, hai vinto tre miliardi al Lotto”, vero
signore?»
Mr. Lancaster gli sorrise.
«lo so».
«qualunque cosa accada non
vi deluderò» disse il soldato
alzandosi e facendo il saluto militare.
«come sempre. Potete
andare…» sentì bussare
«Jordan. Che
succede?»
L’anziano maggiordomo
entrò nella stanza, lasciando che Turbinskii
uscisse. «vengo a ricordarvi che tra mezz’ora
esatta arriverà il vostro medico,
signore».
Howard impallidì
leggermente, bevendo qualche sorso di
cognac. «temo che dovrò rinunciare all’immenso
piacere di vederlo, visto che tra cinque minuti esatti devo
partire per Il
Cairo».
Diceva la verità, e
trattavasi di un viaggio che faceva per
conoscere una nuova potenziale socia in affari, una ragazza
dell’età di Emerald
che ,da quel che era venuto a sapere, alla morte del padre e nonostante
avesse
perduto un braccio -prontamente sostituito da
un’avanzatissima protesi- in
circostanze poco chiare aveva preso in mano le redini
dell’azienda di famiglia,
operante in robotica e biotecnologie estremamente avanzate,
utilizzabili sia in
campo medico che come armi. Erano queste ultime in particolare ad
interessare
ad Howard, armi bio-organiche con una coscienza propria, seppur
limitata; una
tecnologia della quale era interessato ad impadronirsi. C’era
sempre qualche
signore della guerra a cui interessava quella specie di giocattoli, e
che era
disposto a pagare fior di quattrini pur di averli. Diversi dei suoi
introiti
provenivano anche da affari di quel tipo.
«giusto signore, ma se mi
permettete, quella visita…»
«ho quarantacinque anni e
sono in perfetta salute, le visite
una settimana si e una no le lascio ai vecchietti come il mio buon
vecchio ex
amico Robin» sentenziò Lancaster «grazie
comunque per avermelo ricordato,
Jordan».
«di nulla,
signore» il maggiordomo in capo fece un leggero
inchino con la testa e sparì.
«se volete potrei
intrattenere il dottore lanciandolo dieci
volte giù per la scalinata principale. Se la sedia a rotelle
non si rovescia
non si farà nemmeno male» propose Connors, che
contrariamente a Turbinskii non
era ancora uscito dalla stanza.
«no, no. È solo
un povero vecchio rinsecchito e un po’fuori
di testa, niente crudeltà non necessaria» disse
Mr. Lancaster «e ad ogni modo
visto che è sempre in anticipo farò bene a salire
sul mio jet privato; “arriva
tra mezz’ora” vuol dire ritrovarselo tra capo e
collo meno di dieci minuti dopo
che Jordan me l’ha ricordato».
«giusto anche
questo».
Uscirono fianco a fianco
dall’ufficio, camminando
velocemente lungo il corridoio.
«pensate che miz
Lancaster
se la stia passando bene, lassù?»
Quando non si parlava di lavoro
finivano inevitabilmente a
discorrere di Hammy.
«la Scuola di Ercole non
è un parco divertimenti, ma non
vedo perché non dovrebbe essere così. Nei limiti
del possibile, naturalmente».
«sempre che Robin Mask non
le dia noia».
«pfff…Robin.
Povero, vecchio, solo, stupido Robin» Howard
scosse la testa «ho messo in chiaro con chi di dovere che
deve fare in modo che
la mia principessa non venga infastidita, ma se dovesse cercare di
farlo lo
stesso probabilmente sarebbe lei a
far vedere i sorci verdi a lui. Il
fatto
che io cerchi di “prevenire” e di proteggerla
sempre e comunque non vuol dire
che non sia consapevole che Emerald non è una ragazzina
indifesa. L’ho
cresciuta ed addestrata io, so benissimo com’è mia
figlia e di cos’è capace».
«è troppo buona
lo stesso».
«ed è proprio
per questo che qui ci siamo noi».
Mentre uscivano di casa -avevano
proceduto quasi a passo di
corsa- il pensiero di Howard corse ancora a Robin Mask.
Non era che non
gli
fosse dispiaciuto quando la loro amicizia si era spezzata. Robin, fino
a quasi
sedici anni prima ormai, era stato uno tra i suoi migliori amici -e
viceversa.
Inizialmente, i primi tre anni all’incirca, aveva pensato
spesso che fosse
stato un peccato che avessero iniziato ad odiarsi in quel modo. Poi
però aveva
finito per abituarsi, anche perché non aveva potuto fare
altro.
Pensare che era stato perfino il
testimone delle sue nozze
con Janice.
O beh… in fondo le persone
vanno e vengono, no?
Arrivarono fino allo spiazzo dove
Howard avrebbe preso
l’elicottero che l’avrebbe portato in aeroporto,
fino al suo jet privato. Oltre
all’elicottero era lì che Mr. Lancaster teneva, in
un edificio apposito, la sua
collezione di automobili. Precisamente: un paio di Rolls Royce, tre
Ferrari
ultimo modello delle quali una era rossa, una argentea e una nera, tre
limousine delle quali una bianca una nera ed una argentea, un paio di
Jaguar
blu scuro per le occasioni più informali e che non usava
quasi mai, e infine le
sue cinque Lamborghini nere. Cinque. Gli era sempre piaciuto quel
numero, come
anche quella marca di auto.
E c’era anche la moto che
Hammy, la quale pur sapendo
guidare le auto si rifiutava di prendere la patente per semplice
svogliatezza,
usava quando era a Londra. Aveva lasciato pure la chiave inserita, tra
l’altro.
«tu e gli altri uomini
viaggerete gratis su uno dei voli
della compagnia aeronautica di mia figlia…» disse
il gentiluomo, salendo
sull’elicottero. Il pilota accese i motori.
«sissignore».
«Howard
Hogan Robert
John Lancaster!!! non potrai sfuggirmi per sempre!!!» urlò una voce
vecchia e quasi gracchiante, che ebbe il potere di
far venire la pelle d’oca all’interessato.
«si sbrighi a partire per
l’amor di Dio!» esclamò Lancaster
incitando il pilota, nel vedere quel pazzo del suo medico arrivare
sparato in
sedia a rotelle e brandendo la siringa.
«ecco signore, stiamo
decollando!» esclamò il pilota mentre
l’elicottero si alzava di tre metri da terra.
«pericolo
scampato» mormorò Mr. Lancaster facendo un cenno
di saluto quasi a presa in giro al suo medico.
«scappa, scappa»
disse il dottor Alistar MacNeil guardandolo
truce e sempre con la siringa minacciosamente sollevata «che
quando torni ti
tocca una doppia dose!»
Sentendo Connors sbuffare il dottor
MacNeil si voltò.
«qualche problema, giovanotto?!»
«io no, ma non sarebbe ora
che lei andasse in pensione?» lo
provocò l’americano con la sua faccia da schiaffi.
«…lo sai,
un’iniezione non farebbe male nemmeno a te. Magari
ti renderebbe meno sfacciato. Solo perché sei stato un
mercenario per qualche
anno pensi di poterti dare delle arie? Povero sciocco
pivellino» tossì un paio
di volte «non avresti resistito nemmeno un quarto
d’ora al fronte!»
Michael però non era tipo
da cedere così facilmente alle
provocazioni. Essere un ex mercenario amante della violenza non voleva
dire
essere anche uno stupido, e tante cose si potevano dire
dell’americano:
sfacciato, crudele, arrogante, sarcastico, a tratti volgare, con zero
scrupoli…ma stupido proprio no.
«fortunatamente per me non
sapremo mai se ha ragione oppure
no…»
“Mr. Lancaster ha detto
esplicitamente “niente crudeltà non
necessaria”. Quindi…punzecchiatura e poi correre
via” pensò.
«…mummia
MacNeil!»
lo prese in giro l’americano, per poi saltare sulla moto di
Emerald e partire a
tutto gas.
«come come?! Razza di
pivello sfacciato!!!» inutile dire che
nonostante l’evidente vantaggio dell’americano che
viaggiava in moto il dottore
si mise ugualmente ad inseguirlo. Lui, veterano della II Guerra
Mondiale,
decorato alla medaglia d’onore perfino, sbeffeggiato da un
pivello lentigginoso
americano?! Mai!
«torna
qui,
vigliacco!!!»
«ahem…signor
MacNeil, c’è qualche problema?»
Ah, l’angelico sussurro!
Ah, l’oro di quei capelli! Quegli
occhi neri da cerbiatta! Quella pelle leggermente olivastra sulla quale
i segni
del tempo ben poco avevano ancora infierito! Dolci e soffici membra
minute di
fanciulla solo leggermente invecchiata…!
«signor MacNeil?»
Non che lasciasse trapelare nulla di
tutto ciò che pensava.
«niente signora Lancaster,
solo un pivello troppo sfacciato
e suo marito che come al solito si
rifiuta di farsi curare come si deve!»
Janice sospirò.
«uomini. Fanno tanto i duri e poi fuggono
davanti ad una piccola siringa. Ricordo ancora quando ha dovuto
togliere
l’ultimo molare in fondo a destra…sembrava fosse
reduce dall’ espianto di un
rene! E lo chiamava perfino così, "Janice, io sono reduce dall'espianto di un dente, cerca di capire!"» guardò altrove «e quanto a
Connors, non vale proprio la pena di badare a
nulla di quello che dice. È solo uno sfacciato, e non
capisco come ad Howard
possa piacere tanto da averne fatto praticamente il suo uomo di
fiducia».
«ha ragione, mia cara.
È solo un pivello sfacciato» concordò
il medico «mi dica…sua figlia come sta?»
«Emerald!» altro
sospiro «tra quella ragazza e suo padre non
so chi è peggio, lei consideri che tempo fa sono spariti per
tre mesi e devo
ancora capire dove accidenti siano stati!...comunque sta bene. Si
è ripresa
molto bene da quell’…incidente» concluse
un po’esitante la signora.
«beh…buono a
sapersi».
«signor MacNeil, non sapevo
che oggi fosse giorno di
visita!»
Il dottore si voltò.
Altra dolce visione!
«signora Lancaster,
è sempre magnifica».
Phoebe Laidlaw Lancaster, ex
infermiera nel Muscle Museum
Hospital. E per lui la più bella di tutto il reparto con
quei capelli neri, il
sorriso dolce e gli occhi azzurri come il mare, tanto che
c’era stato un
periodo piuttosto lungo nel quale quasi
quasi…solo che poi Hogan Lancaster aveva avuto la
brillante idea di fare
indigestione di wurstel in una gara contro Broken Senior Senior, e ciao
begli
occhi, ciao sorrisi, ciao lunghi capelli corvini.
«anche lei si mantiene
bene» disse cortesemente la donna,
sapendo che nonostante la sedia a rotelle e la ferita al braccio
riportata in
Giappone durante la guerra rimaneva sempre un soggetto decisamente
agguerrito.
«solo che dovrebbe punire
quello scapestrato di suo figlio,
che è scappato un’altra volta».
Anche Phoebe alzò gli
occhi al cielo. «tale e quale al padre.
Ricorda? Anche il mio Hogan si dava sempre alla fuga ogni volta che la
vedeva
arrivare!»
«non che sua nipote sia
diversa. L’ultima volta che l’ho visitata
si è arrampicata in cima a quella specie di montagna che
avete nella tenuta; ho
dovuto prendere in ostaggio suo padre per farla scendere!»
ricordò il medico «…e
mi tirava le nocciole, poi!»
«pensare che adesso
è alla Scuola di Ercole…» disse Janice.
«davvero, si è
decisa eh? Era ora» anche lui da ex wrestler
quale era aveva sempre pensato che fosse uno spreco lasciarla andare
per locali
a mettere su musica spaccatimpani. Nonché che suo padre
l’avesse viziata
troppo.
«eh si. Anche se
ciò ha generato una certa preoccupazione in
mio marito».
«non mi sorprende,
l’ha straviziata se mi permette il commento».
«un tè, Mr.? Se
ha tempo…»
Mh. Tutto sommato si, un
po’di tempo per accettare l’offerta
di Phoebe l’aveva.
***
Alistar
MacNeil,
di cui si parla nell'ottavo capitolo di "Reignite",
è un personaggio originale appartenente a vermissen_stern...che
ringrazio per avermi dato il permesso di citarlo :)
...c'è un'altra piccola citazione nel capitolo, ma si tratta di un altro mio OC (o meglio, un'altra) :D
|
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Capitolo 7 *** All hail Emerald! ***
Camminava velocemente lungo la strada illuminata solo dalla luce di qualche lampione.
Da Kevin c’era già stata, lasciando delle nocciole ed un biglietto. Ma dato che la visita alla persona per la quale era fuggita temporaneamente dalla Scuola di Ercole era durata meno del previsto, aveva tutto il tempo di tornare dal proprio ragazzo per dargli un segno molto più tangibile della propria presenza…
«aaah, porco mondo! Le lettere! Alla fine non gliene ho parlato. E vabbè, sarà per un’altra volta» borbottò la ragazza dopo aver sbattuto una mano sulla fronte.
Meglio continuare a camminare, va…
All’improvviso però diventò tutto buio. Qualcuno le aveva messo le mani sopra gli occhi, lei non aveva idea di chi fosse il che era male soprattutto considerando che era notte fonda, e chi sorprende una ragazza alle spalle a quell’ora senza avere brutte intenzioni?
Eppure non aveva l’istinto di reagire in malo modo. Come se i suoi sensi avessero identificato lo sconosciuto ancora prima del suo cervello.
Erano entrambi fermi lì, per strada, in una zona d’ombra. Lui -era un uomo, quello l’aveva capito- non si era mosso oltre, come se aspettasse che fosse lei ad agire, adesso.
Emerald toccò le mani che le coprivano gli occhi. Erano molto, molto familiari. Così come l’odore dello sconosciuto, di pino silvestre e di…maschio. Non avrebbe saputo definirlo in altro modo se non quello, maschio, ed identificato questo particolare il nome dello “sconosciuto” venne automaticamente fuori dalle sue labbra.
«Mikey…»
«dovresti stare più attenta, miz Lancaster. Un altro non ti avrebbe messo le mani sopra gli occhi».
Ed ecco che Hammy riprese a vedere, e quando si voltò vide davanti a sé quella faccia da schiaffi da ragazzo invecchiato che faceva imbestialire i più, e che invece a lei era sempre piaciuta tanto.
«un altro lo avrei conciato per le feste appena mi avesse sfiorata, vado alla Scuola di Ercole per addestrarmi, non a passare l’aria» ribatté lei con una smorfia che si trasformò poco dopo in un sorriso «che accidenti ci fai qui?!»
«piuttosto che ci fai tu qui visto che a quanto ne so dovresti essere su un altro pianeta. Non c’è niente da fare, sei una salinara senza rimedio, sempre a marinare la scuola» vedendo uno dei pochi fiori ancora vivi in quel giorno di ottobre lo colse e glielo mise tra i capelli, adempiendo così al “loro” gesto tradizionale «come facevo io. Andavi a trovare…» gli venne perfino da ridere all’idea «il tuo ragazzo?»
Già. Che ci faceva Emerald lì sulla Terra…?
:: qualche ora prima (mezzanotte), pianeta Ercole ::
Era passata una settimana da quando Emerald aveva trovato le lettere nella cassaforte di Robin Mask e si era appropriata di due di esse. Eppure, in tutto quel tempo non le aveva toccate facendole sparire nel marsupio senza farle vedere a nessuno; non alla sua compagna di stanza, non a Roxanne, e nemmeno a nessuna delle altre. Così come non ne aveva parlato neppure a suo padre, pur sentendosi due volte al giorno. O con i ragazzi, che via via aveva finito per chiamare più volte.
Ed ovviamente non ne aveva parlato con Kevin.
Si, alla fine pur temendo una nuova proposta di matrimonio si era decisa a telefonargli, rimanendo piacevolmente sorpresa quando questa non c’era stata. Non c’era stata quella volta, e nemmeno le successive, cosa che la ragazza aveva accolto con un gran sollievo.
Era innamorata di lui, e sapeva che difficilmente avrebbe finito col lasciarlo per qualcun altro o semplicemente per noia…ciononostante non se la sentiva nemmeno di impegnarsi in misura maggiore rispetto a quel che stava facendo, con Kevin. Matrimonio, famiglia, tutte cose lontanissime da quel che voleva. Aveva diciannove anni, per quello c’era tempo. Chissà, magari arrivata ai trenta avrebbe sentito il desiderio di qualcosa di più, ma ora come ora le andava benissimo così!
«quindi te ne vai dal tuo ragazzo».
«eh già» Emerald saltò sul tavolino che c’era nella stanza e da lì rimosse la grata del condotto di aerazione, per poi arrampicarsi ed entrarvi con gran facilità «credo che per le quattro comunque sarò di nuovo qui».
«che diavolo, ad avere avuto un fisico come il tuo quanti problemi avrei evitato!» esclamò Kirika dandosi una guardata. Alta oltre un metro e novanta, possente, poca vita, pochi fianchi, poco seno…sembrava quasi un uomo, diversamente dalla sua compagna di stanza che per magra che fosse era visibilmente “femmina”.
«si beh avresti rimediato qualche punizione in meno».
«io però non ho ancora capito che vuoi farne di quei pigiami e quelle vestaglie di Robbie Robbie…» dal condotto non giunse nessuna risposta «Lancaster…? Tsk, è andata. Spero per lei che non la becchino» la demonessa si buttò sul letto con uno sbuffo «certo che ha parecchia energia, io al suo posto dopo oggi col cavolo che sarei partita, anche se il mio ragazzo fosse stato uno sventolone come Kevin Mask!»
D’accordo, le navicelle monoposto erano estremamente veloci. E ok, la Terra non era poi così tanto distante dal pianeta Ercole, tant’è vero che c’erano arrivate in pochi minuti. Ma il prima e il dopo viaggio, uscire e rientrare stando attenti a non farsi beccare erano uno stress non indifferente.
“è vero anche che Emerald viaggia nei condotti, quindi deve solo stare attenta a non farsi scoprire andando dalla Scuola alle navi e viceversa” pensò poi “ma il discorso non cambia granché”.
Una bussata leggera alla porta.
«Kirika…!»
Oh, ma tu guarda chi aveva deciso di infrangere la regola del coprifuoco. La demonessa aprì la porta.
«attenta Fiona, se un istruttore ti trovasse fuori potrebbe sculacciarti» la prese in giro Kirika «…e anche a te due codini. E anche a te, Anubi Crea. Te invece no rossa, che sei la figlia del direttore e sei raccomandata».
«lasciami entrare» borbottò la rumena entrando a forza nella stanza «Emerald!...no…non dirmi che-»
«se siete venute qui pensando di fermarla è troppo tardi, la ragazzina è già in viaggio. Probabilmente è passata nelle vostre stanze poco fa!»
«quindi l’ha fatto davvero!» Crea si mise le mani tra i capelli «ma perché?!»
«effettivamente io non avrei rischiato tanto per uno come Kevin Mask» disse Jacqueline memore dell’uscita annullata per la qualche nemmeno a dirlo ce l’aveva e ce l’avrebbe sempre avuta con l’inglese.
«come se non avesse già abbastanza problemi…» borbottò Roxanne, anche lei rimasta in piedi pur essendo completamente distrutta dalla fatica. Chiaro che tra tutte lei fosse quella che risentiva maggiormente dei durissimi allenamenti che erano loro imposti, per non parlare della fatica di dover imparare a memoria tutte quelle benedette regole. E non aveva mica la memoria eidetica come Emerald, lei, che quando Robin Mask le aveva chiesto quel che le aveva dato da studiare il giorno prima lei aveva ripetuto non solo quello ma anche tutto il resto del libro paragrafo per paragrafo, riga per riga, parola per parola, note a pié pagina incluse. Il tutto con un sorrisetto soddisfatto ed un luccichio derisorio negli occhi. Ma la scena più incredibile era stata l’ultima.
“…come recita la regola numero trecentocinquantasette tris paragrafo sette comma tre”.
“comma due”.
“ma nemmeno per idea: è comma tre. Controlli meglio”.
E ovviamente aveva avuto ragione lei.
“allora, comma due o comma tre?”
“è uguale” aveva detto Robin Mask tra un borbottio e un ringhio.
“allora anche la regola ventidue e la duecentoventisette sono uguali, se la mettiamo così. Comma tre dunque, mh?” Emerald detto questo aveva preso la felpa e se l’era messa sopra la sua tuta da combattimento, alzandosi per poi andare verso la porta.
“dove credi di andare?!”
“a fare qualcosa di utile con Buffaloman visto che tanto le regole le so meglio di lei” gli aveva detto uscendo dall’aula, aggiungendo per di più uno sfacciatissimo “..e ristudi bene tutto il libro, che domani glielo risento!”
“allenamenti triplicati, per te!”
Emerald aveva rimesso la testa dentro l’aula.
“sicuro che non volesse dire duplicati vista la sua tendenza a confondersi il due col tre?...”
“allora facciamo quadruplicati e non se ne parla più, no?!” aveva detto con forza l’inglese lottando visibilmente per stare calmo.
“ma si…tanto due, tre, quattro, son tutti uguali” aveva concluso Emerald correndo via per il corridoio, ma non prima che Kirika avesse urlato…
“all hail Emerald!”
“allenamenti quadruplicati anche per te, benissimo”.
E Robin Mask non aveva fatto altro, continuando la lezione. Si, si era limitato a quadruplicarle gli allenamenti senza fare altro, e nemmeno punendola personalmente poi, come ad aver concluso che più le stava lontano meglio era, o come se gli fosse stato detto di non avvicinarsi a lei e basta.
Nessuna di loro aveva capito bene cos’era successo, ma sembrava esserci stato qualcosa di piuttosto grosso che coinvolgeva Emerald e l’ex wrestler inglese. Quando le avevano chiesto spiegazioni la ragazza aveva parlato di “una discussione un po’ degenerata interrotta da Ramenman al momento giusto”, senza scendere nei dettagli. Ma da quel momento, si avvertiva piuttosto bene, era cambiato qualcosa all’interno della Scuola di Ercole. Come se Robin Mask fosse tenuto costantemente sott’occhio, sia da Ramenman che da Pentagon, che da Jesse Maivia, da Vance MacMadd e tutti gli altri, che sembravano trattarlo come una specie di bomba della quale volevano evitare l’esplosione.
La verità era che i suoi colleghi volevano sia preservare la ragazza che impedire a lui di fare qualche grossa ed irreparabile cazzata, per questo lo trattavano come un sorvegliato speciale facendo si che lui ed Emerald non rimanessero soli nemmeno per un momento, nemmeno per sbaglio, controllando perfino i suoi movimenti.
Situazione estremamente seccante per l’inglese, ma se l’era cercata.
«ma veramente ad avere problemi nell’ultimo periodo sembra essere Robin Mask» commentò Crea. Fiona occhieggiava ancora il condotto di aerazione.
«forse se entro riesco a riprenderla prima che faccia quella stupidaggine».
«ma come pretendi di entrarci tu lì dentro? Lascia perdere!» esclamò Kirika «non c’entrerebbe nemmeno Crea che è più bassa di Emerald figuriamoci tu».
«ah grazie eh!» sbuffò l’egiziana.
«è pura verità oggettiva...»
Jacqueline toccò con un dito l’imbottitura che furbescamente Emerald aveva messo sotto le coperte per far credere a non-si-sa-chi che lei fosse nel letto a dormire. E fu in quel momento che sentì…
«passi in corridoio!» disse in un sibilo concitato.
«filiamo in bagno» disse rapidamente Fiona entrando con le altre -eccetto Kirika che spense la luce e si infilò sotto le coperte- nel bagno.
E per fortuna.
Perché nonostante qualcosa nel genere non si usasse fare mai, Teapackman che quella sera era di ronda aprì leggermente la porta della stanza, controllò che fosse tutto a posto e la richiuse per poi andarsene.
Altra prova che alla salute di Emerald per qualche motivo parevano tutti tenerci particolarmente, tanto da controllare che Robin Mask non venisse ad infastidirla nemmeno di notte. «via libera» disse Kirika a mezza voce «per fortuna che hai sentito i suoi passi rossa; Teapackman ha pure controllato dentro».
«ma non si usa!» allibì Fiona.
«mi sa che Robin Mask non è il solo sorvegliato speciale» commentò Roxanne.
«ho sentito che a lui è stata perfino vietata la ronda notturna che tocca a tutti gli istruttori almeno una volta» le informò Crea «penso per lo stesso motivo per cui Teapackman ha guardato nella stanza».
Fiona guardò l’imbottitura sotto la coperta. «pareva che lei se l’aspettasse».
«magari è solo previdente e non è la prima fuga che fa. Cioè, da qui si, ma in generale…» pareva che Jacqueline si fosse fissata col toccare l’imbottitura.
«forse. A che ora avrebbe pensato di tornare?» sbuffò Crea.
«ha detto che per le quattro sarà qui, così tra le due ore dal coprifuoco alla mezzanotte e quelle tre dalle quattro alle sette, cinque ore di sonno se le fa» disse Kirika.
«non è che non mi piaccia perché comunque il suo dovere lo fa senza tirarsi indietro, ma a volte credo che quella ragazza non abbia tutte le rotelle a posto» disse Fiona scuotendo la testa «tutto questo solo per andare a trovare il suo ragazzo!»
«eh, ma Kevin Mask è Kevin Mask. Ad avere avuto la possibilità di rifiutare di venire qui probabilmente io l’avrei colta al volo e sarei rimasta a casa con lui a fare le più grandi porcate tutto il giorno tutti i giorni!»
Tale affermazione sorprese non poco quelle che conoscevano meno Anubi Crea. Pacifica e dalla difficile arrabbiatura si, seria e ligia al dovere si, ma non disdegnava di certo le “porcate” in questione, né faceva credere di farlo.
«affamata…?» la prese in giro la demonessa.
«no, affamata no, ho solo detto cos’avrei fatto io pensando a Kevin Mask».
Fiona sospirò ed alzò gli occhi al cielo.
Scivolata giù dal condotto Emerald cadde a terra con pochissimo rumore, e corse via fino alle navicelle monoposto. C’erano solo un paio di addetti che lei tramortì colpendoli alla nuca, e mettendoli in una posizione tale da far credere loro di aver avuto semplicemente un colpo…di sonno!
Fatto ciò scelse una delle navicelle monoposto, salì, la accese, impostò la rotta e partì. Ringraziando il cielo tra le varie cose che suo padre le aveva insegnato a fare negli anni passati c’era anche guidare navicelle come quella, caso mai si fosse trovata ad affrontare un’emergenza di qualche tipo.
“decollo tra 3…2…1…decollo effettuato. Rotta attuale: pianeta Terra”.
«ma va, non lo sapevo» disse la ragazza con un sospiro, accomodandosi meglio.
Nemmeno un quarto d’ora e sarebbe atterrata vicino alla pasticceria che non era troppo lontana da casa sua, sarebbe entrata, avrebbe fregato due torte…ok no, proprio fregato no, avrebbe lasciato lì tipo trecento sterline che avrebbero coperto il prezzo e resto mancia…
A Kirika e le altre aveva detto che fuggiva perché voleva andare a vedere il proprio ragazzo.
Ma le cose non stavano effettivamente così. Perché, pensò guardando il sacco nel quale aveva ficcato dentro vestaglie e pigiami, non era di Kevin il compleanno.
“atterraggio tra 3…2…1…”
Se non si premevano pulsanti a caso l’atterraggio delle navicelle monoposto era anche morbido. Qualcuno avrebbe dovuto dirlo a Kid Muscle quando era finito sulla Terra per la prima volta.
Aperto il portello Hammy uscì dalla navicella, sfondando la finestra non troppo grande del bagno del locale ed aprendola entrò in pasticceria, prese le due torte e corse verso casa.
Home, sweet home.
Poggiò le torte, che ovviamente aveva messo in due scatole di cartone, fuori ed occhieggiò la finestra.
“Kevin, Kevin, benedetto tu che pure in ottobre ti dimentichi di chiudere la finestra della nostra stanza” pensò Emerald arrampicandosi sul davanzale nonostante la stanza fosse al piano superiore, proprio come faceva una volta.
Con una certa intima soddisfazione constatò che era solo, nel letto.
Se così non fosse stato probabilmente gli avrebbe fatto fare un volo assurdo fuori dalla finestra, visto che adesso poteva!
Aprì di più la finestra, entrò…
Oh, era così tenero quando dormiva. Avrebbe potuto stare a guardarlo per ore, il suo angelo biondo cenere…si, che a parte la bellezza avesse ben poco di angelico si sapeva, ma non le importava granché.
Per un attimo fu terribilmente tentata di mandare al diavolo il piano originale, svegliando invece Kevin e rimanendo con lui per tutto il tempo.
Ma tale tentazione le passò presto, e lasciò delle nocciole ed un biglietto sopra il cuscino.
“ …E chiudi la finestra una volta tanto! Ti amo, tua Hammy. Ps.: mangiale, quelle nocciole!!!”
No, niente sospirosi “mi manchi” o chissà cosa di smielato; Emerald non era proprio il tipo.
Fatto questo uscì passando di nuovo per la finestra -e stavolta non usò nemmeno lo steccato saltando direttamente a terra- per poi raccattare torte e sacco e saltando di giardino in giardino per raggiungere la propria vecchia casa con quella scorciatoia.
Le chiavi, sia della porta principale che di quella sul retro, le aveva ancora…
Warsman, sempre nei panni di Flash, si era preparato a passare l’ennesimo compleanno in totale solitudine. Solitudine forse voluta, in un certo senso, almeno in quel caso. Avrebbe potuto dire a Kevin quando cadeva il suo compleanno e invece non l’aveva fatto, ed aveva tutta l’intenzione di trascorrere l’intera giornata chiuso in casa. A partire da quella stessa notte.
Non sapeva nemmeno lui perché, se quell’atteggiamento che aveva fosse dettato dall’orgoglio o da non si sa cosa. Non si era nemmeno curato di dare un’occhiata al/alla nuovo/a quasi-dirimpettaio/a di Kevin, nonostante tornando a casa avesse visto gente portare dentro quella casa alcune cose. Si, voleva stare solo, anche se non sapeva il motivo.
Però una cosa la sapeva, invece. Ossia che l’unica persona che avrebbe potuto stare insieme a lui quel giorno, sapendo cosa rappresentava, attualmente era su un altro pianeta a rompere le scatole al suo vecchio maestro Robin Mask.
Osservava con aria quasi assente le immagini sullo schermo televisivo. Era in piedi dietro al divano, non aveva nemmeno avuto voglia di sedersi, meditava di andarsene a letto e sprofondare nel sonno più profondo della propria vita.
Un istante dopo avrebbe capito sia che i suoi programmi erano andati in fumo…sia che non sedersi sul divano era stato un grosso errore.
Perché improvvisamente la sua povera chiappa destra fu investita dallo schiaffo più potente e doloroso che avesse mai ricevuto, cosa che gli fece emettere un urlo acuto come pochi…
Smorzato quasi subito da una torta che gli venne sbattuta in piena faccia.
Tra tutto cadde perfino a terra, mentre in quel delirio improvviso sentiva qualcuno cantare una canzone…
«tanti auguriiiii por-cel-loooooooooooo…tanti auguriiiii aaaa teeeee!!! Yeeee il vecchio porcello è ancora più decrepito!!!»
No, non era possibile.
Non era umanamente concepibile.
Non poteva essere stata Emerald a fargli quello scherzo atroce, non poteva essere lei a cantargli gli auguri battendo le mani per poi ridere di gusto, non poteva essere lei, lei era su un altro pianeta…!
«cos’è, sei morto? Non hai retto all’emozione di rivedere in anticipo la tua Nemica Numero Uno?»
Eh no invece, era proprio lei.
Solo che non lo credeva possibile!
«tu…c-come…» si pulì il viso dai frammenti di torta «al diavolo!» sbottò, afferrando il candelabro su uno dei tavolini accanto al divano e cercando di colpirla dopo essersi rialzato più velocemente che poteva.
«che c’è, non hai gradito il mio piccolo scherzino?...ok, no» evitò il candelabro quando lui glielo lanciò, correndo dritta in cucina, dove lui afferrò un paio di coltelli.
«adesso te lo faccio io lo scherzino, puttanella che non sei altro!!!»
Non stette nemmeno a chiederle i perché e i percome, non in quel momento almeno, concentrandosi solo sull’annientamento della nemica che rispose all’assalto lanciandogli contro una sedia, saltando sul tavolo ed abbandonando la stanza. Approfittando della momentanea distrazione per raggiungere lo stereo ed infilarvi dentro un cd.
«eddai Sorcio, dimentica di essere una gelida pantegana di Madre Russia giusto per un attimo e sciogliti un po’…» per avere più agilità nei movimenti -o forse solo per farsi vedere- si tolse la felpa che aveva addosso rimanendo con la tuta da combattimento.
Proprio mentre le prime note di “El Tango de Roxanne”, il loro preferito, iniziavano a risuonare nella stanza.
«come on…»
Si guardarono per un momento che ad entrambi parve lungo un’eternità, nonostante in realtà fossero passati solo pochi secondi.
Il russo abbandonò i coltelli. Lei, con quel suo sguardo felino. Lei, con quel sorrisetto. E con quella tutina…che grandissima mignotta…mai aveva odiato tanto qualcuno.
E mai era stato più contento di vederlo, questo qualcuno, o poterlo prendere tra le braccia sulle note di una canzone che aveva portato loro la vittoria così tante volte, ricordo di tante serate e tanti passi di danza fatti insieme.
«tu…sei…tsk» borbottò attirandola a sé in una delle figure del tango.
«invece di farfugliare, balla».
Assurdo che gli fosse quasi mancata, in quella sola settimana in cui non si erano visti. Ed ancor più assurdo che la mancanza fosse stata reciproca. Cose che solo chi possiede un arcinemico può capire.
E comunque la verità era che non gli era “quasi” mancata.
Le loro litigate gli erano mancate proprio.
«che diavolo ci fai quaggiù?»
«più invecchi più diventi tardo, non ti dice niente il fatto che oggi è il tuo compleanno?» altra lunga occhiata, senza smettere di ballare «se non mi prendo qualche ora di vacanza per un vecchio porcello tutto solo, per chi altri?»
Era tornata sulla Terra per lui.
Stava rischiando l’espulsione o una punizione estremamente pesante, e lo faceva solo e soltanto per stargli vicina il giorno del suo compleanno. Almeno per un po’.
«ti sei completamente bevuta il cervello, razza di sciocca» comodo che il ballo stesso a quel punto richiedesse il passarle la mano sul corpo «…io cosa sei te l’ho detto lo ribadisco, con questa cosa addosso sei più che mai una gran puttana».
Nota finale. Figura finale.
Ad attaccare per prima stavolta fu Emerald, che lo fece finire sul divano con lei sopra.
«il buon Robbie Robbie ha detto suppergiù lo stesso» gli teneva ferme le mani con le proprie, cosa che con la destra per ovvie ragioni le veniva terribilmente facile «già…» bloccò entrambe le sue mani con una morsa del proprio braccio destro, rizzandosi a cavalcioni su di lui «come mi sta?»
Silenzio siderale.
Risatina da parte di lei, coincidente con una specie di ringhio del russo.
«lascia stare, ho ricevuto il messaggio da parte del tuo fratellino-uh!» fece un’esclamazione sorpresa quando lui con un colpo di reni riuscì ad invertire la situazione, finendo a cadere entrambi giù dal divano. Con lei sotto, stavolta.
«non pensi che se più persone ti dicono la stessa cosa un motivo sotto sotto c’è?!» le disse il russo, cercando di tenerla bloccata a terra.
«eh, proprio sotto sotto, solo che il caro Robin risolve con le bambole di silicone!»
«eh?!» allibì lui, finendo per essere colpito da un diretto in pieno viso.
«prima regola del Fight Club di Hammy: mai distrarsi» lo aveva steso a terra, gli era nuovamente sopra, e ruppe la sua calzamaglia all’altezza del collo iniziando a dargli dei piccoli morsi, senza l’intento di fargli davvero male.
«piantala…razza di vampiro mancato…» protestò lui senza troppa convinzione, per poi finire a lasciarla fare in silenzio.
«a parte tutto…» disse piano la ragazza dopo un po’ «auguri, Nikolai».
Momento quasi dolce che per un attimo lo lasciò senza parole. Non “bestia”, non “Sorcio”, non “porcello”, non uno dei nomi con cui si era fatto conoscere; il suo, di nome.
Peccato che poi tutto fu rovinato da un morso più profondo e decisamente doloroso.
«agh…maledizione a te!» sbottò lui, facendo per togliersela di dosso ma venendo preceduto dalla ragazza stessa che scivolò via e si rialzò velocemente «ogni volta che mi sembri un po’meno stronza, ecco che smentisci subito!»
«colpa tua che avevi nuovamente dimenticato la prima regola del mio Fight Club».
“ma perché ci perdo tempo, con questa?!” pensò il russo massaggiandosi un po’il collo mentre si rialzava a sua volta.
«al diavolo tu e il Fight Club! Come hai fatto ad uscire dalla Scuola di Ercole? E soprattutto che diavolo volevi dire con quella faccenda della bambole di silicone?!»
Lei sparì, recuperando la seconda torta che aveva lasciato vicino alla porta sul retro. «che voglio dire secondo te? Che invece che andare a mignotte Robbie Robbie va a bambole!...io e Kirika l’abbiamo beccato che andava a prenderla in magazzino. Beh…se non altro ha avuto compagnia, visto che ce l’abbiamo chiuso dentro una notte intera…» poggiò la scatola di cartone, aprendola, sul tavolo della cucina e si sedette su una delle tre sedie rimaste.
«come come?!» Flash si lasciò quasi cadere sulla sedia «non ci credo, non è possibile…»
Emerald semplicemente tirò fuori la macchinetta fotografica ed avviò il video. Eh no, invece era possibile eccome.
«…comunque sono affari suoi!» concluse Warsman per poi seguire un’illuminazione improvvisa e spiaccicare velocemente in faccia la torta alla sua Nemica Numero Uno.
«ma…sei…tonto?! Io l’avevo presa per mangiarcela questa!» protestò lei, con la panna ed i pezzi di torta che le cadevano dalla faccia.
«questo è un uso decisamente migliore!»
Emerald si alzò dal tavolo dandosi una guardata. Si era sporcata anche la tuta…che rottura…
«right» andò a recuperare la felpa «vorrà dire che mi offrirai una doccia…»
«ma anche no! Scordatelo…»
«quel sacco comunque è per te» l’aria di Hammy era decisamente divertita «vestaglie e camicie da notte pregiate e di indubbia provenienza» arrivata davanti alla porta della stanza degli ospiti si fermò «…dormi qui?»
Esitazione da parte del russo. «si».
«non in camera mia?...lì dentro che c’è?»
«no, non-»
Prima che potesse fermarla la ragazza era già entrata.
«hai…conservato tutto?»
Tutto. Tutti i souvenir del loro viaggio. Tutti i loro trofei, tutte le cose comprate da entrambi in ogni città in cui erano stati. Tutto. Si, era tutto lì.
«Buenos Aires…» mormorò lei sfiorando un trofeo «Città del Capo…Bombay…Sidney…» man mano che elencava sfiorava varie cose. Per ultima la replica in scala della statua gigantesca che sorvegliava…«…Rio».
E già. Rio.
Rimase ferma per qualche attimo per poi uscire dalla stanza. Sembrava aver cambiato idea, sulla doccia.
Erano abbastanza vicini alla porta sul retro, e lui adesso le dava le spalle.
«si. Emerald, a proposito di Rio de Janeiro…io sento di doverti chiedere una cosa, a riguardo…»
Peccato che la ragazza se la fosse filata in sordina dalla porta appena aveva sentito “a proposito di Rio”.
«devo sapere per quale motivo arrivati lì tu hai…insomma, per cos’è stato che…»
Ah.
Era andata, si rese conto una volta che si fu voltato. Scosse la testa con una specie di sbuffo.
«mh. Forse è meglio così».
“per fortuna che ero vicina ad una via di fuga. Anche lui, che idee gli vengono di fare domande come quella?! Proprio l’ultima che doveva fare!...anche perché io che cavolo avrei potuto rispondergli non lo so” pensò, mentre camminava velocemente “avevo pensato di trattenermi di più e invece è passata giusto mezz’ora…e io ho tipo, uhm, tre ore di tempo. E adesso che faccio?”
E quando, per l’appunto, gli venne in mente l’idea di andare da Kevin, questa finì a morire sul nascere per colpa di un ex mercenario.
:: ora ::
«…andavi a trovare il tuo ragazzo?»
«ah no! Prima tu rispondi alla mia domanda, poi io alle tue».
“se lo vedesse Flash gli prenderebbe un colpo mi sa” pensò Hammy “a meno che non l’abbia già…no, no. Altrimenti non credo che l’avrei trovato tanto tranquillo”.
«abbiamo saputo che adesso la bestia russa vive nella tua vecchia casa…» disse l’americano «e così eccomi. Vivrò qui» le indicò la casa alle proprie spalle, dirimpetto a quella a sinistra rispetto a casa di Kevin «per un po’».
Emerald non sapeva bene cosa pensare, si sentiva come “divisa in due”. Da un lato la presenza di Connors le dava più un senso di “aria di casa”. Dall’altro…
Perché cavolo suo padre l’aveva mandato lì?!
«lo so, lo so. Tu quell’animale sei più che in grado di gestirlo, specialmente adesso e particolarmente quando completerai l’addestramento. Lo so io, lo sa tuo padre…ma meglio prevenire che curare».
«non voglio che gli sia fatto nulla» disse lei sottolineando l’ultima parola. Connors alzò le mani.
«e infatti non gli verrà torto un…circuito» sorrise sfacciatamente alla propria battuta «gli ordini di tuo padre sono di stare qui a vigilare ed agire secondo la tua volontà nel caso in cui lui faccia qualcosa che non dovrebbe fare, come far del male a te o attaccarmi per primo. O se lo volessi finalmente fuori dalla tua vita. Si chiamano misure precauzionali».
«tu potresti indurlo ad attaccarti».
L’americano scosse la testa. «sfiga mia, ho ordini contrari!»
Emerald fece un sorrisetto e sospirò, alzando gli occhi al cielo. «papà pensa sempre a tutto. Ma comunque eventualmente c’è Kevin che potrebbe prote…no. Ok. Cazzata suprema» si arrese la ragazza vedendo la faccia dell’americano.
«perlomeno lo riconosci. Comunque…la protezione è contro la bestia e in generale. Questo non vuol dire che ti starò appiccicato di continuo anche perché non ci tengo a provare gli schiaffi dato con quel braccio da Superman, ma ecco, se ne avessi bisogno sai che…eccomi» allargò le braccia «pare un quartierino fin troppo tranquillo bestie a parte, comunque…»
«anche le bestie stanno tranquille» puntualizzò la ragazza.
«fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Dillo anche a quello stupid brat» Connors indicò casa di Kevin con un cenno del capo «o magari glielo dico io».
«non è un moccioso» sbuffò Hammy, accettando l’invito ad accomodarsi in casa. Sembrava aver preso benissimo l’idea di avere lì l’americano -nonché il resto della scorta in alcune case vicine, ma non poi così tanto a dir la verità: su quella strada a parte quella presa da Connors non ce n’erano di vuote- anche se avrebbe reso un po’più arduo il compito di tenere nascoste le serate di tango.
«ha solo diciannove anni, e non mi pare brillare per intelligenza».
«anche io ho diciannove anni» ribatté Hammy.
«lo so bella miz, ma tu sei tutt’altro che una stupida mocciosa…» Connors la guardò togliersi la felpa «specialmente quando hai quella addosso. Ma è sporca…?»
«uff, non chiedere!...già, hai mica niente in contrario se mi faccio una doccia?»
«…in compagnia?»
Lo diceva così per scherzare, consapevole che le condizioni erano le stesse di qualche anno fa. La figlia del capo era la figlia del capo. E Connors era troppo consapevole di sé stesso per non rendersi conto che comunque, anche se non fosse stata la figlia di Howard H.R.J. Lancaster, una ragazza come Hammy meritava di meglio che un ex mercenario dal passato, ahem, discutibile. Meritava qualcosa di meglio anche rispetto a quello stupid brat, quello stupido moccioso di Kevin Mask, secondo lui. Ma quello era soltanto un dettaglio.
«seh, ti piacerebbe».
«si, e parecchio».
Lei era leggermente arrossita. Aveva ancora il suo fiore tra i capelli. «insomma posso o no?»
«magari la cosa ti sfugge ma teoricamente tu non dovresti chiedere a me se “puoi”, quanto piuttosto il contrario. Qualcosa del tipo “mia bellissima miz Lancaster, posso liberarmi di quella brutta bestiaccia delle steppe e farlo sparire della tua vita?” e tu “ma certo Mikey!”…»
«non aspetti altro tu, eh?...la doccia dove sta?»
«di sopra, seconda porta a destra come nei film. Se mi lasci la tuta gli do una sciacquata, conosco il tessuto».
«right, te l’appendo sulla maniglia fuori dalla porta» disse rapidamente Hammy salendo su per le scale.
Sentendo l’acqua della doccia iniziare a scorrere, Michael Connors pensò ancora che fosse davvero un peccato.
Salì le scale, prese la tutina, le diede una sciacquata nell’altro bagno e la mise ad asciugare. Ci avrebbe messo circa un quarto d’ora, e lui non sapeva quanto ci avrebbe messo Hammy a finire ma di certo avrebbe gradito poter mettere qualcosa addosso.
Era abbastanza certo che nell’attesa un paio dei suoi boxer neri -ovviamente freschi di bucato come tutto il resto- ed una delle sue magliette le sarebbero andate più che bene.
«che ora abbiamo fatto?»
«le due e tre quarti».
Si dopo la doccia si erano messi a guardare un horror in tv mangiando schifezze di vario tipo. Per quanto, tra tutti e due, non era mai piacevole guardare un horror quando c’erano loro. Non con lei che, mai spaventata, anticipava tutte le mosse dell’assassino…e non con lui che se ne usciva di continuo con “l’unica cosa bella di questo film è l’attrice protagonista, perché la trama è troppo scontata”.
«penso che ormai la tuta sia asciutta da un pezzo» osservò la ragazza.
«da ore. Ma quelli» indicò distrattamente i vestiti che le aveva dato «tienili se ti va, tanto la tua tuta puoi metterla tranquillamente nel marsupio. Così quando tornerai lassù penserai al povero soldato americano che ti aspetta quaggiù, tra una bestia ed un moccioso».
«Michael…non mi va che parli così di Kevin».
“e nemmeno di Warsman, non così di continuo” aggiunse mentalmente.
«right. Eviterò di descriverlo in tua presenza, miz».
Ciò le fece alzare gli occhi al cielo ma…che Kevin si comportava spesso come un bambino era vero, no?
«mpf» sbuffò, dopo essere andata a prendere la tuta ed averla messa nel marsupio, e fu proprio facendo quel gesto che…
“è vero, le lettere! Potrei aprirle con lui. Credo che qualunque cosa ci sia scritta, cosa fare lo saprebbe” pensò, fortemente tentata…
Ma qualcosa la trattenne.
Qualcosa che le diceva che qualunque cosa ci fosse lì dentro era troppo personale e delicata per discuterne con “Mikey”.
Per cui alla fine le rimise a posto.
«a questo punto direi che ci salutiamo».
Lui, sempre seduto, si voltò. «non vai dal tuo ragazzo, allora? Rimarrebbe deluso».
“ci sono già stata ma non credo che sarebbe una buona idea dirgli che non era per Kevin che sono venuta qui” pensò.
«ci sono stata. Gli ho lasciato un biglietto» disse Hammy «solo che poi invece che di svegliarlo mi è venuta voglia di una passeggiata».
«il che la dice lunga sulle sue abilità amatorie, se non hai nemmeno avuto voglia di-»
«Mikey!»
«cooome non detto. Ok allora…ci rivediamo, miz Lancaster» si alzò andando ad aprirle la porta «fai la brava».
Sorrisetto da parte di lei.
Ricambiato.
Eh no, pareva proprio non averne la minima intenzione, pensò guardandola uscire e poi andarsene.
Una passeggiata aveva detto…un po’strano, ma in fondo l’aveva vista proprio davanti a casa di Kevin Mask, quindi che dire?
“penso che domani prenderà un colpo sia al moccioso che, soprattutto, al mostro più in là!” pensò soddisfatto.
:: Scuola di Ercole, circa tre quarti d’ora dopo ::
«toh. Mezz’ora in anticipo, e…sono i vestiti del tuo ragazzo?»
Kirika aveva visto Emerald J.V.P. Lancaster ricomparire dal condotto. Senza più il casso con cui era andata via e anche con vestiti diversi. Quelli che aveva addosso sembravano boxer da uomo ed una maglietta anch’essa da uomo, e di molte taglie più grande.
«ah. Ehm. Più o meno» Hammy si grattò la nuca «è che lungo la via ho incontrato un amico…»
«ah, ho capito tutto: due al prezzo di uno» Kirika si infilò di nuovo sotto le coperte «’notte».
«ma che hai capito?!...non ci ho…ho fatto una doccia a casa sua…»
La demonessa la guardò e scosse la testa, non avendoci capito una mazza.
«ok, me lo dirai oggi pomeriggio, sarà il sonno ma non ci sto capendo un cazzo».
Spense la luce.
Emerald tolse l’imbottitura e si infilò a sua volta sotto le coperte.
“tutto mi aspettavo ma non lui, non lì…tanto più che è Tovarich a capo della mia scorta, in teoria…”
Non poté riflettere molto, perché il sonno la prese nemmeno tre minuti dopo.
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Capitolo 8 *** ''We can''. ***
Nonostante avessero contribuito non
furono i raggi del sole
a svegliare Kevin Mask alle nove meno un quarto del mattino.
Ossia pure tardi, per i suoi gusti.
«Ay, ay, ay, ay
…Canta y no llores, porque
cantando se alegran, cielito lindo, los corazones…»
No. A svegliarlo era stato il suono
di quella che pareva una
chitarra unito ad una voce che a lui sembrava familiare, e che stava
cantando
“Cielito Lindo”.
Nemmeno male, per giunta.
«mmmf…ma che
diavolo…» borbottò rigirandosi sotto le
coperte
con gli occhi semichiusi, ignorando le nocciole che dal cuscino accanto
al suo
gli rotolarono addosso.
Eh…un momento. Nocciole?
Perplesso ed ancora insonnolito
allontanò le nocciole,
notando che sul cuscino c’era anche un biglietto.
«”e chiudi la
finestra una volta tanto, ti amo tua…Hammy…ps,
mangiale le nocciole…»
Ecco, improvvisamente era sveglissimo.
Emerald era stata lì?!
«De la Sierra Morena,
cielito lindo, vienen
bajando…»
“ma chi diavolo
è che canta e suona ‘Cielito Lindo’ a
quest’ora della matt-le nove meno un
quarto!!! Perché Flash non è venuto a
svegliarmi?!” pensò, per poi tornare
a concentrarsi sul biglietto. Se lì per lì aveva
pensato ad uno scherzo, in
breve cambiò idea; la calligrafia era la
sua, l’avrebbe riconosciuta tra mille. E anche il
“tono” del biglietto era
molto da Hammy, non troppo sdolcinato, come lei stessa non lo era mai.
Ma a lui
andava più che bene così.
Solo…
«ma se è venuta
qui fuggendo dalla Scuola, rischiando una
punizione pesantissima o addirittura l’espulsione,
perché diavolo non mi ha
svegliato?!» si chiese, quanto mai perplesso «non
ha senso. Tornare sulla Terra
solo per lasciarmi un biglietto…no, è
assurdo…spero che anche oggi mi chiami,
almeno potrò chiarire la cosa…» scosse
la testa. Per lui la faccenda non aveva
proprio né capo né coda.
«Un par de ojitos
negros, cielito lindo, de
contrabando…»
E decisamente quella musica non
aiutava a riflettere.
Ma chi accidenti era ad essersi messo
in testa quell’idea
di…? Ah, certa gente era da ricovero, punto e basta.
Guardò fuori dalla
finestra.
« Ese
lunar que
tienes, cielito lindo, junto a la boca, no se lo des a nadie, cielito
lindo que
a mi me toca…»
Il vicino alla sua sinistra non
c’entrava, quello di destra
nemmeno, il dirimpettaio neppure, ma comunque proveniva decisamente da
vicino.
Infilò la maschera e
cacciò la testa fuori dalla finestra.
«Ay, ay, ay, ay
…Canta y no llores, porque
cantando se alegran, cielito lindo, los corazones!»
Un ultimo accordo di chitarra e poi
partirono gli applausi
del gruppo di persone -donne e ragazze soprattutto- che si era riunito
davanti
al patio del dirimpettaio del suo vicino di casa a sinistra.
Era stato lui a mettere su quello
show.
Ma una volta che Kevin lo ebbe
guardato bene “Cielito Lindo”
passò decisamente in secondo piano.
Perché il tizio in
questione, il nuovo arrivato nella strada
dove abitava, o era lo stramaledetto americano Micheal Connors o un suo
sosia.
Kevin rimase a fissarlo con gli occhi
sgranati e la bocca
semiaperta sotto la maschera.
«non…no, non
è possibile» scosse la testa e corse di sotto
fregandosene di essere ancora in boxer e calzini, troppo sconvolto per
preoccuparsene, uscendo ed andando per strada in quelle condizioni.
Non era possibile che quel tipo fosse
lì, anche questa era
una cosa assurda, orribile, non aveva senso, non era giusta!
Michael Connors aveva torturato
Warsman per due settimane
intere facendogli chissà quali atrocità, era al
servizio di un uomo che per
poco non aveva compiuto un’esecuzione pubblica ed
ora…era lì tranquillo sulla
sua stessa strada seduto sotto la
propria veranda a strimpellare la chitarra cantando Cielito Lindo!
E lo applaudivano perfino!
Forse le altre persone avevano
dimenticato la sua faccia e
tenuto a mente quella del suo capo, ma tale discorso non valeva per
l’inglese
che invece odiava quella sua maledetta faccia da schiaffi e non avrebbe
mai
potuto scordarsela.
Vedendolo arrivare,
l’americano fece un sorrisetto
arrogante. Lo stupid brat non ci
aveva messo molto a venire fuori, a quanto pareva.
Non che avesse messo su quello show per lui, perché sinceramente
non gli interessava trovarsi davanti
Lady Oscar strafatta di steroidi con una stufa blu sulla testa; la
chitarra -molto
particolare: elettrica, ma che poteva replicare perfettamente il suono
di una
classica, con amplificatori inclusi e
che quanto ad alimentazione funzionava come per i PC
portatili- era per
attirare le signore. Quelle vere.
Non che lui sapesse suonarla sul serio. Di canzoni ne sapeva suonare e
cantare solo tre,
“Cielito Lindo”, “Black Magic
Woman” di Carlos Santana e “Corazon
Espinado” che
era di Santana anch’essa. Ma bastavano ed avanzavano,
perché per parecchie
donne un uomo in grado di suonare la chitarra era come una calamita, e
scelta
quella che gli interessava Connors attaccava bottone col dire che era
di
origine argentina -senza nemmeno mentire: lui e sua madre erano nati e
cresciuti a Washington, ma i suoi nonni materni erano argentini!- cosa
che si
rivelava essere…un’altra calamita.
Certo fare una cosa del genere era
dura per uno come lui, per
il quale musicalmente parlando esisteva solo
e soltanto Eminem del
quale aveva
tutti i cd -e autografati poi, grazie all’ultimo regalo di
compleanno da parte
del capo- ma per rimorchiare era un sacrificio che si poteva
fare…
«che…che diavolo
ci fai qui?!»
Al momento a Kevin non importava
neanche delle persone che
lo stavano fissando, essendo uscito in boxer e calzini. Vedeva solo
l’americano, il dannato.
«magari ci vivo, tu che
dici?» rispose Connors con un tono
perfettamente tranquillo.
«che cosa?!
Tu…non puoi!» sbottò
l’inglese «vattene. Immediatamente».
«perché mai?
È un quartiere così tranquillo».
«dovresti stare in galera,
non qui a strimpellare quella
maledetta chitarra. Non so cosa ci fai qui, ma francamente non mi
interessa
nemmeno, come non mi interessa se ti ha mandato qui Lancaster! Vattene v…c-che accidenti hai
da
fissarmi?»
L’americano infatti stava
guardando i suoi boxer con aria
estremamente divertita, e alla protesta di Kevin sbuffò una
risata, scosse la
testa suonò il primo accordo di “Black Magic
Woman”.
«Hammy ha un bel dire che
non è vero, ma per quanto mi
riguarda un diciannovenne con i boxer di Peppa Pig is
a VERY stupid brat» sollevò lo sguardo
ad incrociare quello
dell’inglese «non è esattamente il modo
per farsi prendere sul serio!» scoppiò
in una grassa risata, mentre Kevin rendendosi conto della leggerezza
commessa
indietreggiava verso casa tentando di coprire i boxer in questione
«non che io
ti ci abbia mai preso…Got a black
magic
woman! Got a black magic woman…I got a black magic woman,
got me so blind I
can't see… » riprese il suo show
«vatti a cambiare le mutande, brat,
ed evita quelle con Tigro…that
she's a black magic woman, she's tryin'
to make a devil out of me…lo sai» disse
ad una biondina «io ho sangue
argentino nelle vene!»
«…uh…!
Davvero?»
Kevin corse velocemente in casa, il
volto rovente sotto la
maschera. Forse Emerald aveva ragione a dirgli che l’intimo
con Peppa Pig
avrebbe dovuto buttarlo, ma non era tanto di quello che gli importava
al
momento, perché figura tremenda a parte la presenza
dell’americano lo aveva
messo in una condizione di allerta totale. Se fosse stato una sirena
antifurto avrebbe
suonato a tutto spiano!
Perché Connors era
lì?
Che voleva?!
No, errata corrige:
perché Lancaster aveva mandato lì
Connors? Che voleva?
Kevin a queste domande non poteva
rispondere, ma qualunque
fossero i motivi non avrebbero portato niente di buono. Né a
lui, né
-soprattutto- a Warsman, che viveva da solo alla fine di una via chiusa
e per
vicini che fossero, a quel punto, non era più
abbastanza…
Perse giusto un po’di tempo
per mettersi qualcosa addosso
volendo evitare scene come quella di prima, per poi uscire dal retro ed
utilizzare la scorciatoia che anche Emerald aveva usato quella notte,
saltando
di giardino in giardino.
Arrivato davanti alla porta
iniziò a bussare violentemente.
«Warsman!!!
Apri!!! Devo dirti una cosa!» bussò
ancora, tra un po’avrebbe buttato giù la porta
«Warsman!!!»
Non rispondeva.
Oddio, non rispondeva.
Era arrivato tardi!
L’americano l’aveva già preso!
«Warsman!!!»
Con immenso sollievo del ragazzo la
porta si aprì pochi
secondi dopo.
«Kevin…senti,
posso spiegar-»
«stai
bene…!» l’inglese sospirò di
sollievo «allora ho fatto
in tempo…quando non hai risposto ho temuto
che…vabbè…»
Il russo lo guardò
perplesso. Se aveva tardato ad aprire era
perché, sentendolo arrivare e bussare con tale violenza,
aveva creduto che
Kevin fosse venuto in qualche modo a sapere che Emerald era stata
lì la sera
prima. O che avesse saputo qualcosa del resto, come le loro serate di
tango, o
peggio ancora del loro viaggio.
Ma non era così, ed il
ragazzo non ce l’aveva affatto con
lui, era solo preoccupato per qualche motivo. “ho fatto in
tempo” a fare cosa?
“aveva temuto”
cosa?
«vuoi dirmi che sta
succedendo?» tutta quell’agitazione di
Kevin iniziava ad inquietarlo.
«tu devi tornare a stare da
me. Adesso. Subito!»
Il russo lo guardò ancora
più confuso di prima, non ci stava
capendo un cavolo. «…eh? E
perché?»
Che lui ed Emerald quella notte si
fossero lasciati, magari,
e Kevin adesso volesse un nuovo -relativamente- coinquilino? Ma non
avrebbe
avuto senso, nonostante Flash desse per scontato che una volta andata
via da
casa sua la ragazza fosse andata da Kevin dubitava fortemente che in un
frangente come quello potessero finire a lasciarsi.
«perché…lui…cielito
lindo…» farfugliava Kevin
talmente agitato che non riusciva ad impostare il discorso.
«calmati!» lo
prese per le spalle «non sto capendo un
accidenti di quello che dici!»
«lui…è…ha
preso casa quasi di fronte a me, è…»
Kevin chiuse
gli occhi e prese un respiro profondo «Warsman, quel che
voglio dire è
che...che l’americano è qui».
Il cuore del russo perse un colpo.
«l’…americano…»
«Connors. È qui!
Ad una casa di distanza dalla mia!!!»
riuscì ad articolare infine «…suonava
“Cielito Lindo”!»
Perfino la visita notturna di Hammy
era passata in secondo
piano per Kevin, visto il grave pericolo che incombeva.
Warsman non riusciva a proferire
parola o fare un movimento
che fosse uno. E non solo per l’arrivo improvviso del tizio
che con quel che
gli aveva fatto durante quelle due settimane si era guadagnato il
secondo posto
nella classifica dei “periodi peggiori mai
vissuti”, con la conseguente paura.
E non era nemmeno per la sorpresa, o per il fatto che un tizio del
genere
potesse stare tranquillamente a suonare per strada applaudito dalla
gente, o
perché non avevano idea del perché lui fosse
lì.
Se Warsman stava in quel modo era
perché...possibile che
Emerald non gli avesse detto una parola che fosse una a riguardo?
Che la visita di quella notte fosse
stata un modo per dirgli
addio, allora, sapendo dell’arrivo di Connors, con tutte le
sue plausibili
conseguenze?
Lo aveva davvero tradito in quel modo?
“non ci voglio credere. Non
l’avrebbe fatto. Non ha senso.
Ha fatto promettere a suo padre di lasciarmi in pace, ed una delle
poche cose
che so per certo è che per Howard Lancaster le promesse
fatte ad Emerald sono
sacre. E non vedo alcun motivo per il quale Emerald possa avere dato il
via
libera alla mia esecuzione!” pensò “deve
esserci sotto dell’altro. Se lei
avesse saputo che quel maledetto stava per arrivare me
l’avrebbe detto!”
«devi tornare a stare da
me, non puoi rimanere qui da solo!»
esclamò Kevin «prendi…prendi quel che
ti serve e andiamo».
Il russo scosse la testa.
«no».
«cosa…perché?!»
«perché se
è me che vogliono non avrebbe senso rischiare di
mettere in mezzo anche te. Resto qui. Sarà quel che
sarà».
Stavolta a scuotere la testa fu
Kevin. «no, ma neanche per
sogno!»
«Kevin, sii
ragionevole…»
«ragionevole un corno!
Benissimo, se non vieni tu da me
vengo io da te, starò a dormire nella vecchia stanza di
Ham-»
«va bene!
…va bene, vengo io da te, anche se non sono
affatto contento all’idea di trasferire un possibile disastro
in casa
tua!...cocciuto d’un ragazzo» borbottò
il russo.
«ti aiuto a portare via
quello che serve se vuoi» si offrì
Kevin seguendolo nella sua stanza, incurante del repentino ed
apparentemente
immotivato cambiamento d’opinione.
«in questa casa di
veramente mio ci sono giusto i vestiti»
ribatté il russo ficcando in una sacca tutto quel poco che
aveva nell’armadio
tra calzamaglie, ricambi intimo e quant’altro
«…Kevin, forse…a questo punto
farei meglio ad andarmene e basta, no? Lontano da qui».
«no! ti ritroverebbero,
sarebbe inutile e poi…che tu vada
via non mi va. Specialmente adesso» ammise
l’inglese «e non andrebbe nemmeno ad
Hammy. Credo. Insomma, se non avesse voluto che tu rimanessi con noi
non ti
avrebbe lasciato casa sua».
Una considerazione che sorprese
Flash, e gli fece
considerare che forse Kevin riguardo al suo legame con Hammy aveva
capito un
po’più di quanto loro pensavano.
«forse. Non lo
so» borbottò Warsman «andiamo,
su».
Uscirono rapidamente, optando per la
scorciatoia nel tornare
a casa di Kevin. Nessuno dei due aveva voglia di passare per la strada
ed
incontrare Connors.
Arrivati in giardino entrarono
velocemente in casa dalla
porta sul retro.
«è ancora
lì?» chiese Warsman a Kevin. Lui
occhieggiò alla
finestra.
«sta entrando in casa. Con
una biondina, per di più! Ma
guarda tu questo…»
“se è per la
ragazza ti ricordo che sei fidanzato” avrebbe
voluto dirgli Flash, ma non era decisamente in vena di fare battute.
«ma perché
è qui? perché?!» si interrogava
l’inglese «che
vuole da noi?»
Lo squillo del telefono li fece
sobbalzare, ma Kevin dopo un
paio di squilli andò comunque a rispondere.
– ciao Kevin!
Emerald. Beh, era proprio il momento
giusto pensò Kevin,
mettendo la chiamata in vivavoce.
«chiami a proposito
perché ho un paio di cose da chiederti.
Prima tra queste: che diavolo ci fa qui
l’americano?!»
– “ciao
Hammy, come va lassù?”, “come al
solito” , grazie
mille per NON avermelo chiesto.
Kevin emise un sospiro nervoso.
«una conversazione che avrei
preferito anche io, ma al momento c’è qualcosa di
decisamente più urgente! Che
ci fa qui Michael Connors? Cosa vuole? Tu ne sapevi qualcosa?
L’hai chiamato
tu?»
– …nemmeno
Mikey fosse il diavolo in persona…
“Mikey”.
Ok, doveva cercare di controllarsi
sapendo che Hammy non
apprezzava le scenate di gelosia, e che non conveniva litigare con
qualcuno
senza avere la possibilità di far pace con lui viso a viso
per tre mesi interi.
Ma era qualcosa che lo innervosiva
altamente, perché
quell’americano pur non essendo il demonio in persona secondo
lui ci si
avvicinava molto, così come -sempre secondo lui- il padre di
Emerald. Solo che
lei…mah. O non si rendeva conto di cos’erano, o non
se ne voleva rendere
conto, o non le importava. O forse semplicemente per lei era
tutto normale.
Stava di fatto che giustificava e
teneva su un piedistallo
due persone che a parer suo avrebbero dovuto marcire in galera, e se
per Howard
la cosa era più o meno giustificabile, lo stesso non si
poteva dire per
“Mikey”.
Pensieri analoghi li ebbe anche
Warsman, ovviamente, ancora
preda del dubbio atroce di essere stato vittima di un tradimento da
parte della
sua Nemica Numero Uno.
«scusami tanto se mi
preoccupo per la presenza improvvisa di
un tizio che ha torturato Warsman per due settimane, come tu
probabilmente
ben sai!» sbottò dunque Kevin
«allora?!»
Sospiro da parte di lei.
– non
l’ho chiamato io e non sapevo che sarebbe arrivato.
L’ho visto solo ieri notte, e tra l’altro mi ha
fatto prendere un colpo perché
mi è arrivato alle spalle facendo quel giochetto delle mani
sugli occhi, sai…
Momento di gelido silenzio da parte
di Kevin.
Evadeva dalla Scuola di Ercole, a lui
lasciava un biglietto
e passava il resto del tempo con “Mikey”?! Si,
forse lui a volte si comportava
in modo troppo geloso e possessivo con lei, ma credeva di avere il
pieno
diritto di incazzarsi per quella faccenda, se le cose stavano come lui
aveva
inteso!
«dei giochetti che fai con
Connors non ci importa!» fu il
russo a prendere in mano situazione e telefono, prima che Kevin
“esplodesse” «se
non sei stata tu a chiamarlo perché è
qui?»
– indovina,
papà ha saputo -non da me, beninteso- che
stai nella mia vecchia casa e vuole sincerarsi che non mi venga fatto
del male
da nessuno. Soprattutto…da te – breve
pausa – da quel che ho capito
Michael è qui già da ora per avere la certezza di
essere perfettamente
organizzato quando tornerò. Ma ecco…è
lì solo per quello. Nel caso io, al mio
ritorno, avessi
bisogno di qualcosa. Non
è lì per
farti del male, ho ribadito io stessa
che non voglio che tu venga toccato. Quindi beh…se tu e
Kevin non cercherete di
picchiarlo o dargli fuoco alla casa non avrete problemi.
Era pi di quanto Kevin potesse
sopportare.
«ma ti senti quando parli?!
Emerald! Tu lo sai benissimo
cos’è quell’uomo! E se permetti io non
intendo vivere per chissà quanto con gli
occhi suoi, e probabilmente anche di chissà quanti soldati
perché dubito sia
venuto qui da solo, puntati addosso! E idem Warsman, che
così facendo rischia
costantemente che uno di quelli impazzisca e gli spari alla
testa!!!»
«…tu si che sai
come tirare su di morale una persona!»
sibilò il russo.
«senti, io non ci sto, e
sinceramente non so come fai tu ad
accettarlo. Io lo prenderei come un insulto, ti stai addestrando per
diventare
una chojiin e già da prima sapevi difenderti benissimo da
sola, non vedo che
bisogno tu possa avere che quelli ci stiano attorno! Per non parlare
del fatto
che se “avessi bisogno di qualcosa” dovresti
chiedere a ME, non a “Mikey”. Sono
il tuo fidanzato, ci sto apposta, e stesso discorso vale per la
“protezione” di
cui comunque, ribadisco, non avresti bisogno!
È ora che ficchi in testa
a tuo padre una volta per tutte che non -sei -una -bambolina -indifesa!
E
soprattutto che deve piantarla con questi giochetti da
megalomane…»
– “megalomane”?!
Ma non ti azzardare a continuare, sai!
E invece Kevin continuò
eccome.
«…che sono fatti
solo e soltanto per dimostrare che “lui può”
mentre noi “comuni mortali” siamo dei giocattoli
nelle sue mani!»
Silenzio siderale dal lato di Hammy.
«…Emerald?»
– a dire la
verità non è MIO padre ad avere giocattoli
strani per le mani, considerando cosa ho visto in mano al TUO alle una
di notte
tempo fa!...ci sentiamo. Ciao.
«no Hammy aspetta
non…riattaccare…» il telefono
iniziò a
suonare a vuoto «troppo tardi» sbuffò
«ce l’avrà con me per un pezzo per
questa
faccenda, ma dovevo dirglielo per forza perché questa
faccenda dell’americano
che “vigila” mi fa veramente incavolare. Anche
più del fatto che abbia passato
il suo tempo con lui invece che con me, ieri
notte!»
“ahem. Lo ha passato anche
con me il suo tempo, a dire il
vero” pensò Flash “ma avevo dato per
scontato che fosse andata da Kevin, dopo.
Il fatto che sia rimasta con l’americano non piace per niente
nemmeno a me”.
«guarda, stavolta hai tutte
le ragioni per arrabbiarti. E
secondo me hai anche fatto bene a dirle di nuovo quel che pensi di suo
padre.
La verità non le piacerà,
ma…è quella che è» lo
guardò «Lancaster farà quel che
fa anche per proteggere Emerald, non lo nego, ma senz’altro
c’entra anche quel
che hai detto tu. Una dimostrazione di potere» assunse
un’aria pensosa «non che
sorprenda troppo a dire il vero. Tu sai qual è il motto dei
Lancaster?»
Kevin scosse la testa.
«Hammy non me l’ha mai detto».
«è da sempre, ed
ora più che mai visto l’immenso patrimonio
che ha accumulato Howard Lancaster, “we
can”».
Kevin Mask sbuffò.
«“noi possiamo”. Tu lo sai
perché eri con
mio padre quando ancora lui ed il padre di Emerald erano amici,
vero?»
«si. Stesso motivo per il
quale so che dal padre di Hogan
Lancaster in poi, a ventun anni i discendenti diretti si tatuano
l’ideogramma
cinese della forza».
«ah si? Altra cosa che non
sapevo» ammise Kevin «quindi
anche Emerald a ventun anni…»
«precisamente».
Kevin si chiese con una leggera punta
di curiosità dove
fosse il tatuaggio del suo -purtroppo- futuro suocero,
perché lui non l’aveva
visto. Comprensibilmente, dato che era appena sotto l’addome,
sulla destra…
:: Londra ::
– ...quindi
gli ho
sbottato e niente, ho chiuso. Assodato che a me non sta simpatico suo
padre e
viceversa si era detto di evitare di…e lui
invece…mpf! Delle volte è proprio un
idiota.
«se lo dici
tu…»
–
eeeh…pa’? mi sembri
un tantino dolorante, dalla voce.
Era una cosa che aveva
dell’assurdo. Howard H.R.J. Lancaster
aveva combattuto un solo incontro in vita sua preferendo allenare,
pressappoco
come aveva fatto suo padre Hogan, ma non era stata una scelta dettata
dalla
paura del dolore quanto piuttosto da semplice “attitudine
personale”. No, il
dolore non lo aveva mai spaventato, tant’è vero
che aveva anche ricevuto delle
menzioni d’onore alla Scuola di Ercole quando si era
addestrato lì.
Eppure quando si trattava di ospedali
e argomenti correlati,
ecco che la sua soglia di sopportazione del dolore -di solito molto
alta- aveva
un calo esponenziale.
Ancor più grande se
c’era di mezzo il suo dottore.
«…non
è niente» borbottò, anche se dopo
l’iniezione doppia non
riusciva a stare bene seduto.
– guarda
che a me non
la dai a bere.
Già. Avrebbe dovuto
saperlo, ormai, che ad Emerald non poteva
nascondere certe cose.
«MacNeil. Non dico
altro!»
–
È ANCORA VIVO?!
I sentimenti di Howard verso il
dottore erano pienamente
condivisi dalla figlia. Come più o meno tutto il resto.
«evidentemente nemmeno la
morte vuole saperne di lui e di
quella sua stramaledetta siringa!...ad ogni modo…allora,
pare che a Kevin la
mia idea non vada a genio. Beh, se lui fosse in grado di tenerti
lontana quella
bestia in maniera decente non ci sarebbe stato bisogno di mandare
lì Connors»
si accese un sigaro. Era nervoso, ma non certo per via di Kevin Mask,
quanto
piuttosto per il dolore al sedere!
– eh,
a proposito,
perché lui e non Tovarich?
«semplice questione di
logica, in quanto come ha osservato
Connors stesso la sua presenza sarebbe un deterrente maggiore -almeno
per
Frankenstein di Madre Russia- rispetto a Turbinskii».
– ah.
Beh. Giusto.
Solo…
«ti ho promesso di
lasciarlo in pace e così sarà, non lo
toccherò. Ma permettimi di assicurarmi che non tenti di fare
qualcosa che non
dovrebbe fare» disse «ma saperti del tutto al
sicuro mi fa stare più
tranquillo» breve pausa «e non lo faccio
perché ti reputo una bambolina
indifesa. Né perché sono,
com’è che ha detto Kevin?...megalomane?
Però! Ha
usato una parola con più di tre sillabe, non pensavo che ne
fosse in grado
visto che è cresciuto per strada...perdonami la frecciata,
Hammy».
– prima
e ultima però.
«right.
Comunque…è
successo solo questo? O hai da raccontarmi altro? Una volta la vita
alla Scuola
di Ercole era più interessante».
Emerald non gli aveva raccontato
della propria fuga. In
compenso…aveva ancora quelle lettere color lavanda nel
marsupio. E vedere
Connors le aveva fatto pensare che forse avrebbe dovuto parlarne a suo
padre
fin da subito. Magari Michael non era la persona adatta, ma suo padre
sicuramente si, pensava.
– effettivamente
ci
sarebbe qualcosa…– la sentì
dire – senti…circa
una settimana fa ho visto per puro caso un inserviente portare delle
lettere a
Robin Mask. Erano color lavanda e…diciamo che mi sono
incuriosita.
«immagino il seguito: sei
entrata nella sua stanza appena
lui se n’è andato ed hai indagato» era
arrivato a metà sigaro «come padre sono
obbligato a dirti che non è un comportamento corretto. Come
tuo confidente…di
che si trattava?»
– non
ho aperto quelle
lettere, ma penso che ci sia qualcosa di grosso sotto; quando ho
indagato le ho
trovate in una cassaforte. Insieme a…oh, erano
tipo…c’erano oltre mille lettere
lì dentro. Una cassaforte PIENA di tutte queste lettere
color lavanda!
Se già prima il discorso,
come tutti quelli che faceva sua
figlia ovviamente, lo aveva interessato adesso era più che
mai curioso.
«mh…strano. Mi
sa che sei incappata in un grosso segreto del
mio vecchio amico Robin. Dettagli, prego».
– la
penso allo stesso
modo. Sta’ a sentire: le lettere vengono tutte da Nettuno. Il
mittente si firma
“A” puntato. La calligrafia è femminile.
Le lettere hanno cadenza settimanale,
e arrivano ininterrottamente da più o meno
vent’anni. E soprattutto, tutte
tranne poche, non erano dirette a Robin Mask bensì a Kevin!
Hammy non poteva vederlo, ma suo
padre aveva di nuovo gli
occhi del predatore.
«Emerald, quanto mi stai
dicendo è estremamente interessante.
Anche perché pare confermare una mia
vecchia teoria» bevve un sorso di cognac, una delle poche
consolazioni per
l’iniezione insieme alle ultime novità e i sigari
«…in fondo avendo i giusti
mezzi si fa presto a procurarsi un certificato di
morte…»
– eh?!
«dai, sei una ragazza
intelligente, non dirmi che non ci hai
pensato anche tu. Qualcuno scrive a Kevin Mask da vent’anni.
Qualcuno con una calligrafia
femminile ed il cui nome comincia per “A”. Quanto a
ciò che sappiamo di
Nettuno, è un posto tranquillo ma
piuttosto…bucolico. Le astronavi ci arrivano,
ma non c’è granché lassù,
computer, telefoni...giusto, in poche case, tv ed
elettricità. È il tipico posto in cui si ritirano
coloro che non vogliono
rotture di scatole, quindi è già tanto che le
lettere partano ed arrivino…»
– ho
capito male o
stai dicendo che secondo te…
«che secondo me Alisa
Macintosh non è poi così tanto morta
come Robin vuol fare apparire. Emerald» il tono del
gentiluomo divenne più
deciso «tieniti strette quelle lettere, senza fare altro.
Intendo avviare
qualche indagine, e se avrò ragione
beh…»
– vuoi
tenertele come
conferma finale, vero?...
Certo che lo conosceva bene, eh.
Forse leggendo quelle
lettere avrebbero fatto prima, ma in quest’altro modo era
più divertente.
–
papà, ma se fosse
come pensi tu…che dico a Kevin?
Giustissima domanda.
«prima direi di scoprire i
motivi di tanta segretezza. Ed in
seguito agire di conseguenza. Per quanto, per come la penso, non
c’è
giustificazione abbastanza valida per dire al proprio figlio
“tua madre è
morta” se questa, invece, è solo andata
via».
– già.
Sarebbe una
cosa orribile…insomma…l’avrebbe fatto
crescere con l’idea che sua madre è morta
quando invece gli scrive tutte le settimane…e considerando
come sono andate le
cose in seguito, con lui che è fuggito di casa e tutto
quanto, forse sarebbe
stato anche meglio con sua madre su Nettuno. Sempre se abbiamo ragione.
«e probabilmente
l’abbiamo…» disse Howard in tono pensoso
«Alisa ancora viva. Però!»
– tu
la conoscevi,
immagino…
Breve silenzio da parte di Mr.
Lancaster, che stava
decidendo se raccontare o meno qualcosa ad Emerald…
– ci
sei?
«certo. Stavo solo pensando
se fosse il caso di raccontarti
o meno un fatto accaduto sei mesi prima che io vedessi tua madre per la
prima
volta…»
Fatto, quello che si apprestava a
raccontarle, per il quale
all’inizio del proprio rapporto di salda amicizia con Robin
Mask avrebbe quasi
voluto sotterrarsi, ma per il quale adesso ogni tanto -e
particolarmente in
quello specifico momento, dopo aver intuìto che
probabilmente Alisa era ancora
viva- gli veniva quasi da ridere.
– ...e
riguarda Alisa
Mask?
«ahem. Si. Ribadisco che
è successo sei mesi prima che io
posassi gli occhi su tua madre, quindi a lei non ho fatto torti di
sorta…avevo
diciotto anni, io e degli amici di scuola eravamo in un locale, e ad un
certo
punto vedo questa donna ben vestita tutta sola al bancone del
bar…»
– non
vorrai dirmi che…
«aveva bevuto un
po’, diceva che non sopportava più suo
marito, che la trascurava, che cercava di relegarla in casa, che la
vedeva come
un oggetto e quant’altro. E in pratica…ho finito
per consolarla io!»
–
veramente?!
«giuro sulla mia testa!
Poco tempo dopo sono partito per la
Scuola di Ercole, ho conosciuto meglio Robin che era lì per
un “aggiornamento”,
come le chojiin che sono lì con te. Siamo diventati amici,
ed una volta tornati
mi ha fatto…conoscere sua moglie. Peccato che io la
conoscessi già! Per fortuna
non si è accorto della faccia che aveva fatto!...circa tre
mesi dopo ho
conosciuto tua madre. Ed giusto qualche anno dopo, Robin è venuto
a dirmi che Alisa
era “morta”».
– ma…lui
di questa
faccenda non sa niente?
« pur avendo iniziato ad
odiarci qualche anno dopo non mi
sembrava corretto dirgli che sua moglie “morta” gli
era stata infedele. Non si
parla male dei defunti».
Ed il brutto era che Howard H.R.J.
Lancaster in tutta quella
storia non aveva inventato assolutamente niente. Era tutto vero, dalla
prima
all’ultima sillaba di quel racconto.
Howard pensò alla faccia
che avrebbe fatto il suo ex amico se
ne fosse venuto a conoscenza…oh, ci sarebbe stato veramente
da ridere. Ma lui,
dal canto suo, non gliel’avrebbe mai detto. Preferiva tenersi
la cosa per sé,
dandosi motivo di ridere sotto i baffi senza che lui capisse mai
perché.
– mi
pare giusto. Comunque
ti dirò…probabilmente al suo posto avrei cercato
carne giovane anche io!
Tutto sommato Hammy non si era
scandalizzata per niente. In
fin dei conti se Robin Mask aveva trascurato la moglie non era stata
colpa di
suo padre, giovane, single e a quei tempi dunque ancora “a
caccia”. Che poi
Alisa fosse la madre del suo ragazzo…dettagli, dettagli! Non
sarebbe certo
andata a dirglielo.
Negli ultimi anni era venuto fuori il
fenomeno della “mamma
amica”, forse derivante dal telefilm quasi omonimo; in questo
caso, invece, c’era
il “padre amico”!
– solo
una cosa. Ma la
mamma lo sa?
Domanda da un milione di dollari,
alla quale Howard
Lancaster però poteva rispondere con un…
«a dire il
vero…si! Poco dopo esserci fidanzati mi ha fatto
qualche domanda sul mio passato amoroso. Non che, in quel caso, di
“amoroso” si
possa parlare!...probabilmente è una delle poche cose sulle
quali non ha
spettegolato con le sue amiche andando a bere il tè nei
club. Stesso motivo
mio: non si parla male dei morti».
– a
beh, ci credo. Che
roba…non glielo andrò certo a dire, ma penso che
se Robin Mask lo venisse a
sapere darebbe completamente di matto; sarebbe un gran brutto colpo,
per il suo
orgoglio.
«lo credo bene!»
– sta
per finire il
tempo. Devo andare…ci sentiamo stasera.
«ciao,
principessa».
Fu Emerald a chiudere per prima, come
al solito.
Howard Lancaster però non
mise giù il telefono, componendo
un altro paio di numeri. Aveva dei nuovi ordini per la sua
“security”, ed un
favore da farsi ricambiare da uno dei suoi tanti appoggi
all’ufficio anagrafe.
Sistemata la faccenda con
quest’ultimo, che gli aveva
garantito risultati entro il giorno stesso, contattò
-ovviamente su una linea
criptata- il comandante di una delle sue squadre spiegandogli in breve
cosa
doveva fare.
«...si. Stanotte. Se
è piena rimettete tutto in ordine. Se è
vuota richiudete la cassa…ma non rimettete a posto altro. In
quel caso voglio
che sappia… che
c’è chi sa».
***
Capitolo breve, lo so. E con
un’altra citazione di MacNeil
xD
Ad ogni modo, il simbolo
cinese della forza è questo
|
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Capitolo 9 *** Una sporca faccenda ***
Era impazzito.
Si, forse era impazzito, ma dopo quel
che era successo non
ci aveva visto più.
L’unica cosa di cui aveva
voglia in quel momento era…oh, non
lo sapeva bene nemmeno lui. Sapeva solo che non poteva far finta di
niente,
starsene lì fermo e fargliela passare liscia.
Si. Beh. L’avrebbe passata
liscia lo stesso.
Ma non gli importava assolutamente
niente, doveva reagire in qualche
modo.
Non pensò nemmeno a quanto
fosse stato strano il fatto che
nessuno gli avesse detto niente, quando era entrato dal cancello
principale
senza nemmeno annunciarsi. No, niente buone maniere, non era proprio il
momento.
Non aveva perso nemmeno tempo a
dirigersi verso la villa,
sapendo che vista l’ora -erano passati anni ma non per questo
aveva dimenticato
certe sue abitudini- probabilmente
lui era alle stalle.
Ed era lì che stava
andando per l’appunto, alle stalle, a
cercare di sistemare la faccenda una volta per tutte, in un modo o
nell’altro…
Un potente nitrito lo riscosse dai
suoi pensieri, e fu
fortunato ad
evitare la doppia zoccolata
dell’enorme cavallo nero che lo stava attaccando.
“ma che razza di bestia
è?!!”
Aveva evitato la prima ma non
evitò la seconda, fortuna sua
singola, che gli valse comunque un paio di costole incrinate essendogli
arrivata in pieno petto. Assurdo, adesso quello
aveva anche un gigantesco cavallo assassino!
Pesava troppo per riuscire a
toglierselo di dosso, lo vide
alzare una zampa…incredibile, ma pareva mirare proprio al
collo, come se
sapesse che rompendolo l’avrebbe fatto fuori.
Lui era andato lì quasi
con la voglia di uccidere qualcuno,
ed ora stava per essere ammazzato da un cavallo…
La bestia emise un altro potente
nitrito impennandosi quando
sentì qualcuno montargli in groppa, ma una volta
riconosciuto l’odore della
persona in questione -che lo stava spingendo a ricadere alla sinistra
dell’intruso, lasciandolo andare- si calmò,
diventando mansueto come una
placida giumenta.
Nonostante l’intruso fosse
ancora a terra, e cavallo e
cavaliere controluce, non ebbe difficoltà a riconoscere
quest’ultimo.
«una volta usavi
annunciarti, quando venivi in visita. Ma
devi aver perso le tue buone maniere assieme a quel poco di buonsenso
che ti era
rimasto».
Tono, quello di Howard H.R.J.
Lancaster, che in apparenza
suonava divertito. Ma per il suo ex amico Robin Mask non era complicato
avvertire la totale freddezza che celava in realtà.
L’inglese mascherato si
rialzò più rapidamente che poteva, con
gli occhi rossi che quasi mandavano scintille. «risparmiati
le battute,
tu…essere rivoltante, tu…mostro!»
«se ciò che
volevi era ribadire questo concetto potevi
limitarti a fare una telefonata ad una delle mie segretarie. Competenti
come
sono avrebbero trasmesso immediatamente il messaggio» Howard
si era messo
seduto sul suo cavallo, Abraxas, come fosse stato in poltrona. Accese
pure uno
dei suoi sigari pregiati «e comunque, a questo punto, non ti
so dire chi tra
noi due sia davvero il mostro».
«hai
profanato la
tomba di mia moglie, cane maledetto!»
sputò fuori Robin Mask in preda
all’ira più assoluta.
:: qualche
ora prima ::
– è
così signore…i custodi del cimitero hanno
detto…quello. La tomba della signora…
Quando il suo vecchio maggiordomo, da
Londra, gli aveva dato
la notizia, aveva sentito una morsa gelida allo stomaco e si era quasi
sentito
mancare.
La tomba di Alisa.
Avevano profanato la tomba di sua
moglie!
Quindi forse avevano anche scoperto
che…
«arrivo
immediatamente».
Aveva riattaccato, aveva rapidamente
notificato a MacMadd
che per gravissimi motivi doveva immediatamente tornare a Londra -senza
scendere nei dettagli- ed era partito.
Ignorando gli ululati di gioia di
Kirika, lieta che
“nyah-ah-ah-ah-ah-ah il rompicoglioni se ne va!”, e
dicendosi che al ritorno le
avrebbe minimo quintuplicato gli allenamenti.
Le coordinate impostate lo avevano
fatto atterrare
morbidamente nella propria tenuta circa un quarto d’ora dopo.
«signore, per fortuna siete
qui!» Archie, l’anziano
maggiordomo in capo, era a metà tra lo sconvolto ed il
distrutto «vi rendete
conto? La tomba della signora!» era anche tremendamente
agitato. Era molto
affezionato alla moglie di Robin, quando lei era ancora viva
(…) e giustamente
sapere dai custodi del cimitero che la bara era stata trovata
dissotterrata, la
buca ancora aperta, i fiori strappati, l’avevano
lasciato…l’ho già detto
sconvolto, lo so, ma se uno è sconvolto è
sconvolto.
«adesso vado al
cimitero…farò risistemare tutto» lo
guardò
«se non te la senti di guidare posso chiedere a qualcun
altro. Lo vedo bene,
che sei allibito quanto me».
«no, signore…vi
accompagnerò io. Come sempre. E se…se mi
permetteste di…»
Voleva accompagnarlo fino alla tomba,
Robin lo aveva capito.
E francamente non vedeva motivo di rifiutare una delle pochissime
richieste che
Archie gli avesse mai fatto.
«certo».
«grazie…grazie
infinite, signore».
Erano partiti subito dopo, alla volta
del cimitero. I
custodi li avevano accolti con aria decisamente contrita.
«stiamo già
risistemando, signore…ma chiunque sia stato ha
fatto un disastro non da poco» aveva detto uno di loro
«cercheremo di rimettere
tutto in ordine velocemente e al meglio».
«bene».
Lui ed Archie guardarono per
parecchio gli addetti lavorare,
in silenzio.
«ma chi può aver
fatto una cosa del genere? Chi?» mormorò
l’anziano.
E se Robin Mask fino a quel momento
era stato a pensare più
al fatto in sé che al colpevole, in quel momento
cambiò decisamente
prospettiva.
Chi poteva aver fatto una cosa del
genere, diceva Archie?
Ma era così chiaro,
così ovvio. Così disgustosamente palese,
pensò con rabbia Robin.
«la domanda non
è chi, Archie, la domanda è perché».
«avete idea di chi
potrebbe…?»
Un’idea? Ah!
«non un’idea,
quella che ho io è una certezza, anche se
purtroppo non ho alcuna prova in mano!»
La rabbia montava inarrestabile,
sempre di più.
Poteva essere stato solo Howard, e se
era stato Howard
sicuramente -nonostante non sembrasse- la bara non era stata solo
dissotterrata
ma anche aperta.
E se era stata aperta…
Solo una cosa non riusciva a trovare:
il motivo. Un
motivo valido che non fosse l’acredine che c’era
tra loro.
Ma se il suo ex collega ed amico non
aveva mai fatto questo
prima perché proprio adesso?!
A meno che l’astio non
c’entrasse e non fosse per recargli
dolore che Howard aveva fatto fare quel lavoro alla tomba di Alisa, ma
per
altri motivi.
«quando avranno finito,
Archie…» disse piano e con cupezza
l’inglese «…e ci avvieremo lungo la
strada di casa, voglio che mi lasci davanti
alla tenuta dei Lancaster. Credo di dover fare un discorso al mio ex
amico».
Il maggiordomo aveva risposto con un
“sissignore”, dopo una
breve esitazione che la diceva lunga
sull’incredulità con la quale aveva
accolto la notizia del possibile coinvolgimento di Mr. Lancaster in
quella
sporca faccenda.
Sapeva che non era proprio un santo,
sapeva che lui e Mr.
Mask avevano litigato anni or sono, ma non avrebbe mai immaginato
che…
Qualche ora dopo i lavori erano stati
terminati.
E lui, Archie, aveva obbedientemente
lasciato Robin Mask
davanti all’ingresso principale dell’immensa tenuta
dei Lancaster.
«vi aspetto qui,
signore?»
«non occorre. Puoi tornare
a casa».
L’anziano l’aveva
guardato. «…siete sicuro?»
«si. Vai».
Archie era andato.
E lui era entrato.
:: ora ::
«e secondo te avrei
rischiato di sporcare il mio completo
bianco con la terra del cimitero? Ma per favore…»
«ti
ho detto di
risparmiarti le battute!!! Questa è stata
l’ultima goccia, e giuro su Dio
che te la farò pagare cara!!!»
Howard fece un breve sospiro.
«sinceramente non vedo come.
Per non parlare del fatto che non c’è alcuna prova
del fatto che io c’entri col
dissotterramento della bara di tua moglie» sollevò
un sopracciglio «bara vuota,
tra l’altro».
«di prove me ne hai appena
data una! E scendi da quel
maledetto cavallo!» ringhiò Mask.
«sto più comodo
seduto. E comunque no, quanto ho appena
detto non è “una prova”»
mimò le virgolette «so per certo che è
vuota perché
muovendo qualcosa qui e qualcosa là, è saltato
fuori che il certificato di
morte di tua moglie è falso quanto il fazzoletto di Versace
che indossi. E che
la notte prima della “morte” di tua moglie,
dall’aeroporto è stata fatta
partire in totale segretezza un’astronave diretta verso
Nettuno, con a bordo
due presone, una delle quali era tua moglie, e l’altra era nientemeno
che…» non poté fare a meno di
concedersi una risata «Quarrelman, o buon Dio!»
«non
ti riguardava!!!
Non sono affari tuoi, capito?! Non avevi e non hai il diritto
di
impicciarti nei miei affari! Che Alisa sia viva o morta a te non deve
interessare, schifossissimo, lurido-»
«quanti complimenti in una
giornata sola!»
«perché
diavolo l’hai
fatto?! Il patto è stato spezzato, ho firmato
quel dannatissimo foglio, che
accidenti vuoi ancora da me?!» Robin si avvicinò
al suo ex amico «perché?!
Perché l’hai fatto adesso?!»
Howard finì il sigaro, e
solo a quel punto si degnò di
scendere da cavallo osservando Robin con gli occhi smeraldini da
predatore.
«sinceramente?
Ero…curioso».
“curioso”…
Aveva profanato una tomba solo
perché era curioso?!
Decisamente troppo da sopportare per
Robin che dopo
quell’ennesimo affronto si scagliò contro
l’ex amico e collega con tutta
l’intenzione di ridurgli le ossa in polvere, strappargli
tutti i capelli,
cavargli gli occhi dalle orbite e non si sa cos’altro.
Ma aveva dimenticato delle cose
fondamentali.
La prima: anche il suo avversario era
sempre un chojiin.
La seconda: il fatto che avesse
lasciato la Lega, e che
anche prima avesse deciso di addestrare invece che combattere -per
quanto
l’unico scontro che aveva combattuto fosse stato di una
violenza inaudita in
tutti i sensi- non significava che avesse smesso di allenarsi.
La terza: lui aveva quasi
sessantacinque anni, Howard ne
aveva giusto quarantacinque.
Quindi quest’ultimo,
schivati i colpi dell’avversario, non
faticò poi così tanto nell’infliggergli
una suplex tedesca. Se Robin fosse
stato più giovane e meno arrabbiato forse sarebbe andata
diversamente, ma non
era così, e soddisfatto Howard rimontò a cavallo.
Segno che per quanto lo
riguardava lo scontro era già finito.
Si accese perfino un altro sigaro.
«la sai quella
canzone?...“non ho l’età…non
ho
l’etaaà…”…direi
che ti si addice».
L’altro gentiluomo si era
già rialzato, furioso più che mai.
«scendi giù e combatti!»
«oh no. Mi dispiacerebbe
sporcare ulteriormente quel tuo
completo di Armani, che se non altro è vero.
Andiamo, Robin…perché non ti comporti
da persona ragionevole e racconti al
tuo vecchio amico com’è andata tutta fa faccenda?
Tanto se non lo fai tu, lo
scoprirò da solo» disse tranquillo «mi
basta leggere un paio di quelle belle
lettere color lavanda».
E in quel momento Robin Mask
capì come doveva essere andata
veramente la faccenda.
«…tua
figlia…quella grandissima-»
Un proiettile gli passò a
cinque millimetri dalla maschera.
Già, aveva dimenticato l’abitudine di Howard di
portarsi sempre dietro un’arma,
come se gli fossero servite a qualcosa!
«non
finire la frase».
«non capisco come abbia
potuto passarmi per la testa che
unire le nostre due famiglie fosse una buona idea!» aveva un
leggero velo di
sudore sulla schiena, dovuto al rendersi conto che pochi centimetri
più in là
sarebbero bastati e lui sarebbe morto lì «tu sei
un criminale, un mostro, un
bastardo!»
«beh, io te
l’avevo detto da subito che un matrimonio
combinato tra i nostri due figli non era una grande idea. Ma tu sei
stato
testardo, ed anche se ti ho restituito tutto quanto hai continuato
imperterrito
con quella faccenda. E la cosa divertente è che pare proprio
che tuo figlio
voglia sposarsela, mia figlia!...te lo dico adesso, tanto prima o poi
saresti
venuto a saperlo lo stesso».
Morsa gelida allo stomaco.
«non è
vero».
«anche io preferirei che
non fosse vero. Emerald con un
teppista diseredato che oltretutto ha preso pure il cervello dal padre?
Una
tragedia. È solo per rispetto verso le scelte di mia figlia
che non mi metto in
mezzo».
“ma tu questo rispetto
verso la scelta di quello che, pur
avendolo diseredato e quasi misconosciuto, è pur sempre tuo
figlio non l’avrai,
vero…” pensò “farai di tutto
perché Kevin la lasci”.
Robin infatti sembrava preda di
centinaia di morsi di tarantola
tutti insieme, per come si muoveva tutto a scatti. Scosse violentemente
la
testa.
«non se ne parla, io questo
non lo accetto, dopo tutto quel
che è successo è fuori
discussione che
il sangue dei Mask si mischi con quello di gente come voi!»
«Robin Mask,
l’eterno indeciso. Prima volevi il matrimonio a
tutti costi e adesso, come ne “I Promessi Sposi”,
te ne esci con qualcosa di
simile ad un “questo matrimonio non s’ha da
fare”?...e comunque se mai dovrei
essere io a non essere felice del fatto che il sangue di voi
Mask…e
precisamente del figlio teppista di
un uomo che ha fatto credere al figlio in
questione che la madre è morta quando invece è
viva e vegeta su Nettuno…si
mischi con quello della mia famiglia».
«vai all’inferno,
Howard!» sbottò Robin «e guai a te se
dici
una parola a qualcuno riguardo a questa storia!»
«più che
“guai a me” sarebbe un “guai a te”».
«non
una parola! Altrimenti…»
«altrimenti cosa? Dai,
fammi ridere».
Gli occhi di Mr. Mask si riempirono
ancor più di rabbia,
diventando due fessure.
«non mi importa niente se
poi mi farai fuori ma di’ una
parola e tra tre mesi non riconoscerai più la tua cara
figlioletta, per come
l’avrò ridotta».
Ogni traccia di divertimento, reale o
meno, sparì dal volto
di Howard.
«se ci provassi sarebbe lei
a fare di te carne trita. Ad
ogni modo, non mi piace che si minacci mia figlia» come
obbedendo ad un ordine
silenzioso, Abraxas fece qualche passo verso Robin «per
niente. E
nonostante lei dica che lassù va tutto bene sono certo che
tu abbia già da
scontare qualche peccatuccio nei suoi confronti. Inoltre sono
dell’idea che ti
serva un ammonimento riguardo al “ridurla in modo tale da far
si che non la
riconosca”…» aprì la giacca,
mostrando di avere appesi all’interno diversi
caricatori pieni, per la pistola con la quale gli aveva sparato poco
prima «sai
Robin, è un po’che non vado a caccia. E
tu?»
Il cavallo avanzò
ulteriormente verso Robin Mask, che
purtroppo aveva capito benissimo che cosa intendeva dire il suo ex
amico. Solo
che nonostante tutto non riusciva a credere che volesse davvero…dico,
ma
come osava?!
«non osar-agh!»
esclamò, quando Lancaster gli sparò a
pochi millimetri dai piedi «non farai sul serio!!!»
«tu quando hai minacciato
Emerald facevi sul serio,
giusto?...corri Robin, corri!» lo incitò
«ti darò perfino trenta secondi di
vantaggio, rispetto al tuo vecchio animale da compagnia sarai
più fortunato».
«non lo faresti!»
«ventinove…»
Abraxas fece altri due passi in avanti.
Anche quel cavallo sembrava non vedere l’ora di inseguirlo.
Robin fu costretto ad
indietreggiare.
«tu sei fuori di
testa!»
«ventotto…vieni
a casa mia, minacci mia figlia, che
pretendi?...ventisette…»
«hai profanato la tomba di
mia moglie e pretendi anche di
avere ragione?!» sbottò Robin indietreggiando
ancora. Howard faceva sul serio,
voleva veramente dargli la caccia!
«che io abbia profanato
qualunque cosa è tutto da
dimostrare. Ventisei. Su, inizia a correre,
altrimenti non ce la fai»
gli indicò la via «il cancello principale
è da quella parte ».
«tu
sei…sei…un cane maledetto, ecco cosa sei, e
dicendo in
questo modo offendo i cani!!!»
«decurtazione di sei
secondi di vantaggio per linguaggio
scurrile. Venti» lo guardò
«Robin. Guarda che io faccio sul serio, e se
non te ne vai entro i secondi che ti restano per quel che hai detto di
Emerald
ti darò la caccia esattamente come feci con quella bestia
parlante. Se non l’ho
già fatto e ti ho evitato di essere ammazzato da Abraxas
è solo in nome della
nostra vecchia amicizia. Diciannove».
Era andato ad infilarsi di sua
spontanea volontà nella tana
del lupo, entrando in un territorio che lo poneva in totale vantaggio
rispetto
a lui. Rendendosi conto di non poter vincere, e per quanto la cosa lo
disgustasse profondamente perché lui non era tipo
da chinare la testa ed
arrendersi, quella volta Robin Mask era decisamente costretto a battere
in
ritirata. Perché Howard non avrebbe avuto troppi problemi ad
ucciderlo per poi
gettarlo ancora caldo in qualche boscaglia in una riserva e far credere
al
mondo intero che la sua morte fosse dovuto ad un incidente di caccia a
causa di
un proiettile sparato da chissà chi. Quanto ci sarebbe
voluto perché gli uomini
della “security” dei Lancaster prelevassero in
sordina un cavallo della sua
stalla ed il fucile da caccia e metterglieli vicini? Poco e niente.
Si, il suo vecchio maggiordomo
avrebbe potuto confermare che
lui era uscito per andare nella tenuta dei Lancaster e non era
più tornato. Ma,
anche in quel caso, con i mezzi che aveva che difficoltà
avrebbe avuto Howard a
dimostrare che il maggiordomo in questione era un vecchio
rincoglionito? O
comunque a convincere chi di dovere che lo era, con qualche mazzetta?
«non finisce qui, Howard
Hogan Robert John Lancaster» disse
dunque Robin, guardando il suo nemico con odio e vedendosi rispondere
con
un’occhiata gelida.
«sarebbe stato meglio per
te se fosse finita, invece»
replicò Howard «oh, e comunque, ho da dirti
un’ultima cosa. Tu dici che sono un
mostro, ma non sono io ad avere le corna qui» fece un
sorrisetto, vedendolo
prepararsi a ringhiargli qualche insulto «…e le
hai anche più grosse di quanto
tu creda!» concluse, aggiungendo un occhiolino che in
verità era molto “à la
Connors”.
«…che
diamine vuol dire?!»
«diciotto.
Corri, da’retta».
«tu…!»
«diciassette».
Con un’ultima occhiata
astiosa -e che ancora domandava ad
Howard che diavolo volesse dire quella faccenda delle corna- Robin Mask
fu
costretto a mettersi a correre, ed anche alla svelta, per raggiungere
il
cancello principale.
«…quattordici!»
“dannato
bastardo!” pensò l’inglese mascherato
mentre
correva come poche volte in vita sua, che ora scorgeva da lontano il
cancello.
«undici!
…corri più veloce, altrimenti ce la
fai!»
Robin avrebbe solo voluto avere il
proprio fucile da caccia,
così da potergli far saltare la testa. Ma non ce
l’aveva, purtroppo!
“sono vicino...non manca
molto al cancello!»
«otto…»
Mancavano trecento metri.
«sei…»
Duecento metri.
«quattro…»
Cento metri.
«due…»
Cinquanta metri…!
«tempo scaduto»
disse Howard, partendo al galoppo quando a
Robin mancavano meno di dieci metri. Fortunatamente
quest’ultimo riuscì a
percorrerli ed uscire in tempo.
«tanto me la
paghi!...»
«si, si. Ricordati di
annunciarti, la prossima volta che
vieni qui» il gentiluomo rimise a posto la pistola
«e di tenere giù le mani da
Hammy, soprattutto. Chiaro?»
Veniva proprio da dire che
più chiaro di così si muore.
Howard guardò il suo ex
collega andare via, soddisfatto.
Via, dopotutto era stata una giornata divertente.
Robin Mask decisamente non era dello
stesso parere.
Ma se non altro venuto a conoscenza
delle ultime novità, gli
era venuto in mente che aveva una telefonata da fare.
:: Tokyo, qualche ora dopo ::
«non ha dato
noie».
«no. Se ne sta
lì in giardino a suonare, cura le piante, va
a fare la spesa, chiacchiera amabilmente con le vicine.
Però è lì,
appunto, e ci tiene d’occhio» Kevin
sbuffò nervosamente «ed io questa cosa la
odio. Come odio che lei…insomma…dopo ieri mattina
non mi ha più chiamato».
«ovvio, hai dato del
megalomane al suo caro papà».
Kevin di buttò sul divano
con aria pensosa, nervosa
e…stanca. Nessuno dei due aveva dormito quella notte, non
sapendo che c’era lui
a pochi passi.
Warsman avrebbe preferito rimanere a
casa propria,
considerando che era anche di poco più lontana, ma Kevin
nella sua protettiva
ingenuità era convinto che se fosse rimasto lì da
solo e lontano da lui avrebbe
potuto succedergli chissà cosa, mentre invece se fossero
stati insieme non
l’avrebbero toccato. Ingenuo davvero, si, a pensare che
avrebbe potuto fare
qualsiasi cosa per fermarlo -o meglio fermarli: non
poteva essere un
caso che nelle strade vicine molte case vuote fossero adesso fossero
abitate, caso
strano in concomitanza con l’arrivo di Connors- se
davvero avesse voluto
fargli del male.
«il fatto è che
io di tutto questo ne ho già abbastanza, mi
capisci?» il ragazzo fece un grosso sospiro «io ne
ho abbastanza. Voglio
vivere la mia storia con Emerald senza che nessuno si metta in mezzo a
rompere
le scatole, ti pare che io chieda troppo? A me sembra di chiedere solo
il
giusto, ma a quanto pare c’è chi non è
della mia idea. C’è sempre qualcuno che
si intromette, sempre. Prima mio padre con quel
patto e Turbinskii che
si era perfino messo con lei, adesso suo padre che
ci sta sul fiato col
collo e quel dannato dall’altra parte della strada che
durante le finali ci
provava in maniera evidente! Io non ne posso
più!...lei deve dire a suo
padre di ritirare questa gentaglia e di lasciarci in pace una volta per
tutte,
perché altrimenti non so come potrebbe andare a
finire!» esclamò alla fine del
proprio sfogo.
«…in che
senso?»
«nel senso che io la amo. E
tu sai anche quanto. Ma
le cose devono cambiare, non posso stare con lei con l’idea
di Mister
Megalomane che incombe e al quale basterebbe una parola della figlia
per fare
non so nemmeno io cosa!...tra me e lei io percepisco sempre la presenza
di suo
padre, costantemente, e la cosa mi manda in bestia perché
sarebbe ora che la
lasciasse andare davvero».
Il russo rifletté sulle
parole di Kevin, che poi così
sbagliate in effetti non erano.
«credo che ci sia qualche
punto che non ti è chiaro. Emerald
non vuole essere lasciata veramente andare.
È troppo attaccata alla sua
famiglia, e specialmente a suo padre, che le garantisce spalle coperte
in ogni
situazione. Se n’è andata via di casa molto
presto, ma se ci hai fatto caso
quella ragazza non è mai stata davvero indipendente; non si
è mai trovata un
vero lavoro se non quello da DJ, e suo padre già allora le
passava più di
settemila sterline al mese. Adesso, che tu sappia, quante
sono?»
«sinceramente non ne ho
idea. Ma hai ragione anche su questa
faccenda del lavoro, anche adesso che Emerald possiede anche una
compagnia
aeronautica si limita semplicemente ad intascare i proventi lasciando
il lavoro
vero alla gente che suo padre ha messo nella
compagnia perchè si
occupassero di quelle faccende!»
«appunto: lei non
vuole staccarsi, e non le è nemmeno
conveniente farlo. Nonostante io dubiti che se Emerald gli dicesse
chiaro e
tondo di ritirare le truppe e non immischiarsi oltre, suo padre la
lascerebbe
senza “rifornimenti”. A parer mio direbbe qualcosa
come “d’accordo,
principessa” e le darebbe retta senza colpo ferire. Il
problema è che lei
non capisce per quale motivo dovrebbe dirgli di farlo, visto che per
Emerald
tutto questo è la normalità».
«non capisce…?
Se anche non capisce i veri motivi dovrebbe
esserle chiaro che la cosa mi manda fuori di testa, questo non mi
sembra così
complicato da afferrare e lei non è una scema! Sono il suo
ragazzo, dovrò pure
contare qualcosa in tutto questo!»
“per il resto magari conti,
ma in questo caso ragazzo mio
vali come il due di coppe quando briscola è
bastoni” pensò il russo, ma non
fece tempo a dire nulla che squillò il telefono. Kevin corse
a rispondere.
«oh, finalmente ti sei
decisa a chiamarmi di nuovo!»
– ecco,
esattamente di questo volevo parlare.
No.
Decisamente la voce
all’altro capo del telefono non era di
Emerald, ma dell’ultima persona dalla quale si sarebbe
aspettato di ricevere
una telefonata.
Nonostante lo shock riuscì
ad inserire il vivavoce.
«…tu…papà?»
«eh? Robin?!»
allibì Warsman, che a sua volta tutto si
sarebbe aspettato meno che il suo vecchio maestro contattasse il
figlio, dopo
quel che era capitato.
– sarò
breve, e voglio che tu mi stia bene a sentire
perché non mi ripeterò un’altra
volta…
Ecco, già da tono quella
telefonata a Kevin iniziava a non
piacere per niente.
«potevi almeno salutare e
chiedermi come sto, sai, non mi
avrebbe fatto schifo una manifestazione d’interesse da parte
di mio padre».
Sospiro decisamente irritato
dall’altra parte. – non è
decisamente il momento di perdere tempo con certe cose, e come di ho
detto
voglio essere breve. Ci ho pensato sopra, ed ho capito che diseredare
il mio
unico figlio maschio è stata una cosa piuttosto folle.
Quindi sono pronto a
ritirare il diseredo…
Oh, finalmente una buona notizia!,
pensarono sia Kevin che
Flash, scambiandosi un’occhiata.
«si, beh, direi
che-»
– non ho finito.
Tornerai ad essere il mio unico erede.
Ma solo e soltanto se darai definitivamente l’addio alla
figlia di Lancaster
lasciando perdere l’idea di sposarti con lei o
chissà cos’altro. Fallo e
riavrai ciò che ti spetta.
Lungo attimo di silenzio da entrambe
le parti.
«se è per questo
che hai chiamato potevi anche farne a meno
perché, primo, a me dei soldi non è mai fregato
assolutamente niente; secondo,
hai perso il diritto di dirmi quel che devo o non devo fare
già da un bel
pezzo; terzo, mi domando che razza di persona credi che io sia se hai
pensato
che io potessi lasciare Emerald solo per riavere
l’eredità! Per quel che mi
riguarda puoi pure bruciare tutti i soldi che hai e dare anche fuoco
alla
tenuta, se il prezzo per riavere quel che mi spetta è
Emerald te lo puoi
scordare!»
– non sei stato
informato di quel che è successo stanotte
alla tomba di tua madre, vero? L’hanno profanata.
Dalla rabbia Kevin era passato di
nuovo ad essere sconvolto.
«c-che cosa…?»
– ed indovina un
po’chi è stato.
No…
Non era possibile…
– non puoi
mischiarti con quella gente. Howard è un
criminale, e la figlia non è migliore del padre anche se tu
credi scioccamente
di si. Pensa bene a quel che ti ho detto, Kevin, perché a
lasciare quella
ragazza avresti solo vantaggi.
E detto questo Robin chiuse.
Kevin era rimasto lì fermo
col telefono in mano, a fissare
un indefinito punto nel vuoto.
«non è
possibile» disse in un bisbiglio.
Warsman, scosso quasi quanto lui, gli
mise una mano sulla
spalla. «Kevin…»
«non è
possibile» il ragazzo iniziò a scuotere
la
testa «non la tomba di mamma. Lei è morta. Lei
non…e poi…perché?!»
voltò lo
sguardo verso il russo «perché dovrebbe
averlo fatto?! Per fare torto a
mio padre? Perché magari Emerald gli ha raccontato che gli
ho dato del
megalomane?! È assurdo!»
«non abbiamo la certezza
che sia andata come dice tuo padre.
Forse Emerald e famiglia non c’entrano nulla»
cercò di rassicurarlo Flash anche
se non era affatto convinto «tuo padre potrebbe aver
semplicemente pensato che
c’entri Howard visto che si odiano, ma francamente profanare
la tomba di tua
madre per vendicarsi di “megalomane” o per dare un
dolore a tuo padre mi sembra
troppo perfino per lui!...fosse stato per quel motivo non pensi che
l’avrebbe
fatto prima, quando il patto era ancora in vigore?
Qualcosa come
trafugare la salma e restituirla solo in cambio della firma che voleva,
o
simili?»
Vero, aveva ragione anche Warsman.
Doveva cercare di calmarsi almeno un
po’…ma il pensiero
della tomba di sua madre profanata era “troppo”.
Quella era stata…si…era stata
la sua unica fonte di conforto quando era piccolo. Andare lì
le rare volte che
suo padre gli permetteva di correre fuori, e parlarle di quel che gli
succedeva
nella speranza che da lì lei potesse sentirlo, anche se non
c’era più.
«basta
così!» sbottò Kevin
afferrando l’impermeabile
e lanciandosi fuori, con la voglia di correre fino a perdere le gambe.
«Kevin…!
è andato…» mormorò Flash
«non ci posso credere…»
«the stupid brat si
è ricordato di non aver comprato
la nuova collezione di slip di Topolino?»
Connors, da giardino di casa propria,
vedendolo correre in
quel modo non aveva resistito alla tentazione di fare quella battuta.
Ma,
inutile dirlo, lui in realtà immaginava benissimo quale
fosse il motivo di
quella corsa sfrenata senza meta. Non fosse mai che non ricevesse gli
ultimi
aggiornamenti dal capo, che glieli forniva in modo tale che potesse
agire
sapendo benissimo quali erano tutte le carte che
c’erano in tavola, coperte
e non.
L’americano fece un
sorrisetto vedendo Flash rispondergli
con un’occhiata carica d’odio e tornare rapidamente
in casa. Eh no, non si
azzardava ancora a sfidarlo, segno che se non altro certe bestie
avevano una
memoria decente e un tantino di buonsenso.
“di questo passo verranno a
sapere tutti che sua
madre è viva, tranne lui” pensò.
Il cellulare squillò.
«si?...»
– a te
l’ha detto vero?
Ma che graditissima sorpresa,
pensò mentre rientrava anche
lui rapidamente in casa. «una volta si salutava, miz
Lancaster» le
disse, in una sottospecie di bonario appunto «se parli del
fatto che la madre
del tuo ragazzo è viva e vegeta su Nettuno insieme a
Quarrelman -o Neptuneman,
se il nome di è più familiare- si, me
l’ha detto ieri notte appena l’ha saputo.
Per darmi un’idea di come stanno davvero le cose,
così da potermi regolare se
servisse. E mi ha detto anche che hai delle
lettere…»
– si…ne
avevo due. Ma oggi è andato via dalla Scuola, ne
ho prese un altro po’ e…al telefono con
papà le abbiamo lette poco fa e…che
roba! Da quel che ho potuto capire da ciò che
c’era scritto in quelle
indirizzate a Robin Mask è andata così:
lui ha colto la moglie in flagrante tradimento, ed
è quasi arrivato a
fare la festa ad entrambi visto che era appena tornato da una battuta
di caccia
e aveva il fucile in mano; poi però è venuto a
più miti consigli.
«specifica, che sono
curioso. Pare una di quelle soap opera
di bassa lega…» commentò
l’americano.
– Robin Mask
aveva mezzi sufficienti da dare moltissimi
problemi a tutti e due, se avesse voluto, ma sono giunti ad un accordo
diverso:
Alisa Macintosh e Quarrelman sarebbero partiti per Nettuno, e Mr. Mask
avrebbe
tenuto Kevin con sé per poterlo addestrare. A quanto abbiamo
capito le aveva
dato il permesso di scrivere al figlio, se non altro… poi
invece ha agito
diversamente, preferendo dirgli che era morta piuttosto che ammettere
di essere
stato lasciato perché lei si era stancata di sentirsi un
oggetto trascurato. That’s
it.
«segretone del secolo! Sai
se tutta la storia venisse fuori,
che razza di vespaio!…»
– si ma adesso
c’è un problema. Che cavolo faccio con
Kevin?
«so
much
sex, or so I think» scherzò
l’americano.
– Michael!
È una cosa seria!
«non so. È una
questione abbastanza delicata, credo che per
quello stupid brat sarà sconvolgente
sapere che suo padre gli ha
raccontato una gran cazzata per vent’anni di fila. Detto gli
va detto. Ma
magari sarebbe bene che glielo dicessi tu, viso a viso, quando
finirà
l’addestramento o se mai fuggissi un’altra
volta».
Per l’appunto, Connors non
era stupido. Ed avendo avuto dei
genitori che gli avevano dato modo di trascorrere un’infanzia
serena, gli era
facile capire come sarebbe stato per il moccioso scoprire che se sua
madre
-VIVA!- avesse potuto portarlo via con sé, la sua vita
avrebbe potuto essere
completamente diversa. Bucolica, considerando come andavano le cose su
Nettuno,
ma probabilmente più serena. Insomma, se lei gli scriveva
tutte le settimane
-da quel che gli aveva detto il capo- nonostante non avesse mai
ricevuto
risposta, significava che lo pensava sempre. E che gli voleva bene.
Cosa che
l’americano non sapeva se si potesse dire di Robin Mask.
“se fosse stato mio
padre a fare questo non so come
avrei reagito”.
Ed era sadico e spietato, Michael
Connors…
“è sempre un little
brat tonto come una gallina
lobotomizzata, ma mi fa quasi pietà”.
…ma non così
tanto da andare a sbattere in faccia a Kevin
quel che sapeva. Altri al posto suo magari l’avrebbero fatto,
ma non lui.
In vita sua aveva ucciso, massacrato,
torturato e stuprato,
e si era anche divertito come un matto a farlo; eppure non avrebbe mai
fatto
una cosa come quella lì. Un controsenso, o forse era solo
quel po’di umanità
che gli era rimasta che veniva a galla.
– già.
Forse venendolo a sapere da me faccia a faccia la
prenderà un pochino meno male…
– Lancaster!!!
«ma che…Emerald!
Che succede?!»
Dall’altra parte
c’era un mucchio di rumore, e il tono di
quella voce maschile di prima non gli era piaciuto affatto.
– mi sa che
qualcuno vuole parlarmi d’urgenza.
Chiamata interrotta.
“spero che le dia e non le
prenda”.
:: Scuola di Ercole ::
«…è
lei quello che ha nascosto a suo figlio che sua madre è
viva solo perché non voleva ammettere che l’aveva
lasciata, io avrò pure
sbagliato a farmi gli affari suoi ma se vuole proprio saperlo lei mi fa
SCHIFO!»
«e tuo padre è
un dannato profanatore di tombe!»
«…vuote».
Nella rabbia riuscì a
rimanere allibito dal fatto che lei lo
sapesse, e si comportasse come se fosse stata una cosa normale.
«poco importa!...da anni, anni,
voi Lancaster siete
la rovina della mia famiglia!!! La rovina!»
«veramente si è
sempre rovinato DA SOLO! Prima con quella
storia del patto che lei non voleva spezzare, ora
con questa storia su
un fatto che lei ha nascosto…povero
Kevin…» si morse nervosamente il
labbro inferiore «l’ho detto e lo ripeto, lei mi fa
schifo, schifo, schifo e
ancora schifo!!! Separare un figlio dalla madre, fingere che sia morta,
ma che
cavolo le ha detto il cervello?!»
Litigavano sapendo che ad ascoltarli
non c’era nessuno.
Perché per “ordini superiori” Vance
MacMadd quando Emerald telefonava al padre
e per tutti i minuti di chiamata concessi in generale se ne stava ben
lontano.
«questi non erano
affari che ti riguardavano! E
soprattutto non riguardavano tuo padre, che non ha esitato a minacciare
di darmi
la caccia quando qualche ora fa sono-»
«lo so, e mi ha detto pure
perché l’ha minacciata in quel
modo. “non la riconoscerai nemmeno per come la
ridurrò!”» ripeté la ragazza
scimmiottando la voce di Robin «segua il consiglio di mio
padre ed accantoni l’idea».
«altrimenti gli chiederai
di farmi esplodere casa?!» disse
lui, duro.
«no. Ma so che riuscirei a
farla espellere dalla Scuola»
ribatté lei, altrettanto duramente «o se volessi
fare prima semplicemente le
spezzerei dolcemente tutte quante le ossa, ma mi seccherebbe
perché so che
Kevin non apprezzerebbe».
Robin sembrava stare per colpirla, ma
parve ripensarci.
«può essere che
a breve tu non debba più preoccuparti di
quel che mio figlio apprezzerebbe e non apprezzerebbe» disse
sibillino,
facendola inquietare non poco, per poi voltarsi e dirigersi verso la
porta.
“che diavolo intendeva con
quelle parole?” pensò Hammy.
«si abbassi, che con quelle
corna dalla porta non ci passa,
soprattutto visto che sono più grosse di quel che
crede!»
Sibillino per sibillino, detto questo
Emerald uscì dalla
parte opposta rispetto a Robin. E fu lui a rimanere lì
chiedendosi che
accidenti significasse quel che avevano detto i due
Lancaster…
***
right,
spero che vermissen_stern non se la prenda se ho citato anche Archie,
anche lui un suo OC che appare in Reignite. E più che altro
spero di non avergli fatto avere reazioni che in realtà non
era tipo da avere...
|
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Capitolo 10 *** Can't help falling in love ***
Era stato un caso. Un puro,
semplice, stupido caso…
«… shall
I say, would it be a sin?...»
« …if I
can’t help falling in love with you…»
Era stata di Terry l’idea
di fare “l’ultimo campeggio
notturno della stagione! Dai, che poi per un pezzo col freddo che
verrà non se
ne parla!”.
«like a
river flows surely to the sea, darling so it goes, some things are
meant to
be…»
E
così avevano fatto.
Tutti I ragazzi della combriccola più Meat, Trixie e Chichi
erano partiti alla
volta del bosco vicino alla città, con tende, sacchi a pelo,
provviste…per un
bel pezzo l’unica cosa andata “storta”
era stato il fatto che Kid si fosse
rifiutato di mettere su tutto il baraccamento vicino al lago, col
terrore che a
qualcuno prendesse l’idea di costringerlo a farsi un bagno
bello freddo, ma
quanto al resto era andato tutto bene. Avevano mangiato, bevuto, messo
su
qualche rissa, fatto cavolate varie fino a che verso le una di notte -e
solo
perché costretti da Meat- avevano deciso di infilarsi in
tende e sacchi a pelo
e dormire.
«… take
my hand…»
« take
my whole life too…»
« For I
can’t help falling in love with you…»
E poi, verso le una e mezza, avevano
sentito la chitarra e
le voci.
«like a
river flows surely to the sea, darling so it goes, some things are
meant to
be…»
Il lago non era troppo distante da
dove stavano loro, e
nessuno aveva sonno. La decisione di andare a curiosare “si
era presa da sola”,
diciamo così.
«… take
my hand…»
Con vari bisbigli
nell’andare si erano tutti chiesti “chi
sarà,
chi non sarà”…la voce femminile in
verità era parsa loro familiare, non aveva
certo chissà quale estensione vocale ma non era affatto un
brutto timbro, e le
note fino a quel momento le aveva azzeccate tutte.
« take
my whole life too…»
Stesso dicasi per la voce maschile,
che non era Elvis ma non
era nemmeno poi così male.
E così, nascosti meglio
che potevano, erano arrivati sul
posto.
Solo che quel che avevano visto li
aveva lasciati di stucco.
« For I
can’t help… falling…in
love…with…»
Breve pausa di totale e completo
silenzio.
«you».
E poi era scattata la tragedia
perché, agli occhi dei
ragazzi della Lega, quello tra Emerald e Connors
non era stato un
bacio esattamente casto.
Era stato Checkmate, che pur essendo
allibito come tutti gli
altri era riuscito a mantenere un minimo di controllo, a convincerli a
gesti ad
andare via e tornare al campo.
Meat era stato il secondo a
riscuotersi, e gli aveva dato
una mano a portare via tutti i ragazzi.
Il viaggio era stato fatto in totale
silenzio, ma arrivati a
destinazione…
«ma…allora.
Prima cosa, Hammy dovrebbe essere sul pianeta
Ercole» aveva detto molto piano Jeager
«…ma siamo sicuri che fosse lei e non
una che le somigliava?»
«no, no…lei era
lei, ma più di
tutto…cioè…» anche Dik Dik
era ancora esterrefatto «lei sta con Kevin Mask. Quindi…che
ci fa qui in
piena notte con quel tizio e, soprattutto, perché diavolo si
stanno baciando?!»
Giusta domanda, Dik Dik.
Come si era arrivati a quel
punto…?
:: tre giorni prima
::
Erano passati dodici giorni da quando
Kevin Mask aveva
ricevuto dal padre sia l’offerta di riavere
l’eredità che la notizia della
profanazione della tomba di sua madre Alisa.
Ma lui non aveva smesso di pensare un
solo secondo a questa
due cose, aggiunte al fatto che Emerald non lo aveva ancora richiamato.
Dodici giorni, dannazione.
E lui di cose da dirle ne aveva
diverse, poi. Prima di
tutto, doveva assolutamente sapere se era vero che Howard
c’entrava qualcosa
con quella sporca faccenda al cimitero e, se si, perché
diavolo l’aveva fatto.
Poi, tra le altre cose da fare
assolutamente, doveva dirle
che doveva far ritirare le truppe immediatamente. E
non avrebbe
ascoltato scuse. La pressione si stava facendo sentire troppo, sia su
di lui
che su Warsman. Già, non era tanto una questione di forza
-nonostante i soldati
fossero molto ben addestrati e molto ben
armati- quei soldati
rappresentavano, piuttosto, la brutale crudeltà psicologica
per la quale Howard
si era sempre distinto. Evidentemente sapeva, o quantomeno immaginava,
che con
tutto quel che era successo mesi prima i due chojiin non avrebbero
avuto altra
reazione se non quella di sentirsi costantemente sotto tiro.
Warsman da quegli uomini era stato
preso, torturato,
cacciato. Kevin Mask, quando aveva avuto a che fare con loro, si era
visto
portare via tutto.
E nessuno dei due voleva che tali
cose si ripetessero.
Dire che avrebbero dovuto tirare
fuori le palle era facile,
ma tra il dire e il fare in questo caso c’era di mezzo un
oceano.
E per finire lui ed Hammy dovevano
chiarire una volta per
tutte, possibilmente senza litigare, che i loro genitori
dovevano rimanere
FUORI dalla loro relazione, in ogni senso. Kevin
l’offerta di Robin l’aveva
rifiutata. Anche Emerald, allora, avrebbe dovuto dire a papy
di smetterla di mettersi in mezzo.
Erano cose di cui andava discusso e
che andavano sistemate,
perché lì c’era in gioco la loro
relazione, alla quale Kevin -si sa- teneva
moltissimo. Vederla tornare mesi prima e poterla stringere finalmente
tra le
braccia, le primissime settimane insieme, quello era stato un periodo
assolutamente da sogno. Era lui, era lei, erano loro,
ed erano
bellissimi insieme. E lui rivoleva quel periodo lì, quei
“loro”.
Qualcuno forse avrebbe dovuto
spiegare al ragazzo che una
relazione amorosa non poteva essere sempre rose e fiori, e che
soprattutto
iniziando una convivenza era normale che le prime settimane insieme
fossero
“uh, ah, wow” e poi, man mano che anche i difetti
più nascosti venivano a
galla, qualcosina iniziasse a scricchiolare. Nulla di irrisolvibile se
c’era la
volontà di farlo da entrambe le parti, ma non poteva
pretendere un amore
fiabesco modello “vissero per sempre felici e
contenti”; soprattutto in un
contesto come quello in cui si trovavano.
«stanotte a dormire qualche
ora ci sei riuscito».
Lui e Flash ormai andavano avanti
più che altro a tazze
immense di caffè.
«è
perché riflettendoci su ho capito che non posso
permettere che la presenza di quella gente mi condizioni troppo. Hanno
tanta
voglia di stare qui a vigilare? Che stiano pure!...non mi piace, ma una
sorveglianza
armata non è la cosa peggiore che mi sia successa. E fino ad
ora non è successo
assolutamente niente di strano» disse secco il russo bevendo
il suo caffè «quindi
si, ci ho dormito su».
Era lui quello psicologicamente
più colpito, ed era sempre
lui il primo che stava cercando di assimilare la cosa. Una faccenda che
aveva
un che di incredibile.
«quindi ti sta bene che
quelli stiano qui, adesso?!»
«ovvio che no! Ma se tanto
l’idea di rompere loro il collo
uno per uno è fuori discussione visto che se anche dovessimo
riuscirci il
simpatico Howie» istintivamente sollevarono entrambi la testa
e si guardarono
attorno come accadeva ogni volta che lo chiamavano in quel modo o ne
parlavano
male «ne manderebbe qui il triplo, a questo punto
l’unico modo in cui possiamo
reagire è restare indifferenti. Come se
non ci fossero. Come se non ci
importasse. Per quanto se nel frattempo riuscissimo a far capire ad
Emerald
quel che deve capire sarebbe una cosa buona ed elimineremmo il problema
per
davvero».
«se, se, se!
A me non piacciono i “se”! Io voglio fatti!»
«senti lo so che
è dura, ma devi portare pazienza, perché
adesso come adesso non possiamo fare altro!»
guardò il telefono «specialmente
se lei non richiama».
«beh non me ne frega
più niente delle regole, se lei entro
oggi non mi chiama io prendo vado lassù alla Scuola di
Ercole e faccio un
macello assurdo finché non mi ci fanno parlare!»
sbottò Kevin, arrivato al
punto di rottura «venti giorni con quello di
là dalla strada, e che per
di più ascolta Eminem a palla, sono già
troppi!»
E ciò che Kevin non
subodorava neppure era che l’americano
non metteva a palla “Without Me” almeno una volta
al giorno solo perché gli
piaceva. No. Lo faceva anche perché “tante volte
la bestia pur avendola sentita
per due settimane di fila se la fosse
dimenticata”…che dire, Connors qualche cosa
dal suo capo l’aveva imparata.
«lascia perdere la
musica!» ribatté Warsman, in tono ancor
più secco di prima «quella è il
meno».
«o in alternativa invece
che andare alla Scuola di Ercole da
Emerald vado direttamente dalla fonte di tutti i guai a Londra!!! Gli
entro
nella tenuta di soppiatto, lo cerco e-»
«pessima idea.
Sia il solo volerlo incontrare che
andare a cercarlo per la tenuta visto che c’è quel
maledetto cavallo pazzo
che-»
«…che
c’è lì?»
«… un cavallo
che al garrese è alto trenta centimetri più di
te. E che quando si trova davanti qualcuno che non conosce lo
assalta e
lo insegue per tutta la tenuta con l’intento di farlo fuori
arrivando a cercare
di buttare giù gli alberi se un povero cristo tenta di
rifugiarsi lassù!...»
Kevin gli diede una lunga occhiata.
Lunghissima.
Decisamente troppo lunga.
«ora che mi ricordo Emerald
aveva accennato qualcosa a
riguardo, quando siamo andati a casa sua. In particolare che questo
cavallo ce
l’hanno da nemmeno dieci anni, quando tu non
frequentavi più casa
Lancaster».
Ops. Aveva parlato troppo.
«infatti te lo dico
perché lei me ne ha parlato così».
«ah si?...eppure da come ne
parlavi sembrava quasi che tu
avessi vissuto direttamente l’esperienza».
Oh no, decisamente quello non era il
momento adatto per
entrare in quel discorso…non che di momenti adatti ce ne
fosse uno!
«sono un oratore non
c’è male, che vuoi farci…»
Kevin però continuava a
guardarlo fisso.
«sei stato a casa sua,
vero?» disse piano l’inglese «altro
che racconti».
«Kevin, ma
perché avrei-»
«io lì per
lì quando siete tornati, e caso strano tutti e
due lo stesso giorno, non mi sono messo a
riflettere. Ma appena ho
cominciato a farlo non c’è voluto molto per
rendermi conto che qualcosa non
andava» disse «avete sempre avuto un rapporto
estremamente strano, voi due, e
questo lo so già da quando c’era il Torneo.
Ammettilo» mise giù la tazza di
caffè «in quei cinque mesi e mezzo tu ed Emerald
vi siete visti eccome, e
dev’essere stato nel brevissimo periodo in cui lei aveva
fatto ritorno a
Londra!»
“io l’avevo detto
che è meglio che Kevin non sforzi troppo
il suo bel cervellino perché altrimenti sarebbero stati
guai! E adesso devo
trovare qualcosa per…non posso dirgli che gli ultimi due
mesi e mezzo non siamo
tornati perché eravamo in giro per il mondo!”
pensò.
«…si.
Vero».
A quella conferma il ragazzo non
parlò, come aspettando che
continuasse.
«ma non
c’è sotto chissà cosa. E che lei era
tornata sono
venuto a saperlo per puro caso, visto che ero andato da tuo padre. Ero
lì, mi è
giunta voce del suo ritorno e sono andato. Dovevo parlarle. Cerca di
capire,
lei…insomma, c’eri quando ha preso quel proiettile
che avrebbe dovuto toccare a
me. Volevo almeno vedere in che condizioni era, e così ho
fatto» ammise «poi
però lei come sai è ripartita, perché
ci sono state quelle complicazioni di cui
ci ha parlato. Ed anche io dopo quel giorno ho avuto diversi problemi.
Che
siamo tornati da te insieme però è stata una
semplice coincidenza».
«tanti periodi complicati,
va bene. Solo un paio di cose:
perché sei andato da mio padre invece che tornare
qui?» la voce del ragazzo era
fredda come il ghiaccio «e poi, perché diavolo non
mi hai fatto almeno uno
straccio di telefonata dicendomi che stavi bene?! almeno in quel breve
periodo
“meno complicato” avresti potuto farlo!»
sbottò «e lei idem!...ma questo ad
Emerald l’avevo già detto, quando mi ha confermato
che era tornata a Londra».
«non so cosa dirti se non
che ho sbagliato e che mi
dispiace. Come ho sbagliato a nasconderti di averla vista» lo
guardò «ho
creduto che non avresti capito perché ero andato a cercarla,
pensando che ci
fosse sotto chissà cosa».
«guarda che non sono
così imbecille da non capire se mi si
dice “sono andato a cercarla perché lei mi ha
salvato la vita e volevo vedere
se stava meglio”! Un motivo più valido di quello
non esiste!...e invece
nascondendomelo dei dubbi me l’hai fatti venire eccome, e
decisamente non è il
momento!» si prese la testa tra le mani «proprio
no».
E dunque quello era decisamente anche
il momento peggiore
perché il telefono, con Emerald all’altro capo del
filo, squillasse.
«si, chi
è?» sbuffò Kevin seccato.
–
…ultimamente ogni
volta che chiamo ti trovo con le palle girate…
Breve attimo di sollievo per Kevin
Mask, nel sentire la voce
della sua ragazza dopo tredici giorni. Gli era mancata tantissimo, gli
era
mancato sentire la sua voce…
«ne ho tutti i
motivi!»
Peccato che invece che dirle quello,
tutta quella pressione
psicologica lo stesse portando a protestare, polemizzare, sbottare e
criticare
fin da subito senza lasciarle dire praticamente niente.
– hai
tutto il diritto
di incavolarti quanto ti pare per quel che ti pare e me ne puoi parlare
tranquillamente, ma se quel che speri è che io ti lasci
sfogare le tue
frustrazioni su di me in uno dei pochi momenti in cui possiamo sentirci
TE LO
PUOI SCORDARE. Chiaro?
E quello decisamente non aiutava, in
un rapporto. Perché per
quanto Kevin avesse parecchi motivi per essere arrabbiato,
c’era modo e modo di
affrontare l’argomento. E argomenti come quelli poi dovevano
essere discussi
con calma.
Solo che…non era cosa!
«Emerald io te
l’ho già detto e lo ripeto: questa storia dei
genitori che si mettono in mezzo deve finire. Io voglio vivere la mia
storia
con te in santa pace senza che nessuno mi stia col fiato sul collo, e
mi sembra
il minimo».
– col
fiato sul collo
non ti ci sta nessuno!
«oh si invece, sia tuo
padre che il mio! Solo che tu non
riesci a capirlo. Emerald, dodici giorni fa ha chiamato mio padre, e lo
sai cos’è
che ha detto?! Ha detto che tuo padre
ha profanato la tomba di mia madre!!!»
Brevissimo attimo di silenzio
dall’altra parte, imputabile
-per quanto ne sapeva Kevin- anche solo alla sorpresa.
– …ma
che cavolo si
era fumato?
…ok, bisogna ammettere che
anche Hammy in quel caso avrebbe
potuto essere più delicata. Specialmente sapendo che era
vero.
«non parlarne in quel modo,
va bene?! il fatto è che
effettivamente la tomba è stata profanata, e mio padre
secondo te che doveva
pensare? Parlando francamente, a poter fare una cosa del genere
è chiaro che
secondo lui può essere stata una persona sola!...e
io…sono convinto….che ci
abbia azzeccato» disse, abbassando pian piano il tono
«ma io non capisco
perché».
– …io…di
questa
faccenda non so nulla. Ma non credo che c’entri. Anche se
comunque…Kevin…quando
tornerò dovremo parlare parecchio.
«questo è
sicuro» fece un sospiro «io a te tengo moltissimo,
ma anche solo avere qui quelle truppe mi sta mandando fuori di testa,
come
tutto il resto, e adesso ci si è messo in mezzo pure mio
padre…»
– che
ha fatto adesso?
Ha tirato fuori un altro patto da sotto il cuscino?
«fai poco la spiritosa! Io
non so se riesco ad andare avanti
in queste condizioni, guardaci anche adesso, ogni volta che ci sentiamo
finiamo
a litigar, e se penso alla tomba, e al fatto che mio padre mi ha detto
che se
ti lasciassi mi restituirebbe l’eredità io davvero
non so come potrò riuscire a
continuare. E oltretutto c’è il fatto che tu non
riesci ad uscire davvero dal
nido, con papy che pensa sempre a
tutto!»
– non
riesci ad andare
avanti tu? Beh nemmeno per me è esattamente facile avere a
che fare con un
immaturo iperpossessivo che come vede un ragazzo avvicinarsi a me fa
scenate da
psicopatico!!!
« un che
cosa?!! Mi
hai appena dato dell’immaturo iperpossessivo?! Beh se
permetti ho tutte le
ragioni di fare scenate coi tuoi “Mikey qui e Mikey
là e Jeager qui e Jeager là
e Terry qui e Terry lì”, e se io sono un immaturo
iperpossessivo allora tu sei
una…una sciocca ragazzina viziata!»
Ed era inutile che Warsman cercasse
di fargli intendere a
gesti che stava facendo una gran cazzata, perché se voleva
che tra loro due
tornasse ad andare tutto bene e tutto il resto decisamente non era
quello il
modo.
– sarò
una ragazzina
sciocca e viziata ma perlomeno non sono più ignorante di una
capra come sei
tu!!!
E quanto ad Hammy
com’è fatta si sa: restituisce il doppio
di quel che riceve. Sei gentile, lei è molto gentile. Non
sei gentile…e lei è
doppiamente non-gentile.
«ooh, scusami tanto se non
sono in grado di fare commenti in
latino! In compenso io posso vivere tranquillamente senza dover rendere
conto a
mio padre di tutto quello che faccio e dipendere dai soldi che mi mette
in
saccoccia!»
– NON
gli rendo conto
di TUTTO quello che faccio o mi succede, credimi, perché se
lo facessi
probabilmente tu adesso non avresti più un padre da cui
poter dipendere se mai
lo volessi.
Ohi.
«già, giusto,
visto che tuo padre è un pazzo criminale lo
farebbe ammazzare!»
– criminale
il mio?!
Il tuo tra poco mi stupra!
Ecco, era riuscita a farlo allibire
il giusto.
«come…? No,
impossibile!»
– chiedilo
a Ramenman,
quando lo rivedi.
«…non
è che a farlo ce l’hai portato tu?»
“ehm si, questo
è molto probabile conoscendola, ma nella
situazione in cui ci troviamo ora non era bene che le dicessi una cosa
del
genere razza di sciocco!” pensò Flash.
– fammi
capire, ti
dico che tuo padre ha fatto una cosa del genere e tu te ne esci un
questo?!...le ragazze non si violentano in nessunissimo caso! E poi
quella che
difende sempre papy sarei io?!
Per l’appunto.
«anche ponendo che quel che
dici di mio padre sia vero il tuo
resta sempre un pazzo criminale mezzo terrorista che ha quasi fatto
un’esecuzione pubblica!!!»
Ma no, veramente?
– MIO
padre però al
contrario del TUO non mi ha detto per vent’anni che mia m-
– la sentirono
interrompersi – ….seh,
non è che
semplicemente stai facendo tutte queste scene perché vuoi
piantarmi in un
patetico tentativo di riallacciare le relazioni con quel bel tomo di
tuo padre
e riottenere l’eredità?
Classico esempio di complete
imbecillate dette nei momenti
di rabbia. Imbecillate che però, in quel caso, portavano ad
immensi casini.
«l’ho
mandato al
diavolo quando mi ha fatto quell’offerta!!! Ma che
razza di persona credi
che io sia?!! Tu non hai capito assolutamente niente di me, se te ne
esci con
una cosa del genere!»
– io
non lo so più che
persona sei, mi ero messa con un ragazzo con cui stavo a meraviglia e
adesso mi
ritrovo uno che ne dice di tutti i colori sia di mio padre che di me,
con cui
non faccio altro che litigare ogni volta che ci sentiamo e con cui non
riesco
più a parlare perché ogni volta che ci provo
vengo attaccata e tartassata su
tutti i fronti. Io tra tre giorni volevo fuggire ancora e venire da te,
proprio
per vederti, per parlare viso a viso e cercare di fare qualcosa, ma a
questo
punto non so nemmeno se ne vale la pena perché non sei il
solo che si è rotto i
coglioni. Ciao.
«Emerald!
Non-…ha…riattaccato».
Rimase lì per almeno un
minuto a fissare il telefono come un
cretino.
Ma che cavolo aveva fatto?!
Si era lasciato prendere dalla
rabbia, il nervosismo, e
tutto quel che aveva accumulato l’aveva buttato fuori in una
volta. Con le
stesse conseguenze di un’esplosione devastante, almeno per il
loro rapporto.
«sinceramente tra te e lei
non so chi è peggio» commentò
Warsman «e di immaturi con padri che compiono azioni
discutibili -con tutto il
rispetto per il mio vecchio maestro- per come la penso io, ce ne sono
due»
sollevò due dita «tanto lei…quanto
te».
«si, e a te chi diavolo ha
chiesto niente?! sempre a sputare
sentenze, come se fossi l’oracolo in Terra quando invece sei
solo…»
«solo cosa?
Un
mostro? Una bestia, magari?»
Va bene, in quelle occasioni Kevin
Mask si ricordava che per
quanto riguardava l’utilizzo di un tono di voce completamente
gelido e
sarcastico aveva ancora molto da imparare.
«no. No, assolutamente.
Non…» fece un sospiro nervoso
«scusa».
Stavolta fu il russo a guardarlo a
lungo.
«te la faccio passare solo
perché al momento non riesci a
ragionare come si deve a causa di tutto lo stress a cui sei
sottoposto».
Per fortuna. Perdere anche Warsman
avrebbe significato
rimanere solo.
Si beh…è vero
che Miss Mary era sempre lì, anche se da
quando Hammy e Flash erano tornati non la vedeva quasi mai. Magari
avrebbe
dovuto farci un salto, prima o poi. Ad ogni modo…
«secondo te che voleva dire
quello che ha detto Emerald?»
«riguardo a cosa?»
«l’ultima tirata
prima di riattaccare. Nel senso…pensi che
io e lei stiamo ancora insieme o secondo te mi ha piantato?»
Ecco, prima diceva e faceva le cose,
e poi rifletteva. Kevin, razza di
testa calda.
E lei idem, eh.
«beh…io non sono
l’oracolo in Terra, no?»
«ah, ma andiamo! Voglio
solo un’opinione!...e non perché se
mi avesse piantato potrei riavere l’eredità, di
quella non mi importa un
accidenti, io è lei che
voglio!»
Warsman avrebbe voluto che Kevin
avesse un padre più “padre”
invece che una specie di “padre padrone”,
così almeno avrebbe potuto chiedere a
lui cosa fare e cosa non fare. E
invece era suo il compito di sostenere Kevin in qualcosa
che…no, normalmente
non gli sarebbe pesato nemmeno un po’, ma sentiva nella testa
una vocina
piccola piccola che gli bisbigliava che forse -e dico forse- se Kevin
ed Hammy
si fossero lasciati lei magari sarebbe ripartita un’altra
volta ed anche lui a
quel punto avrebbe potuto trovare una scusa per…
“silenzio, tu, se anche si
lasciassero non potrei mai
abbandonare a sé stesso questo povero ragazzo”.
Eppure la vocina portava con
sé anche delle immagini
lontane, ed un eco di parole più vicine nel tempo, quegli
auguri di compleanno
fatti nel bel mezzo di quella che somigliava quasi ad una
coccola…
«…tu sei quello
che era con Lancaster! che ci fai qui? Sei
venuto a portare altri problemi?!»
Una voce ben conosciuta distolse
Flash dai propri pensieri,
e spinse Kevin ad alzarsi e guardare dalla finestra.
«qui ci vivo, ma qualunque
cosa faccia comunque non ti
riguarda…tsk…vaccaro beota di un
texano».
«come
mi hai chiamato,
razza di yankee?!»
Kevin vide che là fuori
c’era la combriccola al completo,
venuta su quella strada a fare chissà che cosa -ma
presumibilmente a rompere le
scatole a lui- e che adesso se la stava vedendo con
l’americano che guardava
tutti quanti con un’aria tra il seccato e
l’annoiato.
«vac-ca-ro. Lo so, una
parola di tre sillabe è già
complicata da assorbire per un rifiuto bianco del Sud, ma spero che
almeno
“beota” sarai in grado di comprenderlo. Adesso
sparite, sto aspettando una
telefonata importante».
Statunitensi del nord e del sud
“non si stimavano poi così
tanto”, era cosa risaputa.
Ed era cosa risaputa anche che Terry
Kenyon aveva un
temperamento facile all’infiammarsi.
«adesso ti faccio vedere io
chi è il beota qui!» sentenziò
Terry scagliandosi da solo contro l’altro americano, che come
aspettandoselo si
abbassò finendo quasi schiena a terra, e dandosi una bella
spinta con la forza
delle braccia, riuscì a picchiare il texano appena sotto il
mento con un colpo
di tallone degli stivali rinforzati.
Non essendo completamente scemo
Connors sapeva che con quel
tipo di gente o si mirava direttamente a punti deboli come quello o li
si
gambizzava subito con dei colpi di fucile, pistola e
quant’altro.
«Terry…!!!»
Peccato che quella volta avesse fatto
un piccolissimo errore di
valutazione, in
quanto
a) oltre al texano c’erano
anche gli amichetti pronti a
vendicarlo
b) la pistola l’aveva
lasciata in casa!
Si, gli sarebbe bastato fare un
fischio per far arrivare gli
uomini che si era portato dietro, ma percepiva quella faccenda un
po’come una
questione personale…
E fu così che Kevin Mask,
al sicuro in casa propria ad
osservare la battaglia insieme a Warsman, dopo parecchi giorni
riuscì a
sentirsi quasi soddisfatto.
«andrei lì fuori
anche io se non fosse che non ci tengo a
mescolarmi con quel branco di scimmie…»
«ci tengo a farti notare
una cosa…» Flash vide Dik Dik
finire temporaneamente al tappeto «loro sono in gruppo, lui
è uno solo, eppure
gli sta tenendo testa dignitosamente. Con mia immensa soddisfazione
però posso
anche dire che è chiaro che finirà a
perdere!»
Ed in fatti poco dopo fu Michael a
finire al tappeto con un
paio di costole incrinate, com’era prevedibile dato che si
erano messi in
cinque -escludendo Checkmate, Meat e le due ragazze- contro uno.
«adesso non fai
più tanto lo spavaldo, eh yankee?!»
L’altro ebbe la
sfacciataggine di sorridergli nonostante
tutto. «in cinque contro uno è facile, e sei e
sempre resterai un vaccaro beota
che la prima donna che si è scopato è stata la
mucca vicino a casa».
«io
ti-»
Probabilmente fu solo lo squillo del
cellulare a salvarlo
dal finire all’ospedale o dal mettere da parte
l’orgoglio e fare un fischio
agli altri soldati.
«ah, Emerald,
eccoti. Mi stavo preoccupando!»
«cosa,
Hammy…»
Infatti per i ragazzi della Lega,
ancora pronti alla rissa,
sentire il nome della ragazza aveva rappresentato una sorta di calmante
istantaneo. Infatti era proprio per lei che erano venuti su quella
strada, con
l’intento di chiedere notizie a Kevin visto che da ormai
dodici giorni Hammy
non si stava facendo sentire nemmeno con loro.
– come
mai?
«di solito quando dici
“chiamo alla tal ora” sei
precisa…»
le fece notare Connors mentre si rialzava velocemente nonostante un
po’di
dolore al costato e rientrava in casa indietreggiando e facendo ai
ragazzi un
saluto sfrontato.
Chiuse la porta.
«beh…mi sa che
ho capito perché Emerald non chiama più. Nel
senso, se i minuti sono limitati e per parlare con suo padre e Kevin ne
usa già
più della metà, usando il resto per parlare con
questo tizio non ne restano
anche per noi» osservò Jeager,
piuttosto…deluso.
«”vaccaro
beota”…la prossima volta gli faccio ingoiare i
denti» brontolò Terry mentre andavano tutti quanti
via.
«si, la prossima volta
però dovrai cercare di essere di
nuovo insieme a noi considerando come ti ha atterrato» gli
fece notare Dik Dik.
«ehi!
Non so, ne
vuoi un po’anche tu?!»
«MA VOLETE CALMARVI,
MALEDIZIONE?!» urlò Meat «invece di
stare a mettere su risse dovremmo cercare di capire che diavolo ci fa
qui,
perché di sicuro la sua presenza -e proprio nella stessa
strada dove vive Kevin
Mask- non può essere un caso!!!»
«Meat ha ragione. Dovremmo
cercare di scoprire di più, ma a
chi chiedere? Kevin e Warsman con noi non parlano volentieri, Emerald
non
telefona…» disse Chichi.
«magari potremmo cercare di
scoprire qualcosa in un altro
modo. Vi ricordate di quando Roxanne ci raccontava che Kevin era sempre
a
mangiare a casa sua? Tant’è vero che aveva perfino
creduto che stesse dietro a
sua madre?» ricordò loro Trixie, giudicando che
ormai erano abbastanza lontani
da non essere sentiti «magari Miss Mary potrebbe riuscire ad
avvicinarlo e
farsi dire che succede, e da lì verremmo a saperlo anche
noi».
«buona idea!»
«giusto, è
geniale» concordò Wally.
«forse questa è
la via giusta, ottima idea sul serio!»
esclamò Meat.
«…ma quindi
Kevin stava dietro a Miss Mary?» se ne uscì Kid
-che di tutto il discorso non aveva capito un cavolo- con aria
estremamente stupida.
«NOOOOOOO-O!!!»
gli urlarono tutti dandogli una potta in
testa in simultanea.
«…e va bene, ho
capito, non c’è bisogno di essere così
cattivi con me!!!» piagnucolò il kinniku.
«a beh, giustamente appena
litighiamo lei che fa? Chiama
“Mikey”!» da soddisfatto Kevin era
rapidamente passato ad essere schiumante di
rabbia «e a questo punto ho anche capito chi
ha chiamato in questi giorni al posto mio!!! Adesso
è troppo, io vado lì e
quel telefono glielo faccio mangiare!!!»
«bravo, così
darai ad Emerald la conferma che sei proprio un
iperpossessivo che fa scenate da psicopatico».
In preda alla rabbia
l’inglese afferrò la prima cosa che gli
finì tra le mani -un vasetto di coccio- e lo
lanciò contro il muro rompendolo
in mille pezzi, decidendo poi di fuggire di sopra nella propria stanza.
“sempre meglio che
rischiare di finire impallinato” pensò il
russo “e pur essendo vero che è troppo
possessivo
stavolta posso riuscire a capirlo un po’. Litigano
ferocemente al punto che non
si capisce più se stiano insieme o meno e lei nemmeno un
minuto dopo che fa?
Chiama proprio l’americano!”
Ad essere sincero anche lui provava
una specie di
irritazione al pensiero. Più che altro perché, di
tutti, proprio a Michael
Connors doveva chiamare?! Come se non avesse saputo benissimo
cos’era
quell’uomo!
Gli davano del mostro, ma pur essendo
tutt’altro che santo lui non
si sarebbe messo a torturare
qualcuno per puro e semplice divertimento, con tanto di
“Without Me” come
sottofondo.
Eppure ad Emerald, pur sapendo questo
e probabilmente anche
altro, non sembrava importare. Aveva preso anche Connors
così com’era, proprio
come aveva fatto con lui stesso e con suo padre. A volte Flash non
sapeva cosa
pensare a riguardo, se considerarla mentalmente aperta o solo cieca di
fronte
al male. Forse era entrambe le cose, perché dire che fosse
solo cieca di fronte
al male avrebbe significato darle della stupida, e nonostante la
chiamasse
spesso in quel modo lui sapeva che
Emerald non era proprio stupida.
Pure
se a volte ci si comportava. Ma a quale persona non capitava mai?
«più che il
caffè oggi ci voleva la camomilla»
mormorò.
«quindi avete litigato,
eh?»
– lascia
perdere, ho
un diavolo per capello e nemmeno tanta voglia di parlarne. Pensare che
volevo
fuggire di nuovo di qui tra tre giorni…
«perché?»
– per
cercare di
parlare faccia a faccia con lui, ma a questo punto mi ha fatto passare
tutta la
voglia di vederlo. E anche per prendermi una pausa dal suo caro
papà che
ultimamente durante gli addestramenti sembra cercare di ammazzarmi.
Come ieri,
con quel bastone del cavolo. Certo, quando mi sono stufata ho staccato
la base
dal resto con un calcio e il “resto” in questione
l’ho usato per fargli sputare
le p-
«eddai miz,
certe
espressioni lasciale a me…»
– “l’
ho abbattuto
violentemente sui suoi testicoli” adducendo la scusa che
-come prevedeva la
sessione di addestramento- avrei voluto difendermi colpendolo in posti
tipo
l’addome, ma è che a volte sono
ancora
così imbranata…
«tuo padre
l’aveva avvertito che ne avresti fatto carne
trita se ci avesse provato, ma il padre dello stupid
brat è stupido quanto il brat
in questione!...comunque se hai proprio tanta voglia di
staccare un po’
potremmo organizzarci ed andare da qualche parte io e te».
– eh,
giusto, why not? …magari
per l’ultimo campeggio
sotto le stelle della stagione. Tanto se parto a mezzanotte, per
mezzanotte e
mezzo sono lì.
Si accordarono così non
pensando minimamente -nessuno dei
due- che avrebbe potuto succedere qualsiasi cosa di diverso rispetto
all’ultima
volta che si erano visti. Solo che invece di guardare un horror
avrebbero
guardato le stelle.
Immemori -o meglio, anche qui, senza pensare- che era proprio in
un’occasione simile a quella che
a quindici anni Emerald aveva
rivelato all’americano che era persa dietro a lui da quando
di anni ne aveva
sette, nonostante avesse avuto qualche altra storiellina di poco conto.
Non ci pensarono perché
entrambi la ritenevano una faccenda
ormai archiviata, lei ora era fidanzata e Michael continuava a pensare
che un
tipo come lui tutt’altro che pentito del sangue che aveva
sulle mani non fosse
l’ideale, per una ragazza come lei. Al di là dei
tredici anni di differenza tra
loro, dei quali non sarebbe importato a nessuno dei due.
«va bene allora, via, ci
vediamo tra tre giorni a mezzanotte
e mezzo e ce ne andiamo…mh…da quel che so
dovrebbe esserci un bosco ad una
mezz’ora da qui. Quello con lo stagno».
– eh! Ok, che come
posto non è male per niente.
«bene…»
– solo una cosa:
porta le cicche perché col nervoso che
ho addosso io necessito di
una
sigaretta ed ho avuto la brillante idea di non portarmene dietro
nemmeno mezza.
E io che pensavo di essere riuscita a smettere del tutto…
«ma come, Robin Mask non ha
nemmeno un sigaro?»
Breve silenzio dall’altra
parte.
– porco mondo,
hai ragione! …di tutte le volte che sono
stata nella sue stanza non ho mai guardato se aveva uno straccio di
sigaro! E
ma che tonta…
«non farti
beccare…»
– ma lascia
perdere, che ormai è proprio guerra quassù,
da dopo la sua conversazione con papà e soprattutto da
quando ho scritto “spedisca
su Nettuno pure questa adesso” sopra la sua bambola, dopo
averla messa a
cavalcioni su un vecchio manichino da allenamento.
«mffahahahahah a volta
lasciatelo dire sei proprio una gran
bastarda, miz».
E chiacchierarono finché i
minuti che Hammy aveva a
disposizione non finirono.
:: Londra ::
Per quanto Howard fosse un uomo che
aveva sempre un milione
di cose per la testa, non significava che in certi momenti di vita
coniugale
non riuscisse a metterle tutte quante da parte a favore della moglie.
Soprattutto
da dopo quei tre mesi di assenza più o meno ingiustificata
per i quali si
sentiva ancora in colpa esattamente come per quel colpo di pistola alla
persona
sbagliata.
Quello poi, l’avrebbe
perseguitato vita natural durante
anche se adesso era tornato tutto a posto.
Dunque questo lo portava, prima,
durante e anche dopo, a
dedicarsi mente corpo ed anima alla moglie ancor più di
quanto facesse in
precedenza, cosa che Janice aveva sempre ritenuto impossibile e che
invece…
Da venticinque anni Janice,
soprattutto in quelle occasioni,
si era sempre sentita desiderata, amata, protetta, viziata e coccolata.
Era
stato così da quando lui l’aveva presa la sua
prima volta in assoluto durante
la prima notte di nozze, e niente era cambiato. Nemmeno quando era
rimasta
sterile a causa di una pericolosa infezione alle ovaie avuta dopo aver
partorito Hammy. Infezione che lei aveva scioccamente sottovalutato,
non
curandosi come avrebbe dovuto.
Era vero che Howard da quando non
sapevano ancora di che
sesso sarebbe stato il nascituro non aveva fatto che dire -in barba al
tramandare il cognome- “speriamo che sia femmina!”,
venendo tra l’altro
accontentato. Però le era dispiaciuto non potergli dare
altri figli per colpa
della propria imprudenza.
«sei pensierosa?»
«un
po’» ammise lei, passando delicatamente il dito sul
tatuaggio del simbolo cinese della forza che lui aveva sul fianco
destro,
appena sotto l’addome.
«probabilmente non
riuscirò mai a farmi perdonare
completamente da te per quel che è capitato»
sospirò lui accarezzandole i
morbidi capelli biondi «e come darti torto?»
«non ce l’ho con
te» disse piano lei «è soltanto che
io…vorrei sapere dove siete stati per quei tre mesi. Penso
di averne il
diritto. Howie» lo guardò «dovresti
saperlo che non sono completamente idiota».
Lui la strinse di più a
sé. «e infatti lo so. Non sei una
sciocca. Solo che quando sei con le tue amiche perdi un po’
il controllo della
lingua».
«però non mi
metto a parlare di quel che mi racconti dei
tuoi affari in giro per il mondo e la galassia».
Janice era pettegola. Molto
pettegola. Inarrestabile ed imbattibile quando si trattava di
sapere tutto
di tutti in tutti i club e salotti dell’Inghilterra -cosa che
spesso a dir la
verità ad Howard aveva fatto anche comodo- e, si, quando era
con le amiche spesso
e volentieri tendeva a parlare un po'troppo.
Ma doveva anche riconoscerle che quel
poco che le diceva dei
propri affari solitamente non veniva riferito a nessuno.
Se non a sua madre e sua suocera.
Ecco, si, più che altro
erano loro a non essere in grado di
tenere la bocca chiusa nemmeno se gliel’avessero incollata
col mastice.
«…o di questioni
come quel patto».
Emerald tendeva a sottovalutare un
po’sua madre, tanto da
pensare che non fosse a conoscenza nemmeno di quella storia. Ma le cose
non
stavano esattamente così.
«Janice…»
«vorrei che ti fidassi di
me come io di te».
Lungo momento di silenzio, senza
però che le coccole si
interrompessero insieme alle parole.
«come per quel patto. Non
una parola a tua madre o alla mia».
Lei annuì.
«dimmi tutto però. Oltre a quel che è
successo in
quel periodo voglio anche sapere perché Robin Mask
è venuto qui giorni fa; l’ho
sentito dire a Jordan giusto oggi pomeriggio».
«stesso discorso di
sopra».
«giuro su quanto ho di
più caro che non dirò una parola a
nessuno. Ne sono in grado. Faticando, ma ne sono in grado».
Altro breve momento di silenzio.
«eravamo in una delle mie
cliniche negli States. I medici
sono riusciti a
riparare i suoi tessuti danneggiati, ma avevano specificato che non
sarebbero
stati più forti come prima. E poi hanno proposto
l’innesto di…naniti…che invece
avrebbero potenziato tali tessuti. E lei ha scelto di sottoporsi
all’intervento. A suo piacimento Emerald adesso
può rendere la pelle del suo
braccio destro molto più coriacea, e -ti faccio un esempio-
potrebbe sfondare
il muro con due o tre pugni» disse
«l’unica pecca è che avere nei tessuti
quei
naniti la rende più sensibile alle scosse elettriche, ma
tutto sommato non è un
gran problema».
«e c’era bisogno
di tutta questa segretezza?» Janice era un
po’seccata «non è roba da poco ma non
è neppure chissà cosa».
«è tecnologia
considerata illegale, pur essendo
perfettamente sicura».
«ma perché? Se
ha questi effetti ed è davvero sicura
come dici non vedo il problema».
Howard, sapendo che alla moglie non
avrebbe dato fastidio,
si accese un sigaro.
«il problema è
che quei naniti semiorganici potrebbero
mandare in rovina molte case farmaceutiche affiliate alla mia, visto
che oltre
a rinforzare i tessuti “mangiano” le cellule
cancerogene».
«…sono una cura
per il cancro?!...»
«una delle tante. Non
credere che, anche qualche anno fa, i
ricercatori di altre case farmaceutiche non abbiano trovato altre cure.
È solo
che non conviene loro metterle in commercio, tanto che se qualche
notizia
trapela smentiscono subito col dire “si, hanno
detto che il farmaco X fa questo, ma in realtà la
sua assunzione oltre a
non risolvere il problema comporta conseguenze che bla, bla
bla…”. Non sarà
etico e non dico che mi piaccia, ma è così che
funziona» finì in breve il
sigaro «è un mondo spietato. Per questo evito di
parlartene, preferendo
dedicarmi a cose più piacevoli».
Già. Era un giro
d’affari da miliardi di dollari, sterline e
quant’altro. Incredibilmente redditizio, ma inadatto a chi
non riusciva a
capire che in quel giro non era contemplata alcuna morale.
«credo di capire»
disse piano la donna «quindi adesso Hammy
ha un braccio super potenziato».
«si».
«e riguardo
a…Robin?»
«…ma devo
proprio parlare anche di lui?» le chiese Mr.
Lancaster col tono da “e dai, risparmiami!”.
«dato che siamo in tema di
discorsi poco piacevoli…»
…e sui quali dopo quel che
aveva sentito avrebbe decisamente
tenuto la bocca chiusa con chiunque…
«te la faccio breve,
Janice: pare che la compianta Alisa non
sia poi così morta come Robin voleva far credere a tutti. Ma
che sia su Nettuno
insieme a nientemeno che Quarrelman, della serie “oltre al
danno anche la
beffa”…Janice,
il discorso di prima
vale anche per questo!» le ricordò vedendola
sgranare gli occhi neri nella sua
classica espressione da “o-mio-Dio devo subito dirlo a
Helena, Katherine,
Camilla, Nora e anche a Jasmine, ad Ernesta, Ermenegilda e
famiglia…!”
«…oh, ma
dai…anche di questo nemmeno una parolina?»
Howard sospirò.
«non adesso, almeno. Anche se credo che
tutta la faccenda verrà fuori a breve, visto che anche Hammy
lo sa e al suo
ritorno presumibilmente lo dirà a Kevin Mask».
«mh».
Di nuovo quell’espressione
seccata sul viso di Janice.
«che hai, ora?»
le chiese con dolcezza il marito.
«ho che se Emerald lo sa e
tu lo sapevi probabilmente allora
lo sa anche quel bifolco di Connors».
Questo fece alzare ad Howard gli
occhi al cielo. «chiaro,
visto che è lui che si trova a gestire diverse situazioni
per conto mio e
adesso nello specifico come sai si trova a Tokyo».
Anche Janice alzò gli
occhi al cielo.
«io non capisco come possa
piacerti al punto che…»
«ne abbiamo già
parlato, non-»
«…se i suoi
genitori non fossero stati ancora vivi, se non
avessi voluto lasciare tutto ad Emerald ed io non fossi stata contraria
l’avresti adottato tre anni dopo
averlo
preso nella security» lo guardò
«e al punto che, non potendo fare questo,
sono praticamente certa che tu speri che
riesca ad entrare in famiglia per “vie traverse”.
Ma perché? Eppure lo sai
benissimo cos’è quell’uomo e cosa ha
fatto».
“a dire il vero che cosa fa”
la corresse mentalmente Howard.
«non sono vie poi
così traverse. Ad Emerald lui è sempre
piaciuto molto. E nell’antica Roma a volte si usava dare in
spose le proprie
figlie all’uomo migliore del proprio esercito…con
la differenza che l’unica cosa
che potrei “dare” io a qualcuno, qui, è
la mia benedizione. Non spingerei Hammy
a stare con lui, o lui a stare con lei, se non fosse quel che vogliono.
Mi
limiterei solo a dire “va bene”» disse
«e se Emerald non fosse stata minorenne,
allora, quel “va bene” l’avrei
già detto cinque anni fa. Pur avendo fatto
intuire al ragazzo che se tra qualche anno lei avesse manifestato
ancora
interesse…»
Non avrebbe saputo dire
perché si fosse in un certo senso
“affezionato” all’americano la prima
volta che l’aveva visto in viso, quando il
ragazzo aveva appena vent’anni e lui trentadue. Sapeva solo
che era scattato
qualcosa in lui che l’aveva portato vicino a
considerarlo…una specie di figlio
maschio che non aveva avuto? Mh, forse, o anche se non proprio
quello comunque qualcuno che avrebbe gradito far entrare in
famiglia. Quando poi aveva iniziato a piacere alla sua principessa,
beh, era
stato il colpo finale.
Non che fosse quello il motivo per il
quale Connors era
diventato suo uomo di fiducia, assolutamente no. Se era andata a finire
così
era stato per puro e semplice merito. Si era distinto per dedizione,
lealtà,
intelligenza, ed anche per la forza che non guastava mai.
«Howie, è un ex
mercenario».
«chi è senza
peccato scagli la prima pietra».
«è un arrogante
senza scrupoli».
«errore. Se non
è in missione non è completamente spietato,
e inoltre di scrupoli se ne è fatto uno che è
riuscito a colpirmi in modo
particolare. Parlando di Emerald e di quel che lei gli disse cinque
anni fa, se
ne uscì col dire “se anche fosse stata maggiorenne
non avrei mai potuto
accontentare vostra figlia, signore. Merita di meglio. Un uomo come me,
col mio
passato, finirebbe solo a…sporcarla”. Disse
così. Ed io ho pensato che se un
cosiddetto “uomo senza scrupoli” dice qualcosa del
genere di una persona,
significa che a tale persona tiene molto.
Il che è positivo, visto che la persona in questione
è Hammy».
«ho capito. Ciò
non toglie che adesso però lei sia impegnata
con il figlio di Robin, il che significa che quell’interesse
verso Connors è
finito».
«con certe cose non si sa
mai, Janice».
La donna si strinse nelle coperte.
«con Kevin Mask però lei
sembra fare sul serio».
«lo so, ma magari se Dio
vuole…»
«…hai veramente
chiesto l’aiuto della divina provvidenza?»
allibì Janice «quel ragazzo allora proprio non ti
piace».
«spero solo che Dio faccia
quel che non posso né voglio fare
io. Non mi metterò in mezzo ma non vuol dire che debba farmi
piacere per forza
Kevin Mask, da che mondo è mondo ognuno può avere
tutte le simpatie e le
antipatie che vuole».
«a me per esempio quel
ragazzo non dispiace. Sarà che è
della mia stessa opinione sui tedeschi. E poi, dopo quel che mi hai
detto, mi
ispira anche compassione poverino. Il padre gli ha mentito per tutta la
vita
dicendogli che sua madre è morta quando invece non lo
è».
«questa però
è colpa di Robin, non mia. In quella faccenda
non c’entro assolutamente nient-agh!
…perché
l’hai fatto?» borbottò, dopo che sua
moglie gli ebbe dato un debole pugno sul
braccio.
«perché sei
stato a letto con Alisa, tu».
«prima di conoscerti,
però!» le ricordò lui «dopo
averti
vista tutte le altre hanno cessato di esistere, dovresti
saperlo».
Janice incrociò le braccia
con uno sguardo di rimprovero, un
po’reale e molto no.
«però
più di tre anni fa l’hai guardata, quella
donna a Buenos Aires…»
«tu l’hai fissata
ben più di quanto abbia fatto io: le hai
tenuto gli occhi addosso tutto il tempo!».
«ero curiosa!»
ribatté Janice «e poi è saltato fuori
che era
una motociclista, no?»
«appunto».
“a dire il vero pareva
tutt’altro”.
Una sera, andati a cena in uno dei
locali più “in” e costosi
di Buenos Aires, ad un certo punto era entrata nella sala una bella
donna
insieme ad una sua -bella- amica. Niente di particolare, al mondo ce
n’erano di
donne molto belle ed eleganti, se non fosse stato per
l’autentica aura di
potere che emanava. E per lo sguardo in quegli occhi color ghiaccio,
che lui
conosceva bene perché era molto simile al proprio.
L’aveva guardata come tutti
in quella stanza, distogliendo
però definitivamente lo sguardo appena si era accorto che
lei stava per
ricambiare, ed era finita lì.
«però…resta
il fatto che l’hai guardata».
Non riusciva a nascondere bene il
sorrisetto invitante,
Janice.
«se me lo permetti ti
dimostrerò che sei l’unica donna che
io desideri» disse dunque l’uomo
«…di nuovo».
«dovrai metterci moltissimo
impegno…»
:: tre
giorni dopo
-veramente quasi quattro- una del mattino ::
«che spettacolo
però, eh?» disse Hammy, gli occhi rivolti
verso il cielo.
A lei e Connors era andata bene. Non
c’era una nuvola che fosse
una, e in quel buio totale le stelle si vedevano una meraviglia,
così come la
sottile falce di luna crescente che si rifletteva nell’acqua
dello stagno. Era
un ambiente che sembrava quasi irreale, col silenzio che
c’era; era l’ultima
settimana di ottobre, e per quanto non fosse ancora troppo freddo da
non poter
campeggiare -uno dei pochi casi in cui il riscaldamento globale poteva
tornare
utile- lo era già abbastanza dal dissuadere i grilli dal
mettersi a cantare.
«già…»
Avevano portato giusto un paio di
coperte, considerando che
Emerald per al massimo le quattro e mezza avrebbe dovuto essere di
nuovo sul
pianeta Ercole. Coperte, qualcosa da mangiare, la chitarra, le
sigarette, una
piccola lanterna di vetro di quelle con la candela dentro, un paio di
torce…le
pistole…e poi basta.
«che hai?» chiese
Hammy al soldato vedendolo un
po’pensieroso.
«è che in altre
zone quando c’era un silenzio del genere era
un segnaccio».
«a beh, giusto»
Emerald si distese su una delle due coperte,
accendendo la lanternina di vetro con l’accendino. Anche
l’americano le si
distese accanto.
«quella»
indicò la stella polare «una volta mi ha guidato
fino al campo base. Dopo un assalto ero stato lasciato indietro, e non
avevo
niente con me se non un paio di coltelli ed una pistola silenziata.
Niente
bussola, niente radar. Non avevo nemmeno l’acqua, pensa un
po’. Seguendo quella
però, alla fine, ce l’ho fatta. Anche se ho dovuto
far fuori un po’di gente
lungo la via».
«o loro o tu».
Breve pausa di silenzio durante la
quale l’americano si
voltò verso di lei.
«ogni volta che ci penso mi
sembra incredibile».
«che cosa?»
«che pur sapendo quel che
ho fatto, e che faccio, tu…insomma
guardaci. Siamo qui soli, al buio, e credo che nessuno sappia dove sei
e con
chi. Io sono un ex mercenario. Eppure tu ti fidi».
«ci conosciamo da tredici
anni Mikey, se non mi fidassi di
te non potrei fidarmi di nessuno» replicò lei
tranquillamente, guardandolo
seria «ti conosco da molto più tempo di quanto
conosca Kevin».
«eh, a proposito,
novità con il little brat?»
Hammy scosse la testa. «no.
Non l’ho nemmeno richiamato, non
avevo voglia di litigarci un’altra volta. Porco mondo
però, prima andava tutto
bene…a parte la sua iperpossessività…e
adesso come ci sentiamo per più di dieci
secondi finiamo a mangiarci la faccia a vicenda»
sospirò «ha perfino detto che
non sa se riesce a portare avanti la nostra storia. E suo padre gli ha
pure
offerto di ridargli l’eredità, se mi
mollasse».
«aah, ecco spiegato il
motivo allora. Damn’ stupid brat».
«non è per
quello, è che dice che io sono troppo attaccata a
mio padre, che non vuole intorno te e gli altri, che sto troppo con gli altri
ragazzi…bla, bla, bla…»
alzò gli occhi al cielo «capisci adesso?»
«ma che ci stai a fare?
Meriti di meglio. Già…anche meglio
di quel brat. Per nobile e
sant’uomo
che sia…»
«sant’uomo! Ma
dove? Stava con i D.m.P., il cielo solo sa
che cos’ha combinato in quel periodo!»
«ah
davvero…»
Pareva proprio che ad Hammy
piacessero i cattivi ragazzi,
allora, se anche il moccioso aveva un pessimo passato alle spalle.
Solo che per Kevin il passato era
passato.
Per lui, il passato in un certo senso
era ancora il
presente.
Si accesero entrambi una sigaretta.
«tu invece che mi
racconti?»
«riguardo a cosa?»
«alle signore».
La domanda fece sorridere
sfacciatamente l’americano. «come
vuoi che vada, alla grande» disse, accarezzando i petali del
fiore che le aveva
messo tra i capelli prima «anche se nessuna è come
la mia miz preferita».
Lei era arrossita, ma al buio non si
vedeva. «quel “miz” tu
proprio non riesci a levartelo eh?»
«scherzi? È uno
dei miei tratti distintivi» il sorrisetto si
allargò «miz».
Lei sbuffò e scosse la
testa alzando gli occhi al cielo. «mi
sa che dopo tredici anni non c’è speranza,
è una di quelle cose che non
cambieranno mai. Come il tuo repertorio di canzoni da suonare alla
chitarra,
più o meno».
«stavolta non posso darti
ragione perché si da il caso che
stia lavorando alla numero quattro» la corresse
l’americano prendendo la
chitarra «e con questa prevedo tante acchiappate».
«come se fossero
già poche, seh…comunque…» si
mise a gambe
incrociate «di che si tratta? “Besame
Mucho”, similia?»
«a dire il vero
no».
Qualche secondo di silenzio e poi
iniziò a suonare le prime
note.
«ah…è
Can’t help
falling in love» disse piano Hammy.
«eh
si…è proprio quella».
L’unico suono a parte
quello della chitarra era quello della
brezza tra i fili d’erba.
« wise
men say only fools rush in…»
No, non era Il Re, però se
la cavava. Fece per continuare,
quando…
« …but
I can’t
help falling in love with you…»
Emerald
l’aveva preceduto, rivelando che anche lei “se la
cavava”.
Il
soldato le diede una breve occhiata, fece un sorrisetto, e
continuò.
« shall
I say
would it be a sin…?»
Eh.
Parole
che stavano iniziando a farlo riflettere, mentre la guardava.
Che
gli piacesse non era un mistero. Avrebbe dovuto davvero dire che era
peccato,
questo?...si, si, lo era, per tutti i motivi a cui aveva pensato spesso.
« if
I can’t help
falling in love with you…»
Emerald
si diceva che due amici di vecchia data potevano cantare insieme. Che
c’era di
male? non era chissà quale peccato, tutt’altro.
Evidentemente
però il suo viso era di opinione diversa, visto di che
colore erano diventate
le guance -e ringraziò che fosse buio-.
« Like
a river
flows surely to the sea, darling so it goes, some things…
are meant to be…»
Come
un fiume scorre sicuramente nel mare, anche altre cose Dovevano
Essere.
C’erano
cose contro le quali non si poteva combattere.
Contro
le quali forse nessuno scrupolo poteva niente.
Però
non erano giuste.
«take my hand…»
Forse
era solo perché influenzata dalle parole della canzone
Emerald che avrebbe
voluto…seguirle, appunto. Che in un brutto momento come
quello ci fosse
qualcuno a tenerla per mano e che, di certo, non poteva essere Kevin
visto che
era lui stesso causa del “brutto momento” in
questione.
«take my whole life too…»
Non
era forse quel che faceva quella ragazza?
Prendere
lui e la sua intera vita esattamente così
com’erano?
Non
le aveva mai nascosto cos’era, lei sapeva cosa faceva e
cos’aveva fatto, e lui
non aveva mai mentito parlando di pentimenti che non c’erano
stati.
Eppure
Emerald era lì.
« for
I can’t help
falling in love with you…»
Era
successa una cosa analoga in passato, pur ricordandola in ogni
dettaglio non
l’aveva richiamata alla mente. Era successo verso le otto di
sera, nella
tenuta, accanto alla sorgente. Lui le aveva mostrato la sua
“strategia
acchiappa signore”…ed era stato allora che lei gli
aveva rivelato la sua cotta
per lui.
“cotta”…dai
sette ai quindici anni! Era una cotta bella grossa.
E
lui le aveva detto che non era il caso. Non con lei a
quell’età, non lei che
era la figlia del capo, non lui che “era quello
sbagliato”.
E
lei aveva capito. Ma le era sembrato come se a lui fosse dispiaciuto un
po’
doverle dire di no.
« Like
a river
flows surely to the sea, darling so it goes, some things are meant to
be…»
Si…si,
era vero, non c’erano parole più vere di quelle in
quel momento. Alcune cose
semplicemente andavano così come dovevano andare, al di
là del giusto, dello
sbagliato, degli scrupoli, del meritarsele o meno. Non potevano essere
evitate,
succedevano e basta, come se fossero state scritte nel DNA, o fosse
semplicemente destino.
«take my hand…»
E
l’americano l’aveva presa, la sua mano.
«take my whole
life too…»
“e…la
prenderò…” pensò Emerald. Un
pensiero che andava al di là del raziocinio, della
giustizia, degli impegni, di Kevin!
Si
stavano guardando adesso, occhi neri persi in occhi smeraldini e
viceversa.
« For I
can’t help… falling…» le dita di
Connors avevano smesso
di muoversi sulle corde, ma lei continuò a cantare.
Esitante, ma continuò
«…in love…with…»
Si interruppe. Ma quanto accidenti
erano arrivati vicini?...
«you»
concluse
piano lui.
E nessuno dei due avrebbe saputo dire
chi avesse iniziato,
chi fosse stato ad avvicinarsi per primo, sapevano sono che i loro
visi, le
loro labbra, avevano finito per incontrarsi, le loro lingue ad
intrecciarsi, i
loro corpi ad abbracciarsi e…
E com’era iniziato poi era
improvvisamente finito, con quel
bacio.
Entrambi, staccatisi, si guardarono
come a dire “ma che
diavolo ho fatto?!”
“non posso.
Non…posso. Lei merita di
più. La cosa non
è…fattibile”.
“…cazzo…
ma teoricamente sarei fidanzata, io”.
Continuarono a guardarsi per un
po’.
«ah…beh…a
quanto pare la canzone funziona, Mikey» commentò
la ragazza massaggiandosi la nuca.
«…pare proprio
di si. Ma d’altra parte l’avevo detto che
acchiappava. E non dico mica stupidaggini, io».
Breve pausa di silenzio.
«tu non hai fame?»
«non molta. Sei tu la
mangiona qui, miz Lancaster, ma
per fortuna ho abbondato con le scorte…»
Sembravano aver stipulato il tacito
accordo di ignorare
quanto era appena accaduto.
Però…era
accaduto.
Se era accaduto, un motivo
c’era.
E c’era anche chi aveva
visto.
«ma secondo voi che
dovremmo fare?» disse piano Trixie.
«non so voi ma io l’ambasciator
che porta pena non lo faccio» disse subito Kid
«a Kevin non dico una
parola, non ci tengo a farmi picchiare!!!»
«però quel che
abbiamo visto…l’abbiamo visto!» disse
Wally.
«Hammy con quello yankee!
Assurdo!» Terry scosse la testa
«credevo che lo amasse, a Kevin, e il fatto che non
è la persona più simpatica
del mondo in questo caso non c’entra…»
«si, ma non possiamo
nemmeno arrivare ed aprire bocca senza
sapere bene come stanno le cose. Emerald non mi è mai
sembrata tipo da tradire,
se è qui con l’americano ed è successo
quel che è successo ci dev’essere sotto
dell’altro. Già solo il fatto che sia
qui
mentre dovrebbe essere alla Scuola
di
Ercole non è normale» disse Jeager
«no, su: prima cerchiamo di sapere
qualcosa di più, poi se
mai…vedremo
se è il caso di…» sbuffò
«io comunque a Mask non lo dico sicuro. Non per paura,
ma perché non mi riguarda. E mi viene da dire che se lei ha
fatto così un
motivo ci sarà».
Meat era il più sconvolto
di tutti. Ma quella ragazza non
riusciva a stare fuori dai casini nemmeno per una volta?!
Le cose su cui far luce aumentavano
sempre di più, e fino a
quel momento non gli era riuscito di ottenere una risposta che fosse
una.
“oh,
ragazzi…”
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Capitolo 11 *** Tratti di famiglia ***
«…non
è posto per te questo, tu dovresti stare da
tutt’altra
parte! Sei impudente, svergognata, e non riesci a fare bene niente di
quel che
ti dico di fare!!!»
«mi scusi ma non mi pare
giusto» si intromise Fiona «Emerald
ha fatto esattamente ciò che le ha detto di fare e come
le ha detto di
farlo; ha dato quei calci ai manichini infuocati esattamente come li ha
dati
lei».
«ma veramente li ha dati
molto meglio, i suoi parevano gli
ultimi spasmi di un oritteropo in agonia» commentò
Kirika con un gran ghigno.
«ottimo, ecco chi
è che rimetterà in ordine le carte di
quegli scatoloni in magazzino dopo aver saltato la cena, visto che
questo
commento le vale tre ore di allenamento in più»
disse freddo Robin Mask
alla demonessa.
«nei magazzini? Attenta
Kirika, gira voce che nei magazzini
giri il fantasma di una bambola in silicone gettata via rea di aver
tradito il
padrone col primo manichino che passava» la
avvertì Emerald con tono serio ed
un luccichio estremamente divertito negli occhi «anche se per
come la penso non
si può dare tutta la colpa alla bambola. Magari il padrone
la trascurava
troppo. C’è gente che non impara mai dai propri
errori…»
Man mano che i giorni passavano -e
ormai era trascorso un
mese e mezzo da che le ragazze ed Emerald erano lì- Robin
Mask non aveva
faticato a rendersi conto del perché il suo ex allievo
Warsman durante
l’incontro di finale avesse dato prova di detestarla tanto
arrivando quasi a
litigare con lei in pubblico.
Emerald Janice Verbena Phoebe
Lancaster era seconda solo a
suo padre nella lista di persone che Robin proprio odiava.
Era…si, era
quello che lui si trovava a dirle praticamente di continuo, impudente,
sfacciata, svergognata, una sconcia provocatrice ed ultimo ma non per
importanza una stronza di prima categoria, almeno con lui.
E poco gli interessava se a Ramenman
invece dava retta senza
sollevare mai alcuna obiezione e mancargli di rispetto nemmeno per
sbaglio;
c’era stata qualche battuta sfacciata anche con gli altri
istruttori, ma non
con l’orientale, nonostante questo fosse tra i più
severi e spietati di loro.
No, la ragazza non gli obbediva per quel motivo, altrimenti avrebbe
chinato la
testa anche con lui, invece di dichiarargli guerra.
E poco sembrava importarle
dell’immensa fatica che doveva
rappresentare per lei subire continue punizioni, delle ferite
riportate -perché
qualcuna ovviamente ne capitava anche a lei non essendo Wonder Woman-
dei pasti
saltati, di tutto; l’unica cosa che le interessava era
semplicemente dargli
addosso e far si che i suoi colleghi continuassero a
trattarlo come una
specie di “sorvegliato speciale”, nonché
a credere che stava diventando una
specie di animale come avevano iniziato a pensare quella volta che
Ramenman
l’aveva visto aggredirla.
Gli era capitato di ripensare a
quell’occasione rendendosi
conto che nemmeno lui sapeva cos’avrebbe voluto farle di
preciso.
Ma anche adesso guardando quel
sorrisetto arrogante preciso
identico a quello del padre provava la stessa identica sensazione,
accompagnata
da una voce dentro di lui che man mano si faceva sentire sempre
più forte e che
gli urlava “la vendetta verso il padre passa
attraverso la figlia, spezzala,
riducila un’ombra di quel che è, poi Howard
potrà fare quel che gli pare, potrà
avere tutto il potere che vuole, ma la sua amata figliola non
tornerà mai più
come prima”.
Robin Mask si riteneva ancora un uomo
migliore di quel che
quella voce lo avrebbe spinto a fare. Ma da dopo aver saputo che per
l’ennesima
volta i Lancaster si erano immischiati nella sua vita, e che
probabilmente ben
presto avrebbe dovuto affrontare chissà quali problemi a
causa della faccenda
di Alisa-morta-ma-non-proprio, gli stava diventando sempre
più arduo mettere a
tacere quelle urla che invocavano a gran voce la vendetta.
Da anni ormai i Lancaster stavano
contribuendo alla
propensione di Robin di fare terra bruciata attorno a sé.
Persa Alisa, perso
Kevin…in quel caso nonostante Robin si
ostinasse a dare la colpa a terzi, la causa era stato lui stesso e lui
soltanto…perso Warsman a causa di Howard e di quella caccia,
che l’avevano
privato per anni dell’unico vero amico
che gli era rimasto. Non che dopo
quella discussione che lui e il russo avevano avuto mesi fa sul
diseredo di
Kevin le cose fossero migliorate.
Perso Howard stesso…e dire
che per quattordici anni -quattordici!-
lo aveva considerato uno dei pochissimi amici mai avuti. Forse era
anche per
quello che lo odiava tanto, adesso, ancora deluso ed infuriato per quel
suo
voltafaccia ed il rifiuto di stare ai patti dopo avergli restituito con
gli
interessi quella somma di denaro della quale a lui, Robin, non avrebbe nemmeno
importato niente. Robin allora avrebbe solo voluto che le loro due
famiglie si
unissero attraverso i loro figli, che c’era di sbagliato?
Howard era stato,
appunto, nella lista dei grandi amici. Se non forse il
più grande amico,
perché il loro rapporto era sempre stato privo di quella
sorta di
subordinazione maestro/allievo che c’era stato tra lui e
Warsman in favore di
qualcosa di più informale, paritario, più
“caldo”.
Tanto da invitarsi vicendevolmente
nelle rispettive tenute
un giorno si e quell’altro pure.
Tanto da aver fatto da testimone di
nozze ad Howard.
Tanto che, e né Emerald
né Kevin lo sapevano, si erano
scelti l’un l’altro come padrini dei loro figli. E
che quindi Kevin era il figlioccio
di Howard, ed Emerald -ironia della sorte- la sua.
Ed era proprio la sua figlioccia che
a breve, rimanendo in
tema di perdite, se non fosse riuscito a fermarla in qualche modo gli
avrebbe
fatto perdere la faccia rivelando alla galassia
intera che aveva spedito
Alisa, che l’aveva tradito, su Nettuno dicendo a tutti che
era morta.
Che scherzi, a volte, il destino!
«perché fa
quella faccia Mr. Mask? Si comporta come se quel
che ho detto riguardasse proprio lei!»
L’inglese guardò
le altre ragazze. «lasciateci un minuto da
soli» fu una lunga occhiata «…non
c’è bisogno di avvertire nessuno».
Le altre però non avevano
la minima intenzione di lasciarla
lì con lui da sola. Non erano delle sciocche, e sapevano
benissimo che quei due
erano in guerra. Che rimanesse da sola con Robin Mask era fuori
discussione,
lui avrebbe potuto farle qualunque cosa -o così pensavano!-
anche in un singolo
minuto avrebbe potuto succedere una tragedia.
«non dovrebbero esserci
tutti questi segreti» disse Jacqueline
«e non vedo che problemi possa avere a parlare anche davanti
a noi».
«sono questioni strettamente
personali» disse
l’inglese con una rabbia gelida nella voce.
«parla di questioni
strettamente personali con un’allieva?»
si intromise anche Anubi Crea «da quando si usa?»
«da quando è
necessario» ribatté Robin «avete dieci
secondi
per allontanarvi, o finirete tutte quante in punizione con
Kirika».
«per una punizione non
è mai morto nessuno» spallucciò la
suddetta.
«dieci».
«…le piacciono
ancora i countdown?»
L’ennesima provocazione
della giovane Lancaster lo fece
smettere di contare subito dopo avere iniziato.
«voi cinque andate».
«così che lei
possa fare chissà che indisturbato?» Roxanne
aveva incrociato le braccia con aria testarda «ma anche
n-»
«Ro’.
Andate».
Le ragazze volevano rimanere
lì per evitare il peggio, ma
Hammy aveva l’aria di chi non vedeva l’ora che
questo “peggio” accadesse.
Beh. “Hammy”. Con
tutto quel che era successo negli ultimi
mesi, ormai era Emerald J.V.P. Lancaster che si vedeva di
più; così come suo
padre dall’ “Howie” che tutta la sua
enorme famiglia -nonché amici e
collaboratori meno stretti- conoscevano passava ad essere
l’Howard H.R.J.
Lancaster che, invece, conoscevano Robin Mask ed i membri
più anziani della
Lega.
Da una parte c’erano un
uomo ed una ragazza in grado di
essere assolutamente amabili, gentili, piacevoli da frequentare;
dall’altra, un
uomo ed una ragazza che erano…oh, erano tante cose, ma tutte
quelle definizioni
erano riassumibili in un semplice e breve “pericolosi”.
«ma sei-»
«e come no?» fece
loro l’occhiolino «tranquille. Noi sei ci
vediamo tra poco».
Guardò Robin, che comprese
il sottinteso.
“noi sei si. Ma lei, Mr.
Mask, chissà?”
«convinta
convinta?» le chiese ancora Fiona. Emerald annuì.
«in fondo è solo
un minutino».
Dopo essersi guardate le ragazze alla
fine si allontanarono.
«…ma
sarà stata la scelta giusta?» disse Roxanne per
prima.
«secondo me no, ma lui
diceva andate, lei ha ribadito
andate…» Crea scosse la testa
«mh».
«guardate che facendo un
bilancio al di là delle punizioni
fino ad ora è stata sempre Emerald a dargliele e lui a
prenderle» fece notare
loro Kirika che tra tutte era quella meno preoccupata. Forse
perché era anche
quella che aveva capito un po’di più
com’era la sua compagna di stanza, anche
meglio della rossa e la due codini che pure la conoscevano da
più tempo «per
dire, ormai la capacità di andare a puttane Robbie
l’ha persa con tutte le
botte che tra una scusa e l’altra Emerald gli ha dato in quel
posto».
«ma non faceva apposta,
erano errori dettati
dall’inesperienza…» disse Anubi Crea,
facendo alzare gli occhi al cielo a Fiona
che era un’altra di quelle che aveva capito un
po’di più come stavano le cose.
E non perché conosceva i retroscena dai racconti di Roxanne,
ormai quelli li sapevano
tutte perché erano stati raccontati loro da Emerald stessa
quando glieli
avevano chiesti.
«inesperienza, ma per
piacere, si è visto dai primi
allenamenti che quella ragazza è tante cose ma inesperta no.
Quindi quei colpi
non erano dovuti all’imbranataggine, ma alla voglia di
castrarlo!»
«se non altro
lascerà in pace quella povera bambola»
commentò Jacqueline con una risatina. Anche la storia della
bambola era
un’altra che si era diffusa tra le ragazze.
«nooo, la bambola
l’ha buttata nell’inceneritore dopo che
Emerald ha fatto si che lei lo tradisse con un manichino. Abbiamo le
foto del
rapporto adulterino» disse Kirika cercando di non scoppiare a
ridere «nonché di
Robbie che butta la bambola nell’inceneritore. O che ci
prova, perlomeno: l’ha
buttata lì e se n’è andato subito dopo,
quindi la Lancaster ha fatto in tempo a
recuperarla. Un po’disciolta, con i capelli bruciati e le
gambe mancanti ma è
ancora “viva”. E da quanto ho capito stasera gliela
voleva mettere nel letto…»
«ma dai, ma che
schifo!» esclamò Roxanne con aria del tutto
disgustata.
«ma a parte tutto fa anche
schifo perché lui in quella
bambola ci ha-» avviò a dire Jacqueline,
interrotta dalla demonessa.
«no rossa, abbiamo trovato
dei preservativi vicino».
«…ma che senso
ha fare sesso protetto con una bambola?»
allibì Crea.
«essendo un vecchio
rincoglionito avrà avuto paura che
restasse incinta!»
«…ma
daaaai…» Fiona si mise entrambe le mani sulla
faccia e
scosse la testa «questa è un’idiozia! E
tu ed Emerald state esagerando, primo,
e comunque, secondo, sono affari di Robin Mask che se ha piacere di
accoppiarsi
con le sex dolls ha tutto il diritto di farlo!» disse
«e così facendo tu ed
Emerald passerete dall’avere una specie di
ragione…o meglio, lei passerà
dall’avere una specie di ragione ad avere torto marcio, per
come si sta
accanendo su di lui».
«è Robin Mask
che l’ha fatta venire qui solo per
“accanirsi”
per dirla come hai detto tu, per come la penso quel che fa Emerald si
chiama
pan per pariglia, e serve a far capire a quel vecchio scemo che
romperle non è
una buona idea» sentenziò la demonessa
«ha tutta la mia approvazione, è così
che si usa fare nel pianeta dei demoni: tagli una mano? ti viene
tagliata una
mano. Uccidi? Vieni ammazzato. Rubi? Ti viene preso il corrispettivo di
quel
che hai rubato. Dai il tormento a qualcuno? qualcuno ti farà
dannare il doppio.
Jzkely nòvhenhr».
«…eh?»
fece perplessa Roxanne, che non aveva capito le
ultime due parole.
«“giustizia
è fatta”» tradusse Crea con un sospiro
«concetto
che ho già sentito quando a rompere le scatole a Mr. Mask
eri tu da sola,
Kirika».
«l’ho detto
allora e lo ribadisco adesso, che tanto è sempre
corretto».
«e che a casa mia comunque
si chiama “legge del taglione”»
borbottò Fiona.
«ohé! Ad ogni
posto le sue usanze!» ribatté Kirika.
«dopo Emerald
dovrà raccontarci per filo e per segno
com’è
andata» disse Jacqueline.
«di che
cos’è che ha tanta voglia di parlarmi Mr.
Mask?»
«del fatto che tu la
devi smettere».
«non posso smettere a
comando di trovarla una persona
schifosa, mi dispiace».
No che non le dispiaceva, invece,
perché da quando l’aveva
rivisto quella volta a Londra lei Robin Mask aveva iniziato proprio ad
odiarlo
senza scampo. E non era lo stesso odio che provava verso Warsman, era
qualcosa
di molto diverso. Anche qui c’era da dire che si divertiva a
provocare in tutti
i sensi, ma se verso il suo Nemico Numero Uno c’era una
specie di attaccamento
che l’aveva perfino portata a fuggire dalla Scuola pur di
vederlo e fargli gli
auguri, le sensazioni percepite verso Robin Mask erano ben diverse.
Con lui non avrebbe mai ballato il
tango.
Con lui, massimo che avrebbe fatto,
sarebbe stato rompergli
tutte le ossa a suon di destri -impiegando anche poco tempo- o buttarlo
giù nel
fossato pieno di coccodrilli dopo averlo addormentato con un sedativo
per
ippopotami. O ancora provocarlo come faceva con quella tutina
spingendolo a
ripetere la stessa scenetta accaduta in classe un bel po’di
tempo prima, e
farlo cacciare così dalla Scuola.
«…e adesso mi
raccomando, ripeta di muovo la solita manfrina:
sei una svergognata meretrice e sei bastarda quanto tuo padre. Bla.
Bla. Bla.
Come se me ne fregasse qualcosa» lo guardò
«lei per me è solo un moscerino che
ha deciso di spiaccicarsi sul parabrezza della mia vita,
così come lo è per mio
padre, sempre che lui la consideri un moscerino e non un acaro che
è ancora più
insignificante».
«lascia che ti dica un paio
di cosette su quel mostro
intrigante pazzo profanatore di tombe di tuo padre»
avviò a dire lui in una
specie di ringhio «lui-»
«dopo quel che ha
fatto a Kevin non ha diritto di parola».
“Kevin…”
L’aveva richiamato solo una
volta in tutto quel periodo
dicendo di volersi prendere una pausa di riflessione. Un
po’per i litigi
continui e un po’…beh…probabilmente non
aveva significato niente ma…
“ma se non avesse
significato proprio niente-niente Mikey
non ne avrebbe parlato a mio padre come fece anche quasi cinque anni
fa” pensò.
E per l’appunto era con suo
padre ed il suddetto “Mikey” che
aveva parlato in quel periodo. Tra una cosa ed un’altra si
era perfino
dimenticata di chiamare i suoi amici, anche se farlo probabilmente le
avrebbe
fatto bene.
«avevo dei validissimi
motivi per non volere più in casa una
persona che mi ha pugnalato alle spalle. Non che la cosa ti
riguardi».
«posso capire il non
volerla più in casa ma nascondere tutto
a suo figlio?! Sua moglie gli ha scritto tutte le settimane, e
nonostante Kevin
per ovvie ragioni non abbia potuto risponderle lei ha continuato,
quindi
significa che a lui tiene!»
«non ci teneva poi
così tanto se non ha esitato ad andarsene
su Nettuno con-»
«è lei
che li ha spediti lassù!»
«non avrebbe
dovuto tradirmi, se l’è voluta!»
«se lei fa schifo come uomo
e come marito nonché come padre,
amico e quant’altro la colpa non è della sua ex
moglie, right?»
Va’ a capire
perché, Robin Mask decise di aggiungere
qualcosa alla tirata della ragazza. «ti faccio schifo anche
come padrino?»
Ah.
Era riuscito a zittirla.
«…prego?»
lo guardò con un sopracciglio sollevato «lei
sarebbe il mio padrino di battesimo?»
Lui annuì.
«altro validissimo motivo
per farmi sbattezzare appena torno
giù, tra questo e il fatto che credo in Dio tanto quanto
credo che lei sia
intelligente ed abbia ancora qualche colpo in canna»
portò la mano chiuse a
pugno vicina al proprio inguine imitando il rumore e il gesto di quando
-per
l’appunto- si mette il colpo in canna al fucile e poi il
rumore dello sparo
«pa-pam!...ossia per niente!»
E va bene, quando era troppo era
troppo concluse Robin Mask
a cui negli ultimi tempi per colpa dei Lancaster stava capitando sempre
più
spesso di perdere il controllo in maniera quasi totale, cercando di
aggredire
la ragazza che però gli scivolò letteralmente via
dalla presa.
«tu, viscida
meretrice!!!» arrivò quasi ad urlarle
contro «tu, figlia d’un cane che è figlio
d’un cane!!!»
«o, e alla fine
basta» concluse Emerald abbassandosi quando
lui fece per acchiapparla di nuovo e colpendolo alla gola col suo
destro
micidiale con tanta forza da farlo sollevare da terra e ricadere con un
gran
tonfo.
Ma non le bastava, perché
una volta atterrato non tardò a
sfilargli la maschera dal volto. Non solo per spregio, ma anche
perché pur
avendo modo di rompergli i denti anche colpendo e rompendo
l’elmo di ferro se
non l’avesse avuto indosso sarebbe stato senz’altro
più facile…e
giustificabile. Un conto era rompere i denti a qualcuno
così, un altro farlo
sfondando una maschera che tutti i più grandi lottatori del
passato erano
massimo riusciti a tagliare un po’. Quindi gli tolse
l’elmo…
“…”
Rimanendo per qualche istante
lì ferma a guardare, sorpresa
da quando padre e figlio si somigliassero in molti tratti del volto.
Un’esitazione che le
costò un colpo in pieno ventre, e che
permise all’avversario di ribaltare la situazione facendola
finire schiena a
terra e lui addosso.
«adesso le paghi tutte.
E attraverso te la pagherà
anche tuo padre!...non c’è nessuno in arrivo,
siamo solo io e te».
Il colpo di prima le aveva fatto
male, ma non abbastanza da
impedirle di reagire, scherziamo?...tanto che ebbe addirittura
l’ardire di
fargli un sorrisetto, calciando l’elmo via
dell’inglese e facendolo finire giù
dalla rupe.
«sarebbe stato meglio per
lei se qualcuno in arrivo ci fosse
stato» replicò subito dopo, liberando facilmente
il braccio destro dalla sua
presa ed andando ad afferrargli il collo con una forza che ovviamente
Robin
Mask non si aspettava. Sentiva mancargli il respiro, lasciò
perdere la presa
sulla ragazza cercando
inutilmente di
staccare la mano di lei dal proprio collo senza riuscirci, e lei
finì a
rialzarsi in piedi sempre tenendolo il quel modo. E sollevato da terra.
Una ragazza di un metro e sessanta
pesante adesso cinquanta
chili -grazie ai muscoli più robusti che comunque non si
notavano: la sola cosa
che si vedeva era che Emerald ora era diventata ancora più
soda e tonica di
prima che non era un male- che teneva sollevato un tizio alto quasi due
metri e
pesante più del doppio di lei.
Emerald si avvicinò al
bordo della rupe dalla quale aveva
fatto cadere l’elmo.
«è
perché somiglia a suo figlio che ho esitato, sa. Non per
altro. Senta, facciamo che dopo oggi la storia finisce qui,
perché non vorrei
essere costretta a fare qualcosa di peggio di quanto farò a
breve» lo fece
penzolare giù «lei è un chojiin,
sopravviverà tranquillamente alla caduta. È
solo per farle capire una volta per tutte che io non voglio rotture.
Lei non
scartavetra le palle a me, io non le scartavetro a lei. That’s
it» i
loro sguardi si incrociarono «se mi dà retta non
avrà altri incidenti come
questo. Perché per questo lo farò passare: un
incidente. Dirò che sono stata
aggredita di nuovo. Ed è la pura verità,
perché è lei che l’ha fatto per primo.
E che nella colluttazione lei è finito giù.
Sarò io stessa a chiamare aiuto,
tanto per non far venire a qualcuno il dubbio che possa essere andata
diversamente. Nonostante pensi che ce ne sarebbe neppure bisogno in
verità. Una
ragazza piccola e magrolina come me che solleva una bestia come
lei…chi mai ci
crederebbe, mi domando».
Rieccola Emerald J.V.P. Lancaster, la
stessa ragazza che
aveva distrutto casa di Kevin insieme a Flash quando avevano tentato di
uccidersi a vicenda.
«t-tu
mal-ed…etta p-…»
«le ultime due cose prima
di lasciarla andare, e le tenga
bene a mente» lo interruppe lei «la prima: avrei
preferito non arrivare a
questo punto perché Kevin per qualche motivo le vuole ancora
bene. Ma, per
l’appunto, entrambi sappiamo che si riprenderà
molto in fretta. La seconda, e
l’ascolti bene perché è la
più importante…» tese di più
il braccio «se sua
moglie ha preso in bocca più palle di Pacman non
è né colpa mia né di mio
padre, ma solo ed esclusivamente sua, Mr.
Mask».
E detto questo lo lasciò
cadere giù a raggiungere il suo
elmo, per poi indietreggiare. E trovarsi a scuotere la testa con aria
quasi
dispiaciuta.
Lo odiava ma, per
l’appunto, era sempre il padre di Kevin.
Anche se al momento le cose andavano tanto male da aver voluto una
pausa di
riflessione.
E adesso doveva decisamente correre
fin dentro la Scuola con
aria più preoccupata e spaventata possibile.
:: dopo ::
«…vi giuro che
io non volevo! Era…eravamo vicini alla rupe,
lui mi è saltato addosso ed io cercando di respingerlo
ho…noi...ci siamo mossi
e…e è finito giù!» era
almeno la quinta volta che ripeteva la storia «ma vi
giuro che non ho fatto apposta, io ho solo cercato di
difendermi!» si prese la
testa tra le mani «non volevo…!»
«le altre ragazze hanno
già confermato che quando Robin ha
voluto che foste lasciati soli sembrava
“furioso”-Roxanne Nikaido- e che “non
mi stupisce affatto sapere che l’ha aggredita, sembrava che
volesse fare
proprio quello fin da subito” -Jacqueline MacMadd ed Anubi
Crea- nonché “era
successo già una volta credo, ma lei come anche in questo
caso sembra aver
voluto dargli un minimo di fiducia” - ancora Roxanne Nikaido-
oltre al fatto
che “è vero che di battutine Emerald qualcuna ne
fa, ma lo sapete tutti credo;
solo che Robin Mask se la prendeva con lei per ogni minima cosa, aveva
eseguito
un esercizio perfettamente e tanto lui ha detto che non andava bene
dandole
anche della svergognata indecente ed incapace” -Fiona- e che
dunque…» Jesse
Maivia tossicchiò «“meritava di peggio
che finire giù dalla rupe quel vecchio
rompicoglioni che non è altro” -Kirika,
ovviamente» concluse «testimonianze che
collimano con quanto hai raccontato. Anche se francamente non vedo come
potrebbe essere andata in qualsiasi altro modo».
Non c’era solo Jesse Maivia
lì nella sala insegnanti, però:
c’era tutto il corpo docente al completo, più
Vance MacMadd che si mangiava
continuamente le unghie terrorizzato che la ragazza facesse parola di
quell’aggressione col padre. Una gliene aveva fatta passare,
ma questa seconda?
Beh, di certo dopo quella avrebbe dovuto prendere dei serissimi
provvedimenti.
«roba da pazzi!...no, no;
farò qualcosa che avrei dovuto
fare già tempo fa quando ho saputo della prima
aggressione» disse Vance «dopo quanto
è accaduto è chiaro che Robin Mask non
può più…»
«non lo starà
cacciando via dalla Scuola vero?! No!»
Buffaloman batté i pugni contro il tavolo, rischiando quasi
di romperlo «non se
ne parla, Robin Mask è un elemento troppo valido, e non si
era mai comportato
in questo modo prima dell’arrivo di questa
ragazza!» esclamò indicando Emerald,
alla quale venne la tentazione di uscirsene con un “non lo sa
che è da
maleducati indicare col dito?” ma si trattenne.
«i motivi però
sono abbastanza chiari: la ragazza qui è la
figlia del nostro ex collega. Che lui odia profondamente»
disse Pentagon
«inoltre come recita la testimonianza di Fiona, beh, Emerald
somiglia un po’a
Kirika…sono dei caratteri non facilissimi da prendere, ecco.
E se ben ricordi
Robin aveva avuto dei problemi anche con Kirika, pur non essendo mai
arrivato a
tanto».
«può odiare il
padre della ragazza quanto vuole ma non ha
diritto di aggredire un’allieva in questo modo. E per la
seconda volta!»
Geronimo era ancora allibito.
«quindi voi siete
d’accordo che venga cacciato?!» urlò
Buffaloman «è assurdo! È qui da
anni!»
«forse troppi»
disse Black Hole «Ramenman, tu che dici?»
«non mi esprimo».
Non si esprimeva perché
non era molto sicuro di cosa
pensare.
Da un lato non vedeva come potesse
essere andata
diversamente da come la raccontava Emerald Lancaster. Era forte, ma in
teoria
dopo un solo mese e mezzo non lo era ancora abbastanza da battere uno
di loro,
e tutto rientrava dunque nella teoria dell’incidente: lui che
l’aggrediva, lei
che si difendeva, lui che finiva giù. Ci stava.
Ma c’era un dettaglio che
non gli tornava, ed era l’elmo di
Robin sfilato dal suo volto. Tutti sembravano aver dato per scontato
che gli si
fosse sfilato da solo nella caduta, ma Robin di cadute ne aveva fatte,
e quando
mai era capitato?
Solo che, se davvero non era stato un
incidente…insomma…com’era possibile?
lui più di tutti gli altri aveva capito
che Emerald non era la fragile bambolina di porcellana che sembrava, ma
quel
film mentale che gli era venuto di lei che batteva il suo collega per
poi
sfilargli la maschera e buttare entrambi giù dalla rupe gli
pareva troppo
assurdo.
«allora, in conclusione:
chi è a favore dell’allontanamento
di Robin Mask alzi la mano».
«temporaneo o
permanente?» chiese Curry Cook.
«permanente»
specificò Vance, mentre pensava ai
grandi guai che Robin avrebbe potuto provocare alla Scuola di Ercole se
fosse
rimasto ed avesse continuato con quell’atteggiamento che nel
peggiore dei casi
avrebbe avuto come conseguenza l’arrivo di un esercito
lassù «alzate la mano».
Pentagon, Black Hole, Geronimo, Jesse
Maivia, Teapackman.
«chi per farlo
rimanere».
Ad alzare la mano fu il solo
Buffaloman.
«cinque voti a favore
dell’espulsione, uno solo a sfavore,
Ramenman, Curry Cook e Sozumi sono i tre astenuti»
contò Vance «a questo punto
direi che è ufficiale, e Robin Mask
sarà-»
«Mr.
MacMadd…potrei dire qualcosa anche io? Per favore?»
In molti furono sorpresi
nell’udire la voce di Emerald, che
aveva alzato la mano con fare che sembrava addirittura timido,
decisamente in
contrasto con quello cui erano abituati.
«a…beh…si,
di’pure».
«secondo me non merita di
essere cacciato. Lui…è un po’sotto
stress questo periodo. Mi è stato raccontato che pare che
qualcuno abbia
profanato la tomba di sua moglie…»
«in effetti io questa
notizia l’avevo sentita, ma non sapevo
se fosse vera o no» ammise Sozumi.
«già, ma se è vera
penso che questo abbia influito un po’…poi
c’è l’odio verso mio padre
e…io
riconosco di non essere proprio un tipino facile, come ha osservato Mr.
Pentagon. Ma quel che voglio dire è che non è
tutta colpa di Mr. Mask» guardò
Vance «e anche Mr. Buffaloman ha ragione nel dire che sarebbe
un peccato
perdere qualcuno che, al di là di questi…attriti
con la sottoscritta…è un
valido elemento che ha contribuito a formare eccellenti lottatori.
Quindi
perché non concedergli un’altra occasione? Da
parte mia giuro che mi comporterò
al meglio che posso così che non abbia motivo di
innervosirsi nemmeno per
sbaglio» disse la ragazza «e nessuno
verrà cacciato via. E comunque…è
sempre il
padre del mio ragazzo» aggiunse «un ex amico di mio
padre, anche se adesso i
rapporti sono quel che sono» disse anche
«nonché, a quanto pare, il mio…padrino,
stando a quel che mi ha detto prima di attaccarmi»
finì di elencare «mi
dispiacerebbe se per colpa di un po’di stress finisse espulso
con disonore».
Gli istruttori e Vance si guardarono.
Non solo per quella
faccenda del padrino che giungeva loro nuova, ma anche per
l’appello in sé per
sé.
«ma ne sei proprio
sicura?» le chiese quest’ultimo. Lei
annuì.
«sissignore».
Meglio un Robin Mask espulso od un
Robin Mask ancora dentro
la Scuola e che, adesso, doveva solo ed
esclusivamente a lei la sua posizione?
Un Robin Mask perfettamente cosciente
del fatto che a quel
punto le sarebbe bastato dire “a” a Vance MacMadd o
a qualcuno dei cinque che
avevano votato per l’espulsione per farlo cacciare?
Un Robin Mask che da quel momento in
poi sarebbe stato
costretto a fare violenza su sé stesso reprimendo ogni
più piccola
manifestazione d’orgoglio e di odio?
Un Robin Mask che cinque colleghi
più il direttore
consideravano un esaurito da ricovero e come tale l’avrebbero
trattato?
Farlo cacciare dalla Scuola sarebbe
stato carino, ma sapere
che d’ora in poi ogni volta che gli sarebbe passata davanti
lui si sarebbe
ricordato di quella sconfitta su tutti i fronti era qualcosa di ben
più sottile
e soddisfacente. Nonché qualcosa che, ne era certa, avrebbe
fatto anche suo
padre se fosse stato al posto suo.
«ecco, la ragazza
è più ragionevole di lei»
sbottò
Buffaloman all’indirizzo di MacMadd «e di tutti
voialtri» guardò male i cinque
che avevano votato a favore.
«risultato finale: dopo
l’accorato appello di Emerald, a
quanto pare, Robin Mask rimane. Se non altro non perderò i
finanziamenti che
provengono da lui…» aggiunse MacMadd in un
mormorio «ad ogni modo, Emerald
Lancaster, se in futuro Robin Mask dovesse comportarsi ancora in modo
analogo
ad oggi hai l’ordine di riferirmelo. O riferirlo ad uno
qualsiasi di noi. E a
quel punto non ci saranno appelli che tengano».
«d’accordo,
signore. Sperando che dopo quanto accaduto Mr.
Mask non si comporti più in modo
così…» alzò le mani
«così».
«molto bene. Ora che
è tutto chiarito la seduta è terminata».
Si alzarono tutti quanti insieme,
Emerald inclusa. Gli
ultimi in coda erano lei e Ramenman…
Che chiuse la porta appena prima che
toccasse a loro due
uscire. Gesto che fece sollevare un sopracciglio ad Hammy, ma non la
preoccupò
troppo, sapendo che l’orientale non aveva intenzione di
aggredirla o simili.
«ti avrei chiesto di venire
nel mio ufficio, ma tanto che
siamo qui…» incrociò le braccia,
rimanendo in piedi «tu hai notato che io in
tutto ciò mi sono astenuto».
«sissignore».
Breve pausa.
«i fatti sembrano
coincidere con le parole. E probabilmente
è andata per davvero come dici tu: l’aggressione,
la difesa, la caduta. Ma
quell’elmo sfilato…non mi torna
moltissimo».
Lei lo guardò e fece
spallucce. «non so che dirle. Io quando
l’ho visto cadere sono corsa subito ad avvertire qualcuno
così da soccorrerlo
subito, non avevo nemmeno notato che l’elmo gli si era
sfilato…lei quindi non
mi crede?»
Esitazione da parte di lui.
«in parte non ho idea di come
potrebbe essere andata diversamente. Ma io so anche benissimo che tu
non sei
così indifesa come puoi sembrare ad una prima occhiata. In
molti sensi. Il che
mi porta a chiederti…» le si avvicinò
«è davvero per buon cuore che hai voluto
che Robin Mask restasse, o perché adesso sai che ti basta
una parola per farlo
cacciare via? Robin è un uomo orgoglioso, odierebbe dover
dipendere da una cosa
del genere, e penso che tu questo lo sappia bene».
Uno dei motivi per cui Emerald
stimava Ramenman era proprio
il fatto che fosse piuttosto sveglio. Sperò solo che questo
non si rivelasse un
problema.
«Mr. Ramenman, se lei
avesse una compagna ed il padre di
questa sua compagna si mettesse nei guai -coinvolgendo anche lei, Mr.-
a causa
della troppa impulsività non cercherebbe di metterci su una
pezza? E poi, come
ho detto, a quanto pare è anche il mio padrino. Sono ancora
scioccata, lasciamo
perdere…» scosse la testa «comunque, lei
mi crede davvero così cattiva?»
«cattiva no. Ma molto
simile a tuo padre si. Torna alle tue
stanze» le disse, aprendole la porta ed invitandola ad uscire
«magari ci
vedremo in mensa, dopo».
«magari».
La guardò allontanarsi.
Non
si era tradita
nemmeno in quel frangente.
No, no…era proprio tale e
quale ad Howard.
:: dopo
cena.
Infermeria ::
«che…cosa?»
L’unico dei colleghi ad
andare a trovare Robin, che come
previsto da Hammy stava iniziando a riprendersi un po’ -tempo
quattro o cinque
giorni e sarebbe stato a posto- era stato Buffaloman.
Portandogli una notizia che
l’aveva sconcertato neanche
poco.
«hai capito bene.
C’è mancato tanto così che ti
buttassero
fuori: io a votare contro la tua espulsione sono stato
l’unico, tre si sono
astenuti, ed il resto erano tutti a favore».
Inutile dire che l’inglese
sentì di nuovo montargli la
rabbia. Adesso per colpa dei Lancaster aveva perduto anche
ogni stima da parte della maggioranza dei propri colleghi, ma
era possibile?!...
«quella maledetta
bas-»
«occhio!» lo
avvisò Buffaloman «se parli della figlia di
Lancaster sappi che è solo grazie a lei che sei ancora
dentro. Ha chiesto che
ti fosse data un’altra chance» lo guardò
«anche in nome del fatto che sei…il
suo padrino?»
Ah, fantastico, aveva fatto venire
fuori anche quella
storia, così adesso tutti a pensare “è
il suo padrino e tanto l’aggredisce, che
vergogna”.
«è vero
purtroppo» confermò cupo
«com’è anche vero che
Howard è il padrino di Kevin».
«che?!»
«allora non avevo ancora
capito che razza di mostro fosse in
realtà. Ad ogni modo…fammi capire bene: la
ragazza ha chiesto che io
rimanessi».
«si,
ma…occhio» ripeté Buffaloman
«perché adesso le basta
dire “a” perché MacMadd ti butti fuori
definitivamente. Qualunque cosa sia
capitata tra te e lei o tra te e suo padre fai meglio a lasciarla da
parte».
Era assurdo.
Lo aveva fregato di nuovo.
Era inconcepibile. Impossibile.
Adesso il suo posto alla
Scuola di Ercole dipendeva dai capricci di quella stronza?!
“se ci provassi farebbe di
te carne trita”, gli aveva detto
Howard quando lui in quel momento di completa furia aveva detto che
l’avrebbe
ridotta così male che lui non l’avrebbe nemmeno
riconosciuta più.
Ed aveva avuto ragione,
perché ne aveva fatto carne trita in
tutti i sensi, solo che adesso come adesso se l’avesse
raccontato avrebbero
semplicemente pensato che stava inventando
un’assurdità nel tentativo di
difendersi. O che fosse impazzito, perché effettivamente
l’idea di una piccina
magrolina che l’aveva preso per il collo, sollevato e buttato
giù dalla rupe
risultava assurda anche a lui che aveva vissuto direttamente
l’esperienza.
“lei per me è
solo un moscerino spiaccicato sul parabrezza
della mia vita, così come lo è per mio
padre”.
“è solo per la
sua somiglianza con Kevin che non ho fatto
qualcosa di peggio di quanto sto per fare”.
“se mi dà retta
dopo oggi incidenti come questo non succederanno
più. Lei non scartavetra le palle a me, io non le
scartavetro a lei”.
Ci credo, aveva manovrato tutto per
far si che alla prima
parola di troppo lui fosse buttato fuori.
Era proprio la figlia di suo padre,
non c’era niente da
fare.
Ma, si chiedeva Robin, da dove
l’aveva presa quella forza? Tanto
più che quello se non ricordava male era il braccio destro.
Collegato alla
spalla destra. Che era la spalla che si era presa un proiettile addosso.
Avrebbe dovuto essere più
debole non più forte di
prima.
Indi, che cosa c’era sotto?
Ed il brutto era che a meno che
la ragazza stessa non l’avesse detto, non l’avrebbe
scoperto mai.
Fiona, Roxanne, Jacqueline e Crea se
n’erano andate.
«dai, Lancaster,
ammettilo».
Emerald si voltò perplessa
verso la demonessa. «mh?»
«l’hai buttato
giù tu. In qualche modo».
«infatti l’ho
buttato giù, ma per errore».
«e non l’hai
tenuto dentro per buon cuore, ma perché adesso
al primo sgarro ti basta dire “buttatelo fuori” e
lui ciao ciao. E il vecchio
Robbie per com’è fatto starà ribollendo
di rabbia senza avere la possibilità di
fare niente. Oltre alla consapevolezza che molti qui non ce lo vogliono
più, nyah-ah-ah-ah-ah-ah-ah!
Ovviamente visto che è un rompicoglioni».
Dopo un po’Emerald fece un
sorrisetto.
E Kirika annuì. Aveva
capito.
:: Londra ::
“non ha ascoltato il tuo
avvertimento ed ora è ancora qui
solo perché ho voluto essere generosa”.
Emerald non aveva detto altro a
riguardo, ma ad Howard non c’era
voluto niente per capire che sua figlia aveva incastrato ben bene il
suo ex
collega Robin e che aveva la situazione del tutto sotto controllo.
Lui però l’aveva
avvisato no? Se poi la sua impulsività l’aveva
giocato ancora non era colpa sua. Howard riteneva di essere stato
perfino
gentile, in un certo senso, tempo fa. Gentile nel ricordargli che non
era bene
sfidare e provocare le persone sbagliate. Che fine fa un coniglietto
che si
infila nella tana di un leone? Finisce mangiato, a meno che il leone in
questione non decida che non vale nemmeno la pena di affondare i denti
nelle
sue morbide carni…
“il leone!”
pensò poi finendo a sorridere sotto i baffi
“sta’
a vedere che pensa ancora di averlo fatto fuori lui per davvero, quando
siamo
stati in Africa quella volta”.
Ripensò anche alle notti
insonni per via di quei “voglio
quel dannato leone” che Robin non aveva fatto che ripetere
per tutto il tempo.
“col senno di poi avrei
dovuto tirare a lui invece che al
bufalo. Anche se senza quel prestito che mi ha fatto saremmo finiti in
mezzo ad
una strada” pensò. Il suo sguardo corse ad alcune
fotografie incorniciate e
messe su uno dei mobili antichi nella stanza, quelle del matrimonio suo
e di
Janice. Inutile dire che Robin Mask compariva in più della
metà di esse. Ma nonostante
questo non le aveva gettate via, perché avrebbe dovuto? Non
era così
importante, Robin, da portarlo a cestinare dei bei ricordi. Tant'è vero che aveva tenuto anche quelle con solo loro due insieme, scattate in varie occasioni.
Stesso discorso non valeva per il
suddetto, che invece da
anni aveva strappato con le proprie mani e gettato nel fuoco ogni fotografia in cui Howard compariva,
senza risparmiarne nessuna.
Il gentiluomo si alzò,
prese delicatamente una delle
fotografie poste più “davanti”
osservandola con aria quasi assente.
«guardi le nostre vecchie
foto?»
Janice lo aveva fatto quasi
sobbalzare. «già. Probabilmente il
più bel matrimonio che ci sia stato in quegli
anni» disse lui. Per poi fare un
sorrisetto «perlomeno col nostro Hammy non avrebbe avuto
problemi!»
Janice alzò gli occhi al
cielo. «degli ultimi sei ai quali
ha partecipato insieme a noi ne ha mandati a monte quattro!
D’accordo che c’erano
sempre sotto dei fatti moooolto succulenti
che sono piaciuti parecchio alle mie amiche del club perché
andiamo, il
testimone di nozze nascosto sotto la gonna della sposa era
assolutamente…uff! nonché
quello della sposa innamorata della sua damigella d’onore, e
anche quei due nei
quali in uno il genero se la faceva con la suocera e
nell’altro la nuora se la
faceva col suocero, ma a me interessavano pettegolezzi di tipo diverso!»
«non è colpa di
Hammy se la gente è marcia, e tu le hai quasi
interdetto la partecipazione a tutti i matrimoni
dell’Inghilterra!»
Janice sbuffò.
«ma che ne parlo a fare, tanto lo so che per
te tutto quel che Hammy fa è fatto bene. Come per quella
storia con Connors…»
«…che mi ha
convinto che Dio vede e provvede! Appena Connors
mi ha riferito quel che è capitato ho chiarito la mia
posizione dicendogli che
se mai dovesse capitare ancora e fossero entrambi dell’idea
di fare sul serio
hanno la mia benedizione. Testuali parole. Più chiaro di
così…»
«povero ragazzo,
però» sospirò Janice riferendosi a
Kevin «a
me dispiace che rimanga solo».
«Emerald non è
una ragazza incline al tradimento. Se con
Connors è capitato quel che è capitato
evidentemente tra lei ed il figlio di Robin non va affatto
bene, ed Hammy fa bene a guardare altrove».
«però Kevin ne
soffrirà».
«tende a scavarsi la fossa
da solo come suo padre,
evidentemente. Ma non è colpa nostra».
«forse avremmo dovuto
cercare di…intervenire…di più,
perlomeno nel rapporto tra lui e suo padre, quando abbiamo capito come
andavano
le cose. Come madrina del ragazzo, se ci penso…»
gli prese la cornice dalle
mani e la rimise al suo posto «…mi sento un
po’in colpa. Dovevamo fare di più».
«il rapporto con Robin ha
iniziato ad andar male troppo
presto per poter fare davvero qualcosa».
«si, ma lui
dell’acredine tra te e suo padre che colpa ne
ha?»
«nessuna. Infatti non gli
ho mai dato problemi, e se ricordi
l’ho pure ospitato qui in casa un annetto fa, quando lui ed
Hammy sono venuti a
Londra».
Janice ci pensò su ed
infine fece spallucce. «vieni a
dormire o resti qui ancora un po’?»
«no…arrivo. Per
stasera basta così».
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Capitolo 12 *** ''La Risata'' ***
la risata
Mentre correva Kevin Mask era
indeciso se pensare di essere
capitato lì al momento giusto o piuttosto in quello
più sbagliato di tutti.
Perché da quel che sapeva
sentire suo padre urlare come un
matto -addirittura!- non
era mai un buon segno.
E soprattutto pur non capendo un
accidenti di quel che stava
sbraitando il suo vecchio non gli riusciva difficile immaginare chi
fosse la
destinataria di tali urla.
Corri corri Kevin Mask
arrivò sulla scena del crimine.
«ma
vi rendete
conto?!! Ma vi sembra possibile?!! Ma guardatevi!!! E poi quello che
dovrebbe
essere espulso sarei io?!! Come sto assente un attimo questo posto
diventa un
bordello!!!»
Robin era talmente furioso che non
aveva nemmeno visto
arrivare suo figlio, e si che una montagna in avvicinamento di solito
non è
difficile a vedersi.
«…ma invece che
farlo finire giù dalla rupe per
sbaglio non potevi dargliene
talmente tante da tenerlo a letto per tutto il resto della
sessione?»
Kevin riuscì ad arrivare
addirittura ad un paio di metri di
distanza dal padre senza che questi se ne fosse ancora accorto,
guardando nella
stanza dove stava guardando anche lui e che teoricamente avrebbe dovuto
essere
la mensa.
E che invece in quel momento pareva
tutt’altro, con molte
delle leggende della League -oltre a Vance MacMadd- in piedi sopra i
tavoli
ancora irrigidite in pose di ballo tutt’altro che eleganti.
E con le ragazze insieme a loro.
E, soprattutto, con Jacqueline ed
Emerald con quei vestiti.
Non che quel vestito Kevin, ad
Emerald, non l’avesse mai
visto addosso. Ma era ben poco adatto ad una festa con dieci uomini in
là con
gli anni, a meno di voler far avere loro un infarto.
E poi, che diamine, lui si struggeva
e lei si divertiva?!
«e dai, è il
compleanno di mio padre, dovrà pure divertirsi
un po’» disse Jacqueline.
«tanto io lo so chi
è la vera colpevole di tutto questo!»
Robin indicò Emerald «ed è quella
grandissima m-»
«piano
un po’! Quella
è ancora la mia ragazza!...almeno credo».
«Kevin?!»
L’ultima persona che Robin
si aspettava di vedere. Era una
giornata davvero assurda.
«…Kevin?»
allibì Emerald.
«ah! Ehm. Che ci fa qui
Kevin Mask?!» Vance scese giù dal
tavolo tentando di darsi un contegno «ragazzo, questo
è un accesso non
autorizzato!»
«quindi adesso è
così che ci si allena in questa scuola?»
ribatté Kevin, estremamente freddo.
Ma la domanda comunque restava.
Che ci faceva lì?
E poi…
«la prova suprema che da un
padre rompicoglioni può venir
fuori solo un figlio rompicoglioni» sentenziò
Kirika in quel silenzio completo.
…cos’era quella
faccenda della festa?
:: Tokyo,
un paio di
giorni prima ::
Alle undici di quel giorno Warsman
aveva sentito suonare il
campanello.
Si era alzato dalla poltrona e si era
trascinato fino alla
porta senza nemmeno riuscire a trovare la voglia di guardare di chi si
trattava; tanto di certo non era niente di buono.
Forse fu per questo motivo che rimase
tanto sorpreso dal
trovarsi davanti agli occhi Miss Mary Nikaido, che aveva con
sé un certo pieno
di roba da mangiare, uno sguardo morbido ed un gran bel sorriso.
«salve!»
«…»
Lì per lì non
riuscì nemmeno a replicare. Lei inclinò un
po’la testa guardandolo leggermente perplesso.
«aspettava qualcun
altro?»
«che…si,
cioè, no…insomma. Mh» scosse la testa
«cerca
Kevin?» le chiese poi in tono cortese. Il ragazzo gli aveva
raccontato che nel
suo lungo periodo di solitudine a dargli un po’di conforto
era stata “la mamma
della ragazzina che sta sempre appiccicata a quel demente di Kid
Muscle”, e lui
quella donna la conosceva perlomeno di vista. O comunque se gli
capitava sotto
gli occhi sapeva chi cavolo era, ecco.
«si…è
un po’che non ho notizie di quel ragazzo e mi
interessava sapere come sta. Ma è in casa?»
Flash le diede un’occhiata.
Non sapeva bene come
considerarla, Miss Mary, se qualcuno da inserire nella lista delle
persone “ok”
-e dai racconti di Kevin pareva che lo fosse- o in quelle
“ko” -avendo a che
fare con la combriccola di Kid Muscle-. E quindi se farla accomodare
oppure no.
Pensando a quel che era capitato
ultimamente e alle
condizioni attuali di Kevin però giudicò che
forse era meglio farla entrare…
«si…può
accomodarsi se vuole» la invitò con un cenno, e la
donna entrò rapidamente «magari è la
volta buona che uscirà da camera sua».
Miss Mary posò il cibo sul
tavolo della cucina. «…perché
dice così? Non esce? È successo qualcosa di
grave?»
Non si sentiva minimamente a disagio
a stare sola col russo
pur sapendo -come tutti, ormai- chi era in realtà. E questo
era dovuto molto al
fatto che Kevin teneva molto a lui, ne aveva sentito molto la mancanza
e gliene
aveva sempre parlato bene; quindi tanto mostro e bestia non poteva
essere,
tutto sommato.
«oltre alla presenza di
quell’uomo, come si chiama,
quel…Connors, qui, naturalmente. Sono venuta a saperlo dai
ragazzi».
O meglio, da Meat. Era venuta a
sapere della presenza
dell’americano, del fatto che Emerald non chiamava
più nessuno, dei misteri
riguardanti il ritorno di quella ragazza e, si, anche dello
sbaciucchiamento
adulterino -finito non si sa come, perché erano andati via
prima- di Emerald
con l’americano. Ma aveva fatto alcune delle considerazioni
fatte anche da
Jeager, ossia “prima chiedere e sincerarsi
di sapere bene come stanno le cose e dopo
eventualmente agire di
conseguenza”. Da quel che stava capendo comunque pareva
chiaro che Kevin non
stesse bene. Quindi forse sapeva già?
Meglio aspettare.
«mh…forse
sarebbe meglio se fosse Kevin stesso a
parlargliene…Kevin! Hai visite!»
«ma
chissenefrega!!!»
fu la risposta che arrivò da Kevin chiuso nella sua stanza
al piano superiore.
«…per
l’appunto…»
«Kevin,
sono io! Miss
Mary!...ho portato da mangiare!»
Momento di silenzio.
«credo che-»
avviò a dire Flash, interrompendosi quando
sentì la porta della stanza di Kevin che si apriva
«oh. Miracolo» commentò
«è
riuscita a far uscire l’orso dalla tana. Io in questi giorni
ci ho provato, ma
mi creda se le dico che trascinare via da una stanza un ragazzone di
due metri
e quindici che non vuole saperne di darti retta risulta un
po’complicato…»
La vide sorridere brevemente alla
battuta. «questioni di
cuore?»
«pausa di
riflessione».
«oh…»
«Miss Mary, è un
piacere vederla…si lo so sono un po’sparito
dalla circolazione in questo periodo è che ho avuto un
mucchio di cose per la
testa e…» scese le scale in tre falcate
«stavo giusto pensando di passare da
lei uno di questi giorni…»
“seh, un
po’difficile a farsi visto che ti rifiutavi di
uscire da camera tua” pensò il russo.
«dai dai, non
importa» minimizzò la donna andando perfino ad
abbracciare il ragazzo «come stai? Mi sembri molto molto
giù».
«ma no,
no…è tutto ok…non mi guardi in quel
modo però! È
tutto a posto, sul serio!» ribadì Kevin vedendola
sollevare un sopracciglio.
«guarda che a me non la dai
a bere, dovresti saperlo. Adesso
sai che facciamo? Mettiamo in tavola tutte queste cose buone che ho
portato e
poi parliamo con calma. Ah, ovviamente di cose ce
n’è anche per lei» aggiunse
Mary guardando Warsman.
«…me?»
«ma certo. Se in una casa
vivono due persone sarebbe stupido
portare il pranzo ad una sola delle due non pensa?»
Era già la seconda volta
che Flash percepiva di aver fatto
un la figura dello scemo. Solo che non si aspettava tanta gentilezza,
quindi
veniva preso un po’in contropiede.
«giusto. Ha
ragione».
«mangia anche lei con noi
però vero?» Kevin si mise a sedere
a tavola «tanto in quel cesto c’è roba a
sufficienza anche per tre».
«e naturalmente a te non
viene in mente che sarebbe una
buona cosa perlomeno apparecchiare la
tavola, Kevin? …tsk…lascia, faccio
io» sospirò il russo.
«se vuole le do una
mano» si offrì Miss Mary.
«no, no, lei è
un’ospite, scherza? Faccio io…»
«un’ospite ed
è anche single!» specificò Kevin.
Ok.
Adesso una di quelle forchette che
aveva preso insieme a
coltelli, tovaglia e tovaglioli, doveva metterla sul tavolo o
conficcargliela
in una mano per sbaglio, al suo pupillo? Era una donna gentile, ma a
lui tutto
passava per la testa meno che…!
«già, credo che
sia proprio di relazioni sentimentali che
dovremo parlare dopo, Kevin» disse Miss Mary senza fare un
plissé e facendolo
ammutolire «…dai, la aiuto volentieri»
sorrise al russo «così faremo prima».
Emerald al posto di quella donna
probabilmente gli avrebbe
detto qualcosa come “muoviti Sorcio che la tavola non
s’apparecchia da sola!”
«se ci tiene proprio
così tanto beh…allora grazie».
Fu un pranzo ottimo ed abbondante. E
Kevin mangiò come se
non l’avesse fatto da due mesi, perché
effettivamente da quando Emerald gli
aveva comunicato la sua decisione di prendersi una pausa di riflessione
-sentenza senza appello ed emessa senza chiedergli se lui era
d’accordo oppure
no- aveva mangiato poco e niente.
«era tutto buonissimo. Come
sempre».
«ma che tenero,
grazie» Miss Mary gli sorrise «e lei che ne
dice?»
Anche Flash aveva fatto onore alla
tavola. «tutto ottimo».
In seguito Miss Mary volle anche
aiutare a sparecchiare e
lavare i piatti, nonostante i due le avessero detto a più
riprese che non c’era
bisogno. Fatto ciò Warsman pensò che magari fosse
bene lasciarli soli, andandosene
sul retro a prendere il “coso della cosa”. Chiamasi
scusa del cavolo, ma andava
bene lo stesso.
«allora,
Kevin…hai intenzione di dirmi come stai davvero?»
gli chiese la donna con quanta più dolcezza possibile.
Lui però
continuò ad esitare. «sto…bene.
Davvero».
Classico orgoglio dei Mask.
«Kevin…guarda
che io questa faccia l’ho già vista. Si, per
modo di dire, ma comunque hai capito cosa intendevo» disse
lei «e oltretutto
hai anche l’aria di chi ultimamente ha mangiato molto poco,
esattamente come
l’ultima volta. Il che è preoccupante».
«…è
una questione di…dieta».
Tanto per restare in tema di scuse
del cavolo. Miss Mary si
indicò la fronte.
«per caso ho qui scritta la
parola “stupida”?»
Kevin scosse la testa.
«no».
Lei rimase in silenzio, doveva essere
lui ad avviare il
discorso.
«comunque non è
niente di grave, davvero. È solo… che ci
sono non si sa quanto soldati armati fino ai denti qui vicino pronti a
far fuori
Warsman al primo cenno. E che qualcuno ha profanato la tomba della
mamma. E che
mio padre mi ha offerto di ritirare il diseredo se lascerò
Emerald, cosa che
comunque sembra stare per accadere perché lei mi ha chiesto
una “pausa di
riflessione”» disse in tono amaro e sferzante
mimando le virgolette «e lo
sappiamo tutti cos’è che vuol dire, giusto?
Specialmente se tale pausa è stata
frutto di una decisione solo e soltanto sua, lei mi ha chiamato
e…e dopo
l’ennesima discussione mi ha detto…
“Kevin, ultimamente tra noi le cose non
vanno bene per niente quindi voglio una pausa”, e io non ho
nemmeno fatto in
tempo a dirle che non ero d’accordo che lei aveva
già chiuso».
“se ha voluto una pausa
allora la situazione è grave. Anche
se Kevin non sembra sapere niente dei fatti con
l’americano” pensò la donna “e
non penso che sia il caso di dirglielo allora, primo perché
sarebbe l’ennesima
mazzata, secondo perché tocca ad Emerald -se
vuole lasciarlo per
l’altro- farsi coraggio e dirgli la verità. E poi
questa storia del ritiro del
diseredo se lui avesse lasciato la ragazza che ama è
qualcosa di brutto quanto
l’altra storia del matrimonio combinato. Per non parlare
della faccenda dei
soldati, e soprattutto della profanazione della tomba di sua madre,
poverino!”
«mi dispiace.
Ma…perché le cose hanno smesso di andare bene?
Oltre alla faccenda dei soldati che immagino
c’entri».
Kevin sbuffò nervoso.
«eccome se c’entra. È stata una delle
cause scatenanti. Ce li siamo trovati qui da un giorno
all’altro, e l’americano
poi è…lui ha torturato Warsman due settimane
intere, capisce? E adesso è qui
davanti, ed è Howard Lancaster che ce l’ha
mandato. E tutto questo Emerald lo
accetta, perché -discorso valido anche per lui verso di lei-
tutto quel che fa
suo padre è fatto bene e “se lo fa un motivo
c’è” e “lo fa per
proteggerla”
quando tutti sanno benissimo che non ha bisogno di protezione.
Il
problema è che lei non vuole uscire per davvero dal nido. E
questo è solo il
più grosso. Poi c’è anche il fatto che
sta sempre con quelli».
Oh. “quelli”.
Argomento toccato varie volte in passato.
«è normale
che abbia degli amici e delle amiche e che
voglia e debba uscire anche con loro. Non pretenderai di chiuderla qui
in
casa?»
«è che a me
quelle persone non piacciono, lo sa, e…e io non
vorrei che finisse a preferirli a me. Nonostante non ci sia motivo
perché io
sono sempre e comunque migliore di tutti loro messi
insieme…»
«ciò non toglie
che lei è libera di frequentare chi vuole. E
inoltre Emerald non mi sembra tipo a cui piacciono queste
considerazioni, se mi
passi il termine, un tantino presuntuose. Magari anche se lo pensi
sarebbe bene
se lo tenessi per te, visto che sono suoi amici. E a noi donne non
piace che si
tocchino i nostri amici».
Altro sbuffo da parte di Kevin.
«sono un branco di scimmie».
«sono bravi ragazzi. Le
cattive compagnie sono ben altre» lo
guardò «forse dovresti imparare ad essere un
po’meno possessivo, tu che dici?»
Esitazione da parte di lui.
«mi ha definito in quel modo una
volta. “immaturo iperpossessivo”».
«non ti fidi di
lei?»
«si che mi fido! Ma di lei,
per l’appunto, degli altri no!»
«ma tu stesso hai detto
poco fa che si sa difendere».
«si!
ma…insomma…» non sapeva come ribattere
«…quindi lei
pensa che Hammy abbia avuto ragione a chiamarmi in quel modo?»
«voi due avete faticato
molto per stare insieme. Che tu sia
un po’ geloso ci sta. Anche perché se non lo fossi
per niente significherebbe
che non ti importa di lei. Ma come lo sei tu effettivamente
è troppo.
Rischi l’effetto saponetta così facendo,
più la stringi più lei ti scivola via
dalle mani».
Kevin afferrò una
statuetta e si mise a giocherellarci. «e
lei non è una a cui piace sentirsi in gabbia. Lo so.
È così anche per me,
oltretutto. Lei…immagino che imporle di non uscire con loro
sarebbe come se lei
imponesse a me di non allenarmi più in palestra,
vero?»
«bravo».
Ok, almeno quel concetto era riuscito
a capirlo. Kevin in
fondo non era uno sciocco, solo che come suo padre era impulsivo,
testardo ed
orgoglioso, e si lasciava trascinare un po’troppo da tali
tratti caratteriali…
«è che io ad
Emerald do tutto, capisce? Non c’è niente che
non le dica, non c’è niente che io le nasconda, la
considero più importante di
chiunque altro, e tutto quel che vorrei è vederla sempre
felice. Quello che mi
piacerebbe è che la cosa fosse reciproca, cosa che invece non
è. Perché
ho spesso l’impressione che non mi dica tutto quel che ci
sarebbe da dire, e so
per certo che io vengo dopo rispetto alla sua famiglia quando invece
non
dovrebbe essere così. E sempre restando in tema di famiglia,
ha pure problemi
con mio padre. è
arrivata a dirmi
che poco ci mancava che lui la violentasse, ma è probabile
che sia stata lei a
provocar-»
«Kevin Mask! la
tua ragazza ti viene a dire che tuo
padre ha tentato di fare una cosa del genere e tu invece di chiedere
perlomeno
come si è svolta la faccenda, di indagare, di fare qualcosa
te ne sei uscito
col dirle che è stata colpa sua perché
è lei che l’ha provocato?!...e
comunque provocazione o non provocazione una ragazza non si violenta in
nessunissimo caso!» incrociò le braccia e lo
guardò severamente «quindi non è
proprio vero che lei viene prima di tutto, se ti sei comportato
così».
«è che mio
padre…è mio padre! E poi…non ce lo
vedo…»
«ma allora se per te
“tuo padre è tuo padre” e può
violentare una ragazza se provocato, anche per lei suo padre
“è suo padre” e
può mandare qui un esercito».
«ma sono due
cose…diverse…»
«sono entrambe gravi, la
prima anche più della seconda. E
poi è della tua ragazza che si parla.
Io non dico che Mr. Lancaster
abbia ragione a fare quello che fa, o che abbia fatto bene a mandare
qui dei
soldati, né che Emerald non sbagli ad evitare di dirgli che
dovrebbe
intromettersi di meno…però qui il problema non
viene solo da loro due, spero
che tu te ne renda conto» gli disse con decisione
«inoltre affrontare
l’argomento “famiglia” in casi del genere
è una faccenda estremamente delicata,
da trattare con quanto più tatto possibile».
«e io invece ho sputato
subito tutto quello che secondo me
non andava. E non penso di essere stato molto delicato. Le ho perfino
detto che
non sapevo se sarei riuscito a portare avanti la nostra storia in
queste
condizioni…»
«allora se
l’è presa si la pausa di riflessione. Ecco
com’è
che Emerald deve aver vissuto la cosa: lei ti chiama, sperando di poter
passare
un momento tranquillo in una situazione che non dev’essere
facile, lassù…e Dio
solo sa quanto anche Roxanne…» scosse la testa
pensando alla figlia nella
Scuola di Ercole, e lei contrariamente ad Howard Lancaster non poteva
sentirla
due volte al giorno tutti i giorni «stavo dicendo, ti chiama
sperando di
trascorrere un momento in tranquillità. Tu inizi ad
attaccare lei,
l’atteggiamento verso suo padre, suo padre in sé
per sé. Lei cerca di farti
capire che il tuo non è meglio del suo rivelandoti quel che
ha tentato di
farle. Tu dici che è solo colpa sua, e lei a quel punto si
sente delusa e anche
ferita pensando “ma se mi ama è possibile che
abbia dato la colpa me senza
chiedermi nemmeno com’è andata?”. E in
questa litigata, in cui tra botta e
risposta continuate ad attaccarvi sui rispettivi genitori e i
rispettivi
difetti tu te ne esci con “non so se riesco a portare avanti
la nostra
relazione”, magari dopo averle detto anche della faccenda del
ritiro del
diseredo…»
«ma le ho detto anche di
aver rifiutato l’offerta…dopo».
«ecco. Dopo. Si
è sentita attaccata, delusa, ferita…tradita,
in un certo senso…ovvio che si sia presa una pausa,
ribadisco».
“e se le cose stanno
davvero così…lei sbaglia, ma non è la
sola, perché anche Kevin sta commettendo grossi errori. E in
un contesto del
genere ecco spuntare l’americano, che con lei da quanto si
è visto nelle finali
è tanto carino e gentile…che ci scappasse
qualcosa era quasi scontato” pensò.
«Kevin,
da quant’è che non le dici che la ami?»
Lui posò la statuetta.
«da troppo. Abbiamo solo
litigato, da un sacco di tempo a
questa parte» la guardò «avrei dovuto
dirle questo prima di tutto, vero? Che la
amo, al di là di quel che combinano i nostri rispettivi
padri e che a me e lei
alla fin fine non riguarda».
«le faide familiari non
portano mai a niente di buono,
Kevin. Tuo padre ad un certo punto riuscì a capirlo, con
King Muscle…»
«e lei spera che anche con
il signor Howie il Megalomane mio
padre seppellisca l’ascia di guerra? Tsk! Impossibile. Se io
stesso odio
quell’uomo figurarsi quanto lo odia mio padre. Per quel che
mi riguarda è
imperdonabile. Ha dato la caccia a Warsman, ha ribaltato la tecnica
più letale
tra quelle della mia famiglia, ha quasi compiuto
un’esecuzione pubblica finendo
invece per sparare ad Hammy, ha lasciato Warsman in
mano a quei soldati
che gli hanno fatto passare l’inferno, ha mandato qui i suoi
uomini solo per
dimostrarci che “lui può” e,
soprattutto, a detta di mio padre c’entra lui
con quella storia della profanazione che le ho detto!»
concluse Kevin quasi con
rabbia «e non vedo che motivo avesse di farlo! Il patto
è annullato
ringraziando il cielo, che diavolo vuole ancora?! …no, no,
lo so benissimo
cos’è che vuole far capire: “io
posso!”…ed Emerald pur sapendo tutto
ciò lo
lascia fare, suo padre».
«e tu lasci fare il tuo.
Hai appena detto che quel che
combinano Robin ed Howard Lancaster non vi
riguarda…»
«ho sbagliato modo verbale:
“riguarderebbe”, perché ci
tirano in mezzo visto che quanto ho elencato sopra coinvolge sia me che
lei.
Dovrebbero piantarla anche loro, se proprio vogliono darsi addosso che
lo
facciano senza rompere le scatole a noi!»
«su questo hai
perfettamente ragione».
Breve pausa di silenzio.
«grazie. Adesso penso di
aver capito che devo fare: giusto
il tempo di organizzarmi e vado lassù, al diavolo i divieti,
e le dico che la
amo e che possiamo risolvere tutto quanto se lo vogliamo davvero. E io
lo
voglio».
“magari è ancora
in tempo, se sono ‘in pausa’ non è detto
che lei con l’americano abbia concluso e possono farcela
davvero, a salvare il
salvabile” pensò Miss Mary.
:: il giorno dopo, pianeta
Ercole, infermeria ::
Che Robin Mask avesse un diavolo per
capello era visibile in
ogni suo minimo movimento.
Confinato nel letto
dell’infermeria, ferito più
nell’orgoglio che nel corpo, con solo Buffaloman che veniva a
trovarlo perché
interessato alle sue condizioni -se Vance MacMadd si era fatto vedere
era stato
solo per rimproverarlo aspramente ed avvisarlo che al prossimo sgarro
sarebbe
stato espulso- più…
“Mr. Mask…come
sta?”
Quella grandissima stronza con
un’aria tanto buona e carina
da fargli venire i bruciori di stomaco sapendo quanto invece era
assolutamente
falsa.
Era andata da lui quando
c’era andato anche Vance, col dire
che voleva vederlo perché si sentiva in colpa per quel che
era successo e per
dirgli che nonostante tutto “non ce l’aveva con lui
e si augurava che si
rimettesse presto in sesto”.
Oh, ma lui il vero motivo lo aveva
capito bene. Ed era che
godeva come una matta sapendo che nonostante quel suo comportamento lo
mandasse
completamente in bestia lui non poteva fare assolutamente niente se non
fingere
quanto lei.
E Robin odiava, odiava, ODIAVA
certe falsità negli
atteggiamenti.
Così come odiava la sua
nuova condizione ed odiava sempre di
più lei, lei, con quei suoi maledetti
occhi di smeraldo, con quel
piccolissimo sorriso di sufficienza fattogli appena prima che uscisse
dalla
stanza con MacMadd, quel suo…tutto, così
dannatamente uguale a suo padre.
Esaurito?
Appena un pochino.
E perfino la dottoressa giovane e
carina era ben magra
consolazione in tutto ciò, nonostante fosse giustamente
attenta ai bisogni dei
propri pazienti tanto da chiedergli se desiderasse ascoltare della
musica
classica, l’ideale per calmare i nervi. A quanto pare tra i
canali della radio
era riuscita a pescarne uno che trasmetteva solo quella, musica
classica.
“l’unica
‘nota’ positiva in tutto ciò, tanto per
rimanere in
tema…” pensò, mentre il
“Notturno” di Chopin terminava.
“e adesso eccovi
alcuni di quelli che tra i brani per
violino solo sono considerati alcuni dei più complicati da
eseguire: i 24
Capricci op.1, composizioni di Niccolò Paganini, dei quali
adesso sentirete il
tredicesimo, conosciuto altresì come ‘La
Risata’…”
Annuncio che fece irrigidire Robin
Mask.
Perché c’erano
dei ricordi, nascosti in quei Capricci…
:: quasi diciotto anni
prima, Londra ::
Era stato lui, Robin, a chiedergli se
avrebbe
avuto voglia di
suonare. Ed era stato tranquillamente accontentato.
Il fatto era che a Robin Mask quel
genere di musica lì
piaceva molto. E se a suonare erano persone veramente brave
comprensibilmente gli piaceva ancora di più.
Ed era anche per questo motivo che
avrebbe potuto stare ad ascoltarlo
per ore mentre suonava quel suo Stradivari. E nemmeno dei
branucoli
qualunque, per giunta, ma i 24 Capricci.
Howard H.R.J. Lancaster definiva
quelli i suoi
preferiti tra
i brani che era in grado di suonare, motivando tale preferenza col dire
“sarà
che io sono un uomo, a volte, un
po’…capriccioso”.
Capriccioso o meno stava di fatto che
quel giorno a Robin
Mask sentendo “La Risata” sembrava di sentire per
davvero ridere una
donna. Il suo amico e collega riusciva a farlo parlare, quel violino.
Parlare,
ridere, piangere.
Da parte sua, Robin ammetteva
addirittura di trovarlo
impressionante.
Non che Howard fosse uno di quei
super geni dell’arte in
grado di fare di tutto e di più ; per esempio,
l’idea di “disegno di un ragno”
di Howard era fare due puntini e otto stanghette dritte -come a dire
che
sua
figlia di due anni sapeva disegnare meglio di lui- però
ecco, nonostante non
fosse un artista a tutto tondo come violinista era eccezionale.
E così, lui era
lì ad ascoltarlo.
Tra l’altro era una di
quelle volte in cui Warsman era
rimasto a casa e Lady Janice con madre e suocera erano fuori in qualche
tea
club, quindi non ci sarebbe stato nemmeno nessuno a…
Sentì qualcosa che gli
tirava una delle gambe dei pantaloni,
ed abbassando lo sguardo si scontrò con due grandi laghi
color verde smeraldo.
«quello è il mio
papà. È tanto bravo, vero?»
La bambina, la piccola Emerald, lo
aveva detto pianissimo.
Come se a soli due anni potesse davvero rendersi
conto che magari
parlando più forte avrebbe potuto disturbare
l’esecuzione. Ma non gli sembrava
granché possibile, a due anni di solito i bambini non erano
così svegli.
Tipo il suo, per esempio, che a
due anni suonati non
aveva ancora capito che piangere quando si cadeva non era cosa da
uomini…
«…si. Tuo padre
è molto bravo. Magari quindi mi piacerebbe
ascoltarlo, non credi?»
Lo aveva detto più
freddamente di quanto avrebbe voluto, e
preparandosi spiritualmente ad altre chiacchiere o peggio ancora al
fatto che
sarebbe scoppiata a piangere.
E invece…
«giusto. Scusi».
E si era arrampicata sulla poltrona
vicino a lui, senza
proferire più verbo. Kevin come minimo avrebbe buttato
giù qualche soprammobile
per ripicca, fosse stato al posto di quella bambina che non solo non
era
scoppiata a piangere, ma si era scusata dandogli per di più
del lei e,
soprattutto, adesso stava zitta.
Molte donne adulte non ne sarebbero
state in grado, ma Emerald
a detta di suo padre… “la mia principessa
è la figlia migliore che potessi
desiderare”. Ecco, Howard diceva così.
Robin pensò che forse non
aveva poi tutti i torti, tanto da
complimentarsi con lei.
«sei una brava
bambina» le disse piano. Lei si voltò con un
sorriso dolce da far paura.
«grazie mille!»
rispose lei, per poi fare qualcosa che
nessuno faceva da tanto tempo, e che a suo figlio lui non aveva mai
concesso:
abbracciarlo.
Si era messa in piedi sul divano e
l’aveva abbracciato, va’
a capire perché. Forse aveva ritenuto opportuno dargli un
ringraziamento più
tangibile rispetto a delle semplici parole.
E lui era rimasto lì fermo
come un cretino a guardarla
semisconvolto senza sapere bene che fare. Stare fermo, cacciarla via?
…ma perché poi
farlo? Si domandò, osservando la bambina in
quel gesto di una dolcezza completamente spontanea, proprio mentre
Howard
terminava il brano. A quel punto fu lei stessa a staccarsi.
«bravo!!!»
esclamò battendo forte le mani con una risata
somigliante a quella che Robin aveva sentito uscire dal violino.
«ma guarda un
po’chi c’è. Sei riuscita a scappare a
Jordan
un’altra volta, eh?» Howard posò il
violino «la mia piccola artista delle
fughe».
«lui» Emerald
guardò Robin «però ha detto che sono
una brava
bambina».
«ma si che lo sei,
ovvio…»
«…e io
l’ho abbracciato!»
Ah.
«ahem…scusala
Robin, è in un periodo molto
“coccoloso”…»
disse Mr. Lancaster all’amico, sperando che non se la fosse
presa.
«eh…beh…fa
niente. Un abbraccio non è la fine del mondo»
minimizzò Robin nonostante fosse ancora un po’
sorpreso da quel gesto.
«lei signore lo sa come si
abbraccia?...si fa cooooo…sì!»
Emerald allargò le braccia e poi le chiuse a stringere il
niente «è
divertente!»
Incredibile ma vero le parole di
quella bambina lo portarono
perfino a sorridere sotto l’elmo.
«si, eh?»
Emerald da grande non avrebbe avuto
memoria di
quell’episodio, riuscendo a ricordare circa dai quattro anni
in poi.
«si si!» lei
smise di rivolgere la propria attenzione
all’uomo accanto a lei per guardare suo padre, che aveva
posato il violino, ed
alzare pollice ed indice come a formare una specie di pistola.
«pam!»
Davanti agli occhi attoniti di Robin
Mask, Howard Lancaster
si portò entrambe le mani al cuore per poi stramazzare a
terra. «mi hai
colpito! Muoio!»
Emerald scivolò
giù dal divano e gli andò vicino.
«…ma i
morti parlano, papà?»
«solo quelli che muoiono
per finta…»
«…eccola!
Signori…perdonatemi. Mi è scappata» si
scusò il
maggiordomo in capo.
«che Hammy sia brava ad
evadere ormai è risaputo…» disse
Howard, ancora sdraiato a terra.
Robin pensò che lui mai
si sarebbe fatto vedere in
quel modo dal personale, “morto” con suo Kevin
vicino che ancora imitava con le
dita la pistola, nemmeno se si fosse trattato di Archie. Invece Jordan
Lederdale non sembrava minimamente sorpreso
dall’atteggiamento di Howard, segno
che quella scena non era nuova ai suoi occhi.
«vi prometto che
starò ancora più attento, signore»
disse
compunto mentre prendeva Emerald per mano «venire signorina,
tornate a
giocare…scusatemi ancora tanto per il disturbo».
Uscendo dalla stanza col maggiordomo
Emerald si voltò per
fare a Robin un ultimo “ciao ciao” con la manina.
Ricambiato.
Howard si rialzò da terra
solo quando lei se ne fu andata.
«come mai mi guardi
così?» chiese a Robin.
«è che quel che
hai fatto non era molto…dignitoso» disse
quest’ultimo. Howard sorrise e sbuffò una risata.
«non
c’è dignità che tenga, se mia figlia mi
spara con le
dita io devo morire».
«si, ma davanti
al personale…» obiettò ancora
Robin
Mask, al quale quella faccenda sembrava proprio fuori dal mondo,
nonché dalla
sua idea su come si educano i bambini.
«che devo dirti Robin,
quando uno è morto è morto; non si
rialza. Ed Hammy è ancora troppo piccola perché
giochiamo agli zombie».
L’inglese mascherato gli
diede un’ultima occhiata, capendo che
tanto qualunque cosa gli avesse detto Howard sarebbe rimasto della
propria
idea. Quindi tanto valeva cambiare argomento.
«come credi. Senti, non
potresti suonare ancora per me
quest’ultimo brano?»
«nessun problema»
disse l’altro riprendendo in mano lo Stradivari
«Paganini non ripete, Howard Lancaster invece si».
Ed aveva ricominciato a suonare.
:: di nuovo pianeta Ercole,
infermeria ::
«va’
all’inferno!» sbottò Robin
all’improvviso afferrando il
bicchiere vuoto di vetro sul comodino e lanciandolo contro la radio,
rompendo
sia questa che il bicchiere in mille pezzi.
Non poteva più sentirla,
“la Risata”, la percepiva quasi
come una presa in giro. Come se a ridere fosse stato Howard stesso, e di
lui,
dell’ex wrestler rimasto completamente solo e attualmente
lì nel letto ad
aspettare di guarire dalle ferite infertegli dalla ragazza che un tempo
era
stata la stessa bambina che gli aveva fatto vedere com’era
che si abbracciava.
Pensando a che grandissima bastarda
era diventata adesso, e
a che svergognata anche, c’era da rimanere di sasso.
Ma in fin dei conti anche i
coccodrilli da cuccioli sono
carini, giusto?
«ma
cos’è successo alla radio?» rieccola, la
dottoressa…
«mi
è…scivolato il bicchiere dalle mani».
Lei lo guardò senza
riuscire a nascondere del tutto
un’espressione scettica. «magari la prossima volta
è meglio se utilizza un
bicchiere di plastica allora, che ne dice?»
Si, forse era meglio…
Stava giusto per poggiare nuovamente
la schiena sui cuscini
quando ecco che il rumore lontano di una musica lo fece irrigidire
un’altra
volta.
Ma che diavolo stava
succedendo?!...si davano anche feste
adesso?!
Eh no. Quella era una scuola di
wrestling, non una
discoteca!
Appena la dottoressa sparì
dalla vista -era piccina in
confronto a lui e giovane, ma in un certo senso era davvero tremenda-
Robin
cercando di non badare a fatica e dolore si alzò ed
uscì dall’infermeria,
ancora tutto fasciato ma deciso a mettere fine a quella
farsa…
:: qualche
ora prima ::
«il compleanno di tuo
padre?»
Jacqueline annuì.
«si, e se mi riesce voglio convincerlo a
dare una festa. Insomma…ok, allenamenti e tutto quanto
ma…ho voglia di un
minimo di relax».
Erano a pranzo. Emerald vide Kirika
occhieggiare con somma
soddisfazione la sedia ancora vuota di Robin Mask. Come lei, era
un’altra che
lo odiava veramente.
«che pace che
c’è, non pensate anche voi?»
Allusione colta immediatamente da
Fiona. «non dovresti
essere così contenta che Mr. Mask stia male».
«Fiona, nonostante anche io
abbia promesso di comportarmi
bene ed intenda mantenere tale promessa non significa che Robbie abbia
iniziato
a piacermi» disse Emerald «allora, dicevi di questa
festa Jacqueline…»
«si, voglio convincerlo.
È da stamattina che lo sto
torchiando e penso di starci riuscendo…»
«feste, ma
andiamo» Fiona non sembrava essere molto
d’accordo «siamo qui per allenarci!»
«infatti da domattina si
torna alla normalità, però dai,
oggi è il compleanno del direttore!» Emerald
iniziò ad occhieggiare il suddetto
«ed anche io effettivamente ho voglia di un po’di
festa. Dovremmo iniziare a
pensare alle musiche…»
«non sapete neanche se
riuscirete a farla e già parlate di
musiche?» intervenne Roxanne.
«meglio prima che dopo
Ro’. Quanto alle cibarie ormai non
c’è problema, ce ne sono in abbondanza»
considerò Hammy «e anche il posto, io
credo che qui in mensa sarebbe perfetto. Basta spostare in
là i tavoli o unirli
tutti e salirci sopra come un palco che sarebbe anche meglio a dire il
vero…»
«festaiola
professionista?» indagò Crea.
«come mio padre da
giovane-giovane, ho vecchie foto e video
di certe feste da paura» confermò Emerald
«stavamo dicendo, allora, musica».
«ci starebbe qualcosa di
latino americaneggiante» disse
Jacqueline.
«ah-ha! Trovato!»
esclamò Hammy «Jacqueline tu col reggaeton
come vai?»
«che?!
Reggaeton?» Crea scosse la testa «no-no-no-no-no,
non
se ne parla…»
«sarebbe su Reggaeton
Agresibo eventualmente, non sul
Perreo» specificò Jacqueline «io il
Perreo non lo ballo».
A sentirlo nominare ad Emerald
tornarono in mente in ogni
più piccolo dettaglio ricordi di quando lei ed il suo Nemico
Numero Uno erano
stati a L’Avana. Eheh. Tanto, tanto reggaeton!
«Reggaeton Agresibo, right…facciamo
io e te un po’di quello all’inizio e poi per
accontentare tutte passiamo ad
altri generi» si alzò «chi viene con me
dal direttore?»
«ma fate sul
serio?» anche Kirika si alzò «festa sia
allora,
ma io festeggio solo perché il rompicoglioni è in
infermeria e spero che ci
resti ancora il più possibile!»
Anche Jacqueline si alzò.
«ognuno ha i suoi motivi».
Le altre tre le guardarono andare da
Vance MacMadd, che
sedeva con gli istruttori allo stesso tavolo.
«dite che li
convincono?» domandò Roxanne.
Rimasero a guardare per i successivi
cinque minuti Emerald,
Kirika e Jacqueline che, una cosa tira l’altra -
“andiamo, è il suo compleanno,
se non facciamo festa al miglior direttore mai esistito a chi la
facciamo?”,
“andiamo, ha ragione, è il tuo
compleanno!”, “sarebbe dopo cena, niente
disturbo ai programmi di allenamento e domattina ci sveglieremmo alla
solita
ora!”, “andiamo, non siete mica vecchi, avete tutto
il diritto di prendervi
qualche oretta per divertirvi!”- riuscirono a convincere chi
di dovere che
quella della festa non era un’idea poi così
malvagia.
«…e ce
l’hanno fatta» Fiona scosse la testa «ma
veramente?»
«magari se ci fosse stato
Robin Mask non ci sarebbero
riuscite, ma lui…non c’è!»
disse Roxanne.
«secondo me ce
l’hanno fatta perché non interferisce con gli
allenamenti. E perché con tutta la tensione di
quest’ultimo periodo anche loro
sentiranno il bisogno di staccare un pochino»
osservò Crea «ci sta. E poi al di
fuori di scuola e ring nessuno di loro a quanto ne so è poi
così ingessato! Si,
beh, a parte…»
«Robin Mask»
completò Fiona.
«che tanto starà
fuori da tutto».
«si ma a me continua a non
convincere l’idea…» ribadì la
rumena «va’ a sapere per quanto si andrà
avanti…»
«cena finisce alle otto e
mezza, non penso che andremo più
in là delle undici tenendo conto che per l’appunto
dobbiamo allenarci» disse
Roxanne.
«…chiariamoci
però: alle undici festa finita!» stava appunto
dicendo Geronimo «il programma non deve risentirne».
«don’t
worry,
faremo tutti quanti i bravi e domattina noi sei saremo pronte per il
consueto
addestramento» Emerald, Kirika e Jacqueline tornarono a
sedere «grazie a tutti
e ancora auguri, Mr.MacMadd!» si sedettero
«ragazze, è fatta! Tutte pronte per
dopo cene, mettete su qualche bel vestito e…»
«ehm. Io il “bel
vestito” non l’ho portato» disse Roxanne.
Stesso discorso valeva per le altre, eccetto Jacqueline che uno dietro
se ne
portava sempre perché “non si sa mai”.
Emerald fece spallucce.
«allora ho fatto bene a
portare la scorta…»
«è uguale, io i
vestiti tuoi
li ho visti come sono e non li metto» disse Roxanne.
«non ti
piacciono?»
«mi piacciono ma sono
troppo…troppo!»
«io non mi sento a mio agio
in un vestito» disse Kirika
alzando le mani «no no».
«e a me non
starebbero» dissero in coro Fiona e Crea; ad una
andavano piccoli perché era troppo alta, all’altra
andavano stretti perché era
più formosa di Hammy.
«ma come?...io volevo
metterne uno…»
«ma io e te mettiamolo lo
stesso» disse Jacqueline «voi
eventualmente avete problemi?»
«per me è
uguale» disse Crea.
«allora è
fatta!»
:: ora ::
«guardie! Buttatelo
fuori!»
In mezzo secondo
l’attenzione di Robin Mask si era spostata
dai festaioli al figlio. Il motivo era semplicissimo: se non se ne
fosse andato
subito c’era il rischio che Emerald facesse venire fuori la
storia di Alisa già
ora, e lui non aveva intenzione di lasciare che accadesse; nel tempo
che
rimaneva intendeva pensare a qualcosa per cercare di fermarla, anche se
non
aveva idea di come avrebbe potuto fare dato che se anche non
l’avesse fatto
Emerald probabilmente sarebbe stato Howard
a dare a Kevin qualche prova di…
“un problema per volta,
grazie!”
«Kevin!!!»
Le guardie erano arrivate
immediatamente tutte quante, e
Kevin stava lottando con tutta la forza che aveva per non lasciarsi
sopraffare,
ma non era esattamente semplice. E lo diventò ancora meno
quando anche suo
padre -nonostante le condizioni- si unì alla lotta per
trascinarlo via.
A Robin avrebbe voluto dire un giorno
in più di degenza
probabilmente, ma ora come ora cercava di ignorare dolore e fatica
più di
quanto avesse fatto prima.
«E-Emerald!» si
disfece di due guardie e ne arrivarono
quattro «tieni a mente che ti amo! Ti
amo,
capito?!»
Ecco, la cosa più
importante tanto gliel’aveva detta, poteva
pure lasciarsi portare via. Fuori dalla Scuola, fino
all’astronave da cui era
venuto.
«sei una vera delusione,
che ti salta in testa di
trasgredire così le regole per quella ragazza?!»
«nemmeno un
“ciao”, passi subito ai rimproveri»
sbottò Kevin
«scordati che io la lasci papà, capito?
Scordatelo!»
“…ma che gli
è successo? Sembra aver lottato con una
pantera” pensò.
Fu lì che a Robin venne
una mezza idea…
«dovresti invece,
perché…ascoltami bene Kevin, perché
è
vitale: tra qualche mese qualcuno dei Lancaster potrebbe venire a dirti
qualche
idiozia su tua madre. Per…tormentarti. E tormentare anche
me. Hai visto cos’ha
fatto Howard alla tomba, è su quel fronte che attacca
adesso, ma tu non credere
ad una parola capito? Non crederci».
«c-che cosa non-»
Kevin non fece in tempo a finire che
venne spinto dentro la
navetta monoposto accesa e pronta a partire, e spedito via da
dov’era venuto.
Robin guardò
l’astronave allontanarsi in modo estremamente
rapido.
La sua era stata l’azione
disperata di qualcuno che non
aveva idea di che pesci pigliare. Dicendo in quel modo poteva aver
davvero
dissuaso Kevin a credere a ciò che qualcuno dei Lancaster
gli avrebbe detto in
futuro, o forse più probabilmente l’aveva spinto
ad indagare dicendo così, o
forse…ah, non lo sapeva, non lo sapeva. Aveva avuto una
mezza idea e l’aveva
messa in pratica impulsivamente, perché era stata
l’unica che gli era venuta,
che avrebbe dovuto fare?
…a parte tornare dentro e
continuare la tirata sperando di
non dover beccare la dottoressa, naturalmente.
Normalmente non gli avrebbe fatto
né caldo né freddo, ma
stava di fatto che la dottoressa in questione era un’allieva
di quel pazzo di
MacNeil, il suo medico di base; quindi anche in quel
caso…“non si sa mai!”.
***
Alya
non viene citata direttamente, ma...xD
Tanto
che ci sono vi faccio vedere i vestiti incriminati: di Emerald
E
di Jacqueline
Vi
lascio anche un video di reggaeton, e ci tengo a sottolinerare che in
realtà questo non è niente...xD
http://www.youtube.com/watch?v=jGJPfWE55Vw
Spero che i salti temporali non siano stati troppo confusionari...alla
prossima xD
|
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Capitolo 13 *** Occhi neri ***
«quello
sembra…» Kevin Mask si avvicinò alle
fotografie sul
mobile «…ma…è mio
padre…» guardò la donna dietro a lui
«potrei…?»
«guardarla meglio? Ma
certo».
In quella foto era ritratto suo padre
Robin Mask nel mezzo
di un facepalm mentre aveva un braccio attorno alle
spalle…dell’Uomo Ragno.
«eh…»
«si,
l’altro è mio
marito. Voleva fare una sorpresa ad Hammy e farle trovare Spider Man al
ritorno
dall’asilo…»
Scuotendo la testa il ragazzo rimise
la foto al suo posto.
Notando che era solo una
delle tante che ritraevano suo padre insieme ad Howard
H.R.J. Lancaster.
«anche
quella…» la indicò «e
quella…» ne indicò un’altra
«e
tutte quelle…»
Solo a quel punto Kevin stava
iniziando a capire che un
tempo quei due erano veramente amici
stretti. Lui ad Howard l’aveva conosciuto che già
l’odio tra quest’ultimo e suo
padre era ben sviluppato, e tendeva a considerarne la passata amicizia
come una
cosa molto “così”…del tipo
“mah, amicizia, era più che altro un
conoscente”.
Non era così.
«non le hai mai viste in
casa tua? Molte di queste una volta
le aveva anche tuo padre».
«no…non ho mai
visto nessuna di queste fotografie» “mi sa
che mio padre le ha bruciate tutte” pensò
azzeccandoci in pieno «…è facile che
mio padre se ne sia liberato».
«già, avrei
dovuto pensarci. Mio marito non l’ha fatto
invece» prese in mano una fotografia «il rapporto
attuale è quello che è, ma
non per questo rinnega i ricordi passati. Qui per esempio è
quanto tentava di
insegnare a tuo padre ad andare sullo skateboard» gli
mostrò la foto «i
risultati sono stati quelli che vedi».
A Kevin scappò quasi una
risata nel vedere Robin Mask col
sedere per terra, la tavola ad un metro da lui, ed Howard -in perfetto
equilibrio siora la sua, di tavola- ad osservarlo tra il divertito ed
il
compassionevole…
«qui invece è
quando tuo padre si disperò perché…hai
presente quel gioco in cui bisogna disegnare delle figure in modo che
il
proprio compagno di squadra indovini di che si tratta?»
indicò il disegno
stilizzato nella foto, in cui si vedeva Robin decisamente irritato ed
Howard
che pareva dire “ma che colpa ne ho io?!”
«ecco, secondo mio marito quello
doveva essere un cavallo. Inutile
dire che a quel gioco vincemmo io e tua madre».
Una specie di “S”
all’incontrario, squadrata,
con quattro stanghette verticali attaccate sotto.
«…ci vuole un
po’di fantasia…»
Fotografie a parte la domanda era una
sola.
Che cosa ci faceva Kevin con Lady
Janice nella tenuta dei
Lancaster…?
:: tempo
prima ::
«…non sento
scuse».
«è una pessima
idea!»
Nonostante Warsman ci stesse provando
in tutti i modi non
c’era proprio verso di far ragionare quel ragazzo, che
tornato la sera prima dalla
sua breve gita sul pianeta Ercole, avrebbe preteso di ripartire
immediatamente quella
mattina.
Per Londra, però.
«non me ne importa niente,
passi il suo rapporto con mio
padre ma lui mia madre morta non la deve coinvolgere!»
«Kevin, non hai nemmeno
un’idea precisa di ciò che cercava
di dirti tuo padre! ripeto, partire per Londra per andare da Lancaster
è una pessima
idea».
«e io ti ribadisco che non
me ne frega niente, non devi
venire con me se…» si interruppe brevemente
«…già…se me ne vado tu
resterai qui
da solo con Connors di là della strada».
«in quel caso forse io
tornerei a casa “mia”» mimò le
virgolette «solo per solo, quella è più
lontana. E poi Kevin io te l’ho già
detto che non sarebbe la tua presenza a fermare i soldati nel caso
volessero
farmi fuori, quindi…»
L’inglese si
innervosì. Non sapeva bene che fare.
Aveva deciso di andare a Londra per
dire una volta per tutte
ad Howard di lasciare in pace lui, suo padre e anche Warsman. Visto che
nessuno
sembrava aver voglia di fare qualcosa doveva agire lui in prima persona.
Ma andare via significava lasciare
solo Warsman, appunto.
E anche, forse, perdere una
telefonata di Hammy visto che
solitamente chiamava al numero di casa.
Ma lui doveva andare.
Era una cosa estremamente
importante.
Il campanello suonò.
«ma chi è
adesso?!» sbottò andando ad aprire. E cambiando
atteggiamento appena vide chi era «…Miss
Mary!» non si sarebbe aspettato che
venisse di nuovo a fargli visita, dopo che era stata lì il
giorno prima. Non
che gli dispiacesse. Magari poteva dargli una mano a decidere.
«ciao …oh! Sei
in partenza?» notò la donna, che era rimasta
sulla soglia.
«si, no, non lo
so…»
«pare che Howard Lancaster,
a detta di Robin Mask, abbia
deciso di sfruttare non si sa come la morte della madre di Kevin per
infliggere
l’ennesimo colpo alla famiglia Mask» le
spiegò rapidamente Flash «e lui ora si
è messo in testa di “andare a Londra a dargli il
fatto suo”!»
Altra notizia piuttosto sconcertante
per la donna. « non so
se sia una buona idea. è
un uomo
molto potente. Ma d’altra parte accidenti, il fatto che sia
potente non vuol
dire che gli sia concesso di fare cose come questa».
«appunto, e visto che
nessuno ha abbastanza fegato per
dirglielo lo farò io!...o almeno volevo
farlo finché non ho riflettuto
sul fatto che…allora, a parte che significherebbe lasciare
lui da solo…»
Il russo alzò gli occhi al
cielo. «non sono un bambino di
tre anni! E se quelli non hanno dato noie fino ad ora di certo non
è stato per
via della tua presenza!»
«…non che
intenda trattenermi tanto, il tempo di andare lì,
dire quel che devo dire e tornare. Una giornata in tutto»
continuò Kevin,
ignorandolo «ma…»
«ah, ma allora che problema
c’è? Se è questione di non
rimanere solo posso farle compagnia io» disse Miss Mary a
Flash «almeno
potremmo evitare situazioni spiacevoli».
Una proposta che fece allibire il
russo, primo perché non si
conoscevano quasi per niente, secondo perché…ma
quella donna lo sapeva chi
e cosa era lui? Perché qualche dubbio
gli stava venendo, vista la
naturalezza con la quale si era detta disponibile a trascorrere del
tempo in
sua compagnia. Non che Flash pensasse che ci fosse sotto qualche
secondo fine,
sapeva che presumibilmente la signora lo aveva detto in modo da far
partire
Kevin più tranquillo; insomma, era solo molto gentile e
disponibile.
Ed anche per quello non se la
sentì di metterla in mezzo.
«la ringrazio molto
ma…è meglio di no. Non perché non mi
farebbe piacere, ma perché preferisco evitare di mettere in
mezzo un’innocente,
se mai accadesse qualcosa. E tu Kevin se sei proprio certo di voler
partire,
allora fallo. Io starò bene».
Kevin guardò lui, poi Miss
Mary.
«quindi vado?»
«se è quel che
ti senti di fare, fallo…ah, una
cosa!»
esclamò la donna «novità con
Emerald?»
«sono riuscito perlomeno a
dirle che la amo, quando sono
andato su. Anche per questo non ero sicuro di voler partire,
perché….se dovesse
richiamarmi qui a casa?»
«le dirò io di
chiamarti sul cellulare» disse Warsman.
“ma ho la vaga impressione
che se chiamasse qui e ci
mettessimo a parlare lei finirebbe tutti i minuti a
disposizione” pensò.
«mh…si…beh…allora
vado sul serio» disse Kevin, salendo sulla
moto «prendo il primo aereo per Londra e parto».
«in bocca al
lupo» disse Miss Mary.
«…crepi il
lupo» rispose lui accendendo il motore e
partendo.
I due lo guardarono allontanarsi.
«mi auguro che non gli
accada niente di male» mormorò Miss
Mary.
«sarò
sincero…per quanto sia un uomo assolutamente spietato
non penso che Howard Lancaster arriverebbe a fargli del male in senso
fisico. A
meno che Kevin non gli salti addosso con l’idea di rompergli
tutte le ossa»
aggiunse poi «è vero che lo ha ospitato in casa
solo perché Emerald ha voluto
così. Ma è anche vero che -e qui non so se ci sia
più da ridere o da piangere-
lui è sempre il suo padrino».
Gli era passato di mente per diverso
tempo, ma quando Kevin
se n’era uscito col voler andare a Londra lo aveva ricordato.
Già, roba da non
credersi, che proprio lui…probabilmente
era anche per quel motivo che, a
detta di Kevin, era stato Howard a notificargli
l’annullamento del patto.
Perché per quanto potessero non piacersi magari
quest’ultimo percepiva di avere
un minimo di “dovere”
di…
«che? Sul
serio?...ma Kevin lo sa?»
«mi sono dimenticato di
dirglielo» ammise Warsman.
“a riprova del fatto che
anche se a detta di miz Lancaster
sei una bestia che parla latino, sempre bestia col cervellino piccolo
sei”.
Flash e Miss Mary Nikaido si erano
fermati a parlare sulla
soglia della porta di casa, ma era stata una mossa poco intelligente se
si
voleva che le cose rimanessero un po’ più
nascoste. Ma Connors riteneva una
fortuna quello sfoggio di altrui stupidità,
perché così poteva avvisare il
capo, nonostante sapesse per certo che il viaggio di Kevin Mask a
Londra
sarebbe andato a vuoto perché Mr. Lancaster dal giorno prima
era a Rabat e ci
sarebbe rimasto per altri tre; da quel che aveva capito era
lì per comprare un
oggetto che gli interessava avere nella propria collezione, la
statuetta molto
antica di un drago d’oro e smeraldi.
Ed anche per decidere o meno se era
il caso di entrare in
affari con la donna con la quale stava concordando la vendita, il cui
nome era
Michell Lopez. A detta di Howard sembrava che farlo sarebbe stato
quello che
Connors aveva definito “un gran colpo”,
perché pareva che operassero in campi
abbastanza simili…
– Connors. Che
è successo?
Non lo sentì protestare
che “era in riunione” o simili.
Perché Howard sapeva che se era l’americano a
chiamare c’era sempre di mezzo
qualcosa di importante; come quella faccenda con Hammy, per esempio.
«pare che Robin Mask sia
alla disperazione, signore, tanto
da dire al figlio che voi intendete sfruttare la
“morte” di sua moglie
per arrecare dolore a lui e tutta la famiglia Mask. Ed il brat
è partito
per l’aeroporto giusto pochissimo tempo fa: da quel che ho
sentito vuol venire
a Londra a “darvi il fatto vostro”».
Il racconto fece ridere in modo
genuino Mr. Lancaster. – quel
ragazzo è proprio identico a suo padre, non
c’è scampo…stessa
impulsività.
Stessa stupidità. E devo darti ragione
quando dici che Robin è alla
disperazione, visto che nel tentativo di evitare che il figlio scopra
la verità
su Alisa è stato lui stesso a
portarlo ad indagare. In ogni caso beh...per ovvie ragioni non mi
troverà nella
mia tenuta.
«però
c’è vostra moglie, signore» gli
ricordò l’americano «e
mi avete detto che adesso anche la signora sa».
– continuo a
pensare che sarebbe bene che fosse mia
figlia a dirgli la verità. Anche perché da quel
che mi ha detto quando ha
chiamato poco fa, sembra che la sua pausa con il figlio di Robin abbia
subìto
uno scossone quando lui ieri sera è andato fin
lassù solo per dirle che la ama.
«…ah
si?»
Pur avendo ricevuto un chiarissimo
“via libera” da parte del
suo capo Michael Connors continuava a ripetersi che no, non era il
caso, che
lei doveva avere di meglio e quant’altro. Nonostante
ciò, però, quella notizia
non lo rese esattamente l’uomo più felice del
mondo.
«era ora che facesse
qualcosa di un po’meno idiota, quello stupid
brat».
– devo concordare
anche stavolta. Un altro motivo per il
quale sarebbe bene che fosse Emerald a dirgli tutto è che
lei al momento ha le
prove, ossia quelle lettere color lavanda. Al suo ritorno io le
fornirò il
certificato di morte di Alisa Macintosh coniugata Mask con relativo
responso
del perito che ne attesta la falsità. Oltre a qualche
vecchio filmato che sono
riuscito ad ottenere muovendo qualche pedina in più e con un
bel po’di fortuna,
nel quale si vede molto nitidamente che Robin Mask guarda salire
nell’astronave
Alisa e Quarrelman. Parlo di fortuna perché tutte le
telecamere avrebbero
dovuto essere spente, e invece per errore ne avevano lasciata accesa
una. Ops.
«la fortuna aiuta gli
audaci, signore».
– non hai tutti i
torti nemmeno stavolta. Va bene…dopo un
paio di chiamate per sapere su che aereo è salito e quindi a
che ora arriverà, dirò
a Janice di prepararsi a riceverlo. E di cercare di farsi dire bene dal
ragazzo
cos’è che gli ha detto suo padre.
«mi sa che quello per
vostra moglie non risulterà troppo
complicato».
–
pff…già, non c’è nessuno
migliore di Janice se si
tratta di venire a sapere qualcosa. Fatto ciò, comunque,
dovrà confermare che
effettivamente qualcosa sotto c’è, ma non per
colpa della nostra famiglia,
quanto piuttosto del solo Robin Mask. E che sarà Emerald a
parlargliene al suo
ritorno, perché è “una questione molto
delicata della quale è lei ad avere in
mano le maggiori prove”. Magari Kevin Mask non si fiderebbe
di me, ma è
scientificamente provato che tutti quanti finiscono
per fidarsi di
Janice, che comunque non dovrebbe dirgli alcuna bugia.
«e beh. Di bugie da dire
non ce ne sono nemmeno, perché
Robin Mask quel che ha fatto l’ha fatto da solo».
– mai conosciuto
qualcuno migliore di Robin nello
scavarsi la fossa da solo e richiuderla, gettandosi perfino la terra
addosso.
Anche se tu rischi di diventare simile a lui, pensando di essere
“inadeguato”
quando si tratta di Emerald.
«voi sapete
perché dico quel che dico a riguardo…»
– si, lo so. Ed
è anche per questo che sarei felice se tu
ed Hammy finiste col mettervi stabilmente
insieme. Ma sarà quel che sarà,
giusto?
«giusto, signore».
:: varie ed eventuali ore
dopo, aeroporto di Londra ::
Kevin Mask scese
dall’aereo, per prima cosa guardandosi
intorno in cerca di uno straccio di taxi.
“taxi…taxi…”
«Mr. Mask?»
Il ragazzo, un po’sorpreso
di sentirsi chiamare in quel modo
a dirla tutta, si voltò trovandosi davanti il volto di un
ragazzo più giovane
di lui e sconosciuto ma serio ed impettito nella linda divisa che
identificava
il personale di una casa signorile. Precisamente, a giudicare dallo
stemma
argentato con la pantera nera dagli occhi di smeraldo rampante, era un
cameriere dei Lancaster.
Si stupì, ma fu giusto un
attimo. Una cosa del genere
avrebbe dovuto aspettarsela.
«vi prego di seguirmi fino
all’automobile».
Ecco, adesso che guardava meglio
poteva vedere benissimo una
limousine bianca. La stessa con la quale Howard Lancaster e famiglia
erano
venuti a prendere lui ed Hammy l’altra volta.
O beh…se doveva
incontrarlo, tanto valeva accettare il
passaggio!
Così seguì il
ragazzo -Sebastian Lederdale- fino alla
limousine, salendo in macchina appena questi gli aprì la
portiera per poi
chiuderla alle sue spalle e montare a sua volta in macchina, sul posto
accanto
a quello di guida -sul quale era seduto invece suo nonno Jordan
Lederdale, il
maggiordomo in capo-.
Partirono.
«è un piacere
incontrarti di nuovo, Kevin Mask…»
Si sarebbe aspettato Howard
Lancaster, e invece davanti a
lui c’era la sola Lady Janice. In un certo senso era molto,
molto meglio così
-tanto che fece un piccolissimo sospiro di sollievo- ma
dall’altro…
«ah…anche per
me, signora. Solo che in verità mi sarei
aspettato, ecco, suo marito».
«lo immaginavo. Ma mio
marito è a Rabat da ieri mattina, e
si fermerà per qualche giorno. Viene da sé che
non poteva riceverti».
Già. quindi lui aveva
fatto un viaggio a vuoto, maledizione.
Però…
«ad ogni modo mi ha
incaricata di “fare le sue veci” nella
questione che sei venuto a discutere».
Giustamente, se sapeva che sarebbe
venuto a Londra non
doveva sapere anche il motivo?
Solo che Kevin all’idea di
discutere con Lady Janice non si
sentiva molto a suo agio. Lei gli piaceva, gli era sempre piaciuta, e
gli
sembrava non so cosa parlare con lei di quanto fosse stronzo suo marito.
«io…a dire il
vero non so se sia il caso…»
«Kevin, so di cosa si
tratta. E so anche di non essere così
sciocca da non riuscire a capire quanto mi dirai».
«ma no, no, non
è per questo motivo che…non mi permetterei
mai di pensare che lei sia…non la ritengo una
sciocca!» disse subito il ragazzo
che non voleva rischiare di finire per non piacere nemmeno a Janice.
«tranquillo. Quel che
intendevo dirti è che puoi dire a me
quel che vorresti dire a mio marito».
“non penso che riuscirei a
darle della bastarda” pensò
Kevin.
«ma direi di parlarne una
volta arrivati nella tenuta.
Magari davanti a tè e pasticcini, visto che è
quasi l’ora».
Secondo Kevin due sole cose Howard
H.R.J. Lancaster aveva
fatto bene nella propria vita: una era Hammy, e
l’altra…sposare Janice! Al
posto suo probabilmente lo avrebbe fatto anche lui.
«ma non
vorrei…»
«ah. Non ti concedo di
rifiutare, Kevin; potrei anche
offendermi sai?» lo “minacciò”
per poi fargli un sorriso luminoso e
tranquillizzante «allora?»
«e allora accetto, che devo
dire…»
Arrivarono alla tenuta in breve tempo
come l’altra volta,
complice anche il fatto che se serviva potevano evitare il traffico
utilizzando
le corsie preferenziali.
E Janice lo fece accomodare in uno
dei salotti, nell’attesa
del tè…
:: ora ::
«oddio, e
questa…?!» Kevin prese in mano un’altra
foto «ma è
vera?»
Janice scoppiò in una
risata argentina che gliela rese
ancora più simpatica. Per il semplice motivo che era uguale
a quella di Hammy.
«oh si! Successe al
quarantaduesimo compleanno di tuo padre,
dovevano andare da tutt’altra parte e invece finirono in un
locale di drag
queen a ballare Y.M.C.A., come vedi…»
“vedo, e vedo anche che mio
padre tiene un drink per mano. E
di quelli pesanti!” aggiunse mentalmente Kevin, che non
riusciva a credere a
quel che stava vedendo.
Principalmente perché in
tutte quelle fotografie, al di là
delle sue pose da “è assurdo”,
“oh dear”, “ma che
diamine…?”,
“ma…maledizione!”,
suo padre sembrava…divertirsi.
Divertirsi come tutti i comuni
mortali, cosa che da quel che
Kevin aveva potuto vedere non aveva creduto che Robin fosse
assolutamente in
grado di fare. Come se il divertimento non fosse una cosa buona, quanto
piuttosto un brutto mostro da evitare. O un demone da esorcizzare.
Qualcosa di
simile, comunque.
Tutto il contrario di quel che
c’era in quelle immagini, da
quella nel locale per drag queen a quella in cui si vedeva Howard nel
suo bel
completo bianco porgere a Robin la pallina da golf recuperata dalla
cima di un
albero.
Stando appeso a testa in
giù.
“a quanto pare è
un’altra cosa che Hammy ha preso da suo
padre, questa” pensò.
«…in
quell’occasione tuo padre chiamò mio marito
“pipistrello albino”, come ogni tanto faccio anche
io» gli raccontò Janice «lo
so perché quella volta ero presente»
specificò, per poi guardarlo dritto negli
occhi «immagino che ti sembri tutto un altro mondo,
eh?»
Janice aveva colto nel segno.
«già. è
esattamente quel che mi sembra».
Proprio in quel momento vennero
serviti tè e pasticcini -in
perfetto orario, come Kevin notò con sommo piacere- e loro
si accomodarono sul
tavolino.
«allora, veniamo al motivo
per cui sei qui. A quanto ho
capito, tuo padre ti ha detto qualcosa riguardo al fatto che Howard
vorrebbe…come dire…recare dolore a te e lui
attraverso tua madre».
Non se l’aspettava
così diretta, tanto che venne preso in
contropiede trovandosi a dirle in modo più specifico
cos’era che gli aveva
detto suo padre Robin.
«lui…a dire il
vero di preciso oltre a questo ha detto che
qualunque cosa suo marito mi dica riguardo mia madre non gli devo
credere»
disse sbagliando, perché in verità Robin gli
aveva detto di “non credere a
nessuno dei Lancaster” «ma non ho capito a cosa si
riferiva. Insomma, mia madre
è morta. Che c’è da dire su qualcuno
che è morto?» non gli venne in mente
nemmeno di tirare fuori la faccenda della profanazione, fatto che in
quel
momento gli era sparito dalla testa. Forse eclissato dal suo inconscio
che
voleva evitare di ferire in qualche modo quella donna?
«…non è stato molto
chiaro. Io l’unica cosa che ho capito davvero è
che secondo lui c’entrava suo
marito, ecco».
L’istinto di pettegola di
Janice le stava urlando un bel
“digli tutto! Digli tutto! DIGLI
TUTTO!” ma si trattenne.
«Kevin…effettivamente
riguardo tua madre Alisa -che peraltro
era mia amica, quindi tieni presente che mai potrei
dirne male-
attualmente c’è in ballo una questione
piuttosto…delicata. Ma in questo caso
Howard non c’entra assolutamente niente, se non per il fatto
che ne è da poco
venuto a conoscenza».
Ed eco che lo aveva preso in
contropiede un’altra volta.
Allibito, Kevin rimise la tazzina di tè ormai quasi vuota
sul piattino.
«che…che vuol
dire? di che si tratta?»
Janice tese la propria mano a
stringergli il polso con fare
rassicurante. «in un certo senso per te sarà una
bella notizia. Il contorno
però…lo sarà di meno. Tu sai
com’è fatta Emerald, immagino. È come
suo padre,
quando ha di meno da fare lei
si…”informa”. Indaga. In questo caso,
“perquisisce
la stanza di tuo padre nella Scuola di Ercole”».
Ecco, quello non lo stupiva per
niente invece. Solo che non
capiva…cos’era successo allora?
Cos’aveva trovato Hammy?
«si…questo non
mi sorprende, ma…che cos’ha trovato? Cosa
c’era di tanto…grave?» la
guardò «lei lo sa?»
Janice annuì.
«si. Ma non è bene che te lo dica io;
sarà
Emerald a farlo al suo ritorno. Avrebbe voluto parlartene prima, ma non
sono
cose di cui si può discutere per telefono»
sorseggiò il tè «e non avrebbe
potuto darti le prove tangibili che ha in mano al momento».
Kevin poggiò una mano su
una tempia, anche se era coperta
dalla maschera. «mi faccia capire.
Insomma…curiosando nella stanza di mio padre
Emerald ha trovato delle prove di una questione tanto delicata che lei
non può
parlarmene, e che mi riguardano? E che riguardano anche
mamma?»
Janice annuì ancora.
«…e che mio
padre a quanto pare non vorrebbe che venissero
fuori».
«cosa che invece
avverrà. Com’è giusto, in fin dei
conti.
No, pare proprio che tuo padre volesse tenere quel segreto per
sé, tanto da
arrivare a dirti che Howard sta attaccando la tua famiglia sul fronte
Alisa e
di non credere a niente di quel che potrebbe dirti a riguardo. Senza
rendersi
conto che invece così facendo…eccoti
qui» finì il tè «puoi
renderti conto da
solo che “è l’azione di qualcuno che non
ha più idea di cosa fare ed agisce
d’impulso commettendo errori madornali come
questo”».
«lo ha detto suo marito,
immagino».
Kevin si sentiva quasi stordito. Suo
padre gli aveva
nascosto chissà che cosa riguardo a sua madre, e adesso gli
unici a sapere la
verità erano proprio Howard e famiglia. E la sua fortuna era
di piacere sia ad
Hammy che a Janice!
«già, io non
sono il tipo da fare simili considerazioni. Non
sono esattamente una stratega».
No, non proprio, soprattutto per quel
“DIGLIELOOOOOOOOOO”
che sentiva in testa. Ma aveva promesso al suo Howie di non dire
più di quanto
avesse già detto, ed una promessa era debito. E non
mantenerla sarebbe stato
anche peccato, specialmente per una cattolica praticante come lei, che
ad ogni
pettegolezzo mentalmente chiedeva perdono al Signore e recitava un
Padre Nostro
e tre Ave Maria. Come a dire che lo faceva quasi di continuo.
Non che fosse una di quelle
cattoliche fanatiche ed
intolleranti alle idee altrui, tanto da aver sposato un uomo che se non
era
proprio ateo come Hammy poco ci mancava. Il fatto che si fossero
sposati in
chiesa e che Emerald fosse stata battezzata ed avesse fatto le
elementari dalle
suore erano dovuto solo al fatto che Howard come di consueto aveva
voluto farla
contenta.
«…quindi io
dovrei aspettare fino alla fine
dell’addestramento per poter sapere qualcosa in
più? Non penso di farcela. Io
voglio saperlo adesso. Lady
Janice…se
lo sa me lo dica. Per favore…»
“…e non indurci
in tentazione ma liberaci dal male. Amen.
Dammi la forza di stare zitta, Signore».
«vorrei davvero poterlo
fare. Ma è bene che tu aspetti, così
da poter vedere con i tuoi occhi cos’è che ha
trovato Emerald. Se parlassi
adesso potresti arrivare a pensare che mio marito mi abbia chiesto di
mentirti
o simili, visto che sei arrivato qui con quell’idea. Ma qui
non c’è ragione di
mentire» disse «e non l’aveva nemmeno tuo
padre, di mentirti come ha fatto. Ma
è qualcosa che dovrai chiarire con lui a tempo
debito».
“a tempo debito”,
“aspetta”,
“pazienta”…Kevin queste parole
e frasi le aveva già sentite da Warsman, e ricordava
benissimo com’era andata a
finire. Anche per questo divenne tanto inquieto che le sue sensazioni
sfociarono quasi nella paura, cosa della quale nonostante non fosse
cosa facile
a farsi Janice si accorse.
«una cosa che forse non sai
però te la posso dire».
Lui rizzò le orecchie.
«quale?...»
«innanzitutto tieni a mente
che se ti servisse qualcosa puoi
chiedere a me. E questo in nome di quanto sto per dirti» gli
offrì i pasticcini
«la notizia ti lascerà perplesso presumo, ma devi
sapere che io sono la tua
madrina…»
«c-che
cosa?!»
allibì Kevin. Il pasticcino gli cadde dalle mani.
Janice era la sua madrina. E se le
cose stavano così allora,
anche vista la vecchia amicizia, era logico presumere che Howard H.R.J.
Lancaster fosse…oh cielo.
Quell’uomo che detestava
come pochi era il suo padrino?!
«se non mi credi puoi
sempre verificare quando vuoi. Io ed
Howard siamo la tua madrina ed il tuo padrino. E tuo padre e tua madre
sono
quelli di Hammy».
Doppio “WTF?!!”
…suo padre era il padrino di Emerald!
Immaginò la faccia che
doveva aver fatto lei quando l’aveva
saputo, se l’aveva saputo. L’unica cosa che lo
consolava era che, come dire,
mal comune mezzo gaudio.
«…mia…madre
“era”, se mai».
Janice non replicò,
preferendo mangiarsi l’ennesimo
pasticcino. «…finisco sempre a mangiarne quintali,
di questi».
Cambio di argomento improvviso, ma
che prese subito Kevin
facendolo addirittura sorridere anche dopo quel che aveva saputo.
«anche Hammy mangia
quintali di roba. Sembra un
aspirapolvere più che un essere umano, e mai che mettesse su
un chilo! Se mai li perde!»
«almeno il metabolismo e il
fisico li ha presi da me. Il
resto tutto da suo padre…»
«non la risata».
Lei lo guardò.
«mh?»
«lei e sua figlia avete la
stessa risata…amo quella risata.
Ehm. Quella di Hammy insomma. Cioè non che la sua sia brutta
visto che sono
uguali però si ecco-»
Quell’impappinamento le
fece ridere nuovamente e zittì lui.
«dai dai, avevo
capito».
“ma come fa Howie a
preferirgli quell’americano arrogante? È
così tenero” pensò la donna.
«…»
«quando siete venuti qui
Hammy ti ha mostrato i nostri
cavalli?»
«no…non avevamo
molto tempo sa».
Janice si alzò.
«ti va di venire alle stalle? Posso
mostrarti quelli che ci sono lì se vuoi. Ma non chiedermi di
farti vedere
Abraxas per piacere, a parte che correrebbe subito via, ma oltretutto
quel
bestione gigantesco mi inquieta abbastanza. Non so come facciano mio
marito e
mia figlia a montarlo, e senza finimenti poi» scosse la testa
«sinceramente a
volte quei due mi risultano quasi incomprensibili».
Anche Kevin si alzò.
«ad essere sincero Hammy a volte
risulta così anche a me. Ad ogni
modo…d’accordo. Verrò volentieri a
vedere i
cavalli».
Mentre usciva dalla stanza con la
signora Lancaster l’occhio
gli cadde di nuovo sulla foto di suo padre con
“l’Uomo Ragno”. Nonché, di
sfuggita, su tutte le altre fotografie in cui comparivano Howard ed
Emerald o
la famiglia Lancaster al completo.
E si trovò a pensare con
un fastidio che non gli piaceva ammettere
che…accidenti, suo padre non si sarebbe mai
vestito da Uomo Ragno per farlo divertire. E non avrebbe
nemmeno girato
dodici istituti privati per fargli scegliere quello con una divisa che
gli
piacesse. Così come non lo aveva mai portato a cavalcare
insieme a lui, o non
aveva fatto venire nella tenuta alcun cantante per i suoi compleanni, o
non si
era mai curato di instaurare un rapporto di vera confidenza come invece
Howard
pareva aver fatto con Hammy fin da subito.
Pur continuando a pensare che fosse
un errore che lei non
volesse uscire davvero dal nido, e che lui continuasse a volersi
mettere in
mezzo, e tutte le altre considerazioni che aveva fatto con Warsman
ormai tre
milioni di volte e per le quali lui ed Emerald avevano litigato tanto
furiosamente
da prendersi una pausa, si trovò a pensare che
forse…no, forse proprio-proprio
in quel modo no, ma…avrebbe tanto voluto che suo padre
avesse cercato di avere
con lui un rapporto simile a quello di Hammy col suo, di padre.
:: Scuola
di Ercole ::
«dov’è
che è andato Kevin?...»
– sei
sorda? A Londra.
L-o-n-d-r-a. A fare quel che ti ho detto, perché Robin gli
ha detto in quel
modo.
«una bestiaccia come te
è in grado di fare lo spelling, mi
stupisco tutte le volte…»
– guarda
che non mi ci
vuole niente a sbatterti il telefono in faccia.
«e a me non ci vuole niente
per ordinare a chi di dovere di
spararti ad una gamba».
Totale silenzio dall’altra
parte. Hammy stessa si rese conto
che avrebbe dovuto mordersi la lingua invece che dirgli una cosa come
quella.
«guarda che
scherzavo…»
– vaffanculo.
«ok, era meritatissimo,
ogni tanto hai ragione anche tu»
disse con un sospiro.
– …va
bene, che è
successo? Con quel che hai detto, adesso mi sembri più
arrendevole del solito.
«non solo porcello ma pure
impiccione» lo punzecchiò lei
«non è niente, pensavo solo all’arrivo
di Kevin qui ieri. E al fatto che sia
questo viaggio che l’altro sono stati praticamente a vuoto,
perché qui ha fatto
giusto in tempo a dirmi “ti amo” e poi è
stato buttato fuori, e lì a Londra se
mai becca giusto mamma perché mio padre è a Rabat
da ieri».
– sul
serio?...soldi
buttati…
«poteva viaggiare su un
aereo dei miei. Sanno chi è, e non
avrebbe pagato un cavolo».
– ma
che gentile.
«e si che con te non
abbiamo fatto alle stesso modo!»
Altro momento di silenzio completo.
«…Sorcio? Se ci
sei squittisci».
– un
viaggio in quel
modo probabilmente non si ripeterà più.
Stavolta fu lei ad ammutolire un
attimo. «…ovvio. No. Ma
questo lo sapevi da quando siamo tornati. Cos’è,
ti mancano le ballerine
sudamericane? Cuba? Brazzzzilll?...»
– …
Emerald si diede mentalmente della
cogliona. Dopo che lui
aveva tirato fuori quella faccenda di Rio si era ripromessa di non
nominare più
il Brasile, e il loro viaggio in generale.
«lo sai chi dovrebbe farsi
una vacanza? Robbie Robbie. Era
talmente nervoso che quando mi ha attaccata l’ultima
volta…mh. È finito per
sbaglio giù dalla rupe…»
– L’HAI
BUTTATO GIÙ DA
UNA RUPE?!!
«…per
sbaglio…»
– seh,
come no, per
sbaglio, ma raccontala a qualcun altro che non ti conosce bene come ti
conosco
io!
«comunque si sta
già riprendendo, ovviamente. Anche se quel
che è successo ieri lo farà stare a letto un paio
di giorni in più. Perlomeno
gli facesse bene avere sotto gli occhi la dottoressina carina che hanno
messo
quassù…se dopo tutte le botte sulle palle che ha
preso queste fossero ancora
funzionanti gli direi di provarci. Meglio quella che la bambola in fin
dei
conti. Anche se al posto di lei non lo cagherei proprio di pezzo, sono
a
due livelli
diversi, tipo…me e te, per
esempio!»
– ma
devo mandarti a
quel paese un’altra volta?!...e poi se i livelli sono quelli
ci sarebbe qualche
speranza. Sempre che lei sia una puttanella come te.
«non mi pare il tipo,
purtroppo per Robbie Robbie».
– puoi
evitare di
chiamarlo in quel modo?...comunque, non ti ho chiesto la cosa
più importante:
Kevin. Che vuoi fare con lui?
Domandona.
«è…difficile».
– che
vuol dire?
«da un lato è
stato assurdo ma carino da parte sua venire
fin qui per dirmi “ti amo”. Dopo che non ci siamo
sentiti tutto quel tempo,
dopo tutti quei litigi continui…era un secolo che non ce lo
dicevamo. Solo che,
ecco…» fece un sospiro nervoso
«non…non è…ci sono tante
cose che…»
– …quale
è il
problema?!
«è che
lui…si dice “tra il dire e il fare
c’è di mezzo il
mare”. È stato un gesto dolcissimo il suo, non
dico di no. Però quel che mi
viene in mente è “non è che se
concludiamo così la pausa tempo un paio di
giorni e tornerà a mangiarmi la faccia per ogni minima
cosa”? con i suoi
attacchi verso mio padre, con quella sua sottospecie di maschilismo,
con la
possessività? Io con quelle faccende lì la voglio
fare finita».
– non
è tutta colpa di
Kevin, Emerald. Anche tu dovresti imparare ad ascoltarlo di
più, ad essere un
po’più sensibile nei suoi confronti, e dovresti
dire a tuo padre che non hai bisogno di essere tenuta sotto una
campana di vetro. O
di un buon numero di soldati pronto a spararmi al primo cenno!
«ma vi hanno fatto
niente?»
– no
ma-
«e allora
dov’è il problema?»
Hammy lo sentì borbottare
qualcosa riguardo al fatto che
sarebbe stato un discorso lungo, complicato e teso quello con cui
ficcare quello
che c’era da ficcare in quella sua “testaccia
dura”.
– quindi
fammi capire,
nonostante il suo gesto non intendi concludere la tua pausa di
riflessione? Tu sei
fuori di testa.
«Flash, saranno anche cazzi
miei no?!»
– si
ma poi quello che
deve sorbirsi le scenate post-litigio, post-discussione e
pre-post-in-pausa
sono io! Per non parlare del fatto che quel povero ragazzo mi fa pena.
Ti ama
alla follia, e tu lo sai!
Emerald socchiuse gli occhi. Quelle
parole non la facevano
sentire poi tanto meglio.
«si…forse. Ma
io…»
– un
momento. Non sarà
per caso che il problema non è tanto l’amore di
Kevin per te, quanto piuttosto
il TUO per lui?
Quel vecchio porcello la conosceva
veramente troppo bene.
Ma quelle erano cose che non voleva
dire nemmeno a lui.
Attualmente in ambito sentimentale
era in preda ad una
confusione pazzesca. E non era come l’altra volta con
Tovarich, oh no. Quando stava
con lui Hammy aveva sempre saputo di amare Kevin, tanto da metterlo in
chiaro
con Turbinskii stesso.
Stavolta era diverso,
perché nonostante l’avessero presa
entrambi “come se niente fosse” -più o
meno- lei a quel bacio con Michael aveva
pensato spesso.
Molto spesso.
Troppo, spesso.
Kevin era il suo ragazzo e lei lo
amava, ma avevano un mucchio
di problemi.
Michael era un ex mercenario -e non
le fregava niente- con,
a suo dire, un passato assolutamente deprecabile -e non le fregava
niente
nemmeno di questo- reo di aver compiuto stupri, assassinii, torture
anche in tempi
recenti -e per assurdo che potesse sembrare non le fregava niente
nemmeno di
quello- ma che quando si trattava di lei arrivava a farsi lo scrupolo
di dire “non
sono abbastanza, meriti di meglio”.
E pensava a lui.
Al suo odore di pino silvestre e maschio. Al suo sapore, alle labbra
morbide, a quella barbetta un
po’pungente. Al fatto che avesse cantato con lei nonostante
le costole
incrinate, cosa per la quale quando l’aveva saputa gliene
aveva dette di tutti
i colori.
A quei suoi occhi neri vivi,
brillanti, a quel suo
sorrisetto sfacciato che conosceva fin da quando era bambina, le
lentiggini, i
capelli castani perennemente senza un verso, quella sua
“strategia acchiappa
signore”…
Ma perché doveva essere
tutto così complicato?
E anche lei però se le
andava a cercare, perché quando Michael
cinque giorni prima le aveva proposto una nottata di tango
-insegnatogli dai
suoi nonni argentini- di lì ad una settimana avrebbe
dovuto dirgli di no.
Ma aveva pensato,
“perché? Con Kevin sono in pausa e
comunque è solo un ballo”.
Solo un ballo…
E la cosa più assurda era
che l’idea di dire a Kevin di
quest’ultima cosa, del tango insieme a Connors, le risultava
più “fattibile”
rispetto a dirlo al russo che al momento era al telefono con lei. Il
tango era
una cosa…”loro”. Come i loro litigi, i
loro scherzetti atroci, i loro segreti e
anche quel viaggio.
Emerald J.V.P. Lancaster si sentiva
una traditrice in tutti
i sensi, e non poteva -o forse sotto sotto non voleva?- farci niente.
«ah macché. Sono
solo un po’…così. La situazione non
è
facilissima quassù sai?»
– ciò
non toglie che…
«ci sentiamo. I minuti sono
finiti» breve esitazione «ciao».
E chiuse.
***
Dal prossimo capitolo,
timeskip a fine periodo di addestramento :D altrimenti qui la cosa va
troppo per le lunghe, vi rompete le scatole e ci lasciate tutti
quanti...
Emerald: ...ma veramente? T_T nooo, peccato!
|
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Capitolo 14 *** Tratti di famiglia, parte II ***
Emerald J.V.P. Lancaster stava
ridendo ormai da venti
secondi buoni.
Una risata sincera, di cuore, che le
faceva dolere la pancia
e lacrimare gli occhi.
Rideva, rideva, rideva…
Ed il motivo era semplicissimo.
Arrivate alla fine del loro periodo
di addestramento a lei,
Roxanne -con le sue cicatrici e più muscolosa-
e Jacqueline toccava la sfida contro gli istruttori.
Queste ultime avevano già
finito, Jacqueline vincente contro
Curry Cook e Roxanne, a sua volta vincente, in uno scontro piuttosto
faticoso
con Jesse Maivia. Si era passati dunque al turno di Hammy, che era
rimasta
poggiata tranquillamente al tendicorde con indosso la sua tutina da
combattimento.
Sapeva che gli incontri erano
organizzati in modo
completamente casuale e che quindi avrebbe potuto toccarle chiunque,
esclusi
Cook, Maivia e Buffaloman che arbitrava, ovviamente. Il suo avversario
avrebbe
potuto essere anche Pentagon, o Sozumi, o Ramenman…
Riguardo quest’ultimo si
augurava proprio di no. Man mano
che il tempo passava aveva dato a vedere che “la sua forza
aumentava”,
naturalmente, ma in quell’incontro contava di utilizzare al
massimo le
potenzialità del proprio braccio potenziato visto che ora
che erano arrivati
alla fine “ci stava” e se mai sarebbe sembrato
solo…che fosse diventata
estremamente forte, appunto.
E veniva dunque da sé che
chiunque si fosse trovata davanti
sarebbe stato semplicemente stroncato.
“se fosse Ramenman mi
dispiacerebbe veramente tanto”aveva
pensato, quando aveva visto la botola aprirsi.
Ma quando aveva visto chi era lo
sventurato che era venuto
su, dopo aver sollevato un sopracciglio con aria allibita e scosso la
testa
ecco che quell’attacco di ilarità incontrollabile
l’aveva presa senza lasciarle
scampo.
«…c’è
qualcuno lassù che ce l’ha proprio con
lei, Mr.
Mask!» esclamò tra una risata e l’altra
«ccccioè, tipo che se non la manderò in
coma irreversibile e invece che farle volare via la mascella le
butterò solo
giù qualche dente è unicamente perché
di qui a breve avrà parecchio di cui
parlare con lei-sa-chi».
E giù un’altra
risata.
«Lancaster!
Riderai decisamente meno quando lo
scontro avrà inizio!» la riprese Buffaloman che in
una faccenda seria come
quella poco tollerava simili atteggiamenti.
«no no, mi sa che io
continuerò a ridere parecchio,
mentre lui non potrà farlo per un bel
pezzo. FionaaaaAH! Prepara
i soldi della scommessa!» guardò Robin Mask
«al mio arrivo qui ho scommesso che
le avrei buttato giù i denti, Mr. Mask» gli
spiegò, come se ce ne fosse stato
bisogno e Robin non fosse stato nero già di suo.
Lui se l’era
sentito che avrebbe dovuto arbitrare
come invece aveva detto di fare a Buffaloman. Ma no! Aveva ignorato il
campanello d’allarme e si era stupidamente messo in mezzo al
sorteggio. In un’azione
che forse era stata suggerita dall’inconscio, sperando
proprio di trovarsela
davanti con l’obiettivo di impedirle di prendere il diploma e
fargliela pagare
una volta per tutte.
Di nuovo, il pessimo orgoglio dei
Mask gli aveva giocato un
gran brutto tiro. Se era riuscita a sollevarlo e buttarlo
giù da una rupe circa
un mese e mezzo prima figurarsi cos’era che avrebbe potuto
fargli adesso,
anche perché dubitava fortemente che in uno scontro con lui
la ragazza si
sarebbe risparmiata.
Come minimo l’avrebbe
assalito allo stesso modo in cui
Howard, un tempo, lo aveva fatto col proprio avversario
nell’unico incontro mai
combattuto. E Robin ricordava molto bene sia lo svolgimento che la
fine,
col tizio in coma profondo e poi morto.
Il suo ex amico considerava Warsman
una bestia, ma quella
volta sul ring era stato molto più
“bestiale” di lui, tanto da portarlo a
pensare “adesso Howard a quello strappa
la testa dal collo e la infila
sul bastone da passeggio”.
«vedremo chi
butterà giù i denti a chi!»
«io a lei, non
c’è storia».
«LANCASTEEEEEEER!!!
sfracellalo tutto!!! Tritalo!!! Fai
si che non si rialzi più!!!» le
urlò Kirika.
«l’idea
è più o meno quella infatti!...o, non
è che qualcuno
qui ha “O Fortuna” tante volte?...no,
eh?» si informò Hammy
«vabbè».
«ad Emerald non sembra
importare granché di combattere con
una vera e propria leggenda del wrestling. È vero che
è diventata molto forte
ma io non sarei così tranquilla» disse Roxanne,
che ora portava i capelli -che
si erano allungati non c’è male- raccolti in una
coda alta, come Jacqueline.
«troppa tensione gioca a
sfavore. Sapendo che deve necessariamente
batterlo tanto vale cercare di restare più tranquilla
possibile; secondo me non
sbaglia» disse la rossa «oltretutto credo che
aspettasse un momento come questo
fin dall’inizio…uff…»
sbuffò «spero che si sbrighi, almeno possiamo
andare
tutte a casa sua…»
Hammy infatti aveva invitato tutte le
ragazze a trascorrere
lo weekend nella propria tenuta tra feste, centro benessere interno,
cavalcate
e quant’altro.
«ma tu sei davvero
così entusiasta di
andare…insomma…c’è
anche suo padre, lì» le ricordò Roxanne.
«non può essere
poi così male se ci ospita gratis!» disse
Kirika «ex due codini, guai a te se fai saltare la gita
perché ti rompo».
«adesso come adesso anche
io posso rompere te, sai?!»
ribatté Roxanne. La demonessa rise di gusto.
«nyah-ah-ah-ah-ah-ah, si
è fatta tosta la ragazzina!»
«in effetti dopo tutti
questi mesi l’idea di un weekend di
completo relax in un posto come quello delle foto che ho visto mi
attira
moltissimo» sospirò Crea «padre di
Emerald o meno».
Fiona non commentò. Aveva
accettato anche lei come le altre
l’invito -che a quanto pare era venuto dallo stesso Howard
Lancaster- a
trascorrere il weekend nella tenuta di Londra. Ma non si poteva dire
che fosse
proprio ultra felice all’idea.
«io però mi
domando…insomma, mi sembra strano che suo
padre ci abbia invitate tutte, così,
come se nulla fosse, senza scopo alcuno…» disse
dunque.
«no,
“strano” non è» la
contraddisse Roxanne «perché tu devi
capire che Hammy a farsi delle amiche femmine
ha sempre avuto qualche problema, quindi sapendo che
è riuscita a stringere
un legame con noi vorrà conoscerci,
magari…»
«ah si, Emerald ha problemi
a fare amicizia con le donne?
Non l’avrei detto. E non capisco nemmeno
perché» disse Crea «non ha niente che
non va, è solo testarda, imprudente, esuberante e diverse
volte un po’sfacciata
ma sono tutte cose che lei stessa riconosce di essere».
«sarà, ma fino a
qualche mese fa io e lei ci odiavamo» disse
Jacqueline «a morte! Un
paio di volte
c‘è mancato poco che mi facesse saltare la testa
con la doppietta».
«nyah-ah-ah-ah-ah-ah-ah, e
come darle torto?!» rise Kirika.
«si, abbiamo capito che sei
la tsunderekko del gruppo, dacci
un taglio!» la rimbrottò Fiona.
«…la
che?»
«una falsa scontrosa dal
cuore d’oro» tradusse Roxanne.
«chi di voi due devo
smutandare per farvi capire che sono
cattiva fino al midollo?»
«ahem, non puoi essere
cattiva se fai parte della Muscle
League» la corresse Anubi Crea.
«posso, posso, voglia tu se
posso. E a tal proposito…»
indicò loro con un cenno del capo una strana busta bianca
che poco tempo prima
aveva fatto scivolare sul tavolo a cui sedeva Vance MacMadd. Senza che
nessuno
se ne accorgesse «quando qualcuno noterà quella
lì ci sarà da ridere. Non per
Robbie…ma per noi di sicuro».
«che cosa
c’è esattamente in quella busta?...»
indagò Jacqueline.
«nyah-ah-ah-ah-ah-ah-ah!!!...tra
un po’lo vedi!»
«Kirika
mi era
parso di aver ribadito più volte a te ed Emerald che
dovevate farla finita!»
sibilò Fiona.
«ma infatti da dopo che il
vecchio Rob è finito giù dalla
rupe chi si è mosso più?...non in modo palese
perlomeno…» specificò la
demonessa in un bassissimo sussurro «eppure questo non
è bastato a permettere
ad Emerald di ottenere i galloni di miglior lottatrice tra lei, la ex
due
codini e la rossa. Tutto perché nel primo mese e mezzo
Robbie non le ha dato i
punti che avrebbe meritato o gliene ha tolti per ogni minima
cosa».
«ma tu precisamente come
fai a sapere chi sarà e chi non
sarà la miglior lottatrice? Non viene detto mai, se non alla
consegna dei
diplomi» osservò Jacqueline.
«potendo muoversi nei
condotti Emerald aveva orecchie
ovunque, arrivaci genialoide!...mpf…secondo me se la
migliore lottatrice sei tu
è solo per via di tuo padre…»
«eh?! Io?...o beh,
d’altra parte le capacità non mi
mancano»
concluse Jacqueline «al di là del fatto che mio
padre sia direttore operativo
qui…»
«ssst!
…aprono la
busta!»
Infatti Vance MacMadd vista quella
strana busta bianca sul
tavolo aveva deciso di aprirla, incuriosito.
Per poi trovarsi a guardare Robin
Mask, proprio quando
Buffaloman stava per suonare il gong.
«…fammi capire
bene, giochi
con una sex doll qui nella MIA scuola e davi
dell’immorale alla ragazza?!»
allibì Vance.
Normalmente non se ne sarebbe mai
uscito con una cosa del
genere, mantenendo di più il controllo, ma quelle fotografie
l’avevano preso
così alla sprovvista che non c’era riuscito!
«…eh?»
«come-come?»
«una sex doll?!»
Robin vide tutti quanti i suoi
colleghi stringersi attorno a
Vance per guardare quelle maledette fotografie.
Ecco, quello si che si chiamava
perdere la faccia.
E sapendo cosa c’era in
programma, era solo l’inizio.
«…una
sex
doll, Mr. Mask? Ma davvero…?» e quella
lì che fingeva di non saperne niente!
«ma come, proprio lei che è siffatto
esempio d’integrità morale…»
D’accordo, quella era una
palese presa in giro.
E decisamente l’inglese,
particolarmente adesso che i suoi
colleghi lo stavano guardando come fosse stato non sapeva nemmeno lui
cosa, non
era in vena di sopportarla.
Dannata, dannata,
DANNATA
stronza!!!
Lo sapeva che avrebbe dovuto
massacrarla fin da subito!
«e adesso…basta così»
disse con furia gelida tale da far paura strappando il gong dalle mani
di un
allibito Buffaloman e dando inizio lui stesso allo scontro!
«…ma
è regolare?» Crea sgranò gli occhi.
«no, ma non importa niente
a nessuno al momento! Emerald, attenta!»
Era stata un’azione tanto
veloce, quella dell’inglese, da
aver preso di sorpresa la ragazza che si trovò intrappolata
in una morsa letale
che oltretutto bloccava -o meglio avrebbe dovuto bloccare- il suo
braccio
destro; giustamente aveva pensato “sistemato quello,
sarà più semplice
sistemare lei stessa”.
«durante questo periodo ho
agito da stupido, ho fatto degli
errori che mi hanno fatto perdere la faccia, ma adesso sono autorizzato
a
ridurti in poltiglia come ho promesso al tuo caro
papà» la strinse di più
mentre le tirava il braccio tanto da indurla a fare una smorfietta di
dolore
«un massacro autorizzato».
«come piano è
caruccio, peccato che sfiga sua
l’autorizzazione sia reciproca e che lei sia un coglione di
quelli da manuale»
il braccio sinistro di Hammy era ancora libero…
«tanto da non rendersi conto
che entrambe le mie braccia adesso
non scherzano!» disse, assestandogli una tremenda
gomitata…nel posto dove in
quei mesi l’aveva colpito con di tutto e di più!
Nonostante il dolore però
Robin strinse i denti e continuò a
tenerla. «n-non penserai che questo basti, vero?!»
La ragazza pose un piede dietro la
caviglia dell’uomo. «ma
certo che non basta. Solo che triturarla subito-subito non mi
va».
Detto questo si spinse indietro con
tutte le proprie forze,
facendo si che lui si sbilanciasse e facendogli perdere definitivamente
l’equilibrio andando a colpire la caviglia e liberandosi.
«…si
è liberata» osservò Sozumi.
«si beh, allieve e bambole
sono due cose diverse» commentò
Pentagon «qualcuno dovrebbe spiegarlo al nostro
collega…»
«dopo
tocca a te se
non la smetti!» sbottò Robin
all’indirizzo dell’americano mentre si
rialzava «d’accordo, sei riuscita a liberarti, ma
questo non significa che
l’incontro sia finito. Non ti permetterò di uscire
di qui se non in barella» si
avvicinò ad Emerald «e non mi interessa se sono o
meno il tuo padrino, o se
stai ancora con mio figlio. Quello dei Lancaster è sangue
marcio. E tuo padre,
come te, ne è la dimostrazione».
Era passato parecchio tempo da che
Emerald aveva sentito
nella propria testa…“plic”…quel
rumore simile a quello di una goccia che cade.
E se già prima senza quel
braccio -la cui pelle era coriacea
al massimo, al momento- era pericolosa, con o senza la doppietta,
figurarsi
cos’era adesso.
«…io quella
faccia l’ho vista» disse piano Roxanne
«in quei
casi se non c’era chi le toglieva di mano la pistola Emerald sparava».
Anche Jacqueline se la ricordava
bene, visto che lei in
prima persona aveva rischiato di beccarsi un proiettile da qualche
parte.
«ora non ha la pistola
però» disse Anubi Crea.
«però
è una chojiin addestrata, che è
suppergiù la stessa
cosa!» obiettò Fiona.
Emerald osservò
l’avversario.
«solo perché
è il padre di Kevin e dovrà parlarci. Non si
salva per nient’altro».
Dopo questo breve commento successe
tutto molto in fretta.
La ragazza saltò addosso a
Robin con una furia tale da
mandarlo al tappeto, trovandosi sopra di lui e per prima cosa
colpendolo dritto
allo sterno col pugno destro. Inutile dire che gli provocò
una frattura
comminuta.
E gli era andata di lusso.
«per parlare non le serve necessariamente uno sterno
sano» disse la ragazza con una freddezza
spaventosa «e nemmeno questo braccio» aggiunse
quando lui cercò di togliersela
di dosso col braccio sinistro, afferrandoglielo e rompendo
letteralmente in due l’omero come avrebbe fatto
con un
bastoncino «le gambe servono?...non
credo…» si alzò e si abbatté
due volte
sulle gambe dell’uomo, all’altezza delle ginocchia
«…e non sono sicura che le
serva nemmeno una nuca del tutto
sana…»
Lei non lo sapeva, ma quel che stava
dicendo ricalcava
grosso modo le parole di suo padre quando aveva combattuto contro quel
tipo che
aveva avuto la brillante idea di minacciare la sua famiglia.
«ma non sarà
trop-» avviò a dire Crea, interrotta
immediatamente…
«DISTRUGGILOOOO!!!»
si sgolò Kirika vedendo Hammy trascinare
Robin Mask per il braccio sano pericolosamente vicino ad un tendicorde.
Roxanne non era altrettanto
entusiasta, come nessun altro
dei presenti che stavano iniziando ad avere lo stesso pensiero di Crea.
E loro poi, gli anziani della
Lega, una
scena simile l’avevano già vista…
«Lancaster!...siamo
ancora nella Scuola di Ercole! Ci sono delle regole da
seguire!!!» Buffaloman
batté i pugni contro il tappeto. Lei lo guardò
brevemente.
«avete detto di combattere
come se ce la stessimo vedendo
con un supercattivo, ed io lo sto facendo. Sempre nel pieno rispetto
delle
regole, però. E che io sappia non c’è
regola che…» era soprattutto grazie al
braccio destro che stava riuscendo a sollevare quel bestione pesante
«…mi impedisca…»
e a salire con lui sopra le corde -un piede su una, un altro
sull’altra, il
tendicorde al centro- nonostante stesse faticando un po’
«…di fracassargli
tutte le ossa» rimanendo in equilibrio su un piede solo
portò l’altro ad
inclinare leggermente la testa dell’inglese così
da scoprirne di più la nuca
«quindi lo faccio» concluse saltando e facendo
sbattere violentemente la nuca
di Robin Mask contro il tendicorde ed in seguito lasciarlo cadere e
buttarlo al
centro del ring come se fosse stato una bambola di pezza «e
non pensi che abbia
finito, Mr. Buffaloman».
Nonostante le fratture in ogni dove
era chiaro, ovvio, che
Robin stesse tentando ancora una reazione. Cercando di strisciare verso
le
corde del ring e tirarsi su -ma come poteva fare con le ginocchia
tutt’e due
rotte?!- perché non voleva dargliela vinta così.
Perdere in quel modo sarebbe
stato l’ennesimo colpo al suo immenso orgoglio, come
sostenerlo?
Ma Emerald aveva altri piani, ed
iniziò a riempirlo di calci
in ogni dove e senza alcuna pietà.
«non vedo a che pro volesse
raggiungere quelle corde
Mr.Mask, tanto è tutto rotto. E non dovrebbe muoversi
troppo, con quella
fattura allo sterno» lo mise di nuovo sdraiato in modo che
potessero guardarsi
negli occhi «stia fermo e mi lasci finire, right?»
Ironico che continuasse a dargli del
lei mentre lo
massacrava…
«non dico che mi faccia
quasi paura ma un po’di
impressione…» ammise Kirika.
«qualcuno dovrebbe
fermarla» disse Fiona «ha perso
evidentemente il controllo!»
«lo dicevo io che quella
faccia l’avevo già vista!» Roxanne
fece per avvicinarsi al ring ed urlarle di smetterla, ma venne
trattenuta da
Jacqueline «…ma perché?!»
«perché non
penso che ti ascolterebbe. A dover fare qualcosa
è uno di loro» indicò gli istruttori
con un cenno del capo «e poi era da un
pezzo che non vedevo un combattimento così violento e
brutale! Massacro,
sangue, devastazione!!!»
Pareva che la vecchia Jacqueline
fosse tornata a galla!
Quando ai succitati istruttori per
adesso si stavano
limitando ancora a guardare, ma non sarebbe durata.
«n-nhn…sem-pre-e…sangue…m-mmr-cho…sei»
tentò di dire
l’inglese colpendola all’avambraccio destro come
poteva. E stupendosi di quanto
fosse duro. L’ennesima
prova che
qualcosa non andava, che Howard le aveva fatto delle cose a
quell’arto, ma non
era riuscito a provarlo in tutto quel tempo e adesso che fosse
diventata forte
purtroppo per lui poteva starci.
«“sempre sangue
marcio sei”. Ho capito bene?»
Davanti agli occhi attoniti di tutti
gli tolse la maschera
dal volto.
«non ce ne sarebbe stato
bisogno, ma è giusto per verificare
chi ha davvero il sangue marcio qui…quando vengono
giù i denti di quello ne
esce parecchio, senza maschera potrò fare un controllo
più accurato».
«ora
basta!»
Era stato Buffaloman a parlare, ma
nell’agire fu preceduto
da Ramenman che era saltato sul ring ed aveva letteralmente tirato via
la
ragazza dal suo collega.
«basta!
Finisce così, hai vinto!...stai andando
troppo oltre!»
«ah, ma and-»
«Emerald Janice Verbena
Phoebe Lancaster» la prese per le
spalle «finisce…così».
E se glielo diceva lui che sul ring
era stato uno dei più
spietati dai, doveva dargli retta per forza.
Lei fece un respiro profondo,
tornando più o meno la solita
Emerald. Guardò Robin Mask a terra. Il viso somigliante a
quello di Kevin ebbe
l’effetto di farla sentire perfino in colpa,
nonché quello di aiutarla a
rendersi conto che Ramenman aveva ragione, e che tutta quella
spietatezza…era
stata veramente necessaria?
Non avrebbe fatto prima a stenderlo
con un paio di pugni e
finirla lì?
«sissignore»
mormorò Emerald «…mi sa che ho perso un
po’il
controllo».
«chiamate
la
dottoressa! Chiamate qualcuno!» urlò
Buffaloman mentre Hammy e l’orientale
scendevano dal ring e venivano raggiunti immediatamente dalle ragazze
che ormai
erano tutte quante chojiin a tutti gli effetti.
«questo è quel
che dalle mie parti chiamiamo “dargliele
sode”! nyah-ah-ah-ah-ah-ah-ah» a Kirika
l’inquietudine era già più che passata,
e le mise perfino un braccio attorno alle spalle «ne hai di
forza in questo
corpicino!...comunque bel lavoro Lancaster, l’hai ridotto
ancora peggio di
quanto l’avevo ridotto io quando è toccato a me,
ed io l’avevo ridotto male un
bel po’!»
Emerald però non sorrise.
«non…non
è che dopo questo non mi volete più?»
Era un bel po’che non si
rivedeva quell’Emerald lì. Quella
più insicura e che temeva di perdere le uniche amiche
femmine che avesse mai
trovato.
«cheeeeeeee?! Ma
ti sei rincoglionita?!» Kirika le
diede una veloce serie di piccoli pugni sulla testa «riattiva
i neuroni! Le
altre non so come la pensano e non me ne frega nulla ma per quanto mi
riguarda
non è cambiato niente».
«era da un pezzo che non
vedevo tanta brutalità in uno
scontro!» Jacqueline zoppicava un po’, reduce dal
combattimento contro
l’indiano, ma per il resto non aveva chissà quali
segni «per quel che mi
riguarda è tutto ok!»
Quella più provata restava
sempre e comunque Roxanne. «…se
prometti di non farlo mai più!»
puntualizzò la ex-due-codini.
«ho perso un
po’la testa. “sangue marcio” mi
è venuto a
dire…»
«lui ha sbagliato ma anche
tu e tu» Fiona occhieggiò
Kirika «avete avuto un comportamento del tutto deprecabile
mettendo in giro
quelle fotografie!»
«almeno impara con quei
suoi “immorale qui, svergognata là”
quel sessista. Per quanto debba concordare con
Roxanne…non farlo mai
più!!!» finì a strillare
l’egiziana trapanando i timpani della londinese,
sollevata per non averle perse.
«o-ok…fortuna
che sono abituata ai rumori forti, io…»
borbottò.
«comunque
c’è una cosa che mi sorprende. E cioè
che
teoricamente dovresti essere quella che più di tutte noi non
vede l’ora di
tornare a Tokyo visto che laggiù ci sono i tuoi amici,
c’è la tua cotta
infantile, c’è il tuo
quello-che-è…» elencò Fiona
«e invece sembri del tutto entusiasta
di passare due giorni a Londra prima di rivederli.
E a proposito di “quello
che è”, non sono ancora riuscita a
capire cos’è per te adesso Kevin Mask».
«siamo sempre
lì. In una…specie di semi-pausa…non lo
so.
Anche se adesso hai visto, abbiamo ripreso a sentirci. Mi ha fatto un
mucchio
di promesse “cambierò quel che non va”,
“possiamo risolvere tutto se lo
vogliamo”…solo che io continuo ad essere molto
confusa, non tanto per colpa sua
a dire la verità…ma comunque dai, era un pezzo
che non passavo del tempo anche
con la mia famiglia, quindi ci sta che per un paio di giorni mi vada
che stiamo
tutti insieme e che vi conoscano».
Tutta verità, ma
c’erano molte parti mancanti.
Come le lettere color lavanda negli
scomparti che una volta
erano occupate da bottigliette di liquori vari, e che sarebbero state
la prova
che avrebbe rivelato a Kevin la tremenda bugia del padre.
Come il “non sentirsi
molto” di rivedere Kevin stesso,
proprio per la confusione della quale aveva parlato a Fiona; come
giustificarla
con il suo quello-che-era? E si sentiva anche uno
schifo all’idea di
farlo soffrire, perché di certo era quel che stava
succedendo, ma lei non
poteva farci niente.
Come Meat, che avrebbe dovuto
riprendere a tenere a
distanza. Avrebbe anche potuto dirgli tutto volendo, sapeva che se gli
veniva
detto chiaramente di non parlare lui non apriva bocca, ma non voleva
metterlo
in mezzo un’altra volta.
E soprattutto…
“era una cosa nostra,
come hai…perché l’hai
fatto?!”
“è stato solo un
ballo porco mondo, un ballo, non me
lo sono scopato in pubblico e se anche l’avessi fatto
comunque non ti
riguarderebbe proprio!”
“se non altro adesso ho
capito perché sei tanto
‘confusa’…”
“non -ti -riguarda!
Tu non dovevi nemmeno essere lì,
che cavolo ci facevi in quel posto da solo?!”
“ero curioso di vedere chi
sarebbe stato a vincere dato che
noi non gareggiavamo, o almeno io non gareggiavo
dato che tu invece
l’hai fatto eccome, ed anche se questo non riguarda me
riguarda comunque Kevin!”
“non è stato un
tradimento, right?! Io con Michael
non ho fatto niente!”
“forse non fisicamente, ma
moralmente lo è stato. Verso Kevin,
perché è all’americano che è
sicuramente dovuto questo tuo voler continuare la
‘pausa’, faccenda per la quale quel povero ragazzo
si strugge, e alla quale in
un modo o nell’altro metteresti fine se fossi anche solo minimamente
corretta…”
“Flash-“
“…e verso la
nostra arci-inimicizia perché sei riuscita a sputare
sopra anche a quel poco che c’era rimasto senza curarti di
niente! Con il
bastardo che mi ha torturato per due settimane, che è ancora
più grave. E con il
…‘nostro’ tango, nemmeno uno
qualunque”.
“quello è stato
un caso, lo sai che la musica non la
scegliamo noi, e questa tua reazione da pseudo-amante tradito non la
capisco,
un conto sarebbe se l’avesse Kevin anche se è
stato solo un ballo, ma
che a fare così sia tu…”
“il problema è
sempre lo stesso: non capisci nulla, perché
sei una puttanella senza cervello, niente di più e niente di
meno. Ed io non
voglio saperne più niente, d’ora in poi
meno ti vedrò meglio sarà”.
«…Lancaster?»
Kirika le passò la mano davanti agli occhi «ci
sei?»
«si,
si…» chiuse brevemente gli occhi per poi riaprirli
una
volta ritrovato il controllo completo e sorridere, addirittura
«mentre andiamo
a ritirare i nostri premi però dovete dirmi una
cosa».
«ossia?» le
chiese Crea.
«un cantante o gruppo
musicale che piaccia a tutte».
«Pitbull!»
esclamò per prima l’egiziana. Kirika fece una
smorfia.
«a me piace un
po’meno».
«e chi ti piace?»
«i Demon!»
«ma perché io
questa risposta me la immaginavo?» Fiona alzò
gli occhi al cielo «io non ho preferenze particolari, ascolto
un po’di tutto».
«io sono per Hikaru
Utada!» esclamò Roxanne «o Ken
Hirae».
«io sono come Fiona, non ho
preferenze precise» disse
Jacqueline «dipende anche dall’occasione. Se si
intende musica “da ascoltare” o
“da ballare”, per esempio. O anche
dall’umore, per dire, se sono di quello
giusto mi piacciono anche i Linkin Park…»
«piacciono pure a
me!» esclamò Hammy.
«Linkin Park!...ne hanno
qualcuna buona» approvò Crea.
«eh,
tipo
Bleed It Out» concordò anche Kirika
«“I bleed it out diggin’ deeper
just to
throw it away! Just to throw it away! I bleed it
ooooouuuut!!!”»
«non hanno fatto la colonna
sonora di un film con i robot?»
chiese Roxanne «se ho capito quali sono comunque non mi
dispiacciono».
«piacciono anche a me,
“Castle Of Glass” per esempio è
buona» concesse Fiona «eh…solo una cosa.
Perché ce l’hai domandato?»
«perché almeno
mio padre sa chi far venire nella tenuta a
suonare per la festa».
Nemmeno fossero stati uno di quei
gruppetti che suona nei
garage! L’aveva detto come se fosse stata la cosa
più facile e normale del
mondo far venire nella propria tenuta gente del genere. Ma per
l’appunto, che
si può pretendere da una che aveva avuto Gwen Stefani al suo
sedicesimo
compleanno?
E Daddy Yankee al quindicesimo?
E Madonna al quattordicesimo?
E così via di seguito?
«…volevamo
accontentare tutte» continuò la ragazza senza
rendersi conto dell’allibimento generale delle altre
-Jacqueline decisamente
meno visto che anche a lei avidità di Vance a parte i soldi
non mancavano di
certo- «messa così, ce l’abbiamo
fatta!»
Ricconi. Valli a capire.
«cioè…tu…hai
i Linkin Park a casa tua quando ti pare?»
Hammy annuì velocemente
«sisi».
«ooook…»
:: qualche ora dopo,
Muscle Museum Hospital ::
E mentre le ragazze erano
già volate tutte e sei a Londra
dopo la consegna delle menzioni d’onore -Jacqueline come
miglior lottatrice,
Emerald per la miglior tecnica e Roxanne essendo riuscita a totalizzare
punteggio sufficiente per il miglior uso del peso- Robin Mask, disteso
sul
letto dell’ospedale, pensava a quello che
l’aspettava nei giorni a venire.
Oltre al totale riposo cui era
costretto viste le fratture
multiple che il combattimento con quella belva in miniatura gli aveva
causato.
Pure se era più che altro
per pura e semplice propensione
naturale che i Lancaster erano sempre stati una famiglia di chojiin
allenatori
più che chojiin combattenti, era anche per
l’eccessiva violenza che si
trovavano inevitabilmente a sfoderare che loro stessi
-di solito-
evitavano di salire sul ring a meno che non potessero proprio sottrarsi
preferendo sfogarsi in altri modi, come…la caccia, per
esempio.
Non che questo significasse che
fossero chissà quanto forti
del tipo “ah, se avessero combattuto sarebbero stati loro la
famiglia più forte
invece che i Kinniku”, questo no. Però non si
poteva neanche dire che scherzassero,
ecco.
Poteva sentire la dottoressa parlare
con quello svitato di
MacNeil, fuori dalla porta…beh dai,
svitato…diciamo “eccentrico”.
«…impossibili».
«la ragazza è
una chojiin, è ovvio che sia forte».
«non ritengo sia fisicamente
possibile che, per forte che sia, possa spezzare un omero con
così tanta
facilità. È stata una mia
paziente…»
«anche mia, si ricordi che
sono il suo medico di base».
«allora, dottore, si
renderà bene conto che una ragazza di
un metro e sessanta pesante cinquantadue chili non dovrebbe poter
provocare una frattura comminuta allo sterno di un ex campione chojiin
con un
solo pugno, tra le altre cose».
Quel discorso generò una
scintilla di speranza in Robin
Mask. Quella donna ringraziando il cielo non era solo bella ma, come
aveva
dimostrato anche altre volte durante la sua permanenza alla Scuola di
Ercole,
aveva anche parecchio sale in zucca.
«in via teorica posso darle
ragione. Ma entrambi abbiamo
letto la cartella clinica della ragazza, e da quella risulta che non
c’è
assolutamente niente di strano e che anzi, è sana come un
pesce. Inoltre mi ha
detto di averle fatto lei stessa tutti gli esami d’obbligo e
non aver trovato
niente di anomalo neanche lì».
«per l’appunto. A
quella ragazza hanno sparato. Il
problema non è che non sia sana, ma che lo
è…troppo.
C’è indubbiamente
qualcosa che non torna, come quando Mr. Mask ha avuto quell’
incidente che l’ha
fatto finire giù da una rupe; passino le ferite ed ecchimosi
sul corpo, un po’
per la caduta ed un po’perché la ragazza stessa ha
dichiarato di essersi
difesa…ma quelli che Mr. Mask aveva sulla gola sembravano i
segni riportati da
chi ha subìto un tentativo di
strangolamento…»
“eh, più o meno
è andata così, ma quando ho provato a
raccontarlo non ci ha creduto nessuno per ovvie ragioni!”
pensò Robin.
«è un caso
delicato. Emerald potrebbe semplicemente essere
diventata molto forte, come risulta dagli esami; in fondo è
figlia di un
chojiin…e nonostante il chojiin in questione si
ostini odiosamente a
fare di tutto per evitare di farsi curare come si deve arrivando ad
arrampicarsi fino in cima al tetto di casa sua scalando il muro nemmeno
fosse
l’Uomo Ragno per evitare una puntura, il suo incontro io me
lo ricordo bene…eh!
A proposito!» Robin sentì il rumore della sua
sedia a rotelle «oggi è giorno di
visita. L’ultima volta è andato a Rabat, quindi
oggi gliene tocca di nuovo il
doppio. Quand’è che imparerà
che tanto non può sfuggirmi?!...si
occupi lei di Robin Mask…»
Quattro ragazze su sei si guardavano
ancora attorno attonite
per tutta quella bellezza, la grandezza, tutto.
Anche Jacqueline MacMadd aveva dovuto
ammettere con sé
stessa che la sua villa confrontata alla tenuta dei Lancaster sembrava
una
bicocca, per non parlare del terreno attorno -tanto esteso che da
lì dov’erano
era loro impossibile vederne la fine- tenuto alla perfezione e, almeno
vicino
al lago, da quel che aveva potuto vedere somigliante a quello del
“Castello
Errante di Howl” con quella casetta.
Il prato verde intenso, i fiori, i
boschetti che si vedevano
qui e là, quella specie di mini-montagna dalla quale
aguzzando lo sguardo si
vedeva sgorgare la sorgente che aveva originato fiume e
lago…insomma un
paradiso naturale -nel quale Howard in realtà aveva messo le
mani su tutto-
proprio come si vedeva dalle fotografie che erano comparse in varie
riviste.
«…pasticcini
appena sfornati dal mio capocuoco. Spero che
non vi troviate a disagio con l’abitudine di noi inglesi di
bere il tè alle
cinque».
«è buono,
è gratis, è mio» sentenziò
Kirika dando l’assalto
ai pasticcini e facendo ridere di cuore Mr. Lancaster.
«ottimo modo di ragionare,
non c’è che dire!»
«incivile!»
sibilò Fiona alla demonessa dandole una
leggera gomitata. Lei fece spallucce.
«e perché? Ho
detto solo quel che penso».
«puoi rilassarti, Fiona:
qui le amiche di Hammy sono le
benvenute. Come vi ho detto al vostro arrivo, potete fare come se foste
a casa
vostra».
Aveva perfino detto loro che potevano
dargli del “tu”. Prova
evidente che voleva davvero metterle perfettamente a loro agio, proprio
in
quanto amiche di sua figlia. Ma l’unica ad accettare la
proposta era stata la
demonessa; il resto delle ragazze aveva continuato a dargli del
“lei”, non
dimentiche di quanto avevano visto nelle finali chojiin.
E nonostante non avessero brutte
sensazioni, nel senso che
si sentivano al sicuro e sentivano anche che mai il
padre di Emerald
avrebbe fatto loro del male, erano restie ad abbandonare quel minimo di
“distanza” che creava il dare a qualcuno del lei.
Anche se fin da quando erano arrivate
era stato adorabile
con tutte loro, in modo sincero per di più.
Diavolo in Terra con chi non
gli piaceva, uomo del tutto amabile, divertente e gentile con chiunque
altro;
era fatto così, come anche sua figlia.
«è che ho avuto
un’educazione abbastanza rigida quando si
trattava di buone maniere, Mr. Lancaster…» disse
la lottatrice rumena prendendo
un pasticcino.
«capisco. Ma
d’altra parte non considero avere dei princìpi ed
una giusta educazione un male, nonostante mi piacciano anche le persone
più…”esuberanti” sembra
essere la nostra Kirika. Non sono il classico inglese
aristocratico conservatore, quella è una parte che lascio ad
altri e che
sinceramente trovo anche abbastanza noiosa, nonostante alcune volte sia
costretto a calarmi in ruoli abbastanza simili nelle occasioni
ufficiali».
«il vecchio Robbie dovrebbe
imparare da te per come la
penso!» esclamò Kirika. Howard le sorrise. Si si,
quella ragazza come amica di
sua figlia gli piaceva proprio.
«nei quattordici anni in
cui ci siamo frequentati ero quasi
riuscito a farlo sciogliere un po’. Peccato che poi
vecchiaia, testardaggine,
orgoglio e pessime frequentazioni abbiano avuto la meglio,
ahimé. Ma voi tutte
avreste dovuto vederlo quando tentavo disperatamente di insegnargli ad
andare
sullo skateboard…»
«…lei sa andare
sullo skateboard?» si stupì Jacqueline che
proprio non ce lo vedeva quel nobile in elegante completo bianco
immacolato a
fare acrobazie su una tavola con le ruote. Eppure…
«certamente. E nonostante
siano passati anni da quando ci
andavo “sul serio” me la cavo tutt’ora,
tant’è vero che c’è
un’area adibita
proprio a quell’uso a pochi metri dall’ala
occidentale della villa».
«si pa’, una cosa
seria: ma la mamma e le nonne dove sono?»
«e dove vuoi che siano? Tu
madre a svuotare Harrod's e le tue
nonne al club di bridge. E, ragazze, credetemi se vi dico che
è meglio così! è
difficile reggere al fuoco incrociato
di quelle tre signore…»
«hm-hm…»
Il tossicchiare discreto di Jordan
fece voltare sia Howard
che tutte le ragazze. «si, Jordan?»
«volevo ricordarvi che tra
cinque minuti arriverà il
Dott.MacNeil che tra l’altro avendo saputo della presenza
della signorina in
casa poco fa ha telefonato per comunicare che intende visitare anche
l-»
La reazione di padre e figlia nel
sentire nominare il loro
medico di base fu identica, ossia un irrigidimento della schiena, un
rapidissimo scambio di sguardi e poi una fuga repentina ancora prima
che Jordan
Lederdale avesse finito di parlare e che lasciò senza parole
le ragazze che
erano rimaste lì basite con in mano tè e
pasticcini.
«VOI DUE! Non mi
sfuggirete!!!»
Giusto pochi secondi dopo che quei
due avevano iniziato a
correre si vide un vecchio su una sedia a rotelle con un siringone in
mano che
andava nella loro stessa direzione. Jordan si lasciò
scappare un sospiro.
«ma…è
quello il Dott.MacNeil?» gli chiese Crea indicandolo
«quell’arzillo vecchietto in sedia a
rotelle?»
«proprio così,
signorina».
«quindi Emerald e
Mr.Lancaster stanno fuggendo da…lui?»
domandò Roxanne ancora più allibita. Il
maggiordomo in capo annuì.
«precisamente. Come tutte
le volte. In casi del genere ho
ordini di invitare gli ospiti a non aspettare né
Mr.Lancaster né Miss
Lancaster, dato che solitamente si va per le lunghe».
Assurdo che lo stesso uomo che aveva
fatto una paura
tremenda a tutti mesi prima fosse lo stesso che fuggiva da un vecchio
in sedia
a rotelle. Com’era anche assurdo che lo facesse la stessa
ragazza che aveva
triturato Robin Mask giusto poche ore prima. Ma
tant’è, ormai si era capito che
i Lancaster erano tipi un po’particolari!
«potete rimanere
lassù anche per una settimana intera, ma io
posso aspettare…!» li
avvisò MacNeil.
Lancaster padre e figlia dopo una
rapida scalata che a
momenti nemmeno l’Uomo Ragno al massimo della forma erano
arrivati sul tetto
dell’immensa villa.
E non sembravano avere la minima
intenzione di scendere giù.
«papaaaaaAAH!!!...ma
chiamare la security no?!...ma dov’è
Mikey quando serve…» sbuffò
disperatamente Hammy «quello è capace davvero di
stare lì sotto per una settimana e di inseguirci per tutta
la villa nel caso
dovessimo rientrare in casa dalle finestre!»
«non possiamo chiamare la
security solo per quel povero
vecchio, su. E Connors aveva già voglia di spingerlo
giù per la scalinata del
salone principale l’ultima volta che è stato
qui…»
«…ma
perché non gliel’hai lasciato fare? Qui non si
tratta
di crudeltà gratuita, qui si tratta di sopravvivere!!!»
Quante storie per una semplice visita
con annessa puntura o
meno…
«dai Hammy, la fai
più tragica di quello che è…»
«intanto però
sei qui anche tu o sbaglio?»
«…posso
aspettare!!!» ricordò loro da sotto, di
nuovo, il dottore. Howard si mise una mano sotto il mento.
«a questo punto non vedo
alternativa, ma dobbiamo essere
veloci: dobbiamo scendere di qui, correre fin dove teniamo le macchine
ed
abbandonare la tenuta! Tanto non può rimanere
qui una settimana, di
sicuro ha altri appuntamenti, e così facendo per stavolta la
scamperemmo…» fece
schioccare la lingua contro il palato «spero che le tue
amiche non se ne
abbiano troppo a male».
«al momento quel che conta
è salvarsi!»
«e mentre fuggiamo
parleremo di quanto dovrai dire a Kevin
Mask quando tornerai a Tokyo. Ti consegnerò anche video,
copia del certificato
di morte ed attestato della falsità del suddetto».
A sentire nominare Kevin, Hammy prese
un’aria un
po’malinconica. «povero Kevin, mi dispiace
veramente tanto, se da un lato è
bello che sua madre sia viva dall’altro Robin Mask
è uno stronzo» lo guardò
«…però la soddisfazione di riempirlo di
botte me la sono tolta. Anche troppo!»
Howard annuì.
«capito. Mi racconterai meglio mentre andiamo.
Al mio tre corriamo in quella direzione» indicò un
punto a nord-ovest rispetto
a dove si trovavano «scendiamo giù e cerchiamo di
raggiungere le auto prima che
quel diavolo in sedia a rotelle raggiunga noialtri!»
«right, daddy».
«uno…due…tre!
Corri!» esclamò Howard correndo
via
come un fulmine insieme alla figlia e scendendo giù lungo il
muro aggrappandosi
ad ogni più piccola sporgenza «dai che ce la
facciamo!...cinque metri alla
fine!»
«saltiamo direttamente
giù!» esclamò Emerald, lasciandosi
cadere imitata dal padre.
«tanto vi prendo!»
Nonostante la villa fosse immensa non
erano stati solo i due
Lancaster ed essere dannatamente veloci ad arrivare da un punto
all’altro.
«via, via, VIA!!!»
urlarono i due, correndo come
dannati verso le auto sempre tallonati da Alistar MacNeil che, come
loro, non
intendeva arrendersi nel perseguire il proprio scopo.
Peccato che nello scopo suo e quello
di Lancaster padre e
figlia ci fosse decisamente un conflitto di interessi!
Ringraziando il cielo che il
Lamborghini nero modificato
oltre all’apertura automatica avesse anche
l’apertura degli sportelli, in
quel modo, oltre all’accensione Howard ed Emerald si
catapultarono nell’auto
facendo chiudere immediatamente gli sportelli dietro di loro.
«andiamo parti, parti!
AH-HA!» Howard diede
immediatamente gas «mission completed!»
esclamò mentre uscivano dal
cancello -aperto- a duecento all’ora «siamo salvi!
Dammi il cinque principessa,
l’abbiamo fregato quel vecchio diavolo!»
Era una strada quasi per nulla
trafficata, quindi al diavolo
i limiti di velocità. E poi tanto poteva pagare qualunque
multa o, meglio
ancora, corrompere qualunque agente di polizia.
«eh si…fiuuù»
sospirò di sollievo «non avevo proprio
voglio di farmi piantare quel siringone nel sedere».
A quella velocità di volle
poco per raggiungere la città.
«dunque, mi dicevi che hai “tritato” il
vecchio Robin».
«si.
Però…non ho provato vera soddisfazione mentre lo
facevo. Ero arrabbiata con lui perché ha detto che noi
Lancaster abbiamo in
“sangue marcio”, ma andasse a fare in culo lui e
chi l’ha cag-»
«linguaggio,
per favore…»
«…ha detto in
quel modo e io gli ho fratturato di tutto e di
più, ma nel farlo non ho sentito
“niente”, non è stato del
tipo”ah mi sto
vendicando che gusto”, mi capisci? E anche dopo non ho
provato vera soddisfazione,
mi sono sentita pure un po’in colpa, avevo la sensazione di
aver esagerato, e
quello è sempre il padre di Kevin, anche se io e lui adesso
siamo in una
situazione strana come sai».
Howard rimase un po’in
silenzio. «per me fu lo stesso con
quell’uomo che ho mandato in coma e poi è morto,
nonostante non avessi rapporti
con lui se non il fatto che fosse un vecchio nemico di mio padre. Non
mi sentii
esattamente “bene” quando seppi che era morto una
settimana dopo l’incontro,
tanto che a volte me lo sogno ancora. Raramente, ma mi succede.
È anche per
questo che ho sempre preferito allenare, così come mio
padre, mio nonno, il mio
bisnonno e tutto il resto; al di là della propensione
naturale che tutti noi
Lancaster abbiamo a questo mestiere, lo faccio anche per puro egoismo.
Col dire
che mi sporco meno le mani, in pratica. Diventare estremamente violenti
sul
ring è un tratto di famiglia, come hai potuto
vedere».
«non mi piace molto questo
tratto qui».
«però
c’è. Ed imparerai a conviverci come abbiamo fatto
tutti, principessa, tranquilla. Dove vuoi che ti porti? Raggiungiamo
tua madre
da Harrod's?»
«e Harrod's sia.
Così intanto parliamo anche del resto…»
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Capitolo 15 *** Per un pugno di nocciole ***
«ma se tuo padre divorzia
da tua madre dimmelo che me lo
piglio io!» esclamò Kirika guardandosi attorno
«…cioè, dove l’avremmo
trovato
uno che ci avrebbe comprato un posto simile, altrimenti?!»
Ossia un super attico gigantesco che
occupava l’intero
ultimo piano di uno dei palazzi più alti di Tokyo.
Precisamente nel quartiere
di Shibuya!
«caaavolo. Quando tuo padre
aveva detto “non preoccupatevi
per l’appartamento, ci penso io” non
credevo che intendesse una cosa del genere!» Anubi
Crea mise la testa fuori
dal finestrone che dava sull’enorme terrazza
«…c’è un idromassaggio qui
fuori!!!»
Vero che rispetto alla tenuta dei
Lancaster nella quale
erano state fino a qualche ora prima, quell’attico non era
niente. Ma nessuna
delle ragazze avrebbe mai pensato di poter continuare a vivere nel
lusso anche
dopo essere andate via da Londra!...si beh, eccetto Jacqueline MacMadd
che
comunque stava seriamente pensando
di
fermarsi anche lei a vivere lì insieme a Fiona, Kirika,
Crea…ed anche Roxanne.
Roxanne già da quando
erano a Londra aveva parlato con la
propria madre dicendo che adesso che era una chojiin forse sarebbe
stato
opportuno iniziare ad essere più
“indipendente”, come lo erano le altre cinque
che non vivevano più con i genitori già da un
pezzo, rassicurandola comunque
sul fatto che nell’appartamento sarebbero state sempre almeno
in quattro e che
non avrebbe fatto stupidaggini di sorta. Ed invitandola a venire nella
sua
nuova “casa”, fornendole l’indirizzo
prima ancora di sapere di che tipo di “casa”
si trattava.
Quanto ad Emerald, beh…era
quella che sapeva meno cosa fare.
Di certo sarebbe andata da Kevin a breve, visto che dovevano
necessariamente
parlare. Ma poi? Avrebbe continuato a vivere con lui oppure no?
E se non fosse stato così
sarebbe tornata a vivere nella
propria vecchia casa o anche lei si sarebbe trasferita
nell’attico? Era anche
per quello che suo padre l’aveva preso a lei e le ragazze,
così che Hammy
avesse ancora più possibilità di scelta: casa di
Kevin, casa vecchia, attico…da
Michael...
Eh, già, se fosse andata a
vivere nell’attico la presenza
dell’americano a Tokyo si sarebbe rivelata del tutto inutile.
Lui era lì per
vigilare sulla sua sicurezza -ed era arrivato tre mesi prima solo per
potersi…organizzare…- tenendo in considerazione
il fatto che Warsman, secondo
Howard, viveva troppo vicino a lei. Ma se lei si fosse trasferita a
Shibuya
ecco che il problema non si sarebbe più posto, ed i soldati
se ne sarebbero
andati -per la felicità di Kevin- Michael incluso.
Il che portava ad un’altra
domanda.
Ma lei…voleva davvero che
lui se ne andasse?
“beh non è che
lui e i soldati comunque resterebbero lì vita
natural durante. Una volta che tutto sarà perfettamente
sotto controllo se ne
andranno, è così che è stata
programmata la cosa”.
E se le carte in tavola fossero
cambiate, invece?
“per lui quel bacio non ha
significato niente”.
E per lei, invece? Per Emerald?
“per me invece ha
significato tanto casino. Perché…la
verità
è che se non ci fosse stato quel fatto di mezzo
probabilmente adesso io e Kevin
staremmo insieme come si deve. Ma io mi chiedo anche un’altra
cosa, con Michael
è andata in quel modo perché avevo litigato di
brutto con Kevin e sentivo di
volere qualcuno vicino o è andata in quel modo semplicemente
perché lo volevamo
entrambi sul serio, al di là di Kevin e degli scrupoli che
si fa Mikey?...”
Vuoi la verità,
Emerald…?
“la verità
è che io mi faccio troppe pippe mentali”.
Appunto, o troppe o troppo poche.
Sarebbe andata da Kevin, avrebbero
parlato, sarebbe andata
come doveva andare e poi lei avrebbe agito di conseguenza. Alla fine
forse
quella era la strategia migliore.
«…anche troppo.
Insomma, forse questo è…troppo» Fiona
si
guardò attorno «noi siamo delle chojiin, non so se
questo posto sia...appropriato…»
«e perché no,
scusa?! Quando Mars era nella Lega stava in un
attico simile a questo. Molto più piccolo e con molta meno
roba e in un
quartiere diverso…» specificò
Jacqueline esplorando il gigantesco ambiente
«…c’è anche la sauna! E un
cinema interno! E qui è posizionato tutto secondo le
regole del Feng-Shui…»
«avendo un trisnonno
cinese, qui il Feng-Shui non poteva
mancare, ti pare?» disse Hammy con un sorriso «era
il nonno materno di mio
nonno, precisamente. Tra l’altro il ramo degli Zheng di cui
faceva parte ci
riconosce ancora».
«quindi hai parenti alla
lontana pure in Cina?» le chiese
Roxanne, pensando che forse era anche per quello che lei e Ramenman
andavano
d’accordo.
Origini inglesi, cinesi ed italiane:
Emerald era il frutto
di un bel misto di roba, a riprova del fatto che i Lancaster non erano
il tipo
di famiglia aristocratica che concepiva unicamente unioni con i loro
pari aristocratici inglesi o con altoborghesi. Se fosse stato
così Hogan
Lancaster non avrebbe sposato un’infermiera del Muscle Museum
Hospital, per
esempio. Poi che, nel caso di Howard e Janice, fosse stato un
matrimonio tra
gente “in alto” era stata solo una coincidenza. Si
erano conosciuti, si erano
innamorati, ed era andata com’era andata. Niente di
programmato, comunque.
«eh si. Ecco
perché dico sempre che siamo un mucchio, tra i
Lancaster in Inghilterra, gli Zheng in Cina e i Bonanno in Sicilia
e…ovunque si
siano trasferiti. Per dire, uno dei figli di uno dei fratelli maggiori
di mia
nonna Verbena si è trasferito a Bali da un bel pezzo, ha
sposato una del posto
ed hanno avuto quattro figli. E anche loro ci riconoscono, e
viceversa!»
«io penso che a fare un
albero genealogico sarebbe un
gradissimo casino» disse Kirika.
«ah guarda, questo
è sicur…» sentirono qualcuno suonare al
videocitofono «o, abbiamo fatto appena in tempo ad arrivare
che già ci
suonano?»
«così
pare…» disse Fiona andando a vedere chi era
«aaaah!
Ma che cos’è questa mostruosità?!»
– APRITEEEEEEEH!!!!
Roxanne, Jacqueline ed Emerald non
ebbero difficoltà a
riconoscere né la voce idiota né la faccia
spiaccicata contro la telecamera.
«è Kid
Muscle!» esclamò Roxanne che chiaramente non
vedeva
l’ora di rivedere lui come anche tutti gli altri ragazzi,
oltre alle sua amiche
e a sua madre «…che faccio, gli apro?»
– eddai, lo
sappiamo che ci siete, non fatevi desiderare!
– c’è
anche Jacqueline lassù...
–
JAAAAAAACQUELIIINEE…
– io voglio
conoscere anche le altre però.
– dite che hanno
da mangiare?...ROXAAAAANNE ce l’avete da
mangiare?!!
Non c’era solo Kid
però; c’era anche la combriccola al
completo, Meat e Miss Mary inclusi…
– miz
Lancaster non fa in tempo a tornare
che già tornate ad assediarla?
«…Michael…?»
allibì Hammy.
Avrebbe dovuto aspettarselo.
– e tu cosa vuoi,
razza di stupido yankee?!
– il bifolco
bovaro beota ha imparato a muggire come le
mucche che si scopava quando stava a casina sua…
«OHé!
Piantatela tutti quanti altrimenti invece di far salire voi
quassù vengo giù io
e vi trito» li avvertì Hammy
«…ciao a tutti, comunque, adesso vi
apro…»
– una volta preso
l’ascensore che bottone dobbiamo premere,
a che piano state?
«…è
Jeager? Il tedesco carino?» Crea si sistemò i
capelli
«apri apri, che aspetti?!»
«all’ultimo, non
vi potete sbagliare. Anche se il pulsante
lo farei comunque premere a qualcuno che non sia Kid
Muscle…sorry, Kid…»
– eh, che tu ed
io dobbiamo anche parlare di quelle
foto e quei video su Tumblr!
Ed ecco che appena arrivato Meat
ricominciava ad indagare.
Segno che era ancora preoccupato per lei.
Poi Hammy pensò anche
che…
“ci sono tutti. Tranne che
due persone”.
Ad ogni modo premette il pulsante per
aprire loro il portone
principale.
«prepariamoci
all’assalto! Come minimo Kid Muscle si butterà
subito nell’idromassaggio e poi darà
l’assalto al frigo. O l’inverso»
avvisò
tutte Roxanne.
«era un po’che mi
interessava conoscere il vincitore della
Corona Chojiin» ammise Fiona sistemandosi la lunga treccia
rosa.
«ammé non
fregava niente di lui, ma l’americano lo voglio
conoscere» disse Kirika.
«l’americano
quale?» indagò la MacMadd.
«quello dietro al quale si
è persa la Lancaster».
«non sono persa dietro a
nessuno!» sbuffò la suddetta.
Però era arrossita.
«no no! Che sei diventata
del colore delle poltroncine lì
fuori in terrazza, e quando fuggivi per andare sulla Terra tornavi
sempre con
vestiti dello stesso stile e della stessa taglia e che decisamente non
erano
di Kevin Mask…»
Cosa risaputa non solo da Kirika ma
anche dalle altre, alle
quali Emerald bene o male aveva chiesto consiglio.
«si però
facciamo che questa storia ce la teniamo per noi…»
«for IIIIIIIIII
caaaaan’t heeeeeeelllp faaallin’ in
loooove…» si mise a canticchiare Crea.
«e idem
questa…!»
Perché Emerald non aveva
idea che tutti quelli che stavano
salendo lo sapevano già.
Qualcuno suonò al
campanello della porta.
«chi apre?»
«dai vado io»
disse Hammy, andando appunto ad aprire
e…trovandosi un fiore tra i capelli subito dopo.
«non facevano che litigare
su chi dovesse salire per primo
ed io li ho battuti sul tempo. Bentornata sulla Terra, miz…ufficialmente,
per una volta!» le disse Connors con la sua consueta faccia
da schiaffi e tanto
di occhiolino.
«seh vabbè
dettagli» Hammy lo invitò ad entrare con un cenno
«allora…Michael queste sono le ragazze».
«migliori man mano, eh
rossa?» fece l’americano a Jacqueline
-che ebbe la stessa reazione dell’altra volta- per poi
guardare Emerald con un
sorriso complice e metterle un braccio attorno alla spalla, come a
volerle far
capire “è tanto per dire, e tu lo sai
vero?” «Emerald me l’aveva detto che
eravate tutte carine: aveva ragione!»
Era evidente che
l’avesse detto proprio così tanto
per rimanere “nel personaggio”, visto che Kirika
povera ragazza non era
esattamente questo splendore…
Fiona, per quanto la riguardava, non
sapeva se ringraziarlo
o dirgli qualcosa di simile a “ma vai ia vai ia vai ia vai
ia”…Anubi Crea aveva
trillato un “ma grazie”, e Roxanne non aveva detto
una parola. Kirika dopo aver
finito una lattina di birra di quelle che aveva trovato in frigo si
avvicinò
all’americano.
«e così
è il tuo l’armadio che
Emerald ha svuotato
man mano» lo squadrò da capo a piedi «eh
si, la taglia è quella. Beh è caruccio
Emerald, un pensierino serio al posto tuo ce lo farei
nyah-ah-ah-ah-ah-ah!»
Ad Emerald venne una voglia tremenda
di fare facepalm, ma a
Connors non parve importare. Nonostante avesse immaginato che Emerald
avesse
raccontato di loro due sia alla demonessa che a tutte le altre.
«anche io al posto suo un
pensierino su di me lo farei!»
esclamò infatti, facendo il gallo come al solito. Fiona
notò che non sembrava
affatto sorpreso dalla grandezza ed il lusso dell’attico, ma
se aveva capito
bene lui era spesso nella tenuta dei Lancaster, quindi doveva
sembrargli roba
di poco.
Il campanello suonò
ancora…
«entro prima io!»
«no, io!»
«no, dobbiamo essere noi le
prime ad entrare!!!»
«NON AZZARDATEVI A FARE
RISSA RAZZA, DI SELVAGGI!!!»
«…sbaglio o
è la voce del piccoletto che strillava tanto?»
domandò Connors, riferendosi ovviamente a Meat. Roxanne
andò ad aprire, e fu
solo per la nuova prontezza di riflessi acquisita che riuscì
ad evitare l’
“onda anomala” di gente che si riversò
nell’attico tra “uuuh” e
“woooooow che
lusso” vari.
Venendo in compenso abbracciata da
qualcuno con un profumo
ed un calore estremamente familiari.
«Roxanne!...la mia piccola,
finalmente!»
«mamma…»
«Roxaaaaaaaanne!!!»
strillarono Trixie e Chichi
saltando addosso all’amica che se riuscì a
rimanere in piedi fu solo grazie
all’addestramento ricevuto.
Era così contenta di
rivedere tutti quanti loro!
«oh,
ragazze…»
«Fiona, Jacqueline, quelle
altre due, vorreste uscire tutte
quante con me?!» domandò loro Kid Muscle ricevendo
da tutte quante un secco
“no”! …mi sa che giusto Emerald poteva
accettare volentieri di uscirci insieme!
Ed a proposito, era proprio lei che
Terry Kenyon, Checkmate
e Meat stavano guardando. Per il semplice fatto che non aveva ancora
detto
niente, lasciando che se la vedessero con le altre ragazze, e
limitandosi ad
osservare tutto assieme a Connors che non le aveva ancora tolto il
braccio dalle
spalle.
«sono contenta di
rivedervi!» disse a quel punto la ragazza
«scusate se non mi sono fatta più sentire
granché, è che avevo un mucchio di
cose per la testa…»
“una delle quali tiene un
braccio attorno alle tue spalle”
aggiunse mentalmente Meat.
A spezzare quella parvenza di calma
ci pensò Terry, a cui
pur non essendo un estimatore di Kevin Mask piaceva comunque vederci
chiaro.
«tipo fuggire dalla Scuola
per incontrare lui di
nascosto, nel bosco fuori città, vicino al lago, alle una e
mezzo di notte?»
Michael non si scompose minimamente
per il fatto che a
quanto pare quei tizi sapevano -e non
perché gliel’aveva detto Emerald a
giudicare dalla faccia che aveva- per quanto lo
riguardava…non gli interessava.
Non riteneva di doversi vergognare assolutamente per il fatto di
avere…il
rapporto che aveva…con Emerald. Le uniche cose a separarli,
tanto, erano il brat
ed i propri scrupoli.
In compenso la frase di Terry,
buttata lì così, raggelò un
po’ l’atmosfera.
«…e loro come
fanno a saperlo?» se ne uscì Jacqueline un
po’perplessa.
«lo sapete anche
voi?» allibì Dik Dik, non più tanto
interessato alle grazie di Fiona.
«ma a Kevin Mask avete
detto niente?» indagò Roxanne prima
ancora le lo facesse Emerald.
«volevamo sapere come
stavano le cose, prima. E alla
fine…no. Non gli abbiamo detto niente, perché
nessuno aveva voglia di fare
l’ambasciator che porta pena».
«potete stare tranquilli
che se ci fosse stato davvero
qualcosa da dire al moccioso gliel’avrei detto io stesso, brats»
guardò
Hammy «hai degli amici un po’impiccioni, miz».
«la cosa è
questa…attualmente la mia relazione con Kevin è
in un momento di pausa. Abbiamo qualche problema. Capita a tutte le
coppie. That’s
it. E dato che sono appena tornata di tutto mi va di parlare
meno che di
argomenti complicati» disse Emerald «piuttosto
perché non ci chiedete com’è
andata lassù?»
«nyah-ah-ah-ah-ah-ah il
vecchio Robbie con la bambola di
silicone!!!» latrò Kirika riuscendo a catalizzare
l’attenzione dei ragazzi che
non erano esattamente degli assi quando si trattava di
concentrarsi…
«non vorrai tirare fuori
quella storia anche con loro?!»
sbottò Fiona, del tutto inascoltata.
«com’è
com’è com’è?! Robin Mask con
una bambola di
silicone?!» allibì Terry.
«si, genio
com’era ovviamente l’aveva nascosta nei magazzini
e quando gli veniva voglia andava lì la metteva in posizione
e giù a cavalcarla
come se non ci fosse stato un domani!» confermò
Kirika «io e la Lancaster
l’abbiamo scoperto i primi giorni, guardate, è
stata una cosa da crepare dal
ridere nyah-ah-ah-ah-ah-ah!!!»
Kid si voltò verso Roxanne
con una faccia ancor più da scemo
rispetto al solito. «ma veramente?! Robin Mask con una
bambola?!»
La giovane Nikaido annuì.
«eh si…quelle due hanno
perfino le foto…»
«MA VI PARE IL MODO DI
COMPORTARVI?!! DIFFAMARE IN QUESTO
MODO UNA PERSONA?!!» urlò Meat vedendo che tutti
quanti -esclusi lui, Mary e
Checkmate- si erano assiepati attorno a Kirika per vedere le fotografie.
«non è
diffamazione: è puro e semplice raccontare la
verità» obiettò Jacqueline.
«prendono per buono il
detto “avete sete sarete dissetati,
avrete fame…sarete diffamati!”»
recitò Crea «avrebbe potuto anche evitare di dare
di continuo dell’immorale ad
Emerald, avreste dovuto vederlo: le dava addosso per ogni minima cosa,
e l’ha
pure aggredita più volte quando erano da soli, tanto che per
poco non è stato
cacciato dalla Scuola…»
«come come?!»
allibì Meat guardando Emerald e pensando
che ovunque quella ragazza andasse portava casini a non finire
«e non c’è
niente da ridere!!!» continuava a rimproverare i ragazzi, ma
era completamente
inutile, non lo ascoltavano proprio. Vide Hammy e l’americano
conversare fitto
fitto, probabilmente riguardo al fatto che Terry aveva tirato fuori
quella
faccenda, o forse no.
«…avresti dovuto
vedere il padre di Hammy quando gliele
hanno fatte guardare…» disse Roxanne. A Meat cadde
la mascella.
«gliele…hanno…fatte
guardare?...» allibì Meat.
Oh, no. Se Howard Lancaster le aveva
viste, e magari si era
pure fatto dare le copie, quanto ci avrebbe messo a farle girare per
tutta la
galassia?
«oh si. E non ho mai visto
qualcuno ridere tanto di gusto!»
«eh, a
proposito…vi ha trattate bene suo padre? e davvero
è stato lui a comprarvi questo posto?»
Miss Mary si guardò attorno «che
lusso!»
«guardi, trattare ci ha
trattate benissimo. A dirla tutta è
stato…beh…» Crea fece spallucce
«fantastico. Ha fatto di tutto per metterci a
nostro agio, ci ha perfino detto di dargli del tu,
e…insomma, non sembrava
nemmeno lo stesso uomo che avevo visto in TV il giorno delle finali.
Gentile,
divertente, sempre disponibile per qualunque cosa…cosa che
io non pensavo, e
invece!»
«è fatto in quel
modo, come gli anziani della Muscle League
ricordano ancora tutti molto bene» disse Meat «come
lottatore o come allenatore
è assolutamente spietato, e idem in caso di pericolo o
quando qualcosa a cui
tiene molto non va come lui desidera. Quanto al resto invece,
è come vi si è
mostrato» concluse il piccoletto andando a
“grandi” passi vicino ad Hammy
«ecco, adesso io e te dobbiamo
parlare!!!»
«…oh
cielo…» sospirò la ragazza.
«devo
liberarmene?» le chiese Connors indicando Meat con un
cenno del capo.
«no!...vabbè
dai…» Hammy fece cenno a Meat di seguirla in
terrazza «torniamo subito» disse
all’americano.
«lui era quello che
l’altra volta sapeva tutto fin
dall’inizio, o sbaglio?»
«si».
Meat si sorprese nel sapere che
Emerald aveva parlato di lui
a quel tipo. Pensando anche che allora, come minimo, ne aveva parlato
anche a
suo padre.
Non pensava di rientrare nel
“radar” dei Lancaster, e
invece…
Uscirono rapidamente in terrazza,
mentre i ragazzi della
combriccola guardavano ancora le foto e i video che stava mostrando
loro
Kirika, sia del soggiorno nella Scuola che di quello -breve- nella
tenuta.
Mentre chiudeva il finestrone dietro
di sé infatti Emerald
sentì Kid urlare qualcosa di simile a “mostro
cavalloso gigante”, ma non se ne
preoccupò.
«ed eccoci qua».
«incosciente!!!»
Preludio non molto promettente,
invero.
«Meat-»
«eh no! Niente
“Meat”. Ci sono diverse cose di cui dobbiamo
discutere. La prima: quel braccio».
Lei fece spallucce. «non so
che dirti. Adesso sono diventata
generalmente più forte, per ovvie ragioni. Chiedi pure al
vecchio Robbie, se
mai ti capitasse di andarlo a trovare
all’ospedale…non hai idea di che ha
combinato quel pezzo di-»
«puoi prendere in giro gli
altri ma non me. È da quando sei
tornata che è cambiato qualcosa. E le varie dinamiche del
periodo in cui sei
sparita non mi sono affatto chiare. Inoltre c’è
quel tuo rapporto con Warsman…»
«guarda, quello
è un “problema risolto” visto che mi ha
detto da poco che d’ora in poi non mi vuole più
vedere».
Meat parve sgonfiarsi.
«…ah si? Mi viene da chiederti che
hai combinato!»
«io niente…ma
vallo a capire, quel russo psicotico! Aveva
ragione mio padre quando mi parlava di lui e diceva “a me
quella macchina
assassina non è mai piaciuta, perché una macchina
può sempre guastarsi, basta
che nel processore al posto di ‘001001110’ gli
arrivi ‘001001111’ ed ecco che
sarebbe capace di uccidere perfino sua madre. Per un
‘uno’ di troppo!”».
«peccato che lui non
sia esattamente una macchina».
«hai ragione, è
una moto…ok, oggi mi sento particolarmente
bastarda…»
Facepalm a parte Meat si
sentì in parte più tranquillo, ma
dall’altra...per niente. Perché c’era
sotto qualcosa e lei glielo stava
nascondendo ostinatamente, e lui non sapeva come fare a tirarglielo
fuori.
«senti un
po’!» fu costretto a cambiare discorso
«mi vuoi
spiegare come hai fatto a pubblicare foto e video sul tuo blog?! E
soprattutto
come accidenti ti è saltato in mente di farlo?!!»
«tanto quella di Robbie
è un’immagine pubblica, e non ho
pubblicato le foto con la bambola».
«ma i video con le prese in
giro si! E quello che deve
averti fatto Kirika mentre lo massacravi per superare la selezione
si!!! E
anche quello della…festa…» si mise le
mani sopra la testa «ma perché
non sarai in grado di startene
tranquilla?!»
«Meat, Robin Mask mi ha
nominata per farmi andare lassù e
darmi addosso. In tutti i modi possibili, aggiungo. Io sono buona e
cara ma non
voglio nemmeno rotture, mi conosci. E se non è stato espulso
dalla Scuola dopo
avermi aggredita la seconda volta è solo perché io ho voluto che rimanesse, dato che
Vance MacMadd e buona parte dei
suoi colleghi avevano votato per buttarlo fuori».
La domanda, però, a Meat
venne fuori spontanea. «ponendo che
in ogni caso ha sbagliato senza alcun dubbio…ti ha aggredita
per fatti suoi o
perché ce l’hai portato tu?»
«se davvero poniamo che in
ogni caso ha sbagliato, ha
sbagliato e basta».
Come a dire che si, ce
l’aveva portato lei.
«se
l’è cercata, Meat, l’avrai visto quel
servizio nel tg il
primo giorno. Il problema è che con me chi cerca trova, e
gli è andata di lusso
che è il padre di Kevin, altrimenti nel nostro scontro
l’avrei ridotto molto
peggio di come ho fatto, anche se poi mi sono sentita in colpa lo
stesso. Già
ce l’avevo a morte con lui per come mi trattò a
Londra ormai più di un anno fa,
con questo ha peggiorato le cose, e non c’è solo
questo…»
Quella storia sarebbe venuta fuori
prestissimo, tanto valeva
soddisfare la curiosità del suo piccolo amico che magari
preso dalla nuova
questione avrebbe evitato di indagare su altro, come il suo braccio o
la sua
situazione sentimentale.
…o sull’incendio
nella tenuta dei Mask avvenuto il venerdì
notte della settimana prima…
«che altro
c’è?»
«non una parola a nessuno,
ancora. Anche se verrà fuori a
breve» fece una pausetta «ho le prove materiali che
la mamma di Kevin è ancora
viva e che Robin Mask l’ha esiliata su Nettuno
perché lei, comprensibilmente
stufa di lui, gli ha messo le corna con Quarrelman. Anche lui su
Nettuno,
oltretutto».
Ci mancò poco che Meat
svenisse.
Alisa Mask…viva.
Su Nettuno.
Con Neptuneman.
V-i-v-a,
quando
invece Robin aveva detto a tutti -figlio incluso- che era morta!
«…!»
«ci sono rimasta
anch’io così».
«come
l’hai…cosa…» Meat non
riusciva nemmeno a mettere per
bene le parole in fila «ma Kevin lo sa?»
«non ancora, ma tra oggi e
domani dovrò dirglielo. Anche per
questo motivo non so come andrà a finire tra me e lui. Anyway, l’ho scoperto frugando
nella stanza di Mr.Mask che teneva
in una cassaforte oltre mille lettere color lavanda di Alisa a Kevin. Sono vent’anni che lei
gli
scrive, ma Robin Mask ha intercettato tutta la posta in modo che lui
-per ovvie
ragioni!- non potesse risponderle. Nonostante le avesse dato il
permesso di
comunicare con il figlio. I patti erano questi Meat…lui li
avrebbe lasciati in
pace se loro se ne fossero andati ed Alisa avesse lasciato Kevin a
Londra con
suo padre, che voleva addestrarlo. Probabilmente se sua madre
l’avesse portato
via su Nettuno sarebbe stato molto più felice. E sarebbe
stato sempre un
campione chojiin probabilmente, dato che Nepuneman a Robbie le aveva
suonate se
non erro, quindi…»
«è
incredibile» Meat era ancora sconvolto
«ma…è proprio
vero?»
«ho alcune delle lettere di
Alisa, la copia del certificato
di morte e la perizia che ne certifica la falistà, il
filmato di una telecamera
nell’aeroporto con Robin che fa salire sua moglie e
Neptuneman in un’astronave
e poi…e poi la tomba per forza di cose è vuota,
ovviamente…» aggiunse in un
borbottio rapidissimo «più prove di
queste…!»
«roba da
matti…privare un figlio della propria madre
esiliandola su Nettuno…roba da matti»
ripeté Meat «povero Kevin, non vorrei
davvero essere nei suoi panni. In un certo senso sapere che sua madre
è viva
sarà una bella notizia, ma d’altro canto suo padre
gli ha mentito per tutta la
vita, ed i loro rapporti sono già estremamente
tesi…»
Ok, Hammy aveva raggiunto
l’obiettivo.
«non una parola per adesso,
mi raccomando Meat».
E detto questo tornò
rapidamente dentro casa prima che lui
potesse chiederle qualunque altra cosa.
«Hammy ma veramente hai
detto a Robin Mask di ristudiarsi le
regole perché tu le sai meglio di lui?» Jeager era
ancora allibito dopo aver
visto quel video «…e comunque non so se
l’avete sentito, ma pare che venerdì notte
parte della villa di Robin Mask sia bruciata. Ma voi non eravate
lì vicino?»
«vero, il terreno della
tenuta della mia famiglia e quella
di Robin Mask sono confinanti, ma l’abbiamo saputo
“da fuori”, ecco. Le ville
sono estremamente distanti tra loro dato che i terreni attorno sono immensi…»
Evitò di guardare il
sogghigno di Kirika per evitare di
scoppiare a ridere o…sentirsi in colpa di nuovo.
Perché
quell’incendio non era stato esattamente accidentale…
:: venerdì
notte,
Londra ::
«…la villa del
vecchio Robbie è a cinque minuti da qui?!
Andiamo ad appiccare il fuoco, che diavolo!»
Kirika aveva fatto quella che un
po’era stata una battuta e
molto no. Perché se fosse stato per lei avrebbe veramente
dato fuoco alla villa
di Robin Mask.
Lei ed Emerald erano state le uniche
a rimanere alzate,
mentre le altre sapendo cosa le aspettava il giorno dopo
-l’immensa festa
promessa con i Linkin Park a suonare- avevano deciso di andare a letto
alla
stessa ora in cui l’aveva fatto Lady Janice.
Anche Howard però era
ancora alzato, bello sveglio, e
sentendo quell’esclamazione di Kirika aveva guardato entrambe
le ragazze con
uno strano sorriso. Precisamente modello “dopo quel che mi
è stato raccontato
da mia figlia riguardo a come si è comportato Robin con lei,
ho voglia di
dargli un’altra piccola lezioncina”…
«ma lo sai che è
un’idea che ho avuto spesso anche io
nonostante fino ad un anno fa, da dopo il nostro ultimo litigio, mi sia
limitato ad “ignorare relativamente” il mio vicino?
Eccetto che nelle occasioni
ufficiali, o negli incontri pubblici» specificò
Mr. Lancaster «casualmente, comunque,
credo di avere
dei detonatori da qualche parte qui in casa…»
Emerald aveva sollevato un
sopracciglio. «…ma…fai sul serio
papà?»
Anche Kirika l’aveva
guardato con due occhi così. Perché
tutto credeva ma non che sarebbe stata presa sul serio!
«faccio molto
sul
serio. Credo che far saltare la parte orientale della villa dovrebbe
bastare
perché riceva il messaggio, anche se ovviamente non
avrà modo di provare niente
dato che i detonatori in questione sono fatti per autodistruggersi in
microparticelle al momento dell’esplosione. Sembrerebbe un
incendio
accidentale. Magari dovuto ad un cortocircuito».
Kirika guardò Emerald.
«ma perché mio padre non è come il
tuo?»
«ho varie tute integrali
fatte dello stesso tessuto di
quella da combattimento di Emerald, con tanto di maschera. Non ci
vedrà
nessuno, ma a scanso di equivoci…quanto al sistema di
sicurezza non c’è da
preoccuparsi, conosco quello e la villa del mio ex amico come il palmo
della
mia mano».
«ma quindi andiamo a fargli
esplodere mezza villa sul
serio?» domando di nuovo Hammy.
Alla quale era presa una voglia
analoga, per di più.
«se non avete voglia di
farlo resterà intatta, ma se invece fosse
il contrario basta dirlo ed andiamo, sarebbe
anche l’ora perfetta».
Le due si guardarono.
«e
andiamo!!!»
:: ora ::
«quindi no, non so altro di
preciso» concluse Emerald «ed
anche se sono stata contenta di rivedervi io adesso devo andare. Da
Kevin»
specificò.
Tutti quanti si scambiarono occhiate,
eccetto Connors che si
alzò giocherellando con le chiavi dell’auto.
«ti porto io. Le valigie le
prendi?»
«si».
Anche se non c’erano
più le lettere dentro dato che le aveva
messe nel marsupio insieme al resto poteva essere che lei e Kevin
tornassero a
vivere assieme, quindi era bene portarsi dietro tutto.
«ma come, te ne vai
così? Speravamo che anche tu ti
trattenessi di più» disse Wally «non ci
vediamo da tre mesi…»
«vi prometto che a breve
usciremo tutti quanti insieme, io,
voi e…anche voi ragazze?...ma adesso ho veramente da fare.
Ciao» disse uscendo
rapidamente con l’americano.
Rimasero tutti un po’in
silenzio.
«ma sarà vero
che va da Kevin Mask?» buttò lì
Jacqueline
«secondo me quei due avevano solo voglia di andare a letto
insieme!»
«perché,
c’è andata a letto?!» Kid le si
appiccicò
immediatamente «c’è andata
c’è andata c’è
andata?!!»
«che noi sappiamo no,
ma…chi lo sa? Dovresti chiedere a
lei».
«…intendi
tornare a vivere con il brat? …la parte
buona è che la bestia da venerdì è
tornata nella casa che gli hai lasciato
insieme a tutte le sue zecche. E non solo, ma dai discorsi che ho avuto
modo di
sentire sembra che voglia lasciare il quartiere, il che sarebbe molto
positivo
per te».
Erano in viaggio già da
un’oretta, il quartiere dove
abitavano non era lontano ormai, ed in tutto quel tempo non avevano mai
parlato
di Kevin e Flash se non in quel preciso momento.
“ma allora faceva sul
serio” pensò la ragazza “diceva
davvero quando ha parlato di non volermi più
vedere!”
«ah si,
senz’altro. anche se magari cambierò quartiere
pure
io, dopo oggi, a seconda di come va a finire con Kevin».
Riusciva a stento a crederci.
Possibile che se la fosse presa
così solo per averla
vista ballare con un altro?
Una reazione del
genere…nemmeno avesse ammazzato qualcuno! E
a dire la verità in quel caso probabilmente sarebbe stato
disposto a chiudere
un occhio o anche tutti e due.
Possibile che stesse facendo tante
scene per così poco?
Vero che anche lei lì per
lì si era sentita un po’una
traditrice, ma una volta tra le braccia dell’americano ed in
seguito col trofeo
in mano non le era parsa poi questa gran tragedia. Se con Flash era
solo ballo,
non poteva esserlo anche con Michael?
“quel russo è
una fottuta drama queen” pensò
“non ho
mai firmato un contratto che diceva ‘io sono il Solo Nemico
Tuo. Non avrai
altri partner di tango all’infuori di me; non darmi della
bestia invano; ricordati
di santificare le serate di tango; onora il Mah Jong e il
borscht’*. Ah, ma
andiamo! È il mio Nemico Numero Uno e sempre lo
sarà ma non significa che debba
convertirmi al culto della Psycho Pantegana Di Madre Russia”.
Però…le
dispiaceva. Era come se avesse una spina conficcata
nel petto, all’idea di…si, un conto era fargli
male intenzionalmente
-possibilmente del male fisico come riempirlo di botte con un cric,
farlo
cadere dalle scale, sparargli e quant’altro- un altro ferirlo
in altro senso.
“era una cosa nostra!...
sei riuscita a sputare sopra
anche a quel poco che c’era rimasto senza curarti di niente!
Con il bastardo
che mi ha torturato per due settimane, che è ancora
più grave. E con il
…‘nostro’ tango, nemmeno uno
qualunque”.
Questo le aveva detto, e nonostante
Warsman fosse di
carattere piuttosto freddo -con lei e Kevin meno- anche solo quella
semplice
esclamazione iniziale di freddo non aveva assolutamente niente ed aveva
trasmesso il messaggio già prima che lui aggiungesse altro.
«se la bestia si
trasferisce davvero però tra un paio di
mesi, da direttive, dovrò andarmene».
E Connors non sembrava
particolarmente felice di ciò.
«si…beh…hai
da fare, immagino. Anche se attualmente al tuo
posto c’è Turbinskii».
«che se la cava anche bene,
a dire il vero» ammise l’americano
«il che mi sta permettendo di stare qui, nonostante per le
questioni riguardo
le quali tuo padre si fida di me soltanto sia io a dare ordini per via
telefonica. Criptata».
«io ho sempre pensato che
sotto sotto papà ti veda come
quello che un giorno avrebbe potuto sostituirlo, se fossi stato
imparentato con
noi» disse candidamente la ragazza facendolo quasi inchiodare
bruscamente.
«sostituire il capo? Ma
chi, io? Tuo padre è inarrivabile,
miz Lancaster. No, no; se mai dovrai essere tu a
sostituirlo, non un ex
mercenario qualunque».
Non lo sapevano ma avevano ragione
entrambi, perché il
desiderio di Howard Lancaster era che un giorno Emerald e Michael,
diventati
ufficialmente una coppia, prendessero il suo posto quando lui proprio
non ce
l’avrebbe fatta più. Tra altri quarantacinque anni
all’incirca, visto che Mr.
Lancaster auspicava di arrivare oltre i cento e fino a
novant’anni contava di
poter continuare ad occuparsi dei propri affari!
«mah…sarà!»
guardò fuori dal finestrino «nocciolo!!! C’è
un nocciolo!!! Con le nocciole!!!»
Ma no, davvero? Di solito i noccioli
producono
patate…comunque…sta di fatto che a
quell’esclamazione che era tra il
supplicante ed un “fermati immediatamente sennò ti
riduco in poltiglia”
l’americano accostò con un breve sospiro ed un
sorrisetto vedendo Emerald
catapultarsi letteralmente fuori dalla macchina e salire
sull’albero come uno
scoiattolo per poi iniziare a rompere quante più nocciole
possibili e
lanciarsele in bocca. Amare le nocciole era un tratto comune sia nel
padre che
nella figlia, come il sentirli dire “nocciole,
dove?!”
e guardarsi attorno ogni
volta che udivano quella parola cercandone.
«sei il terrore degli
scoiattoli!» disse Connors da sotto
«finisci tutte le loro scorte per
l’inverno!»
«ma veramente quando si
tratta di andarmi a rubare le
sigarette in qualche bar di nocciole ne ricevono»
ribatté lei lanciandosi in
bocca cinque nocciole tutte insieme «un pacchetto da venti
per venti nocciole,
direi che è un prezzo modico!»
«a beh, con quel che
costano…di’, ma non ti viene mica in
mente che forse di nocciole potrebbe andarne qualcuna anche a
me?»
«e vieni su no?»
«non so se questo qui regge
il mio peso come quelli di casa
tua».
«ma si, che è
grande, forse reggerebbe anche Kevin».
L’americano a quel punto
fece spallucce, si arrampicò a sua
volta sull’albero, si fece imboccare con qualche nocciola e
poi sia lui che
Hammy…iniziarono a penzolare a testa in giù.
In tredici anni di stretto contatto
Michael Connors era più
naturalizzato Lancaster di quanto si rendesse conto lui stesso!
«hai mai notato che la
gente sembra tutta più bella se
osservata da questa prospettiva?» chiese Emerald
all’americano.
«dipende se la gente in
questione si è fatta o meno i peli
del naso…»
Se ve lo state chiedendo oltre che
qualcosa fatto per il
puro gusto di farlo si, era anche una manovra per prendere tempo.
Preparandosi
spiritualmente -almeno Emerald- ad affrontare Kevin.
«vedo che morivi
dalla voglia di rivedermi».
Ma evidentemente era destino che non
dovesse andare così, e
che Kevin Mask -fino a qualche istante fa insieme a Warsman che appena
vista
Emerald da lontano era andato via con una scusa- beccasse lei e Connors
tranquilli, sereni e a testa in giù, sorprendendola al punto
che perse
l’equilibrio e cadde. Per fortuna in verticale sulla mano
destra.
«…mi hai fatto
prendere un colpo» borbottò una volta tornata
alla normale prospettiva «e comunque stavo venendo da
te».
«oh, sicuro, l’ho
visto come venivi da me a testa in giù su
un nocciolo e proprio con questo tizio!»
sbottò indicando l’americano
che era a sua volta tornato con i piedi per terra.
«mh. Adesso capisco il
perché della pausa se questo stupid
brat non ti fa mangiare nemmeno le nocciole in
pace».
Però un po’ lo
capiva, a Kevin. Sai che la tua non-so-cosa è
lì a Tokyo, sai che deve dirti qualcosa di vitale,
non vedi l’ora di
rivederla dopo tre mesi e lei si ferma a mangiare
nocciole!…a lui magari non
faceva specie, ma ad altre persone poteva seccare un
po’essere messe al secondo
posto dopo un pugno di nocciole.
«tanti bla bla bla, ma a
quanto pare solo di questo si
trattava se appena mi hai rivista hai ricominciato a
litigare» disse Emerald
piuttosto freddamente, incrociando le braccia per poi guardarlo
quasi…ferita. Uno
sguardo che l’inglese non pensava di poter sopportare,
soprattutto dopo quei
mesi di lontananza, e fu per quel motivo che la abbracciò
all’improvviso,
sorprendendola.
«mi manchi» le
disse pianissimo.
Nel sentirsi avvolgere in
quell’abbraccio Emerald percepì
qualcosa di simile a quel che aveva provato nel tornare a casa. Eppure
era
l’americano che stava guardando, col quale si intese dopo
brevi occhiate col
fargli capire che lei e Kevin dovevano parlare da soli.
Lui annuì, salì
in macchina e partì. Le valigie le avrebbe
lasciate davanti alla porta di casa propria, così da far
loro la guardia.
Non sapeva cosa augurarsi per quei
due, ad essere sincero.
Forse se lei e Kevin Mask fossero tornati insieme Emerald sarebbe stata
felice,
e doveva tenere a mente che lui, lui, tanto non se
la meritava e quindi
lei poteva e doveva trovare qualcuno che invece se
la meritasse.
Ma non significava che questo lo
rendesse granché contento,
anche perché per come la pensava Kevin non era uno
di quelli che se la
meritavano. Ma quello era un giudizio che poteva dare solo Hammy, e
come tale andava
preso.
«non sarebbe meglio se ne
parlassimo a casa?»
«no, va bene anche
qui».
«ma sei sicuro?»
«si. Abbiamo troppe cose da
dire per aspettare fino a casa,
dopo tutto questo tempo credo di non poter reggere un minuto di
più».
Erano in uno di quei vecchi parchi
abbandonati dei grandi
tubi di ferro nei quali una volta, forse, dei bambini avevano giocato.
«innanzitutto ribadisco
quel che ho detto prima: mi manchi.
E tanto. Questa tua…maledetta pausa…io la odio.
Perché ti amo e vorrei che
tornassimo insieme per davvero, al di là di tutto quel che
possono combinare i
nostri genitori. E se il problema è anche la mia eccessiva
possessività lo sarò
di meno, ma voglio che questa situazione di incertezza -almeno tra noi
due-
abbia fine».
Ovviamente c’era anche
quella faccenda che riguardava sua
madre, suo padre e non si sa cos’altro, ma era meglio
affrontare una cosa alla
volta, ed al momento per Kevin era la sua relazione ad avere la
priorità.
Solo che Emerald non era sicura di
poterlo accontentare. Per
niente. Perché Kevin parlava bene, ma intanto la primissima
cosa che aveva
fatto quando l’aveva rivista era stata una mezza scenata.
«capisco. Ma…non
è un buon momento per parlare di me e te,
questo».
«come sarebbe che
“non è il momento buono”?! Emerald!
Capisco che non lo fosse parlarne per telefono ma adesso siamo qui,
faccia a faccia, se questo non è il momento buono
non so proprio quale
possa essere!...certo, a meno che il problema non sia per davvero IO
quanto
piuttosto TU!» ed eccolo che ricominciava, nemmeno a dirlo
«magari il problema
non sono le litigate e nemmeno i nostri padri o tutto quello di cui
puoi
accusarmi, ma semplicemente che tu non sei sicura di voler stare con me
perché
magari hai messo gli occhi addosso ad un altro. E da quanto ti trovavi a
tuo
agio con quel bastardo figlio di puttana di un americano ho
anche la vaga
idea di chi possa essere questo “altro”!»
«lo vedi come sei?! Come io
dico qualcosa che non ti va a
genio ti attacchi con le tue sceneggiate da diva!»
“e il fatto che abbia
più o meno ragione è un altro
discorso, ma magari se si fosse dimostrato meno un cretino avremmo
risolto il problema!” pensò.
«sceneggiate da diva un
corno, io ho tutte le ragioni di
essere arrabbiato, anche solo per il fatto che invece di tornare subito
qui a Tokyo
tu abbia voluto farti una vacanza a Londra mentre io ero qui ad
aspettarti come
uno scemo!!!»
«volevo staccare un
po’la spina, dopo tutto quel che è
capitato lassù volevo starmene in pace insieme alle ragazze
e rivedere mia
madre e mio padre, non vedo che c’è di tanto
incomprensibile!»
«ah! tuo
padre…!»
«che
hai da dire
ancora su mio padre?!»
«lo sai benissimo
cos’è che ho da dire di tuo padre!!!»
«di’ quello che
ti pare ma il tuo è una grandissima
testa di minchia e credimi se ti dico che ho delle ottime
ragioni per pensarla
così, tante quante ne avevo per dargliele di santa ragione
nello scontro finale!!!»
Tanto andava sempre a finire in quel
modo. Da quella che
doveva essere una discussione tranquilla e nella quale si era stabilito
poco
prima di lasciar fuori i padri, ecco che andavano inevitabilmente a
battere
quel chiodo lì. Con tutte le conseguenze che comportava.
«a beh perché tu
ovviamente non contenta di provocarlo in
continuazione in tutti i sensi e di frugare nella sua roba hai anche
approfittato
dello scontro finale per fargli del male fisico!!!»
«era quello
l’obiettivo!!!»
«tu non vedevi
l’ora di farlo fin da quanto sei andata
lassù, hai cercato ogni modo per fargli passare
l’inferno e magari anche
tentare di farlo caccia-»
«quindi secondo te avrei
dovuto starmene lì ferma e buona a
farmi angariare da quel vecchio bastardo rincoglionito senza reagire?!
E
oltretutto te la prendi con ME sapendo che è LUI ad averti
nascosto delle cose
importanti?!»
«qualunque cosa sia sono
affari della mia famiglia,
dei quali tu e tuo padre non avreste dovuto impicciarvi!!!»
Era evidente che la rabbia, la
gelosia, la tensione e tutto
quanto aveva accumulato in quei mesi -soprattutto dalla pausa in poi-
avevano
decisamente spento temporaneamente ogni raziocinio in Kevin Mask.
E quella reazione che Emerald
Lancaster percepì come
un’enorme ingiustizia nei suoi confronti spense, invece, ogni
barlume di voglia
di perdere ancora tempo con lui, annullando anche ogni senso di empatia
e
sensibilità nei suoi confronti visto il modo in cui
tirò fuori dal marsupio una
busta contenente lettere, filmato in una chiavetta, certificato di
morte falso e
perizia schiaffandogliela in mano.
«benissimo, allora dopo che
avrai visto cosa c’è qui dentro
veditela da solo col tuo caro papà che difendi tanto, razza
di idiota! E non
venire a piangere da me, perché ti sputerò dritto
in faccia!!! Coglione!!!»
E dopo quell’ultimo insulto
la ragazza corse via prima che
Kevin avesse tempo di dire “a”, lasciandolo
lì con in mano qualcosa che gli
avrebbe sconvolto la vita.
E che nonostante la rabbia il ragazzo
cacciò in tasca dopo
avergli dato una breve occhiata.
:: circa un paio
d’ore dopo ::
Quando l’aveva vista da
lontano era tornato a casa. Non
aveva avuto voglia nemmeno di guardarla in faccia, tanto più
che neanche a
farlo apposta era insieme a, indovinate chi? Ma quel bastardo di
Connors,
naturalmente.
Già. Ancora con lui,
sempre con lui.
Quando li aveva visti ballare
insieme, e come si guardavano,
e come si toccavano…non avrebbe saputo definire
cos’era che aveva sentito, a
parte una grande incazzatura, sapeva solo che era stato orribile.
Del rapporto che avevano lui ed
Emerald aveva finito per
rimanere solo quello, il tango, e dopo due mesi e mezzo passati insieme
modello
“I&You, You&Me” era già
troppo poco.
E adesso non c’era
più nemmeno quello, perché il suo posto
era stato occupato da un altro. No, peggio: Connors aveva occupato sia
il suo
posto che quello di Kevin in un colpo solo, perché
probabilmente per come lo
vedeva quella puttanella senza cervello l’americano era una
sintesi di loro
due, di un Kevin più maturo e di un uomo con un passato
atroce alle spalle e
con tanto da raccontare. E che sapeva ballare, e suonare la maledetta
chitarra,
e sapeva qualcosa di spagnolo.
E, soprattutto, che piaceva a papy.
Rappresentava una
strada più larga, più facile da percorrere,
meglio tenuta e vivamente
consigliata. Oltre al fatto che Emerald, quella strada, avrebbe gradito
percorrerla già da prima di conoscere Kevin.
“…Roxanne!
You don’t have to sell your body to the
night…!”
Non sapeva nemmeno lui
perchè avesse messo su quella canzone
adesso, il “loro” tango, sapeva solo di essere del
tutto patetico e stupido.
E che…non era giusto.
“his
eyes upon your face, his hand upon your hand, his lips caress your
skin…”
Lei era la sua nemesi.
Lei era quella che gli aveva salvato
la vita.
Lei era quella che l’aveva
accoltellato, gli aveva sparato.
Lei era quella con cui aveva potuto
parlare di romanzi di
autori russi.
Lei era quella che gliene aveva
combinate di tutti i colori,
e viceversa.
Lei era quella che aveva voluto due
mesi e mezzo sola con
lui, lui! Loro due soltanto, lontani da tutto e
tutti a girare per il
mondo.
“it’s
more than I can stand!”
Lei era la sua
partner di ballo.
“why
does my heart cry?”
Lei era la prima donna che lo avesse
trattato come un
uomo, anche dopo averlo visto senza maschera. Le altre al
suo posto
sarebbero scappate urlando, lei non lo aveva fatto.
“feelings I
can’t fight…”
Tutto questo per poi
“tradirlo” con uno degli uomini che gli
aveva fatto più del male in assoluto, e che per quanto lo
riguardava era la vera
bestia.
“you’re
free to leave me…”
Forse allora non le era mai importato
nulla, in realtà. Con
lui si era solo trastullata. Era stato il suo giocattolino
finché ne aveva avuto
voglia, finché non si era stufata di lui perché
presa da altri giocattoli più
belli e non lo aveva buttato via senza stare a pensarci troppo. Il loro
perfetto rapporto da nemesi, “io odio te, tu odi me, e a
vivere senza questo
non c’è gusto” era stato solo un modo
per passare il tempo, per quella ragazza.
“but
just don’t deceive me…”
Doveva gettarli via, quei souvenir,
come anche quel dannato
cd.
“and
please, believe me when I say I lov-”
Lanciò un soprammobile
contro lo stereo prima che il verso finisse,
fracassandolo.
Giusto in tempo per sentire la voce
di Emerald in lontananza
e che decisamente, dunque, non era rivolta a lui.
«…è
un grandissimo idiota!!!»
Presumibilmente parlava di Kevin.
Dovevano aver litigato
ancora, il che significava che il ragazzo fino al mattino dopo non
sarebbe
tornato a casa ma sarebbe andato a bere come una spugna in qualche
birreria
mentre lei a quanto pare era andata a
lagnarsi…dall’americano.
Chiaro.
“è andata da
lui, non è venuta da me. Non che io le avrei
aperto”.
E non che lei avrebbe bussato, se mai
fosse andata da lui,
visto che c’era la chiave di scorta dagli scoiattoli.
Chiuse gli occhi, cercando di non
pensare a sé stesso e al
“tradimento” subìto, quanto piuttosto a
come dovesse stare adesso Kevin dato
che avevano litigato ancora.
Ma non ci riusciva molto bene, e
continuava a pensare
che…non era giusto.
Non era giusto che gli fosse stato
tolto anche quello, e lui
non era uno di quelli che si lagnano per ogni minima cosa, ma quello
era così
brutto ed ingiusto che non poteva farne a meno.
“proprio lei…e
proprio lui”.
«io penso solo che tra
quello stupid brat ed
un macaco il macaco risulterebbe trenta
volte più intelligente. Non so, avete cose importanti da
dirvi, sa che suo
padre gli ha tenuto nascosto qualcosa che non avrebbe dovuto e se la
prende con
te e tuo padre?» Connors scosse la testa
«non ha capito un cazzo della
vita, c’è poco da fare».
«è un
coglione…è un
grandissimo…coglione…»
“meglio che non dica al
capo che Mask l’ha fatta piangere”
pensò Connors mentre la stringeva a sé.
Sarà stato un ex mercenario che adorava
violenze e massacri e quant’altro ma quando gli pareva e
-soprattutto- con chi
gli pareva sapeva essere addirittura dolce “per quanto
sarebbe tremendamente
divertente vederlo arrivare qui col grosso delle forze e sparargli
dritto in
testa, ma presumo che nn sia quel che Emerald vuole. Anche se
ciò non toglie
che se disgraziatamente me lo troverò davanti il brat
vedrà com’è che ci
si comporta quando si è davvero in
guerra, altro che le puttanate che ha
detto durante lo scontro con quell’uomo fatto di
mattoni”.
Come minimo in ospedale ce lo avrebbe
mandato, chojiin o
meno, una botta per ogni lacrima che le vedeva cadere dagli occhi.
A Shibuya l’avrebbe
riportata il giorno dopo, in quel
momento non era proprio il caso.
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Capitolo 16 *** Un fiore d'ibisco ***
«…o mi aprite
voi o mi apro io da solo!!!»
– tanto se
TI APRI la scatola cranica non è un problema visto e
considerato che è del
tutto vuota.
– che stronzo.
Kevin Mask al
momento si trovava a Shibuya, a suonare il campanello che si trovava
all’esterno del grattacielo dove era andata a vivere Emerald.
Erano passati
tre giorni dal loro litigio. Tre giorni nei quali Kevin aveva bevuto
come una
spugna, riflettuto parecchio nei momenti di lucidità,
concluso che avrebbe dovuto
agire diversamente e -soprattutto- aveva evitato di
aprire la busta che
Emerald gli aveva lasciato, decidendo di volerlo fare con lei presente
dato che
il suo istinto, ogni volta che metteva gli occhi sulla busta, gli
urlava che
avrebbe avuto bisogno di tutto il sostegno possibile. E soprattutto di
quello
di Hammy.
Peccato che lei
non sembrasse avere la minima voglia di vederlo o anche solo sentirne
parlare.
«sentite io
voglio solo parlare con Emerald! E-me-rald! Non con voialtre!»
– lei
però
non vuole parlare con te. Non vuo-le.
– quindi vat-te-ne.
E che quindi
Kevin si stesse trovando a discutere con Kirika e con una Jacqueline
MacMadd
che probabilmente ce l’avrebbe avuta in perpetuo con
lui per aver
annullato quell’uscita di mesi e mesi prima, e per la quale
dunque ogni scusa
era buona per maltrattarlo!
Ancora a Kevin
suonava strana l’idea che la rossa ed Hammy avessero fatto
amicizia, da dopo
che -a detta di Emerald- Jacqueline aveva chiamato a casa sua per
sapere come
stava nei tre mesi dopo che aveva beccato quel proiettile nella spalla.
Una
prova del fatto che bastava poco per non piacere ad
Emerald, ma che in
alcuni casi bastava altrettanto poco -come mostrarsi gentili nei suoi
confronti- per rimettere tutto a posto.
Già. Solo in
alcuni casi però.
«neanche per
sogno, voglio parlare con lei e ci parlerò anche se dovessi
sfondare questa
porta e quella del vostro appartamento!»
– non ti
conviene, perché poi noialtre sfonderemmo te
con sommo piacere! Sarai
forte quanto ti pare ma noi qui siamo in cinque e tu sei uno solo.
– e saremmo in sei se non
fosse che Emerald probabilmente non si
sporcherebbe nemmeno le mani a picchiarti come si deve.
All’inglese
venne una voglia matta di mettersi ad urlare al citofono e poi sfondare
tutto
come aveva minacciato di fare, ma una scintilla di raziocinio gli stava
dicendo
che forse non era una buona idea, e che avrebbe dovuto cambiare
approccio. Fece
un grosso sospiro.
«voglio parlare
con lei… è una cosa molto importante»
pausa «ditele che mi dispiace per come mi
sono comportato. Per favore».
– ecco,
già
il tono mi piace di
più………sicura?...ok…
– Kevin.
Oh, eccola
finalmente. «Emerald!...»
– che vuoi?
Freddina.
«ho fatto il
coglione. Mi dispiace, non volevo, e…non ho ancora aperto
quella cosa. Sei più
importante tu di quella» disse mettendo insieme tutto quel
che gli saltava in
mente senza un ordine preciso «non scherzavo quando dicevo
che mi manchi, ed io
detesto tutti questi litigi che abbiamo ultimamente. Possiamo
parlare…senza
ammazzarci…stavolta? Per favore».
Brusii.
Aguzzando l’udito Kevin riuscì a distinguere uno
“scendi”, un “fallo salire” ed
un “ma mandalo affanculo va’…”.
– scendo io.
Kevin si lasciò
scappare un sospiro di sollievo. Pareva che Hammy non gli avesse ancora
tolto
davvero il saluto, dopotutto.
Se la ragazza
aveva deciso di scendere era più che altro perché
conoscendolo sapeva quanto
gli costasse dire “ho sbagliato”,
“scusa” e “per favore” tenendo
in
considerazione che l’orgoglio dei Mask era
l’orgoglio dei Mask. Ma non
significava che avesse capito cosa fare con lui, o che avesse smesso
del tutto
di essere arrabbiata. Solo tre cose sapeva e cioè che
a) era confusa
b) quella
confusione non la faceva stare bene, come non faceva stare bene neanche
Kevin
c) lei voleva
tornare a stare bene, in qualunque modo, e se anche lui fosse
tornato a
stare bene sarebbe stata buona cosa
Ed ogni opzione
dunque era bene accetta.
Quando uscendo
dall’ascensore lo vide lì, al di là del
vetro della porta principale, pensò che
fosse una perfetta metafora della loro relazione. Anche quando erano
più vicini
c’era sempre una barriera a dividerli. Una barriera che a
nessuno dei due
riusciva ad identificare proprio perché quasi invisibile
come quel vetro.
«eccomi».
Lui la guardò a
lungo, prima di dirigersi verso la propria moto facendogli cenno di
seguirlo e
lei obbedì, senza dire una parola, come lui. E
così fu per tutto il viaggio,
che terminò nel parco non eccessivamente distante da casa di
Kevin.
“curioso che
abbia scelto questo posto”.
Era successo
durante i primi mesi di conoscenza, erano andati lì a
prendersi un gelato ed
avevano finito per discutere sul fatto che, a detta di Kevin, il
Chelsea
sarebbe stato sempre e comunque superiore al Manchester City. Opinione
con la
quale Hammy, che teneva per quest’ultima, non concordava per
niente.
Il risultato?
Avevano finito per spiaccicarsi vicendevolmente i gelati in faccia. Per
fortuna
una volta resisi conto che erano veramente buoni i due avevano fatto
pace ed
Emerald di gelati -grandi- ne aveva mangiati altri otto. Ed
erano tornati
lì spesso e volentieri.
Andarono a
sedersi su una panchina, sulla “loro” panchina, e
fu lui a parlare per primo.
«non ti voglio
perdere».
Lei non
ribatté.
«vorrei che
tornassimo ad essere quelli di prima. Abbiamo sempre discusso, quello
per noi è
abituale e male non fa, ma non lo è finire a litigare in
quel modo. Quello fa molto
male. Ed il peggio è che ho cominciato io, quando
invece doveva essere il
momento in cui avremmo fatto pace».
«magari se
avessimo avuto in mano dei gelati sarebbe finita
diversamente».
Una battuta che
stemperò la tensione e fece addirittura sorridere un
po’ l’inglese. «dovremmo
sempre tenerne a portata di mano, eh Scimmiattolo?...»
«mi spiace di
averti dato del coglione e di averti piantato in mano così
quella busta sapendo
cosa contiene. Ma tu hai detto di non averla aperta, vero?»
«no. Prima
venivi tu; una cosa alla volta» la guardò
«…la maggior parte della tua roba è
ancora da me».
«lo so. Verrò
a
prenderla a breve».
Più che una
stilettata quella fu una coltellata vera e propria.
«Hammy io non
voglio che tu te ne vada, ma che torni da me. E a vivere con
me».
«abbiamo degli
enormi proble-»
«è vero. Lo
so.
Me ne rendo conto» disse subito Kevin «ma se
“noi” abbiamo dei problemi allora
dovrebbero essere affrontati e risolti insieme.
Come una squadra, come
una coppia. Perché non mi sembra che tentare di risolvere
rimanendo lontani
abbia portato a qualche risultato se non quello di separarci ancora di
più, e
come ho detto prima io non ti voglio perdere. Tu
sai che io sono uno che
lotta, Hammy, e con te vicina avrei chiaro una volta di più per
cosa sto
lottando e quanto davvero ne vale la
pena».
«e io secondo
te ne valgo la pena?»
Lo sentì
accarezzarle la nuca.
«se ha valso la
pena aspettarti da quando ti conosco, adesso che siamo arrivati
entrambi vale decisamente
la pena lottare per rimanere. Emerald, se vogliamo possiamo
farcela. Dubito
che ci sia qualcosa che non possiamo riuscire a
fare, se siamo insieme».
“…non lo
sostengo perchè la verità è che
io…sono innamorato di te”.
Kevin.
“For
I can’t help… falling…in
love…with…”
“you”.
Michael.
Però lei si era
fidanzata con Kevin, e avevano faticato moltissimo per stare insieme. E
dire
che non provava più niente per lui, che il loro amore era
completamente
svanito, sarebbe stata una grossa bugia.
Inoltre Mikey
aveva sempre detto di non essere quello giusto per lei, di non
meritarla, che
“non era cosa”. Anche se aveva dovuto dirgli chiaro
e tondo che non doveva fare
niente a Kevin nonostante l’avesse fatta piangere, altrimenti
il suddetto si
sarebbe trovato minimo con le ginocchia sfrittellate da due proiettili
sparati
all’improvviso.
«Emerald, torna
a vivere con me. Ti giuro su tutto quel che mi è
più caro che farò di tutto
perché tra noi torni ad andar bene, dovessi anche tagliarmi
la mano sinistra se
un giorno dovesse iniziare a non piacerti!»
«non esagerare
adesso!…e se a non piacermi più fosse la
destra?»
«…sarebbe un
po’un problema visto che non sono ambidestro come qualcuno
di mia
conoscenza…»
Ossia Emerald
stessa che se si trattava di scrivere o digitare sulla
tastiera del
cellulare utilizzava bene entrambe le mani ma prediligeva la destra,
mentre per
disegnare usava sempre la sinistra perché, per qualche
motivo, le riusciva
meglio. Così come suo padre, anch’egli ambidestro,
quando si trattava di usare
il violino…perché nel disegno -e non che anche la
sua scrittura in sé per sé
fosse delle più facili a capirsi, poi- che usasse la destra
o la sinistra
sempre uno schifo veniva, e giusto lei riusciva ad interpretare quegli
sgorbi
simili a geroglifici ma ancor più incomprensibili!
Indimenticabile
quella volta in cui era rimasto afono dopo un’influenza ed
aveva tentato di far
capire con un disegno a Janice che voleva le nocciole, visto che non
era
riuscita a capire cos’aveva scritto.
Risultato: un
ammasso di pallini intrecciati tra loro ed apparentemente senza senso
alcuno.
“cos’è
che
vuoi?... Praline?...Cicerchiata?...I Ferrero Rocher?...I cioccolatini
Lindt?...Piselli? Lenticchie?!...escrementi di coniglio?! Ma
si può
sapere che vuoi dire?!!”
E poi era stata
lei, Hammy, a risolvere il mistero arrivando a capire di che si
trattava dopo
un’occhiata di durata medio breve al disegno.
“mamma…sono nocciole”.
Dopo un muto
alleluia Howard aveva scritto ad Emerald se tanto che c’era
non poteva dire al
capocuoco di farglici dei biscotti, con le nocciole. Ossia qualcosa che
anche
volendolo ardentemente non avrebbe potuto mai fare da solo,
perché Howard
cucinava come disegnava…
Ma quello non
era importante, al momento.
«ma tu sei
sicuro di quel che dici?»
«sicuro che
lottando insieme supereremo tutti i nostri problemi? Si, Scimmiattolo.
Mai
stato più sicuro di così: io sento che la strada
da percorrere è questa. Forse
non è facile, ma è quella giusta lo
stesso».
L’aveva quasi
convinta. Sembrava così sicuro di quanto stava dicendo,
così entusiasta, che
quasi la stava portando a pensare che doveva essere vero per forza.
«niente più
scenate se senti qualcosa che non ti piace?»
«niente più
scenate. E tu…cercherai di metterti più spesso
nei miei panni?»
«si. Prometti
di non dire cose spiacevoli su mio padre?»
«non lo
nominerò nemmeno. E tu prometti di fare lo stesso col
mio?»
«sarà un
piacere» lo guardò «…ma sei
sicuro di rivolere in casa qualcuno che come prende
in mano un aspirapolvere lo fa esplodere?»
Si, perché fare
la lavatrice e cucinare era capace. Ma se si trattava di pulire
casa…lo aveva
sempre fatto fare ad una colf, da quella volta che per errore invece
dello
sgrassatore per ripulire il forno aveva usato la trielina,
o quando
l’aveva usata per pulire il pavimento.
E per
l’appunto, come prendeva in mano un aspirapolvere non si sa
come riusciva a
mandarlo in cortocircuito e farlo esplodere.
Di passare la
scopa poi nemmeno a parlarne, sembrava usare un martello pneumatico
quando lo
faceva…
«se gli stai lontano
dovrebbe andare tutto bene e, per l’amor di Dio, se dovesse
capitarti di pulire
il tavolo stai lontana dalla trielina!»
«ma quella
pulisce bene…»
Kevin sbuffò
per poi attirarla improvvisamente a sé. «tu stanne
comunque lontana, right?»
Il bacio che
venne dopo diede alla ragazza la stessa sensazione
dell’abbraccio di tre giorni
prima, quella di “casa”. Ed era sempre stato bello
per lei tornare a casa.
Solo che…quanto
avrebbe durato? Soprattutto visto il contenuto della busta che Kevin,
dopo,
tirò fuori dalla tasca e si rigirò tra le mani.
«è tanto
brutto?»
Lei fece un
cenno che voleva dire fifty-fifty.
«in parte è
bellissima e in parte è orribile. Ma di sicuro
guarda…è…scioccante» lo
avvertì
lei, estremamente seria «ma scioccante veramente».
Il che era
molto allarmante per Kevin.
«ma come fa una
cosa ad essere bellissima e orribile allo stesso tempo?»
«lo è se ti
restituisce qualcuno a cui tieni ma ti fa scoprire che qualcun altro ti
ha
tenuto nascosto che la persona cui tieni c’è».
Sempre più
criptica.
«meglio se
andiamo a casa, credo» disse lui alzandosi e tirando fuori il
cellulare, con
lei che lo seguiva.
«chi chiami?»
«Warsman. Mi sa
che avrò bisogno anche di lui…»
«ah…ehm. Credo
che abbiamo un problemino» disse piano la ragazza
«da come ha reagito tre
giorni fa ho come l’impressione che non voglia più
vedermi per non so quale
motivo. Può essere che c’entri il fatto
che ero con Michael, che l’ha
torturato due settimane».
«ecco, anche il
discorso “Mikey” è uno di quelli che
dovremo affrontare, ma forse è meglio non
farlo proprio ora» salì sulla moto «ad
ogni modo, potresti anche avere ragione.
Proprio adesso che avevate iniziato a non ammazzarvi appena mi
voltavo…»
«eeh, che vuoi
farci. A volte va così. Come dice papà,
“le persone vanno e vengono”».
Kevin partì.
«però mi sembra strano che due “nemici
mortali” come voi si perdano così
facilmente».
“perché tu non
sai né mai saprai tutta la storia”
pensò Hammy.
«insomma, avete
pure vissuto insieme per tre giorni…a proposito, io poco
tempo dopo quei fatti
avevo visto in casa tua il trofeo di una competizione di
tango…»
“questo perché
quella brutta pantegana imbecille non lo aveva fatto sparire prima di
andare a
riprendersi le sue cose in casa mia che ora
è diventata sua e in
cui se non ha gettato via tutto c’è quella specie
di mausoleo dei Bei Tempi
Andati” aggiunse mentalmente lei.
«mah. Roba sua.
Non siamo stati sempre insieme in quei giorni,
Kevin, altrimenti uno dei
due l’avresti ritrovato tre metri sotto terra».
Bugia, bugia,
bugia!!!
«ti ha già
detto di non dirlo nemmeno per scherzo. E poi la sai una
cosa…» erano arrivati
ad un semaforo rosso «io vi ci vedo bene a ballarlo, il
tango; tu in teoria lo
sai fare, a lui da quanto ne so -e da quanto pare dimostrare quel
trofeo-
ballare piace, avreste dovuto provare a farlo insieme. O dovreste
provarci in
futuro se mai doveste “fare pace”».
A quelle parole
Emerald non seppe se mettersi a ridere semi istericamente o mettersi ad
urlare
o, ancora, incollarsi la mano al volto in un perpetuo facepalm.
“adesso me
lo dici?!!” pensò, oltre a trovarsi a
desiderare di non essere atea in modo
da poter bestemmiare come si deve. Perché giustamente non
credendo in Dio,
angeli, santi, demoni, Diavolo e quant’altro non poteva
nemmeno bestemmiarli:
che senso aveva bestemmiare qualcosa che non esisteva nemmeno?
Preferiva usare
soggetti dei quali riconosceva l’esistenza. Nella Scuola di
Ercole, per
esempio, era stata solita uscirsene con cose come “Robin
maiale!!!”, “Robin
lupo mannaro!!!”, “Robin lupente!”
(mezzo lupo e mezzo serpente, per
capirci)…
«sarà. Sapevo
che i sorci sono in grado di attraversare un labirinto, non di ballare
il
tango».
«Hammy…»
«si, ok,
scusa…»
«già che ci
sei
perché non chiami le tue amiche per dire loro che torni a
stare da me?»
«magari quando
arriviamo, che adesso col casino che c’è qui per
strada non capirebbero
niente».
«right. Tanto
manca poco».
E mancava
veramente poco, perché cinque minuti dopo erano
già arrivati a casa.
«…si…diciamo
che ci stiamo riprovando…no, non preoccupatevi, tanto qui ho
la maggior parte
delle mie cose, le altre me le riprenderò quando
avrò tempo o voglia…ah. Seh.
Mh. Sempre ottimista tu eh Kirika?...no, no, non è cosa
con…lo sai. Ecco. No-o.
No-o-o, e due. Va bene così. Ok. ciao».
Inutile dire
che Kirika sembrava parteggiare per Connors, va’ a capire
come mai. Ma, come
detto, lui le aveva sempre detto che non era il caso e lei e Kevin al
momento
volevano riprovarci quindi non era il caso di…
«sei venuta a
prendere il resto delle tue cose, Emerald?»
Nemmeno a farlo
apposta eccolo lì.
«a dire il vero
lei è qui perché siamo tornati a vivere
insieme» sottolineò Kevin,
notando con un certa soddisfazione che il suo
“avversario” sembrava sorpreso e
non molto felice.
«ah si?»
«si…»
disse
lei. Ricevendo in cambio un sorriso.
«contenta tu,
contenti tutti».
“sicuro?”
pensò
la ragazza guardandolo bene “perché magari vedo
solo quel che voglio vedere ma
tu tanto contento non mi sembri. Ma perché, se hai sempre
detto che ‘non è il
caso’?...”
«chiarito
questo quindi d’ora in poi evita di insidiare la mia
ragazza» si intromise
Kevin. Proprio con una di quelle frasi che aveva promesso di bandire.
E a Michael
bastò intercettare l’occhiataccia che Hammy
lanciò allo stupid brat per
capire che, purtroppo per lei perché avrebbe sofferto
ancora, quella pace non
sarebbe durata tanto. Ma perché non lo lasciava perdere?! Se
solo lui avesse
potuto stare con lei avrebbe fatto di tutto perché lei
stesse sempre bene, cosa
che invece a quell’idiota pareva non riuscire o non importare
e basta.
“se ci credi
ringrazia Dio che, come per quel mostro poco lontano da qui, miz
Lancaster
non vuole che ti succeda niente” pensò
“altrimenti a quest’ora saresti in
ospedale con le sette stelle di Hokuto come Kenshiro, ma non so dirti
se
saresti ancora vivo dopo aver preso sette proiettili al
petto”.
«io essere Kevin
Dalla Piccola Clava! Lei mia ragazza! Lei
appartenere me! Io
essere un brat cavernicolo e trascinare
mia donna per capelli in
caverna e chiuderla dentro mettendo grande roccia
davanti a entrata! Unga-bunga!»
Ed Emerald qui
faticò a non scoppiare a ridere. Faticando però
meno a trascinare Kevin in casa
benedicendo quei naniti che si ritrovava nel braccio e che Kevin era
troppo
irritato per pensare che ci fosse sotto qualcosa di diverso dalla forza
acquisita tramite addestramento.
«io a quello
lo-»
«…lasci
perdere, per piacere» terminò Emerald
«abbiamo altro a cui pensare, Kevin».
Già, giusto: la
busta.
L’inglese tirò
di nuovo fuori il cellulare. «quindi a Warsman per non
correre il rischio che
trovi qualche scusa per non venire non dirò che ci sei anche
tu» disse «la
troverà una bastardata probabilmente, ma…sento di
avere bisogno di lui».
E detto da uno
come Kevin era qualcosa che significava tanto.
«capito».
«Warsman...si.
Si, voglio aprire quella busta…si. Grazie. La porta sul
retro è aperta, tanto.
Ciao» chiuse «ecco fatto. Ha detto che arriva
subito».
«e passa dal
retro?»
«è per evitare
di incrociare quello là fuori. Ti rendi
conto che la mattina in cui l’ho
visto la prima volta era lì fuori con la chitarra a
suonare…»
“Like
a river flows surely to the sea,
darling so it goes, some things… are meant to be…”
“take
my hand…”
“take
my whole life too…”
“
for I can’t help falling in love with
you…”
«…“Cielito
Lindo”? roba da matti» sentenziò Kevin.
Lei fece spallucce.
«è fatto
così.
Non so che dirti».
«e poi sempre
tre ne suona, sempre e solo quelle tre: “Cielito
Lindo” dei Los Lobos e quelle
due di Santana. Sempre…quelle. È snervante, ancor
più di quando mette Eminem a
palla».
Senza saperlo
Kevin aveva detto ad Emerald qualcosa che magari non era proprio
“vitale” e che
forse non contava niente in generale,
però…Connors aveva detto di stare
lavorando su “Can’t help falling in love”
per acchiappare di più. Quindi,
considerando che sapeva decisamente suonarla, perché non
l’aveva mai usata?
«solo quelle
tre dici?»
«solo
quelle. Mi mette un nervoso…»
«si, in un
certo senso è…» la porta sul retro si
aprì «comprensibile» borbottò
la ragazza.
«eccomi
Ke…»
Il russo
ammutolì improvvisamente trovandosela davanti in quel modo,
del tutto
inaspettatamente.
Emerald e Kevin
avevano litigato. Che ci faceva lì?!
E non sapeva
dire se il fatto che non lo stesse nemmeno guardando in faccia lo
rendesse più
o meno nervoso, irritato, letteralmente furioso. Eppure quello non era
il
momento di infuriarsi, se davvero Kevin voleva aprire la busta.
Quando aveva
deciso di andare a cercarlo per recuperarlo, ubriaco fradicio
ovviamente, si
era trovato quella busta messa in mano dallo stesso Kevin che
farfugliava cose
incomprensibili sui “grandi segreti di famiglia”
dei quali “al momento a lui
non fregava niente e voleva solo bere e dove cazzo erano le tre
bottiglie di
whisky che aveva in tasca?!...ah già, se l’era
scolate”.
E per quanto
non avesse ritenuto una cosa corretta dare un’occhiata a quel
che c’era in
quella busta aveva finito per farlo ugualmente, trovandosi davanti una
verità a
dir poco sconvolgente e che gli aveva fatto venire tanta compassione
verso quel
povero ragazzo quanta una gran voglia di suonarle al suo vecchio
maestro, oltre
ad aver capito perché Emerald -non voleva più
vederla, ma i video su Tumblr se
li era visti eccome- questioni personali a parte si fosse
tanto accanita
contro Robin Mask nello scontro per superare la selezione.
Mettendo da
parte il fatto che l’obiettivo di quella cosa comunque era
stato di battere
Robin perché altrimenti avrebbe fallito la prova
e non avrebbe preso il
diploma. Ma aveva tirato fuori una spietatezza degna di quella di
Howard sul ring.
In ogni
caso…era assurdo. Ed atroce. E un mucchio di altri brutti
aggettivi con la “a”
che non gli venivano in mente e nemmeno sapeva se esistessero oppure
no. E si
era sentito deluso e tradito ancora una volta, perché
credeva di essere uno dei
più stretti amici che Robin avesse mai avuto e di quella
storia non gli aveva
detto niente!
D’accordo.
Robin era un uomo orgoglioso e testardo. Che a lui non
l’avesse detto…ok. Ci
stava. Ma far credere a Kevin che Alisa era morta solo
perché lui era troppo
orgoglioso per accettare il fatto di essere stato cornificato ed
abbandonato
era troppo perfino per lui.
L’aveva
esiliata su Nettuno insieme a Neptuneman, aveva intercettato tutte le
lettere…era qualcosa di tanto brutto che non riusciva
nemmeno a concepirlo.
Se lui avesse avuto un figlio o una figlia e la sua relazione con la
madre di
lei fosse finita, di certo non si sarebbe comportato in quel modo.
Ma Robin, come
ormai aveva capito da un pezzo, aveva quella dannata tendenza a fare
terra
bruciata attorno a sé.
E forse sotto
sotto…che l’odio verso il padre di Emerald -al di
là del fatto che il suddetto
era uno stronzo fatto e finito- fosse dovuto anche ad un po´ di
invidia?
E non per i
soldi o per quel che possedeva, no. Ma perché andasse come
andasse Howard H.R.J.
Lancaster non sarebbe rimasto mai veramente solo com’era
successo a lui. Aveva
una moglie che lo amava e che lui amava altrettanto, una figlia che lo adorava
e per la quale lui stravedeva in ugual misura, una suocera ed una madre
che gli
volevano bene, uno scatafascio di parenti in ogni dove con i quali
andava
d’accordo senza eccezioni, e anche dopo quel che era capitato
nessuno nell’alta
società inglese ce l’aveva con lui ed era sempre
ricercatissimo quando si
trattava di feste e quant’altro. Un uomo fortunato che, per
come la pensava
Warsman, tanta fortuna non se la meritava affatto…
«lei…torna a
stare qui. Ci vogliamo riprovare» disse rapidamente Kevin.
Flash cercò di
ignorare sia questa frase che Emerald stessa.
E Kevin aprì la
busta…
:: Londra,
Muscle Museum Hospital ::
«vattene via».
«ma dai. Ti ho
anche portato un fiore. Ibisco rosso: il tuo preferito se non
erro».
Vero. Ma Robin
adesso iniziava ad odiarli quanto l’uomo che gli stava
davanti e che se era
venuto lì in visita di certo non lo aveva fatto
perché preoccupato per la sua
salute.
No. Howard
poteva essere lì per un solo semplice motivo, e quel motivo
era prenderlo
bellamente per i fondelli.
E per vederlo
schiumare di rabbia, perché ovviamente aveva saputo
dell’incendio accidentale
che aveva distrutto metà della propria villa…
“accidentale
un corno!!!” aveva pensato. La Iena In Miniatura e quella
bastarda mezza demone
incontravano il Re Delle Iene e quello stesso giorno caso
strano la sua
villa andava a fuoco! …ma non aveva uno straccio di prova,
perché nessuno aveva
visto niente di strano, ed avevano dato la colpa a dei guasti elettrici
o che
so io.
Ma lui la
verità la sapeva: quello era stato un attentato in
piena regola. Un
gesto di distruzione fatto presumibilmente per punirlo del suo
atteggiamento
verso la Iena In Miniatura, che prevedibilmente aveva spiattellato
tutto al
caro papà.
«ho pensato,
tanto che devo venire qui per le analisi del sangue tanto vale passare
a vedere
come sta il mio vecchio amico Robin Mask. Sarei venuto prima se
l’assistente di
MacNeil…credevo che l’avesse scelta in base alla
competenza invece che
in base all’avvenenza essendo uno scapolone di
prim’ordine, ma sono
dettagli…non avesse deciso di bucherellarmi tutte le braccia
perché a suo dire
“non trovava la vena”. Ma anche questo è
un dettaglio».
A Robin suonò
un po’strano, perché Miss Kalinina non aveva mai
avuto problemi quando si era
trattato di fare dei prelievi a lui. E se la si
voleva rimproverare di
qualcosa, questo “qualcosa” non poteva
assolutamente essere la scarsa
competenza.
“l’avesse fatto
apposta, almeno, a bucherellare in ogni dove questo cane
maledetto!” pensò con
una certa soddisfazione all’idea.
«dettagli su
dettagli ma non ho ancora capito cosa diamine vuoi da me, e dovresti
sapere che
chiacchierare con te per me non è affatto un
piacere».
«volevo solo
informarti che da quanto mi è stato riferito da Emerald poco
fa, tuo figlio
Kevin è venuto a conoscenza del fatto che sua madre
è viva. E quindi presumo
che a breve riceverai altre visite poco gradite oltre a quella del
sottoscritto».
Come le campane
mortuarie annunciavano i funerali, Howard Lancaster gli aveva
annunciato la sua
rovina.
«se devo essere
sincero mi chiedo ancora perché tu sia stato
così…sciocco. Oltre ad alcuni
epiteti che non ho voglia di dire» Howard sembrava guardarlo
in un altro modo
adesso; prima anche solo lo sguardo negli occhi smeraldini era
un’evidente
presa in giro, adesso invece c’era perplessità,
una nota di biasimo
e…delusione?
«per l’ennesima
volta, non ti riguarda!» sbottò Robin, riuscendo
non si sa come a farsi male
allo sterno.
«è che, per
quanti difetti tu possa avere, in passato non avrei mai creduto che
fossi
capace di un atto del genere verso la tua famiglia. In particolar modo
verso il
tuo unico figlio».
Ah! Osava pure
giudicarlo, quel mostro che non era altro?!
«parla il
mostro che ha dato la caccia ad un uomo e che ha profanato la tomba di
mia
moglie!»
«…vuota. E chi
ti dice che l’abbia fatto io? Inoltre quello non è
un uomo, ma una bestia.
Bestia alla quale mia figlia per qualche ragione sembra essersi
affezionata, e
per tale motivo lascio in vita. Perché IO…rispetto
mia figlia. Così come
le sue decisioni. Robin, tu mi hai dato del mostro a più
riprese, ma non avrei
mai fatto ad Hammy quel che tu hai fatto a Kevin».
«tutta questa
manfrina per dirmi cosa?!»
«che per quanto
non lo ritenessi possibile sei riuscito a deludermi ancora».
Una frase che
Robin non si aspettava, tanto più vedendo che era sincero.
Deluso? Howard deluso
da lui? Che senso aveva?!
«e
perché?»
«perché non
avrei mai pensato il Robin che conoscevo a quel tempo fosse capace di
questo.
Credevo di essere stato amico di una persona diversa».
«ah davvero?!
Ed io che mi sono ritrovato una iena al posto di una persona che per
quattordici anni ho considerato strettamente amica che dovrei dire? Un
cane
maledetto come te non è la persona giusta per farmi la
morale. Non lo è
nessuno. Ma tu meno di tutti».
E in un certo
senso poteva anche avere ragione.
Eppure l’idea
di essere riuscito a deludere perfino quello che lui considerava un suo
mortale
nemico, qualcuno che odiava come aveva odiato
pochissime persone in
passato, gli fece pensare che aveva davvero toccato il fondo,
accidenti. Di per
sé il tuo nemico ti odia, ti disprezza e ti biasima al
massimo; sapere di aver
superato anche quel massimo biasimo fu…non avrebbe saputo
dire bene cosa provò
in quel momento, nonostante la risposta pronta a far notare ad Howard
che lui,
per come la pensava Robin, avrebbe fatto meglio a stare zitto. Ma fu
qualcosa
di simile ad una lieve nota di…dispiacere? Di riprovazione
verso sé stesso?
Lui ed Howard
avevano già parlato di quella faccenda tempo fa, ma non gli
aveva fatto
quell’effetto, dopo l’inseguimento a cavallo Robin
lo aveva solo odiato più di
prima. E invece adesso era qualcosa di diverso, dopo aver visto e
sentito l’ex
amico parlargli senza la totale freddezza, l’arroganza e lo
scherno che gli
riservava ormai da anni ed anni.
Quanto ad
Howard…aveva provato qualcosa di analogo nel momento in cui
anche Robin aveva
lasciato intravedere quanto effettivamente anche
lui anni orsono lo
avesse deluso, dicendogli “io che mi sono ritrovato una iena
al posto di una
persona che per quattordici anni ho considerato strettamente amica che
dovrei
dire?”
Ma lui c’era
stato costretto, almeno all’inizio, nel tentativo di liberare
Emerald da un
patto che lui non avrebbe mai voluto sottoscrivere ma che era stato
costretto a
firmare se non voleva finire per strada. Il fatto che poi -dopo averlo
praticamente ignorato fino ad oltre un anno fa- avesse iniziato a
“punzecchiarlo” sul serio era un altro discorso. E
a pensarci bene…era sempre
stato in conseguenza delle azioni di Robin, in
particolar modo quelle
verso la sua principessa.
Ad Howard
essere “una iena” nel senso che intendeva Robin
divertiva, questo lo ammetteva.
E lo divertiva “punzecchiarlo”, come aveva fatto
andandolo a trovare, o l’idea
di metterlo in mezzo ai guai. Ed anche vederlo schiumante di rabbia.
Ma
probabilmente lo avrebbe divertito di più tornare in quel
locale di drag queen
in cui erano andati a finire per sbaglio ormai ventitré
-quasi ventiquattro-
anni prima, e che ancora esisteva, a ballare Y.M.C.A. dopo avergli
fatto
prendere una sbronza da manuale.
Aveva i suoi difetti:
quando voleva sapeva essere gelido e spietato come nessuno, non si
fermava
davanti a nulla per ottenere quel che voleva o quel che Hammy voleva,
era
capace di rovinare la vita di chi non gli piaceva…eppure
nonostante tutto ciò
non si poteva definire davvero un mostro. Non l’uomo che si
era travestito da
Uomo Ragno per far contenta sua figlia, o che nonostante fosse quasi
ateo si
era sposato in chiesa per fare felice la moglie, o che aveva regalato
un attico
a figlia&amiche.
E che non aveva
ancora detto a Robin di avere ucciso lui il leone, contrariamente a
quanto
Robin stesso credeva.
«forse. Ma al
di là del fatto che ti si faccia la morale o meno,
l’orrenda bugia che hai
detto a tuo figlio resta».
«e tu resti un
bastardo» breve pausa «che ha generato una bastarda
quanto lui».
Uno dei difetti
di Robin Mask: non imparare mai, o imparare solo dopo averne prese
talmente
tante da rendere quasi impossibile riportare tutto a posto. In questo
caso,
imparare che alla figlia non si doveva toccare il padre, e al padre non
si
doveva toccare la figlia. O anche solo insultarla.
Se Robin si
fosse limitato al “tu resti un bastardo” Mr.
Lancaster se ne sarebbe andato
senza colpo ferire. Ma non era stato così, e mettersi in una
situazione simile
quando si era in un letto di ospedale, con un sacco di ossa fracassate
e sotto
antidolorifici non era una grande idea.
Inoltre, adesso
che ci faceva caso…i vestiti di Howard, per bianchi che
fossero, non sembravano
esattamente i soliti.
Infatti quello
che indossava era un camice da medico.
E aveva altri
guanti sotto quelli di lattice, guanti neri del tessuto della tutina di
Emerald. Il che significava niente impronte digitali in giro.
«forse avrei
dovuto dirti prima che per quanto ne sanno le persone in questo
ospedale, io ho
lasciato l’edificio venti minuti fa».
O-oh. L’aria
che tirava era veramente pessima.
E lo divenne
ancora di più quando Howard con uno scatto felino raggiunse
il telecomando con
il quale Robin poteva chiamare l’infermiera se serviva,
allontanandolo solo
quel tanto che bastava da non permettergli di arrivarci. E per far
pensare ad
un’accidentale spinta troppo in là.
«è vero che
siamo chojiin, ma le ossa rotte fanno sempre male. Il fatto che tu sia
sotto
antidolorifici lo prova…ops. Credo di aver staccato
accidentalmente la flebo…»
Robin aveva voluto per forza un antidolorifico non troppo potente
così da
evitare un’eventuale dipendenza, ma il dolore era quel che
era, e prendere un
antidolorifico meno forte in quel caso significava prenderne di
più ed in
maniera costante.
«lurido
pezzo di-»
«Robin, non
cadermi nel volgare…e ad ogni modo visto, che non sono un
mostro, dovrai
sopportare giusto poco più di un quarto d’ora di
dolore. La dottoressa Kalinina
arriverà tra venti minuti, o così c’era
scritto nella cartellina che ho casualmente
sbriciato» riprese il fiore d’ibisco che
aveva poggiato sul letto «mi
costringi perfino ad essere maleducato e riprendermi il regalo, pensa
un po’»
nascose il fiore sotto il camice, mise sul volto la mascherina
«per il futuro,
tieni a mente che di me puoi dire quel che vuoi. Perché
fondamentalmente non mi
interessa. Ma parlare male di mia figlia…questa non
è una cosa che ritengo di
poter accettare. Ti auguro di rimetterti presto, Robin».
E detto questo
se ne andò, lasciandolo lì nel dolore a cercare
disperatamente di raggiungere
il telecomando senza riuscirci.
Quando la
dottoressa Alya Nikolaevna Kalinina arrivò in perfetto
orario per la visita gli
sembrò di vedere un angelo venuto dal cielo per salvarlo,
visto il modo in cui
resasi immediatamente conto che la flebo si era staccata la rimise
prontamente
a posto premurandosi di metterne su una nuova.
«perché non ha
chiamato…come non detto» si corresse la donna
vedendo il telecomando troppo
lontano dall’unico braccio del paziente ancora sano
«a questo punto forse
sarebbe meglio fissare il telecomando con qualcosa, in modo che quanto
accaduto
non si ripeta e che possa chiamare subito aiuto se la flebo dovesse
staccarsi
di nuovo…»
Guardò Robin
Mask, notando a quel punto che non sembrava solo provato fisicamente.
Ma che
aveva anche qualcos’altro a turbarlo profondamente, e
riusciva a capirlo
nonostante lui non fosse uomo da rendere manifesti dolore e turbamenti.
Il fatto era
che la dottoressa aveva un notevole intuito…
«Mr.Mask…»
lo
guardò a lungo con quei suoi occhi color del ghiaccio
«è tutto a posto?»
Se le avesse
detto che con quel che era accaduto c’entrava Howard gli
avrebbe creduto? E se
si, dove avrebbe trovato lo prove? Semplice: da nessuna parte.
Ed anche lui
forse si era comportato da stupido, perché prima che dicesse
quell’ultima frase
non sembrava avere intenzione di nuocergli. E poi…
“Robin, tu mi
hai dato del mostro a più riprese, ma non avrei mai fatto ad
Hammy quel che tu
hai fatto a Kevin”.
Ed era vero.
Com’era anche vero che…se Kevin avesse reagito
malamente e fosse venuto lì in
cerca di vendetta o di non si sa cosa…come dargli torto?
…possibile che
solo attraverso esperienze simili Robin potesse riuscire a ragionare,
almeno in
casi come quelli?
Ciò non
toglieva che Howard fosse stato sufficientemente una carogna, ma in
compenso
sembrava…avergli fatto bene!
«si».
«ne è
sicuro?»
«si. Sto bene,
adesso».
Non che lei gli
credesse. No, affatto, così come non credeva a diverse cose
che le erano
passate sotto gli occhi nell’ultimo periodo, ma
d’altra parte se lui affermava
di stare bene adesso, almeno fisicamente -e nei limiti del possibile
viste le
sue condizioni- non poteva fare altro che…fingere di
credergli quando
diceva di stare bene anche in generale.
Anche perché
indagare oltre esulava da ciò che era di competenza di un
medico.
«d’accordo».
***
Sperando
di non essere andata troppo OOC
ecco che ho fatto comparire "per bene" Alya, che già da
prima aveva
fatto qualche cameo :D
Alya Nikolaevna Kalinina è un personaggio originale
che compare in
"Reignite" di vermissen_stern.
|
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Capitolo 17 *** La pace non dura mai a lungo... ***
Kevin era un
grumo di rabbia cieca, confusione e depressione.
«ma ti
rendi conto?...dico…ti rendi conto?!...io…»
sembrava
non sapere più nemmeno come muovere le mani ed essere preda
di trecentomila tic
tutti insieme «come posso avere un padre così
maledettamente stronzo?!»
Alé.
Emerald per
ovvie ragioni si trattenne dal dirgli “e io che ti avevo
detto?”. Era il suo ragazzo ed era del tutto sconvolto, di
certo non aveva
bisogno di qualcuno che gli dicesse una cosa del genere.
«mi ha
detto che mia madre era morta, cazzo, morta!!!
Quando invece
è su Nettuno e mi scrive tutte le
settimane da quasi vent’anni anche se io per colpa di quello stronzo» e
ridagli «non ho mai potuto
risponderle!!!...l’ha…esiliata…»
scosse la testa «io avrei potuto andare a
vivere con lei lassù…e invece lui
ha voluto
tenermi qui nel tentativo di farmi diventare il suo clone!»
«o
forse perché sei tutto quel che gli era rimasto di un
matrimonio che
lui aveva creduto sarebbe durato davvero “finché
morte non ci separi”» disse
Flash in uno stentatissimo tentativo di difendere
l’indifendibile nel quale non
credeva nemmeno lui stesso, e che rimase del tutto inascoltato.
«non
ci posso credere, ma con che diritto l’ha fatto?! Con
che diritto?! Avrei preferito
mille volte sapere che mamma
è viva anche se sta con un altro piuttosto che una simile
menzogna!!!» sbottò
«mi….mi fa schifo! Mio padre mi fa schifo, lo
odio!!!»
Le parole
sembravano quelle di un bambino, ma esprimevano alla
perfezione ciò che provava in quel momento. Era la rabbia di
un innocente, la
sua, vittima di una menzogna atroce e di fatti del quali non aveva
avuto
assolutamente colpa.
«avrà…magari
aveva le sue ragioni…»
Flash stava
dicendo così per evitare al ragazzo di trovarsi ad agire
d’impulso come suo solito, ma non fu per niente
d’aiuto anche a causa di quel
che Hammy disse dopo.
«le
sue ragioni una beata minchia, qui non c’è ragione
che tenga, è
stata una vera e propria carognata».
«…e
detto da una che di carognate se ne intende dev’essere vero
per
forza, mh?»
Piccola
frecciata detta a bassa voce e in modo tanto freddo da far
congelare un pinguino.
«non
è il momento per le sceneggiate da drama
queen, qui
c’è
chi ha veri motivi per farne, e non
sei tu» ribatté
lei altrettanto a bassa voce e con altrettanto gelo, per poi
avvicinarsi al
ragazzo «Kevin, adesso…»
«e tu
non hai detto niente, eh?!»
Quell’esclamazione
la colse di sorpresa. «eh…?»
«tu lo
sai da mesi e non mi hai detto niente!!!»
E per fortuna
che giusto poco prima aveva detto cose come insieme
possiamo risolvere tutto, non ti voglio perdere…bla. Bla.
Bla. E adesso se la
prendeva con lei un’altra volta.
«si
beh! E io secondo te mentre parlavamo al telefono avrei dovuto
dirti “ehi Kevin lo sai che tuo padre ha esiliato tua mamma
su Nettuno e ti ha
raccontato che era morta quando invece è una
bugia?!”»
«seri
sei tornata sulla Terra per vedere quel figlio di cagna che vive
dall’altra parte della strada a maggior ragione potevi farlo
per dire a me quel
che avevi scoperto!»
«allora,
a parte che lui
non è
affatto un figlio di cagna…»
«no
infatti, è il figlio dannato di un rospo senza
Dio».
Il commento di
Warsman interruppe per un attimo i due litiganti, che si
chiesero da dove accidenti avesse tirato fuori quella definizione, per
poi
tornare alle loro faccende.
«…e
a parte che Dio
non esiste…» riprese Hammy «mi sembrava
che fosse una cosa troppo delicata da
dirti in una toccata e fuga!»
«no,
la verità è che non te ne fregava
niente!!!»
«se
non me ne fosse fregato niente o te l’avrei sbattuto in
faccia alla
prima telefonata o avrei fatto come se non avessi visto
nulla!!!»
«eh,
ecco, sarebbe stata la cosa migliore!!!»
Decisamente
Kevin non sapeva quel che stava dicendo. Se la stava solo
prendendo con la prima persona che gli era capitata a tiro
così per sfogarsi,
invece che prendersela con suo padre che fortuna sua non era
lì, altrimenti
come minimo si sarebbe trovato altre sei o sette fratture con cui fare
i conti.
Peccato che
Emerald fosse la persona sbagliata con cui fare certe cose.
«o
senti, se anche tuo padre ti ha riempito di idiozie non è
colpa mia,
va bene?! è con lui che devi
prendertela, non con me!»
«sei
colpevole quanto lui visto che lo sapevi da un pezzo e non me
l’hai detto!!!»
Ad Hammy quasi
caddero le braccia. Sollevò un sopracciglio, lo
guardò
fisso per un po’. Scosse la testa.
«io
penso che tu non capisci un cazzo» disse sollevando le mani
come a
dire “io mi arrendo” ed indietreggiando verso le
scale «magari mi
sbaglierò…porco Ikimon, mi
sbaglierò…bestia d’Ikimon, io mi
sbaglierò…Ikimon lupente, mi
sbaglierò…» iniziò a salire
le scale
all’indietro «ma tu secondo me non capisci
veramente un cazzo. Tu…» lo indicò
stendendo le mani verso di lui «devi farti curare il
cervello. Tu devi -farti
-curare -il -cervello. Preciso
identico a tuo padre,
perché qui la tara s’è trasmessa di
padre in figlio» indicò anche Warsman
«…e
tu uguale, eh. Si, si. Dovete farvi curare il cervello tutti e tre, e a
quel
punto forse avrò
voglia di stare ancora qui ad ascoltare
le vostre menate».
E detto questo
se ne andò rapidamente nella stanza che un tempo -e
anche fino a qualche giorno prima- era stata occupata da Flash,
chiudendosi
violentemente la porta alle spalle.
Incredibile,
chiacchiere su chiacchiere e poi la prima cosa che aveva
fatto era stata accusare lei per
qualcosa che…ma dai! Colpevole quanto Robin Mask?! Mica ce
l’aveva spedita lei
Alisa su Nettuno, e per quanto avesse più o meno capito che
Kevin adesso era
sconvolto ed aveva bisogno di sfogarsi…che lo facesse sul
vero colpevole! Non
era un punchingball, lei, anche se i “colpi” non
erano dati ovviamente in senso
letterale -Kevin non l’avrebbe mai fatto- ma metaforicamente,
con le parole,
con le accuse, con le ingiustizie.
E poco prima le
aveva giurato di smetterla con quelle cose!
“ma chi
me lo fa fare di
rimanere qui con lui?! A questo punto non so se si tratta
più di amore o di
semplice masochismo, e io non mi ritenevo una
masochista…Kevin con le sue stramaledette accuse e le
chiacchiere sul grande
amore, la pantegana drama queen con le sue
stupide frecciate, lo stronzo che se non altro mi è riuscito
di mandare in
ospedale, ma chi me lo fa
fare dico io?!”
pensò
“chi?!!”
Il cellulare
vibrò. Era un messaggio di Michael, e in quel momento le
sembrò un piccolo spiraglio di luce in una coltre nera come
la pece.
“col bravernicolo
e cane
pulcioso a rimorchio com’è andata?”
Il cane pulcioso
a rimorchio doveva essere Warsman, e…
Bravernicolo.
Presumibilmente
un incrocio tra “brat” e
“cavernicolo”.
Non
capì nemmeno perché ma leggendo quella parola
scoppiò a ridere.
Rise contro il cuscino perchè da sotto non la sentissero,
rise in un modo che
sembrava quasi un latrato, senza fermarsi quando sentì
dolere addirittura la
schiena, e mentre rideva piangeva…piangeva ancora.
Lei di solito non era
una che piangeva per ogni minima cosa, tutt’altro, ma quella
situazione per lei
era talmente pesante che non era riuscita a reggere.
Ogni volta che
facevano pace, ogni santa volta, ecco che
succedeva qualcos’altro o Kevin se ne usciva con
qualcos’altro.
Ogni volta che
le prometteva che sarebbe andato tutto bene, ecco che
poco dopo tornava a darle addosso. Anche per cose del tutto assurde.
Sentì
dei rumori. Dalla finestra vide Kevin partire con la suo moto,
senza nemmeno aver preso niente con sé. La sua destinazione
era prevedibile,
stava andando da Robin Mask, e…non gli era passato nemmeno
per la testa di
portarla con sé.
Vabbè
che quelle erano questioni di famiglia e forse, almeno quello,
non era un errore.
Lei
però nonostante il “tutto ok” scritto a
Michael continuava a
piangere, con un mucchio di pensieri per la testa. Uno tra i quali era
“lui non
lo avrebbe mai fatto. Non avrebbe accusato me per
qualcosa che sa che ha
fatto qualcun altro perché Michael mi vuole bene davvero
tanto da dirmi
che lui con quello che faceva e fa non può stare con me e
merito di meglio
nonostante…nonostante mi vorrebbe,
forse…credo”.
Occhieggiò
la porta. Lei e il russo adesso erano in casa da soli ma
dubitava fortemente che sarebbe arrivato lì a dire o fare
qualsiasi cosa, viste
anche le sue reazioni di prima. E lei comunque non ne aveva
voglia…
La porta si
aprì di botto.
Come non detto,
eccolo lì, pronto a rinfacciarle un’altra volta la
sua
presunta carognata e magari anche l’aver detto a Kevin quelle
cose che lei, ad
ogni modo, riteneva sacrosante.
«io
avevo detto che non volevo più avere a che fare con te, ma
purtroppo continuo a trovarti in mezzo a-»
« hai
detto di non voler più avere a che fare con me, benissimo,
perché
io adesso non ho la minima voglia di stare a sentire anche le tue
di
chiacchiere, ballo non ballo, puttanella con o senza cervello, non
me ne
frega una sega!» sbottò, alzandosi in
piedi rivolgendo il viso verso la
finestra con le tende chiuse, perché non voleva certo dargli
la soddisfazione
di vederla piangere. Il fatto che fosse comunque evidente dalla sua
voce era un
altro discorso «vai via!!! Tieni fede a
quel che mi hai detto e vai via,
evita di parlarmi, di guardarmi, di incontrarmi a meno che non sia per
caso…getta via quella roba che hai in casa se non
l’hai ancora fatto» il tono
di voce ebbe un brusco calo «e lasciamo perdere tutto, sempre
se c’era ancora
qualcosa da lasciar perdere. Facciamo come volevi tu, vuoi che siamo
niente, e
saremo niente. Contento?»
Lungo momento di
silenzio tra i due. La ragazza avrebbe creduto che se
ne fosse andato se non lo avesse sentito respirare.
«no. A
dire il vero…no. Per niente».
Ma
perché non se n’era andato e basta?
Era una domanda
che si stavano facendo entrambi.
«Flash-»
«non
chiedermi perché ci sto perdendo tempo ma io voglio che tu capisca»
continuò lui «per quanto sappia che
è un’impresa disperata come pretendere
che un cieco dalla nascita riesca a vedere. E tu a quel cieco somigli
proprio
tanto, lo sai? Ma quella è un’altra faccenda. Io
adesso voglio che tu capisca…forse
perché trovo inaccettabile che una mocciosa viziata mi dia
della drama queen
quando è lei la prima a fare molto rumore per
nulla».
«senti
un po’ razza di-»
«bestia?
Mostro? Macchina assassina? Essere disgustoso? Si,
precisamente quel che mi considera il tuo caro Mikey.
Un uomo tra quelli
che in assoluto mi hanno fatto più del male. E che ho visto
vivere insieme a te,
l’unica donna che mi abbia considerato e fatto sentire un
uomo anche
dopo avermi visto in viso, l’unica cosa che rimaneva di
quel…legame…che credevo
ci fosse. Anche se, capiamoci, io non sono innamorato di te. Come tu
non lo sei
di me. Ci alleiamo, ci distruggiamo, ci copriamo, e ci odiamo: funziona
così.
Ma se anche ti eri stufata di tutto ciò, questo non ti
autorizzava ad agire in
quel modo» continuò a guardarla
«soprattutto dopo Rio, per l’appunto. Io non so
perché l’hai fatto…»
«io
nemmeno se è per questo».
«…e
tutto sommato forse è meglio per entrambi continuare a non
saperlo»
concluse il russo «ma sarebbe ora che uscissi dalla tua
piccola bolla egoistica
in cui conti solo tu e quello che vuoi e ti rendessi conto che
non è così
che vanno lo cose. Che esistono anche gli altri, che non sei
la sola che
piange, ride, soffre, sta bene, vive e muore, e che quel che fai e dici
ha
ripercussioni anche su questi “altri” in questione!
E che dopo aver fatto
sentire “persona” una persona non puoi trattarla
come un giocattolo, perché
anche se magari sei convinta del contrario, le persone non sono
giocattoli. Io…non
sono un giocattolo».
E poi quella era
la bestia, eh?
Si era fatto
intendere alla perfezione, facendole rendere conto di
quanto lei l’avesse metaforicamente calpestato senza nessun
rispetto. Il ballo
era ballo, vero, ma in quel caso specifico aveva un significato simbolico,
come la catenina che Kevin le aveva regalato e che lei, in tutto
questo, non
aveva ancora tolto; o come il tatuaggio sulla schiena, simbolo di un
capitolo
della propria vita che ormai considerava finito, che invece si era
fatta
togliere eccome; o come il tatuaggio del simbolo cinese della forza che
da
tradizione si sarebbe fatta compiuti i ventun’anni,
rappresentante la sua
famiglia in sé per sé ed il loro credo, il loro
motto, quello “we can”,
“noi possiamo” per il quale
serviva Forza, perché senza essa -fisica o,
ancor più importante, di volontà- non
c’è Potere.
Il tango era un
simbolo. Un simbolo che lei, nel proprio egoismo, aveva
ignorato. E non era da lei ignorare i simboli, a patto che non fossero
quelli
dei cartelli stradali.
«lo
so».
«non
mi sembra».
«però
ti giuro che lo so. E quel ballo non era uno
sfregio verso
di te. Con Kevin andava, e va, male. E quando lui mi ha proposto
quello…l’unica
cosa che volevo era pensare di meno, e so per certo
che quello funziona.
Al di là del fatto che mi è generalmente
difficile rifiutargli qualcosa…»
«ah,
molto incoraggiante! Quindi se lui iniziasse ad insistere col dire
“facciamo fuori la bestia” mi stai dicendo che
finiresti per acconsentire? E se
ti dicesse “saliamo di sopra a scopare come
dannati” gli diresti sì, che tu sia
o meno già fidanzata?!»
Ehm.
Mi sa che sulla
seconda parte non si sbagliava moltissimo.
«ci
sono delle cose su cui non cedo in generale, ed il fatto che voglio
che tu resti vivo è una di quelle. Almeno finché
non deciderò di farti fuori io
in qualche modo, almeno» puntualizzò, come al
solito, e continuava a dargli le
spalle «però di solito finisco per cedere su
ciò che conta meno. O che in quel
momento mi sembra contare meno, poco, o niente. Il
“nostro” tango in
quel momento era un simbolo che avevo perso di vista, volevo solo
occupare la
testa con cose meno serie, e quello mi sembrava perfetto. E quanto al
resto…io…non sono brava a mettermi nei panni
degli altri…»
«lo ho
notato. Anche solo per il fatto che non mi stai nemmeno
guardando in faccia».
Cosa che tendeva
a fare quando aveva torto e sapeva di averlo. E non
riusciva a dire “mi dispiace”.
«tu
sei assurda» concluse lui.
«perché?
Su cosa?»
«su
tutto».
«specifica».
«in
primis, l’attaccamento verso quell’americano.
Asserisci che ti è
complicato rifiutargli qualcosa; perché?»
Stavano facendo
esattamente il discorso che Kevin, prima o poi, avrebbe
voluto fare con lei. Anche se Flash ovviamente non le aveva ancora
perdonato
quel che gli aveva fatto. Quello era un chiarimento, un mettere le
carte in
tavola che probabilmente riusciva così bene solo tra loro
due, com’era spesso
successo da dopo quella volta in cui avevano quasi distrutto casa di
Kevin.
«posso
arrivare a capire che tu abbia questa difficoltà con tuo
padre,
o che addirittura tu non ti renda conto di averla nonostante io credo
che tu sappia
che non è esattamente uno stinco di
santo…»
«lo
dice lui per primo che non lo è, ma resta sempre il migliore
e non
lo cambierei con nessuno per tutti i tesori della galassia.
È quello che si è
vestito da Uomo Ragno per farmi contenta quando era piccola. Lo ha
fatto lui
stesso anche se volendo avrebbe potuto farlo fare a chiunque del
personale».
“è
questo il problema, anche dopo tutto quel che è successo a
questa
puttanella con la testa vuota suo padre va e sempre andrà
benissimo così com’è,
perché è così che lo ha conosciuto ed
è tutto normale. Ogni cosa che farà
sarà
sempre fatta bene o ci sarà un valido motivo per farla, ed
ogni cosa che lei
farà per Howard sarà sempre ben fatta o
avrà sempre avuto un buon motivo.
Ed ecco che le cose tra lei e Kevin continueranno ad andare male.
Howard
Lancaster continuerà con le sue dimostrazioni di forza e le
sue provocazioni
verso Robin Mask, ed anche se adesso Kevin comprensibilmente ce
l’ha a morte
con suo padre non credo che inizierebbe a tollerare cose come la
profanazione
della tomba di Alisa, prove o meno” pensò Flash
“Emerald e Kevin finiranno
inevitabilmente a perdersi se qui qualcosa non cambia. Non
che…non che mi
importi di lei, adesso…è a Kevin che penso.
Quanto starà prima di chiamarla
disperato col dire che gli dispiace? Fa il cretino, ma lui ad Emerald
tiene.
Forse più di quanto lei tenga a lui. E soffrirebbe
moltissimo se dovessero lasciarsi
definitivamente…”
«…di
questo non può importarmi meno, fammi finire. Stavo dicendo,
posso
capire questa cosa con tuo padre. Ma non con quel figlio di
puttana»
disse con forza «ho capito che avevi una cotta infantile per
lui ma questo non
deve renderti cieca, ed il fatto che con te faccia tutto “il
carino” non
significa che lo sia. Di’, ma tu lo sai
che cos’è davvero quell’uomo, se
uomo lo si vuole chiamare? È un sadico bastardo.
E di certo non era la
prima volta che torturava qualcuno…magari tu non ti rendi
conto di quel che fa,
e quel che signif-»
«è
un ex mercenario e so che se si tratta
di…sporcarsi le
mani…se ne occupa lui. E ciò implica torture ed
omicidi, tra le altre cose. È
lavoro. Il fatto che si diverta è un’altra
storia…»
Considerazione
decisamente rivelatoria, quella di Emerald, che era la
stessa che non aveva tollerato l’eccessivo accanimento di
Kevin su Turbinskii.
«io lo
so benissimo cos’è. Perché lui stesso
me lo dice…spesso»
continuò «me lo disse quando avevo quindici anni e
gli rivelai la mia cotta per
lui. Me lo dice tuttora se mai capita di parlare di cose che in qualche
modo
sono collegate, anche se io credo che mio
padre…non vorrei sbagliarmi ma
sarebbe contento se io e lui ci mettessimo insieme. E nonostante
questo, e che
le parole di mio padre per lui siano come i dieci comandamenti per un
cattolico
fanatico, ciò che continua a dire è
“non posso perché sono un ex mercenario col
sangue sulle mani e meriti di più”. Non che io
ultimamente gli abbia detto
qualcosa riguardo una mia possibile relazione con lui, dato che pure se
molto
problematica io ne ho ancora una con Kevin. Quindi io so benissimo chi
è
Michael Connors. Ma…non mi interessa».
“mi
metto le mani nei capelli o la strozzo?” pensò il
russo, che capì
di averci visto giusto e che per Emerald le figure che
l’accompagnavano da
quando era piccola erano…quello che erano. E la andava bene,
qualunque cosa
questo comportasse, forse perché sapeva con assoluta
certezza -e valeva sia per
suo padre che per l’americano- che a lei
mai, MAI avrebbero fatto del
male.
«come
può non interessarti?! È un assassino,
è un-»
«come
se tu non avessi mai ammazzato qualcuno…»
«mai
per divertimento!!!»
«oh
si, perché di infilzare al cranio Ramenman riducendolo un
vegetale,
anni fa, c’era tanto bisogno…»
Quando era
troppo era troppo. Non ci poteva credere, lo stava davvero
paragonando a Connors? Li stava davvero mettendo allo stesso livello?!
Ma che
ci parlava a fare lui con quella lì?!
«io
però non ho mai stuprato nessuno. Del tuo amato Mikey
puoi
dire lo stesso?»
Nessuna
risposta. Ah. Aveva toccato un nervo scoperto, a quanto
sembrava.
«…ma
perché non te ne vai, mh?»
«allora
anche tu sotto sotto riesci a vedere, Emerald? E mi
chiedo per quale motivo tuo padre, che stravede per te, vi vorrebbe
insieme. Se
io avessi una figlia non sarei contento di saperla con uno stupratore.
Tra le
altre cose».
«dopo
quel che ti ha fatto tu riesci a vedere solo i suoi
difetti…e…questo a dir la verità
è anche più che
comprensibile…» ammise Hammy
«ma io lo vedo “per
intero”…»
«“difetto”.
Quindi per te torture, massacri e violenze sono alla
stregua di una mania dell’ordine troppo acuta?»
«o
senti, è quello che è, ma intanto so per certo
che piuttosto che
farmi del male in ogni senso possibile si sparerebbe alla testa, quasi
venera mio
padre e a me, di sicuro, vuole bene. E vuol bene anche ai suoi parenti
in
America, anche se ormai li vede molto poco…»
«rimane
sempre un…mostro».
A quel punto la
ragazza si voltò verso di lui con un sopracciglio
sollevato. «guarda, considerando tutto quel che
c’è da considerare avresti
fatto una figura migliore se quest’ultima considerazione te
la fossi
risparmiata. Proprio tu vai a dare a lui del mostro?...nel senso,
proprio
tu…tu, che sei stato definito tale per anni ed anni e non
credo ti abbia fatto
piacere, vai a dare del mostro a qualcun altro? Tu che “con
che diritto tuo
padre mi dà del mostro e bestia, si sente superiore a me?
Eppure io sono un
uomo e lo è anche lui” adesso fai esattamente la
stessa cosa?»
In teoria poteva
anche avere ragione, ma…
«fai
un paragone simile dal punto di vista di una delle donne che ha
violentato, mettiti nei panni di una di queste e poi dimmi che mi
sbaglio, se
ci riesci».
«fai
un paragone simile dal punto di vista di uno di quelli che hai
ammazzato e poi dimmi che io mi sbaglio»
lo guardò «…mi sa che qui se
continuiamo non la finiamo più. Comunque…tornando
al discorso principale, se
temi per la tua vita puoi stare tranquillo. Non ti lascio
ammazzare» disse «ed
anche se le nostre serate di tango sono ufficialmente finite non ne
inizierò
con lui. Non con quel ballo lì almeno. Un simbolo
è un simbolo. Quanto al resto
però…sono fatti miei».
Il russo scosse
la testa, mortalmente serio. Ce l’aveva ancora con lei,
ma…non era esattamente questo quel che voleva. A dire la
verità cosa volesse
non lo sapeva bene neanche lui. Forse semplicemente che tutto tornasse
come
prima.
«tu
proprio non capisci vero?»
«in
effetti…no! La vuoi sapere una cosa divertente
però?»
«non
sono in ven-»
«mentre
tornavamo qui a casa Kevin mi ha detto “sai che tu e Flash
dovreste provare a ballare il tango insieme?”»
Silenzio
glaciale da parte di lui.
«decisamente
inappropriato».
«non
sapevo se ridere o bestemmiare. A modo mio».
Altra pausa di
silenzio che culminò con l’andarsene di Warsman,
dopo
averle lanciato un’ultima occhiata.
Meglio
tornarsene a casa, va’.
:: diverse
ore dopo, Londra, Muscle Museum Hospital ::
«io devo
vedere quel bastardo di mio padre!!!»
«non
nel suo stato attuale, o finirebbe a trovarsi minimo con altre
cinque o sei fratture».
La fortuna di
Robin Mask in quel momento era personificata nella figura
della dottoressa, come ultimamente accadeva spesso.
«io
però devo vederlo, va bene?! Lei non ha idea di quel che ha
fatto!!!»
Erano fuori
dalla stanza di Robin Mask, che chiaramente sentiva tutto
dato che Kevin non stava esattamente parlando a bassa voce. Lo aveva
sentito
anche dargli del bastardo. E come dargli torto?
«qualunque
cosa abbia fatto il mio compito è garantire il benessere del
paziente del quale mi sto occupando. Di conseguenza se tiene
così tanto a
vedere suo padre la invito a calmarsi, o non potrò
consentirglielo».
Possibile che
una piccoletta -o almeno, per lui lo era- in quel modo
fosse tanto testarda?!...anche se per esperienza ormai Kevin avrebbe
dovuto
sapere che alcune “piccolette” si rivelavano
particolarmente insidiose da
affrontare considerando con chi stava insieme.
Nemmeno a dirlo,
appena sceso giù dall’aereo aveva provato a
chiamare
Hammy. Si era reso conto di averla trattata in modo indegno, e che
forse non aveva
avuto tutti i torti a dirgli che “non capiva un
cazzo” e che doveva “farsi
curare il cervello”. Ripensando a quanto era successo Kevin
quasi non riusciva
a credere di averle detto che era colpevole quanto suo padre.
Sperò
solo che lo perdonasse ancora, perché non avrebbe sopportato
di
perderla per quel proprio ennesimo errore, soprattutto dopo averle
detto poco
tempo prima che voleva lottare perché la loro relazione
tornasse a posto e che
avrebbe fatto di tutto perché fosse così.
E se Emerald ad
un certo punto avesse smesso di fidarsi di lui, dopo
quelle promesse che finiva sempre a non mantenere? Se avesse iniziato a
pensare
che erano davvero solo chiacchiere e niente di più ed avesse
deciso di
lasciarlo una volta per tutte?
Non doveva e non
poteva accadere, specialmente adesso che aveva più
bisogno di lei di quanto ne avesse mai avuto, il che era tutto dire.
Lei…era la
donna della sua vita. Lo sentiva, e non riteneva di sbagliarsi.
Forse era il
momento di iniziare ad agire di conseguenza, si disse, mentre
pensava a come avrebbe fatto pace con lei proponendole oltretutto di
partire
con lui alla volta di Nettuno. Naturalmente una volta
“sistemato” suo padre
Kevin sarebbe partito immediatamente alla volta di quel pianeta lontano
e tanto
che c’era...lui voleva conoscere sua madre, e voleva anche
che sua madre
conoscesse la sua fidanzata -e tra qualche anno moglie- sperando che il
rapporto che si sarebbe creato tra loro sarebbe stato migliore di
quello che
Hammy aveva con Robin!
Fece un respiro
profondo. Doveva demolire almeno temporaneamente la
voglia di finire di rompere suo padre, o tanto quella
lì non lo avrebbe
fatto entrare di sicuro. Non aveva idea del perché ma la
vedeva come una specie
di ostacolo insormontabile, nonostante sapesse per certo che gli
sarebbe
bastata una spintarella per toglierla dalla propria strada.
Ma
perché poi avrebbe dovuto trattare male qualcuno che stava
facendo
il proprio lavoro? Una donna, poi?
«…sono
calmo. La prego di lasciarmi vedere mio padre, adesso».
Dopo una lunga
occhiata -non molto piacevole a dire il vero perché si
sentì più o meno come se lo stesse
scannerizzando- fu lei stessa ad
aprirgli la porta per lasciarlo entrare per poi chiudergliela alle
spalle.
Al di
là della rabbia che provava verso di lui gli fece un effetto
strano vedere suo padre lì bloccato in quel letto
d’ospedale con un sacco di
ossa rotte. Tanto più sapendo che la colpa delle fratture in
questione era da
imputare ad Emerald.
Si
trovò anche a pensare qualcosa del tipo “non
è che riuscirebbe a
farlo pure a me?”, ma gli passò subito.
«dobbiamo
parlare».
Non si vedevano
da…uff, da anni. Ma Kevin non aveva voglia di sprecare
tempo in convenevoli.
«so
quello che hai fatto».
Nessuna risposta.
«e mi
dà la nausea».
Ancora niente.
«che
ti è saltato in testa di dirmi che mamma era
morta?!»
«era
la cosa migliore».
«in
quale mondo parallelo dirmi una cosa del genere era la cosa
migliore?!! Mi hai mentito per tutta la vita, hai lasciato
che andassi a
piangere su una tomba vuota…»
«per
quanto mi riguardava meglio dirti che era morta piuttosto che
“non
ha avuto problemi ad abbandonarti qui”…»
Lì
per lì fece ammutolire Kevin, ma questi si riprese quasi
subito.
«sei tu che l’hai esiliata su
Nettuno, non lei che ha voluto andare via!
Le ho lette quelle lettere, cosa credi?! Ed ho visto anche quel bel
filmato di
te che fai salire lei e Neptuneman in quell’astronave, e la
perizia sul
certificato di morte!»
“le
telecamere quella notte avrebbero dovuto essere spente!...da dove
ha preso quel…tsk. Ma perché domandarselo? Quel
maledetto” ossia Howard “oltre
ad essere pieno di soldi certe volte è anche fortunato! Ma
dopo questo la sua
fortuna finisce qui. Il tempo di riprendermi e gliela faccio pagare
cara
quant’è vero che mi chiamo Robin Mask. Di tempo
per pensare a qualcosa tanto,
stando fermo qui, ne ho in abbondanza”.
«non
hai pensato che potrebbe essere tutto quanto falso?»
«forse
la perizia e il filmato potrebbero, ma non quelle lettere.
Quelle le ha trovate Emerald, non suo padre, ed io
la calligrafia di
mamma la riconosco. L’ho vista in…dei vecchi
biglietti…» borbottò.
«ma
bene, ecco un altro cui piace frugare tra le cose altrui!»
sbottò
il capofamiglia Mask «chi ti aveva dato il permesso di
mettere le mani nelle
mie cose?!»
«dato
che tu non mi parlavi mai di lei ho dovuto cercare risposte da
solo!!! Non mi parlavi di lei come non mi hai mai parlato di
nient’altro,
l’unica cosa che ti interessava era fare di me un tuo clone,
e l’unica
conversazione un po’più lunga che non verteva
sugli allenamenti è stata solo
una sfilza di sporche menzogne. “tua madre era di salute
cagionevole, ed è
morta poco dopo averti partorito”…ti rendi conto
che io per anni mi sono anche
sentito in colpa pensando di essere stato causa di qualcosa che invece
non è
successo e basta?! Che ho pensato che mamma fosse morta per colpa mia,
e che
magari se non fossi venuto al mondo lei sarebbe stata viva e tu saresti
stato
un po’meno…un
po’più…»
«cosa?»
«umano»
concluse Kevin, anche se con fatica «cosa che invece con me
non
sei mai stato. Volevo un padre e mi sono trovato un padrone.
Volevo
qualcuno con cui parlare e mi sono trovato un muro. Volevo che mi
guardassi con
un minimo di approvazione, ma niente di quel che facevo sembrava essere
abbastanza per te. Mi sono trovato a pensare che se mamma era morta
fisicamente,
tu invece eri morto dentro,
papà».
Discorsi del
genere tolgono a chiunque ogni capacità di reagire.
«e le
cose sono peggiorate ulteriormente da dopo il litigio tra te e
quella iena di-»
«non
nominarlo» lo interruppe Robin «io ho
fatto quel che ritenevo
giusto, né più né meno. Ho pensato che
una traditrice come tua madre dovesse
stare ben lontana da me e te. E quanto al resto, ho cercato di
crescerti
com’era giusto che crescessi. Come un Mask. Volevo che
capissi fin da subito
che la vita è dura e che o te la sai cavare da solo o
finisci affossato, volevo
che diventassi…come me. Ho fallito, purtroppo, e a questo
punto avrebbe valso
la pena spedirti con tua madre su Nettuno».
Ma che gentile.
«di
sicuro avrei vissuto meglio lassù, sarei stato
più sereno e più
felice! E sarei anche stato un chojiin valido come lo sono ora, visto
che
Neptuneman te le ha suonate in tutti i sensi,
papà».
«non
sei autorizzato a parlarmi in ques-»
«sarei
autorizzato a fare ben di peggio per quel che mi hai fatto. Tu
mi hai rovinato la vita, l’unica cosa buona
dell’aver vissuto qui sulla Terra è
stata conoscere la mia ragazza!»
«la
tua ragazza è una carogna tale e quale a suo padre,
credimi
se ti dico che non è stato questo grande affare e che prima
la lasci perdere
meglio sarà».
«non
hai mai avuto il diritto di dirmi cosa dovevo fare, e adesso ce
l’hai ancor meno di prima. Hai toccato il fondo. È
una fortuna che tu abbia
fallito nell’intento di rendermi una tua copia,
perché mi farei schifo
esattamente quanto mi fai schifo tu in questo
momento!»
E detto
ciò usci precipitosamente dalla stanza, quasi investendo la
dottoressa Kalinina che nonostante fosse rimasta fuori essendo troppo
educata
per mettersi ad origliare non aveva idea di cosa fosse successo tra i
due Mask.
«…arrivederci,
eh» borbottò vedendo il ragazzo allontanarsi senza
nemmeno essersi reso conto della sua presenza.
***
capitolo corto, lo so, e
chiedo tanta venia.
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Capitolo 18 *** To Lose ***
Le rare volte in
cui trovarsi ad avere del lavoro da fare anche quando
si era a casa era una fortuna.
Quello era
sicuramente il caso.
D’accordo,
lui e Janice erano il padrino e la madrina di quel ragazzo.
D’accordo,
aveva appena saputo una notizia scioccante ed avuto una
conversazione tutt’altro che gratificante con padre -o
così immaginava-.
Ma Howard H.R.J.
Lancaster si era comunque chiesto
a) cosa fosse
saltato in testa alla moglie, mesi prima, di dire a quel
ragazzo che “per qualunque cosa poteva chiedere a lei
perché lei c’era” e
b) cosa fosse
saltato in testa al ragazzo di prenderla in parola e
c)
perché Janice era parsa contenta di
accoglierlo in casa.
“lo
sapevo io che dovevo mandare a fuoco l’altra
ala della
villa…” pensò Howard.
Infatti Kevin,
che era venuto via da Tokyo senza niente e non aveva
preventivato di rimanere lì più tempo del
necessario, si era invece trovato col
volo di ritorno cancellato causa maltempo. E quando, con grande sforzo
di
volontà, era tornato a casa propria ecco che aveva scoperto
che l’ala dove
avrebbe potuto alloggiare era ancora inagibile causa incendio.
Ed il genio non
aveva nemmeno preso altri soldi oltre a quelle cinque
sterline che aveva nel portafogli, prima di andare via da Tokyo. Errore
da
dilettante ma tipico dell’impulsività dei Mask.
Nonostante quel
ragazzo non gli piacesse, a lui non aveva fatto niente
di male. Ed era per questo motivo che lui stesso non
l’avrebbe lasciato dormire
sotto un ponte o in mezzo alla strada, per l’appunto era
sempre il suo padrino
e possedere alberghi su alberghi tra le altre cose dava pure qualche
vantaggio,
no? Sarebbe stato anche disposto a farcelo soggiornare gratis, per quel
che gli
importava.
Peccato che poi
Janice se ne fosse uscita con un trillante “ma
perché
non rimani qui in casa?”, ed ecco che dalla sera prima in poi
si era trovato il
figlio di Robin tra capo e collo, e l’unica cosa buona era
che da quel che gli
aveva detto Janice una volta a letto quel giorno sarebbe ripartito per
Tokyo.
Howard amava sua
moglie, eh. Come nel primissimo biglietto che le aveva
scritto quando ancora erano solo fidanzati, “più
di ieri, meno di domani”. Ed
il suo buon cuore era tra le cose che amava di più.
Solo che a volte
Janice lo era perfino…troppo!
“passino
le sue donazioni alla Chiesa cattolica, ai rifugi per animali
abbandonati e gli orfanotrofi, passi far costruire strutture per
accogliere i
‘meno fortunati’, passi donare qualche milione di
sterline in beneficenza…” si,
perché erano tanto ricchi che quelli per la sua famiglia
erano come le monetine
da un centesimo, stavano lì ad impicciare e basta
“…far ripiantare interi
boschi, sostenere la protezione animali” ironico che sua
moglie facesse una
cosa del genere quando lui invece amava la caccia “far
costruire ospedali in
Africa, Afghanistan e chissà dove altro, far depurare le
acque di fiumi e
laghi, far costruire pozzi e acquedotti, aprire scuole e tutto quel che
vuole
ma…perché
voler ospitare
Kevin Mask proprio qui quando
sapeva benissimo che sarei stato disposto a farlo stare in uno
qualunque dei
miei alberghi? Perché?”
Venne distratto
dallo squillo del cellulare. Connors.
Non sapeva
perché ma nell’andare a rispondere
provò una fitta di
inquietudine.
«Connors.
Che succede?»
– è
successo che quel brat forse
aveva due nemici di troppo,
signore.
Il tono cupo
dell’americano non gli piaceva affatto, e ancora meno
quella frase criptica. L’unica cosa che lo sollevava un
po’ era quell’ “aveva”
che faceva ben sperare. Ma l’inquietudine continuava ad
esserci.
«sii
più specifico».
– vostra
figlia ha rischiato di subire un abuso, e la bestia-
«quella
specie di creatura vomitata da chissà quale fogna di
laboratorio sovietico ha cercato di abusare di mia figlia?»
Stava per
ordinare a Connors di ucciderlo nel peggior modo possibile,
quando questi mise in chiaro le cose.
– nossignore.
Quel che voglio dire è che la bestia è
arrivato pochissimi istanti prima di me e ha fatto quel che volevo fare
io,
ossia ammazzare quei due idioti.
Ok. Quella
faccenda doveva necessariamente essere approfondita. Da quel
che aveva capito due tizi non meglio definiti avevano cercato di
violentare
Emerald, che però era stata salvata dalla
bestia, ossia
Warsman, poco prima che Connors stesso lo facesse.
Primo: chi erano
quei due tizi? E cosa significava che Kevin Mask “forse
aveva due nemici di troppo”?
Secondo:
com’era possibile che fossero quasi riusciti
nell’impresa
vista la forza di Hammy?
Terzo: non aveva
alcun dubbio sul fatto che bestia o meno Connors
sarebbe intervenuto in tempo per salvarla, se il soldato diceva una
cosa era
perché…era andata in quel modo. Ma la domanda era
“perché la bestia l’aveva
salvata?”
«che
con o senza di lui saresti riuscito ad evitare il peggio non
è in
discussione. Dov’è mia figlia? è lì?»
– qualche
ora fa era priva di sensi a causa di un
attacco elettrico ma adesso dorme tranquilla.
Ecco che la
seconda domanda aveva trovato risposta. Un attacco
elettrico. Ovvio.
«e la
bestia…»
– gli
avrei fatto volentieri saltare la testa signore,
ma ho preso per buoni gli ordini precedenti in virtù di quel
che ha fatto. Ho
immaginato che miz Lancaster avrebbe voluto così, ma se voi
la pensate
diversamente posso sempre rimediare.
«no.
Hai agito bene. Riflettendoci, presumo che quella specie di mostro
volesse cercare di ripagare il debito che ha verso Emerald per avergli
salvato
la vita».
– anche
il più pulcioso dei bastardi conosce la
gratitudine e scodinzola se gli si fa una carezza.
«precisamente.
E adesso, se volessi essere più specifico nel
raccontarmi com’è andata…»
– purtroppo
so solo una piccola parte di tutta la
storia, ma appena si sveglierà vi farò chiamare
da Emerald che vi
racconterà anche tutto il resto.
e…Mr.Lancaster?
«dimmi».
– uno
dei due cadaveri è stato sciolto
nell’acido…
«e
questo va bene».
– ma
ero indeciso se fare o meno lo stesso anche
all’altro e l’ho prontamente fatto ibernare. Questo
perché su di lui i segni
degli artigli di Warsman sono perfettamente evidenti, e se mai in
futuro vostra
figlia dicesse “lo voglio fuori dalle pa-
«linguaggio».
– scusate.
Se vostra figlia lo volesse fuori dalla
propria vita in modo non letale basterebbe far
saltare fuori quel
cadavere ed ecco che…voi poi conoscete qualche giudice, no?
…la bestia
finirebbe dove avrebbe dovuto stare fin dall’inizio, ossia in
gabbia.
Ecco
perché ad Howard Lancaster quel ragazzo, come partner di sua
figlia e uomo di fiducia, piaceva molto. Perfettamente leale, spietato
se
serviva e, soprattutto, per niente stupido.
«Michael
Connors, arrivati a questo l’unica cosa che continuo a
chiedermi è perché tu e mia figlia non siate
insieme come sarebbe giusto che
fosse».
Ma
d’altra parte per come la pensava se Hammy con Kevin era
felice,
andava bene così. al di là delle proprie
preferenze.
–…prego?...
«raccontami
tutto quel che sai su questa storia, Connors».
:: qualche
ora prima ::
Riaccendendo il
cellulare una volta svegliata -tardi, tra l’altro,
visto che era mezzogiorno passato- Hammy aveva trovato diverse chiamate
di
Kevin, fatte…doveva averle fatte appena sceso
dall’aereo.
I suoi consueti
“mi dispiace non lo faccio più”,
immaginava, dei quali
però iniziava a stufarsi. Perché erano
chiacchiere, solo chiacchiere, almeno da
quanto le aveva dimostrato fino ad ora. E a onor del vero Emerald
J.V.P.
Lancaster, va detto, era una che tendeva a stufarsi abbastanza in
fretta.
Almeno delle situazioni nelle quali non si trovava bene,
perché fino a quando
le cose non erano degenerate in quella maniera lei aveva sempre
dubitato
fortemente di finire a lasciare Kevin; perché mai avrebbe
dovuto troncare una
relazione con qualcuno col quale stava bene? non avrebbe avuto senso.
Ma adesso invece
iniziava a pensarci sul serio, più di quanto avesse
mai fatto.
Hammy era come
un gatto, se stava bene da qualche parte rimaneva, se no
cercava altrove. E considerando quel che stava succedendo
ultimamente…il fatto
che avesse iniziato a pensare di guardarsi attorno e, per
l’appunto, cercare
altrove era veramente da
condannare? Perché mai potendo scegliere avrebbe dovuto
rimanere impelagata in
una relazione in cui non era più convinta di stare bene, con
lui che tante
promesse e pochi fatti? Con lui che “non voglio
perderti” e poi giù, accuse su
accuse? Aveva diciannove anni, ormai quasi venti a dire il vero,
perché avrebbe
dovuto sprecare la propria vita in quella maniera? Nessuno le avrebbe
restituito il tempo perduto, nemmeno suo padre con tutti i miliardi che
aveva
avrebbe potuto farlo. E se mai avesse voluto iniziare una nuova
relazione
Emerald sapeva benissimo che si trattava solo di decidere con chi,
perché la
scelta era ampia; non era la ragazza più bella del mondo e
probabilmente
nemmeno del suo gruppo se per “gruppo” si intendeva
quello di chojiin visto che
in mezzo c’era anche Jacqueline, ma non si riteneva comunque
da buttar via.
“magari
adesso vedrò come va quando torna…non lo
so…non so più niente”
pensò, decidendo di andare a farsi una doccia bella calda e
-visto il mal di
testa pulsante- ricordandosi che doveva cercare in casa uno straccio di
aspirina.
Perché,
tanto per cambiare, dopo quella discussione con Flash era scesa
di sotto e finito tutta la scorta di alcolici. Ma perché mai
avrebbe dovuto
importarle tanto di quel che le aveva detto quel russo? Chi era lui per
sputare
sentenze su qualcuno del quale aveva conosciuto solo il lato peggiore?
“dopo
aver fatto sentire ‘persona’ una persona non puoi
trattarla come
se fosse un giocattolo”.
Quella frase in
particolare continuava a vorticarle in testa. Un
giocattolo, aveva detto…ma per lei, lui non era affatto
questo. Non lo era mai
stato. Non ci si prende addosso un proiettile per un giocattolo, no?
Così come
non ci si sparisce insieme per due mesi e mezzo, e se era durata
così “poco”
era stato solo per via di quel negozio visto a
Sidney…altrimenti chissà,
avrebbero finito davvero per girare il mondo in eterno.
“…soprattutto
dopo quel che è successo a Rio”.
Quell’uomo
aveva un talento speciale a tirare fuori faccende scomode.
Come anche…
“mettiti
nei panni di una delle donne che ha stuprato e poi dimmi che
mi sbaglio, se ci riesci”.
Appunto, come
anche quella faccenda di Mikey, alla quale di solito
preferiva non pensare. Già sapere che l’aveva
fatto le bastava ed
avanzava, perché diamine ricordarglielo? E poi,
tanto…non le importava!
Però…ci
pensava.
“ma chissenefrega”
pensò ancora, troncando la probabile
discussione tra sé e sé. Finendo a pensare anche
ad un’altra cosa.
“quindi
niente più tango”.
Così
avevano detto.
“però
lui non era molto felice” si disse “mi sa che
l’ho…ferito, per
quanto assurdo possa sembrare” miracolo, era arrivata a
capirlo sul serio!
“grande impresa, Emerald, sei riuscita a ferire
l’inferibile. Fantastico. Non
era precisamente quello che volevo però, nonostante in un
certo senso
rappresenti…un problema in meno”.
Troncato anche
ogni rapporto con Warsman infatti se avesse voluto
andarsene avrebbe avuto meno rimpianti, in rapporto al lasciare anche
“meno”
dietro di sé. E c’era meno rischio di creare
qualche…incomprensione. Perché
anche se suo padre sapeva che era il suo Nemico Numero Uno -e da
lì il non
volere che fosse toccato, l’avergli lasciato casa e non
volerlo perdere- non
aveva veramente idea di cosa questo implicasse.
Suo padre non ce l’aveva
un vero NN1, Robin Mask per lui era
solo…un giocattolo, tanto per
rimanere in tema, quindi il rapporto tra lei e Warsman era una delle
pochissime
cose che Howard non avrebbe mai potuto comprendere appieno.
Finita la
doccia, uscita dal bagno, presa l’aspirina e rivestitasi
prese una decisione improvvisa che non c’entrava
assolutamente niente con
quello a cui aveva pensato fino a poco prima: trovare uno straccio di
filiale
della Chiesa cattolica o qualche vattelapesca simile e andare a farsi
sbattezzare, finalmente. Almeno si sarebbe tolta dalle scatole quella
faccenda
di “Robin Mask è il mio padrino”, e
avrebbe potuto diventare una vera e propria
atea una volta per tutte. Un’atea senza
comunione, cresima e battesimo.
Sperò
solo di non dovere entrare in chiesa per potersi sbattezzare
perché, pur sapendo che era una convinzione del tutto
irrazionale, aveva sempre
avuto l’idea che se disgraziatamente una goccia di acqua
santa l’avesse bagnata
si sarebbe incenerita come un vampiro. Una
convinzione che faceva il
paio con il suo altrettanto irrazionale disgusto verso le mucche vive
-perché
una volta macellate e ridotte in tanti pezzi di carne succulenta le piacevano
eccome!- con quei loro occhi così…bovini…quei
musi così…da mucca!
Fu
così che prese ed uscì di casa, ricordandosi
anche di essere a secco
di benzina nella moto. Facendo spallucce quindi si avviò
verso la fermata
dell’autobus, a qualche centinaio di metri di distanza.
Ignorando di
essere seguita da non una, non due, ma ben quattro persone.
Va’ a
capire perché, comunque, mentre camminava -forse
perché stava
pensando alle proprie assurde fissazioni- si
trovò ad avere in mente
qualcosa di veramente assurdo. Anzi, qualcuno.
Ossia quella
sciroccata della cugina della dottoressina carina che
stava alla Scuola di Ercole -tale Alana- che nonostante
l’aria decisamente
inquietante e i discorsi assurdi aveva trovato anche simpatica. Tanto
da
mettersi a raccontarle com’era finito Breaking Bad, visto che
lei non lo
sapeva.
Era quasi
arrivata alla fermata quando un qualcosa di serpeggiante ed
indefinito la afferrò brutalmente per la vita tirandola di
peso in un vicoletto
e sbattendola contro un muro. Un assalto decisamente
inaspettato…
«è
questa?»
Una voce
metallica che non ricordava di aver mai sentito, e proveniva
dal tizio incappucciato più basso. Quello che la stava
trattenendo con quello
strano cavo che pareva uscirgli dalla testa, per intenderci.
«si,
la fidanzatina di quel traditore di Kevin Mask è questa qui.
Pagherà per aver lasciato i D.m.P.!»
“…ma
questa gente non era crepata tutta tempo fa?!”
pensò Emerald che,
sicura del fatto che avrebbe potuto liberarsi quando voleva, si era
incuriosita
chiedendosi sia chi fossero che dove volessero andare a parare.
«eeeh…si
può almeno sapere chi cazzo siete voialtri? Di solito si usa
presentarsi prima di picchiare qualcuno».
In pratica non
fece un plissé, ma decisamente non le piacque il modo in
cui l’altro tizio -l’incappucciato più
alto- l’afferrò per i fianchi dopo che
entrambi si furono tolti il “travestimento”.
Rivelandosi nientemeno che quei
due cretini ritratti nella foto che Kevin teneva esposta vicino ai suoi
premi,
dei quali non si era neanche mai curata di chiedere il nome
perché non
l’avevano mai interessata.
«adesso
ci riconosci, vero?!»
«mmh,
seh. Più o meno. I due cretini in foto con Kevin. Adesso mi
lasciate andare da soli o devo proprio liberarmi io? Non so se vi
rendete conto
della situazione ma posso spaccarvi quelle teste vuote come noci di
cocco senza
problemi, e se vi ho lasciati fare finora è solo
perché sono incuriosita di
sapere quel che cavolo volete fare…»
Il
più grosso -ossia Pumpinator…che nome del
cavolo…- fece un sogghigno
che non prometteva niente di buono.
«qualcosa
che vista l’aria da puttanella che ti ritrovi magari non ti
dispiacerà nemmeno troppo».
Eh no.
Solo uno era
più o meno autorizzato a darle della puttanella, e
quell’uno non era decisamente lui. Uno sbruffoncello
ridicolo, anche se mai
ridicolo quanto il cellulare umano che la tratteneva.
Decise che era
più che abbastanza.
Poggiò
la mano destra contro il muro dandosi una spinta improvvisa e
colpendo con un calcio in pieno stomaco il tizio che l’aveva
insultata
facendolo cadere a terra e, tanto che c’era, rompendogli il
naso con un altro
calcio. Con entrambe le braccia afferrò poi il cavo con cui
il telefono umano
la stringeva.
«ce
n’è anche per te, e finirai a pezzi dato che non
mi sembri uno di
quei vecchi Nokia che se li tiri in terra spaccano il pavimento e non
si fanno
niente!»
Ma non
andò esattamente così.
Perché
se Emerald avesse chiesto a Kevin o chiunque altro qualcosa di
quei due, avrebbe saputo che Dial Balik era specializzato in attacchi
elettrici fatti proprio con quel maledetto cavo, ed avrebbe
agito di
conseguenza neutralizzandoli subito e lui per
primo. Ma non lo aveva
fatto, e la scossa elettrica giunse dolorosamente inaspettata.
Molto, molto
dolorosamente. Tanto che gridò.
Avere quei
naniti nel braccio la rendeva più sensibile alle scosse,
anche se loro in sé per sé non subivano alcun
danno. Sensibile al punto da
percepire quasi il doppio dell’intensità
effettiva della scossa,
nonostante i danni riportati fossero quelli
“giusti”. Per capirci: prendeva una
scossa da 50 volt, la percepiva come fosse stata da 100 volt, ma
riportava i
danni da scossa da 50.
Quindi
nonostante la scarica non fosse stata proprio fortissima, potete
solo immaginare come lei la percepì.
Pumpinator, nero
di rabbia, si era già rialzato e l’aveva raccolta
da
terra sbattendola contro il muro. Dial Balik le avvolse il cavo ancora
leggermente sfrigolante attorno al collo. Le strappò i
pantaloncini di dosso, i
suoi intenti erano perfettamente chiari alla ragazza che dopo la scossa
subita
non riusciva a trovare forza sufficiente per difendersi, e
già lottava per non
sprofondare nell’incoscienza. Lo schiaffo che prese se non
altro in questo
l’aiutò.
«almeno
la pagherete entrambi, lui per il tradimento e tu per avermi
rotto il naso sozza putt-»
Non fece in
tempo a finire la frase perché Warsman,
“sorridente” e
pieno di una voglia incontenibile di uccidere, si avventò su
di lui ad artigli
sguainati come…una bestia feroce. Senza dire una parola e
senza emettere un
suono, c’era solo quel sorriso spaventoso che fu
l’ultima cosa che Hammy riuscì
a vedere prima di perdere la battaglia contro le tenebre che la stavano
avvolgendo. E in un certo senso fu meglio così,
perché forse non le sarebbe
piaciuto vedere il suo ex partner di tango sbudellare Pumpinator senza
alcuna
pietà per poi avventarsi su Dial Balik colpendolo dritto in
mezzo agli occhi,
affondando gli artigli nel suo sistema centrale per poi far scorrere la
mano
lungo il corpo sfrigolante del telefono umano arrivando quasi ad
aprirlo in
due.
Solo fatto
ciò, ancora sporco del sangue e i fluidi delle proprie
vittime, la furia omicida ebbe un calo drastico e si voltò
rapidamente verso
Hammy, la sua Nemica Numero Uno che solo e soltanto lui poteva
toccare,
nessun altro, e alla quale aveva appena evitato di subire una violenza.
Aveva
preso una scossa, lei le scosse le percepiva più forti,
doveva vedere come
stava, portarla da qualche parte, magari anche dire a Kevin…
«non
stupirti che ti si dia della bestia. Anche se a quanto pare sei
una bestia che ci tiene a ripagare i debiti».
Michael Connors,
quel “figlio dannato di un rospo senza Dio”, stava
tenendo sollevata Emerald col solo braccio sinistro. Con
l’altro gli stava
puntando contro una pistola.
Pressione
psicologica o meno, arma o meno, Warsman sarebbe saltato
addosso anche a lui se non fosse stato per la ragazza.
«va’
via prima che decida di spararti lo stesso».
C’era
da chiedersi come mai fossero tutti e due lì, ma era
semplice:
Warsman passata la notte aveva deciso di tornare a…parlarle
ancora. Segno che
tutta questa voglia di lasciarla perdere poi non c’era. E
quando l’aveva vista
uscire di casa dirigendosi alla fermata l’aveva seguita.
Quanto a
Michael, ovviamente aveva seguito lui avendo notato che
seguiva lei. Tutti a seguire tutti, in breve, ma era stata una fortuna
per
Hammy.
L’americano
stesso avrebbe potuto interrompere quel tentativo di stupro
sparando ai due ex D.m.P., ma il russo l’aveva di poco
preceduto, ed
intelligentemente Connors aveva deciso di lasciargli fare il lavoro
sporco e di
prendere in custodia Emerald nonostante anche in lui la voglia di
uccidere
fosse stata tanta.
Perché
nessuno doveva farle del male. Nessuno.
Chissà
se dopo quell’esperienza Hammy avrebbe iniziato a vederlo
diversamente sapendo cosa aveva fatto in passato…ma al
momento non era quello
l’importante.
Vide quel mostro
lanciargli un’occhiata assassina per poi sparire, e
lui dopo aver fatto una rapida telefonata -“coordinate BC342.
Codice 19 per
quello più a sinistra e 77 per l’altro”-
ed aver sentito il rumore di diverse
auto in arrivo se ne andò via con Emerald in braccio. Lei
non aveva ustioni sul
corpo, segno che la scossa presa non era stata molto forte e che dunque
non
c’erano veri e propri danni. Se al momento era incosciente
era solo perché
aveva percepito la scarica come se fosse stata più forte di
quanto era in
realtà. E da quanto gli era stato spiegato riguardo quei
naniti, dunque, non
c’era neppure bisogno di portarla in qualche pronto soccorso.
Bisognava solo
aspettare.
Precisamente
quel che fece.
:: ora,
Tokyo ::
«…ecco
com’è andata, signore. Quanto a quel che ho detto
all’inizio,
quei due mi sembravano i brats con cui Kevin Mask
girava quando era
ancora insieme ai D.m.P.; per questo ho concluso che possa entrarci un
regolamento di conti».
– capisco.
È stata una fortuna che fossi lì. Anche se quel
mostro l’ha
salvata da quei due non abbiamo idea di cosa avrebbe potuto fare ad
Emerald in
seguito. Magari approfittare dell’occasione
per…farle quel che avrebbero voluto
fare loro.
Per
l’appunto: come aveva pensato Emerald, suo padre non avrebbe
mai
compreso del tutto la natura del loro rapporto. Anzi, dicendo quella
frase
l’aveva completamente travisata,
perché Flash non l’avrebbe mai
violentata. Né in quelle condizioni, né in altre.
E l’aveva salvata, ed Emerald
lo sapeva, avendolo visto appena prima di svenire.
«ribadisco
che se devo occuparmi anche di lui sono disponibile».
– anche
se mi piacerebbe non posso agire in base ad una
supposizione. I fatti sono quelli che sono: lui l’ha salvata.
Anche se non era
necessario perché l’avresti sicuramente fatto tu,
se lui non fosse stato
presente.
«confermo».
– è
qualcosa che dà da pensare. Che al di là del
debito da ripagare
quella…creatura si sia “affezionata” a
mia figlia? Si, ovviamente “affezionata”
per quanto può esserlo una bestia delle steppe.
«è
una cosa che ho pensato anch’io, signore. Ma
d’altra parte se un ramarro
si affeziona alla prima persona che gli passa davanti anche solo per
sbaglio,
non vedo perché non possa essere capitato lo
stesso».
– forse.
Credi che Hammy sia consapevole di come si è svolta la
vicenda? Nello specifico, di chi è stato a salvarla?
«mi
è sembrato che fosse ancora cosciente quando è
arrivato, quindi si.
Non è che se ne uscirà col volerlo
ringraziare?»
– probabilmente.
Non impedirglielo, limitati a vigilare che non
succeda niente se o quando lo farà.
«sissignore».
E non avevano la
minima idea di quanto avessero ragione.
E del fatto che
lei fosse già da Warsman.
Dopo essersi
svegliata Hammy si era rigirata nel letto -di Michael- per
un quarto d’ora buono. Per un attimo nel dormiveglia aveva
sperato di
trovarselo lì vicino, di essere reduce da un focoso rapporto
sessuale e di
essersi addormentata dopo quello. In pratica stava confondendo il sogno
appena
fatto con la realtà.
E poi erano
arrivati i ricordi. “grazie mille memoria eidetica del
cazzo” aveva pensato, dato che avrebbe preferito di gran
lunga restare nel
convincimento di prima. Non perse nemmeno tempo a pensare che non
avrebbe
dovuto sognare quel che aveva sognato, doveva fare qualcosa
di molto più
importante.
Si
rialzò un po’barcollante, almeno
all’inizio, aprì la finestra
e…semplicemente
saltò giù.
Doveva andare da
lui, sperando di trovarlo lì a casa sua. Non aveva
nemmeno idea di quanto tempo fosse passato da quel che era successo, e
non le
importava nemmeno; lei voleva solo vederlo, le interessava solo quello.
Iniziò
a correre, la caviglia cedette per un attimo facendola quasi
finire stesa in mezzo alla strada, ma lei si rialzò
rapidamente incurante di
quel dolore che riteneva di poter sopportare tranquillamente
perché non era niente,
e riprese il suo viaggio verso quella che una volta era stata
casa sua.
Ebbe fortuna,
perché a quanto pareva Flash si era stranamente
dimenticato di chiudere la porta sul retro -ed anche di ripulire la
maniglia da
quello che pareva essere sangue…mi sa che quei due non
avevano fatto una bella
fine- e quindi lei poté entrare senza andare a chiedere la
chiave agli
scoiattoli o scassinare nulla.
La prima cosa
che vide furono i vestiti sporchi buttati così lungo il
corridoio…
“eh
no…quei due non hanno fatto per niente una
bella fine”.
Sentì
il rumore della doccia. Lui doveva essere lì
sotto…chissà da
quanto…lei non lo sapeva, ma c’era da ore…
Il che le fece
venire un’idea.
Ringraziamento,
si.
Ma un pochino a
modo suo.
Quando
finalmente uscì dalla doccia Warsman pensava ancora
ingenuamente
di essere solo in casa.
Oltre che a quel
che aveva fatto e le possibili conseguenze.
Si, aveva
salvato Emerald. Ringraziando il cielo era arrivato in tempo
per togliere quella puttanella senza cervello dalle grinfie di quelli
che aveva
riconosciuto come gli ex amici di Kevin. Regolamento di conti tra ex
D.m.P.
probabilmente, ci stava…anche se coinvolgere lei era stata
un’assoluta
bassezza. E lei era stata sciocca a sottovalutarli, forse
perché non sapeva
degli attacchi elettrici di Dial Balik.
Solo che
c’era un problema. I cadaveri probabilmente erano stati fatti
sparire, ma Connors lo aveva visto. E adesso si
che era veramente in
trappola. Perché…fatti sparire come? Bruciati,
sciolti nell’acido, o
tenuti da parte per incastrarlo più in là?
In quel momento
non era stato a pensare a certe cose. Aveva visto
soltanto lei e loro.
Chissà
se Emerald sapeva chi era stato a salvarla. Perché se non
l’aveva visto, dubitava che l’americano
gliel’avrebbe detto.
Indossò
l’accappatoio, aveva addosso solo quello, non aveva nemmeno
la
maschera, ed uscì nel corridoio diretto in camera da letto.
La frustata in
piena chiappa sinistra non se l’aspettava affatto
insomma.
«eheheheheh
quando ti arrivano le botte sulle chiappe fai certi acuti
che nemmeno Maria Callas!»
Quella
lì, che rideva
come una matta ed aveva ancora in mano l’asciugamano bagnato
con cui l’aveva
colpito.
Ma aveva veramente
avuto
l’ardire di…?!!
«dannatissima
stronza che non sei altro, io …non sei la benvenuta,
qui!» sbottò, accorgendosi solo dopo
l’occhiata della ragazza che la cintura
dell’accappatoio si era slacciata «vattene via!
Quel che si è detto ieri è
ancora valido!»
Solo a quel
punto si ricordo di non avere niente a coprirgli il viso.
Esattamente come
l’altra volta.
Ed anche
l’espressione di Emerald era la stessa dell’altra
volta.
Ma le condizioni
erano diverse, ed avevano detto di metterci una pietra
sopra, e…
Il bacio non fu
come l’altro. Fu improvviso, a stampo e breve. Anche se
non per questo meno intenso, ed ancora non riusciva ad evitare di
stupirsi di
come lei non si schifasse
del suo povero volto
martoriato.
«grazie»
disse semplicemente la ragazza.
Era stato solo
quello, appunto, un ringraziamento. Un po’più
tangibile,
ma sempre di quello si trattava. In fin dei conti era ancora impegnata,
lei.
Al russo ci
volle qualche istante per riprendersi. «non l’ho
fatto per te. L’ho
fatto solo perché era giusto».
«non
mi importa perché
l’hai
fatto ma…grazie lo stesso per averlo fatto» detto
ciò fece per andarsene, quel
che doveva fare l’aveva fatto, ma dopo tre passi si
fermò, sentendo di avere
qualcosa di aggiungere «…e se tempo fa ti ho
ferito mi dispiace. Non volevo. Un
conto è prenderti a frustate le chiappe, un altro
è fare…altro. Vabbè. Hai
capito» riprese a camminare «è meglio
che me ne vada, no?»
A giudicare
dalla presa ferrea di Warsman sul suo polso destro a quanto
pare era la sola di loro due ad essere di quell’idea.
Emerald si
lasciò trascinare fino in salotto. Toh, lo stereo era nuovo.
Il cd che lui
inserì nel lettore però lo era di meno, visto che
si
trattava del “loro” tango.
Lei lo
guardò e scosse la testa con un sorrisetto. «certo
che potevi
rivestirti. Se mai l’accappatoio si slacciasse ancora il
mosciume lì sotto non
sarebbe un bello spettacolo».
Giustamente
aveva davanti agli occhi un viso orribile ed andava a
parlare del “mosciume lì sotto”. Come se
più sopra non ci fosse assolutamente
niente di anormale.
«se tu
puoi arrivare in un posto, spogliarti all’improvviso e
buttarti
in acqua io posso stare in accappatoio. E poi nemmeno un ammasso di
stecchini è
proprio un bel vedere».
Mh. Pareva che
almeno con uno su due fosse tornata la calma.
Relativamente, perché quando mai il loro era stato un
rapporto “calmo”?
«sempre
meglio di un vecchio porcello rugoso che non è
più buono
nemmeno da fare in porchetta…»
Una scena
assurda che alcuni avrebbero descritto come “una ragazza che
ballava il tango con un mostro in accappatoio”.
«tu le
rughe le hai nel cervello» borbottò lui
«ti sei fatta
sorprendere come una dilettante! Se non ci fossi stato
io…»
«se
non ci fossi stato tu ci sarebbe stato…ok, lasciamo
perdere» si
interruppe lei ricordandosi che a lui per ovvie ragioni Michael non
piaceva.
«ci
sarebbe stato il bastardo che mi ha puntato la pistola addosso
appena mi ha visto. Hai la fortuna di avere sempre qualcuno pronto a
salvarti
la pelle…»
«tra
cui una Pantegana Pazza di Madre Russia».
«ti ho
detto che non l’ho fatto per te!...se mai…posso
averlo fatto per
ripagare il mio debito nei tuoi confronti. Di quando mi salvasti la
vita».
Emerald
annuì. «capito» nel ballo
finì col corpo attaccato al suo
«…questo è
l’ultimo?»
Nota finale.
«…»
«è
l’ultimo?»
Nessuno dei due
voleva che fosse davvero l’ultimo, quanto piuttosto il primo
di una nuova
serie. Ed anche se non se lo dissero,
perché non l’avrebbero mai ammesso, si capirono
bene ugualmente.
«spero
che quella scossa abbia riattivato qualcuno dei tuoi neuroni
passati a miglior vita» disse Flash dopo che si furono
staccati «ma si può
sapere che andavi a fare?!»
«a
sbattezzarmi…»
«ah!
la scossa chiamasi punizione divina, allora» la scossa, non
il
tentato stupro «eppure lassù hai qualcuno che ti
protegge in maniera evidente!»
«non
c’è nessuno che protegge nessuno, il mio
è culo puro e semplice.
Seh. Più o meno» si mise a giocherellare con un
soprammobile «…di’, ma per
sbattezzarsi bisogna entrare in una chiesa?»
«e io
secondo te che ne so?»
«che
ignorante».
«nemmeno
tu lo sai, mi pare, o non me l’avresti chiesto!»
«sei
un ignorante lo stesso…»
Gli
lanciò contro il soprammobile in un’ispirazione
improvvisa, ma
Warsman quella mossa se l’aspettava e riuscì ad
evitarlo attaccando
personalmente quella puttanella con l’intento -vero o meno-
di annientarla una
volta per tutte. Perché le ultime volte che si erano visti
ultimamente erano
andati a finire uno sopra l’altra sul divano, con uno dei due
seminudo?!
«vedi
di piantarla!»
«sennò
che fai, mi rosicchi come se fossi formaggio?» contenevano la
lotta solo a loro due, senza coinvolgere tutto il resto della casa.
Flash
sapeva che rumori troppo forti avrebbero potuto mettere in allerta chi
non
dovevano mettere in allerta, ossia l’americano che viveva a
poca distanza «…per
quanto devo ammettere che perlomeno TU non pensi che Orazio sia il
pescivendolo del mercato a tre isolati da qui…»
Nonostante fosse
impegnato nella lotta Flash non riuscì ad evitare un
facepalm. «non ricordarmelo!»
Si
perché Kevin quella volta in cui Flash aveva citato Orazio
non si
era solo limitato a dire “eh?” con fare perplesso,
cosa che poteva ampiamente
starci perché non tutti conoscevano qualcosa di latino. Ma
che poi se ne fosse
uscito col dire “ah, non sapevo che il
pescivendolo” che guarda caso era un
anziano figlio di emigrati italiani e si chiamava proprio in quel modo
“scrivesse roba in latino!”.
Ok non conoscere
quella lingua morta e sepolta, ok non sapere vita morte
e miracoli di Orazio, ma…non sapere più o meno
chi era, a grandi linee,
all’incirca, qualcosina, almeno il nome! O se non
lo sapeva perlomeno poteva evitare di commentare!
Hammy era certa
che anche Flash in quell’occasione si era trattenuto a
stento dall’alzarsi e andare via…
“eh!
Io non posso trattenermi troppo, se Michael entra in camera sua e
non mi trova potrebbe iniziare una ricerca a tappeto in tutto il
quartiere, e
non è proprio il caso che mi becchi qui”
pensò “ovviamente potrei dirgli che
sono qui per ringraziare Warsman che non è nemmeno una
bugia, ma trovarci così
con lui senza maschera e solo l’accappatoio addosso potrebbe
sembrargli
un tantinellino strano!”
Per questo si
tolse di dosso il russo e si rialzò, dandosi una veloce
sistemata.
«adesso
però è bene che vada davvero».
Lui le diede
un’occhiata. «non sia mai che facciamo preoccupare Mikey, vero?
Già, come lo vedi adesso che…»
«come
prima».
E detto questo
filò via uscendo per dov’era entrata,
perché non aveva
alcuna voglia di approfondire il discorso, lasciando lì il
russo a pensare che
anche adesso che si erano “ritrovati” i problemi
erano ben lontani dall’essere
finiti.
Pensò
anche che fosse sorprendente che Emerald non avesse chiesto alcun
dettaglio di quanto era accaduto prima. Ma probabilmente
l’aveva fatto perché
molte cose se l’era immaginate già di suo, e
quanto al resto…meglio non sapere.
Già.
Un attimo. A proposito di Connors, ma Emerald era ancora con lui a
casa sua oppure no?
Non sapeva dire
perché, ma in lui era scattato un
“qualcosa” che gli
stava dicendo che avrebbe dovuto sincerarsi che la ragazza non facesse
altre
stupidaggini.
Perché
Kevin era lontano, e per mettere un paio di corna non c’erano
momenti migliori di quelli.
Si chiese
perché gli interessasse. Non erano affari suoi, in fondo. Ma
magari non voleva che quel povero ragazzo si trovasse a dover
affrontare anche
il tradimento della fidanzata, o che se anche fosse stato
così lui avesse modo
di comportarsi di conseguenza decidendo se continuare la sua relazione
o meno
invece che andarsene in giro cornuto e contento senza sapere niente.
Era
complicato.
Se quel
tradimento ci fosse stato sarebbe stato meglio parlargliene o
lasciarlo nell’ignoranza?
“…perché
mi sto fasciando la testa prima di romperla?! Non è detto
che
succeda davvero qualcosa del genere. E mettermi a spiare è
pericoloso,
specialmente dopo quel che è successo prima”.
Era indeciso,
molto indeciso.
Fare, non fare?
Fare…?
:: un
paio d’ore dopo ::
«come
sarebbe che Kevin è a casa mia?» Emerald scosse la
testa «ma sei
serio?»
«a
quanto pare tua madre gli ha detto che poteva rimanere».
Erano sdraiati
sul letto con un pacco di biscotti accanto e stavano
scegliendo che film vedere. Hammy voleva un po’ di compagnia,
e all’americano
non dispiaceva certo accontentarla, nonostante si fosse trovato con gli
stessi
pensieri che aveva avuto ore prima ossia “adesso mi vede o no
in modo
diverso?”.
Ma per adesso
sembrava di no, che non sembrasse importarle di avere
vicino un criminale, e che per lei continuava ad essere sempre Mikey.
Infatti
tra una cosa e l’altra, comprese le ore in cui era stata
incosciente ed aveva
dormito, si era fatta sera e lei non sembrava avere alcuna fretta di
andarsene.
Né lui aveva alcuna fretta che se ne andasse.
«credo
che papà non sia poi così
felice…»
«e chi
sarebbe contento di avere un bravernicolo in
casa?»
Lei
sbuffò. «Michael! Non è un
cavernicolo!»
«infatti
ho detto bravernicolo. Io
essere Kevin dalla Piccola Clava e girare con scatola di sardine in
testa
perché io volere proteggere mia testa vuota da tutto, anche
da informazioni che
rendere me meno ignorante, perché ignorante fare molto
figo!»
Hammy si morse
il labbro inferiore per non scoppiare a ridere.
«Michael!»
«…e
infatti io pensare che zolle tettoniche
esser-mmmf»
venne zittito da due biscotti cacciatigli in bocca da Emerald.
«ho
scelto il film».
“le
streghe di Salem”. Giusto lei dopo una giornata come quella
poteva
voler vedere un horror. Meglio quello che un qualche polpettone
romantico,
comunque.
«ma
sei convinta?»
«hai
paura che ti faccia venire gli incubi?»
«semmai
sono io quello che fa venire gli incubi a certa gente» disse
lui, per poi tornare rapidamente all’argomento precedente
«vada per questo
allora, anche se finiamo a fare tardi considerando che ora
è» la guardò «di’,
ma tu sei intenzionata a tornare a casa?»
Gliel’aveva
domandato scherzosamente, ma lei era diventata seria seria.
E la verità era che no, non era poi così contenta
all’idea di tornare a casa
sapendo di essere sola, cosa che evidentemente lui riuscì a
capire.
«se
vuoi rimani. Io posso anche dormire nell’altra
stanza».
Lei
andò ad inserire il dvd nel lettore. «devo farti
proprio schifo se
non hai nemmeno pensato di dormire insieme a me. Sempre per
sicurezza».
Anche lei lo
aveva detto scherzando, ma l’americano non lo prese come
tale, almeno da quel che le disse quando tornò sul letto.
«miz
Lancaster, se
c’è una cosa che
posso dirti con assoluta certezza è che tu tutto mi fai meno
che schifo» la
guardò a lungo dritto in viso «mi puoi
credere».
Il film era
cominciato, ma a nessuno dei due sembrava importare.
«e che
ti faccio allora?»
«cose
che forse sarebbe bene non mi facessi. Lo sai perché. Anche
adesso tu sei qui, con qualcuno che ha fatto a delle donne quel che
oggi stava
per essere fatto a te. Mi sembra impossibile che possa starti
bene».
Fu sincero nel
dirle quel che pensava così come lo era stato nel
raccontarle per filo e per segno cos’era successo nel primo
pomeriggio. Non
sapendo se lei avesse visto o meno Warsman arrivare, avrebbe anche
potuto dirle
che era stato lui a salvarla. Ma non lo aveva fatto, non le aveva
mentito. Non
che fino ad ora lo avesse mai fatto, l’unica cosa era stata
quando aveva omesso
di dirle delle costole incrinate…
«eppure
è così».
«ma
non dovrebbe».
«non
ne sei felice?»
Ovvio. Era in un
certo senso un sollievo sapere che lei pur
conoscendolo non lo giudicasse. Ma gli sembrava sempre incredibile
perché…come
poteva non farlo? Come poteva non importarle? E come poteva non
importare
nemmeno a Mr. Lancaster che anche prima se n’era uscito di
nuovo col dire “arrivati
a questo l’unica cosa che continuo a chiedermi è
perché tu e mia figlia non
siate insieme come sarebbe giusto che fosse”?! come poteva
sembrargli giusto se
non sembrava giusto a lui per primo, se lui per primo nonostante
più si andava
in là e più si trovava legato a lei si impediva
di approfondire il suo rapporto
con Hammy proprio per quei motivi?
«si,
ovvio che lo sono. Ma mi chiedo com’è possibile,
perché non credo
che nessuna sapendo cosa
sono accetterebbe di fare col
sottoscritto anche solo una scopata così tanto per fare. E
non penso che tu
vorresti solo questo da me…» scosse la testa
«come non lo vorrei io da te. Non
mi basterebbe. Ma è come discutere sul sesso degli angeli,
considerando che tu
se non erro stai provando a far funzionare le cose con il bravernicolo».
«mh».
«che
vuol dire “mh”?»
«che
io sinceramente di Kevin sto iniziando a rompermi altamente le
scatole, perché quando ha letto quelle lettere e tutto
quanto se l’è presa con me
dicendo che sono
colpevole quanto suo padre perché lo sapevo e non
gliel’ho detto subito».
Connors
sollevò un sopracciglio. «è ancora
più coglione di quanto
pensassi».
«prima
dice “ah, possiamo risolvere tutto blablabla” e poi
mi assal
siccome feroce belva che infiniti lutti addusse al mio umore.
Tant’è vero che
gli ho detto che lui e suo padre devono farsi curare il
cervello».
«qui
non è questione di farselo curare, ma di farselo trapiantare
miz».
«eh mi
sa».
Dopo questi
discorsi più o meno pericolosi si misero a guardare il film
senza dire o fare altro, finendo per addormentarsi poco prima della
fine.
Ignari di essere
osservati.
:: il
giorno dopo, circa le otto e dieci del mattino ::
Ed ecco che dopo
un soggiorno a Londra che per fortuna Kevin -complice
la gentilezza di Janice nonostante gestire le due nonne non si fosse
rivelato
affatto facile, e complice il fatto che Howard per il bene di Kevin
stesso con
una scusa o un’altra non si fosse quasi mai
fatto vedere- non
poteva considerare del tutto negativo, eccolo di ritorno nel proprio
quartiere.
Casa dolce casa, dove c’era la sua Hammy ad aspettarlo.
Non aveva
risposto alle sue telefonate ma era certissimo che sarebbero
riuscito a chiarire tutto una volta che si fossero visti di
per…so…na…
Che diavolo ci
faceva lei in…
Lei, nella
cucina -che dava sulla strada- della casa di Connors a
mangiare e ridere con lui, con un fiore tra i capelli, e sembrava
divertirsi un
mondo. La maglietta che aveva indosso inoltre non era una delle due,
era
grande ea uomo. E
lui, Kevin, sembrava
essere ben lontano dai pensieri di Hammy.
Rallentò.
Anche se guardare faceva male, rallentò. Anche se quella era
la prova del tradimento che c’era sicuramente
stato -perché che senso
avrebbe avuto altrimenti la colazione insieme a quell’ora e la
maglietta?!-
lui passò davanti a quella casa con la moto che andava a
passo d’uomo ormai.
Li vide fare i
cretini facendo, sembrava, a gara a chi riusciva a
tenere più a lungo un cucchiaio appiccicato al naso.
Ok.
Bastava
così.
Tornò
a casa preda di una collera cieca, parcheggiò la moto nel
vialetto, scese, perse
giusto il tempo per
tirare fuori la chiave per aprire la porta, e con la vista annebbiata
da
lacrime di rabbia e pura delusione ed incespicando un
po’salì le scale correndo
in camera da letto. Una volta arrivato aprì
l’armadio e i cassetti, dall’armadio
tirò fuori tutti i vestiti di Hammy e le sue valigie, che
iniziò a riempire con
i suddetti capi e tutte le cose che le appartenevano che trovava in
giro,
vestiti, intimo, oggetti, tutto quel che gli capitava in mano di suo
Kevin lo
infilò rapidamente e senza cura nelle valigie.
Voleva lei e
tutte le sue cose fuori da quella casa, e subito.
Lei lo aveva
tradito, e lui non voleva saperne più niente. Non gli
interessava nemmeno stare a sentire i perché e i percome.
Pensare che avrebbe
voluto farle conoscere sua madre! Flash
aveva sempre avuto ragione in realtà, quella ragazza era una
puttana fatta e
finita, ed aveva avuto ragione anche suo padre a raccomandargli di
lasciarla il
prima possibile. Almeno su qualcosa Robin Mask aveva avuto ragione.
Se solo Kevin
avesse saputo che Emerald e Connors non avevano fatto
niente, e che lei era rimasta lì con lui perché
dopo quanto capitato nella
giornata di ieri non se l’era sentita di dormire sola in
casa…!
Ma lui no! Non
si faceva domande, non ci pensava nemmeno di farsene o
farle a lei, l’aveva vista in cucina con lui e con indosso la
sua maglietta
-prestatagli da lui perché le aveva messo a lavare i vestiti
e lei non aveva
altro con sé- e gli era bastato; aveva osservato e tratto
una conclusione così,
senza pensarci due volte…anzi, nemmeno una.
Le valigie erano
piene. C’era ancora della roba di Emerald ma quella o
l’avrebbe buttata o gliel’avrebbe messa in qualche
altra borsa, tanto non
avrebbe dovuto fare troppa strada per venire a prenderla dato che Mikey
stava
a pochi metri.
Bastardo,
bastarda, bastardi!!!
Portò
di sotto tutte le valigie, mentre le lacrime continuavano ad
inondargli il volto…come aveva potuto Hammy fargli una cosa
simile, come?! Stronza!!!...e
le mise tutte fuori dalla porta di casa, chiudendosela poi dietro e
tornando
furiosamente al piano superiore buttandosi sopra al letto.
Voleva rompere
tutto quel che gli stava intorno e piangere fino a non
avere più lacrime per davvero, per quell’orribile
tradimento che lei gli aveva
fatto subire nel momento peggiore di tutti.
E lui, sciocco,
che aveva pensato davvero che lei lo amasse! Ma non le
era mai importato niente in realtà. No, no. Non le era mai
importato assolutamente
niente, lo aveva solo illuso, deluso, con lui aveva solo
giocato, tutti
quei mesi in cui gli aveva dichiarato amore in realtà li
aveva passati insieme
a lui solo per avere qualcuno con cui darsi da fare a letto, non per
altro.
Stronza,
stronza, stronza!!!
Incredibile ma
vero si sentì terribilmente vicino a suo padre. Adesso
capiva
come doveva essere stato tornare a casa e cogliere sua madre Alisa e
Neptuneman
sul fatto. Pensò addirittura qualcosa come “ci
credo che li ha esiliati lassù,
anche io la spedirei via, ma non su Nettuno su Plutone!”.
Qualcuno
iniziò a bussare alla porta di casa e chiamarlo.
Ma avendo
riconosciuto la voce, non sarebbe andato ad aprire. Aveva voluto
la bicicletta? Che pedalasse allora, quella testa di
cazzo…
«KEVIN!
Kevin, aprimi!!! Che significa?! Kevin si può
sapere che ti
è preso?!! KEVIN!!!»
Appena aveva
visto la moto sul vialetto aveva abbandonato casa di
Connors così com’era, con ancora la sua maglietta
addosso e le pantofole. Vero che
stava quasi pensando di lasciarlo ma aveva immaginato che adesso avesse
bisogno
del suo sostegno dopo il viaggio a Londra, e poi voleva raccontargli di
quel
che le era successo il giorno prima, spiegargli tutto...
Ma aveva trovato
una brutta sorpresa, costituita dalle sue valigie
fuori dalla porta. E la suddetta porta chiusa a chiave.
Emerald
urlò e bussò a lungo.
Ma nessuno
rispose e, pur sentendola, nessuno s’intromise nemmeno.
Michael Connors
osservava la scena dalla soglia di casa propria,
scuotendo la testa. Povera, piccola miz. Una
creatura come lei non si
sarebbe meritata una cosa del genere a suo avviso, ed avrebbe avuto una
gran
voglia di fare irruzione in casa Mask e ridurre quel gradissimo
coglione in una
poltiglia fina fina.
Aveva al suo
fianco una ragazza così…una ragazza che lui non
si
riteneva “abbastanza” per stare insieme a
lei…e la trattava in quel modo
indegno.
C-o-g-l-i-o-n-e.
Gli strilli
della ragazza avevano attirato anche Flash, che si era
avvicinato curandosi di rimanere nascosto. Per quanto non avesse
approvato
granché la scelta di Emerald di dormire con Connors non gli
era risultato
troppo complicato capirne i motivi. E poi, aveva la certezza che i due
avevano
davvero dormito e basta. Non c’era stato tradimento, se
proprio si voleva
parlare di quello a momenti lo era stato di più quel bacio a
stampo di puro e
semplice ringraziamento che aveva dato a lui stesso.
Emerald
bussò, bussò. Fino a rovinarsi le nocche -almeno
quelle della
mano sinistra- e con gli occhi lucidi. Strillò fino a che la
voce non divenne
quasi rauca.
Poi si
allontanò dalla porta, afferrò tutte la valigie e
scosse la
testa.
«e
allora vammorìammazzato, pezzo
d’imbecille».
Lo disse proprio
in quel modo, con quella parola in italiano che giusto
Flash e Connors riuscirono a capire un po’.
E fu
quest’ultimo a prendere le valigie di Hammy quando la vide
allontanarsi, stringendosela tra le braccia per darle un
po’di conforto.
«vieni,
miz…»
Aveva
l’impressione che avrebbe finito per ospitarla anche quel
giorno.
Magari il giorno dopo, se lei avesse voluto, l’avrebbe
portata a Shibuya.
SE avesse voluto.
«…ma
perché?...»
«perché
è un bravernicolo tonto. Vieni,
dai…»
“ragazzo,
non so che avevi in testa ma così gliel’hai spinta
tra le
braccia” pensò Warsman in un misto di
preoccupazione, perplessità e…rabbia.
Preoccupazione e
confusione non avendo capito i motivi di quel gesto di
Kevin.
Rabbia,
perché se Hammy se ne fosse andata con Connors Kevin non
sarebbe
stato il solo a finire a perderla…
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Capitolo 19 *** Is too late to apologize ***
«non
posso».
«ma
perché?!»
«lo
sai perché. Te
l’ho detto tante volte. Inoltre sei appena uscita male da una
relazione, e se
adesso fai così magari è perché sei
confusa e ti senti sola, è
perfettamente…normale…» il tono del
soldato si abbassava man mano vedendo come
lo stava guardando la ragazza. Tanto che alla fine, semplicemente,
rimase in
silenzio.
«è
vero, sono
appena uscita male da una relazione. È vero, mi sento un
po’sola. Ed è vero
anche che sono confusa su tante cose ma…ci sono due cose
sulle quali non sono
confusa per niente, e tu adesso le starai a
sentire».
Da che
Michael ricordasse
non aveva mai visto Emerald in quel modo. Con
quell’espressione serissima e
determinata a farsi sentire, nonostante lo sguardo da “sto
lottando per non
cadere a pezzi”. Non avrebbe dovuto avere quello sguardo,
mai.
«la
prima: tu sai
che è da quando avevo sette anni che avevo una cotta per te.
Durata fino ai
quindici, quando per ovvi e buoni motivi mi dicesti di no. Ho lasciato
perdere,
ma hai continuato comunque a piacermi, e da quando
c’è stato quel bacio nel
bosco io ti ho pensato spesso. Molto, spesso. Ben
più di quanto avrei
dovuto, e non in modo casto. Pensa pure che io sia infantile,
un’imbecille che
sogna il principe azzurro, una cretina pura e semplice a trovarsi a
pensare a
qualcuno solo per un bacio; non mi interessa, ma le cose stanno
così».
Connors
in realtà
poteva capire fin troppo bene quello che Emerald gli stava dicendo,
visto e
considerato che a lui era successo qualcosa di analogo da dopo quella
faccenda.
«posso
capire più
di quanto immagini ma, Emerald, io non sono il principe
azzurro…»
«lo
so! E qui
veniamo alla seconda cosa: so benissimo che sei tutto meno che un
santo. Lo so. Non me l’hai mai nascosto, sei stato
sempre onesto. Ma, notizia
dell’ultima ora, non sono una santa nemmeno
io…»
«miz
Lancaster,
non è la stessa cos-»
«…e
comunque non mi
importa niente. Non so in che lingua devo dirtelo perché tu
capisca che non
mi importa assolutamente niente di quello che hai fatto.
N-i-e-n-t-e. Nada.
Nothing. Njet. Lo so e, per quanto ti potrà
sembrare assurdo, mi sta bene
così. Hai anche detto di non essere pentito, ma poi guarda
caso sei tu quello
che si fa più problemi. Stammi bene a sentire: il passato
è passato. Anche
recente, se mai. Quello ormai non lo puoi cambiare, è
andato. Ma presente e
futuro si. Dici di “non essere abbastanza” per me?
Allora diventa questo
“abbastanza” che ritieni di dover essere per stare
con me. Se non ti senti a
posto prova ad essere migliore di quel che sei, allora,
perché sono sicura che
tu possa farcela eccome, e se mai ti servisse
sostegno…eccomi. Ci sto apposta.
Anche se io, francamente, non vedo cosa possa
esserci da migliorare».
L’americano
pensò
una volta di più che quella ragazza fosse troppo buona per
quel mondo. Che pur dicendogli
che lei non era una santa, gli sembrava qualcosa di molto vicino ad una
specie
di angelo salvifico sceso dal cielo apposta per lui.
Un angelo
che non
sembrava essere in grado di giudicarlo per le azioni che aveva commesso
accettandolo esattamente per quello che era, ma che lo stava ugualmente
spingendo ad essere un uomo migliore se lui lo sentiva necessario. Per
iniziare
a sentirsi degno di quell’aiuto e quella meravigliosa
presenza nella sua vita.
Diventare
migliore
per lei, con lei. Che gli stava regalando quella
possibilità, che lo
stava praticamente supplicando di coglierla. Che gli si era offerta
come vero
motivo per diventare qualcosa che, fino a quel momento, aveva
ritenuto
impossibile essere e di accompagnarlo in quel cammino. Senza avere
paura di
“sporcarsi” standogli accanto,
perché…non le importava!
Ma quanto
doveva
essere scemo Kevin Mask per non rendersi conto che a quella ragazza
mancavano
giusto un paio di grandi ali bianche piumate?
Un punto
di vista molto
parziale, quello di un uomo che ne aveva viste -e soprattutto
fatte-
talmente tante che qualunque cosa “brutta” lei
potesse fare ai suoi occhi
sarebbe risultata ben poco, o addirittura un
“niente” al suo confronto. E che
negli anni aveva preferito accompagnarsi -molto per modo di dire visto
che la
maggior parte era una botta e via o massimo tre giorni- con donne
più vicine
possibile al proprio livello. Donne “da poco”, o
donne con un pessimo passato,
come il proprio. Di solito erano quelle ad attirarlo, come quella magnifica
creatura tatuata che aveva visto in un bar ormai molto tempo
prima…
Ma niente
di serio.
Non era stato mai serio, non aveva mai ritenuto
che potesse valerne
davvero la pena, ed aveva passato la vita così, una donna
dopo l’altra, una
notte dopo l’altra…perché non si
reputava “meritevole” di altro.
Evidentemente
però
c’era chi lo riteneva meritevole eccome, ed era proprio
Emerald.
«...forse
però il
problema è un altro» continuò la
ragazza scuotendo leggermente la testa con un
sorrisetto per niente allegro «al di là di quel
che in tutto questo tempo non
hai fatto che ripetermi, magari c’è anche il fatto
che sono io a non essere
“abbastanza” per te».
Connors
la guardò
allibito, come se avesse detto chissà quale
bestialità. «…come ti viene in
mente?!»
«mi
viene in mente perché
io che genere di donne ti piacciono lo so. Quelle belle, dannate e
più grandi
di me. Avvenenti, sempre in tiro, alte e con grandi curve nei posti
giusti,
cosa che io non sono visto che sono piccolina, magra magra,
perennemente
struccata, quasi sempre senza un minimo di tacco…quella che
a volte esce di
casa senza neppure ricordare di pettinarsi e che spesso va in giro con
le
t-shirt dell’attuale fidanzato. Ecco
com’è che mi viene in mente, guardo loro,
mi guardo io, e mi rendo conto che a parte la solvibilità ho
ben poco da
offrire, almeno a chi piace quell’altro tipo di
donne» alzò le mani davanti a
sé come in segno di resa «è
perfettamente comprensibile che io non possa farti
lo stesso effetto».
No,
infatti non
poteva. Lei non poteva fargli l’effetto
da “è una gran gnocca, vale la
pena una toccata e fuga”…perché non gli
sarebbe bastato solo questo, una notte
e poi a mai più rivederci.
Ma se
anche questo
secondo componente non c’era, non significava che Hammy non
gli facesse
alcun effetto come donna. A dire il vero era tutto il contrario!
«posso
toglierti
dalla testa questa massa di stupidaggini e dimostrarti che effetto mi
fai,
Hammy…ma per me non sarebbe una botta e via. Capisci quel
che voglio dire? Per
me significherebbe mettere da parte uno dei pochissimi scrupoli che mi
sia mai
fatto, accettando la possibilità che mi stai dando di
diventare…“abbastanza”
per te, insieme a te. Man mano» le si era avvicinato, le
aveva messo le mani
sulle spalle e la stava accarezzando, adesso «prendendoci il
tempo che serve,
ma facendo sul serio. Uscendo, continuando a frequentarci, vedendo come
va, facendo
un passo alla volta e tenendo sempre a mente che un
lieto fine non è
scontato…ma devi essere convinta che sia qualcosa che vuoi
fare davvero.
Non perché ti senti sola, non perché cerchi un
ripiego, non per gioco. Non che
dopo quel che mi hai detto io pensi che possa essere un gioco, per
te»
puntualizzò «però devi essere del tutto
sicura».
«tenendo
a mente
che il lieto fine non è scontato, se
durerà e finché durerà posso
assicurarti che farò sul serio».
Howard
Lancaster
probabilmente avrebbe avuto la stessa reazione di uno juventino
sfegatato la
cui squadra ha appena vinto lo scudetto.
Ma
lasciando da
parte la passione con cui Emerald J.V.P. Lancaster e Michael Connors si
stavano
baciando e vicendevolmente togliendo i vestiti di dosso,
c’era da domandarsi come
si fosse arrivati a questo dopo che Kevin l’aveva cacciata di
casa…
:: cinque
giorni
prima, un’ora dopo la “cacciata” ::
«più
che distrutta
io al momento sono nera, Michael, nera!»
Emerald
era fatta
così, quando succedeva una cosa come quella o beveva fino a
non capire più
niente, o sparava a qualcuno… o alternava stati in cui era
“nera”, inveendo
contro il motivo della sua ira, con altri che o piangeva o quasi lo
faceva
chiedendosi “perché l’ha
fatto?!” o “perché è
successo?!”.
Al
momento era decisamente
in fase “nera”. Ed aveva tirato fuori certi insulti
contro Kevin che, oltre ad
essere assolutamente irripetibili, Connors non aveva mai sentito. E si
che i mercenari
non erano tipi da andare leggeri col linguaggio.
«ci
credo. Questo
arriva, prende, ti fa le valige, le mette davanti alla porta e non ti
spiega
neanche perché…Kevin Mask non capisce veramente niente».
E darle
corda non
era complicato visto che lui la pensava al suo stesso modo.
«io
avevo iniziato
a pensare che non ci fosse un tonto più tonto di quel tonto
di Robin Mask! Beh!
Mi ero sbagliata perché suo figlio è tre volte
peggio di lui!!!» sbottò. Per
poi rannicchiarsi tutta sul divano «…ma
perché?...»
Ed ecco
che era
tornata all’ennesima fase triste, nella quale -come nelle
altre- il soldato
riprese a stringerla tra le braccia.
«
il perché l’hai
detto tu adesso. Perché è tonto. Se io fossi
stato al suo posto non avrei fatto
niente di tutto ciò».
Lei era
gelida,
anche se lì in casa non faceva poi così freddo, e
lui poteva accorgersene bene
visto che la stava tenendo contro il proprio petto accarezzandole i
capelli con
una dolcezza…infinita. Pensare che quelle mani appartenevano
alla stessa
persona che aveva fatto cose atroci sembrava quasi assurdo.
«lo
so…ma tu
purtroppo non eri al suo posto».
Dicendo
in quel
modo riuscì quasi a farlo sentire un po’in colpa,
pensando che adesso lei stava
male e che questo avrebbe potuto essere evitato se fosse stata con lui
e non
con il bravernicolo dall’altra parte della strada.
Poi
però pensò che
se Kevin Mask non se la meritava “solo”
perché stupido, lui tantomeno.
Era
qualcosa che
però era costretto a ripetersi sempre più spesso,
quasi come un mantra.
“nonlameritononlameritononlamerito”…e le
cose non gli venivano rese più facili
né da lei stessa né dal suo capo. Se quando Hammy
aveva solo quindici anni e
lui ventotto era stato piuttosto facile rifiutare -non era mica un
pedofilo,
accidenti!- adesso che lei era “sbocciata” nel
pieno dei suoi vent’anni la
faccenda era moooolto più complicata. Tanto più
che si conoscevano da moltissimo
tempo, ed erano sempre stati legati in qualche modo, da prima che
l’aveva
trovata una bambina sveglia e simpatica a qualche anno dopo in cui
l’aveva
trovata una ragazzina carina, simpatica, dolce ed intelligente, ad
adesso. Che
la trovava…eh, “la trovava” tante cose.
«…è
che io non so
nemmeno che accidenti gli è preso».
«avresti
potuto
sfondare la porta e tirarglielo fuori a suon di botte. Tanto gli esseri
meno
evoluti come lui capiscono le cose solo in quel modo» disse
l’americano,
pensando anche che tutto sommato Kevin Mask e quella brutta bestia di
Warsman
si erano proprio trovati.
“ma
tu guarda.
Parli del diavolo…” aggiunse poi, vedendo la
bestia in questione bussare alla
porta di Kevin “deve aver sentito anche lui gli strilli di miz Lancaster…deeelfino
curioso!*...seh! magari per lui
se
somigliasse ad un delfino! Farebbe un po’meno
schifo”.
Nelle due
settimane
che lui, gli altri soldati e Warsman avevano trascorso
“allegramente” insieme
Connors un po’per curiosità e un po’per
fargli più male -non aveva un
posacenere e le sigarette doveva pur spegnerle da qualche parte, no?-
gli aveva
tolto l’elmo lasciandogli scoperto quello che ci voleva un
po’di fantasia per
chiamare “viso”.
Ricordava
di averlo
smascherato, averlo guardato…
“mi
sa che qui per
me non c’è niente da fare. Qualche bruciatura di
sigaretta ti migliorerebbe e
basta…ne ho viste di cose brutte in guerra, ma questa le
batte tutte”.
E gli
aveva perfino
rimesso la maschera. Probabilmente gli aveva fatto più male
in quel modo di
quanto gliene avrebbe fatto se davvero gli avesse spento in faccia una
sigaretta…
«Kevin,
scendi giù subito!»
Niente da
fare,
quello zuccone non voleva saperne di venire ad aprire. E la porta non
solo era
chiusa a chiave, ma la suddetta era ancora infilata nella toppa
dall’interno,
rendendogli dunque impossibile usare la propria.
Ma non
l’avrebbe
fermato, e infatti non ci mise molto ad aprire la porta con una
spallata -cosa
che volendo avrebbe potuto fare anche Emerald- entrare in casa e salire
dritto
al piano di sopra, sapendo che tanto l’avrebbe trovato nella
sua stanza a
spaccare tutto o depresso sopra il letto.
In
realtà quel che
vide era una via di mezzo perché Kevin era si sopra il
letto, ma aveva una
bacinella piena d’acqua e cenere davanti a sé, e
stava bruciando metodicamente
tutte le foto che ritraevano lui ed Emerald o lei soltanto.
Warsman
pensò di
avere un dejà vu. Robin aveva fatto una cosa analoga con le
fotografie di
Howard H.R.J. Lancaster nel periodo precedente a quello in cui lui,
Flash, dopo
una breve convalescenza era stato costretto a travestirsi e fuggire.
Padre e
figlio si
somigliavano più di quanto pensassero, purtroppo per chi
stava loro attorno.
«ma
si può sapere
che stai facendo?!»
“cosa
ti sembra che
stia facendo?”
«cosa
ti sembra che
stia facendo?!»
“brucio
tutte le
fotografie di quel mostro iena traditore”.
«brucio
tutte le
fotografie di questa stronza puttana traditrice».
“non
le voglio più
vedere in casa mia!”
«non
le voglio più
vedere in casa mia!»
Finito di
bruciare
la foto che aveva in mano Kevin ne prese un’altra, fece
scattare l’accendino ed
avvicinò alla fiamma l’angolo della fotografia. Il
russo gliela tolse
rapidamente di mano prima che questa prendesse fuoco.
«che
diavolo fai?!»
«che
diavolo fai tu! si può sapere perché
l’hai cacciata di casa in quella maniera,
lasciandole fuori dalla porta le valige e senza nemmeno dirle
perché?»
«e
tu che ne sai?!»
«…Kevin,
lo sa tutta la strada. O addirittura tutto il quartiere, per
quanto strillava quella ragazz- fermo
ho detto!» gli tolse
dalle mani
un’altra fotografia «ma ti vuoi calmare?!»
«no
che non mi
calmo!!!»
«vuoi
almeno dirmi
che è successo allora?!»
Non
glielo stava
esattamente “chiedendo”, e perfino in quelle
condizioni Kevin riuscì a capirlo.
Così fu costretto a rispondergli, dopo un sospiro che
più che altro
assomigliava a un ringhio.
«mi
ha tradito! Lei
mi ha tradito con quel figlio di puttana! Li ho visti fare colazione
insieme
stamattina!...lei aveva la sua
maglietta e poi…poi
hanno fatto a
gara a chi teneva appiccicato un cucchiaio al naso per più
tempo!!!»
Warsman
lo guardò.
A lungo.
«no»
disse poi
scuotendo la testa «no, no, no, no no. Kevin, ti prego, dimmi
che c’è altro
oltre ad una gara di
cucchiaio-appiccicamenti perché se davvero la tua
reazione è basata solo e soltanto su quel che mi hai appena
detto allora…»
«si,
la mia
reazione è basata su quello e “allora”
CHE?!»
«…allora
sei
cretino. Non volevo dirtelo ma me l’hai proprio tirato fuori
con le tenaglie.
Di’, ma tu hai una vaga idea di quel che è
successo qui ieri?»
A Kevin
non era
affatto piaciuto sentirsi dare del cretino, ma quel che Flash aveva
detto in
seguito l’aveva incuriosito abbastanza da glissare sulla
faccenda. «no che non
lo so! Non c’ero!»
E a dire
la verità
non aveva nemmeno riprovato a chiamare Hammy, il giorno prima, troppo
impegnato
ad affrontare il fuoco incrociato di ex-futura-suocera,
ex-futura-mamma-della-ex-futura-suocera ed
ex-futura-suocera-della-ex-futura-suocera.
L’ex-futuro-suocero se non altro era stato parecchio fuori
dalle scatole, dopo
averlo accolto con Janice…
«ecco,
allora
lascia che ti racconti un paio di cose».
Gli disse
che
Emerald era stata quasi vittima di uno stupro ad opera dei suoi due ex
compagni
della D.m.P., cosa che già da subito lo lasciò
basito e gli provocò un gran
senso di “vuoto” dentro. L’idea che
Emerald…violentata…no, no, orribile,
impensabile, inaccettabile.
Lo
stupore aumentò
ulteriormente quando Warsman gli disse di essere stato lui a salvarla,
nonostante non avesse potuto evitarle un attacco elettrico da parte di
Dial
Balik tanto forte da farle perdere i sensi. Evitò di dirgli
in modo chiaro che
li aveva uccisi, tenendosi su un vago “me ne sono
occupato”…
«e
quando mi sono
voltato c’era Connors che la teneva in braccio. Si, era
lì anche lui, presumo
che mi avesse visto seguirla e che abbia preferito lasciarmi fare il
lavoro
sporco limitandosi a…ripulire…»
borbottò «ovviamente mi ha puntato una pistola
alla testa ma ti giuro che se non avesse avuto Emerald svenuta in
braccio gli
sarei saltato addosso lo stesso».
«e…e
poi?»
Continuò
il suo
racconto dicendo di essere tornato a casa, e che erano passate diverse
ore.
Presumibilmente Connors doveva averla portata in qualche pronto
soccorso, o in
una delle cliniche di Howard -una delle quali guarda caso stava
a dieci
minuti di viaggio in macchina da quel quartiere- in modo da scongiurare
eventuali rischi seri.
«ma
da quel che ho
visto dopo stava bene. è venuta
a ringraziarmi».
«giustamente
se
l’hai salvata da una violenza era il minimo che potesse fare.
Ma perché nessuno
mi ha detto niente?! è vero che non avrei potuto comunque
tornare prima, causa
maltempo i voli erano stati cancellati ed ho preso il primo volo
disponibile…ma
comunque…questo non l’autorizzava a tradirmi!!!
Anzi, a maggior ragione avrebbe
dovuto tenere su le muta-»
«zitto. Non
ho finito».
Lui le
dava
continuamente della puttanella senza cervello, ma se lo faceva qualcun
altro
non gli piaceva per niente. Tantomeno se era Kevin.
«una
volta che mi
ha ringraziato è tornata a casa di Connors. E visto che per
ovvie ragioni
quell’…uomo, se lo vogliamo chiamare
così, non mi piace ho deciso di essere io
a “vigilare” per una volta. Li ho osservati da quel
momento in poi, Kevin.
Prima, per ovvie ragioni, non avrebbero potuto fare niente. Ma non
l’hanno
fatto nemmeno dopo. E se Emerald è rimasta lì con
lui è stato perché
probabilmente non se la sentiva di passare la notte sola in casa. Ma
è questo
che hanno fatto: passare la notte insieme. A dormire»
sottolineò
«Emerald non ha tradito nessuno. Per quanti difetti abbia
sono costretto ad
ammettere che non è una che mette le corna, anche quando una
relazione va male, e tu questo avresti dovuto saperlo visto che era la
tua
ragazza e teoricamente dovresti conoscerla. E invece no! Tu sei
arrivato e
l’hai cacciata di casa senza dire una parola quando invece
avresti dovuto
almeno chiederle “ma che accidenti fai?”. Non so se
te l’hanno mai spiegato ma
in una relazione si deve co-mu-ni-ca-re. Parlare. Chiarirsi. Non agire come hai
fatto tu!»
«non…non
è il
momento delle prediche questo!» farfugliò il
ragazzo prendendosi la testa tra
le mani, con gli occhi sbarrati «cazzo…»
viva la finezza «io l’ho cacciata di
casa e lei non aveva fatto niente, anzi, è stata quasi
violentata! Cazzo!» guardò il russo
«ma io sono un imbecille!»
«si».
«un
cretino!»
«oh
si».
«un
demente!!!»
«assai».
«…potresti
almeno
evitare di darmi ragione?!»
«non
in
quest’occasione. E non vorrei che finissi a cacciare anche me da casa mia».
«non
è nemmeno il
momento delle battute! E adesso che faccio?» si
alzò, guardò fuori dalla
finestra, tornò a sedersi sul letto, si rialzò di
nuovo, fece un giro su sé
stesso…sembrava una trottola impazzita «che faccio?!»
«che
vuoi fare?!
Vai da lei subito!» lo incitò Flash, agendo
tanto per Kevin
quanto anche per sé stesso nel timore di perdere la sua NN1
«muoviti!»
«…ma
se vado là
adesso Hammy mi spara!»
Sparare
no, ma
picchiarlo o tirargli qualcosa con braccio destro e con tutta la forza
che
aveva senz’altro.
«a
dire la verità
dalla faccia che aveva è più probabile che a
spararti sia quell’altro».
«al
diavolo
l’americano, di quello non mi importa! Ma non posso andare da
lei ora!»
«Kevin,
tu ci vai. Non sento discussioni. Forza!»
«non
è il momento
giusto, lei…deve sbollire un po’,
prima…»
«come
no, tutte le
scuse sono buone, eh? Datti una mossa ho detto!»
«no!»
«Kevin,
non costringermi a trascinarti di
peso perché ti giuro
che lo faccio!»
«non
vedo come!!!
Che non ce la fai lo abbiamo già comprovato quando Emerald
aveva voluto la
pausa!»
«smettila
di fare
il bambino, sei tu che hai sbagliato e prima ti scusi meglio
è! Qui non c’è
niente da “far sbollire”, l’unica cosa
che devi fare è andare a scusarti prima
che sia tardi e potrebbe già esserlo!» lo prese
per le spalle «la perderai se
non ti dai una mossa, e so per certo che ne
soffriresti…»
«ovvio
che ne
soffrirei, lo sto facendo già adesso!»
«e
allora vai!»
«no!...senti…davvero…io
la conosco. Quando è arrabbiata non ci si
ragiona…»
«quello
più che
altro sei TU».
«…non
posso
parlarle adesso, sarebbe inutile, lo
farò…stasera, o meglio ancora
domani…»
Warsman lasciò
cadere le braccia lungo i
fianchi. «Kevin, stai facendo un altro sbaglio grosso come
una casa».
«so
quello che
faccio».
«no,
credimi, non
lo sai».
«senti,
non mi pare
di averti chiesto di dirmi cosa devo fare!»
Ma
perché certe
volte quel ragazzo doveva comportarsi così da stupido?!
Stupido e anche ingrato
perché lui era lì solo e soltanto per aiutarlo,
non per comandarlo a bacchetta.
Possibile che non riuscisse a capire che doveva risolvere subito la
cosa o non
ci sarebbe più riuscito? E stavolta non poteva cercare di
metterci una pezza,
perché Emerald non aveva trovato rifugio da lui ma da
Connors, e se si fosse
presentato alla porta di casa sua probabilmente l’americano
lo avrebbe fatto
fuori così su due piedi.
«Kevin,
questa
faccenda non andrà a finire come credi tu se non mi
ascolti!»
«ti
ho detto che so
quello che faccio, domani ci parlerò senz’altro,
non so che altro dirti!...Cristo
quanto sono stato stupido…»
«e
lo stai facendo
ancora».
«ma
vuoi farti gli
affari tuoi una buna volta?!»
Ok.
Quando
era troppo
era troppo.
Che
facesse come
gli pareva allora, e c’era da sperare che Emerald troncato
con Kevin non
troncasse di riflesso anche con lui, pensò andandosene via
senza aggiungere
altro.
:: il giorno dopo ::
La
fortuna di Kevin
Mask in quel frangente risiedeva nel fatto che Michael Connors fosse un
uomo
tanto spietato e sadico quanto sufficientemente intelligente da capire
che
nonostante tutto Emerald non voleva che a quell’idiota
venissero minimo
distrutte le ginocchia a suon di spari.
«che
vuoi?»
«di
sicuro non
parlare con te quindi togliti di mezzo».
«ti
ricordo che
questa è casa mia, stupid brat. O
magari vuoi cacciare anche me?»
«lei
dov’è?!»
«è
ancora qui».
L’avrebbe
portata
dalle ragazze del suo gruppo nel pomeriggio, con una punta di
dispiacere in
verità, perché…era un piacere averla
in casa.
«fammici
parlare!»
«solo
se lei
vuole».
«non
mi importa se
lo vuole o no, io devo parlarle e basta!»
«che
non ti frega
nulla di cosa vuole miz Lancaster ormai
l’hanno capito tutti, non c’era
bisogno che specificassi. Brat».
«dov’è
Emerald?!»
«sta
finendo di
fare la doccia. E tu invece?»
«?»
«dov’eri
quando
stava per essere violentata dai tuoi due ex amichetti?»
«la
faccenda non ti
riguarda».
«mi
riguarda
eccome, perché al contrario di te io tengo
molto a quella
ragazza».
«tu
sei solo un
pazzo sadico bastardo psicopatico, quelli come te non sono in grado di
tenere a
nessuno!!!»
Eeh, la
voglia di
dare una lezione al moccioso era veramente tanta, ma Hammy non avrebbe
gradito
se si fosse messo a picchiarsi con quello scolaretto. Non che Connors
temesse
di prenderle da Kevin Mask, era lo stesso che aveva affrontato un
intero gruppo
di chojiin uscendone giusto con un paio di costole incrinate -non roba
da poco ma
nemmeno chissà cosa insomma-.
«io
però non
l’avrei mai trattata così. Se solo io fossi
stato al posto tuo…» più che
Michael “faccia da schiaffi” Connors adesso era
Michael “Cristo se ti sparerei”
Connors «avrei saputo apprezzarla come merita. Cosa che tu
non sei in grado di
fare. Mi domando perché perda ancora tempo con te quando
potrebbe avere molto
di meglio».
«un
torturatore
assassino, magari?»
Le mani
ormai non
prudevano più soltanto, urlavano proprio “usaci
per ridurlo in poltiglia!”,
perché un torturatore assassino era esattamente quel che
era, e per questo si
diceva che non poteva averla, e sentirselo ricordare proprio da Kevin
dalla
Piccola Clava non era piacevole.
«chiunque
abbia un
cervello funzionante, al contrario di te. Coglione che non sei
altro».
«non
osare-»
«che-cazzo-vuoi?»
Inizio
non dei
migliori.
Emerald
era
arrivata all’improvviso, aveva fatto spostare non troppo
urbanamente Connors
dalla soglia e adesso era lei a fronteggiare Kevin. Con la stessa
espressione
di quando l’aveva fatto dopo lo scontro con Turbinskii, con
la differenza che
adesso era anche più pericolosa di prima.
«pensavo
che mi
avessi tradito e ti ho cacciata, ho sbagliato e mi dispiace»
spiegò rapidamente
Kevin così da non poter essere interrotto
«perdonami».
Lei lo
fissò per
poi scuotere la testa, sempre continuando a guardarlo negli occhi.
«Kevin, quel
che ti ho detto ieri ti ribadisco oggi anche se in termini
più comprensibili:
vai al diavolo. Sei solo un imbecille, e io con te non voglio
più avere a che
fare. Mi hai stancata. È sempre così, prima fai
le cose e poi “mi dispiace non
voglio perderti perdonami risolviamo tutto”...mi spiace ma
non è così che
funziona. E se magari avevi i tuoi motivi per non volere qui i
soldati…o anche
per dirmi che sono troppo attaccata a mio padre anche se io non la
penso
così…accusarmi di essere colpevole quanto tuo
padre e soprattutto
cacciarmi di casa senza nemmeno dirmi perché è
stata l’ultima goccia».
Kevin
sentiva il
mondo sgretolarglisi sotto i piedi.
Lo
stava…lasciando.
Sul
serio,
stavolta.
Non
voleva più
avere a che fare con lui…ma
lui…l’amava! Era un cretino, ma l’amava!
«Hammy
non…puoi…noi
ci amiamo…»
«non
mi pare. O tu
non avresti pensato che ti avessi tradito o quantomeno prima mi avresti
chiesto
spiegazioni ed io ti avrei giurato -anche sulla testa di mio padre se
me
l’avessi chiesto, per brutto che sia farlo- che non avevo
fatto niente. Che non
ti avevo tradito. Tu invece hai fatto tutto da solo…e
allora, se fare tutto da
solo ti piace tanto, comincia ad abituarti a farlo perché
dopo questa tra me e
te è finita».
«Emerald
per
favore-»
«no.
Tu mi
hai trattata in modo indegno, Kevin Mask, nessun
ragazzo con cui sono
stata insieme mi ha trattata così male come hai fatto tu, ed
io non mi lascio
maltrattare da nes-su-no. Perché nessuno
ha diritto di farlo»…o
così le aveva sempre detto suo
padre…«per quanto mi riguarda ti ho sopportato
anche troppo. I primi tempi è stato bellissimo, ma poi ti
sei mostrato per quel
che sei davvero, e quel che ho visto non mi piace. Torna a casa,
dai».
«posso
cambiare!...ti…per favore…»
le prese una mano mentre lottava per non
scoppiare a piangere «…non lasciarmi solo,
farò quel che vuoi, sarò quel che
vuoi, ma non lasciarmi, io ti amo, non voglio perderti io…ti
amo…» ripeté
ancora «dimmi quello che devo fare e lo farò,
chiedimi qualunque cosa e farò di
tutto per dartela, o…o se mai…prendiamoci
un’altra pausa, tutto, ma non un
addio! Emerald…S-Scimmiattolo…non farmi
questo».
Lì
per lì la
ragazza non disse niente. E se non fosse stato per il “mi hai
portata tu a
questo” che aveva negli occhi l’espressione del suo
viso sarebbe stata fredda
come il ghiaccio.
«tre
parole Kevin.
Per di più brevi: torna a casa. Non
è difficile da capire. Ciao».
E,
semplicemente,
Emerald Lancaster chiuse la porta. Rimanendo poi lì davanti
a fissare con aria
assente le venature del legno.
Non si
oppose alla
mano di Michael sulla sua spalla, gesto che lui aveva fatto come per
saggiare
se lei avrebbe o meno accettato un contatto maggiore di quello, e non
si oppose
nemmeno all’abbraccio successivo.
Hammy non
piangeva,
ma non parlava nemmeno.
«lo
so che adesso è
brutto, ma passerà. Anche se magari ti sembra impossibile,
passa sempre».
O almeno
credeva. Nonostante
avesse “lasciato” sempre lui, non lo aveva mai
fatto a nessuna cui teneva
davvero.
«Mikey…il
fatto è
che a dire il vero è sconvolgente. Strano. E mi sento come
quando ho quasi
smesso di fumare. Quel che voglio dire è che questo
è tante cose ma…non posso
definirlo brutto. E a dire il vero io…mi sembra assurdo
dirlo e mi sento pure
quasi in colpa ma io…quel che ho provato è
quasi…non so…» sospirò
«…sollievo».
Quella si
che era
una sorpresa.
«sul
serio?»
«si».
«allora
il paragone
con lo smettere di fumare non era del tutto sbagliato. Nel senso, se
provi
sollievo è perché evidentemente…hai
rinunciato faticosamente ad un’abitudine
che ti faceva male».
Lei ci
pensò su,
poi annuì. «qualcosa che ci somiglia,
Mikey».
:: cinque
giorni
dopo ::
Era
tornata a
Shibuya il giorno stesso in cui aveva lasciato Kevin trovando,
ringraziando il
cielo, il sostegno delle sue amiche. Nonostante queste si fossero un
po’irritate quando avevano saputo del tentativo di stupro che
lei non aveva
loro raccontato, tra una cosa e l’altra.
Anche i
ragazzi
della League erano venuti a trovarla spesso, sia perché
curiosi di sapere
com’era andata la faccenda che per…sostegno, si,
anche loro. Nonostante Meat si
fosse dimostrato particolarmente dispiaciuto per com’era
finita.
I ragazzi
non erano
stati i soli a venire a vederla, però. In quei giorni, unico
sintomo del fatto
che fosse ancora un po’ “scossa”,
diciamo, non aveva avuto molta voglia di
uscire, e nonostante le ragazze si fossero offerte di rimanere con lei
Hammy
aveva sempre insistito perché andassero a divertirsi col
dire “dai dai, la
prossima volta vengo anche io”.
In
realtà oltre
alla “non voglia” il motivo per cui non le
dispiaceva rimanere sola nell’attico
era un altro.
«io
gliel’avevo
detto. E adesso si dispera, come puoi immaginare».
«si
sai…non è che
parlandomi della sua depressione aiuti molto, Sorcio».
Precisamente.
A
volte quando rimaneva sola si incontrava con Warsman, con cui
-giustamente,
perché lui che c’entrava con quel che era successo
con Kevin? Nulla- non aveva
troncato ancora il rapporto da arcinemici. A dirla tutta probabilmente
troncare
del tutto un rapporto come il loro era impossibile.
«ti
dico le cose
come stanno».
«no,
tu vuoi farmi
sentire in colpa».
«ma
veramente a
sentirmi in colpa sono stato io quando siamo andati a ballare e
c’era quel
povero ragazzo a casa a piangere come una fontan-»
«ohé!
E basta! Se
l’è cercata».
«ti
ha chiesto
scusa quasi in ginocchio, è venuto anche a cercarti qui, ti
ha mandato di
fiori, ha cercato di parlarti…»
Emerald
per tutta
risposta attaccò una delle canzoni che aveva messo nel
Galaxy.
“it’s
too late to apologize…it’s too late! I said
it’s
too late to apologi-iize…”
“Apologize”,
di
Timbaland ft. One Republic. Appropriata considerando quel che voleva
dirgli.
«mh.
Si. Non è che
l’americano in tutto questo c’entra
qualcosa?»
«no…»
Non
proprio. Anche
se effettivamente adesso che con Kevin era finita ce l’aveva
sempre più in
testa. Michael, Michael, che in tutto quel disastro aveva rappresentato
una
delle pochissime costanti insieme a suo padre, lontano
purtroppo…
Si
sentì suonare il
campanello.
«e
adesso chi è?»
«non
lo so, non
avevo chiamato nessuno. Saranno i ragazzi e…»
andò a vedere al videocitofono.
Fece una
faccia da
assoluto primo piano, rapidamente sostituita da una sorpresa e felice.
«…daddy?...»
–
ciao,
principessa…
Erano
lì tutti e
due, lui e Michael.
«vi…vi
apro subito!
Non me
l’aspettavo…non…perché non
mi hai detto che saresti venuto?»
–
volevo che
fosse una sorpresa. Dai che adesso saliamo su.
Emerald
chiuse il
contatto e si voltò verso Flash. «ti giuro che non
lo sapevo!»
«l’avevo
capito, ma
non dovrebbe fare queste improvvisate! E adesso?»
«o
ti ficchi
nell’armadio o usi l’uscita di sicurezza»
disse Hammy indicandogli la strada.
«mi
sa che è meglio
la seconda» disse rapidamente il russo alzandosi.
«eppure
pensavo che
ai sorci piacesse stare negli armadi…»
«e
tu da quando in
qua pensi?! Comunque io e te non abbiamo finito, tienilo bene a
mente!»
concluse Flash filando via veloce come il vento.
No, non
avevano
affatto finito. Perché intendeva cercare di convincerla a
dare a Kevin
un’altra, ultima, possibilità. Perché
quel ragazzo stava veramente veramente
MALE. E l’unica a dargli conforto oltre a lui, che
gli aveva perdonato quel
“fatti gli affari tuoi”, era stata la madre di
Roxanne Nikaido.
Povero
Kevin.
Se
l’era cercata,
eh.
Ma povero
Kevin lo
stesso.
«papà…!»
Emerald
si era
letteralmente tuffata tra le braccia di suo padre, che se non cadde a
terra era
solo perché era un chojiin alto e molto ben piazzato. Se
Hammy avesse preso da
lui la corporatura sarebbe stata un colosso come Kirika, ma invece
almeno
quella l’aveva presa da sua madre, che a sua volta
l’aveva presa da suo padre
perché Verbena invece aveva una figura decisamente giunonica.
«eccomi…eccomi».
Howard
sarebbe
dovuto comunque arrivare a Tokyo per un incontro d’affari
circa dieci giorni
dopo. Ma se lui non poteva far anticipare il suddetto incontro e
prendere due
piccioni con una fava, andando da sua figlia nel momento in cui aveva
bisogno
di lui, chi altri avrebbe potuto farlo? Ed eccolo lì,
infatti, ed ecco Emerald
perdersi in quel suo profumo di assenzio e sigari.
Eh,
chissà se ne
aveva dietro qualcuno, di quelli…
«anche
tu Mikey
potevi dirmelo però».
«è
stata una
sorpresa anche per me!» ammise l’americano, che si
era ritrovato all’improvviso
la limousine bianca del suo capo davanti a casa e
quest’ultimo che lo aveva
invitato a salire con un cenno.
«ah
si?»
«eh
si. Ho pensato
che la mia principessa avesse bisogno di me. Nonostante sia certo che
con Connors
sei in ottime mani, Hammy».
E per il
soldato
era sempre molto gratificante sentirselo dire. Non per niente, lui
quasi
venerava quell’uomo.
«vi
ringrazio per
la stima, signore».
«è
meritata. Tra
l’altro adesso che vivi qui, Hammy, non
c’è più ragione di lasciare quei
soldati nel quartiere dove vivevi prima, per cui abbandoneranno la zona
tornando nei ranghi…»
“quindi…è
venuto a
riportare a casa anche me?”
“quindi
anche
Michael se ne va?”
Le facce
di
entrambi erano molto eloquenti, senza che loro stessi se ne rendessero
conto.
Mr. Lancaster però se n’era accorto benissimo, e
quel che aveva visto lo aveva
decisamente soddisfatto.
«ad
eccezione di
Connors. Tenendo in considerazione quel che è successo pochi
giorni fa mi
sentirei più sicuro sapendo che c’è qui
qualcuno pronto ad intervenire se fosse
necessario. Questo naturalmente se sei ancora dell’idea di
restare tu qui a
Tokyo invece di far venire qui Turbinskii» assunse
un’aria pensosa «…e, poiché
più sarete vicini meglio è, di venire a vivere
nell’appartamento al piano di
sotto. Tutto sommato ho fatto bene a comprarlo insieme a questo,
giusto?»
Connors
tra le
altre cose pensò che prima o poi a quell’uomo
avrebbe fatto un monumento.
E quanto
ad
Emerald, la sua testa era un turbinio di bei pensieri
confusi che
condensarono in un nuovo abbraccio silenzioso a suo padre, che era
stato
talmente previdente da capire quali sarebbero stati i suoi desideri
prima
ancora che lei pensasse di poterli avere.
«si,
direi che ho
fatto bene».
«se
mi permettete
il commento… avete fatto benissimo, signore».
«il
locale è già
arredato, tutto quello che dovrai fare sarà prendere i tuoi
effetti personali e
nient’altro».
«ricevuto».
“spero
che col
tempo questo contribuirà a far sparire quello sguardo dagli
occhi di mia
figlia” pensò Howard, a cui non era stato
difficile vedere quel che c’era oltre
la felicità per la sua visita improvvisa ed il fatto che
Michael sarebbe
rimasto.
Lo
sguardo di chi
si sforza di tenere insieme i pezzi, nonostante a lui avesse detto che
era
stato un sollievo lasciare il figlio di Robin. Forse le cose non
stavano
proprio così e gliel’aveva detto solo per non
farlo preoccupare, o forse lei
stessa non si rendeva conto di come stava sul serio. O, ancora,
semplicemente
era difficile rinunciare ad un’abitudine una volta acquisita.
O forse
era…tutto
insieme.
E quel
che Howard
sperava era che Connors finalmente prendesse il posto che a parer suo
gli
spettava di diritto e che se non aveva ancora era solo
perché quel benedetto
ragazzo non pensava di meritare Hammy. Chissà.
«purtroppo
per me è
ora di andare. Il dovere chiama» disse Howard dopo aver dato
un’occhiata
all’orologio «ma mi tratterrò
senz’altro un paio di giorni, quindi se per
stasera non dovessi farcela -e temo sia così- ci rivedremo
comunque domani,
Hammy».
«sono
contenta» e
infatti aveva sul viso un gran sorriso «anzi, stra contenta!!!»
«te
la lascio,
Connors. Divertitevi».
E con
quell’augurio
che sperava sarebbe stato preso in parola Mr. Lancaster uscì
tranquillamente
dall’attico lasciando soli i due.
«sembra
proprio che
tu non riesca a liberarti di me, miz».
«eh
no!» erano
seduti vicini sull’immenso divano «per fortuna, ad
essere sincera mi è venuto
un colpo quando ho pensato che avresti dovuto andare via. Non voglio
che tu te
ne vada, perché…»
Ammutolì.
Com’era
che si
trovavano così vicini un’altra volta…?
«perché?»
Si
guardarono per
qualche istante esattamente com’era successo nel bosco.
E
l’epilogo fu
identico.
Emerald
aveva
lasciato Kevin da meno di sei giorni, eppure…eppure eccola
lì. Con Michael, perché
era quel che voleva e quello di cui aveva bisogno.
E lui a
quanto
sembrava non riusciva poi così bene nell’intento
di non approfondire il loro
rapporto, anche se fu il primo -dopo diverso tempo- a
staccarsi.
«non
posso».
«perché?!»
Quanto al
resto…lo sapete
già.
:: ora
::
Era stato
per
entrambi anche meglio di come avessero immaginato.
Erano
lì, ancora
sul divano, e si erano rimessi addosso giusto l’intimo per
poi tornare a
stringersi sotto il plaid -dal colore visibilmente appartenente ad
Emerald- col
solo desiderio di poter fermare il tempo.
Ma a ben
pensarci…perché mai avrebbero dovuto farlo?
Avevano tutto il tempo che volevano
e di momenti come quello ce ne sarebbero stato molti altri.
«ancora
dell’idea
di fare sul serio, miz?»
«posso
tranquillamente
affermare che oltre alla mia serie di validi
motivi adesso ne ho di
nuovi altrettanto validi…Mikey»
appoggiò la testa contro il suo petto
«grazie».
«no.
Grazie a te».
Lei gli
sorrise.
Quasi quasi sarebbe stato da ripetere l’esperienza immediatamente…
«…e
così ecco che
adesso abbiamo qualcosa di interessante da raccontare ad IIIIIIIIIIIIIIIIH!!!
Un uomo nudo!!!» Fiona la prima ad entrare, Fiona
la prima e l’unica a
strillare «uomo nudo!!! Sul divano!!!»
Anche le
altre
ragazze entrarono in fretta e furia mentre Connors ed Emerald si
limitavano ad
osservare la scena divertiti e, nel caso di Emerald, solo leggermente
imbarazzati. Più che altro perché erano sul
divano invece che nel letto di lei.
Ma alla
fine, pace…
«nyah-ah-ah-ah-ah-ah-ah
ecco perché non volevi uscire di casa, altro che non voglia,
qui di voglia ce n’è
parecchia! nyah-ah-ah-ah-ah-ah-ah!»
Ed ecco
Kirika che
arrivava subito al punto.
«non
è come
pensate, questa è la prima!» disse immediatamente
Hammy «la prima! capito?»
«si
ma io mangio
i popcorn seduta sopra quel divano!»
protestò Roxanne che pensò anche
che…wow,
sembrava aver adottato il principio di “chiodo scaccia
chiodo”. Scelta sua.
«eh…sai
come vanno
certe cose…»
«veramente
no».
«miz
Nikaido
è una verginella allora?» riecco la sua faccia da
schiaffi «e chi l’avrebbe mai
detto?»
«vi
siete dati alla
pazza gioia eh? Bel lavoro» e Crea non era affatto ironica
«”e se ti lascia lo
sai che si fa, trovi un altro più bello che problemi non
ha!”*»
«si
ma rivestitevi!»
esclamò Fiona.
«veramente
siamo
già più o meno vestiti…»
Chissà
cosa sarebbe
successo d’ora in poi…?
***
*
c'era questa pubblicità con il delfino ed un tizio che gli
diceva proprio in quel modo, "delfino curioooso!"...era di una marca di
caramelle che non ricordo.
*
...ma c'è veramente bisogno di spiegare la citazione della
Carrà?
In
the end, annuncio il timeskip di tre mesi e mezzo dal prossimo capitolo
in poi. C'è un certo inglese tutto fratturato che mi serve
nuovamente sano :) ...quanto all'attuale coppia Hammy/Michael non penso
di avervi sconvolte troppo, poi non so xD Alla prossima!
|
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Capitolo 20 *** Apocalisse ed Armageddon ***
«guarda,
te lo dico
con tutta la cortesia che mi è possibile riservarti
considerata la situazione
in cui ci troviamo a causa tua…»
«sta’ zitto!»
«sei
la prova
vivente che Einstein aveva ragione nell’asserire che
l’umana stupidità è senza
ombra di dubbio infinita».
«la
colpa di tutto
questa è tua razza di-»
«errata corrige: la
colpa è di un certo Robin Mask che alla partenza
dall’Inghilterra si
è infilato di nascosto nella stiva del mio aeroplano -e
ringrazio il Signore
che fosse pilotato automaticamente o avresti coinvolto persone innocenti in
questo incidente- ed ha aspettato lì fino al mio viaggio di
ritorno
dall’Australia per decidere di sabotare i motori. Non
pensando che così facendo
avrebbe coinvolto anche sé
stesso nell’incidente,
non solo il sottoscritto. E
la cosa veramente comica…»
«ti
ho detto di
stare zitto!!!»
«…è
che nella scena
da film modello “ti espongo il mio Piano Malvagio”
hai perfino dichiarato di
avere intensamente pensato addirittura tre
mesi e mezzo per
riuscire a partorire una simile idiozia.
Per fortuna che lo sciocco
avrebbe
dovuto essere Suguru Kinniku! Confrontato a te è il nuovo
Stephen Hawking».
«però in parte ha funzionato visto che sei qui anche tu! E senza
cellulare!»
«e
anche questo per
colpa di chi? Ricordamelo. Ah, già: di nuovo tua».
Ed eccoli
lì, su un
canotto gonfiabile espansibile fatto di un materiale brevettato
Lancaster
Technology , dispersi non si sa dove nel Bacino di Wharton, con Robin
-bagnato
fradicio- che remava a mano perché costretto da Howard
Lancaster -perfettamente
asciutto- che gli stava puntando contro la pistola e nonostante
l’aria
tranquilla ed apparentemente assente Mr. Mask sapeva benissimo che il
suo ex
amico avrebbe potuto sparargli in mezzo agli occhi in una frazione di
secondo.
Un’altra
cosa comica
era che in realtà Howard non riusciva ad essere veramente nero
di rabbia
nei confronti di Robin. Perché quest’ultimo
evidentemente preso dalla frenesia
di fargli pagare cara quella faccenda della flebo di antidolorifico
staccato -e
proprio perché pieno di furia vendicativa incapace di
pensare a qualcosa di più
sofisticato o almeno più intelligente nonostante il tempo
trascorso- aveva
fatto qualcosa di così completamente
stupido da risultargli
addirittura
divertente, nonostante Howard stesso fosse rimasto coinvolto.
Nascondersi
nella
stiva ed aspettare addirittura il viaggio di ritorno -ma
perché poi?!- per
azionare il detonatore che avrebbe fatto esplodere i motori
dell’aereo, non
tenendo in considerazione il fatto di esserci sopra.
Cioè.
No.
Fantastico.
Se
proprio voleva
utilizzare una bomba perché non una più potente,
e da far esplodere a distanza?
Ah, ma certo: e poi per la scena della rivelazione del Piano Malvagio
come
avrebbe fatto?
“…e
adesso la
pagherai, precipitando insieme a questo maledetto aeroplano!”
“ed
anche insieme a
te, Robin”.
“eh…?”
“non
so se l’hai
notato ma ci sei anche tu qui
sopra. Quindi è logico
che se
l’aereo precipita ed io precipito anche a te
succederà lo stesso”.
“!”
“hai
già azionato
il countdown”.
“…”
“e
magari non puoi
nemmeno fermarlo”.
“…”
Howard
aveva preso
in mano una valigetta con dei documenti cartacei riguardanti il viaggio
d’affari appena compiuto e tirato fuori da sotto il sedile
qualcosa che a prima
vista sembrava un k-way. “permettimi di dirti che sei veramente stupido”.
Poi si
era sentito
il rumore dell’esplosione, l’aereo aveva iniziato a
precipitare, Howard aveva
rapidamente aperto il portello approfittando dell’occasione
per far fare all’ex
collega quello che aveva definito “il volo della
vergogna”* , per poi lanciarsi
giù a sua volta premendo un pulsante
sull’apparente k-way che durante il volo
si era espanso e trasformato in un canotto
con tanto di due paracadute.
Perlomeno non si sarebbe rovinato il completo, contrariamente a Robbie
ed il
suo povero Armani blu scuro.
L’ammaraggio
era
stato quasi dolce e privo di scossoni, e a quel punto si trattava
soltanto di
chiamare qualcuno, visto che per fortuna il suo cellulare essendo
direttamente
collegato ad uno dei tanti satelliti di sua proprietà che
galleggiavano
nell’orbita attorno alla Terra “prendeva”
in qualunque zona.
Solo che
poi aveva
visto Robin annaspare nell’acqua e si era ricordato che il
suo ex amico sapeva
giusto stare a galla, se era in una giornata buona.
“la
voglia che ho di
lasciarti lì…”
Nonostante
ciò però
Mr. Lancaster si era messo una mano sulla coscienza decidendo di andare
a
tirare fuori dall’acqua il suo “vicino di
casa”, che per divincolarsi
-“preferisco annegare che essere in debito con
te!!!”- aveva fatto cadere
nell’acqua il suo cellulare.
E adesso
erano
davvero isolati. Non poteva chiamare aiuto, e non poteva nemmeno
telefonare a
moglie e figlia per dire loro che stava bene nonostante
l’ammaraggio
improvviso.
“schifos-”
“comincia
a remare Robbie o giuro su quel che vuoi che ti sparo in mezzo agli
occhi, getto il tuo
cadavere in acqua e chi s’è visto
s’è visto. Sono stato chiaro?”
Ecco
com’era
andata.
«…per
salvarti,
oltretutto».
«nessuno
te l’aveva
chiesto! Meglio morire annegato che dovere la vita ad una iena come
te» si
voltò brevemente a guardarlo «perché
diamine l’hai fatto?!»
«cosa?»
«salvarmi!»
«un
po’perché
contrariamente a quel che pensi non sono proprio un mostro, un
po’perché l’idea
che tu fossi in debito col sottoscritto mi divertiva e soprattutto
perché mi
serviva della bassa manovalanza da mettere “ai
remi”…fermo dove sei, lo sai che
ho una mira perfetta» lo minacciò, vedendo che
stava per alzarsi
e saltargli addosso nonostante la pistola ed il rischio di finire di
nuovo
nell’oceano «parafrasando un vecchio proverbio,
“hai voluto l’ammaraggio? Ora
rema!”…cielo, non mi sei utile nonostante tu abbia
ancora il cellulare in tasca
visto che quel dispositivo non è uno della mia casa
produttrice e dunque qui
non prende» scosse la testa «se anche tu come me
sopravviverai a tutto questo
vedi di aggiornarti».
Nonostante
fosse
Howard la vittima e quello che aveva perso l’aereo in quel
sabotaggio, tanto
per cambiare risultava sempre il più tranquillo. Tanto in
occasioni del genere
dare di matto era qualcosa di completamente inutile, ed era sicuro che
a breve
qualcuno l’avrebbe fatto cercare, esplorando il Bacino di
Wharton a tappeto, e
con i mezzi che sapeva di avere a disposizione, che lui e Robin fossero
ancora
in acqua o fossero approdati da qualche parte sarebbero stati trovati
senz’altro. L’unica cosa che gli dispiaceva era che
sicuramente la sua famiglia
si sarebbe preoccupata a morte. Sperava solo che sua moglie, sua madre
e sua
suocera avrebbero tenuto per loro la cosa, così da non far
allarmare Emerald
per un nonnulla. Quel periodo in particolare non era decisamente
adatto,
considerando che era il primo viaggio di piacere che lei e Connors
facevano
come coppia.
E
considerata la
destinazione era un viaggio decisamente importante…
«piantala
di
fingere che questa situazione non ti faccia né caldo
né freddo!!!»
«e
chi
finge?...rema, rema» Howard osservò
l’orizzonte. E aguzzando la vista gli parve
di vedere…«ah-a! Terra!
Laggiù!» indicò un punto davanti a loro
«a
quanto pare ci è andata bene».
«…ma
dove la vedi
la terra?! Non c’è niente lì!»
«c’è,
c’è, solo che
tu avresti dovuto mettere gli occhiali
già…ventiquattro anni fa, sbaglio?»
«non
ti riguarda.
Iena».
«si,
si, quel che
ti pare» si tolse la giacca e rimanendo con la camicia e
tirando su la manica
destra «continua a remare, Robbie, che
forse riuscirai a sopravvivere
all’esperienza».
«Lancaster,
se non
la smetti ti prendo e ti tengo la testa sott’acqua
finché non anneghi».
«ah,
ma dai, ti
gambizzerei immediatamente alla prima mossa e probabilmente saresti tu
a fare
quella fine» anche lui iniziò a remare
«...altrimenti al tuo ritmo arriveremmo
domattina. Ma pensa tu…da quando in qua il capitano della
nave deve remare?»
«primo,
questo è un
gommone, secondo, chi ti ha eletto capitano?!»
«la
selezione
naturale direi, visto che l’artefice di questa seccatura non
sono io ma tu».
«sia
chiaro che una
volta arrivati a terra…»
«da
quel che vedo
sembra un’isola» puntualizzò Howard.
«quel
che è! Una
volta lì, ognuno per la sua strada!»
«ottimo.
Non avrò
una palla al piede di cui occuparmi e ci sono ottime
probabilità che tu muoia
senza che io abbia alcun rimorso di coscienza, visto che sei stato tu a
volere
fin da subito “ognuno per la sua strada”. Quindi se
morirai di fame e sete, o
cadrai in qualche crepaccio, o qualche animale feroce ti
mangerà o, ancora,
verrai inghiottito da qualche mostro anfibio non sarà un mio
problema. Io avevo
la pistola e diversi caricatori, ma non è colpa mia se tu
sei testardo».
«chiudi
il becco
uccellaccio del malaugurio, sarò io a
sopravvivere, mentre tu morirai o
rimarrai confinato su quell’isola per sempre!»
«ne
dubito. Al
contrario di te, io ho molte persone che mi vogliono bene,
s’interessano della
mia salute e mi faranno sicuramente cercare. Considerata la grandezza
dell’area
in cui cercarmi presumo che ci impiegheranno un paio di settimane, ma
non è un
problema. E probabilmente quando recupereranno la scatola nera
dell’aereo e ti
sentiranno esporre il tuo “piano malvagio”
moriranno dal ridere. Già…quanto ti
conviene tornare a casa sapendo che finirai al fresco, Robin?»
«e
tu con me,
perché se c’è la parte in cui espongo
il “piano malvagio” c’è anche
quella in
cui dico che tu mi hai staccato la flebo di antidolorifico».
«ahahah.
Perché a
manipolare una registrazione ci vuole molto, mh?» mancavano
circa duecento
metri all’isola, che da lì si era rivelata per
quello che era: decisamente
grande, con una fittissima e sterminata vegetazione, e di forma quasi
conica al
centro cosa che ne denunciava l’origine vulcanica
«ah, però. Se il vulcano
fosse inattivo sarei quasi per comprarla e costruirci un paio di
alberghi…»
Ma Robin
non badava
più ai progetti di Howard, avendo visto una grotta
nell’ammasso roccioso che
delimitava la spiaggia, sulla sinistra. Sulla destra, vicino
all’altro ammasso
roccioso, c’era qualche palma da cocco.
Bastava e
avanzava.
«è
mia!»
esclamò, buttandosi giù dal canotto e correndo
verso la grotta «questa è la mia
grotta e questa è la mia spiaggia, vattene di qui!»
Howard
fece
approdare il gommone sulla spiaggia, prese la giacca, scese con quella
e la
valigetta e premendo un sottile pulsante fece nuovamente comprimere il
canotto.
«nessun
problema,
non intendevo certo rimanere in questo fazzoletto di sabbia»
disse l’uomo
tranquillo «buona fortuna».
E dopo
aver scelto
la strada sparì nella vegetazione, pensando che Robin Mask
fosse proprio
sciocco. Che pensava di fare rimanendo lì, dove non sembrava
esserci nemmeno
una sorgente di acqua potabile e con giusto qualche noce di cocco da
mangiare?
Bah. Già guardandosi attorno man mano che avanzava vide un
sacco di alberi da
frutto come quello dei litchi, dei frutti del pane, delle banane,
aranci, lime,
anche lì varie palme da cocco e quant’altro.
Gli
passò perfino
davanti un pollo selvatico!
Se avesse
trovato
una sorgente d’acqua potabile sarebbe stato a posto; quella,
il cibo, una
rudimentale casetta su un albero -costruita con attrezzi che avrebbe
dovuto
fabbricarsi, ma passi- ben in alto ed era a posto. Inoltre essendo
un’isola
vulcanica non era da escludere che ci fosse qualche sorgente termale da
qualche
parte.
E Robin
era rimasto
nella grotta! Oh, buon cielo. Evidentemente non aveva mai giocato a The
Sims 2
Island*.
“spero
che ad Hammy
vada meglio che a me. Di certo la compagnia è migliore!
Spero di trovare almeno
un paio di scimmie, meglio loro che Robin tutto sommato”.
Che
situazione
assurda. Mai in tutta la vita avrebbe mai pensato che potesse
succedergli una
cosa del genere. Tanto più insieme a Robin.
Pensando
all’ex
amico si voltò un attimo indietro.
Era
veramente
giusto lasciarlo solo in quella minuscola spiaggetta? Indubbiamente
essendo
come lui un chojiin avrebbe ben resistito a fame e sete, ma
perché subirle se
si poteva evitarle?
Scosse la
testa.
Quel
testardo
avrebbe preferito morire che accettare ancora il suo aiuto, e lo sapeva
benissimo. Quindi…perché stare a pensarci su?
Riprese a
camminare.
“indubbiamente
le
cose sarebbero state diverse, se non ci fossimo detestati. Innanzitutto
non
saremmo qui. E se per qualche altro motivo ci fossimo finiti,
l’avrei convinto
a venire con me” colse un frutto del pane
“avrò di che raccontare alla mia
principessa, perlomeno…ma io ce l’ho ancora il
registratore digitale?...ah! yes.
Ottimo”.
«primo
giorno
sull’isola, Hammy» disse dopo avere acceso
l’apparecchio «dopo l’ammaraggio -e
credo ti saresti messa a ridere se avessi visto la scena di me e quello
sciocco
sul gommone- eccoci approdati. Robin ha scelto di rimanere
lì su quella
spiaggetta, nella grotta. Secondo me ha sbagliato; sto andando verso la
parte
interna dell’isola, segnando gli alberi con il coltellino
così da non perdere
la strada, e posso assicurarti che qui sembra esserci davvero di tutto.
Non
preoccuparti che possa succedermi qualcosa; io sono sempre armato.
Magari ti
porterò qui, una volta tornato…»
Registrare
quella
sorta di diario di bordo per Emerald era un altro valido aiuto.
Dell’altro,
oltre alla propria sicurezza, che lo indiceva a pensare “si,
accidenti, io la
rivedrò”.
«non
sarà un
viaggio divertente quanto quello che stai facendo adesso insieme a
Michael ma
credimi, ne vale la pena» continuò «se
trovassi qualche nocciolo sarebbe il
massimo…mh…una scimmia. Giusto poco fa stavo
riflettendo che sia meglio la
compagnia di una di queste piuttosto che del vecchio Robbie, e credo
che
saresti d’accordo con me. Che dici,
sopravviverà?...a parte gli scherzi, mi
auguro che anche lui ne esca vivo e che quella grotta non sia la tana
di
qualche bestia feroce. D’accordo che lui con le bestie feroci
ha dimostrato di
andare d’accordo…ma sto divagando. È il
dodici aprile. Solo le ore undici e
ventidue antimeridiane. E va tutto bene».
:: Washington
DC, periferia ::
Più
o meno sempre
in quel periodo dell’anno oltre che in quello natalizio, a
Michael Connors
venivano concesse -a seconda di quanto c’era da fare- due o
tre settimane di
totale libertà nelle quali l’ex mercenario soleva
tornare a Washington dalla
propria famiglia.
Quell’anno
le
settimane erano tre, d’altra parte il suo attuale ed unico
dovere era
sincerarsi che ad Emerald non accadesse niente. E di certo non aveva
problemi
ad adempiere a tale compito…
«quindi
è qui che
vivevi».
…visto
che aveva
portato con sé la ragazza.
«si.
Ho bei ricordi
di questo posto, avendo rotto le ossa a parecchia gentaglia in questo
quartiere!» disse con un sorrisetto che svanì poco
dopo «…era gentaglia,
davvero, credimi. Appena arrivati nel quartiere pretendevano di dettare
legge».
«Mikey…non
ti devi
giustificare» disse Hammy con assoluta sincerità
«se gliele hai date un motivo
doveva pur esserci, ed è meglio darle che
prenderle».
Il
soldato la
guardò con un sorriso.
«non
hai poi tutti
i torti miz».
Aveva
colto
quell’opportunità che lei gli aveva offerto,
diventare migliore per lei e con
lei. Nonostante Emerald stessa non capisse cosa ci fosse da migliorare.
E non
poteva dire
di essersi pentito, tutt’altro.
In quel
periodo
avevano proceduto come avevano stabilito, a piccoli passi. Avevano
iniziato ad
uscire “come coppia”, da soli o -per dimostrarle
che lui non si faceva
problemi a frequentare nessuno o quasi- con le ragazze del suo gruppo
o,
ancora, con i lottatori della Muscle League. Anche se quello era
successo
giusto un paio di volte, e l’atmosfera era stata decisamente
tesa, ed Emerald
infine aveva capito che forse era meglio andare da sola, quando usciva
con
loro.
E
contrariamente a
Kevin, Michael non l’aveva mai stressata riempiendola di
chiamate. Sapeva di
non avere niente da temere sul fronte “possibili
tradimenti”, si fidava di lei,
e se mai si limitava ad un sms ogni tanto, giusto per sapere se si
stava
divertendo.
Connors
non era uno
di quelli che pensava “avere una relazione con una ragazza=
chiuderla in casa”.
Era necessario che un rapporto si basasse anche sulla fiducia, giusto?
Ed Hammy
non gli
mentiva praticamente mai. Anche quando era serata di tango col suo
Nemico
Numero Uno faceva sempre in modo di uscire con qualcuno dei suoi amici prima
dell’orario di inizio, così quando
diceva a Michael “esco con la
combriccola” non era una bugia. Ovviamente avrebbe preferito
dirgli la verità,
ma…nonostante fosse un uomo intelligente, come anche suo
padre Howard,
probabilmente non avrebbe capito il motivo per cui lei e Warsman ogni
tanto si incontravano
di sera per andare a ballare.
«solo
una cosa mi
lascia perplessa…»
«dimmi».
Hammy
guardò i
palazzi fuori dal finestrino, mentre l’auto -con Eminem a
palla, nemmeno a
dirlo. Va’ a sapere come riuscivano a sentirsi!- mangiava la
strada.
«si
era detto di
andare a piccoli passi, e nonostante sia molto felice di poter stare
con te
anche nel tuo “periodo di
libertà”…insomma…»
si massaggiò la nuca «ma sei
sicuro che i tuoi vogliano davvero conoscermi?»
Connors
annuì. «eh
si».
Aveva
contattato la
sua famiglia quattro giorni prima di partire, per dire loro che sarebbe
tornato
a casa tre settimane. E fin lì tutto ok.
Poi aveva
detto
loro di avere una relazione con una ragazza da quasi tre mesi e mezzo,
e lì era
“scattata la tragedia”, in senso buono
però. Erano saltati tutti su a chiedere
chi fosse, come fosse, e soprattutto “come ha fatto ad
acchiapparti?! E chi ci
sperava più? Pensavamo saresti rimasto uno sciupafemmine a
vita!” e “ma è una
cosa seria?”.
E
nonostante la
politica dei piccoli passi Michael aveva detto loro la
verità, ossia che si,
era una cosa molto seria. Non una delle sue
relazioni da tre giorni al
massimo, non qualcosa da toccata e fuga.
Ed ecco
che
l’avevano ricattato col dire “o torni qui con
lei…o non tornare affatto!” e
lui, con un po’di imbarazzo a dire il vero -il che era
stranissimo per uno come
Connors- le aveva raccontato tutta la faccenda e le aveva proposto di
andare a
Washington insieme a lui…
“mi sa che ti
toccherà cedere al ricatto
Michael!...ma davvero vogliono…?”
“finora
sei l’unica
con cui abbia fatto sul serio. Nonché la ragazza con cui
sono stato insieme più
tempo! Mi sa che i miei parenti avevano perso la speranza che io mi
impegnassi
seriamente con una ragazza…ovviamente non sei tenuta a farlo
per forza, solo se
vuoi, al caso dico loro di non rompere ed ecco fatto.”
…ottenendo
in
risposta un si.
«sinceramente
sono
un po’agitata».
«aah,
tranquilla, i
miei vecchi sono gente alla mano».
Alla mano
e anche
dalla mente aperta per accettare “serenamente”
l’idea di avere un figlio ex
mercenario e che tuttora lavorava nell’esercito di un privato.
“è
la prima ragazza
che porto in casa mia…!” pensò.
Infatti
tutte
quelle con cui era stato, beh, era sempre successo o in casa loro, o in
un’auto, o…dove capitava. Ma non aveva mai fatto
oltrepassare a nessuna di
quelle ragazze la soglia della casa in cui fino ai sedici anni
-età in cui era
entrato nell’Accademia Militare- aveva abitato con la propria
famiglia. Come se
fosse stato un luogo “sacro”.
«ok,
se lo dici
tu».
«anche
quei regali
non sarebbero stati necessari».
«non
arrivo a mani
vuote se sto ospite tre settimane in casa di qualcuno!»
Giusto
anche
questo.
«forse
un’orchidea
rara da diecimila sterline è un
po’troppo».
«ma
ai tuoi
dovrebbe piacere. L’hai detto tu che sul dietro casa hanno
una specie di mini
vivaio».
«e
anche il
cellulare a tema Pac-Man per mio fratello è un
po’troppo. Comunque sono
convinto che gli
piacerà» vide uno
spiazzo dove parcheggiare e si fermò. La vedeva piuttosto
tesa, e non gli
piaceva quando era tesa; Emerald doveva stare più tranquilla
e serena possibile
«andrà tutto bene, non vedo perché
dovrebbe andare diversamente» le disse
accarezzandole delicatamente una gamba «tranquilla,
ok?»
Lei alla
fine
annuì. «d’accordo. Quanto manca
all’arrivo?»
«un
paio di minuti
per arrivare al negozio, un altro paio di minuti per arrivare a
casa».
I
genitori di
Connors infatti avevano una pasticceria/panetteria in quel quartiere
periferico. E nonostante la crisi da che era stata aperta aveva sempre
continuato ad andare bene, perché il pane e i dolci erano
ottimi e non
costavano nemmeno un’esagerazione.
«capito…ma
che
succede laggiù?»
Aguzzando
di poco
la vista Emerald aveva notato uno di quei classici quartetti di
gentaglia
avvicinarsi ad un ragazzo che camminava da solo e circondarlo. E la
cosa non
deponeva affatto bene, perché tutti e quattro erano
più grossi di lui.
«dove?»
«lì.
Quattro
teppisti hanno circondato un ragazzo…»
Appena
Connors
diede un’occhiata al punto indicato da Emerald scese
rapidamente dell’auto.
«ma-»
«quello
è mio
fratello» la informò
velocemente «resta qui» disse per poi procedere
verso il gruppetto a grandi passi, scrocchiandosi le nocche e facendo
un forte
fischio «non avete niente di meglio da fare che infastidire
mio fratello, voialtri?»
«e
tu che diavolo
vuoi?! Fila v-»
Il tizio
non fece
in tempo a finire di parlare che si trovò col naso rotto.
«ehi
ma che diavolo…»
allibì un altro.
«se
hai tanta
voglia di menare le mani ti accontentiamo, non c’è
problema!» dalla faccia e l’atteggiamento
quello sembrava il capetto «ragazzi, addosso!»
Ma
proprio quando
furono sul punto di attaccarlo l’uomo che aveva dato
l’ordine si trovò ad
essere afferrato e sbattuto con violenza contro il muro da Emerald, che
di
restare in macchina non aveva avuto la minima voglia.
«quattro
contro
uno, molto leale» commentò «anche se
sareste sicuramente andati a finire male
ci state facendo perdere tempo» lanciò
l’individuo a terra, colpendolo con un
bel calcio dritto alla schiena mentre era ancora “in
volo” e con un altro di
seguito in pieno viso «e a me perdere tempo non piace,
soprattutto con gente
come voi».
«ma
che te l’ho
detto a fare di rimanere in macchina, eh miz…»
sospirò il soldato
«voialtri, spargete pure la voce che Apocalisse è
tornato» disse ai due del
gruppetto ancora sani.
«Apocalisse!»
«”Apocalisse”?»
Emerald sollevò un sopracciglio con un sorrisetto.
«non
è un soprannome
che mi sono scelto io» si giustificò Connors.
Ma i due
tipacci adesso
non guardavano più lui, quanto piuttosto il ragazzo a cui
prima avevano tentato
di fare del male.
«quindi
se lui è
Apocalisse, e questo è suo
fratello…» disse piano uno dei due, per poi
scambiarsi una rapida occhiata e correre via più velocemente
che potevano.
Michael
sbuffò leggermente.
«non è durata molto. Perdonami per
l’incidente, Hammy…»
«scherzi?
Ha movimentato
la giornata».
Disse
così, ma più
che pensare a quanto era accaduto Emerald era concentrata su altro.
Ossia sul
fatto che i due fratelli Connors non si somigliavano per nulla, se non
in pochi
tratti del viso. Michael aveva la pelle abbronzata, quella di suo
fratello era
bianchissima, e senza lentiggini; Michael aveva dei folti capelli
castani, i
suoi invece erano anch’essi completamente bianchi. E poi
c’era la corporatura
magra, ed il fatto che…il fratello di Michael ci
arrivava ad almeno 1.70 di
altezza? Hammy pensava proprio di no. E poi non dimostrava
affatto i
ventuno anni che aveva quanto piuttosto sedici, diciassette, o
già di lì.
E per
finire c’erano
quegli occhi impari che aveva, uno marroncino ed uno azzurro
chiarissimo, che…beh
a dirla tutta Emerald non
sapeva da che
parte guardare! Ma era di certo una questione di abituarsi. Tutto
sommato il
modo di vestire alquanto eccentrico del ragazzo -specialmente quei
pantaloni e
quel berretto con Pac-Man- era la parte meno strana di tutto il
“pacchetto”.
E
parlando di cose
strane…perché Michael adesso che quelli erano
stati sistemati non aveva nemmeno
chiesto a suo fratello se era tutto ok? Non che quest’ultimo
sembrasse
spaventato a dire il vero, però…oh,
vabbè.
«allora…Hammy
questo è Zachary, mio fratello. Zeke questa è la
mia ragazza, Emerald».
“Zeke”,
non “Zak”. Ma
Connors gliel’aveva detto, ad Emerald, che Zachary odiava
essere chiamato in
quel modo.
«piacere
di
conoscerti Z-»
Non
riuscì a finire
la frase che il ragazzo le era già “saltato
addosso” per abbracciarla e
salutarla con due baci sulle guance. Che dire, sembrava uno affettuoso!
«finalmente
mio
fratello porta a casa una ragazza! Tra tutti qui non ci speravamo
più. Se l’hai
acchiappato devi essere una speciale un bel po’»
disse Zachary con un gran
sorriso «oltre che bella».
«capito
perché ti
dicevo di stare tranquilla?» disse Michael ad Emerald che
nonostante la
sorpresa iniziale apprezzava molto i tipi espansivi come Zeke e
indubbiamente
adesso si sentiva più rilassata.
«guarda,
più chiaro
di così non si può!...e, Zeke, ti ho portato un
regalino…»
«sul
serio?»
«eh
si. Spero che
ti piaccia» disse Hammy tirando fuori dal marsupio un
pacchetto, che il ragazzo
scartò immediatamente.
«un…cellulare!
Nuovo
modello!!! A tema Pac-Man!!!»
urlò Zachary per poi voltarsi verso il
fratello ed indicare Emerald «sposala. Adesso.
Subito».
«buono
lì! Ci conosciamo
da tredici anni ma stiamo insieme solo da tre mesi e mezzo!»
«si
Zeke, io e
Michael non abbiamo fretta. Vogliamo andarci piano, ecco. E poi non mi
sento
granché di sposarmi visto che ho un anno meno di
te…»
«da
parte tua è
comprensibile non avere fretta di sposare Lentiggine, tutto
regolare» l’albino
fece una linguaccia al fratello, che aveva fatto una smorfia
«no, a parte gli
scherzi sono contento che tu abbia voluto venire qui a Washington. Solo
una
cosa, qual è il tuo rapporto con gli animali che
strisciano?»
«…eh?»
«gli
animali che
strisciano. Bruchi, vermi, bisce, larve…serpenti».
Emerald
lo guardò
perplessa. «non sono una grande amante…»
«perfetto
allora! Dov’è
la macchina? Andavate in pasticceria? Se mai vengo anche io che ho
fame!»
«già
ma tu non
dovevi essere proprio in pasticceria a lavorare?»
«mattinata
libera
fratellone».
«ah
ecco…comunque…la
macchina è là».
Appena
indicata l’auto
Zachary si avviò velocemente verso di essa, seguito da
Emerald e Michael. La ragazza
guardava perplessa l’ex mercenario. «sembra a
posto, ma…cos’era quella faccenda
degli animali che strisciano?»
Connors
fece un
gesto come a dire “dopo”.
«dovrò dirti un paio di cosette in seguito, mi
sa».
«non
mi avevi detto
che qui sei conosciuto come Apocalisse» Hammy
ridacchiò «”Apocalisse”, that’s
incredible.»
«è
che ne ho
combinate tante, da piccolo…e non solo da piccolo, a dire il
vero» ammise, con
la consueta sincerità che le riservava «ad ogni
modo ti ho vista piuttosto
stupita quando hai visto Zachary».
«è
che non vi
somigliate affatto. E poi…non mi avevi detto che
è albino. Non che sia un
problema, eh. Ma non me l’aspettavo».
«nella
mia famiglia
ci sono stati dei casi di albinismo -non recentissimi- in entrambi i
rami. Nulla
di sorprendente».
«piccionciniiiiiih
vi sbrigate?!»
Ad
Emerald venne da
ridere un’altra volta. «che tipo
però!...ma devo chiederti una cosa».
«dimmi».
«è
vero che sei
andato lì subito quando hai visto quei quattro tizi che
l’avevano circondato,
ma in realtà non sembravi preoccupato».
Connors
occhieggiò
il fratello e fece il suo “sorrisetto da schiaffi”.
«precisamente,
e in
queste tre settimane capirai perché. Perché io
sono Apocalisse…ma lui è Armageddon!»
«ma
chi, Zeke?»
allibì Emerald.
«oh
si. Ma te l’ho
detto, ne parliamo dopo, e man mano capirai quel che intendo. Non che
per te
costituisca un pericolo, ovviamente».
“Apocalisse
e
Armageddon…chissà che avrebbero detto a riguardo,
tra tutti. I ragazzi, le
ragazze…il Sorcio, poi…”
E dalla
Pantegana
Pazza di Madre Russia finì a pensare un attimo a Kevin.
Lasciarlo
era stato
difficile, ma…chiusa una porta, si apre un portone. E adesso
come adesso
Michael non le aveva dato motivo di rimpiangere il suo ex fidanzato.
Certo, man
mano che la rabbia nei suoi confronti era sbollita ovviamente si era
augurata
che nella situazione in cui si trovava avesse un sostegno adeguato,
ma…poco
altro. La rottura era recente, che ogni tanto ricollegasse qualche
fatto
attuale con dei ricordi della sua precedente relazione non era poi
così strano,
no? In fin dei conti con quel ragazzo era stata insieme diversi mesi,
era stata
innamorata di lui, ed anche quella era stata una cosa seria. Poi che
fosse
finito tutto a carte quarantotto era un altro discorso, ma gli augurava
di
riuscire a trovare la serenità e soprattutto di non ripetere
gli errori che
aveva commesso con lei, altrimenti avrebbe fatto la fine di suo padre
Robin.
«e
dai che ho
fame!...Emerald, tu sei una che mangia?» Zeke le diede
un’occhiata «mh, mica
tanto…»
«non
mette su un
grammo ma è un pozzo senza fondo» lo contraddisse
Michael.
«buono
a sapersi, perché
i nostri dolci sono i più buoni della
città».
«addirittura!…effettivamente
ho un po’fame» disse la ragazza salendo in macchina
con Zeke.
«ed
ecco come la
Connors Bakery finì sul lastrico» Michael
salì sul posto del guidatore
«andiamo…»
:: Tokyo
::
«quindi
Hammy è
davvero partita con quell’idiota di uno yankee?»
Eh no, a
Terry
Kenyon continuava a non piacere Michael Connors, nonostante fosse
uscito con
loro un paio di volte, insieme ad Hammy naturalmente.
«eh
si!» annuì
Roxanne.
«parte
tre
settimane e staranno a casa dei genitori di lui. E per fortuna che
avevano
parlato di piccoli passi!» Jacqueline sollevò un
sopracciglio «di questo passo
tornerà da sposata».
«io
non credo,
Hammy è sempre Hammy e quello non sembra tipo da volersi
sposare» disse Jeager.
«a
pensarci bene
però non è poi chissà cosa. Non parlo
delle eventuali nozze, eh» specificò Crea
«parlo dell’andare a Washington insieme a lui e
conoscere i suoi. In fin dei
conti lui ed Emerald si conoscono da tredici anni, e Connors la
famiglia di
Hammy la conosce benissimo; tutto sommato si tratta di
un…andare a pari!»
«a
beh, anche
questo è vero».
«io
però sono
ancora perplesso» si intromise Meat «lei e Kevin
Mask avevano faticato
moltissimo per riuscire a mettersi insieme, non mi sembra ancora
possibile che
possano essersi lasciati. E che Emerald possa essersi messa con un
altro dopo
neanche una settimana».
«chiodo
scaccia
chiodo» disse Dik Dik con solennità «e
poi se si erano sbaciucchiati nel bosco
l’americano non doveva esserle indifferente già da
prima».
«è
una cotta
infantile, da quel che ha detto a noi» rivelò
Fiona «che adesso sembra essersi
concretizzata».
«si,
ma lasciare
Kevin proprio in questo periodo…» disse piano
Chichi «a me sinceramente è
dispiaciuto molto anche per lui, nonostante da quanto ho capito la
colpa della
rottura sia stata sua».
«le
ha fatto le
valigie e l’ha cacciata di casa senza motivo, vedi tu! Io
avrei sfondato la
porta e gliele avrei tirate in testa» Kirika finì
-con sommo dolore di Kid che
ululò come un lupo ferito- l’ultima lattina di
Cola «ha fatto benissimo a
piantarlo, mamma morta o non mamma morta».
«ma
lui come sta
adesso?» Kid aveva ancora i goccioloni di lacrime penzolanti
dagli occhi «ne
sapete niente?»
«a
detta di mamma
non bene».
«ma
se io l’ho
visto giusto ieri con una ragazza!» esclamò il
texano.
«…mora
con gli
occhi verdi?»
Terry
ammutolì. Cavoli,
era vero. «si».
«appunto.
Per i
primi tre mesi è stato chiuso in camera sua, poi a un certo
punto ha iniziato
ad andare in giro e portarsi a casa quattro o cinque ragazze diverse la
settimana, tutte more con gli occhi verdi».
«quello
a casa mia
non è un segno di ripresa. Piuttosto è un grido
di aiuto» mormorò Meat «e
quanto a Warsman…»
«sempre
a detta di
mamma cerca di stargli vicino ma alla fine non può fare
molto».
«già,
ma una cosa:
quindi Kevin adesso, sapendo di avere sua madre viva su
Nettuno, non è
ancora andato da lei?»
«non
che io
sappia».
«come
si fa ad
essere così presi da sé stessi da non andare a
cercare la propria madre che per
vent’anni ha creduto morta? Io rimango»
allibì Wally «se la mamma fosse la
mia…»
«si
beh…Kevin Mask
adesso è una persona che sta male. Non so se sia davvero
giusto dare giudizi su
quel che fa o non fa, perché non trovandoci in una
situazione come la sua non
possiamo sapere cosa faremmo noi al suo
posto» disse Fiona, zittendo
tutti quanti.
«o
beh…vedremo un
po’come si mettono le cose, no?»
Warsman
non era
tornato a vivere da Kevin. Il ragazzo non gliel’aveva
chiesto, lui non si era
offerto. Ed avevano perfino discusso, di recente.
“guarda
che stai
sbagliando”.
“perché?!
Sono single
e faccio quel che mi pare, non voglio più stare a struggermi
perché lasciato da
una stronza”.
“già,
peccato che
le ragazze che ti porti a casa siano tutte more con gli occhi verdi.
Come Emerald”.
“fatti
gli
affari tuoi”.
Kevin
aveva
cominciato a fare così appena saputo che Hammy aveva
iniziato una relazione con
l’americano. Una cosa estremamente seria, a quanto pareva.
“e
se non l’avessi
scoperto da solo probabilmente Emerald non l’avrebbe detto
nemmeno a me”.
Infatti
lo aveva
scoperto per caso un mese prima, vedendoli baciarsi su una panchina in
un
quartiere vicino a quello di Shibuya, nel quale lui si era recato per
andare a
fare spesa. Nel supermercato di quella zona c’era
un’offerta, e in tempi di
crisi era meglio approfittarne, no?
Aveva
telefonato
alla ragazza la sera stessa, chiedendole di incontrarsi, cosa che era
avvenuta tranquillamente
perché “Mikey non ha problemi se esco da sola o
con degli amici, ovviamente,
dato che non è uno schizzato paranoico”.
Flash non
poteva
dire di essersi sentito poi così bene alla notizia
nonostante in quel periodo,
per l’appunto, non avessero avuto problemi ad incontrarsi.
Il fatto
era che…lei,
con lui!
Proprio con lui!
L’americano
a
stringerla, baciarla, abbracciarla, farci l’amore…
“ne ho viste di
cose brutte in guerra ma questa le batte
tutte”.
Proprio
quel
bastardo.
“però
per noi non è
cambiato niente, visto. Anzi, abbiamo meno difficoltà ad
incontrarci di quante
ne avessimo prima”.
Eppure
sapere che
stavano insieme lo aveva…come dire? rattristato, irritato? E
anche altro, che
non avrebbe saputo definire.
Un conto
era che
stesse con Kevin o qualcun altro, chiunque altro, ma con
Connors…poi per
carità, quella puttanella poteva fare quel che le pareva,
però gli seccava. E parecchio.
Forse proprio perché Michael l’aveva torturato e,
tra l’altro, era tra quelli
che anni e anni prima gli avevano dato la caccia.
“e
poi checché
Kevin ne dica, sta male. Ma male veramente.
Considerava quella ragazza l’amore
della sua vita, non è qualcosa che si può
cancellare con un colpo di spugna”
pensò “e idem lei. Anche con Kevin era una cosa
seria, mi risulta difficile
credere che l’abbia dimenticato così di punto in
bianco. E non mi ha nemmeno
risposto quando le ho chiesto da quant’è che lei e
Connors stanno insieme!”
E adesso
erano
entrambi a Washington.
Per tre
settimane, a
Washington, dai genitori di LUI. Con la benedizione paterna,
per giunta.
Già,
Lancaster
doveva essere contento adesso che aveva ottenuto quel che probabilmente
aveva
sempre voluto, Kevin ed Emerald lontani e lei con suo uomo di fiducia.
E tutto
senza che lui muovesse realmente un dito, perché Kevin si
era rovinato
benissimo da solo. L’unica cosa buona era che anche tutti gli
altri soldati
erano finalmente andati via dal quartiere, già da tre mesi e
mezzo.
Pensare
che lui,
sciocco, aveva creduto che anche l’americano se ne fosse
andato e si era
perfino concesso un intimo “evviva”.
E invece
no. Aveva solo
cambiato posto.
In tutti
i sensi…
***
*
non sono un'amante di Total Drama ma per colpa di mia sorella so
cos'è il volo della vergogna...
*
l'isola in cui sono naufragati i nostri due capofamiglia, per la
cronaca, è ispirata moltissimo al modello dell'isola numero
tre in quel videogioco per ps2. Quindi ci si trova più o
meno di tutto, alberi da frutto di ogni tipo, spezie, frumento,
caffè, polli selvatici, perfino dei cinghiali.
Bam!
Ed ecco un paio di altri piccoli colpi di scena, con Howard e Robin su
un'isola deserta (decisamente avrebbero preferito un altro tipo di
compagnia!) e Hammy&Michael-andiamoci-piano-Connors a
Washington.
Più
l'ingresso di Zeke (Zzik, si pronuncia così), ovviamente,
del quale vi lascio un'immagine creata con questo gioco qui http://www.azaleasdolls.com/game_geekboy.html
|
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Capitolo 21 *** Un tipo...eccentrico. ***
“eh, ma allora è
di famiglia…”
Sia il padre che la madre di Michael
l’avevano salutata
esattamente come aveva fatto Zachary, un abbraccio e due baci sulle
guance.
Insomma un’accoglienza alquanto calorosa, soprattutto per una
ragazza che
temeva di non piacere. Ma come detto precedentemente da Zeke ormai
Victoria
Soledad Vargas Valdes e Lloyd Connors avevano smesso di sperare che un
giorno
il loro indisciplinato e sciupafemmine primogenito ormai quasi
trentaquattrenne
portasse a casa una ragazza con cui intendeva fare sul serio,
quindi…poteva
essere solo la benvenuta!
Magari il fatto che sapessero
anche benissimo di
chi era figlia -ossia del datore di lavoro di
Michael- c’entrava
qualcosa. Ma non più di tanto in realtà, quando
guardandola si erano trovati davanti
quest’inglesina acqua e sapone con un bel visino pulito e con
in mano
un’orchidea rara da
non-osavano-immaginare-quanti-soldi-costasse (ed Hammy non
sarebbe certo mai andata a dirglielo). Quel che più che
altro interessava loro
era che la fidanzata del loro primogenito fosse una brava ragazza e che
gli
volesse bene; che fosse anche carina e che suo padre fosse un uomo
ricco e
potente era tutto di guadagnato, ma anche secondario.
«sei la primissima ragazza
che nostro figlio ci fa conoscere,
il che è un ottimo segno visto che
questo scapestrato qui in quasi
trentaquattro anni non ha mai fatto niente del genere».
«probabilmente è
anche “colpa” di mia madre che gli ha
sempre detto di portare in casa solo ed esclusivamente donne con cui
fare sul serio…»
Era evidente per Emerald, adesso che
l’aveva davanti, che
Michael aveva preso praticamente tutto dalla madre. Stessi occhi neri,
stesso
colore della pelle -il soldato un po’più chiaro- e
perfino le stesse
lentiggini. I capelli castani però li aveva presi da Lloyd
-dal quale invece
era Zeke ad avere preso di più- perché quelli di
Victoria erano una valanga di
spumosi e fittissimi riccioli neri.
«…cosa che
personalmente non trovo affatto sbagliata. Benvenuta
a Washington, Emerald, sono lieta che tu abbia accettato
l’invito».
Prima che la ragazza potesse dire
qualcosa come “ma il
piacere è tutto mio”, un uomo ultrasettantenne
decisamente grasso varcò la soglia del negozio,
e…
«oh, noooo…Apocalisse
no!...anche Apocalisse no!!! Ne bastava uno! Armageddon era
più che
sufficiente ma anche Apocalisse no…»
«sempre lieto di rivederla
signor Wilson!» sogghignò Michael
«hai presente quando ti ho detto di non essermi scelto io il
nomignolo, Hammy?
Ecco chi me l’ha appioppato, il nostro vicino di casa. Il
fatto che poi io
l’abbia usato è un’altra
storia».
«signor Wilson,
è arrivato giusto in tempo per assaggiare i
nostri nuovi woffol multicolore!» Victoria si parò
davanti all’uomo con il
vassoio e un gran sorriso «per lei che è un
cliente abituale il primo assaggio
è gratuito!»
«ma io-»
«andiamo, ne prenda uno
signor Wilson! È il nostro cliente
preferito…» anche Lloyd aveva preso un vassoio
«e oltre agli woffol multicolore
abbiamo anche degli ottimi bomboloni ripieni di crema
chantilly!»
«non sembrava molto
contento di rivederti, fratellone»
commentò Zeke.
«evidentemente tu gli basti
ed avanzi».
L’altro non
ribatté, andando a prendere da dietro la
vetrinetta un dolce che Hammy riconobbe immediatamente come
l’italianissimo
“salame del re”. Va’ a capire
perché si chiamava in quel modo, ma quel che
importava era che fosse buono.
«è un dolce
tipico italiano» disse Zachary ad Emerald.
«lo sa. Hammy ha vissuto in
Italia sei mesi».
«ah! Non lo
sapevo» si sedettero tutti e tre attorno ad uno
dei cinque tavolini nel locale «ti hanno ospitata degli
amici?»
«no, dei parenti, mia nonna
è siciliana e la maggior parte
dei suoi fratelli, dei figli dei suoi fratelli e i nipoti sono rimasti
lì. Tu
considera che con mia nonna erano in tredici, quindi puoi immaginare
quanti sono
diventati, tra tutti!»
«tredici! Però.
Anche la famiglia di nonna però è numerosa,
ci sono diversi Valdes Perez giù in
Argentina…» mentre
parlava Zachary fece qualcosa di
assolutamente imprevisto. Infatti apparentemente da non si sa dove -in
realtà
da dentro la manica- tirò fuori un coltello a serramanico
col quale in modo
estremamente veloce e senza fare rumore tagliò il salame del
re in tredici
fette, tutte di uguale misura, per
poi far sparire di nuovo il coltello così come
l’aveva fatto comparire «voilà.
La prima fetta naturalmente va all’ospite!» disse
con un sorriso offrendogliela
su un piatto, con accanto una piccola forchetta «tieni, e
spero che ti
piaccia».
«grazie…»
disse Emerald prendendo il piatto ed assaggiando
un boccone «…! È davvero
buono!»
«come ti avevo detto anche
io, i miei genitori sono bravi a
fare pane e dolci» mentre si serviva Michael
guardò il fratello «adesso fate
anche torte matrimoniali?»
«perché, te ne
serve una?»
«in che lingua devo dirti
che io ed Emerald adesso non
intendiamo sposarci? Era solo per sapere!»
«si, comunque, adesso
facciamo anche torte matrimoniali»
Zeke occhieggiò i genitori «eheheh, ed ecco il
signor Wilson lasciarci
generosamente un centone tra pane e dolci vari, per quanti ne sta
comprando!»
«non sono mica
tanti…» obiettò Emerald, che era
abituata a
ben altre quantità «Zachary, posso chiederti una
cosa?»
«quel che vuoi».
«dove hai imparato a fare
quelle cose con il coltello?»
“ah, mi pareva strano che
non se ne fosse accorta o che non
gliel’avrebbe chiesto!” pensò
l’ex mercenario.
«quali cose?»
«eh…tagliare…»
«non sai tagliare le cose
con un coltello?» Zeke la guardò
perplesso.
«ma si! Solo…non
in quel modo. Non così velocemente. O in
modo così preciso».
L’albino si
stiracchiò. «questione di pratica».
E a riguardo non aggiunse altro.
«ah…ok.
Comunque, se lavori qui significa che gli studi li
hai finiti».
«ho finito il liceo con
tre anni d’anticipo, quando avevo
quindici anni, conseguito il Bachelor’s Degree a diciannove e
poi…avevo pensato
di continuare e prendere una specializzazione in qualcosa, ma ho perso
la
voglia. E la maggior parte degli insegnanti è un branco di
capre».
«e tutto questo
perché quest’essere qui ha un Q.I. di
centosettantasette» puntualizzò Michael, che dal
canto suo era un pluribocciato
-non per stupidità ma a causa di trilioni
di assenze e comportamento “scorretto”, e
dire così era un eufemismo- che
scuola l’aveva tutt’altro che finita.
«eh?!»
allibì
Emerald «…e io che pensavo che avere la memoria
eidetica ed avere finito il
liceo con due anni
d’anticipo fosse
chissà cosa!»
«hai la memoria eidetica?
Ah! Bellissimo!...ma se hai finito
il liceo a sedici anni perché poi non hai
continuato?»
«non mi interessava. Io
volevo fare la dj!»
«aaah, ecco. In fin dei
conti sono scelte» Zeke fece spallucce
per poi voltarsi vero i genitori «noialtri andiamo a casa
eh!»
«va bene, va bene!
Così Michael ed Emerald posano anche i
bagagli. Tanto tra un’oretta chiudiamo e torniamo anche
noi» disse Lloyd
«scusaci se ti sembriamo inospitali,
Emerald…»
«no, no, si figuri, il
lavoro è lavoro» si schermì la
ragazza «non c’è problema!»
«ci vediamo dopo
ma’» concluse Michael uscendo dal locale
con Hammy e Zeke «visto? E tu che avevi paura di non
piacergli!»
«effettivamente sembra che
mi sia fatta un sacco di pare per
niente. Meglio, eh».
I tre salirono in macchina per andare
a casa -anche se in
verità avrebbero potuto benissimo andare a piedi ma le
valige ovviamente erano
nel portabagagli- e l’ex mercenario imboccò il
vialetto di una casa non
eccessivamente grande ma nemmeno piccola. Altro segno evidente che il
negozio
andava bene.
E va detto che se anche non fosse
stato così, con quel che
prendeva Connors al mese come uomo di fiducia di Howard Lancaster
avrebbe
potuto tranquillamente mantenere tutta la sua famiglia nonni compresi
garantendo loro una vita ben più che dignitosa!
«è sempre bello
tornare a casa».
«è
carina» osservò Hammy mentre scendevano
dall’auto «mi
piace. I miei bagagli li prendo io, sia chiaro» disse subito
andando verso il
portabagagli «che non ti saltasse in testa di fare il
facchino».
«tosta, mh?»
Zachary diede di gomito al fratello «comincio a
capire perché fai sul serio con lei» disse piano.
«avresti potuto intuirlo
già da prima quando abbiamo
“salvato” quei quattro»
ribatté
Michael altrettanto piano.
«infatti l’ho
trovato strano».
«da quando mi sono messo
con lei sto cercando di diventare
“migliore”. Nonostante lei sappia benissimo chi
sono e non veda niente da
migliorare».
«te l’ho detto:
sposala subito».
«mpf».
«…si Michael
però anche le tue di
valige non le prendo!»
«ad ognuno il suo, quel che
è giusto è giusto. E che questo
tipo qui mi ha distratto» si giustificò
l’americano «Zachary è un distrattore
nato, miz».
“chissà se pure
suo fratello lo dice allo stesso modo” pensò
Emerald, che con la coda dell’occhio notò un
movimento sospetto vicino alla
siepe attaccato allo steccato bianco.
«una serpe!»
esclamò indicandola. Non aveva paura dei
serpenti e non si poteva nemmeno dire che le facessero proprio-proprio
schifo,
però non era nemmeno questa grande amante
«potrebbe entrare in casa, forse
dovre-»
Zac.
Un millesimo di secondo dopo la serpe
era morta, infilzata
al terreno da un coltello a serramanico che Zachary andò a
raccogliere subito
dopo.
«…un altro con
cui non potrò più tagliare il cibo.
Vabbè. Ne
valeva la pena» fece sparire il coltello nella manica facendo
un sorriso ad
Emerald «i serpenti vanno estinti, in fondo».
«non ti piacciono
granché, eh?»
Non che avesse problemi col fatto che
Zeke sembrasse
manovrare i coltelli come se fossero stati un prolungamento di
sé stesso, o
questa faccenda dei serpenti. In fin dei conti se accettava
tranquillamente di
stare insieme ad uno come Connors con tutto quel che aveva
fatto…che problema
c’era? Solo che doveva ammettere di essere un
po’sorpresa, perché lì per
lì le
era sembrato così…carino, indifeso…
«avevo cinque anni ed un
pitone di un circo scappato dalla
sua “cuccia” mangiò l’hot-dog
che avevo posato accanto a me» disse
tranquillissimo l’albino «da allora ho dichiarato
guerra a tutto ciò che
striscia. E soprattutto ai serpenti di ogni tipo, e tutto
ciò che li
rappresenta. Statuette. Tatuaggi. Disegni. In compenso accetto draghi,
lucertole, salamandre, ramarri e altri rettili simili; basta che non
striscino».
«…e se dal
lunedì al venerdì non uccide almeno una di quelle
amabili bestiole striscianti, parte la domenica mattina per andare a
cercarle
nei boschi e farne fuori quante più possibile»
completò Michael.
Emerald sollevò un
sopracciglio. «ooook. Ognuno ha le
sue…manie, dopotutto».
“adesso capisco cosa
intendeva dire Mikey con ‘poi dovrò
dirti un paio di cosette riguardo mio fratello’. Questa di
sicuro era una”
pensò Emerald “un tipo alquanto particolare, il
nostro Zeke”.
«ottimo!...ti va di vedere
qualcosa di veramente forte?!
Eh…però prima devo chiederti una cosa. Hai paura
dei topi?»
«Zachary…»
“vacci
piano” era
il sottinteso di quello “Zachary” detto in tono di
avvertimento. Vero che
Emerald non era una che si sconvolgeva facilmente, ma aveva sperato che
Zeke si
facesse conoscere con le sue “cose da Zeke” un
po’per volta. E invece voleva
già farle vedere quel che combinava con i topi?!
«che
c’è? Non mi sembra una di quelle che si
scandalizzano».
«non lo è!
Ma…»
«i topi non mi fanno
né caldo né freddo. Se ne trovo in casa
e riesco ad acchiapparli a volte ci gioco anche, sai, li tengo per la
coda e li
faccio penzolare un po’prima di lanciarli via dalla
finestra».
«visto, Lentiggine? Che
problema c’era? Se vieni dietro casa
nel capanno ti faccio vedere».
La ragazza diede
un’occhiata a Michael, che pur non
approvando granché la cosa doveva aver deciso che forse in
un certo senso prima
Hammy iniziava a conoscere sul serio Zachary meglio era. Inoltre non
temeva
nemmeno che quest'ultimo potesse farle qualcosa di
“strano”, visto e
considerando che a Zeke non interessavano minimamente le donne. E
nemmeno gli
uomini. E nemmeno le relazioni sentimentali o il sesso in sé
per sé. E pensare
che invece lui a ventun’anni così come adesso in
quel senso si era dato
parecchio da fare!
«alle valige ci penso
io».
“è tutto ok,
puoi andare”.
«avevo detto di non volerti
far fare il facchino, ma se ci
tieni tanto…»
“right”.
Così mentre il soldato
portava in casa i bagagli Emerald
seguì Zachary dietro casa, fin nel capanno.
«Michael questa la chiama
“la tana dell’ammazzaserpenti”. I
miei invece “il laboratorio dello scienziato
pazzo”. Di solito non ci mettono
piede» le spiegò «vedi
Emerald…»
«Hammy. Anche Hammy, se
vuoi»
«ok. Vedi Hammy, a me fin
da quando ero piccolo sono sempre
piaciute altre tre cose oltre ai dolci, la musica, la tecnologia,
Pac-Man, i
videogiochi, i coltelli e la robo-dance» infilò la
chiave nella serratura «e
queste sono la chimica, il fuoco e le…esplosioni. Si, lo so
che è strano…»
«tutto sommato ho visto di
peggio. C’era gente che si
scopava una vecchia sex doll in silicone in un magazzino pieno di
polvere!»
Mah. Era davvero considerabile
più strano? Ma d’altra parte
sono opinioni.
«ah si?...che poi,
fondamentalmente, a cosa serve il sesso fatto
non a scopo riproduttivo?» scosse la testa aprendo la porta
ed invitandola a
entrare «a me personalmente non interessa visto che non
intendo ancora
riprodurmi, nonostante qualche ragazza ci provi perché sono
“particolare”,
tant’è che sono vergine».
«…ma
veramente?» allibì Emerald.
«sissignora»
accese la luce «ti presento…il laboratorio
dello scienziato pazzo».
Effettivamente un
po’un’idea che l’aveva con quel tavolo
pieno di fialette di composti chimici di non-si-sa-cosa,
quella…metà di un
serpente?...si, era la sezione orizzontale di un serpente in tutta la
sua
lunghezza. Evidentemente Zeke voleva conoscere bene “il
nemico”.
E soprattutto, con quelle gabbiette piene di topi.
«però
è figo eh!» esclamò Emerald in totale
onestà «solo che
non capisco…»
«è che i
serpenti in realtà sono stupidi, Hammy. Come vedono
un topo ci si fiondano addosso» disse il ragazzo prendendone
uno da una delle
gabbie «e se lo mangiano. Per questo motivo ho unito la mia
passione per la
chimica, il fuoco e le esplosioni con la mia caccia ai serpenti,
nonostante in
verità quando vado nei boschi io non
utilizzi la tecnica che sto per mostrarti».
«anche io sono una che va a
caccia. Mi ci porta mio padre».
«sei piena di sorprese!
Quindi non ti farà troppo senso
vedere un topo diventare una piccola bomba incendiaria in tre minuti,
considerata la quantità di liquido che
c’è in questa siringa qui» piena
«ovviamente più liquido inietti nel topo, prima
esplode».
Oh cielo.
«ma fai sul
serio?»
«si! Se ti fa impressione
però posso evitare».
«ma che roba
c’è in quella siringa?»
«segreto».
«e
dai…»
«segreto».
«Michael lo sa cosa
c’è?»
«no».
«eddai…»
«non te lo dirò
mai. Allora vado?»
Al di là dei tratti
inquietanti della faccenda Emerald
doveva ammettere di essere incuriosita all’idea di vedere un
topo diventare una
mini bomba incendiaria. Insomma, era una cosa…assurda!
«tanto ormai siamo
qui…»
L’albino iniettò
il liquido nel topo, chiudendolo poi in
quello che in origine era un acquario in vetro ed era invece stato
trasformato
in una vetrinetta con tanto di coperchio metallico insieme al pezzo di
un
ciocco di legno.
«due minuti e
cinquantasette secondi all’esplosione».
«la forza
dell’esplosione aumenta a seconda della quantità
di liquido?»
«no, aumenta o diminuisce
solo il tempo dall’iniezione
all’esplosione».
«right».
La porta del capanno si
aprì. «a che punto siete?»
«due minuti
all’esplosione fratellone!»
“…ed Hammy ha
davvero voluto vederlo?!” Connors non finiva
mai di stupirsi per il fatto che quella ragazza accettasse
praticamente…tutto.
Ad ogni modo le circondò le spalle con un braccio come a
volerla “proteggere”
nonostante non ce ne fosse assolutamente bisogno.
«mh».
«come vedrai il topo si
incenerisce praticamente subito»
disse Zeke ad Emerald «ma il liquido incendiato si spaia
immediatamente su ciò
che c’è vicino ossia, in questo caso, il pezzo di
legno che ho messo. Otto
secondi all’esplosione.
Sette…sei…cinque…quattro…tre…due…uno».
Sotto gli occhi stupiti di Hammy il
topo si trasformò in una
piccola palla di fuoco e poi subito in cenere, mentre il liquido -come
preannunciato da Zachary- attecchiva al pezzo di legno facendogli fare
la
stessa fine.
«…accidenti. Ci
credo che così i serpenti muoiono».
«vengono bruciati
dall’interno. Almeno imparano a lasciare
in pace gli hot-dog altrui» la guardò «e
immagino che tu abbia capito perché
non uso questa tecnica nei boschi».
«…non
più,
perlomeno» puntualizzò Michael.
«non era un bosco, quello
che è andato a fuoco era un
capannone! Infestato di serpi!» protestò
l’albino «e poi ho altre cosette
che…»
«che le farai vedere
un’altra volta, staremo qui tre
settimane e c’è tutto il tempo del
mondo» disse secco il soldato.
Zeke capì il messaggio, ed
uscirono tutti e tre dal capanno.
«altre cose del
tipo…?»
«Hammy, credimi, non
c’è bisogno di incoraggiarlo oltre».
«è che sono
curiosa».
«mano a mano, Emerald, mano
a mano. Lentiggine non ha tutti
i torti, se ti faccio vedere tutto subito non c’è
gusto!»
«di’, ma quel
liquido l’hai usato anche…su altri
animali?»
«assolutamente no. Solo sui
topi. Non farei mai esplodere
nessun altro animale, se non è uno di quelli che
strisciano».
«e se fosse una strana
bestia russa mezza robotica?» buttò
lì Connors.
«Michael! Non voglio che
venga toccato lo sai».
«di chi parlate?»
«non lo conosci, era un
wrestler una volta, ma secondo Mr.
Lancaster è un animalaccio e basta. Solo che Emerald non
vuole che gli sia
fatto del male, quindi…così sia!»
«ok» disse
semplicemente l’albino facendo spallucce «mi
disinfetto le mani e scaldo da mangiare. Mamma ci ha lavorato tutto il
tempo,
prima di andare al lavoro; ci sono diversi piatti tipici
argentini…»
«non è un
problema, mangio di tutto».
Anche dopo aver visto un topo
esplodere non aveva perduto
l’appetito. Con una certa ironia, ricordando la reazione
della dottoressina
carina su alla Scuola di Ercole quando aveva visto un topolino
minuscolo, pensò
che probabilmente sarebbe svenuta se fosse stata al suo posto!
Zachary sparì, lasciandoli
soli.
«è veramente
particolare tuo fratello».
«lo so cosa stai per dire,
avrei dovuto parlartene prima ma
ti giuro che…non mi è venuto in mente!»
«tranquillo,
finché non fa esplodere me o casa è tutto ok.
Solo che è un’altra cosa che non mi aspettavo.
Sembrava così indifeso».
«se fosse stato indifeso
non ci sarebbe stato motivo di
chiamarlo Armageddon. E questo a dire il vero non è niente.
Tu sai che io non
sono un santo…»
«non ricominciare con
quella storia per favore».
«no, quel che volevo dire
è che nemmeno Zeke lo è. Di solito
è come lo vedi, è simpatico, espansivo e non fa
del male a niente che non
strisci. Ma quando è necessario, e a volte anche quando non
lo è, diciamo che
diventa un po’meno innocuo».
«un po’come me
insomma».
L’altro scosse velocemente
la testa. «no, no, non c’è
paragone».
«ho mandato
all’ospedale il padre del mio ex ragazzo e se
non mi avessero fermata forse l’avrei anche fatto finire in
coma…»
«è
diverso».
«no che non lo
è».
Meglio cambiare argomento, forse.
«magari tra qualche giorno
ti farò conoscere anche la
persona più importante della famiglia»
buttò lì Michael.
«ossia?»
«mi
abuelita Isabèl».
Ossia la sua nonna materna, immigrata
dall’Argentina insieme
al marito venuto a mancare pochi anni prima, contrariamente al nonno
paterno
che era ancora vivo così come anche la nonna paterna.
«addirittura».
«spero che le piacerai
più di quanto io piaccia alle tue
nonne».
Connors era consapevole di piacere in
tutta la famiglia
Lancaster soltanto ad Howard ed Emerald, ma gli bastava ed avanzava.
Anche
perché alla fine -per quanto lo riguardava- a contare sul
serio in famiglia
erano solo loro due, il suo capo e la sua ragazza.
«lo spero anche io. Finora
è andata bene, sarebbe bello se
continuasse ad andare cos…mh…per
cos’era?» mormorò lei quando lui la
interruppe
con un bacio.
«perché mi
andava. A te no?» le chiese, faccia da schiaffi
come al solito «entriamo in casa anche noi, dai».
Emerald annuì, e lo
seguì.
Aveva tante cose per la testa da non
fare caso nemmeno al
fatto che curiosamente suo padre quel giorno non le aveva ancora
telefonato. D’accordo
che glielo aveva anticipato prima di partire, dicendo che
“non li avrebbe
disturbati”, il che significava poco o niente chiamate
-quando gli pareva
sapeva farsi da parte rendendosi conto che se si è via col
proprio ragazzo è scocciante
rispondere ad una telefonata ricevuta durante un momento
“intimo”, magari- e tanto
Hammy era perfettamente al sicuro no?
Si erano appena messi a sedere sul
divano che Zeke si
affacciò dalla cucina.
«mamma e papà
tornano tra cinquanta minuti, se ne lasciate
dieci per riprendervi volendo avete quaranta minuti di tempo per
una…eh…com’è
che si dice “sesso veloce non a scopo
riproduttivo”? ah si! Sveltina!»
esclamò,
per poi sparire di nuovo.
E lì Hammy dopo averlo
guardato non resistette e scoppiò a
ridere come una matta, sia per l’incitamento inaspettato che
per come gliel’aveva
detto. Michael dal canto suo aveva fatto facepalm, nonostante fosse a
sua volta
scosso da risate silenziose.
«si…ecco…mio
fratello è “fuori” da certe
cose».
«lo so, mi ha
già detto che al momento non gli interessa
riprodursi».
Si guardarono.
«ma comunque quella
proposta da Zachary non è una cattiva
idea» continuò lei.
«no, affatto»
concordò Connors con un sorriso malizioso
«andiamo a concederci un po di “sesso veloce non a
scopo riproduttivo”?»
«si ma non dire in quel
modo, che mi viene da ridere e poi è
una tragedia».
«una
“tragedia” che di solito riesco a risolvere
però…»
:: Londra ::
«…precipitato».
– ehm…sissignora.
Mi
spiace doverglielo dire in questo modo, ma non sapevo in che
altro…e mi spiace
averle dovuto dare una simile notizia. Devo informare anche Emerald?
Per Janice era una novità
assoluta ricevere una telefonata
da qualcuno che non fossero le sue amiche dei club. E nel caso
specifico da
Turbinskii, che le aveva appena detto che l’aereo di suo
marito sembrava essere
precipitato nel bacino di Wharton, e che ora aspettava ordini
perché in assenza
di Howard e di Connors -e Howard aveva ordinato che lui e sua figlia
non
fossero assolutamente disturbati durante quelle tre settimane- non
c’era nessun
altro che avrebbe potuto darglieli se non Lady Janice, che al momento
era
attonita ed un po’in confusione.
Ma aveva ancora ben chiare le parole
del marito riguardo
Emerald, l’americano e quel viaggio.
Preoccupata a morte per Howard pur
sperando, immaginando, volendo credere che
stesse bene chiuse
gli occhi e cercò di riacquistare un minimo di controllo.
Era quel che suo marito avrebbe
fatto, giusto?
Cercò di mettere da parte
anche solo per un attimo l’ansia,
la disperazione, quel “e se non ci fosse più che
farei, che faremmo?!”, quegli
orrendi film mentali di una vita intera da passare senza di lui, e lui
era una
componente fondamentale della sua vita da quando aveva solo sedici
anni. Non
poteva accettare di perderlo. Non l’avrebbe sopportato.
Liberi di considerarla
una donna debole se volete, ma se Howard fosse morto la
vitalità di Janice si
sarebbe spenta insieme a lui.
“lui sta bene, Janice. Sta
bene di sicuro. Ha milioni di
risorse. Non basta un incidente come questo
a…a…insomma, è vivo. È
sicuramente
vivo. E aspetta solo che tu lo cerchi” si disse.
«cercatelo in tutta la
zona. Usate tutte…tutte le risorse a
disposizione. Tutte. E più persone possibile. Se alcuni sono
impegnati i-in
cose non troppo importanti…anche quelli. Trovate mio marito,
non mi interessa
altro, cercatelo in quel…dove hai detto?...»
– il
bacino di
Wharton, signora. È un’area piuttosto grande.
«non mi interessa quanto
è grande, io voglio che
mio marito venga ritrovato al più presto! Capito?!»
– sissignora.
Sarà
fatto.
«e comunque…no.
Non dire ad Emerald di questa cosa. Lui non
vorrebbe, questo lo so per certo».
Ma come giustificare un silenzio
prolungato?!
Ci avrebbe pensato tra un
po’. Dopo essersi calmata un
minimo, o almeno provandoci. Lei non era come Howie, che nei momenti di
pericolo riusciva a pensare ancor più freddamente e
lucidamente di quanto
facesse già in condizioni normali, e questo era evidente
anche solo dal tremore
della mano che reggeva il telefono.
– sissignora.
«e se ci sono
novità voglio che mi siano dette subito, che
sia giorno, notte, non mi interessa».
– sarà
fatto. Inizieremo
subito le ricerche e Vi informerò.
«be…bene».
Appena terminata la chiamata la donna
scoppiò in un pianto
dirotto. Era riuscita a rimanere abbastanza lucida per dare gli ordini
che
servivano. Poteva bastare, per adesso, e tutto sommato considerando il
suo
carattere era già tanto.
Di quella cosa, pensò,
forse era meglio non parlare nemmeno
a sua madre e sua suocera. Anche con loro avrebbe dovuto inventarsi
qualcosa
come, che so, che Howard era partito improvvisamente per Nettuno in un
viaggio
d’affari per aprire un albergo…non stava molto in
piedi ma non era un’esperta
nell’inventare bugie, lei. Solo…che altro avrebbe
potuto fare?
Adesso il compito di far si che in
casa e in famiglia
continuasse ad essere tutto a posto era suo. E da donna non stupida
sapeva di
doversi rimboccare le maniche durante l’assenza
-“temporanea!” si ripeté- del
marito.
Il che voleva dire tenere tutti
tranquilli, sé stessa per
prima, per quanto difficile potesse risultare.
***
Capitolo
corto un'altra volta, e fatto soprattutto per mostrarvi un po'meglio il
dolcissimo Zachary Connors. Ma dal prossimo riprendo con l'isola, don't
worry.
Appunto
riguardo all'esplosione dei topi:
non
sono una persona crudele verso gli animali, e se nella
realtà quelle creature vengono utilizzate per...di tutto e
di più, come testare farmaci, ed ammazzate con trappole
veleni e quant'altro, non vedo perché qui non possano essere
fatti esplodere. Con la differenza che contrariamente al resto questa
è solo una fanfiction e le esplosioni non accadono davvero.
*lancia
il capitolo ai poveri lettori "costretti" a sorbirsi questa roba e
torna nel girone infernale da dov'è uscita*
|
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Capitolo 22 *** Don't worry, be happy. ***
«…cos’accidenti
ha detto che è lei?!»
Quando aveva sentito “Alya
Nikolaevna Kalinina” aveva capito
di chi si trattava perché…una volta vista, come
scordarsene?
Solo che saperla
“accompagnata” con suo
padre Robin gli era decisamente nuovo.
Così come per Alya
risultava cosa nuova che Kevin non lo sapesse
visto che Robin, invece,
le aveva detto di avergliene parlato. Piccola bugia.
A causa della quale la donna adesso
si trovava a dover
gestire una situazione abbastanza difficile.
Aveva chiamato Kevin per chiedergli
se sapeva dove fosse
andato a finire Robin, visto che a lei aveva borbottato qualcosa
riguardo ad
“una breve gita” dalla quale però non
era ancora tornato. E nonostante Alya
sapesse che Robin sapeva -più o meno- badare a sé
stesso, iniziava ad
essere...preoccupata. Non rispondeva alle sue chiamate, così
come a quelle di
nessun altro, non aveva lasciato un recapito, ed era scomparso in quel
modo
ormai da cinque giorni. Non era da lui!
– sono
la compagna di
tuo padre. Robin mi aveva detto di avertene parlato. Non era mia
intenzione
mettere in imbarazzo nessuno.
Suo padre si era messo con una che
avrebbe potuto essere sua
sorella.
Cristo. Come se non avesse avuto
già abbastanza cose a cui
pensare e suo padre non avesse avuto abbastanza difetti, adesso
c’era da
aggiungere anche “vecchio pervertito”.
Cristo.
«…non…non
è colpa sua. Ma di quell’…idiota di mio
padre»
borbottò Kevin «e no, non so dove sia, mi spiace.
Se va da qualche parte non
viene certo a dirlo a me. Non mi ha detto che stava con lei,
figuriamoci se
viene a dirmi del resto!»
«oh Keeeeeviiiiin…»
La ragazza che si era portato a casa
la sera prima, ancora
nuda nel letto, che appena sveglia chiedeva il bis.
L’ennesima morettina con
gli occhi verdi, tra l’altro, che comunque non avrebbe
allacciato le scarpe ad
Emerald.
«…e adesso io
dovrei ehi
ma che-»
La ragazza gli aveva preso il
telefono ed aveva terminato la
chiamata. «ah, ma dai, ma chi se ne importa di quelle
faccende? Adesso non è il
momento!» disse lei, artigliandolo rapace e trascinandoselo
sopra.
Kevin non si ricordava nemmeno il suo
nome.
Probabilmente non
gliel’aveva nemmeno chiesto, perché non
gli importava.
Nonostante dicesse di stare bene
Kevin si sentiva
terribilmente…strano. Freddo. Vuoto. Pieno
d’energia, ma vuoto, e alla
disperata ricerca di qualcuno che potesse riempire il vuoto in
questione, che
Emerald gli aveva lasciato.
Si era disperato fino a quando un
mese prima non era venuto
a sapere per vie traverse che lei si era messa con quello stramaledetto
potesse-morire-subito-almeno
americano. Fino a lì Kevin aveva sempre sperato che le
sarebbe passata prima o
poi, e che sarebbe tornata, e lui l’avrebbe riaccolta
perché gli mancava
talmente tanto…!
Ma da quel momento in poi, dopo
essere precipitato in un
baratro di disperazione ancora più nero e profondo di quello
di prima, aveva
sentito spezzarsi qualcosa dentro di lui.
La speranza.
Ed aveva iniziato di nuovo ad uscire,
a trovarsi delle
donne. Tentando di andare avanti cercando i
suoi occhi negli occhi degli altri,
di ritrovarla in un’altra ragazza.
Ma solo Hammy era Hammy. Come poteva
sperare di trovare
Emerald in qualcuno che…non era Emerald? E se anche ne
avesse trovata una
simile, che razza di “amore” sarebbe stato? Un
surrogato, come usare il
dolcificante al posto dello zucchero quando si prende il
caffè, e i
dolcificanti erano pure insani.
Ad ogni modo la telefonata della
Kalinina -a cui continuava
a dare del lei lo stesso, anche se adesso sapeva che era…la
compagna di suo
padre!- gli aveva tolto tutta la voglia di fare il bis.
E disse alla ragazza di andarsene.
Non fu un male, tutto sommato.
Ma adesso aveva altro in
più per la testa, anche perché…ma
come aveva potuto suo padre riaccompagnarsi sapendo di avere una moglie
esiliata su Nettuno?! Ma Alya lo sapeva, poi? Teoricamente si, la
storia ormai
era diventata di pubblico dominio purtroppo. Ma non poteva esserne
sicuro…
Oddio. Sua madre.
In quei mesi non
aveva
minimamente pensato a sua madre…!
Bing. Il
rumore di
una notifica di aggiornamento provenne dal suo computer.
Scattò come una molla per
andare a vedere un blog di Tumblr
del quale fino ad un mese prima non gli era mai importato
granché ma che adesso
-masochista!- seguiva in modo quasi ossessivo, alla faccia dello stare
bene.
“affinità
gemelli-sagittario…” ossia il segno di lei e
quello del bastardo “oooh, piccina, calcoli pure
l’affinità?! Non ti basta
farti sbattere di continuo come una porta, vuoi pure sapere quante
probabilità
ci sono che continui a farlo per un bel pezzo?!!”
Emerald forse non era più
arrabbiata con lui, ma la cosa non
era esattamente reciproca.
Probabilmente, a meno che non fossero
tornati insieme, Kevin
non l’avrebbe mai superata del tutto.
«…”non
mi fiderò più ad accettare una
Daygum”…è di ieri. Vediamo
che razza di video ha postato. Magari uno in cui le sconsiglia
perché non
tolgono bene dalla bocca il sapore della s-ma
che cazz…?!!»
“…no,
ma allora
com’è?”
“eh!
Tu lanciale
contro quel bidone, Hammy”.
“forte?”
“più
forte tiri più fa
effetto”.
“non il bidone di casa nostra
grazie!”
“quello
del vicino ci
sta apposta fratellone”.
“a
beh, allora…tanto a
quest’ora è al circolo”.
***KA-BOOM!!!***
“CAZZO!”
“false
gomme da
masticare esplosive incendiarie. Te l’avevo detto!”
“ma
due sole l’hanno
distrutto, quel bidone!!!”
Nel video si vedevano, Emerald,
l’americano ed un altro
tizio stranissimo -“lo ha
chiamato…‘fratellone’? il bastardo ha un
fratello?!”-
far esplodere un bidone con due “Daygum”.
Ma con che diavolo di compagnie
girava?!
Non fece in tempo
a
pensarci più intensamente, però, che quella
faccenda di suo padre gli tornò
prepotentemente in mente. Forse proprio perché aveva pensato
alle cattive
compagnie.
“…e se Howard
Lancaster c’entrasse qualcosa con la
sparizione di mio padre? Se fosse stato lui, se lo
avesse…ucciso?!” pensò.
Impulsivamente ed incurante
dell’ora che doveva essere a
Londra agguantò il telefono e chiamò casa
Lancaster. Non sapeva nemmeno
precisamente il perché lo avesse fatto, se anche Howard
avesse risposto che
avrebbe potuto dirgli Kevin, “tu brutto bastardo
c’entri col fatto che mio
padre è sparito ammettilo!”…?
– si,
pronto…?!
A rispondere però era
stata Janice. Con un tono estremamente
preoccupato ed ansioso, come se si aspettasse un’altra
chiamata, ma di sicuro
non da lui.
«ah…Lady
Janice? Sono Kevin Mask…»
– ah…–
eh si, dal
tono deluso decisamente sperava che fosse qualcun altro –volevo dire…dimmi, Kevin, che succede?
Posso aiutarti?
Nonostante lui ed Emerald si fossero
lasciati, non per
questo Janice aveva freddato il suo rapporto con Kevin.
Tutt’altro a dire il
vero visto che sperava -al contrario di Howard- in un ritornare insieme
di quei
due, un giorno.
«si…cioè…no…cioè…forse.
È che…è in casa suo marito?»
Ma che glielo chiedeva a fare?!
– n-no.
Non c’è…lui…è via.
C’era qualcosa di strano.
Di molto strano.
«Lady Janice, è
successo qualcosa?»
La donna non sapeva che fare.
L’aereo era stato
ritrovato, e così anche la scatola nera
con relative registrazioni di quanto era successo. Prontamente ripulite
dalle
parti che compromettevano suo marito, sostituite con un credibilissimo
“crackling” da rovinatura della registrazione -e
lei aveva pensato “oh ma
perché accidenti Howie è andato a staccargli la
flebo?!” oltre al resto.
Se non altro, da quelle era venuto
fuori che teoricamente
sia Howard che Robin avrebbero dovuto star bene essendosi lanciati
dall’aereo
prima che questo precipitasse definitivamente in mare e il canotto
espansibile
non era stato rinvenuto. Ed il segnale del cellulare era stato rilevato
nelle
profondità oceaniche, segno che doveva essergli caduto in
qualche modo e basta.
Però
ecco…doveva dirlo o no a Kevin?
“forse…tutto
sommato…si. Credo che sia giusto, in fondo, che
almeno lui sappia dov’è
davvero suo padre, contrariamente ad Emerald
che…poi con lei se la vedrà mio marito, se
è come credo e lui stesso non
avrebbe voluto che lei sapesse”.
– a
dire il vero…si.
Kevin…vedi…Howard era partito per un viaggio in
Australia. Tuo padre si è
infilato nella stiva dell’aereo, e al momento del ritorno ha
fatto esplodere i
motori.
«c-come prego?!!»
– l’aereo
è
precipitato. Dovrebbero stare…bene…dalle
registrazioni della scatola nera pare
che si siano lanciati prima che l’aereo precipitasse. Li sto
facendo cercare da
appena ho saputo dell’incidente…
Un casino dopo l’altro.
Adesso era anche venuto fuori che
suo padre aveva fatto esplodere un aereo su cui lui stesso era sopra,
fantastico, più si andava in là più
Robin Mask non capiva un cavolo.
…e avrebbe dovuto
informare anche la nuova compagna, adesso.
“ma perché a
me?!”
«e…a parte il
ritrovamento della scatola nera…ci sono state
novità?!»
– no…non
ancora.
E per di più Janice adesso
aveva la sensazione veramente martellante
che a suo marito fosse successo qualcosa di davvero brutto, ma non
sarebbe mai
andata a dirlo a quel povero ragazzo che probabilmente si sarebbe
sentito
ancora più in ansia per suo padre.
Che, per bastardo che fosse, sempre
suo padre restava per
l’appunto.
– se…quando…ce
ne saranno te lo farò sapere. Adesso
però…sarebbe meglio avere la linea libera. Mi
capisci? Se mai dovesse chiamare
qualcuno. Io…
«si…capisco»
fece per chiudere «…trovatelo, vi prego».
– ci stiamo
provando, Kevin.
Chiamata terminata.
Si accasciò sulla sedia.
Suo padre disperso in mare con
Howard Lancaster, come a dire che non l’avrebbe
più rivisto.
E se l’incidente fosse
stato simulato?
E se le cose fossero andate
diversamente da come gli aveva
detto Janice?
Non pensava che lei avesse mentito,
però poteva avergli
detto quella che lei credeva essere la
verità, e quella che lei credeva
essere la verità avrebbe anche potuto non essere
la “verità vera”.
Magari la registrazione era stata
manipolata, magari Howard
stesso aveva fatto esplodere i motori ed ucciso Robin in qualche modo
per far
credere che fosse morto così…per cause
accidentali. Quando invece era stato lui
ad ucciderlo, o farlo sparire che poi più o meno era la
stessa cosa.
La sua -avventata- teoria collimava
con la tranquillità di
Emerald a Washington col caro fidanzato. Kevin dubitava che se davvero
Howard
H.R.J. Lancaster avesse avuto un “incidente” del
genere lei sarebbe rimasta
così indifferente, e idem per Connors se era come diceva
Emerald e davvero quel
tipo venerava Mr. Lancaster.
Ovviamente non gli era venuto pensato
che Janice, in pieno
rispetto delle quasi certe volontà del marito, non li avesse
informati così da
lasciarli tranquilli. No…secondo Kevin Mask era tutto un
complotto del quale la
sua ex ragazza faceva parte. E lui non aveva uno straccio di prova per
dimostrarlo!
Paranoia a duemila, insomma.
Come se gli avessero messo delle
spine sotto il sedere, si
alzò di scatto dalla sedia, scese le scale ed incurante di
essere scalzo e in
intimo uscì di casa per andare dritto e filato da Warsman
…
«…è
tutto un complotto!!! Ne sono sicuro!!! quella puttana
in trasferta è troppo tranquilla…»
«Kevin!»
«…e poi
perché mio padre avrebbe dovuto fare un’idiozia
simile?!
Non avrebbe mai-»
«no, no,
l’avrebbe fatto eccome, voglia tu se l’avrebbe
fatto. Immagina Robin in preda alla furia vendicativa e trai le tue
conclusioni, visto che è tale e quale a te».
«non mi…! Io non
farei-»
«ma tu sei quello che voleva
dirottare quel volo per
Washington e farlo finire in mare o sbaglio? Che se non ti
avessi fermato
avresti tramortito il pilota per prenderne il posto, e
c’è mancato poco che ci
riuscissi?!»
Ok, Kevin faceva meglio a stare zitto.
«ma non è la
stessa cosa!»
«oh si che lo
è».
«…ma la Regina
delle Puttane è sempre troppo
tranquilla!!!»
«piantala».
«di fare che?!»
«puttana qui, puttana
là, stronza di qua. Mi hai scocciato,
sei tu che l’hai spinta tra le braccia
di quell’americano, se vuoi
insultare qualcuno datti dello stupido trenta volte, e tanto non
basterebbe.
Sei tu che hai voluto perderla. È tua
la colpa. Anche se
sentirtelo dire non ti piace».
“è sempre una
puttanella, eh. Però io posso dirglielo; lui
no, visto che tutto questo è colpa sua!”
pensò poi il russo.
«…e adesso per
via della tua stupidità, perché non avrei
voluto dirtelo ma di questo si tratta, sta con un torturatore
stupratore
assassino, che ha un fratello che se non è pazzo poco ci
manca, con quelle
gomme esplosive!»
E lui non aveva visto i topi
incendiari.
O il modo in cui maneggiava il
coltello.
Né sapeva
del…resto.
«ah-ha! Ma allora tu guardi
il suo blog! E che lo guardi a
fare?!»
«tu che
lo guardi a fare, se dici di averla
dimenticata? E poi, non ti è venuto pensato che Lancaster
possa aver dato chiarissimi
ordini a tutti che la sua cara figliola nn debba
essere disturbata per
nessun motivo al mondo da nessuno mentre era in
viaggio per conoscere la
famiglia del fidanzato?»
«bravo, cazzo, gira anche
il coltello nella piaga!»
«non giro coltelli in
alcuna piaga, ti dico solo le cose
come stanno. E adesso direi che la questione dell’attentato
semi terroristico
di tuo padre sia quella più importante. Da quel che ha detto
la moglie,
dovrebbero stare bene…»
«Warsman, mio padre
è con Howard Lancaster! Come a dire che
è già morto! Se anche si fossero salvati dalla
caduta dell’aereo lui l’avrebbe
fatto fuori e gettato il cadavere in mare!»
«non so come dirtelo Kevin,
ma io penso che se Howard avesse
davvero voluto far fuori tuo padre primo, l’avrebbe
già fanno anni fa, secondo,
l’avrebbe fatto con qualcosa che attirasse meno
l’attenzione. Qualche veleno non
rilevabile messo nel tè, per esempio, che facesse pensare ad
una morte avvenuta
per cause naturali…»
«certo che sei tetro! E non
aiuti per niente!!!»
«quel che voglio dire
è che Howard in realtà non ha motivo
di uccidere tuo padre».
«non aveva nemmeno motivo
di dare la caccia a te, eppure
l’ha fatto!»
Già, vero anche quello.
«questo perché
quel bastardo mi vede come una bestia, non
come un uomo suo pari, come ha detto in modo estremamente chiaro
durante le
finali chojiin. E vedendomi come un animale non vedeva nemmeno problemi
ad
abbattermi. Ma credo che veda tuo padre in modo diverso da come vede me».
:: l’isola ::
“ma proprio nella tana di
una famiglia di giaguari affamati
dovevo capitare?!! Non
potevano starsene a vivere nella foresta?!! Proprio nella
mia grotta dovevano venire?!!”
Erano passati cinque giorni
dall’ammaraggio e successivo
arrivo sull’isola.
Robin Mask li aveva passati
lì fisso nella grotta,
muovendosi solo per raccogliere le noci di cocco dalle palme e per
nient’altro.
Che quel pazzo andasse pure a morire nella foresta, aveva pensato, lui
di certo
non intendeva fare quella fine; se ne sarebbe rimasto lì
sulla spiaggia fino a
quando non avesse visto una nave passare, o finché un aereo
non avesse notato
l’SOS che aveva avuto l’intelligenza di
“scrivere” sulla sabbia disponendo dei
sassi a formare la parola.
E fosse chiaro…se i
soccorsi fossero arrivati non avrebbe
certo detto loro che c’era un altro sull’isola
oltre a lui. No, no. Era la sua
possibilità di liberarsi dell’ex amico una volta
per tutte, o almeno così
sperava. Ed ecco che era rimasto lì insomma.
Mangiando tutte le noci di cocco il
primo giorno per il gran
nervosismo perché giustamente per ogni idea intelligente che
aveva almeno due
stupide dovevano venirgliene -per la par condicio- e di conseguenza
erano
quattro giorni che non mangiava e non beveva.
E quando si era trovato davanti
questa famiglia di giaguari
che decisamente non lo era stato a sentire quando aveva provato a
spiegare loro
il concetto di usucapione -che comunque non sarebbe stato valido visto
che era
lì da cinque giorni e non da vent’anni- dopo aver
provato ad affrontarli ed
essersi quasi beccato un bel morso
ai
testicoli ecco che aveva dovuto darsi ingloriosamente alla fuga.
Proprio in
quella specie di giungla nella quale non aveva voluto mettere piede.
Ed adesso stava correndo come un
forsennato da circa un
quarto d’ora, strappandosi tutti i vestiti, inciampando,
finendo faccia a terra
nel fango più volte, ferendosi contro diverse piante piene
di spine…
«questa non è
una giungla, questo è un girone infernale!!!»
sbottò quando cadendo per l’ennesima volta
finì a strapparsi anche quel poco
che rimaneva della camicia bianca, mentre sentiva i ringhi affannosi
dei
giaguari che ancora lo inseguivano «un
girone infernale!!!»
Era in condizioni veramente schifose,
avrebbe tanto voluto
potersi fare una doccia, potersi rasare, poter avere Archie
lì a preparargli i
vestiti e, ultima ma non per importanza, avrebbe voluto
avere la sua nuova compagna che…eh,
già…ad
Alya dove era andato e a far che non l’aveva mica detto. Non
osava immaginare
la sua reazione quando avrebbe saputo quel che aveva combinato e
l’avrebbe
visto finire in galera…sempre se fosse riuscito a scampare
ai giaguari e tutto
quel che c’era in quella stramaledettissima isola, Howard
H.R.J. Lancaster
compreso se non era ancora crepato
come avrebbe meritato.
Mentre si rialzava e riprendeva a
correre il pensiero che si
fosse strappato anch’egli il suo bel completino bianco gli
diede un’enorme
soddisfazione. Oltre al pensiero che comunque quel completo
lì non fosse
decisamente adatto alla situazione e a quanto il suo ex collega
probabilmente
stava quasi smaniando per averne uno grigio, come il fazzoletto che
-assurdo ma
vero- aveva indossato al posto di quello bianco appena prima di fargli
fare il
“volo della vergogna”, come l’aveva
chiamato lui.
Continuò a correre per un
bel pezzo, e continuò anche quando
sentì il rumore di quella che sembrava una sorgente
d’acqua e si accorse di
essere arrivato vicino al vulcano.
E quei giaguari maledetti ancora non
demordevano. Per di più
era andato pure a sbattere contro un alveare, attirandosi dietro anche
un
mucchio di api decisamente infuriate.
Odiava quell’isola.
Odiava i giaguari.
Odiava le api.
Odiava Howard Lancaster, lui
più di tutto il resto!
Per di più quel maledetto
vulcano ogni tanto, da quel che
aveva visto e sentito già dalla spiaggia, emetteva degli
sbuffi di fumo e dei rumori
che non gli piacevano affatto, come se fosse stato tutt’altro
che inattivo ma
anzi, pronto ad eruttare da un momento all’altro. Ma
probabilmente era solo una
sua paranoia.
Però che diamine se
qualche scossa di terremoto non troppo
forte l’aveva sentita!
«Rooooobiiin…»
E quella di certo era una sua
allucinazione uditiva dovuta
allo stress, alla fame, alla sete e quant’altro.
O almeno così credeva.
In realtà Howard Lancaster
stava pensando che dopo una serie
di giorni piuttosto faticosa quella potesse finalmente essere una buona
e
rilassante giornata.
«hu-hu-hu».
«dai ordine alla squadra
Alfa e la squadra Delta di
intervenire…per divertente che sia non posso lasciare che
Robin venga divorato
dai giaguari, se le api non lo uccidono prima a suon di pizzichi.
Hu-hu-ha-ha.
Hu-Hu».
Giustamente, se Hammy
“parlava” con gli scoiattoli perché
Howard non doveva poter parlare con le scimmie che tra
l’altro riteneva anche
più intelligenti del suo compagno di sventura?
Lo scimpanzé color marrone
scuro fece una sorta di saluto
militare prima di passare dalle sorgenti termali calde sopraelevate
agli
alberi, attraverso il ponte di liane che Howard aveva costruito col suo
aiuto e
di qualche altra scimmia, scimpanzé e gorilla.
Attualmente il gentiluomo inglese si
stava godendo un
rilassante bagno termale nelle succitate sorgenti, sorseggiando del
succo di
mango e papaya contenuto in una noce di cocco che aveva provveduto a
ripulire e
a cui aveva tolto la cima per farne una sorta di bicchiere.
Doveva ammettere che tutto sommato,
nonostante i terremoti e
gli sbuffi di fumo, con un po’di ingegno la vita in quel
posto non era affatto
male. Soprattutto da quando, grazie alle innovazioni che aveva portato
nella
comunità di primati dell’isola -come i bicchieri e
delle catapulte per lanciarsi
meglio la cacca a vicenda…faceva schifo ma che dire, le
scimmie erano scimmie-
l’avevano eletto all’unanimità loro re.
Con tanto di corona di foglie di banano
in testa.
“Howard, il re delle
scimmie”.
Da quel momento, dal primo giorno
fino alla fine terzo,
avevano lavorato per creare ponti di liane che andassero da un albero
all’altro
in modo da rendere ancora più agevole il cammino -anche se a
dire il vero un
altro motivo per cui era diventato il re era che se si trattava di
andare da un
albero all’altro a momenti se la cavava anche meglio delle
scimmie stesse- una
rudimentale capanna in cui lui potesse dimorare su un albero vicino
alla
montagna e perfino qualcosa di vagamente simile ad un
acquedotto che quando aperto gli portava l’acqua
potabile della
sorgente direttamente in casa!
Quando ai restanti giorni, li aveva
impiegati ad insegnare
ai suoi “sudditi” più volenterosi ad
utilizzare armi come fionde e lance,
organizzandoli in squadre. La squadra Alfa era quella delle scimmiette,
ed era
per il primo assalto -piccine ma creavano diversa confusione- la Beta
quella
degli scimpanzé con le fionde, la Gamma quella degli
scimpanzé con leggere
“armature” in legno di sandalo e le lance, e la
Delta…era quella d’élite,
costituita dai gorilla con “armature” in legno
più duro.
E la sua scimmia di fiducia, quella a
cui aveva dato ordine
di dare ordine alle squadre di intervenire, tra l’altro era
il precedente re
della tribù. Una cosa aveva pensato spesso,
“questa se la racconto a casa non
ci credono”.
Casa, già…
Era per via delle persone a casa che
non riusciva ad essere
sereno. Anzi, ogni giorno che passava si agitava di più,
nonostante stesse…da
re! Oltre al fatto di sentirsi la testa pesante e girare leggermente da
più o
meno tre quarti d’ora.
Il fatto era che non poter contattare
la sua famiglia, e
soprattutto la sua principessa, lo innervosiva tremendamente. Non
perché
soffrisse di solitudine, ma perché immaginava che fossero
preoccupati, Janice
in particolare se era andata come doveva andare e ad Hammy non aveva
detto
niente.
Socchiuse gli occhi e
poggiò con un secco “tclock”
la noce di cocco accanto a sé,
unico segno tangibile della sua inquietudine oltre allo sguardo.
Lui in qualche modo
“sentiva” l’ansia e la preoccupazione di
Janice, la sua tristezza.
Era qualcosa di diverso dal
proiettare le proprie sensazioni
su qualcun altro, qualcosa che Howard aveva già
sperimentato. Il suo legame con
Janice era così tremendamente forte,
così
intenso, che riuscivano come a
“percepirsi” anche a distanza. Era qualcosa di
inconscio, di sotterraneo,
inesprimibile.
Ma c’era.
Non era telepatia, non era magia. Non
avrebbe saputo dire
cosa fosse, ma era qualcosa che consentiva loro di sentirsi vicini
anche quando
erano lontani e che -capitava piuttosto spesso- faceva fare loro
perfino gli
stessi sogni.
“io sto bene,
Janice…e se sei riuscita a rimanere
sufficientemente lucida da dare a chi di dovere l’ordine di
cercarmi -ed io so che
è così- allora ci rivedremo
presto”.
Ed Emerald…gli mancava
sentire la sua voce. Vero che prima
che entrambi partissero, lei per Washington con Michael e lui per
l’Australia,
si era ripromesso di chiamarla massimo una volta alla settimana; in fin
dei
conti poteva solo stare benissimo, essendo insieme a Connors.
Un pensiero che lo fece rilassare un
po’. La sua famiglia al
sicuro. Hammy al sicuro. Hammy con Michael, non più con
Kevin Mask.
Quando lo aveva saputo, nonostante si
fosse limitato ad un
caldo e sincero “sono veramente felice”
detto ad entrambi di persona il giorno dopo che si erano messi insieme,
appena
era tornato nella suite di uno degli alberghi che aveva acquistato a
Tokyo si
era messo letteralmente a saltare urlando
di gioia e buttando all’aria tutti i cuscini. Fortuna che la
suite era
insonorizzata, altrimenti l’avrebbero preso per pazzo, e
comunque aveva rimesso
a posto tutto una volta finito.
Era da tempo che non si lasciava
andare a simili
manifestazioni di gioia. Più o meno da quando lui e Robin
non si parlavano più.
Ricordò le volte in cui
l’aveva trascinato a vedere le
partite del Liverpool e nelle quali quando vinceva si erano ritrovati
ad urlare e saltellare abbracciati
come…due
tifosi qualunque. E soprattutto ricordò le memorabili
paternali di Robin dopo.
“ma tu
guarda che mi fai fare! Non è
dignitoso! Mio nonno si rivolterebbe nella tomba!” quello lo
diceva
praticamente per qualunque cosa di
diverso dal solito Howard lo inducesse a fare “ma
ti rendi conto? Ma che
figura abbiamo fatto?!”
“Cristo Robin, siamo due persone
normali tifose del Liverpool che sono felici della vittoria
della propria
squadra! E lasciati andare un po’!”
“ma che ci parlo a fare con
uno che dava corda alle drag
queen?!”
“lo hai fatto anche tu Robbie”.
“non ricordarmelo!...e non
chiamarmi in quel modo”.
“Robbie”.
“piantala”.
“Roooobbiiiie!!!”
“piantala
ti ho
detto!...cos’è quello sgorbio che hai
disegnato?”
“una palla”.
“sembra una nocciola…”
“è proprio vero,
sono un artista incompreso”.
“no, è che non
sai disegnare”.
“o siete tu e gli altri a
non capire la mia arte”.
“no, credimi: sai fare
tante cose, ma disegnare proprio no”.
“vedremo stasera!
C’è la rivincita, noi contro le nostre
mogli”.
“ah no, io in squadra con
uno per cui un cavallo è un due
squadrato con quattro stanghette sotto non ci sto!”
Bei ricordi…
«lasciatemi immediatamente,
brutti gorilla!!!»
Howard alzò gli occhi al
cielo. Purtroppo negli anni Robin
era diventato decisamente sciocco, più di quanto fosse mai
stato.
«ma vuoi stare tranquillo
una buona volta?»
«tu…!!!»
No, non era
possibile…Robin, portato lì dai gorilla che dopo
essersi occupati dei giaguari l’avevano trascinato via,
pensava che, proprio, non era possibile.
Lui aveva passato cinque giorni di
stenti e quello lì oltre
a sembrare fresco e
riposato se ne stava beatamente a bagno nella sorgente termale calda
-che Robin
dal canto suo aveva nel terreno attorno alla tenuta, in Inghilterra-
con uno
scimpanzé dalle mani guantate a
servirgli del succo di frutta appena spremuto.
E con una corona di foglie di banano
in testa.
C’era da picchiarlo
veramente.
«il re delle scimmie
è una iena, I won't
live in this planet anymore!»
«se fossi stato una iena ti
avrei lasciato di sotto con i
giaguari e le api. Anche se ho assistito a buona parte
dell’inseguimento senza
muovere un dito perché sinceramente mi divertiva come poche
cose da un po’di
tempo a questa parte. Lasciatelo» ordinò ai
gorilla con un cenno «…povero
Armani, come l’hai ridotto!»
«al diavolo tu,
al
diavolo l’Armani e al diavolo anche queste scimmie! E anche
quelle sorgenti
calde!»
La testa di Howard era sempre
più pesante, tanto che non
aveva nemmeno voglia di rispondergli in modo arrogante e sarcastico
come al
solito e chiuderla lì, finendo invece per sbuffare ed
appoggiarsi contro la
pietra socchiudendo gli occhi e sperando di poter avere una
conversazione
ragionevole con quell’individuo.
«vuoi iniziare ad usare il
cervello anche solo per un
attimo?» disse secco «e piantarla con quei tuoi
“sei una iena qui, sei un
mostro là” una volta tanto?! Anche
perché non ho la minima voglia di starti a
sentire».
«e allora-»
«tu
non ce la fai da
solo».
«ce la faccio
benissimo!!!»
«non mi sembrava. Hai
occupato la tana di una famiglia di
giaguari, hai finito cibo e da bere il primo giorno, ti sei fatto
inseguire da
delle api e ti sei strappato tutti i vestiti. Ah, e
c’è anche il fatto che sei
pieno di fango dalla testa ai piedi. Sai fare diverse cose ma,
sopravvivere in
queste condizioni, no».
Robin pensò di saltare
nella sorgente calda per dargliele
sode e strozzarlo, ma il bastardo aveva la noce di cocco piena di succo
di
frutta in una mano e la pistola nell’altra. Carica, sicuro.
Quindi…
«e naturalmente volevi
sbattermi in faccia che invece “tu
puoi”, vero?!»
«…preferivo
avere a che fare con le scimmie. Robin, ma ti
pare veramente che nella situazione in cui ci troviamo
adesso… dispersi su un’isola
deserta nel Bacino di Wharton, lontani io
dalla mia famiglia e tu da quella ragazza -e ancora devo arrivare a
capire
perché una donna giovane e carina come lei abbia preso un
vecchio come te, se
non per soldi- con cui ti sei messo…a me interessi qualcosa
dimostrarti che “io
posso”? Tanto più che dovresti averlo capito
benissimo da solo, ormai».
«e allora cosa vuoi?!
Perché mi hai salvato due volte con
questa?! Perché quel discorso quando ero ancora
all’ospedale?! Tu mi odi, io
odio te!»
Lancaster riaprì del tutto
gli occhi.
«io ti ho odiato quando ti
sei rifiutato di sciogliere quel
patto nonostante avessi riavuto da me tutto quello che ti dovevo e
anche di
più. Ma mi è passata prima di quanto pensi. Non
si può proprio dire che io ti
odi, Robin, no; sei alla stregua di un moscerino per me, o di un
criceto da far
girare sulla ruota. Ma contrariamente a te che a parti invertite
probabilmente
mi avresti lasciato morire entrambe le volte, o meglio, ci avresti
provato…»
«togli il
probabilmente!» ringhiò il capofamiglia Mask.
«…io non ho
dimenticato che questo moscerino, o questo
criceto, è stato per quattordici anni un mio carissimo
amico. Piuttosto rigido
e austero, e nemmeno l’uomo più sveglio del mondo,
ma…un amico. Tant’è vero che
ti scelsi come padrino di mia figlia. E anche se i rapporti adesso sono
quelli
che sono, così come tutti i fatti che sono successi, non per
questo ti lascerei
morire» lo guardò «è una di
quelle cose che non farei mai».
Momento di silenzio piuttosto lungo.
Anche troppo.
«non
c’è niente che
tu non faresti» disse poi Robin.
«è ufficiale,
tra avere a che fare con te o con le scimmie
io preferisco le scimmie. Sul serio».
«le tue sono solo parole,
che dici perché magari ti fa
comodo avere un altro “suddito”!»
«…non metterti
allo stesso livello dei miei sudditi, non ci
arrivi, e ti garantisco che no, non
mi fai comodo per niente. Volevo solo evitarti di finire ucciso,
e…» mamma mia,
adesso si che la testa aveva iniziato a girargli sul serio
«…proporre…una
tregua. Finché non ci salvano»
specificò, mentre usciva dalla sorgente calda
cercando di non barcollare troppo. Doveva recuperare la giacca. Teneva
sempre
qualcuna delle sue medicine nella giacca. E al
momento…riconosceva i sintomi di
quando aveva quei suoi rarissimi attacchi di febbre estremamente alta a
cui era
soggetto. Debolezza immensa, giramenti di testa, vista appannata.
“non-devo-svenire”
si intimò.
«non se ne parla,
perché dovrei accettare?»
«per restare in vita
e…tornare…a farti quella tua ragazzina
in santa pace. Mh. Più o meno»
borbottò. Si vedeva che stava male, o non
avrebbe nemmeno usato un linguaggio di quel tipo.
«stare con le scimmie ti
sta involgarendo non c’è male»
disse l’inglese mascherato. Perché non provare a
saltargli addosso e riempirlo
di botte, dopotutto, anche per quel che aveva appena detto della sua
compagna?
Ma quando lo vide crollare sulle
proprie gambe appena
raggiunta la giacca e tirato fuori i medicinali senza nemmeno riuscire
a
prenderli cambiò idea.
«ma si può
sapere che…guarda che non attacca!...»
sbottò
Robin andandogli vicino «e se è uno scherzo non
è divertente! Lancaster!
Rialzati, razza di iena!!!»
“questo è
già
successo un’altra volta”
ricordò poi, facendolo sdraiare sulla schiena. Era
stato quando il suo ex collega aveva giusto ventiquattro anni, e stava
cercando
di insegnargli ad andare sullo skateboard. In una mezz’ora
l’aveva visto
passare da “sto benissimo” al crollare a terra
esattamente in quella maniera,
con quella che poi aveva scoperto essere una febbre violenta ed
estremamente
alta che ogni tanto, in rarissimi casi, gli veniva.
Quella era un’occasione
d’oro.
“è il momento
giusto per liberarmi di questo cane maledetto
una volta per tutte, e chi se ne importa se poi mi ritroverò
chissà quante
scimmie infuriate addosso!” pensò.
Sarebbe bastato così poco
per soffocarlo.
“io ti ho odiato
quando ti sei rifiutato di sciogliere
quel patto nonostante avessi riavuto da me tutto quello che ti dovevo.
Ma mi è
passata prima di quanto pensi”.
O per ucciderlo buttandolo
giù da un punto più in alto di
quello dove si trovavano.
“Non si
può proprio dire che io ti odi, Robin, no; sei
alla stregua di un moscerino per me, o di un criceto da far girare
sulla
ruota”.
O ritrovare quei giaguari per
darglielo in pasto.
“ma contrariamente
a te che a parti invertite
probabilmente mi avresti lasciato morire entrambe le volte, io non ho
dimenticato che questo moscerino, o questo criceto, è stato
per quattordici
anni un mio carissimo amico. Piuttosto rigido e austero e nemmeno
l’uomo più
sveglio del mondo, ma…un amico”.
…o ancora, sparargli alla
testa con la sua stessa pistola…
“tant’è
vero che ti scelsi come padrino di mia figlia. E
anche se i rapporti adesso sono quelli che sono, così come
tutti i fatti che
sono successi, non per questo ti lascerei morire. È una di
quelle cose che non
farei mai ”.
Perché era tutta colpa
sua, sua, solo sua, esclusivamente
sua.
E adesso eccolo lì, il
signor “I can”,
completamente indifeso e alla sua mercè…
:: Washington DC
::
«…si, dove hai
detto che è andato Lentiggine?»
«ha detto che il turno
della spesa per la cena toccava a
lui, altrimenti oggi non ci sarebbe stato niente da mangiare in
casa…a meno di
non svaligiare la panetteria».
«scusa i miei, se puoi.
È che sono talmente concentrati sul
lavoro da…beh, fa’ un po’due conti, mio
fratello torna qui a Washington in
tutto quattro o cinque settimane l’anno, e tanto non smettono
di lavorare per
stare un po’più con lui. Perfino nei periodi
festivi lavorano fino al
ventiquattro dicembre compreso, e anche la mattina
di Natale».
«in tempi come questi per
mandare avanti un’azienda questo
bisogna fare, mi sa. Però penso che anche a loro dispiaccia
e che vorrebbero
passare più tempo sia con te che con lui».
«si…lo immagino.
Anche se tra una cosa e un’altra
praticamente ci ha cresciuti nonna Isabèl».
Emerald era tranquillissima a stare
nella camera di Zachary,
così com’era tranquilla sul fatto che Michael
fosse davvero andato a fare spesa
e non fosse una scusa per vedersi con chissà chi.
Seduta a gambe incrociate sul letto
con una trapunta a tema
Pac-Man non troppo pesante osservava il ventunenne -ventiduenne il
diciassette
settembre di quell’anno a dire il vero- albino che, seduto
sul divanetto sotto
la finestra, si stava beatamente fumando dell’erba con
“Don’t worry, be happy”
di Bob Marley come sottofondo.
Inutile chiedersi da dove venisse la
roba considerando che
aveva un paio di piantine proprio sull’ampio davanzale. Un
po’più dei ventotto
grammi per uso personale legali a Washington, a dire il vero,
ma…chi se ne
importava?
“here is
a little song I wrote, you might want to sing it note for note,
dont’t worry; be
happy”.
«ecco perchè
Mikey me ne ha parlato come “la persona più
importante della famiglia”».
«eh si. Per noi lo
è senz’altro. Ah, e comunque se mai la
vedessi evita di dirle che continuo a fumare erba per favore».
“in
every life we have some trouble, when you worry you make it double,
don’t
worry; be happy”.
«tranquillo».
«sei una brava persona. Io
gliel’ho detto a Michael:
“sposala subito”».
“don’t
worry, be happy now, don’t worry, be happy, ain’t
got no place to lay your
head, somebody came and took your bed, don’t worry; be
happy”.
«eppure non si
può proprio dire che tu mi conosca benissimo».
«vero, ma mi piaci lo
stesso. Perché, come ti ho detto
prima, sei una brava persona. Stesso motivo per cui piaci ai
miei».
“the
landlord say your rent is late, he may have to litigate,
don’t worry; be happy,
look at me, I’m happy, don’t worry, be
happy”.
«quindi piaccio loro
davvero?»
«ma si! Non lo avevi ancora
capito?» finì la canna, che
spense nel posacenere e poi gettò via in un mini-secchio a
forma di Pac-Man la
cui bocca si apriva premendo un piccolo pedale «Hammy, don’t
worry: be happy».
“I give
you my phone number, when you’re worried call me,
I’ll make you happy. Don’t
worry; be happy”.
«assurdo che uno a cui
piaccia la musica per la robo-dance
piaccia anche Bob Marley».
«perché? Anche
tu ascolti un po’di tutto».
“ain’t
got no cash, ain’t got no style, ain’t got
no gal to make you smile, but don’t worry; be
happy, ‘cause when you worry
your face will frown, and that will bring everybody down, so
don’t worry; be
happy…don’t worry, be happy now”.
«ok, vero».
«non sei come quel fissato
di mio fratello per cui esiste
solo Eminem. Mi ricordo ancora quando mi fece vedere il regalo che gli
ha fatto
tuo padre. Quei cd autografati» alzò gli occhi al
cielo «sembrava aver ricevuto
in dono la primissima versione originale del videogioco di Pac-Man, per
quant’era contento».
“don’t
worry; be happy”.
«si, lo so. È
che mio padre lo ha preso molto a benvolere,
tant’è che era contento come una Pasqua quando ci
siamo messi insieme».
«per essere un nobile
inglese è di larghe vedute. Non tutti
di loro accetterebbero che la loro unica figlia stia con qualcuno che
non sia
figlio di un altro nobile inglese».
“now
there’s this song I wrote, I hope you learned it note for
note like good little
children, don’t worry; be happy”.
«il mio ex lo era, figlio
di un bastardo nobile
inglese. E, appunto…adesso
è “ex”. Prova
evidente che essere nobile non ti rende automaticamente intelligente, o
più che
altro ragionevole».
«già, posso
chiederti come mai è finita?»
«credeva che lo avessi
tradito con tuo fratello, e mi ha
cacciata di casa senza chiedermi perché e per come
né curandosi di sapere se
era vero o meno. E comunque prima io e Kevin avevamo già dei
grossi problemi…»
“listen
to what I say, in your life expect some trouble, when you worry you
make it
double, don’t worry; be happy, be happy now”.
«ed
era
vero?»
«cosa?»
«che lo avevi tradito con
Michael».
«no. Ho tanti difetti ma
non quello di mettere le corna».
«una sicurezza in
più. se nn hai tradito il tuo ex con
Michael non c’è nemmeno il rischio che tu tradisca
Michael con Pincopallino o
Tizio, Caio e Sempronio insieme».
“don’t
worry; be happy, don’t worry, don’t do it, be
happy, put a smile on your face,
don’t bring everybody down like this”.
«guarda, non
c’è pericolo».
«sono contento, anche per
lui. Che una relazione possa
finire per diversi motivi ci sta, ma dipende anche in che modo
finisce.
Non dico che lo farai, anche perché non mi sembri il tipo,
ma non sopporterei
se mio fratello venisse ingannato o preso in giro, o ancora lasciato in
un modo
che non sia…dignitoso. Tipo come accadeva ad alcuni ragazzi
a scuola, lasciati
vigliaccamente con un sms o che si trovavano semplicemente davanti la
propria
ragazza che baciava o si accoppiava velocemente e non a scopo
riproduttivo con
un altro. A me non è mai capitato e a Michael nemmeno, ma
dalle loro reazioni
sembrava essere brutto».
«fino ad ora quando ho
lasciato qualcuno gli ho sempre detto
in faccia chiaro e tondo il perché».
«quello va bene. Poi il
motivo può essere qualunque, anche
se iniziasse a piacerti un altro magari e il motivo fosse quello, ma
basta che
uno si comporti in modo corretto».
«in fondo è
giusto così. Non ti sei mai interessato ad avere
una relazione ma noto che hai comunque delle idee ben
precise».
«questo perché
nonostante a me non interessi interessa al
99,99% delle persone che conosco, indi è inevitabile che
finiscano a parlarmene
e, indi, devo avere qualcosa da dire loro. E poi studiare i
comportamenti delle
persone coinvolte in una relazione è interessante».
«e da tuoi
“studi” come vedi la relazione tra me e tuo
fratello?»
«confrontando quel che vedo
quando vi osservo con altri
casi…siete innamorati! Parecchio. Tutti e due. Per esempio,
non ce lo vedo a
lasciarti per una bionda tettona».
«buono a sapersi».
«o per qualcuna di quelle
ragazze del tipo che si portava in
macchina».
«buono a sapersi
un’altra volta».
«vogliamo
uscire?» disse all’improvviso l’albino,
alzandosi
«ti voglio portare in un posto».
«uh. Ok».
«tanto i miei prima delle
nove e mezza hai visto, non
tornano. E a Michael…lascio un
biglietto…» disse mentre scriveva
«peeeeeerfetto. Andiamo».
Uscirono rapidamente dalla stanza,
diretti alla rimessa.
Ecco un’altra stranezza.
Per muoversi Zeke usava un
motorino, eppure le aveva detto di avere una macchina, “solo
che non è qui”.
Bah. Ma se aveva una macchina perché non usava quella?
Ad ogni modo una volta saliti sulla
moto ed usciti Emerald
perse in breve tempo il senso dell’orientamento. Sembrava che
il posto dove
stavano andando fosse un po’distante dal quartiere, e le
strade man mano che
procedevano non sembravano esattamente…sicure.
Forse avrebbe dovuto chiedergli dove
cavolo voleva portarla,
prima di andare. Ma ormai era un po’tardi.
Si fermarono accanto a quello che
sembrava organizzato come
un…circuito per rally illegali con le macchine sportive?...
«arrivati».
La ragazza scese, seguendolo.
«che significa?»
«volevo farti vedere
dov’ è che Michael non ha voluto che
venissi sabato della settimana scorsa».
«qui?»
«precisamente».
«ma, ehm, mi spieghi
perché tu volevi che io e lui venissimo
qui? Per vedere un rally clandestino?»
«no! Per vedere me
vincerlo».
Oh cielo.
Ammazza serpenti, mezzo scienziato
pazzo, abile maneggiatore
di coltelli, ballerino di robo-dance e pure uno spericolato che
partecipava ai
rally clandestini. Oltre che consumatore di erba. C’era altro?
«…tu corri nei
rally clandestini?»
«io vinco nei
rally clandestini. Prima lo faceva mio
fratello, che si è fatto un nome come
“Apocalisse” tra queste corse e varie
altre…faccende. E adesso lo faccio io. Sono piuttosto
conosciuto tra l’altro,
in fin dei conti un albino con l’eterocromasia non
è esattamente comune;
quei quattro di qualche giorno fa dovevano essere nuovi, per non sapere
come
sono fatto».
E lì Hammy a quel punto
ricordando le parole dei due che lei
e Michael avevano lasciato “sani” -ossia
“ma se questo è Apocalisse e quello
è suo fratello…”-
capì qualcosa di fondamentale.
Loro non erano fuggiti
perché Zachary è il fratello di
Michael Apocalisse Connors.
Erano fuggiti perché
avevano capito che Zeke era Zeke.
Non perché
“fratello di Apocalisse”. Ma perché
“Armageddon”.
Ed Emerald iniziava a dubitare
fortemente che una volta
capito chi era fossero fuggiti solo perché vinceva le corse
clandestine.
«ehi tu!
Bianchetto!»
«oh cavolo»
borbottò Emerald vedendo avvicinarsi tre tizi
dall’aria decisamente poco raccomandabile, uno dei quali
aveva un serpente
tatuato che dalla tempia sinistra scendeva giù
attorcigliandosi attorno al
collo e lungo il braccio.
«volevo farti vedere
dov’è che tengo la macchina con cui
corro ma mi sa che sarà per un’altra volta.
Ehm…Hammy…fino ad ora non mi sei
sembrata una che si sconvolge. Continua a non esserlo per piacere.
Sarà
legittima difesa, quelli hanno coltelli ed una
pistola…»
«ce l’ho pure io
una pistola, te li gambizzo in tre
secondi».
Che dire, era pronta al combattimento
dopo cinque-quasi-sei
giorni di completa tranquillità.
«no, no, faccio
io».
«tu, schizzo di
sb…»
“…al confronto
non sono poi così grezza” pensò Emerald
“com’è che a Zachary sembra non fregare
un cavolo?”
«dimmi» rispose
tranquillissimo l’albino.
«tu sei quello che chiamano
Armageddon, vero?»
«ah-ha».
Adesso i tizi erano fin troppo
vicini. Emerald aveva già una
mano sulla pistola.
«sei tu quello che ha
mandato all’ospedale due dei miei».
“eh?!” Emerald
riusciva ancora a stupirsi.
«quando di
preciso?»
«non fare il finto tonto
con me!» sputò il tizio col
tatuaggio «sabato scorso!»
«verso che ora?»
«ti ho detto di
non prendermi per il culo!!!»
«è che non ne ho
mandati in ospedale due soli, capito,
quindi potrei confondermi. Prima o dopo la corsa?».
Nemmeno stessero amabilmente
conversando del meteo, il tono
di Zeke era quello.
«questo ci prende per il
culo, capo, diamo una lezione a lui
e la ragazzina e facciamola finita» disse quello a sinistra.
“provaci, che almeno quel
coltello te lo ficco dove non
batte il sole. Oh, andiamo! Provaci!” pensò
Emerald.
«tutto sommato hai ragione.
Almeno impara ad attaccare la
mia gente!»
«a dire il vero sono stati
loro a darmi addosso per primi
perché sono albino. Qui siete nuovi anche voi, mi sa. Ma per
il futuro tenete a
mente che una delle regole di questo posto è “non
rompete le scatole ad Armageddon”.
Si…se ne avrete modo, di tenerlo a mente»
sorrideva perfino, pacifico «e
comunque quel tatuaggio tutto attorcigliato non mi piace per niente, mi
ricorda
tua madre avvinghiata al vostro cane. Ossia tuo padre».
«piccolo lurido stronzo,
adess-»
Quel che seguì fu molto
rapido.
Appena i tre iniziarono a
muoversi per attaccare
Zachary, sempre con la massima tranquillità e senza dare
alcun segno
premonitore di quanto stava per fare*, si avvicinò al tipo
di sinistra
conficcandogli il coltello in piena arteria femorale. La lama
entrò ed uscì
tanto velocemente che non si sporcò nemmeno*. Fatto
ciò tirò fuori le Daygum -o
meglio, quelle che sembravano Daygum- lanciandone due contro
l’uomo tatuato che
in pochi istanti…si trovò come il secchio del
giorno prima.
Se fosse sopravvissuto quelle ustioni
avrebbero cancellato
il tatuaggio. D’altra parte l’idea di Zachary era
quella.
Quanto al terzo, non gli successe
niente solo perché
l’albino stesso decise così.
«ehi. Se chiami
un’ambulanza magari si salvano. Sii veloce
però, mi raccomando»
Emerald guardava tutto con due occhi
così. Un’azione veloce,
precisa…violenta eppure “pulita”. E
fatta per legittima difesa perché non ci
voleva la scienza per capire che quelli non avrebbero esitato ad
accoltellarli
o a sparargli.
«meglio che andiamo,
mh?» disse rapida la ragazza
distogliendo lo sguardo dal terzetto e salendo sul motorino dopo
Zachary.
«decisamente, Emerald. Non
so quanto Michael sarà contento
di questa cosa, anche se non è esattamente colpa mia visto
che io ero venuto
qui solo per farti vedere cosa faccio il sabato sera» disse
lui, schizzando via
con il motorino ed Emerald a tenersi saldamente aggrappata a lui.
«in un certo senso me
l’hai fatto vedere!»
«non succede mica tutti
i sabati…e poi se la sono
voluta si o no?»
«o loro o noi, si,
ma…il fatto è che tu all’inizio mi
sembravi quasi innocuo, capito».
«l’Armageddon non
è proprio una cosa innocua».
«l’ho
notato!»
Tornarono a casa per la strada da cui
erano venuti,
impiegandoci lo stesso tempo, e trovando Michael che stava per salire
in
macchina, presumibilmente per raggiungerli e riportare a casa la sua
ragazza
sapendo cosa poteva succedere da quelle parti.
Inutile dire cosa successe appena
Zeke fu sceso dalla moto.
«ma sei idiota?!! Se
sabato scorso non l’ho nemmeno
portata io stesso in quel posto a vederti correre
non hai pensato che
potesse esserci un motivo?!»
Ex mercenario quanto gli pareva, e se
si trattava di correre
dei rischi in prima persona ci stava, chi se ne importava? Ma miz
Lancaster
in potenziale pericolo, soprattutto durante quelle tre
settimane…eh no. Quello
no. Emerald sapeva difendersi benissimo e lo sapeva, ma non era
invulnerabile,
e non voleva che corresse rischi inutili. Giustamente.
E suo fratello arrivava e se la
portava via!
«ma è filato
tutto liscio…non abbiamo nemmeno un graffio,
vedi. E magari quello a cui ho tagliato l’arteria e
l’altro a cui ho dato fuoco
sono ancora vivi».
«tu sei fortunato ad essere
mio fratello, Zachary Connors,
altrimenti ti spaccherei la testa contro il muro, e giuro su
quello che ti
pare che la voglia C’è!!!
E
tanta!»
«è stato un
caso, dubito che Zeke volesse che andasse a
finire in quel modo» provò a difenderlo Hammy, che
non ricordava di aver mai
visto il soldato così furioso. Ma se
non altro riusciva a capire benissimo
i motivi della sua rabbia.
«ogni volta che va
in quel posto va a finire in quel
modo, e se non succede “da solo” come pare sia
accaduto stasera lui se lo va
a cercare!...quando vi ho lasciati soli non pensavo che
l’avresti portata
lì!» tornò a rivolgersi al fratello,
che aveva preso una Vivident e se la stava
masticando beatamente.
«ribadisco che non pensavo
sarebbe successo, visto che non è
nemmeno tanto tardi. E poi, comunque, la mia è sempre
legittima difesa».
Emerald rimase lì in
silenzio a guardare, decidendo di non
intromettersi oltre nella discussione. Anche se più che una
“discussione”
sembrava un litigio a senso unico, perché se Michael era
infuriato Zachary
invece era sempre calmissimo.
«non me ne importa niente,
legittima difesa o meno tu tieni
fuori Hammy da queste cose, così come faccio io! Chiaro?»
«ma lei ha una
pistola…»
«chiaro?!»
Breve momento di silenzio, dopo il
quale Zeke fece
spallucce. «ok, no problem. Che si mangia stasera?»
«vai-in-casa».
«scorbutico».
Quando l’albino fu
rientrato Connors fece un grosso sospiro,
avvicinandosi ad Emerald guardandola come a voler verificare che stava
bene e
davvero non aveva nemmeno un graffio. Oltre che con aria colpevole,
perché
pensava “se non fossi uscito Zeke non l’avrebbe
portata lì”.
«mi dispiace. Mi
dispiace. Pensavo che quel demente
avesse capito l’antifona quando sabato non ho
voluto portarti lì, ma mi
sbagliavo. Mi dispiace» ripeté ancora.
«non è colpa
tua. E poi…tsk! sai quanti ne ho menati a Tokyo
di tipi come quelli? Solo che non mi aspettavo che tuo fratello fosse
così…come
dire…letale?»
Ringraziando il cielo non pareva
nemmeno troppo scioccata,
ma lui la strinse a sé lo stesso. Che sarebbe successo se
quella sera l’avesse
persa per colpa di Zachary, per quanto improbabile potesse essere?!
«almeno sai che se Zachary
dovesse dirti ancora di andare
con lui al circuito tu devi mandarlo al diavolo».
«ma veramente mi ha detto
solo “ti porto in un posto”,
nemmeno dove. Ma se anche mi avesse detto che posto era
l’avrei seguito
ugualmente».
«ecco, non farlo, non solo
perché non voglio che ti accada
niente ma…immagina la reazione di tuo padre!»
Già…a
proposito, c’era da chiedersi come mai non aveva
ancora chiamato…
***
* segni premonitori come lo
sguardo da cacciatore dei Lancaster o il raddrizzarsi degli occhi
storti della Deva di nome Alana in "Reignite" di vermissen_stern.
Zachary di quelli non ne ha, il che lo rende anche più
pericoloso perchè se un minimo di segno premonitore
c'è puoi evitare l'attacco, ma così è
un po'più difficile.
* accade nel libro
"Hannibal", quando il dottor Lecter -in Italia, e che si faceva
chiamare "professor Fell"- uccide in questo modo uno zingaro, tale
Gnocco, e c'è scritto a chiare lettere che non ha sporcato
la lama grazie alla velocità del movimento. Non so se ria
realmente possibile, ma mi sembrava una citazione macabra e che "ci
stava". Anche se Zeke non mangia la gente.
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Capitolo 23 *** Io confesso ***
Socchiuse gli occhi. Era stata la
luce a svegliarlo.
Si rigirò nel letto
andando istintivamente a cercare Janice
con la mano, e trovando invece il vuoto.
Il fatto era che Howard ancora non
aveva ben “connesso” e
credeva di trovarsi in Inghilterra ed essere reduce da una semplice
notte di
sonno.
Iniziò a capire che non
era così quando si rese conto che il
letto in realtà era un’amaca di liane. E che
quella non era la sua camera da
letto nella villa, ma la capanna sull’albero.
E infine che quello che dormiva a
poca distanza -e che
sembrava aver fatto a botte con qualcuno- non era decisamente sua
moglie, ma
piuttosto il suo ex collega Robin Mask.
Improvvisamente era sveglissimo, e la
prima cosa che fece
una volta tornati alla mente gli ultimi fatti -oltre che stupirsi di
essere
vivo- fu controllare che…tutti gli arti e il resto fossero
al loro posto!
“braccia. Ci sono. Gambe.
Ci sono. Genitali…a posto” non
avrebbe gradito molto trovarsi evirato “dita. Ci sono tutte.
Orecchie. Ok.
Naso. C’è. Barba…pare lunga di tre
giorni. Non sarò davvero stato
nelle sue mani per tre giorni?...temo di si.
Capelli…”
Capelli.
Ok.
Dov’era
la metà destra
dei suoi capelli?!
Non avendo voglia di scendere a terra
e cercare una
superficie liscia d’acqua in cui specchiarsi optò
per la soluzione più
semplice, ossia specchiarsi sulla maschera di Robin, che non si era
ancora
svegliato.
Quel che vide gli fece cadere le
braccia, per non dire
qualcos’altro -ovviamente in senso metaforico-
perché a quanto pareva il caro,
buon, vecchio, a breve morto Robin
gli aveva rasato metà testa e adesso si ritrovava con una
pettinatura simile a
quelle che andavano di moda tra i giovani, con i capelli lunghi da una
parte e
cortissimi dall’altra.
Di conseguenza nonostante il muto
ringraziamento, perché
pareva che Robin invece che spaccargli la testa con una pietra avesse
deciso
non si sa perché di risparmiarlo e a giudicare dalla scatola
di medicine
-dimezzata- contro la febbre pure di assisterlo, adesso Howard stava
seriamente
prendendo in considerazione l’idea di legarlo e portarlo
dormiente così com’era
da quella famiglia di giaguari che l’aveva inseguito e che
probabilmente
sarebbe stata lieta di banchettare con le sue carni. Gallina vecchia fa
buon
brodo in fondo, giusto?
Ringraziò comunque il
cielo di essere previdente. Lui
non soffriva di cose come emicranie croniche o
dolori articolari o vattelapesca cosa, ma si portava sempre dietro
qualche
medicina “nel caso”. Anche quelle per le sue
rarissime febbri violente,
l’ultima delle quali avuta diciassette anni prima, ma anche
lì…non si sapeva
mai.
“…i…miei…capelli…”
pensò portando le mani a toccarseli “dopo
Howard. Dopo. Adesso la cosa
più
importante è ritrovare la pistola, sempre che
questo…questa…persona
non l’abbia gettata via. Ma mi
parrebbe strano, è il tipo che si divertirebbe a minacciarmi
con la mia stessa
arma…ah. E infatti…qui ti volevo”
pensò vedendogli la pistola in mano e
sfilandogliela subito via dalle dita. Scarica. C’era da
aspettarselo “potrei
mettermi a cercare i caricatori, ma per quello c’è
tempo. Io non potrò usarla
ma…lui nemmeno. E alla fine questo è
ciò che conta. Se mai non avessi voglia di
picchiarlo da solo, poi, mi basterebbe un fischio ad un paio di
gorilla”.
«…ma ciao,
scimmietta Alfa» mormorò pianissimo quando una
scimmietta bianca si affacciò alla
“finestra” della capanna per poi saltargli
dritta sul braccio. Per fortuna lo riconoscevano ancora come il loro
re. Tra
l’altro a guardarsi bene intorno la capanna sembrava essere
piena di “tributi”
in frutta…e la scimmietta aveva in mano la sua corona di
foglie di banano, che
gli mise prontamente in testa.
«tsk. Lo sapevo che il
vecchio Robbie non sarebbe riuscito a
spodestarmi come re delle scimmie» commentò
«anche se quel che ha fatto ai miei
poveri capelli è imperdonabile».
Però lo aveva aiutato.
Lo aveva fatto nonostante quella
fosse un’occasione d’oro
per liberarsi di lui una volta per sempre, non poteva non
tenerne conto.
E fu solo questo che salvò
Robin da un -altro- pestaggio da
parte dei gorilla che lì per lì non avevano
gradito che l’estraneo sembrasse
portarsi via il loro re, o dall’essere legato e ficcato a
testa in giù in una
tana di formiche rosse.
Si occhieggiò attorno. La
valigetta era ancora lì dove
l’aveva lasciata, solo un po’spostata. Facile che
Robin avesse provato ad
aprirla, ma senza riuscirci.
“e se anche
l’avesse aperta, questa era una delle ormai
poche volte in cui ho compiuto un viaggio per affari del tutto legali.
Un
po’macabri considerando che ho rilevato un’impresa
di pompe funebri, ma
legali”.
Guardò di nuovo il proprio
riflesso.
Poveri, poveri capelli!
Niente panico, si impose. Proprio
perché andavano di moda
bastava una sistemata e come minimo al suo ritorno sarebbe riuscito a
lanciare
quel trend anche tra gli aristocratici. Magari una volta trovato il
rasoio
-fatto con un pezzo di pietra che aveva affilato- avrebbe potuto disegnarsi qualche linea a caso sulla
parte più rasata e…
E…
Ok, no, meglio far fare quel lavoro
al suo Jordan versione
scimpanzè. A rasarsi riusciva benissimo da solo, ma per
lavori di “disegno”
ebbene si, anche uno scimpanzè era meglio di lui!
Pensando che non doveva essere troppo
lontano, e sempre
dando un’occhiata all’ex collega dormiente, mise la
testa fuori dalla capanna.
E quel che vide diede
un’altra mazzata alla sua vaga idea di
ringraziare Robin, che aveva stracciato la
sua giacca bianca e l’aveva appiccata come uno striscione a
due bastoni, per di
più scrivendoci sopra
con del succo
rosso di qualche frutto “il re delle
scimmie è una iena”.
Fece un respiro profondo.
“lui ti ha aiutato. Lui ti
ha dato le medicine. Tu stesso
gli hai proposto una tregua. Tu sai benissimo
com’è fatto questo stupido
qui. È già tanto che si sia
limitato a tagliarti i capelli e rovinare la giacca considerando che tu hai dissotterrato la bara vuota di
sua moglie, lo hai inseguito a cavallo e soprattutto hai contribuito a
far
venire fuori la storia dell’esilio della moglie su Nettuno
che adesso è pubblica.
Oltre a mettere in giro le
divertenti foto di lui con quella bambola. Se Robin ha tanta voglia di
comportarsi
come un bambino, non significa che tu debba scendere allo stesso
livello. Anche
perché lui con i suoi ormai sessantacinque anni di
età può usare la scusa della
demenza senile, ma tu che hai solo
quarantacinque anni…eh no, tu proprio no”.
La voglia di rendergli pan per
focaccia c’era, ma lui non
avrebbe ceduto.
Non avrebbe ceduto.
No.
No, no.
No…
No!!!
«scimmietta Alfa, trovami
un paio di lombrichi nella terra
smossa qui sotto. Lom-bri-chi» imitò con la mano
qualcosa che strisciava «gli hiiiii-hi-hiii
per capirci».
…si.
Non sapeva se quell’animale
aveva capito sul serio, ma
comunque la vide andare via. Se c’era una cosa che Mr.
Lancaster aveva imparato
durante la permanenza su quell’isola era che a quanto
sembrava le scimmiette
come quella, gli scimpanzè e i gorilla sembravano avere tre
diverse “lingue”.
Tanto che se si chiedeva una banana ad un gorilla con “hu-ha-ha”
invece
che con “nhraah-ha” questo
capiva “lanciami i tuoi escrementi” ed era un
gran casino, soprattutto da dopo che aveva costruito per loro quelle
catapulte.
La scimmietta tornò poco
dopo con quanto richiesto, in una
specie di cesto di foglie di banano. O così pareva.
«a quanto pare avevi
capito, eh?...mh…no, non esattamente…»
commentò poi, vedendo che la scimmietta non aveva portato su
dei vermi, ma
delle sanguisughe «lo sai che tutto sommato però
sono meglio queste che i
lombrichi? Promemoria per me: hiiiii-hi-hiii non
significa “lombrichi”
ma “sanguisughe”…»
“a quanto pare oltretutto
il vecchio Robbie ha ancora il
sonno piuttosto pesante. Avrebbe fatto meglio a cucirsi dei pantaloni
di
foglie” pensò legando tra loro le caviglia del
compatriota con delle liane
“invece che rimanere in mutande” delle quali tese
l’elastico. Sul dietro, per
fortuna, non sul davanti. Tutto sommato meglio avere delle sanguisughe
appiccicate al sedere che…da qualche altra parte.
«m-ma che
diav…»
“si è svegliato.
Peccato” pensò Howard mettendo rapidamente
via le sanguisughe. Magari le avrebbe usate un’altra volta!
«non te l’hanno
mai detto che in condizioni come la nostra
bisogna stare sempre vigili?»
Robin tentò immediatamente
di alzarsi, finendo
prevedibilmente a sbattere la faccia contro il
“pavimento” della capanna avendo
le caviglie legate.
E quello ebbe
pure la faccia tosta di sorridergli
sarcastico, la sua figura stagliata controluce contro
l’entrata della baracca.
«dovevo lasciarti
crepare!»
«andiamo, con quel che hai
fatto ai miei capelli e
soprattutto alla mia giacca sono stato gentile».
Robin riuscì in breve a
strappare le liane, avventandosi
addosso ad Howard che era ancora convalescente. «vai
all’inferno!!!»
L’assalto di Robin li
portò a lottare sulla parte esterna
dell’ “edificio”, con l’inglese
mascherato sopra all’ex collega che
fortunatamente fino a quel momento era riuscito a parare diversi colpi.
«ti rendi conto che perfino
quando sono convalescente non
riesci a pestarmi come vorresti, Robin?! Direi che sia
indicativo» disse Howard
parando l’ennesimo colpo e, stufo, facendo la mossa preferita
di Emerald contro
Robin Mask. L’infallibile e ormai storica ginocchiata in
pieni genitali.
Ma non basto a scrollarselo di dosso,
anzi, lo fece
infuriare ancora di più.
«questo non basta,
Lancaster!…se sei ancora vivo è solo e
soltanto perché ho capito che non potevo diventare un
omicida a causa tua.
Perché non ne vale la pena. E perché la
mia compagna non merita un
assassino al proprio fianco».
Era stato anche questo, oltre al
discorso di Howard prima
dello svenimento, a dissuaderlo all’ultimo
dall’idea di rompergli la testa con
una delle rocce che c’erano lì vicino. Un conto
era che quella iena morisse da
sola, un altro farla fuori con le proprie mani. Inoltre lo aveva
salvato ben
due volte da quando erano giunti lì, prima tirandolo fuori
dall’oceano e poi
mandando quei gorilla a sbarazzarsi dei giaguari che volevano
“invitarlo a
cena” per così dire.
E a parte il fatto che questo,
dunque, lo aveva posto in
debito con Howard c’era anche un’altra questione:
dopo quei salvataggi, se
Robin non avesse fatto altrettanto sarebbe saltato fuori che Howard
Lancaster era
un uomo migliore di lui. Un uomo che non avrebbe lasciato
morire un ex
amico.
E poteva, Robin Mask, permettere che
il suo nemico fosse
migliore di lui? Ma assolutamente no.
Ed ecco quindi che, pur se seccato,
pure se avrebbe voluto
fare tutt’altro, e nonostante quelle piccole rivincite che si
era preso su
capelli e giacca aveva deciso di risparmiarlo e dargli quelle benedette
medicine. Almeno non sarebbe più stato in debito ed avrebbe
potuto continuare a
ritenersi migliore di lui.
«sono alcuni dei motivi per
i quali quando rifiutasti di
sciogliere il patto io non ho ucciso te»
replicò l’altro,
riuscendo ad invertire la situazione con un colpo di reni e trovarsi
sopra
Robin, riuscendo a farlo voltare di schiena e stringendolo in una morsa
particolarmente dolorosa.
«sei stato tu ad avere
accettato!»
«ho dovuto, altrimenti
per colpa di mio padre e di
quell’incapace che avevo assunto la mia famiglia sarebbe
finita in mezzo ad una
strada, e nemmeno loro meritavano questo» strinse
più forte «altrimenti non
avrei mai accettato una cosa come quella! Mai!»
Con la pura e semplice forza della
propria furia Robin
riuscì a liberarsi, e si trovarono a fronteggiarsi in piedi
uno davanti
all’altro. «e perché?! Era
semplicemente qualcosa che garantiva che
tutto andasse com’era naturale che andasse, o meglio, come
allora pensavo fosse
naturale che andasse! Quante volte parlando è saltato fuori
quell’argomento,
Howard, quante?! E poi TU hai voluto mandare tutto
all’aria! Ti sei
rifiutato di stare a quanto si era deciso…»
«a quanto tu
avevi deciso ed hai cercato di impormi
anche a debito saldato!»
Si scontrarono al centro dello spazio
in cui stavano,
cercando vicendevolmente di far cadere a terra l’altro.
«era qualcosa che sembrava dovesse
essere, ed io ho
solo cercato di fare in modo che così fosse! Quanto volte
avevamo detto che
sarebbe stato bello se le nostre famiglie si fossero unite attraverso
il
matrimonio dei nostri figli?!» disse Robin, con la voce di
chi è sotto sforzo.
«da lì
a costringerli c’era un abisso»
ribatté
Howard, che si stava sforzando altrettanto «ma tu questo non
lo capisci, con la
tua mentalità da “io decido e tutti gli altri
devono seguire quel che io ho
scelto, che stia loro bene oppure no”».
«sembrava scontato, Howard!
Scontato! Non venirmi a
dire che tu non lo hai mai pensato! Io ho avuto un figlio maschio e tu
una
femmina, tu sei il padrino di mio figlio ed io della tua, era perfetto,
maledizione, perfetto!!!»
«si, a non tenere conto
della volontà di quei due ragazzi
sarebbe stato un perfetto matrimonio combinato stile
medioevale!»
Sembrava che nessuno dei due
riuscisse a sopraffare l’altro.
Erano in stallo, e probabilmente stavano avendo una conversazione che
avrebbero
dovuto avere da un pezzo.
«loro due andavano
d’accordo!»
«erano bambini di quattro
anni, Robin, e si sono visti solo
quella volta e poi mai più fino a quasi due anni fa, non si
può fare una cosa
simile in generale, e tantomeno su basi così fragili! Io
devo ancora capire che
cosa ti è saltato in testa!»
«te l’ho detto
cosa volevo, che la mia famiglia e la tua si
unissero, perché scoperta ed esiliata mia moglie voi
Lancaster e tu soprattutto
eravate tutto quel che mi rimaneva e volevo tenermelo stretto
legando me e
Kevin a doppio filo con voi!!!»
“…ma che
accidenti ho detto?!” pensò Robin subito dopo.
Ed ecco che era saltata fuori la
verità riguardo una
questione che fino a quel momento era stata del tutto priva di senso.
Non che
così fosse tanto meglio.
Quindi Robin aveva fatto tutta quella
cosa con l’intento di
non perdere quei pochissimi legami importanti che gli erano rimasti,
facendo
invece andare a finire tutto al contrario. Così come aveva
manipolato ogni
aspetto della vita del figlio per cercare di far si che venisse su come
voleva
lui, aveva cercato di manipolare anche un amico in modo che si trovasse
costretto a seguire la sua volontà e restargli vicino.
Ed era già andata di lusso
che avesse voluto combinare un
matrimonio tra i figli, invece che tra lui stesso e la ragazza.
Peccato per Robin che Howard non
fosse la persona giusta con
cui provare a fare certi giochetti.
«…»
«Robin. Tu a fare certe
cose non sei adatto. Simili
manipolazioni vanno lasciate fare a chi le sa fare, e tu non
le sai fare,
tant’è vero che hai ottenuto esattamente il
contrario di quel che volevi. Per
non parlare del fatto che io non ero tutto quel che ti rimaneva,
perché c’era
anche tuo figlio, che avresti dovuto considerare come tale, invece che
un
“tramite” per legarci».
Non aveva mica tutti i torti.
«…sta’tranquillo
sul fatto che adesso ho cambiato idea!!!»
sbottò Robin, lasciando improvvisamente la presa per
sollevarlo dopo averlo
afferrato per i fianchi presumibilmente con l’intento di
sbatterlo a terra o
buttarlo giù.
«la cosa comica
è che se tu avessi fatto meno l’idiota forse
Kevin ed Emerald si sarebbero messi insieme già da prima,
avrebbero avuto meno
problemi e magari durerebbe ancora. Perché temo che anche la
nostra faida
c’entri nel fatto che si sono lasciati, per quanto a me
questa cosa non
dispiaccia visto che ho sempre caldeggiato la sua unione col mio uomo
di
fiducia e per quanto ne so adesso lei è felice e
contenta» con un gesto
improvviso tolse l’elmo all’ex amico «ho
preso un souvenir!»
«cos-ridammelo
immediatamente!» sbottò Robin,
allentando scioccamente la sua presa su di
lui. Che fece un sorrisetto che non prometteva niente di buono.
«questa maschera
sarà anche una tradizione ma è deleteria,
Robbie» commentò Lancaster per poi abbattere
ripetutamente e più forte che
poteva entrambi i gomiti sulla testa di Robin
«perché ti distrae» Robin si
ostinava a non lasciarlo, e lui allora dopo esserglisi attaccato con
una presa
delle gambe giù, gomitate su gomitate
«è una protezione ma se te la tolgono vai
fuori di testa e crolli»
altra
gomitata assassina «a» un’altra
ancora, che fece piegare Robin sulle ginocchia «terra!»
Lo aveva colpito tanto forte da
ferirlo, da fargli colare il
sangue sugli occhi.
E no, non ne era esattamente felice,
tanto che visto questo
Howard scese e si allontanò da lui. Robin adesso vedeva
rosso in tutti i sensi,
ma a fatica si rialzò lo stesso.
«non è
finita!»
«si che è
finita. Robin, per il tuo stesso bene, chiudiamola
qui».
«no!
Mi credi così
debole, Lancaster?! Io sono-»
«un tonto,
lo
sapevo già» disse lui sarcastico «ho
detto chiudiamola qui e la chiudiamo qui».
«perché?!»
L’altro alzò le
mani. «un conto è inseguirti a cavallo,
rovinarti, staccarti la flebo di antidolorifici per un quarto
d’ora e un altro
ridurti in poltiglia, tanto più che ti è successo
da poco e per mano di mia
figlia!...e poi non è questo il momento. Oltre al fatto che
anche se potrei non voglio.
Tu lo sai che a me combattere in prima persona non piace,
perché so come va a finire; non mi costringere».
«la verità
è che tu sei solo un vigliacco».
«no, la verità
è che per quanto sia terribilmente divertente
punzecchiarti in ogni modo io avrei preferito se in questi anni
avessimo
continuato ad essere quei due cretini che saltellavano abbracciati ad
ogni goal
del Liverpool» ammise.
Attimo di silenzio.
«confessione per
confessione».
«non cambia niente. La mia
porta per te è e resterà chiusa.
Soprattutto dopo quel che facesti a Warsman».
«colpa tua Robin, dovevo
pur tentare di convincerti in
qualche modo. Se fossi stato abbastanza saggio da lasciar perdere quel
patto, o
almeno dirmi come stavano davvero le cose compreso quel che
è successo con tua
moglie, avrei provveduto a rassicurarti che non ero dell’idea
di rompere il
nostro legame d’amicizia e non avresti perduto più
nessuno. Ma tu no, dovevi
fare di testa tua per forza!»
«non avresti dovuto dargli
la caccia in ogni caso! È un uomo
come noi, non una bestia!»
«è una bestia
che conosce la gratitudine, ma è sempre una
bestia».
Nonostante le reciproche confessioni
nessuno dei due cedeva
su quegli argomenti che li avevano portati a litigare. E
finché ciò non fosse
accaduto non avrebbe mai potuto esserci una riconciliazione.
Ma era possibile, poi? Dopo tutto
quel che era successo era
davvero possibile che arrivassero a fare pace e tornasse tutto a posto?
«no invece! Non so per
quale strana malattia mentale Warsman
ti sembri una volpe…»
«magari per lui, se
somigliasse ad una volpe».
«…falla
finita!!!»
«ha
messo le mani
addosso a mia figlia, e se l’ho lasciato vivere
è solo perché Emerald è
troppo buona ed ha voluto così, e per la tua salute fisica ti consiglio di non
uscirtene con qualche insulto verso di lei perché
a quel punto
non mi tratterrei dal finire il lavoro iniziato poco fa».
«ah! Tua figlia!
Tua figlia mi ha rotto lo sterno con
un colpo solo, e mi chiedo cosa diamine le hai fatto a quel
braccio!»
«gliel’ho rimesso
a posto».
«si, e con cosa?!»
«con quel che ci voleva.
Basta così, adesso vai nella
capanna e stai buono».
Gli stava offrendo pure un posto dove
stare. Ma che gentile.
«non accetterò mai la
tua elemosina».
Ma perché
quell’uomo doveva essere uno zuccone simile?!
«d’accordo
allora. Come ti pare. Scendi di qui e veditela
con i giaguari, le api e tutto quel che c’è in
questo posto. Io il mio l’ho
fatto, tu non hai accettato, sono affari tuoi».
Fece per rientrare, quando la terra
iniziò a tremare.
Forte.
Molto più forte rispetto a
tutte le altre scosse che c’erano
state.
Da lì poi si vedeva
perfettamente il vulcano sbuffare fumo
più che mai, e…sbaglio o quelle sembravano
scintille…?
«ma che diavolo-»
Gli animali stavano correndo via
verso la costa. A che pro,
poi? Ma era un’ulteriore prova del pericolo incombente.
«mi sa che il vulcano ha
voglia di eruttare, Robin» fu il
rapido commento di Mr. Lancaster, che era rientrato nella capanna per
prendere
la valigetta e si preparava a lasciare la sua dimora “da
re” «mi auguro per
queste povere scimmie che l’intera isola non esploda anche se
a giudicare dalle
scosse e quel che vedo temo che andrà proprio
così! Dobbiamo andare via di
qua!»
«com-agh!»
la
struttura intera iniziò a crollare, e se Robin non cadde
giù fu solo perché l’altro
riuscì ad afferrarlo in tempo, mentre pensava che ferirgli
la testa in quel
modo non era stata una bella idea nella situazione attuale.
«il canotto espansibile.
Dimmi che non hai buttato il
canotto espansibile!»
«mi credi completamente
stupido, Howard?! Ce l’ho io!»
«allora tutto sommato la
demenza senile non ti ha ancora
preso completamente. Aggrappati a me, dobbiamo scendere».
«no
che non mi
aggrappo!»
«non fare lo sciocco e
dammi retta! Tu vuoi rivedere la tua
compagna, vero? Se muori qui non succederà!»
Dopo un brevissimo istante di
esitazione Robin si aggrappò
all’ex amico. «lo faccio solo per Alya, non
perché io ti odi di meno!»
«non mi importa il motivo
per cui lo fai, a patto che tu lo
faccia» fu la secca risposta dell’altro mentre
scendevano dall’albero «e
continua a starmi aggrappato anche adesso, perché dobbiamo
correre».
«non-»
«sono sempre stato
più veloce di te, e tu adesso come adesso
non ce la fai! Apri gli occhi una buona volta!»
E incurante delle proteste di Robin,
Howard -con la scimmietta
di prima, lo scimpanzé di fiducia e l’altro con le
mani guantate al seguito-
iniziò a correre verso la spiaggia. Nemmeno lui era
esattamente in forma, era
ancora convalescente, ma lì si trattava di sopravvivere
quindi…che avrebbe
dovuto fare se non questo?
:: Washington
DC ::
«allora Hammy, ripassiamo
la lezioncina: io ho smesso di
farmi le canne. Io non corro nei rally. Io non faccio esplodere topi e
l’odio
verso i serpenti mi è passato. Nessuno mi chiama
più Armageddon».
«si, e secondo te nonna
è anche diventata scema, magari»
Michael diede un’occhiata non proprio incoraggiante al
fratello «potrai anche
riuscire a farle credere che hai smesso di fumare, ma quanto al resto
non
contarci. E tu Emerald vieni davanti, dopo, ok? Altrimenti
sembrerò un tassista».
Prima di andare da nonna
Isabèl infatti l’ex mercenario si
era offerto di spedire un grosso pacco per conto dei suoi. Avrebbe
voluto
metterlo nel sedile posteriore con Zeke, ma Emerald col dire che
“così gli era
più comodo da prendere” invece era andata dietro
con Zachary, e la scatola era
sul sedile anteriore.
«ok,
no problem».
Erano in viaggio giusto da un paio di
minuti, le poste da
casa Connors distavano un quarto d’ora, e per arrivare da
nonna Isabèl almeno
tre quarti d’ora ci sarebbero voluti. Anche dopo la morte del
marito la donna
infatti era rimasta nella casa in cui aveva abitato da quando era
arrivata, in
un quartiere latino che era piuttosto distante da quello dove vivevano
figlia,
genero e nipoti.
«mh. E adess-ma
vuoi
abbassare il volume a quell’affare?!!»
sbottò il soldato all’indirizzo del
fratello quando questi tirò fuori un Nintendo per
giocare…indovinate a cosa? Ma
a Pac-Man naturalmente, e con la musichetta a volume massimo.
«ma non è mica
alto» dissero in coro sia lui che Hammy, alla
quale Zachary fece -stranamente e galantemente- giocare il primo turno.
«le cose sono due, o siete
entrambi sordi…o siete entrambi
sordi!»
«si però anche
tu quando metti Eminem non lo tieni
esattamente a trenta» gli fece notare Emerald.
«ma Eminem è
un’altra cosa…»
«io l’unica cosa
che so è che voi due ieri
sera col casino che avete fatto per fare a gara a chi
alzava di più il volume avete indotto il signor Wilson a
chiamare la polizia! E
ai vostri genitori è preso un colpo quando sono tornati ed
hanno visto la
volante!»
La musichetta di Pac-Man ripetuta a
ciclo continuo contro
“Without Me”. Una cosa da diventarci matti.
«e, pensa un po’,
per
quello ci sono venuti a cercare!» Zeke
alzò gli occhi al cielo «mica per
quelli a cui ho dato fuoco o tagliato
l’arteria…»
«ma sarà meglio
così, no?»
«indubbiamente
però ecco, non si muovono per le cose più
serie ed arrivano alla prima sciocchezza».
«e comunque io la musica
l’avevo messa per altri motivi»
disse il primogenito dei Connors con una faccia da schiaffi infinita
«vero Hammy?»
«aaah, coprivate i suoni di
un accoppiamento non a scopo
riproduttivo! Capisco» annuì solennemente Zeke
«potevate dirmelo».
«quando ti hai attaccato
Pac-Man avevamo praticamente
finito» disse la ragazza.
«e beh, mancavano un paio
di canzoni alla fine dell’album.
Album deluxe. Di oltre trenta tracce» specificò
Zachary «da oltre quattro
minuti l’una, quindi mediamente quattro minuti per trentuno
canzoni fanno
centoventiquattro minuti di amplesso avuto in santa pace, che non
è poco…»
«cioè tu ti
metti a calcolare pure per quanto tempo…?»
«curiosità
scientifica».
«ma chi me l’ha
fatto fare di tirare fuori il discorso,
accidenti a me» borbottò Michael.
«Lentiggine, prima di
andare da nonna facciamo che ci
fermiamo al negozio di animali?»
«e per fare cosa?»
«voglio uno di quei due
coniglietti neri col pelo lungo che
c’erano in vetrina».
«…per farci su
qualche esperimento?»
«ma che cavolo
dici?» Zeke sembrava quasi offeso «io gli
esperimenti li faccio solo ed esclusivamente sui topi, sui serpenti e
sugli
animali che strisciano! I conigli non strisciano, i conigli saltellano
e poi sono
tanto carini!»
“Zachary Connors, lo stesso
ragazzo che da’ fuoco ai balordi
con tatuaggi serpenteschi, oggi indossa pantaloni rossi a pois bianchi
di
diversa misura ed afferma che i coniglietti ‘sono tanto
carini’…” pensò
Emerald, senza esprimersi però, continuando a giocare con
Pac-Man.
«si guarda poi ti ci vorrei
proprio vedere a pulirgli la
gabbietta, ricordarti di nutrirlo e tutto il resto!»
«ma certo che lo farei!...e
se non lo facessi lo farebbe
mamma…»
«e quando, che
lei e papà sono sempre al lavoro?!»
«ho
vintoooooooo!!! …ti ho pure battuto il record,
Zeke» esultò a un certo punto Hammy.
«NOOOOOOOO come hai
potutooooo?!!» l’albino prese in mano la
console con -ovviamente falsa- aria affranta «sei
cattiva!»
«si, sono molto
cattiva…»
Eccetto che per le arterie tranciate
e la gente andata a
fuoco quelle tre settimane a Washington per Emerald si stavano
rivelando il
periodo più “leggero” che avesse avuto
da un bel po’ di tempo a quella parte. I
problemi che aveva avuto a Tokyo li aveva lasciati là
dov’erano, i genitori di
Michael a momenti l’avevano accolta come se fosse stata
“loro”, con Zeke
nonostante fosse un po’schizzato si divertiva come una matta,
e Michael…beh,
era Michael. L’unica volta che avevano discusso da quando
erano arrivati a
Washington era stata quando erano andati da soli a mangiare fuori: lui
avrebbe
voluto pagare tutto, e lei…idem, col dire “sono
ospite a casa tua tre
settimane, lasciami pagare almeno quando siano ‘in
trasferta’, no?”.
E anche quando erano ancora a Tokyo,
le discussioni
-pochissime- che c’erano state erano sempre di quello stampo.
Stupidaggini
immediatamente ricucibili. Non c’era niente della
“tragedia” che era ogni volta
che lei e Kevin finivano a litigare, o grandi dichiarazioni
d’amore imperituro
-in tutti quei mesi non si erano mai detti “ti amo”
a dire il vero- né tutta
quella gelosia, quella possessività. Nessuno dei due lo era
particolarmente.
Lei e Connors erano innanzitutto due grandi amici, oltre che complici ed amanti che
stavano insieme per…il
piacere di stare insieme, più che altro. E se mai questo
“piacere” si fosse
logorato col tempo e poi finito, entrambi sapevano che la conseguente
fine del
rapporto sarebbe stata senza tanti drammi e che probabilmente sarebbero
rimasti
amici lo stesso.
Kevin invece ci aveva tenuto a dirle
per sms “vai al diavolo
stronza, stasera mi faccio un’altra”,
più di un mese prima. Lei gli aveva
risposto un “ok ma …
chemmefregammé?”, e quella era stata
l’ultima volta che
l’aveva sentito. Tanta allegria, insomma.
Arrivati alle poste Hammy come
stabilito una volta sceso il
pacco cambiò posto e si mise sul sedile davanti.
«la cattiva se ne va…»
«nooo, torna da me! Mi
manchi tanto! non lasciarmi solo…!»
scherzò Zachary.
“…non
lasciarmi solo,
farò quel che vuoi, sarò quel che vuoi, ma non
lasciarmi, io ti amo, non voglio
perderti io…ti amo…”
“una
promessa è una
promessa. Quando ne faccio una di solito tendo a mantenerla”.
“allora
voglio che tu
me ne faccia una adesso. Prometti che per me ci sarai sempre, nel bene
e nel
male; io farò lo stesso”.
Già.
Non
avevano
mantenuto quella promessa alla fine, né lei né
Kevin.
Lei gli
aveva
promesso che ci sarebbe sempre stata, e adesso era a Washington invece
che a
Tokyo. Ma d’altra parte se l’era voluto Kevin. E
lei era letteralmente persa per
Connors da un bel pezzo,
questo era assolutamente innegabile visto che era
bastato un
semplicissimo bacio a mandarla in confusione tale da chiedere una pausa
di
riflessione a Kevin, quindi pensò che…quella
promessa avrebbe anche potuto fare
a meno di fargliela. Perché avrebbe dovuto capire che era di
quelle che non
avrebbe potuto mantenere. Vero che al momento della promessa lei e
l’americano
non si vedevano da tre anni e comunque fino a pochi mesi prima non
sarebbe
passato loro nemmeno per l’anticamera del cervello che
avrebbero finito per
mettersi insieme.
«adesso che hai trovato una
che ti dà corda non ti schiodi
proprio, eh?» l’ex mercenario aveva fatto molto
presto «spiacente però, è
impegnata. Magari ne trovi una al prossimo Comicon».
«si, come se a me di avere
una relazione fregasse qualcosa»
l’albino si distese occupando l’intero sedile
posteriore «non ne capisco il
senso».
«…Hammy, ma
perché io perdo tempo a parlare con quello
strano essere pallido?»
«perché
è tuo fratello magari?»
«giusta
osservazione».
«però lungo la
via effettivamente non sarebbe male l’idea di
fermarsi a quel negozio di animali…»
«SPOSALA!!!»
«come ti ha
corrotta?»
«non mi ha corrotta,
è che quel coniglio piace anche a me».
«allora facciamo una cosa,
prendiamo tutti e due quei
coniglietti neri così uno -disgraziato- resta qui con
Zachary, e l’altro viene
a Tokyo con noi».
«siiiiiiiii»
esultarono i due ventenni -quasi
ventenni nel caso di Hammy- battendo le mani. Come due bambini,
proprio…
«poi però si va
da nonna e basta».
«dici che i biscotti li ha
fatti?» disse Zeke speranzoso.
«ma che ne so? E poi dopo
mesi e mesi che non la vedi tu
credi che a me importi qualcosa se ha fatto o no i biscotti?!»
«non ti importa
però quando ci sono li mangi».
«e beh…che
dovrebbe fare, stare a guardarli?» si intromise
Emerald.
«parole sante. E non
azzardarti a riattaccare il Nintendo
Zachary perché adesso… musica!»
“Wise
men say only fools rush in
But I
can’t help falling in love with you
Shall I
say Would it be a sin?
If I
can’t help falling in love with you…”
«…credevo che
avresti messo Eminem» disse Hammy, che ad ogni
modo aveva apprezzato molto la trovata.
«tutto sommato non esiste
solo Eminem».
«…si, per le
vostre nozze questi pantaloni andrebbero bene?»
riecco Zeke che si faceva sentire.
«ancora con questa
storia?!»
«hai appena detto
“non esiste solo Eminem”!»
«e vabbè, che
vuol dire…» spallucciò Emerald
«e comunque per
quel che mi riguarda puoi mettere i pantaloni che ti pare, anche
perché
eventualmente non sarebbe proprio una cosa
tradizionale…»
«e di sicuro non in
chiesa» specificò il soldato.
«no, no, infatti, che io se
entro in chiesa e una goccia
d’acqua santa mi tocca mi incenerisco; converrebbe fare tutto
nella mia tenuta,
cerimonia, ricevimento -parte I, e ricevimento - parte II».
«con Eminem ad esibirsi
nella seconda parte e Celine
Dion a cantare
“Can’t help falling in
love” al posto della marcia nuziale».
«e io col vestito rosso che
scendo la scalinata principale
di casa, a braccetto con mio padre. Vestito rosso Pnina Tornai fatto su
misura
e con gonna rimovibile, così poi diventa corto e ci posso
ballare».
«si, anche
perché per il primo ballo impiccerebbe visto che
probabilmente sarebbe una bachata».
«eh la la! Addirittura la
bachata».
«solo perché poi
c’è Eminem…io penso che tra i tuoi
parenti
e i miei saremmo uno sfracello di gente» osservò
Connors.
«ma tanto la tenuta
è immensa, chissenefrega…»
minimizzò
Hammy.
«e poi non vogliono
sposarsi, noooo, per niente» disse
l’albino con un sorrisetto.
Breve silenzio.
«non ora, almeno»
borbottarono entrambi gli interessati.
Il viaggio procedette senza intoppi,
ed una volta arrivati
al negozio di animali e comprati i coniglietti -“come li
chiamiamo?”, “Pac-Man
e Ghost!”, “ma anche no…Max e
Moritz!”, “ma non mi piace!”,
“ma chiamateli
tutti e due Rabbit e fatela finita!”- i tre arrivarono
finalmente da nonna
Isabèl nel quartiere latino.
E la prima cosa che fece quella
-ancora bella nonostante
l’età- signora argentina dagli occhi scuri e il
portamento fiero, fu…tirare le
orecchie ad entrambi i nipoti!
«…ma…perché?!…»
«porque tu,
Zachary, continui a combinare danni…y
non ti azzardare a contraddirmi perché io lo so
che è così! Le cose te
le leggo in faccia, ragazzo. Y tu, Michael, porque
ci hai messo
quasi trentaquattro anni a prenderti una novia da
farmi conoscere!»
«ma non è colpa
mia! Non è mica facile…»
«non è vero che
faccio danni! Ahi» seconda tirata di
orecchie per l’albino.
«non mentire a tua
nonna!...» fatto ciò si avvicinò ad
Emerald, il cui istinto sarebbe stato quello di ritrarsi temendo di
ricevere
anche lei una tirata d’orecchie non si sa per quale motivo
«y tu nombre es Emerald,
si? Victoria me ne ha parlato per telefono».
«si, signor-...»
Ed eccone un’altra che
l’acchiappava e l’abbracciava.
«mi
nieta!…sono contenta di
conoscerti…»
“…davvero mi ha
chiamata ‘nipote’?” pensò la
ragazza.
«a-altrettanto!»
«mi sembra incredibile che esto
scapestrato abbia
finalmente messo la testa a posto!» altra occhiata
apparentemente pericolosa
all’ex mercenario «era ora! Alla tua
età, Michael, tua madre aveva già
quattordici anni ed io ero sposata da quindici!»
«erano altri tempi, abuelita».
Dopo quei brevi ed intensi saluti
entrarono tutti quanti in
casa. Nonostante gli anni trascorsi a Washington, Isabèl
Rosa Valdes Perez non
solo aveva mantenuto un forte accento -e temperamento- argentino ma
anche gli
interni della sua casa davano ancora molto l’idea di
“sud America”. Oltre a
mostrare un grande attaccamento alla famiglia vista la
quantità spropositata di
fotografie che ritraevano -oltre a figli, genero e nipoti- un sacco di
altre
persone che Emerald non aveva mai visto e che probabilmente erano i
famosi
parenti in Argentina. In più su un mobiletto
c’erano una quantità immensa di
lettere provenienti da quel Paese, segno che Isabèl
manteneva vivissimi i
contatti.
Dopo un paio d’ore di
chiacchiere fatte per conoscere meglio
Emerald, la quale per fortuna era abituata ad avere a che fare con
nonne
“irrefrenabili”, e diverse altre tirate
d’orecchio a Zeke -“continui a fumare
quella robaccia, vero?...come lo so? Eh! Io SO!”- la donna
ebbe
l’apprezzatissima idea di invitarli tutti e tre a cena.
«posso dare una
mano?» si offrì Emerald.
«non
c’è bisogno…ma se ci tieni tanto tu e
Zachary potete
andare a cogliere del timo nell’orticello dietro
casa».
Una volta che i due furono andati
però la donna non si mise
subito a cucinare. Piuttosto fece cenno a Michael di avvicinarsi.
«che mi dici, eh
nonna?»
«che devi venire conmigo».
Perplesso il soldato la
seguì fino in camera da letto. La
signora tirò fuori una scatolina dall’ampio
cassettone.
«no es
solo perché è la prima che mi porti a far
conoscere, es anche
perché…» lo guardò
«tu cosa senti?»
Connors era più perplesso
di prima, ma a quella domanda
sapeva rispondere. «tu sai che io non sono uno che crede
nelle favole, non lo
sono mai stato. Non posso sapere se lei sia quella giusta oppure no,
così come
non posso sapere se durerà, e se si per quanto.
Però so che con lei sto veramente
bene. E che mi sento spinto ad essere un uomo migliore per
meritarmi di
averla accanto. E so anche che io sono felice adesso che lei c’è,
e che
continuerò ad esserlo finché ci sarà.
E se Emerald dovesse esserci per…aah,
anche finché resto vivo in questo diavolo di
mondo… ben venga, accidenti! e che
se anche dovesse finire non mi pentirei di niente».
Non che lui fosse uno che si pentiva
di qualsiasi cosa, eh.
Però era stato abbastanza chiaro.
E la nonna nell’aprire la
scatolina e mostrargli il
contenuto fu ancora più chiara.
«credi di farcela a
portarla di nuovo qui con questo
addosso prima che ripartiate?...»
L’ex mercenario
indicò la scatola. «…»
«lo so, non avete fretta.
Ma…tu daglielo, intanto» richiuse
la scatolina, gliela cacciò in tasca e lo spinse
letteralmente fuori dalla
stanza «forza e coraggio, ragazzo!»
Tornarono in cucina appena prima che
Hammy e Zeke
rientrassero.
Michael pensò che dopo lui
ed Emerald avrebbero dovuto
parlare. Non pensava di chiederle di sposarlo, ma riteneva corretto
darle una
spiegazione a riguardo.
Con l’abitudine che aveva
lei di frugare nelle tasche -e non
solo- altrui, trovando quella scatola e quel che conteneva avrebbe
potuto farsi
un’idea sbagliata -ma lo era poi tanto?- e magari spaventarsi
e “fuggire” non
sentendosela di andare così di corsa. La chiarezza, da
sempre una costante tra
loro, avrebbe ancora evitato equivoci…e quanto al
resto…que serà, serà.
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Capitolo 24 *** Via dall'isola!...e non solo... ***
«Robin…»
«…si?»
«giuro su Dio che se non
stessimo per morire questa volta ti
ammazzerei. Sul serio».
«ma non è colpa
mia se quel si è aperto crepaccio e io per
non caderci dentro ho perduto la presa sul canotto!»
Che teneva in mano, ancora compresso,
mentre correva
aggrappato ad Howard.
«è questo il
punto: tu la presa non avresti dovuto
perderla!»
Erano ormai arrivati in spiaggia con
tutto il resto degli
animali, ma adesso grazie a Robin non avevano più uno
straccio di imbarcazione
con cui andarsene, e non solo la terra tremava ancora più
violentemente ma il
vulcano aveva già iniziato a far colare la lava. E a
giudicare da quel che
stavano sentendo non era ancora niente.
Ormai era ufficiale,
l’isola sarebbe esplosa.
«e adesso?!»
«e
adesso…io…» Lancaster guardò
verso l’oceano.
“non so che
fare”.
Quella era la dura verità.
Non sapeva che fare. Il tempo era
agli sgoccioli e loro non potevano andare via. Se fosse stato solo
avrebbe
tentato di andarsene a nuoto, ma non era solo, e
Robin oltre a non
essere questo gran nuotatore era pure ferito. E poi gli seccava
lasciare lì a
morire i suoi “sudditi” primati.
Si, avrebbe potuto fregarsi di tutto
ciò ed abbandonare
tutti lì.
Ma non voleva!
«tu cosa? tira fuori
un’idea!»
«bello avere sempre chi
pensa al posto tuo, eh?...l’unica
possibilità che vedo è provare a nuotare
più lontani che possiamo».
«nuotare?!
Ma tu lo sai che io-»
«non
c’è altra possibilità! Ed io
non intendo
assolutamente morire qui e adesso!
Io devo tornare a casa dalla
mia famiglia. Hanno bisogno di me. Janice ha bisogno di me. Emerald
ne
ha» lo guardò «e non credo che tu voglia
morire senza aver salutato la tua
compagna».
Alcuni gorilla impauriti durante la
corsa e l’ammassamento
buttarono giù diversi alberi, che rotolarono sulla sabbia
finendo dritti in
mare dopo aver buttato giù qualche animale sulla loro strada.
«non che non
voglio!!!»
«e allora dobbiamo
provare, a costo di dover essere
io e tenere a galla tutti e due!»
Robin per qualche istante non disse
nulla. Sembrava proprio
che la sua vita fosse ormai agli sgoccioli e, ironia della sorte,
sarebbe morto
proprio insieme ad Howard Lancaster…che a quanto pare non
aveva la minima
intenzione di lasciarlo lì.
Se l’avesse fatto avrebbe
avuto più probabilità di salvarsi,
e si sarebbe allo stesso tempo liberato del moscerino spiaccicato sul
suo
parabrezza. Per Lancaster sarebbe stata la cosa più
conveniente quella, filare
via e basta.
E invece continuava ancora ad
aiutarlo a tenersi aggrappato
in modo da non crollare giù.
Ma perché?!
«diciamocelo,
Lancaster…siamo spacciati. Non puoi pretendere
di tenere a galla anche me. Non puoi».
«posso eccome.
Muoviti!...collabora, maledizione!»
cercò di sollevare l’ex collega che si era
semplicemente messo a sedere a
terra. Senza più niente di quello spirito combattivo che lo
contraddistingueva.
Si era…rassegnato. Forse ultimamente ne aveva passate
davvero troppe, e non
aveva più l’età per reggere tutto
questo trambusto. Era un uomo molto, molto
forte…ma era sempre un uomo.
Ultrasessantenne. E con i suoi limiti.
«nuota via».
«no».
«se te ne vai adesso e
nuoti da solo magari ce la fai. Ed io
preferisco essere morto piuttosto che in debito
con te un’altra volta».
«metti da parte questa
faccenda per adesso, vecchio
testardo!»
Quando Howard provò a
tirarlo su di peso l’altro lo spinse
via. «no».
«e la ragazza? La tua
ragazza?»
«a qualcuno i soldi dovevo
pur lasciarli».
“a beh, almeno per la
ragazza forse sarebbe meglio se lo
accontentassi e lo lasciassi morire qui” pensò
Howard che non conoscendo
minimamente Alya non poteva nemmeno sapere che lei era una a cui dei
soldi non
avrebbe potuto importare di meno, se per averne il prezzo da pagare era
la vita
dell’uomo in cui “si era persa”.
«non posso lasciarti
qui».
«non eri quello che
“può tutto”?»
«sii
ragionevole…»
«sono molto ragionevole.
E ti dico di toglierti dai
piedi immediatamente».
«torneremo in Inghilterra
entrambi. Non accetto
alternative!»
«ogni tanto anche tu dovrai
pure accettare qualcosa che non
vuoi».
«direi di no!»
«all’esplosione
dell’isola non manca molto, vattene».
«non -senza -di
-te».
Robin voltò la testa verso
di lui.
«qualcosa
dell’uomo che conoscevo forse è rimasto,
dopotutto».
Una frase che sorprese
l’altro per un brevissimo istante.
«appunto, e allora sai che non riuscirei a perdonarmi per
averti lasciato qui».
«eppure credo che negli
anni tu ti sia perdonato parecchie
cose, mh?...senti, adesso che sto -o stiamo se non
ti togli di
torno- per morire,
una cosa devo
dirtela».
«quale?»
«che avrei preferito anche
io se fossimo rimasti quelli di
un tempo perché nonostante tu sia -e sia sempre stato-
quantomeno “eccentrico”,
io con te mi divertivo parecchio».
“…e questo
stupido torna a ragionare solo adesso, eh?” pensò
Howard, che comunque non era rimasto indifferente
all’ammissione dell’altro.
«per me è lo
stesso. Ed è per questo che non…»
“tronchi...sull’acqua…”
Era stato quello ad interromperlo.
I tronchi degli alberi buttati
giù dai gorilla galleggiavano
sull’acqua.
«nnrrraaah!
Nrah-ah-ah!!!»
Sentire il compatriota emettere quei
versi da primate
riscosse leggermente Robin dalla rassegnazione in cui era piombato,
facendogli
pensare che Lancaster fosse diventato completamente matto
all’improvviso, con
quelle urla e quei gesti strani.
Non si era reso conto che i gorilla,
che come tutte le
scimmie presenti lo consideravano ancora il loro re, si erano
acquietati e
adesso si stavano dedicando a buttare giù altri alberi per
poi lanciarli in acqua.
«nrah-ah!
rrrr-ah-ah-ah!!!»
«…ma si
può sapere che stai facendo?!»
«faccio in modo di andare
via di qui con tutti quanti,
inclusi te e le scimmie se buttano giù tronchi a sufficienza
in tempo limite!»
indicò i tronchi in acqua, e disse qualcosa alla scimmietta
che gli era rimasta
dietro, nonché ai due scimpanzè che urlato il
messaggio a tutti gli altri
primati si lanciarono dritti sui tronchi, apparentemente avendo anche
capito
che dovevano nuotare via «i tronchi galleggiano, se saltiamo
su uno di quelli
non ci sarà bisogno che tu tenti vanamente di rimanere a
galla!»
Che diamine, aveva ragione!
«quindi fammi capire, quei
versi che facevi erano degli
ordini in scimmiese stretto?!»
«qualcosa del genere,
dovevo pure farmi capire in qualche
modo da quei gorilla!...anche loro una volta finito ci raggiungeranno
in acqua,
noi andiamo!» stavolta Robin fu più collaborativo
nel lasciarsi alzare
raggiungendo uno dei tronchi galleggianti.
«giusto a te poteva venire
un’idea tanto balzana» borbottò.
Che diavolo, era in debito con quel tizio un’altra volta!
Howard si mise seduto davanti a lui
sul tronco, e remando
entrambi con le braccia riuscirono ad allontanarsi dall’isola
mentre adesso
anche i gorilla abbandonavano la terra per imitare loro due e tutti gli
altri
primati.
I due gentiluomini tra
l’altro fecero presto ad arrivare
alla testa di quel corteo acquatico di primati remanti. Ed Howard
staccando un
ramo dal tronco lo sollevò in aria.
«seguite il vostro
sovrano!» esclamò forte in modo da
farsi sentire da tutti, agitando il ramo in questione.
«…sei un dannato
megalomane, Lancaster!»
«un megalomane che ti ha
salvato la vita, Robbie».
«non chiamarmi in quel
modo!»
«guarda che a buttarti
giù dal tronco non mi ci vuole
niente».
La sua valigetta era attaccata ad un
ramo, mentre tutto quel
che gli era rimasto del suo vestiario erano pantaloni, mutande
e…la corona di
foglie di banano, che ovviamente aveva ancora in testa.
«quanto ti
odio…e poi guarda che non abbiamo risolto niente!
Prima perlomeno avevamo dei viveri, ma adesso siamo dispersi
nell’oceano su un
tronco galleggiante capeggiando un branco di scimmie anche loro su dei
tronchi!
Ma ti rendi conto?!»
«una cosa per volta,
intanto dovevo pensare a come evitare
di morire su quell-» si sentì un boato ormai in
lontananza «…isola che è appena
esplosa. E comunque puoi sempre provare a chiedere una banana ad un
gorilla. Si
dice “hu-ha-ha”…»
Ehm. Non esattamente. Ma Robin questo
non lo sapeva.
«io non parlo con le
scimmie!»
«vuoi mangiare si o no?...anyway…non
pensi che
dovremmo discutere di qualcosa?»
«non vedo di
cosa!» disse secco Robin.
«di quel che mi hai detto
credendo di stare per morire».
«appunto, credevo di
morire! Avrei potuto dire qualunque
stupidaggine, come quelle lì per esempio!»
L’altro fece un lungo
sospiro.
«so che l’ho
già detto ma ribadisco che tra l’avere a che
fare con te e l’avere a che fare con i miei sudditi primati,
io preferisco loro
mille volte. Sono molto più
intelligenti».
«come osi?!»
«dubito che uno di questi
piccoletti avrebbe fatto esplodere
quell’aereo mentre era anche lui sopra».
«l’ho fatto
perché sei una iena!»
«ecco il mio problema con
te: sono troppo buono. Dovevo
accontentarti e lasciarti morire, così avrei facilitato il
lavoro anche a miss
Kalinina…»
«ad Alya non interessano i
miei soldi!»
«francamente non vedo
cos’altro potrebbe interessarle di
te».
«la tua è solo
invidia!»
«per sentirmi realizzato
non ho bisogno di accompagnarmi con
una ragazza che -nel tuo caso- potrebbe essere mia nipote. Anche
perché io sono
già sposato con la donna più bella della
galassia» o almeno, lui Janice la
vedeva ancora così dopo quasi ventisei anni di matrimonio
«a parte gli scherzi,
se per qualche oscuro motivo dovesse amarti davvero vedi di non
lasciartela
sfuggire. Non troverai più un’altra deliziosa
creatura che possa volerti
altrettanto bene».
«fatti gli affari
t-…aereo! Aereo!!! Immenso aereo!!!»
Howard alzò gli occhi e
vide che Robin aveva ragione, c’era
un aereo per davvero, ed era anche immenso come diceva lui!
«siamo qui!!!»
«eeeeeeeeeeeeehiiiiiiiii!!!»
«aah-ah-uuuh!!!»
«iiiih-ih-ih-iiiiiiiiiiiiiiiiih!!!»
«nrhhhhhhhhhaaaaaah!!!»
Anche le scimmie ci si erano messe.
E a quanto pareva quelli
sull’aereo dovevano averli visti,
dato che sembrava stare per ammarare ad una certa distanza. Ma non per
un
incidente ovviamente, di proposito.
«un aereo che ammara
tranquillamente in acqua».
«mi sembra di conoscerlo
quell’aereo, Robin…» Howard
socchiuse gli occhi per vedere meglio
«è…ah! I can’t
believe it!»
«è uno dei
tuoi?»
«no, ma…andiamo!
Veloci!»
Dopo un bel po’di tempo
Robin Mask provò qualcosa di simile
al sollievo. Sembrava che fossero salvi, dopotutto, lui, Howard ed
anche tutta
quella massa di scimmie. Se il proprietario dell’aereo avesse
caricato su anche
loro.
In breve arrivarono fino
all’aereo, ancora più grosso di
quel che sembrava prima a dirla tutta, e che aveva il portello aperto
sul quale
si stagliava snella ed elegante la figura di una giovane che a
giudicare da
capelli, occhi e carnagione sembrava araba o qualcosa del genere,
vestita con
un abito oro pallido.
«di tutti i posti in cui mi
sarei aspettata di vederla, Mr.
Lancaster, questo non era affatto compreso. Specialmente in tale particolare compagnia».
Howard fu il primo a scendere dal
tronco e salire, andando
verso la ragazza. «la vita è imprevedibile,
signorina Sely. La prego di
scusarmi per le mie pessime condizioni, ma io, quest’uomo e
quei primati siamo
da poco sfuggiti all’esplosione dell’isola in cui
eravamo naufragati» la salutò
comunque con un baciamano perfetto.
«capisco. Mi sembra una
storia bizzarra ed affascinante che
ascolterò volentieri, una volta che lei, il suo compagno di
sventura e anche…i
suoi sudditi, vista la “corona”?»
«precisamente».
«una volta che tutti quanti
sarete saliti a bordo. Il galà a
cui stavo andando può tranquillamente aspettare».
Robin notò che la ragazza
non sembrava affatto sorpresa da
tutta quella situazione allucinante. Se avesse saputo che Nefertari
Bishop
Rhamir Sely non era più fisicamente
in grado di sorprendersi da quando aveva cinque anni, gli sarebbe
sembrato un
po’meno strano.
«è una vera
fortuna avere incontrato proprio lei. Se non sono
indiscreto, mi piacerebbe chiederle dove fosse il galà a cui
era diretta…»
«possiamo piantarla con i
convenevoli per piacere?!» sbottò
Robin, la cui buona educazione in quel frangente era venuta meno. Stava
galleggiando su un tronco in acqua, con quel poco che rimaneva dei suoi
vestiti
tutti sdruciti, aveva una gran fretta di tornare a casa…e quello perdeva tempo in chiacchiere con
quella ragazza!
…quella raffinatissima ed
aggraziata ragazza con un profumo
di ambra che, forse anche complici le proprie condizioni non
eccellenti, gli
dava un effetto quantomeno strano visto che si trovò a
pensare se siffatta
creatura elegantemente vestita mantenesse la stessa classe anche
con…meno vestiti.
«se è naufragato
da qualche tempo desumo che vorrà
contattare sua moglie, Mr. Lancaster» disse Nefertari
ignorando Robin e senza
però rispondere alla domanda postale dal suo socio in affari.
«in effetti si. Sono stato
dieci giorni su quell’isola…»
«eppure se ben ricordo i
cellulari della sua casa
produttrice possono telefonare da ogni parte del mondo».
«ha perfettamente ragione
signorina Sely. Ma per colpa di una certa
persona, è finito in fondo
all’oceano».
Una certa persona. Ossia Robin Mask,
del quale l’egiziana
aveva visto le fotografie quando aveva partecipato al galà
annuale a casa
Lancaster.
Prima e seconda parte per di
più.
«capisco».
Ad un cenno della ragazza diversi
uomini armati aiutarono
Robin Mask…e anche tutte le scimmie…a salire
sull’aereo. Le scimmie vennero
scortate tutte quante nell’ampissima stiva, mentre Robin fece
per seguire
Howard, ma…
«sono estremamente
dispiaciuta di doverglielo comunicare
Mr.Mask, ma temo che nel nostro alloggiamento non ci sia posto anche
per lei».
«ma…come?!»
«vede, con me ci sono
alcuni degli uomini della mia scorta…»
“ma hanno tutti un esercito
tranne me, qui?!” pensò
l’inglese mascherato.
«…più
Mr. Lancaster che è un mio apprezzatissimo
socio in affari. Quindi ecco, temo proprio che se
vuole tornare a casa dovrà condividere la stiva con i vostri
amici primati»
l’egiziana aveva un’aria sinceramente dispiaciuta.
O meglio, apparentemente sinceramente
dispiaciuta «le
porgo le mie più sentite scuse».
Dopo quello, per Howard, il chiamare
una delle sue navi da
crociera “Nefertari” era inevitabile.
«su con la vita Robin, quel
che conta è tornare a casa no?»
“e questo è per
quel che hai fatto ai miei poveri capelli e
al mio completo. Ben ti sta” pensò.
«…e ricorda, se
volessi chiedere una banana ad un gorilla,
si dice “hu-ha-ha”»
concluse
Howard andando via con la ragazza negli alloggiamenti super lusso.
Praticamente vuoti,
se non per qualcuno del personale. E di posto ce n’era in
abbondanza.
«ho riconosciuto il suo
caro amico Robin Mask, Mr.
Lancaster. Sono caduta in errore nel pensare che dopo dieci giorni o
similia
passati in sua compagnia, lei volesse…come
dire…mantenere un po’le distanze?»
Due navi, non una sola.
«in verità ha
intuito perfettamente i miei desideri,
signorina Sely».
«può telefonare
con l’apparecchio sul tavolo accanto a lei.
Così da rassicurare sua moglie, e soprattutto sua
figlia».
«non credo che mia figlia
lo sappia, se è andata come spero.
Voglio risparmiarle preoccupazioni dato che al momento è in
viaggio con il suo
ragazzo».
«quel Connors che
è arrivato giusto in tempo per la seconda
parte del ricevimento nella sua tenuta, forse? Se non ricordo male mi
è
sembrato di averle sentito dirgli qualcosa a riguardo. Non
direttamente. Ma una
qualche allusione…»
«ancora una volta ha
perfettamente ragione su tutto».
«se preferisce
può anche darmi del tu. Magari le sembra
strano dare del lei ad una persona che ha l’età di
sua figlia».
«non mi sembra strano, ma
apprezzo ed accetto l’offerta. Che
è ricambiata, Nefertari».
Allo squillo del telefono Janice
rispose quasi controvoglia.
Temeva che se fosse stata ancora Kate con le sue chiacchiere sul marito
William
avrebbe finito quasi per risponderle in malo modo, e decisamente non
era il
caso.
L’assenza del marito,
così com’era successo in quei famosi
tre mesi, le aveva tolto molto del suo spirito gioviale, allegro ed
irrefrenabile. Anche perché aveva spesso una pessima
sensazione riguardo le sue
condizioni.
«pronto?»
– amore
mio…
Sgranò gli occhi, per un
attimo le mancò il fiato e le parve
che il cuore avesse perso un colpo. Quasi le cadde il telefono di mano
dalla
grande sorpresa, la gioia, l’enorme sollievo.
«Howie!!!...sei
tu?...sei veramente tu?!»
– solo
dieci giorni e
già non riconosci più la mia voce? Mi sa che devo
preoccuparmi.
«ma che…oh, ma
quanto sei…aaah, chi se ne importa! Come
stai?! Dove sei?! Quando torni?! Chi ti ha trovato, perché
non mi è stato detto
niente?! E Robin? Robin è con te?!»
– è
tutto a posto
Janice, non preoccuparti. Io sto bene, anche Robin sta bene, siamo
nell’aereo
di Nefertari Bishop Rhamir Sely, te la ricordi vero?...sto tornando a
casa ora,
e se non ti è stato detto nulla è
perché, appunto, è stata lei a
trovare me, Robin, e …
«e?! non tenermi sulle
spine!!!»
– …e
dei miei cari
amici primati.
«…prego?»
– eravamo
su un’isola
vulcanica che è esplosa…
«OHMMIODDIO!!!»
strillò Janice.
–…ed
ecco che il mio povero
timpano esplose insieme all’isola…
«scusa…»
– tranquilla.
Stavo
dicendo, dato che quelle scimmie mi avevano eletto loro re non potevo
lasciarle
morire lì, ti pare?
Janice era a dir poco perplessa. Che
voleva dire quella
faccenda?!
«non capisco cosa mi stai
dicendo».
– che
sull’isola
c’erano delle tribù di scimmiette,
scimpanzé e gorilla che mi hanno eletto loro
re!...capito ora?
«non prendermi in giro! Non
è il momento!»
–
Janice, guarda che
io sono serissimo. Insomma, ho salvato me stesso, Robin e anche queste
scimmie.
«non pensare di metterle
qui nella tenuta Howard Hogan
Robert John Lancaster! quegli animali non mi piacciono affatto, e
già sopporto
il tuo cavallo gigantesco che mi terrorizza, non intendo accogliere qui
anche
dei gorilla!»
–
non preoccuparti, ai
miei sudditi scimmieschi volente o nolente penserà Robin.
Anche la sua tenuta è
molto grande, in fondo…e stanno già facendo
amicizia giù nella stiva!
«ma come
“giù nella stiva”?! e io che speravo che
quel che è
successo vi facesse…non so, quantomeno
riconciliare…»
– credo
che ci siamo
andati vicini. Ma Robin…è Robin, purtroppo! E
spero per lui che non chieda
davvero una banana ad un gorilla con
“hu-ha-ha”…altrimenti la povera dottoressa Kalinina si
troverà ad accogliere una montagna di escrementi ambulante,
quando arriveremo
all’aeroporto. A tal proposito, potresti informarla tu?
Presumo che sia in
ansia per la sorte del suo compagno.
«ma certo Howie, non
c’è problema e…non vedo l’ora
di
riabbracciarti. Mi sei mancato tantissimo. E voglio che mi racconti
tutto,
capito? Tutto!»
– mi
sei mancata da
morire anche tu. Mi dispiace di averti fatta preoccupare.
«non è stata
colpa tua. Anche se potevi evitare di staccare
quella flebo…»
– ha
parlato male di
Hammy, era la giusta punizione. A proposito, se sai della flebo quelle
registrazioni…
«ce le ho io.
“ripulite”».
– forse
potrai farle
sparire definitivamente, se Robin accetterà quel che gli
proporrò. Tutto
sommato non voglio che finisca in prigione, anche se quel che ha fatto
ai miei
capelli sarebbe come minimo da impiccagione nonostante la parrucchiera
qui
sull’aereo mi stia sistemando come può. Ti rendi
conto che Robin mi ha rasato
metà testa? se non altro a me i capelli ricresceranno, ma i
suoi poveri neuroni
morti con l’avanzare
dell’età…morti resteranno! Quanto ai
miei uomini non
preoccuparti, informerò io stesso Turbinskii di concludere
le ricerche.
«va bene».
– un’ultima
cosa…Hammy
e Connors di tutto questo sanno nulla?
«no. A dirtela tutta
Emerald ha chiamato qui una volta
soltanto in tutto questo tempo, ed ha mi creduta tranquillamente quando
le ho
detto che eri impegnato in una trattativa per la costruzione di alcuni
agriturismi su Nettuno…»
– dove
notoriamente le
comunicazioni sono un disastro. Sono doppiamente fortunato: ho sposato
una
donna bellissima ed intelligente. Come ti è sembrato che
stesse Hammy? Tanto
tra poco la chiamo…
«quando ha chiamato
sembrava avere fretta. Lei e il
bifolco…»
– Jannie…
«oh, lo sai che non mi
piace!...lei e Connors stavano per
andare a mangiare fuori…»
– …e
se poi non ha più
chiamato dovrebbe voler dire che tra loro non ci sono stati problemi,
buono a
sapersi. Molto, molto buono. Se tornasse con un anello di fidanzamento
al dito
poi, penso che scoppierei di gioia.
«io no!!! io vorrei che lei
tornasse con il figlio di Robin.
A cui ho dovuto dire dell’incidente, così come a
miss Kalinina, la sera stessa
in cui ho informato quel ragazzo. Mi è sembrato giusto che
suo figlio e la sua
compagna sapessero».
– non
è stato uno
sbaglio. Almeno si sono resi conto una volta di più di
quanto Robin sia
sciocco.
«non essere cattivo,
Howie…»
– no,
no, quando ti
racconterò tutto ti renderai conto che ho pienamente
ragione. Ci vediamo preso
Jannie. Ciao – pausa – ti
amo.
«anche io!»
:: varie ed
eventuali
ore dopo. Il tempo di arrivare dal bacino di Wharton a Londra, e da
Tokyo a
Londra precisamente ::
Primo pensiero di Janice nel rivedere
il marito: “sei vivo, sei salvo, sei
a casa!”
Secondo pensiero di Janice nel
rivederlo:
“…oh-mio-Dio-che-capelli-oh-cielo”.
Più gli improperi vari di
Robin Mask che non sembrava
affatto contento di dover ospitare un mucchio di scimmie di varie razze
nella
propria tenuta. Ma Howard era stato molto chiaro: o accettava di tenere
temporaneamente i gorilla, le scimmiette e gli scimpanzé nel
suo terreno o
sarebbe finito in galera per chissà quanto. E tutto sommato,
forse, dovendo
scegliere tra dover spiegare ad Alya che avrebbero dovuto tenere con
loro dei
primati fino a che la costruzione dell’ambiente tropicale in
una parte della
tenuta dei Lancaster sarebbe finita o l’andare in carcere e
non rivederla per
anni ed anni -con tutti i soldi e gli agganci che aveva Mr. Lancaster
avrebbe
potuto farlo mettere dentro e tenercelo per tutto il tempo che avesse
voluto-
fosse meglio la prima opzione.
E in un certo senso non vederla
lì ad accoglierlo fu quasi
consolante, perché non osava pensare alla sua reazione se
davvero era stata
informata di tutto. Consolante…anche se strano.
«…ecco di cosa
mi sono dimenticata! Non ho informato miss
Kalinina!» Janice si batté una mano sulla fronte,
mentre si faceva inglobare
nell’abbraccio del marito.
«Kevin si però,
a quanto vedo. A quanto pare hai visite, Robbie!»
«ti ho già detto
di non chiamarmi in quel modo!» sbottò
l’inglese, che…anche dopo tutto quel che era
successo di rivedere il figlio non
avrebbe avuto la minima voglia.
Però che fosse volato
lì da Tokyo appena saputo del suo
ritorno non era una brutta cosa no? voleva dire che tutto sommato gli
importava
qualcosa di lui anche dopo tutte le bugie che gli aveva detto e dopo il
modo in
cui l’aveva trattato.
“non
eravamo tutto
quel che ti era rimasto, avevi sempre tuo figlio, che avresti dovuto
trattare
come tale invece che usarlo come ‘tramite’ per
legarci”.
Non aveva tutti i torti.
Se mai in quel caso Howard ci aveva
proprio azzeccato.
Solo che il suo ragazzo al momento
pareva preso da
tutt’altro piuttosto che lui.
«si…io sono il
figlio…grazie per averlo riportato a casa,
miss…»
«Nefertari Bishop Rhamir
Sely. E lei dunque è Kevin Mask».
«si, si, sono io!»
Che fosse per l’immenso
vuoto che sentiva o per non si sa
cosa, stava di fatto che a Kevin trovarsi quella creatura forse non
bellissima
ma dai modi eleganti ed infinitamente aggraziati aveva fatto un effetto
assurdo. Era molto diversa da Emerald, eccetto che per la magrezza
-pesava un
chilo meno di Hammy- ancora più accentuata dal fatto che
arrivava quasi al
metro e ottanta.
E poi c’era quel profumo di
ambra che lo faceva sentire
quasi stordito. Piacevolmente però. Come se fosse stato una
carezza a tutti i
suoi sensi.
«per quanto sia piuttosto
“lontana” dal mondo dei…chojiin,
sbaglio? Mi è capitato comunque di sentirti
nominare».
«si, vede, io sono un
wrestler molto famoso…»
“tutto sommato Kevin Mask
non ha poi così tanti problemi col
fatto che mia figlia l’abbia lasciato”
pensò Howard.
«grazie infinte per avermi
riportato mio marito, signorina
Sely» anche Janice ovviamente dopo i saluti al marito
andò a ringraziare
l’egiziana «siamo entrambi in debito con
lei».
«è un mio
prezioso socio in affari oltre che una
piacevolissima compagnia; era il minimo che potessi fare. Temo di dover
andare,
adesso. Ah, Kevin Mask…non saluta suo padre?»
Solo a quelle parole Kevin si rese
conto di non aver fatto
esattamente una bella figura. «…»
Scesi tutti dall’aereo,
scimmie incluse, Nefertari ripartì.
E Robin voltò le spalle a
tutti senza guardare in faccia
nessuno andandosene via, mentre le scimmie venivano caricate su dei
camion
dagli uomini di Lancaster che a quanto pareva aveva fatto predisporre
tutto per
l’accoglienza
«papà,
aspetta!» Kevin lo inseguì «dove pensi
di andare?!»
«dove mi pare!»
«non puoi farlo»
il ragazzo gli si parò davanti «io sono
venuto qui per te! Per parlare con te!»
«non è il
momento, non dopo aver viaggiato con le scimmie
nella stiva».
«che…! Ok, al
momento non mi interessa» sembrava che non
intendesse farlo passare «io ho una cosa da dire…a
tutti e due a dire il vero»
specificò guardando Howard Lancaster che era riuscito a
rendere “sembra voluto”
il taglio di capelli fattogli da Robin Mask e che al momento aveva solo
voglia
di tornare a casa.
«ti chiedo di farlo
rapidamente. Robin non è il solo che ha
voglia di tornare a casa».
«tutto questo è
successo solo per-no, adesso mi ascolti!»
sbottò Kevin trattenendo il padre che non
sembrava voler rimanere lì per nessun motivo al mondo
«io sono il primo a
comprendere le faide, ma
stavolta vi ha
quasi fatti ammazzare entrambi oltre a tutti gli altri problemi che ha
portato,
quindi non credete che sia ora di piantarla?!»
Visto che, ogni tanto, Kevin
riprendeva a ragionare?
In fin dei conti lui per primo aveva
perso tanto proprio per
colpa di quella guerra tra famiglie, visto com’era andata a
finire con Emerald.
Oltre a quel che aveva portato a tutte le altre parti coinvolte,
Warsman
incluso. A Kevin Mask Howard continuava, e sempre avrebbe continuato, a
non
piacere per niente. Avrebbe continuato ad odiare in eterno
quell’uomo,
probabilmente.
Ma in silenzio, perché
l’odio e il rancore portavano più
danni che altro.
Era qualcosa su cui aveva riflettuto
a lungo durante in
viaggio Tokyo-Londra: i danni portati dal risentimento, ben motivato
oppure no
che fosse.
Anche il proprio verso la sua ex
ragazza era finito nella
lista, e si era reso conto che in tutto quel periodo aveva perseverato
nel
proprio agire da stupido. Flash aveva ragione, diceva di esserne uscito
e
poi…tutte more con gli occhi verdi. Non ne era uscito poi
così tanto, no? E
invece di darsi da fare ancora di
più per
tentare di riconquistarla aveva preferito cuocersi nell’odio
e la rabbia verso
di lei per averlo lasciato.
Inoltre l’unica cosa che
avrebbe dovuto fare, in realtà,
sarebbe stata andare da sua madre su
Nettuno. Anche di questo si era reso conto, ed intendeva
partire al più
presto alla volta di quel pianeta.
«cosa mi tocca
sentire…non parli come un Mask!» disse cupo
Robin.
«io parlo come una persona
ragionevole! E se anni fa sei
arrivato a capire che era bene sotterrare l’ascia di guerra
con Suguru,
significa che in fondo anche tu lo sei!...molto in fondo. Ma proprio tanto in fondo…»
borbottò il ragazzo.
«…ancora
più in fondo di quello che pensi» concluse
Lancaster con una piccolissima frecciata,
beccandosi un’occhiataccia da entrambi i Mask che non gli
fece né caldo né
freddo, contrariamente alla leggera gomitata della moglie
«ragazzo, credimi se
ti dico che io ci ho provato. E se Robin è anche solo
minimamente sincero
confermerà che io ho fatto di
tutto perché
tornasse a casa vivo, oltre ad essere io ad aver proposto una tregua
durante il
soggiorno sull’isola. E magari anche di farla finita in
generale. Ma nonostante
sia riuscito a raggiungere il primo obiettivo, quanto al resto non
è stato
così. Anche se lo ringrazio ancora per avermi assistito nel
mio attacco di
febbre…»
«un
attacco di
febbre?! Di quella febbre lì?!!» Janice
lo acchiappò per gli avambracci «ho
fatto bene a chiamare il dottor MacNeil appena saputo che tu e Robin
stavate
tornando e chiedergli di visitarvi…»
Entrambi gli interessati si
irrigidirono.
«no!...assolutamente
no, non c’è bisogno, io sto benissimo!...ecco uno
dei vantaggi dell’isola che purtroppo
è esplosa: non c’era MacNeil!» disse
Howard.
«con quel
suo…siringone…» mormorò
Robin.
«si, quel suo siringone
assassino che aspetta solo di essere
infilato in qualche povera parte corporea di una altrettanto povera
vittima…»
continuò Howard.
«ah, ecco qui i naufraghi!
Ha fatto bene ad informarmi,
signora Lancaster; quando si scampa ad un’esperienza del
genere la primissima
cosa da fare è una visita medica!»
Ovviamente per verificare che non
covassero qualche germe di
qualche malattia tropicale o infezioni simili. Ma quel che venne in
mente ai
due uomini fu tutt’altro, ossia “oh no! il demone
in sedia a rotelle -…- è già
qui! È QUI!!!”
E per quanto Robin ormai avesse
rinunciato a darsi alla fuga
ogni volta che era tempo di visita rendendosi conto che in fondo
sottoporsi come
si deve alle cure del medico era per il suo stesso bene -complice anche
lo
stare insieme ad una dottoressa- in quel caso qualcosa lo
portò ad agire
diversamente. Forse l’attuale “fragilità
emotiva”, o qualcosa del genere.
Ma sta di fatto che una volta che i
suoi occhi si
incrociarono con quelli smeraldini dell’ex amico, ecco che
entrambi incuranti
di moglie, figlio, Cristo e Sant’Anna nonché delle
loro condizioni fisiche
-Howard se non altro era pulito e vestito, Robin…no!- si
diedero
precipitosamente alla fuga fuori dall’aeroporto!
«datti una mossa, o ci
raggiungerà!» esclamò Mr. Lancaster
all’indirizzo di Robin.
«faccio quello che posso,
iena!!! Ora mi dici che accidenti
facciamo?! Non c’è l’ombra di un taxi, e
MacNeil ci sta tallonando…!»
Howard vide arrivare una coppia in
tandem.
Era l’unica via di fuga
possibile al momento.
«signori, vi
offro...» quanto aveva nel portafogli…?
Trentamila. Ok. «diecimila
sterline
per il vostro mezzo!»
«ma
che…»
«ma cos-»
«scendete da quel maledetto
tandem e fatela finita!» sbottò Robin
Mask arrabbiato ed ansioso di filarsela, e i due a quel punto intascate
le
diecimila sterline obbedirono velocemente, osservando i due chojiin
salire in
fretta e furia sul tandem e pedalare via come dannati…
«la vostra
testardaggine non vi porterà da nessuna
parte!!!»
…con Alistar MacNeil
dietro, ovviamente.
«via, via, VIA!»
«da che parte
stiamo andando?! Lancaster!!!»
«non ne ho idea, tu
limitati a pedalare!»
Dovevano trovare il modo di seminare
il dottore prima possibile,
o nemmeno rifugiarsi in uno degli alberghi di Howard avrebbe bastato. E
sempre
sperando che Janice non ordinasse agli uomini della
“security” di cercarlo e
portarlo da MacNeil “per il suo bene”! non tanto
perché i soldati l’avrebbero
portato via se lui si fosse rifiutato ma perché avrebbero
attirato sul posto
anche MacNeil stesso.
«il tuo senso
dell’orientamento ha sempre fatto acqua da
tutte le parti!» esplose Robin, continuando comunque a
pedalare come un
forsennato.
«solo dopo avere
bevuto…ah-ha! La metro!» incurante delle
regole della strada e di tutto il resto Howard guidò il
tandem a lanciarsi giù
per le scale che portavano alla famosa “Tube”.
«tu sei fuori di
testa!!!» urlò Robin mentre il tandem
scendeva giù per le scale balzellando.
«vuoi seminare il dottore
si o no?!»
«…quando Alya lo
verrà a sapere…»
«puoi sempre
scendere!»
«e farmi piantare
quell’ago non si sa dove?! Scordatelo!»
«e allora collabora
e smettila di blaterare a vuoto,
grazie».
«non dirmi quel ch-agh!
Mi sono morso la lingua!»
«e ben ti st-agh!…mpf».
«eheheheheh».
«…ti butto
giù dal tandem, Robin! Scusate, permesso, fate
passare siamoinfugaGRAZIE!» disse Howard mentre
zigzagava tra la folla
nella stazione «se riusciamo a salire le scale
dell’uscita poi MacNeil non
potrà sapere se siamo andati via per quelle o abbiamo preso
la metro, il che ci
farà guadagnare tempo a sufficienza per nasconderci in uno
dei miei alberghi!»
«quel che ti pare basta che
ci muoviamo!!!»
Riuscirono effettivamente
nell’impresa, salendo le scale
sempre a bordo del tandem rispuntando sulla strada e passando
velocemente
davanti ad una ragazza bionda magra ed un’altra riccia e
molto in carne.
«ma che capelli osceni
aveva quello!…»
«S.P.Q.R.,
Chiacchiera: Sono Pazzi Questi
Ricconi».
I due gentiluomini continuarono a
pedalare finché non
raggiunsero uno degli alberghi di Howard, che appena entrato nella hall
ed
essere stato riconosciuto diede ordini immediati di far sparire il
tandem e si
diresse verso il suo appartamento privato in cima
all’edificio. Ne aveva uno in
ogni albergo che gli apparteneva e a quanto pare tornava comodo!
Arrivati nell’appartamento
la prima cosa che fecero entrambi
fu buttarsi di peso sull’enorme divano, con un gigantesco
sospiro.
«l’abbiamo
scampata».
«fuggendo su un tandem per
il quale hai sborsato diecimila
sterline».
«pare».
«con te che nemmeno sapevi
dove stavamo andando».
«non era il momento di
pensarci su».
«e buttandoci
giù per le scale della metro».
«ti fa ancora male la
lingua?»
«…questo dopo
essere scampati all’esplosione di un’isola ed
essere salpati su un tronco d’albero alla testa di un branco
di scimmie».
Silenzio.
Poi iniziò a sentirsi un
rumore che, in particolare da
Robin, non si sentiva da parecchio tempo.
Quello di una risata congiunta
dapprima soffocata che
divenne presto fragorosa.
«a sessantacinque anni mi
fai fare certe cose!»
«cose come questa
mantengono giovani!»
«anche tu ti stai
avvicinando ai fatidici cinquanta…»
«mancano ancora cinque
anni! Ed ho sempre vent’anni meno di
te».
«grazie per avermelo
ricordato, eh!...certe assurdità
capitano solo in tua compagnia».
«però erano anni
che non mi divertivo tanto».
«ah, anche i-...»
Fu a quel punto che calò
il silenzio un’altra volta. Quando
entrambi, e Robin soprattutto, si ricordarono che…non erano
più amici da anni,
ormai. E che quindi quel comportamento era inappropriato.
«anyway…voglio
essere generoso. Puoi farti una doccia
e in camera ci sono dei vestiti. Una volta avevamo la stessa taglia, se
non ti
sei inflaccidito troppo dovrebbero starti
bene».
«non mi sono inflaccidito
affatto. Cane maledetto».
E detto questo sparì di
gran carriera in bagno.
«ma perché
mio marito dovrà comportarsi sempre in
questo modo ogni volta che vede il dottore?»
sbuffò Janice «è per il suo bene,
tanto più se ha avuto quella febbre
lì!»
«ma a dire il vero io sono
più sorpreso dal fatto che io
padre sia fuggito insieme a suo marito visto che lo odia»
disse Kevin ancora
allibito «no…» scosse la testa
«…mi sembra impossibile».
Non era ancora convinto che quella non
fosse stata
un’allucinazione, per ovvie ragioni!
«mi dispiace che tu non sia
riuscito a parlare con lui come
avresti voluto».
«mi sarebbe sembrato strano
il contrario ad essere sincero»
ammise l’inglese con un po’di amarezza
«per fortuna che…beh…se può
darsi alla
fuga in quel modo significa che sta bene. Solo che non so come la
prenderà la
sua compagna».
Che si sarebbe vista arrivare a casa
degli uomini con dei
camion pieni di scimmie, tra l’altro.
«eh, a
proposito…Lady Janice, lei per caso conosce la
dottoressa meglio di me? Che tipo è?»
«non posso dire di
conoscerla proprio bene-bene-bene
nonostante abbia avuto una lunga chiacchierata con lei una sera in cui
io e mio
marito abbiamo incontrato lei e tuo padre al The Palm Court,
però mi piace,
Kevin».
«certo che anche lui -mio
padre dico- arriva, si trova una
che potrebbe essere mia sorella e che io ho visto giusto una volta, e
poi c’è
mamma su Nettuno cosa della quale sono ancora sconvolto, ma che gli
passa per
la testa?»
«vedi… se posso
permettermi il giudizio, tuo padre è un uomo
estremamente solo. Non ha amici. I rapporti con te non sono buoni. E
sua moglie
è su Nettuno, si, ma con un altro uomo. Se questa ragazza
gli vuole veramente
bene credo che abbia tutto il diritto di rifarsi una vita con lei.
Magari col
tempo se sarà un po’più sereno anche il
rapporto con te migliorerà, no?»
Si, forse poteva anche essere
così.
«forse ha
ragione».
«e tu?»
«mh?»
«tu come stai,
Kevin?»
Quella lì era la madre
della ragazza che lo aveva lasciato e
che ora stava con un altro uomo. Ma questo non sembrava importarle.
«io…bene, credo.
Più o meno».
«mi è
dispiaciuto molto per com’è finita».
Fu una stoccata in pieno petto per
Kevin, che non si
aspettava che Janice tirasse fuori la faccenda. «a-anche a
me».
«per quel che mi riguarda
l’avrei preferita con te che con
quel…Connors…» fece una smorfia
«che a mio marito invece piace tanto e non
capisco perché».
«evidentemente sua figlia
è della stessa opinione di suo
marito. Nonostante forse…forse sia colpa mia se mi ha
lasciato. L’ho accusata
di tante cose delle quali aveva colpa per tante volte, troppe,
scusandomi in
seguito si ma il danno ormai era fatto. E l’ultima
volta…è stata quella di
troppo».
Janice aveva uno sguardo pensoso in
quei suoi occhi neri
come la pece ereditati dalla madre. «però secondo
me fai male a darti per
vinto».
«c-come
prego…?»
«non è ancora
finita Kevin, lo è solo se ti arrendi
definitivamente. Vero, adesso Hammy è con lui a Washington a
conoscere i suoi,
ma non significa che tu non abbia più
possibilità. Potrebbero essercene ancora.
Io ci spero» ammise «ad Howie piacerebbe che quei
due convolassero a nozze
prima o poi, ma a me…no!»
Kevin fece per ribattere, ma
in quel momento il dottor MacNeil fece ritorno. Da solo.
«sono riusciti a seminarmi
usando la Tube, ma non potranno
sfuggirmi per sempre. Anche perché è di
fondamentale importanza che si facciano
visitare!...e dire che Robin è il compagno della mia allieva
prediletta…tutto
mi sarei aspettato ma non che si desse alla fuga insieme a
quell’altro
incosciente. Evidentemente è vero il detto “chi va
con lo zoppo impara a
zoppicare”!»
«sono veramente dispiaciuta
per i problemi che le causa mio
marito, dottore. Sa che ho sempre tentato di convincerlo a comportarsi
in modo
ragionevole, ma se si tratta di lei …non mi ascolta
affatto!»
“e adesso che faccio? Vado
da miss Kalinina o lascio che con
le spiegazioni se la sbrighi mio padre?” pensò
Kevin…decidendo infine che fosse
meglio la seconda opzione. Ad ognuno i suoi grattacapi e lui ne aveva
già
abbastanza.
E adesso nella lista delle cose da
fare aveva un viaggio su
Nettuno e forse, forse, anche uno in una meta un
po’più vicina. A
seconda di quanto avrebbe durato la sua permanenza lì da sua
madre. Aveva
vent’anni di cose da raccontarle e farsi raccontare, e forse
lei avrebbe potuto
consigliarlo su cosa fosse meglio fare anche con Hammy: lasciarla
andare o
provare ancora a riprendersela? Il suo istinto da
“guerriero” gli diceva che
non poteva arrendersi senza averci provato di nuovo, ma la
rassegnazione, una
ragionevolezza che forse tanto ragionevole non era e forse anche un
po’di
codardia gli dicevano che lei aveva fatto la sua scelta, che lo aveva
lasciato
e si era messa con Connors e lui doveva quindi lasciarla in pace e non
romperle
ulteriormente le scatole.
“una cosa alla volta Kevin.
Una alla volta”.
:: Washington DC ::
«…è
andata così. Te l’ho detto perché con
la tua abitudine
di frugare ovunque nelle mie tasche e non solo avresti di sicuro
trovato quella
scatolina, ed una volta visto quel che conteneva dire “oh no!
Vuole sposarmi?!
Ma si era detto di andare piano! No no! Non me la sento! Devo fuggire!
Aiuto!”…e magari saresti scappata tornando dritta
a Tokyo o addirittura a
Londra. Cosa che io non voglio che succeda perché tengo
troppo a queste tre
settimane con la mia miz Lancaster…e a te
personalmente
soprattutto».
«si beh…grazie
per l’onestà, Mikey. Solo una cosa».
«dimmi».
«posso vederlo?»
«l’anello?
Ok» tirò fuori la scatolina da una delle ampie
tasche della divisa grigio scuro che indossava spesso e molto
volentieri
«tieni. È un anello di famiglia. è
piuttosto prezioso, anche se per te equivarrebbe ad una
cineseria… come tutti i
gioielli in generale».
Giusta considerazione se si teneva a
mente che per Howard
Lancaster -e dunque ai Lancaster in generale- i milioni erano come le
monetine
da un centesimo che non valgono niente e impicciano soltanto, alla
faccia della
crisi. Non che Michael fosse un poveraccio, era da quasi quattordici
anni al
servizio di Howard e da quando era diventato il suo uomo di fiducia la
paga di
base era di ben cinque milioni di sterline al mese, che variava -per
eccesso- a
seconda dei compiti assegnati e portati a termine con successo. Se a
ciò si
unisce il fatto che il mercenario non era comunque uno spendaccione ed
ancora
riconosceva il vero valore dei soldi, veniva da
sé che avesse
raggranellato un patrimonio alquanto cospicuo.
Potreste pensare, “ma se ha
tanti soldi perché non ne passa
alla sua famiglia?”. Semplice: i suoi genitori e i suoi nonni
-Isabèl in
particolare- non ci stavano a farsi mantenere dal primogenito.
Discorso differente per Zachary, che
aveva accettato di buon
grado la nuova auto da “corsa-nei-rally” che suo
fratello gli aveva regalato
per i ventun’anni. Così come aveva fatto per il
berretto di Pac-Man (che allora
gli andava molto largo) dal quale non si separava mai da quando aveva
sei anni
-e guai a toccarglielo!- o l’orecchino in oro bianco a forma
di “X”.
Tutte cose con le quali Michael
cercava un po’di “rimediare”
alle sue assenze prolungate per lavoro. Lui e Zeke avevano vissuto
veramente
insieme solo per i primi tre anni di vita di quest’ultimo.
Poi c’era stata
l’Accademia, e dopo ancora i due anni da mercenario in cui
lui non era mai tornato
a casa… e infine Howard che, fortuna sua, l’aveva
trovato e se l’era tenuto. E
da lì aveva iniziato a poter tornare a Washington.
Tutto ciò però
non significava che Zachary gli fosse meno
attaccato, anzi, proprio perché lo vedeva così
poco guai a chi toccava il suo
“fratellone”!
«però i gioielli
come questo però hanno un valore affettivo
che è incalcolabile in termini di soldi, fin qui ci arrivo a
capirlo».
«non era mia intenzione
dire-»
«lo so, tranquillo. Era
solo per dire che anche se sono
ricca non è che do a tutto il valore
“cineseria”» l’anello in
questione poi le
piacque molto, in oro rosso e con un singolo diamante al centro
circondato ai
lati da quattro smeraldi tagliati a goccia, neanche a farlo apposta
«…è
bellissimo!» esclamò con assoluta
sincerità.
«potresti provarlo. Se mai
volessi».
«ma si, dai»
sorrise lei prendendolo dalla scatola tutta
contenta, ma forse con troppo entusiasmo visto che le cadde dalle mani
«iih!
No!!!»
«…salvo!»
esclamò l’ex mercenario «tutto a
posto».
«a parte le mie mani di
burro. Mi dispiace».
«e di che? Non è
successo niente. Ancora dell’idea di
provarlo?»
«ti fidi a ridarmelo in
mano?»
«c’è
un altro sistema. Dammi la mano».
La ragazza tese la mano e le sua
guance divennero di un
piacevole color pesca quando fu lui a metterle
l’anello al dito.
«ti dirò, miz…mai
visto un anello stare così bene al
dito di una ragazza. È perfino della misura
giusta».
Sembrava proprio destino.
Eppure c’era ancora
qualcosa che lo tratteneva.
“siamo
così coscienti di come stanno realmente le cose
che sappiamo alla perfezione che, per quanto ci sforzassimo in buona
fede, non
ci sarebbe nulla al mondo capace di modificarci e renderci persone
diverse da
quello che siamo…quando si aprono gli occhi, difficilmente
li richiudi se non
da morto”.
Un discorso fattogli diverso tempo
prima da una donna che in
un certo senso per lui, adesso come adesso, era come
l’incarnazione del proprio
lato peggiore.
Stava cercando di diventare migliore
per essere degno di
Emerald, ma gli era realmente possibile? O quella donna aveva ragione,
e
nonostante tutti gli sforzi che poteva fare non sarebbe mai diventato
quell’uomo
lì, quello che riteneva che Hammy meritasse?
«a che pensi?...ah no! Io
quella faccia ormai la conosco,
Michael, e pensavo che questa faccenda l’avessimo
già chiarita…»
«forse non del tutto
perché…ascolta, tu quel che ho fatto ce
l’hai presente, giusto?»
«guarda, me ne hai parlato
talmente tante volte che ormai è impossibile
che io non ce l’abbia presente».
«appunto. Ma tu mi hai
sempre detto “eri in guerra Michael,
o tu o loro, che avresti dovuto fare?”. Voglio essere
chiaro…più di quanto sia
già stato…nel farti capire che non è
esattamente così che stanno le cose. Un
conto è essere un uomo di guerra ed un conto è
essere un criminale di guerra,
nemmeno pentito, come lo sono io. Se ho ucciso
è perché volevo
uccidere. Se ho torturato, massacrato, stuprato era
perché volevo farlo.
Non perché “ho dovuto”, non
perché “mi ci sono trovato”. Forse
questo
concetto -nonostante tu sia una ragazza intelligente- ti è
sfuggito, perché
magari volevi vedermi un po’meglio di quel che sono. Ma
“un po’meglio di quel che
sono” non è “come
sono”».
Lei lo guardò a lungo
prima di ribattere. «e perché tiri
fuori questo discorso proprio ora? Per questo anello?»
«per quello che un giorno
potrebbe significare. Perché
voglio che tu capisca bene chi è
l’uomo con cui stai insieme. Io cerco
di…mettere da parte questa cosa…vorrei davvero
essere l’uomo che meriti, e
tento di esserlo, ma non so se posso».
Lei si rigirò
l’anello sul dito. «guarda che questa cosa di
“essere l’uomo che secondo te mi merito”
è una para tua. Io l’ho capito che sei
un criminale di guerra e che ammazzavi, torturavi e violentavi per
divertimento, ok, più chiaro di così si muore. Ma
a questo punto mi domando se tu
hai capito che a me di tutto ciò non frega una
beata minchia, per dirla in
modo schietto-schietto. Sei un criminale di guerra, però
tutta quella roba lì
la faresti mai a me? No!»
L’americano non sapeva se
baciarla o mettersi le mani nei
capelli, e ogni volta che Emerald diceva qualcosa del genere riusciva a
sorprendersi. Non capiva se diceva quelle cose perché magari
accecata
dall’amore nonostante quel che LUI le aveva detto mille
volte, o perché le
pensava davvero.
E se le pensava
davvero…era pazza, o davvero non le
interessava perché - sempre davvero- lui
le andava bene così com’era?
«io non capisco come tu
faccia a-»
«spiegazione di concetto
per spiegazione di concetto: come
sei, sei; io ti prendo uguale. Sei tanto consapevole di te stesso, e
allora
adesso sii consapevole anche che a me va bene questo tuo “te
stesso”,
migliorato oppure no. Guarda che se quel che vuoi è che io
mi levi di torno
basta dirmelo senza bisogno di scuse».
«non è una scusa
e giuro che tutto voglio meno che ti togli
di torno! È solo che volevo che fosse tutto chiaro,
perché…mi sembra
impossibile, capisci?»
«mi è
chiarissimo. E non è tanto impossibile perché
eccomi
qui, dormo nel tuo letto, mangio alla tua tavola, ho conosciuto la tua
famiglia, e questo nonostante tu mi abbia detto veramente
tutto, inclusi
i discorsi follemente lucidi o lucidamente folli che dir si voglia che
ti fece
quella…com’è che si chiamava?»
«de Santa. Uriel
Truce de Santa. E più che
“folle”
era “troppo intelligente”, al punto da sconfinare
nella pazzia. Sembra che
genio e follia vadano a braccetto».
“guarda anche mio fratello
per esempio!” pensò “nonostante
sia qualcosa di completamente diverso”.
«appunto, quella
lì. Che poi Uriel tra l’altro è
l’angelo
del Giudizio Universale, depositario di Luce, Saggezza ed
Armonia…alla faccia,
eh!»
«in un certo senso era, o
è, una che il Giudizio Universale
lo dà considerando che le piace ripulire il mondo dai
“perros”. E per “perros”
non intende i border collie».
«seh vabbè,
torniamo a noi! quello che voglio dire è che tu
mi hai detto tutto Esattamente Come è.
Da sempre. E dato che mi è tutto chiaro, se non mi fosse
stato bene non mi
sarei messa con te. Non mi sembra difficile da capire».
«da capire no. Da credere
si».
«senti, non ti sto
chiedendo nemmeno di “mettere da parte”
niente. Io ti sto chiedendo di credermi e basta,
perché…guarda che questo non è
un gioco, per me. Faccio sul serio, consapevole di ciò che
comporta. Te lo
dissi mesi fa, te lo ribadisco adesso. Te
l’ho promesso, e al di là del
fatto che una promessa è una promessa, io questa la voglio
mantenere,
Michael, perché sono in grado di farlo. Puoi dirmi tutto
quel che ti pare, ma non
riuscirai a cambiare niente. Mai» continuò a
guardarlo fisso «ed è qualcosa che
va al di là di quel che provo per te. Mi andresti bene anche
se non ti amassi,
per folle che ti possa sembrare».
Eppure Emerald aveva la
capacità di distinguere il bene dal
male, in passato l’aveva dimostrato. Solo che non riconosceva
Connors come
“male”. Se fosse stata un computer, sarebbe stata
uno di quelli con EsetNod32,
invece che con McAfee. Eppure non lo vedeva come
“male” perché sapeva che per lei
non era “male”. Che lui si sarebbe sparato alla
testa piuttosto che alzare le
mani su di lei, o arrecarle dolore in generale. E probabilmente era
più per
quello che per qualunque altra cosa che “le andava bene
così”, oltre al fatto
che piaceva a suo padre.
Connors dopo quello non sapeva
più che dire. Lei era sicura…ed
era lì, con lui, e con quell’anello al dito.
«ah…quindi mi
ami, eh? Non credevo che me l’avresti mai
detto» sbuffò una risata e scosse la testa
«io penso che sei…incredibile».
«yes,
I
know, I’m incredible».
E se era
così…chi glielo faceva fare di condannarsi a non
stare con lei? Proprio perché l’anima
non esisteva, anche secondo Emerald,
non sarebbe stato un “peccato” da dannazione
eterna. Il peccato se mai sarebbe
stato privarsi di lei, e quella era una cosa certa, non una
stupidaggine
evangelica di dubbia veridicità.
«Emerald…»
«si?...devo rimettere
l’anello nella scatola, giusto».
«no».
«?»
«cioè, solo se
vuoi. O meglio…se non vuoi…che
alla
faccia della politica dei piccoli passi tra me e te diventi una cosa
ufficiale».
«ufficiale
quanto?»
«ufficiale molto».
«ufficiale da vestito
rosso?»
«non subito, ma
l’idea è quella».
Con aria serissima la ragazza gli
andò in braccio e lo baciò
con grande trasporto. «penso proprio che me lo
terrò. Anche perché come hai
giustamente osservato mi sta benissimo».
«AH-HA!!! LO SAPEVO!
“non vogliamo sposarci noi
NOOOOOO”…e
poi appena volto le spalle vi mettete a parlare di cose molto ufficiali
da
vestito rosso! Non si fa! Siete scorretti!»
Incantesimo finito grazie
all’arrivo imprevisto di Zeke che
indossava pantaloni ancora più assurdi di quelli rossi a
pois bianchi del
giorno prima, ossia con grandi fiori arcobaleno.
«ha l’anello di
nonna! Quell’anello lì!»
«ok, si, ma non intendiamo
farlo subito. Più in là,
Zachary»
disse Michael «più in là!»
«si ma quanto in
là? Non fatemi aspettare tropp-ah, ma tu
guarda» zac! «un’altra
di quelle serpi!»
«io ogni volta che fa
così rimango, Michael».
«ancora?»
«si!»
«i serpenti vanno estinti!
Lo sai perché!»
«giustamente, immagino che
lo avessi pagato quell’hot-dog».
«e beh!»
«ma facciamo che rientriamo
in casa, va’…»
***
Capitoletto pieno di citazioni questo :)
in particolar modo quella di Uriel
Truce de Santa, che appartiene a vermissen_stern, ed
il discorso che la suddetta de Santa ha fatto a Connors e che lui qui
ricorda (lo
trovate nel quindicesimo capitolo di "Reignite")
che, lo ammetto, mi ha colpita parecchio.
Altra citazione è quella di
Nefertari Sely, mia OC che compare in tutt'altra serie ("Black Blooded
Love").
E
l'ultima...mi sono decisa finalmente a fare la mia classica
"comparsata" alla Stan Lee nella storia x'D
|
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Capitolo 25 *** Nightmare ***
«e quindi ecco
Alya…per questo week-end non si può fare,
perché sarò assente…e nemmeno in
quello successivi. Se mai potremmo fare una
gita di un giorno, domenica prossima. Ma l’intero week-end
non è proprio
possibile».
«potresti gentilmente
spiegarmi il motivo?»
Gliel’aveva chiesto
educatamente, ma la ragazza non sembrava
molto contenta. Sarà che avevano appena fatto pace dopo una
discussione
piuttosto accesa -e diversi giorni di trattamento del silenzio da parte
di lei,
conclusosi solo alle scuse di Robin- riguardo le dinamiche
dell’incidente
aereo, sarà che da un giorno all’altro si era
trovata a dover accogliere un
mucchio di scimmie nella tenuta, sarà che aveva saputo della
sua ridicola ed
infantile fuga in tandem per scappare da MacNeil -che oltretutto era il
suo
mentore- reo solo di volerlo visitare dopo un soggiorno in
un’isola tropicale
che lo poneva a rischio di covare potenziali malattie
infettive…
«tu sai che io sono un uomo
che ha diversi impegni».
«spero che tra i suddetti
non ci sia far precipitare un
altro aereo».
Con tutta la buona volontà
del mondo, ma quella faccenda
oltre a farla decisamente preoccupare l’aveva anche fatta
innervosire
all’inverosimile. Si, sapeva che tra il suo compagno ed
Howard non correva buon
sangue, ma aveva sperato che Robin si comportasse in modo
più ragionevole di
quanto invece aveva
fatto. Tra l’altro la Kalinina non aveva nemmeno ben chiari i
motivi della
faida tra Robin Mask e Mr. Lancaster, perché in quei primi
mesi della loro
relazione aveva pensato ad altro piuttosto che ad approfondire un
argomento di
cui a Robin non piaceva parlare.
Tra l’altro, non aveva
nemmeno idea che un tempo i due
fossero stati amici. Non c’erano foto dei due gentiluomini
insieme, in casa, né
altro che testimoniasse la cosa. Inoltre Howard le si era presentato
come un
uomo educato, eppure lei lo aveva trovato anche decisamente arrogante,
con ogni
gesto e parola che sembravano sottintendere “io
e solo io posso e VOI no”…quindi a lei
non piaceva, a Robin non
piaceva, tanto bastava.
«Alya, per piacere, ne
abbiamo già discusso. Se ti dico che
non posso, beh…non posso».
E non era la prima volta in quei
giorni che Robin si
comportava in modo strano.
Basti pensare al fatto che il giorno
dopo il suo ritorno
dall’isola lei tornando dal lavoro non lo aveva trovato in
casa, aveva cenato
da sola, e solo verso le quattro del mattino si era degnato di
rientrare.
E il giorno prima aveva fatto lo
stesso, ed era pure
alticcio.
La dottoressa lì per
lì aveva pensato che magari era andato
via a causa della loro discussione con successivo trattamento di
silenzio
annesso, ma comportarsi in quel modo non
era da Robin Mask.
E adesso ecco che se ne usciva col
dire che sarebbe stato
assente l’intero week-end. Per andare dove, poi?
«credevo che dopo quel che
è successo non ti sarebbe
dispiaciuto passare del tempo insieme».
«e chi ha detto che mi
dispiace? È solo che come ti ho detto
ho un impegno precedente. Questioni di…affari. Non
capiresti».
«…e credevo
anche che avessi capito che non sono
propriamente stupida, Robin».
Infatti Alya era tutt’altro
che stupida. Anzi, era una donna
estremamente intelligente che diventava un po’più
irragionevole solo in
presenza di ratti e simili amenità. Quindi non solo aveva
notato che Robin da
quando era tornato si comportava in modo strano -non che fosse
difficile- ma le
era anche difficile bersi quella storia degli
“affari”, visto che fino a quel
momento non c’era mai stato niente di simile.
O comunque se anche si trattava di
affari proprio perché non
era stupida Robin avrebbe potuto dirle, anche a grandi linee, di cosa
si
trattava.
E invece no. Restava così
sul vago…
«lo so che non sei stupida,
ma è una cosa…complicata da
capire…ma non è problematica per noi, quindi
lascia stare».
«Robin, se questa cosa ti
spinge a comportarti in modo…inconsueto,
per te… non so dirti quanto “non sia
problematica”».
Avrebbe voluto essere un
po’meno diretta. Fare qualche
domanda velata, o giù di lì…ed infatti
quella loro conversazione era cominciata
in quel modo. Domande velate, atte a cercare di capire cosa stava
succedendo,
senza però dare troppo a vedere la sua preoccupazione.
Solo che poi
l’atteggiamento reticente del compagno l’aveva
indotta ad andare più al sodo. Senza perdere il controllo,
naturalmente, non
era tipo da farlo per così poco…
«si, stai tranquilla mamma.
Andiamo, Alya! Alla mia età ormai saprò si o no
cosa devo e non devo fare…e
l’unica cosa che devi fare tu è stare calma, va
tutto bene, non c’è motivo che
tu ti preoccup-» si interruppe appena sentì la
suoneria del cellulare.
Anche quella era un’altra
stranezza, perché Robin di solito
il cellulare lo usava ben poco, tanto da avere un modello vecchissimo e
che
teneva quasi sempre spento. E invece adesso non solo era passato ad un
Nokia
ben più moderno, ma lo aveva sempre con sé e
sempre acceso, e quando riceveva
una telefonata con quella suoneria lì lo si vedeva scattare
e filare via a
rispondere in un’altra stanza.
Come se avesse avuto qualcosa da
nascondere.
«ehm, si, continuiamo a
discuterne dopo» ed infatti eccolo
tirare fuori il telefono dalla tasca e fuggire via come se lo avessero
inseguito i cani.
«Robin!»
«dopo!»
E dopo quell’ultima
esclamazione eccolo chiudersi nella
stanza vicino ed iniziare una conversazione fatta in un borbottio basso
e fitto
fitto, incomprensibile.
C’era decisamente qualcosa
che non andava. Si diceva che in
fondo erano passati solo cinque giorni e che era assurdo iniziare
già a pensare
certe cose, che Robin aveva subìto un’esperienza
che magari l’aveva
traumatizzato, che non era niente e presto sarebbe passata.
Ma…vallo a spiegare
al suo intuito! Per non parlare di quei segni così evidenti…
Continuava a ripetersi di non
lasciarsi andare alla
paranoia, perché non era assolutamente da lei.
“ha
un’altra”.
Ah, macché
un’altra. Con tutto il tempo che gli ci era voluto
perché riuscisse a lasciarsi andare con lei, figurarsi se
sarebbe risuscito a
farlo con un’altra in pochi giorni.
“ha
un’altra…”
Si…magari però
poteva anche essere come quando ci si tuffa
per la prima volta dal trampolino alto venti metri. La prima volta
è
assurdamente difficile, sembra impossibile e tutto quanto…ma
superata quella
non si ha voglia di rifarlo subito? E con una facilità
immensa per di più?
Ma…Robin non era mica in
quel modo. Era un uomo fin troppo
vecchio stampo, d’onore, che mai avrebbe tradito la propria
compagna. Per
quanto non ci fosse granché di onorevole
nell’esiliare la moglie su Nettuno e
farla credere morta a tutti, figlio incluso.
Si impose di darsi una calmata.
Avrebbe continuato ad osservare come
si comportava, e solo
se quei segni strani fossero perdurati avrebbe iniziato a pensare a
come agire
in qualche modo. Pedinandolo magari?
Solo che col suo lavoro risultava
complicato, perché se lui
partiva durante il giorno mentre lei era
all’ospedale…come avrebbe fatto a
pedinarlo?!
Si, se avesse continuato a fare
così avrebbe potuto provare
a seguirlo negli week-end per vedere dove accidenti andava e
soprattutto con chi.
Solo in quel momento gli cadde
l’occhio su un foglietto di
media grandezza poggiato sopra un mobile.
Precisamente quello che sembrava il
programma dettagliato
stilato in una sconosciuta calligrafia fitta di un week-end
per due
in…
«ah, ecco
dov’era!» la voce di Robin la fece quasi -e dico
quasi- sobbalzare, mentre l’uomo faceva rapidamente sparire
il foglietto «mi
stavo giusto chiedendo dove fosse andato a finire…stavamo
dicendo? Ah, si: che
è tutto a posto».
Stavano insieme da un po’,
eppure quei suoi occhi color del
ghiaccio continuavano ad inquietarlo un po’, ogni tanto. Non
perché temesse che
potesse fargli del male, o perché la trovasse una specie di
“strega”…ma perché
sembravano guardarlo dentro. E se era stato questo
che le aveva permesso
di superare le sue difese, nella situazione attuale avrebbe potuto
rivelarsi un
problema.
Perché la
verità era che lui aveva davvero qualcosa da
nascondere.
«se lo dici tu».
Non era convinta. Robin
pensò che avrebbe dovuto stare più
attento in futuro, e lasciare meno indizi in giro. Nonché
tenersi ben stretto
il cellulare. Non che Alya fosse tipo da mettersi a curiosare tra le
sue cose o
da mettersi a spiarlo, non chi chiamava mica Emerald Lancaster. Ma come
si
dice, la prudenza non è mai troppa, e in quel caso specifico
Robin Mask non
voleva assolutamente che quanto nascondeva si venisse a sapere.
Bing.
«credo che tu abbia appena
ricevuto un messaggio» gli fece
notare piatta la donna.
Da: Jane
Confermi che non avrai
problemi a partire questo
week-end?
«ah…eh
si…»
Rispondi:
la mia compagna ha Già
iniziato a sospettare che c’è
qualcosa che non va.
Da: Jane
Andiamo
bene…dovevo immaginarlo. Sei il solito. Inventa
qualcosa, no?
Alya si stava trattenendo dalla
tentazione di dare
un’occhiata. Robin nel digitare si era allontanato di qualche
passo.
Rispondi:
per me non è
facile come per te. Le condizioni non sono
le stesse!
Da: Jane
Lo sarebbe se avessi un
po’più di inventiva. Vedi tu.
Rispondi:
questa volta intanto
partiamo però. Quanto al resto
penserò a qualcosa…
Da: Jane
Mh -.-
Rispondi:
che vuol dire
“mh”?!
>:-/
Da: Jane
Pensaci su, tanto per
restare in tema. A cosa vuoi che mi
riferisca? -.- …ribadisco…vedi tu!
«sbaglio o si è
fatta quasi ora di cena, eh Alya?»
“continuo a ripetermi che
è tutto più o meno normale
ma possibile paranoia o no mi sembra che qui la cosa stia diventando
smaccata”
pensò la donna.
«manca un quarto
d’ora».
Aspettare.
Osservare.
Scoprire.
:: Washington DC ::
«ma tu sei proprio sicuro
che potrebbe andargli bene?»
«ma siiiii…siamo
in pieno giorno. Ed è giusto il tempo di
prendere la macchina . Al garage ci siamo già arrivati
poi».
Michael per quella mattina si era
offerto di consegnare
della roba per conto dei suoi genitori. Aveva pensato di portare anche
Hammy
con sé, per stare insieme ogni occasione era buona, ma
quando alle cinque del
mattino l’aveva vista dormire accanto a lui si era detto che
svegliarla sarebbe
stato il vero peccato mortale. Era così carina, anche quando
dormiva…
E non aveva riflettuto sul fatto che
quel giorno
corrispondeva a quello libero di Zachary, mattino compreso.
Il che significava lasciarli soli
fino a sera.
Non che temesse un possibile
tradimento o che il fratello
provasse ad insidiarla, sapeva che se Zeke si fosse trovato davanti una
giovane
Bar Refaeli a fargli la lap dance non gli avrebbe fatto né
caldo né freddo -e
idem se al posto di Bar Refaeli ci fosse stato Chris Hemsworth- non
perché
avesse qualche problema in senso fisico ma perché non gli
interessava…no, non
era quello che avrebbe dovuto preoccuparlo, piuttosto il fatto che
Zachary
Connors nonostante l’apparenza, ormai si è capito,
era tutt’altro che un ragazzo
tranquillo ed avrebbe potuto coinvolgere la sua fidanzata in qualcosa
di altamente
rischioso.
Ma, per l’appunto, non ci
aveva riflettuto.
E adesso eccoli lì, Hammy
e Zeke, che dopo essersi alzati molto
tardi avevano avuto la bella pensata di andare nel quartiere
dove non
dovevano andare, a prendere una macchina che non
dovevano prendere, per
andare a correre non si sa bene dove. E per di
più avevano con loro
delle pistole modificate da Zachary stesso che sparavano dardi
contenenti del
liquido simile a dell’acido, che il ragazzo usava per la
caccia ai serpenti
-oltre ai topi dei quali si era portato dietro qualche gabbietta
nonché quasi
mezzo litro di quel liquido incendiario, i coltelli
e…uccideva i serpenti anche
a mani nude a dire il vero- segno che evidentemente dopo la corsa
c’era quella
in programma, nonostante non fosse domenica.
«quindi
com’è il programma?»
«corsettina, caccia ai
serpenti così ti faccio vedere anche
come funzionano i dardi di “acido” a rapida entrata
in circolo nonché il mio
rifugio nel bosco. E poi verso le cinque del pomeriggio
c’è una gara di ballo
del robot, così ti faccio vedere anche come un robot
ballerebbe se fosse in
Matrix…»
Che Zeke sapesse fare qualcosa del
genere Emerald l’aveva
capito già il terzo giorno quando l’aveva visto
scendere le scale all’indietro
con movimenti che sembravano realmente meccanici e
l’aria del tutto
inespressiva. Quando faceva in quel modo le veniva pensato che a
momenti era
più un robot lui che l’incrocio tra un robot ed
una pantegana che aveva lasciato
a Tokyo.
Le era capitato diverse volte di
pensare a Warsman. In
particolar modo quando, sei giorni prima, l’ex mercenario le
aveva messo
l’anello al dito. Letteralmente, e con tutto quel che
competeva.
Si era chiesta
“chissà come reagirebbe se
sapesse…”, o anche
“chissà come reagirà quando lo
saprà” che era più corretto
perché prima o poi
sarebbe venuto a saperlo per forza.
Però poi si era detta che
in fondo la vita era la sua, e
poteva fidanzarsi con chi cavolo le pareva. Era il Nemico Numero Uno,
mica
chissà cosa. Ed una volta che fosse stata attenta a
rispettare quel che era il
loro simbolo, non ballando il tango col proprio ragazzo, non poteva
venire a
dirle proprio niente. Michael l’aveva torturato, ok, ma
questo non gli avrebbe
comunque dato il diritto di poterle dire “no, tu con quello
non ti ci fidanzi e
non ti ci sposi”.
“per non parlare del fatto
che tanto, prima o poi, questa
cosa tra me e Flash dovrà concludersi per forza
perché se davvero andrà a
finire che io e Michael ci sposiamo dubito fortemente che resteremo a
Tokyo.
Stando con Kevin saremmo rimasti a vivere lì e fine, ma in
questa situazione
invece le cose sono diverse considerando che appena ha saputo del
fidanzamento
papà ha detto sia di passare per Londra una volta finito il
soggiorno qui a
Washington che ‘se voleste potreste venire a vivere qui nella
tenuta in futuro,
no?’…” oltre ad averle detto di avere
alcune cose da raccontarle. Infatti non
aveva ancora detto loro del soggiorno sull’isola, per farli
stare tranquilli;
tanto tra una settimana sarebbero tornati ed avrebbero saputo tutto
“quindi il
russo dovrà farci le bocce, che gli piaccia o no”.
E anche se le dispiaceva
l’idea che loro due si perdessero
definitivamente, pensandoci bene alla fine forse era la miglior cosa,
perché di
loro due in quel rapporto era lui ad essere
più a rischio. Perché fino
ad ora era riuscita più o meno a tenerlo al sicuro, ma per
quanto avrebbe
potuto farlo? Specialmente se Flash avesse fatto
qualche mossa stupida come quella di venire a
cercarla a casa sua quella volta, o anche qualcosa di peggio. Magari
sarebbe
riuscita ad evitargli l’uccisione, ma…non ne era
poi così sicura, e se a lui
anche dal modo in cui era venuto a cercarla a casa non sembrava
importare poi
così tanto di quello che rischiava a lei
invece…beh…sì!
Si erano quasi ammazzati
più e più volte, eppure l’idea di
vederlo subire torture o simili non le piaceva per niente. Forse
perché, al di
là di quel che combinavano quando erano tra loro, sotto
sotto Hammy pensava che
Warsman in vita sua avesse patito già abbastanza.
«e poi torniamo a
casa» concluse l’albino «è un
programma
tranquillo, insomma. Niente di eccezionale» aprì
il garage «…ti presento Chaos
Star, Hammy».
Un’enorme
macchina sportiva nera con i finestrini
fumè, modificata non si sa come, con una versione tribale
della stella del caos
di un colore rosso acceso, con una “Z” al centro,
disegnata sul cofano. Grossa
com’era, pensò lì per lì
Emerald, non poteva essere tanto veloce. Probabilmente
mettendo giù i sedili posteriori, tra lì dietro e
il portabagagli ci sarebbe
stato dentro anche il motorino con cui erano venuti lì.
Cambiò idea sulla
velocità quando vide che razza di motore
aveva quella macchina.
«e beh, giustamente
Armageddon guida la Chaos Star».
«il simbolo è lo
stesso che ho tatuato sul petto».
«da quando in qua hai un
tatuaggio sul petto?!»
«da quando ho cominciato a
correre, lo vuoi vedere?»
«ok…»
Senza fare una piega il ragazzo si
tolse rapidamente la
giacca nera, il gilet verde scuro, la cravatta…solo a quel
punto Emerald notò
che quella di Zachary era una magrezza come la propria.
Nel senso che
era solo falsamente “gracile”, e che a guardarlo
senza vestiti invece ci si
rendeva conto che le cose non stavano proprio così. Ne ebbe
la conferma quando
Zeke si tolse anche la camicia rimanendo a petto nudo e pantaloni
zebrati su
base verde neon: non era una montagna di muscoli come Kevin, o comunque
un tipo
“muscoli in vista!” come suo fratello, ma da quel
che vedeva non c’era niente
di flaccido o poco allenato, piuttosto sembrava costantemente
pronto allo
scatto. Come lei.
E ovviamente si, fece caso anche al
tatuaggio.
Secondariamente.
«è figo si o
no?»
«si
si…però ti facevo più
magrolino».
«sono magrolino».
«meno allenato, allora.
È che i vestiti che indossi
“nascondono”».
«lo so. Vedi, per fare
alcuni movimenti di quelli che faccio
io l’allenamento serve. Salta in macchina» le disse
con un cenno del capo ed un
sorriso «mettiamo giù i sedili posteriori,
carichiamo il motorino, facciamo una
bella corsa e poi arriviamo al bosco».
Lei fece spallucce. «right».
Fatto ciò salì
in macchina dal lato del passeggero, e
Zachary da quello del guidatore. In tutto questo il ragazzo non si era
curato
di rivestirsi completamente, buttando giaccia, cravatta, camicia e
gilet sul
cruscotto.
«tanto questo garage si
apre e chiude automaticamente» disse
lui una volta accesa l’auto ed usciti «se posso
darti un consiglio…allaccia
bene la cintura e soprattutto tieniti forte!»
«guarda che io sono
abituata alla velocitaaaaaaah!!!...OK!
Capito il concetto!» esclamò la ragazza che aveva
fatto appena in tempo ad
allacciarsi che quello era partito arrivando in breve a trecento
all’ora.
«se ti piace la
velocità è la volta che ti diverti
parecchio» disse l’altro «e se poi
acchiappi una delle gabbiette di topi dietro
e fai qualche piccola iniezione…»
«che hai in
mente?»
A quella velocità folle
erano arrivati davanti ad un piccolo
capannone, fatto più di legno che di altro.
«hai presente la banda di
quel tipo a cui ho “dato fuoco”?»
mimò le virgolette.
«ce l’ho presente
ma tieni le mani sul volante grazie, non
mi va di schiantarmi per te che mimi le virgolette!»
«il fatto è che
non mollano. Me l’hanno perfino giurata. E
allora dato che la loro base è l’edifico che vedi,
se ti va, adesso entriamo
con la Chaos Star sfondando la porta e lasciamo loro qualche regalino
incendiario con la coda».
«un assalto terroristico in
piena regola!»
«non ti va?»
Di solito lei non era esattamente una
che faceva questo
genere di cose. Ma fare esplodere mezza villa di Robin Mask insieme a
suo padre
e Kirika era stato maledettamente divertente. E poi, beh, quelli
l’avevano
giurata al fratello minore del suo fidanzato.
Per cui…
«prendi le due gabbiette
piene di topi e le siringhe, Zeke».
«ah! Lo sapevo! Armageddon
e Nightmare, la nuova “coppia”
del terrore!»
«…perché
Nightmare?»
«preferivi Armageddon e Sweetheart?»
«decisamente no. A pensarci
bene poi “Nightmare” mi piace,
magari lo adotto come nome da battaglia!»
Un paio di minuti per iniettare il
liquido a tutti i topi e
poi via, ripartirono al massimo della velocità!
«sfondo
l’entrata! Tu pronta con i topi, esploderanno tra
tre minuti!»
«all right!»
esclamò Hammy mentre Zachary per
l’appunto sfondava l’ingresso rischiando quasi di
investire diversi degli
uomini all’interno del piccolo capannone.
«apro i finestrini!
Buttiamo giù i topi tra tre, due, uno, giù!»
Un bel po’di topi caddero
giù e zampettarono velocemente via
spargendosi in tutto il capannone.
«…e per il
futuro…ricordatevi di non infastidire Armageddon.
Grazie» concluse Zeke richiudendo i finestrini e sfondando anche
l’uscita
del capannone sempre a quella velocità folle «tra
poco verrà su un bel
fuocherello, ma noi facciamo meglio a filare via. Peccato, il fuoco mi
piace».
«dovevi vedere come ardeva
bene la villa di Robin Mask,
altroché. Zachary senti, tu sei anche un …esperto
in tecnologia, giusto?»
«uh-hu. Ho creato un virus
che potrebbe darmi il controllo
di tutti i computer del mondo, inclusi quelli della Borsa. Gli unici
che non mi
riesce di aggirare sono quelli della tua casa produttrice».
«perché sono
progettati tutti da gente in gamba. Tipo te. Mi
è venuto pensato che quel liquido incendiario, le gomme
esplosive, quella
specie di acido e si, magari anche quel virus, potrebbero essere
interessanti
da un punto di vista lavorativo. Nel senso che se un giorno volessi
venire via
da qui ci sono grosse probabilità che mio padre ti trovi un
lavoro ben
retribuito. Si, lo so che di solito la mattina aiuti i tuoi qui a
Washington,
ma era per dire, ecco».
Uniamo una persona come Zachary
Connors a delle risorse
praticamente illimitate e ad
un’altrettanto illimitata possibilità di
ricerca. Cosa otteniamo? O un Armageddon vero e proprio o enormi passi
avanti
in alcuni campi della tecnologia Lancaster.
«non lo so. Per adesso sto
bene qui, Hammy…la tua idea di
partire con te e Michael e passare prima qualche giorno nella tenuta di
Londra
e poi un po’di tempo a Tokyo mi è piaciuta e ho
detto di si, ma non mi sento
ancora di lasciare definitivamente Washington. E poi queste sono cose
che
faccio per hobby, non per lavoro».
Un Q.I. di 177 sprecato.
Fortunatamente per il mondo, forse,
o forse no.
«capito. Te la sei
presa?»
«ehm, perché
avrei dovuto prendermela?» zigzagavano per la
strada, a volte anche contromano, dirigendosi fuori città
nel bosco in cui
l’albino soleva andare a cacciare i serpenti, i lombrichi, i
bruchi e tutto
quel che strisciava.
«boh. Pensavo che ti fossi
offeso per la proposta».
«seh, e io in tempi di
crisi secondo te mi offendo per una
quasi -proposta di lavoro? Anche ben retribuito, credo?»
«i dipendenti di mio padre
che lavorano nei campi in cui
potresti lavorare tu prendono dai trecentomila sterline al mese -o
l’equivalente a seconda del Paese in cui lavorano- in su, a
seconda dei
risultati».
Giustamente, se Howard dava ad una
traduttrice uno stipendio
a quattro zeri figuriamoci ad un ricercatore.
«appunto, e io mi dovrei
offendere se mi si offrono
trecentomila sterline al mese per fare qualcosa che mi diverte pure? Un
po’matto lo sono, ma stupido no. Solo che te l’ho
detto, per adesso sto bene
alla pasticceria».
«ok, nessun problema.
Di’, secondo te dovrei evitare di dire
a tuo fratello della giornata di oggi?»
«tu e lui vi sgamate subito
vicendevolmente al punto che non
riuscite nemmeno a farvi degli scherzi, non vedo come potresti fare a
nascondergli della giornata di oggi».
«messa
così…»
Arrivarono
“tranquillamente” fino al bosco. Da notare che
Zachary stesse guidando su una strada senza alcun albero, che di certo
non era
naturale. Come minimo a crearla era stato proprio lui, in qualche modo.
«rifugio»
indicò una specie di “casetta” che si
intravedeva
appena tra le ampie fronde di un albero «per andare su
c’è una corda nascosta
tra i rami».
«io vado su anche
senza».
«lo so!»
«Mikey qui
c’è mai stato?»
«no. Della caccia al
serpente non gli è mai importato, e
nemmeno di vedere quella “base operativa”
lassù. Ogni tanto ci vengo anche così
tanto per fare a dire il vero, non solo per compiere nuovi passi avanti
riguardo l’estinzione dei serpenti».
«nonché delle
statuette e i dipinti raffiguranti serpenti. O
delle persone con tatuaggi seprenteschi».
«quello dipende. Non tutte
le persone con i tatuaggi dei
serpenti meritano di andare a fuoco, ci sono anche delle bravissime
donne e
madri di famiglia o uomini e padri di famiglia con quei disegni sul
corpo, per
esempio. Ma tanto la gentaglia la sgamo subito, di solito mi
dà addosso per
prima».
Anche solo i pantaloni assurdi che
indossava -…a pois, a
fiori, zebrati, tigrati, scozzesi, a righe, a quadri, a
cuori…- erano uno
stimolo irresistibile per quel tipo di gente. Ed ecco che, se provocato
anche
di poco, lui colpiva.
Scesi dall’auto Zeke
assistette con la consueta tranquillità
alla rapidissima arrampicata di Emerald sull’albero e poi nel
rifugio.
«…cazzo!!!
Questo
si che è il laboratorio dello scienziato pazzo!»
esclamò la ragazza una volta
dentro.
Perché in quel rifugio di
legno c’erano congegni di tutti i
tipi, incluse delle lame rotanti che da quel poco che Emerald capiva
dei
progetti che vedeva sarebbero a breve finite sulle fiancate di Chaos
Star.
«carino, mh?»
«si, Zeke…ma tu
dove te la procuri questa roba?»
«la prendo da qualche banda
rivale o me la compro, se non
costa troppo. Io praticamente dei soldi che prendo nel mio lavoro
part-time in
pasticceria non spendo niente, poi ci sono i vari regalini dei nonni
paterni, e
infine Lentiggine che nei periodi festivi è particolarmente prodigo. E chi sono io per
rifiutare?»
Giusto.
«quanto a questo posto, se
te lo sei chiesto, frego la
corrente elettrica dagli edifici vicini».
«non
ci sono edifici
vicini».
«dipende da cosa intendi
per “vicini”».
«i più vicini
sono a qualche chilometro da qui».
«con i giusti allacci
elettrici è fattibile, da’ retta. Ogni
tanto comunque qui ci dormo pure».
«davvero?»
«oh si. E di notte escono
un mucchio di serpenti…»
«aaah, ecco. È
una questione di “affari”».
«no. La questione
è che qui c’è una pace quasi
innaturale,
di notte. Un po’ mi cala anche in un’altra
ottica…una volta quando venivo qui
di notte e c’era quel silenzio mi veniva pensato
“magari anche mio fratello
adesso è in mezzo ad un silenzio simile a questo. Solo che
lui rischia di
essere ucciso, al contrario di me”. Che tuo padre
l’abbia preso è stata una
benedizione Emerald, quando ha abbandonato l’Accademia per
andare a fare il
mercenario è stato un periodaccio per tutti qui in
casa».
«eravate
preoccupati».
«io ero quello che lo era
di meno, nonostante fossi piccolo.
Sapevo -e so- che Michael è uno che se la
cava…però ammetto
che…beh…preferisco le cose come sono adesso
perché lo percepisco più “al
sicuro”».
«lo è.
È l’uomo di fiducia di mio padre, il che significa
che se Michael ne avesse bisogno lui si muoverebbe subito.
Come ti ho detto…lo ha preso molto a benvolere».
«meglio
così» il ragazzo si mise a giocherellare con dei
congegni «parlando d’altro…lo sai che
una volta mi divertivo a costruire
robottini?»
«ah si?»
«si! Mi sono sempre
piaciuti i robot» mise giù quel che
aveva in mano «e non sai che darei per poter mettere le mani
su uno un po’più
“avanzato”. Come quel russo che tu definisci il tuo
arcinemico, per esempio…non
fare quella faccia, lo sappiamo tutti che non vuoi che venga toccato,
era
un’ipotesi…»
«appunto e poi non
è proprio un robot. Lui…è una
persona».
Zeke poggiò contro la
parete di legno la schiena ancora
nuda. «dipende da come lo vedi. Da quello che ho capito lui
ha un
cervello-computer, dico bene?»
«si…»
«e allora è
presto detto Hammy: da esperto di robot e affari
del genere quale sono, posso solo affermare che è una
macchina. I robot hanno
un cervello computerizzato, lui ha un cervello computerizzato, i robot
sono
macchine, lui è una macchina».
Emerald lo guardò fisso,
incrociando le braccia davanti al
petto. «il mio cane ha quattro zampe, il mio gatto ha quattro
zampe, ergo il
mio gatto è un cane».
«si, so che andando per
sillogismi si può arrivare da tutte
le parti, ma in questo caso la mia affermazione ha una sua
logica» disse
Zachary «tu magari potresti controbattere col dire che prova
dei sentimenti,
indi non è una macchina. E io a quel punto ti direi che i
cosiddetti “sentimenti”
sono tutta una questione di reazioni chimiche all’interno del
nostro corpo e di
impulsi elettrici nel cervello -per fartela semplice- di conseguenza il
cervello-computer di…com’è che si
chiama?»
«Warsman».
«ecco, il cervello-computer
di Warsman potrebbe essere
programmato per scatenare le suddette reazioni. Ma anche qui
è una questione di
programmazione, appunto, come per i distributori automatici. Premi A5
sul
distributore e viene giù la Pepsi; insulti Warsman, lui
prova rabbia. Poi è
vero che non lo conosco…mi baso solamente sui dati che
possiedo…però a rigor di
logica è qualcosa del genere».
«senti…non mi va
che ne parli in quel modo» disse secca lei.
La conversazione stava andando in una direzione che non le piaceva.
Anche -e
soprattutto- perché quel che diceva l’albino
sembrava pure abbastanza logico, e
rischiava di farla riflettere in modo diverso su quel russo con in
quale aveva
quel rapporto da NN1. Era vero, lui aveva un cervello-computer. E la
scienza
diceva, effettivamente, che i “sentimenti” in
realtà erano tutte reazioni
chimiche che, di nuovo effettivamente, avrebbero potuto essere state
programmate nel cervello di Flash.
«non intendo mancare di
rispetto ad alcuno. Quel che vorrei
adesso è fare con te una conversazione puramente
“scientifica” su un argomento
che mi interessa, scambiandoci dei dati. Tutto qui. E poi, ti vedo
incuriosita».
E suo malgrado lo era.
Perché aveva davanti un tizio con un
Q.I. di centosettantasette che si intendeva anche di robotica, e lei
aveva uno
strano rapporto con un tizio che aveva un cervello-computer.
«in effetti ammetto che lo
sono».
«quindi, ricapitolando, ha
un cervello-computer. Tecnologia
sovietica all’avanguardia…anni e anni
fa» l’albino sollevò un candido
sopracciglio con aria pensosa.
«a che stai
pensando?»
«che anche le macchine
migliori -pure se con la dovuta
manutenzione- prima o poi “sfasano”, per dirla in
modo semplice semplice. E se
era un chojiin di botte in testa ne ha prese parecchie, quindi anche
con la
manutenzione non ci siamo granché mi sa».
«e quindi?»
«e quindi viene da
sé che se già una macchina nuova
è in grado di fare danni anche
solo a causa di un errore che gli trasmette il comando sbagliato in
codice
binario, figuriamoci un cervello-computer vecchio,
non tenuto proprio benissimo, impiantato in un chojiin con degli
artigli simili
a Wolverine. Basterebbe che al posto di 1101000100 gli arrivasse
1101000101 e
ce lo troveremmo a ballare la caramelldansen o a cantare in
giamaicano».
Hammy avrebbe voluto ribattere che
Zachary si sbagliava, ma…
Si sbagliava?
Per non parlare del fatto che suo
padre le aveva detto
qualcosa di analogo, solo in modo più
“crudo”, riguardo ai possibili effetti di
un “1” al posto sbagliato.
«mio padre una volta mi ha
detto più o meno lo stesso».
«tuo padre è un
uomo sveglio, allora. O che comunque sa
com’è che funzionano le macchine. So che mio
fratello ogni tanto ha definito
Warsman una bestia…»
“ogni tanto? Ogni volta,
più che altro. Perlomeno ne parla
poco” pensò Hammy.
«…ma
è una definizione errata. Le bestie sono esseri
governati unicamente da istinti primordiali, e che secondo tali
agiscono.
Warsman invece reagisce agli
stimoli
esterni grazie a delle reazioni chimiche scatenate dal suo
cervello-computer
secondo uno schema preimpostato. Il che, per l’appunto, fa di
lui una macchina.
Dovrò correggere mio fratello, quando
tornerà».
Poteva davvero essere una macchina lo
stesso uomo che era
rimasto ferito dal fatto che lei avesse ballato con un altro, e che le
aveva
detto chiaro e tondo
che era e voleva
essere trattato come una persona e non come un giocattolo?...insomma,
lei conosceva Nikolai, sapeva che non era una macchina, ormai
l’aveva
capito più che bene.
Eppure, al di là del fatto
che Zeke fosse o meno un genio e
quant’altro, che Warsman aveva un cervello-computer era vero
si o no? Si.
Era vero che era tecnologia ormai
vecchia? Si.
Era vero che le macchine dopo un
po’si guastano, ben tenute
o meno? Si. Lo era.
«tu che ne dici,
Hammy?»
«continuo a vederlo come
sempre, Zeke. Pur dovendo ammettere
che da un punto di vista prettamente
logico…sembri…avere
ragione…» borbottò
«ok» si alzò «andiamo a
stanare qualche serpente?»
«oh, si. Acchiappa le
pistole a dardi, se ne vedi uno
sparagli e buon divertimento!»
E così fecero entrambi.
Dopo una caccia di quasi tre ore
Emerald aveva al proprio attivo due serpi letteralmente disintegrate da
quei
dardi letali una volta che il liquido era entrato in circolo -e si era
chiesta
se alcune persone avessero subìto la stessa sorte- cinque
lombrichi schiacciati
sotto il tacco degli stivaletti ed una trentina di quei bruchi neri
pelosi che
camminano lungo i tronchi degli alberi.
Quanto a Zachary, che sapeva meglio
di lei dove trovarli, di
serpenti di vari tipi ne aveva fatti fuori sette,
due dei quali
acchiappati ed uccisi a mani nude. In tutta onestà i
lombrichi e i bruchi non
li aveva nemmeno guardati.
«nove passi avanti
nell’estinzione di quegli schifosi esseri
striscianti indegni di stare al mondo» concluse Zeke con fare
solenne al
termine di quella battuta di caccia «il che non è
male».
«si però potevi
rimetterti almeno la camicia. Metti caso se
avessi strisciato contro dell’ortica…»
«il decotto di ortica fa
bene ai capelli».
«le foglie di ortica
però non fanno bene alla pelle».
«ma che ora abbiamo
fatto?»
«sei tu quello con
l’orologio».
«non oggi. Ma tu nel
marsupio hai il cellulare».
«e tu il tuo dove
l’hai lasciato?»
«nella giacca».
«ah. Ok» Hammy
tirò fuori il cellulare «quattro meno
dieci».
«giusto in tempo, visto che
anche andando alla massima
velocità almeno un’ora per arrivare lì
dove si balla ce la mettiamo. Michael
non dice niente?»
«…due messaggi
due ore fa e una chiamata…un’ora fa. Avevo il
silenzioso» mormorò lei «non vorrei che
si preoccupasse. Tsk…sai, se non avessi
risposto al mio ex dopo un’ora altro che una chiamata, ne
avrebbe fatte venti,
e se non avessi risposto nemmeno a quelle avrebbe già
telefonato a polizia,
carabinieri, pompieri, FBI, CIA e pure ai servizi segreti di her
Majesty».
«tipino apprensivo Kevin
Mask».
«diciamo ultra
possessivo».
«non me ne hai parlato
molto via via. Che tipo è, più o
meno?» le chiese mentre andavano fino alla macchina.
«più o meno era
tipo…stupido. O meglio, si comportava da
stupido anche se in realtà non era proprio
così».
«stupido è chi
lo stupido fa. Michael mi ha detto
semplicemente che era un cavernicolo. Anzi, un bravernicolo».
«ooooh noooo, non
mettertici anche tu con quella storia per
favore che in questi mesi ne ho sentite di tutti i colori.
“io essere Kevin
dalla Piccola Clava, ed essere convinto che saggina essere
vecchietta
piccola piccola e con lunga barba bianca!”…o anche
“io Kevin dalla Piccola
Clava andare al mare con i miei otto cani. Perché?
Perché io sapere che otto
cani fare canotto!” o ancora, e questa
purtroppo è pure vera “io Kevin
dalla Piccola Clava non essere ignorante, perché io sapere
benissimo che Orazio
essere pescivendolo del mercato vicino, anche se non sapere che lui
scrivere
‘roba in latino’!”»
«…ma
veramente?»
«eh si,
veramente».
Salirono in macchina. Il viaggio
procedette tranquillo tra
un racconto e un altro -tranquillo se non si consideravano gli oltre
trecento
km/h a cui andava Zachary- ed
arrivarono
dove dovevano arrivare proprio all’orario stabilito.
«il
posto è questo».
«e tu non accenni ancora a
rimetterti la camicia».
«in queste occasioni
generalmente tanto la tolgo. Così che
vedano bene il tatuaggio, capito».
«ah-ha».
Era un ambiente abbastanza grande e
piuttosto malmesso. Però
da quel che poté vedere Emerald la gente che ballava era seria.
Non
tanto per la gara in sé per sé, perché
non c’era un trofeo da vincere e nemmeno
una giuria vera e propria; l’unica era il pubblico che
attorniava i
contendenti. Ma i ballerini erano veramente bravi.
«non ci sono iscrizioni.
Chiunque può sfidare il ballerino
al centro» le spiegò l’albino
«e il vincitore viene deciso a furor di popolo,
praticamente. Dopo sfide su sfide, quando c’è un
contendente che nessuno si
sente di sfidare e soprattutto che piace al pubblico, ecco che si
capisce chi
ha vinto. Oltre al fatto che il vincitore in questione viene sollevato
da tutta
questa massa umana che vedi e fatto “scorrere” fino
al limitare della folla».
«figo».
«dipende, se non ti accorgi
che la marea di gente è finita e
non salti giù, cadi a terra e dai una capocciata di quelle
che ti ricordi a
vita».
Emerald non fece nemmeno in tempo a
dire “ok” che il ragazzo
si era già infilato in mezzo alla marea umana, piombando
davanti al ballerino
appena rimasto da solo.
Quel che fece da quel momento in poi
lasciò Emerald senza
fiato perché a parte solo il sembrare un robot -cosa che gli
riusciva
egregiamente- Zeke non sembrava nemmeno soggetto alle normali leggi
della
fisica vista la facilità con cui faceva
cose…assurde…come lo sdraiarsi supino a
rallenti sul pavimento e poi tornare in piedi come se qualcuno avesse
premuto
“rewind” su un telecomando.
La festa finì nel momento
in cui diversi tizi poco
raccomandabili, alcuni dei quali bruciacchiati, fecero il loro
ingresso.
La musica terminò come per
magia. Il solo a rompere il
silenzio fu l’albino.
«…noooo…ancora?
E che rottura però!»
«Armageddon!!! La pagherai
anche per aver distrutto la
nostra base!»
Appena vide le armi che avevano
addosso, anche se non erano
roba da molto, la marea umana si diede alla fuga urlando. Emerald nella
confusione riuscì a raggiungere un punto in alto.
“fammi mirare a quei due
con la pistola che poi per gli
altri stiamo a posto” si disse la ragazza. Zachary dal canto
suo…boh, sembrava
annoiato e basta.
«si ma allora voialtri
proprio non volete capire…“non
rompere le scatole al tizio albino”, è tanto
difficile da capire?»
«non-»
avviò a dire uno di quelli con la pistola, ma questa
gli saltò improvvisamente via dalle mani, così
come altrettanto improvvisamente
si trovò gambizzato. Stessa sorte capitò
all’altro con la pistola.
«ma che-argh!»
Hammy era saltata giù dritta in testa
a quello che aveva parlato, per poi dedicarsi a fratturare le ossa a
chiunque
di quelli le si trovasse vicino.
«you
can
call me Nightmare».
«aaah, ma allora
t’è piaciuto sul serio!» anche Zeke si
unì
alla battaglia, dai pantaloni tirò fuori il coltello che
aveva scelto di
portarsi dietro quel giorno -se non lo aveva nella manica lo aveva in
tasca.
Non se ne separava mai, come Hammy dalla sua pistola- e con fare
tranquillissimo si mise a conficcarlo nelle arterie di tutti i tizi che
gli
capitavano a tiro. Così come se niente fosse.
«mi sa che qui finiamo
presto…attenta!!!» Zeke la
fece abbassare appena in tempo. Nessuno dei due aveva notato che anche
un terzo
uomo aveva una pistola.
«ma che diavolo-»
«tranquilla, non
c’è nemmeno bisogno di avvicinarci»
disse
il ragazzo facendola mettere dietro di sé e lanciando le sue
gomme esplosive a
quello che stava quasi per colpire Emerald.
Che dal canto suo lì per
lì non capì perché invece di due
gliene avesse tirate otto.
Ci arrivò dopo quando
oltre all’uomo presero fuoco le
componenti in legno dietro di lui, e l’incendio si
propagò con grande rapidità.
«buuurn,
baby burn, is Disco Infernooooooh!!! Burn,
baby, burn!»
canticchiò Zeke che sembrava compiaciuto dal disastro
creato. E presumibilmente
lo era sul serio «mi sa che Lentiggine mi darà
un’altra lavata di capo… burn,
baby, burn!»
«dovremmo uscire di
qua!»
«si…magari
dovremmo» concordò il ragazzo acchiappandola per
il polso ed uscendo con lei di corsa «però
ammettilo…»
«che?»
Salirono in macchina e partirono a
tutta velocità.
«che è stato
bellissimo! Armageddon e Nightmare, ne
parleranno tutti quanti qui in giro».
«si ma io teoricamente
tutto ciò non dovrei farlo perché,
uno, tuo fratello mi sa che non sarà proprio felicissimo,
due, sono una chojiin
della Muscle League ed avrei delle regole di
comportamento da seguire
non solo dentro Scuola ma anche fuori…»
«capisco per la parte che
riguarda Michael, ma delle regole
che ti frega?»
«…ok,
effettivamente di quelle non mi frega una minchia.
Solo che è il secondo posto a cui diamo fuoco
oggi!»
E dire che avrebbe dovuto essere
Michael a migliorare per
quanto -e se- gli era possibile…e invece era Emerald che
sembrava peggiorare,
anche se non per colpa del suo ragazzo quanto piuttosto del fratello
del
suddetto che era un Armageddon fatto e finito.
«e che sarà
mai…»
«dimmi una cosa, il posto
dove ti sei fatto tatuare il petto
è tanto lontano?»
«a una mezz’ora
da qui, perché?»
«perché
sinceramente avere la schiena senza tatuaggi mi fa
sentire strana, era un po’di tempo che pensavo di farmene uno
nuovo…»
:: Nettuno ::
C’erano due voci
contrastanti in Kevin Mask. La prima era
quella che lo spingeva ad andare avanti, all’indirizzo dove
doveva andare e
stava andando.
La seconda, quella che gli diceva di
voltarsi e correre via.
«…non…sei…tu
non sarai...oddio. Kevin!»
Non fece in tempo perché
la gracile donna dai capelli
-tinti- biondo chiaro gli si lanciò praticamente addosso
uscendo di corsa dal
giardino ed abbracciandolo. Piangendo come una fontana.
D’altra parte era
comprensibile, era suo figlio, lo aveva
visto solo in televisione -un modello vecchissimo ed era già
tanto che ce
l’avessero visto che in tutto il pianeta ad avercelo erano
giusto cinque
famiglie!- gli aveva scritto per tutto quel tempo senza mai ricevere
risposta e
adesso era lì, davanti a lei, e lo poteva toccare, baciare,
abbracciare…
A piangere non era la sola
però. Anche Kevin Mask non aveva
retto all’emozione di vedere per la prima volta la madre
creduta morta. Gli
sembrava ancora di sognare, eppure no! Era reale, lei non era un
fantasma, e
poteva stringerla a sé, sentire il profumo di fiori dei suoi
capelli…un profumo
praticamente identico a quello di Mary Nikaido, a dirla
tutta…
«mamma…»
«Kevin…mio Dio,
quanto sei grande…e quanto sei bello!
Proprio come si vedeva in tv…non avrei mai sperato che un
giorno ti avrei visto
dal vivo…ma vieni, vieni, e-entra in casa» Alisa
balbettava perfino, ovviamente
anche lei emozionantissima oltre che sorpresa «abbiamo
talmente tanto da
dirci!...il mio bambino…ti ho scritto tutte le
settimane...anche se non mi è
mai arrivata una risposta io ho sempre continuato a
sperare…e adesso sei qui! Quarrelman!!!...vieni!»
«che succed-oh!
Ma tu guarda…che sorpresa! Kevin
Mask!»
L’ex wrestler non sembrava
affatto seccato all’idea di
averlo lì. Era semplicemente sorpreso, e se mai poteva
essere solo contento per
Alisa che in quel momento nonostante le lacrime -di gioia- era
assolutamente
raggiante.
«s-salve»
borbottò il ragazzo asciugandosi velocemente le
lacrime.
«sei venuto a trovare tua
madre, mh? Entra pure» Quarrelman
gli fece cenno di entrare in casa «e resta pure quanto vuoi,
ragazzo; dopo
vent’anni tu e tua madre avrete un mucchio di cose da
raccontarvi».
“specialmente il motivo per
cui non hai mai risposto alle
lettere che ti mandava” aggiunse mentalmente.
«eh…io…»
«ti
prego…rimani» Alisa aveva i suoi stessi occhi
azzurri
«anche una settimana, due, un mese, quanto vuoi…ma
rimani».
Lo stava praticamente supplicando. E
anche se Kevin aveva
pensato di andare a breve
a Washington a
cercare di recuperare Emerald…beh…sua madre Alisa
al momento era più
importante. L’aveva già messa da parte troppo a
lungo. E poi voleva stare
con lei, raccontarle tutto, non ultimo quel che aveva combinato suo
padre con
le lettere che lei gli aveva spedito nonché
dell’…“incidente” con Howard
Lancaster.
Ehm. Si. Forse di lui sarebbe stato
meglio non parlare
troppo nonostante prima che lui nascesse anche Alisa avesse frequentato
parecchio casa Lancaster…più che altro
perché Kevin non sapeva che sua madre si
era “fatta consolare” da Howard stesso quando
questi non aveva ancora
conosciuto Janice e non sapeva nemmeno chi era la donna che aveva
“consolato”!
A pensarci il loro ritrovarsi per
quelle gare di “indovina
cos’ho disegnato” era abbastanza ironico
perché lì tutti quanti sapevano chi
era stato con chi eccetto Robin Mask…
«va
bene…rimarrò per un po’. Di cose da
raccontarti ne ho
veramente tante, mamma…»
:: Tokyo ::
Lì per lì
pensò di aver visto male.
Poi si insospettì.
Ingrandì.
E scoprì che era proprio
così.
Nelle ultime foto postate su Tumblr,
Emerald aveva in tutte
un anello all’anulare sinistro. E poco importava
che…mah, sembrava quasi
cercare di tenere la sinistra un po’più
nascosta…ma lui ci aveva fatto
caso.
Come avrebbe potuto non farci caso?
Quello era un anello di fidanzamento.
Quello era un diamante
e quelli erano smeraldi, e quello era oro rosso e…
“e lei è una
grandissima stupida! Fidanzata! Ci si è
fidanzata! …quella puttanella ne ha fatte di
cretinate ma questa è
la peggiore di tutte! Non può fidanzarsi con
quell’uomo!...non può sposarlo!
…lui è un uomo orribile, se uomo
vogliamo chiamarlo!...due note…‘a
TheWorldIsMine è piaciuto’.
‘TheWorldIsMine ha detto: so che ve l’ho
già detto
ma ribadisco, era ora! :D :D :D mi raccomando, passate per Londra prima
di
tornare a Tokyo’…Tsk! Se io avessi una figlia la
terrei a diecimila chilometri
di distanza da Michael Connors! Altro che ‘era
ora’, nonostante sia vero che a
lei non farebbe mai del male!”
Prevedibilmente Warsman non aveva
preso proprio benissimo la
notizia, nonostante non fosse ancora stata scritta ufficialmente.
Emerald fidanzata con
l’americano significava anche un
probabile matrimonio che a sua volta significava la fine di
tutto. La
fine di quel poco che rimaneva del loro rapporto, e non sapeva nemmeno
quando
questo sarebbe avvenuto di preciso. “passate per
Londra”…poteva anche
significare che, a Tokyo, Hammy non sarebbe tornata più se
suo padre avesse
convinto lei ed il caro fidanzato a stabilirsi lì fin da
subito.
Ma non poteva andare a finire in quel
modo, non adesso che
Kevin aveva dichiarato che avrebbe provato a riprendersela dopo essere
stato su
Nettuno! Ma più che altro il problema era Connors in
sé per sé!
…o semplicemente il fatto
che forse sarebbe davvero
convolata a nozze era il problema, indipendentemente da “con
chi”?
“aaaah, macché!
Emerald è veramente idiota, come può pensare
di sposarsi con un criminale marcio fino al midollo come quello?!
È assurdo,
non può fare sul serio!”
Per non parlare del fatto che aveva
ragionevolmente
rifiutato di sposarsi con Kevin perché “troppo
giovane”…e adesso diceva di si
al soldato?! Eh, ma allora non era stata questione né di
età né di buonsenso,
ma forse solo della persona che gliel’aveva proposto, e se le
cose stavano in
quel modo c’era un altro problema perché voleva
dire che si era proprio persa
completamente per Connors.
Ma…per lui?
Di tutti, lui?!
Proprio per quel bastardo?!!
“io con questa faccenda ci
divento matto! E…e adesso?! O
vado là a Washington o aspetto di raggiungerla a Londra o
ancora aspetto
qui…ma…ce la faccio?...” nuova notifica
“Smeraldya ha cambiato nome in
‘NightmareOfEmeralds’.
‘NightmareOfEmeralds ha postato un nuovo
video’…”
– dai è
bellissimo…
– NIGHTMAAAARE!!!
– Sì,
Before Christmas…a parte gli scherzi…questo
è il
mio nuovo tatuaggio!
Mostrò una
“N” unita a quello che sembrava del fuoco
stilizzato tatuato sulla schiena.
– adesso
praticamente mi faccio chiamare-
–
NIIIIGHTMAAAAARE!!!
– mi sa che
s’è capito…per gentile concessione di
Armageddon Connors qui, che…
– coming
soon in Tokyo!
– …ma
Michael non è ancora tornato?
– nah…i
conigli!!! Facciamo vedere i conigli! Questo è il
mio, si chiama Pac-Man, ed è tanto carino!!!
– già
mi immagino i commenti di Kirika…Kirika lascia
perdere…comunque questo invece è mio e si chiama
Bunny! Eh…comunque…
La vide nascondere la mano sinistra
mettendoci sopra la
destra, ma l’anello ormai si era visto bene.
– ho da dire un
paio di cosine ai miei amici quando torno
a Tokyo…per stavolta chiudo…bye!
L’unica cosa buona in tutto
ciò?
La conferma che sarebbe tornata a
Tokyo.
E se tornava a Tokyo forse non era
tutto perduto…
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Capitolo 26 *** Il compleanno dell'Infanta ***
«perché?
Perché, eh? tu adesso me lo devi spiegare. Già
l’altra volta non era stata la cosa più
intelligente che potessi fare, ma
adesso-»
«non -puoi
-sposare quell’ uomo».
Ad Emerald era sembrato di avere un
dejà vu quando si era
vista comparire Flash lì alla sorgente dove lei, nonostante
si fosse solo a
maggio, già era andata ad immergersi. Non era una che pativa
granché il freddo,
in fondo, e riguardo al resto della gente beh…per quanto ne
sapeva Hammy,
Michael al momento stava parlando con suo padre -presumibilmente del
fidanzamento da poco avvenuto- e Zeke invece era vittima del fuoco
incrociato
di Janice, Verbena e Phoebe, le quali nonostante non piacesse loro
Michael non
erano riuscite a resistere alla tentazione di bombardare di domande
quel
ragazzo albino con gli occhi di colore diverso.
C’era quasi da pregare che
Zeke restasse molto sul vago o
non rispondesse proprio.
Ed ecco, in tutto ciò lei
aveva preso “una pausa” e se n’era
andata alla sorgente. Ma evidentemente per quel giorno di
“pause” non se ne
parlava proprio.
Il primo pensiero che aveva avuto
vedendo lì il russo, al di
là della sorpresa, era stato “ma è
completamente cretino a venire qui sapendo
che c’è mio padre, che c’è
Michael e…ok, si, anche Zachary è un
po’una mina
vagante ma questo non lo sa”.
«o senti-»
«hai capito quel
che ti ho detto?! Emerald tu di
cazzate ne hai fatte tante ma di tutte questa è la peggiore
in assoluto!»
«mettendo in chiaro sia che
non si sa quando e se ci
sposeremo davvero che il fatto che io ho sempre e
comunque il diritto di
stare con chi diavolo mi pare, direi che questa mia
“cazzata” fa il paio
con la tua di entrare nella tenuta un’altra volta, Sorcio».
«al momento non
è importante quello che faccio io ma il
fatto che tu ti sia lasciata mettere al dito quell’anello.
Getta una luce un
po’diversa su tutto, non ti sembra?»
«ma di che cavolo
parli?!»
Warsman si chiese se la ragazza in
bikini che gli stava
davanti davvero non capisse di cosa stava parlando o stesse
semplicemente
fingendo di non farlo. A giudicare dal suo sguardo però
capì che si trattava
della seconda opzione.
«lo sai. Parlo di cosa
potrebbe significare quel matrimonio
per Kevin che si è deciso a lottare per
riaverti…»
«Kevin ormai ha perso il
treno» sentenziò seccamente lei
«gli auguro con tutto il cuore di trovarsi un’altra
che lo sopporti, ed auguro
a lei di venire trattata meglio di come lui ha trattato me, ma per
quanto mi
riguarda con quel ragazzo ho chiuso».
«e per fortuna che doveva
essere “il grande amore”!»
«guarda che questo lo
diceva lui, non io, io era quella che
“finché dura”».
«eri anche quella che
asseriva che fidanzarsi ufficialmente
e sposarsi a quest’età era assurdo, se non mi
sbaglio, ma per come stanno ora
le cose direi che non era tanto per una questione
d’età o di semplice
raziocinio che hai detto di no a Kevin…quanto piuttosto
perché a chiedertelo è
stato LUI e non “Mikey”! Al quale hai detto
immediatamente di si! Emerald…Kevin
ha tanti difetti ma non mi risulta che abbia mai torturato qualcuno per
puro e
semplice divertimento…»
«ma perché non
stai zitto?!»
«…o abbia
stuprato qualcuno per la stessa ragione!»
«si, peccato che sia tonto
quanto quel TONTO di suo padre
che ha fatto precipitare un aereo mentre c’era sopra pure lui
stesso! E
riguardo a Michael te l’ho già detto e
l’ho detto milioni di volte anche a lui
che non me ne frega niente di quello che ha fatto,
ok? Niente! Lo
farebbe mai a me? No! Lo farebbe mai a gente cui non voglio sia fatto
del male?
No! Quindi non vedo il problema…»
«io invece il problema lo
vedo benissimo ma non riesco a
capire se si tratti più di stupidità o di un
egocentrismo tanto radicato che si
estende anche a quel che fanno o non fanno gli altri. Finché
non tocca te, la
tua famiglia, e chiunque tu vuoi che resti in
salute è tutto ok vero? E
chi se ne importa se in passato ha fatto fuori uomini, donne, bambini,
anziani,
ed ammazzato qualche ragazza causandole forti emorragie interne dopo
aver-»
«in che lingua devo dirtelo
che io queste cose le so
già?! Le-so-già!
…¿entiendes?
Mi basta lui che anche dopo avermi visto con quest’anello al
dito ha ritenuto
opportuno mettere in chiaro che “lui è un
criminale di guerra che faceva quella
roba perché voleva farla”…»
«e tu gli hai detto
“va bene chi se ne importa” dopo che lui
non ha nemmeno cercato di giustificarsi?!»
«eh…poco
c’è da giustificare, qui».
Il russo le diede una lunghissima
occhiata. Era
impossibile che arrivati a quel punto lei…insomma, in
passato l’aveva sentita
giustificarlo col dire “era in guerra, che doveva
fare”, ma adesso che invece
sembrava aver capito benissimo che non c’era
giustificazione che tenesse per
quel che Connors aveva fatto…come poteva dire “ok,
mi sta bene”?!
«…ma non si
può dire che non sia stato onesto con me. A dire
il vero lo è stato fin troppo. Ed è anche sempre
stato corretto. Io…non solo in
questi mesi ma da quando lo conosco da lui ho sempre avuto questo:
correttezza.
Rispetto. Lealtà…»
«ma si, dai,
santifichiamolo anche già che ci siamo» disse
Warsman altamente sarcastico.
«…e adesso anche
amore» continuò lei imperterrita «e se
è in
grado di darmi una cosa del genere, così
com’è in grado di voler bene alla sua
famiglia, non può essere del tutto un mostro, e se non
è del tutto un mostro
allora non vedo perché non dovrebbe potermi andare
bene».
A Flash stava venendo una voglia
immensa di mettersi ad
urlare. Come poteva Hammy mettere da parte tutto il marciume di Connors
senza
che questo le pesasse minimamente sulla coscienza, lei che era la
stessa a cui
non era stato bene l’accanimento di Kevin su Turbinskii che
contrariamente alle
vittime dell’ex mercenario al momento era vivo e in ottima
salute?!
«tu sei talmente persa
dietro quel mostro che pur vedendo le
cose esattamente come stanno e capendole perfino ci passi sopra come se
fosse
robetta da niente! Tanto che mi chiedo se inconsciamente tu paragoni
Connors a
tuo padre che non aveva problemi ad ammazzarmi in mondovisione, e Dio
solo sa
quanta gente “scomoda” ha fatto eliminare negli
anni, ma stravede per te e per
la sua famiglia in generale…quel che voglio dire
è che tu lo hai sempre visto
come un uomo “perfetto”, e cerchi istintivamente
qualcuno che gli somigli…»
«desiderare di trovare
qualcuno di cui innamorarmi ed essere
ricambiata così com’è per i miei
genitori non lo trovo un male! lo so che
questi sono casi da uno su un miliardo, lo so che loro sono
un’eccezione, così
come so che è sbagliato andare a cercare il principe azzurro
e soprattutto so
che Michael non lo è…però
se io con quest’uomo mi trovo in sintonia, mi
piace l’idea di averlo al mio fianco, non mi ha mai nascosto
niente eppure
riesco tranquillamente ad accettarlo, mi conosce, lo conosco, mi
rispetta, lo
rispetto, mi fa ridere, a mio padre piace lui e ai suoi genitori
piaccio io,
bono è bono, a letto è-»
«chissenefrega!»
la bloccò Flash che non aveva voglia
di sentire le lodi sulle abilità amatorie di Michael Connors
o, peggio ancora, i
dettagli.
«…insomma,
considerato tutto questo io adesso dovrei mandare
a monte il fidanzamento solo perché Kevin a tuo dire si
sarebbe messo in testa
di potermi riavere? E che, io secondo te sto ad aspettare i comodi di
Lady
Oscar col pizzetto strafatta di steroidi? Ma manco per
niente!» esclamò la
ragazza «per caso ho scritto “giocondo”
in fronte io? Non mi sembra! E poi a
dirtela tutta mi sa che qui non è un problema di Kevin,
ma lasciamo
stare va’» aggiunse in un borbottio rimettendosi i
pantaloncini. Iniziava a
pensare che sarebbe stato meglio tornarsene in casa e chiuderla
lì, ma l’altro
non sembrava essere della stessa idea perché la trattenne
per il polso.
«che
c’è ancora?»
«c’è
che a questo punto ormai tanto vale ammettere che…non
hai torto. Non è un problema di Kevin. O non solo suo,
almeno».
«e quindi…cosa
è?»
Sapeva che era una domanda pericolosa
ma gliela fece
ugualmente.
«è che se
davvero tu sposerai Connors, il nostro rapporto da
Nemici Numeri Uno finirà».
«e tu non vuoi».
«no».
Il loro era un rapporto strano ma
anche il più intenso che
avesse mai avuto. La odiava ma in un certo senso non poteva farne a
meno, e
poi…era la prima donna che anche dopo averlo visto in volto
l’aveva accettato.
E della quale nonostante tutto si fidava, e con cui si sentiva libero
di
essere quello che era senza che lei ne avesse paura o lo disprezzasse per
davvero dandogli del mostro, della bestia o
chissà che altro.
Si, c’era sempre Kevin, e
adesso c’era anche qualcosina con
Mary, ma non era assolutamente la stessa cosa. Kevin era più
un bimbo gigante a
cui badare, e davanti Mary Nikaido non si sarebbe tolto la maschera.
«e tu vuoi,
Emerald?»
La ragazza si passò una
mano sul viso. «ti direi una bugia,
se dicessi di si. Però lo sappiamo tutti e due che questa
cosa non può durare
in eterno, no?»
Per lei non fu piacevole dirlo,
così come per il russo non
fu piacevole sentirselo dire.
«tu stai-»
«ascoltami» Hammy
tolse il polso dalla sua presa, ponendo le
mani sui suoi avambracci che erano il punto dove arrivava meglio
« questo
rapporto da arcinemici che c’è, non è e
non è mai stato un gioco, ok? Così come
tu non sei mai stato il mio giocattolo. E a voler essere completamente
sincera
mi è capitato parecchie volte di pensare che avessimo
sbagliato a tornare
invece di continuare a vagare senza meta da un Paese
all’altro, ma dettagli…»
«dettagli un accidente! Non
è un dettaglio! È tutto meno che
un dettaglio!»
«…chi ha voluto
tornare per forza, tu o io? Tu. Quindi,
riguardo a questo, shut up. Quello che voglio dire
io è che nonostante
per me sia stato ben altro che solo un modo per passare il tempo,
questa cosa
che c’è tra me e te è insana e
potrebbe farti finire male».
«non-»
«Flash! Guarda dove sei
adesso! Guarda che hai fatto! Sei
entrato qui nella tenuta, cosa che se ti avessero visto adesso saresti
chissà
dove sotto tortura, o agonizzante con
un’arteria tagliata se avessi incrociato
Zachary!...rischi troppo, Sorcio! E non è questo quello che
voglio, io…non
voglio» Emerald aveva abbassato gli occhi smeraldini per non
incrociare quelli
del russo, e cercava di non far tremare né la voce
né le mani. Era più
difficile di quanto avesse pensato «non voglio e basta, ed
è per questo che
forse è bene chiuderla qui davvero».
«no».
«Warsman-»
«no!»
«finirai male se
la cosa continua! Lo sai che ci sono
grosse probabilità che io abbia ragione, non rendermelo
più difficile di quanto
già sia».
«e tu credi che se mi fosse
importato davvero qualcosa dei
rischi io avrei continuato ad avere questo rapporto con te pur sapendo
chi è
tuo padre?!»
«a te non
importerà ma a me si! Un conto è prenderti a
botte
col cric e un altro è che tu faccia una brutta fine per
colpa mia! Anche se non
avrai più me avrai sempre Kevin…»
«e secondo te potrebbe
bastarmi, adesso?»
No, ovviamente no.
«…e magari col
tempo riuscirai ad avere degli altri amici,
e…magari senza questo rapporto insano troverai perfino una
compagna, non vedo
perché no, hai le chiappe mosce ma non sei completamente
cretino…» cercava di
buttarla sulle battutine come al solito, ma aveva la netta sensazione
che tra
un po’ tutta quella tensione l’avrebbe fatta
piangere e non era proprio il
caso. Davanti a lui, poi!
Era una cosa talmente straziante che
lo stava mandando in
bestia. Lui non aveva mai avuto nessuno, e adesso che aveva lei
ecco che
gliela stavano portando via, come tutto il resto. Ma dov’era
la giustizia in
tutto questo?!
«sono tutte stupidaggini
che dici per cercare di indorare la
pillola e tu questo lo sai! La gente anche grazie a tuo padre mi vede
come una
bestia, e…e poi…Emerald, tu…te
l’ho già detto che sei stata la prima donna che
mi abbia fatto sentire “uomo” anche dopo avermi
visto in faccia, e questo
nonostante io -per gentile concessione di quel vero mostro del
tuo caro
Connors- sia “la versione russa più brutta e
metallica di Freddy Krueger”…»
“a riprova del fatto che
quando vuole Michael è uno stronzo
come pochi, ma anche questo lo sapevo già”
pensò lei nonostante il paragone
fosse abbastanza calzante.
«…come puoi
pensare che io ridotto come sono e con l’età che
ho possa trovarmi una compagna, se fino adesso una cosa come quella
l’hai fatta
tu? Solo e soltanto tu? ...e davanti a questo poco
mi importa dei
rischi!»
E a quel punto Emerald
capì come stavano le cose. Che anche
l’altra volta non era per Kevin che era
venuto a cercarla, che non era
solo perché era giusto che lui l’aveva salvata da
un abuso, capì meglio perché
se la fosse presa così tanto quando lei aveva ballato con
Michael. E capì pure
che finché lui avesse continuato a vederla in quel modo non
solo non avrebbe
nemmeno provato a trovare qualcun’altra
che potesse stargli vicina in
modo sano e non malato, ma anche che avrebbe continuato a mettersi
potenzialmente in mezzo a grandi casini…che a loro volta
avrebbero potuto
significare una sua fine precoce, immeritata e dolorosa.
Voleva questo per lui?
No.
Quel che voleva era che anche lui, a
fine rapporto, fosse
sereno e con una vita quanto più possibile tranquilla e
normale.
Si…quanto più
possibile appunto.
Ma per avere questa “vita
tranquilla” doveva innanzitutto
restarci, vivo.
E per quanto non fosse per
niente facile la ragazza
si rese conto che doveva cercare di indurlo ad essere lui stesso a
voler
concludere il rapporto. La strada da seguire l’aveva vista.
Doveva solo
percorrerla più a lungo ed andare più a fondo.
Forse in futuro lo avrebbe capito
anche lui, che era la
miglior cosa.
E adesso lei doveva fare un bel
respiro profondo e dirgli
cose che non solo non pensava affatto, ma che non avrebbe mai
voluto
dirgli.
“non far tremare la voce se
no ti becca, i pugni stringili
così che non possa vedere cosa stanno facendo le mani, e
soprattutto evita
di guardarlo in faccia altrimenti non ce la fai. E infine
di’ quel che devi
dire e poi corri via, altrimenti ti becca lo stesso
se ti vede che
scoppi a piangere no?...sii fredda, spietata e rapida. Così
la concluderai qui,
dato che lui non vorrà più vederti. Si, lo so che
questo non ti piace. Ma non
ti pare che abbia già patito abbastanza? Non essere egoista
e lascialo andare”.
Si voltò a dargli le
spalle.
«tu l’hai fatta
più grande di quello che è. Quel che è
successo a Rio è dovuto solo ed esclusivamente a due cose:
la prima, quando ho
visto quella…roba…mi hai fatto mezza pena e mezzo
schifo. La seconda: ero in
astinenza e questo ha fatto si che la pena superasse lo
schifo…»
“io qui scoppio a
piangere cazzo! Non è vero
niente!!!”
«…ma
è stato solo
questo, un…togliermi la voglia, visto che ti sei dimostrato
tanto disponibile,
e niente di più. Non aveva altri significati. Non
l’ho fatto per farti sentire
chissà come. L’ho fatto per puro egoismo; questa
è la verità, non quelle
minchiate che vai dicendo. E…e adesso vattene
via…perché non c’è motivo
che
rimani qui!»
Ma fu lei la prima ad andarsene via
correndo, incurante di
aver lasciato lì maglietta e scarpe e di stare fuggendo
scalza e col sopra del
costume. Non poteva restare lì un istante di più,
e non poteva rischiare di
trovarsi a guardarlo in faccia o avrebbe pianto ancora più
di quanto stava
facendo.
Non voleva vedere il dolore che
doveva avergli dato, anche
se l’aveva fatto…per il suo bene.
Perché meglio saperlo lontano e “a
posto” che
vicino e in pericolo. E quel che doveva stare provando adesso gli
sarebbe
passato, prima o poi. Magari il farsi consolare da qualcuno era la
strada buona
per costruire un nuovo legame, no?
Corse per parecchio, fino a quando
non andò a sbattere
contro qualcosa, finendo a cadere all’indietro.
«A-Abraxas…scusa…»
borbottò rialzandosi rapidamente «non ti
avevo visto…»
Rimase in piedi per poco
perché quel cavallo gigantesco la
ributtò a terra con una testata, facendola finire seduta sul
prato, solo per
poi accovacciarsi a sua volta accanto a lei e poggiarle
l’immensa testa su una
spalla.
Perfino il cavallo aveva
capito che era successo
qualcosa di brutto!
«…perché
doveva essere così testardo?...perché mi ha
costretta a farla finire in questo modo, a dirgli quelle cose?...ho
dovuto
farmi odiare sul serio per forza! Ho dovuto
ferirlo ma io non volevo!»
E se lei stava
in quel modo figurarsi come stava
Warsman, a cui forse si poteva addirittura arrivare a dire che era
crollato il
mondo addosso. Se già ballando il tango con un altro gli
aveva fatto male,
dicendogli quelle cose doveva averlo proprio distrutto. Così
come aveva
distrutto anche Kevin…solo questo sapeva fare lei, si disse,
distruggere.
Spezzare il cuore a tutti quelli che le volevano bene…o
“le volevano bene”.
Vero che aveva ancora i suoi amici
che non l’avevano
abbandonata, e che c’era Zachary in giro, e che era a casa
con la sua famiglia
che la amava, e soprattutto che adesso stava con Michael ed era
felice…però
aveva fatto del male a due persone a cui non avrebbe mai voluto farne.
Anche se si poteva dire che fosse
stata costretta in
entrambi i casi…
«cavallo
gigante!!! Il cavallo gigante!»
Quelle esclamazioni fecero rizzare e
voltare di scatto
l’interessato, che si trovò “muso a
muso” con Zeke che non fece una piega
nonostante Abraxas lo stesse guardando malissimo.
Anzi…
«oplà»
facendo leva sul collo dell’equino Zeke si issò
sopra
con una capovolta in avanti, anche se si trovò a cavalcare
al contrario.
«Zachary scendi
giù!...o questo ti ammazza!!! Non sto
scherzando!» esclamò Emerald «anche se
conosce il tuo odore si fa cavalcare
solo da me e papà, te l’avevo spiegato!»
E per l’appunto il cavallo
si impennò nel tentativo di
disarcionarlo, si sbatté a terra, saltò
più volte, si impennò ancora, cercò di
morderlo, corse perfino contro un albero nel tentativo di buttarlo
giù, ma
l’albino senza perdere la sua classica serenità
nemmeno per un momento riuscì a
rimanere fisso in groppa. Non aveva mai cavalcato in vita sua ma per
quanto lo
riguardava lì era solo una questione di restare fermi sopra
a qualcosa.
E alla fine fu Abraxas a perdere le
speranze, dopo almeno
mezz’ora di dura lotta.
E Zachary era ancora lì,
seduto all’incontrario.
«non è poi
così male, visto».
Ed Hammy guardava la scena con due
occhi così.
«Lentiggine non ce
l’ha mai fatta?»
«Michael non ci ha mai
nemmeno provato. E francamente io con
tutta la stima che ho per tuo fratello dubito che anche tentando ci
sarebbe
riuscito…»
Abraxas si avvicinò alla
ragazza sbuffando, un po’mogio e
molto seccato. Adesso c’erano tre persone
delle quali riconoscere l’autorità, non
più solo due.
«non guardarmi
così…non ci avrei mai pensato!» si
giustificò
lei con l’equino.
«…unbelieveble…»
Tutti e tre, cavallo incluso, si
voltarono verso le due
persone appena sopraggiunte ossia Howard Lancaster e Michael, la cui
espressione
era passata da “sono assurdamente contento” ad una
che rivelava un gran
nervosismo. Nonostante fosse passato qualche giorno e l’idea
di portare via con
loro Zeke per un po’fosse rimasta, tra i due Connors -o
meglio, da parte di
Michael verso un sempre calmissimo Zachary- c’era ancora una
certa tensione
dovuta agli atti di terrorismo allo stato puro ai quali il ragazzo si
era dato
insieme ad Emerald. Vero che lui aveva commesso una leggerezza
imperdonabile
non ricordandosi che quello era il suo giorno libero ma…che
diamine! Già
un’altra volta gli aveva detto chiaro e tondo che doveva
tenerla fuori da cose
come quella, e si presumeva che un tizio con un Q.I. di
centosettantasette capisse che
quando lui diceva “no”
doveva essere “no”.
E invece aveva fatto tutto il
contrario! L’aveva portata con
sé a dare fuoco ad edifici e massacrare i teppisti!
Ed Emerald vedendo Michael ancor
più furioso dell’altra
volta aveva pure preso le difese del “terrorista
albino” col dire che lui non
poteva sapere come sarebbe finita…le cose erano due, o non
aveva ancora capito
che Zeke sapeva sempre come sarebbero
andate a finire le cose o semplicemente faceva
l’avvocatessa delle cause
perse.
Probabilmente era la seconda
alternativa.
Ad ogni modo ecco, Zeke aveva giurato
e spergiurato che si
sarebbe comportato bene -“altrimenti ti rispedisco a casa a
calci in culo, mi
hai capito bene?!”, “tranquiiiillo
Lentiggine…farò il bravo. Promesso!”- e
adesso lo ritrovava in groppa all’amato e temuto cavallo
gigante di Mr.
Lancaster!
«Zachary, maledizione, tu
proprio ti rifiuti di startene
tranquillo anche solo per tre minuti! Che ti
avevo detto prima di partire? Eh?!»
«che ho fatto di
male?»
«come sarebbe a dire
“che ho fatto di male”?! Tu hai-»
l’ex
mercenario si zittì di botto ad un cenno del suo capo, che
si avvicinò al
terzetto. Abraxas sembrava guardarlo come a dire “mi ha
domato, padrone! Mi
dispiace! Non chiedermi come ha fatto!” ma l’umore
dell’equino parve migliorare
quando Howard gli carezzò il muso.
«è incredibile
che tu sia riuscito a domare il mio cavallo,
ragazzo. A parte me e mia figlia non l’aveva mai fatto
nessuno. In molti hanno
avuto perfino paura di provarci».
«lì per
lì non sembrava contento ma poi si è adattato. In
fin dei conti non voglio fargli niente di male, solo salirci. Lui
è tanto carino!»
“immaginavo che questo
ragazzo non fosse quel che sembrava,
e non c’è conferma migliore di questa riguardo al
fatto che non è solo un
patito di tecnologia con Q.I. 177 che veste in modo eccentrico. Se ha
domato
Abraxas significa che è molto di
più”.
E poco importava di quei suoi
pantaloni giallo chiaro con i
cuoricini azzurro cielo, a quel punto.
«è anche la
prima volta che sento una tale definizione
riguardo il mio cavallo…» cambiò del
tutto espressione quando lo sguardo finì
su sua figlia «Hammy?»
«…si?»
«è successo
qualcosa?»
“lo ho perso. Ho dovuto
perderlo” pensava la ragazza.
«no, è tutto ok.
Sono solo un po’stanca. Magari non mi sono
ancora ripresa dall’effetto jet-lag».
“come se tu avessi mai
avuto problemi con il jet-lag, Hammy,
ma per favore. Come pretendi che io possa crederci?”
«sicura che sia solo
questo?»
“devo cercare di stare su,
o continuerà a farmi domande. Ed
io a questa non posso risponderti pa’. È una delle
poche cose che non puoi
capire”.
«ma
siii…è tutto ok! Piuttosto mi domando di che
avete
parlato tu e Mikey “in gran segreto”».
«non era niente di segreto,
Hammy…» anche lui aveva notato
che c’era qualcosa che non andava ed avrebbe tentato di farla
parlare, pur
sapendo che se Emerald non voleva dirgli qualcosa non sarebbe riuscito
a
convincerla nemmeno con le più piacevoli
“torture”.
«abbiamo solo parlato un
po’di quello che presumibilmente
accadrà in futuro».
«…quello
è un orecchino?»
Howard si portò
automaticamente una mano all’orecchio
sinistro. «eh si. Direi che fa il paio con il mio nuovo
taglio di capelli. Ti
dico solo questo Emerald, se Robin andasse in rovina ed aprisse un
salone di
bellezza per capelli tu non andarci».
«guarda, di
quello non ci
sarebbe pericolo».
«ehi, di
orecchini ne ho
uno anche io!» si intromise Zeke indicando la
“X” in oro bianco «…ma insomma
Lentiggine tu e Mr. Lancaster avete parlato di quando tu e la mia
futura
cognata convolerete a nozze vero? “tra
rose e fiori…! Si vedono arrivare…! Lentiiiggine
ed Hammy si vanno a
sposare!...lui dice si…! Lei dice no…! ma poi ci
ripensa e dice di si…!!!”»
“io penso
che se non fosse
stato suo fratello Michael gli avrebbe già sparato sul posto
da come lo sta
guardando” pensò Emerald.
Effettivamente anche
lei
era un po’curiosa però.
Di che avevano
parlato di
preciso?
:: un
po’di tempo prima, ufficio di Howard Lancaster ::
«quindi ti
ed Emerald vi
siete finalmente fidanzati. Pur non avendo stabilito una data precisa
in cui
convolare a nozze. Giusto?»
«sissignore».
«però
l’intenzione è
quella».
«sissignore».
«è
qualcosa di
estremamente serio…»
«lo
sappiamo entrambi,
signore».
«sono
curioso di sapere
precisamente com’è andata».
«mia nonna
Isabèl mi ha
dato quell’anello dicendomi di metterlo ad dito di vostra
figlia prima di
ripartire. Solo che Emerald e io avremmo voluto procedere a piccoli
passi,
quindi questo era…imprevisto. Ad ogni modo conoscendo
l’abitudine che ha vostra
figlia di curiosare nelle mie tasche ho pensato che se avesse trovato
l’anello
avrebbe potuto spaventarsi col dire che stavamo andando troppo in
fretta. Così
gliel’ho mostrato io stesso, dicendole precisamente come
stavano le cose».
«come
sempre».
Se c’era
una cosa che
Howard sapeva per certo era che, almeno con lui e con Emerald, Michael
Connors
era perfettamente onesto.
«si…poi
Emerald ha voluto
provarlo. E quando gliel’ho visto al
dito…è perfino della misura giusta per
lei…io…pensando a quel che avrebbe potuto
significare non ho potuto fare a meno
di ribadirle che io non sono esattamente il principe azzurro».
«questo mia
figlia lo sa,
così come lo so io».
«appunto.
Ha replicato che
non le interessa e che le vado benissimo così come sono, col
passato che ho e
tutto il resto».
«ti
aspettavi una risposta
diversa?»
«è
solo che mi sembra
ancora incredibile. Dal mio punto di vista vostra figlia sarebbe un
angelo
sceso dal cielo, se esistessero, e che voglia stare proprio con
me…è…forse è
più di quanto mi meriti. Non credete? Insomma, voi sapete
benissimo tutto quanto di brutto
c’è da sapere su
di me».
«confermo».
«e anche a
voi sta bene?
Per davvero?»
«al di
là del fatto che
ogni scelta di Emerald per me è sacra si, mi sta bene.
Quello che mi interessa
è che tu sappia renderla felice come merita. Che tu sia
perfettamente leale nei
suoi confronti, rispettoso ed onesto come sei stato finora. Sei in
grado di
farlo?»
«sissignore».
«allora non
vedo il
problema».
Era una conversazione
tra
due persone tutt’altro che sante, e ad Howard interessava
unicamente che
Emerald fosse felice. E se
c’era una
cosa che sapeva per certo era che quell’uomo avrebbe fatto di
tutto perché così
fosse.
«e adesso
vorrei parlare
del vostro matrimonio, nonostante non si sappia quando
sarà».
«a dire il
vero avrei
voluto dirvi qualcosa anche io, nonostante sia una questione un
po’…così».
Una
“questione un
po’…così”, diceva.
E Howard non aveva mai visto Michael con tutta
quell’insicurezza addosso. L’americano era un tipo fin troppo sicuro. Segno che tutto
questo doveva essere di estrema
importanza per lui, non tanto per lo sposarsi in sé per
sé, non era quello che
lo rendeva insicuro o ad Hammy non l’avrebbe nemmeno
proposto, ma l’idea di
farlo con la figlia del capo…!
«dimmi».
L’altro
prese un po’fiato
prima di parlare. «quando la data delle nozze
verrà fissata voglio firmare un
contratto prematrimoniale in cui dichiaro di non
volere alcun diritto sul patrimonio di Emerald, anche in caso
di divorzio. Non sono un cacciatore di dote, e non è per
questo che intendo
sposarla…quando decideremo che è ora».
Della serie, se
avevate
qualche dubbio sui motivi per cui Connors in futuro vorrebbe sposarsi
con
quella ragazza, potete pure ripensarci. Fu qualcosa che sorprese anche
Howard
Lancaster, nonostante sapesse benissimo di suo che Connors non era un
cacciatore di dote quel gesto gliene aveva dato la conferma, rinunciare
in quel
modo ad un patrimonio ce avrebbe fatto gola a chiunque
per dimostrargli che faceva sul serio al massimo.
«non avevo
dubbi sui
motivi per cui stai insieme a mia figlia, e adesso non potrei averne
nemmeno
volendo».
«era quel
che volevo,
signore».
Ecco, adesso era
molto più
tranquillo.
«dopo
questo sono ancora
più convinto della proposta che intendevo farti. Ci tengo a
sottolineare che,
per l’appunto, è una proposta.
E non
sei assolutamente tenuto ad accettare» poggiò i
gomiti sulla scrivania,
intrecciando le dita tra loro «con la premessa che non avrei
nulla in contrario
al fatto che mia figlia possa diventare la signora Emerald Connors, mi
stavo
domandando se invece magari a te potesse
far piacere diventare il signor Michael Lancaster, prendendo il cognome
della
mia famiglia, della quale a quel punto farai parte».
L’americano
la guardò con
due occhi così, non riuscendo a credere a quanto aveva
appena sentito. La
proposta di Howard di prendere il cognome dei Lancaster gli era suonata
più o
meno come se Odino in persona gli fosse comparso davanti e gli avesse
detto
“tu, mortale di nome Michael Connors, seguimi ad Asgard e
diventa mio figlio!”.
Roba da svenimento o
quasi, insomma, tanto che quasi gli tremavano le mani.
«…!»
«tieni a
mente che è solo
un’idea».
«non
è che non mi faccia
piacere signore è…è il contrario,
è solo che
io…con il vostro
cognome! Un
soldato figlio di pasticceri con un cognome da nobile...»
«anche in
questo caso non
vedo il problema, e posso assicurarti che è una proposta
della quale sono perfettamente
sicuro. Probabilmente hai bisogno di tempo per riflettere».
«non ho
bisogno di
rifletterci sopra, sarebbe un onore immenso, è solo
che-»
«se non hai
bisogno di
pensarci e se ti fa piacere di’ di sì; se non
è così sei liberissimo di dire di
no. Michael Connors» lo guardò serio
«accetti di prendere il cognome della mia
famiglia nel momento in cui tu ed Emerald vi sposerete?»
L’americano
a quel punto
si alzò e fece il miglior saluto militare che avesse mai
fatto in vita sua.
«sissignore!»
Mr. Lancaster
sembrava una
pantera che ha appena acchiappato la preda, stessa espressione
completamente
soddisfatta. Solo che invece di una battuta di caccia proficua si
trattava di
essere riuscito nel proprio intento di far entrare in famiglia chi
voleva lui,
e tutto ciò senza muovere un dito.
«ottimo.
Direi di andare a
cercare mia figlia, allora, che ne pensi?»
:: ora ::
«hai
finito, Zachary?!»
«manifesto
solo la mia
gioia per il fatto che finalmente ti sposi».
«una gioia
largamente
condivisa…» aggiunse Howard «anche se
non c’è una data definita. Parlando
d’altro…a chi va una battuta di caccia?»
«al
serpente?! Ci sono dei
serpenti qui? Serpenti? Che strisciano?» indagò
Zeke «mi dica di si e glieli
stermino tutti in una giornata!»
«a cosa
è dovuto tutto
questo odio verso i serpenti?»
«uno di
loro ha mangiato
il suo hot dog quando aveva cinque anni, signore».
Lancaster
pensò fosse una
battuta, ma capì che non era così semplicemente
guardando in faccia Michael e
trovando conferma anche nell’espressione di Emerald.
Ok.
Aveva capito tutto
quel
che c’era da capire, ed Hammy stranamente non sembrava
dell’umore per una
battuta di caccia. Serviva qualcosa di più adrenalinico.
«right.
Pensandoci
bene forse una battuta di caccia non è quello che ci vuole
oggi. Che ne dite del
paracadutismo?»
«eh?»
Emerald sollevò un
sopracciglio «paracadutismo? Ma sei serio?»
«serissimo.
Mi sono
cimentato da pochissimo in questa disciplina ma ti assicuro che
è fantastico».
«confermo!
Io col
paracadute mi sono lanciato più volte, Hammy»
Michael le accarezzò il viso,
cosa che se non altro la fece sorridere oltre che diventare color pesca
come al
solito «è un’esperienza
incredibile».
Anche se non
l’aveva fatto
esattamente per piacere, ma per azioni di guerriglia. Dettagli.
«ma si dai!
Ho voglia di
fare qualcosa di nuovo».
«questo
è lo spirito
giusto! Sono le cose come questa che mantengono giovani»
affermò Howard, e
pareva pure convinto.
«ha
senz’altro ragione. Sempre
se il paracadute si apre. Ma quelli della sua casa produttrice non
hanno mai fallito
un test, se non sbaglio, quindi dovrebbe andare tutto bene».
Come freddare i
bollenti
spiriti con due frasi, Zeke docet.
«ti vedo
informato».
«lo sono
sulla tecnologia
in generale, Mr., e tenendo in considerazione i risultati dei test non
vedo
l’ora di buttarmi».
:: mezz’ora
dopo l’incontro con Emerald, sempre a Londra, ma in un motel ::
Non si era mai sentito peggio in vita sua, mai, e
si che di momenti orribili ne aveva passati tanti.
Era stato anche
peggio di
quando Anya gli aveva dato del mostro, oh si, molto, molto peggio. Non
c’era
neanche paragone.
Quando lei gli aveva
detto
quelle cose…terribili…si era sentito come se
l’avesse spezzato.
Non c’era
altro modo di
descriverlo, Emerald lo aveva spezzato,
senza rimorso, senza faticare neanche e con una spietatezza da manuale.
Era stato
così stupido a
credere che a lei potesse importare qualcosa…a credere che
potesse non farle
schifo…era stato stupido, si. Uno stupido ed un illuso che
si era lasciato
usare credendo che non si trattasse solo di questo, credendo di contare
qualcosa per lei.
E invece no, era
stata
solo una questione di schifo, pena, voglia e, come aveva detto la
ragazza
stessa, puro e semplice egoismo. Non lo aveva fatto per fargli capire
che lei
non lo considerava né mostro né bestia
né macchina, lo aveva fatto perché si
voleva divertire e non c’erano altri disponibili in quel
momento, altrimenti col cavolo che
l’avrebbe fatto.
Aveva creduto di non
essere più solo. E invece lo era e sempre lo sarebbe stato.
Quel rapporto da
arcinemici che per lui valeva tanto da rischiare la pelle, per lei
invece non
valeva assolutamente niente, o così stava pensando in quel
momento, ancora
preda del dolore e dello shock.
Dolore…quanto
ne sentiva,
adesso…un dolore atroce, e si che lui di dolori atroci ne
aveva provati
parecchi, ma mai in quel modo. Tanto che non riusciva a parlare,
riusciva solo
ad emettere dei lamenti come un animale in agonia, e tremava anche.
E più che
odio quel che
provava era disperazione, vergogna e rabbia per essersi fatto prendere
in giro
così da quella…quella puttanella che non era
altro…ma no, ormai quella
definizione non bastava più. Puttanella, stronza, era molto
riduttivo. Così
come “carogna”. Emerald era qualcosa di molto
peggio.
Ma perché
aveva voluto
fargli così male? Era questo che si chiedeva più
di tutto, “perché?”.
Perché
aveva voluto
approfittare in quel modo di uno dei pochi momenti in cui era stato
vulnerabile, e colpirlo così, a tradimento, e apparentemente
senza un vero
motivo? Perché?!
Tutto quello che
avevano
passato, tutti i ricordi di quei due mesi e mezzo, e di quando lei era
tornata
sulla Terra per lui, per stargli
vicina il giorno del suo compleanno, tutte quelle cose erano state un
“niente”.
Non era uomo da costruire castelli in aria, non lo era mai stato, ma
era
esattamente quel che aveva fatto in quel caso.
Anzi no: non aveva
costruito un castello in aria, ma sulle sabbie mobili. Era
più calzante, visto
il modo in cui si sentiva sprofondare adesso.
Ma perché,
in nome del
cielo, perché?!, pensava mentre prendeva la testa tra le
mani, perché?!
Capiva un
po’meglio Kevin
adesso, ma quello era stato un caso completamente diverso, il ragazzo
se l’era
veramente cerata, ma lui? Cosa le aveva fatto lui di sbagliato?! Cosa
le aveva
fatto? Niente!
Aveva voglia di
urlare e
di non emettere più un suono allo stesso tempo.
Forse non era per
qualcosa
che aveva fatto, ma per qualcosa che era e
basta…“la versione russa più
brutta e metallica di Freddy Krueger”…pensava che
per lei quello non contasse.
Ma come poteva non
contare,
in fondo?, si disse, per qualcuno cresciuto nella bellezza e nella
perfezione,
per cui la povertà era una chimera ed aveva conosciuto veramente
solo
tardi le brutture del mondo?
Ricordò di
quanto accadeva
nella storia “Il compleanno dell’Infanta”
di Oscar Wilde, nella quale l’Infanta
di Spagna sorride al brutto nano deformato che aveva ballato per lei, e
gli
lancia un fiore. E il nanetto cosa aveva fatto? Si era illuso che lei
potesse
amarlo e tenere a lui fino a che non si era reso conto della propria
deformità,
e che lei non gli aveva sorriso e lanciato quel fiore per
i motivi che aveva pensato ma solo perché divertita
e disgustata allo stesso tempo dalla sua condizione. Il nano era morto,
gli si
era spezzato il cuore. E tutto quel che aveva detto
l’Infanta, per la quale ciò
non contava niente, era stato “allora che i miei futuri
compagni di giochi non
abbiano un cuore”.
Lui era quel nano che
-pur
non innamorandosi di lei- si era illuso, Emerald era
l’Infanta che in altro
senso gli aveva “lanciato il fiore”, e i nuovi
compagni di giochi erano Connors
maggiore e Connors minore, i quali…dov’era il loro
cuore?
E contrariamente a
lui che
ancora viveva ed aveva davanti a sé un viaggio destinazione
Tokyo…beato quel
nano che aveva da tempo smesso di soffrire.
:: sempre
Londra, circa
un quarto d’ora dopo ::
Cercava ancora di
ripetersi che non era niente, ma la cosa stava diventando veramente
snervante.
E non solo per le chiamate -che non arrivavano tutti i giorni
perlomeno- i
messaggi -stesso discorso- ed il fatto che Robin continuasse ad essere
del
tutto reticente. No.
Adesso
c’era anche il
fatto che qualunque cosa facesse Robin, e con chiunque
la facesse, stava
iniziando ad avere effetti anche sul suo corpo e non più
solo sul
comportamento. Come tornare da quel week-end con una caviglia slogata a
causa
di un incidente non meglio definito, per esempio.
O come quando, dopo
essere
sparito per l’intera giornata, il giorno prima era rincasato
nuovamente a notte
fonda, sempre alticcio, e…e con dei piercing in
ogni dove, per la Dea!
Sui capezzoli! Al naso! Alle orecchie! Alle sopracciglia! Perfino sulla
lingua!
E con
“CHEETA” scritto
sulla schiena con un pennarello indelebile!
Alya poteva ripetersi
“è
tutto a posto e gli passerà” quanto le pareva,
poteva continuare a dirsi quanto
voleva che non c’era una vera ragione per andare in paranoia
ma…se era Robin
Mask che tornava a casa alticcio, pieno di piercing e con
una scritta sulla
schiena, qualcosa di cui preoccuparsi c’era,
accidenti, nonostante lui
stesso avesse rimosso tutti i piercing che poteva il mattino dopo.
E lui
“è tutto a posto
Alya, tutto normale”…
Peccato che, sempre
il
giorno prima, un fattorino avesse consegnato lì dei bonghi
a suo dire
ordinati Robin.
E questo non era
granché
normale.
Lei aveva indagato
con un
“vedo che hai trovato un nuovo hobby; sono arrivati qui dei
bonghi”…e lui aveva
biascicato qualcosa riguardo ad aver scoperto uno strano amore per la
musica
etnica.
“magari
è l’effetto di
avere quelle scimmie di Lancaster in casa” aveva aggiunto,
poi “spero che si
sbrighi con quell’ambiente tropicale…”
Il fatto era che Alya
nonostante tutto era anche combattuta ad indagare. Perché di
qualunque cosa si
trattasse, beh, aveva dato a Robin un’altra gran bella botta
di vita. Oltre a
quella datagli da lei stessa, naturalmente.
Solo
che…era un bene, o
ciò avrebbe dovuto preoccuparla ancora di più?
Perché se
era stata lei,
una giovane donna, a fargli un simile effetto…e
nient’altro al mondo
gliel’aveva fatto fino a quel momento…non era che
tante volte di giovani donne
adesso Robin ne aveva due?
“basta!
Devo smetterla con
queste assurdità” si impose lei.
Eppure non sapeva che
altra spiegazione potesse esserci.
Prima di quella
faccenda
dell’isola non si era mai comportato così, era
iniziato tutto da quando era
tornato…e per quanto ne sapeva Alya Robin
non aveva amici veri e propri, se non i colleghi della Scuola di Ercole
-con i
quali negli ultimi tempi oltretutto i rapporti si erano fatti un
po’tesi- per
non parlare del fatto che…se questi non erano mai usciti
insieme a Robin per
andare a far che non si sa dove, perché
avrebbero dovuto iniziare
adesso?
E comunque, se si
fosse
trattato di questo, non capiva che problemi avrebbe potuto avere Robin
a
parlarne con lei. Che ci voleva a dire “esco con un
collega”? Inoltre ormai
teoricamente avrebbe dovuto essergli chiaro che lei era una persona
dalla
mentalità aperta che non avrebbe avuto qualcosa in contrario
se lui fosse
andato a divertirsi insieme a qualcuno di loro, anzi.
Quindi doveva esserci
sotto dell’altro che lui non voleva dirle perché
pensava che non le sarebbe
andato giù. O che non voleva dirle per motivi suoi.
«dato che
ho accumulato
diversi giorni di ferie avevo pensato di sfruttarne qualcuno per stare
un
po’insieme durante la settimana. Che ne dici di dopodomani?
Potremmo fare una
gita in campagna per poi andare a teatro per il concerto di-»
«ahem, mi
piacerebbe ma
dopodomani sono impegnato. Fino a sera tardi. Molto tardi. Non si
potrebbe fare
domani, o tra tre giorni?»
«volendo.
Ma il concerto
non ci sarà né domani né tra tre
giorni».
«non
è poi così
importante…»
«e per la
gita?»
Manteneva un perfetto
controllo nonostante si stesse innervosendo. Nemmeno la mano stretta
attorno al
bicchiere la tradiva ancora.
«“fino
a sera tardi”
implicava che sarò assente anche durante il
giorno…un altro impegno ancora»
«posso
chiederti in cosa
consiste l’impegno di cui mi parli?»
Non credette alle
proprie
orecchie quando sentì Robin borbottare qualcosa che
somigliava a “bungee
jumping in Francia”. Ma voleva prenderla in giro o
cosa?! con la caviglia
slogata, poi!...ok, lui era un chojiin e per allora sarebbe tornata a
posto,
però andiamo…Robin che faceva bungee
jumping?
In FRANCIA?
Ma stiamo scherzando?!
“avrebbe
potuto inventarsi
qualcosa di meglio” pensò la donna, non solo con
nervosismo ma anche con una
certa delusione per tutte quelle bugie.
«bungee
jumping».
«eh».
«posso
comunque prendermi
un giorno di ferie e venire anche io».
«no,
no…non c’è bisogno
che tu venga con me, davvero».
«magari
anche se non c’è
bisogno è venuta voglia anche a me, di fare bungee
jumping».
Adesso le nocche
della
mano che stringeva il bicchiere erano sbiancate. Unico segno visibile
di quel
che stava provando.
«eeeh…non
è il caso, Alya.
Sul serio».
Fosse stata
un’altra
persona non solo a quel punto sarebbe esplosa in una serie di scenate
pazzesche, ma quel bicchiere gliel’avrebbe pure tirato.
Le chiamate.
I messaggi.
Le rientrate ad ore
improbabili.
Scuse assurde come
quella.
Paranoia o no, di
spiegazione plausibile ce n’era una sola.
«tu sei
proprio sicuro che
si tratti di bungee jumping, vero Robin?»
«si!»
disse l’altro
annuendo vigorosamente «perché? Non ti
fidi?»
“non
esattamente, anche se
ci sto provando”.
«non
è per questo. È che
prima non avevi tutti questi impegni. O voglia di lanciarti
giù da una rupe
attaccato ad un elastico».
Robin bevve un sorso
dal
proprio bicchiere. «io ho davvero rischiato di morire su
quell’isola, Alya…e
dopo esperienze simili un uomo capisce tante cose. Tra le quali che la
vita è
una sola e se si ha voglia di fare qualcosa è meglio farla,
tutto sommato, per
folle che sia…perché non si sa mai se si
avrà modo di farla il giorno dopo. Conosci
quella canzone? “enjoy yourself, is later than
you
think…”» bevve un
altro sorso «e poi una scommessa è una
scommessa…»
aggiunse in un borbottio a lei incomprensibile.
«prego?»
«niente.
Credo di essermi
fatto intendere, no?»
Oh si, in modo fin
troppo
chiaro.
O così
pensava Alya.
:: Nettuno
::
Erano passati diversi
giorni da che Kevin era lassù. Ed erano stati giorni felici,
nonostante non li
avesse trascorsi in un villone immenso pieno di lussi, e gli unici
momenti in
cui tale felicità si era incrinata erano stati quando aveva
raccontato a sua
madre che Robin aveva detto a tutti -lui incluso- che lei era morta e
del
litigio con Howard Lancaster del quale lei non sapeva nulla. Entrambi
questi
fatti l’avevano scioccata, il primo molto più del
secondo ovviamente.
Adesso aveva capito
perché
Kevin non aveva mai risposto alle sue lettere, grazie mille, non gli
erano mai
arrivate e comunque lui avrebbe pensato ad uno scherzo crudele se
davvero era
convinto che lei giacesse tre metri sotto terra.
Cristo. Come aveva
potuto
arrivare a tanto?! Alisa sapeva che il suo ex marito era un uomo
vendicativo,
ma mai avrebbe creduto che potesse fare qualcosa
del genere, così come mai
avrebbe creduto che lui ed Howard potessero finire ad odiarsi.
Ma Kevin al momento
le
stava parlando di altro, ossia della sua ex ragazza nonché
“grande amore della
sua vita” -parole sue- la figlia di Howard, la piccola
Emerald.
«io la
rivoglio con me,
mamma. La amo ancora e mi manca da morire. E se torneremo insieme giuro
che non
mi comporterò più in modo così
cretino. Io non volevo farla soffrire…mi sono
lasciato trascinare dalla gelosia e la rabbia, ed ho sbagliato una
volta di
troppo…spero di riuscire a farla capire tutto questo, quando
tornerò laggiù».
Giustamente essendo
stato
lassù Kevin gli ultimi sviluppi non li sapeva.
«avresti
dovuto farlo fin
da subito. E hai sbagliato quando, capito l’equivoco, non sei
immediatamente
andato a scusarti per averla cacciata di casa decidendo invece di
aspettare».
«lo so, se
l’avessi fatto
subito magari mi avrebbe perdonato, e invece ho agito da vigliacco e
questo è
il risultato. Ma perderla non era quel che
volevo…mamma…e se lei mi avesse già
dimenticato?»
«mi sembra
strano che
abbia dimenticato di già un ragazzo di cui è
stata innamorata per diverso
tempo. Di solito non funziona così, e poi se non tenti
ancora una volta non
saprai mai come stanno davvero le cose, non credi?»
«io avrei
tanto voluto
fartela conoscere, sai…nonostante tutto quel che
è successo continuo ancora a
pensare che “o lei, o
lei!”…sarà infantile ma è
così. Se non sono mai riuscito
a togliermela dalla testa in nessun caso, se anche provando a stare con
altre finivo
sempre con delle morettine dagli occhi verdi perché la
cercavo in loro, vorrà
pure dire qualcosa».
«se vi
amavate come mi hai
detto sono sicura che capirà. Magari sotto sotto sta
solamente aspettando che
tu ti decida a riprovarci sul serio, e cambiando davvero,
questa volta».
Non era proprio una
supposizione che coincideva con quanto asseriva la ragazza, dicendo che
Kevin
“aveva perso il treno”.
«è
quello che voglio fare,
e lo farò. Ci riuscirò, giuro,
quant’è vero che mi chiamo Kevin Mask!»
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Capitolo 27 *** Nozze imminenti! ***
«…tra due
settimane».
Era un annuncio ufficiale.
Ufficialissimo. E che aveva
lasciato tutti quanti basiti.
«due!…ma…non
eravate quelli che volevano andarci piano
voialtri? E poi…come fate ad organizzare tutto in due
settimane e basta?
Insomma…» Roxanne, sconcertata, non sapeva che
dire. così come tutti gli altri
«tutto
così…all’improvviso!»
«…e poi non hai
parlato con Kevin giusto un paio di giorni
fa? Sbaglio? Mi era parso di avervi visti».
A Meat non era
“parso” di averli visti, in realtà li
aveva
visti proprio -erano vicini al Beverly Park e lui era di ritorno da un
infruttuoso inseguimento di Kid e colleghi- ed aveva pure sentito cosa
si erano
detti. Ma a quanto pareva tutto ciò non aveva portato a
niente, anzi, aveva fatto
andare tutto al contrario di come avrebbe dovuto andare visto che
Emerald e
l’americano erano passati da “andiamoci
piano” a “ci sposiamo tra due
settimane”.
«ci ho parlato,
si…»
«ti sei un attimino
scordata di dircelo!» la riproverò Crea.
«questo perché
non era importante ai fini di quel che voglio
fare, direi, se mi sposo con Michael tra due settimane. E quanto
all’organizzazione avrei potuto fare tutto anche entro due
giorni, visto e
considerato che c’è mio padre che a momenti non
vede l’ora più di me che io
convoli a nozze…»
Ma anche senza “a
momenti”, a dire il vero, ed Hammy aveva
la vaga idea che dopo essersi calorosamente congratulato per la
decisione si
fosse messo a fare una serie di salti mortali all’indietro
per la gioia.
«va bene, passiamo alle
cose serie, chi sarà la damigella
d’onore? Io, spero» disse Jacqueline, che
nonostante non fosse il suo matrimonio
era comunque interessata a stare il più possibile al centro
della scena.
«che-che-che?! Chi
l’ha detto che devi essere tu per forza,
scusa?!» e Anubi Crea era un’altra che teneva
particolarmente a quel titolo.
«io la conosco da
più tempo di te».
«ma veramente se andassimo
per “tempo di conoscenza” la
damigella d’onore dovrei essere io» si intromise
Roxanne. Emerald fece un
sospiro. La temeva una cosa del genere, anche se tutto sommato quello
era il
meno.
Quella decisione era stata
improvvisa, vero…Meat poi non si
era sbagliato alludendo al fatto che la sua conversazione con Kevin,
avuta
qualche giorno prima, c’entrasse.
Anche se non era stata quella
la chiacchierata che
l’aveva spinta a decidere.
O non solo quella, almeno.
Tornata a Tokyo da cinque giorni,
dopo averne trascorsi ben
dieci a Londra -durante i quali suo padre, andava detto, non
era stato sempre
presente. Ma d’altra parte era un uomo dai molti
impegni, si sapeva- si era
trovata ad affrontare due discussioni ugualmente difficili…
Ma non era quello il momento di
pensarci sopra.
Come aveva detto Jacqueline,
“passiamo alle cose serie!”
Con l’abito era
già a posto, idem con la location -ossia la
tenuta di Londra- ed anche per il catering era già stato
tutto fatto, così come
per la scelta delle decorazioni tutte in bianco e rosso, e pure per i
cantanti.
Celine Dion avrebbe cantato
“Cant’help falling in love” al
posto della tradizionale marcia nuziale, Rossi Warnis la bachata del
primo
ballo dei due sposi; poi
sarebbe stata
Celine a tornare ad esibirsi, alternandosi a Mariah Carey, e alla
suddetta
Rossi Warnis, fino al termine della “prima parte”
della festa, che era per gli
ospiti più ingessati.
Lo “scatenamento”
vero e proprio sarebbe stato dalle una di
notte in poi quando sarebbero arrivati Eminem -per la gioia dello
sposo!-
Pitbull, Bob Sinclair, David Guetta e pure Timbaland, nientemeno.
Insomma era tutto a posto, eccetto
che per quanto riguardava
la questione delle damigelle e la scelta del secondo, o la seconda,
testimone
di nozze.
“tutto a
posto…si…almeno per quanto riguarda questo
matrimonio!” pensò Emerald.
“Emerald Janice
Verbena Phoebe Lancaster…nonostante tutto
quel che è successo, ed il fatto che solo per colpa mia e
della mia stupidità
abbiamo preso strade diverse, io continuo ad amarti” .
Kevin.
“mi ci
è voluto un po’ per capire come stanno davvero le
cose ma alla fine ci sono arrivato. E no, questa tua decisione univoca
di
concludere il nostro rapporto di…inimicizia…non
mi sta bene. Per niente”.
Quell’altro.
Vabbè.
Meglio non pensarci.
Molto, molto meglio.
Stava per iniziare un nuovo capitolo
della sua vita, ancora
una volta, e sarebbe stato il più importante
perché si sposava, e mica
era roba da niente.
«eddai…calme!
Adesso vedo, no?»
«calme? Ti sposi tra due
settimane, non c’è granché da stare
calme!!!» ribatté Crea «vanno ancora
scelti i vestiti per tutte noi cinque,
perché saremo noi cinque le tue damigelle vero?!»
«vestiti? Oh no no
no…» Kirika scosse vigorosamente la
testa, dando sfogo alla sua notoria allergia ai vestiti «no,
io un vestito non
me lo metto!»
«…e un tailleur
pantalone? Elegante, adatto ad una
cerimonia, ma non un vestito» propose Emerald. La demonessa
si rilassò
parecchio.
«mi sembra un compromesso
valido…»
«Emerald ma…sei
sicura di quello che fai? Insomma, io con
quello yankee non ti ci vedo proprio» disse Terry, che era
allergico a Connors
così come Kirika era allergica ai vestiti.
«ti sembro una che si
sposerebbe così a cavolo?»
Vero che era stata spinta a
programmare di sposarsi a breve
da quelle due conversazioni di cui sopra, ma la volontà di
farlo c’era già da
prima che queste avvenissero; l’avevano solo aiutata a
stabilire una data,
tutto qui.
Se Emerald J.V.P. Lancaster aveva
deciso di sposarsi con
Michael Connors era innanzitutto perché voleva
farlo ed era contenta
di farlo, oltre che perfettamente sicura.
Il resto era solo di contorno,
si…
“…riuscirò
a farti capire di stare commettendo un errore
madornale. E lo farò prima delle eventuali
nozze!”
…solo di contorno.
«non è per
questo, è che avevate detto di voler procedere a
piccoli passi ma qui direi che andate come treni in corsa!»
obiettò Wally «o
come i salmoni che risalgono le rapide…»
«Wal…sono
sicura. Voglio sposarlo. E lui vuole sposarmi. A
dire la verità è stato proprio Michael a darmi lo
spunto per decidere, dicendo
che sarebbe stata la stagione giusta per un matrimonio: non ancora
troppo caldo
e con belle giornate assicurate».
Anche quella era la
verità. Solo che quella dell’ex
mercenario era stata una semplice considerazione, ed era stata lei a
dire “sai
che hai ragione? si potrebbe pure fare”. Sorprendendolo, ma
senza spaventarlo,
perché anche lui in fin dei conti era sicuro di quel che
stava facendo.
«Hammy…probabilmente
mi odierai per quel che sto per dirti
ma…non è che Connors ti sposa solo per,
beh» Fiona fece il Gesto Universale Dei
Soldi «capito, no?»
Ma a sorpresa la ragazza scosse la
testa.
«il giorno stesso in cui
abbiamo preso la decisione di
sposarsi si è fatto mandare dei documenti che attestano la
sua rinuncia ad ogni
diritto sul mio patrimonio, anche in caso di divorzio. A detta di mio
padre
peraltro è stata un’idea sua.
Lui stesso non ha voluto quei diritti.
Quindi direi proprio che non mi sposa per soldi!»
«ha rinunciato
veramente?» allibì Jeager
«incredibile…»
Non poi così tanto, per
chi ormai conosceva bene la totale
lealtà di Michael Connors verso i Lancaster.
«discorsi seri per
favore!» tornò a farsi sentire
Jacqueline
«allora! Damigelle e testimoni!»
«di testimoni di nozze uno
ce l’ho già» disse Hammy
«c’eravamo accordati da piccoli e quando
l’ho sentito mi ha detto che è ancora
valido…»
«chi è, chi
è?» domandò subito Kid Muscle,
sputacchiando
cibo qua e là.
«il figlio del cugino di
mio padre...si chiama Sebastian
L.V.C. Lancaster. Mio coetaneo, nemmeno a farlo apposta. Quindi di
testimoni mi
serve solo il secondo».
«si solo una cosa:
Sebastian è carino?» indagò Crea.
Jeager
si incupì un po’. Non stavano proprio insieme ma
pareva che tra loro due ci
fosse ugualmente del tenero.
«praticamente è
un po’una mia versione maschile con i
capelli castani».
«aaah…e per il
secondo testimone allora?»
Veramente Hammy un’idea ce
l’aveva.
Però non sapeva se avrebbe
trovato la faccia tosta per
chiederglielo.
In tutti quei mesi lo aveva
praticamente evitato il più
possibile, dopo che lui le era stato vicino quando ne aveva avuto
bisogno…nei
suoi confronti si sentiva sia in colpa che una gran vigliacca, ecco la
verità.
E poi non era detto che avrebbe
accettato, visto chi era il
futuro sposo.
«io…in effetti
un’idea ce l’avrei ma…»
Occhieggiò Meat.
Che ricambiò
l’occhiata.
Una luuuuuuuuuunga
occhiata.
«solo dopo che avremo fatto
una chiacchierata!» disse deciso
il piccoletto.
Ecco, se l’aspettava.
«eddai Meat, di’
di si e basta…» lo incitò Terry
«anche se
lo yankee per l’appunto non mi
piace…già ma lui
dov’è?»
«è con suo
fratello, sta scegliendo il vestito per la
cerimonia…»
«e va a chiedere consiglio
a suo fratello? Con quei pantaloni
che si mette?» obiettò Roxanne.
In quei giorni tutti loro avevano
avuto modo di conoscere
,anche se solo superficialmente, Zachary Connors, ritenendolo a torto
“più
simpatico” e “meno pericoloso” -opinione
non condivisa da Meat- del fratello.
Forse perché
l’albino aveva salutato con un abbraccio tutte
le ragazze e con una calorosissima stretta di mano tutti i ragazzi
senza
chiamarli brats o dare a Terry del
vaccaro beota.
E fino a quel momento non aveva mai
usato il coltello.
O le pistole a dardi di
“acido”.
O le Daygum esplosive.
Lo ritenevano solo un po’
“strano” a causa di quei pantaloni
e della sua Pac-Mania.
E anche per le sue reazioni quando
vedeva ferma per strada
una donna un po’ più
“svestita”, anche se non si trattava
necessariamente di
prostitute, bastava che le vedesse in minigonna con tacchi alti ed una
maglia
scollata abbinata.
“signorina?...posso
farle una domanda?”
“eeeh…quale?”
“lei
per caso è una
libera professionista che si presta ad accoppiarsi velocemente e non a
scopo
riproduttivo in cambio di denaro?”
Gli urli che si era beccato con
quelle faccende non si
contavano, ormai.
Oh, e poi c’era stato il
Putan-Tour. Come scordarselo questo
tizio che andava lì, loro “trenta la bocca
cinquanta l’amor”, e lui a chiedere
“..e solo amicizia”?
«e beh…che vuoi
farci».
«e immagino che il
testimone del tuo futuro marito sia
sempre Zeke» disse Checkmate.
«si si…guarda, non oso
immaginare che scena deve esserci in questo momento con
Michael che cerca
un vestito decente e Zachary che gli propina le robe più
improbabili. Se poi
aggiungiamo a questo il fatto che Mikey non ama molto fare shopping e
se mi
accompagna è solo ed esclusivamente per farmi
piacere…io penso che torna a casa
che ancora sbotta!» esclamò, lasciandosi
inevitabilmente scappare una risata.
Povero Connors…
«ma perché non
ti provi questo?...e questo?...e
quest’altro?...e quest’altro ancora?»
Zeke preda di un certo entusiasmo gli
stava appioppando
completi su completi su completi, e di tutti quelli non ce
n’era uno solo che
Michael avrebbe anche solo pensato di indossare.
Infatti, da non si sa dove in
quell’elegante atelier,
l’albino era riuscito a trovare tutti quelli più
assurdi che erano più il suo stile
che quello di Michael.
Andiamo…completi a pois?!
A grosse righe verdi?!
Ma anche no!
«no, no, no, no, no e
NO!» sbottò l’americano bocciando ogni
completo che gli aveva portato il fratello «voglio qualcosa
di sobrio, di
classico, e magari bianco. O di un
colore chiaro…»
Giustamente visto che si era
naturalizzato Lancaster anche
questo faceva parte del pacchetto. Essendo un giorno di grande gioia, e
dato
che Emerald avrebbe indossato un vestito rosso, lui avrebbe potuto
esprimere la
sua contentezza indossando un completo bianco che di certo sarebbe
stato
approvato anche dal capofamiglia.
«questo qui» Zeke
tirò su un tight bianco a quadri celesti «è di colore chiaro,
è sobrio ed è tanto
carino!»
«non
è carino per
niente!!! Ti ho portato qui per darmi una mano, ma
è a me che dobbiamo
trovare il vestito, non solo a te!»
«ma il mio vestito
l’ho già trovato…»
Si, un frac in raso giallo sole a
pallini rossi.
Roba da sparargli alla vista.
«spero che non farai sul
serio con quell’affare…»
«perché,
Lentiggine? Che ha che non va?»
«e me lo chiedi
pure?!»
«si, perché non
capisco che ha che non va».
“ma perché ci
perdo ancora tempo, perché?!” pensò
l’ex
mercenario.
«trovami un completo
bianco! B-i-a-n-c-o, capito? Senza
quadri, cuori, picche, rombi, fiori, zebrature, tigrature, macchie
modello
leopardo: bianco! È
così difficile da
capire? BIANCO!» esclamò infine per poi fare un
sospiro immenso e crollare a
sedere «io qui ci divento matto…perché
Hammy ama tanto fare shopping? È
snervante!»
«questo va bene?»
Completo bianco.
Con ricami in rilevo di fiori bianchi.
E spalline, ed imbottitura
all’altezza del seno.
«Zachary,
questo è da
donna!!!»
«eeeh, ma non ti sta mai
bene niente…»
«non mi sta bene no, se mi
porti roba da
donna!...allora…quello che voglio io è un
completo da uomo, bianco,
e senza alcuna decorazione. È tutto
chiaro?...ma mi stai ascoltando?!»
Non moltissimo.
Si era accorto di una presenza che
non avrebbe dovuto
esserci, contrariamente a suo fratello che era così
stressato per la scelta del
vestito che magari non si sarebbe reso conto nemmeno di una mucca
volante a
pallini verdi che faceva una sfilata in intimo nel negozio, se ci fosse
stata.
«mi sa che l’ex
di Hammy è un po’confuso su chi deve
sposarsi. Sta lì fuori dalla vetrina a guardarci
fisso».
Aveva ragione, Kevin Mask era
lì, e stava guardando Michael
come a dire “ma io ti ammazzerei, giuro su Dio che ti
ammazzerei perché la
voglia è tanta e mi stai portando via la donna della mia
vita”.
Il soldato comunque fece spallucce.
«e chissenefrega».
«lui ha parlato con Hammy
cinque giorni fa».
«lo so, lei me
l’ha detto».
«non sarà anche
per questo che Emerald vuole sposarsi a
breve?»
Giusta domanda, che dimostrava che
tutto sommato Zachary era
un tipo stravagante a cui piaceva fare il comodo suo, ma non per questo
cretino.
«forse. Ma avevamo
intenzione di sposarci già da prima che
Kevin Mask tornasse a seccarla, dunque si è trattato solo di
un aiuto a
definire la data. Tutto qui. In un certo senso mi ha fatto un
favore».
«mi chiedo se sa che vi
sposerete tra due settimane».
«io non gliel’ho
detto, Hammy non gliel’ha detto anche
perché lo sta dicendo ai suoi amici solo in questo momento
credo, e su Tumblr
non ha pubblicato nulla. Quindi credo che non lo
sapesse…fino ad ora!...dove
vai?»
L’albino si era
allontanato, aveva aperto la porta
principale del negozio e messo fuori la testa.
«è un
po’inutile che stai qui…è mio fratello
che si sposa
con Hammy tra pochissimo. Non tu».
Tornò dentro dopo avergli
fatto un ultimo sorriso.
«pensi che adesso abbia
capito?»
«se non capisce adesso non
capisce più. D’accordo che lui
essere Kevin dalla Piccola Clava che l’altra notte avere
confuso elmo di
ferro con pitale ed essersi trovato capelli sporchi di
marrone chissà
perché, ma più chiaro di così si
muore. Uff…» sbuffò «torniamo
alla ricerca del
completo, va’. Ringraziando il cielo al resto
dell’organizzazione pensa il
capo, fedi incluse, o sarei diventato pazzo per davvero».
Non era possibile…no!
No, no!
Kevin Mask indietreggiò e
corse via allontanandosi
dall’atelier.
Non era possibile, era assurdo!
Non poteva essere vero, non poteva
davvero…loro…erano
fidanzati ma…
Sposarsi…
L’inglese
continuò a correre e correre, come un forsennato,
preda di uno shock assoluto più che di tristezza e rabbia.
Shock, perché dopo che lui
ed Emerald avevano parlato non si
aspettava una cosa del genere.
Tristezza, perché a quel
punto era tutto finito per davvero.
Rabbia, perché allora non
era stato per l’età che aveva
rifiutato di sposare lui, ma solo perché era stato
“lui” a chiederglielo e non
il caro Mikey al quale a quanto pareva non aveva esitato a dire di si,
e per
davvero, non così “tanto per
fare” come lui aveva creduto -o meglio, voluto
credere- nel sapere che i due si erano ufficialmente fidanzati come da
annuncio
sul blog.
E se lui era già
lì a cercare il completo per la cerimonia e
quell’altro bastardo -…aveva motivi validi per
definire Zeke in quel modo…- gli
aveva detto che il matrimonio si sarebbe fatto a
breve…perché avrebbe dovuto
mentirgli?
Non ci sarebbe stata alcuna altra
ragione plausibile sul
perché fossero lì, altrimenti.
“Emerald, come puoi farmi
una cosa del genere dopo quello
che ci siamo detti?! Davvero non ti importa più di
me?!”
:: cinque giorni prima ::
«…e adesso
andiamo a Beverly Park, Zeke, è quello laggiù a
duecento metri lo vedi?…che ridi?»
«rido per il povero
Lentiggine…»
«non stava
granché già al momento della partenza da
Washington, mi immaginavo che stesse covando
qualcosa…»
«se non sapessi per certo
che non è così direi che ti ha
detto una stupidaggine solo perché non aveva voglia di
girare per la città
appena arrivati».
Quando erano partiti infatti Michael,
ad Emerald, era
sembrato un po’pallidino. E arrivati a Tokyo le aveva
confessato di avere la
febbre già dal giorno prima, non a trentotto e tre come
adesso ma “solo” a
trentasette e nove, e che comunque si sarebbe ripreso prestissimo
avendo un
buon sistema immunitario.
Lì per lì la
ragazza se l’era presa con l’ex mercenario
perché avrebbe dovuto dirle subito che
non stava bene. Avrebbero potuto
rimandare la partenza. Ma Michael era uno che, se si programmava
qualcosa in un
certo modo e con una certa tempistica, andava fatto in quella maniera e
basta.
Senza scuse. Ed avrebbe anche voluto venire con loro per la primissima
visita
di Zeke alla città, come stabilito…
“dov’è
che vai con trentotto e tre?! Restiamo tutti qui”.
“si era stabilito
di fare un breve giro, e si farà il
giro”.
“no che non lo
fai. Adesso ti metti a letto…”
“…con
te?”
“…anche
con la febbre, Mikey?”
“sempre!”
“quindi niente
giro?... e se andiamo io ed Hammy?”
“per iniziare a
fare danni fin da subito anche qui?!”
“eddai! eddai!
eddai! eddai! eddai!!!”
«non aveva voglia, dici?
Che per tenerlo a letto a momenti
dovevo legarlo?!»
«per tenerlo a letto
sarebbe bastato che ti ci mettessi
anche tu!» commentò l’albino per poi
assumere un aria pensosa «è intrigante
come l’idea di un possibile atto non a scopo riproduttivo
riesca ad influenzare
il comportamento delle persone».
«pensi di iniziare anche
tu?» gli chiese ironica Emerald.
«oh, no. Non posso
rischiare di trovarmi a subire simili
influenze esterne, perderei la capacità di analizzare certi
comportamenti in
modo lucido se fossi coinvolto in prima persona».
Ironica, appunto. Che
gliel’aveva chiesto a fare? Zachary
era solo apparentemente uno svampitello, perché in
realtà la sua mente era
costantemente bombardata da un flusso infinito di informazioni
sull’ambiente
circostante e le persone che lo popolavano, che lui -sempre in maniera
costante- analizzava nel giro di una mezza frazione di secondo.
«right, capito
il concetto…»
«è come quando
non avevo ancora iniziato a fumare erba. Da
un punto di vista puramente logico è una cosa idiota da
farsi, ed io questo lo
sapevo, quindi evitavo di farla. Poi mi hanno convinto a provare una
volta ed
ho smesso di vedere la cosa in un’ottica logica, iniziando a
vederla come uno
sfizio che mi fa piacere concedermi, a volte; ma concedersi uno sfizio
dannoso
per la salute non è logico, giusto? Solo che essendo
direttamente coinvolto in
questo non posso più esprimermi».
Era una cosa un po’contorta
ma molto da Zachary, che
contrariamente ad Hammy si era anche accorto che c’era
qualcosa che non
tornava.
E questo
“qualcosa” risiedeva nel fatto che c’era
qualcuno
che li aveva seguiti fin da quando erano usciti di casa e che al
momento
camminava dietro di loro “abbastanza allo scoperto”.
Zeke non si era nemmeno voltato a
vedere chi fosse, ancora,
non se n’era interessato.
Ma, per ravvivare un po’la
passeggiata, decise che forse era
venuto il momento di scoprire di chi si trattava e che cosa voleva. Per
cui…
Zac!
«ma che
accidenti…?!!» esclamò Emerald
guardando Zachary che
senza dare alcun segno premonitore di quanto stava per fare -come
sempre- si
era solo leggermente voltato ed aveva lanciato dietro di sé
il coltello che
teneva nella manica…
Che si era conficcato
nell’alto steccato di legno e ad una
distanza pochissimi millimetri dalla gola di Kevin Mask.
Il quale, rendendosi conto che se il
coltello fosse arrivato
di poco più a sinistra sarebbe morto lì,
comprensibilmente aveva una certa
paura addosso.
E quello si era
voltato verso di lui, col sorriso più
sereno che Kevin avesse mai visto in volto a qualcuno.
«ciao. Ti va di dirci cosa
vuoi? O vuoi continuare a
seguirci come fai da quando io ed Hammy siamo usciti di casa?»
L’inglese non sapeva
nemmeno da che parte guardare, quegli
occhi di colore diverso lo “stranivano” un
po’.
«Zachary!!! Porco
mondo! Avresti potuto finire a colpirgli
la gola!!!» sbottò Emerald, che era
passata rapidamente dall’essere
sorpresa per la presenza di Kevin alla paura che questi si fosse fatto
del male
ed in seguito ad una certa incazzatura verso l’albino.
Ok, Kevin era il suo ex, ok,
l’aveva tratta in modo indegno
e quant’altro, ma non significava che volesse che gli fosse
fatto del male!
Il ragazzo però si
limitò a mettersi a pulire gli occhiali.
«naaah…se
avessi voluto colpirlo alla gola sta’tranquilla che
l’avrei fatto, ma dato che
non l’ho fatto mi pare evidente che non era mia intenzione
colpirlo, indi non
c’era pericolo che lo colpissi».
Per Kevin tali frasi non erano
esattamente incoraggianti.
«…tanto che ci
sei puoi ridarmi il coltello?...no? ok» Zeke
fece spallucce e semplicemente andò a riprendersi la sua
arma «aaaallooora…chi
sei? A giudicare dalla reazione di Hammy direi che ti conosce. Lo
conosci?»
«è
Kevin!!!»
«ah, ecco».
Solo a quel punto il giovane Mask
ricominciò a “connettere”,
andando per prima cosa a pensare qualcosa di simile a “ma che
gente frequenta
Emerald?!”.
Gente pericolosa senza dubbio,
perché quel tizio -che
riconobbe come il fratello di Michael Connors dai video e le foto visti
su
Tumblr- aveva lanciato con estrema facilità ed altrettanta
precisione un
coltello a pochi millimetri dalla sua gola senza che la sua azione
potesse
essere prevista in alcun modo. Prima era lì che parlava
tranquillissimo, poi si
era voltato solo leggermente e zac!
«Lentiggine aveva ragione,
ha proprio l’aria del cavernicolo
e la stessa abilità nel pedinare la gente di
nascosto!» esclamò poi Zachary con
una risata.
«ma sei un idiota
completamente pazzo?!!» diede in
escandescenze Kevin «potevi ammazzarmi in quel
modo!!!»
«un po’pazzo lo
sono, ma ho un Q.I. di centosettantasette ed
ho il Bachelor da quando avevo diciannove anni, quindi non credo di
essere poi
così idiota…al contrario di qualcuno che pensa
che Orazio sia il
pescivendolo…»
Nulla era mutato del sorriso
dell’albino, mentre Kevin
sembrava sul punto di iniziare a sfracellarlo di botte. O almeno provarci.
«va bene, basta
così! tutti e due!» si intromise Emerald
anche perché Zeke aveva tirato fuori una faccenda scomoda ed
imbarazzante per
il suo ex «…Kevin, che vuoi ?!»
«volevo parlare con te.
Solo parlare!» disse rapido
l’inglese «ci sono delle cose che devo dirti
e…e magari da soli» aggiunse
guardando Zachary, che tanto si era già apparentemente
disinteressato della
cosa iniziando a giocherellare col cellulare.
«dipende se Hammy ha voglia
di parlarti da sola oppure no.
Io al posto suo non ce l’avrei. Anche perché tu
non hai l’aria molto simpatica
nonostante quella specie di orecchino a piuma sia tanto
carino!»
Apparentemente, appunto.
Dunque stava ad Emerald, che
già immaginava cosa Kevin
volesse dirle. Aveva davvero voglia di starlo a sentire?
Guardò per un momento che
parve ad entrambi eterno quel
ragazzo con cui aveva passato dei momenti meravigliosi, e che aveva
amato.
Ricordò quei suoi occhi
azzurri che tante volte aveva osservato
perdendocisi dentro trovandosi come a nuotare nell’oceano, la
morbidezza dei
lunghi capelli biondi che aveva accarezzato, il suo sorriso, il suo
tocco su di
lei, le loro risate, la loro complicità.
Che fosse finita così male
era dannatamente ingiusto ma…era
andata in quel modo, e basta.
E con Michael al proprio fianco
Emerald provava tutto meno
che rimpianto per ciò che era finito. Per come la pensava
era stato proprio
“chiusa una porta, si apre un portone”. E adesso
era ufficialmente fidanzata, e
prima o poi si sarebbe sposata con il soldato del quale era cotta fin
da quando
aveva sette anni, e l’idea la rendeva completamente e
perfettamente felice. Nonostante
un paio di incubi notturni su una certa pantegana che
commetteva
sciocchezze come gettarsi dai ponti o ingerire veleno per topi.
Ma forse era normale visto che
l’addio a Flash non era stato
esattamente dato a cuor leggero.
«vabbè…penso
di poterti reggere per cinque minuti di
chiacchierata da soli, tutto sommato» disse la ragazza, un
po’freddina.
«a Beverly Park ci sono le
altalene?» le chiese Zeke.
«e beh. Sennò
che parco sarebbe?»
«un parco inutile. Quando
hai fatto mi trovi lì».
Detto ciò lui si
avviò per quei duecento metri che lo
separavano dal parco, lasciando soli i due ex fidanzati.
Kevin indicò una panchina
con un cenno. Si sedettero.
“tanto qui scoppia
un’altra litigata” pensò Hammy.
«cosa mi vuoi
dire?» gli chiese la ragazza in tono neutro.
«che sono andato a trovare
mia madre. Su Nettuno. Ci sono
stato fino all’altro ieri».
Inizio che sorprese Emerald che aveva
pensato che avrebbe
riattaccato con i suoi “mi manchi tanto amore mio e bla, bla,
bla”. Che fosse
andato a trovare Alisa era senza dubbio buona cosa.
«sono lieta che tu
l’abbia fatto. L’hai trovata bene?»
«si. Lei e Quarrelman non
hanno una vita proprio piena di
lussi, ma sono felici».
«alla fine ciò
che conta è quello: essere felici».
Breve pausa.
«ci è rimasta
male però, quando ha saputo quel che ha fatto
mio padre con le sue lettere».
«è
comprensibile».
«già.
E…questo incontro con mamma lo devo a te, Emerald.
Senza di te avrei vissuto nella convinzione che lei riposasse in quella
tomba,
quindi ti ringrazio con tutto me stesso per ciò che hai
fatto per me».
Altra pausa. L’ultima volta
che avevano parlato di
quell’argomento Kevin le aveva dato addosso, ed ora invece la
ringraziava.
«prego».
«e non solo per quanto
riguarda mia madre. Ma in generale.
Per tutto ciò che hai fatto per me e per ciò che
mi hai dato».
Stavolta Emerald non
replicò.
«per un bel po’
è stato un periodo veramente felice»
continuò Kevin «e probabilmente se fossi stato
meno stupido…se mi fossi fidato
di più, e fossi stato meno immaturo…forse
durerebbe ancora».
Un’altra pausa di silenzio.
«forse si. Ma non
è andata così, ed abbiamo preso strade
diverse: io percorro la mia accanto a Michael e tu beh…con
qualcun’altra, da
quel che mi hai scritto l’ultima volta».
Kevin arrossì sotto la
maschera al pensiero di quel “vai al
diavolo stronza, stasera mi faccio un’altra”
scritto in un disperato anelito di
rabbia vendicativa.
«ehm. Le cose non stano
esattamente in quel modo. Quello è
stato perché ero appena venuto a sapere della tua nuova
relazione e…ho perso un
attimino la bussola».
«come spesso ti
accade».
Considerazione anche questa un
po’ freddina, non piacevole,
però giusta.
«vero. Mi accade spesso.
Con te, mi è accaduto una volta di
troppo. E non finirò mai di dispiacermene. Riguardo a quella
ragazza poi, o
meglio, quelle ragazze, un’altra cosa da dire ce
l’ho».
«ossia?»
L’inglese le fece
delicatamente voltare la testa verso di
lui, così che si guardassero.
«ho cercato te in ognuna di
loro, ma non ti ho trovata mai».
Lei deglutì un
po’troppo nervosamente. «è logico. Che
io
sappia di “me” ci sono solo io» anche
quel che stava dicendo non aveva molto
senso «forse avresti dovuto cercare qualcosa di diverso,
no?»
«forse, ma forse io non
voglio qualcosa di diverso da
te. Vedi, Emerald Janice Verbena Phoebe Lancaster…nonostante
tutto quel che è
successo, ed il fatto che solo per colpa mia e della mia
stupidità abbiamo
preso strade diverse, io continuo ad amarti. Ancora» aggiunse
«e probabilmente
continuerò a farlo sempre. Una cosa come
quella che avevamo io e te non
può spezzarsi con tanta facilità ed in
così poco tempo, o così la penso io.
Magari tu sei di un’altra opinione, ma io continuo a sperare
che un giorno
possiamo tornare a camminare fianco a fianco, noi due,
perché siamo stati
qualcosa di meraviglioso».
E Kevin la vedeva, riusciva a vederla
che quel che stava
dicendo l’aveva scossa, non le riusciva più di
mantenere quell’aria fredda che
aveva ostentato.
«hai detto bene Kevin,
“siamo stati”. Si tratta di questo:
“passato prossimo”. “siamo
stati”, ma non “siamo” e non
“saremo”; e non c’è
speranza che tenga, soprattutto perché è solo ed
esclusivamente tua. Io
sto bene come sto e con chi sto. Mi è
dispiaciuto per com’è finita e non
mi pento di quel che c’è stato tra noi, ma non mi
pento nemmeno di aver
cambiato strada, e ciò per cui io ti
ringrazio è di avermi indicato
quella che, per come si sono messe le cose, sembra essere la via giusta
per
me».
Che tradotto voleva dire
“tante care cose ma non me ne frega
più una minchia, e grazie per avermi spinta tra le sue
braccia con la tua
immensa imbecillaggine o da sola non sarei mai arrivata a capire che
voglio lui”.
Però era scossa. Molto
scossa.
Non poteva non significare
qualcosa.
«dici così, ma
non puoi vedere come mi stai guardando».
«con compassione?
Perché al momento è questo quello che
sento verso di te. Compassione per qualcuno che non riesce a
riconoscere una
causa persa quando se ne trova davanti una come è la nostra
vecchia relazione»
la ragazza si alzò «trovati un’altra
Kevin. Io ora sono fidanzata, il che
significa che finirò per sposare quell’uomo prima
o poi, e ti dirò...non solo
sono felice di questo, ma sono anche sicura sia di
volerlo fare che del
fatto che non finirò a pentirmene. Ti auguro con tutto il
cuore altrettanto».
«anche io e te avremmo
dovuto sposarci, ricordi?»
Come a dire
“finché la data non è fissata e
finché non hai
al dito la fede nuziale la partita è ancora aperta, e poco
conta che tu sia
fidanzata”. Emerald camminò verso Beverly Park
allontanandosi di qualche metro.
«vero Kevin, ma con una
differenza fondamentale: con te, era
solo nella tua fantasia. Con lui invece è tutto estremamente
concreto».
«io continuo a credere in
noi, Scimmiattolo» ah! l’aveva
bloccata sul posto «ci credo anche per te, e non intendo
arrendermi».
Lei si voltò ancora.
«Kevin, lascia perdere. Mi
hai costretta a farti del male
quella volta, non costringermi a rifarlo, non è quello che
voglio e ultimamente
ne ho già fatto abbastanza a qualcuno cui non
volevo farne. O almeno,
non in quel modo. Quindi ti prego, lascia stare».
E se n’era andata verso
Beverly Park.
Nonostante le sue parole, quel che
Kevin aveva visto nel suo
sguardo l’aveva fatto tornare a sperare…
:: ora ::
“…e invece non
solo sono stato un maledetto illuso ma
probabilmente dicendole così sono stato io stesso a
spingerla a fissare una
data e chiudere definitivamente la partita! Non ci volevo credere, e
invece…e
invece è tutto vero. Dio. È tutto vero, lei si
sposa, e con lui!”
Selezionò un numero dalla
rubrica.
«…come
prego…?»
– è
così, che io abbia provato a parlarle non ha
funzionato Warsman, lei lo sposa!…Warsman? …ci se-
L’altro chiuse la chiamata.
Se Kevin gli avesse chiesto
qualcosa, avrebbe detto che era caduta la linea.
Al momento non aveva decisamente
voglia di parlare con lui.
E con nessun altro.
“ditemi che non
è vero, non è possibile!” maestro ed
allievo
avevano pensieri analoghi a riguardo “no, maledizione, no!!!
Lo ha fatto
apposta o cosa?!” aveva una tale rabbia e disperazione
addosso da scagliare via
il cellulare, che finì ad infrangersi contro il muro.
Come gli sembrava di scorgere un
barlume di luce ecco che
prontamente veniva oscurato. E lui fino a cinque/sei giorni prima in
quell’oscurità abissale aveva sguazzato come mai
gli era capitato di fare in
vita sua.
Era tornato da Londra a Tokyo come un
automa, preda del
proprio dolore causatogli da quella…quella.
Non c’era una definizione
giusta per il modo in cui lui
aveva visto Emerald i quei momenti.
Traditrice.
Stronza.
Puttana.
Carogna.
Iena.
Bastarda.
Infida serpe.
Mostro di
malvagità.
Aveva pensato tutto questo ed anche
di peggio, nei momenti
in cui quelle sue orribili parole gli avevano dato un attimo di respiro
ed
aveva potuto brevemente smettere di sforzarsi di non dare a vedere a
nessuno
quel che stava passando, ed era stato fortunato che in quel periodo
Kevin fosse
su Nettuno.
Anche se considerando che un
senzatetto gli aveva offerto
dello scadentissimo scotch -che tra l’altro lui aveva perfino
accettato!-
evidentemente nascondere quel provava non gli riusciva molto bene.
Il gelido Warsman, la macchina
assassina, la bestia senza
cuore…
Senza cuore, si, perché
gli era stato strappato via dal petto
da quella puttana!
Erano stati giorni
d’inferno, giorni di ira contro di lei e
contro sé stesso, giorni di vergogna ed anche di lacrime,
tutte versate in
quella che era stata la casa di lei, mentre
distruggeva tutto ciò che
gli aveva ricordato loro due, tutti i souvenir del loro viaggio,
accanendosi in
particolar modo su quelli di Rio.
Si comportava come un uomo appena
uscito in modo orribile da
una relazione amorosa, avrebbe potuto dire qualcuno.
Ma lui di certo non amava quella
lì.
Oh no. Non la amava. E stava
così male solo perché…
Eh già, perché?
Perché, se non l’amava?
Perché non riusciva a
togliersi dalla testa quel che avevano
passato, quelle sue azioni verso di lui, dalle prese in giro a quella
che il
giorno del suo compleanno gli era quasi sembrata una coccola, anche se
solo per
poco?
Le aveva dato del vampiro mancato, ma
tutto sommato non
aveva detto una stupidaggine. Solo che lei non gli aveva tolto il
sangue dalle
vene, ma direttamente la voglia di vivere. Prendendolo con quei suoi
gesti che
di scherno o di qualunque altra cosa erano stati sempre appassionati,
usando il
proprio fuoco per riaccendere anche il suo, e far diventare il proprio
ancor
più forte riprendendosi ciò che gli aveva donato
ed anche quel che gli aveva
permesso di generare con una crudeltà che lui, sciocco,
povero ingenuo, aveva
quasi creduto potesse essere una forma di…amore?
Ma quello non era amore, quella era
una malattia, aveva
pensato.
Ed aveva passato in quel modo giorni
e giorni, a pensare e
ripensare, e ricordare nonostante la volontà di dimenticare.
Volere è potere, lui
stesso lo diceva, ma si era reso conto
che in tutto quel tempo aveva ripetuto una stupidaggine.
La svolta c’era stata per
l’appunto cinque/sei giorni prima,
quando su quella lunghezza d’onda aveva pensato che tutto
sommato volere non
era potere se, nonostante la sua volontà di mantenere quel
rapporto con lei,
Emerald non solo l’aveva allontanato e distrutto ma
l’aveva fatto pure senza
guardarlo negli occhi, dandogli le spalle.
Era stato a quel punto che aveva
sentito un campanellino che
aveva suonato lieve lieve.
Emerald non lo aveva guardato in
faccia mentre gli diceva
quelle cose.
Gli aveva voltato le spalle per tutto
il tempo.
Lei via via di cose ben poco carine
gliene aveva dette, e
discorsi fatti freddamente come quell’ultimo, poi, glieli
aveva sempre fatti
guardandolo negli occhi.
Era una che ci teneva a ricambiare il
tuo sguardo se doveva
spezzarti il cuore, non per qualche forma di sadismo ma solo
perché riteneva
giusto farlo.
Se spezzarti
il cuore
era quello che voleva davvero.
E poi c’era anche
un’altra cosa…
Se Emerald J.V.P. Lancaster voleva
davvero fare del male a
qualcuno, non scappava via subito dopo.
Lasciava che a farlo fosse il qualcuno in questione.
E allora forse, forse,
se con lui non aveva agito
come soleva fare in quelle occasioni quel che Emerald voleva non
era…spezzarlo.
“...rischi
troppo,
Sorcio! E non è questo quello che voglio, io…non
voglio…non voglio e basta, ed
è per questo che forse è bene chiuderla qui
davvero… finirai male se la cosa
continua! Lo sai che ci sono grosse probabilità che io abbia
ragione, non
rendermelo più difficile di quanto già
sia…”
“e tu credi che se
mi fosse importato davvero qualcosa
dei rischi io avrei continuato ad avere questo rapporto con te pur
sapendo chi
è tuo padre?!”
“a te non
importerà ma a me si! Un conto
è
prenderti a botte col cric e un altro è che tu faccia una
brutta fine per colpa
mia!”
Ma una persona che diceva quelle
cose, guardandolo come lo
aveva guardato, poteva davvero pensare quelle cose orribili che gli
aveva detto
dopo, quando lui si era rifiutato di darle retta?
Per poi scappare via
senza “godersi lo spettacolo”?
Ma certo che non le pensava.
Ovvio che no.
E lui era stato stupido a non capire
subito quel che le era
passato per la testa, “meglio lontano e al sicuro che vicino
ed in pericolo”.
Gli aveva detto quelle cose nella speranza che lui si allontanasse e
non la
cercasse più, evitando così il rischio di
“finire male”, come lei stessa aveva
detto.
Il cervello gli diceva che quello era
solo l’ultimo appiglio
di un disperato che non si rassegnava a volerla perdere e vedeva solo
quello
che voleva vedere.
Ma alla faccia di chi lo considerava
una macchina, era il
cuore a suggerirgli che invece quel che diceva il cervello era una gran
cavolata.
E a costo di fare una pessima figura,
non volendo restare
con quel dubbio amletico, aveva deciso che tra qualche giorno sarebbe
andato a
cercare Hammy. Aspettando l’occasione giusta per parlarle,
forse per quella che
sarebbe stata l’ultima volta, o forse no.
E l’occasione si era
puntualmente presentata quando lei, tre
giorni prima, era di ritorno dalla farmacia con una -inutile- scorta di
tachipirine, aspirine e medicinali vari per il fidanzato ed una
ulteriore
-utilissima- scorta di pillola anticoncezionale per sé.
:: tre giorni prima ::
Avevano tempo i due Connors a dirle
che si preoccupava
troppo. Hammy li ascoltava?
Ma ovviamente no.
E così eccola con quella
scorta di medicinali, tanto che
sembrava una farmacia ambulante.
Prevenire è meglio che
curare, diceva suo padre, quindi
anche se aveva un sistema immunitario invidiabile, Emerald aveva
ritenuto
opportuno che Michael fosse ben fornito di tutte le medicine che
avrebbero
potuto servirgli. E così aveva preso tachipirine, aspirine,
moment, cibalgina,
pastiglie e sciroppi per la tosse, dei fermenti lattici, una sterminata
serie
di creme contro pruriti, gonfiori, dolori, strappi,
irritazioni…il tutto solo
perché lui aveva avuto un po’di febbre! Nemmeno
avesse avuto a che fare con due
che si ammalavano al primo spiffero!
Camminava e stava controllando per
l’ennesima volta di aver
preso tutto quel che “serviva”, quando
all’improvviso venne afferrata e
trascinata in un vicoletto.
«ma che
diamine?!...ah».
Warsman.
Ancora?!
Cosa poteva volere ora da lei, dopo
quello cose orribili che
gli aveva detto, delle quali non era vera neanche mezza, tanto che
nemmeno
adesso le riusciva di guardarlo in faccia se non di sfuggita?
“mi è
dispiaciuto e mi dispiace, mi dispiace tanto”
pensò,
aspettando la sua successiva mossa. In fondo non potevano restarsene
lì
impalati, lui a fissarla e lei a guardare in ogni dove
purché non fossero i
suoi occhi.
Che voleva?!
Sentiva una tensione nervosa
crescerle dentro. Credeva di
aver finito, con lui. E invece se adesso avesse tentato di fargliela
pagare
aggredendola fisicamente avrebbe dovuto fargli del male anche in questo
senso,
non solo distruggerlo come l’aveva distrutto!
E se l’avesse detto a
qualcuno -o se semplicemente fosse venuto
fuori per vie traverse- che lui l’aveva attaccata, anche se
l’avesse mandato
all’ospedale dubitava che il russo avrebbe potuto passarla
liscia, una volta
dimesso.
O forse anche prima.
Ma perché non la lasciava
in pace, perché sembrava voler
finire nei casini per forza?!
«che
c’è?! Che vuoi ancora?!» gli disse senza
riuscire a
trattenere la tensione nervosa di cui sopra che la incrinava la voce
«vattene
via, io e te non abbiamo più niente di cui
parlare!»
Ma lui niente, non si muoveva.
Restava lì immobile come una
statua, fisso a guardarla, mentre a lei questo non riusciva.
«vai
via!!! Non
hai capito che non è più aria?! Sei duro di
comprendonio?! Il gioco è finito,
sei s-stato una bambolina divertente ma mi…mi hai
stufato» disse cercando di
risultargli fredda e spietata come l’altra volta, con scarsi
risultati visto
che in qualche punto aveva pure balbettato.
E lui continuava a non muoversi e non
dire nulla.
«…in che lingua
devo dirtelo che non mi interessa più avere
a che fare con te?! I freak show sono divertenti ma dopo un
po’annoiano, ed è
questo il caso, togliti dalle scatole! Nemico Numero Uno, Nemica Numero
Uno,
erano cazzate capito?! Solo cazzate!»
Ancora silenzio, e adesso lei aveva
perfino gli occhi
lucidi.
«se me lo dici guardandomi
dritto negli occhi come sei
solita fare magari potrò crederci, Emerald. Ma
così…eh no…così, proprio
no».
Affermazione fatta in un tono tanto
serio da farle
irrigidire la schiena e sgranare gli occhi smeraldini.
Aveva capito.
Lui aveva
capito.
Lui sapeva che di quel che gli aveva
detto a Londra non era
vera nemmeno una sillaba, ci era arrivato.
Quella maledetta pantegana psicotica
la conosceva troppo
bene.
Ma doveva finire lo stesso,
perché lui non poteva continuare
a correre rischi solo per continuare quella strana cosa tra loro due!
Non
poteva!
La tensione aveva raggiunto un
livello tale che Hammy non
poteva più contenerla, tanto che si lanciò contro
di lui con un ringhio,
cominciando a riempirgli il petto di pugni…già
solo con quel gesto era evidente
la sua volontà di non fargli davvero del male
perché col pugno destro il cuore
avrebbe potuto strapparglielo via davvero…
Era un atto quasi di disperazione, ma
perché quell’idiota
non voleva darle retta?! Perché non se ne andava,
perché voleva renderle tutto
ancora più difficile, pure lui, come se anche Kevin non
avesse tentato
-vanamente- di incasinare le cose?!
«stai
zitto!!! Zitto!!!
e vai via!!!»
strillò continuando a
prenderlo a pugni «hai capito quello che ho detto?!
Vattene!!! Vai via!
Sparisci, eclissati, togliti dalle scatole, vai via, via,
VIA!!!» odiò sentire le lacrime
cominciare a cadere, cosa che
la fece solo incavolare di più «vattene,
maledizione!
È t-tanto difficile da capire?! Eh?!!...» le mani
iniziarono a tremarle troppo
per continuare a picchiarlo, e finì a stringere tra i pugni
quella sua oscena
giacca blu, che le aveva sempre fatto schifo quanto quella sua dannata
ed
obbrobriosa tutina grigia «…perché lo
fai?» mormorò piano, infine.
«è quello che mi
sono chiesto anche io fino a tre o quattro
giorni fa. “perché lo ha
fatto?”» replicò lui «mi ci è voluto un po’ per
capire come stanno davvero le cose ma alla
fine ci sono arrivato. E no, questa tua decisione univoca di concludere
il
nostro rapporto di…inimicizia…non mi sta bene.
Per niente…»
L’aveva
stretta a
sé con un braccio, lasciando l’altro
giù lungo il fianco.
«tu
sei…sei
completamente cretino!» in un inutile tentativo di
nascondergli che stava
piangendo aveva avvicinato di più il viso al suo petto,
finendo per
appoggiarcelo «ma perché lo fai? Io non
capisco…»
«è
un problema di
cui già ero a conoscenza, te l’ho sempre detto che
il tuo problema è che non
capisci niente, incluso il fatto che per me è meglio vivere
anche unicamente
due giorni “come si deve” che altri sette od
ottomila da solo».
Aveva
pensato bene
allora. Aveva ragione, lei non pensava quelle cose, e probabilmente per
lei
dirle era stato brutto quasi quanto per lui era stato sentirle.
«tu
s-sei veramente
un coglione…» borbottò la ragazza,
asciugando le lacrime
col dorso della mano in un gesto veloce e quasi rabbioso.
«e
tu la solita
puttanella senza cervello che ha creduto veramente
di potersi
liberare di me con tanta facilità».
In
realtà c’era
quasi riuscita. Ma solo quasi. E adesso erano di nuovo lì.
«ci
ho sperato, porcello…per te. Perché tanto
anche adesso che sai che…beh…»
scivolò
via dalla sua presa facendo un gesto vago con le mani «non
è che cambia niente.
Io continuo sempre ad essere fidanzata senza avere alcuna intenzione di
lasciare Michael, nonostante i bla bla di Kevin, e il progetto di un
matrimonio
si fa sempre più concreto, così come quello di
andare a vivere a Londra. Quindi
finirà lo stesso».
«non
se riprendi a
far funzionare i neuroni, per una volta, e ti decidi a capire la
grandissima
idiozia che vuoi commettere!»
Emerald
alzò gli
occhi al cielo, gli occhi resi di un verde ancora più
brillante dalle lacrime
di poco prima. «è un’idiozia solo
secondo te. Io amo quell’uomo. Che a te
piaccia oppure no, io amo Michael, e se dovessimo sposarci anche domani sarei
la più felice delle ragazze!...e a dire il vero anche se la
data non è stata
fissata io ho già pronto il vestito…»
«come come?!!
…io penso che tu sia completamente partita di
cervello!» il russo la
prese per le spalle «torna a ragionare, per l’amor
del cielo! Hai diciannove
anni! E se proprio devi sposarti…insomma, sposa un bravo
ragazzo, no?! Te l’ho
detto ormai infinite volte, ma tu sai
chi è
Michael Connors!...come
puo-»
«…a
dire la verità
sarà Michael Lancaster, da dopo sposati, visto che mio padre
gliel’ha proposto e lui ha detto di sì».
Una
ragnatela
solida e costruita con trame sottili ed esperte, nonché
grande pazienza.
Warsman
tutta
quella situazione la vedeva così, anche se in
realtà Howard non aveva avuto
bisogno di fare praticamente niente limitandosi ad
“incoraggiare” quell’unione
nel pieno rispetto delle scelte della ragazza. Evitando anche di
maltrattare
Kevin Mask, finendo perfino ad ospitarlo in casa un’altra
volta.
«pure!!!...qui
si
rasenta la pazzia…Emerald, te lo dico col cuore in mano: non lo fare.
Forse hai ragione, e…e a dire il vero…dubito
anche io che potrebbe
farti del male, però…è
sbagliato!»
«se
anche tu
ammetti che non mi farebbe del male, perché continui a dire
che è sbagliato?…»
breve silenzio «…è la stessa cosa che
ti ha spinto a raggiungermi a Londra,
vero?»
«se
proprio devi
sposarti prenditi un partner alla tua altezza. Non uno come
lui».
«Flash…si
parlava
d’altro, mi pare».
Altra
pausa di
silenzio.
«perché
ti sei
fissato col non volermi perdere?»
«e
perché a te ha pesato cercare di perdermi? Perché
sei tornata sulla Terra la notte
del mio compleanno? Perché hai preso quel proiettile che
doveva toccare a me
rischiando di morire tu al mio posto, se ti avesse colpito pochi
centimetri più
in là? Perché hai voluto partire con me,
perché a…Rio…è successo
quel che è
successo?» le diede un’occhiata
«…se non si è trattato di quel che mi
hai
detto? Cinque a uno, Emerald».
«o
senti, è stato
perché…allora…tu sei in assoluto
l’uomo più odioso che abbia mai
conosciuto in vita mia. Ti avrei preso a schiaffi la prima volta che mi
sei
comparso davanti, o ti avrei sparato proprio, ma lo sai. E questo
perché sei un
sorcio psicotico con le chiappe mosce che ha fatto schizzare fuori il
cervello
dal naso col primo starnuto. Insomma sei tutto questo oltre che Lord
Pallemosce
e vecchio porcello…» ma che gentile
«però il fatto è che anche se sei un
vecchio porcello…sei IL MIO vecchio porcello!»
Giustamente
come
per lui era una puttanella…ma era LA SUA
puttanella!
«e
riguardo a
Rio…no, è ovvio che non l’ho fatto per
quel motivo. Non ti avrei usato come un
giocattolo» prese ad attorcigliarsi i capelli attorno alle
dita «è un discorso
più complesso».
«dimmi
perché».
Niente da
fare, lo
voleva proprio sapere, adesso. Prima aveva sempre lasciato perdere ma
dopo quel
che era successo sembrava necessitare della conferma che per lei era
stato “di
più”.
«Nikolai…è
che…da
quel che mi dicesti in quell’occasione tu pensavi che io
fossi disgustata da
te, e volevo farti capire che non è così! Che per
me non sei un mostro, o una
bestia, e nemmeno una macchina. Ma solo un vecchio porcello, per
l’appunto. E
per quanto mi riguarda, dopo aver visto tutto di te
-viso incluso-
continuo a pensare che quelle chiappette cadenti che ti ritrovi siano
la parte
peggiore!»
Il russo
non sapeva
se schiaffeggiarla o baciarla. Nel dubbio non fece nessuna delle due
cose.
«perlomeno
non sono
un ammasso di stecchini con la testa vuota come qualcuno…»
«l’ammasso
di
stecchini però ti piace visto che come mi vedi un
po’più svestita il morto
laggiù» indicò il suo inguine
«risorge magicamente dalla tomba per poi finire a
schizzare come uno spruzzatore di panna spray quando cerchi di
rimetterlo a
nanna!»
«la
tua volgarità
non conosce linite!!! Sei proprio la solita puttanella, io al posto di
Kevin o
di chiunque altro nemmeno con un fucile puntato alla testa ti
sposerei…»
«non
c’è pericolo
che tu sia al posto loro, il posto dei vecchi porcelli è
nelle stalle, non
accanto a moi…»
«già,
tu in quei
frangenti preferisci la compagnia di quel mostro».
«e
ridagli…Mikey
non è un mostro. È l’uomo che voglio
sposare, e sposerò! Prima o poi. Facci le
bocce. E…inizia fin da ora a restare al sicuro, per favore.
Tanto questa
faccenda tra me e te deve finire ugualmente, quindi fallo da subito
così
evitiamo che tu finisca macellato come un porcello, per
l’appunto».
Chiariti
i motivi
per cui doveva finire, infatti, non cambiava il fatto
che…doveva finire!
«c’è
ancora del
tempo, Emerald, riuscirò a farti capire di stare commettendo
un errore
madornale. E lo farò prima delle eventuali
nozze! …dovessi…dovessi finire macellato come
dici, per questo!»
Niente da
fare. Ma
perché era così ostinato?!, pensò,
mentre lo guardò andarsene rapidamente via.
Nessuno li aveva visti o sentiti, in quel vicoletto, per fortuna.
Riacchiappò
la
busta di plastica piena di farmaci che aveva lasciato cadere a terra e
si
riavviò verso l’appartamento di Michael. Per
ironico e poco sensato che potesse
sembrare, i due vivevano ancora separati, lei nell’attico e
lui nel
bell’appartamento spazioso al piano di sotto che al momento
condivideva con
Zachary ed il coniglietto Pac-Man. Bunny invece ce l’aveva
lei nell’attico, ed
era stata fonte di gioia per Fiona a cui gli animali piacevano, finendo
quindi
ad attaccarcisi subito.
“quel
testardo non
demorderà. E purtroppo diceva sul serio col dire che pur di
farmi capire che
‘ha ragione lui’ sarebbe disposto a farsi
macellare!...” entrò nel palazzo e
premette il tasto dell’ascensore “adesso che sa per
certo che non è solo un
giochino, per me, l’unico modo di toglierselo dalle scatole
sarebbe fissare una
data per il matrimonio. A breve” entrò
“…cosa che non sarebbe mica male…io
Emerald J.V.P. e Michael Lancaster!” senza rendersene conto
si trovò ad avere
un dolce sorriso sul volto “…vuoi vedere che tra
Warsman e Kevin hanno finito
per farmi un favore?”
Avrebbe
sposato
Michael, finalmente. E allo stesso tempo Kevin avrebbe dovuto
rinunciare
definitivamente all’idea di potersela riprendere, e Warsman
avrebbe dovuto
mettersi l’anima in pace e stare al sicuro come lei
desiderava.
Tre
piccioni con
una fava, non solo due…
:: ora,
Shibuya ::
«se
vuoi che ti
faccia da testimone penso che tu debba dirmi-»
«mi
dispiace
tantissimo per averti evitato, in tutto questo tempo. Non volevo,
ma…era
proprio per quelle domande lì, Meat».
Erano
soli in
terrazza, come l’ultima volta che avevano parlato.
«il
che mi rende
ancora più allarmato. Che c’è di tanto
brutto che non puoi dirmi?...e
soprattutto non sono ancora convinto riguardo quel braccio!»
Lei
voleva quel
testone come testimone, e sapeva che non avrebbe accettato se non gli
avesse
detto la verità.
Quindi
dopo aver
constatato che comunque fino a quel momento Meat i segreti che gli
aveva
raccontato li aveva sempre tenuto per sé…decise
che forse poteva parlargliene.
«Meat…condizioni
dell’altra volta. Io te ne posso anche parlare
perché riconosco che tu fino ad
ora non mi hai mai tradita. Cioè, gli altri di quando hai
trovato me e Flash in
quelle condizioni non lo sanno nemmeno, giusto?»
«giusto».
E fu
così che
raccontò tutto ad un Meat sempre più allucinato.
Gli
raccontò
dell’operazione alla spalla, gli raccontò dei
naniti. Gli rivelò che si, era
vero, il suo braccio dunque era maledettamente forte.
Confermò che le ragazze
quella sera ci avevano visto bene, e che lei e Flash erano in quel
locale a ballare
il tango, e che questo era accaduto più volte. Gli disse
perfino del loro
viaggio attorno al mondo, e pur senza essere diretta lasciò
intendere che quel
che era successo tra loro sotto l’effetto di alcol e droga si
era ripetuto. Da
sobri. Ma disse anche che, nonostante ciò, non era amore
quel che provava verso
quel russo, e che lei era più che mai convinta di voler
sposare l’ex
mercenario.
Gli disse
anche i
motivi per cui lo faceva, oltre che per quella sicurezza.
E quel
che disse
Meat infine fu…
«ma
tu proprio
fuori dai casini non sai starci eh?!! Lo sapevo, io!!! Lo sapevo che
nascondevi
qualcosa! Ma che dico “qualcosa”, queste sono un
mucchio di cose!!!»
«hai
voluto
saperlo, e io ti ho accontentato. Ma una volta che mi sposo
sarò fuori dai
guai…»
«si,
proprio fuori
dai guai, con il fratello del tuo futuro marito che lancia i coltelli
in quella
maniera…»
«hai…visto?»
«visto
e sentito.
Passavo lì per caso. Ma tu e Kevin non avete visto
me».
«piccino
curiooooosooo…Meat…pensi anche tu che il mio sia
un errore? Io sono convinta di
no».
«e
io non so che
dirti, Emerald…se tieni tanto al fatto che io sia il tuo
testimone di nozze
posso anche accontentarti però…non so. Io forse
sarei stato più contento di
saperti con Kevin. La tua scelta però è
un’altra».
«si».
«e
ne sei
convinta».
«si.
Mille volte
si, e non vedo l’ora che queste due settimane passino e che
arrivi quel
giorno».
:: Londra
::
Alya
Nikolaevna
Kalinina, in quel periodo, era preda di atroci sospetti.
Prima dal
sospetto
di essere tradita dal suo compagno.
E ora,
dopo quel
che aveva sentito, del sospetto che suddetto compagno potesse essere
coinvolto
in qualcosa di tanto assurdo da far pensare che potesse essere affetto
da
demenza senile.
Convolto…assieme
alla donna con cui la stava tradendo. Anche se non si spiegava il
perché.
Era
rimasta molto,
molto male quando occhieggiando il cellulare di Robin mentre questo era
impegnato a scrivere aveva letto un nome che le era sembrato essere
“Jane”.
La prova
finale.
Anche in
quel caso
si era sforzata di non lasciarsi andare, pensando che non doveva
trattarsi per
forza di corna. Lei poteva essere anche una parente, una
cugina…o anche una
conoscente. E non era detto che le chiamate ed i messaggi fossero stati
sempre
di questa Jane.
Per cui,
come donna
intelligente e ragionevole quale si riteneva di essere, continuava a
limitarsi
a raccogliere prove e fare delle indagini quanto più
possibili discrete prima
di giungere a conclusioni che potevano essere affrettate.
Anche se
spedire
sua cugina Alana dietro a Robin forse non era stato poi così
“discreto”. Tanto
più che chiunque fosse stata la persona che
l’aveva fatto salire in macchina
quel giorno -Alana non era riuscita a vedere chi fosse a causa dei
finestrini
fumé- si era accorta che erano seguiti ed era riuscita a
seminarla.
Cosa che
rivelava
che questa Jane, se di lei si trattava, non era una donna qualunque se
era
riuscita ad accorgersi di sua cugina che per pazza che fosse quando
voleva
sapeva essere estremamente discreta.
E poi una
donna che
guidava bene a quella velocità folle, beh, non era una
qualunque lo stesso.
Tanto che Alya aveva verificato se ci fossero delle Jane tra coloro che
facevano gare automobilistiche, e non ce n’erano.
Ad ogni
modo,
tornando al discorso iniziale, la cosa che le aveva fatto pensare che
Robin
-ultimamente parecchio allegro- potesse iniziare a perdere colpi era
quanto le
era stato raccontato da un MacNeil ancora molto irritato, nonostante la
cosa
fosse successa un paio di sere fa, ossia gli ultimi dei giorni della
settimana
di ferie del dottore…
«Robin…»
«dimmi»
era seduto
su una poltrona a leggere «che succede?»
«niente,
è che
volevo raccontarti una storia strana. Un paio di sere fa»
ossia l’ultima volta
che lui era rientrato addirittura alle sei del mattino! «pare
che qualcuno non
solo abbia ricoperto la casa del dott.MacNeil di carta igienica, ma che
si sia
perfino messo a suonare i bonghi stonando
orribilmente la canzone che
parla di quei…come si chiamano?...Watussi!...tutto
ciò verso le quattro del
mattino! A detta di MacNeil erano in due, con delle felpe con cappuccio
in
testa, sciarpe ed occhiali da sole…e non è
riuscito ad acchiapparli nonostante
li abbia inseguiti. Così come non è riuscito a
riconoscere bene le voci
nonostante mi abbia rivelato di averle trovate
familiari…»
In
verità non si
era limitato a dirle solo questo, ma le aveva detto chiaro e tondo che
una
delle due gli era sembrata la voce di Robin, anche se non era possibile.
“e anche
l’altra persona, quando ha iniziato a correre
staccando l’altro almeno di duecento
metri fin da subito, ho pensato che…aah. Questo si
che sarebbe
impossibile!”
Di
quest’ultima
considerazione Alya non aveva capito granché, ma aveva
sentito abbastanza.
«ed
è una fortuna
che il dottore viva in una casa singola e non in un condominio o in una
bifamiliare, altrimenti sai che disastro…»
«guarda
che ho
capito benissimo cosa stai pensando, donna!»
«uh?»
«stai
pensando che
avendo comprato dei bonghi qualche giorno fa, possa essere stato io.
Vero?
Ebbene non è così! Non è assolutamente
così! Io non c’entro! Non c’ero! Non
sono stato io! E anche se ho dei bonghi comunque non sarò il
solo in tutta
Londra ad avere della carta igienica in casa, spero!»
Della
serie “non
facciamoci beccare”.
A Robin
non l’aveva
mai detto nessuno che “excusatio non petita,
accusatio manifesta”?
E poi ad
Alya era
sembrato di intravedere nel suo sguardo un lampo che era stato tra
l’imbarazzato ed il…divertito?
«a
dire la verità
non ci avevo pensato, fino ad ora che non mi hai ricordato che possiedi
dei
bonghi. E che dalla scorta di carta igienica in effetti manca qualche
rotolo di
troppo».
Robin
osservò la
compagna, capendo che nonostante la stesse prendendo molto larga Alya
si era
fatta un’idea abbastanza chiara su chi fosse il colpevole
dell’invasione di
carta igienica a casa del suo mentore. O meglio, su chi fosse almeno
uno dei
due colpevoli.
Aveva
temuto che
potesse accadere, ma aveva anche sperato di no.
«…troppa
vitamina
c. Ho bevuto un litro e mezzo di succo di arancia. Sai che effetto fa
troppa
vitamina c, giusto? Sei una dottoressa».
Voleva
farla
credere che quei rotoli che mancavano fossero dovuti ad un attacco di
diarrea?!
Ma dai! A chi voleva darla a bere?! E poi…
«del
succo d’arancia,
eh? Strano. Mi hai sempre detto di apprezzare la frutta solo quando
è di
stagione, ed ora siamo a maggio inoltrato. E poi, in generale, mi
chiedo che
senso abbia bere un litro e mezzo di succo
d’arancia».
«magari
perché mi
andava?...suvvia, non crederai davvero che io possa essere coinvolto in
quella monelleria
a danno di MacNeil, mi conosci, lo sai che sono un uomo serio. Non
facevo cose
come questa da bambino, figurarsi se mi metto a farle ora».
“però
qualche
giorno fa sei tornato ubriaco ed appiccicoso di zucchero
filato!” pensò lei.
«si,
però-»
«parliamo
di cose
serie, adesso».
Le
mostrò un
biglietto che aveva in mano, e che era arrivato il giorno prima, nel
quale si
annunciava l’imminente matrimonio tra Emerald J.V.P.
Lancaster -che Alya conosceva-
e Michael Connors, che Alya invece non conosceva affatto. Ma non era
quello a
contare, quanto il fatto che in casa Lancaster tra due settimane ci
sarebbe
stata festa grossa, e Robin le aveva detto testualmente che intendeva
“accettare
la sfida di Lancaster, se era per quel motivo che li aveva
invitati”.
In
verità la donna
in quel frangente aveva notato qualcosa che l’aveva
leggermente stupita, ossia
che Robin non sembrava troppo sorpreso per l’arrivo di
quell’invito, ma aveva
archiviato subito la faccenda essendo presa da altri pensieri.
«pensavo
ne
avessimo già discusso ed avessimo concluso di
andarci».
«sono
ancora dell’idea».
«quindi
quale è il
problema?»
«non
è tanto un
problema…è che mi dà da pensare un
po’. Il fatto è che su questo biglietto, se
le cose fossero andate come volevo anni fa e come voleva Kevin, avrebbe
dovuto
esserci scritto il suo di nome al posto di quello
di questo Connors. Non
che mi dispiaccia. Alla fine è saltato fuori che unire le
due famiglie non era
una grande idea…»
«unire
le
famiglie?» gli chiese Alya perplessa, che di quella faccenda
non sapeva niente
così come non sapeva della precedente amicizia di Howard e
Robin.
«ah…già.
Non te l’avevo
raccontato vero?»
«che
cosa?»
«che
una volta io
ed Howard H.R.J. Lancaster eravamo molto, molto amici. Tanto
che avrei
voluto far sposare i nostri figli, che lui è padrino di
Kevin ed io di Emerald
e…lunga storia…»
Le
giungeva
completamente nuovo. «non me l’avevi detto,
no…»
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Capitolo 28 *** cambio d'abito ***
filler
L’unico
momento in
cui Mary Nikaido rimpianse un po’di essersi mezza in mezzo
alle vite di Kevin
Mask e del russo: eccolo qui.
«a
questo punto di
cose da fare ne resta una sola…rapirla!»
Quello in
cui
Warsman se ne uscì con quest’idea completamente
folle.
Era Kevin
Mask
quello che stava per perdere la donna della sua vita, eppure era
Warsman dei
due quello che sembrava disposto a fare veramente di
tutto pur di
riprendersi Emerald!
«non
credo che sia
una buona idea, sa…» si intromise Mary
«affatto. Non solo perché probabilmente
finireste col trovarvi un esercito alle calcagna, ma perché
se quel che volete
è che Emerald torni qui, beh…io non credo che
starei volentieri con due persone
che sono arrivate a rapirmi».
Kevin la
guardò.
«ha un’idea migliore? Io al momento è
l’unica che vedo. La rapiremmo dopo pronunciati
i voti nuziali, nel bel mezzo della confusione creata dalla festa e prima
che
lei e Connors…consumino!...così il matrimonio non
sarà valido! Però miss Mary
ha ragione col dire che potremmo ritrovarci un esercito
dietro».
«senza
“potremmo”,
Kevin: accadrebbe senz’altro. Ma io anche grazie a questo
travestimento sono
riuscito a sfuggirgli quando mi dava la caccia, e Lancaster
l’ha fatto per
anni. Vero che trattandosi della figlioletta adorata adoprerebbe uno
spiegamento di forze più consistente possibile, ma magari
per allora saremo
riusciti a farle cambiare idea sullo sposarsi con quel sadico
assassino!»
E per
fortuna che
una volta era lui quello ragionevole.
Ma
mancavano giusto
due giorni al matrimonio, ormai.
E
parlarle di nuovo
non era servito, a nessuno dei due.
Dopo quel
che aveva
visto all’atelier Kevin aveva tentato nuovamente di
convincerla che stava
sbagliando, che loro due erano stati qualcosa di unico e che
c’era ancora
speranza, ottenendo dapprima dei “lascia stare”
detti con quanta più pazienza
possibile, e poi…direttamente una porta sbattuta in faccia
quando la ragazza si
era rotta le scatole di starlo a sentire.
«e
poi…perché
dovremmo aspettare il matrimonio, Kevin? Potremmo agire già
questa notte!»
«non
penso di
potervelo lasciar fare!» si intromise ancora Mary, stavolta
molto più decisa «è
sequestro di persona! È un reato, vi rendete conto?...e poi
lei una volta era
quello che sembrava più ragionevole dei
due…» aggiunse «non potete rapire una
persona solo perché siete contrari al suo matrimonio con
qualcuno! Posso capire
i motivi per cui non possa starti bene la sua decisione,
Kevin…» i suoi si.
Quelli di Warsman invece non le erano chiari per niente, a meno che non
se la
fosse presa tanto a cuore sapendo che Kevin avrebbe sofferto
«la consideri la
donna della tua vita e lei sembra averti dimenticato in favore di un
uomo che
è…beh, da quel che mi avete detto è un
criminale, no?»
«precisamente:
un
criminale» annuì Flash «cerchi di capire
cosa sta provando Kevin. Se lei
tenesse a qualcuno e questo qualcuno volesse sposarsi con una persona
come l’americano,
lei glielo lascerebbe fare?»
Lei si
limitò a
rispondergli con un’occhiata.
Lui si
appoggiò
allo schienale della poltrona con un sospiro. «si, sappiamo
entrambi che è una
scelta che solo lei può fare e come tale andrebbe
rispettata…»
«ma
è sbagliata
Warsman, sbagliata!!! Proprio perché quello non è
un uomo qualunque, ma un uomo
pericoloso con un fratello che è altrettanto
pericoloso…non è solo perché
vorrei essere io a sposarla che me la prendo tanto, miss Mary, ma anche
perché
sono preoccupato per Hammy, capisce?...si, io lo so
che…anche dai discorsi di
Emerald, insomma, difficilmente lui arriverebbe a farle del male,
però…»
«la
prudenza non è
mai troppa. E poi, per lei è sbagliato e basta».
«cercate
un altro
sistema allora, ma il rapimento lasciatelo perdere!»
«potremmo
infiltrarci
al matrimonio…» disse Kevin.
“e
a lui se non
altro non è toccato vederla col vestito da sposa, quattro
giorni fa” pensò il
russo.
:: quattro giorni prima ::
Era
andata così: le
ragazze erano uscite, lei era rimasta a casa. Non avevano cercato di
portarla
fuori con loro immaginando che lei col dire “no, no, andate
pure, io non ho
moltissima voglia di uscire…” volesse dire che o
sarebbe andata lei giù dal suo
ragazzo o avrebbe fatto venire su lui.
Ma le
cose non
stavano esattamente in quella maniera. In realtà Emerald
voleva stare da sola
per un po’, cosa che in quei giorni praticamente non era mai
capitata. Da
quando aveva dato l’annuncio ufficiale era sempre stata o in
mezzo a qualche
lite tre Jacqueline e Crea per chi dovesse essere la damigella
d’onore, o alle
liti per gli abiti delle damigelle -diversi, ma tutti sulla scala del
blu- o al telefono
con suo padre che semplicemente
l’aveva sempre rassicurata che con l’organizzazione
del matrimonio stava
andando tutto come doveva, o al telefono con sua madre
che…eh!
Aveva
quasi finito
per litigarci, con sua madre, che le aveva detto esattamente questo:
“stai
facendo una
stupidaggine grossa come una casa! Lo so come la pensa tuo padre, ma
quel
bifolco non è degno di te. E poi questo matrimonio in
generale ed il fatto che
sia così affrettato mi piace ancora meno del tuo futuro
marito! Per di più per
come la penso io, Emerald, è con Kevin Mask che dovresti
stare perché lui ti
ama alla follia e contrariamente a Connors è un bravo
ragazzo!”
Che
diavolo, si
sposava tra poco e sua madre veniva a dirle certe cose?! Come se
l’insistenza
di Kevin stesso, nonché di Warsman -tra tutti e due da
quando avevano saputo
del matrimonio non le avevano dato tregua!- non fosse sufficiente,
anche lei ci
si metteva?!
E se
lasciare da
parte la stretta allo stomaco che avvertiva ad ogni supplica del suo ex
ragazzo
di lasciar perdere le nozze, o almeno posticipare la data per dargli
ancora una
chance -stretta dovuta solo alla compassione che provava verso di lui,
di
sicuro- le riusciva piuttosto semplice visto che lei -voleva -Michael, ignorare
Flash le risultava decisamente più complicato.
Perché Kevin tutto questo se
l’era cercato, se era finita era colpa sua…ma
Warsman avrebbe perso qualcosa a
cui teneva senza avere colpa di questo!
Solo che
via,
poteva mandare a monte le nozze a causa del Porcello Solitario
lì? Ma anche no.
Che c’entrava in tutto ciò il loro
“vecchio” rapporto da NN1? Non
poteva mica condannarsi a non avere una relazione solo
perché lui sarebbe
rimasto solo!...si, perché checché ne dicesse -ed
Emerald a lui di questo non
avrebbe parlato- la ragazza aveva iniziato a pensare che Flash, prima o
poi,
avrebbe iniziato a dare segni di insofferenza anche se si fosse rimessa
con
Kevin.
Ed aveva
la vaga
sensazione che quel che lui in realtà avrebbe voluto era
semplicemente
ripartire con lei destinazione chissà dove, come avevano
fatto quei due mesi e
mezzo…e non tornare più.
Solo che
ad
Emerald, adesso che era convinta non solo di volersi sposare ma anche
con chi,
probabilmente una cosa del genere…non sarebbe bastata.
Cos’era
l’improbabile fuga con un nemico, che avrebbe anche potuto
finire a stufarsi -e
quindi finire a farla tornare che con Michael non avrebbe
più potuto starci-
rispetto ad una relazione stabile ed estremamente salda? Oltre che
decisamente
non noiosa e probabilmente nemmeno sedentaria visto che sia a lei che a
Michael
non dispiaceva affatto viaggiare e sicuramente avevano tempo e modo di
farlo?
Logica e
amore
andavano nella stessa direzione, ossia quella che lei stava seguendo.
Chi
glielo faceva fare di cambiare strada? Nessuno!
E poi
quel
confronto non avrebbe dovuto farlo nemmeno.
Un conto
sarebbe
stato confrontare la sua attuale relazione con un possibile ritorno con
Kevin,
un altro averlo fatto con quel non -si -sa -cos’è
-ma -c’è che c’era col russo.
Scosse la
testa con
uno “tsk” come a dire “ma ci penso
pure?” ed aprì l’armadio, dove il suo
vestito da sposa “dimorava” ormai da un
po’.
E la cosa
divertente è che in quell’appartamento erano in
sei, e nonostante stessero
spesso e volentieri a finire per frugare nei vicendevoli armadi nessuna
delle
altre si era mai accorta della presenza di quell’abito.
Un abito
di un
rosso fiammeggiante, con gonna estremamente ampia e ultra-ricco di
cristalli. Il
tutto da abbinare ad una serie di sfavillanti collier e collane
strapiene di
diamanti, così come lo sarebbero stati gli orecchini, e
anche ad un diadema che
faceva proprio “principessa”.
Quell’ultimo dettaglio era stato un’idea di suo
padre che sulla scelta dell’abito non aveva voluto mettersi
in mezzo visto che
stava già pensando a tutto il resto. Luna di miele inclusa.
Aveva
chiesto loro
dove avrebbero voluto andare giusto un paio di giorni prima, ironia
della sorte
proponendo Rio De Janeiro, destinazione bocciata immediatamente dalla
ragazza
che invece di comune accordo con Michael aveva detto
“Giamaica”…e Giamaica era
stato deciso.
“mi
sa che sarebbe
piaciuta a Zachary la Giamaica…anche se non per le bellezze
del posto in sé per
sé” pensò, visto che per
cos’è famosa la Giamaica lo sanno tutti.
Si alzò rapidamente dal
letto sul quale si era sdraiata ed
aprì l’armadio, tolse il vestito da sposa dalla
stampella per poi togliersi i
vestiti che lei stessa aveva indosso, ed infilare l’abito che
ovviamente le
calzava a pennello. Mise anche le scarpe che avrebbe indossato quel
giorno,
rosse ovviamente, nonché il diadema. E solo a quel punto si
decise a guardarsi
allo specchio.
Era come una bambola di porcellana
raffigurante una
principessa dai tratti un po’orientaleggianti. Un abito tanto
ricco e pomposo,
ironicamente, la faceva sembrare più
“delicata” di quanto non sembrasse già,
almeno quando non aveva indosso i suoi vestiti da discoteca o la tutina.
Bianca come il latte, rossa come il
sangue…
«principessa o princifessa,
questo è il
dilemma…considerando chi è l’uomo per
cui vorresti indossare una cosa come
questa».
L’aveva fatta sobbalzare
dalla sorpresa, come aveva fatto ad
entrare?...ah, ma certo. Le scale dell’uscita di sicurezza,
da quelle era
passato al cornicione ed infine doveva aver aperto, o trovato aperta,
l’immensa
portafinestra del terrazzo.
Al di là della battuta, il
russo non era rimasto esattamente
indifferente a vederla vestita da sposa. Dava un ulteriore senso di
concretezza
alla “catastrofe” che stava per avvenire, vederla
rimirarsi con indosso
quell’abito, quel diadema ed quel sorriso.
E poi gli era sembrato di vedere
Biancaneve con gli occhi
verdi e il vestito rosso, quando l’aveva guardata.
«…giustamente tu
come tutti i sorci entri in casa di
nascosto e senza essere invitato» borbottò Hammy,
voltandosi verso di lui con un
fruscio del vestito «teoricamente le prime a vedermi con
questo dovevano essere
le ragazze stasera, non tu».
“tu con questo non avresti
dovuto vedermici e basta”
aggiunse mentalmente.
Quel suo modo di guardarla la faceva
sentire quasi a
disagio. Non era la sua classica espressione impenetrabile, o quella
arrabbiata…o quella di un uomo a cui “piaceva quel
che stava vedendo”. Era
qualcosa di diverso, un’espressione seria con una nota di
malcelata malinconia,
come a dirle “ma lo vuoi fare davvero, Emerald? Davvero
davvero? Non ci pensi a
me? Eh?”.
Meglio fare come se nulla fosse.
«già che sei
qui…come mi sta?»
Se Flash in quel momento si
sentì preso in giro?
Si, abbastanza.
«come ad una puttanella
travestita da Biancaneve».
«inutile chiedere un parere
a chi è privo di gusto. Quindi
non ti piace?»
Lo sguardo di lui si fece ancora
più severo, e la nota di
malinconia svanì a favore di un principio di incazzatura
non c’è male. Anche
solo per il tono così falsamente innocente con cui
gliel’aveva chiesto.
«mi stai prendendo per i
fondelli o cosa?!»
«“prendendo per i
fondelli”, mamma mia che precisino. E
di’ “ma che mi prendi per il
culo?!”…è più
incisivo…»
«piantala».
Glielo disse così
seccamente che lei gli diede pure retta.
«sei piombato qui in un
momento poco opportuno, sto cercando
di fare come se niente fosse, sei pregato di darmi una mano o di
sparire».
«peccato che sia impossibile
fare come se niente
fosse, e che io non voglia sparire».
Emerald fece un lunghissimo sospiro.
«io mi sto per sposare, lo
capisci questo?»
«con l’uomo
sbagliato. Non finirò mai di ripeterlo».
«no, il problema
è un altro. Forse è anche una questione di
Michael, ma secondo me più che altro tu vorresti
semplicemente che io non mi
sposassi con nessuno. Nemmeno con Kevin…»
Un’affermazione che lo fece
sia ammutolire che irrigidire
sul posto. «stupidaggini».
«parliamoci francamente, mi
aiutavi a drogarlo le sere in
cui c’erano quelle competizioni di tango. E tu a Kevin sei
affezionato, no?
Eppure lo facevi. Quindi mi viene pensato che non è tanto
per Kevin che lo fai,
ma per te. Solo che…a parte che io compio
vent’anni a giugno e tu ne hai più di
sessanta…»
«però
non ti è importato dell’età che ho
quando siamo
stati a letto insieme a Rio!»
«è una cosa
diversa! Qui si tratta di scegliere tra una
relazione stabile che teoricamente si spera rimanga tale vita natural
durante e
tra…beh…questa cosa tra me e te che per la sua
stessa natura non è bene che
duri vita natural durante. E poi tu andrai avanti al massimo altri
trent’anni o
poco più…»
«to’!»
borbottò il russo facendo le corna.
«senti…io ho
pensato un po’su questa cosa…anche se io e
Michael andremo a stare a Londra non intendiamo richiuderci in casa.
Insomma, ovviamente
continueremo ad uscire lo stesso e a vedere altra gente, e
se…» lo guardò
«beh…se posso continuare a vedere i ragazzi
potremmo vederci anche io e te ogni
tanto. Non sarebbe come prima, però…sarebbe
sempre qualcosa, no? Credo che un
incontro ogni tanto si potrebbe fare, giusto per fare due chiacchiere.
In due
chiacchiere non c’è niente di strano. Non ci
sarebbe proprio motivo di
sparare a qualcuno solo perché parliamo seduti su una
panchina. Certo, se ci
vedessero a ballare il tango insieme sarebbe diverso…uno
potrebbe dire “è solo
ballo”, ma purtroppo -o per fortuna visto che abbiamo vinto
molto anche per
quello- si vede fin troppo bene che c’è dell’altro
di mezzo…»
«mi chiedi di rinunciare anche
a questo?...Emerald,
ascoltami…» pose le sue mani sulle braccia
«la domanda che mi faccio io è
un’altra, e cioè, se tu soffri per come sta
andando a finire questa cosa, se l’idea
di finirla qui non ti piace come non piace nemmeno a me, la mia domanda
è:
perché dovremmo farlo?»
«perché
mi sposo!!!»
«la felicità di
sposarti dovrebbe essere tale da annullare
tutto il resto allora, ma invece non è
così…»
«solo perché non
sto rinunciando a questa cosa a cuor
leggero non significa che-»
«se per sposarti
già parti col rinunciare a qualcosa che
ritieni importante non è esattamente un buon
inizio».
«dovrei rinunciarci con
chiunque io intenda sposare, non
solo con Michael. Se anche avessi sposato Kevin avremmo dovuto lasciar
perdere
lo stesso, perché questa cosa qui che
c’è tra me e te -se vissuta come si deve-
non lascia spazio sufficiente ad una relazione seria con chiunque
altro…e credo
che questo lo sappia benissimo anche tu! Dovresti aspirare a qualcosa
di più
nella vita, piuttosto che a…questo» concluse lei
con un cenno vago.
«non penso di poter
aspirare a qualcosa di più».
«non è che non
puoi, è che non vuoi, ho capito, però alla
fine è un problema tuo, perché io invece posso e
voglio aspirarci eccome,
quindi lasciami vivere grazie! Troverai
un altro NN1 o un’altra».
«non è la stessa
cosa. Lo sai che non è la stessa cosa!»
La ragazza chiuse brevemente gli
occhi con l’ennesimo
sospiro nervoso.
Vero. Non sarebbe stata la stessa
cosa, e lei lo sapeva.
«già.
Però capiscimi, se davvero dovessi darti retta, e ripartissimo, come
andrebbe a finire nessuno
dei due lo sa. Con la differenza che tu non hai molto da perdere,
sbaglio?
Mentre invece io ho moltissimo da
perdere. Michael mi ama, io lo amo, sto persa dietro a lui da quando
avevo
sette anni e adesso ci sposiamo, non
rinuncerò. Nemmeno per te. L’offerta di
prima resta valida però. Due
chiacchiere ogni tanto non ammazzano nessuno» disse lei per
poi dargli le
spalle «ed ora torna nella tua tana da sorcio, grazie, devo
togliermi il
vestito…ok, forse non avrei dovuto dirtelo perché
porcello come sei sapendo una
cosa del genere non ti schiodi più…» si
concesse perfino una risata anche se
era falsa come una moneta di plastica.
E con quel che successe dopo
capì che dargli le spalle forse
non era stata una grande idea;
lo sentì
arrivarle vicino, e la zip dell’abito scorrere rapidamente
verso il basso.
«tu vuoi davvero che questo
lo faccia lui?»
Hammy non sapeva se continuare a
sbigottirsi o incavolarsi o
fare non si sa cosa.
«…si,
Warsman, voglio
che lo faccia lui, adesso più che mai!»
L’altro fece per ribattere,
quando si sentì bussare alla
porta principale.
«Emeraaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaald
ci sei? Mi annoio solo con Lentiggine!!!»
«…è
Zeke…vai via di qui Flash. La strada la conosci»
si tirò
su la zip «forza, leva le tende!»
«io e te non abbiamo
finito».
«si che abbiamo finito. Che
ti piaccia o no. Arrivo, Zeke!»
disse forte la ragazza,
continuando a fare cenno a Flash di andarsene.
Dopo un’ultima occhiata il
russo obbedì, seppur molto
controvoglia, ed Emerald andò ad aprire.
«aspetta, prima che ti
apra…sei solo?»
«si
perché?»
«quando entri
capisci».
Eppure mentre apriva Emerald J.V.P.
Lancaster si sentiva
strana in quell’abito che quasi le era stato tolto
dall’uomo sbagliato. Era una
piccolezza, ma tante volte sono proprio le piccolezze a mettere a
disagio le
persone. Nello specifico a far fare una smorfia alla ragazza, mentre
finiva a
spiegazzare il tulle della gonna.
Ok, era ufficiale, non lo sopportava
più quel vestito.
«aaah, adesso ho capito
perché mi hai chiesto se ero solo»
commentò l’albino «è il tuo
vestito da sposa vero?»
«eh si…in
teoria».
«mio fratello ci sparisce,
con questo. Ha voluto un completo
“bianco semplice! Niente decorazioni, niente fantasie strane
è tanto complicato
da capire?!”» Zeke parlò con la vocina
da chipmunk nonostante Michael non avesse una
voce da chipmunk «se
avesse indossato qualcosa più simile a quel che avrei voluto
mettere io ma non mi ha fatto comprare forse
qualcuno
avrebbe notato anche lui, al matrimonio!»
Emerald sbuffò piano una
specie di risata. «e che volevi
mettere?»
«un frac giallo chiaro a
pois rossi in raso!»
“a beh, con quello ti si
nota di sicuro!” pensò Emerald.
Pareva che Zachary non solo non si crucciasse delle proprie
particolarità quali
albinismo, eterocromasia e Q.I. troppo alto, ma che anzi, volesse
evidenziarle
ancora di più…come se non si
“evidenziassero” già da sole! Come a
dire “sono un
tipo particolare e amo esserlo, hai problemi con ciò? Chi se ne importa!”
«…solo che poi
Lentiggine Il Guastafeste ha rovinato tutto…»
«e quindi che devi
mettere?»
«un frac nero che ha solo i
risvolti bianchi decorati a pois
di diversi colori e dimensioni. È noioso!»
sbuffò il ragazzo «e il fratello
noioso da che mondo è mondo non sono io!»
«guarda che sarà
giudicato comunque estremamente originale…»
Consolatorio per Zachary che le
rivolse un sorriso per poi
darle un’occhiata più approfondita.
«eeeh…che hai
che non va?»
«mh?»
«ti ho chiesto che hai che
non va. Sembri giù».
“e ma che cavolo ma tutti
vedono come sto e come non sto?”
pensò lei.
«non è mica che
hai cambiato idea sul matrimonio?»
«ah no! Sul matrimonio
assolutamente no!» negò Hammy
sottolineando la cosa con un deciso cenno del capo.
«allora non è
che hai cambiato idea sullo sposo?»
«ovvio che no!
Però effettivamente idea su qualcosa l’ho
cambiata» ammise, indicandosi il vestito «su questo
abito qui! Lo ho scelto un
po’di tempo fa ma adesso…non so come esprimerlo ma
“non mi ci sento” a sposarmi
con questo addosso».
Zeke si buttò di schioppo
sul divano. «ma perché? Ti sta
bene. Magari è anche per il diadema ma sembri una
principessa, precisamente…»
“non dirlo-non dirlo-non
dirlo” pregò lei.
«Biancaneve
che si
sposa in rosso!»
«appunto, e ti sembro una
principessina della Disney io? Ma
anche no. Io, carissimo Zeke, sono una donna
tutt’altro che
tipo-principessa…» anche se era sempre stata
viziata più di
una di quelle «quindi non posso vestirmi da principessa,
sarebbe come sposarmi
in costume o con qualcosa che “non è
mio”».
«per chiunque altro sarebbe
un disastro ma penso che tu non
avrai problemi a trovare un altro abito in questi pochi giorni,
no?»
«no,
infatti…» borbottò lei. La zip, che
prima a Warsman era
scesa giù tanto bene, adesso pareva essersi incastrata
«e che cazzo però!»
solita finezza, abito da sposa o no.
«aspetta, ti do una
mano» Zachary si alzò dal divano con un
movimento estremamente fluido «lo sai che una volta avevo una
maglietta fatta
tutta di cerniere?»
«io le odio, le
cerniere…»
Sarebbe stata combattuta se si fosse
trattato di farsi
aiutare da qualunque altro ragazzo, ma con lui era una cosa diversa.
Sembrava
asessuato, o qualcosa del genere, peggio di Light Yagami che perdeva
tempo con
L quando invece avrebbe avuto lì una Misa molto disponibile.
O forse era
qualcosa di simile a Sheldon Cooper.
“asessuato”.
Nemmeno un omosessuale latente, perché
riservava lo stesso disinteresse ad entrambi i sessi. Anche quando si
trattava
di un putan tour, Zeke andava a seccare indifferentemente prostitute
donne,
“prostituti”, travestiti, viados, tutto quello che
capitava. Maschilista? Ma
nemmeno. Non proprio. Era solo…beh, quando gli pareva era un
rompiballe, ecco
tutto.
Ma si trattava solo di questo, per
l’appunto, “rompere”. E
per quanto ad Hammy sembrasse impossibile che il suo a breve cognato
non avesse
alcuna pulsione sessuale, sembrava che invece fosse proprio
così.
Forse ne aveva a livello inconscio,
più “in
profondità”…tanto
in profondità che non riusciva loro di venire a galla!
«fatto, Em».
«grazie»
andò in camera propria, lui invece rimase dov’era.
«sai cosa, secondo me non
stai facendo un errore a voler
cambiare il vestito. Tu effettivamente sei completamente diversa da
Biancaneve».
La ragazza si tolse rapidamente
l’abito e il diadema,
rientrando nei suoi soliti panni
pantaloncini-maglietta-stivaletti-marsupio.
«appunto…»
:: ora,
Londra ::
«…dopo il
matrimonio a cui siamo stati invitati tu intendi
partire per una settimana. Ho
capito
bene?»
«si. Quale è il
problema?»
Ce n’erano diversi di
problemi, primo tra tutti che Alya
continuava a non credere nemmeno un po’ a Robin quando questi
chiacchierava di
viaggi d’affari. Oltre a non credere che sarebbe partito da
solo come avrebbe
voluto farle pensare.
Ma l’aveva presa per
stupida?! Era ovvio che sarebbe partito
con quella Jane!
Lo avrebbe affrontato dopo
il matrimonio, e prima che
partisse. Perché le sue indagini non avevano portato a
niente, e lei
giustamente voleva una spiegazione, come l’avrebbe voluta
chiunque altro.
Tornava troppe volte ubriaco e ad ore assurde, spariva per giornate
intere,
spariva negli week-end!...e l’unica cosa che aveva potuto
verificare finora, il
lunedì seguente ad uno di questi week-end, era il fatto che
nel week-end in
questione il suo compagno avesse avuto una relazione
adulterina…con un kayak.
Robin aveva lasciato il cellulare
incustodito e lei non si
sarebbe nemmeno accorta se non fosse stato per la suoneria di un
messaggio.
E anche se Alya non era assolutamente
il tipo di persona che
faceva certe cose, non aveva resistito alla tentazione di vedere di
cosa si
trattasse.
Ed ecco che si era trovata davanti un
video, fatto di notte,
con Robin visibilmente ubriaco fradicio davanti ad un falò
che dichiarava tutto
il proprio amore ad un kayak di colore blu.
“tu
she-ei la cosa più
importante della mia vita, ti amo
kayacco…kaycuccio…kay…coso…ti
aaamo e ti
amerò per sempre! Sposhhami! Ho una villa immensa!...potremo
avere tanti
bambini blu che galleggiano…”
Seguito da un commento di Jane che
recitava testualmente “che
amante appassionato sei, Robbie! amo kayak, voglio sposare kayak,
voglio avere
dei figli con kayak, e se kayak non può avere
bambini…li adottiamo! ”.
Non aveva potuto indagare oltre
perché Robin l’aveva perfino
colta sul fatto, cosa che era stata causa di un’accesa
discussione tra loro
due. Non si erano ancora nemmeno riappacificati
completamente…e lui voleva
partire per una settimana!!!
«di problemi ce ne sono
diversi, Robin, solo che tu
ultimamente non sembri in grado di vederli. Sei più allegro,
è vero…però non
sono convinta che tutto questo ti faccia bene. O faccia bene a noi due.
Se
almeno mi dicessi di cosa si tratta!»
«non posso».
Non poteva e non voleva nemmeno.
Perché francamente se ne
vergognava, per diverse ragioni,
tra le quali il fatto che fare imbecillate come la dichiarazione al
kayak non
era da lui.
E anche perché il fatto
che nessuno sapesse niente dava al
tutto un che di “proibito” che rendeva quella
faccenda più divertente che
irritante.
«potresti almeno parlarmi
di Jane. È una tua parente? Una…amica?»
Non esattamente.
E non poteva né voleva,
anche in questo caso, parlarle di Jane.
Jane!
Anche quella faccenda era una cosa
talmente cretina…ma non
aveva potuto proprio farne a meno.
E poi lui, Robin, era stato salvato
nella sua rubrica come
“Cheeta”. Quindi era
anche per la par condicio!
«non proprio…ma
non devi preoccuparti di possibili
tradimenti da parte mia, questo è certo! E poi hai visto, in
questi giorni non
sono uscito quasi per niente».
Vero anche quello. Jane ultimamente
aveva più da fare del
solito.
«Robin, io ho il diritto di
sapere cosa sta succedendo. Sei cambiato
da un giorno all’altro, non è esattamente una cosa
normale».
«per l’ennesima
volta, va tutto bene!»
Ma perché negava
così l’evidenza?!
***
Molto corto e molto filler?
Che potevo anche fare tranquillamente a meno di scrivere ma che ho
scritto lo stesso?
Mais oui.
Ed è pure il penultimo.
La classica pigrizia da fine di una storia mi assale...anche se
probabilmente tornerò a rompervi le scatole con una OdS
III...
|
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Capitolo 29 *** Matrimonio con sorpresa ***
«“conserva
l'amore nel
tuo cuore. Una vita senza amore è come un giardino senza
sole dove i fiori sono
morti. La coscienza di amare ed essere amati regalano tale calore e
ricchezza
alla vita che nient'altro può portare”».
Quando Hammy aveva parlato alle
ragazze di suo cugino
Sebastian lo aveva descritto come una propria versione maschile e
castana.
Forse tale concetto valeva otto anni
prima, ossia l’ultima
volta che si erano visti nella tenuta della famiglia di lui a Belfast,
ma
adesso decisamente no.
«vedrò di
ricordarmene».
«lo spero. Te
l’ho detto col cuore in mano, mia cara…»
Le ragazze del gruppo di chojin,
inclusa la damigella
d’onore Jacqueline -eh si, alla fine l’aveva
spuntata lei!- stavano tutte a
guardarlo con due occhi così. Decisamente non era come si
aspettavano.
Infatti apparentemente
l’unica cosa che Sebastian Lionel
Veltibor Charles Lancaster sembrava avere in comune con la cugina erano
gli
occhi verde smeraldo. Ma quanto al resto erano decisamente diversi.
Dove Emerald infatti mostrava tratti
leggermente
orientaleggianti sul volto, lui ne mostrava di slavi, dovuti a sua
madre
Gabrijela che era croata. Inoltre contrariamente alla cugina non era
piuttosto
alto, e pure fisicato non c’è male. Da quel che
Hammy aveva detto loro, pareva
che dovesse ciò alla danza classica che praticava fin da
quando aveva quattro
anni…
“ah…è
un ballerino”.
“ahem
guardate che
ballerino classico non significa automaticamente
‘gay’!!!...”
Come se questo non fosse bastato,
aveva anche un modo di
vestire decisamente stravagante, una sorta di stile
“vittoriano” modernizzato,
e portava i capelli castani piuttosto lunghi.
«ci
credo…ok…Sebastian, queste sono le ragazze.
Roxanne,
Kirika, Jacqueline, Anubi Crea e Fiona» disse Emerald
indicandogliele tutte, e
lui ad ognuna -in quello stesso ordine- regalò un perfetto
baciamano.
«sono onorato di poter
conoscere ognuna di voi proprio in
una giornata così lieta. Se Emerald vi ha scelte come
damigelle d’onore,
evidentemente, deve tenervi molto in considerazione. E se è
così, ha certo
delle validissime ragioni».
L’impostazione da danza
classica influiva anche nel
portamento fiero ed elegante del ragazzo, che sembrava anche
più grande della
propria età. In pochi avrebbero intuito che avesse compiuto
vent’anni solo il
quattro febbraio; non era raro infatti che molte persone gli
chiedessero se era
laureato.
«ah…ehm. Si.
Probabile» borbottò Roxanne, un po’in
imbarazzo. Lui sorrise per poi tornare a rivolgersi alla cugina, che
era già in
abito da sposa.
Mancava giusto un’ora alla
cerimonia. Un’ora sola, e poi
sarebbe diventata la moglie di Michael! E se altre spose in quei
momenti si
facevano prendere dal panico e dall’agitazione, ed alcune
fuggivano perfino in
preda ai ripensamenti dell’ultimo minuto, decisamente non era
il suo caso; lei
semplicemente…non vedeva l’ora!
Proprio lei che aveva sempre
dichiarato di volersi sposare a
trent’anni e non prima!
«so di avertelo detto
già quando sono entrato qui, ma
permettermi di ripeterti che sei assolutamente meravigliosa. Se
esistesse,
saresti un dono di Dio per l’uomo che si accinge a prenderti
in moglie».
Eh già, era ateo pure lui.
«grazie».
«la cerimonia si
terrà davanti alla villa…»
«esattamente».
«sarà il mio
carissimo zio a portarti fin dal giudice di
pace?»
In realtà Howard non era
esattamente suo zio, essendo il
cugino di suo padre. Ma gli era stato fatto conoscere da sempre con
quella
definizione da suo padre, e tale era rimasto.
«si. Scenderemo lungo la
scalinata dell’entrata principale e
poi...si, insomma».
«capisco. Ebbene,
è giunto il momento di congedarmi da tutte
quante voi, con un sommo dispiacere mitigato solo dalla consapevolezza
che ci
rivedremo tra pochissimo».
Altro baciamano a tutte quante e poi
se ne andò.
«…io non me lo
ricordavo mica così il cugino Seb»
commentò
Emerald, con un sopracciglio sollevato «sembra uscito dritto
dritto dall’800.
Vaaaabbè!» si guardò allo specchio e
sistemò meglio il diadema «devo stare
attenta a non rovinarmi l’acconciatura o Joshua è
capace di uccidermi» era il
proprietario di un negozio di intimo, si, ma aveva studiato da
parrucchiere e
make-up artist, ed Hammy aveva
voluto
che fosse lui ad occuparsi di trucco e capelli in
quell’occasione «questo è il
mio giorno speciale…e niente lo
rovinerà».
«te lo auguro con tutto il
cuore» disse con dolcezza Fiona.
«Zachary, sii
sincero…Zachary!!!
Smettila di giocare con quell’affare maledizione!!!»
Se Emerald era tranquilla,
l’atmosfera era diversa nei
quartieri dello sposo.
Non che l’americano avesse
avuto qualche ripensamento sullo
sposarsi, ma perché semplicemente temeva di sfigurare
o…di non essere
abbastanza, tanto per cambiare.
E per quanto si rendesse
perfettamente conto che quell’abito
bianco da cerimonia gli stava a meraviglia, guardandosi allo specchio
aveva la
falsa impressione di sembrare una torta bruciata ed immangiabile che
era stata
ricoperta di panna e decorazioni per nasconderlo.
Rivoleva la divisa.
Avrebbe dovuto sposarsi in divisa.
Si sarebbe sentito più
“sé stesso”.
«si?» disse
l’albino senza nemmeno alzare gli occhi dal
Nintendo.
«come ti sembro?»
«sciapo e noioso. Tutto
bianco, nemmeno un po’di fiori
colorati sul vestito…»
«ma vaffanculo
va’!» sbottò Michael sempre
più stressato, ed
avrebbe aggiunto dell’altro se in quel momento non fossero
sopraggiunti
genitori e nonni al gran completo.
«sei assolutamente
meraviglioso!» esclamò Victoria
abbracciando con forza il suo primogenito «…non
posso ancora crederci. Ti sposi
sul serio!»
«io gliel’avevo
detto che prima impalmava la sua novia meglio
era. Per fortuna questo
scapestrato mi ha dato retta!» Isabèl
evitò di tirargli le orecchie per tutti
gli anni che l’aveva fatta penare solo perché quel
giorno lui si sposava «…e
tu! Tuo fratello si sposa e giochi con quell’aggeggio
infernale?!» a Zeke però
non venne risparmiata «vergognati!»
«ma che dovrei fare nonna,
mi annoio!» protestò l’albino
strofinandosi l’orecchio che era diventato rosso come il
fuoco.
«dovresti essere di
sostegno a tuo fratello!...sono
contentissimo per te, Michael. Anzi, per sia per te che per
Emerald» anche
Lloyd abbracciò calorosamente il figlio «mi piace
moltissimo quella ragazza».
«a me piace anche il padre.
È un uomo così distinto!...al di
là della pettinatura improbabile, ma ho visto diversi ospiti
con una
pettinatura simile» commentò Richard, il nonno
paterno.
«è stato lui a
lanciare la moda tra gli aristocratici,
nonno. Anche se l’idea di quell’acconciatura non
è stata esattamente sua…ma te
lo racconterò un’altra volta, mi sa».
«è un giorno
felice per la nostra famiglia. Temevo che
saresti rimasto scapolo a vita» Lydia Connors, la nonna
paterna «fuori c’è
tutto il resto dei parenti che scalpita per vedervi, sia te che la tua
futura
moglie. In particolar modo quelli che sono arrivati qui
dall’Argentina! Sono
oltre quattrocento!»
Non che i parenti dalla parte dei
Lancaster fossero meno,
anzi, tra i cugini e i figli di cugini e parenti ancor più
alla lontana ma
sempre riconosciuti superavano quasi i seicento. Se a tutte queste
persone
aggiungiamo amici con relative famiglie -di entrambi i futuri sposi-
persone in
vista anche queste con famiglia a traino, soci in affari per cui valeva
lo
stesso discorso e gente varia saltava fuori che a quel matrimonio
c’erano
almeno duemilacinquecento persone…ma anche più!
«me lo
immaginavo…»
Sentendoli continuare con le
chiacchiere, Zeke mise in tasca
in Nintendo e se la filò in sordina. Con tutta la buona
volontà ma quei bla bla
a vuoto non li reggeva proprio.
Che poteva fare,
nell’attesa che la cerimonia cominciasse?
Mancava un’ora…
“va bene che la tenuta
offre parecchi modi per
divertirsi…solo che adesso devo scegliere quale”
pensò.
Camminò per un pezzo lungo
il corridoio decorato da quadri,
armature medioevali, statue e soprattutto fotografie, cercando di
stabilire se
fosse meglio scendere giù nella stanza della
realtà virtuale con la quale se
avesse voluto avrebbe potuto immedesimarsi anche in Pac-Man, o fare un
giro
sulle montagne russe che però erano piuttosto lontane dalla
villa, una breve
nuotata nella piscina termale riscaldata o, ancora, semplicemente
andare a
cercare Abraxas.
Poi vide un terrazzo, esattamente
nello stesso momento in
cui ricordò di avere in tasca dell’erba.
Ma si, a cosa fare
nell’attesa ci avrebbe pensato in
seguito.
Uscito sul terrazzo però
si rese conto di non essere solo.
Infatti un ragazzo vestito in modo curioso osservava il terreno
circostante con
i gomiti poggiati al muretto in marmo e l’aria piuttosto
assente.
«ti annoi pure
tu?» gli chiese Zeke evitando
intelligentemente di tirare fuori lo spinello. L’altro si
voltò verso di lui,
dapprima sempre con quell’aria apatica che divenne in breve
incuriosita nel
notare la particolarità della persona che l’aveva
interpellato.
«“
c'è una sola cosa orribile al mondo, un solo
peccato
imperdonabile: la noia”. E si, ammetto di esserne
caduto vittima...»
«Oscar Wilde?»
Breve lampo di esultanza negli occhi
smeraldini
dell’individuo nel sentire che l’altro aveva
riconosciuto le parole dell’autore
da lui tanto amato e costantemente citato, segno che magari la persona
che gli
stava davanti non solo era stravagante -e dunque interessante- ma non
era
neppure ignorante.
«precisamente. Mi presento:
Sebastian Lionel Veltibor
Charles Lancaster» disse tendendogli la mano con fare
cerimonioso.
«lo avevo intuito dagli
occhi. Li avete tutti in quel modo»
Zeke strinse la mano che gli aveva porto «Zachary Connors,
sono il fratello
dello sposo, nonché il testimone. Quindi tu sei il famoso
cugino Sebastian di
cui Hammy mi ha parlato?»
«si. È un vero
piacere fare la tua conoscenza. Ma dimmi di
te; ammetto di essere incuriosito. Cosa fai nella vita?»
«niente di che, aiuto i
miei genitori nella nostra
pasticceria. E tu?»
«dopo un periodo di
riflessione ho capito che iniziare degli
studi di filosofia sarebbe per me cosa gradita. Spero di riuscire a
conciliare
questo con il praticare danza classica a livello agonistico. E tu? Hai
terminato gli studi?»
«ho terminato il liceo a
quindici anni ed ho conseguito il
Bachelor’s Degree a diciannove».
Giustificabile stupore sul volto di
Sebastian. «mi
meravigli! Terminare così presto gli studi solitamente
comporta possedere un
quoziente intellettivo superiore alla media».
«177».
«ora comprendo, anche se
ciò aumenta il mio stupore invece
che diminuirlo. Ad ogni modo, complimenti vivissimi».
«grazie…mh»
Zachary guardando il terreno attorno alla villa
aveva notato qualcosa che sarebbe stato meglio se non avesse notato.
Nonostante
il suo occhio azzurro fosse sia miope che astigmatico proprio
perché colpito
dall’albinismo, gli occhiali che portava funzionavano alla
perfezione.
E Sebastian non tardò ad
accorgersi che la sua nuova
conoscenza aveva visto qualcosa. «hai notato qualcosa di
inconsueto?»
«se si fosse trattato di un
altro avrei dovuto correggerti
puntualizzando che non è qualcosa ma
“qualcuno”, ma trattandosi di una macchina
direi che “qualcosa” possa andare anche bene.
Sposta lo sguardo un po’più a
sinistra. Si sta muovendo».
«ora vedo. Pure se siamo a
grande distanza quei tratti mi
sembrano familiari» tirò fuori un piccolo
cannocchiale tascabile «…oh. Pare
proprio che abbiamo un ospite indesiderato, trattandosi della
“persona” cui zio
Howard voleva riservare una giusta fine; dubito che quella bestia fosse
tra gli
invitati» rimise a posto il cannocchiale «potremmo
allertare la security.
Strano che se lo siano lasciato sfuggire».
«ci sono oltre
duemilacinquecento invitati, dev’essere
riuscito a passare nella confusione, per bravi che possono essere i
miracoli
non li fanno ancora» commentò Zeke
«può darsi che mi sia trovato qualcosa da
fare nell’attesa che la cerimonia cominci».
«ovvero?»
«dato che la security ha da
fare posso divertirmi un po’ con
quel robottino».
Tanto aveva Daygum esplosive, ben
quattro dei suoi coltelli
e qualche dardo di “acido” da lanciare. Portati con
sé perché “non si sa mai”,
e sembrava aver avuto ragione.
In più trattandosi di
Warsman pensò che al signor Lancaster
non avrebbe dispiaciuto se avesse preso in prestito alcune delle armi,
antiche
ma perfettamente tenute e funzionanti, che erano con le armature in
corridoio.
«nel caso potrei unirmi a
te? Una caccia come quella che
sembri voler fare scaccerebbe via la noia» da sotto il
cappotto, nemmeno a
dirlo, tirò fuori una pistola «bisogna essere duri
con le bestie, altrimenti
non impareranno mai la lezione. Non credi?»
«giusto, ma non
è una bestia. È una macchina, e a sentire
mio fratello sotto la maschera non è nemmeno un bel
vedere».
« da quel che mi dici di
Warsman, è così che si chiama se
non erro, sembra veramente una disgrazia per questo mondo; e presumo
che non
sia qui per divertimento. Ma si, Zachary! Aiutiamo la creatura ad
apprendere ed
assimilare il concetto di proprietà privata».
Era riuscito ad entrare.
Contrariamente a Kevin, lui ce
l’aveva fatta.
Glielo aveva detto, al ragazzo, che
lui ormai conosceva il
sistema. Ma Kevin lo era stato ad ascoltare? No. Aveva avuto
un’idea ed aveva
voluto seguire quella.
Si era vestito da cameriere* cercando
di mescolarsi agli
altri, e lì per lì aveva anche funzionato.
Peccato che quando si era trattato
di entrare nella tenuta tutto il personale assunto per
l’occasione fosse stato
perquisito e sottoposto all’esame di un metal detector che
ovviamente aveva
rivelato subito la maschera di ferro, e Kevin era stato narcotizzato
e
portato via.
Ed era già tanto che non
gli avessero direttamente sparato;
se non era successo era stato solo e soltanto perché Howard
aveva dato ordini
precisi su cosa fare di Kevin se mai si fosse
presentato….ossia sedarlo,
“impacchettarlo” e rispedirlo a Tokyo ficcandolo
nella stiva di uno degli aerei
della compagnia di Emerald!
“a questo punto sono
rimasto soltanto io” pensò il russo
“devo riuscire a farle cambiare idea in qualche modo. O forse
finirò a rapirla
per davvero, anche se sarà difficile e non solo per via di
quel suo braccio
super potenziato”.
L’avrebbe convinta a
rinunciare alle nozze, costasse quel
che costasse, anche se avesse dovuto finire impallinato per questo.
Non poteva lasciarglielo fare. Non
poteva lasciarle sposare
quell’uomo. Fosse stato qualcun altro forse, forse perché
non era detto,
avrebbe anche potuto lasciar perdere. Ma non se il futuro marito era
Michael
Connors. Che fosse proprio lui a portargliela via era assolutamente inaccettabile…e
ad essere sinceri, nonostante non fosse uno lamentoso, quella faccenda
gli
faceva anche male. Non voleva perderla, ma se proprio doveva farlo
almeno
voleva che fosse in buone mani, e quelle insanguinate dell’ex
mercenario non lo
erano di sicuro.
Per questo motivo adesso era
lì, e si stava avvicinando
sempre di più alla villa, con l’intento di
incontrare lei…
Il dolore lancinante alla gamba
sinistra giunse decisamente
inaspettato, che gli fece quasi emettere un grido di dolore oltre che
cedere su
quella gamba.
Gli avevano sparato! Ma
com’era possibile, chi…?! E
poi, perché non aveva sentito nessuno avvicinarsi?!
Ok quello probabilmente era dovuto al
fatto che stava
talmente tanto a pensare alla ragazza da essersi completamente
distaccato da
quel che gli accadeva intorno; un errore da dilettanti che non avrebbe
mai
commesso, se si fosse trattato di altro.
Cercò faticosamente di
ritornare in piedi, si guardò
furiosamente attorno. Dov’era? Dov’era la persona
che gli aveva sparato?!
«d-dove sei…vieni
fuori!!! abbi almeno il coraggio di
mostrarti!!!»
Niente.
Si trascinò dietro un
cespuglio, tolse velocemente con le
dita il proiettile dall’articolazione, emettendo dei forti
sibili di dolore, e
ringraziò il cielo di avere dietro come sempre una piccola
bottiglietta di
vodka con la quale decise di disinfettarsi
alla bell’e meglio…
Ma un altro proiettile gliela ruppe
in mano, ed un altro
ancora lo colpì dritto ad una spalla.
Ok, quello non era un nascondiglio
decente. Se solo avesse
capito da dove provenivano i colpi! Su chi fosse a sparare aveva
qualche idea,
era risaputo che Howard Lancaster aveva una mira infallibile.
Eppure quello non sembrava il suo
modus operandi.
«esci fuori bastardo, fatti
vedere!» ringhiò, ora con un
doppio problema.
Si guardò attorno, ancora
niente, eppure doveva esserci qualcuno!
«signore, a voi
è mai stato spiegato il concetto di
proprietà privata? Nella quale non si entra senza essere
invitati, a meno che
non si abbiano intenzioni deprecabili? E poiché voi non
siete certamente stato
invitato, presumo che le vostre lo siano».
Warsman si voltò di scatto
nel sentire una voce tanto
giovane quanto distinta provenire da…sopra un albero. Ma che
lo dico a fare?
Il ragazzo che aveva parlato scese a
terra con un salto
estremamente elegante. Peccato che la pistola che gli stava puntando
contro
rovinasse tutto l’effetto. Flash non aveva mai visto prima
quel tipo, ma non ci
voleva la scienza a capire che era senza dubbio un altro Lancaster,
già solo
per quegli occhi smeraldini.
«vi inviterei ad iniziare a
correre, se riuscite a farlo con
la gamba sinistra in tali condizioni. Potrei annoiarmi se non lo
faceste, e
manca ancora del tempo perché la cerimonia per mia cugina ed
il suo futuro
sposo abbia inizio».
Warsman avrebbe voluto saltargli
addosso ma a quel tipo non
ci sarebbe voluto molto per sparargli alla testa. Restava una sola cosa
da fare
dunque, cercare di correre e raggiungere Emerald che, voleva
disperatamente
credere in questo, avrebbe fermato quella nuova caccia.
Cercando di ignorare per quanto gli
era possibile il dolore,
il russo si lanciò in una corsa tra le più veloci
mai fatte in via sua. Doveva
ringraziare il cielo di essere un chojiin, altrimenti col cavolo che
avrebbe
potuto farlo!
Tallonato dal ragazzo, che
sparò un altro colpo che riuscì a
ferirlo di striscio ad un fianco, raggiunse uno degli ingressi
posteriori della
villa. Quello da cui Sebastian stesso era uscito, e verso il quale lo
stava
spingendo. Ma Warsman questo non lo sapeva, e ringraziò
semplicemente il cielo
che fosse aperto.
E adesso, dove poteva essere
Emerald?!...prima di arrivare
lì aveva captato qualche discorso del personale che aveva
detto essere al
secondo piano, quindi doveva necessariamente salire le scale.
Fantastico,
proprio! Mai che quella puttanella gli rendesse le cose semplici!!!
Zac! Una spada si
infilzò nelle ante del portone
spalancato dietro di lui, e se era andata così era stato
soltanto perché era
riuscito a spostarsi appena in tempo, o gli avrebbe trapassato
l’addome.
«la prossima volta ti
dispiacerebbe rimanere fermo?»
Oh, no…Cristo, anche il
fratello di Connors no! Anche
l’albino mezzo psicopatico no!
Con quattro spade, due alabarde ed
una di quelle mazze con
catena e palla chiodata in fondo, per giunta!
Motivo in più per
fiondarsi su per le scale, evitando un
altro proiettile che l’altro suo inseguitore, appena
sopraggiunto, gli sparò.
«devo ammettere che per
essere una bestia si sta dimostrando
piuttosto notevole, non trovi Zachary?»
Correndo dietro a Flash
l’albino tirò fuori un coltello che
stavolta centrò il bersaglio, colpendo il russo alla gamba
già ferita. Non
bastò a buttarlo giù, ma lo fece vacillare e
consentì loro di avvicinarsi.
«e beh Sebastian,
è un mezzo robot. Una volta preso chiederò
ad Hammy se mi lascia giocare col suo cervello-computer, voglio provare
a
fargli ballare la quadriglia tedesca!»
«un’idea
quantomeno divertente, non c’è che dire!»
Warsman continuava a correre,
perdendo diverso sangue dalle
sue ferite, che lasciava una traccia perfettamente visibile lungo tutto
il
pavimento. Se non altro adesso aveva un nome da associare a
quest’altro
ennesimo bastardo, Sebastian Lancaster!
«adesso facciamo un
po’più sul serio, via» disse Zeke
correndo ancor più velocemente di prima. Arrivò
ad un metro dal russo, prese la
mazza con la palla chiodata, saltò. Warsman
riuscì ad evitare di essere colpito
alla schiena, ma non alla spalla già ferita. Dalla gran
rabbia però riuscì a
schivare il colpo successivo a questo, e ad afferrare la catena
portando Zachary
più vicino a sé con tutto l’intento di
prenderlo per il collo e spezzarglielo
senza tanti complimenti, trovandosi invece a doverlo respingere
rapidamente non
riuscendo comunque ad evitare uno squarcio profondo lungo il petto
causatogli
dal coltello del ragaggo.
Riprese a correre. Aveva quasi
raggiunto la rampa di scale
che l’avrebbe portato al secondo piano, ma Hammy era
in quell’ala della
villa o in un’altra?! Non lo sapeva.
Un altro proiettile lo
colpì, all’altra spalla stavolta.
Capì che non ce
l’avrebbe fatta a raggiungere Emerald, non a
quel ritmo, e allora con un ringhio disperato si lanciò
contro una finestra
rompendola in mille pezzi e cadendo giù.
Zachary e Sebastian L.V.C. Lancaster
guardarono a terra.
«si è
lanciato» fu l’ovvio commento dell’albino.
«è di
un’ineducazione senza pari; non solo è entrato
senza
essere stato invitato, ma ha perfino danneggiato la villa di mio zio!
Meriterebbe l’impiccagione per un tale affronto» lo
guardarono scappare via
«come agiremo, adesso?» chiese Sebastian a Zeke.
Lui fece spallucce.
«tre quarti d’ora
li abbiamo persi, tra una cosa e un’altra,
quindi direi che ci conviene andare dove dobbiamo andare o finiremo per
arrivare in ritardo e io non ho voglia né di sorbirmi i
rimproveri di
Lentiggine né di farmi tirare le orecchie da nonna
Isabèl».
«dovremmo dunque lasciarlo
andare?» Sebastian sembrava
dubbioso, ma poi sollevò leggermente le mani in un cenno di
resa «che sia. Non
era nostra intenzione braccarlo per poi ucciderlo, in fondo. Doveva
essere, ed
è stato, del semplice intrattenimento pre-cerimonia. Se
sarà sufficientemente
furbo e fortunato da riuscire
ad
andarsene di qui, per questa volta avrà salva la vita. In
caso contrario avremo
facilitato a mio zio o -preferibilmente, non essendo bene che nobili
come noi
si macchino le mani in tal modo- alla security l’ingrato
compito di porre fine
alla sua triste ed inutile esistenza. Anyway, è
stata un’esperienza
piacevole. Non mi dispiacerebbe poterne ripetere di analoghe, e magari
ogni
tanto potremmo anche incontrarci ed andare in cerca di fanciulle di
piacevole
aspetto come le damigelle d’onore di mia cugina».
«mi piacerebbe ma vederci
sarebbe complicato, io dopo il
matrimonio dovrei tornare in America… e poi a me le ragazze
non interessano. E
nemmeno i ragazzi» puntualizzò.
«curioso. O beh,
troverò comunque il modo di far si che
questo nostro incontro non sia una toccata e fuga; ed ora rechiamoci
dove siamo
attesi!»
Come se nulla fosse i due si
incamminarono verso l’altra ala
della villa.
«ho notato che non sembri
avere problemi all’idea di colpire
od uccidere, c’è chi lo troverebbe immorale o roba
del genere».
«mio caro Zachary, non
esiste immoralità nel voler
cancellare tali esempi di volgare bruttezza. Se si fosse trattato di
una bella
donna, o anche di un bell’uomo, mai avrei osato sollevare le
mani su di lui;
quale pazzo vorrebbe mai infrangere la bellezza? Ma trattandosi di una
macchina
malvagia dalle orribili fattezze non solo non c’è
di che farsi problemi
nell’agire contro di essa ma anzi, eliminarlo dovrebbe essere
considerato un dovere
nei confronti delle amabili meraviglie della vita».
«capito. Ma non sempre
ciò che è bello è anche buono e da
difendere».
«questo lo so, non sono
sciocco. Ma se anche non è buono
sempre bello rimane, ed “è
molto meglio essere belli piuttosto
che buoni…”»
«…“ma
è meglio
essere buoni piuttosto che brutti”»
concluse l’albino.
«precisamente».
«mio caro Howard,
felicitazioni. Mi congratulerò anche con
Emerald, appena mi sarà possibile».
«Lionel Charles Eirik John
Lancaster, temevo che nemmeno il
matrimonio di mia figlia ti avrebbe indotto a lasciare la tua tenuta di
Belfast, ma vedo con piacere che le mie paure erano
infondate».
«nonostante preferisca
vivere ritirato a vita privata non
potevo mancare».
Lionel rispetto ad Howard era di poco
più basso e di otto
anni più vecchio, con i capelli castano scurissimo striati
di bianco.
Nonostante questo restava un uomo indiscutibilmente di classe,
perfettamente
vestito, dalla voce profonda ed i modi garbati nonostante non fosse
espansivo
come il cugino.
«Gabrijela, come sempre sei
assolutamente deliziosa» Howard
passò a salutare la moglie di Lionel. Suo cugino
l’aveva conosciuta in Croazia,
e non gli ci era voluto molto a perdersi dietro a quella bellezza dai
capelli
di uno scurissimo rosso mogano e gli occhi nocciola.
«grazie mille.
Ma…Janice?»
Eh…Janice, Janice.
La sera prima gli aveva fatto una
scenata non c’è male a
causa di quel matrimonio cui lei era assolutamente contraria, dicendone
di
tutti i colori su Connors -e quella gliel’aveva fatta passare
tranquillamente-
per poi aggiungere che Emerald era una cretina.
Ecco, quella invece non
gliel’aveva fatta passare per
niente, rispondendole con un gelo tale che aveva fatto molto
più male a lui
stesso che a lei. Howard avrebbe preferito spararsi ad un piede
piuttosto che
usare quella freddezza con sua moglie, ma…come aveva potuto
insultare Hammy,
proprio lei che era sua madre?
E poi stava solo e soltanto ad
Emerald decidere chi sposare,
ed aveva deciso per Michael Connors a breve Lancaster. Quindi, se la
sua scelta
era quella, così sarebbe stato.
«da qualche parte a
chiacchierare con qualcuno dei nostri
ospiti. Una volta che avrò accompagnato mia figlia comunque
mi raggiungerà, e
potrete salutarvi. Ma ditemi, dov’è
Sebastian?»
«ti
dirò…ormai è raro che io sappia
dov’è mio figlio,
eccetto quando è a lezione».
«continua a praticare danza
classica, dunque».
«eh si. Adesso si
è messo anche in testa di studiare
filosofia, ma sono scettico che possa conciliare le due cose»
disse Lionel «anche
se ovviamente spero che ce la faccia. Solo una cosa, cugino: non ho mai
sentito
nominare lo sposo».
«si tratta del mio uomo di
fiducia, che a breve non
diventerà parte della famiglia non solo per aver sposato mia
figlia, ma anche
prendendo il nostro cognome che così facendo
continuerà a venire
tramandato…cielo, mancano solo dieci minuti
all’inizio! è bene che raggiunga
Emerald. Ci vediamo dopo».
Si era appena decisa ad uscire dalla
propria stanza
nonostante l’irritazione e la tristezza in lei fossero ancora
acuti.
La sera prima avevano
litigato…si, forse aveva esagerato a
dare ad Hammy della “completa cretina che non vede al di
là del proprio naso”,
ma le successive parole del marito le avevano fatto male lo stesso.
“Janice…non
voglio
sentirti dire mai più una cosa del genere. Mai
più”.
Non era stato tanto per le parole in
sé, ma per il tono con
cui gliele aveva dette, con una freddezza che con lei non aveva mai
usato. Non
che adesso avesse iniziato ad avere paura di lui o a detestarlo solo
per
questo…tanto più che lui si era scusato senza
indugio. Ma Janice non l’aveva
presa bene ugualmente, e non lo aveva fatto nemmeno entrare in camera
da letto
nonostante lui per diverse ore avesse insistito continuando anche a
chiederle
scusa.
Si, forse pure lei aveva esagerato.
Per non parlare del fatto che quel
loro litigio non aveva
cambiato la realtà dei fatti, ossia che Emerald adesso stava
per sposarsi con
l’americano bifolco che avrebbe anche preso il cognome della
loro famiglia.
Con un sospiro fece per chiudersi la
porta alle spalle,
finendo invece quasi a gridare sorpresa nel trovarsi davanti qualcuno
la cui
immagine ormai aveva imparato a conoscere fin troppo bene. Nello
specifico, la
bestia a cui suo marito aveva dato la caccia per anni, che aveva quasi
ucciso
ormai un anno prima, che aveva tentato di uccidere
Emerald…ma per la quale Emerald
stessa poi aveva rischiato di essere uccisa, alla faccia della coerenza.
Si ritrasse spaventata in camera
temendo che volesse farle
del male, cercando la pistola di riserva di suo marito…ma
dove l’aveva messa?!
Eccola!
«stai lontano da
me!» gli puntò contro l’arma con le mani
che tremavano «non toccarmi!»
Lui avanzò. Lei invece
fece qualche passo indietro.
«ti ho detto di starmi
lontano…»
Nonostante la paura che aveva non
poté fare a meno di
tornare che era ferito, e neppure poco. Non si spiegava nemmeno come
facesse a
stare in piedi. Ma si sa, i mostri hanno una forza assurda, no?
Trasalì quando lui
alzò le mani e finì per cedere sulla
gamba ferita, in qualcosa che somigliava ad un gesto di resa.
«non voglio farvi del
male».
Assurdamente, nonostante avesse
assistito a qualche incontro
di Kevin Mask alla tv nonché allo scontro finale e
l’avesse dunque sentito
parlare, Janice si sarebbe aspettata qualcosa di simile ad un ringhio o
a
qualche verso animalesco. Howard l’aveva sempre definito una
bestia, da quando
in qua le bestie parlano? Era una cosa irrazionale, eppure…
«…e non potrei
farvene in ogni caso. Voi siete armata ed io
sono piuttosto malconcio, non so se l’avete
notato…»
«a detta di mio marito gli
animali feriti sono dieci volte
più pericolosi».
Continuava a tenergli la pistola
puntata addosso, ma
sembrava meno nervosa adesso.
«a detta di vostro marito
io sarei una bestia che invece non
sono, e sempre a detta di vostro marito l’uomo ideale di
Emerald è quel figlio
di…buonadonna…» si contenne essendo in
presenza di una nobildonna «di un ex
mercenario, invece di un bravo ragazzo che ha fatto qualche
idiozia».
Questo sorprese non poco Janice. A
quanto pareva lei e il
mostro erano della stessa opinione. Oltretutto almeno in quel caso
specifico,
il mostro in questione sembrava più ragionevole di suo
marito! Era quel che
aveva sempre detto anche lei, come poteva Connors essere
l’uomo ideale per
Hammy col passato che aveva?
Ma né Howard né
Hammy l’erano stata ad ascoltare, tanto da
aver finito a pensare che se davvero era l’unica non disposta
ad accettare quel
matrimonio, forse era un problema suo. Ed avrebbe dovuto cercare di
cambiare
prospettiva. Questo l’aveva pensato durante quella notte
passata in solitudine
per sua stessa volontà…
E invece saltava fuori che non era la
sola ad essere
d’accordo, e anche se l’altra voce discordante era
quella della bestia, era
sempre una voce in più.
«davvero non vuoi farmi del
male?»
A Warsman parve di trovarsi davanti
una versione bionda con
gli occhi scuri dell’Emerald che rarissimamente veniva fuori,
quella più
“innocente”.
«non ne avrei motivo, voi
non c’entrate con le cose che sono
successe tra me e vostro marito, e non è per lui che sono
qui».
La vide osservarlo ancora un
po’diffidente. «allora perché
sei qui? è
per Emerald?»
Meglio dire la verità, o
almeno una parte. «si. Per
dissuaderla dal fare un grosso sbaglio. Kevin ed io ci abbiamo provato
in tutti
i modi, ma non ci ha dato ascolto. Eppure non ci diamo ancora per
vinti. Il
ragazzo è stato bloccato dalla security,
purtroppo…»
«anche tu?»
Avrebbe spiegato le ferite.
«no. Mi sono imbattuto in
alcuni dei vostri parenti».
Anche quello però spiegava
le ferite.
«ah».
Breve silenzio.
«sono brutte ferite. Devono
fare male».
«non solo le peggiori che
ho subito».
Janice indicò una porta.
«ho…del disinfettante. Di là».
La cosa fece allibire il russo. Aveva
capito bene? Si stava
offrendo di mendicargli le ferite?
E lui che avrebbe pensato di essere
fortunato solo se lei
l’avesse lasciato andare senza chiamare nessuno!
«…se tenti di
fare qualcosa che non mi piace non mi vi vuole
niente a chiamare rinforzi. Capito?»
«ho capito».
La donna tornò poco dopo
con disinfettante, garze e qualche
benda. Non sembrava molto esperta nell’uso di quella roba, ma
in compenso aveva
un tocco estremamente delicato, come quando una farfalla ti si posa sul
braccio.
«questo matrimonio non
piace nemmeno a me. Ma purtroppo è
una scelta di Emerald».
«una scelta
sbagliata».
«la mia domanda
però è un’altra…se hai
cercato di
ucciderla…»
«per l’ennesima
volta, vostra figlia con me ha fatto la
stessa cosa. Non è stato esattamente qualcosa di unilaterale
anche se a
vostro marito piacerebbe far credere il contrario».
«a maggior ragione. Se
cercate di togliervi la vita a
vicenda mi chiedo perché Emerald ha impedito ad Howard di
ucciderti, e perché
tu non vuoi che lei faccia questo sbaglio tanto da venire fin qui
sapendo…si,
insomma, guarda come sei ridotto».
Il talento per fare ad altri le
domande scomode sembrava di
famiglia. Janice poi era la pettegola più pettegola tra le
pettegole in tutta
l’Inghilterra, inarrestabile ed inarrivabile, quindi la sua
curiosità non era
nemmeno tanto strana.
«è una cosa un
po’complicata da spiegare. Semplicemente non
mi va di vederla con quell’uomo, e poi
c’è Kevin che la ama ancora moltissimo e
ne soffrirebbe. Sentite…io vi voglio ringraziare per quello
che state facendo,
ma…quando comincia la cerimonia? Devo parlarle prima
che…»
Janice diede un’occhiata
all’orologio per poi guardare lui.
«mi dispiace. È
già cominciata. E adesso che ci penso dovrei
essere lì anche io…» disse
«temo sia tardi ormai. Quando avrò finito di
curarti
cerca di andare via di qui, va bene?»
Il vestito di Alya era un tubino
color acquamarina scuro,
semplice ed elegante, com’era semplice ed elegante anche lei
stessa.
E forse era per quel motivo che
lì per lì la sposa che stava
scendendo la scalinata a braccetto col padre, con quel vestito rosso
fin troppo
sensuale strapieno di cristalli così come lei stessa era
strapiena di gioielli
con tanto di diadema, le parve forse un pochino eccessiva. Non che
tutto questo
ad Emerald Lancaster non donasse, anzi, nonostante non la conoscesse
bene non
ci voleva molto per rendersi conto che quell’abito rendeva
perfettamente l’idea
di quella che era la personalità della
ragazza…però ecco, personalmente avrebbe
optato per uno stile del tutto diverso. E d’accordo che era
un matrimonio molto
importante ma forse oltre duemilacinquecento persone, Windsor inclusi,
e con
Celine Dion a cantare “Can’t help falling in
love” al posto della marcia
nuziale non era un po’eccessivo anche quello?
D’accordo che Howard Lancaster
era quello che “I can” e tutto il resto ma si
era capito, ormai.
E poi c’era un particolare
estremamente fastidioso che
risiedeva nell’uomo alla propria
sinistra…presumibilmente lui ed il gruppetto
con il quale era arrivato erano tutte persone molto in vista, o non
sarebbero
stati lì nelle prime file, ma quello non era importante e
stava di fatto che
l’aveva guardata in un modo come a dire “sai che se
solo lo volessi potrei
farti desiderare che io ti porti in una qualsiasi delle camere da letto
di
questa villa?”. Un uomo di quelli che credevano di avere un
fascino
irresistibile, probabilmente.
Alya era una bella donna e di certo
non era il primo dongiovanni
a guardarla in quel modo, eppure questo aveva qualcosa di diverso, di glaciale, che non le piaceva per niente
nonostante non desse minimamente a vedere il proprio nervosismo.
E non era esattamente che il resto
degli sconosciuti che
attorniavano lei e Robin le dessero una sensazione migliore, nonostante
una di
essi a detta del suo compagno fosse proprio la ragazza che aveva
portato a casa
lui e Mr. Lancaster.
In ogni caso decise di ignorare le
sensazioni in questione,
forte del fatto che essendo ad un matrimonio con duemilacinquecento e
passa
invitati difficilmente qualcuno si sarebbe messo in testa di fare
qualcosa di “disdicevole”.
Guardò Robin. Lui pareva
la tranquillità fatta persona, ed
aveva persino porto le sue felicitazioni all’ex collega, col
dire ad Alya che
“ho accettato la sfida, quindi la combatterò
appieno”. Eppure alla donna quelle
erano sembrate…beh…felicitazioni e basta.
Mah.
L’uomo alla sua sinistra
aveva detto qualcosa alla donna che
gli era seduta davanti, che per qualche motivo che non riusciva ad
identificare
ad Alya piaceva ancora meno di lui.
«chissà se la
sposina si ricorda di me. Ah, ma che domande…certo
che se lo ricorda».
«anche con
lei?»
«però si sposa
con un altro, mister “provami una
volta…”»
disse tagliente la ragazza seduta di fianco alla donna in questione.
«e ti
credo…più di una volta, chi diavlo lo
vuole a
‘sto qui? Giusto te!» questo lo disse la donna
seduta alla destra della
ragazza.
Decidendo di ignorare anche tutto
ciò, Alya guardò lo sposo.
Un uomo niente affatto brutto e, soprattutto, visibilmente contento.
Sembrava
non vedere l’ora che lei arrivasse così che
potessero pronunciare i giuramenti
e sposarsi. Da quel che Alya aveva capito sarebbe stata una cerimonia
piuttosto
breve, così che si potesse passare subito ai festeggiamenti.
Ed ecco finalmente i due a breve
sposi uno davanti
all’altra, a sorridersi. Lei soprattutto aveva in visto
un’espressione dolce
che Alya non le aveva mai visto.
«siamo tutti qui
riuniti per celebrare l’unione di questa
meravigliosa coppia di
innamorati…» il giudice di pace era una donna di
colore con una bella voce
tonante «che hanno deciso, quest’oggi, di giurare
eterna fedeltà l’uno
all’altra ed iniziare un nuovo capitolo della loro
vita… insieme».
Dopo qualche altra breve frase la
parola passò allo sposo, a
cui Zachary aveva porto la fede nuziale da infilare
all’anulare di Hammy.
«Emerald…Hammy…da
quando ti ho conosciuta per me sei stata
una fonte di gioia continua. Hai dato luce alla mia vita, mi hai fatto
desiderare di essere un uomo migliore per poterti stare accanto, ed io
per
questo ti ringrazio. Giuro che ti sarò sempre leale. Che ti
rispetterò, mi prenderò
cura di te e ti amerò…finché
avrò vita».
La cosa divertente era che le
damigelle erano tutte
intenerite…ma l’unica che piangeva come una
fontana era proprio la durissima
Kirika!
«io piango sempre ai
matrimoni…!»
La parola passò alla
sposa, che aveva appena preso la fede
da Sebastian.
«Michael…io ti
conosco da tredici anni. Quasi quattordici. E
sono sempre stata innamorata di te- nonostante la cosa si sia
concretizzata
solo poco tempo fa- perché mi hai sempre rispettata, sei
sempre stato sincero,
ed hai avuto cura di me. Sai farmi ridere, e stare bene come nessun
altro. Ed
io giuro che farò di tutto per poter ricambiare tutto
questo, tutto ciò che mi
hai dato, e mi dai…finché avrò
vita».
«una ragazza giovane e
sognatrice. Si renderà conto fin
troppo presto che né la vita né il mondo sono
tutti rose e fiori come le
sembrano, specialmente stando con quel perro che
si è rintanato in una
realtà fittizia da casa delle bambole» disse una
bella donna tatuata e poco
vestita che era rimasta piuttosto in lontananza.
«spero per la ragazza che
lui non schiaccerà troppo
violentemente la casa in questione» aggiunse un incappucciato
con un poncho di
catene e la voce roca.
Fatti i giuramenti Emerald e Michael
firmarono il documento
che dichiarava la loro unione.
«a questo punto che lo
sposo baci la sposa…e vivissimi
auguri!» concluse il giudice.
E i due ragazzi non se lo fecero
ripetere due volte, dandole
retta e scambiandosi un bacio non lungo ma decisamente appassionato.
Era fatta!
Erano sposati!!!
«no! maledizione…»
Era arrivato tardi.
Era tutto fatto, ed ora Emerald e
Michael Connors, anzi
Lancaster, erano sposati.
Era finita, lui e Kevin
l’avevano persa…
Lui…l’aveva
persa.
Ebbe un momento di completo
scoramento. Aveva fallito. E
adesso?
«non può finire
così…»
Janice non era più con
lui, si erano divisi già da un pezzo
visto che lui era partito prima di lei…e tanto non ce
l’aveva fatta.
E adesso?
Poi ricordò qualcosa di
fondamentale: un matrimonio non era
valido finché non veniva consumato.
Aveva ancora una
possibilità, allora!
Solo…come giocarsela?
Gli ospiti tra poco sarebbero andati
a pranzo.
…l’impianto
audio era incustodito…
:: un quarto d’ora
dopo ::
Tutti quanti avevano salito le scale
che portavano in
un’altra ala esterna della villa, perfettamente curata,
decorata, e con
centinaia di tavoli già apparecchiati.
Flash tirò fuori il suo
cronometro, venendo per un attimo
accecato dalla luce del sole riflessa su di esso. Aveva impostato
l’impianto
perché partisse automaticamente.
«tre…due…uno…»
Quando sentì
imprevedibilmente partire quella canzone
Emerald trasalì.
Il tango…quel tango
lì. Quello di lei e Warsman.
“why
does my heart
cry?...feelings I can’t fight…”
Gli ospiti erano un
po’disorientati, ma lei oltre che
sconcertata si stava anche innervosendo non c’è
male.
«ma che
cosa…»
«l’impianto
dev’essersi guastato» commentò Michael.
“you
are free to leave
me but just don’t deceive me and please…”
“no, col cazzo che si
è guastato!!!” pensò Emerald
guardandosi attorno “è lui, è sempre
lui! Ma perché non riesce ad accettare che
quando è ora che basta, basta?!
Perché?!” pensò con una certa furia
“è il mio
grande giorno e non glielo lascerò rovinare…deve
capire una buona volta che è
finita!...dove sei…ah…”
“believe
me when I say
I love you…!”
Vide in lontananza un riflesso che
non avrebbe dovuto o
potuto esserci. Sicuramente era quello del suo amato cronometro.
«Hammy?...dove
vai?»
La ragazza non rispose alle domande
di nessuno, né del marito,
né di suo padre, di sua madre o di chiunque altro,
camminando decisa verso la
scalinata con tutto l’intento di raggiungere quella pantegana
pazza per dargli
il fatto suo.
Veloce come un treno in corsa
iniziò a scendere le scale che
giusto poco prima aveva salito…e fu lì che successe.
Nello scendere il tacco della scarpa
destra si ruppe. Lei
perse l’equilibrio, cadde, rotolò lungo tutta la
gradinata. Batté la testa più
volte, ma il colpo finale le venne dato dallo spigolo alla base della
ringhiera
in marmo, contro cui sbatté la tempia sinistra. Forte.
Forse troppo.
L’ultima cosa che
sentì Emerald era gli invitati che
gridavano, e l’ultima cosa che vide fu il rosso del suo
stesso sangue a colarle
sugli occhi.
Poi, buio.
«Emerald…mio
Dio. No. Resisti!»
Nonostante la tragedia inaspettata
Howard Lancaster aveva
mantenuto sufficiente presenza di spirito da chiamare immediatamente
alcuni
degli addetti delle sue cliniche perché arrivassero
lì al più presto con un
elicottero.
Il polso c’era ancora.
Aveva battuto la tempia, ma
ringraziando il cielo era una chojiin adesso, e ci voleva ben altro per
farla
fuori.
Solo…non era certo che si
sarebbe svegliata a breve.
E se lo avesse fatto…in
che condizioni sarebbe stata?
Cieca? Sorda? Amnesica? Paralitica?
L’elicottero
arrivò pochissimo tempo dopo. Persone esperte caricarono
la ragazza su una barella, la issarono sul velivolo e quando anche
Howard e
Connors, sopraggiunto pochissimi istanti dopo, furono saliti partirono.
Il soldato non riusciva ancora a
crederci. Emerald…
Un momento prima erano le due persone
più felici e serene
del mondo, e adesso lei era lì priva di conoscenza, sporca
di sangue e il cielo
solo sapeva cosa sarebbe successo dopo.
«signore, io-»
«Howard,
per
piacere. E, Michael, tante volte l’avessi pensato, non
è colpa tua».
In un altro momento a Connors non
sarebbe parso il vero di
poterlo chiamare per nome e dargli del tu. Ma in un frangente come
quello, non
aveva alcuna importanza.
Robin, come tutti gli altri invitati,
era rimasto senza
parole.
La prova che un lieto evento poteva
trasformarsi all’improvviso
in una tragedia.
Ma cos’era successo, si
chiedevano tutti, perché la sposa si
era allontanata all’improvviso, cos’era quella
musica che ancora andava?
«incredibile».
«è stato un
incidente. Lei scendeva, il tacco si è rotto. Per
fortuna è ancora viva, e la sua tempra di chojiin dovrebbe
aiutarla a
riprendersi» valutò Alya «prima o
poi».
«potessi
sapere…ma perché si stava dirigendo
laggiù?» anche
Sebastian era piuttosto scosso.
«ce lo dirà quando si
riprende» disse Zachary «povera lei…e
povero anche mio fratello».
Janice una volta passato lo shock
iniziale aveva iniziato a
piangere silenziosamente. Era contraria al matrimonio ma mai, mai,
avrebbe
voluto che fosse interrotto -inutilmente poi- da una disgrazia
così. Era la
seconda volta in poco tempo che aveva rischiato di perdere Hammy, e
l’ultima
volta che le aveva parlato avevano litigato! E la sera prima
l’aveva definita
cretina!
«è stata
attirata da un luccichio che non avrebbe dovuto
esserci».
Diverse persone si voltarono verso la
donna che aveva
parlato. Quella che ad Alya non era piaciuta.
«che vuol dire?»
le chiese l’albino.
«la ragazza ha notato il
riflesso del sole su qualcosa,
laggiù» indicò il punto preciso
«e non qualcosa che poteva essere a terra, ma
ad altezza uomo, all’incirca così»
specificò, segnando più o meno
un’altezza di
due metri «altro non so, ma su questo sono sicura di non
sbagliarmi».
«quindi c’era
qualcuno di alto, laggiù, ed era da lui o lei
che Emerald stava andando?» chiese Crea, ancora scossa.
«a questo punto
è logico pensare di si, per quanto chiunque
fosse non è veramente colpevole di quel che è
successo. Si può accusare
qualcuno di un tacco rotto?» intervenne anche Nefertari.
«no, in effetti
no…ma…» stavolta fu Janice a parlare
«resta
il fatto che…chi?...»
In verità lei una vaga
idea l’aveva.
Gli aveva detto di andarsene, ma lui
le aveva dato retta? Non
lo sapeva.
Ma non avrebbe avuto senso che
Emerald andasse da lui, né che
fosse stato lui a mettere quella canzone, e…
Via. Non riusciva a pensare
lucidamente, adesso.
No, no, no, no!!!
Correva come un forsennato nonostante
le condizioni fisiche,
in particolar modo quella della sua gamba sinistra. Era quasi arrivato
ai
confini della tenuta; prima ancora che qualcun altro riuscisse a
vederlo -o
così pensava- era riuscito a fuggire in tempo, da bravo
vigliacco quale si
sentiva.
Era l’istinto di
sopravvivenza a mettergli le ali ai piedi,
ma si sentiva addosso un peso immenso, perché…era
stata colpa sua.
Lei aveva capito che era
lì, era da lui che stava andando,
attirata dal riflesso della luce sul cronometro.
Se lui non avesse fatto quel che
aveva fatto, se non si
fosse fatto vivo e basta, non le sarebbe successo niente.
Era viva? Era morta?
Non sapeva nemmeno questo, non aveva
avuto il coraggio di
andare da lei, non aveva avuto coraggio e basta, era scappato.
Ma se fosse morta davvero, e in quel
modo, quel giorno, non
se lo sarebbe perdonato.
E Kevin, come si sarebbe sentito
Kevin nel saperlo? Forse
anche se la security l’aveva preso ed erano riusciti a
bloccarlo fuori dalla
tenuta, aveva già saputo…
La cosa buona era che con quel che
era capitato il
matrimonio non sarebbe diventato valido ancora per un bel pezzo.
Ma era l’unica, e non era
poi così tanto buona, perché forse
Emerald quel matrimonio con Connors non avrebbe potuto consumarlo mai.
“non era quel che volevo!
Non volevo questo!” eccolo al
confine con la tenuta dei Mask. Una volta superato sarebbe stato
più al sicuro,
anche se sentiva di non meritarsi tale sicurezza. Era la seconda volta
che lei
finiva male per colpa sua, la seconda!
Viva?
Morta?
Se viva, che conseguenze ci sarebbero
state per lei?
E anche per lui?
“non era quello che volevo
Emerald, non era quello che
volevo, te lo giuro, credimi…credimi e resta,
così che possa dirtelo prima o
poi! Resta viva…resta per me…”
***
* ve la ricordate tutti
la volta in cui Kevin si è vestito da cameriere nell'anime,
giusto?
Ed ecco che
siamo di nuovo giunti alla fine...per ora!
Si,
è la seconda volta che Hammy finisce in condizioni critiche
e a volare via con un'elicottero. Pecco di mancanza di
originalità. E ancora una volta è "colpa" di
Flash, anche se molto per modo di dire.
Un ultimo
capitolo che presenta qualche nuovo personaggio, nonché dei
camei di alcuni miei OC...e quelli di vermissen_stern,
con
de
Santa
ed un Rinzler umanizzato :)
Grazie a tutti
coloro che hanno seguito, ricordato, preferito, recensito o anche
soltanto letto questa storia.
Grazie a vermissen_stern,
Cyberluna, Fedies, cristy duck, B_bb_r, e Portuguese D. Rogue.
E arrivederci,
molto probabilmente, con una Occhi di Smeraldo III...se sarete
così clementi da leggere pure quella xD
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