Occhi di smeraldo II

di _Cthylla_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio di tanti nuovi casini ***
Capitolo 2: *** Partenza! ***
Capitolo 3: *** Di vecchi sessisti ed altre anomalie ***
Capitolo 4: *** Questo matrimonio non s'ha da fare ***
Capitolo 5: *** ''Altri metodi'' ***
Capitolo 6: *** Lettere color lavanda ***
Capitolo 7: *** All hail Emerald! ***
Capitolo 8: *** ''We can''. ***
Capitolo 9: *** Una sporca faccenda ***
Capitolo 10: *** Can't help falling in love ***
Capitolo 11: *** Tratti di famiglia ***
Capitolo 12: *** ''La Risata'' ***
Capitolo 13: *** Occhi neri ***
Capitolo 14: *** Tratti di famiglia, parte II ***
Capitolo 15: *** Per un pugno di nocciole ***
Capitolo 16: *** Un fiore d'ibisco ***
Capitolo 17: *** La pace non dura mai a lungo... ***
Capitolo 18: *** To Lose ***
Capitolo 19: *** Is too late to apologize ***
Capitolo 20: *** Apocalisse ed Armageddon ***
Capitolo 21: *** Un tipo...eccentrico. ***
Capitolo 22: *** Don't worry, be happy. ***
Capitolo 23: *** Io confesso ***
Capitolo 24: *** Via dall'isola!...e non solo... ***
Capitolo 25: *** Nightmare ***
Capitolo 26: *** Il compleanno dell'Infanta ***
Capitolo 27: *** Nozze imminenti! ***
Capitolo 28: *** cambio d'abito ***
Capitolo 29: *** Matrimonio con sorpresa ***



Capitolo 1
*** L'inizio di tanti nuovi casini ***


“che sia stato un errore?”

Domanda da oltre un miliardo di dollari, quella che Warsman si poneva tutte le sere mentre leggeva uno qualsiasi dei tanti libri che dimoravano sugli scaffali della casa che un tempo era stata di Emerald J.V.P. Lancaster, e che la ragazza gli aveva affittato quando -ormai qualche mese prima- aveva accettato la proposta di Kevin di andare a vivere da lui. Ci era voluto del tempo perché lei si decidesse a dirgli si, nonostante anche prima Hammy stesse più a casa di Kevin che nella propria, e da quel momento lei e il russo si erano scambiati di domicilio esattamente come avevano stabilito di fare in un caso del genere.

Erano due che non avrebbero mai potuto vivere sotto lo stesso tetto, mai più; o almeno, non senza che tale convivenza portasse a delle conseguenze che avrebbero potuto essere catastrofiche, considerando tutto quello che avevano da nascondere.

No, nonostante tutto quel che era successo né lui né Emerald avevano perso l’abitudine di avere dei segreti. Era qualcosa che non avrebbero mai perduto, probabilmente.

“che sia stato un errore?” si domandò ancora il russo “che abbiamo sbagliato, a tornare?”

Si, era qualcosa a cui pensava spesso. Molto, molto spesso. Forse perfino troppo.

Si trovava a chiedersi come sarebbe stato continuare a viaggiare attorno al mondo senza dover rendere conto a nessuno e senza alcun obbligo di fare ritorno, eternamente, o almeno finché non fossero morti.

Una cosa sola lo consolava: la consapevolezza di non essere il solo, dei due, a pensarci.

Che Emerald con Kevin fosse felice era fuor di dubbio. Lui era “il suo amore”, lo sarebbe sempre stato. Ed aveva visto con i suoi stessi occhi che effetto faceva alle persone vederli insieme, così giovani, così belli, così innamorati. Capitava sovente che quando Emerald sorrideva, coloro che guardavano lei e Kevin sorridessero istintivamente, di riflesso. Avevano quell’aria di chi sta vivendo una favola, l’aria delle persone per le quali sembra essere sempre primavera, con le sue gioie, i suoi colori, i suoi profumi; la primavera era vita, loro erano vita.

Eppure…

Emerald aveva tutto questo, tuttavia continuava a sentire quel richiamo.

Quando pensava di non essere vista la ragazza lasciava che quella vita le fluisse via dal viso e guardava lui, Warsman.

E lui capiva.

Capiva fin troppo bene che quel bel quadretto, quell’idillio, il sipario che si apriva su quella felicità che se non fosse stato per il disinteresse ormai totale di Robin Mask verso suo figlio sarebbe stata perfetta, era tenuto su da un filo più sottile di uno dei capelli di Emerald.

Un filo che sarebbe bastato un niente per spezzare.

Un niente come una parola di troppo.

“che quel che sta per succedere forse sia…meglio…per tutti?” si chiese il russo, occhieggiando il telefono che squillando giusto poche ore prima aveva portato una notizia alquanto strana.

La porta principale si aprì pian piano.

«il bimbo è nella culla, siamo liberi di procedere…»

«mi era parso di averti detto di evitare le espressioni in codice. Soprattutto espressioni come questa» borbottò lui.

Emerald J.V.P. Lancaster alzò gli occhi al cielo per poi chiudere la porta dietro di sé. «riesci a scartavetrare le palle perfino in momenti come questo? Come on! Dobbiamo andare, o finiremo per arrivare in ritardo».

«come se tu solitamente non lo facessi apposta, ad arrivare tardi…che razza di sottospecie di diva» il russo posò il libro sul tavolino accanto.

«ti decidi si o no ad alzare quelle chiappe mosce dal divano? …mpf, che maleducato» sbuffò lei evitando il soprammobile che Flash gli aveva tirato dopo essersi alzato «avresti potuto farmi male».

«magari era quel che volevo, non ci hai pensat-agh!» emise un’esclamazione di dolore con quel poco fiato che gli era rimasto. Emerald aveva raccolto il soprammobile e glielo aveva tirato a sua volta, colpendolo dritto al ventre tanto forte da farlo cadere a terra.

La ragazza si guardò la mano destra con un sorrisetto, e mosse le dita. «eppure sei stato tu a chiamarmi Braccio di Ferro la prima volta. Adesso per farti male mi basta lanciarti un soprammobile».

Il russo di rialzò con un ringhio sordo. «e allora perché non lasci a casa almeno quell’accidenti di pistola?!»

Eh si, Hammy non si era tolta il vizio di girare con marsupio e doppietta. Nemmeno in posti come quello nel quale si apprestavano ad andare.

«ma anche no. Dai dai, che abbiamo una gara di tango da vincere noialtri!»

Uscirono di casa quasi di soppiatto, come se stessero andando a nascondere un cadavere invece che a ballare. La cosa diventava doppiamente assurda, poi, se di pensava che Emerald e Warsman erano gli stessi due che mesi prima avevano quasi raso al suolo casa di Kevin senza nemmeno preoccuparsi di nascondersi.

A pensarci bene era incredibile che in quell’occasione nessuno avesse chiamato la polizia, i pompieri, l’esercito…

I due sonori “bi-bip” del cellulare di Emerald, dunque, fu del tutto inappropriato al di là del fatto che per poco non fece prendere un colpo ad entrambi.

«ma che dia…e spegni quell’affare! Per poco non mi viene un colpo!»

«ad avere saputo che basta così poco avrei alzato ulteriormente il volume!» ribatté lei, obbedendo senza nemmeno leggere i messaggio di Roxanne e Jacqueline, nonostante fosse strano sia che gliene avessero mandati a quell’ora che…beh… Jacqueline MacMadd che la messaggiava?

«…tu alla gara vuoi arrivarci sana oppure no?»

«e tu?» rispose lei con un sorrisetto.

Il russo le diede un’occhiata senza rispondere.

“con quel che ho da dirti mi sa che quel sorrisetto scomparirà presto” pensò.

 

 

:: qualche ora prima ::

 

 

«quindi a Kevin non dispiace che tu esca con noi?»

La domanda di Terry Kenyon era retorica, e sottolineata da un sorrisetto alquanto ironico sapendo che benissimo che se Kevin già prima non gradiva che Emerald uscisse insieme a lui e al resto della combriccola, figurarsi adesso che stavano insieme.

«no no, non gli dispiace, anche perché in caso contrario si scorderebbe il sesso per un paio di settimane. Cavolo, il fatto che stiamo insieme non dev’essere sinonimo di Alcatraz».

«avrebbe potuto venire anche l-» avviò a dire Kid, bruscamente interrotto da Jeager.

«con tutta la buona volontà herr Muscle ma io francamente sono molto più felice del fatto che Hammy esca con noi da sola».

«beh ormai Kevin Mask ha poco da fare il superiore considerando come ha perso» buttò lì Dik Dik senza pensarci, facendo calare il silenzio più completo e ricevendo un mucchio di bruttissime occhiate.

Tutti quanti si ricordavano ancora fin troppo bene di quel giorno orrendo. Kid che sembrava sul punto di perdere, poi il buio, lo sparo, la musica, Howard Lancaster ed il suo esercito, la Princess’ Revenge, il modo bestiale nel quale era stato trattato Warsman…e l’ultimo sparo.

Molti di loro trovavano incredibile che Emerald fosse ancora lì, invece che tre metri sottoterra col cuore spappolato da un proiettile sparatole contro per errore dal suo stesso padre.

«in un contesto diverso forse sarebbe anche finita in modo differente» disse piano la ragazza «…senza offesa Kid».

«no, no, niente offese, figuuurati» minimizzò il kinniku con un gesto della mano e l’aria imbarazzata «ehm, vogliamo andare? Io ho fame!!!»

«in effetti ne ho parecchia anche io» commentò Emerald «e direi che facciamo per davvero meglio ad andare prima che Meat vi trovi e vi ricacci tutti sul ring a suon di colpi di scopa!»

A quelle parole saltarono tutti quanti sulla gigantesca macchina di Terry - lui alla guida, Jeager accanto, Emerald tra i due, Dik Dik, Wally e Checkmate sul sedile posteriore e Kid sul retro dato che non si lavava da una settimana - e partirono con una bella sgommata.

«guida pianooOOOOOH!!!» urlò da dietro Kid Muscle.

«non posso andare piano, questa bella signora ha bisogno di azione! Iiiii-ha!» esclamò il texano riferendosi all’auto «e poi, come ha giustamente osservato Emerald, Meat potrebbe trovarci da un momento all’altro».

«almeno la prossima volta impari a lavarti, Kid!» aggiunse Wally.

«ma io sono allergico all’acqua!!!»

«…cieeeeelo…» sospirò Checkmate mettendosi una mano sul viso «e poi si stupisce che Roxanne non voglia ancora saperne di fidanzarsi con lui?»

«Kiiiiid, non avere fretta di fidanzarti, da’retta!» gli urlò scherzosamente Hammy facendo ridere più o meno tutti.

«non dev’essere facile la convivenza con Mr.Mask» osservò Checkmate.

«mah…in un certo senso si può dire che io e lui “convivessimo” già da prima dato che io ero sempre a casa sua o lui a casa mia ed avevamo già le nostre cose l’una in casa dell’altro…ma ammetto che comunque è un po’diverso. Adesso ci vediamo sette giorni su sette, quasi ventiquattro ore su ventiquattro…si, è …diverso».

«non sembri molto entusiasta» commentò Jeager «eppure quando siete insieme sembrate stare in un mondo a parte».

«ma no, io sono più che felice di stare con Kevin considerando quando abbiamo faticato. E quando c’è lui con me beh…sono contenta che ci sia, e penso solo a quello…»

“ma?” pensò Terry senza però dirlo ad alta voce.

Ed il “ma” non arrivò mai.

Hammy sembrava essere effettivamente contenta di stare con Kevin. molto, molto contenta. Eppure era come se…mah…non avrebbe saputo dirlo.

Lui come tutti i ragazzi un po’più svegli della Lega aveva intuìto che se anche l’idillio “Kemmy” era reale, c’era comunque qualcosa di poco chiaro sotto. Tanto per cambiare.

Lì per lì aveva pensato che, semplicemente, per una ragazza come lei fosse un po’difficile adattarsi alle esigenze di un tipo come Kevin. Emerald era una molto “libera”, come si suol dire, che necessitava dei suoi spazi. Non era tipo da vivere in simbiosi col partner.

E anche Kevin a dire il vero era così, con Emerald condivideva molto, ma aveva bisogno delle “proprie” cose, aveva le “proprie” esigenze e così via. Solo che era anche tremendamente geloso, e pur andandogli bene che lei uscisse con Roxanne, Trixie, Chichi e ogni tanto -incredibile ma vero!- pure con Jacqueline MacMadd, le cose cambiavano se Emerald usciva con altri ragazzi.

Hammy questo comportamento di Kevin non lo capiva granché. Insomma, li chiamava sempre “perdenti qui, perdenti là”, che senso aveva poi temere che lei finisse a tradirlo con uno dei ragazzi, se erano tanto “perdenti” mentre lui era “sempre e comunque più forte di loro”?

Per evitare di fargli rodere troppo il fegato Emerald aveva perfino provato ad “inserirlo” insieme a lei nella combriccola, pensando che se avesse visto con i propri occhi che tra lei e i ragazzi non succedeva niente di ambiguo si sarebbe dato una calmata.

Aveva rinunciato a quel piano quando lui aveva quasi finito per fare a botte con Jeager, reo di averle lasciato finire le proprie patatine dato che in tutto il ristorante non ce n’erano più e a lei andavano ancora.

Un gesto semplicemente gentile che a Kevin era parso, testuali parole, “…un tentativo di insidiare la mia donna, quindi stalle lontano o ti rispedisco in Germania sotto forma di cane tritata per fare i vostri dannati wurstel!!!”

A quel punto Emerald gli aveva detto seccamente di piantarla e che avrebbe dovuto imparare ad essere gentile quanto Jeager. Da lì era nata una discussione, alla fine della quale Kevin se n’era andato.

Ed Emerald non gli era mica andata dietro, nossignore. Si era fermata da Roxanne.

Tre giorni!

Si insomma a volte stare con Kevin poteva rivelarsi un po’problematico, e Terry aveva pensato che c’entrasse questo.

Ma non ne era convinto.

Insomma, in quei cinque mesi e mezzo di silenzio qualcosa doveva pur essere successo. Ed Hammy era stata piuttosto sul vago.

Troppo.

Ed Emerald era pericolosa quando stava sul vago nel raccontare i fatti propri, perché di solito significava che c’era qualcosa sotto.

Ricordava ancora bene il giorno in cui lui e gli altri l’avevano rivista per la prima volta, felice e contenta, perfettamente in forma e pure abbronzata. Erano stati gli ultimi due dettagli a saltargli all’occhio, com’erano saltati all’occhio anche di Meat; una persona a cui hanno sparato da poco non è così in forma. Ed era strano che parlasse di un periodo complicato, quando aveva quell’abbronzatura che urlava “sono stata in vacanza a divertirmi”.

Il fatto che non avesse cicatrici addosso era la parte meno assurda, in fin dei conti avrebbe potuto benissimo pagare ogni sorta di intervento estetico avendo i soldi che a momenti le uscivano dalle orecchie.

Ma come spiegare il fatto che, da come si muoveva, braccio e spalla destra non sembravano minimamente indeboliti? Dopo un colpo del genere avrebbero dovuto esserlo. Lei era un’umana…abbastanza forte si, figlia di un chojiin si, ma sempre un’umana. Era strano che una ferita del genere non avesse lasciato tracce.

E non c’era solo quello…

«o beh, meglio così» concluse il tedesco «spero solo che non avrà da ridire se mai ti offrissi delle patatine!»

«occhio non vede, cuore non duole, Emerald mangia!» ribatté lei con un sorriso.

«mangia e non mette su nemmeno un grammo» sospirò Wally «sei la disperazione di mia madre».

«già, quand’è che lei e tua sorella tornano qui? Voglio il salmone! È bravissima a cucinare il salmone» disse Hammy.

«non lo so…»

Il cellulare di Emerald squillò.

«è Kevin che chiama per la TERZA volta?» le domandò Dik Dik.

«no, è papà. Chiama tutti i giorni ormai. Dimmi papà».

ciao principessa. Come stai?

Nessuno dei ragazzi era molto contento di sentire la voce di Howard Lancaster pur sapendolo lontano chilometri e chilometri. Non erano mai abbastanza!

«bene, bene. è tutto ok, io e i ragazzi stiamo andando a mangiare…»

­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­– tua nonna Verbena sarà lieta di saperlo. Mi stressa di continuo perché mi assicuri che tu mangi abbastanza, sai com’è fatta.

«eh si, lo so…»

Kevin Mask non è lì con te?

“Kevin Mask”. Mai “il tuo ragazzo”, “il tuo fidanzato”, “il tuo compagno”…eppure non aveva avuto problemi a definire così Turbinskii, quando era con lui che stava insieme.

Poteva solo significare una cosa: nonostante Howard ogni volta che lei glielo chiedeva si ostinasse a negare la cosa, Kevin non gli piaceva. Ma proprio per niente.

E poco contava che fosse un nobile inglese figlio di un altro nobile inglese nipote di un altro nobile inglese e via discorrendo, visto che era un Mask.

Il patto era stato annullato, ma non significava che l’acredine fosse venuta meno. Pur colpevolizzando sé stesso al 99,99% per quanto era accaduto mesi prima, Howard si era trovato a pensare che se ìl pòvèrò Kèvìn nòn àvèssè sòffèrtò tròppò Emerald non avrebbe preso il colpo che invece doveva toccare a quella che lui continuava a considerare solo una brutta bestiaccia delle steppe. Pur mantenendo intatta la promessa fatta ad Hammy stessa di lasciare vivere liberamente e tranquillamente la bestiaccia in questione.

Non immaginava minimamente che Emerald avesse passato con Warsman due mesi e mezzo a fare chissà che cosa, prima di tornare a Tokyo.

«no, ci sono solo Terry, Jeager, Wally, Checkmate, Dik Dik e anche Kid Muscle…le ragazze ci aspettano al locale, invece».

– very well. Divertitevi allora, ci sentiamo domani.

Le telefonate di suo padre erano sempre brevi e concise, se andava tutto bene. Una delle tante cose che amava di lui. A dire il vero anche dopo tutto quel disastro Hammy continuava ad amare TUTTO, di lui, al punto da aver sempre detto a tutti che era stata colpa sua se lui le aveva sparato per errore.

Era un’altra delle cause di discussione con Kevin, che non riusciva a concepire un atteggiamento del genere, che Emerald diventasse sorda, cieca e muta ogni volta che si trattava di suo padre.

…e viceversa. Questo va detto. Howard l’avrebbe appoggiata e giustificata anche se lei fosse entrata in un bar ed avesse fatto una strage.

«breve e conciso, eh?» spezzò il silenzio Checkmate.

«eh si, lui è cos…un messaggio…Kevin: “ho chiamato alle 14:19 del bla bla bla informazione gratuita del servizio CHIAMAMI di Vodafone”!»

«e tre!» annunciò forte Terry per farsi sentire anche da Kid sul retro.

«tre?! Ha chiamato di nuovo?!» strillò il kinniku.

«faccio meglio a richiamarlo, altrimenti quando torno a casa non scartavetrerà le palle, le piallerà proprio» sospirò Hammy, richiamando Kevin che rispose al primo squillo.

con chi eri al telefono?! Ti ho chiamato ed era occupato! Chi era? Con chi altri ti senti?! Li hai tutti lì…

In un certo senso era dolce quando faceva il geloso. E considerando com’era fatto Kevin, Emerald sapeva che avrebbe dovuto iniziare ad inquietarsi se un giorno Kevin avesse smesso di preoccuparsi di con chi usciva e chi non usciva.

Ma adesso come adesso le risultava soltanto una gran rottura quando attaccava con quella nenia.

«era un modello norvegese del tutto simile a Thor di Asgard, che mi ha invitata nella sua magnifica villa al mare, dove ce ne staremo tre settimane a scopare come dannati per tutto il tempo…»

– COME COME?!!

«era mio padre» sbuffò lei «stavo scherzando».

Silenzio dall’altra parte.

forse preferivo il norvegese.

«non ricominciare per piacere. È successo qualcosa?...hai bisogno di me?»

Senza capire come, Hammy lo “sentì” sorridere. Forse accadeva che due persone molto legate tra loro potessero “sentirsi” in quel modo.

quello sempre.

Ma che carino.

«tornerò prima di cena promesso…»

«prima di cena? Peccato, avremmo voluto portarti in quel nuovo locale sulla quinta st-» avviò a dire Terry, ma venne interrotto da Kevin al telefono.

il tedesco torna in Germania pronto per diventare wurstel, ma tu torni in Texas pronto per essere grigliato, right?!

«…scenate a parte stasera non avrei potuto lo stesso, quando usciamo io e voi finiamo sempre a fare tardi, ed io non posso».

Aveva altri impegni, per quella sera.

E non necessariamente con Kevin, almeno dalle dieci in poi.

Kevin, non stai facendo esattamente una bella figura. E poi lo sai che quella non capisce.

«ma tu i cavoli tuoi mai, eh Sorcio?»

Altra questione che lasciava Terry e compagnia alquanto perplessi: aver permesso a Flash di vivere nella sua vecchia casa, a poca distanza da quella nella quale vivevano lei e Kevin, dopo che lui aveva tentato di ucciderla più volte. Ma non era quella la cosa più strana.

Infatti, da quel che avevano raccontato Roxanne, Trixie e Chichi…beh…non avrebbero potuto giurarci, avevano specificato, ma circa un mese prima era parso loro di vedere Warsman ed Hammy  insieme, da soli -ossia senza Kevin- dentro ad un locale. Le tre in seguito avevano detto “sarà stata un’impressione”, visto che quando erano ripassate non li avevano più visti, ma il sospetto era rimasto.

piantatela tutti e due! Possibile che dobbiate sempre stare a discutere?! Non voglio trovarmi casa distrutta un’altra volta!

«ecco appunto Flash, ti ho pure lasciato la mia vecchia casa, perché diamine stai sempre a rompere da noialtri?»

adesso capisci cosa si prova ad avere qualcuno di indesiderato in casa propria…

– Emerald NON ERA indesiderata!

«l’unico indesiderato era un certo psicotico con la balalaica».

quale parte di “piantatela” non avete capito?!

A quel punto Emerald decise che ne aveva abbastanza.

«crrrrr t-dev-sa-crrr-utare-st-entr-crrr in gall-» disse, e chiuse la chiamata spegnendo pure il cellulare. La vecchia scusa della linea che cadeva perché “stavano entrando in galleria”. Poi che in quella strada non ci fossero gallerie era un dettaglio.

«dovrai cambiare scusa, in queste due settimane è già la sesta volta che entri in galleria» commentò Checkmate.

«già. Dovrò inventare dell’altro, o non basterà più a sostenermi nella mia fuga da Alcatraz» rispose Hammy con un sorriso per far capire che stava scherzando.

«”Fuga da Alcatraz II: il film”. Trama: un’affascinante DJ viene tenuta rinchiusa e/o tartassata costantemente di telefonate dal pazzo fidanzato inglese che minaccia i suoi amici di fare di loro carne da grigliata…”» disse Terry con la voce da narratore.

«…“il pazzo fidanzato inglese viene aiutato nell’impresa da un russo ancora più pazzo di lui che per festeggiare i propri successi balla la danza del cosacchi mentre gioca a Mah Jong…”» continuò Emerald, facendo fare ai ragazzi un’altra risata. A quella velocità erano anche già arrivati al locale, ed una volta fermi scesero dall’auto.

« “ma alla fine gli amici della ragazza riescono a liberarla da Alcatraz e se ne vanno a mangiare al ristorante felici e con-oh, cavolo» sbuffò Terry.

Roxanne, Trixie e Chichi lo guardavano e salutavano con facce colpevoli.

Davanti a loro c’era Meat, che aveva le braccia incrociate, la testa abbassata e stava battendo nervosamente un piede a terra.

Esplosione tra tre…due…uno…

«PELANDRONI!!!» urlò «sempre a divertirvi! Sempre ad ingozzarvi!!!...e tu!» indicò Hammy, che indietreggiò perfino «ci sono ancora parecchie cose che dobbiamo discutere!»

Inutile dire che la persona che l’aveva assillata maggiormente con le domande era stato Meat, giustamente preoccupato. Ma alle domande del piccolo allenatore la ragazza aveva dato, come a tutti, rispose brevi ed inconsistenti.

Solo che lui ovviamente non si accontentava, memore di com’era andata a finire l’ultima volta. E così continuava a tartassarla col voler parlare dei mesi in cui era sparita, cosa per la quale con sommo dispiacere Emerald era stata costretta ad iniziare ad evitarlo un po’.

«eeeh, non capisco di che parli…»

“perché avete fatto la spia?” domandò con un’occhiata alle ragazze “perché gli avete detto dove dovevamo vederci?”

Che l’avessero fatto proprio perché anche loro trovavano strana quella sua vaghezza?

«…ne parliamo dopo. E voialtri!!! Dovreste essere ad allenarvi!»

«ma Meeeat…» sbuffò Kid «il Torneo è concluso, i cattivi non ci sono più, che ci alleniamo a fare? Lasciaci divertire!»

«divertirvi un corno! Dovete essere sempre pronti ad affrontare qualunque emergenza!...e paro anche per te» si rivolse di nuovo ad Emerald «sai che penso che sia un bene che anche tu inizi ad allenarti!»

«Meat io non sono una chojiin, e pure come allenatrice ho dimostrato di valere meno di zero…per non parlare del fatto che sono fidanzata, e gli allenamenti toglierebbero del tempo a quello che passo con l’amore mio».

«bella scusa ma, primo, Kevin continua ad allenarsi quindi è bene che lo facciate anche voi; secondo, lui adesso non è in palestra, e se tenessi tanto a passare il tuo tempo con lui saresti a casa e non qui!»

«mi hanno sparato addosso» tentò debolmente Emerald «…anche se è stata colpa mia…»

«non hai nemmeno una cicatrice, e non sembri avere riportato danni, tutt’altro! Niente scuse!» concluse Meat.

«non è comunque una chojiin! È un’umana. Anche Roxanne è forte, ma non per questo vuoi allenarla» gli fece notare Jeager.

«Roxanne non solleva una poltrona col solo braccio destro!!!» urlò Meat.

I ragazzi, ed anche le ragazze, sospirarono.

Ancora con quella storia…andava avanti in quel modo da due settimane.

«ma io veramente ero con te, e non l’ho vista farlo» obiettò Roxanne.

«nemmeno noi» aggiunsero Trixie e Chichi.

Erano andati a trovarla loro quattro, e Meat aveva detto di aver visto -dalla finestra che dava nel salotto- Emerald che sollevava con un solo braccio l’intero divano, tenendolo in alto. Peccato che quando anche le ragazze avevano controllato, Emerald lo stava solo alzando leggermente e con una certa fatica.

In realtà era Meat ad avere ragione, dato che Kevin quel giorno non era in casa Hammy si era approfittata della forza datale dai naniti per fare più comodamente le pulizie. Ed aveva ragione anche sul fatto che attualmente sempre grazie ai naniti avrebbe potuto essere classificata una delle poche donne chojiin, come quella ragazza rumena, Fiona. Ma Emerald a riguardo se ne stava ben zitta!

Se avesse rivelato la sua nuova forza avrebbe dovuto frequentare la Scuola di Ercole, o comunque una qualunque scuola di wrestling come avevano fatto tutti gli altri al di là dell’addestramento con i propri sensei. E, sinceramente, ad Emerald non andava affatto.

Tanto più che se fosse finita nella Scuola di Ercole avrebbe avuto Robin Mask tra i propri insegnanti, e ci sarebbe sempre stato l’altissimo rischio che lei in barba alle regole e quant’altro finisse per spaccargli la faccia, dato che aveva tranquillamente modo di farlo anche se lui portava una maschera di ferro!

Quindi eccetto che a Flash non aveva detto una parola a riguardo, a nessuno, convinta che così sarebbe stata al sicuro.

Poi, questo era tutto da vedersi…

«Meat, vorrei davvero riuscire a sollevare un divano con un solo braccio, ma proprio non mi è possibile…ed è già tanto che sia riuscita ad evitare danni permanenti!» disse dunque «mi sa che ti sei confuso, può capitare».

Lui la guardò a lungo.

«io sono più che certo di non essermi confuso per niente».

Quant’era complicato nascondergli le cose.

«beh dai facciamo così…adesso mangiamo tutti insieme, una volta finito torniamo ad allenarci e prima di cena Hammy torna a casa» propose Jeager «così facciamo contenti noi, Meat, e anche Kevin Mask».

«eddai Meat, ce la meritiamo una pausa» disse Van Dik.

«voi siete sempre in pausa!» borbottò il piccoletto, che comunque sembrava stare iniziando a cedere.

«Meat, come on! Abbiamo fame! Tanta-tanta-tanta fame!» specificò Hammy «mangia con noi!»

E alla fine, inutile dirlo, si lasciò convincere…

 

 

:: qualche ora dopo ::

 

 

«aveva detto che sarebbe tornata prima di cena!»

Sentendo Kevin brontolare in quella maniera Warsman pensò a cos’era che lui stesso aveva detto al ragazzo più e più volte quando ancora non era “impegnato” - definizione di Emerald; Kevin si riteneva ufficialmente fidanzato - : “se anche foste una coppia non cambierebbe niente, staresti sempre a cercarla al telefono e a dire ‘dov’è, dove non è, con chi è, con chi non è’…”.

E non aveva avuto torto!

«Kevin, sono le sei. Si cena alle otto meno un quarto. Datti una calmata».

«ma lei è con loro!»

«ma lei non fa niente di “strano” con loro, se avesse qualcosa da nascondere non ti proporrebbe ogni volta di andare insieme a lei. Guarda che se continui così, per come la conosco, non andrà a finire bene».

Un avvertimento fatto col cuore in mano, dato che Flash/Warsman/quant’altro sapeva benissimo che per Kevin perdere quella ragazza sarebbe stato un trauma.

Altro motivo per il quale si sentiva abbastanza uno schifo pensando a quel che era successo tra lui e quella ragazza.

 “e se penso che una volta al mese mettiamo a questo ragazzo dei sonniferi nel bicchiere per avere la notte di tango libera…mi verrebbe da mettere le mani nei capelli!”

…e che rischiava spesso di succedere di nuovo, dato che se le andavano pure a cercare. In fin dei conti se il tango era consigliato come terapia riabilitativa per coppie in crisi un motivo ci doveva pur essere, no? Per non parlare del fatto che in quella che adesso era casa sua, di trofei vinti assieme a lei il russo ne aveva abbastanza.

Già…ne aveva abbastanza, dei trofei…ma forse era della sua Nemica Mortale Numero Uno, che non aveva mai abbastanza.

Ed era meglio non pensare che lui si avvicinava ai sessantadue anni e lei ne aveva ancora diciannove, e che  avrebbe potuto essere sua figlia o sua nipote, e che l’aveva vista giocare con un grillo quando lei aveva tre anni e lui già quarantadue, e un sacco di altre cose che lo facevano sentire un vecchio e brutto porco libidinoso…si consolava solo col fatto che

a) lei non era poi tanto meglio di lui

b) era stata lei a tirare fuori l’idea del sonnifero

c) era sempre lei a metterla in pratica

d) occhio non vede, cuore non duole

e) ballavano e basta, santo cielo, non la stava rubando al suo pupillo

f) al caro Howard Lancaster forse sarebbe venuto un infarto all’idea della sua amatissima figliola insieme a lui

g) …a quell’età, con quella storia, con quel corpo e viso martoriati, riusciva ancora ad acchiappare!...più o meno.

«già, dimenticavo, tu la mia fidanzata la conosci bene» disse Kevin estremamente seccato all’idea. Povero. Gli seccava già così, e non sapeva niente.

«non essere ridicolo. È solo che una come lei non gradisce di essere assillata, ecco tutto, non ci vuole un genio per capirlo, né serve conoscerla poi così tanto bene».

«parli bene, peccato che poi vi divertiate a farmi sentire un ignorante».

Flash lo guardò perplesso. «prego?»

«ve ne uscite con i commenti in latino quando c’è il TG!»

Un paio di sere prima era passata la notizia della morte dell’ultimo discendente di una delle tante stirpi di nobili che pur avendo perduto la propria reale importanza continuavano comunque a mantenere il titolo, e Flash se n’era uscito con “Pallida Mors, aequo pulsat pede pauperum tabernas regumque turris”. Il fatto che avesse avuto una pessima vita non voleva certo dire che fosse ignorante.

Kevin se n’era uscito con un “eh?” di totale incomprensione.

Ed Emerald aveva tradotto “la pallida morte con piede imparziale bussa alle stamberghe dei poveri e ai palazzi dei re. Orazio, Odi, I,4,13 ”.

E  lui aveva provato quel che doveva provare costantemente Kid Muscle, che comunque era ben più ignorante di lui.

«ah, ma quello non è niente…»

«commenti in latino, discussioni su sproloqui di vecchi cinesi…»

“…‘L’Arte della Guerra’ = sproloquio di un vecchio cinese…poveri noi” pensò il russo.

«e fate quel gioco strano!»

«…Mah Jong».

«appunto. E mi tagliate fuori, cosa che invece dato che IO sono il suo fidanzato non dovrebbe succedere!»

«Kevin, noi ad insegnarti ci abbiamo provato. Ma tu non hai avuto la pazienza di imparare!»

Proprio in quel momento la porta di casa si aprì.

«sono tornat-mmmh!» Emerald non poté nemmeno finire di parlare che si trovò la bocca impegnata da quella del suo ragazzo, che da come si comportava sembrava non averla vista per anni invece che solo per qualche ora «…devo esserti mancata parecchio, mh?»

«già» confermò lui prendendola in braccio ed andando sul divano. Per quello che lo riguardava Warsman, Orazio e il Mah Jong non esistevano più! «che avete fatto tutto questo tempo?»

«abbiamo mangiato e poi siamo andati al cinema. E guarda, secondo me Terry e Trixie andranno a finire insieme…»

«delle due T non so quale sia peggio…»

«Kevin, non fare l’acido… Capitan Pantaloni Aderenti basta e avanza» aggiunse poi, vedendo il suddetto sedersi sulla poltrona. Se ne sarebbe andato solo dopo cena, come al solito.

«se io sono acido tu sei velenosa. Vipera».

«i serpenti li mangiano, i sorci» gli ricordò la ragazza.

«non costringetemi a farvi smettere con le cattive!» li avvertì Kevin.

Certo che a volte gli sembrava proprio di avere a che fare con due bambini.

«è lei che ha iniziato».

«che porti i pantaloni aderenti è un dato di fatto».

«anche tu porti i pantaloncini corti, ma non ti chiamo Capitan Pantaloncini Invisibili!»

«perché infatti non sono invisibili, si vedono. Proprio come le tue chiappe mosce».

«BASTA HO DETTO!» sbottò infine Kevin.

«…mpf» fu la risposta di entrambi.

«io non ti sopporto» borbottò Hammy all’indirizzo di Flash.

«e io ti odio profondamente».

Altro momento di silenzio nel quale Emerald si accoccolò contro Kevin.

«Mah Jong?»

Peccato che non parlasse con lui, però.

«Mah Jong sia! Ti straccerò stavolta, Lancaster» disse con una gran sicumera il russo alzandosi ed andando a prendere il gioco.

«dai, impara a giocare anche tu» bisbigliò la ragazza a Kevin «guarda che è divertente, giuro».

«io avrei preferito andare di sopra…»

«FLASH! Il Mah Jong va per un’altra volta!» strillò Emerald afferrando Kevin per un braccio e trascinandolo su per le scale.

E l’inglese non riusciva a capire se lei lo stava effettivamente trascinando o fosse lui stesso a non opporre la minima resistenza.

Ovviamente, considerando che Hammy lo aveva afferrato con la destra, era la prima opzione.

«…ma cosa c’è di più importante del Mah Jong?!»

“eccetto il tango” aggiunse mentalmente “ma tanto quello va per dopo”.

Emerald lo guardò facendo un gesto come a dire “ma non è ovvio?!”.

«siamo due quasi ventenni fidanzati da pochi mesi, secondo te a che mi riferisco?!»

«alla tua attività preferita, immagino…»

«non è tempo di chiacchiere!!!» si intromise Kevin, stavolta trascinando lui Emerald in camera e quasi sbattendosi la porta alle spalle quando entrarono.

Il russo osservò il gioco da tavolo che aveva in mano e lo posò sopra il tavolo prima di andare via e tornare a casa propria.

Magari nell’attesa che arrivassero le dieci avrebbe potuto fare qualche solitario con le carte.

O guardare la tv.

O mettersi a curare il giardino.

O leggere.

O magari riprovare ancora a creare un profilo in quel sito di incontri…

“seh, mh, dovresti scrivere così: ‘mezzo robot russo svitato e con le chiappe mosce cerca compagna con pari caratteristiche’…”

Tale era stato il commento di Emerald quando lo aveva beccato. Pensare che fino a pochi mesi prima…no, il sarcasmo non era mai mancato, come discussioni, lotte e litigate epiche.

E non solo.

Ma era anche per quello che il fatto che adesso potesse stare con qualcuno solo per una sera al mese, passando le altre in completa solitudine, lo trovava quasi ingiusto. Ok, ci era abituato. Ma non voleva dire che questo lo rendesse più piacevole…

Il telefono squillò.

Strano.

Il russo non capiva chi potesse essere. Nel dubbio non rispose nemmeno, lasciando partire la segreteria telefonica.

Emerald Janice Verbena Phoebe Lancaster, questa è una comunicazione ufficiale della Scuola di Ercole…

“…cosa?!” pensò il russo allibito “perché la Scuola di Ercole la cerca? A meno che non abbiano saputo del braccio…”

causa ampliamento organico domani tu ed altre due ragazze umane verrete prelevate e portate qui, insieme a due chojiin di stanza sulla Terra ed una del Pianeta dei Demoni che necessitano di un “aggiornamento”.

“ad Emerald non farà piacere saperlo. Ma non mi spiego il motivo per cui…tre ragazze umane e tre chojiin…cosa vuol fare MacMadd, una specie di super gruppo tutto femminile?”

Precisamente. Avendo ricevuto moltissime proteste da diverse associazioni femministe per la scarsità di wrestlers donne, aveva deciso di rimediare. Inizialmente non era affatto convinto, aveva sempre pensato anch’egli che il wrestling non fosse cosa da donne, ma quando le associazioni in questione avevano offerto dei finanziamenti alla scuola, beh…

“MacMadd avrà chiamato qui convinto che lei viva ancora in questa casa, probabilmente. Comunque alla ragazzina lo dirò dopo la serata di tango, altrimenti finiremmo per perdere…eh, già! Ma se va via non si sa per quanto alla Scuola di Ercole, io poi con chi ballo?” pensò improvvisamente “e Kevin come la prenderà? Ma più che altro mi immagino la reazione di lei…”

 

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Capitolo 2
*** Partenza! ***


Ultime due note, ultima presa, ultimo ed unico pensiero:

“ce le andiamo a cercare”.

Agli applausi della folla ormai erano abituati.

«adesso possiamo anche staccarci» disse piano il russo.

«sei tu che mi stai tenendo. Genio».

Si staccarono, si inchinarono. Le altre coppie avevano capito di non avere speranze di vittoria già da un pezzo. Ed infatti è ad Emerald e Warsman che i giudici consegnarono il trofeo, per l’ennesima volta.

«siete diventati un’istituzione ormai» disse uno di loro porgendogli il trofeo «da dove tirate fuori tanta intensità?»

«dal fatto che ci odiamo profondamente».

«lui è il mio Nemico Numero Uno. È normale».

Il giudice li guardò perplesso e scosse la testa, tornando a sedere mentre i due uscivano dal locale soddisfatti.

«veni, vidi, vici!» disse Hammy «naturalmente è tutto merito mio…»

«ma direi proprio di no. A fare il grosso del lavoro sono io, tutto quel che fai tu è mettere vestiti tattici» aprì la macchina, Emerald salì prima di lui.

«…che vuol dire vestiti tattici?»

«che mostrano “per errore” il più possibile» ribatté lui salendo a sua volta e mettendo in moto.

«Flash, tu sai benissimo che i vestiti da tango devono lasciare libertà di movimento».

Partirono.

«ma ce ne sono alcuni con spacchi più ragionevoli, che non arrivano fin oltre metà coscia!»

«me li posso permettere. Mi sa che la faccenda crea problemi solo a te, che evidentemente temi di non riuscire ad evitare di saltarmi addosso come un-»

«non ti azzardare a finire la frase, o ti strangolo» la avvertì il russo, capendo che la successiva parola sarebbe stata “animale”.

«ci hai già provato una volta e ti è andata male, figuriamoci adesso» lo prese in giro lei, con una risata.

«ridi, ridi, che oggi è l’ultimo giorno!» disse Warsman in un tono che alla ragazza non piacque affatto, e che uccise quella risata come avrebbe potuto fare un sicario professionista. Emerald accese comunque il cellulare, mentre lo guardava.

«che cavolo vuoi dire?!»

Bi-bip ripetuti dal cellulare.

«…sette messaggi da Ro’ e quattro da Jacqueline?...la faccenda diventa sempre più stran-» il telefono iniziò a squillare «Jacqueline mi sta chiamando!...pronto?»

miracolo, la signorina ha deciso di rispondere.

«si può sapere che hai da massaggiarmi di continuo come uno stalker?! …o come Kevin? »

Se non avesse dovuto guardare la strada Flash avrebbe alzato gli occhi al cielo.

Se non altro la telefonata della MacMadd, che lui da dopo il Torneo non sopportava granché -e ancora non si spiegava come fosse possibile che lei ed Hammy avessero iniziato a frequentarsi!- gli avrebbe risparmiato dover spiegare ad Emerald che…

non ti hanno ancora chiamato?...sia per aumentare l’organico che a causa di varie proteste di alcuni gruppi di femministe mio padre e mio fratello vogliono mettere su una squadra di sei donne, tre sono già chojiin che vengono a fare una sorta di “aggiornamento” e tre…lo diventeranno. E indovina un po’a chi tocca?

Emerald sbiancò.

«…ma nemmeno per idea».

è quel che ho detto anch’io, ma mio padre è stato chiaro sul fatto che se un giorno voglio prendere il posto di mio fratello devo unirmi a questa squadra. Oh, non posso pensarci…i miei poveri capelli, le mie povere unghie,alla Scuola di Ercole  mi rovinerò tutta!

«ah, quindi la fregatura l’hai presa bella! Io comunque non ci sto, mi spiace».

non è questione di starci o meno, è già stato tutto deciso. Vengono a prenderti domani.

«ma io non ci voglio venire. Non sono interessata. Io faccio la DJ, va bene?!»

sei figlia di un chojiin e sei stata addestrata, temo che tu non abbia scuse.

«non ho bisogno di scuse, se io in un posto non ci voglio andare non ci vado, tanto più alla Scuola di Ercole!...e comunque…mi hanno sparato…»

i dati dicono che sei tornata perfettamente in forma.

«fisicamente forse ma psicologicamente ah ahimé ho ancora gli incubi…ehm…non è credibile vero?»

«ma quanto mi sto divertendo…» commentò Flash «ti spaventa la fatica, Lancaster? La vera fatica?»

«no, mi spaventa l’idea di finire a rompere il muso ad un certo vecchiaccio inglese che guarda caso è il padre del mio ragazzo. Jacqueline» tornò a parlare al telefono «io non ci vengo. Non è questione. Stanotte sparisco, e se mi vorranno dovranno stanarmi, ammazzarmi e trascinarmi lì dentro come cadavere!»

­– eppure partiresti avvantaggiata, al contrario di quella ragazza con le codine che sta dietro a Kid Muscle tu hai un addestramento serio alle spalle. E anche io, qualcosina…

In fin dei conti Jacqueline non poteva non aver fatto proprio niente-niente se poteva lanciarsi da un elicottero ed atterrare elegantemente e senza farsi male, giusto?

« cosa? Roxanne?! Ma perché lei, che diavolo c’entra?!»

«la ragazzina due codini?» anche il russo era un po’stupito «c’entra poco, effettivamente».

è in mezzo al mondo del wrestling, ha dato prova di sapersela più o meno cavare e…mi sa che mio padre e mio fratello non avevano altre idee.

«la ammazzeranno!...e…le tre chojiin chi sarebbero?»

– Anubi Crea dall’Egitto, Kirika dal Pianeta dei Demoni e Fiona dalla Romania…

«Fiona, “Diva From The Hell”. È l’unica di cui ho sentito parlare!»

quella con i capelli rosa e la treccia.

«ho capito».

quindi domani ti farai prelevare o sarai già sparita?

Breve silenzio da parte di Hammy.

«non lo so. Ciao, Jacqueline».

E prima che la rossa potesse ribattere, Emerald aveva già riattaccato.

«ma perché?» borbottò poi la londinese «io non ho mai voluto saperne niente…»

«fai una telefonata a paparino, che così ti toglierà le castagne dal fuoco» nella frase del russo era ben udibile una punta di scherno. Aveva sempre trovato uno spreco che Emerald facesse la DJ a tempo perso quando avrebbe potuto, appunto, farsi addestrare alla Scuola di Ercole ed ottenere il titolo di chojiin. Aveva una memoria eidetica che le avrebbe consentito di imparare subito tutto quel che c’era da imparare, non era una povera donnetta indifesa neanche prima quando ancora non aveva i naniti e dunque avrebbe potuto ottenere buoni risultati…si, si, era un vero spreco, non c’era altro modo di definirlo.

«sono tentata. Mi basterebbe davvero una telefonata per rimanere qui».

«da buona vigliacca».

Lei gli lanciò un’occhiata truce. «da buona vigliacca che ti ha salvato le chiappe prendendo quel che doveva toccare a te».

Già.

«appunto. Non ti capisco. Potresti imparare tutto velocemente, hai un buon addestramento alle spalle, il coraggio non ti manca nemmeno quando devi affrontare nemici più grossi e forti di te» e lo diceva perchè lo aveva sperimentato sulla propria pelle! «hai anche un “potere” che è ancora segreto dato che ti hanno classificata come umana, perché vuoi sprecare l’occasione di diventare una chojiin vera e propria?»

«magari perché non me ne frega niente?! E poi ho un fidanzato di cui occuparmi!»

«so che a volte si comporta come tale, ma Kevin non è un bambino. Non proprio. Non sempre» aggiunse «ti consentirebbe di avvicinarti ancor di più a lui».

«standogli lontana per non so quanto?!»

«se temi che possa rimpiazzarti non hai capito niente di quel ragazzo» disse il russo «chi altri avrebbe aspettato per tutto quel tempo una sciocca come te? guarda che lui si dichiara ufficialmente fidanzato».

«…lo so».

«ed è della mia stessa idea sullo spreco di potenziale. Non credere che non me ne abbia parlato».

Ne aveva parlato anche a lei, più volte. Aveva accettato, come anche Howard, l’idea che lei volesse fare altro. Ma non significava che né lui né Howard stesso fossero ultra-super-iper-mega-felici.

«lo ha detto anche a me».

«forse Kevin soffrirebbe un po’per la temporanea separazione, ma…è temporanea, appunto. E sa che è necessaria. Io penso che andando alla Scuola di Ercole e tornando come chojiin diplomata lo faresti molto contento».

«tu mi vuoi solo fuori dalle scatole, e ti auguri che non sopravviva all’esperienza».

«è vero che ti voglio fuori dalle scatole, ma ad ucciderti posso essere solo io» disse, e vedendo la faccia della ragazza sospirò «Emerald, alla fine fa’un po’come credi. E tira giù quei piedi dal sedile».

«non scartavetrare le palle» borbottò lei, dopo aver tirato su le gambe, averle abbracciate ed aver posato la testa sulle ginocchia «non è una decisione facile. E poi…a Kevin vorrei dirlo subito ma…»

«col sonnifero l’hai addormentato, con lo stimolante lo svegli».

«si, e quanta roba gli diamo?!...ma d’altro canto mi sa che mi toccherà fare proprio così…» un grosso sospiro «che immenso casino. Io lassù non ci voglio andare, ma se mi rifiuto so che non farei felice né Kevin, né papà…»

«né me».

Breve silenzio.

«di te chissenefrega. Comunque non è solo quello. C’è anche Roxanne che…beh…è davvero quella che parte più svantaggiata, e non penso che Jackie le darebbe una mano, ma le servirà. Insomma…non penso che anche se siamo ragazze gli allenamenti saranno così tanto meno duri».

«concordo».

Che doveva fare Hammy?

Rifiutarsi di andare, visto che ne aveva modo, e fregarsene di tutto e tutti sapendo di deludere le persone a cui teneva di più in tutta la galassia e che avrebbe lasciato un’amica nei guai…

O andare?

“facile che quelli lassù tentino di rendermi la vita un inferno. No, mi correggo: quello”.

Ergo, Robin Mask. Ed Emerald sapeva, dai racconti dei ragazzi, che nella Scuola era proibito avere contatti con l’esterno, se non in casi speciali…

“quel divieto volendo si può aggirare in vari modi. E poi a Robin Mask volendo lo acchiappo per la collottola e lo lancio cento metri più in là” si disse “mi sa che…si, forse…potrei sempre prenderlo come un’altra avventura, e…mh…non lo so, non lo so. È che a me piace fare le cose a modo mio, e lassù ci sono regole, regole sulle regole, regole sulle regole che regolano le regole, insomma è una gran rottura…fammi chiamare papà, và”.

«che fai?»

«chiamo mio padre».

«…ah».

Pur sapendo che ora teoricamente Howard H.R.J. Lancaster non costituiva più un pericolo per lui non significava che fosse lieto di sentirne la voce, anche solo per sbaglio.

Hammy. Ormai lì da te è notte inoltrata – osservò l’uomo, allarmato – è successo qualcosa?

«hanno chiamato quelli della Scuola di Ercole. Praticamente vogliono fare un super gruppo completamente femminile, costituito da tre chojiin da aggiornare e tre umane…tra le quali…io».

Breve pausa di silenzio dall’altra parte.

sei convalescente. Non sono convinto che sia bene per te.

Assurdo, pensò, eppure purtroppo lo sapevano tutti da cos’era uscita Emerald appena qualche mese prima, era una cosa idiota che l’avessero contattata! Certo, era vero che sua figlia stava benissimo adesso. a dirla tutta non era mai stata meglio in vita sua. Ma gli altri che ne sapevano?!

«non è tanto per quello che nemmeno io so che fare…io sto bene. E poi adesso con quei naniti non sono più esattamente umana».

Certo che i MacMadd dovevano essere proprio alla disperazione, se avevano preso quella decisione. Non tanto quella di creare un gruppo di lottatrici, per come la pensava Howard se erano ben addestrate come lui aveva addestrato Emerald potevano benissimo stare sul ring; inoltre c’era quella ragazza rumena, Fiona, che teneva alto l’orgoglio delle donne nel wrestling ed era la prova vivente che il suo pensiero era corretto. Ma a parte Hammy…Howard non aveva notizie sul fatto che altri suoi ex colleghi avessero avuto qualche figlio, a parte quelli già conosciuti s’intende. Quindi che volevano fare, prendere due ragazze qualunque e mandarle allo sbaraglio?!

continua a tenerlo per te, strategicamente è la miglior cosa. Sai chi ci sarà nel gruppo oltre a te? le due umane in particolare?

«umane ci siamo io e…l’ho trovato assurdo quando me l’hanno detto, ma le altre due sono la mia amica Roxanne -quella coi codini, sai- e la sorella di Ikimon MacMadd».

…ma che hanno nel cervello, segatura? Roba da non credere, un conto è addestrare figlie  di chojiin, un altro prendere due ragazze a caso e gettarle nella mischia!

«penso che Jacqueline qualcosina abbia fatto, a preoccuparmi è Roxanne che…si, ok…i teppistelli del quartiere li picchia, ma…»

Warsman continuava a guidare senza dire una parola.

Lui non era lì.

Finché Howard poteva sentirlo, lui non era lì.

sai che posso farti sparire o bloccare la procedura, se vuoi.

«si lo so. Ma so pure che tu avresti voluto che anche io, come te in passato, frequentassi la Scuola di Ercole».

Peraltro Howard Lancaster e Robin Mask si erano conosciuti meglio proprio in quel frangente. Erano stati presentati già prima, ma la vera amicizia era nata lì nella scuola; Howard era un “novellino”, allora, e Robin era in un periodo di aggiornamento. La cosa divertente è che avevano finito comunque per diventare istruttori della Lega nello stesso anno.

– ma dovresti anche sapere che per me conta quel che vuoi tu, non quel che voglio io.

«si, so anche questo. Verranno a prelevarmi già domani, ed io non so che fare. A me non è mai interessato diventare una chojiin vera e propria, ma se vado sia tu che Kevin sareste contenti perché tornerei come wrestler diplomata, e potrei aiutare Roxanne che altrimenti non so come se la caverebbe».

– la scelta sta a te. Io ti appoggerò qualunque essa sia.

Un minuto di silenzio.

«non posso lasciare Roxanne ad affrontare da sola una cosa così».

– quindi partirai per aiutare la tua amica.

«…si».

Ed Howard Lancaster non sapeva se essere più fiero o preoccupato per questo.

chi l’avrebbe detto che alla fine saresti andata lì anche tu?

«io senz’altro no».

come on, Hammy. Secondo me la decisione che hai preso è giusta.

“anche perché la tiene lontano dal quel teppista da strapazzo del figlio di Robin Mask, il che non è male” pensò Howard.

Per poi rendersi conto di una cosa fondamentale.

Forse l’avrebbe tenuta lontana da Kevin, ma l’avrebbe tenuta fin troppo vicina a Robin.

Ed Howard sapeva che tra i due Mask il più giovane, tutto sommato, era il male minore.

Non che lui avesse paura di Robin Mask, tutt’altro. Se mai era Robin, a dover avere paura di lui. E gliel’aveva ampiamente dimostrando, umiliandolo pure, annullando l’Assalto Olap. Solo che l’idea di Emerald sola, lassù…

“non c’è solo Robin Mask lassù. Fuori dal ring Ramenman, Buffaloman, Sozumi, i due cugini americani e gli altri sono tutte quante brave persone che non permetterebbero che ad Emerald venga fatto del male al di fuori degli allenamenti” pensò “specialmente se ci tengono a far si che la Scuola di Ercole non venga rasa al suolo dal mio esercito” aggiunse.

solo una cosa. Continueremo a sentirci tutti i giorni, ok? Due volte al giorno.

«a dire il vero quello sarebbe proibito».

– lo faremo diventare lecito, right?

«right. Sarebbe bello poter evitare di perdere i contatti con la gente a cui tengo».

Ennesima alzata di occhi da parte del russo, che i favoritismi non li aveva mai visti di buon occhio.

tranquilla. Tu non pensare a nulla se non ad affrontare quest’avventura con più serenità possibile. E se mai succedesse qualcosa che non dovrebbe succedere, non esitare ad avvertirmi. Ciao, Hammy.

Dopo quella telefonata Emerald era decisamente più calma. «mi sento già meglio».

«comodo avere sempre le spalle coperte. Già mi immagino il discorso in stile mafioso di tuo padre ai MacMadd».

«piantala, lui non è così!»

Finalmente erano arrivati davanti a casa di Kevin.

«quante volte dovrà spararti per farti capire che lui invece è proprio così?»

Emerald scese brusca dall’auto. «tu vedi solo quello che ti pare».

«mi sa che a vedere quel che ti pare sei tu. Chissà che la permanenza nella Scuola di Ercole non ti svegli un po’».

Il russo continuò a guidare lungo la via, ed Hammy rientrò in casa. La prima cosa che fece fu una doccia veloce, per poi entrare nella camera da letto nella quale Kevin dormiva profondamente.

Era così carino che non se la sentì di svegliarlo, e decise che gli avrebbe detto della cosa il mattino dopo, mettendosi così a riempire il borsone con qualche canottiera, dei pantaloncini, delle felpe e parecchio intimo.

Lei, alla Scuola di Ercole.

Non ci credeva ancora.

 

 

Il telefono di Vance MacMadd lo svegliò a notte fonda con dei potenti squilli.

Si rigirò nel letto con dei grugniti. Erano le quattro meno un quarto del mattino, Cristo.

«mmmfhmhr, chi mi secca a quest’or-»

sono Howard Lancaster, Mr. MacMadd.

Sentire quel nome lo fece svegliare del tutto, all’improvviso, con un’assurda morsa ghiacciata allo stomaco. Vance era un altro di quelli che ricordavano bene cos’era successo mesi prima. E, se era successo, era stata anche colpa sua.

Si era lasciato corrompere con una valigetta piena di tanti bei milioni di sterline, ed Howard aveva quasi compiuto un atto terroristico occupando lo stadio col suo esercito, per non parlare del fatto che c’era stata quasi un’esecuzione pubblica!

«ah! Ehm!...di-dimmi, Lancaster…»

mi perdonerà per l’ora tarda, ma è qualcosa della massima importanza. Allora, ho sentito dire che la Muscle League vuole creare un super gruppo tutto di lottatrici donne, giusto? – piccola pausa – tra le quali mia figlia Emerald.

«si…beh…capiscimi Howard, è stata una scelta obbligata, insomma, è tua figlia…figlia di un chojiin, con un certo addestramento alle spalle, presumo…non penso sia qualcosa di ingiusto, e poi io stesso ho coinvolto mia figlia Jacqueline, e quanto all’altra ragazza terrestre mi sembrava piuttosto idonea…»

non è per questo che ho chiamato, Mr. MacMadd, per quanto sia dell’idea che mandare due ragazze qualunque allo sbaraglio sia quantomeno stupida.

MacMadd ingoiò il rospo e non replicò. Capì che non era il caso.

«è stata una cosa improvvisa, capisci. Associazioni di femministe hanno protestato…ed hanno offerto dei finanziamenti…»

e pecunia non olet, vero?

MacMadd aggrottò la fronte perplesso, senza capire quel che aveva detto. Meglio aspettare che continuasse a parlare, va.

pur avendo tranquillamente modo di rifiutare, mia figlia ha deciso di frequentare la Scuola di Ercole. Ma vedi, io quando si tratta di mia figlia tendo a diventare apprensivo. Soprattutto dopo l’ultimo incidente. E se divento apprensivo, divento anche, come dire, imprevedibile.

Vance deglutì, e rimase ancora in silenzio.

potremmo scongiurare ogni rischio se mia figlia avesse modo, due volte al giorno, di comunicare con me e con chi le vuole bene. Giusto per rassicurarci sul fatto che non le accada nulla di anomalo, visto che a me in particolare le cose…anomale…non piacciono.

«è contro il regolamento» protestò debolmente Vance.

ah davvero. Anche l’altra volta era “contro il regolamento”, ma quando hai visto la security - o meglio, una sua parte - sei stato ragionevole. Security che in questi mesi tra l’altro ho più che raddoppiato.

«ah…sul serio?...raddoppiato».

più che raddoppiato. Comunque…a quanto ne so, la Scuola non è esattamente in ottime condizioni. Diciamo pure che potrebbe crollare da un momento all’altro, basterebbe una spintarella. Se però decidessi di aggirare quella sciocca regola dei contatti vietati, e vigilassi attentamente in modo che ad Emerald -come ho detto prima- non accada niente di anomalo, avendo qualche soldo da investire potrei decidere di farlo nella Scuola che io stesso ho frequentato anni fa. Sarebbe un aiuto da parte di un ex collega della Muscle League. Niente di strano.

Discorso che tradotto era: “fai quello che dico io e diventi ricco, non farlo e raderò al suolo tutto, vedi un po’tu cos’è meglio”.

dunque?

«in effetti ci sarebbero gli intonaci da rifare…e in fondo due chiamate non sono chissà che cosa…e, beh, certamente, per quanto sembri a posto immagino che Emerald sia reduce da un periodo non proprio semplice, e sorvegliare è anche un po’compito mio…»

in particolare controlli che il mio caro amico Robin non faccia qualche stupidaggine come approfittarsi della sua posizione per rendere la vita difficile a mia figlia. So che la Scuola di Ercole non è un parco divertimenti, ed è giusto che Emerald si alleni come le altre, ma non vorrei che a causa dell’acredine che Robin ha verso di me finisse per sfogarsi su mia figlia. Credo che diventerei furioso, e quando lo divento non piace a nessuno. In verità diventarlo non piace nemmeno a me. Tutto chiaro, Mr. MacMadd?

«cristallino».

i primi cinque milioni di sterline arriveranno oggi stesso sul conto della Scuola. A risentirci.

Vance sentì Howard riattaccare.

E capì che si era lasciato fregare di nuovo.

“ah, macché. Due telefonate non sono niente, ed ha detto che vuole che sua figlia si alleni come le altre. Devo solo stare attento che Robin Mask non prenda di mira la ragazza, niente di trascendentale. Per quanto…è stato Robin stesso a proporre per primo il nome di Emerald per le tre umane da addestrare!”

Che, dopo che la sua tecnica più letale era stata annullata ed aver diseredato per questo il proprio figlio destinando dunque tutti i suoi averi allo Stato, pensando di non avere più niente da perdere Robin volesse davvero tentare di rivalersi un minimo sui Lancaster prendendo di mira Emerald e facendole passare l’inferno? Anche se era la ragazza di suo figlio, o forse anche per quello? Voleva davvero scavarsi la fossa in quel modo?! Eppure lo aveva visto cos’era capace di fare Howard se si infastidiva sua figlia.

“sono tutte illazioni, le mie, non ho uno straccio di prova. E tra l’altro è meglio che riprovi a dormire”.

E per riuscire nell’impresa, invece delle pecore, si divertì a contare i milioni che gli sarebbero entrati in tasca.

 

 

:: nove del mattino, Tokyo ::

 

 

«io…francamente sono diviso in due. Se da un lato sono contento che tu finalmente ti sia decisa a smetterla di sprecare le tue potenzialità, dall’altro so che mi mancherai. E parecchio».

Kevin lo trovava quasi ingiusto, pochi mesi -finalmente- insieme, e lei già doveva ripartire. Ma d’altro lato non era sciocco, e si rendeva conto che quello era lo “sviluppo naturale” che doveva avere la figlia di un chojin, altro che andare a fare la DJ nei locali!

«mi mancherai anche tu. Magari ogni tanto fuggirò di notte e ti verrò a trovare».

«sarebbe bello, ma voglio che tu prenda questa cosa sul serio ed eviti di farti espellere, Scimmiattolo».

«anche prendendo la cosa seriamente non posso garantirti che non mi espelleranno, visto che…di’, ma spaccare i denti ad un istruttore comporta l’espulsione?»

«non partire con questi presupposti!» la avvertì seccamente l’inglese «e si, spaccare i denti a mio padre comporterebbe l’espulsione!»

«…il naso?»

«Emerald!»

«…un calcio nelle palle?»

«NO!»

«ok, tanto tu non sarai lassù ad impedirmelo».

«di’, ma ti piacerebbe se io spaccassi i denti a tuo padre?»

«mio padre non è uno stronzo diseredatore folle».

«Emerald…non voglio che insulti mio padre, va bene? io non dico che il tuo è un pazzo che al posto di uomini vede volpi e considera il mondo come una riserva di caccia, e tu non dici che il mio è uno stronzo diseredatore folle, idiota e tutti gli altri epiteti che ti ho sentita rivolgergli in questi mesi!»

Emerald sollevò un sopracciglio.

«ok, lasciamo i padri da parte prima che diventino causa di un vero litigio».

«saggia decisione. Vieni qui» la abbracciò forte «quant’è che starai via?»

«tre mesi, o qualcosa del genere».

«l’idea di non sentirci tre mesi però mi fa diventare matto».

«ah, quello l’ho risolto…»

Kevin la guardò perplesso. «che vuoi dire? le regole dicono espressamente che…non vorrai cercare di contattarmi di nascosto? Anche per quello potresti essere espulsa».

«no, no, non c’è pericolo. Ho ricevuto un messaggio di papà che diceva che Mr. MacMadd non ha problemi a lasciarmi telefonare due volte al giorno alle persone che voglio sentire!»

“ah. Mi immagino il discorso del mio adorabile futuro suocero, ‘lascia che mia figlia mi telefoni o faccio distruggere la Scuola di Ercole da una bomba atomica, right?’…” pensò Kevin.

«avrei dovuto immaginarmelo. Credevo che volessi fare sul serio…»

«avresti preferito non sentirmi davvero per tre mesi quindi?!»

«no! Sto solo dicendo che con queste premesse…è che non mi piacciono i favoritismi, lo sai. E probabilmente tuo padre avrà preteso per te una suite superlusso, che le ore di allenamento fossero dimezzate e che tu sia servita e riverita…»

«guarda che anche lui prende la cosa sul serio. Vuole solo essere sicuro che non succeda niente di anomalo, visto che lassù c’è il tuo adorabile papà».

«tsk. Come se tu fossi una bambolina indifesa, ma per favore» sbottò «non si rende proprio conto che volendo sei in grado di mandare la gente all’ospedale! Eppure dovrebbe saperlo dato che ti ha insegnato tutto lui!»

«è normale che si preoccupi per me».

«lui si preoccupa TROPPO! Ed hai visto a cos’ha portato. È che…non vorrei che andasse a finire male di nuovo. Ho rischiato di perderti una volta, basta e avanza».

La ragazza gli si arrampicò addosso, sollevò la maschera e lo baciò.

«non perderai nessuno, la nostra promessa vale ancora».

«ecco, a tal proposito…»

«dimmi».

Kevin rimase un po’in silenzio. «…niente. Volevo dirti che sei un incrocio tra una scimmia, uno scoiattolo ed un koala».

Il campanello suonò, ma la porta principale era già aperta.

«tre mesi senza rompiscatole, finalmente un po’di respiro…»

«tre mesi senza il russo psicotico attorno, finalmente un po’di respiro!» ribatté Emerald.

«…ma non riuscite ad evitare di litigare nemmeno adesso?! La nave della Scuola di Ercole arriverà a minuti!»

«mi raccomando Kev, fatti insegnare a giocare a Mah Jong. Così quando torno potremo giocare in tre» gli diede un ultimo bacio e poi scese, uscendo dalla porta col borsone.

«giocare in tre?...» disse piano Flash, così che solo lei lo sentisse.

«che vecchio porcello, mamma mia» sbuffò lei «non che il posto in cui sto andando sia meglio. Lì di vecchi porcelloni è pieno».

«allora ti divertirai».

«mai quanto tua madre sulla statale. Le sue gambe non si trovano vicine da talmente tanto tempo da aver segnalato vicendevolmente la sparizione a “Chi l’ha visto?”».

Flash avrebbe voluto rispondere a tono, ma proprio in quel momento arrivò l’astronave della Scuola di Ercole.

Il portello si aprì.

«Emerald!»

Roxanne, che si sbracciava, ed aveva l’aria decisamente ansiosa.

“è proprio per via tua che ho accettato” pensò Hammy, facendo tre passi avanti.

«dai, muoviti, aspettiamo solo te!»

«tanta fretta di rovinarti i capelli, JJ?»

«…non ricordarmelo…»

Emerald chiuse brevemente gli occhi, scosse la testa e sorrise.

Guardando lassù vide le altre ragazze che avrebbero fatto parte del gruppo, delle quali riconobbe solo Fiona.

«ci vediamo tra tre mesi» disse a Kevin con un sorriso triste. Guardò anche Warsman, ma non disse nulla.

Il raggio traente la illuminò, e lei iniziò a salire su.

«Emerald!» solo a quel punto Kevin si decise a dirle quel che avrebbe voluto dirle prima «quando tornerai mi sposi?!»

«come hai detto? Non ti sento! C’è un sacco di rumore qui! Ciao, ciao!» esclamò Emerald, appena prima che il portello si chiudesse e l’astronave partisse.

La ragazza si guardò attorno. Certo che non era grandissima, l’astronave. Vabbè, in fondo erano solo in sei.

«ti aveva chiesto di sposarlo, comunque» fu la prima frase che le venne rivolta «se l’ho sentito io da qui dovresti averlo sentito anche tu!»

A parlare era stata…

“oddio, Bernadette di The Big Bang Theory senza occhiali e con le orecchie da sciacallo?” pensò Hammy.

…Anubi Crea, una chojiin proveniente dall’Egitto. Era di poco più bassa di lei ma comunque ben fatta, vestita con abiti tipici del suo Paese. Una ragazza piuttosto carina.

Come Bernadette, appunto.

«infatti l’ho sentito benissimo, ma lasciamo perdere questo piccolo dettaglio…Emerald J.V.P. Lancaster» si presentò tendendole la mano, che venne prontamente stretta.

«Anubi Crea. Sono una chojiin e vengo dall’Egitto».

«piacere di conoscerti».

«piacere mio».

«…non siamo qui per fare amicizia» disse seccamente una ragazza alta, con i capelli dello stesso colore di quelli di Kiki, vestita da uomo e non troppo bella.

«su, Kirika, rilassati» sospirò un’altra ragazza, anche lei abbastanza alta, con gli occhi azzurri ed una lunga treccia rosa «io sono Fiona, piacere…»

«Fiona, The Diva from the Hell! Credo di aver visto qualche tuo incontro» disse Emerald mentre si stringevano la mano. Nonostante le sue difficoltà a farsi delle amiche quelle ragazze sembravano a posto.

A parte Kirika.

Ma non voleva giudicarla troppo in fretta.

«io ti ho vista come secondo di Kid Muscle nella finale del Torneo. Avrebbe fatto meglio a darti retta...anche se ammetto che la storia dell’ipnosi mi ha fatta inquietare».

«il fatto è che bisogna sapersi far obbedire, ma a me non riesce ancora benissimo. Magari migliorerò».

«ecco, questo è lo spirito!» approvò Fiona, che aveva deciso che Hammy tutto sommato le piaceva.

«già…»

«visto che sei tanto carica ed ottimista perché non ti occupi di quelle due rincantucciate nell’angolino a piagnucolare?»

Sarà. Ma Emerald, a Kirika, la preferiva quando stava zitta.

«che poi mi domando che ha da lagnarsi la figlia del direttore della Scuola di Ercole. Tsk» la ragazza del Pianeta dei Demoni si alzò ed andò verso Jacqueline «ti spaventa la fatica, vero? E anche a te, Due Codini. Vi auguro di sopravvivere all’esperienza».

«se ce l’ha fatta Dik Dik Van Dik ce la fanno tutti» disse con falsissima sicumera Roxanne, sorprendendo comunque Kirika che diede in una gran risata.

«dai, dai, che se non altro hai fegato!»

«effettivamente Van Dik è arrivato primo e ha vinto solo un incontro. In coppia. Contro un sedere ed una rana» disse Anubi Crea «la cosa è incoraggiante. Magari ce la fanno tutti per davvero!»

«a dire il vero gli allenamenti sono diventati molto più duri e severi di prima» disse Jacqueline.

«non mi preoccupo» spallucciò Fiona «più duri sono, più forte divento».

«that’s right. Ragazze, consulenza veloce sulle regole…»

«non preoccupatevi di quelle, ve le diranno subito e pretenderanno che le impariate tutte alla svelta. Auguri» disse Kirika.

«Miss memoria eidetica non avrà problemi in tal senso» sospirò Jacqueline.

«già».

Roxanne guardò fuori dall’oblò. Cavolo, aveva paura.

«chi ha la memoria eidetica? Tu?» la demonessa si avvicinò ad Emerald «quindi esiste davvero, non è una chimera».

«ricordi tutto-tutto-tutto?» le chiese Fiona, incuriosita. Emerald fece spallucce.

«già. A volte è utile. Altre però è una maledizione. Metti, tenere a mente ogni dettaglio dei momenti piacevoli è una bella cosa. Tenere a mente i momentacci no. Ma non è qualcosa che controllo».

«anche questo è vero».

«ehm…una cosa…chi sono gli istruttori più severi?» domandò Roxanne.

«tutti» rispose semplicemente Crea.

«ma i più-più?» incalzò Jacqueline.

«…tu teoricamente dovresti saperlo...»

«ma questa avrà passato la vita nei centri benessere!» disse Kirika «che ne sa?»

«ehi, non sono digiuna di addestramento. Solo che tengo anche al mio aspetto. Cosa che non si può dire di te».

«non ti permettere di-»

«ragazze, non sarebbe il caso di stare calme?» fu Emerald a mettersi in mezzo «siamo tutte sulla stessa barca. Per noi è tutto nuovo, ma anche per voi sarà diverso dall’ultima volta, se è tutto più complicato».

«togliti di mezzo».

«toglimi di mezzo tu, se ce la fai».

Lungo scambio di sguardi. Nessuna delle due cedette, ed Emerald poi era abituata a ben altro che ad una demonessa attaccabrighe.

«mh. Un’altra che ha fegato» concluse Kirika «vi servirà tutto quello che avete».

«però non avete ancora risposto alla domanda» fece notare Jacqueline.

«beh, i più severi sono Buffaloman, Ramenman e Robin Mask» disse Fiona «senza dubbio».

«ah davvero? spero di non dovermi trovare a rompere i denti al padre del mio ragazzo» disse Hammy.

«Em, mi sa che sarà lui a rompere noi» disse Roxanne.

«non fare la spaccona» sbuffò Jacqueline.

Non lo sapevano, ma Emerald era serissima. Non era una spacconata. E aveva pure modo di farlo. Le mancava solo un motivo valido, o anche non-proprio-valido-ma-quasi.

«smetterà presto» disse Kirika.

«davvero, Emerald, non sarà una passeggiata» la avvisò Crea «non perché penso che tu valga poco, ma perché è difficile. Ecco tutto».

«non ne dubito, ma se posso i denti glieli spacco lo stesso».

«ti farai espellere» disse Fiona.

«ne varrebbe la pena, ed ho ottimi motivi per farlo. No Ro’?»

Già. Emerald aveva tutti i motivi del mondo, per come la pensava.

«i motivi si. Ma modo…non so».

«alla fine dovremo averlo per forza, perché la sfida finale è quella. E se non la supereremo, niente diploma» ricordò loro Jacqueline.

«per noi la cosa è diversa, noi li abbiamo già battuti in passato, ma la prima volta è tragica» disse Fiona.

«non sempre la prima volta è tragica. A me è andata bene» scherzò Hammy con un evidente doppio senso.

L’unica a ridere fu la demonessa. Le altre…due erano troppo tese, e due si misero una mano sul viso.

«ah si, t’è andata bene! Buon per te!»

«…di queste battute ne fa spesso?» chiese Fiona a Roxanne.

«oh si».

«con tutti, poi» aggiunse Jacqueline.

«meglio che stia attenta. Gli istruttori apprezzano il coraggio ma non perdonano la sfacciataggine».

«magari impareranno prenderla bene».

Altra risata sguaiata della demonessa.

Ok, via, nemmeno lei era male.

«non penso che impareranno a prendere bene la sfacciataggine…» disse Crea.

«era un’altra battuta a doppio senso» sospirò Fiona.

«oh!»

«no dai, rifletteteci bene: se un mucchio di uomini stanno sempre nello stesso posto a seccare le altrui genti e non tornano mai a casa le opzioni sono a)sono dei frustrati disammogliati b)hanno una moglie, ma non gliela sgancia. No, seriamente: Ramenman ha moglie?»

«non che io sappia» disse Roxanne.

«Buffaloman ha moglie?»

«mah. Se ce l’ha non so» commentò Fiona.

«e la moglie di Robin Mask per la disperazione ha finto di morire così che il marito non la facesse cercare ed è fuggita » concluse Emerald «tutte conferme alla mia teoria!»

«ma veramente a me risulta che Alisa Macintosh sia morta veramente, e non c’è da scherzare su queste cose» disse secca Crea.

«sulla sua presunta morte non si sanno molte cose » la contraddisse Emerald «e a rifletterci bene per Robin Mask sarebbe stato meno umiliante dire che era morta, piuttosto che ammettere un’eventuale fuga».

«illazioni. Tutto campato in aria» disse anche Jacqueline.

«mica tanto, visto che sto ripetendo più che altro le opinioni di Kevin Mask. Se non sa lui quello che dice, non lo sa nessuno».

«comunque se anche la signora Mask fosse fuggita di casa non ci riguarderebbe» concluse Fiona.

«right. Ma comunque conferma la mia teoria sul fatto che i rompi sono rompi perché si divertono poco!»

«effettivamente mio padre è veramente insopportabile» disse Kirika «ed è single!»

Din…don…

“tra cinque minuti atterreremo alla Scuola di Ercole. Preparatevi a scendere!”

«tale verità suprema comunque è bene tenerla per noi» disse Crea.

«siamo arrivati…oddio» farfugliò Roxanne.

L’astronave atterrò, e le sei ragazze scesero in formazione compatta, con Emerald e Fiona davanti.

«Fi’».

«mh?»

Hammy sputò sulla mano destra porgendola a Fiona «venti dollari che spacco i denti a Robin Mask prima della fine di questi tre mesi».

Dopo una breve esitazione la rumena sputò a sua volta sulla mano. «andata».

«ti auguro di sopravvivere alle tue parole» disse Kirika.

Jacqueline osservava il grande portone di pietra. Aveva una gran voglia di salire di nuovo sull’astronave e filarsela. Idem Roxanne.

Il portone iniziò ad aprirsi…

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Capitolo 3
*** Di vecchi sessisti ed altre anomalie ***


«ricordi il tuo primo incubo?»

Era il classico benvenuto che gli istruttori - Robin Mask per la precisione - davano ai nuovi allievi al loro arrivo. O anche a quelli che venivano in aggiornamento.

Ma se tale frase alquanto cupa generò in Roxanne un enorme aumento dell’ansia, un’espressione preoccupata in Jacqueline, ed un’espressione seria sui volti di Fiona ed Anubi Crea…

«lo rivivrai ancora, stando tra questa mura…» anticipò Kirika piano in falsetto e con espressione annoiata «sempre la stessa solfa».

«lo rivivrai ancora, stando tra questa mura…»

«quindi significa che qui da qualche parte ci sono dei marshmallow giganti che camminano? Not bad!»

…lo stesso non si poteva dire né per la demonessa né per Emerald J.V.P. Lancaster. Non erano i discorsi minacciosi a spaventarle.

Kirika poi l’aveva già sentito una volta ed era ancora lì. L’irrequieta chojiin del Pianeta dei Demoni, al di là dei discorsi di avvertimento che aveva fatto alle nuove arrivate, ricordava i propri trascorsi nella Scuola quasi divertita.

Gli istruttori le avevano fatto passare le pene dell’inferno nel tentativo di domarla, lei, la figlia del leader degli Psycho Chojiin, Yama Khan…ma anche lei non aveva fatto passare loro ore liete. E nonostante le punizioni, aveva sempre continuato testardamente a trasgredire regole su regole.

Era quella l’idea della demonessa, che le regole erano fatte per essere infrante, i miti erano fatti per essere sfatati, ed i palloni gonfiati come Robin Mask e compagnia erano fatti per essere sgonfiati da qualcuno più pungente di loro.

Fu per questo che, unica in tutto il gruppo di ragazze nonché in tutta la  stanza dove si trovavano, rise sguaiatamente alla battuta con la quale la Lancaster aveva rovinato il benvenuto di Robin Mask. Eh si, la ragazzina aveva fegato, ed era sfacciata come piacevano a lei. Si chiese solo quanto tutto ciò avrebbe durato, chi avrebbe avuto ragione di chi; Emerald su quei vecchiardi, o i vecchiardi su Emerald?

«nyah-ah-ah-ah-ah-ah, buona questa!»

“comincia male” pensò Fiona “c’è Robin Mask che la sta guardando come se volesse ucciderla”.

«…era proprio necessario?!» sbottò Jacqueline.

«è colpa mia se nel mio primo incubo c’erano dei marshmallow giganti?»

«mh, e poi com’è finito, Lancaster?» le domandò Kirika.

«come vuoi che sia finito? Li ho mangiati!»

«nyah-ah-ah-ah-ah-ah!»

«la Scuola di Ercole è un luogo serio le cui prove vanno affrontate, dunque, con il massimo impegno. Forse non ti è ancora chiaro, Emerald, ma lo sarà presto».

Ramenman era stato pacato, ma anche freddo e deciso. Non del tipo che faceva girare le scatole ad Hammy, comunque, che si era resa conto che probabilmente non sarebbero stati in molti ad apprezzare il racconto sui marshmallow.

«right, Mr. Ramenman».

«e vi metteremmo immediatamente al lavoro se…che perdita di tempo…» borbottò Buffaloman «se il direttore, il signor MacMadd, non avesse concesso ai giornalisti di intervistare voi ed anche alcuni di noi istruttori. La costituzione di un gruppo di supereroine è qualcosa di completamente inedito nella Muscle League…»

«inedito nonché totalmente inutile dal mio punto di vista» aggiunse freddamente Robin.

«a prendere le decisioni però sono io, qui» disse Vance MacMadd sbucando fuori dall’ombra e dirigendosi vicino alle ragazze «fatto buon viaggio?»

L’aveva chiesto a tutte, ma guardava Emerald. Va’ a capire perchè.

«si si, normale…»

Roxanne si fece ancora più piccola. Lei non era una vigliacca, ma per una ragazza qualunque quale era lei la situazione in cui si trovava poteva risultare decisamente stressante. Per cui Emerald fu lesta e poggiarle una mano sulla spalla facendole un piccolo sorriso d’incoraggiamento, che lei ricambiò prontamente.

«potevi mandare un’astronave migliore» sbuffò Jacqueline all’indirizzo di suo padre «più veloce, più lussuosa, e con almeno uno specchio».

«il budget è quello che è, lo sai» ribatté Vance, evitando di dirle che erano appena arrivati cinque nuovi milioni sul conto della Scuola, dei quali si era intascato almeno il 95% «Emerald, ad intervista conclusa sarebbe il caso che contattassi tuo padre…»

«che cosa?! è contro le regole!» protestò subito Buffaloman.

«silenzio! L’ho già detto che qui a prendere decisioni sono io!» ribatté MacMadd «come stavo dicendo, che chiamassi tuo padre per dirgli che è tutto a posto. Cosa che farai anche prima del coprifuoco. Entrambe le volte avrai venti minuti. D’accordo?»

Le chojiin, Jacqueline e Roxanne erano tutte un po’sorprese da questo fatto. Non che non capissero che, dopo l’incidente, Howard Lancaster fosse decisamente in ansia per la figlia. L’incontro di finale poi l’avevano visto tutte, e si erano rese bene conto dell’attaccamento dell’inglese verso la figlia; tutto quel putiferio l’aveva fatto perché Warsman, a suo dire, le aveva messo le mani addosso. Roxanne in particolare sapendo quel che c’era sotto comprendeva ancora meglio che sapendo la propria figlia nelle mani di Robin Mask, Howard fosse giustamente preoccupato.

Ma non erano proprio felicissime di questa leggera disparità di trattamento, pure se in fondo si trattava di un paio di telefonate al giorno.

Solo a Kirika e Jacqueline non fregava proprio niente, dato che la demonessa quell’idiota quasi -suicida di suo padre meno lo sentiva meglio era, e Jacqueline il suo, di padre, lo aveva lì.

«ah, quindi posso telefonare sul serio?»

«ah-ha. E mi raccomando…”va tutto bene, non succede niente di anomalo, non c’è di che preoccuparsi”. Di’ così a tuo padre» sollevò le sopracciglia inesistenti ed annuì velocemente con la testa «di’ così, mh?»

Crea e Fiona si scambiarono un’occhiata, chiedendosi entrambe

a) quanti milioni stavolta Howard H.R.J. Lancaster avesse offerto a Vance MacMadd.

b) se avesse minacciato di radere al suolo la Scuola di Ercole se lui ed Emerald non avessero potuto sentirsi!

«beh, finora effettivamente è andato tutto bene».

«altre clausole speciali, MacMadd? Ore di allenamento dimezzate, una stanza superlusso?» chiese Ramenman con una punta di sarcasmo. Era un altro che detestava favoritismi e trattamenti speciali di quel genere. Un conto era se si trattava di intervenire più intensamente su qualche allievo/a che restava indietro per aiutarlo/a a tirare fuori le proprie potenzialità, un altro trattarlo/a come un principe o una principessa.

«no, no, che dimezzamenti e stanze superlusso?!» esclamò Emerald incrociando le braccia «voglio allenarmi come tutte le altre, io. Sono qui per diventare una chojiin, non per passare l’aria. Se avessi voluto passare l’aria sarei rimasta a Tokyo».

“mh. Ecco, già va meglio” pensò l’orientale “se non altro dicendo così dimostra di voler fare sul serio al di là dell’iperprotettività di suo padre”.

Ramenman era un altro di quelli che non avrebbe mai dimenticato. Così come anche Buffaloman.

«infatti così sarà. Niente privilegi principeschi. Solo queste due telefonate giornaliere…nient’altro» disse rapidamente Vance.

«ok».

Robin Mask non aveva più detto una parola, sapendo che altrimenti sarebbe esploso indignato. Ok, erano solo due telefonate. Ok, la ragazza eccetto quelle sembrava non desiderare altri privilegi.

Ma per lui, quello era già più che troppo.

Da quando aveva visto l’Olap ribaltata…annullata in un modo così stupido…il nome della sua famiglia nuovamente macchiato, non solo dai Kinniku ma anche da Howard Lancaster, dai Lancaster, non era riuscito a pensare ad altro che ad una vendetta. Proprio come gli succedeva una volta con Suguru Kinniku, King Muscle, prima di iniziare ad imparare a rispettarlo.

I Lancaster avevano lasciato davvero la sua famiglia senza niente, ed avevano usato un Kinniku come strumento. Oltre al danno la beffa, la beffa suprema…imperdonabile.

Imperdonabile.

Che Howard Lancaster lo facesse pure ammazzare, dopo. Che distruggesse pure la Scuola, se ci teneva tanto. Ma lui si sarebbe preso la sua vendetta colpendolo dove gli faceva male, ossia angariando in ogni modo la sua amata figlioletta che oltretutto sembrava proprio non aver capito in che situazione si trovava. Ma l’avrebbe capito presto, perché l’avrebbe ridotta uno straccio.

Sarebbe uscita da quella scuola come l’ombra di quella che era…se ne fosse mai uscita. E poco gli importava anche che stesse con suo figlio.

“figlio”.

Era costretto a chiamare figlio quel fallito, Cristo.

Lui e gli altri erano tanto impegnati a dare il “benvenuto” da non accorgersi che i giornalisti di cui parlava MacMadd si stavano avvicinando di soppiatto con cineprese, microfoni e fotocamere per poter riprendere la situazione “al naturale”. Senza strani costrutti.

Aki Azumaya in particolare era convinta che davanti alle telecamere si sarebbero mostrati tutti tanto entusiasti, carini e gentili. E falsi.

«dai dai…andiamo…non facciamoci scoprire…»

Quel che voleva lei invece era la verità. Che in quel caso, stranamente, sarebbe stata di certo molto più succosa che un bel pettegolezzo che aveva ben poco di vero ma molto di scandaloso.

«Aki…penso che siamo abbastanza vicini» bisbigliò un cameraman.

«si, infatti questo posto è perfetto. Mh, mi sembrano tesi…vediamo che succede».

«ah…Mr. MacMadd? Un’altra cosa. È un problema se mi tengo questa?» disse Emerald tirando fuori la doppietta dal marsupio, facendo indietreggiare Vance.

«è proibito anche tenere armi dentro la scuola!» sbottò Buffaloman.

«è scarica, Mr., e veramente credo di aver pure dimenticato i proiettili sulla Terra, solo che per me è un portafortuna».

«è sempre un’arma!»

«…però scarica è meno pericolosa delle corna che ha lei sul capo, a dirla tutta. Massimo che posso fare è darla in testa a qualcuno».

«…si è portata dietro la pistola?» allibì Roxanne.

«dici che è scarica davvero?» Anubi Crea aveva qualche dubbio in proposito.

«se l’ha detto dovrebbe essere vero, anche perché gli istruttori potrebbero chiederle di disinserire la sicura e premere il grilletto per verificarlo» osservò Fiona «al di là dei significati simbolici, comunque, non ha torto a dire che forse una pistola scarica è meno pericolosa delle corna di Buffaloman».

«giustappunto, Emerald, se è scarica non dovresti avere problemi a fare quel che ha detto Fiona» la esortò sempre pacatamente Ramenman, al che la ragazza fece spallucce, tolse la sicura, e sotto gli occhi allibiti di tutti se la puntò alla testa premendo il grilletto sei volte.

«scarica. Visto?»

«sei impazzita?!! E se ce ne fosse stato uno?!!» urlò MacMadd pallido come uno straccio all’idea della reazione di Lancaster padre.

«lo saprò io se la mia pistola è scarica o meno!»

«…quella della quasi totalità degli uomini di qui lo è di sicuro» disse sarcastica Kirika, e stavolta fu Emerald a darle sostegno con una risata.

«uff, ma ti ci metti anche tu?» Crea alzò gli occhi al cielo.

«allora Mr. MacMadd la posso tenere si o no?» tornò a domandare Hammy.

Roxanne non riusciva proprio a capirla quella ragazza. Sapendo che a parte due telefonate non avrebbe avuto privilegi di sorta avrebbe dovuto essere spaventata, e vedendo come la guardava Robin Mask avrebbe dovuto esserlo il triplo, e invece scherzava con quella demonessa dalla quale lei, dal canto suo, avrebbe fatto in modo di stare più lontana che poteva.

«beh a questo punto penso che tu possa tenerl-»

«no, affatto!» esplose infine Robin, che non ne poteva più di quel teatrino. Rapidamente si avvicinò la ragazza, con la mano tesa «dammela ».

L’unica reazione di Emerald in quel caso fu un guizzo divertito negli occhi smeraldini, mentre le altre -eccetto Kirika che si stava trattenendo dal ridere di nuovo, e della grossa- osservano la scena stando mute.

«no» replicò tranquilla la ragazza.

«non era una richiesta, era un ordine: dammela immediatamente!»

Fiona si voltò di poco. «non ridere!» sibilò a Kirika.

«…la vuole immediatamente, lui…» borbottò piano la demonessa dai capelli verdi, sempre più vicina allo scoppiare a ridere.

Fu Crea ad accorgersi di uno scintillio a poca distanza, lo scintillio del vetro di una cinepresa.

«mi sa che ci stanno riprendendo» disse dunque pianissimo alle altre.

«forse dovremmo avvisarli» disse Roxanne ancora più piano. Jacqueline si limitò a voltarsi a favore di telecamera, dando loro il proprio lato migliore.

Sollevando un sopracciglio, Emerald J.V.P. Lancaster invece di rimettere la pistola nel marsupio o porgerla a Robin Mask tese i pantaloncini e l’elastico laterale del tanga, per poi mettere lì la pistola, al sicuro sotto la stoffa nera simil-jeans ed un altro pezzetto di stoffa alquanto irrisorio. Tutto ciò senza mai staccare gli occhi da quelli assassini del suo interlocutore.

«mi sa che se proprio la vuole dovrà prenderla con la forza, perché di mia volontà non gliela do senz’altro!» sentì Kirika, che non ce l’aveva fatta più, scoppiare a ridere come una matta «e tu che ridi? È una cosa seria! Il direttore ha detto che posso evitare di dargliela ma lui la pretende!…»

Solo a quel punto anche la giovane Lancaster notò il breve scintillio che aveva portato Anubi Crea ad accorgersi dei giornalisti, capendo a sua volta che probabilmente tutta quella scena sarebbe andata a finire dritta dritta in televisione, in ogni rete della galassia.

E mentre le più serie del gruppo, ossia Fiona, Crea e Roxanne, avevano poggiato una mano sul volto, adesso anche Jacqueline MacMadd ridacchiava. Quanto a Robin Mask, stava provando un misto letale di furia allo stato puro e vergogna. Dileggiato a quel modo davanti ai suoi colleghi, davanti alle allieve, davanti al direttore…!

E proprio dalla figlia di Howard Lancaster!

Se già da prima lei non gli piaceva proprio perché “troppo sfacciata” ed “una che non sa stare al suo posto” figurarsi adesso!

«taci, indecente svergognata!!!»  ringhiò.

«perché, che ho detto di male?» gli domandò Hammy mimando perfettamente un’aria perplessa, e di seguito una palesemente seccata ed irritata «ah. Ma certo. Avrei dovuto capirlo prima» alzò la voce «visto che lei è un grandissimo bigotto sessista, dato che sono una ragazza ed ho una vagina se in un discorso parlo di “darla” o “non darla” devo riferirmi a quella per forza vero?! Non alla doppietta della quale si discorreva fino a trenta secondi fa!»

Sembrava veramente arrabbiata, tanto che anche Ramenman e Buffaloman si avvicinarono di più.

«ma no, ma certo che non voleva intendere quello!» esclamò seccamente Buffaloman.

«e no?! Mi ha dato dell’indecente svergognata ed ho solo detto che non voglio dargli la doppietta avendo il permesso di tenerla, ovvio che intendeva quello!» si voltò versò il suo compatriota inglese «Robin Mask, lei è ufficialmente un bigotto, un sessista e pure un libidinoso perché altrimenti non sarebbe andato a pensare certe cose».

«ma come osi?!» sibilò l’inglese, e fu Ramenman a trattenerlo «dico, come osi?!»

«ha ragione!» esclamò all’improvviso Kirika andando di fianco ad Emerald e ponendole una mano sulla spalla come a voler fare un gesto di protezione ed appoggio nei suoi confronti. Non avrebbe mai perso l’occasione di far vedere un po’di sorci verdi a quel pallone gonfiato che peraltro lei aveva battuto, quando si era trattato di fare l’esame finale «bigotto! Libidinoso! Sessista!»

«Kirika, torna al tuo posto! La cosa è già abbastanza tragica senza che ti ci metta anche tu!» sbottò Buffaloman che fu costretto ad aiutare Ramenman a tenere a freno il loro collega inglese che altrimenti il cielo solo sapeva cos’avrebbe combinato.

«signori, e signorine, per favore! Non è buona cosa continuare questo litigio!» Vance MacMadd cercava di riportare la calma, ma non lo calcolava nessuno.

«lo sapevo io che una squadra di donne era una pessima idea! Le donne non c’entrano niente con la lotta! Sono troppo poco serie, troppo libertine ed immorali! Il loro posto è a casa a lavorare all’uncinetto, non in una scuola di wrestling o sul ring!!!»   Robin Mask nel ripensare a tutti gli anni vissuti in tempi ben diversi da quelli attuali -tempi nei quali le donne se ne stavano chiuse in casa a badare ai figli e non rompevano le scatole- diede sfogo a tutto quel che pensava delle “ragazze di oggi”, a parer suo senza educazione, senza morale, senza inibizioni, senza rispetto per il sacro potere che l’essere uomini conferiva agli uomini stessi. Era più che altro la rabbia a farlo parlare in quel modo, lui che solitamente era molto freddo e controllato, ma…Hammy era quello che era, e Kirika non gli era mai piaciuta.

E se era stato lui stesso a chiedere di Emerald per perseguire i propri scopi, stesso discorso non era valso per la demonessa, nominata invece da Pentagon che allora l’aveva… “presa sotto l’ala”.

«come sarebbe a dire “poco serie, libertine ed immorali”?!» sbottò Anubi Crea che, pacifica quanto si vuole, ma quando sentiva cose come quella perdeva le staffe e apriti cielo «hanno ragione Emerald e Kirika, lei è un sessista!»

«oooh no, anche lei ci si mette adesso» sbuffò Vance.

Aki Azumaya fremeva esultante dal proprio nascondiglio. Quello era oro colato! Niente di meno!

«infatti si, come si permette di dire che tutte le donne siano in quel modo solo perché donne, appunto?!» anche Roxanne sentendo quel che aveva detto si mise in mezzo «dovrebbe vergognarsi!»

«lei aveva moglie, anche sua moglie era immorale e libertina allora?!» anche Jacqueline, ormai incavolata nera, ci mise del suo.

«non nominare mia moglie!!! Lei sapeva stare al proprio posto!!!»

Decidendo che la situazione fosse degenerata già fin troppo, e ricordandosi dei giornalisti, Fiona pur avendo preso malamente come le altre gli epiteti dell’istruttore inglese indicò il nascondiglio della Azumaya.

«GIORNALISTI!!!» urlò.

Parola che ebbe un effetto calmante su tutti, anche sullo stesso Robin Mask.

«che cosa…giornalisti! Dove?!» sbiancò Vance pensando alla figura barbina che loro, in quel caso come rappresentati della Scuola di Ercole, avevano fatto.

«sono lì! stanno fuggendo!» urlò Buffaloman per poi lanciarsi all’inseguimento «ehi voi!!!»

«tornate indietro, era un malinteso!» anche Ramenman lo seguì a ruota, come Vance, mentre Robin Mask dopo un’ultima occhiata omicida ad Emerald rientrò nella scuola a grandi e furenti falcate.

«tu dei giornalisti lo sapevi vero Lancaster?» le domando Kirika «da un pezzo».

Hammy lì per lì rispose con un sorrisetto ed un’alzata di sopracciglio che valeva più di mille parole.

«perché, tu no?»

«quindi l’hai fatto di proposito» disse Jacqueline buttando all’indietro i lunghi capelli rossi che, pensò, d’ora in poi avrebbe dovuto raccogliere in una coda.

«a dire il vero ha fatto tutto da solo. Io mi sono solo rifiutata di dargliela!» disse Emerald facendo spallucce.

«nyah-ah-ah-ah-ah-ah, vieni Lancaster» Kirika le fece cenno di seguirla dentro la scuola «porta qui dentro chiappe e valige, che tanto quelli ne avranno ancora per un pezzo!»

Già, inizialmente Emerald aveva scelto di portare via solo un borsone bello grosso. Ma poi aveva cambiato idea, portandosi via altre tre grosse valige con dell’altra roba. Valige particolari a dire il vero… ma si sarebbe visto dopo.

«effettivamente stare qui fuori è un po’inutile. Entriamo?» mise il braccio sinistro attorno alle spalle di Roxanne e guardò Fiona ed Anubi Crea. Jacqueline, con le sue sei valige (sei! E grosse!) era già partita per fatti suoi. Nella Scuola di Ercole come allieva non c’era stata, ma ciò non significava che non la conoscesse lo stesso.

«ormai che altro c’è da fare…» sospirò la rumena, che comunque non aveva gradito tutta la scena di prima.

Emerald aveva i suoi pregi, ma anche dei difetti belli grossi. Tra i quali, a quanto pareva, diventare una grande stronza se provocata anche poco poco. Si, Robin Mask rimaneva un sessista sempre e comunque, ma era stata lei -con l’aiuto di una Kirika al quale non pareva il vero di aver trovato una specie di alleata- a portarlo ad agire in quel modo, con quella scenata di rabbia che in verità l’aveva inquietata non poco. Ed avrebbe anche voluto saperne di più sul perché Robin Mask e i Lancaster si detestavano in quel modo, perché in quell’incontro di finale si era parlato di firme e patti, ma firme per cosa, e patti di cosa? quello non era stato detto con precisione…

«libertine! Tsk! a volte Robin Mask capisce meno di una gallina lobotomizzata» sbottava ancora Anubi Crea che era quella che aveva preso peggio tutto «immorali! Puah!»

«Anubi Crea, appena arrivata già ce l’hai con qualcuno?»

La vista di Sozumi, che tra gli istruttori era sempre stato il suo preferito, rasserenò un po’ l’egiziana.

«oh…Sozumi…salve».

«dovresti imparare a stare un pochino più tranquilla, ragazza mia» le disse lui in un rimprovero bonario «quindi, ecco qui nuove e vecchie arrivate…» fece scorrere lo sguardo su di loro «allora, Fiona…tutto a posto?»

«si» rispose semplicemente lei sistemandosi la lunga treccia rosa.

«Kirika figlia di Yama Khan, ti sei decisa a mettere finalmente la testa a posto?»

«ma non penso proprio!»

Sozumi fece un grosso sospiro, mentre a lui si univano anche Black Hole e Pentagon.

«quindi presumo che mi farai tribolare ancora!» disse quest’ultimo alla demonessa, che rise per l’ennesima volta.

«chiaro!»

«non pensavo che avrei visto la figlia di MacMadd qui, un giorno» disse lentamente Black Hole, voltandosi prima verso Jacqueline e poi verso Emerald «…stesso discorso vale per te. Dicevano che preferissi fare altro».

«eppure eccomi».

E dal modo in cui si avvicinò alla ragazza con i due codini, come a volerla difendere, Black Hole capì anche perché.

«eh già, la scommessa di MacMadd» disse poi Pentagon riferendosi a Roxanne, appunto «è stato lui a fare il tuo nome».

«ehm…ah si?»

MacMadd aveva detto spesso, scherzando, “perché non prendiamo lei nella Muscle League?” nei momenti in cui l’aveva vista picchiare Kid Muscle. Assurdo come da quello scherzo si fosse passati ad un intento serio, e tutto perché non aveva avuto altre idee.

«si» l’americano si voltò verso Emerald «la spalla sta bene».

Già, anche lui era a bordo ring con Ramenman e Buffaloman. Solo che Jacqueline invece che Pentagon l’aveva chiamato Starface, presumibilmente per via della stella sul volto liscio e bianco.

«già. La mia spalla sta bene».

«ottimo».

“anche se è bianco ed ha le ali da angioletto è tetro uguale” pensò Hammy.

«Ramenman e gli altri dove sono? Avrebbero dovuto darvi il benvenuto!» disse Sozumi.

«infatti, solo che poi hanno avuto qualche problema con dei giornalisti invadenti che hanno ripreso Robin Mask nel suo exploit da-» avviò a dire Jacqueline, interrotta da Anubi Crea con un mezzo strillo isterico modello…

Bernadette.

«sessista di merda!»

«Crea!» si stupì Sozumi «ma che è successo?»

«niente…ho chiesto a Mr. MacMadd se potevo tenere come portafortuna la mia pistola, ovviamente scarica» Hammy la tirò fuori dai pantaloncini «lui ha detto che potevo tenerla, mentre Robin Mask voleva che gliela dessi per forza, e quando gli ho detto di no mi ha dato della svergognata immorale perché va’a capire quel che ha pensato! Probabilmente credeva che con tutti quei “darla” e “non darla” ci fosse qualche doppio senso di mezzo, e quello si è messo a dire che noi donne non siamo adatte al wrestling perché “immorali, libertine e poco serie”!»

«incredibile» borbottò Sozumi scuotendo la testa.

Pentagon non commentò, ma tra l’averla vista già in azione durante l’incontro finale con quelle battutine velenose ed il sogghigno della sua “protetta” Kirika, l’americano aveva la sensazione che Emerald in tutto qual racconto non fosse così innocente come sembrava. Non che la cosa gli importasse. Robbie per come la pensava l’americano era sempre stato troppo rigido, da buon inglese aristocratico consumato. Diciamo che non era esattamente tra i colleghi che trovava più simpatici…e che fosse un po’sessista comunque era vero.

«comunque ecco, tranquilla Crea. Sono certo che non lo pensava davvero» cercò di riparare Sozumi «sai com’è fatto Robin, quando si arrabbia sul serio parte per la tangente e chi lo ferma più?»

«mi auguro di non vederlo più in quel modo» disse Roxanne.

«dovrebbe farsi una camomilla allora» sbuffò Kirika.

«avrei dovuto portare il fucile con i sedativi che uso a volte quando vado a caccia con mio padre» disse Hammy con aria pensosa.

«…tu vai…a caccia?» Fiona tra le altre cose se non era proprio un’animalista c’era vicina…

«da quando ero piccola. Non di frodo, ovviamente, solo quando è stagione e solo per il numero di prede consentito dalla legge. Inoltre uccido solo cose che poi mangiamo».

Gli inglesi di classe alta e la caccia: binomio inevitabile. Solo che più che altro valeva per gli uomini.

«d’accordo, torniamo alle cose serie» disse Black Hole «avrebbero dovuto comunicarvelo Buffaloman e gli altri, ma a questo punto lo faremo noi. Riguarda l’assegnazione delle stanze».

Se gli uomini dormivano in sei per camera, per le donne non valeva lo stesso discorso. Di allieve ce n’erano sempre state pochissime, e comunque era sempre stato tenuto in conto che avevano delle esigenze diverse; per cui erano state adibite all’uso “perfino” sei stanze da due posti, che avevano “addirittura” un piccolo bagno con doccia annesso per una. Di queste sei stanze, in questo caso, ne sarebbero state dunque utilizzate solo tre.

«di che si tratta?» domandò Jacqueline.

«vogliamo mettere insieme per ogni stanza un’allieva nuova ed una più anziana. Pensavamo che potesse essere d’aiuto».

«ah, ok» disse Crea, che come anche Fiona -che stava annuendo- non aveva problemi.

«mi toccherà fare da balia, oh no» sbuffò invece Kirika temendo che la mettessero insieme alla due codini o peggio ancora alla rossa.

«che tu lo voglia o no ti tocca, Kirika» disse Pentagon. Sozumi si sgranchì la voce.

«allora, sarete messe così: Anubi Crea e Jacqueline MacMadd insieme…»

Le due si guardarono. Non si trovavano né simpatiche né antipatiche, quindi tutto sommato era un buon inizio.

«Roxanne Nikaido, che è quella più “nuova” a tutto questo starà con Fiona…»

“Dio ti ringrazio!” pensò la ragazza avvicinandosi alla lottatrice rumena, che le stava sorridendo.

«e di conseguenza…»

«nyah-ah-ah-ah-ah-ah io con la Lancaster! Ecco, così la faccenda mi può stare anche bene!» sentenziò la demonessa che aveva completamente cambiato espressione, da seccata a molto soddisfatta.

«vedete di non fare troppi danni, o sarete punite» le avvisò Pentagon, pur sapendo che era un avvertimento totalmente inutile conoscendo Kirika ed avendo visto lo strano brillio negli occhi della londinese, oltre al suo sorrisetto.

Si chiese se non avessero sbagliato le disposizioni…

Proprio in quel momento i loro colleghi e Vance MacMadd, reduci da un inseguimento infruttuoso, entrarono nella stanza.

«dannati giornalisti…» brontolava Buffaloman.

«non siete riusciti a prenderli?» gli domandò Sozumi.

«no!» sbottò Vance «avete comunicato alle ragazze la loro disposizione nelle stanze?»

«si, si» disse Pentagon. Robin Mask le squadrò tutte e sei.

«in fila» disse freddamente. Loro obbedirono.

«a coloro cui questo non è ancora chiaro voglio ricordare che qui non c’è posto per battute, scherzi e prese in giro» sentenziò camminando davanti a loro «questo è il posto che imparerete a temere di più in tutta la galassia, o che vi ricorderete di temere di più» aggiunse, trovandosi davanti a Kirika  «non importa se siete delle donne, conoscerete sudore, lacrime, sangue, sacrificio. Dolore fisico e psicologico» si fermò davanti ad Hammy, che era l’ultima della fila «specialmente tu».

«Robin…» disse Vance in tono di avvertimento, memore delle parole del padre della ragazza, ma venne ignorato. Ed il resto degli istruttori, come tutti, ebbe la conferma che Robin Mask aveva nominato Emerald proprio per darle addosso.

“si chiama scavarsi la fossa” pensò Pentagon.

«ah davvero».

Non che la ragazza sembrasse spaventata, però.

«si, davvero» disse Robin ancora più minaccioso.

«in tutto questo discorso non ho sentito una sola parola di scuse verso il genere femminile, per quel che lei ha detto prima. Lo ha fatto apposta o mi sono persa qualche passaggio?»

In effetti delle scuse sarebbero state doverose, ma l’inglese non era dell’umore. Così dopo un breve momento di silenzio…

«…e vuoi sapere perché a conoscerlo sarai soprattutto tu?»

«Robin, non è il caso» lo avvisò anche Ramenman, inascoltato.

«a questo punto direi che sono curiosa di sentirlo».

L’uomo le si avvicinò ancora di più, fino ad incombere su di lei che ancora si ostinava a non abbassare lo sguardo.

«perché sei una svergognata, sfacciata e viziata, figlia di un lurido pazzo criminale e stai con quel miserabile fallito che sono costretto a chiamare figlio!»

L’istante prima che Emerald reagisse la maggior parte dei presenti capì che

a) Robin Mask aveva veramente esagerato.

b) che aveva fatto un errore a non tenere la lingua a freno.

Dopo aver deciso che -nonostante il forte desiderio di romperlo in due- era meglio non usare il pugno super potenziato con quale avrebbe potuto trapassare il bacino da parte a parte, Emerald diede un calcio a tutta forza contro l’inguine dell’inglese causandogli un dolore tale da portarlo ad emettere un acuto che nemmeno Maria Callas nei suoi momenti migliori, e a crollare a terra piegato in due dal dolore.

Altro che le stelle, gli aveva fatto vedere un mucchio di galassie!

«Robin!» esclamò Sozumi accorrendo in suo soccorso. Emerald osservò con puro disprezzo il padre del suo ragazzo, sperando di avergli comunque rotto qualcosa e pensando che la prossima volta se mai ci fosse stata e non l’avessero espulsa quel giorno stesso avrebbe usato il pugno eccome!

«le ho fatto male? strano. Non pensavo che un verme come lei avesse le palle».

“mi espellessero pure, ne è valsa la pena, avevo voglia di farlo da quasi un anno!” pensò mentre senza dire una parola di più prendeva le valige e se ne andava nemmeno-lei-sapeva-dove.

La prima a riprendersi dalla sorpresa fu la demonessa, che le andò dietro.

«Lancaster! aspetta, per le stanze devi andare a destra!»

«non c’è niente da vedere! Andatevene in camera anche voialtre!» ordinò loro Buffaloman «veloci!»

«filiamo via» bisbigliò Fiona a Roxanne sparendo con lei nel corridoio, velocemente imitate da Anubi Crea e Jacqueline.

Tutti gli istruttori erano rimasti attorno a Robin Mask, aiutandolo ad alzarsi e facendolo arrivare almeno nella sala insegnati. L’unico che non aveva fatto minimamente caso alle sue condizioni era Vance MacMadd, che si torceva le mani all’idea di quel che Emerald avrebbe raccontato a suo padre.

“va’ a vedere che perderò tutto per colpa di quel pazzo di un inglese!” pensò.

 

 

«…la prossima volta gliele faccio vomitare!» esclamò Emerald, ancora furiosa «come si è azzardato a dire quelle cose di mio padre e di Kevin?! stupido idiota tonto cretino deficiente coglione imbecille patentato bastardo stronzo inutile schifosissimo verme di cimitero!»

Già, se Hammy aveva reagito in quel modo non era stato mica per quel che Robin aveva detto di lei, nossignore. Ma aveva insultato suo padre e il suo ragazzo, che peraltro era pure suo figlio. Kevin lo difendeva ancora, e Robin Mask lo aveva apostrofato a quel modo! E poi…suo padre non era uno stinco di santo…ma sentendo quel “pazzo criminale” aveva proprio perso le staffe.

Quanto a Kirika era indecisa se mettersi a ridere o cercare di calmarla.

Decise per la prima opzione.

«nyah-ah-ah-ah-ah-ah-ah, ed ecco che Robin Mask non può più andare a mignotte!...l’avrei fatto anche io, ragazza mia. Io del mio vecchio ne dico di tutti i colori ma se qualcun altro ci prova lo ammazzo di botte».

«non capisce un cazzo!» sbottò Emerald «che mi facciano pure espellere se hanno tanta voglia ma io quel che ho fatto lo rifarei trecentoventisette volte, se lo meritava, un conto era che insultasse me perché di quello mi sarebbe fregato fino a un certo punto ma mio padre e Kevin non li deve toccare!»

«ormai dovrebbe averlo capito. Lancaster» da una delle tasche della sua giacca tirò fuori una piccola bottiglietta di vetro «liquore del pianeta dei demoni, bevine giusto un paio di sorsi che è roba forte» la avvertì lanciandogliela «ti dirò, se non ti buttano fuori sono contenta di essere capitata con te; sei una di quelle che della vita ha capito tutto!»

Emerald afferrò la bottiglietta al volo. «altrettanto».

«non una parola su questi viveri segreti o sei morta».

«ti rivelo un segreto, quelle tre valige sono così grosse perché hanno degli scomparti segreti non rilevabili da alcuna scansione fatte apposta per portarsi dietro cose che non ci si potrebbe portar dietro, e dentro ho una grossa scorta di alcolici» disse bevendo due sorsi dalla bottiglietta per poi restituirla a Kirika «adesso siamo pari».

«avevo ragione: tu della vita hai capito veramente tutto».

 

 

:: circa un’ora e mezzo dopo ::

 

 

«che ne facciamo della ragazza? Il regolamento imporrebbe di buttarla fuori per un atto del genere!» disse Buffaloman.

«no che non la buttiamo fuori, io la voglio uccidere con le mie stesse mani!» esclamò Robin Mask furioso e ancora dolorante «quella…sfacciata…svergognata…»

«basta!» disse Ramenman imperioso «se andiamo a fondo della questione è palese che la colpa non è solo sua».

«che vorresti dire?!»

«che se anche odi suo padre non avevi diritto di dirle quelle cose, come non l’avresti di prenderla di mira. Sospettavo che fosse per quello che l’hai voluta qui, ma credevo che alla fine saresti stato ragionevole!» quasi grido Vance.

«se avessi detto le stesse cose di mio padre e della mia ragazza penso che  avrei reagito alla stessa maniera. Non che la ragazza abbia fatto bene, è comunque un comportamento inaccettabile, ma…te la sei cercata, ecco» concluse l’orientale.

«ma l’avete vista come si comporta! E l’avete sentita quando mi ha rivolto quelle parole offensive mentre ero a terra, suo padre è un pessimo soggetto, e lei non è diversa!» tornò alla carica Robin.

«non penso che avrebbe tentato di sterilizzarti se tu non l’avessi attaccata per primo» disse Pentagon.

«non ha il minimo autocontrollo!» sbottò Buffaloman «e come elemento problematico c’è già la tua cara Kirika!»

«credo che a dire il vero di autocontrollo ne abbia avuto fin troppo» lo contraddisse Black Hole.

«e delle scuse sarebbero state opportune, riguardo quelle considerazioni sessiste» aggiunse Ramenman.

«ci credo che Anubi Crea era furiosa. Robin, ma che ti è preso?!» gli domandò Sozumi.

«se è per quella cosa dell’Olap guarda che ha sconvolto tutti, non solo te. Ma a dirtela tutta non è colpa di Howard Lancaster se quella mossa è imperfetta; lui ha solo fatto quel che Buffaloman fece con la Kinniku Buster, l’ha ribaltata, è nella natura delle mosse: qualcuno le inventa, qualcuno le ribalta! È normale!» riprese a dire Pentagon «ok, era una mossa storica e quant’altro, ma allora i Kinniku che avrebbero dovuto fare, sparare a tutti i figli dei wrestlers che hanno annullato una delle loro mosse? Ma andiamo!»

«non immischiarti tu!» ringhiò l’inglese «non puoi capire!»

«il discorso di Pentagon però è logico».

«Ramenman, anche tu?! Eppure tu c’eri! Eppure lo sai benissimo com’è andata!»

«no, non lo so, perché a dirtela tutta io devo ancora capire cos’è quella storia…patto, non patto, firma, non firma, notai, testimoni, tu non hai detto niente a nessuno di noi riguardo a questo».

«perché non vi riguarda!!!»

«…MA LO SAI CHE SE EMERALD DICESSE LA COSA SBAGLIATA A SUO PADRE POTREBBE SCOPPIARE IL CAOS?!!» esplose infine Vance MacMadd «magari a te della sorte di questa scuola non importa ma a me si! Qui si addestrano gli eroi! È la sede storica! E soprattutto mi porta un mucchio di introiti!»

«solo a quelli pensa» borbottò Buffaloman.

«ha detto bene, al momento di tutto questo non me ne importa niente!!!» ringhiò Robin Mask alzandosi -con sommo dolore- ed andandosene dalla stanza.

«con la ragazza parlo io» disse pacatamente Ramenman alzandosi «vedrò di risolvere la cosa».

«va bene. Affido la cosa a te» disse Vance «fa’ del tuo meglio».

 

 

«dici che la espelleranno?»

Pur essendo l’esperta del gruppo Fiona stavolta non sapeva che dirle, a Roxanne.

«ha fatto qualcosa che va contro ogni regola. Robin Mask l’ha presa male fin da subito -anche per colpa sua a dirtela tutta- ma in ogni caso non avrebbe dovuto dirle quelle cose. Io...in un certo senso posso capirla. Nemmeno io l’avrei presa bene se avesse parlato in quel modo di mio padre e del mio compagno, tanto più che il compagno in questione è suo figlio. Non riesco ancora a credere che l’abbia definito un miserabile fallito, Kevin Mask ha combattuto più che bene in quell’incontro, e se ha perso è stato solo per quel ribaltamento improvviso della Tecnica Olap».

«lo ha perfino diseredato» disse Roxanne quasi tra sé e sé.

«ma veramente?...» la rumena scosse la testa «incredibile. È l’unico figlio maschio…»

«lo so! Anche Hammy è rimasta di sasso quando l’ha saputo».

Fiona la guardò perplessa. «“Hammy”? è così che la chiamano gli amici?»

«eh…è una lunga storia. Il fatto è che Emerald pare un po’la reincarnazione di uno scoiattolo, sta più “arrampicata” che a terra. Spesso penzola dai rami degli alberi di nocciole a testa in giù».

Fiona fece un sorrisetto. «ah si? Continuo a non capire che c’entri questo con il fatto che la chiami Hammy, ma va bene così» si buttò distesa sul letto con un sospiro «che giornataccia, ed è tutt’altro che finita».

«dici che con gli allenamenti inizieranno oggi?»

«col caos che c’è stato non credo, ma da domani si inizia a faticare. Fatti forza, perché non sarà facile».

«sono amica dei ragazzi della Muscle League, dai loro racconti qualcosa so. Arrampicate con massi, bestie…feroci…superare un fiume pieno di coccodrilli stando attaccati ad un tronco e con dei pesi ai piedi…»

«oh si».

«correre su un tapis-roulant con delle lame rotanti che ti triturano se rallenti…»

«già».

«gli addestramenti nel corpo a corpo con gli istruttori, le regole da imparare a memoria…»

«parecchie. Lo sai, io penso che Emerald sia venuta qui solo perché ci sei tu».

Roxanne spalancò gli occhi, mentre disfaceva la valigia. «c-cosa?»

«ma si. Non la conosco bene ma mi sembra insofferente alle regole quanto Kirika, e dubito che si sarebbe infilata qui dentro sapendo che c’è Robin Mask se non avesse avuto un motivo più che valido per farlo. Fino ad ora non si era mai interessata a questo mondo no? Sbaglio?»

«…vero» ammise Roxanne «quindi tu pensi che l’abbia fatto per proteggermi».

«parlando francamente qui sei quella che parte più svantaggiata. Io comunque ti darò una mano. Ed Emerald anche, se non la espelleranno» assunse un’aria pensosa «va’ a vedere che perderò venti dollari».

«a proposito di Kirika…mi sembra un pochino…ecco…»

«ah, all’inizio non la potevo vedere neanche io. Poi mi sono abituata. Non è male in realtà, è solo…una demone» Fiona fece spallucce «suo padre era un nemico della Lega, è già tanto che lei sia passata dalla nostra parte. Comunque…dato che sei amica di Emerald hai una vaga idea del perché preciso di tutto questo odio tra lei, Robin Mask e suo padre Howard Lancaster?»

Roxanne si buttò a sua volta sul letto. «ho saputo tutta la storia qualche mese fa. Per come la penso ha tutti i motivi di volerlo prendere a calci nelle palle!»

«lei se la prenderebbe se mi raccontassi?»

«non credo. Ecco, da quel che ho capito è andata così…»

 

 

 

Non si poteva dire che al di fuori del ring Ramenman non tenesse un comportamento assolutamente educato. Specialmente con le signorine. E tanto più con delle signorine presumibilmente arrabbiate.

Infatti bussò leggermente alla porta.

«sono Ramenman…»

Fossero stati allievi maschi forse avrebbe bussato ed aperto, semplicemente. Ma essendo allieve femmine potevano starsi spogliando, o simili, e sarebbe stata una situazione quantomeno imbarazzante…quindi avrebbe aspettato che fossero loro, ad aprire la porta. Almeno sarebbero state di sicuro presentabili.

Ad aprirgli però fu la stessa Emerald, avvolta in un asciugamano, con la pelle ancora umida ed i capelli davanti agli occhi. «…è qui per me, vero?»

“!!!...ha uno strano concetto di presentabile, la ragazza” pensò.

«eeh…si. Posso entrare?»

«si. Siamo “soli”, si può dire» mimò le virgolette con una mano sola mentre le faceva accomodare, visto che con l’altra mano doveva tenere fermo l’asciugamano «Kirika al momento è occupata».

A fare la doccia, a quanto pareva, dato che si sentiva il rumore dell’acqua che scorreva.

«va bene. Probabilmente non ci vorrà molto» incrociò le braccia dietro la schiena «riguarda quel che è successo prima, naturalmente».

«volete espellermi?»

«da regolamento dovremmo, ma ti sono state riconosciuti delle forti attenuanti. Ovviamente il tuo comportamento è stato inaccettabile, ma lo è stato anche quello di Robin Mask. Perciò riceverai solo una punizione; prima parte degli allenamenti raddoppiata».

Le era andata già di lusso. E poi…allenamenti raddoppiati? Che fosse. Ci stava.

«sissignore».

Mh. Se non si trattava di Robin Mask era ragionevole, allora, pensò l’orientale.

«oltre ovviamente a delle scuse».

A quelle parole la ragazza rizzò la testa, lo guardò, socchiuse gli occhi, fece schioccare la lingua contro il palato e scosse la testa.

«no».

«Emerald Lancaster…»

«no. Ha insultato prima tutte le donne, poi me, poi mio padre e poi suo figlio. Accetto la punizione e prometto che quanto è accaduto non accadrà ancora, se d’ora in poi non dirà più cose del genere dei miei cari» specificò «ma scusarmi…! Oh no. E anche lei se è minimamente corretto riconoscerà che ho le mie buone ragioni».

Silenzio da parte di Ramenman che stava prendendo una decisione alquanto complicata e che al suo collega inglese non sarebbe piaciuta.

«se le scuse fossero reciproche?»

«lui per primo».

«eh. Questo è pretendere troppo».

«e poi anche lui dovrebbe essere punito, per la par condicio».

«non pensi di averlo punito abbastanza con quella terribile ginocchiata?»

Emerald assunse un’aria riflessiva. «a Warsman ho sparato per molto meno» confessò «glielo dico perché è lei. E perché tanto i proiettili li ho dimenticati davvero quindi non c’è rischio che succeda qualcosa del genere qui».

Ok. Avevano a che fare con la versione femminile di Howard H.R.J. Lancaster in miniatura.

«ecco, è già qualcosa» sospirò lui «allora? Se le scuse sono reciproche va bene o ci vuoi proprio costringere ad espellerti o infliggerti una punizione ancora più dura?»

«scuse reciproche siano. Ma» disse a voce più alta «lui per primo!»

Sarebbe stata dura.

«vedremo. Ah, un’altra cosa. Tra poco sarebbe bene che chiamassi tuo padre…e Vance MacMadd è alquanto allarmato per quel che gli dirai».

«se Robin Mask mi porgesse le sue scuse…ed io dunque le porgessi a lui…» aggiunse «entro un’ora non ci sarebbe motivo di lamentarmi con nessuno di quell’episodio. In fin dei conti lei ha ragione, quella ginocchiata è stata una punizione di per sé. E non vorrei che ci andasse di mezzo qualcuno che non c’entra nulla, quindi…direi che non sia necessario dire altro no?» recuperò dei vestiti dalla valigia «anche perché vorrei mettermi dei vestiti asciutti adesso».

Capita l’antifona Ramenman uscì dalla stanza senza dire null’altro.

Meglio risparmiare le parole nel tentativo di far ragionare Robin Mask.

***


Kirika, Anubi Crea e Fiona sono tutt'e tre canoniche, ma più che altro è conosciuta solo l'ultima delle tre. Per cui...

ecco Kirika
Image and video hosting by TinyPic ed Anubi Crea
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Capitolo 4
*** Questo matrimonio non s'ha da fare ***


:: Tokyo, sera ::

 

 

Tutti i ragazzi della Muscle League erano sintonizzati sullo stesso canale. Avevano sentito di uno speciale del TG serale, che avrebbe parlato della costituzione del nuovo super gruppo ed avrebbe mostrato delle riprese fatte poco dopo l’arrivo delle ragazze nella Scuola. Per i ragazzi era un modo di vedere come se la cavavano Roxanne, Emerald e…si, anche Jacqueline.

Loro se le erano immaginate quantomeno inquiete all’idea di dover affrontare -così all’improvviso, poi!- una cosa del genere.

Si erano immaginati di vederle in fila, serie serie e composte mentre gli istruttori facevano i loro discorsi.

Avevano creduto che durante la probabile intervista, se mai avessero domandato qualcosa a loro invece che agli ex wrestlers, si sarebbero dichiarate che so, “emozionate, un po’inquiete, è tutto nuovo, bla bla bla…”

 “mi sa che se proprio la vuole dovrà prenderla con la forza, perché di mia volontà non gliela do senz’altro!”

Quel che stavano vedendo invece era di tutt’altro stampo. Perché Emerald contrariamente a quanto Meat in particolare aveva auspicato si stava comportando…beh…da Emerald. Come al solito. Con la consueta sfacciataggine, le consuete battutine e i suoi classici gesti ambigui come infilare la pistola sotto pantaloncini e tanga.

«…ma che diamine?!…»

“e tu che ridi?”

«quella ragazza non me la ricordo» disse Dik Dik indicando Kirika sullo schermo «e nemmeno quest’altra» indicò Anubi Crea «Fiona però ce l’ho presente…»

«al momento non è quello che importa!!!» urlò Meat.

 “È una cosa seria! Il direttore ha detto che posso evitare di dargliela ma lui la pretende!…”

A quel punto sia Terry che Kid Muscle capendo benissimo il palese doppio senso -già, Kid non capiva una mazza di niente eccetto quelli- scoppiarono a ridere esattamente come aveva fatto Kirika.

«capito, Robin Mask vuole proprio che gliela dia! La pretende!» ragliò il texano «il padre cerca di fare concorrenza al figlio!»

«ma dite che si era accorta dei giornalisti?» domandò Wally.

«se n’erano accorte tutte quante, si sono voltate tutte in direzione delle telecamere almeno una volta!» fece osservare loro Jeager «però lei no, effett…oh, ecco, se n’è accorta adesso».

taci, indecente svergognata!!!”

«Robin Mask è nero…» osservò Meat «le cose non si mettono bene! Ma che lei che si è messa in testa?!»

L’immagine cambiò, e comparve per un attimo quella di Aki Azumaya.

classico esempio di come noi donne, in ambienti come quello del wrestling, vengano denigrate per un semplice fraintendimento. Dimostrazione che le associazioni femministe avevano tutte le ragioni di protestare contro lo sfacciato maschilismo che regna nella Scuola di Ercole, che l’ex presidente della IWF Vance MacMadd aveva perfino tentato di negare, così come gli altri istruttori della Scuola…tra i quali lo stesso Robin Mask! Ma come si può vedere da queste immagini, e soprattutto da quelle che vi mostrerò in seguito, le sue dichiarazioni a favore delle donne erano false quanto una moneta di plastica. Ad ogni modo, tra poco vedrete come le nostre ragazze mostrano di sapersi difendere”.

Il video riprese ad andare.

“perché, che ho detto di male? ah. Ma certo. Avrei dovuto capirlo prima, visto che lei è un grandissimo bigotto sessista, dato che sono una ragazza ed ho una vagina se in un discorso parlo di ‘darla’ o ‘non darla’ devo riferirmi a quella per forza vero?! Non alla doppietta della quale si discorreva fino a trenta secondi fa!”

«non gli ha fatto fare una bella figura» commentò Trixie «ed è inutile che Buffaloman cerchi di metterci una pezza».

“ma no, ma certo che non voleva intendere quello!”

“e no?! Mi ha dato dell’indecente svergognata ed ho solo detto che non voglio dargli la doppietta avendo il permesso di tenerla, ovvio che intendeva quello! Robin Mask, lei è ufficialmente un bigotto, un sessista e pure un libidinoso perché altrimenti non sarebbe andato a pensare certe cose”».

«UOOOOOOOOOOOOOOH!» urlarono tutti insieme i ragazzi della League.

«lo ha insultato davanti alle telecamere!...vedete come la sta guardando? Oddio, la ammazza!!!» strillò Kid.

«non lo fa solo perché lo stanno trattenendo» disse Kiki.

“ma come osi?!dico, come osi?!

«si, ma facendo così herr Mask la ammazzerà durante gli addestramenti» disse Jeager, un po’allarmato.

“ha ragione! Bigotto! Libidinoso! Sessista!»

«in compenso se non la buttano fuori oggi stesso pare che Emerald abbia…»

 

 

«…trovato un’alleata».

Il commento di Warsman, seduto in cucina con Kevin,  riguardo ad Hammy e Kirika era stato piuttosto neutrale. Ma sentendo tutti quei doppi sensi, che in seguito la ragazza era riuscita ad utilizzare per far apparire Robin Mask come un “bigotto sessista libidinoso” lui aveva pensato solo due cose.

La prima, quando l’aveva vista mettersi la pistola nei pantaloncini con un gesto che aveva trovato a dir poco ammiccante: “è la solita puttanella”.

Le seconda, quando Emerald aveva occhieggiato i giornalisti per poi fare la sceneggiata da “sono una donna con l’orgoglio offeso”: “ed è anche la solita stronza!”

«non l’ha detto veramente. Dimmi che ho sentito male io e non gliel’ha detto sul serio» Kevin Mask appoggiò il viso sulle mani «dimmi che non gli ha dato del bigotto sessista libidinoso, perché se così fosse mio padre non gliela farebbe esattamente passare liscia…»

“Kirika, torna al tuo posto! La cosa è già abbastanza tragica senza che ti ci metta anche tu!”

«e invece gliel’ha detto sul serio, Kevin. Era un pezzo che non vedevo tuo padre così furioso!» disse il russo vedendo Buffaloman aiutare Ramenman a tenere fermo il suo vecchio maestro ed amico. Sembrava che fosse una cosa comune tra loro due finire a perdere le staffe quando si trovavano davanti Emerald J.V.P. Lancaster.

“poi immagino che Robin ce l’abbia con lei anche per via di quel che ha fatto suo padre. E se fosse stato lui a nominarla proprio per poterle dare addosso?” si chiese “sarebbe un gesto sciocco, ma Robin è anche un uomo vendicativo, e non mi stupirebbe se avesse deciso di…finire ad affossarsi da solo”.

«aveva detto di voler fare sul serio!» esclamò Kevin, tra il preoccupato a morte per la salute della sua ragazza e l’irritato «aveva detto che non avrebbe fatto stupidaggini e invece sta facendo tutto il contrario!»

“signori, e signorine, per favore! Non è buona cosa continuare questo litigio!”

«ma tu ti aspettavi veramente che lo facesse?»

“io un po’a dire il vero ci avevo sperato” pensò Flash.

«si! Me lo aspettavo! Insomma, dopotutto che ha deciso di andare lassù e piantarmi qui da solo tre mesi facesse almeno le cose per bene. Anche se comunque…» incrociò le braccia e guardò malamente l’immagine di suo padre in tv «non avrebbe dovuto darle dell’indecente svergognata!»

“lo sapevo io che una squadra di donne era una pessima idea! Le donne non c’entrano niente con la lotta! Sono troppo poco serie, troppo libertine ed immorali! Il loro posto è a casa a lavorare all’uncinetto, non in una scuola di wrestling o sul ring!!!”  

Stavolta fu Flash a mettersi una mano sul volto, mentre Kevin rimaneva senza parole.

«mi spiace dirlo ma stavolta Robin non è stato furbo per niente».

«ma sono concetti medioevali! Che razza di sessista» sbottò Kevin «sapevo che era rimasto indietro anni ed anni ma non credevo così tanto

«ed ecco che così facendo Emerald gli ha messo contro più o meno tutte le donne della galassia che si schiereranno a favore suo e delle altre» il russo alzò gli occhi al cielo e scosse la testa «questo è l’inizio di una guerra nella Scuola di Ercole, ragazzo mio».

“non è che io come arcinemico non le basto più?” pensò, quasi con…una punta di irritazione! “magari la signorina adesso che dobbiamo contenerci punta ad altro. Non le bastano più i punzecchiamenti col sottoscritto, adesso anche con Robin Mask si ammazzerà a ritmo Dies Irae, poi tenteranno di uccidersi durante Halloween e infine finiranno dispersi su qualche satellite della nebulosa di Ercole insieme ad una scorta di alcolici che finiranno in una sera per poi ritrovarsi nudi e reduci da una notte di sesso sfrenato della quale lei giurerà di non ricordare niente!”

«senti Hammy magari l’avrà pure fatto apposta ma quelle parole in bocca non gliele ha messe lei, e nemmeno quei pensieri retrogradi nella testa!» disse aspro l’inglese vedendo tutte quante le ragazze dare addosso a suo padre «se le associazioni femministe adesso gli si scaglieranno contro guarda, fanno più che bene. Questo è un esempio dei comportamenti solo apparentemente ineccepibili per i quali sono scappato di casa da piccolo…»

“uuuuh, ed eccolo che ricomincia” pensò il russo sforzandosi di non alzare gli occhi al cielo. Se non altro però questo l’aveva distolto da foschi pensieri di Emerald che finiva a tradire la loro arci inimicizia.

Nonché Kevin, naturalmente, sarebbe stato orribile se lei fosse davvero finita a farsi pure il padre del suo ragazzo.

«…prima vaneggia di cavalleria e galanteria, poi se ne esce con cose come questa!»

Warsman avrebbe tanto voluto potergli dare torto. Ma lui stesso sapeva benissimo che Robin Mask ultimamente stava dando i numeri, era evidente anche dal solo fatto che avesse diseredato il suo unico figlio maschio.

«e se penso che diventerà il suocero di Hammy…»

Ecco, il campanello di allarme che gli risuonò nella testa a sentire Kevin parlare in quel modo fece svanire in un attimo ogni altro pensiero.

«basta con questa storia del matrimonio! Kevin! Non hai ancora vent’anni!»

«e allora?! Emerald mi ha raccontato che i suoi genitori si sono sposati appena sua madre ha compiuto diciotto anni e suo padre venti!»

«e si che tu dei genitori di Emerald hai così tanta stima…» disse Warsman sarcastico.

«Lady Janice mi è simpatica, non le piacciono i tedeschi. E poi…si possono dire tante cose, ma non che non sono una bella famiglia modello Mulino Bianco. Una famiglia bella e grande poi, dato che si riconoscono anche tra cugini lontani. Per dire, il figlio del cugino di suo padre Hammy lo riconosce*. E anche i nipoti dei vari fratelli e sorelle di sua nonna Verbena li riconosce tutti. È il tipo di famiglia che volevo io, grande e unita…»

«si ma non stavamo parlando della “meravigliosa famiglia Lancaster”, qui si parlava di te e della tua idea balzana di voler sposare quella ragazza appena torna! E poi chi ti dice che accetterebbe?»

«lei mi ama! Se non ha accettato stamattina è solo perché non ha sentito…»

«ha sentito, voglia te se ha sentito, il rumore dei motori era troppo poco perché non sentisse. Solo che a quanto pare lei tutta questa voglia di convolare a nozze così giovane non ce l’ha. Com’è comprensibile che sia!»

Incredibile che si trovasse ad appoggiare Emerald ma in quel caso la ragazza si dimostrava molto più ragionevole del suo pupillo che invece stava dando i numeri come suo padre, solo in modo diverso.

Non era bene che si sposassero adesso.

Non era bene che si sposassero e basta per come la pensava lui, a dire il vero.

Da fidanzati Emerald aveva dimostrato di poter gestire sia il rapporto con Kevin che quel poco che era rimasto della loro arci inimicizia, ma poi? Una volta sposati come sarebbe andata a finire?

Per non parlare del fatto che…sarebbero rimasti lì a Tokyo o Emerald avrebbe voluto tornare a Londra e magari vivere in quella villa immensa doveva viveva anche il resto della propria famiglia?

Ok, Kevin quelle condizioni probabilmente non le avrebbe accettate. Vivere sotto lo stesso tetto con un uomo che odiava? Ma dai. Non lo aveva fatto con suo padre, tantomeno lo avrebbe fatto col suocero…

Già, a proposito: con quel matrimonio ci sarebbero stati dei grossi problemi ai quali Kevin non aveva nemmeno pensato.

Lui adesso era diventato uno spiantato diseredato con solo un cognome nobile dalla sua; Emerald invece era una ragazza dell’alta borghesia inglese nonché unica ereditiera di una fortuna incalcolabile, nemmeno fosse stata Momoka Nishizawa*.

Vuoi che Howard H.R.J. Lancaster non pretendesse che Emerald facesse firmare a Kevin un contratto prematrimoniale col quale dichiarava che in caso di divorzio avrebbe rinunciato ad ogni diritto sul suo patrimonio? Ed era chiaro che Emerald avrebbe accontentato paparino in quella che sarebbe stata la prima ed unica pretesa in tutta la vita che Howard avrebbe voluto che lei accontentasse.

Si vedeva già la scena davanti, come fosse stato un film. Lei che arrivava con quel foglio, Kevin che lo leggeva e sbottava un “ma come, non ti fidi di me” e quant’altro, lei che ribatteva con “mi fido, e proprio sapendo che non sei un cacciatore di dote non capisco che problemi hai a firmare”…ed il litigio che ne sarebbe conseguito.

«lei mi ama, io amo lei, non vedo che problema c’è!» ribatté Kevin.

«perché quando si tratta di quella ragazza tu non vedi al di là del tuo naso».

“e forse è meglio che Kevin non sforzi troppo il suo cervellino nel tentativo di scoprire i vari retroscena, perché sarebbe un gran disastro”.

«ah si?! E allora dimmeli tu tutti questi problemi visto che sei tanto più sveglio di me e conosci la mia ragazza tanto bene!!!»

Ridagli con quella faccenda! «Kevin, per l’ennesima volta, non è questione di conoscerla bene: è questione di lo-gi-ca» lo guardò «anche se parlare di cose logiche a qualcuno che chiacchiera di sposarsi senza avere la più pallida idea di cosa significa non ha molto senso».

«che vuoi che significhi sposarsi? Che io e lei saremo marito e moglie, andremo in luna di miele, vivremo insieme in una casa più bella e grande di questa, prenderemo un labrador femmina color miele che chiameremo Elodie, ed avremo almeno due figli possibilmente una femmina e un maschio che si chiameranno rispettivamente Eve -il nome l’ho scelto io- Emerald Janice Alisa Mask Lancaster e Feng-yi -come il suo trisnonno- Mask Lancaster. Niente nome lungo se fosse maschio, perché io a mio figlio “Howard” e “Robin” non ce lo chiamo…ma dove vai?»

No, no, quello era troppo per Flash che a sentire tale sproloquio si era alzato ed era andato via dalla cucina. In certi casi solo quello si poteva fare.

Kevin non aveva capito un accidenti della vita.

«Warsman!...aspetta, dove vai?»

«ad aprire la finestra per far uscire tutta la gran quantità di idiozie che hai appena detto. Ho capito che sei giovane e innamorato e hai un sacco di sogni, ma ti facevo un po’più “pratico”…»

«se è per il labrador  potrebbe chiamarsi Lakshmi invece di Elodie…»

«il labrador è l’ultimo dei problemi!...e comunque la tua ragazza preferisce i gatti e i conigli».

«e tu che ne sai?!»

«…dico, ma non l’hai mai visto il suo blog su Tumblr?»

Ed ecco che se mai fosse saltato fuori che lui conosceva altre cose di Emerald che invece Kevin non conosceva, aveva trovato una giustificazione abbastanza valida. Anche perché sul blog di Emerald praticamente c’era tutto per davvero, a leggere con un minimo di attenzione.

Si beh. Tutto a parte quel che riguardava loro due e il suo super braccio.

«a dire il vero non ci ho mai badato granché. Non sono un patito di social network e simili amenità…e tu come ci sei capitato?»

«nel periodo del Torneo, per verificare che non si facesse scappare qualcosa nemmeno lì riguardo ai nostri allenamenti. Poi che mi sia messo a leggerlo è un altro discorso; si trattava di conoscere il nemico!»

«il “nemico”, tsk…non dirmi che siete ancora nemici mortali, pensavo che aveste smesso! Non voglio trovarmi casa distrutta un’altra volta!» sbottò, per poi guardarsi attorno e vedere il divano desolatamente vuoto «…già. Per almeno tre mesi non c’è questo rischio» fece un grosso sospiro.

«è partita stamattina e già sospiri? Che dovrei dire io allora?»

Kevin rizzò immediatamente le antenne, pronto a ridurre in polpette chiunque avesse manifestato strani attaccamenti alla sua futura moglie. Warsman incluso.

«perché? Tu che c’entri?! Che rapporti hai con lei di cui io sono all’oscuro?!!»

Certe domande per Kevin sarebbe stato meglio non farle, ma il russo riuscì ad incassare decentemente e dare una risposta altrettanto decente.

«non ne ho. È solo che non ho più nessuno con cui giocare a Mah Jong o con cui parlare di…“sproloqui di vecchi cinesi”».

Oltre al resto che era bene non dirgli.

«scusami tanto se invece di fare giochi da tavolo preferisco andare in palestra ad allenarmi e se non mi piace scartabellare vecchi libri che non legge nessuno» disse acidamente l’inglese.

«non era un rimprovero, era la constatazione di un dato di fatto, Kevin. Ed ovviamente con questo non dico che tu non sia intelligente, solo che ti piacciono cose diverse dalle mie. Più da…“giovane d’oggi”».

«anche ad Emerald piace quel che piace a me!»

«infatti non ho negato nemmeno questo, di cose in comune ne avete diverse» disse Flash. Poi il fatto che non avrebbe saputo dirne una che fosse una eccetto l’amore per birra e fish&chips era un altro discorso «solo che ecco…diciamo che se foste due antibiotici…»

«…ma che paragone è?!»

«tu saresti uno di quelli mirati per un singolo tipo di batterio, lei uno di quelli ad ampio spettro. “acchiappa” più cose insomma» si alzò «è bene che io torni a casa, adesso. E se Emerald dovesse chiamarti per piacere evita di chiederle di sposarti un’altra volta. Non solo perché è una cosa sciocca…»

«ehi! Non hai il diritto di giudicare, chiaro?! Tsk! tutta invidia, ma non è colpa mia se io ho qualcuno e tu invece sei da solo».

Si rese conto di essere stato stronzo subito dopo aver finito di parlare.

«…ma anche perché sarebbe squallido» concluse il russo per poi andarsene velocemente senza nemmeno guardarlo in faccia.

«Warsman, aspetta, non volevo dire quello che-»

L’altro non lo ascoltò, uscendo di casa e chiudendosi la porta alle spalle.

«ha ragione Emerald, dovrei imparare a pensare prima di aprire bocca. Peccato che poi lei sia la prima a non farlo ma questo è un altro discorso.

 

 

insomma…come qualche ora  fa. È tutto a posto.

«si, non c’è niente di cui preoccuparsi».

ne sei sicura? Perché da quel servizio in tv che ho visto la faccenda mi sembra diversa.

«Robin Mask è solo un vecchio sessista, si può gestire. Insomma…eventualmente gli tiro giù tutti i denti con il mio pugno proibito e chi s’è visto s’è visto…si, lo so che avevamo programmato di far saltar fuori la faccenda del pugno-non-si-sa-come-super-potente alla fine…ma comunque ecco, il nocciolo della questione è che non c’è ragione che ti preoccupi».

L’ultima volta che Hammy gli aveva detto che non c’era ragione di preoccuparsi era saltato fuori che la bestiaccia immonda le aveva messo le mani addosso, quindi se Howard diffidava di tale affermazione aveva le sue buone ragioni.

Ma d’altro canto era vero che sua figlia un vecchiardo come Robin -così lo definiva dall’alto, anzi dal basso, dei suoi quarantacinque anni- poteva gestirlo benissimo.

diciamo che fingerò di crederci.

«uff. Che malfidato».

ho le mie buone ragioni per esserlo. Sono passati sei minuti, visto che nella telefonata di prima siamo stati a parlare tutti i venti minuti che hai a disposizione perché in questa non chiami i tuoi amici? Lo sai che puoi farlo.

«infatti ci stavo pensando, una telefonata a Kid e compagni la faccio senz’altro, però non so che è il caso di chiamare Kevin…»

Mh. Strano che lo dicesse, pensò Howard.

come mai? È successo qualcosa?

Glielo chiese sperando ardentemente che lei se ne uscisse con “mi ha stufato e lo voglio lasciare”. Si, non si sarebbe mai messo in mezzo alla loro relazione, ma ciò non voleva dire che Kevin Mask gli piacesse. Non tanto perché era stato diseredato, non era una questione di soldi o del fatto che Emerald doveva scegliersi un partner ricco; per quel che lo riguardava avrebbe potuto pure mettersi con il figlio di un giardiniere, se la rendeva felice.

Ma Kevin Mask…un ex D.m.P., un teppista dai capelli lunghi e per di più figlio di Robin!...per fortuna era una cosa seria solo fino ad un certo punto. Insomma, non c’era niente di ufficiale…

«niente, a parte che mentre stavo partendo mi ha chiesto di sposarlo».

Errata corrige.

C’era qualcosa di ufficiale eccome.

Ammutolì perfino, all’idea di Kevin Mask nella sua famiglia.

Catastrofe, tragedia, disastro!

«papà? Ci sei?»

Disastro, disastro!!!

–…certo che ci sono, principessa. Quindi ti ha chiesto di sposarlo…e tu che gli hai detto?

“dimmi che gli hai detto di no Hammy ti prego dimmi che gli hai detto di no!” pensò. Aveva usato un tono tranquillo, ma lui non era tranquillo per niente!

«io? Che vuoi che gli abbia detto, niente, ho fatto finta di non aver sentito, perché io di sposarmi adesso non ne voglio sapere!»

Chiudendo per un attimo il microfono sul cellulare Howard Lancaster fece un enorme sospiro di sollievo. Niente teppisti in famiglia, ancora, ringraziando Iddio. Non che lui in Dio credesse granché. Se mai avrebbe chiesto a Janice di accendere un cero anche per lui, la prossima volta che sarebbe andata a messa.

ah! Bene, bene, saggia scelta, ottimo. Almeno tu sei stata ragionevole! State insieme da pochi mesi e già parla di sposarsi, ma per l’amor del cielo. Poi lascia perdere che tua madre ed io…

«voi siete solo un’eccezione mica la regola. Magari tra sette o dieci anni se staremo ancora insieme se ne potrà parlare, ma adesso non è proprio cosa».

no no, infatti, non è cosa per niente. E comunque Hammy ti renderai conto che se tra sette o dieci anni ufficializzerete davvero la cosa…beh…– breve pausa – Emerald, voglio dirtela com’è perché so che sei una ragazza intelligente e che capirai. Tu sei l’ereditiera di una fortuna immensa, lui ha un pugno di mosche in mano; ti renderai conto che, sempre sperando che vada tutto per il meglio ovviamente, sarebbe bene tutelarsi prima, per evitare grane in caso di divorzio.

«insomma se io e Kevin staremo ancora insieme tra dieci anni, cosa in cui spero ma niente affatto scontata, dovrò fargli firmare un contratto prematrimoniale».

Aveva capito alla perfezione cosa intendeva, e non sembrava averla nemmeno presa male.

detta in breve è così. Tu sai che a me in realtà dei soldi poco importa però, ecco, è per evitare noie.

«no no, ho capito e concordo. In fin dei conti Kevin non è un cacciatore di dote, non vedo che problemi ci potrebbero mai essere se, nel caso, eventualmente, se mai, magari, forse ci sposassimo tra parecchio tempo».

Ma quanto era bello avere una figlia così ragionevole e coi piedi per terra, invece che una diciannovenne qualunque accecata dall’amore. Per come la pensava Mr. Lancaster amore e questioni pratiche andavano sempre divisi, ed era qualcosa che aveva spesso ripetuto ad Emerald.

bene, bene. Allora ti lascio telefonare ai tuoi amici, Hammy. Dodici minuti li hai ancora…ciao. Mi raccomando, se capita qualcosa non esitare a dirmelo.

«ah…papà?»

si?

«effettivamente una cosa negativa da segnalare ce l’ho. Io e le ragazze mangiamo da schifo».

non da domani in poi. Ah, e quella cosa che hai chiesto dovrebbe arrivare proprio stasera. Ciao, Hammy.

E chiuse.

No, alla fine Emerald come promesso non aveva detto niente a suo padre del “piccolo alterco” con Robin Mask. In fin dei conti Ramenman l’aveva convinto infine a scusarsi, dopo la cena -alquanto spartana- nella sala mensa.

Per primo.

Una scena assolutamente comica in quanto quelle scuse -almeno quelle ad Emerald- semi ringhiate erano parse più un “io ti torcerei il collo con le mie mani”.  Di stampo un po’diverso quelle verso le altre ragazze, con le quali evidentemente l’inglese aveva scelto di “allenarsi” prima di presentare quelle pubbliche a tutte le donne in diretta televisiva.

Vedendo in tv quel servizio che lo classificava come un vecchio retrogrado sessista maschilista si era chiesto se anche i suoi colleghi si fossero accorti che tutte le ragazze, Lancaster inclusa, sapevano benissimo di essere riprese e non avevano detto una parola.

E questo aveva spiegato anche il curioso fatto che Kirika si fosse schierata subito dalla parte di Emerald. Robin sapeva benissimo che quella malnata demonessa lo aveva sempre detestato -cosa reciproca- ed era chiaro, ovvio, che aveva scelto di non perdere l’occasione creata da Emerald di umiliarlo pubblicamente.

“tanto alla fine me la paga” pensò “le renderò la vita qui un inferno, e poi…”

Sarebbe bastata qualche sostanza strana nel cibo e volendo avrebbe anche potuto…

“se la vuole dovrà prendersela con la forza perché io di mia volontà non gliela do sicuramente”.

…già, avrebbe anche potuto…

Trasalì.

No.

Eh no. No no.

Scosse violentemente la testa scacciando il pensiero assurdo che gli era venuto in mente. Assurdo, insensato, contro tutto quello che gli era stato insegnato.

Assolutamente no.

Un conto era il proprio piano originale, un altro macchiarsi di una colpa così grave.

No, era impensabile. Una cosa del genere non avrebbe dovuto passargli per la testa neanche per un istante.

Ma che gli era preso?!

Che avrebbe detto suo padre se avesse saputo che per un attimo aveva pensato di violentare una ragazza che avrebbe potuto essere sua figlia o addirittura sua nipote?!

…e che oltretutto stava con suo figlio…

La sete di vendetta contro il suo ex amico Howard H.R.J. Lancaster gli stava facendo perdere la testa o cosa?

“non diventerò un mostro per colpa sua” pensò con convinzione “non sono così. Io sono molto meglio, di così. Non ho mai fatto niente del genere e mai lo farò. Che sono, un animale? In assoluto, no”.

 

 

“…‘non è colpa mia se io ho qualcuno e tu sei da solo’…grazie mille per avermelo ricordato”.

Solo, solo, era sempre stato così: s-o-l-o. A parte la compagnia di qualche prostituta ogni tanto col quale soddisfare i propri istinti maschili, ovviamente. Ma non era un pensiero molto confortante.

Non aveva -e non avrebbe- mai trovato davvero qualcuno. Non alla sua età, non col suo passato e non ridotto così com’era.

Nessuna donna lo avrebbe mai accettato e gli avrebbe mai voluto bene, nemmeno la più disperata tra le disperate, nemmeno una ottantenne accattona piena di pulci.

Non aveva nemmeno mai baciato sul serio una donna fino a qualche mese prima.

E anche quell’episodio avrebbe fatto meglio a toglierselo dalla testa una volta per sempre, visto che tanto non ci sarebbe stato un seguito visto che lui ed Emerald avevano scelto di tornare.

Ecco, l’unico periodo di tempo in cui si era sentito davvero “in compagnia” era stato quello di soli due mesi e mezzo con la sua Nemica Numero Uno. Incredibile, la odiava ancora a morte eppure eccolo là perso tra i ricordi…

Sentire il proprio cellulare che squillava gli fece quasi prendere un colpo. Il numero era sconosciuto, ma di un telefono fisso, e a giudicare dal prefisso sembrava una chiamata interplanetaria.

Vuoi vedere che…?

nella vecchia fattoria ia-ia-oh! C’è il porcello! Cello! Ce- ce- cello!...

«sarei tentato di riattaccarti in faccia, Lancaster».

Pensi al diavolo, spunta la coda!

«si può sapere che ti è saltato in testa?! Hai fatto fare una figura tremenda a Robin Mask!»

ma veramente ha fatto tutto da solo, che quelle idee in testa non gliele ho messe io. E quello non è il peggio.

A quelle parole il russo iniziò già ad inquietarsi.

«…che altro hai combinato?»

gli ho tirato una ginocchiata alle palle.

“ma io perché una cosa del genere la temevo?!”

«pensavo fossi andata su con l’idea di fare sul serio e diventare una vera chojiin, non con l’intento di sterilizzare il padre del tuo ragazzo! Lancaster! Vedi di far funzionare quell’unico mezzo neurone che hai…»

io perlomeno mezzo ne ho, tu manco quello…

«…e comportati come si deve almeno per una volta dimostrando che sai anche sembrare diversa da una puttanella sfacciata quale sei!»

Ma che gentile.

mh. So a chi tirare una ginocchiata la prossima volta, appena torno più preparati, che ti tocca. Sempre che non decida di spararti alla testa direttamente.

«Robin potrebbe decidere di renderti la vita difficile!»

lo stronzo lo aveva deciso già prima che arrivassi. Me lo ha praticamente sbattuto in faccia davanti a tutti. Ha detto precisamente che io più di tutte le altre conoscerò il dolore perché sono “una svergognata, sfacciata e viziata, figlia di un lurido pazzo criminale e stai con quel miserabile fallito che sono costretto a chiamare figlio”.

Ah.

capirai, non ci ho visto più.

Su di lei e su Howard Lancaster Flash poteva tranquillamente dare ragione a Robin. Ma che avesse parlato in quel modo di Kevin ,che tutto era meno che un miserabile fallito, era una cosa inaudita. Inaccettabile. Brutta proprio!...possibile che non riuscisse davvero a rendersi conto che Kevin era un ragazzo meraviglioso e che avrebbe meritato tutto meno che quel disprezzo?

Fosse stato al posto di Robin lui l’avrebbe trattato diversamente. Ma non era suo padre, purtroppo, anche se aveva cercato di “occuparsene” in maniera quasi analoga.

A parte che per i sonniferi, i segreti, e lo strano rapporto con la sua ragazza ovviamente.

«se ha detto davvero così…»

ho parecchi testimoni.

«è davvero ingiusto nei confronti di Kevin. Ultimamente entrambi i Mask stanno dando i numeri».

perché, che ha combinato Kevin? non posso andarmene nemmeno un giorno che già fa danni…!

«vuoi farmi credere che davvero non hai sentito Kevin chiederti di sposarlo?»

ah. Quello. Ho sentito eccome ma non mi pare il caso, ho diciannove anni porca miseria, che cavolo di discorso è?

«allora il labrador come lo chiamerete, Elodie o Lakshmi?»

ha VERAMENTE tirato fuori questa storia anche con te?!…e io che speravo che scherzasse…sai una cosa del tipo di quando uno dice “ah, io domani partirò e andrò alle Hawaii tre anni in un albergo a sette stelle”!

«lui invece non scherza affatto, purtroppo. Farai meglio a chiarire la cosa, non credi?»

non oggi, sto per finire i minuti della seconda telefonata. Li ho divisi tra papà e, beh…te.

Aveva chiamato lui.

Di tutti, lui.

«perché?»

ma che ne so…

«fai le cose senza nemmeno sapere perché le fai, andiamo bene!»

magari perché l’idea di un porcello solo soletto a menarselo nella mia vecchia casa non mi piaceva.

«non mi stavo…! Sei una grandissima porca, altro che donna dalla dignità offesa!»

ah-ha! Ti ho interrotto, eh?

«ma va’ al diavolo, va! E vedi di non finire a farti anche Robin Mask».

il mio Nemico Mortale Numero Due? ma anche no. Di Pallemosce me ne basta uno!

«Pallemosce, dici…devo proprio ricordarti come si è svolta la cosa?»

non ce n’è bisogno. Ti saluto. Non giocare troppo con l’arnese o finirai per romperlo dato che è vecchio come il proprietario!

Chiuse prima che lui potesse ribattere.

Il russo rimase lì, col cellulare in mano, a guardare lo schermo con aria assente.

«Nemico Mortale Numero Due. Sono ancora in cima alla lista» disse tra sé e sé.

Ed un piccolo pensiero vagamente vendicativo andò anche a Kevin, nonostante poi il dispiacere per lui lo avesse coperto subito:

“il ‘qualcuno’ che tu pensi di avere ha chiamato ME, non te!”.

 

 

Il telefono di Vance MacMadd squillò.

«si?»

di quei primi cinque milioni che le ho dato  ne usi almeno un paio per far mangiare decentemente tutte le ragazze, d’ora in avanti.

Chiamata terminata.

Ma era stata più che sufficiente.

 

 

:: una del mattino ::

 

 

«il coprifuoco è scattato da un pezzo, che ci fate fuori a quest’ora?! Kirika! Sei la solita!»

La demonessa alzò gli occhi. «Anubi Crea, a volte sei abbastanza rompipalle da farmi pensare che tu voglia diventare un’istruttrice».

«e tu Emerald sei già stata fortunata ad evitare l’espulsione, se ti beccano fuori a quest’ora potrebbero anche cambiare idea!» continuò imperterrita l’egiziana, in camicia da notte e capelli bellicosamente sciolti. Era piccina e morbida, ma parecchio agguerrita.

«come on, so per certo che non buttano fuori nessuno solo per questo. Se mai appesantirebbero la mia punizione, sai quanto me ne frega».

«tu non hai idea di cosa ti aspetta ecco perché parli così! ma tu Kirika ce l’hai eccome, e se hanno messo insieme un’allieva vecchia e una nuova è proprio perché dovremmo dissuaderle dal fare cose di questo genere!»

«Jacqueline che fa?» le domandò Hammy ficcando la testa dentro la stanza per poi trattenersi dallo scoppiare a ridere vedendo la rossa dormire con un asciugamano attorno alla testa, un impacco verdognolo sulla faccia e due fette di cetriolo sugli occhi «ah! Devo farle una foto!!!» tirò fuori la macchinetta digitare, zoomò e scattò la foto «appena mi riconnetto ad internet questa finisce sul mio blog, prima di partire ho aperto la sezione “Life In Hercules Factory”…»

«ma si può sapete cos’è ‘sto casino?!» sibilò Fiona aprendo la porta della stanza attigua a quella di Crea e Jacqueline «ah! dovevo immaginarmelo. Non pensi che sarebbe meglio se evitassi guai, tu?»

«che succede?» disse sottovoce Roxanne affacciandosi a sua volta sul corridoio «…Emerald! Torna in camera tua, se vi trovano fuori…»

«morite voi di fame, noi andiamo a procacciare del cibo!» ribatté a mezza voce Kirika «che diamine non mangiavo così male da quella volta in cui da ubriaca ho mangiato per errore della pappa per gatti!»

«guardate che il cibo della mensa è sempre quello» sbuffò Fiona «su, non fate le stupide e tornate dentro!»

«ascolta, io di tutte le volte che sono uscita…in proporzione diciamo che mi hanno beccata giusto quattro volte su quindici».

«il 26, 666666666666666666666666666667% delle volte. Percentuale accettabile» sentenziò Hammy «e comunque non andiamo in mensa, Fi’. Entriamo nella suite di MacMadd».

«lì c’è roba buona» annuì Kirika «oltre alla wi-fi».

«ma siete totalmente rincoglionite?!» sibilò Crea sempre più arrabbiata.

« dobbiamo anche andare a cercare la piantina dei condotti di aerazione di questo posto. Abbiamo tolto un attimo la grata di quello di camera nostra ed abbiamo visto che io lì dentro viaggio benissimo, quindi se mai dovesse servirci qualcosa passo attraverso quelli, arrivo dove voglio e lo prendo».

Ci credo, al momento era quarantotto chili ed era alta un metro e sessantuno.

«la cosa più urgente qual è, la piantina o il cibo?» chiese la londinese a Kirika.

«la piantina. Una volta presa quella non avremo più problemi di viveri».

«ma se vi beccano mentre siete in giro?!» anche Roxanne si era innervosita.

«siamo in pigiama, fingiamo un attacco di sonnambulismo».

«ah si, molto credibile, tu poi!» sbottò Fiona, sempre a volume controllato.

«vabbè ragazze, buonanotte a voi e in bocca al lupo a noialtre» concluse Emerald iniziando a correre velocemente lungo il corridoio con la demonessa e sparendo alla vista.

«sono pazze. Se le beccano…» borbottò Anubi Crea.

 

 

«Panz MacMatto tiene quasi tutto nello stesso magazzino» stava dicendo sottovoce Kirika «a parte le cose più strane che invece sono nei sotterranei».

«conosci bene il posto, neh?»

La loro corsa si era fermata solo un attimo, quando avevano visto passare Curry Cook che evidentemente quella sera era di ronda. Ma a parte quello non avevano avuto altri intoppi, anche perché l’indiano non aveva nemmeno percepito la loro presenza.

«oh si. Un’uscita dopo l’altra ho imparato» disse Kirika correndo «solo che io più che il cibo cercavo un modo per andarmene di qui. Non ci volevo stare, all’inizio».

«ti hanno dato problemi?»

Emerald sperò che la compagna di stanza non la trovasse troppo indiscreta. Kirika odiava le impiccione. Ma d’altra parte era stata proprio lei ad avviare il discorso.

«Robin Mask» disse semplicemente la demonessa «con gli altri ex cattivi terrestri non ha avuto problemi, ma poiché io sono mezza demone figlia di un demone…non è solo sessista, è anche razzista».

«insomma andrebbe abbattuto come faccio con le volpi».

«oh si, che diamine, se lo fai ti regalo una fornitura a vita di liquore del mio pianeta» si fermò davanti ad una porta «eccoci qua, dovrebbe essere apert…ma…no! è chiusa! Prima non era mai chiusa!»

«mh. Faccio io» sentenziò Hammy vedendo che il tipo di serratura era apribile con una forcina.

Pochi istanti dopo poterono entrare.

«si tutto sommato l’idea di due per stanza non era malvagia per niente» commentò Kirika «io avrei dovuto spaccare la serratura».

I magazzini erano strapieni di roba di ogni genere, ma a detta di Kirika teoricamente i documenti che cercavano erano in uno dell’enorme e disordinato mucchio di grossi scatoloni vicini all’ingresso. Come a voler trovare un ago in pagliaio in effetti, pensarono, ma le due non intendevano arrendersi nonostante questo e il fatto che avessero solo una misera e piccola torcia elettica.

Esclusero a priori le scatole più nuove concentrandosi su quelle sulle quali era stato segnato l’anno in cui i condotti di aerazione erano stati costruiti, diversi anni prima. Trovarono lo scatolone con la piantina della scuola, e quella dei  condotti, circa tre quarti d’ora dopo.

«ce l’abbiamo fatta!» esultò Kirika spegnendo la torcia e ficcandosi i figli in tasca «ottimo, possiam-»

Vedendo la porta aprirsi leggermente Emerald e la demonessa si nascosero dietro agli scatoloni.

Appena in tempo.

«…che ci fa qui Robin Mask a quest’ora?» disse pianissimo Kirika «non ci voleva…»

Emerald però pensava ad altro. Ossia al brillio della chiave del magazzino -solo quella poteva essere dato che era l’unica che aveva e che l’aveva appena rimessa lì dopo essere entrato - che quasi stava cadendo dalla tasca dell’inglese.

Allungando appena un braccio la ragazza riuscì ad afferrarla senza che lui non se ne accorgesse nemmeno.

«entrare è entrato, ma per stanotte non esce» disse molto piano. Kirika sogghignò.

«diavolo se hai capito tutto della vita, tu. Però mi chiedo che cosa stia cercando».

Hammy aveva già attaccato la modalità video della sua macchinetta, in visione notturna, e stava riprendendo la scena.

«l’insigne Robin Mask si avventura nei magazzini alle una di notte alla ricerca…» bisbigliava Hammy «…alla ricerca di…»

Da un sacco ben sepolto sotto altre cianfrusaglie l’aristocratico tirò fuori nientemeno che…

Le due si tapparono la bocca a vicenda per non scoppiare a ridere.

Una bambola di silicone, Cristo!

Non qualcosa che era possibile scambiare per un manichino da allenamento, ma una bambola erotica di quelle da migliaia di dollari.

Ok, quello era oro colato, ed era sufficiente.

Uscirono velocemente dal magazzino chiudendosi la porta alle spalle.

«ops. La porta si è chiusa da sola e il povero Robin ha perduto la chiave chissà dove in tutto quel disordine» Kirika si fece dare la chiave e la mise nella stessa tasca doveva aveva messo i fogli «lui non l’ha trovata ed è rimasto chiuso qui tutta la notte».

Corsero via.

«una bambola erotica nascosta nel magazzino, what the fuck?! Chi è l’immorale adesso?»

«ok dopo questa non ho più nemmeno voglia di arrivare fino alla stanza di Panz MacMatto. Torniamo in camera e beviamo qualcosa alla salute di Rob Pervertito Mask».

Solo un’altra volta incrociarono Curry Cook, che anche in questo caso non le vide, e in breve tempo furono nel corridoio dov’era la loro stanza.

Sentendo i loro passi Crea, che evidentemente era rimasta in piedi ad aspettarle, uscì di nuovo.

«siete pazze!»

«però abbiamo avuto la piantina e anche di più!»

«ah, quindi Vance MacMadd si concede ancora un trattamento diverso da quello che riserva agli studenti?» storse il naso.

«probabile, ma non siamo andate da lui, abbiamo…ah, guardati il video!» disse Hammy.

Mentre le immagini scorrevano Anubi Crea allibiva.

«…una…nel…non ci credo...»

«e non è finita: lo abbiamo chiuso dentro!» sghignazzò Kirika.

«voi cosa?!»

«credeva di essere solo, povero. La porta si è chiusa da sola, e ahimé, lui non aveva più la chiave» spallucciò Emerald mentre Kirika si indicava la tasca «e non abbiamo lasciato tracce. Abbiamo entrambe i guanti».

“visto che quel che avevo chiesto è arrivato davvero poi io ne ho anche di nuovi di tessuto satinato brevettato Lancaster” pensò.

«giornataccia per il povero Robbie. E anche nottataccia» sospirò falsamente contrita la demonessa «’notte».

E se ne tornarono in camera.

Anubi Crea scosse la testa.

Non sapeva se essere più scioccata da loro due o da Robin Mask…

 

 

«nascondere la sua bambola in magazzino, certo che non è sveglio» commentò Kirika lasciandosi offrire da bere da Hammy.

«magari la tiene lì perché dice “se la trovano in camera mia sanno che è mia sicuro, se invece la trovano lì chissà”» ipotizzò la londinese bevendo a sua volta un sorso di cognac di quello buono «ma poi rischia che gli accadano cose come questa. O forse lo fa perché un aristocratico vecchio stampo come lui non riesce ad accettare la propria perversione e a tenere la bambola nell’armadio o sotto il letto».

«fanculo Freud, è coglione e basta».

«right».

 

***

 

* il padre di Howard, Hogan, aveva un fratello. Questo fratello ha generato un figlio maschio -cugino di Howard- che ha generato a sua volta un altro figlio maschio -cugino di Hammy, più alla lontana-. Dunque non importa se Howard e Janice hanno solo una figlia femmina, il cognome dei Lancaster continuerebbe comunque ad essere tramandato.

 

* (Keroro Gunso) Momoka Nishizawa, dodicenne dalla doppia personalità figlia di Baio Nishizawa, talmente ricco che controlla praticamente tutta l’economia mondiale, oltre ad essere responsabile del 51% dello sviluppo spaziale della Terra.

E tra le altre cose, anche Baio Nishizawa stravede per la figlia xD

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Capitolo 5
*** ''Altri metodi'' ***


:: Tokyo, nove del mattino ::

 

 

Si guardavano, uno in piedi davanti alla porta aperta con un cesto di muffin, l’altro a braccia incrociate.

«sono stato…per ieri sera…seh. Insomma. Quello».

A Kevin non riusciva ancora di scusarsi come si deve, nemmeno quando si rendeva conto di essere stato davvero bastardo.

Che gli era saltato in testa di dirgli “non è colpa mia se io ho qualcuno e invece tu sei da solo”? di certo per il suo amico vivere in completa solitudine non era piacevole. Insomma, non aveva una donna, non aveva altri amici oltre a lui…un uomo solo, proprio.

Inoltre da quando stava con Emerald, si vedevano un po’più a lungo giusto in palestra. Quanto al resto…si, era sempre a mangiare da loro, ma poi spesso e volentieri lui ed Hammy si chiudevano in camera e chi s’è visto s’è visto…

«mh. Non credo di capire quel che vuoi dirmi, sarà che sono uno straniero che essendo solo non riesce ad imparare bene la lingua».

«hai capito eccome» borbottò Kevin.

Rimasero lì fermi in silenzio per un paio di minuti.

«se non hai altro da dirmi torno alle mie attività solitarie».

Fece per chiudere la porta quando Kevin alla fine si rassegnò.

«va bene. Scusami per ieri sera, non avrei dovuto dire quello che ho detto e sono stato uno sciocco» disse tutto d’un fiato, come per togliersi il pensiero.

«oh. Ce l’hai fatta a quanto pare» commentò Warsman invitandolo ad entrare con un cenno «non credo di riuscire a finire da solo tutti questi muffin…se mi dai una mano…»

L’inglese, se non altro sollevato, accettò l’invito ad entrare in casa. Da quando Hammy e Flash erano tornati non ci aveva messo più piede, ma non era cambiata poi così tanto; stessi mobili, stessi libri…magari era solo più ordinata di quando ci viveva Emerald.

“il trofeo è sparito” pensò Kevin notando che non era più dove l’aveva visto l’ultima volta “ma chi se ne importa”.

Non immaginava che quello, tutti gli altri trofei nonché vari souvenir dei due mesi e mezzo di viaggio fossero stati messi tutti quanti dentro quella che una volta era stata la camera da letto di Emerald, che a parte i vestiti e pochi oggetti non aveva portato via praticamente nulla.

No, Flash non dormiva nella camera di Hammy, ma in quella che era stata la stanza degli ospiti. Aveva tenuto perfino le fotografie -eccetto quelle in cui apparivano Howard e/o Connors, messe in qualche cassetto- inclusa una grande che Kevin aveva fatto ad Emerald durante i primissimi tempi di conoscenza, che la raffigurava sorridente e seduta su una panchina con le ginocchia raccolte contro il petto. C’erano anche quelle nei panni di DJ Smeraldya…anche quel tempo era finito. Emerald si era perfino fatta togliere il tatuaggio, dicendo che “non se lo sentiva più bene addosso” quando gli altri le avevano chiesto perché.

«non hai cambiato praticamente niente» commentò dunque Kevin.

«andava bene com’era».

Il ragazzo passò un dito sul divano, che era di quelli estremamente ampi e morbidi, con lo schienale basso e piano di cuscini. «io devo ancora capire perché l’ha cambiato».

«non gliel’hai chiesto?...già, avevi altro per la testa che chiederle del divano».

“il motivo per cui l’abbiamo cambiato peraltro è analogo a ciò che avevi ‘per la testa’!” pensò il russo.

«eh…» si sedettero al tavolo della cucina «già. Tra una cosa e un’altra ho finito per dimenticarmi di farle diverse domande, tipo qualcuna un po’più specifica su cos’è successo nei mesi in cui è sparita».

“precisamente il tipo di domanda che non devi farle!” pensò Warsman attaccando per primo il gruppo di muffin. «eppure l’hai sentita cos’ha detto. È stato un intervento difficile che ha avuto anche delle complicazioni in seguito. Per non parlare del fatto che si è fatta togliere tutte le cicatrici che aveva addosso, nonché il tatuaggio; tutte cose per cui serve tempo, non credi?»

«ma si, si…queste cose non le metto in dubbio anche perché le prove le ho sotto gli occhi, ma quell’abbronzatura?»

«lampade, Kevin, lampade».

«dopo degli interventi alla pelle?!»

«eppure tu sai bene che le cliniche del suo adorabile padre sono estremamente avanzate. Vuoi che non abbiano sviluppato un tipo di lampade particolari, se sono riusciti a riparare i suoi tessuti alla perfezione?»

Anche Kevin diede l’assalto ad un muffin. «altra cosa che non mi spiego. Le hanno sparato addosso ed è più in forma di prima».

«come se per te non avesse sempre valso lo stesso discorso, più botte prendevi più forte diventavi…»

«divento!» lo corresse Kevin «e poi io sono io, lei è lei».

Breve silenzio mentre mangiavano.

«quanto al matrimonio…»

«ancora?»

«no…è che ci sto riflettendo sopra. Mi sa che hai ragione. Nonostante secondo me non sia una questione di età ma più che altro di sentirsi pronti al “grande passo”…»

«quindi non ti senti pronto».

«no, io mi sento pronto eccome! Lei no però. Ci ho riflettuto su più o meno tutto stanotte, lei non poteva non aver sentito quel che le aveva detto, e se non mi ha risposto vuol dire che…beh…che non mi vuole sposare. Non adesso, almeno. E so che se le rompessi le scatole con questa storia probabilmente finiremmo a litigare di brutto, e non è cosa» sospirò «mi sono lasciato prendere un po’la mano, eh?»

«vagamente, guarda, solo vagamente. In un certo senso posso perfino capirti…sei stato cinque mesi e mezzo senza nemmeno sapere se fosse viva, morta, o altro, te la sei vista rispuntare davanti all’improvviso, eri libero di stare insieme a lei…e sei andato fuori di testa».

Kevin dopo aver assimilato i concetti annuì lentamente. «mi sa che è così. Ma comunque il fatto che abbia accantonato l’idea di sposarla appena la rivedrò non vuol dire che io la ami di meno».

«a dirtela tutta compagno mi sa che vuol dire il contrario. Rispettare i suoi tempi è una prova d’amore».

Altra pausa di silenzio.

«Warsman, ma tu…è una domanda abbastanza personale, quindi se vuoi sei libero di dirmi “fatti gli affari tuoi”...»

«sentiamo».

«dopo Anya non c’è stata più nessuna per cui tu abbia…ecco…sentito qualcosa? e viceversa?»

Il russo sbuffò una specie di risata amara.

«tu non hai idea di quel che c’è qui sotto» si indicò il volto coperto dalla maschera «ho corpo e volto martoriati, ho un computer interno, sono un mezzo robot. Ovvio che non ci sia più stato un “viceversa”. E sapendo che non ci sarebbe mai stato il “viceversa” non mi sono nemmeno mai dato pena di sentire il “qualcosa”».

«che gente superficiale» borbottò Kevin, riferendosi alle donne che Flash non aveva avuto.

«non è una questione di superficialità. Non proprio. Devi capire che il mio volto è…in pratica c’è un solo occhio buono, e quanto al resto un miscuglio di interi metallici e tessuti scoperti perché di pelle non ce n’è più, quindi non è proprio un bel vedere».

“…ma perché gliel’ho chiesto?” rimpianse Kevin, pur provando quasi compassione per lui.

«quindi…niente, insomma. Però sono superficiali lo stesso» non ci credeva più ma lo disse lo stesso «possibile che nemmeno una abbia…?»

L’ennesima breve pausa di silenzio durante la quale il russo aveva preso in mano un muffin.

«una» disse piano «una soltanto. E nemmeno poi così tanto tempo fa. Ma non era cosa. avevamo entrambi troppi…impegni…e comunque era un rapporto abbastanza strano. Non era nemmeno amore. Era…non so nemmeno io cosa. So solo che quando ha visto il mio viso non è scappata urlando. E non era nemmeno disgustata, o incuriosita modello “amante dello splatter”. Lei è rimasta lì come se non ci fosse niente che non andava».

Ogni volta che si metteva a parlare dei suoi fatti privati Kevin rimaneva inevitabilmente ad ascoltarlo muto come un pesce. Un’altra cosa che Flash sapeva fare bene era raccontare le cose.

«ma se era così perché non siete rimasti insieme? non penso che qualcuno del genere si incontri tutti i giorni».

“oh, io e te la incontriamo tutti i giorni eccome” pensò Flash sentendosi pure colpevole nonostante allora Kevin ed Emerald non stessero ancora insieme ufficialmente.

«te l’ho detto, non era cosa. C’erano troppi problemi, oltre che qualcun altro di mezzo. E poi ho anche detto che qualunque cosa fosse non era nemmeno amore».

«sarà, ma se è andata davvero come dici anche se non era amore c’era vicino secondo me. E quel qualcun altro potevate pure mandarlo ad diavolo, no…»

Warsman non sapeva se aveva più voglia di scoppiare a ridere amaramente o sotterrarsi e basta, considerando che Kevin praticamente gli stava dicendo “avresti dovuto rimanere eternamente in viaggio con la mia ragazza”.

Meglio cambiare discorso.

«meglio parlare d’altro. Di’, Emerald ti ha chiamato ieri sera?»

“ok, sono un bastardo anche io”.

«no…magari è sempre per quel discorso del matrimonio. Ma tanto non lo tirerò più fuori».

«bene, bene».

«aveva detto che ci saremmo sentiti però!» incrociò le braccia, un po’irritato «insomma, se non mi chiama non posso nemmeno non tirare fuori la faccenda e tranquillizzarla! E poi comunque dovrebbe chiamarmi e basta, sono il suo fidanzato, non c’è nessuno che dovrebbe aver voglia di sentire più di me».

«probabilmente sarà stata al telefono col simpatico Howie».

«il simpatico Howie per quanto mi riguarda deve andare all’inferno» borbottò Kevin.

Entrambi si guardarono attorno, come temendo che pur essendo lontano migliaia di chilometro Mr. Lancaster potesse sentirli. Sarebbe stato il colmo se si fosse sentita la sua voce da un punto indefinito dire “Io vi SEntooooooooOH!”

«altro valido motivo per rimandare il matrimonio, che dici?»

«oh si, non ho proprio fretta di farlo diventare mio suocero. Più o meno come Emerald non ha fretta di diventare la nuora di mio padre».

Già, meglio non dire a quel povero ragazzo cos’era che suo padre aveva detto di lui. “miserabile fallito”.

Povero Kevin.

«beh, direi che-»

«EHIIIIIIIIIIII DI CAAAAAAAAAAAAAASAAAAAAAAA?!!»

I due guardarono fuori.

Si guardarono.

«chiamasi giornata rovinata direi. Ma perché sia la finestra del salotto che questa devono proprio dare sulla strada?» sospirò Flash.

«ma più che altro perché non abbiamo chiuso le tende, perché?!» sbottò Kevin «proprio questo branco di scimmie doveva capitarmi davanti…»

«Keviiiiin non fare l’asociale ed esci dalla tana!!!»

«idiozia, esci da questo corpo» disse Flash mimando il gesto di tirare l’acqua santa addosso a Kid Muscle, che stava spiattellando la faccia sul vetro della finestra «…mh! Se rimane così la sua faccia è quasi peggio della mia».

«non è che hai un bazooka?»

«no».

«un mitra di quelli grossi?»

«no».

«un fucile laser?»

«no».

«un fucile normale?»

«nemmeno».

«una pistola?»

«no».

«una scacciacani?»

«niente».

«una katana?»

«eh no».

«un coltello da lancio…?»

«KEEEEEEEEEEVIIIIIIIIN!!! …e…e quell’altro…non ignorateci!!!» strillò Kid Muscle appiccicandosi ancora di più al vetro.

«…non ho nemmeno quello ma se aspetti un attimo posso tirarti fuori una molotov» propose Flash.

«non sarebbe male ma temo che dovremo sentire che accidenti vogliono» sospirò l’inglese, uscendo di casa con Warsman.

«oh, ce l’avete fatta ad uscire. Iniziavamo a pensare che avremmo dovuto tirarvi fuori dando fuoco alla casa» scherzò Terry.

«Kenyon la faccenda della grigliata è ancora valida. Che volete?»

Erano venuti a ranghi compatti, Kid, Meat, la combriccola, Jeager, Checkmate e le due ragazze rimaste.

«volevamo sapere se tante volte visto che state insieme Hammy ha chiamato almeno te per dirti qualcosa…lo avete visto il telegiornale ieri sera?»

Per Meat era ancora un po’difficile accettare che Warsman fosse ancora lì, che spesso indossasse i panni di Flash e che lui continuasse a frequentare Kevin ed Emerald. Ma il piccoletto aveva anche la sensazione che, al solito, il russo sapesse qualcosa di più riguardo ai misteri che circondavano la sparizione di Emerald ed il suo ritorno -che caso strano era avvenuto il suo stesso giorno!- quindi tra le altre cose aveva pensato di dover provare ad avvicinarlo in qualche modo. Era per Hammy che lo faceva. temendo che si fosse ficcata -e stesse andando a ficcarsi- di nuovo in qualche guaio/pessima situazione/periodo complicato/enorme casino/faccenda ambigua.

C’erano troppe cose che non tornavano. Troppe domande senza risposta. E lì c’era rimasta solo una persona che le risposte le aveva tutte, ossia proprio Warsman. Non gli era nemmeno chiaro come avesse fatto a scampare alla morte dopo che quei soldati l’avevano preso, anche se per quello gli sarebbe bastato chiedere ad Emerald che avrebbe risposto “ho voluto io che fosse liberato”.

Ma anche di questo il perché non era mica tanto chiaro.

A meno che l’odio tra lei e Warsman avesse assunto sfumature ancora più strane di quelle di prima, complice anche lo sfascio di tempo fa. Chi gli garantiva che non fosse successo qualcosa di analogo, nel tempo?

E poi c’era quel braccio…

«ovviamente lo abbiamo visto ma no, non ho saputo niente quindi potete anche andarvene» disse brusco Kevin.

«eddai Kev andiaaaamo…non essere cattivo!» Kid gli andò vicino «ah, ho capito, era una telefonata hot!!!»

«ma che…no! Non ha chiamato e basta!!! E comunque se anche ci fosse stata una telefonata hot non sarebbero fatti tuoi! E nemmeno vostri!» sbottò guardando malamente anche gli altri.

«aaah, quindi sei nervoso perché Hammy non ti ha chiamato» commentò Jeager.

«già dimenticato il discorso dei wurstel? Devo rinfrescarti la memoria?»

Warsman gli mise una mano sulla spalla. «compagno, calmati. Non è tempo né luogo per mettersi a fare a pugni» lo fece indietreggiare «no, di Emerald non sappiamo niente» mentì «anche se Kevin avrebbe gradito sapere qualcosa, proprio in considerazione di quel che è stato mostrato nel TG».

«proprio niente niente?» insistette Trixie, che voleva sapere sia di Hammy che ovviamente della sua carissima amica Roxanne.

«purtroppo no. Non che io senta la mancanza di Emerald sinceramente».

“Sinceramente”…?

Mica tanto!

«pensare che lei ti ha anche salvato la vita» sbottò Terry «dovresti ringraziarla in ginocchio ogni volta che la vedi…»

«tu che cosa vuoi saperne di-» scattò Kevin, ma Flash lo trattenne ancora.

«ok, è tempo di chiarire un paio di questioni. È vero, io ho tentato di farla fuori. Ma per chi ancora non lo sa, o fa finta di non saperlo, lei ha fatto la stessa identica cosa. Inoltre nonostante sia stato Turbinskii a dare “il colpo di grazia”, se è successo quel che è successo è proprio perché Emerald stessa ha attirato qui suo padre dicendogli che forse io ero quello che cercava. Come se questo non bastasse…» per freddo che fosse la rebbia si avvertiva bene nella sua voce. La rabbia di qualcuno accusato, lui solo, per qualcosa che aveva fatto anche qualcun altro. Di qualcuno fatto sempre passare per mostro, mentre i veri mostri se ne stavano in splendide ville ed erano pieni di soldi, nonché sempre giustificati.

«…come se questo non bastasse, sono stato torturato dai soldati di Lancaster per due settimane. Non ero certo di uscirne vivo. Eppure di quel che hanno fatto loro nessuno parla. Nessuno ce l’ha davvero con l’uomo che ha sparato alla propria figlia, che mi ha braccato come un animale, e poi…perché lo ha fatto? Per puro gusto, perché undici anni fa non ne aveva alcun motivo, io sua figlia non l’avevo mai toccata. Così come nessuno ce l’ha con Emerald, anche se mi ha sparato addosso. Vedete solo quel che volete vedere, come sempre, come tutti».

Erano tutti ammutoliti, e si scambiavano occhiate. Il russo però non aveva ancora finito.

«è vero che io non sono uno stinco di santo. E sono anche stato un supercattivo e quant’altro. Ma non sono santi nemmeno Emerald e famiglia».

«questo…noi lo sappiamo» disse piano Checkmate «Howard Lancaster è-»

«è qui, è là, eppure non ho visto nessuna folla inferocita contro di lui, né sentito nessun notiziario parlarne male, né letto sui giornali qualcosa di differente da “tragico incidente”, o “la giusta vendetta di un padre contro il mostro che ha aggredito sua figlia”! Come la mettiamo?!»

Detto questo rientrò bruscamente in casa.

Ne aveva abbastanza.

«beh, complimenti vivissimi» fu l’unico commento sarcastico di Kevin all’indirizzo degli sgraditi visitatori prima di seguirlo.

I ragazzi della League e le ragazze se ne andarono, scambiandosi ancora occhiate.

«mi sa che ci era sfuggito il punto di vista di qualcuno, in tutta quella storia» disse piano Wally.

«ha comunque messo le mani addosso ad Emerald» ribatté Dik Dik.

«si, ma è vero anche tutto il resto».

«che il padre di Emerald lo abbia fatto braccare come un animale però non ci sono prove» osservò Jeager «non che questo significhi che io non ce lo veda a fare qualcosa del genere».

«si…Kevin stesso aveva detto “anche Emerald ha fatto…” e lui com’è che rispose?»

«“i cani rabbiosi vanno abbattuti”» disse Trixie senza alcun entusiasmo «mi è rimasto impresso, sinceramente».

«tutto sommato a volte io sono portato a pensare che Warsman sia più umano di Howard Lancaster» ammise Meat «tant’è vero che quest’ultimo non avrebbe esitato a compiere un omicidio in diretta televisiva, se Hammy non si fosse messa in mezzo».

«continuano a sentirsi tutti i giorni ma io mi chiedo…com’è possibile?» disse Terry mentre salivano tutti in macchina.

«in fondo è sempre suo padre…» disse Kid, che era rimasto zitto zitto per tutto quel tempo.

«si ma è…è…ah» Terry sbuffò «di modi di definirlo ce ne sarebbero tanti, e nessuno lusinghiero!»

«anche ammettendo che un genitore è sempre un genitore, io continuo a chiedermi perché abbia salvato la vita a Warsman e sia lei che Kevin continuino a frequentarlo. Lei gli ha lasciato pure la sua vecchia casa. Insomma, Kevin Mask non dovrebbe frequentare volentieri qualcuno che, in ogni caso, le mani addosso alla sua ragazza ce le ha messe» disse Dik Dik.

“e non si sa nemmeno bene fino a che punto” pensò Meat.

No, no, urgevano indagini. Urgeva avvicinare Flash. E magari...

Presumibilmente Howard doveva sapere qualcosa riguardo a quel braccio.

Solo che, con quale scusa incontrarlo e chiederglielo? E poi avrebbe dovuto avventurarsi fino a Londra. E non era nemmeno detto che l’avrebbe trovato, considerando quanto viaggiava.

E poi, se anche l’avesse trovato, perché mai Mr. Lancaster avrebbe dovuto dirgli la verità? Se gli avesse detto “glielo chiedo perché temo che Hammy possa andare a cacciarsi o essersi cacciata in qualche guaio” -ossia i propri veri pensieri- ci sarebbe stato il rischio che mettesse di nuovo in moto quella che lui si ostinava a chiamare “security” e che invece era un esercito vero e proprio.

“no, no…meglio non svegliare il can che dorme e lasciare il padre di Emerald dove sta” concluse “farò le mie indagini qui a Tokyo. Un modo per avvicinare Warsman ci deve essere”.

E sempre a proposito del russo, quando avevano chiesto notizie di Emerald gli era parso avesse un’aria strana.

Va’ a vedere che Hammy, contrariamente a quel che diceva, con lui si era fatta sentire eccome!

Ma se le cose stavano così, risultava tutto ancora più strano. Tra tutti quelli che avrebbe potuto chiamare, perché proprio il russo?

“troppe domande, nessuna risposta”.

 

 

«io penso che quegli imbecilli…»

«fa niente Kevin, tanto quelle erano tutte cose che prima o poi andavano dette. Mi hanno dato l’occasione di farlo».

L’inglese non commentò. Si guardò brevemente attorno.

«Warsman…»

«si?»

«quindi i soldati non si sono limitati a trattenerti come mi avevi detto».

Ops.

«…no».

«perché me l’hai taciuto?»

«perché tanto ormai quel che è fatto è fatto. E non volevo farti stare in pensiero. Ma ho parlato troppo, accidenti a me».

«ma Hammy questo lo sa?»

«è lei che ha voluto che mi liberassero. Ma l’ordine di suo padre al dannato Connors è arrivato due settimane dopo. E l’americano ha voluto…”divertirsi”».

Kevin scosse la testa arrabbiato, e anche disgustato. «io li odio. Tutti e due. Invece Emerald continua a tenere entrambi su un piedistallo, e se più o meno posso arrivare quasi a comprendere che lo faccia con suo padre, non capisco il motivo per cui faccia lo stesso con quell’americano».

«che fosse una sua cotta infantile?» pareva che l’avesse detto così per caso, ma in realtà sapeva per certo che era proprio così. Emerald a domanda rispondeva, e quando -vedendola rispondere ad alcuni messaggi dell’americano- gli aveva domandato perché sembravano essere così intimi ecco che era saltata fuori la verità: Michael Connors era stato una cotta infantile, durata anni, dichiarata, e se non si era trasformata in altro era solo perché l’americano voleva evitare guai con Lancaster padre.

«primo: le cotte infantili si superano. Secondo: adesso è fidanzata. Terzo: quel tizio è uno stronzo».

«quarto: sei geloso di qualcuno che dovrebbe essere a chilometri di distanza da noi. A proposito, non ti inquieta sapere che la tua ragazza è in un posto pieno di uomini che non hanno sottomano carne fresca da un bel po’?»

«seh! Hammy che perde tempo con degli ultrasessantenni avendo me per le mani…che idiozia».

E a Flash venne di nuovo sia da ridere che da sotterrarsi.

 

 

:: Scuola di Ercole, in aula ::

 

 

Una volta a Robin Mask insegnare le regole piaceva.

Le regole davano un senso a tutto quel sistema. Le regole erano sacre.

Peccato che dal giorno prima sembrava proprio che preferissero mandarle tutti al diavolo.

Aveva dovuto perfino scusarsi per primo con quella grandissima stronza, perché Emerald altro non era...avrebbe preferito mille volte prendere a sberle quel faccino da bambola di porcellana che si ritrovava, giusto per farle sparire quel sorrisetto soddisfatto che le aveva visto in viso quando lui era stato costretto a cedere.

“spero che d’ora in poi, tra le altre cose, non pretenderà più che gliela dia. La pistola”.

Questo gli aveva sussurrato appena prima di andarsene a cena, dopo le scuse reciproche, senza farsi sentire da nessun altro.

E lui, in quel momento, aveva pensato…“non sono un animale, ma per la prima volta nella mia vita tutto sommato non mi dispiacerebbe”.

Lui l’aveva nominata per darle il tormento. Non avrebbe voluto finire lui stesso ad essere tormentato. E quello di ieri era stato solo il primo giorno!

Inoltre era nervosissimo perché quella notte l’aveva passata chiuso in magazzino -era stato Geronimo a tirarlo fuori, verso le sei del mattino- a cercare una chiave che pareva essersi volatilizzata. Eppure lo sapeva che avrebbe dovuto lasciar perdere quella maledetta bambola -dai capelli e “pelle” chiari come quelli della sua ex moglie- una volta per tutte. Era una cosa così maledettamente perversa…eppure quella notte ne aveva sentito il bisogno. E proprio per via di quei pensieri da animale.

Meglio una bambola che la ragazza, tutto sommato. Si, magari avrebbe fatto prima a chiamare su una prostituta, ma che figura avrebbe fatto se si fosse saputo che lui, Robin Mask, l’ineccepibile Robin Mask, oltre ad essere un sessista andava pure a mignotte?

…non che trafficare con una sex doll fosse tanto meglio, ma perlomeno non ci sarebbe mai stato il rischio che la bambola dicesse la verità a qualcuno, no?

“e nemmeno la colazione di oggi ha contribuito a migliorare il mio umore, perché ho una vaga idea di chi sia la persona a cui la dobbiamo” pensò. Urtato? No! Era us-urtato! Perché nonostante avesse fatto qualcosa di buono -il cielo solo sapeva quante volte aveva rotto le scatole a Vance MacMadd perché facesse mangiare loro e gli studenti in modo sano!- in quel modo Howard H.R.J. Lancaster aveva di nuovo mandato il seguente messaggio:

comando IO, anche se non sono presente nella Scuola. Comando qui, comando lì da voi, comando ovunque i vostri piccoli cervelli possano arrivare a pensare. Ricordatelo, carissimo Robin”.

Paranoia a duemila, insomma.

E, pur avendo una fame tremenda, si era pure alzato prima che arrivassero le allieve. Non aveva avuto la minima voglia di trovarsi davanti la ragazza, proprio no; era troppo simile al padre. Ed aveva lasciato a Buffaloman e Teapackman il compito di far fare alle ragazze la sessione mattutina di allenamento.

Solo che adesso, invece, gli toccava per forza.

Chiuse brevemente gli occhi e le sentì arrivare tutte e sei. Le donne, col loro chiacchiericcio…pensare che da giovane gli piaceva perfino. Il loro chiacchiericcio, le loro risate, i loro profumi. Erano stati proprio questi tra fattori a far si che provasse il desiderio di avvicinarsi ad Alisa: il suo profumo di fiori…la sua risata argentina…il modo in cui l’aveva vista parlare col suo gruppo di amiche quando ancora andavano ad Oxford, soffiandosi via ogni tanto i capelli biondo chiaro dal viso.

Si erano innamorati, sposati, avevano avuto Kevin. E poi…

Quei ricordi dolci e nostalgici vennero spazzati via da un’improvvisa ondata di rabbia. Aumentata dal fatto che ad entrare per prima in aula fu proprio Emerald J.V.P. Lancaster con quel suo-oh mio Dio.

Stava per pensare “sorrisetto” ma era passato decisamente in secondo piano.

Ma come poteva quella ragazza essere così maledettamente…indecente?!

«buongiorno Mr.Mask! come mai non c’era stamattina? Ci ha fatte preoccupare».

Erano entrate anche tutte le altre, ma non gli importava granché. Era troppo impegnato a fissarla ed odiare quel suo tono di preoccupazione che sembrava sincero, in contrasto col luccichio negli occhi smeraldini che rivelava invece tutto il contrario.

Odiava quello scintillio, per quanto invece in passato lo aveva apprezzato negli occhi dell’ex caro amico.

«tu…sei…assolutamente indecente!»

Emerald si guardò, lo guardò.

«lei a sessant’anni e passa indossa quella specie di mutande di ferro e quella indecente è una diciannovenne bella tonica. De gustibus non est disputandum, ma qui si rasenta il ridicolo».

Hammy indossava quella che teoricamente doveva essere una tuta da combattimento, in tessuto nero simil satinato, sottilissimo, con sette spacchi sulla parte sinistra, aderente come una seconda pelle…

E senza uno straccio di intimo sotto, a quanto pareva.

«non ci si presenta “vestite” in questo modo! Ribadisco quel che ho detto ieri. Tu sei una svergognata indecente!»

«mi sa che oggi la lezione salta» sospirò piano Crea.

«scusi ma se vogliamo dirla tutta sono meno vestita io di lei» commentò Jacqueline.

«non ti ho interpellata» disse freddamente l’inglese.

«comunque è vero» spallucciò Kirika.

«e non ho interpellato nemmeno te!»

«vedendo le foto delle vecchie allieve appese qui non mi sembra di essere poi così indecente» Emerald gliele indicò con un cenno del capo «tanto più che…non sarò Miss Universo, però questa tuta so di potermela permettere».

Robin Mask fece per ribattere, ma ricordandosi che aveva una lezione da tenere cambiò idea.

«a sedere» disse in tono secco «tutte e sei. Tu ed io parliamo dopo la lezione».

«…da soli?» Kirika si buttò letteralmente a sedere su uno dei banchi più in fondo «uh oh…»

«taci o avrai una punizione anche tu!...no no, Lancaster» la bloccò vedendo che stava raggiungendo Kirika «tu qui davanti. Devo vederti bene».

«eeeeh, ma allora! Capito Hammy, vuole vederti bene!...strano, mi risultava che i vecchi da vicino ci vedessero peggio! nyah-ah-ah-ah-ah-ah-ah!»

«ma la vuoi smettere?» stavolta fu Roxanne a parlare, precedendo di poco Fiona «siamo qui per fare lezione!»

«due codini, un’altra parola e ti ritrovi calva…»

«basta così! Prima parte degli allenamenti raddoppiata anche per te!...demoni…tutti una gran seccatura» borbottò l’inglese.

«insomma io dove devo andare, signore?»

Oh, quanto suonava ironico quel “signore” sulle sue labbra, nonostante il tono con cui l’aveva detto fosse perfettamente serio!

«dove ti pare!!!» sbottò alla fine Robin, al che lei fece spallucce e dandogli le spalle -mostrando di avere tra l’altro un didietro di tutto rispetto- raggiunse Kirika in fondo.

«Ro’ tu non vieni qua?»

«mmmh…no…meglio se sto qui davanti».

Mica per via di Emerald, ma per via della demonessa.

«fine delle chiacchiere, ora silenzio!»

«sicuro di star bene, Mr. Mask? mi sembra un po’agitato…ha dormito bene questa notte?»

Breve attimo di silenzio durante il quale, nonostante non avesse uno straccio di prova, Robin Mask arrivò ad intuire che forse la notte trascorsa in magazzino non era stata affatto frutto di un incidente.

«magnificamente. Ma non c’è necessità che te ne preoccupi» disse seccamente, per poi iniziare finalmente la lezione.

Curiosamente durante i primi venti minuti andò tutto liscio come l’olio. Poi decise di trovare una scusa per rimproverare la giovane Lancaster…

«non ti curi nemmeno di prendere appunti, vedo. Sappi che domani ti chiederò tutto quel che sto spiegando».

«glielo ripeterò esattamente come l’ha detto, col tono nel quale l’ha detto, facendo i gesti che lei ha fatto. Posso farlo perché ho una memoria eidetica, come lei ben sa. Non se ne ricorda? Dovrebbe farsi controllare, non vorrei che avesse qualche malattia strana e finissimo per perderla, sarebbe un vero peccato per l’intera struttura».

Praticamente gli aveva dato del vecchio smemorato malato di mente. Senza usare parole, o anche solo un tono, col quale lui avrebbe potuto accusarla di qualcosa che non sembrasse vera preoccupazione per la sua salute.

Ma lui come stavano le cose lo sapeva benissimo.

“dopo, Robin, dopo”.

«la mia memoria funziona alla perfezione. Forse non come la tua…a tal proposito, magari sarebbe il caso che proprio perché ne hai la possibilità ti avvantaggiassi imparando anche i quattro capitoli di regole successivi».

“tanto a leggere sono veloce, chissenefrega” pensò Hammy.

«sissignore, nessun problema. Solo che i gesti che farebbe lei nello spiegarli dovrò inventarmeli temo…»

Kirka scoppiò a ridere inevitabilmente.

«ahem…Mr.Mask, potremmo andare avanti?» si intromise Fiona, alquanto seccata. Non voleva interrompere quello che per lei era un ripasso già di per sé noioso.

«certo, Fiona. Allora, come stavo dicendo…»

«…“adesso vi insegnerò a giocare con le sex dolls. Prima di tutto dovete trovare un posto al riparo da occhi indiscreti…”» bisbigliò Emerald a Kirika.

«“e per ‘al riparo da occhi indiscreti’ non intendo il magazzino, perché potreste rimanere chiuse dentro com’è capitato a me stanotte, chissà perché”» continuò Kirika, bisbigliando a sua volta.

«c’è qualcosa di divertente?!»

Beccate.

«no signore, ma è inevitabile a volte sorridere quando si resta incantati dal discorso di qualcuno. Lei poi è un oratore veramente abile. Riuscirebbe a coinvolgere anche un manichino» breve pausa «…magari un manichino femmina dato che qui siamo tutte donne».

«dovremmo prenderci una mascotte per il gruppo, Emerald. Che ne dici di una di quelle sex dolls così realistiche?» propose Kirika.

Quel poco che si vedeva della faccia di Robin Mask era da assoluto primo piano.

No.

Ooooh, no.

Non era possibile. Allora…erano state quelle due bastarde!!! Solo che non aveva uno straccio di prova visto che le due gli avevano fatto capire che sapevano senza essere minimamente dirette o dare l’impressione di parlare proprio di quello; inoltre Curry Cook aveva detto di non aver visto niente di strano.

E nemmeno a pensare di incastrarle cercando le loro impronte digitali, dato che avevano entrambe i guanti. E dove cercarle le impronte poi?!

E…era anche una questione così umiliante…

«niente. Mascotte. Per. Il. Gruppo. Torniamo alle cose serie! E vi proibisco di parlare oltre di quei…cosi di silicone immorali».

«ahem, signore» Emerald alzò la mano «ma se quegli oggetti sono immorali com’è da considerarsi chi li usa?»

Ma che tono innocente che aveva, quella stronza.

«torniamo alla lezione, grazie!!!»

“certo che sono bastarde dentro” pensò Crea, un po’con reale biasimo e molto no, non avendo ancora digerito il sessismo di Robin Mask.

Il suddetto continuò la sua lezione senza muovere altri rimproveri a nessuno. E tornò tutto a filare liscio.

Quando la lezione finì l’inglese fece uscire tutte le ragazze, anche Kirika, tranne Emerald.

«dite a Ramenman che gliela manderò più tardi» disse secco, per poi chiudere la porta.

Erano soli.

«tu. Tu sei una grandissima stronza. Ed anche…» la guardò «una svergognata. Come se questo non bastasse sei responsabile di quel che mi è accaduto stanotte!!!»

«perché, cosa le è accaduto stanotte?»

«non fingere di non saperne nulla!!! tutte quelle allusioni a…quegli oggetti…»

«le sex dolls?»

«non potevano essere casuali!!!» ringhiò lui «ammettilo! Tu c’entri! E anche Kirika!»

«non capisco a cosa si riferisce. Né cosa c’entrino le bambole di silicone, a dire il vero».

“ma come mi diverto” pensò Hammy.

«voi due stanotte mi avete chiuso nel magazzino!»

«che? Noi stanotte dormivamo. Che diamine, con la punizione che mi spettava oggi non sarei certo stata alzata chissà quanto. E poi comunque noi rispettiamo il coprifuoco…»

«non credo ad una parola!!! Non ho le prove purtroppo, ma sappi che le troverò, e a quel punto sarai nei guai. Guai molto seri…» la guardò di nuovo «e non ti basterà mostrare tutto il mostrabile per salvarti».

«Mr. Mask…parliamoci francamente. Perché tanti problemi col mio vestiario? Le allieve di quelle foto non hanno quasi niente addosso. E come ha osservato Jacqueline, forse lei è anche più svestita di me. A questo punto mi viene da pensare che il problema non riguardi la decenza, ma il fatto che io sia una Lancaster. E non solo» si mise a sedere sopra un banco ed accavallò le gambe, con lui che continuava a fissarla «da come mi fissa di continuo mi viene da pensare che qui ci troviamo in una situazione simile a quella della volpe e l’uva. Non potendo arrivarci la volpe disse che era acerba. E stia pur certo che suo figlio mi piace molto più di lei, che invece non mi piace affatto. Andiamo, pretendere di farsi una diciannovenne è troppo perfino per lei».

Silenzio.

Emerald sentì dei passi in lontananza, lungo il corridoio. Robin invece no, troppo preso a cercare di controllarsi.

«forse è stato un bene che quel patto sia stato spezzato, perché non voglio una meretrice come te nella mia famiglia» disse con rabbia. Lei fece un sorrisetto.

«adesso capisco da chi Warsman ha preso il suo charme. A lui ho sparato, ma fortunatamente per lei la mia pistola adesso è scarica» si alzò e gli andò vicino «più o meno come la sua. Ma ho altri metodi per far si che la smetta di rompermi le scatole».

I passi erano sempre più vicini. Ok, era tempo di chiudere.

«Mr. Mask» alzò la voce, e gli andò ancora più vicina «tutto ciò che voglio è potermi addestrare in pace come tutte le altre ragazze senza venire presa di mira da lei, che da quel che ho visto finora è solo un vecchio dalla libidine repressa!»

Ok, quando era troppo era troppo.

L’inglese le afferrò i polsi e la sbatté sulla cattedra, con chissà quali intenti. Lei gridò, si dibatté…curioso che facesse così, considerando che avrebbe potuto liberarsi di lui facilmente.

«NO! Mi lasci immediatamente!!! Subito!!!»

La porta si aprì all’improvviso, ed apparve Ramenman.

«che che…Robin, che diamine stai facendo?!»

Incredibile. Il suo collega stava davvero cercando di…abusare…di quella ragazza?

Era arrivato a tal punto?

Il suddetto sentendo la voce dell’orientale lasciò andare i polsi della ragazza e si staccò da lei come se si fosse scottato. Lei corse addosso a Ramenman.

«g-grazie…» si strinse a lui brevemente, per poi staccarsi.

«va tutto bene adesso» cercò di tranquillizzarla Ramenman «raggiungi le tue compagne…se te la senti».

«sissignore. Io e Mr. Mask abbiamo avuto uno scambio di opinioni che è…degenerato e…» guardò in basso, e diede un’occhiata quasi spaventata all’inglese «meglio che vada».

«si, vai» Ramenman si voltò a guardare il suo collega, mentre Emerald usciva.

E di conseguenza non la vide voltarsi e dire a Robin Mask, solo col movimento delle labbra…

“altri metodi”.

Emerald uscì correndo, lasciandoli soli.

«lei…lo ha fatto apposta!» ringhiò l’inglese «lo fa apposta, lo ha fatto apposta anche adesso! Mi ha provocato!»

«ho sentito che ti ha detto di lasciarla in pace e ti ha dato del vecchio dalla libidine repressa, ma da quel che ho visto pare avere ragione! Robin, che diavolo pensavi di fare a quella ragazza?!»

«insegnarle a stare al suo posto una volta per tutte!!!»

«abusandone?!! Ma ti senti quando parli?! Devi darti una calmata! Fatti una vacanza, torna a Londra, fa’ quel che ti pare ma la devi smettere di darle addosso, e ringrazia il cielo che sembri non volerti denunciare a nessuno!»

«quella è esattamente come suo padre!!! Se non peggio! Solo che voi non lo vedete!»

«Robin, io all’incontro c’ero. Lo so che non è una santa, cosa credi? Ma il tuo comportamento è inqualificabile, non puoi agire così, anche se è la figlia di Howard! Ed anche se ti avesse…provocato…in tutte le maniere del mondo, non cambierebbe niente. Non so che ti prende, ma vedi di fartela passare. O finirai per essere buttato fuori».

«è quel che lei vuole!»

Si, ma solo perché lui le dava costantemente addosso e l’aveva fatta entrare nella Scuola proprio per quel motivo.

L’orientale scosse la testa.

«raggiungo le allieve. Tu pensa bene a quel che ho detto».

E lo lasciò lì da solo.

 

 

***

 

La tutina di Hammy xD


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Capitolo 6
*** Lettere color lavanda ***


capnuovo.2

«accomodati…»

Emerald non si era inquietata quando Ramenman le aveva chiesto di venire nel suo ufficio, dopo cena. Immaginava di sapere su cos’era che voleva discutere.

Entrando notò in tutta la stanza una gran quantità di rosso, oro, verde giada, statuette di draghi. Proprio della serie “son cinese e me ne vanto”, ma a lei quei colori e l’arredamento di mobili scuri, nonché una lampada a forma di lanterna cinese ad illuminare l’ambiente, non dispiacevano.

Oltretutto le sedie davanti alla scrivania parevano comode.

Si era cambiata dopo aver fatto la doccia, prima di cena. Aveva perfino lavato la tuta, che era fatta di un materiale estremamente particolare che oltre ad essere anti graffio ed anti strappo si sporcava pochissimo, si puliva con acqua e sapone normale, e si asciugava a temperatura ambiente in nemmeno un quarto d’ora.

La ragazza si accomodò su una delle sedie.

«credo che ti sappia di cos’è che voglio parlare. Innanzitutto…beh...è da ammirare che tu abbia svolto l’addestramento come se non fosse successo niente. Nonché il modo in cui l’hai svolto in sé per sé. Arrampicarsi su quella parete rocciosa -quattro volte poi, invece di due- con tutti quei pesi addosso non è facile, soprattutto per una ragazza magrolina come te. Come se questo non bastasse sei anche riuscita ad evitare a Roxanne Nikaido di cadere».

Quando aveva incontrato Kevin per la prima volta Emerald era più debole. Addestrata e quant’altro, ma più debole anche di quanto fosse prima dell’intervento e dei naniti. Poi, forse perché con la presenza di Warsman si era trovata in una situazione di pericolo costante o forse perché spesso quando Kevin si allenava non restava esattamente a guardare e basta, si era man mano fortificata. Ridiventando quella che avrebbe dovuto essere. Si potrebbe dire che Emerald in quel periodo avesse ritrovato il proprio vero “io” che lontano del mondo del wrestling e dai pericoli aveva perduto di vista.

«io alle arrampicate sono abituata, Mr. …e quanto a Roxanne non ha fatto niente di speciale visto che avevo trovato un punto in cui appoggiarmi bene e non ho dovuto sforzarmi per evitare di cadere a mia volta».

«ho trovato comunque sorprendente che tu sia riuscita a tirarla su col solo braccio destro».

Pessima considerazione, pessima, pessima.

«sarà stata la forza dell’amicizia?» Emerald fece spallucce «io volevo solo aiutarla».

«ma infatti non ho detto che hai fatto qualcosa di male, tutt’altro. Ero solo sorpreso. E proprio in virtù di quel che ho visto ho pensato: “se ha forza sufficiente da fare questo, perché prima sembrava non riuscire a difendersi dal mio collega”?»

Altra domanda scomoda.

«in effetti io non sono precisamente una ragazzina indifesa. Solo che mi ha colta di sorpresa. Nel senso…sapevo di non essergli simpatica, ma non pensavo che sarebbe arrivato a quello. Per non parlare del fatto che è un insegnante, e dovrebbe dare l’esempio anche…caratterialmente ecco. Non so come funzioni qui ma teoricamente un insegnante dovrebbe aiutare a forgiare anche il carattere di una persona, non solo pensare ad aumentarne la massa muscolare».

«…e non hai torto nemmeno su questo» concesse l’orientale «ho capito. Solo che a questo punto io credo di avere il diritto di sapere cosa c’è sotto questa storia. Robin di solito non è certo tipo da agire così» si chinò leggermente verso di lei «non ti nascondo che sono preoccupato. E tanto per chiarire, con “questa storia” intendo ciò di cui si discuteva durante le finali chojiin».

Lei annuì. «lo avevo immaginato. Ecco, le cose sono andate così: anni fa mio padre, per alcuni investimenti sbagliati, si trovò sull’orlo della rovina. Robin Mask, allora suo amico fidato come penso sappia anche lei, si offrì di prestargli il denaro che serviva…a patto che accettasse di “promettere” legalmente me e Kevin».

Ramenman non era certo di aver sentito bene…

«un…matrimonio combinato, in pratica?»

«eravamo promessi l’uno all’altra ed avremmo dovuto convolare a nozze appena possibile. Mio padre fu costretto ad accettare. Se non avesse avuto me, mia madre ed il resto della famiglia da mantenere non gli sarebbe importato granché del crollo finanziario, ma non se l’è sentita di far vivere me ed il resto della famiglia come accattoni. Sottoscrisse il patto, così come Robin Mask, e Warsman come testimone. Ma lo fece con l’idea di restituire a Robin Mask tutta la somma di denaro che gli aveva prestato, e con gli interessi, così da tirarmi fuori da quella faccenda. Cosa che fece due anni dopo, visto che gli affari hanno in qualche modo ricominciato a girare estremamente bene. Nonostante ciò, Mr. Mask si rifiutò di annullare il patto col dire che non gli era mai importato che mio padre gli restituisse i soldi. Papà ha cercato di convincerlo in tutti i modi possibili, ma non c’è stato verso. Lasciò la Lega in quel periodo lì proprio perché non voleva più trovarsi davanti Robin Mask».

Ed ecco che erano stati chiariti un paio di misteri, ma era una storia che aveva dell’incredibile. Quindi era da quello che derivava tanta acredine?

«poi quando avevo otto anni, all’incirca…ecco, premetto che io se questa storia è proprio vera vera non lo so ancora, anche se dopo quel che è successo qualche mese fa sono abbastanza propensa a credere di si…in pratica stando a quel che mi ha detto Warsman per cercare di mettermi in testa che mio padre è un mostro pare che lui l’abbia fatto braccare come un animale selvaggio per catturarlo e convincere così Robin Mask a firmare per l’annullamento del patto. Sempre stando a quel che mi ha detto Warsman la caccia è durata anni. Io ribadisco, se è vero non lo so, ma se lo fosse sarebbe una cosa in più da aggiungere alla lista di “perché Mr. Mask odia mio padre”».

“non so perché ma io credo che questa storia sia vera eccome. Spiegherebbe meglio sia tutto questo odio che il motivo per cui Warsman è improvvisamente sparito dalla circolazione anni fa” pensò l’orientale.

«e quanto al resto non c’è molto da dire. Ho saputo del patto solo poco tempo dopo l’inizio del Torneo, e dallo stesso Robin Mask per di più. Quel che è successo dopo lo sa, perché c’era. Ecco tutto».

C’erano tante cose per cui essere scioccati, in particolare per l’atteggiamento di entrambi i “gentiluomini” se li si voleva chiamare così, nonché il fatto che…se Howard Lancaster aveva subìto un tracollo finanziario c’era da chiedersi come avesse fatto a diventare così schifosamente ricco in pochi anni!

Mh. No. Forse era meglio non chiederselo invece.

«Robin di tutto ciò ovviamente non ha mai raccontato niente. Mask…sempre pieni di segreti» commentò Ramenman «ad ogni modo nonostante l’odio tra lui e tuo padre non ha il minimo diritto di prendersela anche con te».

«si beh…i figli finiscono spesso a pagare per le colpe di padri, guardi quel che è successo a Kid Muscle; la maggioranza di quelli che ce l’avevano con lui erano quelli che -o figli di quelli che- suo padre batté nei tempi d’oro».

Vero anche quello. La ragazza diceva un mucchio di cose vere, a quanto pareva.

«si, ciononostante quando Kid Muscle di è allenato qui Robin non lo ha preso di mira. E anche tra i Kinniku e la famiglia Mask c’è sempre stata una specie di faida familiare».

«forse perché era Kid Muscle e non Lady Muscle, e Robin Mask è un sessista conclamato».

«oh, credimi, sarebbe stato molto più facile dare il tormento a Kid Muscle di quanto possa esserlo darlo a te» si alzò, mettendosi a girare attorno a lei «e lo sai perché?»

«non proprio, ma sono curiosa di sentire la sua opinione».

«Kid Muscle ha solo tre cose dalla sua: il dna» sollevò il pollice «l’Ultimate Muscle» sollevò l’indice «la fortuna» sollevò il medio per poi abbassare tutte le dita «tu invece dalla tua hai una certa forza» di nuovo sollevò il pollice «cervello» tirò su l’indice «la forza di volontà per far andare le cose come tu desideri» sollevò il medio «e nonostante quel che è successo prima, anche la freddezza che ci vuole per affrontare gli ostacoli che trovi sul tuo cammino, al di là dei pesi che porti sulle spalle e se affrontarli ti piaccia o meno» sollevò l’anulare «l’ho visto durante la finale. Non ti piaceva indurre Kid Muscle a combattere in quel modo. Spesso non riuscivi nemmeno a guardare. Però lo facevi. Oh, dimenticavo la quinta cosa…» sollevò il mignolo «un aspetto da bambolina che nasconde gli altri quattro fattori facendoli diventare una sorta di sorpresa. Cosa, questa, che hai in comune con Anubi Crea…»

“ha dimenticato anche la sesta cosa, un braccio potenziato” pensò Hammy.

«…e si, anche con tuo padre» ammise l’orientale «quando l’ho conosciuto tutto pensavo ma non che fosse in grado di sparare a qualcuno a sangue freddo, e invece…»

«ma lui infatti di solito è adorabile, solo che non gli piace che mi si mettano le mani addosso. Tant’è vero che non gli ho raccontato niente di quel che è successo oggi, temendo che butti giù la scuola» Emerald lo aveva detto scherzando, ma non si sbagliava affatto! «quindi io secondo lei sarei più difficile da prendere di mira rispetto a Kid Muscle per questi motivi».

«se qualcuno di noi avesse preso di mira Kid Muscle lui avrebbe semplicemente frignato come una…mh. Non posso più dire “come una ragazzina”, adesso. Diciamo che avrebbe pianto il doppio di quel che ha pianto, e quel che ha pianto è già troppo!»

«mh, immagino» sospirò Emerald con un sorrisetto «è un bravissimo ragazzo ma diciamo che coraggio ed attenzione all’igiene personale non rientrano tra le sue qualità» si alzò «posso andare? Ho quattro capitoli di regole in più rispetto alle altre da leggere ed imparare a memoria con annesse spiegazioni».

«…quattro? Beh spero che tu ci riesca…certo, puoi andare. Abbiamo finito».

«ce la faccio, non si preoccupi, mi basta leggere le cose una volta per non scordarmele più».

Ah già, la tanto favoleggiata memoria eidetica. Utile in certi casi.

«e a dire il vero molte, con annesse spiegazioni, le conosco già. Di tutto il libro. Mio padre me le insegnò quando ero più piccola. Quindi una volta letta quella quindicina che non so sarò a posto» continuò lei, aprendo la porta «mi permette un commento?...rimanga tra lei e me però».

«dimmi».

«Robin Mask non è molto sveglio, nemmeno se si tratta di punirmi».

E detto questo se ne andò.

«mh. No. Effettivamente non lo è» disse tra sé e sé Ramenman.

Emerald camminando lungo il corridoio sentì il cellulare emettere un suono. Pensò fosse strano, a parte che nelle stanze di MacMadd non c’era rete, quindi non poteva essere né una chiamata né un messaggio.

“ma che…oh! Il promemoria!” pensò, guardando lo schermo “e questa è una notifica che mi ricorda che tra una settimana è il compleanno di…mpf, non che abbia bisogno dei promemoria per ricordarmi la data, ma è stato un bene che me lo sia segnato, con tutto quel che succede qui pur ricordandomelo avrei potuto finire a non pensarci su”.

Rimise il telefono in tasca e continuò a camminare lungo i corridoi.

C’era una porta socchiusa, dalla quale usciva in sottile raggio di luce…

«ecco la posta, Mr. Mask».

«grazie».

“uh-oh. Ecco dov’è la stanza del Porcellone In Seconda” pensò, senza riuscire ad evitare di fermarsi a spiare.

Da quel che poteva vedere non sembrava esserci niente di strano nella posta di Robin Mask…eccetto che per due buste da lettera color lavanda pallido. Mh, non ne aveva mai viste di quel colore. Se solo fossero stati più vicini magari avrebbe potuto riuscire a leggere il nome del mittente.

Vedendo l’inserviente che aveva portato le lettere a Robin venire verso la porta la ragazza corse a nascondersi al buio. Funzionò, perché il tizio passò senza vederla neppure.

“tanto nella stanza di Mr.Mask in questi giorni ci devo andare sicuro, altrimenti non avrò niente da regalare a chi so io” pensò “se solo…oh. Oh-oh-oh. Va’ a vedere che è l’occasione buona”.

Robin Mask infatti era uscito dalla stanza appena l’inserviente era sparito, spegnendo la luce e chiudendosi la porta alle spalle. A chiave, ovviamente, ma non rappresentava un problema poi così grosso visto che la serratura era come quella del magazzino, apribile con una forcina.

Doveva scegliere, entrare nella sua stanza o seguirlo? Magari per beccarlo di nuovo -e qui quasi si mise a ridere- con la bambola?

Alla fine decise per la prima opzione.

Appena Robin Mask fu, come l’inserviente, scomparso lungo il corridoio la ragazza diede l’assalto alla serratura, scassinandola con fin troppa facilità.

La sicurezza nelle stanze non era granché, a dirla tutta. Forse perché davano per scontato che la gente fosse troppo distrutta dopo ogni allenamento per fare qualche stupidaggine, o perché gli istruttori credevano che gli allievi e le allieve li temessero troppo -o avessero più rispetto e discrezione- per entrare. Fosse come fosse stava di fatto che Emerald era entrata senza nessuna fatica.

«ah…ok, ho capito quale stanza è. Una volta finito mi infilo nel condotto di aerazione e chi s’è visto s’è visto» disse piano tra sé e sé, riportando alla mente le immagini della piantina in ogni dettaglio. Anche in casi come quello la sua memoria eidetica tornava utile, perché le era bastato guardare quei fogli una volta per ricordarsi tutto alla perfezione.

Si sfregò le mani.

«benvenuti alla svendita degli articoli firmati Robbie Robbie. Prendete quello che volete, tanto è gratis» mormorò. I guanti li aveva già infilati, bene «da dove comincio?...ah, ma certo, dall’armadio».

Aprendo l’armadio si trovò davanti, tra le altre cose, una buona scorta di vestaglie pregiate e pigiami di seta. Dopo aver controllato la taglia e deciso che potevano andare bene ne tirò giù diversi, si tolse la felpa e la usò come sacco.

«a mettere le mani nei cassetti ho quasi paura» commentò, aprendone uno «mh. Calzini. In ordine di colore, adesso mi spiego da chi ha preso Kevin se non altro» lo richiuse e ne aprì un altro «mutande. Anche qui niente di strano. Magari i giocattoli li tiene nel cassetto numero tre» disse, chiudendo il cassetto ed aprendo l’ultimo.

Vuoto. Curioso.

Non appagata la giovane Lancaster tirò fuori l’intero cassetto per verificare se ci fosse qualcosa dietro, o sotto.

«niente. Eppure la cosa non mi convince…» bussò leggermente contro il fondo dell’armadio.

Che suonò a vuoto.

«ah-ha. Un doppio fondo. Mi sa che ho beccato il nascondiglio dei giocattoli» bisbigliò, tastando con le mani guantate per trovare l’apertura. Rimosso il pannello di legno però si trovò davanti una specie di cassaforte in acciaio con uno schermo ed una piccola tastiera alfanumerica sotto.

Ma che diavolo aveva Robin Mask da nascondere?!

“ok, adesso è ufficiale, devo scoprire cosa cavolo c’è qui dentro. Solo che non so come. Dovrei beccare la password” diede una veloce occhiata alla porta “di passi in corridoio non ne sento. Posso tentare”.

Provò “Robin”, “Robin Mask”, “Robin Grande”, “Robin Knight”, “Alisa”, “Alisa Macintosh”, “sono un grandissimo porco ma non lo voglio ammettere”, “odio i Lancaster”, “i Kinniku sono esseri inutili”…tentò perfino un “Kevin”, ma ovviamente anche quella password era sbagliata.

Poi l’illuminazione.

«già, ma che cogliona che sono».

“what’s good enough, is never good enough”.

 Che teoricamente doveva voler dire “abbastanza buono, non è abbastanza”, ossia il motto della famiglia Mask.

«all right» sorrise soddisfatta quando sentì la serratura scattare e poté aprire la cassaforte «vediamo un po’ che giocattoli hai…» preparò perfino la macchina fotografica, tanto per non sbagliarsi.

Ma non si trovò davanti quello che pensava.

Infatti non c’erano giocattoli erotici o cose di valore in quella cassaforte, no.

Ma era piena di quelle lettere dalla busta color lavanda chiaro, da quelle visibilmente più vecchie alle più nuove.

«ma che diamine…»

Se Robin Mask metteva quelle lettere lì, dovevano contenere qualcosa che nessuno avrebbe mai dovuto sapere.

La prima cosa che fece Hammy fu scattare qualche fotografia all’insieme di buste, per poi prenderne alcune. Robin Mask anche lì era stato molto metodico, le aveva divise anno per anno. Le saltò subito all’occhio che le più vecchie erano datate un anno dopo la nascita sua e di Kevin, e che avevano cadenza settimanale.

«questo è strano…» mormorò, per poi accorgersi di altre quattro cose fondamentali.

La prima: venivano tutte da Nettuno.

La seconda: il mittente era “A.”

La terza: la calligrafia sembrava femminile.

La quarta, la più importante…

«se Robin Mask non si è fatto cambiare nome in segreto chiamandosi “Konrad”, “Kentin”, “Kenneth” o “Kenny” queste lettere qui sono per Kevin, dato che il destinatario della maggior parte di queste lettere è “K. Mask”».

Si, poi ce n’erano anche Robin, ma poche, e tutte risalenti a quando Kevin doveva avere da uno ai  tre, quattro anni; poi ce n’era una di quando doveva averne più o meno otto…e più nulla, per Robin Mask.

“qualcuno scrive a Kevin ogni settimana da quasi vent’anni ma Robin Mask fa in modo che queste lettere non gli arrivino” fotografò diverse buste, le prime, le ultime in ordine di arrivo, alcune di quelle per Robin…

Di queste prese quella che risaliva a quando Kevin aveva otto anni, mentre delle altre ne prese una a caso tra quelle risalenti ad un paio di mesi prima.

Passi lontani in corridoio.

Ok, doveva filare.

Rimise tutto velocemente al suo posto, chiuse cassaforte, doppiofondo, armadio, agguantò la felpa -con ancora vestaglie e pigiami dentro ovviamente- salì sulla scrivania, tolse la grata del condotto di aerazione e la richiuse poco prima che Robin Mask rientrasse ed accendesse la luce.

“mh. Non eri andato a prendere la bambola a quanto pare” pensò Hammy, dandogli un’ultima occhiata attraverso la grata per poi scivolare via lungo il condotto senza alcuna fatica, in direzione della propria stanza.

Aveva una quindicina di regole con annesse spiegazioni da imparare a memoria.

E soprattutto aveva un paio di lettere sulle quali riflettere.

Aprirle o non aprirle?

Se si fosse trattato di altro non sarebbe stata a pensarci tanto, ma sospettava che in quelle  buste color lavanda ci fosse qualcosa di veramente grosso

Magari sarebbe stato bene che ne parlasse con qualcuno, ma era difficile scegliere chi.

Pensando che da lì ad una settimana però avrebbe fatto una piccola fuga di qualche ora sulla Terra però si sentiva già meglio.

 

 

:: Londra ::

 

 

«non credo di aver sentito bene. Dalle informazioni che avete raccolto Emerald, trasferitasi a casa di Kevin Mask, ha lasciato la casa dove viveva prima -e che le appartiene ancora- a quella bestia?»

Howard Lancaster aveva raccolto informazioni su quella casa a Tokyo perché sapendola disabitata avrebbe voluto parlare ad Hammy dell’idea di metterla in vendita o affittarla a qualcuno.

Ed era saltato fuori che invece non solo non era disabitata per niente, ma che Emerald l’aveva già “affittata” -mica scema a farsi pagare l’affitto in nero- a Warsman, nientemeno!

D’accordo, Hammy gli aveva chiesto che fosse lasciato libero.

D’accordo, gli aveva impedito di sparargli mettendosi in mezzo per “non farlo diventare un assassino”.

Ok, quando aveva indagato facendole domande un po’ più specifiche era saltato fuori che erano, parole di Hammy, “arcinemici”.

E, va bene, aveva promesso a sua figlia che l’avrebbe lasciato in pace.

Ma non avrebbe mai creduto che quell’animale fosse così idiota da andare a vivere a pochissima distanza da sua figlia e Kevin Mask.

Kevin Mask…hippy, diseredato, ex teppista, ma tutto questo l’aveva già pensato più volte e non era la cosa più grave.

Ad essere grave era il fatto che non sembrava essere in grado di proteggerla. No, non lo era se Hammy e quella brutta bestiaccia potevano mandare avanti un “rapporto da arcinemici” sotto il suo naso senza che lui neppure se ne accorgesse o, peggio ancora, fingesse di non accorgersene.

«proprio così, signore».

Tovarich Turbinskii, con la divisa grigio scuro recante su petto e braccia lo stemma dei Lancaster -una pantera nera dagli occhi verde smeraldo, neanche a dirlo, su uno scudo argentato- stava lì in piedi sull’attenti, serio e composto nel riferire le ultime novità all’uomo cui doveva la sua “rinascita”. Braccia nuove, componenti nuove impiantate nel corpo…adesso poteva volare tranquillamente anche senza il propulsore a fulcro, e la sua forza era aumentata in maniera esponenziale.

«such a stupid beast. Le due settimane in mia compagnia non gli sono bastate per capire che deve starle lontano».

Di diverso stampo invece era l’atteggiamento di Michael Connors, stratato sulla sedia davanti alla scrivania di Mr. Lancaster con un filo d’erba in bocca. E contrariamente a Turbinskii che era assolutamente inappuntabile, lui aveva la giacca della divisa slacciata, la canottiera mezza sollevata, e i pantaloni un po’troppo bassi. Non che al suo capo sembrasse importare qualcosa, ed era così; finché Connors avesse continuato ad avere quella specie di venerazione nei suoi confronti, per quel che lo riguardava poteva anche stare in quel modo.

«se mia figlia non avesse voluto diversamente avrei lasciato che fossi tu ad occupartene. A tua discrezione».

Quelle parole, “a tua discrezione”, per Connors erano l’equivalente di “hai vinto il jackpot al Superenalotto”. Perché volevano dire che aveva carta bianca, completa libertà di agire nel raggiungimento dell’obiettivo prefissato. Che il fine giustificava i mezzi, qualunque essi fossero.

E voleva anche dire una sorta di “divertiti”, cosa che per i suoi antagonisti non si rivelava mai buona.

L’americano si tolse di bocca il filo d’erba. «miz Lancaster è troppo buona, l’ho detto allora e lo ripeto adesso».

Si, per lui la figlia del suo capo era veramente troppo buona. Forse perché lui, che era stato un mercenario fino ai vent’anni di età -ossia quando Mr. Lancaster lo aveva preso con sé- nelle zone di guerra dov’era stato aveva visto e commesso le peggiori atrocità. Visti gli abissi più oscuri dell’animo umano, la malvagità assoluta, il sangue, la morte, la miseria, che Hammy non fosse poi così tanto una santa per lui era cosa di ben poco conto.

«zajchik moi…» mormorò piano il russo. Per lui Emerald era, e sempre sarebbe stata, il suo coniglietto.

«ovviamente non interferirò con la scelta di mia figlia di lasciare che quella…cosa…viva a poca distanza da lei» disse Howard «se ha deciso così doveva avere i suoi motivi. Ma ciò non toglie che visto questo non posso lasciarla “scoperta”».

Turbinskii fece un passo avanti. «mi avete preso come capo di quella che doveva essere la security personale di vostra figlia, io e gli uomini possiamo andare sul posto. Emerald adesso è alla Scuola di Ercole, ma se iniziassimo ad organizzarci ora…»

«that’s right. Prevenire è meglio che curare. Da qui a una settimana tu e gli uomini della scorta di Hammy vi stabilirete nelle case disabitate di quella strada, così da vigilare sulle azioni della bestia ed intervenire se dovesse fare qualcosa che non deve fare nei confronti di mia figlia».

Il russo parve felice della cosa, perché almeno avrebbe avuto un’occasione di rivedere Emerald. Non che il suo nuovo lavoro non lo facesse sentire appagato, era a capo della scorta di Emerald ma quando questa non era attiva in quel senso si occupavano anche di altro di più interessante, ma in un certo senso era comprensibile che desiderasse stare accanto alla ragazza con cui era stato insieme quattro mesi e passa.

Pur sapendo che non c’erano possibilità di un ritorno di fiamma.

«sissign-»

«un momento».

Era stato Connors a parlare. Solitamente Tovarich nei suoi confronti era piuttosto “neutrale” non trovandolo né antipatico né particolarmente simpatico, ma in quel caso una punta d’irritazione la sentì.

«qualcosa che non va?»

«l’idea indubbiamente è buona. Solo un punto, signore: voglio andare io» disse l’americano «Turbinskii potrebbe temporaneamente prendere il mio posto, lo sapete anche voi che ricoprirebbe bene l’incarico».

Mr. Lancaster sollevò un sopracciglio. «perché tu e non lui?»

“già, perché lui e non io?!” pensò il russo.

«perché al di là del resto degli uomini della scorta, che si stabiliranno lì in abiti civili come da piano, quella stupida bestia avrebbe più paura di me che di lui» indicò Turbinskii con un cenno del capo «credo che il solo vedermi lo farebbe quasi pisciare sotto…»

«Connors».

Non c’era nemmeno bisogno di aggiungere altro per far capire all’americano che aveva utilizzato un linguaggio troppo volgare.

«scusate, signore. Comunque il senso è quello, sapendo che ci sono io in giro starà ben lontano da vostra figlia».

«ma che gli hai fatto in quelle due settimane?»

Stavolta era stato Turbinskii a parlare.

«i dettagli non sono importanti» minimizzò Howard «ad ogni modo come ragionamento mi sembra piuttosto logico. Andrai tu a Tokyo, Connors. Mi raccomando però: non toccare la bestia a meno che questa faccia del male ad Hammy o ti attacchi per primo. Ho fatto una promessa ad Emerald ed intendo mantenerla».

«lo so. Miz Lancaster vuole che venga lasciato in pace» ripeté il soldato in tono quasi annoiato. Howard si accese un sigaro.

«ci tengo a specificare che non sei autorizzato ad indurlo ad attaccarti per primo. Sei lì per fare da deterrente e per reagire nel caso lui agisca».

Turbinskii c’era rimasto male, ma non disse una parola. In un certo senso aveva quasi ricevuto una promozione temporanea considerando che avrebbe preso il posto dell’americano. Però…uffa. Non era giusto. L’idea era stata sua.

“anche quel che dice Connors è vero, però. Flash, o Warsman che sia, avrebbe più paura di lui che di me. Con o senza scorta intorno” ammise con sé stesso.

«tutto chiaro. Ma nel caso la bestia faccia una delle cose che avete detto voi…far del male ad Emerald, o attaccarmi per primo senza che io l’abbia provocato…»

Non finì la frase, attendendo che fosse il suo capo a farlo.

«in quel caso sentirai prima cosa ne pensa mia figlia. Nel caso lo volesse fuori dalla propria vita una volta per tutte beh…è a tua discrezione».

Sulla faccia da schiaffi di Connors comparve un largo sorriso, mentre gli occhi neri come la pece luccicavano soddisfatti.

«voi sapete che quando dite queste parole a me suona come “Connors, hai vinto tre miliardi al Lotto”, vero signore?»

Mr. Lancaster gli sorrise. «lo so».

«qualunque cosa accada non vi deluderò» disse il soldato alzandosi e facendo il saluto militare.

«come sempre. Potete andare…» sentì bussare «Jordan. Che succede?»

L’anziano maggiordomo entrò nella stanza, lasciando che Turbinskii uscisse. «vengo a ricordarvi che tra mezz’ora esatta arriverà il vostro medico, signore».

Howard impallidì leggermente, bevendo qualche sorso di cognac. «temo che dovrò rinunciare all’immenso piacere di vederlo, visto che tra cinque minuti esatti devo partire per Il Cairo».

Diceva la verità, e trattavasi di un viaggio che faceva per conoscere una nuova potenziale socia in affari, una ragazza dell’età di Emerald che ,da quel che era venuto a sapere, alla morte del padre e nonostante avesse perduto un braccio -prontamente sostituito da un’avanzatissima protesi- in circostanze poco chiare aveva preso in mano le redini dell’azienda di famiglia, operante in robotica e biotecnologie estremamente avanzate, utilizzabili sia in campo medico che come armi. Erano queste ultime in particolare ad interessare ad Howard, armi bio-organiche con una coscienza propria, seppur limitata; una tecnologia della quale era interessato ad impadronirsi. C’era sempre qualche signore della guerra a cui interessava quella specie di giocattoli, e che era disposto a pagare fior di quattrini pur di averli. Diversi dei suoi introiti provenivano anche da affari di quel tipo.

«giusto signore, ma se mi permettete, quella visita…»

«ho quarantacinque anni e sono in perfetta salute, le visite una settimana si e una no le lascio ai vecchietti come il mio buon vecchio ex amico Robin» sentenziò Lancaster «grazie comunque per avermelo ricordato, Jordan».

«di nulla, signore» il maggiordomo in capo fece un leggero inchino con la testa e sparì.

«se volete potrei intrattenere il dottore lanciandolo dieci volte giù per la scalinata principale. Se la sedia a rotelle non si rovescia non si farà nemmeno male» propose Connors, che contrariamente a Turbinskii non era ancora uscito dalla stanza.

«no, no. È solo un povero vecchio rinsecchito e un po’fuori di testa, niente crudeltà non necessaria» disse Mr. Lancaster «e ad ogni modo visto che è sempre in anticipo farò bene a salire sul mio jet privato; “arriva tra mezz’ora” vuol dire ritrovarselo tra capo e collo meno di dieci minuti dopo che Jordan me l’ha ricordato».

«giusto anche questo».

Uscirono fianco a fianco dall’ufficio, camminando velocemente lungo il corridoio.

«pensate che miz Lancaster se la stia passando bene, lassù?»

Quando non si parlava di lavoro finivano inevitabilmente a discorrere di Hammy.

«la Scuola di Ercole non è un parco divertimenti, ma non vedo perché non dovrebbe essere così. Nei limiti del possibile, naturalmente».

«sempre che Robin Mask non le dia noia».

«pfff…Robin. Povero, vecchio, solo, stupido Robin» Howard scosse la testa «ho messo in chiaro con chi di dovere che deve fare in modo che la mia principessa non venga infastidita, ma se dovesse cercare di farlo lo stesso probabilmente sarebbe lei a far vedere i sorci verdi a lui. Il fatto che io cerchi di “prevenire” e di proteggerla sempre e comunque non vuol dire che non sia consapevole che Emerald non è una ragazzina indifesa. L’ho cresciuta ed addestrata io, so benissimo com’è mia figlia e di cos’è capace».

«è troppo buona lo stesso».

«ed è proprio per questo che qui ci siamo noi».

Mentre uscivano di casa -avevano proceduto quasi a passo di corsa- il pensiero di Howard corse ancora a Robin Mask.

Non era che non gli fosse dispiaciuto quando la loro amicizia si era spezzata. Robin, fino a quasi sedici anni prima ormai, era stato uno tra i suoi migliori amici -e viceversa. Inizialmente, i primi tre anni all’incirca, aveva pensato spesso che fosse stato un peccato che avessero iniziato ad odiarsi in quel modo. Poi però aveva finito per abituarsi, anche perché non aveva potuto fare altro.

Pensare che era stato perfino il testimone delle sue nozze con Janice.

O beh… in fondo le persone vanno e vengono, no?

Arrivarono fino allo spiazzo dove Howard avrebbe preso l’elicottero che l’avrebbe portato in aeroporto, fino al suo jet privato. Oltre all’elicottero era lì che Mr. Lancaster teneva, in un edificio apposito, la sua collezione di automobili. Precisamente: un paio di Rolls Royce, tre Ferrari ultimo modello delle quali una era rossa, una argentea e una nera, tre limousine delle quali una bianca una nera ed una argentea, un paio di Jaguar blu scuro per le occasioni più informali e che non usava quasi mai, e infine le sue cinque Lamborghini nere. Cinque. Gli era sempre piaciuto quel numero, come anche quella marca di auto.

E c’era anche la moto che Hammy, la quale pur sapendo guidare le auto si rifiutava di prendere la patente per semplice svogliatezza, usava quando era a Londra. Aveva lasciato pure la chiave inserita, tra l’altro.

«tu e gli altri uomini viaggerete gratis su uno dei voli della compagnia aeronautica di mia figlia…» disse il gentiluomo, salendo sull’elicottero. Il pilota accese i motori.

«sissignore».

«Howard Hogan Robert John Lancaster!!! non potrai sfuggirmi per sempre!!!» urlò una voce vecchia e quasi gracchiante, che ebbe il potere di far venire la pelle d’oca all’interessato.

«si sbrighi a partire per l’amor di Dio!» esclamò Lancaster incitando il pilota, nel vedere quel pazzo del suo medico arrivare sparato in sedia a rotelle e brandendo la siringa.

«ecco signore, stiamo decollando!» esclamò il pilota mentre l’elicottero si alzava di tre metri da terra.

«pericolo scampato» mormorò Mr. Lancaster facendo un cenno di saluto quasi a presa in giro al suo medico.

«scappa, scappa» disse il dottor Alistar MacNeil guardandolo truce e sempre con la siringa minacciosamente sollevata «che quando torni ti tocca una doppia dose!»

Sentendo Connors sbuffare il dottor MacNeil si voltò. «qualche problema, giovanotto?!»

«io no, ma non sarebbe ora che lei andasse in pensione?» lo provocò l’americano con la sua faccia da schiaffi.

«…lo sai, un’iniezione non farebbe male nemmeno a te. Magari ti renderebbe meno sfacciato. Solo perché sei stato un mercenario per qualche anno pensi di poterti dare delle arie? Povero sciocco pivellino» tossì un paio di volte «non avresti resistito nemmeno un quarto d’ora al fronte!»

Michael però non era tipo da cedere così facilmente alle provocazioni. Essere un ex mercenario amante della violenza non voleva dire essere anche uno stupido, e tante cose si potevano dire dell’americano: sfacciato, crudele, arrogante, sarcastico, a tratti volgare, con zero scrupoli…ma stupido proprio no.

«fortunatamente per me non sapremo mai se ha ragione oppure no…»

“Mr. Lancaster ha detto esplicitamente “niente crudeltà non necessaria”. Quindi…punzecchiatura e poi correre via” pensò.

«…mummia MacNeil!» lo prese in giro l’americano, per poi saltare sulla moto di Emerald e partire a tutto gas.

«come come?! Razza di pivello sfacciato!!!» inutile dire che nonostante l’evidente vantaggio dell’americano che viaggiava in moto il dottore si mise ugualmente ad inseguirlo. Lui, veterano della II Guerra Mondiale, decorato alla medaglia d’onore perfino, sbeffeggiato da un pivello lentigginoso americano?! Mai!

«torna qui, vigliacco!!!»

«ahem…signor MacNeil, c’è qualche problema?»

Ah, l’angelico sussurro! Ah, l’oro di quei capelli! Quegli occhi neri da cerbiatta! Quella pelle leggermente olivastra sulla quale i segni del tempo ben poco avevano ancora infierito! Dolci e soffici membra minute di fanciulla solo leggermente invecchiata…!

«signor MacNeil?»

Non che lasciasse trapelare nulla di tutto ciò che pensava.

«niente signora Lancaster, solo un pivello troppo sfacciato e suo marito che come al solito si rifiuta di farsi curare come si deve!»

Janice sospirò. «uomini. Fanno tanto i duri e poi fuggono davanti ad una piccola siringa. Ricordo ancora quando ha dovuto togliere l’ultimo molare in fondo a destra…sembrava fosse reduce dall’ espianto di un rene! E lo chiamava perfino così, "Janice, io sono reduce dall'espianto di un dente, cerca di capire!"» guardò altrove «e quanto a Connors, non vale proprio la pena di badare a nulla di quello che dice. È solo uno sfacciato, e non capisco come ad Howard possa piacere tanto da averne fatto praticamente il suo uomo di fiducia».

«ha ragione, mia cara. È solo un pivello sfacciato» concordò il medico «mi dica…sua figlia come sta?»

«Emerald!» altro sospiro «tra quella ragazza e suo padre non so chi è peggio, lei consideri che tempo fa sono spariti per tre mesi e devo ancora capire dove accidenti siano stati!...comunque sta bene. Si è ripresa molto bene da quell’…incidente» concluse un po’esitante la signora.

«beh…buono a sapersi».

«signor MacNeil, non sapevo che oggi fosse giorno di visita!»

Il dottore si voltò.

Altra dolce visione!

«signora Lancaster, è sempre magnifica».

Phoebe Laidlaw Lancaster, ex infermiera nel Muscle Museum Hospital. E per lui la più bella di tutto il reparto con quei capelli neri, il sorriso dolce e gli occhi azzurri come il mare, tanto che c’era stato un periodo piuttosto lungo nel quale quasi quasi…solo che poi Hogan Lancaster aveva avuto la brillante idea di fare indigestione di wurstel in una gara contro Broken Senior Senior, e ciao begli occhi, ciao sorrisi, ciao lunghi capelli corvini.

«anche lei si mantiene bene» disse cortesemente la donna, sapendo che nonostante la sedia a rotelle e la ferita al braccio riportata in Giappone durante la guerra rimaneva sempre un soggetto decisamente agguerrito.

«solo che dovrebbe punire quello scapestrato di suo figlio, che è scappato un’altra volta».

Anche Phoebe alzò gli occhi al cielo. «tale e quale al padre. Ricorda? Anche il mio Hogan si dava sempre alla fuga ogni volta che la vedeva arrivare!»

«non che sua nipote sia diversa. L’ultima volta che l’ho visitata si è arrampicata in cima a quella specie di montagna che avete nella tenuta; ho dovuto prendere in ostaggio suo padre per farla scendere!» ricordò il medico «…e mi tirava le nocciole, poi!»

«pensare che adesso è alla Scuola di Ercole…» disse Janice.

«davvero, si è decisa eh? Era ora» anche lui da ex wrestler quale era aveva sempre pensato che fosse uno spreco lasciarla andare per locali a mettere su musica spaccatimpani. Nonché che suo padre l’avesse viziata troppo.

«eh si. Anche se ciò ha generato una certa preoccupazione in mio marito».

«non mi sorprende, l’ha straviziata se mi permette il commento».

«un tè, Mr.? Se ha tempo…»

Mh. Tutto sommato si, un po’di tempo per accettare l’offerta di Phoebe l’aveva.

***

Alistar MacNeil, di cui si parla nell'ottavo capitolo di "Reignite", è un personaggio originale appartenente a vermissen_stern...che ringrazio per avermi dato il permesso di citarlo :)

...c'è un'altra piccola citazione nel capitolo, ma si tratta di un altro mio OC (o meglio, un'altra) :D

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Capitolo 7
*** All hail Emerald! ***


Camminava velocemente lungo la strada illuminata solo dalla luce di qualche lampione.
Da Kevin c’era già stata, lasciando delle nocciole ed un biglietto. Ma dato che la visita alla persona per la quale era fuggita temporaneamente dalla Scuola di Ercole era durata meno del previsto, aveva tutto il tempo di tornare dal proprio ragazzo per dargli un segno molto più tangibile della propria presenza…
«aaah, porco mondo! Le lettere! Alla fine non gliene ho parlato. E vabbè, sarà per un’altra volta» borbottò la ragazza dopo aver sbattuto una mano sulla fronte.
Meglio continuare a camminare, va…
All’improvviso però diventò tutto buio. Qualcuno le aveva messo le mani sopra gli occhi, lei non aveva idea di chi fosse il che era male soprattutto considerando che era notte fonda, e chi sorprende una ragazza alle spalle a quell’ora senza avere brutte intenzioni?
Eppure non aveva l’istinto di reagire in malo modo. Come se i suoi sensi avessero identificato lo sconosciuto ancora prima del suo cervello.
Erano entrambi fermi lì, per strada, in una zona d’ombra. Lui -era un uomo, quello l’aveva capito- non si era mosso oltre, come se aspettasse che fosse lei ad agire, adesso.
Emerald toccò le mani che le coprivano gli occhi. Erano molto, molto familiari. Così come l’odore dello sconosciuto, di pino silvestre e di…maschio. Non avrebbe saputo definirlo in altro modo se non quello, maschio, ed identificato questo particolare il nome dello “sconosciuto” venne automaticamente fuori dalle sue labbra.
«Mikey…»
«dovresti stare più attenta, miz Lancaster. Un altro non ti avrebbe messo le mani sopra gli occhi».
Ed ecco che Hammy riprese a vedere, e quando si voltò vide davanti a sé quella faccia da schiaffi da ragazzo invecchiato che faceva imbestialire i più, e che invece a lei era sempre piaciuta tanto.
«un altro lo avrei conciato per le feste appena mi avesse sfiorata, vado alla Scuola di Ercole per addestrarmi, non a passare l’aria» ribatté lei con una smorfia che si trasformò poco dopo in un sorriso «che accidenti ci fai qui?!»
«piuttosto che ci fai tu qui visto che a quanto ne so dovresti essere su un altro pianeta. Non c’è niente da fare, sei una salinara senza rimedio, sempre a marinare la scuola» vedendo uno dei pochi fiori ancora vivi in quel giorno di ottobre lo colse e glielo mise tra i capelli, adempiendo così al “loro” gesto tradizionale «come facevo io. Andavi a trovare…» gli venne perfino da ridere all’idea «il tuo ragazzo?»
Già. Che ci faceva Emerald lì sulla Terra…?


:: qualche ora prima (mezzanotte), pianeta Ercole ::


Era passata una settimana da quando Emerald aveva trovato le lettere nella cassaforte di Robin Mask e si era appropriata di due di esse. Eppure, in tutto quel tempo non le aveva toccate facendole sparire nel marsupio senza farle vedere a nessuno; non alla sua compagna di stanza, non a Roxanne, e nemmeno a nessuna delle altre. Così come non ne aveva parlato neppure a suo padre, pur sentendosi due volte al giorno. O con i ragazzi, che via via aveva finito per chiamare più volte.
Ed ovviamente non ne aveva parlato con Kevin.
Si, alla fine pur temendo una nuova proposta di matrimonio si era decisa a telefonargli, rimanendo piacevolmente sorpresa quando questa non c’era stata. Non c’era stata quella volta, e nemmeno le successive, cosa che la ragazza aveva accolto con un gran sollievo.
Era innamorata di lui, e sapeva che difficilmente avrebbe finito col lasciarlo per qualcun altro o semplicemente per noia…ciononostante non se la sentiva nemmeno di impegnarsi in misura maggiore rispetto a quel che stava facendo, con Kevin. Matrimonio, famiglia, tutte cose lontanissime da quel che voleva. Aveva diciannove anni, per quello c’era tempo. Chissà, magari arrivata ai trenta avrebbe sentito il desiderio di qualcosa di più, ma ora come ora le andava benissimo così!
«quindi te ne vai dal tuo ragazzo».
«eh già» Emerald saltò sul tavolino che c’era nella stanza e da lì rimosse la grata del condotto di aerazione, per poi arrampicarsi ed entrarvi con gran facilità «credo che per le quattro comunque sarò di nuovo qui».
«che diavolo, ad avere avuto un fisico come il tuo quanti problemi avrei evitato!» esclamò Kirika dandosi una guardata. Alta oltre un metro e novanta, possente, poca vita, pochi fianchi, poco seno…sembrava quasi un uomo, diversamente dalla sua compagna di stanza che per magra che fosse era visibilmente “femmina”.
«si beh avresti rimediato qualche punizione in meno».
«io però non ho ancora capito che vuoi farne di quei pigiami e quelle vestaglie di Robbie Robbie…» dal condotto non giunse nessuna risposta «Lancaster…? Tsk, è andata. Spero per lei che non la becchino» la demonessa si buttò sul letto con uno sbuffo «certo che ha parecchia energia, io al suo posto dopo oggi col cavolo che sarei partita, anche se il mio ragazzo fosse stato uno sventolone come Kevin Mask!»
D’accordo, le navicelle monoposto erano estremamente veloci. E ok, la Terra non era poi così tanto distante dal pianeta Ercole, tant’è vero che c’erano arrivate in pochi minuti. Ma il prima e il dopo viaggio, uscire e rientrare stando attenti a non farsi beccare erano uno stress non indifferente.
“è vero anche che Emerald viaggia nei condotti, quindi deve solo stare attenta a non farsi scoprire andando dalla Scuola alle navi e viceversa” pensò poi “ma il discorso non cambia granché”.
Una bussata leggera alla porta.
«Kirika…!»
Oh, ma tu guarda chi aveva deciso di infrangere la regola del coprifuoco. La demonessa aprì la porta.
«attenta Fiona, se un istruttore ti trovasse fuori potrebbe sculacciarti» la prese in giro Kirika «…e anche a te due codini. E anche a te, Anubi Crea. Te invece no rossa, che sei la figlia del direttore e sei raccomandata».
«lasciami entrare» borbottò la rumena entrando a forza nella stanza «Emerald!...no…non dirmi che-»
«se siete venute qui pensando di fermarla è troppo tardi, la ragazzina è già in viaggio. Probabilmente è passata nelle vostre stanze poco fa!»
«quindi l’ha fatto davvero!» Crea si mise le mani tra i capelli «ma perché?!»
«effettivamente io non avrei rischiato tanto per uno come Kevin Mask» disse Jacqueline memore dell’uscita annullata per la qualche nemmeno a dirlo ce l’aveva e ce l’avrebbe sempre avuta con l’inglese.
«come se non avesse già abbastanza problemi…» borbottò Roxanne, anche lei rimasta in piedi pur essendo completamente distrutta dalla fatica. Chiaro che tra tutte lei fosse quella che risentiva maggiormente dei durissimi allenamenti che erano loro imposti, per non parlare della fatica di dover imparare a memoria tutte quelle benedette regole. E non aveva mica la memoria eidetica come Emerald, lei, che quando Robin Mask le aveva chiesto quel che le aveva dato da studiare il giorno prima lei aveva ripetuto non solo quello ma anche tutto il resto del libro paragrafo per paragrafo, riga per riga, parola per parola, note a pié pagina incluse. Il tutto con un sorrisetto soddisfatto ed un luccichio derisorio negli occhi. Ma la scena più incredibile era stata l’ultima.
“…come recita la regola numero trecentocinquantasette tris paragrafo sette comma tre”.
“comma due”.
“ma nemmeno per idea: è comma tre. Controlli meglio”.
E ovviamente aveva avuto ragione lei.
“allora, comma due o comma tre?”
“è uguale” aveva detto Robin Mask tra un borbottio e un ringhio.
“allora anche la regola ventidue e la duecentoventisette sono uguali, se la mettiamo così. Comma tre dunque, mh?” Emerald detto questo aveva preso la felpa e se l’era messa sopra la sua tuta da combattimento, alzandosi per poi andare verso la porta.
“dove credi di andare?!”
“a fare qualcosa di utile con Buffaloman visto che tanto le regole le so meglio di lei” gli aveva detto uscendo dall’aula, aggiungendo per di più uno sfacciatissimo “..e ristudi bene tutto il libro, che domani glielo risento!”
allenamenti triplicati, per te!
Emerald aveva rimesso la testa dentro l’aula.
“sicuro che non volesse dire duplicati vista la sua tendenza a confondersi il due col tre?...”
“allora facciamo quadruplicati e non se ne parla più, no?!” aveva detto con forza l’inglese lottando visibilmente per stare calmo.
“ma si…tanto due, tre, quattro, son tutti uguali” aveva concluso Emerald correndo via per il corridoio, ma non prima che Kirika avesse urlato…
all hail Emerald!
“allenamenti quadruplicati anche per te, benissimo”.
E Robin Mask non aveva fatto altro, continuando la lezione. Si, si era limitato a quadruplicarle gli allenamenti senza fare altro, e nemmeno punendola personalmente poi, come ad aver concluso che più le stava lontano meglio era, o come se gli fosse stato detto di non avvicinarsi a lei e basta.
Nessuna di loro aveva capito bene cos’era successo, ma sembrava esserci stato qualcosa di piuttosto grosso che coinvolgeva Emerald e l’ex wrestler inglese. Quando le avevano chiesto spiegazioni la ragazza aveva parlato di “una discussione un po’ degenerata interrotta da Ramenman al momento giusto”, senza scendere nei dettagli. Ma da quel momento, si avvertiva piuttosto bene, era cambiato qualcosa all’interno della Scuola di Ercole. Come se Robin Mask fosse tenuto costantemente sott’occhio, sia da Ramenman che da Pentagon, che da Jesse Maivia, da Vance MacMadd e tutti gli altri, che sembravano trattarlo come una specie di bomba della quale volevano evitare l’esplosione.
La verità era che i suoi colleghi volevano sia preservare la ragazza che impedire a lui di fare qualche grossa ed irreparabile cazzata, per questo lo trattavano come un sorvegliato speciale facendo si che lui ed Emerald non rimanessero soli nemmeno per un momento, nemmeno per sbaglio, controllando perfino i suoi movimenti.
Situazione estremamente seccante per l’inglese, ma se l’era cercata.
«ma veramente ad avere problemi nell’ultimo periodo sembra essere Robin Mask» commentò Crea. Fiona occhieggiava ancora il condotto di aerazione.
«forse se entro riesco a riprenderla prima che faccia quella stupidaggine».
«ma come pretendi di entrarci tu lì dentro? Lascia perdere!» esclamò Kirika «non c’entrerebbe nemmeno Crea che è più bassa di Emerald figuriamoci tu».
«ah grazie eh!» sbuffò l’egiziana.
«è pura verità oggettiva...»
Jacqueline toccò con un dito l’imbottitura che furbescamente Emerald aveva messo sotto le coperte per far credere a non-si-sa-chi che lei fosse nel letto a dormire. E fu in quel momento che sentì…
«passi in corridoio!» disse in un sibilo concitato.
«filiamo in bagno» disse rapidamente Fiona entrando con le altre -eccetto Kirika che spense la luce e si infilò sotto le coperte- nel bagno.
E per fortuna.
Perché nonostante qualcosa nel genere non si usasse fare mai, Teapackman che quella sera era di ronda aprì leggermente la porta della stanza, controllò che fosse tutto a posto e la richiuse per poi andarsene.
Altra prova che alla salute di Emerald per qualche motivo parevano tutti tenerci particolarmente, tanto da controllare che Robin Mask non venisse ad infastidirla nemmeno di notte. «via libera» disse Kirika a mezza voce «per fortuna che hai sentito i suoi passi rossa; Teapackman ha pure controllato dentro».
«ma non si usa!» allibì Fiona.
«mi sa che Robin Mask non è il solo sorvegliato speciale» commentò Roxanne.
«ho sentito che a lui è stata perfino vietata la ronda notturna che tocca a tutti gli istruttori almeno una volta» le informò Crea «penso per lo stesso motivo per cui Teapackman ha guardato nella stanza».
Fiona guardò l’imbottitura sotto la coperta. «pareva che lei se l’aspettasse».
«magari è solo previdente e non è la prima fuga che fa. Cioè, da qui si, ma in generale…» pareva che Jacqueline si fosse fissata col toccare l’imbottitura.
«forse. A che ora avrebbe pensato di tornare?» sbuffò Crea.
«ha detto che per le quattro sarà qui, così tra le due ore dal coprifuoco alla mezzanotte e quelle tre dalle quattro alle sette, cinque ore di sonno se le fa» disse Kirika.
«non è che non mi piaccia perché comunque il suo dovere lo fa senza tirarsi indietro, ma a volte credo che quella ragazza non abbia tutte le rotelle a posto» disse Fiona scuotendo la testa «tutto questo solo per andare a trovare il suo ragazzo!»
«eh, ma Kevin Mask è Kevin Mask. Ad avere avuto la possibilità di rifiutare di venire qui probabilmente io l’avrei colta al volo e sarei rimasta a casa con lui a fare le più grandi porcate tutto il giorno tutti i giorni!»
Tale affermazione sorprese non poco quelle che conoscevano meno Anubi Crea. Pacifica e dalla difficile arrabbiatura si, seria e ligia al dovere si, ma non disdegnava di certo le “porcate” in questione, né faceva credere di farlo.
«affamata…?» la prese in giro la demonessa.
«no, affamata no, ho solo detto cos’avrei fatto io pensando a Kevin Mask».
Fiona sospirò ed alzò gli occhi al cielo.


Scivolata giù dal condotto Emerald cadde a terra con pochissimo rumore, e corse via fino alle navicelle monoposto. C’erano solo un paio di addetti che lei tramortì colpendoli alla nuca, e mettendoli in una posizione tale da far credere loro di aver avuto semplicemente un colpo…di sonno!
Fatto ciò scelse una delle navicelle monoposto, salì, la accese, impostò la rotta e partì. Ringraziando il cielo tra le varie cose che suo padre le aveva insegnato a fare negli anni passati c’era anche guidare navicelle come quella, caso mai si fosse trovata ad affrontare un’emergenza di qualche tipo.
“decollo tra 3…2…1…decollo effettuato. Rotta attuale: pianeta Terra”.
«ma va, non lo sapevo» disse la ragazza con un sospiro, accomodandosi meglio.
Nemmeno un quarto d’ora e sarebbe atterrata vicino alla pasticceria che non era troppo lontana da casa sua, sarebbe entrata, avrebbe fregato due torte…ok no, proprio fregato no, avrebbe lasciato lì tipo trecento sterline che avrebbero coperto il prezzo e resto mancia…
A Kirika e le altre aveva detto che fuggiva perché voleva andare a vedere il proprio ragazzo.
Ma le cose non stavano effettivamente così. Perché, pensò guardando il sacco nel quale aveva ficcato dentro vestaglie e pigiami, non era di Kevin il compleanno.
atterraggio tra 3…2…1…”
Se non si premevano pulsanti a caso l’atterraggio delle navicelle monoposto era anche morbido. Qualcuno avrebbe dovuto dirlo a Kid Muscle quando era finito sulla Terra per la prima volta.
Aperto il portello Hammy uscì dalla navicella, sfondando la finestra non troppo grande del bagno del locale ed aprendola entrò in pasticceria, prese le due torte e corse verso casa.
Home, sweet home.
Poggiò le torte, che ovviamente aveva messo in due scatole di cartone, fuori ed occhieggiò la finestra.
“Kevin, Kevin, benedetto tu che pure in ottobre ti dimentichi di chiudere la finestra della nostra stanza” pensò Emerald arrampicandosi sul davanzale nonostante la stanza fosse al piano superiore, proprio come faceva una volta.
Con una certa intima soddisfazione constatò che era solo, nel letto.
Se così non fosse stato probabilmente gli avrebbe fatto fare un volo assurdo fuori dalla finestra, visto che adesso poteva!
Aprì di più la finestra, entrò…
Oh, era così tenero quando dormiva. Avrebbe potuto stare a guardarlo per ore, il suo angelo biondo cenere…si, che a parte la bellezza avesse ben poco di angelico si sapeva, ma non le importava granché.
Per un attimo fu terribilmente tentata di mandare al diavolo il piano originale, svegliando invece Kevin e rimanendo con lui per tutto il tempo.
Ma tale tentazione le passò presto, e lasciò delle nocciole ed un biglietto sopra il cuscino.

“ …E chiudi la finestra una volta tanto! Ti amo, tua Hammy. Ps.: mangiale, quelle nocciole!!!”

No, niente sospirosi “mi manchi” o chissà cosa di smielato; Emerald non era proprio il tipo.
Fatto questo uscì passando di nuovo per la finestra -e stavolta non usò nemmeno lo steccato saltando direttamente a terra- per poi raccattare torte e sacco e saltando di giardino in giardino per raggiungere la propria vecchia casa con quella scorciatoia.
Le chiavi, sia della porta principale che di quella sul retro, le aveva ancora…


Warsman, sempre nei panni di Flash, si era preparato a passare l’ennesimo compleanno in totale solitudine. Solitudine forse voluta, in un certo senso, almeno in quel caso. Avrebbe potuto dire a Kevin quando cadeva il suo compleanno e invece non l’aveva fatto, ed aveva tutta l’intenzione di trascorrere l’intera giornata chiuso in casa. A partire da quella stessa notte.
Non sapeva nemmeno lui perché, se quell’atteggiamento che aveva fosse dettato dall’orgoglio o da non si sa cosa. Non si era nemmeno curato di dare un’occhiata al/alla nuovo/a quasi-dirimpettaio/a di Kevin, nonostante tornando a casa avesse visto gente portare dentro quella casa alcune cose. Si, voleva stare solo, anche se non sapeva il motivo.
Però una cosa la sapeva, invece. Ossia che l’unica persona che avrebbe potuto stare insieme a lui quel giorno, sapendo cosa rappresentava, attualmente era su un altro pianeta a rompere le scatole al suo vecchio maestro Robin Mask.
Osservava con aria quasi assente le immagini sullo schermo televisivo. Era in piedi dietro al divano, non aveva nemmeno avuto voglia di sedersi, meditava di andarsene a letto e sprofondare nel sonno più profondo della propria vita.
Un istante dopo avrebbe capito sia che i suoi programmi erano andati in fumo…sia che non sedersi sul divano era stato un grosso errore.
Perché improvvisamente la sua povera chiappa destra fu investita dallo schiaffo più potente e doloroso che avesse mai ricevuto, cosa che gli fece emettere un urlo acuto come pochi…
Smorzato quasi subito da una torta che gli venne sbattuta in piena faccia.
Tra tutto cadde perfino a terra, mentre in quel delirio improvviso sentiva qualcuno cantare una canzone…
«tanti auguriiiii por-cel-loooooooooooo…tanti auguriiiii aaaa teeeee!!! Yeeee il vecchio porcello è ancora più decrepito!!!»
No, non era possibile.
Non era umanamente concepibile.
Non poteva essere stata Emerald a fargli quello scherzo atroce, non poteva essere lei a cantargli gli auguri battendo le mani per poi ridere di gusto, non poteva essere lei, lei era su un altro pianeta…!
«cos’è, sei morto? Non hai retto all’emozione di rivedere in anticipo la tua Nemica Numero Uno?»
Eh no invece, era proprio lei.
Solo che non lo credeva possibile!
«tu…c-come…» si pulì il viso dai frammenti di torta «al diavolo!» sbottò, afferrando il candelabro su uno dei tavolini accanto al divano e cercando di colpirla dopo essersi rialzato più velocemente che poteva.
«che c’è, non hai gradito il mio piccolo scherzino?...ok, no» evitò il candelabro quando lui glielo lanciò, correndo dritta in cucina, dove lui afferrò un paio di coltelli.
«adesso te lo faccio io lo scherzino, puttanella che non sei altro!!!»
Non stette nemmeno a chiederle i perché e i percome, non in quel momento almeno, concentrandosi solo sull’annientamento della nemica che rispose all’assalto lanciandogli contro una sedia, saltando sul tavolo ed abbandonando la stanza. Approfittando della momentanea distrazione per raggiungere lo stereo ed infilarvi dentro un cd.
«eddai Sorcio, dimentica di essere una gelida pantegana di Madre Russia giusto per un attimo e sciogliti un po’…» per avere più agilità nei movimenti -o forse solo per farsi vedere- si tolse la felpa che aveva addosso rimanendo con la tuta da combattimento.
Proprio mentre le prime note di “El Tango de Roxanne”, il loro preferito, iniziavano a risuonare nella stanza.
«come on…»
Si guardarono per un momento che ad entrambi parve lungo un’eternità, nonostante in realtà fossero passati solo pochi secondi.
Il russo abbandonò i coltelli. Lei, con quel suo sguardo felino. Lei, con quel sorrisetto. E con quella tutina…che grandissima mignotta…mai aveva odiato tanto qualcuno.
E mai era stato più contento di vederlo, questo qualcuno, o poterlo prendere tra le braccia sulle note di una canzone che aveva portato loro la vittoria così tante volte, ricordo di tante serate e tanti passi di danza fatti insieme.
«tu…sei…tsk» borbottò attirandola a sé in una delle figure del tango.
«invece di farfugliare, balla».
Assurdo che gli fosse quasi mancata, in quella sola settimana in cui non si erano visti. Ed ancor più assurdo che la mancanza fosse stata reciproca. Cose che solo chi possiede un arcinemico può capire.
E comunque la verità era che non gli era “quasi” mancata.
Le loro litigate gli erano mancate proprio.
«che diavolo ci fai quaggiù?»
«più invecchi più diventi tardo, non ti dice niente il fatto che oggi è il tuo compleanno?» altra lunga occhiata, senza smettere di ballare «se non mi prendo qualche ora di vacanza per un vecchio porcello tutto solo, per chi altri?»
Era tornata sulla Terra per lui.
Stava rischiando l’espulsione o una punizione estremamente pesante, e lo faceva solo e soltanto per stargli vicina il giorno del suo compleanno. Almeno per un po’.
«ti sei completamente bevuta il cervello, razza di sciocca» comodo che il ballo stesso a quel punto richiedesse il passarle la mano sul corpo «…io cosa sei te l’ho detto lo ribadisco, con questa cosa addosso sei più che mai una gran puttana».
Nota finale. Figura finale.
Ad attaccare per prima stavolta fu Emerald, che lo fece finire sul divano con lei sopra.
«il buon Robbie Robbie ha detto suppergiù lo stesso» gli teneva ferme le mani con le proprie, cosa che con la destra per ovvie ragioni le veniva terribilmente facile «già…» bloccò entrambe le sue mani con una morsa del proprio braccio destro, rizzandosi a cavalcioni su di lui «come mi sta?»
Silenzio siderale.
Risatina da parte di lei, coincidente con una specie di ringhio del russo.
«lascia stare, ho ricevuto il messaggio da parte del tuo fratellino-uh!» fece un’esclamazione sorpresa quando lui con un colpo di reni riuscì ad invertire la situazione, finendo a cadere entrambi giù dal divano. Con lei sotto, stavolta.
«non pensi che se più persone ti dicono la stessa cosa un motivo sotto sotto c’è?!» le disse il russo, cercando di tenerla bloccata a terra.
«eh, proprio sotto sotto, solo che il caro Robin risolve con le bambole di silicone!»
«eh?!» allibì lui, finendo per essere colpito da un diretto in pieno viso.
«prima regola del Fight Club di Hammy: mai distrarsi» lo aveva steso a terra, gli era nuovamente sopra, e ruppe la sua calzamaglia all’altezza del collo iniziando a dargli dei piccoli morsi, senza l’intento di fargli davvero male.
«piantala…razza di vampiro mancato…» protestò lui senza troppa convinzione, per poi finire a lasciarla fare in silenzio.
«a parte tutto…» disse piano la ragazza dopo un po’ «auguri, Nikolai».
Momento quasi dolce che per un attimo lo lasciò senza parole. Non “bestia”, non “Sorcio”, non “porcello”, non uno dei nomi con cui si era fatto conoscere; il suo, di nome.
Peccato che poi tutto fu rovinato da un morso più profondo e decisamente doloroso.
«agh…maledizione a te!» sbottò lui, facendo per togliersela di dosso ma venendo preceduto dalla ragazza stessa che scivolò via e si rialzò velocemente «ogni volta che mi sembri un po’meno stronza, ecco che smentisci subito!»
«colpa tua che avevi nuovamente dimenticato la prima regola del mio Fight Club».
“ma perché ci perdo tempo, con questa?!” pensò il russo massaggiandosi un po’il collo mentre si rialzava a sua volta.
«al diavolo tu e il Fight Club! Come hai fatto ad uscire dalla Scuola di Ercole? E soprattutto che diavolo volevi dire con quella faccenda della bambole di silicone?!»
Lei sparì, recuperando la seconda torta che aveva lasciato vicino alla porta sul retro. «che voglio dire secondo te? Che invece che andare a mignotte Robbie Robbie va a bambole!...io e Kirika l’abbiamo beccato che andava a prenderla in magazzino. Beh…se non altro ha avuto compagnia, visto che ce l’abbiamo chiuso dentro una notte intera…» poggiò la scatola di cartone, aprendola, sul tavolo della cucina e si sedette su una delle tre sedie rimaste.
«come come?!» Flash si lasciò quasi cadere sulla sedia «non ci credo, non è possibile…»
Emerald semplicemente tirò fuori la macchinetta fotografica ed avviò il video. Eh no, invece era possibile eccome.
«…comunque sono affari suoi!» concluse Warsman per poi seguire un’illuminazione improvvisa e spiaccicare velocemente in faccia la torta alla sua Nemica Numero Uno.
«ma…sei…tonto?! Io l’avevo presa per mangiarcela questa!» protestò lei, con la panna ed i pezzi di torta che le cadevano dalla faccia.
«questo è un uso decisamente migliore!»
Emerald si alzò dal tavolo dandosi una guardata. Si era sporcata anche la tuta…che rottura…
«right» andò a recuperare la felpa «vorrà dire che mi offrirai una doccia…»
«ma anche no! Scordatelo…»
«quel sacco comunque è per te» l’aria di Hammy era decisamente divertita «vestaglie e camicie da notte pregiate e di indubbia provenienza» arrivata davanti alla porta della stanza degli ospiti si fermò «…dormi qui?»
Esitazione da parte del russo. «si».
«non in camera mia?...lì dentro che c’è?»
«no, non-»
Prima che potesse fermarla la ragazza era già entrata.
«hai…conservato tutto?»
Tutto. Tutti i souvenir del loro viaggio. Tutti i loro trofei, tutte le cose comprate da entrambi in ogni città in cui erano stati. Tutto. Si, era tutto lì.
«Buenos Aires…» mormorò lei sfiorando un trofeo «Città del Capo…Bombay…Sidney…» man mano che elencava sfiorava varie cose. Per ultima la replica in scala della statua gigantesca che sorvegliava…«…Rio».
E già. Rio.
Rimase ferma per qualche attimo per poi uscire dalla stanza. Sembrava aver cambiato idea, sulla doccia.
Erano abbastanza vicini alla porta sul retro, e lui adesso le dava le spalle.
«si. Emerald, a proposito di Rio de Janeiro…io sento di doverti chiedere una cosa, a riguardo…»
Peccato che la ragazza se la fosse filata in sordina dalla porta appena aveva sentito “a proposito di Rio”.
«devo sapere per quale motivo arrivati lì tu hai…insomma, per cos’è stato che…»
Ah.
Era andata, si rese conto una volta che si fu voltato. Scosse la testa con una specie di sbuffo.
«mh. Forse è meglio così».


“per fortuna che ero vicina ad una via di fuga. Anche lui, che idee gli vengono di fare domande come quella?! Proprio l’ultima che doveva fare!...anche perché io che cavolo avrei potuto rispondergli non lo so” pensò, mentre camminava velocemente “avevo pensato di trattenermi di più e invece è passata giusto mezz’ora…e io ho tipo, uhm, tre ore di tempo. E adesso che faccio?”
E quando, per l’appunto, gli venne in mente l’idea di andare da Kevin, questa finì a morire sul nascere per colpa di un ex mercenario.


:: ora ::


«…andavi a trovare il tuo ragazzo?»
«ah no! Prima tu rispondi alla mia domanda, poi io alle tue».
“se lo vedesse Flash gli prenderebbe un colpo mi sa” pensò Hammy “a meno che non l’abbia già…no, no. Altrimenti non credo che l’avrei trovato tanto tranquillo”.
«abbiamo saputo che adesso la bestia russa vive nella tua vecchia casa…» disse l’americano «e così eccomi. Vivrò qui» le indicò la casa alle proprie spalle, dirimpetto a quella a sinistra rispetto a casa di Kevin «per un po’».
Emerald non sapeva bene cosa pensare, si sentiva come “divisa in due”. Da un lato la presenza di Connors le dava più un senso di “aria di casa”. Dall’altro…
Perché cavolo suo padre l’aveva mandato lì?!
«lo so, lo so. Tu quell’animale sei più che in grado di gestirlo, specialmente adesso e particolarmente quando completerai l’addestramento. Lo so io, lo sa tuo padre…ma meglio prevenire che curare».
«non voglio che gli sia fatto nulla» disse lei sottolineando l’ultima parola. Connors alzò le mani.
«e infatti non gli verrà torto un…circuito» sorrise sfacciatamente alla propria battuta «gli ordini di tuo padre sono di stare qui a vigilare ed agire secondo la tua volontà nel caso in cui lui faccia qualcosa che non dovrebbe fare, come far del male a te o attaccarmi per primo. O se lo volessi finalmente fuori dalla tua vita. Si chiamano misure precauzionali».
«tu potresti indurlo ad attaccarti».
L’americano scosse la testa. «sfiga mia, ho ordini contrari!»
Emerald fece un sorrisetto e sospirò, alzando gli occhi al cielo. «papà pensa sempre a tutto. Ma comunque eventualmente c’è Kevin che potrebbe prote…no. Ok. Cazzata suprema» si arrese la ragazza vedendo la faccia dell’americano.
«perlomeno lo riconosci. Comunque…la protezione è contro la bestia e in generale. Questo non vuol dire che ti starò appiccicato di continuo anche perché non ci tengo a provare gli schiaffi dato con quel braccio da Superman, ma ecco, se ne avessi bisogno sai che…eccomi» allargò le braccia «pare un quartierino fin troppo tranquillo bestie a parte, comunque…»
«anche le bestie stanno tranquille» puntualizzò la ragazza.
«fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Dillo anche a quello stupid brat» Connors indicò casa di Kevin con un cenno del capo «o magari glielo dico io».
«non è un moccioso» sbuffò Hammy, accettando l’invito ad accomodarsi in casa. Sembrava aver preso benissimo l’idea di avere lì l’americano -nonché il resto della scorta in alcune case vicine, ma non poi così tanto a dir la verità: su quella strada a parte quella presa da Connors non ce n’erano di vuote- anche se avrebbe reso un po’più arduo il compito di tenere nascoste le serate di tango.
«ha solo diciannove anni, e non mi pare brillare per intelligenza».
«anche io ho diciannove anni» ribatté Hammy.
«lo so bella miz, ma tu sei tutt’altro che una stupida mocciosa…» Connors la guardò togliersi la felpa «specialmente quando hai quella addosso. Ma è sporca…?»
«uff, non chiedere!...già, hai mica niente in contrario se mi faccio una doccia?»
«…in compagnia?»
Lo diceva così per scherzare, consapevole che le condizioni erano le stesse di qualche anno fa. La figlia del capo era la figlia del capo. E Connors era troppo consapevole di sé stesso per non rendersi conto che comunque, anche se non fosse stata la figlia di Howard H.R.J. Lancaster, una ragazza come Hammy meritava di meglio che un ex mercenario dal passato, ahem, discutibile. Meritava qualcosa di meglio anche rispetto a quello stupid brat, quello stupido moccioso di Kevin Mask, secondo lui. Ma quello era soltanto un dettaglio.
«seh, ti piacerebbe».
«si, e parecchio».
Lei era leggermente arrossita. Aveva ancora il suo fiore tra i capelli. «insomma posso o no?»
«magari la cosa ti sfugge ma teoricamente tu non dovresti chiedere a me se “puoi”, quanto piuttosto il contrario. Qualcosa del tipo “mia bellissima miz Lancaster, posso liberarmi di quella brutta bestiaccia delle steppe e farlo sparire della tua vita?” e tu “ma certo Mikey!”…»
«non aspetti altro tu, eh?...la doccia dove sta?»
«di sopra, seconda porta a destra come nei film. Se mi lasci la tuta gli do una sciacquata, conosco il tessuto».
«right, te l’appendo sulla maniglia fuori dalla porta» disse rapidamente Hammy salendo su per le scale.
Sentendo l’acqua della doccia iniziare a scorrere, Michael Connors pensò ancora che fosse davvero un peccato.
Salì le scale, prese la tutina, le diede una sciacquata nell’altro bagno e la mise ad asciugare. Ci avrebbe messo circa un quarto d’ora, e lui non sapeva quanto ci avrebbe messo Hammy a finire ma di certo avrebbe gradito poter mettere qualcosa addosso.
Era abbastanza certo che nell’attesa un paio dei suoi boxer neri -ovviamente freschi di bucato come tutto il resto- ed una delle sue magliette le sarebbero andate più che bene.


«che ora abbiamo fatto?»
«le due e tre quarti».
Si dopo la doccia si erano messi a guardare un horror in tv mangiando schifezze di vario tipo. Per quanto, tra tutti e due, non era mai piacevole guardare un horror quando c’erano loro. Non con lei che, mai spaventata, anticipava tutte le mosse dell’assassino…e non con lui che se ne usciva di continuo con “l’unica cosa bella di questo film è l’attrice protagonista, perché la trama è troppo scontata”.
«penso che ormai la tuta sia asciutta da un pezzo» osservò la ragazza.
«da ore. Ma quelli» indicò distrattamente i vestiti che le aveva dato «tienili se ti va, tanto la tua tuta puoi metterla tranquillamente nel marsupio. Così quando tornerai lassù penserai al povero soldato americano che ti aspetta quaggiù, tra una bestia ed un moccioso».
«Michael…non mi va che parli così di Kevin».
“e nemmeno di Warsman, non così di continuo” aggiunse mentalmente.
«right. Eviterò di descriverlo in tua presenza, miz».
Ciò le fece alzare gli occhi al cielo ma…che Kevin si comportava spesso come un bambino era vero, no?
«mpf» sbuffò, dopo essere andata a prendere la tuta ed averla messa nel marsupio, e fu proprio facendo quel gesto che…
“è vero, le lettere! Potrei aprirle con lui. Credo che qualunque cosa ci sia scritta, cosa fare lo saprebbe” pensò, fortemente tentata…
Ma qualcosa la trattenne.
Qualcosa che le diceva che qualunque cosa ci fosse lì dentro era troppo personale e delicata per discuterne con “Mikey”.
Per cui alla fine le rimise a posto.
«a questo punto direi che ci salutiamo».
Lui, sempre seduto, si voltò. «non vai dal tuo ragazzo, allora? Rimarrebbe deluso».
“ci sono già stata ma non credo che sarebbe una buona idea dirgli che non era per Kevin che sono venuta qui” pensò.
«ci sono stata. Gli ho lasciato un biglietto» disse Hammy «solo che poi invece che di svegliarlo mi è venuta voglia di una passeggiata».
«il che la dice lunga sulle sue abilità amatorie, se non hai nemmeno avuto voglia di-»
«Mikey!»
«cooome non detto. Ok allora…ci rivediamo, miz Lancaster» si alzò andando ad aprirle la porta «fai la brava».
Sorrisetto da parte di lei.
Ricambiato.
Eh no, pareva proprio non averne la minima intenzione, pensò guardandola uscire e poi andarsene.
Una passeggiata aveva detto…un po’strano, ma in fondo l’aveva vista proprio davanti a casa di Kevin Mask, quindi che dire?
“penso che domani prenderà un colpo sia al moccioso che, soprattutto, al mostro più in là!” pensò soddisfatto.


:: Scuola di Ercole, circa tre quarti d’ora dopo ::


«toh. Mezz’ora in anticipo, e…sono i vestiti del tuo ragazzo?»
Kirika aveva visto Emerald J.V.P. Lancaster ricomparire dal condotto. Senza più il casso con cui era andata via e anche con vestiti diversi. Quelli che aveva addosso sembravano boxer da uomo ed una maglietta anch’essa da uomo, e di molte taglie più grande.
«ah. Ehm. Più o meno» Hammy si grattò la nuca «è che lungo la via ho incontrato un amico…»
«ah, ho capito tutto: due al prezzo di uno» Kirika si infilò di nuovo sotto le coperte «’notte».
«ma che hai capito?!...non ci ho…ho fatto una doccia a casa sua…»
La demonessa la guardò e scosse la testa, non avendoci capito una mazza.
«ok, me lo dirai oggi pomeriggio, sarà il sonno ma non ci sto capendo un cazzo».
Spense la luce.
Emerald tolse l’imbottitura e si infilò a sua volta sotto le coperte.
“tutto mi aspettavo ma non lui, non lì…tanto più che è Tovarich a capo della mia scorta, in teoria…”
Non poté riflettere molto, perché il sonno la prese nemmeno tre minuti dopo.

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Capitolo 8
*** ''We can''. ***


Nonostante avessero contribuito non furono i raggi del sole a svegliare Kevin Mask alle nove meno un quarto del mattino.

Ossia pure tardi, per i suoi gusti.

«Ay, ay, ay, ay …Canta y no llores, porque cantando se alegran, cielito lindo, los corazones…»

No. A svegliarlo era stato il suono di quella che pareva una chitarra unito ad una voce che a lui sembrava familiare, e che stava cantando “Cielito Lindo”.

Nemmeno male, per giunta.

«mmmf…ma che diavolo…» borbottò rigirandosi sotto le coperte con gli occhi semichiusi, ignorando le nocciole che dal cuscino accanto al suo gli rotolarono addosso.

Eh…un momento. Nocciole?

Perplesso ed ancora insonnolito allontanò le nocciole, notando che sul cuscino c’era anche un biglietto.

«”e chiudi la finestra una volta tanto, ti amo tua…Hammy…ps, mangiale le nocciole…»

Ecco, improvvisamente era sveglissimo.

Emerald era stata lì?!

«De la Sierra Morena, cielito lindo, vienen bajando…»

“ma chi diavolo è che canta e suona ‘Cielito Lindo’ a quest’ora della matt-le nove meno un quarto!!! Perché Flash non è venuto a svegliarmi?!” pensò, per poi tornare a concentrarsi sul biglietto. Se lì per lì aveva pensato ad uno scherzo, in breve cambiò idea; la calligrafia era la sua, l’avrebbe riconosciuta tra mille. E anche il “tono” del biglietto era molto da Hammy, non troppo sdolcinato, come lei stessa non lo era mai. Ma a lui andava più che bene così.

Solo…

«ma se è venuta qui fuggendo dalla Scuola, rischiando una punizione pesantissima o addirittura l’espulsione, perché diavolo non mi ha svegliato?!» si chiese, quanto mai perplesso «non ha senso. Tornare sulla Terra solo per lasciarmi un biglietto…no, è assurdo…spero che anche oggi mi chiami, almeno potrò chiarire la cosa…» scosse la testa. Per lui la faccenda non aveva proprio né capo né coda.

«Un par de ojitos negros, cielito lindo, de contrabando…»

E decisamente quella musica non aiutava a riflettere.

Ma chi accidenti era ad essersi messo in testa quell’idea di…? Ah, certa gente era da ricovero, punto e basta.

Guardò fuori dalla finestra.

« Ese lunar que tienes, cielito lindo, junto a la boca, no se lo des a nadie, cielito lindo que a mi me toca…»

Il vicino alla sua sinistra non c’entrava, quello di destra nemmeno, il dirimpettaio neppure, ma comunque proveniva decisamente da vicino.

Infilò la maschera e cacciò la testa fuori dalla finestra.

«Ay, ay, ay, ay …Canta y no llores, porque cantando se alegran, cielito lindo, los corazones!»

Un ultimo accordo di chitarra e poi partirono gli applausi del gruppo di persone -donne e ragazze soprattutto- che si era riunito davanti al patio del dirimpettaio del suo vicino di casa a sinistra.

Era stato lui a mettere su quello show.

Ma una volta che Kevin lo ebbe guardato bene “Cielito Lindo” passò decisamente in secondo piano.

Perché il tizio in questione, il nuovo arrivato nella strada dove abitava, o era lo stramaledetto americano Micheal Connors o un suo sosia.

Kevin rimase a fissarlo con gli occhi sgranati e la bocca semiaperta sotto la maschera.

«non…no, non è possibile» scosse la testa e corse di sotto fregandosene di essere ancora in boxer e calzini, troppo sconvolto per preoccuparsene, uscendo ed andando per strada in quelle condizioni.

Non era possibile che quel tipo fosse lì, anche questa era una cosa assurda, orribile, non aveva senso, non era giusta!

Michael Connors aveva torturato Warsman per due settimane intere facendogli chissà quali atrocità, era al servizio di un uomo che per poco non aveva compiuto un’esecuzione pubblica ed ora…era lì tranquillo sulla sua stessa strada seduto sotto la propria veranda a strimpellare la chitarra cantando Cielito Lindo!

E lo applaudivano perfino!

Forse le altre persone avevano dimenticato la sua faccia e tenuto a mente quella del suo capo, ma tale discorso non valeva per l’inglese che invece odiava quella sua maledetta faccia da schiaffi e non avrebbe mai potuto scordarsela.

Vedendolo arrivare, l’americano fece un sorrisetto arrogante. Lo stupid brat non ci aveva messo molto a venire fuori, a quanto pareva.

Non che avesse messo su quello show per lui, perché sinceramente non gli interessava trovarsi davanti Lady Oscar strafatta di steroidi con una stufa blu sulla testa; la chitarra -molto particolare: elettrica, ma che poteva replicare perfettamente il suono di una classica, con amplificatori inclusi e  che quanto ad alimentazione funzionava come per i PC portatili- era per attirare le signore. Quelle vere.

Non che lui sapesse suonarla sul serio. Di canzoni ne sapeva suonare e cantare solo tre, “Cielito Lindo”, “Black Magic Woman” di Carlos Santana e “Corazon Espinado” che era di Santana anch’essa. Ma bastavano ed avanzavano, perché per parecchie donne un uomo in grado di suonare la chitarra era come una calamita, e scelta quella che gli interessava Connors attaccava bottone col dire che era di origine argentina -senza nemmeno mentire: lui e sua madre erano nati e cresciuti a Washington, ma i suoi nonni materni erano argentini!- cosa che si rivelava essere…un’altra calamita.

Certo fare una cosa del genere era dura per uno come lui, per il quale musicalmente parlando esisteva solo e soltanto Eminem del quale aveva tutti i cd -e autografati poi, grazie all’ultimo regalo di compleanno da parte del capo- ma per rimorchiare era un sacrificio che si poteva fare…

«che…che diavolo ci fai qui?!»

Al momento a Kevin non importava neanche delle persone che lo stavano fissando, essendo uscito in boxer e calzini. Vedeva solo l’americano, il dannato.

«magari ci vivo, tu che dici?» rispose Connors con un tono perfettamente tranquillo.

«che cosa?! Tu…non puoi!» sbottò l’inglese «vattene. Immediatamente».

«perché mai? È un quartiere così tranquillo».

«dovresti stare in galera, non qui a strimpellare quella maledetta chitarra. Non so cosa ci fai qui, ma francamente non mi interessa nemmeno, come non mi interessa se ti ha mandato qui Lancaster! Vattene v…c-che accidenti hai da fissarmi?»

L’americano infatti stava guardando i suoi boxer con aria estremamente divertita, e alla protesta di Kevin sbuffò una risata, scosse la testa suonò il primo accordo di “Black Magic Woman”.

«Hammy ha un bel dire che non è vero, ma per quanto mi riguarda un diciannovenne con i boxer di Peppa Pig is a VERY stupid brat» sollevò lo sguardo ad incrociare quello dell’inglese «non è esattamente il modo per farsi prendere sul serio!» scoppiò in una grassa risata, mentre Kevin rendendosi conto della leggerezza commessa indietreggiava verso casa tentando di coprire i boxer in questione «non che io ti ci abbia mai preso…Got a black magic woman! Got a black magic woman…I got a black magic woman, got me so blind I can't see… » riprese il suo show «vatti a cambiare le mutande, brat, ed evita quelle con Tigro…that she's a black magic woman, she's tryin' to make a devil out of me…lo sai» disse ad una biondina «io ho sangue argentino nelle vene!»

«…uh…! Davvero?»

Kevin corse velocemente in casa, il volto rovente sotto la maschera. Forse Emerald aveva ragione a dirgli che l’intimo con Peppa Pig avrebbe dovuto buttarlo, ma non era tanto di quello che gli importava al momento, perché figura tremenda a parte la presenza dell’americano lo aveva messo in una condizione di allerta totale. Se fosse stato una sirena antifurto avrebbe suonato a tutto spiano!

Perché Connors era lì?

Che voleva?!

No, errata corrige: perché Lancaster aveva mandato lì Connors? Che voleva?

Kevin a queste domande non poteva rispondere, ma qualunque fossero i motivi non avrebbero portato niente di buono. Né a lui, né -soprattutto- a Warsman, che viveva da solo alla fine di una via chiusa e per vicini che fossero, a quel punto, non era più abbastanza…

Perse giusto un po’di tempo per mettersi qualcosa addosso volendo evitare scene come quella di prima, per poi uscire dal retro ed utilizzare la scorciatoia che anche Emerald aveva usato quella notte, saltando di giardino in giardino.

Arrivato davanti alla porta iniziò a bussare violentemente.

«Warsman!!! Apri!!! Devo dirti una cosa!» bussò ancora, tra un po’avrebbe buttato giù la porta «Warsman!!!»

Non rispondeva.

Oddio, non rispondeva.

Era arrivato tardi! L’americano l’aveva già preso!

«Warsman!!!»

Con immenso sollievo del ragazzo la porta si aprì pochi secondi dopo.

«Kevin…senti, posso spiegar-»

«stai bene…!» l’inglese sospirò di sollievo «allora ho fatto in tempo…quando non hai risposto ho temuto che…vabbè…»

Il russo lo guardò perplesso. Se aveva tardato ad aprire era perché, sentendolo arrivare e bussare con tale violenza, aveva creduto che Kevin fosse venuto in qualche modo a sapere che Emerald era stata lì la sera prima. O che avesse saputo qualcosa del resto, come le loro serate di tango, o peggio ancora del loro viaggio.

Ma non era così, ed il ragazzo non ce l’aveva affatto con lui, era solo preoccupato per qualche motivo. “ho fatto in tempo” a fare cosa?

“aveva temuto” cosa?

«vuoi dirmi che sta succedendo?» tutta quell’agitazione di Kevin iniziava ad inquietarlo.

«tu devi tornare a stare da me. Adesso. Subito!»

Il russo lo guardò ancora più confuso di prima, non ci stava capendo un cavolo. «…eh? E perché?»

Che lui ed Emerald quella notte si fossero lasciati, magari, e Kevin adesso volesse un nuovo -relativamente- coinquilino? Ma non avrebbe avuto senso, nonostante Flash desse per scontato che una volta andata via da casa sua la ragazza fosse andata da Kevin dubitava fortemente che in un frangente come quello potessero finire a lasciarsi.

«perché…lui…cielito lindo…» farfugliava Kevin talmente agitato che non riusciva ad impostare il discorso.

«calmati!» lo prese per le spalle «non sto capendo un accidenti di quello che dici!»

«lui…è…ha preso casa quasi di fronte a me, è…» Kevin chiuse gli occhi e prese un respiro profondo «Warsman, quel che voglio dire è che...che l’americano è qui».

Il cuore del russo perse un colpo. «l’…americano…»

«Connors. È qui! Ad una casa di distanza dalla mia!!!» riuscì ad articolare infine «…suonava “Cielito Lindo”!»

Perfino la visita notturna di Hammy era passata in secondo piano per Kevin, visto il grave pericolo che incombeva.

Warsman non riusciva a proferire parola o fare un movimento che fosse uno. E non solo per l’arrivo improvviso del tizio che con quel che gli aveva fatto durante quelle due settimane si era guadagnato il secondo posto nella classifica dei “periodi peggiori mai vissuti”, con la conseguente paura. E non era nemmeno per la sorpresa, o per il fatto che un tizio del genere potesse stare tranquillamente a suonare per strada applaudito dalla gente, o perché non avevano idea del perché lui fosse lì.

Se Warsman stava in quel modo era perché...possibile che Emerald non gli avesse detto una parola che fosse una a riguardo?

Che la visita di quella notte fosse stata un modo per dirgli addio, allora, sapendo dell’arrivo di Connors, con tutte le sue plausibili conseguenze?

Lo aveva davvero tradito in quel modo?

“non ci voglio credere. Non l’avrebbe fatto. Non ha senso. Ha fatto promettere a suo padre di lasciarmi in pace, ed una delle poche cose che so per certo è che per Howard Lancaster le promesse fatte ad Emerald sono sacre. E non vedo alcun motivo per il quale Emerald possa avere dato il via libera alla mia esecuzione!” pensò “deve esserci sotto dell’altro. Se lei avesse saputo che quel maledetto stava per arrivare me l’avrebbe detto!”

«devi tornare a stare da me, non puoi rimanere qui da solo!» esclamò Kevin «prendi…prendi quel che ti serve e andiamo».

Il russo scosse la testa.

«no».

«cosa…perché?!»

«perché se è me che vogliono non avrebbe senso rischiare di mettere in mezzo anche te. Resto qui. Sarà quel che sarà».

Stavolta a scuotere la testa fu Kevin. «no, ma neanche per sogno!»

«Kevin, sii ragionevole…»

«ragionevole un corno! Benissimo, se non vieni tu da me vengo io da te, starò a dormire nella vecchia stanza di Ham-»

«va bene! …va bene, vengo io da te, anche se non sono affatto contento all’idea di trasferire un possibile disastro in casa tua!...cocciuto d’un ragazzo» borbottò il russo.

«ti aiuto a portare via quello che serve se vuoi» si offrì Kevin seguendolo nella sua stanza, incurante del repentino ed apparentemente immotivato cambiamento d’opinione.

«in questa casa di veramente mio ci sono giusto i vestiti» ribatté il russo ficcando in una sacca tutto quel poco che aveva nell’armadio tra calzamaglie, ricambi intimo e quant’altro «…Kevin, forse…a questo punto farei meglio ad andarmene e basta, no? Lontano da qui».

«no! ti ritroverebbero, sarebbe inutile e poi…che tu vada via non mi va. Specialmente adesso» ammise l’inglese «e non andrebbe nemmeno ad Hammy. Credo. Insomma, se non avesse voluto che tu rimanessi con noi non ti avrebbe lasciato casa sua».

Una considerazione che sorprese Flash, e gli fece considerare che forse Kevin riguardo al suo legame con Hammy aveva capito un po’più di quanto loro pensavano.

«forse. Non lo so» borbottò Warsman «andiamo, su».

Uscirono rapidamente, optando per la scorciatoia nel tornare a casa di Kevin. Nessuno dei due aveva voglia di passare per la strada ed incontrare Connors.

Arrivati in giardino entrarono velocemente in casa dalla porta sul retro.

«è ancora lì?» chiese Warsman a Kevin. Lui occhieggiò alla finestra.

«sta entrando in casa. Con una biondina, per di più! Ma guarda tu questo…»

“se è per la ragazza ti ricordo che sei fidanzato” avrebbe voluto dirgli Flash, ma non era decisamente in vena di fare battute.

«ma perché è qui? perché?!» si interrogava l’inglese «che vuole da noi?»

Lo squillo del telefono li fece sobbalzare, ma Kevin dopo un paio di squilli andò comunque a rispondere.

ciao Kevin!

Emerald. Beh, era proprio il momento giusto pensò Kevin, mettendo la chiamata in vivavoce.

«chiami a proposito perché ho un paio di cose da chiederti. Prima tra queste: che diavolo ci fa qui l’americano?!»

– “ciao Hammy, come va lassù?”, “come al solito” , grazie mille per NON avermelo chiesto.

Kevin emise un sospiro nervoso. «una conversazione che avrei preferito anche io, ma al momento c’è qualcosa di decisamente più urgente! Che ci fa qui Michael Connors? Cosa vuole? Tu ne sapevi qualcosa? L’hai chiamato tu?»

…nemmeno Mikey fosse il diavolo in persona…

“Mikey”.

Ok, doveva cercare di controllarsi sapendo che Hammy non apprezzava le scenate di gelosia, e che non conveniva litigare con qualcuno senza avere la possibilità di far pace con lui viso a viso per tre mesi interi.

Ma era qualcosa che lo innervosiva altamente, perché quell’americano pur non essendo il demonio in persona secondo lui ci si avvicinava molto, così come -sempre secondo lui- il padre di Emerald. Solo che lei…mah. O non si rendeva conto di cos’erano, o non se ne voleva rendere conto, o non le importava. O forse semplicemente per lei era tutto normale.

Stava di fatto che giustificava e teneva su un piedistallo due persone che a parer suo avrebbero dovuto marcire in galera, e se per Howard la cosa era più o meno giustificabile, lo stesso non si poteva dire per “Mikey”.

Pensieri analoghi li ebbe anche Warsman, ovviamente, ancora preda del dubbio atroce di essere stato vittima di un tradimento da parte della sua Nemica Numero Uno.

«scusami tanto se mi preoccupo per la presenza improvvisa di un tizio che ha torturato Warsman per due settimane, come tu probabilmente ben sai!» sbottò dunque Kevin «allora?!»

Sospiro da parte di lei.

non l’ho chiamato io e non sapevo che sarebbe arrivato. L’ho visto solo ieri notte, e tra l’altro mi ha fatto prendere un colpo perché mi è arrivato alle spalle facendo quel giochetto delle mani sugli occhi, sai…

Momento di gelido silenzio da parte di Kevin.

Evadeva dalla Scuola di Ercole, a lui lasciava un biglietto e passava il resto del tempo con “Mikey”?! Si, forse lui a volte si comportava in modo troppo geloso e possessivo con lei, ma credeva di avere il pieno diritto di incazzarsi per quella faccenda, se le cose stavano come lui aveva inteso!

«dei giochetti che fai con Connors non ci importa!» fu il russo a prendere in mano situazione e telefono, prima che Kevin “esplodesse” «se non sei stata tu a chiamarlo perché è qui?»

indovina, papà ha saputo -non da me, beninteso- che stai nella mia vecchia casa e vuole sincerarsi che non mi venga fatto del male da nessuno. Soprattutto…da te – breve pausa – da quel che ho capito Michael è qui già da ora per avere la certezza di essere perfettamente organizzato quando tornerò. Ma ecco…è lì solo per quello. Nel caso io, al mio ritorno,  avessi bisogno di qualcosa. Non è lì  per farti del male, ho ribadito io stessa che non voglio che tu venga toccato. Quindi beh…se tu e Kevin non cercherete di picchiarlo o dargli fuoco alla casa non avrete problemi.

Era pi di quanto Kevin potesse sopportare.

«ma ti senti quando parli?! Emerald! Tu lo sai benissimo cos’è quell’uomo! E se permetti io non intendo vivere per chissà quanto con gli occhi suoi, e probabilmente anche di chissà quanti soldati perché dubito sia venuto qui da solo, puntati addosso! E idem Warsman, che così facendo rischia costantemente che uno di quelli impazzisca e gli spari alla testa!!!»

«…tu si che sai come tirare su di morale una persona!» sibilò il russo.

«senti, io non ci sto, e sinceramente non so come fai tu ad accettarlo. Io lo prenderei come un insulto, ti stai addestrando per diventare una chojiin e già da prima sapevi difenderti benissimo da sola, non vedo che bisogno tu possa avere che quelli ci stiano attorno! Per non parlare del fatto che se “avessi bisogno di qualcosa” dovresti chiedere a ME, non a “Mikey”. Sono il tuo fidanzato, ci sto apposta, e stesso discorso vale per la “protezione” di cui comunque, ribadisco, non avresti bisogno! È ora che ficchi in testa a tuo padre una volta per tutte che non -sei -una -bambolina -indifesa! E soprattutto che deve piantarla con questi giochetti da megalomane…»

– “megalomane”?! Ma non ti azzardare a continuare, sai!

E invece Kevin continuò eccome.

«…che sono fatti solo e soltanto per dimostrare che “lui può” mentre noi “comuni mortali” siamo dei giocattoli nelle sue mani!»

Silenzio siderale dal lato di Hammy.

«…Emerald?»

a dire la verità non è MIO padre ad avere giocattoli strani per le mani, considerando cosa ho visto in mano al TUO alle una di notte tempo fa!...ci sentiamo. Ciao.

«no Hammy aspetta non…riattaccare…» il telefono iniziò a suonare a vuoto «troppo tardi» sbuffò «ce l’avrà con me per un pezzo per questa faccenda, ma dovevo dirglielo per forza perché questa faccenda dell’americano che “vigila” mi fa veramente incavolare. Anche più del fatto che abbia passato il suo tempo con lui invece che con me, ieri notte!»

“ahem. Lo ha passato anche con me il suo tempo, a dire il vero” pensò Flash “ma avevo dato per scontato che fosse andata da Kevin, dopo. Il fatto che sia rimasta con l’americano non piace per niente nemmeno a me”.

«guarda, stavolta hai tutte le ragioni per arrabbiarti. E secondo me hai anche fatto bene a dirle di nuovo quel che pensi di suo padre. La verità non le piacerà, ma…è quella che è» lo guardò «Lancaster farà quel che fa anche per proteggere Emerald, non lo nego, ma senz’altro c’entra anche quel che hai detto tu. Una dimostrazione di potere» assunse un’aria pensosa «non che sorprenda troppo a dire il vero. Tu sai qual è il motto dei Lancaster?»

Kevin scosse la testa. «Hammy non me l’ha mai detto».

«è da sempre, ed ora più che mai visto l’immenso patrimonio che ha accumulato Howard Lancaster, “we can».

Kevin Mask sbuffò. «“noi possiamo”. Tu lo sai perché eri con mio padre quando ancora lui ed il padre di Emerald erano amici, vero?»

«si. Stesso motivo per il quale so che dal padre di Hogan Lancaster in poi, a ventun anni i discendenti diretti si tatuano l’ideogramma cinese della forza».

«ah si? Altra cosa che non sapevo» ammise Kevin «quindi anche Emerald a ventun anni…»

«precisamente».

Kevin si chiese con una leggera punta di curiosità dove fosse il tatuaggio del suo -purtroppo- futuro suocero, perché lui non l’aveva visto. Comprensibilmente, dato che era appena sotto l’addome, sulla destra…

 

 

:: Londra ::

 

 

...quindi gli ho sbottato e niente, ho chiuso. Assodato che a me non sta simpatico suo padre e viceversa si era detto di evitare di…e lui invece…mpf! Delle volte è proprio un idiota.

«se lo dici tu…»

– eeeh…pa’? mi sembri un tantino dolorante, dalla voce.

Era una cosa che aveva dell’assurdo. Howard H.R.J. Lancaster aveva combattuto un solo incontro in vita sua preferendo allenare, pressappoco come aveva fatto suo padre Hogan, ma non era stata una scelta dettata dalla paura del dolore quanto piuttosto da semplice “attitudine personale”. No, il dolore non lo aveva mai spaventato, tant’è vero che aveva anche ricevuto delle menzioni d’onore alla Scuola di Ercole quando si era addestrato lì.

Eppure quando si trattava di ospedali e argomenti correlati, ecco che la sua soglia di sopportazione del dolore -di solito molto alta- aveva un calo esponenziale.

Ancor più grande se c’era di mezzo il suo dottore.

«…non è niente» borbottò, anche se dopo l’iniezione doppia non riusciva a stare bene seduto.

guarda che a me non la dai a bere.

Già. Avrebbe dovuto saperlo, ormai, che ad Emerald non poteva nascondere certe cose.

«MacNeil. Non dico altro!»

– È ANCORA VIVO?!

I sentimenti di Howard verso il dottore erano pienamente condivisi dalla figlia. Come più o meno tutto il resto.

«evidentemente nemmeno la morte vuole saperne di lui e di quella sua stramaledetta siringa!...ad ogni modo…allora, pare che a Kevin la mia idea non vada a genio. Beh, se lui fosse in grado di tenerti lontana quella bestia in maniera decente non ci sarebbe stato bisogno di mandare lì Connors» si accese un sigaro. Era nervoso, ma non certo per via di Kevin Mask, quanto piuttosto per il dolore al sedere!

eh, a proposito, perché lui e non Tovarich?

«semplice questione di logica, in quanto come ha osservato Connors stesso la sua presenza sarebbe un deterrente maggiore -almeno per Frankenstein di Madre Russia- rispetto a Turbinskii».

ah. Beh. Giusto. Solo…

«ti ho promesso di lasciarlo in pace e così sarà, non lo toccherò. Ma permettimi di assicurarmi che non tenti di fare qualcosa che non dovrebbe fare» disse «ma saperti del tutto al sicuro mi fa stare più tranquillo» breve pausa «e non lo faccio perché ti reputo una bambolina indifesa. Né perché sono, com’è che ha detto Kevin?...megalomane? Però! Ha usato una parola con più di tre sillabe, non pensavo che ne fosse in grado visto che è cresciuto per strada...perdonami la frecciata, Hammy».

prima e ultima però.

«right. Comunque…è successo solo questo? O hai da raccontarmi altro? Una volta la vita alla Scuola di Ercole era più interessante».

Emerald non gli aveva raccontato della propria fuga. In compenso…aveva ancora quelle lettere color lavanda nel marsupio. E vedere Connors le aveva fatto pensare che forse avrebbe dovuto parlarne a suo padre fin da subito. Magari Michael non era la persona adatta, ma suo padre sicuramente si, pensava.

effettivamente ci sarebbe qualcosa…– la sentì dire – senti…circa una settimana fa ho visto per puro caso un inserviente portare delle lettere a Robin Mask. Erano color lavanda e…diciamo che mi sono incuriosita.

«immagino il seguito: sei entrata nella sua stanza appena lui se n’è andato ed hai indagato» era arrivato a metà sigaro «come padre sono obbligato a dirti che non è un comportamento corretto. Come tuo confidente…di che si trattava?»

non ho aperto quelle lettere, ma penso che ci sia qualcosa di grosso sotto; quando ho indagato le ho trovate in una cassaforte. Insieme a…oh, erano tipo…c’erano oltre mille lettere lì dentro. Una cassaforte PIENA di tutte queste lettere color lavanda!

Se già prima il discorso, come tutti quelli che faceva sua figlia ovviamente, lo aveva interessato adesso era più che mai curioso.

«mh…strano. Mi sa che sei incappata in un grosso segreto del mio vecchio amico Robin. Dettagli, prego».

la penso allo stesso modo. Sta’ a sentire: le lettere vengono tutte da Nettuno. Il mittente si firma “A” puntato. La calligrafia è femminile. Le lettere hanno cadenza settimanale, e arrivano ininterrottamente da più o meno vent’anni. E soprattutto, tutte tranne poche, non erano dirette a Robin Mask bensì a Kevin!

Hammy non poteva vederlo, ma suo padre aveva di nuovo gli occhi del predatore.

«Emerald, quanto mi stai dicendo è estremamente interessante. Anche perché pare confermare una mia vecchia teoria» bevve un sorso di cognac, una delle poche consolazioni per l’iniezione insieme alle ultime novità e i sigari «…in fondo avendo i giusti mezzi si fa presto a procurarsi un certificato di morte…»

eh?!

«dai, sei una ragazza intelligente, non dirmi che non ci hai pensato anche tu. Qualcuno scrive a Kevin Mask da vent’anni. Qualcuno con una calligrafia femminile ed il cui nome comincia per “A”. Quanto a ciò che sappiamo di Nettuno, è un posto tranquillo ma piuttosto…bucolico. Le astronavi ci arrivano, ma non c’è granché lassù, computer, telefoni...giusto, in poche case, tv ed elettricità. È il tipico posto in cui si ritirano coloro che non vogliono rotture di scatole, quindi è già tanto che le lettere partano ed arrivino…»

ho capito male o stai dicendo che secondo te…

«che secondo me Alisa Macintosh non è poi così tanto morta come Robin vuol fare apparire. Emerald» il tono del gentiluomo divenne più deciso «tieniti strette quelle lettere, senza fare altro. Intendo avviare qualche indagine, e se avrò ragione beh…»

vuoi tenertele come conferma finale, vero?...

Certo che lo conosceva bene, eh. Forse leggendo quelle lettere avrebbero fatto prima, ma in quest’altro modo era più divertente.

– papà, ma se fosse come pensi tu…che dico a Kevin?

Giustissima domanda.

«prima direi di scoprire i motivi di tanta segretezza. Ed in seguito agire di conseguenza. Per quanto, per come la penso, non c’è giustificazione abbastanza valida per dire al proprio figlio “tua madre è morta” se questa, invece, è solo andata via».

già. Sarebbe una cosa orribile…insomma…l’avrebbe fatto crescere con l’idea che sua madre è morta quando invece gli scrive tutte le settimane…e considerando come sono andate le cose in seguito, con lui che è fuggito di casa e tutto quanto, forse sarebbe stato anche meglio con sua madre su Nettuno. Sempre se abbiamo ragione.

«e probabilmente l’abbiamo…» disse Howard in tono pensoso «Alisa ancora viva. Però!»

tu la conoscevi, immagino…

Breve silenzio da parte di Mr. Lancaster, che stava decidendo se raccontare o meno qualcosa ad Emerald…

ci sei?

«certo. Stavo solo pensando se fosse il caso di raccontarti o meno un fatto accaduto sei mesi prima che io vedessi tua madre per la prima volta…»

Fatto, quello che si apprestava a raccontarle, per il quale all’inizio del proprio rapporto di salda amicizia con Robin Mask avrebbe quasi voluto sotterrarsi, ma per il quale adesso ogni tanto -e particolarmente in quello specifico momento, dopo aver intuìto che probabilmente Alisa era ancora viva- gli veniva quasi da ridere.

...e riguarda Alisa Mask?

«ahem. Si. Ribadisco che è successo sei mesi prima che io posassi gli occhi su tua madre, quindi a lei non ho fatto torti di sorta…avevo diciotto anni, io e degli amici di scuola eravamo in un locale, e ad un certo punto vedo questa donna ben vestita tutta sola al bancone del bar…»

non vorrai dirmi che…

«aveva bevuto un po’, diceva che non sopportava più suo marito, che la trascurava, che cercava di relegarla in casa, che la vedeva come un oggetto e quant’altro. E in pratica…ho finito per consolarla io!»

veramente?!

«giuro sulla mia testa! Poco tempo dopo sono partito per la Scuola di Ercole, ho conosciuto meglio Robin che era lì per un “aggiornamento”, come le chojiin che sono lì con te. Siamo diventati amici, ed una volta tornati mi ha fatto…conoscere sua moglie. Peccato che io la conoscessi già! Per fortuna non si è accorto della faccia che aveva fatto!...circa tre mesi dopo ho conosciuto tua madre. Ed giusto qualche anno dopo, Robin è venuto a dirmi che Alisa era “morta”».

ma…lui di questa faccenda non sa niente?

« pur avendo iniziato ad odiarci qualche anno dopo non mi sembrava corretto dirgli che sua moglie “morta” gli era stata infedele. Non si parla male dei defunti».

Ed il brutto era che Howard H.R.J. Lancaster in tutta quella storia non aveva inventato assolutamente niente. Era tutto vero, dalla prima all’ultima sillaba di quel racconto.

Howard pensò alla faccia che avrebbe fatto il suo ex amico se ne fosse venuto a conoscenza…oh, ci sarebbe stato veramente da ridere. Ma lui, dal canto suo, non gliel’avrebbe mai detto. Preferiva tenersi la cosa per sé, dandosi motivo di ridere sotto i baffi senza che lui capisse mai perché.

mi pare giusto. Comunque ti dirò…probabilmente al suo posto avrei cercato carne giovane anche io!

Tutto sommato Hammy non si era scandalizzata per niente. In fin dei conti se Robin Mask aveva trascurato la moglie non era stata colpa di suo padre, giovane, single e a quei tempi dunque ancora “a caccia”. Che poi Alisa fosse la madre del suo ragazzo…dettagli, dettagli! Non sarebbe certo andata a dirglielo.

Negli ultimi anni era venuto fuori il fenomeno della “mamma amica”, forse derivante dal telefilm quasi omonimo; in questo caso, invece, c’era il “padre amico”!

solo una cosa. Ma la mamma lo sa?

Domanda da un milione di dollari, alla quale Howard Lancaster però poteva rispondere con un…

«a dire il vero…si! Poco dopo esserci fidanzati mi ha fatto qualche domanda sul mio passato amoroso. Non che, in quel caso, di “amoroso” si possa parlare!...probabilmente è una delle poche cose sulle quali non ha spettegolato con le sue amiche andando a bere il tè nei club. Stesso motivo mio: non si parla male dei morti».

a beh, ci credo. Che roba…non glielo andrò certo a dire, ma penso che se Robin Mask lo venisse a sapere darebbe completamente di matto; sarebbe un gran brutto colpo, per il suo orgoglio.

«lo credo bene!»

sta per finire il tempo. Devo andare…ci sentiamo stasera.

«ciao, principessa».

Fu Emerald a chiudere per prima, come al solito.

Howard Lancaster però non mise giù il telefono, componendo un altro paio di numeri. Aveva dei nuovi ordini per la sua “security”, ed un favore da farsi ricambiare da uno dei suoi tanti appoggi all’ufficio anagrafe.

Sistemata la faccenda con quest’ultimo, che gli aveva garantito risultati entro il giorno stesso, contattò -ovviamente su una linea criptata- il comandante di una delle sue squadre spiegandogli in breve cosa doveva fare.

«...si. Stanotte. Se è piena rimettete tutto in ordine. Se è vuota richiudete la cassa…ma non rimettete a posto altro. In quel caso voglio che sappia… che c’è chi sa».

 

 

***

 

Capitolo breve, lo so. E con un’altra citazione di MacNeil xD

Ad ogni modo, il simbolo cinese della forza è questo


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Capitolo 9
*** Una sporca faccenda ***


Era impazzito.

Si, forse era impazzito, ma dopo quel che era successo non ci aveva visto più.

L’unica cosa di cui aveva voglia in quel momento era…oh, non lo sapeva bene nemmeno lui. Sapeva solo che non poteva far finta di niente, starsene lì fermo e fargliela passare liscia.

Si. Beh. L’avrebbe passata liscia lo stesso.

Ma non gli importava assolutamente niente, doveva reagire in qualche modo.

Non pensò nemmeno a quanto fosse stato strano il fatto che nessuno gli avesse detto niente, quando era entrato dal cancello principale senza nemmeno annunciarsi. No, niente buone maniere, non era proprio il momento.

Non aveva perso nemmeno tempo a dirigersi verso la villa, sapendo che vista l’ora -erano passati anni ma non per questo aveva dimenticato certe sue abitudini- probabilmente lui era alle stalle.

Ed era lì che stava andando per l’appunto, alle stalle, a cercare di sistemare la faccenda una volta per tutte, in un modo o nell’altro…

Un potente nitrito lo riscosse dai suoi pensieri, e fu fortunato  ad evitare la doppia zoccolata dell’enorme cavallo nero che lo stava attaccando.

“ma che razza di bestia è?!!”

Aveva evitato la prima ma non evitò la seconda, fortuna sua singola, che gli valse comunque un paio di costole incrinate essendogli arrivata in pieno petto. Assurdo, adesso quello aveva anche un gigantesco cavallo assassino!

Pesava troppo per riuscire a toglierselo di dosso, lo vide alzare una zampa…incredibile, ma pareva mirare proprio al collo, come se sapesse che rompendolo l’avrebbe fatto fuori.

Lui era andato lì quasi con la voglia di uccidere qualcuno, ed ora stava per essere ammazzato da un cavallo…

La bestia emise un altro potente nitrito impennandosi quando sentì qualcuno montargli in groppa, ma una volta riconosciuto l’odore della persona in questione -che lo stava spingendo a ricadere alla sinistra dell’intruso, lasciandolo andare- si calmò, diventando mansueto come una placida giumenta.

Nonostante l’intruso fosse ancora a terra, e cavallo e cavaliere controluce, non ebbe difficoltà a riconoscere quest’ultimo.

«una volta usavi annunciarti, quando venivi in visita. Ma devi aver perso le tue buone maniere assieme a quel poco di buonsenso che ti era rimasto».

Tono, quello di Howard H.R.J. Lancaster, che in apparenza suonava divertito. Ma per il suo ex amico Robin Mask non era complicato avvertire la totale freddezza che celava in realtà.

L’inglese mascherato si rialzò più rapidamente che poteva, con gli occhi rossi che quasi mandavano scintille. «risparmiati le battute, tu…essere rivoltante, tu…mostro!»

«se ciò che volevi era ribadire questo concetto potevi limitarti a fare una telefonata ad una delle mie segretarie. Competenti come sono avrebbero trasmesso immediatamente il messaggio» Howard si era messo seduto sul suo cavallo, Abraxas, come fosse stato in poltrona. Accese pure uno dei suoi sigari pregiati «e comunque, a questo punto, non ti so dire chi tra noi due sia davvero il mostro».

«hai profanato la tomba di mia moglie, cane maledetto!» sputò fuori Robin Mask in preda all’ira più assoluta.

 

 

:: qualche ora  prima ::

 

 

– è così signore…i custodi del cimitero hanno detto…quello. La tomba della signora…

Quando il suo vecchio maggiordomo, da Londra, gli aveva dato la notizia, aveva sentito una morsa gelida allo stomaco e si era quasi sentito mancare.

La tomba di Alisa.

Avevano profanato la tomba di sua moglie!

Quindi forse avevano anche scoperto che…

«arrivo immediatamente».

Aveva riattaccato, aveva rapidamente notificato a MacMadd che per gravissimi motivi doveva immediatamente tornare a Londra -senza scendere nei dettagli- ed era partito.

Ignorando gli ululati di gioia di Kirika, lieta che “nyah-ah-ah-ah-ah-ah il rompicoglioni se ne va!”, e dicendosi che al ritorno le avrebbe minimo quintuplicato gli allenamenti.

Le coordinate impostate lo avevano fatto atterrare morbidamente nella propria tenuta circa un quarto d’ora dopo.

«signore, per fortuna siete qui!» Archie, l’anziano maggiordomo in capo, era a metà tra lo sconvolto ed il distrutto «vi rendete conto? La tomba della signora!» era anche tremendamente agitato. Era molto affezionato alla moglie di Robin, quando lei era ancora viva (…) e giustamente sapere dai custodi del cimitero che la bara era stata trovata dissotterrata, la buca ancora aperta, i fiori strappati, l’avevano lasciato…l’ho già detto sconvolto, lo so, ma se uno è sconvolto è sconvolto.

«adesso vado al cimitero…farò risistemare tutto» lo guardò «se non te la senti di guidare posso chiedere a qualcun altro. Lo vedo bene, che sei allibito quanto me».

«no, signore…vi accompagnerò io. Come sempre. E se…se mi permetteste di…»

Voleva accompagnarlo fino alla tomba, Robin lo aveva capito. E francamente non vedeva motivo di rifiutare una delle pochissime richieste che Archie gli avesse mai fatto.

«certo».

«grazie…grazie infinite, signore».

Erano partiti subito dopo, alla volta del cimitero. I custodi li avevano accolti con aria decisamente contrita.

«stiamo già risistemando, signore…ma chiunque sia stato ha fatto un disastro non da poco» aveva detto uno di loro «cercheremo di rimettere tutto in ordine velocemente e al meglio».

«bene».

Lui ed Archie guardarono per parecchio gli addetti lavorare, in silenzio.

«ma chi può aver fatto una cosa del genere? Chi?» mormorò l’anziano.

E se Robin Mask fino a quel momento era stato a pensare più al fatto in sé che al colpevole, in quel momento cambiò decisamente prospettiva.

Chi poteva aver fatto una cosa del genere, diceva Archie?

Ma era così chiaro, così ovvio. Così disgustosamente palese, pensò con rabbia Robin.

«la domanda non è chi, Archie, la domanda è perché».

«avete idea di chi potrebbe…?»

Un’idea? Ah!

«non un’idea, quella che ho io è una certezza, anche se purtroppo non ho alcuna prova in mano!»

La rabbia montava inarrestabile, sempre di più.

Poteva essere stato solo Howard, e se era stato Howard sicuramente -nonostante non sembrasse- la bara non era stata solo dissotterrata ma anche aperta.

E se era stata aperta…

Solo una cosa non riusciva a trovare: il motivo. Un motivo valido che non fosse l’acredine che c’era tra loro.

Ma se il suo ex collega ed amico non aveva mai fatto questo prima perché proprio adesso?!

A meno che l’astio non c’entrasse e non fosse per recargli dolore che Howard aveva fatto fare quel lavoro alla tomba di Alisa, ma per altri motivi.

«quando avranno finito, Archie…» disse piano e con cupezza l’inglese «…e ci avvieremo lungo la strada di casa, voglio che mi lasci davanti alla tenuta dei Lancaster. Credo di dover fare un discorso al mio ex amico».

Il maggiordomo aveva risposto con un “sissignore”, dopo una breve esitazione che la diceva lunga sull’incredulità con la quale aveva accolto la notizia del possibile coinvolgimento di Mr. Lancaster in quella sporca faccenda.

Sapeva che non era proprio un santo, sapeva che lui e Mr. Mask avevano litigato anni or sono, ma non avrebbe mai immaginato che…

Qualche ora dopo i lavori erano stati terminati.

E lui, Archie, aveva obbedientemente lasciato Robin Mask davanti all’ingresso principale dell’immensa tenuta dei Lancaster.

«vi aspetto qui, signore?»

«non occorre. Puoi tornare a casa».

L’anziano l’aveva guardato. «…siete sicuro?»

«si. Vai».

Archie era andato.

E lui era entrato.

 

 

:: ora ::

 

 

«e secondo te avrei rischiato di sporcare il mio completo bianco con la terra del cimitero? Ma per favore…»

«ti ho detto di risparmiarti le battute!!! Questa è stata l’ultima goccia, e giuro su Dio che te la farò pagare cara!!!»

Howard fece un breve sospiro. «sinceramente non vedo come. Per non parlare del fatto che non c’è alcuna prova del fatto che io c’entri col dissotterramento della bara di tua moglie» sollevò un sopracciglio «bara vuota, tra l’altro».

«di prove me ne hai appena data una! E scendi da quel maledetto cavallo!» ringhiò Mask.

«sto più comodo seduto. E comunque no, quanto ho appena detto non è “una prova”» mimò le virgolette «so per certo che è vuota perché muovendo qualcosa qui e qualcosa là, è saltato fuori che il certificato di morte di tua moglie è falso quanto il fazzoletto di Versace che indossi. E che la notte prima della “morte” di tua moglie, dall’aeroporto è stata fatta partire in totale segretezza un’astronave diretta verso Nettuno, con a bordo due presone, una delle quali era tua moglie, e l’altra  era nientemeno che…» non poté fare a meno di concedersi una risata «Quarrelman, o buon Dio!»

«non ti riguardava!!! Non sono affari tuoi, capito?! Non avevi e non hai il diritto di impicciarti nei miei affari! Che Alisa sia viva o morta a te non deve interessare, schifossissimo, lurido-»

«quanti complimenti in una giornata sola!»

«perché diavolo l’hai fatto?! Il patto è stato spezzato, ho firmato quel dannatissimo foglio, che accidenti vuoi ancora da me?!» Robin si avvicinò al suo ex amico «perché?! Perché l’hai fatto adesso?!»

Howard finì il sigaro, e solo a quel punto si degnò di scendere da cavallo osservando Robin con gli occhi smeraldini da predatore.

«sinceramente? Ero…curioso».

“curioso”…

Aveva profanato una tomba solo perché era curioso?!

Decisamente troppo da sopportare per Robin che dopo quell’ennesimo affronto si scagliò contro l’ex amico e collega con tutta l’intenzione di ridurgli le ossa in polvere, strappargli tutti i capelli, cavargli gli occhi dalle orbite e non si sa cos’altro.

Ma aveva dimenticato delle cose fondamentali.

La prima: anche il suo avversario era sempre un chojiin.

La seconda: il fatto che avesse lasciato la Lega, e che anche prima avesse deciso di addestrare invece che combattere -per quanto l’unico scontro che aveva combattuto fosse stato di una violenza inaudita in tutti i sensi- non significava che avesse smesso di allenarsi.

La terza: lui aveva quasi sessantacinque anni, Howard ne aveva giusto quarantacinque.

Quindi quest’ultimo, schivati i colpi dell’avversario, non faticò poi così tanto nell’infliggergli una suplex tedesca. Se Robin fosse stato più giovane e meno arrabbiato forse sarebbe andata diversamente, ma non era così, e soddisfatto Howard rimontò a cavallo. Segno che per quanto lo riguardava lo scontro era già finito.

Si accese perfino un altro sigaro.

«la sai quella canzone?...“non ho l’età…non ho l’etaaà…”…direi che ti si addice».

L’altro gentiluomo si era già rialzato, furioso più che mai. «scendi giù e combatti!»

«oh no. Mi dispiacerebbe sporcare ulteriormente quel tuo completo di Armani, che se non altro è vero. Andiamo, Robin…perché non ti comporti da persona ragionevole e racconti al tuo vecchio amico com’è andata tutta fa faccenda? Tanto se non lo fai tu, lo scoprirò da solo» disse tranquillo «mi basta leggere un paio di quelle belle lettere color lavanda».

E in quel momento Robin Mask capì come doveva essere andata veramente la faccenda.

«…tua figlia…quella grandissima-»

Un proiettile gli passò a cinque millimetri dalla maschera. Già, aveva dimenticato l’abitudine di Howard di portarsi sempre dietro un’arma, come se gli fossero servite a qualcosa!

«non finire la frase».

«non capisco come abbia potuto passarmi per la testa che unire le nostre due famiglie fosse una buona idea!» aveva un leggero velo di sudore sulla schiena, dovuto al rendersi conto che pochi centimetri più in là sarebbero bastati e lui sarebbe morto lì «tu sei un criminale, un mostro, un bastardo!»

«beh, io te l’avevo detto da subito che un matrimonio combinato tra i nostri due figli non era una grande idea. Ma tu sei stato testardo, ed anche se ti ho restituito tutto quanto hai continuato imperterrito con quella faccenda. E la cosa divertente è che pare proprio che tuo figlio voglia sposarsela, mia figlia!...te lo dico adesso, tanto prima o poi saresti venuto a saperlo lo stesso».

Morsa gelida allo stomaco.

«non è vero».

«anche io preferirei che non fosse vero. Emerald con un teppista diseredato che oltretutto ha preso pure il cervello dal padre? Una tragedia. È solo per rispetto verso le scelte di mia figlia che non mi metto in mezzo».

“ma tu questo rispetto verso la scelta di quello che, pur avendolo diseredato e quasi misconosciuto, è pur sempre tuo figlio non l’avrai, vero…” pensò “farai di tutto perché Kevin la lasci”.

Robin infatti sembrava preda di centinaia di morsi di tarantola tutti insieme, per come si muoveva tutto a scatti. Scosse violentemente la testa.

«non se ne parla, io questo non lo accetto, dopo tutto quel che è successo è fuori discussione che il sangue dei Mask si mischi con quello di gente come voi!»

«Robin Mask, l’eterno indeciso. Prima volevi il matrimonio a tutti costi e adesso, come ne “I Promessi Sposi”, te ne esci con qualcosa di simile ad un “questo matrimonio non s’ha da fare”?...e comunque se mai dovrei essere io a non essere felice del fatto che il sangue di voi Mask…e precisamente del figlio teppista di un uomo che ha fatto credere al figlio in questione che la madre è morta quando invece è viva e vegeta su Nettuno…si mischi con quello della mia famiglia».

«vai all’inferno, Howard!» sbottò Robin «e guai a te se dici una parola a qualcuno riguardo a questa storia!»

«più che “guai a me” sarebbe un “guai a te”».

«non una parola! Altrimenti…»

«altrimenti cosa? Dai, fammi ridere».

Gli occhi di Mr. Mask si riempirono ancor più di rabbia, diventando due fessure.

«non mi importa niente se poi mi farai fuori ma di’ una parola e tra tre mesi non riconoscerai più la tua cara figlioletta, per come l’avrò ridotta».

Ogni traccia di divertimento, reale o meno, sparì dal volto di Howard.

«se ci provassi sarebbe lei a fare di te carne trita. Ad ogni modo, non mi piace che si minacci mia figlia» come obbedendo ad un ordine silenzioso, Abraxas fece qualche passo verso Robin «per niente. E nonostante lei dica che lassù va tutto bene sono certo che tu abbia già da scontare qualche peccatuccio nei suoi confronti. Inoltre sono dell’idea che ti serva un ammonimento riguardo al “ridurla in modo tale da far si che non la riconosca”…» aprì la giacca, mostrando di avere appesi all’interno diversi caricatori pieni, per la pistola con la quale gli aveva sparato poco prima «sai Robin, è un po’che non vado a caccia. E tu?»

Il cavallo avanzò ulteriormente verso Robin Mask, che purtroppo aveva capito benissimo che cosa intendeva dire il suo ex amico. Solo che nonostante tutto non riusciva a credere che volesse davvero…dico, ma come osava?!

«non osar-agh!» esclamò, quando Lancaster gli sparò a pochi millimetri dai piedi «non farai sul serio!!!»

«tu quando hai minacciato Emerald facevi sul serio, giusto?...corri Robin, corri!» lo incitò «ti darò perfino trenta secondi di vantaggio, rispetto al tuo vecchio animale da compagnia sarai più fortunato».

«non lo faresti!»

«ventinove…» Abraxas fece altri due passi in avanti. Anche quel cavallo sembrava non vedere l’ora di inseguirlo. Robin fu costretto ad indietreggiare.

«tu sei fuori di testa!»

«ventotto…vieni a casa mia, minacci mia figlia, che pretendi?...ventisette…»

«hai profanato la tomba di mia moglie e pretendi anche di avere ragione?!» sbottò Robin indietreggiando ancora. Howard faceva sul serio, voleva veramente dargli la caccia!

«che io abbia profanato qualunque cosa è tutto da dimostrare. Ventisei. Su, inizia a correre, altrimenti non ce la fai» gli indicò la via «il cancello principale è da quella parte ».

«tu sei…sei…un cane maledetto, ecco cosa sei, e dicendo in questo modo offendo i cani!!!»

«decurtazione di sei secondi di vantaggio per linguaggio scurrile. Venti» lo guardò «Robin. Guarda che io faccio sul serio, e se non te ne vai entro i secondi che ti restano per quel che hai detto di Emerald ti darò la caccia esattamente come feci con quella bestia parlante. Se non l’ho già fatto e ti ho evitato di essere ammazzato da Abraxas è solo in nome della nostra vecchia amicizia. Diciannove».

Era andato ad infilarsi di sua spontanea volontà nella tana del lupo, entrando in un territorio che lo poneva in totale vantaggio rispetto a lui. Rendendosi conto di non poter vincere, e per quanto la cosa lo disgustasse profondamente perché lui non era tipo da chinare la testa ed arrendersi, quella volta Robin Mask era decisamente costretto a battere in ritirata. Perché Howard non avrebbe avuto troppi problemi ad ucciderlo per poi gettarlo ancora caldo in qualche boscaglia in una riserva e far credere al mondo intero che la sua morte fosse dovuto ad un incidente di caccia a causa di un proiettile sparato da chissà chi. Quanto ci sarebbe voluto perché gli uomini della “security” dei Lancaster prelevassero in sordina un cavallo della sua stalla ed il fucile da caccia e metterglieli vicini? Poco e niente.

Si, il suo vecchio maggiordomo avrebbe potuto confermare che lui era uscito per andare nella tenuta dei Lancaster e non era più tornato. Ma, anche in quel caso, con i mezzi che aveva che difficoltà avrebbe avuto Howard a dimostrare che il maggiordomo in questione era un vecchio rincoglionito? O comunque a convincere chi di dovere che lo era, con qualche mazzetta?

«non finisce qui, Howard Hogan Robert John Lancaster» disse dunque Robin, guardando il suo nemico con odio e vedendosi rispondere con un’occhiata gelida.

«sarebbe stato meglio per te se fosse finita, invece» replicò Howard «oh, e comunque, ho da dirti un’ultima cosa. Tu dici che sono un mostro, ma non sono io ad avere le corna qui» fece un sorrisetto, vedendolo prepararsi a ringhiargli qualche insulto «…e le hai anche più grosse di quanto tu creda!» concluse, aggiungendo un occhiolino che in verità era molto “à la Connors”.

«…che diamine vuol dire?!»

«diciotto. Corri, da’retta».

«tu…!»

«diciassette».

Con un’ultima occhiata astiosa -e che ancora domandava ad Howard che diavolo volesse dire quella faccenda delle corna- Robin Mask fu costretto a mettersi a correre, ed anche alla svelta, per raggiungere il cancello principale.

«…quattordici!»

“dannato bastardo!” pensò l’inglese mascherato mentre correva come poche volte in vita sua, che ora scorgeva da lontano il cancello.

«undici! …corri più veloce, altrimenti ce la fai!»

Robin avrebbe solo voluto avere il proprio fucile da caccia, così da potergli far saltare la testa. Ma non ce l’aveva, purtroppo!

“sono vicino...non manca molto al cancello!»

«otto…»

Mancavano trecento metri.

«sei…»

Duecento metri.

«quattro…»

Cento metri.

«due…»

Cinquanta metri…!

«tempo scaduto» disse Howard, partendo al galoppo quando a Robin mancavano meno di dieci metri. Fortunatamente quest’ultimo riuscì a percorrerli ed uscire in tempo.

«tanto me la paghi!...»

«si, si. Ricordati di annunciarti, la prossima volta che vieni qui» il gentiluomo rimise a posto la pistola «e di tenere giù le mani da Hammy, soprattutto. Chiaro?»

Veniva proprio da dire che più chiaro di così si muore.

Howard guardò il suo ex collega andare via, soddisfatto. Via, dopotutto era stata una giornata divertente.

Robin Mask decisamente non era dello stesso parere.

Ma se non altro venuto a conoscenza delle ultime novità, gli era venuto in mente che aveva una telefonata da fare.

 

 

:: Tokyo, qualche ora dopo ::

 

 

«non ha dato noie».

«no. Se ne sta lì in giardino a suonare, cura le piante, va a fare la spesa, chiacchiera amabilmente con le vicine. Però è lì, appunto, e ci tiene d’occhio» Kevin sbuffò nervosamente «ed io questa cosa la odio. Come odio che lei…insomma…dopo ieri mattina non mi ha più chiamato».

«ovvio, hai dato del megalomane al suo caro papà».

Kevin di buttò sul divano con aria pensosa, nervosa e…stanca. Nessuno dei due aveva dormito quella notte, non sapendo che c’era lui a pochi passi.

Warsman avrebbe preferito rimanere a casa propria, considerando che era anche di poco più lontana, ma Kevin nella sua protettiva ingenuità era convinto che se fosse rimasto lì da solo e lontano da lui avrebbe potuto succedergli chissà cosa, mentre invece se fossero stati insieme non l’avrebbero toccato. Ingenuo davvero, si, a pensare che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa per fermarlo -o meglio fermarli: non poteva essere un caso che nelle strade vicine molte case vuote fossero adesso fossero abitate, caso strano in concomitanza con l’arrivo di Connors- se davvero avesse voluto fargli del male.

«il fatto è che io di tutto questo ne ho già abbastanza, mi capisci?» il ragazzo fece un grosso sospiro «io ne ho abbastanza. Voglio vivere la mia storia con Emerald senza che nessuno si metta in mezzo a rompere le scatole, ti pare che io chieda troppo? A me sembra di chiedere solo il giusto, ma a quanto pare c’è chi non è della mia idea. C’è sempre qualcuno che si intromette, sempre. Prima mio padre con quel patto e Turbinskii che si era perfino messo con lei, adesso suo padre che ci sta sul fiato col collo e quel dannato dall’altra parte della strada che durante le finali ci provava in maniera evidente! Io non ne posso più!...lei deve dire a suo padre di ritirare questa gentaglia e di lasciarci in pace una volta per tutte, perché altrimenti non so come potrebbe andare a finire!» esclamò alla fine del proprio sfogo.

«…in che senso?»

«nel senso che io la amo. E tu sai anche quanto. Ma le cose devono cambiare, non posso stare con lei con l’idea di Mister Megalomane che incombe e al quale basterebbe una parola della figlia per fare non so nemmeno io cosa!...tra me e lei io percepisco sempre la presenza di suo padre, costantemente, e la cosa mi manda in bestia perché sarebbe ora che la lasciasse andare davvero».

Il russo rifletté sulle parole di Kevin, che poi così sbagliate in effetti non erano.

«credo che ci sia qualche punto che non ti è chiaro. Emerald non vuole essere lasciata veramente andare. È troppo attaccata alla sua famiglia, e specialmente a suo padre, che le garantisce spalle coperte in ogni situazione. Se n’è andata via di casa molto presto, ma se ci hai fatto caso quella ragazza non è mai stata davvero indipendente; non si è mai trovata un vero lavoro se non quello da DJ, e suo padre già allora le passava più di settemila sterline al mese. Adesso, che tu sappia, quante sono?»

«sinceramente non ne ho idea. Ma hai ragione anche su questa faccenda del lavoro, anche adesso che Emerald possiede anche una compagnia aeronautica si limita semplicemente ad intascare i proventi lasciando il lavoro vero alla gente che suo padre ha messo nella compagnia perchè si occupassero di quelle faccende!»

«appunto: lei non vuole staccarsi, e non le è nemmeno conveniente farlo. Nonostante io dubiti che se Emerald gli dicesse chiaro e tondo di ritirare le truppe e non immischiarsi oltre, suo padre la lascerebbe senza “rifornimenti”. A parer mio direbbe qualcosa come “d’accordo, principessa” e le darebbe retta senza colpo ferire. Il problema è che lei non capisce per quale motivo dovrebbe dirgli di farlo, visto che per Emerald tutto questo è la normalità».

«non capisce…? Se anche non capisce i veri motivi dovrebbe esserle chiaro che la cosa mi manda fuori di testa, questo non mi sembra così complicato da afferrare e lei non è una scema! Sono il suo ragazzo, dovrò pure contare qualcosa in tutto questo!»

“per il resto magari conti, ma in questo caso ragazzo mio vali come il due di coppe quando briscola è bastoni” pensò il russo, ma non fece tempo a dire nulla che squillò il telefono. Kevin corse a rispondere.

«oh, finalmente ti sei decisa a chiamarmi di nuovo!»

ecco, esattamente di questo volevo parlare.

No.

Decisamente la voce all’altro capo del telefono non era di Emerald, ma dell’ultima persona dalla quale si sarebbe aspettato di ricevere una telefonata.

Nonostante lo shock riuscì ad inserire il vivavoce.

«…tu…papà?»

«eh? Robin?!» allibì Warsman, che a sua volta tutto si sarebbe aspettato meno che il suo vecchio maestro contattasse il figlio, dopo quel che era capitato.

sarò breve, e voglio che tu mi stia bene a sentire perché non mi ripeterò un’altra volta…

Ecco, già da tono quella telefonata a Kevin iniziava a non piacere per niente.

«potevi almeno salutare e chiedermi come sto, sai, non mi avrebbe fatto schifo una manifestazione d’interesse da parte di mio padre».

Sospiro decisamente irritato dall’altra parte. – non è decisamente il momento di perdere tempo con certe cose, e come di ho detto voglio essere breve. Ci ho pensato sopra, ed ho capito che diseredare il mio unico figlio maschio è stata una cosa piuttosto folle. Quindi sono pronto a ritirare il diseredo…

Oh, finalmente una buona notizia!, pensarono sia Kevin che Flash, scambiandosi un’occhiata.

«si, beh, direi che-»

non ho finito. Tornerai ad essere il mio unico erede. Ma solo e soltanto se darai definitivamente l’addio alla figlia di Lancaster lasciando perdere l’idea di sposarti con lei o chissà cos’altro. Fallo e riavrai ciò che ti spetta.

Lungo attimo di silenzio da entrambe le parti.

«se è per questo che hai chiamato potevi anche farne a meno perché, primo, a me dei soldi non è mai fregato assolutamente niente; secondo, hai perso il diritto di dirmi quel che devo o non devo fare già da un bel pezzo; terzo, mi domando che razza di persona credi che io sia se hai pensato che io potessi lasciare Emerald solo per riavere l’eredità! Per quel che mi riguarda puoi pure bruciare tutti i soldi che hai e dare anche fuoco alla tenuta, se il prezzo per riavere quel che mi spetta è Emerald te lo puoi scordare!»

non sei stato informato di quel che è successo stanotte alla tomba di tua madre, vero? L’hanno profanata.

Dalla rabbia Kevin era passato di nuovo ad essere sconvolto. «c-che cosa…?»

ed indovina un po’chi è stato.

No…

Non era possibile…

non puoi mischiarti con quella gente. Howard è un criminale, e la figlia non è migliore del padre anche se tu credi scioccamente di si. Pensa bene a quel che ti ho detto, Kevin, perché a lasciare quella ragazza avresti solo vantaggi.

E detto questo Robin chiuse.

Kevin era rimasto lì fermo col telefono in mano, a fissare un indefinito punto nel vuoto.

«non è possibile» disse in un bisbiglio.

Warsman, scosso quasi quanto lui, gli mise una mano sulla spalla. «Kevin…»

«non è possibile» il ragazzo iniziò a scuotere la testa «non la tomba di mamma. Lei è morta. Lei non…e poi…perché?!» voltò lo sguardo verso il russo «perché dovrebbe averlo fatto?! Per fare torto a mio padre? Perché magari Emerald gli ha raccontato che gli ho dato del megalomane?! È assurdo!»

«non abbiamo la certezza che sia andata come dice tuo padre. Forse Emerald e famiglia non c’entrano nulla» cercò di rassicurarlo Flash anche se non era affatto convinto «tuo padre potrebbe aver semplicemente pensato che c’entri Howard visto che si odiano, ma francamente profanare la tomba di tua madre per vendicarsi di “megalomane” o per dare un dolore a tuo padre mi sembra troppo perfino per lui!...fosse stato per quel motivo non pensi che l’avrebbe fatto prima, quando il patto era ancora in vigore? Qualcosa come trafugare la salma e restituirla solo in cambio della firma che voleva, o simili?»

Vero, aveva ragione anche Warsman.

Doveva cercare di calmarsi almeno un po’…ma il pensiero della tomba di sua madre profanata era “troppo”. Quella era stata…si…era stata la sua unica fonte di conforto quando era piccolo. Andare lì le rare volte che suo padre gli permetteva di correre fuori, e parlarle di quel che gli succedeva nella speranza che da lì lei potesse sentirlo, anche se non c’era più.

«basta così!» sbottò Kevin afferrando l’impermeabile e lanciandosi fuori, con la voglia di correre fino a perdere le gambe.

«Kevin…! è andato…» mormorò Flash «non ci posso credere…»

«the stupid brat si è ricordato di non aver comprato la nuova collezione di slip di Topolino?»

Connors, da giardino di casa propria, vedendolo correre in quel modo non aveva resistito alla tentazione di fare quella battuta. Ma, inutile dirlo, lui in realtà immaginava benissimo quale fosse il motivo di quella corsa sfrenata senza meta. Non fosse mai che non ricevesse gli ultimi aggiornamenti dal capo, che glieli forniva in modo tale che potesse agire sapendo benissimo quali erano tutte le carte che c’erano in tavola, coperte e non.

L’americano fece un sorrisetto vedendo Flash rispondergli con un’occhiata carica d’odio e tornare rapidamente in casa. Eh no, non si azzardava ancora a sfidarlo, segno che se non altro certe bestie avevano una memoria decente e un tantino di buonsenso.

“di questo passo verranno a sapere tutti che sua madre è viva, tranne lui” pensò.

Il cellulare squillò.

«si?...»

a te l’ha detto vero?

Ma che graditissima sorpresa, pensò mentre rientrava anche lui rapidamente in casa. «una volta si salutava, miz Lancaster» le disse, in una sottospecie di bonario appunto «se parli del fatto che la madre del tuo ragazzo è viva e vegeta su Nettuno insieme a Quarrelman -o Neptuneman, se il nome di è più familiare- si, me l’ha detto ieri notte appena l’ha saputo. Per darmi un’idea di come stanno davvero le cose, così da potermi regolare se servisse. E mi ha detto anche che hai delle lettere…»

si…ne avevo due. Ma oggi è andato via dalla Scuola, ne ho prese un altro po’ e…al telefono con papà le abbiamo lette poco fa e…che roba! Da quel che ho potuto capire da ciò che c’era scritto in quelle indirizzate a Robin Mask è andata così:  lui ha colto la moglie in flagrante tradimento, ed è quasi arrivato a fare la festa ad entrambi visto che era appena tornato da una battuta di caccia e aveva il fucile in mano; poi però è venuto a più miti consigli.

«specifica, che sono curioso. Pare una di quelle soap opera di bassa lega…» commentò l’americano.

Robin Mask aveva mezzi sufficienti da dare moltissimi problemi a tutti e due, se avesse voluto, ma sono giunti ad un accordo diverso: Alisa Macintosh e Quarrelman sarebbero partiti per Nettuno, e Mr. Mask avrebbe tenuto Kevin con sé per poterlo addestrare. A quanto abbiamo capito le aveva dato il permesso di scrivere al figlio, se non altro… poi invece ha agito diversamente, preferendo dirgli che era morta piuttosto che ammettere di essere stato lasciato perché lei si era stancata di sentirsi un oggetto trascurato. That’s it.

«segretone del secolo! Sai se tutta la storia venisse fuori, che razza di vespaio!…»

si ma adesso c’è un problema. Che cavolo faccio con Kevin?

«so much sex, or so I think» scherzò l’americano.

Michael! È una cosa seria!

«non so. È una questione abbastanza delicata, credo che per quello stupid brat sarà sconvolgente sapere che suo padre gli ha raccontato una gran cazzata per vent’anni di fila. Detto gli va detto. Ma magari sarebbe bene che glielo dicessi tu, viso a viso, quando finirà l’addestramento o se mai fuggissi un’altra volta».

Per l’appunto, Connors non era stupido. Ed avendo avuto dei genitori che gli avevano dato modo di trascorrere un’infanzia serena, gli era facile capire come sarebbe stato per il moccioso scoprire che se sua madre -VIVA!- avesse potuto portarlo via con sé, la sua vita avrebbe potuto essere completamente diversa. Bucolica, considerando come andavano le cose su Nettuno, ma probabilmente più serena. Insomma, se lei gli scriveva tutte le settimane -da quel che gli aveva detto il capo- nonostante non avesse mai ricevuto risposta, significava che lo pensava sempre. E che gli voleva bene. Cosa che l’americano non sapeva se si potesse dire di Robin Mask.

“se fosse stato mio padre a fare questo non so come avrei reagito”.

Ed era sadico e spietato, Michael Connors…

“è sempre un little brat tonto come una gallina lobotomizzata, ma mi fa quasi pietà”.

…ma non così tanto da andare a sbattere in faccia a Kevin quel che sapeva. Altri al posto suo magari l’avrebbero fatto, ma non lui.

In vita sua aveva ucciso, massacrato, torturato e stuprato, e si era anche divertito come un matto a farlo; eppure non avrebbe mai fatto una cosa come quella lì. Un controsenso, o forse era solo quel po’di umanità che gli era rimasta che veniva a galla.

già. Forse venendolo a sapere da me faccia a faccia la prenderà un pochino meno male…

– Lancaster!!!

«ma che…Emerald! Che succede?!»

Dall’altra parte c’era un mucchio di rumore, e il tono di quella voce maschile di prima non gli era piaciuto affatto.

mi sa che qualcuno vuole parlarmi d’urgenza.

Chiamata interrotta.

“spero che le dia e non le prenda”.

 

 

:: Scuola di Ercole ::

 

 

«…è lei quello che ha nascosto a suo figlio che sua madre è viva solo perché non voleva ammettere che l’aveva lasciata, io avrò pure sbagliato a farmi gli affari suoi ma se vuole proprio saperlo lei mi fa SCHIFO!»

«e tuo padre è un dannato profanatore di tombe!»

«…vuote».

Nella rabbia riuscì a rimanere allibito dal fatto che lei lo sapesse, e si comportasse come se fosse stata una cosa normale.

«poco importa!...da anni, anni, voi Lancaster siete la rovina della mia famiglia!!! La rovina!»

«veramente si è sempre rovinato DA SOLO! Prima con quella storia del patto che lei non voleva spezzare, ora con questa storia su un fatto che lei ha nascosto…povero Kevin…» si morse nervosamente il labbro inferiore «l’ho detto e lo ripeto, lei mi fa schifo, schifo, schifo e ancora schifo!!! Separare un figlio dalla madre, fingere che sia morta, ma che cavolo le ha detto il cervello?!»

Litigavano sapendo che ad ascoltarli non c’era nessuno. Perché per “ordini superiori” Vance MacMadd quando Emerald telefonava al padre e per tutti i minuti di chiamata concessi in generale se ne stava ben lontano.

«questi non erano affari che ti riguardavano! E soprattutto non riguardavano tuo padre, che non ha esitato a minacciare di darmi la caccia quando qualche ora fa sono-»

«lo so, e mi ha detto pure perché l’ha minacciata in quel modo. “non la riconoscerai nemmeno per come la ridurrò!”» ripeté la ragazza scimmiottando la voce di Robin «segua il consiglio di mio padre ed accantoni l’idea».

«altrimenti gli chiederai di farmi esplodere casa?!» disse lui, duro.

«no. Ma so che riuscirei a farla espellere dalla Scuola» ribatté lei, altrettanto duramente «o se volessi fare prima semplicemente le spezzerei dolcemente tutte quante le ossa, ma mi seccherebbe perché so che Kevin non apprezzerebbe».

Robin sembrava stare per colpirla, ma parve ripensarci.

«può essere che a breve tu non debba più preoccuparti di quel che mio figlio apprezzerebbe e non apprezzerebbe» disse sibillino, facendola inquietare non poco, per poi voltarsi e dirigersi verso la porta.

“che diavolo intendeva con quelle parole?” pensò Hammy.

«si abbassi, che con quelle corna dalla porta non ci passa, soprattutto visto che sono più grosse di quel che crede!»

Sibillino per sibillino, detto questo Emerald uscì dalla parte opposta rispetto a Robin. E fu lui a rimanere lì chiedendosi che accidenti significasse quel che avevano detto i due Lancaster…


***

right, spero che vermissen_stern non se la prenda se ho citato anche Archie, anche lui un suo OC che appare in Reignite. E più che altro spero di non avergli fatto avere reazioni che in realtà non era tipo da avere...

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Capitolo 10
*** Can't help falling in love ***


Era stato un caso. Un puro, semplice, stupido caso

«… shall I say, would it be a sin?...»

« …if I can’t help falling in love with you…»

Era stata di Terry l’idea di fare “l’ultimo campeggio notturno della stagione! Dai, che poi per un pezzo col freddo che verrà non se ne parla!”.

«like a river flows surely to the sea, darling so it goes, some things are meant to be…»

E così avevano fatto. Tutti I ragazzi della combriccola più Meat, Trixie e Chichi erano partiti alla volta del bosco vicino alla città, con tende, sacchi a pelo, provviste…per un bel pezzo l’unica cosa andata “storta” era stato il fatto che Kid si fosse rifiutato di mettere su tutto il baraccamento vicino al lago, col terrore che a qualcuno prendesse l’idea di costringerlo a farsi un bagno bello freddo, ma quanto al resto era andato tutto bene. Avevano mangiato, bevuto, messo su qualche rissa, fatto cavolate varie fino a che verso le una di notte -e solo perché costretti da Meat- avevano deciso di infilarsi in tende e sacchi a pelo e dormire.

«… take my hand…»

« take my whole life too…»

« For I can’t help falling in love with you…»

E poi, verso le una e mezza, avevano sentito la chitarra e le voci.

«like a river flows surely to the sea, darling so it goes, some things are meant to be…»

Il lago non era troppo distante da dove stavano loro, e nessuno aveva sonno. La decisione di andare a curiosare “si era presa da sola”, diciamo così.

«… take my hand…»

Con vari bisbigli nell’andare si erano tutti chiesti “chi sarà, chi non sarà”…la voce femminile in verità era parsa loro familiare, non aveva certo chissà quale estensione vocale ma non era affatto un brutto timbro, e le note fino a quel momento le aveva azzeccate tutte.

« take my whole life too…»

Stesso dicasi per la voce maschile, che non era Elvis ma non era nemmeno poi così male.

E così, nascosti meglio che potevano, erano arrivati sul posto.

Solo che quel che avevano visto li aveva lasciati di stucco.

« For I can’t help… falling…in love…with…»

Breve pausa di totale e completo silenzio.

«you».

E poi era scattata la tragedia perché, agli occhi dei ragazzi della Lega, quello tra Emerald e Connors non era stato un bacio esattamente casto.

Era stato Checkmate, che pur essendo allibito come tutti gli altri era riuscito a mantenere un minimo di controllo, a convincerli a gesti ad andare via e tornare al campo.

Meat era stato il secondo a riscuotersi, e gli aveva dato una mano a portare via tutti i ragazzi.

Il viaggio era stato fatto in totale silenzio, ma arrivati a destinazione…

«ma…allora. Prima cosa, Hammy dovrebbe essere sul pianeta Ercole» aveva detto molto piano Jeager «…ma siamo sicuri che fosse lei e non una che le somigliava?»

«no, no…lei era lei, ma più di tutto…cioè…» anche Dik Dik era ancora esterrefatto «lei sta con Kevin Mask. Quindi…che ci fa qui in piena notte con quel tizio e, soprattutto, perché diavolo si stanno baciando?!»

Giusta domanda, Dik Dik.

Come si era arrivati a quel punto…?

 

 

:: tre giorni prima ::

 

 

Erano passati dodici giorni da quando Kevin Mask aveva ricevuto dal padre sia l’offerta di riavere l’eredità che la notizia della profanazione della tomba di sua madre Alisa.

Ma lui non aveva smesso di pensare un solo secondo a questa due cose, aggiunte al fatto che Emerald non lo aveva ancora richiamato.

Dodici giorni, dannazione.

E lui di cose da dirle ne aveva diverse, poi. Prima di tutto, doveva assolutamente sapere se era vero che Howard c’entrava qualcosa con quella sporca faccenda al cimitero e, se si, perché diavolo l’aveva fatto.

Poi, tra le altre cose da fare assolutamente, doveva dirle che doveva far ritirare le truppe immediatamente. E non avrebbe ascoltato scuse. La pressione si stava facendo sentire troppo, sia su di lui che su Warsman. Già, non era tanto una questione di forza -nonostante i soldati fossero molto ben addestrati e molto ben armati- quei soldati rappresentavano, piuttosto, la brutale crudeltà psicologica per la quale Howard si era sempre distinto. Evidentemente sapeva, o quantomeno immaginava, che con tutto quel che era successo mesi prima i due chojiin non avrebbero avuto altra reazione se non quella di sentirsi costantemente sotto tiro.

Warsman da quegli uomini era stato preso, torturato, cacciato. Kevin Mask, quando aveva avuto a che fare con loro, si era visto portare via tutto.

E nessuno dei due voleva che tali cose si ripetessero.

Dire che avrebbero dovuto tirare fuori le palle era facile, ma tra il dire e il fare in questo caso c’era di mezzo un oceano.

E per finire lui ed Hammy dovevano chiarire una volta per tutte, possibilmente senza litigare, che i loro genitori dovevano rimanere FUORI dalla loro relazione, in ogni senso. Kevin l’offerta di Robin l’aveva rifiutata. Anche Emerald, allora, avrebbe dovuto dire a papy di smetterla di mettersi in mezzo.

Erano cose di cui andava discusso e che andavano sistemate, perché lì c’era in gioco la loro relazione, alla quale Kevin -si sa- teneva moltissimo. Vederla tornare mesi prima e poterla stringere finalmente tra le braccia, le primissime settimane insieme, quello era stato un periodo assolutamente da sogno. Era lui, era lei, erano loro, ed erano bellissimi insieme. E lui rivoleva quel periodo lì, quei “loro”.

Qualcuno forse avrebbe dovuto spiegare al ragazzo che una relazione amorosa non poteva essere sempre rose e fiori, e che soprattutto iniziando una convivenza era normale che le prime settimane insieme fossero “uh, ah, wow” e poi, man mano che anche i difetti più nascosti venivano a galla, qualcosina iniziasse a scricchiolare. Nulla di irrisolvibile se c’era la volontà di farlo da entrambe le parti, ma non poteva pretendere un amore fiabesco modello “vissero per sempre felici e contenti”; soprattutto in un contesto come quello in cui si trovavano.

«stanotte a dormire qualche ora ci sei riuscito».

Lui e Flash ormai andavano avanti più che altro a tazze immense di caffè.

«è perché riflettendoci su ho capito che non posso permettere che la presenza di quella gente mi condizioni troppo. Hanno tanta voglia di stare qui a vigilare? Che stiano pure!...non mi piace, ma una sorveglianza armata non è la cosa peggiore che mi sia successa. E fino ad ora non è successo assolutamente niente di strano» disse secco il russo bevendo il suo caffè «quindi si, ci ho dormito su».

Era lui quello psicologicamente più colpito, ed era sempre lui il primo che stava cercando di assimilare la cosa. Una faccenda che aveva un che di incredibile.

«quindi ti sta bene che quelli stiano qui, adesso?!»

«ovvio che no! Ma se tanto l’idea di rompere loro il collo uno per uno è fuori discussione visto che se anche dovessimo riuscirci il simpatico Howie» istintivamente sollevarono entrambi la testa e si guardarono attorno come accadeva ogni volta che lo chiamavano in quel modo o ne parlavano male «ne manderebbe qui il triplo, a questo punto l’unico modo in cui possiamo reagire è restare indifferenti. Come se non ci fossero. Come se non ci importasse. Per quanto se nel frattempo riuscissimo a far capire ad Emerald quel che deve capire sarebbe una cosa buona ed elimineremmo il problema per davvero».

«se, se, se! A me non piacciono i “se”! Io voglio fatti!»

«senti lo so che è dura, ma devi portare pazienza, perché adesso come adesso non possiamo fare altro!» guardò il telefono «specialmente se lei non richiama».

«beh non me ne frega più niente delle regole, se lei entro oggi non mi chiama io prendo vado lassù alla Scuola di Ercole e faccio un macello assurdo finché non mi ci fanno parlare!» sbottò Kevin, arrivato al punto di rottura «venti giorni con quello di là dalla strada, e che per di più ascolta Eminem a palla, sono già troppi!»

E ciò che Kevin non subodorava neppure era che l’americano non metteva a palla “Without Me” almeno una volta al giorno solo perché gli piaceva. No. Lo faceva anche perché “tante volte la bestia pur avendola sentita per due settimane di fila se la fosse dimenticata”…che dire, Connors qualche cosa dal suo capo l’aveva imparata.

«lascia perdere la musica!» ribatté Warsman, in tono ancor più secco di prima «quella è il meno».

«o in alternativa invece che andare alla Scuola di Ercole da Emerald vado direttamente dalla fonte di tutti i guai a Londra!!! Gli entro nella tenuta di soppiatto, lo cerco e-»

«pessima idea. Sia il solo volerlo incontrare che andare a cercarlo per la tenuta visto che c’è quel maledetto cavallo pazzo che-»

«…che c’è lì?»

«… un cavallo che al garrese è alto trenta centimetri più di te. E che quando si trova davanti qualcuno che non conosce lo assalta e lo insegue per tutta la tenuta con l’intento di farlo fuori arrivando a cercare di buttare giù gli alberi se un povero cristo tenta di rifugiarsi lassù!...»

Kevin gli diede una lunga occhiata.

Lunghissima.

Decisamente troppo lunga.

«ora che mi ricordo Emerald aveva accennato qualcosa a riguardo, quando siamo andati a casa sua. In particolare che questo cavallo ce l’hanno da nemmeno dieci anni, quando tu non frequentavi più casa Lancaster».

Ops. Aveva parlato troppo.

«infatti te lo dico perché lei me ne ha parlato così».

«ah si?...eppure da come ne parlavi sembrava quasi che tu avessi vissuto direttamente l’esperienza».

Oh no, decisamente quello non era il momento adatto per entrare in quel discorso…non che di momenti adatti ce ne fosse uno!

«sono un oratore non c’è male, che vuoi farci…»

Kevin però continuava a guardarlo fisso.

«sei stato a casa sua, vero?» disse piano l’inglese «altro che racconti».

«Kevin, ma perché avrei-»

«io lì per lì quando siete tornati, e caso strano tutti e due lo stesso giorno, non mi sono messo a riflettere. Ma appena ho cominciato a farlo non c’è voluto molto per rendermi conto che qualcosa non andava» disse «avete sempre avuto un rapporto estremamente strano, voi due, e questo lo so già da quando c’era il Torneo. Ammettilo» mise giù la tazza di caffè «in quei cinque mesi e mezzo tu ed Emerald vi siete visti eccome, e dev’essere stato nel brevissimo periodo in cui lei aveva fatto ritorno a Londra!»

“io l’avevo detto che è meglio che Kevin non sforzi troppo il suo bel cervellino perché altrimenti sarebbero stati guai! E adesso devo trovare qualcosa per…non posso dirgli che gli ultimi due mesi e mezzo non siamo tornati perché eravamo in giro per il mondo!” pensò.

«…si. Vero».

A quella conferma il ragazzo non parlò, come aspettando che continuasse.

«ma non c’è sotto chissà cosa. E che lei era tornata sono venuto a saperlo per puro caso, visto che ero andato da tuo padre. Ero lì, mi è giunta voce del suo ritorno e sono andato. Dovevo parlarle. Cerca di capire, lei…insomma, c’eri quando ha preso quel proiettile che avrebbe dovuto toccare a me. Volevo almeno vedere in che condizioni era, e così ho fatto» ammise «poi però lei come sai è ripartita, perché ci sono state quelle complicazioni di cui ci ha parlato. Ed anche io dopo quel giorno ho avuto diversi problemi. Che siamo tornati da te insieme però è stata una semplice coincidenza».

«tanti periodi complicati, va bene. Solo un paio di cose: perché sei andato da mio padre invece che tornare qui?» la voce del ragazzo era fredda come il ghiaccio «e poi, perché diavolo non mi hai fatto almeno uno straccio di telefonata dicendomi che stavi bene?! almeno in quel breve periodo “meno complicato” avresti potuto farlo!» sbottò «e lei idem!...ma questo ad Emerald l’avevo già detto, quando mi ha confermato che era tornata a Londra».

«non so cosa dirti se non che ho sbagliato e che mi dispiace. Come ho sbagliato a nasconderti di averla vista» lo guardò «ho creduto che non avresti capito perché ero andato a cercarla, pensando che ci fosse sotto chissà cosa».

«guarda che non sono così imbecille da non capire se mi si dice “sono andato a cercarla perché lei mi ha salvato la vita e volevo vedere se stava meglio”! Un motivo più valido di quello non esiste!...e invece nascondendomelo dei dubbi me l’hai fatti venire eccome, e decisamente non è il momento!» si prese la testa tra le mani «proprio no».

E dunque quello era decisamente anche il momento peggiore perché il telefono, con Emerald all’altro capo del filo, squillasse.

«si, chi è?» sbuffò Kevin seccato.

– …ultimamente ogni volta che chiamo ti trovo con le palle girate…

Breve attimo di sollievo per Kevin Mask, nel sentire la voce della sua ragazza dopo tredici giorni. Gli era mancata tantissimo, gli era mancato sentire la sua voce…

«ne ho tutti i motivi!»

Peccato che invece che dirle quello, tutta quella pressione psicologica lo stesse portando a protestare, polemizzare, sbottare e criticare fin da subito senza lasciarle dire praticamente niente.

hai tutto il diritto di incavolarti quanto ti pare per quel che ti pare e me ne puoi parlare tranquillamente, ma se quel che speri è che io ti lasci sfogare le tue frustrazioni su di me in uno dei pochi momenti in cui possiamo sentirci TE LO PUOI SCORDARE. Chiaro?

E quello decisamente non aiutava, in un rapporto. Perché per quanto Kevin avesse parecchi motivi per essere arrabbiato, c’era modo e modo di affrontare l’argomento. E argomenti come quelli poi dovevano essere discussi con calma.

Solo che…non era cosa!

«Emerald io te l’ho già detto e lo ripeto: questa storia dei genitori che si mettono in mezzo deve finire. Io voglio vivere la mia storia con te in santa pace senza che nessuno mi stia col fiato sul collo, e mi sembra il minimo».

col fiato sul collo non ti ci sta nessuno!

«oh si invece, sia tuo padre che il mio! Solo che tu non riesci a capirlo. Emerald, dodici giorni fa ha chiamato mio padre, e lo sai cos’è che ha detto?! Ha detto che tuo padre ha profanato la tomba di mia madre!!!»

Brevissimo attimo di silenzio dall’altra parte, imputabile -per quanto ne sapeva Kevin- anche solo alla sorpresa.

…ma che cavolo si era fumato?

…ok, bisogna ammettere che anche Hammy in quel caso avrebbe potuto essere più delicata. Specialmente sapendo che era vero.

«non parlarne in quel modo, va bene?! il fatto è che effettivamente la tomba è stata profanata, e mio padre secondo te che doveva pensare? Parlando francamente, a poter fare una cosa del genere è chiaro che secondo lui può essere stata una persona sola!...e io…sono convinto….che ci abbia azzeccato» disse, abbassando pian piano il tono «ma io non capisco perché».

…io…di questa faccenda non so nulla. Ma non credo che c’entri. Anche se comunque…Kevin…quando tornerò dovremo parlare parecchio.

«questo è sicuro» fece un sospiro «io a te tengo moltissimo, ma anche solo avere qui quelle truppe mi sta mandando fuori di testa, come tutto il resto, e adesso ci si è messo in mezzo pure mio padre…»

che ha fatto adesso? Ha tirato fuori un altro patto da sotto il cuscino?

«fai poco la spiritosa! Io non so se riesco ad andare avanti in queste condizioni, guardaci anche adesso, ogni volta che ci sentiamo finiamo a litigar, e se penso alla tomba, e al fatto che mio padre mi ha detto che se ti lasciassi mi restituirebbe l’eredità io davvero non so come potrò riuscire a continuare. E oltretutto c’è il fatto che tu non riesci ad uscire davvero dal nido, con papy che pensa sempre a tutto!»

non riesci ad andare avanti tu? Beh nemmeno per me è esattamente facile avere a che fare con un immaturo iperpossessivo che come vede un ragazzo avvicinarsi a me fa scenate da psicopatico!!!

« un che cosa?!! Mi hai appena dato dell’immaturo iperpossessivo?! Beh se permetti ho tutte le ragioni di fare scenate coi tuoi “Mikey qui e Mikey là e Jeager qui e Jeager là e Terry qui e Terry lì”, e se io sono un immaturo iperpossessivo allora tu sei una…una sciocca ragazzina viziata!»

Ed era inutile che Warsman cercasse di fargli intendere a gesti che stava facendo una gran cazzata, perché se voleva che tra loro due tornasse ad andare tutto bene e tutto il resto decisamente non era quello il modo.

sarò una ragazzina sciocca e viziata ma perlomeno non sono più ignorante di una capra come sei tu!!!

E quanto ad Hammy com’è fatta si sa: restituisce il doppio di quel che riceve. Sei gentile, lei è molto gentile. Non sei gentile…e lei è doppiamente non-gentile.

«ooh, scusami tanto se non sono in grado di fare commenti in latino! In compenso io posso vivere tranquillamente senza dover rendere conto a mio padre di tutto quello che faccio e dipendere dai soldi che mi mette in saccoccia!»

NON gli rendo conto di TUTTO quello che faccio o mi succede, credimi, perché se lo facessi probabilmente tu adesso non avresti più un padre da cui poter dipendere se mai lo volessi.

Ohi.

«già, giusto, visto che tuo padre è un pazzo criminale lo farebbe ammazzare!»

criminale il mio?! Il tuo tra poco mi stupra!

Ecco, era riuscita a farlo allibire il giusto.

«come…? No, impossibile!»

chiedilo a Ramenman, quando lo rivedi.

«…non è che a farlo ce l’hai portato tu?»

“ehm si, questo è molto probabile conoscendola, ma nella situazione in cui ci troviamo ora non era bene che le dicessi una cosa del genere razza di sciocco!” pensò Flash.

fammi capire, ti dico che tuo padre ha fatto una cosa del genere e tu te ne esci un questo?!...le ragazze non si violentano in nessunissimo caso! E poi quella che difende sempre papy sarei io?!

Per l’appunto.

«anche ponendo che quel che dici di mio padre sia vero il tuo resta sempre un pazzo criminale mezzo terrorista che ha quasi fatto un’esecuzione pubblica!!!»

Ma no, veramente?

MIO padre però al contrario del TUO non mi ha detto per vent’anni che mia m- – la sentirono interrompersi – ….seh, non è che semplicemente stai facendo tutte queste scene perché vuoi piantarmi in un patetico tentativo di riallacciare le relazioni con quel bel tomo di tuo padre e riottenere l’eredità?

Classico esempio di complete imbecillate dette nei momenti di rabbia. Imbecillate che però, in quel caso, portavano ad immensi casini.

«l’ho mandato al diavolo quando mi ha fatto quell’offerta!!! Ma che razza di persona credi che io sia?!! Tu non hai capito assolutamente niente di me, se te ne esci con una cosa del genere!»

io non lo so più che persona sei, mi ero messa con un ragazzo con cui stavo a meraviglia e adesso mi ritrovo uno che ne dice di tutti i colori sia di mio padre che di me, con cui non faccio altro che litigare ogni volta che ci sentiamo e con cui non riesco più a parlare perché ogni volta che ci provo vengo attaccata e tartassata su tutti i fronti. Io tra tre giorni volevo fuggire ancora e venire da te, proprio per vederti, per parlare viso a viso e cercare di fare qualcosa, ma a questo punto non so nemmeno se ne vale la pena perché non sei il solo che si è rotto i coglioni. Ciao.

«Emerald! Non-…ha…riattaccato».

Rimase lì per almeno un minuto a fissare il telefono come un cretino.

Ma che cavolo aveva fatto?!

Si era lasciato prendere dalla rabbia, il nervosismo, e tutto quel che aveva accumulato l’aveva buttato fuori in una volta. Con le stesse conseguenze di un’esplosione devastante, almeno per il loro rapporto.

«sinceramente tra te e lei non so chi è peggio» commentò Warsman «e di immaturi con padri che compiono azioni discutibili -con tutto il rispetto per il mio vecchio maestro- per come la penso io, ce ne sono due» sollevò due dita «tanto lei…quanto te».

«si, e a te chi diavolo ha chiesto niente?! sempre a sputare sentenze, come se fossi l’oracolo in Terra quando invece sei solo…»

«solo cosa? Un mostro? Una bestia, magari?»

Va bene, in quelle occasioni Kevin Mask si ricordava che per quanto riguardava l’utilizzo di un tono di voce completamente gelido e sarcastico aveva ancora molto da imparare.

«no. No, assolutamente. Non…» fece un sospiro nervoso «scusa».

Stavolta fu il russo a guardarlo a lungo.

«te la faccio passare solo perché al momento non riesci a ragionare come si deve a causa di tutto lo stress a cui sei sottoposto».

Per fortuna. Perdere anche Warsman avrebbe significato rimanere solo.

Si beh…è vero che Miss Mary era sempre lì, anche se da quando Hammy e Flash erano tornati non la vedeva quasi mai. Magari avrebbe dovuto farci un salto, prima o poi. Ad ogni modo…

«secondo te che voleva dire quello che ha detto Emerald?»

«riguardo a cosa?»

«l’ultima tirata prima di riattaccare. Nel senso…pensi che io e lei stiamo ancora insieme o secondo te mi ha piantato?»

Ecco, prima diceva e faceva le cose, e poi rifletteva. Kevin, razza di testa calda.

E lei idem, eh.

«beh…io non sono l’oracolo in Terra, no?»

«ah, ma andiamo! Voglio solo un’opinione!...e non perché se mi avesse piantato potrei riavere l’eredità, di quella non mi importa un accidenti, io è lei che voglio!»

Warsman avrebbe voluto che Kevin avesse un padre più “padre” invece che una specie di “padre padrone”, così almeno avrebbe potuto chiedere a lui cosa fare e cosa non fare. E invece era suo il compito di sostenere Kevin in qualcosa che…no, normalmente non gli sarebbe pesato nemmeno un po’, ma sentiva nella testa una vocina piccola piccola che gli bisbigliava che forse -e dico forse- se Kevin ed Hammy si fossero lasciati lei magari sarebbe ripartita un’altra volta ed anche lui a quel punto avrebbe potuto trovare una scusa per…

“silenzio, tu, se anche si lasciassero non potrei mai abbandonare a sé stesso questo povero ragazzo”.

Eppure la vocina portava con sé anche delle immagini lontane, ed un eco di parole più vicine nel tempo, quegli auguri di compleanno fatti nel bel mezzo di quella che somigliava quasi ad una coccola…

«…tu sei quello che era con Lancaster! che ci fai qui? Sei venuto a portare altri problemi?!»

Una voce ben conosciuta distolse Flash dai propri pensieri, e spinse Kevin ad alzarsi e guardare dalla finestra.

«qui ci vivo, ma qualunque cosa faccia comunque non ti riguarda…tsk…vaccaro beota di un texano».

«come mi hai chiamato, razza di yankee?!»

Kevin vide che là fuori c’era la combriccola al completo, venuta su quella strada a fare chissà che cosa -ma presumibilmente a rompere le scatole a lui- e che adesso se la stava vedendo con l’americano che guardava tutti quanti con un’aria tra il seccato e l’annoiato.

«vac-ca-ro. Lo so, una parola di tre sillabe è già complicata da assorbire per un rifiuto bianco del Sud, ma spero che almeno “beota” sarai in grado di comprenderlo. Adesso sparite, sto aspettando una telefonata importante».

Statunitensi del nord e del sud “non si stimavano poi così tanto”, era cosa risaputa.

Ed era cosa risaputa anche che Terry Kenyon aveva un temperamento facile all’infiammarsi.

«adesso ti faccio vedere io chi è il beota qui!» sentenziò Terry scagliandosi da solo contro l’altro americano, che come aspettandoselo si abbassò finendo quasi schiena a terra, e dandosi una bella spinta con la forza delle braccia, riuscì a picchiare il texano appena sotto il mento con un colpo di tallone degli stivali rinforzati.

Non essendo completamente scemo Connors sapeva che con quel tipo di gente o si mirava direttamente a punti deboli come quello o li si gambizzava subito con dei colpi di fucile, pistola e quant’altro.

«Terry…!!!»

Peccato che quella volta avesse fatto un piccolissimo errore di valutazione, in quanto

a) oltre al texano c’erano anche gli amichetti pronti a vendicarlo

b) la pistola l’aveva lasciata in casa!

Si, gli sarebbe bastato fare un fischio per far arrivare gli uomini che si era portato dietro, ma percepiva quella faccenda un po’come una questione personale…

E fu così che Kevin Mask, al sicuro in casa propria ad osservare la battaglia insieme a Warsman, dopo parecchi giorni riuscì a sentirsi quasi soddisfatto.

«andrei lì fuori anche io se non fosse che non ci tengo a mescolarmi con quel branco di scimmie…»

«ci tengo a farti notare una cosa…» Flash vide Dik Dik finire temporaneamente al tappeto «loro sono in gruppo, lui è uno solo, eppure gli sta tenendo testa dignitosamente. Con mia immensa soddisfazione però posso anche dire che è chiaro che finirà a perdere!»

Ed in fatti poco dopo fu Michael a finire al tappeto con un paio di costole incrinate, com’era prevedibile dato che si erano messi in cinque -escludendo Checkmate, Meat e le due ragazze- contro uno.

«adesso non fai più tanto lo spavaldo, eh yankee?!»

L’altro ebbe la sfacciataggine di sorridergli nonostante tutto. «in cinque contro uno è facile, e sei e sempre resterai un vaccaro beota che la prima donna che si è scopato è stata la mucca vicino a casa».

«io ti-»

Probabilmente fu solo lo squillo del cellulare a salvarlo dal finire all’ospedale o dal mettere da parte l’orgoglio e fare un fischio agli altri soldati.

«ah, Emerald, eccoti. Mi stavo preoccupando!»

«cosa, Hammy…»

Infatti per i ragazzi della Lega, ancora pronti alla rissa, sentire il nome della ragazza aveva rappresentato una sorta di calmante istantaneo. Infatti era proprio per lei che erano venuti su quella strada, con l’intento di chiedere notizie a Kevin visto che da ormai dodici giorni Hammy non si stava facendo sentire nemmeno con loro.

come mai?

«di solito quando dici “chiamo alla tal ora” sei precisa…» le fece notare Connors mentre si rialzava velocemente nonostante un po’di dolore al costato e rientrava in casa indietreggiando e facendo ai ragazzi un saluto sfrontato.

Chiuse la porta.

«beh…mi sa che ho capito perché Emerald non chiama più. Nel senso, se i minuti sono limitati e per parlare con suo padre e Kevin ne usa già più della metà, usando il resto per parlare con questo tizio non ne restano anche per noi» osservò Jeager, piuttosto…deluso.

«”vaccaro beota”…la prossima volta gli faccio ingoiare i denti» brontolò Terry mentre andavano tutti quanti via.

«si, la prossima volta però dovrai cercare di essere di nuovo insieme a noi considerando come ti ha atterrato» gli fece notare Dik Dik.

«ehi! Non so, ne vuoi un po’anche tu?!»

«MA VOLETE CALMARVI, MALEDIZIONE?!» urlò Meat «invece di stare a mettere su risse dovremmo cercare di capire che diavolo ci fa qui, perché di sicuro la sua presenza -e proprio nella stessa strada dove vive Kevin Mask- non può essere un caso!!!»

«Meat ha ragione. Dovremmo cercare di scoprire di più, ma a chi chiedere? Kevin e Warsman con noi non parlano volentieri, Emerald non telefona…» disse Chichi.

«magari potremmo cercare di scoprire qualcosa in un altro modo. Vi ricordate di quando Roxanne ci raccontava che Kevin era sempre a mangiare a casa sua? Tant’è vero che aveva perfino creduto che stesse dietro a sua madre?» ricordò loro Trixie, giudicando che ormai erano abbastanza lontani da non essere sentiti «magari Miss Mary potrebbe riuscire ad avvicinarlo e farsi dire che succede, e da lì verremmo a saperlo anche noi».

«buona idea!»

«giusto, è geniale» concordò Wally.

«forse questa è la via giusta, ottima idea sul serio!» esclamò Meat.

«…ma quindi Kevin stava dietro a Miss Mary?» se ne uscì Kid -che di tutto il discorso non aveva capito un cavolo- con aria estremamente stupida.

«NOOOOOOO-O!!!» gli urlarono tutti dandogli una potta in testa in simultanea.

«…e va bene, ho capito, non c’è bisogno di essere così cattivi con me!!!» piagnucolò il kinniku.

 

 

«a beh, giustamente appena litighiamo lei che fa? Chiama “Mikey”!» da soddisfatto Kevin era rapidamente passato ad essere schiumante di rabbia «e a questo punto ho anche capito chi ha chiamato in questi giorni al posto mio!!! Adesso è troppo, io vado lì e quel telefono glielo faccio mangiare!!!»

«bravo, così darai ad Emerald la conferma che sei proprio un iperpossessivo che fa scenate da psicopatico».

In preda alla rabbia l’inglese afferrò la prima cosa che gli finì tra le mani -un vasetto di coccio- e lo lanciò contro il muro rompendolo in mille pezzi, decidendo poi di fuggire di sopra nella propria stanza.

“sempre meglio che rischiare di finire impallinato” pensò il russo “e pur essendo vero che è troppo possessivo stavolta posso riuscire a capirlo un po’. Litigano ferocemente al punto che non si capisce più se stiano insieme o meno e lei nemmeno un minuto dopo che fa? Chiama proprio l’americano!”

Ad essere sincero anche lui provava una specie di irritazione al pensiero. Più che altro perché, di tutti, proprio a Michael Connors doveva chiamare?! Come se non avesse saputo benissimo cos’era quell’uomo!

Gli davano del mostro, ma pur essendo tutt’altro che santo lui non si sarebbe messo a torturare qualcuno per puro e semplice divertimento, con tanto di “Without Me” come sottofondo.

Eppure ad Emerald, pur sapendo questo e probabilmente anche altro, non sembrava importare. Aveva preso anche Connors così com’era, proprio come aveva fatto con lui stesso e con suo padre. A volte Flash non sapeva cosa pensare a riguardo, se considerarla mentalmente aperta o solo cieca di fronte al male. Forse era entrambe le cose, perché dire che fosse solo cieca di fronte al male avrebbe significato darle della stupida, e nonostante la chiamasse spesso in quel modo lui sapeva che Emerald non era proprio stupida. Pure se a volte ci si comportava. Ma a quale persona non capitava mai?

«più che il caffè oggi ci voleva la camomilla» mormorò.

 

 

«quindi avete litigato, eh?»

lascia perdere, ho un diavolo per capello e nemmeno tanta voglia di parlarne. Pensare che volevo fuggire di nuovo di qui tra tre giorni…

«perché?»

per cercare di parlare faccia a faccia con lui, ma a questo punto mi ha fatto passare tutta la voglia di vederlo. E anche per prendermi una pausa dal suo caro papà che ultimamente durante gli addestramenti sembra cercare di ammazzarmi. Come ieri, con quel bastone del cavolo. Certo, quando mi sono stufata ho staccato la base dal resto con un calcio e il “resto” in questione l’ho usato per fargli sputare le p-

«eddai miz, certe espressioni lasciale a me…»

“l’ ho abbattuto violentemente sui suoi testicoli” adducendo la scusa che -come prevedeva la sessione di addestramento- avrei voluto difendermi colpendolo in posti tipo l’addome, ma è che a volte sono ancora così imbranata…

«tuo padre l’aveva avvertito che ne avresti fatto carne trita se ci avesse provato, ma il padre dello stupid brat è stupido quanto il brat in questione!...comunque se hai proprio tanta voglia di staccare un po’ potremmo organizzarci ed andare da qualche parte io e te».

eh, giusto, why not? …magari per l’ultimo campeggio sotto le stelle della stagione. Tanto se parto a mezzanotte, per mezzanotte e mezzo sono lì.

Si accordarono così non pensando minimamente -nessuno dei due- che avrebbe potuto succedere qualsiasi cosa di diverso rispetto all’ultima volta che si erano visti. Solo che invece di guardare un horror avrebbero guardato le stelle.

Immemori -o meglio, anche qui, senza pensare- che era proprio in un’occasione simile a quella che a quindici anni Emerald aveva rivelato all’americano che era persa dietro a lui da quando di anni ne aveva sette, nonostante avesse avuto qualche altra storiellina di poco conto.

Non ci pensarono perché entrambi la ritenevano una faccenda ormai archiviata, lei ora era fidanzata e Michael continuava a pensare che un tipo come lui tutt’altro che pentito del sangue che aveva sulle mani non fosse l’ideale, per una ragazza come lei. Al di là dei tredici anni di differenza tra loro, dei quali non sarebbe importato a nessuno dei due.

«va bene allora, via, ci vediamo tra tre giorni a mezzanotte e mezzo e ce ne andiamo…mh…da quel che so dovrebbe esserci un bosco ad una mezz’ora da qui. Quello con lo stagno».

– eh! Ok, che come posto non è male per niente.

«bene…»

solo una cosa: porta le cicche perché col nervoso che ho addosso io necessito  di una sigaretta ed ho avuto la brillante idea di non portarmene dietro nemmeno mezza. E io che pensavo di essere riuscita a smettere del tutto…

«ma come, Robin Mask non ha nemmeno un sigaro?»

Breve silenzio dall’altra parte.

porco mondo, hai ragione! …di tutte le volte che sono stata nella sue stanza non ho mai guardato se aveva uno straccio di sigaro! E ma che tonta…

«non farti beccare…»

ma lascia perdere, che ormai è proprio guerra quassù, da dopo la sua conversazione con papà e soprattutto da quando ho scritto “spedisca su Nettuno pure questa adesso” sopra la sua bambola, dopo averla messa a cavalcioni su un vecchio manichino da allenamento.

«mffahahahahah a volta lasciatelo dire sei proprio una gran bastarda, miz».

E chiacchierarono finché i minuti che Hammy aveva a disposizione non finirono.

 

 

:: Londra ::

 

 

Per quanto Howard fosse un uomo che aveva sempre un milione di cose per la testa, non significava che in certi momenti di vita coniugale non riuscisse a metterle tutte quante da parte a favore della moglie. Soprattutto da dopo quei tre mesi di assenza più o meno ingiustificata per i quali si sentiva ancora in colpa esattamente come per quel colpo di pistola alla persona sbagliata.

Quello poi, l’avrebbe perseguitato vita natural durante anche se adesso era tornato tutto a posto.

Dunque questo lo portava, prima, durante e anche dopo, a dedicarsi mente corpo ed anima alla moglie ancor più di quanto facesse in precedenza, cosa che Janice aveva sempre ritenuto impossibile e che invece…

Da venticinque anni Janice, soprattutto in quelle occasioni, si era sempre sentita desiderata, amata, protetta, viziata e coccolata. Era stato così da quando lui l’aveva presa la sua prima volta in assoluto durante la prima notte di nozze, e niente era cambiato. Nemmeno quando era rimasta sterile a causa di una pericolosa infezione alle ovaie avuta dopo aver partorito Hammy. Infezione che lei aveva scioccamente sottovalutato, non curandosi come avrebbe dovuto.

Era vero che Howard da quando non sapevano ancora di che sesso sarebbe stato il nascituro non aveva fatto che dire -in barba al tramandare il cognome- “speriamo che sia femmina!”, venendo tra l’altro accontentato. Però le era dispiaciuto non potergli dare altri figli per colpa della propria imprudenza.

«sei pensierosa?»

«un po’» ammise lei, passando delicatamente il dito sul tatuaggio del simbolo cinese della forza che lui aveva sul fianco destro, appena sotto l’addome.

«probabilmente non riuscirò mai a farmi perdonare completamente da te per quel che è capitato» sospirò lui accarezzandole i morbidi capelli biondi «e come darti torto?»

«non ce l’ho con te» disse piano lei «è soltanto che io…vorrei sapere dove siete stati per quei tre mesi. Penso di averne il diritto. Howie» lo guardò «dovresti saperlo che non sono completamente idiota».

Lui la strinse di più a sé. «e infatti lo so. Non sei una sciocca. Solo che quando sei con le tue amiche perdi un po’ il controllo della lingua».

«però non mi metto a parlare di quel che mi racconti dei tuoi affari in giro per il mondo e la galassia».

Janice era pettegola. Molto pettegola. Inarrestabile ed imbattibile quando si trattava di sapere tutto di tutti in tutti i club e salotti dell’Inghilterra -cosa che spesso a dir la verità ad Howard aveva fatto anche comodo- e, si, quando era con le amiche spesso e volentieri tendeva a parlare un po'troppo.

Ma doveva anche riconoscerle che quel poco che le diceva dei propri affari solitamente non veniva riferito a nessuno.

Se non a sua madre e sua suocera.

Ecco, si, più che altro erano loro a non essere in grado di tenere la bocca chiusa nemmeno se gliel’avessero incollata col mastice.

«…o di questioni come quel patto».

Emerald tendeva a sottovalutare un po’sua madre, tanto da pensare che non fosse a conoscenza nemmeno di quella storia. Ma le cose non stavano esattamente così.

«Janice…»

«vorrei che ti fidassi di me come io di te».

Lungo momento di silenzio, senza però che le coccole si interrompessero insieme alle parole.

«come per quel patto. Non una parola a tua madre o alla mia».

Lei annuì. «dimmi tutto però. Oltre a quel che è successo in quel periodo voglio anche sapere perché Robin Mask è venuto qui giorni fa; l’ho sentito dire a Jordan giusto oggi pomeriggio».

«stesso discorso di sopra».

«giuro su quanto ho di più caro che non dirò una parola a nessuno. Ne sono in grado. Faticando, ma ne sono in grado».

Altro breve momento di silenzio.

«eravamo in una delle mie cliniche negli States. I medici sono riusciti a riparare i suoi tessuti danneggiati, ma avevano specificato che non sarebbero stati più forti come prima. E poi hanno proposto l’innesto di…naniti…che invece avrebbero potenziato tali tessuti. E lei ha scelto di sottoporsi all’intervento. A suo piacimento Emerald adesso può rendere la pelle del suo braccio destro molto più coriacea, e -ti faccio un esempio- potrebbe sfondare il muro con due o tre pugni» disse «l’unica pecca è che avere nei tessuti quei naniti la rende più sensibile alle scosse elettriche, ma tutto sommato non è un gran problema».

«e c’era bisogno di tutta questa segretezza?» Janice era un po’seccata «non è roba da poco ma non è neppure chissà cosa».

«è tecnologia considerata illegale, pur essendo perfettamente sicura».

«ma perché? Se ha questi effetti ed è davvero sicura come dici non vedo il problema».

Howard, sapendo che alla moglie non avrebbe dato fastidio, si accese un sigaro.

«il problema è che quei naniti semiorganici potrebbero mandare in rovina molte case farmaceutiche affiliate alla mia, visto che oltre a rinforzare i tessuti “mangiano” le cellule cancerogene».

«…sono una cura per il cancro?!...»

«una delle tante. Non credere che, anche qualche anno fa, i ricercatori di altre case farmaceutiche non abbiano trovato altre cure. È solo che non conviene loro metterle in commercio, tanto che se qualche notizia trapela smentiscono subito col dire “si, hanno detto che il farmaco X fa questo, ma in realtà la sua assunzione oltre a non risolvere il problema comporta conseguenze che bla, bla bla…”. Non sarà etico e non dico che mi piaccia, ma è così che funziona» finì in breve il sigaro «è un mondo spietato. Per questo evito di parlartene, preferendo dedicarmi a cose più piacevoli».

Già. Era un giro d’affari da miliardi di dollari, sterline e quant’altro. Incredibilmente redditizio, ma inadatto a chi non riusciva a capire che in quel giro non era contemplata alcuna morale.

«credo di capire» disse piano la donna «quindi adesso Hammy ha un braccio super potenziato».

«si».

«e riguardo a…Robin?»

«…ma devo proprio parlare anche di lui?» le chiese Mr. Lancaster col tono da “e dai, risparmiami!”.

«dato che siamo in tema di discorsi poco piacevoli…»

…e sui quali dopo quel che aveva sentito avrebbe decisamente tenuto la bocca chiusa con chiunque…

«te la faccio breve, Janice: pare che la compianta Alisa non sia poi così morta come Robin voleva far credere a tutti. Ma che sia su Nettuno insieme a nientemeno che Quarrelman, della serie “oltre al danno anche la beffa”…Janice, il discorso di prima vale anche per questo!» le ricordò vedendola sgranare gli occhi neri nella sua classica espressione da “o-mio-Dio devo subito dirlo a Helena, Katherine, Camilla, Nora e anche a Jasmine, ad Ernesta, Ermenegilda e famiglia…!”

«…oh, ma dai…anche di questo nemmeno una parolina?»

Howard sospirò. «non adesso, almeno. Anche se credo che tutta la faccenda verrà fuori a breve, visto che anche Hammy lo sa e al suo ritorno presumibilmente lo dirà a Kevin Mask».

«mh».

Di nuovo quell’espressione seccata sul viso di Janice.

«che hai, ora?» le chiese con dolcezza il marito.

«ho che se Emerald lo sa e tu lo sapevi probabilmente allora lo sa anche quel bifolco di Connors».

Questo fece alzare ad Howard gli occhi al cielo. «chiaro, visto che è lui che si trova a gestire diverse situazioni per conto mio e adesso nello specifico come sai si trova a Tokyo».

Anche Janice alzò gli occhi al cielo.

«io non capisco come possa piacerti al punto che…»

«ne abbiamo già parlato, non-»

«…se i suoi genitori non fossero stati ancora vivi, se non avessi voluto lasciare tutto ad Emerald ed io non fossi stata contraria l’avresti adottato tre anni dopo averlo preso nella security» lo guardò «e al punto che, non potendo fare questo, sono praticamente certa che tu speri che riesca ad entrare in famiglia per “vie traverse”. Ma perché? Eppure lo sai benissimo cos’è quell’uomo e cosa ha fatto».

“a dire il vero che cosa fa” la corresse mentalmente Howard.

«non sono vie poi così traverse. Ad Emerald lui è sempre piaciuto molto. E nell’antica Roma a volte si usava dare in spose le proprie figlie all’uomo migliore del proprio esercito…con la differenza che l’unica cosa che potrei “dare” io a qualcuno, qui, è la mia benedizione. Non spingerei Hammy a stare con lui, o lui a stare con lei, se non fosse quel che vogliono. Mi limiterei solo a dire “va bene”» disse «e se Emerald non fosse stata minorenne, allora, quel “va bene” l’avrei già detto cinque anni fa. Pur avendo fatto intuire al ragazzo che se tra qualche anno lei avesse manifestato ancora interesse…»

Non avrebbe saputo dire perché si fosse in un certo senso “affezionato” all’americano la prima volta che l’aveva visto in viso, quando il ragazzo aveva appena vent’anni e lui trentadue. Sapeva solo che era scattato qualcosa in lui che l’aveva portato vicino a considerarlo…una specie di figlio maschio che non aveva avuto? Mh, forse, o anche se non proprio quello comunque qualcuno che avrebbe gradito far entrare in famiglia. Quando poi aveva iniziato a piacere alla sua principessa, beh, era stato il colpo finale.

Non che fosse quello il motivo per il quale Connors era diventato suo uomo di fiducia, assolutamente no. Se era andata a finire così era stato per puro e semplice merito. Si era distinto per dedizione, lealtà, intelligenza, ed anche per la forza che non guastava mai.

«Howie, è un ex mercenario».

«chi è senza peccato scagli la prima pietra».

«è un arrogante senza scrupoli».

«errore. Se non è in missione non è completamente spietato, e inoltre di scrupoli se ne è fatto uno che è riuscito a colpirmi in modo particolare. Parlando di Emerald e di quel che lei gli disse cinque anni fa, se ne uscì col dire “se anche fosse stata maggiorenne non avrei mai potuto accontentare vostra figlia, signore. Merita di meglio. Un uomo come me, col mio passato, finirebbe solo a…sporcarla”. Disse così. Ed io ho pensato che se un cosiddetto “uomo senza scrupoli” dice qualcosa del genere di una persona, significa che a tale persona tiene molto. Il che è positivo, visto che la persona in questione è Hammy».

«ho capito. Ciò non toglie che adesso però lei sia impegnata con il figlio di Robin, il che significa che quell’interesse verso Connors è finito».

«con certe cose non si sa mai, Janice».

La donna si strinse nelle coperte. «con Kevin Mask però lei sembra fare sul serio».

«lo so, ma magari se Dio vuole…»

«…hai veramente chiesto l’aiuto della divina provvidenza?» allibì Janice «quel ragazzo allora proprio non ti piace».

«spero solo che Dio faccia quel che non posso né voglio fare io. Non mi metterò in mezzo ma non vuol dire che debba farmi piacere per forza Kevin Mask, da che mondo è mondo ognuno può avere tutte le simpatie e le antipatie che vuole».

«a me per esempio quel ragazzo non dispiace. Sarà che è della mia stessa opinione sui tedeschi. E poi, dopo quel che mi hai detto, mi ispira anche compassione poverino. Il padre gli ha mentito per tutta la vita dicendogli che sua madre è morta quando invece non lo è».

«questa però è colpa di Robin, non mia. In quella faccenda non c’entro assolutamente nient-agh! …perché l’hai fatto?» borbottò, dopo che sua moglie gli ebbe dato un debole pugno sul braccio.

«perché sei stato a letto con Alisa, tu».

«prima di conoscerti, però!» le ricordò lui «dopo averti vista tutte le altre hanno cessato di esistere, dovresti saperlo».

Janice incrociò le braccia con uno sguardo di rimprovero, un po’reale e molto no.

«però più di tre anni fa l’hai guardata, quella donna a Buenos Aires…»

«tu l’hai fissata ben più di quanto abbia fatto io: le hai tenuto gli occhi addosso tutto il tempo!».

«ero curiosa!» ribatté Janice «e poi è saltato fuori che era una motociclista, no?»

«appunto».

“a dire il vero pareva tutt’altro”.

Una sera, andati a cena in uno dei locali più “in” e costosi di Buenos Aires, ad un certo punto era entrata nella sala una bella donna insieme ad una sua -bella- amica. Niente di particolare, al mondo ce n’erano di donne molto belle ed eleganti, se non fosse stato per l’autentica aura di potere che emanava. E per lo sguardo in quegli occhi color ghiaccio, che lui conosceva bene perché era molto simile al proprio.

L’aveva guardata come tutti in quella stanza, distogliendo però definitivamente lo sguardo appena si era accorto che lei stava per ricambiare, ed era finita lì.

«però…resta il fatto che l’hai guardata».

Non riusciva a nascondere bene il sorrisetto invitante, Janice.

«se me lo permetti ti dimostrerò che sei l’unica donna che io desideri» disse dunque l’uomo «…di nuovo».

«dovrai metterci moltissimo impegno…»

 

 

:: tre giorni dopo -veramente quasi quattro- una del mattino ::

 

 

«che spettacolo però, eh?» disse Hammy, gli occhi rivolti verso il cielo.

A lei e Connors era andata bene. Non c’era una nuvola che fosse una, e in quel buio totale le stelle si vedevano una meraviglia, così come la sottile falce di luna crescente che si rifletteva nell’acqua dello stagno. Era un ambiente che sembrava quasi irreale, col silenzio che c’era; era l’ultima settimana di ottobre, e per quanto non fosse ancora troppo freddo da non poter campeggiare -uno dei pochi casi in cui il riscaldamento globale poteva tornare utile- lo era già abbastanza dal dissuadere i grilli dal mettersi a cantare.

«già…»

Avevano portato giusto un paio di coperte, considerando che Emerald per al massimo le quattro e mezza avrebbe dovuto essere di nuovo sul pianeta Ercole. Coperte, qualcosa da mangiare, la chitarra, le sigarette, una piccola lanterna di vetro di quelle con la candela dentro, un paio di torce…le pistole…e poi basta.

«che hai?» chiese Hammy al soldato vedendolo un po’pensieroso.

«è che in altre zone quando c’era un silenzio del genere era un segnaccio».

«a beh, giusto» Emerald si distese su una delle due coperte, accendendo la lanternina di vetro con l’accendino. Anche l’americano le si distese accanto.

«quella» indicò la stella polare «una volta mi ha guidato fino al campo base. Dopo un assalto ero stato lasciato indietro, e non avevo niente con me se non un paio di coltelli ed una pistola silenziata. Niente bussola, niente radar. Non avevo nemmeno l’acqua, pensa un po’. Seguendo quella però, alla fine, ce l’ho fatta. Anche se ho dovuto far fuori un po’di gente lungo la via».

«o loro o tu».

Breve pausa di silenzio durante la quale l’americano si voltò verso di lei.

«ogni volta che ci penso mi sembra incredibile».

«che cosa?»

«che pur sapendo quel che ho fatto, e che faccio, tu…insomma guardaci. Siamo qui soli, al buio, e credo che nessuno sappia dove sei e con chi. Io sono un ex mercenario. Eppure tu ti fidi».

«ci conosciamo da tredici anni Mikey, se non mi fidassi di te non potrei fidarmi di nessuno» replicò lei tranquillamente, guardandolo seria «ti conosco da molto più tempo di quanto conosca Kevin».

«eh, a proposito, novità con il little brat?»

Hammy scosse la testa. «no. Non l’ho nemmeno richiamato, non avevo voglia di litigarci un’altra volta. Porco mondo però, prima andava tutto bene…a parte la sua iperpossessività…e adesso come ci sentiamo per più di dieci secondi finiamo a mangiarci la faccia a vicenda» sospirò «ha perfino detto che non sa se riesce a portare avanti la nostra storia. E suo padre gli ha pure offerto di ridargli l’eredità, se mi mollasse».

«aah, ecco spiegato il motivo allora. Damn’ stupid brat».

«non è per quello, è che dice che io sono troppo attaccata a mio padre, che non vuole intorno te e gli altri, che sto  troppo con gli altri ragazzi…bla, bla, bla…» alzò gli occhi al cielo «capisci adesso?»

«ma che ci stai a fare? Meriti di meglio. Già…anche meglio di quel brat. Per nobile e sant’uomo che sia…»

«sant’uomo! Ma dove? Stava con i D.m.P., il cielo solo sa che cos’ha combinato in quel periodo!»

«ah davvero…»

Pareva proprio che ad Hammy piacessero i cattivi ragazzi, allora, se anche il moccioso aveva un pessimo passato alle spalle.

Solo che per Kevin il passato era passato.

Per lui, il passato in un certo senso era ancora il presente.

Si accesero entrambi una sigaretta.

«tu invece che mi racconti?»

«riguardo a cosa?»

«alle signore».

La domanda fece sorridere sfacciatamente l’americano. «come vuoi che vada, alla grande» disse, accarezzando i petali del fiore che le aveva messo tra i capelli prima «anche se nessuna è come la mia miz preferita».

Lei era arrossita, ma al buio non si vedeva. «quel “miz” tu proprio non riesci a levartelo eh?»

«scherzi? È uno dei miei tratti distintivi» il sorrisetto si allargò «miz».

Lei sbuffò e scosse la testa alzando gli occhi al cielo. «mi sa che dopo tredici anni non c’è speranza, è una di quelle cose che non cambieranno mai. Come il tuo repertorio di canzoni da suonare alla chitarra, più o meno».

«stavolta non posso darti ragione perché si da il caso che stia lavorando alla numero quattro» la corresse l’americano prendendo la chitarra «e con questa prevedo tante acchiappate».

«come se fossero già poche, seh…comunque…» si mise a gambe incrociate «di che si tratta? “Besame Mucho”, similia?»

«a dire il vero no».

Qualche secondo di silenzio e poi iniziò a suonare le prime note.

«ah…è Can’t help falling in love» disse piano Hammy.

«eh si…è proprio quella».

L’unico suono a parte quello della chitarra era quello della brezza tra i fili d’erba.

« wise men say only fools rush in…»

No, non era Il Re, però se la cavava. Fece per continuare, quando…

« …but I can’t help falling in love with you…»

Emerald l’aveva preceduto, rivelando che anche lei “se la cavava”.

Il soldato le diede una breve occhiata, fece un sorrisetto, e continuò.

« shall I say would it be a sin…?»

Eh.

Parole che stavano iniziando a farlo riflettere, mentre la guardava.

Che gli piacesse non era un mistero. Avrebbe dovuto davvero dire che era peccato, questo?...si, si, lo era, per tutti i motivi a cui aveva pensato spesso.

« if I can’t help falling in love with you…»

Emerald si diceva che due amici di vecchia data potevano cantare insieme. Che c’era di male? non era chissà quale peccato, tutt’altro.

Evidentemente però il suo viso era di opinione diversa, visto di che colore erano diventate le guance -e ringraziò che fosse buio-.

« Like a river flows surely to the sea, darling so it goes, some things… are meant to be…»

Come un fiume scorre sicuramente nel mare, anche altre cose Dovevano Essere.

C’erano cose contro le quali non si poteva combattere.

Contro le quali forse nessuno scrupolo poteva niente.

Però non erano giuste.

«take my hand…»

Forse era solo perché influenzata dalle parole della canzone Emerald che avrebbe voluto…seguirle, appunto. Che in un brutto momento come quello ci fosse qualcuno a tenerla per mano e che, di certo, non poteva essere Kevin visto che era lui stesso causa del “brutto momento” in questione.

«take my whole life too…»

Non era forse quel che faceva quella ragazza?

Prendere lui e la sua intera vita esattamente così com’erano?

Non le aveva mai nascosto cos’era, lei sapeva cosa faceva e cos’aveva fatto, e lui non aveva mai mentito parlando di pentimenti che non c’erano stati.

Eppure Emerald era lì.

« for I can’t help falling in love with you…»

Era successa una cosa analoga in passato, pur ricordandola in ogni dettaglio non l’aveva richiamata alla mente. Era successo verso le otto di sera, nella tenuta, accanto alla sorgente. Lui le aveva mostrato la sua “strategia acchiappa signore”…ed era stato allora che lei gli aveva rivelato la sua cotta per lui.

“cotta”…dai sette ai quindici anni! Era una cotta bella grossa.

E lui le aveva detto che non era il caso. Non con lei a quell’età, non lei che era la figlia del capo, non lui che “era quello sbagliato”.

E lei aveva capito. Ma le era sembrato come se a lui fosse dispiaciuto un po’ doverle dire di no.

« Like a river flows surely to the sea, darling so it goes, some things are meant to be…»

Si…si, era vero, non c’erano parole più vere di quelle in quel momento. Alcune cose semplicemente andavano così come dovevano andare, al di là del giusto, dello sbagliato, degli scrupoli, del meritarsele o meno. Non potevano essere evitate, succedevano e basta, come se fossero state scritte nel DNA, o fosse semplicemente destino.

«take my hand…»

E l’americano l’aveva presa, la sua mano.

«take my  whole life too…»

“e…la prenderò…” pensò Emerald. Un pensiero che andava al di là del raziocinio, della giustizia, degli impegni, di Kevin!

Si stavano guardando adesso, occhi neri persi in occhi smeraldini e viceversa.

« For I can’t help… falling…» le dita  di Connors avevano smesso di muoversi sulle corde, ma lei continuò a cantare. Esitante, ma continuò «…in love…with…»

Si interruppe. Ma quanto accidenti erano arrivati vicini?...

«you» concluse piano lui.

E nessuno dei due avrebbe saputo dire chi avesse iniziato, chi fosse stato ad avvicinarsi per primo, sapevano sono che i loro visi, le loro labbra, avevano finito per incontrarsi, le loro lingue ad intrecciarsi, i loro corpi ad abbracciarsi e…

E com’era iniziato poi era improvvisamente finito, con quel bacio.

Entrambi, staccatisi, si guardarono come a dire “ma che diavolo ho fatto?!”

“non posso. Non…posso. Lei merita di più. La cosa non è…fattibile”.

“…cazzo… ma teoricamente sarei fidanzata, io”.

Continuarono a guardarsi per un po’.

«ah…beh…a quanto pare la canzone funziona, Mikey» commentò la ragazza massaggiandosi la nuca.

«…pare proprio di si. Ma d’altra parte l’avevo detto che acchiappava. E non dico mica stupidaggini, io».

Breve pausa di silenzio.

«tu non hai fame?»

«non molta. Sei tu la mangiona qui, miz Lancaster, ma per fortuna ho abbondato con le scorte…»

Sembravano aver stipulato il tacito accordo di ignorare quanto era appena accaduto.

Però…era accaduto.

Se era accaduto, un motivo c’era.

E c’era anche chi aveva visto.

 

 

«ma secondo voi che dovremmo fare?» disse piano Trixie.

«non so voi ma io l’ambasciator che porta pena non lo faccio» disse subito Kid «a Kevin non dico una parola, non ci tengo a farmi picchiare!!!»

«però quel che abbiamo visto…l’abbiamo visto!» disse Wally.

«Hammy con quello yankee! Assurdo!» Terry scosse la testa «credevo che lo amasse, a Kevin, e il fatto che non è la persona più simpatica del mondo in questo caso non c’entra…»

«si, ma non possiamo nemmeno arrivare ed aprire bocca senza sapere bene come stanno le cose. Emerald non mi è mai sembrata tipo da tradire, se è qui con l’americano ed è successo quel che è successo ci dev’essere sotto dell’altro. Già solo il fatto che sia qui mentre dovrebbe essere alla Scuola di Ercole non è normale» disse Jeager «no, su: prima cerchiamo di sapere qualcosa di più, poi se mai…vedremo se è il caso di…» sbuffò «io comunque a Mask non lo dico sicuro. Non per paura, ma perché non mi riguarda. E mi viene da dire che se lei ha fatto così un motivo ci sarà».

Meat era il più sconvolto di tutti. Ma quella ragazza non riusciva a stare fuori dai casini nemmeno per una volta?!

Le cose su cui far luce aumentavano sempre di più, e fino a quel momento non gli era riuscito di ottenere una risposta che fosse una.

“oh, ragazzi…”

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Capitolo 11
*** Tratti di famiglia ***


«…non è posto per te questo, tu dovresti stare da tutt’altra parte! Sei impudente, svergognata, e non riesci a fare bene niente di quel che ti dico di fare!!!»

«mi scusi ma non mi pare giusto» si intromise Fiona «Emerald ha fatto esattamente ciò che le ha detto di fare e come le ha detto di farlo; ha dato quei calci ai manichini infuocati esattamente come li ha dati lei».

«ma veramente li ha dati molto meglio, i suoi parevano gli ultimi spasmi di un oritteropo in agonia» commentò Kirika con un gran ghigno.

«ottimo, ecco chi è che rimetterà in ordine le carte di quegli scatoloni in magazzino dopo aver saltato la cena, visto che questo commento le vale tre ore di allenamento in più» disse freddo Robin Mask alla demonessa.

«nei magazzini? Attenta Kirika, gira voce che nei magazzini giri il fantasma di una bambola in silicone gettata via rea di aver tradito il padrone col primo manichino che passava» la avvertì Emerald con tono serio ed un luccichio estremamente divertito negli occhi «anche se per come la penso non si può dare tutta la colpa alla bambola. Magari il padrone la trascurava troppo. C’è gente che non impara mai dai propri errori…»

Man mano che i giorni passavano -e ormai era trascorso un mese e mezzo da che le ragazze ed Emerald erano lì- Robin Mask non aveva faticato a rendersi conto del perché il suo ex allievo Warsman durante l’incontro di finale avesse dato prova di detestarla tanto arrivando quasi a litigare con lei in pubblico.

Emerald Janice Verbena Phoebe Lancaster era seconda solo a suo padre nella lista di persone che Robin proprio odiava. Era…si, era quello che lui si trovava a dirle praticamente di continuo, impudente, sfacciata, svergognata, una sconcia provocatrice ed ultimo ma non per importanza una stronza di prima categoria, almeno con lui.

E poco gli interessava se a Ramenman invece dava retta senza sollevare mai alcuna obiezione e mancargli di rispetto nemmeno per sbaglio; c’era stata qualche battuta sfacciata anche con gli altri istruttori, ma non con l’orientale, nonostante questo fosse tra i più severi e spietati di loro. No, la ragazza non gli obbediva per quel motivo, altrimenti avrebbe chinato la testa anche con lui, invece di dichiarargli guerra.

E poco sembrava importarle dell’immensa fatica che doveva rappresentare per lei subire continue punizioni, delle ferite riportate -perché qualcuna ovviamente ne capitava anche a lei non essendo Wonder Woman- dei pasti saltati, di tutto; l’unica cosa che le interessava era semplicemente dargli addosso e far si che i suoi colleghi continuassero a trattarlo come una specie di “sorvegliato speciale”, nonché a credere che stava diventando una specie di animale come avevano iniziato a pensare quella volta che Ramenman l’aveva visto aggredirla.

Gli era capitato di ripensare a quell’occasione rendendosi conto che nemmeno lui sapeva cos’avrebbe voluto farle di preciso.

Ma anche adesso guardando quel sorrisetto arrogante preciso identico a quello del padre provava la stessa identica sensazione, accompagnata da una voce dentro di lui che man mano si faceva sentire sempre più forte e che gli urlava “la vendetta verso il padre passa attraverso la figlia, spezzala, riducila un’ombra di quel che è, poi Howard potrà fare quel che gli pare, potrà avere tutto il potere che vuole, ma la sua amata figliola non tornerà mai più come prima”.

Robin Mask si riteneva ancora un uomo migliore di quel che quella voce lo avrebbe spinto a fare. Ma da dopo aver saputo che per l’ennesima volta i Lancaster si erano immischiati nella sua vita, e che probabilmente ben presto avrebbe dovuto affrontare chissà quali problemi a causa della faccenda di Alisa-morta-ma-non-proprio, gli stava diventando sempre più arduo mettere a tacere quelle urla che invocavano a gran voce la vendetta.

Da anni ormai i Lancaster stavano contribuendo alla propensione di Robin di fare terra bruciata attorno a sé.

Persa Alisa, perso Kevin…in quel caso nonostante Robin si ostinasse a dare la colpa a terzi, la causa era stato lui stesso e lui soltanto…perso Warsman a causa di Howard e di quella caccia, che l’avevano privato per anni dell’unico vero amico che gli era rimasto. Non che dopo quella discussione che lui e il russo avevano avuto mesi fa sul diseredo di Kevin le cose fossero migliorate.

Perso Howard stesso…e dire che per quattordici anni -quattordici!- lo aveva considerato uno dei pochissimi amici mai avuti.
Forse era anche per quello che lo odiava tanto, adesso, ancora deluso ed infuriato per quel suo voltafaccia ed il rifiuto di stare ai patti dopo avergli restituito con gli interessi quella somma di denaro della quale a lui, Robin, non avrebbe nemmeno importato niente.
Robin allora avrebbe solo voluto che le loro due famiglie si unissero attraverso i loro figli, che c’era di sbagliato?
Howard era stato, appunto, nella lista dei grandi amici. Se non forse il più grande amico, perché il loro rapporto era sempre stato privo di quella sorta di subordinazione maestro/allievo che c’era stato tra lui e Warsman in favore di qualcosa di più informale, paritario, più “caldo”.

Tanto da invitarsi vicendevolmente nelle rispettive tenute un giorno si e quell’altro pure.

Tanto da aver fatto da testimone di nozze ad Howard.

Tanto che, e né Emerald né Kevin lo sapevano, si erano scelti l’un l’altro come padrini dei loro figli. E che quindi Kevin era il figlioccio di Howard, ed Emerald -ironia della sorte- la sua.

Ed era proprio la sua figlioccia che a breve, rimanendo in tema di perdite, se non fosse riuscito a fermarla in qualche modo gli avrebbe fatto perdere la faccia rivelando alla galassia intera che aveva spedito Alisa, che l’aveva tradito, su Nettuno dicendo a tutti che era morta.

Che scherzi, a volte, il destino!

«perché fa quella faccia Mr. Mask? Si comporta come se quel che ho detto riguardasse proprio lei!»

L’inglese guardò le altre ragazze. «lasciateci un minuto da soli» fu una lunga occhiata «…non c’è bisogno di avvertire nessuno».

Le altre però non avevano la minima intenzione di lasciarla lì con lui da sola. Non erano delle sciocche, e sapevano benissimo che quei due erano in guerra. Che rimanesse da sola con Robin Mask era fuori discussione, lui avrebbe potuto farle qualunque cosa -o così pensavano!- anche in un singolo minuto avrebbe potuto succedere una tragedia.

«non dovrebbero esserci tutti questi segreti» disse Jacqueline «e non vedo che problemi possa avere a parlare anche davanti a noi».

«sono questioni strettamente personali» disse l’inglese con una rabbia gelida nella voce.

«parla di questioni strettamente personali con un’allieva?» si intromise anche Anubi Crea «da quando si usa?»

«da quando è necessario» ribatté Robin «avete dieci secondi per allontanarvi, o finirete tutte quante in punizione con Kirika».

«per una punizione non è mai morto nessuno» spallucciò la suddetta.

«dieci».

«…le piacciono ancora i countdown?»

L’ennesima provocazione della giovane Lancaster lo fece smettere di contare subito dopo avere iniziato.

«voi cinque andate».

«così che lei possa fare chissà che indisturbato?» Roxanne aveva incrociato le braccia con aria testarda «ma anche n-»

«Ro’. Andate».

Le ragazze volevano rimanere lì per evitare il peggio, ma Hammy aveva l’aria di chi non vedeva l’ora che questo “peggio” accadesse.

Beh. “Hammy”. Con tutto quel che era successo negli ultimi mesi, ormai era Emerald J.V.P. Lancaster che si vedeva di più; così come suo padre dall’ “Howie” che tutta la sua enorme famiglia -nonché amici e collaboratori meno stretti- conoscevano passava ad essere l’Howard H.R.J. Lancaster che, invece, conoscevano Robin Mask ed i membri più anziani della Lega.

Da una parte c’erano un uomo ed una ragazza in grado di essere assolutamente amabili, gentili, piacevoli da frequentare; dall’altra, un uomo ed una ragazza che erano…oh, erano tante cose, ma tutte quelle definizioni erano riassumibili in un semplice e breve “pericolosi”.

«ma sei-»

«e come no?» fece loro l’occhiolino «tranquille. Noi sei ci vediamo tra poco».

Guardò Robin, che comprese il sottinteso.

“noi sei si. Ma lei, Mr. Mask, chissà?”

«convinta convinta?» le chiese ancora Fiona. Emerald annuì.

«in fondo è solo un minutino».

Dopo essersi guardate le ragazze alla fine si allontanarono.

«…ma sarà stata la scelta giusta?» disse Roxanne per prima.

«secondo me no, ma lui diceva andate, lei ha ribadito andate…» Crea scosse la testa «mh».

«guardate che facendo un bilancio al di là delle punizioni fino ad ora è stata sempre Emerald a dargliele e lui a prenderle» fece notare loro Kirika che tra tutte era quella meno preoccupata. Forse perché era anche quella che aveva capito un po’di più com’era la sua compagna di stanza, anche meglio della rossa e la due codini che pure la conoscevano da più tempo «per dire, ormai la capacità di andare a puttane Robbie l’ha persa con tutte le botte che tra una scusa e l’altra Emerald gli ha dato in quel posto».

«ma non faceva apposta, erano errori dettati dall’inesperienza…» disse Anubi Crea, facendo alzare gli occhi al cielo a Fiona che era un’altra di quelle che aveva capito un po’di più come stavano le cose. E non perché conosceva i retroscena dai racconti di Roxanne, ormai quelli li sapevano tutte perché erano stati raccontati loro da Emerald stessa quando glieli avevano chiesti.

«inesperienza, ma per piacere, si è visto dai primi allenamenti che quella ragazza è tante cose ma inesperta no. Quindi quei colpi non erano dovuti all’imbranataggine, ma alla voglia di castrarlo!»

«se non altro lascerà in pace quella povera bambola» commentò Jacqueline con una risatina. Anche la storia della bambola era un’altra che si era diffusa tra le ragazze.

«nooo, la bambola l’ha buttata nell’inceneritore dopo che Emerald ha fatto si che lei lo tradisse con un manichino. Abbiamo le foto del rapporto adulterino» disse Kirika cercando di non scoppiare a ridere «nonché di Robbie che butta la bambola nell’inceneritore. O che ci prova, perlomeno: l’ha buttata lì e se n’è andato subito dopo, quindi la Lancaster ha fatto in tempo a recuperarla. Un po’disciolta, con i capelli bruciati e le gambe mancanti ma è ancora “viva”. E da quanto ho capito stasera gliela voleva mettere nel letto…»

«ma dai, ma che schifo!» esclamò Roxanne con aria del tutto disgustata.

«ma a parte tutto fa anche schifo perché lui in quella bambola ci ha-» avviò a dire Jacqueline, interrotta dalla demonessa.

«no rossa, abbiamo trovato dei preservativi vicino».

«…ma che senso ha fare sesso protetto con una bambola?» allibì Crea.

«essendo un vecchio rincoglionito avrà avuto paura che restasse incinta!»

«…ma daaaai…» Fiona si mise entrambe le mani sulla faccia e scosse la testa «questa è un’idiozia! E tu ed Emerald state esagerando, primo, e comunque, secondo, sono affari di Robin Mask che se ha piacere di accoppiarsi con le sex dolls ha tutto il diritto di farlo!» disse «e così facendo tu ed Emerald passerete dall’avere una specie di ragione…o meglio, lei passerà dall’avere una specie di ragione ad avere torto marcio, per come si sta accanendo su di lui».

«è Robin Mask che l’ha fatta venire qui solo per “accanirsi” per dirla come hai detto tu, per come la penso quel che fa Emerald si chiama pan per pariglia, e serve a far capire a quel vecchio scemo che romperle non è una buona idea» sentenziò la demonessa «ha tutta la mia approvazione, è così che si usa fare nel pianeta dei demoni: tagli una mano? ti viene tagliata una mano. Uccidi? Vieni ammazzato. Rubi? Ti viene preso il corrispettivo di quel che hai rubato. Dai il tormento a qualcuno? qualcuno ti farà dannare il doppio. Jzkely nòvhenhr».

«…eh?» fece perplessa Roxanne, che non aveva capito le ultime due parole.

«“giustizia è fatta”» tradusse Crea con un sospiro «concetto che ho già sentito quando a rompere le scatole a Mr. Mask eri tu da sola, Kirika».

«l’ho detto allora e lo ribadisco adesso, che tanto è sempre corretto».

«e che a casa mia comunque si chiama “legge del taglione”» borbottò Fiona.

«ohé! Ad ogni posto le sue usanze!» ribatté Kirika.

«dopo Emerald dovrà raccontarci per filo e per segno com’è andata» disse Jacqueline.

 

 

«di che cos’è che ha tanta voglia di parlarmi Mr. Mask?»

«del fatto che tu la devi smettere».

«non posso smettere a comando di trovarla una persona schifosa, mi dispiace».

No che non le dispiaceva, invece, perché da quando l’aveva rivisto quella volta a Londra lei Robin Mask aveva iniziato proprio ad odiarlo senza scampo. E non era lo stesso odio che provava verso Warsman, era qualcosa di molto diverso. Anche qui c’era da dire che si divertiva a provocare in tutti i sensi, ma se verso il suo Nemico Numero Uno c’era una specie di attaccamento che l’aveva perfino portata a fuggire dalla Scuola pur di vederlo e fargli gli auguri, le sensazioni percepite verso Robin Mask erano ben diverse.

Con lui non avrebbe mai ballato il tango.

Con lui, massimo che avrebbe fatto, sarebbe stato rompergli tutte le ossa a suon di destri -impiegando anche poco tempo- o buttarlo giù nel fossato pieno di coccodrilli dopo averlo addormentato con un sedativo per ippopotami. O ancora provocarlo come faceva con quella tutina spingendolo a ripetere la stessa scenetta accaduta in classe un bel po’di tempo prima, e farlo cacciare così dalla Scuola.

«…e adesso mi raccomando, ripeta di muovo la solita manfrina: sei una svergognata meretrice e sei bastarda quanto tuo padre. Bla. Bla. Bla. Come se me ne fregasse qualcosa» lo guardò «lei per me è solo un moscerino che ha deciso di spiaccicarsi sul parabrezza della mia vita, così come lo è per mio padre, sempre che lui la consideri un moscerino e non un acaro che è ancora più insignificante».

«lascia che ti dica un paio di cosette su quel mostro intrigante pazzo profanatore di tombe di tuo padre» avviò a dire lui in una specie di ringhio «lui-»

«dopo quel che ha fatto a Kevin non ha diritto di parola».

“Kevin…”

L’aveva richiamato solo una volta in tutto quel periodo dicendo di volersi prendere una pausa di riflessione. Un po’per i litigi continui e un po’…beh…probabilmente non aveva significato niente ma…

“ma se non avesse significato proprio niente-niente Mikey non ne avrebbe parlato a mio padre come fece anche quasi cinque anni fa” pensò.

E per l’appunto era con suo padre ed il suddetto “Mikey” che aveva parlato in quel periodo. Tra una cosa ed un’altra si era perfino dimenticata di chiamare i suoi amici, anche se farlo probabilmente le avrebbe fatto bene.

«avevo dei validissimi motivi per non volere più in casa una persona che mi ha pugnalato alle spalle. Non che la cosa ti riguardi».

«posso capire il non volerla più in casa ma nascondere tutto a suo figlio?! Sua moglie gli ha scritto tutte le settimane, e nonostante Kevin per ovvie ragioni non abbia potuto risponderle lei ha continuato, quindi significa che a lui tiene!»

«non ci teneva poi così tanto se non ha esitato ad andarsene su Nettuno con-»

«è lei che li ha spediti lassù!»

«non avrebbe dovuto tradirmi, se l’è voluta!»

«se lei fa schifo come uomo e come marito nonché come padre, amico e quant’altro la colpa non è della sua ex moglie, right?»

Va’ a capire perché, Robin Mask decise di aggiungere qualcosa alla tirata della ragazza. «ti faccio schifo anche come padrino?»

Ah.

Era riuscito a zittirla.

«…prego?» lo guardò con un sopracciglio sollevato «lei sarebbe il mio padrino di battesimo?»

Lui annuì.

«altro validissimo motivo per farmi sbattezzare appena torno giù, tra questo e il fatto che credo in Dio tanto quanto credo che lei sia intelligente ed abbia ancora qualche colpo in canna» portò la mano chiuse a pugno vicina al proprio inguine imitando il rumore e il gesto di quando -per l’appunto- si mette il colpo in canna al fucile e poi il rumore dello sparo «pa-pam!...ossia per niente!»

E va bene, quando era troppo era troppo concluse Robin Mask a cui negli ultimi tempi per colpa dei Lancaster stava capitando sempre più spesso di perdere il controllo in maniera quasi totale, cercando di aggredire la ragazza che però gli scivolò letteralmente via dalla presa.

«tu, viscida meretrice!!!» arrivò quasi ad urlarle contro «tu, figlia d’un cane che è figlio d’un cane!!!»

«o, e alla fine basta» concluse Emerald abbassandosi quando lui fece per acchiapparla di nuovo e colpendolo alla gola col suo destro micidiale con tanta forza da farlo sollevare da terra e ricadere con un gran tonfo.

Ma non le bastava, perché una volta atterrato non tardò a sfilargli la maschera dal volto. Non solo per spregio, ma anche perché pur avendo modo di rompergli i denti anche colpendo e rompendo l’elmo di ferro se non l’avesse avuto indosso sarebbe stato senz’altro più facile…e giustificabile. Un conto era rompere i denti a qualcuno così, un altro farlo sfondando una maschera che tutti i più grandi lottatori del passato erano massimo riusciti a tagliare un po’. Quindi gli tolse l’elmo…

“…”

Rimanendo per qualche istante lì ferma a guardare, sorpresa da quando padre e figlio si somigliassero in molti tratti del volto.

Un’esitazione che le costò un colpo in pieno ventre, e che permise all’avversario di ribaltare la situazione facendola finire schiena a terra e lui addosso.

«adesso le paghi tutte. E attraverso te la pagherà anche tuo padre!...non c’è nessuno in arrivo, siamo solo io e te».

Il colpo di prima le aveva fatto male, ma non abbastanza da impedirle di reagire, scherziamo?...tanto che ebbe addirittura l’ardire di fargli un sorrisetto, calciando l’elmo via dell’inglese e facendolo finire giù dalla rupe.

«sarebbe stato meglio per lei se qualcuno in arrivo ci fosse stato» replicò subito dopo, liberando facilmente il braccio destro dalla sua presa ed andando ad afferrargli il collo con una forza che ovviamente Robin Mask non si aspettava. Sentiva mancargli il respiro, lasciò perdere la presa sulla ragazza  cercando inutilmente di staccare la mano di lei dal proprio collo senza riuscirci, e lei finì a rialzarsi in piedi sempre tenendolo il quel modo. E sollevato da terra.

Una ragazza di un metro e sessanta pesante adesso cinquanta chili -grazie ai muscoli più robusti che comunque non si notavano: la sola cosa che si vedeva era che Emerald ora era diventata ancora più soda e tonica di prima che non era un male- che teneva sollevato un tizio alto quasi due metri e pesante più del doppio di lei.

Emerald si avvicinò al bordo della rupe dalla quale aveva fatto cadere l’elmo.

«è perché somiglia a suo figlio che ho esitato, sa. Non per altro. Senta, facciamo che dopo oggi la storia finisce qui, perché non vorrei essere costretta a fare qualcosa di peggio di quanto farò a breve» lo fece penzolare giù «lei è un chojiin, sopravviverà tranquillamente alla caduta. È solo per farle capire una volta per tutte che io non voglio rotture. Lei non scartavetra le palle a me, io non le scartavetro a lei. That’s it» i loro sguardi si incrociarono «se mi dà retta non avrà altri incidenti come questo. Perché per questo lo farò passare: un incidente. Dirò che sono stata aggredita di nuovo. Ed è la pura verità, perché è lei che l’ha fatto per primo. E che nella colluttazione lei è finito giù. Sarò io stessa a chiamare aiuto, tanto per non far venire a qualcuno il dubbio che possa essere andata diversamente. Nonostante pensi che ce ne sarebbe neppure bisogno in verità. Una ragazza piccola e magrolina come me che solleva una bestia come lei…chi mai ci crederebbe, mi domando».

Rieccola Emerald J.V.P. Lancaster, la stessa ragazza che aveva distrutto casa di Kevin insieme a Flash quando avevano tentato di uccidersi a vicenda.

«t-tu mal-ed…etta p-…»

«le ultime due cose prima di lasciarla andare, e le tenga bene a mente» lo interruppe lei «la prima: avrei preferito non arrivare a questo punto perché Kevin per qualche motivo le vuole ancora bene. Ma, per l’appunto, entrambi sappiamo che si riprenderà molto in fretta. La seconda, e l’ascolti bene perché è la più importante…» tese di più il braccio «se sua moglie ha preso in bocca più palle di Pacman non è né colpa mia né di mio padre, ma solo ed esclusivamente sua, Mr. Mask».

E detto questo lo lasciò cadere giù a raggiungere il suo elmo, per poi indietreggiare. E trovarsi a scuotere la testa con aria quasi dispiaciuta.

Lo odiava ma, per l’appunto, era sempre il padre di Kevin. Anche se al momento le cose andavano tanto male da aver voluto una pausa di riflessione.

E adesso doveva decisamente correre fin dentro la Scuola con aria più preoccupata e spaventata possibile.

 

 

:: dopo ::

 

 

«…vi giuro che io non volevo! Era…eravamo vicini alla rupe, lui mi è saltato addosso ed io cercando di respingerlo ho…noi...ci siamo mossi e…e è finito giù!» era almeno la quinta volta che ripeteva la storia «ma vi giuro che non ho fatto apposta, io ho solo cercato di difendermi!» si prese la testa tra le mani «non volevo…!»

«le altre ragazze hanno già confermato che quando Robin ha voluto che foste lasciati soli sembrava “furioso”-Roxanne Nikaido- e che “non mi stupisce affatto sapere che l’ha aggredita, sembrava che volesse fare proprio quello fin da subito” -Jacqueline MacMadd ed Anubi Crea- nonché “era successo già una volta credo, ma lei come anche in questo caso sembra aver voluto dargli un minimo di fiducia” - ancora Roxanne Nikaido- oltre al fatto che “è vero che di battutine Emerald qualcuna ne fa, ma lo sapete tutti credo; solo che Robin Mask se la prendeva con lei per ogni minima cosa, aveva eseguito un esercizio perfettamente e tanto lui ha detto che non andava bene dandole anche della svergognata indecente ed incapace” -Fiona- e che dunque…» Jesse Maivia tossicchiò «“meritava di peggio che finire giù dalla rupe quel vecchio rompicoglioni che non è altro” -Kirika, ovviamente» concluse «testimonianze che collimano con quanto hai raccontato. Anche se francamente non vedo come potrebbe essere andata in qualsiasi altro modo».

Non c’era solo Jesse Maivia lì nella sala insegnanti, però: c’era tutto il corpo docente al completo, più Vance MacMadd che si mangiava continuamente le unghie terrorizzato che la ragazza facesse parola di quell’aggressione col padre. Una gliene aveva fatta passare, ma questa seconda? Beh, di certo dopo quella avrebbe dovuto prendere dei serissimi provvedimenti.

«roba da pazzi!...no, no; farò qualcosa che avrei dovuto fare già tempo fa quando ho saputo della prima aggressione» disse Vance «dopo quanto è accaduto è chiaro che Robin Mask non può più…»

«non lo starà cacciando via dalla Scuola vero?! No!» Buffaloman batté i pugni contro il tavolo, rischiando quasi di romperlo «non se ne parla, Robin Mask è un elemento troppo valido, e non si era mai comportato in questo modo prima dell’arrivo di questa ragazza!» esclamò indicando Emerald, alla quale venne la tentazione di uscirsene con un “non lo sa che è da maleducati indicare col dito?” ma si trattenne.

«i motivi però sono abbastanza chiari: la ragazza qui è la figlia del nostro ex collega. Che lui odia profondamente» disse Pentagon «inoltre come recita la testimonianza di Fiona, beh, Emerald somiglia un po’a Kirika…sono dei caratteri non facilissimi da prendere, ecco. E se ben ricordi Robin aveva avuto dei problemi anche con Kirika, pur non essendo mai arrivato a tanto».

«può odiare il padre della ragazza quanto vuole ma non ha diritto di aggredire un’allieva in questo modo. E per la seconda volta!» Geronimo era ancora allibito.

«quindi voi siete d’accordo che venga cacciato?!» urlò Buffaloman «è assurdo! È qui da anni!»

«forse troppi» disse Black Hole «Ramenman, tu che dici?»

«non mi esprimo».

Non si esprimeva perché non era molto sicuro di cosa pensare.

Da un lato non vedeva come potesse essere andata diversamente da come la raccontava Emerald Lancaster. Era forte, ma in teoria dopo un solo mese e mezzo non lo era ancora abbastanza da battere uno di loro, e tutto rientrava dunque nella teoria dell’incidente: lui che l’aggrediva, lei che si difendeva, lui che finiva giù. Ci stava.

Ma c’era un dettaglio che non gli tornava, ed era l’elmo di Robin sfilato dal suo volto. Tutti sembravano aver dato per scontato che gli si fosse sfilato da solo nella caduta, ma Robin di cadute ne aveva fatte, e quando mai era capitato?

Solo che, se davvero non era stato un incidente…insomma…com’era possibile? lui più di tutti gli altri aveva capito che Emerald non era la fragile bambolina di porcellana che sembrava, ma quel film mentale che gli era venuto di lei che batteva il suo collega per poi sfilargli la maschera e buttare entrambi giù dalla rupe gli pareva troppo assurdo.

«allora, in conclusione: chi è a favore dell’allontanamento di Robin Mask alzi la mano».

«temporaneo o permanente?» chiese Curry Cook.

«permanente» specificò Vance, mentre pensava ai grandi guai che Robin avrebbe potuto provocare alla Scuola di Ercole se fosse rimasto ed avesse continuato con quell’atteggiamento che nel peggiore dei casi avrebbe avuto come conseguenza l’arrivo di un esercito lassù «alzate la mano».

Pentagon, Black Hole, Geronimo, Jesse Maivia, Teapackman.

«chi per farlo rimanere».

Ad alzare la mano fu il solo Buffaloman.

«cinque voti a favore dell’espulsione, uno solo a sfavore, Ramenman, Curry Cook e Sozumi sono i tre astenuti» contò Vance «a questo punto direi che è ufficiale, e Robin Mask sarà-»

«Mr. MacMadd…potrei dire qualcosa anche io? Per favore?»

In molti furono sorpresi nell’udire la voce di Emerald, che aveva alzato la mano con fare che sembrava addirittura timido, decisamente in contrasto con quello cui erano abituati.

«a…beh…si, di’pure».

«secondo me non merita di essere cacciato. Lui…è un po’sotto stress questo periodo. Mi è stato raccontato che pare che qualcuno abbia profanato la tomba di sua moglie…»

«in effetti io questa notizia l’avevo sentita, ma non sapevo se fosse vera o no» ammise Sozumi.

«già, ma se è vera penso che questo abbia influito un po’…poi c’è l’odio verso mio padre e…io riconosco di non essere proprio un tipino facile, come ha osservato Mr. Pentagon. Ma quel che voglio dire è che non è tutta colpa di Mr. Mask» guardò Vance «e anche Mr. Buffaloman ha ragione nel dire che sarebbe un peccato perdere qualcuno che, al di là di questi…attriti con la sottoscritta…è un valido elemento che ha contribuito a formare eccellenti lottatori. Quindi perché non concedergli un’altra occasione? Da parte mia giuro che mi comporterò al meglio che posso così che non abbia motivo di innervosirsi nemmeno per sbaglio» disse la ragazza «e nessuno verrà cacciato via. E comunque…è sempre il padre del mio ragazzo» aggiunse «un ex amico di mio padre, anche se adesso i rapporti sono quel che sono» disse anche «nonché, a quanto pare, il mio…padrino, stando a quel che mi ha detto prima di attaccarmi» finì di elencare «mi dispiacerebbe se per colpa di un po’di stress finisse espulso con disonore».

Gli istruttori e Vance si guardarono. Non solo per quella faccenda del padrino che giungeva loro nuova, ma anche per l’appello in sé per sé.

«ma ne sei proprio sicura?» le chiese quest’ultimo. Lei annuì.

«sissignore».

Meglio un Robin Mask espulso od un Robin Mask ancora dentro la Scuola e che, adesso, doveva solo ed esclusivamente a lei la sua posizione?

Un Robin Mask perfettamente cosciente del fatto che a quel punto le sarebbe bastato dire “a” a Vance MacMadd o a qualcuno dei cinque che avevano votato per l’espulsione per farlo cacciare?

Un Robin Mask che da quel momento in poi sarebbe stato costretto a fare violenza su sé stesso reprimendo ogni più piccola manifestazione d’orgoglio e di odio?

Un Robin Mask che cinque colleghi più il direttore consideravano un esaurito da ricovero e come tale l’avrebbero trattato?

Farlo cacciare dalla Scuola sarebbe stato carino, ma sapere che d’ora in poi ogni volta che gli sarebbe passata davanti lui si sarebbe ricordato di quella sconfitta su tutti i fronti era qualcosa di ben più sottile e soddisfacente. Nonché qualcosa che, ne era certa, avrebbe fatto anche suo padre se fosse stato al posto suo.

«ecco, la ragazza è più ragionevole di lei» sbottò Buffaloman all’indirizzo di MacMadd «e di tutti voialtri» guardò male i cinque che avevano votato a favore.

«risultato finale: dopo l’accorato appello di Emerald, a quanto pare, Robin Mask rimane. Se non altro non perderò i finanziamenti che provengono da lui…» aggiunse MacMadd in un mormorio «ad ogni modo, Emerald Lancaster, se in futuro Robin Mask dovesse comportarsi ancora in modo analogo ad oggi hai l’ordine di riferirmelo. O riferirlo ad uno qualsiasi di noi. E a quel punto non ci saranno appelli che tengano».

«d’accordo, signore. Sperando che dopo quanto accaduto Mr. Mask non si comporti più in modo così…» alzò le mani «così».

«molto bene. Ora che è tutto chiarito la seduta è terminata».

Si alzarono tutti quanti insieme, Emerald inclusa. Gli ultimi in coda erano lei e Ramenman…

Che chiuse la porta appena prima che toccasse a loro due uscire. Gesto che fece sollevare un sopracciglio ad Hammy, ma non la preoccupò troppo, sapendo che l’orientale non aveva intenzione di aggredirla o simili.

«ti avrei chiesto di venire nel mio ufficio, ma tanto che siamo qui…» incrociò le braccia, rimanendo in piedi «tu hai notato che io in tutto ciò mi sono astenuto».

«sissignore».

Breve pausa.

«i fatti sembrano coincidere con le parole. E probabilmente è andata per davvero come dici tu: l’aggressione, la difesa, la caduta. Ma quell’elmo sfilato…non mi torna moltissimo».

Lei lo guardò e fece spallucce. «non so che dirle. Io quando l’ho visto cadere sono corsa subito ad avvertire qualcuno così da soccorrerlo subito, non avevo nemmeno notato che l’elmo gli si era sfilato…lei quindi non mi crede?»

Esitazione da parte di lui. «in parte non ho idea di come potrebbe essere andata diversamente. Ma io so anche benissimo che tu non sei così indifesa come puoi sembrare ad una prima occhiata. In molti sensi. Il che mi porta a chiederti…» le si avvicinò «è davvero per buon cuore che hai voluto che Robin Mask restasse, o perché adesso sai che ti basta una parola per farlo cacciare via? Robin è un uomo orgoglioso, odierebbe dover dipendere da una cosa del genere, e penso che tu questo lo sappia bene».

Uno dei motivi per cui Emerald stimava Ramenman era proprio il fatto che fosse piuttosto sveglio. Sperò solo che questo non si rivelasse un problema.

«Mr. Ramenman, se lei avesse una compagna ed il padre di questa sua compagna si mettesse nei guai -coinvolgendo anche lei, Mr.- a causa della troppa impulsività non cercherebbe di metterci su una pezza? E poi, come ho detto, a quanto pare è anche il mio padrino. Sono ancora scioccata, lasciamo perdere…» scosse la testa «comunque, lei mi crede davvero così cattiva?»

«cattiva no. Ma molto simile a tuo padre si. Torna alle tue stanze» le disse, aprendole la porta ed invitandola ad uscire «magari ci vedremo in mensa, dopo».

«magari».

La guardò allontanarsi.

Non  si era tradita nemmeno in quel frangente.

No, no…era proprio tale e quale ad Howard.

 

 

:: dopo cena. Infermeria ::

 

 

«che…cosa?»

L’unico dei colleghi ad andare a trovare Robin, che come previsto da Hammy stava iniziando a riprendersi un po’ -tempo quattro o cinque giorni e sarebbe stato a posto- era stato Buffaloman.

Portandogli una notizia che l’aveva sconcertato neanche poco.

«hai capito bene. C’è mancato tanto così che ti buttassero fuori: io a votare contro la tua espulsione sono stato l’unico, tre si sono astenuti, ed il resto erano tutti a favore».

Inutile dire che l’inglese sentì di nuovo montargli la rabbia. Adesso per colpa dei Lancaster aveva perduto anche ogni stima da parte della maggioranza dei propri colleghi, ma era possibile?!...

«quella maledetta bas-»

«occhio!» lo avvisò Buffaloman «se parli della figlia di Lancaster sappi che è solo grazie a lei che sei ancora dentro. Ha chiesto che ti fosse data un’altra chance» lo guardò «anche in nome del fatto che sei…il suo padrino?»

Ah, fantastico, aveva fatto venire fuori anche quella storia, così adesso tutti a pensare “è il suo padrino e tanto l’aggredisce, che vergogna”.

«è vero purtroppo» confermò cupo «com’è anche vero che Howard è il padrino di Kevin».

«che?!»

«allora non avevo ancora capito che razza di mostro fosse in realtà. Ad ogni modo…fammi capire bene: la ragazza ha chiesto che io rimanessi».

«si, ma…occhio» ripeté Buffaloman «perché adesso le basta dire “a” perché MacMadd ti butti fuori definitivamente. Qualunque cosa sia capitata tra te e lei o tra te e suo padre fai meglio a lasciarla da parte».

Era assurdo.

Lo aveva fregato di nuovo.

Era inconcepibile. Impossibile. Adesso il suo posto alla Scuola di Ercole dipendeva dai capricci di quella stronza?!

“se ci provassi farebbe di te carne trita”, gli aveva detto Howard quando lui in quel momento di completa furia aveva detto che l’avrebbe ridotta così male che lui non l’avrebbe nemmeno riconosciuta più.

Ed aveva avuto ragione, perché ne aveva fatto carne trita in tutti i sensi, solo che adesso come adesso se l’avesse raccontato avrebbero semplicemente pensato che stava inventando un’assurdità nel tentativo di difendersi. O che fosse impazzito, perché effettivamente l’idea di una piccina magrolina che l’aveva preso per il collo, sollevato e buttato giù dalla rupe risultava assurda anche a lui che aveva vissuto direttamente l’esperienza.

“lei per me è solo un moscerino spiaccicato sul parabrezza della mia vita, così come lo è per mio padre”.

“è solo per la sua somiglianza con Kevin che non ho fatto qualcosa di peggio di quanto sto per fare”.

“se mi dà retta dopo oggi incidenti come questo non succederanno più. Lei non scartavetra le palle a me, io non le scartavetro a lei”.

Ci credo, aveva manovrato tutto per far si che alla prima parola di troppo lui fosse buttato fuori.

Era proprio la figlia di suo padre, non c’era niente da fare.

Ma, si chiedeva Robin, da dove l’aveva presa quella forza? Tanto più che quello se non ricordava male era il braccio destro. Collegato alla spalla destra. Che era la spalla che si era presa un proiettile addosso.

Avrebbe dovuto essere più debole non più forte di prima.

Indi, che cosa c’era sotto? Ed il brutto era che a meno che la ragazza stessa non l’avesse detto, non l’avrebbe scoperto mai.

 

 

Fiona, Roxanne, Jacqueline e Crea se n’erano andate.

«dai, Lancaster, ammettilo».

Emerald si voltò perplessa verso la demonessa. «mh?»

«l’hai buttato giù tu. In qualche modo».

«infatti l’ho buttato giù, ma per errore».

«e non l’hai tenuto dentro per buon cuore, ma perché adesso al primo sgarro ti basta dire “buttatelo fuori” e lui ciao ciao. E il vecchio Robbie per com’è fatto starà ribollendo di rabbia senza avere la possibilità di fare niente. Oltre alla consapevolezza che molti qui non ce lo vogliono più, nyah-ah-ah-ah-ah-ah-ah! Ovviamente visto che è un rompicoglioni».

Dopo un po’Emerald fece un sorrisetto.

E Kirika annuì. Aveva capito.

 

 

:: Londra ::

 

 

“non ha ascoltato il tuo avvertimento ed ora è ancora qui solo perché ho voluto essere generosa”.

Emerald non aveva detto altro a riguardo, ma ad Howard non c’era voluto niente per capire che sua figlia aveva incastrato ben bene il suo ex collega Robin e che aveva la situazione del tutto sotto controllo.

Lui però l’aveva avvisato no? Se poi la sua impulsività l’aveva giocato ancora non era colpa sua. Howard riteneva di essere stato perfino gentile, in un certo senso, tempo fa. Gentile nel ricordargli che non era bene sfidare e provocare le persone sbagliate. Che fine fa un coniglietto che si infila nella tana di un leone? Finisce mangiato, a meno che il leone in questione non decida che non vale nemmeno la pena di affondare i denti nelle sue morbide carni…

“il leone!” pensò poi finendo a sorridere sotto i baffi “sta’ a vedere che pensa ancora di averlo fatto fuori lui per davvero, quando siamo stati in Africa quella volta”.

Ripensò anche alle notti insonni per via di quei “voglio quel dannato leone” che Robin non aveva fatto che ripetere per tutto il tempo.

“col senno di poi avrei dovuto tirare a lui invece che al bufalo. Anche se senza quel prestito che mi ha fatto saremmo finiti in mezzo ad una strada” pensò. Il suo sguardo corse ad alcune fotografie incorniciate e messe su uno dei mobili antichi nella stanza, quelle del matrimonio suo e di Janice. Inutile dire che Robin Mask compariva in più della metà di esse. Ma nonostante questo non le aveva gettate via, perché avrebbe dovuto? Non era così importante, Robin, da portarlo a cestinare dei bei ricordi. Tant'è vero che aveva tenuto anche quelle con solo loro due insieme, scattate in varie occasioni.

Stesso discorso non valeva per il suddetto, che invece da anni aveva strappato con le proprie mani e gettato nel fuoco ogni fotografia in cui Howard compariva, senza risparmiarne nessuna.

Il gentiluomo si alzò, prese delicatamente una delle fotografie poste più “davanti” osservandola con aria quasi assente.

«guardi le nostre vecchie foto?»

Janice lo aveva fatto quasi sobbalzare. «già. Probabilmente il più bel matrimonio che ci sia stato in quegli anni» disse lui. Per poi fare un sorrisetto «perlomeno col nostro Hammy non avrebbe avuto problemi!»

Janice alzò gli occhi al cielo. «degli ultimi sei ai quali ha partecipato insieme a noi ne ha mandati a monte quattro! D’accordo che c’erano sempre sotto dei fatti moooolto succulenti che sono piaciuti parecchio alle mie amiche del club perché andiamo, il testimone di nozze nascosto sotto la gonna della sposa era assolutamente…uff! nonché quello della sposa innamorata della sua damigella d’onore, e anche quei due nei quali in uno il genero se la faceva con la suocera e nell’altro la nuora se la faceva col suocero, ma a me interessavano pettegolezzi di tipo diverso!»

«non è colpa di Hammy se la gente è marcia, e tu le hai quasi interdetto la partecipazione a tutti i matrimoni dell’Inghilterra!»

Janice sbuffò. «ma che ne parlo a fare, tanto lo so che per te tutto quel che Hammy fa è fatto bene. Come per quella storia con Connors…»

«…che mi ha convinto che Dio vede e provvede! Appena Connors mi ha riferito quel che è capitato ho chiarito la mia posizione dicendogli che se mai dovesse capitare ancora e fossero entrambi dell’idea di fare sul serio hanno la mia benedizione. Testuali parole. Più chiaro di così…»

«povero ragazzo, però» sospirò Janice riferendosi a Kevin «a me dispiace che rimanga solo».

«Emerald non è una ragazza incline al tradimento. Se con Connors è capitato quel che è capitato evidentemente tra lei ed il figlio di Robin non va affatto bene, ed Hammy fa bene a guardare altrove».

«però Kevin ne soffrirà».

«tende a scavarsi la fossa da solo come suo padre, evidentemente. Ma non è colpa nostra».

«forse avremmo dovuto cercare di…intervenire…di più, perlomeno nel rapporto tra lui e suo padre, quando abbiamo capito come andavano le cose. Come madrina del ragazzo, se ci penso…» gli prese la cornice dalle mani e la rimise al suo posto «…mi sento un po’in colpa. Dovevamo fare di più».

«il rapporto con Robin ha iniziato ad andar male troppo presto per poter fare davvero qualcosa».

«si, ma lui dell’acredine tra te e suo padre che colpa ne ha?»

«nessuna. Infatti non gli ho mai dato problemi, e se ricordi l’ho pure ospitato qui in casa un annetto fa, quando lui ed Hammy sono venuti a Londra».

Janice ci pensò su ed infine fece spallucce. «vieni a dormire o resti qui ancora un po’?»

«no…arrivo. Per stasera basta così».

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Capitolo 12
*** ''La Risata'' ***


la risata

Mentre correva Kevin Mask era indeciso se pensare di essere capitato lì al momento giusto o piuttosto in quello più sbagliato di tutti.

Perché da quel che sapeva sentire suo padre urlare come un matto -addirittura!- non era mai un buon segno.

E soprattutto pur non capendo un accidenti di quel che stava sbraitando il suo vecchio non gli riusciva difficile immaginare chi fosse la destinataria di tali urla.

Corri corri Kevin Mask arrivò sulla scena del crimine.

«ma vi rendete conto?!! Ma vi sembra possibile?!! Ma guardatevi!!! E poi quello che dovrebbe essere espulso sarei io?!! Come sto assente un attimo questo posto diventa un bordello!!!»

Robin era talmente furioso che non aveva nemmeno visto arrivare suo figlio, e si che una montagna in avvicinamento di solito non è difficile a vedersi.

«…ma invece che farlo finire giù dalla rupe per sbaglio non potevi dargliene talmente tante da tenerlo a letto per tutto il resto della sessione?»

Kevin riuscì ad arrivare addirittura ad un paio di metri di distanza dal padre senza che questi se ne fosse ancora accorto, guardando nella stanza dove stava guardando anche lui e che teoricamente avrebbe dovuto essere la mensa.

E che invece in quel momento pareva tutt’altro, con molte delle leggende della League -oltre a Vance MacMadd- in piedi sopra i tavoli ancora irrigidite in pose di ballo tutt’altro che eleganti.

E con le ragazze insieme a loro.

E, soprattutto, con Jacqueline ed Emerald con quei vestiti.

Non che quel vestito Kevin, ad Emerald, non l’avesse mai visto addosso. Ma era ben poco adatto ad una festa con dieci uomini in là con gli anni, a meno di voler far avere loro un infarto.

E poi, che diamine, lui si struggeva e lei si divertiva?!

«e dai, è il compleanno di mio padre, dovrà pure divertirsi un po’» disse Jacqueline.

«tanto io lo so chi è la vera colpevole di tutto questo!» Robin indicò Emerald «ed è quella grandissima m-»

«piano un po’! Quella è ancora la mia ragazza!...almeno credo».

«Kevin?!»

L’ultima persona che Robin si aspettava di vedere. Era una giornata davvero assurda.

«…Kevin?» allibì Emerald.

«ah! Ehm. Che ci fa qui Kevin Mask?!» Vance scese giù dal tavolo tentando di darsi un contegno «ragazzo, questo è un accesso non autorizzato!»

«quindi adesso è così che ci si allena in questa scuola?» ribatté Kevin, estremamente freddo.

Ma la domanda comunque restava.

Che ci faceva lì?

E poi…

«la prova suprema che da un padre rompicoglioni può venir fuori solo un figlio rompicoglioni» sentenziò Kirika in quel silenzio completo.

…cos’era quella faccenda della festa?

 

 

:: Tokyo, un paio di giorni prima ::

 

 

Alle undici di quel giorno Warsman aveva sentito suonare il campanello.

Si era alzato dalla poltrona e si era trascinato fino alla porta senza nemmeno riuscire a trovare la voglia di guardare di chi si trattava; tanto di certo non era niente di buono.

Forse fu per questo motivo che rimase tanto sorpreso dal trovarsi davanti agli occhi Miss Mary Nikaido, che aveva con sé un certo pieno di roba da mangiare, uno sguardo morbido ed un gran bel sorriso.

«salve!»

«…»

Lì per lì non riuscì nemmeno a replicare. Lei inclinò un po’la testa guardandolo leggermente perplesso.

«aspettava qualcun altro?»

«che…si, cioè, no…insomma. Mh» scosse la testa «cerca Kevin?» le chiese poi in tono cortese. Il ragazzo gli aveva raccontato che nel suo lungo periodo di solitudine a dargli un po’di conforto era stata “la mamma della ragazzina che sta sempre appiccicata a quel demente di Kid Muscle”, e lui quella donna la conosceva perlomeno di vista. O comunque se gli capitava sotto gli occhi sapeva chi cavolo era, ecco.

«si…è un po’che non ho notizie di quel ragazzo e mi interessava sapere come sta. Ma è in casa?»

Flash le diede un’occhiata. Non sapeva bene come considerarla, Miss Mary, se qualcuno da inserire nella lista delle persone “ok” -e dai racconti di Kevin pareva che lo fosse- o in quelle “ko” -avendo a che fare con la combriccola di Kid Muscle-. E quindi se farla accomodare oppure no.

Pensando a quel che era capitato ultimamente e alle condizioni attuali di Kevin però giudicò che forse era meglio farla entrare…

«si…può accomodarsi se vuole» la invitò con un cenno, e la donna entrò rapidamente «magari è la volta buona che uscirà da camera sua».

Miss Mary posò il cibo sul tavolo della cucina. «…perché dice così? Non esce? È successo qualcosa di grave?»

Non si sentiva minimamente a disagio a stare sola col russo pur sapendo -come tutti, ormai- chi era in realtà. E questo era dovuto molto al fatto che Kevin teneva molto a lui, ne aveva sentito molto la mancanza e gliene aveva sempre parlato bene; quindi tanto mostro e bestia non poteva essere, tutto sommato.

«oltre alla presenza di quell’uomo, come si chiama, quel…Connors, qui, naturalmente. Sono venuta a saperlo dai ragazzi».

O meglio, da Meat. Era venuta a sapere della presenza dell’americano, del fatto che Emerald non chiamava più nessuno, dei misteri riguardanti il ritorno di quella ragazza e, si, anche dello sbaciucchiamento adulterino -finito non si sa come, perché erano andati via prima- di Emerald con l’americano. Ma aveva fatto alcune delle considerazioni fatte anche da Jeager, ossia “prima chiedere  e sincerarsi di sapere bene come stanno le cose e dopo eventualmente agire di conseguenza”. Da quel che stava capendo comunque pareva chiaro che Kevin non stesse bene. Quindi forse sapeva già?

Meglio aspettare.

«mh…forse sarebbe meglio se fosse Kevin stesso a parlargliene…Kevin! Hai visite!»

«ma chissenefrega!!!» fu la risposta che arrivò da Kevin chiuso nella sua stanza al piano superiore.

«…per l’appunto…»

«Kevin, sono io! Miss Mary!...ho portato da mangiare!»

Momento di silenzio.

«credo che-» avviò a dire Flash, interrompendosi quando sentì la porta della stanza di Kevin che si apriva «oh. Miracolo» commentò «è riuscita a far uscire l’orso dalla tana. Io in questi giorni ci ho provato, ma mi creda se le dico che trascinare via da una stanza un ragazzone di due metri e quindici che non vuole saperne di darti retta risulta un po’complicato…»

La vide sorridere brevemente alla battuta. «questioni di cuore?»

«pausa di riflessione».

«oh…»

«Miss Mary, è un piacere vederla…si lo so sono un po’sparito dalla circolazione in questo periodo è che ho avuto un mucchio di cose per la testa e…» scese le scale in tre falcate «stavo giusto pensando di passare da lei uno di questi giorni…»

“seh, un po’difficile a farsi visto che ti rifiutavi di uscire da camera tua” pensò il russo.

«dai dai, non importa» minimizzò la donna andando perfino ad abbracciare il ragazzo «come stai? Mi sembri molto molto giù».

«ma no, no…è tutto ok…non mi guardi in quel modo però! È tutto a posto, sul serio!» ribadì Kevin vedendola sollevare un sopracciglio.

«guarda che a me non la dai a bere, dovresti saperlo. Adesso sai che facciamo? Mettiamo in tavola tutte queste cose buone che ho portato e poi parliamo con calma. Ah, ovviamente di cose ce n’è anche per lei» aggiunse Mary guardando Warsman.

«…me?»

«ma certo. Se in una casa vivono due persone sarebbe stupido portare il pranzo ad una sola delle due non pensa?»

Era già la seconda volta che Flash percepiva di aver fatto un la figura dello scemo. Solo che non si aspettava tanta gentilezza, quindi veniva preso un po’in contropiede.

«giusto. Ha ragione».

«mangia anche lei con noi però vero?» Kevin si mise a sedere a tavola «tanto in quel cesto c’è roba a sufficienza anche per tre».

«e naturalmente a te non viene in mente che sarebbe una buona cosa perlomeno apparecchiare la tavola, Kevin? …tsk…lascia, faccio io» sospirò il russo.

«se vuole le do una mano» si offrì Miss Mary.

«no, no, lei è un’ospite, scherza? Faccio io…»

«un’ospite ed è anche single!» specificò Kevin.

Ok.

Adesso una di quelle forchette che aveva preso insieme a coltelli, tovaglia e tovaglioli, doveva metterla sul tavolo o conficcargliela in una mano per sbaglio, al suo pupillo? Era una donna gentile, ma a lui tutto passava per la testa meno che…!

«già, credo che sia proprio di relazioni sentimentali che dovremo parlare dopo, Kevin» disse Miss Mary senza fare un plissé e facendolo ammutolire «…dai, la aiuto volentieri» sorrise al russo «così faremo prima».

Emerald al posto di quella donna probabilmente gli avrebbe detto qualcosa come “muoviti Sorcio che la tavola non s’apparecchia da sola!”

«se ci tiene proprio così tanto beh…allora grazie».

Fu un pranzo ottimo ed abbondante. E Kevin mangiò come se non l’avesse fatto da due mesi, perché effettivamente da quando Emerald gli aveva comunicato la sua decisione di prendersi una pausa di riflessione -sentenza senza appello ed emessa senza chiedergli se lui era d’accordo oppure no- aveva mangiato poco e niente.

«era tutto buonissimo. Come sempre».

«ma che tenero, grazie» Miss Mary gli sorrise «e lei che ne dice?»

Anche Flash aveva fatto onore alla tavola. «tutto ottimo».

In seguito Miss Mary volle anche aiutare a sparecchiare e lavare i piatti, nonostante i due le avessero detto a più riprese che non c’era bisogno. Fatto ciò Warsman pensò che magari fosse bene lasciarli soli, andandosene sul retro a prendere il “coso della cosa”. Chiamasi scusa del cavolo, ma andava bene lo stesso.

«allora, Kevin…hai intenzione di dirmi come stai davvero?» gli chiese la donna con quanta più dolcezza possibile.

Lui però continuò ad esitare. «sto…bene. Davvero».

Classico orgoglio dei Mask.

«Kevin…guarda che io questa faccia l’ho già vista. Si, per modo di dire, ma comunque hai capito cosa intendevo» disse lei «e oltretutto hai anche l’aria di chi ultimamente ha mangiato molto poco, esattamente come l’ultima volta. Il che è preoccupante».

«…è una questione di…dieta».

Tanto per restare in tema di scuse del cavolo. Miss Mary si indicò la fronte.

«per caso ho qui scritta la parola “stupida”?»

Kevin scosse la testa. «no».

Lei rimase in silenzio, doveva essere lui ad avviare il discorso.

«comunque non è niente di grave, davvero. È solo… che ci sono non si sa quanto soldati armati fino ai denti qui vicino pronti a far fuori Warsman al primo cenno. E che qualcuno ha profanato la tomba della mamma. E che mio padre mi ha offerto di ritirare il diseredo se lascerò Emerald, cosa che comunque sembra stare per accadere perché lei mi ha chiesto una “pausa di riflessione”» disse in tono amaro e sferzante mimando le virgolette «e lo sappiamo tutti cos’è che vuol dire, giusto? Specialmente se tale pausa è stata frutto di una decisione solo e soltanto sua, lei mi ha chiamato e…e dopo l’ennesima discussione mi ha detto… “Kevin, ultimamente tra noi le cose non vanno bene per niente quindi voglio una pausa”, e io non ho nemmeno fatto in tempo a dirle che non ero d’accordo che lei aveva già chiuso».

“se ha voluto una pausa allora la situazione è grave. Anche se Kevin non sembra sapere niente dei fatti con l’americano” pensò la donna “e non penso che sia il caso di dirglielo allora, primo perché sarebbe l’ennesima mazzata, secondo perché tocca ad Emerald -se vuole lasciarlo per l’altro- farsi coraggio e dirgli la verità. E poi questa storia del ritiro del diseredo se lui avesse lasciato la ragazza che ama è qualcosa di brutto quanto l’altra storia del matrimonio combinato. Per non parlare della faccenda dei soldati, e soprattutto della profanazione della tomba di sua madre, poverino!”

«mi dispiace. Ma…perché le cose hanno smesso di andare bene? Oltre alla faccenda dei soldati che immagino c’entri».

Kevin sbuffò nervoso. «eccome se c’entra. È stata una delle cause scatenanti. Ce li siamo trovati qui da un giorno all’altro, e l’americano poi è…lui ha torturato Warsman due settimane intere, capisce? E adesso è qui davanti, ed è Howard Lancaster che ce l’ha mandato. E tutto questo Emerald lo accetta, perché -discorso valido anche per lui verso di lei- tutto quel che fa suo padre è fatto bene e “se lo fa un motivo c’è” e “lo fa per proteggerla” quando tutti sanno benissimo che non ha bisogno di protezione. Il problema è che lei non vuole uscire per davvero dal nido. E questo è solo il più grosso. Poi c’è anche il fatto che sta sempre con quelli».

Oh. “quelli”. Argomento toccato varie volte in passato.

«è normale che abbia degli amici e delle amiche e che voglia e debba uscire anche con loro. Non pretenderai di chiuderla qui in casa?»

«è che a me quelle persone non piacciono, lo sa, e…e io non vorrei che finisse a preferirli a me. Nonostante non ci sia motivo perché io sono sempre e comunque migliore di tutti loro messi insieme…»

«ciò non toglie che lei è libera di frequentare chi vuole. E inoltre Emerald non mi sembra tipo a cui piacciono queste considerazioni, se mi passi il termine, un tantino presuntuose. Magari anche se lo pensi sarebbe bene se lo tenessi per te, visto che sono suoi amici. E a noi donne non piace che si tocchino i nostri amici».

Altro sbuffo da parte di Kevin. «sono un branco di scimmie».

«sono bravi ragazzi. Le cattive compagnie sono ben altre» lo guardò «forse dovresti imparare ad essere un po’meno possessivo, tu che dici?»

Esitazione da parte di lui. «mi ha definito in quel modo una volta. “immaturo iperpossessivo”».

«non ti fidi di lei?»

«si che mi fido! Ma di lei, per l’appunto, degli altri no!»

«ma tu stesso hai detto poco fa che si sa difendere».

«si! ma…insomma…» non sapeva come ribattere «…quindi lei pensa che Hammy abbia avuto ragione a chiamarmi in quel modo?»

«voi due avete faticato molto per stare insieme. Che tu sia un po’ geloso ci sta. Anche perché se non lo fossi per niente significherebbe che non ti importa di lei. Ma come lo sei tu effettivamente è troppo. Rischi l’effetto saponetta così facendo, più la stringi più lei ti scivola via dalle mani».

Kevin afferrò una statuetta e si mise a giocherellarci. «e lei non è una a cui piace sentirsi in gabbia. Lo so. È così anche per me, oltretutto. Lei…immagino che imporle di non uscire con loro sarebbe come se lei imponesse a me di non allenarmi più in palestra, vero?»

«bravo».

Ok, almeno quel concetto era riuscito a capirlo. Kevin in fondo non era uno sciocco, solo che come suo padre era impulsivo, testardo ed orgoglioso, e si lasciava trascinare un po’troppo da tali tratti caratteriali…

«è che io ad Emerald do tutto, capisce? Non c’è niente che non le dica, non c’è niente che io le nasconda, la considero più importante di chiunque altro, e tutto quel che vorrei è vederla sempre felice. Quello che mi piacerebbe è che la cosa fosse reciproca, cosa che invece non è. Perché ho spesso l’impressione che non mi dica tutto quel che ci sarebbe da dire, e so per certo che io vengo dopo rispetto alla sua famiglia quando invece non dovrebbe essere così. E sempre restando in tema di famiglia, ha pure problemi con mio padre. è arrivata a dirmi che poco ci mancava che lui la violentasse, ma è probabile che sia stata lei a provocar-»

«Kevin Mask! la tua ragazza ti viene a dire che tuo padre ha tentato di fare una cosa del genere e tu invece di chiedere perlomeno come si è svolta la faccenda, di indagare, di fare qualcosa te ne sei uscito col dirle che è stata colpa sua perché è lei che l’ha provocato?!...e comunque provocazione o non provocazione una ragazza non si violenta in nessunissimo caso!» incrociò le braccia e lo guardò severamente «quindi non è proprio vero che lei viene prima di tutto, se ti sei comportato così».

«è che mio padre…è mio padre! E poi…non ce lo vedo…»

«ma allora se per te “tuo padre è tuo padre” e può violentare una ragazza se provocato, anche per lei suo padre “è suo padre” e può mandare qui un esercito».

«ma sono due cose…diverse…»

«sono entrambe gravi, la prima anche più della seconda. E poi è della tua ragazza che si parla. Io non dico che Mr. Lancaster abbia ragione a fare quello che fa, o che abbia fatto bene a mandare qui dei soldati, né che Emerald non sbagli ad evitare di dirgli che dovrebbe intromettersi di meno…però qui il problema non viene solo da loro due, spero che tu te ne renda conto» gli disse con decisione «inoltre affrontare l’argomento “famiglia” in casi del genere è una faccenda estremamente delicata, da trattare con quanto più tatto possibile».

«e io invece ho sputato subito tutto quello che secondo me non andava. E non penso di essere stato molto delicato. Le ho perfino detto che non sapevo se sarei riuscito a portare avanti la nostra storia in queste condizioni…»

«allora se l’è presa si la pausa di riflessione. Ecco com’è che Emerald deve aver vissuto la cosa: lei ti chiama, sperando di poter passare un momento tranquillo in una situazione che non dev’essere facile, lassù…e Dio solo sa quanto anche Roxanne…» scosse la testa pensando alla figlia nella Scuola di Ercole, e lei contrariamente ad Howard Lancaster non poteva sentirla due volte al giorno tutti i giorni «stavo dicendo, ti chiama sperando di trascorrere un momento in tranquillità. Tu inizi ad attaccare lei, l’atteggiamento verso suo padre, suo padre in sé per sé. Lei cerca di farti capire che il tuo non è meglio del suo rivelandoti quel che ha tentato di farle. Tu dici che è solo colpa sua, e lei a quel punto si sente delusa e anche ferita pensando “ma se mi ama è possibile che abbia dato la colpa me senza chiedermi nemmeno com’è andata?”. E in questa litigata, in cui tra botta e risposta continuate ad attaccarvi sui rispettivi genitori e i rispettivi difetti tu te ne esci con “non so se riesco a portare avanti la nostra relazione”, magari dopo averle detto anche della faccenda del ritiro del diseredo…»

«ma le ho detto anche di aver rifiutato l’offerta…dopo».

«ecco. Dopo. Si è sentita attaccata, delusa, ferita…tradita, in un certo senso…ovvio che si sia presa una pausa, ribadisco».

“e se le cose stanno davvero così…lei sbaglia, ma non è la sola, perché anche Kevin sta commettendo grossi errori. E in un contesto del genere ecco spuntare l’americano, che con lei da quanto si è visto nelle finali è tanto carino e gentile…che ci scappasse qualcosa era quasi scontato” pensò. «Kevin, da quant’è che non le dici che la ami?»

Lui posò la statuetta.

«da troppo. Abbiamo solo litigato, da un sacco di tempo a questa parte» la guardò «avrei dovuto dirle questo prima di tutto, vero? Che la amo, al di là di quel che combinano i nostri rispettivi padri e che a me e lei alla fin fine non riguarda».

«le faide familiari non portano mai a niente di buono, Kevin. Tuo padre ad un certo punto riuscì a capirlo, con King Muscle…»

«e lei spera che anche con il signor Howie il Megalomane mio padre seppellisca l’ascia di guerra? Tsk! Impossibile. Se io stesso odio quell’uomo figurarsi quanto lo odia mio padre. Per quel che mi riguarda è imperdonabile. Ha dato la caccia a Warsman, ha ribaltato la tecnica più letale tra quelle della mia famiglia, ha quasi compiuto un’esecuzione pubblica finendo invece per sparare ad Hammy, ha lasciato Warsman in mano a quei soldati che gli hanno fatto passare l’inferno, ha mandato qui i suoi uomini solo per dimostrarci che “lui può” e, soprattutto, a detta di mio padre c’entra lui con quella storia della profanazione che le ho detto!» concluse Kevin quasi con rabbia «e non vedo che motivo avesse di farlo! Il patto è annullato ringraziando il cielo, che diavolo vuole ancora?! …no, no, lo so benissimo cos’è che vuole far capire: “io posso!”…ed Emerald pur sapendo tutto ciò lo lascia fare, suo padre».

«e tu lasci fare il tuo. Hai appena detto che quel che combinano Robin ed Howard Lancaster non vi riguarda…»

«ho sbagliato modo verbale: “riguarderebbe”, perché ci tirano in mezzo visto che quanto ho elencato sopra coinvolge sia me che lei. Dovrebbero piantarla anche loro, se proprio vogliono darsi addosso che lo facciano senza rompere le scatole a noi!»

«su questo hai perfettamente ragione».

Breve pausa di silenzio.

«grazie. Adesso penso di aver capito che devo fare: giusto il tempo di organizzarmi e vado lassù, al diavolo i divieti, e le dico che la amo e che possiamo risolvere tutto quanto se lo vogliamo davvero. E io lo voglio».

“magari è ancora in tempo, se sono ‘in pausa’ non è detto che lei con l’americano abbia concluso e possono farcela davvero, a salvare il salvabile” pensò Miss Mary.

 

 

:: il giorno dopo, pianeta Ercole, infermeria ::

 

 

Che Robin Mask avesse un diavolo per capello era visibile in ogni suo minimo movimento.

Confinato nel letto dell’infermeria, ferito più nell’orgoglio che nel corpo, con solo Buffaloman che veniva a trovarlo perché interessato alle sue condizioni -se Vance MacMadd si era fatto vedere era stato solo per rimproverarlo aspramente ed avvisarlo che al prossimo sgarro sarebbe stato espulso- più…

“Mr. Mask…come sta?”

Quella grandissima stronza con un’aria tanto buona e carina da fargli venire i bruciori di stomaco sapendo quanto invece era assolutamente falsa.

Era andata da lui quando c’era andato anche Vance, col dire che voleva vederlo perché si sentiva in colpa per quel che era successo e per dirgli che nonostante tutto “non ce l’aveva con lui e si augurava che si rimettesse presto in sesto”.

Oh, ma lui il vero motivo lo aveva capito bene. Ed era che godeva come una matta sapendo che nonostante quel suo comportamento lo mandasse completamente in bestia lui non poteva fare assolutamente niente se non fingere quanto lei.

E Robin odiava, odiava, ODIAVA certe falsità negli atteggiamenti.

Così come odiava la sua nuova condizione ed odiava sempre di più lei, lei, con quei suoi maledetti occhi di smeraldo, con quel piccolissimo sorriso di sufficienza fattogli appena prima che uscisse dalla stanza con MacMadd, quel suo…tutto, così dannatamente uguale a suo padre.

Esaurito?

Appena un pochino.

E perfino la dottoressa giovane e carina era ben magra consolazione in tutto ciò, nonostante fosse giustamente attenta ai bisogni dei propri pazienti tanto da chiedergli se desiderasse ascoltare della musica classica, l’ideale per calmare i nervi. A quanto pare tra i canali della radio era riuscita a pescarne uno che trasmetteva solo quella, musica classica.

“l’unica ‘nota’ positiva in tutto ciò, tanto per rimanere in tema…” pensò, mentre il “Notturno” di Chopin terminava.

“e adesso eccovi alcuni di quelli che tra i brani per violino solo sono considerati alcuni dei più complicati da eseguire: i 24 Capricci op.1, composizioni di Niccolò Paganini, dei quali adesso sentirete il tredicesimo, conosciuto altresì come ‘La Risata’…”

Annuncio che fece irrigidire Robin Mask.

Perché c’erano dei ricordi, nascosti in quei Capricci…

 

 

:: quasi diciotto anni prima, Londra ::

 

 

Era stato lui, Robin, a chiedergli se avrebbe avuto voglia di suonare. Ed era stato tranquillamente accontentato.

Il fatto era che a Robin Mask quel genere di musica lì piaceva molto. E se a suonare erano persone veramente brave comprensibilmente gli piaceva ancora di più.

Ed era anche per questo motivo che avrebbe potuto stare ad ascoltarlo per ore mentre suonava quel suo Stradivari. E nemmeno dei branucoli qualunque, per giunta, ma i 24 Capricci.

Howard H.R.J. Lancaster definiva quelli i suoi preferiti  tra i brani che era in grado di suonare, motivando tale preferenza col dire “sarà che io sono un uomo, a volte, un po’…capriccioso”.

Capriccioso o meno stava di fatto che quel giorno a Robin Mask sentendo “La Risata” sembrava di sentire per davvero ridere una donna. Il suo amico e collega riusciva a farlo parlare, quel violino. Parlare, ridere, piangere.

Da parte sua, Robin ammetteva addirittura di trovarlo impressionante.

Non che Howard fosse uno di quei super geni dell’arte in grado di fare di tutto e di più ; per esempio, l’idea di “disegno di un ragno” di Howard era fare due puntini e otto stanghette dritte -come a dire che sua figlia di due anni sapeva disegnare meglio di lui- però ecco, nonostante non fosse un artista a tutto tondo come violinista era eccezionale.

E così, lui era lì ad ascoltarlo.

Tra l’altro era una di quelle volte in cui Warsman era rimasto a casa e Lady Janice con madre e suocera erano fuori in qualche tea club, quindi non ci sarebbe stato nemmeno nessuno a…

Sentì qualcosa che gli tirava una delle gambe dei pantaloni, ed abbassando lo sguardo si scontrò con due grandi laghi color verde smeraldo.

«quello è il mio papà. È tanto bravo, vero?»

La bambina, la piccola Emerald, lo aveva detto pianissimo. Come se a soli due anni potesse davvero rendersi conto che magari parlando più forte avrebbe potuto disturbare l’esecuzione. Ma non gli sembrava granché possibile, a due anni di solito i bambini non erano così svegli.

Tipo il suo, per esempio, che a due anni suonati non aveva ancora capito che piangere quando si cadeva non era cosa da uomini…

«…si. Tuo padre è molto bravo. Magari quindi mi piacerebbe ascoltarlo, non credi?»

Lo aveva detto più freddamente di quanto avrebbe voluto, e preparandosi spiritualmente ad altre chiacchiere o peggio ancora al fatto che sarebbe scoppiata a piangere.

E invece…

«giusto. Scusi».

E si era arrampicata sulla poltrona vicino a lui, senza proferire più verbo. Kevin come minimo avrebbe buttato giù qualche soprammobile per ripicca, fosse stato al posto di quella bambina che non solo non era scoppiata a piangere, ma si era scusata dandogli per di più del lei e, soprattutto, adesso stava zitta.

Molte donne adulte non ne sarebbero state in grado, ma Emerald a detta di suo padre… “la mia principessa è la figlia migliore che potessi desiderare”. Ecco, Howard diceva così.

Robin pensò che forse non aveva poi tutti i torti, tanto da complimentarsi con lei.

«sei una brava bambina» le disse piano. Lei si voltò con un sorriso dolce da far paura.

«grazie mille!» rispose lei, per poi fare qualcosa che nessuno faceva da tanto tempo, e che a suo figlio lui non aveva mai concesso: abbracciarlo.

Si era messa in piedi sul divano e l’aveva abbracciato, va’ a capire perché. Forse aveva ritenuto opportuno dargli un ringraziamento più tangibile rispetto a delle semplici parole.

E lui era rimasto lì fermo come un cretino a guardarla semisconvolto senza sapere bene che fare. Stare fermo, cacciarla via?

…ma perché poi farlo? Si domandò, osservando la bambina in quel gesto di una dolcezza completamente spontanea, proprio mentre Howard terminava il brano. A quel punto fu lei stessa a staccarsi.

«bravo!!!» esclamò battendo forte le mani con una risata somigliante a quella che Robin aveva sentito uscire dal violino.

«ma guarda un po’chi c’è. Sei riuscita a scappare a Jordan un’altra volta, eh?» Howard posò il violino «la mia piccola artista delle fughe».

«lui» Emerald guardò Robin «però ha detto che sono una brava bambina».

«ma si che lo sei, ovvio…»

«…e io l’ho abbracciato!»

Ah.

«ahem…scusala Robin, è in un periodo molto “coccoloso”…» disse Mr. Lancaster all’amico, sperando che non se la fosse presa.

«eh…beh…fa niente. Un abbraccio non è la fine del mondo» minimizzò Robin nonostante fosse ancora un po’ sorpreso da quel gesto.

«lei signore lo sa come si abbraccia?...si fa cooooo…sì!» Emerald allargò le braccia e poi le chiuse a stringere il niente «è divertente!»

Incredibile ma vero le parole di quella bambina lo portarono perfino a sorridere sotto l’elmo. «si, eh?»

Emerald da grande non avrebbe avuto memoria di quell’episodio, riuscendo a ricordare circa dai quattro anni in poi.

«si si!» lei smise di rivolgere la propria attenzione all’uomo accanto a lei per guardare suo padre, che aveva posato il violino, ed alzare pollice ed indice come a formare una specie di pistola.

«pam!»

Davanti agli occhi attoniti di Robin Mask, Howard Lancaster si portò entrambe le mani al cuore per poi stramazzare a terra. «mi hai colpito! Muoio!»

Emerald scivolò giù dal divano e gli andò vicino. «…ma i morti parlano, papà?»

«solo quelli che muoiono per finta…»

«…eccola! Signori…perdonatemi. Mi è scappata» si scusò il maggiordomo in capo.

«che Hammy sia brava ad evadere ormai è risaputo…» disse Howard, ancora sdraiato a terra.

Robin pensò che lui mai si sarebbe fatto vedere in quel modo dal personale, “morto” con suo Kevin vicino che ancora imitava con le dita la pistola, nemmeno se si fosse trattato di Archie. Invece Jordan Lederdale non sembrava minimamente sorpreso dall’atteggiamento di Howard, segno che quella scena non era nuova ai suoi occhi.

«vi prometto che starò ancora più attento, signore» disse compunto mentre prendeva Emerald per mano «venire signorina, tornate a giocare…scusatemi ancora tanto per il disturbo».

Uscendo dalla stanza col maggiordomo Emerald si voltò per fare a Robin un ultimo “ciao ciao” con la manina.

Ricambiato.

Howard si rialzò da terra solo quando lei se ne fu andata.

«come mai mi guardi così?» chiese a Robin.

«è che quel che hai fatto non era molto…dignitoso» disse quest’ultimo. Howard sorrise e sbuffò una risata.

«non c’è dignità che tenga, se mia figlia mi spara con le dita io devo morire».

«si, ma davanti al personale…» obiettò ancora Robin Mask, al quale quella faccenda sembrava proprio fuori dal mondo, nonché dalla sua idea su come si educano i bambini.

«che devo dirti Robin, quando uno è morto è morto; non si rialza. Ed Hammy è ancora troppo piccola perché giochiamo agli zombie».

L’inglese mascherato gli diede un’ultima occhiata, capendo che tanto qualunque cosa gli avesse detto Howard sarebbe rimasto della propria idea. Quindi tanto valeva cambiare argomento.

«come credi. Senti, non potresti suonare ancora per me quest’ultimo brano?»

«nessun problema» disse l’altro riprendendo in mano lo Stradivari «Paganini non ripete, Howard Lancaster invece si».

Ed aveva ricominciato a suonare.

 

 

:: di nuovo pianeta Ercole, infermeria ::

 

 

«va’ all’inferno!» sbottò Robin all’improvviso afferrando il bicchiere vuoto di vetro sul comodino e lanciandolo contro la radio, rompendo sia questa che il bicchiere in mille pezzi.

Non poteva più sentirla, “la Risata”, la percepiva quasi come una presa in giro. Come se a ridere fosse stato Howard stesso, e di lui, dell’ex wrestler rimasto completamente solo e attualmente lì nel letto ad aspettare di guarire dalle ferite infertegli dalla ragazza che un tempo era stata la stessa bambina che gli aveva fatto vedere com’era che si abbracciava.

Pensando a che grandissima bastarda era diventata adesso, e a che svergognata anche, c’era da rimanere di sasso.

Ma in fin dei conti anche i coccodrilli da cuccioli sono carini, giusto?

«ma cos’è successo alla radio?» rieccola, la dottoressa…

«mi è…scivolato il bicchiere dalle mani».

Lei lo guardò senza riuscire a nascondere del tutto un’espressione scettica. «magari la prossima volta è meglio se utilizza un bicchiere di plastica allora, che ne dice?»

Si, forse era meglio…

Stava giusto per poggiare nuovamente la schiena sui cuscini quando ecco che il rumore lontano di una musica lo fece irrigidire un’altra volta.

Ma che diavolo stava succedendo?!...si davano anche feste adesso?!

Eh no. Quella era una scuola di wrestling, non una discoteca!

Appena la dottoressa sparì dalla vista -era piccina in confronto a lui e giovane, ma in un certo senso era davvero tremenda- Robin cercando di non badare a fatica e dolore si alzò ed uscì dall’infermeria, ancora tutto fasciato ma deciso a mettere fine a quella farsa…

 

 

:: qualche ora prima ::

 

 

«il compleanno di tuo padre?»

Jacqueline annuì. «si, e se mi riesce voglio convincerlo a dare una festa. Insomma…ok, allenamenti e tutto quanto ma…ho voglia di un minimo di relax».

Erano a pranzo. Emerald vide Kirika occhieggiare con somma soddisfazione la sedia ancora vuota di Robin Mask. Come lei, era un’altra che lo odiava veramente.

«che pace che c’è, non pensate anche voi?»

Allusione colta immediatamente da Fiona. «non dovresti essere così contenta che Mr. Mask stia male».

«Fiona, nonostante anche io abbia promesso di comportarmi bene ed intenda mantenere tale promessa non significa che Robbie abbia iniziato a piacermi» disse Emerald «allora, dicevi di questa festa Jacqueline…»

«si, voglio convincerlo. È da stamattina che lo sto torchiando e penso di starci riuscendo…»

«feste, ma andiamo» Fiona non sembrava essere molto d’accordo «siamo qui per allenarci!»

«infatti da domattina si torna alla normalità, però dai, oggi è il compleanno del direttore!» Emerald iniziò ad occhieggiare il suddetto «ed anche io effettivamente ho voglia di un po’di festa. Dovremmo iniziare a pensare alle musiche…»

«non sapete neanche se riuscirete a farla e già parlate di musiche?» intervenne Roxanne.

«meglio prima che dopo Ro’. Quanto alle cibarie ormai non c’è problema, ce ne sono in abbondanza» considerò Hammy «e anche il posto, io credo che qui in mensa sarebbe perfetto. Basta spostare in là i tavoli o unirli tutti e salirci sopra come un palco che sarebbe anche meglio a dire il vero…»

«festaiola professionista?» indagò Crea.

«come mio padre da giovane-giovane, ho vecchie foto e video di certe feste da paura» confermò Emerald «stavamo dicendo, allora, musica».

«ci starebbe qualcosa di latino americaneggiante» disse Jacqueline.

«ah-ha! Trovato!» esclamò Hammy «Jacqueline tu col reggaeton come vai?»

«che?! Reggaeton?» Crea scosse la testa «no-no-no-no-no, non se ne parla…»

«sarebbe su Reggaeton Agresibo eventualmente, non sul Perreo» specificò Jacqueline «io il Perreo non lo ballo».

A sentirlo nominare ad Emerald tornarono in mente in ogni più piccolo dettaglio ricordi di quando lei ed il suo Nemico Numero Uno erano stati a L’Avana. Eheh. Tanto, tanto reggaeton!

«Reggaeton Agresibo, right…facciamo io e te un po’di quello all’inizio e poi per accontentare tutte passiamo ad altri generi» si alzò «chi viene con me dal direttore?»

«ma fate sul serio?» anche Kirika si alzò «festa sia allora, ma io festeggio solo perché il rompicoglioni è in infermeria e spero che ci resti ancora il più possibile!»

Anche Jacqueline si alzò. «ognuno ha i suoi motivi».

Le altre tre le guardarono andare da Vance MacMadd, che sedeva con gli istruttori allo stesso tavolo.

«dite che li convincono?» domandò Roxanne.

Rimasero a guardare per i successivi cinque minuti Emerald, Kirika e Jacqueline che, una cosa tira l’altra - “andiamo, è il suo compleanno, se non facciamo festa al miglior direttore mai esistito a chi la facciamo?”, “andiamo, ha ragione, è il tuo compleanno!”, “sarebbe dopo cena, niente disturbo ai programmi di allenamento e domattina ci sveglieremmo alla solita ora!”, “andiamo, non siete mica vecchi, avete tutto il diritto di prendervi qualche oretta per divertirvi!”- riuscirono a convincere chi di dovere che quella della festa non era un’idea poi così malvagia.

«…e ce l’hanno fatta» Fiona scosse la testa «ma veramente?»

«magari se ci fosse stato Robin Mask non ci sarebbero riuscite, ma lui…non c’è!» disse Roxanne.

«secondo me ce l’hanno fatta perché non interferisce con gli allenamenti. E perché con tutta la tensione di quest’ultimo periodo anche loro sentiranno il bisogno di staccare un pochino» osservò Crea «ci sta. E poi al di fuori di scuola e ring nessuno di loro a quanto ne so è poi così ingessato! Si, beh, a parte…»

«Robin Mask» completò Fiona.

«che tanto starà fuori da tutto».

«si ma a me continua a non convincere l’idea…» ribadì la rumena «va’ a sapere per quanto si andrà avanti…»

«cena finisce alle otto e mezza, non penso che andremo più in là delle undici tenendo conto che per l’appunto dobbiamo allenarci» disse Roxanne.

«…chiariamoci però: alle undici festa finita!» stava appunto dicendo Geronimo «il programma non deve risentirne».

«don’t worry, faremo tutti quanti i bravi e domattina noi sei saremo pronte per il consueto addestramento» Emerald, Kirika e Jacqueline tornarono a sedere «grazie a tutti e ancora auguri, Mr.MacMadd!» si sedettero «ragazze, è fatta! Tutte pronte per dopo cene, mettete su qualche bel vestito e…»

«ehm. Io il “bel vestito” non l’ho portato» disse Roxanne. Stesso discorso valeva per le altre, eccetto Jacqueline che uno dietro se ne portava sempre perché “non si sa mai”. Emerald fece spallucce.

«allora ho fatto bene a portare la scorta…»

«è uguale, io i vestiti tuoi li ho visti come sono e non li metto» disse Roxanne.

«non ti piacciono?»

«mi piacciono ma sono troppo…troppo!»

«io non mi sento a mio agio in un vestito» disse Kirika alzando le mani «no no».

«e a me non starebbero» dissero in coro Fiona e Crea; ad una andavano piccoli perché era troppo alta, all’altra andavano stretti perché era più formosa di Hammy.

«ma come?...io volevo metterne uno…»

«ma io e te mettiamolo lo stesso» disse Jacqueline «voi eventualmente avete problemi?»

«per me è uguale» disse Crea.

«allora è fatta!»

 

 

:: ora ::

 

 

«guardie! Buttatelo fuori!»

In mezzo secondo l’attenzione di Robin Mask si era spostata dai festaioli al figlio. Il motivo era semplicissimo: se non se ne fosse andato subito c’era il rischio che Emerald facesse venire fuori la storia di Alisa già ora, e lui non aveva intenzione di lasciare che accadesse; nel tempo che rimaneva intendeva pensare a qualcosa per cercare di fermarla, anche se non aveva idea di come avrebbe potuto fare dato che se anche non l’avesse fatto Emerald probabilmente sarebbe stato Howard a dare a Kevin qualche prova di…

“un problema per volta, grazie!”

«Kevin!!!»

Le guardie erano arrivate immediatamente tutte quante, e Kevin stava lottando con tutta la forza che aveva per non lasciarsi sopraffare, ma non era esattamente semplice. E lo diventò ancora meno quando anche suo padre -nonostante le condizioni- si unì alla lotta per trascinarlo via.

A Robin avrebbe voluto dire un giorno in più di degenza probabilmente, ma ora come ora cercava di ignorare dolore e fatica più di quanto avesse fatto prima.

«E-Emerald!» si disfece di due guardie e ne arrivarono quattro «tieni a mente che ti amo! Ti amo, capito?!»

Ecco, la cosa più importante tanto gliel’aveva detta, poteva pure lasciarsi portare via. Fuori dalla Scuola, fino all’astronave da cui era venuto.

«sei una vera delusione, che ti salta in testa di trasgredire così le regole per quella ragazza?!»

«nemmeno un “ciao”, passi subito ai rimproveri» sbottò Kevin «scordati che io la lasci papà, capito? Scordatelo!»

“…ma che gli è successo? Sembra aver lottato con una pantera” pensò.

Fu lì che a Robin venne una mezza idea…

«dovresti invece, perché…ascoltami bene Kevin, perché è vitale: tra qualche mese qualcuno dei Lancaster potrebbe venire a dirti qualche idiozia su tua madre. Per…tormentarti. E tormentare anche me. Hai visto cos’ha fatto Howard alla tomba, è su quel fronte che attacca adesso, ma tu non credere ad una parola capito? Non crederci».

«c-che cosa non-»

Kevin non fece in tempo a finire che venne spinto dentro la navetta monoposto accesa e pronta a partire, e spedito via da dov’era venuto.

Robin guardò l’astronave allontanarsi in modo estremamente rapido.

La sua era stata l’azione disperata di qualcuno che non aveva idea di che pesci pigliare. Dicendo in quel modo poteva aver davvero dissuaso Kevin a credere a ciò che qualcuno dei Lancaster gli avrebbe detto in futuro, o forse più probabilmente l’aveva spinto ad indagare dicendo così, o forse…ah, non lo sapeva, non lo sapeva. Aveva avuto una mezza idea e l’aveva messa in pratica impulsivamente, perché era stata l’unica che gli era venuta, che avrebbe dovuto fare?

…a parte tornare dentro e continuare la tirata sperando di non dover beccare la dottoressa, naturalmente.

Normalmente non gli avrebbe fatto né caldo né freddo, ma stava di fatto che la dottoressa in questione era un’allieva di quel pazzo di MacNeil, il suo medico di base; quindi anche in quel caso…“non si sa mai!”.


***

Alya non viene citata direttamente, ma...xD
Tanto che ci sono vi faccio vedere i vestiti incriminati: di Emerald
Image and video hosting by TinyPic

E di Jacqueline
Image and video hosting by TinyPic

Vi lascio anche un video di reggaeton, e ci tengo a sottolinerare che in realtà questo non è niente...xD

http://www.youtube.com/watch?v=jGJPfWE55Vw

Spero che i salti temporali non siano stati troppo confusionari...alla prossima xD


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Capitolo 13
*** Occhi neri ***


«quello sembra…» Kevin Mask si avvicinò alle fotografie sul mobile «…ma…è mio padre…» guardò la donna dietro a lui «potrei…?»

«guardarla meglio? Ma certo».

In quella foto era ritratto suo padre Robin Mask nel mezzo di un facepalm mentre aveva un braccio attorno alle spalle…dell’Uomo Ragno.

«eh…»

«si, l’altro è mio marito. Voleva fare una sorpresa ad Hammy e farle trovare Spider Man al ritorno dall’asilo…»

Scuotendo la testa il ragazzo rimise la foto al suo posto.

Notando che era solo una delle tante che ritraevano suo padre insieme ad Howard H.R.J. Lancaster.

«anche quella…» la indicò «e quella…» ne indicò un’altra «e tutte quelle…»

Solo a quel punto Kevin stava iniziando a capire che un tempo quei due erano veramente amici stretti. Lui ad Howard l’aveva conosciuto che già l’odio tra quest’ultimo e suo padre era ben sviluppato, e tendeva a considerarne la passata amicizia come una cosa molto “così”…del tipo “mah, amicizia, era più che altro un conoscente”.

Non era così.

«non le hai mai viste in casa tua? Molte di queste una volta le aveva anche tuo padre».

«no…non ho mai visto nessuna di queste fotografie» “mi sa che mio padre le ha bruciate tutte” pensò azzeccandoci in pieno «…è facile che mio padre se ne sia liberato».

«già, avrei dovuto pensarci. Mio marito non l’ha fatto invece» prese in mano una fotografia «il rapporto attuale è quello che è, ma non per questo rinnega i ricordi passati. Qui per esempio è quanto tentava di insegnare a tuo padre ad andare sullo skateboard» gli mostrò la foto «i risultati sono stati quelli che vedi».

A Kevin scappò quasi una risata nel vedere Robin Mask col sedere per terra, la tavola ad un metro da lui, ed Howard -in perfetto equilibrio siora la sua, di tavola- ad osservarlo tra il divertito ed il compassionevole…

«qui invece è quando tuo padre si disperò perché…hai presente quel gioco in cui bisogna disegnare delle figure in modo che il proprio compagno di squadra indovini di che si tratta?» indicò il disegno stilizzato nella foto, in cui si vedeva Robin decisamente irritato ed Howard che pareva dire “ma che colpa ne ho io?!” «ecco, secondo mio marito quello doveva essere un cavallo. Inutile dire che a quel gioco vincemmo io e tua madre».

Una specie di “S” all’incontrario, squadrata,  con quattro stanghette verticali attaccate sotto.

«…ci vuole un po’di fantasia…»

Fotografie a parte la domanda era una sola.

Che cosa ci faceva Kevin con Lady Janice nella tenuta dei Lancaster…?

 

 

:: tempo prima ::

 

 

«…non sento scuse».

«è una pessima idea!»

Nonostante Warsman ci stesse provando in tutti i modi non c’era proprio verso di far ragionare quel ragazzo, che tornato la sera prima dalla sua breve gita sul pianeta Ercole, avrebbe preteso di ripartire immediatamente quella mattina.

Per Londra, però.

«non me ne importa niente, passi il suo rapporto con mio padre ma lui mia madre morta non la deve coinvolgere!»

«Kevin, non hai nemmeno un’idea precisa di ciò che cercava di dirti tuo padre! ripeto, partire per Londra per andare da Lancaster è una pessima idea».

«e io ti ribadisco che non me ne frega niente, non devi venire con me se…» si interruppe brevemente «…già…se me ne vado tu resterai qui da solo con Connors di là della strada».

«in quel caso forse io tornerei a casa “mia”» mimò le virgolette «solo per solo, quella è più lontana. E poi Kevin io te l’ho già detto che non sarebbe la tua presenza a fermare i soldati nel caso volessero farmi fuori, quindi…»

L’inglese si innervosì. Non sapeva bene che fare.

Aveva deciso di andare a Londra per dire una volta per tutte ad Howard di lasciare in pace lui, suo padre e anche Warsman. Visto che nessuno sembrava aver voglia di fare qualcosa doveva agire lui in prima persona.

Ma andare via significava lasciare solo Warsman, appunto.

E anche, forse, perdere una telefonata di Hammy visto che solitamente chiamava al numero di casa.

Ma lui doveva andare. Era una cosa estremamente importante.

Il campanello suonò.

«ma chi è adesso?!» sbottò andando ad aprire. E cambiando atteggiamento appena vide chi era «…Miss Mary!» non si sarebbe aspettato che venisse di nuovo a fargli visita, dopo che era stata lì il giorno prima. Non che gli dispiacesse. Magari poteva dargli una mano a decidere.

«ciao …oh! Sei in partenza?» notò la donna, che era rimasta sulla soglia.

«si, no, non lo so…»

«pare che Howard Lancaster, a detta di Robin Mask, abbia deciso di sfruttare non si sa come la morte della madre di Kevin per infliggere l’ennesimo colpo alla famiglia Mask» le spiegò rapidamente Flash «e lui ora si è messo in testa di “andare a Londra a dargli il fatto suo”!»

Altra notizia piuttosto sconcertante per la donna. « non so se sia una buona idea. è un uomo molto potente. Ma d’altra parte accidenti, il fatto che sia potente non vuol dire che gli sia concesso di fare cose come questa».

«appunto, e visto che nessuno ha abbastanza fegato per dirglielo lo farò io!...o almeno volevo farlo finché non ho riflettuto sul fatto che…allora, a parte che significherebbe lasciare lui da solo…»

Il russo alzò gli occhi al cielo. «non sono un bambino di tre anni! E se quelli non hanno dato noie fino ad ora di certo non è stato per via della tua presenza!»

«…non che intenda trattenermi tanto, il tempo di andare lì, dire quel che devo dire e tornare. Una giornata in tutto» continuò Kevin, ignorandolo «ma…»

«ah, ma allora che problema c’è? Se è questione di non rimanere solo posso farle compagnia io» disse Miss Mary a Flash «almeno potremmo evitare situazioni spiacevoli».

Una proposta che fece allibire il russo, primo perché non si conoscevano quasi per niente, secondo perché…ma quella donna lo sapeva chi e cosa era lui? Perché qualche dubbio gli stava venendo, vista la naturalezza con la quale si era detta disponibile a trascorrere del tempo in sua compagnia. Non che Flash pensasse che ci fosse sotto qualche secondo fine, sapeva che presumibilmente la signora lo aveva detto in modo da far partire Kevin più tranquillo; insomma, era solo molto gentile e disponibile.

Ed anche per quello non se la sentì di metterla in mezzo.

«la ringrazio molto ma…è meglio di no. Non perché non mi farebbe piacere, ma perché preferisco evitare di mettere in mezzo un’innocente, se mai accadesse qualcosa. E tu Kevin se sei proprio certo di voler partire, allora fallo. Io starò bene».

Kevin guardò lui, poi Miss Mary.

«quindi vado?»

«se è quel che ti senti di fare, fallo…ah, una cosa!» esclamò la donna «novità con Emerald?»

«sono riuscito perlomeno a dirle che la amo, quando sono andato su. Anche per questo non ero sicuro di voler partire, perché….se dovesse richiamarmi qui a casa?»

«le dirò io di chiamarti sul cellulare» disse Warsman.

“ma ho la vaga impressione che se chiamasse qui e ci mettessimo a parlare lei finirebbe tutti i minuti a disposizione” pensò.

«mh…si…beh…allora vado sul serio» disse Kevin, salendo sulla moto «prendo il primo aereo per Londra e parto».

«in bocca al lupo» disse Miss Mary.

«…crepi il lupo» rispose lui accendendo il motore e partendo.

I due lo guardarono allontanarsi.

«mi auguro che non gli accada niente di male» mormorò Miss Mary.

«sarò sincero…per quanto sia un uomo assolutamente spietato non penso che Howard Lancaster arriverebbe a fargli del male in senso fisico. A meno che Kevin non gli salti addosso con l’idea di rompergli tutte le ossa» aggiunse poi «è vero che lo ha ospitato in casa solo perché Emerald ha voluto così. Ma è anche vero che -e qui non so se ci sia più da ridere o da piangere- lui è sempre il suo padrino».

Gli era passato di mente per diverso tempo, ma quando Kevin se n’era uscito col voler andare a Londra lo aveva ricordato. Già, roba da non credersi, che proprio lui…probabilmente era anche per quel motivo che, a detta di Kevin, era stato Howard a notificargli l’annullamento del patto. Perché per quanto potessero non piacersi magari quest’ultimo percepiva di avere un minimo di “dovere” di…

«che? Sul serio?...ma Kevin lo sa?»

«mi sono dimenticato di dirglielo» ammise Warsman.

“a riprova del fatto che anche se a detta di miz Lancaster sei una bestia che parla latino, sempre bestia col cervellino piccolo sei”.

Flash e Miss Mary Nikaido si erano fermati a parlare sulla soglia della porta di casa, ma era stata una mossa poco intelligente se si voleva che le cose rimanessero un po’ più nascoste. Ma Connors riteneva una fortuna quello sfoggio di altrui stupidità, perché così poteva avvisare il capo, nonostante sapesse per certo che il viaggio di Kevin Mask a Londra sarebbe andato a vuoto perché Mr. Lancaster dal giorno prima era a Rabat e ci sarebbe rimasto per altri tre; da quel che aveva capito era lì per comprare un oggetto che gli interessava avere nella propria collezione, la statuetta molto antica di un drago d’oro e smeraldi.

Ed anche per decidere o meno se era il caso di entrare in affari con la donna con la quale stava concordando la vendita, il cui nome era Michell Lopez. A detta di Howard sembrava che farlo sarebbe stato quello che Connors aveva definito “un gran colpo”, perché pareva che operassero in campi abbastanza simili…

Connors. Che è successo?

Non lo sentì protestare che “era in riunione” o simili. Perché Howard sapeva che se era l’americano a chiamare c’era sempre di mezzo qualcosa di importante; come quella faccenda con Hammy, per esempio.

«pare che Robin Mask sia alla disperazione, signore, tanto da dire al figlio che voi intendete sfruttare la “morte” di sua moglie per arrecare dolore a lui e tutta la famiglia Mask. Ed il brat è partito per l’aeroporto giusto pochissimo tempo fa: da quel che ho sentito vuol venire a Londra a “darvi il fatto vostro”».

Il racconto fece ridere in modo genuino Mr. Lancaster. – quel ragazzo è proprio identico a suo padre, non c’è scampo…stessa impulsività. Stessa stupidità. E devo darti ragione quando dici che Robin è alla disperazione, visto che nel tentativo di evitare che il figlio scopra la verità su Alisa è stato lui stesso  a portarlo ad indagare. In ogni caso beh...per ovvie ragioni non mi troverà nella mia tenuta.

«però c’è vostra moglie, signore» gli ricordò l’americano «e mi avete detto che adesso anche la signora sa».

continuo a pensare che sarebbe bene che fosse mia figlia a dirgli la verità. Anche perché da quel che mi ha detto quando ha chiamato poco fa, sembra che la sua pausa con il figlio di Robin abbia subìto uno scossone quando lui ieri sera è andato fin lassù solo per dirle che la ama.

«…ah si?»

Pur avendo ricevuto un chiarissimo “via libera” da parte del suo capo Michael Connors continuava a ripetersi che no, non era il caso, che lei doveva avere di meglio e quant’altro. Nonostante ciò, però, quella notizia non lo rese esattamente l’uomo più felice del mondo.

«era ora che facesse qualcosa di un po’meno idiota, quello stupid brat».

devo concordare anche stavolta. Un altro motivo per il quale sarebbe bene che fosse Emerald a dirgli tutto è che lei al momento ha le prove, ossia quelle lettere color lavanda. Al suo ritorno io le fornirò il certificato di morte di Alisa Macintosh coniugata Mask con relativo responso del perito che ne attesta la falsità. Oltre a qualche vecchio filmato che sono riuscito ad ottenere muovendo qualche pedina in più e con un bel po’di fortuna, nel quale si vede molto nitidamente che Robin Mask guarda salire nell’astronave Alisa e Quarrelman. Parlo di fortuna perché tutte le telecamere avrebbero dovuto essere spente, e invece per errore ne avevano lasciata accesa una. Ops.

«la fortuna aiuta gli audaci, signore».

non hai tutti i torti nemmeno stavolta. Va bene…dopo un paio di chiamate per sapere su che aereo è salito e quindi a che ora arriverà, dirò a Janice di prepararsi a riceverlo. E di cercare di farsi dire bene dal ragazzo cos’è che gli ha detto suo padre.

«mi sa che quello per vostra moglie non risulterà troppo complicato».

– pff…già, non c’è nessuno migliore di Janice se si tratta di venire a sapere qualcosa. Fatto ciò, comunque, dovrà confermare che effettivamente qualcosa sotto c’è, ma non per colpa della nostra famiglia, quanto piuttosto del solo Robin Mask. E che sarà Emerald a parlargliene al suo ritorno, perché è “una questione molto delicata della quale è lei ad avere in mano le maggiori prove”. Magari Kevin Mask non si fiderebbe di me, ma è scientificamente provato che tutti quanti finiscono per fidarsi di Janice, che comunque non dovrebbe dirgli alcuna bugia.

«e beh. Di bugie da dire non ce ne sono nemmeno, perché Robin Mask quel che ha fatto l’ha fatto da solo».

mai conosciuto qualcuno migliore di Robin nello scavarsi la fossa da solo e richiuderla, gettandosi perfino la terra addosso. Anche se tu rischi di diventare simile a lui, pensando di essere “inadeguato” quando si tratta di Emerald.

«voi sapete perché dico quel che dico a riguardo…»

si, lo so. Ed è anche per questo che sarei felice se tu ed Hammy finiste col mettervi stabilmente  insieme. Ma sarà quel che sarà, giusto?

«giusto, signore».

 

 

:: varie ed eventuali ore dopo, aeroporto di Londra ::

 

 

Kevin Mask scese dall’aereo, per prima cosa guardandosi intorno in cerca di uno straccio di taxi.

“taxi…taxi…”

«Mr. Mask?»

Il ragazzo, un po’sorpreso di sentirsi chiamare in quel modo a dirla tutta, si voltò trovandosi davanti il volto di un ragazzo più giovane di lui e sconosciuto ma serio ed impettito nella linda divisa che identificava il personale di una casa signorile. Precisamente, a giudicare dallo stemma argentato con la pantera nera dagli occhi di smeraldo rampante, era un cameriere dei Lancaster.

Si stupì, ma fu giusto un attimo. Una cosa del genere avrebbe dovuto aspettarsela.

«vi prego di seguirmi fino all’automobile».

Ecco, adesso che guardava meglio poteva vedere benissimo una limousine bianca. La stessa con la quale Howard Lancaster e famiglia erano venuti a prendere lui ed Hammy l’altra volta.

O beh…se doveva incontrarlo, tanto valeva accettare il passaggio!

Così seguì il ragazzo -Sebastian Lederdale- fino alla limousine, salendo in macchina appena questi gli aprì la portiera per poi chiuderla alle sue spalle e montare a sua volta in macchina, sul posto accanto a quello di guida -sul quale era seduto invece suo nonno Jordan Lederdale, il maggiordomo in capo-.

Partirono.

«è un piacere incontrarti di nuovo, Kevin Mask…»

Si sarebbe aspettato Howard Lancaster, e invece davanti a lui c’era la sola Lady Janice. In un certo senso era molto, molto meglio così -tanto che fece un piccolissimo sospiro di sollievo- ma dall’altro…

«ah…anche per me, signora. Solo che in verità mi sarei aspettato, ecco, suo marito».

«lo immaginavo. Ma mio marito è a Rabat da ieri mattina, e si fermerà per qualche giorno. Viene da sé che non poteva riceverti».

Già. quindi lui aveva fatto un viaggio a vuoto, maledizione.

Però…

«ad ogni modo mi ha incaricata di “fare le sue veci” nella questione che sei venuto a discutere».

Giustamente, se sapeva che sarebbe venuto a Londra non doveva sapere anche il motivo?

Solo che Kevin all’idea di discutere con Lady Janice non si sentiva molto a suo agio. Lei gli piaceva, gli era sempre piaciuta, e gli sembrava non so cosa parlare con lei di quanto fosse stronzo suo marito.

«io…a dire il vero non so se sia il caso…»

«Kevin, so di cosa si tratta. E so anche di non essere così sciocca da non riuscire a capire quanto mi dirai».

«ma no, no, non è per questo motivo che…non mi permetterei mai di pensare che lei sia…non la ritengo una sciocca!» disse subito il ragazzo che non voleva rischiare di finire per non piacere nemmeno a Janice.

«tranquillo. Quel che intendevo dirti è che puoi dire a me quel che vorresti dire a mio marito».

“non penso che riuscirei a darle della bastarda” pensò Kevin.

«ma direi di parlarne una volta arrivati nella tenuta. Magari davanti a tè e pasticcini, visto che è quasi l’ora».

Secondo Kevin due sole cose Howard H.R.J. Lancaster aveva fatto bene nella propria vita: una era Hammy, e l’altra…sposare Janice! Al posto suo probabilmente lo avrebbe fatto anche lui.

«ma non vorrei…»

«ah. Non ti concedo di rifiutare, Kevin; potrei anche offendermi sai?» lo “minacciò” per poi fargli un sorriso luminoso e tranquillizzante «allora?»

«e allora accetto, che devo dire…»

Arrivarono alla tenuta in breve tempo come l’altra volta, complice anche il fatto che se serviva potevano evitare il traffico utilizzando le corsie preferenziali.

E Janice lo fece accomodare in uno dei salotti, nell’attesa del tè…

 

 

:: ora ::

 

 

«oddio, e questa…?!» Kevin prese in mano un’altra foto «ma è vera?»

Janice scoppiò in una risata argentina che gliela rese ancora più simpatica. Per il semplice motivo che era uguale a quella di Hammy.

«oh si! Successe al quarantaduesimo compleanno di tuo padre, dovevano andare da tutt’altra parte e invece finirono in un locale di drag queen a ballare Y.M.C.A., come vedi…»

“vedo, e vedo anche che mio padre tiene un drink per mano. E di quelli pesanti!” aggiunse mentalmente Kevin, che non riusciva a credere a quel che stava vedendo.

Principalmente perché in tutte quelle fotografie, al di là delle sue pose da “è assurdo”, “oh dear”, “ma che diamine…?”, “ma…maledizione!”, suo padre sembrava…divertirsi.

Divertirsi come tutti i comuni mortali, cosa che da quel che Kevin aveva potuto vedere non aveva creduto che Robin fosse assolutamente in grado di fare. Come se il divertimento non fosse una cosa buona, quanto piuttosto un brutto mostro da evitare. O un demone da esorcizzare. Qualcosa di simile, comunque.

Tutto il contrario di quel che c’era in quelle immagini, da quella nel locale per drag queen a quella in cui si vedeva Howard nel suo bel completo bianco porgere a Robin la pallina da golf recuperata dalla cima di un albero.

Stando appeso a testa in giù.

“a quanto pare è un’altra cosa che Hammy ha preso da suo padre, questa” pensò.

«…in quell’occasione tuo padre chiamò mio marito “pipistrello albino”, come ogni tanto faccio anche io» gli raccontò Janice «lo so perché quella volta ero presente» specificò, per poi guardarlo dritto negli occhi «immagino che ti sembri tutto un altro mondo, eh?»

Janice aveva colto nel segno.

«già. è esattamente quel che mi sembra».

Proprio in quel momento vennero serviti tè e pasticcini -in perfetto orario, come Kevin notò con sommo piacere- e loro si accomodarono sul tavolino.

«allora, veniamo al motivo per cui sei qui. A quanto ho capito, tuo padre ti ha detto qualcosa riguardo al fatto che Howard vorrebbe…come dire…recare dolore a te e lui attraverso tua madre».

Non se l’aspettava così diretta, tanto che venne preso in contropiede trovandosi a dirle in modo più specifico cos’era che gli aveva detto suo padre Robin.

«lui…a dire il vero di preciso oltre a questo ha detto che qualunque cosa suo marito mi dica riguardo mia madre non gli devo credere» disse sbagliando, perché in verità Robin gli aveva detto di “non credere a nessuno dei Lancaster” «ma non ho capito a cosa si riferiva. Insomma, mia madre è morta. Che c’è da dire su qualcuno che è morto?» non gli venne in mente nemmeno di tirare fuori la faccenda della profanazione, fatto che in quel momento gli era sparito dalla testa. Forse eclissato dal suo inconscio che voleva evitare di ferire in qualche modo quella donna? «…non è stato molto chiaro. Io l’unica cosa che ho capito davvero è che secondo lui c’entrava suo marito, ecco».

L’istinto di pettegola di Janice le stava urlando un bel “digli tutto! Digli tutto! DIGLI TUTTO!” ma si trattenne.

«Kevin…effettivamente riguardo tua madre Alisa -che peraltro era mia amica, quindi tieni presente che mai potrei dirne male- attualmente c’è in ballo una questione piuttosto…delicata. Ma in questo caso Howard non c’entra assolutamente niente, se non per il fatto che ne è da poco venuto a conoscenza».

Ed eco che lo aveva preso in contropiede un’altra volta. Allibito, Kevin rimise la tazzina di tè ormai quasi vuota sul piattino.

«che…che vuol dire? di che si tratta?»

Janice tese la propria mano a stringergli il polso con fare rassicurante. «in un certo senso per te sarà una bella notizia. Il contorno però…lo sarà di meno. Tu sai com’è fatta Emerald, immagino. È come suo padre, quando ha di meno da fare lei si…”informa”. Indaga. In questo caso, “perquisisce la stanza di tuo padre nella Scuola di Ercole”».

Ecco, quello non lo stupiva per niente invece. Solo che non capiva…cos’era successo allora? Cos’aveva trovato Hammy?

«si…questo non mi sorprende, ma…che cos’ha trovato? Cosa c’era di tanto…grave?» la guardò «lei lo sa?»

Janice annuì. «si. Ma non è bene che te lo dica io; sarà Emerald a farlo al suo ritorno. Avrebbe voluto parlartene prima, ma non sono cose di cui si può discutere per telefono» sorseggiò il tè «e non avrebbe potuto darti le prove tangibili che ha in mano al momento».

Kevin poggiò una mano su una tempia, anche se era coperta dalla maschera. «mi faccia capire. Insomma…curiosando nella stanza di mio padre Emerald ha trovato delle prove di una questione tanto delicata che lei non può parlarmene, e che mi riguardano? E che riguardano anche mamma?»

Janice annuì ancora.

«…e che mio padre a quanto pare non vorrebbe che venissero fuori».

«cosa che invece avverrà. Com’è giusto, in fin dei conti. No, pare proprio che tuo padre volesse tenere quel segreto per sé, tanto da arrivare a dirti che Howard sta attaccando la tua famiglia sul fronte Alisa e di non credere a niente di quel che potrebbe dirti a riguardo. Senza rendersi conto che invece così facendo…eccoti qui» finì il tè «puoi renderti conto da solo che “è l’azione di qualcuno che non ha più idea di cosa fare ed agisce d’impulso commettendo errori madornali come questo”».

«lo ha detto suo marito, immagino».

Kevin si sentiva quasi stordito. Suo padre gli aveva nascosto chissà che cosa riguardo a sua madre, e adesso gli unici a sapere la verità erano proprio Howard e famiglia. E la sua fortuna era di piacere sia ad Hammy che a Janice!

«già, io non sono il tipo da fare simili considerazioni. Non sono esattamente una stratega».

No, non proprio, soprattutto per quel “DIGLIELOOOOOOOOOO” che sentiva in testa. Ma aveva promesso al suo Howie di non dire più di quanto avesse già detto, ed una promessa era debito. E non mantenerla sarebbe stato anche peccato, specialmente per una cattolica praticante come lei, che ad ogni pettegolezzo mentalmente chiedeva perdono al Signore e recitava un Padre Nostro e tre Ave Maria. Come a dire che lo faceva quasi di continuo.

Non che fosse una di quelle cattoliche fanatiche ed intolleranti alle idee altrui, tanto da aver sposato un uomo che se non era proprio ateo come Hammy poco ci mancava. Il fatto che si fossero sposati in chiesa e che Emerald fosse stata battezzata ed avesse fatto le elementari dalle suore erano dovuto solo al fatto che Howard come di consueto aveva voluto farla contenta.

«…quindi io dovrei aspettare fino alla fine dell’addestramento per poter sapere qualcosa in più? Non penso di farcela. Io voglio saperlo adesso. Lady Janice…se lo sa me lo dica. Per favore…»

“…e non indurci in tentazione ma liberaci dal male. Amen. Dammi la forza di stare zitta, Signore».

«vorrei davvero poterlo fare. Ma è bene che tu aspetti, così da poter vedere con i tuoi occhi cos’è che ha trovato Emerald. Se parlassi adesso potresti arrivare a pensare che mio marito mi abbia chiesto di mentirti o simili, visto che sei arrivato qui con quell’idea. Ma qui non c’è ragione di mentire» disse «e non l’aveva nemmeno tuo padre, di mentirti come ha fatto. Ma è qualcosa che dovrai chiarire con lui a tempo debito».

“a tempo debito”, “aspetta”, “pazienta”…Kevin queste parole e frasi le aveva già sentite da Warsman, e ricordava benissimo com’era andata a finire. Anche per questo divenne tanto inquieto che le sue sensazioni sfociarono quasi nella paura, cosa della quale nonostante non fosse cosa facile a farsi Janice si accorse.

«una cosa che forse non sai però te la posso dire».

Lui rizzò le orecchie. «quale?...»

«innanzitutto tieni a mente che se ti servisse qualcosa puoi chiedere a me. E questo in nome di quanto sto per dirti» gli offrì i pasticcini «la notizia ti lascerà perplesso presumo, ma devi sapere che io sono la tua madrina…»

«c-che cosa?!» allibì Kevin. Il pasticcino gli cadde dalle mani.

Janice era la sua madrina. E se le cose stavano così allora, anche vista la vecchia amicizia, era logico presumere che Howard H.R.J. Lancaster fosse…oh cielo.

Quell’uomo che detestava come pochi era il suo padrino?!

«se non mi credi puoi sempre verificare quando vuoi. Io ed Howard siamo la tua madrina ed il tuo padrino. E tuo padre e tua madre sono quelli di Hammy».

Doppio “WTF?!!” …suo padre era il padrino di Emerald!

Immaginò la faccia che doveva aver fatto lei quando l’aveva saputo, se l’aveva saputo. L’unica cosa che lo consolava era che, come dire, mal comune mezzo gaudio.

«…mia…madre “era”, se mai».

Janice non replicò, preferendo mangiarsi l’ennesimo pasticcino. «…finisco sempre a mangiarne quintali, di questi».

Cambio di argomento improvviso, ma che prese subito Kevin facendolo addirittura sorridere anche dopo quel che aveva saputo.

«anche Hammy mangia quintali di roba. Sembra un aspirapolvere più che un essere umano, e mai che mettesse su un chilo! Se mai li perde!»

«almeno il metabolismo e il fisico li ha presi da me. Il resto tutto da suo padre…»

«non la risata».

Lei lo guardò. «mh?»

«lei e sua figlia avete la stessa risata…amo quella risata. Ehm. Quella di Hammy insomma. Cioè non che la sua sia brutta visto che sono uguali però si ecco-»

Quell’impappinamento le fece ridere nuovamente e zittì lui.

«dai dai, avevo capito».

“ma come fa Howie a preferirgli quell’americano arrogante? È così tenero” pensò la donna.

«…»

«quando siete venuti qui Hammy ti ha mostrato i nostri cavalli?»

«no…non avevamo molto tempo sa».

Janice si alzò. «ti va di venire alle stalle? Posso mostrarti quelli che ci sono lì se vuoi. Ma non chiedermi di farti vedere Abraxas per piacere, a parte che correrebbe subito via, ma oltretutto quel bestione gigantesco mi inquieta abbastanza. Non so come facciano mio marito e mia figlia a montarlo, e senza finimenti poi» scosse la testa «sinceramente a volte quei due mi risultano quasi incomprensibili».

Anche Kevin si alzò. «ad essere sincero Hammy a volte risulta così anche a me. Ad ogni modo…d’accordo. Verrò volentieri a vedere i cavalli».

Mentre usciva dalla stanza con la signora Lancaster l’occhio gli cadde di nuovo sulla foto di suo padre con “l’Uomo Ragno”. Nonché, di sfuggita, su tutte le altre fotografie in cui comparivano Howard ed Emerald o la famiglia Lancaster al completo.

E si trovò a pensare con un fastidio che non gli piaceva ammettere che…accidenti, suo padre non si sarebbe mai vestito da Uomo Ragno per farlo divertire. E non avrebbe nemmeno girato dodici istituti privati per fargli scegliere quello con una divisa che gli piacesse. Così come non lo aveva mai portato a cavalcare insieme a lui, o non aveva fatto venire nella tenuta alcun cantante per i suoi compleanni, o non si era mai curato di instaurare un rapporto di vera confidenza come invece Howard pareva aver fatto con Hammy fin da subito.

Pur continuando a pensare che fosse un errore che lei non volesse uscire davvero dal nido, e che lui continuasse a volersi mettere in mezzo, e tutte le altre considerazioni che aveva fatto con Warsman ormai tre milioni di volte e per le quali lui ed Emerald avevano litigato tanto furiosamente da prendersi una pausa, si trovò a pensare che forse…no, forse proprio-proprio in quel modo no, ma…avrebbe tanto voluto che suo padre avesse cercato di avere con lui un rapporto simile a quello di Hammy col suo, di padre.

 

 

:: Scuola di Ercole ::

 

 

«dov’è che è andato Kevin?...»

sei sorda? A Londra. L-o-n-d-r-a. A fare quel che ti ho detto, perché Robin gli ha detto in quel modo.

«una bestiaccia come te è in grado di fare lo spelling, mi stupisco tutte le volte…»

guarda che non mi ci vuole niente a sbatterti il telefono in faccia.

«e a me non ci vuole niente per ordinare a chi di dovere di spararti ad una gamba».

Totale silenzio dall’altra parte. Hammy stessa si rese conto che avrebbe dovuto mordersi la lingua invece che dirgli una cosa come quella.

«guarda che scherzavo…»

vaffanculo.

«ok, era meritatissimo, ogni tanto hai ragione anche tu» disse con un sospiro.

…va bene, che è successo? Con quel che hai detto, adesso mi sembri più arrendevole del solito.

«non solo porcello ma pure impiccione» lo punzecchiò lei «non è niente, pensavo solo all’arrivo di Kevin qui ieri. E al fatto che sia questo viaggio che l’altro sono stati praticamente a vuoto, perché qui ha fatto giusto in tempo a dirmi “ti amo” e poi è stato buttato fuori, e lì a Londra se mai becca giusto mamma perché mio padre è a Rabat da ieri».

sul serio?...soldi buttati…

«poteva viaggiare su un aereo dei miei. Sanno chi è, e non avrebbe pagato un cavolo».

ma che gentile.

«e si che con te non abbiamo fatto alle stesso modo!»

Altro momento di silenzio completo.

«…Sorcio? Se ci sei squittisci».

un viaggio in quel modo probabilmente non si ripeterà più.

Stavolta fu lei ad ammutolire un attimo. «…ovvio. No. Ma questo lo sapevi da quando siamo tornati. Cos’è, ti mancano le ballerine sudamericane? Cuba? Brazzzzilll?...»

– …

Emerald si diede mentalmente della cogliona. Dopo che lui aveva tirato fuori quella faccenda di Rio si era ripromessa di non nominare più il Brasile, e il loro viaggio in generale.

«lo sai chi dovrebbe farsi una vacanza? Robbie Robbie. Era talmente nervoso che quando mi ha attaccata l’ultima volta…mh. È finito per sbaglio giù dalla rupe…»

L’HAI BUTTATO GIÙ DA UNA RUPE?!!

«…per sbaglio…»

seh, come no, per sbaglio, ma raccontala a qualcun altro che non ti conosce bene come ti conosco io!

«comunque si sta già riprendendo, ovviamente. Anche se quel che è successo ieri lo farà stare a letto un paio di giorni in più. Perlomeno gli facesse bene avere sotto gli occhi la dottoressina carina che hanno messo quassù…se dopo tutte le botte sulle palle che ha preso queste fossero ancora funzionanti gli direi di provarci. Meglio quella che la bambola in fin dei conti. Anche se al posto di lei non lo cagherei proprio di pezzo, sono a due  livelli diversi, tipo…me e te, per esempio!»

ma devo mandarti a quel paese un’altra volta?!...e poi se i livelli sono quelli ci sarebbe qualche speranza. Sempre che lei sia una puttanella come te.

«non mi pare il tipo, purtroppo per Robbie Robbie».

puoi evitare di chiamarlo in quel modo?...comunque, non ti ho chiesto la cosa più importante: Kevin. Che vuoi fare con lui?

Domandona.

«è…difficile».

che vuol dire?

«da un lato è stato assurdo ma carino da parte sua venire fin qui per dirmi “ti amo”. Dopo che non ci siamo sentiti tutto quel tempo, dopo tutti quei litigi continui…era un secolo che non ce lo dicevamo. Solo che, ecco…» fece un sospiro nervoso «non…non è…ci sono tante cose che…»

…quale è il problema?!

«è che lui…si dice “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”. È stato un gesto dolcissimo il suo, non dico di no. Però quel che mi viene in mente è “non è che se concludiamo così la pausa tempo un paio di giorni e tornerà a mangiarmi la faccia per ogni minima cosa”? con i suoi attacchi verso mio padre, con quella sua sottospecie di maschilismo, con la possessività? Io con quelle faccende lì la voglio fare finita».

non è tutta colpa di Kevin, Emerald. Anche tu dovresti imparare ad ascoltarlo di più, ad essere un po’più sensibile nei suoi confronti, e dovresti dire a tuo padre che non hai bisogno  di essere tenuta sotto una campana di vetro. O di un buon numero di soldati pronto a spararmi al primo cenno!

«ma vi hanno fatto niente?»

no ma-

«e allora dov’è il problema?»

Hammy lo sentì borbottare qualcosa riguardo al fatto che sarebbe stato un discorso lungo, complicato e teso quello con cui ficcare quello che c’era da ficcare in quella sua “testaccia dura”.

quindi fammi capire, nonostante il suo gesto non intendi concludere la tua pausa di riflessione? Tu sei fuori di testa.

«Flash, saranno anche cazzi miei no?!»

si ma poi quello che deve sorbirsi le scenate post-litigio, post-discussione e pre-post-in-pausa sono io! Per non parlare del fatto che quel povero ragazzo mi fa pena. Ti ama alla follia, e tu lo sai!

Emerald socchiuse gli occhi. Quelle parole non la facevano sentire poi tanto meglio.

«si…forse. Ma io…»

un momento. Non sarà per caso che il problema non è tanto l’amore di Kevin per te, quanto piuttosto il TUO per lui?

Quel vecchio porcello la conosceva veramente troppo bene.

Ma quelle erano cose che non voleva dire nemmeno a lui.

Attualmente in ambito sentimentale era in preda ad una confusione pazzesca. E non era come l’altra volta con Tovarich, oh no. Quando stava con lui Hammy aveva sempre saputo di amare Kevin, tanto da metterlo in chiaro con Turbinskii stesso.

Stavolta era diverso, perché nonostante l’avessero presa entrambi “come se niente fosse” -più o meno- lei a quel bacio con Michael aveva pensato spesso.

Molto spesso.

Troppo, spesso.

Kevin era il suo ragazzo e lei lo amava, ma avevano un mucchio di problemi.

Michael era un ex mercenario -e non le fregava niente- con, a suo dire, un passato assolutamente deprecabile -e non le fregava niente nemmeno di questo- reo di aver compiuto stupri, assassinii, torture anche in tempi recenti -e per assurdo che potesse sembrare non le fregava niente nemmeno di quello- ma che quando si trattava di lei arrivava a farsi lo scrupolo di dire “non sono abbastanza, meriti di meglio”.

E pensava a lui.

Al suo odore di pino silvestre e maschio. Al suo sapore, alle labbra morbide, a quella barbetta un po’pungente. Al fatto che avesse cantato con lei nonostante le costole incrinate, cosa per la quale quando l’aveva saputa gliene aveva dette di tutti i colori.

A quei suoi occhi neri vivi, brillanti, a quel suo sorrisetto sfacciato che conosceva fin da quando era bambina, le lentiggini, i capelli castani perennemente senza un verso, quella sua “strategia acchiappa signore”…

Ma perché doveva essere tutto così complicato?

E anche lei però se le andava a cercare, perché quando Michael cinque giorni prima le aveva proposto una nottata di tango -insegnatogli dai suoi nonni argentini- di lì ad una settimana avrebbe dovuto dirgli di no.

Ma aveva pensato, “perché? Con Kevin sono in pausa e comunque è solo un ballo”.

Solo un ballo…

E la cosa più assurda era che l’idea di dire a Kevin di quest’ultima cosa, del tango insieme a Connors, le risultava più “fattibile” rispetto a dirlo al russo che al momento era al telefono con lei. Il tango era una cosa…”loro”. Come i loro litigi, i loro scherzetti atroci, i loro segreti e anche quel viaggio.

Emerald J.V.P. Lancaster si sentiva una traditrice in tutti i sensi, e non poteva -o forse sotto sotto non voleva?- farci niente.

«ah macché. Sono solo un po’…così. La situazione non è facilissima quassù sai?»

ciò non toglie che…

«ci sentiamo. I minuti sono finiti» breve esitazione «ciao».

E chiuse.

***

Dal prossimo capitolo, timeskip a fine periodo di addestramento :D altrimenti qui la cosa va troppo per le lunghe, vi rompete le scatole e ci lasciate tutti quanti...
Emerald: ...ma veramente? T_T nooo, peccato!

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Capitolo 14
*** Tratti di famiglia, parte II ***


Emerald J.V.P. Lancaster stava ridendo ormai da venti secondi buoni.

Una risata sincera, di cuore, che le faceva dolere la pancia e lacrimare gli occhi.

Rideva, rideva, rideva…

Ed il motivo era semplicissimo.

Arrivate alla fine del loro periodo di addestramento a lei, Roxanne -con le sue cicatrici e più muscolosa-  e Jacqueline toccava la sfida contro gli istruttori.

Queste ultime avevano già finito, Jacqueline vincente contro Curry Cook e Roxanne, a sua volta vincente, in uno scontro piuttosto faticoso con Jesse Maivia. Si era passati dunque al turno di Hammy, che era rimasta poggiata tranquillamente al tendicorde con indosso la sua tutina da combattimento.

Sapeva che gli incontri erano organizzati in modo completamente casuale e che quindi avrebbe potuto toccarle chiunque, esclusi Cook, Maivia e Buffaloman che arbitrava, ovviamente. Il suo avversario avrebbe potuto essere anche Pentagon, o Sozumi, o Ramenman…

Riguardo quest’ultimo si augurava proprio di no. Man mano che il tempo passava aveva dato a vedere che “la sua forza aumentava”, naturalmente, ma in quell’incontro contava di utilizzare al massimo le potenzialità del proprio braccio potenziato visto che ora che erano arrivati alla fine “ci stava” e se mai sarebbe sembrato solo…che fosse diventata estremamente forte, appunto.

E veniva dunque da sé che chiunque si fosse trovata davanti sarebbe stato semplicemente stroncato.

“se fosse Ramenman mi dispiacerebbe veramente tanto”aveva pensato, quando aveva visto la botola aprirsi.

Ma quando aveva visto chi era lo sventurato che era venuto su, dopo aver sollevato un sopracciglio con aria allibita e scosso la testa ecco che quell’attacco di ilarità incontrollabile l’aveva presa senza lasciarle scampo.

«…c’è qualcuno lassù che ce l’ha proprio con lei, Mr. Mask!» esclamò tra una risata e l’altra «ccccioè, tipo che se non la manderò in coma irreversibile e invece che farle volare via la mascella le butterò solo giù qualche dente è unicamente perché di qui a breve avrà parecchio di cui parlare con lei-sa-chi».

E giù un’altra risata.

«Lancaster! Riderai decisamente meno quando lo scontro avrà inizio!» la riprese Buffaloman che in una faccenda seria come quella poco tollerava simili atteggiamenti.

«no no, mi sa che io continuerò a ridere parecchio, mentre lui non potrà farlo per un bel pezzo. FionaaaaAH! Prepara i soldi della scommessa!» guardò Robin Mask «al mio arrivo qui ho scommesso che le avrei buttato giù i denti, Mr. Mask» gli spiegò, come se ce ne fosse stato bisogno e Robin non fosse stato nero già di suo.

Lui se l’era sentito che avrebbe dovuto arbitrare come invece aveva detto di fare a Buffaloman. Ma no! Aveva ignorato il campanello d’allarme e si era stupidamente messo in mezzo al sorteggio. In un’azione che forse era stata suggerita dall’inconscio, sperando proprio di trovarsela davanti con l’obiettivo di impedirle di prendere il diploma e fargliela pagare una volta per tutte.

Di nuovo, il pessimo orgoglio dei Mask gli aveva giocato un gran brutto tiro. Se era riuscita a sollevarlo e buttarlo giù da una rupe circa un mese e mezzo prima figurarsi cos’era che avrebbe potuto fargli adesso, anche perché dubitava fortemente che in uno scontro con lui la ragazza si sarebbe risparmiata.

Come minimo l’avrebbe assalito allo stesso modo in cui Howard, un tempo, lo aveva fatto col proprio avversario nell’unico incontro mai combattuto. E Robin ricordava molto bene sia lo svolgimento che la fine, col tizio in coma profondo e poi morto.

Il suo ex amico considerava Warsman una bestia, ma quella volta sul ring era stato molto più “bestiale” di lui, tanto da portarlo a pensare “adesso Howard a quello strappa la testa dal collo e la infila sul bastone da passeggio”.

«vedremo chi butterà giù i denti a chi!»

«io a lei, non c’è storia».

«LANCASTEEEEEEER!!! sfracellalo tutto!!! Tritalo!!! Fai si che non si rialzi più!!!» le urlò Kirika.

«l’idea è più o meno quella infatti!...o, non è che qualcuno qui ha “O Fortuna” tante volte?...no, eh?» si informò Hammy «vabbè».

«ad Emerald non sembra importare granché di combattere con una vera e propria leggenda del wrestling. È vero che è diventata molto forte ma io non sarei così tranquilla» disse Roxanne, che ora portava i capelli -che si erano allungati non c’è male- raccolti in una coda alta, come Jacqueline.

«troppa tensione gioca a sfavore. Sapendo che deve necessariamente batterlo tanto vale cercare di restare più tranquilla possibile; secondo me non sbaglia» disse la rossa «oltretutto credo che aspettasse un momento come questo fin dall’inizio…uff…» sbuffò «spero che si sbrighi, almeno possiamo andare tutte a casa sua…»

Hammy infatti aveva invitato tutte le ragazze a trascorrere lo weekend nella propria tenuta tra feste, centro benessere interno, cavalcate e quant’altro.

«ma tu sei davvero così entusiasta di andare…insomma…c’è anche suo padre, lì» le ricordò Roxanne.

«non può essere poi così male se ci ospita gratis!» disse Kirika «ex due codini, guai a te se fai saltare la gita perché ti rompo».

«adesso come adesso anche io posso rompere te, sai?!» ribatté Roxanne. La demonessa rise di gusto.

«nyah-ah-ah-ah-ah-ah, si è fatta tosta la ragazzina!»

«in effetti dopo tutti questi mesi l’idea di un weekend di completo relax in un posto come quello delle foto che ho visto mi attira moltissimo» sospirò Crea «padre di Emerald o meno».

Fiona non commentò. Aveva accettato anche lei come le altre l’invito -che a quanto pare era venuto dallo stesso Howard Lancaster- a trascorrere il weekend nella tenuta di Londra. Ma non si poteva dire che fosse proprio ultra felice all’idea.

«io però mi domando…insomma, mi sembra strano che suo padre ci abbia invitate tutte, così, come se nulla fosse, senza scopo alcuno…» disse dunque.

«no, “strano” non è» la contraddisse Roxanne «perché tu devi capire che Hammy a farsi delle amiche femmine ha sempre avuto qualche problema, quindi sapendo che è riuscita a stringere un legame con noi vorrà conoscerci, magari…»

«ah si, Emerald ha problemi a fare amicizia con le donne? Non l’avrei detto. E non capisco nemmeno perché» disse Crea «non ha niente che non va, è solo testarda, imprudente, esuberante e diverse volte un po’sfacciata ma sono tutte cose che lei stessa riconosce di essere».

«sarà, ma fino a qualche mese fa io e lei ci odiavamo» disse Jacqueline «a morte! Un paio di volte c‘è mancato poco che mi facesse saltare la testa con la doppietta».

«nyah-ah-ah-ah-ah-ah-ah, e come darle torto?!» rise Kirika.

«si, abbiamo capito che sei la tsunderekko del gruppo, dacci un taglio!» la rimbrottò Fiona.

«…la che?»

«una falsa scontrosa dal cuore d’oro» tradusse Roxanne.

«chi di voi due devo smutandare per farvi capire che sono cattiva fino al midollo?»

«ahem, non puoi essere cattiva se fai parte della Muscle League» la corresse Anubi Crea.

«posso, posso, voglia tu se posso. E a tal proposito…» indicò loro con un cenno del capo una strana busta bianca che poco tempo prima aveva fatto scivolare sul tavolo a cui sedeva Vance MacMadd. Senza che nessuno se ne accorgesse «quando qualcuno noterà quella lì ci sarà da ridere. Non per Robbie…ma per noi di sicuro».

«che cosa c’è esattamente in quella busta?...» indagò Jacqueline.

«nyah-ah-ah-ah-ah-ah-ah!!!...tra un po’lo vedi!»

«Kirika mi era parso di aver ribadito più volte a te ed Emerald che dovevate farla finita!» sibilò Fiona.

«ma infatti da dopo che il vecchio Rob è finito giù dalla rupe chi si è mosso più?...non in modo palese perlomeno…» specificò la demonessa in un bassissimo sussurro «eppure questo non è bastato a permettere ad Emerald di ottenere i galloni di miglior lottatrice tra lei, la ex due codini e la rossa. Tutto perché nel primo mese e mezzo Robbie non le ha dato i punti che avrebbe meritato o gliene ha tolti per ogni minima cosa».

«ma tu precisamente come fai a sapere chi sarà e chi non sarà la miglior lottatrice? Non viene detto mai, se non alla consegna dei diplomi» osservò Jacqueline.

«potendo muoversi nei condotti Emerald aveva orecchie ovunque, arrivaci genialoide!...mpf…secondo me se la migliore lottatrice sei tu è solo per via di tuo padre…»

«eh?! Io?...o beh, d’altra parte le capacità non mi mancano» concluse Jacqueline «al di là del fatto che mio padre sia direttore operativo qui…»

«ssst! …aprono la busta!»

Infatti Vance MacMadd vista quella strana busta bianca sul tavolo aveva deciso di aprirla, incuriosito.

Per poi trovarsi a guardare Robin Mask, proprio quando Buffaloman stava per suonare il gong.

«…fammi capire bene, giochi con una sex doll qui nella MIA scuola e davi dell’immorale alla ragazza?!» allibì Vance.

Normalmente non se ne sarebbe mai uscito con una cosa del genere, mantenendo di più il controllo, ma quelle fotografie l’avevano preso così alla sprovvista che non c’era riuscito!

«…eh?»

«come-come?»

«una sex doll?!»

Robin vide tutti quanti i suoi colleghi stringersi attorno a Vance per guardare quelle maledette fotografie.

Ecco, quello si che si chiamava perdere la faccia.

E sapendo cosa c’era in programma, era solo l’inizio.

«…una sex doll, Mr. Mask? Ma davvero…?» e quella lì che fingeva di non saperne niente! «ma come, proprio lei che è siffatto esempio d’integrità morale…»

D’accordo, quella era una palese presa in giro.

E decisamente l’inglese, particolarmente adesso che i suoi colleghi lo stavano guardando come fosse stato non sapeva nemmeno lui cosa, non era in vena di sopportarla.

Dannata, dannata, DANNATA stronza!!!

Lo sapeva che avrebbe dovuto massacrarla fin da subito!

«e adesso…basta così» disse con furia gelida tale da far paura strappando il gong dalle mani di un allibito Buffaloman e dando inizio lui stesso allo scontro!

«…ma è regolare?» Crea sgranò gli occhi.

«no, ma non importa niente a nessuno al momento! Emerald, attenta!»

Era stata un’azione tanto veloce, quella dell’inglese, da aver preso di sorpresa la ragazza che si trovò intrappolata in una morsa letale che oltretutto bloccava -o meglio avrebbe dovuto bloccare- il suo braccio destro; giustamente aveva pensato “sistemato quello, sarà più semplice sistemare lei stessa”.

«durante questo periodo ho agito da stupido, ho fatto degli errori che mi hanno fatto perdere la faccia, ma adesso sono autorizzato a ridurti in poltiglia come ho promesso al tuo caro papà» la strinse di più mentre le tirava il braccio tanto da indurla a fare una smorfietta di dolore «un massacro autorizzato».

«come piano è caruccio, peccato che sfiga sua l’autorizzazione sia reciproca e che lei sia un coglione di quelli da manuale» il braccio sinistro di Hammy era ancora libero… «tanto da non rendersi conto che entrambe le mie braccia adesso non scherzano!» disse, assestandogli una tremenda gomitata…nel posto dove in quei mesi l’aveva colpito con di tutto e di più!

Nonostante il dolore però Robin strinse i denti e continuò a tenerla. «n-non penserai che questo basti, vero?!»

La ragazza pose un piede dietro la caviglia dell’uomo. «ma certo che non basta. Solo che triturarla subito-subito non mi va».

Detto questo si spinse indietro con tutte le proprie forze, facendo si che lui si sbilanciasse e facendogli perdere definitivamente l’equilibrio andando a colpire la caviglia e liberandosi.

«…si è liberata» osservò Sozumi.

«si beh, allieve e bambole sono due cose diverse» commentò Pentagon «qualcuno dovrebbe spiegarlo al nostro collega…»

«dopo tocca a te se non la smetti!» sbottò Robin all’indirizzo dell’americano mentre si rialzava «d’accordo, sei riuscita a liberarti, ma questo non significa che l’incontro sia finito. Non ti permetterò di uscire di qui se non in barella» si avvicinò ad Emerald «e non mi interessa se sono o meno il tuo padrino, o se stai ancora con mio figlio. Quello dei Lancaster è sangue marcio. E tuo padre, come te, ne è la dimostrazione».

Era passato parecchio tempo da che Emerald aveva sentito nella propria testa…“plic”…quel rumore simile a quello di una goccia che cade.

E se già prima senza quel braccio -la cui pelle era coriacea al massimo, al momento- era pericolosa, con o senza la doppietta, figurarsi cos’era adesso.

«…io quella faccia l’ho vista» disse piano Roxanne «in quei casi se non c’era chi le toglieva di mano la pistola Emerald sparava».

Anche Jacqueline se la ricordava bene, visto che lei in prima persona aveva rischiato di beccarsi un proiettile da qualche parte.

«ora non ha la pistola però» disse Anubi Crea.

«però è una chojiin addestrata, che è suppergiù la stessa cosa!» obiettò Fiona.

Emerald osservò l’avversario.

«solo perché è il padre di Kevin e dovrà parlarci. Non si salva per nient’altro».

Dopo questo breve commento successe tutto molto in fretta.

La ragazza saltò addosso a Robin con una furia tale da mandarlo al tappeto, trovandosi sopra di lui e per prima cosa colpendolo dritto allo sterno col pugno destro. Inutile dire che gli provocò una frattura comminuta.

E gli era andata di lusso.

«per parlare non le serve necessariamente uno sterno sano» disse la ragazza con una freddezza spaventosa «e nemmeno questo braccio» aggiunse quando lui cercò di togliersela di dosso col braccio sinistro, afferrandoglielo e rompendo letteralmente in due l’omero come avrebbe fatto con un bastoncino «le gambe servono?...non credo…» si alzò e si abbatté due volte sulle gambe dell’uomo, all’altezza delle ginocchia «…e non sono sicura che le serva nemmeno una nuca del tutto sana…»

Lei non lo sapeva, ma quel che stava dicendo ricalcava grosso modo le parole di suo padre quando aveva combattuto contro quel tipo che aveva avuto la brillante idea di minacciare la sua famiglia.

«ma non sarà trop-» avviò a dire Crea, interrotta immediatamente…

«DISTRUGGILOOOO!!!» si sgolò Kirika vedendo Hammy trascinare Robin Mask per il braccio sano pericolosamente vicino ad un tendicorde.

Roxanne non era altrettanto entusiasta, come nessun altro dei presenti che stavano iniziando ad avere lo stesso pensiero di Crea. E loro poi, gli anziani della Lega, una scena simile l’avevano già vista…

«Lancaster!...siamo ancora nella Scuola di Ercole! Ci sono delle regole da seguire!!!» Buffaloman batté i pugni contro il tappeto. Lei lo guardò brevemente.

«avete detto di combattere come se ce la stessimo vedendo con un supercattivo, ed io lo sto facendo. Sempre nel pieno rispetto delle regole, però. E che io sappia non c’è regola che…» era soprattutto grazie al braccio destro che stava riuscendo a sollevare quel bestione pesante «…mi impedisca…» e a salire con lui sopra le corde -un piede su una, un altro sull’altra, il tendicorde al centro- nonostante stesse faticando un po’ «…di fracassargli tutte le ossa» rimanendo in equilibrio su un piede solo portò l’altro ad inclinare leggermente la testa dell’inglese così da scoprirne di più la nuca «quindi lo faccio» concluse saltando e facendo sbattere violentemente la nuca di Robin Mask contro il tendicorde ed in seguito lasciarlo cadere e buttarlo al centro del ring come se fosse stato una bambola di pezza «e non pensi che abbia finito, Mr. Buffaloman».

Nonostante le fratture in ogni dove era chiaro, ovvio, che Robin stesse tentando ancora una reazione. Cercando di strisciare verso le corde del ring e tirarsi su -ma come poteva fare con le ginocchia tutt’e due rotte?!- perché non voleva dargliela vinta così. Perdere in quel modo sarebbe stato l’ennesimo colpo al suo immenso orgoglio, come sostenerlo?

Ma Emerald aveva altri piani, ed iniziò a riempirlo di calci in ogni dove e senza alcuna pietà.

«non vedo a che pro volesse raggiungere quelle corde Mr.Mask, tanto è tutto rotto. E non dovrebbe muoversi troppo, con quella fattura allo sterno» lo mise di nuovo sdraiato in modo che potessero guardarsi negli occhi «stia fermo e mi lasci finire, right?»

Ironico che continuasse a dargli del lei mentre lo massacrava…

«non dico che mi faccia quasi paura ma un po’di impressione…» ammise Kirika.

«qualcuno dovrebbe fermarla» disse Fiona «ha perso evidentemente il controllo!»

«lo dicevo io che quella faccia l’avevo già vista!» Roxanne fece per avvicinarsi al ring ed urlarle di smetterla, ma venne trattenuta da Jacqueline «…ma perché?!»

«perché non penso che ti ascolterebbe. A dover fare qualcosa è uno di loro» indicò gli istruttori con un cenno del capo «e poi era da un pezzo che non vedevo un combattimento così violento e brutale! Massacro, sangue, devastazione!!!»

Pareva che la vecchia Jacqueline fosse tornata a galla!

Quando ai succitati istruttori per adesso si stavano limitando ancora a guardare, ma non sarebbe durata.

«n-nhn…sem-pre-e…sangue…m-mmr-cho…sei» tentò di dire l’inglese colpendola all’avambraccio destro come poteva. E stupendosi di quanto fosse duro. L’ennesima prova che qualcosa non andava, che Howard le aveva fatto delle cose a quell’arto, ma non era riuscito a provarlo in tutto quel tempo e adesso che fosse diventata forte purtroppo per lui poteva starci.

«“sempre sangue marcio sei”. Ho capito bene?»

Davanti agli occhi attoniti di tutti gli tolse la maschera dal volto.

«non ce ne sarebbe stato bisogno, ma è giusto per verificare chi ha davvero il sangue marcio qui…quando vengono giù i denti di quello ne esce parecchio, senza maschera potrò fare un controllo più accurato».

«ora basta!»

Era stato Buffaloman a parlare, ma nell’agire fu preceduto da Ramenman che era saltato sul ring ed aveva letteralmente tirato via la ragazza dal suo collega.

«basta! Finisce così, hai vinto!...stai andando troppo oltre!»

«ah, ma and-»

«Emerald Janice Verbena Phoebe Lancaster» la prese per le spalle «finisce…così».

E se glielo diceva lui che sul ring era stato uno dei più spietati dai, doveva dargli retta per forza.

Lei fece un respiro profondo, tornando più o meno la solita Emerald. Guardò Robin Mask a terra. Il viso somigliante a quello di Kevin ebbe l’effetto di farla sentire perfino in colpa, nonché quello di aiutarla a rendersi conto che Ramenman aveva ragione, e che tutta quella spietatezza…era stata veramente necessaria?

Non avrebbe fatto prima a stenderlo con un paio di pugni e finirla lì?

«sissignore» mormorò Emerald «…mi sa che ho perso un po’il controllo».

«chiamate la dottoressa! Chiamate qualcuno!» urlò Buffaloman mentre Hammy e l’orientale scendevano dal ring e venivano raggiunti immediatamente dalle ragazze che ormai erano tutte quante chojiin a tutti gli effetti.

«questo è quel che dalle mie parti chiamiamo “dargliele sode”! nyah-ah-ah-ah-ah-ah-ah» a Kirika l’inquietudine era già più che passata, e le mise perfino un braccio attorno alle spalle «ne hai di forza in questo corpicino!...comunque bel lavoro Lancaster, l’hai ridotto ancora peggio di quanto l’avevo ridotto io quando è toccato a me, ed io l’avevo ridotto male un bel po’!»

Emerald però non sorrise.

«non…non è che dopo questo non mi volete più?»

Era un bel po’che non si rivedeva quell’Emerald lì. Quella più insicura e che temeva di perdere le uniche amiche femmine che avesse mai trovato.

«cheeeeeeee?! Ma ti sei rincoglionita?!» Kirika le diede una veloce serie di piccoli pugni sulla testa «riattiva i neuroni! Le altre non so come la pensano e non me ne frega nulla ma per quanto mi riguarda non è cambiato niente».

«era da un pezzo che non vedevo tanta brutalità in uno scontro!» Jacqueline zoppicava un po’, reduce dal combattimento contro l’indiano, ma per il resto non aveva chissà quali segni «per quel che mi riguarda è tutto ok!»

Quella più provata restava sempre e comunque Roxanne. «…se prometti di non farlo mai più!» puntualizzò la ex-due-codini.

«ho perso un po’la testa. “sangue marcio” mi è venuto a dire…»

«lui ha sbagliato ma anche tu e tu» Fiona occhieggiò Kirika «avete avuto un comportamento del tutto deprecabile mettendo in giro quelle fotografie!»

«almeno impara con quei suoi “immorale qui, svergognata là” quel sessista. Per quanto debba concordare con Roxanne…non farlo mai più!!!» finì a strillare l’egiziana trapanando i timpani della londinese, sollevata per non averle perse.

«o-ok…fortuna che sono abituata ai rumori forti, io…» borbottò.

«comunque c’è una cosa che mi sorprende. E cioè che teoricamente dovresti essere quella che più di tutte noi non vede l’ora di tornare a Tokyo visto che laggiù ci sono i tuoi amici, c’è la tua cotta infantile, c’è il tuo quello-che-è…» elencò Fiona «e invece sembri del tutto entusiasta di passare due giorni a Londra prima di rivederli. E a proposito di “quello che è”, non sono ancora riuscita a capire cos’è per te adesso Kevin Mask».

«siamo sempre lì. In una…specie di semi-pausa…non lo so. Anche se adesso hai visto, abbiamo ripreso a sentirci. Mi ha fatto un mucchio di promesse “cambierò quel che non va”, “possiamo risolvere tutto se lo vogliamo”…solo che io continuo ad essere molto confusa, non tanto per colpa sua a dire la verità…ma comunque dai, era un pezzo che non passavo del tempo anche con la mia famiglia, quindi ci sta che per un paio di giorni mi vada che stiamo tutti insieme e che vi conoscano».

Tutta verità, ma c’erano molte parti mancanti.

Come le lettere color lavanda negli scomparti che una volta erano occupate da bottigliette di liquori vari, e che sarebbero state la prova che avrebbe rivelato a Kevin la tremenda bugia del padre.

Come il “non sentirsi molto” di rivedere Kevin stesso, proprio per la confusione della quale aveva parlato a Fiona; come giustificarla con il suo quello-che-era? E si sentiva anche uno schifo all’idea di farlo soffrire, perché di certo era quel che stava succedendo, ma lei non poteva farci niente.

Come Meat, che avrebbe dovuto riprendere a tenere a distanza. Avrebbe anche potuto dirgli tutto volendo, sapeva che se gli veniva detto chiaramente di non parlare lui non apriva bocca, ma non voleva metterlo in mezzo un’altra volta.

E soprattutto…

 

“era una cosa nostra, come hai…perché l’hai fatto?!”

“è stato solo un ballo porco mondo, un ballo, non me lo sono scopato in pubblico e se anche l’avessi fatto comunque non ti riguarderebbe proprio!”

“se non altro adesso ho capito perché sei tanto ‘confusa’…”

non -ti -riguarda! Tu non dovevi nemmeno essere lì, che cavolo ci facevi in quel posto da solo?!”

“ero curioso di vedere chi sarebbe stato a vincere dato che noi non gareggiavamo, o almeno io non gareggiavo dato che tu invece l’hai fatto eccome, ed anche se questo non riguarda me riguarda comunque Kevin!”

“non è stato un tradimento, right?! Io con Michael non ho fatto niente!”

“forse non fisicamente, ma moralmente lo è stato. Verso Kevin, perché è all’americano che è sicuramente dovuto questo tuo voler continuare la ‘pausa’, faccenda per la quale quel povero ragazzo si strugge, e alla quale in un modo o nell’altro metteresti fine se fossi anche solo minimamente corretta…”

“Flash-“

“…e verso la nostra arci-inimicizia perché sei riuscita a sputare sopra anche a quel poco che c’era rimasto senza curarti di niente! Con il bastardo che mi ha torturato per due settimane, che è ancora più grave. E con il …‘nostro’ tango, nemmeno uno qualunque”.

“quello è stato un caso, lo sai che la musica non la scegliamo noi, e questa tua reazione da pseudo-amante tradito non la capisco, un conto sarebbe se l’avesse Kevin anche se è stato solo un ballo, ma che a fare così sia tu…

“il problema è sempre lo stesso: non capisci nulla, perché sei una puttanella senza cervello, niente di più e niente di meno. Ed io non voglio saperne più niente, d’ora in poi meno ti vedrò meglio sarà”.

 

«…Lancaster?» Kirika le passò la mano davanti agli occhi «ci sei?»

«si, si…» chiuse brevemente gli occhi per poi riaprirli una volta ritrovato il controllo completo e sorridere, addirittura «mentre andiamo a ritirare i nostri premi però dovete dirmi una cosa».

«ossia?» le chiese Crea.

«un cantante o gruppo musicale che piaccia a tutte».

«Pitbull!» esclamò per prima l’egiziana. Kirika fece una smorfia.

«a me piace un po’meno».

«e chi ti piace?»

«i Demon!»

«ma perché io questa risposta me la immaginavo?» Fiona alzò gli occhi al cielo «io non ho preferenze particolari, ascolto un po’di tutto».

«io sono per Hikaru Utada!» esclamò Roxanne «o Ken Hirae».

«io sono come Fiona, non ho preferenze precise» disse Jacqueline «dipende anche dall’occasione. Se si intende musica “da ascoltare” o “da ballare”, per esempio. O anche dall’umore, per dire, se sono di quello giusto mi piacciono anche i Linkin Park…»

«piacciono pure a me!» esclamò Hammy.

«Linkin Park!...ne hanno qualcuna buona» approvò Crea.

«eh, tipo Bleed It Out» concordò anche Kirika «“I bleed it out diggin’ deeper just to throw it away! Just to throw it away! I bleed it ooooouuuut!!!”»

«non hanno fatto la colonna sonora di un film con i robot?» chiese Roxanne «se ho capito quali sono comunque non mi dispiacciono».

«piacciono anche a me, “Castle Of Glass” per esempio è buona» concesse Fiona «eh…solo una cosa. Perché ce l’hai domandato?»

«perché almeno mio padre sa chi far venire nella tenuta a suonare per la festa».

Nemmeno fossero stati uno di quei gruppetti che suona nei garage! L’aveva detto come se fosse stata la cosa più facile e normale del mondo far venire nella propria tenuta gente del genere. Ma per l’appunto, che si può pretendere da una che aveva avuto Gwen Stefani al suo sedicesimo compleanno?

E Daddy Yankee al quindicesimo?

E Madonna al quattordicesimo?

E così via di seguito?

«…volevamo accontentare tutte» continuò la ragazza senza rendersi conto dell’allibimento generale delle altre -Jacqueline decisamente meno visto che anche a lei avidità di Vance a parte i soldi non mancavano di certo- «messa così, ce l’abbiamo fatta!»

Ricconi. Valli a capire.

«cioè…tu…hai i Linkin Park a casa tua quando ti pare?»

Hammy annuì velocemente «sisi».

«ooook…»

 

 

:: qualche ora dopo, Muscle Museum Hospital ::

 

 

E mentre le ragazze erano già volate tutte e sei a Londra dopo la consegna delle menzioni d’onore -Jacqueline come miglior lottatrice, Emerald per la miglior tecnica e Roxanne essendo riuscita a totalizzare punteggio sufficiente per il miglior uso del peso- Robin Mask, disteso sul letto dell’ospedale, pensava a quello che l’aspettava nei giorni a venire.

Oltre al totale riposo cui era costretto viste le fratture multiple che il combattimento con quella belva in miniatura gli aveva causato.

Pure se era più che altro per pura e semplice propensione naturale che i Lancaster erano sempre stati una famiglia di chojiin allenatori più che chojiin combattenti, era anche per l’eccessiva violenza che si trovavano inevitabilmente a sfoderare che loro stessi -di solito- evitavano di salire sul ring a meno che non potessero proprio sottrarsi preferendo sfogarsi in altri modi, come…la caccia, per esempio.

Non che questo significasse che fossero chissà quanto forti del tipo “ah, se avessero combattuto sarebbero stati loro la famiglia più forte invece che i Kinniku”, questo no. Però non si poteva neanche dire che scherzassero, ecco.

Poteva sentire la dottoressa parlare con quello svitato di MacNeil, fuori dalla porta…beh dai, svitato…diciamo “eccentrico”.

«…impossibili».

«la ragazza è una chojiin, è ovvio che sia forte».

«non ritengo sia  fisicamente possibile che, per forte che sia, possa spezzare un omero con così tanta facilità. È stata una mia paziente…»

«anche mia, si ricordi che sono il suo medico di base».

«allora, dottore, si renderà bene conto che una ragazza di un metro e sessanta pesante cinquantadue chili non dovrebbe poter provocare una frattura comminuta allo sterno di un ex campione chojiin con un solo pugno, tra le altre cose».

Quel discorso generò una scintilla di speranza in Robin Mask. Quella donna ringraziando il cielo non era solo bella ma, come aveva dimostrato anche altre volte durante la sua permanenza alla Scuola di Ercole, aveva anche parecchio sale in zucca.

«in via teorica posso darle ragione. Ma entrambi abbiamo letto la cartella clinica della ragazza, e da quella risulta che non c’è assolutamente niente di strano e che anzi, è sana come un pesce. Inoltre mi ha detto di averle fatto lei stessa tutti gli esami d’obbligo e non aver trovato niente di anomalo neanche lì».

«per l’appunto. A quella ragazza hanno sparato. Il problema non è che non sia sana, ma che lo è…troppo. C’è indubbiamente qualcosa che non torna, come quando Mr. Mask ha avuto quell’ incidente che l’ha fatto finire giù da una rupe; passino le ferite ed ecchimosi sul corpo, un po’ per la caduta ed un po’perché la ragazza stessa ha dichiarato di essersi difesa…ma quelli che Mr. Mask aveva sulla gola sembravano i segni riportati da chi ha subìto un tentativo di strangolamento…»

“eh, più o meno è andata così, ma quando ho provato a raccontarlo non ci ha creduto nessuno per ovvie ragioni!” pensò Robin.

«è un caso delicato. Emerald potrebbe semplicemente essere diventata molto forte, come risulta dagli esami; in fondo è figlia di un chojiin…e nonostante il chojiin in questione si ostini odiosamente a fare di tutto per evitare di farsi curare come si deve arrivando ad arrampicarsi fino in cima al tetto di casa sua scalando il muro nemmeno fosse l’Uomo Ragno per evitare una puntura, il suo incontro io me lo ricordo bene…eh! A proposito!» Robin sentì il rumore della sua sedia a rotelle «oggi è giorno di visita. L’ultima volta è andato a Rabat, quindi oggi gliene tocca di nuovo il doppio. Quand’è che imparerà che tanto non può sfuggirmi?!...si occupi lei di Robin Mask…»

 

 

Quattro ragazze su sei si guardavano ancora attorno attonite per tutta quella bellezza, la grandezza, tutto.

Anche Jacqueline MacMadd aveva dovuto ammettere con sé stessa che la sua villa confrontata alla tenuta dei Lancaster sembrava una bicocca, per non parlare del terreno attorno -tanto esteso che da lì dov’erano era loro impossibile vederne la fine- tenuto alla perfezione e, almeno vicino al lago, da quel che aveva potuto vedere somigliante a quello del “Castello Errante di Howl” con quella casetta.

Il prato verde intenso, i fiori, i boschetti che si vedevano qui e là, quella specie di mini-montagna dalla quale aguzzando lo sguardo si vedeva sgorgare la sorgente che aveva originato fiume e lago…insomma un paradiso naturale -nel quale Howard in realtà aveva messo le mani su tutto- proprio come si vedeva dalle fotografie che erano comparse in varie riviste.

«…pasticcini appena sfornati dal mio capocuoco. Spero che non vi troviate a disagio con l’abitudine di noi inglesi di bere il tè alle cinque».

«è buono, è gratis, è mio» sentenziò Kirika dando l’assalto ai pasticcini e facendo ridere di cuore Mr. Lancaster.

«ottimo modo di ragionare, non c’è che dire!»

«incivile!» sibilò Fiona alla demonessa dandole una leggera gomitata. Lei fece spallucce.

«e perché? Ho detto solo quel che penso».

«puoi rilassarti, Fiona: qui le amiche di Hammy sono le benvenute. Come vi ho detto al vostro arrivo, potete fare come se foste a casa vostra».

Aveva perfino detto loro che potevano dargli del “tu”. Prova evidente che voleva davvero metterle perfettamente a loro agio, proprio in quanto amiche di sua figlia. Ma l’unica ad accettare la proposta era stata la demonessa; il resto delle ragazze aveva continuato a dargli del “lei”, non dimentiche di quanto avevano visto nelle finali chojiin.

E nonostante non avessero brutte sensazioni, nel senso che si sentivano al sicuro e sentivano anche che mai il padre di Emerald avrebbe fatto loro del male, erano restie ad abbandonare quel minimo di “distanza” che creava il dare a qualcuno del lei.

Anche se fin da quando erano arrivate era stato adorabile con tutte loro, in modo sincero per di più. Diavolo in Terra con chi non gli piaceva, uomo del tutto amabile, divertente e gentile con chiunque altro; era fatto così, come anche sua figlia.

«è che ho avuto un’educazione abbastanza rigida quando si trattava di buone maniere, Mr. Lancaster…» disse la lottatrice rumena prendendo un pasticcino.

«capisco. Ma d’altra parte non considero avere dei princìpi ed una giusta educazione un male, nonostante mi piacciano anche le persone più…”esuberanti” sembra essere la nostra Kirika. Non sono il classico inglese aristocratico conservatore, quella è una parte che lascio ad altri e che sinceramente trovo anche abbastanza noiosa, nonostante alcune volte sia costretto a calarmi in ruoli abbastanza simili nelle occasioni ufficiali».

«il vecchio Robbie dovrebbe imparare da te per come la penso!» esclamò Kirika. Howard le sorrise. Si si, quella ragazza come amica di sua figlia gli piaceva proprio.

«nei quattordici anni in cui ci siamo frequentati ero quasi riuscito a farlo sciogliere un po’. Peccato che poi vecchiaia, testardaggine, orgoglio e pessime frequentazioni abbiano avuto la meglio, ahimé. Ma voi tutte avreste dovuto vederlo quando tentavo disperatamente di insegnargli ad andare sullo skateboard…»

«…lei sa andare sullo skateboard?» si stupì Jacqueline che proprio non ce lo vedeva quel nobile in elegante completo bianco immacolato a fare acrobazie su una tavola con le ruote. Eppure…

«certamente. E nonostante siano passati anni da quando ci andavo “sul serio” me la cavo tutt’ora, tant’è vero che c’è un’area adibita proprio a quell’uso a pochi metri dall’ala occidentale della villa».

«si pa’, una cosa seria: ma la mamma e le nonne dove sono?»

«e dove vuoi che siano? Tu madre a svuotare Harrod's e le tue nonne al club di bridge. E, ragazze, credetemi se vi dico che è meglio così! è difficile reggere al fuoco incrociato di quelle tre signore…»

«hm-hm…»

Il tossicchiare discreto di Jordan fece voltare sia Howard che tutte le ragazze. «si, Jordan?»

«volevo ricordarvi che tra cinque minuti arriverà il Dott.MacNeil che tra l’altro avendo saputo della presenza della signorina in casa poco fa ha telefonato per comunicare che intende visitare anche l-»

La reazione di padre e figlia nel sentire nominare il loro medico di base fu identica, ossia un irrigidimento della schiena, un rapidissimo scambio di sguardi e poi una fuga repentina ancora prima che Jordan Lederdale avesse finito di parlare e che lasciò senza parole le ragazze che erano rimaste lì basite con in mano tè e pasticcini.

«VOI DUE! Non mi sfuggirete!!!»

Giusto pochi secondi dopo che quei due avevano iniziato a correre si vide un vecchio su una sedia a rotelle con un siringone in mano che andava nella loro stessa direzione. Jordan si lasciò scappare un sospiro.

«ma…è quello il Dott.MacNeil?» gli chiese Crea indicandolo «quell’arzillo vecchietto in sedia a rotelle?»

«proprio così, signorina».

«quindi Emerald e Mr.Lancaster stanno fuggendo da…lui?» domandò Roxanne ancora più allibita. Il maggiordomo in capo annuì.

«precisamente. Come tutte le volte. In casi del genere ho ordini di invitare gli ospiti a non aspettare né Mr.Lancaster né Miss Lancaster, dato che solitamente si va per le lunghe».

Assurdo che lo stesso uomo che aveva fatto una paura tremenda a tutti mesi prima fosse lo stesso che fuggiva da un vecchio in sedia a rotelle. Com’era anche assurdo che lo facesse la stessa ragazza che aveva triturato Robin Mask giusto poche ore prima. Ma tant’è, ormai si era capito che i Lancaster erano tipi un po’particolari!

 

 

«potete rimanere lassù anche per una settimana intera, ma io posso aspettare…!» li avvisò MacNeil.

Lancaster padre e figlia dopo una rapida scalata che a momenti nemmeno l’Uomo Ragno al massimo della forma erano arrivati sul tetto dell’immensa villa.

E non sembravano avere la minima intenzione di scendere giù.

«papaaaaaAAH!!!...ma chiamare la security no?!...ma dov’è Mikey quando serve…» sbuffò disperatamente Hammy «quello è capace davvero di stare lì sotto per una settimana e di inseguirci per tutta la villa nel caso dovessimo rientrare in casa dalle finestre!»

«non possiamo chiamare la security solo per quel povero vecchio, su. E Connors aveva già voglia di spingerlo giù per la scalinata del salone principale l’ultima volta che è stato qui…»

«…ma perché non gliel’hai lasciato fare? Qui non si tratta di crudeltà gratuita, qui si tratta di sopravvivere!!!»

Quante storie per una semplice visita con annessa puntura o meno…

«dai Hammy, la fai più tragica di quello che è…»

«intanto però sei qui anche tu o sbaglio?»

«…posso aspettare!!!» ricordò loro da sotto, di nuovo, il dottore. Howard si mise una mano sotto il mento.

«a questo punto non vedo alternativa, ma dobbiamo essere veloci: dobbiamo scendere di qui, correre fin dove teniamo le macchine ed abbandonare la tenuta! Tanto non può rimanere qui una settimana, di sicuro ha altri appuntamenti, e così facendo per stavolta la scamperemmo…» fece schioccare la lingua contro il palato «spero che le tue amiche non se ne abbiano troppo a male».

«al momento quel che conta è salvarsi!»

«e mentre fuggiamo parleremo di quanto dovrai dire a Kevin Mask quando tornerai a Tokyo. Ti consegnerò anche video, copia del certificato di morte ed attestato della falsità del suddetto».

A sentire nominare Kevin, Hammy prese un’aria un po’malinconica. «povero Kevin, mi dispiace veramente tanto, se da un lato è bello che sua madre sia viva dall’altro Robin Mask è uno stronzo» lo guardò «…però la soddisfazione di riempirlo di botte me la sono tolta. Anche troppo!»

Howard annuì. «capito. Mi racconterai meglio mentre andiamo. Al mio tre corriamo in quella direzione» indicò un punto a nord-ovest rispetto a dove si trovavano «scendiamo giù e cerchiamo di raggiungere le auto prima che quel diavolo in sedia a rotelle raggiunga noialtri!»

«right, daddy».

«uno…due…tre! Corri!» esclamò Howard correndo via come un fulmine insieme alla figlia e scendendo giù lungo il muro aggrappandosi ad ogni più piccola sporgenza «dai che ce la facciamo!...cinque metri alla fine!»

«saltiamo direttamente giù!» esclamò Emerald, lasciandosi cadere imitata dal padre.

«tanto vi prendo!»

Nonostante la villa fosse immensa non erano stati solo i due Lancaster ed essere dannatamente veloci ad arrivare da un punto all’altro.

«via, via, VIA!!!» urlarono i due, correndo come dannati verso le auto sempre tallonati da Alistar MacNeil che, come loro, non intendeva arrendersi nel perseguire il proprio scopo.

Peccato che nello scopo suo e quello di Lancaster padre e figlia ci fosse decisamente un conflitto di interessi!

Ringraziando il cielo che il Lamborghini nero modificato oltre all’apertura automatica avesse anche l’apertura degli sportelli, in quel modo, oltre all’accensione Howard ed Emerald si catapultarono nell’auto facendo chiudere immediatamente gli sportelli dietro di loro.

«andiamo parti, parti! AH-HA!» Howard diede immediatamente gas «mission completed!» esclamò mentre uscivano dal cancello -aperto- a duecento all’ora «siamo salvi! Dammi il cinque principessa, l’abbiamo fregato quel vecchio diavolo!»

Era una strada quasi per nulla trafficata, quindi al diavolo i limiti di velocità. E poi tanto poteva pagare qualunque multa o, meglio ancora, corrompere qualunque agente di polizia.

«eh si…fiuuù» sospirò di sollievo «non avevo proprio voglio di farmi piantare quel siringone nel sedere».

A quella velocità di volle poco per raggiungere la città. «dunque, mi dicevi che hai “tritato” il vecchio Robin».

«si. Però…non ho provato vera soddisfazione mentre lo facevo. Ero arrabbiata con lui perché ha detto che noi Lancaster abbiamo in “sangue marcio”, ma andasse a fare in culo lui e chi l’ha cag-»

«linguaggio, per favore…»

«…ha detto in quel modo e io gli ho fratturato di tutto e di più, ma nel farlo non ho sentito “niente”, non è stato del tipo”ah mi sto vendicando che gusto”, mi capisci? E anche dopo non ho provato vera soddisfazione, mi sono sentita pure un po’in colpa, avevo la sensazione di aver esagerato, e quello è sempre il padre di Kevin, anche se io e lui adesso siamo in una situazione strana come sai».

Howard rimase un po’in silenzio. «per me fu lo stesso con quell’uomo che ho mandato in coma e poi è morto, nonostante non avessi rapporti con lui se non il fatto che fosse un vecchio nemico di mio padre. Non mi sentii esattamente “bene” quando seppi che era morto una settimana dopo l’incontro, tanto che a volte me lo sogno ancora. Raramente, ma mi succede. È anche per questo che ho sempre preferito allenare, così come mio padre, mio nonno, il mio bisnonno e tutto il resto; al di là della propensione naturale che tutti noi Lancaster abbiamo a questo mestiere, lo faccio anche per puro egoismo. Col dire che mi sporco meno le mani, in pratica. Diventare estremamente violenti sul ring è un tratto di famiglia, come hai potuto vedere».

«non mi piace molto questo tratto qui».

«però c’è. Ed imparerai a conviverci come abbiamo fatto tutti, principessa, tranquilla. Dove vuoi che ti porti? Raggiungiamo tua madre da Harrod's?»

«e Harrod's sia. Così intanto parliamo anche del resto…»

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Capitolo 15
*** Per un pugno di nocciole ***


«ma se tuo padre divorzia da tua madre dimmelo che me lo piglio io!» esclamò Kirika guardandosi attorno «…cioè, dove l’avremmo trovato uno che ci avrebbe comprato un posto simile, altrimenti?!»

Ossia un super attico gigantesco che occupava l’intero ultimo piano di uno dei palazzi più alti di Tokyo. Precisamente nel quartiere di Shibuya!

«caaavolo. Quando tuo padre aveva detto “non preoccupatevi per l’appartamento, ci penso io” non credevo che intendesse una cosa del genere!» Anubi Crea mise la testa fuori dal finestrone che dava sull’enorme terrazza «…c’è un idromassaggio qui fuori!!!»

Vero che rispetto alla tenuta dei Lancaster nella quale erano state fino a qualche ora prima, quell’attico non era niente. Ma nessuna delle ragazze avrebbe mai pensato di poter continuare a vivere nel lusso anche dopo essere andate via da Londra!...si beh, eccetto Jacqueline MacMadd che comunque stava seriamente pensando di fermarsi anche lei a vivere lì insieme a Fiona, Kirika, Crea…ed anche Roxanne.

Roxanne già da quando erano a Londra aveva parlato con la propria madre dicendo che adesso che era una chojiin forse sarebbe stato opportuno iniziare ad essere più “indipendente”, come lo erano le altre cinque che non vivevano più con i genitori già da un pezzo, rassicurandola comunque sul fatto che nell’appartamento sarebbero state sempre almeno in quattro e che non avrebbe fatto stupidaggini di sorta. Ed invitandola a venire nella sua nuova “casa”, fornendole l’indirizzo prima ancora di sapere di che tipo di “casa” si trattava.

Quanto ad Emerald, beh…era quella che sapeva meno cosa fare. Di certo sarebbe andata da Kevin a breve, visto che dovevano necessariamente parlare. Ma poi? Avrebbe continuato a vivere con lui oppure no?

E se non fosse stato così sarebbe tornata a vivere nella propria vecchia casa o anche lei si sarebbe trasferita nell’attico? Era anche per quello che suo padre l’aveva preso a lei e le ragazze, così che Hammy avesse ancora più possibilità di scelta: casa di Kevin, casa vecchia, attico…da Michael...

Eh, già, se fosse andata a vivere nell’attico la presenza dell’americano a Tokyo si sarebbe rivelata del tutto inutile. Lui era lì per vigilare sulla sua sicurezza -ed era arrivato tre mesi prima solo per potersi…organizzare…- tenendo in considerazione il fatto che Warsman, secondo Howard, viveva troppo vicino a lei. Ma se lei si fosse trasferita a Shibuya ecco che il problema non si sarebbe più posto, ed i soldati se ne sarebbero andati -per la felicità di Kevin- Michael incluso.

Il che portava ad un’altra domanda.

Ma lei…voleva davvero che lui se ne andasse?

“beh non è che lui e i soldati comunque resterebbero lì vita natural durante. Una volta che tutto sarà perfettamente sotto controllo se ne andranno, è così che è stata programmata la cosa”.

E se le carte in tavola fossero cambiate, invece?

“per lui quel bacio non ha significato niente”.

E per lei, invece? Per Emerald?

“per me invece ha significato tanto casino. Perché…la verità è che se non ci fosse stato quel fatto di mezzo probabilmente adesso io e Kevin staremmo insieme come si deve. Ma io mi chiedo anche un’altra cosa, con Michael è andata in quel modo perché avevo litigato di brutto con Kevin e sentivo di volere qualcuno vicino o è andata in quel modo semplicemente perché lo volevamo entrambi sul serio, al di là di Kevin e degli scrupoli che si fa Mikey?...”

Vuoi la verità, Emerald…?

“la verità è che io mi faccio troppe pippe mentali”.

Appunto, o troppe o troppo poche.

Sarebbe andata da Kevin, avrebbero parlato, sarebbe andata come doveva andare e poi lei avrebbe agito di conseguenza. Alla fine forse quella era la strategia migliore.

«…anche troppo. Insomma, forse questo è…troppo» Fiona si guardò attorno «noi siamo delle chojiin, non so se questo posto sia...appropriato…»

«e perché no, scusa?! Quando Mars era nella Lega stava in un attico simile a questo. Molto più piccolo e con molta meno roba e in un quartiere diverso…» specificò Jacqueline esplorando il gigantesco ambiente «…c’è anche la sauna! E un cinema interno! E qui è posizionato tutto secondo le regole del Feng-Shui…»

«avendo un trisnonno cinese, qui il Feng-Shui non poteva mancare, ti pare?» disse Hammy con un sorriso «era il nonno materno di mio nonno, precisamente. Tra l’altro il ramo degli Zheng di cui faceva parte ci riconosce ancora».

«quindi hai parenti alla lontana pure in Cina?» le chiese Roxanne, pensando che forse era anche per quello che lei e Ramenman andavano d’accordo.

Origini inglesi, cinesi ed italiane: Emerald era il frutto di un bel misto di roba, a riprova del fatto che i Lancaster non erano il tipo di famiglia aristocratica che concepiva unicamente unioni con i loro pari aristocratici inglesi o con altoborghesi. Se fosse stato così Hogan Lancaster non avrebbe sposato un’infermiera del Muscle Museum Hospital, per esempio. Poi che, nel caso di Howard e Janice, fosse stato un matrimonio tra gente “in alto” era stata solo una coincidenza. Si erano conosciuti, si erano innamorati, ed era andata com’era andata. Niente di programmato, comunque.

«eh si. Ecco perché dico sempre che siamo un mucchio, tra i Lancaster in Inghilterra, gli Zheng in Cina e i Bonanno in Sicilia e…ovunque si siano trasferiti. Per dire, uno dei figli di uno dei fratelli maggiori di mia nonna Verbena si è trasferito a Bali da un bel pezzo, ha sposato una del posto ed hanno avuto quattro figli. E anche loro ci riconoscono, e viceversa!»

«io penso che a fare un albero genealogico sarebbe un gradissimo casino» disse Kirika.

«ah guarda, questo è sicur…» sentirono qualcuno suonare al videocitofono «o, abbiamo fatto appena in tempo ad arrivare che già ci suonano?»

«così pare…» disse Fiona andando a vedere chi era «aaaah! Ma che cos’è questa mostruosità?!»

APRITEEEEEEEH!!!!

Roxanne, Jacqueline ed Emerald non ebbero difficoltà a riconoscere né la voce idiota né la faccia spiaccicata contro la telecamera.

«è Kid Muscle!» esclamò Roxanne che chiaramente non vedeva l’ora di rivedere lui come anche tutti gli altri ragazzi, oltre alle sua amiche e a sua madre «…che faccio, gli apro?»

eddai, lo sappiamo che ci siete, non fatevi desiderare!

c’è anche Jacqueline lassù...

– JAAAAAAACQUELIIINEE…

– io voglio conoscere anche le altre però.

– dite che hanno da mangiare?...ROXAAAAANNE ce l’avete da mangiare?!!

Non c’era solo Kid però; c’era anche la combriccola al completo, Meat e Miss Mary inclusi…

miz Lancaster non fa in tempo a tornare che già tornate ad assediarla?

«…Michael…?» allibì Hammy.

Avrebbe dovuto aspettarselo.

e tu cosa vuoi, razza di stupido yankee?!

– il bifolco bovaro beota ha imparato a muggire come le mucche che si scopava quando stava a casina sua…

«OHé! Piantatela tutti quanti altrimenti invece di far salire voi quassù vengo giù io e vi trito» li avvertì Hammy «…ciao a tutti, comunque, adesso vi apro…»

una volta preso l’ascensore che bottone dobbiamo premere, a che piano state?

«…è Jeager? Il tedesco carino?» Crea si sistemò i capelli «apri apri, che aspetti?!»

«all’ultimo, non vi potete sbagliare. Anche se il pulsante lo farei comunque premere a qualcuno che non sia Kid Muscle…sorry, Kid…»

eh, che tu ed io dobbiamo anche parlare di quelle foto e quei video su Tumblr!

Ed ecco che appena arrivato Meat ricominciava ad indagare. Segno che era ancora preoccupato per lei.

Poi Hammy pensò anche che…

“ci sono tutti. Tranne che due persone”.

Ad ogni modo premette il pulsante per aprire loro il portone principale.

«prepariamoci all’assalto! Come minimo Kid Muscle si butterà subito nell’idromassaggio e poi darà l’assalto al frigo. O l’inverso» avvisò tutte Roxanne.

«era un po’che mi interessava conoscere il vincitore della Corona Chojiin» ammise Fiona sistemandosi la lunga treccia rosa.

«ammé non fregava niente di lui, ma l’americano lo voglio conoscere» disse Kirika.

«l’americano quale?» indagò la MacMadd.

«quello dietro al quale si è persa la Lancaster».

«non sono persa dietro a nessuno!» sbuffò la suddetta.

Però era arrossita.

«no no! Che sei diventata del colore delle poltroncine lì fuori in terrazza, e quando fuggivi per andare sulla Terra tornavi sempre con vestiti dello stesso stile e della stessa taglia e che decisamente non erano di Kevin Mask…»

Cosa risaputa non solo da Kirika ma anche dalle altre, alle quali Emerald bene o male aveva chiesto consiglio.

«si però facciamo che questa storia ce la teniamo per noi…»

«for IIIIIIIIII caaaaan’t heeeeeeelllp faaallin’ in loooove…» si mise a canticchiare Crea.

«e idem questa…!»

Perché Emerald non aveva idea che tutti quelli che stavano salendo lo sapevano già.

Qualcuno suonò al campanello della porta.

«chi apre?»

«dai vado io» disse Hammy, andando appunto ad aprire e…trovandosi un fiore tra i capelli subito dopo.

«non facevano che litigare su chi dovesse salire per primo ed io li ho battuti sul tempo. Bentornata sulla Terra, miz…ufficialmente, per una volta!» le disse Connors con la sua consueta faccia da schiaffi e tanto di occhiolino.

«seh vabbè dettagli» Hammy lo invitò ad entrare con un cenno «allora…Michael queste sono le ragazze».

«migliori man mano, eh rossa?» fece l’americano a Jacqueline -che ebbe la stessa reazione dell’altra volta- per poi guardare Emerald con un sorriso complice e metterle un braccio attorno alla spalla, come a volerle far capire “è tanto per dire, e tu lo sai vero?” «Emerald me l’aveva detto che eravate tutte carine: aveva ragione!»

Era evidente che l’avesse detto proprio così tanto per rimanere “nel personaggio”, visto che Kirika povera ragazza non era esattamente questo splendore…

Fiona, per quanto la riguardava, non sapeva se ringraziarlo o dirgli qualcosa di simile a “ma vai ia vai ia vai ia vai ia”…Anubi Crea aveva trillato un “ma grazie”, e Roxanne non aveva detto una parola. Kirika dopo aver finito una lattina di birra di quelle che aveva trovato in frigo si avvicinò all’americano.

«e così è il tuo l’armadio che Emerald ha svuotato man mano» lo squadrò da capo a piedi «eh si, la taglia è quella. Beh è caruccio Emerald, un pensierino serio al posto tuo ce lo farei nyah-ah-ah-ah-ah-ah!»

Ad Emerald venne una voglia tremenda di fare facepalm, ma a Connors non parve importare. Nonostante avesse immaginato che Emerald avesse raccontato di loro due sia alla demonessa che a tutte le altre.

«anche io al posto suo un pensierino su di me lo farei!» esclamò infatti, facendo il gallo come al solito. Fiona notò che non sembrava affatto sorpreso dalla grandezza ed il lusso dell’attico, ma se aveva capito bene lui era spesso nella tenuta dei Lancaster, quindi doveva sembrargli roba di poco.

Il campanello suonò ancora…

«entro prima io!»

«no, io!»

«no, dobbiamo essere noi le prime ad entrare!!!»

«NON AZZARDATEVI A FARE RISSA RAZZA, DI SELVAGGI!!!»

«…sbaglio o è la voce del piccoletto che strillava tanto?» domandò Connors, riferendosi ovviamente a Meat. Roxanne andò ad aprire, e fu solo per la nuova prontezza di riflessi acquisita che riuscì ad evitare l’ “onda anomala” di gente che si riversò nell’attico tra “uuuh” e “woooooow che lusso” vari.

Venendo in compenso abbracciata da qualcuno con un profumo ed un calore estremamente familiari.

«Roxanne!...la mia piccola, finalmente!»

«mamma…»

«Roxaaaaaaaanne!!!» strillarono Trixie e Chichi saltando addosso all’amica che se riuscì a rimanere in piedi fu solo grazie all’addestramento ricevuto.

Era così contenta di rivedere tutti quanti loro!

«oh, ragazze…»

«Fiona, Jacqueline, quelle altre due, vorreste uscire tutte quante con me?!» domandò loro Kid Muscle ricevendo da tutte quante un secco “no”! …mi sa che giusto Emerald poteva accettare volentieri di uscirci insieme!

Ed a proposito, era proprio lei che Terry Kenyon, Checkmate e Meat stavano guardando. Per il semplice fatto che non aveva ancora detto niente, lasciando che se la vedessero con le altre ragazze, e limitandosi ad osservare tutto assieme a Connors che non le aveva ancora tolto il braccio dalle spalle.

«sono contenta di rivedervi!» disse a quel punto la ragazza «scusate se non mi sono fatta più sentire granché, è che avevo un mucchio di cose per la testa…»

“una delle quali tiene un braccio attorno alle tue spalle” aggiunse mentalmente Meat.

A spezzare quella parvenza di calma ci pensò Terry, a cui pur non essendo un estimatore di Kevin Mask piaceva comunque vederci chiaro.

«tipo fuggire dalla Scuola per incontrare lui di nascosto, nel bosco fuori città, vicino al lago, alle una e mezzo di notte?»

Michael non si scompose minimamente per il fatto che a quanto pare quei tizi sapevano -e non perché gliel’aveva detto Emerald a giudicare dalla faccia che aveva- per quanto lo riguardava…non gli interessava. Non riteneva di doversi vergognare assolutamente per il fatto di avere…il rapporto che aveva…con Emerald. Le uniche cose a separarli, tanto, erano il brat ed i propri scrupoli.

In compenso la frase di Terry, buttata lì così, raggelò un po’ l’atmosfera.

«…e loro come fanno a saperlo?» se ne uscì Jacqueline un po’perplessa.

«lo sapete anche voi?» allibì Dik Dik, non più tanto interessato alle grazie di Fiona.

«ma a Kevin Mask avete detto niente?» indagò Roxanne prima ancora le lo facesse Emerald.

«volevamo sapere come stavano le cose, prima. E alla fine…no. Non gli abbiamo detto niente, perché nessuno aveva voglia di fare l’ambasciator che porta pena».

«potete stare tranquilli che se ci fosse stato davvero qualcosa da dire al moccioso gliel’avrei detto io stesso, brats» guardò Hammy «hai degli amici un po’impiccioni, miz».

«la cosa è questa…attualmente la mia relazione con Kevin è in un momento di pausa. Abbiamo qualche problema. Capita a tutte le coppie. That’s it. E dato che sono appena tornata di tutto mi va di parlare meno che di argomenti complicati» disse Emerald «piuttosto perché non ci chiedete com’è andata lassù?»

«nyah-ah-ah-ah-ah-ah il vecchio Robbie con la bambola di silicone!!!» latrò Kirika riuscendo a catalizzare l’attenzione dei ragazzi che non erano esattamente degli assi quando si trattava di concentrarsi…

«non vorrai tirare fuori quella storia anche con loro?!» sbottò Fiona, del tutto inascoltata.

«com’è com’è com’è?! Robin Mask con una bambola di silicone?!» allibì Terry.

«si, genio com’era ovviamente l’aveva nascosta nei magazzini e quando gli veniva voglia andava lì la metteva in posizione e giù a cavalcarla come se non ci fosse stato un domani!» confermò Kirika «io e la Lancaster l’abbiamo scoperto i primi giorni, guardate, è stata una cosa da crepare dal ridere nyah-ah-ah-ah-ah-ah!!!»

Kid si voltò verso Roxanne con una faccia ancor più da scemo rispetto al solito. «ma veramente?! Robin Mask con una bambola?!»

La giovane Nikaido annuì. «eh si…quelle due hanno perfino le foto…»

«MA VI PARE IL MODO DI COMPORTARVI?!! DIFFAMARE IN QUESTO MODO UNA PERSONA?!!» urlò Meat vedendo che tutti quanti -esclusi lui, Mary e Checkmate- si erano assiepati attorno a Kirika per vedere le fotografie.

«non è diffamazione: è puro e semplice raccontare la verità» obiettò Jacqueline.

«prendono per buono il detto “avete sete sarete dissetati, avrete fame…sarete diffamati!”» recitò Crea «avrebbe potuto anche evitare di dare di continuo dell’immorale ad Emerald, avreste dovuto vederlo: le dava addosso per ogni minima cosa, e l’ha pure aggredita più volte quando erano da soli, tanto che per poco non è stato cacciato dalla Scuola…»

«come come?!» allibì Meat guardando Emerald e pensando che ovunque quella ragazza andasse portava casini a non finire «e non c’è niente da ridere!!!» continuava a rimproverare i ragazzi, ma era completamente inutile, non lo ascoltavano proprio. Vide Hammy e l’americano conversare fitto fitto, probabilmente riguardo al fatto che Terry aveva tirato fuori quella faccenda, o forse no.

«…avresti dovuto vedere il padre di Hammy quando gliele hanno fatte guardare…» disse Roxanne. A Meat cadde la mascella.

«gliele…hanno…fatte guardare?...» allibì Meat.

Oh, no. Se Howard Lancaster le aveva viste, e magari si era pure fatto dare le copie, quanto ci avrebbe messo a farle girare per tutta la galassia?

«oh si. E non ho mai visto qualcuno ridere tanto di gusto!»

«eh, a proposito…vi ha trattate bene suo padre? e davvero è stato lui a comprarvi questo posto?» Miss Mary si guardò attorno «che lusso!»

«guardi, trattare ci ha trattate benissimo. A dirla tutta è stato…beh…» Crea fece spallucce «fantastico. Ha fatto di tutto per metterci a nostro agio, ci ha perfino detto di dargli del tu, e…insomma, non sembrava nemmeno lo stesso uomo che avevo visto in TV il giorno delle finali. Gentile, divertente, sempre disponibile per qualunque cosa…cosa che io non pensavo, e invece!»

«è fatto in quel modo, come gli anziani della Muscle League ricordano ancora tutti molto bene» disse Meat «come lottatore o come allenatore è assolutamente spietato, e idem in caso di pericolo o quando qualcosa a cui tiene molto non va come lui desidera. Quanto al resto invece, è come vi si è mostrato» concluse il piccoletto andando a “grandi” passi vicino ad Hammy «ecco, adesso io e te dobbiamo parlare!!!»

«…oh cielo…» sospirò la ragazza.

«devo liberarmene?» le chiese Connors indicando Meat con un cenno del capo.

«no!...vabbè dai…» Hammy fece cenno a Meat di seguirla in terrazza «torniamo subito» disse all’americano.

«lui era quello che l’altra volta sapeva tutto fin dall’inizio, o sbaglio?»

«si».

Meat si sorprese nel sapere che Emerald aveva parlato di lui a quel tipo. Pensando anche che allora, come minimo, ne aveva parlato anche a suo padre.

Non pensava di rientrare nel “radar” dei Lancaster, e invece…

Uscirono rapidamente in terrazza, mentre i ragazzi della combriccola guardavano ancora le foto e i video che stava mostrando loro Kirika, sia del soggiorno nella Scuola che di quello -breve- nella tenuta.

Mentre chiudeva il finestrone dietro di sé infatti Emerald sentì Kid urlare qualcosa di simile a “mostro cavalloso gigante”, ma non se ne preoccupò.

«ed eccoci qua».

«incosciente!!!»

Preludio non molto promettente, invero.

«Meat-»

«eh no! Niente “Meat”. Ci sono diverse cose di cui dobbiamo discutere. La prima: quel braccio».

Lei fece spallucce. «non so che dirti. Adesso sono diventata generalmente più forte, per ovvie ragioni. Chiedi pure al vecchio Robbie, se mai ti capitasse di andarlo a trovare all’ospedale…non hai idea di che ha combinato quel pezzo di-»

«puoi prendere in giro gli altri ma non me. È da quando sei tornata che è cambiato qualcosa. E le varie dinamiche del periodo in cui sei sparita non mi sono affatto chiare. Inoltre c’è quel tuo rapporto con Warsman…»

«guarda, quello è un “problema risolto” visto che mi ha detto da poco che d’ora in poi non mi vuole più vedere».

Meat parve sgonfiarsi. «…ah si? Mi viene da chiederti che hai combinato!»

«io niente…ma vallo a capire, quel russo psicotico! Aveva ragione mio padre quando mi parlava di lui e diceva “a me quella macchina assassina non è mai piaciuta, perché una macchina può sempre guastarsi, basta che nel processore al posto di ‘001001110’ gli arrivi ‘001001111’ ed ecco che sarebbe capace di uccidere perfino sua madre. Per un ‘uno’ di troppo!”».

«peccato che lui non sia esattamente una macchina».

«hai ragione, è una moto…ok, oggi mi sento particolarmente bastarda…»

Facepalm a parte Meat si sentì in parte più tranquillo, ma dall’altra...per niente. Perché c’era sotto qualcosa e lei glielo stava nascondendo ostinatamente, e lui non sapeva come fare a tirarglielo fuori.

«senti un po’!» fu costretto a cambiare discorso «mi vuoi spiegare come hai fatto a pubblicare foto e video sul tuo blog?! E soprattutto come accidenti ti è saltato in mente di farlo?!!»

«tanto quella di Robbie è un’immagine pubblica, e non ho pubblicato le foto con la bambola».

«ma i video con le prese in giro si! E quello che deve averti fatto Kirika mentre lo massacravi per superare la selezione si!!! E anche quello della…festa…» si mise le mani sopra la testa «ma perché non sarai in grado di startene tranquilla?!»

«Meat, Robin Mask mi ha nominata per farmi andare lassù e darmi addosso. In tutti i modi possibili, aggiungo. Io sono buona e cara ma non voglio nemmeno rotture, mi conosci. E se non è stato espulso dalla Scuola dopo avermi aggredita la seconda volta è solo perché io ho voluto che rimanesse, dato che Vance MacMadd e buona parte dei suoi colleghi avevano votato per buttarlo fuori».

La domanda, però, a Meat venne fuori spontanea. «ponendo che in ogni caso ha sbagliato senza alcun dubbio…ti ha aggredita per fatti suoi o perché ce l’hai portato tu?»

«se davvero poniamo che in ogni caso ha sbagliato, ha sbagliato e basta».

Come a dire che si, ce l’aveva portato lei.

«se l’è cercata, Meat, l’avrai visto quel servizio nel tg il primo giorno. Il problema è che con me chi cerca trova, e gli è andata di lusso che è il padre di Kevin, altrimenti nel nostro scontro l’avrei ridotto molto peggio di come ho fatto, anche se poi mi sono sentita in colpa lo stesso. Già ce l’avevo a morte con lui per come mi trattò a Londra ormai più di un anno fa, con questo ha peggiorato le cose, e non c’è solo questo…»

Quella storia sarebbe venuta fuori prestissimo, tanto valeva soddisfare la curiosità del suo piccolo amico che magari preso dalla nuova questione avrebbe evitato di indagare su altro, come il suo braccio o la sua situazione sentimentale.

…o sull’incendio nella tenuta dei Mask avvenuto il venerdì notte della settimana prima…

«che altro c’è?»

«non una parola a nessuno, ancora. Anche se verrà fuori a breve» fece una pausetta «ho le prove materiali che la mamma di Kevin è ancora viva e che Robin Mask l’ha esiliata su Nettuno perché lei, comprensibilmente stufa di lui, gli ha messo le corna con Quarrelman. Anche lui su Nettuno, oltretutto».

Ci mancò poco che Meat svenisse.

Alisa Mask…viva.

Su Nettuno.

Con Neptuneman.

V-i-v-a, quando invece Robin aveva detto a tutti -figlio incluso- che era morta!

«…!»

«ci sono rimasta anch’io così».

«come l’hai…cosa…» Meat non riusciva nemmeno a mettere per bene le parole in fila «ma Kevin lo sa?»

«non ancora, ma tra oggi e domani dovrò dirglielo. Anche per questo motivo non so come andrà a finire tra me e lui. Anyway, l’ho scoperto frugando nella stanza di Mr.Mask che teneva in una cassaforte oltre mille lettere color lavanda di Alisa a Kevin. Sono vent’anni che lei gli scrive, ma Robin Mask ha intercettato tutta la posta in modo che lui -per ovvie ragioni!- non potesse risponderle. Nonostante le avesse dato il permesso di comunicare con il figlio. I patti erano questi Meat…lui li avrebbe lasciati in pace se loro se ne fossero andati ed Alisa avesse lasciato Kevin a Londra con suo padre, che voleva addestrarlo. Probabilmente se sua madre l’avesse portato via su Nettuno sarebbe stato molto più felice. E sarebbe stato sempre un campione chojiin probabilmente, dato che Nepuneman a Robbie le aveva suonate se non erro, quindi…»

«è incredibile» Meat era ancora sconvolto «ma…è proprio vero?»

«ho alcune delle lettere di Alisa, la copia del certificato di morte e la perizia che ne certifica la falistà, il filmato di una telecamera nell’aeroporto con Robin che fa salire sua moglie e Neptuneman in un’astronave e poi…e poi la tomba per forza di cose è vuota, ovviamente…» aggiunse in un borbottio rapidissimo «più prove di queste…!»

«roba da matti…privare un figlio della propria madre esiliandola su Nettuno…roba da matti» ripeté Meat «povero Kevin, non vorrei davvero essere nei suoi panni. In un certo senso sapere che sua madre è viva sarà una bella notizia, ma d’altro canto suo padre gli ha mentito per tutta la vita, ed i loro rapporti sono già estremamente tesi…»

Ok, Hammy aveva raggiunto l’obiettivo.

«non una parola per adesso, mi raccomando Meat».

E detto questo tornò rapidamente dentro casa prima che lui potesse chiederle qualunque altra cosa.

«Hammy ma veramente hai detto a Robin Mask di ristudiarsi le regole perché tu le sai meglio di lui?» Jeager era ancora allibito dopo aver visto quel video «…e comunque non so se l’avete sentito, ma pare che venerdì notte parte della villa di Robin Mask sia bruciata. Ma voi non eravate lì vicino?»

«vero, il terreno della tenuta della mia famiglia e quella di Robin Mask sono confinanti, ma l’abbiamo saputo “da fuori”, ecco. Le ville sono estremamente distanti tra loro dato che i terreni attorno sono immensi…»

Evitò di guardare il sogghigno di Kirika per evitare di scoppiare a ridere o…sentirsi in colpa di nuovo.

Perché quell’incendio non era stato esattamente accidentale…

 

 

:: venerdì notte, Londra ::

 

 

«…la villa del vecchio Robbie è a cinque minuti da qui?! Andiamo ad appiccare il fuoco, che diavolo!»

Kirika aveva fatto quella che un po’era stata una battuta e molto no. Perché se fosse stato per lei avrebbe veramente dato fuoco alla villa di Robin Mask.

Lei ed Emerald erano state le uniche a rimanere alzate, mentre le altre sapendo cosa le aspettava il giorno dopo -l’immensa festa promessa con i Linkin Park a suonare- avevano deciso di andare a letto alla stessa ora in cui l’aveva fatto Lady Janice.

Anche Howard però era ancora alzato, bello sveglio, e sentendo quell’esclamazione di Kirika aveva guardato entrambe le ragazze con uno strano sorriso. Precisamente modello “dopo quel che mi è stato raccontato da mia figlia riguardo a come si è comportato Robin con lei, ho voglia di dargli un’altra piccola lezioncina”…

«ma lo sai che è un’idea che ho avuto spesso anche io nonostante fino ad un anno fa, da dopo il nostro ultimo litigio, mi sia limitato ad “ignorare relativamente” il mio vicino? Eccetto che nelle occasioni ufficiali, o negli incontri pubblici» specificò Mr. Lancaster «casualmente, comunque, credo di avere dei detonatori da qualche parte qui in casa…»

Emerald aveva sollevato un sopracciglio. «…ma…fai sul serio papà?»

Anche Kirika l’aveva guardato con due occhi così. Perché tutto credeva ma non che sarebbe stata presa sul serio!

«faccio molto sul serio. Credo che far saltare la parte orientale della villa dovrebbe bastare perché riceva il messaggio, anche se ovviamente non avrà modo di provare niente dato che i detonatori in questione sono fatti per autodistruggersi in microparticelle al momento dell’esplosione. Sembrerebbe un incendio accidentale. Magari dovuto ad un cortocircuito».

Kirika guardò Emerald. «ma perché mio padre non è come il tuo?»

«ho varie tute integrali fatte dello stesso tessuto di quella da combattimento di Emerald, con tanto di maschera. Non ci vedrà nessuno, ma a scanso di equivoci…quanto al sistema di sicurezza non c’è da preoccuparsi, conosco quello e la villa del mio ex amico come il palmo della mia mano».

«ma quindi andiamo a fargli esplodere mezza villa sul serio?» domando di nuovo Hammy.

Alla quale era presa una voglia analoga, per di più.

«se non avete voglia di farlo resterà intatta, ma se invece fosse il contrario basta dirlo ed andiamo,  sarebbe anche l’ora perfetta».

Le due si guardarono.

«e andiamo!!!»

 

 

:: ora ::

 

 

«quindi no, non so altro di preciso» concluse Emerald «ed anche se sono stata contenta di rivedervi io adesso devo andare. Da Kevin» specificò.

Tutti quanti si scambiarono occhiate, eccetto Connors che si alzò giocherellando con le chiavi dell’auto. «ti porto io. Le valigie le prendi?»

«si».

Anche se non c’erano più le lettere dentro dato che le aveva messe nel marsupio insieme al resto poteva essere che lei e Kevin tornassero a vivere assieme, quindi era bene portarsi dietro tutto.

«ma come, te ne vai così? Speravamo che anche tu ti trattenessi di più» disse Wally «non ci vediamo da tre mesi…»

«vi prometto che a breve usciremo tutti quanti insieme, io, voi e…anche voi ragazze?...ma adesso ho veramente da fare. Ciao» disse uscendo rapidamente con l’americano.

Rimasero tutti un po’in silenzio.

«ma sarà vero che va da Kevin Mask?» buttò lì Jacqueline «secondo me quei due avevano solo voglia di andare a letto insieme!»

«perché, c’è andata a letto?!» Kid le si appiccicò immediatamente «c’è andata c’è andata c’è andata?!!»

«che noi sappiamo no, ma…chi lo sa? Dovresti chiedere a lei».

 

 

«…intendi tornare a vivere con il brat? …la parte buona è che la bestia da venerdì è tornata nella casa che gli hai lasciato insieme a tutte le sue zecche. E non solo, ma dai discorsi che ho avuto modo di sentire sembra che voglia lasciare il quartiere, il che sarebbe molto positivo per te».

Erano in viaggio già da un’oretta, il quartiere dove abitavano non era lontano ormai, ed in tutto quel tempo non avevano mai parlato di Kevin e Flash se non in quel preciso momento.

“ma allora faceva sul serio” pensò la ragazza “diceva davvero quando ha parlato di non volermi più vedere!”

«ah si, senz’altro. anche se magari cambierò quartiere pure io, dopo oggi, a seconda di come va a finire con Kevin».

Riusciva a stento a crederci.

Possibile che se la fosse presa così solo per averla vista ballare con un altro?

Una reazione del genere…nemmeno avesse ammazzato qualcuno! E a dire la verità in quel caso probabilmente sarebbe stato disposto a chiudere un occhio o anche tutti e due.

Possibile che stesse facendo tante scene per così poco?

Vero che anche lei lì per lì si era sentita un po’una traditrice, ma una volta tra le braccia dell’americano ed in seguito col trofeo in mano non le era parsa poi questa gran tragedia. Se con Flash era solo ballo, non poteva esserlo anche con Michael?

“quel russo è una fottuta drama queen” pensò “non ho mai firmato un contratto che diceva ‘io sono il Solo Nemico Tuo. Non avrai altri partner di tango all’infuori di me; non darmi della bestia invano; ricordati di santificare le serate di tango; onora il Mah Jong e il borscht’*. Ah, ma andiamo! È il mio Nemico Numero Uno e sempre lo sarà ma non significa che debba convertirmi al culto della Psycho Pantegana Di Madre Russia”.

Però…le dispiaceva. Era come se avesse una spina conficcata nel petto, all’idea di…si, un conto era fargli male intenzionalmente -possibilmente del male fisico come riempirlo di botte con un cric, farlo cadere dalle scale, sparargli e quant’altro- un altro ferirlo in altro senso.

“era una cosa nostra!... sei riuscita a sputare sopra anche a quel poco che c’era rimasto senza curarti di niente! Con il bastardo che mi ha torturato per due settimane, che è ancora più grave. E con il …‘nostro’ tango, nemmeno uno qualunque”.

Questo le aveva detto, e nonostante Warsman fosse di carattere piuttosto freddo -con lei e Kevin meno- anche solo quella semplice esclamazione iniziale di freddo non aveva assolutamente niente ed aveva trasmesso il messaggio già prima che lui aggiungesse altro.

«se la bestia si trasferisce davvero però tra un paio di mesi, da direttive, dovrò andarmene».

E Connors non sembrava particolarmente felice di ciò.

«si…beh…hai da fare, immagino. Anche se attualmente al tuo posto c’è Turbinskii».

«che se la cava anche bene, a dire il vero» ammise l’americano «il che mi sta permettendo di stare qui, nonostante per le questioni riguardo le quali tuo padre si fida di me soltanto sia io a dare ordini per via telefonica. Criptata».

«io ho sempre pensato che sotto sotto papà ti veda come quello che un giorno avrebbe potuto sostituirlo, se fossi stato imparentato con noi» disse candidamente la ragazza facendolo quasi inchiodare bruscamente.

«sostituire il capo? Ma chi, io? Tuo padre è inarrivabile, miz Lancaster. No, no; se mai dovrai essere tu a sostituirlo, non un ex mercenario qualunque».

Non lo sapevano ma avevano ragione entrambi, perché il desiderio di Howard Lancaster era che un giorno Emerald e Michael, diventati ufficialmente una coppia, prendessero il suo posto quando lui proprio non ce l’avrebbe fatta più. Tra altri quarantacinque anni all’incirca, visto che Mr. Lancaster auspicava di arrivare oltre i cento e fino a novant’anni contava di poter continuare ad occuparsi dei propri affari!

«mah…sarà!» guardò fuori dal finestrino «nocciolo!!! C’è un nocciolo!!! Con le nocciole!!!»

Ma no, davvero? Di solito i noccioli producono patate…comunque…sta di fatto che a quell’esclamazione che era tra il supplicante ed un “fermati immediatamente sennò ti riduco in poltiglia” l’americano accostò con un breve sospiro ed un sorrisetto vedendo Emerald catapultarsi letteralmente fuori dalla macchina e salire sull’albero come uno scoiattolo per poi iniziare a rompere quante più nocciole possibili e lanciarsele in bocca. Amare le nocciole era un tratto comune sia nel padre che nella figlia, come il sentirli dire “nocciole, dove?!” e guardarsi attorno ogni volta che udivano quella parola cercandone.

«sei il terrore degli scoiattoli!» disse Connors da sotto «finisci tutte le loro scorte per l’inverno!»

«ma veramente quando si tratta di andarmi a rubare le sigarette in qualche bar di nocciole ne ricevono» ribatté lei lanciandosi in bocca cinque nocciole tutte insieme «un pacchetto da venti per venti nocciole, direi che è un prezzo modico!»

«a beh, con quel che costano…di’, ma non ti viene mica in mente che forse di nocciole potrebbe andarne qualcuna anche a me?»

«e vieni su no?»

«non so se questo qui regge il mio peso come quelli di casa tua».

«ma si, che è grande, forse reggerebbe anche Kevin».

L’americano a quel punto fece spallucce, si arrampicò a sua volta sull’albero, si fece imboccare con qualche nocciola e poi sia lui che Hammy…iniziarono a penzolare a testa in giù.

In tredici anni di stretto contatto Michael Connors era più naturalizzato Lancaster di quanto si rendesse conto lui stesso!

«hai mai notato che la gente sembra tutta più bella se osservata da questa prospettiva?» chiese Emerald all’americano.

«dipende se la gente in questione si è fatta o meno i peli del naso…»

Se ve lo state chiedendo oltre che qualcosa fatto per il puro gusto di farlo si, era anche una manovra per prendere tempo. Preparandosi spiritualmente -almeno Emerald- ad affrontare Kevin.

«vedo che morivi dalla voglia di rivedermi».

Ma evidentemente era destino che non dovesse andare così, e che Kevin Mask -fino a qualche istante fa insieme a Warsman che appena vista Emerald da lontano era andato via con una scusa- beccasse lei e Connors tranquilli, sereni e a testa in giù, sorprendendola al punto che perse l’equilibrio e cadde. Per fortuna in verticale sulla mano destra.

«…mi hai fatto prendere un colpo» borbottò una volta tornata alla normale prospettiva «e comunque stavo venendo da te».

«oh, sicuro, l’ho visto come venivi da me a testa in giù su un nocciolo e proprio con questo tizio!» sbottò indicando l’americano che era a sua volta tornato con i piedi per terra.

«mh. Adesso capisco il perché della pausa se questo stupid brat non ti fa mangiare nemmeno le nocciole in pace».

Però un po’ lo capiva, a Kevin. Sai che la tua non-so-cosa è lì a Tokyo, sai che deve dirti qualcosa di vitale, non vedi l’ora di rivederla dopo tre mesi e lei si ferma a mangiare nocciole!…a lui magari non faceva specie, ma ad altre persone poteva seccare un po’essere messe al secondo posto dopo un pugno di nocciole.

«tanti bla bla bla, ma a quanto pare solo di questo si trattava se appena mi hai rivista hai ricominciato a litigare» disse Emerald piuttosto freddamente, incrociando le braccia per poi guardarlo quasi…ferita. Uno sguardo che l’inglese non pensava di poter sopportare, soprattutto dopo quei mesi di lontananza, e fu per quel motivo che la abbracciò all’improvviso, sorprendendola.

«mi manchi» le disse pianissimo.

Nel sentirsi avvolgere in quell’abbraccio Emerald percepì qualcosa di simile a quel che aveva provato nel tornare a casa. Eppure era l’americano che stava guardando, col quale si intese dopo brevi occhiate col fargli capire che lei e Kevin dovevano parlare da soli.

Lui annuì, salì in macchina e partì. Le valigie le avrebbe lasciate davanti alla porta di casa propria, così da far loro la guardia.

Non sapeva cosa augurarsi per quei due, ad essere sincero. Forse se lei e Kevin Mask fossero tornati insieme Emerald sarebbe stata felice, e doveva tenere a mente che lui, lui, tanto non se la meritava e quindi lei poteva e doveva trovare qualcuno che invece se la meritasse.

Ma non significava che questo lo rendesse granché contento, anche perché per come la pensava Kevin non era uno di quelli che se la meritavano. Ma quello era un giudizio che poteva dare solo Hammy, e come tale andava preso.

 

 

«non sarebbe meglio se ne parlassimo a casa?»

«no, va bene anche qui».

«ma sei sicuro?»

«si. Abbiamo troppe cose da dire per aspettare fino a casa, dopo tutto questo tempo credo di non poter reggere un minuto di più».

Erano in uno di quei vecchi parchi abbandonati dei grandi tubi di ferro nei quali una volta, forse, dei bambini avevano giocato.

«innanzitutto ribadisco quel che ho detto prima: mi manchi. E tanto. Questa tua…maledetta pausa…io la odio. Perché ti amo e vorrei che tornassimo insieme per davvero, al di là di tutto quel che possono combinare i nostri genitori. E se il problema è anche la mia eccessiva possessività lo sarò di meno, ma voglio che questa situazione di incertezza -almeno tra noi due- abbia fine».

Ovviamente c’era anche quella faccenda che riguardava sua madre, suo padre e non si sa cos’altro, ma era meglio affrontare una cosa alla volta, ed al momento per Kevin era la sua relazione ad avere la priorità.

Solo che Emerald non era sicura di poterlo accontentare. Per niente. Perché Kevin parlava bene, ma intanto la primissima cosa che aveva fatto quando l’aveva rivista era stata una mezza scenata.

«capisco. Ma…non è un buon momento per parlare di me e te, questo».

«come sarebbe che “non è il momento buono”?! Emerald! Capisco che non lo fosse parlarne per telefono ma adesso siamo qui, faccia a faccia, se questo non è il momento buono non so proprio quale possa essere!...certo, a meno che il problema non sia per davvero IO quanto piuttosto TU!» ed eccolo che ricominciava, nemmeno a dirlo «magari il problema non sono le litigate e nemmeno i nostri padri o tutto quello di cui puoi accusarmi, ma semplicemente che tu non sei sicura di voler stare con me perché magari hai messo gli occhi addosso ad un altro. E da quanto ti trovavi a tuo agio con quel bastardo figlio di puttana di un americano ho anche la vaga idea di chi possa essere questo “altro”!»

«lo vedi come sei?! Come io dico qualcosa che non ti va a genio ti attacchi con le tue sceneggiate da diva!»

“e il fatto che abbia più o meno ragione è un altro discorso, ma magari se si fosse dimostrato meno un cretino avremmo risolto il problema!” pensò.

«sceneggiate da diva un corno, io ho tutte le ragioni di essere arrabbiato, anche solo per il fatto che invece di tornare subito qui a Tokyo tu abbia voluto farti una vacanza a Londra mentre io ero qui ad aspettarti come uno scemo!!!»

«volevo staccare un po’la spina, dopo tutto quel che è capitato lassù volevo starmene in pace insieme alle ragazze e rivedere mia madre e mio padre, non vedo che c’è di tanto incomprensibile!»

«ah! tuo padre…!»

«che  hai da dire ancora su mio padre?!»

«lo sai benissimo cos’è che ho da dire di tuo padre!!!»

«di’ quello che ti pare ma il tuo è una grandissima testa di minchia e credimi se ti dico che ho delle ottime ragioni per pensarla così, tante quante ne avevo per dargliele di santa ragione nello scontro finale!!!»

Tanto andava sempre a finire in quel modo. Da quella che doveva essere una discussione tranquilla e nella quale si era stabilito poco prima di lasciar fuori i padri, ecco che andavano inevitabilmente a battere quel chiodo lì. Con tutte le conseguenze che comportava.

«a beh perché tu ovviamente non contenta di provocarlo in continuazione in tutti i sensi e di frugare nella sua roba hai anche approfittato dello scontro finale per fargli del male fisico!!!»

«era quello l’obiettivo!!!»

«tu non vedevi l’ora di farlo fin da quanto sei andata lassù, hai cercato ogni modo per fargli passare l’inferno e magari anche tentare di farlo caccia-»

«quindi secondo te avrei dovuto starmene lì ferma e buona a farmi angariare da quel vecchio bastardo rincoglionito senza reagire?! E oltretutto te la prendi con ME sapendo che è LUI ad averti nascosto delle cose importanti?!»

«qualunque cosa sia sono affari della mia famiglia, dei quali tu e tuo padre non avreste dovuto impicciarvi!!!»

Era evidente che la rabbia, la gelosia, la tensione e tutto quanto aveva accumulato in quei mesi -soprattutto dalla pausa in poi- avevano decisamente spento temporaneamente ogni raziocinio in Kevin Mask.

E quella reazione che Emerald Lancaster percepì come un’enorme ingiustizia nei suoi confronti spense, invece, ogni barlume di voglia di perdere ancora tempo con lui, annullando anche ogni senso di empatia e sensibilità nei suoi confronti visto il modo in cui tirò fuori dal marsupio una busta contenente lettere, filmato in una chiavetta, certificato di morte falso e perizia schiaffandogliela in mano.

«benissimo, allora dopo che avrai visto cosa c’è qui dentro veditela da solo col tuo caro papà che difendi tanto, razza di idiota! E non venire a piangere da me, perché ti sputerò dritto in faccia!!! Coglione!!!»

E dopo quell’ultimo insulto la ragazza corse via prima che Kevin avesse tempo di dire “a”, lasciandolo lì con in mano qualcosa che gli avrebbe sconvolto la vita.

E che nonostante la rabbia il ragazzo cacciò in tasca dopo avergli dato una breve occhiata.

 

 

:: circa un paio d’ore dopo ::

 

 

Quando l’aveva vista da lontano era tornato a casa. Non aveva avuto voglia nemmeno di guardarla in faccia, tanto più che neanche a farlo apposta era insieme a, indovinate chi? Ma quel bastardo di Connors, naturalmente.

Già. Ancora con lui, sempre con lui.

Quando li aveva visti ballare insieme, e come si guardavano, e come si toccavano…non avrebbe saputo definire cos’era che aveva sentito, a parte una grande incazzatura, sapeva solo che era stato orribile.

Del rapporto che avevano lui ed Emerald aveva finito per rimanere solo quello, il tango, e dopo due mesi e mezzo passati insieme modello “I&You, You&Me” era già troppo poco.

E adesso non c’era più nemmeno quello, perché il suo posto era stato occupato da un altro. No, peggio: Connors aveva occupato sia il suo posto che quello di Kevin in un colpo solo, perché probabilmente per come lo vedeva quella puttanella senza cervello l’americano era una sintesi di loro due, di un Kevin più maturo e di un uomo con un passato atroce alle spalle e con tanto da raccontare. E che sapeva ballare, e suonare la maledetta chitarra, e sapeva qualcosa di spagnolo.

E, soprattutto, che piaceva a papy. Rappresentava una strada più larga, più facile da percorrere, meglio tenuta e vivamente consigliata. Oltre al fatto che Emerald, quella strada, avrebbe gradito percorrerla già da prima di conoscere Kevin.

“…Roxanne! You don’t have to sell your body to the night…!”

Non sapeva nemmeno lui perchè avesse messo su quella canzone adesso, il “loro” tango, sapeva solo di essere del tutto patetico e stupido.

E che…non era giusto.

“his eyes upon your face, his hand upon your hand, his lips caress your skin…”

Lei era la sua nemesi.

Lei era quella che gli aveva salvato la vita.

Lei era quella che l’aveva accoltellato, gli aveva sparato.

Lei era quella con cui aveva potuto parlare di romanzi di autori russi.

Lei era quella che gliene aveva combinate di tutti i colori, e viceversa.

Lei era quella che aveva voluto due mesi e mezzo sola con lui, lui! Loro due soltanto, lontani da tutto e tutti a girare per il mondo.

“it’s more than I can stand!”

Lei era la sua partner di ballo.

“why does my heart cry?”

Lei era la prima donna che lo avesse trattato come un uomo, anche dopo averlo visto senza maschera. Le altre al suo posto sarebbero scappate urlando, lei non lo aveva fatto.

“feelings I can’t fight…”

Tutto questo per poi “tradirlo” con uno degli uomini che gli aveva fatto più del male in assoluto, e che per quanto lo riguardava era la vera bestia.

“you’re free to leave me…”

Forse allora non le era mai importato nulla, in realtà. Con lui si era solo trastullata. Era stato il suo giocattolino finché ne aveva avuto voglia, finché non si era stufata di lui perché presa da altri giocattoli più belli e non lo aveva buttato via senza stare a pensarci troppo. Il loro perfetto rapporto da nemesi, “io odio te, tu odi me, e a vivere senza questo non c’è gusto” era stato solo un modo per passare il tempo, per quella ragazza.

“but just don’t deceive me…”

Doveva gettarli via, quei souvenir, come anche quel dannato cd.

“and please, believe me when I say I lov-”

Lanciò un soprammobile contro lo stereo prima che il verso finisse, fracassandolo.

Giusto in tempo per sentire la voce di Emerald in lontananza e che decisamente, dunque, non era rivolta a lui.

«…è un grandissimo idiota!!!»

Presumibilmente parlava di Kevin. Dovevano aver litigato ancora, il che significava che il ragazzo fino al mattino dopo non sarebbe tornato a casa ma sarebbe andato a bere come una spugna in qualche birreria mentre lei a quanto pare era andata a lagnarsi…dall’americano.

Chiaro.

“è andata da lui, non è venuta da me. Non che io le avrei aperto”.

E non che lei avrebbe bussato, se mai fosse andata da lui, visto che c’era la chiave di scorta dagli scoiattoli.

Chiuse gli occhi, cercando di non pensare a sé stesso e al “tradimento” subìto, quanto piuttosto a come dovesse stare adesso Kevin dato che avevano litigato ancora.

Ma non ci riusciva molto bene, e continuava a pensare che…non era giusto.

Non era giusto che gli fosse stato tolto anche quello, e lui non era uno di quelli che si lagnano per ogni minima cosa, ma quello era così brutto ed ingiusto che non poteva farne a meno.

“proprio lei…e proprio lui”.

 

 

«io penso solo che tra quello stupid brat  ed un macaco il macaco risulterebbe trenta volte più intelligente. Non so, avete cose importanti da dirvi, sa che suo padre gli ha tenuto nascosto qualcosa che non avrebbe dovuto e se la prende con te e tuo padre?» Connors scosse la testa «non ha capito un cazzo della vita, c’è poco da fare».

«è un coglione…è un grandissimo…coglione…»

“meglio che non dica al capo che Mask l’ha fatta piangere” pensò Connors mentre la stringeva a sé. Sarà stato un ex mercenario che adorava violenze e massacri e quant’altro ma quando gli pareva e -soprattutto- con chi gli pareva sapeva essere addirittura dolce “per quanto sarebbe tremendamente divertente vederlo arrivare qui col grosso delle forze e sparargli dritto in testa, ma presumo che nn sia quel che Emerald vuole. Anche se ciò non toglie che se disgraziatamente me lo troverò davanti il brat vedrà com’è che ci si comporta quando si è davvero in guerra, altro che le puttanate che ha detto durante lo scontro con quell’uomo fatto di mattoni”.

Come minimo in ospedale ce lo avrebbe mandato, chojiin o meno, una botta per ogni lacrima che le vedeva cadere dagli occhi.

A Shibuya l’avrebbe riportata il giorno dopo, in quel momento non era proprio il caso.

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Capitolo 16
*** Un fiore d'ibisco ***


«…o mi aprite voi o mi apro io da solo!!!»

tanto se TI APRI la scatola cranica non è un problema visto e considerato che è del tutto vuota.

– che stronzo.

Kevin Mask al momento si trovava a Shibuya, a suonare il campanello che si trovava all’esterno del grattacielo dove era andata a vivere Emerald.

Erano passati tre giorni dal loro litigio. Tre giorni nei quali Kevin aveva bevuto come una spugna, riflettuto parecchio nei momenti di lucidità, concluso che avrebbe dovuto agire diversamente e -soprattutto- aveva evitato di aprire la busta che Emerald gli aveva lasciato, decidendo di volerlo fare con lei presente dato che il suo istinto, ogni volta che metteva gli occhi sulla busta, gli urlava che avrebbe avuto bisogno di tutto il sostegno possibile. E soprattutto di quello di Hammy.

Peccato che lei non sembrasse avere la minima voglia di vederlo o anche solo sentirne parlare.

«sentite io voglio solo parlare con Emerald! E-me-rald! Non con voialtre!»

lei però non vuole parlare con te. Non vuo-le.

– quindi vat-te-ne.

E che quindi Kevin si stesse trovando a discutere con Kirika e con una Jacqueline MacMadd che probabilmente ce l’avrebbe avuta in perpetuo con lui per aver annullato quell’uscita di mesi e mesi prima, e per la quale dunque ogni scusa era buona per maltrattarlo!

Ancora a Kevin suonava strana l’idea che la rossa ed Hammy avessero fatto amicizia, da dopo che -a detta di Emerald- Jacqueline aveva chiamato a casa sua per sapere come stava nei tre mesi dopo che aveva beccato quel proiettile nella spalla. Una prova del fatto che bastava poco per non piacere ad Emerald, ma che in alcuni casi bastava altrettanto poco -come mostrarsi gentili nei suoi confronti- per rimettere tutto a posto.

Già. Solo in alcuni casi però.

«neanche per sogno, voglio parlare con lei e ci parlerò anche se dovessi sfondare questa porta e quella del vostro appartamento!»

non ti conviene, perché poi noialtre sfonderemmo te con sommo piacere! Sarai forte quanto ti pare ma noi qui siamo in cinque e tu sei uno solo.

– e saremmo in sei se non fosse che Emerald probabilmente non si sporcherebbe nemmeno le mani a picchiarti come si deve.

All’inglese venne una voglia matta di mettersi ad urlare al citofono e poi sfondare tutto come aveva minacciato di fare, ma una scintilla di raziocinio gli stava dicendo che forse non era una buona idea, e che avrebbe dovuto cambiare approccio. Fece un grosso sospiro.

«voglio parlare con lei… è una cosa molto importante» pausa «ditele che mi dispiace per come mi sono comportato. Per favore».

ecco, già il tono mi piace di più………sicura?...ok…

Kevin.

Oh, eccola finalmente. «Emerald!...»

che vuoi?

Freddina.

«ho fatto il coglione. Mi dispiace, non volevo, e…non ho ancora aperto quella cosa. Sei più importante tu di quella» disse mettendo insieme tutto quel che gli saltava in mente senza un ordine preciso «non scherzavo quando dicevo che mi manchi, ed io detesto tutti questi litigi che abbiamo ultimamente. Possiamo parlare…senza ammazzarci…stavolta? Per favore».

Brusii. Aguzzando l’udito Kevin riuscì a distinguere uno “scendi”, un “fallo salire” ed un “ma mandalo affanculo va’…”.

scendo io.

Kevin si lasciò scappare un sospiro di sollievo. Pareva che Hammy non gli avesse ancora tolto davvero il saluto, dopotutto.

Se la ragazza aveva deciso di scendere era più che altro perché conoscendolo sapeva quanto gli costasse dire “ho sbagliato”, “scusa” e “per favore” tenendo in considerazione che l’orgoglio dei Mask era l’orgoglio dei Mask. Ma non significava che avesse capito cosa fare con lui, o che avesse smesso del tutto di essere arrabbiata. Solo tre cose sapeva e cioè che

a) era confusa

b) quella confusione non la faceva stare bene, come non faceva stare bene neanche Kevin

c) lei voleva tornare a stare bene, in qualunque modo, e se anche lui fosse tornato a stare bene sarebbe stata buona cosa

Ed ogni opzione dunque era bene accetta.

Quando uscendo dall’ascensore lo vide lì, al di là del vetro della porta principale, pensò che fosse una perfetta metafora della loro relazione. Anche quando erano più vicini c’era sempre una barriera a dividerli. Una barriera che a nessuno dei due riusciva ad identificare proprio perché quasi invisibile come quel vetro.

«eccomi».

Lui la guardò a lungo, prima di dirigersi verso la propria moto facendogli cenno di seguirlo e lei obbedì, senza dire una parola, come lui. E così fu per tutto il viaggio, che terminò nel parco non eccessivamente distante da casa di Kevin.

“curioso che abbia scelto questo posto”.

Era successo durante i primi mesi di conoscenza, erano andati lì a prendersi un gelato ed avevano finito per discutere sul fatto che, a detta di Kevin, il Chelsea sarebbe stato sempre e comunque superiore al Manchester City. Opinione con la quale Hammy, che teneva per quest’ultima, non concordava per niente.

Il risultato? Avevano finito per spiaccicarsi vicendevolmente i gelati in faccia. Per fortuna una volta resisi conto che erano veramente buoni i due avevano fatto pace ed Emerald di gelati -grandi- ne aveva mangiati altri otto. Ed erano tornati lì spesso e volentieri.

Andarono a sedersi su una panchina, sulla “loro” panchina, e fu lui a parlare per primo.

«non ti voglio perdere».

Lei non ribatté.

«vorrei che tornassimo ad essere quelli di prima. Abbiamo sempre discusso, quello per noi è abituale e male non fa, ma non lo è finire a litigare in quel modo. Quello fa molto male. Ed il peggio è che ho cominciato io, quando invece doveva essere il momento in cui avremmo fatto pace».

«magari se avessimo avuto in mano dei gelati sarebbe finita diversamente».

Una battuta che stemperò la tensione e fece addirittura sorridere un po’ l’inglese. «dovremmo sempre tenerne a portata di mano, eh Scimmiattolo?...»

«mi spiace di averti dato del coglione e di averti piantato in mano così quella busta sapendo cosa contiene. Ma tu hai detto di non averla aperta, vero?»

«no. Prima venivi tu; una cosa alla volta» la guardò «…la maggior parte della tua roba è ancora da me».

«lo so. Verrò a prenderla a breve».

Più che una stilettata quella fu una coltellata vera e propria.

«Hammy io non voglio che tu te ne vada, ma che torni da me. E a vivere con me».

«abbiamo degli enormi proble-»

«è vero. Lo so. Me ne rendo conto» disse subito Kevin «ma se “noi” abbiamo dei problemi allora dovrebbero essere affrontati e risolti insieme. Come una squadra, come una coppia. Perché non mi sembra che tentare di risolvere rimanendo lontani abbia portato a qualche risultato se non quello di separarci ancora di più, e come ho detto prima io non ti voglio perdere. Tu sai che io sono uno che lotta, Hammy, e con te vicina avrei chiaro una volta di più per cosa sto lottando e quanto davvero ne vale la pena».

«e io secondo te ne valgo la pena?»

Lo sentì accarezzarle la nuca.

«se ha valso la pena aspettarti da quando ti conosco, adesso che siamo arrivati entrambi vale decisamente la pena lottare per rimanere. Emerald, se vogliamo possiamo farcela. Dubito che ci sia qualcosa che non possiamo riuscire a fare, se siamo insieme».

 

“…non lo sostengo perchè la verità è che io…sono innamorato di te”.

Kevin.

 

For I can’t help… falling…in love…with…”

you”.

Michael.

 

Però lei si era fidanzata con Kevin, e avevano faticato moltissimo per stare insieme. E dire che non provava più niente per lui, che il loro amore era completamente svanito, sarebbe stata una grossa bugia.

Inoltre Mikey aveva sempre detto di non essere quello giusto per lei, di non meritarla, che “non era cosa”. Anche se aveva dovuto dirgli chiaro e tondo che non doveva fare niente a Kevin nonostante l’avesse fatta piangere, altrimenti il suddetto si sarebbe trovato minimo con le ginocchia sfrittellate da due proiettili sparati all’improvviso.

«Emerald, torna a vivere con me. Ti giuro su tutto quel che mi è più caro che farò di tutto perché tra noi torni ad andar bene, dovessi anche tagliarmi la mano sinistra se un giorno dovesse iniziare a non piacerti!»

«non esagerare adesso!…e se a non piacermi più fosse la destra?»

«…sarebbe un po’un problema visto che non sono ambidestro come qualcuno di mia conoscenza…»

Ossia Emerald stessa che  se si trattava di scrivere o digitare sulla tastiera del cellulare utilizzava bene entrambe le mani ma prediligeva la destra, mentre per disegnare usava sempre la sinistra perché, per qualche motivo, le riusciva meglio. Così come suo padre, anch’egli ambidestro, quando si trattava di usare il violino…perché nel disegno -e non che anche la sua scrittura in sé per sé fosse delle più facili a capirsi, poi- che usasse la destra o la sinistra sempre uno schifo veniva, e giusto lei riusciva ad interpretare quegli sgorbi simili a geroglifici ma ancor più incomprensibili!

Indimenticabile quella volta in cui era rimasto afono dopo un’influenza ed aveva tentato di far capire con un disegno a Janice che voleva le nocciole, visto che non era riuscita a capire cos’aveva scritto.

Risultato: un ammasso di pallini intrecciati tra loro ed apparentemente senza senso alcuno.

“cos’è che vuoi?... Praline?...Cicerchiata?...I Ferrero Rocher?...I cioccolatini Lindt?...Piselli? Lenticchie?!...escrementi di coniglio?! Ma si può sapere che vuoi dire?!!”

E poi era stata lei, Hammy, a risolvere il mistero arrivando a capire di che si trattava dopo un’occhiata di durata medio breve al disegno. “mamma…sono nocciole”.

Dopo un muto alleluia Howard aveva scritto ad Emerald se tanto che c’era non poteva dire al capocuoco di farglici dei biscotti, con le nocciole. Ossia qualcosa che anche volendolo ardentemente non avrebbe potuto mai fare da solo, perché Howard cucinava come disegnava…

Ma quello non era importante, al momento.

«ma tu sei sicuro di quel che dici?»

«sicuro che lottando insieme supereremo tutti i nostri problemi? Si, Scimmiattolo. Mai stato più sicuro di così: io sento che la strada da percorrere è questa. Forse non è facile, ma è quella giusta lo stesso».

L’aveva quasi convinta. Sembrava così sicuro di quanto stava dicendo, così entusiasta, che quasi la stava portando a pensare che doveva essere vero per forza.

«niente più scenate se senti qualcosa che non ti piace?»

«niente più scenate. E tu…cercherai di metterti più spesso nei miei panni?»

«si. Prometti di non dire cose spiacevoli su mio padre?»

«non lo nominerò nemmeno. E tu prometti di fare lo stesso col mio?»

«sarà un piacere» lo guardò «…ma sei sicuro di rivolere in casa qualcuno che come prende in mano un aspirapolvere lo fa esplodere?»

Si, perché fare la lavatrice e cucinare era capace. Ma se si trattava di pulire casa…lo aveva sempre fatto fare ad una colf, da quella volta che per errore invece dello sgrassatore per ripulire il forno aveva usato la trielina, o quando l’aveva usata per pulire il pavimento.

E per l’appunto, come prendeva in mano un aspirapolvere non si sa come riusciva a mandarlo in cortocircuito e farlo esplodere.

Di passare la scopa poi nemmeno a parlarne, sembrava usare un martello pneumatico quando lo faceva…

«se gli stai lontano dovrebbe andare tutto bene e, per l’amor di Dio, se dovesse capitarti di pulire il tavolo stai lontana dalla trielina!»

«ma quella pulisce bene…»

Kevin sbuffò per poi attirarla improvvisamente a sé. «tu stanne comunque lontana, right?»

Il bacio che venne dopo diede alla ragazza la stessa sensazione dell’abbraccio di tre giorni prima, quella di “casa”. Ed era sempre stato bello per lei tornare a casa.

Solo che…quanto avrebbe durato? Soprattutto visto il contenuto della busta che Kevin, dopo, tirò fuori dalla tasca e si rigirò tra le mani.

«è tanto brutto?»

Lei fece un cenno che voleva dire fifty-fifty.

«in parte è bellissima e in parte è orribile. Ma di sicuro guarda…è…scioccante» lo avvertì lei, estremamente seria «ma scioccante veramente».

Il che era molto allarmante per Kevin.

«ma come fa una cosa ad essere bellissima e orribile allo stesso tempo?»

«lo è se ti restituisce qualcuno a cui tieni ma ti fa scoprire che qualcun altro ti ha tenuto nascosto che la persona cui tieni c’è».

Sempre più criptica.

«meglio se andiamo a casa, credo» disse lui alzandosi e tirando fuori il cellulare, con lei che lo seguiva.

«chi chiami?»

«Warsman. Mi sa che avrò bisogno anche di lui…»

«ah…ehm. Credo che abbiamo un problemino» disse piano la ragazza «da come ha reagito tre giorni fa ho come l’impressione che non voglia più vedermi per non so quale motivo. Può essere che c’entri il fatto che ero con Michael, che l’ha torturato due settimane».

«ecco, anche il discorso “Mikey” è uno di quelli che dovremo affrontare, ma forse è meglio non farlo proprio ora» salì sulla moto «ad ogni modo, potresti anche avere ragione. Proprio adesso che avevate iniziato a non ammazzarvi appena mi voltavo…»

«eeh, che vuoi farci. A volte va così. Come dice papà, “le persone vanno e vengono”».

Kevin partì. «però mi sembra strano che due “nemici mortali” come voi si perdano così facilmente».

“perché tu non sai né mai saprai tutta la storia” pensò Hammy.

«insomma, avete pure vissuto insieme per tre giorni…a proposito, io poco tempo dopo quei fatti avevo visto in casa tua il trofeo di una competizione di tango…»

“questo perché quella brutta pantegana imbecille non lo aveva fatto sparire prima di andare a riprendersi le sue cose in casa mia che ora è diventata sua e in cui se non ha gettato via tutto c’è quella specie di mausoleo dei Bei Tempi Andati” aggiunse mentalmente lei.

«mah. Roba sua. Non siamo stati sempre insieme in quei giorni, Kevin, altrimenti uno dei due l’avresti ritrovato tre metri sotto terra».

Bugia, bugia, bugia!!!

«ti ha già detto di non dirlo nemmeno per scherzo. E poi la sai una cosa…» erano arrivati ad un semaforo rosso «io vi ci vedo bene a ballarlo, il tango; tu in teoria lo sai fare, a lui da quanto ne so -e da quanto pare dimostrare quel trofeo- ballare piace, avreste dovuto provare a farlo insieme. O dovreste provarci in futuro se mai doveste “fare pace”».

A quelle parole Emerald non seppe se mettersi a ridere semi istericamente o mettersi ad urlare o, ancora, incollarsi la mano al volto in un perpetuo facepalm.

adesso me lo dici?!!” pensò, oltre a trovarsi a desiderare di non essere atea in modo da poter bestemmiare come si deve. Perché giustamente non credendo in Dio, angeli, santi, demoni, Diavolo e quant’altro non poteva nemmeno bestemmiarli: che senso aveva bestemmiare qualcosa che non esisteva nemmeno? Preferiva usare soggetti dei quali riconosceva l’esistenza. Nella Scuola di Ercole, per esempio, era stata solita uscirsene con cose come “Robin maiale!!!”, “Robin lupo mannaro!!!”, “Robin lupente!” (mezzo lupo e mezzo serpente, per capirci)…

«sarà. Sapevo che i sorci sono in grado di attraversare un labirinto, non di ballare il tango».

«Hammy…»

«si, ok, scusa…»

«già che ci sei perché non chiami le tue amiche per dire loro che torni a stare da me?»

«magari quando arriviamo, che adesso col casino che c’è qui per strada non capirebbero niente».

«right. Tanto manca poco».

E mancava veramente poco, perché cinque minuti dopo erano già arrivati a casa.

«…si…diciamo che ci stiamo riprovando…no, non preoccupatevi, tanto qui ho la maggior parte delle mie cose, le altre me le riprenderò quando avrò tempo o voglia…ah. Seh. Mh. Sempre ottimista tu eh Kirika?...no, no, non è cosa con…lo sai. Ecco. No-o. No-o-o, e due. Va bene così. Ok. ciao».

Inutile dire che Kirika sembrava parteggiare per Connors, va’ a capire come mai. Ma, come detto, lui le aveva sempre detto che non era il caso e lei e Kevin al momento volevano riprovarci quindi non era il caso di…

«sei venuta a prendere il resto delle tue cose, Emerald?»

Nemmeno a farlo apposta eccolo lì.

«a dire il vero lei è qui perché siamo tornati a vivere insieme» sottolineò Kevin, notando con un certa soddisfazione che il suo “avversario” sembrava sorpreso e non molto felice.

«ah si?»

«si…» disse lei. Ricevendo in cambio un sorriso.

«contenta tu, contenti tutti».

“sicuro?” pensò la ragazza guardandolo bene “perché magari vedo solo quel che voglio vedere ma tu tanto contento non mi sembri. Ma perché, se hai sempre detto che ‘non è il caso’?...”

«chiarito questo quindi d’ora in poi evita di insidiare la mia ragazza» si intromise Kevin. Proprio con una di quelle frasi che aveva promesso di bandire.

E a Michael bastò intercettare l’occhiataccia che Hammy lanciò allo stupid brat per capire che, purtroppo per lei perché avrebbe sofferto ancora, quella pace non sarebbe durata tanto. Ma perché non lo lasciava perdere?! Se solo lui avesse potuto stare con lei avrebbe fatto di tutto perché lei stesse sempre bene, cosa che invece a quell’idiota pareva non riuscire o non importare e basta.

“se ci credi ringrazia Dio che, come per quel mostro poco lontano da qui, miz Lancaster non vuole che ti succeda niente” pensò “altrimenti a quest’ora saresti in ospedale con le sette stelle di Hokuto come Kenshiro, ma non so dirti se saresti ancora vivo dopo aver preso sette proiettili al petto”.

«io essere Kevin Dalla Piccola Clava! Lei mia ragazza! Lei appartenere me! Io essere un brat cavernicolo e trascinare mia donna per capelli in caverna e chiuderla dentro mettendo grande roccia davanti a entrata! Unga-bunga!»

Ed Emerald qui faticò a non scoppiare a ridere. Faticando però meno a trascinare Kevin in casa benedicendo quei naniti che si ritrovava nel braccio e che Kevin era troppo irritato per pensare che ci fosse sotto qualcosa di diverso dalla forza acquisita tramite addestramento.

«io a quello lo-»

«…lasci perdere, per piacere» terminò Emerald «abbiamo altro a cui pensare, Kevin».

Già, giusto: la busta.

L’inglese tirò di nuovo fuori il cellulare. «quindi a Warsman per non correre il rischio che trovi qualche scusa per non venire non dirò che ci sei anche tu» disse «la troverà una bastardata probabilmente, ma…sento di avere bisogno di lui».

E detto da uno come Kevin era qualcosa che significava tanto.

«capito».

«Warsman...si. Si, voglio aprire quella busta…si. Grazie. La porta sul retro è aperta, tanto. Ciao» chiuse «ecco fatto. Ha detto che arriva subito».

«e passa dal retro?»

«è per evitare di incrociare quello là fuori. Ti rendi conto che la mattina in cui l’ho visto la prima volta era lì fuori con la chitarra a suonare…»

 

Like a river flows surely to the sea, darling so it goes, some things… are meant to be…

take my hand…”

take my whole life too…”

for I can’t help falling in love with you…”

 

«…“Cielito Lindo”? roba da matti» sentenziò Kevin. Lei fece spallucce.

«è fatto così. Non so che dirti».

«e poi sempre tre ne suona, sempre e solo quelle tre: “Cielito Lindo” dei Los Lobos e quelle due di Santana. Sempre…quelle. È snervante, ancor più di quando mette Eminem a palla».

Senza saperlo Kevin aveva detto ad Emerald qualcosa che magari non era proprio “vitale” e che forse non contava niente in generale, però…Connors aveva detto di stare lavorando su “Can’t help falling in love” per acchiappare di più. Quindi, considerando che sapeva decisamente suonarla, perché non l’aveva mai usata?

«solo quelle tre dici?»

«solo quelle. Mi mette un nervoso…»

«si, in un certo senso è…» la porta sul retro si aprì «comprensibile» borbottò la ragazza.

«eccomi Ke…»

Il russo ammutolì improvvisamente trovandosela davanti in quel modo, del tutto inaspettatamente.

Emerald e Kevin avevano litigato. Che ci faceva lì?!

E non sapeva dire se il fatto che non lo stesse nemmeno guardando in faccia lo rendesse più o meno nervoso, irritato, letteralmente furioso. Eppure quello non era il momento di infuriarsi, se davvero Kevin voleva aprire la busta.

Quando aveva deciso di andare a cercarlo per recuperarlo, ubriaco fradicio ovviamente, si era trovato quella busta messa in mano dallo stesso Kevin che farfugliava cose incomprensibili sui “grandi segreti di famiglia” dei quali “al momento a lui non fregava niente e voleva solo bere e dove cazzo erano le tre bottiglie di whisky che aveva in tasca?!...ah già, se l’era scolate”.

E per quanto non avesse ritenuto una cosa corretta dare un’occhiata a quel che c’era in quella busta aveva finito per farlo ugualmente, trovandosi davanti una verità a dir poco sconvolgente e che gli aveva fatto venire tanta compassione verso quel povero ragazzo quanta una gran voglia di suonarle al suo vecchio maestro, oltre ad aver capito perché Emerald -non voleva più vederla, ma i video su Tumblr se li era visti eccome-  questioni personali a parte si fosse tanto accanita contro Robin Mask nello scontro per superare la selezione.

Mettendo da parte il fatto che l’obiettivo di quella cosa comunque era stato di battere Robin perché altrimenti avrebbe fallito la prova e non avrebbe preso il diploma. Ma aveva tirato fuori una spietatezza degna di quella di Howard sul ring.

In ogni caso…era assurdo. Ed atroce. E un mucchio di altri brutti aggettivi con la “a” che non gli venivano in mente e nemmeno sapeva se esistessero oppure no. E si era sentito deluso e tradito ancora una volta, perché credeva di essere uno dei più stretti amici che Robin avesse mai avuto e di quella storia non gli aveva detto niente!

D’accordo. Robin era un uomo orgoglioso e testardo. Che a lui non l’avesse detto…ok. Ci stava. Ma far credere a Kevin che Alisa era morta solo perché lui era troppo orgoglioso per accettare il fatto di essere stato cornificato ed abbandonato era troppo perfino per lui.

L’aveva esiliata su Nettuno insieme a Neptuneman, aveva intercettato tutte le lettere…era qualcosa di tanto brutto che non riusciva nemmeno a concepirlo. Se lui avesse avuto un figlio o una figlia e la sua relazione con la madre di lei fosse finita, di certo non si sarebbe comportato in quel modo.

Ma Robin, come ormai aveva capito da un pezzo, aveva quella dannata tendenza a fare terra bruciata attorno a sé.

E forse sotto sotto…che l’odio verso il padre di Emerald -al di là del fatto che il suddetto era uno stronzo fatto e finito- fosse dovuto anche ad un po´ di invidia?

E non per i soldi o per quel che possedeva, no. Ma perché andasse come andasse Howard H.R.J. Lancaster non sarebbe rimasto mai veramente solo com’era successo a lui. Aveva una moglie che lo amava e che lui amava altrettanto, una figlia che lo adorava e per la quale lui stravedeva in ugual misura, una suocera ed una madre che gli volevano bene, uno scatafascio di parenti in ogni dove con i quali andava d’accordo senza eccezioni, e anche dopo quel che era capitato nessuno nell’alta società inglese ce l’aveva con lui ed era sempre ricercatissimo quando si trattava di feste e quant’altro. Un uomo fortunato che, per come la pensava Warsman, tanta fortuna non se la meritava affatto…

«lei…torna a stare qui. Ci vogliamo riprovare» disse rapidamente Kevin. Flash cercò di ignorare sia questa frase che Emerald stessa.

E Kevin aprì la busta…

 

:: Londra, Muscle Museum Hospital ::

 

 

«vattene via».

«ma dai. Ti ho anche portato un fiore. Ibisco rosso: il tuo preferito se non erro».

Vero. Ma Robin adesso iniziava ad odiarli quanto l’uomo che gli stava davanti e che se era venuto lì in visita di certo non lo aveva fatto perché preoccupato per la sua salute.

No. Howard poteva essere lì per un solo semplice motivo, e quel motivo era prenderlo bellamente per i fondelli.

E per vederlo schiumare di rabbia, perché ovviamente aveva saputo dell’incendio accidentale che aveva distrutto metà della propria villa…

accidentale un corno!!!” aveva pensato. La Iena In Miniatura e quella bastarda mezza demone incontravano il Re Delle Iene e quello stesso giorno caso strano la sua villa andava a fuoco! …ma non aveva uno straccio di prova, perché nessuno aveva visto niente di strano, ed avevano dato la colpa a dei guasti elettrici o che so io.

Ma lui la verità la sapeva: quello era stato un attentato in piena regola. Un gesto di distruzione fatto presumibilmente per punirlo del suo atteggiamento verso la Iena In Miniatura, che prevedibilmente aveva spiattellato tutto al caro papà.

«ho pensato, tanto che devo venire qui per le analisi del sangue tanto vale passare a vedere come sta il mio vecchio amico Robin Mask. Sarei venuto prima se l’assistente di MacNeil…credevo che l’avesse scelta in base alla competenza invece che in base all’avvenenza essendo uno scapolone di prim’ordine, ma sono dettagli…non avesse deciso di bucherellarmi tutte le braccia perché a suo dire “non trovava la vena”. Ma anche questo è un dettaglio».

A Robin suonò un po’strano, perché Miss Kalinina non aveva mai avuto problemi quando si era trattato di fare dei prelievi a lui. E se la si voleva rimproverare di qualcosa, questo “qualcosa” non poteva assolutamente essere la scarsa competenza.

“l’avesse fatto apposta, almeno, a bucherellare in ogni dove questo cane maledetto!” pensò con una certa soddisfazione all’idea.

«dettagli su dettagli ma non ho ancora capito cosa diamine vuoi da me, e dovresti sapere che chiacchierare con te per me non è affatto un piacere».

«volevo solo informarti che da quanto mi è stato riferito da Emerald poco fa, tuo figlio Kevin è venuto a conoscenza del fatto che sua madre è viva. E quindi presumo che a breve riceverai altre visite poco gradite oltre a quella del sottoscritto».

Come le campane mortuarie annunciavano i funerali, Howard Lancaster gli aveva annunciato la sua rovina.

«se devo essere sincero mi chiedo ancora perché tu sia stato così…sciocco. Oltre ad alcuni epiteti che non ho voglia di dire» Howard sembrava guardarlo in un altro modo adesso; prima anche solo lo sguardo negli occhi smeraldini era un’evidente presa in giro, adesso invece c’era perplessità, una nota di biasimo e…delusione?

«per l’ennesima volta, non ti riguarda!» sbottò Robin, riuscendo non si sa come a farsi male allo sterno.

«è che, per quanti difetti tu possa avere, in passato non avrei mai creduto che fossi capace di un atto del genere verso la tua famiglia. In particolar modo verso il tuo unico figlio».

Ah! Osava pure giudicarlo, quel mostro che non era altro?!

«parla il mostro che ha dato la caccia ad un uomo e che ha profanato la tomba di mia moglie!»

«…vuota. E chi ti dice che l’abbia fatto io? Inoltre quello non è un uomo, ma una bestia. Bestia alla quale mia figlia per qualche ragione sembra essersi affezionata, e per tale motivo lascio in vita. Perché IO…rispetto mia figlia. Così come le sue decisioni. Robin, tu mi hai dato del mostro a più riprese, ma non avrei mai fatto ad Hammy quel che tu hai fatto a Kevin».

«tutta questa manfrina per dirmi cosa?!»

«che per quanto non lo ritenessi possibile sei riuscito a deludermi ancora».

Una frase che Robin non si aspettava, tanto più vedendo che era sincero.

Deluso? Howard deluso da lui? Che senso aveva?!

«e perché?»

«perché non avrei mai pensato il Robin che conoscevo a quel tempo fosse capace di questo. Credevo di essere stato amico di una persona diversa».

«ah davvero?! Ed io che mi sono ritrovato una iena al posto di una persona che per quattordici anni ho considerato strettamente amica che dovrei dire? Un cane maledetto come te non è la persona giusta per farmi la morale. Non lo è nessuno. Ma tu meno di tutti».

E in un certo senso poteva anche avere ragione.

Eppure l’idea di essere riuscito a deludere perfino quello che lui considerava un suo mortale nemico, qualcuno che odiava come aveva odiato pochissime persone in passato, gli fece pensare che aveva davvero toccato il fondo, accidenti. Di per sé il tuo nemico ti odia, ti disprezza e ti biasima al massimo; sapere di aver superato anche quel massimo biasimo fu…non avrebbe saputo dire bene cosa provò in quel momento, nonostante la risposta pronta a far notare ad Howard che lui, per come la pensava Robin, avrebbe fatto meglio a stare zitto. Ma fu qualcosa di simile ad una lieve nota di…dispiacere? Di riprovazione verso sé stesso?

Lui ed Howard avevano già parlato di quella faccenda tempo fa, ma non gli aveva fatto quell’effetto, dopo l’inseguimento a cavallo Robin lo aveva solo odiato più di prima. E invece adesso era qualcosa di diverso, dopo aver visto e sentito l’ex amico parlargli senza la totale freddezza, l’arroganza e lo scherno che gli riservava ormai da anni ed anni.

Quanto ad Howard…aveva provato qualcosa di analogo nel momento in cui anche Robin aveva lasciato intravedere quanto effettivamente anche lui anni orsono lo avesse deluso, dicendogli “io che mi sono ritrovato una iena al posto di una persona che per quattordici anni ho considerato strettamente amica che dovrei dire?”

Ma lui c’era stato costretto, almeno all’inizio, nel tentativo di liberare Emerald da un patto che lui non avrebbe mai voluto sottoscrivere ma che era stato costretto a firmare se non voleva finire per strada. Il fatto che poi -dopo averlo praticamente ignorato fino ad oltre un anno fa- avesse iniziato a “punzecchiarlo” sul serio era un altro discorso. E a pensarci bene…era sempre stato in conseguenza delle azioni di Robin, in particolar modo quelle verso la sua principessa.

Ad Howard essere “una iena” nel senso che intendeva Robin divertiva, questo lo ammetteva. E lo divertiva “punzecchiarlo”, come aveva fatto andandolo a trovare, o l’idea di metterlo in mezzo ai guai. Ed anche vederlo schiumante di rabbia.

Ma probabilmente lo avrebbe divertito di più tornare in quel locale di drag queen in cui erano andati a finire per sbaglio ormai ventitré -quasi ventiquattro- anni prima, e che ancora esisteva, a ballare Y.M.C.A. dopo avergli fatto prendere una sbronza da manuale.

Aveva i suoi difetti:  quando voleva sapeva essere gelido e spietato come nessuno, non si fermava davanti a nulla per ottenere quel che voleva o quel che Hammy voleva, era capace di rovinare la vita di chi non gli piaceva…eppure nonostante tutto ciò non si poteva definire davvero un mostro. Non l’uomo che si era travestito da Uomo Ragno per far contenta sua figlia, o che nonostante fosse quasi ateo si era sposato in chiesa per fare felice la moglie, o che aveva regalato un attico a figlia&amiche.

E che non aveva ancora detto a Robin di avere ucciso lui il leone, contrariamente a quanto Robin stesso credeva.

«forse. Ma al di là del fatto che ti si faccia la morale o meno, l’orrenda bugia che hai detto a tuo figlio resta».

«e tu resti un bastardo» breve pausa «che ha generato una bastarda quanto lui».

Uno dei difetti di Robin Mask: non imparare mai, o imparare solo dopo averne prese talmente tante da rendere quasi impossibile riportare tutto a posto. In questo caso, imparare che alla figlia non si doveva toccare il padre, e al padre non si doveva toccare la figlia. O anche solo insultarla.

Se Robin si fosse limitato al “tu resti un bastardo” Mr. Lancaster se ne sarebbe andato senza colpo ferire. Ma non era stato così, e mettersi in una situazione simile quando si era in un letto di ospedale, con un sacco di ossa fracassate e sotto antidolorifici non era una grande idea.

Inoltre, adesso che ci faceva caso…i vestiti di Howard, per bianchi che fossero, non sembravano esattamente i soliti.

Infatti quello che indossava era un camice da medico.

E aveva altri guanti sotto quelli di lattice, guanti neri del tessuto della tutina di Emerald. Il che significava niente impronte digitali in giro.

«forse avrei dovuto dirti prima che per quanto ne sanno le persone in questo ospedale, io ho lasciato l’edificio venti minuti fa».

O-oh. L’aria che tirava era veramente pessima.

E lo divenne ancora di più quando Howard con uno scatto felino raggiunse il telecomando con il quale Robin poteva chiamare l’infermiera se serviva, allontanandolo solo quel tanto che bastava da non permettergli di arrivarci. E per far pensare ad un’accidentale spinta troppo in là.

«è vero che siamo chojiin, ma le ossa rotte fanno sempre male. Il fatto che tu sia sotto antidolorifici lo prova…ops. Credo di aver staccato accidentalmente la flebo…» Robin aveva voluto per forza un antidolorifico non troppo potente così da evitare un’eventuale dipendenza, ma il dolore era quel che era, e prendere un antidolorifico meno forte in quel caso significava prenderne di più ed in maniera costante.

«lurido pezzo di-»

«Robin, non cadermi nel volgare…e ad ogni modo visto, che non sono un mostro, dovrai sopportare giusto poco più di un quarto d’ora di dolore. La dottoressa Kalinina arriverà tra venti minuti, o così c’era scritto nella cartellina che ho casualmente sbriciato» riprese il fiore d’ibisco che aveva poggiato sul letto «mi costringi perfino ad essere maleducato e riprendermi il regalo, pensa un po’» nascose il fiore sotto il camice, mise sul volto la mascherina «per il futuro, tieni a mente che di me puoi dire quel che vuoi. Perché fondamentalmente non mi interessa. Ma parlare male di mia figlia…questa non è una cosa che ritengo di poter accettare. Ti auguro di rimetterti presto, Robin».

E detto questo se ne andò, lasciandolo lì nel dolore a cercare disperatamente di raggiungere il telecomando senza riuscirci.

Quando la dottoressa Alya Nikolaevna Kalinina arrivò in perfetto orario per la visita gli sembrò di vedere un angelo venuto dal cielo per salvarlo, visto il modo in cui resasi immediatamente conto che la flebo si era staccata la rimise prontamente a posto premurandosi di metterne su una nuova.

«perché non ha chiamato…come non detto» si corresse la donna vedendo il telecomando troppo lontano dall’unico braccio del paziente ancora sano «a questo punto forse sarebbe meglio fissare il telecomando con qualcosa, in modo che quanto accaduto non si ripeta e che possa chiamare subito aiuto se la flebo dovesse staccarsi di nuovo…»

Guardò Robin Mask, notando a quel punto che non sembrava solo provato fisicamente. Ma che aveva anche qualcos’altro a turbarlo profondamente, e riusciva a capirlo nonostante lui non fosse uomo da rendere manifesti dolore e turbamenti.

Il fatto era che la dottoressa aveva un notevole intuito…

«Mr.Mask…» lo guardò a lungo con quei suoi occhi color del ghiaccio «è tutto a posto?»

Se le avesse detto che con quel che era accaduto c’entrava Howard gli avrebbe creduto? E se si, dove avrebbe trovato lo prove? Semplice: da nessuna parte.

Ed anche lui forse si era comportato da stupido, perché prima che dicesse quell’ultima frase non sembrava avere intenzione di nuocergli. E poi…

“Robin, tu mi hai dato del mostro a più riprese, ma non avrei mai fatto ad Hammy quel che tu hai fatto a Kevin”.

Ed era vero. Com’era anche vero che…se Kevin avesse reagito malamente e fosse venuto lì in cerca di vendetta o di non si sa cosa…come dargli torto?

…possibile che solo attraverso esperienze simili Robin potesse riuscire a ragionare, almeno in casi come quelli?

Ciò non toglieva che Howard fosse stato sufficientemente una carogna, ma in compenso sembrava…avergli fatto bene!

«si».

«ne è sicuro?»

«si. Sto bene, adesso».

Non che lei gli credesse. No, affatto, così come non credeva a diverse cose che le erano passate sotto gli occhi nell’ultimo periodo, ma d’altra parte se lui affermava di stare bene adesso, almeno fisicamente -e nei limiti del possibile viste le sue condizioni- non poteva fare altro che…fingere di credergli quando diceva di stare bene anche in generale.

Anche perché indagare oltre esulava da ciò che era di competenza di un medico.

«d’accordo».

 

***

Sperando di non essere andata troppo OOC ecco che ho fatto comparire "per bene" Alya, che già da prima aveva fatto qualche cameo :D
Alya Nikolaevna Kalinina è un personaggio originale che compare in "Reignite" di vermissen_stern.

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Capitolo 17
*** La pace non dura mai a lungo... ***


Kevin era un grumo di rabbia cieca, confusione e depressione.

«ma ti rendi conto?...dico…ti rendi conto?!...io…» sembrava non sapere più nemmeno come muovere le mani ed essere preda di trecentomila tic tutti insieme «come posso avere un padre così maledettamente stronzo?!»

Alé.

Emerald per ovvie ragioni si trattenne dal dirgli “e io che ti avevo detto?”. Era il suo ragazzo ed era del tutto sconvolto, di certo non aveva bisogno di qualcuno che gli dicesse una cosa del genere.

«mi ha detto che mia madre era morta, cazzo, morta!!! Quando invece è su Nettuno e mi scrive tutte le settimane da quasi vent’anni anche se io per colpa di quello stronzo» e ridagli «non ho mai potuto risponderle!!!...l’ha…esiliata…» scosse la testa «io avrei potuto andare a vivere con lei lassù…e invece lui ha voluto tenermi qui nel tentativo di farmi diventare il suo clone!»

«o forse perché sei tutto quel che gli era rimasto di un matrimonio che lui aveva creduto sarebbe durato davvero “finché morte non ci separi”» disse Flash in uno stentatissimo tentativo di difendere l’indifendibile nel quale non credeva nemmeno lui stesso, e che rimase del tutto inascoltato.

«non ci posso credere, ma con che diritto l’ha fatto?! Con che diritto?! Avrei preferito mille volte sapere che mamma è viva anche se sta con un altro piuttosto che una simile menzogna!!!» sbottò «mi….mi fa schifo! Mio padre mi fa schifo, lo odio!!!»

Le parole sembravano quelle di un bambino, ma esprimevano alla perfezione ciò che provava in quel momento. Era la rabbia di un innocente, la sua, vittima di una menzogna atroce e di fatti del quali non aveva avuto assolutamente colpa.

«avrà…magari aveva le sue ragioni…»

Flash stava dicendo così per evitare al ragazzo di trovarsi ad agire d’impulso come suo solito, ma non fu per niente d’aiuto anche a causa di quel che Hammy disse dopo.

«le sue ragioni una beata minchia, qui non c’è ragione che tenga, è stata una vera e propria carognata».

«…e detto da una che di carognate se ne intende dev’essere vero per forza, mh?»

Piccola frecciata detta a bassa voce e in modo tanto freddo da far congelare un pinguino.

«non è il momento per le sceneggiate da drama queen, qui c’è chi ha veri motivi per farne, e non sei tu» ribatté lei altrettanto a bassa voce e con altrettanto gelo, per poi avvicinarsi al ragazzo «Kevin, adesso…»

«e tu non hai detto niente, eh?!»

Quell’esclamazione la colse di sorpresa. «eh…?»

«tu lo sai da mesi e non mi hai detto niente!!!»

E per fortuna che giusto poco prima aveva detto cose come insieme possiamo risolvere tutto, non ti voglio perdere…bla. Bla. Bla. E adesso se la prendeva con lei un’altra volta.

«si beh! E io secondo te mentre parlavamo al telefono avrei dovuto dirti “ehi Kevin lo sai che tuo padre ha esiliato tua mamma su Nettuno e ti ha raccontato che era morta quando invece è una bugia?!”»

«seri sei tornata sulla Terra per vedere quel figlio di cagna che vive dall’altra parte della strada a maggior ragione potevi farlo per dire a me quel che avevi scoperto!»

«allora, a parte che lui non è affatto un figlio di cagna…»

«no infatti, è il figlio dannato di un rospo senza Dio».

Il commento di Warsman interruppe per un attimo i due litiganti, che si chiesero da dove accidenti avesse tirato fuori quella definizione, per poi tornare alle loro faccende.

«…e a parte che Dio non esiste…» riprese Hammy «mi sembrava che fosse una cosa troppo delicata da dirti in una toccata e fuga!»

«no, la verità è che non te ne fregava niente!!!»

«se non me ne fosse fregato niente o te l’avrei sbattuto in faccia alla prima telefonata o avrei fatto come se non avessi visto nulla!!!»

«eh, ecco, sarebbe stata la cosa migliore!!!»

Decisamente Kevin non sapeva quel che stava dicendo. Se la stava solo prendendo con la prima persona che gli era capitata a tiro così per sfogarsi, invece che prendersela con suo padre che fortuna sua non era lì, altrimenti come minimo si sarebbe trovato altre sei o sette fratture con cui fare i conti.

Peccato che Emerald fosse la persona sbagliata con cui fare certe cose.

«o senti, se anche tuo padre ti ha riempito di idiozie non è colpa mia, va bene?! è con lui che devi prendertela, non con me!»

«sei colpevole quanto lui visto che lo sapevi da un pezzo e non me l’hai detto!!!»

Ad Hammy quasi caddero le braccia. Sollevò un sopracciglio, lo guardò fisso per un po’. Scosse la testa.

«io penso che tu non capisci un cazzo» disse sollevando le mani come a dire “io mi arrendo” ed indietreggiando verso le scale «magari mi sbaglierò…porco Ikimon, mi sbaglierò…bestia d’Ikimon, io mi sbaglierò…Ikimon lupente, mi sbaglierò…» iniziò a salire le scale all’indietro «ma tu secondo me non capisci veramente un cazzo. Tu…» lo indicò stendendo le mani verso di lui «devi farti curare il cervello. Tu devi -farti -curare -il -cervello. Preciso identico a tuo padre, perché qui la tara s’è trasmessa di padre in figlio» indicò anche Warsman «…e tu uguale, eh. Si, si. Dovete farvi curare il cervello tutti e tre, e a quel punto forse avrò voglia di stare ancora qui ad ascoltare le vostre menate».

E detto questo se ne andò rapidamente nella stanza che un tempo -e anche fino a qualche giorno prima- era stata occupata da Flash, chiudendosi violentemente la porta alle spalle.

Incredibile, chiacchiere su chiacchiere e poi la prima cosa che aveva fatto era stata accusare lei per qualcosa che…ma dai! Colpevole quanto Robin Mask?! Mica ce l’aveva spedita lei Alisa su Nettuno, e per quanto avesse più o meno capito che Kevin adesso era sconvolto ed aveva bisogno di sfogarsi…che lo facesse sul vero colpevole! Non era un punchingball, lei, anche se i “colpi” non erano dati ovviamente in senso letterale -Kevin non l’avrebbe mai fatto- ma metaforicamente, con le parole, con le accuse, con le ingiustizie.

E poco prima le aveva giurato di smetterla con quelle cose!

“ma chi me lo fa fare di rimanere qui con lui?! A questo punto non so se si tratta più di amore o di semplice masochismo, e io non mi ritenevo una masochista…Kevin con le sue stramaledette accuse e le chiacchiere sul grande amore, la pantegana drama queen con le sue stupide frecciate, lo stronzo che se non altro mi è riuscito di mandare in ospedale, ma chi me lo fa fare dico io?!” pensò “chi?!!”

Il cellulare vibrò. Era un messaggio di Michael, e in quel momento le sembrò un piccolo spiraglio di luce in una coltre nera come la pece.

“col bravernicolo e cane pulcioso a rimorchio com’è andata?”

Il cane pulcioso a rimorchio doveva essere Warsman, e…

Bravernicolo.

Presumibilmente un incrocio tra “brat” e “cavernicolo”.

Non capì nemmeno perché ma leggendo quella parola scoppiò a ridere. Rise contro il cuscino perchè da sotto non la sentissero, rise in un modo che sembrava quasi un latrato, senza fermarsi quando sentì dolere addirittura la schiena, e mentre rideva piangeva…piangeva ancora. Lei di solito non era una che piangeva per ogni minima cosa, tutt’altro, ma quella situazione per lei era talmente pesante che non era riuscita a reggere.

Ogni volta che facevano pace, ogni santa volta, ecco che succedeva qualcos’altro o Kevin se ne usciva con qualcos’altro.

Ogni volta che le prometteva che sarebbe andato tutto bene, ecco che poco dopo tornava a darle addosso. Anche per cose del tutto assurde.

Sentì dei rumori. Dalla finestra vide Kevin partire con la suo moto, senza nemmeno aver preso niente con sé. La sua destinazione era prevedibile, stava andando da Robin Mask, e…non gli era passato nemmeno per la testa di portarla con sé.

Vabbè che quelle erano questioni di famiglia e forse, almeno quello, non era un errore.

Lei però nonostante il “tutto ok” scritto a Michael continuava a piangere, con un mucchio di pensieri per la testa. Uno tra i quali era “lui non lo avrebbe mai fatto. Non avrebbe accusato me per qualcosa che sa che ha fatto qualcun altro perché Michael mi vuole bene davvero tanto da dirmi che lui con quello che faceva e fa non può stare con me e merito di meglio nonostante…nonostante mi vorrebbe, forse…credo”.

Occhieggiò la porta. Lei e il russo adesso erano in casa da soli ma dubitava fortemente che sarebbe arrivato lì a dire o fare qualsiasi cosa, viste anche le sue reazioni di prima. E lei comunque non ne aveva voglia…

La porta si aprì di botto.

Come non detto, eccolo lì, pronto a rinfacciarle un’altra volta la sua presunta carognata e magari anche l’aver detto a Kevin quelle cose che lei, ad ogni modo, riteneva sacrosante.

«io avevo detto che non volevo più avere a che fare con te, ma purtroppo continuo a trovarti in mezzo a-»

« hai detto di non voler più avere a che fare con me, benissimo, perché io adesso non ho la minima voglia di stare a sentire anche le tue di chiacchiere, ballo non ballo, puttanella con o senza cervello, non me ne frega una sega!» sbottò, alzandosi in piedi rivolgendo il viso verso la finestra con le tende chiuse, perché non voleva certo dargli la soddisfazione di vederla piangere. Il fatto che fosse comunque evidente dalla sua voce era un altro discorso «vai via!!! Tieni fede a quel che mi hai detto e vai via, evita di parlarmi, di guardarmi, di incontrarmi a meno che non sia per caso…getta via quella roba che hai in casa se non l’hai ancora fatto» il tono di voce ebbe un brusco calo «e lasciamo perdere tutto, sempre se c’era ancora qualcosa da lasciar perdere. Facciamo come volevi tu, vuoi che siamo niente, e saremo niente. Contento?»

Lungo momento di silenzio tra i due. La ragazza avrebbe creduto che se ne fosse andato se non lo avesse sentito respirare.

«no. A dire il vero…no. Per niente».

Ma perché non se n’era andato e basta?

Era una domanda che si stavano facendo entrambi.

«Flash-»

«non chiedermi perché ci sto perdendo tempo ma io voglio che tu capisca» continuò lui «per quanto sappia che è un’impresa disperata come pretendere che un cieco dalla nascita riesca a vedere. E tu a quel cieco somigli proprio tanto, lo sai? Ma quella è un’altra faccenda. Io adesso voglio che tu capisca…forse perché trovo inaccettabile che una mocciosa viziata mi dia della drama queen quando è lei la prima a fare molto rumore per nulla».

«senti un po’ razza di-»

«bestia? Mostro? Macchina assassina? Essere disgustoso? Si, precisamente quel che mi considera il tuo caro Mikey. Un uomo tra quelli che in assoluto mi hanno fatto più del male. E che ho visto vivere insieme a te, l’unica donna che mi abbia considerato e fatto sentire un uomo anche dopo avermi visto in viso, l’unica cosa che rimaneva di quel…legame…che credevo ci fosse. Anche se, capiamoci, io non sono innamorato di te. Come tu non lo sei di me. Ci alleiamo, ci distruggiamo, ci copriamo, e ci odiamo: funziona così. Ma se anche ti eri stufata di tutto ciò, questo non ti autorizzava ad agire in quel modo» continuò a guardarla «soprattutto dopo Rio, per l’appunto. Io non so perché l’hai fatto…»

«io nemmeno se è per questo».

«…e tutto sommato forse è meglio per entrambi continuare a non saperlo» concluse il russo «ma sarebbe ora che uscissi dalla tua piccola bolla egoistica in cui conti solo tu e quello che vuoi e ti rendessi conto che non è così che vanno lo cose. Che esistono anche gli altri, che non sei la sola che piange, ride, soffre, sta bene, vive e muore, e che quel che fai e dici ha ripercussioni anche su questi “altri” in questione! E che dopo aver fatto sentire “persona” una persona non puoi trattarla come un giocattolo, perché anche se magari sei convinta del contrario, le persone non sono giocattoli. Io…non sono un giocattolo».

E poi quella era la bestia, eh?

Si era fatto intendere alla perfezione, facendole rendere conto di quanto lei l’avesse metaforicamente calpestato senza nessun rispetto. Il ballo era ballo, vero, ma in quel caso specifico aveva un significato simbolico, come la catenina che Kevin le aveva regalato e che lei, in tutto questo, non aveva ancora tolto; o come il tatuaggio sulla schiena, simbolo di un capitolo della propria vita che ormai considerava finito, che invece si era fatta togliere eccome; o come il tatuaggio del simbolo cinese della forza che da tradizione si sarebbe fatta compiuti i ventun’anni, rappresentante la sua famiglia in sé per sé ed il loro credo, il loro motto, quello “we can”, “noi possiamo” per il quale serviva Forza, perché senza essa -fisica o, ancor più importante, di volontà- non c’è Potere.

Il tango era un simbolo. Un simbolo che lei, nel proprio egoismo, aveva ignorato. E non era da lei ignorare i simboli, a patto che non fossero quelli dei cartelli stradali.

«lo so».

«non mi sembra».

«però ti giuro che lo so. E quel ballo non era uno sfregio verso di te. Con Kevin andava, e va, male. E quando lui mi ha proposto quello…l’unica cosa che volevo era pensare di meno, e so per certo che quello funziona. Al di là del fatto che mi è generalmente difficile rifiutargli qualcosa…»

«ah, molto incoraggiante! Quindi se lui iniziasse ad insistere col dire “facciamo fuori la bestia” mi stai dicendo che finiresti per acconsentire? E se ti dicesse “saliamo di sopra a scopare come dannati” gli diresti sì, che tu sia o meno già fidanzata?!»

Ehm.

Mi sa che sulla seconda parte non si sbagliava moltissimo.

«ci sono delle cose su cui non cedo in generale, ed il fatto che voglio che tu resti vivo è una di quelle. Almeno finché non deciderò di farti fuori io in qualche modo, almeno» puntualizzò, come al solito, e continuava a dargli le spalle «però di solito finisco per cedere su ciò che conta meno. O che in quel momento mi sembra contare meno, poco, o niente. Il “nostro” tango in quel momento era un simbolo che avevo perso di vista, volevo solo occupare la testa con cose meno serie, e quello mi sembrava perfetto. E quanto al resto…io…non sono brava a mettermi nei panni degli altri…»

«lo ho notato. Anche solo per il fatto che non mi stai nemmeno guardando in faccia».

Cosa che tendeva a fare quando aveva torto e sapeva di averlo. E non riusciva a dire “mi dispiace”.

«tu sei assurda» concluse lui.

«perché? Su cosa?»

«su tutto».

«specifica».

«in primis, l’attaccamento verso quell’americano. Asserisci che ti è complicato rifiutargli qualcosa; perché?»

Stavano facendo esattamente il discorso che Kevin, prima o poi, avrebbe voluto fare con lei. Anche se Flash ovviamente non le aveva ancora perdonato quel che gli aveva fatto. Quello era un chiarimento, un mettere le carte in tavola che probabilmente riusciva così bene solo tra loro due, com’era spesso successo da dopo quella volta in cui avevano quasi distrutto casa di Kevin.

«posso arrivare a capire che tu abbia questa difficoltà con tuo padre, o che addirittura tu non ti renda conto di averla nonostante io credo che tu sappia che non è esattamente uno stinco di santo…»

«lo dice lui per primo che non lo è, ma resta sempre il migliore e non lo cambierei con nessuno per tutti i tesori della galassia. È quello che si è vestito da Uomo Ragno per farmi contenta quando era piccola. Lo ha fatto lui stesso anche se volendo avrebbe potuto farlo fare a chiunque del personale».

“è questo il problema, anche dopo tutto quel che è successo a questa puttanella con la testa vuota suo padre va e sempre andrà benissimo così com’è, perché è così che lo ha conosciuto ed è tutto normale. Ogni cosa che farà sarà sempre fatta bene o ci sarà un valido motivo per farla, ed ogni cosa che lei farà per Howard sarà sempre ben fatta o avrà sempre avuto un buon motivo. Ed ecco che le cose tra lei e Kevin continueranno ad andare male. Howard Lancaster continuerà con le sue dimostrazioni di forza e le sue provocazioni verso Robin Mask, ed anche se adesso Kevin comprensibilmente ce l’ha a morte con suo padre non credo che inizierebbe a tollerare cose come la profanazione della tomba di Alisa, prove o meno” pensò Flash “Emerald e Kevin finiranno inevitabilmente a perdersi se qui qualcosa non cambia. Non che…non che mi importi di lei, adesso…è a Kevin che penso. Quanto starà prima di chiamarla disperato col dire che gli dispiace? Fa il cretino, ma lui ad Emerald tiene. Forse più di quanto lei tenga a lui. E soffrirebbe moltissimo se dovessero lasciarsi definitivamente…”

«…di questo non può importarmi meno, fammi finire. Stavo dicendo, posso capire questa cosa con tuo padre. Ma non con quel figlio di puttana» disse con forza «ho capito che avevi una cotta infantile per lui ma questo non deve renderti cieca, ed il fatto che con te faccia tutto “il carino” non significa che lo sia. Di’, ma tu lo sai che cos’è davvero quell’uomo, se uomo lo si vuole chiamare? È un sadico bastardo. E di certo non era la prima volta che torturava qualcuno…magari tu non ti rendi conto di quel che fa, e quel che signif-»

«è un ex mercenario e so che se si tratta di…sporcarsi le mani…se ne occupa lui. E ciò implica torture ed omicidi, tra le altre cose. È lavoro. Il fatto che si diverta è un’altra storia…»

Considerazione decisamente rivelatoria, quella di Emerald, che era la stessa che non aveva tollerato l’eccessivo accanimento di Kevin su Turbinskii.

«io lo so benissimo cos’è. Perché lui stesso me lo dice…spesso» continuò «me lo disse quando avevo quindici anni e gli rivelai la mia cotta per lui. Me lo dice tuttora se mai capita di parlare di cose che in qualche modo sono collegate, anche se io credo che mio padre…non vorrei sbagliarmi ma sarebbe contento se io e lui ci mettessimo insieme. E nonostante questo, e che le parole di mio padre per lui siano come i dieci comandamenti per un cattolico fanatico, ciò che continua a dire è “non posso perché sono un ex mercenario col sangue sulle mani e meriti di più”. Non che io ultimamente gli abbia detto qualcosa riguardo una mia possibile relazione con lui, dato che pure se molto problematica io ne ho ancora una con Kevin. Quindi io so benissimo chi è Michael Connors. Ma…non mi interessa».

“mi metto le mani nei capelli o la strozzo?” pensò il russo, che capì di averci visto giusto e che per Emerald le figure che l’accompagnavano da quando era piccola erano…quello che erano. E la andava bene, qualunque cosa questo comportasse, forse perché sapeva con assoluta certezza -e valeva sia per suo padre che per l’americano- che a lei mai, MAI avrebbero fatto del male.

«come può non interessarti?! È un assassino, è un-»

«come se tu non avessi mai ammazzato qualcuno…»

«mai per divertimento!!!»

«oh si, perché di infilzare al cranio Ramenman riducendolo un vegetale, anni fa, c’era tanto bisogno…»

Quando era troppo era troppo. Non ci poteva credere, lo stava davvero paragonando a Connors? Li stava davvero mettendo allo stesso livello?! Ma che ci parlava a fare lui con quella lì?!

«io però non ho mai stuprato nessuno. Del tuo amato Mikey puoi dire lo stesso?»

Nessuna risposta. Ah. Aveva toccato un nervo scoperto, a quanto sembrava.

«…ma perché non te ne vai, mh?»

«allora anche tu sotto sotto riesci a vedere, Emerald? E mi chiedo per quale motivo tuo padre, che stravede per te, vi vorrebbe insieme. Se io avessi una figlia non sarei contento di saperla con uno stupratore. Tra le altre cose».

«dopo quel che ti ha fatto tu riesci a vedere solo i suoi difetti…e…questo a dir la verità è anche più che comprensibile…» ammise Hammy «ma io lo vedo “per intero”…»

«“difetto”. Quindi per te torture, massacri e violenze sono alla stregua di una mania dell’ordine troppo acuta?»

«o senti, è quello che è, ma intanto so per certo che piuttosto che farmi del male in ogni senso possibile si sparerebbe alla testa, quasi venera mio padre e a me, di sicuro, vuole bene. E vuol bene anche ai suoi parenti in America, anche se ormai li vede molto poco…»

«rimane sempre un…mostro».

A quel punto la ragazza si voltò verso di lui con un sopracciglio sollevato. «guarda, considerando tutto quel che c’è da considerare avresti fatto una figura migliore se quest’ultima considerazione te la fossi risparmiata. Proprio tu vai a dare a lui del mostro?...nel senso, proprio tu…tu, che sei stato definito tale per anni ed anni e non credo ti abbia fatto piacere, vai a dare del mostro a qualcun altro? Tu che “con che diritto tuo padre mi dà del mostro e bestia, si sente superiore a me? Eppure io sono un uomo e lo è anche lui” adesso fai esattamente la stessa cosa?»

In teoria poteva anche avere ragione, ma…

«fai un paragone simile dal punto di vista di una delle donne che ha violentato, mettiti nei panni di una di queste e poi dimmi che mi sbaglio, se ci riesci».

«fai un paragone simile dal punto di vista di uno di quelli che hai ammazzato e poi dimmi che io mi sbaglio» lo guardò «…mi sa che qui se continuiamo non la finiamo più. Comunque…tornando al discorso principale, se temi per la tua vita puoi stare tranquillo. Non ti lascio ammazzare» disse «ed anche se le nostre serate di tango sono ufficialmente finite non ne inizierò con lui. Non con quel ballo lì almeno. Un simbolo è un simbolo. Quanto al resto però…sono fatti miei».

Il russo scosse la testa, mortalmente serio. Ce l’aveva ancora con lei, ma…non era esattamente questo quel che voleva. A dire la verità cosa volesse non lo sapeva bene neanche lui. Forse semplicemente che tutto tornasse come prima.

«tu proprio non capisci vero?»

«in effetti…no! La vuoi sapere una cosa divertente però?»

«non sono in ven-»

«mentre tornavamo qui a casa Kevin mi ha detto “sai che tu e Flash dovreste provare a ballare il tango insieme?”»

Silenzio glaciale da parte di lui.

«decisamente inappropriato».

«non sapevo se ridere o bestemmiare. A modo mio».

Altra pausa di silenzio che culminò con l’andarsene di Warsman, dopo averle lanciato un’ultima occhiata.

Meglio tornarsene a casa, va’.

 

 

:: diverse ore dopo, Londra, Muscle Museum Hospital ::

 

 

«io devo vedere quel bastardo di mio padre!!!»

«non nel suo stato attuale, o finirebbe a trovarsi minimo con altre cinque o sei fratture».

La fortuna di Robin Mask in quel momento era personificata nella figura della dottoressa, come ultimamente accadeva spesso.

«io però devo vederlo, va bene?! Lei non ha idea di quel che ha fatto!!!»

Erano fuori dalla stanza di Robin Mask, che chiaramente sentiva tutto dato che Kevin non stava esattamente parlando a bassa voce. Lo aveva sentito anche dargli del bastardo. E come dargli torto?

«qualunque cosa abbia fatto il mio compito è garantire il benessere del paziente del quale mi sto occupando. Di conseguenza se tiene così tanto a vedere suo padre la invito a calmarsi, o non potrò consentirglielo».

Possibile che una piccoletta -o almeno, per lui lo era- in quel modo fosse tanto testarda?!...anche se per esperienza ormai Kevin avrebbe dovuto sapere che alcune “piccolette” si rivelavano particolarmente insidiose da affrontare considerando con chi stava insieme.

Nemmeno a dirlo, appena sceso giù dall’aereo aveva provato a chiamare Hammy. Si era reso conto di averla trattata in modo indegno, e che forse non aveva avuto tutti i torti a dirgli che “non capiva un cazzo” e che doveva “farsi curare il cervello”. Ripensando a quanto era successo Kevin quasi non riusciva a credere di averle detto che era colpevole quanto suo padre.

Sperò solo che lo perdonasse ancora, perché non avrebbe sopportato di perderla per quel proprio ennesimo errore, soprattutto dopo averle detto poco tempo prima che voleva lottare perché la loro relazione tornasse a posto e che avrebbe fatto di tutto perché fosse così.

E se Emerald ad un certo punto avesse smesso di fidarsi di lui, dopo quelle promesse che finiva sempre a non mantenere? Se avesse iniziato a pensare che erano davvero solo chiacchiere e niente di più ed avesse deciso di lasciarlo una volta per tutte?

Non doveva e non poteva accadere, specialmente adesso che aveva più bisogno di lei di quanto ne avesse mai avuto, il che era tutto dire. Lei…era la donna della sua vita. Lo sentiva, e non riteneva di sbagliarsi.

Forse era il momento di iniziare ad agire di conseguenza, si disse, mentre pensava a come avrebbe fatto pace con lei proponendole oltretutto di partire con lui alla volta di Nettuno. Naturalmente una volta “sistemato” suo padre Kevin sarebbe partito immediatamente alla volta di quel pianeta lontano e tanto che c’era...lui voleva conoscere sua madre, e voleva anche che sua madre conoscesse la sua fidanzata -e tra qualche anno moglie- sperando che il rapporto che si sarebbe creato tra loro sarebbe stato migliore di quello che Hammy aveva con Robin!

Fece un respiro profondo. Doveva demolire almeno temporaneamente la voglia di finire di rompere suo padre, o tanto quella lì non lo avrebbe fatto entrare di sicuro. Non aveva idea del perché ma la vedeva come una specie di ostacolo insormontabile, nonostante sapesse per certo che gli sarebbe bastata una spintarella per toglierla dalla propria strada.

Ma perché poi avrebbe dovuto trattare male qualcuno che stava facendo il proprio lavoro? Una donna, poi?

«…sono calmo. La prego di lasciarmi vedere mio padre, adesso».

Dopo una lunga occhiata -non molto piacevole a dire il vero perché si sentì più o meno come se lo stesse scannerizzando- fu lei stessa ad aprirgli la porta per lasciarlo entrare per poi chiudergliela alle spalle.

Al di là della rabbia che provava verso di lui gli fece un effetto strano vedere suo padre lì bloccato in quel letto d’ospedale con un sacco di ossa rotte. Tanto più sapendo che la colpa delle fratture in questione era da imputare ad Emerald.

Si trovò anche a pensare qualcosa del tipo “non è che riuscirebbe a farlo pure a me?”, ma gli passò subito.

«dobbiamo parlare».

Non si vedevano da…uff, da anni. Ma Kevin non aveva voglia di sprecare tempo in convenevoli.

«so quello che hai fatto».

Nessuna risposta.

«e mi dà la nausea».

Ancora niente.

«che ti è saltato in testa di dirmi che mamma era morta?!»

«era la cosa migliore».

«in quale mondo parallelo dirmi una cosa del genere era la cosa migliore?!! Mi hai mentito per tutta la vita, hai lasciato che andassi a piangere su una tomba vuota…»

«per quanto mi riguardava meglio dirti che era morta piuttosto che “non ha avuto problemi ad abbandonarti qui”…»

Lì per lì fece ammutolire Kevin, ma questi si riprese quasi subito. «sei tu che l’hai esiliata su Nettuno, non lei che ha voluto andare via! Le ho lette quelle lettere, cosa credi?! Ed ho visto anche quel bel filmato di te che fai salire lei e Neptuneman in quell’astronave, e la perizia sul certificato di morte!»

“le telecamere quella notte avrebbero dovuto essere spente!...da dove ha preso quel…tsk. Ma perché domandarselo? Quel maledetto” ossia Howard “oltre ad essere pieno di soldi certe volte è anche fortunato! Ma dopo questo la sua fortuna finisce qui. Il tempo di riprendermi e gliela faccio pagare cara quant’è vero che mi chiamo Robin Mask. Di tempo per pensare a qualcosa tanto, stando fermo qui, ne ho in abbondanza”.

«non hai pensato che potrebbe essere tutto quanto falso?»

«forse la perizia e il filmato potrebbero, ma non quelle lettere. Quelle le ha trovate Emerald, non suo padre, ed io la calligrafia di mamma la riconosco. L’ho vista in…dei vecchi biglietti…» borbottò.

«ma bene, ecco un altro cui piace frugare tra le cose altrui!» sbottò il capofamiglia Mask «chi ti aveva dato il permesso di mettere le mani nelle mie cose?!»

«dato che tu non mi parlavi mai di lei ho dovuto cercare risposte da solo!!! Non mi parlavi di lei come non mi hai mai parlato di nient’altro, l’unica cosa che ti interessava era fare di me un tuo clone, e l’unica conversazione un po’più lunga che non verteva sugli allenamenti è stata solo una sfilza di sporche menzogne. “tua madre era di salute cagionevole, ed è morta poco dopo averti partorito”…ti rendi conto che io per anni mi sono anche sentito in colpa pensando di essere stato causa di qualcosa che invece non è successo e basta?! Che ho pensato che mamma fosse morta per colpa mia, e che magari se non fossi venuto al mondo lei sarebbe stata viva e tu saresti stato un po’meno…un po’più…»

«cosa?»

«umano» concluse Kevin, anche se con fatica «cosa che invece con me non sei mai stato. Volevo un padre e mi sono trovato un padrone. Volevo qualcuno con cui parlare e mi sono trovato un muro. Volevo che mi guardassi con un minimo di approvazione, ma niente di quel che facevo sembrava essere abbastanza per te. Mi sono trovato a pensare che se mamma era morta fisicamente, tu invece eri morto dentro, papà».

Discorsi del genere tolgono a chiunque ogni capacità di reagire.

«e le cose sono peggiorate ulteriormente da dopo il litigio tra te e quella iena di-»

«non nominarlo» lo interruppe Robin «io ho fatto quel che ritenevo giusto, né più né meno. Ho pensato che una traditrice come tua madre dovesse stare ben lontana da me e te. E quanto al resto, ho cercato di crescerti com’era giusto che crescessi. Come un Mask. Volevo che capissi fin da subito che la vita è dura e che o te la sai cavare da solo o finisci affossato, volevo che diventassi…come me. Ho fallito, purtroppo, e a questo punto avrebbe valso la pena spedirti con tua madre su Nettuno».

Ma che gentile.

«di sicuro avrei vissuto meglio lassù, sarei stato più sereno e più felice! E sarei anche stato un chojiin valido come lo sono ora, visto che Neptuneman te le ha suonate in tutti i sensi, papà».

«non sei autorizzato a parlarmi in ques-»

«sarei autorizzato a fare ben di peggio per quel che mi hai fatto. Tu mi hai rovinato la vita, l’unica cosa buona dell’aver vissuto qui sulla Terra è stata conoscere la mia ragazza!»

«la tua ragazza è una carogna tale e quale a suo padre, credimi se ti dico che non è stato questo grande affare e che prima la lasci perdere meglio sarà».

«non hai mai avuto il diritto di dirmi cosa dovevo fare, e adesso ce l’hai ancor meno di prima. Hai toccato il fondo. È una fortuna che tu abbia fallito nell’intento di rendermi una tua copia, perché mi farei schifo esattamente quanto mi fai schifo tu in questo momento!»

E detto ciò usci precipitosamente dalla stanza, quasi investendo la dottoressa Kalinina che nonostante fosse rimasta fuori essendo troppo educata per mettersi ad origliare non aveva idea di cosa fosse successo tra i due Mask.

«…arrivederci, eh» borbottò vedendo il ragazzo allontanarsi senza nemmeno essersi reso conto della sua presenza.

 

***

capitolo corto, lo so, e chiedo tanta venia.

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Capitolo 18
*** To Lose ***


Le rare volte in cui trovarsi ad avere del lavoro da fare anche quando si era a casa era una fortuna.

Quello era sicuramente il caso.

D’accordo, lui e Janice erano il padrino e la madrina di quel ragazzo.

D’accordo, aveva appena saputo una notizia scioccante ed avuto una conversazione tutt’altro che gratificante con padre -o così immaginava-.

Ma Howard H.R.J. Lancaster si era comunque chiesto

a) cosa fosse saltato in testa alla moglie, mesi prima, di dire a quel ragazzo che “per qualunque cosa poteva chiedere a lei perché lei c’era” e

b) cosa fosse saltato in testa al ragazzo di prenderla in parola e

c) perché Janice era parsa contenta di accoglierlo in casa.

“lo sapevo io che dovevo mandare a fuoco l’altra ala della villa…” pensò Howard.

Infatti Kevin, che era venuto via da Tokyo senza niente e non aveva preventivato di rimanere lì più tempo del necessario, si era invece trovato col volo di ritorno cancellato causa maltempo. E quando, con grande sforzo di volontà, era tornato a casa propria ecco che aveva scoperto che l’ala dove avrebbe potuto alloggiare era ancora inagibile causa incendio.

Ed il genio non aveva nemmeno preso altri soldi oltre a quelle cinque sterline che aveva nel portafogli, prima di andare via da Tokyo. Errore da dilettante ma tipico dell’impulsività dei Mask.

Nonostante quel ragazzo non gli piacesse, a lui non aveva fatto niente di male. Ed era per questo motivo che lui stesso non l’avrebbe lasciato dormire sotto un ponte o in mezzo alla strada, per l’appunto era sempre il suo padrino e possedere alberghi su alberghi tra le altre cose dava pure qualche vantaggio, no? Sarebbe stato anche disposto a farcelo soggiornare gratis, per quel che gli importava.

Peccato che poi Janice se ne fosse uscita con un trillante “ma perché non rimani qui in casa?”, ed ecco che dalla sera prima in poi si era trovato il figlio di Robin tra capo e collo, e l’unica cosa buona era che da quel che gli aveva detto Janice una volta a letto quel giorno sarebbe ripartito per Tokyo.

Howard amava sua moglie, eh. Come nel primissimo biglietto che le aveva scritto quando ancora erano solo fidanzati, “più di ieri, meno di domani”. Ed il suo buon cuore era tra le cose che amava di più.

Solo che a volte Janice lo era perfino…troppo!

“passino le sue donazioni alla Chiesa cattolica, ai rifugi per animali abbandonati e gli orfanotrofi, passi far costruire strutture per accogliere i ‘meno fortunati’, passi donare qualche milione di sterline in beneficenza…” si, perché erano tanto ricchi che quelli per la sua famiglia erano come le monetine da un centesimo, stavano lì ad impicciare e basta “…far ripiantare interi boschi, sostenere la protezione animali” ironico che sua moglie facesse una cosa del genere quando lui invece amava la caccia “far costruire ospedali in Africa, Afghanistan e chissà dove altro, far depurare le acque di fiumi e laghi, far costruire pozzi e acquedotti, aprire scuole e tutto quel che vuole ma…perché voler ospitare Kevin Mask proprio qui quando sapeva benissimo che sarei stato disposto a farlo stare in uno qualunque dei miei alberghi? Perché?”

Venne distratto dallo squillo del cellulare. Connors.

Non sapeva perché ma nell’andare a rispondere provò una fitta di inquietudine.

«Connors. Che succede?»

è successo che quel brat  forse aveva due nemici di troppo, signore.

Il tono cupo dell’americano non gli piaceva affatto, e ancora meno quella frase criptica. L’unica cosa che lo sollevava un po’ era quell’ “aveva” che faceva ben sperare. Ma l’inquietudine continuava ad esserci.

«sii più specifico».

vostra figlia ha rischiato di subire un abuso, e la bestia-

«quella specie di creatura vomitata da chissà quale fogna di laboratorio sovietico ha cercato di abusare di mia figlia?»

Stava per ordinare a Connors di ucciderlo nel peggior modo possibile, quando questi mise in chiaro le cose.

nossignore. Quel che voglio dire è che la bestia è arrivato pochissimi istanti prima di me e ha fatto quel che volevo fare io, ossia ammazzare quei due idioti.

Ok. Quella faccenda doveva necessariamente essere approfondita. Da quel che aveva capito due tizi non meglio definiti avevano cercato di violentare Emerald, che però era stata salvata dalla bestia, ossia Warsman, poco prima che Connors stesso lo facesse.

Primo: chi erano quei due tizi? E cosa significava che Kevin Mask “forse aveva due nemici di troppo”?

Secondo: com’era possibile che fossero quasi riusciti nell’impresa vista la forza di Hammy?

Terzo: non aveva alcun dubbio sul fatto che bestia o meno Connors sarebbe intervenuto in tempo per salvarla, se il soldato diceva una cosa era perché…era andata in quel modo. Ma la domanda era “perché la bestia l’aveva salvata?”

«che con o senza di lui saresti riuscito ad evitare il peggio non è in discussione. Dov’è mia figlia? è lì?»

qualche ora fa era priva di sensi a causa di un attacco elettrico ma adesso dorme tranquilla.

Ecco che la seconda domanda aveva trovato risposta. Un attacco elettrico. Ovvio.

«e la bestia…»

gli avrei fatto volentieri saltare la testa signore, ma ho preso per buoni gli ordini precedenti in virtù di quel che ha fatto. Ho immaginato che miz Lancaster avrebbe voluto così, ma se voi la pensate diversamente posso sempre rimediare.

«no. Hai agito bene. Riflettendoci, presumo che quella specie di mostro volesse cercare di ripagare il debito che ha verso Emerald per avergli salvato la vita».

anche il più pulcioso dei bastardi conosce la gratitudine e scodinzola se gli si fa una carezza.

«precisamente. E adesso, se volessi essere più specifico nel raccontarmi com’è andata…»

purtroppo so solo una piccola parte di tutta la storia, ma appena si sveglierà vi farò chiamare da Emerald che  vi racconterà anche tutto il resto. e…Mr.Lancaster?

«dimmi».

uno dei due cadaveri è stato sciolto nell’acido…

«e questo va bene».

ma ero indeciso se fare o meno lo stesso anche all’altro e l’ho prontamente fatto ibernare. Questo perché su di lui i segni degli artigli di Warsman sono perfettamente evidenti, e se mai in futuro vostra figlia dicesse “lo voglio fuori dalle pa-

«linguaggio».

scusate. Se vostra figlia lo volesse fuori dalla propria vita in modo non letale basterebbe far saltare fuori quel cadavere ed ecco che…voi poi conoscete qualche giudice, no? …la bestia finirebbe dove avrebbe dovuto stare fin dall’inizio, ossia in gabbia.

Ecco perché ad Howard Lancaster quel ragazzo, come partner di sua figlia e uomo di fiducia, piaceva molto. Perfettamente leale, spietato se serviva e, soprattutto, per niente stupido.

«Michael Connors, arrivati a questo l’unica cosa che continuo a chiedermi è perché tu e mia figlia non siate insieme come sarebbe giusto che fosse».

Ma d’altra parte per come la pensava se Hammy con Kevin era felice, andava bene così. al di là delle proprie preferenze.

–…prego?...

«raccontami tutto quel che sai su questa storia, Connors».

 

 

:: qualche ora prima ::

 

 

Riaccendendo il cellulare una volta svegliata -tardi, tra l’altro, visto che era mezzogiorno passato- Hammy aveva trovato diverse chiamate di Kevin, fatte…doveva averle fatte appena sceso dall’aereo.

I suoi consueti “mi dispiace non lo faccio più”, immaginava, dei quali però iniziava a stufarsi. Perché erano chiacchiere, solo chiacchiere, almeno da quanto le aveva dimostrato fino ad ora. E a onor del vero Emerald J.V.P. Lancaster, va detto, era una che tendeva a stufarsi abbastanza in fretta. Almeno delle situazioni nelle quali non si trovava bene, perché fino a quando le cose non erano degenerate in quella maniera lei aveva sempre dubitato fortemente di finire a lasciare Kevin; perché mai avrebbe dovuto troncare una relazione con qualcuno col quale stava bene? non avrebbe avuto senso.

Ma adesso invece iniziava a pensarci sul serio, più di quanto avesse mai fatto.

Hammy era come un gatto, se stava bene da qualche parte rimaneva, se no cercava altrove. E considerando quel che stava succedendo ultimamente…il fatto che avesse iniziato a pensare di guardarsi attorno e, per l’appunto, cercare altrove era veramente da condannare? Perché mai potendo scegliere avrebbe dovuto rimanere impelagata in una relazione in cui non era più convinta di stare bene, con lui che tante promesse e pochi fatti? Con lui che “non voglio perderti” e poi giù, accuse su accuse? Aveva diciannove anni, ormai quasi venti a dire il vero, perché avrebbe dovuto sprecare la propria vita in quella maniera? Nessuno le avrebbe restituito il tempo perduto, nemmeno suo padre con tutti i miliardi che aveva avrebbe potuto farlo. E se mai avesse voluto iniziare una nuova relazione Emerald sapeva benissimo che si trattava solo di decidere con chi, perché la scelta era ampia; non era la ragazza più bella del mondo e probabilmente nemmeno del suo gruppo se per “gruppo” si intendeva quello di chojiin visto che in mezzo c’era anche Jacqueline, ma non si riteneva comunque da buttar via.

“magari adesso vedrò come va quando torna…non lo so…non so più niente” pensò, decidendo di andare a farsi una doccia bella calda e -visto il mal di testa pulsante- ricordandosi che doveva cercare in casa uno straccio di aspirina.

Perché, tanto per cambiare, dopo quella discussione con Flash era scesa di sotto e finito tutta la scorta di alcolici. Ma perché mai avrebbe dovuto importarle tanto di quel che le aveva detto quel russo? Chi era lui per sputare sentenze su qualcuno del quale aveva conosciuto solo il lato peggiore?

“dopo aver fatto sentire ‘persona’ una persona non puoi trattarla come se fosse un giocattolo”.

Quella frase in particolare continuava a vorticarle in testa. Un giocattolo, aveva detto…ma per lei, lui non era affatto questo. Non lo era mai stato. Non ci si prende addosso un proiettile per un giocattolo, no? Così come non ci si sparisce insieme per due mesi e mezzo, e se era durata così “poco” era stato solo per via di quel negozio visto a Sidney…altrimenti chissà, avrebbero finito davvero per girare il mondo in eterno.

“…soprattutto dopo quel che è successo a Rio”.

Quell’uomo aveva un talento speciale a tirare fuori faccende scomode. Come anche…

“mettiti nei panni di una delle donne che ha stuprato e poi dimmi che mi sbaglio, se ci riesci”.

Appunto, come anche quella faccenda di Mikey, alla quale di solito preferiva non pensare. Già sapere che l’aveva fatto le bastava ed avanzava, perché diamine ricordarglielo? E poi, tanto…non le importava!

Però…ci pensava.

“ma chissenefrega” pensò ancora, troncando la probabile discussione tra sé e sé. Finendo a pensare anche ad un’altra cosa.

“quindi niente più tango”.

Così avevano detto.

“però lui non era molto felice” si disse “mi sa che l’ho…ferito, per quanto assurdo possa sembrare” miracolo, era arrivata a capirlo sul serio! “grande impresa, Emerald, sei riuscita a ferire l’inferibile. Fantastico. Non era precisamente quello che volevo però, nonostante in un certo senso rappresenti…un problema in meno”.

Troncato anche ogni rapporto con Warsman infatti se avesse voluto andarsene avrebbe avuto meno rimpianti, in rapporto al lasciare anche “meno” dietro di sé. E c’era meno rischio di creare qualche…incomprensione. Perché anche se suo padre sapeva che era il suo Nemico Numero Uno -e da lì il non volere che fosse toccato, l’avergli lasciato casa e non volerlo perdere- non aveva veramente idea di cosa questo implicasse. Suo padre non ce l’aveva un vero NN1, Robin Mask per lui era solo…un giocattolo, tanto per rimanere in tema, quindi il rapporto tra lei e Warsman era una delle pochissime cose che Howard non avrebbe mai potuto comprendere appieno.

Finita la doccia, uscita dal bagno, presa l’aspirina e rivestitasi prese una decisione improvvisa che non c’entrava assolutamente niente con quello a cui aveva pensato fino a poco prima: trovare uno straccio di filiale della Chiesa cattolica o qualche vattelapesca simile e andare a farsi sbattezzare, finalmente. Almeno si sarebbe tolta dalle scatole quella faccenda di “Robin Mask è il mio padrino”, e avrebbe potuto diventare una vera e propria atea una volta per tutte. Un’atea senza comunione, cresima e battesimo.

Sperò solo di non dovere entrare in chiesa per potersi sbattezzare perché, pur sapendo che era una convinzione del tutto irrazionale, aveva sempre avuto l’idea che se disgraziatamente una goccia di acqua santa l’avesse bagnata si sarebbe incenerita come un vampiro. Una convinzione che faceva il paio con il suo altrettanto irrazionale disgusto verso le mucche vive -perché una volta macellate e ridotte in tanti pezzi di carne succulenta le piacevano eccome!- con quei loro occhi così…bovini…quei musi così…da mucca!

Fu così che prese ed uscì di casa, ricordandosi anche di essere a secco di benzina nella moto. Facendo spallucce quindi si avviò verso la fermata dell’autobus, a qualche centinaio di metri di distanza.

Ignorando di essere seguita da non una, non due, ma ben quattro persone.

Va’ a capire perché, comunque, mentre camminava -forse perché stava pensando alle proprie assurde fissazioni- si trovò ad avere in mente qualcosa di veramente assurdo. Anzi, qualcuno.

Ossia quella sciroccata della cugina della dottoressina carina che stava alla Scuola di Ercole -tale Alana- che nonostante l’aria decisamente inquietante e i discorsi assurdi aveva trovato anche simpatica. Tanto da mettersi a raccontarle com’era finito Breaking Bad, visto che lei non lo sapeva.

Era quasi arrivata alla fermata quando un qualcosa di serpeggiante ed indefinito la afferrò brutalmente per la vita tirandola di peso in un vicoletto e sbattendola contro un muro. Un assalto decisamente inaspettato…

«è questa?»

Una voce metallica che non ricordava di aver mai sentito, e proveniva dal tizio incappucciato più basso. Quello che la stava trattenendo con quello strano cavo che pareva uscirgli dalla testa, per intenderci.

«si, la fidanzatina di quel traditore di Kevin Mask è questa qui. Pagherà per aver lasciato i D.m.P.!»

“…ma questa gente non era crepata tutta tempo fa?!” pensò Emerald che, sicura del fatto che avrebbe potuto liberarsi quando voleva, si era incuriosita chiedendosi sia chi fossero che dove volessero andare a parare.

«eeeh…si può almeno sapere chi cazzo siete voialtri? Di solito si usa presentarsi prima di picchiare qualcuno».

In pratica non fece un plissé, ma decisamente non le piacque il modo in cui l’altro tizio -l’incappucciato più alto- l’afferrò per i fianchi dopo che entrambi si furono tolti il “travestimento”. Rivelandosi nientemeno che quei due cretini ritratti nella foto che Kevin teneva esposta vicino ai suoi premi, dei quali non si era neanche mai curata di chiedere il nome perché non l’avevano mai interessata.

«adesso ci riconosci, vero?!»

«mmh, seh. Più o meno. I due cretini in foto con Kevin. Adesso mi lasciate andare da soli o devo proprio liberarmi io? Non so se vi rendete conto della situazione ma posso spaccarvi quelle teste vuote come noci di cocco senza problemi, e se vi ho lasciati fare finora è solo perché sono incuriosita di sapere quel che cavolo volete fare…»

Il più grosso -ossia Pumpinator…che nome del cavolo…- fece un sogghigno che non prometteva niente di buono.

«qualcosa che vista l’aria da puttanella che ti ritrovi magari non ti dispiacerà nemmeno troppo».

Eh no.

Solo uno era più o meno autorizzato a darle della puttanella, e quell’uno non era decisamente lui. Uno sbruffoncello ridicolo, anche se mai ridicolo quanto il cellulare umano che la tratteneva.

Decise che era più che abbastanza.

Poggiò la mano destra contro il muro dandosi una spinta improvvisa e colpendo con un calcio in pieno stomaco il tizio che l’aveva insultata facendolo cadere a terra e, tanto che c’era, rompendogli il naso con un altro calcio. Con entrambe le braccia afferrò poi il cavo con cui il telefono umano la stringeva.

«ce n’è anche per te, e finirai a pezzi dato che non mi sembri uno di quei vecchi Nokia che se li tiri in terra spaccano il pavimento e non si fanno niente!»

Ma non andò esattamente così.

Perché se Emerald avesse chiesto a Kevin o chiunque altro qualcosa di quei due, avrebbe saputo che Dial Balik era specializzato in attacchi elettrici fatti proprio con quel maledetto cavo, ed avrebbe agito di conseguenza neutralizzandoli subito e lui per primo. Ma non lo aveva fatto, e la scossa elettrica giunse dolorosamente inaspettata.

Molto, molto dolorosamente. Tanto che gridò.

Avere quei naniti nel braccio la rendeva più sensibile alle scosse, anche se loro in sé per sé non subivano alcun danno. Sensibile al punto da percepire quasi il doppio dell’intensità effettiva della scossa, nonostante i danni riportati fossero quelli “giusti”. Per capirci: prendeva una scossa da 50 volt, la percepiva come fosse stata da 100 volt, ma riportava i danni da scossa da 50.

Quindi nonostante la scarica non fosse stata proprio fortissima, potete solo immaginare come lei la percepì.

Pumpinator, nero di rabbia, si era già rialzato e l’aveva raccolta da terra sbattendola contro il muro. Dial Balik le avvolse il cavo ancora leggermente sfrigolante attorno al collo. Le strappò i pantaloncini di dosso, i suoi intenti erano perfettamente chiari alla ragazza che dopo la scossa subita non riusciva a trovare forza sufficiente per difendersi, e già lottava per non sprofondare nell’incoscienza. Lo schiaffo che prese se non altro in questo l’aiutò.

«almeno la pagherete entrambi, lui per il tradimento e tu per avermi rotto il naso sozza putt-»

Non fece in tempo a finire la frase perché Warsman, “sorridente” e pieno di una voglia incontenibile di uccidere, si avventò su di lui ad artigli sguainati come…una bestia feroce. Senza dire una parola e senza emettere un suono, c’era solo quel sorriso spaventoso che fu l’ultima cosa che Hammy riuscì a vedere prima di perdere la battaglia contro le tenebre che la stavano avvolgendo. E in un certo senso fu meglio così, perché forse non le sarebbe piaciuto vedere il suo ex partner di tango sbudellare Pumpinator senza alcuna pietà per poi avventarsi su Dial Balik colpendolo dritto in mezzo agli occhi, affondando gli artigli nel suo sistema centrale per poi far scorrere la mano lungo il corpo sfrigolante del telefono umano arrivando quasi ad aprirlo in due.

Solo fatto ciò, ancora sporco del sangue e i fluidi delle proprie vittime, la furia omicida ebbe un calo drastico e si voltò rapidamente verso Hammy, la sua Nemica Numero Uno che solo e soltanto lui poteva toccare, nessun altro, e alla quale aveva appena evitato di subire una violenza. Aveva preso una scossa, lei le scosse le percepiva più forti, doveva vedere come stava, portarla da qualche parte, magari anche dire a Kevin…

«non stupirti che ti si dia della bestia. Anche se a quanto pare sei una bestia che ci tiene a ripagare i debiti».

Michael Connors, quel “figlio dannato di un rospo senza Dio”, stava tenendo sollevata Emerald col solo braccio sinistro. Con l’altro gli stava puntando contro una pistola.

Pressione psicologica o meno, arma o meno, Warsman sarebbe saltato addosso anche a lui se non fosse stato per la ragazza.

«va’ via prima che decida di spararti lo stesso».

C’era da chiedersi come mai fossero tutti e due lì, ma era semplice: Warsman passata la notte aveva deciso di tornare a…parlarle ancora. Segno che tutta questa voglia di lasciarla perdere poi non c’era. E quando l’aveva vista uscire di casa dirigendosi alla fermata l’aveva seguita.

Quanto a Michael, ovviamente aveva seguito lui avendo notato che seguiva lei. Tutti a seguire tutti, in breve, ma era stata una fortuna per Hammy.

L’americano stesso avrebbe potuto interrompere quel tentativo di stupro sparando ai due ex D.m.P., ma il russo l’aveva di poco preceduto, ed intelligentemente Connors aveva deciso di lasciargli fare il lavoro sporco e di prendere in custodia Emerald nonostante anche in lui la voglia di uccidere fosse stata tanta.

Perché nessuno doveva farle del male. Nessuno.

Chissà se dopo quell’esperienza Hammy avrebbe iniziato a vederlo diversamente sapendo cosa aveva fatto in passato…ma al momento non era quello l’importante.

Vide quel mostro lanciargli un’occhiata assassina per poi sparire, e lui dopo aver fatto una rapida telefonata -“coordinate BC342. Codice 19 per quello più a sinistra e 77 per l’altro”- ed aver sentito il rumore di diverse auto in arrivo se ne andò via con Emerald in braccio. Lei non aveva ustioni sul corpo, segno che la scossa presa non era stata molto forte e che dunque non c’erano veri e propri danni. Se al momento era incosciente era solo perché aveva percepito la scarica come se fosse stata più forte di quanto era in realtà. E da quanto gli era stato spiegato riguardo quei naniti, dunque, non c’era neppure bisogno di portarla in qualche pronto soccorso. Bisognava solo aspettare.

Precisamente quel che fece.

 

 

:: ora, Tokyo ::

 

 

«…ecco com’è andata, signore. Quanto a quel che ho detto all’inizio, quei due mi sembravano i brats con cui Kevin Mask girava quando era ancora insieme ai D.m.P.; per questo ho concluso che possa entrarci un regolamento di conti».

capisco. È stata una fortuna che fossi lì. Anche se quel mostro l’ha salvata da quei due non abbiamo idea di cosa avrebbe potuto fare ad Emerald in seguito. Magari approfittare dell’occasione per…farle quel che avrebbero voluto fare loro.

Per l’appunto: come aveva pensato Emerald, suo padre non avrebbe mai compreso del tutto la natura del loro rapporto. Anzi, dicendo quella frase l’aveva completamente travisata, perché Flash non l’avrebbe mai violentata. Né in quelle condizioni, né in altre. E l’aveva salvata, ed Emerald lo sapeva, avendolo visto appena prima di svenire.

«ribadisco che se devo occuparmi anche di lui sono disponibile».

anche se mi piacerebbe non posso agire in base ad una supposizione. I fatti sono quelli che sono: lui l’ha salvata. Anche se non era necessario perché l’avresti sicuramente fatto tu, se lui non fosse stato presente.

«confermo».

è qualcosa che dà da pensare. Che al di là del debito da ripagare quella…creatura si sia “affezionata” a mia figlia? Si, ovviamente “affezionata” per quanto può esserlo una bestia delle steppe.

«è una cosa che ho pensato anch’io, signore. Ma d’altra parte se un ramarro si affeziona alla prima persona che gli passa davanti anche solo per sbaglio, non vedo perché non possa essere capitato lo stesso».

forse. Credi che Hammy sia consapevole di come si è svolta la vicenda? Nello specifico, di chi è stato a salvarla?

«mi è sembrato che fosse ancora cosciente quando è arrivato, quindi si. Non è che se ne uscirà col volerlo ringraziare?»

probabilmente. Non impedirglielo, limitati a vigilare che non succeda niente se o quando lo farà.

«sissignore».

E non avevano la minima idea di quanto avessero ragione.

E del fatto che lei fosse già da Warsman.

 

 

Dopo essersi svegliata Hammy si era rigirata nel letto -di Michael- per un quarto d’ora buono. Per un attimo nel dormiveglia aveva sperato di trovarselo lì vicino, di essere reduce da un focoso rapporto sessuale e di essersi addormentata dopo quello. In pratica stava confondendo il sogno appena fatto con la realtà.

E poi erano arrivati i ricordi. “grazie mille memoria eidetica del cazzo” aveva pensato, dato che avrebbe preferito di gran lunga restare nel convincimento di prima. Non perse nemmeno tempo a pensare che non avrebbe dovuto sognare quel che aveva sognato, doveva fare qualcosa di molto più importante.

Si rialzò un po’barcollante, almeno all’inizio, aprì la finestra e…semplicemente saltò giù.

Doveva andare da lui, sperando di trovarlo lì a casa sua. Non aveva nemmeno idea di quanto tempo fosse passato da quel che era successo, e non le importava nemmeno; lei voleva solo vederlo, le interessava solo quello.

Iniziò a correre, la caviglia cedette per un attimo facendola quasi finire stesa in mezzo alla strada, ma lei si rialzò rapidamente incurante di quel dolore che riteneva di poter sopportare tranquillamente perché non era niente, e riprese il suo viaggio verso quella che una volta era stata casa sua.

Ebbe fortuna, perché a quanto pareva Flash si era stranamente dimenticato di chiudere la porta sul retro -ed anche di ripulire la maniglia da quello che pareva essere sangue…mi sa che quei due non avevano fatto una bella fine- e quindi lei poté entrare senza andare a chiedere la chiave agli scoiattoli o scassinare nulla.

La prima cosa che vide furono i vestiti sporchi buttati così lungo il corridoio…

“eh no…quei due non hanno fatto per niente una bella fine”.

Sentì il rumore della doccia. Lui doveva essere lì sotto…chissà da quanto…lei non lo sapeva, ma c’era da ore

Il che le fece venire un’idea.

Ringraziamento, si.

Ma un pochino a modo suo.

 

 

Quando finalmente uscì dalla doccia Warsman pensava ancora ingenuamente di essere solo in casa.

Oltre che a quel che aveva fatto e le possibili conseguenze.

Si, aveva salvato Emerald. Ringraziando il cielo era arrivato in tempo per togliere quella puttanella senza cervello dalle grinfie di quelli che aveva riconosciuto come gli ex amici di Kevin. Regolamento di conti tra ex D.m.P. probabilmente, ci stava…anche se coinvolgere lei era stata un’assoluta bassezza. E lei era stata sciocca a sottovalutarli, forse perché non sapeva degli attacchi elettrici di Dial Balik.

Solo che c’era un problema. I cadaveri probabilmente erano stati fatti sparire, ma Connors lo aveva visto. E adesso si che era veramente in trappola. Perché…fatti sparire come? Bruciati, sciolti nell’acido, o tenuti da parte per incastrarlo più in là?

In quel momento non era stato a pensare a certe cose. Aveva visto soltanto lei e loro.

Chissà se Emerald sapeva chi era stato a salvarla. Perché se non l’aveva visto, dubitava che l’americano gliel’avrebbe detto.

Indossò l’accappatoio, aveva addosso solo quello, non aveva nemmeno la maschera, ed uscì nel corridoio diretto in camera da letto.

La frustata in piena chiappa sinistra non se l’aspettava affatto insomma.

«eheheheheh quando ti arrivano le botte sulle chiappe fai certi acuti che nemmeno Maria Callas!»

Quella lì, che rideva come una matta ed aveva ancora in mano l’asciugamano bagnato con cui l’aveva colpito.

Ma aveva veramente avuto l’ardire di…?!!

«dannatissima stronza che non sei altro, io …non sei la benvenuta, qui!» sbottò, accorgendosi solo dopo l’occhiata della ragazza che la cintura dell’accappatoio si era slacciata «vattene via! Quel che si è detto ieri è ancora valido!»

Solo a quel punto si ricordo di non avere niente a coprirgli il viso.

Esattamente come l’altra volta.

Ed anche l’espressione di Emerald era la stessa dell’altra volta.

Ma le condizioni erano diverse, ed avevano detto di metterci una pietra sopra, e…

Il bacio non fu come l’altro. Fu improvviso, a stampo e breve. Anche se non per questo meno intenso, ed ancora non riusciva ad evitare di stupirsi di come lei non si schifasse del suo povero volto martoriato.

«grazie» disse semplicemente la ragazza.

Era stato solo quello, appunto, un ringraziamento. Un po’più tangibile, ma sempre di quello si trattava. In fin dei conti era ancora impegnata, lei.

Al russo ci volle qualche istante per riprendersi. «non l’ho fatto per te. L’ho fatto solo perché era giusto».

«non mi importa perché l’hai fatto ma…grazie lo stesso per averlo fatto» detto ciò fece per andarsene, quel che doveva fare l’aveva fatto, ma dopo tre passi si fermò, sentendo di avere qualcosa di aggiungere «…e se tempo fa ti ho ferito mi dispiace. Non volevo. Un conto è prenderti a frustate le chiappe, un altro è fare…altro. Vabbè. Hai capito» riprese a camminare «è meglio che me ne vada, no?»

A giudicare dalla presa ferrea di Warsman sul suo polso destro a quanto pare era la sola di loro due ad essere di quell’idea.

Emerald si lasciò trascinare fino in salotto. Toh, lo stereo era nuovo.

Il cd che lui inserì nel lettore però lo era di meno, visto che si trattava del “loro” tango.

Lei lo guardò e scosse la testa con un sorrisetto. «certo che potevi rivestirti. Se mai l’accappatoio si slacciasse ancora il mosciume lì sotto non sarebbe un bello spettacolo».

Giustamente aveva davanti agli occhi un viso orribile ed andava a parlare del “mosciume lì sotto”. Come se più sopra non ci fosse assolutamente niente di anormale.

«se tu puoi arrivare in un posto, spogliarti all’improvviso e buttarti in acqua io posso stare in accappatoio. E poi nemmeno un ammasso di stecchini è proprio un bel vedere».

Mh. Pareva che almeno con uno su due fosse tornata la calma. Relativamente, perché quando mai il loro era stato un rapporto “calmo”?

«sempre meglio di un vecchio porcello rugoso che non è più buono nemmeno da fare in porchetta…»

Una scena assurda che alcuni avrebbero descritto come “una ragazza che ballava il tango con un mostro in accappatoio”.

«tu le rughe le hai nel cervello» borbottò lui «ti sei fatta sorprendere come una dilettante! Se non ci fossi stato io…»

«se non ci fossi stato tu ci sarebbe stato…ok, lasciamo perdere» si interruppe lei ricordandosi che a lui per ovvie ragioni Michael non piaceva.

«ci sarebbe stato il bastardo che mi ha puntato la pistola addosso appena mi ha visto. Hai la fortuna di avere sempre qualcuno pronto a salvarti la pelle…»

«tra cui una Pantegana Pazza di Madre Russia».

«ti ho detto che non l’ho fatto per te!...se mai…posso averlo fatto per ripagare il mio debito nei tuoi confronti. Di quando mi salvasti la vita».

Emerald annuì. «capito» nel ballo finì col corpo attaccato al suo «…questo è l’ultimo?»

Nota finale.

«…»

«è l’ultimo?»

Nessuno dei due voleva che fosse davvero l’ultimo, quanto piuttosto il primo di una nuova serie. Ed anche se non se lo dissero, perché non l’avrebbero mai ammesso, si capirono bene ugualmente.

«spero che quella scossa abbia riattivato qualcuno dei tuoi neuroni passati a miglior vita» disse Flash dopo che si furono staccati «ma si può sapere che andavi a fare?!»

«a sbattezzarmi…»

«ah! la scossa chiamasi punizione divina, allora» la scossa, non il tentato stupro «eppure lassù hai qualcuno che ti protegge in maniera evidente!»

«non c’è nessuno che protegge nessuno, il mio è culo puro e semplice. Seh. Più o meno» si mise a giocherellare con un soprammobile «…di’, ma per sbattezzarsi bisogna entrare in una chiesa?»

«e io secondo te che ne so?»

«che ignorante».

«nemmeno tu lo sai, mi pare, o non me l’avresti chiesto!»

«sei un ignorante lo stesso…»

Gli lanciò contro il soprammobile in un’ispirazione improvvisa, ma Warsman quella mossa se l’aspettava e riuscì ad evitarlo attaccando personalmente quella puttanella con l’intento -vero o meno- di annientarla una volta per tutte. Perché le ultime volte che si erano visti ultimamente erano andati a finire uno sopra l’altra sul divano, con uno dei due seminudo?!

«vedi di piantarla!»

«sennò che fai, mi rosicchi come se fossi formaggio?» contenevano la lotta solo a loro due, senza coinvolgere tutto il resto della casa. Flash sapeva che rumori troppo forti avrebbero potuto mettere in allerta chi non dovevano mettere in allerta, ossia l’americano che viveva a poca distanza «…per quanto devo ammettere che perlomeno TU non pensi che Orazio sia il pescivendolo del mercato a tre isolati da qui…»

Nonostante fosse impegnato nella lotta Flash non riuscì ad evitare un facepalm. «non ricordarmelo!»

Si perché Kevin quella volta in cui Flash aveva citato Orazio non si era solo limitato a dire “eh?” con fare perplesso, cosa che poteva ampiamente starci perché non tutti conoscevano qualcosa di latino. Ma che poi se ne fosse uscito col dire “ah, non sapevo che il pescivendolo” che guarda caso era un anziano figlio di emigrati italiani e si chiamava proprio in quel modo “scrivesse roba in latino!”.

Ok non conoscere quella lingua morta e sepolta, ok non sapere vita morte e miracoli di Orazio, ma…non sapere più o meno chi era, a grandi linee, all’incirca, qualcosina, almeno il nome! O se non lo sapeva perlomeno poteva evitare di commentare!

Hammy era certa che anche Flash in quell’occasione si era trattenuto a stento dall’alzarsi e andare via…

“eh! Io non posso trattenermi troppo, se Michael entra in camera sua e non mi trova potrebbe iniziare una ricerca a tappeto in tutto il quartiere, e non è proprio il caso che mi becchi qui” pensò “ovviamente potrei dirgli che sono qui per ringraziare Warsman che non è nemmeno una bugia, ma trovarci così con lui senza maschera e solo l’accappatoio addosso potrebbe sembrargli un tantinellino strano!”

Per questo si tolse di dosso il russo e si rialzò, dandosi una veloce sistemata.

«adesso però è bene che vada davvero».

Lui le diede un’occhiata. «non sia mai che facciamo preoccupare Mikey, vero? Già, come lo vedi adesso che…»

«come prima».

E detto questo filò via uscendo per dov’era entrata, perché non aveva alcuna voglia di approfondire il discorso, lasciando lì il russo a pensare che anche adesso che si erano “ritrovati” i problemi erano ben lontani dall’essere finiti.

Pensò anche che fosse sorprendente che Emerald non avesse chiesto alcun dettaglio di quanto era accaduto prima. Ma probabilmente l’aveva fatto perché molte cose se l’era immaginate già di suo, e quanto al resto…meglio non sapere.

Già. Un attimo. A proposito di Connors, ma Emerald era ancora con lui a casa sua oppure no?

Non sapeva dire perché, ma in lui era scattato un “qualcosa” che gli stava dicendo che avrebbe dovuto sincerarsi che la ragazza non facesse altre stupidaggini.

Perché Kevin era lontano, e per mettere un paio di corna non c’erano momenti migliori di quelli.

Si chiese perché gli interessasse. Non erano affari suoi, in fondo. Ma magari non voleva che quel povero ragazzo si trovasse a dover affrontare anche il tradimento della fidanzata, o che se anche fosse stato così lui avesse modo di comportarsi di conseguenza decidendo se continuare la sua relazione o meno invece che andarsene in giro cornuto e contento senza sapere niente. Era complicato.

Se quel tradimento ci fosse stato sarebbe stato meglio parlargliene o lasciarlo nell’ignoranza?

“…perché mi sto fasciando la testa prima di romperla?! Non è detto che succeda davvero qualcosa del genere. E mettermi a spiare è pericoloso, specialmente dopo quel che è successo prima”.

Era indeciso, molto indeciso.

Fare, non fare?

Fare…?

 

 

:: un paio d’ore dopo ::

 

 

«come sarebbe che Kevin è a casa mia?» Emerald scosse la testa «ma sei serio?»

«a quanto pare tua madre gli ha detto che poteva rimanere».

Erano sdraiati sul letto con un pacco di biscotti accanto e stavano scegliendo che film vedere. Hammy voleva un po’ di compagnia, e all’americano non dispiaceva certo accontentarla, nonostante si fosse trovato con gli stessi pensieri che aveva avuto ore prima ossia “adesso mi vede o no in modo diverso?”.

Ma per adesso sembrava di no, che non sembrasse importarle di avere vicino un criminale, e che per lei continuava ad essere sempre Mikey. Infatti tra una cosa e l’altra, comprese le ore in cui era stata incosciente ed aveva dormito, si era fatta sera e lei non sembrava avere alcuna fretta di andarsene. Né lui aveva alcuna fretta che se ne andasse.

«credo che papà non sia poi così felice…»

«e chi sarebbe contento di avere un bravernicolo in casa?»

Lei sbuffò. «Michael! Non è un cavernicolo!»

«infatti ho detto bravernicolo. Io essere Kevin dalla Piccola Clava e girare con scatola di sardine in testa perché io volere proteggere mia testa vuota da tutto, anche da informazioni che rendere me meno ignorante, perché ignorante fare molto figo!»

Hammy si morse il labbro inferiore per non scoppiare a ridere. «Michael!»

«…e infatti io pensare che zolle tettoniche esser-mmmf» venne zittito da due biscotti cacciatigli in bocca da Emerald.

«ho scelto il film».

“le streghe di Salem”. Giusto lei dopo una giornata come quella poteva voler vedere un horror. Meglio quello che un qualche polpettone romantico, comunque.

«ma sei convinta?»

«hai paura che ti faccia venire gli incubi?»

«semmai sono io quello che fa venire gli incubi a certa gente» disse lui, per poi tornare rapidamente all’argomento precedente «vada per questo allora, anche se finiamo a fare tardi considerando che ora è» la guardò «di’, ma tu sei intenzionata a tornare a casa?»

Gliel’aveva domandato scherzosamente, ma lei era diventata seria seria. E la verità era che no, non era poi così contenta all’idea di tornare a casa sapendo di essere sola, cosa che evidentemente lui riuscì a capire.

«se vuoi rimani. Io posso anche dormire nell’altra stanza».

Lei andò ad inserire il dvd nel lettore. «devo farti proprio schifo se non hai nemmeno pensato di dormire insieme a me. Sempre per sicurezza».

Anche lei lo aveva detto scherzando, ma l’americano non lo prese come tale, almeno da quel che le disse quando tornò sul letto.

«miz Lancaster, se c’è una cosa che posso dirti con assoluta certezza è che tu tutto mi fai meno che schifo» la guardò a lungo dritto in viso «mi puoi credere».

Il film era cominciato, ma a nessuno dei due sembrava importare.

«e che ti faccio allora?»

«cose che forse sarebbe bene non mi facessi. Lo sai perché. Anche adesso tu sei qui, con qualcuno che ha fatto a delle donne quel che oggi stava per essere fatto a te. Mi sembra impossibile che possa starti bene».

Fu sincero nel dirle quel che pensava così come lo era stato nel raccontarle per filo e per segno cos’era successo nel primo pomeriggio. Non sapendo se lei avesse visto o meno Warsman arrivare, avrebbe anche potuto dirle che era stato lui a salvarla. Ma non lo aveva fatto, non le aveva mentito. Non che fino ad ora lo avesse mai fatto, l’unica cosa era stata quando aveva omesso di dirle delle costole incrinate…

«eppure è così».

«ma non dovrebbe».

«non ne sei felice?»

Ovvio. Era in un certo senso un sollievo sapere che lei pur conoscendolo non lo giudicasse. Ma gli sembrava sempre incredibile perché…come poteva non farlo? Come poteva non importarle? E come poteva non importare nemmeno a Mr. Lancaster che anche prima se n’era uscito di nuovo col dire “arrivati a questo l’unica cosa che continuo a chiedermi è perché tu e mia figlia non siate insieme come sarebbe giusto che fosse”?! come poteva sembrargli giusto se non sembrava giusto a lui per primo, se lui per primo nonostante più si andava in là e più si trovava legato a lei si impediva di approfondire il suo rapporto con Hammy proprio per quei motivi?

«si, ovvio che lo sono. Ma mi chiedo com’è possibile, perché non credo che nessuna sapendo cosa sono accetterebbe di fare col sottoscritto anche solo una scopata così tanto per fare. E non penso che tu vorresti solo questo da me…» scosse la testa «come non lo vorrei io da te. Non mi basterebbe. Ma è come discutere sul sesso degli angeli, considerando che tu se non erro stai provando a far funzionare le cose con il bravernicolo».

«mh».

«che vuol dire “mh”?»

«che io sinceramente di Kevin sto iniziando a rompermi altamente le scatole, perché quando ha letto quelle lettere e tutto quanto se l’è presa con me dicendo che sono colpevole quanto suo padre perché lo sapevo e non gliel’ho detto subito».

Connors sollevò un sopracciglio. «è ancora più coglione di quanto pensassi».

«prima dice “ah, possiamo risolvere tutto blablabla” e poi mi assal siccome feroce belva che infiniti lutti addusse al mio umore. Tant’è vero che gli ho detto che lui e suo padre devono farsi curare il cervello».

«qui non è questione di farselo curare, ma di farselo trapiantare miz».

«eh mi sa».

Dopo questi discorsi più o meno pericolosi si misero a guardare il film senza dire o fare altro, finendo per addormentarsi poco prima della fine.

Ignari di essere osservati.

 

 

:: il giorno dopo, circa le otto e dieci del mattino ::

 

 

Ed ecco che dopo un soggiorno a Londra che per fortuna Kevin -complice la gentilezza di Janice nonostante gestire le due nonne non si fosse rivelato affatto facile, e complice il fatto che Howard per il bene di Kevin stesso con una scusa o un’altra non si fosse quasi mai fatto vedere- non poteva considerare del tutto negativo, eccolo di ritorno nel proprio quartiere. Casa dolce casa, dove c’era la sua Hammy ad aspettarlo.

Non aveva risposto alle sue telefonate ma era certissimo che sarebbero riuscito a chiarire tutto una volta che si fossero visti di per…so…na…

Che diavolo ci faceva lei in…

Lei, nella cucina -che dava sulla strada- della casa di Connors a mangiare e ridere con lui, con un fiore tra i capelli, e sembrava divertirsi un mondo. La maglietta che aveva indosso inoltre non era una delle due, era grande  ea uomo. E lui, Kevin, sembrava essere ben lontano dai pensieri di Hammy.

Rallentò. Anche se guardare faceva male, rallentò. Anche se quella era la prova del tradimento che c’era sicuramente stato -perché che senso avrebbe avuto altrimenti la colazione insieme a quell’ora e la maglietta?!- lui passò davanti a quella casa con la moto che andava a passo d’uomo ormai.

Li vide fare i cretini facendo, sembrava, a gara a chi riusciva a tenere più a lungo un cucchiaio appiccicato al naso.

Ok.

Bastava così.

Tornò a casa preda di una collera cieca, parcheggiò la moto nel vialetto, scese,  perse giusto il tempo per tirare fuori la chiave per aprire la porta, e con la vista annebbiata da lacrime di rabbia e pura delusione ed incespicando un po’salì le scale correndo in camera da letto. Una volta arrivato aprì l’armadio e i cassetti, dall’armadio tirò fuori tutti i vestiti di Hammy e le sue valigie, che iniziò a riempire con i suddetti capi e tutte le cose che le appartenevano che trovava in giro, vestiti, intimo, oggetti, tutto quel che gli capitava in mano di suo Kevin lo infilò rapidamente e senza cura nelle valigie.

Voleva lei e tutte le sue cose fuori da quella casa, e subito.

Lei lo aveva tradito, e lui non voleva saperne più niente. Non gli interessava nemmeno stare a sentire i perché e i percome.

Pensare che avrebbe voluto farle conoscere sua madre! Flash aveva sempre avuto ragione in realtà, quella ragazza era una puttana fatta e finita, ed aveva avuto ragione anche suo padre a raccomandargli di lasciarla il prima possibile. Almeno su qualcosa Robin Mask aveva avuto ragione.

Se solo Kevin avesse saputo che Emerald e Connors non avevano fatto niente, e che lei era rimasta lì con lui perché dopo quanto capitato nella giornata di ieri non se l’era sentita di dormire sola in casa…!

Ma lui no! Non si faceva domande, non ci pensava nemmeno di farsene o farle a lei, l’aveva vista in cucina con lui e con indosso la sua maglietta -prestatagli da lui perché le aveva messo a lavare i vestiti e lei non aveva altro con sé- e gli era bastato; aveva osservato e tratto una conclusione così, senza pensarci due volte…anzi, nemmeno una.

Le valigie erano piene. C’era ancora della roba di Emerald ma quella o l’avrebbe buttata o gliel’avrebbe messa in qualche altra borsa, tanto non avrebbe dovuto fare troppa strada per venire a prenderla dato che Mikey stava a pochi metri.

Bastardo, bastarda, bastardi!!!

Portò di sotto tutte le valigie, mentre le lacrime continuavano ad inondargli il volto…come aveva potuto Hammy fargli una cosa simile, come?! Stronza!!!...e le mise tutte fuori dalla porta di casa, chiudendosela poi dietro e tornando furiosamente al piano superiore buttandosi sopra al letto.

Voleva rompere tutto quel che gli stava intorno e piangere fino a non avere più lacrime per davvero, per quell’orribile tradimento che lei gli aveva fatto subire nel momento peggiore di tutti.

E lui, sciocco, che aveva pensato davvero che lei lo amasse! Ma non le era mai importato niente in realtà. No, no. Non le era mai importato assolutamente niente, lo aveva solo illuso, deluso, con lui aveva solo giocato, tutti quei mesi in cui gli aveva dichiarato amore in realtà li aveva passati insieme a lui solo per avere qualcuno con cui darsi da fare a letto, non per altro.

Stronza, stronza, stronza!!!

Incredibile ma vero si sentì terribilmente vicino a suo padre. Adesso capiva come doveva essere stato tornare a casa e cogliere sua madre Alisa e Neptuneman sul fatto. Pensò addirittura qualcosa come “ci credo che li ha esiliati lassù, anche io la spedirei via, ma non su Nettuno su Plutone!”.

Qualcuno iniziò a bussare alla porta di casa e chiamarlo.

Ma avendo riconosciuto la voce, non sarebbe andato ad aprire. Aveva voluto la bicicletta? Che pedalasse allora, quella testa di cazzo…

 

 

«KEVIN! Kevin, aprimi!!! Che significa?! Kevin si può sapere che ti è preso?!! KEVIN!!!»

Appena aveva visto la moto sul vialetto aveva abbandonato casa di Connors così com’era, con ancora la sua maglietta addosso e le pantofole. Vero che stava quasi pensando di lasciarlo ma aveva immaginato che adesso avesse bisogno del suo sostegno dopo il viaggio a Londra, e poi voleva raccontargli di quel che le era successo il giorno prima, spiegargli tutto...

Ma aveva trovato una brutta sorpresa, costituita dalle sue valigie fuori dalla porta. E la suddetta porta chiusa a chiave.

Emerald urlò e bussò a lungo.

Ma nessuno rispose e, pur sentendola, nessuno s’intromise nemmeno.

Michael Connors osservava la scena dalla soglia di casa propria, scuotendo la testa. Povera, piccola miz. Una creatura come lei non si sarebbe meritata una cosa del genere a suo avviso, ed avrebbe avuto una gran voglia di fare irruzione in casa Mask e ridurre quel gradissimo coglione in una poltiglia fina fina.

Aveva al suo fianco una ragazza così…una ragazza che lui non si riteneva “abbastanza” per stare insieme a lei…e la trattava in quel modo indegno.

C-o-g-l-i-o-n-e.

Gli strilli della ragazza avevano attirato anche Flash, che si era avvicinato curandosi di rimanere nascosto. Per quanto non avesse approvato granché la scelta di Emerald di dormire con Connors non gli era risultato troppo complicato capirne i motivi. E poi, aveva la certezza che i due avevano davvero dormito e basta. Non c’era stato tradimento, se proprio si voleva parlare di quello a momenti lo era stato di più quel bacio a stampo di puro e semplice ringraziamento che aveva dato a lui stesso.

Emerald bussò, bussò. Fino a rovinarsi le nocche -almeno quelle della mano sinistra- e con gli occhi lucidi. Strillò fino a che la voce non divenne quasi rauca.

Poi si allontanò dalla porta, afferrò tutte la valigie e scosse la testa.

«e allora vammorìammazzato, pezzo d’imbecille».

Lo disse proprio in quel modo, con quella parola in italiano che giusto Flash e Connors riuscirono a capire un po’.

E fu quest’ultimo a prendere le valigie di Hammy quando la vide allontanarsi, stringendosela tra le braccia per darle un po’di conforto.

«vieni, miz…»

Aveva l’impressione che avrebbe finito per ospitarla anche quel giorno. Magari il giorno dopo, se lei avesse voluto, l’avrebbe portata a Shibuya.

SE avesse voluto.

«…ma perché?...»

«perché è un bravernicolo tonto. Vieni, dai…»

“ragazzo, non so che avevi in testa ma così gliel’hai spinta tra le braccia” pensò Warsman in un misto di preoccupazione, perplessità e…rabbia.

Preoccupazione e confusione non avendo capito i motivi di quel gesto di Kevin.

Rabbia, perché se Hammy se ne fosse andata con Connors Kevin non sarebbe stato il solo a finire a perderla…

 

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Capitolo 19
*** Is too late to apologize ***


«non posso».

«ma perché?!»

«lo sai perché. Te l’ho detto tante volte. Inoltre sei appena uscita male da una relazione, e se adesso fai così magari è perché sei confusa e ti senti sola, è perfettamente…normale…» il tono del soldato si abbassava man mano vedendo come lo stava guardando la ragazza. Tanto che alla fine, semplicemente, rimase in silenzio.

«è vero, sono appena uscita male da una relazione. È vero, mi sento un po’sola. Ed è vero anche che sono confusa su tante cose ma…ci sono due cose sulle quali non sono confusa per niente, e tu adesso le starai a sentire».

Da che Michael ricordasse non aveva mai visto Emerald in quel modo. Con quell’espressione serissima e determinata a farsi sentire, nonostante lo sguardo da “sto lottando per non cadere a pezzi”. Non avrebbe dovuto avere quello sguardo, mai.

«la prima: tu sai che è da quando avevo sette anni che avevo una cotta per te. Durata fino ai quindici, quando per ovvi e buoni motivi mi dicesti di no. Ho lasciato perdere, ma hai continuato comunque a piacermi, e da quando c’è stato quel bacio nel bosco io ti ho pensato spesso. Molto, spesso. Ben più di quanto avrei dovuto, e non in modo casto. Pensa pure che io sia infantile, un’imbecille che sogna il principe azzurro, una cretina pura e semplice a trovarsi a pensare a qualcuno solo per un bacio; non mi interessa, ma le cose stanno così».

Connors in realtà poteva capire fin troppo bene quello che Emerald gli stava dicendo, visto e considerato che a lui era successo qualcosa di analogo da dopo quella faccenda.

«posso capire più di quanto immagini ma, Emerald, io non sono il principe azzurro…»

«lo so! E qui veniamo alla seconda cosa: so benissimo che sei tutto meno che un santo. Lo so. Non me l’hai mai nascosto, sei stato sempre onesto. Ma, notizia dell’ultima ora, non sono una santa nemmeno io…»

«miz Lancaster, non è la stessa cos-»

«…e comunque non mi importa niente. Non so in che lingua devo dirtelo perché tu capisca che non mi importa assolutamente niente di quello che hai fatto. N-i-e-n-t-e. Nada. Nothing. Njet. Lo so e, per quanto ti potrà sembrare assurdo, mi sta bene così. Hai anche detto di non essere pentito, ma poi guarda caso sei tu quello che si fa più problemi. Stammi bene a sentire: il passato è passato. Anche recente, se mai. Quello ormai non lo puoi cambiare, è andato. Ma presente e futuro si. Dici di “non essere abbastanza” per me? Allora diventa questo “abbastanza” che ritieni di dover essere per stare con me. Se non ti senti a posto prova ad essere migliore di quel che sei, allora, perché sono sicura che tu possa farcela eccome, e se mai ti servisse sostegno…eccomi. Ci sto apposta. Anche se io, francamente, non vedo cosa possa esserci da migliorare».

L’americano pensò una volta di più che quella ragazza fosse troppo buona per quel mondo. Che pur dicendogli che lei non era una santa, gli sembrava qualcosa di molto vicino ad una specie di angelo salvifico sceso dal cielo apposta per lui.

Un angelo che non sembrava essere in grado di giudicarlo per le azioni che aveva commesso accettandolo esattamente per quello che era, ma che lo stava ugualmente spingendo ad essere un uomo migliore se lui lo sentiva necessario. Per iniziare a sentirsi degno di quell’aiuto e quella meravigliosa presenza nella sua vita.

Diventare migliore per lei, con lei. Che gli stava regalando quella possibilità, che lo stava praticamente supplicando di coglierla. Che gli si era offerta come vero motivo per diventare qualcosa che, fino a quel momento, aveva ritenuto impossibile essere e di accompagnarlo in quel cammino. Senza avere paura di “sporcarsi” standogli accanto, perché…non le importava!

Ma quanto doveva essere scemo Kevin Mask per non rendersi conto che a quella ragazza mancavano giusto un paio di grandi ali bianche piumate?

Un punto di vista molto parziale, quello di un uomo che ne aveva viste -e soprattutto fatte- talmente tante che qualunque cosa “brutta” lei potesse fare ai suoi occhi sarebbe risultata ben poco, o addirittura un “niente” al suo confronto. E che negli anni aveva preferito accompagnarsi -molto per modo di dire visto che la maggior parte era una botta e via o massimo tre giorni- con donne più vicine possibile al proprio livello. Donne “da poco”, o donne con un pessimo passato, come il proprio. Di solito erano quelle ad attirarlo, come quella magnifica creatura tatuata che aveva visto in un bar ormai molto tempo prima…

Ma niente di serio. Non era stato mai serio, non aveva mai ritenuto che potesse valerne davvero la pena, ed aveva passato la vita così, una donna dopo l’altra, una notte dopo l’altra…perché non si reputava “meritevole” di altro.

Evidentemente però c’era chi lo riteneva meritevole eccome, ed era proprio Emerald.

«...forse però il problema è un altro» continuò la ragazza scuotendo leggermente la testa con un sorrisetto per niente allegro «al di là di quel che in tutto questo tempo non hai fatto che ripetermi, magari c’è anche il fatto che sono io a non essere “abbastanza” per te».

Connors la guardò allibito, come se avesse detto chissà quale bestialità. «…come ti viene in mente?!»

«mi viene in mente perché io che genere di donne ti piacciono lo so. Quelle belle, dannate e più grandi di me. Avvenenti, sempre in tiro, alte e con grandi curve nei posti giusti, cosa che io non sono visto che sono piccolina, magra magra, perennemente struccata, quasi sempre senza un minimo di tacco…quella che a volte esce di casa senza neppure ricordare di pettinarsi e che spesso va in giro con le t-shirt dell’attuale fidanzato. Ecco com’è che mi viene in mente, guardo loro, mi guardo io, e mi rendo conto che a parte la solvibilità ho ben poco da offrire, almeno a chi piace quell’altro tipo di donne» alzò le mani davanti a sé come in segno di resa «è perfettamente comprensibile che io non possa farti lo stesso effetto».

No, infatti non poteva. Lei non poteva fargli l’effetto da “è una gran gnocca, vale la pena una toccata e fuga”…perché non gli sarebbe bastato solo questo, una notte e poi a mai più rivederci.

Ma se anche questo secondo componente non c’era, non significava che Hammy non gli facesse alcun effetto come donna. A dire il vero era tutto il contrario!

«posso toglierti dalla testa questa massa di stupidaggini e dimostrarti che effetto mi fai, Hammy…ma per me non sarebbe una botta e via. Capisci quel che voglio dire? Per me significherebbe mettere da parte uno dei pochissimi scrupoli che mi sia mai fatto, accettando la possibilità che mi stai dando di diventare…“abbastanza” per te, insieme a te. Man mano» le si era avvicinato, le aveva messo le mani sulle spalle e la stava accarezzando, adesso «prendendoci il tempo che serve, ma facendo sul serio. Uscendo, continuando a frequentarci, vedendo come va, facendo un passo alla volta e tenendo sempre a mente che un lieto fine non è scontato…ma devi essere convinta che sia qualcosa che vuoi fare davvero. Non perché ti senti sola, non perché cerchi un ripiego, non per gioco. Non che dopo quel che mi hai detto io pensi che possa essere un gioco, per te» puntualizzò «però devi essere del tutto sicura».

«tenendo a mente che il lieto fine non è scontato, se durerà e finché durerà posso assicurarti che farò sul serio».

Howard Lancaster probabilmente avrebbe avuto la stessa reazione di uno juventino sfegatato la cui squadra ha appena vinto lo scudetto.

Ma lasciando da parte la passione con cui Emerald J.V.P. Lancaster e Michael Connors si stavano baciando e vicendevolmente togliendo i vestiti di dosso, c’era da domandarsi come si fosse arrivati a questo dopo che Kevin l’aveva  cacciata di casa…

 

 

:: cinque giorni prima, un’ora dopo la “cacciata” ::

 

 

«più che distrutta io al momento sono nera, Michael, nera!»

Emerald era fatta così, quando succedeva una cosa come quella o beveva fino a non capire più niente, o sparava a qualcuno… o alternava stati in cui era “nera”, inveendo contro il motivo della sua ira, con altri che o piangeva o quasi lo faceva chiedendosi “perché l’ha fatto?!” o “perché è successo?!”.

Al momento era decisamente in fase “nera”. Ed aveva tirato fuori certi insulti contro Kevin che, oltre ad essere assolutamente irripetibili, Connors non aveva mai sentito. E si che i mercenari non erano tipi da andare leggeri col linguaggio.

«ci credo. Questo arriva, prende, ti fa le valige, le mette davanti alla porta e non ti spiega neanche perché…Kevin Mask non capisce veramente niente».

E darle corda non era complicato visto che lui la pensava al suo stesso modo.

«io avevo iniziato a pensare che non ci fosse un tonto più tonto di quel tonto di Robin Mask! Beh! Mi ero sbagliata perché suo figlio è tre volte peggio di lui!!!» sbottò. Per poi rannicchiarsi tutta sul divano «…ma perché?...»

Ed ecco che era tornata all’ennesima fase triste, nella quale -come nelle altre- il soldato riprese a stringerla tra le braccia.

« il perché l’hai detto tu adesso. Perché è tonto. Se io fossi stato al suo posto non avrei fatto niente di tutto ciò».

Lei era gelida, anche se lì in casa non faceva poi così freddo, e lui poteva accorgersene bene visto che la stava tenendo contro il proprio petto accarezzandole i capelli con una dolcezza…infinita. Pensare che quelle mani appartenevano alla stessa persona che aveva fatto cose atroci sembrava quasi assurdo.

«lo so…ma tu purtroppo non eri al suo posto».

Dicendo in quel modo riuscì quasi a farlo sentire un po’in colpa, pensando che adesso lei stava male e che questo avrebbe potuto essere evitato se fosse stata con lui e non con il bravernicolo dall’altra parte della strada.

Poi però pensò che se Kevin Mask non se la meritava “solo” perché stupido, lui tantomeno.

Era qualcosa che però era costretto a ripetersi sempre più spesso, quasi come un mantra. “nonlameritononlameritononlamerito”…e le cose non gli venivano rese più facili né da lei stessa né dal suo capo. Se quando Hammy aveva solo quindici anni e lui ventotto era stato piuttosto facile rifiutare -non era mica un pedofilo, accidenti!- adesso che lei era “sbocciata” nel pieno dei suoi vent’anni la faccenda era moooolto più complicata. Tanto più che si conoscevano da moltissimo tempo, ed erano sempre stati legati in qualche modo, da prima che l’aveva trovata una bambina sveglia e simpatica a qualche anno dopo in cui l’aveva trovata una ragazzina carina, simpatica, dolce ed intelligente, ad adesso. Che la trovava…eh, “la trovava” tante cose.

«…è che io non so nemmeno che accidenti gli è preso».

«avresti potuto sfondare la porta e tirarglielo fuori a suon di botte. Tanto gli esseri meno evoluti come lui capiscono le cose solo in quel modo» disse l’americano, pensando anche che tutto sommato Kevin Mask e quella brutta bestia di Warsman si erano proprio trovati.

“ma tu guarda. Parli del diavolo…” aggiunse poi, vedendo la bestia in questione bussare alla porta di Kevin “deve aver sentito anche lui gli strilli di miz Lancaster…deeelfino curioso!*...seh! magari per lui se somigliasse ad un delfino! Farebbe un po’meno schifo”.

Nelle due settimane che lui, gli altri soldati e Warsman avevano trascorso “allegramente” insieme Connors un po’per curiosità e un po’per fargli più male -non aveva un posacenere e le sigarette doveva pur spegnerle da qualche parte, no?- gli aveva tolto l’elmo lasciandogli scoperto quello che ci voleva un po’di fantasia per chiamare “viso”.

Ricordava di averlo smascherato, averlo guardato…

“mi sa che qui per me non c’è niente da fare. Qualche bruciatura di sigaretta ti migliorerebbe e basta…ne ho viste di cose brutte in guerra, ma questa le batte tutte”.

E gli aveva perfino rimesso la maschera. Probabilmente gli aveva fatto più male in quel modo di quanto gliene avrebbe fatto se davvero gli avesse spento in faccia una sigaretta…

 

 

«Kevin, scendi giù subito!»

Niente da fare, quello zuccone non voleva saperne di venire ad aprire. E la porta non solo era chiusa a chiave, ma la suddetta era ancora infilata nella toppa dall’interno, rendendogli dunque impossibile usare la propria.

Ma non l’avrebbe fermato, e infatti non ci mise molto ad aprire la porta con una spallata -cosa che volendo avrebbe potuto fare anche Emerald- entrare in casa e salire dritto al piano di sopra, sapendo che tanto l’avrebbe trovato nella sua stanza a spaccare tutto o depresso sopra il letto.

In realtà quel che vide era una via di mezzo perché Kevin era si sopra il letto, ma aveva una bacinella piena d’acqua e cenere davanti a sé, e stava bruciando metodicamente tutte le foto che ritraevano lui ed Emerald o lei soltanto.

Warsman pensò di avere un dejà vu. Robin aveva fatto una cosa analoga con le fotografie di Howard H.R.J. Lancaster nel periodo precedente a quello in cui lui, Flash, dopo una breve convalescenza era stato costretto a travestirsi e fuggire.

Padre e figlio si somigliavano più di quanto pensassero, purtroppo per chi stava loro attorno.

«ma si può sapere che stai facendo?!»

 

“cosa ti sembra che stia facendo?”

«cosa ti sembra che stia facendo?!»

 

“brucio tutte le fotografie di quel mostro iena traditore”.

«brucio tutte le fotografie di questa stronza puttana traditrice».

 

“non le voglio più vedere in casa mia!”

«non le voglio più vedere in casa mia!»

Finito di bruciare la foto che aveva in mano Kevin ne prese un’altra, fece scattare l’accendino ed avvicinò alla fiamma l’angolo della fotografia. Il russo gliela tolse rapidamente di mano prima che questa prendesse fuoco.

«che diavolo fai?!»

«che diavolo fai tu! si può sapere perché l’hai cacciata di casa in quella maniera, lasciandole fuori dalla porta le valige e senza nemmeno dirle perché?»

«e tu che ne sai?!»

«…Kevin, lo sa tutta la strada. O addirittura tutto il quartiere, per quanto strillava quella ragazz- fermo ho detto!» gli tolse dalle mani un’altra fotografia «ma ti vuoi calmare?!»

«no che non mi calmo!!!»

«vuoi almeno dirmi che è successo allora?!»

Non glielo stava esattamente “chiedendo”, e perfino in quelle condizioni Kevin riuscì a capirlo. Così fu costretto a rispondergli, dopo un sospiro che più che altro assomigliava a un ringhio.

«mi ha tradito! Lei mi ha tradito con quel figlio di puttana! Li ho visti fare colazione insieme stamattina!...lei aveva la sua maglietta e poi…poi hanno fatto a gara a chi teneva appiccicato un cucchiaio al naso per più tempo!!!»

Warsman lo guardò.

A lungo.

«no» disse poi scuotendo la testa «no, no, no, no no. Kevin, ti prego, dimmi che c’è altro oltre ad una gara di cucchiaio-appiccicamenti perché se davvero la tua reazione è basata solo e soltanto su quel che mi hai appena detto allora…»

«si, la mia reazione è basata su quello e “allora” CHE?!»

«…allora sei cretino. Non volevo dirtelo ma me l’hai proprio tirato fuori con le tenaglie. Di’, ma tu hai una vaga idea di quel che è successo qui ieri?»

A Kevin non era affatto piaciuto sentirsi dare del cretino, ma quel che Flash aveva detto in seguito l’aveva incuriosito abbastanza da glissare sulla faccenda. «no che non lo so! Non c’ero!»

E a dire la verità non aveva nemmeno riprovato a chiamare Hammy, il giorno prima, troppo impegnato ad affrontare il fuoco incrociato di ex-futura-suocera, ex-futura-mamma-della-ex-futura-suocera ed ex-futura-suocera-della-ex-futura-suocera. L’ex-futuro-suocero se non altro era stato parecchio fuori dalle scatole, dopo averlo accolto con Janice…

«ecco, allora lascia che ti racconti un paio di cose».

Gli disse che Emerald era stata quasi vittima di uno stupro ad opera dei suoi due ex compagni della D.m.P., cosa che già da subito lo lasciò basito e gli provocò un gran senso di “vuoto” dentro. L’idea che Emerald…violentata…no, no, orribile, impensabile, inaccettabile.

Lo stupore aumentò ulteriormente quando Warsman gli disse di essere stato lui a salvarla, nonostante non avesse potuto evitarle un attacco elettrico da parte di Dial Balik tanto forte da farle perdere i sensi. Evitò di dirgli in modo chiaro che li aveva uccisi, tenendosi su un vago “me ne sono occupato”…

«e quando mi sono voltato c’era Connors che la teneva in braccio. Si, era lì anche lui, presumo che mi avesse visto seguirla e che abbia preferito lasciarmi fare il lavoro sporco limitandosi a…ripulire…» borbottò «ovviamente mi ha puntato una pistola alla testa ma ti giuro che se non avesse avuto Emerald svenuta in braccio gli sarei saltato addosso lo stesso».

«e…e poi?»

Continuò il suo racconto dicendo di essere tornato a casa, e che erano passate diverse ore. Presumibilmente Connors doveva averla portata in qualche pronto soccorso, o in una delle cliniche di Howard -una delle quali guarda caso stava a dieci minuti di viaggio in macchina da quel quartiere- in modo da scongiurare eventuali rischi seri.

«ma da quel che ho visto dopo stava bene. è venuta a ringraziarmi».

«giustamente se l’hai salvata da una violenza era il minimo che potesse fare. Ma perché nessuno mi ha detto niente?! è vero che non avrei potuto comunque tornare prima, causa maltempo i voli erano stati cancellati ed ho preso il primo volo disponibile…ma comunque…questo non l’autorizzava a tradirmi!!! Anzi, a maggior ragione avrebbe dovuto tenere su le muta-»

«zitto. Non ho finito».

Lui le dava continuamente della puttanella senza cervello, ma se lo faceva qualcun altro non gli piaceva per niente. Tantomeno se era Kevin.

«una volta che mi ha ringraziato è tornata a casa di Connors. E visto che per ovvie ragioni quell’…uomo, se lo vogliamo chiamare così, non mi piace ho deciso di essere io a “vigilare” per una volta. Li ho osservati da quel momento in poi, Kevin. Prima, per ovvie ragioni, non avrebbero potuto fare niente. Ma non l’hanno fatto nemmeno dopo. E se Emerald è rimasta lì con lui è stato perché probabilmente non se la sentiva di passare la notte sola in casa. Ma è questo che hanno fatto: passare la notte insieme. A dormire» sottolineò «Emerald non ha tradito nessuno. Per quanti difetti abbia sono costretto ad ammettere che non è una che mette le corna, anche quando una relazione va male, e tu questo avresti dovuto saperlo visto che era la tua ragazza e teoricamente dovresti conoscerla. E invece no! Tu sei arrivato e l’hai cacciata di casa senza dire una parola quando invece avresti dovuto almeno chiederle “ma che accidenti fai?”. Non so se te l’hanno mai spiegato ma in una relazione si deve co-mu-ni-ca-re. Parlare. Chiarirsi. Non agire come hai fatto tu!»

«non…non è il momento delle prediche questo!» farfugliò il ragazzo prendendosi la testa tra le mani, con gli occhi sbarrati «cazzo…» viva la finezza «io l’ho cacciata di casa e lei non aveva fatto niente, anzi, è stata quasi violentata! Cazzo!» guardò il russo «ma io sono un imbecille!»

«si».

«un cretino!»

«oh si».

«un demente!!!»

«assai».

«…potresti almeno evitare di darmi ragione?!»

«non in quest’occasione. E non vorrei che finissi a cacciare anche me da casa mia».

«non è nemmeno il momento delle battute! E adesso che faccio?» si alzò, guardò fuori dalla finestra, tornò a sedersi sul letto, si rialzò di nuovo, fece un giro su sé stesso…sembrava una trottola impazzita «che faccio?!»

«che vuoi fare?! Vai da lei subito!» lo incitò Flash, agendo tanto per Kevin quanto anche per sé stesso nel timore di perdere la sua NN1 «muoviti!»

«…ma se vado là adesso Hammy mi spara!»

Sparare no, ma picchiarlo o tirargli qualcosa con braccio destro e con tutta la forza che aveva senz’altro.

«a dire la verità dalla faccia che aveva è più probabile che a spararti sia quell’altro».

«al diavolo l’americano, di quello non mi importa! Ma non posso andare da lei ora!»

«Kevin, tu ci vai. Non sento discussioni. Forza!»

«non è il momento giusto, lei…deve sbollire un po’, prima…»

«come no, tutte le scuse sono buone, eh? Datti una mossa ho detto!»

«no!»

«Kevin, non costringermi a trascinarti di peso perché ti giuro che lo faccio!»

«non vedo come!!! Che non ce la fai lo abbiamo già comprovato quando Emerald aveva voluto la pausa!»

«smettila di fare il bambino, sei tu che hai sbagliato e prima ti scusi meglio è! Qui non c’è niente da “far sbollire”, l’unica cosa che devi fare è andare a scusarti prima che sia tardi e potrebbe già esserlo!» lo prese per le spalle «la perderai se non ti dai una mossa, e so per certo che ne soffriresti…»

«ovvio che ne soffrirei, lo sto facendo già adesso!»

«e allora vai!»

«no!...senti…davvero…io la conosco. Quando è arrabbiata non ci si ragiona…»

«quello più che altro sei TU».

«…non posso parlarle adesso, sarebbe inutile, lo farò…stasera, o meglio ancora domani…»

 Warsman lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. «Kevin, stai facendo un altro sbaglio grosso come una casa».

«so quello che faccio».

«no, credimi, non lo sai».

«senti, non mi pare di averti chiesto di dirmi cosa devo fare!»

Ma perché certe volte quel ragazzo doveva comportarsi così da stupido?! Stupido e anche ingrato perché lui era lì solo e soltanto per aiutarlo, non per comandarlo a bacchetta. Possibile che non riuscisse a capire che doveva risolvere subito la cosa o non ci sarebbe più riuscito? E stavolta non poteva cercare di metterci una pezza, perché Emerald non aveva trovato rifugio da lui ma da Connors, e se si fosse presentato alla porta di casa sua probabilmente l’americano lo avrebbe fatto fuori così su due piedi.

«Kevin, questa faccenda non andrà a finire come credi tu se non mi ascolti!»

«ti ho detto che so quello che faccio, domani ci parlerò senz’altro, non so che altro dirti!...Cristo quanto sono stato stupido…»

«e lo stai facendo ancora».

«ma vuoi farti gli affari tuoi una buna volta?!»

Ok.

Quando era troppo era troppo.

Che facesse come gli pareva allora, e c’era da sperare che Emerald troncato con Kevin non troncasse di riflesso anche con lui, pensò andandosene via senza aggiungere altro.

 

 

:: il giorno dopo ::

 

 

La fortuna di Kevin Mask in quel frangente risiedeva nel fatto che Michael Connors fosse un uomo tanto spietato e sadico quanto sufficientemente intelligente da capire che nonostante tutto Emerald non voleva che a quell’idiota venissero minimo distrutte le ginocchia a suon di spari.

«che vuoi?»

«di sicuro non parlare con te quindi togliti di mezzo».

«ti ricordo che questa è casa mia, stupid brat. O magari vuoi cacciare anche me?»

«lei dov’è?!»

«è ancora qui».

L’avrebbe portata dalle ragazze del suo gruppo nel pomeriggio, con una punta di dispiacere in verità, perché…era un piacere averla in casa.

«fammici parlare!»

«solo se lei vuole».

«non mi importa se lo vuole o no, io devo parlarle e basta!»

«che non ti frega nulla di cosa vuole miz Lancaster ormai l’hanno capito tutti, non c’era bisogno che specificassi. Brat».

«dov’è Emerald?!»

«sta finendo di fare la doccia. E tu invece?»

«?»

«dov’eri quando stava per essere violentata dai tuoi due ex amichetti?»

«la faccenda non ti riguarda».

«mi riguarda eccome, perché al contrario di te io tengo molto a quella ragazza».

«tu sei solo un pazzo sadico bastardo psicopatico, quelli come te non sono in grado di tenere a nessuno!!!»

Eeh, la voglia di dare una lezione al moccioso era veramente tanta, ma Hammy non avrebbe gradito se si fosse messo a picchiarsi con quello scolaretto. Non che Connors temesse di prenderle da Kevin Mask, era lo stesso che aveva affrontato un intero gruppo di chojiin uscendone giusto con un paio di costole incrinate -non roba da poco ma nemmeno chissà cosa insomma-.

«io però non l’avrei mai trattata così. Se solo io fossi stato al posto tuo…» più che Michael “faccia da schiaffi” Connors adesso era Michael “Cristo se ti sparerei” Connors «avrei saputo apprezzarla come merita. Cosa che tu non sei in grado di fare. Mi domando perché perda ancora tempo con te quando potrebbe avere molto di meglio».

«un torturatore assassino, magari?»

Le mani ormai non prudevano più soltanto, urlavano proprio “usaci per ridurlo in poltiglia!”, perché un torturatore assassino era esattamente quel che era, e per questo si diceva che non poteva averla, e sentirselo ricordare proprio da Kevin dalla Piccola Clava non era piacevole.

«chiunque abbia un cervello funzionante, al contrario di te. Coglione che non sei altro».

«non osare-»

«che-cazzo-vuoi?»

Inizio non dei migliori.

Emerald era arrivata all’improvviso, aveva fatto spostare non troppo urbanamente Connors dalla soglia e adesso era lei a fronteggiare Kevin. Con la stessa espressione di quando l’aveva fatto dopo lo scontro con Turbinskii, con la differenza che adesso era anche più pericolosa di prima.

«pensavo che mi avessi tradito e ti ho cacciata, ho sbagliato e mi dispiace» spiegò rapidamente Kevin così da non poter essere interrotto «perdonami».

Lei lo fissò per poi scuotere la testa, sempre continuando a guardarlo negli occhi. «Kevin, quel che ti ho detto ieri ti ribadisco oggi anche se in termini più comprensibili: vai al diavolo. Sei solo un imbecille, e io con te non voglio più avere a che fare. Mi hai stancata. È sempre così, prima fai le cose e poi “mi dispiace non voglio perderti perdonami risolviamo tutto”...mi spiace ma non è così che funziona. E se magari avevi i tuoi motivi per non volere qui i soldati…o anche per dirmi che sono troppo attaccata a mio padre anche se io non la penso così…accusarmi di essere colpevole quanto tuo padre e soprattutto cacciarmi di casa senza nemmeno dirmi perché è stata l’ultima goccia».

Kevin sentiva il mondo sgretolarglisi sotto i piedi.

Lo stava…lasciando.

Sul serio, stavolta.

Non voleva più avere a che fare con lui…ma lui…l’amava! Era un cretino, ma l’amava!

«Hammy non…puoi…noi ci amiamo…»

«non mi pare. O tu non avresti pensato che ti avessi tradito o quantomeno prima mi avresti chiesto spiegazioni ed io ti avrei giurato -anche sulla testa di mio padre se me l’avessi chiesto, per brutto che sia farlo- che non avevo fatto niente. Che non ti avevo tradito. Tu invece hai fatto tutto da solo…e allora, se fare tutto da solo ti piace tanto, comincia ad abituarti a farlo perché dopo questa tra me e te è finita».

«Emerald per favore-»

«no. Tu mi hai trattata in modo indegno, Kevin Mask, nessun ragazzo con cui sono stata insieme mi ha trattata così male come hai fatto tu, ed io non mi lascio maltrattare da nes-su-no. Perché nessuno ha diritto di farlo»…o così le aveva sempre detto suo padre…«per quanto mi riguarda ti ho sopportato anche troppo. I primi tempi è stato bellissimo, ma poi ti sei mostrato per quel che sei davvero, e quel che ho visto non mi piace. Torna a casa, dai».

«posso cambiare!...ti…per favore…» le prese una mano mentre lottava per non scoppiare a piangere «…non lasciarmi solo, farò quel che vuoi, sarò quel che vuoi, ma non lasciarmi, io ti amo, non voglio perderti io…ti amo…» ripeté ancora «dimmi quello che devo fare e lo farò, chiedimi qualunque cosa e farò di tutto per dartela, o…o se mai…prendiamoci un’altra pausa, tutto, ma non un addio! Emerald…S-Scimmiattolo…non farmi questo».

Lì per lì la ragazza non disse niente. E se non fosse stato per il “mi hai portata tu a questo” che aveva negli occhi l’espressione del suo viso sarebbe stata fredda come il ghiaccio.

«tre parole Kevin. Per di più brevi: torna a casa. Non è difficile da capire. Ciao».

E, semplicemente, Emerald Lancaster chiuse la porta. Rimanendo poi lì davanti a fissare con aria assente le venature del legno.

Non si oppose alla mano di Michael sulla sua spalla, gesto che lui aveva fatto come per saggiare se lei avrebbe o meno accettato un contatto maggiore di quello, e non si oppose nemmeno all’abbraccio successivo.

Hammy non piangeva, ma non parlava nemmeno.

«lo so che adesso è brutto, ma passerà. Anche se magari ti sembra impossibile, passa sempre».

O almeno credeva. Nonostante avesse “lasciato” sempre lui, non lo aveva mai fatto a nessuna cui teneva davvero.

«Mikey…il fatto è che a dire il vero è sconvolgente. Strano. E mi sento come quando ho quasi smesso di fumare. Quel che voglio dire è che questo è tante cose ma…non posso definirlo brutto. E a dire il vero io…mi sembra assurdo dirlo e mi sento pure quasi in colpa ma io…quel che ho provato è quasi…non so…» sospirò «…sollievo».

Quella si che era una sorpresa.

«sul serio?»

«si».

«allora il paragone con lo smettere di fumare non era del tutto sbagliato. Nel senso, se provi sollievo è perché evidentemente…hai rinunciato faticosamente ad un’abitudine che ti faceva male».

Lei ci pensò su, poi annuì. «qualcosa che ci somiglia, Mikey».

 

 

:: cinque giorni dopo ::

 

 

Era tornata a Shibuya il giorno stesso in cui aveva lasciato Kevin trovando, ringraziando il cielo, il sostegno delle sue amiche. Nonostante queste si fossero un po’irritate quando avevano saputo del tentativo di stupro che lei non aveva loro raccontato, tra una cosa e l’altra.

Anche i ragazzi della League erano venuti a trovarla spesso, sia perché curiosi di sapere com’era andata la faccenda che per…sostegno, si, anche loro. Nonostante Meat si fosse dimostrato particolarmente dispiaciuto per com’era finita.

I ragazzi non erano stati i soli a venire a vederla, però. In quei giorni, unico sintomo del fatto che fosse ancora un po’ “scossa”, diciamo, non aveva avuto molta voglia di uscire, e nonostante le ragazze si fossero offerte di rimanere con lei Hammy aveva sempre insistito perché andassero a divertirsi col dire “dai dai, la prossima volta vengo anche io”.

In realtà oltre alla “non voglia” il motivo per cui non le dispiaceva rimanere sola nell’attico era un altro.

«io gliel’avevo detto. E adesso si dispera, come puoi immaginare».

«si sai…non è che parlandomi della sua depressione aiuti molto, Sorcio».

Precisamente. A volte quando rimaneva sola si incontrava con Warsman, con cui -giustamente, perché lui che c’entrava con quel che era successo con Kevin? Nulla- non aveva troncato ancora il rapporto da arcinemici. A dirla tutta probabilmente troncare del tutto un rapporto come il loro era impossibile.

«ti dico le cose come stanno».

«no, tu vuoi farmi sentire in colpa».

«ma veramente a sentirmi in colpa sono stato io quando siamo andati a ballare e c’era quel povero ragazzo a casa a piangere come una fontan-»

«ohé! E basta! Se l’è cercata».

«ti ha chiesto scusa quasi in ginocchio, è venuto anche a cercarti qui, ti ha mandato di fiori, ha cercato di parlarti…»

Emerald per tutta risposta attaccò una delle canzoni che aveva messo nel Galaxy.

“it’s too late to apologize…it’s too late! I said it’s too late to apologi-iize…”

“Apologize”, di Timbaland ft. One Republic. Appropriata considerando quel che voleva dirgli.

«mh. Si. Non è che l’americano in tutto questo c’entra qualcosa?»

«no…»

Non proprio. Anche se effettivamente adesso che con Kevin era finita ce l’aveva sempre più in testa. Michael, Michael, che in tutto quel disastro aveva rappresentato una delle pochissime costanti insieme a suo padre, lontano purtroppo…

Si sentì suonare il campanello.

«e adesso chi è?»

«non lo so, non avevo chiamato nessuno. Saranno i ragazzi e…» andò a vedere al videocitofono.

Fece una faccia da assoluto primo piano, rapidamente sostituita da una sorpresa e felice.

«…daddy?...»

ciao, principessa…

Erano lì tutti e due, lui e Michael.

«vi…vi apro subito! Non me l’aspettavo…non…perché non mi hai detto che saresti venuto?»

volevo che fosse una sorpresa. Dai che adesso saliamo su.

Emerald chiuse il contatto e si voltò verso Flash. «ti giuro che non lo sapevo!»

«l’avevo capito, ma non dovrebbe fare queste improvvisate! E adesso?»

«o ti ficchi nell’armadio o usi l’uscita di sicurezza» disse Hammy indicandogli la strada.

«mi sa che è meglio la seconda» disse rapidamente il russo alzandosi.

«eppure pensavo che ai sorci piacesse stare negli armadi…»

«e tu da quando in qua pensi?! Comunque io e te non abbiamo finito, tienilo bene a mente!» concluse Flash filando via veloce come il vento.

No, non avevano affatto finito. Perché intendeva cercare di convincerla a dare a Kevin un’altra, ultima, possibilità. Perché quel ragazzo stava veramente veramente MALE. E l’unica a dargli conforto oltre a lui, che gli aveva perdonato quel “fatti gli affari tuoi”, era stata la madre di Roxanne Nikaido.

Povero Kevin.

Se l’era cercata, eh.

Ma povero Kevin lo stesso.

 

 

«papà…!»

Emerald si era letteralmente tuffata tra le braccia di suo padre, che se non cadde a terra era solo perché era un chojiin alto e molto ben piazzato. Se Hammy avesse preso da lui la corporatura sarebbe stata un colosso come Kirika, ma invece almeno quella l’aveva presa da sua madre, che a sua volta l’aveva presa da suo padre perché Verbena invece aveva una figura decisamente giunonica.

«eccomi…eccomi».

Howard sarebbe dovuto comunque arrivare a Tokyo per un incontro d’affari circa dieci giorni dopo. Ma se lui non poteva far anticipare il suddetto incontro e prendere due piccioni con una fava, andando da sua figlia nel momento in cui aveva bisogno di lui, chi altri avrebbe potuto farlo? Ed eccolo lì, infatti, ed ecco Emerald perdersi in quel suo profumo di assenzio e sigari.

Eh, chissà se ne aveva dietro qualcuno, di quelli…

«anche tu Mikey potevi dirmelo però».

«è stata una sorpresa anche per me!» ammise l’americano, che si era ritrovato all’improvviso la limousine bianca del suo capo davanti a casa e quest’ultimo che lo aveva invitato a salire con un cenno.

«ah si?»

«eh si. Ho pensato che la mia principessa avesse bisogno di me. Nonostante sia certo che con Connors sei in ottime mani, Hammy».

E per il soldato era sempre molto gratificante sentirselo dire. Non per niente, lui quasi venerava quell’uomo.

«vi ringrazio per la stima, signore».

«è meritata. Tra l’altro adesso che vivi qui, Hammy, non c’è più ragione di lasciare quei soldati nel quartiere dove vivevi prima, per cui abbandoneranno la zona tornando nei ranghi…»

“quindi…è venuto a riportare a casa anche me?”

“quindi anche Michael se ne va?”

Le facce di entrambi erano molto eloquenti, senza che loro stessi se ne rendessero conto. Mr. Lancaster però se n’era accorto benissimo, e quel che aveva visto lo aveva decisamente soddisfatto.

«ad eccezione di Connors. Tenendo in considerazione quel che è successo pochi giorni fa mi sentirei più sicuro sapendo che c’è qui qualcuno pronto ad intervenire se fosse necessario. Questo naturalmente se sei ancora dell’idea di restare tu qui a Tokyo invece di far venire qui Turbinskii» assunse un’aria pensosa «…e, poiché più sarete vicini meglio è, di venire a vivere nell’appartamento al piano di sotto. Tutto sommato ho fatto bene a comprarlo insieme a questo, giusto?»

Connors tra le altre cose pensò che prima o poi a quell’uomo avrebbe fatto un monumento.

E quanto ad Emerald, la sua testa era un turbinio di bei pensieri confusi che condensarono in un nuovo abbraccio silenzioso a suo padre, che era stato talmente previdente da capire quali sarebbero stati i suoi desideri prima ancora che lei pensasse di poterli avere.

«si, direi che ho fatto bene».

«se mi permettete il commento… avete fatto benissimo, signore».

«il locale è già arredato, tutto quello che dovrai fare sarà prendere i tuoi effetti personali e nient’altro».

«ricevuto».

“spero che col tempo questo contribuirà a far sparire quello sguardo dagli occhi di mia figlia” pensò Howard, a cui non era stato difficile vedere quel che c’era oltre la felicità per la sua visita improvvisa ed il fatto che Michael sarebbe rimasto.

Lo sguardo di chi si sforza di tenere insieme i pezzi, nonostante a lui avesse detto che era stato un sollievo lasciare il figlio di Robin. Forse le cose non stavano proprio così e gliel’aveva detto solo per non farlo preoccupare, o forse lei stessa non si rendeva conto di come stava sul serio. O, ancora, semplicemente era difficile rinunciare ad un’abitudine una volta acquisita.

O forse era…tutto insieme.

E quel che Howard sperava era che Connors finalmente prendesse il posto che a parer suo gli spettava di diritto e che se non aveva ancora era solo perché quel benedetto ragazzo non pensava di meritare Hammy. Chissà.

«purtroppo per me è ora di andare. Il dovere chiama» disse Howard dopo aver dato un’occhiata all’orologio «ma mi tratterrò senz’altro un paio di giorni, quindi se per stasera non dovessi farcela -e temo sia così- ci rivedremo comunque domani, Hammy».

«sono contenta» e infatti aveva sul viso un gran sorriso «anzi, stra contenta!!!»

«te la lascio, Connors. Divertitevi».

E con quell’augurio che sperava sarebbe stato preso in parola Mr. Lancaster uscì tranquillamente dall’attico lasciando soli i due.

«sembra proprio che tu non riesca a liberarti di me, miz».

«eh no!» erano seduti vicini sull’immenso divano «per fortuna, ad essere sincera mi è venuto un colpo quando ho pensato che avresti dovuto andare via. Non voglio che tu te ne vada, perché…»

Ammutolì.

Com’era che si trovavano così vicini un’altra volta…?

«perché?»

Si guardarono per qualche istante esattamente com’era successo nel bosco.

E l’epilogo fu identico.

Emerald aveva lasciato Kevin da meno di sei giorni, eppure…eppure eccola lì. Con Michael, perché era quel che voleva e quello di cui aveva bisogno.

E lui a quanto sembrava non riusciva poi così bene nell’intento di non approfondire il loro rapporto, anche se fu il primo -dopo diverso tempo- a staccarsi.

«non posso».

«perché?!»

Quanto al resto…lo sapete già.

 

 

:: ora ::

 

Era stato per entrambi anche meglio di come avessero immaginato.

Erano lì, ancora sul divano, e si erano rimessi addosso giusto l’intimo per poi tornare a stringersi sotto il plaid -dal colore visibilmente appartenente ad Emerald- col solo desiderio di poter fermare il tempo.

Ma a ben pensarci…perché mai avrebbero dovuto farlo? Avevano tutto il tempo che volevano e di momenti come quello ce ne sarebbero stato molti altri.

«ancora dell’idea di fare sul serio, miz?»

«posso tranquillamente affermare che oltre alla mia serie di validi motivi adesso ne ho di nuovi altrettanto validi…Mikey» appoggiò la testa contro il suo petto «grazie».

«no. Grazie a te».

Lei gli sorrise. Quasi quasi sarebbe stato da ripetere l’esperienza immediatamente…

«…e così ecco che adesso abbiamo qualcosa di interessante da raccontare ad IIIIIIIIIIIIIIIIH!!! Un uomo nudo!!!» Fiona la prima ad entrare, Fiona la prima e l’unica a strillare «uomo nudo!!! Sul divano!!!»

Anche le altre ragazze entrarono in fretta e furia mentre Connors ed Emerald si limitavano ad osservare la scena divertiti e, nel caso di Emerald, solo leggermente imbarazzati. Più che altro perché erano sul divano invece che nel letto di lei.

Ma alla fine, pace…

«nyah-ah-ah-ah-ah-ah-ah ecco perché non volevi uscire di casa, altro che non voglia, qui di voglia ce n’è parecchia! nyah-ah-ah-ah-ah-ah-ah!»

Ed ecco Kirika che arrivava subito al punto.

«non è come pensate, questa è la prima!» disse immediatamente Hammy «la prima! capito?»

«si ma io mangio i popcorn seduta sopra quel divano!» protestò Roxanne che pensò anche che…wow, sembrava aver adottato il principio di “chiodo scaccia chiodo”. Scelta sua.

«eh…sai come vanno certe cose…»

«veramente no».

«miz Nikaido è una verginella allora?» riecco la sua faccia da schiaffi «e chi l’avrebbe mai detto?»

«vi siete dati alla pazza gioia eh? Bel lavoro» e Crea non era affatto ironica «”e se ti lascia lo sai che si fa, trovi un altro più bello che problemi non ha!”*»

«si ma rivestitevi!» esclamò Fiona.

«veramente siamo già più o meno vestiti…»

Chissà cosa sarebbe successo d’ora in poi…?

 

***

* c'era questa pubblicità con il delfino ed un tizio che gli diceva proprio in quel modo, "delfino curioooso!"...era di una marca di caramelle che non ricordo.
* ...ma c'è veramente bisogno di spiegare la citazione della Carrà?

In the end, annuncio il timeskip di tre mesi e mezzo dal prossimo capitolo in poi. C'è un certo inglese tutto fratturato che mi serve nuovamente sano :) ...quanto all'attuale coppia Hammy/Michael non penso di avervi sconvolte troppo, poi non so xD Alla prossima!

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Capitolo 20
*** Apocalisse ed Armageddon ***


«guarda, te lo dico con tutta la cortesia che mi è possibile riservarti considerata la situazione in cui ci troviamo a causa tua…»

«sta’ zitto!»

«sei la prova vivente che Einstein aveva ragione nell’asserire che l’umana stupidità è senza ombra di dubbio infinita».

«la colpa di tutto questa è tua razza di-»

«errata corrige: la colpa è di un certo Robin Mask che alla partenza dall’Inghilterra si è infilato di nascosto nella stiva del mio aeroplano -e ringrazio il Signore che fosse pilotato automaticamente o avresti coinvolto persone innocenti in questo incidente- ed ha aspettato lì fino al mio viaggio di ritorno dall’Australia per decidere di sabotare i motori. Non pensando che così facendo avrebbe coinvolto anche sé stesso nell’incidente, non solo il sottoscritto. E la cosa veramente comica…»

«ti ho detto di stare zitto!!!»

«…è che nella scena da film modello “ti espongo il mio Piano Malvagio” hai perfino dichiarato di avere intensamente pensato addirittura tre mesi e mezzo per riuscire a partorire una simile idiozia. Per fortuna che lo sciocco avrebbe dovuto essere Suguru Kinniku! Confrontato a te è il nuovo Stephen Hawking».

«però in parte ha funzionato visto che sei qui anche tu! E senza cellulare!»

«e anche questo per colpa di chi? Ricordamelo. Ah, già: di nuovo tua».

Ed eccoli lì, su un canotto gonfiabile espansibile fatto di un materiale brevettato Lancaster Technology , dispersi non si sa dove nel Bacino di Wharton, con Robin -bagnato fradicio- che remava a mano perché costretto da Howard Lancaster -perfettamente asciutto- che gli stava puntando contro la pistola e nonostante l’aria tranquilla ed apparentemente assente Mr. Mask sapeva benissimo che il suo ex amico avrebbe potuto sparargli in mezzo agli occhi in una frazione di secondo.

Un’altra cosa comica era che in realtà Howard non riusciva ad essere veramente nero di rabbia nei confronti di Robin. Perché quest’ultimo evidentemente preso dalla frenesia di fargli pagare cara quella faccenda della flebo di antidolorifico staccato -e proprio perché pieno di furia vendicativa incapace di pensare a qualcosa di più sofisticato o almeno più intelligente nonostante il tempo trascorso- aveva fatto qualcosa di così completamente stupido da risultargli addirittura divertente, nonostante Howard stesso fosse rimasto coinvolto.

Nascondersi nella stiva ed aspettare addirittura il viaggio di ritorno -ma perché poi?!- per azionare il detonatore che avrebbe fatto esplodere i motori dell’aereo, non tenendo in considerazione il fatto di esserci sopra.

Cioè. No. Fantastico.

Se proprio voleva utilizzare una bomba perché non una più potente, e da far esplodere a distanza? Ah, ma certo: e poi per la scena della rivelazione del Piano Malvagio come avrebbe fatto?

 

“…e adesso la pagherai, precipitando insieme a questo maledetto aeroplano!”

“ed anche insieme a te, Robin”.

“eh…?”

“non so se l’hai notato ma ci sei anche tu qui sopra. Quindi è logico che se l’aereo precipita ed io precipito anche a te succederà lo stesso”.

“!”

“hai già azionato il countdown”.

“…”

“e magari non puoi nemmeno fermarlo”.

“…”

Howard aveva preso in mano una valigetta con dei documenti cartacei riguardanti il viaggio d’affari appena compiuto e tirato fuori da sotto il sedile qualcosa che a prima vista sembrava un k-way. “permettimi di dirti che sei veramente stupido”.

Poi si era sentito il rumore dell’esplosione, l’aereo aveva iniziato a precipitare, Howard aveva rapidamente aperto il portello approfittando dell’occasione per far fare all’ex collega quello che aveva definito “il volo della vergogna”* , per poi lanciarsi giù a sua volta premendo un pulsante sull’apparente k-way che durante il volo si era espanso e trasformato in un canotto con tanto di due paracadute. Perlomeno non si sarebbe rovinato il completo, contrariamente a Robbie ed il suo povero Armani blu scuro.

L’ammaraggio era stato quasi dolce e privo di scossoni, e a quel punto si trattava soltanto di chiamare qualcuno, visto che per fortuna il suo cellulare essendo direttamente collegato ad uno dei tanti satelliti di sua proprietà che galleggiavano nell’orbita attorno alla Terra “prendeva” in qualunque zona.

Solo che poi aveva visto Robin annaspare nell’acqua e si era ricordato che il suo ex amico sapeva giusto stare a galla, se era in una giornata buona.

“la voglia che ho di lasciarti lì…”

Nonostante ciò però Mr. Lancaster si era messo una mano sulla coscienza decidendo di andare a tirare fuori dall’acqua il suo “vicino di casa”, che per divincolarsi -“preferisco annegare che essere in debito con te!!!”- aveva fatto cadere nell’acqua il suo cellulare.

E adesso erano davvero isolati. Non poteva chiamare aiuto, e non poteva nemmeno telefonare a moglie e figlia per dire loro che stava bene nonostante l’ammaraggio improvviso.

“schifos-”

“comincia a remare Robbie o giuro su quel che vuoi che ti sparo in mezzo agli occhi, getto il tuo cadavere in acqua e chi s’è visto s’è visto. Sono stato chiaro?”

 

Ecco com’era andata.

«…per salvarti, oltretutto».

«nessuno te l’aveva chiesto! Meglio morire annegato che dovere la vita ad una iena come te» si voltò brevemente a guardarlo «perché diamine l’hai fatto?!»

«cosa?»

«salvarmi!»

«un po’perché contrariamente a quel che pensi non sono proprio un mostro, un po’perché l’idea che tu fossi in debito col sottoscritto mi divertiva e soprattutto perché mi serviva della bassa manovalanza da mettere “ai remi”…fermo dove sei, lo sai che ho una mira perfetta» lo minacciò, vedendo che stava per alzarsi e saltargli addosso nonostante la pistola ed il rischio di finire di nuovo nell’oceano «parafrasando un vecchio proverbio, “hai voluto l’ammaraggio? Ora rema!”…cielo, non mi sei utile nonostante tu abbia ancora il cellulare in tasca visto che quel dispositivo non è uno della mia casa produttrice e dunque qui non prende» scosse la testa «se anche tu come me sopravviverai a tutto questo vedi di aggiornarti».

Nonostante fosse Howard la vittima e quello che aveva perso l’aereo in quel sabotaggio, tanto per cambiare risultava sempre il più tranquillo. Tanto in occasioni del genere dare di matto era qualcosa di completamente inutile, ed era sicuro che a breve qualcuno l’avrebbe fatto cercare, esplorando il Bacino di Wharton a tappeto, e con i mezzi che sapeva di avere a disposizione, che lui e Robin fossero ancora in acqua o fossero approdati da qualche parte sarebbero stati trovati senz’altro. L’unica cosa che gli dispiaceva era che sicuramente la sua famiglia si sarebbe preoccupata a morte. Sperava solo che sua moglie, sua madre e sua suocera avrebbero tenuto per loro la cosa, così da non far allarmare Emerald per un nonnulla. Quel periodo in particolare non era decisamente adatto, considerando che era il primo viaggio di piacere che lei e Connors facevano come coppia.

E considerata la destinazione era un viaggio decisamente importante…

«piantala di fingere che questa situazione non ti faccia né caldo né freddo!!!»

«e chi finge?...rema, rema» Howard osservò l’orizzonte. E aguzzando la vista gli parve di vedere…«ah-a! Terra! Laggiù!» indicò un punto davanti a loro «a quanto pare ci è andata bene».

«…ma dove la vedi la terra?! Non c’è niente lì!»

«c’è, c’è, solo che tu avresti dovuto mettere gli occhiali già…ventiquattro anni fa, sbaglio?»

«non ti riguarda. Iena».

«si, si, quel che ti pare» si tolse la giacca e rimanendo con la camicia e tirando su la manica destra «continua a remare, Robbie, che forse riuscirai a sopravvivere all’esperienza».

«Lancaster, se non la smetti ti prendo e ti tengo la testa sott’acqua finché non anneghi».

«ah, ma dai, ti gambizzerei immediatamente alla prima mossa e probabilmente saresti tu a fare quella fine» anche lui iniziò a remare «...altrimenti al tuo ritmo arriveremmo domattina. Ma pensa tu…da quando in qua il capitano della nave deve remare?»

«primo, questo è un gommone, secondo, chi ti ha eletto capitano?!»

«la selezione naturale direi, visto che l’artefice di questa seccatura non sono io ma tu».

«sia chiaro che una volta arrivati a terra…»

«da quel che vedo sembra un’isola» puntualizzò Howard.

«quel che è! Una volta lì, ognuno per la sua strada!»

«ottimo. Non avrò una palla al piede di cui occuparmi e ci sono ottime probabilità che tu muoia senza che io abbia alcun rimorso di coscienza, visto che sei stato tu a volere fin da subito “ognuno per la sua strada”. Quindi se morirai di fame e sete, o cadrai in qualche crepaccio, o qualche animale feroce ti mangerà o, ancora, verrai inghiottito da qualche mostro anfibio non sarà un mio problema. Io avevo la pistola e diversi caricatori, ma non è colpa mia se tu sei testardo».

«chiudi il becco uccellaccio del malaugurio, sarò io a sopravvivere, mentre tu morirai o rimarrai confinato su quell’isola per sempre!»

«ne dubito. Al contrario di te, io ho molte persone che mi vogliono bene, s’interessano della mia salute e mi faranno sicuramente cercare. Considerata la grandezza dell’area in cui cercarmi presumo che ci impiegheranno un paio di settimane, ma non è un problema. E probabilmente quando recupereranno la scatola nera dell’aereo e ti sentiranno esporre il tuo “piano malvagio” moriranno dal ridere. Già…quanto ti conviene tornare a casa sapendo che finirai al fresco, Robin?»

«e tu con me, perché se c’è la parte in cui espongo il “piano malvagio” c’è anche quella in cui dico che tu mi hai staccato la flebo di antidolorifico».

«ahahah. Perché a manipolare una registrazione ci vuole molto, mh?» mancavano circa duecento metri all’isola, che da lì si era rivelata per quello che era: decisamente grande, con una fittissima e sterminata vegetazione, e di forma quasi conica al centro cosa che ne denunciava l’origine vulcanica «ah, però. Se il vulcano fosse inattivo sarei quasi per comprarla e costruirci un paio di alberghi…»

Ma Robin non badava più ai progetti di Howard, avendo visto una grotta nell’ammasso roccioso che delimitava la spiaggia, sulla sinistra. Sulla destra, vicino all’altro ammasso roccioso, c’era qualche palma da cocco.

Bastava e avanzava.

«è mia!» esclamò, buttandosi giù dal canotto e correndo verso la grotta «questa è la mia grotta e questa è la mia spiaggia, vattene di qui!»

Howard fece approdare il gommone sulla spiaggia, prese la giacca, scese con quella e la valigetta e premendo un sottile pulsante fece nuovamente comprimere il canotto.

«nessun problema, non intendevo certo rimanere in questo fazzoletto di sabbia» disse l’uomo tranquillo «buona fortuna».

E dopo aver scelto la strada sparì nella vegetazione, pensando che Robin Mask fosse proprio sciocco. Che pensava di fare rimanendo lì, dove non sembrava esserci nemmeno una sorgente di acqua potabile e con giusto qualche noce di cocco da mangiare? Bah. Già guardandosi attorno man mano che avanzava vide un sacco di alberi da frutto come quello dei litchi, dei frutti del pane, delle banane, aranci, lime, anche lì varie palme da cocco e quant’altro.

Gli passò perfino davanti un pollo selvatico!

Se avesse trovato una sorgente d’acqua potabile sarebbe stato a posto; quella, il cibo, una rudimentale casetta su un albero -costruita con attrezzi che avrebbe dovuto fabbricarsi, ma passi- ben in alto ed era a posto. Inoltre essendo un’isola vulcanica non era da escludere che ci fosse qualche sorgente termale da qualche parte.

E Robin era rimasto nella grotta! Oh, buon cielo. Evidentemente non aveva mai giocato a The Sims 2 Island*.

“spero che ad Hammy vada meglio che a me. Di certo la compagnia è migliore! Spero di trovare almeno un paio di scimmie, meglio loro che Robin tutto sommato”.

Che situazione assurda. Mai in tutta la vita avrebbe mai pensato che potesse succedergli una cosa del genere. Tanto più insieme a Robin.

Pensando all’ex amico si voltò un attimo indietro.

Era veramente giusto lasciarlo solo in quella minuscola spiaggetta? Indubbiamente essendo come lui un chojiin avrebbe ben resistito a fame e sete, ma perché subirle se si poteva evitarle?

Scosse la testa.

Quel testardo avrebbe preferito morire che accettare ancora il suo aiuto, e lo sapeva benissimo. Quindi…perché stare a pensarci su?

Riprese a camminare.

“indubbiamente le cose sarebbero state diverse, se non ci fossimo detestati. Innanzitutto non saremmo qui. E se per qualche altro motivo ci fossimo finiti, l’avrei convinto a venire con me” colse un frutto del pane “avrò di che raccontare alla mia principessa, perlomeno…ma io ce l’ho ancora il registratore digitale?...ah! yes. Ottimo”.

«primo giorno sull’isola, Hammy» disse dopo avere acceso l’apparecchio «dopo l’ammaraggio -e credo ti saresti messa a ridere se avessi visto la scena di me e quello sciocco sul gommone- eccoci approdati. Robin ha scelto di rimanere lì su quella spiaggetta, nella grotta. Secondo me ha sbagliato; sto andando verso la parte interna dell’isola, segnando gli alberi con il coltellino così da non perdere la strada, e posso assicurarti che qui sembra esserci davvero di tutto. Non preoccuparti che possa succedermi qualcosa; io sono sempre armato. Magari ti porterò qui, una volta tornato…»

Registrare quella sorta di diario di bordo per Emerald era un altro valido aiuto. Dell’altro, oltre alla propria sicurezza, che lo indiceva a pensare “si, accidenti, io la rivedrò”.

«non sarà un viaggio divertente quanto quello che stai facendo adesso insieme a Michael ma credimi, ne vale la pena» continuò «se trovassi qualche nocciolo sarebbe il massimo…mh…una scimmia. Giusto poco fa stavo riflettendo che sia meglio la compagnia di una di queste piuttosto che del vecchio Robbie, e credo che saresti d’accordo con me. Che dici, sopravviverà?...a parte gli scherzi, mi auguro che anche lui ne esca vivo e che quella grotta non sia la tana di qualche bestia feroce. D’accordo che lui con le bestie feroci ha dimostrato di andare d’accordo…ma sto divagando. È il dodici aprile. Solo le ore undici e ventidue antimeridiane. E va tutto bene».

 

 

:: Washington DC, periferia ::

 

 

Più o meno sempre in quel periodo dell’anno oltre che in quello natalizio, a Michael Connors venivano concesse -a seconda di quanto c’era da fare- due o tre settimane di totale libertà nelle quali l’ex mercenario soleva tornare a Washington dalla propria famiglia.

Quell’anno le settimane erano tre, d’altra parte il suo attuale ed unico dovere era sincerarsi che ad Emerald non accadesse niente. E di certo non aveva problemi ad adempiere a tale compito…

«quindi è qui che vivevi».

…visto che aveva portato con sé la ragazza.

«si. Ho bei ricordi di questo posto, avendo rotto le ossa a parecchia gentaglia in questo quartiere!» disse con un sorrisetto che svanì poco dopo «…era gentaglia, davvero, credimi. Appena arrivati nel quartiere pretendevano di dettare legge».

«Mikey…non ti devi giustificare» disse Hammy con assoluta sincerità «se gliele hai date un motivo doveva pur esserci, ed è meglio darle che prenderle».

Il soldato la guardò con un sorriso.

«non hai poi tutti i torti miz».

Aveva colto quell’opportunità che lei gli aveva offerto, diventare migliore per lei e con lei. Nonostante Emerald stessa non capisse cosa ci fosse da migliorare.

E non poteva dire di essersi pentito, tutt’altro.

In quel periodo avevano proceduto come avevano stabilito, a piccoli passi. Avevano iniziato ad uscire “come coppia”, da soli o -per dimostrarle che lui non si faceva problemi a frequentare nessuno o quasi- con le ragazze del suo gruppo o, ancora, con i lottatori della Muscle League. Anche se quello era successo giusto un paio di volte, e l’atmosfera era stata decisamente tesa, ed Emerald infine aveva capito che forse era meglio andare da sola, quando usciva con loro.

E contrariamente a Kevin, Michael non l’aveva mai stressata riempiendola di chiamate. Sapeva di non avere niente da temere sul fronte “possibili tradimenti”, si fidava di lei, e se mai si limitava ad un sms ogni tanto, giusto per sapere se si stava divertendo.

 

Connors non era uno di quelli che pensava “avere una relazione con una ragazza= chiuderla in casa”. Era necessario che un rapporto si basasse anche sulla fiducia, giusto?

Ed Hammy non gli mentiva praticamente mai. Anche quando era serata di tango col suo Nemico Numero Uno faceva sempre in modo di uscire con qualcuno dei suoi amici prima dell’orario di inizio, così quando diceva a Michael “esco con la combriccola” non era una bugia. Ovviamente avrebbe preferito dirgli la verità, ma…nonostante fosse un uomo intelligente, come anche suo padre Howard, probabilmente non avrebbe capito il motivo per cui lei e Warsman ogni tanto si incontravano di sera per andare a ballare.

«solo una cosa mi lascia perplessa…»

«dimmi».

Hammy guardò i palazzi fuori dal finestrino, mentre l’auto -con Eminem a palla, nemmeno a dirlo. Va’ a sapere come riuscivano a sentirsi!- mangiava la strada.

«si era detto di andare a piccoli passi, e nonostante sia molto felice di poter stare con te anche nel tuo “periodo di libertà”…insomma…» si massaggiò la nuca «ma sei sicuro che i tuoi vogliano davvero conoscermi?»

Connors annuì. «eh si».

Aveva contattato la sua famiglia quattro giorni prima di partire, per dire loro che sarebbe tornato a casa tre settimane. E fin lì tutto ok.

Poi aveva detto loro di avere una relazione con una ragazza da quasi tre mesi e mezzo, e lì era “scattata la tragedia”, in senso buono però. Erano saltati tutti su a chiedere chi fosse, come fosse, e soprattutto “come ha fatto ad acchiapparti?! E chi ci sperava più? Pensavamo saresti rimasto uno sciupafemmine a vita!” e “ma è una cosa seria?”.

E nonostante la politica dei piccoli passi Michael aveva detto loro la verità, ossia che si, era una cosa molto seria. Non una delle sue relazioni da tre giorni al massimo, non qualcosa da toccata e fuga.

Ed ecco che l’avevano ricattato col dire “o torni qui con lei…o non tornare affatto!” e lui, con un po’di imbarazzo a dire il vero -il che era stranissimo per uno come Connors- le aveva raccontato tutta la faccenda e le aveva proposto di andare a Washington insieme a lui…

 “mi sa che ti toccherà cedere al ricatto Michael!...ma davvero vogliono…?”

“finora sei l’unica con cui abbia fatto sul serio. Nonché la ragazza con cui sono stato insieme più tempo! Mi sa che i miei parenti avevano perso la speranza che io mi impegnassi seriamente con una ragazza…ovviamente non sei tenuta a farlo per forza, solo se vuoi, al caso dico loro di non rompere ed ecco fatto.”

…ottenendo in risposta un si.

«sinceramente sono un po’agitata».

«aah, tranquilla, i miei vecchi sono gente alla mano».

Alla mano e anche dalla mente aperta per accettare “serenamente” l’idea di avere un figlio ex mercenario e che tuttora lavorava nell’esercito di un privato.

“è la prima ragazza che porto in casa mia…!” pensò.

Infatti tutte quelle con cui era stato, beh, era sempre successo o in casa loro, o in un’auto, o…dove capitava. Ma non aveva mai fatto oltrepassare a nessuna di quelle ragazze la soglia della casa in cui fino ai sedici anni -età in cui era entrato nell’Accademia Militare- aveva abitato con la propria famiglia. Come se fosse stato un luogo “sacro”.

«ok, se lo dici tu».

«anche quei regali non sarebbero stati necessari».

«non arrivo a mani vuote se sto ospite tre settimane in casa di qualcuno!»

Giusto anche questo.

«forse un’orchidea rara da diecimila sterline è un po’troppo».

«ma ai tuoi dovrebbe piacere. L’hai detto tu che sul dietro casa hanno una specie di mini vivaio».

«e anche il cellulare a tema Pac-Man per mio fratello è un po’troppo. Comunque sono convinto che  gli piacerà» vide uno spiazzo dove parcheggiare e si fermò. La vedeva piuttosto tesa, e non gli piaceva quando era tesa; Emerald doveva stare più tranquilla e serena possibile «andrà tutto bene, non vedo perché dovrebbe andare diversamente» le disse accarezzandole delicatamente una gamba «tranquilla, ok?»

Lei alla fine annuì. «d’accordo. Quanto manca all’arrivo?»

«un paio di minuti per arrivare al negozio, un altro paio di minuti per arrivare a casa».

I genitori di Connors infatti avevano una pasticceria/panetteria in quel quartiere periferico. E nonostante la crisi da che era stata aperta aveva sempre continuato ad andare bene, perché il pane e i dolci erano ottimi e non costavano nemmeno un’esagerazione.

«capito…ma che succede laggiù?»

Aguzzando di poco la vista Emerald aveva notato uno di quei classici quartetti di gentaglia avvicinarsi ad un ragazzo che camminava da solo e circondarlo. E la cosa non deponeva affatto bene, perché tutti e quattro erano più grossi di lui.

«dove?»

«lì. Quattro teppisti hanno circondato un ragazzo…»

Appena Connors diede un’occhiata al punto indicato da Emerald scese rapidamente dell’auto.

«ma-»

«quello è mio fratello» la informò velocemente «resta qui» disse per poi procedere verso il gruppetto a grandi passi, scrocchiandosi le nocche e facendo un forte fischio «non avete niente di meglio da fare che infastidire mio fratello, voialtri?»

«e tu che diavolo vuoi?! Fila v-»

Il tizio non fece in tempo a finire di parlare che si trovò col naso rotto.

«ehi ma che diavolo…» allibì un altro.

«se hai tanta voglia di menare le mani ti accontentiamo, non c’è problema!» dalla faccia e l’atteggiamento quello sembrava il capetto «ragazzi, addosso!»

Ma proprio quando furono sul punto di attaccarlo l’uomo che aveva dato l’ordine si trovò ad essere afferrato e sbattuto con violenza contro il muro da Emerald, che di restare in macchina non aveva avuto la minima voglia.

«quattro contro uno, molto leale» commentò «anche se sareste sicuramente andati a finire male ci state facendo perdere tempo» lanciò l’individuo a terra, colpendolo con un bel calcio dritto alla schiena mentre era ancora “in volo” e con un altro di seguito in pieno viso «e a me perdere tempo non piace, soprattutto con gente come voi».

«ma che te l’ho detto a fare di rimanere in macchina, eh miz…» sospirò il soldato «voialtri, spargete pure la voce che Apocalisse è tornato» disse ai due del gruppetto ancora sani.

«Apocalisse!»

«”Apocalisse”?» Emerald sollevò un sopracciglio con un sorrisetto.

«non è un soprannome che mi sono scelto io» si giustificò Connors.

Ma i due tipacci adesso non guardavano più lui, quanto piuttosto il ragazzo a cui prima avevano tentato di fare del male.

«quindi se lui è Apocalisse, e questo è suo fratello…» disse piano uno dei due, per poi scambiarsi una rapida occhiata e correre via più velocemente che potevano.

Michael sbuffò leggermente. «non è durata molto. Perdonami per l’incidente, Hammy…»

«scherzi? Ha movimentato la giornata».

Disse così, ma più che pensare a quanto era accaduto Emerald era concentrata su altro. Ossia sul fatto che i due fratelli Connors non si somigliavano per nulla, se non in pochi tratti del viso. Michael aveva la pelle abbronzata, quella di suo fratello era bianchissima, e senza lentiggini; Michael aveva dei folti capelli castani, i suoi invece erano anch’essi completamente bianchi. E poi c’era la corporatura magra, ed il fatto che…il fratello di Michael ci arrivava ad almeno 1.70 di altezza? Hammy pensava proprio di no. E poi non dimostrava affatto i ventuno anni che aveva quanto piuttosto sedici, diciassette, o già di lì.

E per finire c’erano quegli occhi impari che aveva, uno marroncino ed uno azzurro chiarissimo, che…beh a dirla tutta Emerald  non sapeva da che parte guardare! Ma era di certo una questione di abituarsi. Tutto sommato il modo di vestire alquanto eccentrico del ragazzo -specialmente quei pantaloni e quel berretto con Pac-Man- era la parte meno strana di tutto il “pacchetto”.

E parlando di cose strane…perché Michael adesso che quelli erano stati sistemati non aveva nemmeno chiesto a suo fratello se era tutto ok? Non che quest’ultimo sembrasse spaventato a dire il vero, però…oh, vabbè.

«allora…Hammy questo è Zachary, mio fratello. Zeke questa è la mia ragazza, Emerald».

“Zeke”, non “Zak”. Ma Connors gliel’aveva detto, ad Emerald, che Zachary odiava essere chiamato in quel modo.

«piacere di conoscerti Z-»

Non riuscì a finire la frase che il ragazzo le era già “saltato addosso” per abbracciarla e salutarla con due baci sulle guance. Che dire, sembrava uno affettuoso!

«finalmente mio fratello porta a casa una ragazza! Tra tutti qui non ci speravamo più. Se l’hai acchiappato devi essere una speciale un bel po’» disse Zachary con un gran sorriso «oltre che bella».

«capito perché ti dicevo di stare tranquilla?» disse Michael ad Emerald che nonostante la sorpresa iniziale apprezzava molto i tipi espansivi come Zeke e indubbiamente adesso si sentiva più rilassata.

«guarda, più chiaro di così non si può!...e, Zeke, ti ho portato un regalino…»

«sul serio?»

«eh si. Spero che ti piaccia» disse Hammy tirando fuori dal marsupio un pacchetto, che il ragazzo scartò immediatamente.

«un…cellulare! Nuovo modello!!! A tema Pac-Man!!!» urlò Zachary per poi voltarsi verso il fratello ed indicare Emerald «sposala. Adesso. Subito».

«buono lì! Ci conosciamo da tredici anni ma stiamo insieme solo da tre mesi e mezzo!»

«si Zeke, io e Michael non abbiamo fretta. Vogliamo andarci piano, ecco. E poi non mi sento granché di sposarmi visto che ho un anno meno di te…»

«da parte tua è comprensibile non avere fretta di sposare Lentiggine, tutto regolare» l’albino fece una linguaccia al fratello, che aveva fatto una smorfia «no, a parte gli scherzi sono contento che tu abbia voluto venire qui a Washington. Solo una cosa, qual è il tuo rapporto con gli animali che strisciano?»

«…eh?»

«gli animali che strisciano. Bruchi, vermi, bisce, larve…serpenti».

Emerald lo guardò perplessa. «non sono una grande amante…»

«perfetto allora! Dov’è la macchina? Andavate in pasticceria? Se mai vengo anche io che ho fame!»

«già ma tu non dovevi essere proprio in pasticceria a lavorare?»

«mattinata libera fratellone».

«ah ecco…comunque…la macchina è là».

Appena indicata l’auto Zachary si avviò velocemente verso di essa, seguito da Emerald e Michael. La ragazza guardava perplessa l’ex mercenario. «sembra a posto, ma…cos’era quella faccenda degli animali che strisciano?»

Connors fece un gesto come a dire “dopo”. «dovrò dirti un paio di cosette in seguito, mi sa».

«non mi avevi detto che qui sei conosciuto come Apocalisse» Hammy ridacchiò «”Apocalisse”, that’s incredible.»

«è che ne ho combinate tante, da piccolo…e non solo da piccolo, a dire il vero» ammise, con la consueta sincerità che le riservava «ad ogni modo ti ho vista piuttosto stupita quando hai visto Zachary».

«è che non vi somigliate affatto. E poi…non mi avevi detto che è albino. Non che sia un problema, eh. Ma non me l’aspettavo».

«nella mia famiglia ci sono stati dei casi di albinismo -non recentissimi- in entrambi i rami. Nulla di sorprendente».

«piccionciniiiiiih vi sbrigate?!»

Ad Emerald venne da ridere un’altra volta. «che tipo però!...ma devo chiederti una cosa».

«dimmi».

«è vero che sei andato lì subito quando hai visto quei quattro tizi che l’avevano circondato, ma in realtà non sembravi preoccupato».

Connors occhieggiò il fratello e fece il suo “sorrisetto da schiaffi”.

«precisamente, e in queste tre settimane capirai perché. Perché io sono Apocalisse…ma lui è Armageddon!»

«ma chi, Zeke?» allibì Emerald.

«oh si. Ma te l’ho detto, ne parliamo dopo, e man mano capirai quel che intendo. Non che per te costituisca un pericolo, ovviamente».

“Apocalisse e Armageddon…chissà che avrebbero detto a riguardo, tra tutti. I ragazzi, le ragazze…il Sorcio, poi…”

E dalla Pantegana Pazza di Madre Russia finì a pensare un attimo a Kevin.

Lasciarlo era stato difficile, ma…chiusa una porta, si apre un portone. E adesso come adesso Michael non le aveva dato motivo di rimpiangere il suo ex fidanzato. Certo, man mano che la rabbia nei suoi confronti era sbollita ovviamente si era augurata che nella situazione in cui si trovava avesse un sostegno adeguato, ma…poco altro. La rottura era recente, che ogni tanto ricollegasse qualche fatto attuale con dei ricordi della sua precedente relazione non era poi così strano, no? In fin dei conti con quel ragazzo era stata insieme diversi mesi, era stata innamorata di lui, ed anche quella era stata una cosa seria. Poi che fosse finito tutto a carte quarantotto era un altro discorso, ma gli augurava di riuscire a trovare la serenità e soprattutto di non ripetere gli errori che aveva commesso con lei, altrimenti avrebbe fatto la fine di suo padre Robin.

«e dai che ho fame!...Emerald, tu sei una che mangia?» Zeke le diede un’occhiata «mh, mica tanto…»

«non mette su un grammo ma è un pozzo senza fondo» lo contraddisse Michael.

«buono a sapersi, perché i nostri dolci sono i più buoni della città».

«addirittura!…effettivamente ho un po’fame» disse la ragazza salendo in macchina con Zeke.

«ed ecco come la Connors Bakery finì sul lastrico» Michael salì sul posto del guidatore «andiamo…»

 

 

:: Tokyo ::

 

 

«quindi Hammy è davvero partita con quell’idiota di uno yankee?»

Eh no, a Terry Kenyon continuava a non piacere Michael Connors, nonostante fosse uscito con loro un paio di volte, insieme ad Hammy naturalmente.

«eh si!» annuì Roxanne.

«parte tre settimane e staranno a casa dei genitori di lui. E per fortuna che avevano parlato di piccoli passi!» Jacqueline sollevò un sopracciglio «di questo passo tornerà da sposata».

«io non credo, Hammy è sempre Hammy e quello non sembra tipo da volersi sposare» disse Jeager.

«a pensarci bene però non è poi chissà cosa. Non parlo delle eventuali nozze, eh» specificò Crea «parlo dell’andare a Washington insieme a lui e conoscere i suoi. In fin dei conti lui ed Emerald si conoscono da tredici anni, e Connors la famiglia di Hammy la conosce benissimo; tutto sommato si tratta di un…andare a pari!»

«a beh, anche questo è vero».

«io però sono ancora perplesso» si intromise Meat «lei e Kevin Mask avevano faticato moltissimo per riuscire a mettersi insieme, non mi sembra ancora possibile che possano essersi lasciati. E che Emerald possa essersi messa con un altro dopo neanche una settimana».

«chiodo scaccia chiodo» disse Dik Dik con solennità «e poi se si erano sbaciucchiati nel bosco l’americano non doveva esserle indifferente già da prima».

«è una cotta infantile, da quel che ha detto a noi» rivelò Fiona «che adesso sembra essersi concretizzata».

«si, ma lasciare Kevin proprio in questo periodo…» disse piano Chichi «a me sinceramente è dispiaciuto molto anche per lui, nonostante da quanto ho capito la colpa della rottura sia stata sua».

«le ha fatto le valigie e l’ha cacciata di casa senza motivo, vedi tu! Io avrei sfondato la porta e gliele avrei tirate in testa» Kirika finì -con sommo dolore di Kid che ululò come un lupo ferito- l’ultima lattina di Cola «ha fatto benissimo a piantarlo, mamma morta o non mamma morta».

«ma lui come sta adesso?» Kid aveva ancora i goccioloni di lacrime penzolanti dagli occhi «ne sapete niente?»

«a detta di mamma non bene».

«ma se io l’ho visto giusto ieri con una ragazza!» esclamò il texano.

«…mora con gli occhi verdi?»

Terry ammutolì. Cavoli, era vero. «si».

«appunto. Per i primi tre mesi è stato chiuso in camera sua, poi a un certo punto ha iniziato ad andare in giro e portarsi a casa quattro o cinque ragazze diverse la settimana, tutte more con gli occhi verdi».

«quello a casa mia non è un segno di ripresa. Piuttosto è un grido di aiuto» mormorò Meat «e quanto a Warsman…»

«sempre a detta di mamma cerca di stargli vicino ma alla fine non può fare molto».

«già, ma una cosa: quindi Kevin adesso, sapendo di avere sua madre viva su Nettuno, non è ancora andato da lei?»

«non che io sappia».

«come si fa ad essere così presi da sé stessi da non andare a cercare la propria madre che per vent’anni ha creduto morta? Io rimango» allibì Wally «se la mamma fosse la mia…»

«si beh…Kevin Mask adesso è una persona che sta male. Non so se sia davvero giusto dare giudizi su quel che fa o non fa, perché non trovandoci in una situazione come la sua non possiamo sapere cosa faremmo noi al suo posto» disse Fiona, zittendo tutti quanti.

«o beh…vedremo un po’come si mettono le cose, no?»

 

 

Warsman non era tornato a vivere da Kevin. Il ragazzo non gliel’aveva chiesto, lui non si era offerto. Ed avevano perfino discusso, di recente.

“guarda che stai sbagliando”.

“perché?! Sono single e faccio quel che mi pare, non voglio più stare a struggermi perché lasciato da una stronza”.

“già, peccato che le ragazze che ti porti a casa siano tutte more con gli occhi verdi. Come Emerald”.

fatti gli affari tuoi”.

Kevin aveva cominciato a fare così appena saputo che Hammy aveva iniziato una relazione con l’americano. Una cosa estremamente seria, a quanto pareva.

“e se non l’avessi scoperto da solo probabilmente Emerald non l’avrebbe detto nemmeno a me”.

Infatti lo aveva scoperto per caso un mese prima, vedendoli baciarsi su una panchina in un quartiere vicino a quello di Shibuya, nel quale lui si era recato per andare a fare spesa. Nel supermercato di quella zona c’era un’offerta, e in tempi di crisi era meglio approfittarne, no?

Aveva telefonato alla ragazza la sera stessa, chiedendole di incontrarsi, cosa che era avvenuta tranquillamente perché “Mikey non ha problemi se esco da sola o con degli amici, ovviamente, dato che non è uno schizzato paranoico”.

Flash non poteva dire di essersi sentito poi così bene alla notizia nonostante in quel periodo, per l’appunto, non avessero avuto problemi ad incontrarsi.

Il fatto era che…lei, con lui!

Proprio con lui!

L’americano a stringerla, baciarla, abbracciarla, farci l’amore…

“ne ho viste di cose brutte in guerra ma questa le batte tutte”.

Proprio quel bastardo.

“però per noi non è cambiato niente, visto. Anzi, abbiamo meno difficoltà ad incontrarci di quante ne avessimo prima”.

Eppure sapere che stavano insieme lo aveva…come dire? rattristato, irritato? E anche altro, che non avrebbe saputo definire.

Un conto era che stesse con Kevin o qualcun altro, chiunque altro, ma con Connors…poi per carità, quella puttanella poteva fare quel che le pareva, però gli seccava. E parecchio. Forse proprio perché Michael l’aveva torturato e, tra l’altro, era tra quelli che anni e anni prima gli avevano dato la caccia.

“e poi checché Kevin ne dica, sta male. Ma male veramente. Considerava quella ragazza l’amore della sua vita, non è qualcosa che si può cancellare con un colpo di spugna” pensò “e idem lei. Anche con Kevin era una cosa seria, mi risulta difficile credere che l’abbia dimenticato così di punto in bianco. E non mi ha nemmeno risposto quando le ho chiesto da quant’è che lei e Connors stanno insieme!”

E adesso erano entrambi a Washington.

Per tre settimane, a Washington, dai genitori di LUI. Con la benedizione paterna, per giunta.

Già, Lancaster doveva essere contento adesso che aveva ottenuto quel che probabilmente aveva sempre voluto, Kevin ed Emerald lontani e lei con suo uomo di fiducia. E tutto senza che lui muovesse realmente un dito, perché Kevin si era rovinato benissimo da solo. L’unica cosa buona era che anche tutti gli altri soldati erano finalmente andati via dal quartiere, già da tre mesi e mezzo.

Pensare che lui, sciocco, aveva creduto che anche l’americano se ne fosse andato e si era perfino concesso un intimo “evviva”.

E invece no. Aveva solo cambiato posto.

In tutti i sensi…

 

***

* non sono un'amante di Total Drama ma per colpa di mia sorella so cos'è il volo della vergogna...
* l'isola in cui sono naufragati i nostri due capofamiglia, per la cronaca, è ispirata moltissimo al modello dell'isola numero tre in quel videogioco per ps2. Quindi ci si trova più o meno di tutto, alberi da frutto di ogni tipo, spezie, frumento, caffè, polli selvatici, perfino dei cinghiali.

Bam! Ed ecco un paio di altri piccoli colpi di scena, con Howard e Robin su un'isola deserta (decisamente avrebbero preferito un altro tipo di compagnia!) e Hammy&Michael-andiamoci-piano-Connors a Washington.
Più l'ingresso di Zeke (Zzik, si pronuncia così), ovviamente, del quale vi lascio un'immagine creata con questo gioco qui http://www.azaleasdolls.com/game_geekboy.html


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Capitolo 21
*** Un tipo...eccentrico. ***


“eh, ma allora è di famiglia…”

Sia il padre che la madre di Michael l’avevano salutata esattamente come aveva fatto Zachary, un abbraccio e due baci sulle guance. Insomma un’accoglienza alquanto calorosa, soprattutto per una ragazza che temeva di non piacere. Ma come detto precedentemente da Zeke ormai Victoria Soledad Vargas Valdes e Lloyd Connors avevano smesso di sperare che un giorno il loro indisciplinato e sciupafemmine primogenito ormai quasi trentaquattrenne portasse a casa una ragazza con cui intendeva fare sul serio, quindi…poteva essere solo la benvenuta!

Magari il fatto che sapessero anche benissimo di chi era figlia -ossia del datore di lavoro di Michael- c’entrava qualcosa. Ma non più di tanto in realtà, quando guardandola si erano trovati davanti quest’inglesina acqua e sapone con un bel visino pulito e con in mano un’orchidea rara da non-osavano-immaginare-quanti-soldi-costasse (ed Hammy non sarebbe certo mai andata a dirglielo). Quel che più che altro interessava loro era che la fidanzata del loro primogenito fosse una brava ragazza e che gli volesse bene; che fosse anche carina e che suo padre fosse un uomo ricco e potente era tutto di guadagnato, ma anche secondario.

«sei la primissima ragazza che nostro figlio ci fa conoscere, il che è un ottimo segno visto che questo scapestrato qui in quasi trentaquattro anni non ha mai fatto niente del genere».

«probabilmente è anche “colpa” di mia madre che gli ha sempre detto di portare in casa solo ed esclusivamente donne con cui fare sul serio…»

Era evidente per Emerald, adesso che l’aveva davanti, che Michael aveva preso praticamente tutto dalla madre. Stessi occhi neri, stesso colore della pelle -il soldato un po’più chiaro- e perfino le stesse lentiggini. I capelli castani però li aveva presi da Lloyd -dal quale invece era Zeke ad avere preso di più- perché quelli di Victoria erano una valanga di spumosi e fittissimi riccioli neri.

«…cosa che personalmente non trovo affatto sbagliata. Benvenuta a Washington, Emerald, sono lieta che tu abbia accettato l’invito».

Prima che la ragazza potesse dire qualcosa come “ma il piacere è tutto mio”, un uomo ultrasettantenne  decisamente grasso varcò la soglia del negozio, e…

«oh, noooo…Apocalisse no!...anche Apocalisse no!!! Ne bastava uno! Armageddon era più che sufficiente ma anche Apocalisse no…»

«sempre lieto di rivederla signor Wilson!» sogghignò Michael «hai presente quando ti ho detto di non essermi scelto io il nomignolo, Hammy? Ecco chi me l’ha appioppato, il nostro vicino di casa. Il fatto che poi io l’abbia usato è un’altra storia».

«signor Wilson, è arrivato giusto in tempo per assaggiare i nostri nuovi woffol multicolore!» Victoria si parò davanti all’uomo con il vassoio e un gran sorriso «per lei che è un cliente abituale il primo assaggio è gratuito!»

«ma io-»

«andiamo, ne prenda uno signor Wilson! È il nostro cliente preferito…» anche Lloyd aveva preso un vassoio «e oltre agli woffol multicolore abbiamo anche degli ottimi bomboloni ripieni di crema chantilly!»

«non sembrava molto contento di rivederti, fratellone» commentò Zeke.

«evidentemente tu gli basti ed avanzi».

L’altro non ribatté, andando a prendere da dietro la vetrinetta un dolce che Hammy riconobbe immediatamente come l’italianissimo “salame del re”. Va’ a capire perché si chiamava in quel modo, ma quel che importava era che fosse buono.

«è un dolce tipico italiano» disse Zachary ad Emerald.

«lo sa. Hammy ha vissuto in Italia sei mesi».

«ah! Non lo sapevo» si sedettero tutti e tre attorno ad uno dei cinque tavolini nel locale «ti hanno ospitata degli amici?»

«no, dei parenti, mia nonna è siciliana e la maggior parte dei suoi fratelli, dei figli dei suoi fratelli e i nipoti sono rimasti lì. Tu considera che con mia nonna erano in tredici, quindi puoi immaginare quanti sono diventati, tra tutti!»

«tredici! Però. Anche la famiglia di nonna però è numerosa, ci sono diversi Valdes Perez giù in Argentina…»  mentre parlava Zachary fece qualcosa di assolutamente imprevisto. Infatti apparentemente da non si sa dove -in realtà da dentro la manica- tirò fuori un coltello a serramanico col quale in modo estremamente veloce e senza fare rumore tagliò il salame del re in tredici fette, tutte di uguale misura, per poi far sparire di nuovo il coltello così come l’aveva fatto comparire «voilà. La prima fetta naturalmente va all’ospite!» disse con un sorriso offrendogliela su un piatto, con accanto una piccola forchetta «tieni, e spero che ti piaccia».

«grazie…» disse Emerald prendendo il piatto ed assaggiando un boccone «…! È davvero buono!»

«come ti avevo detto anche io, i miei genitori sono bravi a fare pane e dolci» mentre si serviva Michael guardò il fratello «adesso fate anche torte matrimoniali?»

«perché, te ne serve una?»

«in che lingua devo dirti che io ed Emerald adesso non intendiamo sposarci? Era solo per sapere!»

«si, comunque, adesso facciamo anche torte matrimoniali» Zeke occhieggiò i genitori «eheheh, ed ecco il signor Wilson lasciarci generosamente un centone tra pane e dolci vari, per quanti ne sta comprando!»

«non sono mica tanti…» obiettò Emerald, che era abituata a ben altre quantità «Zachary, posso chiederti una cosa?»

«quel che vuoi».

«dove hai imparato a fare quelle cose con il coltello?»

“ah, mi pareva strano che non se ne fosse accorta o che non gliel’avrebbe chiesto!” pensò l’ex mercenario.

«quali cose?»

«eh…tagliare…»

«non sai tagliare le cose con un coltello?» Zeke la guardò perplesso.

«ma si! Solo…non in quel modo. Non così velocemente. O in modo così preciso».

L’albino si stiracchiò. «questione di pratica».

E a riguardo non aggiunse altro.

«ah…ok. Comunque, se lavori qui significa che gli studi li hai finiti».

«ho finito il liceo con tre anni d’anticipo, quando avevo quindici anni, conseguito il Bachelor’s Degree a diciannove e poi…avevo pensato di continuare e prendere una specializzazione in qualcosa, ma ho perso la voglia. E la maggior parte degli insegnanti è un branco di capre».

«e tutto questo perché quest’essere qui ha un Q.I. di centosettantasette» puntualizzò Michael, che dal canto suo era un pluribocciato -non per stupidità ma a causa di trilioni di assenze e comportamento “scorretto”, e dire così era un eufemismo- che scuola l’aveva tutt’altro che finita.

«eh?!» allibì Emerald «…e io che pensavo che avere la memoria eidetica ed avere finito il liceo con due anni d’anticipo fosse chissà cosa!»

«hai la memoria eidetica? Ah! Bellissimo!...ma se hai finito il liceo a sedici anni perché poi non hai continuato?»

«non mi interessava. Io volevo fare la dj!»

«aaah, ecco. In fin dei conti sono scelte» Zeke fece spallucce per poi voltarsi vero i genitori «noialtri andiamo a casa eh!»

«va bene, va bene! Così Michael ed Emerald posano anche i bagagli. Tanto tra un’oretta chiudiamo e torniamo anche noi» disse Lloyd «scusaci se ti sembriamo inospitali, Emerald…»

«no, no, si figuri, il lavoro è lavoro» si schermì la ragazza «non c’è problema!»

«ci vediamo dopo ma’» concluse Michael uscendo dal locale con Hammy e Zeke «visto? E tu che avevi paura di non piacergli!»

«effettivamente sembra che mi sia fatta un sacco di pare per niente. Meglio, eh».

I tre salirono in macchina per andare a casa -anche se in verità avrebbero potuto benissimo andare a piedi ma le valige ovviamente erano nel portabagagli- e l’ex mercenario imboccò il vialetto di una casa non eccessivamente grande ma nemmeno piccola. Altro segno evidente che il negozio andava bene.

E va detto che se anche non fosse stato così, con quel che prendeva Connors al mese come uomo di fiducia di Howard Lancaster avrebbe potuto tranquillamente mantenere tutta la sua famiglia nonni compresi garantendo loro una vita ben più che dignitosa!

«è sempre bello tornare a casa».

«è carina» osservò Hammy mentre scendevano dall’auto «mi piace. I miei bagagli li prendo io, sia chiaro» disse subito andando verso il portabagagli «che non ti saltasse in testa di fare il facchino».

«tosta, mh?» Zachary diede di gomito al fratello «comincio a capire perché fai sul serio con lei» disse piano.

«avresti potuto intuirlo già da prima quando abbiamo “salvato” quei quattro» ribatté Michael altrettanto piano.

«infatti l’ho trovato strano».

«da quando mi sono messo con lei sto cercando di diventare “migliore”. Nonostante lei sappia benissimo chi sono e non veda niente da migliorare».

«te l’ho detto: sposala subito».

«mpf».

«…si Michael però anche le tue di valige non le prendo!»

«ad ognuno il suo, quel che è giusto è giusto. E che questo tipo qui mi ha distratto» si giustificò l’americano «Zachary è un distrattore nato, miz».

“chissà se pure suo fratello lo dice allo stesso modo” pensò Emerald, che con la coda dell’occhio notò un movimento sospetto vicino alla siepe attaccato allo steccato bianco.

«una serpe!» esclamò indicandola. Non aveva paura dei serpenti e non si poteva nemmeno dire che le facessero proprio-proprio schifo, però non era nemmeno questa grande amante «potrebbe entrare in casa, forse dovre-»

Zac.

Un millesimo di secondo dopo la serpe era morta, infilzata al terreno da un coltello a serramanico che Zachary andò a raccogliere subito dopo.

«…un altro con cui non potrò più tagliare il cibo. Vabbè. Ne valeva la pena» fece sparire il coltello nella manica facendo un sorriso ad Emerald «i serpenti vanno estinti, in fondo».

«non ti piacciono granché, eh?»

Non che avesse problemi col fatto che Zeke sembrasse manovrare i coltelli come se fossero stati un prolungamento di sé stesso, o questa faccenda dei serpenti. In fin dei conti se accettava tranquillamente di stare insieme ad uno come Connors con tutto quel che aveva fatto…che problema c’era? Solo che doveva ammettere di essere un po’sorpresa, perché lì per lì le era sembrato così…carino, indifeso…

«avevo cinque anni ed un pitone di un circo scappato dalla sua “cuccia” mangiò l’hot-dog che avevo posato accanto a me» disse tranquillissimo l’albino «da allora ho dichiarato guerra a tutto ciò che striscia. E soprattutto ai serpenti di ogni tipo, e tutto ciò che li rappresenta. Statuette. Tatuaggi. Disegni. In compenso accetto draghi, lucertole, salamandre, ramarri e altri rettili simili; basta che non striscino».

«…e se dal lunedì al venerdì non uccide almeno una di quelle amabili bestiole striscianti, parte la domenica mattina per andare a cercarle nei boschi e farne fuori quante più possibile» completò Michael.

Emerald sollevò un sopracciglio. «ooook. Ognuno ha le sue…manie, dopotutto».

“adesso capisco cosa intendeva dire Mikey con ‘poi dovrò dirti un paio di cosette riguardo mio fratello’. Questa di sicuro era una” pensò Emerald “un tipo alquanto particolare, il nostro Zeke”.

«ottimo!...ti va di vedere qualcosa di veramente forte?! Eh…però prima devo chiederti una cosa. Hai paura dei topi?»

«Zachary…»

vacci piano” era il sottinteso di quello “Zachary” detto in tono di avvertimento. Vero che Emerald non era una che si sconvolgeva facilmente, ma aveva sperato che Zeke si facesse conoscere con le sue “cose da Zeke” un po’per volta. E invece voleva già farle vedere quel che combinava con i topi?!

«che c’è? Non mi sembra una di quelle che si scandalizzano».

«non lo è! Ma…»

«i topi non mi fanno né caldo né freddo. Se ne trovo in casa e riesco ad acchiapparli a volte ci gioco anche, sai, li tengo per la coda e li faccio penzolare un po’prima di lanciarli via dalla finestra».

«visto, Lentiggine? Che problema c’era? Se vieni dietro casa nel capanno ti faccio vedere».

La ragazza diede un’occhiata a Michael, che pur non approvando granché la cosa doveva aver deciso che forse in un certo senso prima Hammy iniziava a conoscere sul serio Zachary meglio era. Inoltre non temeva nemmeno che quest'ultimo potesse farle qualcosa di “strano”, visto e considerando che a Zeke non interessavano minimamente le donne. E nemmeno gli uomini. E nemmeno le relazioni sentimentali o il sesso in sé per sé. E pensare che invece lui a ventun’anni così come adesso in quel senso si era dato parecchio da fare!

«alle valige ci penso io».

“è tutto ok, puoi andare”.

«avevo detto di non volerti far fare il facchino, ma se ci tieni tanto…»

right”.

Così mentre il soldato portava in casa i bagagli Emerald seguì Zachary dietro casa, fin nel capanno.

«Michael questa la chiama “la tana dell’ammazzaserpenti”. I miei invece “il laboratorio dello scienziato pazzo”. Di solito non ci mettono piede» le spiegò «vedi Emerald…»

«Hammy. Anche Hammy, se vuoi»

«ok. Vedi Hammy, a me fin da quando ero piccolo sono sempre piaciute altre tre cose oltre ai dolci, la musica, la tecnologia, Pac-Man, i videogiochi, i coltelli e la robo-dance» infilò la chiave nella serratura «e queste sono la chimica, il fuoco e le…esplosioni. Si, lo so che è strano…»

«tutto sommato ho visto di peggio. C’era gente che si scopava una vecchia sex doll in silicone in un magazzino pieno di polvere!»

Mah. Era davvero considerabile più strano? Ma d’altra parte sono opinioni.

«ah si?...che poi, fondamentalmente, a cosa serve il sesso fatto non a scopo riproduttivo?» scosse la testa aprendo la porta ed invitandola a entrare «a me personalmente non interessa visto che non intendo ancora riprodurmi, nonostante qualche ragazza ci provi perché sono “particolare”, tant’è che sono vergine».

«…ma veramente?» allibì Emerald.

«sissignora» accese la luce «ti presento…il laboratorio dello scienziato pazzo».

Effettivamente un po’un’idea che l’aveva con quel tavolo pieno di fialette di composti chimici di non-si-sa-cosa, quella…metà di un serpente?...si, era la sezione orizzontale di un serpente in tutta la sua lunghezza. Evidentemente Zeke voleva conoscere bene “il nemico”.

E soprattutto, con quelle gabbiette piene di topi.

«però è figo eh!» esclamò Emerald in totale onestà «solo che non capisco…»

«è che i serpenti in realtà sono stupidi, Hammy. Come vedono un topo ci si fiondano addosso» disse il ragazzo prendendone uno da una delle gabbie «e se lo mangiano. Per questo motivo ho unito la mia passione per la chimica, il fuoco e le esplosioni con la mia caccia ai serpenti, nonostante in verità quando vado nei boschi io non utilizzi la tecnica che sto per mostrarti».

«anche io sono una che va a caccia. Mi ci porta mio padre».

«sei piena di sorprese! Quindi non ti farà troppo senso vedere un topo diventare una piccola bomba incendiaria in tre minuti, considerata la quantità di liquido che c’è in questa siringa qui» piena «ovviamente più liquido inietti nel topo, prima esplode».

Oh cielo.

«ma fai sul serio?»

«si! Se ti fa impressione però posso evitare».

«ma che roba c’è in quella siringa?»

«segreto».

«e dai…»

«segreto».

«Michael lo sa cosa c’è?»

«no».

«eddai…»

«non te lo dirò mai. Allora vado?»

Al di là dei tratti inquietanti della faccenda Emerald doveva ammettere di essere incuriosita all’idea di vedere un topo diventare una mini bomba incendiaria. Insomma, era una cosa…assurda!

«tanto ormai siamo qui…»

L’albino iniettò il liquido nel topo, chiudendolo poi in quello che in origine era un acquario in vetro ed era invece stato trasformato in una vetrinetta con tanto di coperchio metallico insieme al pezzo di un ciocco di legno.

«due minuti e cinquantasette secondi all’esplosione».

«la forza dell’esplosione aumenta a seconda della quantità di liquido?»

«no, aumenta o diminuisce solo il tempo dall’iniezione all’esplosione».

«right».

La porta del capanno si aprì. «a che punto siete?»

«due minuti all’esplosione fratellone!»

“…ed Hammy ha davvero voluto vederlo?!” Connors non finiva mai di stupirsi per il fatto che quella ragazza accettasse praticamente…tutto. Ad ogni modo le circondò le spalle con un braccio come a volerla “proteggere” nonostante non ce ne fosse assolutamente bisogno.

«mh».

«come vedrai il topo si incenerisce praticamente subito» disse Zeke ad Emerald «ma il liquido incendiato si spaia immediatamente su ciò che c’è vicino ossia, in questo caso, il pezzo di legno che ho messo. Otto secondi all’esplosione. Sette…sei…cinque…quattro…tre…due…uno».

Sotto gli occhi stupiti di Hammy il topo si trasformò in una piccola palla di fuoco e poi subito in cenere, mentre il liquido -come preannunciato da Zachary- attecchiva al pezzo di legno facendogli fare la stessa fine.

«…accidenti. Ci credo che così i serpenti muoiono».

«vengono bruciati dall’interno. Almeno imparano a lasciare in pace gli hot-dog altrui» la guardò «e immagino che tu abbia capito perché non uso questa tecnica nei boschi».

«…non più, perlomeno» puntualizzò Michael.

«non era un bosco, quello che è andato a fuoco era un capannone! Infestato di serpi!» protestò l’albino «e poi ho altre cosette che…»

«che le farai vedere un’altra volta, staremo qui tre settimane e c’è tutto il tempo del mondo» disse secco il soldato.

Zeke capì il messaggio, ed uscirono tutti e tre dal capanno.

«altre cose del tipo…?»

«Hammy, credimi, non c’è bisogno di incoraggiarlo oltre».

«è che sono curiosa».

«mano a mano, Emerald, mano a mano. Lentiggine non ha tutti i torti, se ti faccio vedere tutto subito non c’è gusto!»

«di’, ma quel liquido l’hai usato anche…su altri animali?»

«assolutamente no. Solo sui topi. Non farei mai esplodere nessun altro animale, se non è uno di quelli che strisciano».

«e se fosse una strana bestia russa mezza robotica?» buttò lì Connors.

«Michael! Non voglio che venga toccato lo sai».

«di chi parlate?»

«non lo conosci, era un wrestler una volta, ma secondo Mr. Lancaster è un animalaccio e basta. Solo che Emerald non vuole che gli sia fatto del male, quindi…così sia!»

«ok» disse semplicemente l’albino facendo spallucce «mi disinfetto le mani e scaldo da mangiare. Mamma ci ha lavorato tutto il tempo, prima di andare al lavoro; ci sono diversi piatti tipici argentini…»

«non è un problema, mangio di tutto».

Anche dopo aver visto un topo esplodere non aveva perduto l’appetito. Con una certa ironia, ricordando la reazione della dottoressina carina su alla Scuola di Ercole quando aveva visto un topolino minuscolo, pensò che probabilmente sarebbe svenuta se fosse stata al suo posto!

Zachary sparì, lasciandoli soli.

«è veramente particolare tuo fratello».

«lo so cosa stai per dire, avrei dovuto parlartene prima ma ti giuro che…non mi è venuto in mente!»

«tranquillo, finché non fa esplodere me o casa è tutto ok. Solo che è un’altra cosa che non mi aspettavo. Sembrava così indifeso».

«se fosse stato indifeso non ci sarebbe stato motivo di chiamarlo Armageddon. E questo a dire il vero non è niente. Tu sai che io non sono un santo…»

«non ricominciare con quella storia per favore».

«no, quel che volevo dire è che nemmeno Zeke lo è. Di solito è come lo vedi, è simpatico, espansivo e non fa del male a niente che non strisci. Ma quando è necessario, e a volte anche quando non lo è, diciamo che diventa un po’meno innocuo».

«un po’come me insomma».

L’altro scosse velocemente la testa. «no, no, non c’è paragone».

«ho mandato all’ospedale il padre del mio ex ragazzo e se non mi avessero fermata forse l’avrei anche fatto finire in coma…»

«è diverso».

«no che non lo è».

Meglio cambiare argomento, forse.

«magari tra qualche giorno ti farò conoscere anche la persona più importante della famiglia» buttò lì Michael.

«ossia?»

«mi abuelita Isabèl».

Ossia la sua nonna materna, immigrata dall’Argentina insieme al marito venuto a mancare pochi anni prima, contrariamente al nonno paterno che era ancora vivo così come anche la nonna paterna.

«addirittura».

«spero che le piacerai più di quanto io piaccia alle tue nonne».

Connors era consapevole di piacere in tutta la famiglia Lancaster soltanto ad Howard ed Emerald, ma gli bastava ed avanzava. Anche perché alla fine -per quanto lo riguardava- a contare sul serio in famiglia erano solo loro due, il suo capo e la sua ragazza.

«lo spero anche io. Finora è andata bene, sarebbe bello se continuasse ad andare cos…mh…per cos’era?» mormorò lei quando lui la interruppe con un bacio.

«perché mi andava. A te no?» le chiese, faccia da schiaffi come al solito «entriamo in casa anche noi, dai».

Emerald annuì, e lo seguì.

Aveva tante cose per la testa da non fare caso nemmeno al fatto che curiosamente suo padre quel giorno non le aveva ancora telefonato. D’accordo che glielo aveva anticipato prima di partire, dicendo che “non li avrebbe disturbati”, il che significava poco o niente chiamate -quando gli pareva sapeva farsi da parte rendendosi conto che se si è via col proprio ragazzo è scocciante rispondere ad una telefonata ricevuta durante un momento “intimo”, magari- e tanto Hammy era perfettamente al sicuro no?

Si erano appena messi a sedere sul divano che Zeke si affacciò dalla cucina.

«mamma e papà tornano tra cinquanta minuti, se ne lasciate dieci per riprendervi volendo avete quaranta minuti di tempo per una…eh…com’è che si dice “sesso veloce non a scopo riproduttivo”? ah si! Sveltina!» esclamò, per poi sparire di nuovo.

E lì Hammy dopo averlo guardato non resistette e scoppiò a ridere come una matta, sia per l’incitamento inaspettato che per come gliel’aveva detto. Michael dal canto suo aveva fatto facepalm, nonostante fosse a sua volta scosso da risate silenziose.

«si…ecco…mio fratello è “fuori” da certe cose».

«lo so, mi ha già detto che al momento non gli interessa riprodursi».

Si guardarono.

«ma comunque quella proposta da Zachary non è una cattiva idea» continuò lei.

«no, affatto» concordò Connors con un sorriso malizioso «andiamo a concederci un po di “sesso veloce non a scopo riproduttivo”?»

«si ma non dire in quel modo, che mi viene da ridere e poi è una tragedia».

«una “tragedia” che di solito riesco a risolvere però…»

 

 

:: Londra ::

 

 

«…precipitato».

ehm…sissignora. Mi spiace doverglielo dire in questo modo, ma non sapevo in che altro…e mi spiace averle dovuto dare una simile notizia. Devo informare anche Emerald?

Per Janice era una novità assoluta ricevere una telefonata da qualcuno che non fossero le sue amiche dei club. E nel caso specifico da Turbinskii, che le aveva appena detto che l’aereo di suo marito sembrava essere precipitato nel bacino di Wharton, e che ora aspettava ordini perché in assenza di Howard e di Connors -e Howard aveva ordinato che lui e sua figlia non fossero assolutamente disturbati durante quelle tre settimane- non c’era nessun altro che avrebbe potuto darglieli se non Lady Janice, che al momento era attonita ed un po’in confusione.

Ma aveva ancora ben chiare le parole del marito riguardo Emerald, l’americano e quel viaggio.

Preoccupata a morte per Howard pur sperando, immaginando, volendo credere che stesse bene chiuse gli occhi e cercò di riacquistare un minimo di controllo.

Era quel che suo marito avrebbe fatto, giusto?

Cercò di mettere da parte anche solo per un attimo l’ansia, la disperazione, quel “e se non ci fosse più che farei, che faremmo?!”, quegli orrendi film mentali di una vita intera da passare senza di lui, e lui era una componente fondamentale della sua vita da quando aveva solo sedici anni. Non poteva accettare di perderlo. Non l’avrebbe sopportato. Liberi di considerarla una donna debole se volete, ma se Howard fosse morto la vitalità di Janice si sarebbe spenta insieme a lui.

“lui sta bene, Janice. Sta bene di sicuro. Ha milioni di risorse. Non basta un incidente come questo a…a…insomma, è vivo. È sicuramente vivo. E aspetta solo che tu lo cerchi” si disse.

«cercatelo in tutta la zona. Usate tutte…tutte le risorse a disposizione. Tutte. E più persone possibile. Se alcuni sono impegnati i-in cose non troppo importanti…anche quelli. Trovate mio marito, non mi interessa altro, cercatelo in quel…dove hai detto?...»

il bacino di Wharton, signora. È un’area piuttosto grande.

«non mi interessa quanto è grande, io voglio che mio marito venga ritrovato al più presto! Capito?!»

sissignora. Sarà fatto.

«e comunque…no. Non dire ad Emerald di questa cosa. Lui non vorrebbe, questo lo so per certo».

Ma come giustificare un silenzio prolungato?!

Ci avrebbe pensato tra un po’. Dopo essersi calmata un minimo, o almeno provandoci. Lei non era come Howie, che nei momenti di pericolo riusciva a pensare ancor più freddamente e lucidamente di quanto facesse già in condizioni normali, e questo era evidente anche solo dal tremore della mano che reggeva il telefono.

sissignora.

«e se ci sono novità voglio che mi siano dette subito, che sia giorno, notte, non mi interessa».

sarà fatto. Inizieremo subito le ricerche e Vi informerò.

«be…bene».

Appena terminata la chiamata la donna scoppiò in un pianto dirotto. Era riuscita a rimanere abbastanza lucida per dare gli ordini che servivano. Poteva bastare, per adesso, e tutto sommato considerando il suo carattere era già tanto.

Di quella cosa, pensò, forse era meglio non parlare nemmeno a sua madre e sua suocera. Anche con loro avrebbe dovuto inventarsi qualcosa come, che so, che Howard era partito improvvisamente per Nettuno in un viaggio d’affari per aprire un albergo…non stava molto in piedi ma non era un’esperta nell’inventare bugie, lei. Solo…che altro avrebbe potuto fare?

Adesso il compito di far si che in casa e in famiglia continuasse ad essere tutto a posto era suo. E da donna non stupida sapeva di doversi rimboccare le maniche durante l’assenza -“temporanea!” si ripeté- del marito.

Il che voleva dire tenere tutti tranquilli, sé stessa per prima, per quanto difficile potesse risultare.

 

***

Capitolo corto un'altra volta, e fatto soprattutto per mostrarvi un po'meglio il dolcissimo Zachary Connors. Ma dal prossimo riprendo con l'isola, don't worry.
Appunto riguardo all'esplosione dei topi:
non sono una persona crudele verso gli animali, e se nella realtà quelle creature vengono utilizzate per...di tutto e di più, come testare farmaci, ed ammazzate con trappole veleni e quant'altro, non vedo perché qui non possano essere fatti esplodere. Con la differenza che contrariamente al resto questa è solo una fanfiction e le esplosioni non accadono davvero.
*lancia il capitolo ai poveri lettori "costretti" a sorbirsi questa roba e torna nel girone infernale da dov'è uscita*

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Capitolo 22
*** Don't worry, be happy. ***


 

«…cos’accidenti ha detto che è lei?!»

Quando aveva sentito “Alya Nikolaevna Kalinina” aveva capito di chi si trattava perché…una volta vista, come scordarsene?

Solo che saperla “accompagnata” con suo padre Robin gli era decisamente nuovo.

Così come per Alya risultava cosa nuova che Kevin non lo sapesse visto che Robin, invece, le aveva detto di avergliene parlato. Piccola bugia.

A causa della quale la donna adesso si trovava a dover gestire una situazione abbastanza difficile.

Aveva chiamato Kevin per chiedergli se sapeva dove fosse andato a finire Robin, visto che a lei aveva borbottato qualcosa riguardo ad “una breve gita” dalla quale però non era ancora tornato. E nonostante Alya sapesse che Robin sapeva -più o meno- badare a sé stesso, iniziava ad essere...preoccupata. Non rispondeva alle sue chiamate, così come a quelle di nessun altro, non aveva lasciato un recapito, ed era scomparso in quel modo ormai da cinque giorni. Non era da lui!

sono la compagna di tuo padre. Robin mi aveva detto di avertene parlato. Non era mia intenzione mettere in imbarazzo nessuno.

Suo padre si era messo con una che avrebbe potuto essere sua sorella.

Cristo. Come se non avesse avuto già abbastanza cose a cui pensare e suo padre non avesse avuto abbastanza difetti, adesso c’era da aggiungere anche “vecchio pervertito”.

Cristo.

«…non…non è colpa sua. Ma di quell’…idiota di mio padre» borbottò Kevin «e no, non so dove sia, mi spiace. Se va da qualche parte non viene certo a dirlo a me. Non mi ha detto che stava con lei, figuriamoci se viene a dirmi del resto!»

«oh Keeeeeviiiiin…»

La ragazza che si era portato a casa la sera prima, ancora nuda nel letto, che appena sveglia chiedeva il bis. L’ennesima morettina con gli occhi verdi, tra l’altro, che comunque non avrebbe allacciato le scarpe ad Emerald.

«…e adesso io dovrei ehi ma che-»

La ragazza gli aveva preso il telefono ed aveva terminato la chiamata. «ah, ma dai, ma chi se ne importa di quelle faccende? Adesso non è il momento!» disse lei, artigliandolo rapace e trascinandoselo sopra.

Kevin non si ricordava nemmeno il suo nome.

Probabilmente non gliel’aveva nemmeno chiesto, perché non gli importava.

Nonostante dicesse di stare bene Kevin si sentiva terribilmente…strano. Freddo. Vuoto. Pieno d’energia, ma vuoto, e alla disperata ricerca di qualcuno che potesse riempire il vuoto in questione, che Emerald gli aveva lasciato.

Si era disperato fino a quando un mese prima non era venuto a sapere per vie traverse che lei si era messa con quello stramaledetto potesse-morire-subito-almeno americano. Fino a lì Kevin aveva sempre sperato che le sarebbe passata prima o poi, e che sarebbe tornata, e lui l’avrebbe riaccolta perché gli mancava talmente tanto…!

Ma da quel momento in poi, dopo essere precipitato in un baratro di disperazione ancora più nero e profondo di quello di prima, aveva sentito spezzarsi qualcosa dentro di lui.

La speranza.

Ed aveva iniziato di nuovo ad uscire, a trovarsi delle donne. Tentando di andare avanti cercando i suoi occhi negli occhi degli altri, di ritrovarla in un’altra ragazza.

Ma solo Hammy era Hammy. Come poteva sperare di trovare Emerald in qualcuno che…non era Emerald? E se anche ne avesse trovata una simile, che razza di “amore” sarebbe stato? Un surrogato, come usare il dolcificante al posto dello zucchero quando si prende il caffè, e i dolcificanti erano pure insani.

Ad ogni modo la telefonata della Kalinina -a cui continuava a dare del lei lo stesso, anche se adesso sapeva che era…la compagna di suo padre!- gli aveva tolto tutta la voglia di fare il bis.

E disse alla ragazza di andarsene.

Non fu un male, tutto sommato.

Ma adesso aveva altro in più per la testa, anche perché…ma come aveva potuto suo padre riaccompagnarsi sapendo di avere una moglie esiliata su Nettuno?! Ma Alya lo sapeva, poi? Teoricamente si, la storia ormai era diventata di pubblico dominio purtroppo. Ma non poteva esserne sicuro…

Oddio. Sua madre.

In quei mesi non aveva minimamente pensato a sua madre…!

Bing. Il rumore di una notifica di aggiornamento provenne dal suo computer.

Scattò come una molla per andare a vedere un blog di Tumblr del quale fino ad un mese prima non gli era mai importato granché ma che adesso -masochista!- seguiva in modo quasi ossessivo, alla faccia dello stare bene.

“affinità gemelli-sagittario…” ossia il segno di lei e quello del bastardo “oooh, piccina, calcoli pure l’affinità?! Non ti basta farti sbattere di continuo come una porta, vuoi pure sapere quante probabilità ci sono che continui a farlo per un bel pezzo?!!”

Emerald forse non era più arrabbiata con lui, ma la cosa non era esattamente reciproca.

Probabilmente, a meno che non fossero tornati insieme, Kevin non l’avrebbe mai superata del tutto.

«…”non mi fiderò più ad accettare una Daygum”…è di ieri. Vediamo che razza di video ha postato. Magari uno in cui le sconsiglia perché non tolgono bene dalla bocca il sapore della s-ma che cazz…?!!»

 

“…no, ma allora com’è?”

“eh! Tu lanciale contro quel bidone, Hammy”.

“forte?”

“più forte tiri più fa effetto”.

“non il bidone di casa nostra grazie!”

“quello del vicino ci sta apposta fratellone”.

“a beh, allora…tanto a quest’ora è al circolo”.

***KA-BOOM!!!***

“CAZZO!”

“false gomme da masticare esplosive incendiarie. Te l’avevo detto!”

“ma due sole l’hanno distrutto, quel bidone!!!”

 

Nel video si vedevano, Emerald, l’americano ed un altro tizio stranissimo -“lo ha chiamato…‘fratellone’? il bastardo ha un fratello?!”- far esplodere un bidone con due “Daygum”.

Ma con che diavolo di compagnie girava?!

Non fece in tempo  a pensarci più intensamente, però, che quella faccenda di suo padre gli tornò prepotentemente in mente. Forse proprio perché aveva pensato alle cattive compagnie.

“…e se Howard Lancaster c’entrasse qualcosa con la sparizione di mio padre? Se fosse stato lui, se lo avesse…ucciso?!” pensò.

Impulsivamente ed incurante dell’ora che doveva essere a Londra agguantò il telefono e chiamò casa Lancaster. Non sapeva nemmeno precisamente il perché lo avesse fatto, se anche Howard avesse risposto che avrebbe potuto dirgli Kevin, “tu brutto bastardo c’entri col fatto che mio padre è sparito ammettilo!”…?

si, pronto…?!

A rispondere però era stata Janice. Con un tono estremamente preoccupato ed ansioso, come se si aspettasse un’altra chiamata, ma di sicuro non da lui.

«ah…Lady Janice? Sono Kevin Mask…»

ah…– eh si, dal tono deluso decisamente sperava che fosse qualcun altro –volevo dire…dimmi, Kevin, che succede? Posso aiutarti?

Nonostante lui ed Emerald si fossero lasciati, non per questo Janice aveva freddato il suo rapporto con Kevin. Tutt’altro a dire il vero visto che sperava -al contrario di Howard- in un ritornare insieme di quei due, un giorno.

«si…cioè…no…cioè…forse. È che…è in casa suo marito?»

Ma che glielo chiedeva a fare?!

n-no. Non c’è…lui…è via.

C’era qualcosa di strano.

Di molto strano.

«Lady Janice, è successo qualcosa?»

La donna non sapeva che fare.

L’aereo era stato ritrovato, e così anche la scatola nera con relative registrazioni di quanto era successo. Prontamente ripulite dalle parti che compromettevano suo marito, sostituite con un credibilissimo “crackling” da rovinatura della registrazione -e lei aveva pensato “oh ma perché accidenti Howie è andato a staccargli la flebo?!” oltre al resto.

Se non altro, da quelle era venuto fuori che teoricamente sia Howard che Robin avrebbero dovuto star bene essendosi lanciati dall’aereo prima che questo precipitasse definitivamente in mare e il canotto espansibile non era stato rinvenuto. Ed il segnale del cellulare era stato rilevato nelle profondità oceaniche, segno che doveva essergli caduto in qualche modo e basta.

Però ecco…doveva dirlo o no a Kevin?

“forse…tutto sommato…si. Credo che sia giusto, in fondo, che almeno lui sappia dov’è davvero suo padre, contrariamente ad Emerald che…poi con lei se la vedrà mio marito, se è come credo e lui stesso non avrebbe voluto che lei sapesse”.

a dire il vero…si. Kevin…vedi…Howard era partito per un viaggio in Australia. Tuo padre si è infilato nella stiva dell’aereo, e al momento del ritorno ha fatto esplodere i motori.

«c-come prego?!!»

l’aereo è precipitato. Dovrebbero stare…bene…dalle registrazioni della scatola nera pare che si siano lanciati prima che l’aereo precipitasse. Li sto facendo cercare da appena ho saputo dell’incidente…

Un casino dopo l’altro. Adesso era anche venuto fuori che suo padre aveva fatto esplodere un aereo su cui lui stesso era sopra, fantastico, più si andava in là più Robin Mask non capiva un cavolo.

…e avrebbe dovuto informare anche la nuova compagna, adesso.

“ma perché a me?!”

«e…a parte il ritrovamento della scatola nera…ci sono state novità?!»

no…non ancora.

E per di più Janice adesso aveva la sensazione veramente martellante che a suo marito fosse successo qualcosa di davvero brutto, ma non sarebbe mai andata a dirlo a quel povero ragazzo che probabilmente si sarebbe sentito ancora più in ansia per suo padre.

Che, per bastardo che fosse, sempre suo padre restava per l’appunto.

se…quando…ce ne saranno te lo farò sapere. Adesso però…sarebbe meglio avere la linea libera. Mi capisci? Se mai dovesse chiamare qualcuno. Io…

«si…capisco» fece per chiudere «…trovatelo, vi prego».

ci stiamo provando, Kevin.

Chiamata terminata.

Si accasciò sulla sedia. Suo padre disperso in mare con Howard Lancaster, come a dire che non l’avrebbe più rivisto.

E se l’incidente fosse stato simulato?

E se le cose fossero andate diversamente da come gli aveva detto Janice?

Non pensava che lei avesse mentito, però poteva avergli detto quella che lei credeva essere la verità, e quella che lei credeva essere la verità avrebbe anche potuto non essere la “verità vera”.

Magari la registrazione era stata manipolata, magari Howard stesso aveva fatto esplodere i motori ed ucciso Robin in qualche modo per far credere che fosse morto così…per cause accidentali. Quando invece era stato lui ad ucciderlo, o farlo sparire che poi più o meno era la stessa cosa.

La sua -avventata- teoria collimava con la tranquillità di Emerald a Washington col caro fidanzato. Kevin dubitava che se davvero Howard H.R.J. Lancaster avesse avuto un “incidente” del genere lei sarebbe rimasta così indifferente, e idem per Connors se era come diceva Emerald e davvero quel tipo venerava Mr. Lancaster.

Ovviamente non gli era venuto pensato che Janice, in pieno rispetto delle quasi certe volontà del marito, non li avesse informati così da lasciarli tranquilli. No…secondo Kevin Mask era tutto un complotto del quale la sua ex ragazza faceva parte. E lui non aveva uno straccio di prova per dimostrarlo!

Paranoia a duemila, insomma.

Come se gli avessero messo delle spine sotto il sedere, si alzò di scatto dalla sedia, scese le scale ed incurante di essere scalzo e in intimo uscì di casa per andare dritto e filato da Warsman …

 

 

«…è tutto un complotto!!! Ne sono sicuro!!! quella puttana in trasferta è troppo tranquilla…»

«Kevin!»

«…e poi perché mio padre avrebbe dovuto fare un’idiozia simile?! Non avrebbe mai-»

«no, no, l’avrebbe fatto eccome, voglia tu se l’avrebbe fatto. Immagina Robin in preda alla furia vendicativa e trai le tue conclusioni, visto che è tale e quale a te».

«non mi…! Io non farei-»

«ma tu sei quello che voleva dirottare quel volo per Washington e farlo finire in mare o sbaglio? Che se non ti avessi fermato avresti tramortito il pilota per prenderne il posto, e c’è mancato poco che ci riuscissi?!»

Ok, Kevin faceva meglio a stare zitto.

«ma non è la stessa cosa!»

«oh si che lo è».

«…ma la Regina delle Puttane è sempre troppo tranquilla!!!»

«piantala».

«di fare che?!»

«puttana qui, puttana là, stronza di qua. Mi hai scocciato, sei tu che l’hai spinta tra le braccia di quell’americano, se vuoi insultare qualcuno datti dello stupido trenta volte, e tanto non basterebbe. Sei tu che hai voluto perderla. È tua la colpa. Anche se sentirtelo dire non ti piace».

“è sempre una puttanella, eh. Però io posso dirglielo; lui no, visto che tutto questo è colpa sua!” pensò poi il russo.

«…e adesso per via della tua stupidità, perché non avrei voluto dirtelo ma di questo si tratta, sta con un torturatore stupratore assassino, che ha un fratello che se non è pazzo poco ci manca, con quelle gomme esplosive!»

E lui non aveva visto i topi incendiari.

O il modo in cui maneggiava il coltello.

Né sapeva del…resto.

«ah-ha! Ma allora tu guardi il suo blog! E che lo guardi a fare?!»

«tu che lo guardi a fare, se dici di averla dimenticata? E poi, non ti è venuto pensato che Lancaster possa aver dato chiarissimi ordini a tutti che la sua cara figliola nn debba essere disturbata per nessun motivo al mondo da nessuno mentre era in viaggio per conoscere la famiglia del fidanzato?»

«bravo, cazzo, gira anche il coltello nella piaga!»

«non giro coltelli in alcuna piaga, ti dico solo le cose come stanno. E adesso direi che la questione dell’attentato semi terroristico di tuo padre sia quella più importante. Da quel che ha detto la moglie, dovrebbero stare bene…»

«Warsman, mio padre è con Howard Lancaster! Come a dire che è già morto! Se anche si fossero salvati dalla caduta dell’aereo lui l’avrebbe fatto fuori e gettato il cadavere in mare!»

«non so come dirtelo Kevin, ma io penso che se Howard avesse davvero voluto far fuori tuo padre primo, l’avrebbe già fanno anni fa, secondo, l’avrebbe fatto con qualcosa che attirasse meno l’attenzione. Qualche veleno non rilevabile messo nel tè, per esempio, che facesse pensare ad una morte avvenuta per cause naturali…»

«certo che sei tetro! E non aiuti per niente!!!»

«quel che voglio dire è che Howard in realtà non ha motivo di uccidere tuo padre».

«non aveva nemmeno motivo di dare la caccia a te, eppure l’ha fatto!»

Già, vero anche quello.

«questo perché quel bastardo mi vede come una bestia, non come un uomo suo pari, come ha detto in modo estremamente chiaro durante le finali chojiin. E vedendomi come un animale non vedeva nemmeno problemi ad abbattermi. Ma credo che veda tuo padre in modo diverso da come vede me».

 

 

:: l’isola ::

 

 

“ma proprio nella tana di una famiglia di giaguari affamati dovevo capitare?!! Non potevano starsene a vivere nella foresta?!! Proprio nella mia grotta dovevano venire?!!”

Erano passati cinque giorni dall’ammaraggio e successivo arrivo sull’isola.

Robin Mask li aveva passati lì fisso nella grotta, muovendosi solo per raccogliere le noci di cocco dalle palme e per nient’altro. Che quel pazzo andasse pure a morire nella foresta, aveva pensato, lui di certo non intendeva fare quella fine; se ne sarebbe rimasto lì sulla spiaggia fino a quando non avesse visto una nave passare, o finché un aereo non avesse notato l’SOS che aveva avuto l’intelligenza di “scrivere” sulla sabbia disponendo dei sassi a formare la parola.

E fosse chiaro…se i soccorsi fossero arrivati non avrebbe certo detto loro che c’era un altro sull’isola oltre a lui. No, no. Era la sua possibilità di liberarsi dell’ex amico una volta per tutte, o almeno così sperava. Ed ecco che era rimasto lì insomma.

Mangiando tutte le noci di cocco il primo giorno per il gran nervosismo perché giustamente per ogni idea intelligente che aveva almeno due stupide dovevano venirgliene -per la par condicio- e di conseguenza erano quattro giorni che non mangiava e non beveva.

E quando si era trovato davanti questa famiglia di giaguari che decisamente non lo era stato a sentire quando aveva provato a spiegare loro il concetto di usucapione -che comunque non sarebbe stato valido visto che era lì da cinque giorni e non da vent’anni- dopo aver provato ad affrontarli ed essersi quasi beccato un bel morso ai testicoli ecco che aveva dovuto darsi ingloriosamente alla fuga. Proprio in quella specie di giungla nella quale non aveva voluto mettere piede.

Ed adesso stava correndo come un forsennato da circa un quarto d’ora, strappandosi tutti i vestiti, inciampando, finendo faccia a terra nel fango più volte, ferendosi contro diverse piante piene di spine…

«questa non è una giungla, questo è un girone infernale!!!» sbottò quando cadendo per l’ennesima volta finì a strapparsi anche quel poco che rimaneva della camicia bianca, mentre sentiva i ringhi affannosi dei giaguari che ancora lo inseguivano «un girone infernale!!!»

Era in condizioni veramente schifose, avrebbe tanto voluto potersi fare una doccia, potersi rasare, poter avere Archie lì a preparargli i vestiti e, ultima ma non per importanza, avrebbe voluto  avere la sua nuova compagna che…eh, già…ad Alya dove era andato e a far che non l’aveva mica detto. Non osava immaginare la sua reazione quando avrebbe saputo quel che aveva combinato e l’avrebbe visto finire in galera…sempre se fosse riuscito a scampare ai giaguari e tutto quel che c’era in quella stramaledettissima isola, Howard H.R.J. Lancaster compreso se non era ancora crepato come avrebbe meritato.

Mentre si rialzava e riprendeva a correre il pensiero che si fosse strappato anch’egli il suo bel completino bianco gli diede un’enorme soddisfazione. Oltre al pensiero che comunque quel completo lì non fosse decisamente adatto alla situazione e a quanto il suo ex collega probabilmente stava quasi smaniando per averne uno grigio, come il fazzoletto che -assurdo ma vero- aveva indossato al posto di quello bianco appena prima di fargli fare il “volo della vergogna”, come l’aveva chiamato lui.

Continuò a correre per un bel pezzo, e continuò anche quando sentì il rumore di quella che sembrava una sorgente d’acqua e si accorse di essere arrivato vicino al vulcano.

E quei giaguari maledetti ancora non demordevano. Per di più era andato pure a sbattere contro un alveare, attirandosi dietro anche un mucchio di api decisamente infuriate.

Odiava quell’isola.

Odiava i giaguari.

Odiava le api.

Odiava Howard Lancaster, lui più di tutto il resto!

Per di più quel maledetto vulcano ogni tanto, da quel che aveva visto e sentito già dalla spiaggia, emetteva degli sbuffi di fumo e dei rumori che non gli piacevano affatto, come se fosse stato tutt’altro che inattivo ma anzi, pronto ad eruttare da un momento all’altro. Ma probabilmente era solo una sua paranoia.

Però che diamine se qualche scossa di terremoto non troppo forte l’aveva sentita!

«Rooooobiiin…»

E quella di certo era una sua allucinazione uditiva dovuta allo stress, alla fame, alla sete e quant’altro.

O almeno così credeva.

In realtà Howard Lancaster stava pensando che dopo una serie di giorni piuttosto faticosa quella potesse finalmente essere una buona e rilassante giornata.

«hu-hu-hu».

«dai ordine alla squadra Alfa e la squadra Delta di intervenire…per divertente che sia non posso lasciare che Robin venga divorato dai giaguari, se le api non lo uccidono prima a suon di pizzichi. Hu-hu-ha-ha. Hu-Hu».

Giustamente, se Hammy “parlava” con gli scoiattoli perché Howard non doveva poter parlare con le scimmie che tra l’altro riteneva anche più intelligenti del suo compagno di sventura?

Lo scimpanzé color marrone scuro fece una sorta di saluto militare prima di passare dalle sorgenti termali calde sopraelevate agli alberi, attraverso il ponte di liane che Howard aveva costruito col suo aiuto e di qualche altra scimmia, scimpanzé e gorilla.

Attualmente il gentiluomo inglese si stava godendo un rilassante bagno termale nelle succitate sorgenti, sorseggiando del succo di mango e papaya contenuto in una noce di cocco che aveva provveduto a ripulire e a cui aveva tolto la cima per farne una sorta di bicchiere.

Doveva ammettere che tutto sommato, nonostante i terremoti e gli sbuffi di fumo, con un po’di ingegno la vita in quel posto non era affatto male. Soprattutto da quando, grazie alle innovazioni che aveva portato nella comunità di primati dell’isola -come i bicchieri e delle catapulte per lanciarsi meglio la cacca a vicenda…faceva schifo ma che dire, le scimmie erano scimmie- l’avevano eletto all’unanimità loro re. Con tanto di corona di foglie di banano in testa.

“Howard, il re delle scimmie”.

Da quel momento, dal primo giorno fino alla fine terzo, avevano lavorato per creare ponti di liane che andassero da un albero all’altro in modo da rendere ancora più agevole il cammino -anche se a dire il vero un altro motivo per cui era diventato il re era che se si trattava di andare da un albero all’altro a momenti se la cavava anche meglio delle scimmie stesse- una rudimentale capanna in cui lui potesse dimorare su un albero vicino alla montagna e perfino qualcosa di vagamente simile ad un acquedotto che quando aperto gli portava l’acqua potabile della sorgente direttamente in casa!

Quando ai restanti giorni, li aveva impiegati ad insegnare ai suoi “sudditi” più volenterosi ad utilizzare armi come fionde e lance, organizzandoli in squadre. La squadra Alfa era quella delle scimmiette, ed era per il primo assalto -piccine ma creavano diversa confusione- la Beta quella degli scimpanzé con le fionde, la Gamma quella degli scimpanzé con leggere “armature” in legno di sandalo e le lance, e la Delta…era quella d’élite, costituita dai gorilla con “armature” in legno più duro.

E la sua scimmia di fiducia, quella a cui aveva dato ordine di dare ordine alle squadre di intervenire, tra l’altro era il precedente re della tribù. Una cosa aveva pensato spesso, “questa se la racconto a casa non ci credono”.

Casa, già…

Era per via delle persone a casa che non riusciva ad essere sereno. Anzi, ogni giorno che passava si agitava di più, nonostante stesse…da re! Oltre al fatto di sentirsi la testa pesante e girare leggermente da più o meno tre quarti d’ora.

Il fatto era che non poter contattare la sua famiglia, e soprattutto la sua principessa, lo innervosiva tremendamente. Non perché soffrisse di solitudine, ma perché immaginava che fossero preoccupati, Janice in particolare se era andata come doveva andare e ad Hammy non aveva detto niente.

Socchiuse gli occhi e poggiò con un secco “tclock” la noce di cocco accanto a sé, unico segno tangibile della sua inquietudine oltre allo sguardo.

Lui in qualche modo “sentiva” l’ansia e la preoccupazione di Janice, la sua tristezza.

Era qualcosa di diverso dal proiettare le proprie sensazioni su qualcun altro, qualcosa che Howard aveva già sperimentato. Il suo legame con Janice era così tremendamente forte, così intenso, che riuscivano come a “percepirsi” anche a distanza. Era qualcosa di inconscio, di sotterraneo, inesprimibile.

Ma c’era.

Non era telepatia, non era magia. Non avrebbe saputo dire cosa fosse, ma era qualcosa che consentiva loro di sentirsi vicini anche quando erano lontani e che -capitava piuttosto spesso- faceva fare loro perfino gli stessi sogni.

“io sto bene, Janice…e se sei riuscita a rimanere sufficientemente lucida da dare a chi di dovere l’ordine di cercarmi -ed io so che è così- allora ci rivedremo presto”.

Ed Emerald…gli mancava sentire la sua voce. Vero che prima che entrambi partissero, lei per Washington con Michael e lui per l’Australia, si era ripromesso di chiamarla massimo una volta alla settimana; in fin dei conti poteva solo stare benissimo, essendo insieme a Connors.

Un pensiero che lo fece rilassare un po’. La sua famiglia al sicuro. Hammy al sicuro. Hammy con Michael, non più con Kevin Mask.

Quando lo aveva saputo, nonostante si fosse limitato ad un caldo e sincero “sono veramente felice” detto ad entrambi di persona il giorno dopo che si erano messi insieme, appena era tornato nella suite di uno degli alberghi che aveva acquistato a Tokyo si era messo letteralmente a saltare urlando di gioia e buttando all’aria tutti i cuscini. Fortuna che la suite era insonorizzata, altrimenti l’avrebbero preso per pazzo, e comunque aveva rimesso a posto tutto una volta finito.

Era da tempo che non si lasciava andare a simili manifestazioni di gioia. Più o meno da quando lui e Robin non si parlavano più.

Ricordò le volte in cui l’aveva trascinato a vedere le partite del Liverpool e nelle quali quando vinceva si erano ritrovati ad urlare e saltellare abbracciati come…due tifosi qualunque. E soprattutto ricordò le memorabili paternali di Robin dopo.

 

 “ma tu guarda che mi fai fare! Non è dignitoso! Mio nonno si rivolterebbe nella tomba!” quello lo diceva praticamente per qualunque cosa di diverso dal solito Howard lo inducesse a fare “ma ti rendi conto? Ma che figura abbiamo fatto?!”

“Cristo Robin, siamo due persone normali tifose del Liverpool che sono felici della vittoria della propria squadra! E lasciati andare un po’!”

“ma che ci parlo a fare con uno che dava corda alle drag queen?!”

“lo hai fatto anche tu Robbie”.

“non ricordarmelo!...e non chiamarmi in quel modo”.

“Robbie”.

“piantala”.

Roooobbiiiie!!!

piantala ti ho detto!...cos’è quello sgorbio che hai disegnato?”

“una palla”.

“sembra una nocciola…”

“è proprio vero, sono un artista incompreso”.

“no, è che non sai disegnare”.

“o siete tu e gli altri a non capire la mia arte”.

“no, credimi: sai fare tante cose, ma disegnare proprio no”.

“vedremo stasera! C’è la rivincita, noi contro le nostre mogli”.

“ah no, io in squadra con uno per cui un cavallo è un due squadrato con quattro stanghette sotto non ci sto!”

 

Bei ricordi…

«lasciatemi immediatamente, brutti gorilla!!!»

Howard alzò gli occhi al cielo. Purtroppo negli anni Robin era diventato decisamente sciocco, più di quanto fosse mai stato.

«ma vuoi stare tranquillo una buona volta?»

«tu…!!!»

No, non era possibile…Robin, portato lì dai gorilla che dopo essersi occupati dei giaguari l’avevano trascinato via, pensava che, proprio, non era possibile.

Lui aveva passato cinque giorni di stenti e quello lì oltre a sembrare fresco e riposato se ne stava beatamente a bagno nella sorgente termale calda -che Robin dal canto suo aveva nel terreno attorno alla tenuta, in Inghilterra- con uno scimpanzé dalle mani guantate a servirgli del succo di frutta appena spremuto.

E con una corona di foglie di banano in testa.

C’era da picchiarlo veramente.

«il re delle scimmie è una iena, I won't live in this planet anymore!»

«se fossi stato una iena ti avrei lasciato di sotto con i giaguari e le api. Anche se ho assistito a buona parte dell’inseguimento senza muovere un dito perché sinceramente mi divertiva come poche cose da un po’di tempo a questa parte. Lasciatelo» ordinò ai gorilla con un cenno «…povero Armani, come l’hai ridotto!»

«al diavolo tu, al diavolo l’Armani e al diavolo anche queste scimmie! E anche quelle sorgenti calde!»

La testa di Howard era sempre più pesante, tanto che non aveva nemmeno voglia di rispondergli in modo arrogante e sarcastico come al solito e chiuderla lì, finendo invece per sbuffare ed appoggiarsi contro la pietra socchiudendo gli occhi e sperando di poter avere una conversazione ragionevole con quell’individuo.

«vuoi iniziare ad usare il cervello anche solo per un attimo?» disse secco «e piantarla con quei tuoi “sei una iena qui, sei un mostro là” una volta tanto?! Anche perché non ho la minima voglia di starti a sentire».

«e allora-»

«tu non ce la fai da solo».

«ce la faccio benissimo!!!»

«non mi sembrava. Hai occupato la tana di una famiglia di giaguari, hai finito cibo e da bere il primo giorno, ti sei fatto inseguire da delle api e ti sei strappato tutti i vestiti. Ah, e c’è anche il fatto che sei pieno di fango dalla testa ai piedi. Sai fare diverse cose ma, sopravvivere in queste condizioni, no».

Robin pensò di saltare nella sorgente calda per dargliele sode e strozzarlo, ma il bastardo aveva la noce di cocco piena di succo di frutta in una mano e la pistola nell’altra. Carica, sicuro. Quindi…

«e naturalmente volevi sbattermi in faccia che invece “tu puoi”, vero?!»

«…preferivo avere a che fare con le scimmie. Robin, ma ti pare veramente che nella situazione in cui ci troviamo adesso… dispersi su un’isola deserta nel Bacino di Wharton, lontani io dalla mia famiglia e tu da quella ragazza -e ancora devo arrivare a capire perché una donna giovane e carina come lei abbia preso un vecchio come te, se non per soldi- con cui ti sei messo…a me interessi qualcosa dimostrarti che “io posso”? Tanto più che dovresti averlo capito benissimo da solo, ormai».

«e allora cosa vuoi?! Perché mi hai salvato due volte con questa?! Perché quel discorso quando ero ancora all’ospedale?! Tu mi odi, io odio te!»

Lancaster riaprì del tutto gli occhi.

«io ti ho odiato quando ti sei rifiutato di sciogliere quel patto nonostante avessi riavuto da me tutto quello che ti dovevo e anche di più. Ma mi è passata prima di quanto pensi. Non si può proprio dire che io ti odi, Robin, no; sei alla stregua di un moscerino per me, o di un criceto da far girare sulla ruota. Ma contrariamente a te che a parti invertite probabilmente mi avresti lasciato morire entrambe le volte, o meglio, ci avresti provato…»

«togli il probabilmente!» ringhiò il capofamiglia Mask.

«…io non ho dimenticato che questo moscerino, o questo criceto, è stato per quattordici anni un mio carissimo amico. Piuttosto rigido e austero, e nemmeno l’uomo più sveglio del mondo, ma…un amico. Tant’è vero che ti scelsi come padrino di mia figlia. E anche se i rapporti adesso sono quelli che sono, così come tutti i fatti che sono successi, non per questo ti lascerei morire» lo guardò «è una di quelle cose che non farei mai».

Momento di silenzio piuttosto lungo.

Anche troppo.

«non c’è niente che tu non faresti» disse poi Robin.

«è ufficiale, tra avere a che fare con te o con le scimmie io preferisco le scimmie. Sul serio».

«le tue sono solo parole, che dici perché magari ti fa comodo avere un altro “suddito”!»

«…non metterti allo stesso livello dei miei sudditi, non ci arrivi, e ti garantisco che no, non mi fai comodo per niente. Volevo solo evitarti di finire ucciso, e…» mamma mia, adesso si che la testa aveva iniziato a girargli sul serio «…proporre…una tregua. Finché non ci salvano» specificò, mentre usciva dalla sorgente calda cercando di non barcollare troppo. Doveva recuperare la giacca. Teneva sempre qualcuna delle sue medicine nella giacca. E al momento…riconosceva i sintomi di quando aveva quei suoi rarissimi attacchi di febbre estremamente alta a cui era soggetto. Debolezza immensa, giramenti di testa, vista appannata.

non-devo-svenire” si intimò.

«non se ne parla, perché dovrei accettare?»

«per restare in vita e…tornare…a farti quella tua ragazzina in santa pace. Mh. Più o meno» borbottò. Si vedeva che stava male, o non avrebbe nemmeno usato un linguaggio di quel tipo.

«stare con le scimmie ti sta involgarendo non c’è male» disse l’inglese mascherato. Perché non provare a saltargli addosso e riempirlo di botte, dopotutto, anche per quel che aveva appena detto della sua compagna?

Ma quando lo vide crollare sulle proprie gambe appena raggiunta la giacca e tirato fuori i medicinali senza nemmeno riuscire a prenderli cambiò idea.

«ma si può sapere che…guarda che non attacca!...» sbottò Robin andandogli vicino «e se è uno scherzo non è divertente! Lancaster! Rialzati, razza di iena!!!»

“questo è già successo un’altra volta” ricordò poi, facendolo sdraiare sulla schiena. Era stato quando il suo ex collega aveva giusto ventiquattro anni, e stava cercando di insegnargli ad andare sullo skateboard. In una mezz’ora l’aveva visto passare da “sto benissimo” al crollare a terra esattamente in quella maniera, con quella che poi aveva scoperto essere una febbre violenta ed estremamente alta che ogni tanto, in rarissimi casi, gli veniva.

Quella era un’occasione d’oro.

“è il momento giusto per liberarmi di questo cane maledetto una volta per tutte, e chi se ne importa se poi mi ritroverò chissà quante scimmie infuriate addosso!” pensò.

Sarebbe bastato così poco per soffocarlo.

 

“io ti ho odiato quando ti sei rifiutato di sciogliere quel patto nonostante avessi riavuto da me tutto quello che ti dovevo. Ma mi è passata prima di quanto pensi”.

 

O per ucciderlo buttandolo giù da un punto più in alto di quello dove si trovavano.

 

“Non si può proprio dire che io ti odi, Robin, no; sei alla stregua di un moscerino per me, o di un criceto da far girare sulla ruota”.

 

O ritrovare quei giaguari per darglielo in pasto.

 

“ma contrariamente a te che a parti invertite probabilmente mi avresti lasciato morire entrambe le volte, io non ho dimenticato che questo moscerino, o questo criceto, è stato per quattordici anni un mio carissimo amico. Piuttosto rigido e austero e nemmeno l’uomo più sveglio del mondo, ma…un amico”.

 

…o ancora, sparargli alla testa con la sua stessa pistola…

 

“tant’è vero che ti scelsi come padrino di mia figlia. E anche se i rapporti adesso sono quelli che sono, così come tutti i fatti che sono successi, non per questo ti lascerei morire. È una di quelle cose che non farei mai ”.

 

Perché era tutta colpa sua, sua, solo sua, esclusivamente sua.

E adesso eccolo lì, il signor “I can”, completamente indifeso e alla sua mercè…

 

 

:: Washington DC ::

 

 

«…si, dove hai detto che è andato Lentiggine?»

«ha detto che il turno della spesa per la cena toccava a lui, altrimenti oggi non ci sarebbe stato niente da mangiare in casa…a meno di non svaligiare la panetteria».

«scusa i miei, se puoi. È che sono talmente concentrati sul lavoro da…beh, fa’ un po’due conti, mio fratello torna qui a Washington in tutto quattro o cinque settimane l’anno, e tanto non smettono di lavorare per stare un po’più con lui. Perfino nei periodi festivi lavorano fino al ventiquattro dicembre compreso, e anche la mattina di Natale».

«in tempi come questi per mandare avanti un’azienda questo bisogna fare, mi sa. Però penso che anche a loro dispiaccia e che vorrebbero passare più tempo sia con te che con lui».

«si…lo immagino. Anche se tra una cosa e un’altra praticamente ci ha cresciuti nonna Isabèl».

Emerald era tranquillissima a stare nella camera di Zachary, così com’era tranquilla sul fatto che Michael fosse davvero andato a fare spesa e non fosse una scusa per vedersi con chissà chi.

Seduta a gambe incrociate sul letto con una trapunta a tema Pac-Man non troppo pesante osservava il ventunenne -ventiduenne il diciassette settembre di quell’anno a dire il vero- albino che, seduto sul divanetto sotto la finestra, si stava beatamente fumando dell’erba con “Don’t worry, be happy” di Bob Marley come sottofondo.

Inutile chiedersi da dove venisse la roba considerando che aveva un paio di piantine proprio sull’ampio davanzale. Un po’più dei ventotto grammi per uso personale legali a Washington, a dire il vero, ma…chi se ne importava?

“here is a little song I wrote, you might want to sing it note for note, dont’t worry; be happy”.

«ecco perchè Mikey me ne ha parlato come “la persona più importante della famiglia”».

«eh si. Per noi lo è senz’altro. Ah, e comunque se mai la vedessi evita di dirle che continuo a fumare erba per favore».

“in every life we have some trouble, when you worry you make it double, don’t worry; be happy”.

«tranquillo».

«sei una brava persona. Io gliel’ho detto a Michael: “sposala subito”».

“don’t worry, be happy now, don’t worry, be happy, ain’t got no place to lay your head, somebody came and took your bed, don’t worry; be happy”.

«eppure non si può proprio dire che tu mi conosca benissimo».

«vero, ma mi piaci lo stesso. Perché, come ti ho detto prima, sei una brava persona. Stesso motivo per cui piaci ai miei».

“the landlord say your rent is late, he may have to litigate, don’t worry; be happy, look at me, I’m happy, don’t worry, be happy”.

«quindi piaccio loro davvero?»

«ma si! Non lo avevi ancora capito?» finì la canna, che spense nel posacenere e poi gettò via in un mini-secchio a forma di Pac-Man la cui bocca si apriva premendo un piccolo pedale «Hammy, don’t worry: be happy».

“I give you my phone number, when you’re worried call me, I’ll make you happy. Don’t worry; be happy”.

«assurdo che uno a cui piaccia la musica per la robo-dance piaccia anche Bob Marley».

«perché? Anche tu ascolti un po’di tutto».

“ain’t got no cash, ain’t got no style, ain’t got  no gal to make you smile, but don’t worry; be happy, ‘cause when you worry your face will frown, and that will bring everybody down, so don’t worry; be happy…don’t worry, be happy now”.

«ok, vero».

«non sei come quel fissato di mio fratello per cui esiste solo Eminem. Mi ricordo ancora quando mi fece vedere il regalo che gli ha fatto tuo padre. Quei cd autografati» alzò gli occhi al cielo «sembrava aver ricevuto in dono la primissima versione originale del videogioco di Pac-Man, per quant’era contento».

“don’t worry; be happy”.

«si, lo so. È che mio padre lo ha preso molto a benvolere, tant’è che era contento come una Pasqua quando ci siamo messi insieme».

«per essere un nobile inglese è di larghe vedute. Non tutti di loro accetterebbero che la loro unica figlia stia con qualcuno che non sia figlio di un altro nobile inglese».

“now there’s this song I wrote, I hope you learned it note for note like good little children, don’t worry; be happy”.

«il mio ex lo era, figlio di un bastardo nobile inglese. E,  appunto…adesso è “ex”. Prova evidente che essere nobile non ti rende automaticamente intelligente, o più che altro ragionevole».

«già, posso chiederti come mai è finita?»

«credeva che lo avessi tradito con tuo fratello, e mi ha cacciata di casa senza chiedermi perché e per come né curandosi di sapere se era vero o meno. E comunque prima io e Kevin avevamo già dei grossi problemi…»

“listen to what I say, in your life expect some trouble, when you worry you make it double, don’t worry; be happy, be happy now”.

«ed era vero?»

«cosa?»

«che lo avevi tradito con Michael».

«no. Ho tanti difetti ma non quello di mettere le corna».

«una sicurezza in più. se nn hai tradito il tuo ex con Michael non c’è nemmeno il rischio che tu tradisca Michael con Pincopallino o Tizio, Caio e Sempronio insieme».

“don’t worry; be happy, don’t worry, don’t do it, be happy, put a smile on your face, don’t bring everybody down like this”.

«guarda, non c’è pericolo».

«sono contento, anche per lui. Che una relazione possa finire per diversi motivi ci sta, ma dipende anche in che modo finisce. Non dico che lo farai, anche perché non mi sembri il tipo, ma non sopporterei se mio fratello venisse ingannato o preso in giro, o ancora lasciato in un modo che non sia…dignitoso. Tipo come accadeva ad alcuni ragazzi a scuola, lasciati vigliaccamente con un sms o che si trovavano semplicemente davanti la propria ragazza che baciava o si accoppiava velocemente e non a scopo riproduttivo con un altro. A me non è mai capitato e a Michael nemmeno, ma dalle loro reazioni sembrava essere brutto».

«fino ad ora quando ho lasciato qualcuno gli ho sempre detto in faccia chiaro e tondo il perché».

«quello va bene. Poi il motivo può essere qualunque, anche se iniziasse a piacerti un altro magari e il motivo fosse quello, ma basta che uno si comporti in modo corretto».

«in fondo è giusto così. Non ti sei mai interessato ad avere una relazione ma noto che hai comunque delle idee ben precise».

«questo perché nonostante a me non interessi interessa al 99,99% delle persone che conosco, indi è inevitabile che finiscano a parlarmene e, indi, devo avere qualcosa da dire loro. E poi studiare i comportamenti delle persone coinvolte in una relazione è interessante».

«e da tuoi “studi” come vedi la relazione tra me e tuo fratello?»

«confrontando quel che vedo quando vi osservo con altri casi…siete innamorati! Parecchio. Tutti e due. Per esempio, non ce lo vedo a lasciarti per una bionda tettona».

«buono a sapersi».

«o per qualcuna di quelle ragazze del tipo che si portava in macchina».

«buono a sapersi un’altra volta».

«vogliamo uscire?» disse all’improvviso l’albino, alzandosi «ti voglio portare in un posto».

«uh. Ok».

«tanto i miei prima delle nove e mezza hai visto, non tornano. E a Michael…lascio un biglietto…» disse mentre scriveva «peeeeeerfetto. Andiamo».

Uscirono rapidamente dalla stanza, diretti alla rimessa.

Ecco un’altra stranezza. Per muoversi Zeke usava un motorino, eppure le aveva detto di avere una macchina, “solo che non è qui”. Bah. Ma se aveva una macchina perché non usava quella?

Ad ogni modo una volta saliti sulla moto ed usciti Emerald perse in breve tempo il senso dell’orientamento. Sembrava che il posto dove stavano andando fosse un po’distante dal quartiere, e le strade man mano che procedevano non sembravano esattamente…sicure.

Forse avrebbe dovuto chiedergli dove cavolo voleva portarla, prima di andare. Ma ormai era un po’tardi.

Si fermarono accanto a quello che sembrava organizzato come un…circuito per rally illegali con le macchine sportive?...

«arrivati».

La ragazza scese, seguendolo. «che significa?»

«volevo farti vedere dov’ è che Michael non ha voluto che venissi sabato della settimana scorsa».

«qui?»

«precisamente».

«ma, ehm, mi spieghi perché tu volevi che io e lui venissimo qui? Per vedere un rally clandestino?»

«no! Per vedere me vincerlo».

Oh cielo.

Ammazza serpenti, mezzo scienziato pazzo, abile maneggiatore di coltelli, ballerino di robo-dance e pure uno spericolato che partecipava ai rally clandestini. Oltre che consumatore di erba. C’era altro?

«…tu corri nei rally clandestini?»

«io vinco nei rally clandestini. Prima lo faceva mio fratello, che si è fatto un nome come “Apocalisse” tra queste corse e varie altre…faccende. E adesso lo faccio io. Sono piuttosto conosciuto tra l’altro, in fin dei conti un albino con l’eterocromasia non è esattamente comune; quei quattro di qualche giorno fa dovevano essere nuovi, per non sapere come sono fatto».

E lì Hammy a quel punto ricordando le parole dei due che lei e Michael avevano lasciato “sani” -ossia “ma se questo è Apocalisse e quello è suo fratello…”- capì qualcosa di fondamentale.

Loro non erano fuggiti perché Zachary è il fratello di Michael Apocalisse Connors.

Erano fuggiti perché avevano capito che Zeke era Zeke.

Non perché “fratello di Apocalisse”. Ma perché “Armageddon”.

Ed Emerald iniziava a dubitare fortemente che una volta capito chi era fossero fuggiti solo perché vinceva le corse clandestine.

«ehi tu! Bianchetto!»

«oh cavolo» borbottò Emerald vedendo avvicinarsi tre tizi dall’aria decisamente poco raccomandabile, uno dei quali aveva un serpente tatuato che dalla tempia sinistra scendeva giù attorcigliandosi attorno al collo e lungo il braccio.

«volevo farti vedere dov’è che tengo la macchina con cui corro ma mi sa che sarà per un’altra volta. Ehm…Hammy…fino ad ora non mi sei sembrata una che si sconvolge. Continua a non esserlo per piacere. Sarà legittima difesa, quelli hanno coltelli ed una pistola…»

«ce l’ho pure io una pistola, te li gambizzo in tre secondi».

Che dire, era pronta al combattimento dopo cinque-quasi-sei giorni di completa tranquillità.

«no, no, faccio io».

«tu, schizzo di sb…»

“…al confronto non sono poi così grezza” pensò Emerald “com’è che a Zachary sembra non fregare un cavolo?”

«dimmi» rispose tranquillissimo l’albino.

«tu sei quello che chiamano Armageddon, vero?»

«ah-ha».

Adesso i tizi erano fin troppo vicini. Emerald aveva già una mano sulla pistola.

«sei tu quello che ha mandato all’ospedale due dei miei».

“eh?!” Emerald riusciva ancora a stupirsi.

«quando di preciso?»

«non fare il finto tonto con me!» sputò il tizio col tatuaggio «sabato scorso!»

«verso che ora?»

«ti ho detto di non prendermi per il culo!!!»

«è che non ne ho mandati in ospedale due soli, capito, quindi potrei confondermi. Prima o dopo la corsa?».

Nemmeno stessero amabilmente conversando del meteo, il tono di Zeke era quello.

«questo ci prende per il culo, capo, diamo una lezione a lui e la ragazzina e facciamola finita» disse quello a sinistra.

“provaci, che almeno quel coltello te lo ficco dove non batte il sole. Oh, andiamo! Provaci!” pensò Emerald.

«tutto sommato hai ragione. Almeno impara ad attaccare la mia gente!»

«a dire il vero sono stati loro a darmi addosso per primi perché sono albino. Qui siete nuovi anche voi, mi sa. Ma per il futuro tenete a mente che una delle regole di questo posto è “non rompete le scatole ad Armageddon”. Si…se ne avrete modo, di tenerlo a mente» sorrideva perfino, pacifico «e comunque quel tatuaggio tutto attorcigliato non mi piace per niente, mi ricorda tua madre avvinghiata al vostro cane. Ossia tuo padre».

«piccolo lurido stronzo, adess-»

Quel che seguì fu molto rapido.

Appena i tre iniziarono a muoversi per attaccare Zachary, sempre con la massima tranquillità e senza dare alcun segno premonitore di quanto stava per fare*, si avvicinò al tipo di sinistra conficcandogli il coltello in piena arteria femorale. La lama entrò ed uscì tanto velocemente che non si sporcò nemmeno*. Fatto ciò tirò fuori le Daygum -o meglio, quelle che sembravano Daygum- lanciandone due contro l’uomo tatuato che in pochi istanti…si trovò come il secchio del giorno prima.

Se fosse sopravvissuto quelle ustioni avrebbero cancellato il tatuaggio. D’altra parte l’idea di Zachary era quella.

Quanto al terzo, non gli successe niente solo perché l’albino stesso decise così.

«ehi. Se chiami un’ambulanza magari si salvano. Sii veloce però, mi raccomando»

Emerald guardava tutto con due occhi così. Un’azione veloce, precisa…violenta eppure “pulita”. E fatta per legittima difesa perché non ci voleva la scienza per capire che quelli non avrebbero esitato ad accoltellarli o a sparargli.

«meglio che andiamo, mh?» disse rapida la ragazza distogliendo lo sguardo dal terzetto e salendo sul motorino dopo Zachary.

«decisamente, Emerald. Non so quanto Michael sarà contento di questa cosa, anche se non è esattamente colpa mia visto che io ero venuto qui solo per farti vedere cosa faccio il sabato sera» disse lui, schizzando via con il motorino ed Emerald a tenersi saldamente aggrappata a lui.

«in un certo senso me l’hai fatto vedere!»

«non succede mica tutti i sabati…e poi se la sono voluta si o no?»

«o loro o noi, si, ma…il fatto è che tu all’inizio mi sembravi quasi innocuo, capito».

«l’Armageddon non è proprio una cosa innocua».

«l’ho notato!»

Tornarono a casa per la strada da cui erano venuti, impiegandoci lo stesso tempo, e trovando Michael che stava per salire in macchina, presumibilmente per raggiungerli e riportare a casa la sua ragazza sapendo cosa poteva succedere da quelle parti.

Inutile dire cosa successe appena Zeke fu sceso dalla moto.

«ma sei idiota?!! Se sabato scorso non l’ho nemmeno portata io stesso in quel posto a vederti correre non hai pensato che potesse esserci un motivo?!»

Ex mercenario quanto gli pareva, e se si trattava di correre dei rischi in prima persona ci stava, chi se ne importava? Ma miz Lancaster in potenziale pericolo, soprattutto durante quelle tre settimane…eh no. Quello no. Emerald sapeva difendersi benissimo e lo sapeva, ma non era invulnerabile, e non voleva che corresse rischi inutili. Giustamente.

E suo fratello arrivava e se la portava via!

«ma è filato tutto liscio…non abbiamo nemmeno un graffio, vedi. E magari quello a cui ho tagliato l’arteria e l’altro a cui ho dato fuoco sono ancora vivi».

«tu sei fortunato ad essere mio fratello, Zachary Connors, altrimenti ti spaccherei la testa contro il muro, e giuro su quello che ti pare che la voglia C’è!!! E tanta!»

«è stato un caso, dubito che Zeke volesse che andasse a finire in quel modo» provò a difenderlo Hammy, che non ricordava di aver mai visto il soldato così furioso. Ma se non altro riusciva a capire benissimo i motivi della sua rabbia.

«ogni volta che va in quel posto va a finire in quel modo, e se non succede “da solo” come pare sia accaduto stasera lui se lo va a cercare!...quando vi ho lasciati soli non pensavo che l’avresti portata lì!» tornò a rivolgersi al fratello, che aveva preso una Vivident e se la stava masticando beatamente.

«ribadisco che non pensavo sarebbe successo, visto che non è nemmeno tanto tardi. E poi, comunque, la mia è sempre legittima difesa».

Emerald rimase lì in silenzio a guardare, decidendo di non intromettersi oltre nella discussione. Anche se più che una “discussione” sembrava un litigio a senso unico, perché se Michael era infuriato Zachary invece era sempre calmissimo.

«non me ne importa niente, legittima difesa o meno tu tieni fuori Hammy da queste cose, così come faccio io! Chiaro?»

«ma lei ha una pistola…»

«chiaro?!»

Breve momento di silenzio, dopo il quale Zeke fece spallucce. «ok, no problem. Che si mangia stasera?»

«vai-in-casa».

«scorbutico».

Quando l’albino fu rientrato Connors fece un grosso sospiro, avvicinandosi ad Emerald guardandola come a voler verificare che stava bene e davvero non aveva nemmeno un graffio. Oltre che con aria colpevole, perché pensava “se non fossi uscito Zeke non l’avrebbe portata lì”.

«mi dispiace. Mi dispiace. Pensavo che quel demente avesse capito l’antifona quando sabato non ho voluto portarti lì, ma mi sbagliavo. Mi dispiace» ripeté ancora.

«non è colpa tua. E poi…tsk! sai quanti ne ho menati a Tokyo di tipi come quelli? Solo che non mi aspettavo che tuo fratello fosse così…come dire…letale?»

Ringraziando il cielo non pareva nemmeno troppo scioccata, ma lui la strinse a sé lo stesso. Che sarebbe successo se quella sera l’avesse persa per colpa di Zachary, per quanto improbabile potesse essere?!

«almeno sai che se Zachary dovesse dirti ancora di andare con lui al circuito tu devi mandarlo al diavolo».

«ma veramente mi ha detto solo “ti porto in un posto”, nemmeno dove. Ma se anche mi avesse detto che posto era l’avrei seguito ugualmente».

«ecco, non farlo, non solo perché non voglio che ti accada niente ma…immagina la reazione di tuo padre!»

Già…a proposito, c’era da chiedersi come mai non aveva ancora chiamato…

***

* segni premonitori come lo sguardo da cacciatore dei Lancaster o il raddrizzarsi degli occhi storti della Deva di nome Alana in "Reignite" di vermissen_stern. Zachary di quelli non ne ha, il che lo rende anche più pericoloso perchè se un minimo di segno premonitore c'è puoi evitare l'attacco, ma così è un po'più difficile.

* accade nel libro "Hannibal", quando il dottor Lecter -in Italia, e che si faceva chiamare "professor Fell"- uccide in questo modo uno zingaro, tale Gnocco, e c'è scritto a chiare lettere che non ha sporcato la lama grazie alla velocità del movimento. Non so se ria realmente possibile, ma mi sembrava una citazione macabra e che "ci stava". Anche se Zeke non mangia la gente.

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Capitolo 23
*** Io confesso ***


Socchiuse gli occhi. Era stata la luce a svegliarlo.

Si rigirò nel letto andando istintivamente a cercare Janice con la mano, e trovando invece il vuoto.

Il fatto era che Howard ancora non aveva ben “connesso” e credeva di trovarsi in Inghilterra ed essere reduce da una semplice notte di sonno.

Iniziò a capire che non era così quando si rese conto che il letto in realtà era un’amaca di liane. E che quella non era la sua camera da letto nella villa, ma la capanna sull’albero.

E infine che quello che dormiva a poca distanza -e che sembrava aver fatto a botte con qualcuno- non era decisamente sua moglie, ma piuttosto il suo ex collega Robin Mask.

Improvvisamente era sveglissimo, e la prima cosa che fece una volta tornati alla mente gli ultimi fatti -oltre che stupirsi di essere vivo- fu controllare che…tutti gli arti e il resto fossero al loro posto!

“braccia. Ci sono. Gambe. Ci sono. Genitali…a posto” non avrebbe gradito molto trovarsi evirato “dita. Ci sono tutte. Orecchie. Ok. Naso. C’è. Barba…pare lunga di tre giorni. Non sarò davvero stato nelle sue mani per tre giorni?...temo di si. Capelli…”

Capelli.

Ok.

Dov’era la metà destra dei suoi capelli?!

Non avendo voglia di scendere a terra e cercare una superficie liscia d’acqua in cui specchiarsi optò per la soluzione più semplice, ossia specchiarsi sulla maschera di Robin, che non si era ancora svegliato.

Quel che vide gli fece cadere le braccia, per non dire qualcos’altro -ovviamente in senso metaforico- perché a quanto pareva il caro, buon, vecchio, a breve morto Robin gli aveva rasato metà testa e adesso si ritrovava con una pettinatura simile a quelle che andavano di moda tra i giovani, con i capelli lunghi da una parte e cortissimi dall’altra.

Di conseguenza nonostante il muto ringraziamento, perché pareva che Robin invece che spaccargli la testa con una pietra avesse deciso non si sa perché di risparmiarlo e a giudicare dalla scatola di medicine -dimezzata- contro la febbre pure di assisterlo, adesso Howard stava seriamente prendendo in considerazione l’idea di legarlo e portarlo dormiente così com’era da quella famiglia di giaguari che l’aveva inseguito e che probabilmente sarebbe stata lieta di banchettare con le sue carni. Gallina vecchia fa buon brodo in fondo, giusto?

Ringraziò comunque il cielo di essere previdente. Lui non soffriva di cose come emicranie croniche o dolori articolari o vattelapesca cosa, ma si portava sempre dietro qualche medicina “nel caso”. Anche quelle per le sue rarissime febbri violente, l’ultima delle quali avuta diciassette anni prima, ma anche lì…non si sapeva mai.

“…i…miei…capelli…” pensò portando le mani a toccarseli “dopo Howard. Dopo. Adesso la cosa più importante è ritrovare la pistola, sempre che questo…questa…persona non l’abbia gettata via. Ma mi parrebbe strano, è il tipo che si divertirebbe a minacciarmi con la mia stessa arma…ah. E infatti…qui ti volevo” pensò vedendogli la pistola in mano e sfilandogliela subito via dalle dita. Scarica. C’era da aspettarselo “potrei mettermi a cercare i caricatori, ma per quello c’è tempo. Io non potrò usarla ma…lui nemmeno. E alla fine questo è ciò che conta. Se mai non avessi voglia di picchiarlo da solo, poi, mi basterebbe un fischio ad un paio di gorilla”.

«…ma ciao, scimmietta Alfa» mormorò pianissimo quando una scimmietta bianca si affacciò alla “finestra” della capanna per poi saltargli dritta sul braccio. Per fortuna lo riconoscevano ancora come il loro re. Tra l’altro a guardarsi bene intorno la capanna sembrava essere piena di “tributi” in frutta…e la scimmietta aveva in mano la sua corona di foglie di banano, che gli mise prontamente in testa.

«tsk. Lo sapevo che il vecchio Robbie non sarebbe riuscito a spodestarmi come re delle scimmie» commentò «anche se quel che ha fatto ai miei poveri capelli è imperdonabile».

Però lo aveva aiutato.

Lo aveva fatto nonostante quella fosse un’occasione d’oro per liberarsi di lui una volta per sempre, non poteva non tenerne conto.

E fu solo questo che salvò Robin da un -altro- pestaggio da parte dei gorilla che lì per lì non avevano gradito che l’estraneo sembrasse portarsi via il loro re, o dall’essere legato e ficcato a testa in giù in una tana di formiche rosse.

Si occhieggiò attorno. La valigetta era ancora lì dove l’aveva lasciata, solo un po’spostata. Facile che Robin avesse provato ad aprirla, ma senza riuscirci.

“e se anche l’avesse aperta, questa era una delle ormai poche volte in cui ho compiuto un viaggio per affari del tutto legali. Un po’macabri considerando che ho rilevato un’impresa di pompe funebri, ma legali”.

Guardò di nuovo il proprio riflesso.

Poveri, poveri capelli!

Niente panico, si impose. Proprio perché andavano di moda bastava una sistemata e come minimo al suo ritorno sarebbe riuscito a lanciare quel trend anche tra gli aristocratici. Magari una volta trovato il rasoio -fatto con un pezzo di pietra che aveva affilato- avrebbe potuto disegnarsi qualche linea a caso sulla parte più rasata e…

E…

Ok, no, meglio far fare quel lavoro al suo Jordan versione scimpanzè. A rasarsi riusciva benissimo da solo, ma per lavori di “disegno” ebbene si, anche uno scimpanzè era meglio di lui!

Pensando che non doveva essere troppo lontano, e sempre dando un’occhiata all’ex collega dormiente, mise la testa fuori dalla capanna.

E quel che vide diede un’altra mazzata alla sua vaga idea di ringraziare Robin, che aveva stracciato la sua giacca bianca e l’aveva appiccata come uno striscione a due bastoni, per di più scrivendoci sopra con del succo rosso di qualche frutto “il re delle scimmie è una iena”.

Fece un respiro profondo.

“lui ti ha aiutato. Lui ti ha dato le medicine. Tu stesso gli hai proposto una tregua. Tu sai benissimo com’è fatto questo stupido qui. È già tanto che si sia limitato a tagliarti i capelli e rovinare la giacca considerando che tu hai dissotterrato la bara vuota di sua moglie, lo hai inseguito a cavallo e soprattutto hai contribuito a far venire fuori la storia dell’esilio della moglie su Nettuno che adesso è pubblica. Oltre a mettere in giro le divertenti foto di lui con quella bambola. Se Robin ha tanta voglia di comportarsi come un bambino, non significa che tu debba scendere allo stesso livello. Anche perché lui con i suoi ormai sessantacinque anni di età può usare la scusa della demenza senile, ma tu che hai solo quarantacinque anni…eh no, tu proprio no”.

La voglia di rendergli pan per focaccia c’era, ma lui non avrebbe ceduto.

Non avrebbe ceduto.

No.

No, no.

No…

No!!!

«scimmietta Alfa, trovami un paio di lombrichi nella terra smossa qui sotto. Lom-bri-chi» imitò con la mano qualcosa che strisciava «gli hiiiii-hi-hiii per capirci».

…si.

Non sapeva se quell’animale aveva capito sul serio, ma comunque la vide andare via. Se c’era una cosa che Mr. Lancaster aveva imparato durante la permanenza su quell’isola era che a quanto sembrava le scimmiette come quella, gli scimpanzè e i gorilla sembravano avere tre diverse “lingue”. Tanto che se si chiedeva una banana ad un gorilla con “hu-ha-ha” invece che con “nhraah-ha” questo capiva “lanciami i tuoi escrementi” ed era un gran casino, soprattutto da dopo che aveva costruito per loro quelle catapulte.

La scimmietta tornò poco dopo con quanto richiesto, in una specie di cesto di foglie di banano. O così pareva.

«a quanto pare avevi capito, eh?...mh…no, non esattamente…» commentò poi, vedendo che la scimmietta non aveva portato su dei vermi, ma delle sanguisughe «lo sai che tutto sommato però sono meglio queste che i lombrichi? Promemoria per me: hiiiii-hi-hiii non significa “lombrichi” ma “sanguisughe”…»

“a quanto pare oltretutto il vecchio Robbie ha ancora il sonno piuttosto pesante. Avrebbe fatto meglio a cucirsi dei pantaloni di foglie” pensò legando tra loro le caviglia del compatriota con delle liane “invece che rimanere in mutande” delle quali tese l’elastico. Sul dietro, per fortuna, non sul davanti. Tutto sommato meglio avere delle sanguisughe appiccicate al sedere che…da qualche altra parte.

«m-ma che diav…»

“si è svegliato. Peccato” pensò Howard mettendo rapidamente via le sanguisughe. Magari le avrebbe usate un’altra volta!

«non te l’hanno mai detto che in condizioni come la nostra bisogna stare sempre vigili?»

Robin tentò immediatamente di alzarsi, finendo prevedibilmente a sbattere la faccia contro il “pavimento” della capanna avendo le caviglie legate.

E quello ebbe pure la faccia tosta di sorridergli sarcastico, la sua figura stagliata controluce contro l’entrata della baracca.

«dovevo lasciarti crepare!»

«andiamo, con quel che hai fatto ai miei capelli e soprattutto alla mia giacca sono stato gentile».

Robin riuscì in breve a strappare le liane, avventandosi addosso ad Howard che era ancora convalescente. «vai all’inferno!!!»

L’assalto di Robin li portò a lottare sulla parte esterna dell’ “edificio”, con l’inglese mascherato sopra all’ex collega che fortunatamente fino a quel momento era riuscito a parare diversi colpi.

«ti rendi conto che perfino quando sono convalescente non riesci a pestarmi come vorresti, Robin?! Direi che sia indicativo» disse Howard parando l’ennesimo colpo e, stufo, facendo la mossa preferita di Emerald contro Robin Mask. L’infallibile e ormai storica ginocchiata in pieni genitali.

Ma non basto a scrollarselo di dosso, anzi, lo fece infuriare ancora di più.

«questo non basta, Lancaster!…se sei ancora vivo è solo e soltanto perché ho capito che non potevo diventare un omicida a causa tua. Perché non ne vale la pena. E perché la mia compagna non merita un assassino al proprio fianco».

Era stato anche questo, oltre al discorso di Howard prima dello svenimento, a dissuaderlo all’ultimo dall’idea di rompergli la testa con una delle rocce che c’erano lì vicino. Un conto era che quella iena morisse da sola, un altro farla fuori con le proprie mani. Inoltre lo aveva salvato ben due volte da quando erano giunti lì, prima tirandolo fuori dall’oceano e poi mandando quei gorilla a sbarazzarsi dei giaguari che volevano “invitarlo a cena” per così dire.

E a parte il fatto che questo, dunque, lo aveva posto in debito con Howard c’era anche un’altra questione: dopo quei salvataggi, se Robin non avesse fatto altrettanto sarebbe saltato fuori che Howard Lancaster era un uomo migliore di lui. Un uomo che non avrebbe lasciato morire un ex amico.

E poteva, Robin Mask, permettere che il suo nemico fosse migliore di lui? Ma assolutamente no.

Ed ecco quindi che, pur se seccato, pure se avrebbe voluto fare tutt’altro, e nonostante quelle piccole rivincite che si era preso su capelli e giacca aveva deciso di risparmiarlo e dargli quelle benedette medicine. Almeno non sarebbe più stato in debito ed avrebbe potuto continuare a ritenersi migliore di lui.

«sono alcuni dei motivi per i quali quando rifiutasti di sciogliere il patto io non ho ucciso te» replicò l’altro, riuscendo ad invertire la situazione con un colpo di reni e trovarsi sopra Robin, riuscendo a farlo voltare di schiena e stringendolo in una morsa particolarmente dolorosa.

«sei stato tu ad avere accettato!»

«ho dovuto, altrimenti per colpa di mio padre e di quell’incapace che avevo assunto la mia famiglia sarebbe finita in mezzo ad una strada, e nemmeno loro meritavano questo» strinse più forte «altrimenti non avrei mai accettato una cosa come quella! Mai!»

Con la pura e semplice forza della propria furia Robin riuscì a liberarsi, e si trovarono a fronteggiarsi in piedi uno davanti all’altro. «e perché?! Era semplicemente qualcosa che garantiva che tutto andasse com’era naturale che andasse, o meglio, come allora pensavo fosse naturale che andasse! Quante volte parlando è saltato fuori quell’argomento, Howard, quante?! E poi TU hai voluto mandare tutto all’aria! Ti sei rifiutato di stare a quanto si era deciso…»

«a quanto tu avevi deciso ed hai cercato di impormi anche a debito saldato!»

Si scontrarono al centro dello spazio in cui stavano, cercando vicendevolmente di far cadere a terra l’altro.

«era qualcosa che sembrava dovesse essere, ed io ho solo cercato di fare in modo che così fosse! Quanto volte avevamo detto che sarebbe stato bello se le nostre famiglie si fossero unite attraverso il matrimonio dei nostri figli?!» disse Robin, con la voce di chi è sotto sforzo.

«da lì a costringerli c’era un abisso» ribatté Howard, che si stava sforzando altrettanto «ma tu questo non lo capisci, con la tua mentalità da “io decido e tutti gli altri devono seguire quel che io ho scelto, che stia loro bene oppure no”».

«sembrava scontato, Howard! Scontato! Non venirmi a dire che tu non lo hai mai pensato! Io ho avuto un figlio maschio e tu una femmina, tu sei il padrino di mio figlio ed io della tua, era perfetto, maledizione, perfetto!!!»

«si, a non tenere conto della volontà di quei due ragazzi sarebbe stato un perfetto matrimonio combinato stile medioevale

Sembrava che nessuno dei due riuscisse a sopraffare l’altro. Erano in stallo, e probabilmente stavano avendo una conversazione che avrebbero dovuto avere da un pezzo.

«loro due andavano d’accordo!»

«erano bambini di quattro anni, Robin, e si sono visti solo quella volta e poi mai più fino a quasi due anni fa, non si può fare una cosa simile in generale, e tantomeno su basi così fragili! Io devo ancora capire che cosa ti è saltato in testa!»

«te l’ho detto cosa volevo, che la mia famiglia e la tua si unissero, perché scoperta ed esiliata mia moglie voi Lancaster e tu soprattutto eravate tutto quel che mi rimaneva e volevo tenermelo stretto legando me e Kevin a doppio filo con voi!!!»

“…ma che accidenti ho detto?!” pensò Robin subito dopo.

Ed ecco che era saltata fuori la verità riguardo una questione che fino a quel momento era stata del tutto priva di senso. Non che così fosse tanto meglio.

Quindi Robin aveva fatto tutta quella cosa con l’intento di non perdere quei pochissimi legami importanti che gli erano rimasti, facendo invece andare a finire tutto al contrario. Così come aveva manipolato ogni aspetto della vita del figlio per cercare di far si che venisse su come voleva lui, aveva cercato di manipolare anche un amico in modo che si trovasse costretto a seguire la sua volontà e restargli vicino.

Ed era già andata di lusso che avesse voluto combinare un matrimonio tra i figli, invece che tra lui stesso e la ragazza.

Peccato per Robin che Howard non fosse la persona giusta con cui provare a fare certi giochetti.

«…»

«Robin. Tu a fare certe cose non sei adatto. Simili manipolazioni vanno lasciate fare a chi le sa fare, e tu non le sai fare, tant’è vero che hai ottenuto esattamente il contrario di quel che volevi. Per non parlare del fatto che io non ero tutto quel che ti rimaneva, perché c’era anche tuo figlio, che avresti dovuto considerare come tale, invece che un “tramite” per legarci».

Non aveva mica tutti i torti.

«…sta’tranquillo sul fatto che adesso ho cambiato idea!!!» sbottò Robin, lasciando improvvisamente la presa per sollevarlo dopo averlo afferrato per i fianchi presumibilmente con l’intento di sbatterlo a terra o buttarlo giù.

«la cosa comica è che se tu avessi fatto meno l’idiota forse Kevin ed Emerald si sarebbero messi insieme già da prima, avrebbero avuto meno problemi e magari durerebbe ancora. Perché temo che anche la nostra faida c’entri nel fatto che si sono lasciati, per quanto a me questa cosa non dispiaccia visto che ho sempre caldeggiato la sua unione col mio uomo di fiducia e per quanto ne so adesso lei è felice e contenta» con un gesto improvviso tolse l’elmo all’ex amico «ho preso un souvenir!»

«cos-ridammelo immediatamente!» sbottò Robin, allentando scioccamente la sua presa su di lui. Che fece un sorrisetto che non prometteva niente di buono.

«questa maschera sarà anche una tradizione ma è deleteria, Robbie» commentò Lancaster per poi abbattere ripetutamente e più forte che poteva entrambi i gomiti sulla testa di Robin «perché ti distrae» Robin si ostinava a non lasciarlo, e lui allora dopo esserglisi attaccato con una presa delle gambe giù, gomitate su gomitate «è una protezione ma se te la tolgono vai fuori di testa e crolli» altra gomitata assassina «a» un’altra ancora, che fece piegare Robin sulle ginocchia «terra!»

Lo aveva colpito tanto forte da ferirlo, da fargli colare il sangue sugli occhi.

E no, non ne era esattamente felice, tanto che visto questo Howard scese e si allontanò da lui. Robin adesso vedeva rosso in tutti i sensi, ma a fatica si rialzò lo stesso.

«non è finita!»

«si che è finita. Robin, per il tuo stesso bene, chiudiamola qui».

«no! Mi credi così debole, Lancaster?! Io sono-»

«un tonto, lo sapevo già» disse lui sarcastico «ho detto chiudiamola qui e la chiudiamo qui».

«perché?!»

L’altro alzò le mani. «un conto è inseguirti a cavallo, rovinarti, staccarti la flebo di antidolorifici per un quarto d’ora e un altro ridurti in poltiglia, tanto più che ti è successo da poco e per mano di mia figlia!...e poi non è questo il momento. Oltre al fatto che anche se potrei non voglio. Tu lo sai che a me combattere in prima persona non piace, perché so come va a finire; non mi costringere».

«la verità è che tu sei solo un vigliacco».

«no, la verità è che per quanto sia terribilmente divertente punzecchiarti in ogni modo io avrei preferito se in questi anni avessimo continuato ad essere quei due cretini che saltellavano abbracciati ad ogni goal del Liverpool» ammise.

Attimo di silenzio.

«confessione per confessione».

«non cambia niente. La mia porta per te è e resterà chiusa. Soprattutto dopo quel che facesti a Warsman».

«colpa tua Robin, dovevo pur tentare di convincerti in qualche modo. Se fossi stato abbastanza saggio da lasciar perdere quel patto, o almeno dirmi come stavano davvero le cose compreso quel che è successo con tua moglie, avrei provveduto a rassicurarti che non ero dell’idea di rompere il nostro legame d’amicizia e non avresti perduto più nessuno. Ma tu no, dovevi fare di testa tua per forza!»

«non avresti dovuto dargli la caccia in ogni caso! È un uomo come noi, non una bestia!»

«è una bestia che conosce la gratitudine, ma è sempre una bestia».

Nonostante le reciproche confessioni nessuno dei due cedeva su quegli argomenti che li avevano portati a litigare. E finché ciò non fosse accaduto non avrebbe mai potuto esserci una riconciliazione.

Ma era possibile, poi? Dopo tutto quel che era successo era davvero possibile che arrivassero a fare pace e tornasse tutto a posto?

«no invece! Non so per quale strana malattia mentale Warsman ti sembri una volpe…»

«magari per lui, se somigliasse ad una volpe».

«…falla finita!!!»

«ha messo le mani addosso a mia figlia, e se l’ho lasciato vivere è solo perché Emerald è troppo buona ed ha voluto così, e per la tua salute fisica ti consiglio di non uscirtene con qualche insulto verso di lei perché a quel punto non mi tratterrei dal finire il lavoro iniziato poco fa».

«ah! Tua figlia! Tua figlia mi ha rotto lo sterno con un colpo solo, e mi chiedo cosa diamine le hai fatto a quel braccio!»

«gliel’ho rimesso a posto».

«si, e con cosa?!»

«con quel che ci voleva. Basta così, adesso vai nella capanna e stai buono».

Gli stava offrendo pure un posto dove stare. Ma che gentile.

«non accetterò mai la tua elemosina».

Ma perché quell’uomo doveva essere uno zuccone simile?!

«d’accordo allora. Come ti pare. Scendi di qui e veditela con i giaguari, le api e tutto quel che c’è in questo posto. Io il mio l’ho fatto, tu non hai accettato, sono affari tuoi».

Fece per rientrare, quando la terra iniziò a tremare.

Forte.

Molto più forte rispetto a tutte le altre scosse che c’erano state.

Da lì poi si vedeva perfettamente il vulcano sbuffare fumo più che mai, e…sbaglio o quelle sembravano scintille…?

«ma che diavolo-»

Gli animali stavano correndo via verso la costa. A che pro, poi? Ma era un’ulteriore prova del pericolo incombente.

«mi sa che il vulcano ha voglia di eruttare, Robin» fu il rapido commento di Mr. Lancaster, che era rientrato nella capanna per prendere la valigetta e si preparava a lasciare la sua dimora “da re” «mi auguro per queste povere scimmie che l’intera isola non esploda anche se a giudicare dalle scosse e quel che vedo temo che andrà proprio così! Dobbiamo andare via di qua!»

«com-agh!» la struttura intera iniziò a crollare, e se Robin non cadde giù fu solo perché l’altro riuscì ad afferrarlo in tempo, mentre pensava che ferirgli la testa in quel modo non era stata una bella idea nella situazione attuale.

«il canotto espansibile. Dimmi che non hai buttato il canotto espansibile!»

«mi credi completamente stupido, Howard?! Ce l’ho io!»

«allora tutto sommato la demenza senile non ti ha ancora preso completamente. Aggrappati a me, dobbiamo scendere».

«no che non mi aggrappo!»

«non fare lo sciocco e dammi retta! Tu vuoi rivedere la tua compagna, vero? Se muori qui non succederà!»

Dopo un brevissimo istante di esitazione Robin si aggrappò all’ex amico. «lo faccio solo per Alya, non perché io ti odi di meno!»

«non mi importa il motivo per cui lo fai, a patto che tu lo faccia» fu la secca risposta dell’altro mentre scendevano dall’albero «e continua a starmi aggrappato anche adesso, perché dobbiamo correre».

«non-»

«sono sempre stato più veloce di te, e tu adesso come adesso non ce la fai! Apri gli occhi una buona volta!»

E incurante delle proteste di Robin, Howard -con la scimmietta di prima, lo scimpanzé di fiducia e l’altro con le mani guantate al seguito- iniziò a correre verso la spiaggia. Nemmeno lui era esattamente in forma, era ancora convalescente, ma lì si trattava di sopravvivere quindi…che avrebbe dovuto fare se non questo?

 

 

:: Washington DC ::

 

 

«allora Hammy, ripassiamo la lezioncina: io ho smesso di farmi le canne. Io non corro nei rally. Io non faccio esplodere topi e l’odio verso i serpenti mi è passato. Nessuno mi chiama più Armageddon».

«si, e secondo te nonna è anche diventata scema, magari» Michael diede un’occhiata non proprio incoraggiante al fratello «potrai anche riuscire a farle credere che hai smesso di fumare, ma quanto al resto non contarci. E tu Emerald vieni davanti, dopo, ok? Altrimenti sembrerò un tassista».

Prima di andare da nonna Isabèl infatti l’ex mercenario si era offerto di spedire un grosso pacco per conto dei suoi. Avrebbe voluto metterlo nel sedile posteriore con Zeke, ma Emerald col dire che “così gli era più comodo da prendere” invece era andata dietro con Zachary, e la scatola era sul sedile anteriore.

«ok, no problem».

Erano in viaggio giusto da un paio di minuti, le poste da casa Connors distavano un quarto d’ora, e per arrivare da nonna Isabèl almeno tre quarti d’ora ci sarebbero voluti. Anche dopo la morte del marito la donna infatti era rimasta nella casa in cui aveva abitato da quando era arrivata, in un quartiere latino che era piuttosto distante da quello dove vivevano figlia, genero e nipoti.

«mh. E adess-ma vuoi abbassare il volume a quell’affare?!!» sbottò il soldato all’indirizzo del fratello quando questi tirò fuori un Nintendo per giocare…indovinate a cosa? Ma a Pac-Man naturalmente, e con la musichetta a volume massimo.

«ma non è mica alto» dissero in coro sia lui che Hammy, alla quale Zachary fece -stranamente e galantemente- giocare il primo turno.

«le cose sono due, o siete entrambi sordi…o siete entrambi sordi!»

«si però anche tu quando metti Eminem non lo tieni esattamente a trenta» gli fece notare Emerald.

«ma Eminem è un’altra cosa…»

«io l’unica cosa che so è che voi due ieri sera col casino che avete fatto per fare a gara a chi alzava di più il volume avete indotto il signor Wilson a chiamare la polizia! E ai vostri genitori è preso un colpo quando sono tornati ed hanno visto la volante!»

La musichetta di Pac-Man ripetuta a ciclo continuo contro “Without Me”. Una cosa da diventarci matti.

«e, pensa un po’, per quello ci sono venuti a cercare!» Zeke alzò gli occhi al cielo «mica per quelli a cui ho dato fuoco o tagliato l’arteria…»

«ma sarà meglio così, no?»

«indubbiamente però ecco, non si muovono per le cose più serie ed arrivano alla prima sciocchezza».

«e comunque io la musica l’avevo messa per altri motivi» disse il primogenito dei Connors con una faccia da schiaffi infinita «vero Hammy?»

«aaah, coprivate i suoni di un accoppiamento non a scopo riproduttivo! Capisco» annuì solennemente Zeke «potevate dirmelo».

«quando ti hai attaccato Pac-Man avevamo praticamente finito» disse la ragazza.

«e beh, mancavano un paio di canzoni alla fine dell’album. Album deluxe. Di oltre trenta tracce» specificò Zachary «da oltre quattro minuti l’una, quindi mediamente quattro minuti per trentuno canzoni fanno centoventiquattro minuti di amplesso avuto in santa pace, che non è poco…»

«cioè tu ti metti a calcolare pure per quanto tempo…?»

«curiosità scientifica».

«ma chi me l’ha fatto fare di tirare fuori il discorso, accidenti a me» borbottò Michael.

«Lentiggine, prima di andare da nonna facciamo che ci fermiamo al negozio di animali?»

«e per fare cosa?»

«voglio uno di quei due coniglietti neri col pelo lungo che c’erano in vetrina».

«…per farci su qualche esperimento?»

«ma che cavolo dici?» Zeke sembrava quasi offeso «io gli esperimenti li faccio solo ed esclusivamente sui topi, sui serpenti e sugli animali che strisciano! I conigli non strisciano, i conigli saltellano e poi sono tanto carini!»

“Zachary Connors, lo stesso ragazzo che da’ fuoco ai balordi con tatuaggi serpenteschi, oggi indossa pantaloni rossi a pois bianchi di diversa misura ed afferma che i coniglietti ‘sono tanto carini’…” pensò Emerald, senza esprimersi però, continuando a giocare con Pac-Man.

«si guarda poi ti ci vorrei proprio vedere a pulirgli la gabbietta, ricordarti di nutrirlo e tutto il resto!»

«ma certo che lo farei!...e se non lo facessi lo farebbe mamma…»

«e quando, che lei e papà sono sempre al lavoro?!»

«ho vintoooooooo!!! …ti ho pure battuto il record, Zeke» esultò a un certo punto Hammy.

«NOOOOOOOO come hai potutooooo?!!» l’albino prese in mano la console con -ovviamente falsa- aria affranta «sei cattiva!»

«si, sono molto cattiva…»

Eccetto che per le arterie tranciate e la gente andata a fuoco quelle tre settimane a Washington per Emerald si stavano rivelando il periodo più “leggero” che avesse avuto da un bel po’ di tempo a quella parte. I problemi che aveva avuto a Tokyo li aveva lasciati là dov’erano, i genitori di Michael a momenti l’avevano accolta come se fosse stata “loro”, con Zeke nonostante fosse un po’schizzato si divertiva come una matta, e Michael…beh, era Michael. L’unica volta che avevano discusso da quando erano arrivati a Washington era stata quando erano andati da soli a mangiare fuori: lui avrebbe voluto pagare tutto, e lei…idem, col dire “sono ospite a casa tua tre settimane, lasciami pagare almeno quando siano ‘in trasferta’, no?”.

E anche quando erano ancora a Tokyo, le discussioni -pochissime- che c’erano state erano sempre di quello stampo. Stupidaggini immediatamente ricucibili. Non c’era niente della “tragedia” che era ogni volta che lei e Kevin finivano a litigare, o grandi dichiarazioni d’amore imperituro -in tutti quei mesi non si erano mai detti “ti amo” a dire il vero- né tutta quella gelosia, quella possessività. Nessuno dei due lo era particolarmente. Lei e Connors erano innanzitutto due grandi amici, oltre che  complici ed amanti che stavano insieme per…il piacere di stare insieme, più che altro. E se mai questo “piacere” si fosse logorato col tempo e poi finito, entrambi sapevano che la conseguente fine del rapporto sarebbe stata senza tanti drammi e che probabilmente sarebbero rimasti amici lo stesso.

Kevin invece ci aveva tenuto a dirle per sms “vai al diavolo stronza, stasera mi faccio un’altra”, più di un mese prima. Lei gli aveva risposto un “ok ma … chemmefregammé?”, e quella era stata l’ultima volta che l’aveva sentito. Tanta allegria, insomma.

Arrivati alle poste Hammy come stabilito una volta sceso il pacco cambiò posto e si mise sul sedile davanti. «la cattiva se ne va…»

«nooo, torna da me! Mi manchi tanto! non lasciarmi solo…!» scherzò Zachary.

 

“…non lasciarmi solo, farò quel che vuoi, sarò quel che vuoi, ma non lasciarmi, io ti amo, non voglio perderti io…ti amo…”

 

“una promessa è una promessa. Quando ne faccio una di solito tendo a mantenerla”.

“allora voglio che tu me ne faccia una adesso. Prometti che per me ci sarai sempre, nel bene e nel male; io farò lo stesso”.

 

Già.

Non avevano mantenuto quella promessa alla fine, né lei né Kevin.

Lei gli aveva promesso che ci sarebbe sempre stata, e adesso era a Washington invece che a Tokyo. Ma d’altra parte se l’era voluto Kevin. E lei era letteralmente persa per Connors da un bel pezzo, questo era assolutamente innegabile visto che era bastato un semplicissimo bacio a mandarla in confusione tale da chiedere una pausa di riflessione a Kevin, quindi pensò che…quella promessa avrebbe anche potuto fare a meno di fargliela. Perché avrebbe dovuto capire che era di quelle che non avrebbe potuto mantenere. Vero che al momento della promessa lei e l’americano non si vedevano da tre anni e comunque fino a pochi mesi prima non sarebbe passato loro nemmeno per l’anticamera del cervello che avrebbero finito per mettersi insieme.

«adesso che hai trovato una che ti dà corda non ti schiodi proprio, eh?» l’ex mercenario aveva fatto molto presto «spiacente però, è impegnata. Magari ne trovi una al prossimo Comicon».

«si, come se a me di avere una relazione fregasse qualcosa» l’albino si distese occupando l’intero sedile posteriore «non ne capisco il senso».

«…Hammy, ma perché io perdo tempo a parlare con quello strano essere pallido?»

«perché è tuo fratello magari?»

«giusta osservazione».

«però lungo la via effettivamente non sarebbe male l’idea di fermarsi a quel negozio di animali…»

«SPOSALA!!!»

«come ti ha corrotta?»

«non mi ha corrotta, è che quel coniglio piace anche a me».

«allora facciamo una cosa, prendiamo tutti e due quei coniglietti neri così uno -disgraziato- resta qui con Zachary, e l’altro viene a Tokyo con noi».

«siiiiiiiii» esultarono i due ventenni -quasi ventenni nel caso di Hammy- battendo le mani. Come due bambini, proprio…

«poi però si va da nonna e basta».

«dici che i biscotti li ha fatti?» disse Zeke speranzoso.

«ma che ne so? E poi dopo mesi e mesi che non la vedi tu credi che a me importi qualcosa se ha fatto o no i biscotti?!»

«non ti importa però quando ci sono li mangi».

«e beh…che dovrebbe fare, stare a guardarli?» si intromise Emerald.

«parole sante. E non azzardarti a riattaccare il Nintendo Zachary perché adesso… musica!»

 

Wise men say only fools rush in

But I can’t help falling in love with you

Shall I say Would it be a sin?

If I can’t help falling in love with you…”

 

«…credevo che avresti messo Eminem» disse Hammy, che ad ogni modo aveva apprezzato molto la trovata.

«tutto sommato non esiste solo Eminem».

«…si, per le vostre nozze questi pantaloni andrebbero bene?» riecco Zeke che si faceva sentire.

«ancora con questa storia?!»

«hai appena detto “non esiste solo Eminem”!»

«e vabbè, che vuol dire…» spallucciò Emerald «e comunque per quel che mi riguarda puoi mettere i pantaloni che ti pare, anche perché eventualmente non sarebbe proprio una cosa tradizionale…»

«e di sicuro non in chiesa» specificò il soldato.

«no, no, infatti, che io se entro in chiesa e una goccia d’acqua santa mi tocca mi incenerisco; converrebbe fare tutto nella mia tenuta, cerimonia, ricevimento -parte I, e ricevimento - parte II».

«con Eminem ad esibirsi nella seconda parte e Celine Dion  a cantare “Can’t help falling in love” al posto della marcia nuziale».

«e io col vestito rosso che scendo la scalinata principale di casa, a braccetto con mio padre. Vestito rosso Pnina Tornai fatto su misura e con gonna rimovibile, così poi diventa corto e ci posso ballare».

«si, anche perché per il primo ballo impiccerebbe visto che probabilmente sarebbe una bachata».

«eh la la! Addirittura la bachata».

«solo perché poi c’è Eminem…io penso che tra i tuoi parenti e i miei saremmo uno sfracello di gente» osservò Connors.

«ma tanto la tenuta è immensa, chissenefrega…» minimizzò Hammy.

«e poi non vogliono sposarsi, noooo, per niente» disse l’albino con un sorrisetto.

Breve silenzio.

«non ora, almeno» borbottarono entrambi gli interessati.

Il viaggio procedette senza intoppi, ed una volta arrivati al negozio di animali e comprati i coniglietti -“come li chiamiamo?”, “Pac-Man e Ghost!”, “ma anche no…Max e Moritz!”, “ma non mi piace!”, “ma chiamateli tutti e due Rabbit e fatela finita!”- i tre arrivarono finalmente da nonna Isabèl nel quartiere latino.

E la prima cosa che fece quella -ancora bella nonostante l’età- signora argentina dagli occhi scuri e il portamento fiero, fu…tirare le orecchie ad entrambi i nipoti!

«…ma…perché?!…»

«porque tu, Zachary, continui a combinare danni…y non ti azzardare a contraddirmi perché io lo so che è così! Le cose te le leggo in faccia, ragazzo. Y tu, Michael, porque ci hai messo quasi trentaquattro anni a prenderti una novia da farmi conoscere!»

«ma non è colpa mia! Non è mica facile…»

«non è vero che faccio danni! Ahi» seconda tirata di orecchie per l’albino.

«non mentire a tua nonna!...» fatto ciò si avvicinò ad Emerald, il cui istinto sarebbe stato quello di ritrarsi temendo di ricevere anche lei una tirata d’orecchie non si sa per quale motivo «y tu nombre es Emerald, si? Victoria me ne ha parlato per telefono».

«si, signor-...»

Ed eccone un’altra che l’acchiappava e l’abbracciava.

«mi nieta!…sono contenta di conoscerti…»

“…davvero mi ha chiamata ‘nipote’?” pensò la ragazza.

«a-altrettanto!»

«mi sembra incredibile che esto scapestrato abbia finalmente messo la testa a posto!» altra occhiata apparentemente pericolosa all’ex mercenario «era ora! Alla tua età, Michael, tua madre aveva già quattordici anni ed io ero sposata da quindici!»

«erano altri tempi, abuelita».

Dopo quei brevi ed intensi saluti entrarono tutti quanti in casa. Nonostante gli anni trascorsi a Washington, Isabèl Rosa Valdes Perez non solo aveva mantenuto un forte accento -e temperamento- argentino ma anche gli interni della sua casa davano ancora molto l’idea di “sud America”. Oltre a mostrare un grande attaccamento alla famiglia vista la quantità spropositata di fotografie che ritraevano -oltre a figli, genero e nipoti- un sacco di altre persone che Emerald non aveva mai visto e che probabilmente erano i famosi parenti in Argentina. In più su un mobiletto c’erano una quantità immensa di lettere provenienti da quel Paese, segno che Isabèl manteneva vivissimi i contatti.

Dopo un paio d’ore di chiacchiere fatte per conoscere meglio Emerald, la quale per fortuna era abituata ad avere a che fare con nonne “irrefrenabili”, e diverse altre tirate d’orecchio a Zeke -“continui a fumare quella robaccia, vero?...come lo so? Eh! Io SO!”- la donna ebbe l’apprezzatissima idea di invitarli tutti e tre a cena.

«posso dare una mano?» si offrì Emerald.

«non c’è bisogno…ma se ci tieni tanto tu e Zachary potete andare a cogliere del timo nell’orticello dietro casa».

Una volta che i due furono andati però la donna non si mise subito a cucinare. Piuttosto fece cenno a Michael di avvicinarsi.

«che mi dici, eh nonna?»

«che devi venire conmigo».

Perplesso il soldato la seguì fino in camera da letto. La signora tirò fuori una scatolina dall’ampio cassettone.

«no es solo perché è la prima che mi porti a far conoscere, es anche perché…» lo guardò «tu cosa senti?»

Connors era più perplesso di prima, ma a quella domanda sapeva rispondere. «tu sai che io non sono uno che crede nelle favole, non lo sono mai stato. Non posso sapere se lei sia quella giusta oppure no, così come non posso sapere se durerà, e se si per quanto. Però so che con lei sto veramente bene. E che mi sento spinto ad essere un uomo migliore per meritarmi di averla accanto. E so anche che io sono felice adesso che lei c’è, e che continuerò ad esserlo finché ci sarà. E se Emerald dovesse esserci per…aah, anche finché resto vivo in questo diavolo di mondo… ben venga, accidenti! e che se anche dovesse finire non mi pentirei di niente».

Non che lui fosse uno che si pentiva di qualsiasi cosa, eh. Però era stato abbastanza chiaro.

E la nonna nell’aprire la scatolina e mostrargli il contenuto fu ancora più chiara.

«credi di farcela a portarla di nuovo qui con questo addosso prima che ripartiate?...»

L’ex mercenario indicò la scatola. «…»

«lo so, non avete fretta. Ma…tu daglielo, intanto» richiuse la scatolina, gliela cacciò in tasca e lo spinse letteralmente fuori dalla stanza «forza e coraggio, ragazzo!»

Tornarono in cucina appena prima che Hammy e Zeke rientrassero.

Michael pensò che dopo lui ed Emerald avrebbero dovuto parlare. Non pensava di chiederle di sposarlo, ma riteneva corretto darle una spiegazione a riguardo.

Con l’abitudine che aveva lei di frugare nelle tasche -e non solo- altrui, trovando quella scatola e quel che conteneva avrebbe potuto farsi un’idea sbagliata -ma lo era poi tanto?- e magari spaventarsi e “fuggire” non sentendosela di andare così di corsa. La chiarezza, da sempre una costante tra loro, avrebbe ancora evitato equivoci…e quanto al resto…que serà, serà.

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Capitolo 24
*** Via dall'isola!...e non solo... ***


«Robin…»

«…si?»

«giuro su Dio che se non stessimo per morire questa volta ti ammazzerei. Sul serio».

«ma non è colpa mia se quel si è aperto crepaccio e io per non caderci dentro ho perduto la presa sul canotto!»

Che teneva in mano, ancora compresso, mentre correva aggrappato ad Howard.

«è questo il punto: tu la presa non avresti dovuto perderla!»

Erano ormai arrivati in spiaggia con tutto il resto degli animali, ma adesso grazie a Robin non avevano più uno straccio di imbarcazione con cui andarsene, e non solo la terra tremava ancora più violentemente ma il vulcano aveva già iniziato a far colare la lava. E a giudicare da quel che stavano sentendo non era ancora niente.

Ormai era ufficiale, l’isola sarebbe esplosa.

«e adesso?!»

«e adesso…io…» Lancaster guardò verso l’oceano.

“non so che fare”.

Quella era la dura verità. Non sapeva che fare. Il tempo era agli sgoccioli e loro non potevano andare via. Se fosse stato solo avrebbe tentato di andarsene a nuoto, ma non era solo, e Robin oltre a non essere questo gran nuotatore era pure ferito. E poi gli seccava lasciare lì a morire i suoi “sudditi” primati.

Si, avrebbe potuto fregarsi di tutto ciò ed abbandonare tutti lì.

Ma non voleva!

«tu cosa? tira fuori un’idea!»

«bello avere sempre chi pensa al posto tuo, eh?...l’unica possibilità che vedo è provare a nuotare più lontani che possiamo».

«nuotare?! Ma tu lo sai che io-»

«non c’è altra possibilità! Ed io non intendo assolutamente morire qui e adesso! Io devo tornare a casa dalla mia famiglia. Hanno bisogno di me. Janice ha bisogno di me. Emerald ne ha» lo guardò «e non credo che tu voglia morire senza aver salutato la tua compagna».

Alcuni gorilla impauriti durante la corsa e l’ammassamento buttarono giù diversi alberi, che rotolarono sulla sabbia finendo dritti in mare dopo aver buttato giù qualche animale sulla loro strada.

«non che non voglio!!!»

«e allora dobbiamo provare, a costo di dover essere io e tenere a galla tutti e due!»

Robin per qualche istante non disse nulla. Sembrava proprio che la sua vita fosse ormai agli sgoccioli e, ironia della sorte, sarebbe morto proprio insieme ad Howard Lancaster…che a quanto pare non aveva la minima intenzione di lasciarlo lì.

Se l’avesse fatto avrebbe avuto più probabilità di salvarsi, e si sarebbe allo stesso tempo liberato del moscerino spiaccicato sul suo parabrezza. Per Lancaster sarebbe stata la cosa più conveniente quella, filare via e basta.

E invece continuava ancora ad aiutarlo a tenersi aggrappato in modo da non crollare giù.

Ma perché?!

«diciamocelo, Lancaster…siamo spacciati. Non puoi pretendere di tenere a galla anche me. Non puoi».

«posso eccome. Muoviti!...collabora, maledizione!» cercò di sollevare l’ex collega che si era semplicemente messo a sedere a terra. Senza più niente di quello spirito combattivo che lo contraddistingueva. Si era…rassegnato. Forse ultimamente ne aveva passate davvero troppe, e non aveva più l’età per reggere tutto questo trambusto. Era un uomo molto, molto forte…ma era sempre un uomo. Ultrasessantenne. E con i suoi limiti.

«nuota via».

«no».

«se te ne vai adesso e nuoti da solo magari ce la fai. Ed io preferisco essere morto piuttosto che in debito con te un’altra volta».

«metti da parte questa faccenda per adesso, vecchio testardo!»

Quando Howard provò a tirarlo su di peso l’altro lo spinse via. «no».

«e la ragazza? La tua ragazza?»

«a qualcuno i soldi dovevo pur lasciarli».

“a beh, almeno per la ragazza forse sarebbe meglio se lo accontentassi e lo lasciassi morire qui” pensò Howard che non conoscendo minimamente Alya non poteva nemmeno sapere che lei era una a cui dei soldi non avrebbe potuto importare di meno, se per averne il prezzo da pagare era la vita dell’uomo in cui “si era persa”.

«non posso lasciarti qui».

«non eri quello che “può tutto”?»

«sii ragionevole…»

«sono molto ragionevole. E ti dico di toglierti dai piedi immediatamente».

«torneremo in Inghilterra entrambi. Non accetto alternative!»

«ogni tanto anche tu dovrai pure accettare qualcosa che non vuoi».

«direi di no!»

«all’esplosione dell’isola non manca molto, vattene».

«non -senza -di -te».

Robin voltò la testa verso di lui.

«qualcosa dell’uomo che conoscevo forse è rimasto, dopotutto».

Una frase che sorprese l’altro per un brevissimo istante. «appunto, e allora sai che non riuscirei a perdonarmi per averti lasciato qui».

«eppure credo che negli anni tu ti sia perdonato parecchie cose, mh?...senti, adesso che sto -o stiamo se non ti togli di torno-  per morire, una cosa devo dirtela».

«quale?»

«che avrei preferito anche io se fossimo rimasti quelli di un tempo perché nonostante tu sia -e sia sempre stato- quantomeno “eccentrico”, io con te mi divertivo parecchio».

“…e questo stupido torna a ragionare solo adesso, eh?” pensò Howard, che comunque non era rimasto indifferente all’ammissione dell’altro.

«per me è lo stesso. Ed è per questo che non…»

“tronchi...sull’acqua…”

Era stato quello ad interromperlo.

I tronchi degli alberi buttati giù dai gorilla galleggiavano sull’acqua.

«nnrrraaah! Nrah-ah-ah!!!»

Sentire il compatriota emettere quei versi da primate riscosse leggermente Robin dalla rassegnazione in cui era piombato, facendogli pensare che Lancaster fosse diventato completamente matto all’improvviso, con quelle urla e quei gesti strani.

Non si era reso conto che i gorilla, che come tutte le scimmie presenti lo consideravano ancora il loro re, si erano acquietati e adesso si stavano dedicando a buttare giù altri alberi per poi lanciarli in acqua.

«nrah-ah! rrrr-ah-ah-ah!!!»

«…ma si può sapere che stai facendo?!»

«faccio in modo di andare via di qui con tutti quanti, inclusi te e le scimmie se buttano giù tronchi a sufficienza in tempo limite!» indicò i tronchi in acqua, e disse qualcosa alla scimmietta che gli era rimasta dietro, nonché ai due scimpanzè che urlato il messaggio a tutti gli altri primati si lanciarono dritti sui tronchi, apparentemente avendo anche capito che dovevano nuotare via «i tronchi galleggiano, se saltiamo su uno di quelli non ci sarà bisogno che tu tenti vanamente di rimanere a galla!»

Che diamine, aveva ragione!

«quindi fammi capire, quei versi che facevi erano degli ordini in scimmiese stretto?!»

«qualcosa del genere, dovevo pure farmi capire in qualche modo da quei gorilla!...anche loro una volta finito ci raggiungeranno in acqua, noi andiamo!» stavolta Robin fu più collaborativo nel lasciarsi alzare raggiungendo uno dei tronchi galleggianti.

«giusto a te poteva venire un’idea tanto balzana» borbottò. Che diavolo, era in debito con quel tizio un’altra volta!

Howard si mise seduto davanti a lui sul tronco, e remando entrambi con le braccia riuscirono ad allontanarsi dall’isola mentre adesso anche i gorilla abbandonavano la terra per imitare loro due e tutti gli altri primati.

I due gentiluomini tra l’altro fecero presto ad arrivare alla testa di quel corteo acquatico di primati remanti. Ed Howard staccando un ramo dal tronco lo sollevò in aria.

«seguite il vostro sovrano!» esclamò forte in modo da farsi sentire da tutti, agitando il ramo in questione.

«…sei un dannato megalomane, Lancaster!»

«un megalomane che ti ha salvato la vita, Robbie».

«non chiamarmi in quel modo!»

«guarda che a buttarti giù dal tronco non mi ci vuole niente».

La sua valigetta era attaccata ad un ramo, mentre tutto quel che gli era rimasto del suo vestiario erano pantaloni, mutande e…la corona di foglie di banano, che ovviamente aveva ancora in testa.

«quanto ti odio…e poi guarda che non abbiamo risolto niente! Prima perlomeno avevamo dei viveri, ma adesso siamo dispersi nell’oceano su un tronco galleggiante capeggiando un branco di scimmie anche loro su dei tronchi! Ma ti rendi conto?!»

«una cosa per volta, intanto dovevo pensare a come evitare di morire su quell-» si sentì un boato ormai in lontananza «…isola che è appena esplosa. E comunque puoi sempre provare a chiedere una banana ad un gorilla. Si dice “hu-ha-ha”…»

Ehm. Non esattamente. Ma Robin questo non lo sapeva.

«io non parlo con le scimmie!»

«vuoi mangiare si o no?...anyway…non pensi che dovremmo discutere di qualcosa?»

«non vedo di cosa!» disse secco Robin.

«di quel che mi hai detto credendo di stare per morire».

«appunto, credevo di morire! Avrei potuto dire qualunque stupidaggine, come quelle lì per esempio!»

L’altro fece un lungo sospiro.

«so che l’ho già detto ma ribadisco che tra l’avere a che fare con te e l’avere a che fare con i miei sudditi primati, io preferisco loro mille volte. Sono molto più intelligenti».

«come osi?!»

«dubito che uno di questi piccoletti avrebbe fatto esplodere quell’aereo mentre era anche lui sopra».

«l’ho fatto perché sei una iena!»

«ecco il mio problema con te: sono troppo buono. Dovevo accontentarti e lasciarti morire, così avrei facilitato il lavoro anche a miss Kalinina…»

«ad Alya non interessano i miei soldi!»

«francamente non vedo cos’altro potrebbe interessarle di te».

«la tua è solo invidia!»

«per sentirmi realizzato non ho bisogno di accompagnarmi con una ragazza che -nel tuo caso- potrebbe essere mia nipote. Anche perché io sono già sposato con la donna più bella della galassia» o almeno, lui Janice la vedeva ancora così dopo quasi ventisei anni di matrimonio «a parte gli scherzi, se per qualche oscuro motivo dovesse amarti davvero vedi di non lasciartela sfuggire. Non troverai più un’altra deliziosa creatura che possa volerti altrettanto bene».

«fatti gli affari t-…aereo! Aereo!!! Immenso aereo!!!»

Howard alzò gli occhi e vide che Robin aveva ragione, c’era un aereo per davvero, ed era anche immenso come diceva lui!

«siamo qui!!!»

«eeeeeeeeeeeeehiiiiiiiii!!!»

«aah-ah-uuuh!!!»

«iiiih-ih-ih-iiiiiiiiiiiiiiiiih!!!»

«nrhhhhhhhhhaaaaaah!!!»

Anche le scimmie ci si erano messe.

E a quanto pareva quelli sull’aereo dovevano averli visti, dato che sembrava stare per ammarare ad una certa distanza. Ma non per un incidente ovviamente, di proposito.

«un aereo che ammara tranquillamente in acqua».

«mi sembra di conoscerlo quell’aereo, Robin…» Howard socchiuse gli occhi per vedere meglio «è…ah! I can’t believe it!»

«è uno dei tuoi?»

«no, ma…andiamo! Veloci!»

Dopo un bel po’di tempo Robin Mask provò qualcosa di simile al sollievo. Sembrava che fossero salvi, dopotutto, lui, Howard ed anche tutta quella massa di scimmie. Se il proprietario dell’aereo avesse caricato su anche loro.

In breve arrivarono fino all’aereo, ancora più grosso di quel che sembrava prima a dirla tutta, e che aveva il portello aperto sul quale si stagliava snella ed elegante la figura di una giovane che a giudicare da capelli, occhi e carnagione sembrava araba o qualcosa del genere, vestita con un abito oro pallido.

«di tutti i posti in cui mi sarei aspettata di vederla, Mr. Lancaster, questo non era affatto compreso. Specialmente in tale particolare compagnia».

Howard fu il primo a scendere dal tronco e salire, andando verso la ragazza. «la vita è imprevedibile, signorina Sely. La prego di scusarmi per le mie pessime condizioni, ma io, quest’uomo e quei primati siamo da poco sfuggiti all’esplosione dell’isola in cui eravamo naufragati» la salutò comunque con un baciamano perfetto.

«capisco. Mi sembra una storia bizzarra ed affascinante che ascolterò volentieri, una volta che lei, il suo compagno di sventura e anche…i suoi sudditi, vista la “corona”?»

«precisamente».

«una volta che tutti quanti sarete saliti a bordo. Il galà a cui stavo andando può tranquillamente aspettare».

Robin notò che la ragazza non sembrava affatto sorpresa da tutta quella situazione allucinante. Se avesse saputo che Nefertari Bishop Rhamir Sely non era più fisicamente in grado di sorprendersi da quando aveva cinque anni, gli sarebbe sembrato un po’meno strano.

«è una vera fortuna avere incontrato proprio lei. Se non sono indiscreto, mi piacerebbe chiederle dove fosse il galà a cui era diretta…»

«possiamo piantarla con i convenevoli per piacere?!» sbottò Robin, la cui buona educazione in quel frangente era venuta meno. Stava galleggiando su un tronco in acqua, con quel poco che rimaneva dei suoi vestiti tutti sdruciti, aveva una gran fretta di tornare a casa…e quello perdeva tempo in chiacchiere con quella ragazza!

…quella raffinatissima ed aggraziata ragazza con un profumo di ambra che, forse anche complici le proprie condizioni non eccellenti, gli dava un effetto quantomeno strano visto che si trovò a pensare se siffatta creatura elegantemente vestita mantenesse la stessa classe anche con…meno vestiti.

«se è naufragato da qualche tempo desumo che vorrà contattare sua moglie, Mr. Lancaster» disse Nefertari ignorando Robin e senza però rispondere alla domanda postale dal suo socio in affari.

«in effetti si. Sono stato dieci giorni su quell’isola…»

«eppure se ben ricordo i cellulari della sua casa produttrice possono telefonare da ogni parte del mondo».

«ha perfettamente ragione signorina Sely. Ma per colpa di una certa persona, è finito in fondo all’oceano».

Una certa persona. Ossia Robin Mask, del quale l’egiziana aveva visto le fotografie quando aveva partecipato al galà annuale a casa Lancaster.

Prima e seconda parte per di più.

«capisco».

Ad un cenno della ragazza diversi uomini armati aiutarono Robin Mask…e anche tutte le scimmie…a salire sull’aereo. Le scimmie vennero scortate tutte quante nell’ampissima stiva, mentre Robin fece per seguire Howard, ma…

«sono estremamente dispiaciuta di doverglielo comunicare Mr.Mask, ma temo che nel nostro alloggiamento non ci sia posto anche per lei».

«ma…come?!»

«vede, con me ci sono alcuni degli uomini della mia scorta…»

“ma hanno tutti un esercito tranne me, qui?!” pensò l’inglese mascherato.

«…più Mr. Lancaster che è un mio apprezzatissimo socio in affari. Quindi ecco, temo proprio che se vuole tornare a casa dovrà condividere la stiva con i vostri amici primati» l’egiziana aveva un’aria sinceramente dispiaciuta. O meglio, apparentemente sinceramente dispiaciuta «le porgo le mie più sentite scuse».

Dopo quello, per Howard, il chiamare una delle sue navi da crociera “Nefertari” era inevitabile.

«su con la vita Robin, quel che conta è tornare a casa no?»

“e questo è per quel che hai fatto ai miei poveri capelli e al mio completo. Ben ti sta” pensò.

«…e ricorda, se volessi chiedere una banana ad un gorilla, si dice  hu-ha-ha”» concluse Howard andando via con la ragazza negli alloggiamenti super lusso.

Praticamente vuoti, se non per qualcuno del personale. E di posto ce n’era in abbondanza.

«ho riconosciuto il suo caro amico Robin Mask, Mr. Lancaster. Sono caduta in errore nel pensare che dopo dieci giorni o similia passati in sua compagnia, lei volesse…come dire…mantenere un po’le distanze?»

Due navi, non una sola.

«in verità ha intuito perfettamente i miei desideri, signorina Sely».

«può telefonare con l’apparecchio sul tavolo accanto a lei. Così da rassicurare sua moglie, e soprattutto sua figlia».

«non credo che mia figlia lo sappia, se è andata come spero. Voglio risparmiarle preoccupazioni dato che al momento è in viaggio con il suo ragazzo».

«quel Connors che è arrivato giusto in tempo per la seconda parte del ricevimento nella sua tenuta, forse? Se non ricordo male mi è sembrato di averle sentito dirgli qualcosa a riguardo. Non direttamente. Ma una qualche allusione…»

«ancora una volta ha perfettamente ragione su tutto».

«se preferisce può anche darmi del tu. Magari le sembra strano dare del lei ad una persona che ha l’età di sua figlia».

«non mi sembra strano, ma apprezzo ed accetto l’offerta. Che è ricambiata, Nefertari».

 

 

 

Allo squillo del telefono Janice rispose quasi controvoglia. Temeva che se fosse stata ancora Kate con le sue chiacchiere sul marito William avrebbe finito quasi per risponderle in malo modo, e decisamente non era il caso.

L’assenza del marito, così com’era successo in quei famosi tre mesi, le aveva tolto molto del suo spirito gioviale, allegro ed irrefrenabile. Anche perché aveva spesso una pessima sensazione riguardo le sue condizioni.

«pronto?»

amore mio…

Sgranò gli occhi, per un attimo le mancò il fiato e le parve che il cuore avesse perso un colpo. Quasi le cadde il telefono di mano dalla grande sorpresa, la gioia, l’enorme sollievo.

«Howie!!!...sei tu?...sei veramente tu?!»

solo dieci giorni e già non riconosci più la mia voce? Mi sa che devo preoccuparmi.

«ma che…oh, ma quanto sei…aaah, chi se ne importa! Come stai?! Dove sei?! Quando torni?! Chi ti ha trovato, perché non mi è stato detto niente?! E Robin? Robin è con te?!»

è tutto a posto Janice, non preoccuparti. Io sto bene, anche Robin sta bene, siamo nell’aereo di Nefertari Bishop Rhamir Sely, te la ricordi vero?...sto tornando a casa ora, e se non ti è stato detto nulla è  perché, appunto, è stata lei a trovare me, Robin, e …

«e?! non tenermi sulle spine!!!»

…e dei miei cari amici primati.

«…prego?»

eravamo su un’isola vulcanica che è esplosa…

«OHMMIODDIO!!!» strillò Janice.

–…ed ecco che il mio povero timpano esplose insieme all’isola…

«scusa…»

tranquilla. Stavo dicendo, dato che quelle scimmie mi avevano eletto loro re non potevo lasciarle morire lì, ti pare?

Janice era a dir poco perplessa. Che voleva dire quella faccenda?!

«non capisco cosa mi stai dicendo».

che sull’isola c’erano delle tribù di scimmiette, scimpanzé e gorilla che mi hanno eletto loro re!...capito ora?

«non prendermi in giro! Non è il momento!»

Janice, guarda che io sono serissimo. Insomma, ho salvato me stesso, Robin e anche queste scimmie.

«non pensare di metterle qui nella tenuta Howard Hogan Robert John Lancaster! quegli animali non mi piacciono affatto, e già sopporto il tuo cavallo gigantesco che mi terrorizza, non intendo accogliere qui anche dei gorilla!»

– non preoccuparti, ai miei sudditi scimmieschi volente o nolente penserà Robin. Anche la sua tenuta è molto grande, in fondo…e stanno già facendo amicizia giù nella stiva!

«ma come “giù nella stiva”?! e io che speravo che quel che è successo vi facesse…non so, quantomeno riconciliare…»

credo che ci siamo andati vicini. Ma Robin…è Robin, purtroppo! E spero per lui che non chieda davvero una banana ad un gorilla con  hu-ha-ha”…altrimenti la povera dottoressa Kalinina si troverà ad accogliere una montagna di escrementi ambulante, quando arriveremo all’aeroporto. A tal proposito, potresti informarla tu? Presumo che sia in ansia per la sorte del suo compagno.

«ma certo Howie, non c’è problema e…non vedo l’ora di riabbracciarti. Mi sei mancato tantissimo. E voglio che mi racconti tutto, capito? Tutto!»

mi sei mancata da morire anche tu. Mi dispiace di averti fatta preoccupare.

«non è stata colpa tua. Anche se potevi evitare di staccare quella flebo…»

ha parlato male di Hammy, era la giusta punizione. A proposito, se sai della flebo quelle registrazioni…

«ce le ho io. “ripulite”».

forse potrai farle sparire definitivamente, se Robin accetterà quel che gli proporrò. Tutto sommato non voglio che finisca in prigione, anche se quel che ha fatto ai miei capelli sarebbe come minimo da impiccagione nonostante la parrucchiera qui sull’aereo mi stia sistemando come può. Ti rendi conto che Robin mi ha rasato metà testa? se non altro a me i capelli ricresceranno, ma i suoi poveri neuroni morti con l’avanzare dell’età…morti resteranno! Quanto ai miei uomini non preoccuparti, informerò io stesso Turbinskii di concludere le ricerche.

«va bene».

un’ultima cosa…Hammy e Connors di tutto questo sanno nulla?

«no. A dirtela tutta Emerald ha chiamato qui una volta soltanto in tutto questo tempo, ed ha mi creduta tranquillamente quando le ho detto che eri impegnato in una trattativa per la costruzione di alcuni agriturismi su Nettuno…»

dove notoriamente le comunicazioni sono un disastro. Sono doppiamente fortunato: ho sposato una donna bellissima ed intelligente. Come ti è sembrato che stesse Hammy? Tanto tra poco la chiamo…

«quando ha chiamato sembrava avere fretta. Lei e il bifolco…»

Jannie…

«oh, lo sai che non mi piace!...lei e Connors stavano per andare a mangiare fuori…»

– …e se poi non ha più chiamato dovrebbe voler dire che tra loro non ci sono stati problemi, buono a sapersi. Molto, molto buono. Se tornasse con un anello di fidanzamento al dito poi, penso che scoppierei di gioia.

«io no!!! io vorrei che lei tornasse con il figlio di Robin. A cui ho dovuto dire dell’incidente, così come a miss Kalinina, la sera stessa in cui ho informato quel ragazzo. Mi è sembrato giusto che suo figlio e la sua compagna sapessero».

non è stato uno sbaglio. Almeno si sono resi conto una volta di più di quanto Robin sia sciocco.

«non essere cattivo, Howie…»

no, no, quando ti racconterò tutto ti renderai conto che ho pienamente ragione. Ci vediamo preso Jannie. Ciao – pausa – ti amo.

«anche io!»

 

 

:: varie ed eventuali ore dopo. Il tempo di arrivare dal bacino di Wharton a Londra, e da Tokyo a Londra precisamente ::

 

 

Primo pensiero di Janice nel rivedere il marito: “sei vivo, sei salvo, sei a casa!”

Secondo pensiero di Janice nel rivederlo: “…oh-mio-Dio-che-capelli-oh-cielo”.

Più gli improperi vari di Robin Mask che non sembrava affatto contento di dover ospitare un mucchio di scimmie di varie razze nella propria tenuta. Ma Howard era stato molto chiaro: o accettava di tenere temporaneamente i gorilla, le scimmiette e gli scimpanzé nel suo terreno o sarebbe finito in galera per chissà quanto. E tutto sommato, forse, dovendo scegliere tra dover spiegare ad Alya che avrebbero dovuto tenere con loro dei primati fino a che la costruzione dell’ambiente tropicale in una parte della tenuta dei Lancaster sarebbe finita o l’andare in carcere e non rivederla per anni ed anni -con tutti i soldi e gli agganci che aveva Mr. Lancaster avrebbe potuto farlo mettere dentro e tenercelo per tutto il tempo che avesse voluto- fosse meglio la prima opzione.

E in un certo senso non vederla lì ad accoglierlo fu quasi consolante, perché non osava pensare alla sua reazione se davvero era stata informata di tutto. Consolante…anche se strano.

«…ecco di cosa mi sono dimenticata! Non ho informato miss Kalinina!» Janice si batté una mano sulla fronte, mentre si faceva inglobare nell’abbraccio del marito.

«Kevin si però, a quanto vedo. A quanto pare hai visite, Robbie

«ti ho già detto di non chiamarmi in quel modo!» sbottò l’inglese, che…anche dopo tutto quel che era successo di rivedere il figlio non avrebbe avuto la minima voglia.

Però che fosse volato lì da Tokyo appena saputo del suo ritorno non era una brutta cosa no? voleva dire che tutto sommato gli importava qualcosa di lui anche dopo tutte le bugie che gli aveva detto e dopo il modo in cui l’aveva trattato.

 

“non eravamo tutto quel che ti era rimasto, avevi sempre tuo figlio, che avresti dovuto trattare come tale invece che usarlo come ‘tramite’ per legarci”.

 

Non aveva tutti i torti.

Se mai in quel caso Howard ci aveva proprio azzeccato.

Solo che il suo ragazzo al momento pareva preso da tutt’altro piuttosto che lui.

«si…io sono il figlio…grazie per averlo riportato a casa, miss…»

«Nefertari Bishop Rhamir Sely. E lei dunque è Kevin Mask».

«si, si, sono io!»

Che fosse per l’immenso vuoto che sentiva o per non si sa cosa, stava di fatto che a Kevin trovarsi quella creatura forse non bellissima ma dai modi eleganti ed infinitamente aggraziati aveva fatto un effetto assurdo. Era molto diversa da Emerald, eccetto che per la magrezza -pesava un chilo meno di Hammy- ancora più accentuata dal fatto che arrivava quasi al metro e ottanta.

E poi c’era quel profumo di ambra che lo faceva sentire quasi stordito. Piacevolmente però. Come se fosse stato una carezza a tutti i suoi sensi.

«per quanto sia piuttosto “lontana” dal mondo dei…chojiin, sbaglio? Mi è capitato comunque di sentirti nominare».

«si, vede, io sono un wrestler molto famoso…»

“tutto sommato Kevin Mask non ha poi così tanti problemi col fatto che mia figlia l’abbia lasciato” pensò Howard.

«grazie infinte per avermi riportato mio marito, signorina Sely» anche Janice ovviamente dopo i saluti al marito andò a ringraziare l’egiziana «siamo entrambi in debito con lei».

«è un mio prezioso socio in affari oltre che una piacevolissima compagnia; era il minimo che potessi fare. Temo di dover andare, adesso. Ah, Kevin Mask…non saluta suo padre?»

Solo a quelle parole Kevin si rese conto di non aver fatto esattamente una bella figura. «…»

Scesi tutti dall’aereo, scimmie incluse, Nefertari ripartì.

E Robin voltò le spalle a tutti senza guardare in faccia nessuno andandosene via, mentre le scimmie venivano caricate su dei camion dagli uomini di Lancaster che a quanto pareva aveva fatto predisporre tutto per l’accoglienza

«papà, aspetta!» Kevin lo inseguì «dove pensi di andare?!»

«dove mi pare!»

«non puoi farlo» il ragazzo gli si parò davanti «io sono venuto qui per te! Per parlare con te!»

«non è il momento, non dopo aver viaggiato con le scimmie nella stiva».

«che…! Ok, al momento non mi interessa» sembrava che non intendesse farlo passare «io ho una cosa da dire…a tutti e due a dire il vero» specificò guardando Howard Lancaster che era riuscito a rendere “sembra voluto” il taglio di capelli fattogli da Robin Mask e che al momento aveva solo voglia di tornare a casa.

«ti chiedo di farlo rapidamente. Robin non è il solo che ha voglia di tornare a casa».

«tutto questo è successo solo per-no, adesso mi ascolti!» sbottò Kevin trattenendo il padre che non sembrava voler rimanere lì per nessun motivo al mondo «io sono il primo a comprendere le faide,  ma stavolta vi ha quasi fatti ammazzare entrambi oltre a tutti gli altri problemi che ha portato, quindi non credete che sia ora di piantarla?!»

Visto che, ogni tanto, Kevin riprendeva a ragionare?

In fin dei conti lui per primo aveva perso tanto proprio per colpa di quella guerra tra famiglie, visto com’era andata a finire con Emerald. Oltre a quel che aveva portato a tutte le altre parti coinvolte, Warsman incluso. A Kevin Mask Howard continuava, e sempre avrebbe continuato, a non piacere per niente. Avrebbe continuato ad odiare in eterno quell’uomo, probabilmente.

Ma in silenzio, perché l’odio e il rancore portavano più danni che altro.

Era qualcosa su cui aveva riflettuto a lungo durante in viaggio Tokyo-Londra: i danni portati dal risentimento, ben motivato oppure no che fosse.

Anche il proprio verso la sua ex ragazza era finito nella lista, e si era reso conto che in tutto quel periodo aveva perseverato nel proprio agire da stupido. Flash aveva ragione, diceva di esserne uscito e poi…tutte more con gli occhi verdi. Non ne era uscito poi così tanto, no? E invece di darsi da fare ancora di più per tentare di riconquistarla aveva preferito cuocersi nell’odio e la rabbia verso di lei per averlo lasciato.

Inoltre l’unica cosa che avrebbe dovuto fare, in realtà, sarebbe stata andare da sua madre su Nettuno. Anche di questo si era reso conto, ed intendeva partire al più presto alla volta di quel pianeta.

«cosa mi tocca sentire…non parli come un Mask!» disse cupo Robin.

«io parlo come una persona ragionevole! E se anni fa sei arrivato a capire che era bene sotterrare l’ascia di guerra con Suguru, significa che in fondo anche tu lo sei!...molto in fondo. Ma proprio tanto in fondo…» borbottò il ragazzo.

«…ancora più in fondo di quello che pensi» concluse Lancaster con una piccolissima frecciata, beccandosi un’occhiataccia da entrambi i Mask che non gli fece né caldo né freddo, contrariamente alla leggera gomitata della moglie «ragazzo, credimi se ti dico che io ci ho provato. E se Robin è anche solo minimamente sincero confermerà che io ho fatto di tutto perché tornasse a casa vivo, oltre ad essere io ad aver proposto una tregua durante il soggiorno sull’isola. E magari anche di farla finita in generale. Ma nonostante sia riuscito a raggiungere il primo obiettivo, quanto al resto non è stato così. Anche se lo ringrazio ancora per avermi assistito nel mio attacco di febbre…»

«un attacco di febbre?! Di quella febbre lì?!!» Janice lo acchiappò per gli avambracci «ho fatto bene a chiamare il dottor MacNeil appena saputo che tu e Robin stavate tornando e chiedergli di visitarvi…»

Entrambi gli interessati si irrigidirono.

«no!...assolutamente no, non c’è bisogno, io sto benissimo!...ecco uno dei vantaggi dell’isola che purtroppo è esplosa: non c’era MacNeil!» disse Howard.

«con quel suo…siringone…» mormorò Robin.

«si, quel suo siringone assassino che aspetta solo di essere infilato in qualche povera parte corporea di una altrettanto povera vittima…» continuò Howard.

«ah, ecco qui i naufraghi! Ha fatto bene ad informarmi, signora Lancaster; quando si scampa ad un’esperienza del genere la primissima cosa da fare è una visita medica!»

Ovviamente per verificare che non covassero qualche germe di qualche malattia tropicale o infezioni simili. Ma quel che venne in mente ai due uomini fu tutt’altro, ossia “oh no! il demone in sedia a rotelle -…- è già qui! È QUI!!!”

E per quanto Robin ormai avesse rinunciato a darsi alla fuga ogni volta che era tempo di visita rendendosi conto che in fondo sottoporsi come si deve alle cure del medico era per il suo stesso bene -complice anche lo stare insieme ad una dottoressa- in quel caso qualcosa lo portò ad agire diversamente. Forse l’attuale “fragilità emotiva”, o qualcosa del genere.

Ma sta di fatto che una volta che i suoi occhi si incrociarono con quelli smeraldini dell’ex amico, ecco che entrambi incuranti di moglie, figlio, Cristo e Sant’Anna nonché delle loro condizioni fisiche -Howard se non altro era pulito e vestito, Robin…no!- si diedero precipitosamente alla fuga fuori dall’aeroporto!

«datti una mossa, o ci raggiungerà!» esclamò Mr. Lancaster all’indirizzo di Robin.

«faccio quello che posso, iena!!! Ora mi dici che accidenti facciamo?! Non c’è l’ombra di un taxi, e MacNeil ci sta tallonando…!»

Howard vide arrivare una coppia in tandem.

Era l’unica via di fuga possibile al momento.

«signori, vi offro...» quanto aveva nel portafogli…? Trentamila. Ok.  «diecimila sterline per il vostro mezzo!»

«ma che…»

«ma cos-»

«scendete da quel maledetto tandem e fatela finita!» sbottò Robin Mask arrabbiato ed ansioso di filarsela, e i due a quel punto intascate le diecimila sterline obbedirono velocemente, osservando i due chojiin salire in fretta e furia sul tandem e pedalare via come dannati…

«la vostra testardaggine non vi porterà da nessuna parte!!!»

…con Alistar MacNeil dietro, ovviamente.

«via, via, VIA!»

«da che parte stiamo andando?! Lancaster!!!»

«non ne ho idea, tu limitati a pedalare!»

Dovevano trovare il modo di seminare il dottore prima possibile, o nemmeno rifugiarsi in uno degli alberghi di Howard avrebbe bastato. E sempre sperando che Janice non ordinasse agli uomini della “security” di cercarlo e portarlo da MacNeil “per il suo bene”! non tanto perché i soldati l’avrebbero portato via se lui si fosse rifiutato ma perché avrebbero attirato sul posto anche MacNeil stesso.

«il tuo senso dell’orientamento ha sempre fatto acqua da tutte le parti!» esplose Robin, continuando comunque a pedalare come un forsennato.

«solo dopo avere bevuto…ah-ha! La metro!» incurante delle regole della strada e di tutto il resto Howard guidò il tandem a lanciarsi giù per le scale che portavano alla famosa “Tube”.

«tu sei fuori di testa!!!» urlò Robin mentre il tandem scendeva giù per le scale balzellando.

«vuoi seminare il dottore si o no?!»

«…quando Alya lo verrà a sapere…»

«puoi sempre scendere!»

«e farmi piantare quell’ago non si sa dove?! Scordatelo!»

«e allora collabora e smettila di blaterare a vuoto, grazie».

«non dirmi quel ch-agh! Mi sono morso la lingua!»

«e ben ti st-agh!…mpf».

«eheheheheh».

«…ti butto giù dal tandem, Robin! Scusate, permesso, fate passare siamoinfugaGRAZIE!» disse Howard mentre zigzagava tra la folla nella stazione «se riusciamo a salire le scale dell’uscita poi MacNeil non potrà sapere se siamo andati via per quelle o abbiamo preso la metro, il che ci farà guadagnare tempo a sufficienza per nasconderci in uno dei miei alberghi!»

«quel che ti pare basta che ci muoviamo!!!»

Riuscirono effettivamente nell’impresa, salendo le scale sempre a bordo del tandem rispuntando sulla strada e passando velocemente davanti ad una ragazza bionda magra ed un’altra riccia e molto in carne.

«ma che capelli osceni aveva quello!…»

«S.P.Q.R., Chiacchiera: Sono Pazzi Questi Ricconi».

I due gentiluomini continuarono a pedalare finché non raggiunsero uno degli alberghi di Howard, che appena entrato nella hall ed essere stato riconosciuto diede ordini immediati di far sparire il tandem e si diresse verso il suo appartamento privato in cima all’edificio. Ne aveva uno in ogni albergo che gli apparteneva e a quanto pare tornava comodo!

Arrivati nell’appartamento la prima cosa che fecero entrambi fu buttarsi di peso sull’enorme divano, con un gigantesco sospiro.

«l’abbiamo scampata».

«fuggendo su un tandem per il quale hai sborsato diecimila sterline».

«pare».

«con te che nemmeno sapevi dove stavamo andando».

«non era il momento di pensarci su».

«e buttandoci giù per le scale della metro».

«ti fa ancora male la lingua?»

«…questo dopo essere scampati all’esplosione di un’isola ed essere salpati su un tronco d’albero alla testa di un branco di scimmie».

Silenzio.

Poi iniziò a sentirsi un rumore che, in particolare da Robin, non si sentiva da parecchio tempo.

Quello di una risata congiunta dapprima soffocata che divenne presto fragorosa.

«a sessantacinque anni mi fai fare certe cose!»

«cose come questa mantengono giovani!»

«anche tu ti stai avvicinando ai fatidici cinquanta…»

«mancano ancora cinque anni! Ed ho sempre vent’anni meno di te».

«grazie per avermelo ricordato, eh!...certe assurdità capitano solo in tua compagnia».

«però erano anni che non mi divertivo tanto».

«ah, anche i-...»

Fu a quel punto che calò il silenzio un’altra volta. Quando entrambi, e Robin soprattutto, si ricordarono che…non erano più amici da anni, ormai. E che quindi quel comportamento era inappropriato.

«anyway…voglio essere generoso. Puoi farti una doccia e in camera ci sono dei vestiti. Una volta avevamo la stessa taglia, se non ti sei inflaccidito troppo dovrebbero starti bene».

«non mi sono inflaccidito affatto. Cane maledetto».

E detto questo sparì di gran carriera in bagno.

 

 

«ma perché mio marito dovrà comportarsi sempre in questo modo ogni volta che vede il dottore?» sbuffò Janice «è per il suo bene, tanto più se ha avuto quella febbre lì!»

«ma a dire il vero io sono più sorpreso dal fatto che io padre sia fuggito insieme a suo marito visto che lo odia» disse Kevin ancora allibito «no…» scosse la testa «…mi sembra impossibile».

Non era ancora convinto che quella non fosse stata un’allucinazione, per ovvie ragioni!

«mi dispiace che tu non sia riuscito a parlare con lui come avresti voluto».

«mi sarebbe sembrato strano il contrario ad essere sincero» ammise l’inglese con un po’di amarezza «per fortuna che…beh…se può darsi alla fuga in quel modo significa che sta bene. Solo che non so come la prenderà la sua compagna».

Che si sarebbe vista arrivare a casa degli uomini con dei camion pieni di scimmie, tra l’altro.

«eh, a proposito…Lady Janice, lei per caso conosce la dottoressa meglio di me? Che tipo è?»

«non posso dire di conoscerla proprio bene-bene-bene nonostante abbia avuto una lunga chiacchierata con lei una sera in cui io e mio marito abbiamo incontrato lei e tuo padre al The Palm Court, però mi piace, Kevin».

«certo che anche lui -mio padre dico- arriva, si trova una che potrebbe essere mia sorella e che io ho visto giusto una volta, e poi c’è mamma su Nettuno cosa della quale sono ancora sconvolto, ma che gli passa per la testa?»

«vedi… se posso permettermi il giudizio, tuo padre è un uomo estremamente solo. Non ha amici. I rapporti con te non sono buoni. E sua moglie è su Nettuno, si, ma con un altro uomo. Se questa ragazza gli vuole veramente bene credo che abbia tutto il diritto di rifarsi una vita con lei. Magari col tempo se sarà un po’più sereno anche il rapporto con te migliorerà, no?»

Si, forse poteva anche essere così.

«forse ha ragione».

«e tu?»

«mh?»

«tu come stai, Kevin?»

Quella lì era la madre della ragazza che lo aveva lasciato e che ora stava con un altro uomo. Ma questo non sembrava importarle.

«io…bene, credo. Più o meno».

«mi è dispiaciuto molto per com’è finita».

Fu una stoccata in pieno petto per Kevin, che non si aspettava che Janice tirasse fuori la faccenda. «a-anche a me».

«per quel che mi riguarda l’avrei preferita con te che con quel…Connors…» fece una smorfia «che a mio marito invece piace tanto e non capisco perché».

«evidentemente sua figlia è della stessa opinione di suo marito. Nonostante forse…forse sia colpa mia se mi ha lasciato. L’ho accusata di tante cose delle quali aveva colpa per tante volte, troppe, scusandomi in seguito si ma il danno ormai era fatto. E l’ultima volta…è stata quella di troppo».

Janice aveva uno sguardo pensoso in quei suoi occhi neri come la pece ereditati dalla madre. «però secondo me fai male a darti per vinto».

«c-come prego…?»

«non è ancora finita Kevin, lo è solo se ti arrendi definitivamente. Vero, adesso Hammy è con lui a Washington a conoscere i suoi, ma non significa che tu non abbia più possibilità. Potrebbero essercene ancora. Io ci spero» ammise «ad Howie piacerebbe che quei due convolassero a nozze prima o poi, ma a me…no!»

Kevin fece per ribattere, ma  in quel momento il dottor MacNeil fece ritorno. Da solo.

«sono riusciti a seminarmi usando la Tube, ma non potranno sfuggirmi per sempre. Anche perché è di fondamentale importanza che si facciano visitare!...e dire che Robin è il compagno della mia allieva prediletta…tutto mi sarei aspettato ma non che si desse alla fuga insieme a quell’altro incosciente. Evidentemente è vero il detto “chi va con lo zoppo impara a zoppicare”!»

«sono veramente dispiaciuta per i problemi che le causa mio marito, dottore. Sa che ho sempre tentato di convincerlo a comportarsi in modo ragionevole, ma se si tratta di lei …non mi ascolta affatto!»

“e adesso che faccio? Vado da miss Kalinina o lascio che con le spiegazioni se la sbrighi mio padre?” pensò Kevin…decidendo infine che fosse meglio la seconda opzione. Ad ognuno i suoi grattacapi e lui ne aveva già abbastanza.

E adesso nella lista delle cose da fare aveva un viaggio su Nettuno e forse, forse, anche uno in una meta un po’più vicina. A seconda di quanto avrebbe durato la sua permanenza lì da sua madre. Aveva vent’anni di cose da raccontarle e farsi raccontare, e forse lei avrebbe potuto consigliarlo su cosa fosse meglio fare anche con Hammy: lasciarla andare o provare ancora a riprendersela? Il suo istinto da “guerriero” gli diceva che non poteva arrendersi senza averci provato di nuovo, ma la rassegnazione, una ragionevolezza che forse tanto ragionevole non era e forse anche un po’di codardia gli dicevano che lei aveva fatto la sua scelta, che lo aveva lasciato e si era messa con Connors e lui doveva quindi lasciarla in pace e non romperle ulteriormente le scatole.

“una cosa alla volta Kevin. Una alla volta”.

 

 

:: Washington DC ::

 

 

«…è andata così. Te l’ho detto perché con la tua abitudine di frugare ovunque nelle mie tasche e non solo avresti di sicuro trovato quella scatolina, ed una volta visto quel che conteneva dire “oh no! Vuole sposarmi?! Ma si era detto di andare piano! No no! Non me la sento! Devo fuggire! Aiuto!”…e magari saresti scappata tornando dritta a Tokyo o addirittura a Londra. Cosa che io non voglio che succeda perché tengo troppo a queste tre settimane con la mia miz Lancaster…e a te personalmente soprattutto».

«si beh…grazie per l’onestà, Mikey. Solo una cosa».

«dimmi».

«posso vederlo?»

«l’anello? Ok» tirò fuori la scatolina da una delle ampie tasche della divisa grigio scuro che indossava spesso e molto volentieri «tieni. È un anello di famiglia. è piuttosto prezioso, anche se per te equivarrebbe ad una cineseria… come tutti i gioielli in generale».

Giusta considerazione se si teneva a mente che per Howard Lancaster -e dunque ai Lancaster in generale- i milioni erano come le monetine da un centesimo che non valgono niente e impicciano soltanto, alla faccia della crisi. Non che Michael fosse un poveraccio, era da quasi quattordici anni al servizio di Howard e da quando era diventato il suo uomo di fiducia la paga di base era di ben cinque milioni di sterline al mese, che variava -per eccesso- a seconda dei compiti assegnati e portati a termine con successo. Se a ciò si unisce il fatto che il mercenario non era comunque uno spendaccione ed ancora riconosceva il vero valore dei soldi, veniva da sé che avesse raggranellato un patrimonio alquanto cospicuo.

Potreste pensare, “ma se ha tanti soldi perché non ne passa alla sua famiglia?”. Semplice: i suoi genitori e i suoi nonni -Isabèl in particolare- non ci stavano a farsi mantenere dal primogenito.

Discorso differente per Zachary, che aveva accettato di buon grado la nuova auto da “corsa-nei-rally” che suo fratello gli aveva regalato per i ventun’anni. Così come aveva fatto per il berretto di Pac-Man (che allora gli andava molto largo) dal quale non si separava mai da quando aveva sei anni -e guai a toccarglielo!- o l’orecchino in oro bianco a forma di “X”.

Tutte cose con le quali Michael cercava un po’di “rimediare” alle sue assenze prolungate per lavoro. Lui e Zeke avevano vissuto veramente insieme solo per i primi tre anni di vita di quest’ultimo. Poi c’era stata l’Accademia, e dopo ancora i due anni da mercenario in cui lui non era mai tornato a casa… e infine Howard che, fortuna sua, l’aveva trovato e se l’era tenuto. E da lì aveva iniziato a poter tornare a Washington.

Tutto ciò però non significava che Zachary gli fosse meno attaccato, anzi, proprio perché lo vedeva così poco guai a chi toccava il suo “fratellone”!

«però i gioielli come questo però hanno un valore affettivo che è incalcolabile in termini di soldi, fin qui ci arrivo a capirlo».

«non era mia intenzione dire-»

«lo so, tranquillo. Era solo per dire che anche se sono ricca non è che do a tutto il valore “cineseria”» l’anello in questione poi le piacque molto, in oro rosso e con un singolo diamante al centro circondato ai lati da quattro smeraldi tagliati a goccia, neanche a farlo apposta «…è bellissimo!» esclamò con assoluta sincerità.

«potresti provarlo. Se mai volessi».

«ma si, dai» sorrise lei prendendolo dalla scatola tutta contenta, ma forse con troppo entusiasmo visto che le cadde dalle mani «iih! No!!!»

«…salvo!» esclamò l’ex mercenario «tutto a posto».

«a parte le mie mani di burro. Mi dispiace».

«e di che? Non è successo niente. Ancora dell’idea di provarlo?»

«ti fidi a ridarmelo in mano?»

«c’è un altro sistema. Dammi la mano».

La ragazza tese la mano e le sua guance divennero di un piacevole color pesca quando fu lui a metterle l’anello al dito.

«ti dirò, miz…mai visto un anello stare così bene al dito di una ragazza. È perfino della misura giusta».

Sembrava proprio destino.

Eppure c’era ancora qualcosa che lo tratteneva.

 

siamo così coscienti di come stanno realmente le cose che sappiamo alla perfezione che, per quanto ci sforzassimo in buona fede, non ci sarebbe nulla al mondo capace di modificarci e renderci persone diverse da quello che siamo…quando si aprono gli occhi, difficilmente li richiudi se non da morto”.

 

Un discorso fattogli diverso tempo prima da una donna che in un certo senso per lui, adesso come adesso, era come l’incarnazione del proprio lato peggiore.

Stava cercando di diventare migliore per essere degno di Emerald, ma gli era realmente possibile? O quella donna aveva ragione, e nonostante tutti gli sforzi che poteva fare non sarebbe mai diventato quell’uomo lì, quello che riteneva che Hammy meritasse?

«a che pensi?...ah no! Io quella faccia ormai la conosco, Michael, e pensavo che questa faccenda l’avessimo già chiarita…»

«forse non del tutto perché…ascolta, tu quel che ho fatto ce l’hai presente, giusto?»

«guarda, me ne hai parlato talmente tante volte che ormai è impossibile che io non ce l’abbia presente».

«appunto. Ma tu mi hai sempre detto “eri in guerra Michael, o tu o loro, che avresti dovuto fare?”. Voglio essere chiaro…più di quanto sia già stato…nel farti capire che non è esattamente così che stanno le cose. Un conto è essere un uomo di guerra ed un conto è essere un criminale di guerra, nemmeno pentito, come lo sono io. Se ho ucciso è perché volevo uccidere. Se ho torturato, massacrato, stuprato era perché volevo farlo. Non perché “ho dovuto”, non perché “mi ci sono trovato”. Forse questo concetto -nonostante tu sia una ragazza intelligente- ti è sfuggito, perché magari volevi vedermi un po’meglio di quel che sono. Ma “un po’meglio di quel che sono” non è “come sono”».

Lei lo guardò a lungo prima di ribattere. «e perché tiri fuori questo discorso proprio ora? Per questo anello?»

«per quello che un giorno potrebbe significare. Perché voglio che tu capisca bene chi è l’uomo con cui stai insieme. Io cerco di…mettere da parte questa cosa…vorrei davvero essere l’uomo che meriti, e tento di esserlo, ma non so se posso».

Lei si rigirò l’anello sul dito. «guarda che questa cosa di “essere l’uomo che secondo te mi merito” è una para tua. Io l’ho capito che sei un criminale di guerra e che ammazzavi, torturavi e violentavi per divertimento, ok, più chiaro di così si muore. Ma a questo punto mi domando se tu hai capito che a me di tutto ciò non frega una beata minchia, per dirla in modo schietto-schietto. Sei un criminale di guerra, però tutta quella roba lì la faresti mai a me? No!»

L’americano non sapeva se baciarla o mettersi le mani nei capelli, e ogni volta che Emerald diceva qualcosa del genere riusciva a sorprendersi. Non capiva se diceva quelle cose perché magari accecata dall’amore nonostante quel che LUI le aveva detto mille volte, o perché le pensava davvero.

E se le pensava davvero…era pazza, o davvero non le interessava perché - sempre davvero- lui le andava bene così com’era?

«io non capisco come tu faccia a-»

«spiegazione di concetto per spiegazione di concetto: come sei, sei; io ti prendo uguale. Sei tanto consapevole di te stesso, e allora adesso sii consapevole anche che a me va bene questo tuo “te stesso”, migliorato oppure no. Guarda che se quel che vuoi è che io mi levi di torno basta dirmelo senza bisogno di scuse».

«non è una scusa e giuro che tutto voglio meno che ti togli di torno! È solo che volevo che fosse tutto chiaro, perché…mi sembra impossibile, capisci?»

«mi è chiarissimo. E non è tanto impossibile perché eccomi qui, dormo nel tuo letto, mangio alla tua tavola, ho conosciuto la tua famiglia, e questo nonostante tu mi abbia detto veramente tutto, inclusi i discorsi follemente lucidi o lucidamente folli che dir si voglia che ti fece quella…com’è che si chiamava?»

«de Santa. Uriel Truce de Santa. E più che “folle” era “troppo intelligente”, al punto da sconfinare nella pazzia. Sembra che genio e follia vadano a braccetto».

“guarda anche mio fratello per esempio!” pensò “nonostante sia qualcosa di completamente diverso”.

«appunto, quella lì. Che poi Uriel tra l’altro è l’angelo del Giudizio Universale, depositario di Luce, Saggezza ed Armonia…alla faccia, eh!»

«in un certo senso era, o è, una che il Giudizio Universale lo dà considerando che le piace ripulire il mondo dai “perros”. E per “perros” non intende i border collie».

«seh vabbè, torniamo a noi! quello che voglio dire è che tu mi hai detto tutto Esattamente Come è. Da sempre. E dato che mi è tutto chiaro, se non mi fosse stato bene non mi sarei messa con te. Non mi sembra difficile da capire».

«da capire no. Da credere si».

«senti, non ti sto chiedendo nemmeno di “mettere da parte” niente. Io ti sto chiedendo di credermi e basta, perché…guarda che questo non è un gioco, per me. Faccio sul serio, consapevole di ciò che comporta. Te lo dissi mesi fa, te lo ribadisco adesso. Te l’ho promesso, e al di là del fatto che una promessa è una promessa, io questa la voglio mantenere, Michael, perché sono in grado di farlo. Puoi dirmi tutto quel che ti pare, ma non riuscirai a cambiare niente. Mai» continuò a guardarlo fisso «ed è qualcosa che va al di là di quel che provo per te. Mi andresti bene anche se non ti amassi, per folle che ti possa sembrare».

Eppure Emerald aveva la capacità di distinguere il bene dal male, in passato l’aveva dimostrato. Solo che non riconosceva Connors come “male”. Se fosse stata un computer, sarebbe stata uno di quelli con EsetNod32, invece che con McAfee. Eppure non lo vedeva come “male” perché sapeva che per lei non era “male”. Che lui si sarebbe sparato alla testa piuttosto che alzare le mani su di lei, o arrecarle dolore in generale. E probabilmente era più per quello che per qualunque altra cosa che “le andava bene così”, oltre al fatto che piaceva a suo padre.

Connors dopo quello non sapeva più che dire. Lei era sicura…ed era lì, con lui, e con quell’anello al dito.

«ah…quindi mi ami, eh? Non credevo che me l’avresti mai detto» sbuffò una risata e scosse la testa «io penso che sei…incredibile».

«yes, I know, I’m incredible».

E se era così…chi glielo faceva fare di condannarsi a non stare con lei? Proprio perché l’anima non esisteva, anche secondo Emerald, non sarebbe stato un “peccato” da dannazione eterna. Il peccato se mai sarebbe stato privarsi di lei, e quella era una cosa certa, non una stupidaggine evangelica di dubbia veridicità.

«Emerald…»

«si?...devo rimettere l’anello nella scatola, giusto».

«no».

«?»

«cioè, solo se vuoi. O meglio…se non vuoi…che alla faccia della politica dei piccoli passi tra me e te diventi una cosa ufficiale».

«ufficiale quanto?»

«ufficiale molto».

«ufficiale da vestito rosso?»

«non subito, ma l’idea è quella».

Con aria serissima la ragazza gli andò in braccio e lo baciò con grande trasporto. «penso proprio che me lo terrò. Anche perché come hai giustamente osservato mi sta benissimo».

«AH-HA!!! LO SAPEVO! “non vogliamo sposarci noi NOOOOOO”…e poi appena volto le spalle vi mettete a parlare di cose molto ufficiali da vestito rosso! Non si fa! Siete scorretti!»

Incantesimo finito grazie all’arrivo imprevisto di Zeke che indossava pantaloni ancora più assurdi di quelli rossi a pois bianchi del giorno prima, ossia con grandi fiori arcobaleno.

«ha l’anello di nonna! Quell’anello lì!»

«ok, si, ma non intendiamo farlo subito. Più in là, Zachary» disse Michael «più in là!»

«si ma quanto in là? Non fatemi aspettare tropp-ah, ma tu guarda» zac! «un’altra di quelle serpi!»

«io ogni volta che fa così rimango, Michael».

«ancora?»

«si!»

«i serpenti vanno estinti! Lo sai perché!»

«giustamente, immagino che lo avessi pagato quell’hot-dog».

«e beh!»

«ma facciamo che rientriamo in casa, va’…»

***

Capitoletto pieno di citazioni questo :) in particolar modo quella di Uriel Truce de Santa, che appartiene a vermissen_stern, ed il discorso che la suddetta de Santa ha fatto a Connors e che lui qui ricorda (lo trovate nel quindicesimo capitolo di "Reignite") che, lo ammetto, mi ha colpita parecchio.

Altra citazione è quella di Nefertari Sely, mia OC che compare in tutt'altra serie ("Black Blooded Love"). 

E l'ultima...mi sono decisa finalmente a fare la mia classica "comparsata" alla Stan Lee nella storia x'D

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Capitolo 25
*** Nightmare ***


«e quindi ecco Alya…per questo week-end non si può fare, perché sarò assente…e nemmeno in quello successivi. Se mai potremmo fare una gita di un giorno, domenica prossima. Ma l’intero week-end non è proprio possibile».

«potresti gentilmente spiegarmi il motivo?»

Gliel’aveva chiesto educatamente, ma la ragazza non sembrava molto contenta. Sarà che avevano appena fatto pace dopo una discussione piuttosto accesa -e diversi giorni di trattamento del silenzio da parte di lei, conclusosi solo alle scuse di Robin- riguardo le dinamiche dell’incidente aereo, sarà che da un giorno all’altro si era trovata a dover accogliere un mucchio di scimmie nella tenuta, sarà che aveva saputo della sua ridicola ed infantile fuga in tandem per scappare da MacNeil -che oltretutto era il suo mentore- reo solo di volerlo visitare dopo un soggiorno in un’isola tropicale che lo poneva a rischio di covare potenziali malattie infettive…

«tu sai che io sono un uomo che ha diversi impegni».

«spero che tra i suddetti non ci sia far precipitare un altro aereo».

Con tutta la buona volontà del mondo, ma quella faccenda oltre a farla decisamente preoccupare l’aveva anche fatta innervosire all’inverosimile. Si, sapeva che tra il suo compagno ed Howard non correva buon sangue, ma aveva sperato che Robin si comportasse in modo più ragionevole di quanto invece aveva fatto. Tra l’altro la Kalinina non aveva nemmeno ben chiari i motivi della faida tra Robin Mask e Mr. Lancaster, perché in quei primi mesi della loro relazione aveva pensato ad altro piuttosto che ad approfondire un argomento di cui a Robin non piaceva parlare.

Tra l’altro, non aveva nemmeno idea che un tempo i due fossero stati amici. Non c’erano foto dei due gentiluomini insieme, in casa, né altro che testimoniasse la cosa. Inoltre Howard le si era presentato come un uomo educato, eppure lei lo aveva trovato anche decisamente arrogante, con ogni gesto e parola che sembravano sottintendere “io e solo io posso e VOI no”…quindi a lei non piaceva, a Robin non piaceva, tanto bastava.

«Alya, per piacere, ne abbiamo già discusso. Se ti dico che non posso, beh…non posso».

E non era la prima volta in quei giorni che Robin si comportava in modo strano.

Basti pensare al fatto che il giorno dopo il suo ritorno dall’isola lei tornando dal lavoro non lo aveva trovato in casa, aveva cenato da sola, e solo verso le quattro del mattino si era degnato di rientrare.

E il giorno prima aveva fatto lo stesso, ed era pure alticcio.

La dottoressa lì per lì aveva pensato che magari era andato via a causa della loro discussione con successivo trattamento di silenzio annesso, ma comportarsi in quel modo non era da Robin Mask.

E adesso ecco che se ne usciva col dire che sarebbe stato assente l’intero week-end. Per andare dove, poi?

«credevo che dopo quel che è successo non ti sarebbe dispiaciuto passare del tempo insieme».

«e chi ha detto che mi dispiace? È solo che come ti ho detto ho un impegno precedente. Questioni di…affari. Non capiresti».

«…e credevo anche che avessi capito che non sono propriamente stupida, Robin».

Infatti Alya era tutt’altro che stupida. Anzi, era una donna estremamente intelligente che diventava un po’più irragionevole solo in presenza di ratti e simili amenità. Quindi non solo aveva notato che Robin da quando era tornato si comportava in modo strano -non che fosse difficile- ma le era anche difficile bersi quella storia degli “affari”, visto che fino a quel momento non c’era mai stato niente di simile.

O comunque se anche si trattava di affari proprio perché non era stupida Robin avrebbe potuto dirle, anche a grandi linee, di cosa si trattava.

E invece no. Restava così sul vago…

«lo so che non sei stupida, ma è una cosa…complicata da capire…ma non è problematica per noi, quindi lascia stare».

«Robin, se questa cosa ti spinge a comportarti in modo…inconsueto, per te… non so dirti quanto “non sia problematica”».

Avrebbe voluto essere un po’meno diretta. Fare qualche domanda velata, o giù di lì…ed infatti quella loro conversazione era cominciata in quel modo. Domande velate, atte a cercare di capire cosa stava succedendo, senza però dare troppo a vedere la sua preoccupazione.

Solo che poi l’atteggiamento reticente del compagno l’aveva indotta ad andare più al sodo. Senza perdere il controllo, naturalmente, non era tipo da farlo per così poco…

«si, stai tranquilla mamma. Andiamo, Alya! Alla mia età ormai saprò si o no cosa devo e non devo fare…e l’unica cosa che devi fare tu è stare calma, va tutto bene, non c’è motivo che tu ti preoccup-» si interruppe appena sentì la suoneria del cellulare.

Anche quella era un’altra stranezza, perché Robin di solito il cellulare lo usava ben poco, tanto da avere un modello vecchissimo e che teneva quasi sempre spento. E invece adesso non solo era passato ad un Nokia ben più moderno, ma lo aveva sempre con sé e sempre acceso, e quando riceveva una telefonata con quella suoneria lì lo si vedeva scattare e filare via a rispondere in un’altra stanza.

Come se avesse avuto qualcosa da nascondere.

«ehm, si, continuiamo a discuterne dopo» ed infatti eccolo tirare fuori il telefono dalla tasca e fuggire via come se lo avessero inseguito i cani.

«Robin!»

«dopo!»

E dopo quell’ultima esclamazione eccolo chiudersi nella stanza vicino ed iniziare una conversazione fatta in un borbottio basso e fitto fitto, incomprensibile.

C’era decisamente qualcosa che non andava. Si diceva che in fondo erano passati solo cinque giorni e che era assurdo iniziare già a pensare certe cose, che Robin aveva subìto un’esperienza che magari l’aveva traumatizzato, che non era niente e presto sarebbe passata. Ma…vallo a spiegare al suo intuito! Per non parlare di quei segni così evidenti…

Continuava a ripetersi di non lasciarsi andare alla paranoia, perché non era assolutamente da lei.

“ha un’altra”.

Ah, macché un’altra. Con tutto il tempo che gli ci era voluto perché riuscisse a lasciarsi andare con lei, figurarsi se sarebbe risuscito a farlo con un’altra in pochi giorni.

“ha un’altra…”

Si…magari però poteva anche essere come quando ci si tuffa per la prima volta dal trampolino alto venti metri. La prima volta è assurdamente difficile, sembra impossibile e tutto quanto…ma superata quella non si ha voglia di rifarlo subito? E con una facilità immensa per di più?

Ma…Robin non era mica in quel modo. Era un uomo fin troppo vecchio stampo, d’onore, che mai avrebbe tradito la propria compagna. Per quanto non ci fosse granché di onorevole nell’esiliare la moglie su Nettuno e farla credere morta a tutti, figlio incluso.

Si impose di darsi una calmata.

Avrebbe continuato ad osservare come si comportava, e solo se quei segni strani fossero perdurati avrebbe iniziato a pensare a come agire in qualche modo. Pedinandolo magari?

Solo che col suo lavoro risultava complicato, perché se lui partiva durante il giorno mentre lei era all’ospedale…come avrebbe fatto a pedinarlo?!

Si, se avesse continuato a fare così avrebbe potuto provare a seguirlo negli week-end per vedere dove accidenti andava e soprattutto con chi.

Solo in quel momento gli cadde l’occhio su un foglietto di media grandezza poggiato sopra un mobile.

Precisamente quello che sembrava il programma dettagliato stilato in una sconosciuta calligrafia fitta di un week-end per due in…

«ah, ecco dov’era!» la voce di Robin la fece quasi -e dico quasi- sobbalzare, mentre l’uomo faceva rapidamente sparire il foglietto «mi stavo giusto chiedendo dove fosse andato a finire…stavamo dicendo? Ah, si: che è tutto a posto».

Stavano insieme da un po’, eppure quei suoi occhi color del ghiaccio continuavano ad inquietarlo un po’, ogni tanto. Non perché temesse che potesse fargli del male, o perché la trovasse una specie di “strega”…ma perché sembravano guardarlo dentro. E se era stato questo che le aveva permesso di superare le sue difese, nella situazione attuale avrebbe potuto rivelarsi un problema.

Perché la verità era che lui aveva davvero qualcosa da nascondere.

«se lo dici tu».

Non era convinta. Robin pensò che avrebbe dovuto stare più attento in futuro, e lasciare meno indizi in giro. Nonché tenersi ben stretto il cellulare. Non che Alya fosse tipo da mettersi a curiosare tra le sue cose o da mettersi a spiarlo, non chi chiamava mica Emerald Lancaster. Ma come si dice, la prudenza non è mai troppa, e in quel caso specifico Robin Mask non voleva assolutamente che quanto nascondeva si venisse a sapere.

Bing.

«credo che tu abbia appena ricevuto un messaggio» gli fece notare piatta la donna.

 

Da: Jane

Confermi che non avrai problemi a partire questo week-end?

 

«ah…eh si…»

 

Rispondi:

la mia compagna ha Giniziato a sospettare che c’è qualcosa che non va.

 

Da: Jane

Andiamo bene…dovevo immaginarlo. Sei il solito. Inventa qualcosa, no?

 

Alya si stava trattenendo dalla tentazione di dare un’occhiata. Robin nel digitare si era allontanato di qualche passo.

 

Rispondi:

per me non è facile come per te. Le condizioni non sono le stesse!

 

Da: Jane

Lo sarebbe se avessi un po’più di inventiva. Vedi tu.

 

Rispondi:

questa volta intanto partiamo però. Quanto al resto penserò a qualcosa…

 

Da: Jane

Mh -.-

 

Rispondi:

che vuol dire “mh”?!  >:-/

 

Da: Jane

Pensaci su, tanto per restare in tema. A cosa vuoi che mi riferisca? -.- …ribadisco…vedi tu!

 

«sbaglio o si è fatta quasi ora di cena, eh Alya?»

“continuo a ripetermi che è tutto più o meno normale ma possibile paranoia o no mi sembra che qui la cosa stia diventando smaccata” pensò la donna.

«manca un quarto d’ora».

Aspettare.

Osservare.

Scoprire.

 

 

:: Washington DC ::

 

 

«ma tu sei proprio sicuro che potrebbe andargli bene?»

«ma siiiii…siamo in pieno giorno. Ed è giusto il tempo di prendere la macchina . Al garage ci siamo già arrivati poi».

Michael per quella mattina si era offerto di consegnare della roba per conto dei suoi genitori. Aveva pensato di portare anche Hammy con sé, per stare insieme ogni occasione era buona, ma quando alle cinque del mattino l’aveva vista dormire accanto a lui si era detto che svegliarla sarebbe stato il vero peccato mortale. Era così carina, anche quando dormiva…

E non aveva riflettuto sul fatto che quel giorno corrispondeva a quello libero di Zachary, mattino compreso.

Il che significava lasciarli soli fino a sera.

Non che temesse un possibile tradimento o che il fratello provasse ad insidiarla, sapeva che se Zeke si fosse trovato davanti una giovane Bar Refaeli a fargli la lap dance non gli avrebbe fatto né caldo né freddo -e idem se al posto di Bar Refaeli ci fosse stato Chris Hemsworth- non perché avesse qualche problema in senso fisico ma perché non gli interessava…no, non era quello che avrebbe dovuto preoccuparlo, piuttosto il fatto che Zachary Connors nonostante l’apparenza, ormai si è capito, era tutt’altro che un ragazzo tranquillo ed avrebbe potuto coinvolgere la sua fidanzata in qualcosa di altamente rischioso.

Ma, per l’appunto, non ci aveva riflettuto.

E adesso eccoli lì, Hammy e Zeke, che dopo essersi alzati molto tardi avevano avuto la bella pensata di andare nel quartiere dove non dovevano andare, a prendere una macchina che non dovevano prendere, per andare a correre non si sa bene dove. E per di più avevano con loro delle pistole modificate da Zachary stesso che sparavano dardi contenenti del liquido simile a dell’acido, che il ragazzo usava per la caccia ai serpenti -oltre ai topi dei quali si era portato dietro qualche gabbietta nonché quasi mezzo litro di quel liquido incendiario, i coltelli e…uccideva i serpenti anche a mani nude a dire il vero- segno che evidentemente dopo la corsa c’era quella in programma, nonostante non fosse domenica.

«quindi com’è il programma?»

«corsettina, caccia ai serpenti così ti faccio vedere anche come funzionano i dardi di “acido” a rapida entrata in circolo nonché il mio rifugio nel bosco. E poi verso le cinque del pomeriggio c’è una gara di ballo del robot, così ti faccio vedere anche come un robot ballerebbe se fosse in Matrix…»

Che Zeke sapesse fare qualcosa del genere Emerald l’aveva capito già il terzo giorno quando l’aveva visto scendere le scale all’indietro con movimenti che sembravano realmente meccanici e l’aria del tutto inespressiva. Quando faceva in quel modo le veniva pensato che a momenti era più un robot lui che l’incrocio tra un robot ed una pantegana che aveva lasciato a Tokyo.

Le era capitato diverse volte di pensare a Warsman. In particolar modo quando, sei giorni prima, l’ex mercenario le aveva messo l’anello al dito. Letteralmente, e con tutto quel che competeva.

Si era chiesta “chissà come reagirebbe se sapesse…”, o anche “chissà come reagirà quando lo saprà” che era più corretto perché prima o poi sarebbe venuto a saperlo per forza.

Però poi si era detta che in fondo la vita era la sua, e poteva fidanzarsi con chi cavolo le pareva. Era il Nemico Numero Uno, mica chissà cosa. Ed una volta che fosse stata attenta a rispettare quel che era il loro simbolo, non ballando il tango col proprio ragazzo, non poteva venire a dirle proprio niente. Michael l’aveva torturato, ok, ma questo non gli avrebbe comunque dato il diritto di poterle dire “no, tu con quello non ti ci fidanzi e non ti ci sposi”.

“per non parlare del fatto che tanto, prima o poi, questa cosa tra me e Flash dovrà concludersi per forza perché se davvero andrà a finire che io e Michael ci sposiamo dubito fortemente che resteremo a Tokyo. Stando con Kevin saremmo rimasti a vivere lì e fine, ma in questa situazione invece le cose sono diverse considerando che appena ha saputo del fidanzamento papà ha detto sia di passare per Londra una volta finito il soggiorno qui a Washington che ‘se voleste potreste venire a vivere qui nella tenuta in futuro, no?’…” oltre ad averle detto di avere alcune cose da raccontarle. Infatti non aveva ancora detto loro del soggiorno sull’isola, per farli stare tranquilli; tanto tra una settimana sarebbero tornati ed avrebbero saputo tutto “quindi il russo dovrà farci le bocce, che gli piaccia o no”.

E anche se le dispiaceva l’idea che loro due si perdessero definitivamente, pensandoci bene alla fine forse era la miglior cosa, perché di loro due in quel rapporto era lui ad essere più a rischio. Perché fino ad ora era riuscita più o meno a tenerlo al sicuro, ma per quanto avrebbe potuto farlo? Specialmente se Flash avesse fatto  qualche mossa stupida come quella di venire a cercarla a casa sua quella volta, o anche qualcosa di peggio. Magari sarebbe riuscita ad evitargli l’uccisione, ma…non ne era poi così sicura, e se a lui anche dal modo in cui era venuto a cercarla a casa non sembrava importare poi così tanto di quello che rischiava a lei invece…beh…sì!

Si erano quasi ammazzati più e più volte, eppure l’idea di vederlo subire torture o simili non le piaceva per niente. Forse perché, al di là di quel che combinavano quando erano tra loro, sotto sotto Hammy pensava che Warsman in vita sua avesse patito già abbastanza.

«e poi torniamo a casa» concluse l’albino «è un programma tranquillo, insomma. Niente di eccezionale» aprì il garage «…ti presento Chaos Star, Hammy».

Un’enorme macchina sportiva nera con i finestrini fumè, modificata non si sa come, con una versione tribale della stella del caos di un colore rosso acceso, con una “Z” al centro, disegnata sul cofano. Grossa com’era, pensò lì per lì Emerald, non poteva essere tanto veloce. Probabilmente mettendo giù i sedili posteriori, tra lì dietro e il portabagagli ci sarebbe stato dentro anche il motorino con cui erano venuti lì.

Cambiò idea sulla velocità quando vide che razza di motore aveva quella macchina.

«e beh, giustamente Armageddon guida la Chaos Star».

«il simbolo è lo stesso che ho tatuato sul petto».

«da quando in qua hai un tatuaggio sul petto?!»

«da quando ho cominciato a correre, lo vuoi vedere?»

«ok…»

Senza fare una piega il ragazzo si tolse rapidamente la giacca nera, il gilet verde scuro, la cravatta…solo a quel punto Emerald notò che quella di Zachary era una magrezza come la propria. Nel senso che era solo falsamente “gracile”, e che a guardarlo senza vestiti invece ci si rendeva conto che le cose non stavano proprio così. Ne ebbe la conferma quando Zeke si tolse anche la camicia rimanendo a petto nudo e pantaloni zebrati su base verde neon: non era una montagna di muscoli come Kevin, o comunque un tipo “muscoli in vista!” come suo fratello, ma da quel che vedeva non c’era niente di flaccido o poco allenato, piuttosto sembrava costantemente pronto allo scatto. Come lei.

E ovviamente si, fece caso anche al tatuaggio.

Secondariamente.

«è figo si o no?»

«si si…però ti facevo più magrolino».

«sono magrolino».

«meno allenato, allora. È che i vestiti che indossi “nascondono”».

«lo so. Vedi, per fare alcuni movimenti di quelli che faccio io l’allenamento serve. Salta in macchina» le disse con un cenno del capo ed un sorriso «mettiamo giù i sedili posteriori, carichiamo il motorino, facciamo una bella corsa e poi arriviamo al bosco».

Lei fece spallucce. «right».

Fatto ciò salì in macchina dal lato del passeggero, e Zachary da quello del guidatore. In tutto questo il ragazzo non si era curato di rivestirsi completamente, buttando giaccia, cravatta, camicia e gilet sul cruscotto.

«tanto questo garage si apre e chiude automaticamente» disse lui una volta accesa l’auto ed usciti «se posso darti un consiglio…allaccia bene la cintura e soprattutto tieniti forte!»

«guarda che io sono abituata alla velocitaaaaaaah!!!...OK! Capito il concetto!» esclamò la ragazza che aveva fatto appena in tempo ad allacciarsi che quello era partito arrivando in breve a trecento all’ora.

«se ti piace la velocità è la volta che ti diverti parecchio» disse l’altro «e se poi acchiappi una delle gabbiette di topi dietro e fai qualche piccola iniezione…»

«che hai in mente?»

A quella velocità folle erano arrivati davanti ad un piccolo capannone, fatto più di legno che di altro.

«hai presente la banda di quel tipo a cui ho “dato fuoco”?» mimò le virgolette.

«ce l’ho presente ma tieni le mani sul volante grazie, non mi va di schiantarmi per te che mimi le virgolette!»

«il fatto è che non mollano. Me l’hanno perfino giurata. E allora dato che la loro base è l’edifico che vedi, se ti va, adesso entriamo con la Chaos Star sfondando la porta e lasciamo loro qualche regalino incendiario con la coda».

«un assalto terroristico in piena regola!»

«non ti va?»

Di solito lei non era esattamente una che faceva questo genere di cose. Ma fare esplodere mezza villa di Robin Mask insieme a suo padre e Kirika era stato maledettamente divertente. E poi, beh, quelli l’avevano giurata al fratello minore del suo fidanzato.

Per cui…

«prendi le due gabbiette piene di topi e le siringhe, Zeke».

«ah! Lo sapevo! Armageddon e Nightmare, la nuova “coppia” del terrore!»

«…perché Nightmare?»

«preferivi Armageddon e Sweetheart?»

«decisamente no. A pensarci bene poi “Nightmare” mi piace, magari lo adotto come nome da battaglia!»

Un paio di minuti per iniettare il liquido a tutti i topi e poi via, ripartirono al massimo della velocità!

«sfondo l’entrata! Tu pronta con i topi, esploderanno tra tre minuti!»

«all right!» esclamò Hammy mentre Zachary per l’appunto sfondava l’ingresso rischiando quasi di investire diversi degli uomini all’interno del piccolo capannone.

«apro i finestrini! Buttiamo giù i topi tra tre, due, uno, giù!»

Un bel po’di topi caddero giù e zampettarono velocemente via spargendosi in tutto il capannone.

«…e per il futuro…ricordatevi di non infastidire Armageddon. Grazie» concluse Zeke richiudendo i finestrini e sfondando anche l’uscita del capannone sempre a quella velocità folle «tra poco verrà su un bel fuocherello, ma noi facciamo meglio a filare via. Peccato, il fuoco mi piace».

«dovevi vedere come ardeva bene la villa di Robin Mask, altroché. Zachary senti, tu sei anche un …esperto in tecnologia, giusto?»

«uh-hu. Ho creato un virus che potrebbe darmi il controllo di tutti i computer del mondo, inclusi quelli della Borsa. Gli unici che non mi riesce di aggirare sono quelli della tua casa produttrice».

«perché sono progettati tutti da gente in gamba. Tipo te. Mi è venuto pensato che quel liquido incendiario, le gomme esplosive, quella specie di acido e si, magari anche quel virus, potrebbero essere interessanti da un punto di vista lavorativo. Nel senso che se un giorno volessi venire via da qui ci sono grosse probabilità che mio padre ti trovi un lavoro ben retribuito. Si, lo so che di solito la mattina aiuti i tuoi qui a Washington, ma era per dire, ecco».

Uniamo una persona come Zachary Connors a delle risorse praticamente illimitate e ad un’altrettanto illimitata possibilità di ricerca. Cosa otteniamo? O un Armageddon vero e proprio o enormi passi avanti in alcuni campi della tecnologia Lancaster.

«non lo so. Per adesso sto bene qui, Hammy…la tua idea di partire con te e Michael e passare prima qualche giorno nella tenuta di Londra e poi un po’di tempo a Tokyo mi è piaciuta e ho detto di si, ma non mi sento ancora di lasciare definitivamente Washington. E poi queste sono cose che faccio per hobby, non per lavoro».

Un Q.I. di 177 sprecato. Fortunatamente per il mondo, forse, o forse no.

«capito. Te la sei presa?»

«ehm, perché avrei dovuto prendermela?» zigzagavano per la strada, a volte anche contromano, dirigendosi fuori città nel bosco in cui l’albino soleva andare a cacciare i serpenti, i lombrichi, i bruchi e tutto quel che strisciava.

«boh. Pensavo che ti fossi offeso per la proposta».

«seh, e io in tempi di crisi secondo te mi offendo per una quasi -proposta di lavoro? Anche ben retribuito, credo?»

«i dipendenti di mio padre che lavorano nei campi in cui potresti lavorare tu prendono dai trecentomila sterline al mese -o l’equivalente a seconda del Paese in cui lavorano- in su, a seconda dei risultati».

Giustamente, se Howard dava ad una traduttrice uno stipendio a quattro zeri figuriamoci ad un ricercatore.

«appunto, e io mi dovrei offendere se mi si offrono trecentomila sterline al mese per fare qualcosa che mi diverte pure? Un po’matto lo sono, ma stupido no. Solo che te l’ho detto, per adesso sto bene alla pasticceria».

«ok, nessun problema. Di’, secondo te dovrei evitare di dire a tuo fratello della giornata di oggi?»

«tu e lui vi sgamate subito vicendevolmente al punto che non riuscite nemmeno a farvi degli scherzi, non vedo come potresti fare a nascondergli della giornata di oggi».

«messa così…»

Arrivarono “tranquillamente” fino al bosco. Da notare che Zachary stesse guidando su una strada senza alcun albero, che di certo non era naturale. Come minimo a crearla era stato proprio lui, in qualche modo.

«rifugio» indicò una specie di “casetta” che si intravedeva appena tra le ampie fronde di un albero «per andare su c’è una corda nascosta tra i rami».

«io vado su anche senza».

«lo so!»

«Mikey qui c’è mai stato?»

«no. Della caccia al serpente non gli è mai importato, e nemmeno di vedere quella “base operativa” lassù. Ogni tanto ci vengo anche così tanto per fare a dire il vero, non solo per compiere nuovi passi avanti riguardo l’estinzione dei serpenti».

«nonché delle statuette e i dipinti raffiguranti serpenti. O delle persone con tatuaggi seprenteschi».

«quello dipende. Non tutte le persone con i tatuaggi dei serpenti meritano di andare a fuoco, ci sono anche delle bravissime donne e madri di famiglia o uomini e padri di famiglia con quei disegni sul corpo, per esempio. Ma tanto la gentaglia la sgamo subito, di solito mi dà addosso per prima».

Anche solo i pantaloni assurdi che indossava -…a pois, a fiori, zebrati, tigrati, scozzesi, a righe, a quadri, a cuori…- erano uno stimolo irresistibile per quel tipo di gente. Ed ecco che, se provocato anche di poco, lui colpiva.

Scesi dall’auto Zeke assistette con la consueta tranquillità alla rapidissima arrampicata di Emerald sull’albero e poi nel rifugio.

«…cazzo!!! Questo si che è il laboratorio dello scienziato pazzo!» esclamò la ragazza una volta dentro.

Perché in quel rifugio di legno c’erano congegni di tutti i tipi, incluse delle lame rotanti che da quel poco che Emerald capiva dei progetti che vedeva sarebbero a breve finite sulle fiancate di Chaos Star.

«carino, mh?»

«si, Zeke…ma tu dove te la procuri questa roba?»

«la prendo da qualche banda rivale o me la compro, se non costa troppo. Io praticamente dei soldi che prendo nel mio lavoro part-time in pasticceria non spendo niente, poi ci sono i vari regalini dei nonni paterni, e infine Lentiggine che nei periodi festivi è particolarmente prodigo. E chi sono io per rifiutare?»

Giusto.

«quanto a questo posto, se te lo sei chiesto, frego la corrente elettrica dagli edifici vicini».

«non ci sono edifici vicini».

«dipende da cosa intendi per “vicini”».

«i più vicini sono a qualche chilometro da qui».

«con i giusti allacci elettrici è fattibile, da’ retta. Ogni tanto comunque qui ci dormo pure».

«davvero?»

«oh si. E di notte escono un mucchio di serpenti…»

«aaah, ecco. È una questione di “affari”».

«no. La questione è che qui c’è una pace quasi innaturale, di notte. Un po’ mi cala anche in un’altra ottica…una volta quando venivo qui di notte e c’era quel silenzio mi veniva pensato “magari anche mio fratello adesso è in mezzo ad un silenzio simile a questo. Solo che lui rischia di essere ucciso, al contrario di me”. Che tuo padre l’abbia preso è stata una benedizione Emerald, quando ha abbandonato l’Accademia per andare a fare il mercenario è stato un periodaccio per tutti qui in casa».

«eravate preoccupati».

«io ero quello che lo era di meno, nonostante fossi piccolo. Sapevo -e so- che Michael è uno che se la cava…però ammetto che…beh…preferisco le cose come sono adesso perché lo percepisco più “al sicuro”».

«lo è. È l’uomo di fiducia di mio padre, il che significa che se Michael ne avesse bisogno lui si muoverebbe subito. Come ti ho detto…lo ha preso molto a benvolere».

«meglio così» il ragazzo si mise a giocherellare con dei congegni «parlando d’altro…lo sai che una volta mi divertivo a costruire robottini?»

«ah si?»

«si! Mi sono sempre piaciuti i robot» mise giù quel che aveva in mano «e non sai che darei per poter mettere le mani su uno un po’più “avanzato”. Come quel russo che tu definisci il tuo arcinemico, per esempio…non fare quella faccia, lo sappiamo tutti che non vuoi che venga toccato, era un’ipotesi…»

«appunto e poi non è proprio un robot. Lui…è una persona».

Zeke poggiò contro la parete di legno la schiena ancora nuda. «dipende da come lo vedi. Da quello che ho capito lui ha un cervello-computer, dico bene?»

«si…»

«e allora è presto detto Hammy: da esperto di robot e affari del genere quale sono, posso solo affermare che è una macchina. I robot hanno un cervello computerizzato, lui ha un cervello computerizzato, i robot sono macchine, lui è una macchina».

Emerald lo guardò fisso, incrociando le braccia davanti al petto. «il mio cane ha quattro zampe, il mio gatto ha quattro zampe, ergo il mio gatto è un cane».

«si, so che andando per sillogismi si può arrivare da tutte le parti, ma in questo caso la mia affermazione ha una sua logica» disse Zachary «tu magari potresti controbattere col dire che prova dei sentimenti, indi non è una macchina. E io a quel punto ti direi che i cosiddetti “sentimenti” sono tutta una questione di reazioni chimiche all’interno del nostro corpo e di impulsi elettrici nel cervello -per fartela semplice- di conseguenza il cervello-computer di…com’è che si chiama?»

«Warsman».

«ecco, il cervello-computer di Warsman potrebbe essere programmato per scatenare le suddette reazioni. Ma anche qui è una questione di programmazione, appunto, come per i distributori automatici. Premi A5 sul distributore e viene giù la Pepsi; insulti Warsman, lui prova rabbia. Poi è vero che non lo conosco…mi baso solamente sui dati che possiedo…però a rigor di logica è qualcosa del genere».

«senti…non mi va che ne parli in quel modo» disse secca lei. La conversazione stava andando in una direzione che non le piaceva. Anche -e soprattutto- perché quel che diceva l’albino sembrava pure abbastanza logico, e rischiava di farla riflettere in modo diverso su quel russo con in quale aveva quel rapporto da NN1. Era vero, lui aveva un cervello-computer. E la scienza diceva, effettivamente, che i “sentimenti” in realtà erano tutte reazioni chimiche che, di nuovo effettivamente, avrebbero potuto essere state programmate nel cervello di Flash.

«non intendo mancare di rispetto ad alcuno. Quel che vorrei adesso è fare con te una conversazione puramente “scientifica” su un argomento che mi interessa, scambiandoci dei dati. Tutto qui. E poi, ti vedo incuriosita».

E suo malgrado lo era. Perché aveva davanti un tizio con un Q.I. di centosettantasette che si intendeva anche di robotica, e lei aveva uno strano rapporto con un tizio che aveva un cervello-computer.

«in effetti ammetto che lo sono».

«quindi, ricapitolando, ha un cervello-computer. Tecnologia sovietica all’avanguardia…anni e anni fa» l’albino sollevò un candido sopracciglio con aria pensosa.

«a che stai pensando?»

«che anche le macchine migliori -pure se con la dovuta manutenzione- prima o poi “sfasano”, per dirla in modo semplice semplice. E se era un chojiin di botte in testa ne ha prese parecchie, quindi anche con la manutenzione non ci siamo granché mi sa».

«e quindi?»

«e quindi viene da sé che se già una macchina nuova è in grado di fare danni anche solo a causa di un errore che gli trasmette il comando sbagliato in codice binario, figuriamoci un cervello-computer vecchio, non tenuto proprio benissimo, impiantato in un chojiin con degli artigli simili a Wolverine. Basterebbe che al posto di 1101000100 gli arrivasse 1101000101 e ce lo troveremmo a ballare la caramelldansen o a cantare in giamaicano».

Hammy avrebbe voluto ribattere che Zachary si sbagliava, ma…

Si sbagliava?

Per non parlare del fatto che suo padre le aveva detto qualcosa di analogo, solo in modo più “crudo”, riguardo ai possibili effetti di un “1” al posto sbagliato.

«mio padre una volta mi ha detto più o meno lo stesso».

«tuo padre è un uomo sveglio, allora. O che comunque sa com’è che funzionano le macchine. So che mio fratello ogni tanto ha definito Warsman una bestia…»

“ogni tanto? Ogni volta, più che altro. Perlomeno ne parla poco” pensò Hammy.

«…ma è una definizione errata. Le bestie sono esseri governati unicamente da istinti primordiali, e che secondo tali agiscono. Warsman invece reagisce agli stimoli esterni grazie a delle reazioni chimiche scatenate dal suo cervello-computer secondo uno schema preimpostato. Il che, per l’appunto, fa di lui una macchina. Dovrò correggere mio fratello, quando tornerà».

Poteva davvero essere una macchina lo stesso uomo che era rimasto ferito dal fatto che lei avesse ballato con un altro, e che le aveva detto chiaro e  tondo che era e voleva essere trattato come una persona e non come un giocattolo?...insomma, lei conosceva Nikolai, sapeva che non era una macchina, ormai l’aveva capito più che bene.

Eppure, al di là del fatto che Zeke fosse o meno un genio e quant’altro, che Warsman aveva un cervello-computer era vero si o no? Si.

Era vero che era tecnologia ormai vecchia? Si.

Era vero che le macchine dopo un po’si guastano, ben tenute o meno? Si. Lo era.

«tu che ne dici, Hammy?»

«continuo a vederlo come sempre, Zeke. Pur dovendo ammettere che da un punto di vista prettamente logico…sembri…avere ragione…» borbottò «ok» si alzò «andiamo a stanare qualche serpente?»

«oh, si. Acchiappa le pistole a dardi, se ne vedi uno sparagli e buon divertimento!»

E così fecero entrambi. Dopo una caccia di quasi tre ore Emerald aveva al proprio attivo due serpi letteralmente disintegrate da quei dardi letali una volta che il liquido era entrato in circolo -e si era chiesta se alcune persone avessero subìto la stessa sorte- cinque lombrichi schiacciati sotto il tacco degli stivaletti ed una trentina di quei bruchi neri pelosi che camminano lungo i tronchi degli alberi.

Quanto a Zachary, che sapeva meglio di lei dove trovarli, di serpenti di vari tipi ne aveva fatti fuori sette, due dei quali acchiappati ed uccisi a mani nude. In tutta onestà i lombrichi e i bruchi non li aveva nemmeno guardati.

«nove passi avanti nell’estinzione di quegli schifosi esseri striscianti indegni di stare al mondo» concluse Zeke con fare solenne al termine di quella battuta di caccia «il che non è male».

«si però potevi rimetterti almeno la camicia. Metti caso se avessi strisciato contro dell’ortica…»

«il decotto di ortica fa bene ai capelli».

«le foglie di ortica però non fanno bene alla pelle».

«ma che ora abbiamo fatto?»

«sei tu quello con l’orologio».

«non oggi. Ma tu nel marsupio hai il cellulare».

«e tu il tuo dove l’hai lasciato?»

«nella giacca».

«ah. Ok» Hammy tirò fuori il cellulare «quattro meno dieci».

«giusto in tempo, visto che anche andando alla massima velocità almeno un’ora per arrivare lì dove si balla ce la mettiamo. Michael non dice niente?»

«…due messaggi due ore fa e una chiamata…un’ora fa. Avevo il silenzioso» mormorò lei «non vorrei che si preoccupasse. Tsk…sai, se non avessi risposto al mio ex dopo un’ora altro che una chiamata, ne avrebbe fatte venti, e se non avessi risposto nemmeno a quelle avrebbe già telefonato a polizia, carabinieri, pompieri, FBI, CIA e pure ai servizi segreti di her Majesty».

«tipino apprensivo Kevin Mask».

«diciamo ultra possessivo».

«non me ne hai parlato molto via via. Che tipo è, più o meno?» le chiese mentre andavano fino alla macchina.

«più o meno era tipo…stupido. O meglio, si comportava da stupido anche se in realtà non era proprio così».

«stupido è chi lo stupido fa. Michael mi ha detto semplicemente che era un cavernicolo. Anzi, un bravernicolo».

«ooooh noooo, non mettertici anche tu con quella storia per favore che in questi mesi ne ho sentite di tutti i colori. “io essere Kevin dalla Piccola Clava, ed essere convinto che saggina essere vecchietta piccola piccola e con lunga barba bianca!”…o anche “io Kevin dalla Piccola Clava andare al mare con i miei otto cani. Perché? Perché io sapere che otto cani fare canotto!” o ancora, e questa purtroppo è pure vera “io Kevin dalla Piccola Clava non essere ignorante, perché io sapere benissimo che Orazio essere pescivendolo del mercato vicino, anche se non sapere che lui scrivere ‘roba in latino’!”»

«…ma veramente?»

«eh si, veramente».

Salirono in macchina. Il viaggio procedette tranquillo tra un racconto e un altro -tranquillo se non si consideravano gli oltre trecento km/h a cui andava Zachary-  ed arrivarono dove dovevano arrivare proprio all’orario stabilito.

«il posto è questo».

«e tu non accenni ancora a rimetterti la camicia».

«in queste occasioni generalmente tanto la tolgo. Così che vedano bene il tatuaggio, capito».

«ah-ha».

Era un ambiente abbastanza grande e piuttosto malmesso. Però da quel che poté vedere Emerald la gente che ballava era seria. Non tanto per la gara in sé per sé, perché non c’era un trofeo da vincere e nemmeno una giuria vera e propria; l’unica era il pubblico che attorniava i contendenti. Ma i ballerini erano veramente bravi.

«non ci sono iscrizioni. Chiunque può sfidare il ballerino al centro» le spiegò l’albino «e il vincitore viene deciso a furor di popolo, praticamente. Dopo sfide su sfide, quando c’è un contendente che nessuno si sente di sfidare e soprattutto che piace al pubblico, ecco che si capisce chi ha vinto. Oltre al fatto che il vincitore in questione viene sollevato da tutta questa massa umana che vedi e fatto “scorrere” fino al limitare della folla».

«figo».

«dipende, se non ti accorgi che la marea di gente è finita e non salti giù, cadi a terra e dai una capocciata di quelle che ti ricordi a vita».

Emerald non fece nemmeno in tempo a dire “ok” che il ragazzo si era già infilato in mezzo alla marea umana, piombando davanti al ballerino appena rimasto da solo.

Quel che fece da quel momento in poi lasciò Emerald senza fiato perché a parte solo il sembrare un robot -cosa che gli riusciva egregiamente- Zeke non sembrava nemmeno soggetto alle normali leggi della fisica vista la facilità con cui faceva cose…assurde…come lo sdraiarsi supino a rallenti sul pavimento e poi tornare in piedi come se qualcuno avesse premuto “rewind” su un telecomando.

La festa finì nel momento in cui diversi tizi poco raccomandabili, alcuni dei quali bruciacchiati, fecero il loro ingresso.

La musica terminò come per magia. Il solo a rompere il silenzio fu l’albino.

«…noooo…ancora? E che rottura però!»

«Armageddon!!! La pagherai anche per aver distrutto la nostra base!»

Appena vide le armi che avevano addosso, anche se non erano roba da molto, la marea umana si diede alla fuga urlando. Emerald nella confusione riuscì a raggiungere un punto in alto.

“fammi mirare a quei due con la pistola che poi per gli altri stiamo a posto” si disse la ragazza. Zachary dal canto suo…boh, sembrava annoiato e basta.

«si ma allora voialtri proprio non volete capire…“non rompere le scatole al tizio albino”, è tanto difficile da capire?»

«non-» avviò a dire uno di quelli con la pistola, ma questa gli saltò improvvisamente via dalle mani, così come altrettanto improvvisamente si trovò gambizzato. Stessa sorte capitò all’altro con la pistola.

«ma che-argh!» Hammy era saltata giù dritta in testa a quello che aveva parlato, per poi dedicarsi a fratturare le ossa a chiunque di quelli le si trovasse vicino.

«you can call me Nightmare».

«aaah, ma allora t’è piaciuto sul serio!» anche Zeke si unì alla battaglia, dai pantaloni tirò fuori il coltello che aveva scelto di portarsi dietro quel giorno -se non lo aveva nella manica lo aveva in tasca. Non se ne separava mai, come Hammy dalla sua pistola- e con fare tranquillissimo si mise a conficcarlo nelle arterie di tutti i tizi che gli capitavano a tiro. Così come se niente fosse.

«mi sa che qui finiamo presto…attenta!!!» Zeke la fece abbassare appena in tempo. Nessuno dei due aveva notato che anche un terzo uomo aveva una pistola.

«ma che diavolo-»

«tranquilla, non c’è nemmeno bisogno di avvicinarci» disse il ragazzo facendola mettere dietro di sé e lanciando le sue gomme esplosive a quello che stava quasi per colpire Emerald.

Che dal canto suo lì per lì non capì perché invece di due gliene avesse tirate otto.

Ci arrivò dopo quando oltre all’uomo presero fuoco le componenti in legno dietro di lui, e l’incendio si propagò con grande rapidità.

«buuurn, baby burn, is Disco Infernooooooh!!! Burn, baby, burn!» canticchiò Zeke che sembrava compiaciuto dal disastro creato. E presumibilmente lo era sul serio «mi sa che Lentiggine mi darà un’altra lavata di capo… burn, baby, burn!»

«dovremmo uscire di qua!»

«si…magari dovremmo» concordò il ragazzo acchiappandola per il polso ed uscendo con lei di corsa «però ammettilo…»

«che?»

Salirono in macchina e partirono a tutta velocità.

«che è stato bellissimo! Armageddon e Nightmare, ne parleranno tutti quanti qui in giro».

«si ma io teoricamente tutto ciò non dovrei farlo perché, uno, tuo fratello mi sa che non sarà proprio felicissimo, due, sono una chojiin della Muscle League ed avrei delle regole di comportamento da seguire non solo dentro Scuola ma anche fuori…»

«capisco per la parte che riguarda Michael, ma delle regole che ti frega?»

«…ok, effettivamente di quelle non mi frega una minchia. Solo che è il secondo posto a cui diamo fuoco oggi!»

E dire che avrebbe dovuto essere Michael a migliorare per quanto -e se- gli era possibile…e invece era Emerald che sembrava peggiorare, anche se non per colpa del suo ragazzo quanto piuttosto del fratello del suddetto che era un Armageddon fatto e finito.

«e che sarà mai…»

«dimmi una cosa, il posto dove ti sei fatto tatuare il petto è tanto lontano?»

«a una mezz’ora da qui, perché?»

«perché sinceramente avere la schiena senza tatuaggi mi fa sentire strana, era un po’di tempo che pensavo di farmene uno nuovo…»

 

 

:: Nettuno ::

 

 

C’erano due voci contrastanti in Kevin Mask. La prima era quella che lo spingeva ad andare avanti, all’indirizzo dove doveva andare e stava andando.

La seconda, quella che gli diceva di voltarsi e correre via.

«…non…sei…tu non sarai...oddio. Kevin!»

Non fece in tempo perché la gracile donna dai capelli -tinti- biondo chiaro gli si lanciò praticamente addosso uscendo di corsa dal giardino ed abbracciandolo. Piangendo come una fontana.

D’altra parte era comprensibile, era suo figlio, lo aveva visto solo in televisione -un modello vecchissimo ed era già tanto che ce l’avessero visto che in tutto il pianeta ad avercelo erano giusto cinque famiglie!- gli aveva scritto per tutto quel tempo senza mai ricevere risposta e adesso era lì, davanti a lei, e lo poteva toccare, baciare, abbracciare…

A piangere non era la sola però. Anche Kevin Mask non aveva retto all’emozione di vedere per la prima volta la madre creduta morta. Gli sembrava ancora di sognare, eppure no! Era reale, lei non era un fantasma, e poteva stringerla a sé, sentire il profumo di fiori dei suoi capelli…un profumo praticamente identico a quello di Mary Nikaido, a dirla tutta…

«mamma…»

«Kevin…mio Dio, quanto sei grande…e quanto sei bello! Proprio come si vedeva in tv…non avrei mai sperato che un giorno ti avrei visto dal vivo…ma vieni, vieni, e-entra in casa» Alisa balbettava perfino, ovviamente anche lei emozionantissima oltre che sorpresa «abbiamo talmente tanto da dirci!...il mio bambino…ti ho scritto tutte le settimane...anche se non mi è mai arrivata una risposta io ho sempre continuato a sperare…e adesso sei qui! Quarrelman!!!...vieni!»

«che succed-oh! Ma tu guarda…che sorpresa! Kevin Mask!»

L’ex wrestler non sembrava affatto seccato all’idea di averlo lì. Era semplicemente sorpreso, e se mai poteva essere solo contento per Alisa che in quel momento nonostante le lacrime -di gioia- era assolutamente raggiante.

«s-salve» borbottò il ragazzo asciugandosi velocemente le lacrime.

«sei venuto a trovare tua madre, mh? Entra pure» Quarrelman gli fece cenno di entrare in casa «e resta pure quanto vuoi, ragazzo; dopo vent’anni tu e tua madre avrete un mucchio di cose da raccontarvi».

“specialmente il motivo per cui non hai mai risposto alle lettere che ti mandava” aggiunse mentalmente.

«eh…io…»

«ti prego…rimani» Alisa aveva i suoi stessi occhi azzurri «anche una settimana, due, un mese, quanto vuoi…ma rimani».

Lo stava praticamente supplicando. E anche se Kevin aveva pensato di andare a  breve a Washington a cercare di recuperare Emerald…beh…sua madre Alisa al momento era più importante. L’aveva già messa da parte troppo a lungo. E poi voleva stare con lei, raccontarle tutto, non ultimo quel che aveva combinato suo padre con le lettere che lei gli aveva spedito nonché dell’…“incidente” con Howard Lancaster.

Ehm. Si. Forse di lui sarebbe stato meglio non parlare troppo nonostante prima che lui nascesse anche Alisa avesse frequentato parecchio casa Lancaster…più che altro perché Kevin non sapeva che sua madre si era “fatta consolare” da Howard stesso quando questi non aveva ancora conosciuto Janice e non sapeva nemmeno chi era la donna che aveva “consolato”!

A pensarci il loro ritrovarsi per quelle gare di “indovina cos’ho disegnato” era abbastanza ironico perché lì tutti quanti sapevano chi era stato con chi eccetto Robin Mask…

«va bene…rimarrò per un po’. Di cose da raccontarti ne ho veramente tante, mamma…»

 

 

:: Tokyo ::

 

 

Lì per lì pensò di aver visto male.

Poi si insospettì.

Ingrandì.

E scoprì che era proprio così.

Nelle ultime foto postate su Tumblr, Emerald aveva in tutte un anello all’anulare sinistro. E poco importava che…mah, sembrava quasi cercare di tenere la sinistra un po’più nascosta…ma lui ci aveva fatto caso.

Come avrebbe potuto non farci caso?

Quello era un anello di fidanzamento. Quello era un diamante e quelli erano smeraldi, e quello era oro rosso e…

“e lei è una grandissima stupida! Fidanzata! Ci si è fidanzata! …quella puttanella ne ha fatte di cretinate ma questa è la peggiore di tutte! Non può fidanzarsi con quell’uomo!...non può sposarlo! …lui è un uomo orribile, se uomo vogliamo chiamarlo!...due note…‘a TheWorldIsMine è piaciuto’. ‘TheWorldIsMine ha detto: so che ve l’ho già detto ma ribadisco, era ora! :D :D :D mi raccomando, passate per Londra prima di tornare a Tokyo’…Tsk! Se io avessi una figlia la terrei a diecimila chilometri di distanza da Michael Connors! Altro che ‘era ora’, nonostante sia vero che a lei non farebbe mai del male!”

Prevedibilmente Warsman non aveva preso proprio benissimo la notizia, nonostante non fosse ancora stata scritta ufficialmente.

Emerald fidanzata con l’americano significava anche un probabile matrimonio che a sua volta significava la fine di tutto. La fine di quel poco che rimaneva del loro rapporto, e non sapeva nemmeno quando questo sarebbe avvenuto di preciso. “passate per Londra”…poteva anche significare che, a Tokyo, Hammy non sarebbe tornata più se suo padre avesse convinto lei ed il caro fidanzato a stabilirsi lì fin da subito.

Ma non poteva andare a finire in quel modo, non adesso che Kevin aveva dichiarato che avrebbe provato a riprendersela dopo essere stato su Nettuno! Ma più che altro il problema era Connors in sé per sé!

…o semplicemente il fatto che forse sarebbe davvero convolata a nozze era il problema, indipendentemente da “con chi”?

“aaaah, macché! Emerald è veramente idiota, come può pensare di sposarsi con un criminale marcio fino al midollo come quello?! È assurdo, non può fare sul serio!”

Per non parlare del fatto che aveva ragionevolmente rifiutato di sposarsi con Kevin perché “troppo giovane”…e adesso diceva di si al soldato?! Eh, ma allora non era stata questione né di età né di buonsenso, ma forse solo della persona che gliel’aveva proposto, e se le cose stavano in quel modo c’era un altro problema perché voleva dire che si era proprio persa completamente per Connors.

Ma…per lui?

Di tutti, lui?!

Proprio per quel bastardo?!!

“io con questa faccenda ci divento matto! E…e adesso?! O vado là a Washington o aspetto di raggiungerla a Londra o ancora aspetto qui…ma…ce la faccio?...” nuova notifica “Smeraldya ha cambiato nome in ‘NightmareOfEmeralds’. ‘NightmareOfEmeralds ha postato un nuovo video’…”

 

dai è bellissimo…

– NIGHTMAAAARE!!!

Sì, Before Christmas…a parte gli scherzi…questo è il mio nuovo tatuaggio!

 

Mostrò una “N” unita a quello che sembrava del fuoco stilizzato tatuato sulla schiena.

 

adesso praticamente mi faccio chiamare-

– NIIIIGHTMAAAAARE!!!

– mi sa che s’è capito…per gentile concessione di Armageddon Connors qui, che…

coming soon in Tokyo!

– …ma Michael non è ancora tornato?

– nah…i conigli!!! Facciamo vedere i conigli! Questo è il mio, si chiama Pac-Man, ed è tanto carino!!!

– già mi immagino i commenti di Kirika…Kirika lascia perdere…comunque questo invece è mio e si chiama Bunny! Eh…comunque…

 

La vide nascondere la mano sinistra mettendoci sopra la destra, ma l’anello ormai si era visto bene.

 

– ho da dire un paio di cosine ai miei amici quando torno a Tokyo…per stavolta chiudo…bye!

 

L’unica cosa buona in tutto ciò?

La conferma che sarebbe tornata a Tokyo.

E se tornava a Tokyo forse non era tutto perduto…

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Capitolo 26
*** Il compleanno dell'Infanta ***


«perché? Perché, eh? tu adesso me lo devi spiegare. Già l’altra volta non era stata la cosa più intelligente che potessi fare, ma adesso-»

«non -puoi -sposare quell’ uomo».

Ad Emerald era sembrato di avere un dejà vu quando si era vista comparire Flash lì alla sorgente dove lei, nonostante si fosse solo a maggio, già era andata ad immergersi. Non era una che pativa granché il freddo, in fondo, e riguardo al resto della gente beh…per quanto ne sapeva Hammy, Michael al momento stava parlando con suo padre -presumibilmente del fidanzamento da poco avvenuto- e Zeke invece era vittima del fuoco incrociato di Janice, Verbena e Phoebe, le quali nonostante non piacesse loro Michael non erano riuscite a resistere alla tentazione di bombardare di domande quel ragazzo albino con gli occhi di colore diverso.

C’era quasi da pregare che Zeke restasse molto sul vago o non rispondesse proprio.

Ed ecco, in tutto ciò lei aveva preso “una pausa” e se n’era andata alla sorgente. Ma evidentemente per quel giorno di “pause” non se ne parlava proprio.

Il primo pensiero che aveva avuto vedendo lì il russo, al di là della sorpresa, era stato “ma è completamente cretino a venire qui sapendo che c’è mio padre, che c’è Michael e…ok, si, anche Zachary è un po’una mina vagante ma questo non lo sa”.

«o senti-»

«hai capito quel che ti ho detto?! Emerald tu di cazzate ne hai fatte tante ma di tutte questa è la peggiore in assoluto!»

«mettendo in chiaro sia che non si sa quando e se ci sposeremo davvero che il fatto che io ho sempre e comunque il diritto di stare con chi diavolo mi pare, direi che questa mia “cazzata” fa il paio con la tua di entrare nella tenuta un’altra volta, Sorcio».

«al momento non è importante quello che faccio io ma il fatto che tu ti sia lasciata mettere al dito quell’anello. Getta una luce un po’diversa su tutto, non ti sembra?»

«ma di che cavolo parli?!»

Warsman si chiese se la ragazza in bikini che gli stava davanti davvero non capisse di cosa stava parlando o stesse semplicemente fingendo di non farlo. A giudicare dal suo sguardo però capì che si trattava della seconda opzione.

«lo sai. Parlo di cosa potrebbe significare quel matrimonio per Kevin che si è deciso a lottare per riaverti…»

«Kevin ormai ha perso il treno» sentenziò seccamente lei «gli auguro con tutto il cuore di trovarsi un’altra che lo sopporti, ed auguro a lei di venire trattata meglio di come lui ha trattato me, ma per quanto mi riguarda con quel ragazzo ho chiuso».

«e per fortuna che doveva essere “il grande amore”!»

«guarda che questo lo diceva lui, non io, io era quella che “finché dura”».

«eri anche quella che asseriva che fidanzarsi ufficialmente e sposarsi a quest’età era assurdo, se non mi sbaglio, ma per come stanno ora le cose direi che non era tanto per una questione d’età o di semplice raziocinio che hai detto di no a Kevin…quanto piuttosto perché a chiedertelo è stato LUI e non “Mikey”! Al quale hai detto immediatamente di si! Emerald…Kevin ha tanti difetti ma non mi risulta che abbia mai torturato qualcuno per puro e semplice divertimento…»

«ma perché non stai zitto?!»

«…o abbia stuprato qualcuno per la stessa ragione!»

«si, peccato che sia tonto quanto quel TONTO di suo padre che ha fatto precipitare un aereo mentre c’era sopra pure lui stesso! E riguardo a Michael te l’ho già detto e l’ho detto milioni di volte anche a lui che non me ne frega niente di quello che ha fatto, ok? Niente! Lo farebbe mai a me? No! Lo farebbe mai a gente cui non voglio sia fatto del male? No! Quindi non vedo il problema…»

«io invece il problema lo vedo benissimo ma non riesco a capire se si tratti più di stupidità o di un egocentrismo tanto radicato che si estende anche a quel che fanno o non fanno gli altri. Finché non tocca te, la tua famiglia, e chiunque tu vuoi che resti in salute è tutto ok vero? E chi se ne importa se in passato ha fatto fuori uomini, donne, bambini, anziani, ed ammazzato qualche ragazza causandole forti emorragie interne dopo aver-»

«in che lingua devo dirtelo che io queste cose le so già?!  Le-so-già! …¿entiendes? Mi basta lui che anche dopo avermi visto con quest’anello al dito ha ritenuto opportuno mettere in chiaro che “lui è un criminale di guerra che faceva quella roba perché voleva farla”…»

«e tu gli hai detto “va bene chi se ne importa” dopo che lui non ha nemmeno cercato di giustificarsi?!»

«eh…poco c’è da giustificare, qui».

Il russo le diede una lunghissima occhiata. Era impossibile che arrivati a quel punto lei…insomma, in passato l’aveva sentita giustificarlo col dire “era in guerra, che doveva fare”, ma adesso che invece sembrava aver capito benissimo che non c’era giustificazione che tenesse per quel che Connors aveva fatto…come poteva dire “ok, mi sta bene”?!

«…ma non si può dire che non sia stato onesto con me. A dire il vero lo è stato fin troppo. Ed è anche sempre stato corretto. Io…non solo in questi mesi ma da quando lo conosco da lui ho sempre avuto questo: correttezza. Rispetto. Lealtà…»

«ma si, dai, santifichiamolo anche già che ci siamo» disse Warsman altamente sarcastico.

«…e adesso anche amore» continuò lei imperterrita «e se è in grado di darmi una cosa del genere, così com’è in grado di voler bene alla sua famiglia, non può essere del tutto un mostro, e se non è del tutto un mostro allora non vedo perché non dovrebbe potermi andare bene».

A Flash stava venendo una voglia immensa di mettersi ad urlare. Come poteva Hammy mettere da parte tutto il marciume di Connors senza che questo le pesasse minimamente sulla coscienza, lei che era la stessa a cui non era stato bene l’accanimento di Kevin su Turbinskii che contrariamente alle vittime dell’ex mercenario al momento era vivo e in ottima salute?!

«tu sei talmente persa dietro quel mostro che pur vedendo le cose esattamente come stanno e capendole perfino ci passi sopra come se fosse robetta da niente! Tanto che mi chiedo se inconsciamente tu paragoni Connors a tuo padre che non aveva problemi ad ammazzarmi in mondovisione, e Dio solo sa quanta gente “scomoda” ha fatto eliminare negli anni, ma stravede per te e per la sua famiglia in generale…quel che voglio dire è che tu lo hai sempre visto come un uomo “perfetto”, e cerchi istintivamente qualcuno che gli somigli…»

«desiderare di trovare qualcuno di cui innamorarmi ed essere ricambiata così com’è per i miei genitori non lo trovo un male! lo so che questi sono casi da uno su un miliardo, lo so che loro sono un’eccezione, così come so che è sbagliato andare a cercare il principe azzurro e soprattutto so che Michael non lo è…però se io con quest’uomo mi trovo in sintonia, mi piace l’idea di averlo al mio fianco, non mi ha mai nascosto niente eppure riesco tranquillamente ad accettarlo, mi conosce, lo conosco, mi rispetta, lo rispetto, mi fa ridere, a mio padre piace lui e ai suoi genitori piaccio io, bono è bono, a letto è-»

«chissenefrega!» la bloccò Flash che non aveva voglia di sentire le lodi sulle abilità amatorie di Michael Connors o, peggio ancora, i dettagli.

«…insomma, considerato tutto questo io adesso dovrei mandare a monte il fidanzamento solo perché Kevin a tuo dire si sarebbe messo in testa di potermi riavere? E che, io secondo te sto ad aspettare i comodi di Lady Oscar col pizzetto strafatta di steroidi? Ma manco per niente!» esclamò la ragazza «per caso ho scritto “giocondo” in fronte io? Non mi sembra! E poi a dirtela tutta mi sa che qui non è un problema di Kevin, ma lasciamo stare va’» aggiunse in un borbottio rimettendosi i pantaloncini. Iniziava a pensare che sarebbe stato meglio tornarsene in casa e chiuderla lì, ma l’altro non sembrava essere della stessa idea perché la trattenne per il polso.

«che c’è ancora?»

«c’è che a questo punto ormai tanto vale ammettere che…non hai torto. Non è un problema di Kevin. O non solo suo, almeno».

«e quindi…cosa è?»

Sapeva che era una domanda pericolosa ma gliela fece ugualmente.

«è che se davvero tu sposerai Connors, il nostro rapporto da Nemici Numeri Uno finirà».

«e tu non vuoi».

«no».

Il loro era un rapporto strano ma anche il più intenso che avesse mai avuto. La odiava ma in un certo senso non poteva farne a meno, e poi…era la prima donna che anche dopo averlo visto in volto l’aveva accettato. E della quale nonostante tutto si fidava, e con cui si sentiva libero di essere quello che era senza che lei ne avesse paura o lo disprezzasse per davvero dandogli del mostro, della bestia o chissà che altro.

Si, c’era sempre Kevin, e adesso c’era anche qualcosina con Mary, ma non era assolutamente la stessa cosa. Kevin era più un bimbo gigante a cui badare, e davanti Mary Nikaido non si sarebbe tolto la maschera.

«e tu vuoi, Emerald?»

La ragazza si passò una mano sul viso. «ti direi una bugia, se dicessi di si. Però lo sappiamo tutti e due che questa cosa non può durare in eterno, no?»

Per lei non fu piacevole dirlo, così come per il russo non fu piacevole sentirselo dire.

«tu stai-»

«ascoltami» Hammy tolse il polso dalla sua presa, ponendo le mani sui suoi avambracci che erano il punto dove arrivava meglio « questo rapporto da arcinemici che c’è, non è e non è mai stato un gioco, ok? Così come tu non sei mai stato il mio giocattolo. E a voler essere completamente sincera mi è capitato parecchie volte di pensare che avessimo sbagliato a tornare invece di continuare a vagare senza meta da un Paese all’altro, ma dettagli…»

«dettagli un accidente! Non è un dettaglio! È tutto meno che un dettaglio!»

«…chi ha voluto tornare per forza, tu o io? Tu. Quindi, riguardo a questo, shut up. Quello che voglio dire io è che nonostante per me sia stato ben altro che solo un modo per passare il tempo, questa cosa che c’è tra me e te è insana e potrebbe farti finire male».

«non-»

«Flash! Guarda dove sei adesso! Guarda che hai fatto! Sei entrato qui nella tenuta, cosa che se ti avessero visto adesso saresti chissà dove sotto tortura, o agonizzante con un’arteria tagliata se avessi incrociato Zachary!...rischi troppo, Sorcio! E non è questo quello che voglio, io…non voglio» Emerald aveva abbassato gli occhi smeraldini per non incrociare quelli del russo, e cercava di non far tremare né la voce né le mani. Era più difficile di quanto avesse pensato «non voglio e basta, ed è per questo che forse è bene chiuderla qui davvero».

«no».

«Warsman-»

«no!»

«finirai male se la cosa continua! Lo sai che ci sono grosse probabilità che io abbia ragione, non rendermelo più difficile di quanto già sia».

«e tu credi che se mi fosse importato davvero qualcosa dei rischi io avrei continuato ad avere questo rapporto con te pur sapendo chi è tuo padre?!»

«a te non importerà ma a me si! Un conto è prenderti a botte col cric e un altro è che tu faccia una brutta fine per colpa mia! Anche se non avrai più me avrai sempre Kevin…»

«e secondo te potrebbe bastarmi, adesso?»

No, ovviamente no.

«…e magari col tempo riuscirai ad avere degli altri amici, e…magari senza questo rapporto insano troverai perfino una compagna, non vedo perché no, hai le chiappe mosce ma non sei completamente cretino…» cercava di buttarla sulle battutine come al solito, ma aveva la netta sensazione che tra un po’ tutta quella tensione l’avrebbe fatta piangere e non era proprio il caso. Davanti a lui, poi!

Era una cosa talmente straziante che lo stava mandando in bestia. Lui non aveva mai avuto nessuno, e adesso che aveva lei ecco che gliela stavano portando via, come tutto il resto. Ma dov’era la giustizia in tutto questo?!

«sono tutte stupidaggini che dici per cercare di indorare la pillola e tu questo lo sai! La gente anche grazie a tuo padre mi vede come una bestia, e…e poi…Emerald, tu…te l’ho già detto che sei stata la prima donna che mi abbia fatto sentire “uomo” anche dopo avermi visto in faccia, e questo nonostante io -per gentile concessione di quel vero mostro del tuo caro Connors- sia “la versione russa più brutta e metallica di Freddy Krueger”…»

“a riprova del fatto che quando vuole Michael è uno stronzo come pochi, ma anche questo lo sapevo già” pensò lei nonostante il paragone fosse abbastanza calzante.

«…come puoi pensare che io ridotto come sono e con l’età che ho possa trovarmi una compagna, se fino adesso una cosa come quella l’hai fatta tu? Solo e soltanto tu? ...e davanti a questo poco mi importa dei rischi!»

E a quel punto Emerald capì come stavano le cose. Che anche l’altra volta non era per Kevin che era venuto a cercarla, che non era solo perché era giusto che lui l’aveva salvata da un abuso, capì meglio perché se la fosse presa così tanto quando lei aveva ballato con Michael. E capì pure che finché lui avesse continuato a vederla in quel modo non solo non avrebbe nemmeno provato a trovare qualcun’altra che potesse stargli vicina in modo sano e non malato, ma anche che avrebbe continuato a mettersi potenzialmente in mezzo a grandi casini…che a loro volta avrebbero potuto significare una sua fine precoce, immeritata e dolorosa.

Voleva questo per lui?

No.

Quel che voleva era che anche lui, a fine rapporto, fosse sereno e con una vita quanto più possibile tranquilla e normale.

Si…quanto più possibile appunto.

Ma per avere questa “vita tranquilla” doveva innanzitutto restarci, vivo.

E per quanto non fosse per niente facile la ragazza si rese conto che doveva cercare di indurlo ad essere lui stesso a voler concludere il rapporto. La strada da seguire l’aveva vista. Doveva solo percorrerla più a lungo ed andare più a fondo.

Forse in futuro lo avrebbe capito anche lui, che era la miglior cosa.

E adesso lei doveva fare un bel respiro profondo e dirgli cose che non solo non pensava affatto, ma che non avrebbe mai voluto dirgli.

“non far tremare la voce se no ti becca, i pugni stringili così che non possa vedere cosa stanno facendo le mani, e soprattutto evita di guardarlo in faccia altrimenti non ce la fai. E infine di’ quel che devi dire e poi corri via, altrimenti ti becca lo stesso se ti vede che scoppi a piangere no?...sii fredda, spietata e rapida. Così la concluderai qui, dato che lui non vorrà più vederti. Si, lo so che questo non ti piace. Ma non ti pare che abbia già patito abbastanza? Non essere egoista e lascialo andare”.

Si voltò a dargli le spalle.

«tu l’hai fatta più grande di quello che è. Quel che è successo a Rio è dovuto solo ed esclusivamente a due cose: la prima, quando ho visto quella…roba…mi hai fatto mezza pena e mezzo schifo. La seconda: ero in astinenza e questo ha fatto si che la pena superasse lo schifo…»

“io qui scoppio a piangere cazzo! Non è vero niente!!!

 «…ma è stato solo questo, un…togliermi la voglia, visto che ti sei dimostrato tanto disponibile, e niente di più. Non aveva altri significati. Non l’ho fatto per farti sentire chissà come. L’ho fatto per puro egoismo; questa è la verità, non quelle minchiate che vai dicendo. E…e adesso vattene via…perché non c’è motivo che rimani qui!»

Ma fu lei la prima ad andarsene via correndo, incurante di aver lasciato lì maglietta e scarpe e di stare fuggendo scalza e col sopra del costume. Non poteva restare lì un istante di più, e non poteva rischiare di trovarsi a guardarlo in faccia o avrebbe pianto ancora più di quanto stava facendo.

Non voleva vedere il dolore che doveva avergli dato, anche se l’aveva fatto…per il suo bene. Perché meglio saperlo lontano e “a posto” che vicino e in pericolo. E quel che doveva stare provando adesso gli sarebbe passato, prima o poi. Magari il farsi consolare da qualcuno era la strada buona per costruire un nuovo legame, no?

Corse per parecchio, fino a quando non andò a sbattere contro qualcosa, finendo a cadere all’indietro.

«A-Abraxas…scusa…» borbottò rialzandosi rapidamente «non ti avevo visto…»

Rimase in piedi per poco perché quel cavallo gigantesco la ributtò a terra con una testata, facendola finire seduta sul prato, solo per poi accovacciarsi a sua volta accanto a lei e poggiarle l’immensa testa su una spalla.

Perfino il cavallo aveva capito che era successo qualcosa di brutto!

«…perché doveva essere così testardo?...perché mi ha costretta a farla finire in questo modo, a dirgli quelle cose?...ho dovuto farmi odiare sul serio per forza! Ho dovuto ferirlo ma io non volevo!»

E se lei stava in quel modo figurarsi come stava Warsman, a cui forse si poteva addirittura arrivare a dire che era crollato il mondo addosso. Se già ballando il tango con un altro gli aveva fatto male, dicendogli quelle cose doveva averlo proprio distrutto. Così come aveva distrutto anche Kevin…solo questo sapeva fare lei, si disse, distruggere. Spezzare il cuore a tutti quelli che le volevano bene…o “le volevano bene”.

Vero che aveva ancora i suoi amici che non l’avevano abbandonata, e che c’era Zachary in giro, e che era a casa con la sua famiglia che la amava, e soprattutto che adesso stava con Michael ed era felice…però aveva fatto del male a due persone a cui non avrebbe mai voluto farne.

Anche se si poteva dire che fosse stata costretta in entrambi i casi…

«cavallo gigante!!! Il cavallo gigante!»

Quelle esclamazioni fecero rizzare e voltare di scatto l’interessato, che si trovò “muso a muso” con Zeke che non fece una piega nonostante Abraxas lo stesse guardando malissimo.

Anzi…

«oplà» facendo leva sul collo dell’equino Zeke si issò sopra con una capovolta in avanti, anche se si trovò a cavalcare al contrario.

«Zachary scendi giù!...o questo ti ammazza!!! Non sto scherzando!» esclamò Emerald «anche se conosce il tuo odore si fa cavalcare solo da me e papà, te l’avevo spiegato!»

E per l’appunto il cavallo si impennò nel tentativo di disarcionarlo, si sbatté a terra, saltò più volte, si impennò ancora, cercò di morderlo, corse perfino contro un albero nel tentativo di buttarlo giù, ma l’albino senza perdere la sua classica serenità nemmeno per un momento riuscì a rimanere fisso in groppa. Non aveva mai cavalcato in vita sua ma per quanto lo riguardava lì era solo una questione di restare fermi sopra a qualcosa.

E alla fine fu Abraxas a perdere le speranze, dopo almeno mezz’ora di dura lotta.

E Zachary era ancora lì, seduto all’incontrario.

«non è poi così male, visto».

Ed Hammy guardava la scena con due occhi così.

«Lentiggine non ce l’ha mai fatta?»

«Michael non ci ha mai nemmeno provato. E francamente io con tutta la stima che ho per tuo fratello dubito che anche tentando ci sarebbe riuscito…»

Abraxas si avvicinò alla ragazza sbuffando, un po’mogio e molto seccato. Adesso c’erano tre persone delle quali riconoscere l’autorità, non più solo due.

«non guardarmi così…non ci avrei mai pensato!» si giustificò lei con l’equino.

«…unbelieveble…»

Tutti e tre, cavallo incluso, si voltarono verso le due persone appena sopraggiunte ossia Howard Lancaster e Michael, la cui espressione era passata da “sono assurdamente contento” ad una che rivelava un gran nervosismo. Nonostante fosse passato qualche giorno e l’idea di portare via con loro Zeke per un po’fosse rimasta, tra i due Connors -o meglio, da parte di Michael verso un sempre calmissimo Zachary- c’era ancora una certa tensione dovuta agli atti di terrorismo allo stato puro ai quali il ragazzo si era dato insieme ad Emerald. Vero che lui aveva commesso una leggerezza imperdonabile non ricordandosi che quello era il suo giorno libero ma…che diamine! Già un’altra volta gli aveva detto chiaro e tondo che doveva tenerla fuori da cose come quella, e si presumeva che un tizio con un Q.I. di centosettantasette capisse che quando lui diceva “no” doveva essere “no”.

E invece aveva fatto tutto il contrario! L’aveva portata con sé a dare fuoco ad edifici e massacrare i teppisti!

Ed Emerald vedendo Michael ancor più furioso dell’altra volta aveva pure preso le difese del “terrorista albino” col dire che lui non poteva sapere come sarebbe finita…le cose erano due, o non aveva ancora capito che Zeke sapeva sempre come sarebbero andate a finire le cose o semplicemente faceva l’avvocatessa delle cause perse.

Probabilmente era la seconda alternativa.

Ad ogni modo ecco, Zeke aveva giurato e spergiurato che si sarebbe comportato bene -“altrimenti ti rispedisco a casa a calci in culo, mi hai capito bene?!”, “tranquiiiillo Lentiggine…farò il bravo. Promesso!”- e adesso lo ritrovava in groppa all’amato e temuto cavallo gigante di Mr. Lancaster!

«Zachary, maledizione, tu proprio ti rifiuti di startene tranquillo anche solo per tre minuti! Che ti avevo detto prima di partire? Eh?!»

«che ho fatto di male?»

«come sarebbe a dire “che ho fatto di male”?! Tu hai-» l’ex mercenario si zittì di botto ad un cenno del suo capo, che si avvicinò al terzetto. Abraxas sembrava guardarlo come a dire “mi ha domato, padrone! Mi dispiace! Non chiedermi come ha fatto!” ma l’umore dell’equino parve migliorare quando Howard gli carezzò il muso.

«è incredibile che tu sia riuscito a domare il mio cavallo, ragazzo. A parte me e mia figlia non l’aveva mai fatto nessuno. In molti hanno avuto perfino paura di provarci».

«lì per lì non sembrava contento ma poi si è adattato. In fin dei conti non voglio fargli niente di male, solo salirci. Lui è tanto carino!»

“immaginavo che questo ragazzo non fosse quel che sembrava, e non c’è conferma migliore di questa riguardo al fatto che non è solo un patito di tecnologia con Q.I. 177 che veste in modo eccentrico. Se ha domato Abraxas significa che è molto di più”.

E poco importava di quei suoi pantaloni giallo chiaro con i cuoricini azzurro cielo, a quel punto.

«è anche la prima volta che sento una tale definizione riguardo il mio cavallo…» cambiò del tutto espressione quando lo sguardo finì su sua figlia «Hammy?»

«…si?»

«è successo qualcosa?»

“lo ho perso. Ho dovuto perderlo” pensava la ragazza.

«no, è tutto ok. Sono solo un po’stanca. Magari non mi sono ancora ripresa dall’effetto jet-lag».

“come se tu avessi mai avuto problemi con il jet-lag, Hammy, ma per favore. Come pretendi che io possa crederci?”

«sicura che sia solo questo?»

“devo cercare di stare su, o continuerà a farmi domande. Ed io a questa non posso risponderti pa’. È una delle poche cose che non puoi capire”.

«ma siii…è tutto ok! Piuttosto mi domando di che avete parlato tu e Mikey “in gran segreto”».

«non era niente di segreto, Hammy…» anche lui aveva notato che c’era qualcosa che non andava ed avrebbe tentato di farla parlare, pur sapendo che se Emerald non voleva dirgli qualcosa non sarebbe riuscito a convincerla nemmeno con le più piacevoli “torture”.

«abbiamo solo parlato un po’di quello che presumibilmente accadrà in futuro».

«…quello è un orecchino?»

Howard si portò automaticamente una mano all’orecchio sinistro. «eh si. Direi che fa il paio con il mio nuovo taglio di capelli. Ti dico solo questo Emerald, se Robin andasse in rovina ed aprisse un salone di bellezza per capelli tu non andarci».

«guarda, di quello non ci sarebbe pericolo».

«ehi, di orecchini ne ho uno anche io!» si intromise Zeke indicando la “X” in oro bianco «…ma insomma Lentiggine tu e Mr. Lancaster avete parlato di quando tu e la mia futura cognata convolerete a nozze vero? “tra rose e fiori…! Si vedono arrivare…! Lentiiiggine ed Hammy si vanno a sposare!...lui dice si…! Lei dice no…! ma poi ci ripensa e dice di si…!!!”»

“io penso che se non fosse stato suo fratello Michael gli avrebbe già sparato sul posto da come lo sta guardando” pensò Emerald.

Effettivamente anche lei era un po’curiosa però.

Di che avevano parlato di preciso?

 

 

:: un po’di tempo prima, ufficio di Howard Lancaster ::

 

 

«quindi ti ed Emerald vi siete finalmente fidanzati. Pur non avendo stabilito una data precisa in cui convolare a nozze. Giusto?»

«sissignore».

«però l’intenzione è quella».

«sissignore».

«è qualcosa di estremamente serio…»

«lo sappiamo entrambi, signore».

«sono curioso di sapere precisamente com’è andata».

«mia nonna Isabèl mi ha dato quell’anello dicendomi di metterlo ad dito di vostra figlia prima di ripartire. Solo che Emerald e io avremmo voluto procedere a piccoli passi, quindi questo era…imprevisto. Ad ogni modo conoscendo l’abitudine che ha vostra figlia di curiosare nelle mie tasche ho pensato che se avesse trovato l’anello avrebbe potuto spaventarsi col dire che stavamo andando troppo in fretta. Così gliel’ho mostrato io stesso, dicendole precisamente come stavano le cose».

«come sempre».

Se c’era una cosa che Howard sapeva per certo era che, almeno con lui e con Emerald, Michael Connors era perfettamente onesto.

«si…poi Emerald ha voluto provarlo. E quando gliel’ho visto al dito…è perfino della misura giusta per lei…io…pensando a quel che avrebbe potuto significare non ho potuto fare a meno di ribadirle che io non sono esattamente il principe azzurro».

«questo mia figlia lo sa, così come lo so io».

«appunto. Ha replicato che non le interessa e che le vado benissimo così come sono, col passato che ho e tutto il resto».

«ti aspettavi una risposta diversa?»

«è solo che mi sembra ancora incredibile. Dal mio punto di vista vostra figlia sarebbe un angelo sceso dal cielo, se esistessero, e che voglia stare proprio con me…è…forse è più di quanto mi meriti. Non credete? Insomma, voi sapete benissimo tutto quanto di brutto c’è da sapere su di me».

«confermo».

«e anche a voi sta bene? Per davvero?»

«al di là del fatto che ogni scelta di Emerald per me è sacra si, mi sta bene. Quello che mi interessa è che tu sappia renderla felice come merita. Che tu sia perfettamente leale nei suoi confronti, rispettoso ed onesto come sei stato finora. Sei in grado di farlo?»

«sissignore».

«allora non vedo il problema».

Era una conversazione tra due persone tutt’altro che sante, e ad Howard interessava unicamente che Emerald fosse felice. E se c’era una cosa che sapeva per certo era che quell’uomo avrebbe fatto di tutto perché così fosse.

«e adesso vorrei parlare del vostro matrimonio, nonostante non si sappia quando sarà».

«a dire il vero avrei voluto dirvi qualcosa anche io, nonostante sia una questione un po’…così».

Una “questione un po’…così”, diceva.

E Howard non aveva mai visto Michael con tutta quell’insicurezza addosso. L’americano era un tipo fin troppo sicuro. Segno che tutto questo doveva essere di estrema importanza per lui, non tanto per lo sposarsi in sé per sé, non era quello che lo rendeva insicuro o ad Hammy non l’avrebbe nemmeno proposto, ma l’idea di farlo con la figlia del capo…!

«dimmi».

L’altro prese un po’fiato prima di parlare. «quando la data delle nozze verrà fissata voglio firmare un contratto prematrimoniale in cui dichiaro di non volere alcun diritto sul patrimonio di Emerald, anche in caso di divorzio. Non sono un cacciatore di dote, e non è per questo che intendo sposarla…quando decideremo che è ora».

Della serie, se avevate qualche dubbio sui motivi per cui Connors in futuro vorrebbe sposarsi con quella ragazza, potete pure ripensarci. Fu qualcosa che sorprese anche Howard Lancaster, nonostante sapesse benissimo di suo che Connors non era un cacciatore di dote quel gesto gliene aveva dato la conferma, rinunciare in quel modo ad un patrimonio ce avrebbe fatto gola a chiunque per dimostrargli che faceva sul serio al massimo.

«non avevo dubbi sui motivi per cui stai insieme a mia figlia, e adesso non potrei averne nemmeno volendo».

«era quel che volevo, signore».

Ecco, adesso era molto più tranquillo.

«dopo questo sono ancora più convinto della proposta che intendevo farti. Ci tengo a sottolineare che, per l’appunto, è una proposta. E non sei assolutamente tenuto ad accettare» poggiò i gomiti sulla scrivania, intrecciando le dita tra loro «con la premessa che non avrei nulla in contrario al fatto che mia figlia possa diventare la signora Emerald Connors, mi stavo domandando se invece magari a te potesse far piacere diventare il signor Michael Lancaster, prendendo il cognome della mia famiglia, della quale a quel punto farai parte».

L’americano la guardò con due occhi così, non riuscendo a credere a quanto aveva appena sentito. La proposta di Howard di prendere il cognome dei Lancaster gli era suonata più o meno come se Odino in persona gli fosse comparso davanti e gli avesse detto “tu, mortale di nome Michael Connors, seguimi ad Asgard e diventa mio figlio!”.

Roba da svenimento o quasi, insomma, tanto che quasi gli tremavano le mani.

«…!»

«tieni a mente che è solo un’idea».

«non è che non mi faccia piacere signore è…è il contrario, è solo che io…con il vostro cognome! Un soldato figlio di pasticceri con un cognome da nobile...»

«anche in questo caso non vedo il problema, e posso assicurarti che è una proposta della quale sono perfettamente sicuro. Probabilmente hai bisogno di tempo per riflettere».

«non ho bisogno di rifletterci sopra, sarebbe un onore immenso, è solo che-»

«se non hai bisogno di pensarci e se ti fa piacere di’ di sì; se non è così sei liberissimo di dire di no. Michael Connors» lo guardò serio «accetti di prendere il cognome della mia famiglia nel momento in cui tu ed Emerald vi sposerete?»

L’americano a quel punto si alzò e fece il miglior saluto militare che avesse mai fatto in vita sua.

«sissignore!»

Mr. Lancaster sembrava una pantera che ha appena acchiappato la preda, stessa espressione completamente soddisfatta. Solo che invece di una battuta di caccia proficua si trattava di essere riuscito nel proprio intento di far entrare in famiglia chi voleva lui, e tutto ciò senza muovere un dito.

«ottimo. Direi di andare a cercare mia figlia, allora, che ne pensi?»

 

 

:: ora ::

 

 

«hai finito, Zachary?!»

«manifesto solo la mia gioia per il fatto che finalmente ti sposi».

«una gioia largamente condivisa…» aggiunse Howard «anche se non c’è una data definita. Parlando d’altro…a chi va una battuta di caccia?»

«al serpente?! Ci sono dei serpenti qui? Serpenti? Che strisciano?» indagò Zeke «mi dica di si e glieli stermino tutti in una giornata!»

«a cosa è dovuto tutto questo odio verso i serpenti?»

«uno di loro ha mangiato il suo hot dog quando aveva cinque anni, signore».

Lancaster pensò fosse una battuta, ma capì che non era così semplicemente guardando in faccia Michael e trovando conferma anche nell’espressione di Emerald.

Ok.

Aveva capito tutto quel che c’era da capire, ed Hammy stranamente non sembrava dell’umore per una battuta di caccia. Serviva qualcosa di più adrenalinico.

«right. Pensandoci bene forse una battuta di caccia non è quello che ci vuole oggi. Che ne dite del paracadutismo?»

«eh?» Emerald sollevò un sopracciglio «paracadutismo? Ma sei serio?»

«serissimo. Mi sono cimentato da pochissimo in questa disciplina ma ti assicuro che è fantastico».

«confermo! Io col paracadute mi sono lanciato più volte, Hammy» Michael le accarezzò il viso, cosa che se non altro la fece sorridere oltre che diventare color pesca come al solito «è un’esperienza incredibile».

Anche se non l’aveva fatto esattamente per piacere, ma per azioni di guerriglia. Dettagli.

«ma si dai! Ho voglia di fare qualcosa di nuovo».

«questo è lo spirito giusto! Sono le cose come questa che mantengono giovani» affermò Howard, e pareva pure convinto.

«ha senz’altro ragione. Sempre se il paracadute si apre. Ma quelli della sua casa produttrice non hanno mai fallito un test, se non sbaglio, quindi dovrebbe andare tutto bene».

Come freddare i bollenti spiriti con due frasi, Zeke docet.

«ti vedo informato».

«lo sono sulla tecnologia in generale, Mr., e tenendo in considerazione i risultati dei test non vedo l’ora di buttarmi».

 

 

:: mezz’ora dopo l’incontro con Emerald, sempre a Londra, ma in un motel ::

 

 

Non si era mai sentito peggio in vita sua, mai, e si che di momenti orribili ne aveva passati tanti.

Era stato anche peggio di quando Anya gli aveva dato del mostro, oh si, molto, molto peggio. Non c’era neanche paragone.

Quando lei gli aveva detto quelle cose…terribili…si era sentito come se l’avesse spezzato.

Non c’era altro modo di descriverlo, Emerald lo aveva spezzato, senza rimorso, senza faticare neanche e con una spietatezza da manuale.

Era stato così stupido a credere che a lei potesse importare qualcosa…a credere che potesse non farle schifo…era stato stupido, si. Uno stupido ed un illuso che si era lasciato usare credendo che non si trattasse solo di questo, credendo di contare qualcosa per lei.

E invece no, era stata solo una questione di schifo, pena, voglia e, come aveva detto la ragazza stessa, puro e semplice egoismo. Non lo aveva fatto per fargli capire che lei non lo considerava né mostro né bestia né macchina, lo aveva fatto perché si voleva divertire e non c’erano altri disponibili in quel momento, altrimenti col cavolo che l’avrebbe fatto.

Aveva creduto di non essere più solo. E invece lo era e sempre lo sarebbe stato.

Quel rapporto da arcinemici che per lui valeva tanto da rischiare la pelle, per lei invece non valeva assolutamente niente, o così stava pensando in quel momento, ancora preda del dolore e dello shock.

Dolore…quanto ne sentiva, adesso…un dolore atroce, e si che lui di dolori atroci ne aveva provati parecchi, ma mai in quel modo. Tanto che non riusciva a parlare, riusciva solo ad emettere dei lamenti come un animale in agonia, e tremava anche.

E più che odio quel che provava era disperazione, vergogna e rabbia per essersi fatto prendere in giro così da quella…quella puttanella che non era altro…ma no, ormai quella definizione non bastava più. Puttanella, stronza, era molto riduttivo. Così come “carogna”. Emerald era qualcosa di molto peggio.

Ma perché aveva voluto fargli così male? Era questo che si chiedeva più di tutto, “perché?”.

Perché aveva voluto approfittare in quel modo di uno dei pochi momenti in cui era stato vulnerabile, e colpirlo così, a tradimento, e apparentemente senza un vero motivo? Perché?!

Tutto quello che avevano passato, tutti i ricordi di quei due mesi e mezzo, e di quando lei era tornata sulla Terra per lui, per stargli vicina il giorno del suo compleanno, tutte quelle cose erano state un “niente”. Non era uomo da costruire castelli in aria, non lo era mai stato, ma era esattamente quel che aveva fatto in quel caso.

Anzi no: non aveva costruito un castello in aria, ma sulle sabbie mobili. Era più calzante, visto il modo in cui si sentiva sprofondare adesso.

Ma perché, in nome del cielo, perché?!, pensava mentre prendeva la testa tra le mani, perché?!

Capiva un po’meglio Kevin adesso, ma quello era stato un caso completamente diverso, il ragazzo se l’era veramente cerata, ma lui? Cosa le aveva fatto lui di sbagliato?! Cosa le aveva fatto? Niente!

Aveva voglia di urlare e di non emettere più un suono allo stesso tempo.

Forse non era per qualcosa che aveva fatto, ma per qualcosa che era e basta…“la versione russa più brutta e metallica di Freddy Krueger”…pensava che per lei quello non contasse.

Ma come poteva non contare, in fondo?, si disse, per qualcuno cresciuto nella bellezza e nella perfezione, per cui la povertà era una chimera ed aveva conosciuto veramente solo tardi le brutture del mondo?

Ricordò di quanto accadeva nella storia “Il compleanno dell’Infanta” di Oscar Wilde, nella quale l’Infanta di Spagna sorride al brutto nano deformato che aveva ballato per lei, e gli lancia un fiore. E il nanetto cosa aveva fatto? Si era illuso che lei potesse amarlo e tenere a lui fino a che non si era reso conto della propria deformità, e che lei non gli aveva sorriso e lanciato quel fiore  per i motivi che aveva pensato ma solo perché divertita e disgustata allo stesso tempo dalla sua condizione. Il nano era morto, gli si era spezzato il cuore. E tutto quel che aveva detto l’Infanta, per la quale ciò non contava niente, era stato “allora che i miei futuri compagni di giochi non abbiano un cuore”.

Lui era quel nano che -pur non innamorandosi di lei- si era illuso, Emerald era l’Infanta che in altro senso gli aveva “lanciato il fiore”, e i nuovi compagni di giochi erano Connors maggiore e Connors minore, i quali…dov’era il loro cuore?

E contrariamente a lui che ancora viveva ed aveva davanti a sé un viaggio destinazione Tokyo…beato quel nano che aveva da tempo smesso di soffrire.

 

 

:: sempre Londra, circa un quarto d’ora dopo ::

 

 

Cercava ancora di ripetersi che non era niente, ma la cosa stava diventando veramente snervante. E non solo per le chiamate -che non arrivavano tutti i giorni perlomeno- i messaggi -stesso discorso- ed il fatto che Robin continuasse ad essere del tutto reticente. No.

Adesso c’era anche il fatto che qualunque cosa facesse Robin, e con chiunque la facesse, stava iniziando ad avere effetti anche sul suo corpo e non più solo sul comportamento. Come tornare da quel week-end con una caviglia slogata a causa di un incidente non meglio definito, per esempio.

O come quando, dopo essere sparito per l’intera giornata, il giorno prima era rincasato nuovamente a notte fonda, sempre alticcio, e…e con dei piercing in ogni dove, per la Dea! Sui capezzoli! Al naso! Alle orecchie! Alle sopracciglia! Perfino sulla lingua!

E con “CHEETA” scritto sulla schiena con un pennarello indelebile!

Alya poteva ripetersi “è tutto a posto e gli passerà” quanto le pareva, poteva continuare a dirsi quanto voleva che non c’era una vera ragione per andare in paranoia ma…se era Robin Mask che tornava a casa alticcio, pieno di piercing e con una scritta sulla schiena, qualcosa di cui preoccuparsi c’era, accidenti, nonostante lui stesso avesse rimosso tutti i piercing che poteva il mattino dopo.

E lui “è tutto a posto Alya, tutto normale”…

Peccato che, sempre il giorno prima, un fattorino avesse consegnato lì dei bonghi a suo dire ordinati Robin.

E questo non era granché normale.

Lei aveva indagato con un “vedo che hai trovato un nuovo hobby; sono arrivati qui dei bonghi”…e lui aveva biascicato qualcosa riguardo ad aver scoperto uno strano amore per la musica etnica.

“magari è l’effetto di avere quelle scimmie di Lancaster in casa” aveva aggiunto, poi “spero che si sbrighi con quell’ambiente tropicale…”

Il fatto era che Alya nonostante tutto era anche combattuta ad indagare. Perché di qualunque cosa si trattasse, beh, aveva dato a Robin un’altra gran bella botta di vita. Oltre a quella datagli da lei stessa, naturalmente.

Solo che…era un bene, o ciò avrebbe dovuto preoccuparla ancora di più?

Perché se era stata lei, una giovane donna, a fargli un simile effetto…e nient’altro al mondo gliel’aveva fatto fino a quel momento…non era che tante volte di giovani donne adesso Robin ne aveva due?

“basta! Devo smetterla con queste assurdità” si impose lei.

Eppure non sapeva che altra spiegazione potesse esserci.

Prima di quella faccenda dell’isola non si era mai comportato così, era iniziato tutto da quando era tornato…e per quanto ne sapeva Alya  Robin non aveva amici veri e propri, se non i colleghi della Scuola di Ercole -con i quali negli ultimi tempi oltretutto i rapporti si erano fatti un po’tesi- per non parlare del fatto che…se questi non erano mai usciti insieme a Robin per andare a far che non si sa dove, perché avrebbero dovuto iniziare adesso?

E comunque, se si fosse trattato di questo, non capiva che problemi avrebbe potuto avere Robin a parlarne con lei. Che ci voleva a dire “esco con un collega”? Inoltre ormai teoricamente avrebbe dovuto essergli chiaro che lei era una persona dalla mentalità aperta che non avrebbe avuto qualcosa in contrario se lui fosse andato a divertirsi insieme a qualcuno di loro, anzi.

Quindi doveva esserci sotto dell’altro che lui non voleva dirle perché pensava che non le sarebbe andato giù. O che non voleva dirle per motivi suoi.

«dato che ho accumulato diversi giorni di ferie avevo pensato di sfruttarne qualcuno per stare un po’insieme durante la settimana. Che ne dici di dopodomani? Potremmo fare una gita in campagna per poi andare a teatro per il concerto di-»

«ahem, mi piacerebbe ma dopodomani sono impegnato. Fino a sera tardi. Molto tardi. Non si potrebbe fare domani, o tra tre giorni?»

«volendo. Ma il concerto non ci sarà né domani né tra tre giorni».

«non è poi così importante…»

«e per la gita?»

Manteneva un perfetto controllo nonostante si stesse innervosendo. Nemmeno la mano stretta attorno al bicchiere la tradiva ancora.

«“fino a sera tardi” implicava che sarò assente anche durante il giorno…un altro impegno ancora»

«posso chiederti in cosa consiste l’impegno di cui mi parli?»

Non credette alle proprie orecchie quando sentì Robin borbottare qualcosa che somigliava a “bungee jumping in Francia”. Ma voleva prenderla in giro o cosa?! con la caviglia slogata, poi!...ok, lui era un chojiin e per allora sarebbe tornata a posto, però andiamo…Robin che faceva bungee jumping?

In FRANCIA?

Ma stiamo scherzando?!

“avrebbe potuto inventarsi qualcosa di meglio” pensò la donna, non solo con nervosismo ma anche con una certa delusione per tutte quelle bugie.

«bungee jumping».

«eh».

«posso comunque prendermi un giorno di ferie e venire anche io».

«no, no…non c’è bisogno che tu venga con me, davvero».

«magari anche se non c’è bisogno è venuta voglia anche a me, di fare bungee jumping».

Adesso le nocche della mano che stringeva il bicchiere erano sbiancate. Unico segno visibile di quel che stava provando.

«eeeh…non è il caso, Alya. Sul serio».

Fosse stata un’altra persona non solo a quel punto sarebbe esplosa in una serie di scenate pazzesche, ma quel bicchiere gliel’avrebbe pure tirato.

Le chiamate.

I messaggi.

Le rientrate ad ore improbabili.

Scuse assurde come quella.

Paranoia o no, di spiegazione plausibile ce n’era una sola.

«tu sei proprio sicuro che si tratti di bungee jumping, vero Robin?»

«si!» disse l’altro annuendo vigorosamente «perché? Non ti fidi?»

“non esattamente, anche se ci sto provando”.

«non è per questo. È che prima non avevi tutti questi impegni. O voglia di lanciarti giù da una rupe attaccato ad un elastico».

Robin bevve un sorso dal proprio bicchiere. «io ho davvero rischiato di morire su quell’isola, Alya…e dopo esperienze simili un uomo capisce tante cose. Tra le quali che la vita è una sola e se si ha voglia di fare qualcosa è meglio farla, tutto sommato, per folle che sia…perché non si sa mai se si avrà modo di farla il giorno dopo. Conosci quella canzone? enjoy yourself, is later than you think…» bevve un altro sorso «e poi una scommessa è una scommessa…» aggiunse in un borbottio a lei incomprensibile.

«prego?»

«niente. Credo di essermi fatto intendere, no?»

Oh si, in modo fin troppo chiaro.

O così pensava Alya.

 

 

:: Nettuno ::

 

 

Erano passati diversi giorni da che Kevin era lassù. Ed erano stati giorni felici, nonostante non li avesse trascorsi in un villone immenso pieno di lussi, e gli unici momenti in cui tale felicità si era incrinata erano stati quando aveva raccontato a sua madre che Robin aveva detto a tutti -lui incluso- che lei era morta e del litigio con Howard Lancaster del quale lei non sapeva nulla. Entrambi questi fatti l’avevano scioccata, il primo molto più del secondo ovviamente.

Adesso aveva capito perché Kevin non aveva mai risposto alle sue lettere, grazie mille, non gli erano mai arrivate e comunque lui avrebbe pensato ad uno scherzo crudele se davvero era convinto che lei giacesse tre metri sotto terra.

Cristo. Come aveva potuto arrivare a tanto?! Alisa sapeva che il suo ex marito era un uomo vendicativo, ma mai avrebbe creduto che potesse fare qualcosa del genere, così come mai avrebbe creduto che lui ed Howard potessero finire ad odiarsi.

Ma Kevin al momento le stava parlando di altro, ossia della sua ex ragazza nonché “grande amore della sua vita” -parole sue- la figlia di Howard, la piccola Emerald.

«io la rivoglio con me, mamma. La amo ancora e mi manca da morire. E se torneremo insieme giuro che non mi comporterò più in modo così cretino. Io non volevo farla soffrire…mi sono lasciato trascinare dalla gelosia e la rabbia, ed ho sbagliato una volta di troppo…spero di riuscire a farla capire tutto questo, quando tornerò laggiù».

Giustamente essendo stato lassù Kevin gli ultimi sviluppi non li sapeva.

«avresti dovuto farlo fin da subito. E hai sbagliato quando, capito l’equivoco, non sei immediatamente andato a scusarti per averla cacciata di casa decidendo invece di aspettare».

«lo so, se l’avessi fatto subito magari mi avrebbe perdonato, e invece ho agito da vigliacco e questo è il risultato. Ma perderla non era quel che volevo…mamma…e se lei mi avesse già dimenticato?»

«mi sembra strano che abbia dimenticato di già un ragazzo di cui è stata innamorata per diverso tempo. Di solito non funziona così, e poi se non tenti ancora una volta non saprai mai come stanno davvero le cose, non credi?»

«io avrei tanto voluto fartela conoscere, sai…nonostante tutto quel che è successo continuo ancora a pensare che “o lei, o lei!”…sarà infantile ma è così. Se non sono mai riuscito a togliermela dalla testa in nessun caso, se anche provando a stare con altre finivo sempre con delle morettine dagli occhi verdi perché la cercavo in loro, vorrà pure dire qualcosa».

«se vi amavate come mi hai detto sono sicura che capirà. Magari sotto sotto sta solamente aspettando che tu ti decida a riprovarci sul serio, e cambiando davvero, questa volta».

Non era proprio una supposizione che coincideva con quanto asseriva la ragazza, dicendo che Kevin “aveva perso il treno”.

«è quello che voglio fare, e lo farò. Ci riuscirò, giuro, quant’è vero che mi chiamo Kevin Mask!»

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Capitolo 27
*** Nozze imminenti! ***


«…tra due settimane».

Era un annuncio ufficiale. Ufficialissimo. E che aveva lasciato tutti quanti basiti.

«due!…ma…non eravate quelli che volevano andarci piano voialtri? E poi…come fate ad organizzare tutto in due settimane e basta? Insomma…» Roxanne, sconcertata, non sapeva che dire. così come tutti gli altri «tutto così…all’improvviso!»

«…e poi non hai parlato con Kevin giusto un paio di giorni fa? Sbaglio? Mi era parso di avervi visti».

A Meat non era “parso” di averli visti, in realtà li aveva visti proprio -erano vicini al Beverly Park e lui era di ritorno da un infruttuoso inseguimento di Kid e colleghi- ed aveva pure sentito cosa si erano detti. Ma a quanto pareva tutto ciò non aveva portato a niente, anzi, aveva fatto andare tutto al contrario di come avrebbe dovuto andare visto che Emerald e l’americano erano passati da “andiamoci piano” a “ci sposiamo tra due settimane”.

«ci ho parlato, si…»

«ti sei un attimino scordata di dircelo!» la riproverò Crea.

«questo perché non era importante ai fini di quel che voglio fare, direi, se mi sposo con Michael tra due settimane. E quanto all’organizzazione avrei potuto fare tutto anche entro due giorni, visto e considerato che c’è mio padre che a momenti non vede l’ora più di me che io convoli a nozze…»

Ma anche senza “a momenti”, a dire il vero, ed Hammy aveva la vaga idea che dopo essersi calorosamente congratulato per la decisione si fosse messo a fare una serie di salti mortali all’indietro per la gioia.

«va bene, passiamo alle cose serie, chi sarà la damigella d’onore? Io, spero» disse Jacqueline, che nonostante non fosse il suo matrimonio era comunque interessata a stare il più possibile al centro della scena.

«che-che-che?! Chi l’ha detto che devi essere tu per forza, scusa?!» e Anubi Crea era un’altra che teneva particolarmente a quel titolo.

«io la conosco da più tempo di te».

«ma veramente se andassimo per “tempo di conoscenza” la damigella d’onore dovrei essere io» si intromise Roxanne. Emerald fece un sospiro. La temeva una cosa del genere, anche se tutto sommato quello era il meno.

Quella decisione era stata improvvisa, vero…Meat poi non si era sbagliato alludendo al fatto che la sua conversazione con Kevin, avuta qualche giorno prima, c’entrasse.

Anche se non era stata quella la chiacchierata che l’aveva spinta a decidere.

O non solo quella, almeno.

Tornata a Tokyo da cinque giorni, dopo averne trascorsi ben dieci a Londra -durante i quali suo padre, andava detto, non era stato sempre presente. Ma d’altra parte era un uomo dai molti impegni, si sapeva- si era trovata ad affrontare due discussioni ugualmente difficili…

Ma non era quello il momento di pensarci sopra.

Come aveva detto Jacqueline, “passiamo alle cose serie!”

Con l’abito era già a posto, idem con la location -ossia la tenuta di Londra- ed anche per il catering era già stato tutto fatto, così come per la scelta delle decorazioni tutte in bianco e rosso, e pure per i cantanti.

Celine Dion avrebbe cantato “Cant’help falling in love” al posto della tradizionale marcia nuziale, Rossi Warnis la bachata del primo ballo dei due sposi;  poi sarebbe stata Celine a tornare ad esibirsi, alternandosi a Mariah Carey, e alla suddetta Rossi Warnis, fino al termine della “prima parte” della festa, che era per gli ospiti più ingessati.

Lo “scatenamento” vero e proprio sarebbe stato dalle una di notte in poi quando sarebbero arrivati Eminem -per la gioia dello sposo!- Pitbull, Bob Sinclair, David Guetta e pure Timbaland, nientemeno.

Insomma era tutto a posto, eccetto che per quanto riguardava la questione delle damigelle e la scelta del secondo, o la seconda, testimone di nozze.

“tutto a posto…si…almeno per quanto riguarda questo matrimonio!” pensò Emerald.

 

“Emerald Janice Verbena Phoebe Lancaster…nonostante tutto quel che è successo, ed il fatto che solo per colpa mia e della mia stupidità abbiamo preso strade diverse, io continuo ad amarti” .

 

Kevin.

 

“mi ci è voluto un po’ per capire come stanno davvero le cose ma alla fine ci sono arrivato. E no, questa tua decisione univoca di concludere il nostro rapporto di…inimicizia…non mi sta bene. Per niente”.

 

Quell’altro.

Vabbè.

Meglio non pensarci.

Molto, molto meglio.

Stava per iniziare un nuovo capitolo della sua vita, ancora una volta, e sarebbe stato il più importante perché si sposava, e mica era roba da niente.

«eddai…calme! Adesso vedo, no?»

«calme? Ti sposi tra due settimane, non c’è granché da stare calme!!!» ribatté Crea «vanno ancora scelti i vestiti per tutte noi cinque, perché saremo noi cinque le tue damigelle vero?!»

«vestiti? Oh no no no…» Kirika scosse vigorosamente la testa, dando sfogo alla sua notoria allergia ai vestiti «no, io un vestito non me lo metto!»

«…e un tailleur pantalone? Elegante, adatto ad una cerimonia, ma non un vestito» propose Emerald. La demonessa si rilassò parecchio.

«mi sembra un compromesso valido…»

«Emerald ma…sei sicura di quello che fai? Insomma, io con quello yankee non ti ci vedo proprio» disse Terry, che era allergico a Connors così come Kirika era allergica ai vestiti.

«ti sembro una che si sposerebbe così a cavolo?»

Vero che era stata spinta a programmare di sposarsi a breve da quelle due conversazioni di cui sopra, ma la volontà di farlo c’era già da prima che queste avvenissero; l’avevano solo aiutata a stabilire una data, tutto qui.

Se Emerald J.V.P. Lancaster aveva deciso di sposarsi con Michael Connors era innanzitutto perché voleva farlo ed era contenta di farlo, oltre che perfettamente sicura.

Il resto era solo di contorno, si…

 

“…riuscirò a farti capire di stare commettendo un errore madornale. E lo farò prima delle eventuali nozze!”

 

…solo di contorno.

«non è per questo, è che avevate detto di voler procedere a piccoli passi ma qui direi che andate come treni in corsa!» obiettò Wally «o come i salmoni che risalgono le rapide…»

«Wal…sono sicura. Voglio sposarlo. E lui vuole sposarmi. A dire la verità è stato proprio Michael a darmi lo spunto per decidere, dicendo che sarebbe stata la stagione giusta per un matrimonio: non ancora troppo caldo e con belle giornate assicurate».

Anche quella era la verità. Solo che quella dell’ex mercenario era stata una semplice considerazione, ed era stata lei a dire “sai che hai ragione? si potrebbe pure fare”. Sorprendendolo, ma senza spaventarlo, perché anche lui in fin dei conti era sicuro di quel che stava facendo.

«Hammy…probabilmente mi odierai per quel che sto per dirti ma…non è che Connors ti sposa solo per, beh» Fiona fece il Gesto Universale Dei Soldi «capito, no?»

Ma a sorpresa la ragazza scosse la testa.

«il giorno stesso in cui abbiamo preso la decisione di sposarsi si è fatto mandare dei documenti che attestano la sua rinuncia ad ogni diritto sul mio patrimonio, anche in caso di divorzio. A detta di mio padre peraltro è stata un’idea sua. Lui stesso non ha voluto quei diritti. Quindi direi proprio che non mi sposa per soldi!»

«ha rinunciato veramente?» allibì Jeager «incredibile…»

Non poi così tanto, per chi ormai conosceva bene la totale lealtà di Michael Connors verso i Lancaster.

«discorsi seri per favore!» tornò a farsi sentire Jacqueline «allora! Damigelle e testimoni!»

«di testimoni di nozze uno ce l’ho già» disse Hammy «c’eravamo accordati da piccoli e quando l’ho sentito mi ha detto che è ancora valido…»

«chi è, chi è?» domandò subito Kid Muscle, sputacchiando cibo qua e là.

«il figlio del cugino di mio padre...si chiama Sebastian L.V.C. Lancaster. Mio coetaneo, nemmeno a farlo apposta. Quindi di testimoni mi serve solo il secondo».

«si solo una cosa: Sebastian è carino?» indagò Crea. Jeager si incupì un po’. Non stavano proprio insieme ma pareva che tra loro due ci fosse ugualmente del tenero.

«praticamente è un po’una mia versione maschile con i capelli castani».

«aaah…e per il secondo testimone allora?»

Veramente Hammy un’idea ce l’aveva.

Però non sapeva se avrebbe trovato la faccia tosta per chiederglielo.

In tutti quei mesi lo aveva praticamente evitato il più possibile, dopo che lui le era stato vicino quando ne aveva avuto bisogno…nei suoi confronti si sentiva sia in colpa che una gran vigliacca, ecco la verità.

E poi non era detto che avrebbe accettato, visto chi era il futuro sposo.

«io…in effetti un’idea ce l’avrei ma…»

Occhieggiò Meat.

Che ricambiò l’occhiata.

Una luuuuuuuuuunga occhiata.

«solo dopo che avremo fatto una chiacchierata!» disse deciso il piccoletto.

Ecco, se l’aspettava.

«eddai Meat, di’ di si e basta…» lo incitò Terry «anche se lo yankee per l’appunto non mi piace…già ma lui dov’è?»

«è con suo fratello, sta scegliendo il vestito per la cerimonia…»

«e va a chiedere consiglio a suo fratello? Con quei pantaloni che si mette?» obiettò Roxanne.

In quei giorni tutti loro avevano avuto modo di conoscere ,anche se solo superficialmente, Zachary Connors, ritenendolo a torto “più simpatico” e “meno pericoloso” -opinione non condivisa da Meat- del fratello.

Forse perché l’albino aveva salutato con un abbraccio tutte le ragazze e con una calorosissima stretta di mano tutti i ragazzi senza chiamarli brats o dare a Terry del vaccaro beota.

E fino a quel momento non aveva mai usato il coltello.

O le pistole a dardi di “acido”.

O le Daygum esplosive.

Lo ritenevano solo un po’ “strano” a causa di quei pantaloni e della sua Pac-Mania.

E anche per le sue reazioni quando vedeva ferma per strada una donna un po’ più “svestita”, anche se non si trattava necessariamente di prostitute, bastava che le vedesse in minigonna con tacchi alti ed una maglia scollata abbinata.

 

“signorina?...posso farle una domanda?”

“eeeh…quale?”

“lei per caso è una libera professionista che si presta ad accoppiarsi velocemente e non a scopo riproduttivo in cambio di denaro?”

 

Gli urli che si era beccato con quelle faccende non si contavano, ormai.

Oh, e poi c’era stato il Putan-Tour. Come scordarselo questo tizio che andava lì, loro “trenta la bocca cinquanta l’amor”, e lui a chiedere “..e solo amicizia”?

«e beh…che vuoi farci».

«e immagino che il testimone del tuo futuro marito sia sempre Zeke» disse Checkmate.

«si si…guarda, non oso immaginare che scena deve esserci in questo momento con Michael che cerca un vestito decente e Zachary che gli propina le robe più improbabili. Se poi aggiungiamo a questo il fatto che Mikey non ama molto fare shopping e se mi accompagna è solo ed esclusivamente per farmi piacere…io penso che torna a casa che ancora sbotta!» esclamò, lasciandosi inevitabilmente scappare una risata.

Povero Connors…

 

 

«ma perché non ti provi questo?...e questo?...e quest’altro?...e quest’altro ancora?»

Zeke preda di un certo entusiasmo gli stava appioppando completi su completi su completi, e di tutti quelli non ce n’era uno solo che Michael avrebbe anche solo pensato di indossare.

Infatti, da non si sa dove in quell’elegante atelier, l’albino era riuscito a trovare tutti quelli più assurdi che erano più il suo stile che quello di Michael.

Andiamo…completi a pois?! A grosse righe verdi?!

Ma anche no!

«no, no, no, no, no e NO!» sbottò l’americano bocciando ogni completo che gli aveva portato il fratello «voglio qualcosa di sobrio, di classico, e magari bianco. O di un colore chiaro…»

Giustamente visto che si era naturalizzato Lancaster anche questo faceva parte del pacchetto. Essendo un giorno di grande gioia, e dato che Emerald avrebbe indossato un vestito rosso, lui avrebbe potuto esprimere la sua contentezza indossando un completo bianco che di certo sarebbe stato approvato anche dal capofamiglia.

«questo qui» Zeke tirò su un tight bianco a quadri celesti «è di colore chiaro, è sobrio ed è tanto carino!»

«non è carino per niente!!! Ti ho portato qui per darmi una mano, ma è a me che dobbiamo trovare il vestito, non solo a te!»

«ma il mio vestito l’ho già trovato…»

Si, un frac in raso giallo sole a pallini rossi.

Roba da sparargli alla vista.

«spero che non farai sul serio con quell’affare…»

«perché, Lentiggine? Che ha che non va?»

«e me lo chiedi pure?!»

«si, perché non capisco che ha che non va».

“ma perché ci perdo ancora tempo, perché?!” pensò l’ex mercenario.

«trovami un completo bianco! B-i-a-n-c-o, capito? Senza quadri, cuori, picche, rombi, fiori, zebrature, tigrature, macchie modello leopardo: bianco! È così difficile da capire? BIANCO!» esclamò infine per poi fare un sospiro immenso e crollare a sedere «io qui ci divento matto…perché Hammy ama tanto fare shopping? È snervante!»

«questo va bene?»

Completo bianco.

Con ricami in rilevo di fiori bianchi.

E spalline, ed imbottitura all’altezza del seno.

«Zachary, questo è da donna!!!»

«eeeh, ma non ti sta mai bene niente…»

«non mi sta bene no, se mi porti roba da donna!...allora…quello che voglio io è un completo da uomo, bianco, e senza alcuna decorazione. È tutto chiaro?...ma mi stai ascoltando?!»

Non moltissimo.

Si era accorto di una presenza che non avrebbe dovuto esserci, contrariamente a suo fratello che era così stressato per la scelta del vestito che magari non si sarebbe reso conto nemmeno di una mucca volante a pallini verdi che faceva una sfilata in intimo nel negozio, se ci fosse stata.

«mi sa che l’ex di Hammy è un po’confuso su chi deve sposarsi. Sta lì fuori dalla vetrina a guardarci fisso».

Aveva ragione, Kevin Mask era lì, e stava guardando Michael come a dire “ma io ti ammazzerei, giuro su Dio che ti ammazzerei perché la voglia è tanta e mi stai portando via la donna della mia vita”.

Il soldato comunque fece spallucce. «e chissenefrega».

«lui ha parlato con Hammy cinque giorni fa».

«lo so, lei me l’ha detto».

«non sarà anche per questo che Emerald vuole sposarsi a breve?»

Giusta domanda, che dimostrava che tutto sommato Zachary era un tipo stravagante a cui piaceva fare il comodo suo, ma non per questo cretino.

«forse. Ma avevamo intenzione di sposarci già da prima che Kevin Mask tornasse a seccarla, dunque si è trattato solo di un aiuto a definire la data. Tutto qui. In un certo senso mi ha fatto un favore».

«mi chiedo se sa che vi sposerete tra due settimane».

«io non gliel’ho detto, Hammy non gliel’ha detto anche perché lo sta dicendo ai suoi amici solo in questo momento credo, e su Tumblr non ha pubblicato nulla. Quindi credo che non lo sapesse…fino ad ora!...dove vai?»

L’albino si era allontanato, aveva aperto la porta principale del negozio e messo fuori la testa.

«è un po’inutile che stai qui…è mio fratello che si sposa con Hammy tra pochissimo. Non tu».

Tornò dentro dopo avergli fatto un ultimo sorriso.

«pensi che adesso abbia capito?»

«se non capisce adesso non capisce più. D’accordo che lui essere Kevin dalla Piccola Clava che l’altra notte avere confuso elmo di ferro con pitale ed essersi trovato capelli sporchi di marrone chissà perché, ma più chiaro di così si muore. Uff…» sbuffò «torniamo alla ricerca del completo, va’. Ringraziando il cielo al resto dell’organizzazione pensa il capo, fedi incluse, o sarei diventato pazzo per davvero».

 

 

Non era possibile…no!

No, no!

Kevin Mask indietreggiò e corse via allontanandosi dall’atelier.

Non era possibile, era assurdo!

Non poteva essere vero, non poteva davvero…loro…erano fidanzati ma…

Sposarsi…

L’inglese continuò a correre e correre, come un forsennato, preda di uno shock assoluto più che di tristezza e rabbia.

Shock, perché dopo che lui ed Emerald avevano parlato non si aspettava una cosa del genere.

Tristezza, perché a quel punto era tutto finito per davvero.

Rabbia, perché allora non era stato per l’età che aveva rifiutato di sposare lui, ma solo perché era stato “lui” a chiederglielo e non il caro Mikey al quale a quanto pareva non aveva esitato a dire di si, e per davvero, non così “tanto per fare” come lui aveva creduto -o meglio, voluto credere- nel sapere che i due si erano ufficialmente fidanzati come da annuncio sul blog.

E se lui era già lì a cercare il completo per la cerimonia e quell’altro bastardo -…aveva motivi validi per definire Zeke in quel modo…- gli aveva detto che il matrimonio si sarebbe fatto a breve…perché avrebbe dovuto mentirgli?

Non ci sarebbe stata alcuna altra ragione plausibile sul perché fossero lì, altrimenti.

“Emerald, come puoi farmi una cosa del genere dopo quello che ci siamo detti?! Davvero non ti importa più di me?!”

 

 

:: cinque giorni prima ::

 

 

«…e adesso andiamo a Beverly Park, Zeke, è quello laggiù a duecento metri lo vedi?…che ridi?»

«rido per il povero Lentiggine…»

«non stava granché già al momento della partenza da Washington, mi immaginavo che stesse covando qualcosa…»

«se non sapessi per certo che non è così direi che ti ha detto una stupidaggine solo perché non aveva voglia di girare per la città appena arrivati».

Quando erano partiti infatti Michael, ad Emerald, era sembrato un po’pallidino. E arrivati a Tokyo le aveva confessato di avere la febbre già dal giorno prima, non a trentotto e tre come adesso ma “solo” a trentasette e nove, e che comunque si sarebbe ripreso prestissimo avendo un buon sistema immunitario.

Lì per lì la ragazza se l’era presa con l’ex mercenario perché avrebbe dovuto dirle subito che non stava bene. Avrebbero potuto rimandare la partenza. Ma Michael era uno che, se si programmava qualcosa in un certo modo e con una certa tempistica, andava fatto in quella maniera e basta. Senza scuse. Ed avrebbe anche voluto venire con loro per la primissima visita di Zeke alla città, come stabilito…

 

“dov’è che vai con trentotto e tre?! Restiamo tutti qui”.

“si era stabilito di fare un breve giro, e si farà il giro”.

“no che non lo fai. Adesso ti metti a letto…”

“…con te?”

“…anche con la febbre, Mikey?”

“sempre!”

“quindi niente giro?... e se andiamo io ed Hammy?”

“per iniziare a fare danni fin da subito anche qui?!”

“eddai! eddai! eddai! eddai! eddai!!!”

 

«non aveva voglia, dici? Che per tenerlo a letto a momenti dovevo legarlo?!»

«per tenerlo a letto sarebbe bastato che ti ci mettessi anche tu!» commentò l’albino per poi assumere un aria pensosa «è intrigante come l’idea di un possibile atto non a scopo riproduttivo riesca ad influenzare il comportamento delle persone».

«pensi di iniziare anche tu?» gli chiese ironica Emerald.

«oh, no. Non posso rischiare di trovarmi a subire simili influenze esterne, perderei la capacità di analizzare certi comportamenti in modo lucido se fossi coinvolto in prima persona».

Ironica, appunto. Che gliel’aveva chiesto a fare? Zachary era solo apparentemente uno svampitello, perché in realtà la sua mente era costantemente bombardata da un flusso infinito di informazioni sull’ambiente circostante e le persone che lo popolavano, che lui -sempre in maniera costante- analizzava nel giro di una mezza frazione di secondo.

«right, capito il concetto…»

«è come quando non avevo ancora iniziato a fumare erba. Da un punto di vista puramente logico è una cosa idiota da farsi, ed io questo lo sapevo, quindi evitavo di farla. Poi mi hanno convinto a provare una volta ed ho smesso di vedere la cosa in un’ottica logica, iniziando a vederla come uno sfizio che mi fa piacere concedermi, a volte; ma concedersi uno sfizio dannoso per la salute non è logico, giusto? Solo che essendo direttamente coinvolto in questo non posso più esprimermi».

Era una cosa un po’contorta ma molto da Zachary, che contrariamente ad Hammy si era anche accorto che c’era qualcosa che non tornava.

E questo “qualcosa” risiedeva nel fatto che c’era qualcuno che li aveva seguiti fin da quando erano usciti di casa e che al momento camminava dietro di loro “abbastanza allo scoperto”.

Zeke non si era nemmeno voltato a vedere chi fosse, ancora, non se n’era interessato.

Ma, per ravvivare un po’la passeggiata, decise che forse era venuto il momento di scoprire di chi si trattava e che cosa voleva. Per cui…

Zac!

«ma che accidenti…?!!» esclamò Emerald guardando Zachary che senza dare alcun segno premonitore di quanto stava per fare -come sempre- si era solo leggermente voltato ed aveva lanciato dietro di sé il coltello che teneva nella manica…

Che si era conficcato nell’alto steccato di legno e ad una distanza pochissimi millimetri dalla gola di Kevin Mask.

Il quale, rendendosi conto che se il coltello fosse arrivato di poco più a sinistra sarebbe morto lì, comprensibilmente aveva una certa paura addosso.

E quello si era voltato verso di lui, col sorriso più sereno che Kevin avesse mai visto in volto a qualcuno.

«ciao. Ti va di dirci cosa vuoi? O vuoi continuare a seguirci come fai da quando io ed Hammy siamo usciti di casa?»

L’inglese non sapeva nemmeno da che parte guardare, quegli occhi di colore diverso lo “stranivano” un po’.

«Zachary!!! Porco mondo! Avresti potuto finire a colpirgli la gola!!!» sbottò Emerald, che era passata rapidamente dall’essere sorpresa per la presenza di Kevin alla paura che questi si fosse fatto del male ed in seguito ad una certa incazzatura verso l’albino.

Ok, Kevin era il suo ex, ok, l’aveva tratta in modo indegno e quant’altro, ma non significava che volesse che gli fosse fatto del male!

Il ragazzo però si limitò a mettersi a pulire gli occhiali. «naaah…se avessi voluto colpirlo alla gola sta’tranquilla che l’avrei fatto, ma dato che non l’ho fatto mi pare evidente che non era mia intenzione colpirlo, indi non c’era pericolo che lo colpissi».

Per Kevin tali frasi non erano esattamente incoraggianti.

«…tanto che ci sei puoi ridarmi il coltello?...no? ok» Zeke fece spallucce e semplicemente andò a riprendersi la sua arma «aaaallooora…chi sei? A giudicare dalla reazione di Hammy direi che ti conosce. Lo conosci?»

«è Kevin!!!»

«ah, ecco».

Solo a quel punto il giovane Mask ricominciò a “connettere”, andando per prima cosa a pensare qualcosa di simile a “ma che gente frequenta Emerald?!”.

Gente pericolosa senza dubbio, perché quel tizio -che riconobbe come il fratello di Michael Connors dai video e le foto visti su Tumblr- aveva lanciato con estrema facilità ed altrettanta precisione un coltello a pochi millimetri dalla sua gola senza che la sua azione potesse essere prevista in alcun modo. Prima era lì che parlava tranquillissimo, poi si era voltato solo leggermente e zac!

«Lentiggine aveva ragione, ha proprio l’aria del cavernicolo e la stessa abilità nel pedinare la gente di nascosto!» esclamò poi Zachary con una risata.

«ma sei un idiota completamente pazzo?!!» diede in escandescenze Kevin «potevi ammazzarmi in quel modo!!!»

«un po’pazzo lo sono, ma ho un Q.I. di centosettantasette ed ho il Bachelor da quando avevo diciannove anni, quindi non credo di essere poi così idiota…al contrario di qualcuno che pensa che Orazio sia il pescivendolo…»

Nulla era mutato del sorriso dell’albino, mentre Kevin sembrava sul punto di iniziare a sfracellarlo di botte. O almeno provarci.

«va bene, basta così! tutti e due!» si intromise Emerald anche perché Zeke aveva tirato fuori una faccenda scomoda ed imbarazzante per il suo ex «…Kevin, che vuoi ?!»

«volevo parlare con te. Solo parlare!» disse rapido l’inglese «ci sono delle cose che devo dirti e…e magari da soli» aggiunse guardando Zachary, che tanto si era già apparentemente disinteressato della cosa iniziando a giocherellare col cellulare.

«dipende se Hammy ha voglia di parlarti da sola oppure no. Io al posto suo non ce l’avrei. Anche perché tu non hai l’aria molto simpatica nonostante quella specie di orecchino a piuma sia tanto carino!»

Apparentemente, appunto.

Dunque stava ad Emerald, che già immaginava cosa Kevin volesse dirle. Aveva davvero voglia di starlo a sentire?

Guardò per un momento che parve ad entrambi eterno quel ragazzo con cui aveva passato dei momenti meravigliosi, e che aveva amato.

Ricordò quei suoi occhi azzurri che tante volte aveva osservato perdendocisi dentro trovandosi come a nuotare nell’oceano, la morbidezza dei lunghi capelli biondi che aveva accarezzato, il suo sorriso, il suo tocco su di lei, le loro risate, la loro complicità.

Che fosse finita così male era dannatamente ingiusto ma…era andata in quel modo, e basta.

E con Michael al proprio fianco Emerald provava tutto meno che rimpianto per ciò che era finito. Per come la pensava era stato proprio “chiusa una porta, si apre un portone”. E adesso era ufficialmente fidanzata, e prima o poi si sarebbe sposata con il soldato del quale era cotta fin da quando aveva sette anni, e l’idea la rendeva completamente e perfettamente felice. Nonostante un paio di incubi notturni su una certa pantegana che commetteva sciocchezze come gettarsi dai ponti o ingerire veleno per topi.

Ma forse era normale visto che l’addio a Flash non era stato esattamente dato a cuor leggero.

«vabbè…penso di poterti reggere per cinque minuti di chiacchierata da soli, tutto sommato» disse la ragazza, un po’freddina.

«a Beverly Park ci sono le altalene?» le chiese Zeke.

«e beh. Sennò che parco sarebbe?»

«un parco inutile. Quando hai fatto mi trovi lì».

Detto ciò lui si avviò per quei duecento metri che lo separavano dal parco, lasciando soli i due ex fidanzati.

Kevin indicò una panchina con un cenno. Si sedettero.

“tanto qui scoppia un’altra litigata” pensò Hammy.

«cosa mi vuoi dire?» gli chiese la ragazza in tono neutro.

«che sono andato a trovare mia madre. Su Nettuno. Ci sono stato fino all’altro ieri».

Inizio che sorprese Emerald che aveva pensato che avrebbe riattaccato con i suoi “mi manchi tanto amore mio e bla, bla, bla”. Che fosse andato a trovare Alisa era senza dubbio buona cosa.

«sono lieta che tu l’abbia fatto. L’hai trovata bene?»

«si. Lei e Quarrelman non hanno una vita proprio piena di lussi, ma sono felici».

«alla fine ciò che conta è quello: essere felici».

Breve pausa.

«ci è rimasta male però, quando ha saputo quel che ha fatto mio padre con le sue lettere».

«è comprensibile».

«già. E…questo incontro con mamma lo devo a te, Emerald. Senza di te avrei vissuto nella convinzione che lei riposasse in quella tomba, quindi ti ringrazio con tutto me stesso per ciò che hai fatto per me».

Altra pausa. L’ultima volta che avevano parlato di quell’argomento Kevin le aveva dato addosso, ed ora invece la ringraziava.

«prego».

«e non solo per quanto riguarda mia madre. Ma in generale. Per tutto ciò che hai fatto per me e per ciò che mi hai dato».

Stavolta Emerald non replicò.

«per un bel po’ è stato un periodo veramente felice» continuò Kevin «e probabilmente se fossi stato meno stupido…se mi fossi fidato di più, e fossi stato meno immaturo…forse durerebbe ancora».

Un’altra pausa di silenzio.

«forse si. Ma non è andata così, ed abbiamo preso strade diverse: io percorro la mia accanto a Michael e tu beh…con qualcun’altra, da quel che mi hai scritto l’ultima volta».

Kevin arrossì sotto la maschera al pensiero di quel “vai al diavolo stronza, stasera mi faccio un’altra” scritto in un disperato anelito di rabbia vendicativa.

«ehm. Le cose non stano esattamente in quel modo. Quello è stato perché ero appena venuto a sapere della tua nuova relazione e…ho perso un attimino la bussola».

«come spesso ti accade».

Considerazione anche questa un po’ freddina, non piacevole, però giusta.

«vero. Mi accade spesso. Con te, mi è accaduto una volta di troppo. E non finirò mai di dispiacermene. Riguardo a quella ragazza poi, o meglio, quelle ragazze, un’altra cosa da dire ce l’ho».

«ossia?»

L’inglese le fece delicatamente voltare la testa verso di lui, così che si guardassero.

«ho cercato te in ognuna di loro, ma non ti ho trovata mai».

Lei deglutì un po’troppo nervosamente. «è logico. Che io sappia di “me” ci sono solo io» anche quel che stava dicendo non aveva molto senso «forse avresti dovuto cercare qualcosa di diverso, no?»

«forse, ma forse io non voglio qualcosa di diverso da te. Vedi, Emerald Janice Verbena Phoebe Lancaster…nonostante tutto quel che è successo, ed il fatto che solo per colpa mia e della mia stupidità abbiamo preso strade diverse, io continuo ad amarti. Ancora» aggiunse «e probabilmente continuerò a farlo sempre. Una cosa come quella che avevamo io e te non può spezzarsi con tanta facilità ed in così poco tempo, o così la penso io. Magari tu sei di un’altra opinione, ma io continuo a sperare che un giorno possiamo tornare a camminare fianco a fianco, noi due, perché siamo stati qualcosa di meraviglioso».

E Kevin la vedeva, riusciva a vederla che quel che stava dicendo l’aveva scossa, non le riusciva più di mantenere quell’aria fredda che aveva ostentato.

«hai detto bene Kevin, “siamo stati”. Si tratta di questo: “passato prossimo”. “siamo stati”, ma non “siamo” e non “saremo”; e non c’è speranza che tenga, soprattutto perché è solo ed esclusivamente tua. Io sto bene come sto e con chi sto. Mi è dispiaciuto per com’è finita e non mi pento di quel che c’è stato tra noi, ma non mi pento nemmeno di aver cambiato strada, e ciò per cui io ti ringrazio è di avermi indicato quella che, per come si sono messe le cose, sembra essere la via giusta per me».

Che tradotto voleva dire “tante care cose ma non me ne frega più una minchia, e grazie per avermi spinta tra le sue braccia con la tua immensa imbecillaggine o da sola non sarei mai arrivata a capire che voglio lui”.

Però era scossa. Molto scossa.

Non poteva non significare qualcosa.

«dici così, ma non puoi vedere come mi stai guardando».

«con compassione? Perché al momento è questo quello che sento verso di te. Compassione per qualcuno che non riesce a riconoscere una causa persa quando se ne trova davanti una come è la nostra vecchia relazione» la ragazza si alzò «trovati un’altra Kevin. Io ora sono fidanzata, il che significa che finirò per sposare quell’uomo prima o poi, e ti dirò...non solo sono felice di questo, ma sono anche sicura sia di volerlo fare che del fatto che non finirò a pentirmene. Ti auguro con tutto il cuore altrettanto».

«anche io e te avremmo dovuto sposarci, ricordi?»

Come a dire “finché la data non è fissata e finché non hai al dito la fede nuziale la partita è ancora aperta, e poco conta che tu sia fidanzata”. Emerald camminò verso Beverly Park allontanandosi di qualche metro.

«vero Kevin, ma con una differenza fondamentale: con te, era solo nella tua fantasia. Con lui invece è tutto estremamente concreto».

«io continuo a credere in noi, Scimmiattolo» ah! l’aveva bloccata sul posto «ci credo anche per te, e non intendo arrendermi».

Lei si voltò ancora.

«Kevin, lascia perdere. Mi hai costretta a farti del male quella volta, non costringermi a rifarlo, non è quello che voglio e ultimamente ne ho già fatto abbastanza a qualcuno cui non volevo farne. O almeno, non in quel modo. Quindi ti prego, lascia stare».

E se n’era andata verso Beverly Park.

Nonostante le sue parole, quel che Kevin aveva visto nel suo sguardo l’aveva fatto tornare a sperare…

 

 

:: ora ::

 

 

“…e invece non solo sono stato un maledetto illuso ma probabilmente dicendole così sono stato io stesso a spingerla a fissare una data e chiudere definitivamente la partita! Non ci volevo credere, e invece…e invece è tutto vero. Dio. È tutto vero, lei si sposa, e con lui!”

Selezionò un numero dalla rubrica.

 

 

«…come prego…?»

è così, che io abbia provato a parlarle non ha funzionato Warsman, lei lo sposa!…Warsman? …ci se-

L’altro chiuse la chiamata. Se Kevin gli avesse chiesto qualcosa, avrebbe detto che era caduta la linea.

Al momento non aveva decisamente voglia di parlare con lui. E con nessun altro.

“ditemi che non è vero, non è possibile!” maestro ed allievo avevano pensieri analoghi a riguardo “no, maledizione, no!!! Lo ha fatto apposta o cosa?!” aveva una tale rabbia e disperazione addosso da scagliare via il cellulare, che finì ad infrangersi contro il muro.

Come gli sembrava di scorgere un barlume di luce ecco che prontamente veniva oscurato. E lui fino a cinque/sei giorni prima in quell’oscurità abissale aveva sguazzato come mai gli era capitato di fare in vita sua.

Era tornato da Londra a Tokyo come un automa, preda del proprio dolore causatogli da quella…quella.

Non c’era una definizione giusta per il modo in cui lui aveva visto Emerald i quei momenti.

Traditrice.

Stronza.

Puttana.

Carogna.

Iena.

Bastarda.

Infida serpe.

Mostro di malvagità.

Aveva pensato tutto questo ed anche di peggio, nei momenti in cui quelle sue orribili parole gli avevano dato un attimo di respiro ed aveva potuto brevemente smettere di sforzarsi di non dare a vedere a nessuno quel che stava passando, ed era stato fortunato che in quel periodo Kevin fosse su Nettuno.

Anche se considerando che un senzatetto gli aveva offerto dello scadentissimo scotch -che tra l’altro lui aveva perfino accettato!- evidentemente nascondere quel provava non gli riusciva molto bene.

Il gelido Warsman, la macchina assassina, la bestia senza cuore…

Senza cuore, si, perché gli era stato strappato via dal petto da quella puttana!

Erano stati giorni d’inferno, giorni di ira contro di lei e contro sé stesso, giorni di vergogna ed anche di lacrime, tutte versate in quella che era stata la casa di lei, mentre distruggeva tutto ciò che gli aveva ricordato loro due, tutti i souvenir del loro viaggio, accanendosi in particolar modo su quelli di Rio.

Si comportava come un uomo appena uscito in modo orribile da una relazione amorosa, avrebbe potuto dire qualcuno.

Ma lui di certo non amava quella lì.

Oh no. Non la amava. E stava così male solo perché…

Eh già, perché? Perché, se non l’amava?

Perché non riusciva a togliersi dalla testa quel che avevano passato, quelle sue azioni verso di lui, dalle prese in giro a quella che il giorno del suo compleanno gli era quasi sembrata una coccola, anche se solo per poco?

Le aveva dato del vampiro mancato, ma tutto sommato non aveva detto una stupidaggine. Solo che lei non gli aveva tolto il sangue dalle vene, ma direttamente la voglia di vivere. Prendendolo con quei suoi gesti che di scherno o di qualunque altra cosa erano stati sempre appassionati, usando il proprio fuoco per riaccendere anche il suo, e far diventare il proprio ancor più forte riprendendosi ciò che gli aveva donato ed anche quel che gli aveva permesso di generare con una crudeltà che lui, sciocco, povero ingenuo, aveva quasi creduto potesse essere una forma di…amore?

Ma quello non era amore, quella era una malattia, aveva pensato.

Ed aveva passato in quel modo giorni e giorni, a pensare e ripensare, e ricordare nonostante la volontà di dimenticare.

Volere è potere, lui stesso lo diceva, ma si era reso conto che in tutto quel tempo aveva ripetuto una stupidaggine.

La svolta c’era stata per l’appunto cinque/sei giorni prima, quando su quella lunghezza d’onda aveva pensato che tutto sommato volere non era potere se, nonostante la sua volontà di mantenere quel rapporto con lei, Emerald non solo l’aveva allontanato e distrutto ma l’aveva fatto pure senza guardarlo negli occhi, dandogli le spalle.

Era stato a quel punto che aveva sentito un campanellino che aveva suonato lieve lieve.

Emerald non lo aveva guardato in faccia mentre gli diceva quelle cose.

Gli aveva voltato le spalle per tutto il tempo.

Lei via via di cose ben poco carine gliene aveva dette, e discorsi fatti freddamente come quell’ultimo, poi, glieli aveva sempre fatti guardandolo negli occhi.

Era una che ci teneva a ricambiare il tuo sguardo se doveva spezzarti il cuore, non per qualche forma di sadismo ma solo perché riteneva giusto farlo.

Se spezzarti il cuore era quello che voleva davvero.

E poi c’era anche un’altra cosa…

Se Emerald J.V.P. Lancaster voleva davvero fare del male a qualcuno, non scappava via subito dopo. Lasciava che a farlo fosse il qualcuno in questione.

E allora forse, forse, se con lui non aveva agito come soleva fare in quelle occasioni quel che Emerald voleva non era…spezzarlo.

 

 “...rischi troppo, Sorcio! E non è questo quello che voglio, io…non voglio…non voglio e basta, ed è per questo che forse è bene chiuderla qui davvero… finirai male se la cosa continua! Lo sai che ci sono grosse probabilità che io abbia ragione, non rendermelo più difficile di quanto già sia…”

“e tu credi che se mi fosse importato davvero qualcosa dei rischi io avrei continuato ad avere questo rapporto con te pur sapendo chi è tuo padre?!”

“a te non importerà ma a me si! Un conto è prenderti a botte col cric e un altro è che tu faccia una brutta fine per colpa mia!”

 

Ma una persona che diceva quelle cose, guardandolo come lo aveva guardato, poteva davvero pensare quelle cose orribili che gli aveva detto dopo, quando lui si era rifiutato di darle retta? Per poi scappare via senza “godersi lo spettacolo”?

Ma certo che non le pensava.

Ovvio che no.

E lui era stato stupido a non capire subito quel che le era passato per la testa, “meglio lontano e al sicuro che vicino ed in pericolo”. Gli aveva detto quelle cose nella speranza che lui si allontanasse e non la cercasse più, evitando così il rischio di “finire male”, come lei stessa aveva detto.

Il cervello gli diceva che quello era solo l’ultimo appiglio di un disperato che non si rassegnava a volerla perdere e vedeva solo quello che voleva vedere.

Ma alla faccia di chi lo considerava una macchina, era il cuore a suggerirgli che invece quel che diceva il cervello era una gran cavolata.

E a costo di fare una pessima figura, non volendo restare con quel dubbio amletico, aveva deciso che tra qualche giorno sarebbe andato a cercare Hammy. Aspettando l’occasione giusta per parlarle, forse per quella che sarebbe stata l’ultima volta, o forse no.

E l’occasione si era puntualmente presentata quando lei, tre giorni prima, era di ritorno dalla farmacia con una -inutile- scorta di tachipirine, aspirine e medicinali vari per il fidanzato ed una ulteriore -utilissima- scorta di pillola anticoncezionale per sé.

 

 

:: tre giorni prima ::

 

 

Avevano tempo i due Connors a dirle che si preoccupava troppo. Hammy li ascoltava?

Ma ovviamente no.

E così eccola con quella scorta di medicinali, tanto che sembrava una farmacia ambulante.

Prevenire è meglio che curare, diceva suo padre, quindi anche se aveva un sistema immunitario invidiabile, Emerald aveva ritenuto opportuno che Michael fosse ben fornito di tutte le medicine che avrebbero potuto servirgli. E così aveva preso tachipirine, aspirine, moment, cibalgina, pastiglie e sciroppi per la tosse, dei fermenti lattici, una sterminata serie di creme contro pruriti, gonfiori, dolori, strappi, irritazioni…il tutto solo perché lui aveva avuto un po’di febbre! Nemmeno avesse avuto a che fare con due che si ammalavano al primo spiffero!

Camminava e stava controllando per l’ennesima volta di aver preso tutto quel che “serviva”, quando all’improvviso venne afferrata e trascinata in un vicoletto.

«ma che diamine?!...ah».

Warsman.

Ancora?!

Cosa poteva volere ora da lei, dopo quello cose orribili che gli aveva detto, delle quali non era vera neanche mezza, tanto che nemmeno adesso le riusciva di guardarlo in faccia se non di sfuggita?

“mi è dispiaciuto e mi dispiace, mi dispiace tanto” pensò, aspettando la sua successiva mossa. In fondo non potevano restarsene lì impalati, lui a fissarla e lei a guardare in ogni dove purché non fossero i suoi occhi.

Che voleva?!

Sentiva una tensione nervosa crescerle dentro. Credeva di aver finito, con lui. E invece se adesso avesse tentato di fargliela pagare aggredendola fisicamente avrebbe dovuto fargli del male anche in questo senso, non solo distruggerlo come l’aveva distrutto!

E se l’avesse detto a qualcuno -o se semplicemente fosse venuto fuori per vie traverse- che lui l’aveva attaccata, anche se l’avesse mandato all’ospedale dubitava che il russo avrebbe potuto passarla liscia, una volta dimesso.

O forse anche prima.

Ma perché non la lasciava in pace, perché sembrava voler finire nei casini per forza?!

«che c’è?! Che vuoi ancora?!» gli disse senza riuscire a trattenere la tensione nervosa di cui sopra che la incrinava la voce «vattene via, io e te non abbiamo più niente di cui parlare!»

Ma lui niente, non si muoveva. Restava lì immobile come una statua, fisso a guardarla, mentre a lei questo non riusciva.

«vai via!!! Non hai capito che non è più aria?! Sei duro di comprendonio?! Il gioco è finito, sei s-stato una bambolina divertente ma mi…mi hai stufato» disse cercando di risultargli fredda e spietata come l’altra volta, con scarsi risultati visto che in qualche punto aveva pure balbettato.

E lui continuava a non muoversi e non dire nulla.

«…in che lingua devo dirtelo che non mi interessa più avere a che fare con te?! I freak show sono divertenti ma dopo un po’annoiano, ed è questo il caso, togliti dalle scatole! Nemico Numero Uno, Nemica Numero Uno, erano cazzate capito?! Solo cazzate!»

Ancora silenzio, e adesso lei aveva perfino gli occhi lucidi.

«se me lo dici guardandomi dritto negli occhi come sei solita fare magari potrò crederci, Emerald. Ma così…eh no…così, proprio no».

Affermazione fatta in un tono tanto serio da farle irrigidire la schiena e sgranare gli occhi smeraldini.

Aveva capito.

Lui aveva capito.

Lui sapeva che di quel che gli aveva detto a Londra non era vera nemmeno una sillaba, ci era arrivato.

Quella maledetta pantegana psicotica la conosceva troppo bene.

Ma doveva finire lo stesso, perché lui non poteva continuare a correre rischi solo per continuare quella strana cosa tra loro due! Non poteva!

La tensione aveva raggiunto un livello tale che Hammy non poteva più contenerla, tanto che si lanciò contro di lui con un ringhio, cominciando a riempirgli il petto di pugni…già solo con quel gesto era evidente la sua volontà di non fargli davvero del male perché col pugno destro il cuore avrebbe potuto strapparglielo via davvero…

Era un atto quasi di disperazione, ma perché quell’idiota non voleva darle retta?! Perché non se ne andava, perché voleva renderle tutto ancora più difficile, pure lui, come se anche Kevin non avesse tentato -vanamente- di incasinare le cose?!

«stai zitto!!! Zitto!!!  e vai via!!!» strillò continuando a prenderlo a pugni «hai capito quello che ho detto?! Vattene!!! Vai via! Sparisci, eclissati, togliti dalle scatole, vai via, via, VIA!!!» odiò sentire le lacrime cominciare a cadere, cosa che la fece solo incavolare di più «vattene, maledizione! È t-tanto difficile da capire?! Eh?!!...» le mani iniziarono a tremarle troppo per continuare a picchiarlo, e finì a stringere tra i pugni quella sua oscena giacca blu, che le aveva sempre fatto schifo quanto quella sua dannata ed obbrobriosa tutina grigia «…perché lo fai?» mormorò piano, infine.

«è quello che mi sono chiesto anche io fino a tre o quattro giorni fa. “perché lo ha fatto?”» replicò lui «mi ci è voluto un po’ per capire come stanno davvero le cose ma alla fine ci sono arrivato. E no, questa tua decisione univoca di concludere il nostro rapporto di…inimicizia…non mi sta bene. Per niente…»

L’aveva stretta a sé con un braccio, lasciando l’altro giù lungo il fianco.

«tu sei…sei completamente cretino!» in un inutile tentativo di nascondergli che stava piangendo aveva avvicinato di più il viso al suo petto, finendo per appoggiarcelo «ma perché lo fai? Io non capisco…»

«è un problema di cui già ero a conoscenza, te l’ho sempre detto che il tuo problema è che non capisci niente, incluso il fatto che per me è meglio vivere anche unicamente due giorni “come si deve” che altri sette od ottomila da solo».

Aveva pensato bene allora. Aveva ragione, lei non pensava quelle cose, e probabilmente per lei dirle era stato brutto quasi quanto per lui era stato sentirle.

«tu s-sei veramente un coglione…» borbottò la ragazza, asciugando le lacrime col dorso della mano in un gesto veloce e quasi rabbioso.

«e tu la solita puttanella senza cervello che ha creduto veramente di potersi liberare di me con tanta facilità».

In realtà c’era quasi riuscita. Ma solo quasi. E adesso erano di nuovo lì.

«ci ho sperato, porcello…per te. Perché tanto anche adesso che sai che…beh…» scivolò via dalla sua presa facendo un gesto vago con le mani «non è che cambia niente. Io continuo sempre ad essere fidanzata senza avere alcuna intenzione di lasciare Michael, nonostante i bla bla di Kevin, e il progetto di un matrimonio si fa sempre più concreto, così come quello di andare a vivere a Londra. Quindi finirà lo stesso».

«non se riprendi a far funzionare i neuroni, per una volta, e ti decidi a capire la grandissima idiozia che vuoi commettere!»

Emerald alzò gli occhi al cielo, gli occhi resi di un verde ancora più brillante dalle lacrime di poco prima. «è un’idiozia solo secondo te. Io amo quell’uomo. Che a te piaccia oppure no, io amo Michael, e se dovessimo sposarci anche domani sarei la più felice delle ragazze!...e a dire il vero anche se la data non è stata fissata io ho già pronto il vestito…»

«come come?!! …io penso che tu sia completamente partita di cervello!» il russo la prese per le spalle «torna a ragionare, per l’amor del cielo! Hai diciannove anni! E se proprio devi sposarti…insomma, sposa un bravo ragazzo, no?! Te l’ho detto ormai infinite volte, ma tu sai chi  è Michael Connors!...come puo-»

«…a dire la verità sarà Michael Lancaster, da dopo sposati, visto che mio padre gliel’ha proposto e lui ha detto di sì».

Una ragnatela solida e costruita con trame sottili ed esperte, nonché grande pazienza.

Warsman tutta quella situazione la vedeva così, anche se in realtà Howard non aveva avuto bisogno di fare praticamente niente limitandosi ad “incoraggiare” quell’unione nel pieno rispetto delle scelte della ragazza. Evitando anche di maltrattare Kevin Mask, finendo perfino ad ospitarlo in casa un’altra volta.

«pure!!!...qui si rasenta la pazzia…Emerald, te lo dico col cuore in mano: non lo fare. Forse hai ragione, e…e a dire il vero…dubito anche io che potrebbe farti del male, però…è sbagliato!»

«se anche tu ammetti che non mi farebbe del male, perché continui a dire che è sbagliato?…» breve silenzio «…è la stessa cosa che ti ha spinto a raggiungermi a Londra, vero?»

«se proprio devi sposarti prenditi un partner alla tua altezza. Non uno come lui».

«Flash…si parlava d’altro, mi pare».

Altra pausa di silenzio.

«perché ti sei fissato col non volermi perdere?»

«e perché a te ha pesato cercare di perdermi? Perché sei tornata sulla Terra la notte del mio compleanno? Perché hai preso quel proiettile che doveva toccare a me rischiando di morire tu al mio posto, se ti avesse colpito pochi centimetri più in là? Perché hai voluto partire con me, perché a…Rio…è successo quel che è successo?» le diede un’occhiata «…se non si è trattato di quel che mi hai detto? Cinque a uno, Emerald».

«o senti, è stato perché…allora…tu sei in assoluto l’uomo più odioso che abbia mai conosciuto in vita mia. Ti avrei preso a schiaffi la prima volta che mi sei comparso davanti, o ti avrei sparato proprio, ma lo sai. E questo perché sei un sorcio psicotico con le chiappe mosce che ha fatto schizzare fuori il cervello dal naso col primo starnuto. Insomma sei tutto questo oltre che Lord Pallemosce e vecchio porcello…» ma che gentile «però il fatto è che anche se sei un vecchio porcello…sei IL MIO vecchio porcello!»

Giustamente come per lui era una puttanella…ma era LA SUA puttanella!

«e riguardo a Rio…no, è ovvio che non l’ho fatto per quel motivo. Non ti avrei usato come un giocattolo» prese ad attorcigliarsi i capelli attorno alle dita «è un discorso più complesso».

«dimmi perché».

Niente da fare, lo voleva proprio sapere, adesso. Prima aveva sempre lasciato perdere ma dopo quel che era successo sembrava necessitare della conferma che per lei era stato “di più”.

«Nikolai…è che…da quel che mi dicesti in quell’occasione tu pensavi che io fossi disgustata da te, e volevo farti capire che non è così! Che per me non sei un mostro, o una bestia, e nemmeno una macchina. Ma solo un vecchio porcello, per l’appunto. E per quanto mi riguarda, dopo aver visto tutto di te -viso incluso- continuo a pensare che quelle chiappette cadenti che ti ritrovi siano la parte peggiore!»

Il russo non sapeva se schiaffeggiarla o baciarla. Nel dubbio non fece nessuna delle due cose.

«perlomeno non sono un ammasso di stecchini con la testa vuota come qualcuno…»

«l’ammasso di stecchini però ti piace visto che come mi vedi un po’più svestita il morto laggiù» indicò il suo inguine «risorge magicamente dalla tomba per poi finire a schizzare come uno spruzzatore di panna spray quando cerchi di rimetterlo a nanna!»

«la tua volgarità non conosce linite!!! Sei proprio la solita puttanella, io al posto di Kevin o di chiunque altro nemmeno con un fucile puntato alla testa ti sposerei…»

«non c’è pericolo che tu sia al posto loro, il posto dei vecchi porcelli è nelle stalle, non accanto a moi…»

«già, tu in quei frangenti preferisci la compagnia di quel mostro».

«e ridagli…Mikey non è un mostro. È l’uomo che voglio sposare, e sposerò! Prima o poi. Facci le bocce. E…inizia fin da ora a restare al sicuro, per favore. Tanto questa faccenda tra me e te deve finire ugualmente, quindi fallo da subito così evitiamo che tu finisca macellato come un porcello, per l’appunto».

Chiariti i motivi per cui doveva finire, infatti, non cambiava il fatto che…doveva finire!

«c’è ancora del tempo, Emerald, riuscirò a farti capire di stare commettendo un errore madornale. E lo farò prima delle eventuali nozze! …dovessi…dovessi finire macellato come dici, per questo!»

Niente da fare. Ma perché era così ostinato?!, pensò, mentre lo guardò andarsene rapidamente via. Nessuno li aveva visti o sentiti, in quel vicoletto, per fortuna.

Riacchiappò la busta di plastica piena di farmaci che aveva lasciato cadere a terra e si riavviò verso l’appartamento di Michael. Per ironico e poco sensato che potesse sembrare, i due vivevano ancora separati, lei nell’attico e lui nel bell’appartamento spazioso al piano di sotto che al momento condivideva con Zachary ed il coniglietto Pac-Man. Bunny invece ce l’aveva lei nell’attico, ed era stata fonte di gioia per Fiona a cui gli animali piacevano, finendo quindi ad attaccarcisi subito.

“quel testardo non demorderà. E purtroppo diceva sul serio col dire che pur di farmi capire che ‘ha ragione lui’ sarebbe disposto a farsi macellare!...” entrò nel palazzo e premette il tasto dell’ascensore “adesso che sa per certo che non è solo un giochino, per me, l’unico modo di toglierselo dalle scatole sarebbe fissare una data per il matrimonio. A breve” entrò “…cosa che non sarebbe mica male…io Emerald J.V.P. e Michael Lancaster!” senza rendersene conto si trovò ad avere un dolce sorriso sul volto “…vuoi vedere che tra Warsman e Kevin hanno finito per farmi un favore?”

Avrebbe sposato Michael, finalmente. E allo stesso tempo Kevin avrebbe dovuto rinunciare definitivamente all’idea di potersela riprendere, e Warsman avrebbe dovuto mettersi l’anima in pace e stare al sicuro come lei desiderava.

Tre piccioni con una fava, non solo due…

 

 

:: ora, Shibuya ::

 

 

«se vuoi che ti faccia da testimone penso che tu debba dirmi-»

«mi dispiace tantissimo per averti evitato, in tutto questo tempo. Non volevo, ma…era proprio per quelle domande lì, Meat».

Erano soli in terrazza, come l’ultima volta che avevano parlato.

«il che mi rende ancora più allarmato. Che c’è di tanto brutto che non puoi dirmi?...e soprattutto non sono ancora convinto riguardo quel braccio!»

Lei voleva quel testone come testimone, e sapeva che non avrebbe accettato se non gli avesse detto la verità.

Quindi dopo aver constatato che comunque fino a quel momento Meat i segreti che gli aveva raccontato li aveva sempre tenuto per sé…decise che forse poteva parlargliene.

«Meat…condizioni dell’altra volta. Io te ne posso anche parlare perché riconosco che tu fino ad ora non mi hai mai tradita. Cioè, gli altri di quando hai trovato me e Flash in quelle condizioni non lo sanno nemmeno, giusto?»

«giusto».

E fu così che raccontò tutto ad un Meat sempre più allucinato.

Gli raccontò dell’operazione alla spalla, gli raccontò dei naniti. Gli rivelò che si, era vero, il suo braccio dunque era maledettamente forte. Confermò che le ragazze quella sera ci avevano visto bene, e che lei e Flash erano in quel locale a ballare il tango, e che questo era accaduto più volte. Gli disse perfino del loro viaggio attorno al mondo, e pur senza essere diretta lasciò intendere che quel che era successo tra loro sotto l’effetto di alcol e droga si era ripetuto. Da sobri. Ma disse anche che, nonostante ciò, non era amore quel che provava verso quel russo, e che lei era più che mai convinta di voler sposare l’ex mercenario.

Gli disse anche i motivi per cui lo faceva, oltre che per quella sicurezza.

E quel che disse Meat infine fu…

«ma tu proprio fuori dai casini non sai starci eh?!! Lo sapevo, io!!! Lo sapevo che nascondevi qualcosa! Ma che dico “qualcosa”, queste sono un mucchio di cose!!!»

«hai voluto saperlo, e io ti ho accontentato. Ma una volta che mi sposo sarò fuori dai guai…»

«si, proprio fuori dai guai, con il fratello del tuo futuro marito che lancia i coltelli in quella maniera…»

«hai…visto?»

«visto e sentito. Passavo lì per caso. Ma tu e Kevin non avete visto me».

«piccino curiooooosooo…Meat…pensi anche tu che il mio sia un errore? Io sono convinta di no».

«e io non so che dirti, Emerald…se tieni tanto al fatto che io sia il tuo testimone di nozze posso anche accontentarti però…non so. Io forse sarei stato più contento di saperti con Kevin. La tua scelta però è un’altra».

«si».

«e ne sei convinta».

«si. Mille volte si, e non vedo l’ora che queste due settimane passino e che arrivi quel giorno».

 

 

:: Londra ::

 

 

Alya Nikolaevna Kalinina, in quel periodo, era preda di atroci sospetti.

Prima dal sospetto di essere tradita dal suo compagno.

E ora, dopo quel che aveva sentito, del sospetto che suddetto compagno potesse essere coinvolto in qualcosa di tanto assurdo da far pensare che potesse essere affetto da demenza senile.

Convolto…assieme alla donna con cui la stava tradendo. Anche se non si spiegava il perché.

Era rimasta molto, molto male quando occhieggiando il cellulare di Robin mentre questo era impegnato a scrivere aveva letto un nome che le era sembrato essere “Jane”.

La prova finale.

Anche in quel caso si era sforzata di non lasciarsi andare, pensando che non doveva trattarsi per forza di corna. Lei poteva essere anche una parente, una cugina…o anche una conoscente. E non era detto che le chiamate ed i messaggi fossero stati sempre di questa Jane.

Per cui, come donna intelligente e ragionevole quale si riteneva di essere, continuava a limitarsi a raccogliere prove e fare delle indagini quanto più possibili discrete prima di giungere a conclusioni che potevano essere affrettate.

Anche se spedire sua cugina Alana dietro a Robin forse non era stato poi così “discreto”. Tanto più che chiunque fosse stata la persona che l’aveva fatto salire in macchina quel giorno -Alana non era riuscita a vedere chi fosse a causa dei finestrini fumé- si era accorta che erano seguiti ed era riuscita a seminarla.

Cosa che rivelava che questa Jane, se di lei si trattava, non era una donna qualunque se era riuscita ad accorgersi di sua cugina che per pazza che fosse quando voleva sapeva essere estremamente discreta.

E poi una donna che guidava bene a quella velocità folle, beh, non era una qualunque lo stesso. Tanto che Alya aveva verificato se ci fossero delle Jane tra coloro che facevano gare automobilistiche, e non ce n’erano.

Ad ogni modo, tornando al discorso iniziale, la cosa che le aveva fatto pensare che Robin -ultimamente parecchio allegro- potesse iniziare a perdere colpi era quanto le era stato raccontato da un MacNeil ancora molto irritato, nonostante la cosa fosse successa un paio di sere fa, ossia gli ultimi dei giorni della settimana di ferie del dottore…

«Robin…»

«dimmi» era seduto su una poltrona a leggere «che succede?»

«niente, è che volevo raccontarti una storia strana. Un paio di sere fa» ossia l’ultima volta che lui era rientrato addirittura alle sei del mattino! «pare che qualcuno non solo abbia ricoperto la casa del dott.MacNeil di carta igienica, ma che si sia perfino messo a suonare i bonghi stonando orribilmente la canzone che parla di quei…come si chiamano?...Watussi!...tutto ciò verso le quattro del mattino! A detta di MacNeil erano in due, con delle felpe con cappuccio in testa, sciarpe ed occhiali da sole…e non è riuscito ad acchiapparli nonostante li abbia inseguiti. Così come non è riuscito a riconoscere bene le voci nonostante mi abbia rivelato di averle trovate familiari…»

In verità non si era limitato a dirle solo questo, ma le aveva detto chiaro e tondo che una delle due gli era sembrata la voce di Robin, anche se non era possibile.

 

“e anche l’altra persona, quando ha iniziato a correre staccando l’altro almeno di duecento metri fin da subito, ho pensato che…aah. Questo si che sarebbe impossibile!”

 

Di quest’ultima considerazione Alya non aveva capito granché, ma aveva sentito abbastanza.

«ed è una fortuna che il dottore viva in una casa singola e non in un condominio o in una bifamiliare, altrimenti sai che disastro…»

«guarda che ho capito benissimo cosa stai pensando, donna!»

«uh?»

«stai pensando che avendo comprato dei bonghi qualche giorno fa, possa essere stato io. Vero? Ebbene non è così! Non è assolutamente così! Io non c’entro! Non c’ero! Non sono stato io! E anche se ho dei bonghi comunque non sarò il solo in tutta Londra ad avere della carta igienica in casa, spero!»

Della serie “non facciamoci beccare”.

A Robin non l’aveva mai detto nessuno che “excusatio non petita, accusatio manifesta”?

E poi ad Alya era sembrato di intravedere nel suo sguardo un lampo che era stato tra l’imbarazzato ed il…divertito?

«a dire la verità non ci avevo pensato, fino ad ora che non mi hai ricordato che possiedi dei bonghi. E che dalla scorta di carta igienica in effetti manca qualche rotolo di troppo».

Robin osservò la compagna, capendo che nonostante la stesse prendendo molto larga Alya si era fatta un’idea abbastanza chiara su chi fosse il colpevole dell’invasione di carta igienica a casa del suo mentore. O meglio, su chi fosse almeno uno dei due colpevoli.

Aveva temuto che potesse accadere, ma aveva anche sperato di no.

«…troppa vitamina c. Ho bevuto un litro e mezzo di succo di arancia. Sai che effetto fa troppa vitamina c, giusto? Sei una dottoressa».

Voleva farla credere che quei rotoli che mancavano fossero dovuti ad un attacco di diarrea?! Ma dai! A chi voleva darla a bere?! E poi…

«del succo d’arancia, eh? Strano. Mi hai sempre detto di apprezzare la frutta solo quando è di stagione, ed ora siamo a maggio inoltrato. E poi, in generale, mi chiedo che senso abbia bere un litro e mezzo di succo d’arancia».

«magari perché mi andava?...suvvia, non crederai davvero che io possa essere coinvolto in quella monelleria a danno di MacNeil, mi conosci, lo sai che sono un uomo serio. Non facevo cose come questa da bambino, figurarsi se mi metto a farle ora».

“però qualche giorno fa sei tornato ubriaco ed appiccicoso di zucchero filato!” pensò lei.

«si, però-»

«parliamo di cose serie, adesso».

Le mostrò un biglietto che aveva in mano, e che era arrivato il giorno prima, nel quale si annunciava l’imminente matrimonio tra Emerald J.V.P. Lancaster -che Alya conosceva- e Michael Connors, che Alya invece non conosceva affatto. Ma non era quello a contare, quanto il fatto che in casa Lancaster tra due settimane ci sarebbe stata festa grossa, e Robin le aveva detto testualmente che intendeva “accettare la sfida di Lancaster, se era per quel motivo che li aveva invitati”.

In verità la donna in quel frangente aveva notato qualcosa che l’aveva leggermente stupita, ossia che Robin non sembrava troppo sorpreso per l’arrivo di quell’invito, ma aveva archiviato subito la faccenda essendo presa da altri pensieri.

«pensavo ne avessimo già discusso ed avessimo concluso di andarci».

«sono ancora dell’idea».

«quindi quale è il problema?»

«non è tanto un problema…è che mi dà da pensare un po’. Il fatto è che su questo biglietto, se le cose fossero andate come volevo anni fa e come voleva Kevin, avrebbe dovuto esserci scritto il suo di nome al posto di quello di questo Connors. Non che mi dispiaccia. Alla fine è saltato fuori che unire le due famiglie non era una grande idea…»

«unire le famiglie?» gli chiese Alya perplessa, che di quella faccenda non sapeva niente così come non sapeva della precedente amicizia di Howard e Robin.

«ah…già. Non te l’avevo raccontato vero?»

«che cosa?»

«che una volta io ed Howard H.R.J. Lancaster eravamo molto, molto amici. Tanto che avrei voluto far sposare i nostri figli, che lui è padrino di Kevin ed io di Emerald e…lunga storia…»

Le giungeva completamente nuovo. «non me l’avevi detto, no…»

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Capitolo 28
*** cambio d'abito ***


filler

L’unico momento in cui Mary Nikaido rimpianse un po’di essersi mezza in mezzo alle vite di Kevin Mask e del russo: eccolo qui.

«a questo punto di cose da fare ne resta una sola…rapirla!»

Quello in cui Warsman se ne uscì con quest’idea completamente folle.

Era Kevin Mask quello che stava per perdere la donna della sua vita, eppure era Warsman dei due quello che sembrava disposto a fare veramente di tutto pur di riprendersi Emerald!

«non credo che sia una buona idea, sa…» si intromise Mary «affatto. Non solo perché probabilmente finireste col trovarvi un esercito alle calcagna, ma perché se quel che volete è che Emerald torni qui, beh…io non credo che starei volentieri con due persone che sono arrivate a rapirmi».

Kevin la guardò. «ha un’idea migliore? Io al momento è l’unica che vedo. La rapiremmo dopo pronunciati i voti nuziali, nel bel mezzo della confusione creata dalla festa e prima che lei e Connors…consumino!...così il matrimonio non sarà valido! Però miss Mary ha ragione col dire che potremmo ritrovarci un esercito dietro».

«senza “potremmo”, Kevin: accadrebbe senz’altro. Ma io anche grazie a questo travestimento sono riuscito a sfuggirgli quando mi dava la caccia, e Lancaster l’ha fatto per anni. Vero che trattandosi della figlioletta adorata adoprerebbe uno spiegamento di forze più consistente possibile, ma magari per allora saremo riusciti a farle cambiare idea sullo sposarsi con quel sadico assassino!»

E per fortuna che una volta era lui quello ragionevole.

Ma mancavano giusto due giorni al matrimonio, ormai.

E parlarle di nuovo non era servito, a nessuno dei due.

Dopo quel che aveva visto all’atelier Kevin aveva tentato nuovamente di convincerla che stava sbagliando, che loro due erano stati qualcosa di unico e che c’era ancora speranza, ottenendo dapprima dei “lascia stare” detti con quanta più pazienza possibile, e poi…direttamente una porta sbattuta in faccia quando la ragazza si era rotta le scatole di starlo a sentire.

«e poi…perché dovremmo aspettare il matrimonio, Kevin? Potremmo agire già questa notte!»

«non penso di potervelo lasciar fare!» si intromise ancora Mary, stavolta molto più decisa «è sequestro di persona! È un reato, vi rendete conto?...e poi lei una volta era quello che sembrava più ragionevole dei due…» aggiunse «non potete rapire una persona solo perché siete contrari al suo matrimonio con qualcuno! Posso capire i motivi per cui non possa starti bene la sua decisione, Kevin…» i suoi si. Quelli di Warsman invece non le erano chiari per niente, a meno che non se la fosse presa tanto a cuore sapendo che Kevin avrebbe sofferto «la consideri la donna della tua vita e lei sembra averti dimenticato in favore di un uomo che è…beh, da quel che mi avete detto è un criminale, no?»

«precisamente: un criminale» annuì Flash «cerchi di capire cosa sta provando Kevin. Se lei tenesse a qualcuno e questo qualcuno volesse sposarsi con una persona come l’americano, lei glielo lascerebbe fare?»

Lei si limitò a rispondergli con un’occhiata.

Lui si appoggiò allo schienale della poltrona con un sospiro. «si, sappiamo entrambi che è una scelta che solo lei può fare e come tale andrebbe rispettata…»

«ma è sbagliata Warsman, sbagliata!!! Proprio perché quello non è un uomo qualunque, ma un uomo pericoloso con un fratello che è altrettanto pericoloso…non è solo perché vorrei essere io a sposarla che me la prendo tanto, miss Mary, ma anche perché sono preoccupato per Hammy, capisce?...si, io lo so che…anche dai discorsi di Emerald, insomma, difficilmente lui arriverebbe a farle del male, però…»

«la prudenza non è mai troppa. E poi, per lei è sbagliato e basta».

«cercate un altro sistema allora, ma il rapimento lasciatelo perdere!»

«potremmo infiltrarci al matrimonio…» disse Kevin.

“e a lui se non altro non è toccato vederla col vestito da sposa, quattro giorni fa” pensò il russo.

 

 

:: quattro giorni prima ::

 

 

Era andata così: le ragazze erano uscite, lei era rimasta a casa. Non avevano cercato di portarla fuori con loro immaginando che lei col dire “no, no, andate pure, io non ho moltissima voglia di uscire…” volesse dire che o sarebbe andata lei giù dal suo ragazzo o avrebbe fatto venire su lui.

Ma le cose non stavano esattamente in quella maniera. In realtà Emerald voleva stare da sola per un po’, cosa che in quei giorni praticamente non era mai capitata. Da quando aveva dato l’annuncio ufficiale era sempre stata o in mezzo a qualche lite tre Jacqueline e Crea per chi dovesse essere la damigella d’onore, o alle liti per gli abiti delle damigelle -diversi, ma tutti sulla scala del blu-  o al telefono con suo padre che semplicemente l’aveva sempre rassicurata che con l’organizzazione del matrimonio stava andando tutto come doveva, o al telefono con sua madre che…eh!

Aveva quasi finito per litigarci, con sua madre, che le aveva detto esattamente questo:

“stai facendo una stupidaggine grossa come una casa! Lo so come la pensa tuo padre, ma quel bifolco non è degno di te. E poi questo matrimonio in generale ed il fatto che sia così affrettato mi piace ancora meno del tuo futuro marito! Per di più per come la penso io, Emerald, è con Kevin Mask che dovresti stare perché lui ti ama alla follia e contrariamente a Connors è un bravo ragazzo!”

Che diavolo, si sposava tra poco e sua madre veniva a dirle certe cose?! Come se l’insistenza di Kevin stesso, nonché di Warsman -tra tutti e due da quando avevano saputo del matrimonio non le avevano dato tregua!- non fosse sufficiente, anche lei ci si metteva?!

E se lasciare da parte la stretta allo stomaco che avvertiva ad ogni supplica del suo ex ragazzo di lasciar perdere le nozze, o almeno posticipare la data per dargli ancora una chance -stretta dovuta solo alla compassione che provava verso di lui, di sicuro- le riusciva piuttosto semplice visto che lei -voleva -Michael, ignorare Flash le risultava decisamente più complicato. Perché Kevin tutto questo se l’era cercato, se era finita era colpa sua…ma Warsman avrebbe perso qualcosa a cui teneva senza avere colpa di questo!

Solo che via, poteva mandare a monte le nozze a causa del Porcello Solitario lì? Ma anche no. Che c’entrava in tutto ciò il loro “vecchio” rapporto da NN1? Non poteva mica condannarsi a non avere una relazione solo perché lui sarebbe rimasto solo!...si, perché checché ne dicesse -ed Emerald a lui di questo non avrebbe parlato- la ragazza aveva iniziato a pensare che Flash, prima o poi, avrebbe iniziato a dare segni di insofferenza anche se si fosse rimessa con Kevin.

Ed aveva la vaga sensazione che quel che lui in realtà avrebbe voluto era semplicemente ripartire con lei destinazione chissà dove, come avevano fatto quei due mesi e mezzo…e non tornare più.

Solo che ad Emerald, adesso che era convinta non solo di volersi sposare ma anche con chi, probabilmente una cosa del genere…non sarebbe bastata.

Cos’era l’improbabile fuga con un nemico, che avrebbe anche potuto finire a stufarsi -e quindi finire a farla tornare che con Michael non avrebbe più potuto starci- rispetto ad una relazione stabile ed estremamente salda? Oltre che decisamente non noiosa e probabilmente nemmeno sedentaria visto che sia a lei che a Michael non dispiaceva affatto viaggiare e sicuramente avevano tempo e modo di farlo?

Logica e amore andavano nella stessa direzione, ossia quella che lei stava seguendo. Chi glielo faceva fare di cambiare strada? Nessuno!

E poi quel confronto non avrebbe dovuto farlo nemmeno.

Un conto sarebbe stato confrontare la sua attuale relazione con un possibile ritorno con Kevin, un altro averlo fatto con quel non -si -sa -cos’è -ma -c’è che c’era col russo.

Scosse la testa con uno “tsk” come a dire “ma ci penso pure?” ed aprì l’armadio, dove il suo vestito da sposa “dimorava” ormai da un po’.

E la cosa divertente è che in quell’appartamento erano in sei, e nonostante stessero spesso e volentieri a finire per frugare nei vicendevoli armadi nessuna delle altre si era mai accorta della presenza di quell’abito.

Un abito di un rosso fiammeggiante, con gonna estremamente ampia e ultra-ricco di cristalli. Il tutto da abbinare ad una serie di sfavillanti collier e collane strapiene di diamanti, così come lo sarebbero stati gli orecchini, e anche ad un diadema che faceva proprio “principessa”. Quell’ultimo dettaglio era stato un’idea di suo padre che sulla scelta dell’abito non aveva voluto mettersi in mezzo visto che stava già pensando a tutto il resto. Luna di miele inclusa.

Aveva chiesto loro dove avrebbero voluto andare giusto un paio di giorni prima, ironia della sorte proponendo Rio De Janeiro, destinazione bocciata immediatamente dalla ragazza che invece di comune accordo con Michael aveva detto “Giamaica”…e Giamaica era stato deciso.

“mi sa che sarebbe piaciuta a Zachary la Giamaica…anche se non per le bellezze del posto in sé per sé” pensò, visto che per cos’è famosa la Giamaica lo sanno tutti.

Si alzò rapidamente dal letto sul quale si era sdraiata ed aprì l’armadio, tolse il vestito da sposa dalla stampella per poi togliersi i vestiti che lei stessa aveva indosso, ed infilare l’abito che ovviamente le calzava a pennello. Mise anche le scarpe che avrebbe indossato quel giorno, rosse ovviamente, nonché il diadema. E solo a quel punto si decise a guardarsi allo specchio.

Era come una bambola di porcellana raffigurante una principessa dai tratti un po’orientaleggianti. Un abito tanto ricco e pomposo, ironicamente, la faceva sembrare più “delicata” di quanto non sembrasse già, almeno quando non aveva indosso i suoi vestiti da discoteca o la tutina.

Bianca come il latte, rossa come il sangue…

«principessa o princifessa, questo è il dilemma…considerando chi è l’uomo per cui vorresti indossare una cosa come questa».

L’aveva fatta sobbalzare dalla sorpresa, come aveva fatto ad entrare?...ah, ma certo. Le scale dell’uscita di sicurezza, da quelle era passato al cornicione ed infine doveva aver aperto, o trovato aperta, l’immensa portafinestra del terrazzo.

Al di là della battuta, il russo non era rimasto esattamente indifferente a vederla vestita da sposa. Dava un ulteriore senso di concretezza alla “catastrofe” che stava per avvenire, vederla rimirarsi con indosso quell’abito, quel diadema ed quel sorriso.

E poi gli era sembrato di vedere Biancaneve con gli occhi verdi e il vestito rosso, quando l’aveva guardata.

«…giustamente tu come tutti i sorci entri in casa di nascosto e senza essere invitato» borbottò Hammy, voltandosi verso di lui con un fruscio del vestito «teoricamente le prime a vedermi con questo dovevano essere le ragazze stasera, non tu».

“tu con questo non avresti dovuto vedermici e basta” aggiunse mentalmente.

Quel suo modo di guardarla la faceva sentire quasi a disagio. Non era la sua classica espressione impenetrabile, o quella arrabbiata…o quella di un uomo a cui “piaceva quel che stava vedendo”. Era qualcosa di diverso, un’espressione seria con una nota di malcelata malinconia, come a dirle “ma lo vuoi fare davvero, Emerald? Davvero davvero? Non ci pensi a me? Eh?”.

Meglio fare come se nulla fosse.

«già che sei qui…come mi sta?»

Se Flash in quel momento si sentì preso in giro?

Si, abbastanza.

«come ad una puttanella travestita da Biancaneve».

«inutile chiedere un parere a chi è privo di gusto. Quindi non ti piace?»

Lo sguardo di lui si fece ancora più severo, e la nota di malinconia svanì a favore di un principio di incazzatura non c’è male. Anche solo per il tono così falsamente innocente con cui gliel’aveva chiesto.

«mi stai prendendo per i fondelli o cosa?!»

«“prendendo per i fondelli”, mamma mia che precisino. E di’ “ma che mi prendi per il culo?!”…è più incisivo…»

«piantala».

Glielo disse così seccamente che lei gli diede pure retta.

«sei piombato qui in un momento poco opportuno, sto cercando di fare come se niente fosse, sei pregato di darmi una mano o di sparire».

«peccato che sia impossibile fare come se niente fosse, e che io non voglia sparire».

Emerald fece un lunghissimo sospiro.

«io mi sto per sposare, lo capisci questo?»

«con l’uomo sbagliato. Non finirò mai di ripeterlo».

«no, il problema è un altro. Forse è anche una questione di Michael, ma secondo me più che altro tu vorresti semplicemente che io non mi sposassi con nessuno. Nemmeno con Kevin…»

Un’affermazione che lo fece sia ammutolire che irrigidire sul posto. «stupidaggini».

«parliamoci francamente, mi aiutavi a drogarlo le sere in cui c’erano quelle competizioni di tango. E tu a Kevin sei affezionato, no? Eppure lo facevi. Quindi mi viene pensato che non è tanto per Kevin che lo fai, ma per te. Solo che…a parte che io compio vent’anni a giugno e tu ne hai più di sessanta…»

«però non ti è importato dell’età che ho quando siamo stati a letto insieme a Rio!»

«è una cosa diversa! Qui si tratta di scegliere tra una relazione stabile che teoricamente si spera rimanga tale vita natural durante e tra…beh…questa cosa tra me e te che per la sua stessa natura non è bene che duri vita natural durante. E poi tu andrai avanti al massimo altri trent’anni o poco più…»

«to’!» borbottò il russo facendo le corna.

«senti…io ho pensato un po’su questa cosa…anche se io e Michael andremo a stare a Londra non intendiamo richiuderci in casa. Insomma, ovviamente continueremo ad uscire lo stesso e a vedere altra gente, e se…» lo guardò «beh…se posso continuare a vedere i ragazzi potremmo vederci anche io e te ogni tanto. Non sarebbe come prima, però…sarebbe sempre qualcosa, no? Credo che un incontro ogni tanto si potrebbe fare, giusto per fare due chiacchiere. In due chiacchiere non c’è niente di strano. Non ci sarebbe proprio motivo di sparare a qualcuno solo perché parliamo seduti su una panchina. Certo, se ci vedessero a ballare il tango insieme sarebbe diverso…uno potrebbe dire “è solo ballo”, ma purtroppo -o per fortuna visto che abbiamo vinto molto anche per quello- si vede fin troppo bene che c’è dell’altro di mezzo…»

«mi chiedi di rinunciare anche a questo?...Emerald, ascoltami…» pose le sue mani sulle braccia «la domanda che mi faccio io è un’altra, e cioè, se tu soffri per come sta andando a finire questa cosa, se l’idea di finirla qui non ti piace come non piace nemmeno a me, la mia domanda è: perché dovremmo farlo?»

«perché mi sposo!!!»

«la felicità di sposarti dovrebbe essere tale da annullare tutto il resto allora, ma invece non è così…»

«solo perché non sto rinunciando a questa cosa a cuor leggero non significa che-»

«se per sposarti già parti col rinunciare a qualcosa che ritieni importante non è esattamente un buon inizio».

«dovrei rinunciarci con chiunque io intenda sposare, non solo con Michael. Se anche avessi sposato Kevin avremmo dovuto lasciar perdere lo stesso, perché questa cosa qui che c’è tra me e te -se vissuta come si deve- non lascia spazio sufficiente ad una relazione seria con chiunque altro…e credo che questo lo sappia benissimo anche tu! Dovresti aspirare a qualcosa di più nella vita, piuttosto che a…questo» concluse lei con un cenno vago.

«non penso di poter aspirare a qualcosa di più».

«non è che non puoi, è che non vuoi, ho capito, però alla fine è un problema tuo, perché io invece posso e voglio aspirarci eccome, quindi lasciami vivere grazie! Troverai un altro NN1 o un’altra».

«non è la stessa cosa. Lo sai che non è la stessa cosa!»

La ragazza chiuse brevemente gli occhi con l’ennesimo sospiro nervoso.

Vero. Non sarebbe stata la stessa cosa, e lei lo sapeva.

«già. Però capiscimi, se davvero dovessi darti retta, e  ripartissimo, come andrebbe a finire nessuno dei due lo sa. Con la differenza che tu non hai molto da perdere, sbaglio? Mentre invece io ho moltissimo da perdere. Michael mi ama, io lo amo, sto persa dietro a lui da quando avevo sette anni e adesso ci sposiamo, non rinuncerò. Nemmeno per te. L’offerta di prima resta valida però. Due chiacchiere ogni tanto non ammazzano nessuno» disse lei per poi dargli le spalle «ed ora torna nella tua tana da sorcio, grazie, devo togliermi il vestito…ok, forse non avrei dovuto dirtelo perché porcello come sei sapendo una cosa del genere non ti schiodi più…» si concesse perfino una risata anche se era falsa come una moneta di plastica.

E con quel che successe dopo capì che dargli le spalle forse non era stata una grande  idea; lo sentì arrivarle vicino, e la zip dell’abito scorrere rapidamente verso il basso.

«tu vuoi davvero che questo lo faccia lui?»

Hammy non sapeva se continuare a sbigottirsi o incavolarsi o fare non si sa cosa.

«…si, Warsman, voglio che lo faccia lui, adesso più che mai!»

L’altro fece per ribattere, quando si sentì bussare alla porta principale.

«Emeraaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaald ci sei? Mi annoio solo con Lentiggine!!!»

«…è Zeke…vai via di qui Flash. La strada la conosci» si tirò su la zip «forza, leva le tende!»

«io e te non abbiamo finito».

«si che abbiamo finito. Che ti piaccia o no. Arrivo, Zeke!» disse forte la ragazza, continuando a fare cenno a Flash di andarsene.

Dopo un’ultima occhiata il russo obbedì, seppur molto controvoglia, ed Emerald andò ad aprire.

«aspetta, prima che ti apra…sei solo?»

«si perché?»

«quando entri capisci».

Eppure mentre apriva Emerald J.V.P. Lancaster si sentiva strana in quell’abito che quasi le era stato tolto dall’uomo sbagliato. Era una piccolezza, ma tante volte sono proprio le piccolezze a mettere a disagio le persone. Nello specifico a far fare una smorfia alla ragazza, mentre finiva a spiegazzare il tulle della gonna.

Ok, era ufficiale, non lo sopportava più quel vestito.

«aaah, adesso ho capito perché mi hai chiesto se ero solo» commentò l’albino «è il tuo vestito da sposa vero?»

«eh si…in teoria».

«mio fratello ci sparisce, con questo. Ha voluto un completo “bianco semplice! Niente decorazioni, niente fantasie strane è tanto complicato da capire?!”» Zeke parlò con la vocina da chipmunk nonostante Michael non avesse una voce da chipmunk «se avesse indossato qualcosa più simile a quel che avrei voluto mettere io ma non mi ha fatto comprare forse qualcuno avrebbe notato anche lui, al matrimonio!»

Emerald sbuffò piano una specie di risata. «e che volevi mettere?»

«un frac giallo chiaro a pois rossi in raso!»

“a beh, con quello ti si nota di sicuro!” pensò Emerald. Pareva che Zachary non solo non si crucciasse delle proprie particolarità quali albinismo, eterocromasia e Q.I. troppo alto, ma che anzi, volesse evidenziarle ancora di più…come se non si “evidenziassero” già da sole! Come a dire “sono un tipo particolare e amo esserlo, hai problemi con ciò? Chi se ne importa!

«…solo che poi Lentiggine Il Guastafeste ha rovinato tutto…»

«e quindi che devi mettere?»

«un frac nero che ha solo i risvolti bianchi decorati a pois di diversi colori e dimensioni. È noioso!» sbuffò il ragazzo «e il fratello noioso da che mondo è mondo non sono io!»

«guarda che sarà giudicato comunque estremamente originale…»

Consolatorio per Zachary che le rivolse un sorriso per poi darle un’occhiata più approfondita.

«eeeh…che hai che non va?»

«mh?»

«ti ho chiesto che hai che non va. Sembri giù».

“e ma che cavolo ma tutti vedono come sto e come non sto?” pensò lei.

«non è mica che hai cambiato idea sul matrimonio?»

«ah no! Sul matrimonio assolutamente no!» negò Hammy sottolineando la cosa con un deciso cenno del capo.

«allora non è che hai cambiato idea sullo sposo?»

«ovvio che no! Però effettivamente idea su qualcosa l’ho cambiata» ammise, indicandosi il vestito «su questo abito qui! Lo ho scelto un po’di tempo fa ma adesso…non so come esprimerlo ma “non mi ci sento” a sposarmi con questo addosso».

Zeke si buttò di schioppo sul divano. «ma perché? Ti sta bene. Magari è anche per il diadema ma sembri una principessa, precisamente…»

“non dirlo-non dirlo-non dirlo” pregò lei.

«Biancaneve che si sposa in rosso!»

«appunto, e ti sembro una principessina della Disney io? Ma anche no. Io, carissimo Zeke, sono una donna tutt’altro che tipo-principessa…» anche se era sempre stata viziata più di una di quelle «quindi non posso vestirmi da principessa, sarebbe come sposarmi in costume o con qualcosa che “non è mio”».

«per chiunque altro sarebbe un disastro ma penso che tu non avrai problemi a trovare un altro abito in questi pochi giorni, no?»

«no, infatti…» borbottò lei. La zip, che prima a Warsman era scesa giù tanto bene, adesso pareva essersi incastrata «e che cazzo però!» solita finezza, abito da sposa o no.

«aspetta, ti do una mano» Zachary si alzò dal divano con un movimento estremamente fluido «lo sai che una volta avevo una maglietta fatta tutta di cerniere?»

«io le odio, le cerniere…»

Sarebbe stata combattuta se si fosse trattato di farsi aiutare da qualunque altro ragazzo, ma con lui era una cosa diversa. Sembrava asessuato, o qualcosa del genere, peggio di Light Yagami che perdeva tempo con L quando invece avrebbe avuto lì una Misa molto disponibile. O forse era qualcosa di simile a Sheldon Cooper.

“asessuato”. Nemmeno un omosessuale latente, perché riservava lo stesso disinteresse ad entrambi i sessi. Anche quando si trattava di un putan tour, Zeke andava a seccare indifferentemente prostitute donne, “prostituti”, travestiti, viados, tutto quello che capitava. Maschilista? Ma nemmeno. Non proprio. Era solo…beh, quando gli pareva era un rompiballe, ecco tutto.

Ma si trattava solo di questo, per l’appunto, “rompere”. E per quanto ad Hammy sembrasse impossibile che il suo a breve cognato non avesse alcuna pulsione sessuale, sembrava che invece fosse proprio così.

Forse ne aveva a livello inconscio, più “in profondità”…tanto in profondità che non riusciva loro di venire a galla!

«fatto, Em».

«grazie» andò in camera propria, lui invece rimase dov’era.

«sai cosa, secondo me non stai facendo un errore a voler cambiare il vestito. Tu effettivamente sei completamente diversa da Biancaneve».

La ragazza si tolse rapidamente l’abito e il diadema, rientrando nei suoi soliti panni pantaloncini-maglietta-stivaletti-marsupio. «appunto…»

 

 

:: ora, Londra ::

 

 

«…dopo il matrimonio a cui siamo stati invitati tu intendi partire per una settimana. Ho capito bene?»

«si. Quale è il problema?»

Ce n’erano diversi di problemi, primo tra tutti che Alya continuava a non credere nemmeno un po’ a Robin quando questi chiacchierava di viaggi d’affari. Oltre a non credere che sarebbe partito da solo come avrebbe voluto farle pensare.

Ma l’aveva presa per stupida?! Era ovvio che sarebbe partito con quella Jane!

Lo avrebbe affrontato dopo il matrimonio, e prima che partisse. Perché le sue indagini non avevano portato a niente, e lei giustamente voleva una spiegazione, come l’avrebbe voluta chiunque altro. Tornava troppe volte ubriaco e ad ore assurde, spariva per giornate intere, spariva negli week-end!...e l’unica cosa che aveva potuto verificare finora, il lunedì seguente ad uno di questi week-end, era il fatto che nel week-end in questione il suo compagno avesse avuto una relazione adulterina…con un kayak.

Robin aveva lasciato il cellulare incustodito e lei non si sarebbe nemmeno accorta se non fosse stato per la suoneria di un messaggio.

E anche se Alya non era assolutamente il tipo di persona che faceva certe cose, non aveva resistito alla tentazione di vedere di cosa si trattasse.

Ed ecco che si era trovata davanti un video, fatto di notte, con Robin visibilmente ubriaco fradicio davanti ad un falò che dichiarava tutto il proprio amore ad un kayak di colore blu.

 

tu she-ei la cosa più importante della mia vita, ti amo kayacco…kaycuccio…kay…coso…ti aaamo e ti amerò per sempre! Sposhhami! Ho una villa immensa!...potremo avere tanti bambini blu che galleggiano…”

 

Seguito da un commento di Jane che recitava testualmente “che amante appassionato sei, Robbie! amo kayak, voglio sposare kayak, voglio avere dei figli con kayak, e se kayak non può avere bambini…li adottiamo! ”.

Non aveva potuto indagare oltre perché Robin l’aveva perfino colta sul fatto, cosa che era stata causa di un’accesa discussione tra loro due. Non si erano ancora nemmeno riappacificati completamente…e lui voleva partire per una settimana!!!

«di problemi ce ne sono diversi, Robin, solo che tu ultimamente non sembri in grado di vederli. Sei più allegro, è vero…però non sono convinta che tutto questo ti faccia bene. O faccia bene a noi due. Se almeno mi dicessi di cosa si tratta!»

«non posso».

Non poteva e non voleva nemmeno.

Perché francamente se ne vergognava, per diverse ragioni, tra le quali il fatto che fare imbecillate come la dichiarazione al kayak non era da lui.

E anche perché il fatto che nessuno sapesse niente dava al tutto un che di “proibito” che rendeva quella faccenda più divertente che irritante.

«potresti almeno parlarmi di Jane. È una tua parente? Una…amica?»

Non esattamente.

E non poteva né voleva, anche in questo caso, parlarle di Jane.

Jane!

Anche quella faccenda era una cosa talmente cretina…ma non aveva potuto proprio farne a meno.

E poi lui, Robin, era stato salvato nella sua rubrica come “Cheeta”. Quindi era anche per la par condicio!

«non proprio…ma non devi preoccuparti di possibili tradimenti da parte mia, questo è certo! E poi hai visto, in questi giorni non sono uscito quasi per niente».

Vero anche quello. Jane ultimamente aveva più da fare del solito.

«Robin, io ho il diritto di sapere cosa sta succedendo. Sei cambiato da un giorno all’altro, non è esattamente una cosa normale».

«per l’ennesima volta, va tutto bene!»

Ma perché negava così l’evidenza?!

***

Molto corto e molto filler? Che potevo anche fare tranquillamente a meno di scrivere ma che ho scritto lo stesso?
Mais oui.
Ed è pure il penultimo.
La classica pigrizia da fine di una storia mi assale...anche se probabilmente tornerò a rompervi le scatole con una OdS III...

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Capitolo 29
*** Matrimonio con sorpresa ***


«“conserva l'amore nel tuo cuore. Una vita senza amore è come un giardino senza sole dove i fiori sono morti. La coscienza di amare ed essere amati regalano tale calore e ricchezza alla vita che nient'altro può portare”».

Quando Hammy aveva parlato alle ragazze di suo cugino Sebastian lo aveva descritto come una propria versione maschile e castana.

Forse tale concetto valeva otto anni prima, ossia l’ultima volta che si erano visti nella tenuta della famiglia di lui a Belfast, ma adesso decisamente no.

«vedrò di ricordarmene».

«lo spero. Te l’ho detto col cuore in mano, mia cara…»

Le ragazze del gruppo di chojin, inclusa la damigella d’onore Jacqueline -eh si, alla fine l’aveva spuntata lei!- stavano tutte a guardarlo con due occhi così. Decisamente non era come si aspettavano.

Infatti apparentemente l’unica cosa che Sebastian Lionel Veltibor Charles Lancaster sembrava avere in comune con la cugina erano gli occhi verde smeraldo. Ma quanto al resto erano decisamente diversi.

Dove Emerald infatti mostrava tratti leggermente orientaleggianti sul volto, lui ne mostrava di slavi, dovuti a sua madre Gabrijela che era croata. Inoltre contrariamente alla cugina non era piuttosto alto, e pure fisicato non c’è male. Da quel che Hammy aveva detto loro, pareva che dovesse ciò alla danza classica che praticava fin da quando aveva quattro anni…

 

“ah…è un ballerino”.

“ahem guardate che ballerino classico non significa automaticamente ‘gay’!!!...

 

 

Come se questo non fosse bastato, aveva anche un modo di vestire decisamente stravagante, una sorta di stile “vittoriano” modernizzato, e portava i capelli castani piuttosto lunghi.

«ci credo…ok…Sebastian, queste sono le ragazze. Roxanne, Kirika, Jacqueline, Anubi Crea e Fiona» disse Emerald indicandogliele tutte, e lui ad ognuna -in quello stesso ordine- regalò un perfetto baciamano.

«sono onorato di poter conoscere ognuna di voi proprio in una giornata così lieta. Se Emerald vi ha scelte come damigelle d’onore, evidentemente, deve tenervi molto in considerazione. E se è così, ha certo delle validissime ragioni».

L’impostazione da danza classica influiva anche nel portamento fiero ed elegante del ragazzo, che sembrava anche più grande della propria età. In pochi avrebbero intuito che avesse compiuto vent’anni solo il quattro febbraio; non era raro infatti che molte persone gli chiedessero se era laureato.

«ah…ehm. Si. Probabile» borbottò Roxanne, un po’in imbarazzo. Lui sorrise per poi tornare a rivolgersi alla cugina, che era già in abito da sposa.

Mancava giusto un’ora alla cerimonia. Un’ora sola, e poi sarebbe diventata la moglie di Michael! E se altre spose in quei momenti si facevano prendere dal panico e dall’agitazione, ed alcune fuggivano perfino in preda ai ripensamenti dell’ultimo minuto, decisamente non era il suo caso; lei semplicemente…non vedeva l’ora!

Proprio lei che aveva sempre dichiarato di volersi sposare a trent’anni e non prima!

«so di avertelo detto già quando sono entrato qui, ma permettermi di ripeterti che sei assolutamente meravigliosa. Se esistesse, saresti un dono di Dio per l’uomo che si accinge a prenderti in moglie».

Eh già, era ateo pure lui.

«grazie».

«la cerimonia si terrà davanti alla villa…»

«esattamente».

«sarà il mio carissimo zio a portarti fin dal giudice di pace?»

In realtà Howard non era esattamente suo zio, essendo il cugino di suo padre. Ma gli era stato fatto conoscere da sempre con quella definizione da suo padre, e tale era rimasto.

«si. Scenderemo lungo la scalinata dell’entrata principale e poi...si, insomma».

«capisco. Ebbene, è giunto il momento di congedarmi da tutte quante voi, con un sommo dispiacere mitigato solo dalla consapevolezza che ci rivedremo tra pochissimo».

Altro baciamano a tutte quante e poi se ne andò.

«…io non me lo ricordavo mica così il cugino Seb» commentò Emerald, con un sopracciglio sollevato «sembra uscito dritto dritto dall’800. Vaaaabbè!» si guardò allo specchio e sistemò meglio il diadema «devo stare attenta a non rovinarmi l’acconciatura o Joshua è capace di uccidermi» era il proprietario di un negozio di intimo, si, ma aveva studiato da parrucchiere e make-up artist, ed Hammy  aveva voluto che fosse lui ad occuparsi di trucco e capelli in quell’occasione «questo è il mio giorno speciale…e niente lo rovinerà».

«te lo auguro con tutto il cuore» disse con dolcezza Fiona.

 

 

«Zachary, sii sincero…Zachary!!! Smettila di giocare con quell’affare maledizione!!!»

Se Emerald era tranquilla, l’atmosfera era diversa nei quartieri dello sposo.

Non che l’americano avesse avuto qualche ripensamento sullo sposarsi, ma perché semplicemente temeva di sfigurare o…di non essere abbastanza, tanto per cambiare.

E per quanto si rendesse perfettamente conto che quell’abito bianco da cerimonia gli stava a meraviglia, guardandosi allo specchio aveva la falsa impressione di sembrare una torta bruciata ed immangiabile che era stata ricoperta di panna e decorazioni per nasconderlo.

Rivoleva la divisa.

Avrebbe dovuto sposarsi in divisa.

Si sarebbe sentito più “sé stesso”.

«si?» disse l’albino senza nemmeno alzare gli occhi dal Nintendo.

«come ti sembro?»

«sciapo e noioso. Tutto bianco, nemmeno un po’di fiori colorati sul vestito…»

«ma vaffanculo va’!» sbottò Michael sempre più stressato, ed avrebbe aggiunto dell’altro se in quel momento non fossero sopraggiunti genitori e nonni al gran completo.

«sei assolutamente meraviglioso!» esclamò Victoria abbracciando con forza il suo primogenito «…non posso ancora crederci. Ti sposi sul serio!»

«io gliel’avevo detto che prima impalmava la sua novia meglio era. Per fortuna questo scapestrato mi ha dato retta!» Isabèl evitò di tirargli le orecchie per tutti gli anni che l’aveva fatta penare solo perché quel giorno lui si sposava «…e tu! Tuo fratello si sposa e giochi con quell’aggeggio infernale?!» a Zeke però non venne risparmiata «vergognati!»

«ma che dovrei fare nonna, mi annoio!» protestò l’albino strofinandosi l’orecchio che era diventato rosso come il fuoco.

«dovresti essere di sostegno a tuo fratello!...sono contentissimo per te, Michael. Anzi, per sia per te che per Emerald» anche Lloyd abbracciò calorosamente il figlio «mi piace moltissimo quella ragazza».

«a me piace anche il padre. È un uomo così distinto!...al di là della pettinatura improbabile, ma ho visto diversi ospiti con una pettinatura simile» commentò Richard, il nonno paterno.

«è stato lui a lanciare la moda tra gli aristocratici, nonno. Anche se l’idea di quell’acconciatura non è stata esattamente sua…ma te lo racconterò un’altra volta, mi sa».

«è un giorno felice per la nostra famiglia. Temevo che saresti rimasto scapolo a vita» Lydia Connors, la nonna paterna «fuori c’è tutto il resto dei parenti che scalpita per vedervi, sia te che la tua futura moglie. In particolar modo quelli che sono arrivati qui dall’Argentina! Sono oltre quattrocento!»

Non che i parenti dalla parte dei Lancaster fossero meno, anzi, tra i cugini e i figli di cugini e parenti ancor più alla lontana ma sempre riconosciuti superavano quasi i seicento. Se a tutte queste persone aggiungiamo amici con relative famiglie -di entrambi i futuri sposi- persone in vista anche queste con famiglia a traino, soci in affari per cui valeva lo stesso discorso e gente varia saltava fuori che a quel matrimonio c’erano almeno duemilacinquecento persone…ma anche più!

«me lo immaginavo…»

Sentendoli continuare con le chiacchiere, Zeke mise in tasca in Nintendo e se la filò in sordina. Con tutta la buona volontà ma quei bla bla a vuoto non li reggeva proprio.

Che poteva fare, nell’attesa che la cerimonia cominciasse? Mancava un’ora…

“va bene che la tenuta offre parecchi modi per divertirsi…solo che adesso devo scegliere quale” pensò.

Camminò per un pezzo lungo il corridoio decorato da quadri, armature medioevali, statue e soprattutto fotografie, cercando di stabilire se fosse meglio scendere giù nella stanza della realtà virtuale con la quale se avesse voluto avrebbe potuto immedesimarsi anche in Pac-Man, o fare un giro sulle montagne russe che però erano piuttosto lontane dalla villa, una breve nuotata nella piscina termale riscaldata o, ancora, semplicemente andare a cercare Abraxas.

Poi vide un terrazzo, esattamente nello stesso momento in cui ricordò di avere in tasca dell’erba.

Ma si, a cosa fare nell’attesa ci avrebbe pensato in seguito.

Uscito sul terrazzo però si rese conto di non essere solo. Infatti un ragazzo vestito in modo curioso osservava il terreno circostante con i gomiti poggiati al muretto in marmo e l’aria piuttosto assente.

«ti annoi pure tu?» gli chiese Zeke evitando intelligentemente di tirare fuori lo spinello. L’altro si voltò verso di lui, dapprima sempre con quell’aria apatica che divenne in breve incuriosita nel notare la particolarità della persona che l’aveva interpellato.

« c'è una sola cosa orribile al mondo, un solo peccato imperdonabile: la noia”. E si, ammetto di esserne caduto vittima...»

«Oscar Wilde?»

Breve lampo di esultanza negli occhi smeraldini dell’individuo nel sentire che l’altro aveva riconosciuto le parole dell’autore da lui tanto amato e costantemente citato, segno che magari la persona che gli stava davanti non solo era stravagante -e dunque interessante- ma non era neppure ignorante.

«precisamente. Mi presento: Sebastian Lionel Veltibor Charles Lancaster» disse tendendogli la mano con fare cerimonioso.

«lo avevo intuito dagli occhi. Li avete tutti in quel modo» Zeke strinse la mano che gli aveva porto «Zachary Connors, sono il fratello dello sposo, nonché il testimone. Quindi tu sei il famoso cugino Sebastian di cui Hammy mi ha parlato?»

«si. È un vero piacere fare la tua conoscenza. Ma dimmi di te; ammetto di essere incuriosito. Cosa fai nella vita?»

«niente di che, aiuto i miei genitori nella nostra pasticceria. E tu?»

«dopo un periodo di riflessione ho capito che iniziare degli studi di filosofia sarebbe per me cosa gradita. Spero di riuscire a conciliare questo con il praticare danza classica a livello agonistico. E tu? Hai terminato gli studi?»

«ho terminato il liceo a quindici anni ed ho conseguito il Bachelor’s Degree a diciannove».

Giustificabile stupore sul volto di Sebastian. «mi meravigli! Terminare così presto gli studi solitamente comporta possedere un quoziente intellettivo superiore alla media».

«177».

«ora comprendo, anche se ciò aumenta il mio stupore invece che diminuirlo. Ad ogni modo, complimenti vivissimi».

«grazie…mh» Zachary guardando il terreno attorno alla villa aveva notato qualcosa che sarebbe stato meglio se non avesse notato. Nonostante il suo occhio azzurro fosse sia miope che astigmatico proprio perché colpito dall’albinismo, gli occhiali che portava funzionavano alla perfezione.

E Sebastian non tardò ad accorgersi che la sua nuova conoscenza aveva visto qualcosa. «hai notato qualcosa di inconsueto?»

«se si fosse trattato di un altro avrei dovuto correggerti puntualizzando che non è qualcosa ma “qualcuno”, ma trattandosi di una macchina direi che “qualcosa” possa andare anche bene. Sposta lo sguardo un po’più a sinistra. Si sta muovendo».

«ora vedo. Pure se siamo a grande distanza quei tratti mi sembrano familiari» tirò fuori un piccolo cannocchiale tascabile «…oh. Pare proprio che abbiamo un ospite indesiderato, trattandosi della “persona” cui zio Howard voleva riservare una giusta fine; dubito che quella bestia fosse tra gli invitati» rimise a posto il cannocchiale «potremmo allertare la security. Strano che se lo siano lasciato sfuggire».

«ci sono oltre duemilacinquecento invitati, dev’essere riuscito a passare nella confusione, per bravi che possono essere i miracoli non li fanno ancora» commentò Zeke «può darsi che mi sia trovato qualcosa da fare nell’attesa che la cerimonia cominci».

«ovvero?»

«dato che la security ha da fare posso divertirmi un po’ con quel robottino».

Tanto aveva Daygum esplosive, ben quattro dei suoi coltelli e qualche dardo di “acido” da lanciare. Portati con sé perché “non si sa mai”, e sembrava aver avuto ragione.

In più trattandosi di Warsman pensò che al signor Lancaster non avrebbe dispiaciuto se avesse preso in prestito alcune delle armi, antiche ma perfettamente tenute e funzionanti, che erano con le armature in corridoio.

«nel caso potrei unirmi a te? Una caccia come quella che sembri voler fare scaccerebbe via la noia» da sotto il cappotto, nemmeno a dirlo, tirò fuori una pistola «bisogna essere duri con le bestie, altrimenti non impareranno mai la lezione. Non credi?»

«giusto, ma non è una bestia. È una macchina, e a sentire mio fratello sotto la maschera non è nemmeno un bel vedere».

« da quel che mi dici di Warsman, è così che si chiama se non erro, sembra veramente una disgrazia per questo mondo; e presumo che non sia qui per divertimento. Ma si, Zachary! Aiutiamo la creatura ad apprendere ed assimilare il concetto di proprietà privata».

 

 

Era riuscito ad entrare. Contrariamente a Kevin, lui ce l’aveva fatta.

Glielo aveva detto, al ragazzo, che lui ormai conosceva il sistema. Ma Kevin lo era stato ad ascoltare? No. Aveva avuto un’idea ed aveva voluto seguire quella.

Si era vestito da cameriere* cercando di mescolarsi agli altri, e lì per lì aveva anche funzionato. Peccato che quando si era trattato di entrare nella tenuta tutto il personale assunto per l’occasione fosse stato perquisito e sottoposto all’esame di un metal detector che ovviamente aveva rivelato subito la maschera di ferro, e Kevin era stato narcotizzato e portato via.

Ed era già tanto che non gli avessero direttamente sparato; se non era successo era stato solo e soltanto perché Howard aveva dato ordini precisi su cosa fare di Kevin se mai si fosse presentato….ossia sedarlo, “impacchettarlo” e rispedirlo a Tokyo ficcandolo nella stiva di uno degli aerei della compagnia di Emerald!

“a questo punto sono rimasto soltanto io” pensò il russo “devo riuscire a farle cambiare idea in qualche modo. O forse finirò a rapirla per davvero, anche se sarà difficile e non solo per via di quel suo braccio super potenziato”.

L’avrebbe convinta a rinunciare alle nozze, costasse quel che costasse, anche se avesse dovuto finire impallinato per questo.

Non poteva lasciarglielo fare. Non poteva lasciarle sposare quell’uomo. Fosse stato qualcun altro forse, forse perché non era detto, avrebbe anche potuto lasciar perdere. Ma non se il futuro marito era Michael Connors. Che fosse proprio lui a portargliela via era assolutamente inaccettabile…e ad essere sinceri, nonostante non fosse uno lamentoso, quella faccenda gli faceva anche male. Non voleva perderla, ma se proprio doveva farlo almeno voleva che fosse in buone mani, e quelle insanguinate dell’ex mercenario non lo erano di sicuro.

Per questo motivo adesso era lì, e si stava avvicinando sempre di più alla villa, con l’intento di incontrare lei…

Il dolore lancinante alla gamba sinistra giunse decisamente inaspettato, che gli fece quasi emettere un grido di dolore oltre che cedere su quella gamba.

Gli avevano sparato! Ma com’era possibile, chi…?! E poi, perché non aveva sentito nessuno avvicinarsi?!

Ok quello probabilmente era dovuto al fatto che stava talmente tanto a pensare alla ragazza da essersi completamente distaccato da quel che gli accadeva intorno; un errore da dilettanti che non avrebbe mai commesso, se si fosse trattato di altro.

Cercò faticosamente di ritornare in piedi, si guardò furiosamente attorno. Dov’era? Dov’era la persona che gli aveva sparato?!

«d-dove sei…vieni fuori!!! abbi almeno il coraggio di mostrarti!!!»

Niente.

Si trascinò dietro un cespuglio, tolse velocemente con le dita il proiettile dall’articolazione, emettendo dei forti sibili di dolore, e ringraziò il cielo di avere dietro come sempre una piccola bottiglietta di vodka con la quale decise di  disinfettarsi alla bell’e meglio…

Ma un altro proiettile gliela ruppe in mano, ed un altro ancora lo colpì dritto ad una spalla.

Ok, quello non era un nascondiglio decente. Se solo avesse capito da dove provenivano i colpi! Su chi fosse a sparare aveva qualche idea, era risaputo che Howard Lancaster aveva una mira infallibile.

Eppure quello non sembrava il suo modus operandi.

«esci fuori bastardo, fatti vedere!» ringhiò, ora con un doppio problema.

Si guardò attorno, ancora niente, eppure doveva esserci qualcuno!

«signore, a voi è mai stato spiegato il concetto di proprietà privata? Nella quale non si entra senza essere invitati, a meno che non si abbiano intenzioni deprecabili? E poiché voi non siete certamente stato invitato, presumo che le vostre lo siano».

Warsman si voltò di scatto nel sentire una voce tanto giovane quanto distinta provenire da…sopra un albero. Ma che lo dico a fare?

Il ragazzo che aveva parlato scese a terra con un salto estremamente elegante. Peccato che la pistola che gli stava puntando contro rovinasse tutto l’effetto. Flash non aveva mai visto prima quel tipo, ma non ci voleva la scienza a capire che era senza dubbio un altro Lancaster, già solo per quegli occhi smeraldini.

«vi inviterei ad iniziare a correre, se riuscite a farlo con la gamba sinistra in tali condizioni. Potrei annoiarmi se non lo faceste, e manca ancora del tempo perché la cerimonia per mia cugina ed il suo futuro sposo abbia inizio».

Warsman avrebbe voluto saltargli addosso ma a quel tipo non ci sarebbe voluto molto per sparargli alla testa. Restava una sola cosa da fare dunque, cercare di correre e raggiungere Emerald che, voleva disperatamente credere in questo, avrebbe fermato quella nuova caccia.

Cercando di ignorare per quanto gli era possibile il dolore, il russo si lanciò in una corsa tra le più veloci mai fatte in via sua. Doveva ringraziare il cielo di essere un chojiin, altrimenti col cavolo che avrebbe potuto farlo!

Tallonato dal ragazzo, che sparò un altro colpo che riuscì a ferirlo di striscio ad un fianco, raggiunse uno degli ingressi posteriori della villa. Quello da cui Sebastian stesso era uscito, e verso il quale lo stava spingendo. Ma Warsman questo non lo sapeva, e ringraziò semplicemente il cielo che fosse aperto.

E adesso, dove poteva essere Emerald?!...prima di arrivare lì aveva captato qualche discorso del personale che aveva detto essere al secondo piano, quindi doveva necessariamente salire le scale. Fantastico, proprio! Mai che quella puttanella gli rendesse le cose semplici!!!

Zac! Una spada si infilzò nelle ante del portone spalancato dietro di lui, e se era andata così era stato soltanto perché era riuscito a spostarsi appena in tempo, o gli avrebbe trapassato l’addome.

«la prossima volta ti dispiacerebbe rimanere fermo?»

Oh, no…Cristo, anche il fratello di Connors no! Anche l’albino mezzo psicopatico no!

Con quattro spade, due alabarde ed una di quelle mazze con catena e palla chiodata in fondo, per giunta!

Motivo in più per fiondarsi su per le scale, evitando un altro proiettile che l’altro suo inseguitore, appena sopraggiunto, gli sparò.

«devo ammettere che per essere una bestia si sta dimostrando piuttosto notevole, non trovi Zachary?»

Correndo dietro a Flash l’albino tirò fuori un coltello che stavolta centrò il bersaglio, colpendo il russo alla gamba già ferita. Non bastò a buttarlo giù, ma lo fece vacillare e consentì loro di avvicinarsi.

«e beh Sebastian, è un mezzo robot. Una volta preso chiederò ad Hammy se mi lascia giocare col suo cervello-computer, voglio provare a fargli ballare la quadriglia tedesca!»

«un’idea quantomeno divertente, non c’è che dire!»

Warsman continuava a correre, perdendo diverso sangue dalle sue ferite, che lasciava una traccia perfettamente visibile lungo tutto il pavimento. Se non altro adesso aveva un nome da associare a quest’altro ennesimo bastardo, Sebastian Lancaster!

«adesso facciamo un po’più sul serio, via» disse Zeke correndo ancor più velocemente di prima. Arrivò ad un metro dal russo, prese la mazza con la palla chiodata, saltò. Warsman riuscì ad evitare di essere colpito alla schiena, ma non alla spalla già ferita. Dalla gran rabbia però riuscì a schivare il colpo successivo a questo, e ad afferrare la catena portando Zachary più vicino a sé con tutto l’intento di prenderlo per il collo e spezzarglielo senza tanti complimenti, trovandosi invece a doverlo respingere rapidamente non riuscendo comunque ad evitare uno squarcio profondo lungo il petto causatogli dal coltello del ragaggo.

Riprese a correre. Aveva quasi raggiunto la rampa di scale che l’avrebbe portato al secondo piano, ma Hammy era in quell’ala della villa o in un’altra?! Non lo sapeva.

Un altro proiettile lo colpì, all’altra spalla stavolta.

Capì che non ce l’avrebbe fatta a raggiungere Emerald, non a quel ritmo, e allora con un ringhio disperato si lanciò contro una finestra rompendola in mille pezzi e cadendo giù.

Zachary e Sebastian L.V.C. Lancaster guardarono a terra.

«si è lanciato» fu l’ovvio commento dell’albino.

«è di un’ineducazione senza pari; non solo è entrato senza essere stato invitato, ma ha perfino danneggiato la villa di mio zio! Meriterebbe l’impiccagione per un tale affronto» lo guardarono scappare via «come agiremo, adesso?» chiese Sebastian a Zeke. Lui fece spallucce.

«tre quarti d’ora li abbiamo persi, tra una cosa e un’altra, quindi direi che ci conviene andare dove dobbiamo andare o finiremo per arrivare in ritardo e io non ho voglia né di sorbirmi i rimproveri di Lentiggine né di farmi tirare le orecchie da nonna Isabèl».

«dovremmo dunque lasciarlo andare?» Sebastian sembrava dubbioso, ma poi sollevò leggermente le mani in un cenno di resa «che sia. Non era nostra intenzione braccarlo per poi ucciderlo, in fondo. Doveva essere, ed è stato, del semplice intrattenimento pre-cerimonia. Se sarà sufficientemente furbo e fortunato da  riuscire ad andarsene di qui, per questa volta avrà salva la vita. In caso contrario avremo facilitato a mio zio o -preferibilmente, non essendo bene che nobili come noi si macchino le mani in tal modo- alla security l’ingrato compito di porre fine alla sua triste ed inutile esistenza. Anyway, è stata un’esperienza piacevole. Non mi dispiacerebbe poterne ripetere di analoghe, e magari ogni tanto potremmo anche incontrarci ed andare in cerca di fanciulle di piacevole aspetto come le damigelle d’onore di mia cugina».

«mi piacerebbe ma vederci sarebbe complicato, io dopo il matrimonio dovrei tornare in America… e poi a me le ragazze non interessano. E nemmeno i ragazzi» puntualizzò.

«curioso. O beh, troverò comunque il modo di far si che questo nostro incontro non sia una toccata e fuga; ed ora rechiamoci dove siamo attesi!»

Come se nulla fosse i due si incamminarono verso l’altra ala della villa.

«ho notato che non sembri avere problemi all’idea di colpire od uccidere, c’è chi lo troverebbe immorale o roba del genere».

«mio caro Zachary, non esiste immoralità nel voler cancellare tali esempi di volgare bruttezza. Se si fosse trattato di una bella donna, o anche di un bell’uomo, mai avrei osato sollevare le mani su di lui; quale pazzo vorrebbe mai infrangere la bellezza? Ma trattandosi di una macchina malvagia dalle orribili fattezze non solo non c’è di che farsi problemi nell’agire contro di essa ma anzi, eliminarlo dovrebbe essere considerato un dovere nei confronti delle amabili meraviglie della vita».

«capito. Ma non sempre ciò che è bello è anche buono e da difendere».

«questo lo so, non sono sciocco. Ma se anche non è buono sempre bello rimane, ed è molto meglio essere belli piuttosto che buoni…”»

«…“ma è meglio essere buoni piuttosto che brutti”» concluse l’albino.

«precisamente».

 

 

«mio caro Howard, felicitazioni. Mi congratulerò anche con Emerald, appena mi sarà possibile».

«Lionel Charles Eirik John Lancaster, temevo che nemmeno il matrimonio di mia figlia ti avrebbe indotto a lasciare la tua tenuta di Belfast, ma vedo con piacere che le mie paure erano infondate».

«nonostante preferisca vivere ritirato a vita privata non potevo mancare».

Lionel rispetto ad Howard era di poco più basso e di otto anni più vecchio, con i capelli castano scurissimo striati di bianco. Nonostante questo restava un uomo indiscutibilmente di classe, perfettamente vestito, dalla voce profonda ed i modi garbati nonostante non fosse espansivo come il cugino.

«Gabrijela, come sempre sei assolutamente deliziosa» Howard passò a salutare la moglie di Lionel. Suo cugino l’aveva conosciuta in Croazia, e non gli ci era voluto molto a perdersi dietro a quella bellezza dai capelli di uno scurissimo rosso mogano e gli occhi nocciola.

«grazie mille. Ma…Janice?»

Eh…Janice, Janice.

La sera prima gli aveva fatto una scenata non c’è male a causa di quel matrimonio cui lei era assolutamente contraria, dicendone di tutti i colori su Connors -e quella gliel’aveva fatta passare tranquillamente- per poi aggiungere che Emerald era una cretina.

Ecco, quella invece non gliel’aveva fatta passare per niente, rispondendole con un gelo tale che aveva fatto molto più male a lui stesso che a lei. Howard avrebbe preferito spararsi ad un piede piuttosto che usare quella freddezza con sua moglie, ma…come aveva potuto insultare Hammy, proprio lei che era sua madre?

E poi stava solo e soltanto ad Emerald decidere chi sposare, ed aveva deciso per Michael Connors a breve Lancaster. Quindi, se la sua scelta era quella, così sarebbe stato.

«da qualche parte a chiacchierare con qualcuno dei nostri ospiti. Una volta che avrò accompagnato mia figlia comunque mi raggiungerà, e potrete salutarvi. Ma ditemi, dov’è Sebastian?»

«ti dirò…ormai è raro che io sappia dov’è mio figlio, eccetto quando è a lezione».

«continua a praticare danza classica, dunque».

«eh si. Adesso si è messo anche in testa di studiare filosofia, ma sono scettico che possa conciliare le due cose» disse Lionel «anche se ovviamente spero che ce la faccia. Solo una cosa, cugino: non ho mai sentito nominare lo sposo».

«si tratta del mio uomo di fiducia, che a breve non diventerà parte della famiglia non solo per aver sposato mia figlia, ma anche prendendo il nostro cognome che così facendo continuerà a venire tramandato…cielo, mancano solo dieci minuti all’inizio! è bene che raggiunga Emerald. Ci vediamo dopo».

 

 

Si era appena decisa ad uscire dalla propria stanza nonostante l’irritazione e la tristezza in lei fossero ancora acuti.

La sera prima avevano litigato…si, forse aveva esagerato a dare ad Hammy della “completa cretina che non vede al di là del proprio naso”, ma le successive parole del marito le avevano fatto male lo stesso.

 

 “Janice…non voglio sentirti dire mai più una cosa del genere. Mai più”.

 

Non era stato tanto per le parole in sé, ma per il tono con cui gliele aveva dette, con una freddezza che con lei non aveva mai usato. Non che adesso avesse iniziato ad avere paura di lui o a detestarlo solo per questo…tanto più che lui si era scusato senza indugio. Ma Janice non l’aveva presa bene ugualmente, e non lo aveva fatto nemmeno entrare in camera da letto nonostante lui per diverse ore avesse insistito continuando anche a chiederle scusa.

Si, forse pure lei aveva esagerato.

Per non parlare del fatto che quel loro litigio non aveva cambiato la realtà dei fatti, ossia che Emerald adesso stava per sposarsi con l’americano bifolco che avrebbe anche preso il cognome della loro famiglia.

Con un sospiro fece per chiudersi la porta alle spalle, finendo invece quasi a gridare sorpresa nel trovarsi davanti qualcuno la cui immagine ormai aveva imparato a conoscere fin troppo bene. Nello specifico, la bestia a cui suo marito aveva dato la caccia per anni, che aveva quasi ucciso ormai un anno prima, che aveva tentato di uccidere Emerald…ma per la quale Emerald stessa poi aveva rischiato di essere uccisa, alla faccia della coerenza.

Si ritrasse spaventata in camera temendo che volesse farle del male, cercando la pistola di riserva di suo marito…ma dove l’aveva messa?! Eccola!

«stai lontano da me!» gli puntò contro l’arma con le mani che tremavano «non toccarmi!»

Lui avanzò. Lei invece fece qualche passo indietro.

«ti ho detto di starmi lontano…»

Nonostante la paura che aveva non poté fare a meno di tornare che era ferito, e neppure poco. Non si spiegava nemmeno come facesse a stare in piedi. Ma si sa, i mostri hanno una forza assurda, no?

Trasalì quando lui alzò le mani e finì per cedere sulla gamba ferita, in qualcosa che somigliava ad un gesto di resa.

«non voglio farvi del male».

Assurdamente, nonostante avesse assistito a qualche incontro di Kevin Mask alla tv nonché allo scontro finale e l’avesse dunque sentito parlare, Janice si sarebbe aspettata qualcosa di simile ad un ringhio o a qualche verso animalesco. Howard l’aveva sempre definito una bestia, da quando in qua le bestie parlano? Era una cosa irrazionale, eppure…

«…e non potrei farvene in ogni caso. Voi siete armata ed io sono piuttosto malconcio, non so se l’avete notato…»

«a detta di mio marito gli animali feriti sono dieci volte più pericolosi».

Continuava a tenergli la pistola puntata addosso, ma sembrava meno nervosa adesso.

«a detta di vostro marito io sarei una bestia che invece non sono, e sempre a detta di vostro marito l’uomo ideale di Emerald è quel figlio di…buonadonna…» si contenne essendo in presenza di una nobildonna «di un ex mercenario, invece di un bravo ragazzo che ha fatto qualche idiozia».

Questo sorprese non poco Janice. A quanto pareva lei e il mostro erano della stessa opinione. Oltretutto almeno in quel caso specifico, il mostro in questione sembrava più ragionevole di suo marito! Era quel che aveva sempre detto anche lei, come poteva Connors essere l’uomo ideale per Hammy col passato che aveva?

Ma né Howard né Hammy l’erano stata ad ascoltare, tanto da aver finito a pensare che se davvero era l’unica non disposta ad accettare quel matrimonio, forse era un problema suo. Ed avrebbe dovuto cercare di cambiare prospettiva. Questo l’aveva pensato durante quella notte passata in solitudine per sua stessa volontà…

E invece saltava fuori che non era la sola ad essere d’accordo, e anche se l’altra voce discordante era quella della bestia, era sempre una voce in più.

«davvero non vuoi farmi del male?»

A Warsman parve di trovarsi davanti una versione bionda con gli occhi scuri dell’Emerald che rarissimamente veniva fuori, quella più “innocente”.

«non ne avrei motivo, voi non c’entrate con le cose che sono successe tra me e vostro marito, e non è per lui che sono qui».

La vide osservarlo ancora un po’diffidente. «allora perché sei qui? è per Emerald?»

Meglio dire la verità, o almeno una parte. «si. Per dissuaderla dal fare un grosso sbaglio. Kevin ed io ci abbiamo provato in tutti i modi, ma non ci ha dato ascolto. Eppure non ci diamo ancora per vinti. Il ragazzo è stato bloccato dalla security, purtroppo…»

«anche tu?»

Avrebbe spiegato le ferite.

«no. Mi sono imbattuto in alcuni dei vostri parenti».

Anche quello però spiegava le ferite.

«ah».

Breve silenzio.

«sono brutte ferite. Devono fare male».

«non solo le peggiori che ho subito».

Janice indicò una porta. «ho…del disinfettante. Di là».

La cosa fece allibire il russo. Aveva capito bene? Si stava offrendo di mendicargli le ferite?

E lui che avrebbe pensato di essere fortunato solo se lei l’avesse lasciato andare senza chiamare nessuno!

«…se tenti di fare qualcosa che non mi piace non mi vi vuole niente a chiamare rinforzi. Capito?»

«ho capito».

La donna tornò poco dopo con disinfettante, garze e qualche benda. Non sembrava molto esperta nell’uso di quella roba, ma in compenso aveva un tocco estremamente delicato, come quando una farfalla ti si posa sul braccio.

«questo matrimonio non piace nemmeno a me. Ma purtroppo è una scelta di Emerald».

«una scelta sbagliata».

«la mia domanda però è un’altra…se hai cercato di ucciderla…»

«per l’ennesima volta, vostra figlia con me ha fatto la stessa cosa. Non è stato esattamente qualcosa di unilaterale anche se a vostro marito piacerebbe far credere il contrario».

«a maggior ragione. Se cercate di togliervi la vita a vicenda mi chiedo perché Emerald ha impedito ad Howard di ucciderti, e perché tu non vuoi che lei faccia questo sbaglio tanto da venire fin qui sapendo…si, insomma, guarda come sei ridotto».

Il talento per fare ad altri le domande scomode sembrava di famiglia. Janice poi era la pettegola più pettegola tra le pettegole in tutta l’Inghilterra, inarrestabile ed inarrivabile, quindi la sua curiosità non era nemmeno tanto strana.

«è una cosa un po’complicata da spiegare. Semplicemente non mi va di vederla con quell’uomo, e poi c’è Kevin che la ama ancora moltissimo e ne soffrirebbe. Sentite…io vi voglio ringraziare per quello che state facendo, ma…quando comincia la cerimonia? Devo parlarle prima che…»

Janice diede un’occhiata all’orologio per poi guardare lui.

«mi dispiace. È già cominciata. E adesso che ci penso dovrei essere lì anche io…» disse «temo sia tardi ormai. Quando avrò finito di curarti cerca di andare via di qui, va bene?»

 

 

Il vestito di Alya era un tubino color acquamarina scuro, semplice ed elegante, com’era semplice ed elegante anche lei stessa.

E forse era per quel motivo che lì per lì la sposa che stava scendendo la scalinata a braccetto col padre, con quel vestito rosso fin troppo sensuale strapieno di cristalli così come lei stessa era strapiena di gioielli con tanto di diadema, le parve forse un pochino eccessiva. Non che tutto questo ad Emerald Lancaster non donasse, anzi, nonostante non la conoscesse bene non ci voleva molto per rendersi conto che quell’abito rendeva perfettamente l’idea di quella che era la personalità della ragazza…però ecco, personalmente avrebbe optato per uno stile del tutto diverso. E d’accordo che era un matrimonio molto importante ma forse oltre duemilacinquecento persone, Windsor inclusi, e con Celine Dion a cantare “Can’t help falling in love” al posto della marcia nuziale non era un po’eccessivo anche quello? D’accordo che Howard Lancaster era quello che “I can” e tutto il resto ma si era capito, ormai.

E poi c’era un particolare estremamente fastidioso che risiedeva nell’uomo alla propria sinistra…presumibilmente lui ed il gruppetto con il quale era arrivato erano tutte persone molto in vista, o non sarebbero stati lì nelle prime file, ma quello non era importante e stava di fatto che l’aveva guardata in un modo come a dire “sai che se solo lo volessi potrei farti desiderare che io ti porti in una qualsiasi delle camere da letto di questa villa?”. Un uomo di quelli che credevano di avere un fascino irresistibile, probabilmente.

Alya era una bella donna e di certo non era il primo dongiovanni a guardarla in quel modo, eppure questo aveva qualcosa di diverso, di glaciale, che non le piaceva per niente nonostante non desse minimamente a vedere il proprio nervosismo.

E non era esattamente che il resto degli sconosciuti che attorniavano lei e Robin le dessero una sensazione migliore, nonostante una di essi a detta del suo compagno fosse proprio la ragazza che aveva portato a casa lui e Mr. Lancaster.

In ogni caso decise di ignorare le sensazioni in questione, forte del fatto che essendo ad un matrimonio con duemilacinquecento e passa invitati difficilmente qualcuno si sarebbe messo in testa di fare qualcosa di “disdicevole”.

Guardò Robin. Lui pareva la tranquillità fatta persona, ed aveva persino porto le sue felicitazioni all’ex collega, col dire ad Alya che “ho accettato la sfida, quindi la combatterò appieno”. Eppure alla donna quelle erano sembrate…beh…felicitazioni e basta.

Mah.

L’uomo alla sua sinistra aveva detto qualcosa alla donna che gli era seduta davanti, che per qualche motivo che non riusciva ad identificare ad Alya piaceva ancora meno di lui.

«chissà se la sposina si ricorda di me. Ah, ma che domande…certo che se lo ricorda».

«anche con lei?»

«però si sposa con un altro, mister “provami una volta…”» disse tagliente la ragazza seduta di fianco alla donna in questione.

«e ti credo…più di una volta, chi diavlo lo vuole a ‘sto qui? Giusto te!» questo lo disse la donna seduta alla destra della ragazza.

Decidendo di ignorare anche tutto ciò, Alya guardò lo sposo. Un uomo niente affatto brutto e, soprattutto, visibilmente contento. Sembrava non vedere l’ora che lei arrivasse così che potessero pronunciare i giuramenti e sposarsi. Da quel che Alya aveva capito sarebbe stata una cerimonia piuttosto breve, così che si potesse passare subito ai festeggiamenti.

Ed ecco finalmente i due a breve sposi uno davanti all’altra, a sorridersi. Lei soprattutto aveva in visto un’espressione dolce che Alya non le aveva mai visto.

«siamo tutti qui  riuniti per celebrare l’unione di questa meravigliosa coppia di innamorati…» il giudice di pace era una donna di colore con una bella voce tonante «che hanno deciso, quest’oggi, di giurare eterna fedeltà l’uno all’altra ed iniziare un nuovo capitolo della loro vita… insieme».

Dopo qualche altra breve frase la parola passò allo sposo, a cui Zachary aveva porto la fede nuziale da infilare all’anulare di Hammy.

«Emerald…Hammy…da quando ti ho conosciuta per me sei stata una fonte di gioia continua. Hai dato luce alla mia vita, mi hai fatto desiderare di essere un uomo migliore per poterti stare accanto, ed io per questo ti ringrazio. Giuro che ti sarò sempre leale. Che ti rispetterò, mi prenderò cura di te e ti amerò…finché avrò vita».

La cosa divertente era che le damigelle erano tutte intenerite…ma l’unica che piangeva come una fontana era proprio la durissima Kirika!

«io piango sempre ai matrimoni…!»

La parola passò alla sposa, che aveva appena preso la fede da Sebastian.

«Michael…io ti conosco da tredici anni. Quasi quattordici. E sono sempre stata innamorata di te- nonostante la cosa si sia concretizzata solo poco tempo fa- perché mi hai sempre rispettata, sei sempre stato sincero, ed hai avuto cura di me. Sai farmi ridere, e stare bene come nessun altro. Ed io giuro che farò di tutto per poter ricambiare tutto questo, tutto ciò che mi hai dato, e mi dai…finché avrò vita».

«una ragazza giovane e sognatrice. Si renderà conto fin troppo presto che né la vita né il mondo sono tutti rose e fiori come le sembrano, specialmente stando con quel perro che si è rintanato in una realtà fittizia da casa delle bambole» disse una bella donna tatuata e poco vestita che era rimasta piuttosto in lontananza.

«spero per la ragazza che lui non schiaccerà troppo violentemente la casa in questione» aggiunse un incappucciato con un poncho di catene e la voce roca.

Fatti i giuramenti Emerald e Michael firmarono il documento che dichiarava la loro unione.

«a questo punto che lo sposo baci la sposa…e vivissimi auguri!» concluse il giudice.

E i due ragazzi non se lo fecero ripetere due volte, dandole retta e scambiandosi un bacio non lungo ma decisamente appassionato.

Era fatta!

Erano sposati!!!

 

 

«no! maledizione…»

Era arrivato tardi.

Era tutto fatto, ed ora Emerald e Michael Connors, anzi Lancaster, erano sposati.

Era finita, lui e Kevin l’avevano persa…

Lui…l’aveva persa.

Ebbe un momento di completo scoramento. Aveva fallito. E adesso?

«non può finire così…»

Janice non era più con lui, si erano divisi già da un pezzo visto che lui era partito prima di lei…e tanto non ce l’aveva fatta.

E adesso?

Poi ricordò qualcosa di fondamentale: un matrimonio non era valido finché non veniva consumato.

Aveva ancora una possibilità, allora!

Solo…come giocarsela?

Gli ospiti tra poco sarebbero andati a pranzo.

…l’impianto audio era incustodito…

 

 

:: un quarto d’ora dopo ::

 

 

Tutti quanti avevano salito le scale che portavano in un’altra ala esterna della villa, perfettamente curata, decorata, e con centinaia di tavoli già apparecchiati.

Flash tirò fuori il suo cronometro, venendo per un attimo accecato dalla luce del sole riflessa su di esso. Aveva impostato l’impianto perché partisse automaticamente.

«tre…due…uno…»

 

Quando sentì imprevedibilmente partire quella canzone Emerald trasalì.

Il tango…quel tango lì. Quello di lei e Warsman.

 

why does my heart cry?...feelings I can’t fight…”

 

Gli ospiti erano un po’disorientati, ma lei oltre che sconcertata si stava anche innervosendo non c’è male.

«ma che cosa…»

«l’impianto dev’essersi guastato» commentò Michael.

 

you are free to leave me but just don’t deceive me and please…”

 

“no, col cazzo che si è guastato!!!” pensò Emerald guardandosi attorno “è lui, è sempre lui! Ma perché non riesce ad accettare che quando è ora che basta, basta?! Perché?!” pensò con una certa furia “è il mio grande giorno e non glielo lascerò rovinare…deve capire una buona volta che è finita!...dove sei…ah…”

 

“believe me when I say I love you…!”

 

Vide in lontananza un riflesso che non avrebbe dovuto o potuto esserci. Sicuramente era quello del suo amato cronometro.

«Hammy?...dove vai?»

La ragazza non rispose alle domande di nessuno, né del marito, né di suo padre, di sua madre o di chiunque altro, camminando decisa verso la scalinata con tutto l’intento di raggiungere quella pantegana pazza per dargli il fatto suo.

Veloce come un treno in corsa iniziò a scendere le scale che giusto poco prima aveva salito…e fu lì che successe.

Nello scendere il tacco della scarpa destra si ruppe. Lei perse l’equilibrio, cadde, rotolò lungo tutta la gradinata. Batté la testa più volte, ma il colpo finale le venne dato dallo spigolo alla base della ringhiera in marmo, contro cui sbatté la tempia sinistra. Forte.

Forse troppo.

L’ultima cosa che sentì Emerald era gli invitati che gridavano, e l’ultima cosa che vide fu il rosso del suo stesso sangue a colarle sugli occhi.

Poi, buio.

 

 

«Emerald…mio Dio. No. Resisti!»

Nonostante la tragedia inaspettata Howard Lancaster aveva mantenuto sufficiente presenza di spirito da chiamare immediatamente alcuni degli addetti delle sue cliniche perché arrivassero lì al più presto con un elicottero.

Il polso c’era ancora. Aveva battuto la tempia, ma ringraziando il cielo era una chojiin adesso, e ci voleva ben altro per farla fuori.

Solo…non era certo che si sarebbe svegliata a breve.

E se lo avesse fatto…in che condizioni sarebbe stata?

Cieca? Sorda? Amnesica? Paralitica?

L’elicottero arrivò pochissimo tempo dopo. Persone esperte caricarono la ragazza su una barella, la issarono sul velivolo e quando anche Howard e Connors, sopraggiunto pochissimi istanti dopo, furono saliti partirono.

Il soldato non riusciva ancora a crederci. Emerald…

Un momento prima erano le due persone più felici e serene del mondo, e adesso lei era lì priva di conoscenza, sporca di sangue e il cielo solo sapeva cosa sarebbe successo dopo.

«signore, io-»

«Howard, per piacere. E, Michael, tante volte l’avessi pensato, non è colpa tua».

In un altro momento a Connors non sarebbe parso il vero di poterlo chiamare per nome e dargli del tu. Ma in un frangente come quello, non aveva alcuna importanza.

 

 

Robin, come tutti gli altri invitati, era rimasto senza parole.

La prova che un lieto evento poteva trasformarsi all’improvviso in una tragedia.

Ma cos’era successo, si chiedevano tutti, perché la sposa si era allontanata all’improvviso, cos’era quella musica che ancora andava?

«incredibile».

«è stato un incidente. Lei scendeva, il tacco si è rotto. Per fortuna è ancora viva, e la sua tempra di chojiin dovrebbe aiutarla a riprendersi» valutò Alya «prima o poi».

«potessi sapere…ma perché si stava dirigendo laggiù?» anche Sebastian era piuttosto scosso.

«ce lo dirà quando si riprende» disse Zachary «povera lei…e povero anche mio fratello».

Janice una volta passato lo shock iniziale aveva iniziato a piangere silenziosamente. Era contraria al matrimonio ma mai, mai, avrebbe voluto che fosse interrotto -inutilmente poi- da una disgrazia così. Era la seconda volta in poco tempo che aveva rischiato di perdere Hammy, e l’ultima volta che le aveva parlato avevano litigato! E la sera prima l’aveva definita cretina!

«è stata attirata da un luccichio che non avrebbe dovuto esserci».

Diverse persone si voltarono verso la donna che aveva parlato. Quella che ad Alya non era piaciuta.

«che vuol dire?» le chiese l’albino.

«la ragazza ha notato il riflesso del sole su qualcosa, laggiù» indicò il punto preciso «e non qualcosa che poteva essere a terra, ma ad altezza uomo, all’incirca così» specificò, segnando più o meno un’altezza di due metri «altro non so, ma su questo sono sicura di non sbagliarmi».

«quindi c’era qualcuno di alto, laggiù, ed era da lui o lei che Emerald stava andando?» chiese Crea, ancora scossa.

«a questo punto è logico pensare di si, per quanto chiunque fosse non è veramente colpevole di quel che è successo. Si può accusare qualcuno di un tacco rotto?» intervenne anche Nefertari.

«no, in effetti no…ma…» stavolta fu Janice a parlare «resta il fatto che…chi?...»

In verità lei una vaga idea l’aveva.

Gli aveva detto di andarsene, ma lui le aveva dato retta? Non lo sapeva.

Ma non avrebbe avuto senso che Emerald andasse da lui, né che fosse stato lui a mettere quella canzone, e…

Via. Non riusciva a pensare lucidamente, adesso.

 

 

No, no, no, no!!!

Correva come un forsennato nonostante le condizioni fisiche, in particolar modo quella della sua gamba sinistra. Era quasi arrivato ai confini della tenuta; prima ancora che qualcun altro riuscisse a vederlo -o così pensava- era riuscito a fuggire in tempo, da bravo vigliacco quale si sentiva.

Era l’istinto di sopravvivenza a mettergli le ali ai piedi, ma si sentiva addosso un peso immenso, perché…era stata colpa sua.

Lei aveva capito che era lì, era da lui che stava andando, attirata dal riflesso della luce sul cronometro.

Se lui non avesse fatto quel che aveva fatto, se non si fosse fatto vivo e basta, non le sarebbe successo niente.

Era viva? Era morta?

Non sapeva nemmeno questo, non aveva avuto il coraggio di andare da lei, non aveva avuto coraggio e basta, era scappato.

Ma se fosse morta davvero, e in quel modo, quel giorno, non se lo sarebbe perdonato.

E Kevin, come si sarebbe sentito Kevin nel saperlo? Forse anche se la security l’aveva preso ed erano riusciti a bloccarlo fuori dalla tenuta, aveva già saputo…

La cosa buona era che con quel che era capitato il matrimonio non sarebbe diventato valido ancora per un bel pezzo.

Ma era l’unica, e non era poi così tanto buona, perché forse Emerald quel matrimonio con Connors non avrebbe potuto consumarlo mai.

“non era quel che volevo! Non volevo questo!” eccolo al confine con la tenuta dei Mask. Una volta superato sarebbe stato più al sicuro, anche se sentiva di non meritarsi tale sicurezza. Era la seconda volta che lei finiva male per colpa sua, la seconda!

Viva?

Morta?

Se viva, che conseguenze ci sarebbero state per lei?

E anche per lui?

“non era quello che volevo Emerald, non era quello che volevo, te lo giuro, credimi…credimi e resta, così che possa dirtelo prima o poi! Resta viva…resta per me…”


***

* ve la ricordate tutti la volta in cui Kevin si è vestito da cameriere nell'anime, giusto?


Ed ecco che siamo di nuovo giunti alla fine...per ora!
Si, è la seconda volta che Hammy finisce in condizioni critiche e a volare via con un'elicottero. Pecco di mancanza di originalità. E ancora una volta è "colpa" di Flash, anche se molto per modo di dire.

Un ultimo capitolo che presenta qualche nuovo personaggio, nonché dei camei di alcuni miei OC...e quelli di vermissen_stern, con de Santa ed un Rinzler umanizzato :)
Grazie a tutti coloro che hanno seguito, ricordato, preferito, recensito o anche soltanto letto questa storia.
Grazie a vermissen_stern, Cyberluna, Fedies, cristy duck, B_bb_r, e Portuguese D. Rogue.
E arrivederci, molto probabilmente, con una Occhi di Smeraldo III...se sarete così clementi da leggere pure quella xD

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