Due Padri

di Wendy_Dreams
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 - Prima parte ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32 - Seconda parte ***
Capitolo 34: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 37 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1
Hoxton Pony, East End, Londra 15 agosto 1977
-Hey Katy!- -Ciao Matt! Scusa per il ritardo, la lezione é finita tardi!- -Non ti preoccupare! Tieni il grembiule- -Grazie!- mi metto il grembiule, mi lego i miei capelli biondo scuro e mi dò un'ultima occhiata in uno specchio vicino a me, come ogni giorno dopo le lezioni all'università. Sto asciugando il bancone quando entra un ragazzo dalla pelle scura e un cappellino che tenta di coprire i tanti capelli afro, si guarda un giro con aria circospetta, come se avesse paura di qualcosa... Si avvicina al bancone e si siede su uno sgabello, così mi avvicino e gli dico:-Hey!- e lui -Hey- -Allora, cosa posso portarti?- lui molto timidamente -Qual é la cosa meno alcolica che avete qui?- -Il tè freddo...- -Allora un tè freddo- -Ok, arriva subito-. Mi giro, verso del tè freddo in un bicchiere e porgendoglielo -Ecco a te!- -Grazie- e mi allontano per servire altri clienti. Il ragazzo misterioso rimane al bancone con il suo tè per tutta la sera, continuando a guardarsi in giro... Finché non mi avvicino a questo ragazzo così fuori dal comune, anche se qui a Londra il fuori dal comune non esiste... E così con un sorriso lo avvicino -Allora, come ti trovi qui? Ti piace il locale?- e lui sorridendo timidamente -Sì, é davvero caratteristico- continuando a osservare le varie fotografie e targhe appese sulle pareti -Non sei di Londra, vero?- e lui -Come hai fatto a capirlo?- -Si vede da come ti muovi e posso anche osare che non sei neanche inglese... É così?- abbassando lo sguardo -Vero... Dal tuo accento non mi sembri neanche tu inglese. Sei americana? Di dove sei?- -Los Angeles, tu?- -Gary, Indiana... Sono un maleducato, non mi sono presentato, Michael- e mi porge la mano -Kate- nel momento in cui gli stringo la mano incrocio i suoi occhi, grandi color cioccolato e con uno sguardo estremamente dolce. -Ehm, cosa ci fai qui?- -Studio arte e archeologia alla School of Oriental and African Studies. E tu cosa ci fai qui?- -Sono con i miei fratelli per lavoro- -Lavoro? Che lavoro?- -Ehm... Sono cantante nella band dei miei fratelli- -Sei un cantante?! Bello!- con un mezzo sorriso -Già, molto bello- -E quanto rimarrete qui a Londra?- -Qualche mese- -Ah... Beh, sei vuoi potremmo rivederci un giorno di questi, così ti posso mostrare tutti i posti più belli di questa città. Ti va?- annuendo -Sì, mi va, aspetta prendo qualcosa per scriverti il numero del mio hotel- prendo un tovagliolo e glielo porgo -Tieni- scrive il suo numero e mi lascia il tovagliolo tra le mani, così prendo un altro tovagliolo, ci scrivo il mio numero e glielo consegno sorridendo. 
Guardo l'orologio appeso sulla parete dietro di me e con dispiacere dico a Michael -Ora dovrei andare a casa, il mio turno é finito e domani ho lezione- e lui dispiaciuto e aggrottando le sopracciglia -Di già? Oh cavolo... Però non ti preoccupare ti chiamo io...- e io -Ok, allora buonanotte Michael- -'Notte Kate- e dopo aver salutato Michael mi levo il grembiule, prendo la borsa ed esco dal bar dopo aver dato un ultimo sguardo all'affascinante moro che mi lascia un ultimo sorriso timido.
Al termine della scalinata che porta al mio appartamento incontro che sta rincasando il vicino di casa e soprattutto migliore amico Freddie, é il cantante di una band molto famosa nel Regno Unito e che sta diventando famosa anche all'estero, i Queen, che mi saluta dicendo -Hey tesoro, a cosa é dovuto quel bel sorriso?- e solo dopo la sua frase mi accorgo che sto sorridendo e rispondo -Niente...- -E il niente ti da quel sorriso? Dì la verità...- e io non resistendo al suo sorriso sornione ammetto -Ho incontrato un ragazzo al bar che mi ha chiesto di uscire- -Capisco, capisco... Beh ora ti lascio il vecchio Freddie deve dormire. Domani mattina devo partire- -Di già ma sei appena arrivato e già riparti?!- -Eh già questa é la mia vita. Buonanotte tesoro- -Buonanotte Freddie- e con un cenno della mano ci salutiamo e mi chiudo la porta alle spalle. Finalmente questa giornata é finita!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2
Hoxton Pony, East End, Londra, 28 novembre 1977
-Ciao amore!- mi coglie di sorpresa e mi bacia sulla guancia -Hey!- e gli dò anch'io un bacio però sulle labbra, dopo avermi preso per mano mi dice -Possiamo andare? Hai preso tutto?- -Sì, ho preso non ti preoccupare...- e sorridente appoggio la testa sulla sua spalla. Adesso io Mike stiamo insieme da tre mesi e mezzo ormai. Non mi sono mai sentita così felice come mai. Mentre camminiamo noto che non sorride come al suo solito e così gli chiedo -Sei arrabbiato?- -No, non sono arrabbiato- -Sei preoccupato? Cosa ti preoccupa?- improvvisamente si ferma, stacca la mano dalla mia e cercando di evitare il mio sguardo  sbuffando dice -Non so come dirtelo... Ma... Domani ritorno a Los Angeles- non so come reagire, ritornerà in America e me lo dice così?! E perlopiù il giorno prima?! -Perché me lo dici solo adesso?- -É che non sapevo come dirtelo... E non volevo farti passare la nostra ultima giornata insieme in completa depressione!- -Quando me lo avresti detto?! Un secondo prima di salire sull'aereo?!- -Certo che no! Te lo avrei detto stasera... Scusami per non avertelo detto prima, mi dispiace...- e mi guarda con i suoi dolcissimi occhi color cioccolata -Non ti preoccupare... Anzi dovresti scusarmi tu per come ho reagito... Comunque come vuoi passare questa giornata?- -Non lo so, vorrei che fosse la più meravigliosa...- -Allora ho in mente un idea vieni con me...- e lo prendo per mano tirandolo.
Arriviamo ad Thorpe Park, un parco di divertimenti, appena Mike legge l'insegna lampeggiante sul suo viso si forma un sorriso enorme si gira verso di me e mi abbraccia e con le lacrime agli occhi mi sussurra all'orecchio -Grazie!- -Beh, mi avevi detto che volevi visitare un luna park e così ti ho accontentato...- e gli sorrido mentre sciogliamo l'abbraccio per dirigerci all'interno del parco.
É sera quando usciamo dal parco, stiamo mangiucchiuando dello zucchero filato quando Michael si gira verso di me sorridente -Ancora grazie! É stata una giornata meravigliosa...- abbassa lo sguardo e continua -L'unica cosa é che...- una lacrima interrompe le sue parole -Vorrei che questa serata non finisca mai e- gli poggio un dito sulle labbra -Shhh, non pensiamoci... Godiamoci queste ultime ore... Non... Non voglio che uno degli ultimi tuoi ricordi di me sia il mio pianto... Non voglio pensarci...- -Ma- lo zittisco una volta per tutte con un bacio, lungo, appassionato, in un cui le nostre lingue si incontrano in un'ultima danza prima il sole di domani ci separi...
Ci separiamo e dopo un lungo sguardo Michael propone -Sta cominciando ad essere veramente freddo, vuoi venire da me?- annuisco e senza dire niente lo seguo a casa sua.
Il sole irrompe dalle persiane come la peggiore delle torture e incontra i miei occhi, provo a girarmi dall'altro lato, ma trovo Michael che riposa accanto a me e penso che la tortura peggiore non sia l'inizio di una nuova giornata, ma ciò che porta con sé. Michael partirà tra qualche ora e io vorrei che non lasciasse mai questo letto che profuma ancora di noi. Provo ancora a dormire, ma dopo poco ci rinuncio definitivamente quando lo sento muoversi e con una mano accarezzarmi la guancia, cerco di non sentire, ma non posso farne a meno e sento i suoi singhiozzi soffocati e così apro gli occhi, lui si passa una mano vicino agli occhi per asciugare le lacrime velocemente -Buongiorno- -Buongiorno- -Dormito bene?- -Sì, anche se avrei preferito non svegliarmi...- rispondo tentando di trattenermi. Come ho già detto non voglio che uno dei nostri ultimi ricordi siano inondati di lacrime. Per non pensarci mi siedo e mi copro con un lenzuolo mentre cerco i miei vestiti e così fa anche lui.
Decido di accompagnarlo in aeroporto anche se lui non mi vuole qui. É doloroso, lo so, ma non voglio che se ne vada senza avermi salutato. Non parliamo molto, entrambi non sappiamo cosa dire, così ci sediamo in silenzio nella sala d'attesa. Dopo dieci minuti sbuffo -Non possiamo continuare così- si gira verso di me e inizia -Non voglio salutarti con il solito sermone da film strappalacrime, ma... Sappi che ti amo. Ti amo Katy. Come non ho mai amato in vita mia. Io non ti lascerò andare tanto facilmente...- mi prende le mani nelle sue e continua -Chiamami, sempre. Verrò ogni volta che posso, non mi importa di dover attraversare l'oceano. Farò qualunque cosa, pur di stare con te...- e mi prende il viso e mi bacia. Le nostre labbra sembrano essere unite da secoli, ci allontaniamo per guardarci un ultima volta -Volo 382 Londra-Los Angeles ultima chiamata- la voce dall'altoparlante ci interrompe. Michael si alza e lo seguo, lo abbraccio. Non voglio lasciarlo -Ti amo- sussurro -Ti chiamerò sempre- sciogliamo l'abbraccio mi dà qualcosa in mano, abbasso lo sguardo e mi accorgo che mi ha lasciato un biglietto, scritto a mano con il suo numero di telefono e una dedica "Ti amo per sempre, ricordatelo. Michael". Alzo lo sguardo offuscato dalle lacrime e lo abbraccio di nuovo. Con fatica ci separiamo lo guardo e notando che anche lui ha gli occhi pieni di lacrime bisbiglio -Ricordati anche tu una cosa: non voglio che tra i nostri ultimi ricordi ci siano le lacrime- con un dito gli asciugo una lacrima sfuggente -Ti amo- e lo bacio. Dopo questo ultimo bacio si allontana verso il check in e per l'ultima volta guardo quegli occhi cioccolato che amo e amerò per sempre.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3
Casa di Kate, Londra, 5 dicembre 1977
É ormai passata una settimana da quando Michael é andato via. Mi sento sempre stanca, tra l'università, il lavoro e Michael riesco a dormire poche ore a notte. In più quasi ogni mattina rimetto, anche se non ho mangiato niente... Ho uno strano presentimento e Freddie se ne accorge... Lui si accorge se qualcosa non va ed esordisce dicendo -C'è qualcosa che non va, tesoro?- -No, Fred, va tutto bene- -Sei sicura?- e alza un sopracciglio -No, non va tutto bene... Va tutto male... Mi manca Mike...- -Ma lo senti ancora per telefono?- -Sí, ma non basta... In più non riesco a dormire, ho sempre mal di stomaco e... Adesso che ci penso ho un ritardo di quasi una settimana...- improvvisamente si alza come se si fosse ricordato qualcosa ed esce -Fred! Fred! Dove vai?!- ma non mi risponde e ed varca la soglia di casa.
Passano circa dieci minuti e di Freddie neanche l'ombra... Dove diavolo é andato?! E perché era così di fretta?! Quando sto esaurendo la pazienza la porta di apre e mi si presenta Freddie con un sacchetto da farmacia tra le mani. Incuriosita chiedo -Che cosa contiene quel sacchetto?- e me lo porge, lo apro, tiro fuori questa scatolina e immediatamente la riconosco: é un test di gravidanza. -Perché hai preso un test di gravidanza? Pensi che io sia incinta?!- -Certe cose si capiscono. Ora prendi quel test e vai in bagno!- riempie un bicchiere con dell'acqua e me lo porge -Tieni, ti dò anche l'acqua se vuoi. Ma devi. Fare. Quel. Test. Ora.- bevo l'acqua tutta d'un sorso e vado in bagno. Mi ci vuole quasi un quarto d'ora per farla. -Allora?- -Ci sono quasi. Ora devo aspettare... Fammi vedere le istruzioni... Devo aspettare 15 minuti- -Ok, appena sai qualcosa dimmelo- -Certo-. Il quarto d'ora passa e due linee sbiadite cominciano a farsi vedere fino a diventare sempre più nitide, ricontrollo le istruzioni e... Apro la porta del bagno, oltre la quale il mio migliore amico attende con ansia -Quindi?- un mezzo sorriso si fa largo sul mio viso -Sono incinta- -Vuol dire che diventerò zio?! Diventerò zio! Diventerò zio!- indicando il telefono lancia gridolini e dice -Ora però devi chiamarlo! Devi chiamare il padre! Su forza! Alza quella cornetta!- mi avvicino al telefono compongo il numero che ormai so a memoria, però... -Pronto?- una voce femminile mi gela il sangue e rimango imbambolata mentre la voce femminile continua -Pronto? Pronto?- e così rispondo l'unica cosa più logica che mi viene in mente -Dì a Mike di non richiamarmi mai più...- e abbasso la cornetta, ma continuo a rimanere imbambolata -Allora?! Perché hai detto così? Parla per l'amor del cielo!- -Ha un'altra! Cioè, io sono l'altra! E l'ha tradita con me!- abbraccio Freddie e scoppio in pianto, mentre lui mi accarezza la testa e mi rassicura -Shhh, tranquilla, troveremo una soluzione, non ti preoccupare...- quando la sua t-shirt azzurra é ormai diventata blu per le mie lacrime sento delle voci che riconosco immediatamente -Che succede qui?!- domanda Roger -Che le hai fatto Fred?!- chiede Brian -Io niente, piuttosto il suo ragazzo...- -Chi? L'americano?- dice John e Fred annuisce. Sciolgo l'abbraccio e mi abbandono sul divano e mi copro gli occhi con le mani -Che ti ha fatto quello?- continua John -Sono incinta- -Incinta?!- Sì, il meglio é che ha un'altra in America e l'ha tradita con me...- -Oh cazzo...- esclama Brian -E ora?- -Non lo so, non so più niente...-
Freddie P.o.V.
É così depressa... Tutto questo per quell'idiota... Cosa posso fare... Ho un idea -Dato che non si può contare su quel cretino, che ne dici se noi quattro diventiamo dei padri sostitutivi per il bambino?- -Cosa?!- Brian continua -Sì, certo non potremmo mai dargli quello che un padre biologico può dargli, ma potremmo fare del nostro meglio per lui...- -Davvero?! Fareste questo per me?!- -Certo- afferma Roger e annuisce anche John -Vi adoro, ragazzi- -E noi adoriamo te, tesoro...-

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4
St Mary's Hospital, Londra, 29 agosto 1978
Freddie P.o.V.
Ormai sono otto ore che stiamo aspettando che qualcuno ci dica qualcosa... Katy é lì dentro e noi non possiamo sapere niente... É nata la bambina?! Sta bene?! Che qualcuno ci dica qualcosa! -Non ce la faccio più!- sbuffo al limite dell'esasperazione. -Calmati Fred...- Brian abbassa il quotidiano che ha tra le mani mentre cerca di calmarmi.-Non riesco a calmarmi, Brian!- all'improvviso dalla porta blu sbuca un'infermiera che annuncia -É nata! É una bellissima bambina!- ci giriamo tutti e quattro contemporaneamente e ci avviciniamo alla donna e Rog domanda -Possiamo entrare?- e l'infermiera -Al momento può entrare solo una persona...- così di guardiamo per decidere chi entra, ma lei continua -Può entrare solo il padre...- e Brian -Ehm... Al momento il padre non é qui... Se riesce a capire cosa intendo...- -Certo, allora potete entrare... Ma solo uno di voi...- così mi offro -Potrei entrare io, se per voi va bene...- ci scambiamo sguardi di intesa, annuiscono e mi giro verso l'infermiera -Entro io- -Mi segua-. Finalmente riesco a varcare la porta e mi trovo in una stanzetta bianca e sterile e vedo Katy sdraiata nel letto con la schiena sulla testiera e un fagottino tra le braccia. Si accorge di me e mi sorride. É radiosa. Mi avvicino sempre di più fino a che riesco a vedere meglio la bambina. Ha la pelle scura, gli occhietti ancora chiusi e bel ciuffo scuro spettinato. É meravigliosa. -Stai piangendo?- solo in quel momento mi accorgo di avere gli occhi lucidi di commozione -Vuoi prenderla in braccio?- -S-sí, ma non vorrei farle male...- -Non ti preoccupare...- e me la porge tra le mani. Da più vicino é ancora più bella... Sono commosso e una lacrima scende sulla mia guancia sinistra. Nello stesso istante i ragazzi entrano -Hey... Appena nata e già te la coccoli!- riescono sempre a strapparmi un sorriso... Si avvicinano e anche loro osservano la neonata...
Kate P.o.V.
Sono sempre i soliti... Più li guardo mentre osservano la bimba tra le braccia di Fred e più mi convinco che ho fatto la scelta giusta per la mia piccola. Sono sicura che saranno dei bravi padri. Sono persa a guardarli mentre sussurrano paroline dolci alla mia bambina John alza la testa e si rivolge a me -Come hai deciso di chiamarla?- -Melanie- -Bella scelta...- aggiunge Rog -Ha proprio la faccia da Melanie- quest'ultima frase fa scoppiare le risate nella stanza. Poco dopo il mio sorriso svanisce e inizio -Ne siete ancora convinti?- -Convinti di cosa?- domanda Brian -Di voler essere i padri di Melanie?- -Certo!- afferma Fred mentre la piccola gli stringe l'indice sinistro con la sua minuscola manina -Non ci vedi che siamo pazzi di lei?!- mi ritorna il sorriso e continua -Ne abbiamo già parlato. E abbiamo deciso di crescerla come una figlia. Perché siamo una famiglia.- -Ve l'ho già detto che vi adoro?- -Noi adoriamo te- aggiunge Brian, la piccola fa un vagito -E adoriamo anche lei da adesso.-

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5
Casa di Freddie, Londra, 18 ottobre 1980
Freddie P.o.V.
Katy é in ritardo. Di quasi due ore. Non lo é mai. Sto cominciando a preoccuparmi e picchietto sempre più velocemente l'indice sul bracciolo del divano, John se ne accorge e dice:- Che hai?- -Katy...- ho un brutto presentimento -Avrà trovato traffico- non faccio neanche in tempo a voltarmi verso di lui che squilla il telefono. Salto e con uno slancio alzo la cornetta -Pronto?- una voce femminile risponde, ma non é Katy, rispondo -Pronto?- -Sto parlando con il signor Bulsara?- -Sí- e mando giù un boccone inesistente -Sono l'agente Martins e devo parlarle della signorina Kate Anders- -Kate? É successo qualcosa?!- sospira -Sì, ha avuto un incidente, é stata investita a Covent Garden all'incrocio di Seven Dials.- fa una lunga pausa -É morta. Mi dispiace.- Morta. Non riesco a crederci. Come faremo, cosa ne sarà di Melanie?! Abbasso la cornetta ormai senza fiato e senza parole e continuo a fissare un punto indefinito davanti a me -Freddie?- chiede John -Che ti prende?- domanda Roger -Chi era al telefono?- continua Brian -K-katy...- -Era Katy?- scuoto la testa -No, ma lei c'entra- -Quindi?- chiede Mary -É-é morta. Investita.- scoppio a piangere con le mani tra i capelli, mentre loro sono ammutoliti e con lo sguardo perso. Rimaniamo così per quello che sembra un eternità, continuo a piangere silenziosamente Mary si unisce al mio pianto mentre Brian guarda un punto fisso fuori dalla finestra. Che succederà ora a Melanie?
Mi alzo e mi dirigo verso la cameretta  della piccola. O meglio arranco. Mi appoggio allo stipite della porta rosa e abbasso la testa. Rialzandola noto la foto del compleanno di Mel. Uno sprazzo di felicità mi investe, ma si scontra con la realtà e mi scende una lacrima che asciugo in fretta. Apro la porta e la vedo. Così piccola, indifesa, sola. Mi avvicino al lettino e mi siedo cercando di non far rumore, si muove e apre gli occhietti scuri -Hey, tesoro...- sorride -Torna a dormire- richiude gli occhi e le dò un bacio sulla fronte e me ne vado di nuovo in silenzio. Ritorno in salotto, sono distrutti, siamo distrutti. -Come lo diremo alla piccola?- domanda Mary- -Non lo so...- risponde rammaricato John... -Voglio adottarla- dichiaro fermamente facendoli girare verso di me -Tu cosa?!- -Voglio adottarla- ripeto ancora più convinto -Non ha nessuno se non noi, se la lasciamo andare chissà dove finirà. Così invece starà con noi- Mary si avvicina a me e appoggia una mano sulla mia spalla -Io sono con te se hai bisogno di aiuto- John, Brian e infine Roger fanno lo stesso e dicono -Anche noi siamo con te- -Abbiamo promesso a Katy che saremmo sempre stati accanto a Melanie e così sarà- sono stupito dal coraggio mio e loro e sorrido. 
Adotterò Melanie.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6
Hayvenhurst, Encino, California, 27 novembre 1983
Freddie P.o.V.
Suono le ultime note dal pianoforte, mentre Michael si toglie le cuffie dalle orecchie e le appoggia al leggio e afferma -É wow... Anche se ci dobbiamo ancora lavorare...- ci dobbiamo ancora lavorare?! É davvero un perfezionista il ragazzo! Mi piace! -Hai ragione- affermo annuendo -Ma adesso ho bisogno di una pausa- -Certo, vieni in casa- metto la giacca a Mel e usciamo dallo studio di registrazione. É una piccola casetta attaccata ad un altro edificio in stile prettamente californiano, attraversiamo l'enorme giardino ancora verde nonostante sua fine novembre, anche se non ci si dovrebbe stupire più di tanto con le temperature che hanno da queste parti, tutto l'opposto della mia fredda Londra. Affianchiamo una fontana, dove l'acqua luccica  come attraversata da mille lucine che colpiscono l'attenzione di Melanie che ovviamente si avvicina e ci fa rallentare: io mi fermo per evitare che si faccia male e noto che anche Michael si é fermato e osserva la mia piccola giocare con i riccioli d'acqua luccicanti e sorride, sembra proprio che ami i bambini, lo si vede nei suoi occhi... Dopo un po' Mel si ferma accortasi di essere osservata, si ricompone con un grande sorriso e così riprendiamo il percorso verso la casa di Michael e della sua famiglia.
Dopo quasi dieci minuti di camminata arriviamo in casa e mentre appendo la giacca di Mel, Michael dice: -Mettetevi pure comodi, fate come se foste a casa vostra... Ehm, Freddie, vuoi un caffè o magari un tè?- -Un tè, grazie, tesoro, siediti sul divano- dico mentre indico il divano a Mel e Michael riempie la teiera per metterla sul fornello. Mike si avvicina e notando che lo sguardo di Melanie si é fermato su una teca di vetro che incuriosisce anche me afferma:-Melanie, sai chi c'è in quel terrario?- e muove il capo per dire di no -E tu Freddie?- -Effettivamente me lo chiedevo anch'io...- -Dai, avvicinatevi- man mano che ci avviciniamo alla teca comincio a intravedere una figura che assomiglia a un animale -Che cos'è?- domanda Mel -É un serpente- e mentre la piccola si avvicina le metto una mano sul petto e la fermo -Un serpente?!- sussurro a Mike che con molta noncuranza tira fuori quella bestia dalla sua scatola -Non é pericoloso tenere un serpente a portata di una bambina?!- e il serpente comincia ad attorcigliarsi al suo braccio sinistro e a farsi sempre più vicino a Melanie -Non ti preoccupare, non é velenoso- -Papi, posso toccarlo?- mi chiede la piccola e continuo a fissare in modo dubbioso il ragazzo -Sì, certo che puoi!- risponde per me lui e lei avvicina la sua manina minuscola alla testa dell'animale e piano piano l'accarezza -Ihih! É viscido!- io continuo a non essere convinto e Mike intuisce la mia ansia e ripone l'animale al suo posto e dice - Che ne dici di conoscere James?- -Chi é James?- chiede Melanie con la sua voce delicata e nel frattempo Michael si avvicina ad una gabbia coperta da un lenzuolo nero. Con un gesto fulmineo strappa il lenzuolo e dalle sbarre sbuca un pappagallo gracchiante. Ha le piume verdi e una piccola cresta rossa dietro alla testa. Mike tira fuori il volatile, lo appoggia sul braccio e si avvicina a Mel -Lui é James. Digli "Buongiorno"- -Buongiorno, James- bisbiglia lei -Buongiorno- gracchia il pappagallo e Mel spalanca gli occhi dalla sorpresa -Wow- -Adesso chiedigli come sta- continua lui -Come stai, James?- -Bene, grazie. Tu?- risponde James mentre Melanie comincia a ridere -Posso giocarci?- -Certo- Mike pone il pappagallo in modo da non graffiarla e io le dico -Sta' attenta tesoro-. La teiera fischia e Mike si sposta in cucina e io con lui, mentre continuo a osservare Mel alle prese con il volatile parlante.
Michael P.o.V.
Noto che Freddie continua a osservare la figlia e affermo -Non ti preoccupare. James é addestrato, non le farà male.- non sembra convinto -Quanto zucchero vuoi nel tè?- chiedo per rilassarlo -Due, grazie- -Siediti pure- si siede e davanti alla tazza arancione comincia a calmarsi. 
Dopo un po' si distende e cominciamo a parlare del più e del meno, ma si tende di nuovo come una corda quando arriviamo per sbaglio un nervo scoperto -Com'é che hai adottato Melanie? Cioè, perché?- Freddie alza la testa dalla tazza fumante -Lei é la figlia di una delle mie migliori amiche... É... É morta tre anni fa in un incidente stradale...- -Oh, mi dispiace non- non lo sapevo, io- -Non ti preoccupare, non é colpa tua- -E dove il padre?- -Non lo so. E per come si é comportato con Katy, non voglio nemmeno saperlo...- -Cosa ha fatto?- -Quel farabutto aveva un'altra donna. Katy l'ha saputo quando l'ha chiamato in America per dirle della gravidanza. Pensava che avrebbe risposto lui, invece ha risposto una donna e abbiamo capito tutto...- -America?- -Era americano, si sono conosciuti quando lui era venuto a Londra per un lavoro con i suoi fratelli- -Ah, capisco. Ma dopo la morte di Kate, perché non hai provato a rintracciarlo?! Anche se aveva un'altra donna doveva pur prendersi cura di sua figlia...- -Certo, hai ragione, ma non abbiamo praticamente niente per rintracciarlo. Sappiamo pochissimo di lui per trovarlo. Per quello che sappiamo é afroamericano, canta in una band con i suoi fratelli e ha l'età che avrebbe Katy se fosse ancora tra noi...- -Quanti anni avrebbe Kate?- -25. Non é molto per trovarlo...- -Già- abbassa lo sguardo mentre io mi volto verso la bambina. Come si può crescere senza genitori?! Freddie mi risveglia dai miei pensieri schioccando le dita -Ah! Katy mi aveva anche detto il nome del farabutto!- -Come si chiama?- -Michael...Come te...Buffo... Beh, non tanto buffo adesso che ci penso, Michael é un nome molto comune...- sto per replicare quando arriva Melanie con James sul braccino -Che significa quello che dice?- James continua a gracchiare -Stronzo! Stronzo! Stronzo!- Freddie si volta verso di me con gli occhi spalancati -I pappagalli non sono animali che sanno parlare come noi, loro ripetono i suoni che sentono. Ma a volte sembra dicono qualcosa di comprensibile, ma in realtà fanno solo dei versi senza senso... Questo é uno di quei casi! Sta facendo solo un verso, non é una parola vera... Vero Freddie?!- cerco di sdrammatizzare la situazione e Freddie mi dà corda -Certo! Non é una parola vera, tesoro- -James é molto stanco, adesso é il momento di rimetterlo nella sua gabbia per farlo dormire- prendo James dal braccio di Melanie e lo metto sul trespolo nella sua gabbia e prima che possa fare altri guai ricopro la gabbia con il suo telo nero -Ecco, ora James si riposerà- Freddie guarda l'orologio e afferma rivolgendosi alla figlia -É tardi, tesoro. É ora di andare. Saluta Mike...- -Oh, papi rimaniamo ancora qui! Ti prego!- -No, é tardi, abbiamo altro da fare, non possiamo rimanere qui.- -Ok- mette la giacca a Melanie mi avvicino -Mi spiace per l'incidente del pappagallo, non so da dove ha imparato certe parole, deve averle imparate dai miei fratelli...- -Non é per questo che andiamo, é che ho una cena importante e devo prepararmi- secondo me non é per questo, ho sbagliato a tirare in ballo l'adozione di Melanie... Non dovevo... Perché l'ho fatto?! Sono proprio uno stupido certe volte... E continuo a navigare nei miei pensieri mentre Freddie e Melanie si allontanano sempre di più verso il cancello e rispondo ai loro saluti con un cenno della mano, mentre la mia testa continua a martoriarsi con il pensiero di aver chiesto troppo...

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7
Garden Lodge, Londra, 18 maggio 1987
Freddie P.o.V.
Melanie é sdraiata a pancia in giù sul prato, mi avvicino e vedo che é circondata dalle matite colorate e sta disegnando, non riesco a vedere cosa, ma la vedo che ogni tanto alza la testa e guarda il ciliegio in fiore. -Melanie- alza la testa -Sì?- -Devo farti vedere una cosa, sediamoci sulla panchina- alza un sopracciglio titubante -Dai, tesoro- si dirige verso la panchina e mi affianco -Che cos'è quel libro?- chiede indicando il libro che ho sulle ginocchia -Non é un libro. É un album fotografico.- -Di chi?- -Della tua mamma- e comincio a sfogliarlo insieme a lei: é come ritornare nel passato... La sua festa di diploma... Il suo 19º compleanno... La nascita di Melanie... Tutti questi ricordi bruciano il cuore, bruciano, bruciano, ma devo dirle la verità... -Com'era bella...- -Già era bellissima...- -Perché mi stai facendo vedere le sue foto?- il suo tono é più basso, naturalmente é doloroso anche per lei, se non più che per me... -É che... Devo dirti una cosa importante, tesoro...- gli occhi mi pizzicano, ma non voglio piangere adesso e soprattutto davanti a lei, devo essere forte per dirle quello che devo... -Vedi... Sei una bambina grande e io devo dirti una cosa molto, ma molto importante...- alza di nuovo il sopracciglio -E?- -E devi sapere che io non faccio parte della tua famiglia proprio al 100%...- -In che senso, tu sei la mia famiglia, papà...- -Non proprio... Quello che voglio dirti é che... É che...- il respiro si ferma in gola -É che... Io non sono il tuo vero papà, tesoro...- -Non-non sei il mio vero papà? Ma siamo sempre insieme, come fai a non essere il mio papà?!- -É così, tesoro. Non sono il tuo papà, ma la tua mamma era una mia grande amica e quando sei nata le ho promesso che ti avrei cresciuta come se fossi stato veramente il tuo papà... É così ho fatto e farò per sempre mio piccolo sakura*- e le bacio i capelli, lei non parla, é un bruttissimo colpo da sostenere, ma dovevo... -Se non sei tu il mio vero papà, allora chi é? E perché non é qui?!- -Non lo so, tesoro. Non lo so. A volte le persone si comportano così male che non si sa come capirli...- passiamo del tempo in silenzio abbracciati a guardare il ciliegio scosso da una leggera brezza primaverile -Continuerai a essere il mio papà anche se non lo sei?- -Certo, tesoro. Lo sarò per sempre...- -Da grande voglio trovarlo...- -Chi vuoi trovare?- -Il mio vero papà...- -Per fare cosa?- -Non lo so... Come hai detto tu a volte le persone si comportano male e non si riescono a capire, e proprio per questo che vorrei trovarlo: per farmi dire perché se n'è andato, perché non voleva più la mamma...- -Ma perché sei arrabbiata con lui?- -No, vorrei saperlo, così, per curiosità... Anche perché penso che la mamma lo vorrebbe sapere...- -É molto saggio...- si guarda i piedi per  un po' e poi -Raccontami qualcosa di mamma... Tipo... Come vi siete conosciuti...- -Ok, era il 1975, tua madre era appena arrivata a Holland Road...-

Holland Road, Londra, 19 settembre 1975
-Uff, stupida chiave...- una biondina armeggia davanti alla porta d'ingresso -Qualche problema?- -Sí, é che non riesco ad aprire la porta...- -Aspetta un attimo- prendo la mia chiave e apro la porta -Co-come hai fatto?! É quasi un'ora che ci sto provando!- -Il segreto é girare e spingere- -Buono a sapersi...- -Oh, sono uno stupido, non mi sono presentato. Mi chiamo Freddie- lei mi stringe la mano -Piacere, Katy- entriamo e le chiedo -A che piano sei?- -Quarto- -Anch'io sono al quarto! Possiamo fare la strada insieme- -Ok- sorride -Non sei di queste parti, vero? Scommetto che sei americana!- -Esatto. Di Los Angeles- -E come mai ti trovi da queste parti?- -Sto per studiare arte e archeologia alla School of Oriental and African Studies- -Oh, impegnativo...- solo adesso noto che sta trascinando quattro valige dall'aria molto pesante -Vuoi una mano?- -Sí, grazie- -É la prima volta nella Big Smoke?- -Sí, anche se é da quando sono piccola che desidero vivere qui...- -Beh, sì, é un bel posto dove vivere anche se un po' trafficata il sabato mattina- la biondina ride -Ehm, siamo arrivati mi sa...- -Che peccato... Che appartamento é il tuo?- - 4C- -Oggi é la giornata delle coincidenze, io abito al 4D- -Già, la giornata delle coincidenze!- e ride di nuovo. Mi piace. Sembra una brava ragazza -Quanti anni hai? Se posso permettermi di chiedere...- -17, mi sono diplomata un anno in anticipo- -Wow... E sei qui da sola? Londra é pericolosa- -Lo so, ma i miei genitori non potevano lasciare tutto per venire con me...- noto una punta di tristezza, spero di non averla rattristata -Scusa non volevo rattristarti... Ti mancano tanto?- sospira e si morde il labbro inferiore -Abbastanza... Mi manca sopratutto l'aria di casa... Sai com'è...- -All'inizio é sempre così, ma poi ci fai l'abitudine...- si gira -Perché? Di dove sei?- -Zanzibar, anche se ho passato quasi tutta la mia infanzia a Bombay, sono ritornato a Zanzibar, ma- sospiro e continuo -ma per scappare quasi subito, per via della rivoluzione...- -Oh... Non-non volevo, scusa...- -Non é colpa tua...- sorrido e lei sorride di ricambio -Te l'ho detto che dopo un po' ci si fa l'abitudine... Adesso sì che siamo arrivati per davvero...- -Già...- -Beh, allora ci si vede... Tesoro- -Ci si vede...-

Garden Lodge, Londra, 18 maggio 1987
-Fin dal suo primo sorriso avevo capito che avrebbe cambiato la mia vita...- una lacrima pungente sfugge dal mio occhio sinistro -Avrebbe cambiato ME... Nel profondo...- Mel si accorge della lacrima, la raccoglie con l'indice e sorride -Hai voluto tanto bene alla mia mamma... Grazie...- ci abbracciamo fino quasi a togliere il respiro -Ti voglio bene papà...- -Ti voglio bene anch'io, tesoro...-


Nota dell'autrice
* Sakura nella cultura giapponese é il fiore di ciliegio ed é molto amato dai giapponesi e ha significato di rinascita e buon auspicio, ma anche di bellezza e caducità della vita, e i fiori di ciliegio sono anche metafora della vita, con la nascita, la crescita (il massimo splendore del fiore festeggiato durante la festa primaverile dell'Hinami) e infine la riconciliazione con la terra (la morte). Con questo soprannome Freddie, molto appassionato di cultura giapponese, intende augurare, appunto buon auspicio, ma anche sperare in un futuro splendido per Melanie, che in una vita così giovane deve affrontare delle assenze così grandi.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8
Garden Lodge, Londra, 16 aprile 1990
Jim Hutton P.o.V.
-Buon compleanno Joe!- gridiamo all'arrivo di Joe sulla soglia della porta -Oh... Grazie ragazzi... Non dovevate...- -Buon compleanno, Joe- continua Freddie abbracciandolo. Brindisi. Brindisi e ancora brindisi.
A mezzanotte circa quando la serata sembra volgere al termine e la maggior parte degli ospiti é tornata a casa e siamo rimasti pochi in casa Freddie con un espressione seria che gela l'atmosfera festosa. -Che succede?- chiede Roger -Devo... Devo... Dirvi una cosa...- comincio a capire le cose. Spero che non sia quello che penso. Me ne aveva parlato, ma spero che sia qualcos'altro... -Cosa devi dire, papà?- interviene Melanie turbata dall'espressione del padre. Rompo il silenzio -Sei sieropositivo?- tutti si girano verso di me, Melanie sopratutto -No- sospiro generale -Sono in pieno AIDS- il respiro si blocca -Che significa, papà?- adesso é Freddie a sospirare -Significa che... L'AIDS é una malattia che... Lentamente consuma le persone...- -Fa morire?- -Molto spesso...- la bambina abbassa lo sguardo. Non so cosa dire, nessuno sa cosa dire. Cosa puoi dire in certe situazioni?! Sopratutto ad una ragazzina di dodici anni? Guardo Freddie, che mi ricambia e sembra dire "Mi dispiace", ma non é colpa tua Freddie, non é tua... Lui odia lo sguardo triste della sua bambina e sopratutto odia esserne la causa...     -Non voglio perderti- tutti ci stringiamo intorno a lei in un abbraccio, Freddie si avvicina e abbraccia Mel -Non mi perderai- sussurra in un orecchio, ma riesco a sentirlo perché vicino a me -Anche quando non ci sarai?- -Anche quando non ci sarò, mio piccolo sakura- una lacrima le sfugge -Non piangere, così fai piangere anche me- e sorride sdrammatizzando, lei sorride di rimando -Ecco, un bel sorriso, così va meglio...-
Al termine della festa, dopo la notizia di Freddie, tutti sono tornati a casa e Melanie é andata a dormire e siamo rimasti solo io, Freddie, Mary e Joe a sistemare la casa pieni di angoscia e tristezza -Cosa facciamo adesso?- chiedo a Mary -Non lo so, spero che nessuno oltre a noi lo venga a sapere. Non vorrei vedere ancora una volta la spazzatura del "Sun"...- -Sopratutto se vengono a sapere anche di me...- si aggiunge Joe -Nessuno verrà a sapere di niente- interviene Freddie e ci giriamo tutti verso di lui -E come?- chiede Joe -Quello che ho detto stasera non uscirà da queste mura, punto e basta- gira i tacchi e se ne va in camera sua -Freddie...- una mano mi tocca la spalla -Lascialo stare...- seguo il consiglio di Mary e con un sospiro mi lascio andare sul divano. Lo sguardo mi cade su una foto appoggiata sul tavolino rococò: Melanie, io e Freddie al mio ultimo compleanno, siamo tutti felici, potremmo quasi sembrare una famiglia... Una famiglia non convenzionale, ma pur sempre una famiglia... Tutto questo mi fa pensare al nostro futuro, cosa succederà quando la malattia farà il suo corso? Io sono abbastanza grande per cavarmela da solo, ma Melanie? Chi si prenderà cura di lei? Chi sarà la sua famiglia? Quando vado in camera mia queste domande senza risposte continuano a tormentarmi finché non mi abbandono ad un riposo angosciato e pieno di punti di domanda.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9
Garden Lodge, Londra, 25 dicembre 1990
Mary Austin P.o.V.
Ci accoglie Freddie -Hey!- sorrido e ricambio -Buon Natale!- -Buon Natale, Mary- mi dà un bacio sulla guancia -Buon Natale anche a te Andy!- continua mentre prende in braccio Andy e si avvicina Melanie -Buon Natale!- l'abbraccio -Buon Natale anche a te, Mary!- -Avete già scartato i regali?- -Ancora no, siete arrivati in tempo... Papà non aspettava altro!- ridiamo tutti, anche il mio piccolo Andy... -Dai, venite... I regali ci aspettano!- sempre il solito Freddie... Ci spostiamo in salotto e sotto l'albero illuminato si trovano diversi pacchetti colorati Andy sorride e batte le manine trepidante -Ora dei regali!!- grida Freddie agitando le mani... É come un bambino, anzi peggio di un bambino... -Questo é per te!- Melanie mi porge un pacco giallo con fiocco verde -Oh, grazie- lo apro e trovo un maglione rosso con una renna -Questa é una delle tue Freddie, vero? Ci scommetto quello che vuoi...- -Io? Non l'ha portato Babbo Natale?- -Sí, Babbo Natale di Kensington!- Melanie e Andy continuano a scartare i pacchetti, mentre io è Freddie li guardiamo divertirsi -Oh, cavolo, ho lasciato un pacco all'ingresso!- corro alla porta e ritorno in salotto con pacco arancione -Melanie... Questo é per te... "Babbo Natale" lo ha lasciato per sbaglio a casa mia...- -Grazie, Mary- sorride appoggiando il pacco sul tappeto -Che cos'è?- -Non posso dirtelo, devi aprirlo- scioglie il fiocco e toglie il coperchio -Un gatto?! Grazie!- si alza e mi abbraccia -Di niente, come lo chiamerai?- -Non lo so, é un maschio o una femmina?- -Femmina, qualche idea?- dico rivolgendomi a Freddie -No e poi la gatta é di Melanie...- -Yuki!- -Bel nome!- e tira fuori la gatta bianca come la neve dalla scatola -Bene Yuki, benvenuta!- -E non avrà neanche da annoiarsi di solitudine qui!- sorride Freddie accarezzando la gattina color neve. 
Continuiamo a scartare pacchetti tutta la mattina -Andy adora quella tastiera!- dice ridendo Freddie -Già, se n'è innamorato!- aggiungo osservando il piccolo strimpellare con il suo nuovo giocattolo e il mio sguardo cade su Melanie e Freddie che sdraiati sul tappeto giocano con la gattina, in particolare su Freddie e per la prima volta in tutti questi mesi mi accorgo del suo fisico, che si sta consumando, lentamente, come una candela nella notte... C'è una persona però che rimarrà nel buio più totale quando quella candela si spegnerà, ma non voglio pensarci e scaccio dalla mente questi pensieri... -Mary! Guarda!- Melanie mi risveglia dai miei pensieri e mi volto verso Freddie ridente con la gatta sul petto -Ho capito che mi ha preso in simpatia!- -Ti adora!- aggiungo ridendo anch'io -I gatti mi amano!- continuiamo a ridere e si fa sentire anche la gatta con il suo miagolio come per ridere anche lei. 
Voglio bearmi della sua presenza il più possibile prima che il suo lume si spenga definitivamente... Questo potrebbe essere il nostro ultimo Natale... Basta! Basta con questi pensieri, non voglio neanche considerarle queste idee... Ma come degli avvoltoi esse mi girano intorno, come avvoltoi aspettano di piombarci addosso implacabili e accanirsi su ciò che rimarrà, sulle nostre carcasse in preda alla tristezza... Alzo lo sguardo sulla nostra "famiglia" non convenzionale e quegli avvoltoi svaniscono come fumo con la stessa velocità con cui erano arrivati e sorrido nel tentativo di apprezzare tutto ciò. Non so come faremo. Non so come farò. Non so come farà Melanie. Ma non é il momento per pensarci.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10
Garden Lodge, Londra, 22 novembre 1991
Melanie P.o.V.
-Ha detto che vuole uscire... Ti prego Jim... Fallo uscire...- ormai al limite del guaito -Sì Jim... Lasciali uscire...- Mary abbassa il tono di voce -Non sappiamo quanto potrebbe resistere. Almeno un'ultima volta concediglielo- ormai sconfitto -Va bene, ma se fa troppo freddo ritornate indietro tutti e due- -Va bene, Jim. Lo prometto-. Scendo le scale in stile rococò, prendo la giacca appesa all'appendiabiti e aspetto che Jim porti mio padre al piano inferiore. Jim scende con mio padre tra le braccia. Sembra così piccolo e indifeso. Al limite. Stremato. Mi viene in mente quando a quattro anni dopo una lunga giornata mi prendeva tra le braccia, sonnolenta e mi portava in camera per poi rimboccarmi le coperte e darmi un bacio sulla fronte prima di andare a prepararsi per la serata. Mi viene come un blocco in gola e lo mando giù deglutendo. Non voglio pensarci. Non voglio pensare che potrebbe essere l'ultima volta come ha detto Mary. So che non inventeranno una cura domani e neanche dopodomani, ma vorrei che riuscisse a resistere abbastanza per poter essere curato. É da egoista, ma chi non vorrebbe la stessa cosa nella mia situazione? Jim lo mette sulla sedia a rotelle e lo avvicina a me. Papà si illumina e con il suo tono allegro sussurra -Andiamo?- annuisco e mi posiziono dietro di lui per spingerlo fuori. Scendiamo la rampa che porta sul giardino giapponese. Mi guardo in giro e lo osservo per vedere la condensa del suo respiro e assicurarmi che ci sia. Rimaniamo così per un po' fin quando si gira verso di me e interrompe i miei pensieri domandandomi -Il ciliegio... Ci sono ancora fiori?- -No...- mi metto ad osservarlo meglio -Però adesso che guardo meglio... Ce n'è ancora uno. Vuoi che lo raccolgo?- -No, tesoro. Lascia stare, é pericoloso.- ma non lo ascolto e mi avvicino all'albero -Tesoro? Torna giù!- intanto che lui continua a chiamarmi io sono già sull'albero. Raccolgo il fiore con più delicatezza che posso e lo osservo. Ha i petali rosa chiaro con delle leggere striature più scure, é bellissimo -Tesoro?- mi risveglio e scendo, facendo attenzione al fiore e mi riavvicino e poso il fiore sulle sue ginocchia. Abbassa lo sguardo per osservare il fiore -Hai davvero un bel gusto per i fiori... Come sempre... Siediti qui- e da dei colpetti alle ginocchia -No, papà- -Dai, non essere timida. Non penserai di essere troppo grande per stare sulle ginocchia di tuo padre?- e sorride -Questo mai... Non vorrei farti male...- -Non mi fai male...Dai siediti- -Ok- con molta delicatezza, ancora di più di quella che ho utilizzato per il fiore e mi siedo sulle sue ginocchia, ma non appoggio tutto il peso, non vorrei fargli male...-Ti voglio bene, tesoro. Ricordatelo sempre. Anche quando non ci sarò...- 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


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Capitolo 11
Garden Lodge, Londra, 24 novembre 1991
Melanie P.o.V.
Continuo ad agitarmi tra le coperte, non riesco a dormire. Ho un brutto presentimento. Decido di scendere dal letto per avviarmi verso la camera di papà. Apro piano la porta, non voglio svegliarlo, già i suoi dolori pensano a questo. Sposto la coperta dalla poltrona accanto al letto e mi ci siedo e mi ricopro con la coperta. Sta dormendo, é tranquillo, fortunatamente. Lo osservo mentre le sue coperte vanno su e giù. É un buon segno. Mi sto appisolando quando la sua voce mi sveglia -Che ci fai qui a quest'ora tesoro?- -Non riuscivo a dormire- -Vuoi venire qui vicino a me?- ci penso un attimo. Avrò altre occasioni? La mia risposta é negativa. Probabilmente no. -Certo- e sorrido mettendomi sopra le sue coperte e ricoprendomi con la mia. Mi giro verso di lui, sta sorridendo. Anche se intaccato dalla malattia il suo viso rimane bellissimo. Cerco di imprimere il suo sorriso nella mia mente, perché non so quanti suoi sorrisi riuscirò a vedere, per potermi ricordare anche in futuro il viso di mio padre. So che non é il mio vero padre, ma quello che ho capito ormai da un po' é che non é importante con chi condividi il patrimonio genetico, ma chi ti cresce, chi ti ama. Tutti questi pensieri mi fanno venire alla mente mia madre. Ogni tanto ho come la sensazione di dimenticare il suo viso, così prendo dal mio album fotografico le sue foto. Le osservo, le accarezzo, mi perdo nei suoi occhi blu. Non voglio che succeda questo anche con mio padre, per questo mi imprimo ogni ricordo, ogni parola, ogni gesto, ogni risata. Non voglio dimenticare. Papà nota che la mia distrazione e sussurra -Cosa c'è tesoro?- -Niente, papà- -Vuoi che ti canto qualcosa? Come quando eri piccola?- -Non voglio che ti sforzi, sai cosa hanno detto i dottori...- -Lo so cosa hanno detto i dottori. Però non possono impedirmi di cantare per la mia bambina- -Allora va bene- si schiarisce la voce e inizia -♪ You and me... We are destined... You'll agree, to spend the rest of our lives with each other, the rest of our days like two lovers... Forever... Yeah... Forever...My bijou... ♪ Buona notte tesoro- anche se un po' più roca del suo solito la sua voce é pur sempre meravigliosa e come tutto il resto la imprimo nella mia mente tra i miei ricordi più belli. E con ancora la sua canzone nella testa mi addormento tra le braccia di Morfeo...
Dopo poco mi sento sollevare, non capisco chi sia, ma immediatamente riconosco Jim e socchiudo gli occhi per accertarmene e mi riaddormento...
Sento dei rumori fuori dalla mia stanza e poi delle voci. Riapro gli occhi. Non capisco niente. É tutto confuso. Schiudo appena la porta per capire e vedo Mary che corre da una parte all'altra del corridoio -Jim! Jim! É arrivato il dottore?! Jim!- Dottore?! Perché?! -Cos'ha papà?!- -Tranquilla, Mel- -No! Non sto tranquilla! Che. Cosa. Ha. Papà?!- Mary non ha il tempo di rispondere che Jim accompagnato dal dottore arrivano come il vento e si dirigono verso la sua camera. -Jim che cos'ha  papà? Jim? Rispondimi.- Jim si ferma mentre Mary entra con il medico -Che cos'ha?- Jim non mi risponde continua a guardarsi in giro mi avvicino -Dimmelo- abbassa lo sguardo e sento la voce del medico dall'altra parte della porta -Mi dispiace non ce l'ha fatta- Mary comincia a singhiozzare. No! No! I singhiozzi invadono la mia gola ed escono impetuosi lui si avvicina e mi abbraccia -Mi dispiace Mel- le mie lacrime sgorgano veloci e mi appannano la vista mi aggrappo letteralmente alle sue spalle. Non é possibile! Sono orfana. Di nuovo. Ho perso mio padre. Il petto brucia come investito da un milione di coltellate. Colui che mi ha cresciuto pur non avendo nessun obbligo nei miei confronti non c'è più. Andato. Che farò?! Non ho più nessuno. Continuo a singhiozzare facendo dei rumori strani ma non mi importa. Non riesco a reggermi in piedi, così mi prende di peso e mi porta nella mia camera lasciandomi sul letto. Continuo a piangere fino ad addormentarmi sperando che tutto questo sia un incubo.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12
Royal Plaza Hotel, Montreaux, Svizzera, 29 novembre 1991
Michael P.o.V.
-Come sta Melanie?- Mary guarda la tazza fumante -Come vuoi che stia una tredicenne che ha perso l'unico genitore?! Sta male...- -Mi dispiace così tanto... Vorrei poter fare qualcosa, se posso- -No, non serve niente, grazie Michael- -Posso chiederti una cosa?- -Certo- -Quando tutto si sarà calmato cosa succederà a Melanie?- -Non lo so...- -Verrà adottata?- -Non so... Anche se una tredicenne con 8 milioni di sterline di eredità fa gola a molti...- so cosa significa, conosco la sensazione -E non vorrei che finisse in mani sbagliate...- -Già, ma non potete fare niente?- -Jer e Bomi non possono adottarla, potrebbero se ci fosse una parentela di sangue, ma in questo caso no...- -E tu?- -Quando Freddie l'ha adottata io ho firmato per essere sua tutrice in caso di... Insomma in casi come questi... Però la mia tutela dura solo due settimane e al termine si riproporrà lo stesso problema... Spero solo che trovi gente onesta disinteressata ai soldi...- in quel momento arriva Melanie silenziosa e sonnolenta e Mary le offre una tazza fumante di cioccolata.
Melanie P.o.V.
Al mio risveglio sento delle voci, una é Mary, mentre l'altra non la riconosco, così esco dalla mia stanza e mi sposto in salotto e vedo Mary che sta parlando con un uomo di spalle con i capelli ricci legati in un codino e man mano che mi avvicino tento di riconoscerlo sempre di più. Si accorgono di me e interrompono i loro discorsi Mary mi offre una tazza di cioccolata calda e mi siedo vicino a lei, così ho modo di osservare meglio l'uomo misterioso -Mel- Mary interrompe i miei pensieri -Lui é Michael. Un amico di papà. Te lo ricordi?- lo riguardo e la mia mente come un lampo va a quando avevo cinque anni ed ero andata con papà a casa di un suo amico americano per incidere una canzone e capisco che é la stessa persona... -Te lo ricordi?- mi risveglio e sorrido -Sì, mi ricordo, mi ricordo...- Anche se, devo dire la verità me lo ricordavo un po' diverso... Ma si sa, il tempo cambia le persone...
Michael P.o.V.
Non sembra convinta, ma non importa... Vorrei poter fare qualcosa... Ma cosa...
Continuiamo a parlare per un po', ma Melanie continua a guardare la sua tazza viola, ormai non più fumante, é silenziosa, non vuole parlare. Le sue risposte si limitano a sì e no... Più la guardo e più voglio aiutarla... Non so come... Un lampo mi investe e chiedo -Melanie, che ne dici di venire nel mio ranch per qualche giorno?- -Ranch?- -Sì, così, così ti diverti un po'...- non sembra sicura, Mary si gira verso di lei -Dai, é una buona idea, sono certa che ti divertirai. Magari fai anche amicizia...- Melanie ci pensa un po', guarda me, guarda Mary e poi di nuovo me -Ok, accetto...- sorrido e sorride anche Mary -Ma... Posso chiederti una cosa?- -Certo- -Ci sono anche i cavalli?- -Certo- -E posso imparare a cavalcare?- -Ovviamente- -Quando può venire?- chiede Mary -Non lo so, anche domani se volete- -Già domani?!- aggiunge Melanie -Sì, se vuoi- -Posso?- -Puoi, certo che puoi Mel- adesso sorride. Sono felice di poterle dare questa possibilità... Ha bisogno di non pensare al suo lutto ora...

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13
Los Angeles International Airport, Los Angeles, Stati Uniti, 30 novembre 1991
Melanie P.o.V.
Siamo arrivati. Mi guardo intorno e osservo la miriade di persone che passano andando avanti e indietro, le osservo e penso che non si rincontreranno mai più, che le loro vite, le loro storie si incontrano adesso e non si troveranno mai più. Michael mi risveglia dai miei pensieri -Andiamo?- annuisco e lo seguo verso l'auto dai finestrini oscurati e mentre un suo collaboratore prende le nostre valigie noi saliamo. -Quanto ci vorrà per arrivare a Neverland?- chiedo distogliendo lo sguardo dal finestrino -Circa un ora e mezza...- -Così tanto?- -Sì, é un po' fuori...- dopo la sua risposta mi rigiro e continuo a guardare il panorama -Ti piace Los Angeles?- -Sì... É... Molto... Molto soleggiata... Di solito in questo periodo dell'anno a Londra c'è già la neve.- -Ogni tanto la neve c'è anche qui...- e ridiamo -É la tua prima volta qui?- -Sí... Anzi, no...- un pensiero mi balena -È la seconda. La prima sono venuta con papà perché doveva incidere una canzone con te...- -Ah, già, hai ragione non ci avevo pensato...- ritorno a osservare le auto che sfrecciano accanto a noi e mi immergo di nuovo nei pensieri...
Dopo quasi un ora e mezza arriviamo davanti ad un cancello di metallo con una grande scritta dorata "NEVERLAND" rimango a fissarla e chiedo -Ma Neverland come l'Isola che non c'è di Peter Pan?- sorride -Sì, esattamente- -Perché proprio Neverland?- -Beh... Il fatto é che un po' mi sento Peter Pan e volevo avere un posto come l'Isola che non c'è...- scendiamo dall'auto appena varcato il cancello e l'auto si rimette in marcia -E le valigie?- -Non ti preoccupare le porteranno nella villa principale- -Oh..ok- -Cosa vuoi fare?- -Non lo so... Cosa si può fare?- -Quello che vuoi...- intanto ci incamminiamo e la mia attenzione viene catturata da una melodia dalle note alte che mi ricorda una canzone... L'ultima che mi ha cantato mio padre... E come ipnotizzata arrivo alla fonte della melodia: una giostra con i cavalli -Vuoi salirci?- -Non sarò troppo grande per certe cose?- -Qui non si é troppo grandi per niente...- -Ok- comincio a girare intorno alla giostra in cerca di non so cosa guardando i cavalli di plastica fino a quando un cavallo bianco come gli altri ma con una criniera color arcobaleno come un magnete mi porta verso di lui, lo accarezzo e mi ci siedo. Comincia a muoversi mentre io mi guardo intorno alla ricerca di Michael, come fosse un punto di riferimento... Tutto gira e mi fa ricordare la prima volta che sono andata su questo tipo di giostra, avevo due anni... Improvvisamente non vedo più Michael... Ma vedo mia madre, sorride é bellissima... Intanto la melodia continua con i ricordi... ♪ You and me... We are destined... Mi manchi... ♪You'll agree... To spend the rest of our lives with each other... Le lacrime vogliono uscire ma mi sforzo a non lasciarle andare ♪The rest of our days like two lovers... La giostra si ferma, ma io continuo a non muovermi con la melodia nelle orecchie e le lacrime ferme negli occhi -Melanie?- vengo catapultata nella realtà, scendo dal cavallo di plastica e ci incamminiamo -Melanie? Stai bene?- mi volto verso Michael -Sì, sto bene- -Sei sicura?- -Sì, sono sicura- comincio ad essere scocciata -Davvero?- -Sì. Sono sicura. Sto bene.- e aumento il passo per seminarlo, ma dopo poco mi fermo. Lui non ha colpa, sta facendo tutto questo per me senza che gli avessi chiesto niente. Aspetto che si avvicini -Scusa, sono stata sgarbata. Non avrei dovuto rispondere in quel modo.- -Non importa, capita di non essere dell'umore giusto...- é davvero comprensivo, davvero da ammirare -Hai fame?- mi accorgo solo adesso del mio stomaco che brontola e sorrido -Sì, abbastanza- -Allora seguimi- prendiamo un golf kart e ci dirigiamo verso la villa principale.
Michael apre la porta e una ragazza con i capelli scuri e una divisa gialla gli dice -Buon giorno signor Jackson, il pranzo é quasi pronto- Michael risponde con un sorriso -Grazie- con pochi passi arriviamo nella sala da pranzo e noto che sulla parete dietro al tavolo da pranzo c'è un grande quadro orizzontale che rappresenta Michael che passeggia circondato da bambini di ogni etnia, grandi e piccoli tutti sorridenti... Sento quello che dicono di lui e lo capisco, i giornalisti si inventavano e si inventano ogni genere di malignità su mio padre, ma io non ci credo, non credo che sia così "strano" come lo dipingono... Anzi mi sembra tutt'altro che strano o "pazzoide"... Mi sembra una delle persone più normali che abbia mai incontrato a dire la verità... -Il pranzo é pronto- la stessa ragazza di prima interrompe le mie osservazioni e così mi siedo a tavola davanti a Michael. Dopo un po' interrompo il silenzio che é calato -Ma sei sempre solo qui?- -No- scuote il capo accompagnando la risposta -Molto spesso vengono degli amici... Anzi proprio oggi dovrebbe venire un mio amico tra poco- -Ok- e continuiamo a mangiare. 
Il silenzio della sala viene interrotto dalla porta che si apre, dando spazio a due bambini che si avvicinano a noi -Michael?- chiama quello biondo e che sembra il più grande -Siamo qui- risponde Michael i due si avvicinano -Hey!- -Ciao Mike!- saluta anche il più piccolo castano -Allora facciamo anche oggi battaglia con i super soaker?- -Che cosa sono i super soaker?- interrompo e i due mi guardano come se arrivassi dalla luna -Non sai cos'è un super soaker?!- domanda il castano -No- -Allora lo vedrai più tardi... Sarà una bella sorpresa... Comunque Melanie lui é Mac-dice Michael indicando il biondo -E lui é Kieran- indicando il castano sorrido e loro sorridono di rimando -Lei é Melanie, rimarrà qui a Neverland per qualche giorno- continua presentandomi ai due bambini.
Più tardi nel pomeriggio ci ritroviamo in un grande prato con altri bambini -Bene! Ora che ci siamo tutti che la battaglia inizi!!- grida Michael. Ci dividiamo in squadre, io mi ritrovo in squadra con Michael, Mac e Levonne (una cugina di Michael, o almeno credo di aver capito così) e lei mi dà in mano una pistola di plastica con uno scomparto pieno d'acqua, Michael si avvicina a me -Questo un super soaker, quello che diceva prima Kieran- -Come funziona?- chiedo mentre lo giro tra le mani per osservarlo meglio -Devi premere il grilletto qui- premo il grilletto di plastica e spara uno schizzo d'acqua -Oh!- rido -Hai capito in fretta!!- ride anche lui -Possiamo cominciare!-.
Per tutto il pomeriggio facciamo battaglie con i super soaker correndo per i prati enormi del ranch! É stato il pomeriggio più divertente degli ultimi mesi! La nostra squadra ha vinto! -Ci sai fare per essere la tua prima volta!- sottolinea anche Mac.
Verso le nove tutti ci ritiriamo nelle nostre stanze e mi ritrovo sola come non mai in questi giorni e la malinconia e la tristezza mi assalgono. Mi siedo sul letto dalla trapunta a righe arancioni e rosa e sospiro, mi guardo in giro, é una bella stanza ha le pareti color rosa pallido e le tende bianche con dei fiori di ciliegio... Distolgo lo sguardo dalle tende e lo rivolgo verso le mie valigie e la custodia della mia chitarra, la prendo, apro la cerniera e la tiro fuori, la osservo e comincio a suonare.
Michael P.o.V.
Come sempre faccio un giro vicino alle stanze dei bambini per sentire se stanno bene, a un certo punto sento un rumore indefinito e mi avvicino sempre di più alla porta, man mano che mi avvicino capisco sempre di più, é la melodia di una chitarra, anche se sembra più che eseguire una melodia stia piangendo. La melodia continua per un po' ormai sono accostato alla porta, però adesso sento anche una voce femminile, é Melanie, la riconosco, canticchia una breve canzone e dopo poco il pianto della chitarra riprende per un po' per poi finire come é iniziata... Apro la porta e Melanie alza lo sguardo una lacrima fuggitiva scende sulla guancia che prontamente viene asciugata -Scusa Michael, non... Non ho pensato che potevo disturbare...- -Non ti preoccupare, Melanie- intanto mi siedo accanto a lei -Stai bene?- -Sì- alzo un sopracciglio -Sicura?- mi abbraccia e scoppia a piangere sulla mia camicia. La stringo e le accarezzo i capelli -Tranquilla...-. Rimaniamo così per un po' finché i suoi singhiozzi si affievoliscono e sento solo i suoi sospiri, alza la testa -Va meglio?- annuisce mentre le accarezzo una guancia -Ogni tanto ci vuole- -Grazie, Michael. Per tutto.- le sorrido e mi ricambia.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14
Neverland Ranch, Los Angeles, 1º dicembre 1991
Michael P.o.V.
Sento bussare alla porta della mia camera, sarà uno scherzo della mia mente e tento di riaddormentarmi. É sempre più insistente così mi alzo, sblocco l'allarme e apro la porta. Mi ritrovo Melanie in pigiama con gli occhi rossi e gonfi, ha pianto anche stasera. -Mike, mi sento sola, posso dormire qui con te?- -Certo, entra pure- le faccio spazio, richiudo la porta e intanto che lei si mette sotto le coperte io riaccendo l'allarme. -Vuoi guardare un film o qualcosa del genere?- annuisce così io apro un armadietto dove tengo le videocassette -Vuoi vedere un cartone animato o un film?- -Un cartone animato. "Gli Aristogatti". É il mio preferito. Ce l'hai?- chiede sorridendo timidamente -Certo- prendo la videocassetta dallo scaffale e la inserisco nel videoregistratore e il cartone animato ha inizio. Mi metto sotto le coperte e Melanie appoggia la testa sul mio petto. Dopo circa un'ora e mezza il film é finito e mi accorgo che Melanie dorme profondamente forse anche da un po'... É così piccola, così indifesa, eppure certe volte ha anche più forza di un adulto... Anche perché ci vuole tantissima forza per affrontare una perdita come la sua... Più la guardo e più sento di voler fare qualcosa di importante per aiutarla, ma ogni volta non ho idee sul da farsi. Dopo un po' i miei pensieri mi danno pace e finalmente riesco a dormire.
Neverland Ranch, Los Angeles, 4 dicembre 1991
Michael P.o.V.
-Signor Jackson, la cena é quasi pronta- annuisco per chiamare gli altri, mi volto e non trovo Melanie -Mac, dov'è Melanie? Non era qui con te?- -Sí- risponde Mac -Ma a un certo punto ha preso se n'è andata fuori.- -Dove?- -Non lo so- e scrolla le spalle. Decido di uscire per cercarla, presto sarà buio e per com'è grande il ranch potrebbe perdersi... Percorro tutto il viale, a un certo punto qualcosa attira la mia attenzione e mi volto in direzione del Giving Tree* e noto Melanie seduta su un ramo -Melanie?- non mi sente e vedo le cuffie, così mi arrampico anch'io -Melanie?- si gira e si toglie le cuffie -Ciao, scusa se me ne sono andata senza dire niente...- -Non ti preoccupare- rimaniamo così per un po' a fissare il sole scomparire dietro l'orizzonte -Ti piace qui?- -Sì, anche se non sono ancora abituata al caldo- risponde sorridendo lievemente -Già, dopo un po' ti ci abitui...- -Perché? Di dove sei?- -Gary, in Indiana- -E fa tanto freddo lì?- sorrido -Abbastanza- abbassa lo sguardo per un attimo, credo per seguire un pensiero e continua -Però nessun posto batterà il freddo di Londra...- sospira -Mi manca- -Londra?- -In parte... Ma sopratutto mi manca papà... E ultimamente, non so perché, ma sento la mancanza di mia madre più del solito... Non che non mi manchi il resto del tempo, ma c'è qualcosa nell'aria del ranch che me la fa pensare più spesso del normale...- -Se ti fa piacere, potresti parlarmi di lei... Solo se vuoi, non ti obbligo a- taglia la frase -Sì, mi va... Così alleno anche un po' la memoria e non la dimentico...- -Come si chiamava?- -Kate, anche se tutti la chiamano, cioè chiamavano Katy- -E come era?- -Era bellissima, aveva i capelli biondi fino a metà schiena e aveva gli occhi blu che a volte sembravano verdi... Papà si chiedeva sempre come succedesse e ogni volta diceva "non sono io a comandare i miei occhi, non ho un telecomando per cambiare il colore come si cambia canale alla tv"...- sorride e gli occhi di sua madre mi fanno pensare a qualcuno di famigliare, ma al momento non riesco a dare un viso a quegli occhi -E poi? Ti ricordi altro di lei?- -Era dolcissima ed era sempre ottimista, sono e sarò sempre d'accordo con lei su questo perché "é stupido non sperare. E credo che sia peccato".**- sorride -É ora di cena penso che tra poco verranno a cercarci se non torniamo abbastanza in fretta- -Già ora di cena? Non me ne ero neanche accorta...- scendiamo dall'albero e ci incamminiamo lungo il viale, adesso mi sembra più sollevata, più rilassata, credo che le abbia fatto bene questa chiacchierata.


Nota dell'autrice
* Il Giving Tree é un albero presente nei giardini di Neverland, al quale Michael era molto affezionato, perché, come aveva detto molte volte, quell'albero gli aveva dato ispirazione per la composizione di alcune tra le sue canzoni più famose (ad esempio "Heal the world" e "Black or white").

** É una citazione dal libro "Il vecchio e il mare" di Ernest Hemingway, ed era il libro preferito da Michael.

P. S. Ultimamente ho notato un calo delle visite e delle recensioni e se il calo é dovuto a qualcosa che non va nella storia, vorrei saperlo con una recensione o un messaggio personale. Grazie ancora per continuare a leggere la mia storia. :)

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15
Neverland Ranch, Los Angeles, 6 dicembre 1991
Michael P.o.V.
É il suo ultimo giorno qui. Non voglio che se ne vada. In questi giorni abbiamo legato moltissimo e non voglio riportarla a Londra, perché so che questo significherebbe perderla per sempre e per lei significherebbe rimanere definitivamente sola a questo mondo. Gli occhi mi pizzicano intanto che penso a una soluzione... Le voglio bene... Le voglio bene come... Come... Come a una figlia... La mia mente si accende! Ecco la soluzione! L'adotterò! Così rimarrà con me e avrà una famiglia! Però... Però dovrei dirlo prima a Mary, lei é la sua tutrice. E se non volesse? Se volesse adottarla lei? Io non avrei nessuna possibilità! Devo chiamarla, non mi interessa del fuso orario, devo chiamarla adesso!
Prendo il telefono e compongo il numero di Mary, premo velocemente i tasti di quest'aggeggio infernale, 
suona -Rispondi, per favore...- sussurro in ansia 
-Pronto?- risponde la donna assonnata 
-Pronto? Sono Michael, devo parlarti di una cosa importante, scusa se ti ho svegliato...- 
-Dimmi- 
-Voglio parlarti di Melanie- 
-Ha fatto qualcosa di male?- 
-No- sospira di sollievo 
-Vorrei parlarti della sua adozione- 
-Va bene, continua- 
-In questi giorni abbiamo legato molto e... E le voglio molto bene e... E vorrei adottarla- dico tutto d'un fiato Mary dall'altra parte non risponde -Mary? Ci sei?- 
-Sì, ci sono e che... Non me l'aspettavo, anche se avevo l'impressione che avreste legato.- 
-Cosa ne pensi quindi?- 
-Melanie si trova bene lì?- -Sì- 
-E ti vuole bene?- 
rispondo con un sorriso -Sì- 
-Allora puoi adottarla. Ti do la mia autorizzazione e benedizione- 
-Grazie- sono commosso -Non hai paura di fare la cosa sbagliata?- 
-No, nella tua voce sento lo stesso entusiasmo che aveva il mio Freddie, quindi penso che le vorrai bene quanto lui- 
-Ancora grazie. Che Dio ti benedica.- 
-Ora se non ti offendi, vorrei tornare a dormire- 
-Certo, hai ragione. Scusa se ti ho svegliato a quest'ora. Che Dio ti benedica.- 
chiudo la telefonata e in quel momento scende Melanie appena sveglia -Buongiorno!- 
-Buongiorno, Mike- 
-Dormito bene?- 
-Sì- sembra giù di morale 
-Devo darti una notizia- rimane ferma alla porta con fare dubbioso 
-É una brutta cosa?- 
-No, non penso.- alza un sopracciglio 
-Ho parlato con Mary poco fa...- 
-Lo so già che domani devo tornare a Londra...- 
-Non ho parlato di questo. Voglio adottarti.- 
-Adottarmi?- sgrana gli occhi 
-E che ti ha detto?- 
-Mi ha detto di sì!- 
-Sì?!- corre tra le mie braccia -Grazie! Non pensavo che mi volessi così bene!- alza la testa e gli occhi le luccicano -Come devo chiamarti da adesso? Devo chiamarti "papà"?- 
-Come vuoi- sorride e io sorrido con lei.
Ufficio del Dipartimento della famiglia, Londra, 7 dicembre 1991
Michael P.o.V.
Sono nervoso. Spero che accettino la mia richiesta di adozione. Continuo a picchiettare il piede -Non resisto... E se non fossi idoneo?- 
-Non ti preoccupare, Mike- Elizabeth cerca di rassicurarmi accarezzandomi la spalla 
-E allora perché ci stanno mettendo tutto questo tempo?- sbuffo 
-Non lo so, ma sicuramente non perché non sei idoneo- 
-Potete entrare- una donna sbuca dall'ufficio e ci fa entrare -Piacere, sono Christine Daniels, l'assistente sociale, mi occuperò del vostro caso- la donna stringe la mano a Elizabeth e poi a me -Sedetevi pure- ci sediamo davanti alla scrivania, intanto la signora Daniels si siede dall'altro lato -Posso farvi qualche domanda?- 
-Certo- annuiamo 
-Bene, cominciamo con lei signor Jackson. Lei é sposato?- 
-No- 
-Ok, ha mai avuto esperienza nella custodia di minori?- 
-No, ma- 
-Va bene, ora passiamo a lei signora Taylor- non sta andando bene 
-Ha mai avuto esperienza nella custodia di minori?- 
-Sì, é così che ho adottato mia figlia Maria- 
-Ok, adesso Melanie devo farti qualche domanda, come conosci Michael?- 
-É un amico di mio papà- 
-Ed é la prima volta che lo incontri?- 
-No, l'avevo già conosciuto quando avevo cinque anni, ero con mio papà- 
-Sei contenta di andare a vivere con lui?- 
-Sì- sorride, spero riesca a convincerla 
-Voi conoscete i genitori naturali di Melanie?- 
-No- diciamo all'unisono. Melanie abbassa lo sguardo, non ama parlare di certe cose con chi non conosce 
-Ho bisogno che restiate in città a disposizione, per comunicarvi l'esito della richiesta- 
-Va bene- 
-Grazie per la vostra disponibilità- ci stringe di nuovo la mano e ci accompagna fuori dall'ufficio. 
-Non voglio che mi portino via- Melanie mi abbraccia, mi abbasso per guardarla negli occhi -Nessuno ti porterà via da me- spero di averla rassicurata, spero di essermi auto-rassicurato.
Passano alcune ore, ore di ansia che sembrano infinite. Quando ci richiamano siamo nella mia stanza in albergo e corriamo più velocemente possibile. Arriviamo con il cuore in gola, e non solo per la fretta... -Potete entrare- ci chiama nel suo ufficio la signora Daniels e come prima ci sediamo davanti a lei 
-Grazie per essere venuti il prima possibile...- spero in bene 
-Ho il responso per la vostra richiesta...- il cuore batte all'impazzata e riesco a leggerlo anche in Melanie e Elizabeth 
-E il responso é positivo- ho perso un battito, non ci speravo più Melanie mi abbraccia
-Grazie- sussurra Elizabeth dopo l'abbraccio la ringrazio anch'io 
-Grazie. Che Dio la benedica-. Non posso crederci! Sono al settimo cielo!
Dopo aver compilato le documentazioni necessarie andiamo a Garden Lodge, lì ci aspetta Mary per prendere tutte le cose di Melanie. -Ciao! Sono davvero contenta di avervi qui!- aspetto Melanie al piano di sotto parlando con Elizabeth e Mary, lei vuole prendere le sue cose da sola, posso capirla vuole salutare la sua casa per l'ultima volta, dopo un po' Mary la raggiunge al piano di sopra, salgo anch'io e la ritrovo con una foto in mano, mi avvicino e capisco perché si é fermata: la foto é del suo ultimo compleanno, quando Freddie stava relativamente bene, le accarezzo una spalla e si gira verso di me con un sorriso triste -Possiamo stare qui tutto il tempo che vuoi, non c'è problema, prenditi il tuo tempo.- 
-Potremo tornare qui?- 
-Certo, ogni volta che vuoi... Hai finito di prendere tutto?- annuisce e mette la foto in una borsa -Possiamo andare- prendo alcune borse e arrivati all'ingresso troviamo due gatti: uno bianco con delle macchie nere e marroni sul muso e un altro completamente bianco -Hey- sussurra Melanie andando incontro ai due mici  -Sono Delilah e Yuki, quella a macchie, Delilah, era la gatta preferita di Freddie, quella bianca, Yuki, l'ho portata io a Natale- intanto Melanie gioca con i gatti          -Melanie, vuoi portarle con noi?- si gira verso di me lasciando i felini 
-No- 
-Perché no?!- diciamo insieme io e Mary 
-Loro abitano qui, non potrebbero stare in nessun altro posto. Mary ha già provato portarsene uno a casa ed é ritornato qui... Se li portiamo in America troverebbero qualsiasi modo per tornare qui, tornerebbero anche a nuoto... Quindi preferisco che stanno qui. E poi tu mi hai detto che possiamo tornare quando voglio, così posso far visita anche a loro- sorride abbraccia Mary 
-Fai la brava con Michael- 
-Certo- e abbraccio Mary anch'io 
-Adesso ho salutato tutto e tutti qui, possiamo andare- 
-Sei sicura?- annuisce 
-Allora andiamo- continua Elizabeth. Intanto che carichiamo l'auto Melanie osserva la villa -Mi mancherai- sussurra e poi saliamo tutti in macchina. Si parte.

Note dell'autrice
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vorrei sapere la vostra opinione! :)

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16
Neverland Ranch, Los Angeles, 25 dicembre 1991
Melanie P.o.V.
Apro gli occhi e guardo la sveglia: sono le otto, é il momento. Esco dalla mia stanza e vedo tantissime decorazioni, tutte rosse, oro e verdi. Quando ha decorato la casa?! Man mano che scendo noto sempre più decorazioni. É bellissimo! Michael ne sarà estasiato! Arrivata all'ingresso sento bussare: Elizabeth é arrivata. Apro la porta ed entra con la sua ormai nota grazia. -Michael si é svegliato?- 
-No, non ha sentito niente- 
-Bene. Andiamo a svegliarlo- risaliamo le scale arriviamo davanti alla porta della stanza di Michael e Elizabeth bussa 
-Michael...- silenzio -Michael... Sono lo spirito del Natale e sono qui per prenderti...- lo chiama con una voce buffissima sorrido e dopo poco Michael esce e si guarda in giro quasi non riconoscendo la sua stessa casa... É a bocca aperta mentre scendiamo in salotto seguiti anche da Sugar, il fidato cagnolino di Elizabeth, papà non si fida di lui... -Benvenuto al tuo primo Natale, Michael- dice Elizabeth sorridendo. Arriviamo in salotto, davanti a noi si presenta un grande albero addobbato e sotto di esso tantissimi pacchetti. Stavolta sono sorpresa anch'io -Che aspettiamo? Andiamo ad aprire i regali!- ci incita Elizabeth ci avviciniamo e papà gira per la stanza ancora incredulo. Mi siedo sul tappeto e prendo un pacchetto studiandolo -Prendi quello che vuoi- 
-Davvero?- 
-Sì, prendi tutti quelli che vuoi- anche papà ci raggiunge e prende un pacchetto e lo scarta, é un maglione rosso -Uhh, bello- e lo indossa sorridendo, prende un altro pacchetto lo scarta -Super soaker!- riconosco la parola e mi giro -Ahah! Adesso so come svegliarti!- grida rivolgendosi ad Elizabeth 
-E come?- chiede lei girandosi -Oh no! Michael! Non provarci neanche! Dai Melanie, apri il regalo!- solo adesso mi rendo conto che non ho scartato neanche un regalo, tolgo la carta -Dei pattini! Grazie! Era da un sacco di tempo che non ne avevo un paio!- 
-Sono contenta che ti piacciano!- 
-Elizabeth, posso prendere questo qui? So che é per te, ma posso prenderlo io?- chiede papà indicando il pacchetto che ha in mano 
-Certo, Michael- sorride Elizabeth 
-Ma, perché proprio quello?- interviene Larry, il marito di Elizabeth -Sai già cosa c'è dentro?- 
-Sì, un super soaker- 
-Come fai a saperlo?- 
-Lo vedo dal buco della carta qui!- dice ridendo 
-Non vale!- grida Elizabeth, mentre ormai papà si sta sbellicando dalle risate -Voglio una pistola ad acqua anch'io!- grida Elizabeth. Continuiamo così per un po' con il risultato che tra gli altri regali papà ha trovato 5 super soaker, mentre io 3 e Elizabeth solo 1, un po' mi dispiace per lei!
Dopo aver aperto tutti i regali io giro per la casa con i miei nuovi pattini arancioni e viola, mentre Elizabeth e Larry fanno colazione in cucina e papà sta ancora sul tappeto... Non so perché... Così interrompo il mio giro e ritorno in salotto, lui alza la testa sentendomi arrivare, questi pattini fanno così tanto rumore, e mi siedo vicino a lui -Che hai papà?- 
-Niente, tutto a posto...- 
-A me non sembra... É per i regali? Non ti piacciono? Pensavo ti piacessero...- 
-Non é per i regali...- 
-E cos'è allora?- 
-É che non ho mai festeggiato il Natale...- 
-Oh...- 
-E stavo pensando a tutto quello che ho perso in questi anni...- 
-Ma perché non l'hai mai festeggiato?- 
-Ero testimone di Geova fino a qualche anno fa... E i testimoni di Geova non festeggiano Natale o qualsiasi altra festa- 
-Neanche il compleanno?- 
-No- 
-E che facevi allora a Natale o durante le alte feste?- 
-Io e miei fratelli facevamo le prove per gli spettacoli o eravamo in studio di registrazione- 
-Un po' triste...- 
-Già... Ma da adesso non sono più triste- sorride e sorrido anch'io.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17
Ritz Hotel, Atene, Grecia, 2 maggio 1992
Michael P.o.V.
Vedo alla televisione sempre la stessa cosa: genitori e figli, genitori e figli... Lo stesso pensiero continua a tormentarmi e a disturbare il mio sonno già abbastanza disturbato... Devo trovare il padre biologico di Melanie, glielo devo... Mi vengono in mente gli indizi che mi hanno dato Freddie e Mary così prendo un foglio, una penna e comincio a scrivere tutto quello che ricordo:

Padre di Melanie?
•Afroamericano
•Di Gary, Indiana
•Nato nel 1958
•Canta o cantava nella band con i suoi fratelli
•É stato a Londra tra agosto e novembre 1977
•Si chiama Michael

Continuo a leggere queste righe dalla prima all'ultima e viceversa alla ricerca di un appiglio, ma ad un certo punto un pensiero mi illumina... Io sono afroamericano... Io sono di Gary... Io sono nato nel 1958... Io cantavo con i miei fratelli... Io sono stato a Londra tra agosto e novembre 1977 (e ho anche avuto una relazione in quel periodo)... IO MI CHIAMO MICHAEL! SONO IO IL PADRE DI MELANIE! Non riesco a crederci, salto dal letto incredulo e mi metto le mani nei capelli -Non é possibile...- sussurro tra i denti... Eppure é così, frequentavo Katy in quel periodo e sono stato malissimo quando non mi ha mai più richiamato, pensavo avesse trovato un altro e si fosse dimenticata di me... Invece... Sono uno stupido... Se me lo avesse detto, se avessi provato a insistere, io mi sarei preso le mie responsabilità molto prima... E magari non saremmo arrivati a questo punto... Mi dispiace Katy... Mi dispiace... Ti ho amato tanto... Una lacrima sfugge dai miei occhi...
Prendo il telefono e chiamo il dottor Klein -Pronto?- risponde con voce ferma 
-Pronto dottor Klein?-
-Buonasera Michael, c'è qualche problema?- 
-In un certo senso sì. C'è un mio amico che ha incontrato una ragazzina e pensa che probabilmente lei é sua figlia. Potrebbe fare un test di paternità?- 
-Certo, basta che mi porti un capello del tuo "amico" e della ragazzina che pensa essere sua figlia- 
-Ok, me li farò dare e li porterò domani quando vengo nello studio.- 
-Va bene- 
-Quanto tempo ci vorrà per i risultati?- 
-Non lo so. Se mi dai l'indirizzo del tuo amico potrei mandarglielo quando mi arrivano- 
-No, no, può dirli a me, gli riferirò io di persona- 
-Ok, come vuoi Michael- 
-Grazie e scusi per il disturbo- 
-Di niente-
                                                                                ***
Studio medico del dottor Klein, Los Angeles, 7 maggio 1992 (mattina)
Michael P.o.V.
-Buongiorno Michael- -Buongiorno- -Ho i risultati del test del tuo "amico".- -Bene- -Il test é positivo- come pensavo, Melanie é mia figlia. É mia e di Katy. E in tutti questi anni non ho saputo niente di lei e della prematura scomparsa di Katy. Dovrò dirlo a Melanie. Non so come farò, ma lo devo fare.
Neverland Ranch, Los Angeles, 7 maggio 1992 (pomeriggio)
Michael P.o.V.
Devo parlare con Melanie, devo dirle la verità... 
Melanie P.o.V.
Sono sul Giving Tree con le cuffie nelle orecchie quando sento un rumore tra le foglie, mi giro e vedo papà che si siede vicino a me. Non so che cos'ha, sembra preoccupato, ma non capisco perché, é di questo umore da quando é tornato dalla visita dal suo medico, ma non saprei dire cosa lo preoccupa -Che cos'hai papà?- 
-Niente- sospira -A dire la verità, devo dirti una cosa...- mi giro verso di lui 
-Ho scoperto... Ho scoperto chi é tuo padre...- Ha scoperto chi é?! Voglio saperlo! 
-Davvero?! Chi é?! Come si chiama?!- si morde il labbro nervoso 
-Tuo padre... Tuo padre...- 
-Sì...- 
-Sono io- come é possibile? Mi sta prendendo in giro 
-Cosa?!- 
-Sì, ho fatto anche un test di paternità...- 
-Ma tu mi hai detto che non conoscevi mia madre...- 
-Pensavo anch'io così... Anni fa ho frequentato a Londra una ragazza di nome Katy, ma non avevo capito che fosse tua madre...- non riesco a crederci ho cercato il mio vero padre per così tanto tempo, mi chiedevo dove fosse o se avesse mai pensato a me... E invece é sempre stato con me... 
-Ho una domanda da farti, l'ho promesso a me stessa e a mio padre che se avessi mai trovato il mio vero padre gliela avrei chiesta... Perché hai lasciato sola mia madre?- 
-In realtà non l'ho mai lasciata. Quando ci siamo separati in aeroporto prima che me ne andassi le avevo promesso che sarei venuto da lei ogni volta che potevo, ma non ne ho avuto il tempo...- 
-Perché?- 
-Una sera, mia sorella LaToya mi ha riferito che una ragazza al telefono le aveva detto di riferirmi che non dovevo chiamarla mai più. Il giorno dopo ho provato a richiamarla, ma non rispondeva, anzi una voce registrata mi diceva che aveva cambiato numero. Ero a pezzi, volevo parlare con lei capire cosa era successo, ma non avevo nient'altro che un numero non più valido...- 
-E allora perché non sei mai venuto di persona?- 
-L'ho fatto, sono andato a Londra circa un anno dopo, ma avrei preferito non esserci mai andato...-

Holland Road, Londra, 15 ottobre 1978
Michael P.o.V.
Sono sotto casa di Katy, qui ci siamo dati tanti appuntamenti, ci siamo scambiati tanti baci... E ora sto aspettando che esca di casa, voglio sapere perché non mi vuole più. Mi copro ancora di più con la visiera del cappello, non voglio essere riconosciuto ora, non é il momento. Abbasso lo sguardo per scalciare un sassolino e vengo colto alla sprovvista quando vedo Katy uscire dal portone: é bellissima come sempre, sembra soltanto un po' stanca, con delle leggere occhiaie che circondano i suoi straordinari occhi blu e i capelli biondi legati alla rinfusa in codino. Sono tentato di avvicinarmi per parlarle, ma mi fermo, quando dal portone esce un uomo apparentemente indiano di circa trent'anni che spinge una carrozzina e capisco tutto: Katy non mi ama più e per giunta ha un figlio con un altro uomo.
Non ho più speranze. Katy mi ha dimenticato.

Neverland Ranch, Los Angeles, 7 maggio 1992 (pomeriggio)
Michael P.o.V.
-Ora capisco che mi ero sbagliato. Vorrei solo aver insistito di più. Solo questo. Però é troppo tardi. Spero non sia troppo tardi per te- e sorrido a Melanie
-Non é tardi- sospira -Ma vorrei che mamma fosse qui per saperlo...-
                                                                                    ***
Kensal Green Cemetery, Londra, 19 luglio 1992
Michael P.o.V.
Adesso Melanie é legalmente mia figlia, siamo una famiglia. Vorrei che ci fosse Katy per vederlo.
Abbiamo deciso di fare visita alla sua tomba prima di tornare a casa. Superato il cancello Melanie mi prende per mano, per la prima volta da quando é arrivata a Neverland, e mi fa strada attraverso un sentiero di ghiaia. Mi fa uno strano effetto essere qui, non avrei mai pensato di arrivare a questo punto con lei, a questo punto avrei preferito vederla con un altro uomo, ma almeno ancora su questa terra. Non riesco ancora a crederci. Arriviamo alla lapide, é di un freddo marmo, ci é inciso il suo nome e una frase "The way you love me is the sweetest love" (Il modo in cui mi ami é l'amore più dolce) chiunque ha inciso la frase ha proprio ragione, Katy era dolcissima. Melanie interrompe i miei pensieri -Ciao, mamma... Come va?- si inginocchia per appoggiare un mazzo di fiori, parla come se fosse qui,come se stessero chiacchierando davanti a un tè -Hai proprio ragione...- abbassa il tono della voce -Papà é proprio come l'avevi descritto...- sta parlando di me, con lei. Mi avvicino a Melanie -Ciao, Katy- sussurro -Scusa, se sono arrivato così tardi... Non avrei dovuto...-
Dopo aver passato circa due ore andiamo via.
Sono amareggiato, non mi aspettavo di stare così. Mi sento anche in colpa, non ho insistito come avrei voluto. E siamo finiti così. Io senza di lei. E lei tre metri sotto terra. É brutto da dire, ma é così che mi sento. Mi vergogno per non esserle stato accanto alla nascita di nostra figlia e di non essere stato lì in quei momenti. Perché non hanno ancora inventato la macchina del tempo come nei film? Io mi sono sentito solo senza di lei. Solo Dio può sapere come si sia sentita sola quando ha saputo di Melanie e non ero con lei. E non voglio immaginare come si sia sentita Melanie quando Katy é scomparsa.

Nota dell'autrice
Come sempre i commenti e i consigli sono ben accetti. :)

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18
Copenaghen, Danimarca, 20 luglio 1992
Michael P.oV.
Il concerto é finito. Melanie é andata a dormire ed é tempo di andare a dormire anche per me. Dopo aver messo il pigiama mi metto sotto le coperte e in poco tempo mi addormento.
Mi ritrovo all'Hoxton Pony, sembra passato un secolo dall'ultima volta che sono venuto qui, non é cambiato niente. Ognuno pensa alla propria vita: niente fan, niente urla, niente autografi, da non so quanto non provavo questa sensazione di essere uno "sconosciuto". Mi siedo vicino al bancone e sento una risata che riconoscerei tra mille: mi guardo in giro per trovarla quando lei si gira verso di me: Katy é bella come sempre, il cuore non mi batteva così da tempo. -Ciao!- mi saluta
-Ciao!- le rispondo
-Come va?-
-Bene- sospiro -Tu?
-Non va male... Non sei cambiato per niente...- 
-Invece sì...- abbasso lo sguardo 
-Per me sei ancora il ragazzo che amo e che crede di poter diventare invisibile dietro la visiera di un cappello da baseball...-
-É un'invisibilità metaforica... Tu invece non sei cambiata per niente, sei bella come sempre- sorride
-Mi hanno detto che hai incontrato Melanie-
-Già-
-Che ne pensi?-
-É una brava ragazza- 
-Ti somiglia tanto- sospira
-Dici?-
-Sì. Ti somiglia tanto... Così tanto che...- si interrompe e si morde il labbro inferiore -Così tanto che c'erano giorni in cui credevo saresti tornato, perché é tua figlia e non potevate stare lontani, e altri invece in cui mi deprimevo, perché sapevo che alla fine non saresti tornato proprio perché eri troppo lontano.- i suoi occhi brillano
-Secondo me però somiglia tanto anche a te-
-E in cosa?-
-É dolcissima, proprio come te, e ha un gran cuore-
-Non é merito solo mio, Freddie l'ha cresciuta in mia assenza-
-Ha fatto un grande lavoro... Come sta?-
-L'ho trovato bene... Mi ha anche raccontato quella volta in cui ti ha parlato di te, ma non sapeva che eri te e ti ha chiamato farabutto...- ride
-Sì, mi ha chiamato il "farabutto americano"...- rido anch'io
-Esattamente, comunque mi ha detto di chiederti scusa-
-Digli che accetto le sue scuse...- sorride
-Oh! Ho anche incontrato un ragazzo, si chiama... Ryan*, sì Ryan e mi ha detto che era un tuo amico e di salutarti da parte sua.-
-Come sta?-
-Ha ricominciato a studiare, ne é felice, perché finalmente può studiare senza la paura che lo allontanano-
-Meglio così- sospiriamo quasi all'unisono
-Ti amo ancora- la sorprendo e alza gli occhi incredula
-Davvero? Pensavo che mi avevi ormai dimenticato- 
-Invece no, non ti ho dimenticata. Ogni sera fino ad ora cercavo di immaginare dove fossi, se accanto a te c'era qualcuno, se quel qualcuno ti stava rendendo felice e se ogni tanto ti capitava di pensarmi...- abbassa lo sguardo
-Da quando ci siamo allontanati io ho pensato sempre a te, sempre, ogni sera aspettavo una tua telefonata o che mi facessi una sorpresa ed entrassi dalla porta, speravo che un giorno Melanie ti sarebbe corsa incontro come succede alle famiglie dei film...- una lacrima le sfugge sulle labbra e io la raccolgo con le mie in un bacio. Rimaniamo così per un po' finché ci separiamo controvoglia -D-devo andare, hanno bisogno di me- -Anche noi abbiamo bisogno di te- -D-devo andare Mike. Ricordati che ti ho sempre amato fino all'ultimo respiro e ricorda sempre a Melanie che io ci sono sempre e le voglio sempre bene- -Glielo ricorderò. Anche tu ricordati che ti amo- mi accarezza una guancia e si gira per l'ultima volta dietro al bancone per andarsene definitivamente.
Mi sveglio e mi sento solo, come non mi sentivo da anni. Come se nel mio petto ci fosse un buco profondo, precedentemente occupato dal mio cuore, che adesso tiene Katy. La mia Katy.

Note dell'autrice
* Ryan White era un ragazzo di diciotto anni amico di Michael che nel 1990 é morto per AIDS al quale ha dedicato la canzone "Gone Too Soon".

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19
Culver City, Los Angeles, 14 agosto 1992
Melanie P.o.V.
Io e papà siamo davanti al portico bianco di legno di una casa. Papà mi ha detto che qui vive quella che dovrebbe essere la madre di mia madre, in poche parole mia nonna. Non so niente di lei anche perché nemmeno papà ha mai avuto l'occasione di conoscerla. Ci ha chiamati circa due settimane fa e ha detto di volermi conoscere. -Suono? Sei pronta?- domanda papà
-Credo di sì- suona il campanello dopo poco si sente una voce femminile -Arrivo- e ci apre la porta una donna sulla cinquantina con i capelli castani striati di argento e gli occhi azzurri, é molto simile a mia madre -Entrate- accenna un sorriso, entriamo e per prima cosa noto una foto su un tavolino nell'ingresso, mi avvicino per osservarlo meglio e la vedo subito: mia madre, molto piccola con un vestito rosa a fiori che sorride -Sì, Katy era bellissima...- mi giro di scatto -Le somigli- abbasso lo sguardo -S-scusa n-non volevo... I-io...- 
-No, non si preoccupi- 
-Oh, non darmi del lei, sono tua nonna dopotutto...-
-Ha, cioè hai ragione...-
-Non state così impalati, sedetevi, mettetevi comodi- eseguiamo l'ordine e ci sediamo sul divano -Michael, ti do del tu, vuoi un caffè?-
-Sì, grazie- mi guardo in giro, il salotto ha le pareti color pesca tappezzate di fotografie, anche di mamma, abbasso lo sguardo, ma papà capisce, mi accarezza una spalla e dopo poco arriva nonna, visto che la devo chiamare così -Ecco il caffè, Michael. Ho portato anche dei dolcetti per te, Melanie, prendi pure tutti quelli che vuoi- sorrido e ne addento uno, sono alla cannella -Ti piacciono?- chiede nonna
-Sì, sono davvero deliziosi- annuisco
-Sono contenta che ti piacciano- sospira -Prima di tutto devo spiegarvi un paio di cose, in primis perché non mi sono fatta sentire in tutti questi anni... Il fatto é che Edward, mio marito, che riposi in pace, era molto credente e non voleva accettare che sua figlia fosse rimasta incinta al di fuori del matrimonio, perciò ha voluto interrompere qualsiasi contatto, ma Dio sa quanto ho desiderato, quante volte sono stata tentata ad alzare quella cornetta e parlare con lei ed ero così a pezzi quando ho saputo dell'incidente... Però Edward era così testardo, riusciva così tanto a imporsi sugli altri, che non ho potuto fare altro che pregare per lei da qui... E vorrei chiederti scusa Melanie, anzi vorrei chiedere scusa a entrambi, vorrei scusarmi per il mio silenzio...- rimaniamo un attimo in silenzio papà mi guarda 
-Accetto le tue scuse, nonna. Ora capisco perché non avete mai chiamato... Non era colpa tua...- mi avvicino e l'abbraccio
-Grazie, non sai quanto significa per me tutto questo...- scioglie l'abbraccio e mi accarezza una guancia -Ti ho sempre voluto bene... Anche se non ti conoscevo, sapevo di volerti bene...- rimaniamo così per un po', poi mi chiede -Raccontami qualcosa, cara, per esempio... Quanti anni hai?... O che classe fai adesso?- ritorno al mio posto accanto a papà e rispondo -Beh... Ho quasi 14 anni...-
-Quando fai il compleanno?-
-Più o meno tra due settimane...-
-Oh... Stai diventando grande allora!- sorrido imbarazzata
Continuiamo a chiacchierare per circa due ore finché non arriva l'ora di andare -Mi dispiace così tanto che sia già ora di andare...- e mi abbraccia
-Già...- sorrido tristemente, mentre sciogliamo l'abbraccio
-Allora ci vediamo- e mi accarezza la guancia
-Ciao!- io e papà salutiamo in coro prima di salire in macchina e andare.

Note dell'autrice
Come al solito aspetto le vostre recensioni e magari, se volete, anche delle domande sulla storia, per esempio a proposito dei personaggi o anche delle critiche se qualcosa non vi piace. Tutto é ben accetto! :)

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Capitolo 20
Neverland Ranch, 29 agosto 1992
Melanie P.o.V.
Oggi é il mio compleanno! Oggi compio 14 anni! -Buon compleanno, Melanie!- mi augura papà mentre mi avvicino alla cucina
-Buon compleanno Michael!- grida Mac quasi scavalcandomi
-Buon compleanno?- domando incredula
-Sì. Oggi é il suo compleanno! Hai organizzato qualcosa?-
-Davvero? Non lo sapevo... Allora... Auguri papà!-
-Non le fai gli auguri Mac?- dice papà
-Perché?- chiede il biondo
-É anche il suo di compleanno...- mi indica
-Oh... Non lo sapevo... Allora... Buon compleanno anche a te!-
-Grazie...- sorrido imbarazzata
-Comunque hai organizzato qualcosa per i vostri compleanni?- continua Mac
-Ehm...- si gratta la testa -A dire la verità... No-
-No?! Perché no?! Ci sono due compleanni e non fai niente?! Non ci credo e non voglio crederci!- Mac incrocia le braccia in segno di protesta avvicinandosi a papà -A me lo puoi dire-
-Non c'è niente da dire-
-Davvero?- solleva le sopracciglia
-Davvero- papà insiste con lo stesso tono del bambino
-Dai! Dimmelo!- e gli avvicina l'orecchio
-Ok...- sussurra mordendosi il labbro inferiore -NON C'È NESSUNA FESTA!- grida papà quasi stordendo Mac, io ridacchio
-Non é vero, Mike! Dimmelo!- papà sbuffa, mi guarda e si avvicina all'orecchio di Mac e bisbiglia qualcosa che non capisco e poco dopo Mac ridacchia
-Però non dirlo a nessuno, mi raccomando- e mette l'indice sulle labbra per fargli fare silenzio
-Prometto sarò muto come una tomba... Almeno fino alle tre...-
-Mac!- grida papà -Avevi promesso!-
-Non ho detto niente!- papà alza un sopracciglio
-E non dire più niente allora!-
A volte non riesco proprio a capirli, ci vorrebbe un dizionario solo per loro...
                                                                           ***
La mia sveglia con i cuccioli indica le tre meno dieci quando papà entra nella mia stanza, ma non lo sento grazie alle cuffie che sparano i Pink Floyd a tutto volume
-Melanie?- mi chiama toccandomi la spalla
-Sì?- rispondo togliendomi le cuffie
-Tra poco arriveranno dei bambini, sai, dalle organizzazioni di beneficenza, per stare un po' qui... E vorrei che andassi in giardino per accoglierli, perché io adesso ho altro da fare... Ti va bene?-
-Sì, va bene. Hai detto in giardino?- annuisce
-Esattamente. Io devo andare ora. Tu comincia a scendere-
-Ok- papà esce dalla mia stanza mentre rimetto a posto il mio lettore cd per poi scendere come mi ha chiesto. Sono davanti alla porta sul retro e sto per uscire, ma sento delle voci -Shhh! Non fate rumore! Non deve sentirvi!- mi avvicino alla maniglia -Sta arrivando fate silenzio!- apro la porta e mi ritrovo tantissime persone, alcune che conosco e altre no, e al centro papà -SORPRESA!- tutti gridano
-Wow!- sussurro
-Buon compleanno!- sento gridare un po' indistintamente, osservo gli addobbi rosa e arancioni, soprattutto il più grande dove c'è scritto "Buon 14º compleanno Melanie" in caratteri cubitali. Non riesco a crederci... Anche se dovevo sospettarlo da stamattina...
Papà mi fa conoscere gli invitati alcuni li conoscevo già come Elizabeth, zia Janet e nonna Kathrine, altri invece non li avevo mai visti come degli amici di papà. La festa comincia. -Ti stai divertendo?- mi chiede zia Janet dopo un po'
-Sì. É molto divertente.-
-Te l'aspettavi?-
-Un po' sì.-
-Effettivamente tuo padre non é molto bravo a tenere i segreti! É sempre stato così!-
-Così cosa?- interviene papà
-Niente Mike. Cose nostre-
-Capisco. Melanie, devo presentarti una persona. Dai, vieni.- mi fa cenno con la testa di seguirlo
-Non mi avevi già presentato tutti?-
-Sì, ma lei é arrivata in ritardo-
-Ok- ci avviciniamo a un tavolo dove sono appoggiati tutti i regali, una ragazza di spalle sta appoggiando un pacchetto
-Lisa?- la ragazza si gira, é castana, ha gli occhi color nocciola e un vestito leggero rosa pallido a vita alta che arriva fino alle caviglie.
-Melanie, lei é Lisa Marie, una mia amica. Lisa, lei é Melanie, mia figlia-
-Piacere di conoscerti Melanie. Tuo padre mi ha parlato molto di te.- ma papà non mi ha mai parlato di te
La festa continua tranquilla anche se noto spesso che papà sta molto con Lisa Marie: parlano, ridono e si guardano, ma non come dei semplici amici... Papà non me la racconta giusta...
La festa é finita, gli invitati se ne stanno andando -Ancora auguri, Melanie- nonna Kathrine mi abbraccia
-Grazie, nonna- le rispondo
-E auguri anche a te, Mike- gli dice accarezzandogli un braccio
-Grazie, mamma... Vuoi un passaggio per tornare a casa?-
-No, non ce n'è bisogno...-
-Davvero? Posso farti accompagnare da un mio autista non c'è problema...-
-Ti ho già detto che non c'è bisogno, ci pensa già Rebbie, mi accompagna lei-
-Ok, allora-
-Ciao, buona serata-
-Anche a voi- diciamo io e papà
Papà mi sta aiutando a portare alcuni regali in camera mia quando mi chiede -Non ti dispiace se Lisa Marie rimane a cena?-
-N-no, perché dovrebbe dispiacermi?- Lisa Marie rimane a cena? E me lo dice così? Secondo me davvero c'è qualcosa di più di quello che dicono...
-Non lo so, ho solo chiesto visto che rimarrà a cena...- mi chiede il permesso dopo che lo ha fatto? Deve darmi un bel po' di spiegazioni...
Quando scendiamo Lisa Marie é davanti alle scale che ci aspetta sorride e papà la ricambia... Comincio ad avere seri dubbi...
                                                   ***
-Sì... É successo davvero...- ridacchia papà
-No... Non é vero...- Lisa Marie scuote la testa
-É verissimo... Vero Mel?-
-Eh? Cosa? Ero soprappensiero-
-E cosa pensavi?- mi chiede papà aggrottando le sopracciglia
-Niente, fate come se non avessi detto niente... Continuate con i vostri discorsi...- papà e Lisa Marie si guardano
-Credo di aver capito a cosa pensavi...- sospira papà
-E a cosa stavo pensando?- chiedo sarcasticamente
-Dobbiamo darti delle spiegazioni... A questo pensavi, vero?- ruoto gli occhi, ha colto il segno
-Esattamente...-
-E hai ragione a pensarlo- si intromette Lisa Marie
-É complicato da spiegare...- inizia papà
-Ho 14 anni, sono abbastanza grande per capire molte cose!- sbotto -Da quanto state insieme?- continuo
-Ci vediamo da marzo- sussurra papà
-E perché avete aspettato tutto questo tempo?-
-Lisa si sta separando e volevamo tenere tutto il più possibile privato...- sospira guardandola, mentre lei gli stringe la mano -Tu sei la prima a saperlo...-
-Davvero?- annuiscono
-In ogni caso volevamo che la prima a saperlo fossi tu- continua Lisa -Sei molto importante per lui... Volevamo sapere la tua opinione, prima degli altri...-
-Cosa ne pensi?- mi chiede papà
-Se siete felici per me va bene- sorrido, in fondo papà é abbastanza adulto per fare delle scelte, in più non conosco molto Lisa e perciò non posso dare giudizi su due piedi... Quindi posso ritenermi felice per loro...
-Se tu sei felice, allora sono felice anch'io- conclude papà sorridendo
-L'unica cosa, é che avrei voluto saperlo in modo più sincero, senza questa cosa di nascondersi e tutto il resto...-
-Hai ragione Melanie... Hai ragione...- afferma Lisa.

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Capitolo 21
Neverland Ranch, 18 gennaio 1993
Michael P.o.V.
Dopo quella volta Lisa ha trascorso molto tempo con noi e sopratutto anche con Melanie, hanno cominciato a fare amicizia, adesso chiacchierano spesso, ne sono felice, é un buon segno. É da un po' che un pensiero continua a girarmi mentre Melanie e Lisa stanno insieme: Lisa potrebbe essere una buona madre per Melanie... Sì, non é una cattiva idea dopo tutto. Melanie é ancora piccola, ha bisogno di una madre, di qualcuno oltre a me che si prenda cura di lei e al momento non conosco persona migliore di Lisa per questo ruolo. Decido di esporre la mia idea a Melanie, che é seduta sul divano a guardare la tv -Ti piace Lisa?- inizio
-Mhhh, sì. Mi piace, é simpatica- risponde scrollando le spalle
-Quindi... Non ti dispiacerebbe se entrasse di più nella nostra vita? O meglio nella tua?-
-No, non credo. Ma perché mi stai facendo queste domande? C'è qualcosa che devo sapere?- prendo un respiro
-Sì, piuttosto volevo chiederti una cosa...- alza il sopracciglio -Che ne penseresti se... Se... Lisa... Se Lisa diventasse... Ecco, la tua nuova madre?-
Melanie P.o.V.
-CHE COSA?! Lisa la mia nuova madre?!- cerco di ripensare alle sue parole e capire se ho magari compreso male io
-Sì, in fondo mi hai appena detto che non ti dispiaceva se entrava di più nella tua vita...-
-Sì, ma io pensavo che mi avresti annunciato che vi sposavate! Non mi aspettavo una cosa del genere!- come può chiedermi una cosa del genere?
-Con tutto il rispetto ma Lisa non può essere mia madre!- sono veramente furiosa, non pensavo che sarebbe arrivato a dirmi una cosa del genere e mi alzo dal divano, non voglio più ascoltarlo, ma mi prende per il braccio
-Non dico che deve sostituirla, questo mai, lo sai meglio di me... É che...-
-Lo hai detto, non può sostituirla, mia madre é mia madre. Lisa é Lisa. Le due cose non possono convivere!- allontano il suo braccio ed esco dal salotto e salgo le scale correndo, chiudo la porta della mia camera sbattendola, mi metto le cuffie e non voglio più sentire niente.
Dopo un po' sento qualcosa disturbare la voce di David Gilmour* nelle mie cuffie, tento di far finta di niente, ma i colpi alla porta continuano, così decido di avvicinarmi -Non ho voglia di parlare, papà- non ne ho proprio voglia, continua a bussare, apro, ma non é papà, é Lisa -Oh, non pensavo che fossi tu, quando sei arrivata?-
-Poco prima che tu e tuo padre cominciaste a discutere-
-E hai sentito di cosa abbiamo parlato?- annuisce -Il fatto é che, non volevo offenderti quando ho detto quelle cose e-
-Non ti preoccupare, ti capisco...- entra e chiude la porta alle spalle per poi appoggiarsi sullo stipite -Ti capisco, io ho perso mio padre quando ero molto piccola, quindi capisco quello che provi. Dopo la morte di mio padre, mia madre, anche se erano divorziati, lo amava ancora e con i suoi fidanzati che ogni volta mi presentava, tentava di sostituirlo... Senza mai riuscirci... Ma tuo padre l'ha fatto in buona fede, non per cattiveria, non vuole fartela dimenticare, lui vuole solo il tuo bene, niente di più... E io capisco che non posso sostituirla e non voglio sostituirla... Tua madre é tua madre, io sono io...- ha parafrasato quello che ho detto prima -Non volevi offendermi lo so... Penso però che magari, se vuoi, solo se vuoi, potrei ecco... Essere... Una figura materna per te o qualcosa del genere... Ma solo se vuoi...-
-Così va già meglio, una figura materna é già meglio- mi avvicino a lei e ci abbracciamo. Abbiamo trovato un compromesso, non sostituirà mia madre, perché é impossibile, ma sarà qualcosa tipo una figura materna... Non ho ancora trovato la parola giusta per definirla, ma ci siamo capite.

Nota dell'autrice
*David Gilmour é il cantante dei Pink Floyd

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Capitolo 22
Glasgow, Regno Unito, 17 agosto 1993 
Melanie P.o.V.
Io e papà stiamo guardando un film alla tv quando il suo telefono suona, lo prende e va in camera sua chiudendosi la porta alle spalle. Dopo tutto non é così strano, fa così quando riceve telefonate di lavoro, ma ultimamente succede molto spesso e quando quelle telefonate finiscono ed esce dalla sua stanza é nervoso, ma questa telefonata sembra più preoccupante delle altre -Cosa?! Non é possibile!- lo sento urlare dalla sua stanza -Lo sapevo!- che cosa sapeva? Mi avvicino alla porta per capire -Cosa si può fare?- ora sta sussurrando -Va bene- risponde stremato e chiude la telefonata si avvicina alla porta e io corro a sedermi sul divano per non farmi scoprire e apre la porta, ha lo sguardo perso -Che é successo?- chiedo mentre si siede accanto a me
-Niente, Mel, é tutto a posto...- risponde automatico
-Questa tattica la uso io... Cosa sta succedendo?-
-Niente- insiste
-Con chi hai parlato prima? E perché urlavi?- si gira verso di me
-Mi hai sentito?-
-Dovevo essere sorda per non sentirti- sospira
-Era il mio avvocato-
-E che cosa voleva per farti gridare? Tu gridi raramente...-
-Mi ha informato di una cosa...- sospira -Ti ricordi di Jordie, quel bambino che ultimamente é venuto con noi in tour?-
-Sì, perché? Cosa c'entra?-
-Suo padre Evan, mi ha accusato di... Di... Aver molestato Jordie...- sgrano gli occhi, come possono accusarlo di una cosa del genere?! Lui non farebbe del male a una mosca, come possono credere che lui abbia fatto del male a un bambino?!
-E perché?! Come gli é venuta in mente una cosa simile?!-
-Dice che Jordie gli ha confidato che l'ho molestato...-
-Ma non é assolutamente vero!- sospira
-Lo so... Ma mi ha denunciato e ora indagheranno per capire se é vero- continua a sospirare
-Posso chiederti una cosa?- annuisce -É per questo che ultimamente quando finisci le tue telefonate in camera tua sei sempre nervoso?-
-Sì-
-Ma quando ti ha denunciato?-
-Stamattina-
-E allora com'è che sei nervoso da un po'?-
-Questa cosa sta andando avanti dall'inizio dell'estate...- lo incito a continuare con lo sguardo -É da giugno che vuole soldi in cambio del loro silenzio...- abbassa lo sguardo
-É un ricatto bello e buono! Questa si chiama estorsione! E non si può fare niente? Non puoi rifiutarti?-
-Continuo a rifiutare le sue offerte... Ed é proprio per questo che mi ha denunciato...-
-E ora che ti ha denunciato che succederà?-
-La polizia dovrà indagare, dovrà interrogare e i media ci andranno a nozze...- sospira, non so cosa fare per tirargli su il morale e così faccio l'unica cosa che so potrebbe renderlo meno triste, lo abbraccio, mi stringe forte
-Cosa succederà se non trovano la verità? Ti arresteranno?-
-Penso di sì, ma confido nella polizia e spero che trovino la verità.- lo spero proprio, non voglio separarmi da lui ora che l'ho ritrovato, non voglio assolutamente.

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Capitolo 23
Città del Messico, Messico, 9 Novembre 1993
Melanie P.o.V.
-Hai fatto bene a chiamarmi Mel, hai fatto bene- mi sussurra Elizabeth mentre osserva papà -Da quanto tempo fa così?-
-Non lo so, non ci avevo mai fatto caso, ma in questi ultimi mesi tutto é peggiorato... Mangia pochissimo, delle giornate non viene neanche a mangiare quando lo chiamiamo... E prende solo delle pillole, non so di cosa, tante volte al giorno e quando gli ho chiesto per cos'erano mi ha risposto che erano pastiglie per il mal di denti, ma non credo che il dottore gli abbia detto di prendere così tante medicine...- Elizabeth si avvicina al suo letto
-Mike... Dai alzati-
-No, mamma ho sonno...-
-Devi alzarti Mike- finalmente si alza e sonnolento fa qualche passo per poi tornare sul letto
-Dove, dove sono?- chiede guardandosi in giro stralunato
-Papà, siamo in camera tua-
-É ora di pranzo andiamo di là- sussurra Elizabeth con la sua proverbiale calma
-No, non ho fame-
-Non puoi continuare così, stai diventando uno scheletro- continua Elizabeth, ora che ci faccio caso é vero: é magrissimo, mi chiedo come faccia a reggersi in piedi
-Non ho fame- insiste con la voce flebile
-Papà, per favore- cerco di convincerlo anch'io
-Chi sei?- mi chiede ormai preda del suo stato confusionario
-Papà, sono io, Mel, tua figlia- rispondo, anche se la mia risposta sembra più una supplica
-Katy dov'è? Katy!- la chiama, io e Elizabeth ci guardiamo
-Mike- Liz le mette una mano sulla spalla -Katy non c'è più-
-E dov'è?-
-É morta lo sai-
-Quando?! Perché nessuno me l'ha detto!- si alza barcollando, ma poi si risiede non sopportando il suo stesso corpo
-Da tredici anni- risponde Liz
-No- si mette la testa tra le mani -Mi state prendendo in giro- ribatte rialzando la testa -Katy!- continua a chiamarla -Dove ti sei nascosta? Lei adora farmi gli scherzi...- esce dalla stanza barcollando, esamina tutta la stanza ma non é ancora convinto dalle nostre parole e si siede sul divano -Katy! Eccoti qui!- grida guardando alla sua sinistra -Elizabeth e Mel sono due burlone, continuavano a dire che tu eri morta, ma sei qui, quindi non sei morta...- continuo a guardarlo mentre parla da solo, dopo un po' si gira verso di noi
-Che ti prende papà?- chiedo implorante
-Ma niente, Mel- si avvicina con fatica -Sto bene- sorride e tenta di accarezzarmi la guancia
-E perché conversi con l'aria, allora?- chiedo, lui si gira, capisce che era solo a parlare e il suo sorriso svanisce
-Sto bene, sto bene- continua a ripetere come una cantilena
-Hai bisogno di aiuto- afferma Liz
-No, sto benissimo, sono sano come un pesce! Non ho bisogno di nessun aiuto!- sorride, ma non è uno dei suoi sorrisi, non convince nessuno, nemmeno se stesso
-Si dice sempre così, ma hai davvero bisogno di aiuto. Davvero- afferma seria Elizabeth.
                ***
-Che cosa possiamo fare?- chiedo a Liz continuando a guardare papà con la coda dell'occhio, mentre guarda la tv, apparentemente tornato alla normalità
-Ha bisogno di aiuto, di un aiuto serio, noi due non bastiamo- risponde seria
-Dobbiamo mandarlo in qualche clinica o qualcosa del genere?- chiedo incerta
-Sì-
-E dove?- continuo
-Chiamerò un mio amico, lui ha avuto un problema simile, saprà qual é il posto migliore per tuo papà- Liz si allontana per fare una telefonata, io mi siedo accanto a papà
-Perché lo fai?- gli chiedo all'improvviso
-Che cosa?- chiede
-Lo sai, perché prendi tutte queste medicine?- continuo
-Perché ne ho bisogno- ribatte
-No, non hai bisogno di così tante medicine...- scuoto la testa
-Sì, invece. Perché non riesco a dormire, perché ho male ai denti, alla schiena, alla testa e per tutta una serie di altre ragioni che non sto a spiegarti, ma tu non immagini quanto ne ho bisogno... Davvero, non puoi immaginarlo.-
-Ti fanno male, tante medicine fanno male lo sanno anche i muri, ma tu continui a dire che ne hai bisogno...- senza accorgermene alzo la voce -Tu dici di aver bisogno di quei farmaci, ma sai di cosa hai veramente bisogno? Di aiuto, devi essere aiutato e al più presto-
-Di quello che ho bisogno lo decido io, signorina. Fino a prova contraria sono io l'adulto qui.- si indica con il pollice -E decido io di cosa ho bisogno.- anche lui ha alzato il tono della voce e in più si é alzato dal divano, non mi piace quando fa così
-Se la mettiamo così allora io sono ancora più adulta di te- interviene Liz in mia difesa -Hai bisogno di aiuto, di un aiuto medico. E chiusa la discussione-
              ***
Città del Messico, Messico, 10 Novembre 1993
Melanie P.o.V.
-Sei sicura che funzionerà?- chiedo a Liz -Con tutto il rispetto signor Elton, ma non sono sicura su quanto possa funzionare-
-Nessun problema, Melanie- sorride Elton
-Penso che funzionerà, sa qual é il suo problema, lo convincerà- insiste Liz.
Entriamo tutti e tre nella sua stanza, papà sta leggendo un libro, sembra non accorgersi di noi, ma alza lo sguardo -Ciao-
-Ciao, Mike- avanza Elton abbracciandolo
-Sai perché é qui?- gli chiede Liz
-No- risponde disinteressato
-Mi hanno detto che hai un problema-
-Non cominciare anche tu, Elton- cerca di fermarlo, ma inutilmente
-E invece comincio, perché se non ti fai aiutare adesso- si siede accanto a lui -Puoi finire davvero male... E non puoi permettertelo- papà sta in silenzio, Elton ha fatto centro -So cosa si prova, ci sono passato anch'io e non é bello, lo sai anche tu- continua a non parlare -Senti di averne bisogno, ma in fondo in fondo, sai che non é così. Ti dici che é per sentirti meglio, infatti all'inizio sembra sempre così, ti senti un dio, ti senti invincibile... Ma quando l'effetto finisce ti senti peggio di prima... Ti senti una merda...- il silenzio continua e abbassa gli occhi, ci evita -E ti dici che ne hai di nuovo bisogno e ricominci in un circolo vizioso senza fine... Tu non ne hai bisogno, hai bisogno dell'amore della tua famiglia, dei tuoi amici e dei tuoi fan-
-Cosa devo fare per non averne più bisogno?- chiede dopo diversi minuti di silenzio
-Conosco un posto dove ti possono aiutare e toglierti quella voglia definitivamente-
Continuano a parlare, Elton sembra essere riuscito nel suo e nostro intento, gli consiglia una clinica vicino a Londra, é molto discreta, nessuno oltre a noi saprà niente. Dovrà stare lì per 28 giorni e fare terapia con degli psicologi, poi i dottori se vedranno che é guarito lo rimanderanno a casa. Sono contenta che abbia accettato, potrà finalmente liberarsi da quelle medicine. Spero proprio che sia così.
                     ***
Neverland Ranch, 10 dicembre 1993
Melanie P.o.V.
I 28 giorni sono passati, i medici hanno detto che é guarito, perciò stasera papà sarà a casa. Io e Liz stiamo decorando la casa per il suo arrivo, non faremo una grande festa, solo una cena con pochi intimi: io, Liz, nonna Katherine, zia Janet e Lisa.
-Bentornato, papà- lo abbraccio appena mette piede in casa
-Bentornato- sciogliamo l'abbraccio e continuano a salutarlo e abbracciarlo
-Sono contenta che ti sia ripreso, fratellone- dice zia Janet accarezzandoli il braccio
-Lo sono anch'io- sussurra
Dopo i saluti iniziamo la cena, che scorre tranquilla, papà sembra ritornato in forma, quello che ci vuole per affrontare questo periodo. Inizialmente ha avuto una ricaduta in clinica, io e Liz siamo dovute correre a Londra perché non voleva mangiare, era arrivato ai limiti dell'anoressia, ma siamo riuscite a riportarlo indietro prima che fosse troppo tardi. Ora sta bene, é tornato alla normalità, ci ha promesso che non toccherà mai più medicine senza il permesso di un dottore. E voglio credergli.

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Capitolo 24
Conception de la Vega, Santo Domingo, 26 maggio 1994
Melanie P.o.V.
-Ancora non mi hai spiegato la vera ragione di questo viaggio- affermo verso mio padre 
-Te l'ho già detto, é una vacanza...- e si gira verso Lisa con uno sguardo che non mi convince. Tutto il viaggio non mi convince, ma ormai ci ho fatto l'abitudine, se papà vuole fare una sorpresa, la fa...
Arriviamo in albergo e prima che raggiunga la mia stanza papà dice -Nel pomeriggio ci sarà un evento importante e- 
-Una festa?- 
-Mhhh, anche, stavo dicendo che per questo evento ho bisogno che tu ti metta il vestito che ho fatto mettere nella tua valigia- 
-Hai messo le mani tra le mie cose?!- 
-No, no, ci ha pensato Lisa- sbuffo, non mi piace che le mie cose vengano toccate senza il mio permesso, ma lo lascio continuare 
-Comunque, l'evento comincia alle tre e é vorrei che tu fossi pronta almeno alle tre meno dieci per raggiungere il luogo dell'evento...- 
-Va bene- non capisco tutto questo mistero 
-Ah! Un'altra cosa, ho bisogno che mi tieni questo- e mi porge un piccolo cofanetto blu 
-Cosa c'è dentro?- 
-Non te lo posso dire é una sorpresa...- ancora con questi misteri 
-Allora lo aprirò- non finisco neanche la frase 
-Non puoi! C'è un lucchetto e solo io ho la chiave!- mentre lo dice mi accorgo che effettivamente c'è un lucchetto, non posso aprirlo! Mi arrendo 
-Va bene, lo tengo e non lo aprirò- 
-Grazie- sorride e se ne va nella sua stanza.
               ***
Guardo l'orologio che indica le due, comincio a prepararmi. Dopo la doccia apro la valigia e trovo il vestito che ha messo Lisa: é color avorio, lungo fino alle caviglie, ha una cintura verde scuro con un fiore dello stesso colore sotto il seno e la gonna da sotto la cintura scende a balze, é molto bello, ma non ci sono abituata! Lo indosso con calma, mi guardo allo specchio, non credo mi riuscirei mai a vedere con qualcosa di più elegante, penso che sarà la prima e l'ultima che mi metterò qualcosa di questo genere! Dopo aver sistemato il vestito penso ai capelli, prendo una pinza verde per legare dietro alcuni ciuffi che ho davanti. Mi metto anche un po' di trucco: solo un velo leggero di lucida labbra e di matita per gli occhi. Mi guardo allo specchio: posso di essere soddisfatta, ma con mio grande orrore mi accorgo che non ho le scarpe adatte! Comincio a rovistare nella valigia presa dall'ansia e trovo un paio di scarpe color avorio con un piccolo tacco. Deve averci pensato Lisa! Devo ricordarmi di ringraziarla!
Dopo essermi preparata esco dalla mia stanza in perfetto orario e trovo papà con un completo nero molto elegante -Sei davvero elegante- 
-Grazie, Lisa ha scelto molto bene il tuo vestito- 
-Già, a proposito di Lisa, dov'è?- 
-Mi ha detto che ci raggiungerà più tardi- 
-Ok- seguo papà che mi porta in una stanza, appena entro noto qualcosa di quasi disturbante: in fondo c'è un tavolo con delle carte e due uomini dietro al tavolo parlano in quello che penso essere spagnolo, alla mia destra noto Benjamin e Riley (i figli di Lisa) e Lily, la loro tata, ma non vedo Lisa né nessun altro, che razza di festa é mai questa?! Non ci capisco niente, mentre papà é calmissimo, addirittura sta masticando un chewing-gum! Si gira e mi giro anch'io, Lisa é arrivata, ha un bellissimo vestito blu notte senza spalline che scende a tubino. Ho capito! Ho capito tutto! Lisa si avvicina e papà le sussurra qualcosa che non sento e uno dei due uomini comincia a parlare in spagnolo, mentre l'altro quasi immediatamente traduce in inglese. Non ascolto nemmeno quello che dicono sono davvero confusa, perché non mi ha detto nulla?! Sono davvero infastidita! Ma non perché non mi va che si sposino, anzi io ho insistito spesso, é il fatto che non mi abbiano detto niente! Ho quasi sedici anni, sono abbastanza grande per capirle certe cose! Mi risveglio dai miei pensieri -Tu, Michael Joe Jackson, vuoi prendere legalmente la qui presente Lisa Marie Presley, come tua moglie da oggi e per sempre?- 
-Lo voglio- 
rivolge la stessa domanda a Lisa -Tu, Lisa Marie Presley, vuoi prendere legalmente il qui presente Michael Joe Jackson, come tuo marito da oggi e per sempre?- 
-Lo voglio- 
-É arrivato il momento dello scambio delle fedi- tutti si girano verso di me, non sopporto tutte queste attenzioni! 
-Hai portato il cofanetto che ti ho dato prima?- 
-Oh, sì. Eccolo- e glielo porgo. 
La cerimonia si conclude e ci spostiamo in un'altra stanza per il rinfresco, io non ho nessuna voglia di mangiare, perciò prendo qualcosa e l'unica cosa che faccio é giocherellare con il cibo che ho nel piatto -Tutto a posto?- chiede Lisa 
-Sì, é che non ho molta fame, tutto qui- e sorrido per rassicurarla.
Dopo il ricevimento Riley e Benjamin giocano con Lisa e Lily, mentre io sono sulla terrazza a guardare il paesaggio dominicano, papà mi raggiunge -C'é qualcosa che non va?- 
-É tutto a posto- 
-E allora perché fai così?- 
-Perché non mi avete detto niente?- 
-Pensavo che non saresti stata d'accordo...- 
-É tutto il contrario, io ne sarei stata entusiasta se me lo aveste detto...- 
-E allora perché fai così se sei d'accordo?- 
sbuffo -Non mi avete detto niente. É questo che mi ha ferito di più. Ho quasi sedici anni, sono abbastanza grande per capire certe cose...- abbassa lo sguardo 
-Hai ragione, mi dispiace di non averti detto niente. Farlo in questo modo é stato un po' sleale. Non pensavo che lo volevi anche tu... Credevo che tu pensassi che con questo matrimonio volessi sostituire tua madre...- 
-Nessuno può sostituirla...- sussurro
-Appunto... E pensavo che ti saresti opposta, e ho voluto farlo di sorpresa.... Ti chiedo ancora scusa...-
sorrido -Scuse accettate- sorride anche lui e ci abbracciamo 
-Quindi sei d'accordo con tutto questo?- annuisco 
-Certo che sì- 
-Non ti dà fastidio che... Insomma, ci saranno altre persone che girano per casa?- 
-No, in fondo Neverland é sempre piena di gente. In più avrò due fratelli, sai alla lunga é un po' noioso essere figlia unica...-

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


Capitolo 25
Neverland Ranch, 22 giugno 1994
Melanie P.o.V.
Lisa, Riley e Ben sono qui da circa due settimane ormai, ci sto prendendo l'abitudine, alcune mattine mi capita ancora di chiedermi perché Lisa giri per casa nostra in pigiama, ma poi mi ricordo che ora siamo un unica famiglia e che quindi é normale. Oltre alla presenza di Lisa mi sto abituando anche a quella dei miei nuovi fratellastri, non sono abituata a stare costantemente a contatto con dei bambini piccoli come loro (Riley ha 5 anni e Ben un anno e mezzo), ma piano piano sto imparando a essere una brava sorella maggiore. Infatti oggi sono sul tappeto a giocare e disegnare con Riley. Non sembra ma Riley é una chiacchierona -E quindi cosa vuoi fare con Tommy?- le chiedo
-Non lo so ci penserò lunedì- risponde sicura
-Ok- sorrido alla sua risposta
-Posso chiederti una cosa?- mi chiede fermandosi
-Certo-
-Adesso che la mia mamma si é sposata con il tuo papà, il tuo papà diventa anche il mio?- chiede curiosa
-Penso di sì...- non ci avevo mai pensato
-E quindi la mia mamma diventa anche la tua?-
-Mhh... No-
-E perché no? Tu hai detto che il tuo papà diventa anche il mio perciò perché la mia mamma non diventa anche la tua?- insiste
-Perché io e la tua mamma abbiamo deciso che non lo é, quindi lei non é la mia mamma.- solo alla fine mi accorgo di aver alzato la voce e tento un sorriso per non farle pensare che mi sia arrabbiata con lei
-La mamma ce l'hai?- i bambini sono molto svegli anche più del dovuto
-Ce l'ho la mamma. Tutti hanno la mamma.-
-E perché non é qui? Dov'è?-
-Lei... Lei é un angelo... É in paradiso con tutti gli angeli- così mi dicevano quando chiedevo dov'era, cerco di non farmi sopraffare dai ricordi -Per questo non é qui... É un angelo- quasi avesse compreso la mia tristezza si avvicina e senza che le avessi detto niente mi abbraccia
-Non devi essere triste... Anche mio nonno é tra gli angeli, magari si conoscono...- il suo sorriso incerto mi fa sorridere a mia volta. 
Dopo la parentesi malinconica riprendiamo con i giochi...
                           ***
Neverland Ranch, 28 settembre 1994
Michael P.o.V.
-Ma dove é finita?!- sbuffo
-Sta' tranquillo, avrà trovato traffico...- Lisa cerca di tranquillizzarmi
-No! Non sto tranquillo! É l'una di notte di venerdì, é sola e non ci ha dato l'indirizzo della festa!- sbotto, finalmente la porta si apre e Melanie sbuca sorridente -Ma ti pare di arrivare a quest'ora?!-
-Calmati papà. É l'una- risponde calma
-Appunto é l'una. Io ti avevo detto di rientrare a mezzanotte! Un coprifuoco é un coprifuoco! Dannazione!- di solito non impreco mai, ma a volte sbotto anch'io!
-Mike, calmati... Come vedi sta bene, é tutta intera e non é ubriaca. Non c'è bisogno di arrabbiarsi così tanto...- Lisa mi accarezza un braccio
-E invece si- mi giro verso Melanie -C'è bisogno, signorina, perché io ti ho dato un orario e dovevi rispettarlo, in più é la prima volta che esci da sola la sera e perciò saresti dovuta stare attentissima agli orari- mi avvicino
-Beh, alla mia età tu non andavi a dormire con le galline... Quindi-
-Quindi niente, io tornavo tardi per altri motivi, quindi non c'è niente da discutere, hai disobbedito. Punto.- 
-Mike, in fondo ha sedici anni, é la prima festa serale potresti anche chiudere un occhio... Io alla sua età ne ho combinate anche di peggio-
-Appunto, non voglio che le faccia anche lei- distolgo lo sguardo da Lisa e mi rivolgo di nuovo a Melanie -Vai in camera tua. Alla tua punizione ci pensiamo domani-
-Ci pensi- sottolinea Lisa mentre Melanie sale le scale
-Ci pensiamo- insisto
-No. Tu ci pensi, perché io non ho intenzione di punirla per una cosa del genere...- risponde secca
-Tu non vuoi mai punirla- ribatto
-Certo perché le cose per cui la vuoi punire sono così stupide che nemmeno da Scientology si interessavano per trovare una punizione- incrocia le braccia
-Stai insinuando che io sia troppo severo?- alzo un sopracciglio
-Sì, perché lo sei... Sei troppo rigido certe volte- continua
-Sono troppo rigido... E cosa mi consigli per essere meno "rigido"?- chiedo sarcastico
-Dovresti darle più spazio, permetterle di fare le sue esperienze, permetterle di uscire la sera e se infrange il coprifuoco qualche volta chissenefrega, avrà trovato qualcosa per divertirsi...- mi elenca
-Così finirà ubriaca in qualche angolo con chissà chi- 
-Esagerato... Melanie comunque é una ragazza giudiziosa, saprà quando fermarsi...-
-Ma se non le diamo dei limiti, delle regole, non saprà mai quando fermarsi...-
-A volte mi sembri un vecchio...-
-Vecchio- sottolineo -E in cosa?-
-Posso anche stare tutta la notte a farti l'elenco, ma te ne dico solo una: sembri uscito dalla guerra per quanto sei rigido certe volte-
-Beh, sempre meglio che fare la sorella maggiore...-
-Questa é un'altra storia... Io e Melanie ne abbiamo già discusso...- ribatte
-E proprio perché ne avete parlato che dovremmo darle qualche regola... Ha sbagliato e deve essere punita...-
-E cosa farai? Ti leverai la cintura e andrai di sopra a punirla?- non doveva toccare questo punto e comincia a salire le scale sbuffando, la seguo
-E no! Non puoi andartene così e sbuffare ogni volta! Fai così perché non sai che rispondere!-
-So cosa risponderti... Sei rigido, rilassati. Si ottiene di più con il miele che con l'aceto. Se ti dimostri più accondiscendente, seguirà le tue regole più facilmente... Poi questa é la mia opinione... Non ho mai dovuto aver a che fare con un adolescente, però sono stata adolescente anch'io ed ero piuttosto turbolenta, ma con i modi giusti non sono finita male, anzi tutt'altro, visto che sono tua moglie...- sorride... In fondo ha ragione
-Hai ragione, sono stato troppo severo, domani andrò a chiederle scusa-
-Comunque devo chiederti scusa anch'io, ho esagerato a chiamarti vecchio e ho esagerato anche con quella cosa della cintura...- sembra veramente dispiaciuta
-Accetto le tue scuse- e ci abbracciamo
                              ***
Neverland Ranch, 10 novembre 1994
Michael P.o.V.
É tutto finito, il caso é chiuso. Possiamo ricominciare. Voglio ricominciare. E voglio ricominciare con Lisa.
Siamo soli in casa, Melanie é a scuola, Riley e Ben sono con la tata. É il momento giusto. Lisa sta bevendo del caffè in cucina, mi avvicino piano quasi in punta di piedi -Buongiorno, Mike- mi saluta sorridente
-Buongiorno- le rispondo
-Qualcosa che non va?- mi chiede appoggiando la sua tazza gialla sul bancone della cucina
-No... Ma... Volevo parlarti di una cosa...-
-Cosa?-
-Che ne dici... Di... Di...- sospiro in cerca delle parole giuste
-Di?- mi incita
-Che ne pensi se avessimo un figlio insieme?- sorrido incerto
-Un figlio...- non sembra convinta -Hai già una figlia, perché ne vorresti un altro? In più anch'io ho dei figli...- 
-Perché sarebbe nostro... Non é che non voglio più bene a Melanie o a Ben e Riley... É che sarebbe nostro... Sono nati da altri amori, quello che nascerebbe sarebbe frutto del nostro di amore...-
-No- risponde sussurrando
-No? In che senso no?- sono confuso
-Non me la sento ad avere un altro figlio... Lo voglio anch'io... Non lo nego... Ma non adesso...- 
-Perché non lo vuoi adesso?- 
-Perché non penso che siamo pronti ad avere un figlio insieme al momento...- 
-Però con Danny eri pronta...- sorrido sarcastico
-Non mettere in mezzo Danny, lui é un'altra storia... Con lui non ho deciso sono venuti di loro... Non ci siamo seduti a un tavolo per programmarli...-
-E allora facciamo così: facciamo finta che non ne abbiamo parlato e-
-E niente.- mi interrompe -Facciamo finta che non ne abbiamo parlato punto e basta. Perché io non ne voglio riparlare- si alza
-Lisa, ascoltami...- si ferma -Perché non ti senti pronta? Sei una bravissima madre perché non dovresti essere pronta?-
-Perché non lo sei tu- afferma seria mentre si risiede
-Non sono pronto? Io sono prontissimo... Io sono pronto ad avere un figlio con te...- ribatto convinto
-Invece no... Sei tu stesso un bambino... Non sei pronto...- insiste
-Io non sono un bambino...- perché mi sta dicendo queste cose?
-Sei egoista-
-Non sono egoista, ho fatto tanto per i bambini del mondo, non sono egoista...-
-Lo sei nella nostra relazione. Continui a dire "voglio un figlio", "voglio un figlio"... Pensi solo a quello che vuoi tu... Ma un figlio non si fa con un schiocco di dita... Bisogna essere in due...-
-Ma siamo in due- ribatto
-Ma non siamo in due a volerlo- si alza ed esce dalla cucina.
Non ne abbiamo parlato mai più.

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


Capitolo 26
Neverland Ranch, 15 marzo 1995
Michael P.o.V.
Sono in studio di registrazione, sto finendo l'ultimo mix di "This Time Around" e poi avrò completato il disco, sono davvero felice. Ogni volta che un nuovo disco é completato siamo tutti molto felici. É come un giubileo. Sono così concentrato che non mi accorgo di Lisa finché non mi tocca la spalla -Oh, ciao- le dico senza girarmi
-Ciao, Mike- continuo a lavorare sugli strumenti elettronici
-Puoi fermarti un attimo?- mi chiede dolcemente, mi fermo come chiesto e mi giro verso di lei -Devo dirti una cosa importante- sorride
-Dimmi- la incito
-Non so come dirtelo... Io... Io... Sono... Incinta- incinta?!
-Incinta? Ma... É meraviglioso!- mi alzo e l'abbraccio. É incinta! -Da quanto?-
-Circa un mese...- sussurra sorridente
-É perché non me lo hai detto subito?-
-É che eri così impegnato che non riuscivo mai a trovarti in un momento libero per dirtelo...-
-Mi spiace, prometto che sarò più presente. Per te e per il bambino.- le do un bacio sulle labbra e le accarezzo la pancia ancora piatta, ma che presto darà i segni di nostro figlio. O nostra figlia.

Melanie P.o.V.
Sono seduta alla scrivania per fare i compiti, quando papà e Lisa irrompono in camera come degli uragani -Dobbiamo dirti una cosa, Mel- mi dice papà quasi lanciando gridolini, si trattiene a stento dal saltellare sul posto
-Mike, calmati- che mi devono dire che rende papà così euforico
-Lo dico io o lo dici tu?- chiede a Lisa, che cosa mi devono dire?
-Lo dico io- dice calma Lisa
-Siamo incinti!- grida papà al settimo cielo -Cioè, lei é incinta, ma sono così felice che é come se lo fossimo entrambi!- Lisa é incinta! Avrò un fratello o una sorella! Papà é così elettrizzato che rende elettrizzata anche me!
-Congratulazioni!- abbraccio Lisa, che sembra la più calma di tutti quando dovrebbe essere la più felice
-Grazie- risponde confusa
          ***
Neverland Ranch, 8 maggio 1995
Melanie P.o.V.
Lisa é a Londra con Priscilla, sua madre, ci ha detto che é per recuperare il loro rapporto, sono un po' contrariata, perché avrei voluto che ci andasse con papà, visto che non stanno passando molto tempo insieme e stanno per avere un bambino, ma va bene così, mi ha detto che era da tanto che lo voleva fare questo viaggio e che non avevano mai molto tempo. Va bene così.
           ***
Neverland Ranch, 26 luglio 1995
Melanie P.o.V.
-Mhh... Ok- sento papà sospirare al telefono, ma non capisco chi é l'interlocutore -Certo... Hai ragione...- continua a sospirare -Allora dimmi quando stai partendo così mi organizzo e vengo a prenderti in aeroporto...- un altro sospiro -Ciao- chiude la telefonata e si gira verso di me -Oh, non ti avevo visto- tenta di sorridere, ma non ci riesce
-Chi era al telefono? Lisa?- chiedo per capirci di più, annuisce
-Sì, era lei... Domani torna qui...-
-E come mai? Non doveva tornare tra due settimane?-
-In realtà sì, ma c'è stato un cambio di programma...- si morde il labbro inferiore, é come pensavo, é turbato
-Cosa é successo?- chiedo avvicinandomi
-Lisa... Ha... Ha avuto un aborto spontaneo...- sospira e sbatte le palpebre, cerca di non piangere
-Aborto? Mio Dio... E come é successo?- sono incredula
-Settimana scorsa si é svegliata per andare in bagno e si é accorta che perdeva sangue, così si é fatta portare in ospedale da sua madre...- sospira -Ma non hanno potuto fare altro se non farle il raschiamento...- sta trattenendo le lacrime, non riesco a vederlo così... Mi avvicino e lo abbraccio, mi stringe, sento qualche singhiozzo trattenuto
-Avrete altre possibilità vedrai...- cerco di tirargli su il morale... Inutilmente...
-Io volevo questa di possibilità...-
            ***
Neverland Ranch, 25 agosto 1995
Melanie P.o.V.
Sono in cucina per prendere una bibita ne ho davvero bisogno, fa un caldo impossibile in questi giorni... Dopo questi anni non mi ci sono ancora abituata. Lisa é sul divano con una sua amica che stanno chiacchierando, quando un discorso attira la mia attenzione -Quindi com'è finita con quella storia del bambino?- chiede la ragazza a Lisa
-Il bambino? Quella storia é finita da qualcosa come tipo tre mesi...- tre mesi? Papà mi ha detto che ha avuto l'aborto il mese scorso
-Oh... Mi dispiace non lo sapevo...- l'altra ragazza é dispiaciuta
-Di certo non dispiace a me...- ride sarcastica Lisa e beve un sorso dal suo bicchiere
-Come non ti dispiace? Per quanto ne so quando una donna ha un aborto spontaneo le dispiace... E anche un bel po'...-
-Non mi dispiace perché non é stato spontaneo... Cosa credi che sia andata a fare a Londra con mia madre? Di certo non a recuperare il nostro rapporto... Quello é andato a farsi fottere... Anzi benedire, visto che Mike non vuole che dica parolacce, tanto tempo fa...- spiega mentre continua a sorseggiare quello che immagino sia vino...
-STRONZA!- grido mentre esco dal mio nascondiglio in cucina
-Non ti hanno insegnato a non origliare, signorina- beve un altro sorso -E in più la regola delle parolacce non vale solo per me...-
-Non me ne frega niente della regola delle parolacce... Hai ingannato papà... Lui é al limite della depressione da quasi un mese e tu te ne prendi gioco...- sputo tutto d'un fiato
-E cosa farai? Correrai a dirglielo?- mi chiede alzando un sopracciglio
-Sì- salgo di corsa le scale
-MELANIE! MELANIE! Torna immediatamente qui!- non la ascolto e salgo le scale fino allo studio di registrazione di papà di quattro scalini in quattro scalini. Arrivo davanti alla porta marrone, busso come una forsennata -PAPÀ! PAPÀ! Devo parlarti!- apre la porta lentamente
-Dimmi... Cosa c'è che devi dirmi...-
-Lisa... Lisa... Non ha abortito spontaneamente... Lo ha fatto volontariamente...- tento di riprendere fiato
-Cioè l'ha fatto apposta... Perché non voleva il bambino?- mi chiede tremante
-Sì... Tre mesi fa... Quando é andata a Londra con sua madre... Non lo ha mai voluto...-
          ***
Neverland Ranch, 20 agosto 1996
Dopo quello che ho detto a papà hanno litigato per tutto il resto del pomeriggio e anche la sera... E tutto il giorno dopo... E tutti i giorni seguenti per settimane... Si fermavano solo per dormire e mangiare... Finché a dicembre l'avvocato di Lisa é venuto nell'ufficio di papà per fargli firmare i documenti della separazione, "per differenze inconciliabili" così é scritto, da allora Lisa non abita più con noi e da oggi sono ufficialmente divorziati.
-Che c'è tesoro? Qualcosa che non va?- mi chiede papà sedendosi accanto a me -E non dire niente perché non mi inganni più...-
-Avete divorziato per colpa mia?- chiedo quasi come una bambina
-Assolutamente no- mi accarezza la guancia
-Ma avete cominciato a litigare dopo che ti ho detto dell'aborto...- sospiro -E non avete mai più finito...-
-Ma non é colpa tua... La questione del bambino era già un problema prima che saltasse fuori questa storia...-
-Davvero?- annuisce
-É che non ci avevi sentiti, ma ne avevamo già parlato e ne avevamo già litigato...- sospira -Quindi non é colpa tua...- mi dà un bacio sui capelli, come si fa con i bambini per calmarli.

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


Capitolo 27
Praga, Repubblica Ceca, 6 settembre 1996
Melanie P.o.V.
Ho deciso di seguire papà in tour, siamo in Repubblica Ceca, più precisamente a Praga. Domani ci sarà il primo concerto, tutti sono elettrizzati, ma anche in ansia, é sempre così prima di cominciare, perché si ha paura di sbagliare qualcosa, ma quella paura si dissolve appena si sale sul palco... Non partecipo ma sento anch'io la tensione come il resto della crew. Sono stata già in tournée con papà, ma sento che sarà diverso, non so perché... Forse perché sono più grande, o forse perché spero che non succeda come l'ultima volta... O per delle ragioni che devo ancora capire...
Papà sta facendo le prove generali con i ballerini... Devo dire che non sono niente male... In particolare quello alla destra di papà con gli occhi blu e le punte dei capelli castani schiarite, un po' come quelli di Justin Timberlake degli Nsync... É molto carino, anzi é molto bello... Devo ammetterlo... La voce di papà mi riporta alla realtà -Ok, facciamo una pausa- la musica si interrompe e i ballerini si allontanano dai loro posti, anche il ragazzo dagli occhi blu si allontana, ma invece che seguire gli altri ragazzi si avvicina a me... Come? Si avvicina a me? Perché? Si é accorto che lo fissavo? Non può essersene accorto... -Ciao- mi saluta
-Ciao- rispondo timidamente
-Io sono Jason, tu come ti chiami?-
-Melanie-
-Bel nome- risponde sorridendo
-Grazie- sorrido timida
-E sei molto bella- continua
-Grazie- ringrazio ancora più timidamente
Dopo quell'approccio così sfacciato, abbiamo chiacchierato per tanto tempo, oltre a essere carino é anche molto simpatico, a un certo punto mi chiede -Scusa se te lo dico così, ma per cosa sei qui? Sei una ballerina?- 
-No- rispondo scuotendo la testa
-Allora sei una corista?-
-No- continuo a scuotere la testa
-E allora perché sei qui? Cioè, non é che mi dia fastidio la tua compagnia, anzi tutto il contrario- mi sorride -Ma se non sei una ballerina e nemmeno una corista allora non capisco per cosa sei qui...-
-Sono qui con mio padre-
-Ah, tuo padre... É uno dei tecnici?-
-Assolutamente no- sorrido
-Fa parte della band?- mi chiede sempre più curioso
-No, però canta- rispondo enigmatica
-Nessun corista ha l'età per essere tuo padre-
-Perché non é nei coristi- continuo
-Ma se non é nei coristi, chi altro potrebbe cantare qui?- alzo il sopracciglio
-Sei... Sei la figlia di Michael?- indica mio padre che sta parlando con un tecnico
-Sì- annuisco
-Non lo sapevo... Anzi a dire la verità non sapevo nemmeno che avesse una figlia...- é sorpreso
-É che non amo la pubblicità...-
-Spero che non ti sia offesa che non ti ho riconosciuta...-
-Assolutamente no... Non sono una celebrità, quindi come facevi a conoscermi...- sorrido per rassicurarlo
-Fine pausa!- il coreografo richiama la nostra attenzione
-Cavolo... Vorrei stare qui ancora un po'...- sussurra dispiaciuto
-Beh... Possiamo continuare alla prossima pausa- sorrido
-Già- sorride anche lui e si allontana per riunirsi con i ballerini.
            ***
Varsavia, Polonia, 21 settembre 1996
Melanie P.o.V.
Dopo quel pomeriggio io e Jason abbiamo passato tante altre pause insieme, ma é solo dopo quest'ultima che mi ha chiesto -Ti va di uscire con me stasera?-
-Stasera?- chiedo
-Sì, stasera. Hai qualche altro impegno?- mi chiede inclinando la testa
-Oh, no. No. Non ho nessun impegno... É che...- balbetto
-Quindi ti va di uscire insieme?-
-Sì- rispondo sicura
-Allora ti aspetto nella hall alle sette e mezza?-
-Va bene- lo chiamano e gira la testa
-Allora ci vediamo stasera- mi sorride
-A stasera- lo saluto e si allontana
              ***
Melanie P.o.V.
Sono nella hall dell'albergo dove io, papà e la crew alloggiamo. Mi controllo un ultima volta: il vestito nero con piccole rose bordeaux lungo fino alle ginocchia é in ordine e le scarpe nere con zeppe abbinate mi danno qualche centimetro in più, il trucco, matita e mascara, non é troppo pesante, troppo trucco non mi piace. Dopo qualche minuto Jason arriva, ha jeans chiari, una maglietta rossa e una giacca nera. Molto affascinante.
-Ciao- mi saluta
-Ciao- gli rispondo
-Sei bellissima- mi dice sorridendo
-Grazie- abbasso lo sguardo, non sono abituata a tanti complimenti
-Andiamo?- chiede dopo avermi osservato per un po'
-Sì- gli sorrido
Jason mi ha portato in un bel ristorante tipicamente polacco. 
Circa a metà cena mi chiede -Hai un accento po' particolare di dove sei?-
-Londra-
-Londra? Io pensavo fossi di Los Angeles... Non che mi cambi qualcosa ma...-
-No, mia madre lo era... Io sono cresciuta a Londra-
-E come mai... Cioè per quanto ne so tuo padre non abita a Los Angeles? Pensavo vivessi con lui...-
-Abito con lui, ma la mia infanzia é a Londra... É una storia un po' lunga...-
-A me piacciono le lunghe storie, in più abbiamo tutta la sera...- sorride avvicinando il viso
-Ok...- mi mordo il labbro inferiore -É la prima volta che lo racconto a qualcuno oltre la mia famiglia...-
-Dai- mi incita
-É che i miei genitori si sono conosciuti a Londra perché mia madre studiava lì e...- sospiro -E quando mia madre ha scoperto di essere incinta ha chiamato mio padre, ma per uno scherzo del destino ha risposto sua sorella, mia zia, e ha pensato che la stesse tradendo, così lo ha lasciato, crescendomi da sola, in più era una amica di Freddie Mercury che-
-Quel Freddie Mercury?! Scusa... Non volevo interromperti, continua-
-Era un amica di Freddie Mercury e mi ha cresciuta come un padre... Ma quando avevo due anni lei é morta in un incidente stradale e allora Freddie ha deciso di adottarmi... Ma poi cinque anni fa é morto e- mi fermo un attimo devo riprendere fiato, é difficile parlarne -E mio padre per un po' mi ha ospitato a Neverland, poi ha deciso di adottarmi, ma non sapeva che ero sua figlia, lo abbiamo scoperto dopo qualche mese... Non sospettava niente e nemmeno io...-
-Wow- sospira e sospiro anch'io
-É una storia un po' incasinata, lo so, ma questa é la mia vita...-
-É un bel po' incasinata... Ma credo di avere il vizio di piacermi le ragazze incasinate...- sorride, é davvero affascinante quando sorride
-Tu di dove sei? Non me lo hai ancora detto...- sorrido ricambiando
-Sono nato e cresciuto a New York... Però non ho una storia interessante come la tua- faccio una piccola risata che lo contagia.
La serata finisce e mi accompagna fino alla mia camera -É stata davvero una bella serata- dice con un sorrido
-Già, é stata davvero una bella serata- confermo sorridendo, all'improvviso mi bacia, le sue labbra sanno di tiramisù alle fragole, mi sfiorano delicate e con le mani mi avvicina di più. Continuiamo in questa danza per un po', ci separiamo per riprendere fiato e colgo l'occasione per fissare ancora i suoi grandi occhi blu come l'oceano e decido di perdermi in quell'oceano di amore...
-Qualcosa che non va?- mi chiede aggrottando le sopracciglia
-No assolutamente- rispondo veloce
-E allora cosa c'è? Ho sbavato?- mi chiede preoccupato
-No, no, non hai sbavato... É che... É stato il mio primo bacio...- lo confesso tutto d'un fiato
-Il tuo primo bacio... Che onore...- sorride sincero, amo sempre di più i suoi sorrisi
-Già... Non sono mai stata tanto interessata ad avere un ragazzo...-
-Mai? Neanche una cotta alle medie?-
-Mai... Anche perché fino al mio arrivo in America sono stata istruita da privatista...-
-Ok... Allora sono onorato di averti dato il tuo primo bacio...- mi accarezza la guancia -E spero di non averti dato l'ultimo...- sorrido imbarazzata
-Si sta facendo troppo tardi e domani abbiamo la partenza alle otto...- affermo un po' triste
-Hai ragione, buonanotte Melanie- mi schiocca un altro bacio sulle labbra
-Buonanotte Jason- lo guardo avviarsi verso l'ascensore prima di chiudere la porta della mia camera e concludere questa bellissima serata.
      ***
Seul, Corea del Sud, 11 ottobre 1996
Melanie P.o.V.
Da quella sera io e Jason stiamo insieme, siamo una coppia, sono felicissima. Credo che tutti l'abbiano capito, anche mio padre -Melanie- mi ferma
-Sì?-
-C'è qualcosa che devi dirmi?- mi chiede alzando un sopracciglio
-No, non mi sembra...- rispondo tranquilla
-Sicura? Magari che frequenti qualcuno e che... Non so tutti lo sanno tranne io?...- chiede sarcastico
-Già...- sussurro
-Già...- fa eco -Perché non me l'hai detto?- mi chiede
-Pensavo che visto che lo sapevano tutti lo avessi saputo anche tu... Scusa...-
-Va bene... L'unica cosa é che dovete stare attenti... Insomma siete giovani e dovete fare attenzione a...- sospira imbarazzato
-Dobbiamo fare attenzione a cosa?-
-Dovete fare attenzione a fare...- é imbarazzato
-A fare cosa?-
-Dovete stare attenti a "fare"... Anche se non sono l'esempio migliore, anche perché se avessi fatto io attenzione tu non saresti qui...- vaneggia e gesticola             -Comunque dovete stare attenti quando fate quelle cose, perché sono un padre giovane e sono giovane per essere nonno...-
-Non ti preoccupare ancora non "facciamo" e quando arriverà quel momento faremo attenzione- sorrido per rassicurarlo... Se non si era ancora capito é molto protettivo...

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


Capitolo 28
Taipei, Taiwan, 18 ottobre 1996
Melanie P.o.V.
Sento qualcosa di diverso nell'aria stasera, ma non riesco a capire cos'è... Sento questa strana sensazione difficile da comprendere... Di ansia e preoccupazione, ma che non é precisamente ansia e nemmeno preoccupazione... É persino difficile dargli un nome... E non riesco a capire il perché di questa sensazione... 
La sensazione strana trova conferma quando nella sala da pranzo della nostra stanza entra Debbie, l'infermiera del dottor Klein, il medico che segue papà... Non dovrei sorprendermi della sua presenza perché oltre che essere l'infermiera é anche una cara amica di papà da tanto tempo, ma qualcosa dentro di me dice che devo stare all'erta...
La cena é finita, ma é trascorsa in maniera stranamente silenziosa. Con i gomiti sul tavolo e le dita intrecciate sotto il mento papà mi chiama -Melanie?-
-Sì- rispondo sicura, lui sospira
-Puoi farcela a dirglielo...- sussurra Debbie con tono rassicurante, cosa deve dirmi?
-Vedi, Mel... É che...- si blocca
-Non é che state insieme?- interrompe Jason, sorprendendo tutti i commensali
-Esattamente- risponde papà stupito dall'audacia
-State insieme?- chiedo in tono retorico
-Già- Debbie sorride
-Che ne pensi?- chiede papà alzando un sopracciglio
-Penso... Penso che... Sono felice. Sono felice per voi.- sorrido, sono felice veramente, dopo la delusione di Lisa ha proprio bisogno di un nuovo amore e poi Debbie la conosco é una brava ragazza, é sempre molto gentile con papà, sono sicura che lo renderà felice
-In più dobbiamo darvi ancora un paio di notizie- afferma papà
-Sono incinta- annuncia con voce sicura
-Incinta?-
-Sì, di cinque mesi- risponde papà per lei
-É bellissimo, sapete già se sarà un maschio o una femmina?- chiedo curiosa
-No, ancora no, lui o lei gioca a nascondino- risponde lei emozionata
-E non é tutto- continua papà -Ci sposiamo- sorride
-Quando?- chiedo sorridente
-Avevamo in mente il mese prossimo- risponde papà
-Di già?- chiede Jason
-Sì, l'avevamo programmato già da un po'- risponde serio, c'è qualcosa che non mi convince, com'è che avevano già programmato tutto da un po' se ce l'hanno detto adesso? E da quanto tempo stanno insieme se ha divorziato ufficialmente ad agosto e lei é incinta da cinque mesi?
-Da quanto state insieme?- chiedo
-Da sette mesi- risponde velocemente Debbie
-Da otto- risponde secco papà -Cioè... Da circa sette-otto mesi...- come si fa a non sapere la data precisa dell'inizio della tua relazione, soprattutto se ti stai per sposare? Ci sono troppe domande in sospeso a cui non può rispondere perché ci lascia con la scusa di dover cominciare le prove generali prima del concerto.
               ***
Sydney, Australia, 15 novembre 1996
Melanie P.o.V.
Siamo in una sala privata dell'hotel, il giudice di pace sta avanzando con la procedura standard anche se vedo dallo sguardo di papà che lui vorrebbe andare più in fretta e finalmente arriva alla domanda importante -Tu, Michael Joe Jackson, vuoi prendere legalmente la qui presente Deborah Jeanne Rowe, come tua moglie da oggi e per sempre?- 
-Lo voglio- 
rivolge la stessa domanda a Debbie -Tu, Deborah Jeanne Rowe, vuoi prendere legalmente il qui presente Michael Joe Jackson, come tuo marito da oggi e per sempre?- 
-Lo voglio- si scambiano le fedi e il giudice termina la cerimonia per la felicità di tutti compresa la mia!
               ***
-Finalmente! Non ne potevo più!- affermo esasperata mentre mi siedo sul divano accanto a Jason
-É stata così lunga?- mi chiede mentre mi accarezza il braccio sinistro
-No, é che volevo andarmene il prima possibile- appoggio la testa alla sua spalla
-Perché? É successo qualcosa?- mi chiede aggrottando le sopracciglia
-No-
-E allora perché sei così stressata?-
-Non lo so- ammetto in un sussurro
-Sei felice che si siano sposati?- mi chiede improvviso
-Ovvio- ridacchio
-Non é ovvio- é serio -Quando mio padre si é risposato, non ero felice quanto lo era lui. Quindi non é ovvio.-
-Ma non é uguale per tutti, quindi per me é ovvio- rispondo infastidita
-Non mi sembra che sei felice... Dì la verità-
-Devo ammettere che non sono proprio al settimo cielo...-
-E come mai? Non ti piace Debbie?-
-Non é questo... Anzi Debbie mi piace, é gentile, ha la testa sulle spalle e sembra sincera...-
-E allora cos'è che non ti convince?-
-Hanno fatto tutto di fretta, me lo hanno detto all'ultimo... Quando avevano intenzione di dirmi del bambino? Alla sua laurea? Hanno battuto tutti i record di Lisa Marie...- sbuffo amareggiata
-Preferiresti Lisa a Debbie?- mi chiede mentre gioca con un mio ricciolo
-No, per come si é comportata cento volte meglio Debbie...- rimaniamo qualche momento in silenzio -Vorrei mia madre... Forse sarebbe tutto più semplice... In fondo si amavano tanto quando si sono allontanati... Quindi forse avrebbe funzionato- sorrido triste al pensiero di mamma, Jason mi abbraccia, sa già come divento quando parlo di lei...
             ***
13 febbraio 1997
Cedars-Sinai Medical Center, Los Angeles, 13 febbraio 1997
Melanie P.o.V.
Jason e io siamo qui in sala d'attesa da quasi un giorno intero. Il corridoio é silenzioso. Stranamente silenzioso per essere in un ospedale.
Il silenzio viene interrotto da Debbie che dall'altra parte della porta esclama -PORCA...-
-Shh- censura papà, guardo Jason e sorrido a sentirli continuare così per un po': Debbie accenna a una parolaccia e papà la "censura" alla fine...
Quasi allo scoccare delle 24 ore si sente finalmente un suono che entusiasma tutti: il primo vagito del neonato. Un infermiera si affaccia dalla sala parto -É un maschietto! É un bellissimo maschietto!-
Dopo circa mezz'ora ci fanno entrare nella camera di Debbie, mi avvicino piano, papà, sorridente, tiene in braccio il neonato, é felicissimo... Anzi é dir poco... Non credo di averlo mai visto così felice... Non credo che l'aggettivo felice sia abbastanza per descriverlo... Anche Debbie li osserva silenziosa... É felice anche lei, ma credo che sia più felice perché lo é  papà che per se stessa... Dopo un po' alza lo sguardo e si accorge di tutti noi, sorride, illuminato... Dà il piccolo a Debbie che gli domanda -Come lo chiamiamo?- papà si morde il labbro inferiore
-É il nostro principe, quindi ha bisogno un nome all'altezza... Prince Michael Joe... Vi piace?- annuisco, é un bel nome, mi piace. 
Anche Debbie annuisce -Sì, é all'altezza per il nostro principe- sorridono e sorrido anch'io
-Vuoi prenderlo in braccio?- mi chiede all'improvviso Debbie
-Ho paura di fargli male- rispondo timida
-Non gli fai male- mi avvicino e con lentezza disarmante prendo il piccolo Prince tra le mie braccia, ho paura di fargli male é il primo neonato che tengo in braccio, ma piano piano mi abituo e inizio ad osservarlo meglio, ha il viso rugoso, gli occhietti ancora chiusi che prova ad aprire ogni tanto e pochi capelli scuri... É emozionante avere tra le braccia una nuova vita e senza che me ne accorgo mentre lo accarezzo comincia a stringermi il mignolo -Mel, ti sta stringendo il dito- sottolinea Jason sottovoce, sposto lo sguardo sulle sue piccole dita che circondano il mio e sorrido
-Dicono che significhi che sarete legati per sempre...- dice sottovoce Debbie
-Lo spero...- rispondo ancora ipnotizzata dalla sua piccola stretta
Papà é felice e questa volta sono veramente felice della sua felicità... La nascita di una nuova vita é qualcosa di indescrivibile... Da un momento all'altro BUM ti ritrovi uno scricciolo che ti stringe il dito e rimani senza parole, mentre prima avevi la testa piena di pensieri, di preoccupazioni... Ti ritrovi un piccolo principe che ti rende felice semplicemente sonnecchiando tra le tue braccia e non riesci a dire niente. L'unico pensiero sensato che riesci a formulare é che farai di tutto per proteggerlo, distruggeresti il mondo se questo lo tenesse al sicuro da ogni male...

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


Capitolo 29
Cedars-Sinai Medical Center, Los Angeles, 3 aprile 1998
Melanie P.o.V.
Siamo di nuovo qui. Nella stessa sala d'attesa dove quasi un anno fa aspettavo la nascita del mio fratellino, ora sono in attesa di mia sorella. Sono felice di avere una sorellina, ho sempre desiderato averne una. Mi ricordo quando ero piccola e vedevo delle bambine sorelle scorrazzare davanti al nostro cancello e finivo ogni volta col chiedere a papà Freddie se mi avrebbe mai dato una sorella, ancora non sapevo che non avrebbe mai potuto, e mi rispondeva che ero un edizione limitata e che proprio perché limitata non ci sarebbero potute essere delle sorelle e poi c'era Rory, la figlia di Roger, per cui ero praticamente una sorella maggiore... Non so se sono stata brava quasi sorella maggiore con lei, ma spero di essere una brava sorella maggiore adesso...
Papà anche questa volta é felicissimo anzi forse anche di più perché mi ha detto spesso dopo avermi legalmente riconosciuto che aveva sempre desiderato una figlia, da trattare e amare come una principessa, e così é, e sono sicura che anche la bambina che tra qualche ora nascerà verrà trattata come tale. Mi ha detto che la chiameranno Paris, come la città francese perché é lì che l'hanno concepita. Credo che sarebbe stato emozionato così al momento della mia nascita se lo avesse saputo...
Un improvviso vociare mi risveglia dai miei pensieri e praticamente sveglia anche Jason che sonnecchiava accanto a me e Grace, la tata di Prince, che dondolava sonnolenta pur di non addormentarsi e far cadere Prince, addormentato tra le sue braccia ed esclama -Che succede?! Non stavo dormendo!- una donna si sporge dalla sala parto -É nata! É una bellissima bambina!-
Dopo una mezz'oretta ci fanno entrare nella stanza di Debbie, papà stringe Paris e non ha occhi se non per lei, continua a sussurrarle parole d'affetto e a sorridere. Finalmente riesco a togliere Paris dalle sue braccia e a prenderla in braccio. É così piccola, così indifesa -Ti prometto che sarò la sorella maggiore migliore che una sorellina possa desiderare- le sussurro così vicina che nessuno può sentirmi. Soltanto lei deve sentirmi, perché questa é una promessa tra sorelle.
         ***
Neverland Ranch, Los Angeles, 15 gennaio 1999
Melanie P.o.V.
-"E mentre guardate Wendy, potete vedere i suoi capelli diventare bianchi e lei farsi di nuovo piccina, perché tutto questo accadde molto tempo fa. Ora anche Jane é una donna qualunque, con una figlia che si chiama Margaret e ogni primavera, meno quando se ne dimentica, Peter viene a prendere Margaret per condurla a Neverland, dove lei gli racconta ciò che sa di lui e lui ascolta seriamente. Quando Margaret crescerà e avrà una figlia, sarà a sua volta la mamma di Peter e così via, per sempre, finché i bambini saranno allegri, innocenti e senza cuore. Fine.- chiudo il libro mentre Prince si accoccola sul cuscino
-Buonanotte, Mel- bisbiglia
-Buonanotte, Prince- gli rispondo, gli do un bacio sulla fronte e gli rimbocco le coperte, gli sorrido un ultima volta e mi giro per uscire dalla sua stanza, ma c'è Debbie appoggiata sullo stipite della porta -Non ti avevo visto- bisbiglio mentre chiudo la porta per non svegliare il piccolo
-Nessun problema, piuttosto devo dirti una cosa- mi dice seria
-Dimmi-
-É che...- sospira -É difficile da spiegare- evita il mio sguardo
-Cosa mi devi spiegare?- comincio a preoccuparmi
-Come te lo posso spiegare...- dice tra sé e sé
-Sono abbastanza grande se mi devi dire qualcosa, in fondo ho quasi 21 anni...- insisto
-Voglio divorziare- dice secca
-Divorziare?- sento la mia voce alzarsi, annuisce -Perché? E papà lo sa?-
-Glielo ho accennato- continua a evitare il mio sguardo
-Perché?- chiedo sconvolta
-Io sono sempre stata una persona indipendente...-
-Hai tradito papà?- chiedo
-No, non indipendente in quel senso. Quello che intendevo é che... Ho bisogno dei miei spazi-
-Non ti basta la villa a Beverly Hills che papà ti ha preso?-
-Non capisci-
-Certo che capisco. A me sembra che tu abbia anche troppa indipendenza. Ti devo ricordare che non dormi nemmeno nello stesso letto di tuo marito? O che dopo che hai dato la buonanotte ai tuoi figli, che oltretutto non vuoi che ti chiamino "mamma", te ne vai in un altra casa?- alzo la voce
-Non puoi capire, Melanie. É più difficile di quanto sembra.- comincia anche lei ad alzare la voce
-Allora spiegamelo!- grido, non mi interessa se qualcuno ci senta, che sentano tutti -Non sono scema, sono abbastanza grande per capire!-
-L'indipendenza di cui ho bisogno non é solo quello che dici tu. É essere libera dalle pressioni di tuo padre, le tue, quelle della vostra famiglia, quelle dei media... Quelle... Del mondo... É questo il genere di indipendenza che intendo io... Quindi é difficile da capire se non le senti sulle tue spalle- abbassa di nuovo la voce
-Non sei l'unica sotto pressione qui. Pensi di essere l'unica a sentire il peso delle pressioni di tutti? Beh, notizia dell'ultima ora: non é così! Pensi che essere la figlia illegittima di Michael Jackson non crei qualche pressione?! E invece sì! Ne crea! E anche tante!- sputo tutto d'un fiato
-Sono stata adottata anch'io so cosa significa- tenta di accarezzarmi il braccio
-No! Tu non sai un bel niente di me!- faccio dei respiri profondi -E comunque non é ciò di cui stavamo parlando... É inutile che cambi argomento...-faccio una pausa e prendo un lungo respiro -Anzi finiamola qui, non ne voglio più parlare. Questa cosa te la devi vedere con papà. Tanto non ve ne frega niente della mia opinione... Fate come volete... Divorziate, risposatevi e ridivorziate di nuovo... Per quello che mi interessa- mi allontano
-Melanie!- mi chiama e in risposta sbatto la porta della mia camera con tutta la forza che ho in corpo, come se fare rumore possa allontanarli tutti.
           ***
Neverland Ranch, Los Angeles, 8 ottobre 1999
Melanie P.o.V.
Il divorzio é ufficializzato. Papà e Debbie non sono più sposati. Però non si può tornare indietro. Ci sono Prince e Paris. Il giudice ha dato la piena custodia a papà e perciò loro staranno con papà la maggior parte del tempo e una giornata ogni mese e mezzo andranno dalla loro madre. Non mi piace questa decisione, perché io stessa ho dovuto crescere senza una madre, e non per scelta di un giudice, quindi non so come andrà a finire questa cosa, ma so che papà farà tutto ciò che é nelle sue possibilità per non fargli sentire tale mancanza...
-Cosa farai adesso?- chiedo a papà sedendomi accanto a lui
-Mi occuperò a tempo pieno dei miei tre figli e... E mi occuperò della mia musica... Farò questo... Anche se era già nelle mie idee farlo...-

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


Capitolo 30
Los Angeles, 30 maggio 2001
Melanie P.o.V.
Io e Jason abbiamo appena ripreso Prince e Paris da casa della loro madre. Jason é al posto di guida mentre io mi assicuro che le loro cinture siano ben allacciate. Dopo poco dalla partenza Prince mi chiede -Dov'è la tua mamma?-
-La mia mamma?- Jason cerca di guardarmi senza distogliere lo sguardo dalla strada per capire quale sarà la mia reazione
-La mia mamma... La mia mamma é un angelo... Sta con Gesù...-
-Quando é diventata un angelo?- chiede ingenuamente
-Quando ero molto piccola.-
-Piccola come noi?- interviene Paris
-Ancora più piccola, avevo due anni-
-E hai qualche suo ricordo?- continua la piccola
-Qualcuno, quando si cresce non si riesce a ricordarsi tutti i ricordi-
-Quindi sei stata sempre con papà?- chiede il biondo
-No. Quando ero piccola non stavo con papà-
-E perché no?-
-Perché non sapevo che era il mio papà-
-Come si fa a non sapere chi é il proprio papà?- chiede stupito
-É che... Quando sono nata papà e la mia mamma non stavano più insieme, quindi non ho potuto incontrarlo subito...-
-Con chi eri allora se la tua mamma era un angelo e papà non lo conoscevi?- chiede sempre più curiosa Paris
-Ero a Londra con il papà della mia infanzia-
-E chi é il tuo papà d'infanzia? E perché lo chiami papà d'infanzia?- chiede Prince mentre si scosta i capelli da davanti agli occhi
-Si chiamava Freddie. Era un amico della mia mamma. Lo chiamo così perché é stato il mio papà per tutta la mia infanzia-
-E adesso dov'è?- continua curioso
-É un angelo anche lui-
-Se stavi a Londra come hai fatto a conoscere papà?- continua a chiedere il biondo, sono piccoli ma curiosi
-L'ho conosciuto quando il mio papà Freddie é diventato un angelo... Ma non sapevo ancora che era il mio vero papà...-
-Quando hai capito che era il tuo papà?- più rispondo alle loro domande e più vogliono sapere, la loro curiosità mi fa sorridere
-L'ho scoperto dopo qualche mese che mi aveva adottato-
-E papà lo sapeva che era il tuo papà?-
-L'ha scoperto insieme a me-
-Gli volevi bene al tuo papà Freddie?- chiede Paris
-Sì, gli volevo molto bene-
-E gli vuoi ancora bene?- continua la piccola
-Sì, ancora tanto- annuisco
-Vuoi più bene a papà o al tuo papà Freddie?- continua a chiedere
-Non posso scegliere... Voglio tanto bene a entrambi... Non posso scegliere... Sono entrambi i miei papà-
-Siamo arrivati- afferma Jason mentre varchiamo il cancello del ranch. Scendiamo dall'auto e senza che me lo aspettassi Prince e Paris mi abbracciano, mi metto alla loro altezza e li stringo -É triste essere senza una mamma- bisbiglia Prince vicino al mio orecchio sinistro
-Lo sappiamo anche noi- continua Paris nell'altro orecchio.

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


Capitolo 31
Neverland Ranch, Los Angeles, 21 febbraio 2002
Melanie P.o.V.
Pensavo fosse un giorno come tanti, ma mi sbagliavo. Eccome se mi sbagliavo.
Stranamente papà é tornato prima del solito, era atteso almeno per la sera o al massimo la tarda notte, invece a metà pomeriggio era già tornato. Ma non da solo. Ha una carrozzina con sé... Aspettate un momento... Perché ha una carrozzina? Mi avvicino a lui e lo aiuto con quell'affare
-Grazie- sussurra, guardo dentro e vedo un neonato, sta dormendo
-Chi é?- chiedo stupita osservando il bambino
-Tuo fratello- risponde veloce
-Mio fratello?- annuisce
-E chi é sua madre?- continuo
-Sua madre...- si morde il labbro inferiore -Sua madre é... Una donna sposata... Anzi ormai divorziata... Con cui ho avuto una relazione...-
-Tu dici sempre che eviti le donne sposate...- incrocio le braccia
-Il fatto é che pensavo non fosse sposata... Mi aveva detto che stava divorziando... Invece poi ho scoperto che era ancora sposata...-
-Quando lo hai scoperto?-
-Quando é rimasta incinta... E poi mi ha detto che grazie alla gravidanza il marito ha scoperto che l'ha tradito...-
-Può anche essere del marito- propongo
-No... Lei mi ha detto che lui é sterile... Quindi sono io il padre... E come tale mi prendo le mie responsabilità...-
-Lei dov'è? Perché non é qui?- chiedo
-É che deve firmare tutte le carte per il divorzio e non potrà venire qui in non meno di due settimane...-
-Due settimane...- sottolineo -Due settimane... Quindi tra due settimane verrà qui...-
-Già- qualcosa non mi convince nelle sue spiegazioni... Ma può anche essere vero... Aspetterò queste due settimane... Voglio dargli il beneficio del dubbio... Voglio crederci...
           ***
Neverland Ranch, Los Angeles, 7 marzo 2002
Melanie P.o.V.
Sono passate due settimane dall'arrivo a casa di Blanket, papà lo ha chiamato così, il suo nome completo é Prince Michael Joe II, ma lo abbiamo soprannominato Blanket. Di sua madre non se n'è vista neanche l'ombra... -Papà, quando arriva la madre di Blanket?- gli chiedo dopo che lo ha messo a dormire nella sua culla
-Dovrebbe arrivare oggi...-
-Papà, sono le dieci e mezza di sera. Ora deve arrivare?- chiedo alzando un sopracciglio, si mette le mani in tasca e si morde il labbro
-Mi ha chiamato nel pomeriggio e mi ha detto che il suo ex marito sta facendo storie e sta rallentando tutto...-
-Quanto ha rallentato?-
-Altre due settimane-
-Due settimane?!- cerco di tenere il tono della voce basso
-Sì, quindi ancora due settimane-
-Ma un bambino non può stare quasi un mese senza sua madre per colpa di alcune stupide pratiche!-
-Lo so, vorrei anch'io che venisse qui, ma il suo contratto prematrimoniale le impedisce di lasciare la casa del suo ex prima di aver compilato tutte le pratiche... Scoccia anche me...- mi guarda -Non sei convinta?-
-Mi sembra strano-
-Beh é così! Se non riesci a crederci non é colpa mia...- si allontana
-Papà- lo fermo
-Vorrei che le dessi un po' di fiducia almeno prima di conoscerla- e va nella sua camera lasciandomi sola con il piccolo che dorme tranquillo ignaro delle discussioni che ha intorno...
          ***
Neverland Ranch, Los Angeles, 4 maggio 2002
Melanie P.o.V.
Sono passati due mesi da quando mia detto "altre due settimane"... Ho bisogno di spiegazioni... Sono fatta così... Non posso farci niente... Blanket cresce tranquillo e felice... Ma crescono anche i miei dubbi... Ma non tanto felicemente
-Che hai?- mi chiede Frank, il mio migliore amico
-Niente-
-Ti conosco da abbastanza tempo che posso dire che quando rispondi "niente" ce l'hai con il mondo intero... Vero?- annuisco, ha ragione -Cosa ti preoccupa?-
-Non so chi sia la madre di Blanket... Papà mi dice che é una donna ormai divorziata... Ma non mi ha detto chi é... E non l'ho mai vista...-
-Quindi non credi a quello che ti ha detto?-
-Può essere, ma finché non la vedo di persona non posso fidarmi al 100%...-
-Chiediglielo-
-Glielo ho già chiesto... Ma continua a dirmi "poi arriva, poi arriva"... Ma non arriva mai...-
-Fagli un po' di pressione... Magari ti dice tutta la verità...-
-Lo farò- mi alzo dal divano
-Adesso?-
-Sì. Adesso- finisco la frase e salgo le scale fino al suo ufficio. 
Busso -Avanti- entro -Oh... Ciao- sorride
-Dimmi la verità- inclina la testa
-Verità? Di quale verità parli?-
-La madre di Blanket. La stiamo aspettando da due mesi. Quando ha intenzione di rivelarsi?-
-Mai- spalanco gli occhi
-Mai? Che intendi con mai?- perché dice questo?
-Che per contratto non può avvicinarsi-
-Di che contratto parli?-
-É una madre surrogata... Ha firmato un contratto in cui promette di non parlare di Blanket e di me... E non può avvicinarsi a lui...-
-Madre surrogata...- non riesco a crederci... Non é una brutta cosa, per carità, ma non me lo aspettavo, sembrava sincero quando parlava di lei -Perché allora continuavi a dire che era una donna sposata?-
-É che non mi sentivo pronto per dirlo...- fa una pausa -Non mi sentivo pronto per dirlo a te...-
-Ti vergognavi di dirmelo?- mi avvicino
-Sì... Avevo paura di quello che potessi pensare della mia scelta...- abbassa la testa
-Che cosa avrei potuto pensare secondo te?- si allontana dalla scrivania
-Che non sono in grado di formare una famiglia nel modo di tutti gli altri...- abbassa lo sguardo
-É un assurdità... Io non potrei pensare una cosa del genere... Tu sei perfettamente in grado di avere una famiglia come e forse anche meglio di chiunque altro... Sei un padre fantastico... L'importante non é come io, Prince, Paris e Blanket siamo nati, ma come ci cresci... Quindi se la madre di Blanket é una surrogata... Non é importante... Non cambia il padre che sarai per lui...- mi avvicino
-Davvero? La pensi così?- annuisco, sorride e mi abbraccia.
Io la penso così della madre di Blanket, l'importante non é chi é lei, ma come papà lo crescerà... E non per vantarmi... Ma sono sicura che farà un bel lavoro anche con lui...

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 - Prima parte ***


Capitolo 32
Neverland Ranch, Los Angeles, 11 maggio 2002
Melanie P.oV.
Sono sul divano con Frank a guardare di nuovo "Donnie Darko", uno dei miei film preferiti. A un certo punto suona il telefono -Vado io- si alza velocemente Frank -Pronto?- fermo la videocassetta -No, al momento non é in casa, ma io sono il suo assistente può dirlo a me.- mi avvicino per capire -Scusi se glielo chiedo, ma lei perché deve venire?- chi é che deve venire? -Ah, ne aveva già parlato con il signor Jackson- sembra sorpreso -Quindi la troupe verrà martedì mattina per montare tutto e il pomeriggio si comincia...- troupe? Cosa deve cominciare? -Va bene, glielo dirò. Arrivederci- si gira verso di me
-Chi deve venire martedì?- chiedo inarcando le sopracciglia
-Un giornalista, non ho capito il nome- risponde Frank
-E perché?-
-Deve fare un intervista con Mike-
-Tu lo sapevi?- chiedo sorpresa
-No- fa segno di no con la testa
-Andiamo a dirlo a papà- propongo
-Sì... Ma dov'è?- chiede
-Dove sarà? Sul Giving Tree- rispondo ovvia
-Sì, come ho fatto a non pensarci...- dice ridacchiando
Andiamo al Giving Tree e come mi immaginavo papà é lì, seduto su un ramo abbastanza basso
-Papà- lo chiamo
-Hey- sorride
-Chi é il giornalista che deve venire?- chiede Frank
-Oh... É Martin Bashir- risponde calmo
-Perché deve venire?- continuo
-Perché dopo tante chiacchiere é giusto che dica la mia verità... Ma poi perché vi allarmate tanto, il signor Bashir é una persona sincera, mi aiuterà a rimettermi nella luce giusta...- non sono molto convinta e nemmeno Frank lo é e lo capisce dalla nostre espressioni
-É la loro tattica... Sembrano sinceri e poi pugnalano alle spalle... Come lupi travestiti da pecore...- intervengo
-E si rivelano per quello che sono in realtà- aggiunge Frank
-Non fate gli uccelli del malaugurio, non succederà... Non sarà come le altre volte...- risponde flemmatico guardando il tramonto scendere sul ranch
-Uccello del malaugurio? Bene, questo uccello del malaugurio non parteciperà assolutamente a questa pagliacciata... Mi dissocio e quel giornalista da due soldi non mi vedrà neanche in fotografia... Te lo puoi proprio scordare...- mi allontano, ne non voglio sapere niente che si faccia ingannare come al solito, più che metterlo in guardia non posso fare altro... Ma é fatto così... Tende a fidarsi troppo della gente e l'unico che poi ci rimette é sempre e solo lui...
 
Frank P.o.V.
-Sei stato un po' pesante, Mike- dico serio
-É la verità... Dovreste dargli un più di fiducia...- risponde mentre scende dall'albero
-A volte dovreste darne meno tu...- rimaniamo un attimo in silenzio intanto che cala il buio -Io e Mel volevamo solo metterti in guardia, visto quello che succede quando dai fiducia alle persone sbagliate...-
-Forse ho sbagliato a dire così...- é orgoglioso e quando sbaglia fa fatica ad ammetterlo... Credo di capire da chi abbia preso Melanie...
           ***
Four Season Hotel, Las Vegas, 1 settembre 2002
Frank P.o.V.
Bashir sta intervistando Mike come deciso e Mel come promesso non si sta facendo vedere né dal giornalista né dalla sua troupe, anche lei é venuta qui a Las Vegas, ma l'ha fatto come mi ha detto lei "per occuparsi dei fratelli, non per farsi vedere dal giornalista, per lei, lui non esiste". Sento un rumore alle mie spalle e mi giro in fretta, non sembra che Mike abbia visto, impegnato com'e a parlare con Bashir, anche Hamid, il cameraman personale di Mike, se ne accorge e si gira anche lui per un attimo. É Mel, si guarda in giro velocemente per poi voltare le spalle e richiudere la porta senza fare rumore.
-Che voleva Melanie?- mi chiede Hamid durante una pausa
-Non lo so- rispondo scuotendo la testa
-Ma perché non si fa vedere mai?- continua a chiedere
-Abbiamo discusso- si inserisce Mike -Abbiamo discusso e ha deciso di non voler comparire-
-Per cosa avete litigato?- resto in silenzio voglio che sia lui a spiegarsi
-Non é d'accordo con questa impresa...- sospira
-Hai provato a chiarirti?- chiede Hamid
-Mi somiglia tanto, quando si mette in testa qualcosa, non vuole ascoltare niente e nessuno- sospira
-Prova tu a parlarle- Hamid si rivolge a me
-Io?-
-Sì, tu sei il suo migliore amico, magari ti ascolta- continua Hamid
-No. No.- nego con la testa -Non voglio intromettermi-
-Perché no?-
-Io sono d'accordo con Mel. Se potessi non mi farei vedere neanch'io, ma sono il suo assistente e devo esserci- ammetto mordendomi il labbro inferiore -E poi é Mike suo padre, con lui si trova in disaccordo, non con me. Deve chiarirsi lui.- il cameraman di Bashir ci avverte che la pausa é finita e ognuno torna al proprio posto.
Hamid P.o.V.
-Hai avuto molte ragazze durante la tua adolescenza?- chiede il giornalista
-Ehmm... Non molte... La mia prima ragazza, che ho amato molto, é stata Tatum O'Neal- risponde timido Michael
-Ed era un amore tipicamente romantico?-
-Sì, lo é stato. Anche se non ero proprio pronto per certe cose di cui parlava...- ridacchia imbarazzato -Ero piuttosto ingenuo, non scherzo. Spero lei mi perdoni dopo aver raccontato questa storia... Ok, Tatum, per favore, perdonami... Mi ricordo che mi disse di venire a casa sua, a Beverly Hills, e mi disse cosa voleva fare al mio arrivo... Sai... Quelle cose...- é imbarazzato
-Cosa ti ha detto?- continua a chiedere
-Delle cose sessuali... Ero spaventato a morte...-
-Così ti disse "Michael, vieni a casa mia, e farò l'amore con te"?- insiste, mentre Michael é visibilmente imbarazzato
-Sì-
-Ed eri molto spaventato?-
-Ero molto spaventato... Perché non avevo mai fatto niente del genere... Sono andato da lei cercando di fare il mister gradasso e coraggioso... Ricordo che spense tutte le luci della stanza, aprì le tende, potevi vedere tutto il panorama della città fino alla scogliera, era bellissimo, e mi disse di sdraiarmi sul letto, e l'ho fatto, mi sono sdraiato sul letto, si avvicinò lentamente... E mi toccò i bottoni della camicia per aprirla e mi sono coperto il viso con le mani così- e si copre il viso con le mani -Non volevo che andasse avanti e se n'è andata via, sapeva che ero troppo timido... Successe così...-
-Ci ha riprovato?- Michael nega con la testa -Eri terrorizzato...-
-Ero terrorizzato, avevo davvero paura... Penso che non ero pronto per quello...-
-E ti sentivi pronto con la madre di Melanie?- Michael é spiazzato
-É un po' complicato- cerca di deviare il discorso
-E allora spiegami- lo incita
-Con Katy é stato tutto molto intenso e veloce... Ci siamo innamorati in fretta... Non conosceva la mia identità di cantante, per lei ero solo Michael...- fa una pausa per fare un lungo respiro
-Non sapeva che eri Michael Jackson? Non sapeva che eri famoso in tutto il mondo?- il suo tono ha un che di inquisitorio
-No-
-E tu non glielo hai detto?- continua con lo stesso tono
-Le ho detto che ero un cantante e che mi esibivo con i miei fratelli, ma non le ho detto che ero famoso, non mi sembrava importante per la nostra relazione-
-E non ha mai sospettato nulla?-
-Katy viveva a Londra e preferiva ascoltare la musica inglese, non seguiva molto quella americana, così non mi conosceva, ed era una novità per me, anzi una bellissima novità, perché io volevo soltanto qualcuno che stesse con me per quello che sono io, non per la mia fama...- abbassa lo sguardo
-Tu hai detto che é stata una cosa veloce, quanto é durata la vostra relazione?-
-Da agosto a novembre 1977. Siamo stati insieme 106 giorni. 106 giorni fantastici- prende un respiro ancora più lungo del precedente
-L'hai amata tanto?-
-Sì, tantissimo-
-Più di tutte le donne che hai conosciuto dopo di lei? Anche più delle tue ex mogli?-
-Sì-
-E visto che vi siete amati tanto hai fatto ciò che non hai fatto con Tatum?-
-Certe cose vengono naturalmente quando si ama qualcuno così tanto come io e Katy- si ferma, guarda in un altra direzione, ma si vede che é emozionato
-Sapevi che era incinta?-
-No, non sapevo che era incinta e ne sono veramente rammaricato. Se lo avessi saputo sarei andato subito da lei, anche a nuoto, e non l'avrei mai più lasciata...- ha gli occhi lucidi
-Perché vi siete lasciati allora?-
-Non ci siamo lasciati, il destino ci ha separati-
-In che senso?-
-Ci sono state una serie di circostanze e di errori che ci hanno fatto pensare di non amarci più a vicenda. Invece non era vero. Lei mi amava. Tanto.- credo sia sul limite del pianto ma sembra voglia trattenersi
-Adesso lei dov'è?-
-É morta- risponde secco
-Come?-
-Un incidente stradale. É stata investita.-
-Quando?-
-Nel 1980-
-Melanie era lì in quel momento?-
-No. Era a casa di Freddie.-
-Freddie Mercury?- annuisce
-Sì, si é preso cura di Melanie in mia assenza. Non gliene sarò mai abbastanza grato-
-Sapeva che Melanie era tua figlia?-
-No. Sapeva quello che sapeva Katy-
-E quindi l'ha cresciuta senza sapere che fosse tua figlia? Non ha mai avuto il sentore che tu fossi il padre?-
-L'ha cresciuta senza sapere la mia paternità... Le ha donato tutto l'amore possibile... É stato il padre che io non ho potuto essere in quegli anni. E non riesco a perdonarmi questa mancanza...-
-Quando hai incontrato Melanie per la prima volta?-
-Quando ho collaborato con Freddie per alcune canzoni nel 1983.-
-Immaginavi che fosse tua figlia?- nega con la testa -Quando lo hai scoperto?-
-Dopo qualche mese che avevo adottato Melanie, mi ero messo in testa di trovarle il padre biologico anche se significava non rivederla mai più-
-Come ti é venuto in mente che potevi essere suo padre?-
-Ho pensato a quello che Freddie e Mary Austin, che nelle settimane dopo la morte di Freddie era la tutrice di Melanie, mi avevano detto a proposito di suo padre... E ho notato che tante cose coincidevano con me e ho deciso di fare un test del DNA... Che era positivo...-
-Come hai reagito? E come ha reagito Melanie?-
-Ero sorpreso, non me lo aspettavo, ma ero anche felice avevo sempre desiderato essere padre... Spesso io e Katy parlavamo di formare una famiglia... In un certo senso l'abbiamo formata...- resta un attimo in silenzio -Melanie, non si aspettava fossi io... Ma era molto felice di poter finalmente conoscere il suo vero padre...-
-Posso intervistarla?-
-Certo... Ma... Se non vuole, non potrai perché é molto timida, ma é anche immensamente ostinata... Perciò se non vorrà... Non vorrà...-
Dopo un momento di silenzio -Ti capita ancora di pensare a Kate?-
-Sì. In questi ultimi 25 anni il mio ultimo pensiero prima di addormentarmi era sempre per Katy. Quando non sapevo di Melanie, cercavo di immaginarmi cosa stesse facendo in quel momento, se era con un altro uomo, se aveva formato la famiglia che progettavamo, come avrebbe reagito alle mie canzoni, se aveva mai capito che alcune erano per lei...- si ferma e distoglie lo sguardo dal giornalista, gli occhi sono lucidi e la voce spezzata
-Credo che possiamo finire per il momento, Mike- afferma Bashir, Michael si alza dal suo posto e cammina velocemente in direzione del bagno. Quella stessa sera Frank mi ha detto che dopo quella confessione Mike ha pianto. Tanto. Aveva gli occhi così rossi e gonfi che lui e Karen hanno dovuto convincere Bashir a riprendere il giorno dopo.
 
# Come ben si sa Martin Bashir non da una buona immagine di Michael e tra le altre, anche questa confessione così intima é stata distorta, così tanto e così male che con quest'intervista quel "giornalista" ha fatto in modo di far sembrare Michael un pessimo padre, uno di quelli che abbandonano i figli al loro destino, invece é tutto il contrario. Tutto il contrario. #
         ***
Four Season Hotel, Las Vegas, 2 settembre 2002
Melanie P.o.V.
Sono chiusa qui nella mia stanza da quando sono entrata per sbaglio nella stanza di papà quando stavano registrando. Ho giurato che non mi sarei fatta vedere dalle sue telecamere e di certo non mi faranno cambiare idea. Bussano alla porta, mi avvicino -Mel, sono io, Frank- gli apro la porta e lo faccio entrare
-Devi smetterla con questo giuramento dell'invisibilità- comincia
-Non cominciare, sai già cosa ne penso-
-Lo so e sono d'accordo con te, ma tuo padre lo vuole. Vuole presentare te e i tuoi fratelli a Bashir-
-Come fai a saperlo?- chiedo incrociando le braccia
-Li ho sentiti mettersi d'accordo che oggi andavano di nuovo al centro commerciale e che papà voleva anche portare te, Prince e Paris-
-Beh, può anche cambiare i suoi programmi perché come tu sai, io non voglio farmi vedere da loro-
-Sei cocciuta... Troppo... Fallo per tuo padre, non per Bashir...- papà non ha colpa... Vuole solo dire la sua verità
-Va bene, ma solo per questa volta. Solo questa volta.- affermo convinta
-Sarà abbastanza per tuo padre.-
          ***
-Che bella maschera che hai!- sento Bashir congratularsi con Prince per la sua maschera 
-É una farfalla- spiega Prince
-Una farfalla! Di che cosa é fatta?- chiede
-Non lo so!- risponde tranquillo il biondo scatenando brevi risate da papà e dal giornalista
-E tu devi essere Melanie...- dice mentre mi avvicino
-Già... Mi chiamo così...-
Cominciamo ad avviarci verso l'uscita, Prince si mette a correre per il corridoio, Paris stringe la mano di papà, mentre io cammino dietro di loro
-Quanti anni hai Melanie?- mi chiede il giornalista
-Ho compiuto 24 anni giovedì scorso-
-Giovedì? Non era anche il tuo compleanno Mike?- chiede "stupito"
-Sì, compiamo gli anni insieme- risponde papà
-Oh, bello... E cosa fai Melanie? Studi?- continua a chiedere
-No, ho già finito-
-Cosa hai studiato?-
-Arte-
-Arte? Bello. E come te la cavi?-
-Beh... Non lo so... Queste cose di solito sono gli altri a giudicarle...-
-Tu cosa ne pensi?- chiede Bashir a papà
-É bravissima! Ha molto talento, alcuni dei dipinti che hai visto in giro per la casa li ha fatti lei... Per esempio quello di Neverland in inverno con la neve, le luci natalizie e tutto il resto... É suo...-
-Davvero? Era davvero molto bello- continua con un "sorriso".
Siamo in uno di quei negozi di mobili antichi che papà adora, lui parla con il giornalista mentre io tengo d'occhio Prince e Paris
-Melanie- Bashir mi chiama, che cosa vuole ancora da me?
-Ho notato che hai un accento abbastanza particolare... Di dove sei? Kensington? Londra ovest?- mi chiede sistemandosi gli occhiali
-Sì, sono cresciuta lì-
-Con Freddie Mercury?-
-Parla come Sherlock Holmes...- dice Paris sorridendo
-Elementare- le sorrido e lei ridacchia
-Paris, non ci si intromette nei discorsi degli altri- rimprovera papà
-Scusa, Mel- la bambina si scusa
-Nessun problema- la rassicuro e si allontana con papà -Comunque sì, con Freddie Mercury- seria ritorno a rivolgermi al giornalista
-E com'è stato?-
-É stata una bella avventura- rispondo evasiva
-Racconta qualcosa di questa avventura...-
-Non so... Cosa vuoi che racconti?- facciamo che non ti racconto niente 
-Qualsiasi cosa... Che padre era Freddie Mercury?-
-Freddie... É stato un grande padre...-
-In cosa é stato grande?-
-Mi ha voluto bene pur non condividendo niente con me biologicamente parlando...-
-Nient'altro da dire? Solo questo?-
-Mel, vieni a vedere...- papà mi chiama -É la sedia di quel film...-
-Quale film?- gli chiedo interrompendo Bashir
-Non mi ricordo... Quello con quell'attore...Di quel regista... Sai- continua
-Aspetta, arrivo, magari viene in mente a me- mi avvicino a papà e a quella sedia e lascio il giornalista.
            Fine prima parte

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Capitolo 33
*** Capitolo 32 - Seconda parte ***


Capitolo 32 (Seconda parte)
Neverland Ranch, 6 febbraio 2003
Melanie P.o.V.
-Shh! Shh! Sta per iniziare! Fate silenzio!- continua a dire papà, é molto ansioso, lo sono anch'io, anzi lo sono tutti... Siamo tutti curiosi di sapere cosa ne é venuto fuori, cosa ne penserà il mondo... Papà ha molte aspettative, spera che riesca a rimetterlo nella luce giusta...
 
Il programma é appena finito. Sono disgustata. Tutto é stato distorto.
-Non ha fatto vedere tutto...- sussurra papà -Io non sono così- 
-Bashir e i suoi hanno distorto tutto- aggiungo
-Non sono quella persona... Non sono io!- si alza in piedi e si gira verso di noi -NON SONO IO!- puntando alla televisione
-Ti ha fatto apparire ciò che non sei- commenta Frank
-Nessuno é realmente come ha fatto vedere- mi aggiungo.
 
Tutti sono andati a dormire, gli unici ancora svegli siamo io, papà e Frank.
-Mi ha fatto apparire un mostro! Io volevo solo dire la mia verità. Pensavo sarebbe stato sincero- continua -Per esempio, quello che ho detto di tua madre- fa una pausa per guardarmi -Io non l'ho mai detto a nessuno, glielo detto con il mio cuore in mano, l'ho pensato al momento, non l'ho preparato apposta per loro. Io penso veramente quelle cose di lei... E le hanno distorte- finita la frase se ne va -Buonanotte ragazzi-
-Buonanotte- quasi in coro io e Frank. 
 
Rimaniamo in silenzio per un po'. -Ti ha fatto sembrare la babysitter dei tuoi stessi fratelli-
-Sì, hanno messo in piedi il tutto come se fossi una delle tate, non come la figlia maggiore... Ma non é questa la cosa importante... É il tutto... Che é... Una merda!-
 
Anche Frank é andato a dormire, mentre io continuo ad aggirarmi per la casa come un fantasma -Avevi ragione- mi giro, é papà -Avevi ragione, tu e Frank avevate ragione ad avvertirmi, ma come uno stupido qualsiasi ci sono caduto, mi sono fidato troppo e mi sono bruciato- 
-Non é colpa tua, é nella natura umana fidarsi degli altri, in diverse misure, ma é umano... Purtroppo é umano anche ingannare...-
         ***
Neverland Ranch, Los Angeles, 15 febbraio 2003
Melanie P.o.V.
Papà e Hamid, il suo cameraman, hanno deciso di rendere pubbliche anche le parti tagliate da Bashir. Hanno anche deciso di aggiungere alcune interviste di Debbie, di nonna Kathrine e nonno Joe... Anche zio Jermaine vuole partecipare... Elizabeth Taylor vuole dire la sua... E anch'io voglio dire la mia... Per papà, per mamma e per me...
Hanno montato tutte le luci e le telecamere. É arrivato anche Maury Povich, il giornalista che terrà l'intervista. Dopo una breve presentazione prendo il mio posto davanti al giornalista. -Potreste spostare di poco quel riflettore...- mi copro il viso con una mano finché non lo spostano
-Non sei abituata ai riflettori e alle telecamere?- mi chiede Povich
-No... A dire la verità la prima volta che sono andata davanti alle telecamere é stato per il documentario...- la luce rossa della telecamera principale si accende
-Ora cominciamo, ok?- annuisco -Cominciamo dal principio... Quando sei nata?-
-Sono nata il 29 agosto 1978 a Londra da mia madre Katherine Suzanne Anders e mio padre Michael Joe Jackson-
-Quindi tu sei figlia biologica di Michael Jackson- conferma
-Sì, sono sua figlia, lui é mio padre... C'è il test del DNA e tutti gli altri documenti legali che confermano tutto... Ma non sono qui per parlare di me, io sono qui per difendere mio padre e per difendere la memoria di mia madre... É stata dipinta come un ingenua, una sprovveduta... Una sprovveduta non avrebbe cresciuto una bambina da sola, anche se per solo due anni... Sí, c'erano Freddie, Brian, Roger e John, non era completamente da sola... Ma se uno conta che non c'era mio padre, allora sì era sola... E papà é stato dipinto come un uomo che lascia la ragazza incinta sola al suo destino e non é così... Non é quel genere di persona... Ha amato molto mia madre e la ama ancora... Se avesse saputo di me sarebbe volato a Londra... Ma non lo sapeva e in sua assenza mi ha cresciuto Freddie...-
-Tuo padre ha parlato anche di lui... Che padre é stato Freddie Mercury?-
-É stato un grande padre... Senza di lui non sarei qui, non sarei la persona che sono e non lo ringrazierò mai abbastanza per questo... Mi ha cresciuta come se fossi sangue del suo sangue pur sapendo che ero la figlia di un qualcun'altro che era là fuori... Non mi ha mai fatto mancare nulla... Papà lo sa ed é per questo che gli é molto grato...-
-Che rapporto hai con i tuoi fratellastri?-
-Fratelli. Per me loro sono miei fratelli. Solo in parte abbiamo lo stesso sangue, lo so, e per me quella parte basta per volergli bene come se lo fossimo al cento per cento... Mi occupo di loro come una qualsiasi sorella maggiore se ne occuperebbe... Gioco con loro, li aiuto con i compiti e gli stringo la mano quando hanno paura... Non faccio niente di più e niente di meno... Ho un bellissimo rapporto con loro.-
-Hai mai sospettato di essere la figlia di Michael Jackson?- mi chiede
-No, non avevo idee sulla sua identità, pensavo che qualunque cosa andasse bene-
-Non avevi un identikit nella tua testa?- nego con la testa
-Sapevo che gli somigliavo, ma non ho mai immaginato chi effettivamente potesse essere-
-E come hai reagito quando lo hai saputo?-
-Ero sorpresa ma ero anche felice perché finalmente ce l'avevo davanti-
-Grazie per questa breve intervista. Ci hai aiutato a chiarire molte ombre-
-Di niente. Grazie a voi per avermi dato la possibilità di difendere la mia famiglia- sorrido e mi stringe la mano. La luce rossa si spegne e gli addetti smontano tutto molto velocemente come li avevano portati.
Il secondo documentario é stato trasmesso, da un immagine migliore di papà, ma ormai il danno é stato fatto e piovono critiche a destra e a manca. Papà riceve continui insulti: continuano a dire che é un pessimo padre e una pessima persona, per loro siamo tutti delle pessime persone solo perché stiamo accanto a lui e più ci difendiamo più riceviamo insulti. Non é un bel periodo.
            ***
Neverland Ranch, Los Angeles, 18 novembre 2003
Melanie P.o.V.
Sono nella mia stanza di pittura. Qui mi rilasso, dipingo, non penso al resto del mondo, sento solo la musica e mi faccio guidare dall'ispirazione... Ne ho davvero bisogno. Tutto sta andando a rotoli. Ma é solo l'inizio.
Sento delle voci, non riesco a riconoscerle tutte, una é quella di una delle governanti, le altre sono maschili, ma non so chi sono -DOVETE FARCI ENTRARE!-
-Il signor Jackson non é in casa!- risponde la donna, cosa vogliono da papà?
-Non importa se lui non c'è! Noi dobbiamo entrare!- continua la voce maschile, scendo dalle scale e tre o forse quattro uomini sono alla porta
-Chi siete?- chiedo mentre mi avvicino
-Polizia della contea di Santa Barbara. Lei chi é?-
-Sono Melanie Jackson. La figlia del signor Jackson, potete chiedere a me in sua assenza- affermo sicura
-Abbiamo un mandato per perquisire la casa- mi porge un foglio azzurro, lo leggo velocemente
-Le prove di quale crimine dovete cercare?-
-Il signor Jackson é accusato di aver molestato un minore e abbiamo un mandato per cercarne le prove-
-Chi lo ha accusato?-
-Non possiamo dirlo, in più il giudice ha appena spiccato un mandato di arresto nei confronti del signor Jackson... E ora mi scusi signorina ma deve uscire, dobbiamo perquisire-
-Questa é casa mia! Io non me ne vado!-
-Signorina deve andarsene- tenta di spostarmi
-Non mi tocchi! Non mi tocchi! Non c'è bisogno di spingere, adesso esco- appena uscita dalla porta prendo il mio telefono -Pronto?-
-Pronto? Mel che succede?- risponde papà preoccupato
-Ci sono dei poliziotti in casa, sei accusato di molestie su minore... E-
-Di nuovo no, di nuovo no- continua a ripetere dall'altra parte
-E hanno un mandato per arrestarti-
-Arrestarmi?!- la sua voce si alza di un ottava
-Sì, devi tornare qui, sei un ricercato- quasi lo imploro
-Prenderò il primo volo disponibile e mi costituirò... Non sono un criminale, non ho bisogno di scappare-
-Va bene. Ti verrà a prendere il tuo avvocato?-
-No. Lui é qui con me-
-Spero che si sistemi tutto al tuo arrivo...-
-Non ti preoccupare... Tutto si sistemerà... Stai tranquilla-
-I prossimi vent'anni non voglio vederti da dietro un vetro- singhiozzo, sento una lacrima scendere
-Non piangere, ti ho detto che si sistemerà tutto... Si sistemerà tutto... Adesso devo andare. Ci vediamo al mio arrivo-
-Ciao- e chiude la telefonata.
Non si é sistemato un bel niente al suo arrivo. Quando é atterrato dei poliziotti lo hanno portato nella stazione di polizia di Santa Barbara. Non gli misero subito le manette, gliele misero appena prima di scendere dalla loro auto, proprio davanti ai giornalisti in modo che i paparazzi avessero una buona visuale sulle sue mani legate. Per loro é stato facile fare 2 + 2: aveva le manette perciò era colpevole. Ma lo era per loro, non lo é per davvero. Papà non é un criminale.

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Capitolo 34
*** Capitolo 33 ***


Capitolo 33
Tribunale della contea di Santa Barbara, Los Angeles, 28 febbraio 2005
Melanie P.o.V.
Oggi é la prima giornata di processo. Sono molto nervosa. Ho paura. So che papà é innocente, ma lo sanno anche gli altri ed é per questo che tenteranno di abbatterlo ad ogni costo. Non vedono l'ora di mandarlo dietro le sbarre e buttare via la chiave. É una persona buona, pura e soprattutto innocente e a loro non piace proprio per questo.
Non credo di aver visto papà così nervoso, é sempre un fascio di nervi. Da quando lo hanno arrestato, non riesce più a dormire, é dimagrito, non sembra più lui. Mi sembra di essere tornata a dodici anni fa, mi sembra di essere di nuovo quella ragazzina che non poteva fare altro se non stringergli la mano e tentare di confortarlo con un sorriso. So che un sorriso non risolverà tutto e mi fa salire la rabbia, vorrei andare dal procuratore e gridargli in faccia l'innocenza di mio padre, vorrei gridargli di lasciarlo in pace una volta per tutte e di dare la caccia ai veri criminali, quelli che veramente fanno del male ai bambini, non a mio padre, lui é tutto il contrario, lui ama i bambini, lui vuole solo rendere il mondo un posto migliore.
L'udienza é appena cominciata, Sneddon ha appena cominciato l'arringa, papà sta picchiettando il piede sempre più velocemente, si sta innervosendo, e ci credo, sta già sputando sentenze, lo vorrebbe condannare già adesso, ma per sua sfortuna prima deve esserci un processo e saranno le dodici persone chiamate in giuria a decidere, non lui. Papà si gira verso il pubblico, mi cerca con lo sguardo, io sono in prima fila. Ha lo sguardo stanco, non ha dormito, come ormai da quasi un anno a questa parte, tenta di nascondere le occhiaie dietro al trucco e gli occhiali da sole, ma tutto il trucco di Karen non può togliergli le sofferenze che lo affliggono.
           ***
Cedars-Sinai Medical Center, Los Angeles, 10 marzo 2005
Melanie P.o.V.
Questa non ci voleva! Proprio poco prima di andare in tribunale papà é caduto e si é fatto male alla schiena. É una cosa molto seria, all'inizio non riusciva neanche a rialzarsi, Frank ha dovuto aiutarlo ad arrivare alla macchina.
Adesso siamo in ospedale, i medici stanno facendo gli ultimi controlli sulla sua schiena, il mio cellulare suona improvvisamente, il nome sul display é dell'avvocato Mesereau -Pronto- rispondo in fretta
-Pronto, Melanie?-
-Sì, mi dica-
-Dov'é tuo padre? L'udienza inizia tra dieci minuti.-
-Siamo in ospedale, papà é caduto e si é fatto male alla schiena.-
-Riuscite a venire qui?-
-Non so. Dipende da come vanno gli esami.-
-É tanto grave?-
-Non lo so, riusciva a camminare, ma gli faceva male-
-Manca tanto alla fine dei suoi esami?-
-Ha quasi finito, ma tutto dipende da cosa dicono i dottori-
-Ok... Cercherò di farmi dare una proroga di un ora almeno, così potreste fare in tempo...- papà e Frank escono dalla stanza per le radiografie
-Va bene. Arrivederci- l'avvocato chiude la telefonata
-Chi era?- mi chiede papà
-L'avvocato, voleva sapere dov'eravamo. Cosa ti hanno detto i medici?-
-Che non c'è niente di rotto, solo che non devo sforzarmi-
-Ok- passa poco e Mesereau mi richiama
-Pronto?-
-Dovete venire immediatamente- inizia serio
-Perché?!-
-Il giudice ha rifiutato la mia mozione vuole tuo padre il prima possibile altrimenti manda la polizia ad arrestarlo e confisca la cauzione.-
-No. No. No! Quanto tempo abbiamo?- papà e Frank mi guardano
-Che succede?- mi chiede Frank
-Un ora- risponde breve
-Ma in un ora non ce la facciamo!-
-Dovrete essere più veloci possibile... Mi spiace... Ho fatto il possibile-
-Che succede?- si aggiunge papà
-Ok, spero riusciremo ad arrivare in un ora. Arrivederci-
-Arrivederci-
-Cosa voleva?- mi domanda papà
-Il giudice ha detto che dobbiamo essere lì entro un ora, altrimenti ti fa arrestare e confisca la cauzione-
-Lì in un ora?!- sottolinea Frank -Senza traffico ci vuole almeno un ora e un quarto!-
-Allora facciamo in fretta- afferma papà.
Per fortuna riusciamo ad arrivare in tempo, ma sfortunatamente non siamo riusciti a tornare a casa per far cambiare i vestiti a papà, così si é dovuto presentare con i pantaloni del pigiama, una giacca prestata, i capelli in disordine e ciabatte. I giornalisti ne hanno subito approfittato per dare i loro giudizi e sparare che papà era impazzito definitivamente per presentarsi in ritardo e in pigiama. Come al solito parlano senza sapere. Come sempre.
             ***
Tribunale della contea di Santa Barbara, Los Angeles, 13 giugno 2005
Melanie P.o.V.
Oggi é il giorno della sentenza. Sono in ansia. Oggi sapremo se papà sarà un uomo libero o se per i prossimi vent'anni dovrò vederlo una volta a settimana in prigione. Papà si sta torturando le mani per il nervoso e finalmente la giuria rientra in aula.
-Come ritenete l'imputato Michael Joe Jackson per i 14 capi d'accusa?- chiede ai giurati il giudice Melville con la frase di rito
-Non colpevole- risponde secca la portavoce dei giurati
Non colpevole. Faccio un sospiro di sollievo in contemporanea con papà, lui si alza per abbracciare e ringraziare l'avvocato Mesereau. Papà ha le lacrime agli occhi e un grande sorriso, mi alzo e ci abbracciamo.
-Non devi piangere- mi sussurra nell'orecchio -Si piange solo quando si é tristi-
-Ho avuto paura. Per questo piango- rispondo con lo stesso tono.
É finita. Questo inferno é finito. Ma papà ha pagato questa fine a caro prezzo. Questi mesi sono stati i peggiori della mia vita e anche di quella di papà. Una tortura.
Ma é finita.

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Capitolo 35
*** Capitolo 34 ***


Disclaimer: non sono contro questa cultura e non voglio offendere nessuno. Non prendetelo come un attacco personale. Grazie per l'attenzione.

Capitolo 34
Neverland, Los Angeles, 14 giugno 2005
Melanie P.o.V.
-Melanie- papà mi chiama e mi avvicino
-Che succede?-
-Che ne dici se andassimo in vacanza?-
-Vacanza?- annuisce e continuo non convinta -E dove? Hai già qualche idea?-
-Bahrein- risponde convinto
-Perché il Bahrein?-
-Il principe del Bahrein ci invitati a stare lì del tempo-
-Quanto tempo?- domando
-Non lo so, per un po'... Che ne dici?-
-No- affermo secca
-Perché no?- inclina un sopracciglio
-Perché non voglio andarmene-
-Non sarà per sempre. Solo per qualche mese.- sussurra
-Io non me ne vado. Punto.- insisto
-Io però voglio la mia famiglia unita, quindi vorrei che venga anche tu-
-Perché dobbiamo andarci?-
-Siamo stati invitati...- sbuffa -Senti, Melanie... Ho bisogno di andare via da qui per un po'... Non mi sento più benvoluto in questo Paese...-
-Andartene non ti farà sentire più benvoluto-
-Ma mi aiuterà a riprendermi... Ne ho bisogno, Melanie...- prende un respiro -Ne ho bisogno-
-Può venire anche Jason?- chiedo timidamente
-No-
-Perché no?- sussurro
-Non é per cattiveria é che vorrei passare del tempo solo con te e i tuoi fratelli... Ho bisogno di tranquillità con la mia famiglia...- in fondo ha ragione... É stato un periodo orribile e ha bisogno di rilassarsi
-Va bene, verrò anch'io. Quando si parte?-
-Fine mese-
-Ok-
         ***
Los Angeles International Airport, Los Angeles, 30 giugno 2005
Melanie P.o.V.
Io e Jason siamo abbracciati da quello che sembra un infinità di tempo
-Non voglio lasciarti- sussurro nel suo orecchio
-Sarà solo per qualche mese- mi rassicura accarezzandomi le mani
-Come faremo?- chiedo supplichevole
-Hanno inventato tanti modi per comunicare a distanza, non ti devi preoccupare...- mi stampa un bacio a fior di labbra per incoraggiarmi, la voce automatica dell'altoparlante ci interrompe -Ti amo- gli sussurro
-Ti amo anch'io- risponde lasciandomi le mani che ora mi sembrano fredde nonostante il caldo infernale del periodo -Fate buon viaggio-
-Ciao- lo saluto e si aggiungono anche papà e i miei fratelli, anche Grace ondeggia la mano per salutare.
          ***
Bahrain International Airport, Manama, Bahrein, 1 luglio 2005
Melanie P.o.V.
Dopo quasi una giornata di viaggio siamo arrivati a Manama, appena scesi dovremo fare un altra ora di viaggio in macchina e poi FINALMENTE potrò riposarmi. Papà, Prince, Paris e Blanket cominciano a scendere scortati da un bodyguard, ma una hostess ferma me e Grace -Signorine, dovreste coprirvi le braccia e il petto-
-Perché?- chiedo velocemente
-La legge coranica impone che le donne coprano le braccia, il petto e i capelli... Dovreste indossare le vostre giacche- spiega indicando la giacca di jeans che porto sottobraccio e lancio a Grace uno sguardo scettico
-E va bene facciamo come dice la legge coranica- accetto sarcasticamente e mi metto la giacca di jeans mentre Grace indossa il suo golfino bordeaux. Cominciamo ad allontanarci ma l'hostess ci ferma di nuovo -Dovete coprirvi anche i capelli-
-E con cosa? Non abbiamo un cappello- chiedo innervosita
-Con questi- ci porge due veli di cotone, uno color pesca e uno celeste -Si chiamano "hijab" e li dovete portare per coprirvi i capelli- ci spiega come legarli intorno ai capelli -Li dovete indossare ogni volta che siete in compagnia di un uomo non parente... Mi spiace... É un po' scomoda, ma poi ci si fa l'abitudine...- finalmente ci lascia andare e raggiungiamo gli altri in macchina.
-Ma non hai caldo con il cappuccio rosa e la giacca?- mi chiede Prince dopo un po'
-Sì- rispondo nervosa
-E allora perché sei così coperta?-
-Perché...- tentenno in cerca di una risposta
-Perché adora questa giacca- risponde Grace per me
-Già adoro questa giacca... La adoro...- continuo
Dopo 45 minuti arriviamo alla residenza del sultano Hamid bin Isa Al Khalifa, lì appena arrivati ci aspettano una schiera di dipendenti e domestici tutti inchinati al nostro passaggio, capisco l'ospitalità, ma questo mi sembra esagerato! Arriviamo velocemente alla fine delle file e ci aspettano due uomini con un copricapo rosso e bianco, uno sui cinquant'anni, il sultano, e un altro, credo il figlio, sulla trentina -Benvenuti nella mia umile dimora- ci saluta abbassando la testa -Lui é mio figlio Abdullah, É con lui che ha parlato al telefono in questi giorni- dice rivolgendosi a papà
-É un onore conoscervi vostra altezza- lo saluta papà e il sultano gli stringe la mano, poi anche il principe fa la stessa cosa, allungo la mano per stringerla anch'io, ma il principe abbassa la mano e mi lancia uno sguardo di disprezzo subito seguito fa quello del padre e di tutti i loro collaboratori -Non avresti dovuto...- mi bisbiglia nell'orecchio papà
-Perché no?- rispondo nel suo stesso tono
-Una donna che prova a stringere la mano a un uomo é malvista dalla legge coranica...-
-La legge coranica... La legge coranica...- mormoro e comincio a mordermi nervosamente il labbro per tutto il resto del pomeriggio. Alcune collaboratrici ci portano alle nostre stanze: sono gigantesche, dipinte di colori chiari e decorate con quadri, tappeti ricamati e arazzi ovunque.
Al momento della cena ci portano in una vasta sala da pranzo e una cameriera ci spiega che in Medio Oriente é usanza che a tavola uomini e donne siano separati e ci indica i nostri posti, fortunatamente sono capitata alla destra di papà, mentre intorno a noi ci sono persone che non ho mai visto e non so quando siano apparse... Ci servono la cena, finalmente devo ammettere, avevo una fame da lupi, la trovo davvero squisita, ma devo riconoscere che amano i sapori piccanti e non si vede dell'acqua neanche a pagarla. Dopo un po' la mia ricerca silenziosa ha fine e vedo la tanto agognata -Ehm, scusa- chiedo al ragazzo che la tiene in mano -Potresti passarla anche a me?- improvvisamente il brusio si congela e sento gli occhi di tutti su di me -Melanie- mi richiama con tono grave -Avresti dovuto chiedere a me...-
-Perché?-
-É maleducazione per una ragazza a tavola rivolgersi a un uomo non parente... Per la legge coranica...- sussurra e fa una pausa prima di terminare la frase
-Ok...- prendo un respiro, sento gli sguardi dei commensali su di me -Allora... Papà, potresti passarmi l'acqua?-
-Ecco- e mi passa la caraffa. Non ho più parlato per il resto della cena, ne con papà ne con nessun altro...
         ***
Palazzo reale, Riffa, Bahrein, 6 ottobre 2005
Melanie P.o.V.
-Una volta per tutte, mi devi spiegare perché ti comporti così...- inizia Grace, interrompendo la mia lettura di un romanzo
-Di che stai parlando?- chiedo alzando lo sguardo dal mio libro
-Di tutta questa storia della ribellione... Perché lo stai facendo?-
-Io non mi sto ribellando a niente...-
-Invece sì... Non riesco proprio a capirti... Stai recuperando la disubbidienza adolescenziale che non hai mai fatto in questi 27 anni?!- 
-Non lo so... Magari ho solo voglia di comportarmi così...- inizio a osservarmi le unghie -Magari non so le regole e lo faccio involontariamente... Non mi sto ribellando, semplicemente sono disinformata...-
-Non puoi fregarmi... Sono troppo vecchia per farmi fregare... Tu le sai le regole... Eccome se le sai...-
-E come farei a saperle secondo te?-
-Quando eravamo in aereo stavi leggendo un libro sulle abitudini islamiche... Non puoi non saperle...- spiega
-Può essere... Ma se anche fosse?- chiedo sprezzante
-Tuo padre ci sta rimettendo...- alzo un sopracciglio -Il re continua a chiedere a tuo padre perché ti comporti così... Li ho sentiti parlarne qualche settimana fa...-
            ***
Palazzo reale, Riffa, Bahrein, 12 settembre 2005
Grace P.o.V.
-Posso farle una domanda, Michael?- chiede il sultano
-Certo- risponde tranquillo Michael
-Perché la sua figlia maggiore si comporta così?-
-In che senso?- chiede dubbioso Mike
-Nel senso... Come posso dirlo nella vostra lingua... Così... Disubbidiente, ecco é la parola giusta! Perché fa così? Non é una buona cosa per una giovane donna come lei essere così ostile...- Michael si gratta la testa
-É che... Melanie é... É abitudinaria, molto abitudinaria, fa molta fatica ad abituarsi a nuove regole... Ha solo bisogno di tempo per ambientarsi...-
-Sono passati quasi due mesi dal vostro arrivo... Dovrebbe essersi già ambientata da un po'...-
-Lo so, ma bisogna solo darle tempo e si abituerà-
-Diventerà più calma e rispettosa come una brava ragazza deve essere?-
-Sì- afferma sicuro
-Lo spero- e il re si allontana
            ***
Palazzo reale, Riffa, Bahrein, 6 ottobre 2005
Melanie P.o.V.
-Ha cercato di difenderti, ma anche tu devi fare del tuo... Perché lo fai?- mi chiede avvicinandosi
Perché lo faccio? Perché non voglio stare qui, perché voglio stare a casa mia. Perché non penso sia una buona idea essere qui, fuggire dai problemi non é la soluzione giusta, ma se per papà lo é, l'accetto...
-Ormai non importa più. Ho capito che devo "essere una brava ragazza", come dice il sultano...-
-La smetterai con la cosa della ribellione?-
-Sì, rispetterò le regole. Ma non per far piacere agli altri... Solo per papà... Solo per lui... Per evitargli ripercussioni a causa mia...-

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Capitolo 36
*** Capitolo 35 ***


Capitolo 35
Carolwood Drive, Los Angeles, 21 settembre 2007
Melanie P.o.V.
Al ritorno dal soggiorno dal sultano siamo ritornati a Los Angeles, ma non abbiamo fatto ritorno a Neverland. Io e i miei fratelli eravamo sconvolti da questa scelta, perché Neverland significa tutto per noi, la mia adolescenza, l'infanzia per Prince, Paris e Blanket, ciò che non ha potuto vivere da piccolo papà... Diceva sempre che non avrebbe mai e poi mai potuto e voluto abbandonare il ranch perché "Neverland sono io" amava ripetere, ma dopo questo annus horribilis non ne ha voluto sapere di ritornare lì e quindi da più di un anno ci siamo trasferiti in questa villa nella zona di Beverly Hills, é bella, lo ammetto, ma non é Neverland...
-Buon anniversario, Mel!- mi sussurra Jay mentre mi da un bacio veloce sulle labbra
-Buon anniversario anche a te, amore!- rispondo
-Bleah!- esclama Blanket
-Quando sarai più grande non sarà un "Bleah"...- commenta Jay e io rido scuotendo la testa. 
Blanket se n'è andato e i nostri sguardi si rincontrano -Seriamente, buon anniversario- mi accarezza la guancia e sorrido -Oggi é una data importante...-
-Già... Importantissima...- continuo a tenere la sua mano sulla mia guancia
-Mi sembra ieri di aver posato gli occhi su quella ragazzina con la testa piena di ricci e aver perso la testa...- sorride -Sono undici anni...-
-Undici anni insieme... Undici anni fantastici...- gli faccio eco
-Che ne dici di fare un cambiamento?- mi chiede appoggiandosi al bordo della cucina
-Di che cambiamento parli?- inclino un sopracciglio
-Parlo di... Magari... Fare un passo in avanti... Tipo... Tipo... Vivere insieme... In una casa nostra... Solo noi due- si morde il labbro nervoso
-Vorresti che vivessimo insieme?- chiedo incredula e lui annuisce. Effettivamente sono undici anni che stiamo insieme e ne abbiamo passate tante, Jay é stato con me nei momenti più belli e in quelli più brutti, mi ha sostenuto quando non ero in grado da sola... Lui c'era al divorzio di papà da Debbie, era lì quando sono nati i miei fratelli... C'era anche quando quel giornalista entrato nella vita di papà e ci ha rovinato la vita per sempre.... E poi penso che sia il momento giusto... Ho 29 anni credo sia il momento di spiccare il volo e lasciare il nido... Sono in quell'età in cui si diventa indipendenti... Anzi forse quell'età lo anche superata... Forse é il momento per creare un nido tutto mio... Sto per aprire la bocca e rispondere positivamente, quando un pensiero mi attraversa la mente e fa scomparire il sorriso che stava per nascere... Papà... Da dopo il processo e il periodo di vacanza non é più lo stesso. Lui dice di essersi ripreso di essere di nuovo felice, ma non é così, o almeno, non sempre... Spesso ha balzi di umore passa dalla felicità alla tristezza in uno schiocco di dita... Non posso andarmene. Certo non andrei via per sempre, ma credo che lui lo potrebbe prendere come un abbandono, tante persone negli ultimi mesi lo hanno abbandonato e non vorrei fargli pensare questo di me... Io non lo abbandonerò mai... Non potrei mai...
-Allora? Che ne pensi?- Jay interrompe i miei pensieri
 
Jason P.o.V.
-No- mi risponde abbassando lo sguardo
-No?!- ripeto pensando di aver sentito male
-No, Jay- fa un sospiro -Non posso...-
-Perché non puoi?- le chiedo
-Non... Non voglio lasciare mio padre...-
-Ma cambieresti solo casa... Non ti ho chiesto di andare sulla luna insieme e non tornare mai più!- sento la mia voce alzarsi
-Lo so, ma per lui sarebbe così...- evita il mio sguardo -É stato abbandonato troppe volte quest'anno... Non voglio che pensi questo di me... É ancora fragile...- 
-Ma poi, scusa, tu mi hai detto che si é ripreso perché ora mi dici che non lo vuoi lasciare perché é troppo fragile?!-
-Lui dice di star bene ma si vede benissimo che non é così... Non voglio andarmene ora!- anche la sua voce si alza
-Ascoltami un attimo, Mel...- faccio un respiro profondo -Non pensi sia ora di lasciare che tuo padre si riprenda come si deve? Se tu cerchi sempre di proteggerlo non potrà mai riprendersi come ha bisogno...-
-No, ascoltami tu- si sta preparando -Non puoi capire il rapporto con mio padre é più complicato di quello che tu pensi...-
-Lo so che siete molto affezionati che altro c'è da capire?!-
-Cosa c'è da capire?!- la sua voce si é davvero alzata -C'è da capire che io sono stata TREDICI ANNI senza di lui! E c'é da capire che tu chiami tuo padre a malapena il giorno del tuo compleanno e quindi non hai ragione di criticare il mio rapporto con mio padre, semmai il contrario! IO HO BISOGNO DI LUI E LUI HA BISOGNO DI ME! ECCO COSA C'È DA CAPIRE!- riprende il fiato dopo la sfuriata -Quindi se tu la pensi così non possiamo vivere insieme!- e si allontana sbattendo la porta della cucina. Forse ha ragione, io non ho ragioni di criticare quello c'è con suo padre, al massimo può criticarmi lei... E ha anche ragione sulla sua salute, mi é capitato anche a me di subire i suoi cambi d'umore... Tutti i figli hanno bisogno dei genitori e viceversa... Ha solo ragione lei... Michael é fragile non posso togliergli di torno la figlia. Devo chiederle scusa. Vado nella sua stanza della pittura, lei si rifugia lì quando si sente in contrasto con il mondo, ma oggi l'unico con cui é in contrasto sono io...
Busso -Chi é?- sento che risponde
-Sono io, Jay- non risponde -Posso entrare?- di nuovo nessuna risposta così decido di entrare. Sta dipingendo, ma é come se stesse prendendo a pugni la tela con il pennello
-Cosa vuoi?- mi chiede visibilmente irritata
-Voglio chiederti scusa- distoglie lo sguardo dalla tela -Non sono la persona giusta per criticare il vostro rapporto... E poi... Hai ragione su tuo padre, l'hanno abbandonato in troppi... Tuo padre ha bisogno di te... In questo momento non mi sembra giusto separarvi... Magari in un altro momento... Ma sicuramente non adesso...- rimane un attimo in silenzio a riflettere -Accetti le mie scuse?-
-Sì- sorride -Le accetto...-
-Io ti amo... Se allontanarti da tuo padre ti crea questi problemi... Fa niente... Possiamo rimanere così, solo perché non abitiamo insieme non significa che non ci amiamo...- sorrido, si avvicina e mette le braccia intorno al mio collo
-Ti amo anch'io- e mi sorride.
         ***
-Pronto?- risponde mio padre dall'altra parte del telefono
-Ciao papà-
-É successo qualcosa?- mi chiede
-No, niente in particolare-
-E allora perché mi chiami? É già il 29 aprile? É passato in fretta quest'anno-
-No, papà. Siamo al 21 di settembre. Volevo soltanto chiamarti...-

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Capitolo 37
*** Capitolo 36 ***


Capitolo 36
Los Angeles, 30 novembre 2008
Melanie P.o.V.
-Va bene- sento che dice papà mentre annuisce all'interlocutore al telefono -Ok- l'interlocutore continua a parlare -Va bene. Non vedo l'ora. Arrivederci- conclude sorridente la telefonata
-Come mai così raggiante?- gli chiedo
-Era un produttore, stavamo parlando di un progetto-
-Che progetto?-
-Una tournée-
-Vuoi fare una tournée?-
-Sì. In questo tour riproporrò tutte le canzoni che i miei fans adorano.- sorride entusiasta
-É meraviglioso!- sorrido -E quando comincerà?-
-Ancora non lo so sicuramente dopo la primavera dell'anno prossimo... C'è un però...-
-Un però?!- annuisce
-Questa sarà la mia ultima tournée...-
-Come mai?-
-Non sono più giovane... E vorrei dedicarmi di più a voi quattro...-
-Ma ti dedichi già tanto a noi...-
-Sì, ma vorrei almeno per un ultima volta cantare per i miei fans...-
-Ultima volta? Ma di che parli? Non sarà l'ultima volta-
-Invece sì. Sarà l'ultima volta. Perché arrivando alla mia età, anche se non sono vecchio, non si possono fare tutte le cose che si vuole e quindi vorrei almeno un ultima volta stare con i miei fans. E sarà una cosa grandiosa.-
-Cosa hai in mente di fare?- chiedo curiosa
-Ho già contattato Kenny Ortega, il direttore artistico con cui ho collaborato per l'HIStory Tour, e faremo le cose in grande... Sarà l'ultima volta, ma sarò ricordato come si deve...- afferma sicuro.
                   ***
O2 Arena, Londra, 5 marzo 2009
Frank P.o.V.
Siamo arrivati all'O2 Arena. I fans là fuori gridano impazziti -MICHAEL! MICHAEL!- e Mike ne é entusiasta e sorride dietro i suoi occhiali da sole. -E Londra dà il benvenuto al Re del pop, mister Michael Jackson!- i fans gridano ancora di e Mike sale sul palco tra le grida euforiche, saluta il presentatore, poi si avvicina ai fans e manda baci, si avvicina al leggio rosso, alza il pugno destro e fa il segno della vittoria. I fans continuano a gridare. Con il sorriso sulle labbra comincia a parlare -Vi voglio bene... Tanto...- prende un respiro -Grazie a tutti...- i fans continuano a gridare -This is it. This is it- li incita agitando il pugno, diventa serio -Voglio solo dire che... Questo... Questo sarà il mio ultimo show a Londra. Questo sarà l'ultimo. This is it. E quando dico "Questo é tutto" significa davvero "Questo é tutto"... Perché...- sospira sorridendo, poi torna di nuovo serio -Mi esibirò nelle canzoni che i miei fans vogliono sentire- sorride ancora -Questo é tutto. Veramente, questo é davvero tutto. Questa é la finale, la chiamata finale al sipario. Ok? E ci vediamo a luglio.- ritorna a sorridere -Vi voglio bene, davvero, dovete saperlo. Vi voglio tanto bene, davvero- si mette la mano sul cuore -Dal profondo del mio cuore. This is it e ci vediamo a luglio.- alza le braccia e poi se ne va con il pugno alzato.
Mike é rientrato nel dietro le quinte -Luglio- continua a dire euforico, mentre i fans fuori continuano a gridare il suo nome.
 
This is it.

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Capitolo 38
*** Capitolo 37 ***


Capitolo 37
Los Angeles, 25 giugno 2009
Melanie P.o.V.
Sono al computer per fare una ricerca, Prince e Paris stanno guardando i cartoni animati, li sento ridacchiare, Blanket é accanto a me con i pastelli sparsi sul tavolo che disegna, ha una grande passione per il disegno e ha anche talento secondo me. Grace é in cucina e sta preparando il pranzo. Tra poco papà dovrebbe alzarsi. Sì, lo so é un po' tardi per dormire a quest'ora, ma lui é tornato tardi dalle prove, quindi si può perdonare... 
Sento un rumore all'ingresso e dopo poco sento il dottor Murray salutare Grace che dopo poco sale le scale per la visita quotidiana a papà.
Sento dei rumori strani, o meglio delle voci, provenire dal piano di sopra. Non riesco a capire che succede. Sembra il dottor Murray, l'altra voce mi sembra Albert, uno dei bodyguard, ma non sento papà... E visto che gridano così forte, dovrebbe essersi almeno svegliato. Perché stanno gridando? Che succede?
Salgo al piano di sopra, Albert esce dalla stanza di papà -Albert, che succed- non finisco la frase che come un fulmine ritorna con una borsa tra le mani. Mi avvicino. Non so cosa sta succedendo. Non so cosa aspettarmi. So solo che sto avanzando verso la camera di papà, in silenzio. Continuo a sentire le voci, ma non riesco a comprendere le loro parole, sono concitati. Sto per abbassare la maniglia, quando Albert a sorpresa apre la porta -Oh, Melanie! Che ci fai qui?- sembra voler coprire la porta
-Ho sentito dei rumori. Cosa sta succedendo?-
-Niente signorina, é tutto a posto- guardo dentro la stanza, nonostante Albert voglia coprirmi la visuale: papà é a terra, il dottore é al telefono e non sta facendo niente?!
-Qui sta succedendo tutto tranne che il niente! Niente é a posto!!-
-Stia tranquilla, il dottore sta sistemando tutto...-
-Sta parlando al telefono! Non sta facendo niente! Spero almeno che stia parlando con l'ospedale!-
-Albert- il dottor Murray lo chiama
-Il dottore sta sistemando tutto. Torni al piano di sotto- e si gira chiudendosi la porta dietro e non posso fare altro se non tornare di sotto.
Trovo Grace -Che succede Mel? Tutto a posto?- riesco solo a fare segno di no con la testa -Che succede?-
-Papà... Ha qualcosa...-
-Cosa?- mi prende per le spalle
-Non lo so... Il dottore credo che stesse chiamando un ambulanza...-
-Un ambulanza? Ma che cos'ha?-
-Non lo so, Grace... Non lo so...- Grace si allontana da me e chiude la porta del salone, sicuramente non vuole far vedere niente ai miei fratelli. Dopo poco arrivano dei paramedici, uno di loro ci chiede -Dov'è?- 
-Al piano di sopra- risponde Grace al mio posto, mi sento inerme, incapace di qualsiasi movimento, mentre i paramedici vanno di sopra -Dai, Melanie, proviamo a spiegarlo ai bambini- la seguo in salone e Prince, Paris e Blanket ci guardano
-Cosa sta succedendo?- chiede Paris
-Papà... Papà... Al momento non sta bene e sono venuti degli infermieri per portarlo in ospedale...- spiega Grace
-Addirittura in ospedale?!- dice stupito Prince
-Sì... E che... E che ha... Che cos'ha?- continua Grace rivolgendosi a me
-Non lo so...- sospiro
I paramedici portano papà in ospedale e noi li seguiamo con la nostra auto. Ci ritroviamo nella sala d'attesa del pronto soccorso. Grace ha avvertito anche il resto della famiglia che si stringono intorno a noi nell'attesa.
Continuo a picchiettare il piede sinistro, non ci dicono niente... Mi volto e guardo i miei fratelli sono preoccupati, molti pensano che siano troppo piccoli per capire, ma in realtà capiscono molto di più di quello che crediamo... -Papà ce la farà?- mi chiede Prince scostandosi un ciuffo dagli occhi
-Non so... Ormai non so più niente...- appoggia la testa sulla mia spalla sinistra e mi accorgo che anche Paris ha fatto la stessa cosa alla mia destra e Blanket si allunga per stringermi la mano...
Un dottore, finalmente, arriva da noi ci alziamo tutti e quattro quasi all'unisono ci avviciniamo al medico che abbassa lo sguardo appena ci vede -Allora?- chiedo
-Mi dispiace... Ma... Vostro padre... Non ce l'ha fatta-
-NO!- mi accascio e crollo sulle ginocchia, sento Paris che scoppia a piangere, Prince é immobile che fissa un punto indefinito e Blanket singhiozza, seguendomi sul pavimento e stringendomi il braccio. Non capisco più niente mi sento tirare su, delle braccia mi cingono e le mie lacrime sgorgano senza sosta. Il mio cuore mi fa male. Tutto mi fa male.
Sono orfana. Di nuovo.
            ***
Los Angeles, 25 giugno 2010
Melanie P.o.V.
É passato un anno. Questi dodici mesi sono passati in maniera strana. Adesso vivo con Jason... Con Prince, Paris e Blanket... E con mio figlio Michael Joe. Ha quattro mesi. Ho saputo di aspettarlo il giorno prima che... Che papà... Che gli succedesse quel che é successo... Glielo avrei detto quel giorno a pranzo, prima delle prove. Lui adorava i bambini, sarebbe stato contento di sapere che avrebbe avuto un nipotino... L'ho chiamato come lui per ricordargli in futuro che anche se non c'è fisicamente il nonno ci sarà sempre... Sono sicura però che non avrebbe voluto che gli dessi il suo nome... Avrebbe voluto per lui un nome più moderno o qualcosa del genere, ma penso anche che ne sarebbe stato orgoglioso, un po' come tutti i nonni... E ne sono orgogliosa anch'io, perché vorrei che diventasse anche solo un pizzico come lui... Lui era fantastico... Era generoso, altruista e tanto altro... Era un grande uomo... Era un grande padre... Il migliore che potessi avere... Non dimentico Freddie... Anche lui era un grande padre, é stato con me per undici anni, mi ha cresciuta come se fossi sua figlia e mi ha donato fino all'ultimo briciolo di amore... E non ne sarò mai abbastanza grata... Senza di lui non so dove sarei in questo momento. Senza di lui non sarei la persona che sono oggi... Senza di lui non avrei mai incontrato papà...
Jason e il piccolo mi hanno salvato, ero depressa dopo la dipartita di papà, con loro ho potuto impegnarmi e risollevarmi dalla mia malinconia e in più dovevo occuparmi dei miei fratelli, so che non sono miei fratelli al 100%, ma lo stesso gli voglio bene e siamo uniti come se lo fossero e come tali devo prendermi cura di loro, perché so com'è sentirsi soli nel mondo e io non voglio fargli provare quella sensazione. Ti senti vuoto, solo, ti sembra che nessuno si importi di te, e credetemi, non é bella sensazione. Sono piccoli, capiscono tante cose e non voglio che capiscano la solitudine, non voglio che entri nei loro cuori, ne basta una che ha provato quella sensazione non serve che la provino anche loro... Jason, Mickey Joe, Prince, Paris e Blanket occupano le mie giornate, sono le mie ragioni di vita, devo ringraziarli, per tutto quello che provano per me... 
Blanket sta giocando con Mikey Joe sul tappeto, ma si accorge di me e di una lacrima che mi sfugge dagli occhi, si alza tentando di prendere in braccio il piccolo, e lo aiuto prendendolo io e mi abbraccia, mi stringe forte e ricambio. Jason entra in quel momento e sciogliamo l'abbraccio, metto Mikey Joe nel suo passeggino, Blanket si allontana nella sua stanza, mi avvicino a Jason e lo abbraccio, inizio a singhiozzare, mi accarezza i capelli, come si fa per calmare i bambini dopo un brutto sogno 
-É solo un brutto sogno- sussurro
-Non é un brutto sogno...- mi bisbiglia triste nell'orecchio
-Vorrei che lo fosse... Almeno potrei risvegliarmi e tutto sarebbe come era prima...-
-Niente sarà come prima, ma dobbiamo andare avanti...- sospira -Sicuramente avrebbe voluto che fosse così...-
-Hai ragione- mi dà un bacio sulla fronte e poi uno sulle labbra, ma non sciogliamo l'abbraccio...
Ha ragione, dobbiamo andare avanti, lo vorrebbe anche lui, non vorrebbe vederci così tristi
-Dobbiamo, per te... Per noi... Per i tuoi fratelli... Per nostro figlio...- continua sospirando tra i miei capelli.
Andremo avanti, ma nei nostri cuori lui ci sarà sempre... I ricordi di lui non svaniranno mai, sono indelebili, marchiati a fuoco nei cuori, nelle nostre anime... E così sarà per sempre...
 
FINE

Note dell'autrice
Siamo arrivati alla fine. Tutto prima o poi si conclude e anche questa storia si é conclusa. Vorrei ringraziare tutti quelli che mi hanno letto, quelli che mi hanno recensito e chi mi ha solo letto in silenzio. Davvero un grande, grandissimo grazie.
C'é un però. Non ho finito di scrivere, infatti settimana prossima o comunque nelle prossime settimane inizierò due nuove storie, che pubblicherò a settimane alternate. La prima si intitola Il punk non é morto e sarà tutto una sorpresa... Il secondo sarà una raccolta di momenti mancanti della storia Due padri e si intitolerà Due padri: Ricordi. Spero che leggerete queste e tutte le mie prossime storie.
Ancora grazie
Diana87

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