Battle royale: Wawanakwa project

di Pleurite98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Disclaimer: i personaggi e le opere da cui la storia è tratta non mi appartengono, scrivo per puro piacere personale ed invito tutti i lettori a seguire Battle Royale (Romanzo/Manga e Film) e A tutto reality (serie animata) che reputo davvero degni di nota.
 
L’inizio
 
Il salone principale della nave da crociera era addobbato a festa. Ai lati lunghi tavoli coperti da tovaglie rosa reggevano svariate bevande e alcuni spuntini.
Al centro tavolate rotonde erano pronte ad accogliere gli ospiti. Lunghi e colorati festoni decoravano il soffitto.
L’unica luce nella stanza buia era proiettata sul lucido legno del palco da cabaret.
Finalmente la porta si spalancò lasciando riversare all’interno i trentotto concorrenti del reality più in voga del momento.
Trent guardò l’orologio. Le 21.30. Più tardi di quanto pensasse.
Tutti parlavano nella tensione generale.
Certi erano entusiasti, certi lo erano di meno.
Sicuramente nessuno di loro avrebbe mai rinunciato a un milione di dollari.
L’agente di Heather l’aveva informata sulle dinamiche di quella stagione. Soliti soldi. Solite persone. Una stupida crociera. Quella storia l’aveva annoiata fin troppo, tuttavia quei sei zeri l’avevano convinta.
Bridgette mandò giù a fatica un conato di vomito.
-E’ tutto a posto, amore?- le chiese Geoff.
Lei annuì silenziosa, poi lo strinse forte a se.
Sam giocava col suo Nintendo mentre Dakota, seduta al suo fianco, gli scompigliava i capelli.
Katie e Sadie seguivano Alejandro con gli occhi (e con la lingua) ovunque questo andasse.
Duncan stava versando del liquore nel punch, Scott lo urtò “accidentalmente” facendogli rovesciare addosso quello che rimaneva nella bottiglia.
-Chi diavolo…?-
-Scusa, non ti avevo visto.-
Scott sogghignò e se ne andò.
Anne-Maria si curava i capelli davanti ad un piccolo specchio.
Lindsay e Tyler si stavano baciando dietro il tavolo dei salatini.
Gwen notò un’ombra muoversi al di fuori del salone, si voltò di scatto.
Courtney, che la teneva a braccetto fu costretta a fermarsi.
-Hey, tutto bene?-
-Sì, scusa, mi era sembrato di vedere qualcuno.- sorrise.
Le due ragazze continuarono a scherzare rincontrando i loro vecchi amici.
Attorno a Jo ed Eva si era formato un piccolo gruppetto di curiosi.
Le due si stavano sfidando a braccio di ferro sedute a un tavolo.
Urla di incitamento invadevano la sala.
Dietro Jo, Brick era quello che si sgolava di più.
Una voce familiare ristabilì il silenzio.
Chris era in piedi sul palco.
Trent lesse ansia nei suoi occhi. Guardò di nuovo l’orologio. Le 23.00.
Era troppo tardi. Forse Chris aveva intenzione di farli iniziare con una sfida notturna?
L’aria si stava facendo pesante.
Il silenzio continuò tra i dubbi generali.
Gwen si voltò nuovamente verso la porta. Chiusa.
Bridgette vomitò sul pavimento.
Dawn cadde a terra.
Buio.
 
38 concorrenti rimasti
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Semplici regole
 
Trent aprì gli occhi. Era sdraiato per terra. Il parquet freddo gli faceva gelare la testa.
Si mise seduto. Nessun altro era sveglio.
Supina, al suo fianco, sembrava dormisse Katie. Uno strano collare metallico le stringeva il collo.
Guardò più in là. Justin ne aveva uno identico.
Si sentì soffocare. Si tastò il collo per controllare.
Come temeva. Anch’egli aveva quella strana cosa.
Poco dopo altre teste cominciarono a sollevarsi.
Bridgette era svenuta sul suo vomito, la spalla della sua felpa azzurra era macchiata di giallastro.
Tutti erano confusi, nessuno sapeva cosa stesse succedendo.
Bisbigliavano tra di loro, s’indicavano il collo a vicenda.
Un’altra voce familiare ristabilì il silenzio, ma questa volta non era quella di Chris.
Blaineley guardò verso il palco. Aveva capito subito di chi si trattava.
Seduto su di una piccola sedia, Josh, guardava sorridendo tutti i presenti.
Courtney lo riconobbe all’istante, era il conduttore di Celebrity Manhunt. Cosa ci faceva lì?
Josh si schiarì la voce con un colpo di tosse.
-Buonasera ragazzi! Allora, vi sentite carichi? E’ importante che lo siate, perché il governo ha scelto voi, sì proprio voi!, come partecipanti di un esperimento militare e sociale!-  L’uomo continuava a sorridere.
-Che.. che genere di esperimento?- chiese Courtney – i miei avvocati non sono stati avvertiti di nulla.-
Josh scoppiò in una grossa risata.
-Ogni cosa a suo tempo, ragazza, lasciami spiegare. Allora, dicevo, siete stati selezionati per il programma, il primo in questo Stato, vi spiego come mai la scelta sia ricaduta proprio su di voi. Come sapete, ultimamente, stanno scoppiando un po’ ovunque rivolte contro il governo e il sistema per riuscire ad ottenere più libertà, libertà, che dicono?, come se non ne avessero abbastanza.
Comunque il grande Presidente ha deciso di provare qualcosa di nuovo, e un tantino estremo, per ristabilire l’ordine, per dare un’importante lezione al popolo.- il “conduttore” riprese fiato – Ma adesso passiamo alle regole, che sono molto importanti: questa nave si sta dirigendo verso Wawanakwa, un’isola che voi conoscete molto bene, per delucidare alcuni dubbi del pubblico, ebbene sì siamo in diretta tv!, voglio comunicare che quella che avete visto affondare nell’oceano alla fine della quinta stagione era solo una ricostruzione digitale dell’isola. Una volta giunti a destinazione scenderete sul molo e… dovrete uccidervi a vicenda finché solo uno di voi non sarà rimasto vivo.- il sorriso rimaneva impresso sulla sua faccia.
I “concorrenti” sussultarono, alcuni scoppiarono a ridere credendo fosse uno scherzo, gli occhi di altri si riempirono di lacrime.
-Silenzio!- sbraitò Josh –Fatemi continuare, allora: l’isola è stata divisa in 36 zone, ogni sei ore annuncerò quali dei vostri compagni sono morti e quali di quelle zone sono diventate vietate.
Esatto! Ogni tanto delle zone diventeranno proibite e fareste bene a non trovarvici all’interno, altrimenti…-
-Questa è pazzia!- Geoff era scattato in piedi –Non potete fare una cosa del genere, non potete!-
Josh non fece una piega. –Oh certo che possiamo. Dicevo: altrimenti…- puntò una specie di telecomando verso Geoff.
Il collare del ragazzo s’illuminò di rosso, poi cominciò a emettere un suono insistente, come quello di una sveglia.
Gli occhi del ragazzo si spalancarono di terrore.
-Che cazzo succede? Che cazzo sta facendo questa cosa?- le vene sulle sue tempie si gonfiarono, il suo viso diventò rosso di rabbia.
-Se fossi in voi io mi allontanerei- sogghignò Josh.
Il collare smise di suonare.
All’improvviso esplose.
Il collo del ragazzo si disintegrò. Schizzi di sangue volarono ovunque.
Il suo cappello cadde per terra. Della testa non rimaneva che un vago accenno.
Il corpo morto esitò qualche secondo. Poi precipitò a terra.
Un fischio terribile stava assordando Trent.
La folla cominciò a urlare.
Bridgette s’inginocchiò verso l’amato col viso coperto dalle lacrime e cominciò a gridare il suo nome.
I ragazzi non si erano minimamente accorti dei due militari che sorvegliavano l’ingresso.
Questi sollevarono verso l’alto dei mitra e cominciarono a sparare.
Il salone ripiombò nel silenzio.
-Ecco cosa succede se vi trovate in un’area proibita… Prima che voi usciate, vi sarà consegnato uno zaino, al suo interno troverete del pane, due bottiglie d’acqua, una mappa divisa in zone, una matita, e un’arma casuale.-
Staci si era chinata verso Zoey e le stava bisbigliando qualcosa all’orecchio.
Fu un attimo. Josh impugnò un coltello. Lo lanciò verso la ragazza. La lama tagliò l’aria con un rumore soave. Poi si conficcò in mezzo alla fronte di quest’ultima. La testa della ragazza cadde all’indietro. Gli occhi di Zoey cominciarono a vibrare.
-Vi prego di non interrompermi nuovamente. Adesso vi chiamerò uno per uno, alternando ragazzi e ragazze in ordine alfabetico secondo il vostro ingresso nel programma: quelli che partecipano dalla prima stagione usciranno per primi, quelli che partecipano dalla quarta per ultimi. I miei amici soldati laggiù vi daranno uno zaino prima che usciate- Josh sembrava aver terminato.
-I-Io pensavo che fossimo amici-
Trent guardò chi stesse parlando. Blaineley aveva il volto coperto dalle lacrime.
-Probabilmente lo eravamo, mi spiace, ma le regole sono regole. Tutti i concorrenti sono obbligati a partecipare al programma. Tutti.-
 
36 concorrenti rimasti
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Fase iniziale

Trent 

-Cody- fu il primo nome a essere chiamato. Il ragazzo corse verso la porta prese lo zaino e scappò via. Due grosse lacrime cominciarono a sgorgare dagli occhi di Sierra (ragazza numero 13).
Forse non avrebbe mai più rivisto il suo unico amore.
Dopo Cody furono chiamati Beth (ragazza numero 1) e Dj (ragazzo numero 2).
Ogni due minuti era annunciato un nuovo nome.
Trent calcolò di essere il decimo ragazzo sulla lista, prima di lui sarebbero dovuti uscire nove ragazzi e nove ragazze. In totale diciotto persone, quindi doveva aspettare ancora trentasei minuti.
In quel momento si accorse di non avere più il suo orologio al polso.
Quando sentì annunciare il suo nome, Bridgette (ragazza numero 2), si alzò lentamente e uscì dal salone.
Duncan (ragazzo numero 3) la guardò uscire. Appena fu chiamato si precipitò all’esterno.
I minuti successivi passarono lenti e inesorabili. La mente di Trent era persa altrove.
Si destò un momento quando Gwen (ragazza numero 5) lasciò la stanza.
-Trent-  Il suo nome lo fece sobbalzare. –Trent?- Il ragazzo si alzò in piedi. –Puoi muoverti, per favore?- Josh lo stava fissando col suo sorriso snervante.
Trent (ragazzo numero 10) s’incamminò verso la porta, afferrò lo zaino al volo e usci.
Il cielo era ancora buio e la luna brillava alta dietro gli alberi. Dovevano essere le due o le tre di notte.
Il legno freddo del molo scricchiolava sotto i suoi passi.
“Dovete uccidervi” le parole di Josh gli riaffiorano nella mente. “Fino a quando solo uno di voi non rimarrà vivo.” Trent accelerò il passo. Superò l’hotel ed entrò nel bosco lì vicino.
Si appartò in un angolo e aprì il suo zaino. Bevve subito un grande sorso dalla bottiglia d’acqua.
Continuò a frugare all’interno fino a quando le sue mani non urtarono qualcosa di duro.
Esaminò l’oggetto al tatto. Sembrava una pistola, ma la canna era troppo stretta. Estrasse quello che stava toccando. Si ricordò di aver già visto quell’oggetto nell’officina di suo zio. Doveva essere una sparachiodi.
La appoggiò per terra ed estrasse la mappa. In quel momento si trovava nel settore B-4.
Voleva trovare Gwen. In fondo lui ne era ancora innamorato.
Innamorarsi in un reality. Che cosa da stupidi.
Innamorarsi in un gioco mortale. Quello era ancora peggio.
Era entrato nell’anticamera dei rimpianti.
“Se solo avessi…”. Quella era l’antifona.
Se non avesse lasciato Gwen. Se solo avesse ringraziato i suoi genitori una volta di più.
Poi entrò nella stanza dei bei ricordi. Le lacrime gli scendevano grandi sul viso.
Quadri incorniciati dei bei momenti della sua vita erano appesi alle pareti.
Dovette uscire dalla casa della sua mente quando una mano gli afferrò la spalla.
Si voltò di scatto.
Il viso pallido di Gwen lo fissava. La punta acuminata di una freccia gli graffiò la guancia.
La ragazza sembrava impugnare una balestra.
Trent gemette. Le sue pupille si strinsero. Impugnò velocemente la sparachiodi e si gettò di lato, si raggomitolò dietro un albero e punto l’arma verso Gwen.
Questa lo guardò sbigottita.
Attese un attimo, poi lasciò cadere la balestra a terra.
-Scusa, non volevo spaventarti.- sussurrò.
  
36 concorrenti rimasti
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


B-rutale
 
Una volta che Justin (ragazzo numero 7) fu all’aperto cercò di ragionare lucidamente. Doveva pensare. Senza distrarsi. Senza che la sua mente vagasse altrove. Senza che ricordasse i bei tempi andati. Quando sua madre lo chiamava la mattina presto. E lui andava a correre per ore.
Tornava a casa per pranzo e si faceva una doccia.
No. Doveva smetterla. Mente libera. Libera.
Saltò giù dal pontile. Si rintanò sotto le scalette di legno. Tutti i suoi amici sarebbero subito scappati via da lì, nessuno si sarebbe mai fermato. Era da stupidi.
Aprì il suo zaino. Doveva tenere le vivande per dopo. Ora non ne aveva necessariamente bisogno.
Estrasse dell’interno un lungo coltello coperto da una custodia decorata. Probabilmente era un pugnale. Lo impugnò saldamente e lo strinse a sé.
Poco dopo uscirono Lindsay (ragazza numero 10) e Tyler (ragazzo numero 11), li sentì discutere per qualche minuto. Lei si mise a piangere, poi si allontanarono insieme.
La sabbia cominciò a entrargli nelle scarpe. Cercò di toglierla ma questa gli s’infilò sotto le unghie. Maledizione. Lui odiava il mare. (Eccetto che non fosse sdraiato sopra una sdraio).
Si ricordò di quell’anno, prima che fosse scritturato per il reality, che decise di cambiare abitudini alimentari. Decise di togliere i carboidrati. L’olio dall’insalata. Così cominciò lentamente a perdere peso, la sua pelle diventava ogni giorno più pulita.
Poi la palestra. Il suo fisico era diventato scolpito e in breve si era trasformato in uno dei modelli più ambiti dalle case di moda del paese.
Era troppo bello per morire. Si era impegnato così tanto per cambiare.
Non lo aveva fatto per niente. Lo aveva fatto per vivere. Lui si meritava di vivere molto di più di quegli insulsi dei suoi amici. Amici. Ah, che beffa. Compagni è meglio.
Improvvisamente il legno scricchiolo sotto il peso di un duro metallo. La tavola di legno esplose in mille schegge. Un grande frammento di legno strappò un pezzo di carne dai suoi zigomi.
Il suo bel volto sfregiato.
I suoi occhi schizzarono verso l’alto. B (ragazzo numero 13) si preparava a sferrare un altro colpo.
Justin lo schivò appena in tempo.                                                                                                                                                                   Il pesante martello si schiantò contro la roccia.
Prontamente alzò il suo pugnale e lo piantò nella caviglia del ragazzo.
B cadde a faccia in giù sulla sabbia.                         
Non meritava di morire. Era troppo intelligente. Sapeva che sarebbe stato lui il primo bersaglio degli altri. Sovrappeso. Sempre zitto. Un gioco da ragazzi farlo fuori. Ma lui non lo avrebbe permesso, no. Li avrebbe attaccati all’improvviso. Li avrebbe annientati.
Si girò di scatto. La sabbia gli grattava le gengive. Afferrò il manico del pugnale e lo strappò dalla sua caviglia con un urlo.
Si scaraventò nuovamente contro Justin. Questa volta non riuscì a schivarlo, la lama gli perforò un polmone, il secondo colpo gli intaccò le vertebre, la lama si spezzò e andò a conficcarsi in un rene.
Justin cominciò a tossire sangue, B si allontanò da lui, barcollò, poi raccolse il suo zaino.
I suoi occhi si spalancarono. La tempia gli doleva.       Poi buio.
Ezekiel (ragazzo numero 4) ridacchiò. “Chi inizia bene è a metà dell’opera”. Facile. Era stato facile.
Come bere un bicchier d’acqua. Uccidere era così semplice.
Sogghignò nuovamente.
Il martello era inutile. Troppo pesante. Il pugnale era scheggiato. Fermò il cranio di B sotto il peso del suo piede.
Justin tossì di nuovo.
Del sangue cominciò a uscire dalla sua bocca. Alcuni spasmi percorsero il suo corpo.
Era annegato.
 
34 studenti rimanenti
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


33 bit
 
Dakota (ragazza numero 15) guardò Sam (ragazzo numero 18) dritto negli occhi.
-Non dobbiamo assolutamente dividerci, ok? Sam, guardami! Hai capito?  Dobbiamo stare uniti.
Il ragazzo annuì.
-Io uscirò per prima, hai presente dove si tiene la cerimonia del fuoco? Ecco, scendi dal molo e vai sulla spiaggia, prosegui verso sinistra e dovresti trovarti dietro la parete rocciosa del falò. Ci troviamo lì, va bene?-
-Okay. Troveremo una via d’uscita da questa merda di situazione, alla fine è un po’ come un videogioco, no?- sorrise. Sembrava aver ripreso colore.
-Dakota- Josh non aveva smesso di sorridere.
La ragazza corse verso la porta. Doveva fare in fretta. Prese lo zaino e si precipitò fuori. Saltò sul molo. Il legno scricchiolò. Poi si fermò. Lo zaino le cadde dalle mani. Gli occhi sbarrati sull’orribile spettacolo. La parte destra del molo era semi-distrutta. Sotto di questo, Justin giaceva seduto contro la roccia. Il sangue gli usciva dal naso e dalla bocca. Lì vicino il grosso corpo di B era immerso in una pozza rossastra.
A contatto col sangue, la sabbia formava delle piccole palline, meno grandi di una biglia.
Allora quel gioco era cominciato. Allora qualcuno aveva davvero deciso di uccidere quelli che erano stati i suoi amici.
Allora lei doveva darsi una mossa.
Dopo di lei sarebbe uscito Lightning (ragazzo numero 16). Probabilmente lui non aveva scrupoli.
Ritornò lucida e raccolse lo zaino da terra. Poi corse al luogo dove lei e Sam avevano deciso di incontrarsi.
 
Bionda e vestita di rosa. Era una perfetta Peach. Una principessina sempre in pericolo.
E lui Sam, invece doveva essere l’eroe della situazione. Il grande Mario.
Quando il suo nome fu annunciato, andò a prendere il cubo misterioso. Chissà che superpotere ci avrebbe trovato dentro. 
Uscì sul molo. Due piccoli goomba erano spiaccicati lì vicino. Qualcuno lo aveva preceduto.
Seguì la scia di monetine fino ad arrivare nel settore A-5.
Peach lo stava aspettando lì, ci mise poco a trovarla.
Lei doveva aver già rotto il suo cubo. Teneva in mano una specie di lunga pistola con una sorta di serbatoio incorporato.
Lui ruppe il suo. Una forchetta. Mario-forchetta. Che potere inutile. Inutile.
Quello della principessa sembrava più carino.
 
Dakota guardò Sam. Aveva un’aria allucinata. Sembrava non ragionasse. Continuava a ripetere frasi sconnesse. Le sembrò di sentire “Bowser” o qualcosa di simile.
Stavano in piedi sulla spiaggia vicino al bosco. Dovevano spostarsi. Erano troppo in vista.
Eppure il ragazzo non sembrava avere intenzione di muoversi.
 
 
Mario-forchetta aveva bisogno di mangiare cinque Koopa per ottenere un salto di livello.
Magari avrebbe trovato perfino un monetone speciale.
Peach si lamentava e piagnucolava. Sembrava che volesse portarlo via da lì.
Ma lui doveva trovare almeno una di quelle stupide tartarughe.
La ragazza dava le spalle al bosco. Lui vide un’ombra muoversi tra i cespugli.
Eccola! Koopa! Ne aveva trovata una. Spinse la principessa a terra e si buttò tra gli alberi.
L’animaletto lo spinse indietro, ma non era troppo grave, aveva soltanto perso il suo potere.
Era passato da Mario-forchetta a Mario grande.
Poi se ne accorse. Koopa teneva qualcosa in mano. Doveva essere Martel-Koopa. Quella si che era pericolosa.
 
Dakota sbatté la spalla contro uno scoglio lì vicino. Vide Sam gettarsi con tutta la sua forza nel fogliame e ricadere indietro.
Eva (ragazza numero 4) si alzò impugnando una pistola.
Bang.
 
Quello invece era sicuramente più grave. Mario era passato alla sua forma normale. Rischiava il game over. Ma se avesse finito la partita chi avrebbe aiutato Peach a salvarsi?
Bang.
 
Dakota impugnò la sua arma e fece fuoco contro Eva, letteralmente.
 
Aveva capito tutto. La principessa doveva aver trovato Mario-fuoco nel suo cubo. La guardò con orgoglio. Lei si che era un’eroina. Non come lui che si era fatto uccidere da un semplice mostriciattolo.
 
Eva non sembrava muoversi più, la ragazza gettò a terra il lanciafiamme e si chinò in lacrime sopra Sam.
Lui la guardò e sorrise. Tossì.
-Tu sì che sei la mia principessina.-
Le lacrime scendevano abbondanti dagli occhi di Peach.
 
Game over. Per lui la partita era finita, per la sua amata era appena cominciata.
 
32 concorrenti rimasti
 
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Colpita!
 
Courtney (ragazza numero 3) guardò la mappa dell’isola. Se ne stava rannicchiata sotto gli spalti nel campo da dodgeball. Il molo era nel settore B-6 e lei si era solo allontanata di poco.
Il piccolo palazzetto di vetro era stato costruito sulla grande spiaggia frontale dell’isola, nel settore D-6.
Da quella posizione poteva vedere discretamente quello che succedeva all’esterno.
Vide B uccidere Justin senza pietà. Ezekiel uccidere B con lo stesso sangue freddo.
Poi Zeke aveva fatto qualche passo verso di lei, fino ad arrivare nel settore C-6, con grande sollievo della ragazza si nascose in una piccola insenatura.
Courtney si ricordò di quello stupido giochetto dei produttori di far diventare lo zimbello del reality una specie di goblin.
Ma ora il vero Ezekiel era lì. E non era un mostro di finzione. Era un mostro vero.
Nel suo zaino, Courtney, aveva trovato una falce.
Se qualcuno si fosse lanciato all’attacco contro di lei, sicuramente non sarebbe stata in grado di fermarlo al meglio. Quella era un’arma da duello corpo a corpo.
Ci avrebbe sicuramente lasciato le penne.
Era in una merda di situazione.
Due spari chiamarono la sua attenzione.
Sbirciò all’esterno, ma non riuscì a vedere nessuno. Dovevano essere lontani.
Guardò verso il molo. Zoey (ragazza numero 19) era appena uscita dall’imbarcazione e si era subito lanciata verso la foresta dietro la sala comune.
Doveva essere l’ultima. Z. Prima apparizione nella quarta stagione. Sì, era l’ultima.
Quindi Scott (ragazzo numero 19) doveva essere a piede libero da soli due minuti.
Improvvisamente sentì il portone di vetro aprirsi.  Si fece la più piccola possibile.
Il parquet scricchiolava.
Il visitatore era sempre più vicino.
Afferrò la falce con tutte le sue forze.
-Courtney?-
La voce le era familiare.
-Cortney, sei tu?-
Strisciò fuori dal suo piccolo nascondiglio.
Scott le stava sorridendo.
La ragazza si alzò in piedi lentamente e si avvicinò a lui.
Si ricordò di avere ancora in mano la falce.
-Oh, scusa.-  mise l’arma nello zaino e lo richiuse –Sai, l’ansia.. allora…-
-Tranquilla- Scott la interruppe dolcemente –ci sono qui io. Andrà tutto bene. Sei al sicuro.-
L’abbracciò.
Lei appoggiò la testa sulla sua spalla.
-Quindi tu hai trovato una falce nel tuo zaino?- continuò lui.
Courtney si limitò ad annuire. Fermò un singhiozzo, poi chiese: -Tu, invece?-
Scott era stato decisamente più fortunato.
Aveva trovato un uzi.
Un uzi di grandi dimensioni.
E una busta piena di cartucce.
Alla fine nel programma andava così: potevi essere scarso fisicamente, ma se ti capitava l’arma giusta potevi riuscire a trionfare su tutti.
-Una stupida pentola.- rispose il ragazzo –Con tanto di coperchio.-
Rise.
-Direi che non siamo stati proprio fortunati.- disse la ragazza staccandosi da lui.
-Tu da quanto tempo sei qui?-le chiese.
-Da quando sono uscita.-
-Avevo visto che eri rannicchiata qui dentro, saresti dovuta stare più nascosta.-
-Allora è un bene che mi abbia trovata prima tu.-
Courtney si ricordò di essere in un palazzo di vetro.
Afferrò le mani di Scott. Lui sobbalzò.
-Dobbiamo nasconderci. Non siamo al sicuro qui- bisbigliò lei.
Si rintanarono di nuovo sotto gli spalti, ma questa volta si assicurarono di non essere visibili.
-Sai, io volevo dirti che avremmo potuto trovarci da qualche parte, però mi hanno chiamata subito.-
-Non preoccuparti.-
Non le era mai sembrato così premuroso. Doveva essere la tensione.
 
-Potremmo morire tutti.- il ragazzo parlava col viso chino –Questo stupido gioco è studiato davvero bene. Non lascia vie d’uscita se non quella di uccidere i tuoi amici.-
Quella frase la stupì.   Fino a quel momento era sempre stato lui a rassicurarla sul fatto che andasse tutto bene.
-No. Sono sicura che ci sia un modo per scappare. Noi lo troveremo. Insieme.-
Il suo subconscio era convinto che in qualunque modo quella faccenda fosse finita, lei non ne sarebbe rimasta toccata.
Non aveva ancora capito quanto quella situazione fosse inevitabile. Non bene quanto Scott.
Lo vide aprire lo zaino.
Courtney gemette.
Il ragazzo le stava puntando contro un Uzi.
Sei una stupida. Hai creduto alla storia della pentola. Ti sei lasciata abbindolare come una povera idiota. Lo hai sempre detto. “Se vuoi fare bene una cosa falla da sola”.
-Scusami. Mi hanno costretto a farlo.-
Le sembrò quasi dispiaciuto.
-Nessuno ti sta obbligando a fare niente. Sei tu che lo scegli. Non gli altri. Non il governo. Io credevo che tu mi amassi.-
-Ma io ti amo!-
-Stronzate. Mi stai puntando addosso un mitra. Sicuramente ami più te stesso.-
-Io voglio vivere.-
-Io no invece !?-
-Perdonami.-
Pronunciando queste parole, Scott si alzò in piedi. Poi le puntò l’arma alla testa.
-Non ti perdono un cazzo. Avresti potuto aspettare che venisse qualcun altro ad uccidermi, invece hai voluto farlo di persona. Allora fallo. Sparami.-
Il ragazzo sembrò esitare.
Courtney approfittò di quell’attimo per spingerlo con forza.
Lui cadde con un tonfo sulle panche di legno.
Lei raccolse di fretta il suo zaino e corse verso l’uscita.
Scott aprì il fuoco. Doveva essere ancora barcollante poiché nessuno dei colpi andò a segno.
La ragazza riuscì ad aprire la porta, era quasi uscita completamente quando un proiettile le strappò della carne dalla caviglia.
Probabilmente l’aveva solo colpita di striscio, ma faceva un male cane.
Continuò a correre con tutte le sue forze mentre la ferita le sanguinava, fino a scomparire in mezzo agli alberi.
 
32 concorrenti rimasti

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Patti
 
Al contrario di Trent, Gwen non aveva rimpianti. Nella sua vita aveva sempre seguito l’istinto, e questo le aveva detto di non sparare al ragazzo.
Insieme decisero di continuare ad addentrarsi nella foresta fino ad arrivare all’area radioattiva dell’isola.
Camminavano l’uno al fianco dell’altra, immersi nel più completo silenzio.
 
-Gwen!- sua madre la chiamò dalla soglia della porta.
La ragazza si tolse le cuffie dalle orecchie, fermò il video e si girò verso l’ingresso.
-Non dovresti sistemare le tue cose?-
I suoi occhi guizzarono per la camera. Vestiti sporchi sul letto. Libri per terra.
-Gwen…-
-Ho capito mamma, non preoccuparti.- accennò un sorriso.
La donna fece qualche passo in avanti. Si sedette sul letto.
- Senti, sei hai qualche problema sai che possiamo parlarne, insomma…-
- No grazie, è tutto okay.-
Si rigirò verso lo schermo e si mise nuovamente gli auricolari.
La madre attese qualche momento. Corrugò la fronte e sospirò. Infine uscì dalla camera.
Gwen, che fino a quel momento aveva tenuto la mano rigida e immobile sul mouse, fece partire il video.
Una ragazza bionda (sgualdrina) stava scappando seminuda in mezzo alla strada. Inciampò nel terreno e cadde. L’asfalto le bruciò le ginocchia. Gemette, poi si voltò. Un omaccione di due metri stava a pochi passi da lei. Nelle mani stringeva un’ascia. Buio.
 
Aveva sempre dato la felicità per scontata.
I film horror le davano quel brivido in più. Quel qualcosa che sentiva di mancarle.
Vivere era tremendamente noioso, ma Total Drama le aveva fatto conoscere persone stupende, e la scossa di un milione di dollari è notevole.
Non avrebbe mai ucciso i suoi amici. No. Era l’unica cosa chiara nella sua mente.
Quei filmacci violenti (a detta di suo padre), le avevano insegnato il vero valore della vita. Aveva sempre distinto la realtà dalla finzione. Il bene dal male.
 
L’area contaminata si trovava nel settore B-2 e si estendeva di poco in quelli adiacenti.
Le mura che la separavano dall’esterno la rendevano un punto estremamente favorevole, se qualcuno si trovava da solo non sarebbe sicuramente riuscito ad entrarci. Ma loro erano in due.
Sarebbe stato un gioco da ragazzi.
Avevano da poco superato i bagni, quindi secondo i calcoli della ragazza dovevano trovarsi a cavallo tra il settore B-4 e B-3.
Proseguirono taciturni per una ventina di minuti, senza mai incontrare nessuno.
Trent si ricordò di alcune sfide passate. Procedendo al loro passo sarebbero potuti arrivare alla spiaggia opposta dell’isola in due ore.
Al luogo che si erano prefissati, mancavano circa quaranta minuti.
La luna sembrava scendere dietro le montagne. Era quasi l’alba.
 
Trent era sicuro che nessuno dei suoi amici avrebbe mai fatto del male a qualcun altro.
Lo credeva di tutti i concorrenti.
Col passare del tempo si erano uditi degli spari. In lontananza.
Ma, come Courtney, il ragazzo non era ancora stato toccato dal dolore e credeva quindi che questa condizione sarebbe durata fino al termine del programma.
Rifiutava il pensiero di morte quasi inconsciamente.
Quegli spari per lui erano stati un avvertimento lanciato dai suoi compagni.
Staci e Geoff erano già morti. Non sarebbe più toccato a nessuno. Sarebbero fuggiti tutti insieme.
Fuggiti da quel gioco malato. Fuggiti da quel paese perverso.
Avrebbero riso ancora. Vissuto ancora.
Avrebbero realizzato i loro sogni. Viaggiato.
In quel momento l’unica cosa da fare era trovare gli altri, convincerli ad andare con lui e Gwen per trovare insieme una via d’uscita da quella situazione.
Pensò subito a Cody, Harold e Justin. Gli altri membri della band.
Si sarebbero fidati sicuramente.
Temeva invece degli ultimi arrivati. Scott e Lightning non gli sembravano elementi affidabili.
In ogni caso ci avrebbe provato.
 
Al contrario, Gwen non pensava di potersi fidare di nessuno. Era già tanto se si era unita a Trent.
Sapeva cos’erano disposte a fare le persone pur di sopravvivere.
Il gioco era cominciato. Aveva sentito dei colpi a distanza di parecchi minuti.
Sparati probabilmente da elementi diversi.
Qualcuno aveva sicuramente deciso di partecipare a quella follia.
 
La voce metallica di Josh squarciò l’aria.
I ragazzi cercarono l’origine di quel suono. I megafoni sparsi nell’isola stavano trasmettendo un messaggio di morte.
-Ragazzi! Sono passate solo due ore dall’inizio e vedo che ci state dando dentro! Sono proprio orgoglioso, ve lo devo dire! Ero titubante, ma avete placato i miei timori! Hanno perso la vita: Justin, ragazzo numero 7, B, ragazzo numero 13, Sam, ragazzo numero 18 ed Eva, ragazza numero 4. Passo ora ad annunciarvi le zone che diventeranno proibite da questo momento fino alle dodici di oggi. Prendete la mappa! Dalle ore otto il settore A-6, dalle ore dieci il settore F-6. Ah, dimenticavo di informarvi che se entro la mezzanotte del terzo giorno non ci sarà nessun vincitore, tutti i collari ancora attivi esploderanno. Mi raccomando, evitate questo spiacevole inconveniente e continuate ad impegnarvi!-
Il ronzio terminò.
 
Justin! Justin morto! Aveva pensato a lui solo alcuni attimi prima. Ed ora non c’era più.
Non aveva senso. Niente ne aveva più.
 
Gwen aveva tirato fuori la sua cartina e segnato le novità. In quel momento si trovavano distanti dalle zone che sarebbero diventate vietate.
Guardò Trent. Aveva gli occhi sbarrati, sembrava fissare nel vuoto.
Lei gli prese la mano.
-Dobbiamo andare avanti.- disse.
 
Il sole si faceva strada tra i rami. 
Le mura che contenevano la parte radioattiva dell’isola si ergevano davanti a loro.
Un fruscio improvviso li sorprese.
Trent afferrò la sparachiodi e si girò di scatto.
Gwen lo seguì a sua volta, lasciando la sua arma nello zaino.
Mike (ragazzo numero 17) si portò le mani al ventre.
-Ragazzi, sono io.- disse.
 
Trent non lo aveva mai conosciuto. Delle persone erano morte, poteva davvero essere sicuro che non le avesse uccise il ragazzo che si trovava di fronte?
 
Gwen cercò di ragionare lucidamente. Mike aveva dei disturbi psicologici. Mal avrebbe potuto prendere il sopravvento in qualsiasi momento. Magari era già in possesso di quel corpo.
-Qual è la tua arma?- domandò.
Mike porse un piccolo GPS alla ragazza.
-E’ questa. Si tratta di un localizzatore capace di individuare gli altri collari. Non ho cattive intenzioni, ve lo assicuro! Ho visto da quest’aggeggio che eravate insieme. Ho pensato che probabilmente anche voi foste pacifici. Non voglio farvi del male.-
Trent guardò Gwen. Gwen guardò Mike.
-Possiamo fidarci.- concluse.
 
I due aiutarono la ragazza a scavalcare il muro.
Di seguito lei pose la mano a Trent.
-Vieni, ti aiuto.- disse quest’ultimo a Mike.
-Non posso. Devo andare.-
-Come non puoi?- intervenne Gwen.
-Devo trovare Zoey, devo assicurarmi che sia al sicuro.-
La ragazza sorrise.
-Ricordati che noi siamo qui, quando l’avrai trovata se vorrete, potrete raggiungerci.-
-Sicuramente.-
 
Gwen e Trent guardarono il ragazzo scomparire tra gli alberi, poi si lasciarono scivolare nei colori sbagliati della zona mutata.
 
32 concorrenti rimasti
                                                                   

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Oblio
 
-Mamma- sussurrò flebilmente.
-Mamma- singhiozzò.
Grosse lacrime cominciarono a scendergli lungo il viso.
“Io non sono qui. Non è reale. E’ un incubo. Sono a letto. Tra poco mi sveglio.”
Dj (ragazzo numero 2) stava rannicchiato all’interno di un armadio della suite più grande dell’hotel Spa di Chris.
“Perché non sei qui mamma? Perché non sei qui a proteggermi? Io non voglio morire.
Io voglio vederti ancora. Parlarti ancora. Ti supplico. Tirami fuori da qui.”
Il collare gli stringeva il collo. Si sentiva soffocare.
“Hai detto che saresti rimasta con me per sempre. Perché hai mentito?”
 
-Sei la cosa più preziosa che io abbia, figliolo. Tu rendi tanto orgogliosa la tua mamma. Ti voglio bene e continuerò a volertene, anche quando sarò morta, anche quando non saremo insieme. In quei momenti veglierò su di te. Non dovrai avere timore.-
-Lo so, mamma-
 
“Lo so, mamma. Lo so. Lo so. Sei qui. Qui. Qui.”
-Sono qui.-
-Mamma?- gli occhi del ragazzo brillarono nel buio.
-Sì, tesoro. Non devi avere timore. Fai attentamente quello che ti dico e allora potremo rivederci. E stare insieme per sempre.-
-Per sempre?-
-Per sempre.-
-Sto ascoltando.- tirò su col naso.
-Devi essere forte. Apri il tuo zaino. Mostrami quello che c’è dentro.-
Obbedì all’ordine. Allungò le gambe e prese lo zaino. Lo aprì lentamente e cominciò a tirarne fuori il contenuto.
-Prendi la mappa.-
Il ragazzo la spiegò e la esaminò per qualche secondo.
-Quindi siamo nel settore B-5, siamo troppo vicini al molo, figliolo. Quando avremo finito, dovrai spostarti. Magari nel bosco. Fammi vedere l’arma.-
Estrasse dallo zaino un piccolo ventaglio di carta.
-Cosa dovrei farmene, mamma? Aiutami.-
-Con quello niente, ma se vuoi rivedermi devi uccidere gli altri. Tutti.-
-Non voglio!- la voce gli uscì strozzata.
-Devi! Per me!-
 
-Ho paura di deluderti, mamma.-
-Perché dovresti? Un reality non è pericoloso. Ti farai tanti amici. Non devi temere. Alla fine ci rivedremo.-
-E se dovessi perdere? E se dovessi sembrare uno stupido?-
-Sii te stesso, sii il buon figlio che ho cresciuto e vedrai che piacerai a tutti.-
-Dici?-
-Certo! Adesso va, rendimi ancora più orgogliosa! Sii forte!-
 
-Mi avevi detto di essere buono. Sono i miei amici, non posso ucciderli.-
-Vuoi più bene a loro o alla tua mamma?-
Il ragazzo chinò il capo.
-Ora devi essere forte, per tutti e due. Ascoltami. Non passerà molto tempo che qualcuno avrà la tua stessa idea di venire nell’hotel. Probabilmente qualcuno è già dentro. Josh ha detto che sono morte quattro persone. Due sono morte nella barca, quindi ce ne sono già sei di meno. Solo trentadue.
Quando chiunque entrerà in questa stanza, attendi. Se si avvicina all’armadio, tu spalanca le porte e saltagli addosso. Colpiscilo. Prendigli l’arma e colpiscilo ancora.-
Il corpo di Dj era in preda da un tremolio nervoso. Singhiozzò rumorosamente. Poi udì un passo.
-Fai silenzio. C’è qualcuno. Ricorda quello che ti ho detto.-
 
Le porte dell’armadio si spalancarono di colpo.
-Dj ?-
Heather (ragazza numero 6) stava in piedi guardando allibita il ragazzo.
-Sei solo? Ti ho sentito parlare.-
 
Anche la ragazza subito dopo essere uscita dalla nave aveva pensato di andare all’hotel per ragionare con calma sul da farsi.
Era entrata in sala da pranzo e aveva bloccato le porte poggiando delle sedie contro le maniglie.
Si era seduta e aveva rovesciato lo zaino sul tavolo.
Acqua. Pane. La mappa. Poi una grossa arma era scivolata fuori provocando un forte rumore.
Un machete. Cos’avrebbe dovuto farsene di un machete?  Non riusciva neanche a tenerlo in mano.
 
Il ragazzo alzò lo sguardo. Le lacrime, ormai asciutte, erano ancora visibili sul suo volto.
-Uccidila! Uccidila! Che cosa stai aspettando? Saltale addosso!-
Gli occhi gli s’ingrossarono nuovamente, con un urlo si scagliò contro la ragazza.
 
-Penso che Dj sia uno dei pochi amici che mi sono fatta in questi anni. Quando lo guardo, non posso fare altro che provare tenerezza. Un ragazzone così buono, così gentile. Sono felice di averlo incontrato.-
 
I due ruzzolarono a terra. Il machete le cadde dalle mani.
Stava seduto su Heather. Le lacrime scendevano abbondanti sul suo viso. Il suo essere lottava contro se stesso.
-Colpiscila! Prendile l’arma ed ammazzala! Fallo per me! Per la tua mamma!-
-Non posso! Lei è mia amica!-
-Con chi stai parlando?- sbraitò la ragazza.
La stanza ripiombò nel silenzio.
Dj guardò nel vuoto per qualche istante.
-Per te.- sussurrò
Raccolse velocemente il machete e scagliò un colpo verso  il cranio di Heather.
Lei spostò la testa di scatto e approfittò di quel momento per far perdere l’equilibrio al ragazzo.
Si divincolò sotto il peso del suo corpo e si alzò in piedi.
Lui cadde rovinosamente e sbatté la testa contro lo spigolo del letto.
Si toccò la fronte e guardò la sua mano insanguinata.
-M-mi hai fatto male!- mugugnò.
 
Quando decidi di prendere parte del gioco devi calcolare di dover uccidere chiunque ti capiti a tiro.
Anche se hai un solo amico, devi renderti chiaro nella mente che potresti essere costretto a ucciderlo. Soprattutto se è lui ad aggredirti. Non puoi aspettare che sia qualcun altro a farlo.
 
Chris si lasciò scappare una risata. Il fuoco del falò illuminava il volto di tutti i presenti.
-Beh, è chiaro per tutti che Gwen si è guadagnata a pieno titolo l’immunità.. e purtroppo è altrettanto chiaro che Dj dovrà camminare sul molo della vergogna dal momento che è stato l’unico a urlare e a scappare quando l’evaso pazzo assassino nemmeno c’era. Ma niente risentimenti, amico. Ci mancherai tanto!- il conduttore aveva pronunciato la sua sentenza.
-Aw! Abbraccio di gruppo!- esclamò Owen.
Tutti si strinsero al ragazzone. Heather gli si aggrappò forte. E così l’unica persona a cui teneva era stata eliminata. Trattenne una lacrima. Era rimasta da sola in mezzo a troppi nemici.
 
Quando decidi di giocare lo devi fare davvero. Senza rimorsi. Senza rimpianti.
 
La ragazza guardò Dj negli occhi. Si mise in ginocchio e gli tese la mano.
Nel momento in cui lui gliela prese lei estrasse il machete dal pavimento e lo infilzò nel suo ventre.
Devon Joseph spalancò la bocca e gemette.
-Shh. Va tutto bene. Guardami. Tra poco sarà tutto finito. Abbandonati.-
Lo aiutò ad adagiarsi a terra.
“Ti ho delusa, mamma. Io non volevo.”
Esalò un ultimo dolce respiro.
Heather estrasse l’arma dal suo petto e la pulì sulle lenzuola, si alzò lentamente e uscì dalla stanza.
 
31 concorrenti rimasti
                                                                                    
 
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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Dolore
 
Il sole splendeva ormai già alto nel cielo.
Duncan guardò Bridgette silenzioso, poi riabbassò lo sguardo.
Fece roteare la beretta con l’anulare mentre affondava la mano sinistra nella neve.
-Hai freddo?- chiese alla ragazza.
Lei si limitò semplicemente a scuotere la testa.
 
Geoff era amico di Duncan, forse uno dei pochi. Non meritava di morire in quel modo.
Nessuno di loro meritava di morire. Avrebbe vendicato l’amico.
L’avrebbe fatta pagare a quegli stronzi del governo. Non vedeva l’ora di togliere quel fottuto sorriso dal volto di Josh.
L’avrebbe fatto per Geoff.
 
Quando la testa del ragazzo saltò in aria, Duncan sbarrò gli occhi. Il sangue schizzò dappertutto.
Guardò il suo corpo esanime cadere a terra. Guardò Bridgette, sporca di rosso in volto, gemere e buttarsi verso l’amato.
Se quel gioco stava davvero per cominciare chi si sarebbe preso cura di lei?
Chi l’avrebbe protetta?
Non poteva permettere che anche lei morisse.
Aveva già assistito impotente alla morte dell’amico, non poteva permettersi di non fare niente.
Avrebbe portato in salvo qualcuno. Tutti se avesse potuto.
La vita aveva troppo valore per essere tolta così facilmente.
A volte pensava che quelli come lui avessero più chiaro questo concetto.
In ogni caso doveva proteggere la ragazza. Fortunatamente sarebbe uscito subito dopo di lei.
 
Bridgette non pensava più a niente. La sua mente era completamente vuota. Eseguiva ogni movimento meccanicamente. Aveva persino smesso di piangere.
Una volta giunto il momento, si alzò e prese il suo zaino poi uscì lentamente dalla stanza.
Il vento fresco le carezzò il volto
 
Quando anche Duncan uscì dalla barca, Bridgette se ne stava ferma sul pontile.
I suoi occhi verdi erano persi nel nulla.
La sua mente era come un piccolo ramo tenuto a stento in equilibrio. Ci voleva una grande concentrazione per non lasciarlo cadere.
-Bridgette- sussurrò il ragazzo –dobbiamo andare. Fidati di me. Seguimi.-
Quelle parole furono per la ragazza come un uragano.
Il rametto fu scosso e cedette.
Le sue urla di dolore squarciarono il silenzio.
In quel momento non urlava nomi, non urlava parole. Urlava e basta.
Si afferrò la testa e cominciò a scuoterla.
Si portò le mani al viso e coprì i suoi occhi gonfi di lacrime.
Il suo corpo tremava come non aveva mai fatto.
Le sue membra erano in preda da spasmi nervosi, come se una scossa le stesse percorrendo la spina dorsale.
Duncan si mise davanti a lei e le afferrò i polsi.
-Bridgette! Bridgette guardami!-
Le loro grida andavano coprendosi a vicenda.
La ragazza stava mettendo tutta la sua forza nelle braccia, per impedire che lui potesse vederla.
Voleva essere sola.
Sola con il suo dolore.
Che cosa voleva Duncan da lei?
Doveva andarsene.
 
Dovevano sbrigarsi. Doveva sbrigarsi. Non poteva permettere che qualcun altro scendesse sul molo.
Soprattutto se quel qualcun altro era Courtney.
Scoprì il volto della ragazza.
Lei lo guardò con odio. Probabilmente non capiva, ma non era lucida. Era segnata dal dolore.
Aveva fatto un patto muto con l’amico nel momento che era morto.
Lui avrebbe protetto Bridgette. Lui avrebbe salvato i suoi amici. Lui si sarebbe vendicato.
-Bridgette…-
Lei strattonò i suoi polsi dalla sua presa e si avviò verso il bosco.
Duncan la seguì e la ragazza non glielo impedì.
 
Geoff le prese le mani sorridendo. Si baciarono dolcemente.
-Sono felice di averti incontrata.-
-Anch’’io-
Lui la strinse forte a sé.
-Sei forse la cosa più bella che mi sia mai capitata.- le disse.
Lei lo baciò nuovamente.
-Non ci lasceremo mai, qualunque cosa dovesse succedere, promettimelo.- disse Bridgette.
-Lo prometto.-
Suggellarono l’accordo col più intenso dei baci.
 
Geoff non c’era più. Era morto. Morto.
Può sembrare difficile da accettare, ma il ragazzo con cui aveva trascorso gli ultimi anni e con cui avrebbe voluto trascorrere tutta la vita aveva cessato di esistere.
Niente più sorrisi. Niente più baci. Niente più promesse. Niente di niente.
 
Camminarono per circa un’ora immersi nell’oscurità. Poi Bridgette si fermò all’improvviso.
-Che cosa vuoi?- gli chiese.
Duncan rimase sorpreso. Era a prima cosa che gli diceva e non sapeva rispondere. Voleva troppo.
-Voglio farla pagare a quei bastardi del governo. Voglio vendicare Geoff. Voglio scappare da questa fottuta isola…-
Avrebbe potuto continuare, ma la ragazza lo interruppe.
-Perché sei con me?-
Non poteva dirle che lo faceva per l’amico. Sarebbe sembrato che di lei non gliene importava niente.
A lui fregava di tutti. O quasi.
-Perché sei la prima che ho incontrato.-
Il volto della surfista si contorse in una smorfia.
Si girò nuovamente e riprese a camminare.
Non disse a Duncan di andarsene, probabilmente quella risposta l’aveva soddisfatta.
 
Era già mattina inoltrata quando arrivarono sulla montagna innevata.
E così erano rimasti in trentadue.
Qualcuno si era arreso alle regole del programma.
 
L’unico castello di ghiaccio che era rimasto dalla quarta stagione era quasi completamente sciolto, ma i due erano riusciti a rinforzarlo e farne un temporaneo rifugio.
Nel suo zaino, Duncan, aveva trovato una beretta 92 FS con qualche cartuccia, mentre nel suo, Bridgette, aveva trovato un comune fucile da caccia con parecchie ricariche.
-Hai intenzione di scappare?- chiese la ragazza.
-Sì.-
-Come?-
-Ancora non lo so.-
-Non puoi, questa merda è studiata troppo bene.-
-Se non ci credi, allora perché non mi hai ucciso?-
Si fissarono per qualche istante.
-Non ho detto che non ci credo, ho detto che è impossibile.-
-Non è impossibile fino a quando non ci si prova.-
-Cosa hai intenzione di fare allora?-
Duncan si avvicinò alla ragazza, questa fece per spostarsi ma lui le prese il braccio.
-Ferma! Voglio vedere il tuo collare.-
-Ti intendi di elettronica?-
-Poco.-
Duncan esaminò attentamente l’oggetto.
-Al vincitore dovranno pur toglierlo, no?- affermò il ragazzo -Quindi deve pur esserci un modo per sganciarlo, è solo questione di tempo, riusciremo a toglierci questi dannati affari e cercheremo gli altri, li convinceremo ad unirsi a noi e scapperemo da quest’isola.-
 
-Li convinceremo ad unirsi a noi e scapperemo da quest’isola.- Josh sollevò il labbro superiore in segno di irritazione.
-Dobbiamo fare qualcosa, capo?- chiese uno dei soldati.
L’uomo distolse lo sguardo dalla radiolina contrassegnata come Duncan e guardò il soldato.
-Aspettiamo, manda un uomo a controllare costantemente quello che dice il ragazzo.-
 
31 concorrenti rimasti

Angolo dell'autore
Ciao a tutti, questo è il primo spazio che ritaglio per me, quindi perdonatemi se fa un po' pena...
Allora, che dire? Innanzi tutto il capitolo di oggi non mi soddisfa pienamente, ma lascio a voi lettori il compito di giudicarlo.
In secondo luogo mi stavo domandando come cavolo sia possibile che non esista una mappa di Wawanakwa sul web.
Quindi mi sono dovuto arrangiare da solo e scusate ancora se quella sotto è un po' triste e imprecisa. (L'ho fatta giusto per farvi avere un'idea quando parlo di settori e robe varie realitive agli spostamenti).
Il prossimo capitolo lo pubblicherò a cavallo tra sabato e domenica, a presto !!

 
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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Meritocrazia
 
Courtney continuò a correre tra gli alberi. I rami le graffiavano il volto, le tagliavano il viso.
La caviglia continuava inesorabilmente a sanguinare. La calza destra era ormai impregnata di sangue. Il dolore era lancinante. Sentiva tutta la gamba andare a fuoco.
Ma non poteva fermarsi, doveva resistere fino a quando avrebbe potuto. E anche se si sentiva svenire, se sentiva che le forze stavano abbandonando il suo corpo, doveva stringere i denti fino a quando non le sarebbe stato davvero più possibile.
Si era fidata di Scott, lo aveva aspettato, si sarebbe completamente affidata a lui.
Come aveva potuto?
Voleva ucciderla, ma lei no, non sarebbe morta. Lei era Courtney, lei era perfetta. Non meritava di morire.
 
Scott raccolse velocemente lo zaino e si precipitò all’inseguimento della ragazza.
Maledizione. Stava andando tutto storto. Sarebbe dovuto essere più semplice. Senza esitazione, se l’era ripetuto più volte nell’attesa. Sangue freddo.
Il bosco era troppo vasto, si diradava in mille direzioni. Rimase in silenzio nella speranza di sentire qualche rumore, ma il suono dell’oceano sovrastava ogni cosa.
Quella situazione era un fottuto casino, ma ci si trovava e non poteva stare fermo a subire.
Doveva agire. Se non Courtney avrebbe trovato qualcun altro.
Uno ad uno sarebbero caduti tutti quanti. Tranne lui. Il grande Scott. Furbo. Scaltro. Affascinante. Intelligente. Lui meritava di vivere.
 
Il sole ormai batteva pesante sulla spiaggia, infrangendosi nel vetro della palazzina e spezzandosi in mille riflessi.
Erano circa le dieci della mattina, quindi i due settori che erano stati annunciati dovevano essere sicuramente già proibiti.
Ezekiel aveva guardato Courtney nel campo di dodgeball per tutto il tempo dalla piccola insenatura nella quale si era nascosto.
Quella troietta. Non poteva avvicinarsi senza che lei lo vedesse.
Magari aveva una pistola. L’avrebbe sicuramente ucciso.
Poi aveva visto Scott. Uno stronzetto pure lui. Aveva cercato di ammazzare la ragazza.
Quei vermi si volevano ammazzare tra di loro?
Perfetto. Meglio per lui. Erano rimasti in trentadue, quindi sarebbero dovute morire ancora trentuno persone. Effettivamente erano tante. Avrebbe dovuto mantenere un ritmo di dieci persone al giorno.
Troppe.
Scott. Quell’indegno. Aveva un Uzi. Doveva scartare anche lui.
Non se la meritava proprio quell’arma, se la meritava di più lui.
Zeke. Ricco, bello, intelligente, affascinante.
Ancora non capiva perché nel reality venisse sempre eliminato per primo.
Come potevano gli altri non amarlo?
Stupidi. Non apprezzavano le vere persone. Le persone degne.
Non meritavano di vivere. Ma lui sì.
 
Sentì l’aria squarciarsi. Tagliata da una lama seguita da una corda.
Girò la testa di scatto.
Un dolore atroce gli pervase lo stomaco.
Guardò in basso.
Un piccolo tubicino trafiggeva il suo corpo, lo sentiva ingrandirsi verso la fine.
Una corda collegava il tubicino ad una specie di pistola.
Stronzi.
Lui non poteva morire. Vermi.
Si era fatto battere da degli schifosi, viscidi vermi.
Di nuovo.
Cadde in ginocchio, tenendo il ferro tra le mani.
 
Alejandro (ragazzo numero 12) riavvolse la corda strappando l’arpione dal ventre di Ezekiel.
Gli lacerò lo stomaco, lasciando una fessura ben visibile nel suo corpo.
 
“Che arma inutile” aveva pensato “ un arpione!”
 
Rovesciò il contenuto dello zaino di Zeke nel suo, raccolse il coltello da caccia da terra e lo infilò sotto la cinghia.
Si passò le dita sul viso pulendosi dagli schizzi di sangue, si sistemò i capelli e riprese a camminare.
 
30 concorrenti rimasti
 
 
Angolo dell’autore
Salve a tutti! Ci risentiamo dopo tanto tempo, mi ero bloccato proprio su questo capitolo D:
Infatti è venuto scarno e non degno di nota, spero che però a voi piaccia lo stesso…
Giuro che nel prossimo mi rifarò, questo è servito solo a far andare avanti un po’ la trama.
Ci sentiamo questo week-end con il capitolo 11, e per chi segue anche l’altra mia ff con il capitolo 2 di Hypercube. Byee! 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Ferite

Heather scostò con la mano ancora insanguinata la tenda di velluto bianco di una delle camere dell'Hotel.
Vide Alejandro uccidere brutalmente Ezekiel. Almeno lei aveva fatto un lavoro quasi pulito.
Il latino americano, invece, aveva spappolato il ventre della “povera vittima” lasciando sangue ovunque. Si era perfino macchiato in volto.
Magari la ragazza poteva fidarsi di lui, erano stati amanti, un tempo.
Ma la situazione era cambiata, anche se fossero rimasti solamente loro poi, inevitabilmente, uno avrebbe dovuto uccidere l'altro.
E da quello che aveva visto, Alejandro non poteva dirsi inesperto.
Meglio non rischiare, per il momento avrebbe fatto meglio a proseguire sulla sua strada. Se poi il destino l'avesse desiderato, li avrebbe fatti incontrare.
Il ragazzo si volto di scatto verso la struttura.
Istintivamente, Heather, si rannicchiò sul pavimento.
Il cuore le batteva all'impazzata.
L'aveva vista?
E se così fosse stato?
L'avrebbe cercata?
L'avrebbe amata?
L'avrebbe uccisa?

Le sue dita strinsero con forza il machete.
Si mise lentamente in ginocchio, fece passare la fronte e gli occhi davanti alla tenda.
Alejandro si stava dirigendo verso la parte opposta, verso il bosco. Si fermò e lanciò nuovamente lo sguardo verso l'Hotel, questa volta proprio in direzione della finestra.
Era troppo lontano purché Heather potesse esserne sicura, ma sembrava averle sorriso.
Dopo di che continuò lentamente a camminare verso la selva., con lo zaino in spalla e l'arpione nella mano.

La ragazza scivolò contro la parete e si sedette appoggiandosi con la schiena sul muro tirando un lungo sospiro di sollievo.
Il cuore continuava a pulsarle fuori controllo.
Un risolino strozzato uscì dalla sue labbra.
Rimase in quella posizione per qualche minuto, poi si rialzò tranquillamente, raccolse le sue cose, imprecò sull'inutilità dell'arma in possesso di Dj (Un ventaglio! Scherziamo? Che presa per il culo.)

Prima di uscire dalla camera mise il cadavere del ragazzo in posizione supina e gli incrociò le braccia sul petto come ultimo segno di rispetto.
Gli occhi iniettati di sangue e ancora spalancati la fecero rabbrividire,quindi richiuse delicatamente le palpebre con la punta delle dita.

Si diresse con passo sostenuto verso la cucina del palazzo, aprì il cassetto dei coltelli e ne prese qualcuno, preferì lasciare la mannaia al suo posto, era quasi più ingombrante del machete.
Aprì la dispensa e fecce rifornimento di provviste come cracker e grissini, tolse dal frigorifero alcune confezioni di salumi.
Sempre nella calma più totale estrasse una pentola e ci buttò dentro un uovo.
Prese una bottiglia di vino e la stappò.
Le sembrò di ritornare per qualche istante alla sua vita prima di tutto quello.
Mangiò la pietanza direttamente dalla padella, bevve un sorso di rosato e si alzò.
“Almeno non devo sparecchiare e lavare i piatti.” accennò ad un sorriso autoironico.


Lindsay (ragazza numero 10) si nascose dietro un cespuglio di rovi dietro un'altura di pietra nel settore B-4.
Grosse lacrime rigavano il suo volto da modella, scavandole nella pelle nuove espressioni.
Lei voleva solo starsene a casa con le sue amiche.
A divertirsi con loro, a parlare di ragazzi, truccarsi e fare foto.Voleva andare a fare shopping, ascoltare la musica, provarsi vestiti.

Non aveva mai immaginato di poter finire in una simile situazione.
Dava quasi per scontato di morire, anche se nella sua mente pensava a Chris che annunciava felicemente a tutti che quella era solo un'ennesima prova dello stupido reality a cui aveva partecipato.
I singhiozzi le percuotevano il corpo. Avrebbe voluto essere più silenziosa, ma le era impossibile.

Si decise finalmente ad aprire lo zaino. Frugò al suo intero e vi trovò, come promesso le provviste, ma in fondo vide luccicare del metallo.
Afferrò il misterioso oggetto e lo estrasse.
Stava impugnando una pistola.
Rabbrividì solo al pensiero di uccidere qualcuno, ma un rumore improvviso alle sue spalle la fece voltare di scatto.

-Hey, amore, ti va di accompagnarmi al centro commerciale?-
Tyler la guardò con dolcezza.
-Certo.- le sorrise nuovamente.
La bionda si alzò in piedi di scatto.
-Che bello, ti amo così tanto.-
Si chinò su di lui e lo baciò di sfuggita, poi gli prese la mano.
-Allora andiamo?-
-Andiamo!- si lasciò sollevare. Era felice, ma non se ne accorgeva.


Tyler (ragazzo numero 11) la guardò con gli occhi gonfi di lacrime.

-T-Tyler!- la ragazza sospirò sollevata.

Perchè non l'aveva aspettato? D'altronde lei era uscita appena prima di lui. Perchè non aveva atteso che anche lui mettesse piede sul molo?
Non si fidava? Aveva davvero intenzione di partecipare a quella follia? Eppure a lui andava bene morire, gli bastava solo essere con lei, perchè era con lei che era felice, e non avrebbe permesso che quella situazione gli impedisse di esserlo.

-Sei una stupida!- sua madre le stava urlando contro.
-Com'è possibile che io abbia dato alla vita una figlia così oca?- proseguì.-Ti sei dimenticata dei pesci rossi?! Com'è possibile?! Sono morti per colpa tua! Tua!.-
La bambina strillò piangendo.
Il padre guardò allibito la moglie, poi prese la bambina in disparte.
-Non ti intromettere!- sbraitò la donna.
L'uomo la ignorò semplicemente.
Portò la figlia in camera tenendola per mano, poi la fece sedere sul letto, la guardò negli occhi e sussurrò: -Ce ne andremo di qua, io e te, solo io e te.
Continuò ad accarezzarle dolcemente la testa.
-Niente più mamma, solo noi due. Va bene? Io lo so che sei tanto buona.-
La bambina annuì, infine tirò su col naso.

-Perché non mi hai aspettato?- il ragazzo la guardò torvo.

Nella mano destra stringeva il manico di un'ascia, le faceva sfiorare il pavimento dondolandola.

-I-Io mi ero scordata.-
-Ti eri scordata di me?-
-No, no amore, mi ero scordata che tu saresti uscito subito dopo di me.- fece qualche passo verso di lui.

Ma Tyler indietreggiò.

-Ferma. Butta la pistola.-
-Cosa?-
-Buttala.-
-Ma Tyler...-
-Fallo!- le urlò contro.

La ragazza spalancò gli occhi e la bocca ed eseguì l'ordine.
Era stata una stupida. Lui aveva ragione. Si era dimenticata. Avevano tutti ragione. Anche sua madre.

-Sei una stupida!-

-Va bene- sussurrò.
-Non è che non mi fidi di te, ma come posso essere sicuro? Non mi hai aspettato! Ci ho messo così tanto a trovarti!-
-Allora perché fai questo? Lo sai che io ti amo!-

Le gli si aggrappò alla manica della felpa rossa.

“Sei uno stupido! Che cos'hai fatto? Ti sei dimenticato di quanto sia buona Lindsay? Di quanto tu stai bene con lei? Come hai potuto?”

Lasciò cadere l'arma a terra.
La bionda lo guardò negli occhi.
Entrambi disperati e con le lacrime ancora sgorganti si baciarono.

Lindsay sentì un sapore che mai prima di allora aveva provato.
Amaro. Quasi ferroso.
Senti nella bocca di Tyler qualcosa di duro e appuntito.

Si staccò da quel bacio.
Il ragazzo cadde a terra, un coltello era conficcato nel suo cranio, e la punta gli arrivava fino sopra la lingua.
- C-cosa?-

Heather la guardò sorridendo.

-Ti ricordi come eravamo amiche nella prima stagione? Eravamo sempre insieme. Lui voleva ucciderti, lo sai. Vieni con me e usciremo vive da questo incubo.- disse maliziosa.

Lindsay sapeva con chi stava parlando. Con la stronza calcolatrice che l'aveva sempre manipolata.
Lei non era una stupida. No. E lo avrebbe dimostrato.

La bionda balzò indietro rannicchiandosi a terra, raccolse la pistola che aveva poggiato prima e la puntò contro Heather.

Questa la guardò spiazzata. E così Lindsay era furba e lei era la stupida? Idiota! Avrebbe dovuto controllare prima, riflettere. Chiuse gli occhi e sentì l'altra premere il grilletto.

CLICK.

Niente.
Heather aprì prima un occhio e poi un altro.
Lindsay se ne stava inginocchiata per terra, quasi pietrificata.
Dalla bocca le usciva qualche bisbiglio.
Dalla canna della pistola spuntava un piccolo bastoncino di metallo, e sotto sventolava una bandierina con la scritta: BANG!

La mora scoppiò in una grossa risata. Poi estrasse un altro coltello da cucina, uno di quelli per tagliare il pane, e si gettò contro la ragazza, conficcandoglielo in fronte, proprio in mezzo agli occhi.

 

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Angolo dell'autore

Saalve a tutti! Chi ha letto il manga può notare una certa somiglianza con quello che è accaduto tra Yoji e Yoshimi (lei non mi ricordo bene come si chiami, scusate).
Ho differenziato un pochino ma effettivamente richiama molto a quell'evento.
Chi invece non l'ha letto, beh, meglio ^-^

 

 


 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Scommesse

Mike alzò la testa e guardò verso il cielo, dietro alcuni rami si nascondeva, proprio sopra di lui, il sole. Doveva essere all'incirca mezzogiorno, ne sarebbe stato sicuro quando la voce metallica di Josh si sarebbe fatta risentire per l'annuncio post-mattutino.
Lo schermo del suo Gps non segnalava nessuno nelle vicinanze così continuò a camminare per qualche minuto, evitava i sentieri per non rischiare d'incontrare qualcuno di ostile.
Nel caso che l'aggeggio che stringeva fra le mani avesse indicato la presenza di uno degli altri in prossimità di dove si trovava lui, si sarebbe nascosto fra i cespugli e si sarebbe avvicinato con cautela per vedere di chi si trattasse.

-Ciao ragazzi! Spero di non disturbare il vostro pranzo!
Sono passate ben sei ore dall'ultima volta che ci siamo sentiti, avete perso un po' di energia? Solo quattro morti?
Non importa, credo che più passi il tempo e più voi diminuiate, l'intervallo tra ogni decesso sarà sempre più lungo.
Ma ora passiamo alle cose più importanti, prima di tutto: chi ci avrà mai lasciato?
Ecco qui una bella lista: Dj, ragazzo numero 2, Ezekiel, ragazzo numero 4, Tyler, ragazzo numero 11, ed infine Lindsay, ragazza numero 10.
In secondo luogo, ma non per questo meno importante, le zone che diventeranno proibite: settore F-1 dalle ore 14 e settore E-6 dalle 16.
Continuate così, mi raccomando!-

Josh aveva finito la sua comunicazione mantenendo quel tono rassicurante ed emozionato che a Mike non poteva che non far venire i brividi.

Tirò un sospiro di sollievo, nella lista Zoey non era stata nominata, quindi doveva essere ancora viva.
Si pentì della sua felicità pensando che tuttavia altre quattro persone erano morte, quattro persone che conosceva a malapena.
Poi il suo pensiero tornò alla zona proibita, a Gwen e a Trent.
Si era accorto di come la ragazza l'aveva guardato, probabilmente credeva ancora che lui soffrisse di schizofrenia. Era colpa di Chris se ora non nessuno si sarebbe pienamente fidato di lui. Tutta colpa di Chris.

-Hey, amico, lo so che sei riuscito a sconfiggere Mal, eccetera eccetera. Ma vedi, il pubblico non può sapere queste cose, perché accadono solo nella tua testa, quindi...-
Quello era un maledetto difetto di Chris, perché non terminava mai una frase?
-Quindi...?-
-Quindi avevo pensato di...-
-Di...?-
-Di girare in studio alcune scene dove potremmo una lotta fra te e Mal o qualcosa del genere, ho già una sceneggiatura, vuoi leggerla?-
Gli stava sventolando in faccia una risma di fogli con sopra scritto: “Mal vs Mike”.
-Scherzi?-
-Effettivamente no. Comunque non è che tu abbia molta scelta...-
Il viso di Mike si contorse in una smorfia.
-Avanti, prendi il copione!-
Se avesse rifiutato per lui il reality sarebbe finito lì. O faceva quello che Chris voleva, o addio milione. E per un milione di dollari i denti li stringi.
-Okay.- rispose strappandogli i fogli dalle mani.

Cameron e Zoey però si sarebbero fidati di sicuro. Lui lo sapeva, ne era certo.


Josh spense il microfono soddisfatto, si aggiustò la cravatta e si allontanò dal tavolo.
-Certo che sarebbe stato molto meglio mettere delle telecamere nei collari, avremmo potuto avere immagini molto più nitide. Sai, anche per il pubblico. La diretta dall'elicottero dev'essere una pizza mortale, quanto audience abbiamo?- sembrava infastidito, eppure quel sorrisetto era sempre impresso sul suo volto.
-Pochissimo signore, solo lo 0.2 %.- un soldato lì vicino gli rispose prontamente.
-Non possiamo trasmettere su tutti i canali? Insomma, siamo stati mandati dal governo.-
-Lo stiamo già facendo.-
-Quindi la gente preferisce spegnere la tv piuttosto che guardare?- alzò il sopracciglio destro.
-Evidentemente.-
Josh si girò sbuffando.
-L'ho detto io che la diretta dall'elicottero è una noia mortale! Non c'erano delle telecamere su quella maledettissima isola?-
-Solo poche, il resto lo faceva la troupe...-
-Oh, che disorganizzazione, è una cosa indecente! Si fa fatica anche a lavorare.-
Il soldato annuì imbarazzato.
Un altro uomo in divisa si affacciò sull'uscio.
-Signore, desiderano vederla nel salone, dicono che sia urgente, scusi.-
Il “conduttore” si precipitò apprensivamente nella stanza indicata.
-Josh!- una voce familiare chiamò il suo nome.
Il volto gli tornò sereno.
-Ragazzi? Che scherzò e mai questo?-
Un gruppo di militari stava seduto attorno ad un tavolo, l'odore di alcol era pesante nell'aria.
-Amico! Volevamo sapere la tua opinione riguardo alcune cosette, non so se hai capito...- l'uomo scoppiò in una grossa risata -Vieni, seguimi, ti faccio vedere.-
Lo prese per la spalla e lo portò alla tavolata, tra i bicchieri di Whisky e i mozziconi di sigarette, banconote di grosso taglio si facevano spazio sul piano di legno.
-Allora, ti spiego- faceva fatica a reggersi in piedi -stiamo scommettendo su chi vincerà 'sto gioco di merda, chi di noi azzecca si piglia tutto. Tutto.- rise di nuovo.
Un ragazzo alla sua destra intervenne tirandogli la manica della giacca.
-Io ho scommesso un verdone su Duncan, mi sembra forte quel tipo, non so se hai visto il reality.-
Josh apparve per un momento disgustato da tutto quello che stava succedendo, ma probabilmente era solo sprezzante verso l'ubriacone che l'aveva toccato.
Estrasse qualche banconota dal portafoglio che teneva nella tasca destra dei pantaloni e le gettò sul tavolo.
-Segnami sotto Alejandro, ora scusatemi, ma ho di meglio da fare-
Così dicendo voltò le spalle alla combriccola di beoni e se ne tornò nella sala dei microfoni, dai quali si potevano udire le parole di ogni concorrente.
Come aveva ordinato in precedenza, un soldato si era seduto alla postazione contrassegnata “Duncan” e indossava delle cuffie per non farsi infastidire dai rumori provenienti dagli altri apparecchi.
-E' tutto sotto controllo?-
L'uomo si accorse della sua presenza, scostò la cuffia dall'orecchio destro e annuì con un cenno del capo.
-Vuoi che ti dia il cambio? Sono curioso di sentire cosa sta progettando.--Sissignore.-
Josh prese la postazione del soldato e regolò il volume.

-Ho capito!- esclamò Duncan di punto in bianco.
-Cosa?-
La voce era femminile, doveva essere la bionda, la fidanzata di quello a cui poche ore prima aveva fatto saltare la testa.


Il punk sorrise vittoriosamente, poi si portò la mano alla bocca e fece segno a Bridgette di stare in silenzio, estrasse la mappa dallo zaino e scarabocchiò sul retro con la matita.
Una volta terminato la porse alla ragazza.

C'è un microfono nel collare. Possono sentirci. Ho capito come staccarci sti apparecchi, reggimi il gioco.

-Niente, sembra che questi collari non possano essere tolti da noi! Maledizione! Fanculo il governo.-
-Non preoccuparti dai, possiamo trovare un'altra via d'uscita...-
-Non ci sono altre vie? Perché non lo capisci? Siamo spacciati-


Josh tirò un rumoroso sospiro di sollievo, ignaro di quello che Duncan continuava a scrivere sulla sua mappa.


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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Amicizia

-Amiche per sempre?-
-Amiche per sempre.-
Katie strinse dolcemente la mano di Sadie, sotto le coperte rosa a pois bianchi.
Non era certo la prima volta che l'amica si fermava a dormire a casa sua, eppure quella notte qualcosa era diverso.
Avevano legato per davvero.
Avevano fatto un patto che sarebbe durato fino alla morte.
Una lacrima rigò la guancia cicciottella dell'altra.
Aveva trovato qualcuno che l'amava, sapeva quanto fosse difficile a causa del suo fisico, ma finalmente aveva qualcuno che la trattava con riguardo, che si interessava a lei, quasi come una sorella.
Tenevano entrambe gli occhi spalancati e fissavano il buio.


Non appena il gioco aveva avuto inizio, Katie (ragazza numero 8), aveva aspettato l'amica, Sadie (ragazza numero 11), nascosta dietro una roccia nel settore E-5.
Una volta ritrovate si erano dirette a passo svelto verso il promontorio che si ergeva sul mare nel settore F-2.
Quando, in fine, giunsero a pochi passi dal dirupo, si sdraiarono stremate nell'erba fresca, nessuna delle due aveva il coraggio di fiatare, si limitarono a stringersi in un forte abbraccio e si svegliarono all'annuncio di mezzogiorno.
Avevano dormito molto. Dormito mentre dei loro amici venivano uccisi.
Katie si sentiva in colpa.
Si sciolse dalle braccia dell'amica e si sedette con le gambe nude sull'erba.
La rugiada le bagnò la pelle abbronzata.
Sadie si destò e le si sedette a fianco.

Fu la prima a parlare.
-Non potrei mai ucciderti. Io non voglio uccidere nessuno.-
-Sadie, vedrai che...-
Non fece in tempo a terminare la frase che la sua voce si ruppe in un singhiozzo disperato.
-Tu sei la mia migliore amica. La mia prima amica. Su quest'isola ho conosciuto delle persone meravigliose! Ci siamo fatte così tanti amici. Non ho mai avuto tante persone che mi volessero bene. Io non ucciderò proprio nessuno. Sono sicura che anche tu non ne saresti capace. Ma possiamo davvero fidarci degli altri? Justin è già morto. Ti ricordi di quando chi eravamo prese una bella cotta per lui!? Ora non tornerà mai più.-

Anche Sadie cedette al peso della sua situazione e le lacrime le inumidirono le labbra.
Katie continuò a singhiozzare e si portò le mani al viso.

 

-Oh mio Dio! Guarda quello! I suoi addominali! Il suo viso! I suoi occhi! Guarda Sadie, ma io svengo!- Katie stava urlando dalla gioia.
Justin, appena dieci metri più in là, faceva finta di non sentirle, si voltò verso di loro facendo roteare i capelli e ammiccò.
Sadie sentì tremare le gambe, si voltò subito verso l'amica e le sussurrò in un orecchio.
-Hai visto! Mi ha guardata! Mi ha guardata! Che occhioni azzurri, ma secondo te è un modello? Credo di essermi innamorata, secondo te ho qualche chance?-

La ragazza annuì con gli occhi gonfi di gioia.

Katie voleva così tanto bene a Sadie. Sapeva perfettamente della sua condizione fisica, era completamente cosciente di quanto sarebbe stato difficile per lei trovare qualcuno che la amasse per quello che aveva dentro. Innamorarsi di lei era decisamente più facile. Prima potevi esserne attratto fisicamente, poi potevi conoscerla meglio.
Essere grassottella come l'amica doveva essere uno strazio.
Era piena di amici, tutti l'adoravano, era sempre così felice, ma nessuno l'amava.
E l'amica, ancora una volta, si sentiva in colpa.
Lei voleva un mondo di bene a Sadie, avrebbe fatto qualsiasi per lei.

 

-Hey, Justin, io mi domandavo, sai...-
-Dimmi tutto Katie, ti ascolto.-
Il ragazzo le sorrise.
-Vedi... Sadie si è presa una cottarella per te, e nessuno, insomma, nessuno è stato mai affettuoso con lei in quel modo, capisci...-

L'espressione del modello si incupì. Si ricordò improvvisamente di quando il fisico era un problema anche per lui. Era stato così difficile risalire in vetta. Aveva lavorato così tanto. Per quanto avesse voluto provare a stare con Sadie non poteva ricadere in fondo alla scala di popolarità. No.

Sadie si era domandata più volte, dopo essersi svegliata, come fosse possibile che nel corso della notte nessuno le avesse mai trovate.
Aveva capito che essendo quello un settore periferico, per di più in pendenza, nessuno si sarebbe mai avvicinato.
Probabilmente sarebbe diventato proibito da lì a poco.
E allora avrebbero dovuto spostarsi.
E allora avrebbero incontrato qualcuno degli altri.
Qualcuno di cui sarebbe stato troppo difficile fidarsi.
Guardò la ragazza scossa dai fremiti del pianto e cominciò ad accarezzarle la schiena lentamente.
Lei aveva capito quello che c'era da fare. Sapeva che anche Katie era arrivata a quella stessa soluzione.

La mano le fu percossa da una vibrazione. La guardò contorcersi mentre stringeva il coltello.
Faceva schifo. Non aveva neanche il coraggio di farlo. Lo gettò nel lavandino, fece un profondo respiro e cercò di accennare un sorriso, come se ci fosse lì qualcuno a guardarla.
Poi aprì la dispensa e si vergognò immensamente.


Le due si guardarono dritte degli occhi per qualche minuto. Come se avessero potuto comunicare attraverso questo gesto.

Avrebbe deluso Katie, le aveva promesso che si sarebbe messa a dieta. Aveva fatto così tanto per lei e ora era lì con la mano unticcia dentro un sacchetto stropicciato.
Perché nessuno poteva accettarla per quello che era? Perché grassa è brutta? Perché brutta è antipatica?


Si alzarono all'unisono, mano nella mano, sorridendo.
Fecero un passo, poi un altro e un altro ancora.
Katie guardò in basso, il promontorio non si alzava imponente solo su quella massa azzurra, ma copriva anche un ingente pezzo di terra.
Un sassolino cadde giù.
Trascorse qualche secondo e le due credettero di averlo sentito rompere l'acqua.

Sadie si voltò nuovamente verso l'altra.
-Lo abbiamo già fatto una volta.-
-Lo so, ma quella volta non c'era il buio dopo.-
-Vedrai che sarà solo un attimo.-
-Ho paura.-
-Sì, anche io.-
Le dita si strinsero in una stretta ancora più potente. Si diedero forza a vicenda.
Misero avanti un piede e si lasciarono cadere.

Riuscirono ad abbracciarsi ed urlarono con tutto il fiato che avevano in gola.
Alla fine Sadie aveva avuto ragione.
Era stato un attimo.
E poi buio. Per sempre.

-Per sempre?-
-Per sempre.-

 

26 concorrenti rimasti
 

Angolo dell'autore

Hey, da quanto tempo non aggiornavo eh!? Volevo innanzitutto dire che, sì, cercherò di finirla entro la fine dell'estate ma so che sarà un'impresa ardua. Soprattutto perché ne ho in corso altre quattro. Okay sono troppe troppe troppe. Come al solito strafaccio e poi mi arrendo.
Ma boh, essere entrato in EFP è stata una cosa meravigliosa, è stato come entrare a far parte di una piccola comunità dove tutti conoscono tutti.
Questo capitolo penso sia stato un po' pesante, non era lunghissimo ma mi ha turbato a livello emotivo, spero di essere riuscito a far passare qualcosa, fatemelo sapere! Forse metterò tematiche delicate fra gli avvertimenti.
Volevo ringraziare tutti quelli che mi seguono, davvero, grazie mille. (L'altro giorno qualcuno l'ha tolta dalle preferite e ho sentito il mio cuore frantumarsi.
Un grazie speciale a Stella_2000, AleCucciolo97 e a Julie.
Tutti voi altri, fatevi sentire ogni tanto, è sempre bello scambiare quattro chiacchiere e qualche opinione.
P.s. Una cosa che temo davvero tanto è di essere sembrato insensibile in questo capitolo, temo di non averlo steso come volevo, quindi scusate se lo ripeto fino alla nausea, ma spero non sembri così.

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