Defying Gravity.

di itsmeWallflower
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Il primo giorno di scuola. ***
Capitolo 3: *** facile come bere un bicchiere d'acqua. ***
Capitolo 4: *** Istanti rubati e distrazioni ben volute. ***
Capitolo 5: *** Lo Scandals e qualche drink di troppo, dopo. ***
Capitolo 6: *** Il giorno dopo e un caffè che Kurt doveva a Blaine. ***
Capitolo 7: *** Sfidando la gravità.. ***
Capitolo 8: *** ..e vincendola. ***
Capitolo 9: *** Questioni di pelle. ***
Capitolo 10: *** Vacanze di Natale. ***
Capitolo 11: *** Domani sarebbe stato peggio. ***
Capitolo 12: *** L'essenziale è invisibile agli occhi. ***
Capitolo 13: *** Stone cold. ***
Capitolo 14: *** é facile andare dritti nella bocca dell'inferno quando non sai che ci sei diretto. ***
Capitolo 15: *** I pezzi del puzzle. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Titolo: Defying Gravity.
Pairing: Klaine – Mini Finchel, Sebtana, Niff.
Raiting: giallo arancione (per accenni a contenuti sensibili e piccole scene smut, che ci saranno di sicuro! ;P)
Avvertimenti: AU, OOC (e non solo perché Blaine è l’insegnante e Kurt lo studente)
Note: giusto due, per spiegare alcune cosette.
-Kurt è maggiorenne, quindi una relazione col suo insegnante non è illegale, ma soltanto inappropriata e le conseguenze che potrebbero ripercuotersi su di loro dipendono tutte dal preside della scuola. Non volevo improntare l’intera storia sul problema dell’età e dell’illegalità della cosa. Ci saranno volte in cui l’essere Insegnate-studente, verrà messo da parte da altri argomenti e situazioni.
- non conosco molto bene il regolamento di un liceo americano e non so come si dividono le ore, i corsi extrascolastici e compiti vari.. mi sono documentata sì, ma alcune cose le ho inventate di sana pianta per il bene della storia.. spero non risultino troppo inverosimili.
- Ci sarà un terzo in comodo, ma non metterà zizzania. Vedrete!
Per ora è tutto.. se avete qualche domanda, chiedete pure!!
Stato storia: in corso.
Buona lettura
 

 

 
 
 

Prologo.

 
Kurt Hummel diciotto anni compiuti, orfano di madre a sette anni, gay dichiarato, fratellastro di Finn-ocenza Hudson e abitante della città "forse" più bigotta dell’Ohio da poche settimane, doveva pur credere in qualcosa.
E lui credeva nel Karma.
Karma che traduceva nella legge causa-effetto e lui era convinto di aver fatto molte-troppe azioni cattive nella sua vita precedente per avere in questa attuale così tanti effetti negativi.
Non c’erano altre spiegazioni.
Nato e cresciuto a Westerville, in Ohio, piccolo fulcro di pregiudizi e finto perbenismo si era trasferito a Lima quando suo padre aveva deciso di risposarsi con Carole Hudson, vedova anche lei e madre di un ragazzone con il quoziente intellettivo inversamente proporzionale alla sua altezza.
E Finn di altezza ne aveva tanta, ma comunque su questo il Karma era stato alquanto benevolo, perché nonostante il fatto che Finn non eccellesse in logica era comunque un bravo ragazzo e non sembrava aver mai giudicato Kurt e lo stesso valeva per Carole, donna di gran cuore, pratica e una cuoca eccezionale.
Quello di cui il Karma non si era risparmiato per niente era il posto in cui doveva passare il suo ultimo anno di liceo.
Perché se Westerville era una cittadina periferica con poche attrazioni e tanti stupidi balordi c’era comunque la Dalton, Lima invece era un buco del mondo tra il niente e il nulla il tutto contornato da una aria pesante fatta di ignoranza e pregiudizi.
Trasferirsi lì non era stata proprio una scelta per Kurt, ma semplicemente, una soluzione pratica dopo che Burt e Carole  avevano deciso di sposarsi, in quanto la nuova casa era a metà strada tra l’ospedale in cui lavorava lei e l’officina di lui.
 
Kurt quel giorno aveva lottato e implorato il padre di lasciarlo restare nei dormitori della sua adorata Dalton, scuola privata con tolleranza zero verso ogni tipo di discriminazione che frequentava ormai da due anni, ma non ci fu verso di convincere Burt.
“è il tuo ultimo anno prima di andare via per il college ed è la nostra ultima opportunità per stare tutti insieme come una famiglia, quindi non mi interessa quanti lavori saresti capace di trovare per mantenerti quei dormitori, tu resterai con noi”
“non cambierebbe nulla, passerei qui con voi l’intero weekend, tranne che per tre ore il sabato sera! Avanti, papà! Non puoi privarmi dell’unica cosa che mi fa stare bene in questo dannato Ohio! Tu hai avuto la tua possibilità di essere felice ed io non te la sto di certo negando!”
“se tu resti a Westerville ci resto anche io, lo sai Kurt. Finn ha detto che il Mckinley è figo.”
“non dire figo ti prego e non dare ascolto a Finn, lui era il quarter-back della squadra di football.. anche la mia vecchia scuola sarebbe stata figa per lui, papà”
“vuoi che resti a Westerville, allora?” il solo nominare il primo liceo del figlio cui era stato costretto a lasciare dopo una traumatica esperienza con degli homi di Neanderthal che la frequentavano e che gli era costata anche settimane di terapie, Burt sembrò quasi rassegnarsi.
 
Ma neanche a dire che una settimana dopo quella conversazione Kurt aveva fatto bagagli e valigie e aveva seguito il padre a Lima.
È solo un anno e sono solo 180 giorni di scuola. Posso farcela, Karma permettendo, si disse.
 
E ritornando al Karma, c’erano altri motivi se Kurt credeva che il suo fosse così tremendamente negativo.
Uno di questi erano i suoi due migliori amici: Nick e Jeff.
Li aveva incontrati il suo primo giorno di scuola alla Dalton e da quel momento non era più riuscito a scrollarseli di dosso e se la compagnia di Nick era piacevole grazie al suo quoziente intellettivo un po’ più alto della media e alla sua stessa passione per la letteratura.. Jeff era una vera e propria spina nel fianco.
 
Era una sera di inizio settembre, mancavano pochi giorni all’inizio della scuola e Kurt aveva deciso di mettere via tutti i depliant del Mckinley che elogiavano programmi di studio pressoché inesistenti e corsi extrascolastici di basso livello perché era inutile rimuginarci ancora sopra.
Se voleva essere accettato alle università cui aspirava ad entrare come Harvard o NYU, e Kurt lo voleva,  allora doveva mettersi a studiare per conto proprio, ecco perché aveva deciso di chiamare il suo amico Nick e farsi dare il programma scolastico della Dalton.
Perché aveva preso la decisione di chiamarlo proprio in quel momento, Kurt non lo sapeva.. ma sapeva però, un secondo dopo aver messo giù che ne era enormemente pentito.
Aveva avuto un’estenuante conversazione a tre con Nick e Jeff che dopo averlo ascoltato per soli tre minuti al massimo sul suo dilemma per i corsi di studi da intraprendere, Jeff aveva iniziato a sproloquiare su Sebastian Smythe, il suo ultimo ed entusiasmante libro e sul fatto che quella sera sarebbe stato al caffè letterario di Lima per una specie di meet and greet con i suoi fans.
Kurt aveva fatto di tutto per riattaccare e chiamare Nick in un altro momento, magari quando il suo ridicolo fidanzato non ci fosse stato o quando almeno riuscisse a mantenere una parvenza di normalità.
Ma Jeff era stato categorico: “Sebastian Smythe è stato un ex alunno della Dalton.. è una leggenda per noi della scuola e non solo per i suoi favolosi libri.. ma anche per tutto il suo sex appeal! Dobbiamo andarci e tu Hummel devi accompagnarci perché di Lima non conosciamo niente e questo caffè letterario sta a Lima”
“non potreste perdervi neanche se lo vorreste. Lima è grande quanto la sala comune della Dalton, quindi non è necessario che vi accompagni e poi questo Smythe mi fa storcere il naso. Ho letto un paio dei suoi romanzi e per quanto voglia ammettere che scriva bene si capisce anche che lo fa solo per accontentare il pubblico.. le sue storie sono un insieme di clichè triti e ritriti solo perché sa che fanno gola ai fan come te, Jeff”
“sei solo geloso perché a soli 28 anni è già autore di best seller che tu sogni di poter scrivere” lo rimbeccò Jeff.
“spero tu stia scherzando. Nick, ti prego dimmi che sta scherzando”
“passiamo a prenderti alle otto.” Disse risoluto Jeff senza lasciare il tempo agli altri due di poter dire altro e riattaccò.
 
Si sarebbe prospettata una serata noiosa e imbarazzante. E non per il caffè letterario che Kurt aveva già frequentato e stranamente gli piaceva, ma perché ci sarebbe stato Jeff che con la sua insana passione per quel novello scrittore avrebbe messo in ridicolo tutti e poi perché alla piccola combriccola si era aggiunto Finn.
Finn che non conosceva la concezione di aprire un libro e leggerlo solo per il gusto ed il piacere di farlo si era auto-invitato a quella serata perché non aveva niente di meglio da fare e perché Nick e Jeff gli erano sembrati dei tipi apposto.
Tipi apposto non erano le parole adatte per descrivere quei due, ma Kurt non aveva saputo dirgli nulla per controbattere.
Alle otto in punto tutti e quattro si stavano dirigendo al Books&Coffe.
L’eccitazione di Jeff per l’imminente arrivo di questo fantomatico Smythe aveva toccato livelli a dir poco ridicoli prima ancora di ordinare da bere al bar per smorzare l’attesa, così Nick per il bene della salute mentale del suo amico, che si era già spazientito, aveva trascinato il suo ragazzo a sedere proprio davanti al piccolo palco allestito per l’occasione, lasciando Kurt e Finn a sorseggiare i loro tè agli unici due posti liberi al bancone.
La conversazione sulle cene del venerdì della famiglia Hummel-Hudson imbastita dallo stesso Finn non durò poi tanto e il ragazzone un po’ avvilito per lo scarseggiare di argomenti e per l’aumentare dell’imbarazzo lasciò che Kurt si mettesse a leggere svogliatamente il libro che aveva trovato sul bancone e mise da parte il tè per prendersi una birra.
Birra che non riuscì nemmeno ad assaggiare perché una ragazza, alta la metà di lui gliela rubò dal sotto il naso.
 
Kurt non si era minimamente accorto del battibecco di Finn e della ragazza, delle loro presentazioni, del terzo in comodo, amico di lei, che sbuffò quando capì le intenzioni dei due e si mise a sorseggiare il caffè brodoso guardandosi annoiato intorno, perché lui come sempre si era fatto prendere dalla lettura.
Lettura che fu bruscamente interrotta da un’alterata giovane barista che gli sbatté davanti agli occhi la copia de ‘il piccolo principe’.
Senza neanche alzare gli occhi dal libro Kurt sapeva perfettamente di chi si trattasse: Santana.
Ragazza con un caratterino niente male, un lingua lunga e affilata e un cuore grande quanto una casa anche se non voleva darlo a vedere.
Era stata la prima persona che aveva conosciuto in quel buco di posto ed era stata l’unica che gli era andata a genio. Una bellezza latina e una mente troppo acuta per Lima quella barista era stata ben presto una buona distrazione.
Certo non era mai stata gentile con lui, ma aveva subito capito che i nomignoli offensivi, le battutacce sul suo portamento e il negargli il caffè, pessimo, erano segno che anche lui andava a genio a lei.
“vedo che lo hai letto” commentò lui alzando finalmente gli occhi su di lei e mettendo da parte il libro che stava leggendo e quello che aveva suggerito a Santana di leggere la settimana prima.
“dovrei offrirti un caffè della casa solo per fartela pagare, Porcellana”
“cos’ha che non va questo libro? Io l’ho letto milioni di volte e ogni volta è come se fosse la prima.. c’è sempre da imparare dal picc-“
“questo Antoine vuole tanto fare il Peter Pan dei miei stivali.. lui che non vuole mai crescere ha avuto la faccia tosta di rendere una fottuta volpe, la furbizia per eccellenza, una rammollita senza cervello. Quella piccola checca di principe si è preso gioco di lei ammaestrandola pur sapendo che doveva, anzi mi correggo, voleva andarsene.. come era andato via da quella stronza di rosa. Scusami Hummel, questo libro è una merda”  Kurt era sicuro che dietro quelle parole rabbiose c’era molto di più che un presa di posizione nei confronti del libro,
“nessuno si è preso gioco della volpe Santana. Il piccolo principe è sempre stato onesto con lei, le aveva detto sin dal principio che non sarebbe rimasto in quel mondo per sempre, ma la volpe ha voluto che l’addomesticasse comunque.. e sono sicuro che mai una volta l’animale se ne sia pentito.. sono sicuro che ogni giorno, per sempre, guardando quel campo di grano, che le ricordava i capelli d’oro del principe lei era contenta. Si sta parlando di affetto e di bisogno Santana. La volpe era cosciente del fatto che avrebbe potuto continuare con la sua vita, senza lasciare che nessuno la addomesticasse, ma come lei stessa ha detto sarebbe stato noioso.. inutile, il principe gliel’ha in un certo senso completamente cambiata, dandogli un motivo per viverla in pieno. Non credi?”
“io credo che quella volpe parlava senza cognizione di causa Porcellana. Credo che non era affatto cosciente di quello che diceva, perché quell’idiota non sapeva cosa significava essere addomesticata e poi abbandonata. Prima di fare la saputella, avrebbe dovuto chiedere in giro, non trovi? Parlare forse con un cane abbandonato in uno stupido mondo pieno di merda sarebbe stato utile e le avrebbe risparmiato tante pene”
Kurt alzò gli occhi al cielo e poi con dita agili prese il libro in questione e cercò la pagina che aveva a cuore di leggere all’amica.
“Santana, io credo che la volpe è stata un po’ come il grillo parlante di Pinocchio. Quello che la volpe vuole insegnare al principe è che-“
“Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi” a parlare non era stato Kurt, ne tanto meno Finn che era ancora intento a ciarlare con la ragazza della birra.. no, la voce calda e affabile che aveva parlato era di un ragazzo seduto a due sedie di distanza da lui, dopo Finn e la sconosciuta e lo stava guardando con una curiosità che Kurt non aveva mai visto negli occhi di altri rivolti a lui.
“Scusami, io non avevo intenzione di origliare ma..“ continuò il ragazzo passandosi una mano sulla nuca come se fosse in soggezione.
“non è quello l’insegnamento di cui parlavo” disse Kurt guardando lo sconosciuto dritto negli occhi prima di schiarirsi la gola e prendere a leggere il passo.
“Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile  per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa. Ecco Santana, credo che quando il legame che hai creato è vero e forte non puoi fare altro che prendertene cura. Sempre.”
“Fanculo Hummel, quello se ne è andato, se n’è fregato, e la volpe piange e magari la rosa è morta.” Santana gettò lo straccio con cui fingeva di pulire il bancone su una spalla e se ne andò spazientita a pulire i tavoli, lasciando Kurt completamente  sbigottito.
“almeno ci ho provato” borbottò Kurt a sé stesso  e di certo non si aspettava una risposta che invece arrivò puntuale.
“ci hai provato e non sei andato male” il ragazzo alzò il suo bicchiere a mo di brindisi e sorrise,
“se prima non avevi intenzione di origliare, ora l’hai fatto di proposito o sbaglio?”
“mi stavo sinceramente annoiando” lo sconosciuto indicò Finn e quella che doveva essere l’amica e continuò, “ci hanno messo da parte” Kurt invece indicò il palco dove il grande Smythe stava parlando, “l’autore di best seller potrebbe sentirsi offeso se sapesse che non è riuscito a catturare l’attenzione di tutti”
“oh credimi, lui capirebbe perfettamente se vedesse su cosa è focalizzata la mia attenzione ora”
Kurt non era mai stato un tipo così sfacciato da riuscire a mantenere lo sguardo con chi sembrava davvero star flirtando, forse perché non aveva avuto mai nessuno che ci provasse sul serio o forse perché non c’era mai stato un ragazzo che di ragazzo non aveva niente ma di uomo sì e anche troppo.
Comunque lui, per quanto sentisse le guance andare a fuoco tenne su lo sguardo perché in quello dell’altro riuscì a vederci un po’ di insicurezza e un po’ di imbarazzo e chissà che altro che lo rese meno predatore e più.. più carino, gestibile.
“Il piccolo principe. La mia attenzione è stata del tutto presa da quello. Il mio libro preferito da sempre.” Disse lo sconosciuto, come per far cadere ogni minima possibilità di flirt, come se non volesse più farlo, come se si sentisse sbagliato.
E Kurt se da un lato si sentì enormemente sollevato perché proprio non sapeva come comportarsi in caso di avances con tanto di fratello al seguito, dall’altro lato sì sentì un po’ deluso anche se non lo diede a vedere.
“non farti sentire da Santana, potrebbe bandirti dal locale” scherzò Kurt sorridendo e prendendosi qualche momento per guardarlo per bene.
E non era semplicemente un bel ragazzo come aveva già notato al primo sguardo.
Beh lui era bello, di una bellezza particolare.
I capelli elegantemente pettinati con quello che doveva essere un quintale di gel molto costoso, la carnagione olivastra che contrastava con un paio di occhi color dell’ambra che luccicavano di una strana luce difficile da definire, delle sopracciglia triangoli che gli donavano uno sguardo sempre allegro e quelle labbra carnose e ben delineate che erano piegate in un sorriso.. un sorriso in cui poteva perdercisi.
E forse lo aveva fatto perché non aveva notato che il ragazzo aveva preso il telefono che stava squillando e riuscì appena in tempo a sentire delle scuse farfugliate prima di vederlo allontanarsi fuori dal locale a passo affrettato.
 
 
Finn e quella che gli presentò come Rachel non avevano nessuna intenzione di coinvolgerlo nella loro conversazione e sinceramente lui neanche voleva farlo, aveva già sentito abbastanza nei primi minuti per avere la nausea almeno per giorni.
Andare da Jeff e Nick non se ne parlava anche perché arrivare fin sotto al palco con tutta quelle gente accalcata sarebbe stato un suicidio, così ci provò sul serio ad ascoltare Sebastian Smythe che sembrava davvero riuscire a far pendere tutti dalle sue labbra.
Tutti tranne lui, che continuava a volgere lo sguardo alla porta e poi al bagno e poi in ogni angolo del locale come se da un momento all’altro potesse spuntare il misterioso ragazzo di prima.
Aveva anche pensato di chiedere alla famigerata Rachel, ma dando uno sguardo alla ragazza intenta a sussurrare chissà cosa all’orecchio del fratellastro che arrossì come uno scolaretto davanti alla professoressa sexy lasciò perdere e decise di rischiare.
Cosa aveva da perdere? Assolutamente nulla.
Ecco come stavano le cose: si stava annoiando, i suoi amici lo avevano abbandonando, quel Sebastian Smythe non gli diceva nulla, Santana stava facendo il lavoro di almeno tre camerieri e il misterioso ragazzo era ancora fuori dal locale appoggiato al lampione che ascoltava la voce al telefono e si guardava pensieroso le scarpe.
Kurt non sapeva cosa lo stava spingendo ad alzarsi e raggiungerlo, non aveva mai sentito un istinto così forte.. lui non era quel tipo di ragazzo che rimorchia in un bar, non era quello che rimuginava su un ragazzo per più di dieci secondi e non era quel tipo di persona che cercava attenzioni.. il suo estro e il suo portamento erano già abbastanza, grazie.
No, Kurt non sapeva cosa fosse quella forza che lo spinse fin fuori al locale e non sapeva di chi fosse quella faccia tosta che sorrise allo sconosciuto quando si appoggiò al muretto che costeggiava la caffetteria fingendo di smanettare col cellulare.
“ascolta ora devo andare, ma cerca di dormire okay? ci vediamo domani.” Il ragazzo sorrise, poi sbuffò, alzo gli occhi al cielo e sbuffò ancora, “certo, saluterò Seb da parte tua. ti voglio bene anch’io” disse prima di riattaccare e nascondere il cellulare nella tasca dei jeans.
“ora sei tu quello che origlia, o sbaglio?” domandò accennando uno sguardo verso Kurt che alzò gli occhi dal telefono mettendolo svelto via.
“sbagli, avevo solo bisogno di un po’ d’aria.. dentro, beh dentro ero diventato di troppo”
“Rachel ha puntato gli occhi sul tuo amico. Mi dispiace” disse lui sorridendo e avvicinandosi al muretto per sedersi proprio di fianco a lui, non troppo vicino da toccarlo ma neanche troppo lontano da non sentire il suo calore.
“se non dispiace a mio fratello allora non dispiace neanche a me. Non ha nessun problema vero?” la risata del ragazzo fu così forte e sincera che fece ridere anche lui,
“non di solito, no. Ma non ti assicuro niente” Kurt fece spallucce e poi gli tese una mano,
“sono Kurt”
“Blaine Anderson” disse dopo un attimo di esitazione.
 
Eccolo lì Blaine Anderson, 28 anni compiuti, gay dichiarato, laureato alla NYU, insegnante di scuola superiore, ossessionato dalle serate karaoke, figlio unico di Marie Anderson: donna forte, madre devota e divorziata da un gran bastardo.. era seduto di fianco ad un ragazzo che aveva,forse, la metà dei suoi anni ed era bello il doppio e non sapeva da dove iniziare.
Blaine Anderson che fino a pochi mesi prima aveva sempre creduto in sé stesso ora non aveva più niente in cui credere.
Sarebbe stato facile per lui abbordare il ragazzo con qualche frase ad effetto che il suo amico Sebastian gli aveva più volte suggerito, portarlo a casa, passare qualche ora di puro piacere magari ritrovando un po’ di quell’autostima che aveva perso lungo la strada e chiamargli un taxi che lo riportasse a casa.
Ma lui non era quel tipo di persona, no.. non conosceva più chi fosse ma sapeva chi non era.
E Blaine Anderson non era un predatore, nonostante le batoste ricevute lui restava comunque un inguaribile romantico.
Era un ragazzino un po’ cresciuto che indiscutibilmente non si sarebbe fatto scappare una notte di pura passione, ma preferiva che questa fosse preceduta da appuntamenti romantici, chiacchiere davanti ad un fuoco scoppiettante del camino, film strappalacrime abbracciato al suo lui sotto una piccola coperta e che fosse seguita poi da baci e parole dolci.
Queste notti con tanto di coccole c’erano state e fino a pochi mesi prima Blaine pensava che ci sarebbero sempre state con lui.. Jeremiah.
 
Jeremiah, la causa e l’effetto della vita di Blaine.
 
 
Si erano conosciuti al suo primo anno di college a New York. Era tutto tremendamente nuovo per Blaine. Vedeva la città troppo grande per un ragazzo di provincia come lui, con occhi sognanti, quasi persi e Jeremiah che al tempo era l’assistente dell’ insegnante di letteratura inglese, venticinque anni compiuti, s’insinuò nella vita frenetica di Blaine con calma e gentilezza.
Aveva trasformato in poco tempo gli occhi ingenui del ragazzo in occhi ammirati e fieri.
Jeremiah lo aveva corteggiato per bene, prima che Blaine si lasciasse andare.. c’erano stati appuntamenti galanti, cene sull’Empire State Building, passeggiate nell’Upper West Side, colazioni da Tiffany, weekend negli Hampton e chiacchierate lungo il fiume Hudson o su una panchina di Central Park e senza che se ne accorgessero le piccole cose e i piccoli passi si trasformarono poi in un appartamento per due a Brooklyn, cene con la famiglia di lui, discorsi importanti, feste di laurea e fidanzamento.
Blaine credeva di toccare il cielo con un dito e non perché Jeremiah fosse perfetto, anche perché non lo era.. non gli piaceva stare accoccolati sotto le coperte a vedere un film, odiava i musical e sembrava fosse allergico alle manifestazioni di affetto in pubblico. Un paio di volte aveva dimenticato il loro anniversario e molte volte Blaine si era ritrovato a feste di amici da solo perché lui era impegnato col lavoro.. ma nonostante ciò Blaine era felice, perché si amavano, o almeno così credeva, perché in un modo particolare Jeremiah si prendeva cura di lui, perché sapeva come farsi perdonare.. perché Blaine con lui aveva trovato un posto nel mondo in cui si sentiva al sicuro.
 
Quindi le raccomandazioni di Rachel o le parole offensive di Sebastian -“è un falso ipocrita Blaine, io conosco tipi come lui.. io sono come lui, solo che a differenza sua uso i miei burattini per una notte.. al massimo due se il sesso è davvero eccezionale, poi li scarico.. lui invece, Blaine lui sa che qualsiasi cosa succeda tu ci sarai. Cosa sai dirmi invece di lui? ci sarà sempre per te Blaine? perché guardati! Ci sono io su questo maledetto aereo per l’Ohio, non lui! per quanto ancora dovrai competere col suo lavoro eh? Sempre se si tratta di lavoro poi!”- o i consigli materni non scalfivano, perché Blaine nemmeno li ascoltava.
Dovevano sposarsi loro. 
Jeremiah glielo aveva chiesto al ritorno da uno dei suoi viaggi di lavoro che era durato più del previsto e per questo aveva mancato il suo compleanno.
Non era stata una grande proposta, ma l’anello era favoloso e Jeremiah bellissimo.
Aveva passato i mesi successivi a preparare le nozze, trovare la località giusta, la torta perfetta, una casa per una famiglia e non più un semplice appartamento, per poi scoprire a poche settimane dal matrimonio Jeremiah a letto con un altro.
Solito cliché, starete pensando.. trovare il futuro marito a letto con uno più giovane e bello, rincasando un po’ prima perché l’assemblea a scuola era durata meno del previsto.. Prevedibile, starete dicendo eppure quello che sentì Blaine, in quel momento ma soprattutto dopo, fu tutto tranne che banale.
Era stato tradito, non solo per l’atto fisico in sé, ma per la fiducia distrutta, per i nove anni buttati al vento, per tutte le mancanze perdonate.
Blaine ne uscì distrutto.. annientato.
Aveva preso tutte le sue cose ed era andato da Sebastian. Quella volta, l’amico non ebbe il fegato di dirgli “te lo avevo detto”, lo accolse, lo coccolò, lo fece sbronzare come Dio comanda, gli tenne la mano quando chiamò sua madre per dirgli che il matrimonio era saltato e poi cercò di fargli riprendere in mano le redini della sua vita.
Ma quello che più sconvolse Blaine, non era la perdita del suo amore o la rottura del suo cuore.. assolutamente no.. dopo settimane di solitudine più assoluta rannicchiato sul morbido divano di Sebastian incolpandosi per quello che era successo, inventandosi colpe e atteggiamenti che non c’erano stati, pensando anche di perdonarlo e trovare un compromesso.. aveva capito che sì, ci stava male e sì Jeremiah era stato importante per lui, ma che non era l’amore della sua vita.
Quel pensiero, più di tutti lo destabilizzò.
Aveva capito, ad un passo dal matrimonio, che quello con cui stava per condividere la vita intera non era il suo mondo.
Blaine Anderson aveva concretizzato di aver buttato via nove anni per una persona che non era la sua persona.
Si sentiva solo, sbagliato e ferito e non per la fine della storia con il fidanzato secolare, ma perché per tutto quel tempo aveva preso in giro sé stesso.
Perché aveva creduto che gratitudine e riconoscenza che provava per Jeremiah fossero amore.
Il fatto era che quando lo aveva conosciuto lui era poco più di un adolescente, che sapeva ben poco della vita e che vedeva in New York la madre matrigna che lo avrebbe divorato non appena messo piede fuori dalla metropolitana.
Il fatto era che si era aggrappato a Jeremiah come ad un’ancora perché credeva che da solo sarebbe annegato.
Il fatto era che aveva perdonato tutte le mancanze di quell’uomo, accettato ogni compromesso, annullandosi e assecondandolo perché inconsciamente aveva creduto che quello era tutto ciò che potesse avere.
Colpa del padre, forse, o delle esperienze vissute al liceo che lo avevano portato a pensare, senza che se ne accorgesse, che tutti quelli come lui fossero diversi- sbagliati e che non meritassero di essere felici, che non avrebbero trovato mai l’amore, perché con quelli come loro non si può parlar d'amore.
“che cazzata Anderson, se tu fossi un personaggio del mio libro, ora ti avrei già fatto morire di una morte lenta e dolorosa per la stronzata colossale che hai detto” lo rimbeccò Smythe dopo aver bevuto tre birre e scolato una bottiglia intera di whisky.
“beh guardaci Seb, abbiamo 28 anni, siamo ubriachi e soli. E comunque non ci credo che avresti il coraggio di farmi morire. Io sarei l’eroe del tuo libro”
“pff ma per favore, noi non siamo soli B, io ho te e tu hai me. Warblers una volta, Warblers per sempre, era così la cazzata no? Se va proprio male.. ma male, male.. possiamo sempre sposarci io e te.”
“no grazie. Preferisco essere ucciso in modo lento e doloroso”
“bugiardo. A letto siamo una bomba”
“si ma una volta fuori io e te siamo tremendi. Troppo male assortiti, lo sai”
“tua madre ne sarebbe più che felice”
“lo so, forse questo è il problema”
 
Dopo quella sera in cui aveva bevuto fino a vomitare l’intero pranzo di Natale di mesi prima, aveva preso la decisione di lasciare per un po’ New York.
Doveva disintossicarsi da quella città, doveva dimenticare tutte le abitudini che aveva con Jeremiah e doveva mettere più distanza possibile da quella vecchia vita per poterne avere una nuova.. e visto che poteva insegnare in qualsiasi parte d’America, tornò a casa da sua madre.
Westerville era forse il posto più adatto per stare lontano da storie e uomini e concentrarsi solo su sé stesso.
Perché finalmente Blaine Anderson aveva capito che prima di stare bene con gli altri, doveva stare bene con sé stesso.
Ed era passato tanto tempo dall’ultima volta in cui era rimasto davvero solo con lui stesso e di quella persona che era diventato nel frattempo, non sapeva niente.
Doveva conoscersi e riconoscersi.
 
Per le prime settimane era stato sotto lo stesso tetto della madre, donna di gran cuore ma apprensiva come poche.. così quando la sua lettera di richiesta d’insegnamento al Mckinley fu accettata non ci pensò due volte a trovarsi un piccolo appartamento più vicino la scuola.
Ovviamente la sua solitudine alla riscoperta di sé stesso non durò molto, perché quell’appartamento divenne forse il più frequentato di Lima.
Sua madre passava a trovarlo tutti i giorni con prelibatezze cucinate da lei per assicurarsi che facesse almeno un pranzo decente al giorno ed era inutile ricordarle che non era più un adolescente e che era sopravvissuto nove anni da solo senza morire di fame, sua madre non sarebbe andata via se non avesse visto il figlio mangiare almeno due terzi del piatto.
Rachel Berry, piccola donna e stella nascente di Broadway, amica d’infanzia, si era impossessata della stanza degli ospiti dopo che aveva lasciato New York a causa di uno scandalo che la vedeva protagonista insieme al regista –più che sposato- del musical di cui faceva parte,
“anche io ho bisogno di capire chi sono, B. Credevo di amare quell’idiota di Cameroon, ma non è così e quello scandalo mi potrebbe rovinare la carriera. Ho bisogno di tempo” gli aveva detto e Blaine non seppe dirgli di no.
Quando poi a Rachel si aggiunse Sebastian, Blaine credette di avere una crisi isterica.
“questa casa non è un albergo, Smythe!” urlò lui con tanto di tic all’occhio,
“infatti io e Rachel divideremo le spese con te” disse tranquillo Sebastian affondando nel divano del salotto mangiucchiando le patatine di Blaine, che il ragazzo prontamente gli tirò via dalle mani,
“Queste sono mie” disse per poi continuare, “e non voglio condividere le spese con nessuno, Rachel resterà qui fino a quando non avrà sistemato le sue cose a New York.. ma tu! Tu! Perché diavolo sei in Ohio?! si può sapere?”
“New York non m’ispira più. Ti ricordi quel libro che ho iniziato al liceo e che non ho più finito? Bene. Ora sono convinto di poterlo scrivere. Ora, qui. vincerò un Pulitzer e ti prometto che nei ringraziamenti quando verrò premiato ti citerò per primo. Lasciami restare”
“puoi permetterti l’intero Ohio, perché ti accontenti del mio divano?”
“avanti Anderson ti sto risparmiando l’umiliazione di strisciare ai miei piedi fra qualche settimana.. quando questa città ti avrà letteralmente mandato in pappa il cervello e tu avrai bisogno di qualcuno per non annegare nello squallore che ti circonda e comunque io dividerò il letto con te.”
“non potrai portare nessuno: uomo o donna che sia. Non frequenterai di nuovo lo Scandals perché io non verrò a ripescarti ubriaco,  non mangerai le mie cose e dormirai sul divano. Sono stato chiaro?”
“cristallino” disse lui sgraffignando il pacco di patatine di Blaine e mangiucchiandole proprio davanti agli occhi di Blaine a mo di sfida.
 
Blaine era un tipo programmatico, nel senso che adorava avere tutto sotto uno schema ben preciso.
Dalla spesa alle serate karaoke, dalle chiamate a quei pochi amici di New York alle pulizie domestiche.. tutto era scandito da un piano architettato con cura.
La vita quotidiana di Blaine era programmata minuto per minuto e quello lo faceva sentire sicuro, rassicurato, come se avendo sotto controllo le sue abitudini riuscisse a tenere a bada anche i suoi istinti.
Ma si sa, l’istinto è involontario.. non puoi schematizzarlo, non puoi pianificare quando agire e come agire.. ed era proprio per questo istinto fuori controllo che Blaine si ritrovò, quella sera di inizio settembre poggiato a quel muretto di fianco ad un bellissimo ragazzo, che lo rendeva nervoso.
 
Ed erano nove anni e tre mesi che Blaine Anderson non provava nelle vene il vero nervosismo.. e stranamente quel sentimento lo fece sentire di nuovo vivo e irrequieto e ogni piano logico- di fuga compreso, non ebbero più importanza.
 
Prese una sigaretta al mentolo dal suo pacchetto e notando lo sguardo inquisitorio del ragazzo gli chiese se ne volesse una anche lui.
“no grazie, non mi piace l’odore del fumo. In verità non mi piace il fumo e basta”
“è al mentolo” spiegò lui mentre ispirava una boccata di fumo,
“non ti credevo tipo da sigarette al mentolo, o da fumo in generale.. ma quanto è vero che non si giudica un libro dalla copertina” disse Kurt alzando le spalle e guardando dritto di fronte a lui, perché guardare come quella sigaretta si consumava placida tra le labbra di Blaine, non era un buon modo per restare lucidi.
E per quanto il suo tono non fu accusatorio, Blaine senza una ragione valida si sentì in dovere di giustificarsi,
“non è un vizio il mio. Fumo solo-“ non poteva dirgli: fumo solo quando sono nervoso e che l’ultima volta che ho acceso una sigaretta è stato tre mesi fa quando ho deciso di ritornare in Ohio.
No, di certo non poteva dirgli che un ragazzino della metà dei suoi anni lo rendeva nervoso, sarebbe stato ridicolo e assurdo, perché mai un ragazzino avrebbe dovuto renderlo nervoso, poi?
Già, perché? Forse perché questo Kurt non aveva niente di quei ragazzi che lui era solito insegnare a scuola o forse perché non aveva niente di lui alla sua età. Non riusciva a vedere in lui quel Blaine spezzato e un po’ insicuro come ogni adolescente, non riusciva a vedere nemmeno un po’ di spocchia che ogni ragazzino ha per nascondere un carattere indeciso. No, quel Kurt era molto più uomo di lui alla sua età e lo destabilizzava.
“ma almeno hai l’età per fumare? Oppure dovresti presentare un documento falso per comprarti un pacchetto di sigarette?” chiese Blaine sperando che l’altro non si accorgesse del suo cambio di argomento.
“se dovessi comprare un pacchetto di sigarette e per fortuna non devo farlo, presenterei un documento vero. Mi scusi Di Grazia, ma forse è lei che è un po’ vecchiotto e fa sentire me un po’ troppo giovane” Kurt aveva capito che dietro quel fumare di Blaine e dietro quella mezza frase incompiuta ci fosse molto di lui che non voleva dar a vedere ad uno sconosciuto qualunque e Kurt l’aveva apprezzato.. aveva capito che in un certo qual senso non si stavano svendendo fuori quel locale, aveva capito che non era un abbordo da bar.. qualsiasi cosa fosse quella cosa tra loro due, su quel muretto, non era una cosa semplice.
“e sentiamo Di Grazia, quanti anni pensi che io abbia per darmi del vecchiotto?” Kurt si scostò dal muretto e si parò di fronte a lui,
“dammi le mani” Blaine ci pensò solo per un secondo poi buttò via la sigaretta fumata neanche per metà e poggiò i suoi palmi interni su quelli di Kurt.
“non sai quante cose si possono scoprire dai segni delle mani.” Disse Kurt mentre carezzava leggero ogni punto delle mani di Blaine, dai polpastrelli ruvidi alle nocche rilassate, dalle dita affusolate ai polsi coperti da piccoli bracciali portafortuna.
“non mi hai mentito, davvero non fumi spesso.. quasi mai” disse Kurt senza alzare lo sguardo e Blaine sorrise,
“le tue mani sono curate, ma ruvide.. suoni” e non era una domanda, Kurt sapeva osservare davvero bene.
“la chitarra?” però chiese
“e il pianoforte, di tanto in tanto” rispose lui in un sussurrò perso nelle sensazioni che il tocco di Kurt gli stava regalando.
“anche io lo suono, di tanto in tanto.. ma non sono bravo” Blaine avrebbe voluto sapere sul serio come suonasse il ragazzo solo per poter dissentire.. era normale? Non lo sapeva, ma non gli importava in quel momento.
“dal segno che hai sull’anulare sinistro direi che porti spesso un anello e che lo hai portato per un bel po’ fino a poco tempo fa.” Kurt passò il pollice sulla traccia che la fascetta metallica aveva scalfito sul dito di Blaine e lui fece per tirare via la mano, perché improvvisamente si era ricordato come mai era lì in Ohio, perché odiava il suo istinto e perché c’era un vuoto sul quel dito.. ma Kurt strinse più forte la presa e continuò,
“non sto giudicando Blaine e non sto curiosando. Osservo e basta. Hai delle macchie d’inchiostro sull’indice, sei mancino.. il tuo lavoro ti porta a scrivere?” questa volta era una domanda e Blaine annuì,
“ma non è un lavoro d’ufficio, vero?” Blaine assentì di nuovo,
“hai trent’anni Blaine. Sei più che vecchiotto!” esclamò d’un tratto lasciando andare le mani dell’altro e mettendosi a sedere di nuovo sul muretto, questa volta però un po’ più vicino di prima.
“ehi! La mia età non sfiora neanche lontanamente i numeri col 3! Sono nel pieno dei miei vent’anni!”
“un uomo della tua età non dovrebbe mentire” asserì Kurt divertito,
“okay, bene. ma non ho trent’anni”
“gel, papillon e pantaloni alla caviglia, molte volte non nascondo bene l’età Mr. Anderson”
“non avevi detto che non stavi giudicando?”
“sto solo osservando e non dirmi che lo sto facendo male!” Blaine scoppiò a ridere,
“purtroppo per me, lo fai anche fin troppo bene” sospirò lui con un aria teatrale che divertì Kurt.
 
Quella sera i concreti furono Finn e Rachel, loro con piccoli aneddoti e tanti sorrisi si raccontarono della vita pratica e quotidiana.
Parlarono di scuola, college, del lavoro di lei a Broadway e del lavoro di lui in officina per mantenersi gli studi.
Parlarono del Mckinley visto che –in anni differenti- l’avevano frequentata entrambi e misero subito in chiaro la loro età e la loro situazione sentimentale, trascurando un po’ quello scandalo di cui Rachel non andava fiera e la vecchia storia di Finn di quando aveva creduto di aver messo incinta la sua vecchia fiamma del liceo, senza esserci nemmeno andato a letto.
 
A differenza di Finn e Rachel, pratici e un po’ timidi.. Kurt e Blaine si persero in discorsi astratti. Avevano parlato molto e si erano raccontati un po’ senza raccontare di loro.
Avevano parlato di tutto e niente, contemplando un mondo a parte, irreale.. dove la realtà apparente era bandita.
Avevano camminato lungo vie mai viste e luoghi mai esistiti, visitando personaggi dei grandi libri e lasciando che la corrente li portasse in un universo parallelo dove non esistevano differenze di gusti sessuali e tutti erano semplicemente innamorati dell’amore.. un universo in cui Blaine era solo Blaine senza l’appellativo di “sciocco tradito” e Kurt era semplicemente Kurt senza il nomignolo di “quello troppo gay”, erano in un universo in cui Jeremiah non era mai esistito e dove forse era esistito un qualcheduno per Kurt, erano in un luogo dove loro due non erano due sconosciuti, ma erano qualcosa.. un qualcuno per loro.
 
Parlavano perché in quella dimensione in cui si erano rifugiati, non c’era l’imbarazzo e perché l’età non contava, erano soltanto numeri senza importanza.

“posso farti una domanda Blaine?”
“spara”
“che sapore ha la vita a New York?” quando aveva detto di aver abitato a New York Blaine non lo sapeva, ma sapeva che quella domanda era una delle più difficili e brillanti che gli avessero mai posto e rispondere non sarebbe stato semplice, perché lui neanche sapeva se l’avesse assaporata in pieno quella città, quella vita.. ma voleva provarci.
“Io- io credo che abbia più sapori. A volte sa’ di casa perché c’è accettazione ovunque, a volte ha il sapore dei sogni perché sembra che lì tutto è possibile, a volte però ha il sapore della mela avvelenata di Biancaneve perché in quelle volte quella città è troppo grande e tu sei sempre così piccolo e per quanto corri e sali c’è sempre qualcuno avanti a te, ma sono solo poche le volte che assapori quella mela e non è davvero dannosa, solo realistica- credo. New York ha il sapore del caos, anche quando tutto è silenzioso ci sono quelle luci che ti fanno sempre un po’ compagnia e se sai chiedere ti portano consiglio. Sai Kurt, credo che devi saperla assaporare quella città altrimenti sarà lei a masticarti come vuole e tu ti ritrovi anni dopo a rimpiangere di non aver cacciato gli artigli prima. Ti ritrovi a conoscere le strade di quella città e non più quelle del tuo cuore.”
“e il sapore della felicità, Blaine? non l’hai mai assaporato a New York?”
“Quando capisci che non tutto deve andare come vorresti per essere felici allora troverai la felicità in ogni piccolo gesto. Quindi, sì, ora col senno di poi posso dire di aver assaporato anche la felicità a New York”
“la felicità è racchiusa in quegli attimi che quando li vivi neanche ti rendi conto che siano felici.”
“posso farti anche io una domanda?” Kurt annuì,
“se tu avessi la possibilità di viaggiare nel tempo, dove andresti? Nel tuo passato per cambiare qualcosa o nel tuo futuro per poter essere in grado di cambiarlo nel tuo presente?”
“non mi piace barare. Del mio passato non cambierei niente perché se sono la persona che sono ora lo devo grazie a tutto quello che ho avuto, errori compresi- forse soprattutto quelli. E del futuro mi piace pensare che non esiste e che siamo noi a scriverlo, giorno per giorno ora, qui.. nel presente. Non credi?”
“credo che sia un po’ ipocrita. Credo che tutti almeno una volta nella vita abbiano pensato: ‘come vorrei poter tornare indietro’, non dirmi che tu non l’hai mai fatto”
“no, io non- oh aspetta questa mattina ho mangiato un’intera scatola di biscotti e quando ho letto le calorie che conteneva, non solo l’ho pensato ma l’ho pure urlato al cielo “se solo potessi tornare indietro!”
Kurt fece spallucce e Blaine si ritrovò a ridere con le lacrime agli occhi senza riuscire a fermarsi.
 
 
 
E passarono così il resto della sera.. in un mondo loro a modo loro e neanche l’intromissione di Jeff, Nick e poi Sebastian scalfirono alcuno effetto.
Le battutine sarcastiche di Smythe e le sue offese poco velate non ebbero alcun peso per Blaine e Kurt, neanche i commenti trasognati di Jeff scompensarono l’equilibro che i due avevano creato in poche ore.
Si erano trasferiti al bar tutti insieme, facendo compagnia a Rachel e Finn, ma ognuno era perso negli occhi di qualcun altro.
Blaine aveva deciso che per quella notte poteva concedersi un viaggio in quelle iridi cangianti color del mare,
Nick come al solito aveva occhi solo per il suo ragazzo Jeff, che una volta dichiarato la sua passione per lo scrittore si lasciò trascinare dalle parole del suo ragazzo.
Rachel aveva lasciato che gli occhi un po’ ingenui e dolci di Finn la rapissero e infine Sebastian aveva trovato un fuoco negli occhi neri come la pece di Santana che aveva finito il suo turno e si era unita al gruppo solo per il gusto di dare ancora un po’ di fastidio a Kurt.
 
“beh Kurt io e Jeff dovremmo andare, Westerville non è poi così vicina” disse ad un tratto Nick e Kurt non ci mise molto a rispondere di stare attenti e che li avrebbe chiamati il giorno dopo, tornando a voltarsi verso Blaine,
“sei in macchina con noi Kurt e anche Finn” gli fece notare però Jeff,
“casa nostra è a due passi da qui, ci farà bene una passeggiata”
“Kurt ha ragione, tranquilli andate pure” disse Finn con un veloce gesto della mano prima di ritornare al discorso con Rachel,
“come volete allora.. Kurt? sei sicuro che-“
“Nick ti chiamo domani”
“tranquillo Nicholas perchè se la maggior aspettativa di Kurt è quella di passare una notte di fuoco insieme al sexy cucciolo di labrador qui, si sta sbagliando di grosso. Blainy ha fatto un voto di castità. Quindi non ci sarà nessun problema”
“Sebastian!” lo ammonì l’amico rosso in viso, perché ormai si era abituato alle sue idiozie ma ancora non si era rassegnato al fatto che dovesse dirle davanti a tutti.
“l’unica mia aspettativa per la serata era quella di non dover sentire uno strazio di meet di uno scrittore mediocre e grazie alla compagnia del tuo amico, sono stato soddisfatto, quindi potete star tranquilli tutti.” Sbottò Kurt inviperito e Sebastian fece per replicare ma Blaine fu più veloce,
“Seb te lo sei meritato. Quindi non farne drammi da prima donna” disse alzandosi e porgendo una mano a Kurt,
“il muretto lì fuori credo che sia più ospitale, non credi?” chiese e Kurt non rispose ma si lasciò semplicemente trascinare fuori.
“è successo anche a me. Anche io quando lo vidi per la prima volta mi lasciai influenzare dal faccino d’angelo e mai avrei creduto che potesse avere una lingua biforcuta come un serpente” disse Santana con un sorrisetto compiaciuto.
“mi piace” sentenziò l’altro sorseggiando il suo drink.
 
Kurt e Blaine decisero, come se avessero fatto un tacito accordo, che si sarebbero fatti bastare il tempo che avevano quella notte.
Si erano concessi solo una notte e nemmeno troppo folle.
Il fatto era che si erano trovati nel momento e nel luogo sbagliati.
Blaine aveva ancora troppe cicatrici da disinfettare e la sua anima da scoprire.
Kurt aveva ancora troppe poche cicatrici da sanare e la sua anima ancora da formare.
C’erano troppi elementi, troppi pensieri, troppi ostacoli che loro nemmeno conoscevano, ma che avrebbero potuto accantonare solo per una notte.
 
Una soltanto, credendo e sperando di conservarne solo un bel ricordo.
 
“è stato un piacere conoscerti Kurt”
“buone cose Blaine e grazie per la compagnia”
“magari ci rivedremo al prossimo straziante meet di uno scrittore mediocre”
“o magari tra l’asteroide 325 e 330” disse Kurt  ricordando il “piccolo principe” prima di avvicinarsi e stampare un leggero bacio a fior di labbra a Blaine e allontanarsi da lui prima che potesse aggiungere altro.
 
Kurt aveva raggiunto di nuovo il bar, mentre Finn salutava Rachel fuori dal locale accordandosi per una cena il venerdì dopo e per scambiarsi i  rispettivi numeri di cellulare.
Erano stati davvero pratici loro.
“Porcellana, attento che di piccoli principi che addomesticano e abbandonano c’è ne sono a milioni in giro e fattelo dire da un cane randagio, non c’è niente di bello nel sentirsi abbandonati” disse Santana salutando con un gesto del capo Sebastian e Blaine dall’altro lato del vetro
“San, non so di cosa stai parlando”
“e spero per te che non lo capirai tanto presto”
**
 
 
Nei giorni seguenti Blaine si era ritrovato ad ascoltare gli sproloqui di Rachel su quanto fosse adorabile e carino e presente Finn con tutti i suoi messaggini da diabete, dovette sorbirsi gli estenuanti e poco velati apprezzamenti di Sebastian sul sedere di Santana, su quella bocca peccaminosa e sulle sue gambe chilometriche e dovette più volte rifiutare una “capatina” da Books&coffe.
Mentre lui, dal canto suo, aveva tenuto per sé ogni pensiero e ricordo di Kurt.
Come se gli altri non potessero capire la strana alchimia che era scattata tra loro quella notte.
 
Come se Kurt fosse “solo suo”, come se fosse una questione privata e la volesse custodire con gelosia.
Ed era così infatti.. era geloso di ogni parola e di ogni gesto e di ogni sguardo che Kurt aveva riservato solo a lui quella notte.
era geloso, e non voleva ammatterlo, ma anche un po' ossessionato- dal quel breve e quasi inesistente contatto di labbra contro labbra che gli aveva lasciato una strana elettricitá per tutto il viaggio in auto fino a casa.
E per quanto, durante la giornata, era riuscito a mettere da parte quegli occhi intensi e quelle labbra rosse e invitanti.. la notte, durante il sonno incosciente, era impossibile dimenticarlo.
Tutti i suoi sogni, da quella sera, erano stati popolati da Kurt.
Kurt che suonava il piano, Kurt che si accoccolava con lui sotto le coperte, Kurt che scriveva mentre lui correggeva i compiti dei suoi alunni, Kurt che era uno dei suoi studenti e lo provocava nella sua classe quando tutti erano già usciti, Kurt che si muoveva e dimenava e, ogni mattina si risvegliava sempre più frustato e sempre più eccitato.
Era una grosso problema quello.. e non riusciva ad accettarlo.
Accettare il fatto che uno sconosciuto si era insinuato sotto la sua pelle, senza che se ne accorgesse e in così poco tempo era impossibile.
 
 
Kurt non era messo meglio di Blaine.. no, per niente.
E se per Blaine il giorno era un buon amico per Kurt era una continua agonia.. sempre questione di Karma negativo, lui ne era convinto.
Durante il giorno aveva Finn che con i suoi discorsi di elogio su Rachel, finiva inevitabilmente col parlare di Blaine.
“Rachel abita insieme a Blaine, magari qualche volta possiamo uscire di nuovo tutti insieme”
“Rachel ha detto che Blaine mi saluta, non è carino?”
“Rachel dice che Blaine-“
Blaine, Blaine, Blaine.
Anche i suoi amici Nick e Jeff non gli davano un momento di tregua,
“tu e quel Blaine, ieri vi stavate mangiando con gli occhi”
“perché non hai chiesto il numero di Blaine?”
“ma quanti anni ha poi questo Blaine?”
“Blaine e Smythe sono davvero così amici?”
“ma Blaine-“
Era un lento e atroce tormento.
 
Kurt non voleva dimenticarlo, era stato piacevole e stimolante quell’incontro, ma non voleva però dare spiegazioni a nessuno.
Perché non sapeva darle nemmeno a sé stesso.
Il fatto era che più ripensava a quella serata più si chiedeva perché si erano concessi solo quella.
Potevano essere amici, potevano essere qualcosa l’uno per l’altro, Kurt lo aveva capito dal modo in cui si erano parlati, dal modo in cui si era sentito aperto e confidente e a suo agio come mai era riuscito ad esserlo con uno sconosciuto.
Non voleva nessuna distrazione o complicazione però, questo era vero, l’unico suo obiettivo era finire il liceo col massimo dei voti ed entrare al college dei suoi sogni.
Doveva pensare solo a scrivere, studiare e scrivere ancora fino a quando il suo desiderio di diventare uno scrittore ,uno di quelli che sua madre amava citare, uno di quelli che lui adorava leggere, non si sarebbe avverato.
Fino a quando la scrittura non avrebbe smesso di essere solo un modo per evadere da quel mondo che non gli piaceva e lo avrebbe portato in uno in cui invece amava, lui non doveva distarsi.. e Blaine sembrava il tipo di persona che ,come un uragano, ti sconvolge e ti fa perdere il contatto con la realtà.
 
No, Kurt non poteva permettersi nessuna distrazione.
 
Quindi, al quarto giorno di agonia, dopo l’ennesimo messaggio di Rachel che Finn gli aveva letto e che inevitabilmente citava Blaine, Kurt aveva deciso di allontanarsi di casa e riordinare i suoi pensieri da Books&coffe, ritrovarsi Sebastian Smythe al bancone che faceva il marpione con Santana, fu il colpo di grazia che il Karma estremamente cattivo gli aveva inflitto senza ritegno, che gli fece capire che passare oltre a quel piacevole e indescrivibile incontro era impossibile.
 
“ti porto il solito tè, Kurt?” domandò Santana salutandolo con un cenno del capo,
“si grazie, io mi siedo al solito tavolo” rispose lui evitando di guardare Sebastian per poter fingere di non vedere la sua presenza, come se quello potesse fermare Smythe dall’essere il solito.. Smythe.
“Oh ma qual buon vento ti porta qui, Signorina?”
“Salve anche a te Sebastian e non chiamarmi più Signorina che potrei citarti per danni morali”
“sempre troppo suscettibile”
“e tu, troppo confidente”
“credevo ti piacessero le persone affabili e simpatiche”
“tu non fai parte di nessuna delle due categorie”
“ma Blaine sì, vero?”
“cosa vuoi Smythe?” Sputò Kurt richiudendo di scatto il libro che aveva aperto solo nella speranza che l’altro lo lasciasse in pace,
“ti conviene non scherzare con Porcellana, potrebbe mordere” intervenne Santana facendo un occhiolino a Kurt mentre gli porgeva il suo tè,
“ma non è detto che sarei io quello a farsi male” fu la risposta pronta di Sebastian, che sembrò aver abbandonato ogni tipo di interesse verso l’altro subito dopo, permettendo così a Kurt di rilassarsi.
 
Sebastian dopo aver parlottato ancora un po’ con Santana che sembrava lusingata dalle sue attenzioni ma per niente arrendevole –atteggiamento che faceva fremere di piacere e non poco Sebastian- si era deciso ad alzarsi e andarsene, ma prima di prendere la strada per la l’ingresso si fermò al tavolo di Kurt, che non alzò gli occhi dal libro fino a quando Sebastian non si schiarì la gola e disse un secco: “ecco” poggiando sul tavolo un foglio con su scritto un numero di cellulare,
“grazie ma non sei il mio tipo” disse Kurt allontanando il biglietto e tornando con lo sguardo al suo libro.
“per quanto possa essere interessante il tuo sedere, il tuo caratterino cozza con il mio e non potrebbe mai succedere niente di erotico tra di noi”
“buono a sapersi” rispose Kurt per niente piccato e neanche un po’ curioso del fatto che Sebastian avesse fatto un apprezzamento sul suo sedere anche se fino a pochi secondi prima stava apertamente corteggiando Santana.
“Senti, hai già compiuto diciotto anni, vero?”
“certo che sì, ma perché-“
“bene e quindi non frequenti il liceo. Ottimo, così non potrebbe esserci nessuno scanadalo.”
“io veramente-“ ma di nuovo Kurt fu bloccato dall’altro che sembrava impaziente di arrivare al dunque,
“se sei ancora un verginello, non importa, Blaine è molto versatile a letto.. in tutti i sensi”
“eh?” Kurt strabuzzò gli occhi, rosso in viso senza capire il filo conduttore del discorso di Sebastian
“è il numero di Blaine. Avete entrambi bisogno di sfogarvi e sciogliervi un po’. Lui non vuole saperne di venire allo Scandals e Lima non offre niente di meglio. Ma ho visto come ti guardava e come tu guardavi lui, si arrenderebbe a te dopo un misero bacio.. quindi chiamalo.” Kurt che aveva stretto i pugni sotto al tavolo, fino a farsi diventare le nocche bianche stava chiamando a raccolta tutta la sua forza di volontà per non ustionare il bel faccino di Smythe col suo tè bollente.
Ma come si permetteva? Era un emerito idiota.
“ne io né il tuo amico abbiamo bisogno di te per procurarci del sesso occasionale. E se Blaine ha bisogno di sciogliersi come dici tu, non è un problema mio. Quindi, se vuoi scusarmi ora ho davvero bisogno di un buon caffè” disse Kurt piccato alzandosi dal suo posto e lasciando sul tavolo una banconota da cinque dollari per pagare il conto.
“tu pensaci” disse veloce Sebastian infilando quel dannato foglio nella tasca della giacca di Kurt allontanandosi dal locale dopo un’ultima occhiata a Santana.
 
Sebastian era arrivato all’esasperazione, ecco perché l’aveva fatto.
Era da mesi che non riconosceva più il suo amico e se doveva essere sincero solo quella sera di quattro giorni prima gli aveva rivisto quel sorriso che non vedeva più da anni a quella parte e il merito era del damerino dagli occhi di ghiaccio e dalla lingua biforcuta.
Blaine aveva bisogno di rimettersi di nuovo in gioco e perché non farlo con quel ragazzino tutto pepe che avrebbe di sicuro dato una scossa a quell'uomo di ventotto anni che sembrava essere diventato un professore in pensione?
La sua scelta di avvicinarlo fu anche data dal fatto che Kurt stava leggendo lo stesso libro che Blaine aveva in quei giorni sul comodino: “le notti bianche” di Dostoevskij.
Quel libro parlava di un sognatore che aveva incontrato una donna in una notte durante una passeggiata, che era riuscita a risvegliare nel protagonista quel sentimento d’amore da tanto sepolto.
Era una coincidenza che quei due avessero preso a leggere lo stesso libro, con tanto di riferimento al loro incontro, nello stesso momento? Forse, ma Sebastian non credeva molto nelle coincidenze.. e per questo aveva dato quel biglietto a Kurt.
 
La meta di Kurt, che uscito dal caffé letterario, si dirigeva a passo svelto era il Lima Bean, perché quella del caffé non era solo una scusa per chiudere quella conversazione imbarazzante con Smythe, ma anche una vera e propria necessitá.
Aveva davvero bisogno di un caldo e vigoroso caffé, magari pure corretto con qualcosa di forte che gli desse il coraggio di buttare via o usare -a ragione- quel maledetto numero di cellulare che pesava e scottava nel taschino della sua giacca.
Il Lima Bean era l'unica caffetteria in quel buco di mondo che servisse caffé degni di questo nome e Kurt non vedeva l'ora di affondare il naso in quell'aroma dolce e caldo per questo quando entrò nel locale neanche si degnò di guardarsi intorno prima di raggiungere la fila alla cassa.
Era indeciso se concedersi un caffé macchiato con tanto di caramello o prendersi il suo solito nofat-mocha quando sentì una voce chiamarlo -o meglio imprecare il suo nome- a pochi metri da lui.
 
Blaine Anderson amava il caffé del Lima Bean e amava il fatto che fosse a due passi dal suo nuovo appartamento, frequentava quel posto ogni giorno da mesi ormai e mai, mai aveva visto Kurt entrarci prima di allora, ne era sicuro anche perché gambe come quelle di lui fasciate in jeans tremendamente stretti non sarebbero passate inosservate.
Quindi non era di certo preparato a ritrovarselo alla fila del locale, bello e incosapevole, per questo aveva imprecato neanche tanto a bassa voce, aveva racchettato le sue cose ed era fuggito via, prima che il protagonista dei suo sogni che popolavano la sua mente da giorni potesse anche solo voltarsi verso di lui.
 
Kurt era riuscito soltanto a vedere una chioma di ricci neri disordinati che filava prima di capire che apparteneva a Blaine.
Quel Blaine.
Quel Blaine Anderson proprietario di quel maledetto numero di cellulare che aveva nella tasca.
Quel Blaine che appena lo aveva visto se l'era data a gambe.
 
Blaine era scappato, da cosa però, non lo sapeva.
Si era comportato da un vero idiota e forse Kurt, ora credeva che lo fosse sul serio, idiota.
Magari ora stava pensando che avesse fatto o detto qualcosa di offensivo quella sera per essere disdegnato in quel modo.
O ancora peggio non aveva fatto una piega al fatto che lui, l'adulto della situazione, non si era degnato neanche ad un cenno col capo a mo di saluto,
Ma la possibilitá di lasciar Kurt nell'incertezza che il problema fosse lui, lo fece tornare indietro al Lima Bean.
Aveva il fiatone per la corsa che nemmeno si era accorto di aver fatto per ritrovare Kurt.
"Non volevo fuggire via come un idiota" sentenzió Blaine una volta davanti all'altro seduto al posto che fino a poco prima era il suo.
Kurt alzò gli occhi da quel libro che non stava nemmeno leggendo e guardò interrogativo e confuso quel ragazzo bello e insicuro che si stava mordendo le labbra per il nervoso, forse,  e che non lo stava guardando di rimando.
"É okay" disse, risposta che fece decidere Blaine a guardarlo negli occhi,
"Non volevo che pensassi che tu avessi fatto qualcosa che potesse spingermi ad evitarti" continuò lui,
"Eppure qualcosa ti ha spinto, no? Non mi devi nessuna spiegazine, comunque" Blaine sospirò rassegnato e si sedette al posto libero difronte all'altro,
"Spero tu non stia aspettando nessuno" disse lui mentre con un gesto della mano chiamava la cameriera per ordinare un'altro caffé,
"No, nessuno" disse Kurt per poi ripoggiare gli occhi su quelle pagine ingiallite dal tempo, cercando di capire il comportamento di Blaine.
Era fuggito via e poi era ritornato solo per.. solo per cosa? Fargli presente che lui, Kurt, non aveva fatto niente per metterlo a disagio?
In effetti Kurt in quei minuti aveva dato di matto e stava anche pensando di usare quel numero che gli aveva dato Sebastian solo per potergli chiedere quale fosse il suo problema.
Non lo avrebbe disturbato se non avesse voluto e un sorriso per saluto sarebbe stato quantomeno educato.
"Kurt? Io-io non mi aspettevo di vederti e ,e non lo so perché sono scappato, anzi forse lo so, ma spiegarlo é difficile. Dovrei essere io l'adulto qui e invece.." Kurt sospirò forte e mise del tutto via il libro per potersi dedicare a Blaine,
"Te l'ho detto che non mi devi nessuna spiegazione e comunque forse tu mi hai solo preceduto, magari se ti avessi visto per primo sarei stato io quello a scappare. Neanche io mi aspettavo di vederti.. sai, pensavo che avrei dovuto cercarti tra l'asteroide 325 e 330" Blaine gli fu estremamente grato per essere riuscito con così poche parole a smorzare la tensione e addirittura farlo ridere.
"Lima é grande quanto il pianeta del piccolo principe, rivedersi era inevitabile e noi non lo sapevamo"
"C'é solo una piccola differenza, qui nessuno si occupa di sdradicare i Baobab dalla terra" Blaine sorrise amaro, perché Kurt aveva ragione, l'Ohio era pieno di arbusti cattivi con radici troppo profonde per poterli abbattere.
"Forse dovremmo smetterla di citare Il piccolo principe, non credi?" Chiese Blaine e Kurt fece spallucce prendendo un foglietto che gli porse con attenzione.
Solo quando Blaine sgranò gli occhi leggendolo lui parlò di nuovo,
"Se proprio dobbiamo smetterla di citare il libro, allora voglio dirti la veritá. Se non fossi fuggito tu, lo avrei fatto io, per quello" disse indicando il biglietto, "me lo ha dato il tuo amico Sebastian neanche mezz'ora fa"
"Cosa?"
"L'ho incontrato al Books&coffe e lui ha pensato bene di trovarti un appuntamento. Dice che hai bisogno di scioglierti un pò ed io con te"
"E tu l'hai-l'hai accettato?" Blaine sembrava imbarazzato, incazzato e incuriosito allo stesso tempo,
"Lui me lo ha infilato nel taschino prima di andarsene"
"Smythe! Lui é… Dio é così imbarazzante. Mi dispiace"
"Lo sarebbe stato di più, imabarazzante intendo, se avessi usato le sue esatte parole. Ma lo risparmio a entrambi" disse Kurt facendo spallucce e nascondendo le guance rosse dietro alla sua tazza di caffé.
"Anche solo immaginarle é abbastanza, grazie" sorrise Blaine, di quel sorriso dolce e sensuale insieme, di quel sorriso che Kurt aveva avuto stampato nella mente per giorni.
 
Alla fine quel biglietto di Sebastian anche se non era stato usato era servito a qualcosa.
Era servito a lasciare che Kurt e Blaine ancora una volta dimenticassero l'imbarazzo e le loro vite e parlassero di tutto senza toccare niente conoscendosi comunque.
 
Magari Blaine non sapeva l'etá di Kurt o se frequentasse ancora la scuola ma sapeva in che modo torturava la dita quando non trovava le parole e che amava prendere il caffé senza zucchero e che adorava la moda quasi quanto la letteratura.
 
E Kurt magari non conosceva il lavoro di Blaine o il suo conto in banca, ma sapeva come giocava con i riccioli liberi dal gel alla base del collo quando era in imbarazzo e che amava inzuppare i biscotti nel caffé e che aveva un'ossessione cronica per i papillon.
 
"Papillon e karaoke saranno la mia rovina. Lo so! Ero arrivato ad un punto della mia vita in cui avevo pensato di aprire un bar karaoke e chiamarlo bowtie! Fortuna che Sebastian mi ha fatto rinsavire!"
"Non sembra tanto male. Voglio dire guarda questo posto, si chiama Lima Bean eppure va alla grande. Io ci andrei al Bowtie per una serata karaoke"
"Allora se un giorno sentirai parlare di un Bowtie ricordati di me e vienimi a trovare"
"E tu ricordati di offrirmi la prima canzone gratis!"
 
Quando si era fatto tardi e le luci della cittá si erano accese, il locale si era svuotato e lo stomaco di Blaine aveva brontolato.. ridare a Kurt quel famigerato foglietto fu più naturale del previsto.
"Se vuoi, puoi tenerlo e magari chiamarmi quando passi da queste parti e hai voglia di parlare ancora"
"Magari lo farò" disse Kurt guardandolo alzarsi e perdersi ancora una volta in quelle iridi cangianti.
 
Nessuno dei due in quel momento sapeva che quelle cose "pratiche" di cui non avevano parlato, che credevano fossero irrilevanti si sarebbero rivelate da lì a qualche giorno fin troppo rilevanti.
 
Perché, non lo sapevano ancora.. ma non sarebbero più stati per loro soltanto Kurt e Blaine.
Ma sarebbero stati professore e studente.
Mr. Anderson per Kurt
E Hummel per Blaine.
Ancora non sapevano che quell'alchimia tra loro, facile da creare e difficile da dimenticare sarebbe stata un problema da non sottovalutare.
 
Il Karma, dunque, a volte é un gran bastardo burocratico e Kurt e Blaine avrebbero dovuto farci i conti.
 


 
Angolo Wallflower_
 
Buon anniversario a me!
Oggi è un anno dalla creazione di questo account e dalla pubblicazione di Broken Toys e volevo farmivi un regalo pubblicando una nuova storia.
 
Sarò sincera, non so quando avrò il tempo di pubblicare ancora, ma prometto che non scomparirò per mesi interi.
Semplicemente, mi trovo su di un cucuzzolo di montagna a cercare lavoro, quindi non c’è né tempo ne linea per pubblicare.. ma scrivo, sempre. Quindi non preoccupatevi.
 
Spero che il prologo sia stato esauriente e soddisfacente e non solo lungo e noioso.
 
Lascio i commenti a voi, ditemi cosa ne pensate di questi due nuovi Kurt e Blaine e non temete di essere cattivi, l’importante è essere sinceri.
 
Ora scappo.
Alla prossima, guys! ;)


questa è la mia pagina autore fb.  

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Capitolo 2
*** Il primo giorno di scuola. ***


Capitolo 01
 
Le sue mani erano dovunque sulla pelle di Kurt.. nei capelli prima, sulla nuca poi e giù lungo il collo fino al primo bottone della camicia che impediva di proseguire ancora più giù.
Le labbra di Blaine, calde e irrequiete erano su ogni centimetro del viso di Kurt lasciando una serie di piccoli e appassionati baci.
E il suo odore, 'Dio il suo odore, Kurt lo percepiva forte e chiaro e bellissimo.
Blaine steso su di lui, esperto ed affamato era bellissimo.
"Ti voglio Blaine" sussurrò con voce roca al suo orecchio.
 
"..The way you turn me On!"
 
La maledetta sveglia che segnava le sette in punto aveva suonato nell'attimo esatto in cui Blaine stava per farlo suo, con tanto di presa in giro della Perry.
Kurt si voltò a spegnere l'aggeggio infernale con un colpo deciso della mano e poi si lasciò ricadere sul cuscino grugnendo di disappunto, non solo per il piccolo problema umido e duro con cui si era svegliato ma anche perché quella mattina iniziava il suo ultimo anno di liceo.. e l'unica cosa che il suo cervello riuscisse a formulare in quel momento era Blaine e al fatto che se non lo avesse chiamato entro quella sera per un caffè sarebbe finito coll'impazzire.
"Kurt, tesoro? Sei sveglio, vero? Ricordati che oggi c'é scuola!" Urlò Carole dalla cucina,
"Si Carole, sono sveglio! Arrivo subito" rispose Kurt storcendo il naso quando di malavoglia mise il piede fuori dal letto.
Per quanto frequentare quella scuola, fosse l'ultimo dei suoi desideri, odiava comunque arrivare in ritardo, così mezz'ora dopo uscì dalla sua stanza di tutto punto, con la promessa che sarebbe sopravvissuto al primo giorno di scuola e che subito dopo avrebbe chiamato Blaine.
Erano passati tre giorni, il tempo minimo che si era prefissato prima di farsi sentire.
 
Il Mckinley proprio come Kurt aveva immaginato era una jungla e in quanto tale vigeva la legge del più forte.
Esisteva una rigida piramide alimentare e chi c'era alla punta Kurt lo aveva capito dopo solo pochi minuti all'interno di quelle squallide mura: i Titans e i Cheerios regnavano indisturbati e facevano di tutto per non permettere agli altri di dimenticarlo.
E come in ogni jungla che si rispetti, i predatori avevano le loro prede designate e al Mckinley -come del resto dovunque- i deboli erano i diversi, gli emarginati e gli incompresi.
Kurt era stato etichettato alla prima occhiata come preda. Il suo benvenuto era stato uno spintone all'armadietto accompagnato da un poco originale "benarrivato al Mckinley Fatina" e lui aveva creduto di aver un attacco di panico o come minimo isterico al primo atto di bullismo che avrebbe ricevuto dopo due anni di assoluta tolleranza e invece scoprì di avere il cuore più duro e la testa più allenata, merito -forse- del trattamento riservatogli al suo primo anno di liceo a Westerville o della terapia a cui si era sottoposto dopo che era stato costretto ad abbandonare quella maledetta scuola pubblica.
Quindi dopo lo spintone si era sistemato la camicia ed aveva proseguito dritto borbottando un "buon anno Kurt. Sono solo 180 giorni.. puoi farcela".
 
"179 e mezzo" pensò mentre si dirigeva sconfitto alla mensa della scuola, dopo aver seguito le lezioni di calcolo avanzato -che di avanzato non aveva niente-, francese e chimica -che sarebbe stata una lezione utile se avesse voluto imparare come sciogliere del fumo senza farsi accorgere dal professore-, era nel panico più totale.. quella scuola era molto peggio di quanto avesse immaginato e non solo per una percentuale molto alta di omofobia che si poteva notare da tutte le occhiate in tralice e i risolini rivolti a lui, ma anche e soprattutto per i corsi di studio penosi.
Doveva davvero mettersi a studiare per conto proprio se voleva avere anche solo una chance di essere ammesso al college.
 
La mensa era un vero e proprio campo di battaglia e trovare un posto libero in cui sedersi per consumare quel pasto dalla dubbia consistenza, non era affatto facile.
Stava per arrendersi e andare a mangiare in un aula vuota quando una ragazza di colore, che Kurt ricordava aver condiviso il banco nell'ora di calcolo, lo chiamò.
"Ehi pasticcino! Sei nuovo vero!? Vieni qui e siediti con noi!" Kurt si guardò prima intorno come per accertarsi che non gli stessero facendo un agguato e poi si accomodò di fianco alla ragazza ringraziandola.
"Io sono Mercedes, comunque" gli offrì la mano lei.
"Kurt" rispose lui stringendogliela.
"Kurt Hummel, giusto? Io sono Tina. Tina Cohen Chang e noi tutti facciamo parte delle Nuove Direzioni, il glee club della scuola" disse una ragazza asiatica indicando il resto del gruppo.. e come faceva a conoscere il suo cognome Kurt non lo sapeva, ma non ci badò più di tanto, infondo Lima era piccola, fin troppo piccola e lo avrebbe confutato da lì a poco.
"Oh anche qui c'é un glee club?" Domandò solo per iniziare una conversazione,
"Tu ne facevi parte di uno? Quale? Sei interessato ad unirti a noi? Stiamo per esibirci qui in mensa, per trovare nuovi iscritti, accettiamo tutti!" Urlò una ragazzona, ma Kurt non riuscì ad aprire bocca che Mercedes s'intromise,
"Unique! Così me lo spaventi!" Disse  per poi rivolgersi a Kurt, "non badare a lei, ci ha fatto sembrare dei disperati-"
"Ma perché non lo siamo?  io sono Sugar, gran bella camicia, é McQueen?" Kurt sgranò gli occhi dalla sorpresa e poi annuì convinto.
Questi ragazzi, un po’ strambi, gli piacevano.
"Perché siete disperati?" Chiese poi spiluccando del pollo che aveva nel piatto,
"Il nostro glee club non vince una gara da anni, il professore Schue che si occupava di noi si é trasferito con la moglie a Washington e la preside Sylvester vuole tagliarci i fondi" disse sconsolata Mercedes.
"Quindi il glee club qui non é considerato come una specie di rock star?"
"Rock star? Ci stai prendendo in giro?" Disse un ragazzo dal ciuffo alla Justin Bieber alto però il doppio di lui,
"No, no.. solo che nella mia vecchia scuola, i Warblers erano delle vere e proprie-" Kurt fu bloccato da Tina che sembrava sputare fuoco dal naso,
"I warblers?! Tu eri nei Warblers? Quei bastardi ci hanno stracciati alle regionali l'anno scorso!"
"Io non- io non facevo parte del glee, Tina.. smettila di stritolarmi le spalle!" Disse Kurt cercando di sfuggire alla morsa della ragazza.
"Oh okay scusami" mormorò sistemandogli la camicia e ritornando a sedersi al suo posto.
"Beh comunque Kurt, goditi lo spettacolo!" Disse Mercedes facendogli l'occhiolino prima di fare un cenno con la testa ad Artie, saltare sul tavolo e muoversi a tempo di musica, come se fosse tutto all'ordine del giorno.
 
Quei ragazzi erano una bomba. La loro versione di Superstition era stata strepitosa. Le loro voci si mescolavano e univano in una maniera cosi naturale che quasi lo fecero commuovere.
Non c'erano grandi coreografie e armonizzazioni di voci come nei Warblers ma c'era passione, cuore, voce e Kurt proprio non riusciva a capire come questo gruppo non vincesse una gara da anni e perché alla fine dell'esibizione gli applausi erano partiti solo da lui e un altro piccolo gruppetto da in fondo alla sala.
 
Kurt aveva partecipato -perché praticamente costretto da Jeff e Nick- a molte prove dei warblers e mai una volta aveva sentito nostalgia della sua voce come questa volta, in mensa.
Mercedes e quella che doveva essere Marley erano così brave e così passionali che Kurt dovette trattenersi dal piangere.
Il fatto era che la musica gli ricordava sempre sua madre e le loro ore passate al pianoforte a cantare i Beatles.
Erano ormai anni che non cantava più e non solo per i ricordi di un passato che non poteva più tornare ma anche perché la sua voce era diventata, col tempo, motivo di derisioni.
Troppo femminile, troppo acuta e troppo in falsetto per un maschio.. così, dato che c'erano già troppe cose di lui che destavano brutti giudizi, la sua voce la teneva per sé.
Ci aveva provato quando era alle medie a cantare per un pubblico e per sua madre, -che era sicuro dovunque fosse, lo avrebbe ascoltato- ma dopo che nel bel mezzo delle prove per lo spettacolo della scuola, persino all'insegnate era scappato un risolino quando uno dei ragazzi presenti lo aveva chiamato "femminuccia" aveva deciso che non ne valeva la pena.
Da allora, aveva cantato solo sotto la doccia o nella sicurezza della sua camera, dove poteva sentirlo solo sua madre e tanto bastava.
 
"Siete stati strepitosi!" Urlò quasi, quando Mercedes ancora col fiatone per aver corso e ballato e cantato praticamente in ogni angolo della mensa era tornata a sedersi soddisfatta.
"Vallo a dire alla Sylvester! Comunque pasticcino, che lezione hai tra poco?" Kurt sbirciò il suo orario, solo per esserne sicuro anche se sapeva bene che avrebbe dovuto frequentare letteratura inglese avanzata.
Stava aspettando con ansia questo corso, un po' spaventato di trovare l'ennesimo insegnante stufo e sempre speranzoso che ci fosse ancora qualcuno a cui interessasse quell'universo a parte che era la letteratura.
"Letteratura e tu?"
"Lo stesso! La vecchia signora Parker ha finalmente deciso di andare in pensione e ho sentito dire che il nuovo insegnante é sexy. Quindi ci conviene avviarci e prendere i posti migliori, non credi?" Ammiccò Mercedes e Kurt alzò gli occhi al cielo ma non riuscì davvero a infastidirsi.
"Sexy eh?" Scherzò Kurt prendendola a braccetto e avviandosi con lei per i corridoi della scuola.
 
*
 
Blaine Anderson quella mattina indossato il suo papillon portafortuna, messo il quantitativo di gel giusto e controllato per tre volte che tutti i suoi libri e registri fossero nella borsa, era pronto per il suo primo giorno di scuola come insegnante al Mckinley High.
 
Avrebbe di sicuro mentito Blaine, se avesse detto che non era in ansia per questo posto di lavoro.
Il fatto era che non aveva mai frequentato licei pubblici in Ohio.. a suo tempo c'era stata la Dalton e poi aveva insegnato in licei di New York.
Ma il Mckinley di Lima sembrava davvero tutto quello da cui sua madre lo aveva tenuto lontano, quando le risultava difficile farlo nelle quattro mura della loro stessa casa.
Era riuscito a percepire il marcio e il cattivo in una sola unica volta in cui era stato in quella scuola, attraverso le scritte offensive sui muri e la ridicola indifferenza della preside a far cambiare determinate cose.
 
Blaine aveva consumato il suo pasto nella sua classe, mentre stilava tutti i registri con i nomi dei suoi studenti.
Un paio di volte si era trovato davanti il nome Kurt e ogni volta ci si era soffermato col cuore in gola.
Ma non potevano essere lui, no? No.
Quel Kurt era un giovane uomo, magari una matricola di qualche università dei dintorni.
E poi Sebastian gli aveva spiegato per filo e per segno cosa si erano detti giorni prima da Books&Coffe e Kurt gli aveva assicurato che era maggiorenne e non più un liceale.
Non che a lui importasse qualcosa o che avesse minimamente pensato al fatto che Kurt non lo aveva ancora chiamato per un caffè.
"Avresti dovuto chiedere il suo numero, idiota che non sei altro" la voce di Sebastian, nella sua testa, si stava facendo beffe di lui e non sapeva come scacciarla via.
 
Intanto era suonata la prima campana che avvisava l'inizio della lezione e la sua classe si stava riempiendo abbastanza velocemente.
"Altre due ore e puoi tornare a casa" aveva detto a se stesso Blaine che dopo le prime tre lezioni aveva già confermato il degrado e il disinteresse che aveva pensato ci fossero fra quei ragazzi.
Nessuno che gli avesse fatto una domanda pertinente al programma o che almeno lo avesse letto.
Nessuno che aveva proposto la lettura di un libro che non fosse stato Twilight o The Hunger Games.
 
Kurt non stava minimamente prestando attenzione a dove stesse andando, semplicemente si stava lasciando guidare da Mercedes e dalla sua parlantina quando due energumeni della squadra di football si erano parati davanti a loro.
E tutto successe troppo in fretta.
Mercedes un secondo prima urlò loro di non farlo, nascondendo il viso dietro il suo libro di letteratura e un secondo dopo del ghiaccio viola stava colando sulla testa di Kurt inzuppandogli la sua preziosa camicia di McQueen e facendogli bruciare gli occhi.
"Ma che cavo-" Kurt era rimasto impietrito sul posto col cuore che accelerava come impazzito e il respiro mozzato in gola.
"E questo era per ricordarti che non ci piacciono le femminucce come te che scodinzolano per i nostri corridoi spargendo polvere di fata" disse uno dei due ragazzoni e Kurt avrebbe tanto voluto rispondere a tono, avrebbe tanto voluto essere in grado di difendersi in qualche modo, ma tutto quello che riuscì a fare fu continuare a respirare.
-dentro, fuori, dentro, fuori- continuava a ripetersi sperando che il panico si calmasse.
"Hai paura che un po' della sua polvere cada sulle tue orecchie Karofsky?" Disse invece Mercedes con una sorta di sfida nella voce,
"No Mercedes" mormorò Kurt che ancora non riusciva a muovere un muscolo.
"Non farci arrabbiare Fatina, hai capito?" Disse quello che doveva essere Karofsky puntandogli un dito sul petto e spingendolo di qualche passo indietro, e Kurt per tutta risposta si tolse qualche granella dagli occhi e schizzò il giocatore davanti a lui e poi con quella poca dignità che gli era rimasta si voltò a testa alta, spalle larghe e si incamminò verso il primo bagno disponibile per ripulirsi.
"Fidati di me Kurt, il bagno delle ragazze al secondo piano é sempre vuoto.. andiamo su, ti aiuto a pulirti e poi ti accompagno nell'ufficio della preside" disse Mercedes prendendolo sotto braccio e spingendolo gentilmente verso le scale ma Kurt si allontanò come scottato e senza nemmeno guardarla negli occhi le disse che se la sarebbe cavata da solo,
"Va' in classe e inventa una scusa per il mio ritardo, okay?" Domandò lui,
"Una scusa?"
"Una bugia che non comprenda una cazzo di granita e due idioti Mercedes, puoi farlo?"
"Ma-"
"Niente ma"
"Ma la Sylvester e-"
"Va' Mercedes" urlò Kurt salendo velocemente le scale che stavano iniziando a riempirsi di ragazzi che cercavano le loro classi.
 
Kurt si aggrappò al lavandino come se fosse un’ancora di salvezza e stava cercando di riprendere il fiato e di non piangere.
Non avrebbe pianto, non avrebbe dato loro quella soddisfazione, non di nuovo.
Kurt non avrebbe ceduto, non così in fretta e non per un qualcosa di cui lui non poteva fare nulla.
Non era un scelta essere ciò che era e non era un dovere assecondare l'ignoranza che lo circondava.
Ci avrebbe fatto i conti e l' avrebbe affrontata perché fuggire ancora e di nuovo alla Dalton non era un opzione.
Si asciugò e si ripulì come meglio poté, indossò la t-shirt che avrebbe dovuto usare per l'ora di ginnastica il giorno dopo e corse in classe, sperando che l'insegnante non gli avrebbe chiesto niente e che quelle due ultime ore sarebbero passate veloci.
 
Blaine, aveva bisogno di rivedere Blaine e perdersi con lui in posti meno bui.
Era il pensiero inconsapevole di lui che non lasciò scivolare Kurt.
 
 
 
"Hummel, Kurt Hummel" aveva ripetuto due volte Blaine, senza ricevere risposta da nessun alunno della sua classe, "assente il primo giorno? Bene" bofonchiò mentre fece per scrivere una nota sul suo registro, "ehm Scusi professore" una ragazza al primo banco aveva alzato la mano per parlare mentre si sporgeva verso la cattedra per poter leggere quello Blaine stava tentando di scrivere, "dimmi pure" la esortò lui chiudendo il registro "Kurt Hummel non é assente.. lui é in ritardo"
"In ritardo" ripeté Blaine come per registrarlo meglio "cosa lo ha trattenuto?" chiese poi,
"Beh ecco.." cominciò un po'imbarazzata Mercedes, "lui è stato trattenuto da.. ecco- dalla squadra di football!"
"Squadra di football? Okay, va bene, questo però non lo giustifica" disse risoluto Anderson e stava per spiegare la sua politica d'insegnamento da adottare in classe quando Mercedes lo interruppe di nuovo, "gli ha messo una nota di demerito?! Ma non é stata colpa sua! Lui non- oh! Okay ha problemi d'incontinenza!" Disse ad alta voce provocando risolini nei suoi compagni e un espressione dubbiosa sul viso dell'insegnante.
"Non mi piace chi si prende gioco di me e nessuno di voi dovrebbe lasciarsi abbindolare dai papillon che indosso, sono giovane ma non stupido." Blaine si alzò di scatto per chiudere la porta, appoggiarsi alla cattedra con le braccia conserte al petto e scrutare con sguardo grave l'intera classe, "tu.. Adams giusto?" Indicò un ragazzone alto, grosso e di colore con la giacca dei Titans che se la rideva con il compagno di banco,
"Giusto" rispose lui tirando su col naso per le tante risate,
"Sei un giocatore di football?"
"Non sono solo un giocatore Anderson, sono il quarterback della squadra"
"Professor Anderson, Adams.. ma comunque cosa ti fa tanto ridere? Per caso sai qualcosa su Hummel che noi altri non sappiamo?"
"Sulla fatina? So quello che sanno tutti.. ha disturbi e ci disturba" il compagno di banco gli diede una gomitata, ma poi scoppiarono a ridere come se quella fosse stata la battuta del secolo.
"Qui, quello che ha un problema sei tu e tutta la tua stupida squadra!" Sbottò Mercedes alzandosi in piedi pronta a scattare verso il posto di Adams,
"Attenta a come parli Jones. Tu e il tuo glee club-"
"Attenti a come parlate tutti!" Sbottò Blaine sbattendo un libro sulla cattedra sull'orlo di una crisi di nervi.
Sarebbe stato molto più difficile di quanto avesse pensato.
"Continuiamo l'appello" disse poi, quando Mercedes era tornata a sedere e gli altri si erano calmati.
 
Ma ancora una volta non riuscì ad arrivare fino alla fine del suo registro, perché la porta dell'aula si era aperta e Kurt Hummel si era palesato in classe.
Occhi negli occhi, azzurro e oro combinati insieme, per un minuto -forse- che sembrava eterno.
Era Kurt.
Era quel Kurt, il "suo" Kurt e non era possibile, eppure era lì, trafelato, con le guance rosse e irritate, i capelli stranamente in disordine e gli occhi confusi e spaventati.
E Blaine se non lo avesse sognato per tutte le notti dal loro primo incontro, in quel momento -forse- non lo avrebbe nemmeno riconosciuto con quella t-shirt rossa con lo stemma della scuola  sopra quel pantalone grigio che proprio stonava.
Quel ragazzo che aveva davanti e che stava balbettando qualche scusa con lo sguardo basso sulle sue scarpe non aveva niente di quel giovane uomo che Blaine aveva conosciuto da Books&coffe due settimane fa.
 
C'erano così tanti dettagli che sfuggivano agli occhi di Blaine, c'erano così troppe cose a cui pensare e di cui fare i conti, ma in quel momento lui era un insegnante, il suo insegnante e doveva darsi un contegno e comportarsi da tale.
 
Fatina, disturbo, fatina, disturbo.
Quelle parole che erano state riferite a Kurt, a quel Kurt, al suo nuovo alunno Kurt rimbombavano e stonavano nelle orecchie di Blaine.
"Siediti Hummel, ne riparliamo a fine lezione" disse lui con lo sguardo puntato però sul quarterback.
"Adams? Con me nell'ufficio della preside. Ora!"
 
E mentre Blaine combatteva con una preside a cui interessava di più i risultati di una stupida squadra di football invece che dell'etica di un ragazzo, Kurt cercava di mettere ordine ai suoi pensieri e a quelli petulanti della sua amica.
"Se Anderson riesce a mettere in riga quell'idiota di Adams allora, forse, in questa scuola le cose cominceranno a cambiare" disse sicura Mercedes prima di voltarsi verso l'amico "ma sei sicuro di stare bene? Sembra che tu abbia visto un fantasma"
E in effetti Kurt Hummel aveva visto lo spettro di quello che aveva appena perso.
Perché quel Blaine che gli aveva dato la forza per concludere quella giornata era lo stesso che avrebbe dovuto fargli da insegnante ed era colui che per proteggerlo da insulti e risatine gli aveva, forse, complicato la giornata.
-E addio porti sicuri e caffè al Lima Bean- Aveva pensato sconfitto.
 
Blaine dopo venti minuti di discussioni e toni di voce alti e infastiditi era riuscito ad ottenere una punizione per quel bigotto di Adams.
Trattenersi per una settimana dopo le lezioni per leggere fino allo sfinimento il regolamento della scuola, perdendo così gli allenamenti della squadra, non era forse il massimo.. ma era comunque qualcosa.
 
Alla fine della lezione, fu inutile per Kurt raccattare le sue cose in un lampo e procedere verso la porta come inseguito da un nido di vespe, l'altro che lo aveva osservato di sottecchi per tutto il tempo lo richiamò prima ancora di essere riuscito a fare un passo,
"Kurt, non così in fretta" e sussultarono entrambi quando notarono la facilità e la familiarità con cui Blaine avesse detto il suo nome.
Aspettarono che la classe fosse vuota poi Blaine si alzò dal suo posto e si appoggiò alla cattedra incrociando braccia e gambe, tenendo una posa e un atteggiamento tipica di un'insegnate e parandosi di fronte a Kurt.
Nessuno dei due sembrava intenzionato ad aprire bocca, era come se stessero cercando di capire come avrebbero dovuto comportarsi, scrutandosi a vicenda.
Professore e studente.
Kurt e Blaine.
"Io dovrei-"
"Allora come stai?" Dissero entrambi nello stesso momento,
"Me lo stai chiedendo come mio insegnante?" Fece Kurt
"Mi risponderesti in maniera diversa se dicessi di no?" Rispose l'altro
"Sto bene" ma Blaine scosse la testa,
"Abbiamo parlato poco e non so niente di te eppure qualcosa mi dice che non ti saresti mai presentato al tuo primo giorno di scuola con i capelli in disordine e con la maglietta della scuola" era stato un istinto involontario quello di soffermarsi sulla figura di Kurt e di richiamare al presente quelli che erano stati i loro primi incontri, mandando a quel paese i suoi piani di comportarsi da adulto in quella storia.
"Ho fatto ginnastica"
"Allora Jones avrebbe potuto dirmi che ti eri trattenuto negli spogliatoi, invece di mentirmi dicendomi che soffri di incontinenza non credi?" Kurt boccheggiò alla ricerca di una risposta che non trovò,
"Blai- professor Anderson, posso andare adesso?"
"Vorrei poter togliere la nota di demerito che ti ho messo per il ritardo, ma se tu non racconti la verità posso fare ben poco"
"Una nota di demerito al primo giorno? Bene, io- scusami Bl-professore, 'Dio quanto é difficile, ma devo andare" fece per uscire Kurt, ma l'altro lo precedette e chiuse la porta restando lì impalato cercando un modo per trovare di nuovo in quegli occhi azzurri, la sicurezza che aveva visto altre volte.
"Sai perché ho passato mezz'ora nell'ufficio della preside, Kurt?"
"Perché quell'idiota di Adams non sapeva fare lo spelling del suo cognome?" Disse ironico lui facendo sorridere Blaine,
"No. L'ho fatto perché non tollero nessun tipo di violenza e perché a volte le parole fanno più male di molte azioni..  ma a volte invece le azioni possono ferire comunque, quindi ti ripeto la domanda Kurt, come stai? E cosa ti é successo?"
"Ascolta Blaine, io non so se ti sei esposto con la preside per una tua etica personale, o per dovere di insegnante o semplicemente per cercare di aiutare un ragazzo disagiato, ma se lo hai fatto per me, non avresti dovuto. Non avresti dovuto, perché so cavarmela da solo e perché hai peggiorato una situazione già difficile solo al primo giorno di scuola. Vuoi sapere cosa é successo? Un energumeno intelligente quanto un bradipo mi ha inzuppato di granita dalla testa ai piedi perché la mia faccia lo infastidiva e lo ha fatto in mezzo ad un corridoio, dove c'erano altre persone che hanno catalogato l'azione come normale, comune e in alcuni casi anche giusta. Quindi ora professor Anderson, vorrei davvero poter tornare a casa e dimenticare tutto l'accaduto"  Blaine non si mosse di un passo e guardò Kurt con uno sguardo che l'altro aveva imparato a riconoscere come di compassione.
"Chi é stato?" Chiese poi,
"Non lo so" fu la risposta veloce e petulante di Kurt,
"Adams?"
"No"
"Hummel, chi é stato?"
"Non lo so e non importa professor Anderson" Blaine sospirò frustrato e si avvicinò di qualche passo a Kurt che stringeva il manico della tracolla così forte da far diventare le nocche bianche, "Kurt dov'erano i tuoi amici quand'é successo? Chi c'era con te?"
"Amici? É il mio primo giorno in una stupida scuola bigotta.. quanti amici credi che abbia potuto avere?" Tutto quello che riusciva a pensare Blaine, era a quanto fosse forte quel ragazzo che aveva di fronte che neanche per un secondo lo aveva visto vacillare sotto il peso di quello che gli aveva raccontato e Tutto quello che avrebbe voluto fare era stringerlo a sé e cullarlo fino a quando non avrebbe dimenticato ogni stupida offesa ricevuta per un qualcosa che non aveva scelto lui, ma non poteva farlo.
Era il suo insegnante ora.
'Dio com'é difficile- pensò.
"Potrei far mettere in punizione l'intera squadra di football"
"Potresti, ma poi i cheerios chi tiferebbero?" Sorrisero entrambi ed entrambi fecero un passo verso l'altro.
 
"Hai mentito" disse ad un tratto Blaine notando come lo sguardo di Kurt diventasse confuso,
"Su cosa?"
"Avevi detto a Sebastian di avere diciotto anni, di non essere più al liceo e avevi detto che mi avresti chiamato" quel Blaine non era più il professor Anderson e il Kurt che aveva di fronte non era più un suo studente ma era il giovane uomo del Books&coffe,
"Non ho mentito sui miei diciott’anni, ma non ho mai detto di aver finito il liceo e per quanto riguarda il chiamarti, non credi che sia stato meglio così, professore?"
"Okay Hummel. La nota di demerito la cancellerò, ma non fare più ritardi ingiustificati"
"Come se potessi prometterlo" bofonchiò lui, esalando quel respiro che neanche si era accorto di star trattenendo chissà da quanto.
"Buona giornata Hummel"
"Anche a te professor Anderson"
Blaine annuì e si fece da parte per lasciare che Kurt andasse via.
 
"Oh Kurt? Un ultima cosa!" Blaine lo aveva fermato nel bel mezzo del corridoio già vuoto, sorridendo a lui e imprecando a sé stesso per quello che non aveva la forza di tenere dentro, "si dice che trovare un amico il primo giorno di scuola porti bene" cominciò indicandosi, "e sai dove trovarmi" continuò puntando la sua classe, "grazie professor Anderson ma se l'unico amico che riesco a trovare il mio primo giorno di scuola é il mio professore di letteratura, sarebbe un po' patetico.. non credi?" Rispose Kurt mettendo su un sorriso di scuse e facendo spallucce come se l'argomento non lo toccasse affatto, quando invece gli premeva eccome.
 
Doveva fuggire Kurt.
Doveva mettere più distanza possibile tra lui e Blaine.
Tra lui e il bellissimo uomo che gli aveva dato e tolto la possibilità di una nuova storia per lui.
Una storia a cui Kurt non aveva mai avuto il coraggio di pensare o addirittura credere, intrappolato lì a Lima prima di incontrarlo.
 
*
 
Blaine si lasciò cadere sul divano senza neanche premurarsi di togliersi le scarpe o slacciare il papillon.
Si sentiva così spossato e esausto ed era sicuro, che se sua madre lo avesse visto in quel momento gli avrebbe detto che era sotto shock.
E lo era sul serio, cavolo.
L'unico ragazzo che gli aveva scatenato sensazioni, che era meglio non analizzare in quel momento, dopo il disastro di Jeremiah, aveva scoperto essere un suo alunno.
E il pensiero dei sogni che aveva fatto su di lui, degli sguardi che si erano rivolti, del numero che gli aveva dato e del cuore in gola aspettando una sua chiamata, gli faceva venire il voltastomaco.
Era sotto shock e disgustato da sé stesso, perché non era riuscito ad ignorarlo per tutto il tempo in classe, perché quello che lo aveva mosso con quell' idiota di Adams non era stata la sua etica di insegnante ma il suo -inspiegabile- istinto di protezione verso Kurt.
Aveva il voltastomaco per la sua stupida richiesta di diventare amici e per quell' ancor più stupido atteggiamento che aveva avuto nella sua classe, chiudendo la porta, avvicinandosi pericolosamente a Kurt, registrando nella sua mente il suo profumo, racchiudendo una miriade di sensazioni solo fissandolo negli occhi, troppo vicino.. mettendo a rischio il suo lavoro, la sua etica, tutti i suoi interi valori.
 
"Anderson e ci risiamo? Sei in questo stato pietoso perché ti senti un cattivo insegnante perché hai messo una nota il primo giorno di scuola? Avanti B quei somari hanno bisogno di qualche strigliata ogni tanto!" Disse Sebastian quando mise piede in salotto e trovò l'altro steso a faccia in giù sul divano,
"Mmmh" grugnì Blaine che pur sentendo il peso dell'amico di fianco a lui non si spostò di un millimetro.
"Se il problema é il caffè nella sala professori che fa schifo puoi sempre comprarne uno al Lima Bean prima di andare a scuola" provò di nuovo Seb accarezzandogli una spalla, ma dalla reazione inesistente dell'altro capì che non era neanche quello il problema,
"Oh cavolo B! Ho bisogno del divano, okay? Io- io ho un idea in testa e se non la scrivo subito non sarà più la stessa cosa! Non ho tempo per capire cos'hai! Avanti, fammi spazio!"
"Mmmh" grugnì di nuovo Blaine senza muovere un muscolo.
"Oddio! É ancora per quel Kurt non é vero? Quante volte ti ho detto che devi smetterla di pensarci, uscire e trovare un altro che non faccia il verginello prezioso? E poi se proprio vuoi vederlo, posso chiedere a Santana di-"
"Sebastian. Va' via" lo bloccò Blaine con un tono fintamente pacato.
"Come mi hai- Dio, mi hai chiamato Sebastian! Non Seb o Bas o Bastian o Smythe.. ma Sebastian e tu lo fai solo quando sei davvero depresso e arrabbiato e.. hai bisogno di stare da solo, ho capito. Mi prendo il tuo letto, ma chiamami se hai bisogno okay?" Blaine annuì decidendo finalmente di mettersi a sedere e slacciarsi il papillon,
"Bene, io-.. Solo, Blaine? Togli le scarpe dal divano.. io ci dormo qui sopra!"
L'altro per tutta risposta alzò gli occhi al cielo e infilò la testa sotto al cuscino.
 
Ed era ancora lì, su quel divano che lo trovò Rachel, però a differenza di Sebastian, lei sapeva quale fosse il problema che affliggeva Blaine.
Lo sapeva perché era a casa Houdson-Hummel quando Kurt  ritornato da scuola, con una faccia da funerale, vedendola insieme al fratello aveva cominciato a dare di matto.
Aveva accusato il fratello di sapere che Blaine sarebbe stato il suo insegnante,
"ecco perché non facevi altro che chiedermi di lui, ecco perché te la ridevi sotto i baffi ogni volta che ne parlavi. Tu volevi solo divertirti un po' sulle mie spalle! É stata un idea tua, Rachel non é così? Troppo annoiata da questa vita monotona in questo stupido piccolo borgo che hai deciso di tenere in allenamento le tue doti di attrice improvvisando questa stupida farsa con Finn e ridertela un po' con questa stupida cosa di Blaine.."
Rachel ovviamente dopo i suoi primi attimi di smarrimento mise insieme tutti i farneticamenti del ragazzo e capì molto di più di quel che Kurt aveva urlato.
Aveva capito innanzitutto che a Kurt piaceva Blaine, in un modo assai più intimo di quel che voleva far credere.
Aveva capito poi che andava ancora al liceo, che aveva passato un primo giorno di scuola infernale e che aveva trovato nella classe di letteratura proprio Blaine.
Quindi con tutta la calma che possedeva gli spiegò a grandi linee che non ne sapeva niente di quella storia, che era sorpresa quanto lui e Finn e che in tutta quella faccenda non c'era niente di divertente.
"Kurt per quanto possa essere una diva annoiata, di certo non traggo divertimento nelle disavventure di qualcun' altro.. Soprattutto se di mezzo c'é anche il mio migliore amico, che ora ne sono sicura, si trova nella tua stessa identica situazione. Io- beh io credo che-"
"cambia corso" s'intromise Finn che sembrava sinceramente dispiaciuto e più che sorpreso della reazione incandescente di Kurt, che non lo aveva mai visto così sconvolto prima di allora.
"é letteratura avanzata Finn, un corso obbligatorio.. non può farlo" spiegò Rachel comprensiva,
"può dire alla preside che é troppo difficile per lui da seguire e che vorrebbe retrocedere nel corso di letteratura normale. Potrebbe no?"
"Princeton, NYU, Harward, Yale non accetterebbero mai uno studente che non é nemmeno in grado di seguire quel santissimo corso di letteratura, Finn" mormorò Kurt.
"torna alla Dalton. Puoi dire a Burt che il Mckinley ti causa problemi e potresti rivedere Blaine come e quando vuoi" bofonchiò lui cercando soltanto di essere utile al fratello.
"non farne parola con papà, Finn. Io ho solo avuto una giornata stressante. Mi dispiace per aver aggredito entrambi." disse dispiaciuto mettendo su un sorriso che aveva tutta l'aria di una smorfia e salendo al piano di sopra per chiudersi nella sua camera.
Rachel dopo aver rassicurato Finn, che sarebbe andato tutto bene e che forse quella di Kurt era davvero solo una brutta giornata e la fine di una cotta da normale liceale, corse da Blaine.
 
Blaine che di liceale non aveva niente men che meno una cotta.
Quello che stava mangiando vivo l'amico erano pensieri molto più complicati di: "ho flirtato con il mio affascinante professore di letteratura ed ora non potrò più guardarlo negli occhi".
 
"Ehi Blainey, vedrai che troveremo una soluzione. Puoi sempre ritornare a New York, lo sai. Come sai che puoi insegnare in qualsiasi angolo d'America tu voglia" disse Rachel dandogli un bacio sui capelli ormai sfatti e chiudendosi in cucina per preparare qualche piatto prelibato che avrebbe avuto il potere di rallegrare l'amico.
 
"perché tu sai sempre cosa gli succede?" chiese Sebastian mangiucchiando una carota che Rachel aveva appena pelato.
"perché io sono un'amica attenta, Smythe" lo rimbeccò lei con tanto di occhiataccia in tralice per averle rubato la carota.
"se é ancora per quell'idiota di Jeremiah, giuro che-"
"quell'idiota non c'entra niente" lo fermò lei prima che iniziasse una filippica sui mille e più modi in cui avrebbe potuto uccidere quel malcapitato.
"allora di cosa si tratta?"
"Kurt"
"quel ragazzetto sta iniziando sul serio a starmi sulle palle" disse sbuffando Seb, "che ha fatto? L'ha chiamato? Gli ha dato buca? Non ha voluto darglielo?" Rachel alzò gli occhi al soffitto stufa di quelle domande poco consone dell'amico,
"no idiota.. La questione é molto più delicata.. Credi davvero che Blaine si sentirebbe così abbattuto per così poco?"
"Oh mio Dio.. Non dirmi che- non dirmi che non gli si rizza più il-"
"Sebastian!" urlò Rachel minacciandolo col mestolo con cui girava la cena, "sei un grosso idiota! Kurt frequenta la sua classe di letteratura avanzata.. Ma non chiedermi altro.. Perché non so cosa é successo tra i due e-" Rachel fu bloccata dall'entrata in cucina di Blaine che muovendosi come un fantasma per la stanza e guardando inviperito i due, riempì una ciotola di patatine da portare con sé sul divano e poi prima di andarsene, si fermò di colpo sull'uscio della porta,
"é successo che sono fottuto, perché Kurt é bello nel vero senso della parola. É bello di una bellezza racchiusa nei suoi occhi. Occhi che non importa se sono assonnati o diffidenti o se stanno trattenendo le lacrime, non importa se sono tristi o felici perché sono belli in qualsiasi modo."
Sempre.

 
 
 
 
Angolo Wallflower_
 
Okay, tengo a precisare che Il bullismo non sarà l’elemento portante della storia, ci sarà ma non è come pensate, credetemi! Kurt ha già subito abbastanza, capirete più in la’. I Promise.
 
Per il resto, lascio a voi i commenti.
 
Di nuovo, il tempo e la connessione non sono dalla mia parte, quindi posso spiegare ben poco.
Spero che non trarrete conclusione affrettate e darete ancora una possibilità a questa storia.
 
Uhm, prima che vada voglio ringraziare tutte quelle persone che hanno messo tra le seguite\preferite\ricordate la storia.
Non posso crederci, siete più di quanto mi aspettassi! Thank you sooo much.
 
Voglio ringraziare anche Lady_Klaine che mi ha lasciato una recensione adorabilmente lunga ed esauriente e pure divertente. Grazie per aver dato una chance a questa storia.
 
Ringrazio anche ItsColdOutside e wislava che sono state le prime due persone a recensire, lasciandomi un bel sorriso stampato in faccia.
 
Alla prossima, Guys.

La mia pagina facebook -> https://www.facebook.com/Wallflowerefp
 
 
 

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Capitolo 3
*** facile come bere un bicchiere d'acqua. ***


Dedico questo capitolo a te.
Perché sei in piedi più forte, mai sola.
Perché la vita a volte è una bulla.. e ferisce.
Perché ciò che non uccide fortifica.
Sempre.

Capitolo 02.

 
Dopo una chiacchierata cuore a cuore con Rachel e Sebastian e una notte insonne, Blaine aveva finalmente assimilato che Kurt era un suo studente e in quanto tale non avrebbe più pensato a lui sotto forme diverse. Aveva capito che il destino o chi per esso, aveva deciso per lui e aveva detto che quel ragazzo dagli occhi di ghiaccio caldi però come un giorno d'estate non era la persona giusta per lui. Aveva convenuto, quando il suono della sveglia aveva avvisato che erano le sei e mezzo del mattino, che si era attaccato all'idea di Kurt e non di lui in carne e ossa e che aveva soltanto lasciato che quelle sensazioni chiuse nel cassetto per troppo tempo, prima e dopo Jeremiah, uscissero fuori senza controllo. Ma lui era un uomo organizzato, questo lo sapevano tutti e con tutti i suoi buoni propositi, aveva riaperto quel cassetto, immagazzinato ogni profumo e sapore di quelle poche volte con Kurt ed era passato oltre. Semplice.
Semplice come bere un bicchiere d'acqua.                               
Professore e studente, nulla più.
Quindi, quando mise piede a scuola e si ritrovò a cercare proprio quegli occhi si era detto che era solo per assicurarsi che non ci fosse nessuno che con attività poco consone, lo trattenesse per la sua prima ora di lezione. Quando invece non lo trovò, finse di non accorgersi del suo stesso disappunto e corse a chiudersi nella sua classe.
Blaine Anderson era un caso perso in partenza e fingeva di non saperlo.
Kurt invece dopo un caffè da Santana e un pomeriggio di studio con Nick e Jeff aveva appurato che Blaine Anderson era il suo professore di letteratura e in quanto tale era off limits. "Porcellana, te l'avevo detto di non fidarti dei piccoli principi che incontri." Gli aveva detto l'ispanica offrendogli un biscotto ancora caldo.
Aveva capito poi, che il Karma o chi per esso era davvero un gran bastardo e continuava a metterlo alla prova. Prova che Kurt Hummel non avrebbe perso. Si era deciso, a notte fonda quando proprio il sonno non arrivava, che ora più che mai, doveva concentrare tutte le sue energie in un unico obiettivo, che era quello di andare via da Lima. Una volta lontano dall'Ohio avrebbe potuto dedicarsi alla storia della sua vita, col lavoro che avrebbe amato, una casa-magari un loft- che gli avrebbero invidiato e una famiglia da cartolina. Ma prima di allora, doveva avere testa e cuore solo per sé stesso e lo studio. Niente uomini dagli occhi color dell'ambra caldi come un sole in estate. Semplice. Semplice come bere un bicchiere d'acqua.
Quindi, anche lui quando mise piede nei corridoi della scuola, dopo aver ricevuto uno spintone come buongiorno dallo stesso energumeno che il giorno prima lo aveva bagnato con la granita, si congratulò con sé stesso per aver cambiato strada quando vide arrivare Blaine. E si diede un batti cinque da solo per averlo fatto con tutta la nonchalance che possedeva, convinto che sei ore la settimana di letteratura le avrebbe superate senza troppi problemi. Si era auto-convinto, senza pensarci troppo, che Blaine Anderson era già una piccola piacevole parentesi del passato e che sarebbe riuscito a dividere quel desiderabile uomo dal suo professore, come se fossero due persone diverse.
Sia Blaine che Kurt riuscirono nel loro intento: evitare ed evitarsi. Lo avevano fatto per una settimana intera buttandosi a capofitto in qualsiasi cosa tenesse le loro menti occupate.
Blaine aveva la sua corsa dopo la scuola e i suoi libri da leggere e i compiti da correggere, aveva una madre a cui fare compagnia e amici di cui prendersi cura.
Kurt invece aveva dei compiti da fare, lividi per gli spintoni da nascondere, granite da evitare, una vita sociale da non trascurare e una miriade di corsi extrascolastici cui si era iscritto per i punti di credito, tra cui il glee club.
Il glee era stata una scelta difficile ma presa davvero col cuore. Per quanto quel club era l'ultimo anello della catena, Kurt era più che consapevole che gli spintoni, le offese e le granite ci sarebbero state con o senza iscrizione al glee, con l'unica differenza che con quella dozzina di pazzi ragazzi non avrebbe dovuto affrontare quei fastidi da solo. Aveva capito dopo solo mezz'ora in quella aula canto che nonostante i vari battibecchi per gli assolo e le coreografie, quei ragazzi si sostenevano come una vera famiglia, senza giudicare e criticare ed era proprio quello di cui aveva bisogno Kurt. Il canto era comunque ancora un suo punto debole e a parte un minuto a cappella di Born this way, che aveva cantato come prova per poter entrare nel club, non aveva più cantato.. di solito si limitava ad ondeggiare sullo sfondo e se a lui stava bene così, andava bene anche agli altri. "Un nemico in meno cui combattere" gli aveva detto Mercedes dandogli una pacca sulla spalla prima di continuare a gestire quella banda di scalmanati.
 
Per una settimana intera Blaine, non aveva più fermato Kurt dopo le lezioni, aveva finto di non accorgersi dei suoi ritardi e non gli aveva rivolto parola se non per motivi di studio.. proprio come faceva con tutti gli altri.
Però si era accorto dei continui cambi d'abito di lui, dei suoi continui saltelli se qualcuno chiudeva un po' più forte l'armadietto e del suo stare sempre sulla difensiva. Eppure Blaine aveva continuato con la sua politica dell'evitare contatti fino a quando quel lunedì due giocatori di football avevano deciso di prendersela con Hummel proprio quando lui era nei paraggi.
"Ehi che succede qui?" Aveva chiesto Blaine intromettendosi tra Kurt e un energumeno alto almeno il doppio di lui,
"oh a quanto pare la fatina ha un cavaliere dall'armatura scintillante?" Bofonchiò il giocatore dedicando un occhiata omicida a Kurt che ere rimasto dietro Blaine impassibile, come se lui non c'entrasse niente con la situazione.
"In presidenza ora." Disse Anderson a denti stretti.
"Cosa? Ma chi ti credi di essere?"
"Sono un insegnante, uno di quelli che potrebbero passare l'intero anno a trovare nuovi modi per farti espellere. Forza seguimi!" Kurt a quel punto si era intromesso, non solo perché odiava che Blaine potesse credere che fosse uno stupido ragazzino che non sa badare a sé stesso, ma anche perché sperava che togliendo Karofsky dai guai, poi lui avrebbe ricambiato il favore lasciandolo in pace almeno per un po'.
"N-no professor Anderson, non stava succedendo niente. Karofsky qui, stava solo spiegandomi come la sua squadra preferita di rugby ha placcato una palla difficile. E fatina é solo un nomignolo affettivo con cui mi chiama spesso, come io chiamo Bradipo lui. Siamo amici, non si preoccupi" lo disse recitando alla perfezione la sua parte.
"Che cosa? Kurt!?" Blaine stava quasi per prendersi a schiaffi da solo ma una volta scavato negli occhi pieni di determinazione, sfida e forse anche un po' di speranza di Kurt, lui annuì e sospirò prima di tornare di nuovo da quello che aveva chiamato Karofsky.
"Parlami di nuovo con quel tono e fatti trovare di nuovo in atteggiamenti discutibili nei corridoi e diventerai la mia lista nera Karofsky. Ci siamo capiti?" Il ragazzone per tutta risposta grugnì come fosse un animale e con un ultima occhiata gelida e piena di disprezzo verso Kurt, se ne andò trascinandosi dietro quell'idiota del suo amico.
"Kurt credo che devi parlarne con qualcuno di questa situazione. Se non vuoi farlo con me, puoi farlo con tuo padre o con la consulente scolastica. Parlane, così che potremmo trovare una soluzione." Blaine non si era neanche accorto di essersi avvicinato un po' troppo e di avergli messo le mani sulle spalle per trattenerlo. "Non c'é niente di cui parlare. Ora però, dovresti lasciarmi andare, qualcuno potrebbe credere davvero che io mi sia trovato un cavaliere. Cavaliere di cui, tra l’altro, io non ho bisogno, so badare a me stesso" Kurt fece dietro front massaggiandosi la parte del braccio lesa dal colpo all' armadietto,
"Kurt!" Lo chiamò Blaine, "Hummel!" Urlò trafiggendo la sua schiena con uno sguardo che non ammetteva repliche, peccato però che Kurt non potesse vederlo.
Voleva comportarsi da immaturo? Bene, Blaine lo avrebbe trattato come tale.
"Nella mia classe, subito.. o un'altra nota di demerito non te la toglie nessuno!" continuò e l’altro si fermò per un momento poi fece spallucce e si allontanò a passo svelto lasciando Blaine allibito.
 
Kurt aveva persino pensato di non presentarsi a lezione, ma non poteva permettersi un’assenza, non se Blaine gli aveva messo sul serio un’altra nota e non se voleva avere una A a quel corso.
Quindi non restò sorpreso quando Blaine alla fine dell’ora pretese che restasse in classe.
“non gli stai proprio simpatico eh?” mormorò Mercedes facendogli un cenno con la testa prima di andarsene,
 
“Blai-“ cominciò Kurt quando l’aula fu vuota,
“Professor Anderson, Hummel” disse brusco Blaine, invitandolo a sedersi di nuovo al suo banco con un gesto della mano, mentre lui si posizionava davanti la sua scrivania,
“sono un tuo insegnante Kurt e il comportamento che hai avuto oggi non è stato per niente rispettoso, ma so che tu ne sei cosciente per questo non ti ho messo nessuna nota e non ho nemmeno preso altri provvedimenti. Quello che ho cercato di fare questa mattina era soltanto aiutarti e non c’è niente di.. personale in questo. È un mio dovere d’insegnante assicurarmi che ogni mio studente non abbia nessun tipo di problema. Quel Karofsky ti stava oggettivamente spingendo contro gli armadietti questa mattina, come ti ha colpito con la granita la settimana scorsa. E posso capire se tu non ne voglia parlare con me, ma perché non dirlo alla preside?”
“non c’è niente da dire, so badare a me stesso”
“non fai che ripeterlo, ma chiedere aiuto a qualcuno non significa non saperlo fare, Kurt”
“proprio non capisci vero? io non sono l’unico a cui viene riservato un certo tipo di trattamento.. c’è un intero glee club ad esempio.. e credi che quei ragazzi non abbiano provato a parlarne con la preside? L’hanno fatto, come io ho provato a farlo nel mio vecchio liceo.. ma lo sai come è andata a finire? Sono dovuto fuggire alla Dalton e non voglio farlo anche ora. Quindi professor Anderson io non lo so che scuola hai frequentato prima di venire qui, però posso assicurarti che questa non è New York.”
“la mia idea non cambia, devi parlarne con qualcuno” disse sicuro Blaine, come se avesse letto negli occhi Kurt ogni sua omissione.
Era sicuro Blaine, che per ogni spinta data ad un ragazzo del glee ne erano riservate due per Hummel.
“questa mattina c’erano altri professori nel corridoio, non te ne sei accorto? Hai visto qualcuno intervenire prima di te? no. Quei giocatori di football sono quelli che portano i soldi per i loro caffè nell’aula insegnanti e la carta igienica nei loro bagni è ovvio che non metterebbero mai a rischio la squadra per qualcuno come me” Kurt si alzò rimettendosi la sua tracolla in spalla,
“mi dispiace per il comportamento di questa mattina” disse poi mettendo su un sorriso di scuse e facendo per allontanarsi,
“questa mattina avrei potuto fare qualcosa Kurt, perché l’hai coperto?” domandò invece Blaine, ancora convinto a non demordere,
“avresti potuto fare ben poco invece.. al massimo la Sylvester gli avrebbe dato qualche ora di punizione che non avrebbe fatto altro che accrescere la sua rabbia nei miei confronti. Ho semplicemente sperato che facendo un favore a lui, lui poi lo avrebbe fatto a me lasciandomi in pace” Kurt fece spallucce e Blaine gli sorrise complice, perché –sinceramente- lui non ci avrebbe mai pensato,
“e ha funzionato?” domandò curioso,
“non lo so ancora” fece lui avviandosi alla porta,
 
“Kurt? puoi promettermi che me ne parlerai se la situazione dovesse farsi ingestibile?” lo fermò ancora Blaine, cercando i suoi occhi per trovarci ancora una volta tutte quelle verità che Kurt aveva taciuto e tanta determinazione.
“non succederà”
“ma se succedesse?”
“chiederò aiuto” disse sicuro Kurt e per il momento Blaine avrebbe dovuto farselo bastare.
 
 
Avrebbe dovuto, ma non lo fece.
Non gli bastò quella piccola promessa, perché aveva analizzato ogni singola parola di Kurt e aveva capito che lui era semplicemente stufo di porre fiducia in persone che se ne lavavano le mani e semplicemente non ci credeva più.
Aveva capito che Kurt aveva chiesto aiuto prima, perché –cavolo- c’era anche stato un prima.. un prima di Karofsky ed un prima del Mckinley e tutto quello che aveva ottenuto era stato, forse, un’alzata di spalle e qualche brutta esperienza che Blaine non sapeva se era curioso di conoscerla.
Quindi prese una decisione.. prima di educare gli studenti, c’era da educare un intero corpo insegnanti e non sarebbe stato facile, non da solo.
Per questo alla fine della giornata si ritrovò a bussare alla porta dell’ufficio di Sue Sylvester.
 
"Sono qui da una sola settimana e ho visto più marcio tra questi corridoi che in un quartiere malfamato di New York. Sarò chiaro Sylvester, la squadra di football di cui vai tanto fiera, per stupida ignoranza, sta perseguitando un mio studente, Kurt Hummel. Ora, se lei non trova un modo per far smettere quei ragazzi, giuro che mi assicurerò che la sua amata squadra non vinca neanche un match."
"É una minaccia signor Anderson?" chiese la donna senza scomporsi,
"É solo il modo con cui bisogna parlare per farsi capire, Sue."
"La stai prendendo troppo sul personale Blaine e non ti conviene esporti così tanto per l'unico ragazzo gay della scuola" Blaine digrignò i denti e sbatté i pugni sulla cattedra non riuscendo a contenere la sua frustrazione,
"oh Sue, qui le mie preferenze sessuali non c'entrano niente. Si sta parlando di etica, cosa di cui lei per prima non dispone" Sue alzò un sopracciglio curiosa per poi sorridere maliziosa,
"Anderson faccio questo lavoro da molto tempo ormai, so cosa succede tra i miei corridoi, so quando la situazione diventa pericolosa e ho avuto modo di osservare Hummel.. quando avrà bisogno di aiuto, sarà lui a venire da me." Sue aveva letto più volte il fascicolo di Kurt, sapeva cosa fosse successo al suo primo anno di liceo, sapeva della sua terapia e dei due anni alla Dalton,
"Quando lo fará, sarà già troppo tardi" Mormorò Blaine e il ghigno di Sue fece inviperire ancora di più l’altro, come se quello che le avesse detto era esattamente quello che voleva sentirsi dire.
E non era per niente logico.
"okay Anderson. Io mi assicurerò che Hummel sia tutelato.. e tu mi assicurerai la tua completa disposizione per la guida del glee club."
"Cosa?" Domandò lui spiazzato.
"Io tutelerò Hummel, tu guiderai quel gruppo di disagiati, per tutto l'anno, senza ricompensa" lo ripeté lei con nonchalance giocando tranquilla con i suoi occhiali,
"Non mi paga per le mie ore extra? Io non sono capace di dirigere un coro!" sbottò Blaine guardandola come se le fosse comparso un terzo occhio in fronte,
 "Ci sono stati dei tagli, Anderson. Prendere o lasciare"
"Per tutto l'anno?" domandò dopo un attimo di riflessione,
"Anche solo fino alle regionali. É il massimo che quel club sia riuscito mai ad arrivare, da anni ormai."
"Altrimenti?"
"Altrimenti il glee viene chiuso e Hummel lasciato a sé stesso fino a quando non sarà lui a chiedere aiuto"disse lei facendo spallucce
"Non saprei come gestire un glee club"
"Sei stato il leader del tuo club alle superiori, Blaine.. saprai cavartela"
"Bene, okay.. ma tenga a bada la sua squadra Sue”
 
Non era quello che aveva in mente Blaine.
La sua idea, quando era entrato nell’ufficio della preside era tutt’altra, ma a quanto pareva la Sylvester sapeva il fatto suo.
E lui ci era caduto con tutte le scarpe nel suo gioco ed ora doveva solo sperare che dirigere quei ragazzi sarebbe servito a qualcosa.
 
*
 
Le ore al glee club erano per Kurt importanti quanto leggere un buon libro prima di andare a letto.
Erano quelli gli unici momenti in cui poteva essere sé stesso senza sentirsi stretto.
Erano gli unici momenti in cui poteva gettare la maschera di compostezza che metteva su tutte le mattine prima di entrare a scuola e poteva semplicemente perdersi.
Si perdeva nei battibecchi insensati ed esilaranti di Sugar e Unique o negli sproloqui di Mercedes per spronare gli altri a dare il massimo.. o più semplicemente poteva e voleva perdersi nella musica, magari mentre suonava i tasti del piano o scriveva qualche suo pensiero su di un quaderno.
E di pensieri i quei giorni ne aveva fin troppi, erano sempre gli stessi e riguardanti una sola persona.. ma erano comunque logoranti e doveva scriverli per metterli in ordine e dimenticarli in qualche anfratto della sua testa.
 
Blaine Anderson era il suo rompicapo, il suo cubo di Rubrick.
Lo aveva evitato per tutta la settimana, era sopravvissuto alle sue lezioni cercando di focalizzarsi sulle parole e non sulla bocca da cui venivano pronunciate, non si era mai concesso un solo sguardo alla sua schiena quando era voltato di spalle e soprattutto era riuscito a non usare quel numero che bruciava in quella maledetta rubrica, per poi far cadere ogni sua piccola vittoria quella mattina in corridoio.
 
Perché Blaine si comportava come se gli importasse?
Almeno un paio di risposte logiche c’erano e Blaine gliele aveva pure date il giorno prima quando lo aveva trattenuto in classe.
Gli aveva parlato di etica d’insegnante e di rispetto per ogni studente.. e allora perché Kurt vedeva di più che del semplice interesse di un professore per un suo alunno?
Semplice, perché era quello che voleva vedere, si diceva.
Ed era proprio quello il problema.
Kurt alla fine dei conti, aveva passato una settimana intera ad evitarlo fisicamente senza riuscirci però nel modo platonico ed era bastato uno solo sguardo sinceramente preoccupato verso di lui e un tocco delle mani di lui sulla sue spalle per far venire a galla tutti quei pensieri nascosti neanche troppo bene dentro di lui.
 
Ed era un casino, ma almeno aveva un posto nel mondo in cui non si sentiva inadeguato e non doveva nascondere quello che sentiva in quel momento, perché sapeva che non sarebbe stato giudicato.
Forse.
O forse no.
 
No, certamente no.
Come poteva sentirsi adeguato e a suo agio quando il nuovo direttore era proprio Blaine?
 
Blaine che aveva fatto la sua entrata trionfale con un sorriso genuinamente rassicurante ed in mano una pila di fogli che avevano tutta l’aria di essere testi e spartiti.
 
Il glee club per Blaine era sempre stato uno dei migliori ricordi del liceo.
Far parte dei Warblers, diventarne il leader e vincere le Nazionali era stato un toccasana al liceo.
E proprio perché aveva vissuto l’esperienza del glee sulla sua pelle sapeva che non era mai solo un club in un’aula coro.
Sapeva che era un insieme di storie e sentimenti e sapeva che c’era cuore e passione e tanto altro ancora.
Sapeva che quelli che avrebbe dovuto dirigere non sarebbero stati semplicemente dei suoi studenti e che quelle che avrebbe dovuto impartire non sarebbero state delle semplici lezioni del giorno, no.. era consapevole del fatto che quei ragazzi volevano semplicemente un posto nel mondo dove poter costruire i propri sogni e dove poter credere di valere qualcosa.
 
Per questo non era convinto di essere in grado di aiutarli e di essere il loro mentore.
Per questo mentre percorreva i corridoi del Mckinley per arrivare alla classe, ancora non sapeva cosa dire o fare, però il bello era che, nonostante il fatto che si era ritrovato con quell’impegno solo per un patto stretto con la preside, lui voleva davvero farlo – aiutarli ed essere il loro mentore-.
Voleva davvero trovare, anche lui, un posto nel mondo dove aiutare gli altri a costruire i loro sogni ed il loro futuro.. infondo era proprio quello il motivo per cui aveva scelto di diventare un insegnante.
 
Quindi dopo un ultimo forte sospiro e un’occhiata scettica ai suoi vecchi spartiti entrò in aula con un sorriso rincuorante e una confusione di pensieri in testa che triplicò quando il suo sguardo incrociò quello di Kurt.
 
 Kurt che lo guardava disorientato e Blaine che annegava in quegli occhi disarmanti e disarmati. E avrebbe dovuto saperlo, in fondo, che ci sarebbe stato.
Kurt, al loro primo incontro, gli aveva detto di saper suonare il piano e poi soltanto il giorno prima nella sua classe, gli aveva parlato dei ragazzi del glee.
 
E contro ogni prospettiva, non c'era niente che inducesse Blaine a fuggire da quell'aula. Avrebbe dovuto abbandonare il club, dire alla preside che ritirava il patto e trovare un'altro modo per aiutare Kurt, se non voleva complicarsi le giornate.
Ma per quanto Blaine potesse essere una persona organizzata, voleva che Kurt non fosse semplicemente un suo studente, voleva conoscere la sua storia e il suo cuore e voleva aiutarlo a trovare un posto nel mondo, e il glee club era l'occasione perfetta, senza creare sotterfugi o situazioni ambigue che avrebbero portato a troppe problematiche.
Il glee club sembrava la terra neutrale, la Svizzera, dove era possibile accantonare i ruoli insegnante-studente senza farlo sul serio.
Era come la terra di mezzo, per di più legale, tra quello che potevano essere a scuola e quello che Blaine aveva sperato avere prima che l'anno scolastico iniziasse, con Kurt.
 
Kurt era davvero, completamente confuso. Quello che aveva davanti, che si stava profondendo in mille belle parole, che neanche riusciva a carpire in pieno, era un maschio che di ragazzo aveva ben poco e di uomo tanto, anche troppo. Ed era come riavere davanti quel Blaine incontrato settimane prima da Books&coffe, che gli faceva perdere anche l'unica piccola vittoria che Kurt era convinto avere ancora in pugno: riuscire a dividere quel Blaine dal professore Anderson come se fossero due persone diverse. Quella piccola vittoria era stata la sua più grande soddisfazione, fino a quando l'altro non aveva iniziato a parlare della sua esperienza al liceo con i Warblres come se stesse parlando insieme a Kurt di uno dei tanti libri di cui era appassionato.
"..E quindi proprio perché so cosa significa l'esperienza del glee, non voglio dirvi quanto io sia qualificato nel dirigervi, ma voglio che siate voi a dirlo a me se ne sarò in grado. E soprattutto voglio che vi fidiate di me, che insieme troveremo conforto e forza nella musica. Voglio cercare per voi, canzoni che facciano per voi, ma non solo per elogiare la vostra voce, ma anche per darvene una. Una voce importante, la vostra."
Era un discorso abbastanza plateale e se Kurt non fosse stato del tutto preso da quella bocca che continuava a muoversi veloce e imbarazzata e dalle mani nascoste in tasche troppo strette e dai piedi che dondolavano sulle punte per cercare di seguire chissà quale tempo, forse avrebbe storto il naso e interrotto il discorso con un applauso ironico e qualche sua battuta acida sui bei discorsi e pochi fatti. Ma quello di fronte era la via di mezzo tra l'insegnate Blaine e l'uomo Blaine e Kurt era sicuro- senza neanche sapere il perché- che tutto quello che stava dicendo, era vero. Era convinto che ogni parola sarebbe stata accompagnata da altrettanti fatti.
Forse Kurt avrebbe dovuto fuggire, prendere la sua tracolla inventare qualche scusa e non farsi più vedere in quell'aula..ma quegli occhi d'ambra che erano una metà strada tra quello che non avrebbe neanche dovuto pensare di poter avere e quello che potevano essere a scuola erano troppo allettanti per farne a meno.
Quindi restarono. Entrambi con un peso in meno da sopportare sulle loro spalle e senza saperlo anche sul loro cuore.
"Beh, dovremmo prima conoscerci no? E non parlo di nomi, cognomi, classe che frequentate e cosa volete fare dopo il liceo. Io intendo conoscervi sul serio, per essere davvero una squadra. Quindi che ne dite se ognuno di voi preparasse una canzone con la quale riesce a rispecchiarsi?" Domandò voltandosi di spalle al gruppo per scrivere a caratteri cubitali alla lavagna il tema della settimana: CONOSCERSI.
"Lo fará anche lei Mr. Anderson?" Chiese Mercedes,
"Se lo riterrete necessario, sì. Posso farlo anche io"
"Dovrebbe farlo, sì" disse Artie sicuro,
"E così sia allora.. c'é qualcuno che vorrebbe iniziare ora?"
 
Kurt stava cercando di farsi il più piccolo possibile sulla sua sedia, mentre lo sguardo di Blaine passava in rassegna tutti loro, soffermandosi su di lui, per poi proseguire e tornare di nuovo lì da lui, quando una voce metallica all'altoparlante chiamò proprio il suo nome.
"Kurt Hummel é atteso nell'ufficio del preside. E so che ci sei Hummel, quindi non farmi aspettare" aveva detto la voce e nonostante il fatto che Kurt non avesse ancora avuto modo di conoscere per bene la preside, aveva capito che si trattava proprio di lei in quegli altoparlanti, per questo prese le sue cose, si scusò, un po' in ansia perché proprio non sapeva quale fosse il motivo di quella inaspettata chiamata e se ne andò, senza notare lo sguardo consapevole e quasi colpevole di Blaine.
 
Blaine non sapeva cosa aveva deciso di fare Sue, però era convinto che almeno non avrebbe avuto la faccia tosta di dire a Kurt della loro discussione. Ovviamente volere un atto di "rieducazione" dell'intero corpo insegnanti ad avere una buona etica e ad installare una politica antibullismo era chiedere troppo, però almeno sperava in un piano di sopravvivenza almeno decente.
 
Kurt si era accomodato nell'ufficio della preside senza nemmeno guardarsi intorno. Era entrato, aveva salutato, si era accomodato quando glielo era stato chiesto e senza battere ciglio aveva domandato il motivo della sua presenza lì, convinto di aver mantenuto sempre un comportamento appropriato,  a meno che non si considerasse quello che era avvenuto ieri tra lui e Blai- il professor Anderson. Ma no, Blai- il professore, gli aveva assicurato di non aver preso provvedimenti.
 
 
“Vedi Hummel, conosco tutti i miei studenti, li osservo, li ascolto quando vogliono e li proteggo se ne hanno bisogno. Solo che, devi capire, ho comunque bisogno di tutelare i miei interessi" Kurt sinceramente proprio non sapeva dove volesse andare a parare la Sylvester, per questo annuì e aspettò che continuasse,
"Ho letto la tua scheda e ti ho osservato Hummel.. posso aiutarti, ovviamente a modo mio e alle mie condizioni. C'é un corso di educazione sessuale, che si occupa di parlare anche della condizione degli omosessuali, ma non viene mai preso sul serio e l'educazione su questo argomento viene fortemente a mancare, mandando l'emancipazione a farsi benedire. Credimi, lo so.. ma c'é ben poco che posso fare io per questo e so anche che l'ignoranza che vige in questa scuola, come in quella che hai dovuto lasciare due anni fa, ti sta portando problemi" in effetti a quelle parole Kurt, se fosse stato un personaggio di un fumetto si sarebbe ritrovato con la mascella a terra, per lo stupore.
E il tutto gli fece pensare che la preside non solo era al corrente di quello che succedeva tra i suoi corridoi e non faceva niente al riguardo, ma aveva anche la faccia tosta di venirglielo a dire. Se non fosse stato tanto basito, si sarebbe complimentato per il tanto coraggio.
"Ora, come ti ho già detto: io posso aiutarti. Ci sarebbero due modi. Il primo é quello di assicurarti un impegno da parte mia di dare la giusta punizione a chiunque tu denunci, ogni qualvolta che lo fai, senza però poterti assicurare protezione quando non ci saranno prove contro il colpevole e quando questo agisce di nascosto e fuori le mura della scuola. E tu sai quanto possano essere vendicativi alcuni ragazzi arrabbiati. Oppure tu puoi entrare a far parte della mia squadra dei Cheerios, avendo la completa protezione ad ogni ora, grazie alla divisa. Ti ho visto durante le ore di ginnastica. Sei aggraziato, ti muovi bene e sembri avere resistenza fisica. A te la scelta" disse Sue togliendosi gli occhiali e guardando paziente il suo studente,
"E crede davvero che ci sia da scegliere? Io non mi vendo. Io non voglio uniformarmi alla massa per scappare da quello che sono e che non tutti capiscono.. é un problema loro, non mio." Disse sicuro Kurt, ma la Sylvester non sembrò per niente impressionata, era una donna tutto d'un pezzo lei.
"Non ti sto chiedendo di venderti Hummel. Ti sto dando la possibilità di farti finire l'anno alla grande. Ti sto dicendo di sfoggiare quello che sei davanti agli occhi impotenti di quelli che non capiscono. Ti sto dicendo di portarti a casa coppe di gare Nazionali e punti extra che ti serviranno per il college, ti sto dicendo Hummel, di viverti il tuo ultimo anno di liceo invece che di sopportarlo e basta. E sì, ovviamente dovrai farlo alle mie condizioni perché come ti ho già detto devo tutelare i miei interessi.. e se non l'hai ancora capito la squadra di football insieme a quella di baseball e i cheerios sono quelle che fanno fruttare di più i miei soldi e dare prestigio alla scuola. Ogni partita persa per un giocatore lasciato in panchina o per mancati allenamenti causati da punizioni quantomeno giuste, porta ad una perdita del budget scolastico e lo sai che senza quei soldi non potrebbe esserci il glee club ad esempio, lo capisci? Ti chiedo solo di provarci.. tu pensaci, okay?" Finì il discorso lei con un alzata di spalle e una mano aperta verso Kurt come per salutarlo,
"Dovrò indossare la divisa tutti i giorni?" Domandò stringendo la mano della preside e facendo per alzarsi,
"Solo se lo vuoi, altrimenti basta metterla nei giorni degli allenamenti" Kurt annuì,
"io-io ci penserò."
 
 
Ci pensò sul serio Kurt, per tutto il resto della giornata, una volta tornato a casa, mentre faceva i compiti, quando lo chiamò Nick, durante la cena e poi fino a notte fonda.
Avrebbe potuto fare un elenco di persone che lo infastidivano, sarebbe potuto andare tutte le volte necessarie dalla preside per denunciare ragazzi stupidi e bifolchi.. ma alla fine cosa gli sarebbe rimasto di quell'anno?
Non poteva di certo cambiare le cose da solo, era consapevole del fatto che la Sylvester avesse ragione quando diceva che poteva far ben poco contro l'ignoranza quando nessuno voleva ascoltare, ed aveva ragione quando diceva che denunciare sempre e punire anche se giusto, era un modo per far arrabbiare chiunque ne venisse preso di mira.
Kurt ricordava ancora il ballo di due anni prima. Lo ricordava, nonostante il fatto non ci si soffermasse mai a pensarci. Ricordava l'euforia nell'aver passato una serata piacevole con il suo migliore amico del tempo.
 
Chandler.
Quel nome ancora gli causava una fitta al cuore, anche se, ormai, se n'era fatto una ragione.
Anche Chandler era gay, l'unico oltre lui ad essere dichiarato in quella scuola.
Si erano sempre sostenuti a vicenda e si erano voluti bene sin da subito. Date le circostanze, essere "uniti contro il mondo" era quasi una necessità, ma a loro faceva bene sapere di non essere soli. Lui era stato per Kurt il suo amico, il suo porto sicuro, le sue prime esperienze.
Insieme si erano dati il loro primo bacio, avevano avuto il loro primo appuntamento, le passeggiate e gli approcci a qualcosa di troppo intimo quando ancora non erano pronti.
Erano stati loro, in tutti i sensi, senza mai rompere quel legame che avevano creato per stare bene.. almeno fino alla sera del ballo.
Si erano divertiti, avevano bevuto il punch corretto da chissà chi, avevano spettegolato sui vestiti inguardabili di alcuni ragazzi, avevano riso di coppie improponibili e avevano ballato. Mai un lento, quello no, avevano la guardia abbassata ma non erano stupidi.
Non volevano attirare di più l'attenzione di quanto già due ragazzi al ballo non facesse.
 
Alla fine erano riusciti a passare una bella serata sul serio, a parte qualche bisbiglio e occhiatine infastidite non c'era stato niente che avrebbe potuto far pensare a quello che poi era successo alla fine della serata, fuori al parcheggio, mentre aspettavano i genitori di Chandler che li venissero a prendere.
 
Erano in quattro, forse cinque, Kurt non aveva avuto la lucidità di contarli prima né di ricordarli dopo.
Li accerchiarono, cominciarono a spingerli e deriderli e offenderli con parole troppo forti e troppo crudeli per riuscire a dimenticarle.
Kurt e Chandler si tennero per mano e si difesero per quanto avevano potuto.
Chandler mentre veniva pestato con una mazza da baseball nello stomaco, guardava Kurt negli occhi e non piangeva, urlava e si dimenava e chiedeva di lasciarli in pace, ma non versava una lacrima.
Kurt invece quando veniva colpito con calci e bottiglie di qualche spumante scadente trovate nei dintorni, chiudeva gli occhi, stringeva forte la mano dell'altro e canticchiava Hey Jude dei Beatles, la preferita di sua madre.
E contavano loro, i minuti che trascorrevano e quelli che dovevano passare per non sentire più dolore.
"Non lasciarmi Kurt" erano state le ultime parole che Chandler aveva detto e che lui aveva sentito.
 
Poi Kurt si risvegliò in un letto d'ospedale con un trauma cranico, un braccio slogato, una costola rotta e cicatrici che non sarebbero mai andate via.
E Chandler non lo aveva più visto.. i genitori di lui non vollero che si avvicinasse al figlio durante il periodo di convalescenza e poi un giorno seppe che era andato via.
Si era trasferito, senza un saluto, senza una parola. Alla fine era stato lui a lasciar andare Kurt.
E andava bene così, si era detto dopo settimane di terapia e l'aiuto del padre. Va bene così, si era ripetuto più volte quando scappò da quella scuola per iscriversi alla Dalton e andava bene così quando in quel rifugio aveva trovato persone che non solo lo capivano perché erano come lui o perché erano dovuti a farlo per un regolamento scolastico rigido, ma perché volevano farlo.. perché avevano capito che da capire in verità non c'era niente.
 
Aveva deciso, Kurt.
Aveva deciso quando alla fine di quella notte insonne e di lacrime che aveva versato senza neanche accorgersene, aveva il sorriso di chi non era stato sconfitto.
A modo suo, con le condizioni della Sylvester, si sarebbe preso la sua rivincita. Sarebbe stato sempre lui, fiero e caparbio, con una divisa che non gli piaceva, ma che non lo faceva sentire fuori luogo.
Avrebbe dato uno schiaffo morale a quel Karofsky e Azimio, ogni volta che avrebbe esultato per loro, mettendo in mostra quello che era senza paura.
Era stupido? Forse.
Ma almeno vincevano tutti, tranne gli impotenti e stupidi giocatori di football che dovevano accettare un ragazzo con i pon pon che faceva il tifo per loro senza battere ciglio.
Ovviamente Kurt, quando si presentò dalla preside con la sua decisione definitiva, ritirando così la sua nuova divisa, non aveva messo in conto che il Karma é un bastardo e continuava ad avercela con lui.
 

 
Angolo Wallflower_
 
Ecco il regalo che mi son fatta da sola: L’aggiornamento del secondo capitolo di questa assurda storia.
Chiedo scusa per gli errori che son sicura avete trovato leggendo, non l’ho riletto per bene e quindi non ho neanche corretto quello che andava corretto.. solo che se non aggiornavo ora, non so quando avrei potuto farlo e farvi aspettare ancora non sarebbe stato umano.
Spero che il capitolo sia stato comunque di vostro gradimento e che la storia vi stia interessando.
Ringrazio le persone (più di quante io potessi credere) hanno messo “sta roba” tra le preferite\ricordate\seguite e voglio ringraziare di cuore chi ha speso un minuto per recensire lo scorso capitolo.
Quindi un grazie di cuore a DARKAEONIFRIT, ishuttheworldoutside, klauge84 e wislava. Siete Amazing!!
Grazie anche a chi legge in silenzio.
Ditemi cosa ne pensate, vi prego.
Alla prossima, che spero non sia troppo tardi! 

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Capitolo 4
*** Istanti rubati e distrazioni ben volute. ***


Capitolo 3.

 
 
 
Erano passate quattro settimane ormai da quando Blaine aveva iniziato a dirigere il glee club e quindi da quando si era sentito in diritto di poter conoscere sul serio Kurt.
Kurt che pian piano buttava giù i suoi muri, Kurt che era innamorato della letteratura e dell'arte in generale, Kurt che si era presentato a scuola con la divisa dei cheerios a testa alta, con un coraggio che Blaine non avrebbe avuto alla sua età e con una motivazione che all'inizio non aveva capito, Kurt che aveva promesso ai suoi amici del glee ed anche a Blaine che quei vestiti non avrebbero cambiato nulla, Kurt che scriveva sempre un po' di sé in ogni suo tema o saggio, Kurt che sembrava ogni giorno sempre più sicuro e che sorrideva imbarazzato leggendo chissà quali messaggi al cellulare che poi metteva via quando il suo sguardo si incrociava con quello di Blaine, Kurt che rideva alle canzoni un po' stupide degli altri e applaudiva un po' di più quando a cantare era Blaine, Kurt che sedeva sempre all’ultima fila di sedie nel glee e non cantava mai, non da solo, non come aveva fatto il terzo giorno quando si era seduto al piano chiudendo gli occhi e intonando Blackbird.
"Blaine, ho preparato una canzone per il compito della settimana, posso?"aveva chiesto senza imbarazzo ma poco sicuro, prima di sedersi sulla panca del piano.
Le note prima e la sua voce poi inondarono l'aula lasciando tutti senza parole. Quella versione di Blackbird non l'aveva mai sentita Blaine.
E Kurt aveva cantato con la bocca, con gli occhi, con le mani e con ogni parte del suo essere, mettendosi in gioco, cercando di mettersi a nudo.
Cantava perché era più facile dire ciò che era, ciò che sentiva.
Lui, un uccello notturno che riusciva a spiegare le ali e volare anche nella notte più buia, anche quando non c'era niente a fargli da luce.
Kurt cantava e diceva che avrebbe avuto il suo tempo e il suo modo di volare e nessuno sarebbe riuscito a tappargli le ali. Nessuno, mai, sarebbe riuscito a dirgli che quello che era, fosse sbagliato.
E Blaine lo aveva ammirato quella volta, lo aveva applaudito senza remore e lo aveva guardato come, forse, non aveva mai fatto.
E andava bene così, anche se il suo cuore sembrava aver intrapreso la maratona dei cento metri e il respiro gli si era mozzato in gola e non riusciva a capire cosa gli stesse prendendo, cosa fossero quella miriade di emozioni che non voleva prendersi la briga di decifrare.. perché sarebbe stato difficile poi.
Come in quel momento sarebbe stato difficile spiegarsi perché per l'ennesima volta stava fotocopiando il compito di Kurt, per tenerselo per sé, usando la stampante di Sebastian di nascosto.
"Sono torna-Anderson! Di nuovo?! Dimmi che non lo stai facendo di nuovo, perché questo significherebbe che non hai capito niente del mio discorso, su quanto sono geloso delle mie cose, che la stampante mi serve per vincere il Pulitzer e che la tua ossessione per quel ragazzino sta diventando malata!" Sbottò Sebastian senza neanche togliersi la giacca e raggiungendo Blaine in fondo al salotto per tirargli dalle mani quei fogli che aveva nascosto dietro la schiena come una ladro preso con le mani nel sacco. "Seb! Non stracciarlo quello é il compito originale!" Urlò lui con un tono di voce lamentoso, cercando di riprendersi i fogli che l'amico stava tenendo fuori dalla sua portata, con il braccio alzato fino all'inverosimile, "sei un bastardo!" Decise di arrendersi Blaine buttandosi sconfitto sul divano con un aria afflitta, che sapeva avrebbe fatto cedere Sebastian.
 
“Hemingway eh? Vediamo un po’ cosa ha scritto Hummel in proposito” Sebastian gonfiò il petto come se stesse per leggere un passo importante di un libro sacro davanti una platea in nervosa attesa e Blaine storse il naso, ma si concentrò sulle parole che stava leggendo l’amico,
“..un’allegoria della vita. Una volta chiuso il libro è inevitabile soffermarsi a pensare ai temi che coinvolgono la storia di Santiago e la tua. La lotta alla sopravvivenza, la solitudine, l’orgoglio e la fiducia in sé stesso fanno da padrone al racconto e alla vita.
Ad un certo punto, tutto si dilata e nel vecchio pescatore si può vedere l’umanità di chi lotta, ogni giorno, contro energie e poteri che non si possono controllare né dominare. Lotta a testa alta, convinto e fiducioso e non sempre c’è la fa. Eppure non è mai sconfitto. 
In ognuno di noi c’è un po’ di Santiago o almeno dovrebbe esserci.. quello che però manca in questo mondo, che di favola ha ben poco è Manolin. La gentilezza, la compassione e il rispetto non dovrebbero essere cose ricercate e impartite con l’educazione. Dovrebbero nascere con l’uomo e nell’uomo, ma Santiago come il pescatore salao che c’è dentro di noi, sa che non è così, sa che certi valori sono troppo rari oggi giorno, come sempre, da che il mondo è mondo.
Per quanto l’intero libro può sembrare un banale antico clichè, che insegna quel che già sai, ti lascia però sognare.
Sognare e credere che vale sempre la pena lottare per un mondo che, seppur cattivo, ti da’ tanto.
La storia vuole dire che per ogni Marlin che peschi ci sono altrettanti branchi di squali che ti assalgono per prendere il tuo bottino, per rovinarti l’obbiettivo e tutto quello che tu puoi fare è lottare con le unghie e con i denti e con l’intelligenza che possiedi e con la fiducia che gli squali tentano di strapparti via a morsi e gettarli in mare, mandarli via e andare avanti.. e non importa se il Marlin che hai pescato non è più tutto intero, non importa se è rimasto soltanto lo scheletro, quello che è importante è che l’hai portato a riva, alla fine.. come segno di vittoria per te e per tutti quelli che ti credevano soltanto un vecchio e sfortunato pescatore.”
Aveva letto Sebastian, abbandonando poi il foglio sulle gambe di Blaine che guardava il soffitto con aria così.. enigmatica.
“io gli metterei una B” disse lui guardando l’amico con un affetto che non riusciva più a mascherare,
“Merita una A, Bas. La merita per la sincerità, per il sentimento, per la forza che ci trovo in ogni parola, per il Santiago e il Manolin che sono dentro di lui.” Sebastian scosse la testa e sospirò frustrato.
 
Il silenzio che li avvolgeva era amichevole e per niente sconveniente, stavano semplicemente dandosi tempo e spazio per meditare e capire dove andare a parare.
Sebastian stava dando a Blaine l’occasione di mettere insieme il nodo di pensieri che aveva in testa e buttarlo fuori quando sarebbe stato pronto.
“Credo che stia frequentando qualcuno” sospirò d’un tratto Blaine, ed era esattamente l’opposto di quello che Sebastian aveva creduto avrebbe detto lui.
“chi?” ed era una domanda retorica, lo sapevano entrambi ed entrambi però avevano bisogno di sentire la risposta ad alta voce, chi per un motivo chi per un altro,
“Kurt” aveva detto Blaine in un sussurro,
“e allora?” era sempre stato così Sebastian, fingeva di essere stupido quando gli faceva comodo, poneva domande stupidamente retoriche quando voleva sottolineare l’ovvio e metteva Blaine con le spalle al muro quando era necessario.
“e allora non lo so. Oggi non si è presentato alle prove e stamattina l’ho visto uscire da un bagno solitamente vuoto, seguito subito dopo da un giocatore di football, lo vedo sempre leggere chissà cosa al cellulare e arriva sempre un po’ in ritardo al glee e.. non lo so. È un giocatore di football, capisci?” Blaine era consapevole del fatto che quello che aveva detto non portava a niente, almeno non a Sebastian.. ma ad essere sinceri anche per lui era difficile trovare il capo a quel filo intricato che aveva partorito la sua testa.
“Ora ti dico io cosa ho capito di tutto questo, Blaine. Io ho capito che hai perso la testa per un tuo studente. Ho capito che lo vorresti nel modo in cui può averlo quel giocatore di football. Ho capito che sei geloso ed è inquietante e devi smetterla. Ora. Perché magari non è neanche illegale una storia tra voi, perché lui è maggiorenne ma è comunque inopportuna e tu potresti essere licenziato e metteresti a rischio il tuo lavoro, perché quale altro liceo ti vorrebbe come insegnante gay che se la fa con i suoi studenti, magari traviandoli? Nessuno Blaine! e prima che tu finisca a friggere patatine in uno squallido fast food, dacci un taglio. Smettila di comportarti come un ragazzino alla sua prima cotta, perché quel Kurt Hummel che hai nella testa è semplicemente l’idea che hai di lui. è una fantasia e nulla più. Perché il vero Kurt, quello di cui tu non sai nulla, magari ora è da qualche parte con quel giocatore di football a fare cose che non dovrebbe fare e tu invece sì.” Sebastian andò in cucina sicuro che l’altro non si sarebbe mosso da dove lo aveva lasciato, per prendere una birra e poi tornare di là e porgergliela,
“bevi, schiarisciti le idee e poi preparati perché io e te andremo allo Scandals. Io devo accertarmi che nessuno faccia lo stronzo –o la stronza, dipende dai casi- con Santana e tu devi trovare qualcuno che soddisfi il prurito che hai prima che ti scoppi qualcosa lì sotto. E non voglio sentir ragioni” Smythe gli diede una pacca sulla spalla e si avviò verso il corridoio per chiudersi nella camera di Blaine, che era diventata ormai il suo personale studio, ma si fermò prima, senza voltarsi a guardare l’amico, “se neanche un bel culo allo Scandals dovesse funzionare, ti do tempo fino al ringraziamento Blaine, poi se questo tuo assurdo interesse per Hummel non dovesse passare, io e te ce ne torniamo a New York. Perché non ne vale la pena e non voglio vederti ancora soffrire” disse andandosene poi , senza lasciare a Blaine il tempo di riprendersi e rispondergli per le rime.
 
C’era una cosa che Sebastian non aveva capito.
Quello di Blaine non era un prurito. Non voleva Kurt come poteva averlo quel giocatore di football se mai fosse vero.
Il problema era che Blaine sapeva poco e niente di Kurt, eppure tutto quello che era riuscito ad apprendere lo faceva sentire come mai si era sentito con Jeremiah anche quando pensava fosse l’amore della sua  vita.
Il problema era che più scavava più voleva continuare a farlo e non era vero che quello che aveva in testa era soltanto una fantasia o quello che lui voleva vedere di Kurt.. no, vedeva la gentilezza nell’accompagnare Artie in bagno e l’acidità con cui giudicava il suo maglioncino, vedeva la forza di agitare quei pompon davanti agli occhi rossi di rabbia di una squadra intera di football e l’ansia di dover aspettare che gli spogliatoi fossero vuoti per cambiarsi in fretta e correre a casa, vedeva l’arguzia con la quale scriveva un saggio e tutta la genuinità e a volte anche l’ingenuità in un tema. Blaine non vedeva niente di ideale in lui, lo vedeva vero e reale.. ed era quello il problema.
Era Kurt, era un suo studente, ma era anche il ragazzo a cui aveva dato il suo numero per un caffè dopo anni in cui non aveva trovato interesse neanche più in quello che era il suo fidanzato.
 
Però Sebastian per quanto non avesse afferrato i veri sentimenti di Blaine, su di una cosa aveva ragione: Tutto quello era inopportuno e doveva smetterla.
Ecco perché finì la sua birra, chiamò il take away all’angolo e ordinò una cena d’asporto.
Per questo dopo si preparò come aveva detto Sebastian e si lasciò trascinare dall’amico in quel locale che aveva sempre detestato.
 
“Spiegami però cosa ci fa Santana allo Scandals” gli chiese, giusto perché si sentiva in diritto di curiosare un po’,
“a volte per arrotondare lo stipendio, si esibisce come ballerina”
“è una spogliarellista?”
“stai per caso facendo il pudico superficiale?” domandò un po’ toccato Sebastian,
“no, stavo solo cercando di capire come è possibile per una donna esibirsi in un bar gay e avere una buona paga. Tutto qua”
“Oh Blainey, quand’è stata l’ultima volta che sei stato allo Scandals? Credo che essere bicuriosi sia diventato una moda più che uno stile di vita.. e lo Scandals ci si è adattato diventando promiscuo. Il mio paradiso insomma.” disse Sebastian facendogli l’occhiolino senza togliere lo sguardo dalla strada e Blaine alzò gli occhi al cielo sbuffando,
“quindi anche questa sera devo aspettarmi qualche avance di donne di mezza età a cui io non so mai come rispondere per non sembrare troppo maleducato?”
“povero Blainey, magari se togli quell’aria da professore in pensione, le vecchie signore capiscono di non aver possibilità con te e passano oltre” lo scimmiottò l’amico ricevendo per tutta risposta uno scappellotto dietro la testa.
 
**
All’interno lo Scandals era proprio come uno lo immagina guardandolo da fuori: squallido.
Le luci fastidiose che si muovevano per la sala, la puzza di alcol e sigarette, vecchi sgabelli sgangherati e brutta musica a volume troppo alto, facevano da sfondo a drag queen mal vestite con parrucche che facevano venire il prurito solo a guardarle, ragazzi timidi che si guardavano intorno senza sapere cosa cavolo ci facessero lì, uomini con l’anello in tasca e un drink in mano che scopavano con gli occhi chi non potevano farsi alla luce del sole e donne che ballavano con donne, e uomini che ballavano con altri uomini e donne.
Ed era un inferno.
 
Come Kurt si era ritrovato in quello squallido locale?
Gli eventi di quattro settimane possono avere il potere di cambiare le carte in tavola..
 
Tutto è cominciato quando..
 
Era seduto sugli spalti del campo da football, insieme a quelle che stranamente si stavano rivelando valide compagne di squadra.
Nessuna di loro aveva fatto vili commenti sulla sua omosessualità o sul suo portamento o su quanto fosse femminile il suo corpo con quella divisa.. semplicemente gli chiesero se fosse in grado di tenere in ordine la piramide, se faceva regolarmente esercizio fisico e se era pronto per gli assurdi allenamenti della Sylvester.
Insomma erano tutte ragazze determinate, oche quando si trattava di giocatori di football, ma determinate quando si doveva lavorare.
Volevano la coppa loro, volevano il trofeo e tutta la popolarità che ne sarebbe derivata e se per ottenerli dovevano lavorare in squadra con Kurt Hummel, gay dichiarato e membro del glee club andava più che bene.
Ma comunque.. Kurt era seduto sugli spalti con le sue compagne di squadra, durante una -mai troppo lunga- pausa quando l’intera squadra di football gli passò davanti per correre e riscaldare i muscoli.
Kurt ovviamente li guardò uno ad uno ogni giocatore, con un aria fin troppo arrogante per uno che avrebbe dovuto entrare insieme a loro nello spogliatoio dopo, ma quando aveva realizzato quel pensiero era ormai troppo tardi, quindi tanto valeva alzare ancora un po’ di più il mento e fissarli per bene, con aria di sfida.
Quello che però incontrò alla fine della fila di giocatori e che aveva creduto fosse soltanto una sua immaginazione, per poi ricredersi più avanti.. era lo sguardo interessato di uno di loro.
Si chiamava Zack Di Maggio.
Popolare e amato come ogni sportivo della scuola, capelli neri, occhi verdi, fisico asciutto, spalle larghe e indissolubilmente etero.
Forse.
Quel Zack l’aveva guardato come quell’Azimio stava guardando la sua secolare ragazza, con l’acquolina alla gola e occhi maliziosi.
Era impossibile? Eppure lui l’aveva visto. Non poteva giurarlo, ma era sicuro che un occhiolino alla fine della corsa c’era stato.
 
Kurt sembrava come catapultato in un enorme cliché quando il giocatore si era tolto la maglietta sudata e stremato si era rinfrescato con una bottiglina d’acqua molto attento a far cadere goccioline lungo il suo collo allenato e giù fino al petto mascolino, senza staccare gli occhi da quelli di Kurt.
Uno dei ragazzi popolari della scuola ancora nell’armadio stava facendo gli occhi dolci all’unico ragazzo gay dichiarato? ecco il cliché.
Stava flirtando?
Di Maggio, il giocatore di football Di Maggio, non solo non lo stava guardando con odio e rancore ma stava perfino provandoci con lui?
Quello non era il Mckinley, non era Lima e lui forse si era addormentato per risvegliarsi poi in un universo parallelo.
 
“ehi fatina, ti conviene smetterla di guardarci come se fossimo carne da macello e continuare ad agitare quei pompon, perché la Sylvester non è onnipotente e prima o poi non starà lì a guardarti le spalle” urlò Karofsky dal campo, spezzando ogni sogno di Kurt che non si perse però la parte in cui, sempre Di Maggio lanciò la palla in testa a David e con un occhiolino che di amichevole aveva ben poco, gli intimò di stare zitto.
“Karofsky, se la Sylvester vede anche solo un piccolo livido su quello che deve essere il diamante della nostra squadra alle regionali, non solo ti uccide ma ti espelle anche dalla scuola. Non so se hai capito il concetto” disse calma Kitty agitando la sua coda di cavallo, prima di alzarsi dagli spalti e riprendere l’allenamento.
 
Kurt ovviamente aveva completamente dimenticato quell’episodio il giorno dopo, appena varcata la soglia dell’aula del glee e Blaine gli aveva rivolto un sorriso.
 
Era tutto racchiuso in quel sorriso lì, quel sorriso che Blaine dedicava solo a Kurt da qualche giorno a quella parte e di cui lui non poteva e non voleva più farne a meno.
 
Il giorno dopo Blackbird, Kurt aveva il suo primo allenamento coi cheerios e arrivare a scuola con la divisa gli era sembrato quantomeno appropriato.
Quando poi si era ritrovato l’intero glee club alle calcagna con occhi sbarrati e visi delusi, la discussione che ne seguì in aula fu inevitabile.
“ed ora cosa farai Kurt? ci riempirai anche tu di granita giusto per pararti il culo?” aveva sbraitato Mercedes, mentre Blaine era ancora troppo scioccato per reagire e calmare i fuochi.
“sai Mercedes se cambi idea di me,così in fretta, solo per la divisa che indosso, allora non sei poi così diversa da quelli che ci spingono negli armadietti tutti i giorni” aveva ribattuto Kurt, che non voleva spiegare all’intero glee club e a Blaine, cosa lo avesse spinto ad indossare quegli abiti.
“tu non sei un cheerios Kurt e non pensavo nemmeno che fossi un debole. Non pensavo che non eri capace ad affrontare i problemi” e quello fu troppo per Kurt, perché nessuno sapeva, nessuno poteva capire.
E spiegarlo era troppo.
“è questo che pensate? Che mi stia nascondendo dietro una divisa? Che stia cercando un modo per farmi accettare da chi non mi capisce? Perfetto, allora non avete capito niente di me, come il resto di tutti” a quel punto Blaine come spiritato si era alzato dalla sua sedia con le mani sui fianchi strette a pugno e guardò Kurt risentito,
“non dovresti indossarla per paura Kurt, non dovresti stare al gioco di quelli che non capiscono o di quelli che non fanno il proprio dovere. Vado a parlare con la Sylvester perché neanche voglio pensare a cosa ti ha detto per convincerti a-. Restate qua” Blaine era uscito a passo spedito e Kurt senza neanche pensarci lo aveva seguito e raggiunto in mezzo al corridoio vuoto tenendolo per un braccio.
“Blaine, no. Aspetta. La Sylvester non c’entra e- Oh, sei stato tu a parlare con lei vero? non era stata tutta una sua iniziativa, non è così?” Blaine abbassò lo sguardo colpevole e Kurt sospirò indicando una classe vuota in cui avrebbero potuto parlare con calma.
“mi dispiace. Non volevo agire alle tue spalle Kurt.. lo so che mi avevi detto che eri in grado di gestire da solo la situazione e che mi avevi promesso di dirmelo se tutto sarebbe diventato più complicato.. solo che-“
“grazie” aveva sussurrato Kurt, fermando il chiacchiericcio confuso di Blaine,
“oh okay. Cosa ti ha detto la Sylvester per convincerti a diventare un cheerio?”
Kurt gli spiegò per bene tutto quello che si era detto con la preside.
 
“si ma, perché non hai accettato la sua prima proposta? Cosa ti ha fatto cambiare idea? avresti potuto cambiare le cose Kurt” lui scosse la testa e sospirò, perché era difficile dire la verità ad alta voce senza piangere.
Era difficile spiegargli del ballo di due anni prima, di Chandler e delle botte.. era difficile dirgli che infondo Mercedes quando gli aveva detto che non sapeva affrontare i problemi non stava poi sbagliando.
“avrei solo peggiorato le cose. La Sylvester avrebbe chiuso entrambi gli occhi per non vedere le prove e per evitare che i colpevoli pagassero mettendo in difficoltà le squadre di cui fanno parte.” Disse allora, perché era l’unica mezza verità che era riuscito a trovare.
“ti avrei aiutato. Puoi ancora cambiare idea.” disse sicuro Blaine e Kurt scosse di nuovo la testa,
“non voglio farli arrabbiare. Non voglio che diventino vendicativi. Non saprei come proteggermi fuori da queste mura, poi”
“credi che arriverebbero a tanto?” domandò Blaine e la risata amara che uscì dalle labbra di Kurt senza riuscire a fermarla, fu chiara quanto un discorso intero,
“non credi, lo sai.. vero?” fece Blaine e Kurt semplicemente annuì e abbassò lo sguardo improvvisamente incerto, improvvisamente chiuso e arrabbiato e ferito e non voleva parlarne. 
Blaine fece un passo nella sua direzione e poi un altro e poi non ci pensò neanche ma lo aveva abbracciato, veloce e caldo e rassicurante.
E fu un istante, un solo unico istante, in cui nessuno dei due aveva pensato ma solo agito.
Kurt aveva chiuso gli occhi e l’aveva stretto e Poi non c’era più e il vuoto era ancora più vuoto e l’insicurezza ancora più forte.
“torniamo in classe” aveva detto Blaine già di fianco alla porta pronto per uscire, sorridendo.
Sorridendo di quel sorriso genuino e caldo e di Blaine che rincuorò Kurt, come anche mille abbracci di qualcun altro non avrebbero mai saputo fare, lui ne era certo.
 
Erano tutti istanti, quelli che avevano vissuto loro due in quell’aula.
Se li ritagliavano, senza neanche volerlo, accadeva e basta, come quell’abbraccio e quel sorriso.
C’erano e bastava per ora.
 
E quello che veniva fuori da quegli attimi rubati, da quei discorsi astratti che tanto amavano fare e che nessuno comprendeva a parte loro, da quelle canzoni scelte con cura e cantate mai alla perfezione, da quella sana ossessione che entrambi avevano per i Beatles, era incredibile.
 
Kurt non faceva che ascoltare attento e ridere e guardarlo sorpreso e penderlo un po’ in giro e Blaine non poteva fare altro che accorgersi di quanto fosse fantastico quel ragazzo, dolce e talentuoso, un po’ spaventato ma pieno di determinazione.
 
E a volte dovevano scuotere la testa e chiudere gli occhi per tornare coi piedi per terra e ricordare che non erano soli, che quel caffè Blaine l’aveva portato per tutti non solo per Kurt, che Kurt aveva cantato un duetto perché glielo aveva chiesto Mercedes ma non c’entrava niente con quei loro istanti.
A volte dovevano ricordare che seppur più liberi in quell’aula, restavano comunque Professore e Studente..
E più i giorni passavano più dovevano dilatare il tempo e scuotere di più la testa per ritornare alla realtà, che faceva male, ma che dovevano farsi bastare.
 
Kurt non si era messo a cercare una distrazione da Blaine, Kurt semplicemente l’aveva avuta in pieno viso e aveva ben pensato di tenersela stretta.
 
La distrazione si chiamava Zack, quel Zack che ci aveva provato con lui al campo di football sottile e provocante, quel Zack che aveva continuato a mandargli occhiate di fuoco ogni volta che si incontravano in corridoio, quel Zack che una volta aveva fermato Karofsky un attimo prima che questi lo spingesse contro un armadietto sussurrandogli chissà cosa all’ orecchio di lui che lo fece sbiancare e cambiare strada.
 
Quel Zack di cui Kurt dimenticava l’esistenza quando due occhi color caramello incontravano i suoi e non c'era scampo a quelli.
 
Ma torniamo a come Kurt si era ritrovato più che brillo in quello squallido locale dalla tappezzeria scadente..
 
Due settimane prima dello Scandals, Kurt aveva finito gli allenamenti con i Cheerios, era sudato, appiccicaticcio, distrutto e sfinito e tutto quello che avrebbe voluto fare era cambiarsi in fretta, prendere le sue cose e correre a casa per una bella doccia calda e mettersi subito dopo a letto con un buon libro a fargli compagnia.
La sua testa non faceva che urlare “dolore” ed era un bene e un male, perché non c’era spazio per nessun altro tipo di pensiero.
Sia che si trattasse del suo professore di letteratura, che di quel branco di ragazzoni in uno spogliatoio.
Non aveva pensato se quel posto fosse vuoto o meno, i suoi allenamenti erano finiti più tardi del solito e comunque non aveva sentito nessun chiacchiericcio e rumore, quindi vi entrò tranquillo e meccanicamente senza guardarsi intorno si avvicinò al suo armadietto aprendolo e facendo per togliersi la maglia bagnata contemporaneamente.
 
“questo è lo spogliatoio dei maschi fatina, sei per caso venuto a spiarmi l’uccello?” Karofsky spuntato da dietro le sue spalle, si stava avvicinando con passo lento e calibrato e con una luce negli occhi che Kurt non aveva mai visto prima in nessuno, neanche negli sguardi di chi anni prima lo aveva odiato così tanto da volerlo morto.
Kurt si era sentito intrappolato da quegli occhi pericolosi e disgustati e pieni di.. pieni di rabbia e qualcos’altro che non lo facevano muovere e Karofsky avanzava ancora, sicuro della paura che gli stava infondendo e che non lo avrebbe fatto reagire,
“Hummel devi smetterla di sculettare davanti ai miei occhi, devi smetterla di guardarmi come se fossi migliore di me e devi smetterla di essere quello che sei perché mi da’ su i nervi e..” ormai gli si era parato di fronte, Kurt era incastrato tra lui e l’armadietto di ferro.
Voleva fare qualcosa, qualsiasi cosa, ma tutto quello che riusciva a fare era continuare a respirare e fissare l’altro negli occhi, senza perdere il contatto visivo, per accertarsi che restasse lì, che non si avvicinasse ancora, che non gli facesse del male..
La mano di David si era alzata lenta e inesorabile era andata a posarsi sulla guancia di lui, sfiorandolo appena con le dita, come se fosse fragile, come se lo avesse in pugno consapevole che anche quel lieve tocco stava mandando in crisi Kurt.
Ed era proprio così, perché quello sfiorare calmo era molto più potente di un pugno nello stomaco.
Kurt sapeva come incassare colpi e sapeva cosa pensare per estraniarsi fino a quando non sarebbe finita.. ma quello, quel tocco lento e letale era nuovo e sconosciuto e fottutamente spaventoso.
Il respiro affannoso di lui si mescolava con quello calmo di Karofsky troppo vicino per non sentirlo, troppo vicino per non averne la nausea.
“è colpa tua Hummel. È solo colpa tua se io- io non riesco a- non devi esagerare lo capisci? non saresti più così fiero se ti spaccassi la faccia, vero?” biascicava quelle parole dritte sulle labbra di Kurt e ad ogni respiro la mano si avvicinava più pericolosa e forte sul collo, stringendoglielo, costringendolo fermo all’armadietto con gli occhi rabbiosi puntati nei suoi,
“lo capisci?” sibilava e sembrava come se stesse trattenendosi dal fare chissà cosa e Kurt non poteva fare altro che tremare senza avere forze neanche per annuire.
Le mani di lui erano sempre più forti, più prepotenti e respirare diventava sempre più difficile..
“Karofsky sfoga la tua frustrazione in altro modo e lascia andare Hummel” la voce proveniva da infondo le docce, sicura e piena di sé, i passi che risuonavano per lo spogliatoio erano calmi, ma Kurt non badò a chi appartenessero ne a cosa fece Karofsky dopo averlo lasciato andare.
 
Si accasciò a terra, allo stremo delle forze come se avesse corso per ore, il cuore gli martellava forte nel petto e il respiro gli si era rotto in gola, vedeva il buio davanti a sé ed era più che convinto che quello fosse il principio di un attacco di panico.
 
Ma era bravo in quello Kurt, nel prevenire gli attacchi di panico, per questo contò fino a dieci e poi venti e poi si concentrò sulla respirazione e sui battiti del suo cuore che rallentavano a fatica.
“Stai bene?” la voce era vicina e sembrava preoccupata e la mano che gli stava accarezzando la spalla non aveva niente del tocco bruto di Karofsky,
“meglio” borbottò cercando di aprire gli occhi.
 
Era Zack Di Maggio, con solo un asciugamano legato in vita che gli tendeva una mano per aiutarlo ad alzarsi.
“dovresti iniziare a difenderti. Non ci vuole molto a trovare i punti deboli di Karofsky” disse lui quando finalmente furono uno di fronte all’altro.
Kurt boccheggiò senza riuscire a spiccicare parola.. c’era davvero molto da assimilare.
 
Karofsky, la luce nei suoi occhi, le mani sul suo collo, Zack e il suo maledetto asciugamano in vita.
C’era così tanta roba da far girare la testa.
“beh comunque grazie” disse alla fine imbambolato ed imbarazzato,
“di solito sei attento che non ci sia più nessuno prima di entrare qui” gli fece notare lui e Kurt non ebbe neanche il tempo di formulare un pensiero coerente riguardo al fatto di come Zack sapesse di quel piccolo particolare, che l’altro aveva raggiunto il suo armadietto lo aveva aperto e dandogli le spalle si era tolto l’asciugamano restando completamente nudo per infilarsi l’intimo.
Altroché se c’era roba da far girare la testa.
Era pur sempre un ragazzo gay nel pieno dei suoi ormoni e quello che aveva davanti era davvero  un bel vedere!
Dio, che stava facendo?
Kurt si voltò dall’altra parte col viso in fiamme, cercando di prendere la sua roba il più velocemente possibile e fuggire da quella gabbia di matti.
“puoi guardare.. tranquillo, nessun fastidio” Kurt quasi stava riuscendo dove Karofsky aveva fallito: strozzarsi con la sua stessa saliva per lo stupore.
“io non- io devo andare” borbottò pasticciando con la lingua, raccattando tutte le sue cose in borsa.
“Hummel? Aspetta che ti accompagno fino alla macchina, non mi fido di quello lì” e come avrebbe potuto rifiutare lui, se in quel momento non si fidava nemmeno delle sue stesse gambe?
 
Si sedette sulla panca di fronte l’armadietto e finse di essere impegnato a guardare il cellulare, sbirciando però di tanto in tanto verso Zack, fino a che questi non si sedette di fianco a lui,
“sei sicuro di stare bene? non hai dato di matto, non hai pianto e non hai nemmeno preso a calci qualcosa.. insomma non hai avuto nessun tipo di reazione. Vuoi urlare per caso? io di solito sfogo con la box” disse cercando lo sguardo di lui,
“di solito? Di solito devi riprenderti da un tentato strangolamento o quello che è?” disse Kurt forse un po’ troppo acido, 
“uhm no.. ma capita anche a me di avere una giornata storta”
“immagino quanto può essere dura un giornata di scuola per uno come te” 
Il ragazzo sbuffò e si alzò, facendo qualche passo verso l’uscita,
“certo che un po’ stronzo lo sei” disse aprendogli la porta per lasciarlo passare per primo, “andiamo prima che decida di lasciarti da solo al tuo destino” Kurt sorrise e lo raggiunse prima che cambiasse davvero idea, ringraziandolo,
“a mia discolpa dico che per sfogarmi al posto della box, uso la mia acidità” disse mentre camminavano lungo il parcheggio per arrivare alla sua auto,
“allora diciamo che puoi fare lo stronzo ancora un altro po’” Kurt scoppiò a ridere, sentendo la tensione accumulata scomparire veloce,
“quello è il mio suv.. grazie ancora..”
“Zack. Mi chiamo Zack”
“Kurt”
“lo so Kurt”
Una volta arrivati al suv, fu tutto così veloce da non accorgersene nemmeno.
 
Un bacio.
Un bacio a fior di labbra e un sorriso malizioso.
Veloce e casto e inaspettato.
“volevo farlo da quando ti ho visto con la divisa dei cheerios” mormorò Zack facendogli un occhiolino,
“ci vediamo domani Hummel e guida con prudenza” aveva continuato già a qualche passo di distanza,
“spero che resti il nostro piccolo segreto” aveva concluso poi, voltandosi per un altro occhiolino e un saluto con la mano.
“oh-kay a-a domani” aveva balbettato lui fiondandosi in auto con la testa completamente incasinata.
 
 
Kurt capì una cosa, il giorno dopo.
La capì appena entrato nella classe di letteratura avanzata -con una sciarpa che nascondeva i segni di Karofsky e con un foglietto nella tasca posteriore dei jeans che gli diceva ora e luogo per un appuntamento- e aveva incontrato gli occhi di Blaine.
 
La sera prima e durante l’intera notte non ci aveva pensato.
Non aveva pensato a Blaine.
O meglio, aveva pensato a Blaine, a cosa avrebbe fatto se avesse scoperto di Karofsky.. ma non aveva pensato alle aspettative del giorno dopo come ogni sera, non aveva pensato a quei sorrisi rubati e a quell’abbraccio di pochi giorni prima che lo faceva sempre sospirare di piacere, non aveva pensato a come sarebbe infilare una mano tra i suoi ricci e non aveva rimuginato a come sarebbe stato “se”..
 
Quello che aveva tenuto sveglio Kurt quella volta erano state le parole di Karofsky, la sua strana luce negli occhi, le sue mani pericolose e i suoi punti deboli che Kurt non conosceva ma Zack sì.
 
Zack.
Kurt aveva pensato e ripensato a Zack, al suo corpo asciutto, al suo sedere mozzafiato, alle parole dette in quello spogliatoio, al sorriso sghembo e malizioso dedicato a lui.
Al bacio.
Era stato solo un leggero bacio sulle labbra, c’era ben poco da dire, poco da sentire.. eppure c’era stato.
Zack l’aveva desiderato.. il ragazzo teoricamente etero, aveva desiderato poter baciare le labbra di Kurt.
 
Kurt alla fine aveva avuto la sua distrazione quindi.
Quel bacio aveva seguito un altro sotto gli spalti del campo da football, all’ora stabilita da Zack in quel biglietto che gli aveva infilato nell’armadietto quella mattina a scuola.
 
“Dovresti fidarti meno dei bigliettini anonimi che trovi nel tuo armadietto. Sarei potuto essere un malintenzionato.. come Karofsky ad esempio” aveva detto Zack quando vide comparire Kurt dal campo,
“l’hai firmato con una Zeta, non è stato difficile arrivare a te” rispose Kurt sistemandosi la sciarpa sentendosi, chissà per quale motivo, a disagio,
“sarebbe potuto essere comunque David” ribatté lui gettando a terra una sigaretta fumata solo per metà,
“sopravvaluti la sua intelligenza se credi che sarebbe arrivato a firmarsi con un’altra lettera che non fosse la sua per depistarmi”Zack alzò un sopracciglio visibilmente divertito ed annuì,
“giusto”
 
“sono gay” l’aveva detto con tutta la calma che possedeva Zack dopo un tempo imprecisato in cui lui guardava Kurt e Kurt guardava le sue scarpe,
“sono felicemente gay, non ho nessun tipo di problema con la mia sessualità, non sono uno di quei tipi repressi che si odiano e se la prendono col mondo intero. Solo che siamo a Lima.” Questa volta fu Kurt ad alzare un sopracciglio divertito perché come spiegazione all’intera faccenda non faceva una grinza,
“Siamo a Lima” ripeté come per verificare che dicendolo ad alta voce sembrasse più logico che nella sua testa,

“Siamo a Lima e i genitori non si scelgono, come non si sceglie di essere ciò che si è.. bisogna solo farci i conti”
“i tuoi genitori non lo accetterebbero?”
“i miei genitori giocano a cricket con i Karofsky ogni domenica al club.. tu che dici?”
“beh, bisogna farci i conti allora” Zack sorrise soddisfatto della risposta di Kurt e lo invitò a sedersi insieme a lui su una vecchia panca sgangherata,
 
“perché hai detto a me di te? Se non lo sa nessuno, perché hai scelto proprio me per dirlo?” disse ad un tratto Kurt senza riuscire a trattenere la curiosità.
“ti ho osservato in queste settimane e ho capito che non sei il tipo di ragazzo che fa outing al posto mio, no? e poi se non te lo avessi detto sarebbe stato difficile spiegare il perché voglio fare.. questo” 
Il “questo” era un bacio che di casto aveva ben poco, niente in realtà.
Zack aveva una mano sul suo ginocchio e l’altra dietro la nuca per spingerlo un po’ di più verso di lui, per evitare che scappasse, per dargli il tempo di sciogliersi ed esplorare.
Lui sapeva di fumo e menta e non era niente male, non c’era affetto come quando Kurt baciava Chandler e non c’era aspettativa come quando aveva sognato di baciare Blaine.. c’erano soltanto labbra, lingue e denti e non era male, era piacevole era Kurt che stava baciando un ragazzo che provava quantomeno attrazione per lui.
Era Zack , a proprio agio con sé stesso che stava baciando Kurt perché voleva farlo ed era inebriante.. nuovo.. era semplicemente un ragazzo bello che bacia un ragazzo e quel ragazzo era Kurt e.. beh, gli girava la testa.
 
C’era stato un bacio e poi un altro e le labbra di Kurt erano rosse e gonfie per il contatto e la foga e le mani di Zack viaggiavano sempre più sul del ginocchio.. e..
“ehi, no, aspetta” aveva bofonchiato Kurt sentendosi bollire di piacere e imbarazzo e no, era diventato tutto troppo veloce e affrettato e non poteva e non voleva.
Zack, chi era Zack? Cosa voleva? Perché doveva fidarsi?
Blaine.
Stava facendo tardi per il glee club.
“non abbiamo nemmeno iniziato con la prima base e già corri verso la seconda. Osservami un altro po’, forse capirai che non sono nemmeno quel tipo di persona” disse facendo per alzarsi e Zack scoppiò a ridere,
“hai appena sfatato un cliché gay antico come il mondo facendo una brillante analogia sportiva, Hummel. Sei un ragazzo ricco di sorprese”
“Ci vediamo in giro Zack” mormorò lui, un po’ lusingato e un po’ a disagio con tutto quello che Zack portava con sé.
“puoi scommetterci Kurt” disse prendendo un’altra sigaretta dalla tasca dei pantaloni e accendendola mentre seguiva l’altro con lo sguardo.
E di nuovo come quel giorno al campo, una volta incontrati gli occhi di Blaine, tutto quello che era successo prima, era rimasto fuori dall’aula.
 
Era assurdo come potessero cambiare le cose.
Era assurdo come neanche cinque minuti prima Kurt sentiva l’adrenalina per tutto il corpo e la bocca in fiamme e cinque minuti dopo tutto di lui era concentrato su Blaine.
Blaine che lo guardava prima preoccupato poi incuriosito.. Blaine che con la scusa di offrirgli il solito caffè che portava per tutti gli aveva sfiorato la mano e avvicinandosi un po’ di più gli aveva chiesto se stava bene.
“mi sembri.. diverso” aveva mormorato sedendosi di fianco a lui per fare spazio a Mercedes che si era offerta di cantare la prima canzone del giorno,
“va tutto bene?” aveva continuato, guardandolo di sottecchi,
“io.. sì, credo di sì” annuì 

“lo credi? Si tratta ancora di Karofsky?”
“n-no. No, va tutto bene” Blaine sospirò e gli poggiò una mano sul ginocchio stringendoglielo appena prima di alzarsi e tornare alla sua postazione di fianco al piano.
 
Perché?
Kurt si chiedeva perché quel tocco lieve e forse casuale gli faceva stringere le budella e fermare il cuore, come invece i baci di Zack non facevano.
Perché Kurt era stato appena baciato da un ragazzo bello, un ragazzo che molte avrebbero voluto e lui riusciva solo a pensare alle piccole attenzioni di Blaine?
Perché? Cos’aveva di sbagliato?
 
“in che guaio ti sei appena cacciato?” aveva domandato Mercedes una volta sedutasi di fianco a lui, dove era stato seduto Blaine solo pochi minuti prima,
“di cosa stai parlando?” chiese lui,
“hai la faccia di chi si sente in colpa per qualcosa”
“sono un idiota Cedes.” Aveva sospirato lui esasperato,
“lo sei”
 
Oh si che lo era.
Lo era eccome, se si era ritrovato a spiegare tutto ai suoi amici Nick e Jeff.
Era davvero un idiota visto che li aveva ascoltati come se dalla loro bocca potesse mai uscire qualcosa di buono.
“è il karma Kurt. ti sta mandando dei segnali. Zack è il segnale! Devi smetterla di torturarti per una storia che non potrà mai esserci e provarci con questo favoloso giocatore di football dagli occhi furbi e delle spalle meravigliose.. e cazz-Kurt questo tipo è un figo!” aveva urlato Jeff ricevendo un pizzicotto sul braccio da Nick che aveva borbottato qualcosa su steroidi e plastica,
“come fai a dire che è un figo?”
“sto stalkerando il suo profilo facebook ovviamente! Lascia perdere quel professorino e buttati su questo bocconcino” aveva continuato Jeff, poi Kurt sentì qualche schiamazzo e alla fine la voce di Nick che urlava infuriato a Jeff di mettersi a studiare e finirla di essere uno stupido idiota,
“Kurt? ci sei ancora?” aveva chiesto poi l’amico affannando un po’,
“ci sono”
“quello che Jeff voleva dire era che, questo Zack sembra più giusto per te di Anderson. Perché avanti, lui è un insegnante e non potrà mai essere interessato a te nel modo in cui vorresti. Lui cerca soltanto di aiutarti in quanto suo studente e non devi vederci niente di più in questo. Zack invece, ti ha aiutato ieri perché voleva farlo, perché gli interessi nel modo in cui tu vuoi interessare a qualcuno, ti ha baciato perché gli piaci. Ora, non dico che deve diventare la storia della tua vita, ma dico di provarci.”
“dovrei nascondermi comunque, dovrei comunque mentire su come mi sento con le altre persone perché nessuno può saperlo. È un po’ come con Blaine, il che è estenuante”
“le cose con Zack possono sempre cambiare, ma Blaine resterebbe comunque un tuo insegnante.”
“okay, hai ragione. Non costa nulla provarci, no?”
“no”

“ci sentiamo domani? Salutami Jeff”
“a domani allora”
 
E in quelle settimane era cambiato tutto fuori ma non nella testa di Kurt.
Ci stava provando però, stava provandoci a provarci, ma non sempre ci riusciva.
 
Zack era avvincente e gli dava quel pizzico di euforia di cui aveva bisogno ma non era abbastanza.
Non lo era.
Si vedevano come e quando potevano e di solito era il bagno delle ragazze, quello del secondo piano che per qualche motivo sconosciuto restava sempre vuoto.
Era capitato una volta, quando Zack era riuscito a convincerlo, di saltare un’ora di scuola e salire sul tetto dell’edificio, lì dove non c’era mai nessuno.
Solo che l’atmosfera si era riscaldata in fretta e tenere a bada le mani e la bocca di Zack fu più difficile, lì dove nessuno poteva sentirli e non ci salirono più.
 
Avevano preso anche una strana abitudine, la preferita di Kurt, quella che più aspettava e lo faceva sentire molto più emozionato che di quelle sessioni di pomiciate in bagno che finivano sempre con un Zack troppo frustrato e un Kurt che con un ultimo bacio casto si sistemava la camicia e filava via: il caffè da Books&coffe.
 
Kurt gli aveva assicurato che nessuno del Mckinley mettesse piede in quel posto e che se pur avessero incontrato qualcuno della loro scuola, loro avrebbero potuto inventare qualche compito a cui dovevano lavorare insieme,
“voglio conoscere chi ho di fronte.. voglio potermi fidare di te e..” Zack alzò gli occhi al cielo e sbuffò,
“ho capito, fai il prezioso perché vuoi le cose romantiche. Andiamo in questo caffè letterario, però il caffè lo paghi tu” scherzò mentre si alzava da quella vecchia panchina sgangherata e aiutava l’altro a fare lo stesso,
“ah, cosa deve fare un ragazzo per entrare nei pantaloni di un altro” aveva detto Zack e Kurt alzò gli occhi al cielo e sbuffò, più infastidito che divertito.. perché per quanto quello di Zack era un tono divertito di scherzoso però non aveva detto niente e lo aveva capito Kurt, certo che lo aveva capito e se i primi giorni quello poteva essere lusinghiero.. ora era soltanto fastidioso.
 
Era fastidioso, perché Kurt non lo voleva e non perché non era pronto.
Non lo era stato con Chandler all’epoca, perché il loro era davvero un rapporto poco convenzionale  e per altri mille svariati motivi.
Ma ora lo era, lo era eccome.. solo non con Zack.
 
La prima volta che entrarono da books&coffee Kurt prese il suo solito tè e Zack aveva chiesto a Santana di portargli il dolce della casa e quando questa si presentò col dolce e con una tazza di caffè per lui offerta da lei, Kurt aveva capito che non era entrato nelle sue grazie.
Il caffè faceva schifo e Santana lo offriva solo a chi volesse non vedere mai più varcare la soglia del locale.
“ti sei fatto un amico e non me lo hai detto Kurt?” aveva detto poi Santana guardando fisso l’altro,
“lui è Zack un mio compagno di scuola, lei è Santana una mia strana amica” fece le presentazioni Kurt, notando il disagio di lui e lo sguardo inceneritore di lei,
“spero che il caffè ti piaccia. Gli amici di Kurt, sono anche amici miei” aveva detto lei girando i tacchi e tornando al bancone.
 
No, Zack non sarebbe mai stato amico di Santana.
Ma di Kurt sì, perché diversamente da come aveva pensato lui, Zack era un buon ascoltatore e un discreto interlocutore.
Avevano poco in comune, ma avevano però molto su cui discutere.
“Questa volta sei stato tu a sfatare un mito” aveva detto alla fine Kurt quando uscirono dal locale, con una Santana che continuava a rifilargli occhiate circospette,
“di quale mito parli?” domandò lui curioso,
“quello dei giocatori di football che non sanno fare altro che tirare una palla e far crescere gli addominali” Zack scoppiò a ridere e gli scoccò un bacio sulla guancia,
“sono un ragazzo pieno di sorprese se solo ti prendessi la libertà di scoprirlo” disse con tono malizioso e Kurt sbuffò e gli diede un schiaffo scherzoso al braccio,
“che ne dici se domani torniamo qui per studiare?” domandò poi,
“se vuoi tornare qui, allora devi dire alla tua amica di non offrirmi più caffè o potrei morire avvelenato”
“lo farò, ma non ti prometto niente”
“come io non ti prometto che verrò qui con l’intenzione di studiare”
 
 
Il giorno dello Scandals era arrivato, ma Kurt ancora non lo sapeva..
Semplicemente quella mattina, come ogni giorno a scuola, c’era la pausa pranzo e Kurt prima di correre da Zack come sempre da due settimane a quella parte aveva deciso di andare nella classe di Blaine per parlargli dell’esibizione che non avrebbe fatto per decidere chi avrebbe cantato l’assolo alle provinciali.
Solo che quando arrivò davanti alla porta dell’aula e fece per bussare, Kurt si fermò in tempo sentendo dall’altra parte la voce di Blaine parlare con qualcuno.
Kurt sapeva che non erano buone maniere origliare e nemmeno aveva avuto l’intenzione di farlo, solo che Blaine aveva parlato prima ancora che lui riuscisse ad andarsene a voce così alta da sentirlo senza avvicinarsi troppo..
“lo so, lo so e mi dispiace.. questa scuola mi distrugge, ma non è vero che non ho tempo per te, io ho sempre tempo per te! Domani mi farò perdonare, te lo prometto, passeremo l’intera giornata insieme, okay?” aveva detto e poi ci fu un silenzio carico di tensione almeno per Kurt, che era rimasto pietrificato da quello che aveva sentito, col cuore in gola e l’immagine delle dita di Blaine con il segno dell’anulare che parlava da sé.
Lo sentì ridere poi, sicuro ora che fosse al telefono,
“quante volte devo ancora dirti che Sebastian è e rimarrà sempre solo un amico? devi smetterla-“ non ascoltò altro Kurt e corse.
 
Corse e fuggì prima che potesse sentire “..di volermi vedere sistemato con lui, mamma”.
Era lontano ormai da Blaine.
Lontano anni luce dal sentirsi bene.
E non era così che doveva andare, Kurt voleva solo smetterla di sentirsi un’idiota.
 
Si era ritrovato immischiato in una situazione al quanto scomoda senza neanche accorgersene, aveva lasciato che il suo cuore facesse i propri passi senza fermarlo, nonostante gli avvertimenti di tutti.
Nick e Jeff glielo avevano detto, ripetuto più volte che quello di Blaine era semplicemente attenzione di un insegnante verso un suo studente, anche Blaine era stato chiaro, ma Kurt aveva voluto vederci dietro molto di più.
Il suo stupido cuore l’aveva voluto e con Zack non ci aveva neanche provato davvero.
Per quanto lo vedesse tutti i giorni, per quanto fosse lui quello che baciava e stringeva e sorrideva malizioso, per quanto fosse lui quello che gli nascondeva stupidi biglietti all’armadietto, Kurt aveva avuto sempre e solo Blaine nella testa.
Blaine a cui non interessava niente di lui.
Blaine che era un suo insegnante e basta.
Blaine che prima di tutto quello gli aveva dato il suo numero di cellulare, magari solo perché in un periodo di crisi con il suo fidanzato.
 
Era un uomo Blaine, lo era sempre stato.. anche prima che diventasse il suo insegnate.
Non avrebbe mai potuto esserci niente.
Era stato uno stupido prima e un cretino adesso a credere in un castello costruito in aria.
 
Correva Kurt, perché tutta la situazione gli era sfuggita di mano, come le lacrime di rabbia sfuggivano dai suoi occhi.
Correva perché si andava stretto in quei panni e perché la verità era che non ci aveva provato abbastanza a cambiare quella situazione.
 
La verità era che Kurt non ci aveva provato per niente con Zack, vivendo soltanto di quei piccoli insignificanti momenti con Blaine.
Stupido, stupido, stupido.
 
Zack.
Era lui quello giusto, quello che dovrebbe far battere il cuore ad un adolescente alle prese con la sua prima storia d’amore.
Zack era quello che ogni ragazzo dovrebbe ricordare come la cotta storica del liceo.. Zack che lo stava aspettando nel bagno delle ragazze al secondo piano.
 
Kurt si asciugò le lacrime, si sistemò i capelli e prese un profondo respiro cercando di rallentare i battiti e darsi un contegno, trovando dentro di lui, chissà dove e chissà come una caparbia determinazione.
Tutta nuova.
 
“Zack?” lo chiamò chiudendo la porta dietro di sé,
“oh pensavo ti fossi dimenticato di me”
“mai” disse lui sicuro aprendo lo sportello dell’ultimo bagno e infilandosi dentro con l’altro che stava apertamente sorridendo con una sigaretta ancora spenta tra le labbra.
Sigaretta che Kurt gettò a terra per impossessarsi della sua bocca e baciarlo come non aveva mai fatto.
Per dimenticare e provarci sul serio.
E se baciava più forte, più vicino, più famelico allora riusciva davvero a dimenticare. Lui lo sapeva per questo aveva sempre fermato Zack ad un certo punto e per questo non lo fece quella volta.
Le sue mani vagavano sulla schiena dell’altro, la sua bocca stava torturando il collo di Zack, cercando il punto sensibile, giocando col pomo d’adamo, percorrendo con la lingua quella vena che portava dritto al cuore.
E Zack non stava perdendo tempo, lo prese per i fianchi e lo poggiò al muro facendogli intrecciare le gambe dietro la sua schiena per sentirlo più vicino e per fargli sentire l’urgenza.
Quella che Kurt aveva sempre evitato di sentire.
I loro respiri erano diventati affannosi, e lì si stava troppo stretti e le mani di Zack erano sul suo fondoschiena che spingeva e gemeva ad ogni piccola frizione costretti in quegli scomodi jeans..
“Kurt, Dio Kurt” aveva mormorato chiudendo gli occhi e aprendo la bocca per un altro bacio sporco,
“Oh- Zack.. non qui, non ora.. ma questa sera. Usciamo.. io e te” aveva mormorato tra un bacio sulla bocca e un morso,
“dove? è Lima e-Gesù”
“Westerville, potremmo andare al cinema a Westerville oh-cazzo, non lo so” Zack si era seduto sulla tazza del water con Kurt seduto a cavalcioni su di lui e le mani che vagavano sulla zip dei pantaloni per cercare un po’ di sollievo,
“lo Scandals. Andiamo allo Scandals” aveva sussurrato Zack leccandogli il lobo per poi scendere più giù fin dove il colletto della camicia ampiamente sbottonato permetteva,
“come facciamo a- non abbiamo l’età per-“ Kurt stava facendo fatica a controllarsi.
Ma d’altro canto stava riuscendo nell’intento di non pensare a niente, se non alle mani di Zack su di lui,
“fidati di me”
 
Si era fidato Kurt ed era andato allo Scandals perché ci stava provando.

 
 

Angolo WallFlower_
 
Umh, rieccomi.
Non è mai troppo tardi per un aggiornamento.
 
Questo capitolo è davvero pieno.. pieno di tutto tranne che di Klaine, ma dovevo mettere tutto insieme in un unico capitolo per dare poi lo spazio meritato, tutto a loro.
 
Non considerate questo tizio un terzo in comodo dato che di vera relazione Klaine ancora non c’è niente se non delle piccole basi e spero che si sia comunque capito che questo giocatore di football non avrà nessuna possibilità contro Blaine.
 
Uh, spero che la piccola parentesi su "il vecchio e il mare" non sia stato troppo pesante.. è un pezzettino importante per me.
è stato un mio vecchio scritto, quando ero ancora al liceo e il mio professore mi aveva consigliato quella lettura quando ero un po' giù.
Il mio professore ha apprezzato, voi non lo so.. ma spero di si! xD


Okay, beh.. come sempre dimentico cosa dover dire, quindi lascio ancora tutti i commenti a voi.
 
Ancora un grazie di cuore a voi che mi seguite con molta pazienza aspettando aggiornamenti ogni mille anni.
 
Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento.
 
Alla prossima guys!

La mia pagina autore --> https://www.facebook.com/Wallflowerefp

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Capitolo 5
*** Lo Scandals e qualche drink di troppo, dopo. ***


Capitolo 4


Quando Blaine era entrato in quello squallido locale, tutto quello che avrebbe voluto fare era tornarsene a casa, infilarsi sotto le coperte e rileggersi per la seconda volta quella settimana “il vecchio e il mare” di Hemingway.. ma aveva promesso a sé stesso che avrebbe dimenticato quegli occhi azzurri e ipnotici che gli insinuavano nella testa pensieri inopportuni.
Lo Scandals però sembrava che non potesse offrirgli nient’altro che drink scadenti come distrazione.. non che si fosse guardato intorno, semplicemente aveva seguito Sebastian al bancone e si era seduto di fianco a lui sperando che la sua espressione corrucciata tenesse lontano qualsiasi tipo di persona volesse avvicinarsi.
“Qual è il tuo problema?” domandò Sebastian senza smettere di cercare le gambe di Santana tra la folla,
“questo posto è molto più squallido di come lo ricordavo. E sono sicuro che Cher lì di fianco a te è la stessa di dieci anni fa.. il che mi deprime un po’” disse Blaine chiamando con un gesto della mano la giovane barista per ordinare un Cuba Libre per lui e un Gin Tonic per Sebastian.
“fattelo bastare per tutta la serata. Perché tu mi hai trascinato qui, tu mi riporti a casa” borbottò Blaine, quando la barista gli mise davanti i loro drink,
“non ho intenzione di bere questa sera” rispose asciutto Sebastian prendendosi però il suo bicchiere.
 
“oh oh ora si che la serata si fa interessante” disse Santana sedendosi con le gambe incrociate sul bancone tra Blaine e Sebastian.. guardando il primo con aria civettuola,
“niente cose a tre Santana, mi dispiace.. ma mi piacciono le cose vecchio stile” sputò Blaine ricevendo in cambio uno scappellotto dietro la testa da Seb e una risata sguaiata di Santana,
“oh professorino, neanche ci avevo minimamente pensato.. non ci crederai, ma mi piace avere tutta l’attenzione su di me in quei particolari momenti. Io parlavo di quello..” disse Santana indicando un punto preciso della pista da ballo davanti a lei.
 
Sebastian scattò in piedi prima che Blaine avesse anche solo potuto assimilare che quello che stava strusciandosi addosso ad un ragazzo era Kurt.
Kurt che dimenava i fianchi con un bicchiere vuoto in un mano e l’altra stretta tra i capelli di quello che doveva essere il giocatore di football.
Era evidentemente ubriaco e disinibito e in un locale in cui non avrebbe dovuto esserci.
 
Blaine si era alzato dallo sgabello, senza neanche capire di averlo fatto e Sebastian lo avrebbe fermato se Santana non fosse stata più veloce di lui.
Lo prese per il colletto della polo che stava indossando e lo obbligò di nuovo a sedersi al suo posto.
 
Blaine non riusciva a togliere gli occhi da quella assurda scena.
I fianchi di Kurt, la sua bocca, le sue mani.. non sarebbero dovuti essere lì, con quegli atteggiamenti.
Era scattato qualcosa dentro Blaine, che non sapeva decifrare e sinceramente in quel momento, nemmeno voleva farlo.
Tutto quello che avrebbe voluto fare era andare lì, trascinare Kurt lontano da quel tizio viscido che continuava a torturargli il collo e riportarlo a casa.
 
Era sbagliato, tutto era sbagliato.
Kurt ubriaco era sbagliato.
Quel ragazzo chiuso ancora nell’armadio che sembrava mangiarlo con gli occhi lo era.
Blaine che sentiva l’istinto di prendere a pugni il giocatore era maledettamente sbagliato.
 
“Ascoltami professorino” disse Santana sillabando le parole dritto nell’orecchio di Blaine, per farsi sentire nonostante la musica alta.
“Kurt è ubriaco, arrabbiato, determinato ad essere quello che non è ed evidentemente convinto di avere la situazione sotto controllo. È convinto di star giocando al suo gioco, quando invece quello ad avere le carte in mano è quel pallone gonfiato che guarda Kurt come se fosse un trofeo.” Santana scese dal bancone per fronteggiare Blaine e Sebastian e continuò, “Ora.. ho provato a parlargli prima che ingurgitasse più alcol della sua massa muscolare.. ma non ha fatto altro che ripetere che deve provarci, che è giovane e che deve vivere le possibilità che la vita gli offre come ogni altro ragazzo della sua età. Sinceramente, non so cosa gli stia passando per la testa.. ma una cosa la so, quel tizio.. quel Zack, non mi è piaciuto quando me lo ha presentato e non mi piace ora. È lui che gli ha procurato un documento falso, è lui che continua a offrirgli da bere ed è lui che lo ha portato qui dentro come primo appuntamento. Non mi piace quel tizio, non mi piace come si comporta con Kurt, non mi piace nemmeno come mi ha detto di farmi gli affari miei.” Si mise le mani sui fianchi prima di fare un cenno al suo capo, per dirgli che stava arrivando, “Kurt è ubriaco e sicuramente un incosciente.. e più gli dici di non fare una cosa, più sente il bisogno di farla. Per questo non puoi andare lì e dirgli di smetterla. Perché finiresti soltanto per convincerlo a chiudersi nel bagno con quello lì. Voglio solo che lo teniate d’occhio ora che io non posso farlo. Okay?” lei fece per andarsene ma Blaine la bloccò per un braccio, lasciando comunque lo sguardo fisso su Kurt,
“perché non hai chiamato la sicurezza per mandarli via ed evitare che si conciasse in quel modo?” chiese,
“perché sarebbero andati dove io non avrei potuto controllarli e non mi fido di quel ragazzetto oppresso per lasciarlo solo con Kurt”
“stanno insieme?” domandò allora Blaine,
“sono due settimane che quell’idiota cerca di entrare nei pantaloni di Kurt.. e non so cosa tu abbia fatto a Kurt per convincerlo che questa sia la sera giusta per fargli dare libero accesso” disse lei facendo spallucce prima di fare un occhiolino a Sebastian e allontanarsi dietro le quinte del locale per sistemarsi il trucco.
“non ho fatto niente” borbottò Blaine prendendo un ultimo sorso del suo drink.. prima di trascinare Sebastian al centro della pista e cercare di attirare l’attenzione di Kurt.
 
Non ci volle molto prima che Kurt si accorgesse di lui.
In effetti non ci volle molto per Blaine e Sebastian a far cadere tutta l’attenzione della pista su di loro.
 
Infondo Sebastian era stato il re dello Scandals un tempo e Blaine sapeva come muoversi insieme all’altro.
“che stai facendo?” sibilò però Sebastian all’orecchio dell’amico,
“sto controllando Kurt” disse sicuro lui slacciandosi il papillon e Sebastian stava per andarsene e lasciare Blaine da solo a sbrigarsela con quella situazione, quando vide Santana salire sul palco, insieme a due altri ballerini..
“perché non prendere due piccioni con una fava?” domandò allora ammiccando verso Blaine, spingendolo a salire sul cubo libero di fianco al palco.
 
“oh-quello è B-Blaine?” balbettò Kurt a Zack mentre quello ancora continuava a strusciarsi su di lui, incurante di tutto il clamore che si era scatenato sulla pista,
“chi?” domandò Zack stringendo possessivo i fianchi di Kurt.
“ne-nessuno”
 
Non poteva essere che quello fosse Blaine.
Cioè poteva essere.. ma non lo era.
Era semplicemente un altro effetto dell’alcol. Oltre a farlo sudare, perdere la lucidità, gli dava pure le allucinazioni.
Belle e peccaminose allucinazioni di un Blaine con dei pantaloni rossi attillati ed una polo nera che gli fasciava le braccia in una maniera favolosa.
Blaine che si muoveva famelico intorno a Sebastian.. troppo vicino a Sebastian.
Era impossibile che era Blaine senza gel, che stava ballando sul cubo tra Santana e Smythe, senza un po’ di pudore guardandolo dritto negli occhi.
 
Occhi che Kurt non poteva giurare, ma sembravano neri di rabbia e determinazione e desiderio?
Dio, ma lui stava lì con Zack.. proprio per togliersi dalla testa quegli occhi.
Quegli occhi meravigliosi, che non importava se fossero felici o pensierosi, tristi o desiderosi, arrabbiati o indifferenti.. erano comunque bellissimi.
Sempre.
 
“ehi, sei ancora con me?” domandò lascivo Zack al suo orecchio quando questi non lo stava più seguendo con i fianchi,
“si, si” rispose Kurt, perché era impossibile che lì ci fosse Blaine e se si fosse avvicinato ancora di più a Zack e se lo avesse baciato ancora più forte e più deciso, quegli occhi se ne sarebbero andati e il pensiero di lui sarebbe scomparso.
 
Perché doveva provarci.
 
Ma poi Blaine era lì, anche se le luci erano fastidiose e vedeva poco, Kurt sentiva il suo profumo, era lì dietro di lui e si muoveva sinuoso insieme a Santana. E sentiva le sue spalle sfregare contro le sue..
E le allucinazioni possono anche far sentire gli odori?
Lui non lo sapeva, ma se così non fosse.. allora non era solo ubriaco.. ma forse anche pazzo.
Aveva bisogno di un po’ d’aria, per questo indicò la porta o quella che doveva essere la via per la porta e fece per trascinare con sé Zack.
 
Ma riuscì soltanto a scendere dal cubo prima che Zack gli fosse portato via e si ritrovasse Blaine di fronte a lui.
“oddio ma cos’è? un punizione divina del Karma?” sbottò lui chiudendo gli occhi e tirando un gran respiro,
“ciao anche a te” rispose Blaine alzando un sopracciglio confuso, “ci sediamo?” domandò direttamente nell’orecchio di Kurt,
“Dio, ma quanto era forte quel drink?” disse invece l’altro portandosi le mani tra i capelli e sbattendo ripetutamente gli occhi sperando che quella allucinazione, che addirittura gli parlava, sparisse.
“parecchio, immagino.” Blaine lo prese per mano e lo trascinò al bancone, ordinando un altro Cuba Libre per lui e dell’acqua per Kurt.
 
“non dovresti essere qui, Kurt.. e non dovresti bere così tanto”
“chi sei, mio padre?” sbottò lui e senza aspettare una risposta continuò, “oh aspetta. Sei l’insegnante caritatevole che si preoccupa per i suoi studenti. Stai tranquillo, ho fatto i compiti” disse acido facendo per alzarsi, ma Blaine lo bloccò costringendolo di nuovo a sedersi,
“Kurt? cosa c’è che non va?”
“tu” sbottò,
“io”
“si tu. Qui. a scuola. Tu. Sempre.”
“cosa vuoi dire?” domandò Blaine, cercando di trovare quegli occhi che non volevano saperne di farsi prendere,
“voglio dire, Professor Anderson.. che può anche smettere di interessarsi ai miei casini. So gestirli molto bene. da solo. Un margarita” urlò alla fine alla barista,
“credi di star gestendo bene l’alcol e quel tizio che ti porti dietro?” domandò Blaine
“certo”
“bene, allora buon proseguimento di serata”
 
“la prossima volta controlla i documenti prima di dare alcol a chiunque si avvicini a questo fottuto bar” disse Blaine alla ragazza perché era arrabbiato, perché Kurt era ubriaco e se n’era andato, era arrabbiato perché non sapeva cosa avesse scatenato tanta collera in Kurt.
Era arrabbiato ancora di più perché si era arrabbiato.
“da quanto tempo sei seduto qui?” aveva chiesto Sebastian facendo allontanare un uomo di mezza età che si era seduto di fianco a Blaine con l’intento di rimorchiare,
“da un po’.. cosa vuoi?”  aveva borbottato l’altro alzando gli occhi al cielo e indicando l’uomo che era appena andato via, “è anche lui un professore. Ti rendi conto? È la versione vecchia di me”
“dov’è Kurt?” chiese Sebastian senza mezzi termini, invece, scrutando la sala
“perché ti interessa?”
“perché Santana ci ha chiesto di tenerlo d’occhio. Dov’è il damerino?”
“non lo so. Ma tranquillo ha tutto sotto controllo”
“Blaine, dov’è?!” urlò esasperato Sebastian, facendo accendere un allarme nella testa di Blaine che si voltò a cercarlo tra la folla senza però trovarlo,
“in bagno, forse?” disse mordendosi il labbro inferiore senza sapere se essere ancora più arrabbiato o preoccupato.
“io vado a cercarlo in bagno, tu va a vedere nel parcheggio” sospirò frustrato Sebastian prima di dargli una pacca sulla spalla e allontanarsi.
 
Nel parcheggio, fu tutto veloce e surreale.
Un attimo prima Blaine era arrabbiato con sé stesso per primo e con Kurt poi, sentendosi un idiota colossale e un attimo dopo tutto quello che provava era paura.
 
Era quella paura che mosse i suoi istinti e lo fece correre verso le voci sommesse che sentiva.
 
Più correva, più le voci si facevano più vicine e forti, più la paura si impossessava di lui e non lo faceva pensare.
 
“avanti, avanti! Divertiamoci un po’!”
“io- no, non- no!”
 
Era Kurt, era lui.
Quello era il suo SUV.
 
Doveva correre Blaine.
 
“solo un po’ Kurtye. Avanti sciogliti un po’”
“Zack- no.. ti prego..” Kurt sembrava affannarsi e non riuscire ad urlare e Blaine non riusciva a sentirlo, a vederlo.
 
“KURT!” urlò ma prima che potesse anche solo avvicinarsi al SUV, Sebastian era già lì, uscito dalla porta sul retro e stava scaraventando fuori dall’auto Zack.
“un professore che prende a pugni uno studente è quello che non ti ci vuole” sputò Sebastian senza staccare gli occhi da quel viscido steso a terra con i pantaloni abbassati fino alle caviglie, mentre Blaine accorse nell’auto da Kurt.
 
Sebastian si abbassò su Zack prendendolo per il colletto della camicia, sentendo l’odio assalirgli ogni parte del corpo.
“potrei farti davvero male.. fino a quando non implorerai di smetterla ed io potrei continuare ancora” disse Sebastian a denti stretti guardandolo dritto negli occhi,
“se vuoi farti Hummel devi metterti in fila. Sto io per primo.. poi è tutto tuo” quelle parole colpirono Sebastian più di quanto desse a vedere, aprendo ferite che erano nascoste molto bene, ma che facevano ancora male.
Sempre male.
 
Blaine era entrato in auto dal lato opposto a Kurt e lo aveva aiutato a mettersi seduto.
Aveva gli occhi chiusi e umidi, le labbra martoriate, la camicia aperta come i pantaloni.. ma sembrava essere arrivato in tempo.
“ehi Kurt? stai bene? Kurt?” Blaine gli accarezzò i capelli e gli sistemò la camicia come meglio poteva senza toccarlo troppo,
“ti prego, dì qualcosa.. qualsiasi cosa, Kurt” mormorò Blaine e l’altro abbandonò la testa all’indietro sul sediolino e sospirò,
“-to bene” bofonchiò poi allontanando la mano di Blaine dalla sua fronte perché si sentiva soffocare e voleva aprire gli occhi ma non ci riusciva.
Ed era spaventoso.
“Dio Kurt” sussurrò Blaine cercando da qualche parte un po’ d’acqua da fargli bere.
 
“che succe- No! Sebastian!” anche Santana era corsa fuori, ancora con gli abiti di scena e il trucco pesante.
“Smythe!” urlò lei inginocchiandosi davanti a Zack proteggendogli il viso come poteva,
“Scostati Santana! Togliti di mezzo”
“cosa vuoi fare? ucciderlo?” urlò ancora lei guardando Sebastian dritto negli occhi e lui solo allora capì quello che stava facendo e lasciò andare il colletto del ragazzo per alzarsi.
“dov’è Kurt? cosa è successo?” chiese e Sebastian gli indicò il Suv ormai completamente buio.
Lei aprì la portiera e vedendo Kurt in quello stato non riuscì a reprimere le lacrime che le riempirono gli occhi,
“cosa gli ha fatto?” domandò con voce roca a Blaine che stava aiutando l’altro a bere dell’acqua che aveva trovato sotto al sediolino,
“niente.. credo.. Sebastian lo ha fermato in tempo” disse lui sospirando frustrato.
“Kurt?” lei chiamò l’amico prendendogli il viso tra le mani,
“Tana?” biascicò Kurt cercando di aprire gli occhi, senza però riuscirci ancora. Non riusciva nemmeno ad alzare un braccio per scostare le mani di lei dal suo viso accaldato.
 
Lo schiaffo che Santana gli tirò sulla guancia fu pieno di collera e preoccupazione.
“te lo meriti Kurt. sei un fottuto idiota incosciente. Un fottuto idiota. ora riprenditi, hai capito? Apri questi maledetti occhi e dimmi che stai bene” disse quelle parole con calma senza lasciare andare il viso di Kurt e nemmeno Blaine osò muovere un muscolo.
 
Kurt che sembrò prendere un respiro profondo prima di aprire lentamente gli occhi, lasciando che lacrime calde gli bagnassero il viso,
“sto bene” sussurrò questa volta più sicuro, guardando l’amica dritto negli occhi,
“non ti ha fatto niente, vero?” lui annuì e lei sospirò di sollievo, poi guardò Blaine,
“io devo tornare a lavoro. Lui non può tornare a casa in questo stato. Mi ha detto che suo padre crede che è andato ad un pigiama a party a casa di una sua amica e che domani passerà l’intera giornata a Westerville da Nick. Posso lasciarlo a te, Blaine?”
“tranquilla San. Ci penso io”
“grazie” fece lei prima di baciare la guancia arrossata di Kurt.
 
Sebastian era seduto sul cofano dell’auto di fianco al SUV e stava guardando il tizio a terra che sembrava morto, se non per il fatto che respirava ancora..
“quell’idiota sta addirittura ronfando” borbottò quando vide Santana avvicinarsi a lui,
“uhm.. lascialo perdere,  chiederò a qualcuno di riportarlo dentro e se non troverò nessuno che si occupi di lui, chiamerò un taxi che lo riporterà a casa”
“potresti anche lasciarlo a marcire li per terra”
“lo farei. Ma se trovano un cadavere fuori dal locale, questo poi verrà chiuso ed io non avrò più la mia paga extra” disse lei facendo scappare un sorriso sulle labbra di Sebastian,
“io devo andare. Ma grazie per essere venuto questa sera”
“non avevo progettato di sentirti dire questa frase in queste circostanze, ma va bene” Santana alzò gli occhi al cielo e sorrise,
“Smythe non tentare la mia pazienza, potrei mordere in questo momento” scherzò lei sporgendosi per un bacio sulla guancia,
“e questo cos’era? non sono mica tuo nonno!” sbottò lui ma Santana era già a metà strada per entrare allo Scandals con il dito medio alzato in aria, in bella mostra per Sebastian che rise di gusto.

*
 
“prendigli il cellulare” disse sicuro Sebastian quando aprì la portiera del suv e infilò la testa all’interno per poter guardare Blaine,
“ cosa? perché?”
“prendigli il cellulare o il portafogli così possiamo trovare il suo indirizzo e riaccompagnarlo a casa, avanti”
“non può andare a casa”
“tu guiderai la sua auto.. io ti seguirò con la mia e lo portiamo a casa”
“e cosa direi a suo padre? Salve sono il suo insegnante di letteratura. Non si preoccupi suo figlio sta bene è solo momentaneamente svenuto?”
“non sono svenuto” borbottò Kurt facendo sorridere Sebastian,
“ecco vedi? Non è svenuto! Sbrigati” ma Blaine scosse la testa e guardò Sebastian con quella luce di determinazione che l’altro sapeva non sarebbe riuscito a mandare via,
“okay, dimmi cosa vuoi fare”
“Santana mi ha chiesto di prendermi cura di lui ed è quello che farò. Quindi lo porterò a casa”
“e dimmi di Grazia, dove dovrebbe dormire se a stento ci entriamo noi in quel buco di appartamento?”
“tu dormirai con me e lui sul divano” disse sicuro e Sebastian avrebbe di sicuro rifiutato se Blaine non avesse menzionato il letto.
 
Dormire su di un letto. Quella sera era davvero tutto quello che potesse mai desiderare.
“okay e la sua macchina?”
“domani l’accompagnerò qui a riprendersela”disse Blaine e Sebastian annuì per poi aiutarlo a trascinare Kurt fino alla loro auto.
 
Prima di arrivare a casa Sebastian dovette fermarsi due volte per evitare che Kurt vomitasse sulla sua costosissima tappezzeria di pelle.
Blaine gli stette vicino tutto il tempo, gli mantenne la fronte, gli accarezzò i capelli e lasciò che si stendesse su di lui in auto e che si addormentasse.
 
Salire fino al terzo piano con Kurt collassato sulle sue spalle non fu affatto facile e Sebastian non fu per niente d’aiuto, ma alla fine era riuscito a sistemarlo sul divano e a togliergli almeno le scarpe.
Ma non aveva fatto in tempo a spegnere le luci che Kurt caracollò a terra poco elegantemente continuando però a dormire,
“non ci pensare nemmeno” sibilò Sebastian puntando il dito contro Blaine,
“finirà per farsi male Seb, e svegliare Rachel.. lo porto in camera. Tu dormi sul divano”
“non erano questi i patti” bofonchiò l’altro ma Blaine non lo stava nemmeno ascoltando concentrato com’era a prendere Kurt tra le braccia per portarlo in camera, senza far del male a lui o a sé stesso.
 
 
Kurt si svegliò poche ore dopo, non ricordando niente di quello che era successo e di dove si trovasse in quel momento.
Scattò a sedere troppo velocemente avvertendo troppo tardi le fastidiose vertigini e il martellare insistente nella sua testa.
Si guardò intorno spaesato e pure un po’ spaventato, cercando di mettere a fuoco la stanza e pure i suoi pensieri.
 
E se spremeva le meningi e provava ad attivare quei due poveri neuroni ancora rimasti nella sua testa, allora ricordava lo schiaffo di Santana e un viaggio in macchina con Blaine, dove aveva vomitato due volte e aveva capito tra un rigurgito e un altro che quello che aveva visto allo Scandals in un pantalone oscenamente attillato non era un’allucinazione ma Blaine in carne ed ossa.
 
Ed ora, se proprio la sua mente non gli giocava brutti scherzi lui doveva essere proprio a casa sua, nel suo letto.
Il che, per quanto fosse in un brutta fase post sbornia, gli faceva capire che era tutto tremendamente sbagliato.
Cavolo! Era andato allo Scandals per dimenticarsi di Blaine, per mettere la parola fine a tutto quello che la sua mente aveva fabbricato in quei mesi cercando di allontanarsi da lui il più in fretta possibile, e invece contro ogni buona intenzione si era ritrovato addormentato nel suo letto.
 
Doveva uscire di lì e di corsa.
Così cercando di fare meno rumore possibile scese dal letto, non dando peso alle vertigini e al senso di nausea che aveva e cercò le sue cose.
Scarpe, cellulare e chiavi dell’auto erano state ordinatamente lasciate ai piedi del letto su di una panca di legno e ringraziò mentalmente Blaine, per essere così ordinato e corse via senza permettere ai suoi occhi, ormai abituati al buio di soffermarsi sulla figura teneramente addormentata del ragazzo su quella scomoda poltrona.
*
 
“mi hai fatto prendere un colpo Kurt! cosa ci fai qui fuori alle quattro di mattina?” disse Blaine correndo per le scale fino a raggiungere Kurt sull’ultimo scalino dov’era seduto con le braccia intorno al busto per tenersi stretto quel po’ di calore che gli dava il suo corpo,
“quando sono sceso non ho trovato la mia macchina, quindi ho pensato che stesse ancora al parcheggio dello Scandals.. e allora volevo arrivarci camminando, solo che sono così confuso da non riuscire nemmeno a capire in che parte della città mi trovo e quando poi mi sono deciso a tornare sopra, perché qui non fa particolarmente caldo mi sono ricordato che ovviamente non potevo entrare perché non ho le chiavi e suonare mi era sembrato davvero troppo-  quindi mi sono seduto qua aspettando che si facesse mattina” raccontò Kurt tenendo lo sguardo basso sui suoi piedi.
Sentì Blaine sospirare e avvicinarsi per posargli un braccio sulle spalle e strofinare le mani sul suo braccio come per dargli calore,
“torniamo dentro, okay? domani mattina ti riaccompagnerò alla tua macchina” mormorò lui ma Kurt scosse la testa e sbuffò,
“è davvero inappropriato. Davvero, davvero inappropriato. Sei un mio insegnante Blaine. Non posso dormire a casa di un mio insegnante e se qualcuno lo venisse a sapere? È.. è- no, resterò qui fino a che non troverò qualcuno per chiedere indicazioni” Blaine alzò gli occhi al cielo e sorrise,
“non credi che sia più pericoloso restare seduto fuori casa del tuo insegnante, allora?” sembrava sensato, pensò Kurt voltandosi a guardarsi intorno e allontanandosi da Blaine spaventato dal fatto che qualcuno potesse vederli,
“avanti, ti preparo un aspirina e ti rimetti a dormire. Nessuno lo saprà mai.”
 
Una volta in casa, capirono che stare attenti a non fare rumore sarebbe stato inutile visto che Sebastian era sveglio, seduto sul divano con il suo portatile sulle gambe, così Blaine andò in cucina per preparare quell’aspirina che aveva promesso a Kurt e l’altro lo seguì in cucina cercando di ignorare le parole acide di Sebastian senza riuscirci,
“cos’è? sei così ubriaco da non ricordare nemmeno la strada di casa?” lo rimbeccò Smythe e Kurt alzò il dito medio in sua direzione sbuffando,
“cos’è? i tuoi libri sono così scritti male che con quelli che vendi neanche riesci ad averla una casa tua?” sbottò Kurt rosso in viso facendo ridere Blaine e grugnire Sebastian per l’irritazione,
 
“come mai sei sveglio?” domandò Blaine mettendo il bicchiere nelle mani di Kurt e poggiandosi allo stipite della porta guardando l’amico dispiaciuto,
“grazie al damerino e agli assurdi eventi di questa favolosa serata, mi sono ricordato tutte le favolose idee che avevo per il libro e stavo cercando di buttare giù qualcosa” borbottò ironico Sebastian facendo spallucce,
“di quali assurdi eventi parli?” domandò confuso Kurt mentre guardava Blaine correre ad abbracciare Sebastian in una maniera fin troppo intima per non metterlo a disagio,
“Dio, non ti ricordi niente della serata?” borbottò con difficoltà Smythe allontanando Blaine da sé e guardando Kurt come se quello fosse più importante, il che aveva ancora di più scombussolato il ragazzo che aveva buttato giù l’aspirina sperando che facesse presto il suo effetto e che l’intera nebbia sparisse dalla sua testa,
“cosa dovrei ricordare?” chiese guardando prima Blaine e poi Sebastian,
“di cambiare compagnia perlomeno”
“stai parlando di Zack? Oh ma dov-“ Blaine lo bloccò guardandolo con occhi pieni di scuse,
“Kurt? avrei bisogno di- potresti aspettarmi in camera? Arriverò subito e ti dirò tutto quello che vorrai sapere”
 
Una volta solo con Sebastian, Blaine riuscì pienamente a dare all’amico le attenzioni che si meritava sentendosi una pessima persona a non aver pensato prima a come potesse sentirsi lui.
 
“Bas, Dio io sono stato così distratto e sono un idiota. Davvero, io- come stai? ti prego dimmi che stai bene” bofonchiò Blaine con gli occhi lucidi, sentendo un peso enorme sulle spalle e sul cuore al ricordo di quello che l’altro aveva passato.
“Se non sto dando di matto io, non devi farlo nemmeno tu” bofonchiò Sebastian alzando gli occhi al cielo e mettendo via il computer che aveva avuto ancora sulle gambe fino a quel momento, guardando l’amico con un misto di affetto e stanchezza che provava ogni volta che aprivano quel discorso.
Non lo facevano spesso, nessuno dei due era a suo agio con quello.. ma a volte, come quella volta, parlare sembrava l’unica soluzione per mettere un cerotto alla ferita riaperta e andare avanti.
 
Era un po’ come camminare sul filo di un rasoio, consapevoli del fatto che alla prima incertezza sarebbero caduti su un enorme e doloroso letto di chiodi e non sarebbero sopravvissuti quella volta.
 
“tu non dai mai di matto per quello che è successo, non con me.. quando dovresti farlo, con me.” disse Blaine facendo spallucce e sorridendo triste perché sapeva che per quanto Sebastian stesse bene ora, nessun abbraccio e nessuna parola sarebbe stata capace di guarire la ferita.
Tutto quello che poteva fare era mettere cerotti, uno sopra l’altro.
Una montagna di cerotti per nascondere la cicatrice, sempre fresca.
“Blaine, no. Lo sai tu non- non è colpa tua, okay? e ad essere sincero.. ho sfogato un po’ sulla faccia di quel Zack.. quindi sto bene” disse Sebastian dandogli una pacca sulla coscia,
“lo sai che quel ragazzo non era- e Kurt non-“ stava balbettando Blaine senza riuscire a portare a termine una frase completa,
“si lo so, tranquillo Anderson. Ora va’ di là a controllare che il damerino non sia scappato dalla finestra”
 
“credi che dovrei raccontargli ogni cosa? voglio dire, tu vorresti poter dimenticare no?” domandò Blaine sulla soglia del corridoio guardando Sebastian esitante,
“io sì, a volte vorrei non ricordare. Ma sinceramente Blaine, l’ignoranza non fa mai bene e tu lo sai.. e per quanto riguarda Hummel lui merita di sapere per capire che tipo di persona ha accanto” l’altro annuì e gli augurò una buonanotte, promettendogli che quando ci sarebbe stato tempo avrebbero parlato di quel libro che stava scrivendo,
“non me ne frega niente del Pulitzer.. non mi interessa cosa o chi vuoi denunciare. Voglio che tu stia bene” gli aveva detto Blaine e Sebastian lo capì, davvero.
Ma non avrebbe mollato di nuovo.
Ora era pronto e con tutte le difficoltà del caso avrebbe scritto quel libro e chiuso quel capitolo della sua vita, insieme a quelle cicatrici che di tanto in tanto ancora sanguinavano.
 
Kurt non sapeva davvero che fare una volta in camera di Blaine, ma doveva comunque mettersi a fare qualcosa per non origliare e per non addormentarsi.
 
Guardarsi intorno era come origliare nella vita di Blaine, ma cos’altro avrebbe potuto fare?
Stava osservando una foto di un Blaine più giovane insieme a quella che doveva essere la madre quando questi entrò in camera buttandosi sul letto nascondendo il viso nel cuscino.
“pensavo ti fossi addormentato” borbottò facendosi sentire a stento da Kurt che aveva rimesso a posto la foto e non sapeva che fare,
“io no.. è tutto okay?” chiese e Blaine si mise a sedere ai piedi del letto picchiettando il posto di fianco a lui, invitando Kurt a raggiungerlo,
“Kurt? Davvero non ricordi nulla di questa serata?” cominciò Blaine quando l’altro se pur restio si era seduto di fianco a lui,
“io ricordo di aver bevuto qualche drink troppo forte, di aver ballato con Zack.. di aver visto te e poi mi ricordo lo schiaffo di Santana ed io che cercavo di vomitare lontano dalle mie scarpe.” Kurt fece spallucce mordendosi il labbro.
Blaine intanto si sistemò meglio sul letto, schiarendosi la voce, attento e alla ricerca delle parole giuste per raccontare quello che aveva visto.
 
Kurt sembrò percepire l’aria tesa perché cercò di giustificarsi, senza neanche sapere cosa fosse realmente successo,
“io e Zack abbiamo bevuto molto..ma davvero tanto e non eravamo in noi. Voglio dire, qualsiasi cosa abbiamo fatto è stata indotta dall’alcol. Mi dispiace davvero, davvero tanto se ho messo in imbarazzo o a disagio te o Sebastian. Davvero.. io non-“ Blaine gli prese le mani tra le sue e sorrise scuotendo la testa, “non hai fatto niente tu e non- credo che sia un po’ più complicato di così. Ascoltami okay?” Kurt annuì impacciato, sentendo l’esigenza di avvicinarsi un po’ di più e allontanarsi da lì nello stesso momento.
 
Kurt non riuscì nemmeno ad ascoltare per intero la storia, lasciò andare le mani di Blaine come scottato, sentendo le lacrime formarsi agli angoli degli occhi e la testa ancora annebbiata.
Camminava per la stanza, cercando di ricordare senza riuscirci e reprimendo l’istinto di raggiungere Zack dovunque fosse per chiedergli spiegazioni.
 
“io- e se voi non foste arrivati? E se- lui non è- Zack non.. io ho lasciato credergli che-” Blaine fermò quel fiume in piena di parole balbettate insieme a singhiozzi, mettendosi in ginocchio sul letto e trasciandolo in un abbraccio.
Lo strinse forte e lo rassicurò che non fosse successo niente e che era normale sentirsi spaventati e aspettò che si calmasse prima di lasciarlo andare.
“ti prendo qualcosa di comodo. Lo indossi e vai a dormire, okay? domani saremo entrambi più lucidi e ne riparleremo, se vuoi. Va bene?” disse Blaine asciugandogli una lacrima che ancora gli rigava il viso, Kurt annuì sentendosi svuotato e completamente confuso.
 
 Rinfrescarsi il viso e mettersi dei vestiti comodi e puliti in quel momento fu un vero toccasana per Kurt, anche sedersi sul bordo della vasca e prendersi un minuto per sé stesso gli fu d’aiuto.
 
Era arrivato ad una conclusione riguardo Zack, era un bravo ragazzo, un po’ stronzo forse.. ma non era cattivo ne un approfittatore, era ubriaco e lui-Kurt- gli aveva dato da pensare che potevano divertirsi nel modo in cui Zack voleva.. infondo era stato lui ad avere l’idea di uscire insieme, era stato lui ad accettare di andare allo Scandals e di bere tutti i drink offertogli, era stato lui a ballare con lui in un modo che neanche riteneva opportuno e poi non ricordava come si fossero ritrovati nella sua auto.. ma era quasi sicuro di avercelo portato lui per una boccata d’aria.
 
Non voleva prendersi la colpa di quello che era successo.. ma soltanto le sue responsabilità.
 
Responsabilità che lo portarono ad uscire dal bagno di Blaine e a chiedersi cosa cavolo avrebbe dovuto fare lì.
 
“stai meglio?” domandò subito Blaine, alzando lo sguardo dal libro che stava leggendo e sistemandosi meglio su quella poltrona che di comodo non sembrava avere niente,
“io si, grazie” disse Kurt indicando poi il letto,
“qual è il tuo lato?” domandò alla fine,
“oh tranquillo, puoi dormire dove vuoi.. io resterò qui”
“Blaine, non posso lasciarti dormire su di una poltrona, quando in questo letto ci entreremmo persino in tre. Avanti. Prendi il tuo lato.” Kurt scostò le coperte e aspettò che Blaine decidesse dove stendersi,
“Kurt, non voglio che tu ti senta a disagio, questa poltrona non è davvero scomoda”
“okay, allora lascia dormire me lì” disse Kurt mettendosi davanti a lui con le braccia al petto e il peso che spostava da un piede all’altro impaziente.
Blaine alla fine sospirò e si decise ad alzarsi e mettersi davanti alla parte destra del letto,
“sei sicuro che per te va bene? possiamo mettere dei cuscini al centro e-“ Kurt alzò gli occhi al cielo e si mise sotto le coperte,
“buonanotte Blaine” biascicò spegnendo la luce dell’abajour e sentendo subito dopo il fruscio delle coperte e il  calore di Blaine sotto di quelle.
 
Stavano guardando entrambi il soffitto della camera, completamente al buio, senza osare muoversi, sperando che prima o poi il sonno li prendesse.. ma era tremendamente difficile.
E Kurt sentiva il bisogno di parlare ancora, ora che ne aveva la possibilità.
Sentiva anche il bisogno di giustificarsi e giustificare.
 
“sai perché so che Zack è un bravo ragazzo?” domandò alla fine Kurt a bassa voce convinto che l’altro fosse sveglio quanto lui,
“no” mormorò Blaine voltandosi nello stesso momento di Kurt e ritrovandosi faccia a faccia a poca distanza, guardandosi negli occhi nell’oscurità della notte senza volersi spostare,
“okay, te lo dirò solo se mi assicuri che quello che ho davanti a me è il Blaine della caffetteria e non il Blaine insegnante”
“il Blaine della caffetteria?” domandò lui alzando un sopracciglio sorridendo,
“si, il ragazzo che ho conosciuto al Books&coffe e che sembra riuscire ad ascoltare molto bene” disse Kurt convinto,
“siamo a casa mia, nel mio letto.. è ovvio che sono il Blaine della caffetteria, non credi?”
“okay e questo Blaine potrebbe promettermi di non andare via fino a quando non ho finito di parlare?”
“proprio non ti piace il Blaine insegnante eh?” scherzò lui, ma poi annuì e aspettò che Kurt parlasse..
E lo fece, lui.
 
Gli raccontò di quel giorno negli spogliatoi del Mckinley quando Karofsky lo aveva spaventato come nessuno era mai riuscito a fare,
“lui aveva quella strana luce negli occhi e mi toccava come se non riuscisse a farne a meno e mi odiava, sembrava furioso e diceva che era colpa mia e che dovevo smetterla di essere quello che sono, di non esserne così fiero.. e poi stringeva sempre di più la presa sul collo e-“ Blaine scattò a sedere,
“perché diavolo non l’hai detto a nessuno?! Kurt! avevi promesso che me lo avresti detto! Dio, ti ha fatto male? Sei-“
“ehi!” lo fermò Kurt protestando, “avevi detto che-“
“lo so cos’ho detto! E sono ancora il Blaine della caffetteria Kurt! Ma quello che ha fatto Karofsky è-“ Kurt sbuffò e affondò la testa nel cuscino guardando il soffitto, aspettando che Blaine la piantasse di blaterare e tornasse ad ascoltarlo,
“hai finito? Perché io vorrei davvero arrivare al punto” disse e Blaine sospirò e poi si rimise sdraiato di fianco a Kurt,
“continua” disse più calmo,
“bene..” e gli raccontò dell’entrata di Zack, di quello che aveva detto a Karofsky e di come era stato gentile ad accompagnarlo fino alla macchina perché non si fidava a lasciarlo solo,
“beh e non ti sei chiesto perché un ragazzo che non se ne frega di nessuno, sia scappato ad una sola parola di Zack? Potrebbe essere anche più pericoloso di Karofsky” arrivò alla conclusione Blaine,
“il punto non è questo Blaine. Il punto è che Zack avrebbe potuto fare cameratismo di squadra e aggiungersi a Karofsky. Il punto è che avrebbe potuto prendermi a pugni come avrebbero fatto gli altri giocatori di football, invece lui non ci ha pensato due volte a mettersi contro Karofsky e difendermi. Mi ha aiutato anche se non era tenuto a farlo, si è esposto fregandosene di mettersi dalla parte del più debole. Capisci?” Blaine annuì avvicinandosi ancora un po’ a Kurt e prendendogli la mano che era poggiata sul cuscino, proprio davanti al suo viso,
“solo, potresti tenerti il beneficio del dubbio su quel Zack? Per favore? continua a non piacermi” borbottò Blaine e Kurt sorrise ed annuì,
“Dubbio è il mio secondo nome” scherzò e l’altro alzò gli occhi al cielo come per prenderlo in giro..
 
Restarono così sospesi in quella bolla di sapone, con le mani e gli occhi legati, respirando i loro respiri e facendosi bastare quello che avevano.. con la paura di addormentarsi e far scoppiare la bolla.
 
“quindi hai una storia con Zack?” sussurrò Blaine, perché in quel momento era come se tutto quello che gli impedisse di baciare Kurt, era il doverlo dividere con qualcun’ altro.
 
Non c’era nient’altro che Blaine riuscisse a pensare in quel momento se non Kurt.
Kurt e le sue labbra.
Kurt e le sue mani su di un altro.
Kurt e basta.
 
Come se fosse davvero solo il Blaine della caffetteria.
 
“non c’è nessuna storia” sussurrò in risposta Kurt, perché era la verità.
 
Era quella parte di verità che poteva dire nascosto nel buio della camera, era l’unica verità che gli dicevano le sue mani strette a quelle di Blaine.
 
“Ci ho provato. Ci ho provato davvero a farmi piacere Zack nel modo in cui io piaccio a lui. Ci ho provato, sai perché?” Blaine scosse la testa e aspettò che continuasse trattenendo il respiro,
“perché quella sera, dopo avermi accompagnato alla macchina.. mi ha dato un bacio. Un casto bacio sulla bocca ed io non ho pensato a te. Sono stato sveglio tutta la notte a rimuginare su quel bel ragazzo che mi aveva aiutato e poi baciato.. e quando poi il giorno dopo ti ho visto, ho capito che Zack era riuscito a farmi distrarre da te. ho pensato che sarebbe stata una buona distrazione, da tutto quello che tu non puoi essere e ci ho provato. Ma non è servito a nulla, perché ogni volta che ti vedevo l’altro spariva. Perché continuavo a contare le volte che mi sorridevi. Perché potevo baciarlo, più forte e più determinato e il pensiero di te poteva sparire di fronte alla realtà di un ragazzo che mi voleva.. ma tornava prepotente quando mi offrivi il caffè o mi trascinavi davanti al piano per suonare l’ennesima canzone dei Beatles. Non ha funzionato, Blaine perché lui non era te.” Kurt si allontanò di scatto come resosi conto di quella che stava dicendo,
“a volte non so cosa dico, mi dispiace. Non volevo sembrarti un ragazzino con una cotta per il suo professore. E tu non hai fatto niente per alimentare questa cosa.. io lo so, voglio dire: Era tutto nella mia testa e mi dispiace, non voglio metterti nei casini. Né con la scuola, né col tuo ragazzo e mi dispiace okay? perché non torniamo a dormire? Sto vomitando parole su parole e- buonanotte!” Kurt si voltò dall’altro lato senza lasciare il tempo a Blaine di assimilare il discorso e ragionarci su.
“io ho alimentato la cosa,Kurt..qualsiasi sia questa cosa.. e cosa ti fa pensare che io abbia un ragazzo?” domandò Blaine non lasciandosi intimidire dalle spalle dell’altro,
“ti ho sentito oggi. Al telefono. Durante la pausa pranzo. Ero venuto per dirti dell’esibizione ma-“
“era mia madre”
 
Kurt con tutta la calma che non aveva si lasciò prendere dal panico.
Era stato un totale idiota, perché non solo aveva tirato le conclusioni sbagliate, ma aveva anche dato importanza a quelle.
Aveva agito come mai avrebbe fatto nella sua vita, decidendo di darsi ad un altro solo perché la persona a cui era interessato non era disponibile.
Ed era infantile e da stupidi e stava pure per rimetterci, quella sera allo Scandals.
 
Aveva capito quanto tutto quello fosse sbagliato. Senza rendersene conto prima, aveva fatto girare le due precedenti settimane, se non di più, tutte intorno a Blaine.
Perché facendo tutto quello che aveva fatto solo per dimenticare l’altro, aveva praticamente messo in secondo ordine se stesso.
Non gli era importato cosa volesse e cosa fosse migliore per lui, semplicemente aveva agito e basta dimenticandosi della promessa fatta a sé stesso.
 
La promessa di guardare solo avanti e impegnarsi e fermarsi solo quando avesse raggiunto l’obbiettivo, lontano dall’Ohio e lontano da tutto quello che era marcio era stata completamente dimenticata, sostituita invece da quei sorrisi rubati.
 
Ma lì, in quel momento, Blaine gli stava dicendo che non era impegnato, che aveva alimentato le sue speranze..lì Blaine gli stava dicendo che il ragazzo della caffetteria ancora c’era.
 
E il cuore è irrazionale e illogico e se ne frega di quello che la testa pianifica con cura e precisione, per questo Kurt doveva allontanarsi da lì.. per questo doveva mettere una briglia ai sentimenti e in ordine i pensieri.
 
Aveva bisogno di dormire, ma non in quel letto.. non in quella bolla di sapone che si sarebbe rotta presto e lo avrebbe fatto cadere e caracollare a terra col cuore rotto.
 
“che diavolo stai facendo Kurt? ehi! Così sveglierai l’intero palazzo!” si lamentò Blaine trattenendolo per un braccio, fermando quella corsa impazzita verso l’uscita,
“ho bisogno di dormire. Dico sul serio. Devo dormire nel mio letto e capacitarmi di quello che stavo per fare con Zack e senza Zack.” Blaine lo prese per le spalle e lo trascinò di nuovo a letto,
“non puoi andare da nessuna parte e lo sai. Non ho capito cosa ti abbia sconvolto così tanto, ma se hai bisogno di rifletterci, lo farai qui. Ora torna a dormire” disse risoluto lui, guardando l’altro severo, fino a quando questi, ancora con la testa che gli girava per i fumi dell’alcol e per quelle nuove consapevolezze appena capite, si rimise a letto.
 
Ritornarono a fissare il soffitto fino a quando Kurt non sentì Blaine sogghignare e voltarsi verso di lui, alzandosi su di un gomito e poggiando la testa sulla mano, sorridendo ancora,
“cosa c’è?” domandò Kurt senza riuscire a trattenersi,
“vediamo se ho capito bene.. hai origliato parte della mia conversazione, sei scappato senza dirmi niente dell’esibizione, non sei venuto al glee e mi hai trattato malissimo allo Scandals.. solo perché credevi che fossi impegnato?” disse col suo sorrisetto compiaciuto sul volto che fece piagnucolare Kurt, nascondendosi sotto le coperte,
“sta’ zitto Blaine e dormi!” si lamentò poi, ma Blaine non sembrava voler demordere e gli scostò via le coperte dal viso,
“per questo sei andato allo Scandals con quel Zack? Perché volevi in qualche modo dimenticarti di me?”
“io- sei il mio insegnante Blaine”
“sbagliato. Sono il Blaine della caffetteria ora.” Disse lui ancora compiaciuto,
“beh allora è meglio che richiami il Blaine insegnante, in questo momento lo preferisco” sbottò lui e Blaine si avvicinò ancora un po’ all’altro sorridendo sornione,
“sai cosa Kurt? ci sono solo due motivi per cui io non ti bacerò ora. Il primo è che hai passato l’intera serata baciando un altro e secondo perché siamo in un letto e tutto potrebbe diventare estremamente complicato.. solo questo, che io sia un insegnante e tu uno studente.. non me ne può fregare niente. Ora, qui, siamo solo Kurt e Blaine. Quelli del Books&coffe.. quindi rifletti pure su tutto quello di cui hai bisogno.. tanto sono sicuro che ritorneremo sull’argomento” concluse Blaine chinandosi per baciare la punta del naso di Kurt e mettersi a dormire.
 
Blaine sapeva che stava cacciandosi in una situazione difficile, sapeva che lunedì quando sarebbe ricominciata la scuola avrebbe dovuto fare i conti con quello che aveva detto, ma nonostante questo non riusciva a pentirsene.
 
Stava bene, stava maledettamente bene premuto stretto al fianco di Kurt.. l’istinto che aveva sempre tenuto legato, quello di cui non si fidava mai, l’aveva portato dove non sarebbe mai arrivato se avesse dato ascolto solo alla sua testa.
 
E si sentiva bene.
Ed era da tanto che non si sentiva così.. e non gli importava se stava mandando a monte tutti i buoni propositi per cui era ritornato in Ohio, non gli importava niente.
Perché mai come in quel momento si era sentito sé stesso.
 
E al diavolo la sua fede nel programmarsi ogni istante della vita, gli imprevisti erano ciò che rendevano quella vita degna di essere vissuta.
 
 
“Kurt?” lo chiamò dopo un po’, rendendosi conto che l’altro era ancora irrimediabilmente sveglio,
“mh?”
“devo chiederti un’ultima cosa, altrimenti non riuscirò a dormire. Cosa volevi dirmi questa mattina riguardo la tua esibizione?”
“con quale Blaine sto parlando ora?” domandò stanco Kurt,
“Blaine. Solo Blaine”
“volevo dire al professor Anderson che non avrei fatto l’esibizione.”
“sì, ma perché?”
“perché sono entrato nel glee per avere un posto a cui appartenere, non per cantare alle gare. Non mi piace stare su di un palco e focalizzare tutta l’attenzione su di me o sulla mia voce” disse Kurt voltandosi di nuovo a guardarlo,
“la tua voce è magnifica Kurt, e non capisco come non possa piacerti fargli dare le attenzioni che merita” disse Blaine sinceramente interessato.
“chiudi gli occhi” mormorò Kurt e l’altro non perse tempo a chiedere perché, lo fece e basta, per sentire poi la voce di Kurt intonare l’inizio di Defying gravity,
“okay, chi immagini che potrebbe avere questa voce? E non rispondere me, non vale” chiese Kurt esitante,
“in questo momento.. sto solo pensando che non avresti potuto trovare una canzone più azzeccata per la situazione” borbottò Blaine prendendo ad accarezzargli la mano,
“avanti Blaine, a chi hai pensato quando hai sentito la mia voce?” insistette Kurt, cercando di non badare ai brividi che gli correvano lungo la schiena a quel leggero sfioramento delle dita di Blaine sulla sua pelle,
“nessuno in particolare, davvero, se non a te.. non sono bravo con questo genere di indovinelli.. dimmi dove vuoi arrivare” lo esortò l’altro,
“tutti vedrebbero una donna, Blaine. Ho una voce così sottile da sembrare quella di una donna.. e già molte cose di me sono motivo di offese gratuite.. la mia voce, preferisco tenerla per me. tutto qui”
“raccontami cosa è successo”
 
Kurt non sapeva spiegarsi perché era così facile raccontarsi se ad ascoltare era Blaine.
Non sapeva perché con lui era stato così semplice parlare di sua madre quando non riusciva a farlo neanche con suo padre.
 
Quindi gli raccontò di come da piccolo passava interi pomeriggi al piano con la madre, gli raccontò che la prima canzone che aveva imparato a suonare per intero era stata Hey Jude, gli raccontò di come sua madre sorrideva ogni volta che sbagliava qualche accordo e lasciava qualsiasi cosa stesse facendo per correre da lui e spiegargli dove sbagliava, gli raccontò poi che aveva otto anni quando la madre lo lasciò e di come aveva avuto paura ad avvicinarsi ad un piano per tanto tempo, gli disse anche di come era troppo forte la sua mancanza e suonarle una canzone era l’unico modo per starle vicino.
“ero alle medie quando decisi di far parte dello spettacolo della scuola, per cantare a mia madre, per farle sentire la mia voce.. perché ero convinto che dovunque fosse mi potesse sentire” continuò Kurt sentendo le mani di Blaine tremare appena mentre gli accarezza ancora le sue e finì col dirgli come quei ragazzi e il suo insegnante erano stati cattivi con lui, come con una risata e parole offensive avevano rovinato il suo intento.
“non volevo che mia madre sentisse loro ridere di me.. non volevo che sentisse le loro offese, quindi lasciai lo spettacolo e decisi di non cantare più in pubblico. Ora so che tutto questo può sembrarti stupido e che mia madre non può sentire né me né loro, ma evito comunque di cantare in pubblico” concluse Kurt con un’alzata di spalle.
“non è stupido, non lo è” sussurrò Blaine asciugandogli quell’unica lacrima che aveva lasciato i suoi occhi e lo attirò a sé,
“cerca di dormire un po’, Kurt” gli disse alla fine chiudendo gli occhi aspettando di sentire il respiro regolare di un Kurt addormentato per riuscire a chiudere occhi anche lui.
 
Era stata una lunga notte quella.
 

 
 
Angolo Wallflower_
 
Non ci sono scuse per giustificare l’interminabile tempo che avete dovuto aspettare per questo capitolo, me ne rammarico.. ma la vita è quello che è e ci sono volte che neanche estraniarmi da essa e rinchiudermi nel mio angolino privato fatto di fanfiction funziona..
 
Ma anyway.. ho dovuto dividere il capitolo perché così com’era era inesorabilmente lungo.. avete avuto lo Scandals e delle strane chiacchierate.. nel prossimo capitolo ci sarà il risveglio e  una domenica un po’ diversa dalle altre.. si parlerà ancora di Sebastian, non nel dettaglio.. non ancora almeno, spero che abbiate fede in me e aspetterete pazientemente l’evolversi delle vicende.
 
Fatemi sapere cosa ne pensate di queste 20 pagine di assurdità, fatemi sapere se sono state noiose leggerle o meno e fatemi sapere se avete qualche dubbio o domanda, okay? ci conto!
 
Voglio ringraziare le due persone che stanno recensendo la storia capitolo per capitolo aiutandomi in questo viaggio e senza saperlo, a darmi la giusta spinta per non abbandonarlo.

DARKAEONIFRiT e wislava siete meravigliosi.. non ho risposto alle vostre recensioni, perché ad essere sincera sono stata poco su efp e ogni volta ero dal cellulare e scrivere qualsiasi cosa su efp con quell’aggeggio infernale mi fa uscire di testa.. ma le ho lette, rilette e apprezzate! So thank you guys!!!
 
Okay, non voglio annoiarvi oltre, quindi vi lascio.
Alla Prossima! :)
 
Kisses. questa è la mia pagina autore fb.

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Capitolo 6
*** Il giorno dopo e un caffè che Kurt doveva a Blaine. ***


Capitolo 5

 
Il mattino seguente Blaine fu svegliato dal vociare insistente di Sebastian e Rachel che si erano appostati alla porta spalancandola, per osservare la scena di Kurt e Blaine dormienti e parlottare tra loro.
"non capisco dove sta il problema Smythe. Sono solo due ragazzi che si piacciono e sinceramente? Sono adorabili! Non ci vedo niente di sbagliato in loro"
"disse quella che é andata al letto col suo regista sposato e poi ha dovuto lasciare Broadway per evitare lo scandalo" borbottò Sebastian,
"non é la stessa cosa."
"lo é invece.. Tutto quello che la gente vede quando guarda loro due é un professore col suo studente. E prima che ritroveremo Blaine a friggere patatine, dobbiamo fare qualcosa" spiegò Smythe indicando i due addormentati l'uno nelle braccia dell'altro, con tanto di smorfia al naso,
"Blaine non é stupido. Sa cosa fa. Sa che non sarà facile, ma se lui crede che ne possa valere la pena, allora lascialo fare. Il tuo compito é solo quello di supportarlo." disse Rachel convinta facendo sorridere Blaine che strinse un po' più forte i fianchi di Kurt, "come abbiamo fatto con Jeremiah? Noi sapevamo che quello fosse uno stronzo di prima categoria e guarda come é andata a finire.. É tornato in questo schifo di Ohio, non sapendo più da dove riprendere in mano la sua vita. Diciamo pure la verità, in fatto di cuore Blaine é scaltro come lombrico. E non sa cosa é più giusto per lui" sbottò Sebastian indicando ancora una volta quell'intrigo di coperte come per dire che la prova evidente stava proprio davanti a loro.
"forse non sa cosa é più giusto.. Ma cosa é meglio per lui, sì. Non è più quel ragazzo spaventato da quello che poteva riservargli la vita, è un uomo ora."
"Berry, la vita non é un musical, okay? Io non voglio vederlo affondare per un ragazzino che lo catalogherà da qui a qualche mese come l'esperienza del liceo."
Blaine aveva sentito già abbastanza e in pochi minuti, senza neanche aprire gli occhi, era già riuscito a rovinarsi la giornata.
O meglio, Sebastian, che a volte era proprio una spina nel fianco con la sua maledetta razionalità, era riuscito a metterlo di mal umore
"andatevene prima che vi prenda a calci nel culo" bofonchiò alzando la testa e solo quella da cuscino, sperando che Kurt non si svegliasse.
"oh scusaci Blaine non volevamo svegliarti" si difese Rachel per entrambi,
"no certo.. Volevate solo ficcare i vostri stupidi nasi in affari che non vi riguardano! Ora uscite di qui e preparatemi almeno un caffè!" disse alzando un po' di più la voce e maledicendosi quando notò Kurt stropicciarsi gli occhi e scostarsi da lui infastidito.
 
Blaine lasciò che l’acqua calda della doccia non lo facesse pensare alle parole dell’amico e che gli cancellasse la stanchezza di una notte insonne.
 
Non sapeva dove tutto quello lo avrebbe portato, non sapeva cosa pensasse Kurt, non sapeva molte cose, ma una cosa però la sapeva: ne valeva la pena.
 
Ogni possibile conseguenza delle loro azioni era surclassata dal sorriso di Kurt, ogni paura era contrapposta alla leggerezza dei sensi quando Blaine era in sua compagnia, ogni ostacolo che potesse crearsi era messo da parte dalle sensazioni che non arrivava a spiegarsi perché  riusciva a sentire solo con Kurt.
 
Kurt era l’imprevisto migliore che potesse capitargli e avrebbero dovuto tutti farsene una ragione, Kurt compreso.
 
Blaine dopo la doccia, era andato dritto in cucina, per prendersi il suo meritato caffè e per raccontare a Rachel la vera versione di quello che era successo la sera prima, per arrivare a far dormire Kurt da loro, perché era convinto che Smythe avesse descritto le cose nel peggior modo possibile.
 
“ehi Kurt? Dovresti svegliarti” lo chiamò poi Blaine, una volta seduto di fianco all’altro con una tazza di cappuccino fumante in una mano, mentre gli accarezzava i capelli con l’altra.
“mmmh profumi di buono” sussurrò Kurt senza aprire nemmeno gli occhi, ancora completamente destabilizzato dal sonno, dimentico quindi che la bolla di sapone in cui si era rifugiato la notte prima era scoppiata con la luce del giorno.
Forse.
“grazie. Ti ho portato il cappuccino. Rachel dice che sono un mago nel prepararlo” disse e a quelle parole Kurt sbarrò gli occhi e si mise a sedere di scatto, maledicendo quelle maledette vertigini.
“Rachel! Oddio, lei- non- Finn!” sbottò balbettando senza riuscire a formulare una frase di senso compiuto, ma Blaine sorrise e gli porse il cappuccino, avendo già capito cosa l’altro volesse dire,
“tranquillo, ho parlato io con lei, non dirà niente a Finn se è questo che ti preoccupa. Okay?” gli disse, facendo segno di prendersi quella tazza di cappuccino prima che si facesse freddo,
“c’è tanto caffè?” chiese Kurt prendendo la tazza guardandola con sguardo critico,
“solo il giusto. Prenditi tutto il tempo che vuoi per prepararti, poi vieni di là che c’è la colazione” così dicendo Blaine gli stampò un bacio sulla guancia e gli sussurrò un dolce “buongiorno” prima di sospirare e alzarsi per tornarsene in cucina.
 
Kurt era decisamente frastornato, agitato e confuso.
Ma più di tutto, stava bene.
Era quella la verità nuda e cruda.
 
Non sapeva a cosa avrebbero portato molte delle parole dette quella notte, non sapeva cosa pensava Blaine di tutto quello ora che la bolla era rotta, non sapeva cosa avrebbe dovuto aspettarsi, ma una cosa la sapeva: stava bene.
 
Blaine lo faceva stare bene.
 
Il che lo rendeva appunto frastornato, agitato e confuso.
 
Però all’inizio della scuola si era fatto una promessa: Avere testa e cuore solo per sé stesso, fino a quando non se ne fosse andato dall’Ohio.
 
Ed era quello che avrebbe fatto, sul serio.
Perché per stare bene lui, per avere testa e cuore per sé stesso, sapeva che avrebbe dovuto esserci anche Blaine lì.. ed era lì che lo avrebbe lasciato.
 
Nella testa e nel cuore.
 
Nessuna più distrazione, nessuna più relazione che non lo rispecchiava e che nemmeno voleva, nessun  più locale squallido e labbra che non erano quelle labbra per precludersi sentimenti e sensazioni che provava, solo perché gli altri non avrebbero capito.
 
Doveva semplicemente fare i conti e convivere con tutto ciò che la sua decisione portava.
 
Ma prima aveva bisogno di quella colazione di cui gli aveva parlato Blaine.
 
“buongiorno” disse entrando in cucina e fermando così le chiacchiere degli altri che ancora stavano discutendo di quello che era successo allo Scandals,
“Damerino, come va la tua testa? Soffri ancora di perdita di memoria a breve termine?” domandò subito Sebastian mentre Blaine spostava la sedia di fianco a lui per fargli spazio e Rachel metteva nel piatto un pancake che aveva tutta l’aria di non essere poi così buono.
“se mi stai chiedendo se ho ricordato qualcosa di questa notte, allora no.. e la mia memoria non soffre proprio di un bel niente.. ero semplicemente ubriaco” disse Kurt acido fingendo di non aver visto negli occhi di Sebastian, tra il nomignolo e l’offesa uno sprazzo di preoccupazione,
“eri e lo sei tutt’ora un idiota incosciente e quell’idiota era ed è ancora un bastardo approfittacazzi” borbottò Sebastian nascondendo il viso dietro la sua tazza di caffè come se si fosse pentito di quello che aveva detto, un attimo dopo averlo fatto uscire dalla sua bocca.
Ma era sempre stato così, la mattina non aveva filtri tra la testa e la bocca.
“Zack è un po’ stronzo.. ma non è di certo bastardo approfitta-hai-capito” si lamentò Kurt un po’ perché ancora una volta si sentiva in dovere di difendere Zack più per far stare bene sé stesso che per altri e un po’ perché quel pancake era pessimo e non riuscì davvero a mandare giù un altro boccone.
“Blaine stava giusto dicendomi che tu credi che quel tizio non ti avrebbe fatto nulla per svariati motivi che neanche m’interessano, beh cara ragazzina ingenua.. lascia che ti dica che ho tirato via quell’approfittacazzi via da te con i pantaloni abbassati fino alle caviglie e tutto quello che ha saputo dirmi, con quella faccia da pesce lesso che si ritrova, è stato di mettermi in fila se avessi voluto scoparti, perché c’era lui per primo” Kurt sgranò gli occhi dalla sorpresa, completamente spaesato, non riuscendo davvero a  credere che quella di Sebastian fosse la verità, eppure non riusciva a trovare un motivo per cui avrebbe dovuto mentire e poi Kurt ancora non aveva ben capito tutta la sua situazione, ma era ormai certo che quello per Smythe era un argomento serio e delicato e di certo non ci avrebbe scherzato su.
Rachel intanto aveva tirato un ceffone dietro la testa a Sebastian e Blaine invece stava cercando di far uscire Kurt da quello stato catatonico in cui era caduto.
“perché devi essere sempre così fastidiosamente diretto? Si è appena svegliato dopo una notte abbastanza movimentata, un po’ di tatto non guasterebbe Smythe!” sbottò la Berry e Sebastian non fece altro che alzare gli occhi al cielo e sbuffare,
“scusami Miss, ma visto che Blaine non ha più sale in zucca per dire al suo damerino di stare alla larga da quell’approfittacazzi e che tutto quello che ha visto di lui fino ad ora era solo una maschera per portarselo a letto, mi sento in dovere di farlo io” così dicendo Sebastian puntò il dito contro Kurt e lo guardò con un paio d’occhi diventati due fessure,
“sta’ lontano da quel tipo. Non credere a niente di quello che ti dice, mandalo a quel paese e se ancora si avvicina a te denuncialo alla polizia. Sono stato chiaro?”
“mio padre sarebbe stato meno apprensivo”
“io non sono tuo padre” disse atono Sebastian mangiando la barretta di cereali sgraffignata dal piatto di Blaine, prima di alzare gli occhi al cielo all’ennesimo squillo del cellulare che da qualche ora a quella parte non faceva che disturbarlo.
“è il mio. Sarà mio padre o Santana” disse Kurt facendo per alzarsi e raggiungere il cellulare nel salotto dove lo aveva lasciato prima di entrare in cucina, ma Sebastian lo precedette sperando che fosse davvero Santana quella che stava chiamando Kurt, così da parlarle un po’ e prendersi il suo numero.
Ma quando sul display lesse il nome dell’approfittacazzi gli passò il cellulare con un grugnito quasi animalesco.
“non devi rispondere per forza” disse Blaine guardando Kurt e vedendo nel suo sguardo tutta la sua agitazione, ma l’altro scosse la testa, tirò un gran bel respiro e rispose, alzandosi dal tavolo e facendo segno agli altri che sarebbe andato in salotto per un po’ di privacy.
 
Privacy che ne Blaine né Sebastian erano decisi a dargli.. infatti lo seguirono nell’altra stanza facendo spallucce, entrambi nello stesso momento quando Kurt li guardò come per dire “so cavarmela da solo!”
 
“Kurt! Oddio! Kurt! Hai risposto finalmente! Come stai? Io pensavo fossi arrabbiato con me. Non so cosa è successo e- dove sei?”
“Zack? Calmati. Sono a casa di amici e sono lontano dallo stare bene, okay?”
“dove sei? Vengo a prenderti.. voglio parlarti. Io ero completamente ubriaco ieri e non ricordo niente di quello che è successo.. non ero in me.. ho bevuto un sacco e-“
“io lo so ma-“ Kurt non riuscì a concludere il suo discorso, perché Sebastian che aveva praticamente ascoltato ogni singola parola di Zack all’altro lato del telefono, visto che non badava al suo tono di voce, gli prese il cellulare di mano per sbraitare contro quell’idiota tutte le offese più o meno velate che gli passassero per la testa,
“Ascoltami bene bastardo che non sei altro. Ascoltami perché magari lui non ricorderà cosa avevi intenzione di fargli, né i tuoi occhi schifosi ed eccitati, io però lo ricordo e lo ricordi anche tu. Eri ubriaco, sì.. ma non così ubriaco da non ricordare quello che hai fatto o detto. Non ti ho spaccato la faccia ieri, perché hai avuto la fortuna sfacciata che una persona ha provato pena per te. La prossima volta non sarò così clemente. Avvicinati ancora a lui, pensa anche solo un’altra volta di toccarlo come hai fatto ieri e giuro che ti farò passare le pene dell’inferno. Sei solo un porco bastardo represso che non riesce a portarsi a letto nessuno senza gli effetti dell’alcol. Sei un viscido bastardo e non me ne frega un cazzo di quale sia il tuo cognome e quanto cazzo è importante la tua famiglia, ti spezzerò in tutti i modi in cui una persona può essere spezzata e-“ Sebastian ne avrebbe avuto ancora per le lunghe ma Blaine era riuscito a tirargli via dalle mani il cellulare e passarlo a Kurt, sentendo dall’altro lato la voce di un ragazzino spaventato che balbettava scuse.
 
“Sebastian! Smettila!” urlò Blaine tenendolo stretto per le spalle per fermarlo dal ritornare a rubare a Kurt il suo cellulare e continuare le sue minacce,
“quel ragazzo è solo un ragazzo un po’ confuso, ma per niente mal intenzionato. Non è la tua stessa situazione, Seb. Ti prego, calmati e guardami” disse Blaine con tutta la calma che era riuscito a racimolare.
“Calmarmi? È anche colpa di persone come te se viene fatto del male alle persone sbagliate, sei così maledettamente distratto e ingenuo che non riesci a vedere il pericolo quando c’è, non lo capisci neanche se c’è l’hai sotto gli occhi e tutti i bastardi di questo mondo fanno del male a quelli che vuoi bene senza che tu lo sai. È successo a me e stava succedendo anche a Kurt e tu sei sempre-“ Sebastian sbarrò gli occhi quando si rese conto di cosa avesse urlato contro il suo amico e fece per avvicinarsi, ma Blaine fece un passo indietro e sorrise mesto.
 
“Zack, scusami per il mio amico. Lui è- ho bisogno di parlarti. Ma non ora. Luendì, a scuola.. va bene?” Kurt non aspettò risposta prima di attaccare.
Era troppo confuso e preoccupato dalla scena che gli si era parata davanti agli occhi per badare ad altro.
 
“finalmente sei riuscito a dirmi che la colpa è mia.”  Cominciò Blaine, “così magari se provo a chiederti scusa, tu potresti davvero perdonarmi ora, Bas. Potresti, non sei tenuto a farlo, a perdonarmi.. io non lo farei. Hai ragione, sono un idiota ingenuo e un distratto del cazzo e non doveva succedere a te. Dovevo esserci io al tuo posto.. tutto quello era destinato solo e soltanto a me. Mio padre voleva dare la sua fottuta lezione a me, voleva far del male a me e cazzo, cazzo.. dovresti prendermi a pugni. Io lo farei, dovresti farlo.” Blaine aveva le lacrime agli occhi ma non mollava lo sguardo da quello di Sebastian, lo sfidava e lo invitava a colpirlo e scusarlo,
“la colpa è solo di quel fottuto di tuo padre e mai, mai Blaine, vorrei che ti fosse fatto quello che è stato fatto a me. Mai, lo sai.”
 
Kurt aveva lasciato il salotto, chiudendosi nella camera di Blaine, sentendosi un ladro.
Rubando la privacy degli altri, rubando e leggendo tutto quel dolore che non era suo e che non poteva capire ma che comunque gli faceva male.
 
Gli faceva male vedere le lacrime di Blaine, gli faceva male vedere come Sebastian si era aggrappato alle spalle dell’amico, tenendolo stretto e piangendo con lui.
 
Aveva ascoltato e visto troppo e non era un suo diritto.
Si sentiva un ladro di emozioni e voleva soltanto poter lasciare loro lo spazio di cui avevano bisogno.
 
Intanto Blaine era entrato in camera, gettandosi sul letto con gli occhi ancora rossi bofonchiando delle scuse insensate per quello che Kurt aveva dovuto assistere, come se la colpa fosse la sua e non di Kurt che si trovava nel posto sbagliato, al momento sbagliato.
 
Blaine sembrava sul punto di crollare lì su quel letto, con gli occhi rivolti al cielo e le mani poggiate sullo stomaco e Kurt non sapeva che dire, ma sapeva cosa fare.
Sua madre lo faceva sempre quando era piccolo e le cose non andavano come lui voleva.
 
Kurt si sdraiò sul letto accanto a Blaine e lo attirò a sé, lasciando che l’altro poggiasse la testa sul suo petto e lo abbracciò.
Lo strinse sperando che sentisse almeno un po’ di affetto e protezione tra le sue braccia, sperando che il dolore sarebbe stato almeno un po’ attutito dall’amore che ci stava mettendo in quella stretta.
“quell’uomo è un fottuto bastardo” bofonchiò Blaine trattenendo ancora le lacrime,
“lo è.” Rispose piano Kurt accarezzandogli i capelli e lasciandogli un bacio sulla fronte,
“è mio padre e voleva punire me, ma io ho lasciato che Sebastian si presentasse all’appuntamento al posto mio, perché io avevo maledettamente paura di affrontarlo. Non volevo che ancora una volta mi dicesse quanto fossi una delusione come figlio. Io non avrei mai creduto che avesse potuto arrivare a tanto. Avevo semplicemente chiesto a Sebastian di andare da lui per dirgli che avrei fatto a meno di lui, che sarei sparito dalla sua vita e avevo mandato proprio Sebastian solo per fargli un ultimo dispetto, perché quel verme odiava Sebastian, odiava che fosse stato lui a farmi aprire davvero gli occhi sulla mia sessualità, lo odiava ed io volevo ferirlo senza affrontarlo da vigliacco quale sono. E alla fine ho portato Sebastian in una fottuta trappola.” disse allora, senza riuscire a trattenersi, diventato d’un tratto più giovane di quindici anni.
“non è stata colpa tua”
“sono stato un vigliacco e Sebastian ne ha pagate le conseguenze”
“Sebastian ha solo pagato le conseguenze della cattiveria di tuo padre, Blaine” gli disse dolce Kurt, continuando ad accarezzarlo,
“la cattiveria di mio padre e di due bastardi. Erano in tre. Tre bastardi che non volevano fare altro che insegnare a modo loro quanto sia sbagliato essere gay e Sebastian non è neanche davvero gay. Lui è Sebastian, solo Sebastian.”
Kurt trattenne il respiro e le lacrime, non volendo credere alle sue orecchie.
Tutto quello era pura e terrificante cattiveria che mai nessuno al mondo avrebbe dovuto provare sulla propria pelle.
 
“mi dispiace” si scusò Blaine dopo un tempo indeterminato in cui era rimasto avvinghiato al fianco di Kurt, sfregando il naso nell’incavo del collo dell’altro, ormai più rilassato e meno disperato.
 
Perché Kurt aveva anche quel potere su di lui.
Calmante e rassicurante.
 
“non dirlo più, okay? Però se proprio vuoi scusarti, potresti farlo con un sorriso?” domandò Kurt alzandogli il mento  con le dita e aspettando che Blaine sorridesse.
Fu piccolo e tirato, ma sembrò sincero e non poté chiedere altro.
 
*
 
Quando fu il momento di andare, dopo un saluto a Rachel che aveva strappato a Kurt la promessa di passare una domenica con lei, per lasciarlo andare, arrivò il momento di salutare Sebastian e nonostante le avvertenze di Blaine di comportarsi come aveva sempre fatto con lui e di non dimostrargli il dispiacere che provava, perché a Sebastian non piaceva essere compatito, Kurt lo ringraziò e lo abbracciò.
 
Fu un abbraccio veloce e leggero ma sentito,
“sai cosa Mangusta?” cominciò Kurt quando si allontanò da lui seguendo Blaine verso l’ingresso,
“per ringraziarti ti do un consiglio. Se non vuoi dormire più sul divano, dovresti comprare un divano letto. Uno di quelli che stonano con l’arredamento della casa, così per dare uno schiaffo morale a chi non sa fare per niente l’ospite” disse facendo l’occhiolino e indicando Blaine che sorrise e scosse la testa,
“perché non ci ho pensato prima?” bofonchiò Sebastian guardando Rachel con sguardo furbo,
“lasciate pure la porta aperta, io e Rachel abbiamo una commissione da fare” disse alla fine vittorioso, battendo il cinque con l’amica che aveva appena scampato una domenica noiosa,
“fingiamo di essere una coppia di novelli sposi alla ricerca del divano perfetto per il nostro nido d’amore e far spazientire i commessi dell’ikea?” domandò entusiasta Rachel,
“e me lo chiedi pure? Andiamo signora Smythe!” Kurt e Blaine scoppiarono a ridere prima di lasciare i due ancora a confabulare tra loro.
 
Una volta in auto, Kurt allacciò la cintura ma sembrava che Blaine non avesse intenzione di guidare comunque.
“cosa c’è?” domandò allora Kurt notando quanto fosse carino Blaine quando si mordeva il labbro come se avesse paura di parlare.
“devi andare sul serio a Westerville da Nick?” chiese allora e Kurt annuì,
“si, perché?”
“devo andarci anche io, a Westerville intendo.. e mi chiedevo se beh- potrei accompagnarti io da Nick. Risparmieremmo di benzina e il pianeta ce ne sarebbe grato, non credi?” Kurt si morse la lingua ma comunque non riuscì a trattenersi dal ridere,
“non ridere di me, Kurt.” disse Blaine fingendosi infastidito,
“io- scusami.. non sapevo fossi un ambientalista”
“volevo solo trovare una scusa per passare del tempo con te. Abbiamo degli argomenti in sospeso e se ricordo male mi devi ancora un caffè”
“ti devo un caffè?” domandò curioso Kurt,
“quello che mi avevi promesso al Lima Bean quando ti ho dato il mio numero”
“non è andata proprio così, ma vada per il caffè”
 
 
Il loro silenzio accompagnato dalla musica leggera della radio, non era per niente imbarazzato.
 
Era quello che stupiva Kurt più di tutto, tra di loro non c’era imbarazzo, nonostante quello che era successo la notte prima e quella mattina stessa.
Era piacevole e in un modo strano confortante, sapere di essere in grado di dividere i loro ruoli quotidiani da quello che erano lì, in quel momento.
 
“avevo avuto l’intenzione di chiamarti dopo il mio primo giorno di scuola, per offrirti quel famoso caffè. Avevo deciso, dopo la mia prima granita in faccia che appena uscito da quella scuola ti avrei chiamato per vederci. Era stato quel pensiero di te a farmi andare avanti per il resto della giornata. Ma poi ho conosciuto il nuovo insegnante di letteratura e ho dovuto cambiare le mie intenzioni” disse Kurt tutto d’un fiato, fermando così la filippica di Blaine su quanto fossero sopravvalutate le boy band, continuando a guardare fisso davanti a sé.
“il pensiero di me, eh Hummel?!” lo prese in giro lui, gonfiando un po’ il petto e facendo roteare gli occhi all’altro.
 
Alla fine si ritrovarono a parlare un po’ di loro.. Blaine gli spiegò dove abitasse sua madre, gli parlò un po’ della Dalton e dei posti che era solito frequentare con gli amici durante il liceo, Kurt gli indicò invece la strada per arrivare da Nick scoprendo che si trovava proprio di strada per casa Anderson e finì col parlare poi dell’officina di suo padre.
“hai presente Lube&Tube Hummel? L’officina proprio di fronte quel piccolo fioraio? Quella è l’officina di mio padre” Blaine sgranò gli occhi per poi scoppiare a ridere lasciando interdetto Kurt,
“ci sono stato un’unica sola volta, poi sono stato così spaventato da non aver più coraggio di ritornarci” disse Blaine con una punta di divertimento nella voce,
“perché? Sono tutti gentili gli impiegati di mio padre!” disse invece l’altro,
“tuo padre ha per caso degli occhi chiari penetranti che riescono a farti una paternale con una sola occhiata sfuggente?” chiese e Kurt annuì convinto, perché mai nessuno era riuscito a descrivere suo padre così bene e con così poche parole,
“calvo e cappellino di baseball.. è lui” asserì,
“portai la mia nuova auto, quella che mio padre mi comprò con la speranza che ci portassi dentro una bella ragazza, perché Sebastian aveva pensato bene di rovinarmi l’intero paraurti. Tuo padre non solo me la sistemò, ma fece un controllo generale, notando l’usura dei freni e il serbatoio dell’olio praticamente vuoto. Mi fece una ramanzina così lunga e raccapricciante, invitandomi caldamente a trattare bene quella Mercedes –solo perché i tuoi genitori possono permettersi un gioiellino del genere, non significa che tu puoi trattarla come ti pare. Le cose vanno guadagnate e tenute bene, così si diventa uomini- mi disse e credimi mi sentii così imbarazzato che da quel giorno cominciai sul serio a trattare quell’auto come se fossa una sorella minore. Ora che ci penso, credo che quello sia stato un trauma per me, visto che ancora oggi non presto la mia auto a nessuno e controllo che acqua e olio siano sempre a posto.” Blaine sorrideva, “credo che tuo padre quel giorno mi abbia insegnato molte più cose di mio padre in una vita intera.” Disse alla fine un po’ rattristito,
“credo che a mio padre piacerebbe la persona che sei diventato” disse convinto Kurt stringendogli la mano sul cambio, prima di accorgersi che erano praticamente arrivati da Nick.
 
“beh allora passo a prenderti più tardi, okay?” domandò Blaine senza spegnere il motore dell’auto, Kurt intanto aveva preso il suo cellulare e aveva scavato nella sua rubrica alla ricerca del numero di Blaine, poi fece quello che fu impossibilitato a fare molto tempo prima.
Lasciò squillare il cellulare di Blaine due volte prima di staccare la chiamata e guardare l’altro,
“ora hai il mio numero, potresti mandarmi un messaggio quando sei pronto, okay?” Blaine annuì e si sporse per lasciargli un bacio leggero sulla guancia prima di lasciarlo andare,
“divertiti” lo salutò Kurt chiudendo lo sportello e correndo verso casa di Nick e verso domande che gli sarebbero state rivolte e a cui lui non voleva rispondere.
 
E se Kurt fu costretto a raccontare ai suoi amici quello che era successo, dopo la telefonata ricevuta da parte di una Santana inviperita, Blaine si incastrò da solo in un argomento spinoso con la madre.
 
Avevano pranzato parlando della scuola di lui e del club di lei, avevano parlato di Sebastian e del glee.. e stavano guardando un vecchio film in bianco nero, come erano soliti fare in quelle domeniche tranquille quando Blaine le disse che sarebbe dovuto andar via presto, perché doveva dare un passaggio ad un amico.
“Un passaggio? Ad un amico? Così si dice ora? Non credi di essere abbastanza grande da dire a tua madre che hai un appuntamento?” disse lei canzonandolo,
“io non ho un appuntamento”
“ti sei solo proposto di accompagnare questo amico, allora.. ma dove?”
“a Lima, abita a Lima e anche lui oggi è qui a Westerville per una visita ad altri amici e abbiamo pensato di fare la strada insieme”
“certo, logico. Ma perché non dirmelo prima? Ieri quando mi hai chiamato mi avevi detto che avremmo passato l’intera giornata insieme”
“solo questa mattina ho preso accordi con questo amico”
“ma prima mi hai detto che sei venuto direttamente qui da casa. Non hai accennato a nessun amico particolare con cui hai condiviso il viaggio”
Blaine allora esausto sbuffò e guardò dritto sua madre negli occhi, perché sapeva che non avrebbe mollato fino a quando non avrebbe saputo la verità..
Verità che Blaine non si sentiva ancora di raccontare tutta,
“se ti parlo di questo ragazzo, mi prometti che non farai domande e ti farai bastare quello che sono pronto a dirti?” chiese allora e la madre annuì e gli prese le mani fra le sue pronta ad ascoltare cosa avesse da dirle e Blaine allora le raccontò del loro primo incontro e del secondo al Lima Bean e un po’ di quello che era successo la sera prima allo Scandals, assicurandole però che stessero tutti bene, Sebastian compreso,
“e cosa c’è di complicato tra te e lui, Blaine?” domandò alla fine la madre e lui scosse la testa,
“mi avevi detto che non facevi domande” le fece notare lui,
“okay, allora raccontami qualche altra cosa. Quello che puoi, come ha gli occhi ad esempio o cosa ti piace di lui” disse lei con un sorriso che solo una madre può avere per il proprio figlio,
Blaine si ritrovò a raccontarle allora de ‘il piccolo principe’ e dell’arguzia che aveva nel rispondere per le rime a Sebastian, le disse della sua stessa passione per la letteratura e per i Beatles, le parlò di come Kurt arricciava il naso quando rideva forte e di come le sue orecchie diventavano rosse quando era in imbarazzo, le parlò anche della domanda che gli pose al loro primo incontro, quella su New York,
“è stata una delle domande più intelligenti e confusionali che mi abbiano mai fatto.. di solito ti chiedono com’è New York? Com’è il tempo? Central Park è davvero così grande?.. ma chi, mamma, ti chiede che sapore ha quella città? Nessuno, se non Kurt” disse e la madre annuì sognante insieme al figlio,
“e i suoi occhi. Sono indescrivibili, davvero. Sono azzurri ma anche verdi e grigi e sono sinceri e ti ci leggi e ti ci perdi dentro. E sono belli, nel vero senso della parola, sempre.” La madre gli prese il viso tra le mani e gli stampò un bacio sulla guancia prima di affermare con decisione, “questo ragazzo mi piace”,
“ma non lo conosci nemmeno” le fece notare invece lui e la madre fece spallucce e sorrise complice,
“mi piace come ti fa sentire. Non hai mai parlato di nessuno così, nemmeno di quell’idiota di Jeremiah. E qualsiasi sia il problema che rende le cose complicate tra voi due, tu non arrenderti e non dimenticare quello che sei quando stai con lui o quando lo pensi. Okay?” Blaine annuì, l’abbracciò stretta e la ringraziò per la pazienza e per la fiducia.
 
La donna ovviamente non si arrese dopo quel discorso e di tanto in tanto, tra una battuta e l’altra del film, poneva domande più o meno a caso, sperando che suo figlio nella distrazione si facesse sfuggire qualcosa e quando Blaine si ritrovò a mordersi la lingua per la terza volta per evitare di rispondere alla madre, decise che era arrivato il momento di avvisare Kurt che sarebbe passato a prenderlo a breve.
 
A Kurt (14:39)
-sei pronto per le tre? Dimmi che sei pronto per le tre! B.-
 
Da Kurt (14:41)
-non avevi promesso a tua madre di passare tutta la giornata con lei? Non dirmi che mi stai usando per scappare ai tuoi doveri, Blaine. K-
 
A Kurt (14:42)
-Mia madre è una di quelle persone che vanno prese a piccole dosi. Può causare danni irreversibili al cervello-
 
Da Kurt (14:45)
-Non hai nemmeno provato a negare la mia accusa! Mi stai usando!-
 
A Kurt (14:46)
-lo sto facendo? Non lo sto facendo, Kurt! voglio solo quel caffè!-
 
Da Kurt (14:48)
-sarò pronto per le 16.. forse le 17. Devi assolvere i tuoi doveri Anderson. La famiglia viene prima del caffè-
 
A Kurt (14:49)
-tre e mezzo e non se ne parla più. ;)-
 
Da Kurt (14:52)
-accetto solo perché anche Nick e Jeff vanno presi a piccole, piccolissime dosi. A tra poco :)-
 
Kurt aveva messo via il cellulare solo per incontrare due paia di occhi inquisitori puntati su di lui.
Nick e Jeff erano, non solo preoccupati, ma anche irrimediabilmente delusi.
 
E tutte le parole di rassicurazione di Kurt non erano servite a niente.
 
C’erano state accuse gravi e conclusioni affrettare, c’erano state le parole di Santana che aleggiavano tre di loro,
“Kurt devi capire che per persone come te, niente è mai facile, non in questo posto, e magari non in questa vita.. devi capire che non c’è niente che potrai fare per avere l’approvazione di tutti. Ci sarà sempre chi punta il dito e giudica quella determinata cosa come sbagliata e credimi se ti dico che tu potresti essere pure un veterinario e Blaine un avvocato, qui ed ora una vostra relazione sarebbe considerata comunque sbagliata. Devi fregartene di quello che pensa la gente e devi curarti di quello che pensi tu. Se credi che sia giusto avere Blaine nella tua vita, allora devi darti una possibilità. Non è facile trovare una persona che ti vuole per quello che sei, per questo devi concederti l’occasione di capire se tu hai già trovato quella persona con Blaine e devi smetterla di buttarti col prima che passa solo perché credi che sia più facile.”
Era questo ciò che gli aveva detto Santana ed era questo che faceva tentennare Jeff.
 
Jeff che dopo aver trattenuto Kurt dall’andarsene lo aveva portato a sedere sul letto di Nick e lo aveva guardato con occhi seri e decisi.
“Ti faccio una sola domanda. Una domanda che mi sono posto io quando ho cominciato la storia con Nick. Voglio che tu sia sincero” Kurt non poté fare altro che annuire e aspettare il quesito dell’amico,
“credi che ne vale la pena?” gli domandò d’un tratto Jeff e Kurt trattenne il respiro ed esitò per un solo singolo secondo prima di dire un flebile sì.
 
E Jeff aveva notato quell’incertezza, aveva contato gli attimi prima di sentire quel sì e aveva tratto le conclusioni sbagliate.
“noi vogliamo solo il tuo bene e sembra che tu non sappia questo quale sia” disse infine Nick, poggiandogli una mano sulla spalla e Kurt allora scosse la testa, ma non disse niente.
 
Non disse cos’era stato a farlo desistere da dire quel sì subito.
Non disse che lui era sicuro che qualsiasi gioco valeva la candela, non disse che qualsiasi conseguenza che poteva capitare loro lui era pronto ad assumersi tutti i rischi e affrontali ma non sapeva se per Blaine era lo stesso.
Non disse che non sapeva se era pronto a mettere a rischio Blaine, non sapeva se l’altro era pronto a mettersi a rischio per lui, perché se avesse dovuto parlare chiaro Kurt, avrebbe dovuto ammettere che le conseguenze maggiori, sarebbero capitate a Blaine.. era lui che teneva il ruolo d’insegnante era lui l’uomo adulto che sarebbe stato giudicato come colpevole, Non Kurt e lui non sapeva se Blaine era consapevole di ciò e gli stava bene comunque.
Non sapeva se per Blaine quel gioco lì valeva la candela poi.
 
Kurt allora semplicemente fece spallucce e sospirò affranto e stanco di combattere pure con quelli che avrebbero dovuto semplicemente capirlo e supportarlo anche se stava sbagliando, anche se tutto quello non avrebbe portato a nulla di buono,
“tutto quello che so” disse sospirando, “è che non ho una cotta per il mio insegnante. Mi piace Blaine. Mi piace quel ragazzo che ho conosciuto da books&coffe, mi piace quel ragazzo innamorato della letteratura quanto me e che sorride con gli occhi e non solo con la bocca, mi piace il ragazzo che si preoccupa per me senza essere invadente, mi piace il ragazzo che mi fa sentire giusto anche quando tutto il mondo mi punta il dito contro. Mi piace Blaine, solo Blaine. E No, non so cosa sto facendo la metà del tempo quando sto con lui. Ma ad essere sincero sono stufo di evitare che mi capiti quello che mi deve capitare per paura di essere giudicato male” finì Kurt, controllando l’ora sperando che Blaine arrivasse presto, perché non sarebbe riuscito ancora per molto ad ascoltare i suoi amici senza soffermarsi sulle loro parole e rifletterci e fare tre passi indietro e tornare al punto di partenza.
 
Jeff alla fine sorrise, alzò gli occhi al cielo e l’abbracciò forte, “okay. Va bene, solo cerca di non farti male. Okay?” Nick a quelle parole sbuffò e guardò il suo ragazzo con sguardo corrucciato, “quindi gli stai dando la tua benedizione?” domandò nervoso,
“sai tesoro, anche la nostra relazione secondo il regolamento della Dalton è severamente vietata, forse anche più di una ipotetica relazione tra Kurt e Blaine, eppure nessuno dei nostri amici ci ha giudicato degli abomini, o sbaglio?” domandò Jeff che mai era stato così serio e perspicace lasciando il suo stesso ragazzo a bocca aperta dallo stupore, “Dio, ma tu hai davvero ragione” esalò alla fine il moro lasciandosi sprofondare sul letto e guardando Jeff con uno sguardo consapevolmente più innamorato,
“non esserne così sorpreso. Passo molto tempo con te, dopotutto” disse lui e Nick gli stampò un bacio sulla guancia e poi tornò a guardare Kurt, “solo, sta’ attento okay?” bofonchiò allora, ancora poco convinto, ma di sicuro più rasserenato, abbracciandolo senza aspettare risposta.
 
                                                                               *          
Una volta salito in auto con Blaine, tutto quello che la sua testa riusciva a registrare era la presenza dell’altro forte e vicina, tutto quello che i suoi occhi riuscivano a focalizzare era il suo sorriso e tutto quello che si disse era che andava bene così.
 
Aveva accantonato ogni insicurezza, ogni parola detta a fin di bene dai suoi amici ed aveva capito che fasciarsi la testa prima dell’essersela rotta poteva fargli male comunque.
 
Quindi lasciò fuori dal finestrino i pro e i contro di quello che stava vivendo e si impegnò a viverlo e basta quel momento.
 
Convinto che quel momento sarebbe stato solo quello e basta.
Un semplice caffè.
Un  caffè e un viaggio fino a Lima dove loro sarebbero solo stati Kurt e Blaine e poi nulla più.
 
Kurt gli disse di parcheggiare poco distante dal parco e prima che l’altro riuscisse anche solo a spegnere il motore lui era già fuori dall’auto con un ghigno divertito sul viso,
“devo fare una cosa, aspetta qui, okay?”
“Cosa? Kurt, voglio ricordarti che siamo a Westerville e che le possibilità che qualcuno della nostra scuola ci veda è praticamente nulla.” Protestò Blaine gettandosi sul sedile del passeggero per tenere aperta la portiera di Kurt e nel caso trattenere anche lui se avesse avuto intenzione di fuggire via.
“lo so Blaine, la possibilità di incontrare qualcuno di nostra conoscenza, ora come ora non mi ha minimamente sfiorato i pensieri. Fidati di me e aspetta qui, okay?” Kurt lo guardò con quegli occhi limpidi e quel sorriso genuino e Blaine non poté che sospirare e annuire.
 
Lo vide attraversare la strada ed entrare nel locale, lo vide parlare con la cameriera e andarsi a sedere al tavolino in fondo alla sala e fu proprio in quel momento, mentre vedeva Kurt smanettare col cellulare che il suo che era sul cruscotto dell’auto prese a suonare.
 
Il nome di Kurt comparse sul display e la risata che risuonò nell’abitacolo  era sicuro che pure Kurt l’avesse sentita.
 
“pronto?” rispose Blaine avendo capito il gioco dell’altro,
“Blaine? Ehi, sono Kurt! ti ricordi di me?” dovette mordersi il labbro inferiore per evitare di scoppiare a ridere di nuovo e continuare a tenere il gioco,
“mmmh Kurt? quale Kurt?” domandò poi con tono innocente e seducente facendo sogghignare l’altro,
“sono il Kurt della caffetteria, quello a cui il tuo amico ha dato il numero per trovarti un appuntamento”
“oh quel Kurt! pensavo non mi avresti più chiamato” disse lui,
“beh, ho avuto molte cose da fare. Colpa di un professore di letteratura un po’ stronzo”
“oh sul serio? Posso immaginare” Kurt rise di gusto questa volta,
“comunque” continuò poi, “mi chiedevo se fossi libero ora, per quel caffè che ti dovevo.”
“oh proprio ora?” domandò Blaine fingendosi corrucciato,
“se sei impegnato, possiamo sempre rimandare. Voglio dire, non so quando il mio stronzo professore mi darà ancora un po’ di tempo libero.. ma possiamo metterci d’accordo per un'altra volta.” Disse tutto d’un fiato,
“lascia che controlli.. okay. Sto arrivando” rispose Blaine e Kurt soffiò un “allora ti aspetto” prima di riattaccare lasciando l’altro piacevolmente colpito.
 
Kurt era così.
Un piacevole punto interrogativo, sempre.
Avrebbe fatto zig quando l’altro si aspettava facesse zag e viceversa.
 
Ma non restarono comunque molto in quella caffetteria perché Blaine lo raggiunse al tavolo, dove stava ad aspettarlo con i loro caffè e gli chiese se per lui andasse bene berli facendo una passeggiata per il parco.
 
“sai come prendo il caffè” constatò Blaine quando prese un sorso di quello camminando placido per il verde del parco, guardando di sottecchi Kurt, che fece spallucce e sorrise,
“medio drip con panna è così che lo hai preso al Lima Bean” gli fece notare Kurt spingendolo scherzoso per la spalla.
 
Era facile passeggiare con lui e parlare di tutto e niente come la prima sera, come la seconda volta al Lima Bean. Era facile domandare e rispondere, con sincerità e curiosità di scoprire e scoprirsi a vicenda.
 
“mi sembra quasi di sfidare la gravità con questa specie di appuntamento” disse d’un tratto Kurt quando si erano ritrovati a parlare del libro che Kurt aveva preso in prestito da Nick per studiare per i test d’ingresso al college, ricordando così per forza di cose i ruoli che avrebbero ripreso il giorno dopo.
“stiamo solo prendendo un caffè, Kurt.. non stiamo sfidando nessuna legge della natura. Siamo stati bravi fino ad ora a dividere i nostri due noi, non perdiamoci proprio ora” Kurt sospirò e annuì,
 
“che bella giornata che c’è oggi, vero?” domandò Blaine facendo alzare un sopracciglio scettico all’altro,
“stiamo davvero parlando del tempo?”
“è che, vedo che ci stai ancora pensando, Kurt.. e così non mi fai dimenticare la sensazione che io e te abbiamo solo il tempo di questo pomeriggio”
“anche se è novembre il sole è caldo” rispose allora Kurt e Blaine sorrise e gli passò il suo caffè, per mettersi a correre fino ad arrivare ad una panchina, prendere il giornale dimenticato lì e aprirlo sull’erba, creando così una coperta.
 
“prego” fece un cenno galante a Kurt che lo aveva raggiunto e storse il naso, non volendo sul serio sedersi su un giornale sporco e sull’erba di sicuro umida,
“oh avanti Kurt, ci stai davvero pensando? Tu che hai gli stessi vestiti di ieri?” lui sgranò gli occhi e poi si sedette sbuffando fingendosi offeso,
“sta’ zitto Anderson, io sto sempre attento alla mia cura personale, solo che tutte le mie cose sono nella mia macchina fuori dallo Scandals!”
“sì, dicono tutti così” scherzò Blaine sdraiandosi sul posto libero della coperta di giornale, tirando a sé l’altro per le spalle.
 
I loro caffè completamente dimenticati sull’erba.
 
Sapevano entrambi che c’erano molte parole da dire, molte cose da chiarire eppure restavano così uno di fianco all’altro sfiorandosi di tanto in tanto, riempiendo silenzi con piccole carezze e sospiri sognanti.
 
Non sapevano quanto tempo fosse passato tra il gioco delle nuvole e la conta delle persone che correvano davanti a loro, ma senza neanche rendersene conto, Blaine si era ritrovato ad ascoltare il canticchiare assonnato di Kurt sul suo collo, mentre lui gli lasciava piccoli baci sui capelli e gli carezzava il collo con dita leggere.
 
Blaine sarebbe rimasto così, a sentire l’altro per molto ancora.
 
“lo vedi quel piccolo parco giochi, lì infondo?” cominciò Kurt d’un tratto lasciando a metà la canzone che stava cantando, trasportato chissà da quale ricordo,
“mh mh” lo assecondò Blaine, senza aver bisogno di guardare dalla parte che gli indicava Kurt, stava bene in quella posizione lì per rovinarsela e poi ricordava il piccolo spazio adibito a parco giochi con delle scarne giostre a fare da protagoniste,
“mia madre mi portava lì tutte le domeniche quando ero piccolo, a volte giocava con me, altre volte si sedeva all’ombra di un albero e lasciava che giocassi con gli altri bambini. Ma non ce n’erano molti che volessero giocare con me.. e in quelle domeniche finivo sempre coll’andare da mia madre piangendo perché qualche bambino mi aveva spinto o mi aveva escluso dai giochi e lei ogni volta mi accompagnava a quel piccolo chiosco di gelati. Lo vedi?” domandò e Blaine annuì e continuò ad accarezzargli il collo,
“compravamo sempre lo stesso gelato. Io sceglievo cioccolato con la panna e lei cocco e menta. Solo che ogni volta io mangiavo solo la panna e poi le chiedevo di far cambio, perché la cioccolata proprio non mi piaceva.” Blaine sorrise immaginandosi un Kurt bambino con il nasino arricciato quando si accorgeva che la panna era finita e cercava un modo per convincere la madre a scambiare i loro gelati,
“una volta.. era una delle ultime domeniche che passammo al parco quando volle sapere perché continuassi a prendere lo stesso gelato anche se era evidente che il cioccolato non mi piacesse..”
 
“perché mi piace la panna e tutti i miei amici di classe, dicono che la panna sta bene solo col cioccolato” disse il piccolo Kurt guardando la madre poco interessato, aspettando che la donna gli desse il suo gelato,
“non devi sempre credere a quello che dicono le altre persone. E non devi fare quello che gli altri credono che sia più giusto. Se a te piace la panna e il cocco, allora devi prendere il gelato con la panna ed il cocco” la mamma buttò via il suo gelato e gliene prese un altro, proprio con i gusti che a lui piacevano e con sopra il doppio della panna che le veniva dato di solito e poi gli baciò la guancia, materna.
“ci sarà sempre qualcuno a cui non piacerà quello che sei e quello che decidi di fare, ma fino a quando tu  sarai tu ed otterrai quello che vuoi, degli altri fregatene. Okay?”
E il piccolo Kurt all’epoca ci aveva capito ben poco e non sapeva che la madre non stesse parlando solo di un gelato o dei suoi amici di classe, ma lui annuì e sorrise con le labbra bianche di panna e gli occhi innamorati di quella donna.
“glielo promisi. Le promisi che me ne sarei fregato, anche se all’epoca ancora non sapevo quanto grande fosse quella promessa e quanto importanti fossero le sue parole” finì col dire a Blaine,
“mi dispiace, sto monopolizzando la conversazione e ti sto annoiando.” Si scusò poi quando sentì l’altro sospirare,
“no, no.. mi piace sentirti parlare e credo che i discorsi su tua madre, siano per ora i miei preferiti” commentò Blaine seguendo con lo sguardo Kurt che si era allontanato dal suo abbraccio per stendersi, come al principio, di schiena, volgendo lo sguardo di nuovo al cielo
“e comunque anche mia madre mi portava spesso a quel chiosco di gelati sai? Dice che lì fanno i migliori gelati dell’Ohio.”
“e dice bene! Il gelataio è italiano e poi mi dava sempre il cono più grande” sorrise Kurt quando sentì Blaine accoccolarsi a lui, come se lui fosse la calamita e Kurt il magnete.
 
“tua madre ha ragione sai? Non devi lasciare che la gente ti dica cosa sia più giusto fare.. quindi credo che dovresti cantare alle provinciali” mormorò Blaine e Kurt sbuffò e alzò gli occhi al cielo, rabbrividendo quando sentì le dita di Blaine intrufolarsi sotto il colletto della camicia leggera,
“non credo che-“
“provaci. Domani, presentati con una canzone al glee, se convincerai anche gli altri oltre me, allora avrai la tua parte in un duetto con Mercedes, altrimenti ci hai provato e tua madre ne sarà comunque fiera.”
“mmmh.. non lo so”
“mangia quel gelato a cocco e panna Kurt.” lo spronò Blaine,
“okay, ma devo convincere tutti. Nessuno escluso”
“nessuno” concordò Blaine soddisfatto.
 
 
E come fu facile costruire quel flebile equilibrio, fu anche facile distruggerlo.
 
Non lo fecero loro ovviamente, ma una voce affannata e sorpresa che chiamò Kurt a gran voce.
Trant. Il warbler Trant.
 
“Kurt! sei proprio tu!” disse il ragazzo fermando la sua corsa e riprendendo il respiro tenendo le mani sulle ginocchia.
Kurt saltò in piedi parandosi di fronte al suo vecchio amico, sperando e pregando che non notasse Blaine o che almeno fingesse di non vederlo,
“Trant! O mio Dio, stai benissimo!” in effetti era vero, aveva perso un po’ di peso e aveva aggiunto qualche muscolo, non troppo però, tenendo comunque la sua faccia paffutella,
“Hummel! Sei un bastardo! I Niff mi hanno detto che ti sei aggiunto al glee club rivale!” lui fece spallucce e sorrise,
“tranquillo, non abbiamo scampo contro di voi” lo rassicurò sentendo un “ehi” indignato di Blaine che fece alzare un sopracciglio incuriosito di Trant che guardò il ragazzo ancora per metà sdraiato a terra con fin troppo interesse,
“ora capisco perché non trovi più tempo per noi, Hummel! I Niff non mi hanno detto niente di questo tuo nuovo hobby però, dovrò fargli un discorsetto a quei due” disse facendogli un occhiolino,
“chi è? Dove l’hai trovato, poi? Se mi dici Lima, allora dovrò davvero trasferirmi da te. Guarda che sorrisino accattivante!” sussurrò all’orecchio di Kurt, senza preoccuparsi del sudore appiccicaticcio che la corsa gli aveva procurato,
“No, lui non- no! Trant, ti prego” piagnucolò Kurt,
“oh! Forse non lo sanno nemmeno i Niff? Perciò non ne hanno parlato?” Kurt annuì mesto e buttò fuori quel respiro che stava trattenendo già da un po’, sentendo comunque gli occhi inceneritori di Blaine sulla sua schiena.
“ora devo proprio andare, o farò tardi all’appuntamento. Ma la prossima volta che organizziamo una rimpatriata, tu devi esserci okay? Non accetteremmo più un no come risposta!” disse tutto d’un fiato Trant tirando Kurt in un abbraccio e scusandosi solo dopo per l’umidiccio che gli aveva lasciato addosso,
“ci vediamo Trant” lo salutò Kurt,
“porta anche il bocconcino!” urlò l’altro avendo ripreso già la corsa, salutando con la mano un Blaine divertito.
 
Blaine non riuscì a convincere Kurt che era tutto okay e che poteva ritornare a sedersi di fianco a lui, l’altro continuava a stare lì impalato, in piedi, guardando a destra e a manca con la paura di vedere comparire da un momento all’altro qualcuno che potesse conoscere entrambi, qualcuno di Lima che avrebbe potuto denunciare Blaine alla scuola,
“dobbiamo andarcene” disse e Blaine sospirando arreso si alzò e lo seguì fino alla macchina, salirono in silenzio ed in silenzio avevano continuato a restare entrambi, fino a quando non arrivarono al parcheggio dello Scandals.
 
E fu un viaggio abbastanza lungo da portare Blaine all’esasperazione.
 
“Kurt, siamo stati bene. Smettila di torturarti, non stava-“
“era solo Trant, ma poteva essere chiunque. Perché sembra che solo io stia prendendo tutto questo sul serio?! Sei il mio professore Blaine e sono sicuro che in qualche stato per quanto io possa avere 18 anni sia comunque illegale intrattenere una relazione con un insegnante!” sbottò Kurt posando il capo sul poggiatesta del sediolino e chiudendo gli occhi,
“Kurt, io non so cosa faccio la metà del tempo quando sto con te, non so cosa mi prende ma so le conseguenze che potrebbero esserci nel caso in cui verremmo scoperti.. Solo Kurt, lascia decidere me se mi va di correre il rischio okay?” fece Blaine voltandosi verso di lui e guardandolo con il volto inclinato sperando in un suo assenso,
“non capisco. Perché?”
“perché, cosa?”
“perché vuoi correre il rischio, con me”
“per te e per me. Perché, non ho mai aspettato una chiamata di un ragazzo come ho aspettato per giorni la tua, perché non ho mai desiderato stare intorno a qualcuno come desidero farlo con te, perché non ho mai sentito l’elettricità sotto la pelle ad un appuntamento come con questo, perché Kurt quando ti guardo non vedo un mio studente, ma vedo il ragazzo più interessante dell’Ohio che ho conosciuto al Books&coffe.” Kurt lo guardò spaesato e incantato e non sapeva cosa rispondergli senza sembrare un perfetto idiota.
“e tua madre aveva tremendamente ragione: Fino a quando si ottiene quel che si vuole, allora bisogna fregarsene degli altri. Io fin quando posso, me ne fregherò degli altri. Però Kurt, non voglio fare niente che metta te a disagio, non voglio fare niente che tu non voglia. Quindi non mettiamoci etichette.. lasciamo che le cosa vadano come devono andare, okay? Puoi farlo?”
“per me e per te?” domandò Kurt mettendo su il suo sorriso sghembo,
“si, per me e per te.” Concordò Blaine sporgendosi in avanti per salutarlo, abbassando lo sguardo sulle sue labbra.
 
E nessuno saprebbe dire chi si sia mosso per primo, però le labbra dell’uno premevano su quelle dell’altro.
E fu un solo bacio a stampo, veloce e confuso e Kurt sentiva il fuoco sulle guance e le mani di Blaine sul suo collo e Blaine sentiva il fuoco dietro le palpebre e le mani di Kurt sulle sue braccia e poi dopo qualche secondo si staccarono, sbattendo gli occhi e guardandosi disorientati.
 
Scrutandosi, aspettando ognuno la prossima mossa dell’altro,
“io- si insomma”
“tu” mormorò Blaine, e non aiutava la conversazione, lo sapeva, ma il respiro di Kurt era ancora troppo caldo e vicino e i suoi occhi erano troppo lucidi e azzurri e suoi,
“io dovrei- ci vediamo”
“si, ci vediamo. Domani.”
“domani, certo.” Soffiò Kurt aprendo lo sportello dell’auto e lasciando che il vento freddo di novembre entrasse dentro e spezzasse quel momento idilliaco e i loro sguardi incatenati.
 
Così era iniziata, dunque?

 
 
 
Angolo Wallflower_
 
Ormai si è capito che i miei aggiornamenti non hanno una data prestabilita e si è capito quanto mi dispiace per questo.. non posso fare altro che promettervi che ce la metterò tutta per scrivere il più velocemente possibile e pubblicare.
 
Anyway, questo capitolo non doveva essere così articolato ma chi mi conosce sa che io ho un problema di sintesi e quindi mi son trovata a scrivere le mie solite venti pagine, sorry! ;)
 
La storia di Sebastian è difficile e tratta di argomenti difficili, non ho voluto entrare nel dettaglio perché non volevo risultare offensiva o insensibile.. l’intera vicenda di Sebastian è nella mia testa ma non credo che la metterò nero su bianco. Si parlerà ancora di ciò ma sempre limitatamente senza scendere nei particolari.. Spero non abbia infastidito nessuno, se così fosse, ditemelo troverò un modo per sistemare questo capitolo e gli altri in futuro evitando questo argomento.
 
Per Kurt e Blaine, lasciatemi dire che siamo ancora in alto mare! Le cose cambieranno ancora.. ma Kurt ha le sue tempistiche e diciamo che troppe cose sono a loro sfavore.. but Klaine are soulmates, sooo stay strong!
 
Grazie, Grazie e Grazie a:
BeauBrooks che ha letto i 5 capitoli in dieci minuti e ha messo la storia tra le preferite! Thank you so much!
 
DARKAEONIFRiT che ha continuato a leggere il capitolo anche dopo lo struscia-struscia tra Seb e Blaine che è stato l’apocalisse per il suo cuore Kurtbastian! Mi sa che mi farò perdonare nel sesto o settimo capitolo.. e non parlo di Klaine! xD
 
Wislava che nei suoi commenti riesce sempre a spoilerarsi qualcosa facendomi anche un po’ riflettere sulle mie scarse doti a dare alla storia effetti sorpresa! ;)
 
Okay, mi dileguo!
Alla prossima Guys!
 
Fatemi sapere cosa ne pensate, okay? mi farebbe piacere sapere le vostre opinioni!
Kisses  questa è la mia pagina autore fb.

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Capitolo 7
*** Sfidando la gravità.. ***


Capitolo 6

 
É strano come le cose cambiano veloci dentro di noi e fuori resta tutto uguale.
É strano come le consapevolezze e le certezze si insinuano dentro di noi da un momento all'altro cambiando improvvisamente il nostro punto di vista e pensiero, ma facendoci restare comunque le stesse persone di ieri.
 
Era questo ciò che stava pensando Kurt quando si era ritrovato a varcare la soglia del Mckinley, trovando ad aspettarlo, fintamente disinteressato Zack.
 
I pensieri di Kurt non erano generalizzati ovviamente, erano esattamente soffermati su di un particolare.
 
Il fatto era che solo due giorni prima vedeva Zack come la distrazione perfetta, vedeva in quel bel ragazzo la possibilità di fare le esperienze giuste come ogni altro liceale al mondo ed ora invece questo giocatore di football neanche lo vedeva.
Surclassato da Blaine.
 
Ecco la differenza tra il ieri e l'oggi di Kurt.. Fuori era sempre lo stesso ragazzo, con la stessa acconciatura e con lo stesso sguardo del giorno prima, ma dentro, dentro di lui molto era cambiato in poche ore.
 
Perché se sabato credeva di poter provare a sentire quello che Zack non gli faceva sentire, credendo di poter deviare i suoi sentimenti verso la persona che lui credeva fosse la più giusta, fregandosene del suo volere e fingendo anche di riuscirci, ora invece si era deciso a non volerci neanche provare.
Non con Zack e non solo per quello che aveva appurato volesse da lui, ma anche perché non gli interessava e fingere non era più un opzione.
 
Per questo Kurt passò oltre Zack senza degnarlo di uno sguardo e l'altro lo seguì fingendo di fare la sua stessa strada,
"dobbiamo parlare. Sotto gli spalti alla solita ora" biascicò il ragazzo sorpassando Kurt convinto che l'altro avrebbe accettato senza fare storie.
Ma Kurt sbuffò e avanzò il passo per raggiungerlo guardandosi al contempo intorno,
"bagno del secondo piano, alla pausa pranzo. Non ho molto tempo" disse prima di notare Blaine appostato di fianco alla porta della sua classe che sembrava intento ad aspettare tutti i suoi studenti fuori da quella ma che invece stava soltanto accertandosi che quel Zack non facesse nulla di inappropriato.
 
*
 
La pausa pranzo era arrivata lenta e inesorabile e Kurt era esausto e davvero aveva pensato di non andare da Zack, ma sapeva di meritarsi almeno una spiegazione dall'altro e voleva accertarsi che ogni buona sensazione che aveva avuto su di lui fosse vera e non soltanto finzione come aveva dichiarato Sebastian.
 
Kurt non aveva mai trovato quel bagno così stretto come quella volta, però.
Zack si era fatto avanti appena lui aveva chiuso la porta, con un occhio tumefatto e il labbro spaccato e aveva provato a baciarlo, come faceva da qualche settimana a quella parte.
 
E solo in quel momento, quando Kurt prima ancora di poterlo anche solo pensare si era scostato da lui voltandogli la faccia, aveva finalmente realizzato cosa stava per succedere nel parcheggio dello Scandals, aveva finalmente capito che non si sarebbe mai fidato di Zack e che ne era anche momentaneamente spaventato.
 
"mi dispiace per la tua faccia." sospirò mettendo la giusta distanza tra loro,
"a me dispiace per essere dovuti arrivare a tanto. Voglio dire Kurt, io ero ubriaco. Dico sul serio, non ricordo niente di quello che è successo e di cosa ho fatto per meritarmi un occhio-" Kurt con un gesto della mano, fermò le scuse dell'altro, lasciandolo un po' interdetto,
"okay Zack.. Io mi prendo le mie responsabilità, tu le tue. Sono stato io a proporre l'appuntamento, sono stato io ad accettare lo Scandals e i numerosi drink che mi hai offerto, sono stato io a ballare con te come non avrei dovuto fare e forse sono stato sempre io a trascinarti fuori con me, però Zack tu sei stato quello che mi ha offerto i drink, sei tu che hai bevuto molto meno di me, sei tu quello che mi ha portato fin la macchina e sei sempre tu quello che mi hanno tolto di dosso e che ha detto a Sebastian che avrebbe dovuto mettersi in fila per scoparmi perché c'eri già tu per primo."
Kurt fece un altro passo indietro, quando Zack tentò di avvicinarsi ancora,
"Kurt, non ero in me. Non ricordo quasi niente e-"
"per fidarmi di te, devi essere sincero. Sappiamo entrambi che ricordi esattamente cosa stava succedendo.. Ti saresti fermato?"
"Dio, Hummel non sono un maiale bastardo. Ma di cosa stiamo parlando? Avanti, come puoi anche solo pensare che avrei mai potuto fare qualcosa di così schifoso?"
"avevi i pantaloni abbassati fino alle caviglie ed io avevo i miei aperti, come la camicia. Perché hanno dovuto tirarti via da me?"
"cazzo Kurt, non lo so okay? Non lo so! Sembravi volere quello che volevo io. Sembravi convinto, cazzo, hai passato l'intera serata a strusciarmi addosso e non eri ubriaco in questo cazzo di bagno quando mi hai detto che- Kurt, ero euforico per l'alcol che avevo bevuto, okay? Sono uno stronzo la maggior parte del tempo e lo sai. Ma non sono un bastardo. Vuoi sapere se mi sarei fermato? Vuoi la verità? Non lo so fin dove mi sarei spinto, perché sono uno stronzo e perché ottengo sempre quello che voglio. Ma non sono cattivo e non mi prendo niente se l'altra persona non vuole darmelo. Ero ubriaco, questo concedimelo e forse ci avrei messo tempo ma avrei capito di dovermi fermare. Ecco, sei contento?"  Zack prese un profondo respiro prima di avvicinarsi ancora a Kurt, perché doveva toccarlo e accertarsi che niente era cambiato, che ancora riusciva a trattenerlo con una carezza, non sapendo però che mai ci era riuscito, che Kurt si teneva stretto quelle carezze perché così credeva di poter dimenticare quelle che non aveva neanche avuto da Blaine.
"pur credendo alle tue parole, io non mi fido dei tuoi fatti. Non ti conosco, non hai mai lasciato che ti conoscessi, perché in fondo non volevi quello da me, no? Lo hai detto tu e credevo che mi stava bene, Zack. Ero convinto che mi andava bene non conoscerti e non farmi conoscere, perché credevo che sarebbe stato più facile. Perché dentro di me sapevo che non sarebbe mai durata tra noi. Perché non ci ho mai creduto, perché non l'ho mai voluto e se devo essere sincero io ci ho provato con te solo per le motivazioni sbagliate."
 
E forse Zack non ci credeva, forse pensava che uno come Kurt non poteva davvero non volere uno come lui, perché sembrava non capire, continuava ad avvicinarsi a lui, continuava a ripetergli che gli dispiaceva e che dovevano passare oltre quella storia.
E dopo svariati no di Kurt e "ti scuso Zack, ma non possiamo stare insieme" e "non mi fiderò mai abbastanza di te" e addirittura "non sei tu, sono io ad essere sbagliato" Zack sembrò realizzare sul serio il volere di Kurt, perché sembrava un animale in gabbia, avanzando avanti e indietro per il poco spazio del bagno mentre farneticava che non poteva semplicemente finire così, che lui si era esposto, che non poteva dire a nessuno di lui e Kurt allora sorrise e si avvicinò per la prima volta dopo quel sabato e gli accarezzò con dita sicure e leggere il labbro gonfio,
"lo sai che non dirò a nessuno di te. Lo farai tu a modo tuo e con i tuoi tempi. Puoi fidarti" gli disse Kurt e Zack sospirò e annuì,
"ora sii sincero tu, non vuoi stare con me per quel Blaine, vero?"
E quello aveva cambiato tutto, quello aveva fatto vacillare tutte le sicurezze che aveva costruito, forse su castelli di carta. Quelle parole lo avevano bloccato e disorientato.
Perché non era possibile che Zack sapesse, non era possibile di aver messo ogni cosa in pericolo quando questo 'ogni cosa' non era nemmeno cominciato.
"che- cosa? No, Blaine?! Di chi diavolo parli?" sbottò maledicendo la sua poca praticità nel mentire.
"non lo so, di quel Blaine che hai nominato più volte allo Scandals e che io pensavo fosse il tizio che mi ha preso a pugni, ma tu poi lo hai chiamato Sebastian e allora non lo so chi é Blaine, dimmelo tu. Chi é?"
"in questa storia non c'entra nessun altro. Siamo io e te ad essere sbagliati. Qui si parla di me che non voglio stare con te."
"due giorni fa non sembrava così, Kurt. E ormai lo avrai capito, te l'ho già detto, io ottengo sempre ciò che voglio. Ci vediamo Lady Hummel" sospirò Zack troppo vicino al viso di Kurt, prima di sfiorargli il naso con la punta del dito e andarsene.
 
Kurt uscì poco dopo, essendosi data una parvenza di ritegno e fregandosene di chi potesse vederlo uscire da un bagno delle donne si avviò a passo pesante verso la prossima aula.
Non si sorprese quando vide Blaine appostato alla piccola fontana di fianco agli armadietti, che sorseggiava il suo caffè e intratteneva un conversazione con alcuni ragazzi del glee
"Kurt! Proprio te stavo cercando" si fece sentire Blaine quando vide l'altro passargli davanti e proseguire oltre,
"Mi scusi Mr. Anderson ma devo davvero correre alla prossima lezione" disse in fretta Kurt voltandosi ma senza fermarsi.
"non ci vorrà molto, ti accompagno all'aula" propose Blaine e notando le riserve di Kurt, lo spinse un po' per il braccio e gli si mise di fianco invitandolo a proseguire,
"cosa é successo, Kurt? Stai bene? Lui ha provato a-" domandò preoccupato senza finire la domanda sapendo che Kurt avrebbe capito comunque,
"va tutto bene, per ora. Solo, evitiamo di fare questo" disse indicando loro due in un gesto quasi isterico per poi continuare, "qui a scuola. Evitiamo di farlo e basta. A dopo Mr. Anderson" e scappò via poi, lasciando Blaine completamente confuso e preoccupato.
 
E quell'evitarsi Blaine dovette solo subirlo, senza possibilità di scelta, perché Kurt lo evitò per quanto potesse evitare il direttore del glee club a tre settimane dalle provinciali.
 
Blaine però voleva delle spiegazioni. Voleva capire perché dopo quel dannato lunedì, vedeva Kurt sempre seguito da Zack e da un altro giocatore di football dall'aria delinquente e furba con una cresta alquanto eccentrica sulla testa.
Blaine voleva sapere perché Kurt lo evitava come la peste, beccandosi addirittura note di demerito per non restare a parlare dopo le lezioni con lui.
Voleva capire perché dopo aver cantato Defying gravity quello stesso lunedì, così bene non solo da convincere tutti i ragazzi del glee a dargli una parte del duetto con Mercedes, ma addirittura far diventare quel pezzo un duetto alle provinciali, Kurt scappò via e non rispose a nessuno dei messaggi che Blaine gli inviò fino a sentirsi le dita intorpidite.
 
E poi voleva sapere perché diavolo continuava ad addormentarsi durante le sue lezioni.
Era così noioso anche per un amante della letteratura come lui?
"Hummel!" urlò Blaine sbattendo poco gentilmente il suo libro di testo sul banco di Kurt, facendo saltare dallo spavento il ragazzo,
"due volte in tre giorni Hummel! Mi dispiace che le mie lezioni ti annoiano così tanto. Va' in sala professori, dici che ti ho mandato io, prendi un caffè e ritorna solo quando la caffeina ti farà avere una parvenza di umanità." disse Blaine risoluto facendo divertire e non poco gli altri alunni della classe e ringraziare il cielo Kurt che avrebbe quasi voluto piangere di gioia quando gli era stato nominato il caffè.
"va' Hummel, ne riparliamo dopo la lezione."
 
Blaine chiuse la porta della classe, senza lasciare lo sguardo di Kurt, sedendosi poi sulla cattedra proprio di fronte al ragazzo,
"che succede Kurt? Perché sei sempre così stanco?" e a quella domanda lui poteva rispondere,
"la Sylvester é pazza. Ecco cosa succede. A gennaio ci sono le regionali e ci ha assegnato allenamenti assurdi tutti i giorni dopo le lezioni per imparare al meglio coreografie degne di trapezisti, solo che i suoi allenamenti coincidono con le prove extra del glee per le provinciali e la coach mi ha dato questo ultimatum o mi sarei allenato tutte le mattine alle sette prima delle lezioni oppure sarei stato fuori dalla squadra. E hai capito che le regionali sono a gennaio? É pazza!" Kurt appoggiò la testa sul banco e chiuse gli occhi sospirando amareggiato, "sto pure cercando di seguire ancora il corso di spagnolo e letteratura europea e sto studiando il programma della Dalton per prepararmi al meglio per i test di ammissione al college. Mi dispiace, prometto che non mi addormenterò più in classe. Ho solo bisogno di più caffè per queste tre settimane fino alle provinciali. Ho avuto qualche nota di demerito?" domandò alla fine risollevando il capo per incontrare gli occhi dolci di Blaine che scosse la testa e sorrise,
"no certo che no. Vuoi che parli con la Sylvester?" chiese affabile e il "no" di Kurt fu duro e veloce e si morse il labbro sentendosi davvero un idiota.
 
Il fatto era che Kurt era davvero spossato e stanco e arrivava all'ora di cena che a stento riusciva a tenere gli occhi aperti, ma almeno con tutto quel da fare riusciva a non pensare e di conseguenza a non volere.
Alla fine della giornata tutto quello a cui agognava era il suo letto, riuscendo a mettere da parte i messaggi di Blaine e Blaine in generale, perché c'era ancora quella voce dentro di lui che continuava a farsi sentire sempre, pure quando era troppo stanco per tirare fuori dal letto un braccio per spegnere la luce, ricordandogli che Zack poteva scoprire che quel Blaine era il professor Anderson, che quella sera non aveva dormito da Sebastian ma dal suo professore, che un insegnante 'se la faceva' con uno studente, mettendo a repentaglio la reputazione e la carriera di Blaine.
 
Quindi era contento Kurt di sfiancarsi mentalmente e fisicamente da non avere più forze per fare altro se non dormire.
 
"tre settimane e ci sarà il ringraziamento e le provinciali e avrai un po' di riposo" disse Blaine dopo un attimo di esitazione inclinando il capo su di una spalla, scrutando Kurt come a leggerlo dentro.
"già" asserì l'altro sentendo quello sguardo fracassargli il petto,
"stai facendo tutte queste cose, più l'evitarmi. Perché?" domandò poi Blaine, perché non era riuscito a trattenersi, perché con Kurt non sarebbe mai stato solo un insegnante.
Perché ogni volta che pensava che forse quell'allontanarsi di lui aveva a che fare con l'avvicinarsi di Zack gli si rivoltava lo stomaco e non sapeva o meglio non voleva spiegarselo.
"tutte queste cose, come le chiami tu, mi portano a non avere tempo per fare altro." rispose Kurt vago, perché in parte era vero, in parte era una colossale bugia.
"quindi Zack non centra niente. Il fatto che tu mi eviti e non rispondi a nessuno dei miei messaggi non ha niente a che fare con un ipotetica storia con Zack" Kurt spalancò gli occhi e boccheggiò come un pesce fuor d'acqua cercando di tirar fuori almeno una parola sensata.
"No! Cos-? No! Io e Zack non stiamo insieme! Dio No!" balbettò alla fine rosso in viso,
"okay" sospirò Blaine chiudendo piano gli occhi e tirando un gran bel respiro.
Avrebbe voluto chiedere di più, avrebbe voluto poter avere il diritto di domandare senza la paura di ricevere una porta sbattuta in faccia come risposta,
"la Sylvester ha chiesto a Zack e Puckerman di tenermi d'occhio almeno fino alle regionali dei cheerios, per evitare sconvenienti per entrambe le squadre. Credo che sia stata un'idea di Zack.. Puckerman sta solo spalleggiando un suo compagno di squadra e poi credo che abbia una cotta per Marley, ma non ne sono sicuro. Ad essere sinceri la storia dei bodyguard o quello che é mi sta dando sui nervi. Molto probabilmente ora mi staranno aspettando all'armadietto." Kurt sentì il bisogno di spiegarsi anche se l'intero discorso non aveva soddisfatto ancora le domande implicite di Blaine.
"Kurt?  cosa é successo lunedì, da farti tornare sui tuoi passi? Domenica avevamo deciso di lasciare che le cose facessero il proprio corso. Ora sembra che tu abbia innalzato una diga da un momento all’altro.. Perché?"
 
Il perché lo sapevano entrambi.
Ma ancora una volta Blaine voleva sentirselo dire e Kurt ancora una volta si sentì in obbligo di spiegarsi.
 
"Mia madre aveva ragione quando mi disse di fregarmene della gente fino a quando avrei ottenuto quello che volessi. Solo che credo che questo discorso valga solo quando le azioni della gente possono ricadere esclusivamente su di me. Se feriscono me, va bene.. Era già preventivato, ma se fanno del male a terze persone per un qualcosa di incerto mi farebbe sentire così in colpa da distruggermi, capisci?" finì Kurt sperando che Blaine capisse e pregando inconsciamente che non accettasse quel discorso come valido.
"se per terza persona intendi me e se per un qualcosa di incerto intendi noi, allora ho capito che tu non hai capito niente, Kurt. Anche io come te ho preventivato eventuali conseguenze, anche io ho messo in conto di poter rimanere scottato dalla situazione, dalla gente, da te. Ma lo voglio comunque." Blaine si era fatto avanti sedendosi sul banco di Kurt per sentirlo più vicino, per convincersi che quella diga stava distruggendosi, lasciandogli il permesso di nuotare in quegli occhi azzurri sempre troppo pieni.
Pieni di incertezze.
Pieni di passione.
Pieni di pressioni.
Pieni di verità taciute e urlate solo a sé stesso.
"non devi proteggermi, Kurt. Quindi, perché non mi dici tutta la verità ora? C'é qualcosa che non mi hai ancora detto. Dimmelo, non scappo."
Blaine tenne i pugni chiusi e ascoltò quello che Kurt ancora insicuro gli stava raccontando.
Tenne i pugni chiusi perché ogni volta che sentiva Kurt balbettare e sospirare e nominare Zack, non voleva fare altro che trovare quel borioso idiota pallone gonfiato e sgonfiargli tutte le sue finte sicurezze a suon di pugni in faccia.
"mi dispiace Blaine, ero ubriaco e non ero in me e-"
"Kurt? Stai straparlando" lo rimbeccò l'altro dolcemente accarezzandogli il viso, avvicinandosi troppo per il luogo in cui si trovavano,
"non sono arrabbiato.. Eri ubriaco e a quanto pare mi cercavi un po' dovunque, é dolce, non trovi?"
"dolce?!" Kurt alzò gli occhi al cielo e scosse la testa e Blaine sorrise facendo spallucce.
"e comunque quel-Zack non sa niente. Non ha capito niente e sinceramente Kurt? Non fasciamoci la testa prima di essercela rotta." disse alla fine facendogli un occhiolino,
"perché sembri non voler capire?" sbottò Kurt mettendosi in piedi e mordendosi un labbro quando si accorse di aver alzato un po' troppo la voce,
"cosa, Kurt? Che quello che stiamo facendo é irresponsabile? Che é inappropriato? Che é sbagliato? Che se qualcuno lo scoprisse finiremmo nei guai? Lo capisco, fin troppo bene. Ma non mi va di pensare come ogni altra persona che potrebbe guardaci da fuori puntandoci il dito contro, io ci sto dentro e dal mio posto d'onore posso permettermi di credere che per quanto possa essere inappropriato, tutto questo non é sbagliato." Blaine si era avvicinato e fregandosene della razionalità che cercava di ricordagli che fossero a scuola gli prese il viso tra le mani e piano gli sfiorò la fronte con le labbra per poi scendere un po' più in basso, lasciando che si sfiorassero senza toccarsi, si guardassero senza alternativa, si trovassero ma non si raggiungessero.
Pelle contro pelle, respiro su respiro.
"Continuerò a ripetertelo fino a quando non te ne convincerai anche tu, Kurt"
E un sospiro ed un sorriso e poi si allontanarono.
Perché anche solo un bacio, rendeva tutto reale.
Perché niente sarebbe stato più platonico e cosa si può accusare quando tutto resta invisibile?
Perché si può morire di amore platonico, ma non ti ci bruci.
Quello no e fino a quando lo sfiorarsi delle mani, il sorridersi, il guardarsi e volersi era abbastanza, niente sarebbe potuto succedere.
Per questo sospirarono entrambi e si distanziarono, sentendo il fuoco sotto la pelle e i brividi lungo la schiena.
 
"Kurt?" lo richiamò Blaine prima che l'altro sparisse dietro la porta,
"se ti mandassi un messaggio di tanto in tanto dovrei ancora temere una tua mancata risposta?" domandò per metterlo e mettersi alla prova, per assicurarsi che almeno per quella volta le sue parole erano bastate a cancellare almeno in parte i tanti "e se" che Kurt custodiva nella sua testa.
"sei coraggioso abbastanza da provarci, almeno, vero?" rispose lui prima di salutarlo con un cenno della mano e sparire nel corridoio, lasciando Blaine con un sorriso ebete sul viso e un sospiro leggero sul cuore.
 
*
 
Il coraggio c'era.
In abbondanza.
C'era il coraggio di Blaine di farsi avanti ancora una volta.
C'era il coraggio di Kurt ,dettato dalla voglia di sentirsi vicino a Blaine, nel reclamare certe attenzioni.
C'era il coraggio a quattro mani di chiudersi nella classe di Blaine tutte le mattine per un caffè e c'era il coraggio di ammettere che erano l'uno l'ultimo pensiero dell'altro prima di andare a letto con un messaggio.
 
C'era il coraggio, ma era limitato.
Limitato dal tempo e dalle circostanze e Kurt e Blaine non oltrepassavano mai quella linea di confine.
Non andavano mai oltre lo sfiorarsi, perché si volevano ma c'era sempre qualcosa o qualcuno che ricordasse loro dove e chi fossero.
 
C'era il coraggio ma a volte era più facile dimenticarlo in un anfratto del cuore e proseguire dritto.
A volte era più facile restare ai bordi della strada senza attraversarla, riuscendo a vedere cosa c'é dall'altra parte senza però raggiungerlo mai.
 
Era quello che stavano facendo Kurt e Blaine da tre settimane.
Il caffè della mattina, le prove del glee e i messaggi della sera era tutto ciò che li teneva legati, era tutto ciò che avevano per essere reali.
 
(Da Blaine)
-Avremo ancora il nostro caffè dopo le provinciali, vero?-
 
(A Blaine)
-se tu continuerai a portare i caffè più buoni di Lima, chi sono io per rifiutarli?-
 
(Da Blaine)
-quindi continuerai a venire a scuola ad un orario indecente solo per un buon caffè?-
 
(A Blaine)
-non sai cosa sono capace di fare per un buon caffè, Blaine ;)-
 
(Da Blaine)
-risposta sbagliata Hummel. Quella giusta era: buon caffè e buona compagnia. Mi sento offeso, sto seriamente pensando di vietarti ogni goccio di caffè.-
 
(A Blaine)
-Anderson evita di imbarazzarti da solo. Lo sappiamo entrambi che avrò sempre il mio caffè. ;)-
 
(Da Blaine)
-bene. Ora dammi la mia buonanotte. Perché se tu avrai sempre il tuo caffè, io avrò sempre la mia buonanotte.-
 
(A Blaine)
-mi sembra equo. Buonanotte Blaine. Dormi bene. :)-
 
Kurt poggiò il cellulare sul suo comodino e si nascose sotto le coperte, erano passate quasi tre settimane da quel loro strano incontro nella aula della scuola, con i mano dei caffè caldi e l'imbarazzo negli occhi di chi ha tanto da dire ma non sa dove cominciare.
 
E quella loro strana ma piacevole piccola routine era cominciata quando...
 
Per essere le sette e quarantacinque di mattino Kurt si sentiva già enormemente spossato, ma stava bene.
L'aria fresca e gli allenamenti regolari gli stavano facendo bene ed era proprio quello che stava dicendo alle poche cheerios che erano presenti con lui a quegli assurdi allenamenti quando alzando lo sguardo sugli spalti notò una testa impomatata.
Blaine stava placidamente passeggiando per gli spalti sorridendo verso il campo, con la tracolla su di una spalla e due caffè  tra le mani.
Kurt non riuscì ad impedirsi di sorridere e arrossire, ripensando al messaggio di Blaine della sera prima in cui gli prometteva tanto caffè ed anche buono.
Lo vide ammiccare dalla sua parte e andarsene prima che le altre ragazze si accorgessero di quegli sguardi e di quell'implicito invito.
Avevano poco meno di mezz'ora prima che le aule si riempissero e loro sarebbero stati costretti a ritornare nelle loro vesti di Insegnante e Studente.
 
"Kurt! Come mai così di buon umore stamattina?" Mercedes lo aveva raggiunto a passo svelto, sbuffando subito dopo quando notò Zack e Puckerman dietro di lei pronti per la loro ronda mattutina per accompagnare Kurt nella sua prima classe e salutando il professor Anderson che con aria contrariata se ne stava impalato davanti la porta della sua classe.
 
Kurt doveva agire e pure in fretta se voleva il suo caffè e il suo pizzico di sole degli occhi di Blaine.
 
"oh ehi Mercedes! Zack, Puck.. buongiorno a voi" salutò tutti lui,
"Lady Hummel.. Non risplendere troppo di primo mattino, mi fai venire il voltastomaco" sbuffò Noah dandogli una pacca sulla spalla, per niente accusatorio o offensivo.. quello di Puckerman era soltanto il suo atteggiamento schietto e un po’ viscerale proprio come quello di Santana  per come la vedeva Kurt, quindi non era per niente fastidioso, anzi.
"gli allenamenti mi fanno davvero bene" rispose Kurt alla domanda di Mercedes di poco prima, evitando bellamente i due giocatori dietro di loro.
"e a proposito di questo Mercedes, Stavo pensando.. Tutti noi del glee abbiamo bisogno di allenarci per bene per le coreografie delle provinciali. Allenarci tutti i giorni prima delle lezioni sarebbe un buon modo per essere più uniti come squadra, non trovi?"
"allenamenti? Come quelli dei cheerios?" domandò per niente convinta la ragazza,
"si. Avanti diciamoci la verità, non siamo per niente bravi con le coreografie, Mike é bravo e Sugar non é niente male.. Ma coordinare carrozzella e le gambe di Unique insieme non é per niente facile. Dovremmo provare di più e non ci disturberà nessuno di primo mattino nel campo della scuola" Mercedes annuì seppur ancora titubante,
"dovresti chiederlo tu ad Anderson. Se fosse per me, ci piantiamo li e cantiamo" Kurt si congratulò con sé stesso, per essere stato così bravo nell'essersi inventato veloce quella storia e prima che Zack e Puck potessero anche solo capire cosa fosse successo era scappato via,
"andate pure senza di me, io vado a cercare il professor Anderson!" urlò fermando le lamentele di Zack.
 
Ed eccolo lì, Kurt entrato nella classe di Anderson con un sorriso genuino e un po' imbarazzato, non sapendo neanche come salutarlo, ma sentendosi comunque nel posto giusto.
Blaine come se potesse leggergli nella mente e sentire ogni suo pensiero, gli sorrise leggero e gli passò il caffè destinato a lui.
"di solito la mattina ci si dice buongiorno" lo schernì Blaine prendendo a bere dalla sua tazza ancora un po' calda,
"Buongiorno Blaine, dammi il mio caffè Blaine" scherzò lui accettando il bicchiere e andandosi a sedere al suo solito banco.
Dopo un attimo di esitazione Blaine andò a sedersi sulla cattedra lasciando i piedi penzolare..
"sono curioso di sapere come hai fatto a raggirare le due guardie svizzere che ti ritrovi sempre dietro"
"oh per quello.. Devo chiederti se sei d’accordo ad iniziare allenamenti mattutini per tutti noi del glee. Per unirci come squadra e migliorare nelle coreografie"
"allenamenti come quelli dei cheerios?" domandò interessato Blaine,
"non lo so. Devi deciderlo tu. Possiamo anche solo imparare qualche altro passo di danza con te e Mike"
"é una buona idea.. Dovrò chiedere il permesso alla Sylvester."
"beh comunque la mia era solo una scusa per avere un motivo per venire da te senza le mie guardie" disse Kurt così sinceramente che lasciò piacevolmente colpito Blaine che però non ci mise molto a riprendersi e rispondergli,
"la tua idea resta comunque buona" Kurt fece spallucce e sorrise, "ma tu come faresti a parteciparvi?" continuò poi Blaine,
"oh cavolo. Non ci avevo pensato" scoppiarono a ridere entrambi riuscendo a stemperare l'ultimo briciolo di tensione.
"caffè. Dovresti berne una tonnellata. Sei sicuro di riuscire a reggere questi ritmi per tre settimane?"
"tu pensa a fornirmi di caffè" lo rimbeccò Kurt con una linguaccia.
"penso anche a riempirti lo stomaco" disse però Blaine prendendo dalla sua tracolla una busta di carta piena,
"muffin.. Al cioccolato" spiegò poi porgendolo a Kurt,
"del Lima Bean?" domandò e l'altro annuì,
"okay per oggi lo accetto ma da domani porterò io da mangiare, fidati"
"da domani? Ci sarà un domani?"
"stiamo perdendo tempo" disse Kurt alzandosi per imboccare Blaine con un pezzo di muffin.
 
E il tempo, il loro tempo se lo erano ritagliato in quelle tre settimane e c'erano state volte in cui quell'aula diventava stretta o dove i messaggi erano sempre troppo impersonali e la voglia di sentire la voce dell'altro era tanta, troppa.
C'erano state volte in cui dimenticavano che non erano soli al glee e certe canzoni parlavano di loro.
Fino a quando ogni melodia era per loro.
 
Ed era un casino, perché andare oltre un bacio sulla guancia e un abbraccio fugace prima delle lezioni significava mettersi davvero in gioco.
Significava rompere le regole e prevedere le mosse dell'altro e degli altri.
Significava mettere in conto di perdere e farsi male.
 
Ed era vero che entrambi lo avevano preventivato, di farsi male.. Ma nessuno dei due voleva che l'altro ne soffrisse.
 
Ed era come camminare su di un filo di un rasoio e se per Kurt era comunque tutto quello che poteva avere e non si lamentava, Blaine invece col tempo era diventato insofferente.
 
Insofferente, perché da tipo organizzato qual' era, era stufo di non poter inserire nel suo calendario un appuntamento con Kurt, una data importante da ricordare, una gita fuori porta per raccontare un po' della sua infanzia al ragazzo che nonostante tutte le situazioni che gli remavano contro gli era entrato dentro.
 
Una delle cose che remavano contro Blaine e le sue intenzioni era per assurdo proprio il tempo.
Perché per assurdo, loro non si sarebbero visti comunque al di fuori della scuola a causa dei mille e più impegni che avevano entrambi, in cui, Blaine ne era sicuro, Kurt si nascondeva per evitare di andare oltre.
Per evitare di sfidare la loro personale forza di gravità e vincerla.
 
Ma poi il ringraziamento era arrivato e con esso anche le provinciali.
 
*
Sebastian Smythe aveva pochi credo nella vita.
Il primo era Blaine, era la sua certezza. Sapeva che ci sarebbe sempre stato e tanto bastava.
Poi c’era la sua passione per la scrittura, una delle poche cose importanti che non l’aveva mai abbandonato e lasciato andare alla deriva, un po’ come la certezza che lui era ciò che era.
C’era poi la sua proverbiale ammirazione per un bel sedere a prescindere dal sesso della persona che lo possedeva. E in quel momento il sedere che più gli stava a cuore, senza neanche capire il motivo era quello della bella ispanica.
E infine, c’era il rispetto che aveva per la signora Anderson.
Rispetto che c’era sempre stato e che era cresciuto col tempo e con quello che avevano dovuto superare, insieme.
 
Marie Anderson era sempre stata una donna tenace, una donna forte e piena d’amore per suo figlio Blaine, queste cose Sebastian l’aveva capite al primo sguardo come aveva capito l’ingenuità e la fede, segni che contraddistinguevano anche Blaine, che la donna mostrava quando si trattava del suo ex marito, Thomas Ferguson.
 
Ed era proprio quell’ingenuità che la donna non riusciva a biasimarsi, anche dopo tutti gli anni che erano passati da quella fatidica volta.
 
Ad essere onesti la donna si assumeva colpe che proprio non le appartenevano.
Quante volte, subito dopo “l’incidente” Marie con le lacrime agli occhi gli aveva preso le mani tra le sue e gli aveva chiesto scusa.
Quante volte aveva ripetuto: “è solo colpa mia figliolo. Avrei dovuto capire prima che persona vile fosse” e Sebastian mai una volta aveva acconsentito a quelle parole, mai una volta aveva accettato quelle scuse.
Perché non c’era niente da biasimare a lei.
Lei era solo stata accecata dall’amore che nutriva per l’uomo, era stata accecata dall’idea di famiglia che aveva sempre desiderato e che Blaine le dava e Thomas no.
 
Marie però amava troppo suo figlio per spezzarsi, era piegata sì.. ma con la schiena ricurva e il cuore a pezzi non aveva mai permesso a sé stessa di essere una vittima sacrificale di quello che aveva scoperto solo troppo tardi essere un verme.
Ed era stata quella forza ad aiutare Sebastian e anche Blaine.
 
Marie si addossava pure le colpe che il figlio credeva fossero solo sue.
“perché se avessi anche solo immaginato quello che passasse per la testa di quel bastardo avrei potuto impedire che Blaine ne venisse condizionato, avrei potuto impedire il potere che esercitava su di noi.. avrei di sicuro impedito quel dannato appuntamento, Sebastian. Se deve essere incolpato qualcuno di noi tre, allora quella persona devo essere io” aveva detto lei quando lui era ancora ricoverato in un letto d’ospedale per lesioni interne e per cicatrici invisibili che nessuno mai sarebbe riuscito a guarirgli, non completamente almeno e Blaine era steso di fianco all’altro con gli occhi persi e il cuore pesante.
 
Sebastian aveva poi nutrito profonda stima e ammirazione quando la donna aveva chiesto l’annullamento del matrimonio e una volta ottenuto non ci pensò due volte a  dare il suo cognome al figlio e a testimoniare contro l’uomo nel processo, senza risparmiarsi i dettagli più dolorosi, dettagli che lei solo col senno di poi aveva capito  fossero orribili.
 
C’era un piccolo particolare che però infastidiva Sebastian e proprio per la stima e il rispetto che nutriva per la donna, voleva cambiare. Ora che poteva farlo.
 
Erano dodici anni che la signora Anderson passava il ringraziamento nei carceri dello Stato dell’Ohio con quello che non era più suo marito ma uno dei tanti criminali che affollavano l’istituto.
 
erano dodici anni che non festeggiavano il Ringraziamento in famiglia e Sebastian come famiglia intendeva anche Blaine e Marie ed ora era pronto ad affrontare il discorso e far cambiare le cose.
 
Non lo aveva fatto prima perché lui e Blaine erano a New York, perché Blaine era troppo preso dal tenere su una vita con Jeremiah, perché da lontano non avrebbe potuto cambiare le cose con Marie e soprattutto perché ad essere sinceri neanche lui avrebbe mai creduto di voler festeggiare di nuovo il ringraziamento, non dopo quello che era successo durante quella festa anni addietro.
 
“So perché sei qui Bastian, sai?” gli aveva detto Marie dopo avergli offerto il caffè sedendosi poi di fianco a lui sul divano,
“so perché sei qui da solo, senza Blaine” continuò la donna calma e Sebastian annuì e si mosse un po’ a disagio consapevole del discorso che avrebbero intavolato.
“Sei pronto” disse lei però, accarezzandogli un ginocchio e sorridendo materna,
“Sono pronto?” domandò lui con un sopracciglio alzato,
“sei pronto a crearti nuovi ricordi del ringraziamento. Sei pronto ad affrontare il dolore e a metterlo da parte. Sei pronto.” Disse ancora più convinta lei,
“vorrei che anche tu festeggiassi con noi il ringraziamento Marie”
“oh figliolo, devi credermi se ti dico che il mio è un modo per festeggiarlo”
“perché dopo tutto questo tempo senti ancora il bisogno di andare a trovarlo?” domandò lui cercando di non far trapelare dalla sua voce tutta la collera che provava in quel momento per quell’uomo senza sapere però se ci stava riuscendo,
“non lo faccio per lui.. ma per me, lo sai.”
“ma io-“ Marie alzò una mano e lo fermò,
“ho bisogno di ricordare. Ho bisogno di ricordare che non tutte le colpe sono mie. Devo guardarlo in faccia e assicurarmi che la stia pagando ogni giorno. Ho bisogno di accertarmi che neanche lui dimentichi, Sebastian. Ho bisogno di sentire le sue stupide scuse e non accettarle, perché quando se ne andrà, Bas, voglio che lo faccia con un peso enorme sul cuore, voglio che abbia la coscienza sporca anche da morto. Ho bisogno di dirgli che tu e mio figlio siete tutto quello che lui non è stato e non sarà mai. E poi ho bisogno anche di ringraziare qualcuno lassù, se mai ci sia qualcuno, per te e Blaine, per essere riusciti a buttarvi alle spalle tutta la merda che vi è stata riservata ed essere diventati lo stesso degli uomini migliori, perché diciamoci la verità.. chi altri potrei ringraziare per le persone splendide che siete voi due?” disse la donna con occhi un po’ lucidi, come ogni volta che doveva affrontare quel discorso e il sorriso di chi ha lottato senza uscirne del tutto indenne, ma comunque ancora vivo.
“noi. Marie dovresti ringraziare te, me e Blaine e anche mia nonna se proprio devo dirla tutta, per quello che siamo diventati. Dovresti buttartela anche tu alle spalle tutta la merda che Lui ci ha riservato e andare avanti. Io lo sto facendo Marie, ci sto provando sul serio. Sono pronto, no? lo hai detto tu, solo che da solo non posso andare da nessuna parte. Devi esserci Marie, perché tredici anni fa a quest’ora ero su di un letto d’ospedale che non riuscivo a fare altro che auto commiserarmi e fosti tu quella che mi promise che l’avremmo superata insieme, che avresti fatto qualsiasi cosa per aiutarmi, per aiutarmi a creare dei ricordi così belli da surclassare quelli che non mi fanno dormire di notte. Marie, lascia perdere quell’uomo, lascia perdere le sue colpe e le tue che non hai e aiutiamoci a vivere al meglio questa vita che ci resta. Che ne dici?” La donna si asciugò le due lacrime che non era riuscita a trattenere e sorrise quando ne trovò una da asciugare anche sul viso di Sebastian e poi sospirò serena,
“dico che ora capisco quando Blaine mi dice che il tuo è un talento naturale. Maneggi con cura le parole semplici, le fai diventare importanti e poi le butti lì con attenta casualità e noi altri non possiamo fare altro che ammirarle, ammirarti e convenire sul fatto che, dicendolo come lo dici tu, qualsiasi cosa è maledettamente ragionevole” Sebastian ghignò soddisfatto e poi fece per alzarsi,
“era un sì, giusto? perfetto! Quest’anno non ci sarà una cena, ma un pranzo da Blaine.. perché si da’ il caso che suo figlio ha completamente perso la testa per- per il suo glee club e di sera ha organizzato una festa da noi con i suoi alunni per festeggiare una vittoria che non sono neanche tanto sicuro, otterranno. Ma comunque, ci sarà anche nonna Sophie a pranzo, insieme ai genitori di Rachel. Non c’è bisogno di vestirsi eleganti” snocciolò tutte le quelle informazioni mentre si infilava il cappotto e intrecciava la sciarpa intorno al collo,
“non fare tardi, okay? ora devo andare, è sempre un piacere parlare con te Marie, lo sai.” Continuò lui senza lasciare diritto di replica alla donna, baciandole una guancia e avviandosi verso l’ingresso sentendosi ancora un piccolo peso sul cuore, che sapeva come togliersi,
“emh oh, stavo per dimenticarlo.. ho ricominciato a scrivere il libro.” Disse rivolto verso il giardino della casa mentre la donna si era accostata allo stipite della porta,
“lo avevo immaginato. Sei davvero pronto e sono fiera di te. Lo sai.”
“beh allora ci vediamo giovedì”
“ci penserò”
“alle undici”
“avrò la possibilità di conoscere un certo Kurt?” disse la donna salutandolo con la mano, senza nascondere un ghigno furbo sul viso,
“potrebbe capitare sì, dipende da dove e chi cerchi!” urlò Sebastian di rimando scuotendo la testa, appuntandosi di fare un bel discorsetto a quell’idiota del suo amico.
*
 
In effetti a Sebastian non fregava un emerito niente del dramma adolescenziale che Blaine stava vivendo in quel momento al quasi raggiungimento dei trenta.
 
“il fatto è Anderson, che se non avessi cambiato io le cose, tu non lo avresti mai fatto e se ti avessi detto le mie intenzioni avresti semplicemente trovato un modo per farmi desistere e lasciare che tua madre si infliggesse per l’ennesima volta la vista di quel viscido approfitta-cazzi.. quindi non lamentarti”
Blaine non si era lamentato, almeno non con le parole, aveva gli occhi da cucciolo bastonato però e Sebastian a quelli ormai aveva imparato bene a starne alla larga.
 
Blaine non aveva mai aperto bocca sulla decisione di sua madre, aveva chiesto spiegazioni all’epoca e quando queste gli furono date anche abbastanza esaustive lui non poté fare altro che accettarle.
Sua madre gli aveva detto che lo faceva per stare bene, per continuare ad imparare la lezione, per dimostrare a sé stessa che lei non aveva colpe e a Blaine andava bene così perché almeno lei aveva trovato un modo per salvarsi da sola, da donna forte qual’era.. ma se qualcuno gli avesse chiesto cosa avrebbe fatto al posto di lei allora lui avrebbe di sicuro risposto che non sentiva il bisogno di guardare ancora quella faccia per ricordarsi che le colpe erano solo dell’uomo, non aveva bisogno di stare seduto di fronte a lui per sapere che la sua coscienza era sporca e che non avrebbe accettato le sue scuse se mai gliele avesse fatte e che da ringraziare lassù non c’era proprio nessuno perché se mai ci fosse stato qualcuno di buono, qualcuno di forte, tutto quello che era stato riservato a lui e a Sebastian non sarebbe neanche esistito.
 
Quindi sì, era contento che Sebastian era finalmente pronto per far cambiare le cose nelle loro vite, era contento che lo avesse fatto da solo senza l’aiuto di nessuno ed era stramaledettamente contento di vedere il suo amico indaffarato per l’organizzazione della festa del ringraziamento, quindi cercò di non lamentarsene.
 
“..e non credere che io non sappia quello che sta succedendo nella tua stupida testa impomatata, Killer. Anche se non me ne parli, anche se tieni per te i tuoi stupidi segretucci come uno stupido adolescente io so cosa stai facendo.. ti avevo dato tempo fino al ringraziamento per uscirtene..”
“Sebastian risparmia il fiato, tanto io non posso lasciare Lima prima della fine della scuola e tu non vuoi lasciare l’Ohio proprio ora che stai combattendo sul serio. No?” ed era maledettamente vero cavolo! Sebastian non aveva mai avuto l’intenzione di andarsene, non ora che l’Ohio e tutto quello che portava con se non faceva più così paura, non ora che sapeva da dove cominciare per lottare e andare avanti per davvero, non ora che sembrava aver incontrato una delle donne più interessanti dello Stato.
“non hai idea di come vorrei tirarti un pugno in faccia” sputò allora lui,
“te ne parlerò Seb, lo sai. Fidati di me”
“perché sembra che tua madre conosce più dettagli di me?”
“mia madre non sa ancora niente”
“beh allora giovedì avremo di sicuro qualcosa di cui parlare, lo sai quanto nonna Sophie adori gli inciuci”
“lieto di poterti essere utile” borbottò Blaine prima di abbracciare l’altro e rifilargli un bacio sulla guancia, cosa che Sebastian odiava tremendamente,
“avremo il nostro ringraziamento Bas!” urlò poi prima di chiudersi la porta della sua camera alle spalle provocando un sospiro soddisfatto all’amico.
 
*
Kurt aveva davvero bisogno di distrarsi e non pensare alle provinciali di quella sera, per questo aveva aiutato Carole in cucina e poi Finn con i suoi esami di metà semestre e anche Burt con i soliti lavoretti in casa che non mancavano mai, ma tutto quel da fare lo aveva tenuto occupato solo fino all’ora di pranzo.
 Aveva già apparecchiato la tavola, aveva controllato il tacchino già tenuto d’occhio da Carole e aveva fatto ormai una seconda doccia della giornata, quando aveva convenuto di star completamente perdendo il controllo di sé stesso per la paura di dover mettere in conto alla fine di quella giornata qualche altra offesa da parte di una vita che non aveva fatto altro che dargli del marcio e non poteva farcela.
 
“non posso farcela” lo aveva detto Kurt ad alta voce per la prima volta appena Blaine aveva risposto al cellulare, abbandonando il pranzo e domande scomode che lui era sicuro Sebastian aveva scritto a sua nonna per porgliele,
“cosa?” domandò Blaine chiudendosi in bagno,
“mi dispiace, non avrei dovuto chiamare. Noi non lo facciamo mai.. chiamarci intendo e mi dispiace ma credo che sia giusto per la squadra avvisare che non ci sarò questa sera alla gara” sputò Kurt andando avanti e indietro per la camera con il cuore in gola e il respiro pesante.
“Kurt? stai male?”
“sì, sto tremendamente male. L’ansia mi sta divorando come Finn col tacchino, Blaine! e se conoscessi meglio Finn capiresti che come analogia è una bomba per descrivere come mi sento in questo momento!” sbottò, sentendo dall’altro lato una risatina divertita e un grosso sospiro,
“siediti” gli ordinò poi Blaine,
“la situazione non cambia” gli fece presente però Kurt una volta sedutosi sul letto,
“se stasera non verrai perché è quello che vuoi, allora lo accetto e sono sicuro che Unique non vede l’ora di sostituirti, ma se non verrai perché credi di non essere abbastanza, perché la paura ancora una volta ti ferma dal vedere quanto fantastico tu sia, allora non ci sto. La tua voce è spettacolare, io lo so, tu lo sai, i ragazzi del glee lo sanno e anche tua madre lo sa, Kurt.”
“ho subìto abbastanza umiliazioni da averne per due vite intere” si lasciò andare Kurt stringendo un po’ più forte il cellulare all’orecchio e alzando gli occhi al soffitto per evitare che le lacrime l’avessero vinta.
“ma non hai ancora ottenuto tanti successi da riempire la vita che stai vivendo adesso, no? le provinciali di questa sera saranno solo l’inizio. Avanti Kurt non sei mica quel tipo di persona che si lascia scoraggiare dalle stronzate che ti propinano gli altri?”
“no?!” domandò ironico,
“no Kurt! okay.. posso prendere  a calci chiunque in sala questa sera non si degnerà di applaudirti alla prima nota. Sei d’accordo?”
“evita di colpire mio padre però, lui non è il tipo da manifestazioni di entusiasmo in pubblico” disse alla fine Kurt sollevato facendo ridere di gusto Blaine,
“non mi permetterei mai” il silenzio che seguì dopo fu soltanto la realizzazione del fatto che fossero al telefono, insieme.
 
“a proposito di genitori.. non avevo ancora avuto modo di dirtelo. Abbiamo deciso che ci sarai questa sera giusto?”
“uhm si” rispose Kurt ora più attento,
“bene, verrai anche alla festa dopo?”
“sempre se avremmo voglia di festeggiare dopo”
“festeggeremo comunque vada, quindi verrai?”
“Finn si è già offerto di prendere la sua macchina e Rachel ha già organizzato l’intero itinerario per il nostro shopping di questa notte”
“oh mi dispiace!”
“ti dispiace per cosa?”
“per lo shopping con Rachel”
“non sai cosa sono capace di fare per un paio di stivali in saldo” disse Kurt convinto,
“e mi dispiace anche perché credo di aver fatto un piccolo casino”
“cosa intendi per piccolo casino?”
“ti ho detto che ho parlato di te a mia madre, vero?”
“mi hai detto che le hai raccontato quello che poteva sapere, giusto?”
“giusto. Solo che all’epoca non sapevo che descriverle i tuoi occhi o parlarle del nostro primo incontro con tanto di appunto su tuo fratello Finn potesse essere un problema”
“è un problema?” domandò allora del tutto confuso Kurt,
“lo è se questa sera sarà presente anche mia madre”
“alla festa?”
“alla festa e alle provinciali”
Forse Blaine non aveva scelto momento migliore per dirlo, forse non avrebbe dovuto dirglielo e basta. Forse avrebbe dovuto parlarne con la madre e cercare di tenerla a bada senza mettere in imbarazzo lui e in difficoltà Kurt, ma ormai il danno era fatto, quindi era meglio riparare.
 
“non devi preoccuparti, tutto quello che bisogna fare è tenere mia madre lontana da Finn e quindi dalla tua famiglia e tutto andrà bene”
“tutto andrà bene?! Blaine! io non posso- Dio mio, io non- okay.” Kurt prese un grosso respiro, chiuse gli occhi, contò fino a dieci e continuò, “okay, va bene. io- tu non sembri preoccupato, non lo sei giusto? tua madre non direbbe nulla per metterti nei guai, vero?”
“esatto. Andrà tutto bene”
“e se-“
“no”
“non sai neanche cosa volessi dire, Blaine!”
“ci vediamo questa sera Kurt, sii puntuale”
“ma-“
“felice ringraziamento”
“uh si, giusto, anche a te” mormorò Kurt,
“a dopo allora”
“a dopo”
 
Kurt era stato così preoccupato dall’idea di Finn e la signora Anderson nella stessa stanza che era riuscito a mettere in secondo piano la sua insana ansia per la gara.
Ansia che si era ripresentata più forte di prima, quando si era ritrovato chiuso insieme agli altri ragazzi del glee in un piccolo camerino dietro le quinte del teatro della scuola e aveva realizzato che di lì a poco sarebbe dovuto salire su di un palco.
 
C’era chi scaldava la voce, chi ripassava alcuni passi di danza, chi si specchiava nel riflesso dello schermo del cellulare e chi come Unique non faceva che farneticare su quanto stesse bene con quell’abito, quanto fosse eccitata per la gara e di come avrebbero fatto a pezzi gli avversari ed era stata proprio quest’ultima con tutte le sue chiacchiere sicure a far cadere Kurt nella più totale crisi di panico.
 
Avrebbe dovuto prendere esempio da Unique e farsi forza.. insomma quella ragazza era perseguitata quanto lui in quella scuola, si sentiva una “diversa” la maggior parte del tempo e più volte era stata offesa e derisa per una voce che per i bifolchi ignoranti non le apparteneva e che per chi invece la conosceva sapeva essere perfetta per lei, eppure non si era mai arresa, non aveva mai perso il suo animo fiero e combattente e stava in quel momento di fronte a lui cercando un modo per dargli coraggio.
 
Coraggio che era del tutto scomparso quando Blaine varcò la soglia della piccola stanza seguito a ruota da una donna alta all’incirca quanto lui se non più bassa e da Sebastian.
 
“oh Mr. Anderson, finalmente è arrivato! Può dire a Joe di infilarsi le scarpe, a Tina di smetterla con la lacca e a Unique di stare zitta che non fa altro che innervosire ancora di più il povero Ku-“ Mercedes fu bloccata da Kurt prima che finisse di pronunciare il suo nome,
“sto bene, va tutto bene. aiutami ad allacciare il papillon” disse lui mettendosi in piedi proprio di fronte a lei per farsi fare per la terza volta il nodo al farfallino che proprio non riusciva a tenere legato al collo,
“beh felice ringraziamento a tutti!” esclamò Blaine scuotendo la testa e tirando dalle mani di Mike la scarpa che era destinata di sicuro allo stomaco di Joe,
“indossa le scarpe, non puoi salire sul palco senza, lo sai. Tina i tuoi capelli stanno benissimo, Unique sei spettacolare ma lascia in pace gli altri.” Disse risoluto Blaine mentre contava uno ad uno tutti i membri del club assicurandosi che ci fossero tutti.
 
“oddio ma quel sorriso tremendamente sexy dietro Blaine non è mica Sebastian Smythe? È Smythe?” domandò Mercedes all’orecchio di Kurt mentre fingeva di star sistemandogli ancora il cravattino,
“credo di sì, sì.. lo conosci anche tu?”
“lo conosco anche io?! mi prendi in giro? Ho letto il suo libro ‘fuoco e fiamme’ in due giorni! È assolutamente fantastico! Ma non dirmi che è- non è che Blaine e Se-“
“Cavolo Mercedes, la smetti un po’?” esalò esasperato Kurt tornando a sedersi sulla sua piccola poltrona nell’angolino più stretto della stanza, evitando accuratamente lo sguardo preoccupato di Blaine e quello curioso della madre che stava educatamente presentandosi a tutti.
“anche tu credi che Anderson sia gay?” chiese Unique a Mercedes con fare civettuolo, senza però aspettare risposta, “il mio gay radar mi dice pure che è impegnato.. sarà quel signorino sexy il suo lui? tu cosa ne pensi Kur-?”
“penso che non siano affari nostri” borbottò lui notando Sebastian fargli un piccolo occhiolino come se avesse sentito i loro discorsi.
 
Intanto Marie stringeva la mano a tutti, camminava per la stanza complimentandosi con Tina per la buona riuscita degli abiti, prendendo in giro Blaine per aver costretto i ragazzi ad indossare il papillon, ammirando Sugar per la sua proverbiale mancanza di tatto con la sua viscerale sincerità, congratulandosi con Unique per la scelta azzeccata del suo nome.. fino ad arrivare a Kurt.
Era arrivato il suo turno di presentarsi quando la porta di quell’ormai troppo stretto camerino fu spalancata e un disorientato Finn fece capolino lasciando sconvolti fin troppe persone al suo interno.
Mercedes, come Artie e Tina ad esempio conoscevano il ragazzo perché aveva fatto parte di quella scuola fino all’anno prima ma non avevano idea del perché si trovasse lì in quel momento,
“Houdson! Che diavolo ci fai tu qui?!” esclamò il biondino Sam  dando voce ai pensieri di tutti e correndo ad abbracciare il suo vecchio compagno di squadra,
“uhm potrei farti la stessa domanda” disse lui dando un occhiata alla saletta piena zeppa di persone,
“comunque stavo cercando-“
“me! sono qua! Ti avevo detto che sarei tornata subito!” esclamò una Rachel trafelata che aveva preso Finn sottobraccio e aveva cercato di tirarlo via, inutilmente però perché il ragazzo non aveva fatto una grinza e con il suo sorriso sempre un po’ affettuosamente ebete, si passò una mano tra i capelli, cercando ancora suo fratello tra quell’accozzaglia di persone non sapendo che l’altro stava bellamente nascondendosi di proposito,
“lo so e infatti non stavo cercando te ma-“
“ehi Finn! Non sapevo ci saresti stato anche tu!” s’intromise però Blaine, bloccando di nuovo l’altro che alzò un sopracciglio confuso,
“non lo sapevi? Ma se Ku-“
“oh mio Dio, ma questo panzerotto ci è o ci fa?” sbottò Sebastian alzando gli occhi al cielo, facendo cadere l’intera camera in un assoluto silenzio, mentre la maggior parte dei presenti si guardavano confusi tra di loro,
“Berry perché non porti Finn-ocenza al suo posto?” chiese esasperato Sebastian,
“non essere sempre così scortese Bastian” parlò Marie allungando poi una mano verso Finn per presentarsi, con tutta l’intenzione di sapere se con lui fosse presente anche il fantomatico fratello di cui tanto si era parlato quel giorno,
“io sono la madre di Blaine, Marie.. è un piacere conoscerti. Rachel non fa che parlare di te anche se non sapevo ci saresti stato anche tu,qui” il ragazzo strinse la mano alla donna e fece spallucce,
“Rachel e mia madre mi hanno costretto a venire.. nessuna offesa, ma il canto corale o quello che è non è il mio genere” disse sorridendo,
“c’è anche tua madre?” domandò allora confusa la donna e a quel punto il gemito disperato di Kurt fece voltare un po’ tutti, Finn compreso,
“Uh eccoti, finalmente! Burt mi ha detto di dirti che abbiamo preso posto in quinta fila, sulla destra.. se hai bisogno di sostegno, guarda lui”
“forse è meglio se lasciamo concentrare questi ragazzi Finn e comunque non è canto corale.. ma canto coreografato.. Dai su, andiamo” Rachel lo spinse un po’ e questa volta Finn si lasciò condurre fuori salutando gli altri con la mano libera e mandando un imbocca a lupo a tutti,
“cos’è questa storia?” domandò subito Mercedes parandosi di fronte a Kurt,
“come conosci Finn?” chiese subito dopo Sam,
“e come conosce tuo padre?” fu la domanda successiva di Tina e tutto quello di cui riusciva a preoccuparsi Kurt era di continuare a respirare,
“ragazzi non è il momento di impicciarsi di fatti che non ci riguardano.. la prima squadra ha finito di esibirsi.. ormai manca poco al nostro turno” disse Blaine cercando un modo per evitare che l’attenzione fosse ancora focalizzata su Kurt,
“e tu come conosci Finn?” domandò invece Sam direttamente a Blaine,
“oh io.. lui e Rachel, mia amica e coinquilina, si frequentano da un po’” disse lui evitando di guardare Kurt.
 
Kurt che sentiva il peso del mondo addosso e non sapeva perché.
Doveva cantare lui, doveva salire su di un palco e fare quello che non era riuscito a fare anni addietro, doveva cantare per lui, per sua madre, per tutti quei ragazzi del glee e pure per Blaine e non riusciva a muoversi.
Doveva cantare, doveva nascondersi, doveva proteggersi e proteggere.
No, Kurt voleva solo scappare da lì, perché era quello che sapeva fare meglio, perché era quello che la vita gli aveva insegnato a fare, perché quando il respiro gli si mozza in gola e gli occhi si inumidiscono e tutto diventa buio allora Kurt non può fare altro che prendersi il suo spazio e il suo tempo.
 
“uh Blaine? Mr. Anderson? Credo che lo stiamo perdendo!” esclamò Unique indicando Kurt mentre gli sventagliava davanti le mani cercando di dargli un po’ d’aria.. ma Kurt si sentiva claustrofobico, odiava sentirsi in quel modo, odiava sentirsi stretto.
 
Ma era così che si sentiva. Stretto nei suoi vestiti, nei suoi sentimenti, stretto negli occhi di Blaine che nonostante tutto non riusciva a lasciare indietro.
Per questo scappò fingendo di non ascoltare le proteste di Mercedes, le lamentele di Tina che si riteneva già sconfitta e la preoccupazione di Blaine che sembrava combattere per convincersi a tenere su le vesti d’insegnante e basta.
 
“vado io. tu resta qua” disse Sebastian a Blaine,
“e sì, se ve lo state chiedendo, io e Hummel ci conosciamo. Lunga e noiosa storia che non sto qui a raccontarvi.. e no, non siamo intimi, almeno non ancora, se è questo quello che invece ti stai chiedendo tu” continuò con non chalance parlando direttamente con Mercedes, “e oh mio Dio, no.. non sono gay. Mi piace giocare in entrambe le squadre, l’importante è che sia sempre io ad avere la palla.. non so se ci siamo capiti” apostrofò Unique ben conscio della domanda inespressa che stava a cuore alla ragazza,
“ora con il vostro permesso vado a riprendere il damerino” finì lui girando i tacchi e uscendo dal camerino se non prima di aver fatto un occhiolino a Blaine, che sembrava ora bianco cadaverico.
 
Sebastian lo individuò subito anche perché non fece molto per nascondersi, Kurt era semplicemente seduto a terra nel corridoio principale della scuola, con le spalle al muro e gli occhi persi nel vuoto che cercava in qualche modo di tenere il respiro regolare e di evitare qualunque sguardo si posasse su di lui.
“guarda un po’ cosa mi stai facendo fare” scherzò Seb sedendosi di fianco a lui, allungando le gambe davanti a sé e prendendo dalla sua giacca un sacchettino di carta nuovo che poi offrì a Kurt,
“dovresti sempre averne uno con te. per ogni evenienza.. come faccio io, vedi?”
“grazie” bofonchiò invece l’altro quando dopo tre grossi respiri nel sacchetto, si sentì abbastanza meglio da poter parlare.
 
Restarono in quella posizione, in silenzio fissando il vuoto e ascoltando il vociare lontano della musica nell’auditorium per un po’ prima che uno dei due decidesse a parlare.
“ascolta Hummel-“
“se sei qui per dirmi di stare lontano da lui, non c’è né bisogno. Lo so da me” disse Kurt battendogli un colpetto sul ginocchio e poggiando la testa al muro senza preoccuparsi di rovinarsi l’acconciatura,
“non sono tuo padre e per l’amore del cielo, non sono neanche il suo. Stavi per avere un attacco di panico o sbaglio?”
“tu si che sei un bravo osservatore” rispose ironico sbuffando spazientito,
“non fare l’acido Hummel, sto cercando di essere quantomeno civile”
“ti sto risparmiando la fatica” Sebastian alzò gli occhi al cielo prima di prendere un gran bel respiro e proseguire col suo discorso fingendo che l’altro non avesse aperto bocca,
“e quindi ti piace per davvero eh? Non è solo una stupida cotta che può finire veloce come è iniziata. Ti piace così tanto da preoccuparti prima per lui e poi per te. Sei così preso da lui che ti impediresti di stargli vicino se credessi che fosse il meglio per lui, non è così?” inclinò la testa su di un lato per cercare di guardare l’altro negli occhi e trovare conferma che quello che aveva appena detto fosse del tutto vero,
“dove vuoi arrivare Smythe? Ti prego, finisci in fretta che questo posto mi sta soffocando” e non aveva negato niente Kurt, in che modo avrebbe mai potuto farlo?
Sebastian aveva completamente centrato il punto.
“non è il meglio per lui” questo era però l’esatto opposto di quello che Kurt avrebbe potuto sentir uscire dalla bocca di Sebastian,
“cos’è? un trabocchetto?” domandò allora inquisitorio sgranando gli occhi e cercando conferme in quelli cristallini dell’altro,
“Hummel, sei un rompi palle stratosferico. Drammatico come poche regine al mondo. La tua faccia da checca isterica potrebbe fare da pubblicità a creme detergenti per bambini e la tua voce è così fastidiosa da avere gli incubi di notte ma per qualche assurdo motivo Blaine ti trova interessante. Gli interessi come mai nessun altro è riuscito a fare e lo hai risvegliato dal suo lungo ed estenuante letargo, quindi.. va bene. tu vai bene.”
“io vado bene” Sebastian annuì convinto prima di fare spallucce e scuotere la testa,
“questo non toglie che siete entrambi due coglioni e quando tutto andrà a puttane aspettatevi un mio ‘ve lo aveva detto, cip e ciop!’” sentenziò con un buffetto sulla spalla di Kurt, prima di rimettersi comodo con le spalle al muro.
 
Il silenzio che scese questa volta tra loro non aveva niente di disagevole, semplicemente Sebastian stava aspettando che Kurt fosse pronto a ritornare in camerino,
“scusa ma devi cantare o no?” domandò alla fine Smythe alquanto annoiato, sentendo in lontananza la voce del presentatore di gara incitare il pubblico e vedendo che l’altro non aveva intenzione di muoversi da lì,
“oh no. Passo.” Rispose subito Kurt sentendo l’ansia riempirgli di nuovo i polmoni,
“passi? Cosa vuol dire passi? Sei stupido o cosa? Blaine non ha fatto altro che parlarmi della tua stupida voce, della stupida canzone che avete scelto, di come questo stupido papillon ti cade bene addosso e.. mi pare di aver capito che-“ Sebastian per l’ennesima volta da quando si era seduto lì per terra prese un respiro, si passò una mano tra i cappelli e chiuse gli occhi trovando da qualche parte dentro di lui la pazienza per portare a termine il suo obiettivo,
“ascoltami Hummel.. non fare la ragazzina. Sali su quel maledetto palco e canta. Cosa c’è di così difficile?”
“ho un problema con chi potrebbe ascoltare e giudicare la mia voce” disse Kurt quasi in sussurro vergognandosi e sentendosi fin troppo infantile,
“e che importa di cosa potrebbero dire della tua voce? Davvero dai così importanza a quello che può pensare la gente? Avanti Hummel! Sei un gay dichiarato di Lima! Come può importarti cosa dice di te qualche idiota bigotto? Sei più di questo stupido ragazzino impaurito da offese gratuite di bifolchi analfabeti, no? altrimenti davvero non riesco a capire cosa ci trovi di maledettamente interessante in te Blaine!” Kurt roteò gli occhi sconfitto e Sebastian ora sembrava straordinariamente arrabbiato e determinato a portare Kurt su quel palco, anche a costo di trascinarlo con la forza per il sedere.
“okay. ascolta, devi salire su quel palco non per far vedere a quelli che ti deridono quanto sei forte, ma per far vedere a te stesso che puoi farlo. Devi salire su quel dannato palco per tutti quelli che credono in te e che si fottano tutti gli altri. Blaine crede in te e anche tuo padre che è seduto in quinta fila sulla destra crede in te. Vogliono sentirti cantare e Kurt, non prendiamoci in giro.. se sei arrivato qui significa che anche tu vuoi sentirti cantare. Vuoi farlo? Allora puoi farlo. Quindi alza le chiappe damerino, che c’è un auditorium che t’aspetta” Kurt guardava gli occhi di Sebastian e poi la sua mano tesa e poi di nuovo i suoi occhi senza muovere un muscolo,
“è sempre la storia del gelato a cocco e penna” mormorò alla fine Kurt con un piccolo sorriso,
“cosa c’entra ora un fottuto gelato?” domandò piccato Sebastian, che credeva che il suo discorso ad effetto non avesse minimamente toccato Kurt,
“se tu non avessi questi modi barbari mia madre ti avrebbe adorato, tutto qui” rispose poi prendendo la mano di Sebastian e mettendosi veloce in piedi,
“mi adorano tutti a prescindere, sono pur sempre Sebastian Smythe” Kurt alzò gli occhi al cielo e prese a camminare,
“ho sentito dire che vuoi cantare anche per lei, no? tira fuori la voce allora che deve arrivare parecchio lontano”
“Blaine parla troppo”
“lo dico sempre anch’io” concordò Sebastian passando un braccio sulle spalle di Hummel per accompagnarlo dietro le quinte dell’auditorium.
 
*
 
C’era solo un sipario che lo divideva dalla platea e l’energia che sentiva era immensa e spaventosa e forte.
Sentiva il brusio delle voce del pubblico e delle persone accalcate dietro le quinte, sentiva lo sguardo caldo e incoraggiante di Blaine su di lui e la mano rassicurante di Mercedes stretta nella sua.
Ce l’avrebbe fatta.
 
“fidati di me” sussurrò Mercedes avvicinandosi un po’ di più al suo orecchio.
E Kurt aveva capito che non era solo per l’esibizione, sapeva che Mercedes aveva scelto con cura quelle parole stringendogli un po’ di più la mano.
Kurt aveva capito che Mercedes voleva essere molto di più che una compagna del glee, voleva essere sua amica, voleva stargli accanto, voleva capirlo e conoscerlo.
“siamo amici io e te. spero tu lo sappia” gli disse con un ghigno furbo sul viso,
“lo so” sussurrò lui,
“allora non avere paura. Saremo fenomenali” rispose lei proprio quando il sipario stava alzandosi e le luci si erano spente e le prime note stavano inondando la sala.
Tutte le eventuali domande di Mercedes e le risposte di Kurt erano state messe da parte, ora era il suo momento.
 
 
Something has changed within me (qualcosa è cambiato dentro di me)
Something is not the same (qualcosa non è più la stessa)
I'm through with playing by the rules (ho smesso di seguire le regole)
Of someone else's game (del gioco di qualcun altro)
 
Ad occhi chiusi e col cuore in mano cantava Kurt.
Intonava parole e intenzioni. Cantava tutto quello in cui credeva di star facendo in quel momento.
Sfidare la gravità.
Stava sfidando ogni legge della fisica e della vita per sentirsi ancora una volta vicino a sua madre, per raggiungerla in qualsiasi parte dell’universo si trovasse per salutarla un’ultima volta e per chiederle se stava facendo la cosa giusta, perché se lei gli avesse anche solo fatto un cenno di assenso allora lui sarebbe andato avanti nelle sue convinzioni senza remore.
Stava sfidando la gravità e le leggi del gioco di qualcun altro perché ogni singola parola, anche se era difficile ammetterlo, anche se forse era impossibile, era dedicata a Blaine.
Blaine che aveva ascoltato quella canzone cantata da Kurt già molte volte, ma solo quella volta quando i loro occhi non si erano incontrati neanche una volta, aveva capito che fosse davvero per lui, per loro.
 
Blaine che aveva dovuto stringere forte i pugni nelle tasche e piantare bene i piedi a terra per costringersi a non correre sul palco e abbracciarlo forte e dirgli che sì, stavano sfidando la gravità e che sì, l’avrebbero sconfitta e vinta insieme, perché non voleva nient’ altro che quello.
Perché solo sfidando quella gravità, quelle leggi che gli altri avevano imposto facendo di ogni erba un fascio, si sentiva bene. Vivo. Lui, Blaine. Solo Blaine, come non lo era mai stato da solo con sé stesso.
 
E non c’era più motivo di chiedersi perché.
Perché solo con Kurt. Perché proprio Kurt.
Tutto quello che sapeva era che era lui e basta.. non si sceglie a chi si è affini.
La trovi e basta la persona giusta, quella tua, quella che è sempre stata tua e c’è chi non deve sfidare niente e nessuno per averla e c’è chi invece, come lui, deve buttare giù le mura e combattere mettendo in conto le ferite e le cadute e le eventuali perdite.
 
It's time to trust my instincts (è tempo di fidarmi dei miei istinti)
Close my eyes and leap! (chiudo i miei occhi e salto!)
 
 
E sarebbe stato un salto nel vuoto ad occhi chiusi e il respiro mozzato in gola quello di Kurt, ma era arrivato davvero il tempo di fidarsi dei suoi istinti?
Quelli che aveva sempre così paura di tirare fuori, quelli che la vita gli aveva insegnato a non seguire mai?
 
It's time to try (è tempo di provare)
Defying gravity (a sfidare la gravità)
I think I'll try (io credo che proverò)
Defying gravity (a sfidare la gravità)
Kiss me goodbye (dammi un bacio d’addio)
I'm defying gravity (sto sfidando la gravità)
And you won't bring me down (e voi non mi fermerete)
 
 
“non mi fermerete” lo stava urlando Kurt, sperando che lo ascoltasse lui stesso per convincersi che così sarebbe stato, che nessuno lo avrebbe fermato dal volere quello che voleva e ottenerlo.
Era la sua vita quella e sarebbero stati solo suoi i suoi sbagli e le sue scelte, lo sapeva bene.. ma non era facile convincersene che solo lui poteva avere voce in capitolo per quelli.
 
Aprì gli occhi quando la mano di Mercedes scivolò via dalla sua, quando la musica andava scemando e gli applausi crescevano.
Il momento era passato, la paura di non farcela ora gli sembrava solo piccola e lontana anni luce.
Aveva sorriso a suo padre che tra la folla si agitava per far vedere a tutti quanto fosse fiero di suo figlio e poi si voltò a cercare l’unica conferma di cui aveva bisogno in quel momento.
Gli occhi di Blaine.
 
Quegli occhi che erano un po’ lucidi e troppo luminosi rendendo Blaine più giovane. Occhi che dicevano molto più di mille parole.
Occhi che sorrisero fieri, come quelle mani che non riuscivano a stare ferme e applaudivano.
 
*
Tutto quello che Kurt riuscì a percepire dopo la proclamazione della vittoria delle New Directions furono due braccia solide avvolgerlo e un profumo familiare assalirlo.
Non avrebbe saputo dire chi dei due avesse abbracciato per prima l’altro, sapeva soltanto che ne avevano bisogno.
“ce l’hai fatta!” esclamò Blaine sul suo collo, prima di stringerlo ancora di più,
“no, ce l’abbiamo fatta!” urlò sorridente Kurt, chiudendo gli occhi e saltellando nell’abbraccio, sentendo la tensione accumulata finalmente svanire del tutto,
sentendo tra quelle braccia la pace dei suoi sensi, dimenticando tutto quello che c’era intorno.
Dimenticando per un momento chi fossero e ricordando semplicemente che Blaine era tra le braccia di Kurt e Kurt tra le braccia di Blaine.
“Blaine! Anderson! La coppa!” urlò Mercedes facendo tornare i due alla realtà e staccarsi in fretta,
“si giusto, vado a prenderla!” rispose Blaine abbracciando di slancio anche lei prima di lasciarla festeggiare con Kurt e gli altri.
 
“Siete stati formidabili, ragazzi! Ora andiamo a celebrare la vittoria!”

 
 
Angolo Wallflower_
 
Shame on me! >-<
 
Lo so. Lo so. Aspettare tutto questo tempo e non avere ancora niente di concreto tra le mani!
Sono pessima e mi dispiace.
Ma ormai l’attesa è quasi finita! I swear.
 
Spero che il capitolo non sia risultato troppo noioso.
Comunque, sappiate che se il capitolo è arrivato oggi e non tra qualche anno dovete ringraziare ishuttheworldoutside perché è stata lei a “convincermi- costringermi” a scrivere!!
 
Come sempre ringrazio le persone che leggono e seguono e mando tanti baci&abbracci alle 6 (wow!!) Persone che hanno recensito lo scorso capitolo!
vero99belli, BeauBrooks, Jynial, DARKAEONIFRiT, ishuttheworldoutise aaaaand wislava .. I love yaaa!
 
Okay, dato che sono sicura il capitolo non vi ha pienamente soddisfatto vi lascio un anticipo del prossimo, sperando che un po’ possiate fidarvi di me xD
 
“[..]Tutte scuse, Kurt. non ti sto chiedendo di fidarti ciecamente di me e di giurarmi amore eterno.. ti sto chiedendo di porgermi una mano e camminare insieme in questo percorso, ti sto chiedendo di darci una occasione. Ti sto chiedendo di darmi il modo di dimostrarti che puoi fidarti di me. Non è difficile se lo vuoi. Solo se lo vuoi”
 
Alla prossima Guys!!
Kisses. questa è la mia pagina autore fb.

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Capitolo 8
*** ..e vincendola. ***


Capitolo 7
 
Kurt mise piede in casa Anderson con la convinzione di evitare il proprietario come la peste.
Facile a dirsi, ma difficile a farsi quando l’adrenalina ancora non aveva lasciato il corpo e la mente di Blaine come di molti altri in quella piccola festa ed era quindi quasi impossibile evitarli.
 
Blaine da buon padrone qual’era aveva imbandito la tavola di sidro frizzante, bibite gasate, qualche birra per lui, Sebastian, Finn e Santana e aveva riempito vassoi di salatini, cibo avanzato del ringraziamento, pizza e caramelle- quelle erano per lui, ma va bene- e aveva lasciato che tutti si sentissero a proprio agio, tranne Kurt ovviamente.. ma quello non era di certo colpa di Blaine, solo che era in casa del suo insegnante che non era solo un insegnante per lui, con una dozzina di suoi compagni del glee e sua madre.. c’era parecchio da starsi attenti, insomma.
 
Kurt nonostante avesse praticamente dichiarato a Blaine cantando Defying Gravity il suo voler sfidare la gravità e lasciare che le cose tra loro facessero il proprio corso.. ora seduto su quel divano di fianco a Sebastian, fingendo di essere così occupato ad avere una conversazione con lui per evitare la signora Anderson che continuava ad aggirarsi per i paraggi, per l’ennesima volta si era reso conto che Blaine era e sarebbe sempre stato la persona da cui doveva stare alla larga al contrario di come poteva pensarla Blaine, per lui e per se stesso.
 
Kurt stava seriamente preoccupandosi di essere estremamente lunatico.
Se ci si soffermava a pensarci non riusciva a venire a capo dei suoi stessi ragionamenti.
Era un susseguirsi di sentimenti contrastanti in una continua lotta senza nessun vero vincitore ed era estenuante.
Un attimo prima era convinto di poter affrontare ogni ostacolo e preoccupazione come un super eroe per ottenere quello che voleva e un attimo dopo si detestava per quei pensieri così irrazionali e si rifugiava nel suo angolino con la coda tra le gambe odiando, quasi, il modo in cui non riusciva a togliersi dalla testa Blaine.
 
Stava diventando pazzo o forse erano soltanto i suoi ormoni della crescita che gli causavano determinati effetti, aveva alla fine concluso da solo senza capire che in realtà quei pensieri così diversi e contrapposti tra loro erano semplicemente frutto della lotta mente-cuore che stava andando avanti dentro di lui.
 
“vedo del fumo uscire dalle tue orecchie” lo canzonò Sebastian offrendogli poi la sua birra,
“sta’ zitto Mangusta. Sta’ zitto” sibilò Kurt allontanando da sé la birra e guardando ancora atterrito Finn ,al centro dell’attenzione seduto comodamente sulla poltrona con in braccio Rachel, replicare a quelle domande scomode che solo qualche ora prima erano state fatte a Kurt e a cui non erano state date risposte.
 
Finn si era preso la libertà di raccontare a Sam e agli altri perché fosse presente alle provinciali, partendo dall’inizio della storia e senza escludere particolari. Era partito quindi dal fidanzamento di Carole e Burt fino ad arrivare al matrimonio e poi al trasferimento di Kurt da lui.
Avrebbe voluto persino raccontare il casuale primo incontro suo e di Rachel grazie a Kurt e ai suoi amici, ma per fortuna Blaine riuscì a distrarre l’intera compagnia proponendo un ridicolo gioco sull’intonare canzoni e indovinarne il titolo.
 
Perciò la Signora Anderson in meno di dieci minuti era venuta a conoscenza che sì, quel Kurt, quello di cui suo figlio gli aveva parlato con tanto di occhi a cuoricino era proprio uno degli alunni di Blaine che ora se ne stava seduto sul divano di fianco a Sebastian, che nonostante tutto continuava a tenere il gioco del ragazzo interessato all’altro, dedicandogli sguardi lascivi e paroline maliziose che Kurt incassava anche molto bene facendo fremere di gelosia Blaine che però non dava a vedere niente.
 
A dirla tutta Marie si stava divertendo da matti a vedere quello strano teatrino tra Sebastian, Blaine e Kurt ora che sapeva.
Era esilarante vedere come il braccio di Sebastian fosse appoggiato sulle spalle di Kurt da quando erano entrati in casa e si erano seduti vicini e di come Kurt quando si sentiva osservato da Mercedes o da Finn stesso sorrideva sensuale a Sebastian e si avvicinava un po’ di più a lui per dirgli qualcosa all’orecchio, ma la parte che più faceva divertire la donna era vedere come suo figlio reagisse ad ogni minimo particolare dato che non se ne perdeva neanche uno.
 
Blaine in verità stava cercando con tutto se stesso di restare impassibile a quel loro comportamento e passare oltre.
Lui sapeva che Sebastian non era minimamente interessato a Kurt e sapeva che quello che gli stava facendo era soltanto un favore per evitare che i ragazzi del glee anche solo pensassero che tra lui e Kurt ci fosse qualcosa in più che di un semplice rapporto tra direttore e membro del club, solo che in tutta quella situazione ciò che faceva rodere Blaine non era il braccio di Sebastian intorno alle spalle di Kurt o i suoi sguardi ammalianti o quei dannati sorrisetti sghembi che all’epoca facevano venire i brividi anche a lui.. ma era Kurt.
Sì, erano le reazioni di Kurt a fargli salire il nervoso come uno stupido adolescente.
Kurt che rispondeva alle avances, che si avvicinava sempre un po’ di più a Sebastian, Kurt che era tremendamente a suo agio con l’altro, Kurt che ad essere sinceri non si era staccato dal suo amico da quando erano rientrati insieme in quel dannato camerino uno avvinghiato all’altro.
Neanche la presenza di Santana di fianco a loro faceva calmare Blaine, per questo dopo varie frecciatine mandate a Kurt, piccoli schiaffetti “casuali” dati sulla mano di Sebastian poggiata sulla spalla dell’altro e uno schiaffo vero proprio dato dietro la nuca dell’amico, quando aveva visto Kurt ridere di gusto con tanto di testa buttata all’indietro, una mano sul petto e l’altra sulla coscia di Sebastian non ci aveva visto più e aiutato dall’adrenalina per la vittoria che ancora aleggiava in lui e un paio di birre aveva praticamente trascinato Kurt davanti al pianoforte per cantare con lui accampando come scusa che il ragazzo era l’unico oltre lui a saper usare il piano e lui era troppo brillo per farlo bene.
 
Scusa che comunque non fermò Blaine dal posizionarsi dietro Kurt, poggiando il petto sulla schiena di lui e allungando le braccia sopra le sue spalle fino ad arrivare ai tasti avorio del pianoforte e cominciare a suonare le prime note della canzone che aveva pensato fosse perfetta per la situazione e non solo perché era dei Beatles.
 
“oh ti prego, non ditemi che è un’altra dei Beatles! Esiste ancora canzone loro che non avete già cantato?” sbottò Mercedes roteando gli occhi e lasciando il posto in prima fila davanti al piano per prendersi altro da bere,
“non ditemi che anche a Kurt piacciono i Beatles! Un punto in meno per Hummel!” urlò Sebastian.
 
Blaine intanto aveva lasciato che Kurt continuasse, contento che conoscesse le note e restò dietro di lui con le mani sulle sue spalle ad intonare la canzone.
 
Something in the way she moves (qualcosa nel modo in cui si muove)
Attracts me like no other lover (mi attrae come nessun’altro amante)
Something in the way she woos me (qualcosa nel modo in cui mi conquista)
I don't want to leave her now (non voglio lasciarla ora)
You know I believe and how (sai che ci credo eccome)
 
Era difficile tenere la concentrazione sui tasti e sulle note quando Blaine stringeva un po’ di più la presa su determinate parole.
Era difficile tenere a bada i propri pensieri che ormai navigavano in acque sconosciute.
Era difficile per Kurt sapere che c’era gente che stavano ascoltandoli  e fregarsene, eppure lo fece.
 
La musica li avrebbe protetti e nascosti dagli altri, la musica li avrebbe cullati e condotti dove da soli non sarebbero mai riusciti ad arrivare, perché Kurt era un eterno insicuro e perché Blaine anche se non lo dava a vedere, anche se non ci soffermava spesso a pensare, anche lui aveva i suoi “e se” a cui dar conto.
E questi, forse erano pure più difficili da affrontare e mandare via perché non riguardavano lui e Kurt in quanto professore e studente, ma riguardavano lui e quello che voleva fosse Kurt.
Riguardavano il suo passato con Jeremiah e il presente che voleva vivere con Kurt.
 
You're asking me will my love grow (mi stai chiedendo se il mio amore crescerà)
I don't know, I don't know (non lo so, non lo so)
You stick around and it may show (te ne stai qui e questo forse lo dimostra)
I don't know, I don't know (non lo so, non lo so)
 
Ma la musica era quella che dava voce ai sentimenti più forti, no?
Blaine lo sapeva per questo continuava a cantare sempre più convinto e anche Kurt lo aveva capito e per questo aveva preso a cantare anche lui nell’ultima strofa.
 
Something in the way she knows (qualcosa nel modo In cui lei sa)
And all I have to do is think of her (e non devo fare altro che pensare a lei)
Something in the things she shows me (qualcosa nelle cosec he mi dimostra)
I don't want to leave her now (non voglio lasciarla ora)
You know I believe and how (tu lo sai che ci credo eccome)
 
Non erano solo le loro voci insieme, erano i loro battiti, erano i loro sentimenti uguali questa volta, erano loro, solo loro.
Erano note più alte dei pensieri che sparivano con l’avanzare delle parole.
Parole, quelle dei Beatles che avevano fatto loro per mettere via una maschera che pesava ad entrambi e sentirsi per davvero.
Solo loro.
 
E poi arrivarono gli applausi che seppur veri e caldi avevano decretato la fine di quel momento, lasciando Blaine con la gola secca e il cuore al galoppo e Kurt con le mani tremanti e il cuore in gola,
 
“uh wow! Duetto emozionante, ora però che ne dite di ritornare  sulla terra?!” li rimbeccò Mercedes,
“questa è chimica, chimica, sorella!” si aggiunse Unique,
“dovremmo portare questa canzone alle regionali. Assolutamente” continuò invece Artie,
“sì, ma Blaine non può cantare” fece notare Sam,
“Kurt suonerà per qualcun altro.” Rispose prontamente Artie,
“ma Unique ha proprio ragione, la chimica Kurt c’è l’ ha con Blaine, non di certo con noi!”
“non dire idiozie, Sam!” s’intromise a quel punto Rachel, “oggi Kurt e Mercedes hanno immobilizzato l’intero auditorium” continuò lei, sperando di riuscire a portare la conversazione verso porti più sicuri, visto che Kurt e Blaine non sembravano essere in grado di opporsi o giustificarsi alle parole dei ragazzi del glee,
“sì ma-“ Sam non fece in tempo a ribattere che Rachel allora aveva avanzato i passi fino alla tv trascinandosi dietro Finn e accendendo il karaoke che Blaine aveva già sistemato di fianco a quella,
“ora io e Finn vi facciamo vedere cos’è davvero la chimica, sei pronto tesoro?” disse lei passandogli poi un microfono.
Finn annuì poco convinto sentendosi a disagio a starsene in piedi davanti alla tv con un microfono in mano.
“ti ho già detto che non è il mio genere il canto corale?” sussurrò nell’orecchio della ragazza,
“coreografato Finn, ma non è questo il punto.. è solo un karaoke, l’abbiamo già fatto e tu sei bravo” lo incoraggiò Rachel scoccandogli un bacio sulla guancia e facendo partire il brano scelto.
 
E non erano più solo loro, allora.
Perché Mercedes li guardava in maniera enigmatica e Unique con un sorrisino furbo e Sebastian scuoteva la testa prima di dedicarsi del tutto a Santana e Marie Anderson sorrideva loro materna e romantica e consapevole.
 
Kurt così ancora una volta prese la via più facile, quella di fuggire ancora e sperava ardentemente che questa volta lo facesse anche Blaine, perché diciamoci la verità.. la vita non è un musical e dopo il tempo di una canzone, tutto ritorna ad essere di nuovo complicato.
 
Passò oltre Mercedes scusandosi e si rintanò sul piccolo balconcino fuori dalla cucina di Blaine pronto a prendersi la sua meritata boccata d’aria.
 
*
Marie Anderson era una donna cocciuta, forse questo nessuno lo diceva mai guardandola, ma era la pura verità.
La sua testardaggine toccava culmini inestimabili quando si parlava della felicità del figlio e in quel momento quella felicità sembrava intaccata da un piccolo cavillo che le faceva storcere il naso.
 
Amava Blaine ma a volte voleva davvero dargli un pizzicotto su quella bella faccia che si ritrovava per farlo svegliare un po’, cosa che in quel momento avrebbe voluto fare anche all’altro giovanotto.. Kurt, per questo controllando che nessuno la stesse osservando, incluso suo figlio che sembrava ben concentrato sulla canzone di Finn e Rachel, raggiunse l’altro ragazzo fuori al piccolo balconcino.
 
“disturbo? Dentro è diventato difficile pure respirare” disse lei fingendo di non notare l’espressione sconvolta che Kurt le aveva dedicato quando si era voltato verso di lei,
“oh io- io- stavo proprio tornando-“
“non abbiamo ancora avuto modo di presentarci per bene, come non ho avuto modo di congratularmi con te” disse Marie bloccando l’altro con un gesto della mano, “sei Kurt, giusto?”
“Kurt, sì” rispose lui stringendo delicato la mano che la donna gli stava porgendo,
“Marie Anderson, è un piacere conoscerti Caro” Kurt annuì e sperò ardentemente che qualcuno lo togliesse da quell’impiccio, ma nessuno sembrava reclamare la sua presenza dentro e non sapeva che altro fare se non starsene lì impalato aspettando che la donna si scagliasse contro di lui.
Ora ne aveva la prova schiacciante, il Karma voleva farlo soffrire a dovere.
“quindi tu saresti il misterioso ragazzo di Blaine” disse d’un tratto lei con nonchalance senza neanche preoccuparsi di calare la voce.
Ed era un’affermazione notò Kurt ormai in panico. Doveva fuggire? Chiamare Blaine? negare? Sì, negare sembrava essere la soluzione migliore,
“no, cosa? no! è assurdo! Blaine è il mio insegnante. No!” disse e in fondo non era poi una bugia, dato che di relazione tra loro due non se ne poteva parlare,
“okay Kurt, quanti anni hai? Diciassette? Sei nel pieno della tua vita!-“
“diciotto” la corresse lui d’istinto,
“diciotto? Oh ma allora qual è il tuo problema?! Vivitela un po’ Kurt!” il ragazzo alzò un sopracciglio colpito e la guardò scettico, cos’era quello? Un secondo miracolo del ringraziamento come quello di Sebastian?
“okay forse mi è uscita poco elegante” ammise la donna facendogli un sorrisetto, appoggiandosi poi con la schiena al parapetto proprio di fianco a Kurt e incrociando le braccia al petto,
“se ti aspettavi che fossi venuta a cercarti per dirti di star facendo la cosa giusta a trattenerti dallo stare con mio figlio e che magari ti avrei allungato anche una mazzetta per accertarmi che continuassi a farlo come in un film americano di serie C, ti sbagli di grosso. Non sono quel tipo di genitore, non m’importa molto dell’età, della scala sociale e del conto in banca della persona che piace a Blaine, quello che conta per me è come questa persona lo faccia stare bene e nulla più” Kurt deglutì e annuì sperando che se Marie avesse qualcosa altro da dire lo dicesse in fretta, perché lui era consapevole di non riuscire a spiccicare parola al riguardo,
“so che fai stare bene mio figlio. Blaine mi parla di te come non ha fatto mai con nessun altro. Neanche quando si trattava del suo ex fidanzato e quando ho capito che tu fossi uno suo studente, neanche una volta ho pensato che fosse solo una strana cotta come quella che aveva avuto per quell’idiota di Jeremiah. Voglio dire, all’epoca le parti erano invertite, ma-“ la donna si fermò notando l’espressione sconvolta di Kurt e alzò le mani in segno di resa,
“hai ragione, non è proprio la stessa situazione, Blaine era al college e Jeremiah era solo l’assistente del suo insegnante.. ma comunque quello che stavo cercando di dire è che Blaine è interessato a te e solo a te come persona, come Kurt Hummel e basta e se anche tu sei interessato a lui, solo a lui allora dovresti smetterla di privarti di provare quello che in realtà già provi e vivertela.”
Kurt a quel punto era pronto a ribattere, perché ad essere sinceri ora non lo sapeva più se quello di Blaine era davvero interesse per Kurt e Kurt soltanto o se magari fosse per davvero una strana fissa quella di Blaine per i ruoli di insegnante e studente al contrario di quello che pensava la madre.
E se magari Blaine trovava eccitante quel particolare rischio di essere scoperti? Oddio, ma allora chi era Blaine?
Tutto quello era assurdo e sì, in quel momento che Blaine fosse il suo professore era di sicuro l’ultimo dei suoi pensieri.
Era un passo avanti? Dio, ma in cosa si era cacciato?
“forse quello che provo non è abbastanza forte da rendere i contro meno importanti dei pro” disse alla fine Kurt con un’alzata di spalle, convinto di essere stato convincente almeno per la donna che invece non aveva fatto una grinza e con sorrisino materno aveva alzato gli occhi al cielo,
“sciocchezze, ragazzo. Sei così preoccupato dei contro che nemmeno ti sei messo a fantasticare sui pro. E per pro io intendo Blaine. Kurt, io non sono stata così fortunata da trovare negli occhi di un uomo lo sguardo che Blaine dedica a te.. non è da tutti scorgerlo e tu sei stato così favorito dalla sorte da trovarlo così giovane. Magari il vostro è solo un fuoco di paglia, magari non sarete l’amore della vostra vita, ma le buone premesse ci sono ed io le leggo negli occhi di Blaine come nei tuoi e per quanto possa essere di paglia, è pur sempre fuoco, no?”
“col fuoco non si gioca, signora Anderson” disse risoluto lui fingendo di non essere per niente accattivato da quelle parole e dando più a sé stesso che alla donna una buona ragione per invalidare l’intero discorso,
“chiamami Marie, mi fai sentire bi-centenaria altrimenti!” disse, “e Kurt io credo che solo chi non vuol scottarsi non gioca col fuoco, tutti gli altri, i coraggiosi, gli spericolati e quelli che con molte probabilità saranno poi felici, col fuoco ci giocano eccome. Lo ingoiano, Kurt.. traendone tutto il calore e la luce. C’è bisogno di fuoco nella vita altrimenti saremmo tutti freddi come quel dannato iceberg che ha fatto affondare il Titanic” finì la donna spostandosi dal balconcino e lisciandosi il maglioncino pronta a rientrare, convinta di aver dato il giusto input per la prossima mossa di suo figlio.
Kurt intanto stava annaspando in cerca di aria e parole e nello stesso tempo tenere a bada il vortice di pensieri che in un nano secondo erano moltiplicati nella sua testa, senza riuscirci però perché c’era una vocina stridula che urlava a gran voce con tanto di luce al neon su cui lampeggiava: “Marie ha ragione, vivitela!” e come avrebbe mai potuto evitare di ascoltarla?
Ma comunque ancora una volta non replicò, perché la donna aveva ripreso a parlare prima che riuscisse ad aprire bocca,
Marie gli chiese di voltarsi e poi gli puntò un dito sul petto,
“fidati del cuore Kurt, fidati di ogni tua emozione perché il cuore non mente, ha paura, ma non mente.. mai. Okay?” chiese alla fine, inclinando la testa su di un lato e allargando le braccia,
“okay” sussurrò Kurt perché quello era tutto ciò che  avrebbe mai potuto rispondere, perché quelle parole dette dalla madre di Blaine erano esattamente quelle che era sicuro, gli avrebbe detto sua madre se fosse stata lì, perché lei l’avrebbe conosciuto bene suo figlio e sapeva che tasti toccare, proprio come, non l’avrebbe mai creduto possibile, aveva fatto quella donna che ora lo stava stringendo in un abbraccio,
“lei è una persona speciale e suo figlio non avrebbe potuto avere una madre migliore” mormorò Kurt prima di staccarsi consapevole del fatto che una volta di fronte alla donna, occhi negli occhi, non sarebbe più riuscito a dirlo,
“e tu sei un bravo ragazzo. Mi piaci, un sa-“ Marie fu bloccata dalle urla provenienti dal salotto,
“Marie Anderson è desiderata al karaoke!” urlava Sebastian dando sfogo alla sua voce stridula,
“io, te e Janis Joplin!” continuava Smythe,
“quel ragazzo sa sempre come attirare la mia attenzione” scherzò lei facendo per avviarsi dentro,
“tu non vieni?” chiese poi vedendo Kurt ancora fermo lì,
“io-“
“ehi” si palesò Blaine con una coperta di pile sulle spalle guardando prima sua madre e poi Kurt e poi di nuovo la madre, cercando di capirci qualcosa,
“tutto okay?” domandò alla fine lasciando lo sguardo fisso su Kurt,
“oh si tutto bene, stavamo parlando di falò” disse la madre seria facendo un ultimo occhiolino a Kurt e dando un pacca sulla spalla di Blaine prima di sorpassarlo e rientrare in casa,
“oh come on! Come on! Come on!” urlò imitando anche piuttosto bene la famosissima Jopline, facendo esultare tutti gli altri presenti,
“ecco il nostro portafortuna!” urlò qualcuno e Kurt poteva metterci le mani sul fuoco –restando in tema- fosse Unique.
 
 
Blaine si era appoggiato al parapetto di fianco a Kurt guardando come lui dritto davanti a sé il cielo scuro e pieno di nuvole grigie di Lima aspettando senza neanche sapere cosa e anelando risposte a domande più o meno coscienti.
“stavate davvero parlando di falò?” chiese poi d’un tratto, sentendo il calore di Kurt proprio di fianco a lui e provando il bisogno di toccarlo,
“più o meno, sì. Parlavamo di fuochi”
“fuochi.. ti ha spaventato?” domandò Blaine, che era quello che gli premeva sapere di più in quel momento, perché vedeva Kurt completamente chiuso in un mondo parallelo, senza un punto d’incontro col suo,
“tua madre è davvero una persona particolare. Ma no, non mi ha spaventato. Mi ha aperto gli occhi, credo. Me li ha aperti su più cose di quanto potessi mai immaginare.. ma va bene” Blaine annuì semplicemente mettendo da parte un mucchio di domande che premevano per uscire ma che riuscì a trattenere consapevole, ormai, che Kurt non avrebbe dato risposta.
Aveva capito, a quel punto che l’altro non avrebbe parlato se messo alle strette e che invece l’avrebbe fatto solo alle sue condizioni e con suoi tempi.. quindi ancora aspettava.
“sai, non avevo mai capito perché avevi lasciato New York per ritornare in questo buco di posto che è l’Ohio” e questo era proprio uno di quei momenti in Kurt faceva zig quando Blaine era convinto che facesse zag.
“magari eri un po’ distratto, Kurt.. te ne ho parlato la prima sera che ci siamo incontrati”
Ti ritrovi a conoscere le strade di quella città e non più quelle del tuo cuore.. era così che mi dicesti, no? ed io non avevo mai ben capito cosa volessi dire.” Kurt a quel punto si voltò per trovare gli occhi di Blaine alla ricerca dei suoi e li piantò lì.. perché aveva bisogno di verità e quegli occhi non sapevano mentire.
“ora l’hai capito” sussurrò Blaine,
“non stavi scappando dalla città, ma da una persona e da te stesso.”
“non stavo scappando da niente, Kurt” rispose Blaine un po’ infastidito,
“avevi un fidanzato, però”
“si lo avevo”
“questo vuol dire che avevi intenzione di sposarti”
“sì” rispose senza esitazione Blaine,
“sei stato tu a lasciarlo?”
“perché ho scoperto che mi tradiva”
“se così non fosse stato, lo avresti sposato quindi”
“probabilmente sì. Ma non sarebbe comunque durata”
“no?”
“no” Blaine stava iniziando a spazientirsi, si sentiva messo sotto accusa e non ne capiva il motivo, sentiva gli occhi di Kurt inquisitori e le sue parole mirate per essere dure, ma lasciò comunque che l’altro arrivasse dove volesse arrivare,
“da quanto stavate insieme? Voglio dire, eri pronto a sposarlo eppure ora dici con sicurezza che non sarebbe durata, quanto tempo hai avuto per conoscere quella persona da essere così insicuro al riguardo?”
“stai cercando di farmi da terapista per caso?” e quella domanda detta di getto da Blaine, fece scattare Kurt che si voltò verso di lui con gli occhi diventati due fessure e lo scrutavano attentamente con insistenza,
“sto solo cercando di capire se quello che provi per me è reale interesse o se la vedi come l’unica occasione qui a Lima per non restare da solo perché dopo dieci anni che hai passato insieme ad un’altra persona stare da solo non ti riesce, Blaine. E voglio essere sincero, per un momento ho persino pensato che avevi visto in me e te una situazione simile ma al rovescio di te studente e l’altro assistente del tuo insegnante.. ma era così volgare come pensiero che me lo son fatto passare subito. Sto cercando di capire, Blaine cosa vuoi davvero da me, però. Perché proprio me, perché? Sto cercando di capire perché mi stavo fidando di te, quando di te non conosco praticamente nulla, a quanto pare” Kurt fece spallucce e tornò a poggiare gli avambracci al balcone lasciando così andare lo sguardo di Blaine, che per tutto il tempo sembrava per niente scombussolato ma soltanto disturbato.
“e quindi l’hai trovata, no? hai trovato l’ennesima scusa per spingermi via.” Il tono usato da Blaine era quasi liberatorio, “perché non lo ammetti e così possiamo parlare di noi una volta per tutte? Perché non la smetti di fuggire e affronti la situazione? Stai scappando Kurt, è quello che fai sempre. È sempre un mordi e fuggi con te. Ora che hai capito che la scusa del mio ruolo d’insegnante non basta più hai sentito il dovere di trovarne subito un’altra.” Blaine fece un passo verso di lui perché era troppo buio lì fuori e non voleva nessuna barriera tra lui e Kurt, “è vero, non ti ho mai parlato di Jeremiah e tutto quello che è stato, come tu non mi hai mai parlato di nessuna tua passata relazione, no? non siamo ancora arrivati a quel punto. Ma questo non significa che io non posso fidarmi di te, come tu di me. il passato è passato e tutto quello che c’è stato mi ha portato qua ora, Kurt. Ed è questo quello che conta, che io sia qui consapevole di quello che voglio. è anche vero che non sono venuto in Ohio alla ricerca di una relazione, Dio no.. era proprio il contrario, ma è successo che mi sono imbattuto in te, fatalità? Destino? Non lo so, non me lo chiedo più perché non m’interessa e perché non cambia le cose.” Blaine lo stava guardando ancora sicuro e quando Kurt fece per voltarsi di nuovo verso il cielo lui lo fermò e lo costrinse e sostenere il suo sguardo, perché questa volta non sarebbe fuggito.
“quello che mi fa incazzare sono le mezze vie Kurt. Non mi piacciono, non più e sinceramente sono stufo di questo. Sei con me per davvero o non ci sei. Perché così rischio d’impazzire”
“tutto questo è più grande di me. Mi stai chiedendo di fare un passo più grande della mia gamba. Ora come ora mi stai chiedendo di scegliere tra tutto e niente, Blaine. Sono confuso, questo concedimelo, perché questo tutto io lo voglio, ma in mano però continuo a non avere niente. Io non ti ho parlato di nessuna relazione perché non ce né stata nessuna, nessuna che potesse essere chiamata tale, tu invece mi hai nascosto un fidanzato decennale, un fidanzato che fino a qualche mese fa eri sicuro di voler sposare e credimi Blaine se ti dico che questo cambia le cose. Sei un uomo che cerca in una relazione i presupposti per un qualcosa di duraturo e permanente come un matrimonio, una famiglia. Io ho diciott’anni e mi viene l’orticaria a solo nominare il matrimonio. Sono un liceale che deve ancora dar conto a suo padre per ogni cosa. E beh, aggiungiamoci anche che oltre ad essere un uomo sei anche il mio professore e il disastroso mix è fatto” Blaine fece un altro impercettibile passo verso l’altro, ormai ad un palmo dal petto di Kurt,
“ti ho appena detto che non avevo neanche intenzione di avere una relazione e tu credi che io sia pronto a parlare di matrimonio? Tutte scuse, Kurt. non ti sto chiedendo di fidarti ciecamente di me e di giurarmi amore eterno.. ti sto chiedendo di porgermi una mano e camminare insieme in questo percorso, ti sto chiedendo di darci una occasione. Ti sto chiedendo di darmi il modo di dimostrarti che puoi fidarti di me. Non è difficile se lo vuoi. Solo se lo vuoi”
Blaine poggiò il palmo caldo della sua mano su quella di Kurt sul balcone, col pollice disegnava piccoli disegni astratti sul polso, passando lo sguardo da quel contatto ai suoi occhi, serio e soddisfatto dei tremiti che era riuscito a suscitare in Kurt,
“e tu lo vuoi. Ammettilo che lo vuoi tanto quanto me.” soffiò Blaine che poteva sentire il respiro pesante di Kurt infrangersi sulla sua bocca tanto era vicino e poteva sentire il suo sguardo posato sulle sue labbra e sorrise sghembo,
erano distanti una granella di sabbia, ma Kurt non osava muoversi e Blaine aveva solo intenzione di provocarlo per sfinirlo e farlo cedere.
“quando stiamo solo io e te, di quel maledetto disastroso mix non te ne frega niente. Ammettilo che in questo momento tutto quello che vorresti fare è baciarmi. Te lo leggo negli occhi, Kurt.” sussurrò ancora Blaine, inclinando un po’ la testa e sfiorando il naso di Kurt come se volesse provarci a baciarlo, ma non lo fece.
“Vorrei anche io” continuò sempre in un soffio, “baciarti intendo” sottolineò sorridendo quando notò Kurt chiudere gli occhi,
“Ma non lo farò” disse scostandosi di colpo e alzando le mani come in segno di scuse,
“non lo farò, perché non voglio che sia un altro dei tuoi mordi e fuggi. Perché o ci sei o non ci sei. Perché sono arrabbiato per le attenzioni che hai dato a Bas e poi perché dentro c’è una festa ed è da maleducati allontanarsi per così tanto tempo.” Blaine ridacchiò appena alla faccia incredula di Kurt
“fino ad ora abbiamo giocato con i tuoi tempi e alle tue condizioni, ora tocca dettare le mie.” e facendo spallucce rientrò in casa prima che l’altro potesse anche solo aprire bocca, chiudendo così il discorso.
*
 
Ed era offeso. Kurt era assolutamente, indubbiamente e indissolubilmente offeso dalla presunzione e la sfacciataggine di Blaine.
Era offeso per non aver avuto diritto di replica, per non aver avuto modo di finire il discorso alla sua maniera ed era tremendamente offeso per non aver avuto quel maledetto bacio.
E a dire la verità era offeso perché quella presunzione Blaine poteva averla tutta, perché aveva ragione: lui lo voleva. Voleva quel maledetto bacio, voleva darsi una possibilità, voleva Blaine.
Ma dargliela vinta così, non esisteva.
Il discorso era serio e i dubbi ancora c’erano, ma era anche vero che quei dubbi erano soltanto una scusa per nascondersi e proteggersi e odiava dover dare ragione agli altri, a Blaine.
Era stramaledettamente vero che quei dubbi poteva toglierseli solo vivendo l’altro e non allontanandolo e lui voleva viverselo e non solo con quelle mezze vie che aveva percorso fino a quel momento.
 
Pure Marie Anderson aveva maledettamente ragione su di una cosa. Quello era puro fuoco, Blaine lo era.
E c’era da starsi attenti, ma c’era anche da stringere forte a sé il calore finché c’era.
 
“ehi Kurt, credo che Finn ne abbia ancora per molto e tu sembri stanco, se vuoi, possiamo accompagnarti noi a casa” si propose Mercedes con Sam sotto ad un braccio e Unique dall’altro, pronti ad andare via, mentre indicava con gli occhi la scenetta raccapricciosamente romantica di Finn e Rachel aggrovigliati tra loro sulla poltrona.
A quanto pare la festa era finita e Kurt nemmeno se n’era accorto.
“uhm no, no.. voglio dire-“ quello che lui avrebbe voluto dire era che non poteva andarsene dato che da lì a qualche ora sarebbe dovuto uscire con Rachel per il famoso shopping del venerdì nero, ma sarebbe stato sospetto almeno per Mercedes, quindi cominciò a boccheggiare alla ricerca della bugia migliore da rifilare all’amica senza sentirsi un pessimo amico,
“sono da sola in auto, se ha bisogno di un passaggio, posso darglielo io” intervenne però prontamente Santana seduta di fianco a lui, vedendolo in difficoltà
“sicuri che-“ cominciò Mercedes,
“sicurissimi” cantilenarono in coro però Santana e Kurt fermando l’altra.
 
E uno ad uno se ne andarono tutti tranne Kurt, Finn e Santana ovviamente.
 
“oh dolce porcellana, cos’è che i tuoi occhi colpevoli stanno combinando?” domandò Santana spingendolo verso il tavolo del salotto per rassettare un po’ lì intorno,
“non so di cosa tu stia parlando” disse Kurt asciutto,
“giusto, allora meglio che chiarisco cosa intendo” disse l’ispanica facendosi più vicina pur sussurrargli all’orecchio,
“parlo del teatrino messo su da te e Sebastian, non che mi abbia dato fastidio, anzi l’ho trovato esilarante e persino eccitante e parlo anche di una fugace scomparsa tua e del professorino laggiù che ci guarda famelico e parlo poi del fatto che non sei andato via coi tuoi amici. Sono stata sufficientemente chiara, porcellana?”
“cristallina” borbottò lui raccogliendo una pila di piatti sporchi e facendo per portarli in cucina,
“beh allora?”
“altri oltre te hanno fatto caso all’assenza mia e di Blaine?” domandò invece Kurt facendo ruotare gli occhi all’altra dall’esasperazione,
“credo di no. Ma non è questo il punto.. allora tu e il professorino, eh?” Kurt alzò gli occhi al cielo e sbuffò,
“perché non parliamo di te e Smythe, invece? Non credevo che lui ti avrebbe invitato a questa festa, ne tantomeno che tu ci venissi. Pensavo che avessi qualcuno di più importante con cui condividere la cena del ringraziamento” disse Kurt cercando solo un modo per cambiare discorso, notando poi però l’espressione cupa che gli aveva rivolto l’amica aveva capito di aver toccato un tasto dolente, senza sapere neanche quale fosse.
“non ho una famiglia da cui andare per le feste, in verità non ho una famiglia da cui andare sempre. Quindi sì, Sebastian mi ha invitata ed io sono venuta” disse lei sconsolata, gettando i bicchieri vuoti nel lavello e sedendosi poi sul bordo della cucina, facendosi vedere per la prima volta debole e vulnerabile.
Ma lei era così.
C’erano momenti in cui sentiva il bisogno fisico di non sentirsi così sola, sentiva la necessità di togliersi quegli enormi pesi dalle spalle e condividerli con qualcuno, sperando che quel qualcuno la facesse sentire meno afflitta.
“perché?” Kurt di solito non era così diretto, non s’intrufolava nella vita degli altri senza un minimo di sensibilità ma quel sedersi di Santana con le spalle ricurve e lo sguardo basso sul suo grembo l’aveva visto come un SOS mandato dalla ragazza per salvarsi e lui l’aveva colto perché non poteva fare altrimenti, mettendo da parte per davvero, quella volta, tutti i suoi più grossi pensieri.
“vivo da sola da quasi tre anni ormai, da quando ho presentato ai miei Brittany e loro non l’hanno digerito” disse lei con un’alzata di spalle sentendo Kurt avvicinarsi a lei ma senza alzare lo sguardo,
“non sono lesbica” precisò senza neanche dover leggere negli occhi di lui la sua domanda muta,
“tutto quello che sapevo era che lei era la mia persona. Mi completava, mi faceva essere  una persona migliore. Era fantastica, davvero e non m’importava che fosse una donna, lei era semplicemente la mia Brittany e volevo che la mia famiglia lo sapesse, che fosse felice per me, che accettasse quello che io per prima non ho fatto fatica ad accettare. Ma non è stato così. Ero all’ultimo anno di liceo quando mi hanno sbattuto fuori casa.” Kurt deglutì il nodo che aveva in gola con lo strano presentimento che quello era soltanto l’inizio di una storia che aveva in qualche modo devastato e cambiato Santana, quindi non la fermò, lasciò che parlasse, lasciò che ricordasse ed esprimesse quello che apparentemente non diceva spesso.
“i genitori di Brittany mi hanno aiutato fino a quando non sono riuscita a mantenermi da sola. Studiavo di giorno, lavoravo di sera e tornavo ogni giorno in una casa vuota. Ad eccezione dei fine settimana, perché Brittany restava con me, sempre. Sono stata bene, sai? All’epoca non lo capivo, ero così concentrata sullo schifo della mia vita che non davo importanza alla meraviglia che avevo.” Kurt sorrise mesto e si avvicinò all’amica sentendola sospirare pesantemente, magari con l’intento di trattenere un singhiozzo.
Poteva quasi vedere come Santana stesse lottando per tenere su quella maschera fiera e forte che era ormai diventata la sua seconda pelle, per questo Kurt non voleva fare niente che potesse far sentire l’altra ancora più indifesa, non voleva che si chiudesse ancora e di nuovo a riccio perché mai come allora aveva capito quanto Santana avesse bisogno di una persona accanto.
Di un amico, di un porto dove rifugiarsi. Di una famiglia che la capisse e aiutasse.
E Kurt c’era. C’era, perché forse un po’ quelle sensazioni le aveva vissute anche lui, perché sapeva cosa significava l’assenza di una madre anche se la sua era stata non voluta, sapeva cosa significava non essere accettati per quelli che si era.
Kurt aveva avuto suo padre però e Chandler anche c’era stato, e i suoi amici alla Dalton.
Santana invece aveva avuto Brittany.. Brittany che era stata un po’ la causa e l’effetto di quello che Santana aveva avuto e perso.
“cos’ è successo con Brittany?” domandò allora, perché proprio non riusciva a capire cosa avesse spinto a lasciare quella ragazza sola.
Quella domanda però non l’aveva ascoltata solo Tana ma anche Blaine e Sebastian che si era appostato fuori dalla cucina solo per tirare via l’altro,
“lasciamoli soli, Santana ne ha bisogno” disse solamente Smythe e Blaine ancora un po’ curioso e un po’ preoccupato dello sguardo serio dell’amico annuì e lo seguì nell’altra stanza, lasciando così gli altri due indisturbati,
“Brittany era una ballerina. Era davvero brava e al liceo faceva parte dei Cheerios e del glee solo perché erano gli unici club dove poteva ballare, io ne facevo parte solo perché c’era lei. Era fenomenale, dico sul serio. Per questo non mi stupii più di tanto quando mi disse di aver vinto una borsa di studio per andare a studiare danza a Parigi. Il teatro dell’opera era la sua meta, il suo sogno e chi ero io per impedire alla mia persona i suoi desideri? Io invece non avevo nessun obbiettivo in cantiere, non riuscivo a guardare nel mio futuro e trovare qualcosa che mi piacesse per la mia vita, sapevo soltanto che se ci fosse stata Brittany sarei stata bene. Solo che la partenza di lei si avvicinava e noi non ne parlavamo, Brittany non voleva che ne parlassimo, che facessimo progetti. E avrei dovuto capirlo, Kurt.  Avrei dovuto, ma non l’ho fatto. Prima di Parigi parlavamo di girare il mondo, parlavamo di viaggi con uno zaino in spalla e paesaggi meravigliosi. Volevamo trovare il nostro posto un po’ fuori dal mondo, uno di quei posti con la sabbia bianca e il cielo sempre pulito, dove la gente è sempre di buon umore e sono così persi nei loro sentimenti che poco s’importano dei tuoi e volevamo stare lì per sempre. Dopo il teatro dell’opera per Brittany, noi saremmo partite alla ricerca di questo posto, per mettere radici, sai? Ora col senno di poi, credo che mettere radici fosse stato un po’ il mio sogno. Fantasticavamo sull’aprirci un chiosco poi, lì dove tutto era più bello, e Brittany diceva sempre che chiunque fosse venuto al bancone con un sorriso sincero sulle labbra, lei gli avrebbe offerto il primo drink. Brittany aveva sempre il sorriso sulle labbra, sempre Kurt ed era sempre sincero, per questo io non lo capii. Solo per questo.” Ora Santana si sentiva enormemente esausta e sconfitta e pure un po’ arrabbiata, e Kurt continuava a sfregare le sue mani sulle sue braccia, per darle quel calore che sembrava avesse perso.
“San, non devi parlarne se non vuoi. Non devi per forza, okay?”
“vorrei se posso” disse lei in un sussurrò e Kurt allora annuì e aspettò,
“se mi avesse chiesto di partire con lei, l’avrei seguita in capo al mondo, ma lei non lo ha fatto ed io non ho chiesto. Mi ha detto che sarebbe stato meglio lasciarle un po’ di tempo per ambientarsi alla sua nuova vita, mi ha chiesto di non chiamarla, di non scriverle, di non pensarla neanche. Voleva che la odiassi, Kurt. Voleva che la odiassi e poi la dimenticassi e che mi rifacessi una vita senza di lei e per un periodo io l’ho fatto sai? L’ho odiata, solo quello.. dimenticata, mai. Ma l’ho odiata perché se n’era andata senza voltarsi indietro, perché mai una volta mi aveva chiamato, perché non sapevo cosa stesse facendo e con chi lo stesse facendo e l’ho odiata perché non riuscivo a fare nient’altro che pensarla.” Kurt fece per abbracciarla, ma lei lo tenne fermo lì e per la prima da quando aveva iniziato a parlare, alzò gli occhi su di lui e lo guardò, con sguardo perso e rassegnato e triste. Enormemente triste e risentito.
“Lei se n’è andata sul serio Kurt e non a Parigi. È stata in Francia, sì, con i suoi genitori e ha ballato sul palco dell’Opera, ma a luci spente e con gli spalti vuoti, prima di- prima di non poterlo più fare. Era malata, Kurt. Una fottuta malattia che la consumava dentro, gli atrofizzava ogni cosa, ogni fottutissima cosa. La SLA*,così lo chiamano il suo male. Una malattia impronunciabile che l’ha portata via. Via da me, da tutti. Quella cosa fottuta un po’ alla volta, le ha fermato ogni muscolo, tutti Kurt, tutti e non esiste una cura, non c’è. Quando sua madre mi ha chiamato io, io non potevo crederci, non volevo. Come..io - è morta un anno fa e l’ho odiata, un po’ più forte, perché avrei voluto starle accanto, perché mi meritavo un saluto, un addio come si deve. Avrei voluto guardare i suoi occhi ancora e ancora, non me ne fregava di nient’altro, solo dei suoi occhi, perché quelli- quelli erano vivi fino a quando il suo cuore continuava a battere. Io avrei voluto dirle che l’amavo ogni giorno fino al suo ultimo, perché se lo meritava ed anche io, Kurt. Anche io meritavo di amarla da vicino  fino a quando avrei potuto e- e” e poi le parole le erano finite, così come le lacrime.. perché Santana non stava piangendo, non lo faceva da un po’, non le riusciva più e Kurt la tenne stretta a lui, la cullò e lasciò che nascondesse il viso nella sua spalla, piangendo per lei. Sentendo l’esigenza patologica di versare quelle lacrime che un po’ ti ripuliscono del dolore e un po’ te lo inondano dentro.
 
Quando Santana si sentì finalmente pronta ad allontanarsi e a scendere da quello scomodo mobile, non guardò Kurt negli occhi, ma gli puntò un dito contro il petto,
“non dire che ti dispiace. Non dire una parola che può sembrare di circostanza o giuro che ti faccio il culo a strisce, Hummel. Ed ora per tornare alla tua precedente domanda ancora inespressa, sì Sebastian mi piace. Stiamo bene, ci facciamo compagnia e m’incuriosisce.” Kurt intanto stava cercando di nascondere gli occhi rossi e sembrare il meno scosso possibile, perché quello di Santana era un lutto che mai sarebbe andato via da lei, era un’assenza che si sente tutti i giorni sempre, era un dolore che lui aveva vissuto con sua madre, ma non così intensamente come lei, perché quello che Santana aveva perso era quello che Kurt ancora non aveva trovato o almeno lui così credeva.
“ti incuriosisce?” domandò alla fine riprendendo a ripulire un po’ qua e la quello che doveva essere ripulito,
“ha anche lui i suoi demoni nell’armadio, Kurt. L’ho capito anche se non me lo ha detto. Smythe guarda il mondo come lo guardo io, con occhi diversi, con occhi di chi sta disperatamente trovando se stesso. Quindi sì, sappiamo come tenerci compagnia senza invaderci. Sappiamo come farci sentire meno soli.” Disse lei facendo spallucce e ammiccando un po’ come se quelle parole nascondessero un doppio senso inequivocabile e a Kurt stava bene così.
“e poi cosa farai, San? Quando la compagnia di Sebastian non basterà più?”
“prima o poi dovrò trovare le mie radici Kurt, perché senza un posto dove impiantare quelle i rami dell’albero non possono crescere” la ragazza si fermò prima di lasciare la cucina e si voltò a guardare Kurt, seria
“sono incazzata Kurt, perché vivere col rimpianto di non aver fatto quello che si avrebbe voluto fare è una merda. Per questo ti dico quello che ti ho già detto, deve importarti solo di quello che vuoi e pensi tu. Se vuoi una cosa oggi, prenditela Kurt, perché non sai cosa ti aspetta domani”
 
*
 
“fidati del cuore Kurt, fidati di ogni tua emozione perché il cuore non mente, ha paura, ma non mente.. mai”
 
“ti sto chiedendo di porgermi una mano e camminare insieme in questo percorso, ti sto chiedendo di darci una occasione. Ti sto chiedendo di darmi il modo di dimostrarti che puoi fidarti di me. Non è difficile se lo vuoi. Solo se lo vuoi”
 
“Se vuoi una cosa oggi, prenditela Kurt, perché non sai cosa ti aspetta domani”
 
Si poteva essere cresciuti in una sola unica serata?
Ci si poteva sentire maturato di anni quando erano passate solo poche ore?
Ci si poteva pensare di stare facendo una cosa ragionata quando di ragionevole non ci si trovava niente?
 
Kurt non lo sapeva, come del resto non sapeva la risposta a molte-troppe domande, ma quelle domande irrisolte come molte altre nella sua testa non erano più un limite.
Erano diventate, dopo una chiacchierata cuore a cuore con Marie e poi con Santana, il punto di partenza.
L’orizzonte.
 
Finalmente Kurt aveva raggiunto il suo punto di partenza, non sapeva ancora come avrebbe dovuto sorpassarlo per cominciare a correre ma ormai era sicuro che lo avrebbe fatto, come era sicuro che quello che avrebbe intrapreso sarebbe stata
una lunga corsa ad ostacoli.
 
“i Robinson! Stanno dando i Robinson in tv!” disse Rachel come per richiamare l’attenzione di tutti.
“oh avanti ragazzi, non possiamo dormire, perché se lo facessimo poi non ci sveglieremmo più in tempo per lo shopping. Quindi scegliete voi: i Robinson o Non ho mai!” esclamò lei quando non vide l’entusiasmo negli occhi degli altri,
 “i Robinson, assolutamente” disse Sebastian mentre teneva stretto a sé una Santana un po’ scossa che nascondeva il viso nell’incavo del suo collo e gli accarezzava con fare distratto i capelli alla base di quello.
 
Kurt aveva raggiunto gli altri in salotto, sedendosi all’unico posto ancora vuoto sul divano proprio di fianco a Sebastian e non ebbe neanche bisogno di cercare Blaine con lo sguardo che l’altro lo aveva già raggiunto e avvertendo la sua tensione si era seduto ai suoi piedi, aprendogli appena le gambe per poggiarvi la schiena.
 
Fingevano entrambi di guardare lo show in tv, quando invece erano entrambi assorti nel loro mondo, Blaine aveva infilato una mano da sotto i suoi jeans per accarezzargli dolce la caviglia e Kurt aveva stretto un po’ di più le ginocchia intorno al busto di lui per sentirlo più vicino.
 
C’era una sfida tra di loro, lanciata da Blaine, la stessa sfida che lo stesso Blaine aveva messo da parte per correre da lui, perché qualsiasi cosa fosse stata detta in cucina, aveva messo in subbuglio Kurt e qualsiasi decisione fosse stata presa riguardo loro due, Blaine sarebbe stato lì per Kurt.
Era quel senso di protezione che lo guidava, che aveva sempre guidato Blaine da quando Kurt era entrato nella sua vita e anche se l’altro più volte gli aveva ripetuto che era in grado di stare su due piedi da solo, quello non spariva o diminuiva.
Doveva proteggerlo, doveva assicurarsi che stesse bene per stare bene anche lui.
 
Non sapevano come comportasi ora però, non sapevano cosa fosse quella tensione accumulata, ma sapevano di star facendo la cosa giusta, sentivano di star andando verso la direzione esatta ed era comunque una bella sensazione.
 
Blaine alzò il capo poggiandolo sulla coscia dell’altro e cercò lo sguardo di Kurt, sorrise rincuorante e gli fece un impercettibile gesto con la testa, come per chiedergli se stesse bene e l’altro lo capì e annuì e sospirò forte socchiudendo gli occhi quando Blaine alzò un mano sul suo viso accarezzandoglielo come per cancellare via una lacrima invisibile.
 
Sebastian e Santana intanto parlottavano tra loro, si sfioravano come due amanti nascosti, si cercavano con gli occhi e con la bocca, perchè dovevano sentirsi vicini loro.
Vicini come Kurt e Blaine si sentivano in quel momento con il solo sfiorarsi delle dita di Blaine sulla pelle di Kurt.
 
“Noi andremo, se non vi dispiace. Siete noiosi e i Robinson mi stanno sulle palle e tra un po’ Santana comincia il turno alla caffetteria” esclamò d’un tratto Smythe mettendosi in piedi e tirandosi dietro pure Santana,
“oh okay, l’accompagni e poi ritorni?” domandò Blaine voltandosi a guardarlo, senza smettere di carezzare Kurt, come se quello fosse naturale e spontaneo, come se non ne potesse fare a meno,
“come se potessi mai accorgerti della mia presenza o assenza” disse l’altro furbo con tanto di occhiolino, facendo roteare gli occhi a Blaine,
“lo accompagnerò io più tardi, tranquillo mamma chioccia” disse invece Santana trascinando l’altro verso l’ingresso,
“grazie per la birra Blaine. Ancora buon ringraziamento a tutti” salutò lei prima di chiudersi la porta alle spalle con Sebastian al seguito.
 
Anche Rachel e Finn non erano stati per niente interessati allo show in tv, troppo presi a scambiarsi effusioni seduti stretti su quella poltrona.
 
Kurt più volte quella sera si era soffermato a guardarli, pensando a come loro erano sempre stati i più pratici.
Ricordando la facilità e la semplicità con cui al loro primo incontro si erano aperti l’uno all’altro e di come stavano continuando a farlo e invidiandoli un po’ per la connessione che erano riusciti a creare mettendo da parte barriere che sembravano invalicabili per lui e insignificanti per loro.
Perché se per Kurt la situazione di Rachel, nascente stella di Broadway allontanatasi dal palco solo per un periodo di pausa e per evitare scandali che avrebbero stroncato la sua faticosa scalata verso il successo sarebbe stato un ostacolo insormontabile, per loro non sembrava altro che un “non importa” e andavano avanti per la loro strada, perché si volevano e quello era ciò che importava.
 
“credo che andiamo anche noi” disse Rachel d’un tratto mentre ancora sorrideva per chissà quale diavoleria Finn le aveva detto all’orecchio,
“andate dove?” domandò allora Blaine confuso,
“a dormire, Blaine” soffiò Rachel alzando gli occhi al cielo sembrando tremendamente annoiata,
“ma non eri tu quella che aveva detto che non potevamo dormire?” le fece notare allora l’amico ma Rachel lo snobbò con un gesto spiccio della mano,
“a dormire? Ma Rach! Dobbiamo andare a Westerville tra poche ore! Perché credi che io sia rimasto qui?”domandò invece Kurt nel panico, tirando via la gamba lontano dalla mano di Blaine con un balzo e trattenendo un urlo per il dolore del pizzicotto che l’altro gli aveva dato,
“ma sei matto?” rantolò a bassa voce,
“io potrei anche essere pazzo, ma tu sei un bugiardo se dici che sei rimasto qui solo per lo shopping con Rachel” borbottò lui facendogli una linguaccia,
“svegliateci tra un paio d’ore!” esclamò Finn scappando con Rachel dietro prima che gli altri potessero ancora trattenerli.
*
Rimasti soli Blaine alzò appena il volume della tv per evitare che qualsiasi rumore indiscreto potesse arrivare alle loro orecchie e si sistemò sul divano di fianco a Kurt.
Erano soli.
Solo loro, Kurt e Blaine con la loro personale sfida da portare avanti o da farla finire li.
Un bacio.
Era quello ciò che aleggiava tra loro trasformandosi in tensione.
Un bacio che volevano entrambi alla stessa esasperante maniera, ma che nessuno dei due dava o prendeva.
Cosa può significare fondamentalmente un bacio tra loro?
Kurt se lo stava chiedendo mentre Blaine poggiava una mano sulla sua coscia col palmo aperto rivolto verso l'alto, in una muta richiesta verso di lui.
Kurt se lo stava chiedendo mentre incastrava le sue dita tra quelle di Blaine con lo sguardo ancora rivolto alla tv.
Kurt in quel momento si sentiva in dovere di essere sincero almeno con se stesso.
E il fatto era questo, quando sei attratto da una persona, in tutti i modi in cui ci si può essere attratti, di quella tu ancora non sai niente.
Non sai se preferisce il mare o la montagna, non sai se mangia solo il cioccolato fondente o é amante del cioccolato bianco, non sai se preme il tubetto del dentifricio a metà, se é un disordinato patologico o se l'ordine é la sua disciplina, non sai se preferisce la radio ai cd in auto, non sai se ama fare i regali o riceverli, non sai se il suo passato é passato.
E capisci che per conoscere una persona hai bisogno di una vita intera o forse due e traduci quell'attrazione che provi, quella chimica che senti in una scommessa.
Perché l'amore o quello che almeno lontanamente si avvicina all'amore é questo, si diceva Kurt.
É una scommessa.
 
É dire: "so ancora poco di te, ma voglio provarci. Voglio provare a stare con te anche se dovessi scoprire che mangi la pizza con le posate"
E Kurt in quell'esatto momento tutto quello che voleva fare era lanciare quella scommessa.
Era prendere quella decisione, perché sì, volere una persona, amarla, era una decisione che Kurt doveva prendere solo con se stesso.
E a dire tutta la verità, era quello che più spaventava Kurt.
Volere una persona fino ad arrivare ad amarla, amarla per davvero senza remore, senza limiti era ciò che più temeva.
E quindi il bacio avrebbe significato l’inizio.
Sarebbe stato il primo di tanti, di tanti mille altri tutti diversi, intensi e dolci, disperati e voluti, ricevuti e accettati, tristi e romantici, elettrici e abitudinari e Kurt lo sapeva, lo sapeva che quel primo bacio lo avrebbe incatenato a tutti gli altri che sarebbero venuti poi perché ne sarebbero arrivati di altri e perché lo sapeva che quello era Blaine ed era a lui che dava il potere di distruggerlo e salvarlo, di farlo sentire libero e intrappolato, di dargli un anima che ama e una testa che gira.
"Kurt? Perché non andiamo a dormire anche noi?" La voce di Blaine era arrivata lontana e capì allora che tra un pensiero e l'altro si era appisolato,
"Mh? Questo divano é comodo" bofonchiò lui, alzando la testa che solo in quel momento si accorse di aver poggiato sulla spalla di Blaine,
"Il letto lo é di più. Prometto di stare buono e di svegliarti tra un paio d'ore" continuò l'altro mentre si alzava senza lasciare la mano di Kurt e trascinarlo in piedi,
"Tanto non ti bacio" lo disse lui senza pensarci intontito dal sonno seguendolo docile per il corridoio buio, facendo ridere Blaine,
"Solo per vincere una sfida?" Domandò poi curioso,
"Sei stato davvero troppo convinto di te" sospirò Kurt sedendosi al bordo del letto con ancora le loro mani intrecciate mentre Blaine si parava di fronte a lui,
"É vero e lo sono tutt'ora, ma non sto mirando ad un bacio Kurt. Quindi puoi ritenere la sfida già vinta. Te l'ho detto: tutto o niente. Voglio la tua compagnia, la tua fiducia, i tuoi sorrisi, le tue storie, le tue abitudini, i tuoi vizi, i tuoi compromessi e la tua bocca, ovvio. Tutto, Kurt." Sussurrò Blaine avvicinandosi pericolosamente a Kurt, alzandogli il viso per il mento e accarezzandogli i contorni delle labbra con le dita leggere quasi con riverenza,
"Tanto non ti bacio" soffiò di nuovo facendo roteare gli occhi di Blaine che aveva deciso di allontanarsi per prendere dei vestiti comodi per l'altro,
"Tanto ora voglio solo dormire" lo punzecchiò Blaine porgendogli una vecchia tuta dell' NYU prima di chiudersi in bagno.
Quando fu di ritorno, Kurt era seduto allo stesso punto del letto in cui lo aveva lasciato e se non avesse avuto indosso la sua tuta avrebbe giurato che non si fosse mosso di un millimetro,
"Kurt? Non pensare più a niente, okay? Dormi e basta" gli disse lui poggiandogli una mano sulla spalla e facendo per andare dalla sua parte del letto se solo Kurt lo avesse lasciato andare però.
Perché Kurt non stava più pensando, non stava più chiedendosi niente.. era da stupidi farlo ancora quando alla fine del giro la conclusione era sempre e solo una.
E sarà stato che Blaine era bello da mozzare il fiato con i capelli ancora umidi dopo una doccia veloce, sarà stato la sonnolenza o la stanchezza di meditare ancora, sarà stata il discorso di Marie e quello di Santana che gli avevano smussato un po’ il cuore, Kurt non sapeva dirlo con certezza, ma si ritrovò a seguire il suo istinto senza inibizioni e senza paure.
Perché in quel momento Kurt, mentre attirava Blaine a sé, sporgendosi verso di lui e costringendolo ad abbassarsi alla sua altezza, non sentiva paura.
Era eccitato e incantato e pronto e elettrizzato ma non ne era spaventato.


Lo spinse per un braccio verso di sé e lasciò scivolare le mani sui suoi fianchi per stringerselo più vicino e lo baciò.
 
Premette le labbra su quelle calde e sorprese di Blaine.
Blaine che dopo un solo attimo di smarrimento capì cosa stava davvero succedendo e sorrise nel bacio prima di lasciare che l’altro approfondisse e ricambiò.
Ricambiò perché non c’era niente che voleva di più in quel momento, senza pensare a niente, senza pensare a stupide sfide, a futili giochi o a compromessi.
 
Blaine gli strinse il viso tra le mani e lo spinse su e poi più vicino, sempre più vicino perché doveva sentirlo.
Perché era Kurt che lo stava baciando.
Ed era un bacio che aveva il sapore di sidro frizzante e passione e Kurt.
 
E Kurt lo stringeva forte e le sue mani trovarono posto tra i suoi capelli alla base del collo e sorrise anche lui mentre l’altro un po’ per trovare fiato un po’ perché era da tanto che voleva farlo gli strinse il labbro inferiore tra i denti prima di ricominciare ancora.
 
E quello era Blaine che lo stava baciando e lui l’aveva pensato e sognato molte volte il loro primo bacio e quello, quello non era per niente ciò che aveva immaginato fosse stato.
Lo aveva considerato dolce, lento, romantico, lo aveva immaginato da gentiluomo come Blaine.
Invece era passionale, caotico, caldo e possessivo, era fuoco come Blaine.
Ed era bello e indescrivibile e non si trattava solo di piacere fisico e attrazione, perché altrimenti sarebbero stati come i baci con Zack o qualche ragazzetto della Dalton.. no, quello era IL bacio, era una connessione, era un urlare “tutto” a squarciagola e sentirlo davvero quel tutto.
 
Era Blaine e Blaine era qualcosa di diverso.
Ed era Kurt e Kurt era qualcosa di unico.
 
Era bello.
Il tocco possessivo di Blaine e l’audacia di Kurt lo erano.
 
Era stupendo il modo in cui si cercavano e si trovano nella bocca dell’altro, nei respiri dell’altro e nei piccoli gemiti che riuscivano a farsi sfuggire sempre un po’ compiaciuti.
 
Blaine lo aveva spinto sul letto, senza fermarsi dal baciarlo.
Un bacio all'angolo della bocca e uno sulla mandibola e un' altro ancora sul collo ed ogni bacio era un gemito di Kurt,
"Mi hai baciato" sussurrò lui strofinando il naso proprio vicino all'orecchio di Kurt,
"L'ho fatto" rispose in un flebile sussurro l'altro continuando ad sfiorargli i fianchi con le dita, 
"Ed ora sparirai?" Ed anche solo pensarlo procurava a Blaine un inspiegabile freddo tutto intorno al cuore,
"Vuoi che lo faccia?" Soffiò Kurt prendendogli il viso tra le mani per poterlo guardare dritto negli occhi,
"No. Mai. Tu vuoi scappare?"
"No. Dove potrei mai andare, se tutto quello che voglio é qui?"
L'aveva ammesso alla fine e Blaine era stato davvero tentato di farglielo notare, solo per avere la personale soddisfazione di dirgli "te lo avevo detto" ma poi le sue labbra erano così rosse e disponibili e sue che decise di approfittare di quelle.
“Questo significa tutto?” domandò alla fine Blaine distendendosi di fianco a lui e poggiando la fronte sulla sua spalla,
“questo significa che ti sto stringendo la mano” mormorò incastrando le sue dite a quelle di Blaine,
 
“tanto non ti bacio eh?” si erano infilati sotto le coperte, trovando subito posto l’uno tra le braccia dell’altro,
“oh sta’ zitto. Non sembri dispiaciuto comunque”
“no infatti. Puoi non baciarmi tutte le volte che vuoi” biascicò lui posandogli un bacio tra i capelli e sospirando piano,
“bene. Ora, buonanotte”
“oh lo è, lo è”
*
 
Blaine si era svegliato in tempo per non perdersi la scenetta istericamente comica messa in atto da un Kurt alterato e da una Rachel piuttosto assonnata e per niente dispiaciuta.
Da quanto aveva sentito, Rachel aveva convinto Finn ad accompagnarla a Westerville per lo shopping a condizione che sarebbero usciti più tardi quella mattina, sempre se le quattro potevano essere considerate mattino, e Kurt ne era rimasto davvero offeso.
“arriveremo così tardi che non troveremo più niente, Rachel! mai sei mai stata ad un venerdì nero? La gente è pronta ad uccidere per una scarpa Burberry!” disse Kurt cercando di tenere a bada la voce, con scarsi risultati ovviamente,
“e tu sembri essere tra quelle persone, Kurtie. Rilassati okay? e cerca di dormire un altro po’. Non faremo troppo tardi”
“Rachel-diva-dei-miei-costosi-stivali-Berry! Ho rifiutato l’invito di Nick e Jeff, quello di Carole e persino quello di Tina e Mercedes perché tu mi hai praticamente implorato di accompagnarti ed ora te ne esci con questa storia?”
“Kurt-regina-del-dramma-Hummel abbassa la voce che finirai per svegliare l’intero vicinato” disse lei con fare altezzoso decidendo finalmente di scendere dal letto per avvicinarsi alla porta dove Kurt era rimasto per discutere,
“se proprio ci tiene, Finn può raggiungerci dopo” sospirò Kurt convinto che una volta uscita dal letto l’altra lo avrebbe accompagnato,
“Kurt sai quanta persuasione ho dovuto usare per convincerlo a venire? Credi davvero che mi raggiungerebbe da solo? Avanti è Finn!” lui alzò gli occhi al cielo e sbuffò,
“no, che non voglio sapere quanta persuasione hai usato, ma posso immaginarlo” e Kurt era così concentrato da non aver neanche notato il doppio senso e la risata che aveva suscitato in Blaine completamente rilassato nel suo letto,
“bene, vorrà dire che ci andrò da solo. Ho visto una sciarpa McQueen che non posso lasciarmi sfuggire. Prenderò l’auto di Finn e spero di rompergli almeno uno specchietto” disse frustrato,
“chiedi a Blaine di accompagnarti. Non direbbe mai di no”
“perché non l’hai chiesto tu a lui, allora?”
“perché io non sono te” rispose lei prima di sbattergli la porta in faccia e tornarsene a dormire.
 
Kurt era uscito dal bagno ancora infervorato ma di tutto punto con il cappotto in spalla e le scarpe in mano convinto di poter andare via senza svegliare nessuno, senza svegliare Blaine cioè.
Intenzione inutile quando Blaine era comodamente appostato allo stipite della porta della sua camera vestito a quanto pareva alla meglio con jeans e felpa e se Kurt non fosse stato occupato a morire dallo spavento per il “bu!” che l’altro gli aveva fatto appena uscito dal bagno avrebbe notato quanto fosse bello anche vestito così.
“stavi fuggendo?” domandò allora Blaine,
“Un no, no. Io stavo andando- ma non fuggivo! Volevo solo-“
“ti accompagno” disse Blaine senza scomporsi o ritirare il suo sorriso,
“No. No, davvero. No Blaine io-“ Kurt fu fermato dall’altro che aveva fatto qualche passo fino a raggiungerlo per togliergli dalle mani le chiavi dell’auto di Finn,
“stai fuggendo” constatò alla fine sospirando e scuotendo la testa,
“non lo sto facendo, Blaine.”
“hai cercato di andartene senza svegliarmi. Se non stai scappando, allora cosa stai facendo?” chiese facendogli constatare l’ovvio,
“ti avrei chiamato.. più tardi. Io-“ sbuffò, “Rachel ha deciso di farsi accompagnare da Finn più tardi. Io voglio arrivare in orario per l’apertura del centro commerciale e non vedevo il motivo per cui svegliarti dato che-“
“voglio accompagnarti” lo fermò per l’ennesima volta Blaine,
“ti annoieresti”
“non lo puoi sapere”
“non sono un tipo che si rilassa mentre fa shopping”
“potrei non esserlo neanche io”
“la tua tenuta dice tutt’altro”
“la mia tenuta dice di voler stare comodi”
“no” a quel punto Blaine era di fronte a Kurt ad una spanna dal suo viso,
“no?” domandò con un sopracciglio alzato,
“perché ti ostini a non capire? Chiunque potrebbe-“
“potrei farti la stessa domanda, Kurt. Perché ti ostini a non capire? Tutto. Mi hai detto che mi avresti dato tutto. Un appuntamento con te al centro commerciale dovrebbe far parte del pacchetto”
“allora dovevamo chiarire bene questo tutto, perché io pensavo a tutt’altro” bofonchiò Kurt cercando di riprendersi le chiavi,
“cosa? pensavi che sarebbe cambiato ben poco? Che ci saremmo visti a scuola prima delle lezioni e basta? Pensavi che-“
“non pensavo evidentemente” sbuffò,
“a quanto pare dobbiamo chiarire dei punti, Kurt” asserì Blaine con cipiglio serio,
“non parlarmi come un professorino, Blaine. Chiarire dei punti? Non siamo a scuola ed il mio non è nessun test” disse spazientito Kurt sorpassandolo e attraversando il corridoio con tutta l’intenzione di andarsene anche senza chiavi dell’auto,
“questioni. Chiariamo delle questioni” Blaine lo aveva seguito per nulla turbato, anzi sembrava quasi divertito,
“siamo in due in questa relazione. Non puoi decidere da solo le tue condizioni e i tuoi tempi. Non mi sembra giusto. Quindi ti accompagno a fare shopping e ne discutiamo durante il viaggio, okay?” Blaine prese al volo il suo cappotto e scambiò le chiavi di Finn con le sue prima di raggiungere la porta e aprirla per lui e Kurt che lo guardava con gli occhi diventati due fessure,
“hai fatto in modo che se ti dicessi di no, sembrerebbe che voglia far valere le mie condizioni”disse Kurt infilandosi le scarpe,
“ah ah Divertente, Hummel” Blaine gli tirò uno scappellotto dietro la nuca prima di spingerlo fuori dall’appartamento,
“tu mi hai appena dato uno schiaffo” Kurt aveva gli occhi sgranati ed era rimasto fermo sull’uscio della porta,
“se quello lo consideri uno schiaffo, allora sì”
“mi hai tirato uno schiaffo” ripeté
Blaine alzò gli occhi al cielo e risalì i due gradini che aveva già fatto per raggiungerlo e attirarlo a sé per i fianchi,
“vieni qui” sussurrò prima di stringere il volto di Kurt e baciarlo.
 
Sguardi che indugiavano.
Mani che tremavano.
Sospiri che parlavano.
 
Quello era un’anima che ama e una testa che gira o forse due.
 

 

Angolo Wallflower_
*SLA: Il paziente affetto da SLA soffre di una degenerazione progressiva del motoneurone centrale e periferico, con un decorso del tutto imprevedibile e differente da soggetto a soggetto, con esiti disastrosi per la qualità di vita oltre che sulla sua sopravvivenza.
Le conseguenze di questa malattia sono la perdita progressiva e irreversibile della normale capacità di deglutizione (disfagia), dell'articolazione della parola (disartria) e del controllo dei muscoli scheletrici, con una paralisi che può avere un'estensione variabile, fino ad arrivare alla compromissione dei muscoli respiratori, quindi alla necessità di ventilazione assistita e in seguito alla morte. 
La SLA in generale non altera le funzioni cognitive, sensoriali, sessuali e sfinteriali del malato.
Bene Bene.. sono riuscita ad aggiornare dopo millenni! Yay! Meglio tardi che mai, no?
Questo capitolo è quello a cui tengo di più e non solo per il fatto ovvio della “klaine” ma anche per Marie e Santana.
Due personaggi che sto amando scrivere e descrivere.
 
Come sempre ringrazio tutte le persone che pazienti leggono e aspettano gli aggiornamenti molto più che sporadici.
 
Ringrazio sempre di cuore le persone che spendono il loro tempo a recensire la storia.
Giandugiandu,DARKAEONIFRiT, I choose to be happy, Ishuttheworldoutside, wislava & BeauBrooks.
 
 
Come sempre, fatemi sapere cosa ne pensate.
 
Alla prossima.
Kisses.
questa è la mia pagina autore fb.

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Capitolo 9
*** Questioni di pelle. ***


Capitolo 8
 
Se Kurt avesse stilato una lista dei pro e dei contro sulla sua relazione con Blaine a quell'ora non ci sarebbe neanche stata la suddetta relazione.
E c'erano delle volte in cui tali enormi contro facevano vacillare la sua intenzione.

C'era il pericolo di essere scoperti, c'era Burt che non era Marie e a lui non si poteva semplicemente dire che suo figlio appena diciottenne aveva intrapreso una relazione col suo insegnante, Kurt non voleva di certo che suo padre fosse deluso da lui e che avrebbe fatto qualcosa al riguardo, così c'erano le bugie che doveva dire alla sua famiglia, c'era anche Zack che come aveva detto non si era arreso.
Nei momenti in cui questi “contro” sembravano così pesanti da reggere a Kurt bastava andare da Blaine.
Perché Blaine era il pro. Era il pro di quella relazione che valeva più di ogni stupido contro.
"É difficile, lo so Kurt. Ma ci siamo trovati e questo conta più di ogni altra cosa. Non ho bisogno di stilare una lista per sapere che i contro sono tanti e che di pro, forse ce né solo uno e sei tu. E tu vali per me cento volte i contro. Non ti lascio, Kurt e non lo farai neanche tu" aveva detto una volta Blaine e Kurt aveva sorriso e lo aveva baciato.
E quelle esatte parole venivano usate anche da Kurt, quando quello ad essere insicuro e spaventato era Blaine, perché c’erano dei momenti in cui anche l’altro aveva bisogno di essere rassicurato.
 
Ma non erano lunatici loro, sapevano cosa volevano e non cambiavano idea per noia o stupide macchinazioni mentali, no.
Loro volevano tutelare l’altro, volevano cercare conferme che il mondo non poteva dargli, volevano ricordarsi che il gioco valeva la candela.
Sempre.
 
E andavano avanti mano nella mano.
Non era passato molto tempo dal ringraziamento, ma loro sembravano aver trovato presto quelle piccole abitudini che fanno stare bene.
La loro consuetudine di vedersi prima delle lezioni per un caffè nella classe di Blaine non era cambiata, se ne erano giunte altre però.
Come quella di vedersi tutte le sere o quasi.
Kurt aspettava che suo padre Burt andasse a dormire per sgattaiolare dalla porta sul retro e raggiungere l'auto di Blaine appostata qualche casa dopo la sua e restare a parlare anche per ore.
Avevano provato a guidare fino ad un prato deserto, una volta, poco lontano dalle casette a schiera del vicinato di Kurt, ma il freddo non permetteva loro di stare sdraiati sull'erba per molto,
"É romantico, ma.. non mi sento più il sedere" disse quell'unica volta Kurt voltandosi a guardare Blaine che stava giocando con le nuvolette di vapore che uscivano dalla sua bocca,
"Non voglio accompagnarti a casa" si lamentò però Blaine, perché lo sapeva che quelli erano gli unici momenti in cui potevano stare soli.
"Non voglio che mi accompagni a casa. Ma potrei anche aver avuto un morso di procione sul sedere e non l'avrei sentito!" Scherzò Kurt e Blaine allora si alzò su di un gomito e lo guardò quasi sfidandolo,
"É colpa tua. Se mi permettessi di portarti fuori per un appuntamento, il tuo sedere starebbe al caldo" gli fece notare e Kurt sbuffò e si avvicinò un po' di più all'altro per trovare quel calore di cui aveva proprio bisogno,
"non posso mentire a mio padre. Capirebbe il bluff ancor prima di dirglielo. Sono un pessimo bugiardo"
"Non potresti semplicemente dirgli che stai uscendo con un ragazzo?" Domandò Blaine attirandolo a sé e lasciandogli dolci baci tra i capelli,
"Mio padre sarebbe capace di chiedermi il curriculum con tanto di foto tessera e lettera di presentazione e già che c'é pure le referenze, non si sa mai!" Blaine scoppiò a ridere e scosse la testa,
"Le mie referenze sono ottime" provò comunque,
"Non ho dubbi al riguardo. Ma no, grazie." Rispose asciutto lui alzandosi da quell'erba bagnata di pioggia e offrì una mano a Blaine per fare lo stesso,
"Che ne dici se restiamo nella tua macchina? Ci sono i riscaldamenti!” e seppur ancora riluttante Blaine acconsentì chiudendosi in auto insieme a Kurt.
Blaine stava raccontando di quando lui e Sebastian avevano portato Rachel in un gay bar per festeggiare il suo debutto a Broadway e lei per tutta la sera si era impuntata sul cameriere cercando di convertirlo e farlo diventare etero quando Kurt gli poggiò le mani sulle spalle e lo scosse un po’, con lo sguardo di chi aveva avuto una brillante idea,
“Sebastian!” esclamò con un luccichio negli occhi che non passò di certo inosservato a Blaine,
“cosa?” domandò lui poi,
“Sebastian! posso dire a mio padre che sto uscendo con lui! Smythe farà di sicuro ottima figura e se sarai tu a chiuderglielo lui non potrà dire di no. Non sa mai dirti di no!” disse Kurt tutto d’un fiato, battendo pure le mani alla fine soddisfatto di sé stesso,
“no” bofonchiò invece Blaine, sbuffando
“no? non vuoi chiederlo tu a Smythe? Io non posso farlo, mi truciderebbe con un solo sguardo”
“no” esalò di nuovo Blaine sistemandosi meglio sul suo sediolino, come se fosse a disagio,
“elabora” ordinò Kurt, perché quel no poteva dire molte, troppe cose
“Sebastian non fingerà di uscire con te, Sebastian non impressionerà tuo padre, Sebastian no” disse deciso,
“perché no?”
“perché sarebbe la peggior bugia che potresti dire a tuo padre e perché se tu non vuoi che Nick e Jeff o Mercedes vengano usati per creare sotterfugi io non voglio che Seb menta per noi. Non voglio che sia il tuo ragazzo per finta, Kurt.” sbuffò Blaine volgendo lo sguardo altrove, “che assurdità.. Sebastian..” stava ancora bofonchiando mentre Kurt roteava gli occhi al cielo,
“non posso chiederlo a Nick e Jeff perché mio padre li conosce, non posso chiederlo a Mercedes perché è una tua alunna.. Sebastian mi era sembrato quello più ragionevole ed era comunque solo un idea, Blaine. Non capisco perché ti scaldi tanto”
 
E Kurt capì perché Blaine si era scaldato tanto, solo qualche giorno dopo.
 
Un’altra abitudine di Kurt era quella di studiare al Books&Coffe. Gli piaceva passare i pomeriggi in quel locale, con Santana che di tanto in tanto gli faceva compagnia tra un ordine e un altro e con Sebastian che a stento gli rivolgeva la parola ma restava comunque seduto al suo tavolo a lavorare col suo computer.
Ovviamente dopo il ringraziamento anche Blaine quando poteva li raggiungeva cercando di tenere sempre un profilo basso e fingendo casualità.
E anche Kurt cercava di essere accorto, perché stavano in un luogo pubblico di Lima in pieno giorno e perché anche se mai nessuno della sua scuola si era presentato in quella caffetteria questo non significava che non sarebbe mai successo.
 
Era contento però di poter stare con Blaine in quel modo, condividendo lo stesso tavolo e gli stessi amici, come eguali, come tutti gli altri in quella caffetteria, con qualche pensiero in più forse, ma in ogni caso come Kurt e Blaine e basta.
 
Quel giorno comunque Blaine stava correggendo dei compiti, digrignando i denti e sbirciando sopra quelli di tanto in tanto verso Kurt.
Kurt, seduto sul solito divanetto rosso, stava tranquillamente studiando con Sebastian, seduto di fianco a lui, che dopo l’ennesimo sbuffo dell’altro aveva sbirciato i suoi appunti e aveva decantato le sue lodi per le sue capacità in calcolo e si era offerto di aiutarlo.
“Milady quante volte devo dirti che se hai un seno o un coseno di nπ, se il numero è pari-“
“sarà come se avesse argomento zero. L’ho capito Bash. Questo però non mi aiuta a risolvere l’intero esercizio.” Bofonchiò Kurt strappando l’ennesimo foglio dal quaderno e guardando l’altro con aria torva,
“sei più stupido di quanto pensassi” disse allora Sebastian e Kurt gli tirò uno scappellotto dietro la testa,
“Mangusta prova a dirlo di nuovo e ti strappo la lingua a morsi” era ordinaria amministrazione quella per i due, che non riuscivano a non punzecchiarsi ogni dieci minuti quando erano i compagnia dell’altro,
“a cuccia Milady che se fai il bravo dopo avrai un biscottino” lo ammonì Bas con tanto di scompigliata ai capelli che immobilizzò Kurt per almeno dieci secondi,
“dimmi che non l’hai fatto Smythe” sussurrò con lo sguardo più omicida che avesse nel suo repertorio,
“cosa? questo?” domandò innocente l’altro passandogli di nuovo le dita tra i capelli ormai completamente rovinati e Kurt con un profondo respiro si guardò intorno controllando che nessuno stesse facendo caso a loro e poi sporgendosi con un gesto veloce gli prese il viso pizzicandogli entrambe le guance, storcendo in modo grottesco la bocca di Sebastian che stava cercando in modi alquanto disastrosi di scrollarsi di dosso Kurt,
“chiedimi scusa, Smythe”
“Mai!” riuscì a dire l’altro,
“ti rovino il bel visino che ti ritrovi a suon di schiaffi” disse tirando ancora di più le guance ben rasate dell’altro e fingendo di mordere le mani che l’altro aveva alzato per spingerlo via,
“ed io non ti darò il biscottino!” Kurt grugnì frustrato prima di lasciarlo andare perché sapeva che non si sarebbe arreso facilmente e gli mise davanti il suo libro di calcolo,
“da 20 a 28 sono tutti gli esercizi che devi farmi entro domani” sentenziò deciso,
“Blaine? tieni a bada il tuo cucciolo prima che non risponda delle mie azioni” sbottò alla fine Sebastian strofinandosi le guance indolenzite e mettendo via il libro sbuffando,
“Smythe-“ provò a dire Kurt ma poi Blaine si era alzato e radunando tutte le sue cose se n’era andato salutando Santana e solo lei.
“che gli è preso?” domandò Kurt seguendo l’altro fino alla porta, preoccupato
“hai appena malmenato il suo migliore amico. Non ti parlerà per almeno tre giorni” disse Sebastian facendo spallucce e scuotendo la testa,
“cosa è successo?” domandò ancora, scontroso avendo perso ogni traccia di ilarità che aveva avuto fino ad un minuto prima, “lo conosci meglio di me” continuò imperterrito fissando Bas negli occhi,
“non credere che solo tu puoi avere i tuoi momenti da regina, Milady. Pure lui ha bisogno di attenzioni ogni tanto e non sto parlando delle mie” concluse Sebastian scuotendo la testa e dando un piccolo colpo sulla spalla di Kurt come per invitarlo a seguire l’altro.
E Kurt sinceramente non aveva afferrato cosa volesse dire Smythe ma decise comunque di correre da Blaine.
 
Blaine amava rilassarsi sul davanzale della finestra del salotto guardando fuori da quella, fissando ogni minimo movimento come se gli fosse vitale e perdendosi ad inventare storie su di un passante che si stringeva al suo cappotto o su di un foglio spiegazzato che volava via tirato dal vento.
Lo faceva spesso, ogni qual volta che aveva bisogno di pensare o di non farlo affatto, si sedeva con una coperta sul grembo e una tazza di cioccolato fumante tra le mani e guardava al di fuori della finestra, assimilando ogni minimo particolare, perdendosi nei più piccoli dettagli sempre diversi e sempre simbolo di una vita estranea a lui e che al contempo lo circondava, riuscendo così a calmare ogni suo dissidio.
 
Quella volta però la cioccolata calda non aveva avuto tempo di farla.
Era scappato dal Books&coffe e si era catapultato sul quel davanzale togliendosi a stento il cappotto.
Ed era lì che lo aveva trovato Kurt quando era entrato in casa trovando la porta socchiusa.
“Blaine?” lo chiamò muovendo qualche passo verso di lui e togliendosi nel contempo la sciarpa e il cappotto,
“stai bene?” domandò cauto lasciandogli il suo spazio,
“che ci fai qui?” chiese invece l’altro voltando il capo a metà e fingendo di sistemarsi meglio la coperta sulle gambe,
“te ne sei andato senza dire niente e volevo sapere se stessi bene”
“sto bene, un po’ stanco, suppongo” disse con un alzata di spalle,
“supponi? Sebastian mi ha-“ Blaine a quel punto scattò in piedi gettando la coperta sul davanzale, sbuffando nella maniera più rumorosa possibile,
“Sebastian, Sebastian, Sebastian. Sono arrabbiato, Kurt” disse lamentandosi superando l’altro e rifugiandosi in cucina, non sorprendendosi quando sentì dei passi raggiungerlo e fermarsi sull’uscio,
“Sei arrabbiato? Con me?”
“no! non con te, con me! sono arrabbiato con me perché sono geloso!” urlò Blaine alzando le braccia al cielo notando solo dopo come l’espressione di Kurt sembrasse indecifrabile,
“geloso” sussurrò Kurt come se volesse renderlo più reale alle proprie orecchie e cercare di capire di chi o di cosa Blaine potesse essere geloso,
“sì geloso. Geloso di come stai seduto vicino Sebastian, di come gli parli. Sono geloso di come lui potrebbe portarti fuori senza doversi nascondere. Sono geloso di come ci giochi,  di come ti chiama. Sono geloso di come può gravitarti intorno, di come può poggiarti una mano intorno le spalle e di come può scompigliarti i capelli. Sono geloso marcio, okay?” Kurt stentava a credere alle sue orecchie,
“sei geloso di Sebastian? lui è il tuo migliore amico e mi tollera solo perché sto con te, Blaine! lui non mi gravita intorno o quello che pensi!” Blaine alzò gli occhi al cielo e sbuffò, di nuovo,
“sono invidioso di Sebastian e geloso di te. non farmelo ripetere, odio ammetterlo” bofonchiò lui,
“di me? io non- cosa?” Kurt lo guardava come se gli fosse appena spuntato un terzo occhio proprio al centro della fronte,
“certo perché in teoria tu stai frequentando me, ma in pratica c’è Sebastian. Sempre. Non è vero, Kurt? e l’ho capito che ti piace. Voglio dire, i suoi modi riuscirono ad ammaliare anche me alla tua età e mi fido di Bas e lo so che-“
“alla mia età? Bene. ottimo. Sapevo che era questione di tempo e la questione dell’età sarebbe saltata fuori. Non sono un ragazzino che si lascia ammaliare, come dici tu, proprio da nessuno.” Kurt lo aveva raggiunto per puntargli un dito contro il petto,
“sei stato tu a volere questo quanto me, Blaine. Conoscevi la mia età, conoscevi la situazione. E non c’è nessuna teoria, idiota che non sei altro! Io sto praticamente con te e con te soltanto, Blaine. bacio te, tocco te, gravito intorno a te e se tu non riesci a vederlo, a sentirlo, a ricordarlo allora il problema è molto più profondo e maturo di te che ti predichi geloso di me!” sbottò Kurt rosso in viso, arrabbiato come mai lo era stato davanti a Blaine, prima,
“sono stato seduto ad un tavolino sentendomi il terzo in comodo, ogni giorno da quando abbiamo cominciato tutto questo, Kurt e tu neanche te ne sei accorto. Quindi se c’è qualcuno che deve essere arrabbiato sono io. Se c’è qualcuno che deve credere che ci sia un problema quello sono sempre io!” urlò Blaine scostandosi da Kurt per tornare in salotto,
“dici sul serio? il tuo problema l’hai creato tu, nella tua testa vuota e invece di parlarmene hai deciso che sarebbe stato meglio voltarmi le spalle e quando io ho pensato bene di venire da te e chiedere spiegazioni mi hai dato del ragazzino! Questo è-“
“la smetti di dire che ti ho dato del ragazzino? Non l’ho fatto! io stavo solo- mi è uscito male, okay? non è quello il punto!” strepitò l’altro buttandosi sul divano con le gambe incrociate e il viso corrucciato guardando dritto verso Kurt che se ne stava al centro del salotto di nuovo con un’espressione indecifrabile sul volto,
“il punto è che sei geloso di me e invidioso di Sebastian?” domandò alla fine Kurt,
“si! è proprio questo il punt- no! se la metti così sembro un idiota! io volevo solo-“ Blaine stava gesticolando e annaspando alla ricerca delle parole giuste quando Kurt scoppiò a ridere, di una risata esilarante con tanto di lacrime agli occhi e mani premute allo stomaco,
“cosa diavolo c’è da ridere?!” sbottò in disappunto Blaine incrociando le braccia al petto come sentitosi offeso e Kurt lo raggiunse sul divano con non poche difficoltà facendo grossi respiri nella speranza di calmarsi e riprendersi,
“scusa” biascicò poi asciugandosi le lacrime agli occhi, “è che noi stavamo litigando” disse come se quello fosse il motivo ovvio e naturale per scoppiare a ridere,
“certo” bofonchiò Blaine lasciandosi però stringere quando Kurt gli gettò le braccia al collo,
“noi stavamo litigando sul serio” continuò lui, insinuando il viso tra il collo e la spalla di Blaine, depositandogli lievi baci sulla pelle morbida, “mia mamma diceva sempre che discuteva con mio padre solo perché ci teneva troppo per lasciar perdere” continuò Kurt prima di baciargli la mandibola e poi una guancia,
“io ci tengo troppo per lasciar perdere” sospirò Blaine prendendogli il viso tra le mani,
“possiamo litigare ancora, se vuoi” propose allora Kurt chiudendo gli occhi e sporgendosi per lambire la bocca di Blaine con la propria,
“potremmo, ma mi sono reso già abbastanza ridicolo per oggi” mormorò socchiudendo gli occhi per scorgere Kurt sorridere,
“ridicolmente geloso, sì” acconsentì l’altro,
“ora perché non stai zitto e ti lasci baciare?” chiese e per tutta risposta Kurt si sedette sul suo grembo e gli circondò il collo con le braccia attirandolo a sé a far combaciare i loro petti insieme.
 
Dubbi, paure, prese di coscienza e non, le avrebbero affrontate ancora, insieme.
Ma non in quel momento.
 
In quel momento c’era posto solo per loro, stretti e scomodi su quel divano.
 
Kurt non riusciva a credere che era stato per un giorno intero senza baciarlo.
Come era riuscito a resistere a tutto quello proprio non lo sapeva, come non sapeva se mai sarebbe riuscito a capacitarsene e ad abituarsi al fatto che quello che aveva tra le braccia era proprio Blaine.
 
Blaine che lo aveva preso per i fianchi e con una spinta di reni forte e veloce lo aveva adagiato sul divano sotto di lui e si teneva su con i gomiti ai lati delle spalle di Kurt per non gravargli addosso e guardarlo negli occhi e baciargli il naso.
Glielo sfiorò col suo e poi lo baciò più e più volte facendo sorridere l’altro.
Perché sì, Blaine aveva un debole per il nasino dalla punta all’insù di Kurt.
 
Passarono così tanto tempo, solo baciandosi e toccandosi.
Kurt esplorava la pelle calda della schiena di Blaine sotto la sua camicia, gli accarezzava le spalle e poi scendeva giù, sempre più giù con dita leggere fino a toccare quelle piccole fossette di Venere che aveva scoperto solo in quel momento Blaine avesse e che lui amava.
Poteva amarle per ore, anche.
 
“non penso affatto che tu sia un ragazzino” mormorò Blaine d’un tratto leccando famelico quella parte morbida del collo di Kurt, proprio sotto l’orecchio,
“voglio ben sperare” sussurrò Kurt in risposta trattenendo a stento un gemito e alzando però di scatto i fianchi verso l’alto incontrando così quelli dell’altro.
 
Blaine nascose il viso nell’incavo del collo di Kurt e gemette piano e lento e mosse i fianchi sinuoso per sentirlo ancora.
 
Non era esattamente nuovo per Kurt quel particolare, era già capitato eppure non riusciva a spiegarsi perché solo in quel momento riusciva a sentirsi così vivo e forte e potente e desiderato.. perciò si mosse quel poco che lo spazio stretto del divano permetteva per sistemarsi meglio sotto di Blaine e attirarlo vicino quanto più poteva.
“Blaine-“ mormorò allungando una mano per sfiorargli una spalla e stringergliela e Blaine alzò lo sguardo sul suo viso e quegli occhi.
Quegli occhi lo avevano incantato e incatenato.
Quegli occhi dicevano tutto quello che le parole non avevano neanche il potere di fare.
 
Blaine non distolse lo sguardo da Kurt mentre questi indugiava sui suoi capelli scompigliati, sulle labbra rosse e piene, le guance arrossate e le vene sporgenti del collo, “fa’ qualcosa” gli stava dicendo Blaine e Kurt sorridendo sicuro, infilò due dita sotto il colletto della sua camicia per scostarglielo quel tanto che bastava per baciargli la clavicola sporgente e poi cominciare a sfilare i primi bottoni di quella.
 
Una volta petto contro petto tutto era diventato più amplificato, Blaine poteva sentire i brividi di Kurt e Kurt poteva notare come quella leggera peluria spariva sotto la cintura, potevano toccarsi senza limiti, potevano indugiare su ogni centimetro di pelle con altri centimetri di pelle e sentimenti.
 
“Blaine” sussurrò di nuovo Kurt per avere la sua attenzione solo sul suo viso, per poterlo baciare ancora, per sentire Blaine mugolare nella sua bocca, “vieni qui” disse e Blaine sentendo l’ennesima volta l’urgenza di Kurt premere sulla sua, lo prese di slancio per la vita e lo fece sedere come all’inizio sul suo grembo,
 
“non voglio fare niente che non voglia anche tu, Kurt” disse perché sapeva che aspettare un altro solo istante non sarebbe più riuscito a ragionare, non con Kurt a petto nudo su di lui, e Kurt per tutta risposta si spinse verso di lui mugolando di piacere e chiudendo gli occhi,
“possiamo solo.. umh.. continuare così e sì- così e basta?” domandò appoggiando la fronte sulla spalla di Blaine che annuì sospirando.
 
Non passò molto tempo prima di capire che con i pantaloni era una continua tortura, per questo Kurt lasciò andare Blaine solo per toglierseli e l’altro fece lo stesso, tirando Kurt a sé subito dopo.
“baciami” sospirò Blaine prendendo Kurt per il mento e gemendo sulle sue labbra.
 
Ogni volta che Blaine chiudeva gli occhi e lasciava che fosse Kurt a guidare, l’unica cosa a cui pensava era che non avrebbe mai potuto lasciarlo andare.
Non lo avrebbe fatto.
 
E ogni volta che Kurt spingeva e strofinava e ruotava i fianchi erano fuochi d’artificio.
Erano gemiti e sussurri incoscienti.
Erano labbra martoriate e mani frenetiche.
Erano i loro nomi balbettati e una litania di “ti prego, ti prego, ti prego”
Era il tutto, come sempre con Kurt.
Era il tutto, come sempre negli occhi di Blaine.
 
Blaine lo strinse contro di lui e gli morse la spalla, spingendo un’ultima volta prima di arrivare all’apice e non era stato nemmeno difficile raggiungerlo quando Kurt gli graffiava la schiena e stringeva le cosce di fianco alla vita e giocava con quella lingua peccaminosa che lo aveva fatto impazzire per tutto il tempo ed anche dopo se solo ci pensava.
E i versi di Kurt, solo quelli avevano la forza di un ciclone che guidava il suo sangue verso il basso e spingeva.
Spingeva Kurt fino a quando il ventre cominciò a tremargli e vibrare ed era così vicino che faceva male.
 
Era bastato un solo piccolo gesto della mano di Blaine sul sottile strato dei boxer e Kurt aveva urlato il suo nome, gettando la testa all’indietro e mordendosi il labbro inferiore così forte da sentire dolore.
 
Accasciati sul divano poi, stavano cercando di calmare il respiro e regolarizzare i battiti del cuore, cercando di nascondere al contempo i loro sorrisi sardonici.
 
“devo sul serio ripulirmi” biascicò Kurt ancora stretto tra le braccia di Blaine, completamente rilassato e intenzionato a non muovere un muscolo,
“dovremmo, entrambi” gli fece notare Blaine lasciandogli piccoli baci dolci sulla spalla.
 
Kurt si prese il suo tempo per osservare Blaine ai fornelli, era di spalle e non l’aveva sentito arrivare, quindi Kurt aveva ben pensato di rimuginarci su.
 
Lo faceva spesso, in realtà, fermarsi a guardare Blaine, ed era sicuro che la sua espressione fosse ogni volta sempre più inequivocabilmente idiota, ma non poteva farci niente.
Lo faceva a scuola, durante la lezione, tra i corridoi, al glee club.
Dio, il glee club era davvero una tortura.. piacevole sì, ma pur sempre una tortura, di cui però Kurt non poteva fare a meno, nonostante tutti gli avvertimenti di Mercedes di chiudere almeno la bocca e di evitare di sospirare come se stesse facendo un sogno bagnato ad occhi aperti, i suoi occhi cadevano irrimediabilmente su Blaine.
 
Il fatto era che quello era Blaine.
Era quel Blaine che aveva conosciuto quell’estate e che come aveva pensato dopo il loro primo incontro era una di quelle persone che, come un uragano, ti sconvolge e ti fa perdere il contatto con la realtà.
Era ancora quel Blaine che gli aveva donato, senza neanche saperlo, la possibilità di sognare, di credere che lui sia un qualcuno che vale.
 
“involtini di carne e funghi, spero ti piaccia” disse Blaine in un sospiro quando sentì Kurt adagiarsi alla sua schiena e abbracciarlo da dietro,
“sembra tutto ottimo, ma devo tornare a casa” rispose Kurt lasciandogli un piccolo bacio sul collo,
“Kurt-“ si lamentò lui come un bambino, “non andare, resta ancora un po’”
“mio padre vorrebbe sapere che fine ha fatto suo figlio”
“e suo figlio non può dirgli che è andato a cena da Rachel? non sarebbe neanche una bugia, dato che questa è anche casa sua e sta di sicuro tornando insieme a Sebastian” Blaine si era voltato nell’abbraccio circondandogli le spalle e poggiando la fronte a quella dell’altro,
“resti, per piacere?” e come si poteva dire di no a quegli occhi? Kurt ancora non lo aveva capito.
“solo perché ho bisogno di Sebastian per gli esercizi di calcolo” lo provocò lui liberandosi dalla stretta e facendogli una linguaccia,
“ed ora non essere tu quello a rendersi ridicolo. Non ti crede nessuno, qui”
 
*
La seconda volta in cui Kurt scoppiò a ridere in faccia a Blaine perché.. beh stavano litigando, successe l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze natalizie.
I ragazzi del glee club non erano mai stati così su di giri, neanche quando avevano vinto le provinciali, il che era tutto dire.
Erano in fermento e Blaine non solo non riusciva a capire il perché ma non riusciva neanche a tenerli a bada.
Ci volle una gran pazienza e lo sbattere di due piatti delle batteria insieme per avere un po’ di silenzio e attenzione.
“Si può sapere cosa sta succedendo?” domandò imperioso Blaine,
“il glee club diventerà presto popolare!” urlò gioioso Unique che sembrava una di quelle tra le più eccitate del gruppo,
“siete stati scritturati per un cd e non lo sapevo?” li prese in giro Blaine,
“grazie al nostro Cheerios preferito siamo stati invitati alla festa di Puckerman.. Dio, Puckerman!” spiegò Tina mentre batteva le mani e lanciava un’occhiata torva al suo ragazzo Mike che nonostante facesse parte della squadra di football insieme a Puck non era mai riuscito ad entrare nelle sue grazie come invece aveva fatto Kurt,
“una festa? Siete così euforici per una semplice festa di Puckerman?” Blaine intanto stava fissando di sottecchi Kurt che sembrava sfoggiare la sua solita espressione colpevole,
“vorrei precisare comunque che se Puckerman ci ha invitati alla festa non è stato per merito mio, ma grazie a Marley.. è lei che vuole lì, non di certo me.. io sono semplicemente il filo conduttore tra i giocatori e il glee” Marley arrossì come al solito quando veniva anche solo interpellata e sorrise poco sicura,
“non credo che Noah sia interessato a me, siamo incompatibili noi due”
“oh Gesù, ragazza. Smettila di fare la Santarellina sappiamo tutte e due che le attenzioni di Puckzilla ti fanno bagnare come una scolaretta” Blaine a quel commento dovette intervenire cercando di riportare ordine,
“Unique, cerca di non dimenticare in che contesto ti trovi, per piacere. E lasciate che ve lo dica: mi meraviglio di voi.. anche di te Mercedes! da quand’è che avete bisogno di sentirvi popolari per sapere che valete? La scala sociale di questa scuola non può decretare cosa siete fuori da questa. Lo capite o no?” domandò,
“lo vada a dire a chi non riceve una granita in piena faccia come buongiorno tutti i giorni, professore” disse sarcastico Artie incrociando le braccia al petto,
“io credo che Blaine abbia ragione” mormorò Kurt mordendosi un labbro e abbassando lo sguardo,
“Pasticcino, lo sai che a me della scala sociale non me ne frega niente, solo che ho sempre diciassette anni io, bellezza.. e permetti che mi esalto un po’ se vengo invitata ad una festa megagalattica da uno dei ragazzi più popolari della scuola? Sono pur sempre una ragazza e che cavolo!” sbottò Mercedes e Kurt sospirò e annuì perché lei aveva tutto il diritto di essere contenta per la festa,
“hai ragione Cedes” disse alla fine,
“bene, allora è deciso Pasticcino! Andremo al party!”
*
 
“tu non ci andrai al party” Blaine lo aveva detto con tutta la sua nonchalance subito dopo che Kurt era entrato nel suo salotto dopo di lui,
“come, scusa?” domandò l’altro senza neanche avere il tempo di togliersi il cappotto,
“Buonasera a voi, arrivederci a voi” disse Sebastian alzandosi dal divano e correndo a chiudersi in camera di Rachel convinto di non voler assistere ai battibecchi di quelli che lui ormai aveva ribattezzato “Cip e Ciop”.
“non puoi andare alla festa di Puckerman” ripeté Blaine facendo spallucce e gettando poco elegantemente la sua tracolla sul divano e facendo per sfilarsi il cravattino,
“non posso?” domandò ancora più confuso Kurt,
“già, non puoi” rispose altrettanto sicuro Blaine,
“cosa me lo impedirebbe, sentiamo” lo invitò Hummel andandosi a sedere sul divano,
“il tuo buon senso, forse?!” la bocca di Kurt si aprì in una perfetta centrica e sbalordita O,
“cosa vuoi dire?” chiese alla fine,
“voglio dire che ci saranno di sicuro tutti gli altri giocatori di football.. come Di Maggio e Karofsky e fiumi di alcol, che non sono di certo una buona accoppiata. Voglio dire che Di Maggio è già difficile tenerlo a bada a scuola, figuriamoci al di fuori, voglio dire che Puckerman ti aiuta tra quelle quattro mura perché è dovuto a farlo, ma cosa ti dice che si sporcherebbe le mani per te alla sua stessa festa? Voglio dire che-“
“si ho capito quello che vuoi dire, Blaine. Ma ci saranno anche i ragazzi del glee ed io ho promesso che ci sarei stato. Ho promesso a Mercedes che sarei stato il suo accompagnatore e ho promesso a Sugar che le avrei presentato Zack anche se ho cercato di farle capire che non avrebbe possibilità con lui e beh.. neanche io sono allettato all’idea di andare a quella festa ma mi fido abbastanza di Puckerman da non preoccuparmi. Lui non è come vuol lasciare credere alle persone. Quindi sta’ tranquillo” spiegò Kurt accarezzandogli un ginocchio come per rassicurarlo,
“sono tranquillo, perché tanto tu non ci vai alla festa” disse Blaine con uno di quei sorrisi falsi prendendo la sua tracolla e cercando in quella i compiti da correggere come per dire che il discorso era chiuso,
“stai per caso impedendomi di andare alla festa?” domandò infastidito Kurt,
“tu stai per caso scegliendo di andare alla festa invece che far star tranquillo me?”
“tu stai davvero mettendomi nella posizione di scegliere?”
“perché c’è davvero da scegliere?” Kurt sbatté gli occhi un paio di volte, prima di richiudere la bocca senza far uscire una sola singola parola e alzarsi dal divano,
“dove stai andando?” domandò Blaine osservando Kurt riallacciarsi al collo la sciarpa che aveva tolto solo qualche minuto prima,
“lontano dalle tue brutte maniere” rispose lui e Blaine aveva davvero i riflessi pronti perché riuscì a superare Kurt e sbarrare la porta prima che l’altro la raggiungesse impedendogli di andarsene,
“spostati”
“no”
“ho già detto che i tuoi modi sono rudi e rozzi?” domandò sarcastico Kurt incrociando le braccia al petto sbuffando,
“sì, ma non mi sposto. Qual è il problema?” domandò Blaine che davvero non aveva capito quanto fosse arrabbiato l’altro fino a quel momento,
“qual è il problema? Qual è il problema?! Mi hai appena vietato di andare ad una festa, come se fossi mio padre! E questo è assurdo. Spostati” disse risoluto facendo un passo verso la porta,
“anche tuo padre ti vieterebbe di andare se sapesse di Zack o dei problemi che hai con la maggior parte della squadra di football” gli fece notare però Blaine convinto a non demordere,
“mio padre si fiderebbe di me e del mio giudizio”
“tuo padre non si fiderebbe di Di Maggio e di Karofsky e neanche io”
“spostati”
“dimmi che non andrai alla festa”
“oddio Blaine, ma la smetti di trattarmi come una burattino? Non puoi dirmi cosa fare o non fare. io di certo non lo faccio con te!” urlò Kurt esasperato,
“certo perché io sono abbastanza maturo e consapevole del fatto che se fossi invitato ad una festa dove ci sarebbe un mio ex o un ragazzo che ci prova spudoratamente con me, non ci andrei per te.”
“quindi è questo il punto. Ancora una volta mi ritieni un ragazzino immaturo che accetterebbe le avances di un altro ragazzo solo perché lontano da te? Ancora con questa storia?” Kurt passava il peso da un piede all’altro spazientito,
“ricordo ancora perfettamente quella sera allo Scandals, di come tu avevi perso ogni inibizione e di come ballavi e di come- di come lo toccavi!” urlò un po’ balbettante Blaine facendo avvampare Kurt di vergogna,
“per non parlare di come ancora ti guarda!” continuò spazientito e rosso in viso,
“lui ti vuole, Kurt! ti vuole così tanto e troverà di sicuro il modo di provarci, è così un idiota!”
Quello fu il momento in cui Kurt si morse un labbro e cercò in tutti i modi di trattenere le risate.
“non metterti a ridere. Non farlo” borbottò Blaine quasi offeso, ma l’altro non era riuscito a frenarsi e scoppiò a ridere di gusto, di nuovo come la prima volta con le lacrime agli occhi e lo stomaco tra le mani,
“scusami, scusami” cercò di dire l’altro tra un sorriso e l’altro asciugandosi gli angoli degli occhi,
“non puoi fare così ogni volta che discutiamo” gli fece notare Blaine che prima di spostarsi dalla porta la chiuse a chiave e nascose quella nella sua tasca dei jeans,
“non è per niente divertente” biascicò appoggiandosi scomposto sul bracciolo del divano guardando Kurt torvo e aspettando che si calmasse.
 
Kurt lo raggiunse infilandosi tra le sue gambe e poggiandogli le braccia al collo con sguardo divertito,
“non ci casco questa volta” disse sicuro Blaine mantenendolo ben saldo per i fianchi come a tenerlo a distanza di sicurezza,
“questa volta però non stavo ridendo per il sollievo in sé nel notare che stavamo discutendo” disse Kurt accarezzandogli piano i capelli alla base del collo, consapevole del fatto che quello fosse uno dei punti deboli di Blaine,
“ah no?” domandò infatti lui già meno restio,
“no, stavo ridendo perché non avrei mai creduto che le nostre discussioni sarebbero nate per la tua imbarazzante gelosia e per i tuoi assurdi modi di dimostrarla” Blaine alzò gli occhi al cielo,
“prima di tutto questo, credevo che se avessimo litigato lo avremmo fatto per ben altri motivi. Come ad esempio il non essere in grado di fingere a scuola o il non riuscire a sopportare le difficoltà.. e invece sono contento che non sia così” concluse Kurt chinandosi per un dolce e leggero bacio sulle labbra,
“io non avevo ancora finito, però” sussurrò Blaine non riuscendo più a resistere dal tenerlo così apparentemente lontano da lui,
“ti fidi di me, Blaine?” domandò Kurt prima di lappargli e mordergli la parte del collo sensibile,
“lo sai che io non mi fido neanche dell’affidabile. Tu sei per me come quell’esercizio sulla fiducia che fanno gli attori di teatro, Kurt”
“credi che ti lascerei cadere?”
“no, ma potresti farmi male comunque durante la presa” sospirò Blaine e Kurt gli alzò il viso per il mento per guardarlo dritto negli occhi,
“potrebbe succedere, ma tu ti lasceresti cadere lo stesso di schiena e con gli occhi chiusi se dietro di te ci fossi soltanto io?” Blaine strinse un po’ di più le mani sui suoi fianchi e sospirò,
“ci tieni davvero così tanto ad essere l’accompagnatore di Mercedes domani sera?” chiese e l’altro annuì,
“ad una condizione” rispose subito Blaine con un guizzo curioso, “domenica andremo da mia madre”
 
Blaine non aveva risposto alla domanda di Kurt.
Si sarebbe buttato comunque di schiena e con gli occhi chiusi se dietro di lui ci fosse stato soltanto Kurt?
Razionalmente Blaine, avrebbe detto di no, perché molte volte in passato si era buttato e a prenderlo non c’era stato nessuno o peggio quel qualcuno lo aveva bellamente scansato lasciandolo a marcire lì per terra.
Era stato calpestato da persone che per antonomasia non avrebbero dovuto neanche pensare a fargli del male, come suo padre.
Ed era stato tradito, e non solo per l’atto fisico in sé, da quello che avrebbe dovuto essere il suo compagno di vita.
Quindi Blaine senza neanche pensarci avrebbe detto che mai si sarebbe fidato di un’altra persona, se quella non era sua madre Marie o Sebastian.. eppure non poté contraddire Smythe quando gli disse che lui si fidava di Kurt eccome.
 
“la fiducia si costruisce col tempo, no?” aveva domandato Blaine
“no Killer, la fiducia infranta si costruisce col tempo se entrambe le parti interessate vogliono che questa ritorni.. ma dal principio la fiducia c’è o non c’è. è questione di sensazione.. è questione di pelle e tu sei proprio uno scemo patentato se davvero credi di non fidarti di Porcellana! Killer, se non ti fidassi, neanche avresti cominciato questa assurda relazione con lui. lo sai che hai molto da perdere se questa venisse scoperta e stai affidando a Kurt metà delle responsabilità convinto che non farebbe mai niente che potesse recarti danno. Fattene una ragione, bello, ti sei già buttato di schiena”
“non è da me” fu tutto quello che rispose Blaine,
“te l’ho detto: è questione di pelle”
 
“Anche tra te e Santana è questione di pelle?” domandò Blaine la notte successiva quando era troppo agitato al pensiero di Kurt alla festa e il sonno non arrivava e Sebastian sembrava aver bevuto troppi caffè quel giorno,
“tra me e Tana è più questione di ossa” disse mentre Blaine gli porgeva una tisana calda,
“che vuoi dire?”
“voglio dire che di pelle per quelli come noi, non si può parlare. Noi non sentiamo le cose a pelle, Killer.. noi ci drizziamo le ossa. Capisci? noi cerchiamo di mettere a posto quelle ossa che sono state rotte quando ci siamo buttati di schiena e dietro ci siamo trovati un letto di coltelli. Per quelli come noi arrivare alla pelle è difficile.” rispose Sebastian seduto al davanzale della finestra con lo sguardo rivolto al buio del cielo torbido di dicembre,
“potresti arrivarci con lei, no? potresti trovarti un giorno ad avere le ossa ben piazzate e la pelle sfrigolante pronta a individuare ogni buona sensazione, non credi?” fece Blaine seduto all’altro lato del davanzale dando però tutto l’attenzione al profilo scuro ed elegante dell’amico che fece spallucce e sospirò rassegnato,
“non lo so. Santana è- lei è nella maniera più imperfetta, speciale”
“mi piace” esalò Blaine pensando a come quella descrizione potesse calzare a pennello anche per Kurt anche se tra loro non si trattava di ossa.
 
Ma di pelle e battiti.
Di organi e sensazioni.
*
 
Quella festa si stava rivelando come Kurt aveva pensato sarebbe stata: non nel suo stile.
L’unica eccezione alla sua fantasia sulla festa si trattava della casa in cui questa si teneva, si aspettava una villetta a schiera, una di quelle che faceva bella mostra in qualche film commedia americana e invece si trovava in una semplice casa in un quartiere molto vicino a Lima Heights, ben curata sì, ma per niente elegante.
 
Se doveva essere sincero Kurt era annoiato.
Dopo i primi sguardi curiosi e alcuni anche infastiditi che aveva ricevuto dal resto degli invitati quando lo avevano visto comparire con Mercedes e il resto del glee alla porta di casa Puckerman non c’era stato niente di così eccitante su cui valesse la pena soffermarsi.
Aveva offerto un ballo a Mercedes prima che questa sparisse tra la gente insieme a Sam e quello in effetti era strano, se Kurt ci pensava, ma si sentiva pigro anche per mettersi a confabulare sui suoi amici del glee.
Aveva osservato Unique farsi largo tra la folla con il suo vestito eccessivo, il suo trucco mozzafiato e la sua parrucca ben pettinata e incurante degli sguardi sprezzanti l’aveva vista ballare da sola per niente a disagio sotto i riflettori che non portavano di certo gloria, fino a quando lui non si unì a lei.
Le fece compagnia per almeno due canzoni prima di lasciare che lei andasse a incipriarsi il naso e lui a bere qualche goccio di qualsiasi cosa che non contenesse alcol.
Aveva bellamente evitato Karofsky quando questi lo aveva urtato su di una spalla e lo aveva salutato con il suo solito, “tieni l’uccello a posto, fatina”.
E aveva  poi intrattenuto una conversazione con Puck un po’ brillo e costantemente demoralizzato per il comportamento schivo di Marley..
 
“cosa credi che devo fare ancora? Non vado con una donna da troppe settimane Hummel. Sento che mi sta atrofizzando tutto lì sotto” si lamentò il padrone di casa bevendo l’ennesimo sorso della birra scura di cui aveva fatto scorta,
“se proprio non riesci più a resistere, potresti risolvere il problema da solo Noah” rispose Kurt per niente scandalizzato, aveva pur sempre passato i suoi ultimi due anni in una scuola maschile,
“Porcellana, non mi basta più. Voglio Marley, anche solo un bacio sporco può andare” continuò lui con un tono lamentoso che proprio non gli si addiceva,
“beh allora, posa quella birra e invitala a ballare e magari evita di parlare del tuo arnese o di baci sporchi.. Marley è una ragazza molto seria”
“sono anche io un ragazzo serio, Hummel. E ho bisogno che Marley lo capisca. Lei è- lei non è le altre. L’ho capito sai?” a quel punto invece Kurt capì che era davvero ubriaco,
“Sherly, da come ti guarda te lo darebbe volentieri un bacio sporco”
“già fatta, due anni fa’, ultimo giorno di scuola, nel bagno delle donne. Non mi interessa” beh, non era poi così ubriaco se ricordava i dettagli,
“portala fuori di qui, offrile qualcosa di buono ma non alcolico, parla bene, dille cose carine e coprila col tuo giubbotto di pelle. Lo amerà.. Marley intendo” suggerì allora Kurt facendolo suonare quasi come un ordine,
“ne sei convinto? Funzionerà?”
“provaci, cos’hai da perdere?”
“la faccia Hummel? Credi che mi chiamino Puckzilla per nulla?” Kurt fece spallucce e l’altro gli diede una pacca amichevole sulla schiena,
“anche se ti piacciono tutti gli uccelli e non solo il tuo, come me, sei uno apposto” disse spavaldo lui prima di allontanarsi alla ricerca di una Marley sicuramente poco collaborativa.
 
Quello era di sicuro il più strano e imbarazzante complimento che Kurt avesse mai ricevuto, ma lo accettò volentieri perché arrivato da Puck.
 
Kurt non sapeva spiegare cosa c’era tra di loro che li legava, ma per come la vedeva lui avere il rispetto di Puckerman era una gran cosa e non perché si ritrovasse nei gradini alti della scala sociale del Mckinley ma perché Puckerman era davvero uno che sapeva il fatto suo.
 
Da quando aveva iniziato a fargli da scorta insieme a Zack, Puck si era dimostrato affabile e di buon cuore.
Non era di certo un asso in logica, ma comunque in certi atteggiamenti gli ricordava molto Finn e quando l’altro gli disse che sì, un tempo erano stati pure buoni amici lui e il suo fratellastro.. allora Kurt aveva sinceramente capito che quella di Puckerman era solo una facciata che indossava a scuola per non affondare.
 
Un’altra cosa che capì durante quelle mattine di scuola tra un corridoio e l’altro o durante la pausa pranzo era che Noah non indossava quella maschera da giocatore di football cazzone e arrogante per paura di perdere consensi e cadere così nel baratro dei perdenti, ma semplicemente aveva troppo con cui lottare ogni giorno fuori dalle mura della scuola da non potersi permettere altri pensieri per la testa, anche se si trattava di granite fredde nelle mutande o piccole schermaglie con altri stupidi balordi.
 
Certo, fino all’anno prima Puckerman si era unito a piccoli atti di bullismo, come il lancio nel cassonetto e una gita nei bagni chimici insieme agli altri stolti giusto per divertirsi un po’ e distrarsi da qualche grattacapo che aveva a casa, ma dopo la seconda visita al riformatorio per tre mesi –di cui Kurt non sapeva il motivo- e la bocciatura a scuola aveva deciso di darsi una calmata, per lui e soprattutto per la sua famiglia.
 
Da quando suo padre se n’era andato chissà dove e chissà con quale delle tante donne che aveva, rifacendosi una famiglia, Noah era diventato l’uomo di casa e in quanto tale sentiva il dovere di prendersi cura della sorellina minore di dieci anni, almeno quando sua madre era ad uno dei tanti suoi lavori per qualche extra fino a notte fonda.
E sentiva pure il bisogno di diventare l’opposto di quello che era suo padre, per questo aveva deciso di cambiare rotta quell’anno e fare tutto quello che era in suo potere per non mandare niente a puttane e prendersi finalmente quel tanto agognato diploma.
 
Come faceva Kurt a sapere tutte queste cose? Semplice, Puckerman gliele aveva raccontate un po’ per volta tra una chiacchiera e l’altra, perché lui non aveva niente di cui vergognarsi.
 
Comunque non erano diventati amici loro, semplicemente si rispettavano a vicenda perché: “hai più palle tu, che l’intera squadra di football messa insieme Hummel” gli aveva detto Puck quando vide arrivare Kurt una mattina, vestito di tutto punto con quello che aveva tutta l’aria di essere una maglione femminile e perché “hai più cuore tu che un intera chiesa cattolica il giorno di Natale, Pukerman” gli aveva detto un giorno Kurt quando Noah aveva saputo della granita che l’altro non era riuscito a scansare dopo gli allenamenti dei cheerios e per tutta risposta Puck aveva trovato i malfattori e li aveva portati con le orecchie dalla Sylvester procurando ai due così una lavata di capo che li fece tremare per giorni.
 
Ma comunque era stato così distratto dai suoi pensieri che non si accorse di dove mettesse i piedi e d’un tratto si ritrovò addosso a quell’energumeno di Karofsky che lo trascinò per un braccio nel bagno lì vicino e lo spinse con la schiena alla porta dopo averla chiusa con un tonfo secco.
 “continui a sfidarmi, Fatina. Continui a sfidare la sorte, lo capisci?” domandò Karofsky ad una spanna dal viso dell’altro lasciando che l’alito cattivo arrivasse alle sue narici e guardandolo di nuovo come aveva fatto quell’unica volta nello spogliatoio della scuola.. con occhi furiosi, sdegnati e pieni di quella scintilla che ancora una volta Kurt non riusciva a decifrare e che ancora una volta gli faceva paura,
“stavo solo- non ero attento a dove mettessi i piedi” riuscì a dire a fatica alzando il mento quanto più poteva per evitare che il viso di quel balordo fosse troppo vicino al suo,
“no, tu devi stare molto attento a dove cerchi di mettere il tuo schifoso uccello. Lo capisci?” a dire la verità? No, Kurt non lo capiva. Non lo capiva per niente. Non capiva perché Karofsky era così preoccupato di doversi difendere da sue ipotetiche avances e non capiva perché continuava a riservare solo a lui una collera ingiustificata. Ma in quella situazione Kurt sapeva cosa fare per evitare che la situazione peggiorasse quindi annuì e sillabò un flebile “sì”,
“non devi rispondere, devi solo annuire Hummel” ringhiò Dave all’orecchio di Kurt spingendo tutto il suo corpo su quello dell’altro sovrastandolo e facendogli mancare il respiro.
Kurt non riusciva a muoversi ma sentiva il ginocchio di lui insinuarsi tra le sue gambe e non riusciva a capire le sue intenzioni,
“io ho bisogno di capire Hummel, il perché- “ Kurt stava decidendo se urlare come un matto sperando che qualcuno lo sentisse e gli venisse in soccorso o se doveva cercare di divincolarsi da quella presa quando Karofsky si scostò di botto senza lasciarlo andare sentendo sbattere fuori la porta,
“Karofsky! Se non apri questa cazzo di porta la sfonderò e ti appenderò per le palle al soffitto! Mi hai capito?” era Puck che stava urlando con tutto il fiato che aveva in gola, sovrastando la musica pop che continuava a suonare per la casa,
“apri!” urlava ancora sbattendo entrambi i palmi aperti sul legno duro e Karofsky allora imprecò frustrato, “il principe azzurro del mio cazzo” disse tra i denti digrignandoli come un animale in gabbia prima di lasciare andare Kurt e sistemarsi la giacca dei Titans che a quanto pareva indossava a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Aprì la porta con uno scatto veloce pronto ad esclamare qualche sua stupida battuta che facesse dissipare ogni brutta intenzione e avrebbe battuto la ritirata, come suo solito.. solo che Puck non gli diede neanche il tempo di aprire bocca che lo aveva afferrato per il colletto della camicia e lo aveva sbattuto con la schiena al muro,
“io non so quale sia il tuo fottuto problema” sputò Puckerman stringendo le nocche sulla stoffa costosa intorno al collo di Karofsky, “qualunque esso sia, lo risolverai con uno della tua taglia, come me o non lo risolverai affatto” continuò con un sorriso perfido sul viso, “a te la scelta” sputò alla fine Noah dandogli un altro forte strattone, “allora?”
“non voglio rogne” bofonchiò Karofsky che aveva alzato lo sguardo per posarlo alle spalle di Puck, a Zack che se stava di fianco a Kurt cercando di capire cosa fosse successo,
“allora vattene” parlò di nuovo Puck spingendolo fuori, ancora e ancora fino a quando non fu fuori l’uscio di casa,
“David, ricorda che del cameratismo di squadra non me ne frega un emerito cazzo. Ricorda che sono stato in riformatorio più volte di quante tu hai visto le tette di una ragazza e ricorda che non mi si devono far girare le palle, non a casa mia soprattutto, che non ho paura a sporcarmi le mani” gli urlò dietro Noah vedendolo allontanarsi seguito a ruota da Adams,
“ripetilo a chi ti rispedirà in riformatorio” urlò di rimando l’altro rifugiandosi poi svelto nella sua auto e partendo senza guardarsi indietro.
 
 
Kurt stava cercando di capire cosa cavolo fosse appena successo in 5 dannatissimi minuti.
Ne aveva tutto il diritto.
Per questo superò Zack senza degnarlo di uno sguardo e lasciò perdere Puck quando questi era tornato per assicurarsi che stesse bene con tanto di Marley, Mercedes e Sam al seguito.
Per questo prese al volo dal bancone della cucina l’unica bottiglia d’acqua che c’era in giro e uscì fuori dalla porta di servizio per ritrovarsi in un misero e triste giardino incolto.
 
Sentiva ancora i suoi battiti del cuore innaturalmente troppo forti e le mani tremare.
Un reazione che odiava avere, ma che purtroppo non riusciva a gestire.
Non era successo niente e forse non sarebbe successo niente comunque, anche se non fossero arrivati Puck e Zack, ma quel piccolo incontro gli aveva involontariamente portato alla memoria quella fatidica sera del Sadie.
 
Si era distratto, sottovalutando ogni minimo rischio come quella dannata sera ed era bastato un solo piccolo strattone a spaventarlo.
A differenza di quella sera però, non c’erano state urla e il suo aggressore ne era soltanto uno e non aveva fatto altro che alitargli contro frasi per lui senza senso fino a quando non era arrivato qualcuno che due anni prima non c’era stato.
 
Dopo un altro sorso d’acqua e uno sguardo rivolto al cielo nero di una sera di Dicembre a Lima, Kurt era riuscito ad evitare una crisi di panico e se proprio doveva dirla tutta pure una crisi isterica, da solo e senza nessun tipo di sacchetto, andandone enormemente fiero.
 
Era una vittoria anche quella e anche se Blaine non era fisicamente lì, sapeva che un po’ del merito andava anche a lui, perché era stato proprio il pensiero di Blaine, della sua semplice presenza nella sua vita, a farlo calmare.
Era stato il ricordo della sincera preoccupazione che aveva visto negli occhi di Blaine quando gli aveva chiesto di non andare alla festa che lo fecero immediatamente rilassare, perché lui stava bene.
Perché non ci voleva così poco per farlo cadere.
Perché ogni offesa ricevuta era accantonata da ogni carezza di Blaine che lo facevano sentire quantomeno desiderato, e non era cosa da poco.
 
Insomma Kurt era diventato una persona positiva.
Era diventata una di quelle persone che sapevano trovare sempre qualcosa di buono in situazioni davvero sgradevoli e non era neanche una sorpresa capire che quel qualcosa di buono fosse sempre Blaine.
 
“ehi” lo richiamò all’attenzione Zack che si era fermato di fianco a lui a guardare interdetto una vecchia falciatrice che ora sembrava diventata un vaso naturale per strane piante rampicanti,
“immagino di doverti ringraziare” bofonchiò Kurt abbassando lo sguardo sull’altro,
“e perché mai? Io non ho fatto niente” rispose Zack portando lo sguardo su di lui e sorridendo affabile o almeno provandoci e tutto quello che Kurt riusciva a vedere era soltanto un modo per rientrare nelle sue grazie e forse pure nei suoi pantaloni.
“Sei stato tu ad avvisare Puck, perché lui era distratto, lo so. e so anche che se non ci fosse stata metà della scuola a cui dar conto ora che non c’è la scusa della Sylvester per guardarmi le spalle, saresti stato tu ad urlare contro Karofsky. Ma vuoi stare lontano dai pettegolezzi e lo capisco” Zack annuì e fece un passo più vicino a lui, stando bene attento a guardarsi intorno,
“Lontano dai pettegolezzi, ma non da te. Lo sai. e Volevo assicurarmi che stessi bene” sospirò lui quando vide Kurt allontanarsi di un passo,
“Sto bene, grazie”
“Kurt, voglio che tu stia davvero bene, per questo ho proposto alla Sylvester che io e Puck ti guardassimo le spalle. Per questo non ti ho tolto gli occhi di dosso per tutta la sera e per questo voglio sapere se provi ancora dei rancori nei miei confronti. Perché Kurt, sei sempre così bravo ad evitarmi che mi preoccupa.” Disse Zack cercando di stringergli una mano e sbuffando quando Kurt la tirò via,
“non provo nessun rancore Zack. Ma non mi fido di te, lo sai e non credo che nessuna delle tue azioni gentili siano senza secondi fini”
“l’unico mio secondo fine è riuscire a riavere almeno un po’ della tua fiducia. Mi manchi Hummel, mi mancano le nostre scappatelle nei bagni e i nostri pomeriggi da Books&coffe” Kurt cercò di non mostrare nessun tipo di emozione, neanche l’ansia che aveva provato nel sentire il caffè letterario e fece spallucce,
“una sola volta ho provato a cercarti lì, ma eri insieme a quel Sebastian e mi era sembrato saggio non farmi vedere. State insieme o cosa?”
“siamo amici” rispose troppo in fretta Kurt e l’altro annuì per poi avvicinarsi di nuovo, facendo sfiorare le loro spalle ma senza provare a toccarlo in altro modo,
“quindi mi credi?” domandò affabile Zack,
“credere a cosa? che vuoi riconquistare la mia fiducia? che ti manco? No. Zack, no che non ti credo. Sappiamo entrambi che non hai mai avuto la mia fiducia e sappiamo che è impossibile che io ti manchi, cosa hai avuto di me che ora non hai da sentirne così assurdamente la mancanza?” chiese alla fine lui voltandosi a fronteggiarlo, perché beh.. quella risposta Kurt voleva proprio sentirla, era curioso di sapere cosa si sarebbe inventato l’altro pur di ritornare ad avere quelle piccole scappatelle nei bagni della scuola.
“Non essere ridicolo Kurt. Abbiamo avuto i nostri pomeriggi alla caffetteria e non ero da solo durante le nostre piccole gite dietro agli spalti, o sbaglio?”
“in quei pomeriggi io cercavo di aprirmi con te e tu cercavi un modo per entrare nei miei pantaloni”
“apprezzavi la mia compagnia e le mie attenzioni. Adoravi sentire le mie mani sulle tue cosce, sotto al tavolo del bar e amavi sentire la mia voce imprecare il tuo nome, Hummel. Il tuo corpo rispondeva eccome, non prendiamoci in giro, su” Kurt alzò gli occhi al cielo e sbuffò innervosito,
“non sto prendendo in giro nessuno, sei tu che ti stai sopravvalutando, Zack. Ho diciotto anni, è normale avere un certo tipo di trasporto con un bel ragazzo. Ma resti comunque soltanto un bel ragazzo e nulla più” Di Maggio con un movimento veloce del busto si voltò verso l’altro e lo trascinò a sé tenendolo per i fianchi,
“Hummel sei tu che mi stai sottovalutando. Un bel ragazzo e nulla più, eh? Mi può bastare per ora. Sono vanitoso e lo sai, ma anche perseverante” un languido bacio sulla punta del naso e poi si scostò veloce prima che i riflessi di Kurt lo avrebbero allontanato e magari anche schiaffeggiato,
“sai essere solo snervante. Cosa non ti è chiaro di un NO?”
“le tue guance rosse ad esempio e i tuoi occhi lucidi. Mi vuoi, il tuo corpo parla per te”
“il mio- oh fottiti Zack”
“solo se resteresti a guardare” gli urlò dietro vedendo Kurt allontanarsi in fretta infastidito.
 
Le guance rosse erano per lo sfacciato atteggiamento di un idiota di un giocatore e la rabbia che aveva provato nel sentire di nuovo quelle mani su di lui.
Gli occhi lucidi stavano per la stanchezza, il freddo di dicembre e il pensiero di Blaine.
Zack era davvero un cretino se pensava che anche solo un neurone di Kurt aveva agito per reazione ad un suo comportamento.
E lui, Kurt, era ancora più idiota ad aver lasciato che l’altro si avvicinasse ancora.
 
Beh era stufo.
Stanco della festa a cui non era per niente interessato, stanco di Karofsky che gli aveva lasciato l’amaro in bocca e stanco di quel pallone gonfiato di Zack che non perdeva mai occasione per rivelarsi un vero idiota e fargli rimpiangere ogni minima buona considerazione di lui che aveva avuto in principio.
Per questo Kurt salutò Puck che era ancora sulla veranda di casa insieme a Marley, intento a cantarle chissà quale depravata canzone e se ne andò, diretto dove aveva voluto stare sin dall’inizio.
Da Blaine.
 
Voleva stringerlo a sé e sentire il suo profumo. Voleva che un suo sorriso gli cancellassero dalla mente le stupide macchinazioni di un bullo confuso e di un idiota gay predatore.
 
Svelto, aveva mandato un messaggio a Mercedes dove l’avvisava che sarebbe andato a farsi un giro per schiarirsi le idee e che sarebbe passato a prenderla più tardi e poi si era diretto verso casa di Blaine.
 
Ad essere completamente onesti Kurt non aveva pensato alle sue azioni, lo aveva fatto e basta senza soffermarsi sul perché sentisse il bisogno di vedere Blaine.
Non aveva riflettuto neanche su cosa gli avrebbe detto una volta lì o se fosse ancora sveglio.
 
E prima di cambiare idea aveva già suonato alla sua porta.
 
“Kurt?!” Blaine a piedi nudi, con i capelli adorabilmente arruffati, un accenno di barba e una tuta consunta era una di quelle visioni che Kurt avrebbe conservato nella sua mente per chissà quanto tempo.
Era bello di una bellezza naturale, pura.. non era mai banale o ricercata.
Era bello senza doversi sforzare mai, anche con un cipiglio confuso sulla fronte e le labbra secche dal freddo.
Era uomo, sempre ed era in qualche modo di Kurt.
E il suo non era un modo contorto di reclamare l’altro suo come un trofeo o un gingillo per cui andare fiero, anzi.
Era un modo per affermare che lui, Blaine, era il suo posto. Sentiva di appartenergli. Sentiva di essere a casa tra le sue braccia.
E non era cosa da poco, lo sapeva, come sapeva che i suoi, non erano pensieri affrettati.
Non che ci avesse riflettuto, o che avesse bisogno di ragionarci.
Lo sentiva e basta.
“ehi” sospirò sorridendo, notando come lo sguardo preoccupato e minuzioso dell’altro lo stesse perlustrano da capo a piedi,
“che è successo? Stai ben-“ non finì la frase Blaine perché si ritrovò a ricambiare con fervore il bacio di Kurt.
 
Kurt lo spinse e lo voltò con le spalle al muro per reggersi, per stringersi a lui, per tenerlo fermo e vicino e baciarlo.
 
Stava facendo ciò per cui era venuto, in fondo.
Stava trovando casa tra le braccia di Blaine.
Stava rivendicando il suo posto.
Stava cancellando ogni insulto con una carezza.
 
E forse Blaine non aveva neanche capito il suo bisogno a cosa fosse dovuto, forse non aveva neanche capito che quello fosse puro bisogno e non una semplice voglia, eppure lo stava ricambiando come se sapesse cosa l’altro stesse cercando.
O forse era semplicemente il fatto che dopo una serata intera ad aspettare un suo cenno, vederlo lì, in quello stato per lui, gli faceva bollire il sangue e agire di conseguenza.
Perché quello era sempre Kurt e quelle su di lui erano le sue mani e quella bocca piena e peccaminosa era lui a muoverla.
“mi mancavi” biascicò Kurt quando si era allontanato quel tanto che bastava per lasciare che l’altro gli lambisse il collo,
“sei qui” mormorò Blaine prima di attaccare di nuovo e con impeto le labbra dell’altro.

“devo andare” mormorò Kurt dopo un ultimo casto bacio sulla guancia,
“devi?”
“ho lasciato Mercedes alla festa e devo riaccompagnarla a casa” gli fece presente Kurt scendendo dal tavolo della cucina dove era arrivato con Blaine senza neanche accorgersene,
“quindi, una sveltina e via eh?” lo apostrofò Blaine facendogli l’occhiolino e seguendolo docile nel salotto, attenti a non svegliare Sebastian,
“la festa non era un granché e mi mancavi. E non era mia intenzione passare tutto il tempo.. in quel modo. Volevo solo vederti e volevo che mi abbracciassi, tutto qui” Blaine sorrise istintivamente e lo abbracciò di slancio e di cuore.
“cosa è successo alla festa?” domandò d’improvviso lui, scrutando Kurt alla luce soffusa dell’abajour che Sebastian teneva costantemente accesa,
“ho ballato con Mercedes, Unique, ho ascoltato pessima musica, ho fatto due chiacchiere con Puck e poi nulla, era davvero noiosa”
“Kurt”
“Blaine”
“Kurt”
“Bla- vuoi davvero giocare a questo gioco?” domandò lui alzando un sopracciglio divertito,
“no che non vuole! Perché io sto cercando di dormire qui!” sbottò Sebastian alzando la testa dal cuscino e tirandogli dietro l’altro che aveva premuto sotto lo stomaco,
“andate a giocare altrove!” continuò sbuffando e voltandosi con le spalle a loro, immobili di fianco la porta, come per dire che il discorso era chiuso e che lui doveva dormire.
“è meglio che vada” borbottò Kurt rifilando uno sguardo truce alla schiena di Smythe come se potesse dargli fuoco solo con quello,
“chiamami una volta a casa, okay?”
“lo farò”
“stai bene, giusto?”
“sto a meraviglia”
“okay, va’ da Mercedes ora.. ma ne riparleremo più tardi”
“non ci sarà niente da dire, lo sai vero?”
“beh sono curioso di sapere quanto tu ti sia scatenato insieme a Unique!” Kurt alzò gli occhi al cielo e lo salutò con un ultimo bacio e un sorriso.
 
“Dovresti rilassarti ogni tanto e goderti quello che hai” mormorò Sebastian fermando la ritirata di Blaine e scostandosi le coperte di dosso come per invitare l’altro a stendersi con lui,
“non farti troppe domande e non farne altrettante a lui. Solo.. rilassati.”
“é come se non ce ne fosse il tempo, é come se potessero strapparmelo via da un momento all’altro.  È come sentire odore di guerra ma non vedere nessuna nave pronta all’assalto alle mura della tua città, eppure tu resti lì a viverla, a viverci ed ad aspettare. Sai che non mi è mai piaciuto aspettare”
“beh io direi: non aspettare, Killer. Preparati”

 
 

Angolo Wallflower_
 
*si schiarisce la gola e arrossisce a disagio*
Ci ho messo davvero tanto tempo e quello che è venuto fuori non è neanche quello che doveva essere.
 
La storia si sta scrivendo da sola ed io non posso fare altro che assecondarla.
 
Ditemi cosa ne pensate, perché ne ho davvero bisogno.
 
Grazie per il seguito che state dando alla storia e un ENORME grazie a voi che lasciate un piccolo pensiero: DARKAEONIFRiT ; Giandugiandu ; BeauBrooks ; Ishuttheworldoutside e wislava . *tanti cuori e arcobaleni per voi*
 
 
Alla prossima, Guys!
 
questa è la mia pagina autore fb.   p.s. per chi avesse un altro po’ di tempo da impegnare ..QUI..  . c’è una OS CrissColfer che ho scritto giusto per togliermela dalla testa! 

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Capitolo 10
*** Vacanze di Natale. ***


Capitolo 09
 

L'aria che si respira a Natale é pura magia.
Kurt lo dimenticava appena la festa finiva e ne restava sorprendentemente colpito ogni volta che tornava.
La magia riempiva l'atmosfera e gli animi e pure quell'anno sembrava esserne piena l’aria.
Kurt adorava passeggiare per le strade di Lima, di sera con la neve che scende placida e candida, con le luci che abbelliscono i tetti, con le canzoncine allegre del Natale che inondano le case, con le vetrine dei negozi decorate a festa e la frenesia della gente alla ricerca del regalo perfetto per le persone del loro cuore e con la felicità palpabile.
Kurt aveva sempre amato il Natale sin da quando era piccolo perché a questo erano legati i suoi ricordi migliori.
I biscotti caldi preparati con cura da lui e la madre per accogliere Babbo Natale, la scelta dell'albero più bello e il momento in cui suo padre lo issava sulle spalle per avere la possibilità di infilare la stella d'oro sulla punta, la musica che sua madre suonava ogni sera seduta al pianoforte mentre lui e Burt se ne stavano tranquilli davanti al camino scoppiettante con una tazza di cioccolato caldo tra le mani.
La mattina di Natale appena sveglio, correva in salotto scoccava un bacio veloce a sua madre per farle gli auguri e correva ad aprire i regali.
Ricordava come se fosse successo ieri quando in uno di quei pacchi trovò il servizio da tè inglese e i suoi infusi preferiti.
Aveva pianto di gioia quella volta ed era corso ad abbracciare sua madre e aveva trascinato suo padre in cucina, costringendolo ad essere il suo primo ospite d'onore al suo tea party, insieme alla regina, rappresentata da un orsacchiotto spiluccato con in capo una tiara.
Kurt in quel periodo dell'anno si lasciava trascinare dai bei ricordi e dalle più rosee aspettative.
E quell'anno di aspettative ne aveva tante.
Quel Natale c'era anche Blaine che rendeva tutto ancor più estremamente sentimentale e le vacanze trascorrevano veloci e piene.
Kurt e Blaine erano stati così presi l'un l'altro, circondati dalla magia, che avevano completamente dimenticato tutto il resto.
Non c'era la scuola a ricordare loro la situazione. 
In quei giorni lontano dal Mckinley potevano essere semplicemente loro.
Kurt e Blaine.
Sempre accorti, certo, perché quella era Lima ed era grande quanto uno sputo e le persone erano fin troppe e troppo curiose. 
E Kurt doveva sempre omettere parte di verità a suo padre Burt o ancora peggio doveva inventare scuse di sana pianta, e non era facile.. eppure ogni singolo momento speso con Blaine ne valeva la pena.
Lui lo sapeva.
E se Lima era quello che era, C'era Westerville però e Columbus e lì potevano sentirsi liberi di prendersi la mano tra una passeggiata e un regalo e sedersi ad un tavolino di un bar uno di fianco all'altro dividendosi un pezzo di torta, senza la paura di essere scoperti.
Sebastian di tanto in tanto ricordava loro che "tutto il mondo é il paese, cip e ciop.. se volete fare i porci sentimentali prendetevi una camera o andate a casa!" Diceva ogni volta che li accompagnava per comprare dei regali o semplicemente per trovare la sua ispirazione tra la gente.
Ma anche quelle raccomandazioni non preoccupavano Kurt e Blaine.
Stavano semplicemente vivendosi tutti i momenti che avevano a disposizione prima di dover tornare alla brutale realtà.
E per questo Blaine non chiese più nulla di quella festa a casa Puckerman, dopo che Kurt gli aveva assicurato che non c'era niente da raccontare e Kurt aveva completamente accantonato l'intera storia di Karofsky dimenticando tutte quelle domande che gli erano balenate in testa quella sera e aveva momentaneamente scordato la questione di Zack. 
Convincendosi che non era importante, che era semplicemente inutile installare nella testa di Blaine  pensieri da accumulare con gli altri.
Si era convinto che Zack era gestibile da solo e che poteva pensarci una volta tornato a scuola, come Karofsky appunto.
Kurt era felice, insomma.
E anche Nick e Jeff poterono notarlo.
Era da tanto che i tre non passavano del tempo insieme e Kurt non lo avrebbe mai ammesso, soprattutto non a Jeff, ma quei due gli erano mancati da matti.
Gli era mancato parlare di tutto e niente con loro, gli era mancata la pazienza di Nick e l'idiozia di Jeff, gli erano mancate le battute stupide e le risate sincere, gli era mancata la Dalton a dire il vero e neanche se n' era accorto prima di essersi ritrovato coinvolto in chiacchiere riguardanti i Warblres e i loro party nei dormitori.
“ma lasciamo perdere la stupida sfida tra Trent e Flint e raccontaci tutti i dettagli sconci tra te e il professorino” esclamò Jeff d’un tratto e Kurt era stato sul punto di strozzarsi con i biscotti che aveva portato lui stesso a quegli idioti dei suoi amici,
“avanti Jeff, perché non mettiamo da parte tutti questi stupidi discorsi e non parliamo invece dei SAT e ACT? Dato che ci siamo visti principalmente per prepararci a questi?” domandò Nick cercando di sviare il suo ragazzo,
“no Tesoro, tu e Kurt siete venuti qui a studiare per i test. Io sono venuto perché mi mancava Kurt, perché volevo mangiare i suoi favolosi biscotti e soprattutto perché ero stramaledettamente curioso di sapere come se la cava il professorino a letto!” disse Jeff con un sorriso sornione sulla faccia e con le sopracciglia inarcate in maniera maliziosa,
“Nick tu hai deciso di farli entrambi i test? Credi che sia necessario?” domandò Kurt rosso in viso evitando in pieno il discorso di Jeff,
“la mia famiglia ha studiato ad Harward per generazioni, quindi no, non credo che sia necessario farli entrambi. Ma mi piace essere preparato, lo sai no? tu invece.. cos’hai deciso? Io se fossi in te li farei entrambi e spedirei con la mia domanda quello col punteggio migliore” disse Nick dandogli una pacca sulla spalla,
“era quello che avevo pensato di fare. Ma i programmi del Mckinley non sono di certo così vasti da poter permettermi di passare entrambi i test senza studiare altro e Blaine comunque mi ha assicurato che lui è entrato alla NYU preparandosi solo per i SAT” rispose Kurt con un sospiro frustrato,
“hai deciso di andare alla NYU?” domandò curioso Nick,
“pensavo che avresti almeno provato ad Harward!” rincarò la dose Jeff,
“non posso permettermi neanche la metà della prima rata di Harward, Jeff. E la NYU era una delle mie scelte, no?”
“ci sono altri validi college, se solo ci dessi una possibilità” gli fece presente Nick,“ma chissà perché tu stai prendendo in considerazione solo quelli di New York, vero Kurt?” domandò un po’ infastidito quando notò lo sguardo dell’altro nascondersi dietro un biscotto,
“ora il discorso si sta facendo interessante” sussurrò Jeff strofinandosi le mani insieme e guardando prima Nick e poi Kurt come se stesse assistendo ad un importante partita di ping pong,
“prima che cominciate a comportarvi come due mamme chiocce, stupide e rancorose.. lasciatemi dire che io e Blaine neanche abbiamo mai parlato di cosa faremo dopo la fine del liceo. Non siamo ancora arrivati a quel punto. io sto prendendo in considerazione New York perché sembra la città delle opportunità e dei sogni che si avverano, sto prendendo in considerazione la NYU perché sembra la scuola adatta a me. Blaine non c’entra niente. okay?” Kurt guardò prima Jeff che fece spallucce e si sdraiò sul letto a guardare il soffitto e poi Nick che lo guardò di rimando come se volesse cavargli la verità dagli occhi e poi sospirò,
“Kurt io voglio solo che nessuno decida per te. Okay? è la tua vita, il tuo futuro e solo tu puoi metterci bocca, solo tu e nessun’altro.” Disse Nick imbarazzandosi anche un po’ nel dirlo,
“certo Nick. Lo so. Grazie” rispose Kurt abbracciandolo e lasciandogli un bacio sulla fronte un po’ per gioco e un po’ sul serio,
“okay, ora possiamo passare alle cose serie? Da uno a dieci quanto è bravo il professor Anderson a letto?” domandò per l’ennesima volta Jeff,
“Blaine, si chiama Blaine. Smettila di chiamarlo Professore, Jeff, non mi inciti di certo a parlare di lui così”
“Oddio! dalle tue adorabili guancie rosse direi che è un asso in materia! Lo sapevo! avanti raccontaci tutti i particolari!” urlò quasi Jeff saltando dal letto e mettendosi seduto come un bambino eccitato proprio davanti a Kurt,
“smettila Sterling” borbottò lui, cercando di aprire il libro che aveva davanti e cominciare finalmente a studiare,
“avanti Kurtye! Perché non vuoi farci partecipe delle tue belle avventure? Siamo o no i tuoi migliori amici che hai praticamente dimenticato a Westerville mentre ti diverti a Lima?” fece Jeff con quel tono che di innocente non aveva niente,
“almeno se devi dimenticarci in un angolo fa’ che ne valga la pena!” sbottò quando l’altro sembrava non aver intenzione di rispondere,
“io e Blaine non siamo arrivati a quel punto, okay? contento? Ma perché te lo sto dicendo?”
“ma allora voi non siete arrivati a nessun punto e che palle!” esclamò Jeff chiudendo per l’ennesima volta il libro di Kurt per ottenere tutta la sua attenzione,
“è complicato Jeff, davvero complicato-“ stava dicendo lui,
“visto che di studiare non se ne parla neanche, perché non andiamo ora al centro commerciale?” domandò d’un tratto Nick e Kurt quasi scoppiò a piangere di gioia per avergli dato l’occasione di togliersi da quell’impiccio.
 
Ovviamente neanche la ricerca degl’ultimi regali riuscì a distrarre Jeff dal voler sapere ogni minimo particolare sconcio e non della relazione di Kurt e Blaine,
“ma avanti Hummel, per la miseria! Per quanto ne so io hai dormito nel suo letto già due volte e non sai dirmi quanto lui sia dotato?” domandò Jeff intrufolandosi tra l’amico e un manichino che l’altro stava osservando critico,
“vuoi smetterla di urlare?” Kurt si guardò intorno sperando che nessuno li stessero ascoltando,
“ma qual è il tuo problema?” chiese poi a Jeff incamminandosi verso la cassa con una sciarpa verde smeraldo che era, secondo lui, il regalo perfetto per Sebastian,
“se vuoi posso raccontarti di me e Nick, potresti restarne sorpreso dalle capacità di Nick, sai? Lui sa-“
“fermati qua, idiota!” s’intromise Nick tirando Jeff sotto al suo braccio e intimandogli vere e spaventose minacce se avesse riaperto bocca.
 
       
Blaine era sicuro che la sua testa stesse per scoppiare.
Come faceva a dimenticare, ogni volta, che fare shopping con sua madre equivaleva a diventare il suo personale portaborse e amico gay a cui raccontare ogni minimo pettegolezzo che aveva sentito al suo club?
Per non parlare di quando si cimentava nel raccontare delle riunioni del PFLAG a cui lei partecipava mensilmente da anni ormai e di cui sembrava esserne diventata la portavoce della sede di Columbus.
Quelli erano di sicuro racconti a cui Blaine avrebbe fatto a meno di sentire.
 
La prima volta che sua madre andò ad un incontro fu qualche mese dopo il suo coming out e Blaine ne fu così contento e fiero che scoppiò in lacrime dopo, perché beh.. erano mesi che sua madre non faceva qualcosa per lui, proprio come faceva suo padre da una vita intera e faceva male e aveva creduto che così sarebbero andate le cose da lì in avanti, perché lui era gay e non si poteva fare nulla per cambiarlo e aveva perso così l’affetto della madre come non aveva mai avuto quello del padre.
E faceva male.
Faceva maledettamente male perché se prima l’indifferenza e la durezza e la scontrosità del padre le riusciva a sopportare con l’aiuto della madre, in quel momento invece sembrava essere diventato invisibile anche per lei.
Poi qualche mese dopo, tornato a casa dopo l’ennesima giornata umiliante al liceo pubblico di Westerville, Blaine aveva trovato sua madre ad aspettarlo con tanti opuscoli tra le mani e una bandiera coi colori della pace sulle spalle a mo di mantello e sorrideva come non l’aveva vista fare da un po’ di tempo a quella parte.
“Che sta succedendo?” chiese quella volta Blaine, guardando la madre un po’ preoccupato,
“oh finalmente sei arrivato! Tuo padre è a lavoro e ci resterà fino a tardi per fortuna. Quindi abbiamo tutto il tempo per parlare”
“cosa sta succedendo?” domandò di nuovo Blaine facendosi però guidare fino al divano, in salotto, dalla  mamma
“tu sei gay” disse lei come se quello potesse dare una risposta alla domanda insistente del figlio,
“questo lo so anch’io” biascicò lui abbassando lo sguardo sulle sue mani e sperando che quello di sua madre non fosse uno scherzo offensivo, perché per quel giorno ne aveva fin sopra i capelli di essere preso in giro,
“sei gay e non sapevo cosa questo avrebbe significato, per me.. per noi. Non ho mai pensato che un giorno mio figlio potesse venire da me a dirmi che ha altre preferenze e queste sono cose che non t’insegnano a gestire nei manuali dei bravi genitori o con l’educazione che ho avuto dai tuoi nonni e dovevo fare qualcosa, perché sei mio figlio e ti voglio bene” Blaine alzò un sopracciglio sconcertato,
“e quindi cosa? hai deciso di travestirti da paladina dei gay per farmi sentire a mio agio?” chiese lui scettico,
“certo che no! mi sono informata. Sono mesi che m’informo per bene, Blaine e non ho voluto parlarne con te fino a quando non mi fossi sentita pronta e messa al corrente di ogni cosa”
“che vuoi dire?” Blaine non sapeva se sentirsi più euforico o spaventato al riguardo,
“voglio dire che ora so tutto e che non cambia niente. E che sei sempre il mio Blaine e che anzi.. io e te abbiamo un’altra passione in comune!” esclamò lei con un battito di mani,
“e sarebbe?”
“gli uomini, tesoro!” Blaine a quel punto se fosse stato un fumetto si sarebbe ritrovato con la mascella a terra dalla sorpresa e del fumo sarebbe uscito dalle sue orecchie con tanto di fischi osceni,
“mamma!”
“che c’è! a dire il vero io nemmeno ci avevo pensato.. è stato il capo dell’associazione PFLAG a farmelo presente! Davvero gente simpatica comunque!”
“PFLAG? Sei andata ad un incontro del PFLAG?”
“oh ma io non ci sono solo andata! Mi sono pure iscritta!” Marie batté le mani entusiasta e si tolse la bandiera dalla spalle per darla al figlio,
“ora.. io e te cucineremo qualcosa di buono per questa sera e parleremo di tutto quello che sai tu e di tutto quello che so io” lei si alzò dal divano con uno scatto mettendo tra le mani del figlio tutti gli opuscoli che aveva trovato interessanti e poi lo trascinò con sé in cucina,
“prima però voglio che tu sappia che dalla settimana prossima frequenterai la Dalton”
“cosa? Ma Rach e- perché?” domandò Blaine completamente impreparato pure a quell’altro cambiamento,
“perché quel liceo ha tolleranza zero verso ogni tipo di discriminazione e perché mi sentirei più sicura a saperti lì che qui. Perché il tuo attuale liceo fa schifo e tuo padre è ingestibile da quando ha saputo. Non mi piace come ti tratta e non mi piace come ti fa sentire e non sono abbastanza forte da affrontarlo. Sto solo cercando di trovare la soluzione migliore per tutti” Blaine strinse i pugni sui fianchi così forte da farsi diventare le nocche bianche,
“hai scelto lui. hai messo su tutto questo teatrino solo per mandarmi via di casa, come voleva lui. Dio, ed io che ci stavo credendo”
“no Blaine, no. ho scelto di proteggerti. Ho scelto di vederti al sicuro. Non voglio più vederti difendere da lui, non voglio vederti piangere per lui, non voglio più guardarti elemosinare un po’ delle sue attenzioni. Tuo padre è- non è una cattiva persona, Blaine, solo che essere padre non è un mestiere che s’impara e lui non ha il talento naturale per quello”
“quindi credi che dovrei lasciarti qui da sola con lui?”
“per ora, sì. Sono in grado di proteggere me stessa, ma è con te che non voglio rischiare”
“mamma, se parli così non mi convinci ad andarmene”
“sarai qui ogni fine settimana e ogni volta che vorrai. Sono sicura che sarà un esperienza fantastica”
“vallo a dire a Rachel” bofonchiò lui pensando a come avrebbe preso quella notizia la sua migliore amica,
“glielo diremo insieme” disse asciutta lei prima di passargli i pomodori da tagliare,
“ora.. dimmi Blaine, cosa sai sul sesso gay?” a quel punto Blaine stava seriamente pensando che sua madre volesse ucciderlo, perché fu solo per un millimetro che il coltello non aveva trapassato le sue dita invece che il pomodoro,
“mamma! Io-io, Cavolo! Non ho neanche mai dato il mio primo bacio!” disse lamentandosi, in imbarazzo.
 
Oh beh quella fu la chiacchierata più sincera e scomoda che Blaine ragazzino aveva avuto con sua madre.
 
E stava pensando proprio a quella chiacchierata quando fu riscosso dai suoi pensieri,
“..Kurt?” riuscì a sentire solo quello pronunciato dalla madre,
“cosa?” domandò un po’ annoiato convinto che per l’ennesima volta sua madre gli stesse chiedendo di portare il suo ragazzo a pranzo il più presto possibile, come se non le avesse già ripetuto più volte che Kurt era davvero molto impegnato in quel periodo con la squadra di Cheerios e per i vari impegni che il Natale porta con sé, senza contare poi che Kurt non aveva intenzione di presentarsi a casa di sua madre così in fretta.
“quel ragazzo lì, non è proprio Kurt?” ripeté Marie indicando un punto preciso di fronte a loro,
“oh” riuscì solo a dire lui prima che lei lo trascinasse da Kurt.
 
“Kurt!” si sentì chiamare lui, fermando così le sue moine per convincere Jeff a parlare di nuovo dato che da quando Nick lo aveva avvertito l’altro non aveva aperto più bocca,
“oh” soffiò allontanando di scatto le sue mani dai fianchi di Jeff dove stava facendogli il solletico e restò impalato sentendosi addosso troppe paia di occhi,
“ciao, caro! Che bella sorpresa trovarti qui!” disse Marie sporgendosi verso di lui, tenendolo per le spalle e baciandogli con calore entrambe le guance.
Era una donna così spigliata e disinvolta che faceva sentire completamente a disagio Kurt,
“Salve signo- Marie, solo Marie, lo so, scusami” disse lui balbettando.
Blaine intanto aveva lasciato andare tutte le borse a terra e aveva salutato gli altri affabile, stringendo loro le mani,
“ehi” disse poi piano scoccando un bacio dolce sulla guancia di Kurt, “se sapevo che fossi anche tu qui, l’avrei tenuta lontana. Mi dispiace” biascicò veloce nel suo orecchio prima di allontanarsi e sorridere intenerito dal visibile nervosismo dell’altro che abbozzò comunque un sorriso e scosse la testa,
“e questi ragazzi qui, pare di non averli mai visti. Non sono del glee?” domandò Marie assottigliando gli occhi per scrutare meglio i due in questione,
“oh loro sono Nick e Jeff, e fanno parte del glee, ma non delle New Directions. Loro sono nei Warblers, frequentano la Dalton..sai” Disse Blaine come per presentarli, dato che Kurt non sembrava averne le capacità, in quel momento,
“Nick Duvall, Signora Anderson è un piacere conoscerla” disse impettito Nick,
“oh Duvall? Figlio di Adele Duvall?” chiese la donna curiosa,
“sì, sì, conosce mia madre?”
“la conosco? sono ormai tre anni che cerco di convincerla ad iscriversi al PFLAG! Dio, tua madre è più cocciuta di un mulo!” disse sorridendo senza notare le facce impallidite di tutti,
“e se tu sei Duvall.. lui allora deve essere Sterling! Tua madre invece è così ottusa che mi fa fumare le orecchie!” esclamò porgendo la mano al biondo che strinse con impeto, sorridendo soddisfatto,
“sono proprio io Jeff e sono sicuro che quella che le fa fumare le orecchie è proprio mia madre. Immagino che inizi ad urlare “al rogo” appena lei dica solo la P di PFLAG, vero?” disse con un’alzata di spalle,
“proprio così!” rispose lei prima di scoppiare a ridere e tornare con lo sguardo a Kurt che stava fermo impalato ad osservare Blaine,
“beh che ne dite di andare a prenderci un caffè?” propose guardando poi anche lei il figlio,
“oh beh noi veramente stavamo-“
“stavamo giusto andando a prenderci un caffè” rispose Jeff sovrapponendosi all’altro,
“tu non eri quello muto?” sibilò Kurt nel suo orecchio mentre la donna entusiasta spingeva tutti verso il bar più vicino,
 
una volta seduti ad uno dei tavoli appartati del bar, intavolare una conversazione per Jeff e Marie non fu difficile, ma l’imbarazzo che i due sapevano creare insieme era esasperante e Blaine più volte aveva dovuto fermarli.
Kurt dal canto suo cercava di sorridere molto e parlare poco.
E sorridere gli riusciva bene ogni qual volta che posava gli occhi su di Blaine seduto di fronte a lui,
“tutto okay?” gli aveva mimato con le labbra, inclinando la testa su di una spalla,
“a meraviglia” aveva mimato Kurt in risposta, regalandogli un primo sorriso.
 
Il secondo arrivò quando Blaine senza neanche pensarci gli aveva pulito una goccia di schiuma all’angolo della bocca e aveva leccato poi sovrappensiero il dito,
“eri sporco” mormorò facendo spallucce.
Il terzo arrivò quando Marie raccontò di come una volta, Blaine da bambino aveva deciso di diventare prete, solo perché era l’unico maschio a poter indossare un vestito lungo.. e beh quello di Kurt non fu un sorriso ma una vera e propria risata a cuore aperto,
“beh comunque Blaine, se proprio vuoi indossare una gonna, puoi mettere il kilt” disse Jeff tranquillo,
“uhm, no grazie. Avevo sei anni, quando pensavo che indossare abiti lunghi fosse elegante anche per i maschi” rispose lui,
 
“Beh comunque Kurt, come vanno gli allenamenti con i Cheerios? Blaine mi ha detto che ti stanno tenendo abbastanza occupato”
“oh sì, sono impegnativi, ma vanno abbastanza bene. ormai mancano poche settimane alle regionali e neanche le vacanze hanno fermato la coach dal farci allenare e-“ Kurt comunque non riuscì a finire il discorso perché Marie non era interessata nel sentirlo tutto,
“spero che riuscirai a trovare un po’ di tempo prima di Natale per venire a trovarmi. Non so, magari domani per un brunch?” domandò fintamente casuale lei,
“mamma, lo sai che domani è ventitre? E tu l’hai posta in modo tale da farlo sentire in torto se dicesse che domani non può!” esclamò esasperato Blaine,
“no, va bene. Domani va benissimo, se Blaine è d’accordo” concluse Kurt,
“e perché non dovrebbe? Lui ama i brunch”
 
*
E da quel brunch, Kurt non sapeva che aspettarsi. 
Era agitato e più ripensava all'occhiataccia che Nick gli aveva riservato il giorno prima alla caffetteria quando aveva accettato l'invito e più si agitava.
Ed era stupido perché già conosceva la signora Anderson e non doveva avere da lei nessun tipo di approvazione che non gli avesse già dato quando la sua relazione con Blaine non era neanche cominciata.
Solo che presentarsi a casa della donna, significava rendere il tutto più reale, più familiare, più intimo e loro stavano andando piano.
Kurt e Blaine camminavano coi piedi di piombo.
"Non facciamoci promesse, non chiediamoci troppo. Viviamoci i momenti quando questi arrivano" gli aveva detto Blaine quel giorno di un mese prima, mentre facevano shopping e Kurt aveva concordato e lo aveva abbracciato perché così sarebbe stato più facile, perché avevano già troppe cose con cui fare i conti e progettare, promettere complicava ancor di più la situazione.
E anche se di progetti non ne facevano e a voce non promettevano nulla all'altro, i sentimenti, quelli c'erano.
Ed erano reali e cambiavano le cose.
come le cambiava andare dalla madre di Blaine.
"Sembra che ti stia accompagnando al patibolo, Kurt. Se non vuoi andarci, non ci andremo. Mia madre capirà" disse Blaine per niente risentito, togliendo una mano dal volante solo per accarezzargli il ginocchio, rassicurante,
"Possiamo andare al parco o a pattinare. Perché non andiamo al karaoke vicino la Dalton? Adoravo quel posto!" Continuò Blaine e Kurt scosse la testa,
"Solo che non sono mai stato ad un brunch" buttò li poi, sentendosi un idiota,
"Ci siamo solo io e mia madre. E credimi se ti dico che non sarà un brunch, ma un vero e proprio pranzo, da antipasto a dessert!" 
"Ah beh perfetto, allora!" disse ostentando un falso ed enorme sorriso.
Un sorriso a cui Blaine non credette.
“vuoi dirmi cosa ti rende così nervoso? Vuoi parlarmene?” domandò dopo un po’ che era stato in silenzio ad osservare Kurt immerso in chissà quali pensieri,
“no. Davvero non è niente” disse voltandosi a guardare fuori dal finestrino e Blaine sospirò e annuì e alzò di poco il volume della radio come per fargli capire che non ne avrebbero parlato se lui non avesse voluto,
“è solo che- non lo so. lei è la tua famiglia, Blaine.. ed io- noi avevamo detto che saremmo stati solo noi due e che non avremmo corso e senza promesse, ricordi? L’hai detto tu e mi sta bene, lo sai. Però questo è- io non so come comportarmi” aveva balbettato a mezza voce ed era venuto fuori un grosso ammucchio di parole, molto simile ai pensieri che gli affollavano la testa eppure aveva sentito l’esigenza di buttarle fuori,
“Kurt, questo non cambierà le cose tra noi. Resteremo comunque solo noi anche dopo il brunch. non devi sentirti in obbligo in nessun modo verso di lei e neanche verso di me. Non dovrai venire con me a farle visita e non dovrai chiamarla mamma o una cosa del genere, Dio no. Questo non significa che stiamo bruciando le tappe ed io ti sto presentando a lei come mio fidanzato.. io- so cosa ho detto quando abbiamo cominciato tutto questo, lo ricordo Kurt, ti ho detto di viverci ogni momento quando questo arriva, no? ed è quello che stiamo facendo. Ci stiamo vivendo” disse Blaine cercando le parole giuste, seppur difficili da trovare,
“sì, lo stiamo facendo” rispose Kurt annuendo,
“bene. Nessun obbligo okay? se tra qualche giorno, mese o anno vorrai lasciarmi perché ti sei stufato, perché hai capito che non è quello che vuoi, perché non sei felice puoi farlo, senza sentirti in obbligo con la mia famiglia. Loro non c’entrano, siamo noi.. solo noi. È me che devi lasciare quando e se vorrai, solo me.. non mia madre.” Kurt alzò un sopracciglio scettico,
“tutto il tuo ragionamento su ‘non facciamoci promesse’ era solo questo, Blaine? hai fatto tutto quel discorso un mese fa e adesso solo per darmi il permesso di lasciarti quando mi sarò stufato? Tu sei pazzo! Credi che non voglia conoscere e stare insieme a tua madre perché poi per me sarà più difficile lasciarti? Tu sei pazzo e pure un po’ cretino!” sbottò lui alzando gli occhi al cielo e sbuffando,
“ehi! Stavo solo cercando di- scusa. Se non è questo il problema allora qual è? è solo mia madre e hai già capito che non morde!” esclamò lui fermando l’auto sul ciglio della strada, ormai arrivati a casa Anderson,
“te l’ho detto! non lo so! è che così diventa più reale, no?”
“noi siamo già reali. Lo siamo sempre stati.” Mormorò Blaine sicuro e istintivo, prima di sporsi verso Kurt e baciarlo tenendolo per il mento e dilatando il tempo fino a quando l’altro non si sarebbe convinto che quello fosse reale.
Che i loro baci lo fossero e i loro cuori accelerati e le mani tremanti.
Blaine lo baciò di nuovo e ancora, stringendolo forte e assaporandolo piano come per dirgli: “ehi guardaci, siamo veri. Siamo noi. Siamo qui. io ti sento Kurt, ti sento dovunque dentro di me, sempre” .
*
 
Kurt sinceramente in quel momento neanche ricordava perché era così preoccupato ad incontrare la madre di Blaine, si stava davvero divertendo e non era cosa da poco.
 
Marie era stata davvero brava a smuovere il suo imbarazzo e aiutarlo a passare oltre.
 il suo principale imbarazzo era passato non appena la donna aveva aperto il piccolo regalo che lui le aveva portato.
Aveva osservato per un attimo l’elegante candela che aveva scartato e poi aveva sorriso soddisfatta,
“beh a quanto pare la nostra chiacchierata al ringraziamento ti ha colpito, eh?” domandò lei e Kurt annuì e arrossì incontrollato,
“io l’ho vista e ho pensato subito a lei e non solo perché beh è una candela e mi ha ricordato il nostro primo incontro, ma anche perché è a forma di questo fiore” disse lui indicando il regalo con un gesto impacciato della mano,
“un amarillo, simboleggia fierezza e tenacia” sospirò Marie con voce sognante, annuendo poi subito dopo e tirando al figlio uno schiaffo sul braccio,
“tu guarda e impara, come fare un regalo!” lo rimproverò scherzosa,
“devi sapere Kurt che l’anno scorso questo figlio ingrato mi ha regalato un buono spesa da Gap!”
 
Quindi il brunch era cominciato così e così era andato avanti tra chiacchiere leggere e prese in giro per Blaine, accompagnate da buon cibo.
 
Blaine passava il suo tempo a ridere tanto e ad osservare Kurt.
Sembrava tranquillo, sembrava a suo agio, sembrava semplicemente lui ed era reale.
Lo era e Blaine sapeva che il discorso di un mese prima era solo un modo per tutelarsi e neanche molto efficace.
Il punto era che quel “non facciamoci promesse, non diamoci etichette, non affrettiamo i tempi” era soltanto una maniera semplice di cominciare le cose già complicate.
Perché Kurt era Kurt e sì era un suo studente, ma era anche l’unico ragazzo che era riuscito a scalfire quel muro di ghiaccio che Blaine aveva innalzato per forza di cose.
Blaine era spaventato dal fatto che la loro sarebbe potuta diventare una bella copia della relazione che lui aveva avuto con Jeremiah.
In quella relazione c’erano state molte promesse ma senza l’interesse nel mantenerle, c’erano state etichette che nessuno dei due aveva creduto sul serio e c’era stato un affrettare del tempo senza consumarlo davvero e Blaine per quanto non ne fosse uscito distrutto non era di certo uscito indenne e il problema era che non voleva che lui fosse il Jeremiah di Kurt o che Kurt fosse il suo Blaine.
Non voleva finire con l’avere il cuore spezzato per davvero questa volta, non voleva che le cose s’intensificassero e poi finissero.
Però voleva viversela quella storia Blaine, perché non sapeva ancora “come mai” ma sentiva che quella fosse la SUA storia, quella di una vita.
E nonostante ciò che aveva detto e che si era prefissato i sentimenti c’erano comunque e non potevano essere gestiti e organizzati come meglio credeva.
I sentimenti nascono senza che tu te ne renda conto e non puoi fare altro che accoglierli e sentirli e Blaine ne provava in abbondanza per Kurt.
 
In fondo Sebastian glielo aveva detto no? è questione di pelle.
Quella di Blaine era pelle che andava a fuoco quando era accanto a Kurt e c’era la paura di scottarsi ma c’era anche il voler stare al caldo e accogliere quel calore.
 
Se a Blaine gli fosse stato chiesto come si sentisse in quel momento, non avrebbe saputo rispondere con certezza, era spaventato, era euforico, era impegnato, era attaccato, era perso e ritrovato negli occhi di Kurt.
E quella sensazione, quella dello stare in bilico sul burrone, cominciava a piacergli, se quello significava Kurt.
 
Kurt che in quel momento si lasciava fare i grattini sul braccio, quasi inconsapevoli di Blaine, mentre sua madre gli stava facendo vedere gli album di foto di quando era bambino.
Kurt che più volte aveva sorriso e si era sporto verso di lui per lasciargli un bacio sulla guancia come per chiedergli scusa per aver riso di lui.
Kurt che raccontava a lui e a sua madre qualche aneddoto di scuola divertente o qualche vecchio ricordo di sua madre.
Kurt che raccontava seppur restio del perché avesse deciso di voler entrare nella squadra dei Cheerios.
E Blaine che se gli avessero chiesto la prima parola che gli venisse in mente in quel momento sarebbe stata: Felice, o più sinceramente Kurt.
 
“e questa foto qui è di quando Bastian e Blaine stavano insieme! Non sono esilaranti?” chiese Marie indicando la foto all’angolo della pagina che ritraeva i due molto più giovano di adesso, con indosso degli abiti eleganti e in viso un espressione imbarazzata e sconcertata per Blaine e annoiata e disturbata di Smythe,
“qua stavano dandosi il bacio della buonanotte dopo il loro primo appuntamento quando io li ho sorpresi e immortalati” disse la donna soddisfatta, lasciando sempre più sbigottito Kurt che aveva sbattuto più volte gli occhi cercando di mettere meglio a fuoco la foto ed anche tutto quello che portava dietro quella figura.
 
Blaine era stato con Sebastian?
E quello quando credeva di dirglielo Blaine?
 
“chi vuole altro tè?” domandò Blaine cercando di togliere l’attenzione dalla foto e alleggerire l’atmosfera pesante che si era creata con un silenzio prolungato,
“prima che arrivassi tu, avevo sempre creduto che alla fine questi due sarebbero finiti con lo sposarsi o una cosa del genere. tengono così tanto l’uno all’altro, da morirne. Si capiscono con un occhiata e si compensano a vicenda in molte cose e credo che a modo loro si amino. E-“
“questi biscotti sono fantastici!” disse Blaine fermando lo sproloquio della madre offrendone uno a Kurt che rifiutò senza neanche voltarsi a guardarlo,
“ero davvero convinta che fossero per sempre loro due, sai?” continuò Marie imperterrita, però,
“si?” fece Kurt più per educazione che per vero interesse, era confuso e sbalordito lui e di certo non voleva mettersi a sentire l’intera storia su Blaine e Sebastian destinati al lieto fine, proprio no.
“certo, perché anche per tutto il tempo in cui Blaine era stato con Jeremiah, lo sai no? era sempre Sebastian il primo pensiero di Blaine. era il suo ultimo messaggio della giornata, era il suo numero per le emergenze, era quello da cui correva quando c’erano belle o brutte notizie”
“e questo chi lo ha mai detto?” sbottò Blaine innervosito dalla bocca larga di sua madre e dalla verità che usciva sempre fuori da quella,
“Sebastian ovvio, ogni volta che lo chiamavo” rispose lei per niente piccata, dando poi un piccolo colpetto sul ginocchio di Kurt,
“ma comunque sei arrivato tu e ho finalmente capito che quello di Blaine era solo il bisogno di avere una spalla a cui aggrapparsi, come del resto era lo stesso bisogno pure per Bastian. Non ho mai visto Blaine gravitare intorno a qualcuno in questo modo come lo fa con te, è come se non sapesse neanche rendersi conto dove finisce lui e dove inizi tu.” Kurt fece spallucce a quelle parole, che a dire la verità neanche capiva in pieno il significato e continuò a sfogliare l’album,
“stavano davvero bene insieme, prima o poi mi farò raccontare l’intera storia” disse sovrappensiero lui,
“non c’è poi tanto da raccontare. E non stavamo per niente bene insieme, funzioniamo meglio come amici, noi” disse schietto Blaine, prima di prendere l’album dalle mani di Kurt e metterlo via.
*
 
Sebastian Smythe era sempre stato un animale da città, amava camminare per strada e vedere i marciapiedi gremiti di persone, sentire i clacson assillargli i pensieri, trovare strade interrotte da lavori e negozi aperti anche per tutta la notte.
Gli piaceva le possibilità e le occasioni che potevano trovarsi ad ogni angolo di strada e amava le storie che poteva leggere tra i passanti e le vetrine sempre piene, per questo era scappato da Westerville e poi da Cambridge per correre a New York.. eppure dopo quattro mesi lì a Lima stava davvero iniziando a trovare piacevole quella costante calma che lo circondava.
Stava davvero cominciando ad abituarsi alle strade poco illuminate, alle stelle che si potevano vedere di sera e alle poche persone mai di fretta che incontrava per strada e più di tutto trovava piacevole la compagnia di Santana.
 
Era l’unica persona oltre Blaine ovviamente, che riusciva a convivere con i suoi silenzi mentre per tutti gli altri risultavano pesanti o imbarazzanti.
Sapeva tenergli testa e usare le parole giuste al momento giusto.
 
Stavano tranquillamente passeggiando per il piccolo parco di Lima, riscaldandosi le mani con i loro caffè bollenti e pensando a tutto e niente in particolare,
 
“sai cosa odio di più del Natale?” domandò d’un tratto Santana spingendo via col piede un sassolino,
“posso tirare ad indovinare” disse Sebastian,
“gli auguri. Tutti scambiano gli auguri con tutti e perché poi? Auguri per cosa? Odio la gente che ti snobba per 364 giorni l’anno e poi ti manda un messaggio o ti fa una telefonata o ti incontra per strada e ti augura un buon natale, così come se niente fosse. Odio l’ipocrisia del Natale e odio le persone che sono felici per tutto il tempo. Ma più di tutto odio quegli auguri che invece ti aspetti e non arrivano e quelli che vorresti e non puoi avere. Odio le persone che non ci sono a Natale come in tutti gli altri giorni e m’incazzo come una bestia” disse Santana con un sospiro arrabbiato calciando via l’ennesimo sassolino davanti al suo piede,
“Dio Lopez, avresti dovuto prendere una camomilla invece che un caffè”
“e tu Smythe dovresti essere abituato al mio cinismo, quindi non farne un dramma e accompagnami a casa che questa passeggiata mi sta mettendo di mal’umore” affermò lei gettando il bicchiere di caffè vuoto per metà nel cassonetto che aveva vicino,
“voglio ricordarti che la passeggiata è stata una tua idea”
“perché ero di buon umore” mormorò spazientita mentre affrettava il passo per tornare a casa.
 
Erano sdraiati sul letto per metà, le loro teste al centro una di fianco all’altro e i piedi che toccavano terra e stavano guardando il soffitto già da un bel po’ quando Sebastian fece a Santana l’unica domanda che gli premeva sapere la risposta in quel momento,
“di chi sono gli auguri che vorresti ma che non puoi avere?” chiese e lei scostò la mano dal suo stomaco solo per infilarla tra i capelli di lui, continuando a guardare il soffitto, pensierosa,
“Brittany” sussurrò poi, chiudendo solo per un attimo gli occhi,
“dov’è lei adesso?” domandò Sebastian,
“non ne ho idea, dove vanno le persone dopo che sono morte?”
“quanti anni hai? 5?” fece lui allungando una mano per accarezzarle il collo scoperto,
“è che me lo chiedo spesso. Dove sia lei ora”
“io lo so” sussurrò Sebastian come se lo sapesse sul serio, come se fosse anche lui un bambino di cinque anni che trova le risposte più semplici alle domande più difficili,
“dimmelo” ordinò Santana sdraiandosi di pancia e alzandosi sui gomiti per poter guardare l’altro dritto negli occhi,
“qui” disse puntandole il dito proprio sul cuore, “e lo sai anche tu” continuò vedendo l’altra roteare gli occhi e sbuffare per poi ritornare alla sua vecchia posizione a fissare il soffitto,
“ora chi è che ha cinque anni?”
“ti manca?” chiese fingendo di non aver sentito il suo tono esasperato,
“ci sono giorni in cui non riesco neanche a respirare pensando a lei e ci sono giorni in cui faccio fatica a ricordare che suono avesse la sua voce e quelli sono i più spaventosi. Non voglio dimenticarla”
“magari un giorno non riuscirai a ricordare la sua voce o il suo esatto colore degli occhi, ma sono sicuro che non potrai mai dimenticare quello che provavi con lei e per lei. Sono sicuro che ricorderai per sempre la prima volta che l’hai vista, o la prima volta che l’hai baciata. Ricorderai la maniera in cui ti guardava e come ti toccava. Certe cose non si dimenticano” disse lui, come se avesse capito che ruolo avesse avuto Brittany nella vita di Santana senza neanche sentirselo dire,
“il suo sorriso. Quello non vorrò mai dimenticarlo. Quando sorrideva assottigliava gli occhi così tanto che sembravano chiusi e il naso le si arricciava e quando rideva forte le guancie si arrossavano e alla fine faceva sempre un piccolo sospiro come se le fosse costato una fatica assurda ridere così tanto. Ed io cercavo di farla ridere sempre. Mi piaceva” aveva confessato riprendendo ad accarezzare i capelli di lui.
 
E quella fu la prima volta in cui i due erano stati per tutto il tempo su di un letto senza consumare, ma soltanto parlare.
Era stata la prima volta in cui avevano parlato per davvero, senza mezze verità, quella volta le verità erano state dette tutte e per intero, senza vergogna né paura.
E ne era uscita fuori una bella chiacchierata, una di quelle che aveva fatto bene ad entrambi e che li aveva fatti sentire più uniti e intimi come neanche il sesso avrebbe potuto.
Santana aveva parlato di Brittany e dei suoi genitori e della scomparsa di lei e dei loro sogni insieme.
Sebastian aveva parlato della scrittura e di Blaine e aveva parlato poco dell’incidente chiamandolo però col giusto nome, soffermandosi di più su quello che era venuto dopo: la convalescenza in ospedale, la terapia, il processo, gli incubi e del suo libro che stava tutt’ora scrivendo.
 
Alla fine si era fatto tardi e Santana doveva cominciare il suo turno al books&coffe e Sebastian l’accompagnò al locale e la salutò con la promessa che l’indomani alla vigilia di Natale, dopo il consueto pranzo l’avrebbe accompagnata a prendersi quegli auguri che lei voleva.
*
 
Kurt e Blaine stavano tornando a Lima senza fretta.
Blaine parlava tanto però e Kurt neanche cercava di seguire la conversazione, semplicemente infilava qualche parola qua e là e annuiva un sacco, lasciando che i suoi pensieri volassero altrove.
 
Non che Kurt fosse arrabbiato o geloso di quello che aveva scoperto riguardo Blaine e Sebastian.
Alla fine, era giunto alla sua conclusione.
Se lo aspettava.
 
..Odiava che fosse stato lui –Sebastian-a farmi aprire davvero gli occhi sulla mia sessualità.. così aveva detto Blaine quando gli parlò di cosa era successo a Sebastian e Kurt allora non aveva chiesto niente in merito, si era convinto che Sebastian aveva semplicemente aiutato Blaine a capire chi fosse, senza però domandarsi in che modo lo avesse fatto. Aveva genuinamente pensato che Bas lo avesse aiutato a fare coming-out quando invece era stato il suo primo in molte cose.
 
.. i suoi modi riuscirono ad ammaliare anche me alla tua età.. così invece Blaine l’aveva detto quando stavano litigando proprio per Sebastian, ma Kurt era troppo concentrato sul fatto che stessero discutendo sul serio e che Blaine fosse geloso di lui per mettersi davvero a ragionare su quella piccola frase buttata lì.
 
Però ora che aveva saputo si era sentito pure un po’ sciocco a non averlo capito prima.
Era palese.
 
E non ne era sconvolto o geloso.
Avrebbe preferito che Blaine glielo dicesse subito? Sì.
Avrebbe cambiato le cose? No.
 
“non sono arrabbiato” disse d’un tratto Kurt sentendo Blaine tirare fuori quel respiro che stava trattenendo chissà da quanto,
“eppure lo sembri” sospirò Blaine spegnendo la radio e alzando gli occhi al cielo,
“ascolta Kurt” poi continuò, “avrei dovuto dirtelo, lo so, ma-“
“ma non l’hai fatto apposta. Lo so. Non stavi cercando di nasconderlo ed è davvero acqua passata. L’ho capito. Per questo non sono arrabbiato” disse Kurt completando la frase per Blaine,
“okay. wow. Ci stavi davvero ragionando su, eh?” borbottò lui,
“beh sì. È così, giusto? voglio dire, non stavi cercando di nascondermelo, vero?”
“no, certo che no. io non ci ho pensato, non l’ho mai considerato un mio ex. Tutto qui. Sarebbe così riduttivo e falso parlare di noi in quei termini, no? lui è la mia famiglia e lo sai”
“certo che lo so, prendi due e paghi uno..è così che vi vedo” disse Kurt scherzando,
“ehi no! assolutamente no! prendi uno –me- e basta!” esclamò Blaine fintamente indignato facendo scemare così ogni traccia di tensione che era ancora rimasta.
 
“sai, non so se tirare un sospiro di sollievo perché sei sempre così dannatamente ragionevole o se sbuffare esasperato perché neanche questa volta ho avuto da te una scenata di gelosia” disse Blaine quando aveva parcheggiato l’auto proprio dietro quella di Kurt e si era voltato a guardarlo,
“okay, ho dovuto pensarci davvero tanto Blaine, per non prenderti a schiaffi. Se proprio vuoi saperlo. Ero andato nel panico. Non capivo perché non me lo avessi detto dall’inizio e ho pensato che stavi cercando di tenermelo nascosto per motivi assurdi, oltretutto. Poi beh, ho pure pensato: cavolo, la prossima volta che vedrò Marie, cosa si farà sfuggire? Che magari Blaine è stato con una ragazza o che ha baciato Rachel?”
“beh, veramen-“
“non rispondere! Non lo voglio sapere! Hai baciato Rachel? ma che-“
“è stato per lo stupido gioco della bottiglia!”
“oh no! no, no, no! non dirlo!” sbottò Kurt tappando la bocca di Blaine che intanto se la rideva forte.
 
“Allora, noi stiamo bene?” domandò alla fine Blaine mentre Kurt cercava le chiavi della sua auto nella tracolla,
“stiamo bene, sì” disse alzando gli occhi al cielo per poi sporgersi verso l’altro e stampargli un bacio veloce sulle labbra.
E quel lieve e sfuggente tocco era tutto ciò che potevano avere in quel momento, in quell’auto in pieno giorno a Lima.
Nessuno dei due ne era pienamente soddisfatto, ma non potevano chiedere di più e lo sapevano.
“ci vediamo domani?” domandò Blaine esitante quando Kurt aprì lo sportello per andare via,
“è la vigilia,Blaine. Non credo di riuscire a sviare l’intera famiglia”
“allora dopodomani?”
“a Natale? Impossibile. Mio padre vorrebbe-“ Blaine alzò le mani in segno di resa e sbuffò sempre più esasperato,
“okay. va bene. Mi dispiace non avere il tuo regalo con me, adesso” borbottò giocherellando con le chiavi dell’auto ancora inserite nel cruscotto,
“a me dispiace non poter cambiare la situazione” sospirò affranto Kurt, come non lo era stato da un po’ di tempo a quella parte e gli dedicò un ultimo sorriso prima di scendere dall’auto,
“ehi, mi mancherai” mimò Blaine con le labbra guardandolo entrare nel suo SUV e sorrise rincuorato quando l’altro gli regalò un piccolo occhiolino.
 
Era quello che in fondo li teneva ben saldi, lì: i piccoli gesti, quelli che per molti non erano niente e che per loro erano l’essenziale.
 
*
Alla fine Kurt un po’ di tempo per correre da Blaine a Natale lo aveva trovato.
Sia lui che Finn erano ormai troppo grandi per essere svegliati presto la mattina di Natale per aprire ogni pacco a loro regalato e i loro genitori avevano ormai una certa età e se esisteva la possibilità di restare un po’ di più a letto, loro la prendevano al volo senza esitazione.
Quindi Kurt non ci mise molto a prepararsi, infilare tutti i regali in auto e correre a casa di Blaine, lasciando un biglietto per suo padre sul tavolo della cucina, dove lo avvisava che era andato al parco per una passeggiata per smaltire tutto il ben di dio che aveva mangiato a cena il giorno prima, sicuro che suo padre non lo avrebbe trovato un comportamento strano, abituato alle, a volte estreme, scelte salutari del figlio.
 
Blaine anche era più che cresciuto per essere svegliato presto la mattina di Natale, come del resto Sebastian e Rachel, per questo fu una sorpresa essere svegliato dal suono insistente del campanello quando non erano neanche le otto.
 
“Cip! È arrivato Ciop-ti-rovino-il-sonno-Hummel!” urlò Sebastian e Blaine scattò in piedi gettando via le coperte prima ancora di assimilare per bene lo strillo di Bas.
Era Kurt.
“Kurt?” domandò entrando stralunato in cucina ancora con i piedi scalzi e i capelli sparati in tutte le direzioni, trovando il ragazzo intento a sistemare una sciarpa al collo di Sebastian,
“Buon Natale!” esclamò poi Kurt gettandogli le braccia al collo e baciandolo dolce lasciando Blaine piacevolmente confuso e senza fiato,
“Buon Natale anche a te” biascicò comunque, tenendosi ancorato ai fianchi dell’altro, almeno fino a quando Kurt non vide spuntare dalle coperte del divano letto la testa sfatta di Santana,
“è arrivato Babbo Natale?” mugugnò lei strofinandosi gli occhi per il fastidio della luce mattutina,
“Tana! Ho un regalo anche per te!” urlò Kurt prendendo dal tavolo la busta glitterata di rosso e saltando poi subito dopo sul letto, per abbracciare l’amica,
“attento, che morde” lo riprese Sebastian indicando però a Blaine la sua nuova sciarpa,
“è carina, non trovi?” domandò Blaine a Smythe che fece spallucce,
“dice che devo smetterla di alzare il colletto del cappotto e iniziare ad indossare sciarpe consone e questa per di più risalta i miei occhi. Ma come lo sopporti? È sempre così smielato?”
“la maggior parte delle volte” sorrise dolce Blaine intrecciando le braccia al petto.
 
"Cosa dovrei farci con un cavolo di mappamondo?" Sbottò Santana guardando quel piccolo globo con aria critica,
"É un salvadanaio San, per il viaggio che volevi fare. E se noti bene ho segnato con dei puntini blu tutti i posti  in cui c’è sempre il sole e la sabbia bianca e dove potresti aprire il tuo piccolo chiosco.. sono tutti probabili posti in cui potresti trovare le tue radici, San. Spero ti piaccia" la ragazza sbuffò e abbassò lo sguardo su quella piccola sfera sfiorando ogni puntino con le dita sperando di trovare il coraggio, un giorno, di sceglierne uno e cominciare da lì.
"Non potevi limitarti ad un rossetto e basta?" Domandò a disagio ponendo con attenzione il regalo nella propria busta,
"Auguri anche a te San" la prese in giro lui per poi alzarsi dal letto e guardarsi intorno,
"Dov'è Miss Berry?" Chiese,
"Dove dovremmo essere ancora tutti a quest'ora: a letto!" Sbottò Sebastian,
"RACHEL!" Urlò in risposta lui battendo contemporaneamente le mani e correndo a spalancare la porta della camera della malcapitata che non ci mise un secondo a tirargli in faccia un cuscino,
"Troppo presto" borbottò lei,
"Buon Natale Rachel!"
"Si, si, vattene!"
"Ho un regalo per te!"
Il regalo fu una cena all’unico ristorante vegano di Westerville, perché Kurt sapeva bene quanto a lei piacesse e come suo fratello Finn invece finiva sempre per portarla al Bel Grissino, perché di mangiare solo verdure proprio non gli andava.
“ora ho la scusa perfetta per trascinare Finn al Green Bistrò!” disse lei entusiasta, ringraziando poi Kurt per il pensiero.
“anche noi ti abbiamo fatto un regalo!” esclamò poi Rachel annuendo verso Sebastian come per invitarlo a prendere il regalo nascosto sotto l’albero,
“noi?” domandò Kurt curioso,
“sì, noi. Sebastian, Santana ed io” puntualizzò lei,
“oh, beh.. non dovevate”
Pensiero quello di Kurt che si dissolse non appena aprì il grande pacco messogli sulle gambe.
Era una macchina da scrivere Olivetti, da collezione.
Era una bellissima e vintage Olivetti che mai, mai avrebbe creduto di avere tra le sue mani.
“Oh Mio Dio! questa è-“
“un Olivetti, sì” terminò Seb per lui,
“io-“
“sei senza parole, lo sappiamo” continuò Santana,
“ma-“
“non puoi accettarla? Devi, Kurt!” finì Rachel abbracciandolo,
“okay questa scenetta è ridicola. Possiamo semplicemente andare in cucina e bere un caffè?” si lamentò Santana un secondo prima di essere stretta tra le braccia di Kurt,
“voi andate pure, io e Kurt vi raggiungiamo tra un attimo” si intromise Blaine avvicinandosi all’altro per afferrarlo sui fianchi e trattenerlo lì con lui.
 
“ho qualcosa da darti anch’io” mormorò Blaine dopo aver pescato un sacchettino dal comodino e aver fatto sedere Kurt sulle sue gambe, sul letto.
 
Era un piccolo sacchetto rosso con legato vicino un bigliettino dello stesso colore,
“prima il biglietto?” domandò Kurt senza riuscire a trattenere un sorriso e un bacio,
“vada per il biglietto” rispose Blaine accarezzandogli la schiena, sentendosi pure un po’ stupido, ma quello che aveva davanti era Kurt e quello era l’effetto che gli faceva sempre e non gli riusciva di comportarsi diversamente.
 
Il cartoncino era piegato in due e quando Kurt lo aprì notò che era riempito di una piccola frase al centro, scritta a mano e ordinata.
La data in alto a destra e la firma in basso a sinistra.
 
Dicembre, 2013
“il nostro primo di tanti Natali..perché avrai sempre il tuo caffè”
                   -Blaine
 
Lesse Kurt ad alta voce, sorridendo appena e corrucciando un po’ la fronte, perché quella del caffè, proprio non l’aveva capita.
“apri il sacchetto” lo esortò allora Blaine, come per dire che la spiegazione sarebbe arrivata col regalo.
Kurt gli scoccò un bacio a fior di labbra e poi aprì il sacchetto lasciando cadere il regalo sul palmo della mano.
Restò ad osservare il bracciale con un piccolo ciondolo a forma di chicco di caffè per degli interminabili secondi prima di scoppiare a ridere,
“sei adorabile” mugugnò prima di voltarsi verso di lui e fargli segno di abbottonarglielo al polso,
“la prima volta ti ho incontrato al Books&coffee e stavo bevendo un caffè orribile, la seconda volta è stato al Lima Bean davanti un caffè molto più buono. Al nostro primo appuntamento, perché sì io lo considero un appuntamento, abbiamo bevuto un caffè passeggiando per il parco di Westerville e beviamo un caffè insieme ogni mattina da più di due mesi”
“non ho mai sentito pronunciare la parola caffè, così tante volte in un discorso” lo prese in giro Kurt guardando ancora una volta il ciondolo appeso al polso,
“è che il caffè mi ricorda te e questo qui” disse sfiorando il bracciale con il pollice, “ti ricorderà me”
“come se fossi facile da dimenticare, tu” borbottò Kurt prima di prendergli il viso tra le mani e baciarlo.
Sorridendo nel bacio che sapeva proprio di caffè, dolce e caldo.
 
“ho anche io qualcosa per te. Aspetta qui.” Disse Kurt scappando in cucina e tornando subito dopo con un pacchetto incartato alla perfezione tra le mani,
“okay, non aspettarti niente di estremamente-“
“posso aprirlo?” domandò Blaine rigirandosi il regalo tra le mani, fermando così la filippica imbarazzata di Kurt,
“puoi aprirlo” esalò l’altro, sedendosi di fianco a lui.
 
Una copia anche piuttosto vecchia de Il piccolo principe era uscita fuori dal pacco.
Le pagine erano ingiallite e l’immagine di copertina ricordava una delle prime ristampe,
“è del-“ cominciò Blaine guardando il retro del libro,
“1985 sì, l’anno della tua nascita” finì per lui, Kurt alzando gli occhi al cielo e aprendo la copia alla prima pagina.
 
Il foglio giallastro era ricoperto dalla scrittura fine ed elegante di Kurt.
 
L’essenziale è invisibile agli occhi.
È stata la prima cosa che mi hai detto, Blaine.
Ed è quello che più di tutto mi stai insegnando. Con te ho imparato a vedere col cuore.
 
Buon Natale.
Tuo, Kurt.
 
“a gente come me e te, regalare un libro non è mai sbagliato. Si va sul sicuro, no? però ho pensato che doveva essere speciale e Il piccolo principe è quello a cui ho pensato subito. Questo è per noi, quelli che per gli altri è una panchina o una canzone. Io vorrei che la prossima volta che lo leggerai, penserai a me e che lo terrai sul comodino per farti compagnia. Io- lo so che è stupido-“
“no, non lo è, Kurt. Non lo è” sorrise Blaine, “vieni qui” biascicò trascinandolo poi in un bacio che era molte cose e tutte insieme.
 
In quel bacio, in quel contatto, in quell’esplosione ci misero sensazioni che erano difficili da esprimere a parole, per paura e per difesa.
Si mescolavano e si fondevano, come in un sogno, in balia di loro stessi.
Si volevano e se lo stavano dicendo senza fretta, con amore.
Con quell’amore che era sbocciato complicato e senza tempo.
Perché il tempo non conta, il tempo non ha importanza quando di mezzo c’è il cuore.
 
E se fosse stato possibile quel momento lì lo avrebbero protratto per molto ancora, per sempre magari.
Lì, in quella stanza, tra le loro braccia era tutto semplice.
Non c’era da dar conto a nessuno, se non a loro ed era facile pensare che sarebbero riusciti ad essere il “per sempre”.
Lì, sulla bocca dell’altro e ad occhi chiusi si stavano convincendo che niente li avrebbe scalfiti, che c’è l’avrebbero fatta.
Lì, proprio lì, in quel momento, stavano promettendosi l’anima.
 
Ma era un momento, solo un momento, uno di quelli con la guardia abbassata e senza difesa.
Uno di quelli che ti aiutano a superare tutti quegli altri che di sogno non hanno niente e di realtà tutto.
 
*
 
Zack Di Maggio era stufo.
Odiava le vacanze e odiava passare troppo tempo in casa con la sua famiglia al completo.
Odiava dover sorbirsi le solite domande di vecchi parenti, su quando avesse intenzione di mettere la testa a posto e trovarsi una ragazza da portare a casa.
Zack era stufo degli sguardi giudicatori del padre, quando gli propinava per l’ennesima volta una delle figlie dei vicini ed era stanco di sentirsi sempre inadatto.
 
Il punto era che non si sentiva libero di essere ciò che era con la sua stessa famiglia e non poteva cambiare le cose.
Lui era ciò che era e quello avrebbe portato disagio e secondo il padre vergogna in quella casa.
“Fin quando vivrai sotto il mio tetto, sarai quello che io voglio che tu sia” gli aveva detto una volta suo padre e non stavano neanche parlando di preferenze sessuali, ma semplicemente di allenamenti di football,
“ed io voglio che continui a fare parte della squadra di football, così da vincere la borsa di studio per continuare gli studi, perché sappiamo entrambi che sei troppo stupido per poter essere ammesso a qualsiasi tipo di college senza lo sport e poi mi aiuterai a dirigere l’impresa di famiglia. Fine della storia.” E quella volta Zack, come del resto tutte le altre volte avrebbe voluto urlare “fine della storia, un cavolo!” ma sapeva che era una partita persa in partenza, perché da solo non poteva vincerla, non quando a spalleggiare suo padre c’era anche sua madre.
 
E pure quella sera, l’ultima prima di tornare a scuola dalle vacanze, aveva finito col litigare con suo padre e mandare al diavolo sua madre solo perché doveva smetterla di vedere quei suoi amici sfigati e accettare di andare a bere qualcosa con Karofsky e gli altri compagni di squadra, di sicuro molto più in gamba di quei poveri falliti del fight club che lui si ostinava a frequentare, secondo loro.
 
Ora però si ritrovava a vagare per le strade di Lima in cerca di una distrazione perché Puck non era in casa e non rispondeva al telefono e si sentiva tremendamente solo.
E non sapeva perché o come, ma si era ritrovato a pensare a Kurt.
Il ragazzo nuovo, che non era solo bello, ma anche e soprattutto interessante.
Non era di certo il suo stereotipo, ma aveva di sicuro qualcosa di accattivante e poi se proprio doveva essere sincero Zack, era un bel vedere sì, ma quello che più lo attirava era il fatto che Kurt fosse stato l’unico, da che ricordasse, che aveva provato a vedere oltre la sua giacca da Titans e il suo cognome, trovando però poco e niente solo per colpa sua.
Quindi non si stupì più di tanto quando si accorse di star percorrendo proprio la strada di casa Hummel.
Era annoiato, nervoso e irrimediabilmente solo, e l’unica persona che avrebbe potuto tirarlo su di morale, oltre Puck, era proprio Kurt.
 
Non aveva intenzione di suonare alla sua porta e chiedere a suo padre di vedere suo figlio, ma avrebbe potuto trovare la finestra della sua camera da letto e cercare di entrare da quella o più semplicemente chiamarlo e chiedergli di scendere a salutarlo.
Era davvero disperato ed era sicuro che Kurt, almeno quella volta gli avrebbe dato una possibilità.
 
O forse no.
“Ma che diavolo-“ borbottò confuso e allibito, mentre si nascondeva all’ombra del lampione e socchiudeva gli occhi per focalizzare meglio l’auto che era a qualche metro da lui e quindi dalla casa di Hummel.
 
“Non ci posso credere” sussurrò a se stesso, pescando dalla tasca dei jeans il suo cellulare,
“che bastardo” continuava a cantilenare mentre scattava foto senza neanche preoccuparsi di togliere il flash,
“ed ecco svelato perché un cazzo di glee club è così interessante” disse alla fine rimettendosi il cellulare in tasca e facendo per tornarsene a casa con la testa ancora piena di pensieri, ma del tutto diversi da quelli con cui era uscito.
 
E anche stavolta, era tutto merito di Kurt.

 
 
Angolo Wallflower_
*finge di non aver lasciato il capitolo in questo modo e parla d’altro*
 
Come procede la vostra estate?
No, okay.. la smetto.
 
Cercherò di aggiornare il più velocemente possibile, perché la storia sta entrando nel vivo e lasciarvi così per troppo tempo sarebbe davvero una cattiveria.
 
Spero abbiate apprezzato il capitolo, nonostante il fatto fosse incentrato sul Natale e noi siamo in piena estate.
E spero di non essere ripetitiva su alcuni contenuti.
 
Aspetto,come sempre, un vostro parere spassionato.
 
Anyway, grazie a tutti voi che avete portato il primo capitolo della storia a più di 1000 visualizzazioni, grazie alle quasi 100 personcine che hanno messo questa roba qui tra le seguite\preferite\ricordate! Siete amazing!
 
E un grazie speciale, ancora una volta, a chi ha recensito lo scorso capitolo: wislava; Estel84; Ishattheworldoutside e BeauBrooks
 
Alla prossima ;)

 
questa è la mia pagina autore fb.

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Capitolo 11
*** Domani sarebbe stato peggio. ***


Capitolo 10

 

Le mani di Blaine percorrevano il profilo del viso arrossato di Kurt venerando ogni centimetro di pelle mentre questo se ne stava sdraiato su di lui nell’abitacolo stretto sotto la luce soffusa della luna e con i vetri che erano diventati appannati già da un bel po’.

Kurt sospirava di tanto in tanto e giocherellava con le dita della mano libera di Blaine mentre i suoi pensieri erano ancora appannati come i vetri dell’auto, per quello che era successo poco fa.

 

E se qualcuno, solo qualche settimana addietro, gli avesse detto che sarebbe diventato tipo da palpatina veloce in macchina, gli avrebbe tirato uno schiaffo mortificato e poi sarebbe scoppiato a ridere perché: “palpatina?” avanti su, era una parola che proprio non si addice al vocabolario di Kurt.

 

E in effetti insieme a Blaine tutto era amplificato, importante e niente era come poteva sembrare agli altri.

Quella lì non era solo una palpatina veloce in macchina, per festeggiare il Natale come potevano.

Kurt lo sapeva, perché nonostante la sua poca praticità e inesistente esperienza Blaine lasciava che fosse lui a condurre le danze.. che fosse lui a scegliere il ritmo delle loro azioni.

Kurt ne era certo perché ogni suo gemito di piacere era seguito da uno soddisfatto di Blaine, come se Blaine avesse bisogno di dar piacere a Kurt per dare piacere a se stesso.

 

Quella lì insomma non era stata un palpatina veloce ma era stato un momento tutto loro. Un momento per darsi la possibilità di non dimenticare che per loro si trattava sempre di pelle e battiti.

Organi e sensazioni.

Solo così potevano farsi le ossa per affrontare tutti gli ostacoli che c’erano da affrontare.

 

Senza sapere ancora però, che c’erano cose o meglio persone che avrebbero minato quel loro rapporto e che neanche milioni di quei momenti tutti loro, li avrebbe resi invincibili.

 

Ma in quel momento Kurt e Blaine si godevano quello che avevano.

 

“Kurt? Credo che il mio collo resterà bloccato in questa posizione per tutta la vita” si lamentò Blaine senza smettere di giocare con i capelli dell’altro alla base del collo,

“e sarebbe così brutto?” domandò di rimando Kurt, facendo però per spostarsi da Blaine che per tutta risposta lo trattenne a sé, affondando il viso nei suoi capelli e respirando il suo profumo,

“non ho detto che dovevi muoverti” si giustificò soddisfatto sentendo il suono della risatina dolce di Kurt,

“tu hai il collo paralizzato, io ho il cambio conficcato nel fianco da così tanto tempo che sembra essere diventato parte del mio corpo” bofonchiò comunque Kurt aprendo finalmente gli occhi.

“non voglio lasciarti andare e far arrivare domani” sospirò Blaine alzandogli il mento con le punta delle dita per guardarlo negli occhi e potergli leggere dentro che sì, stavano provando la stessa cosa, con la stessa forza.

“arriverà comunque domani anche se non mi lasci andare” disse ovvio l’altro senza però dimenticare di dargli un casto bacio sul mento per rendere la verità un po’ più digeribile.

“ma almeno staresti ancora qui, con me. Solo io e te. Kurt e Blaine” .

“sto notando che il Blaine post orgasmo è ancora più smielato e bisognoso del solito. Cosa vorresti fare? Restare nella tua auto per sempre?” lo prese in giro Kurt, perché pensare sul serio a quello che c’era da considerare e vivere fuori da quell’abitacolo, in quel momento era difficile pure per lui.

“è un’idea così malsana? La mia macchina è spaziosa, Kurt. Potremmo andare dove vogliamo” disse con il tono di un bambino Blaine che fece divertire Kurt ma anche spostarlo sul suo sediolino per guardare come si deve l’altro negli occhi.

Si stava scherzando in quel momento, eppure sembrava che Blaine volesse sentirsi dire che sì, Kurt era pronto ad andare dovunque e comunque con lui.

E forse era così, era pronto. Lo voleva. Senza il forse.

Era sicuro. Sicuro di Blaine, sicuro di trovare casa in Blaine. Sempre.

Ma dirlo ad alta voce era fuori discussione.

Era tutto così complicato ed erano ancora all’interno della loro bolla di sapone, figuriamoci una volta usciti fuori.

“in questa macchina non entrerebbe nemmeno un quarto del mio armadio, Blaine” scelse di dire mentre si risistemava alla meglio i pantaloni,

“sei un ingenuo se credi che dovresti indossare vestiti per stare qui con me” rispose allora il professore con sorriso lascivo mentre attirava l’altro di nuovo verso di sé, ampiamente compiaciuto quando lo vide arrossire imbarazzato.

 

E fu in quel momento che sentirono uno strano rumore provenire da fuori.

Era un click, un lampione difettoso forse, o un cancello che veniva aperto.

Aveva sentito qualcosa, Kurt ne era sicuro eppure non vedeva niente li intorno, nessun movimento, non sentiva nessun altro rumore.

“sei paranoico” lo prese in giro Blaine, lasciando però che si allontanasse per sbirciare meglio fuori perché la prudenza non era mai troppa anche se loro non l’avevano avuta stando lì, fermi, per così tanto tempo e perché ormai la bolla era scoppiata e la realtà aveva fatto di nuovo capolino tra di loro.

 

“le vacanze sono ufficialmente finite” sentenziò Kurt guardandosi un’ultima volta nello specchietto dell’auto per assicurarsi che non ci fosse nessun segno visibile che avrebbe portato a dover dare spiegazioni e a mentire ad un Burt sempre sospetto, prima di andare via.

“baciami Kurt” mormorò Blaine con il capo appoggiato al sediolino e gli occhi chiusi, come se fosse già stato sconfitto, come se sapesse che quella richiesta non poteva essere soddisfatta,

non quando Kurt aveva già alzato la guardia e il loro momento era finito.

Infatti il bacio che era arrivato non era quello che aveva chiesto.

Non voleva un tocca e fuggi sulle labbra, così veloce da chiedersi se c’era stato davvero quel bacio o l’aveva solo immaginato.

 E Kurt aveva capito il corso dei pensieri di Blaine perché disse: “domani Blaine e resterò con la divisa dei cheerios” perché sapeva quanto bene quella divisa rossa gli fasciasse il sedere e quanto potere esercitava su Blaine che lo vedeva torturarsi il labbro inferiore ogni volta che entrava in classe o da Books&coffè con quei pantaloni.

“sei malefico Hummel” sospirò Blaine una volta ripresosi da quell’immagine invitante.

“lo so Mr. Anderson” lo salutò Kurt toccandogli il ginocchio e filando via prima che Blaine potesse anche solo pensare di fermarlo.

 

*

Kurt Hummel si sentiva agitato.

Non sapeva spiegarlo, ma si era svegliato con un nodo in gola ed anche eccitato, ma quello è capitato perché aveva sognato Blaine.

Un Blaine nudo e pronto a soddisfare ogni sua più oscena richiesta.

Se solo ripensava a quello che era successo in sogno, non sarebbe mai riuscito ad uscire dalla doccia e prepararsi per quel primo giorno di inferno al Mckinley high.

 

Ma Kurt restava comunque agitato.

Ricordate la storia del Karma nel quale lui credeva ciecamente?

Bene.

Dopo aver passato quelle settimane nella sua bolla di sapone con Blaine senza che nessuna catastrofe si abbattesse su di loro e intaccasse il loro precario ma ben voluto equilibrio, era come se Kurt si aspettasse che qualcosa di terribile gli si parasse di fronte.

 

Era sempre questione di legge causa-effetto. Legge fisica del Karma che sembrava seguire Kurt dalla tenera età e che era impossibile che proprio ora se ne fosse liberato.

 

“sei paranoico” poteva ancora sentire la voce di Blaine prenderlo in giro.

Ma le cose stavano andando fin troppo bene e come in ogni favola, film romantico, albo a fumetti per ragazze che si rispetti non può sempre essere tutto rose e fiori.

c’è sempre qualcosa che divide i due innamorati, c’è sempre qualcuno che rompe l’idillio creato con tanta pena.

Quindi chiamatelo pure paranoico, pazzo, pessimista e cazzone cronico.. ma Kurt era agitato e se non avesse sentito già il bisogno fisico di rivedere Blaine probabilmente non si sarebbe neanche disturbato ad uscire dal letto quella mattina ed affrontare i gironi dell’inferno del Mckinley.

 

La vibrazione del suo cellulare gli avvisava l’arrivo di un messaggio.

Da Blaine (7:22)

- credo che sia impossibile vederci nella mia classe prima delle lezioni, la riunione sarà lunga e dolorosa. Se però passi al Lima Bean prima di arrivare al Mckilney troverai il tuo caffè. Buon rientro a scuola Cheerio! B. -

 

eccola lì.

La doccia fredda che Kurt aspettava di ricevere.

Era tutto conducibile al Karma, lui lo sapeva e sperava sinceramente che quell’evento sarebbe stato il primo e l’ultimo di quel giorno che si era prospettato non essere buono.

 

La sua agitazione però non si placava.

A Blaine (7:24)

-è ancora valido il tuo invito a restare chiusi nella tua macchina e andare dove vogliamo? Perché vorrei garbatamente accettare. Porto con me solo il mio beauty case e la divisa da cheerio, ovvio. E grazie per la mia dose giornaliera di caffè, Mr. Anderson, ne sono ormai dipendente - 

inviò veloce il messaggio e non fece neanche in tempo a gettare il cellulare sul letto per guardarsi allo specchio e lisciarsi la divisa sui fianchi, quando questo prese a vibrare insistentemente.

 

Blaine lo stava chiamando.

 

“cosa c’è?”  domandò incerto, perché era convinto che fosse già a scuola, in riunione.

“Buongiorno Blaine, come stai? Dormito bene? Buongiorno raggio di sole, ho dormito una meraviglia e tu? È sempre un piacere parlare con te di primo mattino” sentenziò lui pimpante, come se quello fosse il giorno più bello della sua vita.

“caffè, Blaine, non ho ancora avuto il mio caffè.. scusa se non riesco ad essere una brezza marina appena sveglio e pronto ad entrare nel regno degli inferi che è il Mckinley” borbottò lui, mentre infilava il suo outfit di ricambio nella borsa.

“è tutto okay? Il tuo messaggio è stato-” Blaine si era bloccato per sospirare e Kurt poteva immaginarlo mentre si passava una mano alla base dei capelli trattenuti dal gel, gesto che faceva quando era a disagio o stressato, “non vorrei sembrare un pazzo che cripta messaggi nascosti dove non ci sono. Ma so che mi chiami Mr. Anderson solo quando sei agitato e ieri sera è così che mi hai salutato e-”

questa volta a fermare il fiume di parole che uscivano fuori veloci e affannate era stato Kurt che non poteva credere che Blaine fosse reale.

 

E fanculo il Karma, forse aveva già pagato a sufficienza tutte le brutte azioni della vita precedente.

O forse no, ma questo Kurt lo avrebbe scoperto da lì a qualche ora.

“mr. Anderson? Respira! Ci vediamo alla sua lezione, io sarò quello con la divisa dei cheerios, seduto al primo banco. Okay?” disse civettuolo, per fargli capire che il suo chiamarlo col nome da insegnante era solo un gioco di ruolo che voleva interpretare per alleggerire una situazione che altrimenti sarebbe stata troppo asfissiante.

“Dio Kurt, mi vuoi uccidere o cosa?” piagnucolò Blaine dall’altro lato del telefono, 

“torna a lavoro Blaine. Io sto bene. Stiamo bene” disse Kurt col cuore già più leggero e la bocca dello stomaco in subbuglio per un agitazione che non c’entrava niente con il Karma e la legge causa-effetto.

Era semplicemente l’effetto che gli faceva Blaine. 

Sempre.

Aveva il potere di calmargli la testa e scombinargli il cuore.

Mettere in ordine i pensieri e scombussolargli le emozioni.

“stiamo bene” rispose Blaine prima di riattaccare.

 

*

Zack di Maggio era uno stronzo.

Lui lo sapeva, tutti lo sapevano.

Era stronzo e pure un po’ coglione e amava affrontare sfide e vincerle.

O almeno amava le sfide concepite da lui con le sue regole e con i suoi pedoni.

Adorava andare a caccia e quel giorno ne avrebbe cominciata una e la preda prediletta era Kurt Hummel.

 

Sinceramente Kurt non era neanche il suo prototipo di ragazzo. 

Era bello, questo non si poteva negare, ma se avesse potuto scegliere, Hummel non sarebbe stata la sua prima opzione, aveva un aspetto troppo delicato per i suoi gusti.

Ma questo era quello che gli offriva Lima, se non si contava chi come lui giocava ancora nascosto nell’armadio o nuovi e giovani insegnanti giunti in città quest’anno.. ed era estremamente elettrizzato dal fatto che Kurt la sera prima aveva reso la caccia più interessante.

 

Perché alla fine un Blaine nella vita del ragazzo c’era e si trattava proprio del nuovo giovane professore e direttore del così tanto coinvolgente glee.

E questo aveva reso Hummel cento volte più desiderabile.

 

E Zack si trovava in un periodo della sua vita in cui non aveva niente da perdere e cercava qualcosa da guadagnare.

Avrebbe guadagnato il rispetto e il culo di Kurt.

Non se la stava passando bene. Odiava tutto quello che aveva intorno.

Odiava i suoi genitori, la sua casa, la sua divisa, i suoi falsi amici, odiava il football e le domande ai college.

Ma non odiava Kurt, odiava di non essere stata la sua prima scelta, questo era sicuro.

Odiava che Kurt lo aveva trattato come di solito trattava lui gli altri: come una pezza da piedi e non era una bella sensazione.

Soprattutto diventava spiacevole, quando sembrava che tutti si sentissero in diritto di poterlo trattare in quella maniera, da un po’ di tempo a quella parte.


Lui era Zack di Maggio e che Dio se ne scampi se lui non avesse ottenuto ciò che voleva da Kurt, almeno da Kurt.

 

Ne aveva fatto il suo scopo.

Che la caccia abbia inizio.

 

“ci vediamo tra dieci minuti nel bagno del secondo piano” aveva mormorato all’orecchio di Kurt una volta raggiunto al tavolo della mensa dove stava pranzando insieme ai compagni del glee, facendo un cenno a Puckerman come per dirgli che era tutto sotto controllo e senza neanche preoccuparsi che nessuno lo avesse sentito.

Si sentiva potente, come non si sentiva da parecchio.

“tra dieci milioni di anni magari” aveva ribattuto acido Kurt alzando gli occhi al cielo pronto a prendersela col karma e pregando che quella giornata fosse finita presto,

“fa’ come ti dico o mr. Anderson non ne sarà molto contento” aveva detto allora già voltato di spalle come per andarsene, in un tono di voce tranquillo e rilassato e dove tutti potevano sentirlo.

 

Avrebbe condotto la sua preda nella sua trappola. Lo sapeva, per questo non si era neanche fermato a controllare la reazione dell’altro ma se n’era andato con un sorrisetto sghembo sul viso e un cenno   col capo verso Karofsky che come al solito non si perdeva una sua mossa.

 

Era tutto così eccitante.

*

Era tutto così maledettamente spaventoso.

 

Kurt era allibito, era frastornato, era orribilato

Kurt si sentiva sprofondare giù, sempre più giù.

 

Avrebbe voluto rincorrere quel dannato bastardo e chiedergli di cosa stesse parlando, di ripetergli cosa avesse detto perché magari aveva sentito male.

 

Ma era paralizzato, col fiato corto come se avesse corso per ore senza tregua e sentiva il cuore pulsargli nelle orecchie.

 

Doveva esserci una spiegazione.

Zack è uno stronzo la maggior parte del tempo ed è un prepotente pomposo, per non dire bastardo approfittacazzi come era solito chiamarlo Sebastian, ma non poteva fare ciò che Kurt pensava gli avrebbe fatto da lì a pochi minuti.

 

Zack lo aveva aiutato quando non era tenuto a farlo nello spogliatoio con Karofsky e aveva messo su quel teatrino insieme a Puck per scortarlo per tutta la scuola e aveva addirittura avvisato sempre Puck in tempo a quella festa..

era uno stronzo, ma non cattivo, giusto?

Potevano parlarne, potevano chiarire tutti i punti che c’erano da chiarire.

Potevano farlo in maniera adulta e amichevole.

 

Sì, Kurt si aggrappava a quella piccola effimera speranza come se fosse la sua ancora di salvezza, come se potesse morire lasciandola andare.

 

Doveva correre in quel maledetto bagno e fare luce su tutta la situazione. Così raccattò tutte le sue cose, mise la borsa in spalla e corse fuori da lì, senza badare Mercedes che lo chiamava frastornata e Puckerman che cercasse di capire dove fosse diretto.

Non badò nemmeno ai Titans che gli intimarono di non sculettare troppo che faceva ribrezzo, doveva arrivare da Zack.

 

“finalmente lady Hummel, ti aspettavo” lo salutò il giocatore, senza spostarsi dal lavandino su cui era seduto con i piedi penzoloni e lo sguardo di chi la sapeva lunga.

“cosa vuoi?” non era quello che avrebbe voluto chiedergli Kurt, avrebbe voluto scuoterlo per le spalle e urlargli in faccia di dirgli cosa sapeva e di dimenticarlo subito dopo.

Avrebbe voluto avere quella forza bruta e sbatterlo a muro come molte volte avevano fatto con lui e minacciarlo di fargli davvero male se non avesse avuto la bocca chiusa.

Avrebbe voluto piangere e pregarlo di non fare casini, che quello non era un gioco e che avrebbe finito col ferire più persone di quante ne potesse immaginare.

Avrebbe voluto fare tutte quelle cose e altre ancora ma invece cercò di simulare una fermezza che non aveva e farsi avanti guardando l’altro dritto negli occhi.

“stavamo proprio qui quando mi dicesti.. com’è che era? Ah si: non c’è nessun altro, siamo io e te ad essere sbagliati, qui si parla di me che non voglio stare con te” sospirò teatrale Zack riprendendo veloce il discorso però, “ti avevo chiesto di essere sincero, Kurt. Ricordi? Ti avevo chiesto se non volessi stare con me perché ci fosse un altro.. un certo Blaine. Lo ricordi, vero? Certo che lo ricordi”

era in piedi ora, Zack e avanzava lento verso di lui.

Un passo avanti di Zack era un passo indietro di Kurt perché si sentiva soffocare, si sentiva in trappola e voleva solo scappare. 

Ma non poteva, per Blaine.

Doveva restare e combattere se non per loro, per Blaine soltanto.

 

“sono stato sincero quella volta, sono sempre sincero. Posso essere impegnato, sposato, vedovo. Il punto è che solo o in compagnia io non voglio stare con te. Non vorrei mai stare con te, con uno come te.”

“così mi ferisci Kurt e mi credi stupido pure” un passo indietro questa volta, ma solo per indicare un punto dietro di lui prima di sorridere beffardo.

Sembrava provare piacere. Piacere fisico nel trovarsi in quella situazione, con il coltello dalla parte del manico.

“lì, proprio lì seduto a cavalcioni su di me ti dimenavi e gemevi come una fata. Era proprio lì che mi toccavi e lo volevi e lo chiedevi pure. Ricordi? Come puoi dimenticarlo, vero Kurt?”

e lo ricordava Kurt, ma non per le ragioni che credeva l’altro.

Lo ricordava come uno sbaglio che se avesse potuto non avrebbe rifatto.

Lo ricordava come una distrazione che stava cercando e che non era servito a dimenticare un bel niente.

Come poteva dimenticare quegli occhi e quel sorriso, infondo?

Come poteva anche solo pensare di mettere da parte Blaine?

“ricordo che volevo provarci a prendermi un qualcosa che pensavo qualcun altro non potesse darmi” disse schietto Kurt, perché era inutile nasconderlo.

“quindi stai ammettendo che c’è qualcun altro”

“sto dicendo che ti stavo usando e non era giusto”

“però mi volevi”

“non volevo te, volevo solo che qualcuno volesse me”

“e ci sei riuscito. Con me e con Mr. Anderson. Devo farti i complimenti”

Kurt avrebbe voluto strapparsi i capelli e tirargli un ceffone in pieno viso all’altro e invece restò lì impalato, inerme.. affinché la sua testa riuscisse a formulare la soluzione migliore per evitare che uno stupido gioco di un ragazzino annoiato potesse costare troppe cose al suo Blaine.

“è la tua parola contro la mia, lo sai questo vero?” domandò alla fine Kurt cercando di suonare il più freddo possibile, quasi come se tutto quello non lo toccasse.

“è la tua parola sì ma contro i miei fatti. Prove direi.”
“prove?” Kurt allora senza nemmeno accorgersene si era avvicinato a Zack e questo prontamente gli aveva allungato il suo cellulare

“prove. Scorri avanti Hummel, ce ne sono tante. Tutte diverse. Tutte belle scottanti”.

Fotografie.

Immagini di Kurt e Blaine nell’auto di lui la sera prima.

Foto di loro che si baciavano, che si toccavano, che si sorridevano.

Faceva scorrere le immagini e intanto cercava un modo per far uscire quanto meno Blaine indenne da quella situazione.

“sento le tue rotelle lavorare da qui. Rilassati Kurt” mormorò Zack accarezzandogli un braccio fintamente dolce, come se volesse davvero dargli conforto ad un dolore che aveva creato lui stesso.

“e non provare nemmeno a cancellarle.. le ho stampate, salvate, criptate. Ho fatto tutto quello che potevo fare per evitare che queste foto vadano perdute. Ho pure pensato di esporle in una galleria. Chi lo avrebbe mai detto che avessi un talento per la fotografia? Sarà che i soggetti mi hanno ispirato, non trovi anche tu, Kurt?”

 

quella era la conferma: Zack di Maggio era un brutto bastardo approfittacazzi.

Era un lurido stronzo che si divertiva a rendere la vita degli altri, la sua, un inferno senza via di fuga.

 

E Kurt voleva solo poter scappare.

Chiudere gli occhi e sparire e nascondersi dal mondo e trovare rifugio tra le braccia di Blaine. 

No!

Blaine!

 

“non toccarmi e arriviamo subito al punto in cui mi dici cosa vuoi per evitare che queste foto non escano da qui” mormorò già sconfitto Kurt, perché sapeva che quello, qualsiasi cosa gli avesse chiesto Zack, non sarebbe durato.

Aveva imparato a sue spese, che le bugie hanno le gambe corte e che più prima che poi la verità veniva a galla.

Aveva imparato e lo stava ancora facendo che la vita ti mette davanti a delle scelte e che tu non puoi fingere di non vederle e andare avanti.

Aveva imparato, in maniera veloce e tempestiva che doveva combattere e non per lui.

Doveva combattere per Blaine. 

Sentiva il bisogno, addirittura doloroso di proteggerlo.

 

“tutto quello che voglio è.. una possibilità” aveva detto allora Zack con un alzata di spalle “la possibilità che mi hai negato due mesi fa”

“che vuoi dire?” Kurt era spaesato e sempre più in guardia, “spiegati meglio, vuoi che io ti dia una possibilità per fare cosa? Farti conoscere? Stare con me? Essere amici? Cosa vuoi da me, Zack?”

“si, si e si. Tranne l’essere amici ora che ci penso.. altrimenti non potrei entrarti nei pantaloni o forse si.” si grattava il mento con finto fare pensieroso prima di posare il suo sguardo di sfida su Kurt che ancora una volta era indietreggiato per poi accovacciarsi a terra, con i gomiti sulle ginocchia e il peso del mondo sulle spalle.

“non entrerai mai nei miei pantaloni” sbottò, perché quella era la verità nuda e cruda.

“posso provare a conoscerti meglio, posso provare ad ascoltarti e accettare di vederti per un caffè o per un compito, posso provare a capire cosa ti passa per la testa. Ma non potrò mai e poi mai lasciare che accada quello che stavi facendo accadere fuori dallo Scandals quando io non ero in grado nemmeno di aprire gli occhi” Zack sembrò pesare bene quelle parole ascoltate e le sue che doveva ancora esprimere, poi si calò all’altezza dell’altro senza eliminare mai dalla sua meschina faccia il sorrisetto sghembo che Kurt sarebbe stato ben lieto di strappare con le unghie,

“forse hai ragione quando dici che devo essere chiaro, Lady Hummel. Non voglio che tu ci provi io voglio che tu decida ora e subito di darmi la possibilità, una vera e focosa possibilità di continuare a fare quello che stavamo facendo lì, in quel cubicolo. Voglio che ti dimentichi del professorino nuovo e che scegli di divertirtela con me. Sono annoiato Kurt, se non si fosse ancora capito”

“tutto questo non ha senso Zack. Senti, perché non la finiamo qua. Facciamo che ti accompagno allo Scandals una di queste sere, ti aiuto a trovare qualcuno più ben disposto di me a giocare con te e fingiamo che non sia successo niente? Mh? Cosa te ne pare?”
la risata sguaiata di Zack gli fece ribollire il sangue nelle vene, era pronto a saltargli alla gola.

“oh che dolce che sei, Kurt. Pensi che da solo non riesca ad accalappiarmi nessuno per una scopata sporca? No, tesoro. Io voglio te. Sei diventato così desiderabile da quando hai cominciato a fare il prezioso e sei arrivato a diventare così allettante da quando ho visto con chi hai pensato di sostituirmi. Non riesco a non accettare la sfida quando mi si presenta una davanti. Lo capisci?”

“se dicessi che sei solo un povero illuso?”

“se dicessi che se non troviamo una soluzione entro..” si fermò per controllare il suo orologio al polso e sorridere beffardo, “dieci minuti, le mie foto artistiche saranno inviate a tutto il corpo studentesco del Mckinley dato che ho impostato l’invio automatico sul mio portatile?”

 

si sa cosa succede con gli animali messi in trappola, affinano l’istinto e cercano una via d’uscita.

Cercano la salvezza e affilano le unghie e tirano fuori i denti pronti alla rincorsa e a colpire tutti quelli che gli si parano davanti senza distinzioni,

Kurt era un animale in gabbia in quel momento ed era mosso dall’istinto più feroce , così balzò in piedi e più veloce dei suoi stessi pensieri tirò uno schiaffo in pieno viso a Zack che registrò il colpo, come se fosse nato per prenderle e non fece altro.

Il suo sorriso ancora intatto sul viso.

“sapevo che dietro il tuo visino d’angelo si nascondeva una tigre”

“mi stai minacciando”
“cosa pensavi che avessi fatto con quelle foto? Te le avrei incorniciate e date come regalo posticipato di Natale?!” sbottò rosso in viso Zack perché sinceramente ci stava mettendo più tempo del previsto e perché quello schiaffo non l’aveva preventivato.
“anch’io potrei dire a tutti che sei gay qui a scuola. Anche io potrei fare arrivare voce a tutto il Mckinley”

“sarebbe per davvero la tua parola contro la mia, Hummel. E poi io non ho niente da perdere qui, tra qualche mese Lima sarà solo un fottuto posto molto lontano da me, a cui non dovrò più fare ritorno. Ma invece cosa ne sarà del tuo professorino, se uscisse fuori la vostra malata relazione? Mh?” erano arrivati ad essere distanti uno ad un palmo dall’altro.

Kurt sentiva il fiato di Zack sul suo viso e sapeva che l’altro poteva sentire i battiti accelerati del suo cuore.

 

Quella era la fine.

Kurt avrebbe potuto rischiare, avrebbe potuto dire che non si sarebbe piegato a quel giochetto e che se fosse affondato lui, sarebbe affondato anche Zack.

Ma Blaine?

Non poteva rischiare di ferire Blaine nel processo.

Non poteva che lui affondasse insieme a loro.

 

“sei un subdolo, malato bastardo” ringhiò Kurt,

“lascia il professore e poi torna qui, da me. Ti farò dimenticare persino il suo nome e il tuo” disse Zack sfiorandogli il labbro inferiore con le dita sudaticce tipiche di chi è troppo eccitato.

 

Se fosse stato un fumetto in quel momento Kurt avrebbe visto letteralmente il pavimento sgretolarsi sotto ai piedi.

Non aveva neanche sfiorato l’idea di dover lasciar Blaine, non pensava che sarebbe stata una richiesta esplicita di Zack.

Come poteva essere stato così ingenuo non lo sapeva, forse credeva nel buon senso dell’altro, forse non aveva ancora realizzato quanto potesse essere spropositata la cattiveria di una persona.

Forse non aveva voluto pensarci, per non soccombere.

 

“c-cosa?” balbettò alla ricerca di fiato e parole mentre si massaggiava la mano indolenzita.

“tic-toc Kurt. Il tempo scorre, le email sono pronte per essere spedite”

“non posso farlo!”

“come scusa?”
“non subito intendo. Non mi crederebbe se ora andassi da lui e lo lasciassi. Neanche mezz’ora fa stavamo pianificando un viaggio in macchina ed ora lo lascio? Penserebbe che- non funzionerebbe. Non me lo lascerebbe fare”

Kurt era consapevole del fatto che doveva pensare in fretta ed agire ancora più veloce ma sembrava non riuscire a mettere insieme due pensieri coerenti.

Era come se non fosse in grado di elaborare quello che era appena successo.

“hai tempo due giorni, oggi e domani Hummel. Se mercoledì mattina non ti troverò qui al suono della campanella, già sai cosa succederà.” 

Kurt annuì, ma non lasciò andare via Zack così facilmente, era ancora un animale in trappola dopotutto,

“lascerò Blaine e tu non cercherai di metterlo nei guai, fino a quando io gli starò lontano. Questo devi prometterlo Zack. Me lo devi” l’altro guardava la mano di Kurt che teneva il suo braccio troppo stretto e annuì serio, senza l’ombra del sorriso sghembo di cui faceva sfoggio fino a poco prima,

“ho bisogno di sentirtelo dire” insisteva Kurt, perché non poteva lasciare quella questione al caso,

“promessa fatta fatina”

“bene” si guardarono negli occhi, sguardi di fuoco e collera.

Erano ostinati entrambi. Zack sicuro di ottenere ciò che voleva, Kurt convinto di non dargliela del tutto vinta.

“un ultima cosa Zack, puoi tenermi lontano da Blaine, puoi giocare a fare il burattinaio quanto vuoi, ma io non potrò mai e poi mai anche solo pensare di farmi toccare da te come è successo l’ultima volta in quel cubicolo. Non succederà mai per mia volontà, Zack. Al cuore, come al mio uccello non si comanda e credimi il mio non potrà mai essere interessato ad uno come te.”  disse con una spavalderia ed una sicurezza che Kurt era sicuro riuscire a mantenere per un solo altro istante, lasciando andare il braccio del giocatore come se quel contatto lo bruciasse.

“così rendi tutto ancora più allettante. Sapevo che non saresti stato una preda facile. Ma sei fatto di carne anche tu Hummel. E si sa la carne è debole.. ed io come ho già ripetuto fin troppe volte e tu tendi sempre a dimenticare: Zack di Maggio ottiene sempre ciò che vuole.”  un occhiolino ed un bacio mandato nella sua direzione e Kurt fu lasciato solo a realizzare ciò che era appena successo.

 

*

Promesse fatte in un momento e che credi siano eterne.

Quante promesse si erano fatti lui e Blaine?

Troppe a dire il vero se si conta il tempo che sono stati insieme.

Ma erano tutte promesse che Kurt pensava di poter mantenere solo perché voleva, solo perché era il cuore a parlare.

Solo perché aveva stilato una lista dei pro e dei contro ma non aveva mai creduto sul serio di dover fare i conti con quei contro.

 

La promessa di non lasciargli la mano, mai, lungo tutto il loro percorso.

La promessa di un caffè ogni giorno per tutti i giorni che verranno.

La promessa di essere sempre sincero.

La promessa di non lasciarsi mai.

 

Sembravano così facili da mantenere fino a qualche ora prima, adesso invece sapeva che avrebbe dovuto infrangerle tutte.

 

E non poteva permettersi nemmeno il lusso di piangere.

Non poteva perché altrimenti non sarebbe più riuscito a smettere.

Era distrutto, devastato e non per quello che stava subendo lui e non per la sofferenza che gli era stata recata, ma per quello che avrebbe dovuto far subire a Blaine.

 

Era annientato, straziato al solo pensiero di vedere gli occhi confusi e amareggiati di Blaine.

Si sentiva un verme per non essere stato all’altezza.

Si sentiva un cretino per aver creduto che ce l’avrebbero fatta.

Si sentiva una nullità per costringersi e costringere l’altro a stare separati.

 

Ricordava che durante la festa del ringraziamento a casa di Blaine, prima che tutto cominciasse per davvero, aveva pensato che l’amore o quello che almeno lontanamente si avvicina all’amore è una scommessa.

E lui l’aveva persa.

Aveva scommesso puntando tutto su di loro e aveva perso tutto, perché il Karma a volte è una puttana e non chiede il permesso prima di fotterti.

 

Non sapeva quanto tempo fosse passato prima di lasciare quel bagno, non sapeva nemmeno se era ancora in tempo per la lezione di Blaine, non che fosse mai riuscito ad entrare in quella classe, così com’era messo.

Kurt aveva bisogno di tempo, che non aveva, per fare ordine e capire come procedere senza affondare il mondo di Blaine insieme al suo.

 

Quella era la sua priorità: tenersi a galla fino a quando non si fosse assicurato che Blaine non fosse affogato insieme a lui o peggio per lui, poi sarebbe pure potuto andare alla deriva. Non gli importava niente.

Non gli importava delle pretese di Zack, non gli importava della sua sanità mentale, non gli importava del suo cuore fatto a pezzi.

Tutto quello che poteva e doveva e riusciva a pensare era salvaguardare Blaine.

 

Sinceramente Kurt non avrebbe mai saputo dire come fosse arrivato da Books&coffe, erano stati gesti meccanici per fuggire da quelle mura e dalla presenza di Blaine che era troppo vicina per non sentirla soffocante.

 

“Kurt? Che ci fai qua a quest’ora? Non dovresti essere a scuola?” era Santana, Kurt aveva riconosciuto la voce, eppure non riusciva ad alzare lo sguardo su di lei e figuriamoci ad aprire bocca.

“Hummel? Sembri catatonico? Sei sveglio? Il tuo cellulare sta vibrando da quando sei entrato” continuava l’ispanica agitandogli tutte e due le mani davanti la faccia,

“e che cavolo Kurt! Che hai?!” ora lo stava proprio scuotendo lei e lui si riprese in tempo per dirle: “allenamenti dei cheerios. Portami un caffè”

“un caffè?”

“un caffè” ribattè lui prendendo il cellulare e aprendo i messaggi di Blaine, senza notare lo sguardo preoccupato dell’amica

 

Da Blaine (13:05)

- non fare troppo tardi o devo per forza metterti una nota per il ritardo, cheerio! -

 

Da Blaine (13:15)

- kurt, dove sei?-

 

Da Blaine (13:20)

- cosa è successo? c’entrano i giocatori di football?-

 

Da Blaine (14:02)

- ti sto cercando per tutta la scuola Kurt. Che fine hai fatto?-

 

Da Blaine (14:08)

- stai pure saltando gli allenamenti. -

 

Da Blaine (14:30)

- perché non rispondi alle mie chiamate? In segreteria mi dicono che non hai ricevuto nessuna telefonata. I ragazzi del glee non ti vedono dall’ora di pranzo ed io ho un’altra lezione ancora da fare. Dimmi almeno che stai bene, Kurt!-

 

Kurt a quel punto mandò indietro le lacrime che stavano minacciando di nuovo di scendere, staccò l’ennesima chiamata di Blaine e decise di inviargli un messaggio.

 

Da Kurt (15:41) 

- avevo bisogno di prendere un po’ d’aria e vedere una faccia amica. sono da San-

 

Da Blaine (15:43)

- vuoi che ti raggiunga lì? Vuoi aspettarmi a casa? c’è già Bas. Che succede Kurt?-

 

Da Kurt (15:46)

- ti aspetto qui-

 

Sapeva che Blaine non avrebbe insistito perché sapeva che non avrebbe cavato un ragno dal buco per messaggi e poi perché odiava parlare tramite quelli.

Lui aveva bisogno di vedere ogni minima reazione degli occhi di Kurt o quanto meno aveva la necessità di sentire ogni vibrazione della voce.

 

Se Kurt non fosse in uno stato mentale molto alterato avrebbe sorriso dolcemente a quel pensiero di Blaine e all’immagine di lui che si stava formando nella sua testa.

Poteva vederlo come se fosse lì davanti a lui, torturarsi il labbro e giocare col papillon mentre pensa e ripensa a cosa potrebbe essere successo.

 

E Kurt avrebbe dato tutto quello che aveva per potergli dire “è tutto okay, Blaine. Stiamo bene”.

Ma non stavano bene.

Non sarebbero mai stati più bene insieme.

 

“Kurt, tesoro. Vuoi parlarmene?” Santana gli si era seduta di fronte con un caffè che persino dall’odore non invitava a farsi bere e lo stava guardando con degli occhi troppo dolci per essere rivolti a lui,

“ti ricordi del piccolo principe San?”

“per piacere non ricominciare Hummel”

“abbiamo sempre pensato a come potessero sentirsi la volpe e la rosa. Ma perché nessuno si chiede mai quali siano stati i reali sentimenti del principe che l’hanno spinto a lasciarle? Perché si da per scontato che per lui sia stato facile? Perché si pensa che-” Santana non lo lasciò finire che gli prese entrambe le mani tra le sue e chiudendo gli occhi sospirò, perché non si stava parlando del libro e del piccolo principe e non si stava parlando nemmeno di lei, ma le analogie erano troppe per fingere  che fosse tutto okay.

“ti ricordi che ti dissi che era uno stronzo? Parlo del piccolo principe, ovviamente. Beh, non l’ho mai pensato sul serio però. Lui avrà avuto le sue ragioni, che siano state giuste o sbagliate per gli altri non importa. Quello che importa è che la volpe e la rosa lo abbiano capito e accettato. E che il principe non se ne sia mai pentito. Sai, la mia Brittany prese la decisione di lasciarmi andare per proteggermi, per permettermi di preservarmi solo i ricordi migliori, quelli belli. E non so se potrò mai perdonarla per questo, ma ora la capisco sai? Io avrei fatto lo stesso con lei. Avrei preferito sapere che mi odiasse piuttosto che vederla soffrire della mia sofferenza.”

Kurt tirò su col naso prima di sporgersi e abbracciarla forte perché lei poteva capire, perché lei pure se non lo avesse fatto, capirlo, non lo avrebbe giudicato.

Con Santana poteva essere libero di spezzarsi senza preoccuparsi che l’altra si spezzasse con lui.

Non sentiva l’esigenza di essere forte in sua presenza ed era quasi liberatorio mettere via quella maschera di compostezza per il tempo di quell’abbraccio.

“non vuoi parlarmene quindi” mormorò lei nel suo orecchio,

“ho sbagliato molte cose Tana e sarà dura e deluderò così tante persone, che solo a pensarci potrei piangere fino a morirne. Ma tu ci sarai comunque, vero? Per me?”

“fino a quando lo vorrai” e quella era la risposta che voleva sentirsi dire, e poteva bastargli per ora.


*

Blaine non era tranquillo, non avrebbe mai potuto esserlo quando si trattava di Kurt.

Non aveva mai saltato una lezione, figuriamoci la sua poi ed era sicuro che non avrebbe mai fatto innervosire la Sylvester di sua spontanea volontà.

Era successo qualcosa e Blaine sentiva lo stomaco accartocciarsi come se fosse fatto di carta al pensiero.

“Dio Killer devi rilassarti” poteva sentire Sebastian schernirlo mentre si sedeva nella sua auto pronto a raggiungere Kurt e voleva davvero tanto riuscire a rilassarsi, ma sapeva che fino a quando non avesse visto Kurt con i suoi occhi stare bene, non ci sarebbe riuscito.

 

Era normale essere così affetto da ciò che capitava all’altro? Era sano?

A Blaine non importava, non sapeva nemmeno perché stava facendosi quella domanda.

Doveva correre da Kurt.

 

“Kurt?” quella era la prima volta da quando era cominciato “tutto” tra di loro che Blaine entrasse in quel caffè e senza controllare a destra e a manca che non ci fosse nessuno di sospetto a guardarli, corse da lui, prendendogli le mani e scandagliandolo da testa a piedi per accertarsi che stesse bene.

Fisicamente bene, almeno.

“che fai?!” fu la reazione di Kurt allarmata, molto più allarmata di quanto potesse aspettarsi Blaine vedendolo sottrarsi alla usa stretta e sistemarsi un po' più lontano sul divanetto.

Non l’aveva guardato negli occhi.

 

Era mai successo che Kurt avesse volutamente evitato di incontrare il suo sguardo? Blaine era sicuro di no.

 

“allora, come stai?” domandò alla fine continuando a scrutare l’altro ragazzo, incerto su come dovesse prenderlo e completamente allo scuro di cosa gli prendesse.

E Kurt, dal canto suo, se tutto quello non fosse il suo più grande incubo che stava vivendo per davvero, avrebbe riso di cuore perché quella domanda con quel cipiglio Blaine gliel’aveva già rivolta una volta.

Il primo giorno di scuola lo trattenne nella sua classe dopo le lezioni e Kurt ricordava di avergli detto: “me lo stai chiedendo come mio insegnante?” e quindi fu quello che disse anche questa volta,  alzando finalmente lo sguardo, per incatenare ed incantare i loro occhi insieme.

 

Blaine a quella frase aveva sorriso però, sincero.. perché anche lui aveva ricordato,

“mi risponderesti in maniera diversa se ti dicessi di no?” chiese proprio come quel giorno, “no sul serio Kurt, dovrebbe  chiedertelo il tuo insegnante? Cosa succede? Sei- non lo so. Diverso?” aveva continuato Blaine lasciando perdere i ricordi e concentrandosi sul ragazzo che sembrava aver vissuto giorni migliori.

 

A quel punto Kurt si sforzò di mettere su un sorriso, seppur flebile e contò fino a dieci prima di alzare gli occhi al cielo, “diverso? Ho solo bevuto il caffè della casa che mi ha portato Santana. Mi starò trasformando in un mostro?” scherzò e forse era molto più bravo di quanto credesse a nascondere ciò che realmente provava perché notò come le spalle di Blaine fino ad allora contratte, si rilassarono all’istante,

“quanto è stata brutta la tua giornata per convincerti a bere quella brodaglia?”
“che oltretutto dovrò pure pagare” non era un granché come uscita, ma sperava sinceramente che bastasse per non rispondere alla vera domanda di Blaine.

 

Quella che aveva vissuto non era stata semplicemente una brutta giornata, no.

Dire “brutta” è riduttivo, quasi offensivo per i cambiamenti significanti che avrebbe portato nella vita di Kurt.

Quella era stata una giornata catastrofica.

Di merda.

Una giornata da non augurare nemmeno al più infame dei nemici, tranne Zack. A lui augurava di rivivere una giornata di merda, in eterno. Addormentarsi e risvegliarsi sempre e soltanto in quella suddetta giornata schifosa fino a che non fosse impazzito.

Un inferno in terra.

Aveva vissuto una giornata che avrebbe volentieri cancellato dalla sua memoria e che nonostante tutto non avrebbe voluto finisse mai.

 

Il domani sarebbe stato peggio. Lo sapeva.

Ora stava solo preparando sé stesso e Blaine al domani.

 

“vogliamo andare da un’altra parte?” se lo sguardo di Blaine avesse potuto decodificare i pensieri contorti di Kurt a quel punto sarebbe stato del tutto un libro aperto per lui.

Era penetrante e spaventosamente protettivo.

Kurt sentì un brivido percorrergli lungo la schiena.

“io- no. Cioè si, ma devo vedermi con Kitty per l’allenamento dei cheerios che ho saltato oggi, tra un’ora”

“con kitty?”

“la cheerio, si. Tra due settimane abbiamo le regionali, Blaine”

“cip e ciop sono le chiavi del mio appartamento. Appena usciti da qui svoltate a sinistra, infondo alla strada girate a destra. È il numero 104” s’intromise Santana senza nemmeno chiedere scusa per aver origliato e gettando le chiavi tra loro due sul divanetto rosso.

Era preoccupata ok? 

Kurt si stava comportando peggio di una ragazzina col ciclo affetta di bipolarismo, dovevano concederle il diritto di preoccuparsi.

“grazie” mormorarono entrambi all’unisono senza farle notare che non era educato origliare le conversazioni altrui.

Blaine era come diviso in due. Una parte voleva chiedere a Kurt perché sentisse il bisogno di un posto così appartato per parlargli e una parte voleva solo arrivare in quel maledetto posto appartato per poterlo abbracciare così da prendersi e dare tutte le rassicurazioni di questo mondo.

 

*

 

Non fu difficile trovare l’appartamento di San e quindi non ci impiegarono troppo tempo per arrivarci.

Ci volle un po’ di tempo però per rompere il ghiaccio.

E quello tra di loro non c’era mai stato, nemmeno quando volevano convincersi che l’unico rapporto che avrebbero dovuto avere era quello tra alunno e insegnante e nulla più.

 

“Kurt. Dimmi cosa ti passa per la testa, perché così rischio d’impazzire” sbottò Blaine all’ennesimo giro di perlustrazione di Kurt nella piccola cucina dell’amica alla ricerca di cialde del caffè da poter preparare, pur di non fermarsi a guardare Blaine.

Era estenuante.

Sentiva gli occhi di Blaine puntati addosso mentre se ne stava appoggiato allo stipite della porta e lo seguiva con lo sguardo.

Sapeva che si stava frenando dall’avvicinarsi per lasciargli spazio senza però allontanarsi troppo. Blaine era fatto così, sempre attento ai bisogni di Kurt.

E come faceva a sapere i suoi bisogni sempre inespressi era un mistero, però.

“di che si tratta?” lo incalzò,

“ti ricordi la sera che ci siamo conosciuti? Sembra passato così tanto tempo. Mi chiedesti se avessi avuto la possibilità di viaggiare nel tempo dove avrei scelto di andare. Nel passato o nel futuro per poter cambiare le cose”

“avevi risposto che non ti piace barare”

“è così che ho detto si” disse Kurt lasciando perdere la ricerca delle cialde e appoggiandosi al bancone della cucina di schiena, proprio difronte a Blaine, “e tu mi dicesti che era un po’ ipocrita da parte mia, perché tutti almeno una volta nella vita hanno pensato di poter tornare indietro”

“Kurt ti prego, non farmi brancolare ancora nel buio, sto andando nel panico io qui” 

“si scusami. Non volevo farti andare nel panico. Non era mia intenzione. Volevo solo dirti che se potessi tornare indietro cambierei risposta. Ecco.” 

Blaine fece un passo avanti e un altro ancora e allungò una mano verso Kurt sospirando un po’ meno angosciato quando l’altro non esitò a stringergliela per attirarlo verso di sé.

“cambieresti solo risposta se potessi tornare indietro e nulla più, giusto? Guardami” Blaine con la mano libera gli sollevò il mento e fu un gesto dolce sì, ma anche pretenzioso.

Pretendeva l’assoluta sincerità degli occhi di Kurt.
“non ho detto questo”

“allora dillo”
“ci ho davvero pensato molto su questa storia del viaggiare nel tempo, Blaine. E se potessi tornerei indietro e andrei avanti almeno mille volte, ché per avere solo 18 anni sento di aver sbagliato già troppe volte”
“Kurt.” Blaine aveva poggiato la fronte sulla spalla dell’altro e aveva chiuso gli occhi, “io e te non siamo uno sbaglio. Qualsiasi cosa sia successa per farti anche solo pensare una cosa del genere- è- parlamene Kurt. Ci siamo già passati. Sapevamo e sappiamo ancora che non sarà facile, ma sappiamo pure che il gioco vale la candela. Anche per me oggi tornare alla realtà è stata dura. Ma il pensiero di poterti toccare e stringere e parlare come sto facendo in questo momento mi ha dato la forza di continuare la giornata. Perché alla fine quello che conta siamo io e te.”

a quel punto non sarebbe stato difficile, anzi sarebbe stato liberatorio dire a Blaine tutta la verità.

Poteva dirgli che erano stati scoperti, che Zack lo stava ricattando con delle loro foto.

Poteva dirgli che lui era pronto a fare qualsiasi cosa che l’altro avesse voluto.

Ma non lo fece.

Non disse la verità.

Non poteva permettere che Blaine facesse qualche pazzia o ancora peggio non poteva vedere Blaine allontanarsi da lui perché finalmente avrebbe capito che quel gioco, lui, non valeva la candela.

 

Era meglio, decisamente meglio allontanarsi lui da Blaine.

Per sua scelta e basta.

 

“sì è stato uno schifo tornare alla realtà, oggi” disse quindi attirando Blaine più stretto a sé e disegnare astratti ghirigori con le punte della dita sulla schiena dell’altro.

“questo che c’è tra noi è più reale di qualsiasi realtà potremmo vivere al di fuori. Lo sai vero?” Blaine non voleva cedere, non voleva demordere non fino a quando non avesse visto sparire tutti i dubbi dalle spalle incurvate di Kurt e dal suo cuore.

“Blaine? Basta parlare. Baciami” ordinò Kurt allontanandolo quel tanto che bastava per guardarlo nel occhi.

Quegli occhi che lo portavano sempre a casa e dove ora invece voleva solo perdercisi. 

 

La gente usa fantasticare sul primo bacio.

Immaginano come possa essere. Sognano il sapore, la passione.

Fantasticano su quando questo possa accadere e come.

Se sia romantico, affrettato, rubato.

Appena si capisce di avere interesse verso quella persona si pensa al bacio che potrebbe esserci. Il primo dei tanti.

La gente non pensa mai all’ultimo.

Chi mai potrebbe pensare ad avere l’ultimo bacio perfetto? Nessuno vuole immaginarlo, perché nessuno vuole credere che dopo l’ultimo non ce ne siano altri.

Nessuno innamorato può lontanamente pensare all’ultimo bacio.

 

Kurt invece fu costretto a immaginarselo, cercarlo, studiarlo e alla fine prenderselo il suo ultimo bacio.. con Blaine.

 

Quel bacio nacque come molti altri prima di quelli: fu attento, lento e dolce all’inizio.

Blaine aveva ancora la sua mano stretta in quella di Kurt e con l’altra la poggiò nell’incavo tra il collo e l’orecchio che sapeva essere il suo punto debole, lo attirò con decisione a sé e cominciò a lambire i contorni delle labbra di Kurt con la lingua in maniera lenta e sinuosa, nessuno dei due aveva fretta.

Kurt voleva e doveva prendersi tutto quello che Blaine era disposto a dargli in quel momento, perché gli era rimasto solo quello.. e voleva e doveva dare tutto quello che portava dentro, perché dopo non avrebbe potuto più farlo.

 

Entrambi per motivi diversi, stavano prendendo e dando tutto in quel bacio.

Stavano trasmettendosi tutto quello che a parole non sarebbero riusciti a trasmettere, non con la stessa forza ed efficacia.

 

Quando Kurt schiuse la bocca ed incontrò la lingua di Blaine gli stava dicendo grazie.

Quando Blaine strinse un po’ di più la presa sul collo di Kurt e approfondì il bacio sempre lentamente gli stava dicendo che era casa.

Quando entrambi si persero in quel bacio che non aveva niente di perfetto ma era loro, stavano dicendo che erano importanti.

 

Quando il bacio divenne più caotico e più sporco e le loro mani non erano più intrecciate ma erano alla ricerca di più contatto e più pelle si stavano dicendo che si volevano ovvio, ma anche che era questione di pelle e battiti.

Di organi e sensazioni.

 

“più vicino Blaine” sospirò Kurt nel suo orecchio mentre gli mordeva piano il mento,

“stringimi” mormorò Blaine tornando a riappropriarsi di quelle labbra che ormai erano rosse e gonfie per ricominciare da capo.

 

L'ultimo bacio, mia dolce bambina 
Brucia sul viso come gocce di limone 
L'eroico coraggio di un feroce addio 

potevano essere passati minuti come ore, ma Kurt non voleva smettere. 

Non poteva.

Ma doveva.

Prima o poi.

 

“non mi basterà mai” riuscì a mormorare col fiato grosso, appoggiando la fronte a quella di Blaine mentre gli cingeva le spalle con la braccia,

“non devi farti bastare niente. Sono qui, sempre” aveva risposto Blaine perché era vero e faceva male.

Il sorriso che gli aveva riservato faceva male,

il casto bacio sulla punta del naso faceva maledettamente male.

I suoi bellissimi occhi color del miele caldi e penetranti nei suoi facevano stra-maledettamente male.

 

“devo andare all’appuntamento”

“devi per forza?”

“è l’unico modo per evitare che la coach domani mi faccia fare 50 giri di campo”

“sono solo 50 giri di campo, infondo”

“ed io ho solo due gambe infondo, Blaine” alzò gli occhi al cielo e sorrise perché il sorriso di Blaine sarebbe sempre stato contagioso per lui.

“okay. Ci vediamo più tardi, cheerio? Credo che abbiamo ancora alcune cose di cui parlare, no?”
“no. Sarò davvero stanco”
“ma-”
“non stasera Blaine, domani. Rimandiamo a domani”
“kurt-” 

Blaine non ebbe la possibilità di replica perché Kurt si prese un altro ultimo bacio.

 

Un bacio come quelli dei film, che quando li guardi ti fanno sognare e ti fanno credere che l’amore basta, sempre.

Un bacio che ti fa drizzare le punte dei piedi e ti fa gemere di piacere quando ci ripensi.

Kurt si prese l’ennesimo ultimo bacio come Dio comanda perché non stava mentendo quando aveva detto che non gli sarebbe mai bastato.

 

“devo andare. Riporti tu le chiavi a Santana, vero?”
“no Kurt. Aspet-” 

era già andato via.

E Blaine sapeva che Kurt qualsiasi cosa aveva da dirgli, perché era sicuro che qualcosa c’era, lo avrebbe fatto solo con i suoi tempi, quindi era inutile insistere, seguirlo, fare scenate.

Doveva avere pazienza.

Ma era agitato.

In quei baci c’era una disperazione che Blaine non gli aveva mai sentito prima, c’era una presa di posizione che non riusciva a capire.

“cos’è successo, Kurt?” domandò alla casa vuota, mentre andava a recuperare il suo cappotto.

 

*

dire che Blaine era agitato non rendeva neanche vagamente l’idea di come stava davvero.

Era un unico fascio di nervi e ansia.

“vuole lasciarmi Bas. Non c’è altra spiegazione” stava dicendo senza nemmeno preoccuparsi di alzare lo sguardo dal cellulare che stava fissando aspettando una chiamata, un messaggio o un segno da Kurt, mentre percorreva lo stesso spazio del salotto quello vicino al divano, avanti e indietro come una trottola inferocita,
“non sapevo che il mio divano letto fosse un castello e che tutto intorno dovessimo farci un fossato” disse calmo l’amico mentre giocherellava con la matita che fino a poco tempo fa stava usando per buttare giù degli appunti,
“cosa?”

“stai facendo un fossato intorno al divano Anderson” gli fece notare allora Seb, ma questo non fermò né rallentò l’amico.

“lo sto perdendo Smythe!” urlò frustrato
“si lo stai perdendo Blaine! Il tuo cervello! Ma sei imbecille o cosa?”

“non capisci, ti ho detto che oggi lui- e quei baci erano-”
“oggi lui è scomparso e poi quando è ricomparso non ha fatto altro che risucchiarti la faccia. Ho ricevuto il messaggio la prima volta. Questa credo sia la decima che lo ripeti” Sebastian sentiva di star perdendo la pazienza e di certo Blaine non aiutava con lo sguardo da cane bastonato mentre guardava quel cellulare senza vita tra le mani,

“senti Killer, ecco come stanno le cose: anche se in questo momento ti stai comportando come un ragazzino rimbecillito, tra i due sei tu l’adulto che ha più esperienza di lui in relazioni e sesso. Molto probabilmente non sa come dirti che vuole entrarti nei pantaloni perché ha gli ormoni impazziti senza sentirsi troppo un ragazzino. Dato che da come hai detto tu, oggi ti ha consumato le labbra e tu non ne hai approfittato per consumargli il-”

“oh mio Dio, ma ti senti? Consumargli il- ma perché io sto pure qui ad ascoltarti?” sbottò rosso in viso facendo per andarsene in camera e Sebastian non si era scomodato dal suo posto e nemmeno aveva smesso di giocherellare con la sua matita, sapendo che Blaine sarebbe ritornato in..

“9 secondi” contò, “ci hai messo nove secondi per tornare”

“io e Kurt siamo perfettamente a nostro agio nel punto della nostra relazione in cui ci troviamo” disse con quell’aria da professore che si ritrovava,

“come fai a passare da ragazzino delle medie a nonno Blaine in un nano secondo?”

“Bas” piagnucolò lasciando cadere le braccia sui fianchi e gettandosi poi sul divano di fianco a lui, “io non credo che il problema tra di noi sia il sesso. Ci stiamo andando piano, vero.. ma stiamo esplorando.. e va bene così. io- è che- non ha voluto vedermi questa sera, mi ha mandato un messaggio un’ora fa solo per dirmi che non poteva rispondere alla chiamata perché stava guardando un film con Carole e- me lo sento Seb, okay? Sta per succedere”

“cosa sta per succedere?” domandò Rachel che aveva appena messo piede in casa sprizzando felicità da tutti i pori, Blaine la stava invidiando, “ah a proposito Blaine, cosa hai fatto a Kurt? Sembrava un cucciolo bastonato per tutto il tempo della cena”
“sei stata da Kurt?”

“Finn mi ha invitata a cena, si” Blaine sembrava sul punto di mandare tutto e tutti a quel paese e correre da Kurt, perché in quel momento pensare che per Rachel era così facile stare con Finn lo faceva innervosire e non poco. Mentre per lui e Kurt era tutto così complicato.

“Rach, di questa cena ne riparleremo. Ora dicci del cucciolo” s’intromise Sebastian, battendo dei colpetti sul divano come una vecchia prozia che vuole spettegolare sulle nipoti della nonna,

“non c’è niente da dire in realtà, dato che ha spiccicato parola solo per salutarmi, rassicurare il papà che era  stanco per gli allenamenti e per scusarsi quando è andato a chiudersi in camera sua”
“non ha guardato nessun film con Carole?” domandò Blaine allarmato,

“no. Carole è andata da lui a controllare che stesse bene e gli ha portato un film da guardare, ma è tornata dopo poco.. ma perché? cos’è successo? Cosa gli hai fatto, Blaine?”

“non ha fatto sesso con lui!” esclamò Sebastian ricevendo uno scappellotto dietro la testa da entrambi gli amici, nello stesso momento,

“io non ho fatto niente” Blaine si sentiva completamente confuso da Kurt e non sapeva cosa potesse fare al riguardo,

“appunto. nemmeno Sesso” Sebastian sembrava non voler demordere ma l’altro non era dell’umore e non riusciva a farsi distrarre,

“Smythe sei uno stronzo” lo rimbeccò Rachel,

“lo so” rispose lui facendo spallucce.

Blaine intanto si era alzato dal divano e si fermò al centro della stanza, al bivio: tra la porta d’ingresso che avrebbe usato per andare da Kurt e il corridoio che avrebbe percorso per chiudersi nella sua camera,

“devi rilassarti Killer” sentenziò Sebastian come se avesse capito il suo momentaneo dilemma e quindi sospirando mestamente si recò in camera sua, senza dire una sola sillaba.

 

Da Sebastian (22:49)

- sputa il rospo Lopez -

 

Da Santanta (23:00)

- non essere una vecchia comare Bas. Non ti si addice -

 

Da Sebastian (23:00)

- tu sai di Hummel -

 

Da Santana (23:02)

- questa è la migliore scusa che hai trovato questa sera per contattarmi?-

 

Da sebastian (23:04)

- questa è la migliore uscita che hai per distrarmi e cambiare discorso?-

- dovevi almeno inviarmi una foto del tuo decoltè -

 

Da Santana (23:05)

- stacco tra mezz’ora. Ti aspetto al caffè-

 

Da Sebastian (23:05)

- arrivo -

 

*

Kurt aveva passato la notte insonne.

Dopo aver mandato il suo solito messaggio della buonanotte a Blaine che non era riuscito a vietarsi di inviare, cercò di prendere sonno.

Provò a contare per ore, provò a raggomitolarsi su stesso e provò persino ad abbracciare il peluche che teneva nascosto sotto il letto, regalo della madre.. ma niente, il sonno non arrivava.

 

Smise poi anche solo di provarci a dormire quando arrivò alla realizzazione.

Era notte fonda, teneva stretto a sé il peluche e guardava l’ultimo messaggio di Blaine che diceva “l’essenziale è invisibile agli occhi. Buonanotte Kurt” 

era la prima cosa che Blaine gli aveva detto, era la frase del suo libro preferito, era la frase che lui gli aveva scritto a Natale ed era una cosa loro.

Una cosa che era così loro e così vera che lo fece realizzare.

 

Kurt in quella notte insonne aveva realizzato di amare Blaine e di non avere la possibilità di dirglielo. Mai.

Come poteva dirgli di amarlo e poi lasciarlo andare?

Era devastato.

 

Quando fai cadere un piatto e si rompe il rumore è fragoroso e lo senti, lo stesso succede se spacchi una bottiglia al muro o se distruggi una porta a suon di pugni, ma un cuore quando si spezza lo fa in assoluto silenzio.

Senza disturbare nessuno.

Il cuore di Kurt si era irrimediabilmente spezzato e nessuno avrebbe mai potuto rimettere insieme i pezzi.

 

Quando finisce un’amore da entrambe le parti o anche solo da una ci stai male, ci soffri come un cane, senti il cuore perdere dei battiti e il cervello sussultare, ma te ne fai una ragione.

Può succedere, non è colpa di nessuno.

Soffri, maturi e ti rimetti in piedi.

Quando l’amore non finisce ma è ancora vivo, acceso e per di più ancora inespresso ti viene portato via, come si fa per superarlo? Come si fa a soffrire e poi a rimettersi in piedi?

 

Un amore finito di spezza.

Un amore strappatoti via ti distrugge. E non c’è rimedio.

 

E Kurt lo aveva realizzato quella notte e sempre quella notte aveva capito che non sarebbe mai riuscito a guardare Blaine negli occhi e dirgli che era finita.

Non poteva mentirgli dicendogli che non provava niente per lui e che erano stati uno sbaglio.

Avrebbe potuto provarci con le parole, ma aveva capito che il suo corpo e le sue lacrime lo avrebbero tradito e sapeva che Blaine si sarebbe aggrappato anche ad un solo piccolo segno da parte sua che gli diceva il contrario.

Blaine era testardo, dopotutto.

Kurt anche.

 

Quindi quella fatidica mattina quando gli arrivò il messaggio del buongiorno di Blaine accompagnato da un “il tuo caffè ti aspetta nella mia classe” Kurt prese la decisione.

 

Quella che lo faceva sentire non solo distrutto e affranto e spezzato.

Ma un verme che scappa.

 

“ehi, tu! Dormito bene?” la voce di Blaine così studiatamente vivace fece rabbrividire e bloccare il respiro di Kurt. 

Non ci sarebbe riuscito nemmeno per telefono.

“non proprio no”

“niente che un caffè non possa rimediare, no?” c’era un misto di speranza e preoccupazione nella voce di Blaine che fece del tutto perdere il controllo a Kurt che si fece scappare un piccolo singhiozzo strozzato.

Non era ancora il momento di piangere.

“Kurt?”

“Blaine io non credo che-”
“stai ancora ripensando a tutta quella storia sui viaggi nel tempo, Kurt? Perché non ne parliamo tra poco quando ci vedremo?”
“io non verrò”
“come?”

“io- Blaine io ho capito che- non posso più farlo. Non possiamo più continuare così” e in quel momento era l’unico pensiero di Kurt che non sentiva essere del tutto una bugia.

Non poteva continuare, non con le foto che aveva Zack.

“cosa? Che- non puoi?”
“non posso, no. Non voglio farti questo. Non voglio illuderti o illudere me che le cose cambino e cambino in meglio. Non posso aspettare e magari lasciarti andare quando farà ancora più male”
“Kurt? Ma ti senti? Credi che per me abbia senso quello che stai dicendo? Possiamo saltare la scuola se vuoi e fare quel viaggio in macchina di cui stavamo parlando ieri e parlarne”
“no, Blaine. Ascolta ok?-
“no Kurt ascolta tu! Non avrò questa conversazione con te al telefono. Non starò qui a sentirmi dire tutte stronzate perché magari ieri hai visto una coppietta felice camminare mano nella mano davanti a te o perché non possiamo avere le cene a casa tua come fanno Finn e Rachel e quindi ti sei convinto che quello che abbiamo è sbagliato. Non te lo lascerò fare Kurt!” Blaine aveva mandato al diavolo la compostezza e i modo dolci ed aveva preso ad urlare, solo per farsi ascoltare e non solo sentire.

Era spaventato Blaine, questo dovevano concederglielo tutti.

“prima di Natale quando stavamo andando da tua madre mi avevi detto che tra noi non c’era nessun obbligo. Che quando e se avrei capito che noi- che tu non eri quello che voglio potevo sentirmi libero di lasciarti. Senza promesse, ricordi?” il silenzio dall’altro lato del telefono era in un certo senso assordante,

“io- pensavo che- alla fine però di promesse ce ne siamo fatte. Ma se non sei felice io non posso. io-” aveva sospirato a voce così bassa e così sconfitto che Kurt sentiva di star cedendo,
“Blaine? Io non mi pento di neanche un secondo che ho passato insieme a te. Lo giuro. E se-”
“non dire ‘se tornassi indietro rifarei tutto’ perché sinceramente Kurt non me ne faccio niente. Ecco perché tutto quel maledetto discorso ieri sul passato e il futuro e- sai cosa Kurt? Non continuerò questa conversazione al telefono con te”
“scusami Blaine, io non-
“oh no. No, NO! Tutto quello che hai detto e che hai ancora da dire me lo dirai guardandomi negli occhi, Kurt. Devi guardarmi negli occhi e dirmi che non è me che vuoi. Che non provi niente e che ti sei stancato e allora non ti tratterrò oltre. Ma così. no. Mi merito almeno le buone maniere” Blaine stringeva i pugni e si asciugava le lacrime silenziose con i polsi con rabbia, con dolore.

“ti meriti più delle buone maniere Blaine. Non è-” Kurt dovette mettersi la mano alla bocca per fermare il singulto che era scappato, “ti darò tutte le spiegazioni che vuoi. Ma non oggi. Dammi del tempo. Solo.. io- scusami Blaine ma ho bisogno di-”
“e di quello che ho bisogno io? Ci hai mai pensato Kurt?”

Sempre, avrebbe voluto rispondere, ma non cambiava le cose.

“io-”

“non esiste Kurt che io ti dia altro tempo per autoconvicerti ancora che stai facendo la cosa giusta. Non esiste. Passo a prenderti tra venti minuti. Dammi il tempo di sistemare con la scuola e poi-”
“Blaine. No”

“venti minuti Kurt”

“io-”

 

Kurt riattaccò prima di cedere.

“va bene” lo mormorò ad un cellulare spento, a chiamata finita.

 

Non andava bene. Se Blaine si fosse presentato lì o se solo lo avesse incontrato per il corridoio della scuola, Kurt avrebbe ceduto.

Avrebbe rimangiato ogni singola e finta parola che aveva detto in quella telefonata e avrebbe cercato rifugio tra le braccia di Blaine, chiedendo il suo perdono.

 

Non poteva farlo.

“si sa la carne è debole” le parole di Zack gli rimbombavano nelle orecchie e si era odiato ancora di più per aver sostituito la voce di Blaine, seppur delusa e amareggiata con quella del meschino bastardo che l’aveva ridotto così.

 

Kurt stava pensando se rituffarsi a letto sotto le coperte e soccombere lì oppure sparire per l’intera giornata lontano da tutto e tutti, lontano anche dal peluche che gli era stato di conforto fino a poco prima, quando il suo cellulare prese a vibrare.

Era Blaine.

Staccò la chiamata.

 

Da Blaine (7:38)

-non lo stai facendo sul serio, Kurt. Non me lo merito. Sto arrivando -

 

Da Kurt (7:39)

- no, non te lo meriti. Ci vediamo dopo scuola. Puoi almeno darmi il tempo delle lezioni? Non odiarmi-

 

era troppo da chiedere Kurt lo sapeva, ma doveva farlo. Per non impazzire. Per restare a galla. Perché poteva sopravvivere sapendo Blaine lontano da lui ma al sicuro, ma non poteva farcela sapendo che l’altro lo odiasse. 

 

Da Blaine (7:40)

- odio quello che ci stai facendo, ma non odio te. Non potrei mai odiare te. MAI. Avrai il tempo delle lezioni. -

 

lezioni a cui Kurt non sarebbe andato. 

E un appuntamento con Blaine che non avrebbe rispettato. 

Era diventato un meschino bugiardo col cuore a pezzi. Ecco cos’era diventato.

Prese la borsa per la scuola e ci infilò dei vestiti, la copia del piccolo principe, il caricatore del cellulare, poi senza preoccuparsi di togliersi la tuta che usava per dormire, indossò le scarpe; prese le chiavi della sua auto e salutò il padre dicendo che non sapeva a che ora sarebbe tornato e che l’avrebbe chiamato più tardi.

“Kurt! Stai uscendo col pigiama?!” Burt era così sbalordito che lo rincorse fin fuori l’uscio di casa per assicurarsi che quello che aveva visto filare via come un fulmine fosse davvero suo figlio,

“è una tuta, papà”
“i tuoi capelli Kurt.” gli fece notare l’uomo mentre si abbassava all’altezza del finestrino del figlio, che erano un pasticcio e Kurt non aveva mai messo piede fuori casa in quello stato da quando aveva iniziato le medie.

“lascia stare papà, ok?” disse ma non aspettò la risposta del padre, mise in moto e fuggì via, lasciando un padre visibilmente preoccupato nel vialetto di casa Hummel-Hudson.

E avrebbe lasciato stare un corno!

Suo figlio sembrava essere diventato lo spettro di sé stesso nel giro di ventiquattro ore. Non poteva fingere che non fosse successo niente.

Non di nuovo.

*

 

Santana Lopez odiava molte cose.

Odiava Lima.

Odiava il sole che faceva cominciare un nuovo giorno, sempre uguale.

Odiava i suoi due lavori.

Odiava sentire la mancanza di Brittany.

E in quel momento odiava la persona che aveva avuto il coraggio di attaccarsi al suo campanello per svegliarla in quell’unica mattina della settimana in cui non aveva il turno al caffè.

 

“ti odio! Vi odio tutti!” sbottò lei gettando via le coperte di dosso e alzandosi di controvoglia solo per prendere a calci nel culo il maledetto fuori al suo appartamento.

 

Solo che quando spalancò la porta si ritrovò davanti una scena che gli ispirava molte cose ma l’odio non era tra quelle.

Gli si era parato davanti un ragazzino con gli occhi rossi e gonfi di pianto, sfatto, pallido come un cencio e completamente sconvolto e stava tremando ed era sicura non fosse solo per il freddo.

Le ci vollero almeno trenta secondi per registrare che quello davanti a lei era Kurt Hummel.

“kurt?” lo chiamò allarmata lei perché lui sembrava non averla nemmeno vista e l’amico sentendosi chiamare lasciò cadere le sue cose dalle mani e si gettò tra le sua braccia.


Forse quello non era l’abbraccio che davvero voleva, non era il corpo forte e dolce che stava cercando ma era quello di cui aveva bisogno.

 

Kurt finalmente non aveva più motivo di trattenersi e restare a galla.

Aveva fatto quello che doveva essere fatto.. certo, avrebbe potuto farlo in mille modi diversi, avrebbe potuto avere più pazienza, più parole di conforto, più dolcezza, avrebbe potuto farlo di persona e ad ogni parola infima pronunciata poteva chiedere scusa.. sì, poteva fare quello che aveva fatto in tanti modi diversi, ma non cambiava il risultato finale e non cambiava quello che stava provando in quel momento.

 

E nemmeno il pensiero di aver salvaguardato Blaine, poteva salvarlo.

Perché ormai era troppo tardi per salvaguardare se stesso.

Era spezzato.

Il suo cuore era distrutto in mille pezzi e non voleva che nessuno lo raccogliesse, non meritava essere raccolto.

Tutto quello era solo colpa sua.

Le lacrime che Blaine aveva cercato di nascondere al telefono erano colpa sua.

Le promesse infrante erano colpa sua.

Il colpo basso che gli aveva giocato Zack era colpa sua.

 

Kurt aveva avuto la sua conferma quindi:
un amore finito può far male, ferire.

Un amore sradicato quando ancora vivo può uccidere.

 

E Kurt era appena entrato nel suo personale inferno e non vedeva via d’uscita.

Neanche la cercava ad essere sinceri, perché era quello che si meritava.

 

“ehi, shh Kurt è tutto okay. Non piangere. Ci sono io. Shh” era la continua litania della voce di Santana che lo cullava mentre lo teneva stretto, lì accasciati sul pavimento dell’appartamento di lei.

 

Quante lacrime può versare una persona, prima di terminarle tutte?

Santana se lo stava chiedendo da quando Kurt gli si era stretto al petto e non aveva smesso di piangere nemmeno per un minuto.

Lei lo aveva abbracciato e consolato, lo aveva fatto alzare e una volta portato a letto, anche lì lo aveva stretto a sé e cullato.

Aveva controllato che stesse fisicamente bene, senza graffi e lividi.

Aveva asciugato le sue lacrime mentre altre ne erano cadute subito dopo.

Santana gli aveva mormorato più e più volte “va tutto bene” fino a che anche per le sue orecchie quella promessa aveva perso di significato.

Erano passate ore, forse, e Kurt non stava più singhiozzando e affannando alla ricerca di fiato, ma stava ancora tremando e piangendo.

Il pianto si era fatto silenzioso, certo, ma le lacrime erano ancora copiose sul suo viso.

“Kurt, tesoro. Puoi dirmi cosa è successo, ora?” gli chiese mentre gli tirava via dalla fronte i capelli sfatti,

“io- San, io non-” la voce rauca e gutturale fu stroncata da un brusco singhiozzo e Santana capì che non era ancora pronto e riprese a cullarlo piano, come si fa con un bambino.

“vuoi che chiami Blaine?” provò ancora e capì subito dopo che era la cosa più sbagliata che potesse dire.

Kurt balzò a sedere, con gli occhi spalancati e le mani tremanti che andarono a coprire la bocca,

“no! No. Solo- ci” un singhiozzo, “noi-” un’altro singhiozzo, “è finita” riuscì a biascicare, gettando subito dopo il viso sul grembo di lei.

“cosa? Blaine ti ha lasciato? Ma è impossibile! Quel ragazzo ti-”

“sono stato io” sentenziò cupo fermando così l’amica dal dire cose che non voleva sentirsi dire.

“come? Perché?” domandò lei completamente confusa, senza fermarsi dal massaggiargli la schiena,

“non ora, San. Io vorrei solo dormire un po’. Posso?”
“tutto quello che vuoi. Ne parleremo più tardi”
“non devi andare a lavoro?” a quella domanda Santana guardò l’ora sulla sua piccola sveglia sul comodino,

“dovrei per l’ora di pranzo. Ma chiamerò più tardi per-”
“no. Per favore. Vai. Blaine capirebbe che sono qui” e il solo pronunciare il suo nome gli procurò un altro singulto e lacrime più grosse,

“oh. io- ok. Ti lascio dormire, mh?” 

 

Santana era sul piede di guerra e non sapeva nemmeno contro chi dovesse combatterla.

Vedere lo strazio che stava vivendo Kurt era come rivivere il suo tutto da capo.

Tra lo strano discorso del giorno prima e lo spettacolo che aveva dovuto assistere appena sveglia, non sapeva quale fosse la verità e dove andare a scavarla.

Però sentiva l’istinto di mettere le mani addosso a chiunque avesse avuto il potere di ridurre così il suo amico.

E se qualcuno le avesse chiesto da quando considerava Kurt suo amico, lei non avrebbe saputo rispondere.

Saranno stati, forse, i suoi occhi che dalla prima volta che li aveva visti le avevano ricordato quelli sempre azzurri di Brittany, o sarà stata la sua aria spaesata e desolata che aveva ogni volta che entrava nel caffè, o sarà stata la solitudine che lo aveva sempre circondato a ricordarle che era la stessa sua.

Non sapeva esattamente quando, come e perché quel ragazzo era diventato importante per lei, eppure eccola lì che cercava di armarsi di pazienza e ragione per non chiamare Blaine o Sebastian o addirittura casa Hummel e cavare da quelle bocche la verità su cosa fosse successo al suo amico.

 

Voleva dare a Kurt il suo tempo e il suo spazio, poi lasciarlo spiegarsi e nel caso tirare le sue somme e agire di conseguenza.
 

“ehi, Damerino.. sei sicuro che vuoi che ti lasci solo? Non sarei altro che felice di saltare un giorno o due di lavoro” disse lei quando Kurt la chiamò dal suo letto per assicurarsi che non facesse tardi a lavoro.

Non aveva neanche dormito quindi.

“se per te non è un problema che io resti qui..”
“nessun problema. Ti ho preparato un insalata con noci e mele, proprio come piace a te. È in frigo, vuoi che te la porti qui?”

“no, grazie San- magari la mangerò più tardi”
“ci conto” disse lei avvicinandosi al ragazzo per stampargli un bacio sulla fronte.

Gesto che avrebbe fatto storcere il naso ad entrambi se non fosse che quello sembrava un momento catartico per le loro anime spossate e Santana sentiva il bisogno di fargli capire che lei c’era per lui e Kurt aveva il bisogno di ricordare che non era solo.

 

“non farti scappare con- con nessuno che sono qui”
“mi stai chiedendo di mentire, lo sai vero?”
“Sebastian mi vorrà uccidere Tana. Fidati non vuoi che il tuo appartamento diventi la scena di un crimine” l’amica alzò gli occhi al cielo ma si stampò un sorriso sincero sul viso perché quella risposta da drama queen le fece capire che il suo amico Kurt, da qualche parte sotto tutto quel dolore ancora c’era.

 

*

Sebastian Smythe aveva voglia di prendere tra le sue curate mani quel dannato ragazzino dagli occhi e a quanto pareva pure dal cuore di ghiaccio e strozzarlo.

 

Però era un uomo adulto e vaccinato e avrebbe lasciato che fosse Blaine ad occuparsene.. per ora.

 

Sinceramente Blaine ne aveva già passati tanti di brutti momenti, pure troppi se lo chiedevate a lui e quello era uno di quei momenti, che se il suo hobbit impomatato lo avesse ascoltato a tempo debito, ora non avrebbe dovuto affrontare.

 

Sapeva che qualcosa non andava da quando Santana gli aveva raccontato cosa si fossero detti lei e Hummel il giorno prima, ma sapeva che doveva starsene al posto suo, perché per quanto Blaine cercasse sempre consigli da lui non gradiva quando si agiva per suo conto e quindi lasciò che le cose facessero il proprio corso.

 

Ecco perché quando quella mattina aveva saputo che: “Sebastian se la preside non mi concede la giornata libera tu devi andare a fare uno dei tuoi seminari nella mia classe, per tutta la giornata.. senza di me ovviamente, perché io sono troppo occupato a non farmi lasciare da Kurt” lui aveva alzato un sopracciglio un po’ infervorito e preoccupato ma aveva fatto un cenno d’assenso col capo e aveva ripreso a sorseggiare il suo caffè.

Non avrebbe detto o fatto niente fino a quando non fosse stato Blaine a chiederlo, anche se quando lo vide allontanarsi nell’altra stanza armeggiando col cellulare, lui lo seguì.. perché okay non fare niente, però voleva ascoltare!

“che figlio di-non risponde! ora gli mando un messaggio” borbottò l’amico mentre stizzito si asciugava una lacrima che non era riuscito a trattenere e Sebastian era davvero, ma davvero tentato di strappare i capelli di Kurt uno ad uno con una pinzetta per le sopracciglia.

Quando sentì il suono dell’arrivo di un messaggio dal cellulare di Blaine, trattenne il respiro insieme all’amico,

“credo che alla fine andrò a scuola” gli disse solamente con un tono di voce sofferente.

“sicuro che-”
“non ora Sebastian” lo bloccò Blaine alzando una mano all’altezza della sua faccia mentre gli passava oltre per andare in cucina.

Aveva i capelli sparati in tutte le direzioni, la camicia che usciva fuori dai pantaloni e non aveva messo uno dei suoi soliti cravattini.

Era un totale disastro ma Sebastian non ebbe il cuore di dirglielo, semplicemente lo raggiunse in cucina, poggiò la sua tazza sul bancone e abbracciò da dietro il suo amico.

Forte.

Strinse le mani a pugno sullo stomaco di Blaine e posò il mento sul suo collo.

Non avrebbe lasciato che si spezzasse di nuovo davanti ai suoi occhi.

“ti tengo io Blaine” aveva sussurrato.

 

Perché era quello che Blaine gli aveva sussurrato all’orecchio quando quella fatidica notte di abusi e percosse e umiliazioni, l’amico era arrivato a salvarlo con i soccorsi.

“sono qui, ti tengo” gli aveva detto.

“appoggiati a me. Ti tengo io” lo aveva ripetuto almeno mille volte Blaine durante tutto il tempo della sua riabilitazione.

“una volta lì dentro guarda me. Ti tengo io” aveva detto la prima volta Sebastian quando Blaine doveva andare alla sbarra e testimoniare contro il suo stesso padre.

“butta tutto fuori Killer, che ti tengo io” gli aveva detto lui quando l’amico dopo una sbronza colossale era pronto a lasciare andare Jeremiah per davvero.

 

Ed era vero, nonostante tutte le botte e i duri colpi ricevuti, loro due si erano sempre tenuti aggrappati  l’uno all’altro per stare in piedi.

 

Ecco perché Blaine gli aveva risposto “lo so” e si era lasciato abbracciare.

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Capitolo 12
*** L'essenziale è invisibile agli occhi. ***


Capitolo 11

 

Blaine Anderson da persona schematica qual’era e insegnante di letteratura inglese tutto d’un pezzo che sperava di essere, programmò la sua crisi isterica e di nervi alle sette di sera, cioè quando sarebbe tornato nel suo appartamento.

Fino ad allora avrebbe fatto il suo lavoro, cercato Kurt dovunque potesse pensare di trovarlo e più di tutto avrebbe mantenuto compostezza.

 

E non importava se tutto quello a cui riusciva a pensare era Kurt.

E “mi sta davvero lasciando? Perché?” ed anche “è colpa mia? Non sono abbastanza?” 

e non importava se sentiva la terra tremare sotto i piedi ad ogni passo, senza avere la certezza che sarebbe andato tutto bene, era sul posto di lavoro e non poteva perdere la calma, non poteva lasciare che vedessero quanto ferito e disilluso fosse.

Non poteva mandare al diavolo le sue classi e crogiolarsi nel suo sconforto, no.. era un uomo adulto e avrebbe affrontato la situazione da tale.

 

Solo che Kurt non si presentò alla sua ora, non c’era in mensa alla pausa pranzo, il suo cellulare risultava spento e non aveva nemmeno raggiunto il glee.

Aveva persino chiamato Rachel che aveva chiamato Finn per chiedere se sapesse dove fosse il fratello, ma quello non aveva fatto altro che far agitare il ragazzone, ma di Kurt neanche l’ombra.

l’ultima sua spiaggia era Santana, per questo una volta finito con i ragazzi del glee non aspettò nemmeno che l’aula si svuotasse che schizzò via veloce come un fulmine e si fiondò in auto diretto verso Books&coffe.

 

“dov’è?” così Blaine salutò Santana quando una volta accertatosi che Kurt non fosse nel locale, si sedette sullo sgabello del bancone, quello che nemmeno a farlo apposta aveva occupato la sera in cui conobbe Kurt.

“ciao signor Anderson. Vedo che ti è passata la fissa per il gel, mi fa piacere.. la tua testa risulta molto più proporzionata col resto del corpo ora” disse lei registrando quanto un disastro fosse lui e non nascondendo la preoccupazione che era schizzata alle stelle.

Doveva dirgli che Kurt era rintanato a casa sua a consumare tutte le sue lacrime sul suo cuscino? 

No, meglio rimanere col suo originale piano: Ascoltare prima Kurt.

“Santana dimmi dov’è” ripeté lui un po’ più brusco rimandando indietro il biscotto che la ragazza gli aveva messo davanti, su di un piattino. Era il suo preferito.

“di chi stai parlando? Bas è passato di qui, ma solo per un saluto poi ha detto-”
“non lui. Kurt. dov’è Kurt?” la bloccò Blaine perché in quel momento non gliene poteva fregare di meno di dove fosse Smythe.

“perchè pensi che io possa sapere dove sia Kurt? Non è a scuola? Col glee o i cheerios?” per fortuna  aveva una certa dimistichezza con le bugie e se non manteneva lo sguardo in quello dell’altra persona, nessuno mai avrebbe detto che non stesse dicendo la verità.. per questo mentre parlava prese a lavare i bicchieri minuziosamente, per tenersi occupata.

“Kurt non è passato di qui? Non ti ha cercato? Non ti ha detto niente?”
“doveva dirmi qualcosa?”
“no ma- potresti lasciar perdere lì e guardare me per favore?!” sbottò Blaine stizzito,

“ehi piccolo hobbit, stai calmo okay? Che succede?”
 

Allora Blaine le spiegò cosa fosse successo nel suo appartamento ieri, il comportamento strano e schivo di Kurt e infine la telefonata di quella mattina e la bugia che gli aveva detto Kurt per convincerlo ad andare a scuola invece che da lui.

E Santana aveva finalmente messo insieme alcuni pezzi, ma sapeva che quella non poteva essere l’intera storia. No, c’era altro da scoprire e lei l’avrebbe scoperto.

 

“io ho visto con che occhi ti guarda quel ragazzo e sinceramente mi sono sempre chiesta il perché. Hai il sex appeal di un bradipo.. eppure stravede per te. Sono sicura che ora sta pure peggio di te per quello che ha fatto e per come te lo ha detto. Sarà pure confuso e spaventato, ma fidati di zia Snix: tornerà”

“quindi se n’è davvero andato” e quella di Blaine non era una domanda e San avrebbe tanto voluto prendersi a sberle da sola.. perché davvero? Aveva appena fatto realizzare a Blaine che Kurt aveva davvero deciso di lasciarlo? Lei come amica faceva pena.

“okay Blaine, stammi a sentire. Non ho ancora sentito la campana di Kurt in merito” e quello era vero per questo Santana non ebbe paura a guardarlo negli occhi mentre lo diceva e a prendergli le mani che si stava torturano tra le sue, “però ti prometto che la prima cosa che farò appena stacco da qui è parlargli. Accertarmi che stia bene e convincerlo a contattarti o ancora meglio vederti. Ti fidi di me?”
“tu sai dov’è ,vero?” domandò di nuovo,

“io posso avere un idea di dove possa trovarlo, si” optò alla fine per una mezza verità,

“e non puoi dirmelo, perché..?”
“perché sarei una pessima amica per Kurt”
Blaine chiuse gli occhi e prese un grosso respiro, l’ennesimo della giornata per evitare di tenere tutto dentro e non crollare e si alzò dallo sgabello sconsolato.

 

Erano quasi arrivate le sette.

E alle sette se non poteva essere da Kurt, sarebbe stato nel suo appartamento finalmente pronto a lasciarsi andare.

Da uomo programmato quale era, non poteva fare tardi. La crisi sarebbe cominciata comunque che avesse messo piede a casa oppure no.

Si sentiva già stremato.

Invecchiato.

spento.

 

Uscì dal locale con i passi pesanti e il cuore in stand-by perché se si fosse spezzato in quel preciso istante nessuno l’avrebbe sentito e lui non sarebbe stato raccolto.

Aveva bisogno di Bas.

*

 

Si dice che le persone non smettono mai di mancarci e che impariamo soltanto a vivere tenendoci dentro, in qualche modo, l’enorme vuoto lasciato dalla loro assenza.

 

Kurt non aveva ancora afferrato bene il concetto però.

Perché sentiva la mancanza, questo era ovvio, ma non era di un assenza. Ma di una presenza.

Blaine era presente in ogni pensiero, gesto, sospiro, passo che faceva.

E ci si abitua mai al vuoto di una presenza? Kurt non lo sapeva.

 

Si dice pure che il tempo aggiusta tutto.

Ma anche questo concetto era un po’ astratto per Kurt, perché per ora più le ore passavano e più si sentiva dilaniato.

Era normale? 

Dopo il dolore non avrebbe dovuto sentire il nulla?

La beata dannazione del nulla.. ecco cosa stava aspettando.

 

“e no Hummel! No! Esci da questo dannato letto!” e quasi non gli venne un colpo quando l’ispanica  gli tirò via le coperte e lo investì in faccia con una tovaglia. Non l’aveva sentita rientrare.

“va’ a lavarti la faccia, caccia le palle e vieni in cucina che io e te dobbiamo parlare mentre metti qualcosa sotto i denti”
“Tana io non credo che-”

“non era una richiesta la mia Hummel. Hai fatto a modo tuo fino ad ora. Adesso si fa come dico io. Alza il culo dal mio letto, ti aspetto in cucina tra cinque minuti. Dobbiamo anche avvisare tuo padre che resti a dormire qui” era normale ricominciare a piangere solo per il gesto gentile che aveva avuto Santana per lui lasciandolo restare per la notte? Probabilmente no, ma Kurt non gli diede troppo peso mentre faceva come gli era stato detto dall’amica.

 

Convincere Burt Hummel che era tutto okay e che suo figlio voleva solo restare a dormire dall’amica perché era troppo stanco per guidare, fu un impresa ardua divenuta possibile solo grazie all’intervento della suddetta amica.

“salve signor Hummel, sono Santana Lopez” si presentò lei quando all’ennesimo ‘ma papà!’ di Kurt  lei gli aveva strappato il cellulare di mano, “Kurt non voleva dirle la verità per proteggermi in un certo senso: cioè Per non fare outing al posto mio. Sono lesbica, in verità gioco per entrambe le squadre e questa mattina stavo cercando di fare la carina con una bella ragazza che sembrava interessata e non è andata giù ad una vecchia becera che ha cominciato ad inveire contro di me e per non portarla per le lunghe ho avuto una brutta giornata e Kurt da buon amico qual’è non vuole lasciarmi sola. Ma se lei vuole che torni a casa, allora-”

“Santana? Voglio fidarmi di te. Voglio credere a ciò che hai detto e che sì, mio figlio è un buon amico.. ma qualcosa mi dice che anche tu lo sei. Una buona amica per lui. Trattalo bene, ok?” aveva detto però Burt con un sospiro stanco e mille pensieri per la testa,

“certo signor Hummel. Lo farò”

“bene. Vi aspetto tutti e due domani mattina, qui, per una colazione veloce e le dovute presentazioni. Chiaro?”

“ma io non-”
“Santana Lopez, ci vediamo domani. Ora passami mio figlio” ed era quello che fece Santana senza discutere e borbottando qualche diavoleria in spagnolo.

 

Kurt e Santana cenarono in silenzio e senza appetito con l’insalata che aveva preparato per il pranzo e con delle torte che erano avanzate dal cafè,

“ho pensato che potevano essere di conforto un po’ di zuccheri” aveva detto lei quando aveva messo davanti a Kurt un vassoio intero di diavolerie che nemmeno sotto tortura Kurt avrebbe mangiato se la situazione fosse stata diversa.

 

“è arrivato il momento che io sganci la bomba Hummel, okay? Ho parlato con Blaine” cominciò lei mentre dava una ripulita alla cucina, “respira porcellana, non sa che sei qui” continuò subito vedendo l’amico annaspare in cerca d’aria,

“però devo essere sincera. Era uno straccio. Non che tu stia meglio, certo. Mi ha spiegato della telefonata Kurt.. perché l’hai fatto?” era una domanda lecita, lo sapeva Kurt per questo voleva evitare Blaine a tutti costi, fino a che avesse potuto.. perché a quella domanda lui non poteva dare risposta sincera.

“io- è complicato Santana. Ma non potevo andare avanti così” disse sentendo il dolore e le lacrime riaffiorare all’istante ancora più forti, sentiti.

“elabora hummel” ordinò lei, voltandosi a fronteggiarlo e Kurt come risposta fece spallucce e si sedette con le spalle ricurve sul ripiano che l’amica aveva appena finito di pulire,

“credi che la rottura con quello che sembrava essere l’uomo dei tuoi sogni si possa spiegare con un alzata di spalle? È questo che vale Anderson per te? Un alzatina stupida di spalle? Mi stai prendendo in giro?” Santana non era mai stata un tipo paziente e con Kurt lo era stata pure fin troppo, ora basta.

“Blaine per me vale tutto, Santana. Per questo che devo lasciarlo libero”
“oh senti Hummel, non parlarmi come uno di quei libri che leggi tu. Voglio sapere perché hai lasciato quel povero ragazzo con una misera telefonata, sei scappato nascondendoti qui e perché ti comporti come se fossi stato tu quello abbandonato come un cane”
“sono il piccolo principe San in questa storia. Ho le mie ragioni, che siano giuste o sbagliate per gli altri non importa, no? L’ hai detto tu”
“certo, l’ ho detto.. per questo sono qui solo per ascoltare e consigliarti se posso.. non giudicare. Giudicare, mai. Lo sai” gli si avvicinò poggiandogli una mano sul ginocchio e alzandogli il mento con l’altra,

“sii sincero con me, okay? Provi dei veri sentimenti per Blaine?”

“questo non c’entra”

“quindi lo ami”

“non ha più importanza ora”
“perchè?” l’aveva incalzato lei.

 

Perché Zack lo sa.

Perché se non fosse stato Zack ora, sarebbe stato qualcun altro poi.

Perché Blaine potrebbe perdere questo lavoro e tutti gli altri che verranno.

Perché è oggettivamente sbagliato quello che abbiamo- avevamo.

Perché, perché, perché.

 

Ci sarebbero state molte verità che avrebbe potuto dire Kurt e invece scelse la via più facile, ma non la più giusta. Lo sapeva.

“perché è un mio insegnante”

“si ma per quanto ancora? A settembre sarai al college, Kurt. Non potevi resistere fino alla fine della scuola? È così che pensi di amare una persona?” Santana non indorava la pillola, questo era sicuro.

“in questo preciso momento sono confuso Tana, concedimelo okay? È che- se è così maledettamente estenuante questa relazione allora ho semplicemente pensato che non fosse giusta. Sarà che non è questo il nostro tempo. E forse non potrà esserlo nemmeno dopo l’estate perché molto probabilmente lui resta qui o torna a New York ed io starò altrove, cercando di stare al passo con una nuova città e l’università e-”

“e quindi abbandoni il titanic prima ancora che questo colpisca l’iceberg? Almeno tu ci credi a questa stronzata? Perché dovrai essere molto convincente per farlo credere a Blaine, lo sai vero?”
“senti Tana, credi che sia giusto per me o per lui che viviamo i primi mesi, quelli che dovrebbero essere i più semplici e felici di una relazione nascosti nel suo appartamento o seduti a due tavoli diversi di un locale? Con la costante paura di essere scoperti? E dopo questo enorme sacrificio credi che sia giusto che dovremmo vivere molto probabilmente separati in due città diverse a vivere due vite diverse, con amici diversi, problemi diversi e chissà quante altre cose diverse?”
“no, non credo sia giusto. Ma quando la vita è giusta? Quasi mai, Kurt.”
“lo so. Però voglio fare quello che è meglio per me e per lui. Voglio sperare che io e lui siamo destinati a stare insieme e che magari, tra qualche anno le nostre strade si rincontreranno, a New York, a Boston o a  Chicago e che avremmo fatto le nostre esperienze e che saremmo pronti per conoscerci e ritrovarci ancora. Senza sotterfugi, senza inganni e bugie, senza corse contro il tempo e caffè rubati. Solo noi, Kurt e Blaine” Kurt sorrise mesto e asciugò col pollice una lacrima che era scappata a Santana che sembrava davvero capire cosa provasse e volesse dire l’altro

 “dovresti scriverci una canzone” lo prese in giro lei per rompere quella tensione e cancellare l’espressione malinconica dal viso di Kurt,

“sì o un libro, magari” 

“Kurt, lo stai lasciando libero perché credi che possa essere più felice altrove?”

“è quello che mi auguro sì”
“perchè non vuoi essere tu il suo posto? La sua casa?”

“voglio esserlo, ma non ora. Ora non posso. E non è giusto chiedergli di aspettarmi, non credi?”

Santana non rispose a quella domanda, non disse che per lei erano tutte stronzate e che bisogna essere egoisti e prendersi tutta la felicità quando si ha la possibilità perché la vita è un attimo.

Non lo disse perché Kurt non era Brittany e Blaine non era lei. Perché aveva promesso al suo amico che non lo avrebbe giudicato per le scelte prese e perché era ancora convinta che tutti quei pensieri dell’amico erano dettati dalla paura.

Dalla paura sì, ma non del futuro e dell’infelicità altrui.

Quelle macchinazioni mentali derivavano dalla paura di qualcos’altro e non riusciva a capire cosa fosse.

 

Dal canto suo Kurt era uscito ancora più distrutto da quella conversazione cuore a cuore con l’amica, perché non aveva detto la più sincera verità, cioè il ricatto.. ma non aveva detto nemmeno una bugia.

Era così maledettamente vero che quello non era il tempo per loro. Tutto sembrava remare contro quel rapporto e lui non aveva i mezzi o la forza per combattere.

Era stremato Kurt.

E si sentiva tremendamente solo e voleva solo lasciarsi cullare da quelle braccia che erano ormai off-limit.

 

“Dio Hummel, non dirmi che stai ricominciando a piangere” Santana non sapeva se doveva abbracciarlo o prenderlo a schiaffi. Tutto quello le stava sfuggendo di mano, quindi lasciò perdere il cellulare con cui aveva preso a smanettare e si concentrò di nuovo sul suo amico.

“mi manca Tana. Mi manca come l’aria. È come se mi avessero strappato un pezzo del mio corpo. Anzi no, starei meglio senza un braccio o una gamba. Vorrei solo poterlo chiamare, sentire la sua voce e assicurarmi che stia bene” l’amica prese la palla al balzo allora e corse a prendere il cellulare di Kurt dimenticato in salotto e glielo mise sulle gambe,

“era un’altra questione che dovevamo chiarire. Ho detto a Blaine che ti avrei convinto a contattarlo. Perché se lo merita Kurt e lo sai anche tu. Non puoi evitarlo per sempre, devi affrontarlo e dargli una spiegazione in più di un misero ‘così non posso continuare’. Chiamalo” Kurt la guardò come se le fosse spuntato un terzo occhio bionico proprio al centro della fronte,

“chiamarlo? Ora? Non farei altro che singhiozzargli nelle orecchie. E lo sai anche tu che non gli basteranno le mie ragioni. Penserà soltanto che io mi stia arrendendo e che-”
“diciamo le cose come stanno Hummel. Ti stai arrendendo. È così.. sarà che sei spaventato, sarà che i tuoi sentimenti non sono così forti come lo sono i suoi o viceversa e hai paura di soffrirne di più. Ma ti stai arrendendo ed io non posso dirti cosa devi dirgli o come farlo, ma devi affrontarlo. Menti se vuoi, fallo scappare se è quello di cui hai bisogno ora. Se siete davvero destinati a stare insieme, allora sarà così nonostante tutto” sospinse il cellulare ancora di più verso di lui e fece per allontanarsi, perché aveva detto tutto quello c’era da dire e voleva che facesse quella chiamata in quel momento, nella più totale privacy.

“non posso chiamarlo” ribadì però lui, “ma lo contatterò. Non posso rompere l’ennesima promessa fattagli, anche se l’hai fatta tu per me” Santana annuì e sparì in salotto assicurandogli che l’avrebbe aspettato su divano per un bel film strappalacrime.

 

Non aveva mai sentito un aggeggio così piccolo pesare così tanto nella sua mano e quando aprì la casella dei messaggi, piena di sms di Blaine, era diventato un vero e proprio macigno.

Gli chiedeva dove fosse, perché stava facendo quello a loro. Gli chiedeva perché non si era presentato a scuola e se stesse bene. Gli chiedeva di vederlo, di rispondere al telefono. 

Gli rinfacciava che era ingiusto, che meritava una spiegazione. Gli diceva che era un codardo.

Un messaggio per dirgli che lo stava distruggendo ed un messaggio per sapere se stesse bene.

Un messaggio per fargli sapere che lo stava cercando e che lo avrebbe sempre fatto e un messaggio per dirgli che lo stava perdendo. E l’ultimo in cui gli diceva: “non ti dirò mai addio”.

Faceva tutto maledettamente male

 

Altre lacrime si affacciarono sul suo viso e non si prese la briga di asciugarsele, perché ce ne sarebbero state altre.

 

Da Kurt (22:02)

- Blaine. Scusami. Sono un bastardo vigliacco. Scusami, ma avevo bisogno del mio tempo. Domani avrai tutte le spiegazioni che meriti. Scusami. Scusami. Sei ancora importante per me. Sempre. Scusa. -

 

per ogni “scusa” che aveva scritto c’era nascosto dietro un ti amo, ma non poteva dirglielo.

Avrebbe voluto urlare però e distruggere ogni cosa.

Perché era un coglione.

Zack era un infame.

La vita una bastarda.

Blaine il suo amore.

 

*

Arrivare fino al suo appartamento, al quinto e ultimo piano di quella maledetta palazzina senza ascensore aveva risucchiato tutte le poche forze che erano rimaste a Blaine per non piangere, per questo quando aprì la porta d’ingresso non fu una sorpresa per lui avere le lacrime agli occhi e a quanto pareva non era una sorpresa nemmeno per il suo amico Bas che sembrava lo stesse aspettando a braccia aperte sul divano da ore.

Blaine quindi non si preoccupò nemmeno di togliere il cappotto prima di gettarsi tra le braccia dell’altro e lasciarsi stringere.

Aveva davvero bisogno di cadere a pezzi, ma non aveva il coraggio di farlo, come se avesse paura che dopo non fosse più tornato intero.

Perché per troppe volte si era fidato e per troppe volte era stato ferito.

“ehi Killer, butta tutto fuori, che ti tengo io” gli aveva sussurrato Sebastian come a dargli il permesso e allora lui lo fece.

Pianse.

 

Pianse con grosse lacrime e pochi singhiozzi, solo quelli che la felpa di Bas non riuscivano ad attutire.

Pianse per il modo in cui era stato trattato, come pezza da piedi, per l’ennesima volta.

Pianse perché si sentiva uno stupido ad aver concesso così tanto potere su di lui ad un’altra persona che non fosse lui stesso o Bas, come se tutti i suoi errori passati non gli avessero insegnato nulla.

Pianse perché si sentiva inutile, futile e superfluo e ed era una sensazione che aveva già provato un unica sola volta nella vita. Quella fatidica notte in cui la sua vita cambiò insieme a quella di Bas e pianse perché quel pensiero lo faceva arrabbiare.

Perchè Kurt non aveva il diritto di farlo sentire come solo un mostro, anzi tre, erano riusciti a fare.

Ed era maledettamente incazzato perché razionalmente sapeva che non poteva paragonare il dramma che aveva vissuto e fatto provare sulla pelle di Bas con quello che gli stava capitando in quel momento, eppure non riusciva a mandare indietro il sentimento.

E si odiava.

Ma non odiava Kurt.

Doveva, forse. Ma non ci riusciva.

Perché?

 

“Blaine. Sinceramente, mi hai un po’ rotto il cazzo” aveva sbottato Sebastian, perché erano in quella posizione alquanto scomoda da fin troppo tempo e l’altro non aveva fatto altro che piangere e Sebastian era bravo in molte cose ma non nel vedere le persone a cui teneva piangere e reagiva di conseguenza: facendo lo stronzo.

Era una sua prerogativa e Blaine lo sapeva per questo tirò su col naso e nonostante il suo viso fosse nascosto nel collo di Bas gli fece un sorriso, flebile, ma pur sempre un sorriso.

“ho quasi finito. Lo sai che ho bisogno di sfogarmi” mormorò con le lacrime che continuavano a scendere copiose,

“okay allora, altri cinque minuti e poi ti rimetti le palle a posto e fai l’uomo che sei, Anderson” Blaine sbuffò, 

“le mie palle sono a loro posto, Bas”

“come no, Killer. È come dici tu” 

Rachel intanto era stata nascosta sull’uscio della porta della cucina guardare i suoi due amici fare quello che sapevano fare meglio: tenersi.

Fece capolino solo quando vide Blaine allontanarsi da Sebastian, tirare fuori un grande sospiro e mettersi seduto a gambe incrociate di fianco all’altro, sempre perso ma già più combattivo.

“allora tesoro abbiamo voglia di una tisana calda o di vecchio whisky che Seb tiene conservato per le occasioni speciali?” chiese Rach andando a posargli un bacio sulla spalla,

“whisky”, “tisana” dissero Seb e Blaine all’unisono.

“perfetto. E tisana corretta sia!” esclamò Rach sparendo di nuovo in cucina ricomparendo cinque minuti dopo con tutto l’occorrente.

“ora butta tutto fuori” ordinò lei, 

“ti tengo io” disse convinto Sebastian e Blaine fece come gli era stato detto senza lasciare mai la presa dalla felpa dell’amico.

 

Per le seconda volta quella giornata Blaine aveva raccontato della telefonata, dei messaggi.. aveva spiegato cosa avesse pensato in quel momento e come gli era sembrata la voce di Kurt.

Aveva detto ad alta voce per la prima volta che gli mancava come l’aria e che era ingiusto senitre così forte un presenza.

“assenza Blaine. Non sbagliamo i termini eh! Sei un professore e che cavolo”
“non ho sbagliato Bas. Non è un assenza la sua. Kurt è presente in qualsiasi cosa dica, pensi o faccia. Lui c’è sempre. Che faccio ora?” disse mortalmente serio guardando speranzoso i due come se potessero dargli tutte le risposte.

“posso essere sincera?” chiese Rachel e Sebastian rispose per lui, “fallo Rachel per piacere che io non so come farlo senza diventare troppo volgare. E non posso dire che lo avevo detto io, vero? Non posso, no. Che diamine. Quel damerino figlio di-” si fermò da solo quella volta perché ad essere sinceri non pensava certe cose di Kurt.. lui ne aveva incontrate di brutte persone, ne aveva assaggiato di marcio e ne sapeva riconoscere l’odore a chilometri di distanza e Hummel era molte cose: era un ragazzino, era una drama queen, era fastidioso, era morboso, ingenuo su molte cose e furbo per altre. Era molte cose ma non era una brutta persona.

Quindi poteva capire di voler chiudere una storia se gli stava stretta, ne aveva tutto il diritto ma perché farlo in quel modo? Il Kurt che conosceva non l’avrebbe mai fatto.

Sebastian poteva essere pure uno stronzo la maggior parte del tempo e poteva sembrare che non vedesse più in là del suo naso, ma non quando si trattava di Blaine e quindi lui aveva visto come Kurt lo guardava e quello era lo sguardo di chi non sa mentire..era lo sguardo di chi era pronto a dare tutto per avere tutto in cambio e allora perché essere così un freddo calcolatore stronzo?

“Finn prima al telefono mi ha detto che Kurt è uscito questa mattina presto senza nemmeno cambiarsi il pigiama e non è più tornato, mi ha detto che Burt sembrava davvero preoccupato perché l’ultima volta che lo aveva visto in quello stato era stato dopo il pestaggio alla sua vecchia scuola e sinceramente io non so niente di questa storia.. ma comunque ho rassicurato Finn che ero certa che non c’entrava niente il bullismo e gli ho chiesto di rassicurare anche Burt.. quindi più tardi mi ha richiamato per farmi sapere che Kurt aveva chiamato per dire che sarebbe rimasto a dormire da Santana. Tutto questo per dire che non credo che lui se la stia passando meglio di te.” Blaine aveva così tante informazioni da assimilare che non sapeva da dove cominciare,

“ma che- Rachel! E me lo dici solo ora? Di che pestaggio parli? Io- da Santana? Ma lei mi aveva detto che- Dio. Cosa gli ho fatto?!” scattò in piedi alla ricerca del cellulare perché avvertiva la necessità quasi dolorosa di sentirlo, di assicurarsi che stesse bene.

Pestaggio? Cosa gli avevano fatto? Quando?

Perché lui non ne sapeva niente? Quindi era così che stavano le cose.. Kurt non si fidava di lui per aprirsi, per dirgli la più sincera verità. Non gli aveva confidato i suoi demoni e tutto ciò che lo aveva fatto diventare la persona che era ora. 

La persona che era diventato tutto per Blaine e che ora voleva essere niente per lui.

Cosa doveva fare?

“ehi Killer, ascolta. È strano ma per la prima volta da che ho memoria sono d’accordo con Rachel. Anche io credo che Kurt non stia meglio di te, il che mi fa incazzare ancora di più, perché è più fesso di quel che pensavo. Ma Santana ti aveva promesso che lo avrebbe convinto a contattarti. Fidati di lei o almeno fidati di me che mi fido di lei. Kurt si farà sentire” e Blaine mise giù il cellulare solo perché era abbastanza convinto a quel punto che Kurt si sarebbe fatto vivo solo e quando avrebbe voluto lui, quindi tanto valeva aspettare.

“questo non significa che ti meriti come ti sta trattando se è quello che stavi pensando. Resta comunque- resta sempre una strega” borbottò Sebastian e Blaine nonostante fosse esausto e confuso e perso, sorrise per davvero, 

“Bas nemmeno tu riesci ad essere cattivo nei suoi confronti. Strega? È tutto quello che sei riuscito a fare? Sul serio?” lo rimbeccò lui,

“ohi nano bastardo non farmi salire il sangue al cervello, che non è giornata” sbuffò infervorito alzandosi dal divano e nascondendosi in cucina.

 

Da Sebastian (21:20)

- se il damerino non si fa sentire entro dieci minuti verrò a cercarlo. Armato-

 

Da Santana (21:27)

- sta di merda. Ma me lo sto lavorando. Non ti azzardare a venire qui che ti sgonfio le palle Smythe-

 

Da Sebastian (21:33)

- non lo faresti mai. Ma non voglio nemmeno metterti alla prova. -

 

Da Santana (21:39)

- bravo ragazzo. -


Quando il cellulare di Blaine squillò per l’arrivo di un messaggio, Sebastian sapeva che quello era Kurt e vide Blaine schizzare fuori dalla sua stessa pelle per arrivare al cellulare il prima possibile,

“è Kurt” esalò e lesse il messaggio almeno dieci volte prima di pensare anche solo ad una risposta.

Aveva così tante cose da dirgli e sembrava tanto che quella era la sua unica occasione, non poteva sprecarla.

Ma quelle scuse lo facevano incazzare, se doveva essere sincero. E il “sei ancora importante, sempre” gli faceva ribollire il sangue nelle vene, perché allora non era tutto perduto.

Kurt non poteva tagliarlo fuori così, allora.. non se pensava davvero che lui fosse importante.

 

Da Blaine (22:04)

- delle scuse non me ne faccio niente Kurt e lo sai. Ciò che voglio sono spiegazioni, tante.. ma non solo quelle. Voglio tante cose Kurt e non mi arrendo. Domani io e te ci guarderemo negli occhi e se vedrò ancora quello che vedevo solo un giorno fa’, allora non mi arrendo Kurt. Buonanotte -

 

Da Kurt (22:05)

- porterò io il caffè e il muffin senza uvetta. Solo cioccolato per te, lo so. -

 

Da Blaine (22:05)

- il caffè è una mia promessa. Non la romperò, Kurt -

 

Da Kurt (22:06)

- non mi rendi le cose facili. Va bene, lo merito. Scusami. Buonanotte-

 

Da Blaine (22:07)

- salutami Santana e ringraziala per me. A domani. -

***

 

Kurt dopo aver passato l’intera notte a preparare tre discorsi, uno per suo padre Burt, uno per Blaine ed uno per lo stronzo di Zack che comprendeva anche un pugno ben piazzato in pieno viso, non era comunque neanche lontanamente pronto ad affrontare nessuno dei tre.

Eppure doveva farlo, non per sua scelta ovvio.

Ma Santana non aveva voluto sentire ragioni,“San, ti farò trovare sempre un piatto caldo sulla tavola e i vestiti puliti e stirati e la casa sempre tirata a lucido e non dovrai nemmeno pagarmi. Ti prego, ti prego non farmi andare via da qui. Non voglio più mettere piedi fuori da questo appartamento” l’aveva supplicata e non stava nemmeno scherzando,

“non farti prendere a calci in culo Hummel è troppo presto per farmi girare le palle ok? Sta’ buono” rispose lei, mentre cercava di sistemarsi i capelli alla meglio per non sembrare una perfetta squilibrata agli occhi di Burt Hummel, e perché se ne importava poi, non lo sapeva.

“non supererò vivo questa giornata” borbottò lui, 

“tue le scelte, tue le conseguenze.” di primo mattino sapeva essere ancora più brutale del solito e Kurt doveva ammettere che gli faceva bene averla intorno.

Anche se non era così sicuro se fosse l’acidità dell’amica a ricordargli quanto forte potesse essere e quanti colpi potesse incassare senza spezzarsi o più semplicemente aveva messo da parte lo straziante dolore per fare spazio al coraggio di affrontare tre persone che per ragioni diverse erano difficili se non impossibili da affrontare.

Era sempre questione di sopravvivenza ed in quello Kurt era un esperto.

Un sopravvissuto.

 

A discapito di quello che credeva Kurt, Santana una volta arrivati fuori casa Hummel sembrava essere più agitata di lui all’idea di incontrare Burt.

“non mi piacciono i genitori ed io non piaccio a loro” borbottò lei mentre guardava quella casa con sguardo torvo come se fosse infestata,

“mio padre non è come gli altri genitori. Ma possiamo fare dietro front e tornare da te, per te lo farei, lo sai.”

“non ci provare gay-ingenuo. Andiamo, prima che ti lasci qui ad affrontare Burbero Hummel tutto da solo” un respiro profondo per lui, uno per lei e si catapultarono fuori l’auto e dentro casa.

 

E in effetti Kurt aveva ragione, stava pensando Santana da quando aveva avuto il piacere di conoscere Burt e pure Carole.

Appena entrarono in cucina lei e Kurt furono accolti come eroi di guerra, ci furono abbracci e baci e “che bello vedervi!”, “grazie Santana” e ancora, “quanto sei bella!” era quasi da farsi venire il diabete.

Ed ora che era rimasta al loro tavolo da sola, mentre Kurt era letteralmente scappato con la scusa di una doccia, l’atmosfera non era cambiata.

Carole continuava ad essere una donnina tutto d’un pezzo che non si risparmiava però in parole dolci per i suoi figli e non aveva paura di fare una strapazzata a Burt perché “prendi un altro cucchiaio di burro e ti spezzo le mani Hummel” e dal canto suo Burt era un uomo così serio con gli occhi così simili a quelli del figlio che sorridevano si, ma che più di tutto la scrutavano senza farla mai sentire a disagio, però.

“volevo ringraziarti per esserti presa cura di mio figlio ieri. Per essere corso da te, vuol dire che di te si fida e quindi mi fido anche io” le disse Burt continuando a spalmare la marmellata sulla sua fetta biscottata biologica,

“non ho fatto niente, sul serio” rispose lei sicura,

“io non voglio metterti in una situazione scomoda e chiederti cosa sia davvero successo. So che questo è un discorso che devo affrontare con mio figlio.. però so pure che Kurt crede che tra i due quello che deve essere protetto sono io. Quindi una cosa da te la voglio sapere e voglio che tu sia onesta Santana, puoi esserlo?”
“ci provo” rispose di getto Santana senza pensarci perché voleva essere sincera con Burt ma non voleva nemmeno tradire la fiducia di Kurt,

“Kurt sta avendo problemi a scuola? Ci sono ragazzi che gli stanno creando guai? Questa volta io ho bisogno di saperlo per intervenire prima che succeda di nuovo qualcosa di cui questa volta non potrei mai, mai perdonarmi.” 

“oh. Ha avuto dei problemi in precedenza? Io non sapevo- ma no. Sono certa che a scuola abbia chi gli guarda le spalle signor Hummel, non deve preoccuparsi di questo. Glielo assicuro. Nessun grattacapo di questo genere.” rispose Santana lieta di potergli dare una risposta sincera al cento per cento e appuntandosi mentalmente di fare un discorsetto con Kurt al riguardo.

“bene. Mi hai detto più di quanto ti ho chiesto, Santana. Ti ringrazio. Ora prima che torni Carole passami metà della tua frittella e ti sarò debitore a vita” la ragazza scoppiò a ridere e gli passò la frittella intera,

“se mi vede Kurt sono una donna morta. Lo sa, vero?” 

 

Kurt uscì di casa piacevolmente sorpreso per due cose: la prima era che Santana era pronta ad essere adottata dalla famiglia Hummel, aveva fatto così buona impressione che fu invitata a cena appena i turni al cafè glielo permettessero,

“non devi aspettare un nostro invito formale, appena avrai una sera libera aggiungiti a noi, che Dio se ne scappi se non hai bisogno di una vera e abbondante cena stile Houdson-Hummel” così le disse Carole abbracciandola.

La seconda cosa che lo sorprese fu il discorso che gli fece suo padre Burt prima di lasciarlo andare, senza sapere ovviamente che il padre si era fatto così ragionevole solo perché aveva già triturato per bene il povero Finn che era stato molto attento a dire solo ciò che l’ignaro Burt poteva sapere.

 “stai crescendo Kurt e non posso controllare tutto ciò che ti succede però sappi che sarò sempre pronto ad ascoltarti ed aiutarti come posso. Chiunque ti faccia sentire come ti sei sentito in questi giorni, è qualcuno che per te conta. Spero che ne valga la pena, figliolo. E quando vorrai parlarmene io sono qui. Okay?” gli disse,

“è inutile che io neghi quindi. Hai già tirato le tue somme e non sono poi così sbagliate. Ma non credo che ci sia più niente da dire, ormai” disse lui abbassando lo sguardo sui suoi piedi,

“devo preparare il mio fucile da caccia Kurt? Sai che non vedo l’ora di rispolverare un po’ quell’aggeggio. Dimmi solo chi puntare”

“se così fosse dovrebbe mirare suo figlio stesso, signor Hummel” rispose Santana facendo scattare tre paia di occhi su di lei, due sorpresi, uno inferocito come un toro pronto ad incornare il suo torero,

“Finn?” domandarono in coro Carole e Burt ricevendo come risposta un indice di Santana puntato sul petto di Kurt,

“è lui, il suo stesso criminale” e a quel punto Kurt trascinò via l’amica da lì senza aspettare oltre e fingendo di non sentire le proteste dei genitori,

“ci vediamo questa sera!” urlò mentre correva lungo il vialetto di casa senza lasciare la presa del braccio di Santana che non cercava nemmeno di scansarsi dato che sembrava alquanto divertita, “continueremo il discorso una di queste sere!” stava dicendo lei mentre salutava con la mano libera.

“ci conto!” rispose Burt di rimando.

Kurt li odiava tutti.

 

*

Erano solo cinque minuti di ritardo si ripeteva Blaine mentre teneva fisso gli occhi sul suo orologio da polso.

Kurt sarebbe venuto ne era certo.

Sarebbe venuto, vero? Il cuore gli batteva così forte da sentirselo in gola. 

Questa volta non lo avrebbe lasciato prendersi gioco di lui, a costo d’ inseguirlo fino in capo al mondo, avrebbe fatto sentire la sua voce e la sua esigenza all’altro.

La sua pazienza aveva un limite dopo tutto, per questo prese il cellulare pronto a chiamarlo e dirgliene quattro.

Non era di certo pronto a sentire la voce di Kurt dopo un solo squillo, però.

“ho fatto tardi lo so. Accompagno Santana a lavoro e sono lì da te” disse lui d’un fiato, lasciando Blaine senza respiro.

Era solo un giorno che non sentiva quella voce e aveva appena realizzato che gli era mancata da morire. 

Tutto di Kurt gli mancava da morire e non c’è l’avrebbe fatta se continuava così.

“Blaine? Sei lì?” si sentì chiamare,

“oh si, si. Ti aspetto” disse prima di riattaccare, giusto perché gli era rimasta quel briciolo di lucidità che gli aveva detto di non dare tutto e subito all’altro.

 

“è tardissimo” sentenziò Kurt entrando di soppiatto nella classe di Blaine e prendendo posto al solito primo banco davanti la cattedra dell’altro, senza prendersi il tempo di guardarlo, salutarlo, scrutarlo, toccarlo.

Non poteva farcela Kurt.

“buongiorno Kurt” disse però Blaine sporgendosi da dove era seduto sulla cattedra, con i piedi ancora penzoloni per lasciargli un bacio sulla tempia come era solito fare e passargli il suo caffè.

Non poteva farcela Blaine.

Il suo profumo gli inondò le narici, la sua pelle calda gli fece solleticare le labbra, il suo sospiro gli entrò nelle vene come adrenalina pura.

“non farlo” mormorò Kurt, socchiudendo gli occhi e accettando comunque il suo caffè.

“non sto facendo niente che tu non voglia” gli fece notare Blaine prendendo a sorseggiare il suo caffè conscio del fatto che avesse ancora quel potere sull’altro.

“non voglio illuderti Blaine” ecco che arrivò la doccia fredda, ma Blaine si era preparato al gelo, se lo aspettava.

“allora guardami negli occhi mentre me lo dici Kurt, magari sei più convincente” disse perché non sapeva cosa stava facendo. Come al solito quando si trovava davanti a Kurt si lasciava guidare dall’istinto e quello che gli diceva di attaccare, di farlo impazzire ora che ancora ci riusciva.

E finalmente dopo quasi due giorni i loro sguardi si incontrarono di nuovo.

Occhi negli occhi.

Era guerra e pace.

Una guerra che stavano combattendo perché l’amore può essere così brutale da diventare il nemico da sconfiggere.

Una pace che si stavano concedendo perché i loro occhi, erano e sarebbero sempre stati la malattia e la cura. 

“non posso- io non voglio continuare, Blaine. Finiremmo solo per farci male a vicenda”

“sei tu che stai ferendo entrambi Kurt”
“lo so”

“allora smettila di farlo e baciami” Blaine a quelle parole si era avvicinato ancora un po’ a lui, poggiando le mani sul banco di lui senza però sporsi.

Si sarebbe preso solo quello che gli veniva dato.

“potrei anche baciarti. Ma non cambierebbe quello che penso” sussurrò Kurt frapponendo tra lui e Blaine il bicchiere di caffè che prese a sorseggiare perché se la sua bocca fosse stata libera allora non l’avrebbe usata per spiegarsi.

Non ce l’avrebbe fatta Kurt.

“allora dimmi cosa pensi” lo incoraggiò l’altro scendendo dalla cattedra per mettere un po’ di spazio tra lui e Kurt perché sentiva che l’altro voleva fuggire.. scappare da lui e non l’avrebbe permesso questa volta.

“sai che mio padre ha capito tutto? Cioè ha capito che nella mia vita c’era qualcuno d’importante. Non che era il mio insegnante di letteratura, ovvio. ‘so che è qualcuno che per te conta’ mi ha detto così e ha pure aggiunto che quando sarei stato pronto a parlargliene lui sarebbe stato lì. Ed io ero pronto, sai? Volevo così disperatamente raccontargli tutto, ma non potevo. Non avrebbe capito. Con un professore? Suo figlio non si metterebbe mai in un guaio del genere. Non farebbe mai scandalo. E quindi ho realizzato: se persino mio padre, sangue del mio sangue non lo vedrebbe giusto, allora è davvero sbagliato. Blaine ti assicuro che mio padre è la persona più liberale che conosca e so che mi ama più di ogni altra cosa. Ricordo come se fosse ieri la sua reazione quando mi vide con addosso un kilt per andare al ballo: “se lo sapevo Kurt per questo ballo non ti avrei regalato i miei gemelli, ma le mie vecchie mutande di lana. Non avrai freddo lì sotto?” disse proprio così e tu non sai quanto gliene fui grato” si asciugò le lacrime che erano scese contro la sua stessa volontà e bloccò Blaine con un gesto della mano per fermarlo lì, lontano da lui.. perché se si fosse avvicinato e lo avrebbe anche solo sfiorato allora non sarebbe riuscito a continuare quel piccolo teatrino che però bugia non era.

“Blaine se pensi che ti sto lasciando per non deludere mio padre, non è così. Se credi che ti sto lasciando perché non posso più nascondergli la verità su me e te allora ti sbagli. Il punto è che io non voglio farlo. Non voglio mentire a mio padre, Carole, ai ragazzi del glee, non voglio mentire ai miei vecchi amici della Dalton.” 

Blaine ascoltò pieno di frustrazione e delusione e quando l’altro ebbe finito sospirò un “cosa vuoi che faccia?”

e Kurt avrebbe voluto urlare: - non credermi! Io voglio ma non posso- e invece prese forza e disse:
“niente. Perché potresti convincermi per un po’, perché quando dico che per  me sei importante non sto mentendo, ma mi ritroverei di nuovo a questo punto subito dopo.”
“se sono importante per te, se valgo qualcosa per te.. allora resti. Non te ne vai. Lotti per altri pochi mesi ancora. Non ti sto chiedendo di nasconderci per sempre Kurt e lo sai. Lo hai sempre saputo. Ti sto chiedendo di aspettare fino alla fine della scuola. Non pensavo era chiedere troppo.” sbottò Blaine torturando i suoi capelli con le mani nel mentre, perché se le avesse avute libere sarebbero corse a cercare l’altro che sentiva troppo distante.

E Kurt dal canto suo non poteva che sentirsi distrutto e soddisfatto.

Soddisfatto perché con quelle parole stavano scalfendo Blaine, perché sembrava che ci stesse credendo. Ed era distrutto per lo stesso identico motivo.

Ma continuò, sperando che fosse il colpo di grazia quello che faceva arrendere del tutto Blaine, quello che glielo faceva perdere del tutto.

Per sempre.

 Infondo era lì per quello, no?

Perderlo e proteggerlo.

Non doveva dimenticarlo.

“voglio un ragazzo che esca con me e miei amici e non che corregge i loro compiti. Voglio un ragazzo che faccia con me tutte le prime esperienze: Il ballo di fine anno e la scelta dei college, il sesso anche e le feste fino all’alba e pure la prima vacanza lontani da casa. E tu questo non puoi darmelo. Non è così?”
“credi che se avessi potuto scegliere, avrei scelto tutto questo Kurt? Credi che avrei scelto di perdere la testa per un mio alunno. Per un ragazzino di 18 anni che deve fare ancora tutte le sue esperienze? Credi che se avessi potuto scegliere avrei scelto di farmi trattare come pezza da piedi sempre da questo ragazzino? No Kurt. Non lo avrei scelto.” Blaine aveva perso il controllo. il dolore, la rabbia e la frustrazione che sentiva era troppa per riuscire a contenersi e mettere un filtro  alla sua bocca che non censurava più nessuno pensiero logico e non.

Kurt non si ribellava al ‘ragazzino’ , non reagiva alla voce alterata di Blaine.. era quasi sollevato nel vederlo reagire, arrabbiarsi. Odiarlo.

Era quello che meritava.

Blaine non doveva volerlo più.

“si tratta sempre di scelte Blaine. Io sto scegliendo di mettere me al primo posto. E tu puoi fare lo stesso con te. Lascia perdere il ragazzino, che- che non ti merita e- sì, cercati l’uomo che vuoi” stava andando bene fino a quando la sua voce non si ruppe e un singhiozzo uscì fuori.

Stava andando bene fino a quando non alzò gli occhi e incontrò quelli rossi e frustrati ma sempre belli di Blaine.

Non c’è la fece più.

La maschera fredda e calcolatrice cadde e le lacrime scesero copiose e il fiato divenne corto.

Sentiva il cuore martellargli nel petto, fatto ormai in milioni di pezzi e sentiva la testa scoppiargli.

“sei un fottuto idiota Kurt. l’uomo che voglio? l’uomo che voglio deve ancora crescere, a quanto pare. Dio, io- va’ via” disse aprendo la porta della classe e spostandosi di lato senza neanche preoccuparsi di controllare che non ci fosse nessuno nei paraggi e se lo avesse fatto avrebbe visto un volto curioso in fondo al corridoio guardare proprio da quella parte,

“Kurt vattene, sta per suonare la campana” ripeté a bassa voce e a denti stretti,

“scusami Blaine” mormorò Kurt fermandosi proprio di fianco a lui ma guardando comunque oltre la porta,

“io non so chi sei. Questo davanti a me non è Kurt. Il mio Kurt l’ho lasciato uscire dalla mia macchina tre giorni fa e non l’ho più visto. Quando lo ritroverai, sai dove trovarmi”

“dimenticami” esalò Kurt senza avere la forza e la volontà di aggiungere altro.
“l’essenziale è invisibile agli occhi. Tu l’ hai dimenticato forse. Ma io riesco ancora a guardare col cuore” così dicendo Blaine, chiuse la porta davanti a sé e si lasciò scivolare su di essa fino a toccare terra.

Ma non pianse.

Contò fino a dieci e poi si rimise in piedi e con una calcolata calma radunò le sue e si recò in segreteria.

Disse che c’era stato un imprevisto e che doveva scappare e nessuno in quella stanza, Sylvester compresa ebbe il cuore di dire o chiedere qualcosa per saperne di più. Tutti non potevano far altro che credergli e pensare pure al peggio. Era un uomo distrutto: occhi gonfi, capelli sfatti, labbra martoriate, voce roca tipica di chi ha urlato o pianto o entrambe le cose.

Lo lasciarono andare e lui lo fece.

Si allontanò da quella scuola, ma non da Kurt.

Non era ancora pronto a quello.

 

*

 

Teoricamente Kurt aveva passato la notte a preparare tre discorsi, uno per Burt, uno per Blaine ed uno per lo stronzo di Zack e mentre entrava nel bagno delle donne al secondo piano aveva capito che praticamente non ne avrebbe usato nessuno.

Burt non l’aveva nemmeno lasciato parlare, per sua fortuna.

Con Blaine era andato tutto in malora e aveva finito per dire tutto quello che non avrebbe voluto ma che aveva, forse, funzionato meglio del discorso preparato con cura nella sua testa.

E sinceramente a quel punto di Zack non gli fregava niente. Voleva solo fare i suoi allenamenti con i cheerios per il resto della giornata e tornare a casa distrutto, per nascondersi sotto le coperte e non avere le forze per non pensare a niente.

 

A volte, come quella volta, succede che il cuore te lo strappi da solo, con le proprie mani e lo servi in una ciotola per cani o lo ficchi in un tritacarne per farne un burger.

Kurt aveva sentito da qualche parte che è probabile che senza un cuore un infarto non viene, ma nessuno gli aveva detto che puoi morire comunque.

Senza cuore.

 

“ho sentito dire che il professore nuovo, quello giovane e carino è fuggito via in lacrime. Non potevi darmi conferma migliore, bel ragazzo” si palesò Zack davanti a lui con la sua detestabile faccia e la sua viscida voce e Kurt se avesse potuto controllarsi, lo avrebbe fatto e gliene avrebbe cantato quattro ed invece si ritrovò a vomitare quel poco che Carole lo aveva costretto a mangiare durante la colazione, chinato sul lavabo dove fino ad un secondo prima fingeva di controllarsi i capelli.

“oh wow questo non me lo aspettavo Hummel. Hai preso qualche virus, per caso?” Zack gli si era avvicinato poggiando una mano sulla spalla come per assicurarsi che stesse bene e quel gesto con la sua voce quasi preoccupata ebbe come effetto in Kurt quello di fargli salire un altro conato di vomito,

“no è solo l’effetto che mi fa la tua presenza” si costrinse a dire quando fu sicuro di non avere più nulla da buttare fuori,

“capirai che non sono poi così male. Giuro.” disse Zack mentre gli passava una salvietta che aveva preso dall’ erogatore di fianco al lavandino e sinceramente Kurt voleva solo urlargli di smetterla di fare il carino tanto non attaccava,

“in questo momento voglio solo capire se stiamo apposto e che manterrai la tua parola.”

“vuoi che ti accompagno in infermeria?” domandò però Zack invece di rispondere alla richiesta di Kurt,

“non voglio che mi accompagni da nessuna parte, preferirei morire piuttosto” borbottò spazientito,

“senti Hummel voglio essere molto schietto okay? Non ci hai messo niente a mettermi da parte quando hai avuto chi volevi, eppure sono ancora qui che lotto, pure con armi pesanti, per averti, lui invece? dov’è ora? Sembra che ha incassato il colpo e se n’è andato. È questo che vali? Bastava così poco per vederlo rinunciare a te? Io ci penserei sul serio Kurt.” disse lui dandogli le spalle,

“non sai niente di noi” sputò fuori Kurt voltandosi a guardarlo per la prima volta da quando era entrato in bagno e lo vide fare spallucce,

“so che appena l’hai liquidato non ci ha messo niente a darti del ragazzino e a mandarti via” rispose freddo Zack, “ci vediamo sul campo Hummel, non vedo l’ora di vedere il tuo culo sodo fasciato dalla divisa” gli mandò un bacio da sopra la spalla e sparì per il corridoio affollato senza dare il tempo a Kurt di prenderlo per il bavero della giacca e urlargli contro che non aveva nessun diritto di origliare una conversazione privata.

Persino la sua ultima intima e straziante conversazione con Blaine era stata deturpata e rubata da quell’infame.

“quando finirà tutto questo?!” pensò. 

“mai troppo presto” fu l’unica risposta che riuscì a darsi.

 

*

Blaine aveva sempre avuto il suo posto dove poteva isolarsi dal mondo, prendersi il suo spazio, il suo tempo e non pensare a niente.

A tredici anni il suo posto era un vecchio ed enorme albero che aveva in giardino, ci si arrampicava fino ad arrivare ad uno dei rami più alti e restava lì a guardare il cielo fino a quando non sentiva le gambe e la schiena intorpidite.

A sedici anni aveva l’enorme tetto della Dalton e una vecchia poltrona dei warblers che era stata portata lì chissà da chi e passava le ore con il naso all’insù a guardare le nuvole.

A vent’anni aveva una panchina di central park un po’ più isolata rispetto alle altre che era stata dedicata in memoria di una persona cara a qualcuno e rimaneva seduto lì a contare i passanti.

A venticinque aveva il davanzale della finestra della sua camera da letto che divideva con Jeremiah ed era lì che aveva preso l’abitudine di sedersi, quando una città così grande ed una relazione così poco profonda gli andavano strette, e immaginare come potesse essere la vita delle persone che gli passavano davanti.

Ed ora aveva il davanzale della sua finestra in salotto ed era lì che si stava recando perché aveva bisogno di dimenticare per un po’ la sua vita e fingere di entrare in quella degli altri.

 

Una volta entrato nel suo appartamento corse in cucina dove trovò Sebastian e Rachel discutere di chissà che cosa, ma non li salutò, prese a fare la sua cioccolata calda ,poi chiese a Rachel se poteva occuparsi del glee solo per quella giornata e andò nel suo piccolo posto sicuro: il davanzale.

Non sapeva se i due avessero detto qualcosa, non sapeva nemmeno se Rachel avesse accettato la sua proposta o meno, semplicemente non gli importava.. voleva solo perdersi nella gente che passava in strada e creare per loro storie, racconti ed emozioni dal finale felice.

 

Blaine si raccontò di come il ragazzo aveva conquistato il cuore della ragazza che teneva per mano.

Si raccontò di come la bambina aveva convinto la sua mamma a regalarle un cagnolino quel Natale.

Si raccontò la storia del barista che aveva deciso di prendersi una pausa dal lavoro per fumarsi una sigaretta e mandare un messaggio alla sua ragazza per ricordarle quanto l’amasse e di come la ragazza gli aveva risposto che lei l’ amava sempre un po’ di più.

Si raccontò di come quei tre amici avrebbero riempito gli stadi di tutto il mondo con la loro musica.

Si raccontò così tante storie per così tanto tempo che ne perse il conto, ma era la prima volta da due giorni a quella parte che si sentiva di nuovo vagamente umano.

Quindi non scostò gli occhi dalla strada quando Sebastian lo approcciò la prima volta e poi una seconda e una terza.

Non si voltò quando Rachel gli disse che il pranzo era pronto, non l’ascoltò quando lo invitò a prendere almeno un’altra cioccolata calda.

Non si mosse quando Sebastian prima lo abbracciò e poi gli tirò uno schiaffo dietro la testa.

“mi stai facendo incazzare Killer!”

 

Restò lì deciso a non pensare a niente.

Perché si trattava sempre di scelte, no? Glielo aveva insegnato Kurt quella mattina e lui aveva scelto di mettere da parte la sua vita, che in un modo o nell’altro questa sarebbe andata avanti comunque.

Poteva lasciarla fare il suo corso, perché infondo lui non aveva il potere di controllarla, non del tutto.

Restò lì anche quando sentì Sebastian uscire e restò lì quando lo sentì rientrare accompagnato da Santana.

Avrebbe voluto restare lì pure quando questa lo salutò, ma la ragazza non era dello stesso avviso e non era nemmeno sensibile al momento che stava attraversando Blaine dato che non si fece scrupolo a prendere il bicchiere d’acqua che Rachel le aveva offerto per buttarglielo in faccia.

“le maniere Anderson. Se qualcuno ti parla, tu devi rispondere.” disse lei, spostandogli i capelli ormai inzuppati, dalla fronte.

“sei impazzita?” biascicò lui in difficoltà per il freddo che sentiva e per le ore di silenzio a cui si era costretto,

“perché non ci ho pensato io prima?” domandò Sebastian rivolto a nessuno in particolare.

“perché non ci lasciate qualche momento da soli?”

“non è necessario, non ho intenzione di parlare con nessuno” disse Blaine asciugandosi il viso con il dorso della maglietta e tornando a guardare fuori, mentre sentiva i due amici rintanarsi in cucina

“infatti tu non devi parlare. Solo ascoltare” 

“non voglio fare neanche quello. Santana sei davvero gentile a preoccuparti, ma-”
“oh no tesoro, sta’ tranquillo che non sono preoccupata per te. Sono qui solo per Kurt e perché avrei voluto che quando ho vissuto anche io un’esperienza simile ci fosse stato qualcuno che mi avesse aperto gli occhi. Tutto qui” a quel punto Blaine poteva pure ascoltarla, lei lo stava facendo per Kurt e se era per lui, allora lui poteva ascoltare.

“che vuoi dire? Spiegati” così disse facendole spazio su quel piccolo davanzale e poggiando un po’ della sua coperte sulle sue gambe quando lei si sedette.

“sai che avevo una fidanzata, vero? Brittany?”

“avevo capito che stessi male per qualcuno la sera che ci siamo conosciuti San, ma non sapevo chi fosse” rispose Blaine

“si beh, quando mi lasciò mi disse che lo faceva perché doveva trasferirsi a Parigi e doveva studiare e pensare solo alla danza e alla carriera. Mi disse che avrei dovuto dimenticarla e trovare qualcun altro che mi rendesse felice perché lei non poteva e non voleva più farlo. Mi disse cose orribili che se ci ripenso mi verrebbe da prenderla a schiaffi, perché ora so che erano tutte bugie” Santana aveva bisogno di un secondo di pausa, mettere in ordine i pensieri e non dimenticare il motivo che l’aveva spinta a parlare di quel periodo della sua vita: aiutare quei due idioti.

“come fai a saperlo? Che erano bugie, intendo” 

“perché l’ultima volta che l’ho vista ero al suo funerale, Blaine. Erano tutte bugie perché lei sapeva che stava morendo e ha scelto per me. Pensava che allontanarmi da lei poteva farmi soffrire di meno. Pensava che l’avrei dimenticata sul serio solo perché mi aveva detto di farlo. Come se poteva essere possibile.” Blaine strabuzzò gli occhi dalla sorpresa e senza pensarci due volte strinse le mani di Santana tra le sue, ma non disse che gli dispiaceva, non le disse che la vita era ingiusta e che il tempo aggiusta tutto.. no, quelle erano parole che non servivano a nessuno, ma disse: “è triste che tu non abbia potuto dirle addio e che l’amavi un ultima volta” e Santana annuì e sospirò,

“già. Ma non era questo il punto, Blaine. Volevo solo farti capire che io non so quali parole ti abbia detto Kurt questa mattina, ma posso immaginare siano state orribili, forse anche cattive.. però so cosa mi ha detto lui ieri e com’è felice quando sta con te e sono certa del fatto che quello che ti ha detto oggi non lo pensa davvero”
“come fai a dirlo? Lui non è brittany, giusto? Cioè lui-” Santana alzò gli occhi al cielo e gli tirò uno schiaffo col palmo della mano, sulla fronte

“sei cretino Anderson? Kurt non sta morendo, brutto idiota!” sbottò esasperata,  “Vuole solo che tu fugga da lui. Che lo odi. Che lo dimentichi, proprio come voleva la mia Brittany per proteggermi” concluse lei,

“Brittany aveva le sue motivazioni per fare quello che ha fatto. Non dico che è stata la scelta giusta ma posso capirla. Ma Kurt? Da cosa vorrebbe proteggermi?”
“non lo so. Ieri mi ha fatto strani discorsi sul futuro, sul destino. Ha detto che vorrebbe stare con te, ma ora non può e non crede sia giusto chiederti di aspettarlo. E cose così” disse lei vaga perché non voleva tradire la fiducia di Kurt, ma non poteva nemmeno uccidere le aspettative di Blaine. E soprattutto perché era convinta che la reale motivazione che aveva spinto Kurt a fare quello che aveva fatto, lei non la conosceva e forse neanche Blaine. Solo Kurt.

Ma comunque lei era lì per aiutarli, come poteva.

“che vuole dire ora non può? Che discorsi sul futuro? Il nostro?” Blaine doveva sapere. 

Voleva sperare. Ma Santana fece spallucce,

“in un certo senso. Era come se non volesse tapparsi le ali e nemmeno farlo a te. Parlava di città diverse, università, nuove vite. Senti Blaine, non sono io che devo parlarti di queste cose e lo sai. Io volevo solo dirti di non arrenderti, io l’ho fatto con Brit perché per me era più facile credere a quelle parole terribili che ai bei gesti dimostrati. Era molto semplice per una come me pensare di lasciarla libera perché non meritavo una come lei. Non fare il mio stesso errore, Blaine. Ti meriti tutto l’amore che vuoi.” 

Blaine si meritava tutto l’amore che voleva da Kurt. E cavolo se era vero!

Così il ragazzo di slancio, buttò le braccia al collo di Santana e la strinse così forte da farle mancare il respiro.

Perché lui non era mai stato intenzionato a dimenticare Kurt,dirgli addio.. ma ora grazie all’amica aveva davvero speranza che era lo stesso pure per l’altro.

Era sempre questione di pelle e battiti.

Di organi e sensazioni.

Di caffè e promesse.

Doveva solo far in modo che Kurt non lo dimenticasse.

 

“San anche tu meritavi e meriti ancora tutto l’amore che vuoi. Mi dispiace che non ci sia stata una Santana nella tua vita che ti doveva far aprire gli occhi come tu hai fatto con me”

“è così che doveva andare”

*

Zack di Maggio mentre era al 29esimo giro di campo dei 50 che doveva fare aveva in testa un unico pensiero: Hummel.

Era ormai appurato che lui fosse uno stronzo colossale, nulla da ribadire.. ma non sapeva se lo fosse fino a quel punto.

Vedere Kurt in quello stato e sentire voce che il professore non era stato da meno gli stava facendo pensare che forse non era poi così piacevole aver creato quel trambusto solo per semplice noia ed invidia.

Si, ora poteva ammetterlo a sé stesso: Zack era invidioso.

Invidiava la fierezza di Kurt nel mostrarsi per quello che è in qualsiasi circostanza.

Invidiava i veri amici di cui sembrava essere circondato, diamine era riuscito persino a farsi piacere da quel diavolo di Puckerman.

Invidiava che persino quel bastardo di Karofsky sembrava essere ossessionato da lui e infine invidiava soprattutto il fatto che avesse un uomo.

Invidiava che stava vivendo la sua favola adolescenziale mentre lui era costretto a finti appuntamenti con figlie di colleghi del padre per evitarsi liti e botte inutili con quell’uomo che si presumeva dovesse sempre e solo accettarlo e supportarlo.

Ecco come stavano le cose e dopo tutto il casino che aveva combinato non poteva di certo tirarsi indietro.

Che figura ne avrebbe fatto?

“la figura di un ragazzo con un cuore o una coscienza” poteva sentire la voce di Kurt rispondere con il suo solito tono arrogante che lo faceva sempre un po’ eccitare.

 

“Hummel! Che diamine di fine avevi fatto? Pensavo ti avessero chiuso nei gabinetti chimici o una cosa del genere!” sbottò Puckerman non appena vide arrivare il cheerio insieme a Kitty,

“farebbero davvero una cosa del genere?” domandò lui,

“devi ringraziare me e di Maggio se non potrai raccontare questa storia a tuoi nipoti” disse convinto Puck e Kurt stava pensando però alla riprovevole storia che avrebbe potuto raccontare ai suoi ipotetici nipoti grazie a di Maggio.

“mollami il tuo cellulare cheerleader che ti lascio il mio numero. Hai l’aria di chi ha bisogno di una bevuta stile Puckerman” continuò Puck una volta che si era avvicinato, allungando una mano verso di lui,

“hai bisogno di qualcuno che faccia da babysitter a tua sorella, vero?” domandò scettico Kurt,

“anche” sorrise Puck mentre tirava dalle mani dell’altro il suo cellulare, che sembrava restio a dare.

 

Zack da dove stava correndo non poteva ascoltare tutto quello che si stavano dicendo, ma in compenso aveva l’intera visuale del corpo slanciato di Kurt  fasciato in quella divisa che lasciava poco all’immaginazione, e che qualcuno lo fulminasse se quello di Kurt non era il culo più bello su cui avesse mai posato gli occhi.

Certo, aveva una voce a volte stridula e dei lineamenti da ragazzina, ma quel culo era un capolavoro.

E al diavolo i sensi di colpa. Hummel sembrava già essersi ripreso da come stava parlando tranquillo con Puck.

Non si sarebbe arreso fino a quando quel culo non fosse stato suo, preferibilmente anche con un pezzettino di quel cuore così grande.

Cuore? Dio, quanto solo poteva sentirsi?

Meglio che Zack non si soffermava molto sulla risposta a quell’ultima domanda,

 

“Lady Hummel! È sempre bello riavere la sua presenza al campo. È come una boccata d’aria fresca!” urlò allora Zack salutando con la mano per attirare l’attenzione
“o un calcio nei coglioni” s’intromise Karosfky,

“voi due smettetela di corteggiare la mia punta di diamante alle regionali e cominciate con le flessioni” sbottò la Sylvester senza sapere quanto vera potesse essere quell’affermazione e che impatto avesse avuto soprattutto su uno dei due giocatori.

 

*

 

L’unico pensiero coerente di Kurt quando varcò la porta di casa dopo gli allenamenti era che doveva farsi una doccia prima di tuffarsi sotto le coperte.

Pensiero che venne però spazzato via quando due paia di braccia lo investirono, senza dargli nemmeno il tempo di togliersi il cappotto.

Nick e Jeff erano loro, a casa sua, che lo abbracciavano forte.

“siamo corsi appena saputo” sussurrò Nick,

“anche se avresti potuto rispondere al cellulare, Kurt” continuò Jeff.

“mi mollate?” disse invece lui, sentendo i suoi occhi già riempirsi di lacrime salate.

Sarebbero mai finite? Stava iniziando a pensare di poter morire disidratato, se continuava di quel passo.

“ehi cosi, non vi ho chiamato per strangolarlo. Lasciatelo respirare!” Maledetto Finn, pensò Kurt appena aveva capito chi fosse l’artefice di quella indesiderata sorpresa.

Voleva un bene dell’anima a quei due, ma non era pronto ad affrontare l’ennesima volta il discorso Blaine, quella giornata.

Però erano Nick e Jeff.. magari a loro avrebbe potuto dire l’intera verità togliendosi così un macigno dal cuore. Erano suoi amici, solo suoi amici e ad essere sinceri non avevano mai creduto alla buona riuscita di quella relazione, quindi forse non avrebbero mosso un dito per far uscire fuori la verità e mettere così a rischio Blaine.. poteva fidarsi, giusto?

Poteva buttare fuori la verità, no?

no.

non poteva rischiare. Non se a pagarne le conseguenze poi sarebbe stato Blaine.

 

Carole fu veloce a mandarli in camera di Kurt per lasciarle il tempo di preparare la cena e Finn fu tempestivo nel distrarre Burt parlando dei suoi turni a lavoro che quella settimana non combaciavano con gli orari dei corsi all’università.

“cosa è davvero successo?”, “perché non ce l’hai detto subito?” Kurt non riuscì nemmeno a chiudere la porta dietro di lui che i due lo assalirono di nuovo e non sapeva neanche dire chi dei due avesse fatto quale domanda.

Anche quella sarebbe stata una lunga serata.

“ad essere onesto non so se riesco a spiegare per l’ennesima volta cosa è successo. Potrei vomitare di nuovo” borbottò, stupendosi del fatto che non fosse nemmeno una bugia quella.

“Finn non ha saputo dirci niente di più di un Kurt ha lasciato Blaine e ci sta di merda” disse Jeff buttandosi in maniera fin troppo drammatica sul letto,

“il che è vero ed è tutto quello che c’è da sapere” disse lui sperando di essere convincente,

“perchè?” Kurt stava iniziando ad odiare quella piccola parola seguita da un punto di domanda. Se avesse potuto l’avrebbe eliminata dal vocabolario.

“perchè voi avevate ragione. Tra me e lui non poteva funzionare” Nick alzò un sopracciglio scettico mentre Jeff esterrefatto aprì la bocca formando una perfetta O , 

“tesoro ti ricordi prima ancora che c’era una storia tra di voi io ti feci una sola unica domanda: ne vale la pena?” cominciò Jeff e Kurt forse già sapeva doveva voleva andare a parare o forse no,

“la tua risposta fu sì. Ne valeva la pena perché non avevi una cotta per il professore, ma ti piaceva Blaine, perché eri stufo di non poter essere felice solo per paura di essere giudicato male. Ricordi?”  continuò Jeff e Kurt ebbe solo la forza di annuire,

“cosa è cambiato da allora?” domandò alla fine Nick,

“che ho capito che così non sono comunque felice” Jeff a quelle parole scoppiò a ridere e Nick fu veloce a tirargli uno schiaffo dietro la testa per zittirlo,

“tesoro credi che ora stai meglio di prima? Non credo” ipotizzò Nick,

“come minimo ora dovresti sentirti più leggero, come se ti fossi tolto un peso dal cuore..sentirti libero, io invece ti vedo col cuore a pezzi e il peso di quello che hai fatto sulle spalle curve. Mi sembri un povero deficiente, se posso dirlo” finì Jeff alzandosi per andare a mettere entrambe le mani sulle spalle dell’amico,

“ascolta uno che ha dovuto lottare prima con sé stesso per poter essere felice ed innamorato. Non lasciare che la paura guidi le tue decisioni e cerca di fasciarti la testa solo quando te la sei rotta, perché così è inutile” Kurt si voltò a guardare Nick per cercare un aiuto ma l’altro sembrava commosso e fiero del piccolo discorso di Jeff,

“senti Hummel, lo sai che tutta questa storia non mi ha mai convinto. Ma Blaine sì, lui mi ha convinto quando ho visto come ti guarda. Come se non ci fossi che tu. Sempre. Come se fossi la cosa più bella di questo mondo pure quando sorridi in quella maniera strana e sembri essere un vecchietto senza dentiera!” Jeff lo stava scuotendo forte, ma comunque Kurt aveva notato l’insulto,

“senza dentiera? Io non- non mi manca nessun dente, brutto cretino!” disse volendo sembrare offeso e finendo invece con lo scoppiare a ridere e piangere insieme.

Perché gli erano mancati quei due e gli mancava Blaine.

Perché avrebbe tanto voluto essere felice e innamorato come Jeff, ma si era fasciato la testa perché Zack gliel’aveva già rotta.

Rideva perché nonostante tutto non si sentiva solo.

Piangeva perché nonostante tutto non si sentiva completo.

Era questione di pelle e battiti.

Organi e sensazioni.

La sua pelle era sempre un po’ più fredda senza il tocco di Blaine.

I battiti erano sempre un po’ mancanti senza gli occhi di Blaine su di lui.

l’organo che batteva nel suo petto era stato triturato in minuscoli pezzettini e senza Blaine non c’era modo di ripararlo.

Le sensazioni erano finte ed effimere se non era Blaine a fargliele provare.

 

Nick e Jeff lo lasciarono ridere e piangere fino a quando non si addormentò stremato accoccolato tra loro due sul letto.

Lasciando i due estremamente confusi e insoddisfatti,

“cosa c’è sotto?” chiese Jeff sotto voce guardando la figura stremata di Kurt che dormiva,

“non ne ho idea” sussurrò Nick.



 

Angolo Wallflower_

 

Nel capitolo precedente non ho lasciato nessuna nota.

Ho pubblicato e sono fuggita, come una ladra, senza un minimo di spiegazione.

Colpa del fatto che avessi dimenticato come usare il sito. 

But anyway.

Continuo la storia dopo 10 anni di pausa.

Ebbene sì, molte cose sono cambiate, dentro e fuori.

Eppure una sera di qualche mese fa ho ricominciato un re-watch di glee e sono venuti a galla così tanti ricordi da esserne stordita.

Uno fra tutti, questa storia incompleta.

E visto che ho ripromesso a me stessa di non procrastinare più e di portare a termine quello che comincio.. eccomi qui.

Questo capitolo come i prossimi tre sono stati scritti 10 anni fa. E revisionati solo ora. 

Spero che dal capitolo 14 in poi la storia continui ad avere un filo logico.

 

Non so se ci sarà qualcuno che ancora legga ff su glee.

Se così fosse, bentornati su questo lungo ride di angst.

 

Se non ci sarà nessuno.. the show must go on.. Anyway!

 

Grazie a chi legge.

Un bacio.

Wallflower_

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Capitolo 13
*** Stone cold. ***


Capitolo 12

 

Quello che stava vivendo Kurt da una settimana a quella parte, giorno più o giorno meno non sapeva dirlo con certezza, era l’inferno.
Certo, gli allenamenti dei cheerios erano infiniti e stancanti, le due coreografie da provare erano di una difficoltà sovrumana e mancava sempre meno alle regionali, ma non era quello il motivo del suo stress.

no.

La Sylvester era una passeggiata se paragonata a Blaine, Zack, Mercedes, Rachel e Sebastian.

Erano troppi e troppo da gestire per un solo unico ragazzo triste e confuso.

 

Blaine che sembrava aver rispettato la sua scelta non mancava mai di ricordargli che comunque non la condivideva, ovviamente.

Erano piccoli gesti i suoi e sempre fatti nei momenti più impensabili.. quando meno se lo aspettava.

Come se fosse calcolato. Come se l’unico obiettivo di Blaine era che Kurt non si dimenticasse di quello che c’era stato tra di loro e che ancora poteva esserci.

Nel momento esatto in cui Kurt abbassava la guardia ecco che spuntava un piccolo gesto da parte di Blaine come promemoria. 

Per farlo impazzire, certo. E scoppiare in lacrime la maggior parte delle volte.

Non pretendeva niente Blaine, voleva soltanto che ricordasse tutto quello che aveva volutamente perso.

Ed era una tortura. Dolce, ma pur sempre una tortura. E Kurt era solo un ragazzo fatto di carne e cuore. Ed era debole.

 

Aveva cominciato con un fogliettino infilato nel compito corretto, portatogli in classe, che diceva: “non ti dirò mai addio e nemmeno tu” e Kurt a quella scritta così decisa e lineare e a quelle parole e al sorriso di Blaine che gli stava dedicando quando alzò lo sguardo dal foglietto, scoppiò in lacrime e scappò dalla classe prima che qualcuno potesse chiedergli cosa fosse successo.

 

Il secondo promemoria di Blaine lo trovò il giorno dopo, quando Kurt entrando nell’aula di letteratura inglese, al suo solito posto trovò il caffè del Lima Bean e un muffin  all’uvetta e Blaine ebbe pure la faccia tosta di dire: “Hummel vedo che ha fatto breccia nel cuore di qualcuno. Non ho resistito e ho letto il biglietto, davvero romantico. Veda di non farlo capitare più, siamo a scuola e non in un Hotel” quello ovviamente provocò le risatine di tutti, tranne di Azimio che borbottò qualcosa riguardo ad un altro frocio nascosto a scuola che per fortuna Blaine non sentì.

Quel gesto non fu l’unico della giornata però e il secondo arrivò come il primo: inaspettato.

Rachel entrò trafilata nell’aula del glee con due enormi buste tra le mani e sbuffando disse: “il vostro maledetto insegnante mi ha incaricato di portare il gelato per tutti oggi. Quindi eccovi il gelato. Blaine? Pensi di aiutarmi?” e così che Kurt si ritrovò tra le mani una coppetta di gelato panna e cocco, proprio come sua mamma lo aveva incitato a mangiare da piccolo.

Blaine si ricordava la storia quindi e scoppiare in lacrime fu inevitabile, come inevitabile furono le domande preoccupate e insistenti dei ragazzi del glee. Mercedes in primis.

Fu soddisfatto di vedere però Rachel tirare un buffetto dietro la testa di Blaine che per tutta risposta sorrise e le disse “vai ad abbracciarlo per me”, Kurt lo sapeva perché Rachel l’aveva abbracciato sul serio e gli aveva detto che era stato Blaine a farglielo fare.

 

Quello era forse il settimo giorno o giù di lì e Kurt aveva perso il conto di quante volte aveva chiesto a Blaine di smetterla, ma l’altro non voleva saperne.

Ogni volta che Kurt era l’ultimo ad uscire dalla classe di Blaine, per potergli dire: “smettila. Non serve a niente” era sempre un colpo al cuore vedere gli occhi luminosi di Blaine farsi tristi per un attimo e poi fare spallucce e augurargli una buona giornata come se nulla fosse.

Era maledettamente frustrante e doloroso quando inviava un messaggio a Blaine per chiedergli di lasciarlo perdere e come risposta riceveva una foto che ritraeva loro insieme, o lui con Sebastian, o soltanto lui che sorrideva alla camera. Era uno strazio, un supplizio e per quanto riguardava Kurt pure una cattiveria da parte di Blaine.

Ma non glielo diceva ovviamente, perché meritava di soffrire e quelle foto mandategli dall’altro lo facevano soffrire.

 

Era un inferno, il suo.

E Zack occupava un altro girone intero tutto per sè, in cui sapeva essere una vera e propria spina nel fianco.

 

Lo aspettava al suo armadietto nei cambi d’ora, lo accompagnava agli allenamenti dei cheerios pure quando non aveva nessuna partita da giocare, Zack lasciava che Kurt avesse il suo spazio e il suo tempo negli spogliatoi e poi lo accompagnava fino al parcheggio, capitava anche che si sedeva durante il pranzo al tavolo del glee quando c’era anche Puckerman che faceva il filo a Marley ,ovviamente.

Un minuto prima giocava il ruolo del ragazzo interessato e gentile con mille attenzioni tutte per Kurt senza tralasciare sguardi lascivi e frasi da rimorchio alquanto sporche e un minuto dopo giocava il ruolo del manipolatore bastardo approfittacazzi che ricordava a Kurt delle foto e di stare alla larga da Blaine e ovviamente giocava quella carta quando voleva davvero qualcosa dall’altro come le risposte del compito di chimica o una chiacchierata dopo scuola.

Era snervante e sfiancante e Kurt non poteva gestirlo.

 La cosa che più odiava Kurt però se si fermava a pensarci, era che si prendeva il bacio del buongiorno e dell’arrivederci tutti i giorni, in un modo o nell’altro.

La prima volta sfilò la mano di Kurt dalla tasca della giacca e se la portò alle labbra mormorando un “buongiorno Lady Hummel,”facendo rabbrividire di collera Kurt.

Il giorno seguente fu così veloce che Kurt aveva creduto e pure sperato che non fosse davvero successo e invece Kurt era semi sdraiato sugli spalti del campo di football che guardava le nuvole grigie mentre riprendeva fiato quando Zack gli si parò sopra oscurandogli la vista e prima che potesse anche solo pensare di spostarsi, il giocatore gli baciò la punta del naso e sussurrò un odioso “buongiorno bel ragazzo”.

E così furono i terzi e tutti gli altri baci: rubati e indesiderati.

Kurt ne ebbe abbastanza quando al quinto giorno o giù di lì se lo ritrovò a casa Puckerman per il babysitting alla piccola Lea,

“eh no Puck, se c’è lui io me ne vado” aveva sentenziato Kurt facendo pure dietro front pronto a ritornare alla porta,

“no Kurty! Non puoi lasciarmi da sola con questo.. questo pestifero! l’ultima volta mi ha fatto guardare un film così brutto, così brutto che ho avuto gli incubi per settimane! Ti prego! Non sa neanche farmi le trecce per mettermi a letto!” la sorellina di Puck sembrava essere ancora meno contenta di Kurt di restare in compagnia di quell’idiota,

“ehi piattola ti ho già detto che Zack non sta qui per te, quindi sta’ buona. Non ti accorgerai nemmeno della sua presenza” la rassicurò Puck mentre si sistemava allo specchio dell’ingresso la sua cresta,

“se potessi, me ne tornerei a casa. Ma- ma non posso. Quindi voi due ragazzine fatevi pure le trecce, io guarderò la televisione e poi aspetterò Puck in camera sua” così dicendo Zack sparì oltre la porta del salotto lasciando Kurt basito.

Beh meglio così, si disse mentre andava a sedersi vicino a Lea sul divano.

“comportati bene con Marley e non fare troppo tardi che io domani ho comunque gli allenamenti dei cheerios” gli ricordò Kurt, sorridendo perché era contento per Puck e Marley. 

Almeno c’era qualcuno che poteva viversi il primo amore come voleva.

“di sabato? La Sylvester vuole proprio vincere eh? Ci vediamo belli! Ah Kurt, ti devo un favore, lo sai”
“solo uno?” 

“tre!” urlò già fuori dalla porta Puckerman facendo alzare gli occhi al cielo a Kurt.

La sorellina di Noah non dava molto da fare a dire il vero, dopo averle preparato la cena, controllato che mangiasse tutto, messo il pigiama e scelto un film dal portatile di Puck la bambina sembrava più che impegnata a guardare il film dei simpson, mentre lui non trovava niente da fare per intrattenersi.

Non aveva portato nessun libro perché non pensava avesse avuto il tempo di leggerne uno, il cellulare l’aveva abbandonato all’ennesimo messaggio poco gentile di Sebastian che gli descriveva che morte facesse il suo nuovo personaggio del suo prossimo trhiller liberamente ispirato a lui e le riviste di gossip che aveva trovato in giro per il salotto Puckerman erano così vecchie che Kurt stentava a riconoscere le celebrità delle copertine.

Insomma si stava annoiando.

“dove sono le tue trecce Hummel?” domandò Zack che era sceso di sotto per prendersi solo qualcosa da bere,

“perché non te ne torni a casa?” sbottò subito infervorito Kurt

“pensavo di essere stato chiaro. Non posso” Zack lasciò il salotto per dirigersi in cucina e al frigo e stranamente Kurt lo seguì,

“perchè?” chiese e scusate se era curioso,

“perché cosa?”
“non puoi tornare a casa” incalzò Kurt ma Zack fece spallucce e non rispose, prese la sua birra fredda e girò sui tacchi pronto a rintanarsi di nuovo in camera di Puck,

“eh no, Zack, mi avevi chiesto una possibilità per farti conoscere. Eccoti la possibilità. Spara” Kurt gli si parò davanti con le braccia incrociate al petto e il mento all’insù in maniera altezzosa e Zack alzò gli occhi al cielo e sospirò scocciato,

“perché prima o poi mi si ritorce tutto contro?” borbottò guardando ancora il soffitto come se stesse parlando con un Dio lissù mentre si metteva a sedere sul ripiano della cucina,

“è il karma. La sua legge causa-effetto dice che per ogni brutta azione causata tanti saranno gli effetti negativi che-” la spiegazione tanto lucida quanto irrazionale di Kurt fu bruscamente interrotta da Zack,

“gesù Kurt non volevo davvero una cazzo di risposta!” 

“ehi idiota attento a come parli che Lea potrebbe sentirti! Ora spara, avanti.” disse spazientito mentre prendeva posto al tavolo della cucina, sulla sedia più vicina a Zack senza nemmeno pensarci.

“lunga storia in breve: mio padre è uno stronzo misogino cazzone e ha trovato delle richieste d’ammissione a dei college che dovevo ancora spedire e che lui non aveva mai approvato. Quindi ha pensato bene di prendersela prima con mia madre perché è lei che ha cresciuto un fesso finocchio che pensa di diventare il Tarantino dei froci e poi con me, ma quando ha fatto per strappare le lettere io non ci ho visto più e l’ho spinto via e lui per tutta risposta mi ha tirato un calcio nelle palle. Ora sono uno stronzo anche io, ma so quando combattere le mie battaglie, quindi mi sono assicurato che mamma stesse bene e poi sono venuto qui.” disse arrabbiato e un po’ avvilito,

“quindi? Fino a quando pensi di restare qui? Sei davvero sicuro che tua mamma stia bene con- con lui?” domandò Kurt un pelo preoccupato anche per la povera donna,

“lei sta bene, l’ho chiamata mezz’ora fa.. e comunque domani dopo la partita se il talent scout mi recluta credo che lo stronzo di mio padre se la fa passare e posso tornare a casa.” e Kurt sembrò ponderare bene tutto ciò che gli era stato detto,

“aspetta.. se ho capito bene la storia di Tarantino dei froci, i college a cui vuoi iscriverti sono di cinema, vero?”  chiese e Zack annuì,

“e allora perché vorresti farti reclutare dal talent scout, sempre se possa davvero essere una possibilità, poi!” 

“per guadagnare tempo e avere sempre una possibilità di fuga nel caso in cui le cose non dovessero andare in porto con la scuola di cinema. E sono troppo bravo per non essere notato, Hummel! Avanti lo sai anche tu!” tutto il discorso di Zack filava liscio come l’olio, non faceva una grinza e sentiva un po’ di malsano dispiacere per lui.

Si dice che un cattivo sia solo una vittima la cui storia non è stata raccontata.

Ecco, Kurt era consapevole del fatto che sì, Zack era e sempre restava il cattivo del suo racconto, ma ciononostante era una vittima della sua personale storia di cui Kurt sapeva solo una piccola parte ma che gli faceva capire che forse l’altro non doveva essere demolito per avere il suo happy ending con Blaine, ma doveva essere semplicemente aiutato.

“Hummel fai sparire quella tua espressione dispiaciuta dalla faccia prima che te la succhi via io, insieme ad un altra cosa. Così che non vedrò altro che puro e semplice godimento sul tuo bel visino d’angelo” ghignò Zack scendendo dal ripiano e sfiorando lascivo la mandibola dell’altro che si ritirò via come se fosse stato scottato,

“Dio quanto ti odio” bofonchiò già dimentico di tutti le sue congetture sul carnefice che diventa vittima, Zack era stronzo e basta.
“buonanotte Bel ragazzo, è stato- interessante parlare con te”
“hai fatto tutto tu” borbottò Kurt, lasciando la cucina per ritornare in salotto e sprofondare sul divano insieme a Lea che ormai era beatamente addormentata.

 

*

era sabato pomeriggio e Sebastian si stava annoiando.

Rachel da quando aveva preso a dirigere il glee con Blaine, non faceva altro che preparare lezioni e ascoltare canzoni e e leggere spartiti come se quello fosse il suo unico scopo della vita e forse era pure tristemente vero, quindi per quanto Seb si stesse annoiando non era disperato fino al punto da cercare la sua isterica compagnia.

Blaine era il fantasma di sé stesso ormai e per quanto si sforzava di far sembrare che lui stesse bene a Sebastian non gliela dava a bere ed era stufo di tenergli il gioco e fingere con lui che andasse tutto bene.

Poteva mettersi a suonare tutta la musica che voleva insieme a Rachel e poteva spiegare come Kurt aveva sorriso quando aveva letto l’ennesimo stupido bigliettino che gli aveva lasciato lui e poteva pure continuare a fare la mamma chioccia in giro per casa, Sebastian vedeva che stava fingendo di stare bene e che in verità stava soffrendo come un cane.

Ed in quel momento Bas era solo annoiato da tutta quella situazione,

“sai cosa ti dico Blaine? Mi hai rotto le palle tu e le tue maledette cioccolate calde, i tuoi cartoni della disney. Mi hai rotto le palle con le tue piccole missioni per Kurt perché “Seb sta cedendo, lo so” e mi hai rotto le palle con i tuoi discorsi tristi sugli amori strappati e mai finiti. È sabato pomeriggio ed io esco, fatti trovare pronto quando torno che stasera si va allo Scandal” sbottò lasciando Blaine con le mani che tenevano una tazza di cioccolato a mezz’aria e la bocca spalancata a formare un enorme O di puro stupore,

“l’ultima volta allo Scandal, Kurt e-” Blaine era pronto a cominciare una filippica sugli eventi di quella fatidica notte ma Sebastian gli mostrò un non tanto elegante dito medio ed uscì da casa sbattendosi dietro la porta in maniera così teatrale che Kurt ne sarebbe stato fiero.

 

Santana era la sua boccata d’aria fresca.

Fortuna che c’era lei perché quell’Ohio stava cominciando ad andargli stretto,

“sai cosa penso Smythe?” cominciò la ragazza dopo che aveva ascoltato per almeno cinque minuti buoni la tiritera di Bas su Blaine che lo rendeva frustrato e preoccupato e di Kurt che gli stava facendo saltare i nervi perché erano più di cinque giorni che lo evitava e lui doveva parlargli perché:   “ehi! Ha lasciato anche me per caso? Merito anche io una spiegazione?” 

“pensi che faccio prima se mi presento a scuola di Hummel o a casa sua? Ci ho pensato anch’io. Così posso cantargliene quattro e dirgli pure come deve fare per farsi odiare davvero da Blaine.” Santana alzò gli occhi al cielo e pulì con un po’ più di impeto del dovuto il bancone, giusto per evitare di malmenare lo spilungone

“no sfigato. Io penso che ti stai così concentrando sui problemi di Blaine con Kurt perché  in verità hai paura di affrontare i tuoi.” a quelle parole Sebastian si tirò indietro e guardò quella che non era più la sua boccata d’aria fresca in maniera torva.

“in questo preciso momento della mia vita Kurt e Blaine sono davvero il mio unico problema… mi sento abbastanza fortunato in questo. Ma parliamo di te, invece.. anche tu sembri così invischiata nella loro storia che passi più tempo a casa Hummel che nel tuo appartamento. O sbaglio? Non puoi fuggire per sempre dai tuoi demoni.”
“sono stata sincera fin dall’inizio con tutti, qui. Non sto fuggendo dai miei demoni, in verità li sto abbracciando. In questa situazione rivedo me in Blaine e non voglio che lui si arrenda come io ho fatto con Brit. Sto cercando di aiutare loro per aiutare me ad andare avanti. Ed ecco tutta la brutale verità: brittany mi ha allontanata da lei perché stava morendo, ma Kurt? Non è vero che ha lasciato Blaine perché tanto sarebbe finita comunque, perché non vuole complicazioni. Io voglio sapere la verità. Ne ho bisogno capisci? Questa volta non mi arrendo. Questa volta scavo a fondo. Non mi arrendo” Santana stava stringendo così forte lo straccio tra le mani da far diventare le nocche bianche sentendo quasi dolore, stava cercando di mandare indietro le lacrime perché si sentiva fin troppo vulnerabile per qualcosa che aveva già affrontato e per una situazione che non era propriamente affar suo e quando Sebastian fece per abbracciarla e consolarla lei lo spinse via in maniera gentile e scosse la testa,

“brutto cretino stavamo parlando dei tuoi problemi.. non dei miei”
“okay. Si tratta del libro. Io sono bloccato. Ho bisogno di tornare lì dove tutto è successo eppure non voglio davvero farlo. Capisci? E se lo dicessi a Blaine in questo momento penso che avrebbe un’altra crisi isterica” ed era strano che subito dopo quell’ammissione Sebastian sorrise soddisfatto, di quel sorriso che gli faceva premere la lingua dietro i denti e lo faceva sembrare ancora più giovane di quello che fosse.

Era sereno Sebastian.

Nonostante ciò di cui stava parlando, era sereno del fatto che era così facile per Santana leggerlo dentro e per lui così facile buttare tutto fuori con lei.

E Santana avrebbe tanto voluto continuare il discorso e poco importava di quei pochi tavoli che dovevano essere serviti e delle tazze che dovevano essere lavate, era pronta a prendersi la sua pausa meritata con o senza il permesso del capo e trascinare Sebastian fuori per una delle loro chiacchierate cuore a cuore, quando un alquanto bizzarra scenetta tenutasi all’ingresso del cafè le fece dimenticare tutte le sue buone intenzioni.

“ma che cazz-!” esclamò mentre i suoi piedi avevano già fatto l’intero giro del bancone del bar per trovarsi dall’altro lato del locale di fianco a Bas,

“ti ricordi di quelle ragazzine che stravedono per te e che ogni volta che ti vedono ti fanno mille moine e vogliono per forza che firmi le loro tette? Bene, sono qui. Non voltarti. Tu solo.. cerca di essere il meno ovvio possibile e va a chiuderti in bagno.” così dicendo Santana lo prese per un braccio senza tante cerimonie e lo spinse verso il piccolo palco infondo alla sala, proprio dove avrebbe trovato il bagno.. e poi con lo sguardo più truce che poteva mettere su, percorse a grandi falcate il locale fino ad arrivare all’entrata e si parò, a braccia conserte, davanti ad uno stranito Kurt… e un furibondo Zack.

 

*

“quale parte del ci vediamo lunedì a scuola non ti è chiara Zack? Dico sul serio. Sono stanco, frustrato, nervoso e angosciato. Voglio solo salutare la mia amica prendere un tè e andare a casa. Lasciami da solo” quella era la centesima volta che Kurt provava a spiegare a quell’imbecille che voleva essere lasciato solo, ma Zack sembrava irremovibile.

“Hummel ed io quante volte ancora devo ricordarti che soltanto ieri sera mi hai concesso la fatidica possibilità ed ora non puoi più tirarti indietro?” disse lui alzando le braccia al cielo mentre lo seguiva per la strada come fosse un cagnolino col suo padrone e del perché Kurt aveva ascoltato la Sylvester di non usare l’auto fino al giorno delle regionali per tenersi in forma lui non lo sapeva, però era sicuro di essersene pentito nel momento esatto in cui Zack aveva preso a seguirlo, lasciando la sua auto nel parcheggio della scuola.

“e capisco che non sei in vena di festeggiare stasera con me allo Scandals la partita vinta e la borsa di studio che mi ha offerto il talent scout per via degli allenamenti, ma non puoi negarmi la tua compagnia per un tè, Kurt! È crudele.” Kurt a quelle parole alzò gli occhi al cielo, perché davvero lui voleva parlargli di crudeltà? Davvero?
“non mi va di venire allo Scandals perché odio lo Scandals e non sopporto la tua faccia. Lo capisci? E non venirmi a dire che sono crudele, proprio tu.. fra tutti. È come se un asino dia delle orecchie lunghe al cavallo” Kurt era stato anche fin troppo eloquente con quell’essere e voleva solo arrivare da Santana il prima possibile.

“sai che quando ti arrabbi sculetti di più? È davvero un piacere per gli occhi, meno per le orecchie dato che la tua voce diventa ancora più stridula. Ma ehi, non si può avere tutto dalla vita, no?” a quel punto, poco gli importava che stava per strada e non era tipo da fare scenate.

Zack doveva andarsene via da lui.

Quindi Kurt si piantò lì, si voltò di scatto e lo affrontò di petto, “vorrei poter essere davvero crudele ora e piantarti un altro calcio nelle palle proprio come ha fatto tuo padre perché sei uno stronzo e te lo meriti costantemente. Ma non posso farlo perché hai sempre tu il coltello dalla parte del manico. Ma vuoi davvero che mi costringo a passare del tempo con te quando sei davvero l’ultima persona che vorrei vedere in questo preciso momento? ” Zack fece un passo indietro e spalancò gli occhi per mezzo secondo e poi sussurrò un “wow” amareggiato e spinse Kurt con la spalla superandolo e continuando la camminata.

Era stato solo un secondo ma a Kurt era sembrato di vedere del dispiacere nello sguardo di Zack, come se fosse stato ferito? 

Ok, forse non avrebbe dovuto usare la carta del padre, ma sul serio? Che restasse pure offeso se questo significava che l’avrebbe lasciato solo.

Se i sensi di colpa per un cretino del genere fossero comunque arrivati, perché lui era Kurt Hummel e non di certo un bullo, gli avrebbe chiesto scusa lunedì a scuola. Per ora stava bene così anche se non riusciva a capire perché Zack si ostinasse a fare la sua strada fino al cafè.

 

“non pensare che sei meglio di me Hummel” così aveva detto Zack una volta arrivato all’ingresso del locale, senza voltarsi e facendo per proseguire, però quelle parole fecero perdere l’ultimo briciolo di pazienza che un provato Kurt aveva conservato a fatica, quindi lo fermò per lo zaino che portava in spalla, “puoi ripetere?” disse seccato puntando il piede a terra e le mani sui fianchi,

“non sei meglio di me. Il calcio nelle palle me lo hai dato se proprio vuoi saperlo e credo che ha fatto anche più male di quello di mio padre. Lui è un violento bastardo e me lo aspetto, io sono uno stronzo nato e anche tu potevi aspettarti qualche tiro mancino da parte mia. Ma chi poteva mai sapere che dietro quel visino d’angelo ci fosse un infame che si prende gioco dei problemi altrui?” Zack era livido di collera e sdegnato e Kurt non sapeva se infuriarsi a sua volta perché non voleva di certo la predica da lui o se doveva sentirsi mortificato perché quello non era stato davvero un atteggiamento che gli apparteneva.

Si sentiva combattuto.. e stremato, ovviamente.

“non mi sono preso gioco di un bel niente, Zack. Io- stavo solo cercando di- di-”

“cosa? Stavi solo cercando la maniera di ferirmi come io ho ferito te? Perfetto! fammi una foto mentre ti faccio un pompino e ricattami con quella, sarebbe stato equo e l’avevo messo in conto. Ma non rinfacciarmi lo schifo che vivo ogni giorno da quando sono nato e di cui tu non sai veramente un cazzo” quello fu inaspettato come un fulmine a ciel sereno e Kurt non sapeva cosa pensare.

Non avrebbe mai, nemmeno in un milione di anni, esternato il fatto che il ragionamento di Zack era giusto.

Poteva ferirlo in mille e più modi diversi e sapeva ad esempio che urlargli in faccia che fosse un gay represso per strada davanti a tutti, lo avrebbe ferito e pure un po’ umiliato ma era anche consapevole del fatto che avrebbe fatto meno male rispetto alla brutta storia del padre.

Per questo aveva scelto di colpire duro e scegliere la seconda opzione.

Kurt era stremato.. era ferito. Dopotutto si sentiva ancora quell’animale in gabbia che aveva affilato gli artigli e tirato fuori i denti pronto ad attaccare per liberarsi.

“penso che praticando con lo zoppo si impara a zoppicare” mormorò con lo sguardo basso perché proprio non riusciva a chiedergli scusa e vide Zack fare un passo avanti verso di lui con lo sguardo nero e le mani strette a pugno lungo i fianchi,

“Dio Hummel, ti avevo sopravvalutato troppo. Non mi dare dei meriti che sono tutti tuoi, tu zoppichi già molto bene di tuo. Talento naturale a quanto pare. Vedi Kurt, ad esempio io oggi ero di buon umore e quando avevo visto Karofsky infilarsi svelto in auto per seguirti avrei potuto semplicemente fregarmene e tornare a casa e controllare che mia madre stesse bene ed invece ho pensato bene di fare tutta questa fottuta strada con te. Dimmi questo cosa ti dice? Quanto sono bravo ad insegnare  ad essere un perfetto stronzo, mh?” Kurt corrugò la fronte confuso,

“di cosa-” non potette mai chiedere di cosa stesse parlando però perché Santana Lopez inviperita come solo poche volte l’aveva vista fece la sua comparsa davanti la porta d’ingresso del locale,

“che diavolo sta succedendo qui?” sbottò fermando il suo sguardo truce sul viso teso e arrossato di Zack che ricambiò l’ occhiata,

“niente San stavamo solo-”
“facendo una conversazione intima e privata fuori dal tuo locale, dove quindi tu non hai nessun diritto d’intervenire” concluse Zack per Kurt in maniera così viziosa e affabile che fece venire la pelle d’oca a tutti, Santana compresa,

“tesoro, ti ho salvato quel bel visino che ti ritrovi una volta, ora invece non ho nessun problema a strapparti quella lingua biforcuta che hai e ficcartela nel-”

“Santana, va’ dentro” s’intromise però Kurt poggiando una mano ferma su quella dell’amica che sembrava pronta a spingersi oltre la soglia e sulla faccia del giocatore per fargli davvero male,

“e poi sono io lo zoppo Kurt?” fece Zack sorridendo beffardo indicando col pollice Santana mentre con lo sguardo si voltava a controllare la strada dietro di lui.

E Kurt seguì gli occhi dell’altro e si posarono su un’auto ferma ad una decina di metri più avanti,

una vecchia Berlina tenuta in maniera impeccabile e riverniciata con i colori dei Titans.

Come aveva fatto a non vederla prima?

Karofsky.

“Santana lasciaci soli” disse cupo all’amica che sembrava essersi impiantata lì,

“no”

“state tranquilli vado via io. Ho molte cose da sistemare.” Zack alzò una mano in segno di saluto e poi con un occhiolino e un sorrisetto furbo aggiunse: “Hummel sappi che devi farti perdonare” e senza aspettare una risposta, veloce come un fulmine corse in direzione dell’auto ferma.

Ma Kurt non fu in grado di fermarlo, trattenerlo, guardare se e cosa fosse successo con Karofsky perché un’ isterica Santana l’aveva trascinato nel locale strattonandolo per un braccio e facendolo cadere su una poltroncina vuota come se fosse un giocattolo ed in effetti era come si sentiva Kurt in quel momento: un vecchio giocattolo di pezza.

 

Cosa diavolo era appena successo?

Era la domanda che Kurt, Santana e Sebastian – appena uscito dal bagno dove si era nascosto- si stavano chiedendo.

Kurt era caduto in una specie di stato catatonico in cui non riusciva a sentire niente e nessuno oltre ai suoi confusi e assillanti pensieri.

Metterli in ordine non era affatto facile.

Pensare al fatto che se ci fosse stato Blaine lì, in quel momento, avrebbe tirato fuori un foglio e una penna dalla sua cartelletta e avrebbe stilato una lista di tutto quello che gli passava per la testa perché: “non è un male essere sistematici Kurt e poi fidati mettere tutto nero su bianco aiuta sempre. Avanti”, non agevolava per niente, anzi peggiorava solo il suo stato catartico. 

Karofsky? Voleva forse fargli del male? Zack lo aveva capito e aveva voluto aiutarlo, proteggerlo? Kurt gli aveva davvero detto che meritava le botte che riceveva dal padre? Doveva o voleva scusarsi? Era giusto sentirsi un verme?

Che fosse giusto o meno era come si sentiva lui.

Sentirsi anche solo un po’ male per Zack accresceva la fitta di dolore che provava nel petto per Blaine.

E i sensi di colpa arrivavano alle stelle, perché doveva stare male per Blaine e Blaine soltanto e non per chi gli aveva portato via tutto quello che di buono Kurt aveva trovato a Lima.

 

“cosa diavolo è successo?” la domanda che stava frullando nella testa dei tre fu palesata da Sebastian con voce anche un po’ alterata, ma nessuno dei due si degnò di rispondergli.

Kurt era troppo impegnato a fissarlo dritto negli occhi aggiungendo un altro asfissiante pensiero al già disastroso mix.

Sebastian.

Gli era mancato, un sacco. E ora lui lo odiava? Probabile, anzi non poteva essere altrimenti. Aveva ferito Blaine, meritava di essere odiato da Seb.

Se solo avesse ascoltato il suo consiglio..

 “sta’ lontano da quel tipo. Non credere a niente di quello che ti dice, mandalo a quel paese e se ancora si avvicina a te denuncialo alla polizia. Sono stato chiaro?” ricordava le esatte parole di Sebastian come se gliele avesse dette solo il giorno prima ed era stato così stupido da credere lui eccessivo e Zack innocuo e non solo non l’aveva mandato a quel paese ma gli aveva anche permesso di avvicinarsi troppo.

Ecco perché Kurt quando posò lo sguardo su quello del ragazzo di fronte che non vedeva da giorni, corse ad abbraccialo poi gli sussurrò un fugace “scusami” e fece per scappare via da lì il più veloce possibile.

“ma che ca- Hummel!” Sebastian era più che sconcertato dal comportamento di Kurt per questo non obbiettò quando Santana lo trattenne per un braccio per non fargli seguire l’altro,

“vado io. Tu perché non mi dai una mano col locale? Eri annoiato no?” disse lasciandogli un bacio veloce sulla guancia  e mimando uno “scusa” al capo parecchio infastidito, prima di correre fuori dal cafè dove Kurt era sparito un secondo prima.

 

Ed ora Santana si ritrovava a seguire tra le strade fredde e buie di Lima un Kurt che fingeva di non sentirla, con indosso una sola misera uniforme da cameriera.

Dio, come odiava tutto quello.

“senti faccia da pizzichi sai vero che non mi fermerò fino a quando non ne parliamo? Possiamo anche arrivare fino a casa tua, Sebastian mi copre il turno e al capo non interessa chi ci sia dietro al bancone, l’importante è che ci sia! Quindi, tanto vale che ti fermi ora e ne parliamo e già che ci sei perché non mi passi almeno la tua sciarpa?” a quelle parole Kurt sbuffò e si levò la sciarpa dal collo per passargliela,

“sei un’idiota. Prenderai un raffreddore” le disse quando si voltò per fronteggiarla,

“beh, quindi è meglio che ne fai valere la pena, Hummel”  così dicendo lo prese sotto braccio e lo trascinò fino al muretto del costeggiava un piccolo market ormai chiuso e una volta seduti lo guardò con uno sguardo tra l’accigliato e il… deluso?!

Kurt vedeva delusione negli occhi dell’amica o la sua mente affaticata gli stava giocando brutti scherzi?

“perché mi guardi così?” domandò allora,

“così come?”

“come stai facendo. Come se ti avessi fregata. Non lo so, ma smettila”
“ti avevo promesso che in tutta questa storia non ti avrei giudicato. Ma me lo stai rendendo difficile in questo momento” disse Santana senza peli sulla lingua perché forse aveva tirato le somme troppo presto e senza fare bene i calcoli, però con la fuga di Kurt e quello “scusami” mormorato a Sebastian era difficile non pensare che si fosse preso gioco di tutti, di Blaine in primis ma anche di lei.

“di cosa stai parlando? Giudicarmi per cosa, esattamente?” Kurt avrebbe voluto tirarle giù, a suon di schiaffi, quel sopracciglio che aveva sollevato alla sua domanda, 

“se non vorrai rispondere alla mia domanda, sappi che mi darai conferma alle mie veloci conclusioni… cosa stavi facendo insieme a Zack?” fu il turno di Kurt di alzare quasi fino all’attaccatura dei capelli il suo sopracciglio,

“stavo solo cercando di levarmelo di torno, in verità” meglio una mezza verità, che il nulla o ancora peggio una bugia.
“a me non sembrava, Kurt. Mi hai detto di lasciarvi da soli. Lui ha detto che devi farti perdonare e tu sembravi sul punto di corrergli dietro quando è scappato via e ancora più strano di tutto: hai chiesto a Sebastian di scusarti come se avessi fatto qualcosa di sbagliato nei suoi confronti e sai quanto Bas la prenda sul personale il tuo trascorso con Zack. E poi perché sei così sconvolto?” kurt era indeciso se scoppiare a ridere o a piangere e stanco com’era non si sarebbe stupito se fosse finito a fare entrambe le cose.

“perché sono sconvolto mi chiedi? Sono sconvolto perché la mia amica, quella che mi ha raccolto nemmeno una settimana fa, col cucchiaino dal suo pavimento, crede che io abbia qualcosa di losco da nascondere. Con Zack, poi. Zack. Dio, tu non hai idea di quanto le tue conclusioni siano lontane dalla realtà. Davvero non puoi neanche immaginare.” a quel punto altro che risata isterica, le lacrime avevano avuto la meglio e quello non fece che peggiorare lo stato di agitazione di Kurt,

“di quale realtà parli? Cosa non mi hai detto?” Santana pretendeva delle risposte e le voleva adesso,

“niente. Non c’è nessuna realtà. Sono solo stanco e confuso” 

“non c’è niente? Bene, allora lascia che ti spiego la realtà che ho visto io fuori la vetrina del cafè, ti va?” Santana era così indispettita dal comportamento schivo di Kurt che non riusciva nemmeno a stare seduta,

“quello che ho visto io, erano due ragazzi tremendamente presi da loro e dalla loro discussione, ho visto un Kurt lasciare che Zack gli si avvicinasse ad una spanna dal suo naso senza battere ciglio e ho visto un Zack dispiaciuto, incollerito come se gli importasse davvero cosa avevi fatto di sbagliato, perché sì Kurt, ho visto pure che tutto il tuo corpo trasudava sensi di colpa e frustrazione probabilmente per un qualcosa che avevi detto o fatto. E ho visto il panico nei tuoi occhi prima di trascinarti dentro con me. Quindi dimmi, pensi che io abbia visto qualcosa che non è reale?” Kurt annuì convinto perché quegli atteggiamenti o almeno la maggior parte di quelli poteva spiegarli, anche se odiava sentirsi in dovere di giustificarsi.

“Zack era davvero arrabbiato e forse anche dispiaciuto per un qualcosa che ho detto io nei suoi riguardi, ed io mi sento davvero frustrato perché non sono il tipo di persona che usa i tuoi punti deboli, quelli che mi hai confidato in un momento delicato, per ferirti.. ma è quello che ho fatto con lui. Ho usato una sua confidenza pure abbastanza seria per fargli del male. E sono sconvolto Santana, perché forse in quel momento, lui stava solo cercando di aiutarmi e ha continuato a farlo anche dopo che gli ho sputato in faccia quelle cose orribili. Ed io continuo ad odiarlo perché è un pezzo di- hai capito.. e non potrà mai e poi mai, anche se non ci fosse stato Blaine nel mezzo, succedere qualcosa tra di noi. Lui lo vorrebbe - ovviamente- ecco perché l’hai visto con me, perché lui è uno stronzo che fa di tutto pur di ottenere ciò che vuole. Ed io lo odio, davvero.. ma questo non giustifica quello che gli ho detto” Kurt aveva parlato in modo veloce e forse agitato, ma aveva provato ad essere il meno confuso possibile scegliendo le parole migliori e omettendo le peggiori, sperando e pregando che l’amica si convincesse,

“Kurt io- posso sembrarti una stronza in questo momento e forse lo sono, però ho bisogno che tu me lo dica chiaramente, ok? Zack non c’entra niente con il fatto che hai lasciato Blaine, vero? Perché Dio, io posso capire se ci sia qualcun altro. Davvero. Ma non lo capisco se quel qualcuno è proprio il bastardo.” beh, la risata nervosa alla fine era arrivata. 

Zack non c’entra niente con il fatto che hai lasciato Blaine, vero?  

Questa sì che era la domanda da un milione di dollari. Dollari che Kurt non avrebbe mai visto perché mai avrebbe risposto in maniera corretta.

Non avrebbe risposto nemmeno in maniera sbagliata.. perché i suoi occhi, quelli così cristallini ma ormai stanchi, non sapevano nascondere le bugie.

“perchè diavolo ridi, faccia da pizzichi?”
“sei davvero una stronza Lopez. Ma ti assicuro che non c’è nessuno, soprattutto non lui. Ti prego di non mettermi più in discussione in questo modo” così dicendo sparì ogni ombra di sorriso sul viso e si alzò dal muretto dove era stato seduto per troppo tempo,

“torna al locale. Io vado a casa” disse mentre le poggiava una mano sulla spalla a mo’ di saluto,

“Kurt non volevo- ma dovevo- per- sai.. assicurarmi che- non lo so. Non mi piace Zack, non mi fido e quando vi ho visti insieme io- mi dispiace okay?” Santana non era il tipo di ragazza che cerca il contatto, che ti stringe quando vuole dirti che ci tiene, che ti abbraccia quando vuole scusarsi e quindi quando poggiò la fronte sulla spalla di Kurt, lui sapeva che quello era il suo atteggiamento per dirgli che a modo suo si era preoccupata.

“è okay, San. Una buona amica sa quando ti deve difendere e sostenere e quando invece ti deve colpire e spronare. E tu lo sei, una buona amica” 

“mi dispiace che tu non abbia trovato di meglio” scherzò lei per alleggerire la tensione mentre fece per ridargli la sciarpa,

“tienila e corri dentro che Sebastian probabilmente ti ha fatto licenziare” 

“Hummel qualsiasi cosa tu gli abbia detto non devi sentirti in colpa, lui con te ha fatto di peggio e poi lo sai che dovrai dirmi in cosa ti stava aiutando, vero?”
“te ne vai o no?”

“me lo dirai!” urlò lei già in corsa.

 

*

 

 Da Blaine (9:23)

- Buona domenica a te, Kurt. Se vorrai, la tua colazione ti aspetta al Lima Bean -

 

Da Kurt (9:27)

- Blaine -

 

Da Blaine (9:27)

- Kurt -

- caffè, Kurt -

 

Da Kurt (9:29)

- blaine -

 

Da Blaine (9:30)

- come ti vedi tra 5 anni? Puoi fantasticare quanto vuoi-

 

Da Kurt (9:33)

- laureato a Yale o Brown o NYU,  vivo in una grande città come Boston o Seattle o New York. Sono un tirocinante in una squallida casa editrice che pubblica solo romanzi rosa e magari ho un lavoro part-time in un grande giornale del posto che però mi affida da scrivere solo recensioni di 140 parole su i libri best-seller della settimana. E passo le notti a scrivere al mio grande romanzo d’esordio e a sognare due grandi occhi color del miele che non ho mai dimenticato. E ogni mattina mi chiedo se sia il giorno giusto per cercarlo e chiedergli di riprendermi-

- tu? Dove ti vedi tra 5 anni? -

 

Da Blaine (9:34)

- romanzi rosa Kurt, sul serio? Ti ho detto di fantasticare-

 

Da Blaine (9:37)

- io mi vedo a casa, in quegli occhi sempre troppo azzurri per essere veri. Io mi vedo da te, con te. Dovunque sia. Quindi Kurt, qualunque giorno è quello giusto per cercarmi. -

 

Da Kurt (9:38)

- non voglio che mi aspetti Blaine. Non devi. -

 

Da Blaine (9:38)

- lo so -

 

da Mercedes (9:35)

- ti vedo in linea, non puoi ignorarmi. -

- è domenica Kurt, non hai allenamenti, quindi non hai scuse per  non vederci-

 

Da mercedes (9:37)

- smettila di evitarmi Porcellana! -

 

Da Kurt (9:40)

- buongiorno Cedes-

- non ti sto evitando, sono solo molto impegnato -

 

Da Mercedes (9:41)

- scegli tu Hummel ci vediamo fuori, oppure vengo li. Non mi sfuggi. Non oggi.-

- e non dirmi che non ti troverò a casa, perché dovrai rientrare prima o poi e mi troverai proprio tra Burt e Finn-

 

Da Kurt (9:41)

- ci vediamo al Lima Bean tra 45 minuti?-

 

Da mercedes (9:42)

- sarò lì tra mezz’ora pasticcino! -

 

Da Kurt (11:00)

- una torta di carote, Blaine? Mercedes dice che si vergogna di me-

 

Da Blaine (11:03)

- non c’erano muffin all’uvetta e la torta di carote era l’opzione più salutare che potevo scegliere. Non lamentarti, Kurt-

 

Da Kurt (13:21)

- era buonissima. Grazie. Non dovevi, non lo merito. Eppure era quello di cui avevo bisogno. -

 

Kurt Hummel quella domenica mattina si era svegliato col piede storto, la luna storta, con tutto il suo mondo storto e leggere un messaggio di Blaine che gli diceva che avrebbe trovato la sua  colazione al Lima Bean era stato il paradiso e l’inferno insieme per lui.

E sapeva che non avrebbe dovuto rispondere o ancora meglio avrebbe dovuto dirgli di smetterla, di cancellare il suo numero, ma invece lui si era svegliato col piede storto e allora si era ritrovato a dirgli solo “Blaine” consapevole del fatto che l’altro avrebbe capito che non lo stava ammonendo, ma soltanto chiamando.. incitando quasi.

Quindi si ritrovò a riavere di nuovo il piede dritto perché come se Blaine lo sapesse, non gli chiese se avesse cambiato idea su loro due, se avessero potuto vedersi, non gli chiese nemmeno come stava, no.. Blaine da persona più pragmatica che Kurt conoscesse gli chiese come si vedeva tra cinque anni e per Kurt fu come tornare indietro alla loro prima volta al Lima Bean dove parlarono di tutto e niente. Tutto quello che gli passava per la testa e niente di concreto e quindi per lui fu naturale essere sincero nella sua risposta,perché non trovava un senso mentirgli, non su di un ipotetico futuro e quindi non fu sorpreso quando si ritrovò a sorridere come un idiota e a dimenticare tutto quello che di frustrante o odioso era successo il giorno prima.

Era una bella giornata, grazie a Blaine.

Quindi non si sorprese nemmeno quando accettò di vedersi con Mercedes al Lima Bean solo per accaparrarsi la colazione che Blaine gli aveva conservato.

Non fu per niente sorpreso nemmeno quando il cameriere gli portò la torta di carote che Blaine aveva preso per lui e si ritrovò a ridere di gusto, per davvero per la prima volta da quando il mondo gli era precipitato sotto ai piedi.

 

“pasticcino, questo misterioso ragazzo dei caffè che ti fa sorridere come non ti vedevo fare da un po’, è lo stesso ragazzo che ti sta facendo soffrire come un cane? Perché sinceramente sono un po’ confusa.. e tu con la tua bocca serrata non mi aiuti a risolvere questo enigma” gli disse Mercedes dritta al punto, mantenendo una faccia alquanto schifata davanti alla torta di carote, 

“sinceramente sono confuso anch’io” rispose Kurt restando sul vago, sperando che la conversazione si dirigesse su altro se non le dava corda,

“che vuoi dire? Che non sai se sono la stessa persona? Dici sul serio? Ma quanti gay ci sono a Lima? Prima del tuo arrivo a scuola non ne avevo mai conosciuto uno ed ora sembra che sia arrivata la fiera in città” disse Mercedes agitando il cucchiaino con cui stava mangiando la sua torta proprio sotto al naso di Kurt per rendere meglio l’idea,

“fiera? Non so in che modo dovrei prenderla quest’uscita Ced”

“oh senti ragazzino, non cercare di distrarmi. Il ragazzo caffè e il ragazzo stronzo che ti ha fatto soffrire sono la stessa persona o no?” Kurt alzò gli occhi al cielo, giusto per prendere tempo e capire il da farsi, ma alla fine sospirò, chiuse gli occhi e annuì,

“si, ma non è uno stronzo e non è stato lui a farmi soffrire. Ho fatto tutto da solo.. ma- io non credo di essere ancora pronto a parlarne” fu la volta di Mercedes di alzare gli occhi al cielo,

“io credo di conoscere questo misterioso ragazzo ecco perché non vuoi parlarmene. Non ti fidi di me e-” alzò la mano perché sapeva che Kurt stava facendo per ribattere, ma non voleva che le venisse spezzato il filo del discorso, “e ti capisco. Però tu non devi dirmi niente, ascolta le mie opzioni e mi basta sapere se tra queste c’è il ragazzo giusto. Ok? Ci stai?” Kurt fece spallucce,

“non ti posso promettere niente”

“come la fai lunga.”
“spara”

“ti ho osservato molto e devo essere sincera, all’inizio ho pensato avessi una storia con Mr. Anderson e beh lasciatelo dire sarebbe stato un bel bocconcino per te.. avete così tante cose in comune: il glee, i libri, i beatles, assurdi prodotti per capelli. Insomma a parte il fatto che è il nostro insegnante io vi vedevo perfetti.. è un peccato che quel bel sederino bianco giochi per la tua squadra.. ma comunque, ti ho visto interagire con quel Smythe e nonostante il fatto che lui alle provinciali abbia detto che non gli piaci in quel senso ho visto come ti è corso dietro quando hai avuto quella specie di crisi e come si è appiccicato a te a casa del professore. Quindi, sì Smythe è un opzione anche se non capisco perchè-” la ragazza si bloccò di colpo per agitare una mano davanti agli occhi dell’amico, “ci sei? Stai bene? Sembri cadaverico”
“no- cioè si, è tutto okay. Continua” disse lui provando con tutto se stesso a non mostrare nessun tipo di reazione da nessuna piccola parte del corpo.

Teneva le gambe tese e strette l ‘un l’altra per evitare che cominciassero ad avere quella tremarella tipica di chi è in ansia, le mani erano rigide sul tavolo per evitare che prendesse a torturarle coi denti, gli occhi erano fissi sul caffè perché quelli erano traditori più di tutto il resto.

Insomma Kurt Hummel stava cercando di trasformarsi in una statua di sale.

Mercedes era una buona amica di scuola, un’ottima compagna di glee, ma non sapeva se poteva fidarsi al cento per cento e non avrebbe sottovalutato la cosa l’ennesima volta.

La sua stupidaggine con Zack gli era bastata, grazie.

“quindi, stavo dicendo. Smythe è una possibilità. un’altra opzione è Zack di Maggio, scusa Kurt ma quel tipo di gravita intorno, sempre con una scusa più ridicola dell’altra. È l’unico giocatore insieme a Puck che non ti prende di mira e so che Puck lo fa perché non vuole tornare in riformatorio, ma Di Maggio? Non so.. e poi non si è mai visto con una ragazza. Cioè alcune cheerleaders dicono di avere avuto un paio di appuntamenti con lui, ma niente di più. Non so.. tu poi sembri sempre teso quando sei vicino a lui, come se non volessi che gli altri potrebbero pensare che c’è del tenero fra voi. Quindi sì, ho pensato a Zack, Sebastian e perché no, anche il bel professorino.” anche se era stata Mercedes a concepire il monologo quello ad avere la gola secca e la testa in fiamme era Kurt,
“ci ho preso?” chiese lei avvicinandosi con aria cospiratoria, quando aveva capito che l’amico non avrebbe spiccicato parola

“eh no” disse lui, ma Mercedes gli prese il mento tra due sole dita e lo voltò verso di lei.

Assottigliò gli occhi in due piccole fessure e scrutò Kurt per almeno trenta secondi prima di lasciarlo andare e annuire sardonica.

Come se in quelle iridi poteva esserci l’oracolo della vita.

“ci ho preso” sentenziò finendo di bere il suo caffè.

 

E per il resto della mattinata Mercedes non chiese più niente di quella storia. Era quasi ora di pranzo quando uscirono dal cafè pronti a salutarsi e tornare a casa.

“Pasticcino, chiunque sia dei tre.. e qualsiasi cosa sia successa tra voi. Pensaci bene, non fartelo scappare, perché il sorriso che ti illumina il viso quando si tratta di lui è- lasciamelo dire- un amore. Ti brillano gli occhi e le tue guanciotte diventano due piccole pesche. È amore, tesoro” Kurt in risposta l’abbracciò forte, quasi a farle mancare il respiro,

“grazie per non aver insistito. Ti prometto che appena sarò pronto, non mi risparmierò nessun dettaglio”
“soprattutto quelli sconci Hummel, hai capito?”
“Mercedes Jones! Non fare la pervertita!”
“tutti i dettagli damerino! L’hai promesso!”

 

*

Era lunedì e dopo una domenica tranquilla passata prima in compagnia di Mercedes, poi a casa per un buon pranzo di Carole e infine coi suoi vecchi amici Warblers a Westerville, Kurt aveva capito cosa fare perlomeno con Zack.

 

Quindi appena varcata la soglia del McKinley aveva come unico obbiettivo quello di trovare Zack e fargli il piccolo discorsetto che si era preparato la sera prima e solo la vista di Blaine appoggiato con le spalle alla porta della sua aula con il maglioncino blu, rosso e bianco che Kurt adorava tanto lo fece vacillare e dimenticare tutti i suoi propositi per qualche secondo, ma poi il colpo di spalla per niente velato e fintamente non voluto di Karofsky lo fecero rinvenire e ricordare dove fosse e cosa doveva fare.

Evitò lo sguardo di Blaine che fu pronto a richiamare il giocatore di football e proseguì fino al suo armadietto ma lì non trovò Zack e se non era lì perché ancora arrabbiato, allora sapeva dove trovarlo.

L’armadietto di Puck.

E il fatto che l’altro fosse proprio lì fece rabbrividire Kurt, perché quella era l’ultima cosa che voleva fare: imparare a conoscere Zack persino dalle sue abitudini.

“Zack? Posso parlarti un attimo?” così esordì Kurt fermandosi di fianco a Puck che lo salutò con un piccolo gesto del capo,

“no, Hummel”
“sarà veloce”
“lo so, perché non parleremo affatto”  il ragazzo continuava a giocherellare con le chiavi del suo armadietto per evitare di guardare Kurt negli occhi ,

“mi avete già fatto girare i coglioni. Io taglio la corda. Ci si vede dopo. Zack non lasciare Hummel da solo ho sentito dire della granita delle dieci” i due alzarono gli occhi al cielo contemporaneamente ma Zack finì comunque per annuire a Puck prima che si voltasse e andasse via.

“cosa vuoi?” sbottò lui quando si spostarono in un angolo più appartato dei corridoi, quello vicino alla sala dei professori dove non si soffermavano mai troppi studenti.

“questo è ciò che avrei dovuto fare sabato per ferirti e quindi allontanarti” gli passò un foglio, un semplice foglio f4 da stampante, piegato in quattro e quando Zack fece per prenderlo lui lo trattenne guardandosi intorno circospetto, “aprilo con discrezione, per piacere” disse Kurt e poi lasciò la carta.

 

Era un lavoro di un’intera domenica pomeriggio che Kurt e Trant il warbler -nerd e genio dell’informatica- avevano fatto per arrivare ad avere un risultato soddisfacente.

Su quel foglio c’era una foto accuratamente ritoccata con photoshop che ritraeva Zack  in camera di Kurt, a petto nudo, con un minigonna così mini che non lasciava niente all’immaginazione e dei tacchi a spillo rosso fuoco.

E non ci crederete, ma quello era il modo di Kurt di chiedergli scusa, senza doverlo fare.

“ma che cazzo di problemi hai?!” sbottò Zack mettendo via subito la foto e Kurt per tutta risposta sorrise sornione,

“è un buon lavoro, vero? Tu non lo sai ma quella è camera mia.” a quell’affermazione Zack, sempre accorto riaprì di nuovo il foglio e guardò per qualche secondo in più la foto,

“cazzo. È fatta bene”
“lo so. Ci ho messo un giorno intero per farla.”
“quindi? Sei pronto a mandare a puttane la carriera di Anderson?” sputò Zack che sembrava non solo inferocito ma anche e soprattutto agitato,

“no. Certo che no. Non ci farò niente con questa foto. Volevo solo dirti che se potessi tornare indietro a sabato scorso allora non direi quello che ho detto ma più semplicemente ti ricatterei con questa” disse indicando l’immagine,

“ti avrei detto qualcosa tipo: -ehi brutto cretino, se tu cancelli tutto quello che hai su di me, io distruggerò questo piccolo gioiello che ho tra le mani – e poi avrei aperto il foglio per strada bene in vista e ti avrei messo un po’ in imbarazzo dicendo cose del tipo: - ricordo come portavi quella gonna, e come non volevi toglierla nemmeno per me- oppure, - sei nato per portare quei favolosi tacchi- e” fu bruscamente interrotto da una fragorosa risata con tanto di lacrime agli occhi da parte di Zack,

“oddio Hummel quanto tempo ci hai ragionato su tutta questa storia?! io- è esilarante” Kurt con un sorriso a fior di labbra fece spallucce,

“io non sono meglio di te Zack, ma non voglio essere nemmeno peggio” disse schietto e l’altro annuì asciugandosi le lacrime agli occhi,

“se è il tuo modo per chiedere scusa Kurt, fa schifo. E non ti nego che sono stato davvero tentato di mandare a tutti quelle foto.. solo che dovevo concederti una possibilità di fare ammenda e con questo gioiellino – come l’hai chiamato tu- ci sei riuscito alla grande” Kurt non era sicuro ma stava pensando che quella fosse la conversazione più naturale che  i due avessero avuto da quando erano stati allo Scandals.

“non era per discolparmi, era solo per dirti che ho capito l’errore. Non riesco a chiederti scusa Zack. Spero che tu lo capisca” e stranamente l’altro annuì convinto prima di farsi più vicino, spalla a spalla e riaprire il foglio tra loro due, 

“Hummel ma hai visto che gambe fenomenali che mi hai fatto? Per non parlare del pacco poi.. è degno di nota!” e Kurt alzò gli occhi al cielo e sbuffò divertito,

“il tocco di classe è la minigonna dorata Zack. Ti dona”

“dici?” domandò lui con finto fare pensieroso, sfiorandogli la spalla con la sua,

“assolutamente” 

 

Quella scenetta Zack non l’aveva programmata ovviamente, ma quando aveva visto il professorino del cuore di Kurt uscire dalla sala insegnanti e sostare lì impalato a guardare proprio nella loro direzione, non ci pensò due volte ad esagerare ogni suo gesto o reazione.

Fece la risata più divertita e civettuola del suo repertorio e sfiorò Kurt più volte che poteva sapendolo ben distratto per pensare di scostarsi.

“Zack? Posso chiederti una cosa?”
“non ci pensare nemmeno con la storia delle foto Kurt? Ok?”
“cosa voleva Karofsky da me?”
“è tutto sotto controllo” fu l’unica risposta che ricevette Kurt , “anche se dovresti insegnarmi a fare un lavoro del genere. David starebbe una bomba con solo un boa di piume di struzzo a coprire la sua.. poca mascolinità” continuò Zack con una finta faccia seria, facendo ridere e non poco Kurt. 

 

E nel momento in cui suonò la prima campanella che li avvisava dell’inizio delle lezioni Zack fu ben lieto di constatare che Anderson non si era mosso di un millimetro dal suo posto se non per le mani strette a pugno lungo i fianchi e che Kurt non si era accorto della sua presenza e quindi ancora una volta non ci pensò due volte a sporgersi verso l’altro che ancora guardava la foto, per accarezzargli la tempia con le labbra e bisbigliargli all’angolo dell’orecchio un “buongiorno Signorina”. Poi veloce, come il bacio che gli aveva dato, gli sfilò il foglio dalle mani e sparì via. 

 

E forse Kurt sentendo la bocca di un altro sulla sua fronte in un gesto così spontaneo sentì più forte e più soffocante la mancanza di Blaine o forse più semplicemente stava perdendo la testa perché per un secondo gli era sembrato di aver visto proprio Blaine sparire per la rampa di scale poste precisamente difronte la sala insegnanti, ma era impossibile perché le lezioni stavano per cominciare e Blaine non se ne sarebbe andato in giro lasciando la sua classe senza supervisione. 

Quella era una crisi d’astinenza da Blaine, primo sintomo: vedere la sua immagine anche dove non c’è. Dovunque. Sempre.

Stava impazzendo. Ne era sicuro.

 

*

Il sangue gli stava ribollendo nelle vene. Lo sentiva affluire fino alla punta delle orecchie e camminare avanti ed indietro nel ristretto spazio del bagno dei professori non lo stava per niente aiutando.

Voleva urlare, spaccare tutto, piangere e urlare ancora, ma non poteva farlo.

Non poteva scappare di nuovo dal suo posto di lavoro e non poteva spaccare la faccia ad uno studente o forse due.

Kurt che fino a qualche minuto prima era stato la sua malattia ma anche la sua cura ora era solo tossico veleno.

Veleno che gli era già stato iniettato nel sistema e voleva e doveva e bramava di farlo uscire.

Blaine si sfregava le mani sulle braccia e grattava con le unghie ogni centimetro di pelle che riusciva a toccare, Kurt doveva defluire da lui.

 

Quello che aveva appena visto, che fosse innocente – e non lo era- o lascivo, che fosse amichevole – e non lo era- o romantico a Blaine faceva un male cane.

Un male che non poteva neanche immaginare, figuriamoci spiegare.

Un dolore così forte che non era niente paragonato a quello provato fino ad ora.

Perché fino ad ora il dolore era sempre stato accompagnato dalla speranza.

Pena e piacere.

Inferno e paradiso.

Uno “smettila” di Kurt era sempre stato accompagnato da un “sei importante”.

Ora invece c’era solo dolore, pena, malattia, veleno.

 

Non ha funzionato, Blaine perché lui non era te..

Era stato quel pensiero di te a farmi andare avanti per il resto della giornata ..

Io sto bene. Stiamo bene..

quando dico che per me sei importante non sto mentendo..

 

le parole di Kurt stavano riaffiorando nella sua mente e stavano rimbombando nelle sue orecchie come se stesse ad un rave.

Erano assordanti e vuote.

Ecco cosa aveva capito: Kurt era stato così bravo ad insinuarsi nella sua vita, nella sua testa, nel suo cuore usando parole vuote.

Bugie.

Kurt era un bugiardo.

 

Perché l’aveva fatto?

Perchè aveva preso il suo cuore, ci aveva giocato a poi l’aveva buttato via come se fosse carta straccia?

Perché aveva accantonato Zack per un po’ solo per farsi beffe di Blaine e poi tornare da Zack?

 

Kurt era veleno.

Ma se c’era qualcuno da incolpare quello era solo lui, Blaine.

Era stato Blaine a lasciarlo fare, lasciarlo entrare.

Era stato lui a credere a quello che diceva e non pesare quello che faceva.

Perché di fatto Kurt l’aveva già abbandonato.

Di fatto lui se n’era andato.

Ma lui aveva reputato sincero “sei importante” e “quegli occhi che non ho mai dimenticato” e anche  “stiamo bene” invece di credere a “non posso continuare così” e a “ho scelto me”.

Kurt era la malattia, sì.. ma era stato lui poco attento a non contrarla. 

L’unica cosa che gli era rimasta da fare era curarsi.

Lui doveva prendersi tutto il dolore e il male, Kurt doveva dargli la verità, quella cruda senza censure.

Quella che non gli ha mai detto per vigliaccheria o semplice menefreghismo.

Così da ripartire da 0, da lui stesso.

E andare avanti.

Basta piangere, basta aspettare, basta credere.

Basta Kurt.

 

*

 

La lezione del glee era cominciata da quasi un’ora ma di Blaine neanche l’ombra e a giudicare dai continui sguardi di Rachel verso la porta neanche lei sapeva dove l’altro si fosse cacciato.. non che erano affari di Kurt, ovviamente.. però quel giorno non aveva avuto nessun tipo di “promemoria” da parte sua, nessun caffè, nessun sorriso, non c’era stato nemmeno uno sguardo fugace durante la sua ora di lezione, anzi se Kurt si fermava a rifletterci Blaine non aveva minimamente prestato lui alcuna attenzione.

E stava cercando di convincersi che andava bene così, che era quello che gli aveva chiesto di fare.

Lasciarlo libero, dimenticarlo.

Andare avanti.

“va bene così” stava ripetendo come un mantra nella sua testa mentre sfogliava pigramente il piccolo vocabolario che Rachel aveva dato a tutti i ragazzi del glee, perché a quanto pareva lei e Blaine avevano deciso di scrivere delle canzoni originali per le regionali.

“io e Blaine abbiamo pensato che fosse una buona idea. Scrivere canzoni mette a nudo i nostri sentimenti, quello che siamo, ci aiuta a conoscerci meglio. Quindi anche se non uscirà fuori una canzone degna di nota, avremmo comunque fatto gioco di squadra che è quel che ci serve per vincere le regionali. Che ne dite, cominciamo?” così aveva detto Rachel mentre consegnava uno ad uno, un piccolo vocabolario che li aiutasse a cercare le parole che facevano fatica a trovare.

 

Erano tutti impegnati a scrivere quello che doveva essere un inno, a cosa Kurt non l’aveva mica capito quando finalmente Blaine varcò la soglia dell’aula canto.

Non salutò nessuno se non Rachel con un cenno del capo e senza un’ombra di un sorriso andò dritto verso lo sgabello del pianoforte.

Si sedette, prese dalla sua cartelletta degli spartiti e li appoggiò sul piano.

Blaine non aveva ancora alzato gli occhi sui ragazzi, su di Kurt.. teneva lo sguardo fisso sui fogli scarabocchiati che aveva messo lì e sembrava combattuto,

“Blaine, tesoro.. c’è qualcosa che non va?” aveva chiesto Rachel ma lui alzò una mano per chiederle silenzio e poi annuendo serio, chiuse gli occhi, prese un profondo respiro e annunciò di aver scritto una canzone.

“si è scritta da sola” disse, “e ha bisogno di essere ascoltata” concluse posando per la prima volta quel giorno lo sguardo fiero su Kurt che restò folgorato.

Quegli occhi erano così pieni di tante cose che spaventarono Kurt, come mai avevano fatto.

Rachel intanto sembrava combattuta mentre spostava lo sguardo dall’uno all’altro cercando di capire se fosse davvero una buona idea quella di Blaine,

“Blaine io non credo che- devono essere i ragazzi a scrivere e-”
“abbiamo bisogno di qualche buona idea, Mrs. Berry, perché qui noi stiamo navigando in alto mare” fece però notare Artie, sventolando a mo’ di prova un foglio completamente bianco.

A Blaine non servì altro e fece partire la musica.

“questa è stone cold”

 

una, due, tre note e la voce di Blaine accompagnò piano quella melodia,

 

Stone cold, stone cold
You see me standing, but I'm dying on the floor
Stone cold, stone cold
Maybe if I don't cry, I won't feel anymore 

 

la sua voce era così debole ma al tempo stesso così potente che Kurt sentì quelle parole trafiggergli l’anima.

Blaine faceva scorrere le dita sui tasti d’avorio e teneva gli occhi chiusi eppure tutti potevano percepire il puro tormento che c’era dietro la sua figura pacata.

Rachel non dovette riflettere un secondo per andare a prendere posto infondo all’aula, tra Kurt e Mercedes fingendo di poggiare le mani su entrambe le spalle dei ragazzi, ma stringendo con veemenza e sentimento solo quella di Kurt,

 

Stone cold, baby
God knows I tried to feel
Happy for you
Know that I am, even if I
Can't understand, I'll take the pain
Give me the truth, me and my heart
We'll make it through

 

La seconda strofa era ancora più dolorosa della prima, le note erano più decise, la voce più alta, le parole più distruttive.

Kurt lo aveva demolito, ridotto in frantumi.

Kurt aveva pienamente realizzato di aver preso il cuore di Blaine e di averglielo irrimediabilmente spezzato quando questi si fermò di colpo, aprì gli occhi per la prima volta per guardare in quelli di Kurt e cantò: “if happy is him, I’ m happy for you” senza musica, senza scudi, senza rancori.

Solo tanti rimpianti e fragilità.

A Kurt si mozzò il fiato in gola e gli occhi si spalancarono quando la mano di Rachel abbandonò la sua spalla, segno che il messaggio era stato chiaro e anche Rachel si sentiva tradita.

Kurt non aveva tradito nessuno però.

Non Blaine, mai Blaine.

 

Stone cold, stone cold
You're dancing with him, while I'm staring at my phone
Stone cold, stone cold
I was your amber, but now he's your shade of gold 

 

gli occhi di Blaine erano tornati chiusi, le sue mani sempre più veloci e dure sul piano, come se volesse spaccarlo, come se quelle note non potessero bastargli ed era così infatti.. aveva bisogno di qualcosa di più forte, di più potente perché quello che aveva da dire doveva essere sentito, doveva essere chiaro.

Il suo cuore non si era solo spezzato, no. Il suo cuore era diventato una fredda, pietra esanime ed era impossibile che avrebbe ripreso a funzionare come un cuore avrebbe dovuto fare.

 

La mano di Rachel tornò sulla spalla di Kurt, ma prepotente questa volta per tenerlo seduto, per non farlo scappare o peggio ancora parlare o reagire.

Doveva restare lì e ascoltare.

“stai calmo” gli aveva mormorato all’orecchio, sperando di essere almeno un po’ confortante senza crederci davvero.

 

Di nuovo, di colpo, Blaine fermò la musica, il fiato gli si mozzò in gola stroncando sul finale l’ultima parola rendendo a pieno i suoi sentimenti strozzati, soffocati, ormai irreparabili.. portò entrambe le mani fra i capelli con foga e violenza, alzò gli occhi chiusi al cielo e li riaprì su Kurt solo quando, pochi secondi più tardi che potevano essere sembrati eterni, le sue dita tornarono a battere sui tasti e la sua voce riprese vita più forte di prima.

Come se volesse dire” BASTA, Vado avanti.

Sempre sulla mia strada.”

Don't wanna be stone cold, stone
I wish I could mean this but here's my GOODBYE

 

quell’addio urlato a pieni polmoni aveva squarciato il petto di Blaine di netto e quello di Kurt era stato completamente spazzato via come se fosse passato un uragano e non avesse lasciato più niente da salvare dietro di sé.

 

Non c’era niente da salvare lì.

Non doveva salvare niente Kurt e Blaine si era stufato di farlo da solo.

 

Oh, I'm happy for you
Know that I am, even if I
Can't understand
If happy is him, if happy is him
I'm happy for you.

 

L’ultima strofa Blaine la sussurrò, lasciandosi completamente andare alla deriva delle sue emozioni, insieme a tutto quello che aveva deciso di abbandonare in quel mare di perdizione e disperazione.

Quando pure l’ultima nota si levò in aria, sorrise amaro e fiero perché era finita per davvero e questa volta l’aveva deciso lui.

Sorrise perché si sentiva meno naufrago dei suoi stessi sentimenti e perché sentiva di non star più sfidando nessuna legge di gravità.

Era ancora in piedi. Sempre sulla sua strada.

E Kurt era ancora in circolo nel suo sistema, ovvio.. ma ora sapeva di potercela fare.

Gli aveva detto, anzi no urlato, Addio.. ed era sopravvissuto.

Poteva farcela.

 

Kurt non poteva farcela, invece.

 

La sala si animò di applausi e urla impazzite come mai era successo prima e Kurt non si degnò di unirsi agli altri, come non si degnò di nascondere le lacrime che scendevano fitte sulle sue guance, era comunque futile nasconderle dato che metà dei suoi compagni, Rachel compresa, erano stati completamente rapiti e psicologicamente distrutti da tutto quello che era stata quella canzone.

 

“standing ovation Mr. Anderson!” urlò Unique agitando una mano in aria come se stesse brandendo ancora un accendino acceso,

“questa la portiamo alle regionali!” esclamò Artie mentre si puliva gli occhiali bagnati di pianto con il bavero della camicia.

“ci penseremo Artie, ora perché non facciamo tutti una pausa? Io di sicuro ne ho bisogno di una” disse però Rachel mentre si dirigeva a passo svelto verso Blaine che sembrava come spiritato.

 

“è stato intenso, no?” Domandò Mercedes a Kurt mentre gli accarezzava un ginocchio cercando di calmargli con quel gesto i piccoli singulti che emetteva tra un sospiro e una lacrima,

“si, decisamente” sussurrò lui senza abbandonare lo sguardo dalla scena di Blaine a Rachel.

Nonostante non potesse sentire neanche una sola parola di quello che si stavano dicendo i due, era sicuro del fatto che Rachel si stava accertando di avere il suo amico tutto intero.

 

Filippo Alosi scrive: una storia d’amore finisce solo dopo che avremo chiuso tutti i conti, solo dopo che saremo riusciti a rispondere ai vari perché. Alle volte questo non accade per i più disparati motivi, così quella storia rimane aperta e inghiotte il resto della tua esistenza”.

 

Blaine non poteva permettere a quella storia d’amore - se così poteva essere considerata anche dall’altro- inghiottisse il resto della sua esistenza.

Quindi doveva chiudere tutti i conti e Kurt doveva rispondere a tutti i suoi perché.

 

*

Respira.

Inspira.

Un passo.

Un altro.

Respira.

Inspira.

 

Fu il mantra di Kurt mentre percorreva il parcheggio per arrivare all’auto di Blaine, dove l’avrebbe aspettato e affrontato e messo davvero fine a quella storia, proprio come voleva l’altro.

 

Si appoggiò di schiena all’auto e guardò un punto lontano, oltre il cancello del Mckinley  e fissava un angolo buio tra il muro e un’ albero come se lì in quel vuoto potesse trovare tutte le risposte maledettamente sconosciute.

 

Sentì la presenza di Blaine dietro di lui senza aver avuto bisogno di guardare.

Era Blaine.

Era sempre stato Blaine.

E lo sarebbe stato per sempre.

 

Ma era la fine.

 

“ti accompagno a casa?” così esordì Blaine quando si parò davanti a lui mentre col telecomando apriva le portiere, senza guardarlo negli occhi,

“no- va bene così. Non credo che ci vorrà tempo, no?”
“no, non vorrei prenderti altro tempo Kurt. Certo che no”
“non era quello che intendevo”

“è una tua specialità dire ciò che non intendi davvero, allora.”

 

Dio, Blaine non voleva essere così duro ma il suo istinto gli diceva di proteggere prima se stesso questa volta e per proteggersi doveva attaccare.

 

“se lo pensi davvero, mi dispiace” mormorò Kurt mentre si mordeva un labbro e tirava su col naso come se fosse un bambino a cui gli era stato tolto il suo giocattolo preferito e Blaine odiava il prurito che sentiva nelle mani che pretendevano di abbracciarlo e confortarlo, odiava così tanto il suo corpo che continuava a tradirlo,

“io non lo penso , lo so. Ma non mi servono a niente i tuoi “mi dispiace” Kurt. Voglio la verità. Non farmi grandi discorsi e non perderti in paroloni importanti, okay? Solo, dillo. Avanti. Dimmi perché è finita.” Blaine aveva fatto un passo avanti ed un altro ancora fino a toccare con la punta delle scarpe, quelle dell’altro e allora, solo allora alzò lo sguardo in quegli occhi sempre troppo azzurri, nonostante tutto ancora irrimediabilmente cristallini.

“facciamo prima se mi dici cosa vuoi sentirti dire Blaine, perché io così finirei per fare lo stesso discorso dell’altra volta e a quanto pare quello non ti basta” Blaine tendeva sempre a dimenticare quanto carattere potesse nascondersi in quel ragazzo all’apparenza così naive.

Era quello che aveva sempre più ammirato di lui ed ora è quello che più stava odiando.

“allora facciamo così Kurt, visto che fingi di non capire, io ti dico quello che tu avresti dovuto dirmi fin dall’inizio e tu lo ripeti o lo confermi. E andiamo avanti ognuno per la sua strada. Ti va? Bene.”
Blaine si diede mentalmente del debole quando Kurt abbassò lo sguardo e lui si ritrovò a poggiargli l’indice sotto al meno per alzargli il viso e quel semplice contatto era stato come un iniezione di adrenalina pura e dovette con tutte le sue forze ricordare a sé stesso che quella non era adrenalina però, era veleno.

“avresti dovuto dirmi: Blaine, io non ti voglio. Non ti ho mai voluto, mi è piaciuta per un po’ l’idea che avevo di te e trovavo eccitante fare tutte quelle cose di nascosto sperando che nessuno ci beccasse. Ma poi mi sono scocciato Blaine, perché ci ho pensato e ho capito che volevo Zack. Perché sono un fottuto bastardo e mi piace stare con un altro bastardo che non mi darà altro che tante belle facili scopate fino a quando non andremo al college. Senza impegni, Blaine. Ah sul finale ovviamente potresti metterci una di quelle frasi preconfezionate per chi lascia del tipo: scusami, non sei tu, sono io. Oppure: non ti merito, perché sei troppo per me. Che fidati, non ti sbagli mai. Allora? Vuoi che te lo scriva o lo ricordi?” Kurt non aveva neanche una volta sbattuto le palpebre, aveva vacillato un secondo quando aveva parlato di Zack anche in maniera così poco elegante, ma l’aveva lasciato parlare, fino a che Blaine ansimante come se avesse corso la maratona dei cento metri piuttosto che stare lì fermo a recitare il suo monologo, non aveva fatto un passo indietro pronto a scannerizzare l’intera figura di Kurt mentre gli diceva quello che doveva sentirtisi dire da lui. 

A Blaine nemmeno importava che fossero state le sue esatte parole o altre, gli era fondamentale che kurt gli dicesse quella verità, la sua.

“no” fu tutto quello che disse l’altro, però. 

“No? Che vuol dire no, Kurt?”
“vuol dire che non dirò niente di quello che mi hai suggerito. Non ripeterò la vile parte di Zack perché Blaine, se avessi voluto tante belle facili scopate prima di andare al college, allora il pensiero del professore adulto, maturo e off limits sarebbe stato mille volte più eccitante e non ti avrei mollato così in fretta per ritornare da un ragazzino che è così poco sicuro di sé stesso che ha dovuto farmi bere tanto alcol quanto il mio peso per provare ad avere una possibilità. Non ti dirò nemmeno una di quelle frasi già fatte, come vorresti tu. Ti dirò invece che se sei arrivato ad avere una concezione così bassa di me solo per aver sentito o visto qualcosa di me con Zack - che ti assicuro è stata solo fraintesa-  allora sono contento che sia finita tra noi, perché ora ho avuto la conferma che tra me e te non sarebbe mai durata. Mai Blaine. Perché vedi, qui non si sta mettendo in discussione i sentimenti che io potevo o non potevo avere per te. Ma hai messo in discussione la mia morale, la persona che sono.. e va bene così. Volevi un motivo valido per farla finita, eccotelo: Kurt Hummel è un fottuto bastardo.” così dicendo Kurt si scostò dall’auto, si sistemò la borsa sulla spalla e aprì la piccola tasca anteriore di quella, per tirare fuori un piccolo bigliettino spiegazzato che poi consegnò a Blaine. 

- non ti dirò mai addio. E neanche tu- c’era scritto sul foglietto ed era quello che Blaine aveva fatto scivolare nel compito di Kurt,

“ora devi dirmela tu una cosa, Blaine. Devi dirmi addio. Dimmelo. Così potremo davvero andare avanti” sospirò Kurt guardando il modo delicato con cui l’altro ripiegava il pezzo di carta,

“ho visto Zack darti un bacio sulla fronte come ho sempre fatto io ogni mattina da quando stiamo insieme. Era una cosa nostra, Kurt. Era il nostro buongiorno con il caffè. Ed è stato così naturale per Zack fare quel gesto come per te riceverlo.. da lui. Ho visto come ridevi, ho visto come- io” Blaine si fermò per accartocciare nel pugno stretto quel foglio e prendere un gran respiro, “non so quanto di quello che ho visto possa essere frainteso. Ma un fondo di verità in quella scenetta c’era Kurt. Quindi va bene così. Addio. Sì, vorrei poter dire che non mi pento di niente e che rifarei tutto nella stessa identica maniera, ma mentirei. Buone cose, Kurt” così dicendo guardò l’altro negli occhi risentito ed amareggiato aspettando quell’ agognato punto ma da Kurt non arrivò nemmeno una parola, così gettò la pallina di carta straccia ai suoi piedi  e senza voltarsi indietro fece il giro dell’auto e vi entrò mettendo in moto e partendo veloce.

 

Era finita.

Ma Kurt non gli aveva detto Addio, però.

***
 

Angolo Wallflower_

 

Buon weekend a chi non deve lavorare e può goderselo!

Io sono particolarmente impegnata, eppure volevo pubblicare e ho trovato un po' di tempo per farlo.

 

Beh, volevo scusarmi perché c'è molto angst anche in questo capitolo. Me ne rendo conto.

Finirà mai? Ne scrivo molto. Ma arriveremo alla fine del tunnel, prima o poi.

 

La canzone che canta Blaine è di Demi Lovato.

 

Grazie per la lettura

Ci leggiamo settimana prossima.
Un bacio.

Wallflower _

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Capitolo 14
*** é facile andare dritti nella bocca dell'inferno quando non sai che ci sei diretto. ***


Capitolo 13

 
Rachel Berry era brava in molte cose, cantava come se la sua gola fosse fatta apposta per quello ad esempio, oppure era un fenomeno quando si trattava di rompere le palle, ma c’era una cosa per cui non aveva nemmeno un briciolo di talento ed era tenere un segreto.
E Sebastian Smythe era sicuro che l’amica avesse un segreto grande quanto Broadway perché lo stava evitando come la peste da almeno una settimana.
Certo all’inizio lui non si era nemmeno disturbato a chiedere se c’era qualcosa che non andava, perché se poteva essere onesto, non averla tra i piedi così assiduamente era un tocca sana per la sua provata pazienza in quel periodo e poi perché sapeva che se ne avesse avuto bisogno sarebbe stata lei ad andare da lui o da Blaine.
Poi però aveva cominciato a vedere Blaine stare sempre peggio come se soffrisse di bipolarismo acuto.
Un minuto prima lo trovava ranicchiato nell’angolo buio del davanzale della finestra e un minuto dopo lo vedeva scrivere messaggi sconci su quelle squallide chat per gay, che Sebastian proprio odiava.
Un minuto prima era a confidarsi con Rachel in cucina, parlottando come due vecchietti alla fermata del bus e un minuto dopo tutti e due stavano cantando l’intero repertorio di Lady Gaga con tanto di costumi e finti microfoni.
Aveva anche lui qualcosa da dire a Blaine però ed era ciò che era successo al caffè letterario sabato pomeriggio e che Santana poi gli aveva spiegato per sommi capi, perché anche lei sembrava non voler condividere con lui i dettagli.
Sebastian ora ne era certo: odiava i segreti. O meglio odiava che gli si tenevano nascosti i segreti.
Quindi il suo motto era: non fare agli altri ciò che non vuoi essere fatto a te. Per questo appena trovò il suo amico vivere un momento positivo tra i suoi alti e bassi lo affrontò per dirgli quello che sapeva sperando che poi l’altro facesse lo stesso con lui.
 
“senti Killer, devo dirti una cosa e riguarda Kurt. So che non ti piace quando te lo si nomina, la tua faccia diventa rossa, poi viola, infine verde e sembra che devi vomitare. Però devo togliermi ‘sto peso dallo stomaco. Posso?” si sedette sul tavolino, proprio di fronte al divano dove Blaine era occupato a correggere i compiti della sua classe,
“cosa c’è da dire ancora su Kurt che credi io voglia sapere?” disse asciutto Blaine senza però riuscire ad evitare che il suo viso diventasse davvero di un colorito poco salutare,
“sabato quando sono andato da Santana è successa una cosa strana..” cominciò col raccontargli dell’abbraccio di Kurt, “poi però  è scappato, San l ‘ha rincorso e quando è tornata mi ha detto che lo aveva visto con Zack e che-” il suo discorso fu però bloccato bruscamente da una grassa risata a bocca spalancata e con tanto di lacrime agli occhi di Blaine, 
“ma ti sei rincoglionito Anderson? Cosa cazzo c’è da ridere?”
“non m’interessa” sputò poi fuori Blaine asciugandosi le lacrime che a quanto pareva non erano più dovute solo alle grosse risate,
“e ci risiamo col bipolarismo. Guarda Blaine che ti riporto dal terapista eh? Forse questa è stata la botta finale per farti completamente impazzire. Io non ti capisco più” Sebastian aveva già perso la pazienza,
“Senti Bas, sto davvero cercando di andare avanti e sto davvero provando a dimenticarlo. Quindi invece di metterti a fare l’amica pettegola perché non mi porti allo Scandals stasera?” propose Blaine mentre metteva a posto tutti i compiti e si accingeva a prendere il suo cappotto, pronto ad andare da Santana e farsi spiegare quello che aveva appena detto di non voler sapere da Sebastian.
“che fine hanno fatto tutti quei discorsi del me lo riprendo. Kurt sta cedendo. Mi vuole ancora. Gli amori strappati non sono ancora finiti. Eh? Lo Scandals, Blaine? Di giovedì sera ci trovi solo delle vecchie drag queen!” 
“discorsi finiti. Amore finito, anzi per la verità mai sbocciato. c’è la serata drag queen? Magari ci porto Rachel!” così dicendo Blaine si sistemò il colletto del pesante cappotto e lasciò Sebastian da solo in salotto e completamente basito.
“non c’è nessuna serata. Solo tante Cher e Madonna con la pancia e l’alito pesante!” riuscì però ad urlare prima che l’altro si chiudesse la porta d’ingresso alle spalle.
 
Sebastian aveva anche lui i suoi grattacapi a cui pensare e per risolverli aveva bisogno del suo amico pienamente funzionante, quindi decise di rispettare la sua scelta e i suoi tempi e cercò di restare al suo posto.
 
Ci provò e non sempre ci riuscì ovviamente.
Ad esempio quando scoprì Rachel al telefono con mamma Marie che appena notò la sua presenza chiuse il discorso e la chiamata il più veloce possibile, la mise sotto tortura.
Rachel all’inizio gli aveva detto che non sapeva di cosa stesse parlando e che lei di Blaine ne sapeva quanto lui, se non di meno.
Poi provò a sviare il discorso chiedendogli di Santana e dicendogli che aveva avuto modo di parlarle in quei giorni al caffè e che le sembrava davvero una bella persona, ma quando nemmeno quello fece distrarre Sebastian, almeno non per molto, perché “se scopro che anche Santana ne sa più di me giuro che do fuoco a tutta la tua collezione di musical, Berry. È una promessa” 
alla fine la ragazza per togliersi dall’impiccio fu costretta ad otturarsi le orecchie con le mani e a mettersi a cantare a squarcia gola “like a virgin” irritando e non poco Bas.
“o che cazzo! La vuoi smettere? Senti se mi dai anche solo un piccolo imput io ti dico cosa so io. E riguarda Kurt”
“parli di quello che è successo sabato scorso al books&coffe vero?” Rachel si pietrificò non appena fece quella domanda fermandosi proprio al centro della cucina dove Sebastian la stava rincorrendo e lui invece spalancò gli occhi sorpreso e rabbioso, “e tu che cavolo ne sai?!”
“io non so niente!” rispose lei veloce,
“Santana! Perché Santana ne ha parlato con te?!”
“ti ho detto che- oh senti Smythe ma perché vuoi sempre avere il controllo di tutto quello che ti circonda?”
“forse perché l’ultima volta che non ho avuto il controllo sono stato fottuto  da due fottuti bastardi mentre il terzo mi pestava a sangue?! Può essere una buona scusa?” a quelle parole Rachel corse ad abbracciarlo già con le lacrime agli occhi e Sebastian invece capì che i suoi grattacapi erano più impellenti di quanto pensasse e doveva fare qualcosa in merito prima che gli si ritorcesse tutto contro.
“non volevo usare la carta della vittima Rach. Ma sto impazzendo io qui” disse mentre si lasciava abbracciare da quella piccola donna che per arrivargli alle spalle si era dovuta arpionare a lui come un koala,
“lo so, ed io vorrei davvero parlartene, ma spetta a Blaine farlo. Non so perché non l’ ha ancora fatto. Ma tu dagli tempo. Okay?”
“voglio solo assicurarmi che sta bene Rach” sospirò lui stringendo forte l’amica,
“starà bene” lo rassicurò lei dandogli un bacio sulla guancia, “e anche tu devi stare bene Bas, se ti avesse sentito Blaine ora ti avrebbe già bruciato le pagine del libro che hai scritto e ti avrebbe messo sul primo aereo per New York” continuò poi allontanandosi quel tanto che bastava per guardare l’altro negli occhi, 
“sarà il nostro piccolo segreto, no?” 
“un altro?! Voi mi volete morta!” e così tra piccole risate e colpetti alle spalle abbandonarono i discorsi seri e decisero di preparare la cena.
E Sebastian ritornò al suo posto, lasciando – di nuovo- tempo e spazio a Blaine.
 
*
Kurt senza nemmeno farci caso, per non impazzire di collera e dolore, era caduto dipendete della sua nuova routine quotidiana che aveva creato.
Sveglia, corsa, doccia, scuola, allenamenti dei cheerios, glee, officina Hummel, cena, ricerche e richieste di ammissione ai college, letto.
Evitava accuratamente qualsiasi tipo di relazione sociale.
Tranne che con suo padre, ovviamente. 
Se Kurt era così testardo, dopotutto, doveva pur aver preso da qualcuno, no? E Burt Hummel era una testa dura e quindi ogni mattina costringeva il figlio in una conversazione cuore a cuore, dove di solito Kurt cercava di convincerlo che era solo stremato per tutti gli impegni e dove a volte cedeva e confessava che non stava al suo meglio, ma stava davvero provando a buttarsi alle spalle tutto quello che c’era da buttarsi alle spalle,
“tu mi assicuri che questo ragazzo non ha fatto niente che non avrebbe dovuto fare Kurt? Perché sinceramente, io non riesco a non preoccuparmi”
“Papà, davvero. Lui è- tutto è-”
“complicato?” gli andò incontro Burt,
“finito” lo corresse il figlio sospirando mentre si alzava dalla tavola,
“e te ne vai per non dirmi perché è finita?”
“è finita perché era complicato” disse sconsolato lasciando un bacio sulla fronte del padre, prima di prendere la sua tracolla e uscire.
 
A scuola Kurt si costringeva a spegnere qualsiasi emozione che premeva per uscire fuori.
Era sempre l’ultimo ad entrare nelle classi ed era sempre il primo ad andarsene, per evitare che Mercedes, Puck o addirittura Zack gli facessero domande a cui non voleva rispondere, passava la pausa pranzo in aule vuote a lavorare al compito della settimana per il glee e camminava nei corridoi con la testa bassa sperando di passare inosservato.
L’ ora di letteratura era la parte più difficile della giornata, ma lui la passava con il naso nascosto in qualche libro e non lo alzava fino a quando non finiva la lezione e Blaine dal canto suo non lo richiamava mai, non gli chiedeva mai di leggere per la classe o di rispondere a qualche quesito, semplicemente fingevano entrambi di non vedere l’altro. Al glee continuava con la scrittura delle canzoni senza partecipare attivamente alle altre attività o quando proprio non poteva rifiutarsi se ne restava ad ondeggiare sullo sfondo.
 
Kurt comunque per quanto si sforzasse di essere invisibile c’era sempre chi lo intercettava per i corridoi del McKinley e quando ad approcciarlo non era nessun ragazzo del glee o Puck o Zack, ma Karofsky ne era quasi sollevato, perché nonostante il fatto che -giorno dopo giorno – Dave sembrava sempre più accanito e più arrabbiato con Kurt, lui preferiva ricevere qualche spintone più forte o qualche offesa più colorita o qualche granita gelata in pieno viso, piuttosto che preoccuparsi di mettere su un sorriso finto per Mercedes o rispondere alle domande insistenti di Puck o ascoltare le volgarità di Zack.
Karofsky non richiedeva impegno da parte sua, anzi lui non doveva fare proprio niente, semplicemente si teneva quello che gli veniva detto o fatto e con un sospiro mesto o a volte dolorante- dipendeva da dove andava sbattere e con quanta forza- passava oltre.
 Non se ne preoccupava Kurt perché sapeva che se si fosse fatto davvero male prima delle regionali il responsabile non si sarebbe risparmiato l’espulsione e nel caso di giocatori di football anche l’allontanamento dalla squadra, proprio come aveva promesso la preside.
 
Comunque il tempo passava, Kurt continuava con la sua routine di attività da svolgere e relazioni da evitare e il giorno delle regionali dei cheerios arrivò fin troppo presto.
 
La competizione fu caotica ed estenuante ma anche sorprendentemente eccitante.
I cheerios, con la sorpresa di avere come stella di punta un ragazzo e di aver praticamente un budget infinito che gli permetteva di acquistare cannoni spara razzi e cerchi infuocati, sbaragliarono la concorrenza e stravinsero a mani basse.
 
Kurt fu festeggiato ed acclamato come se fosse davvero una star, la Sylvester lasciò che rispondesse a domande per interviste a dei giornali locali, lo trascinò in lungo e in largo per foto ricordo e gli permise di accompagnarla sul palco per ricevere il trofeo e il lauto assegno che la preside vinceva da dieci anni a quella parte.
 
Insomma Kurt non era tornato pienamente in forma e non aveva sentito i brividi di gioia che aveva sentito durante la vittoria delle provinciali del glee, ma aveva comunque sentito qualcosa ed era un’enorme passo avanti.
 
Ovviamente quando, la prima persona che gli venne in mente di chiamare per raccontargli della gara e della vittoria fu Blaine  e si ricordò che non poteva farlo, realizzò che quella era stata la prima delle tante “prime esperienze” che non avrebbe condiviso con Blaine.
Kurt si rese conto, quindi, che volente o nolente, la vita stava andando avanti e che decidere di non viverla non significava fermarla, per questo quella sera decise di accettare l’invito delle altre cheerleader e di andare a festeggiare la tanto meritata e sofferta vittoria.
 
La festa si teneva a casa di un giocatore di football, un certo Lynn di cui, ad essere onesti, Kurt non si ricordava nemmeno la faccia, ma non importava.
Doveva prima o poi riprendere in mano la sua vita e il sorriso incoraggiante del padre quando gli disse che sarebbe uscito per una festa quella sera, gli aveva fatto capire che stava facendo la cosa giusta.
 
Alle nove in punto Kurt era con Kitty, fuori casa di Marley, pronti ad andare da Lynn,
“ripetimi perché deve venire anche lei?” domandò Kitty con un tono a metà tra l’annoiato e l’infastidito,
“perché Puck l’ha invitata e lei ha accettato e ha chiesto a me un passaggio”
“cosa ci trova Noah in quella spilungona con le gonne della nonna?”
“non essere cattiva Kitty, anche se per le gonne mi trovi d’accordo con te. Sono orribili, ma voi ragazze non dovreste fare cameratismo di squadra e aiutarvi? Non so, tipo potresti invitarla per fare dello shopping e convincerla a comprare almeno un paio di skinny jeans!” Kitty alzò gli occhi al cielo, ma scoppiò a ridere,
“non penso che io e lei potremmo mai essere amiche, Kurt”
“perchè no? Io sono amico di Puck  ad esempio e credo che almeno un po’ piaccio anche a te”
“non montarti la testa Hummel, sei solo la punta dei cheerios. Ho bisogno di te, di Marley invece non me ne faccio niente” Kurt a quel punto alzò gli occhi al cielo e salutò l’amica che era appena entrata in auto, lasciando perdere il discorso di Kitty.
 
Una volta arrivati alla casa giusta, grazie alle indicazioni di Kitty, Kurt si prese qualche secondo restando fuori il porticato di quella per abbracciare in pieno ciò che significava fare quel passo in più verso la festa.
E significava accettare l’assenza di Blaine.
Significava abituarsi all’idea che era finita una storia e non il mondo intero.
Significava provare ad andare avanti.
Significava perdere un mano al gioco e rimischiare le carte per una mano nuova.
 
Quella nuova partita era cominciata, stranamente, nel migliore dei modi.
Il suo ingresso fu accompagnato da applausi scoordinati e piccoli colpetti sulla spalla per congratularsi, ci fu addirittura una piccola ovazione da parte del gruppetto di Puck, Zack e alcune cheerios che lo spinsero all’interno del loro cerchio offrendogli subito dopo un bicchiere pieno di alcool scadente, che Kurt accettò volentieri, perché era consapevole del fatto che senza un po’ di coraggio liquido, il nuovo Kurt avrebbe lasciato spazio al vecchio Kurt e quello sarebbe scappato a gambe levate da lì per rifugiarsi sotto le coperte calde del suo letto, da solo.. piangendo per il fatto che Blaine non c’era e non ci sarebbe più stato.
 
Dopo il primo bicchiere Kitty fu lesta a riempirgli il secondo e Kurt fu deciso a trascinare Marley sulla pista da ballo  per scatenarsi un po’.
Ballarono come forsennati senza badare ai passi alquanto ridicoli che stavano facendo e infischiandosene di chi si spostava infastidito o di chi li prendeva in giro o di chi come Karofsky, sembrava voler cominciare discussioni.
Kurt non era ubriaco abbastanza da non capire cosa stesse facendo ma era sufficientemente brillo da sapere cosa stava facendo e fregarsene. 
 
Non gli importava che Zack lo aveva raggiunto e aveva preso a ballare tra lui e Marley non appena aveva notato la vicinanza sospetta di David.
Non gli importava che Puck gli aveva tolto di mano il terzo bicchiere – o il quarto, non lo sapeva- che Kitty gli aveva procurato.
Non gli importava che i capelli erano di sicuro attaccati alla sua fronte per il sudore, come le spalle di Zack erano attaccate alla sua schiena mentre ballavano.
Non gli importava che Marly e Puck l’avevano abbandonato per lasciarlo da solo con Zack e a quel punto non gli importava nemmeno che Zack spinse via per l’ennesima volta Karofsky e poi trascinò Kurt fuori dalla casa per prendere un po’ d’aria.
 
“e chi l’avrebbe mai detto che Hummel sarebbe stato l’animale da party” disse poggiandosi al parapetto del porticato guardando in alto un cielo che prometteva tempesta,
“posso essere tutto ciò che voglio” ribatté Kurt vacillando un po’ prima di sedersi sullo stesso parapetto dove era appoggiato l’altro e sorridendo soddisfatto per non essere caduto,
“su questo non ci sono dubbi, Kurt”
“e sai cosa sono ora?” domandò a Zack socchiudendo gli occhi appena come per guardarlo meglio, ma in realtà stava solo cercando di rimanere serio,
“un ragazzo pericolosamente alticcio?” 
“no Zack! Sono un giocatore d’azzardo. Sto giocando la mia nuova mano, con la migliore faccia da poker che posso fare. Non si vede?”  disse Kurt aprendo le mani ai lati del viso e stringendo così forte le labbra tra i denti che queste scomparvero del tutto, facendolo sembrare solo più ubriaco.
Zack però aveva capito l’ allusione e annuì convinto,
“l’ironia della sorte vuole che io abbia sempre la mia faccia da poker tranne che quando sto con te e tu invece la metti su solo quando stai con me” Kurt a quelle parole fischiò alla meglio e scese dal parapetto, battendo gentile una mano sulla spalla dell’altro,
“non è così Zack, con te non devo fingere niente. Tu sei l’unico a sapere lo schifo che sto passando, perché è uno schifo che hai creato tu. Quindi niente po-po-po- poker face per te! Non sei contento?!” esclamò Kurt imitando persino la canzone di Lady Gaga, però mise subito il muso quando l’altro invece di ridere o perlomeno sorridere, scosse la testa e guardò di nuovo verso il cielo pieno di nuvole,
“Gesù Hummel, io non so più quello che sto facendo. Dovrei smetterla di essere così egoista. Ma tu sei- ed io- Gesù”
“Zack di Maggio a quanto pare non sai più molte cose e non solo quello che stai facendo perchè io non sono  Gesù Hummel, ma Kurt Hummel.” lo disse in maniera così seria e cristallina  che lasciò Zack sgomento per un secondo e il secondo dopo stava mantenendosi lo stomaco per le forti risate e Kurt si sorprese a seguirlo a ruota.
E senza saper come si ritrovarono tutti i due seduti per terra con spalle al muro della casa Lynn a cantare il repertorio intero di Lady Gaga fino a quando non furono troppo stanchi e infreddoliti per non fare altro che giocare con le nuvolette di vapore che uscivano dalle loro bocche quando le aprivano,
“io e Blaine passavamo le ore seduti così, su di un prato a guardare le stelle e a parlare fino a quando il troppo freddo ci impediva di farlo” sussurrò all’improvviso Kurt appoggiando la sua testa pesante sulla spalla di Zack,
“okay, è ora di tornare dentro” bofonchiò invece l’altro anche se non si spostò di un millimetro dalla posizione in cui era, perché nonostante tutto, nonostante quello che Kurt avesse appena detto,  aveva -di sua spontanea volontà - cercato un contatto con lui.
 
Contatto che Kurt spezzò con un lieve bacio sulla guancia e uno strattone per dirgli: “beer pong Zack! Non ho mai giocato a beer pong!” 
 
e fu accontentato ovviamente. Zack organizzò un vero e proprio torneo con vinti e vincitori e Kurt adorava bere quella birra scadente anche quando non doveva e adorava sfuggire alle grinfie di Puck che voleva strappargli via il bicchiere, buttandosi sulla pista da ballo e tornando sempre più sfatto e sempre più ubriaco.
 
“Zack? Zack! Credo che Karofsky mi abbia palpato il sedere.. io ho bevuto si, ma non sono pazzo, mi ha proprio palpato il sederino mentre mi diceva che devo smetterla di fare la fatina e istigarlo” Kurt si era avvinghiato alla spalla del giocatore e gli stava sussurrando quel segreto dritto nell’orecchio con un tono di voce tra il divertito e il frustrato,
“credi che abbia un fetish per le fate, Zack? È possibile? Non sa-” ma Zack non lo stava più ascoltando e scostandolo da lui con fermezza fece cenno a Puck di tenerlo d’occhio, mentre lui si faceva strada tra la folla, alla ricerca di quel fottuto bastardo represso del cazzo.
 
“pensavo di essere stato chiaro, Karofsky. Devi stare lontano da Hummel. Quando lo vedi non guardarlo, cambia strada, volta la faccia, chiudi gli occhi, fa quello che cazzo vuoi, ma non lo devi nemmeno sfiorare con quegli occhi viscidi che ti ritrovi!” Zack lo stava tenendo per il colletto di quella fetida giacca dei titans che si ostinava a portare anche quando non era tenuto a farlo e gli stava parlando ad un palmo dal suo viso, per essere sicuro di essere sentito al di sopra della musica assordante,
“se stai cercando rogne, le hai trovate Zack, non ho paura a sporcarmi le mani. Nemmeno per uno come te” sputò però Dave come se non avesse sentito nemmeno una parola che gli aveva rivolto Zack,
“uno come me è uguale a uno come te David e in verità quello che voglio non sono rogne ma soltanto qualcuno con cui spassarmela. Che ne dici, mh? Io e te, qui. Diamo un po’ di spettacolo. Alla fine è quello che vuoi da Hummel anche tu, no? Vuoi sapere che si prova, com’è toccare un ragazzo, com’è sentirlo duro tra le tue mani. Avanti, facciamolo. Ora.” il sorriso beffardo di Zack si fece ancora più largo e soddisfatto quando Karosfky si scostò da lui come se fosse stato scottato e l’espressione sul suo viso trasudava tutta la paura e il tormento, l’agitazione ed anche l’eccitazione che aveva e che lo fece scappare.
Letteralmente.
David Karofsky era stato messo alla fuga solo con qualche parola sussurrata all’orecchio e se Kurt non fosse stato tanto ubriaco avrebbe di sicuro già chiesto e ottenuto la formula magica da recitare, che sembrava solo Zack possedere.
 
Ma comunque Kurt era troppo ubriaco per preoccuparsene e quindi dopo l’ennesimo brindisi con Kitty e Marley, anche loro alticce, urlò un “no Blaine, no pain!” Zack capì che era il momento di riportarlo a casa.
 
Zack si assicurò che gli altri avessero un passaggio sicuro a casa, prima di prendere Kurt di peso e trascinarlo in auto,
“no Zacky! Proprio ora che mi stavo divertendo davvero senza Blaine. Dai Zacky, no Blaine, no pain! Lasciami divertire!” stava urlando Kurt agitandosi tutto mentre l’altro cercava disperatamente di trattenerlo per i fianchi per evitargli di finire spiaccicato sul marciapiedi,
“Kurty, chiamami ancora Zacky e mi metto a giocare a tennis con le tue palle” e a quelle parole Kurt divenne stranamente docile e si lasciò condurre fino alla macchina, poi una volta seduto sul lato passeggeri sbuffò affranto,
“non voglio che giochi con le mie palle Zack, però lasciati dire che tu proprio non vuoi vedermi felice, eh! Mi stavo divertendo!” sbottò mentre gli veniva sistemata la cintura di sicurezza,
“mi ringrazierai domani, quando capirai che ho evitato di farti sputtanare Blaine davanti a tutti”
“no Blaine, no pain!”
“dovresti tatuartelo su una chiappa”
una volta messa in moto l’auto Kurt divenne silenzioso, come se il rombo del motore fosse una specie di ninna nanna che lo cullasse e lo calmasse.
 
“sai che ho realizzato di amarlo solo quando avevo capito di averlo perso? Quindi non ho avuto modo di dirglielo”
“tu lo ami davvero?”
“ha importanza? Cambierebbe qualcosa?” Zack si stava chiedendo invece  se Kurt fosse davvero ubriaco o voleva solo farglielo credere, perché quelle confessioni e quelle domande erano di una persona che sapeva esattamente cosa stava dicendo e pure come.
“no, credo di no”
“come si fa a disinnamorarsi di qualcuno?”
“amando qualcun altro, forse?” a quella domanda retorica Kurt scoppiò a ridere,
“e non possiamo dire che non ci hai provato Zack! Avanti su!” 
“non rompere le palle Kurt!”
“tu non mi ami, lo sai vero?”
“come fai a dirlo?”
“se mi amassi mi lasceresti andare”
 
Zack quella notte tornò a casa con tanti dubbi nella testa e una sola certezza.
Kurt era una bella persona, fin troppo bella per uno come lui.
 
Kurt quella notte tornò a casa con qualche dubbio nella testa e un paio di certezze.
Restava irrimediabilmente innamorato di Blaine.
E sapeva di poter andare avanti con la sua vita, ma non voleva farlo.. non ancora.
 
Blaine invece, quella notte, come tutte le notti da una settimana a quella parte aveva tante certezze nella testa e un solo, unico dubbio.
Perché Kurt non gli aveva detto Addio?
 
*
 
Come facevano gli altri ad affrontare una giornata di scuola quando fino a poche ore prima erano nel pieno di una sbornia colossale?
Se lo chiedeva Kurt mentre percorreva come un automa i corridoi di quella maledetta scuola, facendo smorfie di disgusto e pietà a tutti coloro che lo salutavano, sorridevano o che ancora gli facevano le congratulazioni per la vittoria.
Non riuscì nemmeno a reggersi in piedi o reagire in qualche modo quando quell’energumeno di Karofsky lo spinse senza nemmeno usare metà della forza che aveva, verso uno dei tanti cestini della raccolta differenziata che da un mese a quella parte avevano ingombrato i corridoi del McKinley per sensibilizzare l’argomento, e ci finì dentro.. letteralmente.
“quello è il posto per quelli come te” disse il ragazzone facendo il batti cinque con un altro homo erectus che gli stava di fianco, ridendosela come matti.
 
Sarebbe stato un giorno tremendo, doloroso e frustrante quello ma Kurt l’avrebbe capito solo da lì a qualche ora più tardi.
 
Era la pausa pranzo e come d’abitudine ormai da un po’ di tempo a quella parte invece che di seguire il resto degli studenti nella mensa, Kurt cercava una classe vuota – di solito era il laboratorio di chimica avanzata, che si trovava a due porte più avanti della sala insegnanti- e consumava il suo pranzo lì, in beata solitudine leggendo un libro, scrivendo una canzone per il glee o più semplicemente pensando e ricordando Blaine.
 
Kurt si stava recando proprio nel laboratorio di chimica con l’unico desiderio di continuare il sonno ristoratore che aveva cominciato quella mattina in infermeria assentandosi dall’ora di letteratura inglese, quando sentì una risatina più che conosciuta.
Avrebbe potuto riconoscerla in mezzo a cento: era la risatina lasciva di Blaine, quella con cui ti diceva che quello che aveva ascoltato non era divertente ma sexy. Kurt l’aveva sentita troppe volte per non riconoscerla e proveniva dalla sala insegnanti.
Stava forse parlando con Rachel? Kurt ne dubitava ma lo sperava e senza nemmeno pensarci si accostò alla porta e con cautela sbirciò all’interno di essa alla ricerca di quella voce e di quel viso.
“Eli! Cerca di avere un po’ di pazienza! Il fine settimana arriverà presto!” non vide Blaine sorridere come un’ idiota al cellulare mentre giocherellava con un ricciolo senza gel, perché gli stava dando le spalle, eppure Kurt dal suo tono di voce poteva sentire il sorriso a fior di labbra dell’altro.
E si trovò ad un bivio, dove o fuggiva o entrava in sala e rompeva il cellulare di Blaine sulla testa di Blaine, decise per la fuga ovviamente.
 
Senza sapere che quella scenetta a cui aveva assistito non era altro che un teatrino messo su da Blaine, che quando l’aveva visto camminare verso la sua direzione, gli era andato il sangue al cervello, perché Kurt aveva bellamente saltato la sua lezione quella mattina e perché in quel momento se ne andava in giro fiero con i suoi occhiali da sole come se niente lo scalfisse.
Quindi aveva portato il cellulare all’orecchio quando sapeva che Kurt lo avrebbe sentito e aveva preso a ridere come un cretino, e quando vide il riflesso dell’altro dalla finestra, s’inventò un Eli che non esisteva e buttò lì una frase che sperava essere almeno un po’ civettuola e dall’espressione delusa di Kurt, probabilmente aveva fatto centro.
Non andava fiero di quello che aveva fatto, anzi si era pentito nel momento esatto in cui aveva visto Kurt togliersi gli occhiali da sole ma, ormai non poteva più tirarsi indietro.
Era arrabbiato con se stesso Blaine, era quello il punto.. perché quella mattina più delle altre mattine aveva sentito la necessità di parlare con Kurt.
Il suo unico pensiero era quello di fermarlo dopo la sua lezione e congratularsi con lui per la vittoria delle regionali dei cheerios, ovviamente se qualcuno glielo avesse chiesto lui avrebbe negato fino alla morte che quella degli auguri sarebbe stata solo una scusa per parlarci e per chiedergli come stava e già che c’era del perché non gli aveva detto addio.
Ma Kurt non si era presentato a lezione e Blaine aveva pensato che si fosse preso un giorno di vacanza dopo quelle settimane estenuanti ma quando lo aveva visto per il corridoio capì che Kurt aveva deciso semplicemente di evitare di vedere la sua faccia e ci restò da schifo.
Anche se lui stava andando avanti, ovvio.
Stava andando avanti con un esistente Eli.. inventato solo per far innervosire Kurt, certo.
I suoi pensieri non facevano una grinza.
 
Stava per correre dietro a Kurt e buttare via tutto il lavoro che aveva fatto per stargli lontano fino ad allora, quando fu bloccato dall’entrata della Pistubury che a quanto pareva stava cercando proprio lui per consegnargli degli opuscoletti sull’importanza dell’arte nelle scuole pubbliche.
“tu e la tua amica Rachel potreste aiutarmi a convincere la Sylvester ad allestire un'opera teatrale quest’anno, che ne pensi?” stava dicendo Emma, costringendo Blaine a sedersi proprio di fianco a lei.
 
Intanto Kurt non arrivò mai al laboratorio di chimica perché poco più avanti si incontrò e scontrò con David Karofsky e questi come suo solito si guardò intorno e poi con rabbia e qualche altro sentimento che Kurt non riusciva mai a cogliere lo strattonò per la tracolla verso di lui e lo tenne per il colletto della giacca per dirgli “Hummel non mi devi tentare. Lo capisci? Non devi essere sempre così frocio. Attento, che ti spacco la faccia.” poi così come lo attirò verso di sé, lo spinse via di malagrazia facendolo cascare poco elegantemente a terra, dopotutto Kurt aveva i suoi riflessi ancora offuscati dall’alcol della sera prima e tenersi in piedi fu impossibile.
 
Però Kurt era frustrato, deluso e arrabbiato.
Era frustrato per le continue percosse di Karofsky e per quello che scarsamente ricordava della festa di ieri, sì.. ma era frustrato e arrabbiato soprattutto per quello che aveva sentito poco prima in aula professori e forse aveva ancora dell’alcol nel corpo che lo stava facendo reagire male e sentiva la necessità di sfogarsi e Karofsky era stato la crepa che aveva frantumato in mille pezzi il suo buon senso, così senza pensarci per più di un secondo oltre, si rialzò da dove era stato scaraventato e un po’ a fatica rincorse l’energumeno che intanto era arrivato negli spogliatoi dei Titans,
“ehi tu, senti un po’!” disse trafelato senza controllare se ci fosse qualcuno nei paraggi come invece aveva fatto subito l’altro mentre apriva il suo armadietto, “qual’è il tuo problema?” domandò Kurt facendo un passo in avanti, “scusami?” si voltò a guardarlo David con sguardo di sfida come a dirgli: -ripetilo se hai il coraggio- e Kurt lo fece, lo ripeté “qual’è il tuo stupido problema?” 
“a parte te che vieni qui a spiarmi l’uccello?” rispose pronto, lasciando l’armadietto per avvicinarsi e sovrastare Kurt con la sua stazza, ma lui non sembrava lasciarsi intimidire,
“oh certo è il terrore di tutti voi etero che ogni gay voglia molestarvi e convertirvi! Ma senti un po’ salamone!: non sei il mio tipo!” sbottò rosso in viso sbarrando gli occhi quando David aveva annullato ogni tipo di distanza tra loro e poteva sentire l’alito caldo sul suo viso, “non mi provocare Hummel!” disse lui alzando un pugno stretto proprio all’altezza degli occhi di Kurt che lo osservò per un secondo preoccupato e poi di nuovo feroce piantò i suoi occhi in quelli di Karofsky, “dirti che non mi piacciono i grassoni sudaticci che saranno calvi ai trent’anni ti provoca? Ti sto provocando?” era una palese sfida e probabilmente Kurt se fosse stato pienamente lucido, non avrebbe lanciato.
Ma è più facile andare dritti nella bocca dell’inferno quando non sai che è lì che ti stai dirigendo,
“e cosa ti piace allora Hummel, sentiamo?! Ti piace fare la principessa su per l’uccello di Zack di Maggio non è vero?” David aveva aperto il pugno e aveva cominciato a sfiorargli i capelli alla base del collo, come per schernirlo o spaventarlo o chissà per quale altro assurdo motivo che Kurt non riusciva a leggergli e quindi di scatto gli scostò via la mano sempre più imbestialito, senza nemmeno sapere cosa rispondere a quell’accusa, “tieni lontane queste manacce, Karofsky!” e il ragazzone come se si fosse sentito lui quello offeso e ridicolizzato, chiuse di nuovo la mano a pugno e gliela agitò sotto il naso, “ho detto che non mi devi provocare, hai capito?” e Kurt stava fissando quella mano per non perderla d’occhio quando disse a denti stretti e con tutta la convinzione che possedeva: “Mi vuoi colpire? avanti, colpisci! Fallo, tanto non puoi cambiarmi. I pugni non cancelleranno né la mia omosessualità, né la tua ignoranza” a quel punto stava avvalorando il suo discorso con il dito puntato sul petto del giocatore e con gli occhi pieni di fuoco e orgoglio e Karosfky si sentiva piccolo e insicuro, “non farti più vedere Hummel!” urlò  indicandogli la porta, perché a quello non sapeva come reagire, perché Kurt solo perché era Kurt lo spaventava più di qualsiasi altra persona, mostro o pensiero.
“sei solo un ragazzino terrorizzato che non sa quanto sia speciale essere sé stessi” continuò Kurt imperterrito pronto ad insegnargli una lezione che poteva servirgli per la vita, magari.
 
Ma quello che successe una frazione di secondo dopo, fu invece una lezione che Kurt avrebbe fatto a meno di imparare.
Una lezione che nessuno dovrebbe poter dire di aver imparato.
 
Karofsky con una forza bruta e una velocità disarmante aveva preso Kurt per le spalle e sbattuto di schiena agli armadietti di metallo, lasciandogli di sicuro i segni.
Chiuse gli occhi Kurt, d’istinto, aspettandosi arrivare un pugno o due, invece sentì un braccio tenerlo fermo all’altezza delle scapole, una mano afferrargli il viso e una bocca aggressiva sulla sua. Sentì subito dopo una lingua prepotente cercare di farsi spazio tra le sue labbra e il suo primo istinto fu quello di spalancare gli occhi  e divincolarsi come un forsennato, ma Karofsky era corpulento e massiccio almeno il doppio di lui e lo teneva bloccato all’armadietto e tutto quello che riuscì a fare fu spostare la faccia da un lato, sfiorando il metallo freddo con la guancia. Era così allibito e sotto shock che non gli era nemmeno sfiorata l’idea di urlare.
Aveva paura di aprire la bocca che aveva sigillato nell’attimo stesso in cui aveva sentito quella lingua viscida su di lui, 
“Hummel, cos’ha lui che io non ho, mh? Perché sai essere sempre così..” Karofsky stava mormorando in maniera sconclusionata, almeno per la mente offuscata di Kurt, proprio sul suo collo, dove continuava a lambire col naso, continuando a tenerlo incastrato con il peso di tutto il suo corpo, “David? Per favore- spostati. Smettila” riuscì a sussurrare Kurt con gli occhi sbarrati dal terrore quando sentì l’altro strusciarsi su di lui, sentendo ben distintamente cosa gli stava strofinando sulla gamba,  “io-io ho sempre resistito ai miei istinti. Ma tu- tu con quel fottuto di Zack-toccami” Karofsky con oppressione e violenza voltò il viso di Kurt verso di lui per assaporare di nuovo la sua bocca, prenderla ancora più forte di prima, morderla.. il suo braccio, troppo forte, violento, era ora sceso a stringergli il collo, mentre con l’altra mano sempre cattiva sempre prepotente guidava quella di Kurt su di lui, sotto l’elastico dei suoi pantaloni, dove l’esigenza si stava facendo sentire.
Kurt era come paralizzato e non solo per il peso sopraffattorio di David ma per la paura di non riuscire a fermare quell’inferno.
La sua mano era incastrata tra i loro corpi e più provava a divincolarsi e più sentiva l’altro vicino e oppressore. 
Gli aveva aperto le gambe con i piedi e stava ora aprendogli la zip del pantalone…
 
Blaine poteva sentirlo fin dentro le viscere che qualcosa non andava, sarà stato il fatto che dopo Kurt aveva visto passare per di lì Karofsky, ma Blaine sapeva che doveva trovarlo.
 
Perché è facile andare dritti nella bocca dell’inferno quando non sai che ci sei diretto e Blaine non sapeva dove Kurt potesse essere, eppure il suo cuore prima e i suoi piedi dopo gli dicevano di andare verso lo spogliatoio.
Se lo avesse raccontato in giro, nessuno gli avrebbe creduto. Si può sapere dove andare, senza esserne consapevole? A quanto pareva sì.
 
Aveva trovato Kurt, proprio dove il suo cuore gli aveva detto di andare.
 
Non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse rimasto lì sulla porta a guardare quell’orrore. Avrebbe saputo riferire molti e più dettagli poi, di ciò che stava accadendo, ma non avrebbe mai saputo dire in quanto tempo si fossero svolti.
Un secondo o un’ora, non lo sapeva.
 
Aveva osservato come se fosse stato qualcuno al di fuori del proprio corpo, in un certo senso. Come se fosse lo spettatore di sé stesso e di quello che stava assistendo.
Quando fece il primo passo dentro la stanza, lo fece spinto soprattutto dal bisogno di vedere e accertarsi che quello fosse davvero Kurt.
 
Ed era Kurt.
 
Furia.
La furia, quella arrivò quando vide l’espressione terrorizzata di Kurt che gli fece prendere coscienza di ciò che stava davvero tentando di fare Karofsky.
 
Dajavù.
La depandance della seconda casa Ferguson, adibita ad ufficio di Thomas, era completamente immersa nel buio e non si sentiva nemmeno un piccolo rumore ma Blaine sapeva che Sebastian era lì.
Lo sapeva non perché se lo sentiva dentro, ma perché era stato lui a mandarlo lì in quel posto, da suo padre e sapeva per certo che era successo qualcosa di orribile quando aveva risposto al telefono e tra piccoli lamenti e singulti di dolore aveva sentito Bas chiedergli di correre da lui.
E Blaine era corso, non da solo, ma con la polizia a seguito. 
E anche se si aspettava il peggio, quello che vide superava ogni sua più fervida e orribile immaginazione.
Il suo amico, il suo migliore amico, la persona più forte e orgogliosa e fiera di questo mondo, era nudo, con il viso tumefatto, pestato a sangue, privo di sensi.
Non si disturbò a guardarlo bene, perché non erano soli e perché quello che gli premeva sapere era che fosse ancora vivo.
La polizia gli assicurò che c’era battito e poi chiamarono un’ambulanza e lo coprirono come meglio poterono con la stessa giacca di Bas.
Blaine invece non riuscì a fare niente altro che tenergli la mano stretta e accarezzargli piano i capelli, sussurrando “sono qui, ti tengo” e poi “scusa, scusa, scusa” e ancora, “non mollare Bas. Ti tengo, andrà tutto bene. Sono qui” 
 
Questa volta però Blaine era arrivato prima, era arrivato in tempo. Questa volta l’aveva sentito dentro.
 
“per favore! La-lasciami! Ti-ti prego” stava ansimando Kurt, cercando disperatamente di divincolarsi, liberarsi,“sei solo una puttana Hummel” stava affannando Karofsky tra un morso e un bacio rubato.
 
Blaine non ragionò, non pensò.. agì e si scagliò sul giocatore tirandolo per la felpa dei Titans e lo spinse via da Kurt come se non pesasse il doppio di lui, l’effetto sorpresa giocò a suo favore, ovvio.
Karofsky si schiantò di schiena facendo capovolgere nel processo la panca su cui aveva tentato di poggiarsi e Blaine era pronto a spaccargli la faccia e rompergli tutte le ossa del corpo,
“non puoi. occupati di Hummel” gli fu detto da Zack -che non aveva visto né sentito fino ad allora- quando lo bloccò per una spalla e a Blaine bastò un secondo per guardare Kurt ranicchiato per terra con gli occhi ancora chiusi stretti e capire che l’altro non aveva bisogno di altra violenza. 
Aveva bisogno di essere protetto, di sapere che nessuno gli avrebbe fatto del male. Aveva bisogno di uno scudo e Blaine ne avrebbe fatto uno col suo stesso corpo, se necessario.
 
“ehi Kurt?” si inginocchiò davanti a lui e allungò una mano per fargli sentire un po’ di conforto, ma l’altro si scostò come se fosse stato toccato da tizzoni ardenti.
In fondo Kurt si trovava nella bocca dell’inferno,
“ehi no, sono io Blaine.. apri gli occhi Kurt” l’altro sembrava sentirlo ma non ascoltarlo.
Continuava a dondolarsi su sé stesso battendo ancora e ancora con la schiena all’armadietto e respirare forte dal naso: era un attacco di panico.
Blaine ne era sicuro.
“piccolo, ascolta la mia voce, okay? Ci sono io” disse “devi fermarti e respirare piano. Inspira ed espira.” continuò, “sto per prenderti le mani, okay? Devi respirare e provare a rilassarti okay, piccolo? Kurt, sono qui” mormorava.
 
Con gentilezza ed estrema lentezza Blaine gli prese le mani e fece in modo che rilassasse le dita accarezzandogliele piano.
“te lo prometto Kurt, starai bene” furono quelle le parole che fecero aprire – anzi spalancare- i suoi occhi, 
“B-Blaine” mormorò scoppiando in lacrime e gettandosi tra le sue braccia.
 
E si era davvero ritrovato a fargli da scudo col proprio corpo, lasciando che l’altro nascondesse il viso sul suo petto e che si aggrappasse con le unghie alla sua schiena, mentre lui lo teneva stretto a sé, seduto in ginocchio tra le sue gambe, lasciandogli piccoli baci casti sui capelli e con la coda dell’occhio guardava quello che accadeva alle sue spalle, senza avere lucidità e voglia di dividere i due, come invece avrebbe dovuto fare da insegnante qual’era.
 
“ti” un colpo al naso, “avevo detto” un pugno sotto la mandibola, “di non” un destro piazzato sul labbro, “toccare più” un altro colpo deciso, “Hummel” Zack lo lasciò andare solo per potersi mettere su di lui a gambe divaricate e prenderlo per il bavero della felpa, “sei un fottuto malato. Sei disturbato” glielo stava sputando dritto in faccia, naso a naso e Karofsky non reagiva, non cercava di divincolarsi o difendersi.
Prendeva e incassava.
Come se sapeva che quello era il conto da pagare e lui lo stava pagando.
Ma era solo il principio, poi dopo aver preso ciò che riteneva di dover prendere, iniziò a rispondere alla violenza con altra violenza.
E sembrava essere per loro un gioco di potere, entrambi sembravano voler predominare, come se avessero la necessità fisica di far soccombere l’altro.
Uno doveva essere perciò più forte, più furbo, più potente: era una continua sfida e Blaine sapeva che nessuno dei due voleva essere il vinto davanti a Kurt.
Tutto quello era per Kurt e mr Anderson avrebbe dovuto fermare quel macello, se non per dovere ed etica professionale almeno per Kurt che sembrava davvero arrivato al limite di sopportazione.
Invece Blaine – il ragazzo Blaine, quello egoista, arrabbiato, quello frustrato e pieno di rimpianti – desiderava solamente che i due si facessero male.
Per un motivo o per un altro, che fosse giusto o sbagliato, desiderava con foga che soffrissero entrambi.
 
Dovevano soffrire come stava soffrendo Kurt, come aveva sofferto lui stesso e come avrebbero dovuto soffrire le tre bestie tempo addietro per mano sua.
Perché era stufo di persone che si erogavano il diritto di fare ciò che più gli aggradava con i sentimenti e i corpi degli altri, per soddisfare le più malate fantasie.
Voleva che Karofsky imparasse una lezione che difficilmente avrebbe dimenticato.
Voleva che Zack prendesse qualche colpo – che non poteva sferrare lui stesso- perché credeva di avere il dovere di battersi per Kurt quando solo mesi prima lui era stato al posto di Karofsky e Sebastian al suo posto.
Voleva, ad essere onesti, che Zack si facesse male soprattutto perché era intenzionato a prendersi il posto di Blaine nella vita di Kurt.
 
“quanto sarà contento il tuo paparino quando saprà che avevi così voglia di un cazzo duro che te lo volevi prendere con la forza eh?”
“sarà contento quanto il tuo quando verrà a sapere che difendi la tua puttana”

 
Kurt sentì Blaine irrigidirsi mentre lo teneva stretto e sentì i suoi denti digrignare e la cosa lo spaventò ancora di più.
Il panico che grazie alla presenza di Blaine, come un ancora, era riuscito a controllare, prese di nuovo il sopravvento.
Sapeva che se Blaine avesse reagito d’istinto e affrontato Zack, l’altro sentitosi minacciato proprio quando stava combattendo una battaglia di Kurt, non ci avrebbe messo niente a divulgare tutto ciò che aveva su Blaine e dopo tutto quello a cui aveva rinunciato Kurt e dopo tutto quello che aveva affrontato non poteva permetterlo.
no.
“basta- basta. Vi prego. Falli smettere” la voce di Kurt era flebile e roca per il pianto e il sussurro fu tenue come un sogno quasi, ma arrivò alle orecchie di Blaine forte e chiaro.
“devo essere il professor Anderson per un po’ okay? Io sarò comunque qui, Kurt. Non ti lascio, okay?” cercò di essere lieve anche lui. Nonostante l’agitazione e la costante rabbia che faticava a tenere a bada ad ogni parola che sentiva pronunciare da quei due, provò a trasmettergli conforto prima di vestire quei panni che non gli erano mai stati così stretti prima.
 
Mr Anderson fu tutto d’un pezzo ostentando una calma che non possedeva e una fermezza che mal celava tutto il suo disprezzo verso Karofsky in primis che era per lui solo un grosso pezzo di merda.
Tenne fermo David per il collo, stringendolo anche più forte del dovuto,
“sei ufficialmente la mia lista nera Karofsky. E fidati se ti dico che ti farò vivere l’inferno” disse, poi voltandosi verso Zack che teneva per un braccio, ben fermo “anche tu passerai dei brutti quarti d’ora, te lo posso assicurare” sibilò a denti stretti Blaine, 
“vedremo” rispose Di Maggio spocchioso con un sorrisino beffardo distorto però dal rivolo di sangue che scendeva dalla guancia.
Blaine come avrebbe voluto fargli sparire quel sorriso con le sue stesse mani.
“avete due opzioni, manterrete la calma mentre vi scorto fino all’ufficio della preside dove si decideranno le misure da prendere, oppure chiamo in quest’istante il 911 e la polizia farà tutto quel che deve fare. Cosa decidete di fare?” propose Blaine mentre strattonava Karofsky che nel mentre aveva tentato di colpire di nuovo Zack che restò impassibile a guardare Kurt,
“io devo parlare con Kurt” disse asciutto di Maggio, 
“tu non devi fare proprio un bel niente” sbottò Blaine trattenendo Zack per un braccio forse più forte del necessario,
“andiamo dalla Sylvester” disse invece asciutto David.
 
Blaine restava comunque solo e se doveva trascinare i due bastardi dalla preside non poteva di certo accompagnare Kurt per l’intero tragitto quindi dovette pensare in fretta e agire come meglio poteva,
“ehi Kurt, ascoltami. Non vorrei lasciarti qui, da solo, non in questo stato. Quindi sarebbe più facile se potresti seguirci. Puoi farlo?” domandò guardando come Kurt alzava lo sguardo afflitto su di lui, come si asciugava le lacrime e respirava deciso come per tenere a bada il panico,
“dove?” domandò alla fine, 
“dalla preside” rispose Blaine maledicendosi per non poter correre da lui e stringerlo forte,
“no”
“no? Che vuol dire no Kurt?”
“prima devi promettermi che mio padre non verrà chiamato e che Zack verrà lasciato fuori da questa storia, perché non centra niente” Blaine a quelle richieste stava quasi per mettersi ad urlare, 
“Zack ha malmenato un compagno di squadra Hummel, non posso fingere di non aver assistito al fatto” decise però di dire con calma,
“l’ho malmenato – come ti piace dire- per evitare che lo facessi tu Anderson, o sbaglio?” s’intromise di Maggio
“Zack” sospirò Kurt mentre si rimetteva in piedi su gambe tremolanti.
Era sotto shock, quello era chiaro.
“dammi una mano” mormorò afflitto quando capì che da solo non avrebbe fatto neanche un passo e Blaine quasi gli venne da piangere quando si rese conto che Kurt stava parlando con Zack che strattonò via la sua mano per soccorrerlo e lui lo lasciò fare, perché era quello che avrebbe fatto un’insegnante. 
“andiamo dalla preside, okay?” chiese conferma a Zack guardandolo dritto negli occhi e aspettando che l’altro capisse che non avrebbe detto o fatto niente per metterlo in difficoltà,
“andiamo” rispose allora Zack come se avesse letto tutte le buone intenzioni nel suo sguardo.
 
*
Zack si era pentito di aver fermato Anderson dal prendere a pugni lo stronzo nel momento esatto in cui lo stronzo gli aveva assestato un pugno sullo zigomo ben piazzato. Ma ormai il danno lo aveva fatto e non poteva tirarsi indietro e se si metteva a pensare il motivo che lo aveva spinto a prendere il posto del professorino, gli saliva il nervoso e colpiva Karofsky un po’ più forte “Idiota idiota fottuto idiota” pensava ad ogni colpo che sferrava. 
Perché avrebbe potuto benissimamente lasciare che Anderson spaccasse la faccia al bastardo, così di sicuro sarebbe stato allontanato dalla scuola per un po’ e se fortunato fino alla fine dell’anno perché un insegnante non può agire in maniera violenta contro uno studente. Si sapeva.. eppure Zack era stato così idiota da vedere Kurt in quello stato e pensare che lui non avrebbe saputo aiutarlo come invece avrebbe potuto fare Blaine con una sola sua stupida parola. 
Ecco il motivo: redenzione per lo stupido sbaglio che aveva fatto fuori dallo Scandals. Non che lo avrebbe mai ammesso, però. 
Nemmeno sotto tortura. 
Da quando si era rammollito così? 
 
“Non avresti dovuto intrometterti Zack” disse a bassa voce Kurt riportandolo alla realtà, 
“Volevo fare l’eroe che salva la sua damigella davanti ad Anderson” disse spavaldo mentre percorrevano il corridoio vuoto del McKinley, 
“ed io che pensavo che l’avessi fatto così da potermi chiedere un favore di rimando. Tu hai fatto un favore a Blaine ed ora io devo farne uno a te per evitare che finisca nei guai, no?” Zack alzò gli occhi al cielo e sbuffó realizzando solo in quel momento che le buone intenzioni che ci aveva letto nei suoi occhi prima erano rivolte ad aiutare Blaine, 
 “Sinceramente in quel momento non ho pensato molto se non a rompere il cazzo ad Anderson e fare bella figura con te. L’eroe ricordi? Però se mi eviti delle rogne magari, sarebbe carino” 
“sarebbe carino? Blaine è incazzato, come puoi ben vedere e sono sicuro che non ci andrà leggero. Non posso prometterti niente ma io-” il suo discorso fu bloccato da Zack, 
“Ok no, sono stato troppo garbato nei termini. Se affondo io- affonda Anderson. Chiaro?” 
“Come pensavo” 
“Non posso permettermi rogne al momento a casa, Hummel.” allora Kurt annuì perché non c’era nient’altro che avrebbe potuto fare.
“Per uno che ha appena subito uno shock riesci a ragionare che è una meraviglia” disse d’un tratto Zack solo per far finire quel silenzio ingombrante, 
“Tra te e altri stronzi, ci sono ormai abituato a ragionare sotto stress” farfugliò Kurt facendo irrigidire l’altro, “senti Hummel sei tu che non vedi altro che il marcio in me, perché sinceramente io mi aspettavo che mi avresti ringraziato per aver evitato problemi ad Anderson e visto che non sono io lo stronzo in questa situazione da biasimare, mi avresti parato il culo, come farebbe un amico. Invece mi hai costretto a fare quello che ti aspettavi che avrei fatto:usare il ricatto. E così sia, allora” disse d’un fiato Zack facendo attenzione a non farsi sentire da nessuno se non da Kurt, “Zack sono sotto shock ricordi?!” Non avrebbe voluto ma a quelle parole finí per scoppiare a ridere e il fatto che Kurt lo spinse appena con la spalla a mo’ di sfottò per prenderlo in giro fu solo un plus, perché era sicuro che a quel punto a Blaine Anderson stava andando in fumo il cervello. 
 
Una volta fuori dall’ufficio della preside Blaine aprì la porta e fece un gesto teatrale con la mano per invitare tutti all’interno. 
Era pronto ad affondare il carnefice questa volta. 
“Bla- Mr Anderson, posso- io- possiamo parlare un attimo prima di entrare?” Kurt lo aveva fermato per un braccio e Blaine poteva sentire che stava ancora tremando, così annuì e gli disse di aspettare un secondo prima. Spinse i due nell’ufficio senza chiudersi la porta alle spalle e li fece sedere senza garbo sulle due sedie vuote proprio di fronte la scrivania della preside che aveva alzato lo sguardo dal suo portatile per puntarlo sugli arrivati, 
“Anderson qualsiasi cosa sia successa, la possiamo risolvere con qualche giorno di detenzione dopo le lezioni. Mettiti d'accordo con la Pillsbury. Io non ho tempo” disse lei asciutta facendo per tornare allo schermo, 
“non credo che provare ad abusare di un compagno e poi provocare la rissa con un altro sia una questione da poter risolvere con qualche ora di detenzione. Quindi mi dia un secondo per riprendere Hummel dallo shock e torno. Non li faccia muovere da qui, Sue.” E senza aspettare reazione o risposta dalla Sylvester ritornò da Kurt. 
 
Kurt non stava bene, quello Blaine poteva notarlo anche ad occhi chiusi ed ora che si era fermato un secondo a fissarlo per bene, la bile gli salì in gola dall’orrore. 
Aveva le labbra rosse, gonfie e martoriate. Segni di graffi e ditate sul collo che era sicuro sarebbero diventati lividi e Dio solo sa cosa avrebbe potuto vedere al di sotto dei vestiti. 
Ma quelli che più di tutto urlavano dolore erano i suoi occhi. 
Occhi sempre azzurri sì, ma di un azzurro come quello di un cielo in tempesta. Pieno di nuvole grigie e tormento. 
Doveva fare qualcosa.. per questo quando si sedette di fianco a lui su quella sedia scomoda fuori all’ufficio della preside dove avrebbe dovuto esserci la segretaria, gli posó una mano sul ginocchio e con il pollice dell’altra sfiorò leggero le sue labbra fino a quando vide l’altro meno rigido, “Questo non doveva succedere Kurt. Mi dispiace così tanto” disse lasciando cadere la mano poi su quella dell’altro per fermare il suo gioco di tortura, “Non avevo capito che lui- che beh- non me lo aspettavo e quindi non sono riuscito a reagire.” Disse con difficoltà e Blaine annuì, 
“Cosa volevi dirmi?” chiese poi mettendo da parte quei discorsi che erano difficili da affrontare quando vestiva ancora  i panni dell’insegnante,
“Zack ha solo fatto quello che avresti fatto anche tu se lui non si fosse intromesso, quindi non voglio che ti accanisci anche su di lui. Non è lui il cattivo in questa storia” Blaine a quel discorso si passò le dita sulla punta del naso e prese un profondo respiro come se volesse recuperare tutta la calma che riusciva ad accumulare e poi posò gli occhi su quelli di Kurt, non riuscendo a nascondere del tutto la delusione,
“il fatto che anche in una situazione del genere, tu riesca a preoccuparti prima di lui e poi di te stesso mi fa capire quanto ci tieni” borbottò, “e lui ha scatenato una rissa, non posso fingere che non sia successo” continuò più deciso
“lo so, non ti sto chiedendo di lasciarlo impunito, ma ti sto chiedendo di non chiamare i suoi genitori.” Blaine si odiava per aver notato che Kurt non avesse negato il fatto di tenere all’altro,
“non puoi chiedermelo ed io non posso farlo” però disse,
“allora io non dirò una parola una volta entrato lì dentro” Blaine spalancò gli occhi e prima che potesse impedirselo scattò in piedi,
“Kurt questo è stupido e infantile! Non puoi-” ma non riuscì a finire il suo discorso perché Kurt gli passò oltre ed entrò in ufficio.
 
Erano passati dieci minuti da quando erano tutti chiusi lì dentro ad un impasse e ad ogni minuto che passava Blaine era sempre più alterato e Zack più strafottente, 
“Anderson, se Hummel non parla io posso fare ben poco lo sai, vero?” disse per l’ennesima volta Sue guardando preoccupata proprio Kurt, che sembrava sul punto di vomitare anche l’anima
“perfetto Sue, allora non posso fare altro che chiamare la polizia” disse pratico Blaine mentre prendeva dalla tasca il cellulare,
“la polizia?!” sbottò Karofsky,
“Coach?” parlò finalmente Kurt, “Zack è qui solo perché si è sentito in dovere di intromettersi per tutta quella storia delle guardie del corpo che lei stessa ha acconsentito perché lei da sola non è in grado di tenere a bada energumeni come Karofsky, quindi le chiedo di tenerlo fuori da tutto questo”
“Kurt!” esclamò Blaine rosso in viso, 
“Hummel converrai con me se ti dico che non posso fingere di non vedere come sia conciato Karofsky, giusto? E che sono sicura che non sia stato tu a ridurlo in questo stato, non è vero?”  Kurt deglutì a fatica perché Sue aveva ragione,
“potrebbe almeno non chiamare i suoi genitori? Tutto quello che ha fatto, lo ha fatto per aiutare me e il professor Anderson può confermarlo”
Blaine alzò le braccia al cielo per poi sbottare, “Io non confermo un bel niente!”
“Io stavo solo cercando di evitare che il professore qui si cacciasse nei guai per-” si era intromesso Zack ma Kurt fu veloce a scagliarsi su di lui e a tappargli la bocca con la mano,  
“contegno! Per piacere!” Urlò la Sylvester autoritaria, “Hummel per ora avviseremo tuo padre e i genitori di Karofsky. Faremo meglio luce sulla situazione e poi saprò che fare. Siete d’accordo? Bene” disse in modo da far capire che si faceva come lei diceva, senza tante cerimonie.
 
L’ultima volta che Burt Hummel era stato chiamato da un dirigente scolastico era per avvisargli che suo figlio Kurt si era ritrovato vittima di un incidente e che era stato trasportato d’urgenza in ospedale.
E ricordava bene la sensazione di impotenza, rabbia e preoccupazione che lo accompagnarono in quella situazione e si ricordava ancora meglio la promessa che aveva fatto a se stesso quella volta: non avrebbe permesso mai più a nessuno di far del male a suo figlio. Non avrebbe mai più lasciato che suo figlio gli nascondesse anche solo il più piccolo e insignificante degli abusi. 
E quando quel giorno un certo professor Anderson lo aveva chiamato per dirgli che Kurt si era ritrovato in una spiacevole situazione, Burt Hummel sentì di aver fallito come genitore, 
“Signor Hummel è ancora lì?”
“Lui- lui sta bene?”
“Si, lui sta fisicamente bene. È un po’ scosso. Ma- signor Hummel farò tutto quello che è in mio potere per far sì che nessuno resti impunito. Glielo assicuro.”
“Arrivo il prima possibile”
 
Kurt non aveva capito quanto avesse bisogno di suo padre fino a quando non lo vide percorrere a grandi falcate il largo corridoio del McKinley con un’espressione corrucciata e un portamento fiero
“Papà”  lo chiamò già con le lacrime agli occhi, quando era a pochi passi da lui e l’uomo aprì le braccia per lasciare che suo figlio si catapultasse al suo petto,
“figliolo, ci sono io ora. Andrà tutto bene” e Kurt sperava con tutto se stesso che suo padre dicesse la verità.
Aveva bisogno di credere che quella fosse la verità.
 
La verità. 
Era ciò che avevano chiesto Burt e Blaine.
La verità era ciò che Kurt faticò a dire e David a negare, fino a che non lo fece più.
Negare.
La verità era ciò che fu difficile ascoltare anche per una tosta come Sue e per uno stronzo come Zack.
La verità era ciò che il signor Karofsky non voleva ascoltare e credere.
 
“Questo ragazzino disturbato si sta inventando tutto. Mio figlio David non è un finocchio. Tutto questo è-”
“ma qual’è il suo diavolo di problema eh?!” Sbottò Blaine rosso in viso pronto a scagliarsi contro l’uomo se Burt non lo avesse fermato prima, 
“Professor Anderson, non possiamo fare il suo gioco. Ora chiamo la polizia” disse asciutto lui, 
“No papà!” Esclamò Kurt trattenendo a stento un singhiozzo, 
“Non è necessario arrivare a tanto. Sono sicura che-” provò a dire Sue ma fu subito stoppata da Burt, 
“Lei non è sicura di un bel niente. Questo schifo è successo sotto al suo naso e questa negligenza deve essere pagata. Mio figlio sta bene grazie al tempestivo intervento di Anderson e all’aiuto di questo ragazzo per quanto possa essere considerato scorretto.” Mentre Burt parlava Blaine aspettava che la centrale di polizia che aveva chiamato gli passasse un operatore con cui parlare.
“Blaine!” Quando Kurt se ne accorse tirò via il cellulare dalla mano dell’altro, staccò la chiamata e se lo infiló in tasca,
“Ridammi il cellulare Kurt. Dico sul serio.”
“Se non vuole che si chiami la polizia, un motivo deve esserci e questo è che sta dicendo tutte cavolate. David, per l’amor di Dio, Perché non dici come stanno veramente le cose e la facciamo finita?” Proruppe il signor Karofsky strattonando suo figlio per la manica della felpa come per risvegliarlo, 
“Dio Frank! Fattene una ragione tuo figlio è gaio quanto il quattro di luglio! Ed è così represso e frustrato da sentire il bisogno di strusciarlo addosso ad Hummel! Per carità lui è un animale, ma tu Frank sei il colpevole.. è colpa dei tuoi giochetti mentali se tuo figlio è diventato quel che è!” disse Zack contento che nessuno avesse provato a fermarlo, perché sapeva chi fosse Frank, sapeva come aveva cresciuto Dave e sapeva che se il figlio si sentiva così inadeguato e sbagliato da arrivare a tanto era per colpa sua e sua soltanto.
“L’ho sempre detto a tuo padre che doveva essere più duro con te. Sei una cattiva influenza tu e vedi di stare al tuo posto. Dov’è ora Tony, mh? Se ti sentisse parlare così ti darebbe una lezione che non dimenticheresti tanto facilmente” disse preso un po’ alla sprovvista Frank Karofsky,
“signor Karofsky se non si dà una calmata mi costringe a chiamare davvero la polizia”
“La chiami allora” rispose Blaine, 
“Porcellana, tu cosa vuoi fare?” domandò allora la Sylvester lasciando tutti i presenti spiazzati, Kurt compreso.
 
Kurt boccheggiò un po’ guardando uno ad uno i presenti che lo stavano guardando di rimando, tutti con aspettative diverse, lui però fermò lo sguardo un po’ di più su David che stava trattenendo a stento le lacrime e poi si fermò a fissare Blaine che annuì verso di lui come per dirgli: “fallo”.
Ma Kurt scosse piano il capo e poi abbassò gli occhi sulle mani che aveva strette sul grembo,
“non voglio chiamare la polizia” biascicò sicuro che almeno la Sylvester che era la persona a lui più vicina, l’avesse sentito.
“cosa? Sei sicuro che-” cominciò la preside,
“non voglio sporgere denuncia” lo disse più convinto, con voce più ferma.
 
Dire che Blaine si sentì deluso era dire poco.
Davvero poco.
Blaine sentì troppe cose e tutte insieme per riuscire a restare lucido e per non dimenticare di essere il Professor Anderson e nient’altro.
“Non esiste Kurt! Non esiste! Chiaramente non stai ragionando o lo stai facendo male. Non si può giustificare quello che ti è stato fatto. Mi dispiace. E non voglio nemmeno pensare cosa sarebbe successo se non fossi arrivato in tempo. So cosa viene dopo, cosa si deve affrontare. capisco la vergogna che si prova dopo,  capisco anche fin troppo bene e non posso lasciare che affronti tutte le conseguenze permettendo a lui di restare impunito e senza conseguenze. Non posso. Avevo promesso di- ma, non posso restare” Blaine si voltò con gli occhi lucidi verso Burt cercando di trattenere quelle lacrime di frustrazione e sconsolazione, “signor Hummel- Burt.. io credevo di riuscire a non prendere la situazione sul personale, ma a quanto pare tutto questo è più grande di me. Faccia ragionare suo figlio”  così dicendo fece per uscire da quella stanza diventata troppo stretta, ma gli fu sbarrata la strada proprio da Burt che gli poggiò una mano sulla spalla frapponendosi tra lui e la porta e sorrise paterno.
Un sorriso che Blaine non conosceva, non con il padre che si era ritrovato ad avere,
“Anderson- Blaine non mi fido di nessuno in questa stanza se non di mio figlio e di te - posso darti del tu, vero?- è chiaro che  vuoi che venga fatta giustizia tanto quanto me. Quindi resta” disse l’uomo stringendogli la spalla con la mano che poi lasció andare, 
“Tutto questo è così commovente ma io non ho tempo per le soap opera da checche, quindi fatemi solo sapere se devo chiamare il mio avvocato, così posso andarmene!” Frank Karofsky era un uomo che aveva poco di uomo a tanto di feccia umana, lo avevano capito tutti a quel punto,
“Sta zitto papà!” Esclamò rosso in viso suo figlio proprio mentre la Sylvester scattò in piedi sbattendo un pugno sulla cattedra arrabbiata come mai si era permessa di essere a scuola, 
“Non tollereró un’altra parola sbagliata da parte sua, signor Karofsky. Ora le dico cosa faremo qui, okay? Lei chiede scusa a tutti per le parole che ha usato poi sta’ fermo e zitto ad ascoltare cos’ha da dire Kurt, poi farà, come tutti noi del resto, ciò che é più giusto per Hummel e per suo figlio. E se si azzarda anche solo a pensare di dissentire, mi assicureró che questo caso abbia più attenzione mediatica delle elezioni nazionali. Perché lei crede che il suo cognome e i suoi soldi possono tutto in questa cittadina, però ha dimenticato che io mi chiamo Sylvester e che il mio nome e la mia posizione come ex candidata al congresso possono di più anche al di fuori. Quindi Frank, decida. Chiama il suo avvocato ed io il mio o chiede scusa e andiamo avanti.”  il petto di Sue si era gonfiato pieno di aria e fierezza proprio come quello dell’uomo si era sgonfiato divenendo paonazzo senza ritegno,
“amen preside amen! Lei si che ha le palle!” Esclamò Zack rompendo così quel silenzio teso, 
“Non ora di Maggio” rispose lei senza distogliere lo sguardo dal padre di David, anzi fece anche un gesto con la mano come per invitarlo a parlare, 
“Okay. Perfetto. Ho usato un linguaggio troppo forbito per il luogo. Me ne rammarico” disse l’uomo ma Sue scosse la testa,
“No Frank, lei prima ha usato un linguaggio omofobo, ora un linguaggio incorretto. Chieda scusa.”
“Mi dispiace okay? Andiamo avanti su!” La donna annuí finalmente soddisfatta e poi si voltò con un sorriso affabile verso  Kurt, 
“Bene Kurt, Ora dicci perché non vuoi che venga sporta denuncia.”
 
Kurt aveva tanti buoni ‘perché’ da elencare per non volere il coinvolgimento della polizia.
Alcuni li avrebbe detti, altri li avrebbe tenuti per sé.
Il primo dei tanti era sicuro sarebbe bastato a convincere almeno suo padre, perciò lo disse.
Con qualche difficoltá, ma lo fece.
“Perché ci sono già passato e tutto quello che ho ottenuto non è stato niente di ciò che volevo. Ho ricevuto tanti sguardi gravi e poca comprensione. Oltre le ossa rotte e il cuore spezzato ho dovuto subire anche l'umiliazione di non essere ascoltato perché quelli lì erano bravi ragazzi e io in qualche modo li avevo provocati. Perché il giudice ha dismesso il caso per loro con dei servizi socialmente utili e le scuse formali per me.  Intanto io ci ho guadagnato mesi di terapie, un cambio di scuola e la fine di un rapporto per me importante. Con la consapevolezza che quei vandali avrebbero fatto o rifarebbero ancora e di nuovo la stessa cosa a me o a qualcun altro come me.” Disse Kurt prendendo un respiro profondo quando era necessario e spostando lo sguardo tra Blaine e il padre quando ne sentiva il bisogno.
“Kurt perché non- io- Rachel aveva accennato, ma” Blaine stava balbettando alla ricerca di parole adeguate e pensieri logici.
Era in continuo conflitto tra il Blaine, ragazzo del caffè e il Blaine insegnante di letteratura inglese, e in qualsiasi modo ne usciva sempre sconfitto.
“non sono un codardo però.
Voglio che questo sia chiaro” continuò Kurt fingendo di non aver sentito Blaine anche se gli aveva lanciato uno sguardo che diceva che ne avrebbero parlato ancora,
“Non voglio che pensiate che io non sia in grado di affrontare il problema. Preferisco solo affrontarlo in maniera diversa. Non voglio che intervenga la polizia perché non sono il tipo di persona che fa outing al posto degli altri e chiaramente Karofsky non é ancora pronto ad accettare ciò che è, figuriamoci a dichiararlo.” Disse guardando il ragazzo per la prima volta da quando si erano seduti tutti in quell’ ufficio.
“Mio figlio non è-”
“Suo figlio non è innocente” si intromise Blaine però zittendo sul posto Frank, 
“Kurt, qui non si tratta di dire in giro cos’è o non è Karofsky, lo sai vero? Qui si tratta di tutelarsi e tutelare anche gli altri” disse poi rivolto all’altro orgoglioso di notare l’approvazione di Burt che annuiva convinto, 
“Lo so. Ma non credo che qualche servizio civile o qualche settimana di domiciliari che suo padre riuscirá ad ottenere serviranno a qualcosa. Non credo che aiuteranno David con la sua confusione o con la sua emh.. i suoi problemi di rabbia, ecco” asserì sperando che Blaine capisse,
“Su questo concordo con Lady Hummel, sono sicuro che anzi peggioreranno la situazione di questo povero disgraziato di Karofsky che si convincerá dell’ennesima lavata di capo del padre e che gli farà credere che è stata colpa di Hummel  con le sue fattezze di donna a confonderlo e che lui non ha fatto niente di male, se non dargli ciò che voleva.” a quelle parole di Zack, Burt si fece avanti puntandogli un dito sul petto, 
“Senti un po’ ragazzino, cerca di parlare più pulito e non solo quando parli di mio figlio, perché, fidati di un uomo che potrebbe essere tuo padre, non ti fa sembrare più forte e spavaldo ma solo più piccolo e insicuro. Qualcosa di buono in te c’è altrimenti mio figlio non cercherebbe di proteggerti come sta cercando di fare da quando avete messo piede in questo ufficio
 Ma cerca di non mettere a dura prova la mia pazienza che sono un uomo già stanco. Ti è tutto chiaro?” Disse lui aspettando almeno un cenno di conferma dal ragazzo che arrivò seppur in ritardo,
“Vedi Hummel anche tuo padre vede del potenziale in me” disse lui rivolgendo a Kurt un occhiolino smaliziato e il verso gutturale di Kurt e un “non farmene pentire” fu l'unica sua risposta.
 
“perfetto: Niente polizia. credo che ormai Hummel ci ha convinto tutti. Quello che mi resta da fare è l’espulsione dalla scuola con effetto immediato” disse la preside freddando tutti, tranne Frank ovviamente che infervorato scattò in piedi parandosi proprio davanti la donna che non ne fu per niente impressionata, 
“Mio figlio è il quarterback della squadra di football. Il migliore in campo. Lui è quello che vi fa vincere tutte le partite e vendere tutti i biglietti. Non vi permetterò di rovinargli la reputazione e fargli perdere la borsa di studio. Non succederà! Mi ha sentito?” sbottò mentre pescava dalla sua giacca il portafogli,
“Hummel quanto vuole 10 mila? 15? Quanto, per accettare le scuse e andare avanti?” Domandò alterato brandendo il libretto degli assegni come se potesse risolvere così la questione, 
“Dio papà. Smettila. Non voglio restare in questa scuola un solo giorno in più. Io non-  non posso. Quello che ho fatto è-” David stava apertamente piangendo e solo quello bloccò Burt dall aggredire l’uomo di fronte a lui.
“Lei è un pezzo di- si rende conto che non sta aiutando nessuno così? Soprattutto non suo figlio?” Sbottò rosso in viso Burt.
Sue per l’ennesima volta fu costretta a mantenere la calma con voce forte e maniere dure.
 
Blaine a quel punto stufo di tutto quel teatrino creatosi si alzò dal bracciolo del divano dove era seduto di fianco a Kurt e per la prima volta si rivolse a David, considerandolo per quello che era e non per ciò che aveva proiettato su di lui.
Era un ragazzo confuso e represso? Si. 
Era l'aggressore? Si.
Era un animale che aveva voluto solo giocare e infliggere qualche tipo di perversa lezione? No.
Blaine l’aveva capito.
Era da comprendere e giustificare? Assolutamente no.
Però era da aiutare per evitare che diventasse un uomo disturbato, cattivo, inumano.
Un uomo senza limiti e con solo eccessi.
 
“David, voglio che prendi la mia domanda sul serio, okay?” chiese Blaine e Dave annuì.
Poi passandogli lo specchietto, che per qualche ragione Sue teneva sulla scrivania, gli fece la domanda,
“Cosa vedi ora guardandoti allo specchio?” Karofsky dopo un attimo di esitazione in cui aveva alzato lo sguardo su suo padre, fissò la sua immagine riflessa nello specchietto, ma solo per pochi secondi prima di mettere via l'aggeggio non sopportando più ciò che vedeva.
 
E ciò che vedeva erano un sacco di cose e nessuna delle quali era ciò che voleva essere.
Vedeva un ragazzo disperato.
Vedeva un pentito, un codardo.
Vedeva un animale in gabbia.
Uno spregevole.
Uno che non valeva.
 
“vedo troppe cose tutte difficili da ammettere” disse con voce spezzata,
“allora dimmi ciò che non vedi ma che vorresti”
“sereno. Vorrei potermi vedere sereno. Normale.” 
A quelle parole- all’ultima in particolare: normale- Blaine annuì e lo ringraziò per essere stato onesto nonostante la palese difficoltà.
 
“quindi Anderson?” domandò chiaramente confusa la preside mentre risistemava lo specchietto al suo posto,
“quindi ho un paio di idee che possono funzionare insieme a quelle di Kurt” disse convinto,
“quali sono le tue idee, Kurt?” chiese Burt a quel punto notando che suo figlio stava sorridendo al giovane insegnante, complice.
“Karofsky non vuole restare in questa scuola ed io non voglio che ci resti, però invece di sospenderlo lui potrebbe semplicemente cambiare liceo. Sono sicuro che suo padre potrebbe farlo entrare in qualsiasi scuola voglia” cominciò Kurt indicando con fare ovvio il libretto degli assegni che Frank aveva ancora in mano, “e poi voglio che David si faccia aiutare da un terapista o un centro di sostegno.. non lo so. Voglio che capisca chi è e cosa non è, così da non ripetere più i suoi errori” Blaine stava apertamente sorridendo ora, fiero di quanto maturo e forte fosse il suo Kurt.
Avrebbe tanto voluto potergli prendere le mani e stringergliele forte e baciargliele e baciare lui.
Ma non poteva.
Ricordarlo fu una doccia fredda.
L’addio ora pesava come un macigno sul suo cuore.
 
"Credo che sia necessario che anche suo padre segua una terapia. Il problema va risolto dalla radice e la radice è lui” s’intromise Blaine,
“a questo non ci avevo pensato e mi sembra più che giusto” confermò Kurt rasserenato,
“e se io non volessi accettare tutta questa manfrina?” parlò Frank,
“allora sarò costretto a fare quella dannata denuncia, signor Karofsky perché non mi sono mai sentito così violato prima di oggi e perché in qualche modo devo assicurarmi che David non tenti di farlo di nuovo a me o a qualcun altro come me” mise in chiaro Kurt,
“nel caso, conosco un avvocato di Washington che lavora per il congresso, è così gay che accetterebbe di aiutarti pro bono” rincarò la dose Sue facendo l’occhiolino a Kurt che si fece scappare un risolino.
A Frank non gli restava nient’altro da fare che accettare.
E lo fece.
Di malavoglia e a denti stretti, accettò le condizioni poste da Kurt.
“Bene, perfetto. Non c’è nient’altro da fare qui, quindi” Sue Sylvester era pronta a fare le sue formali scuse agli Hummel, mandare tutti via e prendersi una meritata pausa, ma Blaine era d’un altro avviso,
“eh no Sue. Io avrei ancora delle idee da proporre” disse e la preside ricadde sulla sedia invecchiata di cent’anni,
“ti prego sii veloce”
“voglio che venga inserito nel programma scolastico un progetto contro l’omofobia e la transfobia.  E voglio che si tenga un corso obbligatorio sui diritti umani universali per educare i ragazzi ad essere civili e rispettosi. E converrai con me quando dico che bisogna cambiare la politica di questa scuola contro il bullismo: tolleranza 0” la Sylvester sospirò afflitta perché era giusto ciò che le chiedeva Anderson, ma era impossibile da attuare con il budget ristretto che si ritrovava ad avere a quel punto dell’anno scolastico.
“Anderson, pensavo fossi stata chiara già mesi fa, ho le mani legate e le tasche vuote. Il glee è ancora in piedi perché tu lo stai dirigendo gratis! La scuola non può permettersi di assumere altro personale, aprire nuovi corsi e promuovere progetti anche se sono ottimi” Blaine sembrava pronto a farsi sentire ma Burt lo precedette,
“sono sicuro che il signor Frank Karofsky che ora sta giocando col suo cellulare, sarà più che lieto di donare quanto serve per incentivare una buona causa, non è vero Frank?” 
“è vero un corno!” sbottò l’uomo, “tutto questo mi sembra solo una barzelletta!” 
“Frank avanti! Risparmiamoci la parte in cui ti ricordano della denuncia, dell’avvocato al congresso, del caso mediatico e arriviamo direttamente alla parte in cui tu firmi l’assegno e noi tutti ce ne andiamo a casa!” le parole di Zack furono ben accette da tutti, Burt e Blaine inclusi.
“10mila vanno bene” sentenziò la Sylvester quando vide l’uomo riprendere il libretto degli assegni senza emettere una sola parola perché Zack aveva più che ragione, qualsiasi cosa avesse detto si sarebbe ritrovato comunque a firmare quel pezzo di carta.
“perfetto grazie. Vorrò essere aggiornata sui progressi di David, ovviamente. Quindi si aspetti una mia chiamata di tanto in tanto” lo dismise la preside quando aveva intascato l’assegno, indicandogli con un gesto fintamente gentile la porta,
“io vorrei- sono- Mi dispiace” disse Dave a nessuno in particolare, poi calò la testa e se ne andò spinto via dal padre.
 
Cosa poteva farsene Kurt di un mi dispiace? Niente
Non avrebbe neanche voluto sentirlo quel “mi dispiace”, perché non cambiava niente.
Non cambiava ciò che era successo e cosa stava provando lui.
Non gli faceva smettere di sentire le labbra martoriate e il dolore alla schiena.
Non gli faceva dimenticare il terrore che aveva provato.
Non gli cancellava la sensazione di sporco addosso.
Anzi quel “mi dispiace” rafforzava ogni sentimento.
 
“e ora Anderson? Contento? Possiamo andare?” Sue aveva perso ogni briciolo di pazienza,
“c’è ancora la questione di Di Maggio da discutere” disse Blaine e prima che Kurt potesse anche solo aprire bocca lui lo fermò con un gesto secco della mano,
“cosa vuoi che faccia con Zack?” 
“due settimane di detenzione dopo la scuola. La stesura di un saggio di 10.000 parole contro la violenza e il bullismo. E 15 ore di consulenza con la Pillsbury"  
La Sylvester accettó le punizioni imposte da  Blaine e Zack dal canto suo non gli importó molto infatti fece un'alzata di spalle e poi con il suo solito sorriso sghembo disse “ed io che pensavo di ricevere da lei mr Anderson, almeno un grazie. Ma va bene, L’ha già fatto Kurt per lei.” Alzò la mano in segno di saluto e un occhiolino per Kurt, disse che sarebbe andato in infermeria per un borsa del ghiaccio e un dormita di qualche ora e poi scappò via.
 
Kurt era esausto e se non fosse stato per il riflesso di sé stesso che vedeva sulle vetrine del corridoio del McKinley avrebbe creduto di essere invecchiato di 100 anni.. invece nell'immagine che quei vetri gli restituivano vedeva un ragazzo sfatto, ferito, destabilizzato.
Ma non solo.
In quel riflesso vedeva suo padre che camminava di fianco a lui e vedeva Blaine camminare a qualche passo più indietro.
Non era solo.
 
“Carole ci sta aspettando in ospedale” sentenziò suo padre,
“Perché? Ha bisogno di un passaggio?”
“No, ha bisogno che tu ti faccia visitare” 
“Non esiste papà. Io sto bene. Davvero. Niente ospedali. Ho solo bisogno di una doccia e di riposare un po’”   borbottò lui, anche se ad essere onesti lui proprio non sapeva di cosa avesse davvero bisogno.
“Potrei darvi il nome di un centro d’assistenza che si occupa di questo genere di situazioni e che ha un team di medici davvero in gamba. Si trova di strada per andare a Westerville” s’intromise Blaine tagliando la distanza a passo di corsa fino ad affiancare Burt,
“Sei anche tu di Westerville?” Domandó a quel punto l’uomo e Blaine annuì e confermò, 
“Blaine Anderson di Westerville.” Disse riflessivo Burt più a sé stesso -come per ricordare- che a lui, “oh” esclamò poi aprendo la bocca a formare una o per lo stupore, 
“Come il Blaine Anderson che prima era Ferguson dello studio legale Ferguson Corporation?” Domandò per esserne sicuro e ancora una volta Blaine annuì e confermó.
Burt a quell’assenso si fermò al centro del corridoio, si voltò verso Blaine, gli poggiò una mano sulla spalla e poi lo attirò a sé per un abbraccio da uomo a uomo.
Da un padre ad un figlio.
“Mi dispiace se oggi hai rivissuto anche solo un secondo di quello che è successo quel giorno” gli sussurrò all’orecchio prima di lasciarlo andare,
“Papà? È tutto ok? Vi conoscete?” Domandò Kurt sempre più confuso notando l’espressione illeggibile di Blaine, 
“Una volta, quando era un ragazzino, gli ho sistemato l’auto” 
“una mercedes clk” ricordó Blaine,
“Si giusto. Quel paraurti era messo proprio male” continuò Burt e Blaine si passò una mano alla base del collo a disagio sorridendo imbarazzato.
“Andiamo, papà” se Blaine sembrava essere in imbarazzo, Kurt era completamente e tremendamente agitato.
Come se non bastasse.
“Si, si andiamo. Com’era quel centro, allora?”  Disse Burt rivolto ancora verso Blaine,
“Io- potrei, si.. posso parlare un attimo con Kurt? Vorrei assicurarmi che-” non finí la frase però, perché il signor Hummel gli porse la mano che Blaine strinse e lo salutò 
“Professor Anderson ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per mio figlio” sentenziò, “Kurt” continuò voltandosi verso il ragazzo, “io mi avvio a- si, starò lì giù a chiamare Carole” 
 
Kurt spostava il peso da un piede all’altro e teneva lo sguardo basso perché il peggio era passato.
Lo smarrimento e lo spavento era finito. Il panico si era placato e lui doveva ricordare a sé stesso che Blaine se ne sarebbe andato.
Doveva ricordare che non poteva e non doveva chiedere altro.
Doveva ricordare che Blaine l'avrebbe aiutato, di sicuro, ma non per la motivazione che voleva Kurt e che non poteva volere.
Blaine gli aveva detto addio solo pochi giorni prima, Blaine solo poche ore prima era al telefono con un certo Eli.
 
“Volevi Parlarmi, no? Dimmi”
“Kurt io- di qualsiasi cosa tu hai bisogno puoi chiedermelo. Io ci sono” Blaine fece un passo avanti e poggiò la mano sul braccio di Kurt,
“puoi darmi il nome di questo centro di cui parlavi” lo disse con un'alzata di spalle e un passo indietro,
“Non intendevo questo. Non fingere di stare bene.. con me non devi farlo. Quello che è successo-”
“Quello che é successo è già passato. Ti ringrazio per l'attenzione che hai avuto in quel momento per me. Non eri dovuto a farlo Mr Anderson” disse asciutto notando come gli occhi di Blaine si aprivano per la sorpresa e poi si socchiudevano guardinghi, 
“Kurt, lo sai che non l’ho fatto solo per senso del dovere.”
“so che sei stato molto chiaro con la canzone e il discorso la settimana scorsa e so che Eli potrebbe confermare.” Blaine guardò oltre le spalle di Kurt notando come il signor Hummel fingeva di osservare vecchi trofei quando con la coda dell’occhio teneva sotto controllo la situazione.
 
Ma di quel fantomatico Eli, Blaine se n'era dimenticato fino a quando non era stato Kurt a ricordarglielo.
 Però non voleva discutere con Kurt di quello o peggio ancora non voleva litigare.
Voleva solo stargli vicino e aiutarlo come poteva, era una situazione delicata quella e con l’animo già provato di Kurt, Blaine aveva la certezza, quasi, che sarebbe crollato di lì a qualche ora.
 
Aveva visto Sebastian cadere e rialzarsi, piegarsi e rimettersi dritto. L’aveva visto stare bene e ricadere nell'oblio dei pensieri più brutti subito dopo.
Blaine voleva che in quei frangenti Kurt sapesse di non essere solo e che lui c’era.
Non sapeva con esattezza cosa fosse già successo a Kurt, ma aveva capito che non era stato facile da gestire e guarire e che certe ferite non si rimarginano mai e che Karofsky non solo gli aveva inflitto una nuova ferita profonda ma ne aveva riaperto anche una vecchia.
 
E aveva capito in quel momento che le parole avrebbero fatto più male che bene.
Kurt non voleva ascoltare, quello era chiaro.
Ma Blaine non avrebbe lasciato che soffrisse da solo, nascosto dietro quelle mura che aveva alzato tutt’intorno.
Così, nonostante fossero a scuola, nonostante Burt Hummel era a portata d’occhi, nonostante ci fossero ancora troppe cose non dette, Blaine fece l’unica cosa che avrebbe voluto fare.
Gli prese i polsi con gentilezza e lo attirò a sé, portando le sue mani dietro la sua schiena e stringendolo forte di rimando,
“Ma che- Blaine”
“Sh, stringimi” 
E Kurt contro ogni previsione lo strinse forte e nascose il naso nell’incavo del suo collo e sospirò debole quando sentì le dita leggere di Blaine massaggiargli la base del collo e pianse Kurt.
Lasciò che le lacrime scendessero e bagnassero il colletto di Blaine, perché ne aveva bisogno.
Perché tra le sue braccia sapeva di non dover essere forte.
Sapeva che non sarebbe mai caduto lì, al suo posto.
Tra quelle braccia.
“Stasera ti chiamo, rispondi solo se ti va. Non dobbiamo parlare per forza. Possiamo guardare la tv, cantare, piangere. Possiamo leggere qualcosa. O puoi chiamarmi tu quando vuoi, okay?”  Il messaggio fu chiaro: voleva esserci per Kurt, il come non importava.
“Okay” tirò su col naso senza avere ancora  il coraggio di allontanarsi da quelle braccia,
“mi vedo ancora da te e con te. Sempre” sussurrò Blaine prima di allontanarsi piano perché non era riuscito a trattenersi, perché la canzone, il discorso e quel fantomatico Eli erano nulli ogni volta che posava gli occhi su quel ragazzo lì, un po' spezzato ora, ma sempre lui.
Kurt  scivolò via dalle braccia di Blaine ancora sulle sue spalle, biascicando qualcosa riguardo il papillon sgualcito e poi sentendo suo padre schiarirsi la gola, lo salutò con un “buona giornata mr Anderson” e corse via.
 
Gli era stato detto più volte a Kurt che quello che ignori prima o poi sparisce.
Ma la vita gli aveva insegnato che questo detto può valere per le persone, per le brutte abitudini, per i pensieri.
La sua vecchia terapista gli aveva insegnato che un problema se lo ignori non sparisce, anzi diventa sempre più incombente.
Diventa sempre più insostenibile.
Ma una ferita? Se la ignori sparisce?
Se fingi che non c’è, va via? 
Aveva pensato che questa sparisse così com’era arrivata, anzi anche più facilmente di come se l’era procurata.. ma aveva dovuto ricredersi quando arrivato a casa il grande quanto innocuo e dolce Finn aveva fatto per stringerlo in un abbraccio stritolare  e lui aveva reagito così male da spingerlo via e farsi scappare un urletto scomposto.
 
Sapeva con razionalità che il suo fratellastro non avrebbe mai fatto male ad una mosca, eppure anche solo pensare alle sue mani non richieste e non programmate su di lui lo facevano rabbrividire.
 
“Sei una puttana” sentiva la voce di Karofsky ripeterglielo nella testa,
“un calcio nelle palle forse ti farà capire come e con chi si devono usare” sentiva la voce del bullo che quella sera di anni prima decise di prendersela con lui e lasciare Chandler agli altri.
 
“Kurt figliolo, se mi ripeti che stai bene un altra volta, giuro che do di matto”
“Papá mi ha solo colto di sorpresa, tutto qui”
Ma non era tutto qui, Kurt questo lo sapeva.
Però provare ad ignorare e sperare che andasse via, qualsiasi cosa essa fosse, era più facile che prenderne atto e fare qualcosa.
 
Kurt non si sentiva più di combattere.
Non aveva più forza per combattere niente di quello che andava storto nella sua vita, per questo quando fu a letto e il suo cellulare suonò avvisandogli una chiamata di Blaine rispose dopo un solo squillo.
 
“Ehi disturbo?”
“Ciao Blaine, Cos' hai sul comodino da leggere?”
“Confessioni di un codardo di Bukowski, perché?”
“Avevi detto che potevamo leggere qualcosa. Allora, leggi?”
“Dall’inizio?” sentì Blaine sfilarsi da sotto le coperte, lo sentì muoversi un po’ e poi di nuovo il rumore delle coperte,
“No. Da dove hai lasciato”
“Tu mettiti pure comodo”

Angolo Wallflower_
 
Aggiornamento lampo.
Anche questo è un capitolo pieno di angst.
L’ho scritto 10 anni fa ed è stato difficile per me editarlo oggi a distanza di così tanto tempo.
La storia si stava scrivendo da sola all’epoca e lo sta facendo ancora tutt’ora.
È un argomento delicato, e immagino che non tutti possono essere d'accordo su come si sono svolte le cose anche dopo l’accaduto tra Kurt e Dave.
Ma spero che sia stato comunque piacevole leggere.
Fatemi sapere una vostra opinione.
Un abbraccio
Wallflower.

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Capitolo 15
*** I pezzi del puzzle. ***


Capitolo 14

 
Riaprire una ferita, anche se ben curata, basta poco.. Blaine l'aveva capito quella notte, quando dopo essere sprofondato in un sonno profondo mentre ascoltava il respiro calmo di Kurt addormentato dall’altro lato del cellulare, si era risvegliato nel bel mezzo della notte, madido di sudore, col cuore che gli batteva a mille e Sebastian che cercava di tenerlo fermo e zitto, perché a quanto pareva stava urlando a pieni polmoni.
 
Aveva fatto uno dei suoi incubi, uno di quelli che non gli capitava di avere da un bel po’ di tempo a quella parte e che credeva acqua passata.
 
Non erano passati quindi.. ma soltanto sopiti da qualche parte nel suo inconscio che la vicenda di Kurt di quella giornata aveva riportato a galla.
 
“Killer, credo sia arrivato il momento di parlarmene.” Sentenziò Bas quando era tornato da Blaine, nel suo letto portandogli una tisana calda.
“Cosa vuoi sapere?”
“Tutto quello che non mi hai detto, Blaine, tutto”
 
Così Blaine tra un sorso e l’altro di tisana e un sospiro amaro e un morso alle labbra stava dicendogli tutta la verità.
Perché quello davanti a lui era Sebastian e non doveva nascondergli nulla, perché era sicuro che a quel punto non ci sarebbe stato un “te l'avevo detto” e sapeva che non gli avrebbe dato ottimi consigli e non se ne sarebbe uscito con  enormi perle di saggezza, ma era certo che l’amico avrebbe fatto di tutto per farlo stare bene.
 
Quindi partì dall’inizio descrivendogli la scenetta di Kurt e Zack che aveva visto nel corridoio della scuola, non si risparmiò i dettagli sul sorriso di Kurt e sul bacio di Zack.
“ma perché il nome di quel fottuto bastardo continua a comparire quando si parla del damerino?” Sbottò Sebastian chiedendo all’altro di continuare subito dopo.
Così Blaine prese dal suo comodino gli spartiti e il testo della canzone che aveva scritto, aspettò che l’altro leggesse e poi gli disse che l'aveva scritta per Kurt, perché doveva fargli capire come si sentiva.
Perché era stufo di dare senza mai ricevere, perché Kurt stava andando avanti per la sua strada senza voltarsi mai indietro a guardare dove l'aveva lasciato.
“Ma sei proprio un fesso Anderson! Prima di mettere su lo spettacolo di Les miserables potevi almeno concedergli il beneficio del dubbio e chiedere spiegazioni! Con Santana è stato chiaro: tra lui e quel bastardo non c’è niente!” Blaine fece spallucce alle parole di Bas,
“L’ha detto anche a me quel giorno. Ma non è questo il punto. Zack o non Zack lui ha preso la sua decisione e non è stare con me. Quindi io volevo solo il suo addio. Ne avevo bisogno, capisci?”
“Invece lui non ti ha detto addio, vero?”
“Già. Ha detto molte cose quel giorno, ma non addio.”
“Quindi?” Domandò Bas,
“Quindi stavo impazzendo, Bastian. Un minuto prima lo odiavo, un minuto dopo ero sicuro di stare andando avanti, un minuto dopo ancora mi sentivo confuso e volevo sentirmi dire quel maledetto addio. Così stamattina avevo deciso che con la scusa di congratularmi con lui per la vittoria dei Cheerios volevo parlargli un'ultima volta, ma..”
“Ma cosa, Blaine?”
 
Sebastian non era stato pronto a sentire quello che Blaine aveva da dire.
Aveva pensato si trattasse di una storia di un cuore spezzato o di una storia di folle gelosia e ragazzini non ancora pienamente cresciuti e quindi confusi su ciò che volevano o pensavano di volere.. invece quello che dovette ascoltare fu cento colpi allo stomaco.
 
Si rese conto alla fine del racconto che quella era una storia diversa di cuori e anime spezzate e realizzò  che era una storia di ragazzini sí, ma di quelli forti, di quelli che nonostante le botte, le ferite, i colpi bassi e allo stomaco restavano in piedi, Kurt restava in piedi.
Ne era così fiero che non riuscì a trattenersi dal dirlo.
“Stará passando l'inferno Blaine. Eppure è riuscito a insegnare una lezione a tutti.. in qualche modo è riuscito a non essere la vittima, ma l’eroe. Questo è- vorrei potergli dire che stará bene, quelli come noi ne usciranno sempre vivi.” Blaine si lasciò abbracciare dall'amico e ricambiò la stretta come per dirgli ancora una volta e sempre “ti tengo”.
 
“Però c’è qualcosa che non mi quadra. Quell’approfittacazzi di Zack non mi quadra. È già da quel sabato al caffè e dal quel “scusa” di Kurt che ho la sensazione di mancare qualche pezzo del puzzle” disse Sebastian quando si erano sciolti dall'abbraccio e Blaine sembrava non avere più forze per affrontare certi tipi di discorsi,
“Bas non c’è nessun pezzo mancante se ci pensi. Kurt non ha negato di tenerci, ha fatto di tutto per evitare che finisse in grossi guai ed è stato il primo a cui ha chiesto aiuto e a cui ha sorriso. Cosa c’è che non ti quadra? Se lui lo fa stare bene, per me va bene”
“Tutte stronzate Killer. Kurt non sa mentire e se ha detto sia a te che a Santana che tra lui e lo stronzo non c’è niente, allora gli credo. Però c'è da capire perché si è avvicinato così tanto ad uno di cui, posso metterci la mano sul fuoco, non si fida” Blaine fece spallucce e poi sbadigliando gli disse di smetterla di pensare come se fosse sempre un protagonista di un giallo e di mettersi a dormire con lui che era davvero tardi.
 
E Sebastian lo fece, mettersi a dormire di fianco a Blaine, ma di pensarci proprio non poté smettere, quello no. Non ci riusciva.
così l’indomani, dopo aver preso il suo caffè forte e amaro per risvegliarsi un po’, decise di recarsi da Santana perché solo lei poteva aiutarlo a mettere insieme tutti i pezzi, dato che lui era quasi certo di avere tra le mani il puzzle intero, aveva solo bisogno di comporlo, quel puzzle.. e ad essere onesti Santana non era proprio la persona che poteva aiutarlo ma era l’unica a cui poteva chiedere l'indirizzo di Kurt, che poteva di sicuro risolvere per lui quel grattacapo, che se era come lui l’aveva figurato nella sua testa, quella notte, allora… si salvi chi può.
 
“Andiamo. Ti ci accompagno io, devo assicurarmi che sta bene” così gli disse Santana dopo aver ascoltato il dramma che era successo e i dubbi che affliggevano Bas,
“Sapevo che avresti capito”
“Zack è nocivo, Bas. Questo ormai lo sanno tutti e so con certezza che non è ciò di cui ha bisogno Kurt in questo momento”
“Allora andiamo, no?” Propose Sebastian già con le chiavi dell’auto in una mano e il cappotto di lei nell’altra.
 
Quando Carole quella mattina, ancora con la sua vecchia vestaglia addosso e i capelli scombinati dal sonno ed in mano il libro che aveva cominciato durante le vacanze Natalizie, aprì la porta, di sicuro non si sarebbe aspettata di vedere proprio la faccia che fissava ogni volta che guardava il retro del libro che stava tenendo al petto in quel momento.
Sapeva che quel Sebastian Smythe fosse dell'Ohio dato che lo diceva il trafiletto della copertina a lui dedicato e sapeva pure di più dato che era stata una delle infermiere dell’ospedale in cui era stato ricoverato all’epoca, eppure non credeva che potesse mai bussare alla sua porta accompagnato da quella che era l’amica di Kurt: Santana.
“Oh Buon Dio! Tu sei Smythe!” Esclamò lei agitando il libro che aveva in mano: Una lunga notte a Parigi e spostandosi di lato per farli entrare,
“E lei é una mia ammiratrice a quanto pare. Ci ha visti arrivare dalla finestra? Vuole un autografo?” Chiese Bas indicando il suo libro e ricevendo in cambio uno scappellotto dietro la nuca da Santana,
“Oh no, no! Cioè non vi ho visto arrivare, stavo solo leggendo il libro quando avete suonato e..si, sarebbe carino avere una firma, ma-”
“Sebastian? Cosa ci fai tu qui?” Domandò Finn facendo capolino dalla cucina,
“Voi due vi conoscete?”
“Coinquilino di Rachel” s’intromise veloce Santana sospingendo veloce Bas all'interno ed evitando che l’altro si facesse scappare qualcosa di inappropriato da dire ai genitori di Kurt,
“Oh, Rachel non ha mai detto chi fossi esattamente e ad essere onesta parla molto spesso anche di un certo Blaine, ma Rachel non é qui, comunque” spiegò Carole facendo strada verso la cucina,
“Siamo venuti per la strepitosa colazione e per vedere Kurt. dov’è? Spero non sia già scappato a scuola” disse schietta Santana, mentre Sebastian salutava Finn e si lasciava presentare ad un ancor più confuso Burt,
“Tu sei Sebastian Smythe, amico di Blaine Anderson di Westerville. Che diavolo ci fai tu qui, con Santana poi?!” Sbottò l’uomo togliendosi il berretto logoro che aveva già ben posizionato sulla testa calva,
“Lei come fa a sapere che-”
“Sono di Westerville anch'io ragazzo e ho una buona, ottima memoria.. e proprio ieri ho conosciuto Anderson.. é l'insegnante di Kurt” cercò di spiegarsi Burt,
“Blaine, amico di Rachel é lo stesso Blaine Anderson professore di Kurt!?” Domandò a nessuno in particolare un alquanto confusa Carole mentre preparava altro caffè per gli ospiti,
“Così pare” borbottò pensieroso e del tutto destabilizzato Burt, mentre tornava a sedersi già tremendamente stanco, al suo posto, permettendo alla sua mente di fare qualche ragionamento e arrivando alla conclusione che lui e Kurt dovevano fare un bel discorso.
Perché a quel punto c’erano troppe situazioni e coincidenze che richiedevano una spiegazione ed al più presto anche, poiché lui ci stava già provando da solo da quando aveva lasciato il liceo McKinley il giorno precedente, senza però trovarvi risposte.
 
“signor Hummel- Burt credo che ti devo delle scuse. Quando mi hai chiesto se ci fossero problemi a scuola io ti
ho assicurato di no pensando davvero che non ce ne fossero senza prima accertarmene che fosse vero. Solo che, a quanto pare, Kurt riesce a nascondere ciò che vuole molto bene” Santana doveva togliersi quel peso dallo stomaco e buttò fuori quelle parole con il capo chino sul suo caffè e la voce impostata,
“Tranquilla Santana era compito mio controllare che fosse tutto okay e non l’ho fatto. Non devi fartene una colpa” rispose affranto Burt,
“Sinceramente qua non è colpa di nessuno se non di quei bastardi a scuola e di Kurt che pensava di fare un favore a tutti non parlandone con nessuno. A proposito dov’è?” Si intromise Sebastian parlando come se quella non fosse la prima volta che interagiva con quelle persone e come se ne avesse tutto il diritto.
“Vacci piano ragazzo! Non credo di tollerare altri brutti atteggiamenti e lo stesso vale per mio figlio. Chiaro?”
“Burt, fidati se ti dico che tuo figlio ha bisogno di una scossa e non di essere commiserato. Non voglio di certo colpevolizzarlo di nulla, però ho delle cose da dirgli e lui pure. Quindi dov’è?” Chiese di nuovo Sebastian allontanando da sé la seconda tazza di caffè di quella mattina,
“É in camera sua, non credo che se la sente di uscire dal letto oggi, ne tanto meno andare a scuola” Sebastian alzò gli occhi al cielo alle parole di Carole e le chiese di indicargli la strada e la porta,
“Con permesso” disse poi rivolto a Burt che era rimasto seduto al suo posto a scrutarlo ancora indeciso se lasciarlo andare da Kurt o meno,
“Fidati Burt, non c'è persona migliore di lui per Kurt in questo momento” disse Santana mentre veniva strattonata proprio da Bas per portarla insieme a lui,
“stanno insieme quei due?” Domandò Burt ad un Finn che aveva assistito a tutta la scena senza fiatare ancora troppo addormentato per mettere in fila un pensiero coerente,
“Bas e Kurt?” Finn scoppiò a ridere sguaiato asciugandosi le lacrime agli angoli degli occhi, “farebbero scintille!”
“No Finn, parlavo di lui e Santana!” L’uomo si passò una mano sugli occhi chiedendosi come potesse un ragazzo così buono essere anche così poco perspicace,
“Oh, boh. Credo di sì, in un certo senso. Non lo so. Sono strani” Burt alzò gli occhi al cielo e sbuffó perché da Finn non avrebbe cavato un ragno dal buco,
“Com’è che si conoscono?” chiese dopo un po’,
“Sebastian e Santana?” Domandò di rimando Finn e di nuovo Burt dovette alzare gli occhi al cielo,
“Dio no! Lui e Kurt!”
“Rachel” risposta piatta e troppo veloce di Finn che si alzò di scatto dalla tavola e farfugliò qualcosa sui corsi anticipati, test e traffico e corse via, lasciando il povero Burt sempre più preoccupato, alla ricerca di quel filo conduttore che univa tutti i pezzi del puzzle che gli mancavano e che non era più sicuro voler far combaciare,
“Mio padre lo diceva sempre: beata ignoranza” mormorò ad una stanza vuota.
 
Kurt si era svegliato nel bel mezzo della notte ancora con il cellulare all’orecchio e la chiamata attiva sentendo dall’altro lato del cellulare il respiro pesante di Blaine, segno del fatto che si fosse addormentato anche lui, così gli sussurrò la buonanotte e riattaccò, sperando di ritrovare presto il sonno.
Speranza infranta quando dopo svariate posizioni provate e varie sistemazioni del cuscino capì che la sua mente era fin troppo sveglia per tornare a dormire, e per quanto si impedisse di ripensare agli eventi di quella giornata, non riuscì ad evitarli del tutto.
 
Riuscì a sfuggire al fatto principale  successogli così da evitarsi un’altra piccola crisi isterica e si concentrò su tutto quello che era successo prima e dopo e non potette evitare di riflettere sul party del giorno precedente, sulla palpatina di Karofsky di cui si era ricordato con prepotenza, di quel primo incontro negli spogliatoi e di quel maledetto sabato in cui David lo aveva seguito fino al caffè e Zack lo aveva protetto.
Zack.
Non fu difficile fare due e più due e capire.
Lui sapeva. Aveva sempre saputo di Karofsky, della sua confusione e della sua ossessione per Kurt.
Zack sapeva e non si era mai premurato di metterlo in guardia. Mai. Che fottuto stronzo.
 
Kurt era certo che se avesse saputo, niente di tutto quello sarebbe successo.
Ed era stanco persino di capire perché  quell’informazione fin troppo rilevante Zack l'aveva tenuta per sé.
Qualsiasi fosse stato il motivo a Kurt non interessava. Quella era solo l’ennesima conferma del fatto che Zack era uno stupido, menefreghista, insensibile, coglione e approfittacazzi e non c’era niente che avrebbe potuto dire o fare per fargli cambiare idea.
 
Continuava a girarsi e rigirarsi nel letto combattuto sul da farsi, era tentato di contattare Zack per accusarlo, per arrabbiarsi, prendersela con lui e farlo diventare il capro espiatorio ed era anche tentato di chiamare Blaine per sfogarsi,per dirgli quanto era stato stupido.
Invece se ne restó a letto, sveglio e frustrato non riuscendo a decidere se essere più arrabbiato con sé stesso, Zack, David o con Blaine ad essere sinceri.
Perché la telefonata con quell’Eli non l’aveva di certo dimenticata.
Come non aveva dimenticato il “mi vedo ancora da te e con te. Sempre” sussurratogli all’orecchio riportando le stesse parole di quel messaggio mandatogli prima dell’addio.
Ed era un casino.
 
Lui lo era.
Era così che si sentiva quando suo padre Burt entrò in camera per il buongiorno.
Era un casino quando venne anche Carole per portargli una tisana calda e rassicurarlo sul fatto che non era costretto ad andare a scuola quel giorno se non se la sentiva.
Era un disastro quando a scendere quelle scale a due a due era stato Sebastian con una Santana al seguito.
 
“Milady. So che sei sveglio” aveva esordito Bas, facendo spalancare gli occhi di Kurt che si era immobilizzato a letto, con la schiena rivolta verso gli intrusi, sperando che sarebbero andati via.
Perché era un casino lui e affrontare anche Sebastian, quella mattina, proprio non poteva farlo.
“Bas, forse non è il caso di-” la voce di Santana dietro Sebastian era arrivata forte e chiara alle orecchie di Kurt che si mosse appena, mentre lacrime che aveva provato a trattenere dalla sera prima, dopo il tentato abbraccio di Finn scesero copiose sulle sue guance senza poter fare niente per fermarle.
“Non è il caso di rompere le palle, Santana” bloccò le parole della ragazza Sebastian, che per tutta risposta prese i lembi della coperta dal letto e senza preavviso le tiró via dal corpo di Kurt, lasciando l’altro completamente scoperto, infreddolito ed esposto.
Il singhiozzo che provò a trattenere insieme al respiro, arrivò invece chiaro alle orecchie dei due. Era spezzato, Sebastian lo era e Santana pure.
Ma Smythe ne aveva già avuto abbastanza per una vita intera,  aveva già visto abbastanza.
La schiena di Kurt, rimasta scoperta da una tshirt ingarbugliata, altrimenti immacolata era segnata da lividi violacei e segni che rendevano tutto molto più reale.
 
Non era quello il momento, eppure Sebastian non era riuscito a fermarsi dal pensare “questa volta Blaine è arrivato in tempo”.
Non era riuscito a fermarsi dal paragonare se stesso con quel ragazzo steso nel letto.
Ed era un casino, ma non poteva farci i conti in quel momento.
No, per questo, fece il giro del letto, si parò di fronte a Kurt e senza chiedere il permesso, lo tirò sù per le spalle e lo attirò a sé.
Era un abbraccio di cui Kurt non sapeva di aver bisogno, fino a quando non l’aveva ricevuto.
Era un abbraccio che non credeva di essere pronto a ricevere, non dopo quella stupida scenetta con Finn, ma che gli era ora necessario, perché con Sebastian non c’era da preoccuparsi.
Sebastian capiva, lui comprendeva.
“Stai bene Milady” sussurrò al suo orecchio, mentre con un braccio lo stringeva e con l’altra mano gli sistemava la maglietta.
Quell’abbraccio non aveva niente di confortevole, di familiare.. era una morsa salda, forte e solida.
Era Sebastian che gli stava dicendo  “ti tengo” , “rialzati” , “sii fiero, sii vivo”.
 
Santana stava sorridendo con le lacrime agli occhi quando si aggiunse all’abbraccio, stringendo entrambi e tenendo anche se stessa.
 
“Può bastare, che dite?” Sbottò Sebastian che era rigido e a disagio per restare ancora in quella posizione, spostandosi appena e sedendosi meglio sul letto di fianco a Kurt.
 
Era arrivato il momento di mettere insieme tutti i pezzi del puzzle.
era stufo marcio di dare tempo e spazio a cip e ciop ed era sicuramente stufo di giocare a regole stupidamente imposte da chi non vuole vincere.
 
“Allora Hummel, abbiamo finito di commiserarci. Andiamo avanti. Hai avuto la tua notte insonne da quel che vedo dal tuo faccino pallido e abbiamo avuto una mattinata pianterina da quello che ho appena assistito. Il passo successivo è-” disse tutto d’un fiato, battendo le mani sul finale come per creare suspance, “dirmi tutta la verità, così che io posso rimediare a tutte le vostre decisioni sbagliate ed andare avanti. Perché sinceramente, non ne posso più” finì Smythe il suo sproloquio, con le braccia conserte e lo sguardo assottigliato pronto a sentire tutto quello che c’era da ascoltare.
“Non so di cosa stai parlando” mormorò Kurt che cercò di tirare su le coperte aggrovigliate sotto il sedere di Sebastian, che non si mosse di un millimetro.
“oh Lady Hummel, non fare l’ingenua che non attacca. Chiaramente non sto parlando di quello che ti stava per succedere ieri, ma che non è successo” puntò i suoi occhi fissi in quelli di Kurt come per fargli leggere tutta la verità nascosta e Kurt aveva capito.
Non stava minimizzando Sebastian, stava semplicemente facendogli capire che poteva andare peggio e non è successo.
Stava facendogli vedere il bicchiere mezzo pieno e il cuore pesante.
Lui che quel peggio l’aveva vissuto invece e ne era uscito spezzato e più forte.
“Di quello ne parliamo solo, se e quando vuoi. Conosco tutte le sensazioni che stai provando. I sentimenti di confusione, odio, frustrazione, vergogna, pena, rabbia e dolore. Tutte. Non voglio darti nessuna lezione su questo, ma se hai bisogno di una spalla a cui aggrapparti..” sembrava che il discorso fosse lasciato lì, permettendo a Kurt di finirlo come meglio credeva ed invece dopo un sorrisino sghembo e malizioso tipico di Smythe, concluse con “Blaine ti aspetta a braccia aperte!” E non era di certo il momento eppure la risata sincera di Santana fece ridere anche lui.
“Non ho bisogno delle spalle di nessuno, Seb” rispose Kurt.
“Ottimo Hummel. Neanche di quelle dell’ approfittacazzi di Di maggio, allora, suppongo.” Finalmente Sebastian era arrivato al dunque.
Scrutava il viso di Kurt e gli occhi diventati di colpo sfuggenti al solo nominare quel pezzo di-.
Cosa gli voleva nascondere il damerino? Era proprio quel che pensava? Le sue erano soltanto supposizioni eppure lo sfuggire dell’altro gli stava dicendo che stava per fare bingo.
 
Kurt dal canto suo era un casino, questo l’avevamo già detto.
Era troppo stanco e spossato e distrutto per affrontare anche Sebastian.
Quindi abbassò lo sguardo sulle sue mani in grembo, poi chiuse gli occhi, sospirò e disse “giusta supposizione. Ora vi prego, lasciatemi solo dormire che come mi hai detto tu stesso, la mia faccia pallida dice che ho passato la notte insonne”.
 
“Perché mi hai chiesto scusa quando mi hai visto al cafè letterario?” Domandò Sebastian, quando l’altro senza farsi nessuno scrupolo si era rimesso sdraiato nel letto, accovacciato sul fianco per dare loro le spalle.
“Perché non mi sono comportato bene neanche con te” fu la risposta sincera di Kurt,
“Cos’hai fatto di male, Kurt? Cosa nascondi?”
“Santana? Puoi portarlo via con te? Sto provando a dormire io qui” chiese lui bellamente ignorando la domanda di Sebastian, sperando che almeno l’amica l’avrebbe aiutato ad uscire da quella situazione.
Le domande erano appositamente pericolose, questo l’aveva capito Kurt.
Lui sembrava già sapere e sembrava volere solo conferme.
E Kurt era stremato.
“Porcellana, non puoi continuare così. Ti stai facendo del male e ne stai facendo a chi ti sta intorno. Non è facile da guardare” rispose Santana sedendosi a gambe incrociate per terra, proprio davanti al viso di Kurt spiaccicato sul cuscino.
 
E di nuovo Kurt era un casino e se non lo fosse stato, non avrebbe ricominciato a piangere a quelle parole dell' amica, le avrebbe combattute, avrebbe cercato e trovato parole fiere e pure un po' meschine per ribattere.
Ma non poteva farcela lui.
Era avvilito.
 
“Ho osservato la vostra storia, la tua e di Blaine dal giorno uno, Kurt. Ho seguito con te tutti i tuoi ragionamenti, ho visto come con tanta difficoltà sei arrivato alla conclusione che ne valeva la pena. Ti ho visto mordere e fuggire per così tanto tempo e ti ho visto alla fine arrenderti ai tuoi sentimenti” Sebastian sbuffò spazientito quando Kurt non fece segno di volersi muovere e guardarlo, così lo scostò senza grazia e gli tirò via il cuscino da sotto il suo viso.
“guardami” pretese.
 
“Qualche mese fa, io e te eravamo seduti per terra nel corridoio del McKinley ed io ti dissi che avevo capito che Blaine ti piaceva così tanto da preoccuparti prima per lui e poi per te, ricordi?” Sebastian, lo teneva incatenato con quegli occhi seri e pretenziosi.
E Kurt ricordava ogni parola di quel discorso.
“ti impediresti di stargli vicino se credessi che fosse il meglio per lui, dissi così.. ricordi?” domandò di nuovo Seb,
“Ricordo” sospirò Kurt senza aggiungere che avesse voluto che l’altro invece avesse dimenticato.
“Non avevi negato quel giorno”
“Sebastian, le cose sono cambiate. Io sono cambiato, la situazione è cambiata”
“E ancora non stai negando” fece notare Santana e Sebastian le sorrise sghembo, Kurt non degnò nessuno dei due di uno sguardo.
“È esattamente ciò che ti ho detto qualche settimana fa' Santana. È meglio per lui che le cose finiscano ora”
“Perché?” Lo incalzò Sebastian, “perché? cos’è cambiato? E non dirmi -io- che m’incazzo damerino.”
Silenzio. I tre restarono in silenzio, per un tempo assurdamente lungo, Kurt alla ricerca di una risposta, loro due in attesa.
Cosa avrebbe potuto rispondergli che non fosse una stupida bugia?
Niente, non gli veniva in mente niente.
Era stremato.
Ma qualcosa doveva pur dire.
“È cambiato tutto Bas, e non devo nessuna spiegazione a te.” Decise che era l’unica cosa sensata da buttare fuori.
“Ah Hummel ti ho dato più possibilità di quante ne avrei date a qualcun’altro. Ora sono stufo di giocare” Sebastian si alzò dal suo posto sul letto e sovrastò Kurt con la sua figura slanciata e le braccia unite sul petto “se non vuoi dirmela tu, tutta la verità, allora te la dirò io e tu non dovrai fare altro che confermare e tornare a dormire. Poi al resto ci penso io” Kurt a quel punto si mise a sedere con ogni muscolo teso, sperando e pregando che l’altro stesse bluffando.
Sebastian non sapeva.
Nessuno sapeva.
Solo lui e Zack sapevano e così doveva rimanere.
Tutto quello era stato fatto per salvaguardare Blaine, la sua reputazione, il suo lavoro, la sua carriera.. e nel mentre Kurt aveva sacrificato se stesso.
Quindi no, Sebastian non sapeva e non avrebbe mai dovuto saperlo, perché quello avrebbe complicato le cose, le avrebbe rese ancora più difficili da gestire. Perché Sebastian avrebbe potuto informare Blaine che avrebbe  potuto fare qualche stupidaggine o ancora peggio sarebbe potuto andare da Zack che avrebbe di sicuro mandato al diavolo il loro patto.
Non poteva permetterselo Kurt.
Era stremato sí, ma non si sarebbe mai arreso, per Blaine.
“Sebastian se l’Ohio ti rende così annoiato da metterti a creare storie sulla pelle e la vita degli altri, forse non è meglio che te ne torni a New York?. Non so di quale verità stai parlando. Non c'è nessuna verità se non quella che ho già detto a Blaine e spiegato a Santana. Non ho più voglia di avere una relazione nascosta, non voglio sentirmi uno sporco bugiardo ogni volta che guardo in faccia mio padre, non voglio non poter parlare del mio ragazzo ai miei amici, non voglio sentirmi come se faccio qualcosa di sbagliato ogni volta che esco per un appuntamento. Non lo voglio e no, non posso aspettare altri pochi mesi, perché quando il liceo sarà finito, Blaine resterà qui ed io sarò al college a Boston o Chicago o New York e non voglio una relazione a distanza. Non lo voglio, Sebastian. Non voglio più stare con Blaine. Ti è chiaro?” era rosso in viso alla fine dello sproloquio.. e di nuovo Kurt aveva sperato e pregato che questa volta il bluff, il suo, non venisse scoperto.
“Wow Lady Hummel. Sei bravo. Sei molto bravo, lo ammetto…ora capisco perché Blaine ti ha creduto così velocemente. Quante volte hai dovuto ripetere questo discorso a te stesso per recitarlo così bene ora? Complimenti, detto da me che mastico parole per mestiere, hai talento, non c'è che dire. Ma non me la bevo. La verità c'è e non è questa Milady” così dicendo Sebastian gli fece segno di prendere un fazzoletto dal suo comodino per asciugare le lacrime che senza neanche accorgersene stava versando e poi continuò imperterrito, perché non si sarebbe fatto intenerire da quelle.
Non era Blaine, lui.
“La verità è che non mi hai ascoltato quando ti ho detto di stare lontano da quell’approfittacazzi, ecco perché di quel “scusa” al cafè. La verità è che non c’è niente tra te e il coglione, su questo ti credo Kurt, ma lui ancora vorrebbe entrare nei tuoi pantaloni e la verità è che lui lo sa, sa di te e Blaine e tu hai pensato bene di chiudere la tua storia e provare a gestire quel pallone gonfiato da solo invece che fare la cosa matura e parlarne con Blaine.” Kurt era come immobilizzato, si sentiva come se le sabbie mobili lo stessero inghiottendo, sentiva i polmoni svuotarsi d’aria e non riempirsi più, era come annegare e affondare giù, sempre più giù dove non c'è luce, solo buio.
Buio intorno e dentro.
“È vero?” Chiedeva Santana passando il suo sguardo dall’uno all’altro come spiritata.
“And-ate v-via” annaspò Kurt sempre alla ricerca di aria con le mani strette al collo, perché era lì che sentiva il cuore battere. In gola.
“V-vi p-prego” per cosa li stava pregando, non lo sapeva… vi prego aiutatemi sto soffocando o vi prego non dite la verità a Blaine o vi prego lasciatemi solo.
Non lo sapeva, ma forse Sebastian aveva notato il suo panico e gli si avvicinò calmo e gli portò il suo sacchetto, quello di carta che aveva sempre con sé, alla bocca.
“Respira piano, dentro e fuori” lo istruiva Smythe
“Uno, due” Santana contava per calmare lui ma anche se stessa.
 
Era un inferno quello.
E lui era distrutto.
Quanto ancora c’era da sopportare? Era un’agonia infinita.
“Cazzo Smythe, fallo riprendere!” Quella era Santana
“Tana, chiudi il becco o se proprio devi parlare, continua a contare fino a dieci” quello invece era ancora Sebastian con il tono di voce più calmo che potesse usare, mentre faceva massaggi circolari alla schiena di Kurt, come si fa con un bambino per farlo smettere di piangere.
Poteva sentirli quindi, anche se le loro voci non riuscivano a sovrastare quella di Zack.
 
“cosa ne sarà del tuo professorino, se uscisse fuori la vostra malata relazione?”
 
“Kurt. Kurt? Devi solo fidarti di me, non permetterò che Blaine affondi. Mi senti? Andrà tutto bene, fidati di me. Respira, dentro e fuori. Dentro e fuori e fidati di me” Sebastian aveva preso a parlare di nuovo o di nuovo Kurt riusciva a sentirlo.
“Non pensare a niente, solo respira e fidati.” Diceva ancora,
“Porcellana andrà tutto bene. Uno, due, tre. Non sei solo, non più. Fidati, quattro, cinque, sei” continuava Santana.
 
Kurt non avrebbe mai saputo dire quanto tempo impiegarono per farlo tornare di nuovo a respirare.
Eppure non era morto, pensò quando i battiti del cuore non erano più accelerati, la vista era tornata seppure sfocata dalle lacrime e la testa gli scoppiava.
Era passato, almeno il panico era andato via.
Ora rimaneva solo la disperazione.
“Non puoi dirlo a nessuno, Bas. Promettimelo, ti prego”  mormorò quando riuscì a staccarsi dalla presa dell’amico,
“Non capisco Kurt, perché? Avresti dovuto dirlo subito a me, Santana, Blaine. Avresti potuto mentire a Zack, avresti potuto ricattarlo con la storia dello Scandals, perché tu ti sei semplicemente arreso?” Kurt a quella domanda si asciugò le lacrime, prese un gran bel respiro ancora tremolante e prese la decisione.
Tutta la verità. L’avrebbe detta tutta.
Non aveva senso a quel punto, continuare a tenersi tutto dentro.
“Promettimi che non farai o dirai niente di stupido, a nessuno”
Occhi negli occhi, quelli non mentono.
E Sebastian non stava promettendo niente con quelli ma erano sinceri, sempre.
Quindi si voltò a guardare Santana come per chiederle in silenzio la stessa promessa e lei annuì solenne.
Gli occhi non mentono e quelli di lei gli stavano dicendo di fidarsi,
“Fidati” disse Sebastian.
“Non hai promesso però”
“Non faccio promesse, mai, a nessuno”
 
Si fidò,
Perché era stremato e perché da soli non si va da nessuna parte.
Allora raccontò Kurt. Raccontò delle fotografie scattate, del ricatto, dei due giorni di tempo, della possibilità che Zack voleva e che lui non poteva dargli.
Parlò anche di come aveva capito troppo tardi che Zack sapesse della strana ossessione di David per lui e di come aveva provato ad aiutarlo, senza però dirglielo.
Raccontò anche di come si era spezzato quando aveva chiesto a Blaine l’ultimo bacio senza che l’altro sapesse che quello sarebbe stato l’ultimo.
Spiegò di come aveva provato a spegnere quei sentimenti che invece erano ancora fuoco vivo dentro di lui.
“Non c’era altra soluzione. L’ho fatto per Blaine e lo rifarei un altro milione di volte per Blaine.” allora concluse con gli occhi ancora chini sul suo grembo, dove li aveva tenuti per tutto il tempo della verità.
Non aveva il coraggio di guardare i suoi due interlocutori negli occhi, perché onestamente non sapeva cosa aspettarsi in quelli.
Delusione? Rabbia? Giudizio?
Non voleva saperlo.
“Quel brutto figlio di puttana” Sebastian aveva cominciato a fare su e giù per la stanza, come un animale in gabbia, “quell’approfittacazzi coglione. Quel vile bastardo. Io lo faccio a pezzi. Non avresti dovuto fermarmi la prima volta Tana. Doveva soffrire, deve soffrire. Deve darmi quelle maledette fotografie.” sembrava che Sebastian ne avesse ancora per le lunghe mentre Santana era stranamente silenziosa.
Kurt quindi si voltò a guardare la ragazza, che sembrava semplicemente fissare Bas, pronta a balzargli addosso da un momento all’altro,
“San? Mi dispiace io-” lei bloccò con un frettoloso gesto della mano le scuse di Kurt, senza allontanare lo sguardo da Sebastian,
“Non è colpa tua. Io probabilmente avrei fatto lo stesso”
“Col cazzo che avrei fatto lo stesso! Col cazzo Santana!” Smythe si fermò di colpo al centro della stanza, guardò prima l’uno e poi l’altro col viso alterato dalla collera e poi senza aggiungere altro, tirò via poco elegantemente Santana per un braccio e così come erano scesi, salirono le scale a due a due e si fiondarono fuori dalla camera di Kurt e da casa Hummel.
 
Sebastian Smythe era incazzato nero.
Era fuori di sé dalla rabbia per molte e più ragioni.
Era furioso con Zack, ovvio e con se stesso perché avrebbe davvero dovuto spaccargli per bene tutte le ossa a quella prima occasione.
Avrebbe dovuto insegnargli una lezione importante quella sera allo Scandals, perché nessuno può prendersi gioco di Smythe. Era successo una sola volta nella sua vita e con Zack non sarebbe stata la seconda.
Era incazzato perché aveva poche certezze nella vita e il “ti tengo” che lui e Blaine si ripetevano da anni era uno di quelli e Zack stava minando a quella promessa, perché se la relazione dell’amico fosse uscita allo scoperto in quel modo volgare con fotografie di vetri appannati, Sebastian non avrebbe saputo come tenerlo a galla.
Sebastian era furibondo con Kurt che a volte era troppo buono per questo mondo infame e doveva imparare a cacciare fuori le palle e combattere. Basta con la questione di pelle e battiti, la vita si trattava sempre di ossa.
E più di tutto lui era incazzato nero con l’Ohio. Aveva visto più marcio tra Lima e Westerville che in una discarica nucleare.
Quel buco di culo tra il nulla e niente brulicava di persone sbagliate, malate, distruttive. Era da cancellare dalla faccia della terra. Era feccia.
Zack lo era. E non importa se era solo un ragazzino spaventato dal mondo, non importa se aveva genitori omofobi e amici bigotti, non importa la sua storia, perché anche lui e Blaine avevano avuto la loro massiccia dose di merda addosso, eppure non si erano mai trasformati in feccia umana.
E Zack di Maggio era una feccia umana che continuava ad abusare della gente come meglio credeva.
Ed infine Sebastian era anche un po' innervosito con Santana che continuava ad urlargli contro diavolerie in spagnolo che non capiva mentre aveva provato già più volte a tirare su il freno a mano per fermare l’auto in corsa.
“Cristo Santo Santana! Se vuoi morire fallo con la tua macchina e non con la mia mustang! Non provarci più!” Urlò lui esasperato togliendo in malo modo la mano di lei dal freno,
“Fermati allora, Putón, loco verraco!”
“Il tuo spagnolo incazzato è sexy” gli fece notare lui con un sorriso sghembo mentre rallentava e imboccava la strada per andare a Westerville
“Dove stiamo andando?” Domandò allora Santana già più calma,
“Allo Scandals”.
 
Kurt era convinto che se non fosse morto di infarto entro quella giornata, allora non sarebbe mai più morto.
Era lui l'highlander.
Veloce come la luce senza neanche pensare su cosa e come lo stesse facendo, aveva indossato le prime scarpe che aveva trovato, preso le chiavi della macchina e raggiunto il suo navigator nel vialetto di casa,
“Kurt! Cosa diavolo sta succedendo? Dove vai?!” Burt stava sventolando il berretto ancora impalato sulla porta d’ingresso cercando di attirare l’attenzione del figlio,
“A scuola! Ne parliamo dopo, torna dentro!” Urlò lui di rimando mentre entrava in auto e metteva in moto.
Sperava di arrivare da Zack prima che potesse succedere il peggio.
Non poteva permettersi che quel peggio accadesse… non a scuola soprattutto, come non poteva pensare a questo, perché altrimenti lo avrebbe colto un altro attacco di panico e lui non poteva permettersi neanche quello.
Doveva solo arrivare lì il prima possibile.
 
Aveva appena parcheggiato al McKinley e stava scrutando il parcheggio alla ricerca dell'auto di Sebastian o quella di Zack quando il suo cellulare lasciato sul sedile del passeggero squillò: segno dell’arrivo di un messaggio.
Kurt lo prese col cuore in gola, per la seconda volta solo quella mattina, e lesse il mittente.
 
Da Santana: (8:01)
-stiamo andando allo Scandals. Non so ancora perché, ma fidati, okay? E sta’ tranquillo porcellana-
 
Lesse quel messaggio almeno tre volte prima di rilasciare il respiro che neanche sapeva di star trattenendo.
Poi, prima che qualcuno si accorgesse di lui, fece retromarcia e lasciò il parcheggio della scuola.
Ma non fece molta strada verso casa prima di costringersi a fermarsi perché i suoi occhi erano pieni di lacrime e la vista quindi offuscata e in quelle condizioni non sarebbe andato lontano.
Sarebbero mai finite? Aveva già pianto abbastanza per una vita intera, eppure le lacrime sembravano non esaurirsi mai.
Kurt era un casino.
E piangere sembrava l’unica cosa che gli riuscisse bene già da un po' di settimane a quella parte.
Quindi si lasciò abbracciare dal silenzio dell’abitacolo e pianse..
Erano passati pochi minuti o poche ore, Kurt non avrebbe saputo dirlo, ma quando il cellulare prese a squillare avvertendolo di una chiamata in arrivo fu abile nell’accettarla.
“San?” Aveva risposto senza neanche controllare il mittente,
“Ehi, sono io. È tutto okay? Stai bene?” quella non era la voce di Santana,
“Blaine?” Chiese mentre guardava lo schermo del cellulare, e sì era proprio Blaine.
Cazzo.
“Ehi, aspettavi la chiamata di Santana?”
“Oh, uhm no, no.. io-no”
“Kurt? Stavi piangendo?”
“Apparentemente piangere è tutto quello che riesco a fare oggi”
“Dovresti anche bere oltre che piangere, o perderai un sacco di liquidi e la tua pelle diventerà secca”
Si ritrovarono a ridacchiare, entrambi per motivi diversi: Blaine perché era riuscito a distrarre l’altro, Kurt perché aveva sentito il suo corpo subito rilassarsi alla voce di Blaine.
Restarono in silenzio poi, fino a quando Blaine non sentì il rumore dell’auto di Kurt che aveva messo in moto.
“Stai guidando?”
“Sto tornando a casa, avevo bisogno di aria”
Di nuovo restarono in silenzio, perché a volte il silenzio è più chiaro di mille parole.
Dice più cose di un discorso intero.
Racchiude tutte le verità non dette, ma sempre credute.
“Che stiamo facendo?” Si ritrovò però a chiedere Kurt,
“Ti faccio compagnia mentre torni a casa” rispose senza neanche pensarci Blaine,
“Le cose non sono cambiate, lo sai, vero?” E Kurt stava pregando e sperando che fosse tristemente vero, per Blaine, perché non poteva vederlo soffrire più di quanto stava già facendo per colpa sua,
“Lo so io e lo sai anche tu. Non è cambiato niente per me Kurt, te l’ho detto anche ieri, io-” ma Blaine non riuscì a finire il discorso,
“Mi hai detto qualche giorno fa, che ti sei pentito di tutto Blaine, mi hai detto addio.. abbiamo messo un punto. Non torniamo dove ci siamo fatti male, mh? Ti sono grato per quello che hai fatto per me ieri. Ma non cambia le cose.”
“No, non cambia il fatto che se ti chiedo dove ti vedi tra 5 anni, rispondi che starai cercando i miei occhi ovunque tu sia, Kurt”
“Blaine-”
“Kurt, non ti sto chiedendo niente. Voglio solo esserci per te, ora. Perché ne abbiamo bisogno entrambi. E forse io più di te, ma va bene così. Non ti sto chiedendo niente.”
Kurt era ormai arrivato a casa e stremato, ancora, si abbandonò sul sedile dell’auto abbracciando il volante e chiuse gli occhi.
Ne avevano bisogno entrambi.
“Tu come stai Blaine? Immagino che gli eventi di ieri abbiano destabilizzato anche te.”
“io non voglio pensare a cosa avrei potuto vedere se non fossi arrivato in tempo. Io non so neanche perché sono entrato in quello spogliatoio. Non so cosa mi ha portato lì, ma c’era qualcosa che mi diceva di correre da te. E anni fa io- ma, non importa. Però forse dovrei dirti che ne ho parlato con Sebastian, di ieri, so che non era mio diritto farlo, ma-” Kurt lo fermò,
“Blaine, è okay. Avevo immaginato tu volessi farlo e va bene. E puoi parlarne anche con me, se vuoi”
“Anni fa io non ho pensato che potesse succedere- anni fa non ho creduto che potesse capitare qualcosa di così orribile ad una persona così importante per me e non ho potuto aiutarlo. Sono corso da Sebastian solo quando al telefono mi aveva chiesto di correre da lui ed era già troppo tardi. Non c'era  più niente che potessi fare ed è qualcosa che non riuscirò mai a perdonarmi. Ma ieri- ieri io ho sentito che avevi bisogno di me, come Sebastian quel giorno. E- mi dispiace che continuo a paragonare le due cose. Ma-”
“Credo che Sebastian quel giorno non avrebbe mai voluto che tu fossi stato lì ad assistere o peggio ancora ad avere il suo stesso trattamento. Non hai bisogno di perdonarti di nulla Blaine, ci sei stato dopo, come ci sei ora per me e fidati se ti dico che vale molto di più di tutto il resto.”
Sospirarono entrambi, sperando che il silenzio potesse far dilatare il tempo e restare lì, solo loro.
Un po' spezzati, ma finalmente solo Kurt e Blaine, di nuovo.
Come sempre ma non per sempre.
Ancora un po'. Solo un altro po'.
Ma la realtà bussò alla porta troppo presto sotto forma di un Burt Hummel alquanto infastidito.
“Devo tornare dentro” sussurrò Kurt,
“Devo entrare a scuola. Ti chiamo questa sera. rispondi solo se lo vuoi”,
“ciao Blaine”
“Non dimenticare di bere, Kurt” sorrisero e riagganciarono.
 
Burt Hummel è sempre stato un uomo pragmatico.
Non chiedeva molto dalla vita. Un tetto sopra la testa, cibo in tavola, la salute e la serenità del figlio e della moglie Carole.
Era un uomo semplice e aveva sempre fatto tutto quello che era in suo potere per avere tutto ciò che desiderava e non era, appunto, troppo.
Ovviamente suo figlio Kurt era tutt’altro che sereno, non lo era stato da alcune settimane a quella parte e di sicuro non lo era dopo l’orribile esperienza del giorno prima a cui non voleva proprio pensare.
Per non parlare di quel Sebastian Smythe che a quanto pareva, chissà come, aveva peggiorato la situazione del figlio, che ora se ne stava in macchina a parlare da solo con gli occhi rossi e gonfi dal pianto.
Burt Hummel, era un uomo pragmatico e se doveva ammettere di aver sbagliato e rimediare, l’avrebbe fatto.
E lui aveva sbagliato.
Così aspettò che suo figlio scendesse dall’ auto e lo attirò a sé per le spalle e lo portò in casa,
“Kurt, figliolo.. siediti che dobbiamo parlare”
“Ti prego papà, ho solo bisogno di riposare. Possiamo rimandare? Ora non saprei nemmeno cosa dire e da dove cominciare. Sono confuso, lo sono davvero” così dicendo si sedette comunque sulla sedia che suo padre gli avevo posizionato fuori dal tavolo,
“Kurt, non devi dirmi niente se non sei ancora pronto a parlarne e forse nemmeno io non sono ancora pronto ad ascoltare. Sono io, ora, che voglio dirti qualcosa” Burt prese un gran bel respiro e notando il sopracciglio alzato del figlio, sbuffò,
“Cosa c'è? Non stai bene? È di nuovo il cuore?” Chiese Kurt un po’ allarmato,
“No Kurt, il mio cuore sta fisicamente bene, emozionalmente un po' meno però”
“Che vuoi dire?” domandò,
“Voglio dire, Kurt, che ho sbagliato e mi dispiace” disse Burt poggiando una mano sul tavolo col palmo aperto rivolto verso l’alto, come tacito invito al figlio di stringergliela e il ragazzo lo fece, un po' confuso,
“Hai sbagliato? Cosa hai sbagliato? Non ti seguo”
“Ho sbagliato a costringerti a lasciare la Dalton, solo perché da egoista quale sono volevo averti il più vicino possibile ora che ancora posso. Mi dispiace e-” Kurt non lasciò finire il padre, gli strinse un po' di più la mano e sorrise,
“no papà, non hai sbagliato niente. Non mi dispiace andare al McKinley la maggior parte del tempo. Davvero. Non è la Dalton, ma non mi pento. Mi piace lì e mi piace che posso passare più tempo qui” disse indicando lui,
“Ogni giorno che passa mi ricordi  sempre di più tua madre, sempre così forte e solida. sei in gamba Kurt e sono fiero di te. Ma non posso permettere che ti spezzi ancora, non sotto i miei occhi” così dicendo gli lasciò la mano, sorrise e si alzò dal suo posto,
“Ho chiamato la Dalton, quando sei fuggito via, poco fa'. Puoi ricominciare da lunedì” disse mettendogli una mano sulla spalla a mo' di saluto, facendo per andare, ma Kurt fu veloce nel bloccarlo per un braccio,
“No” disse, “no, questa volta io non scappo. No. Ho degli amici lì papà, ho il glee club, Mercedes, Puck e c’è Blaine. Io non vado da nessuna parte” sbottò, alzandosi anche lui e parandosi di fronte al padre,
“forse proprio perché c'è Blaine non sarebbe più facile se tornassi alla Dalton?” Chiese cauto Burt,
“Cos- io- no! Non so cosa vuoi dire con questo papà. E no, non torno alla Dalton. Ma grazie del pensiero”
“Kurt. Pensaci, okay? Non voglio costringerti e sono sicuro che Nick e Jeff saranno più che felici di riaverti lì. Io, non so più che fare con te, Kurt. Voglio solo che tu stia bene”
“Io sto bene papà”
“Ti sei guardato allo specchio stamattina? Non ti ho visto conciato così male nemmeno con una costola rotta e un trauma cranico” sbottò il padre gesticolando con le mani di fronte al viso del figlio, come per dire che quella faccia lì era un casino,
“Non ho ancora fatto il mio solito rituale mattutino” disse poco convinto, cercando di sistemarsi i capelli come meglio poteva con le dita,
“sarà come dici tu. Ma pensaci okay? Io devo andare in officina. Se hai bisogno di qualcosa, chiamami. Carole sarà di ritorno per le dodici. Mi ha detto di dirti che se hai voglia di un piatto particolare per pranzo le puoi mandare un messaggio.” Burt fece per andarsene, ma tornò indietro subito dopo
“Ragazzo sicuro che stai bene?” Domandò guardando suo figlio dritto negli occhi,
“Sinceramente? Potrei stare meglio” e quello era già qualcosa pensò Burt quando attirò Kurt a sé in un abbraccio,
“E starai meglio figliolo. Te lo prometto” un'ultima pacca sulla spalla e lo lasciò andare.
“Santana e quello Smythe stanno insieme, per caso?” Chiese quando era ormai fuori dalla cucina, mentre metteva il cappotto,
“È complicato, ma credo che si possa dire di sì.” stava annuendo a sé stesso Kurt, appoggiato allo stipite della porta osservando il padre,
“E tu sei diventato amico di Smythe perché esce con Santana o perché è coinquilino di Anderson?” quella domanda lì, non aveva niente di casuale, quello era chiaro pure ad una persona stremata come Kurt in quel momento.
“Perché l’ho conosciuto al cafè letterario quella sera che c’era il suo meet and greet ed io accompagnai Jeff e Nick. C’era pure Finn quella sera, ricordi?”
“Proprio Finn mi ha detto che conosci Smythe grazie a Rachel” Kurt sorpreso sgranò gli occhi per un nano secondo e poi sbuffò,
“Finn ha conosciuto Rachel proprio quella sera perché ovviamente era pure lei lì.”
“E anche Anderson immagino” lo incalzò Burt,
“Papà stai facendo tardi a lavoro. Ci vediamo questa sera, stai attento” lo salutò sospingendolo gentile verso la porta.
 
Erano solo le nove del mattino eppure Kurt voleva già dichiarare conclusa quella giornata.
Tra le tante giornate di merda che aveva vissuto nella sua vita, questa la poteva mettere senza ombra di dubbio nella sua top 10.
 
Dopo due caffè, una doccia e la sua usuale skincare routine mattutina (di cui aveva un disperato bisogno), l’unica cosa che gli era rimasta da fare era rimettersi a letto, contattare Santana e rispondere alla decina di messaggi che aveva ricevuto dai ragazzi del glee.
“A quanto pare le voci girano veloci al McKinley” borbottò tra sé e sé mentre faceva scorrere gli occhi sulle caselle dei vari messaggi ancora non letti.
Di Santana nemmeno l’ombra.
 
A Santana: (10:40)
-ehi siete ancora allo Scandals? È aperto a quest’ora? Si è calmato? Posso parlargli? Ho bisogno di sapere da lui che terrà la bocca chiusa-
 
Nessuna risposta.
Da Mercedes: (9:30)
-perché non sei a scuola? Girano voci, Kurt.. è tutto okay? Scrivimi appena puoi-
Da Mercedes: (9:45)
-okay, Karofsky è appena passato a prendersi tutte le sue cose, la gente parla Kurt-
Da Mercedes: (9:51)
-Kurt?! Almeno dimmi che stai bene!! Passo da te dopo scuola-
Da Mercedes: (10:13)
-ho parlato con Mr Anderson. Ti lascio il tuo spazio, spero tu stia bene.-
 
A Mercedes: (10:45)
-Ehi Cedes, sto bene, davvero. Ci vediamo domani a scuola e ti spiego tutto. Non parlarne in giro di quello che ti ha detto Anderson-
Da Puckerman: (9:38)
-Zack mi ha riportato il fattaccio Hummel, se ci fossi stato io quel faccia da stronzo non ne sarebbe uscito vivo. Che pezzo di merda, credeva di potersi prendere l’unico cazzo gay dichiarato come se fosse la merenda del nerd di turno? Sono incazzato come una bestia-
Da Puckerman: (10:10)
-se hai bisogno di una bevuta con Puckzilla o fare le trecce con Lea, sai dove trovarmi -
A Puckerman: (10:46)
-vacci piano Puckzilla, la questione è già risolta. Nessuna merendina presa.-
A Puckerman: (10:46)
-magari mi farebbe bene fare le trecce con Lea, la ragazzina è una bella ventata di aria fresca. A domani e grazie-
 
A Zack: (10:47)
-Smettila di andare in giro facendo pettegolezzi. Non fare outing al posto di David,se qualcuno lo facesse a te, come ti sentiresti?-
Da Zack: (10:47)
-devo pur spiegare come mi sono procurato l’occhio nero e un labbro spaccato, Hummel.
E non sto facendo outing a nessuno, solo Puck sa’.-
Da Zack: (10:47)
-come stai Kurt?-
 
C’erano ancora messaggi di Tina, Artie, Marley da dover leggere, nessuna risposta da Santana, zero messaggi da Sebastian e due da Blaine.
Da Blaine: (10:10)
-Mercedes sembrava già sapere molte cose.. non le ho detto di più di quel che già sapeva. Ma le ho chiesto di non dire niente ai ragazzi del glee e lasciare a te la libertà di raccontare ciò che vuoi.-
Da Blaine: (10:11)
-Kurt non puoi passare la giornata in silenzio nel tuo letto a non fare niente,se non piangere e bere. Quindi ecco a te. #allegato#
Preparati per i SAT. È un prompt che scrissi due anni fa per la mia classe di New York. Impegnati, Hummel. Scrivi. Sarò inflessibile nella correzione.-
 
Kurt a quel messaggio con quell’allegato sorrise, era già la terza volta quella giornata che sorrideva grazie a Blaine? Poteva essere, non era una sorpresa.
Come faceva sempre a sapere cosa di cui lui aveva bisogno, prima di lui stesso?
Perché era Blaine, era sempre stato lui.
Lo sarebbe sempre stato.
 
A Blaine: (10:49)
-Mr. Anderson spero che questo test sia quantomeno nella media di tutti gli altri che ho già fatto. Altrimenti sarà solo uno spreco di tempo, che avrei potuto usare per piangere un altro po'.
Grazie-
 
Mise via il cellulare, prese il suo computer, i suoi blocchi per appunti e almeno tre penne, si sistemò meglio sul letto e si mise a lavoro, con un sorriso stampato in viso.
Pronto a dimenticarsi di tutto quello che la realtà gli poteva offrire e tuffarsi nel mondo che Blaine aveva creato due anni prima.
 
Si accorse di essere davvero riuscito a dimenticare tutto quello che aveva in testa, quando si ritrovò  a sobbalzare alla voce di Carole che fece capolino nella sua camera per salutarlo e per informarlo cosa stesse preparando per pranzo,
“Te ne porterò un piatto qui, così puoi continuare a fare quello che stai facendo”
“Grazie Carole, sarebbe fantastico” le rispose lui senza staccare gli occhi da quello che stava scrivendo.
“Come stai oggi? Non ho avuto modo di chiedertelo questa mattina” chiese restando ferma alla fine delle scale, come per dargli spazio ma facendogli capire che lei c’era,
“non fanno che chiedermelo tutti, ora che ci penso.. e Sebastian ha ragione, poteva succedere il peggio, ma non è successo. Mi sono spaventato ieri, questo è sicuro. Ma sto bene.”
“Quindi non è ciò che è successo ieri che ti turba” la donna era finalmente arrivata ai piedi del letto di Kurt e si sedette lì solo quando lui le fece segno di sedersi, appunto.
“Sì e no” preferì restare vago,
“Tuo padre mi ha detto che ha chiamato la Dalton” continuò Carole,
“Non ci tornerò, spero che ti abbia detto anche questo” borbottò Kurt infastidito,
“Me l’ha detto sì.. mi ha detto che non vuoi scappare di nuovo. E lo capisco sai? Quel Karofsky ti stava infastidendo da parecchio?”
“A differenza di tre anni fa, ora ho degli amici a scuola e.. loro hanno sempre fatto in modo di tenerlo lontano da me. Il fatto è che lì mi piace perché per la prima volta sento di far parte di qualcosa. Ho conosciuto persone che non mi hanno giudicato neanche per un secondo, mi hanno accolto, mi hanno aiutato dal primo giorno”
E non aveva fatto nomi, ma stava pensando a Blaine ovvio, ma anche a Mercedes, Puck, Kitty, Unique e Marley.
“E allora perché sono settimane che ti vediamo spento Kurt? È da quel giorno che sei scappato e sei rimasto da Santana che sei diverso, triste..e se quel David non c'entra e tu non vuoi parlarne, lo capisco. Ma voglio solo assicurarmi che non c'è altro che dobbiamo sapere.”
“David non c'entra. Io- è solo che l’amore è davvero orribile, a volte” a quelle parole Carole sorrise,
“Oh Kurt. Il primo amore è sempre il più difficile. Ti spezzerà il cuore così tante volte che potresti pure pensare di non poter essere più in grado di farlo funzionare. Kurt, si dice che si può amare da morire, ma morire d’amore, no. Quindi, ama senza paura che ne vale sempre la pena e non arrenderti, mai”
“non mi sono arreso, ma questo non sembra essere il tempo per noi” sussurrò lui cercando di trattenere le ennesime lacrime,
“allora aspetta Kurt. Senza fretta”
 
Aspettare, senza fretta.
Come se avesse tutto il tempo del mondo.
Cosa avrebbe dovuto aspettare? Che lui non fosse più un suo studente?
Non poteva chiedergli di aspettarlo, quando non gli aveva detto nemmeno di amarlo.
E poi? Poi c’era il dopo. E dopo ci sarebbe stata una nuova città, lontana dall’Ohio.
Lontana da lui.
Ed era un casino.
Kurt lo era.

Angolo Wallflower_

Aggiornamento a caso, in ritardo visto che la vita continua ad essere frenetica e a tratti ansiolitica.

Ma ci sono riuscita a pubblicare questo capitolo, anch’esso un po' pesantuccio.

Sebastian sta prendendo in mano la situazione.

E non è affar suo, ma meno male che lui c'è!

Grazie per chi ancora legge.

Un abbraccio.

Wallflower.

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