Two bodies, one soul.

di KyraPottered22years
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Ali color carbone. ***
Capitolo 2: *** 2. Sopravvivere. ***
Capitolo 3: *** 3. Spiacevoli affari (o piacevoli)? ***
Capitolo 4: *** 4. Lacrima d'inchiostro. ***
Capitolo 5: *** 5. Attacco inaspettato. ***
Capitolo 6: *** 6. Prigioniera. ***
Capitolo 7: *** 7. Non volevo. ***
Capitolo 8: *** 8. Dolore. ***
Capitolo 9: *** 9. Un tuffo nei ricordi. ***
Capitolo 10: *** 10. Il sale nelle ferite. ***
Capitolo 11: *** 11. In assenza di lei. ***
Capitolo 12: *** 12. Solitudine. ***
Capitolo 13: *** 13. Dimenticare. ***
Capitolo 14: *** 14. Ricordare. ***
Capitolo 15: *** 15. Debolezze. ***
Capitolo 16: *** 16. Rifugiati nell'oscurità. ***
Capitolo 17: *** 17. Fuga. ***
Capitolo 18: *** 18. Certezze. ***
Capitolo 19: *** 19. Rimanere. ***
Capitolo 20: *** 20. Amore? Amore. ***
Capitolo 21: *** 21. Notte d'amore. ***
Capitolo 22: *** 22. Decisioni. ***
Capitolo 23: *** 23. Epilogo - La battaglia. ***
Capitolo 24: *** AVVISO. ***



Capitolo 1
*** 1. Ali color carbone. ***


                                                                                Two bodies, one soul.



 
 
 
"Tu non sei una persona cattiva,
sei solo una persona buona a cui sono successe cose cattive."

- J.K. Rowling, Harry Potter



 

                                     



 
                                                                                                                       *   *   *



Facevo su e giù nervosamente, i miei passi risuonavano sul pavimento in mettallo dell'Helicarrier e Natasha si era lamentata del rumore già due volte. Incrociava le braccia al petto ed anche lei, come gli altri, era intenta ad escogitare un piano d'azione. 
Il dottor Banner e Steve erano appoggiati su una parete.
Si stavano tutti spremendo il cervello ed io mi stavo concentrando con tutta me stessa.
Avevano rintracciato Loki in Germania, a Stoccarda, e chissà quali loschi piani aveva in mente quel pazzo.
"Ragazzi!" Li chiamai.
"Un lampo di genio?" Chiese Steve; ogni volta che lo sentivo parlare, il mio corpo trasaliva, non sapendo nemmeno il perché. 
Dire che lo amavo era una parolona, non utilizzavo mai la parola amore. Perché un essere come me non poteva permettersi di parlare di un futuro in cui potesse essere presente quel vocabolo. Era il mio ragazzo, e avevo solo una cotta per lui? Beh, sì, definiamola così. Pensavo che fosse bellissimo, ed ho sempre ammirato Captain America, quindi sì. Credo che bisogna definirla una bella e sontuosa cotta. 
"Andiamo lì. Ora, subito." Proposi, placando la rumorosa  camminata su e giù.
"Spiegati meglio." 


 
Ero appena entrata nel palazzo, ove di pensava fosse entrato Loki  (per chissà quale losco piano).
Gli altri avevano ascoltato il mio piano, era tutto deciso, tutto calcolato. E io, Agente Artemis, ero la prima a dover agire.
La lunga gonna dell'abito nero che portavo nascondeva i pantaloni di pelle e le spade. Indossai dei guanti e sistemai l'acconciatura e percorsi con lo sguardo l'enorme salone pieno di gente. 
Inicominciai a confondermi tra la folla e presi un bicchiere di vino bianco dal vassoio di un cameriere bevendone un sorso.
"Che diamine stai facendo?!" Steve prese il bicchiere e lo posò su un tavolino lì vicino. Va bene che era vietato bere alcolici durante il lavoro, ma in quel caso un sorso di vino non mi avrebbe mica uccisa.
"Il nostro compito è di confonderci fra folla, io attacco per prima, fungendo da diversivo, dopo di ché tu lo colpirai." Prendo un altro bicchiere da un vassoio e bevendo due sorsate.
"E questo cosa c'entra con il fatto che stai iniziando ad ubriacarti?" Steve strappò nuovamente il bicchiere dalle mie mani, bevve l'ulitmo sorso e poi mi sorrise, stessa cosa feci io, divertita. "Non puoi farlo mica senza di me." Si avvicina, lasciandomi un bacio a fior di labbra.
"Confonditi tra gli altri." Gli ordinai prima di voltarmi e andare via.


 
* * *


Lo smocking che indossava era scomodo e si sentiva a disagio vestito in quel modo, ma doveva fare la sua parte e se essa richiedeva indossare uno stupido abito midgardiano, beh, questo e altro!
Barton si trovava in missione e c'era un motivo se Loki si trovava lì, a fare da diversivo. Avevano un piano e non dovevano assolutamente fallire.
Il dio se ne stava al piano di sopra ad osservare l'immenso salone: tutto aveva un'atmosfera che faceva pensare ad una cerimonia o ad una festa. Utilizzava il suo scettro come bastone da passeggio, in modo tale da confondersi il più possibile fra i midgardiani.
Loki incrociò lo sguardo di uno dei suoi burattini soggiogati e con un cenno del capo diede segno di agire. 
Gli occhi del dio si inchiodarono su una donna e il sorriso malefico che aveva sulle labbra scomparve, lasciando spazio alla curiosità. Si trattava di una  midgardiana dal corpo snello,  fasciato da un lungo abito nero.
Non per niente il dio l'aveva notata. Quella giovane si stava avvicinando al suo soggiogato e quando lo fermò, invitandolo ad una chiaccherata, Loki strine I pugni, provando una profonda antipatia per quella ragazza. 
Gli stava rovinando il piano.
Che stupida. Pensò, mentre scendeva le scale con la grazia di una pantera pronta all'agguato. La osservava per bene, accorgendosi con un filo di malizia della sua particolare bellezza. Ma, nei suoi occhi ambrati, non si leggeva innocenza come faceva pensare quel sorriso angelico, tutt'altro: forza e... inganno, come se stesse facendo il doppio gioco.
Loki si affrettò a scendere quella scalinata per precipitarsi verso l'uomo che quel soggiogato avrebbe dovuto attaccare. Avrebbe fatto da solo, perché si sa come si dice, "chi fa da se, fa per tre".

                                                             
* * *
                                                                                           
 
Dando un'occhiata in giro fui colpita da un uomo che se ne stava al piano di sopra ad osservare la gente sotto di lui con disinvoltura e disinteresse. Corrugai la fronte quando capii chi era: Loki, il pazzo furioso Asgardiano, il nemico.
Provai stupore e meraviglia, il dio di cui non conoscevo l'aspetto lo avevo sempre immaginato come una persona ripugnante, di vecchia di età, ma non era affatto così.
Aveva capelli corvini che si sposavano perfettamente con la carnagione chiarissima, la chioma gli arrivava a metà collo, i suoi occhi erano verdi, e freddi come il ghiaccio, quel volto giovane aveva un non-so-che di affascinante e misterioso e le spalle larghe risaltavano il corpo tonico e scolpito.
Il sangue mi fluì alle gote, imbarazzata a morte da quei pensieri. Stavo fantasticando su  una persona che aveva ucciso circa ottanta persone in un sol giorno.
Mi ricomposi, serrai la mascella, presi un respiro profondo e guardai Loki, che con un cenno del capo fece segno a qualcuno di agire su qualcosa che, certamente, non si sarebbe rivelata positiva.
Seguii la linea del suo sguardo  e individuai un uomo vestito di nero con un paio di occhiali scuri. Sospirai facendomi forza: era arrivato il momento di mettere le carte in tavola. Sperai di non sbagliare nulla mentre avanzavo verso quell'uomo, e i battiti del cuore mi si fecero più pesanti.
Arrivai velocemente verso quello che doveva essere un soggiogato e lo costrinsi a voltarsi verso di me.
"Buonasera." Lo salutai sfoderando uno dei miei migliori sorrisi.
"Mi scusi, ma questo non è il momento per parlare." Stava per avanzare con l'intento di superarmi per dirigersi verso l'uomo che stava parlando al microfono.
"Invece sì." Ribattei.
Delle urla si innalzarono nel salone, mi voltai e vidi Loki distendere l'uomo che stava parlando al microfono in un tavolo dorato. Lo teneva fermo dalla gola e in un attimo prese un aggeggio e lo infilzò nell'occhio dell'uomo facendo urlare di terrore l'intera folla. 
La situazione era degenerata nell'arco di pochi secondi, la gente correva d'ovunque, come formiche disperse e spaventate.
Mi voltai verso il soggiogato di Loki e prima che lui potesse attaccarmi lo stesi con un pugno sotto la mascella. Loki ammirava lo spettacolo della gente dimenarsi dalla paura con un sorrisetto ambiguo e questo particolare mi fece comprendere quando malato fosse quell'alieno.
Non appena tutti uscirono dal salone lui staccò quell'aggeggio dall'occhio dell'uomo e i suoi occhi corsero per tutta la stanza fino ad arrivare a me.
 Mi affrettai ad abbassare la zip della gonna e il tessuto scivolò a terra, mettendo allo scoperto la mia armatura.
Per la prima volta, lo sguardo mio e quello di Loki furono un'unica cosa. Mi fissava penetrante, con intensità, mentre avanzava verso di me, puntandomi lo scettro contro. Ad un tratto cambiò vestiti, rivelando una divisa asgardiana dai colori verde e d'orato, accompagato da un elmo munito di corna arcuate dall'ultimo colore citatovi.
"Chi sei?" Sibilò fra i denti digrignati; la sua voce graffiata e profonda uscì in un tono prepotente. Rabbrividii.
Dal suo scettro uscì una bolla di energia blu che cercò di scagliarsi contro di me, ma i miei riflessi ebbero la vinta e schivai l'attacco salendo le scale velocemente.
"Il tuo peggiore incubo." Dissi quasi ironicamente, sparendo completamente dallo scenario.


 
* * *



Captain America stava combattendo contro Loki, quest'ultimo lo colpiva con il suo scettro e l'altro parava i colpi con il suo scudo.  L'Agente Romanoff era a bordo del suo get, pronta a sparare contro il dio. Io ero sopra la torre dell'edificio a studiare la scena. I miei capelli castani svolazzavano qua e là e alcune ciocche mi coprivano la vista. Amavo stare ad elevate altezze per poi saltare giù, mentre l'aria mozzava il mio respiro; ed era quello che stavo per fare, dato che i programmi stavano andando in fumo con l'arrivo dei soggiogati di Loki; quest'ultimo era riusciuto a mettere in ginocchio Capitan America e gli puntava lo scettro d'orato sul capo. 
Era il momento di entrare in azione. 
Protesi il corpo in avanti, aprii le braccia, fissai il vuoto e mi ci buttai ad occhi chiusi. L'aria mi pungeva violentemente la pelle. Applicai una leggera forza alla schiena, dei brividi caldi attraversarono il mio cuore e in una frazione di secondi, prima di ritrovarmi a terra spiaccicata come un uovo, dalla mia schiena si liberarono delle ali nero carbone lunghe due metri. 
I miei piedi baciarono il suolo,  portai la mano sull'elsa della mia spada e la sguainai, cominciando a mettere K.O un paio di burattini ambulanti.

                                                                                                 * * *

Loki riuscii finalmente a mettere in ginocchio quello stupido in divisa, ma quest'ultimo esclamò:
"Vogliamo scherzare!" e vide che cosa stesse fissando.  
Qualcuno si era appena buttato dalla torre dell'edificio che avevano davanti.
 Loki spalancò gli occhi quando delle ali nere sbucarono fuori dalla schiena di quella persona.
Appena essa toccò terra Loki riuscì a riconoscerla: era la ragazza che aveva messo a tappeto con un sol pugno uno dei suoi soggiogati. Quella doveva essere l'Agente Artemis, di cui Barton aveva tanto parlato mentre gli descriveva i componenti degli Avengers.
Barton aveva descritto al dio l'Agente Artemis come una creatura alata dalle incredibili abilità.
Loki ne era rimasto particolarmente attratto quando l'Agente Barton spiegò lui chi o che cosa fosse lei, e nel momento in cui la vide di persona, scagliandosi contro i suoi soggiogati e ferirli, suscitò nel dio mille emozioni tutte in una volta.
Fu colto di sorpresa quando Capitan America gli diede un colpo di scudo in faccia, facendolo cadere a terra. Loki si massaggiò la parte dolorante e si alzò subito, stava per sferrargli un attacco con il suo scettro, ma uno strano suono, dalle note sconnesse e rumorose lo fece girare in alto a destra: Iron Man. Barton gli aveva parlato anche di lui. 
Egli si posizionò davanti a Loki e gli sferrò un attacco facendolo cadere a terra.
"Fa la tua mossa, piccolo cervo." Disse quello sarcasticamente. Il dio alzò le mani in aria disarmato e le sua armatura sparì lasciando posto alla sua solita tunica dai colori verde e oro, ornata da bracciali e corazza neri. Per Loki era il momento di mettere in atto il vero piano. "Ottima mossa." Commentò l'uomo di ferro.
"Signor Stark." 
"Capitano." Ricambiò il saluto del Capitano con lo stesso tono distaccato.
Loki voltò lo sguardo a sinistra, stessa cosa fecero gli altri due supereroi: l'Agente Artemis si era affiancata al Capitano.
"Signori." Salutò i due, mettendo la lama insanguinata dentro il fodero. Aveva una guancia macchiata di poche di sangue.
"Non ti smentisci mai, Artemis." Quello fu, per Iron Man, un saluto alla guerriera.
Non aveva più le ali, e le iridi ambrate presero posto degli occhi interamente neri.
"E' un onore vederla." Artemis spostò gli occhi da Iron Man verso Loki. 
Quando i loro sguardi si incontarono per la seconda volta,
Artemis rabbrividì e Loki avvertì la sua reazione, sogghignando dentro. 
Non è poi così tanto forte d'animo, penso maleficamente.
Il dio prese la consapevolezza di provocare uno strano effetto alla giovane guerriera. E avrebbe utilizzato quella debolezza a suo favore.
La guerriera si voltò e iniziò a camminare verso il get, che era ormai atterrato.
Captain America e IronMan si guardarono per un attimo negli occhi.
"E' sempre così?" La voce meccanica rimbalzò fastidiosamente nei timpani di Loki, che smise si osservare la giovane.
"Così come?" Domandò secco il Capitano. L'altro fece le spallucce e cambiò discorso.
"Dai, portiamo il dio nel suo get privato." 




N.d.a.

Spero sia stato di vostro gradimento :)

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Capitolo 2
*** 2. Sopravvivere. ***


Two bodies, one soul.



"I mostri sono reali,e anche i fantasmi. Loro vivono dentro di noi, e a volte..
Loro vincono."
                        
      Cit.









* * *



 

                                                                                                                        * * *


 
La stanchezza invase il mio corpo, non vedevo l'ora di distendermi sul mio beato letto, godendo di un meritato riposo.
Consumai la mia misera cena e mi preparai per andare a dormire, ma un'idea più allettante mi convinse: prima di andare a letto avrei dedicato tempo alla lettura. Mi accomodai sulla sedia a sdraio della veranda, aprii il libro e iniziai finalmente a rilassarmi.

Mi strofinai gli occhi e confusa controllai l'orario dallo schermo del mio cellulare: erano le 3 a.m. Avevo dormito per cinque ore di fila fuori, al freddo. Se quella volta non mi fosse venuto un raffreddore, allora avrei avuto 
in anticipo qualche dubbio sulla mia natura sovrannaturale.
In quei giorni avevo la pressione alta e spesso il cuore andava in tilt per niente, tanto che mi sentivo costantemente stanca e non mi allenavo per niente.
Una strana sensazione mi stava possedendo. 
Il libro scivolò dalle mie gambe a terra quando mi portai una mano al cuore per l'improvviso dolore, inizialmente strozzai le urla alla gola, ma fu inevitabile quando una morsa mi strinse il cuore fino a farmi quasi soffocare, caddi a terra piegata in due. Sentivo il cuore contrarsi così tanto che stava per scoppiare, rotolavo sul freddo pavimento della terrazza e urlavo nella speranza che qualcuno mi potesse sentire e soccorrermi. Cercai di allungare la mano verso il cellulare, ma quando riuscii a raggiungerlo sullo schermo sbucò un avviso: batteria scarica, dopo di che si spense.
Ripresi a respirare dopo un attimo infinito, mi misi in ginocchio e spalancai le braccia per facilitare la respirazione. Mi piegai nuovamente in due: un dolore atroce partì dal cuore, irradiandosi poi alla schiena. Qualcosa, come ossa, spingevano da dentro la pelle dalla mia schiena, qualcosa che voleva uscire. Portai le mani alla nuca, urla di un dolore sconosciuto si propagavano nell'aria notturna.
Nessuno sentiva niente. I miei occhi pulsavano per il sangue che stava salendo alla testa e lacrimavano pure.
"Se questa è la mia ora, non sono pronta!" Urlo istericamente, consumando intilmente del fiato prezioso che possibilmente, fra pochi minuti, non avrei potuto più inalare.
Strinsi i pugni più forte di prima facendo colare del sangue sui polsi: dovevo sopravvivere, dovevo farlo. 
Intenta a capire cosa mi stesse succedendo portai le mani sulla parte dolorante della schiena: c'erano due tagli, lunghi e perfettamente paralleli, erano abbastanza profondi da dissanguarmi completamente, difatti le mie dita si bagnarono del caldo e denso liquido rossastro che usciva a fiotti.
Gettai un altro urlo, il più forte di tutti, il più terrificante di tutti.
Sentii qualcosa, proprio sulla punta dell'indice, me la sfilai da uno dei tagli con due dita, portandomela davanti agli occhi: era.. una piuma, bianca con qualche macchia di sangue.
Poggiai i palmi sul freddo pavimento mettendomi a carponi. Gettai un urlo, lungo, straziante e pieno di dolore.
Reiniziai a respirare regolarmente quando una sensazione di libertà mi invase. Il mio corpo voleva abbandonare le forse, ma avevo come un leggero peso sulla schiena e sul cuore, come se fossero in qualche modo collegati e che quest'ultimo reggesse qualcosa.  Voltandomi vidi delle piume bianche ben compatte fra di loro formando due paia di ali bianche.
Sbattei più volte le palpebre focalizzando per bene quello che stavo vedendo. Erano proprio nella schiena, dove prima avevo quei lunghi e profondi tagli. Allungai la mano verso una di esse la sfiorai, era soffice e sentivo il tocco del mio dito, come se fossero parte di me, come delle mie membra. Caddi a terra di fianco, abbandonandomi alla stanchezza.

Al mio risveglio le ali non c'erano più.
Mi alzai velocemente e corsi nella mia camera da letto, mi misi davanti allo specchio e fissai la mia immagine rifilessa: avevo le mani e il collo macchiati di sangue, del mio sangue, ormai asciutto.
Mi voltai e guardandomi la schiena notai di avere due cicatrici al posto dei due tagli, con difficolta vi portai due dita e sgranai gli occhi quando corrugando la pelle con i polpastrelli, i tagli si aprirono e la cosa strana era che non c'era traccia di sangue, solo piume bianche.
Il petto mi si alzava e abbassava velocemente e senza ragionarci su corsi in bagno a prepararmi. Dovevo andare allo S.H.I.E.L.D. e parlare immediatamente con Fury.



 
 
 
"Artemis?" La dolcezza della voce di Steve mi risvegliò da quel ricordo, ma perché lo avevo rievocato? Era strano, perché non ci pensavo più da un paio di anni, scossi la testa cercando di dimenticare il ricordo raccapricciante e doloroso, mi distaccai dalla parete metallica del get e rivolsi un sorriso al mio ragazzo.
"Credevo fossi affondanda nel mare dei tuoi pensieri." Tony Stark e la sua voce sarcastica sostituirono la confusione con la rabbia, alterando ogni singolo nervo del mio corpo.
"Più o meno. Pensavo che ti pagassero per la tua intelligenza e non per le tue battute divertenti." Dopo averlo fulminato con uno sguardo, rispose:
"Più o meno." Ri-evocando la mia risposta di prima. Gli sorrido scettica e involontariamente rivolgo le mie attenzioni a Loki: era seduto e legato da varie cinte in pelle. Sentii una morsa allo stomaco quando i nostri sguardi si incrociarono ancora, ma il suo non era normale, non che lui sia idoneo di mente, ma fissava i miei occhi con profondità. Per un attimo mi sentii nuda dinanzi a quei occhi verdi e magnetici.
Dovevo reagire, non potevo lasciare che mi facesse sempre questo effetto.
"Hai finito di goderti lo spettacolo?" Alzai un sopracciglio, incrociando le braccia al petto. Lui non rispose, si limitò a sorridermi. Un sorriso che già odio, pensai.
"Perché il tizio arrendevole ti stava fissando?" Chiese Steve, avvicinandosi a me cingendomi il bacino.
"Non lo so." Rispondo, lasciando un bacio sull'angolo della bocca di lui, tranquillizzandolo.
Dei fulmini arrivarono saettanti vicino al nostro get, facendolo sbandare. 
"Hey, tutto bene?" Chiesi a Natasha avvicinandomi a lei.
"Sì." Mi sorrise ansiosa, un sorriso finto, come se non volesse mettere tranquillità a me, ma a sé stessa.
Vidi Loki irrigidirsi al primo fulmine e fissare in alto, concentrandosi su qualcosa.
"Cosa c'è? Paura di un paio di fulmini?" Steve lo attaccò e io mi morsi la lingua, trattenendomi.
Perché stavo per difendere l'Asgardiano?
"Non aprezzo quello che ne seguirà." Guardò per un attimo il Capitano e poi ritornò a concentrarsi sul cielo. Loki aveva un modo di parlare molto elegante, riempendo di enfasi ogni parola, scandendo ogni lettera.
In un botto l'entrata dell'aereoplano si aprì, e non da sola: Thor era davanti a noi. Ne avevo sentito parlare, ma non lo avevo mai visto di persona.  In un sol gesto strappò le cinghie che legavano Loki e mettendo K.O. con un sol pungno Iron Man, saltò dal get con il fratello.
Mi avvicinai a Tony per soccorrerlo, ma si rimise subito in piedi alzando le mani in aria dando segno di star bene e che non aveva bisogno di aiuto. Si avvicinò all'uscita, quando stava per buttarsi giù dal get la voce di Captain America lo fermò:
"Stark, ci serve un piano d'attacco!" 
Prima di lanciarsi si voltò verso di noi.
"Io ho un piano: attacco!" Si buttò nel vuoto, pronto ad affrontare un qualcuno che, per quanto Iron Man potesse essere forte, non era suo eguale, Thor era un vero e proprio dio dotato di un martello magico, il che stava a significare che si trattava di un avversario molto potente. Stark aveva bisogno di aiuto. Mi morsi l'interno delle guance, ma alla fine mi lasciai abbandonare dall'istinto. Mi avvicinai velocemente all'uscita, applicai una leggera spinta alla schiena, dei brividi caldi attraversarono il mio cuore per poi finire nella mia schiena e in una frazione di secondo le mie ali color carbone uscirono fuori.
"Che fai, ti metti a seguire quel folle?!" Domandò arrabbiato Steve.
"Sì." Sapevo che ci sarebbe rimasto male per ore, ma non potevo lasciare che Iron Man si battesse da solo contro Thor.
Senza rimorsi, mi gettai nel vuoto.
 
I miei piedi toccarono il terreno del piccolo rilevo di pietra ove Loki stava seduto. Egli era intento a fissare lo scontro tra Iron Man e Thor, ma non appena toccai terra Loki voltò la testa verso di me, il suo sguardo percorse il mio corpo velocemente, cercai di non farci molto caso dedicandomi ad osservare il combattimento; mettevo in decisione se infiltrarmi nello scontro, dato che Iron Man se la stava cavando abbastanza bene. Con imbarazzo voltai lo sguardo verso Loki: era ritornato a guardare sorridente il fratello che metteva K.O. il mio compagno di squadra.
"Tu, vieni con me." Gli ordinai, sentii i canini graffiarmi il labbro mentre muovevo la mascella per parlare. Il dio degli inganni voltò velocemente la testa verso di me e alzandosi si appoggiò alla roccia, rivolgendomi il suo irritante sorriso.
"Sai, devo ammettere che sei terrificante così." Commentò il mio aspetto, sentendomi ancor più in imbarazzo di prima.
Ma perché diamine mi sento così in sua presenza? Perché un idiota del genere riesce ad ammonirmi così? 
"Adesso ti va bene?" Ritirai le ali. Avrei fatto da guardia per evitare che il nemico scappasse, ero perfettamente in grado di battermi contro di lui, se si fosse dovuta presentare quella situazione. Mi poggiai alla roccia fissando i due menarsi. Loki si limitò a fare spallucce e ad avvicinarsi a me. Aveva uno strano profumo, non era dolce e nemmeno delicato, era un'aroma che non riuscivo a comprendere, tuttavia era piacevole.
"Artemis... Artemide, la dea della caccia." Lo guardai, sa il mio nome e per giunta anche da dove proviene, penso un po' sorpresa.
"Per te sono solo Agente, chiaro?" Il mio tono di voce scontroso non andava a pari passo con il mio sorriso provocatorio.
"Sinceramente, ritengo che avrebbero dovuto chiamarti Afrodite." Sgranai gli occhi, si è davvero permesso di fare una battuta così idiota?
"Dimmi, Asgardiano, è così che rimorchi le donne dalle tue parti?" Mi staccai dalla roccia, mettendomi davanti a lui con fare superiore.
"Rimorchi? Non capisco, ma immagino voglia dire, corteggiare, giusto?" Quel. Maledettissimo. Sorriso. La voce di Captain America che interrompeva la battaglia fra Thor e Iron Man catturò la nostra attenzione. Indugiai ad ammirare velocemente Steve in armatura da Captain America. Era bellissimo, ed era anche strano pensare che fosse il mio ragazzo.
"Permettimi," mi voltai velocemente verso Loki "Credo che il manichino in divisa non sia alla tua altezza." Avanzò qualche passo verso di me, riducendo di molto le distanze.
"Perché, tu sai chi è alla mia altezza o no?" Domandai acida. Lui si avvicinò ancora di più, e i nostri visi si trovavano ad una distanza pari a due mani.
"Io so tutto." Sorrideva provocante mentre indietreggiavo senza distogliere nemmeno un attimo i miei occhi dai suoi.
"Artemis cara!" La voce di Tony Stark uscì melodiosa, nel vero senso della parola: cantò le parole in modo da far venire ribrezzo anche ad un unicorno. "Riesci da sola a portare il cerbiattolo sull'aereoplano o hai bisogno di..."
"Non ti preoccupare." Sobbalzai, voltandomi verso la grave voce di Thor proveniveniente dalla mia destra. Teneva suo fratello per un braccio e quello fissava tutto, tranne che me e lui, 
con irritazione, la scena mi fece sorridere divertita.
"Mi occupo io di lui." Mi rivolse un sorriso e nei suoi occhi azzurri leggevo un'aria dispiaciuta, come se ne fossi rimasta delusa del fatto che non avrei accompagnato io Loki al get.
"Grazie." Non c'era nemmeno l'ombra della riconoscenza nel mio tono di voce, solo rigidità. Guardavo ancora Thor quando negli occhi quando i miei divennero completamente neri, lui corrugò la fronte sorpreso. Le ali nere sbucarono fuori dalla mia schiena e prima di spiccare il volo sentii Loki ghignare divertito.
"Che c'è? Troppo stanca per camminare?" Iron Man barcollava accanto al Capitano, entrambi con il naso all'insù per guardarmi.
"Qualcosa mi dice che hai sbattuto la testa troppo forte." Commentai divertita. 
"E' la stessa cosa penso io, Agente." La voce elettronica di Jarvis mi fece ridere di gusto. Atterrai accanto ai due, affiancando successivamente il mio Capitano che mi rivolse un dolce sorriso, ricambiai il gesto avvicinandomi a lui, ci fermammo mentre Iron Man continuava a camminare verso il get.
"Qualcosa non va?" Mi domandò accarezzandomi le braccia.
"No, no." Sorrisi, ma lui mi conosceva troppo bene per farsi abbindolare da una mia innoqua bugia. 
Ero confusa, da quando avevo conosciuto di persona quel Loki non ero più la stessa, come se mi fossi intontita tutto d'un tratto. Io sono l'Agente Artemide (o Artemis), sono forte, coraggiosa e combatto contro tutto e tutti. Perché mi lascio abbindolare da questo nemico, non diverso da tutti gli altri?, mi ritrovo a pensare.
"Sei diversa stasera, ti senti bene?" Dovevo trovare una bugia alla svelta.
"Sarà stata colpa del vino." Sorrisi e lui si avvicinò prendendomi il viso fra le sue mani, baciandomi prima sulla fronte e poi sulle labbra. Un bacio un po' più azzardato degli altri, umido e sensuale, ma il tutto racchiuso con un fare dolce e lento.


                                                                                                * * *


Loki non sapeva di cosa si trattasse, ma mentre fulminava 
con lo sguardo la coppia baciarsi, si sentiva bruciare dentro, come se gli avessero appena rubato qualcosa che apparteneva a lui.
Era strano l'effetto che gli faceva quella giovane.
Sapeva solo che aveva un nuovo piano in mente, il quale riguardava la ragazza come protagonista.
Oh, ci sarà da divertirsi, pensò con una sadica gioia.




 




Buonasera <3

Oggi ho voluto fare un regalino alle lettrici di questa storia, e ringrazio tutti quelli che hanno letto e recensito il primo capitolo, grazie veramente. ^-^
Ho anche fatto un trailer su questa storia, qui c'è il link:   
http://www.youtube.com/watch?v=1ClPq9rgDEs


Ci sentiamo sabato prossimo, grazie ancora gente ;)

 
 
 

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Capitolo 3
*** 3. Spiacevoli affari (o piacevoli)? ***


Two bodies, one soul.



“Tu combatti per tutti e mai per te.”
    
       cit.







* * *

 
"Thor, qual è il suo gioco?" Steve si rivolse al dio, il quale camminava su e giù di fronte al tavolo dov'eravamo seduti il Capitano, io e Natasha, il dottor Banner preferiva starsene in piedi. 
Sotto il tavolo tenevo la mia mano sul ginocchio del Capitano e quella sua guantata stava sopra la mia. Eravamo dolci, anche un po' troppo, ma volevo che fosse così, dopo quello che era successo ieri dovevo mostrare le mie attenzioni per lui più spesso.


Ero stanchissima, così decisi di andare direttamente nella mia camera a dormire e di saltare l'allenamento notturno insieme a Steve, tuttavia lui si era offerto di accompagnarmi dato che avevamo le camere affiancate.
Quando arrivai, mi gettai a peso morto sul letto. Quando sentii Steve ridere mi sdraiai a pancia in su, lui si avvicinò a me e si sedette sul letto.
"Sei proprio stanca, eh." Mi accarezzò lento e con fare sensuale la guancia, scendendo sul collo, facendo così su e giù dal viso alla clavicola destra.
"E' stato un giorno lungo e faticoso." Gli sorrisi, godendo delle sue coccole. "Ma ce l'abbiamo fatta a catturare quel sadico." Il mio sorriso si tramutò in una smorfia acida. Il sol pensiero di quell'Asgardiano mandava in tilt le mie emozioni. "Tu non sei stanco?" Gli domandai, evitando così di sprofondare nei miei pensieri.
"Per niente." Il suo sguardo percorse il mio collo insieme al suo dito. Irrigidii la schiena quando mi sfiorò un seno. Scese fino alla pancia, al gluteo, per poi risalire di nuovo.
Mi stava facendo impazzire: qualcosa cresceva dentro di me e uno strano desiderio di lui mi pervase. Iniziai a respirare affannosamente e più i suoi occhi si facevano famelici più io non ragionavo, così, senza pensarci troppo mi avvicinai a lui, cingendogli il collo lo baciai. Steve si mise su di me, gli cinsi i fianchi con le mie gambe, mentre lui mi baciava le labbra, l'incavo della mascella e il collo io gli accarezzavo il petto scolpito. Il sangue iniziò a fluire alle guance e d'improvviso, involontariamente, lo spingo via.

Ho davvero immaginato Loki al posto di Steve? Guardai Steve con gli occhi sgranati, mentre lui mi guarda confuso.
"Scusami, non voglio metterti fretta su... hem, hai capito..." Annuii ripetutamente.
"S-scusami, non so che mi sia preso." 



 
 
Avevamo tutti gli occhi puntati su Thor, anche il dottor Banner, aspettando che finisse la sua passeggiata e che si decidesse a rispondere.
"Ha un esercito, i Chitauri." Tutti gi irrigidimmo e aprimmo per bene le orecchie per saperne di più, il Capitano invece, accarezzò la mia mano con delicatezza. "Non sono di Asgard o di altri mondi conosciuti. Intende condurli contro il vostro popolo, loro sconfigeranno la terra. In cambio, immagino, del Tesseract." 
"Un esercito." Captain America si irrigidì, abbandonando la dolce presa sulla mia mano, alzò lo sguardo verso Thor e poi lo rivolse verso il dottore e Natasha. 
"Che viene dallo spazio." Continuai io, scandalizzata.
"Sta costruendo un altro portale." Affermò il dottore, girandosi tra le dita la sua penna con non chalance.
"Quindi è per questo che gli serve Erik Selvig." Dissi guardando Natasha e poi Thor, che mi fissava con uno sguardo curioso, come se avessi detto qualcosa che lo interessò molto.
"Selvig?" Domandò.
"E' un astrofisico." Gli dissi.
"E' un mio amico." Disse tra sé e sé.
"Loki gli ha fatto una specie di incantesimo, insieme ad uno dei nostri." Era evidente che Natasha sentisse la mancanza dell'Agente Barton.
"Dovremmo concentrarci su di Loki." Riecco tutti i sguardi puntati sul dottore. "E' un cervello completamente fuori fase, basta dargli un'occhiata per capire che è pazzo." Mi irrigidii sul posto, come se l'offesa che il dottore avesse recato a Loki mi avesse infastidita, perché in realtà fu così.
"Modera le tue parole." Lo richiamò subito Thor, placando un po' quella strana rabbia che si era accesa in me. "Loki è incapace di ragionare, ma è un'Asgardiano ed è mio fratello." 
"Ha ucciso ottanta persone in due giorni." Lo informò Natasha.
"E' adottato." Aggiunse Thor.
"Credo stia tutto nella meccanica." Disse il dottore.  "Iridio, a cosa gli serivirà mai l'iridio?" Da brava fisica stavo per rispondere al dottore, ma Tony mi precedette.
"Come agente stabilizzante." Disse. "Vuol dire che il portale non esploderà come ha fatto con lo S.H.I.E.L.D. Anzi, che porta che il portale può allargarsi e rimanere aperto fino a quando Loki lo desidera." Tony camminò verso i computer olografici touch. Tutti avevamo gli occhi su di lui, attenti a quello che diceva. Poteva essere altezzoso e troppo determinato, ma era molto intelligente. "Fissate le vele!" Urlò d'un tratto facendo girare tutti i studiosi e i fisici al computer. "Quell'uomo sta giocando a Galaga!" Indicò con il dito uno studioso.
Ma insomma, era pazzo? Passava da un'argomento serio a cambiare discorso così, radicalmente. 
"Come fa Fury a vedere tutto?" Tony si coprì un occhio con la mano cercando di capire come facesse Fury con l'occhio bendato.
"Si gira." Gli rispose l'Agente Maria Hill.
"Mh, deve essere snervante." Stavo davvero perdendo la pasienza.
"Vuoi davvero sapere cos'è snervante?" Incrociai le braccia al petto, lanciandogli un'occhiataccia. Tony non aggiunse altro e continuò a parlare seriamente.
"Tutte le altre materie prime l'Agente Barton è in grado di rimediarle facilmente, ma gli manca ancora un componente, una sorgente di potenza, ad alta intensità energetica. Qualcosa per dare l'impulso al cubo." Ci fu qualche secondo di pausa, poi l'Agente Maria Hill aprì bocca:
"Da quando è diventato un esperto di astrofisica termo-nucleare?" Schiuse le palpebre in una fessura.
"Ieri sera." Alzai gli occhi al cielo. "Ma gli appunti e le carte della teoria di Selvig li ho letti solo io?" Contiuò Stark.
"A Loki serve una particolare sorgente di energia?" Domandò il Capitano.
"Dovrebbe riscaldare il tubo fino a venti milioni di kelvin solo per aprire un varco." Commentò il dottor Banner. Stavo attenta mentre nella mia mente si svolgevano calcoli e teorie.
"Sempre se Selvig non abbia un modo per stabilizzare l'effetto tunnel quantisteco." Aggiunsi, sicura di quello che avevo appena detto. Il dottore e Tony mi guardarono stupiti.
"Non sapevo che te ne intendessi di fisica." Disse stupito il dottore.
"In realtà sono stata la prima del mio anno al college a laurearsi in fisica in due anni." Ci fu un attimo di silenzio.
"Un genietto, praticamente." Commentò Tony con aria sorpresa.
"Mi ricordo dell'articolo, era su tutti i quotidiani quel giorno." Sorrise al ricordo Natasha.
Fui scelta da Fury stesso per entrare a far parte dello S.H.I.E.L.D. come scienziata.
"Beh, finalmente qualcuno che parla la mia lingua!" Esclamò Tony rivoldendosi a me e al dottore, avvicinandosi a quest'ultimo presentandosi. 
"Perché, noi cosa parliamo?" Domandò acido il Capitano, il quale non gli stava a genio Stark, come un po' tutti del resto.
"Mi appassiona vederla perdere il controllo e trasformarsi in un mostro verde e rabbioso." Disse Tony ignorando la voce del Capitano.
"Grazie." Disse quello semplicemente, era troppo gentile e calmo per essere Hulk.
"Il dottor Banner è qui solamente per rintracciare il cubo." Fury si precipitò da noi, appoggiando le mani al tavolo. "Speravo poteste unirvi a lui." 
"Io consiglierei di iniziare dal suo scettro, potrebbe essere magico ma sembra funzionare come l'arma dell'Idra." Propose d'improvviso il Capitano.
"Non saprei dirlo, ma so che è alimentato dal cubo. E vorrei sapere come Loki l'ha usato da riuscire a trasformare due persone scaltre in sue scimmie volanti." Disse Fury di rimando.
"Scimmie? Non capisco," Domandò Thor. Forse ad Asgard non avevano le scimmie.
"Io sì." Disse subito eccitato il Capitano puntando un dito contro Thor, "Il meraviglioso mago di Oz."
Mi portai una mano alla fronte, alzandomi con fare altezzoso, quasi arrabbiata.
"Agente Artemis, abbiamo messo Loki nella cella della stanza dove tiene i suoi attrezzi." Alzai lo sguardo verso Fury e lasciai uscire la mia rabbia.
"Lo sapevo già, grazie per la cronaca." La mia voce uscì tagliente.
"Non posso farci nulla, Artemis." Mi chiamò per nome, "Era la cella più sicura, ma può sempre spostare gli attrezzi qui, non porta nessun disturbo se si tratta di allenamento." 
"Ci vorrebbero giorni per spostare tutta quella roba!" Sbottai, incrociando le braccia al petto assumendo un'aria autoritaria.
"Allora queste sono le mie ultime parole." Fury si congedò.
"Sarò costretta ad allenarmi davanti all'Asgardiano pazzo e furioso?" Il mio tono acido fece irrigidire Thor.
"Ho detto di essere più moderati nei termini quando si parla di mio fratello!" Non gli diedi nemmeno conto, ero troppo arrabbiata con Fury.
"Sì, sarà costretta ad allenarsi davanti a Loki." Stava per andare, ma qualcosa lo fermò. "Ah, un'ultima cosa, affido a lei l'incarico di scoprire dove si trova il Tesseract. Può stare lì ad allenarsi, passare tempo con Loki, magari fino a fargli sputare il rospo." Fury si rivolse a me, stavo per rispondergli quando il Capitano si alzò mettendosi di fianco a me.
Certo, sono una donna specializzata in fisica e invece di dare il mio contributo a cercare il Tesseract perdo tempo con una persona con cui vorrei stare alla larga.
"Ci penserò io." Stavo aprendo bocca per rifiutare l'incarico, ma quando Steve si intromise ci ripensai.
"Ok, ci penso io." 
Guardai Steve e prima di superarlo la sua mano mi afferrò il polso.
"Non fare cose stupide." Avevamo tutti gli sguardi addosso.
"Sta tranquillo." Mi liberai dalla sua presa sul mio polso "Non è nel mio stile."
 

 
                                                                * * *

 
 
Loki passeggiava su e giù per la cella, si fermò di colpo quando sentì dei passi, sorrise, poiché sapeva di chi si trattasse.
"Sono poche le persone che possono prendermi alle spalle." Si voltò e si ritrovò l'Agente Artemis. Quella specie di angelo della morte che lo aveva colpito così tanto dal sentirsi attratto da lei, e lo ammetteva senza vergognarsene. Desiderava il corpo di quella giovane con tutto sé stesso. "Tuttavia, sono felice che sei venuta a farmi compagnia." Il dio sorrise ancora e evidentemente diede fastidio alla ragazza che si mise subito nella difensiva, partendo da un insulto:
"Cosa c'è? Ti annoi, principessina?" Chiese ironicamente, sfoderando un sorriso divertito, anche Loki stava sorridendo, al suo solito, con un sorriso di approvazione. Squadrava per bene la ragazza che si dirigeva in fondo alla stanza, studiando le sue curve messe ben in evidenza dalla tuta nera e grigia.
"No, ora che ci sei tu." Si voltò velocemente verso di lui, come se l'avesse appena offesa.
"Si dia il caso che ti hanno rinchiuso nella cella" Camminava all'indietro, lentemente, senza distogliere gli occhi da quelli calmi e divertiti del dio. "che sta nella la stanza dove io passo più tempo." Artemis si girò verso una specie di sacco che pendeva da una catena attaccata al soffitto. "Quindi, indovina un po': ti torturerò senza lasciarti un attimo di pace."
"Oh, tranquilla, Agente, per me sarà solo un piacere guardare i tuoi allenamenti." Sorrise provocandola, percorrendo con un avido sguardo il suo corpo.
 

 
                                                                       * * *
 
 
 
 
Odio questo sorriso. 
Lo fissai penetrante negli occhi e sbuffando mi avvicinai a lui con le braccia incrociate al petto. Voleva provocarmi? Allora stavo al gioco. Camminai verso di lui con fare lento ed aggrazziato.
 Mi fermai davanti al vetro della cella e fece segno con le braccia di andare avanti con lo spettacolino.
"Non ti preoccupare di me." Si voltò per sedersi e nuovamente mi rivolse uno sguardo malizioso. "Allenati pure, Agente Artemis." Ci godeva. 
Ci godeva eccome della mia reazione di quando chiamava il mio nome con quel suo strano e seducente tono di voce.
Le mie palpebre si ridussero in una fessura e lo fissai minacciosa, alzai al testa altezzosa e sfoderai un sorriso tagliente, nel vero senso della parola: i canini si allungarono e e appuntiti si poggiarono sul labbro superiore, i miei occhi si colorarono tutti di un nero color pece. Volevo spaventarlo, ma lo feci solo ridere di gusto.
"Adoro quando cerchi di spaventarmi, sei adorabile." Il mio viso ritornò alla forma naturale in un espressione confusa e anche insoddisfatta. Ormai rassegnata,  mi voltai e misi i guantoni da boxe che se ne stavano su un tavolino, mi avvicinai al sacco da boxe e prima di inizare a sferrare pugni gli rivolsi uno sguardo tagliente.
"Di qualcosa di sbagliato e giuro che ti libero da quella cella solo per ucciderti un attimo dopo averti illuso di essere libero." Senza studiare la sua reazione coplii il guantone con un mio gancio destro, iniziando così l'allenamento.
 






Buona sera <3

Eccomi anche questo sabato a rompervi i boccini con un altro capitolo.
ALLORA, cosa ne pensate? Specialmente voglio sapere se vi piace la coppia Captain America x Agente Artemis.
Io sinceramente li trovo molto, ma molto carini u.u E al proposito di Artemis, di che razza è secondo voi? Ma specialmente di che mondo è? Fatemi sapere, rispondendo con una recensione sotto, ci tengo u.u

Comunque, ho fatto anche il trailer di questa storia, per chi volesse vederlo è qui: http://www.youtube.com/watch?v=1ClPq9rgDEs
Grazie per tutti quelli che hanno recensito i capitoli primi, siete stati gentilissimi. Lasciate anche qui una recensione, ne sarei contentissima. <3


Alla prossima ;)

 

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Capitolo 4
*** 4. Lacrima d'inchiostro. ***


Two bodies, one soul.



"Nonostante l'immagine che do, anch'io ho un cuore."
 
             cit. Charles Bukowski 











* * *


 
Asciugai il sudore dalla fronte con il braccio: me lo passai sulla parte bagnata e riiniziai a prendere a pugni e a calci con varie serie di mosse speciali il guantone. Avevo evitato gli occhi di Loki fin da quando avevo iniziato l'allenamento, si e no era passata una mezz'ora. Stavo assolutamente facendo come se lui non ci fosse e dovevo ammettere che era molto difficile: sentivo il suo pungente sguardo su di me e il corpo bruciare ogni volta che pensavo ai suoi occhi che percorrevano il mio corpo, studiandolo in ogni singolo movimento. Scossi leggermente la testa e iniziai a prendere a pugni il guantone con più violenza e con più forza. Per aumentare la potenza mi serviva solo qualcosa che mi motivasse,  così pensai ai miei genitori biologici, genitori che non avevo mai avuto e che mi abbandonarono in un orfanotrofio, sicuramente, senza pensarci due volte. Pensai a come mi sarei sentita se fosse successo qualcosa ai miei genitori adottivi, dolcissimi e sempre pronti ad accontentare la loro unica "figlia": pensai a tutto il dolore e la paura che provai quando le mie ali ebbero la loro prima comparsa, pensai a quando uccisi per la prima volta una persona e al dolore che provai quando caddi a terra, inerme, presa di sorpresa da un dolore mille volte più atroce, ricordai la mia paura guardarmi allo specchio, vedendo il mostro che ero diventata: ali nere, canini più appuntiti e occhi interamente neri.
Con un calcio feci volare il guantone lontano da me, staccandolo completamente dalla catenina; con il fiatone fissai incredula l'operato. Sono davvero così forte?
Loki rideva e finalmente voltai il mio sguardo su di lui e i miei occhi incontrarono i suoi.
"E' davvero strabiliante quello che riesci a fare quando concentri la tua forza sui pensieri e ricordi." Aggottai le sopracciglia leggermente confusa. Come faceva a sapere che ero così forte perché mi ero concentrata sui ricordi o sui pensieri? Di certo non persi l'occasione per domandarglielo direttamente.
"E tu come fai a saperlo?" Domandai affaticata, andai verso i pesi, mi sedetti sul lettino di pelle e sollevai il peso di 50 kg.
"Leggo nella mente." Disse qualche secondo dopo che gli porsi la domanda. L'istinto mi suggeriva di fermarmi e di prenderlo rudemente a parole per aver invaso la mia privacy di pensiero, ma dovevo finire la serie delle flessioni. Finii, mi alzai dal lettino e presi un asciugamano dal tavolino, mi ci asciugai il sudore dietro al collo e mi decisi a legare i capelli in una coda alta. Mi misi davanti alla cella di Loki.
"Quindi tu hai letto nella mia mente?" Era più un'affermazione che una domanda, il mio tono di voce freddo e distaccato avrebbe infastidito chiunque, tutti, tranne Loki. Sul suo volto si dipinse un altro dei suoi ridolini patetici.
"Beh, tecnicamente, sì." Il dio si alzò, e parve che lo fece apposta per dare più enfasi alle sue parole.
"Beh, tecnicamente potrei entrare lì e picchiarti." Imitai il suo odioso tono di voce, poggiai l'asciugamano alla sbarra per mettere le braccia incrociate.
"Se entreresti qua dentro ti illuderei con i miei poteri magici ed entrerei nella tua mente fino a confoderla, come ho fatto sull'aggeggio volante." I miei occhi lo fissavano tra un misto di curiosità e istinto omicida.
"Aggeggio volante?" Un sopracciglio si fece più alto dell'altro.
"Quando eri a pensare la tua prima trasformazione."
"Okay, e al... Scusa cosa?!" Le mie braccia incrociate si sciolsero e le mie mani si strinsero in pugni; la mia reazione lo fece solamente ridere.
"Stavo solamente curiosando tra i tuoi ricordi e poi ho trovato quello più interessante." 
"Ma gran figlio di put-" Mi morsi il labbro, dando un calcio alla prima cosa che avevo davanti. Portai le dita a massaggiarmi le tempie cercando di calmarmi, sentivo già i canini diventare più appuntiti graffiandomi il labbro, ma purtroppo la risata di Mr. Simpatia rendeva tutto leggermente più difficile.



                                                                                           * * *



Loki rideva della reazione di Artemis, ma ripensando a quello che stava dicendo si incupì subito e socchiuse la bocca per parlare.
"Modera i termini, midgardiana." Artemis voltò la testa verso di lui. Loki indietreggiò, quella era la prima volta che si spaventò (anche se un po') di lei. Aveva i canini più allungati e appuntiti, occhi neri come la pece circodati da vene rosse e viola, come delle crepe sulla pelle chiara, ma poi Loki ritornò alla sua solita immagine: acido e arrogante. "Oppure no, tu non sei di Midgard." Commentò Loki fra sé e sé. Vide la ragazza sedersi su una sedia lì vicino e ancora intenta a massaggiarsi le tempie, pian piano il suo volto ritornò normale.
"Oh, ma che bravo, hai fatto la scoperta dell'acqua calda." Il sarcarsmo della ragazza fece dipingere sulle labbra del dio un sorriso divertito, per poi tornare a sedersi. Loki fissò la ragazza piegando leggermente la testa di lato. Solo in quel momento si stava ponendo il problema: ma di che razza è questa giovane?
"Mh, sai, il dubbio mi è sorto ora. Cosa sei?" Domandò il dio, sapendo che avrebbe scaturito come al solito rabbia alla ragazza, ma egli ne rimase stupito quando lei alzò lentamente lo sguardo verso di lui. Nei suoi occhi leggeva malinconia e una lunga storia piena di domande senza risposta. Loki voleva saperne di più su di lei, non capendo il perché.
"E me lo domandi? Cosa vuoi che ne sappia io?" Chiese per poi far ricadere il viso sulle mani.
"Non sei sicuramente midgardiana, ne un gigante di ghiaccio..." Loki mugolò quasi ad ogni pausa tra una parola all'altra. Artemis si irrigidì sulla sedia e accavallò una gamba sull'altra, le mani con le dita intrecciate sul ginocchio e tornò a fissare come al solito il dio. Loki sentì dentro di se una scossa quando la guerriera si posizionò in quel modo, come se in un certo senso, lei lo stesse provocando. E ci stava riuscendo bene. Il dio si passò la lingua tra le labbra e questo gesto fece effetto ad Artemis, lo vide dai suoi occhi che rotearono al cielo nervosi e imbarazzati.
"Potresti essere un'Asgardiana, ma perché mai vivi a Midgard?" 
"Ma la pianti?" Lo richiamò subito lei.
"Sono curioso, capiscimi." Loki sorrise ad Artemis e lei si irrigidì ancor di più.
"Sono irritata, capiscimi." Artemis copiò per sarcasmo lo stesso tono di voce di Loki. "Sei odioso." Artemis si alzò dalla sedia e stava per prendere la strada per uscire dalla stanza. Qualcosa in Loki si accese e seguii l'istinto.
"No!" Si alzò improvvisamente, camminando verso la direzione di Artemis che si era fermata, voltandosi per incontrare i suoi occhi. "Non andare" Disse 
semplicemente il dio, digrignando i denti e insultandosi mentalmente per quello che aveva appena fatto.
"Okay, se proprio ci tieni." Artemis corrugò un sopracciglio e ritornò a sedersi sulla sedia, accavallò una gamba sull'altra e attese una qualche mossa da parte di Loki.
"Cosa vuoi che faccia adesso?" Domandò la guerriera con un sarcasmo acido.
"Voglio sapere di più su di te." Ammise Loki senza pudore, fece segno con le braccia ad Artemis di parlare e si sedette di nuovo.



                                                                                            * * *



Era chiaro che dovevo iniziare a svolgere la vera missione che Fury mi aveva assegnato: scoprire dov'è il Tesseract e quali piani aveva in mente Loki.
"Voglio sapere di più su di te." Loki mi fece segno con le braccia di andare avanti e parlare, dopo di che si sedette, appoggiò i gomiti alle ginocchia e mi fissò penetrante.
"Cosa vuoi sapere?" Chiesi seria. Forse quella era la prima volta che gli parlavo seriamente e non prendendolo in giro o riprendendolo per qualche stupido comportamento.
"Durante la tua trasformazione le tue ali erano bianche, perché adesso sono nere?" Bella domanda, pensai tra me e me, ma poi feci un respiro profondo e socchiusi la bocca per proferire parola.
"Sinceramente non lo so nemmeno io." La mia voce fu una sfumatura di tristezza; mi morsi l'interno delle guance per aver mostrato debolezza verso i suoi confronti. Dovevo solo stare al piano, prenderlo in giro fingendo di raccontare di me quando poi sarebbe stato lui a raccontare di se stesso e rivelarmi dove si trovasse il Tesseract; era una tattica che l'Agente Romanoff mi aveva insegnato e a quanto pare non mi stava riuscendo bene, perché mi sentivo come se mi stessi confessando a un prete.
"Qualcosa devi pur sapere, in questi anni credo che qualche teoria è sorta in quella tua geniale mente." Marcò la parola geniale in un tono che non mi rese felice, gli lanciai un'occhiata assassina, ma poi mi ricomposi.
"C'è una teoria, ma è... impossibile." Alzai lo sguardo verso il dio, voleva che continuassi, così non aspettai che parlasse."Ho come il presentimento che in qualche modo io sia stata dannata." Feci una pausa, chiusi gli occhi e respirai profondamente. Anche se era per dei scopi lavorativi, mi costava duro raccontargli la verità. Una verità che non avevo raccontato a nessuno, che mi ero tenuta solo per me. "La prima volta che infilzai la mia spada nel petto di un uomo riprovai lo stesso dolore della prima volta in cui le ali si presentarono a me, ma era più forte, era lancinante e acuto."Tenevo lo sguardo basso ricordando l'episodio terrificante. "Cercavo di far uscire le mie ali, ma non ci riuscivo; me le sentivo dentro bruciare e morire. Partì anche un dolore forte alle gengive e in tempo record i miei canini erano diventati più affilati, Fury non capiva più niente, così mi lasciò lì a vedere che cosa stesse succedendo al mio corpo. Non appena il dolore finì riuscii a rimettermi in piedi, voltai lo sguardo verso le mie ali: erano nere." Alzai lo sguardo verso Loki, mi fissava più penetrante di prima, quei suoi occhi verde smeraldo con qualche venatura blu mi mandavano in subbuglio i battiti cardiaci. Non appena i miei occhi incontrarono i suoi sentii nei miei qualcosa punzecchiare: no, non dovevo assolutamente piangere. Mi alzai e gli diedi le spalle, mi misi a camminare per un pò con la testa alta e a ripetermi mentalmente di non piangere; mi voltai verso Loki e mi incamminai verso la sua cella fino a mettermi davanti al vetro ad una distanza meno di un metro. "Da quel giorno fu come se avessi perso la mia pietà, e continuai ad uccidere gli infedeli e tutti quelli che non meritavano di vivere. Mi hanno nominata Agente e sono parte degli Avengers, sono felice dove sto. Voglio solo cancellare quella maledizione e poter fare giustizia senza avere il terrore di spaventare qualcuno."
"Maledizione, tu dici?" Loki gettò via quel suo sguardo penetrante e comprensivo e si alzò, camminando pian piano verso di me. "Io dico che l'unica maledizione" Si fermò pericolosamente davanti a me, solo un vetro ci divideva. "..è quella di essere convinta che stare dalla parte dei buoni renda te buona." Mi irrigidii e deglutii, incrociando le braccia al petto. Stavo perdendo quel minimo di forza morale che avevo, com'era possibile che quello che dicesse me lo risentissi così tanto da sentirmi in colpa? "Perché sei circondata solamente da assassini e villani che credono che uccidendo i cattivi loro diventino buoni e che facciano bene la loro parte."
"Quindi tu pensi che noi crediamo di essere dalla parte giusta solo perché uccidiamo quelli come te."
"Perché, illuminami, tu credi di essere una dalla parte dei bravi?" Trattenni il respiro per uno o due secondi, socchiusi la bocca, cercai di ribattere, ma la voce era sparita e una morsa mi strinse il cuore. Le lacrime stavano salendo in superfice, Loki sorrise maleficamente quando notò che ci rimasi male alle sue parole. "Ti sei vista allo specchio? Una supereroina non ha le sembianze di un demone." 
"Taci!" Sbottai subito. Mi odiai profonamente quando una lacrima mi rigò il viso.
"Taci?" Ghignò lui, facendomi poi sobbalzare quando diede un pugno al vetro della cella. "Sei patetica, Artemis." Sibilò fra i denti. Basta, non ne posso più. Mi voltai dandogli le spalle. "Fingi di essere forte, metti paura alle tue vittime, ma in realtà odi te stessa e sei debole, non lo vuoi accettare e ti odi ancora e ancora!" Le sue parole erano pugnali al cuore.
"Basta!" Mi voltai verso di lui. Le mie ali uscirono fuori dalla mia schiena, gli occhi neri non mancarono e nemmeno i canini appuntiti. Sentii scendere qualcosa dall'occhio e rigarmi la guancia, non era una lacrima, era troppo pesante per essere una lacrima.
La mia reazione arrabbiata fece ghignare Loki divertito. 
"Non vedo l'ora che quella bestia prenda il sopravvento e vi faccia tutti fuori, compresa te." Disse tra i dentri digrignati, lo vidi sorpreso quando ritirai immediatamente le ali, i canini e il colore degli occhi ritornare ambra.
"Vuoi scatenare Hulk? E' questo il tuo piano?" Aggrottai la fronte soddisfatta. Il piano era riuscito.
"Cosa?" Sussurrò incredulo Loki, sgranò gli occhi quando capii cosa intendevo: lo avevo appena ingannato. Mi incamminai verso il corridoio, dovevo andare ad avvisare Fury. Mi portai una mano alla guancia ad asciugare quella strana lacrima, mi fissai le dita curiosa: c'era del nero. Possibile che se piangessi con gli occhi da demone uscissero lacrime nere?
Avevo fatto un buon lavoro, ma ciò non toglie il fatto che quella conversazione con Loki mi avesse provocato qualcosa dentro... ferita?
No, non potevo assolutamente lasciarmi ferire da qualcuno come Loki, il dio degli inganni. Però sarei stata sciocca a negare il contrario, poichè era più che evidente lo strano effetto che mi faceva quel pazzo.
 






Buona sera <3

Avrei dovuto aggiornare ieri, perché ho in mente di aggiornare questa storia il Mercoledì e il Sabato, ma vabèh, oggi ho avuto due compiti e ieri dovevo ripassare e studiare come una matta!!
Ritornando a noi..
Vi piace questo capitolo? E' tutto dedicato ad una conversazione\discussione tra Loki e Artemis. Cosa ne pensate del fatto che Artemis si sia confidata a lui, anche se per un piano losco, ma sempre lo ha fatto? Pensate che Loki ci abbia visto giusto su di lei? E il fatto che lei si senta così ferita? Cosa ne pensate di questa coppia?

Voglio risposte a queste domande! Così mi fate sapere che cosa ne pensate.

Ora scappo che c'è una patapizza che mi aspetta.


Alla prossima ;)
 
 

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Capitolo 5
*** 5. Attacco inaspettato. ***


Two bodies, one soul.


"Avevi gli occhi di chi ne ha passate tante
E il sorriso di chi le ha superate
tutte."


Cit. thelifeisahorrormovie










* * *

 


Camminavo guardando i miei piedi, immersa nei miei pensieri. Quella notte non avevo dormito bene, avevo fatto vari uncubi, o almeno, quegli incubi erano dei ricordi. La mia vita era un incubo, non era normale.
Io non sono normale.
Mentre mi struggevo con i miei soliti pensieri, la voce di Thor catturò la mia attenzione, mi chiamò per nome e ci fermammo a parlare per un attimo, decidemmo di andare allo studio di Banner e di Stark insieme. Appena arrivati, io e Thor ci imbattemmo in una conversazione non molto pacifica fra i Tony, il dottore e Fury, mentre Captain America era appoggiato ad un bancone su cui c'era un'arma simile ad un fucile. 
La sera precedente, prima di andare a riposare, avevo riferito tutto quello che avevo saputo da Loki ai miei compagni di squadra e a Fury.
"Non è venuto qui solo perché le ho sbattuto le ciglia." Disse Natasha fissando cupamente il dottore.
"Sì, resto solo perché diventerebbe irritabile." Il dottor Banner si avvicinò a uno schermo che proiettava calcoli e studi che sicuramente avevano svolto per tutta la notte con Stark.
"Vorrei solo sapere perché lo S.H.I.E.L.D. utilizza il Tesseract per fabbricare armi di distruzione di massa!" Chiese arrabbiato e sorpreso il dottore. Inizialmente ne rimasi turbata: lavoravo nello S.H.I.E.L.D da un paio di anni e non ero al corrente di quella faccenda.
"E voi due" Tony indicò me e Natasha, "voi ne eravate di sicuro al corrente!" Non mi sentii offesa da quell'accusa, ma ribattei comunque.
"Sinceramente, sapevo che lo S.H.I.E.L.D. tramava qualcosa, ma per qualche strano motivo non me ne hanno mai informata." Rivolsi il mio sguardo a Fury. 
"Quindi, perché non ne sapevo nulla?" Indicai con un cenno del capo l'arma che stava sul bancone.
"Utlizziamo il Tessercat per fabbricare armi di distruzione di massa a causa sua." Fury guardò me e indicò Thor senza rispondere alla mia domanda. Il dio si stranì un po'  e domandò semplicemente:
"Mia?" 
"L'anno scorso un visitatore da un altro pianeta ha scatenato uno scotro tra rivali che ha raso al suolo una cittadina." Fury passeggiava lentamente e si rivolgeva a Banner. "Abbiamo imparato allora che, oltre a non essere soli, siamo miseralmente e ridicolmente impreparati."
"Signore, io sono una degli agenti principali dello S.H.I.E.L.D e vorrei sapere perché diamine non ero al corrente!" La cosa che mi offese di più fu la sua risposta e non il silenzio di un segreto di cui sarei dovuta essere al corrente. 
"Non sappiamo cosa sei, Agente Artemis, così ho ordinato specificatamente che non se ne sapesse nulla. Per quanto riguarda Agente Romanoff, sono molto cauto a cui rivolgere la mia fiducia." Mi aveva praticamente data del mostro.
"Non sappiamo cosa sei."
Oh, Nick, anche io non so cosa sono.

"Che cosa?" Domandai slegando le braccia incrociate, con un'espressione sconvolta stampata sul viso.
"Il mio popolo vuole la pace con voi!" Thor avanzò verso Fury e quest'ultimo non poté più rispondermi. Provai un'improvvisa rabbia anche per Thor.
"Ma voi non siete l'unico popolo, vero?" Domandò Fury.
"Ti senti bene?" Mi chiese con preoccupazione Steve a bassa voce, vicino all'orecchio. "Hai delle..." Mi indicò gli occhi, "Vene..." Era evidente che non sapeva esprimersi. Mi voltai verso la vetrina di un armadio: avevo sulle palpebre e sulle guance delle venature verdi e viola. Steve mi spinse via dolcemente dal mio riflesso.
Non avevo mai avuto quelle cose sul viso, stavo peggiorando, ecco cos'avevo. Incubi, comportamenti strani, visioni strane, rabbia improvvisa, trasformazioni incontrollate. Stavo decisamente peggiorando.
"Come controllate il cubo?" Domandò il Capitano, si stava surriscaldando e la cosa non prometteva buone conseguenze.
"Il vostro lavoro con il Tesseract ha attirato qui Loki e i suoi alleati, è un segnale che la Terra è pronta per nuove forme di guerra più evolute." Osservò Thor con rabbia, mettendo, come dovere da principe, sulla difensiva il proprio popolo.
"Più evolute? Dovevamo inventarci qualcosa-" Fury vienne interrotto miseramente.
"Un deterrente nucleare. Perché quello calma tutto all'istante." Disse Tony Stark e il Capitano si avvicinò a lui, di conseguenza si allontanò da me, che osservavo tutto, cercando di mantenere la calma. Qualche volta lanciavo delle occhiate al mio riflesso non ben definito e le venature non andavano più via. Provai a respirare con più profondità, ma non ci riuscii completamente.
"Mi ricordi come hai guadagnato la tua fortuna, Stark?" Chiese acido Fury.
"Se fabbricasse ancora armi, Stark sarebbe sommerso di-" Captain America avanzò di qualche passo, ma venne subito interrotto da Tony.
"Un momento, sono io al centro dell'attenzione?" Tony si rivolse al Capitano.
"Perché? Non lo sei sempre?" Steve inarco le sopracciglia, provocando l'uomo più ambizioso e irritabile del pianeta.
"Pensavo che gli umani fossero migliorati." Guardammo tutti Thor, tranne il Capitano e Stark che si fissavano minacciosamente. 
"Scusa, noi siamo venuti da voi e abbiamo fatto saltare tutto in aria?" Fury era al culmine della pazienza.
"Tratti i tuoi campioni con immensa sfiducia."
"Siete davvero così ingenui? Lo S.H.I.E.L.D. capta numerose minacce!" Si intromise la voce di Natasha Romanoff in mezzo a tutto quel vociare e parlottare che non mi aiutavano affatto a mantenere la calma, anzi, succedeva l'esatto opposto.
"Captain America controlla le minacce?" Si aggiunse pure Banner.
"Tutti noi lo facciamo." Dissi io senza pensarci.
"Tu parli di controllo, tuttavia cerchi il caos." Disse Thor rivolgendosi a Fury.
"Ci credavate una squadra?!" Tutti si zittirono e fissarono Banner. "No, siamo un gruppo di persone anormali che portano il caos. Siamo, pronti ad esplodere!" Fury avanzò verso Banner. Ecco che tutti riniziarono a parlottare e a parlare.
"Adesso basta!" Gridai esausta, catturando l'attenzione di tutti, facendo cadere un silenzio per svariati secondi. "Vi rendete conto che a poche stanze da qua c'è una persona che vuole che fra noi succeda questo?!" Mi conoscevo bene, sapevo che i miei occhi erano diventati neri, sentivo i canini graffiarmi il labbro. Tutti mi fissavano allarmati. "Litigare non serve a nulla, più litighiamo, più il dottor Banner rischia di scatenare in sé... l'altro, e non è altro che quello che Loki vuole!" Chiusi gli occhi, voltandomi. Mi vergognavo del mio aspetto. Cercai di calmarmi, ma quando Steve poggiò la sua mano sulla mia spalla mi voltai di scatto verso di lui urlandogli: "Non mi toccare!" Avevo le ginocchia un po' piegate e il busto proteso in avanti. Ero terribile. Ero un mostro.
"Agente, deve allontanarsi." La stessa paura di Fury la sentii nelle mie vene, "Stessa cosa vale anche per lei, Banner." 
"Certo!" Sbottai ad alta voce e le mie ali uscirono dalla mia schiena con una volontà propria, facendo cadere vari oggetti a terra. "Dato che siamo soggetti che non sanno mantenere la calma dobbiamo allontanarci, mi pare più che ovvio!"
"Perché non si dovrebbero scaricarsi un po'?" Disse Tony, poggiando una mano sulla spalla del Capitano, quest'ultimo si ritirò.
"Sai benissimo il perché e toglimi di dosso le mani!" Riecco che iniziava il casino.
"Oh, ti è venuto per caso qualche livido?" Lo prese in giro Stark.
"Già.." il Capitano iniziò a girare attorno a Stark. "Sei grosso con l'armatura.." Si fermò davanti a lui a un giro completo,"..ma senza di quella, cosa sei?"
"Un genio miliardario playboy filantropo." Guardarli litigare mi distraeva un po', ripresi il controllo del mio corpo e ritornai miracolosamente come sempre. 
"Conosco uomini modesti che valgono dieci volte te." Il viso di Stark si faceva sempre più serio e tutti eravamo silenziosi a fissarli. "Ho visto i filmati, l'unico motivo per cui combatti è per te stesso, non sei il tipo votato al sacrificio, che si stende sopra un filo spinato perché gli altri possano passare."
"Io il filo spinato lo taglierei." Ribatté Tony.
"Sempre una via d'uscita." Steve fece una pausa. "Forse tu non sarai una minaccia, ma ti conviene smetterla di giocare al supereroe."
"Un eroe? Come te?" Stark inarcò un sopracciglio, pronto a provocare. "Sei un esperimento di laboratorio, Rogers, tutto quello che c'è in te di speciale è uscito da un'ampolla." Stark fece un passo avanti minaccioso. Okay, era arrivato il momento di intervenire.
"Okay, voi due, basta." Mi avvicinai a Tony, ma nessuno parve accorgersi di me.
"Metti l'armatura, divertiamoci un po'." Propose minaccioso Steve.
"Va bene donnette, adesso basta." Niente, non ascoltavano. Cercai di non prendermela sul serio o sarei scoppiata come prima e non sarei riuscita a riprendere controllo di me una seconda volta.
"Siete veramente ridicoli e meschini!" Thor ridacchiò prima di parlare. 
"Sì, una bella squadra." Disse ironicamente Banner. Io mi ero calmata almeno un po', ma Banner era lo stesso di due minuti fa.
"Agente Romanoff, vuoi scortare il dottor Banner-"
"Dove? Hanno affittato la mia stanza!" Disse nervosamente Banner.
"La cella era stata fatta nel caso-"
"Nel caso in cui volevate uccidermi, ma non potete e lo so perché ci ho provato!" Rimanemmo tutti in silenzio da quella scioccante affermazione.
"Che vuol dire? Hai tentato il suicidio?" Chiesi sconvolta.
"Sì, sparandomi una pallottola in bocca, ma l'altro la sputò. Così sono andato avanti, mi sono concentrato sull'aiutare il prossimo, ero bravo. Poi mi portate in questo circo di fenomeni da baraccone mettendo tutti a rischio." 
"Vuole sapere il mio segreto Agente Romanoff, sapere come faccio a mantenere la calma?"
"Dottor Banner, metta giù lo scettro." Senza accorgercene, il dottore aveva preso in mano lo scettro di Loki. Lo guardammo tutti interrogativi e confusi, ma gli occhi di tutti finirono negli schermi che mandavano degli allarmi a codice rosso. Mi allontanai verso uno schermo olografico qualsiasi, iniziando a digitare codici per verificare di che si trattasse.
"Beccato." Disse Stark con un umorismo non adatta alla situazione.
"Spiacenti ragazzi, a quanto pare non vedrete il mio trucchetto." Banner mollò lo scettro sul tavolo e mi si avvicinò, anch'egli con il mio stesso obbiettivo.
"Qualcuno si sta avvicinado all'Helicarrier." Dissi io richiamando l'attenzione di tutti.
Thor e Natasha si avvicinarono a me e a Banner, mentre Captain America fermava Tony.
"Hey, non puoi andare da solo!"
"Che c'è? Vuoi fermarmi?"
"Metti l'armatura." Ordinò Steve a Tony.
"Non ho paura di picchiare un vecchietto."
"Metti l'armatura." Ripeté minacciosamente. In un attimo finimmo tutti a terra spinti da un'onda d'urto proveniente da una bomba dall'esterno. Una fitta al braccio mi fece gemere di dolore, capii che si trattava di un piccolo pezzo di vetro conficcato al braccio. Lo afferrai e me lo tolsi,gettandolo via. 
"Metti l'armatura." Consigliò il Capitano dopo che si rimise in piedi insieme a Tony.
"Sì, ottima idea.. Artemis, vieni!" Mi chiamò Tony. Captain America si avvicinò a me e mi aiutò ad alzarmi, feci segno a Steve di allontanarsi e feci da sola anche se un bruciore terribile mi attraversava la spalla; dopo di che corremmo con Tony verso la sala dove teneva l'armatura per poi correre ad aggiustare il danno causato ad uno dei motori. C'era il serio rischio che l'Helicarrier precipitasse.
Dopo che Tony si mise l'armatura da Iron Man, mi parlò.
"E' meglio che tu vada da Loki, va a vedere se qualcuno cerca di tirarlo fuori e lo trattieni." L'idea di Iron Man mi convinse e feci come disse.
"Okay, vado!" Mi voltai, i miei occhi cercarono quelli del Capitano che teneva una presa ferrea sul mio polso.
"Sta attenta." Si avvicinò a me e i suoi occhi fecero capolino dai miei, alle mie labbra e viceversa.
"No, tu cerca di rimanere vivo." Mi avvicinai a lui e le nostre labbra fusero, lui avvolse il mio bacino con le sue possenti braccia e poggiai le mie mani sulle sue guance.
Un bacio giusto, né casto, né passionale, solo delicato e dolce.
"Oh, insomma, piccioncini!!" Si lamentò Iron Man. Aprimmo gli occhi e ci allontanammo, mi misi a correre verso la cella di Loki e solo in quel momento mi accorsi di essere disarmata e per giunta anche ferita.
Perfetto, commentai sarcastica nella mia mente, che proprio il sarcasmo era una di quelle cose di cui si poteva fare a meno in quel momento.
 
Solcai la porta e rimasi involontariamente immobile sul mio posto quando vidi Loki fuori dalla cella e Thor al suo posto.
"Loki, nooo!" Urlai. Il dio si voltò verso di me, sorpreso dalla mia presenza, ma poi mi sorrise, come se la situazione lo divertisse. Aveva in mano il suo scettro.
Avrei dovuto tacere e cercare di prendere le mie spade senza farmi vedere, maledizione
Loki premette sullo schermo e in un attimo sotto la cella dov'era rinchiuso Thor si aprì un varco e fu completamente inghiottito dall'aria.
"No!" Urlai il suo nome, corsi verso le ringhiere appoggiandomici, appena arrivata non ebbi tempo di vedere fuori perché la porta si chiuse. Mi voltai verso Loki, il mio sguardo era tagliente e gelido.
"Te la sei cercata tu." La mia voce lo fece solo ghignare con divertimento.
"Oh, non credo proprio." Disse con un sorriso che mi mise decisamente paura. Mi puntò lo scettro contro ed esso lanciò dalla mia direzione una bolla piena di energia: mi gettai a terra e mi sollevai con le braccia, ignorando il dolore alla spalla. Non appena fui sicura di aver schivato l'attacco corsi verso la direzione di Loki, ma solo poco più distante, arrivata infondo alla stanza presi le mie due spade e mi voltai verso di lui, restando immobile, stando attenta alle sue mosse e ai suoi movimenti. Incrocia davanti a me le due lame con fare minaccioso.
"Sei brava a schivare i colpi..." Ammise complimentandosi con me, si avvicinò di qualche passo e con le dita sfiorò l'estremità appuntita dello scettro. Non ero pronta per scontrarmi contro di lui, il bruciore alla spalla era troppo forte e dalla ferita uscivano fiotti di sangue e questo mi indeboliva sempre di più. "Sei ferita." Osservò indicando con lo scettro il mio braccio. Nemmeno il tempo di scansare l'enorme bolla, che mi ritrovai a terra disarmata, con la testa che girava disumana. Quando cercai di recuperare almeno un'arma la mia bocca rilasciò in aria gemiti di dolore. Mi immoblilizzai quando sentii la risata cupa e crudele di Loki molto vicina a me. Rotolai, sdraiandomi a pancia in su, alla mia destra, lui era lì, a ridersela di gusto. Respirai profondamente, mi feci forza e presi la spada che stava a qualche centimetro dalla mia mano, impugnai l'elsa e mi misi in piedi, cercando di colpirlo nel petto ma lui si scansò in tempo, fu così che iniziò un duello a tutti gli effetti.
Era dannatamente bravo, agile e veloce.
Mi prese alla sprovvista: con la sua stretta ferrea afferrò il mio polso, aprii di scatto la mano fecendo cadere la spada a terra in un tonfo assordante. Cercai di liberarmi dandogli un calcio fra le gambe, ma era troppo forte e mi schivò senza problemi. Sgranai gli occhi quando capii ciò che voleva fare: mi stava per soggiogare. Prima che la punta dello scettro potesse toccare il mio petto vidi Loki cadere a terra vittima da un'arma da fuoco. Voltai gli occhi a sinistra: Phil Coulson con in mano un fucile alimentato dal Tesseract. Involontariamente caddi a terra, con le forze che venivano sempre meno.
"Figlio di puttana." Disse tra i denti Phil mentre si dirigeva verso me. 
"Agente, si sente bene?" Phil si inginocchiò di fianco a me.
"Pensi a l-lui." Parlavo affaticata, tra un gemito e l'altro.
Stavo perdendo troppo sangue. Phil toccò la ferita alla spalla, ritirando la mano con le dita piene di sangue fresco. Qualcosa dentro, oltre alla spalla, mi stava bruciando le ossa e i muscoli. In qualche modo, la bolla di energia blu che Loki mi aveva lanciato prima mi stava intorpidendo pian piano tutti i muscoli, dato che non bastava una ferita profonda alla spalla. Il petto si abbassava e alzava velocemente, cercai di issarmi su, ma con scarsi risultati. Improvvisamente Phil gemette di dolore e sgranò gli occhi così tanto che essi stavano per uscirgli dalle orbite. Abbassai lo sguardo sul suo petto: aveva una lama che gli usciva dal petto. Vidi l'arma ritirarsi dal suo petto  e Coulson cadere a terra sulla mia pancia, morto. Alzai gli occhi su di Loki. 
Aveva appena ucciso Phil.
 Spostò i suoi occhi da lui a me. Presa dalla rabbia e dall'istinto spostai il corpo di Phil e afferrando nuovamente la mia spada mi alzai, ferendo Loki al braccio: niente di che, solo un taglio. Loki rise di gusto e inspiegabilmente finii ancora a terra senza aria nei polmoni. Faticavo a respirare, Loki mi stava facendo qualche incantesimo.
Stavo soffocando.
Stavo morendo.
Avevo fallito.
Miracolosamente Loki provò pena per me e ricominciai a respirare. Lui mi guardava con una strana aria negli occhi, come se stesse per decidere della mia vita.
Incredibile, la mia vita era nelle mani di un pazzo assassino.
"Mh, sono tentato." Sentii dire, si abbassò con le ginocchia e il suo viso fu più vicino al mio che faticava ancora a respirare per bene. "Lasciarti in vita, ucciderti o soggiogarti." Piegò la testa di lato e mi squadrò per un po'. 
Allungò una mano sul mio viso, accarezzandolo con un dito. Tremai sotto il suo tocco ed ebbi per la prima volta paura di lui. Il suo dito scese avido fino ai miei seni. Provai ripudio per lui, ero immobile, poiché ero sicuramente sotto un altro dei suoi incantesimi. Quando la sua mano indugiò lì non ci pensai due volte a sputare sul suo viso.
Loki ritirò subito la mano, ridendo, si asciugò.
"Oh, eccitante." Ridacchiò ancora, alzandosi.
"Mio signore." Sentii dire da un'altra voce da me sconosciuta. "Siamo pronti a ritornare sul get, altri ordini?
"Sì, la ragazza viene con noi." Disse per poi allontanarsi da me.
Non riuscivo più a muovermi, come se fossi sotto effetto di un'anestesia.
Vedevo offuscato e respiravo a fatica, la voce mi era morta nella gola. Sentii il corpo andare in fiamme quando delle braccia mi sollevarono dal pavimento metallico. 
Volevo ribellarmi, volevo combattere, ma la debolezza fu più forte di me.




Buona sera <3

Avrei dovuto pubblicare questo capitolo sabato! Scusate per il ritardo, scussssate davvero D:
Comuuunuqe.. Fatemi sapere: di che cosa ne pensate questo capitolo? Vi piace? La parte che vi ha colpito di più? Il bacio tra Artemis e il Capitano? E ora che Loki ha deciso di rapire Artemis, che succederà?
Voglio sapere le vostre opinioni e le vostre idee!
Recensite pure, u.u


Ora scappo,

Alla prossima ;)
 

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Capitolo 6
*** 6. Prigioniera. ***


Two bodies, one soul.





“Piano piano sto crollando, ma so che raccoglieró i pezzi, e come ogni volta mi salveró sola, senza l’aiuto di nessuno.”

                     Cit. occhiglaciali.tumblr










* * *

 
Quella notte fu la più tetra di tutte. Nemmeno una stella brillava nel cielo nero.
Appena scesa dal get, afferrai l'elsa della mia spada e la sguainai tenendola davanti a me, stando attenta su quello che sarebbe potuto accadere a momenti. L'Agente Romanoff e l'Agente Barton erano dietro di me. La foresta era fitta e cupa, un brivido mi percorse la schiena, l'atmosfera era terrficante. Sussultai spaventata quando la voce di Fury arrivò ai miei timpani, sospirai. Datti una calmata, Artemis.
"Avanti, andiamo." Ordinò, avanzando per primo con una pistola in mano. 
Per qualche strana ragione mi sentivo osservata. Ammettevo di essere molto nervosa poiché quella era la mia prima missione ufficiale da quando ero entrata a far parte del progetto Avengers composto solo da me, Natasha e Barton. Eravamo alla ricerca di un gruppo di assassini che avevano assalito la residenza dello S.H.I.E.L.D. uccidendo ovunque e chiunque, avevamo avuto molte perdite quella mattina, tra di quelle c'era Diana Flight, la mia migliore amica. Avevo insistito così tanto per andare in missione proprio per la mia sete di vendetta, ero stanca di allenarmi ed essere tenuta ore ed ore in laboratorio per essere studiata dagli specialisti. Erano passati sei mesi dalla notte in cui le mie ali fecero la loro prima comparsa. 
Non mi riconoscevo questa cosa, facevo ancora fatica ad ammettere di non essere umana, o forse metà umana e metà qualcos'altro.. 
Istintivamente, le mie bianche ali uscirono fuori dalla schiena quando sentii un rumore di passi a destra. Non sapevo controllarle bene, secondo Fury avevo bisogno di allenamento per avere il completo controllo su quelle nuove membra.
"Hai sentito qualcosa?" Fury si voltò verso di me ed io annuii. 
"A destra." Avanzai per prima, spiccando un volo a qualche metro da terra, provocando una folata d'aria. Posai i piedi per terra ed indietreggiai un po' quando vidi in lontananza una figura. Al contrario, Barton, Natasha e due agenti avanzarono frettolosamente verso quella figura. Fu Barton, con una delle sue frecce, a far cadere quell'uomo, ormai morto. Solo quando ci avvicinammo a lui ci accorgemmo che era uno di quelli che face parte di quel gruppo d'assalto.
Sentii il dito di Natasha bussare sulla mia spalla comeavvertimento: eravamo circondati.
Iniziò così una battaglia, prima che Fury entrasse partecipe della battaglia mi ordinò di stare ferma dov'ero e di non attaccare fino a quando lui me lo avesse ordinato. Odiavo quando tutti mi trattavano come se fossi un esperimento di laboratorio vivente. Restai ferma e vigilante sul mio posto, con le ali rette in su, gli occhi saettare ovunque e le mani strette sull'elsa. Urlai impaurita quando sentii delle mani afferrarmi i fianchi, mi voltai e cercai di ferire quell'assassino con la mia lama, ma egli si scostò in tempo. Indugiai un secondo prima di volare contro di lui.
Era l'assassino di Diana.
Scansai tutti i suoi proiettili e quando si finirono i colpi non ci pensai due volte a sfamare la vendetta che ribolliva nelle mie vene. Affondai la lama contro il suo petto, un rivolto di sangue schizzò sulla mia gota destra. Ritirai la spada e l'uomo cadde a terra, morto. Guardandomi attorno vidi che la battaglia era appena finita. Riposi la spada nel fodero e mi avvicinai agli agenti. Mentre avanzavo verso di loro mi sentii finalmente libera da quella dannata sensazione di vendetta, ma c'era un contro: avevo appena tolto la vita a qualcuno, per la prima volta. Mi fermai, gli occhi uscirono quasi fuori dalle orbite quando un dolore mi attraversò il petto e istintivamente mi portai una mano al cuore, successivamente anche l'altra. 
"Artemis?" Mi chiamò Natasha prima che io cadessi a terra ansimante. Avevo una morsa strettissima al cuore, quasi non mi pompava più. Sentivo il sangue fermarsi nelle vene e congelarsi, come se fossi immersa nelle acque di un oceano in pieno inverno. Un urlo fece sussultare tutti, e presto tutti gli occhi furono su di me. Natasha si abbassò di fianco a me e preoccupata mi domandava (più a se stessa che a me) che cosa stesse succedendo. Ripresi fiato, e i miei occhi non videro più la mia amica, ma le tenebre. 
Nero, nero e solo nero.
Urlai ancora. Sentii le ali cadere e persi improvvisamente la sensibilità in esse. Voltai gli occhi dietro di me: c'erano le mie ali a terra, fra le foglie, come se si fossero strappate da sole. Urlai impaurita e mi misi a carponi con le cosce al petto. Cosa mi stava succedendo? 
Sentivo le voci degli agenti preoccupate e terrorizzate, voci che io non ero in grado di ascoltare o comprendere. Urlai ancora e ancora. Mi distesi a terra a pancia in giù quando un senso di libertà mi invase tutto il corpo, una strana tranquillità, che svanì subito.
"Artemide?" La voce di Barton era preoccupata e sentivo i suoi passi avvicinarsi.
Mi alzai barcollando con l'aiuto di Natasha. Non capivo il perché tutti mi stessero fissavano impauriti e distanti, come se fossi un mostro. Voltai la testa dietro di me e vidi che quelle ali bianche e soffici che si erano strappate dalla mia schiena si erano tramutate in piume bianche che ormai si facevano trascinare via dal vento. Ebbi l'impressione di avere qualcosa di appuntito in bocca, ed era così: mi passai più volte la lingua sui canini, erano più appuntiti e taglienti del solito. Sgranai gli occhi incredula: avevo ancora delle ali, ma esse erano del colore del carbone. 
Mi voltai spaventata verso Fury.
"Che mi è successo?!" Chiesi con la voce tremolante, ridotta ad un sussuro. Sentii il sapore del sangue sulla lingua: i miei canini avevano graffiato l'interno del labbro inferiore.
Che cos'ero? Che razza di mostro ero diventata?
"I suoi occhi." Disse Natsha sconvolta.
"Sì," Disse poi Barton, "sono completamente neri."
 
 
                
 
Fu il senso di fastidio che avevo ai polsi che mi svegliò. I miei occhi si aprirono pian piano, cercando di abituarsi alla forte luce delle lampade a neon che penzolavono dal soffito da due catene.
Thor che cade giù dentro la cella di Loki. 
Loki che mi scaraventa una bolla di energia.
Phil morto sopra il mio corpo immobilizzato.

Spalancai gli occhi e sedetti quando tutto venne in mente.
Osservai velocemente la stanza\cella.
Ero su un letto matrimoniale, dalle lenzuola color panna e oro, di fronte a me c'era un semplice armadio, attaccati alle pareti c'erano dei quadri, ai fianchi del letto c'erano dei comodini in legno e una poltrona nera in pelle. Abbassai lo sguardo indagatorio su di me: avevo le mani legate con una corda ruvida e molto robusta, i polsi mi bruciavano e usciva pure del sangue.
Bruciore.
La spalla!
Mi volto a guardare la spalla destra: non c'è traccia della ferita, solo un buco sul tessuto e i bordi di esso macchiati di sangue ormai asciutto. Ancche le caviglie erano legate dallo stesso tipo di corda. Notai che la corda dei polsi e delle caviglie era sempre la stessa ed essa era legata alle ringhiere dei piedi del letto. Non potevo scappare.
Focalizzai meglio i ricordi: ricordai il tocco avido di Loki e il suo ordine al servitore di portarmi nel get.
Mi aveva rapita.
"Maledetto." Lo insultai tra i denti con la solita voce molto rauca di chi si era appena svegliato. 
Ma per quanto tempo avevo dormito? E gli altri si erano chiesti di me? Ero sola in quel posto? E specialmente, dove caspita mi trovavo? 
Mi guardai attorno nuovamente, notai che nel soffitto vi erano delle crepe e dell'umido sulle pareti. Oltre ai quadri non vi era alcuna finestra, quindi c'erano possibilità che mi trovassi in un sotterraneo. Voltai la testa verso destra, c'era una porta in acciaio, molto robusta, chiusa per bene a chiave.
Beh, mi trovavo in una stanza abbastanza decente per un sotterraneo.
Che ore erano?
Non era mattina presto e né notte, perché se fosse così, Loki si troverebbe nella sua stanza a dormire. Quindi doveva essere mezzogiorno o pomeriggio, o sera. L'intuito mi diceva che era sera.
La mia coscienza mi interruppe da tutte quelle ipotesi che stavo costruendo: dovevo scappare.
Mi irrigidii quando sentii dei passi fuori dalla stanza fermarsi davanti alla porta metallica; decisi solo un secondo prima che si aprisse di far finta di dormire. 

 
 
                                                                                            * * *

 
 
Loki entrò nella sua stanza per controllare se Artemis si fosse svegliata.
Fece molta attenzione ad essere delicato nell'aprire la porta; sorrise istintivamente quando vide che lei stava ancora dormendo. Allora il dio degli inganni si accertò di chiudere la porta con cautela, senza procurare il minimo rumore. Lentamente si avvicinò ai piedi del letto, davanti alla ragazza. La fissava con uno sguardo che nemmeno lui riconosceva: la ammirava e più lo faceva, più uno strano calore aleggiava dentro il suo petto. Decise di avvicinarsi di più: si mise al fianco del letto per poterla guardare dormire. Loki piegò leggermete la testa di lato per osservare meglio il volto angelico della giovane. 
E' bellissima, pensò lui. Sorrise dolcemente a quel pensiero che cacciò subito via, ricomponendosi. La spalla non sanguinava più grazie ad un suo incantesimo, non sapeva perché l'aveva guarita, non era nel suo carattere fare del bene.
Si ripeté più di due volte nella mente che aveva deciso di rapirla per far capire agli Avengers che Loki, il dio degli inganni, non doveva essere sottovalutato. Avrebbe utilizzato Artemis come pedina, lui sapeva che la ragazza era cara a tutti, all'Agente Romanoff e a Fury, che la conoscevano da molto, ma specialmente a quel manichino in calzamaglia. A quanto pareva, loro due avevano un legame che andava oltre ad una semplice amicizia. Loki strinse i pugni e digrignò i denti. Gli dava fastidio, ma non sapeva il perché.
Gli dava fastidio il fatto che Artemis stesse con quell'essere inutile senza cervello. Loki aveva paura che stesse succedendo qualcosa in lui, a partire da quando aveva visto per la prima volta Artemis. Aveva paura che si stesse affezzionando a lei, ma quando questo subbio lo assaliva, lo reprimeva all'istante, facendo riemergere dentro di sé la sete di vendetta per Thor e Odino.
Loki si voltò verso Artemis, si avvicinò a lei e rimase per qualche minuto a fissarla in silenzio, immerso nei suoi pensieri. Osservava i suoi capelli castani e ondulati sparsi un po' ovunque sul cuscino, osservava 
le lunghe ciglia, la linea perfetta che delineva la sua mascella e le labbra rosee e carnose. Il dio sorrise ancora, guardandola un'altra volta, desiderando di toccarla: ricordò quanto potesse essere soffice e liscia la sua pelle quando la toccò contro la volontà di lei nell'Helicarrier. Ricordò il desiderio di possederla ardere dentro di lui quando toccò uno dei suoi seni. 
Senza pensarci avvicinò la sua mano alla gota di lei.

"Non ci provare." Quasi sobbalzò sorpreso, ritirò la mano e guardò l'ambra nei suoi occhi. 
 


 
                                                                                               * * *


 
Lo vidi ritirare la mano che stava per toccarmi una seconda volta. Non si sarebbe mai più permesso a sfiorarmi, non ci doveva nemmeno provare dopo dove aveva azzardato a mettere le mani nell'Helicarrier.
"Buongiorno." Sorrise a trentadue denti, come se ci fosse qualcosa di divertente o di positivo in me legata come un salame in un letto da chissà quante ore, e non esitai ad informarmi su questo particolare.
"Da quanto sono qui?" Domandai schiva, fissandolo negli occhi nello stesso modo in cui parlavo.
"Dodici ore, forse anche di più." Finalmente si allontanò da me, si mise davanti a me, ai piedi del letto, unì le mani dietro la schiena e mi guardò penetrante. Mi sedetti con la testa che girava come una trottola, strizzai gli occhi e li riaprii lentamente. Loki era sempre lì, nella stessa posizione, con lo stesso sguardo. Sbuffai e mi sistemai sul mio posto.
"Non è mattina." Dissi, "Quando i tuoi soggiogati hanno attaccato l'Helicarrier erano le nove di mattina, quindi ora dovrebbero essere le nove di sera." Ragionai ad alta voce, fissando altro tranne che lui, ma il suo sguardo era troppo magnetico per non caderci vittima.
"Sono le dieci di sera." Si mise a camminare su e giù per la stanza, e io che potevo fare se non fissarlo stranita?
Ruppi quel maledetto silenzio.
"Che intenzioni hai?" Lo feci fermare e girare verso di me. "Qual è diamine è il tuo piano?" Digrignai i denti, cercando di tenere i polsi più fermi che potevo, dato che mi prudevano e il prulito pulsava insopportabile nella carne.
"Dovresti essere abbastanza intelligente da capirlo, no?" In effetti sì, immaginavo quale potesse essere il suo piano.
"Mi utilizzi come un mezzo per fare arrendere gli Avengers, così, se loro combatteranno quando il tuo esercito arriverà qui, tu mi farai fuori." Lo feci ghignare divertito.
"Sei davvero molto intelligente, Artemis." Odiavo quando mi chiamava per nome, provocava in me dei brividi lungo la schiena, non sapendo nemmeno il motivo. Ricordai improvvisamente quel momento intimo fra me e Steve e di come lo spinsi via, perché immaginavo che ci fosse proprio Loki al suo posto. Diventai di colpo rossa in volto, cacciando via quel pensiero. 
No, Artemis, lui legge nella mente, trattieni i tuoi pensieri. 
Mi irrigidì quando Loki si avvicinò a me, mise una mano sopra la corda, ma senza appoggiarla, ed essa si tagliò da sola, emettendo una scia di luce verde.
Non mi mossi di un centimetro.
Dopo avermi liberata, Loki ritornò a guardare me, che ero ancora ferma dov'ero.
"Mi stai liberando?" Domandai sorpresa, sussurrando quasi, come se non volessi che qualcun'altro oltre a Loki mi sentisse.
"Ti slego, ma-" Non gli lasciai tempo di finire la frase che corsi velocemente alla porta, la aprii ecaddi a terra, come se avessi appena sbattuto contro un muro. Perché sono caduta? Mi alzai, mi avvicinai alla porta, cercai di solcarla con un dito, ma c'era una specie di muro invisibile che non faceva oltrepassare un bel cavolo di niente. Ingorai la risata divertita di Loki e mi voltai verso di lui con fare arrabbiato.
"Coglione." Mi avvicino a lui con passo lento e minaccioso, e lui? Al solito, se la sghignazzava. "Se sapevi che non potevo scappare perché diamine mi hai legato?!" Gli urlai davanti piena di rabbia. Non mi resi nemmeno conto di quanto mi fossi avvicinata a lui: decisamente troppo. Qualche centimetro di più sarebbe bastato per far toccare i nostri corpi. Cercai di mantenere lo stesso uno sguardo severo e arrabbiato.
"Mi piace quando ti arrabbi, diventi.. aggressiva." Quell'uomo, o meglio, quell'Asgardiano mi stava facendo uscire fuori di testa.
"Perché non mi rinchiudevi in una cella, legata in catene?" Domandai lentamente e rabbiosamente, scandendo ogni parola, una ad una. Davo molto l'impressione di una pentola che stava per scoppiare per il troppo vapore acqueo.
"Non avrebbe avuto alcun senso." Loki si avvicinò di più a me, e i nostri petti si sfiorarono. Mi allontanai involontariamente a quel tocco che mi fece venire i brividi e una leggera fitta allo stomaco, come delle...
Farfalle?
Cosa?!
"Non avrebbe avuto alcun senso?" Inarcai un sopracciglio, ormai distante da lui di un metro circa. Loki stava per parlare, ma una terza voce lo interruppe, evitando che si avvicinasse a me con quel suo sguardo profondo. Chiudo gli occhi e rilascio ossigeno, rilassata.
"Mio signore." Mi voltai verso la porta, c'era un soggiogato. "Deve venire a vedere." Disse quello per poi scomparire dalla porta. Doveva essere qualcosa di grave, parlando nella logica dei "cattivi".
Guardai Loki e i nostri sguardi si incrociarono. Il dio mi superò e prima di solcare con grazia la porta si voltò verso di me, dicendo:
"Non ti preoccupare, al mio ritorno ti porterò qualcosa da leggere." Mi sorrise con una leggera (pff, leggera, eh) sfumatura di malizia. 
"Va al diavolo!" Urlai. Loki solcò la porta ed essa si chiuse sola. Mi voltai verso la stanza, la osservai disperata e corsi a buttarmi sul letto. Pressai il viso contro il cuscino e urlai. Sarei dovuta rimanere lì, un luogo che lo S.H.I.E.L.D. non era capace di rintacciare, rinchiusa in una camera da letto con un Asgardiano pazzo che avrebbe potuto soggiogarmi quando voleva (o fare di peggio), con delle precedenti farfalle allo stomaco causate dal presunto Asgardiano.
Questa cosa mi inquietava e per di più mi destava sospetti.






Seraaaa!!

Ho aggiornato <3
Allooooooooooora, voglio sapere che cosa ne pensate. Vi è piaciuto questo capitolo? Perché? La vostra parte preferita? Che cosa ne pensate del ricordo di Artemis?

Voglio sapere, e sfamate la mia curiosità tramite una piccolissima recensione.
Grazie se lo fate e ringrazio chi ha letto, segue e recensisce questa storia :3

Buona serata,

Alla prossima :*

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 7
*** 7. Non volevo. ***


Two bodies, one soul.


 
“C’è differenza tra odio e rabbia. Per esempio:
L’odio resta fino alla morte.
La rabbia è passeggera.
L’odio non ti fa piangere.
La rabbia invece, a dirotto.
L’odio ti trattiene il silenzio.
La rabbia ti lascia urlare.”

        Cit. fromTumblr

 




                                                                                                                       * * *



Niente.
Avevo provato di tutto, ma ogni tentativo era vano, avevo anche provato a prendere la rincorsa e andare a sbattere contro quel maledetto muro invisibile, ma non ne era valsa la pena per niente, mi scaraventai a terra e sbattei la testa così forte da vedere per un paio di minuti tante luci rosse e nere abbattersi su ogni cosa che mettevo a fuoco. 
Abbandonai quella folle impresa e mi tuffai, letteralmente, sul letto, sdraiandomi comodamente a pancia in giù. Se avrei dovuto sperare davvero di essere salvata (cosa che odiavo) tanto ne valeva che mi mettessi comoda.
All'improvviso mi sentii Fiona di Shreck.
Misi pigramente un braccio sotto il cucino, stringendolo a me. Strofinai più volte la mia guancia contro il morbido tessuto, ma non riuscivo completamente a rilassarmi.
"Sai, dovresti essere più aggraziata quando ti stendi su un letto." Sussultai e nel tentativo di voltarmi il mio corpo rotolò a terra. Dalla mia bocca uscirono lamenti e versi contrariati.
Ci mancava solo fare la figura dell'ebete davanti al dio degli inganni. Non appena sentii la risata di Loki mi alzai velocemente in piedi e i nostri differenti sguardi si incrociarono: il mio era furioso e irritato, il suo era divertito, come sempre.
 "Potresti bussare? Eviteresti di farmi venire un infarto, sai."
 "Ti ricordo che questa è la mia stanza." I miei occhi scivolarono dai suoi, alle sue mani: teneva un libro con sé.
Mi ha davvero portato qualcosa da leggere?, inarcai un sopracciglio e lui parve accorgersene.
 "Te l'avevo detto che ti avrei portato un libro." Mi irrigidii quando Loki si avvicinò a me e mi porse il libro, indugiando un attimo prima di prendelo fra le mani.
 Tutto su Asgard, la copertina mi faceva pensare ad un libro per bambini, gli diedi una veloce sfogliata e guardai con aria sospetta Loki, che come al solito mi sorrideva, ma quella volta era un sorriso soddisfatto. Mi allontanai verso il letto con il libro in mano, mi sedetti e iniziai la mia lettura, poggiando il libro sulle cosce. 
 "Ti piace leggere?" Domandò Loki. La sua voce veniva dalla mia destra, si era seduto sul letto anche lui. Deglutii rumorosamente, cercando di 1) non cadere di nuovo da letto, 2) non arrossire e 3) ignorarlo.
Si, okay, è bellissimo, ma concentrati sulla domanda... DANNAZIONE!
Stupida coscienza.
 "Sì, ma purtroppo non ho mai il tempo per farlo." Ed era vero. Con tutto quel lavoro, ormai mi era difficile leggere. Restai una frazione di secondi a guardare i suoi occhi che parevano smeraldi. Appoggiai la schiena sullo schienale e tenni le ginocchia verso l'alto, in modo da utlizzare le cosce come leggio.
"Quando ero giovane, leggere era il mio passatempo prefertio." Alzai gli occhi dalla copertina a lui. Per qualche motivo mi stavo mostrando interessata a ciò che diceva. "Devi considerare che la biblioteca Reale è immensa e ogni giorno leggevo un libro diverso." Sorrisi, i suoi occhi erano concentrati su ricordi piacevoli. Aveva un bel sorriso.
"Perché dici "quando ero giovane", sinceramente ne dimostri sui trenta." Stavo davvero aprendo una conversazone amichevole con Loki, e mentirei se vi trascrivessi che mi stavo annoiando o che mi stavo fingendo interessata. Magari Loki era una persona che andava capita. E se avessi cambiato le sue idee e i suoi malefici progetti, facendolo ragionare un po'?Missione impossibile, ma perché non provarci? Forse iniziare a chiacchierare era il primo passo.
Lui ridacchiò e io rimasi a fissarlo sorridendogli, aspettando una risposta.
"Ho 1048 anni, Artemis, ti parlo di episodi che risalgono a circa 500 o 600 anni fa." Socchiusi la bocca sbigottita.
"Beh, permettimi di dirti che non li dimostri affatto." Lo sentii ghignare divertito. Aprii il libro e iniziai a leggere l'introduzione. Sentivo che Loki mi stava fissando leggere, ma come ho trascritto prima: cercavo di ignorarlo. 


Arrivai al Capitolo 3 - Le razze quando chiusi il libro, lo posai sul comodino e mi voltai verso Loki. Teneva le dita intrecciate sulla pancia e le caviglie incrociate. Era sveglio e fissava il soffitto silenzioso, immerso nei suoi pensieri. Rimasi ferma a guardarlo anche quando voltò la testa verso di me e il suo sguardo magnetico incontrò il mio.
 "Se vuoi puoi restare ad ammirarmi quanto vuoi." Aveva un sorrisetto stampato in volto. Prima di accorgermi di essere diventata rossa in viso, Loki continuò: "Sei adorabile quando arrossisci." Stavo per saltargli addosso a prenderlo a pugni quando sentii la sua risata. Mi voltai verso di lui sbuffando.
 "Ma che cosa ridi?!" Sgranai gli occhi, irritata.
 "È adorabile il modo con cui fingi di non esserti sentita in imbarazzo ogni volta che mi guardi." Portò le sue mani dietro alla nuca, incrociando le braccia.
"Potresti smettere di ripetere quanto io possa essere adorabile?" Quel rossore non andava più via dalle mie guance.
"Lo so che tu pensi che io sia attraente." Lo guardai scioccata e sopresa da quello che aveva appena detto, mi infastidii il guizzo di malizia sul suo sorriso a trentadue denti. 
 "Scusa, cosa?" Chiesi inorridita, anche se avevo sentito benissimo.
 "Tu pensi che io sia attraente." Disse ancora, percorrendo velocemente con gli occhi il mio corpo, fasciato dalla divisa nera e malconcia. 
 "Sei pazzo." Cercai di chiuderla lì, a labbra strette, incrociando le braccia al petto. 
 "No, Artemis, io leggo nella mente, ed è diverso." Lo guardai inespressiva, segno che stavo per scoppiare.
 "Ti ho già detto una volta di non frugare tra i miei pensieri!" La mia voce era alta e colma di rabbia; era troppo imbarazzante: aveva scoperto che, per qualche strano motivo, lo trovavo bello.
 "E chi me lo impone?" 
 "Io." Rise sonoramente, una risata sarcastica che mi mandò in tilt. Non mi trattenni, in un attimo i miei occhi cercarono qualcosa di appuntito: sul comodino c'era un ferretto in metallo, molto utile come arma; afferrai l'oggetto e in un attimo mi ritrovai seduta sul ventre  del dio, il mio petto poggiato al suo e il ferretto sulla sua gola, feci scoparire quel suo ghigno dalle labbra e i miei occhi erano davanti a quelli suoi.
 "Mettiamola così: tu portami fastidio e io ti sgozzo la gola." Un altro sorriso fece capolino sulle sue labbra. La mia mano lasciò la presa sul ferretto e mi scaraventai a peso morto sul pavimento. Un senso di fatica a respirare mi invase i polmoni, i miei occhi interrogativi fissavano quelli di Loki, quest'ultimo era in piedi davanti a me, senza interrompere il contatto visivo; mi stava facendo lo stesso incantesimo di qualche ora prima.
Espirai profondamente e mi alzai velocemente in piedi.
 "Mettiamola così: fai qualcosa di sbagliato e io, con un battito di palpebre, ti distruggo." Il suo viso era immobile in un'espressione severa e terrificante. Degluitii rumorosamente e senza motivo, Loki scoppia a ridere. Aggrottai la fronte, incredula e sorpresa, restando immobile dov'ero.
 "Quando sei spaventata susciti in me pietà. Sbaloriditivo."
Iniziai a contare fino a dieci nella mia mente nel vago tentativo di darmi una calmata. Mi incamminai verso il letto con le unghie piantate nei palmi e la mascella digrignata. Presi il libro, mi sedetti sul letto come prima e aprii il libro al Capitolo 3 - Le razze e iniziai a leggere silenziosamente. Sussultai quando dopo un minuto che iniziai la mia lettura sentii la voce di Loki così vicina da sentire il suo respiro sul mio collo.
 "Che ne dici se ti racconti un po' di Asgard?" Mi voltai, la mia spalla toccava la sua e gli occhi verdi di Loki erano puntati sulla pagina del libro, solo quando sentì il mio sguardo su di lui ci guardammo.
 "No, grazie, mi basta leggere." Sbuffai ritornando con gli occhi sulle parole stampate nella carta. Mi stupii quando se ne stese zitto, tuttavia non si staccava da me. Io me ne stavo immobile, per qualche strano motivo era come se avessi il fondoschiena incollato al materasso. Voltai pagina e una figura era illustrava "Gli dei".
 "Questa è, in un certo senso, la mia razza." Mi voltai verso di lui, aveva gli occhi fissi sul libro, feci lo stesso quando alzò lo sguardo per incontrare il mio.
 "In un certo senso?" Chiesi interrogativa, cosa intendeva con quella frase?
 "Io non sono di origini Asgardiane."
 "Che cosa sei allora?" Feci una pausa. "Se posso chiedere." Il mio tono di voce era stranamente educato, come quello di un bambino curioso di sapere.
 "Sono un gigante di ghiaccio. Odino, padre degli dei e padre di Thor" pronunciò con disprezzo quei due nomi "decise di accudirmi come un figlio, negando la mia vera natura e facendomi sentire come un escluso per ogni istante della mia vita." Notai che i suoi occhi erano diventati più lucidi del solito, egli abbassò il capo e sospirò, ritornando a guardarmi.
 "E' per questo che stai facendo tutto questo caos? Per vendetta?" Domandai, nel tentativo di farlo ragionare.
 "Essere Re è un mio diritto di nascita-"
"Sì, ma non per questo hai il diritto di rovinare la vita degli altri." Lo interruppi prima che continuasse. "Forse hai ragione, noi esseri umani siamo inferiori a voi déi, ma questo non significa che voi avete il diritto di trattarci da tali." I nostri sguardi erano intensi, non ci eravamo mai guardati così. Io e Steve non ci eravamo mai guardati così. Di colpo il mio cuore inizia a battere irregolare.
Loki abbassò lo sguardo verso il libro.
 "Parlami della razza degli déi," Sgranò gli occhi stupito; sinceramente non me lo aspettavo nemmeno io di questa richiesta,"per favore." Aggiunsi infine con un sorriso, lui non esitò, sorrise e ritornò con lo sguardo sul libro spiegandomi tutto sui déi Asgardiani. In qualche modo volevo tirarlo su di morale; tutto quello che lui stava facendo, tutto il caos, tutti quei morti.. Lo faceva solo per un disperato bisogno di riempire un vuoto causato da ricordi e sofferenze. Loki non era in fin dei conti cattivo fino al midollo, in lui ci doveva essere qualcosa di buono. 


Voltai pagina e iniziò l'ultimo paragrafo degli déi: Loki. Un disegno che lo raffigurava e spiegava il suo carattere le sue particolarità..
 "Oh, qui dice che hai partorito la puledra di Odino!" Indicai con il dito il rigo che diceva questo. Loki accennò una risata divertita che mi contagiò un po'.
 "Gli umani, a quei tempi, ci adoravano inventando molte cose. Nel mio grembo non è mai cresciuta nessuna puledra."Scoppiammo entrambi a ridere. "Per quanto riguarda i rapporti non sono del tutto falsi, ha un po' di ragione il libro quando dice che mi divertivo a volte." Aggrottai le sopracciglia interrogativa.
 "Cosa?" 
 "Ho avuto delle relazioni molto intime con due dee e con una Alae Obscura." Un sorriso malizioso, e ambiguo allo stesso tempo, si disegnò nelle sue labbra.
 "Woah." Ritornai con gli occhi nel libro.
 "Oh, come se la cosa ti stupisse."
"Certo che mi stupisce dato che io sia ancora verg..." Sgranai gli occhi, zittendomi subito.
 "Interessante." Sorrise Loki. "Questo vuol dire che tu e il manichino in divisa non avete mai-"
"Cos'è un Alae Obscura?" Domandai per cambiare discorso e per fargli scomparire quel suo sorrisetto divertito.
 "E' una razza Asgardiana particolare, aspetta, ti mostro una pagina." Loki sfogliò un paio di pagine e fermò una figura dalle ali nere, canini appuntiti e occhi da demone.

Fu una sensazione simile a quando state sognando e all'improvviso cadete nel vuoto e l'aria vi manca nei polmoni. Ecco. L'aria mi si mozzò nei polmoni. Le dita delle mie mani iniziarono a tremare. Tutto in un minimo secondo.
"Aspetta, ma.." Il tono interrogativo di Loki non mi distrasse, avevo gli occhi appannati dalle lacrime.
Era la mia razza?
Avevo finalmente scoperto chi ero?

Se era così non ero assolutamente pronta.
Non potevo essere pronta.
Non volevo.
 
 




Buona sera! 

Parto con il ringraziare tantissimo tutti quelli che hanno recensito e letto lo scorso capitolo.
Alloooora. Ieri mi sono sforzata al massimo per rendere questa storia il più originale e particolare possibile; perché? 
Una recensione neutra dello scorso capitolo mi ha fatto ragionare e vi avviso che da questo capitolo la storia sarà complessa, complicata e molto intrecciata, ma specialmente ho in mente molti colpi di scena.

Alooora, angolo curiosità: Cos'è un'Alae Obscuro?
-
E' una razza (che naturalmente ho inventato io) Asgardiana. Sono creature che alla loro età matura ricevono il dono di ali bianche, ma se si uccide involontariamente o volontariamente una persona, l'Alae Obscuro subirà l'inizio della sua maledizione: una metamorfosi da una specie di angelo a un demone. Difatti si chiamano "Obscuri" perché sono molto sensibili e le loro emozioni sono molto amplificate, e tutto ciò rende molto più facile il possibile istinto omicida verso qualcuno. Loro nascono da una progenie da déi e angelo e vivono con una maledizione. Essi devono essere abbastanza cauti da non scatenarla.-

Ora non vi rompo più. Lasciate una recensione e ditemi che ne pensate della natura di Artemis e anche di quello che ho detto riguardo la trama ("La trama diventerà più complessa e complicata dal prossimo capitolo in poi").

Buona serata, 


Alla prossima ;)

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Capitolo 8
*** 8. Dolore. ***


Two bodies, one soul.

 
“La conosco bene quella rabbia, quel dolore che ti entra nelle vene,
che ti porta al punto di 
dimenticare le persone amate, per poter smettere di soffrire.”

Cit. Pierluigi Vizza.




                                                                                    




                                                                                                                        * * *


 
 
 
Non sapevo cosa dire, cosa fare, o cosa pensare.
Delle lacrime d'inchiostro iniziarono a scendere dai miei occhi, il respiro divenne irregolare come i battiti cardiaci.
Con le mani tremanti cercai di leggere cosa c'era scritto riguardo a quelle creature, ma per colpa dell'agitazione e dell'adrenalina mi fu impossibile. Mi alzai in piedi, camminai nervosamente su e giù, penso anche che iniziai a pensare ad alta voce, ma non ricordo. Quel momento fu terrificante e ricordarlo mi intimorisce tutt'oggi.
Mi fermai di colpo e guardai Loki, ricordandomi della sua presenza. Stava leggendo la pagina del libro.
 "C-cosa d-ice?" Anche la stessa voce era tremolante, in quel momento non mi importava niente se non saperne di più. Magari il libro si sta sbagliando, sperai.
Non mi riconoscevo più: cosa mi sta succedendo? Perché sono entrata così tanto nel panico? 
Fu come perdere il controllo di me stessa, qualcuno comandava i miei movimenti, le mie parole... quella non ero io.
Vidi Loki socchiudere la bocca in un'espressione interrogativa, che si tramutò presto in sorpresa. Si alzò di scatto e rimase fermo ai piedi del letto, con gli occhi fissi sui miei, come se fosse indeciso su che cosa fare.
 "Cosa. Dice?!" Respirai profondamente prima di cercare di parlare normalmente, ma riuscii solamente ad urlare istericamente quelle parole, con la paura che mi stava assalendo.
Ma paura di cosa?, voi vi domanderete, ebbene io vi risponderò: "Paura della verità."
"Sono una di loro?" Chiesi ancora, "Dimmelo!" Urlai più forte, cadendo a terra in ginocchio, in lacrime, le quali macchiavano il pavimento di nero.
 "Sei un Alae Obscura." Sentii i passi e la voce di Loki avvicinarsi a me. "Sei un'Asgardiana." Un singhiozzo uscì strozzato dalla mia gola. Uno solo, un solo singhiozzo riuscì a farmi perdere il controllo.
 
 
 
                                                                                                               * * *
 
 
 
Loki era confuso, o almeno, le sue emozioni stavano andando in tilt. Vedere piangere Artemis fu strano per lui. Il suo cuore era stretto in una morsa e quasi non gli batteva più. In lei rivide sé stesso il giorno in cui Odino gli rivelò ciò che era davvero.
Come aveva fatto a non capirlo?
Loki, quando viveva ad Asgard, era continuamente a contatto con gli Alai, perché non aveva capito ciò che Artemis era?
La pena che provò per lui fu terribilmente straziante. Adesso stava pure singhiozzando. Non l'aveva mai vista così e non si sarebbe nemmeno aspettato una reazione del genere; Loki pensava che lei fosse forte, l'esempio di una guerriera provetta, ma l'apparenza ingannò il dio degli inganni. Lui sapeva quanto potessero essere deboli gli Alai Obscuri, doveva quindi rimboccarsi le maniche. Ma perché voleva farlo, perché gli venne d'istinto aiutare quella ragazza?
Potevano essere diversi, ma in realtà, in certi aspetti erano gli stessi. Loki capiva la difficoltà del momento che stava attraversando, ma quando successe a lui, nessuno fu dalla sua parte, nessuno lo consolò. Non voleva che la stessa cosa succedesse anche a lei, specialmente lei che era un Alae Obscuro, creature che si lasciavano facilmente trasportare dalle proprie emozioni.
Loki arretrò di un passo quando vide le ali nere fuoriuscire dalla schiena di Arteims; adesso non controllava più nememno il suo corpo.
 
 
 
                                                                                                         * * *
 
 
 
Sentii le mie ali uscir fuori dalla schiena e i canini farsi più appuntiti. Mi misi in piedi e alzando lo sguardo incontrai quello di Loki. Era pensieroso e preoccupato.
Ero un Alae Obscura. 
 "Sono un'Asgardiana." Dissi, più a me che a lui. "Sono un'Alae Obsura. Sono un'Asgardiana." Iniziai così a blaterare. 
Non ero più io, il mio corpo apparteneva ad un'altra me.
 "Artemis, stammi a sentire: devi mantenere la calma. " La voce dura e sicura di Loki nascondevano quella preoccupazione che percepivo sulla mia pelle. Lo guardai negli occhi e lo vidi rabbrividire per l'occhiata raccapricciante che gli lanciai. Nemmeno volevo, e non voglio nemmeno adesso, immaginare il mio aspetto in quel momento.
 "Mantenere la calma?" Domandai sussurrando, con la testa che iniziava a tremare. "Mantenere la calma." Ripetei, facendo nuovamente su e giù. D'improvviso mi fermai. "Vai via." Gli ordinai senza guardarlo.  Loki sospirò profondamente e si avvicinò a me. "Stammi lontano." Gli dissi secca. "E vai via." Gli ordinai ancora.
 "No." Si avvicinò ancora di più, istintivamente indietreggiai fino a toccare il muro. Le ali mi pesavano, erano ricadute, come se non avessero ossa all'interno. Mi asciugai il viso, ripulendomelo di un po'. 
 "Va via." Gli ordinai ancora, sussurandoglielo, mentre lasciavo che il mio corpo scivolasse a terra, con la schiena appoggiata sul muro e le unghie piantonate nei palmi.
 "No." Mi colpì così tanto la dolcezza di quella risposta che alzai il mio sguardo. Loki si era inginocchiato per far in modo che i nostri visi fossero più o meno della stessa altezza.
"Perché?" Gli domandai a bassa voce, mentre il nostro contatto visivo diventava sempre più intenso.
"Perché io ti posso capire." 
 "Non capisci, tu non puoi capirmi." Mi portai le ginocchia al petto, abbracciandomi le gambe. "Ti prego, lasciami in pace." Lo pregavo come una bambina. Volevo solo stare sola e urlare, urlare, urlare fino a perdere l'ossigeno nei polmoni.
 "No, io non ti lascerò in pace." Loki allungò le braccia verso di me, mi afferrò per le spalle e mi spinse contro il suo petto, cingendo il mio busto con le sue forti braccia. 
Mi stava abbracciando.
Rimasi immobile a quel gesto, ero confusa da quell'abbraccio improvviso. Nella mia gola morivano singhiozzi e le lacrime risalirono in superfice, mi aggrappai al corpo di Loki, ricambiando l'abbraccio con più debolezza e innocenza. Sentivo delle scosse elettriche d'ovunque la sua pelle entrava in contatto con la mia. Appoggiai le mie mani sul suo petto e cercai invano di spingerlo via, era troppo forte. "Rilassati, devi rilassarti." Mi cullò lentamente, avanti e indietro mentre le mie lacrime stavano sporcando le sue vesti.
 "Non puoi capire, non puoi capire, non puoi capire." Sussurravo continuamente. Sentii il suo tocco irrigidirsi e dopo dire:
 "Vuoi sapere come ho scoperto di essere un gigante di ghiaccio?" Loki prese il mio viso fra le sue mani, mettendolo ben davanti al suo, in modo tale che i miei occhi da demone incontrassero quelli suoi. Rimasi in silenzio, nessun singhiozzo uscì dalla mie labbra, ero in attesa che continuasse a parlare. "Dopo una missione con Thor e gli altri guerreri nella terra dei giganti di ghiaccio, al tocco di una di quelle creaure la mia pelle diventò improvvisamente blu." Loki cominciò ad accarezzare dolcemente le mie guance con i suoi pollici, con movimenti circolari e dolci. Guardai nei suoi occhi senza chiudere le palpebre nemmeno una volta. Il suo tocco era come una sottospecie di droga, qualcosa che fa andare in un'altra dimensione, qualcosa che creava dipendenza. Non volevo che si fermasse, era rilassante. Stavo riaquistando il controllo di me stessa, cosa che nessuno riusciva a fare, tanto meno io. "Un paio di giorni dopo, Odino mi vide tenere in mano l'energia vitale di quegli esseri e tramutarmi una creatura con caratteri somatici simili ai solo, proprio come loro. Fu allora che egli mi rivelò tutto, fu allora che mi cascarono tutti i Nove Regni addosso." Il mio respiro si faceva più affannoso, misi una mano su una delle sue, lo sentii irrigidirsi al mio tocco, stessa reazione di quando lui mi abbracciò a sé. "Ma dovevo lottare, non dovevo dare questa soddisfazione alla gente che pregava il mio male." Loki avvicinò il suo viso di più al mio, riducendo di molto le distanze.
 "Voglio urlare, voglio urlare, voglio solo urlare!" E fu così, urlai, liberandomi dalle sue mani, pressando il mio volto sulla sua spalla, macchiando anche quella di lacrime nere come la pece. "Non capisco più nulla! Chi sono io?" Dissi debolmente tra singhiozzi strozzati. Loki poggiò una mano sulla mia nuca e accarezzò dolcemente i miei capelli.
 "So come ci si sente, so la che la rabbia che ti scorre nelle vene è così forte che pensi di prendere fuoco da un momento all'altro. Perciò urla, Artemis, se questo ti serve a qualcosa. Urla." Era tutto così dolce e tranquillo. Ma dentro di me c'era una tempesta e le parole di Loki erano vere, così vere che rabbrividivo a sol pensare l'empatia che aveva per me in quel momento.
Respirai profondamente e ricominciai a piangere. Loki mi strinse e mi cullava dolcemente.
 "Fa male." Sussurrai debolmente, soffiando le parole sul collo di Loki. Poggiai il capo sulla sua spalla, chiusi gli occhi sprofondai nel sonno.
 
 
                                                                                             
                                                                                                             * * *
 
 
 
La coccolava, la cullava, la rassicurava, cose che non erano nel suo solito fare. 
 "Fa male." Soffiò lei debolmente sul collo del dio, provocandogli dei brividi alla schiena. Artemis posò la testa sulla spalla di Loki, rimanendo in quella posizione per minuti. Il dio si stupì quando vide che le sue ali non rientravano dento di lei e nemmeno i canini ritornavano normali. Utilizzò il suo udito per capire dai battiti del cuore se stesse dormendo, e ne ebbe la conferma. Loki mise un braccio sulla schiena della ragazza e l'altro sotto le ginocchia stando attento a non svegliarla. Si alzò in piedi, la sollevò, facendo sempre molta attenzione la distese sul letto. Loki disfò le coperte e la coprì fino alle spalle. Rimase a fissarla per minuti, leggendole la mente.
Il dio si allontanò e si sedette sulla poltrona ai piedi del letto, prese il libro "Tutto su Asgard" e si mise a leggere, approfondendo le sue conoscenze riguardo gli Alai Obscuri. Loki desiderò di non aver mai letto quelle pagine. Chiuse il libro e osservò Artemis dormire, godendosi quegli attimi di tranquillità, poiché non appena si sarebbe svegliata, tutto sarebbe riniziato nel peggiore dei modi, fino alla tragica fine. Ma Loki doveva impedirlo. Loki doveva aiutarla.
Non avrebbe perso nuovamente una persona a cui teneva.
 
 
 
 
 
 
 
Buona sera!!
E' tardino e sto morendo di sonno T.T
 
Vi è piaciuto questo capitolo? Cosa vi ha colpito? Vi piace la svolta che sta prendendo questa storia?
Scrivete tutto in una recensione! 
 
Grazie mille a tutti quelli che seguono questa storia, siete fantastici.
 
Ora scappo, fatemi sapere che ne pensate!!
 
 
Buona notte e buona domenica (?)
 
 
Alla prossima :)





Buona sera!!
E' tardino e sto morendo di sonno T.T

Vi è piaciuto questo capitolo? Cosa vi ha colpito? Vi piace la svolta che sta prendendo questa storia?
Scrivete tutto in una recensione! 

Grazie mille a tutti quelli che seguono questa storia, siete fantastici.

Ora scappo, fatemi sapere che ne pensate!!


Buona notte e buona domenica (?)


Alla prossima :)

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Capitolo 9
*** 9. Un tuffo nei ricordi. ***


Avviso: questo è un capitolo di passaggio dedicato alla coppia StevexArtemis. Se non volete leggere, passate al capitolo dieci. :)
Two bodies, one soul.

 
Dedico questo capitolo ad Eleonora
che shippa StevexArtemis più di chiunque altro.


 
“Viviamo di speranze, per poi morire di mancanze.”

cit. Francesca Berardi






* * *


 
"Dobbiamo fare qualcosa!" Urlò Steve Rogers, sbattendo nuovamente un pugno sul tavolo. Era furioso e se la prendeva con Fury, perché alla fine era lui che non voleva soccorrere Artemis. Thor, Iron Man e la Vedova Nera appoggiavano  Steve, ma Fury imponeva il contrario, non voleva far correre questo rischio alla sua squadra d'azione proprio quando a giorni l'esercito di Loki avrebbe invaso New York.
"Nick,  pensaci, è una di noi." Tony Stark si avvicinò a Steve, rivolgendosi a Fury con occhi penetranti e seri.
"Se la caverà, è abbastanza forte: sopravviverà." Fury spostò gli occhi da Tony a Steve. 
"Mio fratello la ucciderà se noi combatteremo contro il suo esercito. È questo il suo scopo." Disse Thor.
"Grazie per la cronaca!" Esclamò nervoso il Capitano a Thor, quest'ultimo lo ignorò, sapeva come fosse nervoso e lo lasciò perdere. Steve si voltò nuovamente verso Fury.
"Per l'ultima volta." Cercò invano di mantenere la calma. "Dobbiamo andare nel rifugio di Loki e dei suoi soggiogati a soccorrere l'Agente Artemis." Silenzio. Nessuno osò fiatare. A Steve parve che Fury ci stesse un po' pensando.
"Ho già parlato, ho già dato i miei ordini. E' troppo rischioso. L'Agente se la caverà." E detto questo, Fury si voltò e uscì da quella stanza dell'Helicarrier. Steve si voltò verso Thor e Tony, li fissò con un volto stremato, disperato e arrabbiato. Nessuno avrebbe voluto provare tutte quelle emozioni insieme.
"Rogers.." Sussurrò serio e dispiaciuto Tony, ma prima che potesse continuare, Steve lo interruppe alzando una mano in aria.
"No." Disse, scuotendo la testa "Ho bisogno di stare solo." Annunciò duro come il ferro, per poi serrare la mascella. Steve uscì da quella stanza e camminò verso la sua. Fece sbattere la porta in ferro e si sedette sul lettino attaccato al muro. Poggiò la testa fra le sue mani e si distese a pancia in su. Quella notte non aveva dormito, non aveva fatto altro che sognare Artemis scappare, urlare e gridare impaurita, per poi cadere morta in una pozza di sangue. Steve scosse nuovamente la testa, cercando si scacciare via quel pensiero e si alzò dal letto, versandosi dell'acqua in un bicchiere. Dopo che finì di bere, si sdraiò sul lettino e con un braccio dietro il capo e una gamba accavallata sull'altra pensò: "Deve pur esserci un modo per salvarla da quel pazzo; deve esserci." E mentre si spremeva nel trovare un piano d'azione adatto, pensava a lei.
Artemis.
Quel nome lo faceva stare bene. Lui e lei stavano assieme da pochi giorni, ma si conoscevano da un mese, almeno quasi. 




Aprì lentamente gli occhi e percorrendo pian piano il tetto di quella stanza, si mise a sedere. Steve sentiva un ronzio, che poi riuscì a capire che si trattava di una radio che mandava in onda una partita di football. Quella stanza era soleggiata, oppure erano i colori come il bianco e l'azzurro che la rendevano così luninosa; eppure, c'era qualcosa che non quadrava in quel posto. Steve era inquieto. Si sentiva come se avesse battuto forte la testa e avesse perso la memoria, però, ricordava tutto; e man a mano che i suoi occhi percorrevano con più attenzione la stanza dove si trovava ricordava e riaquistava la capacità di ragionare e pensare. Mentre fissava la radio assorto dai suoi pensieri, ricordò che era al volante di un elicottero, satava parlando con Peggy, si erano dati un appuntamento e poi un botto e tutto buio.
Il ruomore di una porta che si apriva fece saettare gli occhi di Steve su una ragazza che era appena entrata in stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Era una giovane ragazza dai capelli castani e ondulati, aveva una camicia e una cravatta marrone, la quale riprendeva il colore della gonna alta fino alla vita, scarpe nere con un tacchetto così piccolo da dargli 1 cm in più di altezza. Vide la ragazza sorridergli e le guance colorate di un leggero rosso, forse si era accorta che Steve l'aveva osservata per bene.
"Buongiorno." Aveva una voce soave e dolce. "O dovrei dire buon pomeriggio." Fissò l'orologio che aveva al polso e poi ritornò sorridente a guardare Steve, che si sentiva fuori posto, come se fosse chiuso in una gabbia piena di bugie e menzogne.
"Dove mi trovo?" Domandò secco, senza distogliere lo sguando da quella ragazza.
"E' in una stanza di un'ospedale di New York." Disse quella con quel sorriso ancora stampato nel volto, che a Steve pareva sempre più falso di prima. Poi ricordò, nella radio andava in onda una partita di football dov'era stato già,
quale radio avrebbe trasmesso in onda una partita vecchia di quattro mesi se non di più? Steve guardò nuovamente la radio e poi tornò a guardare la ragazza.
"Dove sono davvero?" Domandò ancor più secco di prima. Vide la ragazza irrigidirsi e sospirare, ma quel dannato falso sorriso non se ne andava.
"Temo di non afferrare." Si lasciò uscire una risata soffiata tra le labbra, come se tutto stesse andando bene. Forse era solo l'intuito o aveva questa sensazione, ma Steve era sicuro che quella ragazza gli stesse mentendo.
"La partita è del maggio del '41, lo so perché io ero là." Ed ecco che quel sorriso sparì dalle labbra della giovane, Steve ne ebbe la conferma: quella ragazza gli stava mentendo; si alzò dal lettino e si avvicinò a lei. Era alta per essere una giovane munita da belle forme.
"Ora glielo chiedo di nuovo." Tuonò freddo. "Dove mi trovo?" Chiese Steve nuovamente alla ragazza, acido, duro e più freddo di prima. Egli lesse negli occhi della ragazza inquietudine e paura.
"Capitano Rogers-"
"Chi è lei?" La interruppe subito con un tono autoritario e inutile dire ancor più freddo di prima. Dalla porta entrarono un paio di uomoni vestiti di nero, Steve si irrigidì, ma afferrò i due come se fossero due cappotti e li scaraventò contro la parete dietro di lui. Essa si frantumò e rilevò un'enorme stanza dalle pareti in metallo. Steve scavalcò il muro frantumato e si mise a correre.
"Capitano Rogers, aspetti!" Urlò quella ragazza, ma Steve si mise a correre a più non posso verso una meta che non aveva ancora stabilito.
Steve spalancò due porte e si ritrovò in un'altra stanza piena di finestre, così osò definire lui. Sentiva nell'aria una voce che non udì solo lui, ma anche tutte quelle strane persone vestite di nero: "Codice 13, a tutti gli agenti! Codice 13!" Era la voce di quella ragazza. Steve si mise a correre e uscì fuori da quello che doveva essere un palazzo insolito, ma fu ancora più insolito la strada su cui si trovò. Enormi palazzi colorati, con immagini che cambiavano come se fossero delle televisoni a colori, auto più grandi e colorate, gente che camminava sui marciapiedi vestiti con abiti che non appartenevano di sicuro all'epoca di Steve. Correva e correva, ma poi decise di fermarsi, perché non ci stava capendo più niente. In un attimo, dei velicoli neri lo accerchiarono e una voce lo chiamò.
"Riposo soldato!" Era un uomo di colore, vestito di nero e una specie di benda gli copriva l'occhio. L'uomo si avvicinò a lui, che era così confuso da sentire un forte mal di testa.
"Senti, mi dispiace per quella messa in scena di poco fa, ma, pensavamo fosse meglio arrivarci con cautela."
"Arrivare dove?" Chiese subito Steve. Un momendo di silenzio fra i due e l'uomo di colore rispose.
"Hai dormito Capitano. Per quasi senttant'anni."Allora Steve capì che tutto quello che aveva attorno non era altro che il progresso che il mondo aveva fatto mentre lui aveva dormito per tutto quel tempo.
Ma com'era possibile? Mentre si guardava attorno e cercava di vedere con gli occhi la realtà quell'uomo parlò.
"Sei sicuro di stare bene?" Steve si voltò verso di lui, stava per rispondergli, ma vide una ragazza affiancare l'uomo di colore. 
"Fury, mi dispiace, ho fallito." Disse lei mentre spostava gli occhi su Steve; era la ragazza di prima. Solo che aveva sostituito l'abbigliamento con una specie di tuta aderente nera che risaltava molto di pù le sue sontuose forme.
"Tranquilla, credo vada tutto bene." Disse Fury guardando Steve. Lui annuì ancora confuso, ma sempre meglio di prima ci stava di sicuro.
"Okay, allora io ritorno alla centrale." Annunciò la ragazza con un sorriso e si allontanò ed entrò in uno di quei velicoli neri.





Fury lo portò in una stanza dopo un'ora piena a parlare e gli disse di sedersi sul lettino perché sarebbero arrivati dei dottori professionisti a controllare se avesse qualche trauma celebrare o qualche altro problema al cervello.
"Hai qualche altra domanda, Capitano?" Chiese Furi piazzandosi davanti a Steve che era seduto sul lettino bianco a fissare gli apparecchi attorno a lui.
"Sono apparecchi medici questi?" Domandò indicandoli con il dito.
"Si, ma non saprò dirti molto riguardo questi. I dottori saranno più completi di me." Fury curvò leggermente le grosse labbra (di certo non poteva chiamarsi sorriso quello suo), si incamminò verso la porta, premette l'indice nell'apparecchio nero che aveva nell'orecchio.
"Agente Artemis, mi ricevi?" Steve ebbe un sussulto. A Fury aveva domandato di tutto e di più e mentre che c'era, avrebbe potuto chiedere di più su quella curiosa ragazza; curiosa perché non era come le altre, o almeno, erano tutte così le donne del nuovo secolo? Si chiedeva curioso Steve.
"Ok, allora puoi raggiungermi nella stanza n°35 del quinto piano?" Ma quanti piani aveva questa centrale? Si chiese ancora Steve; scosse la testa. Con tutte quelle domande che si poneva, il mal di testa era difficile da ignorare. Fury si mise a passeggiare su e giù per la stanza, fu Steve ad interromperlo.
"Fury." Quello scattò la testa verso di lui. "Ma tutte le donne di questo mondo nuovo sono come Agente Artemis?" Fury lo guardò per un secondo e poi rispose, ricordando di essere stato proprio lui ad avere informato Steve del nome della ragazza.
"Non tutte. Ognuna si distingue per quello che è."
Devono aver acquisito molto potere le donne del ventunesimo secolo.
Fury si portò l'indice destro all'orecchio. "Si, è la n°35." Dopo una trentina di secondi fece capolino dalla porta l'Agente Artemis. Steve la osservò da capo a piedi. Aveva la stessa tuta di prima, se prima aveva i capelli ondulati nello stile che si utilizzava ai tempi della seconda guerra mondiale, in quel momento li aveva sciolti, ondulati, non più lunghi fino a metà seno.
"Fury, Capitano Rogers." Salutò lei, con la stessa voce che Steve ricordava, ma ancor più scura e contratta di prima.
"Agente, ho affidato a te la missione di accogliere il Capitano Steve Rogers non appena si sarebbe svegliato e, se i piani fossero andati come avevamo programmato, tu ti saresti presa il compito di farlo adattare a questi tempi..."
"Sì, Signore." Disse. Fury fissò il suo orologio che emise un beep-beep e tornò a guardare Artemis. 
"Allora questo è il tuo dovere, Artemis." Fury si allontanò da lei e prima di solcare la porta si rivolse a Steve. "Capitano, da ora in poi si trova in ottime mani." Si voltò, ma Artemis lo chiamò fermandolo.
"Quanti giorni?"
"Due settimane."
Fury rispose all'espressione sbigottita e contrariata della ragazza:
"Due settimane, ho parlato e così sarà." Questa volta si voltò e se ne andò via del tutto.
Steve capì tramite quella discussione che Artemis avrebbe avuto il compito di farlo adeguare alla nuova era dei computer e della tecnologia avanzata; vide la ragazza sospirare amara e voltarsi verso di lui, si irrigidì quando si accorse che Steve la stava guardando negli occhi, lei abassò lo sguardo cercando di non farsi notare e socchiuse la bocca per parlare.
"Prima di iniziare il nostro percorso" alzò lo sguardo incontrando quello di Steve. "Io sono Agente Artemis, ma se preferisce, mi può semplicemente chiamare Artemis.."
"Prima di iniziare il nostro percorso" la imitò Steve, la vide  aggrottare la fronte, confusa "vorrei farti i complimenti per la tua scenetta, sei un'ottima attrice." Lei arrossì di colpo, e Steve la trovò dolce. "Se preferisci, puoi darmi del tu."  Sorrise alla ragazza e quella diventò ancor più colorita in viso, ma ricambiò il sorriso.
"Okay, allora ti darò del tu." Si schiarì la voce e tornò a parlare. "Tra un paio di minuti arriveranno tre dottori a controllarti, vogliamo accertarci che tu abbia nulla di storto. Tu ti senti qualcosa, hai qualche malessere?" Era molto veloce a parlare, era difficile tenerle il passo. 
"
Hem, un pò di mal di testa." Abbozzò subito.
"Oh ok, vedranno loro cosa darti. Comunque, quando finiranno di visitarti raggiungimi alla stanza n°10 dell'undicesimo piano. Te lo ricorderai?"
"Si, me lo ricorderò." Subito dopo che Steve rispose dalla porta entrarono tre uomini alti, in camice bianco.
"Artemis" Disse quello al centro. 
"Flynn." Sorrise la ragazza salutandolo, prima di andarsene però, si voltò verso Steve. "Capitano, non te lo dimenticare. Stanza n°10, undicesimo piano." Steve annuì e vide la ragazza sorridergli prima di solcare la porta.


(Il giorno successivo)

Artemis entrò nella stanza di Steve, aveva bussato per un minuto, ma nessuno rispose. L'Agente si voltò verso la porta per chiuderla e non appena si voltò verso la stanza trovò Steve Rogers davanti a lei.
"Eccotti, ho buss..." Artemis sgranò gli occhi appena si accorse che Steve aveva i capelli bagnati, e sarebbe stato nudo se non avesse avuto un'asciugamano alla vita che gli copriva il necessario. Artemis si voltò verso la porta portandosi una mano agli occhi con le guance che scoppiavano per l'imbarazzo. Steve abbassò lo sguardo e poi ritornò al corpo di Artemis che gli dava le spalle.
"Scusami, sono rimasto tutta la notte in palestra e mi sono fatto una doccia." 
"Sei in ritardo." Rispose secca, cercando di nascondere l'imbarazzo fin troppo evidente.
"Scusami, non volevo metterti in imbarazzo." Disse lui un po' mortificato e un poco di divertito.
"N-nessun imbarazzo, ora vestiti, ti aspetto davanti alla porta." Artemis allungò la mano verso la maniglia, la abbassò e uscì dalla stanza sbattendo la porta.
Steve si lasciò uscire una risata piena e breve, poi prese a vestirsi.


Artemis gli mostrò i vari posti di New York, gli spiegò tutto quello che c'era da spiegare e Steve si sentiva in un certo senso meglio. La compagnia di Artemis era piacevole e spiacevole allo stesso tempo, era molto impacciata quando Steve gli stava troppo vicino ed era troppo veloce a parlare, tanto che glielo disse: doveva parlare più lentamente, lei abbozzò un sorriso timido e riprese a parlare più lentamente. Steve si accorse che parlava veloce quando era nervosa. Quando si erano fermati in un bar a bere un caffé non era molto impacciata perché Steve la trovò tranquilla. Lui gli chiese di dirgli qualcosa di lei, ma disse poco, c'era dell'altro e lui voleva saperne, il più possibile. Quando parlava di se lei era molto ermetica.
"Dai, ci deve essere qualcos'altro.." Steve cercava di spronarla, ma lei sorrideva, si portava la tazza tra le labbra, beveva un sorso e diceva: "No sul serio, è tutto qui." Ma lei mentiva male, non sapeva dire le bugie. Eppure, con i suoi silenzi, Steve la comprendeva e la conosceva.
Quei giorni furono tranquilli, Artemis insegnava a Steve i vari ruoli dello S.H.I.E.L.D. e in che cosa consisteva il progetto Avengers. La prima settimana continuò tranquilla. Steve trovava Artemis una ragazza determinata, simpatica e concentrata sul lavoro, ma lei continuava ad essere ermetica su se stessa e molto ristretta. 
Nel giovedì della seconda settimana Artemis si precipitò nella stanza di Steve alle 8 am.
"Svegliati!" Urlò lei premendo un bottone nella parete e la serranda si aprì automaticamente. Steve era sdraiato a pancia in giù, il viso pressato sul cuscino per evitare che la luce gli arrivi agli occhi abituati a ore di buio, mugolò contariato appena Artemis poggiò le sue mani sulle coperte di Steve e gliele levò di dosso. Rimase in palata. Steve era a torso nudo quando si voltò per mettersi a pancia in su per fissarla.
"Lo sai che questa è la prima notte che dormo dopo un sono di sette decenni?" Disse lui tutto assonnacchiato, quasi quasi ad Artemis fece tenerezza quando si stropicciò gli occhi.
"Allora?" Chiese lei, cercando di guardare nei suoi occhi azzurri mezzi chiusi.
"Quale parte della tua testolina geniale ti ha dato l'idea di svegliarmi così?" Chiese Steve sarcatico e un po' irritato mentre si alzava dal letto e si infilava finalmente una maglietta.
"Oggi da Fury ho saputo una cosa interessante." Annunciò lei con un sorrisetto nelle labbra pieno di gioia e gli occhi che brillavano. Steve sorrise vedendola così felice, prima di portarsi alle labbra una bottiglia d'acqua le chiese:
"E sentiamo, cosa hai saputo da Fury?" 
"Sabato, in onore dell'anniversario dei 46 anni dello S.H.I.E.L.D. si terrà una piccola festicciola all'ultimo piano." Si morse il labbro inferiore per trattenere un gridolino di felicità.
"Allora?" Chiese Steve.
"Come allora? E' una festa! E tu ci sarai!" Artemis gli diede un colpo al braccio destro e camminò verso il letto sdraiandosi a peso morto.
"E perché ci devo essere?" Chiese lui, che non capiva veramente l'importanza della sua presenza. Artemis alzò il busto come una mummia, lentamente e con un espressione omicida nel volto.
"Rogers, sei davvero così scemo appena svegliato?" Artemis aggrottò la frote e Steve non poté trattenere una risata.
"Così mi dicono." Fece spallucce. 
"Non fare spallucce, odio quando fai spallucce!" Gli puntò un dito contro e si alzò. "Allora, Capiano. La tua presenza è richiesta perché il nostro percorso finirà domenica, quindi sarebbe una bella lezione quella di portarti ad una festa del ventunesimo secolo!" Faceva su e giù per la stanza eccitata.
"Beh, allora ci sarò." Sorrise Steve. Quella mattina Artemis era adorabile, forse perché aveva messo una maglietta gialla e questo la rendeva per chissà quale motivo adorabile.
"Bene, sulla scrivania c'è la tua colazione! Oggi facciamo quello che vuoi tu e ti prego non dirmi di andare alla Statua della Libertà perché è un no, categoricamente." Disse lentamente Artemis un po' seccata.
"Perc.."
"No domande! Io sono davanti alla porta, muovi quel sedere rotondo e basta!" Artemis uscì veloce dalla stanza e sbatté violentemente la porta. Dopo che Steve finì di vestirsi e bere quel caffé amaro come una medicina raggiunse Artemis e tra una chiacchera e un'altra decisero di fare una passeggiata per i negozi di New York, pranzare in un bel fastfood e smaltire i grassi con un pomeriggio intero in palestra. Steve non vedeva l'ora di andare in palestra, quella sarebbe stata la prima volta che avrebbe visto Artemis allenarsi. Fury e gli altri agenti dicevano che era forte, agile e brava, ma fino a quel momento non l'aveva mai vista. Nei negozi di New York, Artemis insistette per far comprare un paio di jeans e una maglietta blu a Steve, lei diceva che doveva modernizzarsi anche nei vestiti "Vesti come mio nonno" diceva lei sorridente, facendo ridere anche lui, ma poi ritornava seria pensado che lei un nonno non lo aveva mia avuto e di conseguenza ne una nonna o dei veri genitori. Passarono in un negozio di dischi e Artemis fece ascoltare a Steve i Linkin Park e gli Skillet le sue due band preferite, a Steve colpì molto Hero dei Skillet, guardacaso aveva la parola Eroe quella canzone. Alla fine, dopo un'ora contata, Artemis non riuscì a decidersi e non comprò nulla. Mangiarono in un fastfood, Artemis prese un panino con un hamburger, formaggio e patatine fritte, Steve prese lo stesso. Lei non riuscì a terminarlo, non mangiò nemmeno la metà, Steve invece lo mangiò tutto aggiungendo anche che era "Davvero gustosa questa roba", fecero un'altra lunga passeggiata passata a parlare della festa di sbato. Arrivati alla centrale dello S.H.I.E.L.D, Artemis si cambiò nella stanza di Steve e andarono nella stanza n°40-41 ad allenarsi.
"Sono emozionato, non ti ho mai vista entrare in azione. Solo darmi ordini e torturarmi."
"Incantevole, Rogers. Davvero incantevole." Artemis, mentre si legava i capelli in una coda, andò verso lo scaffale dov'erano posati numerosi guantoni da boxe, lei ne prese un paio e se li infilò.
"Che fai? Non prendi i guantoni?" Chiese lei avvicinandosi con passo sicuro verso il sacco da boxe che pensolava dal soffitto appeso da una catena.
"No, prima voglio guardarti mentre ti alleni." Disse con sincerità Steve, facendola arrossire. Lei sorrise timida, scosse la testa e con un respiro profondo sferrò il primo pugno al sacco, poi un altro, un altro e un altro ancora; fece fare al suo corpo un giro completo e sferro un calcio al sacco, un pugno e un altro, un calcio e un altro ancora. Steve la fissava sorpreso, caspita se era forte, era veloce e abile come gli dicevano. Dopo un pieno quarto d'ora, Artemis si fermò, bevve un po' d'acqua e dopo aver recuperato il fiato, socchiusela bocca per parlare: "Bene, ora tocca a te." Si levò il guantoni e li lanciò a Steve; quello li afferrò e se li mise. 
"Sei forte, i miei complimenti." Vide Artemis sedersi e asciugarsi il sudore con la manica destra. "Ma guarda e impara, bamina." Steve sorrise sarcasticamente e sferrò un pugno d'acciaio dal guantone e un altro e un altro ancora. Artemis lo fissava a bocca socchiusa e gli occhi vispi a osservare ogni sua mossa. Non lo aveva mai visto allenarsi ed era davvero una bella scena. Artemis si morse un labbro inferiore, ma cosa le stava succedendo? Okay, Steve era Captain America, il super eroe di cui il suo patrigno era cresciuto, era normale che lei avesse una piccola cotta per lui...okay, grande cotta per lui, ma erano amici, avevano un bel rapporto e con lui lei si sentiva se stessa. In mezzo a quei pensieri passò una mezz'ora piena. 
"Allora? Ti sei incantata?" Domandò Steve ridendosela tutta. Artemis diventò rossa come un pomodoro e si alzò dalla panchina, si leccò le labbra nervosa e rispose.
"Caspita, tu sei Captain America e normale che sei un po' più forte di me in questo." 
"Un po'? Solo un po'?" Disse lui sarcastico, pronto a ridere.
"Okay, molto; ma scommetto che con le spade non mi batteresti mai." Incrociò le braccia al petto con fare altezzoso.
"Beh, proviamoci." Propose lui. Lei aggrottò le sopracciglia e levandosi la giacca si voltò per andare a prendere una valigia. Steve sgranò per un attimo gli occhi: che aveva alla schiena? Erano due cicatrici profonde, lunghe e distanti fra loro più o meno 10 cm.
"Artemis." Si avvicinò a lei preoccupato. "Cosa sono quelle nella schiena?" Domandò, senza nascondere la sua preoccupazione. Lei all'inizio gli rivolse un sorriso, ma poi si irrigidì e raccolse la giacca, indossandola subito, con fare nervoso, molto nervoso ed impacciato.
"Niente." Disse subito, appoggiando la valigia al muro.
"No, quelle non sono niente." Disse subito Steve. Ci fu un attimo di silenzio tra i due. "E' arrivato il momento di raccontarmi di te."
"No, Steve, non c'è nulla da dire." Disse svelta Artemis, incamminandosi verso la porta. "Io me ne devo andare, mi sono ricordata di avere un impegno.." 
"Artemis!" La richiamò Steve, lei si bloccò e lo fissò con gli occhi che tremavano. "Non puoi sempre nasconderti, prima o poi devi dirmi la verità." Lei sospirò, abbassando lo sguardo.
Steve si avvicinava con passo lento verso di lei, appena gli arrivò davanti, con una mano appoggiata sul suo mento, le alzò lo sguardo.
"Artemis.." La chiamò a qualche centimentro distante dal suo viso. Erano troppo vicini. Steve allontanò il suo volto per controllare che quella che uscì dall'occhio di Artemis fosse davvero una lacrima, ma di colore nero. 
"Ma cos.."
"Adesso basta." Aprì la porta, ma fu bloccata dalla presa ferrea di Steve sul suo polso.
"Steve, lasciami andare." Disse senza osare a voltarsi.
"No." 
"Steve..Ti prego.." La sua voce si faceva più fragile e a Steve gli venne un tuffo al cuore.
"No." 
Artemis si voltò verso di lui, aveva delle vene rosse attorno agli occhi e se la vista di Steve non lo ingannava, Artemis non aveva più le iridi, ne pupulla, ne bianco, tutto nero.
"Lasciami stare!" Urlò facendo arretrare Steve di un paio di passi, ammutolito e sorpreso. Artemis uscì dalla palestra e Steve la vide scoparire dietro la porta.
Il giorno seguente Artemis non si fece sentire, ne si presentò. Niente. Nessuno sapeva di lei. Steve sarebbe potuto andare da Fury a chiedergli che cos'era Artemis una volta per tutte, ma lui lo voleva sapere da lei e avrebbe aspettato. Il sabato arrivò presto e la festa era prevista per le 10 pm, Steve aveva promesso ad Artemis che ci sarebbe andato, così mise i vestiti nuovi che si era comprato con lei quel giovedì e una giacca di pelle marrone, non si abbinava per niente alla canotta blu, ma guardandosi allo specchio assomigliava molto di più agli uomini di quei tempi. Steve incontrò Barton nell'ascensore, egli faceva parte del progetto Avengers, di cui Steve doveva decidere ancora se farne parte o meno. Un pensiero lo assalì, tutti gli Avengers avevano qualcosa di speciale. Artemis faceva parte del progetto Avengers, quindi quella trasformazione era quello di speciale che c'era in lei?
Sembra un demone, pensò Steve. Appena la porta dell'ascensore si aprì rilevando una stanza enorme poco illuminata, piena di bibite e bottiglie e musica a palla, scosse la testa e si concentrò su quello che aveva davanti. Molte persone che brindavano, altre sedute, altre a divertirsi ballando. Era quella una festa di quei tempi? Si aspettava di meglio, la musica era davvero penosa, preferiva di gran lunga quella canzone di nome Hero degli Skillet. 
"Allora, Capitano, ti va una birra?" Gli disse Barton con due birre in mano.
"Si, grazie." Barton gli porse una birra e Steve si portò la bottiglia in bocca, ingoiando uno, due, tre sorsi. Rimase folgorato da quello che vide a pochi metri da lui: Artemis, indossava un vestito nero corto fino a metà coscia, una giacca di pelle, scarpe basse e i capelli legati in una coda. Lei voltò il suo sguardo verso la direzione di Steve e incontrò il suo sguardo.
Steve senza dire nulla poggiò la bottiglia di birra nella mano libera di Barton, che era occupato a parlare con un impiegato e con passo deciso andò verso Artemis, la quale si irrigidì di colpo, non appena vide Steve venire verso di lei.
"Ciao" Gli sorrise lui.
"Ciao." Cercò di sorridergli, ma abbassò lo sguardo.
"Dobbiamo parlare." Dissero insieme. Scoppiarono a ridere tutti e due.
"Prima le donne."
"Galante come sempre, ma non qui."
"Ok." Dopo aver pronunciato quella sillaba nell'aria una voce elettronica fece sobbalzare tutti. "ATTENZIONE, CODICE GIALLO, RIPETO CODICE GIALLO." Tutti si irrigidirono e corsero verso le uscite di sicurezza. Artemis e Barton dovevano subito andare da Fury, il Codice Giallo interessava sempre ed esclusivamente gli Avengers.
"Barton!" Urlò lei e lui si precipitò da lei e da Steve.
"Dobbiamo andare." Disse quello serio e iniziarono a camminare.
"Steve, vieni con noi." Quella richiesta di Barton fece fermare Artemis. Rimasero tutti e tre a guardarsi mentre il salone si svuotava. 
"Ok" Disse dopo aver fatto un respiro profondo. "Artemis, tu vai, io vado con il Capitano Rogers." Artemis annuì e si precipitò verso l'ucita di sicurezza a destra.

Steve adesso era diventato nuovamente Captain America, gli era mancato quella divisa e il suo scudo indistruttibile. Con Barton scesero tutti i piani, si precipitarono fuori e trovarono Fury e un paio di agenti intenti a sparare, ma di Artemis non c'era traccia, forse non era ancora arrivata. C'erano degli uomini robusti, vestiti di nero, con delle maschere a forma di teschio nei visi, erano non più di trenta, ma avevano delle armi da fuoco molto forti. Barton iniziò a farne fuori alcuni con il suo arco e le sue frecce, mentre Captain America ci dava dentro con le sue mosse e si difendeva dalle pallottole con il suo scudo. Tutto procedeva bene, alcuni agenti erano rientrati nella centrale, era rimasto solo Fury e un paio di agenti, ma non stavano facendo un buon lavoro: mancavano sempre quegli omoni vestiti di nero. D'un tratto due di loro si mettono contro Captain America; se avesse avuto una pistola se la sarebbe cavata con più facilità. Steve si accorse che un omone se la stava prendendo con qualcun'altro. Ma Barton attaccava di lontano, Fury anche, allora doveva essere...
Mise a K.O quel bestione e si voltò, vide Artemis metterlo giù lasciando nelle gambe dell'omone due tagli, profondi abbastanza da farlo contorcere per i dolori. Artemis alzò gli occhi verso di lui e gli sorrise, era bellissima nella sua tenuta da battaglia. Doveva essere cuoio nero, una muta molto aderente e un mantello nero.
"Stai bene con la divisa." Gli disse lei con un sorriso sornione, Steve sotto la maschera gli fece un occhiolino, dopo di che entrambi rientrarono all'azione. Artemis feriva gravemente, ma non uccideva. Barton aveva finito le frecce, così ritornò nella centrale. Fury finì anche i proiettili e quando Artemis mise K.O tutti quelli che le si paravano davanti si accorse che un omone stava attaccando Fury, colpendolo a suon di pugni e calci, quello tirò fuori una pistola e stava per sparargli, era troppo distante per raggiungere quel bastardo a piedi così con una piccola spinta alla schiena delle ali color carbone uscirono dalla schiena di Artemis e volò velocemente verso quel bastardo. Prima che potesse sparare, Artemis gli saltò addosso e gli conficcò la spada nello stomaco e la ritirò, alzandosi. Artemis si voltò verso Captain America. La stava osservando e anche con la maschera era possibile vedere quanto fosse scioccato. Era tremendamente affascinante e paurosa: aveva delle ali nere, che gli fuoriuscivano sicuramente da quelle cicatrici, i canini erano più appuntiti del normale e gli occhi erano neri come l'altra sera. Captain America però diventò di colpo arrabbiato. Perché non gli voleva raccontare di lei? Perché non gli voleva dire che lei era una specie di angelo? Perché non si era confidato con lui dopo due settimane di un amicizia così vera? Quegli omoni erano messi tutti K.O, Barton uscì fuori dalla centrale assieme degli agenti che con delle macchine portarono quei bastardi dalla polizia. Captain America si avvicinò ad Artemis non appena quasi tutti entrarono dentro la centrale. Artemis ritirò le ali e il resto quando vide il Capitano avvicinarsi a lei.
"Mi vuoi spiegare il perché?!" Il suo tono di voce era alto e furente. Artemis abbassò lo sguardo. 
"No, guardami ok?! Mi sono stancato." 
"Smettila. Non ti devo spiegazioni. E' la mia vita privata e tu non sei nessuno." Artemis si allontanò da lui, le ali sbucarono nuovamente dalla sua schiena e prese il volo, verso in alto e iniziò a volare, verso una meta che nemmeno lei sapeva. Captain America rimase ancora lì, spiazzato da quelle parole. Per lei, lui non era niente. Ma perché ci era rimasto così male? No, Captain America non doveva permettersi di provare dei sentimenti forti per una ragazza, ancora una volta. Non doveva o ci sarebbe rimasto male. Infatti, era quello che gli era successo.



Passò una settimana e successero numerose cose. Quegli omoni di quella sera non erano altri stupidi che cercavano di rubare il Tesseract, quest'ultimo fu rubato da Loki, un dio asgardiano proveniente da un'antica mitologia. Steve aveva trovato un appartamento e aveva accettato di far parte delgi Avengers, ma avrebbe cercato di stare alla larga da Artemis. A proposito di lei: il giorno successivo di quella sera partì per l'Irlanda, voleva stare per un po' con i suoi genitori adottivi, ma, Phil Coulson con una chiamata spiegò tutta l'Apocalisse che successe e Artemis si precipitò subito a New York nella seconda centrale ufficiale dello S.H.I.E.L.D, visto che la prima, era del tutto esplosa. Fortunatamente le centrali dello S.H.I.E.L.D erano cinque solo a New York e si trattava di edifici spaziosi ed enormi ad alta protezione. Lo stesso pomeriggio che Artemis arrivò, Fury la convocò e assegnò a lei il compito di dire tutto a Steve Rogers. In Irlanda lei aveva riflettuto: avrebbe parlato con Steve e avrebbe risolto, quello sarebbe stato un ottimo momento. Così Artemis si incamminò e tramite degli apparecchi elettronici captarono il Capitano Steve Rogers, si trovava in una palestra poco frequentata ai confini di New York.
Artemis entrò dentro l'edificio, salutò il propietario (che apparì agli occhi di lei scorbutico e antipatico) e si incamminò verso il primo piano. Sospirò e facendosi coraggio abbassò la maniglia ed entrò velocemente nella stanza. Era davvero grande, c'era solo un ring e un sacco da boxe dove si stava allenando Steve, appena entrò vide lui dare un pugno così forte da fare cadere il sacco qualche metro distante da lui. Artemis deglutì rumorosamente e si avvicinò a lui. 
"Cosa vuoi." Non lo aveva mai sentito così freddo e duro. Artemis sentì nel suo cuore formarsi una crepa.
"Sono qui per missione del progetto Avengers, quindi non mi aggredire. Sono solo qui per lavoro." E così gli fece credere, gli parlò di tutto quello che c'era da dire e quando finì il momento di parlare di loro arrivò.
"Okay, ora potresti andartene? Devo allenarmi."
"Steve." Disse lei secca e seria. Posò la cartella con tutti i dati sulla panchina e si avvicnò a lui. "Dobbiamo parlare." Sentì  Steve ridere acido e nervoso, si levò i guantoni e le fasce e quando finì si portò le braccia incrociate al petto.
"Beh, vediamo che hai da dire; anche se io non valevo nulla per te." Steve ne era rimasto ferito e doveva ammetterlo, e dopo una settimana passata da solo aveva capito quanto le mancasse, ma quanto in un certo senso ce l'avesse con lei.
"Ti chiedo scusa. Non pensavo veramente quelle cose."
"Bene, non mi bastano." Artemis aggrottò la fronte.
"Senti, io non mi abbasso molte volte a chiedere scusa a qualcuno e quando succede è davvero raro, quindi ti prego di fartelo bastare." Disse lei dura e sintetica. Steve repirò profondamente prima di replicare.
"Allora? Cosa vuoi che faccia? Che ti abbracci e ti dica ?" Artemis sentì le lacrime agli occhi, ma non doveva piangere un'altra volta davanti a lui.
"No. Volevo solo che sentissi che mi dispiaceva e che avessi sentito le mie scuse." Artemis si voltò e fece per andarsene. Steve la fissava mentre si incamminava verso la porta: Steve, ma che stai facendo? Si disse. Artemis si fermò di colpo come se qualcosa dentro le disse di farlo.
"No,ok, ora tu mi stai ad ascoltare." Disse lei leggermente arrabbiata, ma molto determinata. Si voltò verso Steve e a voce alta iniziò a parlare.
"Vuoi sapere perché non volevo dirti cos'ero?" Steve non disse niente, rimse fermo con quell'espressione di ghiaccio a fissarla. "Credevo che tu fossi diverso, perché con te mi sentivo me stessa, non mi ero sentita così bene con qualcuno dalla morte di Diana, una mia amica." Si avvicinava piano piano a lui gesticolando con le mani, senza fermare le poche lacrime nere che le colavano dagli occhi. "Con te sto bene, Steve. E tu non sai quanto io odi me stessa per essere quella che sono, perché sono un demone in quel modo e volevo che tu vedessi in me solo la mia parte migliore. Mi sono illusa di piacerti, ma tu ora mi odi e mi dispiace davvero tanto." Steve perse un battito. Quelle parole passavano dalle sue orecchie dritte dritte al cuore.
"Ma tu mi piaci Artemis, mi sono solamente arrabbiato perché non volevi dirmi di te e poi vengo a scoprire così che sei una specie di angelo della morte!" Urlò lui gesticolando con le mani. Entrambi si guardavano negli occhi e Steve se ne fregava delle sue lacrime nere, guardava quei occhi color ambra che aveva sognato quelle due notti che era riuscito a dormire.
"Sei davvero uno stronzo lo sai?!" Urlò lei asciugandosi le lacrime con le mani. Steve si puntò un dito contro. "Si, tu, sei uno stronzo! Mi fai stare male per una settimana e il problema è solo questo? Ma sai che ti dico? Vattene allegramente a fanculo!" Artemis si voltò e a passi da gigante fece per andarsene. Steve sorrise, ruppe quell'espressione di ghiaccio e corse a recuperarla per strada. Stava piovendo e si era messa la borsa in testa per evitare che l'acqua le bagnasse i capelli. 
"Artemis!" Urlò Steve. La ragazza si bloccò di colpo e si voltò verso di lui più arrabbiata di prima.
"Ma non hai capito? Non mi parlare, non mi cercare!"
"Zitta!" Urlò lui con un sorriso a 32 denti, mentre l'acqua lo bagnava più di quanto aveva fatto il sudore. 
"Ma mi vuoi dire di che ti ridi?!" 
"Non funziona con me. Non me ne vado via."
"E sentiamo, Capitano, perché?" Artemis era stanca, sarebbe mancato poco che veramente se ne sarebbe andata e non sarebbe più ritornata indietro.
"Perché io non me ne vado dalle persone a cui tengo." Artemis rimase a bocca aperta a quella dichiarazione.
"Tu cosa?!" Urlò gettando la borsa a terra, isterica. Steve sorrise ancora, era il momento di parlarle, sì. Doveva farlo.
"Io tengo a te, Artemis. Ho bisogno di te, mi fai stare bene, al momento sei ..tutto quello che io ho." Steve vide Artemis paralizzata, ferma dov'era a fissarlo a bocca aperta, mentre la pioggia le bagnava i capelli.
"C-cosa hai detto?" Chiese quella debolmente; Steve si avvicinò pian piano a lei, che arretrò non appena vide che Steve si stava avvicinando.
"No, stai lontano da me." Alzò le mani verso la sua direzione, in segno di starle lontana.
"Ma mi vuoi dire perché respingi sempre le persone?" Chiese lui a un metro da lei, un po' stanco di quei suoi comportamenti. Artemis rimasea guardarlo e la vide deglutire.
"Non lo so, è la cosa che mi viene meglio." Abbassò lo sguardo verso la strada. Steve ne approfittò per avvicinarsi a lei.
"Bene, te lo dico e te lo ripeto: con me non funzionerà." Artemis sobbalzò sciogliendo le sue braccia quando sentì la voce di Steve così vicina; cercò di fare qualche passo indietro, ma Steve afferrò saldamente le sue spalle e non le lasciò fare nemmeno un movimento.
"Guardami negli occhi." Gli ordinò.
"N-no." Scosse la testa più volte, velocemente.
"Artemis, guardami negli occhi." Steve si fece più severo nel tono di voce. Artemis sospirà e lo guardò nei suoi occhi blu come degli oceani.
"Sono un mostro, Steve." Una lacrima d'inchiostro rigò il viso di ghiaccio di Artemis. Steve scosse la testa.
"No, tu non sei un mostro, i mostri non sono capaci di provare qualcosa per qualcuno." Steve sorrise quando vide l'espressione buffa di Artemis: sgranò gli occhi e indietreggiò di poco.
"Cosa? E con questo che, scusa? No, ma che..." Prima che continuasse a blaterare, Steve poggiò le sue mani sulle sue guance e lei smise di parlare; avvicinò il suo viso a quello della ragazza e solo in quel momento riuscì a capire quanta voglia avesse di baciarla.
Artemis non face niente, solo quando Steve chiuse gli occhi avvcinandosi a lei capì le sue intenzioni e lo lasciò fare, dopotutto era quello che aspettava da giorni. Le loro labbra si sfiorarono, si toccarono e si allontanarono nuovamente, e finalmente Steve pressò le sue labbra su quelle di Artemis; sentì dei brividi in tutto il corpo e le sue mani scesero per il corpo di Artemis fino a fermarsi nei suoi fianchi e spingerla verso di lui. Lei portò le sue braccia dietro il suo collo, ricambiando i movimenti dolci e leggeri. Era tutto perfetto, infatti, proprio in quell'istante, Artemis mise il piede in una strana posizione e posando il peso su di esso perse l'equilibrio, d'istinto si staccò dalle labbra di Steve e cadde, assieme a lui. Steve rideva divertito mentre in corpo di Artemis disteso sopra quello suo.
"S-scusa, è che...che significa?" Blaterò un po', ma poi curiosa e ansiosa chiese a Steve il motivo di quel bacio.
"Mi piaci, Artemis." Steve provò tenerezza per lei quando la vide arrossire. Artemis lo guardò un attimo negli occhi intensamente e poggiò le sue labbra su quelle sue. Steve con una mano stringeva un suo fianco e con l'altra la sua coscia, mentre lei aveva i gomiti poggiati per terra per reggersi. Artemis sentì la lingua di Steve picchiettare sulle sue labbra e lasciò libero accesso nella sua bocca,le loro lingue si scontrarono iniziando un bacio più passionale. Le loro emozioni stavano scoppiando. Stesero lì a baciarsi a lungo fino a quando finì di piovere, infatti fu proprio quel particolare che li interruppe.
"Credo che, dovremmo alzarci." Disse lei ancora timida.
"Si, decisamente." Artemis poggiò le sue mani sul petto muscoloso di Steve e si alzò da terra, aspettò che lui si alzasse, lei raccolse la sua borsa da terra; quando alzò lo sguardo vide che lui la stava fissando sorridendo.
"Steve," Quello scattò mettendosi sull'attenti. "Anche tu mi piaci." Disse timida, mentre nascondeva un piccolo sorriso. Steve aggrottò le sopracciglia e indicò con il pollice il punto dove erano caduti e si erano baciati.
"Non l'avevo intuito, grazie per avermelo detto, comunque." Sorrise a 32 denti quando vide il volto di Artemis farsi rosso come un peperone.
"Sempre il solito
so-tutto-io." Sbuffò, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "Ah, per essere un vecchietto, baci bene." Artemis alzò lo sguarso per vedere la sua reazione. Steve la afferrò per i fianchi e la attirò a se. 
"Sentila un po'!" Esclamò divertito, la guardò negli occhi ambrati intensamente, si abbassò giusto un po' per raggiungere il suo viso e poggiò nuovamente le sue labbra sulle sue.
Era come una dipendenza: amava baciarla.




"Capitano Rogers?" Steve sobbalzò, risvegliandosi da quel mare (oceano) di ricordi. Tony Stark era davanti alla porta ed entrò non appena si accorse che Steve era sveglio. 
"Cosa c'è?" Chiese un po' stordito, ma scquotendo un po' la testa si concetrò sul suo compagno di squadra.
"Ho un piano. Sappiamo come liberare la tua Giulietta."





Buonasera. <3


come vedete questo capitolo è tutto dedicato a Steve e Artemis, tutta alla loro storia.
Che ne pensate di questa coppia (avversaria della LokixArt)?
Ho voluto scrivere questo capitolo per farvi conoscere un po' di più questa coppia, conoscendo il loro passato, magari.. beh ....v.v
Lasciate una recensione e guardate questo video dedicato a loro che mi ha fatto quell'angelo di Eleonora:  http://https://www.youtube.com/watch?v=lEx6puIeA2Q


Vi prego di farmi sapre che ne pensate, questo è il capitolo più lungo che io abbia mai scritto fin ora :')


vi amo so much <3

alla prossima ;)

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Capitolo 10
*** 10. Il sale nelle ferite. ***


Two bodies, one soul.



"Sbalordito il diavolo rimase, quando capì quanto osceno fosse il bene."

                     cit. John Milton



* * *




* * *


 
Ero sveglia, ma cercavo di non aprire gli occhi.
Avrei potuto dire a me stessa: "Artemis, va tutto bene: hai scoperto finalmente chi sei davvero, quindi alzati e trova un modo per uscire da qui", ma non ci riuscivo. Era come se ogni volta che provassi a respirare, dell'acqua entrasse nei polmoni al posto dell'ossigeno. Ogni volta che provavo a parlare, o a urlare, liberavo la mia gola da un nodo insopportabile, come se avessi tanti vetri infilzati alla gola e urlando li sputassi via, per quanto male poteva fare. I miei occhi sotto le palpebre tremarono un po' quando mi ricordai che ero sdraiata sul letto di Loki e per chissà quanto tempo avevo dormito.
Stavo pure perdendo il senso del tempo. Perfetto. 
Loki.
Ricordai il suo abbraccio, le sue carezze e parole rassicuranti mentre mi cullava. Un senso di vuoto mi invase il corpo. Loki, il dio degli inganni, il nemico, era davvero stato così buono con me? Impossibile. Me lo ero sicuramente sognato. Purtroppo mi ricredetti quando ricordai le sue parole, marcate dal suo tono di voce soave e graffiato.
 

 "[..]Ma dovevo lottare, non dovevo dare questa soddisfazione di cadere alla gente che pregava il mio male. [..]
"So come ci si 
sente, so che la rabbia che ti scorre nelle vene è così forte che pensi di prendere a fuoco da un momento all'altro. Perciò urla, Artemis, urla se questo serve a liberarti."


Quando gli occhi mi iniziarono a bruciare li aprii senza pensarci troppo, portando una mano alla fronte per ripararmi dalla forte luce delle lampade a neon. Respirai profondamente, poggiai il peso sui palmi e mi sedetti. Tutte le ossa mi dolevano, come se fossi stata investita da un treno. 
Rimasi sorpresa, e anche un po' delusa, quando percorrendo con gli occhi tutta la stanza mi accorsi che di Loki non c'era traccia.
Ero sola.
Solo in quel momento mi accorsi che sentivo qualcosa sopra il labbro superiore, e, preoccupata, ci portai un dit: avevo del sangue asciutto. Corrugai la fronte, nelle spalle sentivo un dolce peso familiare. Le mie ali! Passai la lingua sui canini e con stupore mi accorsi che erano appuntiti.
Pausa. Fermi tutti.
Io non volevo trasformarmi.
"C-che diamine...?" Sussurrai tra me e me.
Cercai di applicare la stessa forza di sempre per ritirare le ali dentro la pelle, ma esse rimanevano dov'erano. Sgranai gli occhi e il battito cardiaco aumentò a dismisura, mi alzai barcollante dal letto e cercai in tutti i modi di ritirare le ali. Portai le mani alla testa e inspirai più forte, ma niente: le ali rimanevano sempre lì, come i canini e credo anche gli occhi color pece.
Riprovai ancora e ancora, ma l'ansia e la voglia di urlare mi assalirono così famelicamente che mi veniva difficile concentrarmi. Stremata dalla preoccupazione - e dalla confusione - mi abbandonai sulle ginocchia, mi raggomitolai con la fronte sul freddo pavimento e iniziai a singhiozzare. La situazione si fece più straziante quando quei singhiozzi si tramutarono in urla di dolore.
Tutto quel rancore e tutta quella confusione mi ricordarono la mia prima trasformazione. 
Era come se la vita si stesse divertendo a farsi beffe di me... 
E se Lei era così spregevole, perchè dovevo continuare a respirare?



                                                                   ° ° °



Una delle poche cose che il dio degli inganni amava era la brezza marina, così leggera, così delicata, sfiorava la sua pallida pelle fino a farlo rilassare del tutto. Loki sospirò e aprì gli occhi. Si poteva definire un balconcino quello dove si trovava, ci si arrivava tramite delle scale in metallo e il panorama era strano, ma piacevole, certo, non aveva niente a che fare con Asgard.
Midgard non era mai piaciuta a Loki, forse per gli umani che la abitavano o forse per l'inquinamento che man a mano toglieva tutto il fascino al pianeta, ma egli voleva governarla, modificandola a suo piacimento, magari migliorandola. E finalmente avrebbe avuto il trono che tanto aveva bramato.  
Loki strinse i pugni e fissò in uno sguardo d'acciaio quello che aveva davanti: strani palazzi, strane luci, tutto strano, ma anche affascinante e particolare.
Era teso, dopo aver letto quella sezione del libro Tutto su Asgard era stato assalito da una sensazione di preoccupazione. Era da tempo che non lo faceva: preoccuparsi per qualcuno. E per chi? Per Artemide. Loki non sapeva spiegarsi il motivo di tutto quell'interesse e di tutta quella preoccupazione, ma, in qualche modo, fin dalla prima volta che l'aveva vista, gli aveva sempre ricordato lui.
Sì, era così. Ed era strano, dato che lui e lei erano completamente diversi. Ma... c'era qualcosa, qualcosa che nemmeno un diabolico genio come il dio degli inganni era riuscito a cogliere.
Si sentiva anche un po' stupido. Come aveva fatto a non capire chi era lei? Aveva avuto una storia abbastanza complicata con una di loro e non lo aveva capito. Come se un blocco lo avesse ostacolato per tutto questo tempo; m anche se lo avesse capito, avrebbe utlizzato quell'informazione per provocarla e per vederla sprofondare giù?
Se prima ferire Artemis, o provocarla, lo soddisfava, da quando l'aveva rapita non sopportava vederla fragile. Ed era così fastidioso! Perché non sapeva spiegarsi il perché di tutto quell'interesse?!  Loki strinse i pugni. La odiava...
Ma che stava pensando? No... non la odiava affatto. Odiava se stesso perché non poteva evitare il fatto che si stesse affezionando a lei.


Erano le 6 del pomeriggio e l'aveva lasciata alle 9 di mattina.
L'aveva stretta tra le sue braccia per tutta la notte, aspettò che le sue ali rientrassero dentro la pelle, ma non accadde e questo lo preoccupò molto. Avrebbe voluto vegliare su di lei ancora, ma aveva dei doveri e una donna non doveva distrarlo.
Loki utlizzava le donne per divertirsi, ma mai si lasciava distrarre troppo da loro. Certo, Artemis era bella, e qualche pensiero se l'era fatto quando osservava quelle curve così sinuose. Ma il desiderio di possederla scomparve quando scoprì, insieme a lei, la grande verità. Loki ricordò con dei terribili brividi di freddo quelle raccapriccianti righe: 

"Sono molto emotivi, le loro emozioni sono dicei volte più forti di quelle di un comune essere umano. [...] Per essere una razza immortale, la mortalità è molto alta, nella maggior parte dei casi raggiungono la morte per loro spontanea volontà."

Non voleva perderla, non avrebbe permesso che lei facesse la stessa fine di...
Scacciò via quei pensieri quando sentì per una seconda volta una voce chiamarlo da lontano.
"Mio signore!" Un soggiogato si fermò di fianco a Loki con un po' di fiatone, sicuramente era successo qualcosa. Loki si voltò verso di lui e con un cenno di capo gli diede la parola.
"La prigioniera," Loki ebbe un fremito di preoccupazione, sgranò gli occhi: cos'era successo? "Urla e si divincola a terra, sembra impazzita, mio signore..." Loki lo spintonò con una spallata e si fece velocemente strada.
Non ci volle molto ad arrivare nel corridoio, il puzzo di muffa gli fece salire i conati di vomito.
Loki si sentì morire dentro quando udì le urla di Artemis, anche se era distante di numerosi metri. La paura lo assalì e si mise a correre quando non la sentì più urlare. Cercò di leggere nei pensieri di Artemis.
Confusione.
Paura.
Morte.

Loki si fermò davanti alla robusta porta in metallo, mise la mano destra davanti alla serratura, quest'ultima scattò, e si aprì la porta. La luce verde si affievolì non appena Loki afferrò la maniglia, la abbassò e spinse senza fatica la porta.
Artemis era appoggiata ai piedi del letto, seduta sul pavimento. Aveva in mano un pezzo di porcellana e... passava l'estremità appuntita sulla pelle del braccio. Loki si precipitò verso di lei, afferrò quel pezzo di porcellana e lo gettò via, macchiando il pavimento di sangue. Artemis si divincolò quando Loki le prese in una morsa d'acciaio. I tagli che si era procurata erano profondi e lunghi.
"Che stai facendo?!" Gli gridò lei, ma nei suoi occhi terribilmente indecifrabili vi leggeva rabbia. Lei cercò di afferrare un altro pezzo appuntito di porcellana, ma Loki gli fece fare la stessa fine di quello di prima. Trascinò Artemis verso il letto e la gettò sul materasso come se fosse un oggetto. 
 Non l'avrebbe dovuta lasciare da sola. 
Artemis cercò di alzarsi, tentando di prendere un'altro pezzo appuntito di porcellana. Un potente senso di fastidio invase Loki e afferrò Artemis dalle spalle, corcandola violentemente sul letto. Con un abile movimento si mise sopra di lei per evitarle ogni tentativo di fuga. Le bloccò entrambi polsi sopra la testa e chinandosi su di lei piantonò gli occhi dentro il suo tenebroso sguardo.
"Cosa stavi cercando di fare? EH?!" Le gridò a pochi centimetri dal suo viso.
Il respiro pesante di Artemis era amaro, Loki poteva percepire il suo stato d'animo. 
"Io non devo vivere." Disse solamente, quasi con fare naturale, facendo una piccola pausa tra una parola e l'altra.
Loki non ci vide più dalla rabbia. No, doveva impedirlo. 
Non doveva morire. 


                                                                                                    ° ° °



L'adrenalina scorreva impetuosa nelle mie vene.
Tremavo sotto il corpo del dio, che mi evitava ogni tentativo di fuga, se non fosse arrivato all'improvviso, avrei finalmente incontrato la morte, e l'avrei accolta, quasi come un'amica. I tagli al braccio sinistro mi bruciavano disumanamente e la presa ferrea di Loki non migliorava la situazione. Era piacevole sentire dolore, bruciore, era meglio concentrarsi in qualcosa di fisico, qualcosa che prima o poi sarebbe passato.
Negli occhi di Loki leggevo preoccupazione. Perché? Perché mai preoccuparsi di un'anima persa come la mia?
"Sta zitta. Prima che ti uccida io." Cercò di intimidirmi.
"Oh ti prego, fallo! Uccidimi tu prima che lo faccia io stessa!!" Gridai a perdi fiato, con una voce così acuta da sentire le corte vocali spezzarsi. Loki abbandonò la presa sui miei polsi, e portò le sue mani sulle mie guance, sentendo una sua mano bagnarmi la guancia del mio stesso sangue.
"Perché ci tieni così tanto?" Le sue parole suonavano leggere, ma non dolci, solo leggere, come una ninna nanna. All'improvviso sentii un senso di debolezza sovrastarmi, non potevo nemmeno rispondergli; lo vidi sorridere quando chiusi gli occhi, abbandonandomi sul materasso.
"Mi stai facendo un incantesimo, v-vero?" Sussurrai debolmente, a pochi millimetri dal suo viso, riaprendo gli occhi. Loki sorrise soddisfatto e scese giù dal letto.
"Sì." Ammise diventando spaventosamente serio, esaminando il mio braccio.
Loki mise la sua mano sopra la mia pelle martoriata, sfiorandola appena. Dal suo palmo uscì una luce verde, lo passò le ferite ed esse, a ridosso di pochi secondi, si chiusero. Rimase solo del sangue, che a quel punto non pareva nemmeno il mio. Loki strappò un lembo di stoffa dal lenzuolo e pulì il mio braccio dal sangue, per poi pulirsi anche la mano e la mia guancia. Fu molto delicato quando passò ad asciugare la mia gota, quasi mi accarezzava. Ci guardavamo negli occhi, in quel momento. Sentii il mio cuore battere più veloce del normale e mi venne spontaneo poggiare una mano su quella con cui mi stava pulendo. La sua pelle diafana era dolce.
Fu la prima volta che le nostre mani si toccarono.
Sentivo delle scosse elettriche attraversarmi tutto il corpo, mi piaceva il suo tocco sulla mia pelle. Chiusi debolmente gli occhi, ero così debole da non poter alzare un muscolo. Loki allontanò la sua mano dalla mia gota e mi venne spontaneo sussurare un "No", riavvicinando la sua mano al mio viso.
"Cosa c'è?" Corrugò la fronte stranito.
"Mi piace." Sussurrai senza vergognarmene, accennando un piccolissimo sorriso. 
Chissà come faceva a comprendere ciò che dicevo, quasi non lo capivo nemmeno io. Lui non sorrise, né fece un espressione diversa da quella che aveva. Si allontanò da me e si sdraiò nel posto vicino al mio. Non si avvicinò, e mi sentii male: lo volevo vicino a me. Così mi avvicinai per prima, poggiando la mia testa sul suo petto. Le sue vesti avevano uno strano odore, non riuscii completamente ad interpretarlo, ma mi piaceva. Gradualmente si lasciò andare, mi circondò la vita con un braccio, attirandomi di più a sé, e iniziò ad accarezzarmi la schiena con dolcezza.
Brividi attraversarono tutto il mio corpo.
Quello non era un modo normale di esternare proprio disprezzo verso il rispettivo nemico.
Ma io non provavo disprezzo per Loki, mi costava ammetterlo, ma era così. Tra le sue braccia mi sentivo protetta, non sapevo da cosa, ma sapevo solo che mi sentivo al sicuro. Che strana cosa. Che destino mi era toccato. 
"Lo vuoi capire che non ha senso fare così?" Sussurrò al mio orecchio, mentre io poggiavo le mie mani sul suo petto, sentendo il suo respiro sotto la mia pelle. "Devi essere forte." Concluse infine, quasi abbindolato da quelle che dovevano essere le mie carezze.
La sua voce era una ninna nanna, forse non era un altro incantesimo. Ma come poteva essere il dio degli inganni così protettivo con me? Mi piacevano le sue carezze, il suo strano profumo. Era tutto così rilassante e io stavo ancora cadendo in un sonno profondo.
Una parte di me era tranquilla perché c'era lui, ed anche se era il dio degli inganni, in quel momento era l'unica persona che dimostrava affetto verso di me.
"Perché fai tutto questo per me, Loki?" Chiesi debolmente, chiusi gli occhi, insipirando il suo piacevole profumo.
"Non lo so nemmeno io."

Lui c'era stato quando nessun altro c'era stato per me. 
Forse, fu proprio quello a farmi innamorare di lui.


                                                                                                  ° ° °


In realtà Loki lo sapeva il perchè: in realtà, lui e lei erano uguali. Per quanto diversi i loro caratteri potevano essere, le loro anime erano uguali. Entrambe avevano un lato oscuro e un lato pieno di luce, solo che ne facevano emergere solo uno, tenendo nascosto l'altro.
Loki faceva emergere la sua malvagità, il suo odio, la sua rabbia e il suo insano desiderio di avere un regno tutto suo, ma teneva nascosto quel lato di sé che faceva riemergere solo in presenza di Artemide. 
Lei, invece, faceva emergere il suo lato buono, pronto a sacrificarsi per la vita del prossimo, il lato che sapeva amare, ma teneva nascosto qual lato che faceva riemergere solo quando c'era Loki: odio, disperazione...
Loki ebbe un fremito quando ne ebbe la conferma: tra i due stava nascendo qualcosa, anzi, era già nato qualcosa.
L'uno poteva esternare con l'altro ciò che era veramente, tra di loro potevano mostrare entrambi i lati senza avere paura dei giudizi, dovevano solo farlo, perché qualche sentimento dentro di loro gli imponeva di fare così. 
Con gli occhi lucidi, Loki guardò verso Artemis: si era nuovamente addormentata. Il dio sorrise, un sorriso dolce e lasciò sul capo della ragazza un bacio. Rimase così per un po' di tempo, dopo di ché si alzò, cercando di fare attenzione a non svegliarla. Prima di andarsene fece scomparire con un incantesimo quei cocci di porcellana. Alcuni erano lunghi e affilati, se si sarebbe svegliata, Loki avrebbe anche potuto ritrovarla come prima, o anche di peggio. Prima di uscire dalla stanza, la guardò per un'ultima volta, le sorrise e uscì.


                                                                                               ° ° °


Appena sentii la porta chiudersi riaprii gli occhi. Non stavo dormendo, avevo solo fatto finta. Mi venne difficile fingere quando Loki baciò la mia fronte. Mi sedetti sul materasso e poggiai i gomiti sulle ginocchia, le mani sostenevano la mia testa e mi stavo struggendo la mente dai pensieri, fino a quando non persi completamente il lume della ragione. I pensieri più pesanti erano:
1. ero consapevole di essere un'asgardiana,
2. le mie ali non ritornavano più dentro di me,
e 3. provavo qualcosa per Loki.
Sì, ne ero sicura. Era qualcosa, una fiammella e se avesse continuato comportarsi così dolcemente con me, quel piccolo fuoco sarebbe diventato un incendio.
Ma come potevo provare dei sentimenti per Loki?! Il mio nemico! Stavo tradendo pure la fiducia di Steve!
Era tutto così sbagliato, ma dannatamente piacevole. Mi alzai, camminai su e giù per la stanza. Cosa stavo pensando? Io e Loki, insieme? Ero un mostro.
Sì. Sentivo di esserlo. 
Mostro, mostro, mostro.
Nella mia testa sentivo delle voci che mi sussurravano, spifferavano e urlavano. Stavo impazzendo. Sentivo delle strane presenze dietro di me, mi voltavo continuamente. Le voci si amplificarono, diventavano più forti e più insopportabili.
"Basta!" Gridai gettandomi a terra in ginocchio. I canini affondarono nel labbro inferiore così forte da sentire il sapore del sangue sulla lingua. 
Era doloroso, tutto. Le voci, il rancore, la verità, i miei sentimenti sbagliati per le persone sbagliate. Era tutto così sbagliato, così stupido, così folle. Mi sdraiai sul freddo pavimento, iniziando a tremare e dai miei occhi uscirono delle lacrime pesanti e nere.
In quel momento, avrei voluto che Loki fosse lì con me. Se ci fosse stato lui mi avrebbe calmata e ripetuto di combattere, perché ero forte. Ma da sola avevo paura di me stessa, e io uccidevo tutto ciò di cui avevo paura o avevo timore.
Morire mi sembrava la strada più ovvia, più facile, anche se significava arrendersi.
 Mi alzai improvvisamente, e con le ali pesanti, ripiegati su se stesse, cercai ovunque qualcosa di appuntito o qualcosa che avrebbe potuto procurarmi una morte veloce e dolorosa, ma pur sempre veloce. Andò avanti così per un'ora e la voglia di porre fine a tutto era sempre più opprimente. Iniziai a singhiozzare, mai avrei immaginato di fare questa misera fine. Non capivo il perché mi sentivo così, ma sapevo solamente che dovevo seguire l'istinto, qualcosa me lo ordinava ed era troppo, troppo forte.
Caddi nuovamente a terra, stremata, con le ali che dolevano. Non le avevo mai tenute per così tanto tempo e per di più non riuscivo a fare rientrare.
Mi voltai verso il letto e osservai cosa c'era sotto. Strisciai fin lì, infilai nella larga fessura e afferrai il pezzo di porcellana. Era quello che avevo utlizzato per ferirmi il braccio poco fa.


Mi alzai in piedi, mi misi davanti alla porta, ma sempre distante di qualche metro, impugnai con entrambe le mani l'oggetto appuntito, conficcandomelo nella carne. Dei rivolti di sangue gocciolarono sul braccio, fino al gomito. Appoggiai la punta sul petto, precisamente sopra al cuore. Chiusi gli occhi.
Dio,
Feci un respiro profondo, assaporando l'ossigeno un'ultima volta.
se ci sei,
Delle lacrime d'inchiostro mi rigarono il volto.
perdonami.
Allontanai l'oggetto e in un attimo si conficcò nel mio cuore.



                                                                                                ° ° °


No, no, no.
Loki aveva appena aperto la porta quando vide quell'orribile scena.
Ma era troppo tardi, lei era caduta a terra in fin di vita.
Si gettò al suo fianco.
"No, no, no! Che cosa hai fatto?!" Gridò lui in preda al panico mentre prendeva fra le braccia il busto della ragazza, sorreggendola. Senza curarsi del dolore che lei avrebbe provato, afferrò il pugnale e lo estrasse dal petto di Artemis. Diede segno di essere ancora in vita quando emise un terribile rantolo. Il sangue uscì a fiotti, senza sosta. Aprì gli occhi, ed essi erano ritornati ambrati. Loki sollevò il corpo della ragazza e la sua testa toccava il petto di Loki.
Poteva salvarla?
Non lo sapeva nemmeno lui: la ferita era troppo profonda e le  aveva lacerato il cuore, il dio poteva sentire il battito cardiaco di Artemis rallentare e diventare sempre più debole.
"Grazie, Loki." Sussurrò con voce affaticata. Il dio iniziò a tremare, stringendo sempre di più la ragazza.
"No, tu non te ne andrai." Loki scuoteva il capo ripetutatemente, ricacciò le lacrime indietro. Non poteva permettersi di piangere, neanche in quel momento.
"Sei...s-tato gentile con...me." Non aveva nemmeno i canini appuntiti, aveva solo le ali nere, prive di vita, abbandonate su se stesse. Loki smise di guardare la ferita e guardò gli occhi ambrati di Artemis. Si sorprese quando vide quanto fosse tranquilla.
"Non puoi andartene!" Disse lui, facendo una pausa tra una parola e l'altra. Aveva gli occhi più lucidi che mai e non piangere stava diventando troppo difficile. Artemis allungò una mano verso il volto di Loki e la poggiò sulla sua guancia, accarezzandola debolmente. Loki fremette, il suo tocco era freddo come il ghiaccio; mise la sua mano sopra quella di lei, la strinse e la fece muovere con dei delicati movimenti su e giù, si accarezzava così la guancia con la mano di Artemis, era quello che lei voleva fare, ma non ci riusciva, dato che era troppo debole.
"Ascoltami, Loki..." Disse lei piano, cercando di parlare al meglio possibile, scandendo le parole. "Prendendoti cura d-di me, hai d...dimostrato che una piccola parte dentro di te è ancora capace di...amare." Loki tremò. Artemis spostò la sua mano da quella di Loki facendola scendere verso il suo petto. Nelle sue labbra pallide si fece spazio un debole sorriso. Sentiva il battito di Loki impazzire.
"Promettimi c-he metterai fine...alla guerra, e che per-perdonerai tuo fratello." A Loki gli si mozzò il respiro nei polmoni. Provava qualcosa di forte per Artemis, ma anche sul punto di morte questa cosa era troppo importante da promettere. Loki rimase fermo, immobile, strinse ancora di più Artemis, cullandola un po'. 
Loki lo sentì. La sentì espirare un'ultima volta. Sentì la vita abbandonarla e la morte impadronirsi di lei.
Lo aveva lasciato, se n'era andata via.
Loki la prese in braccio e la coricò sul letto, si inginocchiò ai piedi del letto e prendendo per mano Artemis pressò la testa sul materasso e si morse la lingua nel tentativo di non piangere, riuscendoci miracolosamente.
Perse il senso del tempo.
Se n'era andata via, proprio come l'altra.
Loki gettò un urlo, lungo e disperato, abbandonando la mano fredda della ragazza. Una lacrima solitaria uscì dall'occhio sinistro del dio. Una sola, una soltanto bastò per fargli capire finalmente che quello che stava provando era dolore.
E chi provava dolore, amava.
Artemis aveva ragione. Una parte di lui poteva ancora amare. Loki alzò lo sguardo, si mise in piedi, allontanandosi.
Era scomparsa, completamente, come se non fosse mai esistita, e di lei, ne era rimasto solo una lunga piuma nera.
Loki respirò forte, raccolse la piuma e se la portò al naso, respirandone il profumo. Profumava di lei.
Mise la piuma nel taschino interno della sua tunica nera e verde, si sedette a terra cercando di capire perché era sparita.
Realizzò che le mancava più di prima.
Prese la piuma, rigirandosela tra le dita e ricordò il suo sorriso, i suoi occhi, le sue ali, il suo tocco, il suo sguardo, il suo spirito da guerriera e le sue ultime parole:

"Prendendoti cura di me hai dimostrato che una piccola parte di te è ancora capace di amare." Sentiva ancora la sua vellutata e debole voce nella mente.

Solo in quel momento il dio capì che proprio a causa di Artemis aveva ricominciato ad amare di nuovo.






 
A voi le recensioni...


Ps. Buon compleanno Irene :3


Alla prossima;)



 
 

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Capitolo 11
*** 11. In assenza di lei. ***


Two bodies, one soul.




“Non è depressione. Non è mancanza. Non è solitudine. E’ qualcosa di inspiegabile.
Quella sensazione di vuoto che senti dentro e sembra distruggerti.”

cit. Unknow






° ° °


 
I suoi occhi erano piantonati nel vuoto.
Voci, rumori elettronici, stridii non riuscivano a distrarlo dall'immagine di lei impressa nella sua mente. Quella notte non aveva chiuso occhio. Si era rigirato la piuma nera tra le dita per ore ed ore, cercando di non perdere il ricordo di lei. 
Dentro aveva una guerra. Si sentiva in colpa, se solo non l'avesse lasciata da sola, se solo fosse stato più attento ad eliminare i pezzi di porcellana... lei non se ne sarebbe mai andata. Stentava ad ammettere che si sentisse così male, così distrutto.  Come poteva negare ciò che gli si presentava davanti agli occhi? Quello era il carattere di Loki: si convinceva di ciò che voleva e mentiva anche a sé stesso.
Gli mancava, ma se non ammetteva nemmeno di stare male, figuriamoci di essersi affezionato a lei.
Teneva in mano lo scettro e fissava pensieroso i suoi servitori lavorare per l'arrivo dei Chitauri, cosa che doveva avvenire a distanza di qualche giorno. 
"Mio signore, c'è un problema." La voce preoccupata di un uomo fece svegliare Loki dai suoi pensieri e guardò in un misto di fastidio e preoccupazione quell'uomo.
"Che genere di problema?" Loki seguì l'uomo fino all'ufficio super attrezzato di Eric Selvig. L'astrofisico voltò gli occhi velati di blu verso Loki e non attese nemmeno il suo consenso per parlare.
"Mio signore Loki, qualcuno si sta avvicinando alla nostra barriera." La situazione era davvero critica e avrebbero dovuto agire in un tempo molto ristretto.
"Chiamate l'Agente Barton." Ordinò Loki e l'uomo che stava al suo fianco scappò ad eseguire l'ordine. Il dio si rivolse ad un altro uomo che se ne stava a fare la guardia davanti alla porta.
"Quanto a te, da' l'ordine di evaquare nel sotterraneo e di uscirne non appena tramonterà il Sole." Quello si inchinò e iniziò a correre verso i suoi compagni, dopo di ché Loki si rivolse ad Eric Selvig "Stessa cosa vale per te, raccogli il tuo 
lavoro e continua dopo." Non appena finì di parlare l'Agente Barton era davanti alla porta, avanzò con passo lesto verso il suo signore.
"Mi avete convocato."
"Si passa al piano B, 
Agente." L'uomo che se ne stava davanti alla porta prese per un braccio Eric Selvig e lo trascinò assieme ad un computer fuori dall'ufficio. Una voce elettronica rimbombò nell'aria: "A tutto il personale, piano B, ripeto: piano B. Dirigetevi ordinatamente nel sotterraneo e assicuratevi di disattivare ogni macchina." Dove si trovavano era già un sotterraneo, ma l'ultimo piano, quello più interno (e più sudicio) era un ottimo nascondiglio. Anche se si trattava di circa cento soggiogati, tra cui la metà soldati e gli altri erano scienziati. In pochi minuti l'edificio si svuotò del tutto, rimasero con Loki l'Agente Barton e cinque uomini robusti, armati di pistole e coltelli.
"Sono gli Avengers?" Domandò Barton al suo signore.
"Sì." Sibilò secco Loki.
Un attimo dopo e dei rumori sordi, provenienti dalle robuste mura di pietra, rimbombarono nell'aria.
Un secondo dopo si trovarono tutti a terra, compreso Loki. Davanti a loro, il muro era raso al suolo e davanti alle macerie Loki  individuò tre sagome familiari.



 
                                               ° ° °                                        



Steve Rogers si preparò per andare al piano di sotto: indossò velocemente la divisa e prese lo scudo. Era carico di felicità e di sollievo: finalmente sarebbe andando a liberare Artemis. 
La gioia era troppa per poterla contenere, ma cercò comunque di riuscirci, doveva pur sempre concentrarsi nella missione.
Appena uscì dalla stanza delle armi si trovò davanti Tony Stark in armatura e Thor con il martello in mano. Erano pronti. Camminarono lungo il corridoio che conduceva verso l'uscita di emergenza: avrebbero abbassato la maniglia e avrebbero volato fino al sotterraneo di Loki. Era stato quasi impossibile scoprire dove il dio si rifugiasse, ma la bravura della Romanoff non aveva eguali.

"Dove credete di andare?" Disse la russa, spuntando dal nulla, davanti all'uscita di emergenza. 
"Missione di salvataggio, dolcezza." Disse ironicamente e questo fece alzare gli occhi al cielo alla donna. 
"State disubbedendo agli ordini di Fury per andare a salvare l'Agente Artemis?" Domandò quasi arrabbiata, si avvicinò a loro e si piazzò vicino a IronMan. "Dopo il lavoro sporco che ho fatto secondo voi me ne resterò qui a sopportarmi la polemica di Fury?" Sorrisero tutti.
Natasha ed Artemide non erano molto affiatate, ma erano pur sempre compagne di squadra, ed era giusto aiutarsi l'un l'altro.



Non ci volle molto ad arrivare.
Non appena poggiarono i loro piedi sul terreno visualizzarono l'entata: un portone di metallo, vecchio, arruginito, ma molto resistente. Captain America si avvicinò, toccò il portone e si voltò verso IronMan.
"Per te non dovrebbe essere un problema buttarla giù, no?" Il Capitano si mise a fianco Natasha Romanoff. 
"Così mi sottovaluti, Captain Ghiacciolo." Disse IronMan mentre prendeva la mira.
I Vendicatori si allontanarono di qualche metro per evitare l'onda d'urto e in un botto il portone robusto cadde a terra, fumo e macerie li circondavano. Avanzarono fino all'ingresso dell'edificio sotteraneo. Il luogo era logoro e putrido, l'aria era così pesante e piena di umidità che era difficile respirare. Delle scale in metallo conducevano verso l'interno dell'edificio. Captain America avanzò per primo, si voltò verso i suoi compagni e parlò.
"IronMan, tu vieni con me. Natasha e Thor, voi cercate Artemide. Fatemi sapere se la trovate." Quei due annuirono e scesero le scale a destra. 
"Il nostro compito, Capitano?" Era strano che IronMan si facesse dare degli ordini (specialemente dal Capitano), ma diciamo che per quella volta stava facendo un'eccezione allo stile.
"Noi troviamo quel figlio di puttana." 



Con una piccola bomba incorporata nella sua armatura, IronMan buttò giù anche quel muro di roccia, umido e sudicio proprio come gli altri. Una nuvola di fumo annebbiò la vista dei due supereroi, ma quando essa si affievolì fu inevitabile individuare cinque uomini armati, l'Agente Barton con l'arco in mano pronto a scoccare la freccia, e Loki, con lo scettro in mano.
"Ora!" Gridò Captain America prima di afferrare una pistola. Sparò a due uomini, evitando gli attacchi di Loki e le frecce di Barton, in un minuto, i soggiogati morirono. IronMan attaccava Barton, mentre il Capitano si occupava di Loki.
Erano entrambi bravissimi a schivare gli attacchi dell'altro, ma naturalmente qualche colpo lo incassavano a vicenda. Un piccolo rivolto di sangue uscì da una narice di Steve quando gli arrivò dritto al naso un colpo di scettro. Il Capitano diede un potente pugno sulla pancia del dio e quello si piegò in due.
"Dov'è lei!?" Gridò contro il dio; quest'ultimo si riprese velocemente e scagliò una bolla di energia contro al Capitano, che, fortunatamente, ebbe i riflessi abbastanza veloci per proteggersi con lo scudo. Appena alzò gli occhi vide Loki a terra, IronMan che gli puntava il suo laser, Barton svenuto a terra e accanto a lui c'era la Romanoff, infine Thor affiancava il Capitano.
"Te lo chiedo un'altra volta." Captain America afferrò Loki per i vestiti, scaraventandolo sulla vetrata di un piccolo stanzino. "Dov'è l'Agente Artemis?!" Chiese minacciosamente, scandendo ogni parola.
Loki accennò un sorriso ambiguo e una risata malefica gorgogliò nella sua gola, smise di ridere quando IronMan lo ferì nel braccio con il suo laser.
"Perché mai dovrei dirvelo?" Disse, soffocando un gemito di dolore.
"Fratello, ti conviene parlare." 
"Io non sono tuo fratello." Sibilò velenoso il dio degli inganni, lanciando un'occhiata piena di odio al fratellastro. 
Captain America ne aveva abbastanza.
"Thor?" Lo chiamò arrabbiato, stanco e pieno di rabbia. Il dio del tuono capì che Steve Rogers stava chiedendo delle informazioni
"Abbiamo cercato ovunque." Thor scosse la testa un po' dispiaciuto. Tutti fissavano Loki con insistenza: se volevano trovare Artemide, purtroppo dipendeva tutto da Loki.
Il Capitano fissò per un attimo il vuoto, pensando al peggio. Dove l'aveva nascosta quel pazzo maniaco? Cosa le aveva fatto?
Guardò minacciosamente Loki. Lo afferrò per gli indumenti sollevandolo da terra di qualche centimetro.
"Dov'è?!" Gli  gridò con rabbia. Loki rise ambiguamente, provocando ancor di più Steve. Ma solo Thor vide che, in realtà, negli occhi del fratello c'era una strana inquietudine, come se qualcosa lo avesse turbato profondamente.
"Che cosa credi che le abbia fatto, stolto?" Loki cercò di divincolarsi, ma la stretta di Steve era micidiale. "L'ho torturata, l'ho torturata così tanto che mi ha implorato lei stessa di ucciderla!" Si sentirono i respiri mozzati di tutti in quel sudicio sotterraneo. "Sai qual è stata la sua ultima preghiera?" Domandò, mentre la stretta di Steve si faceva più lenta, come i suoi battiti del cuore. "Uccidimi velocemente." Loki rise, godendo della reazione del Capitano, che ormai aveva completamente lasciato la presa sul dio. "Ma ahimé non l'ho accontentata: l'ho torturata fino a quando il suo cuore non si è fermato!" 
"Assassino!" Inaspettatamente Steve si avventò su Loki, dandogli un pugno così forte che volò di qualche metro.
I suoi occhi stavano andando a fuoco, il suo cuore si fermava ogni due o tre battiti e alla gola aveva una morsa orribilmente dolorosa. Il mondo attorno a Steve si muoveva a rallentatore, respirava a bocca socchiusa cercando di respirare regolarmente, ma il dolore non glielo permetteva. Ancora una volta aveva perso una persona che amava. 
Dall'occhio sinistro di Natasha uscì fuori una lacrima, si avvicinò al Capitano, poggiandogli una mano sulla spalla. Thor e IronMan prendevano per le braccia Loki, strattonando il suo corpo verso l'uscita. 
"Vendicatori." Disse una voce molto familiare e coloro che furono chiamati si voltarono verso una fila di agenti che puntava delle pistole contro Loki. Furono tutti sorpresi dall'inaspettato arrivo di Fury. "Ritornate alla base, da qui ci penseremo noi."
"Dov'è il suo corpo?" Domandò il Capitano, senza riferirsi a nessuno in particolare.
"Cosa?" Sibilò Fury, strabuzzando l'occhio. 
"L'Agente Artemis è deceduta." Fu Thor ad informare Fury.
"Fallo uccidere!" Steve si liberò dalla stretta di acciaio di IronMan e si avvicinò a passi da gigante a Fury. "Uccidiamolo e facciamola finita!" 
"No, Capitano."
"Non ucciderete mio fratello." Intervenì subito Thor serio. "Anche per la perdita che avete avuto a casua sua, lui non morirà qui."
"Proprio per questo non lo ucciderò qui. Spetta al popolo di Asgard cosa farne di lui." Fury ingoiò un fiotto di saliva. "Per quanto riguarda Artemis." Ormai sentire pronunciare il suo nome faceva male al cuore del Capitano. "E'..." Quella forse fu la prima volta che Nick Fury non trovò le parole adatte per parlare. "Troveremo il suo corpo." 


 






Buona sera a tutti ^-^


Come va? *Domanda stupida*

Alooooora, dovevo aggiornare domani, ma ho preferito farlo oggi perché mi sento buona (?)

Cosa ne pensate? Confermate il vostro Team (Loki o Steve)? Io ho deciso da quale team fare parte, ma non ve lo dirò u.u lo scoprirete nei capitoli successivi.
Ieri ho fatto un'altro trailer e anche più completo di quello che avevo fatto in precendenza,se volete dare un'occhiata è qui: 


https://www.youtube.com/watch?v=MUm1PidK45w&hd=1

Fatemi sapere che ne pensate anche del trailer, insomma,ditemi tutto quello che volete nelle recensioni che riguarda la storia, come al solito apprezzerò i vostri consigli e i vostri commenti!
Un grazie per tutti quelli che seguono la storia e che la recensiscono, ma un grazie va anche a quei lettori silenziosi , lo so che ci siete. Io vi osservo OwO

E con questo vado a studiare francese, 


Alla prossima ;)

 
 

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Capitolo 12
*** 12. Solitudine. ***


Two bodiEs, one soul.



“Mi hai insegnato ad
amare, ora insegnami come smettere.” 
—cit.



 


° ° °

 
"Allora?" 
La voce di Fury iniziava a farsi fastidiosa per i timpani di Loki. Lo avevano catturato un'altra volta, lo avevano subito chiuso in quella stanza spoglia di mobili (eccezione per un tavolo e una sedia) e Fury gli stava facendo una specie di interrogatorio; fuori, davanti alla porta c'erano Thor e Natasha. Loki ci aveva goduto tantissimo quando vide il dolore negli occhi di Steve, il Capitano. Era quello che voleva, far si che sopportasse lo stesso dolore che aveva Loki dentro. Anche se, nel profondo, Loki sentiva come un rimorso, come se non augurasse a nessuno quello che stava passando, quello che aveva passato anche in precendenza...
Lui ammetteva quanto difficile potesse essere la sua vita ed era proprio per questo che gli toccava i diritto di avere un regno tutto suo, un diritto di nascita che non gli doveva essere tolto. La rivedeva sempre e gli mancava. Come se una parte di se stesso se ne fosse andata assieme a lei. A volte aveva il desiderio di abbracciarla, di toccarla e di parlarle, ma la consapevolezza di non poterlo fare, ardeva dolorosamente dentro di Loki, come un fuoco pungente, da cui era impossibile guarire, ma, tuttavia facile da nascondere.
"Quando arriverà questo famoso esercito?" Loki alzò gli occhi verso Fury, che lo fissava stranamente calmo. "Siamo bravi ad ottenere ciò che vogliamo." Ammise, cercando forse qualche reazione dal dio, se non un ghigno divertito e ambiguo. Loki abbassò nuovamente lo sguardo. Le manette gli torturavano la carne e sentiva un formicolio insopportabile.
"Prima che ti rinchiuda nuovamente in una cella, dimmi una cosa."
"Ti ascolto." La voce del dio era rauca, quella fu la prima volta che parlò dopo circa due ore.
"Com'è morta Artemis?" Loki si irrigidì e distolse gli occhi dal vuoto a Fury, essi erano freddi e minacciosi, aveva sentito un colpo al cuore e si chiedeva il perché quel Midgardiano gli stesse ponendo quella domanda dopo aver confermato di aver ucciso Artemis. Loki respirò profondamente, senza darlo molto a vedere.
"Sei sordo, Midgardiano?" La sua voce era tagliente, ma Fury non si scomponeva. Anch'egli rimaneva dov'era, rigido e immobile.
"No. Semplicemente, non faceva parte dei tuoi piani farlo, perciò voglio sapere come è morta." Loki rimase un attimo a pensare come ribattere.
"E tu come fai a sapere che piani ho in mente?" 
"Perché ti ho inquadrato fin dall'inizio. All'inizio ho utilizzato Artemis per osservarti e tramite lei ho saputo anche che era nelle tue intenzioni fare scatenare Hulk e grazie a te adesso lo abbiamo perso, no. Non morto, solamente perso." Loki osservava Fury fare su e giù per la stanza lentamente, la fioca luce della stanza lo mimetizzava a causa dell'incarnato e delle vesti scure. Il dio si chiedeva dove volesse arrivare il Midgardiano, ma per saperlo doveva confonderlo.
"Non vedo cosa c'entri tutto questo con la tua poca fede sulle mie azioni sporche di sangue." Loki strinse gli occhi, riducendoli quasi ad una fessura.
"Io sapevo chi era lei. Un Alae Obscura, una razza Asgardiana." Silenzio. Loki non osò nemmeno fiatare, domandò subito quello che voleva domandare al Midgardiano.
"Se tu eri consapevole di che cosa potesse essere lei, allora perché la tenevi allo scuro di tutto?"
"Perché non avrebbe retto il dolore e si sarebbe uccisa, fa parte della natura di queste creature, ma alla fine è successo lo stesso." Loki ebbe un altro colpo al cuore. Sapeva tutto quel Midgardiano. Ci fu una pausa di un minuto, un silenzio assordante, di cui Loki ebbe il coraggio di interrompere.
"Se sapevi com'è perita perché volevi saperlo da me?" Loki vide che il Midgardiano aveva in mano un aggeggio, nero e quadrato, estremamente piccolo e all'estremità c'era una sporgenza rossa che premette con un dito.
"Perché volevo guardarti negli occhi mentre mentivi ancora una volta." Non appena Fury chiuse bocca, la porta si aprì ed entrarono quattro soldati armati, fecero alzare Loki e lo condussero da fuori dalla stanza. Loki non smise di guardare negli occhi (o meglio specificare: nell'occhio) del Midgardiano, quando solcò la porta vide che c'erano altri soldati che lo circondarono completamente, conducendolo verso la sua nuova cella. 
Era la stessa stanza, la stessa cella e Loki si domandò come avessero fatto a procurarsene una identica a quella di prima. Due soldati lo condussero dentro lo cella e quando uscirono, la porta si chiuse automaticamente. I soldati, che erano più o meno dieci, uscirono dalla stanza. Loki osservò la stanza oltre il robusto vetro verde, c'erano ancora gli attrezzi con cui Artemis si allenava e se prima il ricordo di lei era vivo nella sua mente, stare in quella cella lo faceva sentire come se accanto a lui ci fosse lei. Gli occhi del dio percorsero lentamente la stanza fino all'entrata, dove c'era l'ultima persona con cui avrebbe voluto parlare: il suo fratellastro, Thor.
Loki si fece sfuggire un ghigno ricco di ironia e portandosi le braccia dietro la schiena, unì le mani e guardò Thor negli occhi, vide il fratello rabbrividire. Loki aveva letto nella mente di Thor numerose volte e sapeva che quando lo fissava negli occhi, il fratellastro rabbrividiva. Forse era l'unica cosa che riusciva a far rabbrividire il "grande" Thor.
"Fratello, come ti sei ridotto?" Thor avanzò dentro la stanza, fino a piazzarsi di fronte al vetro della cella, a qualche metro distante dal suo fratellastro. Loki vide ciò che aveva nella mente Thor. 
Pena.
Affetto.
Delusione.
Il dio degli inganni ingoiò con amarezza la saliva e aprì bocca per parlare.
"Perché tanta pena per me, Thor?" Gli domandò, iniziando a fare su e giù per la cella, lentamente, spostando qualche volta gli occhi dal pavimento allo sguardo blu del fratellastro.
"Smettila di leggere nel pensiero, senza sforzarti di capire le persone veramente." Thor provava affetto fraterno per Loki, ma lui no. Lo odiava, come Odino e non lo sopportava, era più forte di lui quell'odio, ansi, quell'odio lo rendeva forte. Loki aveva bisogno di odiarlo. "Ti prometto una cosa, fratello." Loki si fermò di colpo. 
"Io non sono tuo fratello!" Urlò, scandendo parola per parola. Thor deglutì e si avvicinò di più alla cella.
"Loki, tu sei mio fratello. Siamo cresciuti assieme, ci siamo voluti bene come fratelli. Questo forse non sta a significare che tu sia mio fratello?" Loki indugiò un attimo prima di rispondere, acido, velenoso e freddo.
"No." Disse solamente. I due fratellastri rimasero a fissarsi per un minuto che parve un eternità. Thor lo guardava con occhi delusi, pieni di affetto e pena verso il fratellastro, sentimenti ed emozioni che Loki aveva letto nella mente del dio dei fulmini. Il dio degli inganni fissava il fratellastro con ripudio e odio, egli scostò successivamente lo sguardo e fissò per qualche secondo il pavimento. 
"Comunque, quando il tuo esercitò giungerà, lo distruggeremo e tu ritornerai con me ad Asgard." Loki non alzò gli occhi verso il fratello, ma lo ascoltò. L'idea di ritornare ad Asgard gli faceva salire i conati di vomito. Thor rimase qualche minuto immobile, come il dio degli inganni, dopo di che si allontanò. Quando stava per solcare la porta alzò gli occhi verso il fratellastro, anch'egli lo stava osservando.
"Pensa all'errore che hai fatto, uccidendo la ragazza, durante i tuoi giorni di prigionia." E solcò la porta, sparendo dalla vista di Loki. La ragazza, si riferiva ad Artemis. 
Loki deglutì un'altra volta e abbandonò quei pensieri su Thor, Odino e Asgard. Si sedette nella sedia bianca e poggiando i gomiti sulle ginocchia fissò la stanza davanti a lui. Gli pareva di rivedere Artemis allenarsi, prendendo a pugni il sacco in cuoio rosso, ricordò quella loro discussione che aiutò Loki a capirla in poco tempo. Ricordò come gli aveva torturato la sua mente, conoscendola fino in profondità, ma c'era qualcosa di nascosto. Il suo passato, il suo odio verso i suoi genitori biologici e la paura di perdere quelli adottivi. Aveva una mente e un cuore in contraddizione e pieni di ricordi e delusioni, ma era forte. Era questo che aveva odiato Loki di lei a prima botta. Nonostante tutto lei era forte e continuava a stare dalla parte dei buoni, difatti Loki ricordò di come cercava di girarle le carte in tavola su quello che faceva o di come agiva. Loki ricordava, non faceva altro che ricordare e più lo faceva, più si sentiva solo. Una strana solitudine, una mancanza, un vuoto, tutto per colpa di Artemis. Perché lo aveva lasciato e Loki, per la prima volta dopo tanto tempo, stava realizzando che si sentiva veramente solo, ed era una sensazione insopportabile.

                                                                                              ° ° °

La stanza di Steve dell'Helicarrier aveva un letto, un comodino in legno e sacco da boxe. In quel momento Steve lo stava torturando, prendendolo a pugni, più forte che poteva, scatenando la sua rabbia contro l'oggetto. Nella sua mente pavoneggiava l'immagine di Loki che torturava Artemis, Steve immaginava il dolore di Artemis, lei che chiamava il suo nome in aiuto e lui non poté fare nulla per salvarla. Immaginò infine Loki sferrare un colpo mortale ad Artemis, facendo spegnere nei suoi occhi la luce della vita. Steve diede un pugno così forte al sacco da farlo cadere a terra, spiantonato a qualche metro lontano da lui. Steve levò i guantoni da boxe dalle mani e li schiantò contro la parete, gettò un urlo e si sedette sul letto. I gomiti appoggiati alle ginocchia e le mani a reggersi la fronte imperlata dal sudore. Il petto si alzava e abbassava velocemente con un fiato irregolare. Steve aveva pianto. Appena arrivati all'Helicarrier si era chiuso dentro la sua stanza e aveva distrutto il sacco da boxe a furia di prenderlo a calci e a pugni, mentre dagli occhi, scendevano lacrime salate. Era ancora in divisa. Non aveva avuto il tempo di levarla, o non ci aveva totalmente pensato a togliersela.
Uscito dalla doccia, aveva messo una maglietta blu e un paio di jeans. Quando rientrò in camera qualcuno bussò alla porta. Steve fissò l'orario e vide che erano le dieci di sera, si avvicinò alla porta e la aprì, entrò Tony Stark.
"Come stai?" Steve chiuse la porta e lo fissò acidamente. "Okay, okay, domanda stupida." Steve si sedette sul letto.
"Cosa c'è?" Chiese Steve, senza nessun tipo di sfumatura particolare nella voce.
"Sarebbe indelicato dirtelo, ma ho sentito Fury parlare con Barton e..."
"Hai origliato una conversazione tra Fury e Barton?" Chiese sorpreso Steve.
"Si, ma, non è questo il punto!" 
"Bene, allora che si sono detti?" Steve vide Tony deglutire.
"Si tratta di Artemis, sei sicuro di volerlo sapere?" Steve sentì un colpo al cuore quandò udì il nome della ragazza che amava, perché sì, la amava e se n'era accorto solo quando lei se ne andò; ed era questo che lo faceva stare così male.
"Sì." Disse, dando la parola a Tony.
"Fury parlava di Alai Obscuri, una razza Asgardiana ed era la razza di cui faceva parte Artemis." Steve scattò in piedi.
"Fury sa che cos'era?" Faceva male, utilizzare il passato quando parlava di lei.
"Sì e faceva domande a Barton su com'è morta. Nick sospetta che lei si sia uccisa." Un altro colpo al cuore. Per quale motivo si sarebbe dovuta uccidere? Questa era una domanda che pulsava nella mente di Steve. 
"Nick pensa che Artemis si sia suicidata?" Gli occhi di Steve erano sgranati e fissavano il vuoto, mentre quelli si Tony fissavano il suo compagno di squadra con tristezza.
"Sì, diceva che è una specie di stato emotivo in cui entrato le persone della sua razza e che poche riescono a rimanere abbastanza forti." La voce di Tony era leggera,come se non volesse svegliare un bambino che stava vicino a lui. Steve si sentiva mancare, si sedette e strizzando gli occhi uscì una lacrima solitaria dal suo occhio destro.
"Perché? Non pensava a me? Non pensava ai suoi genitori, non pensava alle persone che amava quando lo ha fatto?!" Urlò l'ultima domanda senza alcuna risposta, lanciando l'accappatoio contro la parete di fronte a lui. 
"Capitano." Disse Tony allontanandosi, con una vaga idea in testa di lasciarlo solo a pensare.
"Grazie, Stark, ora puoi andare." Disse Steve cercando di mantenere la rabbia e la frusazione.
Tony non ci pensò due volte, non aprì bocca e andò verso la porta, la aprì e usicì senza creare il minimo rumore. Steve non capiva, la confusione gli torturava la mente. Aveva deciso. L'indomani avrebbe parlato con Fury, il pensiero di andarci subito lo trattenne, ma doveva riposarsi per cercare di essere il più lucido possibile. Si distese a pancia in su sul letto dopo aver spento la luce. La rabbia e la confusione si trasformarono improvvisamente in solitudine, una strana sensazione di vuoto e di debolezza. Si sentiva solo e aveva bisogno di lei, ma poi ricordava che lei non sarebbe mai più potuta ritornare e a Steve parve sentire il rumore del suo cuore andare in frantumi.

                                                                                               ° ° °

Una luce accecante disturbò il mio sonno, portai un braccio a coprirmi gli occhi e li aprii lentamente, cercando di far abiturare le pupulle alla forte luce. Sgranai gli occhi quando osservando quel posto mi accorsi di quanto potesse essere strano. Sembrava stare in una stazione di treni, ma molto più pulita e di un colore così bianco da accecare gli occhi. Mi alzai facendo attenzione a non inciampare sulla mia veste bianca e lunga fino ai piedi. Mi reggevo appena e rivolsi uno sguardo su di me, avevo addosso un vestito di seta bianco con delle maniche lunghe, larghe e leggere. Percorsi le mani su tutto il mio corpo, cercando di ricordare cosa mi fosse successo, scattai a guardare dietro di me. Il luogo dove mi trovavo: era infinito, come il mare, se cercavo di guardare infondo il vasto e largo corridoio bianco continuava e continuava senza riuscire a vedere cosa ci fosse dopo, stessa cosa davanti a me. 
Quando la mia mano destra toccò il mio petto ebbi un sussulto, abbassai gli occhi e quasi il fiato mi si spezzo nei polmoni. Avevo una cicatrice bianca e profonda, con la pelle leggermente più all'insù. Era come un buco, un ferita molto profonda che doveva aver toccato il cuore, ferendolo. Scossi la testa e sgranai gli occhi ricordando tutto, per filo e per segno.
Mi ero pugnalata, mi ero uccisa, ero morta. Portai entrambe le mani sulla bocca e gettai un urlo così forte da sentirlo rimbomare nuovamente nelle mie orecchie. C'era l'eco in quel posto infinito. Ma allora dove mi trovavo? Nell'aldilà? In paradiso? Nel purgatorio? Nell'inferno? Iniziai a camminare lungo quel corridoio, meglio di rimanere ferma a non fare nulla. Passarono minuti, ore e non provavo fatica, camminavo ed era tutto lo stesso. 
Era come se non sentissi il dolore che provavo prima di essermi uccisa, era tutto sparito e forse non ero ancora entrata nel panico perché avevo il sollievo di essermi liberata di tutti quei sentimenti negativi; ma questo non vuol dire che dopo ore di camminare e trovarmi sempre nello stesso luogo senza nemmeno una virgola fuori posto, mi avesse impedito di cadere nel panico.
"C'è qualcuno?" Sussurrai, la voce era debole, ma era sempre quella che mi ricordavo di avere. "Heilà? C'è qualcuno?" Dissi, dopo essermi schiarita la voce per bene. Continuai così per un paio di minuti, ma era evidente che non c'era nessuno.
"Dove mi trovo.." Mi dissi, come se avessi bisogno di parlare ad alta voce con me stessa, ma non c'erano risposte, perché non avevo la più pallida idea. Era un luogo che poteva apparire tranquillo, ma era troppo tranquillo e un senso di solitudine iniziava a farsi spazio dentro di me.
"C'è qualcuno?!" Urlai così forte da piegarmi leggermente in due, presi a correre velocemente, ero a piedi nudi e il pavimento non faceva male, era liscio, ma non così liscio da aver paura di scivolare. Impugnavo la seta leggera del vestito per evitare di cadere, ma a quanto pare non servì, visto che caddi di fianco, battendolo molto forte. Un gemito di dolore uscì dalla mia bocca, mi morsi il labbro e mi rialzai, mi guardai attorno, era tutto uguale a prima, come se non mi fossi spostata di un millimetro o come se fosse tutto uguale anche se io camminassi per altri mille chilometri. La confusione e la solitudine stavano scavando una voragine nel petto così profonda da creare un nodo alla gola e l'umido fastidioso delle lacrime agli occhi. Mi giravo e rigiravo attorno, inutilmente, ma non sapendo cosa fare, non mi rimaneva altra scelta che farmi guidare dall'istinto.
"Alagasies." Una voce suonò in quel luogo, ripetendosi in un eco insopportabile, scattai la testa da un'altra parte (avevo perso completamente il senso dell'orientamento), ma inutilmente, non avevo assolutamente idea da dove venisse quella voce.
"Alagasies." Dalla seconda volta che riuscii a sentire quella voce, capii che si trattava di una donna. La voce però non era più ripetuta dall'eco. Il mio petto si alzava e abbassava velocemente, che stava succedendo? A chi stava chiamando quella voce?
"Alagasies." Questa volta riuscii a percepire la direzione della voce, mi voltai. 
Indietreggiai di qualche passo, di fronte a me a qualche metro di distanza c'era una donna, giovane, di all'incirca trent'anni, anche di meno; aveva lunghi capelli ondulati e neri che spiccavano sul suo incarnato bianco come la neve. Si avvicinò a me di qualche passo, quando vide che arretrai si fermò accennando un sorriso. Era bellissima, una giovane e bellissima donna. Aggrottai le sopracciglia quando riuscii a vedere il colore delle sue iridi, esse erano ambrate, proprio come le mie.
"Alagasies, perché hai paura di me?" Sorrise dolcemente, avvicinandosi a me, fino a trovarsi a un metro di distanza. Indossava un abito verde smeraldo in velluto, lungo fino ai piedi e il corpetto era ricoperto di ricami rossi, le maniche erano strette, ma diventavano larghe ai polsi.
Deglutii e decisi di risponderle. In un certo senso, il senso di solitudine si stava affievolendo, quella giovane donna aveva un non sapevo che di familiare.
"Non ho paura di te." D'improvviso una miriade di domande si impossessarono della mia mente, dovevo chiedere molte cose a quella donna per capirci qualcosa, di dove mi trovavo o che cosa mi fosse successo. "Scusami, come mi hai chiamata?" Le chiesi per prima cosa.
"Alagasies, perché?"
"Il mio nome è Artemide, non Alagasies." Le dissi tutto il mio nome completo.
"No, il tuo vero nome è Alagasies, poi nostra madre quando ti lasciò su Midgard decise di darti un altro nome, ma non sapevo ancora che fosse Artemide, ma alla fine non c'è da stupirsi, lei ha sempre amato la cultura greca." Se prima ero confusa, in quel momento stavo per svenire. Quelle parole mi avevano confusa del tutto e non ci pensai nemmeno una volta a chiederle tutto quello che volevo sapere.
"Frena un attimo." Alzai le mani verso la sua direzione in segno di fare una pausa. "Nostra madre? Che intendi dire per nostra?" Deglutii, preparandomi alla risposta da parte di quella donna.
"Nostra madre, tua madre e mia madre." 
"Ma questo vuol dire che tu sei..."
"Il mio nome è Persefone, e sono tua sorella."






Buona seraaaaaa, 

allora? Artemis is baaaack.
Ho fretta, mooolta fretta, ringrazio velocemente tutti per aver recensito lo scorso capitolo e vi invito a recensire anche questo, ditemi la vostra e ditemi cosa ne pensate, cosa vi ha colpito etc.. etc..
Ecco qui Persefone:







SCAPPO, CIAOOOOOOOOOOOOOOOS.

ALLA PROSSIMA.

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Capitolo 13
*** 13. Dimenticare. ***


Two bodies, one soul.


"Non importa quante volte sono morto 
non le
dimenticherò mai, 
non importa quante bugie vivo 
non le rimpiangerò mai 
c'è un incendio dentro questo cuore 
che sta per esplodere tra le fiamme, 
dov'è il tuo Dio? 
Dov'è il tuo Dio? 
Dov'è il tuo Dio?"



                                     cit. Hurricane - 30 Seconds to Mars







° ° °

 
"Mia sorella?" Il mio fiato era corto e affannoso, come se mi fossi fermata dopo un'ora di corsa. Persefone mi guardava con occhi confusi e le sue labbra erano piegate in una smorfia che calzava a pennello con il suo sguardo.
"Si, c'è qualcosa che non va? Sembra quasi che hai appena visto un fantasma." Sobbalzai quando sentii la sua mano poggiarsi sulla mia spalla. Aveva un tocco leggero, così leggero che sembrava quasi una sensazione o un'impressione. La vidi ritrarre la mano non appena vide la mia reazione. 
Una miriade di domande si impadronirono della mia mente. 
Dovevo farle uscire dalla mia bocca e avevo bisogno di risposte. Molte risposte.
"Quindi ho una madre e un padre? Perché mi hanno abbandonata sulla Terra?" Fui così veloce a parlare che Persefone si portò una mano alla fronte, come se un mal di testa improvviso le provocasse dei dolori lancinanti.
"Capisco la tua confusione, ti dirò tutto ciò che vuoi sapere, ma ti prego di parlare più lentamente." Persefone si piazzò di fianco a me e iniziò a camminare, capii che dovevo camminare assieme a lei quando si girò dopo aver camminato di qualche metro, mi trovò con uno sguardo perso nel vuoto.
"Facciamo qualche passo. Vieni." Allungò un braccio verso di me e non esitai nemmeno un secondo ad avvicinarmi a lei. Iniziammo così a camminare lungo quell'odioso posto.
"Se non sbaglio, per prima cosa vuoi sapere rigurardo la nostra famiglia?"
"Sì." Deglutii, preparandomi al lungo racconto di quel pezzo di vita che mi era stato tolto, che mi mancava, che non avevo mai avuto.
"Intanto devi sapere che la nostra è una famiglia di Alai Obscuri, viviamo ad Asgard e se prima eravamo in cinque, Padre, Madre, Niklaus, io e tu, Alagasies." 
Alagasies. Era quello il mio vero nome? Sapevo cosa domandargli successivamente.
Ma d'improvviso, un orribile pensiero mi disturbò; Persefone aveva detto che della nostra famiglia erano rimastri tre membri.
"Scusa se ti interrompo. Niklaus? E' mio...nostro fratello? Ho un fratello?"
"Sì, è il più grande, poi sono venuta io e poi tu. Comunque, Padre era un guarriero e la maledizione si era impadronita di lui, ma sparì quando conobbe Madre, lei lo rese una persona migliore, anche lei era un Alae Obscura, ma era pura, non aveva ucciso nessuno. Essi si sposarono, ebbero Niklaus; la loro vita procedeva bene, fino a quando Madre conobbe la magia, un'arte ripudiata, che era costretta a praticarla di nascosto, ma in un incidente, Madre si sporcò le mani di sangue, anche lei così fu vittima della maledizione. Ebbe una figlia, ma non con Padre, quella figlia ero io. Padre era partito in una guerra e non appena scoprì che Madre praticava la magia e lo tradiva, se ne andò via." Qundi Persefone non era del tutto mia sorella, avevamo la madre in comune, ma non il padre. Ma perché mia madre praticò la magia, se era un'arte così disprezzata?
"Io e Niklaus vivevamo nel terrore che un giorno Madre potesse fare qualcos'altro di sbagliato, aveva delle crisi e la maledizione la stava distruggendo. Stava come stava Padre prima di incontrarla. Madre aveva tradito suo marito e il rimorso la uccideva. Niklaus era già grande, aveva diciotto anni e corse subito a cercare Padre. Dopo molti mesi, ritornarono. Madre riuscì a sopravvivere grazie al dio con cui aveva tradito Padre, lui la aiutò, ma lui voleva che lei ritornasse con Padre, gli diceva che lei aveva bisogno di qualcuno che la amasse e lui non la amava. Io ero nata solo per uno sporco divertimento tra Madre e un dio. Non so chi è, non lo voglio sapere. Lo odio." Mi fermai e di impulso anche lei lo fece. Piantonai i miei occhi dritti nei suoi del mio stesso colore, quello forse era uno dei pochi tratti che avevamo in comune con nostra madre, perché sicuramente lei aveva gli occhi ambrati.
"Se vuoi possiamo fermarci." Credevo che non avrei resistito io, invece era lei a soffrirne.
"No, tranquilla. Riprendendo il discorso: Madre riconobbe l'amore in Padre e si salvò, fu così che ebbero un'altra figlia, tu Alagasies. Mi rattrista ora raccontarti questa parte, vuoi andare ancora avanti?" Ora ero io che stavo per essere travolta.
"Facciamoci entrambe forza." Sfoggiai uno dei sorrisi più dolci che avevo, un sorriso che non facevo da molto tempo; Persefone sospirò e sorrise, continuando il "racconto" e riprendemmo così a camminare.
"Padre partì un'altra per una delle sue ispezioni di guerra, ma non ritornò. Arrivò solo una lettera che diceva che era deceduto a causa di un'esplosione. Avevi solo sei mesi quando successe. Madre perse l'unica persona che amò veramente, lei guardava te e rivedeva Padre, gli assomigli molto, sai?" Bene, mio padre era morto. Alla gola avevo un groppo insopportabile, ma non uscivano lacrime dai miei occhi. Forse perché non lo avevo mai conosciuto, ma ciò non toglieva il fatto che ci ero rimasta ugualmente male.
"Hai il suo stesso colore di capelli e anche il suo stesso portamento." Persefone sospirò. "Madre temeva che anche tu, diventata grande, cadessi nella maledizione. Così decise di lasciarti su Midgard, darti un altro nome, Artemide, e non lasciare che anche un'altra dei suoi figli cadesse nella maledizione, trasformandosi in un demone dai sentimenti crudeli e insopportabili."
"Questo vuol dire che tu sei maledetta?" Chiesi subito dopo che finì di parlare.
"Sì, non ho ancora conosciuto l'amore." 
"Perché? La maledizione va via non appena si conosce l'amore vero?"
"Per noi Alai Obscuri l'amore è l'essenziale, è la medicina più efficace."
Io ero maledetta, perché non avevo ancora conosiuto l'amore vero. Quindi Steve? I miei sentimenti per lui erano veri, ma perché non ero guarita dalla maledizione? All'improvviso il ricordo di Steve mi uccise dentro. Steve. Come stava? E chissà come starà quando saprà che io non ci sarò più. La mia vita mi sarebbe mancata molto. Combattere per la giustizia, combattere per ciò che amavo, contro il male, contro...Loki.
Loki.
Un groppo così forte alla gola mi portò a pensare addirittura di sentire l'odore metallico del sangue sulla lingua.
Ricordai la sua voce, i suoi abbracci e la sua inaspettata dolcezza. Ricordai le sue parole di incoraggiamento e il suo volto perfetto. Il cuore prese a battermi come le ali di un colibrì e il sangue salì sulle mie gote colorandole di un rosso acceso.
"Alagasies?" Scossi la testa e tornai con gli occhi su Persefone. "Stai bene?"
"S-sì." Scacciai via quei pensieri, dovevo concentrarmi sulle mie domande. "Tu mi chiami Alagasies, no? Quindi vuol dire che questo è il mio vero nome."
"Sì, esattamente."
Mi concentrai su un'altra domanda.
"Che cos'è questo posto?" Persefone sospirò nuovamente, era un vizio, visto che lo faceva sempre, come se avesse bisogno di prendere fiato ogni volta che inizasse a parlare.
"Questo è un posto di passaggio, non appena sei morta il tuo corpo si è trasferito in questa dimensione. Si chiama Limbo, qui puoi decidere se ritornare indietro o passare alla vita successiva, nell'Aldilà, insieme a dei e Alai Obscuri morti." Quindi potevo scegliere. Potevo ritornare indietro.
"Molte volte gli Alai Obscuri muoiono per suicidio e quindi molti di loro non ritornano indietro proprio perché non vogliono rivivere il dolore precedente, o di soffrire qualche altra pena." 
"Che intendi per -qualche altra pena-?" Volevo ritornare inidetro, ma dovevo sapere cosa avrei patito.
"Se un Alae Obscuro decide di ritornare indietro dovrà pagare, ma non precisamente che con che cosa, può essere di tutto: la vista, l'udito, la capacità di volare.. so solo che si perderà qualcosa di caro." La mia scelta in quel momento si fece più vaga. I miei occhi si fermarono sul vuoto. Dietro di me c'era Persefone, che si era fermata. Mi voltai e la guardai.
"Tu sei morta?"
"No, ma è stato dato a me il compito di aiutarti a scegliere. In realtà io sto sognando, può darsi che quando mi sveglierò non ricorderò di essere finita qui e di averti aiutato in questo passo così importante."
Volevo tornare, dovevo tornare. 
Ma non volevo tornare per Steve, nemmeno per il mio lavoro, o per quei pochi amici che avevo.
Sgranai gli occhi e portai una mano al cuore.
Volevo tornare per Loki?
"No.." Sibilai.
"Cosa -no-?" Chiese Persefone. Ci fu una pausa di qualche minuto, poi la voce di mia sorella ritornò. "Tu vuoi tornare, non è così?" Alzai gli occhi verso di lei.
"Sì."


                                                                                               ° ° °


Dovevano essere le dieci di mattina.
Loki non aveva dormito quella notte, l'aveva passata a pensare e ripensare. 
Di tutto: dai suoi loschi piani, a come avrebbe organizzato il suo regno una volta preso in possesso Midgard, ad Artemis...
Specialmente a lei.
In effetti Loki aveva chiuso per un attimo gli occhi e aveva subito sognato lei.

Si trovava in un posto strano, pareva infinito, un corridoio bianco che non finiva più; era distesa a terra ed aveva le ali spiegate e bianche. Il volto di Artemis era più bello che mai e lei dormiva. Loki si era avvicinato al suo corpo e le accarezzò dolcemente la gota, la chiamò, la richiamò e la ri-richiamò, ma lei non rispondeva. Loki mise due dita sulla sua carotide per controllare i battiti cardiaci. Non c'erano pulsazioni. Era morta. Il dio levò le dita dalla sua carotide e si accorse che, guardandole, erano sporche di sangue; guardò nuovamente Artemis. Le sue ali erano scomparse ed era sdraiata su una pozza di sangue, che pareva il suo. Loki la chiamò e la prese fra le sue braccia, proprio come quando lei aveva respirato per l'ultima volta. Loki nel suo sogno piangeva, con il viso pressato sul collo di Artemis. D'improvviso, Loki sentì delle voci e non appena si voltò trovò due donne che gli davano le spalle. "Tu vuoi tornare non è così?" Le diceva una donna all'altra. "Sì." Rispose quella determinata. Loki scosse la testa e guardò le sue braccia, Artemis non c'era. Si voltò nuovamente verso le due donne, anch'esse erano sparite. Di Artemis era rimasta una sola piuma, bianca. Loki la prese tra le dita, e annusandola riuscì a sentire il suo profumo. 

Quando Loki si svegliò, aveva preso inconscentemente la piuma nera di Artemis tra le mani ed essa era vicino al suo mento, per questo sentiva il suo odore nel sogno; ma non si riusciva a spiegare il significato. 
Mentre Loki ripensava al sogno, cercando di interpretarlo, alzando gli occhi si ritrovò di fronte, a pochi metri di distanza, Captain America.


                                                                                        ° ° °


Steve aveve parlato con Fury, ma non aveva risolto niente. Non gli aveva detto nulla sulla razza di Artemis, anche se Steve gli aveva urlato contro, quasi trattenuto da Barton e da Stark per il temperamento, Fury non aveva spiccicato parola se non "Non sono ancora altamente sicuro, quindi non ti dirò nulla." Se ne era andato furioso. Andò così da Loki, perché da lui voleva sapere sulla morte di Artemis. La aveva uccisa lui, si o no?
Steve aveva le braccia conserte al petto e i suoi occhi azzurri erano fermi su quelli verdi di Loki, che sorrise ambiguamente non appena lo vide.
"Cosa ti porta qui, Capitano?" Lo disse in modo amaro, acido e dispregiativo; ma Steve era stanco e arrabbiato e sarebbe andato subito al dunque.
"Dimmi un po' grandissimo idiota." Vide Loki irrigidirsi. Sapeva che gli Asgardiani erano orgogliosi e che si offendevano facilmente.
"Modera le parole della tua viscida lingua e poi vedrò di -dirti un po'-" Steve deglutii cercando di mantenere la calma.
"Hai ucciso o no Artemis?" Loki si alzò dalla sedia bianca e si avvicinò al vetro che divideva i due. 
"Perché continuate tutti a farmi questa domanda?" Loki deglutì e prese un repiro profondo, così leggero e nascosto che sembrò un sospiro fantasma. "Che importanza aveva quell'Agente da quattro soldi?" Le parole furono taglienti sul cuore di Steve.
"Allora l'hai uccisa tu."
"E chi lo dice che l'ho uccisa io?"
Steve corrugò la fronte. Si avvicinò al vetro della cella e parlò minacciosamente, come lo sguardo dei suoi occhi.
"Mi ordinano di non ucciderti, perché non appartieni a questo pianeta, ma tu non sai come desidero ucciderti." La voce suonava terrificante e dura, ma Loki accennò un colpo di tosse divertito.
"Lo so, l'ho letto nei tuoi pensieri." Steve indietreggiò di qualche passo.
"Tu leggi nel pensiero?"
"Sì, ti sorprende? Il tuo povero e piccolo cervello non riesce a capire? Quanta compassione." Loki fece una smorfia di finta pena e poi accennò una risata divertita.
"Ora rispondi." Urlò Steve. "Hai o non hai ucciso Artemis?!" 
"Sì, l'ho uccisa e sappi che ha sofferto molto." Loki sorrise ambiguamente. Steve sentì crescere dentro di sé una rabbia orribilmente forte.
"Ascolta gran figlio di putt..." Una voce elettronica suonò al piccolo apparecchio nero nell'orecchio destro di Steve. 
"Capitano Rogers! Capitano?!" Era la voce di Natasha Romanoff. Steve lanciò un'occhiata piena di odio a Loki e gli diede le spalle.
"Sì, ci sono. Che c'è?"
"Devi assolutamente raggiungerci nel laboratorio."
"Arrivo." La voce di Natasha era preoccupata, si trattava di qualcosa di grave.
"Che c'è? Qualche altro Agente dei miei stivali è deceduto?" Steve ignorò Loki e uscì dalla stanza precipitandosi nel laboratorio, dove era solito lavorare Stark.


                                                                 ° ° °



"Ma non ne sei sicura, vero?" Mi chiese Persefone, guarndandomi con quel sguardo apprensivo e dolce. Uno sguardo con cui si guarda una sorella.
"Il fatto non è che non ne sono sicura. Il problema è che se ritorno perderò qualcosa che a me sta cara." Ed era vero. Volevo tornare, ma se avessi perso la capacità di parlare o di camminare? Qualcosa dentro di me mi spingeva a ritornare per lui. Non per Steve. 

Sì, avete capito.

Per quanto lo potessi negare, volevo ritornare indietro solo per ringraziare Loki per quello che aveva fatto per me e magari passare più tempo con lui, ma solo a pensarci mi sembrava una follia. Lui era il nemico, non una pesona amica con cui chiaccherare. Ciò nonostante volevo conoscerlo più affondo, come aveva fatto lui con me.
"Vuoi ritornare per qualcuno, non è così?" Sentii la voce di Persefone ritornare.
"Sì." Respirai profondamente e chiusi gli occhi. Vidi Loki nel buio, e il mio desiderio era quello di abbracciarlo. Sì, volevo sentire il calore del suo corpo sul mio. Aprii gli occhi e trovai quelli ambrati di mia sorella.
"Okay. Come si fa a ritornare indietro?" Persefone mi sorrise e mi indicò con la mano uno specchio davanti a me che non avevo notato prima, ci avvicinammo ad esso e mi ci piazzai davanti; in esso non vedevo il mio riflesso, ma il laboratorio di Tony Stark, c'erano anche Natasha e Thor, che curiosava tra gli aggeggi tecnologici. 
"Cosa devo fare?" Domandai decisa. Ero determinata a tornare e lo avrei fatto. Mi voltai verso mia sorella, ma lei non c'era più era scomparsa. Mi voltai, ma non c'era nemmeno dietro di me. "Persefone?" La chiamai, ma nessuno mi rispose. Mi voltai nuovamente verso lo specchio. Allungai un dito verso il vetro ed esso si mosse, come l'acqua, al tocco era liquido e freddo. Ritirai la mano. Strusciai i polpastrelli dell'indice e del pollice fissadoli, poi ritornai a guardare attraverso lo specchio; con un respiro profondo infilai la mano dentro quel "vetro liquido come l'acqua" e ci entrai dentro. 
Buio.

Aprii gli occhi e un senso di confusione mi invase non appena mi guardai attorno. Mi trovavo in una stanza dai colori chiari: bianco, grigio e verde acqua. Composta da strani aggeggi che brillavano di una luce propria e alquanto strana. Alzai le braccia davanti a me e le toccai. Ero intera, ma cosa era successo non riuscivo a spiegarmelo, nemmeno dove mi trovavo. Sobbalzai quando sentii vicino a me il rumore di un qualcosa di vetro schioccare sul pavimento riducendosi in mille pezzi. Alzai lo sguardo verso le persone che avevo davanti a me. Una donna vestita di nero, come un uomo, insoliti vestiti attillati e molto scomodi, almeno così apparvero a me. Accanto a lei, un poco distante ci stava un uomo dai tipici vestiti del mio luogo nativo, doveva essere un Asgardiano; aveva dei capelli biondi e ondulati che gli arrivano alle spalle. Vicino a lui ci stava un uomo dagli insoliti vestiti, era moro e i suoi occhi mi fissavano increduli e scioccati, come gli altri due esseri accanto a lui.
L'uomo biondo aveva fatto cascare quel bicchiere di vetro.
"Ma che cazzo significa?!" Sbottò l'uomo che era sicuramente Midgardiano, ancor più scioccato di prima. Vidi la donna dai capelli rossi e corti avvicinarsi verso di me, indietreggiai un po' impaurita. Strinsi la stoffa setosa del mio abito bianco nelle mani, mentre i miei occhi saettavano su quelle tre persone che mi guardavano scioccate.
"Artemis, ma non eri morta? Da dove sei sbucata fuori?" L'uomo dai capelli biondi mi parlò, o almeno così sembrò, ma mi chiamò con un nome che non era il mio. Il battito del mio cuore accellerò.
"Capitano Rogers! Capitano!....Devi assolutamente raggiungerci al laboratorio." La donna dai capelli rossi si mise a parlare preoccupata, mentre premeva qualcosa sul suo orecchio.
"Artemis?" L'uomo midgardiano si avvicinò a me e io indietreggiai fino a sbattere non con molta violenza contro un tavolino metallico.
"C-chi siete?" Sibillai spaventata.
"Come chi siamo? Stai scherzando?" Tutti ci voltammo verso un uomo muscoloso, alto e biondo che era spuntato dalla porta. Anche lui iniziò a fissarmi sorpreso e scioccato, ma la sua bocca curvata sembrava quasi un'espressione felice, di sollievo.
"Artemis?" Non riuscivo a capire perché mi chiamavano con quel nome.
"Smettetela!" Strillai, abbandonando la presa sulla stoffa del mio lungo abito bianco. "Io non mi chiamo Artemis! Il mio nome è Alagasies e vengo da Asgard. Mi volete dire chi diamine siete voi e che cosa ci faccio qui?!"





 
Buon salve salvino ^-^

 
Avrei dovuto aggiornare ieri sera, ma gli sbalzi d'umore di mio padre me lo hanno impedito.
Comunque, come al solito ringrazio tutti per aver recensito e letto lo scorso capitolo, spero che questo vi piaccia e lo voglio sapere naturalmente! Fatemi sapere la vostra parte preferita e cosa ne pensate della vita di cui Artemis era allo scuro, ah già, fatemi sapere anche di cosa ne pensate dell'ultima parte: avrebbe dovuto perdere qualcosa a lei molto caro, quindi, dopo aver saputo tutte quelle cose sulla sua famiglia, che cosa ha perso? La memoria.
Ma l'ha persa in un modo particolare, perché lei ricorda solo che è Asgardiana, un Alae Obscuro e qual'è il suo vero nome, poi diciamo che non ricorda più nulla (nemmeno un piccolo approfondimento sulla sua razza).
Cosa ne pensate se ci sarà un finale LokixArtemis o se ce ne sarà uno con StevexArtemis?

Cosa desiderate che io faccia accadere?

Insomma, voglio delle recensioni davvero lunghe, mi voglio divertire <3


Ah già, prima che me ne dimentico, questa è il prestavolto della madre di Artemis\Alagasies.


Molte di voi la conoscono come Cercei Lannister, su GoT, ma a dir la verità lei mi piace molto e poi assomiglia alla persona che mi ero immaginata. Il suo nome è *****, ve lo farò sapere nei prossimi capitoli ^-^ Voi intanto ditemi che nome le vorreste dare.


Ora che ho finito di fracassarvi le palle (sono molto fine, ve lo possono confermare le ragazze di un gruppo di watsapp, che ovviamente saluto) vi saluto e vi ringrazio se avete letto anche questo "spazio autore".


Un Kiss

e


Alla prossima ;)



 
 


 
 

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Capitolo 14
*** 14. Ricordare. ***


Two bodies, one soul.



“Ha gli occhi di chi ha visto l’inferno e si è salvato comunque.”

            cit.







* * *

Steve non poteva credere a quello che gli si presentava dinnanzi a se. 
Artemis.
L'aria era come se fosse scomparsa, Steve respirava a fatica e non riuscì a dire altro se non pronunciare il suo nome.
"Artemis.." La ragazza lo guardava stranita e nei suoi occhi c'era confusione e panico, Steve non riusciva a capire il perché.
"Basta! Il mio nome non è Artemis! Sono Alagasies e vengo da Asgard e ora voi mi direte che diavolo ci faccio qui!" 
Se prima era in dubbio, Steve in quel momento rimase letteralmente senza fiato. Preso dal panico domandò:
"Artemis, ma che stai dicendo?" Quella che aveva davanti non era Artemis? Come poteva essere? Steve si avvicinò e quella indietreggiò così tanto da sbattere contro un tavolino pieno di attrezzi elettronici. Steve fu fermato da Natasha, gli mise un braccio davanti per bloccarlo, voltò la testa e lo guardò negli occhi. Steve riuscì a capire cosa voleva fare Natasha, ma non era ancora del tutto concentrato, era ancora scioccato.
Natasha tolse il braccio e si avvicinò lentamente a quella che doveva essere Artemis.
"Se non sei Artemis, chi sei?" Chiese lei, piano e dolcemente, come se non volesse svegliare qualcuno da un sogno.
"Sono Alagasies, provengo da Asgard."
"E' impossibile." La voce di Thor eccheggiò nella stanza. "E allora dimmi, Alagasies, il mio volto ti è familiare?" Gli occhi ambrati della ragazza inquadrarono per bene il dio e poi socchiuse la bocca per parlare, con tono sicuro, ma gli occhi ingannavano la sua voce.
"No, non ti ho mai visto, come voi altri." Doveva essere lei. Si disse Steve. Doveva per forza essere lei.
"Amici, io sono il principe di Asgard, chiunque provenga di lì sa chi sono io." Calò il silenzio.
Un silenzio profondo, tutti fissavano la ragazza che diceva di non essere ciò che loro conoscevano.
"Si può sapere cos'è questo bacc..." Nick Fury, davanti alla porta, con una voce sicura e severa, ma scioccata infine. "Agente Artemis?" Fury si avvicinò e Natasha si allontanò da Artemis. 
"No, sono Alagasies." 
"Cosa?"
Chiese Fury interrogativo, non più scioccato, ma solo famelico di risposte.
"Io non sono Artemis, dannazione!" Esclamò inorridita, con il fiatone dalla forte stanchezza di non aver capito nulla della situazione. Steve stava lì a fissare il tutto, con attenzione, ogni particolare, ma alla fine i suoi occhi erano puntati sulla ragazza che amava.
"Accidenti.." Soffiarono le labbra di Thor. 
"Che ti prende?" Chiese Tony, staccando finalmente il suo sguardo da Artemis.
"Portatela in un luogo dove possa rilassarsi, io vi devo comunicare qualcosa." In quel momento tutti fissavano Thor. 
"Ci penso io." In quella stanza, l'unica ad avere ancora tutte le capacità cognitive era Natasha Romanoff, forse perché era russa e i russi avevano un carattere molto forte. Si avvicinò ad Artemis.
"Dove mi state portando?!" Esclamò ancora confusa. Un'idea solcò la mente di Natasha e agì, pressò il pollice a pochi millimetri più su dell'articolazione del gomito sul nervo, un antico metodo per addormentare le persone e funzionò benissimo. Il corpo di Artemis prima di accasciarsi a terra in un tonfo, Steve riuscì a stringerla tra le sue braccia e la alzò da terra. La sua veste soffice e setosa provocava dei brividi a Steve, ma forse ciò che lo faceva sentire così era proprio la consapevolezza di averla tra le braccia, dopo aver passato giorni senza di lei, dopo aver creduto che fosse morta.
"Ma perché l'hai fatta addormentare?" Domandò un po' arrabbiato alla Vedova Nera.
"Sai com'è fatta. Deve vincere sempre lei, Artemis o...Alaga..Alegas...chiunque lei sia." Scosse la testa e uscì da quella stanza, seguita da Steve.

La portarono nella camera del Capitano, la distese nel suo letto e inginocchiato davanti ad esso, accarezzava la fronte e i capelli della ragazza.
"Forse dovresti andare a vedere cosa voleva dire Thor." Disse Natasha, ma Steve non smetteva di sfiorare la pelle della sua amata.
"Vai tu, sto io qui con lei, mi farò riferire tutto da Stark." 
"Capitano." Steve sospirò. Aveva ragione Natasha, doveva fare lei veglia su Artemis e lui doveva fare il suo dovere. A malincuore Steve si alzò, guardò un'ultima volta Artemis e uscì dalla stanza, recandosi nel laboratorio, senza dire nulla. 
Felice e confuso dentro, con la testa che girava come una trottola.

"Siamo tutti?" Domandò Thor, prima di iniziare a parlare.
"Si, Natasha dov'è?" L'Agente Barton si era ripreso e domandò al Capitano dove fosse la sua fidata collega.
"E' con Artemis." Rispose secco Steve, impaziente di sapere ciò che aveva da dire Thor riguardo ad Artemis.
"Quando un'Alae Obscuro muore, il suo corpo, la sua anima e il suo spirito raggiungono il Limbo, un luogo di scelta in cui la creatura può decidere se tornare o no; ma se decidesse di tornare, ella perderà qualcosa a lei caro."
Silenzio.
Nessuno osò fiatare.
Le menti di tutti erano concentrate su quello che Thor aveva appena detto. Artemide era morta, ma aveva scelto di ritornare e di conseguenza aveva perso la memoria.
"C'è un modo per fargliela ritornare? La memoria?" Chiese Stark pimpante, mentre con le dita si torturava il labbro inferiore e il mento.
"Non saprei, sicuramente per farle ricordare almeno qualcosa, bisogna parlarle della sua vita passata, chi è lei in realtà..." Thor si interruppe di botto, lasciando il suo discorso in sospeso, fece una smorfia confusa e piena di disapprovazione.
"Che succede?" Chiese Fury, sempre con quel tono autoritario e distaccato.
"Ciò che non mi spiego è perché lei dice di chiamarsi Alagasies e dice anche di provenire da Asgard."
"Può essere che nel Lindo..."
"E' Limbo, non Lindo." Disse Steve correggendo Tony; egli gli rivolse un'occhiata non con tanta simpatia e ricominciò a parlare.
"Può essere che nel Limbo ha scoperto chi è veramente lei? Pensateci: è un'Alae Obscuro, quindi è un Asgardiana e lei lo conferma anche se ha perso la memoria, diceva il suo modulo che è stata abbandonata a sei mesi davanti alla porta di un'orfanotrofio, quindi chi ci dice che il suo vero nome è Artemide e non Alagasies?" Nuovamente un silenzio cadde nella stanza e quelle menti geniali stavano rielaborando la teoria di Tony.
"Può essere." Disse Fury. "Ma sappiamo che nelle sue ultime ore di vita è stata con Loki e se lei sapesse qualcosa di più sull'attacco dell'esercito spaziale di cui tanto parla quello psicopatico?" Una furia immensa si scatenò dentro Steve e solo Tony parve notarlo.
Come poteva pensare a scopi personali anche in quel momento?
"Quindi tu in poche parole stai dicendo che Artemis deve ricordare tutto al più presto solo per ricavare delle informazioni riguardo Loki?" Steve sciolse il nodo tra le sue braccia e fece due passi in avanti verso Fury.
"Si, Capitano. E' questo lo scopo principale del fare ritornare la memoria ad Artemis." Steve non si sbagliava. Fury stava pensando prima ai piani, invece che ad una fidata Agente.
"Okay. Basta così." Disse subito Barton, cercando di placare qualcosa che doveva ancora scatenarsi. "Thor, cosa dobbiamo fare?" Thor voltò la testa verso Steve.
"So che lei provava dei sentimenti per te. Ha bisogno di qualcuno a cui teneva veramente." 
"Dimmi cosa devo fare."
La voce di Steve Rogers non era mai stata più determinata di così.
"Portala in alcuni posti importanti per lei, parlale dei bei ricordi e anche di quelli cattivi, ricordi che l'hanno costruita rendendola quello che è." Steve annuiva mentre Thor gesticolava con la mano, spiegandogli cosa avrebbe dovuto fare.
"Naturalmente dovete contribuire tutti, specialmente le persone che conosce da molto. Il fatto che Natasha si trova con lei e al risveglio troverà un'amica è una cosa positiva." Concluse così il suo discorso Thor.


                                                                                              * * *


Il giardino ornato di verde e di uccelli che cinguettando rendevano quel posto più paradisiaco; i fiori erano colorati e profumati e sul viale vi erano delle eleganti panchine.
"Persefone, non correre!" Una bambina dai lunghi capelli neri correva per il viale, ridendo per la felicità di quel posto che tanto le piaceva, aveva un qualcosa che lo rendeva magico e divertente. La donna che richiamò la bambina era la madre e al suo fianco c'era un ragazzino, dai capelli castano chiaro e gli occhi color nocciola, vispi e intenti ad osservare quel posto. Si trovavano nel giardino reale del Palazzo dei Reali di Asgard.
La donna si carezzava dolcemente il grembo gonfio, poiché lì viveva una dolce creatura che sarebbe nata in pochi mesi. 
"Madre! Guardate questi fiori! Sono tutti gialli!" Persefone aveva degli occhi che parevano due soli, sia per il colore, ma anche per la solarità incredibile.
"Persefone, ascolta Madre e datti una calmata." Disse in tono duro il ragazzino, che era il fratello della piccola.
"Niklaus." Lo richiamò la madre per il tono distaccato del fratello verso la sorellina. 
"Madre, perché siamo qui? Che altro vuole quel dio da te?" Domandò Niklaus.
"Sole mio, sono stata io a volerlo vedere e lui ha accettato e ho portato te e tua sorella perché voglio che prendiate confidenza con lui. E' una persona buona." Niklaus ingoiò un fiotto di saliva. Come poteva essere buona una persona che aveva rovinato una famiglia? Come poteva ancora Madre ritornare da lui dopo il male che ha portato? 
"Andromeda." Una quarta voce si aggiunse in quel luogo, si trattava di una voce profonda, persuasiva e misteriosa, la voce di un uomo. La Madre dei due (tre) bambini si voltò verso quella voce e sorrise, come mai aveva fatto. Non vedeva il dio da sette mesi. Egli si avvicinò alla donna, la cui nome doveva essere Andromeda e arrivato a destinazione poggiò le sue mani sulla pancia della donna, accarezzandola, sorridendole. Niklaus chiamò Persefone ed ella si mise dietro il fratello, il quale la nascondeva benissimo; la piccola aveva timore del dio, non le era mai piaciuto e nemmeno a Niklaus.
Il dio ritirò dolcemente le mani dal pancione di Andromeda e la guardò intensamente dentro gli occhi.
"Questi giorni senza vederti sono stati terribili." Confessò subito Andromeda al dio, egli sorrise alla donna e abbassando lo sguardo i suoi occhi incatenarono quelli di Niklaus.
"Niklaus, vedo che stai crescendo e anche bene." Sorrise il dio, ma il ragazzino lo fissava penetrante negli occhi, non con cattiveria, ma solamente molto intensamente, per studiarlo, magari fino a leggere nei suoi pensieri.
"E dov'è la piccola Persefone?" Ella sentì un colpo al cuore e strinse più forte le vesti del fratello, ormai umide per colpa del sudore freddo della bambina. Loki piegò le ginocchia, fino ad abbassarsi e a mettersi faccia a faccia con la piccola.
"Persefone, sii educata." La richiamò sottovoce la madre, con un tono di voce calmo.
Persefone ingoiò un fiotto di saliva e si distaccò di qualche centimetro dal fratello, avvicinandosi al dio.
"Diventi ogni giorno più bella, da grande diverrai una bellissima fanciulla." Inutle, anche se il dio cercava di essere simpatico e molto gentile nei confronti della bambina, lei aveva paura di lui, il cuoricino tremava ad ogni battito irregolare e gli occhi ambrati tremavano se cercavano di guardare quelli verdi e magnetici del dio.
Egli si alzò e affiancò Andromeda.
"Andromeda, facciamo quattro passi."
"Certamente." Andromeda si voltò verso i suoi bambini. "Restate qui, io e Loki dobbiamo fare due chiacchere. Fate i bravi." I bambini annuirono timidamente e Andromeda si appoggiava al braccio di Loki, camminando per il viale.
"Come vanno le cose con tuo marito?" Domandò il dio.
"Credo che vadano bene." Dopo che si erano riappacificati, Andromeda e Daario non erano più gli stessi, si amavano sì, ma una parte del cuore di Andromeda apparteneva a Loki, ma lui non ricambiava come lei o almeno: lui voleva che lei vivesse con la sua famiglia e mantenere dei rapporti di amicizia tra di loro; ma ad Andromeda pareva impossibile, il cuore accellerava ogni volta che stava con lui e lo amava, ma era il suo amante.
"Hai deciso che nome dare alla bambina che porti in grembo?" 
"Sì, le daremo il nome di Alagasies, lo erediterà dalla madre di Daario."
"E' un nome affascinante." Di colpo Loki si fermò e si mise davanti ad Andromeda.
"Andromeda, hai detto a Daario del tuo dubbio?"
"Non ancora."
"Devi farlo."
"Non posso, Loki. Rovinerei di nuovo la mia famiglia."
"Ma deve saperlo. Io voglio saperlo."



Mi svegliai ansimando, avevo la fronte sudata e anche la schiena era umida. Non avevo addosso le mie vesti, avevo una maglia larga e bianca e dei pantaloni neri e molto attillati, i piedi erano nudi. Che fine aveva fatto il mio vestito di seta? Quella stanza era insolita, le pareti erano grige e il pavimento bianco, non vi erano molti mobili. Io ero sdraiata su un letto molto comodo, ma anche rumoroso. Sobbalzai quando la figura di una donna si presentò davanti a me.
"Ti sei svegliata." Mi sorrise. Iniziavo a ricordare: quella era la donna dai capelli rossi Midgardiana, una di quelle persone che mi chiamavano Artemis e mi fissavano in uno strano modo. Deglutii e socchiusi la bocca per parlare.
"Per quanto tempo ho dormito?"
"24 ore piene. Credevo che fossi entrata in coma." Una parte di me consigliava di fidarsi di quella donna, un'altra parte preferiva che fossi cauta e molto attenta.
Avevo un forte mal di testa, ma più che un malore era un vuoto, come se avessi dimenticato una cosa, due cose, tante cose. Scostai la testa verso la porta, il ragazzo muscoloso e biondo di "prima" entrò in stanza e non fece altro che piantare i suoi occhi nei miei.
Quel ragazzo aveva un'aria familiare: come tutti. Mi stava scoppiando la testa.
"Quando ti sei svegliata?" Si avvicinò a me e d'istinto i miei battiti aumentarono di colpo, anche se il suo tono era gentile e premuroso.
"Da qualche minuto." Rispose la donna dai capelli rossi. 
"Come vi chiamate?" Diedi del lei a quel ragazzo, preferivo essere galante.
"Steve." Rispose il ragazzo, accennando una sfumatura di malinconia.

Steve.
Quel nome mi suonava troppo familiare.

                                                                                   
Buona seraaaaa!!


Ho molta, moltissima fretta.
Ringrazio coloro che hanno recensito il capitolo precedente, vi invito a dirmi la vostra su questo capitolo (di passaggio).
Grazie per aver letto e grazie per essere arrivato\a fin qui.

Ripeto: ditemi la vostra, per me è importante.

Ps. Ho grandi progetti per questa Fanfiction e vi avviso che ci sarà un sequel.

Con affetto (?)


Alla prossima ;)




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Capitolo 15
*** 15. Debolezze. ***


Two bodies, one soul.



"E' facile innamorarsi, ma è difficile spezzare il cuore di qualcuno."

cit. Lea Michele - Battlefield





 


° ° °


Ore.
Sono ore che Steve Rogers mi porta in giro per questa città Midgardiana che lui chiama New York.
Mi portò in un posto in cui vendevano una strana (ma buona) bevanda di nome "cappuccino" e successivamente andammo in una bottega che vendeva dei strani aggeggi rotondi e grigi con un buco al centro, Steve li chiamava dischi e disse che tramite quelli si ascoltava della musica, da definire insolita. Sembravano un mucchio di accordi assordanti aggrovigliati assieme, però aveva un suo fascino. Steve lo chiamava Metal.
"Mi hai fatto appassionare tu di questa musica, sai?" Steve mi dava del tu e pareva anche gli sembrasse facile farlo; ma io proprio non ci riuscivo, anche se lui voleva che gli dassi del tu.
"Davvero? Non ridordo." E quella non era di certo l'unica cosa che non ricordavo.
Avevo dimenticato tante cose della mia vita passata, me lo aveva spiegato Thor, principe di Asgard.
Lui mi aveva spiegato tutto e io mi ero lasciata trascinare successivamente da Steve.
Lo trovavo un tipo simpatico e anche socievole, mi parlava in un modo davvero affettuoso e solare, al contempo.
La domanda che pulsava nella mia mente irritandola era -Che ruolo aveva Steve nella mia vita?- E lo avrei capito, lo avrei scoperto e avrei sperato di riuscire a ricordare.
Solo che quando mi sforzavo di ricordare una piccola cosa, un mal di testa assordante mi penetrava la testa, confondendola ancor di più, quindi evitavo.
Thor mi disse che loro mi avrebbero aiutata, ma alla fine dipendeva tutto da me, che ci sarebbe stato qualcosa che mi avrebbe fatto scattare dentro facendomi ricordare tutto. E aspettavo impazientemente quel qualcosa, mentre Steve mi mostrava vari dischi di musica metal.
"Questi chi sono?" Era una copertina familiare, c'era scritto "Skillet" con un carattere insolito, a dire il vero.
"La tua band preferita." Mi sorrise. Mi sorrideva sempre e lo trovavo dolce e carino, ma non di più.
"Band?"
"Un gruppo di persone che suonano costituiscono una band."
Troppe informazioni. Strizzai per un attimo gli occhi e scossi la testa. "Hey, va tutto bene?" Steve posò i dischi sopra un bancone pieno di custodie e si avvicinò a me, i suoi occhi blu preoccupati fissavano i miei. Erano degli occhi bellissimi.
"No, tranquillo. Va tutto bene." Gli sorrisi, ma non fui abbastanza convincente.
"Sono cinque ore che siamo in giro. Ritorniamo alla base, devi riposarti." Steve posò una mano sulla mia schiena e mi guidò fuori dalla bottega.
"Tranquillo, posso ancora restare."
"No Artemis, è meglio così." Artemis. Mi sembrava strano essere chiamata così. Era il mio nome, io avevo un nome, Agente Artemis. Solo che non ricordavo di avere quel nome, il mio era Alagasies e ne ero sicura. Una cosa che ricordavo ed era così. Doveva essere così.
"Ma prima possiamo passare da qualche locanda? Ho molta fame." Non ricordo di aver mangiato, ma solo di aver bevuto un cappuccino.
"Locanda?" Rise un po'.
"Perché? Qui come si chiamano i posti in cui vendono del cibo?"
"Fastfood, pizzerie, ristoranti... Dipende da quello che vuoi mangiare."
Molto evoluti voi Midgardiani."
Quella frase la dissi quel giorno almeno sei volte. Steve mi portò in un posto affollato, pieno di gente seduta che mangiava cibo con le mani, senza servirsi di coltello e forchetta.
"Che posto è?"
"Un fastfood, anche qui mi ci portato tu." Disse Steve, mentre una ragazza gli andava incontro.
"Un tavolo per due?"
"Si, grazie."

 
° ° °


Steve trattenne una risata quando i panini arrivarono. Artemis fissava il suo piatto con degli occhi sgranati e indifferenti sul da farsi. "Hem, cosa c'è dentro?" Il suo tono di voce tremolante fece scoppiare Steve dal ridere.
"Formaggio, lattuga, patatine fritte e pollo." Lei impazziva per quel panino, amava il pollo e come era successo per la musica, la stessa cosa era per il cibo, i gusti non cambiavano.
"E quando ricordavo questo cibo mi piaceva?"
"Lo ami questo cibo." Artemis deglutì, prese con entrambe le mani il panino e se lo portò in bocca, diede un piccolo morso e iniziò a masticare, quando ingoiò Steve le domandò:
"Allora, com'è?"
"Ha un sapore strano, ma è la cosa più deliziosa che io abbia mai assaggiato."
Steve non riuscì a non ridere.

Ritornati alla base Artemis volle fare un giro per l'edificio e Steve fu contento di accompagnarla.
Dopo essersi risvegliata, l'Helicarrier atterrò e andarono tutti alla base, nel tragitto Thor era stato con Artemis, spiegandole un paio di cose. Deve essere proprio stanca, pensò Steve.
"Questa è la palestra." Steve aprì la porta e Artemis centrò dentro la palestra. Artemis aveva un espressione curiosa, voltava continuamente la testa da tutte le parti. A Steve faceva un certo effetto entrare un'altra volta lì con lei, era lì che lui aveva scoperto che Artemis aveva due cicatrici alla schiena, se non fosse stato per quell'episodio, Steve non avrebbe visto nemmeno le lacrime nere di Artemis. Ma aveva ancora le ali? Alla trasformazione aveva ancora i canini appuntiti e gli occhi neri? Si domandò il giovane Capitano.
"Ricordo questo posto." Steve si sentì sussultare il cuore. Artemis lo guardava negli occhi e gli sorrideva lievemente. Ancora il giovane Capitano non aveva realizzato a pieno che lei fosse viva, dopo aver pensato al peggio.



 
° ° °

 

"Ricordo questo posto." Mi voltai verso Steve. Un'immagine si stava colorando nella mia mente, facendosi spazio, fino ad impadronirsi completamente di tutto il mio corpo.

"Artemis." Si avvicinò a lei preoccupato. "Cosa sono quelle nella schiena?" Domandò, senza nascondere la sua preoccupazione. Lei all'inizio gli rivolse un sorriso, ma poi si irrigidì e raccolse la giacca, indossandola subito, con fare nervoso, molto nervoso ed impacciato.
"Niente." Disse subito, appoggiando la valigia al muro.
"No, quelle non sono niente." Disse subito Steve. Ci fu un attimo di silenzio tra i due. "
"E' arrrivato il momento di raccontarmi di te."
"No, Steve, non c'è nulla da dire." Disse svelta Artemis, incamminandosi verso la porta. "Io me ne devo andare, mi sono ricordata di avere un impegno.."
"Artemis!" La richiamò Steve, lei si bloccò e lo fissò con gli occhi che tremavano. "Non puoi sempre nasconderti, prima o poi devi dirmi la verità." Lei sospirò, abbassando lo sguardo. Steve si avvicinava con passo lento verso di lei, appena gli arrivò davanti, con una mano appoggiata sul suo mento, le alzò lo sguardo. "Artemis.." La chiamò a qualche centimentro distante dal suo viso. Erano troppo vicini. Steve allontanò il suo volto per controllare che quella che uscì dall'occhio di Artemis fosse davvero una lacrima, ma di colore nero.
"Ma cos.."
"Adesso basta." Aprì la porta, ma fu bloccata dalla presa ferrea di Steve sul suo polso.
"Steve, lasciami andare." Disse senza osare a voltarsi.
"No."
"Steve..Ti prego.." La sua voce si faceva più fragile e a Steve gli venne un tuffo al cuore.
"No." Artemis si voltò verso di lui, aveva delle vene rosse attorno agli occhi e se la vista di Steve non lo ingannava, Artemis non aveva più le iridi, ne pupulla, ne bianco, tutto nero.
"Lasciami stare!"



"Noi due, qui." Camminai velocemente verso il punto in cui si svolse quella specie di visione.
Steve mi seguì e si fermò non appena io mi fermai.
"Cosa è successo?" Chiese, con il suo viso vicino al mio. Sospirai e scossi la testa.
Non sapevo nemmeno io cosa fosse successo.
"Ho avuto una specie di visione." Gli occhi di Steve parvero illuminarsi, sorrise e mi guardò più intensamente negli occhi.
"Cosa hai ricordato?"
"Avevo gli occhi neri e tu avevi visto le mie cicatrici dietro la schiena. Ci stavamo allenando in questo posto."
Steve sorrise ancor di più.
"Stai iniziando a ricordare!" Esclamò felice. Stavo iniziando a ricordare davvero. Forse dopo tutta quella camminata e tutte quelle informazioni la mia memoria si era un po' sbloccata.
"Magari se mi porti in altre camere come questa potrei ricordare qualcos'altro!" Volevo ricordare tutto, era una strana sensazione. Era come se il vuoto che avevo in testa man a mano che ricordavo sparisse.
"No, Artemis." Aggrottai le sopracciglia.
"Perché?" La sua espressione era una miscela tra dispiaciuto e serio.
"Non voglio che tu esageri." Posò una mano sulla mia guancia accarezzandola dolcemente.
I battiti del mio cuore diventarono improvvisamente irregolari.
Quando avvicinò il suo viso al mio così vicino da potersi toccare, ritirò la mano e si allontanò.
"Ti accompagno in camera tua."


Se avevo trovato ore prima quel tipo di letto comodo, in quel momento mi giravo e rigiravo.
Il sonno ed io non andavamo d'accordo. Tolsi le coperte da sopra il mio corpo e mi alzai in piedi.
Quella stanza era così seria, ma Steve aveva detto che era una camera che apparteneva a me, anche se avevo un appartamento avevo sempre preferito dormire lì. Indossavo una maglia bianca a maniche corte e dei pantaloni neri, larghi e morbidi.
Mi misi a camminare su e giù per la stanza.
Qualcosa mi infastidiva, qualcosa mi impediva di dormire. Era come se mi mancasse qualcosa, ma non ricordavo cosa.
Sapevo solo che era un vuoto enorme e faceva male. Aprii la porta e uscii fuori dalla stanza.
Il corridoio era lungo e largo, pieno di porte numerate. I miei piedi si fermarono davanti alla porta con sopra scritto "cella".
Dove c'era una cella c'era una persona arrestata o prigioniera.
Non avrei dovuto aprire, perché c'era qualcuno di pericoloso, ma non avevo sonno e la curiosità era troppo forte.



 
° ° °
 


Loki passeggiava sul pavimento bianco della cella.
Non aveva sonno e se avesse dormito avrebbe sognato lei, quindi preferiva di no.
Era inquieto, forse era quella cella orrenda, ma alla fine c'era qualcosa, una presenza che riempiva di inquietudine e mistero il dio degli inganni.
Si fermò di scatto quando sentì dei passi avvicinarsi e fermarsi dietro la porta.
Qualcuno stava entrando.


Fu come perdere il fiato.
Cadere da un dirupo e non avere l'impatto con il terreno poiché la caduta era troppo lunga.
Artemis.
Era un'illuminazione. Era un sogno. Stava sognando.
Non poteva essere.
Loki sapeva solamente che il suo cuore aveva smesso di battere.
Loki sapeva solamente che la donna che aveva perso era davanti ai suoi occhi.
 




Buona seraaaa <3


Vi ho fatto dono di un super capitolone perché vi avviso: aggiornerò tra due settimane.
Purtroppo ho gli esami e devo studiare, studiare e...aspetta: studiare.

Ringrazio tutti quelli che hanno recensito il capitolo precedente e ringrazio tutti quelli che seguono questa storia.

Recensite e ditemi che ne pensate, l'ultima parte come vi è sembrata?
TELL ME.


Fatemi sapere di tutto e di più, leggerò le vostre recensioni. Adoro leggerle :)


Grazie ancora...

Ps. mancano (credo) meno di dieci capitoli alla fine di Two bodies, one soul.
Dopo di che ci sarà Two souls, one heart.

Non vi dico di più. Vi lascerò con la curiosità per ben 2 settimane (me malvagia)



alla prosisma ;)


 

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Capitolo 16
*** 16. Rifugiati nell'oscurità. ***


Two bodies, one soul.
 
 
"L'anima di una persona è nascosta nel suo sguardo, per questo abbiamo paura di guardare negli occhi di chi ci ama."
 
cit. Jim Morrison






                                                                                                                   * * *

 
 
Batteva incoscientemente.
Quel piccolo ammasso di carne che pompava nel suo petto così forte che Loki si rifiutava di poterlo chiamare cuore. 
Occhi su occhi.
Sguardo su sguardo.
Non poteva essere un'allucinazione, non doveva esserlo.
I battiti erano irrazionali, impossibili da poterli sopportare. Era come se un turbine di emozioni lo stesse travolgendo.
"Perché mi state fissando così?" La sua voce. Era lei. Basta rimuginarsi. 
Era lei e basta. 
Era lì presente, era lì con lui. 
Ma se l'aveva vista morire? Perché parlava a Loki come un estraneo?
"Non capisco, come ti sto fissando?" Loki trovò il coraggio di parlare, di respirare e di far regolare quei battiti. "Artemis, sono Loki." Disse subito.
Loki vide la ragazza sbattere le palpebre in segno di sbuffo.
"Voi siete un'altra persona che mi conoscevate con il nome di Artemis?" Tutto in quella domanda non aveva senso. Il dio degli inganni ebbe un attimo di confusione, ma poi capì.
Tutti gli Alai Obscuri alla morte finivano nel Limbo, una dimensione di passaggio e di scelta, scegliere se ritornare o no; ogni volta che un Alae Obscuro ritornava perdeva qualcosa a lui caro, esempio le ali; ma per Artemis le ali non contavano più dei suoi ricordi. 
Artemis aveva perso la memoria.
Loki chiuse gli occhi e scosse lentamente la testa, socchiudendo la bocca in un'espressione amara e pungente. La donna per cui Loki aveva perso il controllo dei suoi battiti cardiaci non si ricordava più di lui.
"Vi sentite bene?"
Ma cosa importava dei suoi ricordi? In quel momento era lì; era morta davanti agli occhi di Loki, ne era certo, ma in quel momento era lì.
Dopo aver iniziato a pensare al mondo di quando ancora Artemis non esisteva, lei era lì.
Perché alla fine, Loki non avrebbe più potuto immaginare la sua vita prima di conoscerla.
Prima di averla vista buttarsi da quella torre quella sera a Stoccarda.
L'aveva lasciata andare.
E adesso era ritornata da lui.
Loki cercò di entrare nella sua mente non appena vide il suo sguardo posarsi nel vuoto, pensieroso e concentrato su qualcosa.
Loki riuscii a vedere quello che vide lei dentro la sua mente.
Lei stava ricordando.
Un ricordo che fece stringere lo stomaco di Loki in una morsa pungente.

 
 
                                                                                           *       *       *
 

 
"Smettila di pensare che le persone che ti amano ti odino." Il mio cuore tremò. Aveva letto nella mia mente, di nuovo. 
L'altra parte di me, voleva mettere fine a tutto, perché stava scoppiando e non aveva più lacrime d'inchiostro da piangere.
"Ormai la vedo così. E' più forte di me." Dissi, facendo una pausa tra una parola e l'altra.
"No, quei sentimenti non sono più forti di te. Tu sei padrona di te stessa, Artemis. L'ho visto dalla prima volta che ti vidi. Fa parte di te sentirti così, ma devi superarlo." Non sapevo se dargli ragione o meno, ma un senso di tranquillità calmò d'improvviso anche quella parte di me che voleva mettere fine a tutto.
"Perché fai tutto questo per me, Loki?" Chiesi debolmente, chiudendo gli occhi.
"Non lo so nemmeno io."
 
Era lui?
Era lui quell'uomo che mi stringeva a se dicendomi quelle dolci parole?
Ma specialmente: perché stavo così? Era come un senso di inquetudine, il vuoto non c'era più, solo inquietudine.
"Io vi conosco." Riuscii a dire guardandolo negli occhi.
Aveva degli occhi bellissimi, un verde così luminoso in cui ci si perdeva. Mi guardava intensamente, come se mi spogliasse da tutte le mie insicurezze, i miei vuoti, le mie paure, i miei dubbi... Il cuore prese a battere più velocemente.
"Sì, in un certo senso." Sorrise e per qualche strana ragione arrossii. 
"Che ruolo avevate nella mia vita?" Chiesi, avvicinandomi alla cella cercando di evitare il suo sguardo. 
"Non un ruolo molto importante." Sorrideva, ma nei suoi occhi si intravedeva una leggera scia di malinconia. Era inutile, i suoi occhi erano troppo belli e profondi per non essere osservati. Le parole che diceva non mi convincevano, c'era qualcosa che non andava. Sapevo che aveva un ruolo importante nella mia vita, o almeno, se non importante era significativo e profondo, come i suoi occhi.
"Non vi credo." Mi fermai davanti alla cella, a pochi centrimetri di distanza dal vetro spesso, ad un paio metri da lui. Stare "vicina" a lui mi metteva a disagio, era alto, aveva delle spalle larghe ed era più affascinante da vicino. Lo vidi improvvisamente sorridere e gli occhi illuminarsi di uno spirito un poco malizioso.
"Leggo nei tuoi pensieri, sei attratta da me." Un colpo al cuore, il sangue ribollì nelle mie gote arrossate e iniziai a sudare freddo. Quella voce così persuasiva e profonda...
Perché riusciva a mettermi così tanto in soggezione? Come faceva a leggermi nei pensieri?
 
Mi voltai verso Loki, lo sentivo ridere divertito. Finalmente voltai il mio sguardo su di lui e i miei occhi incontrarono i suoi.
"E' davvero strabiliante quello che riesci a fare quando concentri la tua forza sui pensieri e ricordi." Aggottai le sopracciglia leggermente confusa. Come faceva a sapere che ero così forte perché mi ero concentrata sui ricordi o sui pensieri? Di certo non persi l'occasione per domandarglielo direttamente. 
"E tu come fai a saperlo?" Sbottai con la voce affaticata; mi dirigevo verso i pesi, mi sedetti sul lettino di pelle e sollevai il peso, doveva essere di 50 kg.
"Leggo nella mente."
 
Scossi la testa e mi ripresi da quell'improvviso ricordo. Non era la prima volta che incontravo Loki, non era la prima volta che leggeva nella mente.
Dovevo sapere di più. Lui era la chiave di tutti i miei ricordi, con lui ricordavo di più.
"Allora i tuoi poteri si sbagliano." Incrociai le braccia al petto.
"Mi dai del tu improvvisamente?" Gli avevo sempre dato del lei, ma una volta che già lo conoscevo e gli davo del tu, avrei fatto così.
"Sì, ti porta fastidio?" Marcai il "ti" più delle altre parole. Sorrise e il mio cuore riprese a battere velocemente nel petto.
"Mi piace quando sei aggressiva, mi è sempre piaciuto." Un sorriso malizioso, che mi mandò ancor di più in suggestione. Deglutii e sospirai facendomi coraggio.
"Sei sempre così?" Domandai neutrale e tranquilla.
"Così come?" Inclinò leggermente  la testa da un lato, squadrandomi dalla testa ai piedi. 
Lo faceva apposta, mi provocava.
"Così." Lo indicai.
"Io non sto facendo niente." Mi stava facendo salire i nervi. Decisi di stare al suo gioco.
Mi sedetti sul pavimento freddo e lo fissai dritto negli occhi, con lo sguardo più serio e profondo che riuscivo a fare. "Che stai facendo?" Chiese stranito.
"Con te ricordo di più, voglio ricordare. Perciò: racconta." Rimase a fissare i miei occhi per molto tempo, forse cercava di farmi distogliere lo sguardo da quello suo; anche se avrei voluto farlo mantenni quel contatto visivo profondo. 
Non sapevo chi era lui nella mia vita passata, sapevo solo che i nostri sguardi erano troppo profondi e questo stava a significare che per me lui, anche per gli ultimi due secondi della mia vita passata, era stato importante.
"Hai intenzione di guardarmi per tutta la notte?" Chiese lui, senza distogliere lo sguardo dal mio.
"Se è necessario per farti parlare, sì." 
Sospirò, distolse lo sguardo dal mio e si sedette davanti a me. Per un attimo mi sentii vuota.
Era come se il suo sguardo mi riempisse e mi svuotasse al contempo.
"Prima hai detto di chiamarti Loki?" Anche il suo nome mi suonava familiare.
"Sì. Ma prima di parlare, voglio sapere cosa ci guadagno." Ci pensai un po' su.
"Ti farò uscire da questa cella."
"Cosa?" Disse scioccato.
Anche io ero scioccata da quello che avevo appena detto. Sapevo che si chiamava Loki, che era un asgardiano ed era un uomo rinchiuso in una cella, un fattore che faceva capire che non era una persona che aveva fatto del bene.
"Hai la mia parola." Mi morsi la lingua, quella che parlava non ero io, ma il mio istinto. Gli sorrisi, forse per migliorare la situazione di non so cosa, ma gli sorrisi e una strana sensazione di calore mi invase il cuore quando ricambiò il mio sorriso.
Non era affascinante, era bellissimo. Una strana sensazione di abbracciarlo mi pervase, ma dovevo controllarmi, non mi riconoscevo più.
"Bene, cosa vuoi sapere?" 
"Come mi hai conosciuta?"
 
 
 
                                                                                             *     *     *
 
 
Bella domanda.
Loki guardò in basso, gli occhi di Artemis lo fissavano curiosi e ansiosi. 
"Ero a Stoccarda in una festa midgardiana per una missione, dovevo mettermi in mostra per distrarre l'operazione che stava facendo l'Agente Barton. Osservavo la situazione da lontano, aspettando che uno dei miei uomini agisse e aggredisse un uomo che possedeva ciò che mi servivia, ma all'improvviso una giovane donna da un lungo vestito nero si avvicina al mio servitore sfoggiando i suoi migliori sorrisi. Era bellissima..." Sorrise istintivamente, gli occhi di Artemis erano famelici, volevano sapere di più.
"Ero io, quella giovane donna?"
"Sì; non appena ho agito io al posto del mio servitore tu lo hai subito steso con un pugno al naso e ti sei tolta la gonna rivelando dei pantaloni attillati e due spade. Quando tutti scapparono da quella sala, afferrai il mio scettro e ti attaccai chiedendoti prima chi eri, ma tu eri agile e sei riuscita a scamparmi. Una volta che mi precipitai fuori, iniziò un duello tra me e Captain America." Loki si fermò improvvisamente, una forte rabbia lo invase.
"Steve, Rogers?" 
"Sì, lui." Loki deglutì, non sapeva perché odiava così tanto quel capitano, forse perché lui aveva Artemis e il dio no. Ma lui la voleva. Un lampo di genio eccheggiò nella mente di Loki: ora che lei non aveva più memoria poteva raccontare delle bugie, ingannarla, fino a farle odiare gli Avengers, fino a farla innamorare di lui. Ma...
Non poteva. No, era troppo affezionato a lei per fare una crudeltà simile a lei.
Il dio degli inganni stava abbassando le sue armi per lei, solo per lei.
"Continua."
Loki le raccontò tutta la verità e tutti i momenti che passarono assieme.
"Come f-arò a recuperare tutti i miei ricordi?" Le iridi ambrate di Artemis diventarono più chiare quando gli occhi si inumidirono. Forse Loki non gli avrebbe dovuto raccontare quelle cose, ma di certo non avrebbe ricordato se gli avrebbe ricordato qualcosa di inutile.
"Penso che i ricordi arriveranno da soli, di colpo, nel momento meno probabili." Loki vide Artemis alzarsi dal pavimento, Loki la seguì. La ragazza si mise a camminare su e giù per la stanza, davanti alla cella.
"Cosa stai facendo?" Domandò stranito il dio.
"Come faccio a farmi uscire le ali?"
"Non lo so, non sono un Alao Obscuro."
"Non ricordo come si fa!" Beh, c'erano tante cose che Artemis non ricordava, ma forse quella più straziante era quella di non ricordarsi come far fuoriuscire le ali dalle spalle.
Si stava agitando, aveva infilato le mani dentro la maglietta, dietro sulla schiena.
"Eppure ci sono delle cicatrici." Loki rivedeva l'Artemis pazza dal dolore di quella sera.
"Artemis!!" Il cuore batteva all'impazzanta nel petto del dio, non voleva vederla in quello stato. Non ci sarebbe riuscito. 
La ragazza scattò la testa verso di lui e delle ali nere fuori uscirono dalle sue spalle.
Erano nere, ma gli occhi di Artemis erano sempre ambrati e i suoi denti erano sempre gli stessi. Solo l'amore poteva fare questi cambiamenti nel corpo di un Alae Obscuro.
Un mare di pensieri pavoneggiarono nella mente di Loki.
E se lei si fosse innamorata di lui? Anche se per gli ultimi istanti prima di morire?

 
 
 
Buonasera <3

Avviso: ho finito gli esami e quindi potrò iniziare a scrivere ogni settimana (se ricevo almeno 6 recensioni, quindi cercate di recensireeeee!) comunque, cosa ve ne pare di questo capitolo?

Vi dico che nella prossima stagione il POV di Loki sarà in prima persona perché è importante sapere cosa pensa lui in prima persona.
Tra 5\10 capitoli prevedo la fine di questa storia, e
Two souls, one heart arriverà presto :3

Ho tanti progetti per la seconda stagione, ma non vi anticipo altro, sappiate solo che sarà molto contorto, complicato e pieno di colpi di scena, quindi aspettatevi di tutto.

Ora scappo, recensite se siete arrivati fin qui e fatemi sapere cosa ne pensate.

Team
Loki o Team Steve?


ALLA PROSSIMA ;)
 
 

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Capitolo 17
*** 17. Fuga. ***


Two bodies, one soul.



                                                                   "Siamo angeli caduti in una terra d'inferno."

                                                                cit. Anonimo
 
 


* * *


 
Loki gettò un urlo. Lungo e disperato. Una lacrima solitaria uscì dall'occhio sinistro del dio. Una sola, una soltanto bastò per fargli capire finalmente che quello che stava provando era dolore. E chi provava dolore, amava. Artemis aveva ragione. Una parte di lui poteva ancora amare. Loki alzò la testa per guardarla, si alzò di scatto e si allontanò. Stava svanendo, come se si stesse smaterializzando lentamente. Nel giro di un minuto, di Artemis non vi era traccia. Solo una piuma nera, che se ne stava solitaria in mezzo al letto.
Loki respirò forte, raccolse la piuma e se la portò al naso, aveva lo stesso odore di lei.



Loki mi fissava impietrito, sapeva che stavo ricordando, sapeva che una scena si stava costruendo come un puzzle dentro la mia testa. Sentivo sulla mia schiena uno strano peso, mi voltai: erano le mie ali. Nere e lunghe più o meno due metri l'una, sembravano le ali di un corvo, ma dalle dimensioni molto più estese. I miei occhi tornarono a fissare quelli di Loki. Ero agitata, il cuore batteva forte dentro il petto e le mani tremavano e sudavano freddo, ma quando il mio sguardo si incatenò a quello di Loki tutto era andato via; anche la sua strana agitazione e il suo inspiegabile panico andarono via. Lui era una persona importante per me, lo era stato in passato e lo era anche in quel momento.
"Ci sei riuscita." Mi sorrise, senza distogliere i suoi occhi dai miei. Curvai le mie labbra in un sorriso.
"Ho sentito una scossa, che partiva dal petto e si è irradiata nella schiena." Era una sensazione che mi era familiare, sapevo come funzionavano le mie ali.
"Sono felice per te." Era gentile, il suo tono di voce era gentile. 
"Loki, chi sei tu veramente?" Aveva raccontato la mia storia, come mi aveva conosciuta e mi aveva fatto ricordare un paio di cose,ma volevo sapere chi era lui. Di colpo diventò freddo e cupo in viso. "Ho detto qualcosa di sbagliato?" Faceva male vederlo così, sembrava triste.
"No." Rabbrividii, quella risposta era stata data con un tono di voce troppo serio.
"Per essere dentro una cella vuol dire che un motivo ci sarà. Chi sei?" Avevo utilizzato un tono più duro di quanto mi aspettassi. Loki abbassò lo sguardo e io mi sentii vuota senza i suoi occhi sui miei. D'improvviso le mie ali scomparvero, rientrando dentro di me; sussultai e richiamai l'attenzione di Loki; ne approfittai per chiedergli nuovamente: "Allora? Voglio conoscerti, Loki." Quella volta fui gentile e dolce. Quasi vomitavo per la troppa dolcezza che ci misi. A quanto sembrava: non ero un tipo dolce.
"Cosa vuoi sapere?" Gli sorrisi, più che a lui a me: ero soddisfatta. Loki non mi sebrava un tipo che confessava qualcosa facilmente e nemmeno che lasciasse vincere qualcuno al posto suo. 
"Presentati, fa finta che io non ti conosca." Lo vidi sorridere sotto i baffi, ma quel sorriso buffo sparì lasciando spazio ad un'espressione seria e.. come dire.. sensuale? Mi torturai la coscienza: no, non potevo pensare a quelle cose sadiche.
"Sono Loki, vengo da Asgard e sono uno dei due principi del Regno. Mio fratello Thor è il pretendente al trono, lui è il dio del tuono, io sono il dio degli inganni."
"Perché tu no?" Lo vidi irrigidirsi, ma rispose subito.
"Perché sono un gigante di ghiaccio. Odino, padre degli dei, durante la battaglia contro Jotunehim mi trovò in un tempio e decise di adottarmi facendomi credere che io fossi suo figlio. Mi usò come uno strumento per mantenere la pace tra i due popoli. Per quel villano non sono niente che..." Bloccò lì il discorso, diede un pugno alla parete e sussultai impaurita. Aveva un'espressione indescrivibile nel volto. Mi avvicinai al vetro solido e verde che mi divideva da lui, volevo abbracciarlo, ma come potevo? Aveva bisogno di conforto, aveva bisogno di qualcuno. Forse era finito in quella cella per aver fatto vendetta contro suo padre; ma se era così perché mai era qui nella Terra invece di essere ad Asgard?
"Non avrei dovuto farti questa domanda, scusami." 
"No."
Disse subito guardandomi negli occhi. Erano lucidi e le sue iridi erano di un verde chiaro e intenso. Di colpo sentii la mia testa vuota, scoperta.. una strana sensazione. "Vuoi sapere perché sono in questa cella?" Aveva letto nella mia mente, ecco perché quel senso di vuoto. "Ho cercato di fare entrare i giganti di ghiaccio ben due volte ad Asgard, la seconda volta però fu l'ultima, poiché li uccisi sotto gli occhi di Frigga, la mia madre adottiva, in modo da essere considerato un eroe, il Re legittimo di Asgard. Ma poi ecco che mio fratello piomba a rovinare tutti i miei piani. Mi batto con quell'idiota fino a quando finisco accidentalmente in bilico in un precipizio." Il suo sguardo era intenso e nelle sue parole vi era rabbia, rabbia e solo rabbia. Ma forse vi era anche un pizzico di tristezza.  "Una volta caduto sono finito in un mondo a me straniero. Sono cresciuto nella solitudine fino a quando non ho stretto un accordo con i Chitauri. Voglio un Regno tutto mio. E' il mio diritto di nascita e tramite il potere del Tesseract potrò creare un varco tra qui e il mondo dove vivono quelle creature e farle passare qui, su Midgard e conquistare l'intero pianeta." Era crudele.
Gli occhi mi pungevano e una lacrima uscì dal mio occhio sinistro senza che me ne accorsi. Loki assunse un'espressione stranita quando vide quella lacrima uscire fuori. 
"Mi stavo fidando di te." Dissi quasi con voce tremolante. "Quante persone hai ucciso?" 
"Artemis." Era mortificato e forse nemmeno lui sapeva il perché di quella sua reazione.
"Quante persone hai ucciso da quando sei arrivato sulla Terra?!" Scadii parola per parola e le lacrime venivano in superfice sillaba per sillaba. "Rispondi!" Gli urlai così forte da farlo sussultare. Fu inevitabile far uscire un paio di lacrime.
"Un centinaio, se dobbiamo contare anche quanti ne ho resi schiavi: due centinaia." Un colpo al cuore. Mi fidavo di lui, vermente. Sapere chi era veramente mi aveva travolta. Ma insomma, che cosa mi potevo aspettare da un uomo che è dentro una cella su cui ci è scritto un cartellino sopra a sinistra "Pericoloso, evitare di comunicare o disturbare." 
"Artemis." Quando pronunciava il mio nome il mio cuore tremava. Mi voltai e corsi verso l'uscita. Sentii ancora una volta il mio nome, urlato da Loki nella speranza di farmi voltare. Ma non successe, chiusi la porta dietro di me e corsi verso la mia camera, cercando di ricordare dove si trovasse. Mi chiusi e mi gettai nel letto. Riuscii a non piangere, vidi l'orario dalla sveglia: erano le cinque del mattino. Mi addormentai, con la testa che pulsava e con il cuore ancora in gola.


                                                                                            * * *


Avevano tutti delle facce sconvolte e Steve non sapeva a cosa erano dovute quelle faccie. Erano arrivati i Chitauri? No, impossibile. Mancavano ancora tre giorni secondo Fury e secondo quello che aveva detto Loki implicitamente a Natasha Romanoff. 
"Che cosa sta succedendo?" Domandò Steve curioso di sapere cosa c'era che non andava. Il capitano si avvicinò al monitor e vide una registrazione da una telecamera di sorveglianza, quella che controllava la cella di Loki. Natasha premette il tasto "invio" e il video partì. Durava ore, ma era velocizzato al massimo. C'era Artemis che parlava con Loki, non da nemica, ansi: da amica e sembrava anche molto affascinata da lui. Come se pendesse dalle sue labbra. Steve stinse i pugni. I due minuti il video si stoppò con la corsa improvvisa di Artemis e il viso di Loki disperato.
"Ha perso la memoria, non aveva idea di chi fosse lui." Disse subito Natasha, notando l'espressione indescrivibile di Steve Rogers.
"Si, ma cosa si raccontavano? Le favolette della buonanotte?" Il tono di voce si Tony Stark infastiva Steve. Egli lo fissò con un'occhiata furiosa. "Oh insomma, Rogers non c'è motivo di essere gelosi: di certo non si raccontavano storie erotiche!"
"Stark!" Lo richiamò Natasha, mentre Thor nascondeva un sorrisetto diveritito.
"Azzardati a fare un'altra battutina e giuro che ti spacco la mascella!" Disse Steve avvicinandosi pericolosamente a lui.
"Su forza, fammi vedere come colpisci, vecchietto."
"Adesso basta!" Urlò con determinazione Fury dividendoli. "Capitano, il tuo compito è di parlare con l'Agente Artemis e scoprire se ha ricordato qualcosa che può tornarci utile. Lo faccia. Adesso."



                                                                                                * * *


Aprii la porta e mi trovai davanti Steve.
La notte prima avevo ricordato molte cose riguardo lui. Dal primo incontro al nostro primo bacio, dopo di che non ho nessun altro ricordo di lui; comunque sapevo che io e lui stavamo assieme, forse ci eravamo lasciati, ma eravamo stati assieme ed eravamo felici.
"Ciao." Lo saluto tranquillamente, con le gote stranamente arrossate. Il ricordo di quel bacio mi imbarazzava e avere Steve davanti ripensando a quella scena mi faceva ribollire il sangue nelle vene.
"Hey." Il suo saluto doveva essere qualcosa di amichevole? Perché aveva in viso un'espressione da funerale. Lo feci entrare e chiusi la porta, deglutii prima di voltarmi verso di lui. Sentivo una strana inquietudine, come se qualcosa lo turbasse. Lo vidi strofinarsi le mani sui pantaloni. "Dormito bene?"
"Diciamo di sì." In relatà mi ero addormentata alle 6 del mattino e mi ero svegliata alle 10, non avevo fatto altro che sognare Loki, ed ero sicura che quelli erano dei ricordi. Faceva male ricordare così tanto, era come se qualcosa si fosse sbloccato non appena conobbi (una seconda volta) il dio degli inganni. Solo a ripensare ai suoi occhi il mio stomaco andava in tilt, come se qualcosa ci svolazzasse dentro.
"Andrò subito al dunque: la telecamera ha registrato la tua conversazione con Loki." Per un attimo non riuscì a respirare, mi schiarii la voce per recuperare me stessa e il mio fiato.
"Hem..si, allora?" Quelle parole erano un misto di paura (di non-so-cosa) e di nervosismo. Non capivo cosa c'era di male a parlare con lui.
"E' severamente vietato parlare con Loki. E' pericoloso e crudele." Strinsi i pugni, Steve mi stava infastidendo. Abbassai gli occhi.
"Okay." Dissi in tono duro.
"Cosa ti ha detto?"
"Sono affari tuoi?" Alzai gli occhi e il mio sguardo gli lanciò una specie di sfida. Mi ero stancata, avevo 21 anni, potevo cavarmela benissimamente da sola e di certo Loki non era un tipo pericoloso, almeno: non con me; aveva avuto modo di dimostrarmelo numerose volte, forse dal modo in cui mi guardava, come riusciva a farmi sentire indifesa e protetta nello stesso tempo.
"Sì, Artemis. Sono affari dello S.H.I.E.L.D, quindi sono affari miei." Rispose freddo e severo.
"Non me ne frega niente."
"Siamo bravi a farci rivelare ciò che vogliamo sapere." Una rabbia iniziò a crescere nel mio petto e si irradiò nella schiena. Un peso leggero sbucò fuori dalle mie spalle.
"E io sono brava a starmene zitta! Nemmeno un interrogatorio della Romanoff riuscirebbe a farmi sputare il rospo." Come facevo a sapere che Natasha Romanoff era incredibile nel far confessare ad una certa persona la verità? Riaquistavo memoria, senza accorgermene nemmeno. Steve fissava qualcosa dietro e vicino di me. Erano le mie ali, dovevo incominciare a recuperare il controllo. Non potevano uscire così, senza il mio "preavviso".
"Bene." Disse lui secco, ritornando ai miei occhi.
"Bene." Sibilai.

Erano le 11 di sera, non ero uscita nemmeno un secondo da quella camera. Erano venuti Thor, il fratello di Loki, Natasha e Fury, ma io ero più brava di loro. Non avevo spiccicato parola. La tentazione di andare da Loki era grande, dovevo liberarlo. Glielo avevo promesso: se mi avesse detto ciò che io volevo sapere lo avrei liberato. Mi alzai, mi spogliai da quella maglietta larga e bianca e da quei pantaloncini rosa; misi dei pantaloni neri e attillati e una maglietta unica tinta verde prato, ai piedi delle converse grigie. Aprii lentamente la porta, la chiusi con molta cautela e percorsi il corridoio fino ad arrivare davanti alla porta della cella di Loki. Mi guardai intorno accertandomi che non ci fosse nessuno e entrai dentro la stanza, chiusi la porta lentamente e mi voltai. Vidi i suoi occhi piantati su di me.
"Artemis." Disse semplicemente. Il mio nome pronunciato da lui bastò a farmi battere il cuore a millemila. "Che ci fai qui?" Credeva che dopo avermi detto tutto quello che lui era io me ne sarei andata veramente? Beh, se era così: si sbagliava di grosso. Non mi facevo condizionare da ciò che aveva fatto una persona in passato, ma da ciò che era e cosa aveva dentro di sé. Forse ero pazza, forse era troppo buona e stupida.
"Sono venuta a liberarti, no?" La cosa era anormale, ma il mio tono era semplice e limpido.
"Cosa?" Loki aggrottò la fronte. "Lo stai facendo sul serio?" Disse mentre mi avvicinai al monitor davanti alla cella. C'erano dei numeri: dall'1 al 9 e poi lo 0. C'era una passward per far aprire quella porta di fianco alla cella di vetro solido e verde.
"Sì." 
"La combinazione è 144722." Lo guardai negli occhi ed è dire poco che mi sciolsi in quel verde smeraldo, limpido e sgargiante.
"E tu come fai a saperlo?"
"Ho letto nella mente di Fury mentre la componeva." Sorrise con cattiveria.
"Ovvio." Farfugliai. Prima che il mio dito premette sull'1 un'idea balenò nella mia mente. Un'idea folle, ma splendida per me.
"Che hai?" Chiese premuroso. Quel tono di voce...Dio.
"Ti libero ad una condizione."
"Ti ho già detto tutto quello che volevi sapere senza mentire, cos'altro dovrei fare?"
"Una volta che ti ho liberato devi portarmi via con te." 


 
Buonaseraaaaa <3

Ho aggiornato, ce l'ho fatta POPOPOO.

Okay.

Sclero un po' perché oggi ho iniziato la dieta (ahimè, la devo completare fino a fine settembre per farmi regalare da mio padre un cellulare decente.)
Eee *rullo di tamburi* HO TERMINATO IL TRAILER DI Two
souls, one heart. E credetemi: è un casino madornale anche nel trailer, infatti non è venuto benissimo al massimo, quello che si capisce: si capisce e so già che vi creerete un casino di domande non appena lo vedrete.
Quando lo vedrete? Quando pubblicherò il primo capitolo di Two souls , one heart naturalemente.
Anyway, per le splendide ragazze del gruppo di watsapp:
Giulia, Eleonora, Paola, Laura e Viviana sappiate che non sono attiva poiché quello schifo di cellulare mi è finito nel cesso. Eh sì, roba da non crederci.

Passsiamo alla storia: recensite e recensite se siete arrivati fin qui e fatemi sapere che ne pensate del SBAM "Voglio venire via con te"
Avanti perverititi, lo so che vi fate film mentali.

OwO


ps. l'immagine di apertura l'ho fataio, lol (una cagataa)


Alla prossima;)
 
 
 

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Capitolo 18
*** 18. Certezze. ***


Two bodies, one soul.


“Eye to eye, we face our fears unaermed on the battlefield.”

cit. Battlefield – Lea Michele






* * *

 
“Cosa?” Loki non riusciva a credere alla richiesta che Artemis gli aveva appena fatto. Tenerla con sé sarebbe stata la cosa più bella e lo avrebbe voluto, ma non si sarebbe mai aspettato che lei venisse di sua spontanea volontà. Il cuore di Loki dopo interminabili anni era finalmente colmo di felicità.
“Devi portarmi via con te, non ce la faccio a stare qui. Voglio stare… con te.”
Voleva averla vicina. Al diavolo quella cella, lo avrebbe liberato e avrebbe potuto annusare il suo profumo dopo giorni, dopo la disperazione di non averla più accanto, dopo aver creduto che non sarebbe più tornata indietro.
“Allora?” Negli occhi di Artemis vi era speranza e desiderio.
“Certo che puoi venire con me.” Loki sfoggiò ad Artemis un sorriso che ella non gli aveva mai visto. Artemis ricambiò il sorriso e il suo sguardo cadde nella tastiera, digitò il codice e un secondo dopo la porta della cella si aprì automaticamente. Gli occhi di entrambi finirono verso la porta, Loki la raggiunse, mentre Artemis rimase bloccata lì nel suo posto, per chissà quale motivo.
Il dio respirò profondamente l’aria della libertà e ora che era libero da quella cella poteva fare quello che aveva sempre desiderato nell’istante in cui rivide Artemis dopo aver pensato il peggio su di lei.
La giovane lo fissava interdetta, come se si sentisse in colpa.


Rimorso.
Desiderio.



Nello sguardo interminabile fra i due Loki lesse quelle emozioni nella mente di Artemis. Era combattuta, si sentiva un po’ in colpa per quello che aveva appena fatto, ma il desiderio di poterlo avere vicino era più forte.

Occhi contro occhi.
Viso contro viso.


I passi di Loki divennero lesti per raggiungere lei, che rimase pietrificata sul suo posto.
Il dio si fermò ad una piccola distanza da lei. Poteva sentire il proprio cuore andare in tilt per lei e poteva sentire anche il suo cuore. Solo un sentimento spiegava quello che succedeva fra di loro, ma Loki si rifiutava di ammetterlo. Non poteva essere, lui non era capace di amare. Era ridicolo che il dio degli inganni fosse capace di amare.
Loki stava per allontanarsi, non poteva abbracciarla. Non poteva e non doveva, ma qual’era la paura di Loki?

Paura di amare.

Perché quando lui aveva amato veramente una donna l’aveva portata alla disperazione e non voleva che succedesse la stessa cosa ad Artemis, lui teneva troppo a lei.
Loki indietreggiò di un passo e abbassò lo sguardo verso il pavimento, non poteva ancora guardare quegli occhi color ambra. Non gli era mai successo con nessuno, tanto meno con una donna.
Fu un attimo.
Loki si ritrovò impreparato. L’ultima persona che abbracciò fu Frigga, la madre adottiva.
Le braccia di Artemis stringevano il collo del dio e il suo viso era coperto dalla sua spalla. Senza pensarci più di una volta, Loki cinse la vita di Artemis attirandola di più a se.
Ed erano lì.
Due corpi che aderivano perfettamente.
Come se qualche identità divina li avesse messi a modo solo per farli ritrovare e unire in un abbracci.
Loki sentiva il profumo di Artemis intorpidirgli i sensi, così dolce e delicato. Per qualche strano motivo Loki arrossì quando desiderò sapere qual era il sapore di Artemis, non appena desiderò baciare e mordere ogni parte del suo corpo. Le carezzò i capelli con una dolcezza che egli credeva di non avere.


                                                                * * *


Non volevo più staccarmi da quell’abbraccio.
Iniziò a carezzarmi i capelli quando decisi di staccarmi da lui, a mia malavoglia. Poggiai delicatamente le mani sul suo petto, allontanandomi. Dei brividi caldi attraversarono il mio corpo fino ad attraversare in un botto il mio cuore quando le sue mani scivolarono sui miei fianchi sfiorandoli con una delicatezza che non credevo Loki avesse. Avevamo sciolto l’abbraccio, ma i nostri sguardi mantenevano un contatto visivo profondo. I suoi occhi da vicino erano più belli, le iridi erano verdi, ma era una strana tonalità di verde.
Le sue labbra rosee e leggermente sottili si piegarono in un piccolo sorriso. Abbassò lo sguardo sulle mie labbra, deglutii e interruppi quello che stava per succedere.
Forse non sapevo nemmeno cosa stava per succedere.
“Bene, ti ho liberato. Adesso dove si va e come arriveremo nel posto in hai intenzione di andare?” Era una domanda complessa, la cui risposta mi era anonima, ma Loki era un dio e come immaginavo: sapeva cosa fare.
“Il mio scettro.” Disse solamente avviandosi verso la porta.
“Loki!” Lo chiamai e lui si fermò, prima che aprisse la porta; la sua espressione mi spronava a parlare. “Prima devi dirmi quali sono i piani!” Mi avvicinai a lui.
“Artemis, ora farò su di me un incantesimo, solo tu potrai vedermi e devi portarmi dal mio scettro, una volta preso, esso ci condurrà nella base.” Mente geniale, fu quello che pensai mentre annuivo.
Loki fece cadere le braccia sui fianchi e strinse i pugni, una luce verde lo avvolse per una frazione di secondi e si dissolse nell’aria. L’incantesimo era fatto. Aprii la porta e uscii fuori dalla stanza a seguire Loki.
Sapevo dove lavorava Banner e avevo visto lì di sfuggita qualcosa che potesse essere simile ad uno scettro.
Scendemmo le scale, arrivati al terzo piano mi incamminai verso la stanza numero 17-A.
Mi si contorse lo stomaco quando uno scienziato passò di lì, alzò gli occhi nascosti dalle lenti degli occhiali verso di me, mi squadrò dalla testa ai piedi e distolse lo sguardo sorridendo con malizia. Ma che cavolo stava pensando quello? Scossi la testa, almeno non aveva visto Loki, quindi l’incantesimo era funzionato sul serio. Lo guardai, aveva i denti digrignati e i pugni stretti, così stretti che le nocche erano più pallide di come già le aveva di natura. Una cosa che mi colpiva della bellezza di Loki era il suo pallore, questo particolare lo rendeva più attraente. Scossi nuovamente la testa cacciando via quei pensieri. Lo sentii ridere silenziosamente.
Se aveva letto nei miei pensieri, ero fottuta.
Arrossii violentemente. Arrivata davanti alla porta della stanza numero 17-A aprii la porta e fortunatamente non vi era nessuno.
“Ti piacciono le pelli pallide negli uomini mortali, o.. immortali?”
Bene, ero fottuta.
“C-cosa?!” Quasi urlai.
“Mi trovi attraente.” Non era affatto una domanda e non era nemmeno la prima volta che lo diceva. Sbuffai mentre la mia mente elaborava qualche risposta, ma niente.
Loki si avvicinò a quello che doveva essere lo scettro e lo prese tra le mani con delicatezza, mentre ammirava la parte alta dell’oggetto insolito, ma che sprigionava in sé il potere del Tesseract.
Il dio si voltò verso di me con uno sguardo simile a quello di prima di prendere lo scettro tra le mani.
“Non dici nulla?”
“Non so di cosa tu stia parlando.”
“Ne parleremo dopo.”
Deglutii, cosa sarebbe successo?  Scossi il capo, decidendomi una volta per tutte di concentrarmi sulla missione, o.. fuga?
“Fuga d’amore.” La mia coscienza quel giorno non voleva farsi i cazzi suoi.
“Bene, adesso come ce ne andiamo?” Gli occhi di Loki si illuminarono di una strana luce, solo quando mi attirò a sé, poggiando una mano sulla mia vita capii che si trattava di malizia.
Petto contro petto, viso contro viso, occhi contro occhi.
Non riuscivo a sostenere quella distanza pari a zero, abbassai lo sguardo.
“Guardami negli occhi.” Il suo tono era un misto tra serietà e dolcezza. Obbedii e mi persi in quello sguardo così bello e particolare, così unico.
“Adesso chiudili.” Lo fissai interdetta per un paio di secondi. “Fidati di me.” Disse.
Io mi fidavo di lui?
Chiusi gli occhi senza pensarci un’altra volta. Sentii una brezza leggera sfiorarmi tutto il corpo, all’improvviso il pavimento dell’Helicarrier fu sostituito da uno ruvido e tortuoso.
Un botto alla al cuore che si propagò nella testa mi scosse così tanto da aprire gli occhi incerta.
Siamo in un luogo all’aperto e sono nella stessa posizione di prima con Loki, il cielo stellato e la luna piena facevano apparire i suoi occhi ancor più luminosi.
“Loki.” Lo chiamai, ancora incerta di quello che era appena successo dentro di me.
“Artemis?”
“Ricordo.”
Dissi semplicemente, ancora incerta.
“Cosa?” Chiese con un tono stupito.
“Ricordo, tutto.”

“Sono Artemis, ho 21 anni, non conosco i miei veri genitori, sono stata adottata da una famiglia irlandese. Faccio parte dello S.H.I.E.L.D da quando avevo 18 anni e da due anni faccio parte del progetto Avengers, sono un Alae Obscuro, un’Asgardiana, non sono una  Terrestre. Mi sono conficcata un pezzo di porcellana appuntito al cuore, mi sono risvegliata e non ricordavo più nulla. Sono vicina al dio che odiavo e sono scappata via con lui, perché c’è stato nel momento in cui tutto per me non aveva senso. Non lo odio, ora…”
Ne diventai certa, avevo recuperato la memoria. Ma le idee della nuova Artemis erano uguali a quelli dell’Artemis vecchia ritornata, volevo ancora stare Loki e non mi ero pentita di essere scappata via con lui.
Solo di una cosa non ero certa.

Cosa c’era alla fine di questa frase: “Non lo odio più, ora…”


Che cosa provavo per Loki?




 
Buonasera, buonasera.

Mi scussssso per il ritardo, ma ho le mie ragioni:
-ogni cosa che scrivevo la cancellavo schifiata.
-il mio computer deve essere riformattato per i troppi virus.
-ho scritto in tre computer diversi.
-ho litigato con mio padre affinché mi comprasse un cellulare nuovo, credetemi non è stato facile affatto.

Sono felicissima, perché SBAAAAM, Artemis ha riavuto indetro la memoriaaa!!
Cosa ne pensate? Specialmente dell'ultima domanda?
Cosa ne pensate della storia e cosa vi aspettate nei prossimi capitoli?
Vi è piaciuto l'abbraccio <3?

RECENSITE, PLS.

Se scrivo è solo perché voi mi date l'impulso di farlo, quindi grazie a chi legge e chi recensisce.

Grazie davvero <3


Alla prossima ;)




 
 

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Capitolo 19
*** 19. Rimanere. ***


Two bodies, one soul.



                           "-E' questo quello che fai, vero? Appena c'è un problema, tu scappi. [..]
                                          -Perché quando resto, distruggo le cose."

cit. The Vampire Diaries







* * *

 
"E' ritornata la memoria?" Chiese Loki gettando lo scettro sul terreno e poggiando le mani sulle mie guancie.
"Sì." Annuii felice, mentre lui guardava nei miei occhi con profondità, un attimo dopo sorrise anche lui e mi strinse a sé, ricambiai il gesto pieno di sentimento.
Ma quale sentimento?
Era una strana sensazione; era come se il cuore sapesse cosa fare, ma la testa ostacolasse i suoi piani con dei continui "No, no, no, non è giusto, no".
Solo che volevo assolutamente sapere cosa c'era che non andava dentro di me. Perché in quell'abbraccio io mi sentivo protetta e amata, ma non volevo ammettere di provare lo stesso quando era così? Era l'orgoglio? O era l'immagine che dovevo mantenere da buona Vendicatrice? 
Chiusi gli occhi, abbandonandomi fra le sue braccia, in quel profumo. 
Ricordavo.
Artemis era ritornata, ma non era cambiato ciò che provavo quando non avevo memoria, anzi era tornata e ciò che provavo era più forte di prima.
Forse perché ricordavo tutto quello che Loki aveva fatto per me, i suoi abbracci, le sue dolci parole di incoraggiamento, curarmi, aiutarmi.. Chi glielo faceva fare? Quale sentimento lo aveva spinto a fare ciò che aveva fatto? 
Ricordai anche le ultime parole che dissi prima di morire a Loki; aveva gli occhi lucidi e anche quando stavo morendo fra le sue braccia lui si stava prendendo cura di me.
Perché quando per me tutto era finito, lui c'era.
Perché quanto per me tutto non aveva più senso, lui c'era.
Perché quando la mia natura mi stava spezzando in mille pezzi, lui c'era.
E lui era un mio nemico, lui era il male. Ma perché il male si era preso cura di me?
E il male era poi così malvagio, o davvero ogni cosa non era mai troppo cattiva o troppo buona?
Tremai evidentemente, quando le labbra di Loki schioccarono un dolce bacio sulla mia fronte ed esse indugiarono per un tempo più lungo del previsto. Ci staccammo lentamente, Loki recuperò lo scettro e mi prese per mano. Inutile dire che tremai più di prima.
In un attimo ci trovammo in un luogo simile ad un sotterraneo, ma pieno di computer e di uomini e donne che ci lavoravano, avevano gli occhi blu, interamente blu, senza pupilla o iride. In fondo all’enorme luogo scuro, illuminato dalla luce dei computer e di poche luci a neon, c’era una stanza dalle mura di vetro, lì dentro c’era Eric Selvig, che stava lavorando con il Tesseract. Finalmente era lì, davanti ai miei occhi. La cosa che io e i miei compagni cercavamo ardentemente era lì. Tutti si erano accorti del ritorno di Loki, ma nessuno proferiva parola, c’erano solo rumori di tasti pigiati dalle tastiere dei computer e suoni elettrici.
Era tutto così maledettamente strano.
Io facevo parte dei Vendicatori, ero una specie di super-eroina, ma che cavolo stavo facendo allora?
Avrei dovuto attaccare, spiegare le mie ali e fare tutti fuori e combattere contro di Loki fino ad impossessarmi del Tesseract e portarlo a Fury. Ma invece ero lì, mano per mano con il nemico in balia a qualche sentimento che provavo per lui di cui nemmeno ne ero certa o non ne volevo essere certa.
Ma cos’ero? Una dei buoni, o una dei cattivi?
Lasciai la mano di Loki e lui se ne accorse, lo vedi dalla sua mascella che si digrignò.


                                                                                            * * *

Loki digrignò la mascella.
La mano di Artemis aveva abbandonato la sua per dei pensieri stupidi che pavoneggiavano impertinenti nella sua mente. Ora che aveva recuperato i suoi ricordi sapeva quali erano i suoi valori; era l’Artemis decisa e fiera che si buttò dalla torre del palazzo, proprio davanti agli occhi di Captain America e del dio.
Era disorientata, non sapeva cosa fosse. Ma perché era lì allora? Per chi? Era per lui, era per Loki.
Loki si sentì il cuore tremare, tutte queste emozioni lo stavano stravolgendo, voleva solo scapparne, ma questo stava anche a significare lasciare andare Artemis e non avrebbe potuto, non avrebbe voluto.
Si fermò di fronte al vetro, guardava Eric Selvig e quello si girò a sua volta, sentendo il richiamo del padrone dentro la sua testa posseduta e confusa da lui.
“Mio signore Loki, il lavoro sarà terminato tra circa 27 ore e sarà poi perfezionato.”
“Bene, i Chitauri sono pronti fra due giorni a mezzogiorno in punto, non deludermi, Eric.”

“Mai, mio signore.”
Loki si voltò ed incontrò lo sguardo di Artemis quasi sconcertato.

-Eric, lo conosco, come si è potuto ridurre così? Come ha fatto Loki a fare questo? E’ sbagliato, è tutto sbagliato-

Loki non ne poté più, agì d’impulso, senza ragionare. Prese Artemis per il polso e la trascinò fino alla sua stanza, dove lei si uccise fino a pochi giorni fa.
“Mi fai male!” Sbottò rabbiosa, nel tentativo di liberarsi. Artemis era forte, ma non lo era abbastanza.
Aprì la porta di metallo e spinse lì dentro Artemis, entrò dentro anche lui e chiuse la porta. Loki le diede una spallata mentre camminò verso un tavolino di legno e ci poggiò lo scettro. Appena si voltò Artemis scoppiò.
“Te la pensi e mi tratti come un oggetto?! Un po’ più di delicatezza! Che ho fatto di male?!”
“Forse vorresti dire –cos’ho pensato di male-“
Il volto di Artemis perse quella sua aria determinata e arrabbiata e diventarono vuoti i suoi occhi, che erano impegnati a mantenere un contatto visivo con quelli di Loki. “Devi parlare con me. Non devi tenerti tutto dentro.” Disse Loki con più dolcezza, avvicinandosi a lei.
“Vedere tutte quelle persone soggiogate, vedere Eric così, il Tesseract… se fossi stata l’Artemis di una settimana fa avrebbe attaccato e invece sono rimasta al tuo fianco come un cagnolino da compagnia!” Fu come uno sfogo per lei, disse tutto velocemente senza interrompere quel contatto visivo con il dio.
“Quindi? Vuoi attaccarmi? Vuoi uccidermi?”
“No, Loki. Io tengo a te, è questo il punto e non dovrebbe essere così!” Erano delle coltellate al cuore di Loki. “Io sono l’Agente Artemis, faccio parte dello S.H.I.E.L.D, io dovrei odiarti, ma non ti odio affatto!” All’improvviso quelle ferite di Loki si cicatrizzarono con facilità. Era solo confusa perché non voleva ammettere i suoi sentimenti e glielo avrebbe dovuto dire. 
“E adesso non capisco cosa sono, se il mio nome è solo un titolo, ma quello che sono in realtà si sta scombussolando per colpa delle scelte.”
“Ma sono le scelte a fare di te quello che sei.” Disse subito Loki serio, senza dolcezza, solo serietà. Artemis lo guardò interdetta per una frazione di secondi.
“Se solo tu potessi leggere nei miei pensieri sapresti quanto anche io sono confuso!” Ora anche il dio si stava liberando da tutto quello che teneva dentro. “Perché non ti ho rapita, quando invece ti avrei potuto uccidere senza problemi? Perché ti ho aiutata quando eri completamente una pazza suicida? Perché sognavo ogni notte la tua morte? Perché quando sei venuta da me e invece di raccontarti delle bugie ti ho detto per la prima volta in mille anni di vita la verità? Perché ti ho portata qui?” Artemis aveva gli occhi lucidi e tra pochi secondi le lacrime sarebbero scese, non appena successe Loki continuò: “E’ tutto nuovo anche per me, è tutto così strano anche per me e a volte vorrei scappare, ma non posso, capisci?” Loki si avvicinò ancora, ma lei non idietreggiò.
“Che cosa ci sta succedendo allora? Dimmelo, perché io non lo capisco.”
“Non vuoi ammetterlo.”
“Non vogliamo ammetterlo o tutto questo sarebbe più facile.”
Allora anche Artemis ne era consapevole: lei provava qualcosa per lui ed era chiaro di che cosa si trattasse, ma non voleva ammetterlo. Stessa cosa il dio.
Erano così dannatamente vicini e Loki voleva baciarla lì, in quel momento. Voleva assaporare le sue labbra carnose. Ma non in quel luogo. Non nel luogo in cui lei era morta.


                                                                                             * * *


Il cuore batteva così forte che era andato in tilt. Non ragionavo più, la mente era andata a farsi una passeggiata e il cuore e le emozioni stavano prendendo il possesso di tutto. Mi sentii morire quando gli occhi di Loki si spostarono per un secondo sulle mie labbra. Era evidente cosa volesse fare, ma mi sorprese quando mi prese per mano un’altra volta e sorrise con così tanta tenerezza da sembrare un bambino.
“Vieni, devo farti vedere un posto.” Era un sotterraneo, era un luogo tutto uguale, dove mi avrebbe portata? Mi morsi ripetutamente il labbro inferiore mentre mi portava in quel posto. Proseguimmo a Ovest dei sotterranei e salimmo delle scale in ferro. Una leggera brezza smuoveva con delicatezza i miei capelli. Era notte fonda, dovevano essere le due se si contava sulla posizione della luna piena. Era una specie di balconcino ricavato dalla roccia solida, la vista era stupenda. Vi era il mare, l'acqua blu che si confondeva con il cielo stellato, la vista di New York illuminata dalle luci e a destra la Statua della Libertà. 
Poggiai le mani alla ringhiera di roccia solida, mentre la brezza marina mi smuoveva i capelli.
"E' bellissimo qui." Il cielo era la cosa più bella di quel paesaggio, forse perché amavo l'astronomia, ma era davvero stupendo.
"Tu sei bellissima." Strabuzzai gli occhi e le gote avvamparono, quel complimento si ripeté come un eco infinito nella mia testa.
"Grazie." L'innocenza di quella parola era così alta che a una scala da uno a dieci lo era undici.
"Dimmi, tutti quelli dello S.H.I.E.L.D ti fissano con così tanta malizia quando passi per i corridoi?" L'eleganza di quelle parole mi metteva in suggezione, si stava riferendo a quello scienziato che mi fissava non con buoni propositi mentre io e Loki andavamo a recuperare lo scettro. Che giochetto vuole fare? Mi domandai, mentre andavo perfettamente d'accordo se voleva un po' di sarcasmo.
"A volte sì e a volte no, alcuni hanno anche paura di fissarmi perché pensano che possa fulminarli con lo sguardo." Ridacchiai, senza distogliere gli occhi dal mare, ma lui guardava me e con la punta degli occhi si poteva notare che i suoi occhi erano due smeraldi che rilucevano di una luce propria.
"Ed è vero, ai mortali fai paura quando gli lanci certe occhiate." Sghinazzò a fine frase, stessa cosa anche io.
"Ad Asgard le donne come ti guardano?" Gli domandai e fu inevitabile guardare quegli occhi così belli. In quel momento, il nostro sguardo ci univa più di un abbraccio. Sorrise con un po' di malizia e rispose:
"Mi mangiano con gli occhi." Risi, anche se qualcosa dentro di me bolle. Gelosia?
"Immagino che sia per colpa della tua camminata accattivante." Risi, ma mi morsi il labbro subito dopo, pentita di quello che dissi.
"Ho una camminata accattivante? Cioè attraente?" Rideva ancora, rideva della mia innocenza in quel momento. Non mi ero mai sentita così, stavo bene. Con lui mi sentivo bene e potevo essere me stessa, ma.. volevo per qualche strana ragione scappare da tutto quello.
"Smettila di provocarmi!" Gli diedi un colpetto al braccio.
"Cos'è più attraente in me, la pelle pallida o la camminata accattivante?" Mi guardava negli occhi con aria divertita, stessa cosa io. Aggrottai le sopracciglia con fare scherzoso. "Se non mi rispondi entrerò nella tua mente per scoprirlo." Rise e allora gli risposi.
"Beeeh, entrambe.. credo." Risi assieme a lui. "Anche se i tuoi occhi sono la cosa più bella." Diventai un tratto seria e lui si avvicinò a me, di istinto indietreggiai di un passo. Loki sospirò arrabbiato. Avevo appena rovinato tutto.
"Perché scappi?!" Domandò furioso, ma senza urlare, forse era più irritato che furioso. Un nodo si forma alla gola e per un motivo che non riesco a spiegarmi delle lacrime bruciano i miei occhi e mi appannano la vista.
"Non lo so. Io scappo e basta."
"E allora rimani."
Si avvicina, ma io indietreggio ancora e mi torturo la carne della guancia per questo, mordendola fino a sentire il sapore del sangue.
"Se io rimango, qualcuno se ne andrà per me, è sempre stato così." E lo era, lo era sempre stato. "Ma questa volta voglio restare."
"E perché?"
Sorrise quando vide che non mi allontanai quando si avvicinò.
"Perché con te io mi sento bene." Confesso. Lui poggia con dolcezza una mano sulla mia guancia e una dietro il mio bacino. "Ti prego, Loki. Non andare via, non farlo, non lo sopporterei." Quello era un nuovo sentimento, la paura di perderlo. Sia metaforicamente che davvero, esempio: la morte.
"Io rimarrò adesso e rimarrò per sempre, per te, solo per te." I suoi occhi saettavano dai miei occhi alle mie labbra, le desiderava e anche io desideravo le sue.
"Dobbiamo ammettere i nostri sentimenti, Loki." Dissi, mi avvicinai così tanto unire i nostri corpi, mentre i nostri visi erano distanti poco più di cinque centimentri, se devo essere precisa.
"Quale sentimento spiega tutto questo?" La sua voce era un sussuro, leggero e dolce.
"Amore?" Sembrò una domanda.
"Amore." Disse lui, quasi come una conferma. Si avvicinò e sfiorò le sue labbra con le mie. Il mio cuore prese a battere così veloce da non sentirlo più. Le nostre labbra si sfioravano, si allontanavano e si riavvicinavano toccandosi appena. Mi stava provocando anche in quel momento, voleva che gli saltassi addosso io, ma no.
"Baciami." Sembrò una supplica invece che un ordine.
Fu un attimo, un attimo in cui tutto era sparito.
Lo S.H.I.E.L.D, la mia missoione, la mia reputazione, i soggiogati e Eric che avrei dovuto salvare. C'eravamo solo io e lui, i nostri corpi che aderivano perfettamente e le nostre labbra che pressavano l'una contro l'altra, come una frenetica e dolce lotta.


 
Buonasssssssera, buonassssera.


TADAAAAAAN, SE SONO BASIATI, FIALMONT (?)

Ringrazio molto tutti coloro che hanno letto e recensito dal primo capitolo a questo, siete la mia forza, se scrivo questa storia è solo per voi (e anche per sfogare i miei film mentali, lo ammetto)

Alloooooooor, cosa ne pensate? Voglio recensioni da BUM, spiegatemi se vi è piaciuto, cosa vi è piaciuto, come avete reagito, cosa pensate di ogni cosa che vi ha colpito di più.
Questo è stato un capitolo importantissimo, sarà ricordato dai protagonisti nelle altre stagioni.

Recensite, ci tengo.


Ps. vi spoilerizzo che tra due capitoli, o nel prossimo(non so), questi due alzeranno il rating........


Alla prossima <3

 
 




 

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Capitolo 20
*** 20. Amore? Amore. ***


Two bodies, one soul.



“E’ che sei venuto qui, hai sciolto la mia corazza di ghiaccio,
mi hai fatta innamorare e non riesco a respirare se non ci sei tu.”

                                      cit. Grey’s Anatomy.






* * *

 
Il cuore del dio non batteva così veloce da centinaia di anni. Quelle labbra che aveva desiderato per così tanto tempo erano finalmente sue e le baciava con passione e desiderio. Sentiva il cuore di Artemis scoppiare, sentiva tutto l'amore che provava per lui, ma non le aveva letto nella mente. Quel gesto ricco di desiderio aveva fatto capire l'uno che l'altra lo amava, e viceversa. Era passata una settimana dalla prima volta che la vide gettarsi dalla torre a Stoccarda, in Germania. Era passata una sola settimana e i loro cuori stavano già grondando di amore. Perché Loki la amava e aveva mandato a quel paese il suo maledetto orgoglio, perché in quel momento, in cui la sua lingua danzava lenta e passionale con quella di Artemis ne era sicuro, lui l'avama e lei lo amava. E l'avrebbe voluta ancor di più, avrebbe voluto baciare ogni centimetro della sua pelle soffice e liscia per tutta la notte, fu così che il dio la spinse con cautela verso il muro di roccia e le afferrò le cosce, prendendola in braccio e lei gli circondò il bacino con le sue gambe. Loki lasciò la sua bocca e lei gemette in disapprovazione, ma quando iniziò a baciarle il collo con ancor più passione e desiderio, i suoi gemiti cambiarono in pura approvazione, o almeno, non proprio pura.
Loki la voleva, l'avrebbe presa anche lì stesso, ma non poteva, la amava e con lei voleva fare l'amore, non sesso. Doveva rispettare anche la sua scelta, lei era una vergine, ma in quel momento mentre lei lo chiamava ansimando e gemento sensualmente era evidente che lo voleva da impazzire. Loki ritornò al lobo dell'orecchio destro, succhiandolo. Quel gemito gruttale da parte di Artemis lo fece impazzire. Il membro del dio pulsava e stava impazzendo di desiderio, continuò a baciare passionale la pelle sotto la mascella della ragazza.
"L-loki."

                                                                                * * *

Non mi ero mai sentita così bene. Era una splendida tortura ed era molto abile, perché mi stava facendo impazzire. Volevo la sua bocca, le sue labbra, la sua lingua.
"L-loki." Lo chiamai quasi piagnucolando, lentamente le sue labbra si staccarono dalla pelle sensibile del mio collo e mi guardò da così vicino che i nostri nasi si sfiorarono delicatamente.
"B-baciami" Gli ordinai sfinita, tra un gemito e l'altro. Lui sorrise maliziosamente e avvicinò le sue labbra alle mie, sfiorandole appena per poi allontanarsi e riavvicinarle, senza farle toccare.
Ancora no! Sbuffai dentro di me.
"Stronzo." Dissi prima di far unire le nostre labbra per poi fiondargli la lingua dentro la sua bocca. Sentii una risata roca, rimbombare nella sua gola, come un suono gruttale che mi fece impazzire. La sua lingua era così abile mentre carezzava lentamente e con passione la mia. Era troppo bravo, fin troppo bravo. Lo volevo, ma dovevo contenermi. E quella fu la cosa che mi ordinai più duramente dopo aver involontariamente strusciato la mia intimità sul suo cavallo facendolo gemere nella mia bocca. Il suo membro era duro e pulsava sulla mia intimità. Arrossii e rallentai il bacio, fino a farlo diventare dolce. Loki mi posò a terra e i miei piedi toccarono il pavimento. Lentamente e quel bacio da passionale e pieno di desiderio, passò ad un bacio dolce e leggero, fino a diventare casto, fino a staccarci completamente. I nostri fiati erano corti, l'uno respirava il dolce respiro dell'altro e il suo sguardo magnetico sul mio mi spogliava da tutto, denudandomi, lasciandomi solo con il desiderio di volerlo mio e di unirmi a lui e di diventare sua, per sempre.
"Artemis.." Sussurrò, a pochi centimetri dalle mie labbra. Stavo per svenire, totalmente. Non mi immaginavo un Loki così per niente, cioè: un Loki passionale, capace di farmi provare quelle emozioni. Cosa potevo insinuare dopo tutto? Era un dio.
Lo volevo da impazzire, ma non ero pronta, una parte di me tremava dalla paura e non aveva nemmeno realizzato quello che era appena successo.
"Loki, io.. non sono ancora pronta, non sono ancora sicura di.."
Mi interruppe, sussurrandomi: "Tranquilla." Mi lasciò un tenero bacio sulla fronte, poi si spostò sulla gota con un bacio dolce, mi lasciò un bacio anche all'angolo della bocca. Spostai la testa e le nostre labbra si fusero un'altra volta, questa volta un bacio romantico anche se c'era sempre un po' di passione tra le nostre lingue che si accarezzavano con trasporto. Le sue mani sui miei fianchi, le mie ai lati del suo collo, i nostri corpi uniti e grondanti di un desiderio celato, ma entrambi sapevamo che quel desiderio ci avrebbe fatto impazzire. Si staccò lentamente.
"E' meglio andare, devi dormire." Lo amavo quando era così protettivo con me. Annuii e mi allontanai da lui e feci un paio di passi verso l'interno dell'edificio sotterraneo. Il mio cuore tremò in una scossa, che si irradiò in tutto il corpo, possibile che mi sentivo così ogni volta che mi prendeva per mano e intrecciava le sue dita affusolate con le mie?
Era una cosa che non avevo notato, aveva delle mani grandi e quelle dita erano perfette per suonare il pianoforte, se fosse stato Midgardiano sarebbe stato un bravo pianista.
Ci incamminammo verso la camera di Loki mano per mano, quando ci entrammo dentro delle strane sensazioni indebolirono i miei muscoli. Rividi me stessa nell'altra parte della stanza con un frammento di porcellana,lungo ed appuntito conficcato al petto.
"Non devi pensarci." Disse Loki carezzandomi la nuca prima di mettersi davanti a me.
"Loki, io non ho mai avuto l'occasione di ringraziarti come si deve per quello che hai fatto per me quando ero una pazza suicida." Scossi la testa dopo essermi chiamata in quel modo. Ero cosciente di tutto quello che avevo fatto, di tutto quello che avevo detto e di tutto quello che avevo pensato, d'un tratto fu come se un milione di ricordi e di emozioni mi stessero cadendo addosso come una valanga.
"Non devi ringraziarmi." Le sue mani erano poggiate con leggerezza sulle mie guance, come se sostenesse meglio il mio sguardo.
"Invece sì." Non avevo intenzione di abbandonare il contatto visivo che avevo con i suoi occhi, perché quando ci guardavamo intensamente e con profondità era già come se stessimo facendo l'amore. "Io ti odiavo, tu eri il mio nemico non mi dovevi niente e hai cercato di salvarmi."
"Anche se invano." Aggiuse abbassando gli occhi, come se si sentisse in un certo senso sconfitto. Si allontanò e sentii improvvisamente freddo senza di lui accanto a me, si sedette sul letto.
"Non importa, ci hai provato, ma per qualche strano motivo io sono qui." Mi avvicinai a lui, ma guardava sempre in basso. Mi misi davanti a lui e gli alzai il viso con le mie mani poggiate sulle sue guance perfette, i suoi occhi verdi e magnetici incontrarono i miei.
"Mi sono sentito impotente quando morivi fra le mie braccia, Artemis." Sospirai, mentre lui parlava con un tono indecifrabile: sembrava sicuro e arrabbiato con sé stesso, ma anche in colpa e triste.
"Io sono qui, e sinceramente penso di non meritarti." Loki alzò un sopracciglio, non sapendo cosa intendevo dire. "Sì, Loki. Perché forse se le cose si sarebbero capovolte io non avrei mai fatto quello che tu hai fatto con me. Io non ti merito abbastanza e non devi sentirti così, perché hai fatto troppo quando nessuno ti obbligava." Loki si alzò di scatto, facendomi quasi cadere all'indietro se non mi avesse circondato con le sue bracci la mia vita.
"No, Artemis e non dire questo, non devi nemmeno pensarlo. Il passato è passato e poi, con sincerità: qualcosa dentro mi obbligava ad aiutarti." Il cuore palpitava troppo forte.
"Cosa?" Gli chiesi con innocenza, quasi sussurrandolo. Avvicinò il suo viso al mio.
"Non appena ti ho vista buttarti da quella torre a Stoccarda qualcosa in me è cambiato e quando ti ho persa tra le mie braccia ero sicuro cosa fosse quell'emozione che mi costringeva ad aiutarti." Si avvicinò ancor di più e il mio cuore parve scoppiare, di amore. "Io credo di amarti, Artemis." Stavo decisamente morendo di infarto. "No, io non credo di amarti." Aggrottai le sopracciglia dubbiosa, non sapendo più cosa stava cercando di dirmi. "Perché ne sono sicuro." Socchiusi di poco la bocca in un espressione emozionata, non potevo credere a ciò che stava per dire. "Io ti amo, Artemis. In questo momento io ti amo e penso che ti amerò anche domani, dopodomani e l'altro giorno che verrà." Lo baciai poggiando le mie labbra sulle sue, le mie braccia erano a circondare il suo collo e prima che la sua lingua entrò dentro la mia bocca disse:
"Lascia che ti ami in ogni forma possibile." Sapevo cosa intendeva.
"Sì." Gli dissi. Lui mi amava, me lo aveva detto, non ci potevo credere, ma era così. "Io sono tua, Loki. Amami stanotte come vuoi tu, perché io ti amo e mi dono a te."



 
Buonassssera <3

Scusate il ritardo, ma non ho avuto tempo di pubblicare.

Allooooora, dovete recensire, perché qui vi devo sentire più degli altri capitoli.
Daidai, siamo arrivati al punto più importante della storia e siamo vicini all'arrivo dei Chitauri e alla fine!!

Insomma: rencensite e fatemi capire che ne pensate :*

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Capitolo 21
*** 21. Notte d'amore. ***


Avviso: questo capitolo non rispetta il rating della storia (arancione), esso è a rating rosso, se non ve la sentite di leggere, non fatelo. Grazie.


Two bodies, one soul.



“Le persone più difficili da amare sono quelle che hanno più bisogno d’amore.”


       cit. Francesca Berardi.


 
 

 
* * *

Qualche volta mi ero fermata a pensare come sarebbe stata la mia prima volta; non ci pensavo sempre, ma sapevo che sarebbe stata una cosa importante per me unirmi a qualcuno e quindi avrei fatto l'amore e non sesso, o una scopata: no. Se un giorno avessi deciso di donarmi a qualcuno lo avrei fatto perché sarei stata sicura al cento per cento che quella persona è quella giusta, che quella persona è colui che avrei amato per sempre.
Perché una parte di me, la mia purezza l'avrei data a lui e lui, a sua volta, mi avrebbe dato il suo cuore in quell'attimo in cui le nostre anime si sarebbe fuse in una.
Loki Laufeyson, per quanto malvagio poteva essere, per quanto cattivo e impura poteva essere la sua anima, essa aveva sete di amore e il suo cuore era ricoperto di numerose cicatrici. Lo avevo sempre visto come una persona che odiava, odiava e basta, ma l'odio consuma ed esso non è altro che una mancanza di amore. 
Lui aveva bisogno di me ed io ero lì, distesa sul letto e lui sopra di me a baciarmi e farmi sentire la persona più fortunata di Midgard. 
Le sue mani vagavano lente e passionali su tutto il mio corpo, lo accarezzavano, regalandomi emozioni nuove e brividi caldi, allo stesso tempo freddi. Le mie dita definivano i suoi zigomi e la sua mascella, che erano i lineamenti più pefetti, i lineamenti di un dio.
Mi morse il labbro inferiore ed io gemetti, la sua bocca si spostò sul mio collo, lo baciava, prima dolcemente, poi avidamente, poi con desiderio. Come riusciva a baciarmi così?
Il suo corpo era tra le mie gambe e riuscivo a sentire il suo desiderio pulsare sulla mia intimità. Anche io stavo morendo dal desiderio, lo volevo dentro di me. Incoscientemente,  strusciai la mia intimità contro il suo membro duro e pulsante. Gemetti cose incomprensibili, forse dei mugolii, mentre mi mordevo il labbro inferiore.
Mi sentii vuota quando Loki si alzò un po', abbastanza da allontanare i nostri punti più impazienti. Avvicinò le sue labbra al mio orecchio e sussurrò:
"Abbi pasienza." Lentamente e sensuale. Mi stava facendo impazzire e dal suo sorrisetto mi accorgevo che gli piaceva farmi aspettare. Arrossii lievemente e notai che aveva addosso una blusa bianca. Ero così presa da lui che non mi accorsi che si spogliò dalla sua tunica verde e in pelle nera. Stava così bene e più lo guardavo più lo volevo.
Fortunatamente mi ero già tolta le scarpe, oddio come potevo pensare a cose così stupide mentre stavo per unirmi a lui? Loki aveva anche levato i suoi stivali di pelle, possibile che ero così in estasi che non mi ero accorta che si stava incominciando a spogliare?
Il mio dio infilò le mani sotto la maglietta toccando anche la mia pancia, la mia pelle fremeva sotto il suo tocco così abile ed esperto. Mi toccava, ma non mi baciava, mi guardava con quel sorrisetto che avevo sempre odiato, studiando le mie reazioni: chiudere gli occhi e gettare la testa all'indietro. Le sue mani indugiarono sui miei seni, li premette e nello stesso momento strusciò il suo membro sulla mia intimità ormai completamente bagnata. Gemetti il  suo nome, come un lamento dolce, lento e passionale. Un gemito che lo invitò a levarmi la t-shirt gettandola a terra con strafottenza, ma con fare troppo sensuale.
Si alzò sopra il mio bacino e il suo busto era completamente eretto sopra il mio corpo, mi fissava negli occhi con uno sguardo che non avevo mai visto. Spostò il suo obiettivo sul mio seno, sorrise maliziosamente e la mia intimità pulsava sempre di più.
Poggiò una mano sul mio fianco e l'altra sul mio basso ventre facendola scorrere lentamente verso l'alto fino a spogliarmi anche dal reggiseno, bianco, semplice e contenitivo. 
Lo volevo, bramavo il suo membro dentro di me, ma mi vergogniai troppo quando il mio busto era completamente nudo davanti a lui, era la prima volta. Mi coprii il seno con le braccia e lui si chinò subito, poggiando delicatamente le sue mani sui miei avambracci.
"Hey" Disse dolcemtente "Non devi vergognarti." E mi lasciò un dolce bacio sulle labbra, mentre le noste lingue si accarezzavano dolcemente, mi scoprì il seno dalle mie braccia e si staccò dalle mie labbra per guardalo. Mi vergognavo troppo, ma la parte di me voleva donarsi a lui vinse, e mi lasciai osservare dai suoi occhi bramosi, uno sguardo che amai.
"Sei bellissima." Disse tra un misto di passione e dolcezza, prima di baciare il mio seno, mentre con l'altro torturava il capezzolo roseo già turgido. Succhiò i miei seni facendomi gemere mugolii privi di senso. Non era affatto giusto che io dovevo essere quella mezza nuda fra i due, afferrai i lembi della seta bianca della sua blusa e lui mi aiutò a levargliela, la gettai sul pavimento. Non avevo mai visto il suo torace nudo, aveva un petto scolpito e degli addominali non troppo muscolosi, ma semplicemente perfetti sembrava un dio scolpito nella pietra. Le mie dita disegnavano le linee che caratterizzavano la sua perfezione, dai pettorali, agli addominali; lui mi osservava: ogni mio singolo movimento, la mia espressione... Mi studiava anche in quel momento, il suo desiderio di conoscermi sempre più in fondo lo possedeva anche in quel momento e questa era una cosa che mi era sempre piaciuta di lui.
Arrossii violentemente, quando i polpastrelli sfiorarono le linee a V che portavano al suo membro pulsante, si intravedevano alcuni peli pubici vicino all'elastico che teneva su i suoi pantaloni di pelle.
"Mi piace quando mi osservi così." Loki mi alzò il mento con le dita e i nostri occhi si incontrarono, i suoi verdi e magnetici brillavano di malizia, mentre io: una verginella alle prime armi, ma no. Lui mi stava dando piacere, volevo fare anche io la mia parte. Poggiai i palmi sui suoi pettorali e lo spinsi, capovolgendo i ruoli: io ero sopra di lui. Rise, ma le sue risate si trasformarono in mugolii assenti, sensuali, che mi facevano impazzire ancor di più.
"Cosa vuoi fare, piccola?" Piccola, quella fu la prima volta che mi chiamò così e la cosa mi fece eccitare di più.
"Non lo so nemmeno io, è il mio istinto a guidarmi." Dissi con voce tremolante, mentre mi abbassavo lentamente verso il suo viso, senza interrompere il nostro contatto visivo.
"Allora lascia che il tuo istinto ti guidi." Sorrise maliziosamente e lasciai un bacio bollente sulle sue labbra perfette, mi spostai sul suo collo, lasciando baci umidi e bollenti anche sul suo petto, mentre le mie mani percorrevano il suo corpo più velocemente delle mie labbra. La mia mano si fermò sul suo membro, mentre con l'altra gli accarezzavo il petto. Sorrisi compiaciuta sulla sua pelle quando gemette al mio tocco. Volevo farlo gemere ancora, inziai così a massaggiare il suo desiderio caldo e pulsante. Gemette il mio nome prima di alzare il busto e mettermi sotto di lui. In un secondo (forse anche di meno) i miei jeans volarono via, rimanevano solo gli slip, con cui giocherellò per un po' mentre succhiava i miei caplezzoli con avidità. Urlai di piacere quando il suo dito premette la mia intimità all'interno sopra l'indumento che rimosse subito. Ero nuda sotto i suoi occhi.
Loki indugiò un attimo, osservò lentamente il mio corpo, come se fosse una cosa preziosa, la cosa più bella e rara che ci sia e in quel momento mi sentii la donna più bella del mondo. Mentre mi osservava, si spogliò dei suoi pantaloni, e si chinò su di me, baciandomi con lussuria, passione e con un retrogusto di amore e desiderio. Lo amavo, in quel momento lo amavo e lo desideravo con tutta me stessa, i suoi baci mi facevano quest'effetto. Gemetti sulla sua bocca quando il suo dito prese ad accarezzarmi il clitoride e poi aggiunse anche l'indice al medio. I suoi movimenti erano circolari, entrava ed usciva, ogni volta che le sue dita entravano, esse si spingevano più affondo, facendomi sussultare sempre di più. Il mio bacino si accentuò insieme alla mia schiena. Stavo per raggiungere il culmine, era come se un fuoco d'artificio si stesse accendendo nel mio ventre fino a sprigionarsi del tutto, ma quel dolce piacere che tanto bramavo fu interrotto. Loki sorrise quando vide i miei occhi riaprirsi e guardarlo male. Rise, e la sua risata mi fece ribollire dentro dal piacere,ma mi fece ribollire di più quando si portò le dita al labbro, bagnandoselo, leccandolo successivamente. Mi morsi il labbro inferiore, mentre succhiava le sue dita non interrompeva il contatto visivo dei nostri sguardi. 
"Sei dolce, mia piccola Artemis." Si portò le mani sulla fasciatura, se la sfilò e la gettò sul pavimento. Era la creatura più bella dell'universo, era stupendamente perfetto.
Si chinò sul mio corpo e i nostri petti nudi si toccarono, il corpo nudo di Loki era fra le mie gambe, che circondavano il suo bacino.
"Dillo, Artemis." Mi baciò e ripeté "Dillo."
"Prendimi." Urlai quando scivolò dentro di me, gettai il capo all'indietro e Loki succhiò ogni centimetro del mio collo quando iniziò a spingere lentamente.
Era doloroso, faceva male, anche se era strano. Le mie unghie si conficcarono nella carne della schiena di Loki e gemette sulla pelle delicata del mio collo, mentre gli graffiavo la schiena, gli circondai il collo quando le sue spinte ormai mi regalavano solo piacere e nessun dolore. Il suo bacino articolava movimenti circolari per poi affondare dentro di me, sempre di più. Eravamo una cosa sola, era fatta. Le sue spinte diventarono più veloci e quel fuoco d'artificio dentro di me ritornò a sprizzare fiammelle ovunque. Gemetti senza pietà e anche i gemiti gruttali di Loki si fecero sentire quando le spinte di velocizzarono del tutto.
Urlai il suo nome quando quel fuoco d'artificio si sprigionò per tutto il mio corpo, arrivando al culmine del piacere. Loki stava per arrivare, io sussultavo e tremavo ancora di piacere. Quando il mio dio raggiunse il culmine crollò sul mio corpo, nascondendo la testa sulla mia clavicola. Ansimavamo, stanchi e stremati. Ci eravamo amati al meglio che potevamo, eravamo diventati due corpi e un anima sola. Sentii un liquido caldo dentro di me, era il suo seme, stava per uscire da me, ma io lo fermai.
"No," Ansimai. Loki mi guardò pieno d'amore. "Resta dentro di me."
"Sempre." Rispose lui, baciandomi tenereamente le labbra.
"Sempre." Risposi, mentre poggiava la sua testa sul mio seno e io con le dita giocavo con i suoi capelli neri. Il mio cuore prese a battere veloce, non ci credevo ancora a quello che era appena accaduto e non me ne pentivo di nulla.
"Loki" Lo chiamai con dolcezza, lui alzò lo sguardo incontrando il mio. 
"Cosa?" Domandò, carezzandomi gli zigomi con il dorso delle dita.
Dovevo dirglielo.
"Ti amo."




N.d.a

Finalmente questi due hanno alzato il rating, i know, i know. Per quelli che shippano Loki&Artemis questo capitolo è magnfico.
Non chiedetemi come ho fatto a scriverlo, grazie e.e
Vi avviso che questa storia (solo la prima stagione, don't worry) sta per finire, mancano si e no cinque capitoli, quindi siamo nella parte più importante. Questo capitolo è stato molto importante e ci terrei a sapere cosa ne pensate.

Quindi, recensite <3


Alla prossima ;)

 
 

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Capitolo 22
*** 22. Decisioni. ***


Two bodies, one soul.



"
Perdonami, perdonami di amarti e di avertelo lasciato capire."
                             
                                   cit. William Shakespeare
 


 


* * *


"Allora è tutto pronto?"
"Sì, è tutto pronto."
"Andiamo allora." Fu Natasha Romanoff a parlare per ultima, ma ad agire per prima. Quel giorno sarebbero arrivati i Chitauri, i radar e i computer avevano localizzato delle forse ostili e avrebbero oltrepassato il territorio terrestre in meno di quattro ore.
Steve andò nella sua stanza a prepararsi. Mentre metteva la divisa ripensava ad Artemis.
I filmati delle telecamere le avevano visti tutti, anche gli agenti e gli scienziati. Tutti sapevano che era stata lei a fare uscire Loki dalla prigione e a fargli recuperare lo scettro.
L'Agente Artemis per Fury non era altro che una traditrice, nonché nemica.
Steve nel profondo del suo cuore lo aveva sempre saputo che Artemis era legata a Loki, sapeva lui non era quello giusto per lei, ma lo aveva capito troppo tardi.
Adesso Steve voleva solo vendetta.

                                                                        
                                                                                                           * * *

Mi svegliai con le dolci carezze di Loki sulla mia schiena. 
I nostri corpi nudi erano più vicini che mai sotto le lenzuola grigiastre, poco morbide, ma le nostre gambe intrecciate, la mia testa sul suo petto e la sua mano ad accarezzarmi dolcemente la schiena rendeva tutto così perfetto dal chiedersi se fosse un sogno o no.
Alzai la testa per guardarlo e lui distolse gli occhi dal vuoto per avere un contatto visivo. In quel momento potevo veramente confermare che eravamo follemente innamorati, sapete da cosa? Quando ci si è innamorati si ha un folle bisogno di contatti visivi, di toccarsi, di sentirsi vicini. E io e Loki dovevamo continuamente toccarcie guardarci per realizzare di essere veramente lì, l'uno accanto all'altra. 
Sorridiamo allo stesso istante, ma è lui a parlare per primo:
"Buongiorno, mia dea." Mia dea, il tono di voce che utilizzò, così sensuale e dolce allo stesso tempo mi fece girare la testa. Allungai una mano per accarezzare i suoi lunghi capelli neri, in quel momento scompigliati, per poi scendere verso i suoi lineamenti perfetti, il collo e gli addominali. Lo sentii rabbrividire sotto il mio tocco e ne fui felice, mi piaceva il fatto che riuscissi a trasmettergli delle emozioni nuove, che forse lui non aveva mai provato.
"Buongiorno." Oggi ricordo quel momento con dolcezza, con amore. In quel momento ripensavo alla notte trascorsa, ai suoi baci, alle sue parole e alle sue mani sul mio corpo.
"Come ti senti?" Il nostro contatto visivo era profondo mentre le nostre mani si intrecciavano e si slegavano, per poi rintrecciarsi nuovamente.
"Mai stata meglio." Mi allungai per raggiungere le sue labbra, ma fu lui a diminuire la lontananza. Il tocco delle sue labbra era qualcosa di troppo paradisiaco per riuscire a descriverlo, per quanto lui potesse essere malvagio, quando mi regalava un suo bacio, riusciva a mandarmi in Paradiso. La sua lingua carezzava la mia, dolce e gentile. 
Un pensiero mi colpì così forte da staccarmi dalle sue labbra senza accorgermene.
"Cosa c'è?" Domandò, mentre mi siedevo in una posizione più comoda. Alzai il lenzuolo grigiasto per guardare se ci fosse del sangue sul materasso. E il sangue trovai.
Mi coprii immediatamente e sprofondai la testa nel cuscino con le mani a coprirmi il volto per l'imbarazzo. Loki parve capire al volo tutto, senza guardare la macchia di sangue.
"Artemis, è normale, eri vergine." Mi circondò i polsi con le sue dita affusolate e scoprì il mio viso. I suoi occhi magnetici catturarono i miei.
"Lo so, ma è imbarazzante." Si posizionò sopra di me, si reggeva dai gomiti mentre avvicinava il suo volto così vicino al mio da far sfiorare i nosti nasi.
"Cosa c'è di imbarazzante riguardo che hai donato la tua purezza a me?" L'eleganza di quelle parole mi fecero dimenticare tutto quell'eccessivo imbarazzo.
"Niente." Gli sorrisi, ma prima che mi baciasse socchiusi la bocca per parlare. "Non me ne pento di nulla, sono felice che l'abbia donata a te." Il suo sorriso era la visione più bella che un essere umano potesse vedere. Era semplicemente stupendo, non solo il suo sorriso, ma lui, tutto di lui era stupendo. 
"Io ti amo, Agente Artemis." I battiti del mio cuore accellerarono d'improvviso. Era la seconda volta che si apriva così tanto a me, era la seconda volta che mi permetteva di ammirare questo suo lato di lui, la seconda volta che confermava di amarmi.
"Ti amo anche io." Le nostre labbra sorridevano ancora mentre si baciavano, poiché eravamo consapevoli dei sentimenti dell'uno e dell'altra. Perché eravamo ormai una cosa sola, disposta a durare nell'eternità.
Mentre le sue labbra mi baciano con passione il collo scatenando in me il putiferio, ero consapevole del fatto che ci conoscevamo da più di una settimana, ma se ripensavo alla prima volta in cui ci parlammo (quando Thor e IronMan si azzuffavano nel buio della notte) mi sembrava che fosse passato un secolo. Strinsi i suoi capelli corvini fra le mie dita mentre mordeva con passione un mio capezzolo. Lo desiderai per la seconda volta in tutta la mia vita quando sentii la sua erezione farsi più dura e premere sulla mia coscia.
"Loki, ti voglio." Gemetti instintivamente, e lui interruppe bruscamente la sua dolce tortura.
Per un attimo mi sentii disorientata, ci guardammo per un attimo interminabile negli occhi, mi stupii quando si levò sotto di me e si distese a pancia in sù, la sua erezione era ben visibile sotto il lenzuolo grigio. Non nego che quel particolare mi fece eccitare ancor di più.
"Cavalcami come un'ammazzone, mia dea." Ero intimorita, ma non me lo feci ripetere due volte. Mi misi sopra di lui a cavalcioni e prima di soddisfare i miei e i suoi desideri carnali decisi di prolungare l'attesa. Lo baciai con passione, per poi abbandonare la sua lingua per il suo collo. Mentre le mie labbra baciavano i suoi addominali, presi in mano il suo membro e iniziai a muoverlo su e giù. Amai i suoi gemiti grotteschi e rudi. Non ce la feci più. Abbandonai quella tortura e posizionai la mia intimità sopra il suo membro e lui mi aiutò a farlo entrare. Gemetti, ma il dolore era meno intenso della prima volta. Iniziai con la prima spinta e aprii gli occhi per osservarlo mentre godeva. Più lo guardavo, più spingevo. Non sentivo più dolore, solo un piacere che dovevo portare al culmine. Volevo fare godere il mio bellissimo dio e ci stavo riuscendo bene; le sue mani guidavano i miei movimenti con il bacino. Una sensazione di piacere stava per crescere pian piano dentro il mio ventre, gettai la testa all'indietro e sentii il mio petto pressato a quello di Loki, che si era seduto mentre io spingevo più affondo e più veloce. Le mani di Loki mi perforarono la carne quando invertì i ruoli: io ero sotto di lui. Quell'attimo di sosta degradò il piacere per degli attimi, ma quando Loki spinse affondo dentro di me, io gemetti il suo nome come mai avevo fatto e questo parve farlo impazzire.
"Più forte..nhzz...più forte!" Gemetti incosciente, completamente trascinata dal mio istinto animale. Loki rallentò le spinte, allontanando l'orgasmo da noi.
"E' la tua seconda volta, mia dea. Non posso essere violento." Alcune delle sue parole venivano interrotte da spasmi di piacere, che non facevano altro che aumentare la mia voglia di lui.
"Loki, lo so che lo vuoi anche tu, f-fallo!" Dissi tutto d'un fiato con il suo membro pulsante di desiderio dentro di me. Vidi Loki sorridere maliziosamente. La confusione mi pervase interamente quando uscì dentro di me e io mi sentii vuota. Urlai dal piacere quando entrò con violenza dentro di me.
"Lo hai voluto tu." Disse prima di affondare di più dentro di me. Le sue spinte erano dure, rudi e violente, all'inizio mi faceva male, ma il desiderio prese posto del dolore. Alzò il busto e prese a massaggiarmi il seno con entrambe le mani, mentre affondava sempre di più dentro di me con più forza e violenza. Non riuscii a trattenere i miei gridolini, stavo per arrivare al culmine.
"Più forte!" Urlai e lui esaudì il mio desiderio. La spinta più forte e rude di tutte mi fece urlare l'orgasmo che tanto desideravo di raggiungere. Tremavo di piacere quando Loki arrivò al piacere e nemmeno lui riuscii a trattenere il suo gemito gottesco.
Stanco si sdraia sopra di me e io con le dita, prendo a giocare con i suoi capelli. Resta dentro di me anche quando i nostri respiri si regolarizzano.
"Vorrei rimanere così vicino a te sempre, mia dea. Vorrei rimanere dentro di te in eterno." Le sue parole mi scaldarono il cuore, lo amavo, lo amavo tropppo. In quel momento capii: lui era l'uomo della mia vita, non avrei potuto avere altri uomini se non lui. Lui sarebbe stato l'unico e il solo, io sua e lui mio.
"Non pensare al futuro, amore mio. Resta dentro di me adesso e non pensare ad altro." I nostri occhi si guardano dolci e uniamo le nostre labbra in un tenero, ma passionale bacio.


                                                                                                           * * *



Non so come fece Loki a far apparire la mia tenuta da battaglia dal nulla. Era sul letto e me ne vestii subito. Uscii fuori dalla "camera da letto" e andai verso il centro di controllo.
Quando trovai Loki notai la sua preoccupazione. Mi vide da lontano e i suoi occhi mi fissarono con preoccupazione, non capendo cosa stesse succedendo mi avvicinai a lui con più velocità.
"Qualcosa non va?" Loki mi cinse i fianchi con il suo braccio, un gesto che non mi sarei aspettata in pubblico. Senza rispondermi mi conduse fuori dai sotterranei.
Durante il tragitto ripetei almeno dieci volte cosa stesse succedendo, arrivati fuori, Loki si degnò di rispondermi.
"I Chitauri hanno anticipato la loro venuta ad oggi." Un treno mi investì in piena.
Sapevo che in quel momento avrei dovuto fare una scelta ben chiara.
L'amore della mia vita o i miei compagni di squadra, la mia dignità e i miei genitori adottivi.
Non riuscivo a guardare Loki negli occhi, gli diedi le spalle e guardai il mare, confusa sul da farsi.
"Eric Selvig è già sulla Stark Tower ad attivare il Tesseract, io devo partire subito."
"Vengo con te." Era chiaro che dovessi andare, ma non sapevo ancora cosa fare.
"Combatterai con me?" Domandò Loki e io lo guardai negli occhi con il timore che potesse capirmi, ma lui aveva già letto nei miei pensieri e improvvisamente non eravamo più davanti al mare, sugli scogli, ma all'interno della Stark Tower. 
"Sei.. indecisa." Lo disse con un tono così pieno di disprezzo che mi venne da piangere, ma naturalmente mi trattenei, se avessi pianto sarei stata a dir poco ridicola.
"So che non dovrei esserlo, ma.."
"Bene, bene." Sussultai quando la voce di Tony Stark si aggiunge alla nostra conversazione.
Non mi guardava con disprezzo, ma peggio: ripudio.
"Giuro, da te non me lo aspettavo." Mi voltai completamente per guardarlo. "La guarriera provetta, la più fedele a Fury e poi boh: una traditrice."
"Tony, io non ho tradito nessuno!" Avanzai di qualche passo. Il cuore batteva così forte contro la gabbia toracica che stava per scoppiare: troppa ansia.
"Ah, davvero?" E adesso come faccio a convincerlo della mia innocenza? Mi chiesi.

Niente di che Tony, mi sono innamorata del nemico e ci ho fatto l'amore per ben due volte.

Non pevo rispondergli di certo così.
"Stolto, l'ho soggiogata." Il sangue mi si gela nelle vene. Loki lo ha veramente detto? Mi volto a guardarlo. Mi guarda con una vera aria di disprezzo e odio, uno sguardo completamente diverso da quello della notte prima. Dov'era finito il mio dio?
"E come avresti fatto?" Domandò irritato, ma allo stesso tempo curioso Tony Stark.
"Controllo della mente, non mi serve mica lo scettro per quello." Loki rivolse lo sguardo a Tony, dopo di ché guardò me e mi puntò lo scettro, colpendomi.
Feci un salto all'indietro e l'impatto con la parete fu così forte da bloccarmi la schiena per un attimo, i miei polmoni cercarono disperatamente l'aria. 
Loki stava cercando di salvare la mia reputazione facendo così?
Oppure cercava di negare quello che c'era stato fra di noi con gli altri per farlo anche con se stesso?

Non capivo, ma non potevo di certo pregalo di smettere di fare così davanti ad un mio compagno di squadra. Feci un respiro profondo riprendendomi mentre Tony si trasformava in IronMan. Mi alzai in piedi e sguainai la spada. Il mio cuore non sapeva con chi dovessi combattere, ma la mia mente ne era ben consapevole.
IronMan stese Loki, ma solo per un paio di secondi.
"Scommetto che vorrai la tua vendetta." Lo guardai incredula, ancora con la mente che pulsava per la troppa confusione. "E' tutto tuo, raggiungimi di la' con gli altri." E uscì fuori, lanciandosi come un razzo oltre il vetro, frantumandolo.
"Hai scelto loro a me." Disse Loki in tono grave, deluso con disprezzo. "Hai scelto loro a me!" Urlò questa volta.
"Io non voglio combattere contro di te!" Dissi dopo aver schivato un suo attacco.
"Oh, certo che non vuoi!" Urlò furioso, lanciandomi un altro attacco. Lo schivai e socchiusi la bocca per parlare.
"Io oggi combatterò per coloro che amo." Loki stava per lanciarmi un altro attacco, ma si fermò, curioso di ascoltare quello che avevo da dire. "Io ti amo davvero, Loki." Non riuscii a trattenere le lacrime a quelle parole e Loki abbassò completamente la sua arma con lo sguardo più triste del mio, solo che il suo era ancora deluso. "E io oggi combatterò per te. Tu non meriti di essere così malvagio, amore mio." Mi avvicinavo sempre di più a lui e più avanzavo, più le sue barriere di ghiaccio si scioglievano. "Io combatterò contro i Chitauri, per te." Avevo deciso cosa fare. Mi avvicinai così tanto a lui da baciarlo e ne fui felicissima del fatto che lui ricambiò. Le nostre lingue combattevano al posto nostro e le sue braccia presero a cingermi la vita. Quasi non sentii il rumore dello scettro che cadeva a terra in un tonfo, come nemmeno lui sentì uscire fuori le mie ali dalle mie spalle.
Mi allontanai da lui e spiegai le ali nere, ma non avevo tracce di occhi neri o canini appuntiti.
"Ti amo." Disse, accarezzando la mia guancia sinistra.
"Ti amo anche io." Mi allontanai da lui del tutto e corsi verso il  balcone per poi buttarmi dalla torre e spiccare il volo.
Lo avrei fatto.
Avrei lottato contro i Chitauri, ma non contro di lui, ma per lui,
Ero pronta.


Buonasera. 

Ho fretta, ci sono dei problemi con la TV.
Che vi posso dire? Sono felice che la fanficiton sia arrivata a 150 recensioni e che il primo capitolo abbia raggiunto 2000 visite.
Il prossimo sarà l'ultimo capitolo, infine ci sarà l'epilogo.
Quindi
Two souls, one heart arriverà presto ;)


Recensite e fatemi sapere che ne pensate, siccome sono gli ultimi capitoli se avete qualche dubbio o qualche curiosità: chiedete e risponderò nella N.d.a dell'ultimo capitolo.

Alla prossima ;)

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Capitolo 23
*** 23. Epilogo - La battaglia. ***


N.d.a.
Buonasera, vi chiedo enormemente scusa per il grave ritardo, ma dovevo elaborare i fatti di questa Fan-Fiction e decidere se fare veramente un sequel o no.
Questo è l'Epilogo della prima parte "Lacrime di Demone" (se andate al primo capitolo c'è scritto davvero), dopo questo Epilogo inizierà la seconda parte "Lacrime di un Angelo", quindi ci sarà un sequel, ma non sarà altro che la seconda parte di questa storia. 
Vi annuncio che  sarà di all'incirca 20-25 capitoli, dopo di che, la storia avrà fine.
Mi sarebbe piaciuto prolungare questa storia in una trilogia vera e propria, ma la mancanza di lettori e lo scemare delle recensioni mi ha fatto, purtroppo, cambiare idea. 
Ringrazio, dunque, chi c'è ancora, chi è rimasto e chi ha intenzione di rimanere. 
Ps. Siccome sono molto occupata con la scuola, impegni extra-scolastici e nella scrittura di un libro vero e proprio, ho deciso che pubblicherò un capitolo (o due) ogni mese. Ora vi lascio leggere. Buon proseguimento (e naturalmente fatemi sapere cosa ne pensate)!

 
Two bodies, one soul.


"I cattivi hanno sicuramente capito qualcosa che i buoni ignorano."

                            cit. Woody Allen






* * *


 
Occhio di Falco scoccava frecce a raffica, Iron-Man cercava il punto debole del nemico più grosso (tipico suo), Captain America e la Vedova Nera si occupavano dei Chitauri sulla terra ferma, Thor combatteva contro Loki, cercando di fargli cambiare idea, inutilmente. Io volavo con le mie ali della morte e con le spade infilzavo i nemici su macchine volanti.
I Vendicatori erano quasi uniti, mancava solo Bruce Banner.
New York stava per essere spazzata via completamente: palazzi, grattacieli, edifici, tutto veniva colpito da spari alieni e raso al suolo. Le sirene della Polizia si facevano sempre più numerose e gli agenti tentavano di fare evaquare pochi di quei edifici ancora intatti. C'erano uomini, donne e bambini che urlavano in preda alla disperazione, scappando d'ovunque, inciampando fra le macerie di una città che veniva distrutta piano a piano, come quando ci si addormenta.
Dall'enorme voragine 
dai contorni blu nel cielo, entravano Chitauri in macchine di metallo volanti. Uccidere i nemici non aveva senso: nello stesso momento in cui uno di loro moriva, altri due entravano dentro il Pianeta Terra. C'era una sola cosa da fare: chiudere il portale e iniziare una vera e propria carneficina di Chitauri.
Auto che volavano, frantumandosi a terra, scoppiando: questo era quello che vedevo da sopra. Feci fuori un altro Chitauro per poi raggiungere la Vedova Nera e Captain America. Non appena mi misero a fuoco, i loro volti si illuminanarono di emozioni diverse fuse tra di loro: gioia, rabbia, spirito di squadra. E potevo comprendere la loro ira verso di me. Occhio di Falco ci raggiunse e io ero pronta a scongiurare le mie colpe.
"Cosa ci fai qui?" Domandò ad alta voce Captain America. Mi abbassai, schivando un attacco, mi voltai per lanciare un coltellino tra gli occhi di un Chitauro e ritornai faccia a faccia con loro.
"Ho recuperato la memoria non appena il mio asservimento a Loki è scomparso." Mentii, o almeno, mentii in parte. I volti dei tre Vendicatori erano allibiti.
"Quindi eri sotto l'effetto del Tesseract." Affermò Occhio di Falco, prima di girarsi alla sua sinistra per lanciare una freccia ad un Chitauro lì vicino. Si stavano avvicinando, dovevamo fare in fretta. Gli occhi di Steve erano più rilassati; avevano creduto a ciò che avevo detto, perché per loro accettare un mio tradimento era più difficile che perdonarmi. 
"Proprio come lo eri tu." Sguainai la spada, ricoperta da un liquido nero-bluastro, a quanto pareva, quello era il colore del sangue dei Chitauri. 
"Ma come può essere? Quando Loki era in prigione per la seconda volta, non aveva con sé il Tesseract." Disse Captain America.
"Loki è un maestro della magia, mi ha soggiogata utilizzando il pensiero." Mentii ancora.
"Ben tornata, allora." Sorrise la Vedova Nera, ritornando a sparare qualunque Chitauro che vedeva, anche Occhio di Falco riprese a combattere. Ci avevano creduto.
Adesso ero ufficialmente (di nuovo) una di loro, una dei Vendicatori.
Io e Captain America restiamo a fissarci in uno sguardo per un paio di secondi, successivamente, iniziammo ad attaccare anche noi.
"Capitano, tu va!" Urlò la Vedova Nera.
"Come? E voi?!" Domandò lui.
"Ce la possiamo fare!" Il Capitano guardò me e capii: lo avrei seguito.
Spicco il volo, mentre lui fa strada, saltellando di qua e di la sulle macerie e le ceneri. I suoi saltelli diventarono salti da acrobata su auto e bus. 
Ci fermammo non appena trovammo uno squadrone di poliziotti che sparavano alle macchine volanti dei Chitauri, tentando di centrarli.
"Servono uomini in quegli edifici. Ci sono persone dentro e finiranno per essere bruciati vivi!" Captain America salta su una macchina della polizia, rivolgendosi a due agenti; le suole delle mie scarpe toccano il cemento ricoperto da un fitto strato di cenere, cercai di aiutare delle persone che si rifugiavano sotto alcune macchine, feci evaquare un autobus pieno di gente indecisa, nel panico, se scappare o meno. Vidi il Capitano entrare dentro un edificio, capii da quella sua azione che ci saremmo dovuti dividere; spiccai nuovamente il volo alla ricerca di Iron-Man, non avrebbe dovuto combattere da solo i pezzi grossi.
Non appena lo rintracciai mi avvicinai a lui.
"Dobbiamo attirare la sua attenzione!" Urlò la sua voce elettronica. Annuii decisa e mi diedi da fare. Presi un coltellino e lo lanciai dritto nell'enorme bocca di quel serpentone metallico volante.
Il danno era fatto.
Guardai Iron-Man.
"Mossa uno fatta, adesso qual'è la seconda?" Urlai, ritornando a fissare l'enorme bestione, che quasi sbuffava fumo dalla rabbia (sempre se un enorme marchingegno metallico potesse provare emozioni).
"Scappa!" E come un razzo Iron-Man sfrecciò come se non ci fosse un domani e lo seguii.
Volammo veloci e non appena vedi Thor, la Vedova Nera, Bruce e Captain America fissare il bestione che ci seguiva, mi schiantai verso di loro, rotolando a terra. Mi alzai con l'aiuto di Natasha, le sorrisi, ringraziandola. Indietreggiai quando Thro puntò il suo martello verso di me.
"Thor! Loki l'aveva soggiogata! E' innocente." Esclamò Captain America e il dio del tuono smise di vedermi come se io fossi il nemico, adesso tutti sapevano della mia innocenza.. chiamiamola così.
"Dottor Banner" Esclamò ancora Captain America. Bruce si dirigeva verso l'enorme serpentone alieno metallico. "Questo sarebbe davvero il momento giusto per arrabbiarsi." Concordavamo tutti. Se ci fosse stato anche il gancio destro di Hulk con noi, i Vendicatori avrebbero avuto un punto a favore.
"E' questo il mio segreto:", disse Bruce, "sono sempre arrabbiato." Rivelò infine, prima di trasformarsi in Hulk e dare un pugno al bestione metallico. Iron- Man trovò finalmente un attimo di pace, osservando quella scena da mozzare il fiato.
La bestia si ribaltò su se stessa e Iron-Man spiccò il volo, sparandole; questa cadde oltre il ponte e Thor mi fece da scudo per proteggermi dall'esplosione.
Ci ricomponemmo e ognuno di noi tirò fuori la propria arma, il ruggito di Hulk rese tutto mokto più epico. Quel momento era epico, i Vendicatori uniti, una squadra al completo.
Tutti fissammo l'enorme voragine nel cielo, altri di quei bestioni si liberarono in aria.
"Ragazzi, che facciamo?" Domandai e tutti guardammo Captain America, aspettando degli ordini. 
"Finché non chiuderemo il portale, faremo contenimento." Qualcuno che la pensava perfettamente come me. "Barton, tu sul tetto." Ordinò successivamente e quello scattò la testa verso di lui. "Occhi su tutto. Schemi e azioni isolate." Barton annuì. "Stark, a te il perimetro." Iron-Man distolse gli occhi dal cielo per rivolgerli al Capitano. "Ogni cosa oltrepassi i tre isolati, la rimandi indietro o la incenerisci." Forse quando ero attratta da Steve era a causa di questo suo pregio: non farsi abbattere da niente, trovare una soluzione anche nel peggiore dei momenti. In quel momento, mentre dava ordini come un Capitano, come un amico, io lo stimavo. 
"Mi dai un passaggio?" Chiese Barton ad Iron-Man e quello si avvicinò accettando, facendo anche una battuta sul Signore degli Anelli: "Certo. Prego, Legolas." E spiccarono il volo così velocemente da far  svolazzare ovunque i miei capelli.
"Thor, bisogna restringere quel portale. Rallentali, hai i fulmini. Brucia quei bastardi!" Lo incitò infine, poi si rivolse alla Vedova Nera. "Noi due resteremo a terra, combatteremo qui." Infine guardò me. "Artemis, trova Selvig, fa in modo che riuchiudi il portale." Annuì. 
Era quello che avrei voluto fare fin dal principio.
"Sarà fatto." Spiegai le ali, mostrando tutta la loro robustezza e presi il volo, bisognava solo trovare il punto di concentrazione del portale, nel frattempo, uccidevo chiunque mi ostacolava.
Volai lontano dai fulmini che stava emanando il martello di Thor e deviando da un'altra direzione mi venii un colpo di genio.
Per quale motivo Loki si era smaterializzato nella Stark Tower? Non lo avevo scelto di certo a caso quell'edificio. Bene allora: era lì che stava il punto di forza del cubo, l'energia che alimentava la potenza del portale e che l'avrebbe anche chiuso.
Volai veloce verso la Stark Tower, non appena i miei piedi toccarono il terreno fui scaraventata a terra da un proiettile alieno. Urlai di dolore. Mi centrò il bicipite, sbagliando la mira. Sguainai la spada e infilzai lo stomaco di quel bastardo metallico. Non appena la lama fu estratta dal corpo dell'alieno, una fitta mi pervase l'intero braccio sinistro. La spada cadde allo stesso momento del Chitauro senza vita. Infilai le dita nella ferita e urlai per il bruciore, tirai fuori il proilettile e lo gettai con menefreghismo a terra, raccolsi la spada e andai sul tetto della Stark Tower, trovando Eric Selvig svenuto, sotto il sole, accanto al marchingegno metallico, che stava scoppiettando luci blu come un fuoco d'artificio. In mezzo a quel flusso di forza, intravedevo un cubo blu, il Tesseract. Non avevo la più pallida idea di come fermarlo. Ma Eric lo sapeva, lo avrei risvegliato se non fosse stato per un proiettile alieno che mi ferì alla caviglia. Urlai e mi scaraventai a terra, accanto ad Eric. Vidi una macchina volante posteggiarsi sul tetto e dei stivali in pelle dirigersi verso di me, con tanto di mantello verde dietro. 
Era decisamente Loki.
Non posso combattere contro di lui. Anche se mi aveva appena sparata...
"E' così che vuoi salvarmi? Rovinandomi?" Si inginocchiò e mi afferrò per i capelli, guardandomi negli occhi. Il suo sguardo non era lo stesso di quello della notte che avevamo passato insieme. Era totalmente un'altra persona.
Loki? Dove sei? Dov'è il dio di cui mi sono innamorata?
Gemetti per il dolore al braccio e il bruciore pompante alla caviglia. Loki scaraventò il mio volto a terra. Il mio naso si schiantò completamente contro il suolo, e dalla narce destra iniziò ad uscire un rivolto di sangue, denso e caldo. Rotolai, distendendomi supina. Il dorso della mano destra era sul naso e la mia bocca rilasciava gemiti soffocati. Feci la stessa cosa con il proiettile di prima, con le dita lo tirai fuori dalla caviglia, reprimendo dei sussulti pieni di dolore.
Mi distesi di nuovo, con le braccia e le gambe divaricate, il mio petto si alzava e abbassava velocemente e le mie ali erano rientrate nel momento in cui il proiettile colpì il mio bicipite.
"Sai cosa farò non appena vincerò questa battaglia?" La suola del suo stivale calpestò inconsapevolmente una ciocca dei miei capelli. I miei occhi lo fissarono socchiusi, ripardandosi un po' dalla luce del sole. "Ti rapirò e diventerai una mia schiava." Si inginocchio sopra di me, porprio sopra il mio ventre, sorridendo maliziosamente.
Pervertito. Imprecai mentalmente. "Deciderò se ucciderti o torturarti a mio piacere a vita." L'emorragia al naso pareva finita. Decisi allora di reagire, ingorando il dolore, concentradomi solo sulle vite che avrei dovuto salvare, compresa quella di Loki.
"Loki, fammi.. alzare." Gli chiesi affaticata, risultando ai suoi occhi debole, ma anche speranzosa che quella parte capace di amare dentro di lui ci fosse ancora, perché doveva essere così.
"Ma non hai capito?" Ridacchiò ambiguamente. "Tu mi hai tradito, ti sei schierata dalla loro parte!" Alzò il tono di voce e io strizzai le palprebre fra di loro.
"Io non sono mai stata dalla tua parte!" Alzai il tono di voce anche io. Gli occhi di Loki diventano improvvisamente lucidi. "Io ti amo, Loki! Ma questo non vuol dire che appoggio le tue pazzie!" Lo spinsi via e ribaltai i ruoli. La caviglia e il braccio mi bruciarono come non mai.
"Se tu mi amassi, mi appoggeresti." Presi un coltellino e poggiai la lama sul suo pallido collo. "E io avrei fatto di te la mia Regina." Sussultai a quell'affermazione.
Avrei fatto di te la mia Regina.
Matrimonio? Mi amava così tanto? Quella parte di lui era rimasta ancora. Sorrisi, allantonando la lama dalla sua carotide. Mi chinai fino a poggiare la mia fronte sulla sua, le mie mani erano sulle sue guance scolpite e le sue sui miei fianchi. 
Lo sentivo, percepivo il suo amore.
"Schierati dalla mia parte, sii la mia compagna." Poggiai le mie labbra sulla sua guancia, precisamente su un taglietto che perdeva un po' di sangue. "Io ti amo." Sussurrò. 
E in quel momento non c'era più niente attorno a me, nessunissima battaglia. Solo io e lui.
"Loki, se mi ami veramente, capirai che quello che mi stai chiedendo non potrò mai farlo." Sentii il suo respiro affannarsi, farsi più pesante.  "Abbandona questo volere effimero, chiedi perdono a Thor e ad Odino, sta in cella per quei pochi anni che ti toccheranno e allora io potrò essere la tua Regina." Loki mi spinse e mi fece rotolare sul suolo, mi alzai in piedi e lui, davanti a me, con il suo scettro in mano, era più arrabbiato che mai.
"Non lo farò mai!" Urlò. Sguainai entrambe le spade e incrociai a X davanti al mio volto.
"Allora mi dispiace," non c'era niente da fare "lo faccio per il tuo bene." Dovevo combattere contro di lui. Con il braccio e la caviglia che mi andavano quasi a fuoco, spiegai le ali e mi avventai in volo su di lui. Lo sfregare del suo scettro con le mie spade, fu così violento e acuto che una delle mie armi cadde, precisamente quella che tenevo con la mano sinistra. Le ali rientrarono dentro di me, ero troppo debole per volare.
"Sei un'illusa, Artemis, se speri di poter vincere contro di me." Ansimavo, avevo il fiato corto, ma questo non mi rallentò. Mi scaraventai nuovamente contro di lui, ma con un solo agile movimento circolare dello scettro, anche l'altra spada cadde a terra, lontano da me.
Lo fissai impietrita, non sapendo più cosa fare.
"Agente Artemis, Iron-Man sta spedendo un missile aldilà del portale, assicurati di chiuderlo non appena Stark uscirà sano e salvo, ce la puoi fare?" Captain America mi parlò attraverso il microcip che avevo all'orecchio. Rivolsi gli occhi al cielo, guardando Iron-Man attaccato a un missile che avrebbe polverizzato tutta la città.
Lo stava davvero mandando fuori dal portale.
"Sei un pazzo, Stark." Dissi a bassa voce tra me e me. Mi voltai verso di Loki, lo vedevo sfocato, i miei occhi non riuscivano a metterlo per bene a fuoco.
Tirai un respiro profondo, dovevo chiudere il portale, dovevo rimboccarmi le maniche.
"Lo scettro!" Questa non era la voce di Loki, ma di Eric Selvig, mi voltai verso di lui e ripeté di nuovo: "Lo scettro! E' la chiave per chiudere il porta.." Non continuò la frase, Loki lo bombarda con il Tesseract.
Ma certo! Il Tesseract è potente, ma non può proteggersi da se stesso!
Puntai gli occhi sullo scettro di Loki, dovevo sbrigarmi.
"Verrò con te." Il dio mi guardò, indugiando. "Se vincerai questa battaglia,io verrò con te." Camminai verso di lui e fortunatamente, quello non indietreggiò.
"E chi ti dice che non ti ucciderò?" Non appena fui così vicina a lui da alzare un dito per toccare lo scettro, dissi:
"Non potrai farlo." Sorrisi sghemba.
"E per quale motivo?" 
"Perché sarai già in catene." Con tutta la forza che avevo in corpo gli diedi un calcio al ventre e un pugno alla gola in contemporanea, Loki cadde a terra in ginocchio e con un altro calcio sul braccio con cui teneva lo scettro, presi in mano quest'ultimo.
Corsi verso il cubo blu, guardai il cielo. Stark era fuori dal pianeta Terra. 
"Forza, Tony, forza!" Doveva sbrigarsi. Mancava un solo centimentro e lo scettro sarebbe entrato in contatto con il cubo. "Stark!" Urlai. 
Ma fui costretta a chiuderlo quando Loki mi afferrò per le caviglie. Lo scettro entrò in contatto con il cubo e l'esplosione non fu così grande da distruggere la Stark Tower, ma nemmeno così piccola da non farmi saltare dal tetto al terrazzo del palazzo, stessa cosa successe a Loki. Sentii le ossa spezzarsi, gettai un urlo di dolore e guardai il cielo. La voragine del portale si era chiusa, ed Iron-Man era stato recuperato da Hulk, o avrebbe fatto una brutta fine all'impatto con il cemento.
Era tutto salvo, avevamo vinto, avevo compiuto la mia missione e fu così che mi lasciai andare.


                                                                                                           ° ° °


Steve Rogers teneva la mano di Artemis, mentre lei era distesa su un lettino dell'ospedale interno della base dello S.H.I.E.L.D. Aveva combattuto con coraggio e aveva chiuso il portale anche se aveva due ferite gravi agli arti, ce l'aveva fatta. 
Tra un paio di ore Thor e Loki sarebbero ritornati ad Asgard e avrebbero utlizzato il Tesseract come trasporto, per poi riporre la gemma nei sotterranei del palazzo reale; lo S.H.I.E.L.D aveva sostenuto quest'idea. Tutto andava per il verso giusto, ma Steve rivoleva la sua Artemis. Il Capitano si irrigidì sul posto non appena le pupille della giovane saettarono di qua e di la, per poi aprirsi, rivelando due bellissimi occhi di ambra.
Steve lasciò la sua mano e chiamò i suoi compagni: "Ragazzi, si è svegliata! Ragazzi!" E quelli entrarono entusiasti. Artemis sorrise non appena vide i Vendicatori uniti, davanti a lei.
"Buongiorno, uccellino." Disse Barton e la ragazza rise.
"E' fatta? Sono tutti salvi?" Domandò con la solita voce che si aveva quando ci si era appena svegliati.
"Sì, è fatta." E sorrisero tutti, felici.


                                                                                                        ° ° °


Avevo insistito per alzarmi, dovevo parlare con Thor prima che partisse. Dovevo convincerlo alla mia folle idea. Misi delle semplici scarpe di ginnastica, dei jeans e una polo unica tinta larga di due taglie in più della mia, cercai Thor ovunque e lo trovai furoi dalla stanza in cui c'era Loki imprigionato.
Loki.
Non era il momento per pensare a lui, per quanto io ci tenessi ancora a lui.
"Thor!" 
"Artemis." Sorrise non appena mi vide. "Devo porgerti le mie scuse, durante la battaglia ho dubitato di te." Era incredibilmente più alto di me.
"Oh, tranquillo." Mi facevando ancora un po' male i punti, ma ero forte, ero un Asgardiana.
A proposito di questo volevo parlare a Thor.
"Sono venuta qui per chiederti un permesso."
"Tutto quello che vuoi." Ne approfittai, mi feci abbindolare da quella gentilezza.
"Io sono un'Asgardiana, Thor. Desidererei incontrare i miei familiari, io so che ci sono, devono esserci e se c'è qualche problema con Odino, allora ci penserò io a parlargli, non mi vergogno, ma ti prego, io de.."
"Va bene." Mi interruppe. Lo guardai interdetta, ma era sincero. Per lui andava bene. Avrei conosciuto la mia vera famiglia. Le lacrime salirono in superfice.
"Sul serio?" Chiesi incredula come una bambina.
"Tutti gli Asgardiani hanno il diritto di stare nella loro terra natia, è una legge che ha scritto il padre di mio padre. Quindi sì, sei autorizzata." Gli saltai letteralmente addosso in un abbraccio.
"Grazie." Mi staccai subito da lui, quando mi resi conto del gesto troppo avventato. "Hem.. scusa." Risi e anche lui mi seguì.
"Non portare niente con te, non c'è tempo e non ce n'è di bisogno." Era un sogno che diventava realtà. Annuii e mi allontanai. Andai a cercare Fury e lo trovai nel suo ufficio personale. 
"Va bene se lascio la mia carica di Agente per un po'?" Gli chiesi dopo un po'.
"Non posso negarti di conoscere i tuoi familiari." Disse semplicemente e successivamente Steve entrò. 
"Quindi te ne vai?" Sorrise un po' malinconico. Un momento un po' imbarazzante, a dire il vero. Fury capì la situazione e con una scusa uscì fuori.
"Steve, io devo parlarti." Mi avvicinai a lui.
"Okay, va bene. Lo avevo capito che non poteva funzionare." Abbassò gli occhi. Poggiai una mano sul suo mento e lui guardò i miei occhi.
"Ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per me." Dissi piano e lui annuì, appoggiando una mano sulla mia.
"L'ho fatto perché sono innamorato di te, Artemide." Era sempre strano sentire il mio nome completo e solo lui lo faceva alcune volte.
Non volevo farlo soffrire, ma io non provavo più niente per lui se non una grandissima stima, forse l'attrazione c'era ancora, ma il mio cuore lo avevo donato.. a Loki. Sarei partita con lui, avrei potuto vederlo. Una gioia scoppiò dentro di me, ma non era il momento per esprimerla.
"Ti va di andare insieme al luogo d'incontro?" Gli domandai, cercando di tirarlo un po' su di morale. Mi sorpresi quando si avvicino a me e mi baciò. Un bacio dolce e semplice. Non lo allontanai, per qualche strano motivo ricambiai un po' anche io.
"Dovevo farlo, scusa."
"Va bene, tanquillo." Era evidente il fatto che Steve mi piacesse ancora, ma io avevo scelto.
Forse avevo sbagliato, ma avevo scelto.

Infine abbracciai Natasha Romanff, oh sì. Lei sì che se la sarebbe cavata alla grande.
Un'ottima guarriera, degna dello S.H.I.E.L.D.
Mi avviai vicino Thor e Loki, che indossava una specie di museruola. Faceva male vederlo così, ma sapevo che lui un giorno, avrebbe capito che sue colpe, per quanto cocciuto e orgoglioso possa essere.
"Sei pronta?" Thor teneva il contenitore che conteneva il cubo dal manico, Loki avrebbe dovuto prendere l'altro manico e io avrei dovuto toccare con il palmo della mano il vetro spesso del conenitore. 
"Aspetta." Sorrisi e poi guardai Loki.
Non appena i nostri sguardi si incontrarono percepii un gelo tempestoso, qualcosa che non si sarebbe sciolto facilmente. Il cuore prese a battermi all'impazzata, cercai comunque di regolarizzare il respiro. Senza il consenso di qualcuno, gli tolsi quell'affare ridicolo dalla bocca e lo gettai distrattamente a terra. "Adesso sono pronta."
E con un solo movimento circolare della mano di Thor, in un raggio di un paio di secondi ci ritrovammo catapultati nello spazio, un vortice era intorno a noi e io non abbandonai la presa sul contenitore.
Ci ritrovammo in una stanza enorme, dalle pareti circolari color bronzo e oro, c'era un uomo al centro della stanza, con una spada enorme in mano. L'uomo era di colore, gli occhi di un colore ambrato decisamente esagerato e portava un'armatura d'oro.
Non potevo assolutamente crederci.
"Benvenuta ad Asgard, Artemis."


 
Alla prossima :)
 
 


 

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Capitolo 24
*** AVVISO. ***


 
                                 

                                     Miei cari
lettori
,


il primo capitolo della seconda stagione di Two bodies, one soul, ovvero Two souls, one heart
si trova qui - - - - - > >
 http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2934007
 


Vi aspetto in numerosi!



ALLA PROSSIMA. ;)
 
 

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