I.M.E.S.C.O. : Missing Moments

di blejan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cheating Frederick ***
Capitolo 2: *** Teaching Cyril ***
Capitolo 3: *** Finding Isolde ***
Capitolo 4: *** Reaching Riven ***
Capitolo 5: *** Surprising Cristalline ***
Capitolo 6: *** Nagging Jvette ***
Capitolo 7: *** Wrapping Adriss ***
Capitolo 8: *** Activating Skydoor ***
Capitolo 9: *** Catching Wyatt ***
Capitolo 10: *** Signing Butts ***
Capitolo 11: *** Healing Hearts ***
Capitolo 12: *** Calling Buddies ***
Capitolo 13: *** Aiming Alaros ***
Capitolo 14: *** Remembering Nina ***
Capitolo 15: *** Red Alert ***
Capitolo 16: *** Inciting Zane ***
Capitolo 17: *** Fooling Boys ***
Capitolo 18: *** Astonishing Kids ***
Capitolo 19: *** Reassuring Orpheus ***
Capitolo 20: *** Beginning Storytelling ***



Capitolo 1
*** Cheating Frederick ***


Prompt: 11 - TORTA
Titolo:Cheating Frederick
Autore:blejan
Fandom: Originale
Personaggi: Cyril, Riven, Frederick
Genere: Fantasy, Avventura, Comico
Rating: Verde
Avvertimenti: nessuno
Lunghezza: 774 parole




Cheating Frederick



Silenzio.
Si svegliò in un silenzio totale ed oppressivo con un brusco sobbalzo.
Era destabilizzante, considerando che di norma l’atmosfera poteva riservare: cuscini volanti, a volte umidi di bava, il cui destinatario era a discrezione del Karma e di come ad esso girasse la mattina; coperte slittanti che decidevano di andare a farsi una passeggiata proprio quando le pestavi, rivoltandoti a gambe all’aria; biancheria in qualsiasi stadio di pulizia compreso tra l'appena uscito dalla lavatrice e l’appena uscito dal sistema digerente di un troll; rumori organici di varia natura ad alto livello di contaminazione ambientale e disturbo della quiete pubblica. Non necessariamente in successione ciclica.
A mitigare la cruda assenza di suono c’ era una remota sensazione di sospensione, come se tutto si fosse bloccato, in attesa.
Mentre si alzava con l’impressione che anche la polvere trattenesse il respiro, stropicciandosi la faccia e arruffandosi i capelli, Cyril sentì una guancia aggredita da qualcosa di delicato ma puntuto. Scattando con la testa all’indietro mise a fuoco di fronte a sè, attraverso i ciuffi di capelli ramati arricciati dal sonno.
Legato al polso destro con un nastrino giallo, un bigliettino piegato a metà spenzolava beffardo.
Sorpassò velocemente lo stupore, spianando il sottile foglietto per leggerlo; non era la prima volta che gli capitava, aveva perso il conto degli svariati modi creativi in cui gli altri ragazzi comunicavano tra loro.
Tre parole campeggiavano, scarabocchiate di fretta, deturpate dalle sbavature dell’ inchiostro viola glitterato; preferì non chiedersi chi avesse usato una penna del genere e di come ne fosse entrato in possesso.

Torta

Torta per colazione? Improbabile.

Frederick

Frederick era uno dei folletti del giardino di casa: un tipo simpatico, alto più o meno come una confettura di lamponi, con un naso che si faceva notare a distanza e che gli conferiva un tono di voce inconfondibile da eterno raffreddato.

Lassativo

Con uno sbuffo, Cyril riuscì a mettere tutte le informazioni insieme, delineando il quadro.
"Riven, mi ci gioco le tonsille."
Scivolò fuori dalla camera surfando su una coperta.
"Vorrà vendicarsi di tutte le volte che gli frega l’ultima fetta di torta, ovvero sempre. Quei due si odiano a morte."
Memorabile era infatti l’astio che correva tra Frederick ed il ragazzo che in quel momento occhieggiava cauto da uno spiraglio delle tende della finestra della cucina, acquattato scompostamente tra il lavandino ed il piano da lavoro in granito.

Degli altri ragazzi non c'era traccia. Riven inclinò il viso per intercettare brevemente il suo sguardo in un muto saluto; i capelli folti e neri, su cui sembravano esser passati dei ricci ubriachi, fremevano per la trepidazione.
Le pupille dilatate al limite tra l’allucinato ed il posseduto avevano ridotto l’iride color rubino, nell’ansia febbrile della vendetta, ad un anello sottile. Cyril gli si affiancò, circospetto, notando il piattino di carta arancione che stringeva tra le mani, su cui era appoggiato un quadratino di soffice torta al cioccolato.
Evitò con cura di soffermarvisi troppo a lungo con lo sguardo, spostando l’attenzione su Frederick, il quale, in giardino, stava salterellando tutto contento con un piattino di carta verde tra le braccia, al centro del quale vi era un altro quadratino si altrettanto soffice torta.
"Povero Frederick."
- Sei senza cuore- constatò con semplicità, prendendo il flaconcino di purgante accanto ai fornelli, completamente vuoto, gettandolo nella spazzatura -rischi di ammazzarlo. -
Riven fissò il ragazzo con sguardo folle.
- Chissenefrega. - esalò.
Cyril lo asfaltò con uno sguardo che avrebbe potuto far fare dietrofront ad un golem, ma Riven continuò ostinatamente a non sentirsi molto in colpa.
Scrutò il piacere sardonico con cui Riven pregustava l’agonia di Frederick, mentre il folletto si sedeva comodamente su un fungo all’ ombra della veranda.
- Mi auguro che tu abbia contrassegnato il boccone alterato - snocciolò riottoso.
Riven lo squadrò con sufficienza.
- Ovviamente. - Precisò, lanciando il bocconcino tra le fauci e masticando con gusto, proprio mentre Frederick, qualche metro più in là, sbocconcellava beato il dolce.
- Il piatto verde è quello ''alterato''. - Specificò mimando odiosamente le virgolette, leccandosi voluttuoso ed estatico le labbra, per non sprecare nemmeno il profumo del cacao, assaporandolo ad occhi chiusi.
Cyril, dopo aver trascorso parecchi secondi a sentirsi disgustato da tanta crudeltà, venne attirato dalla debole ed allarmante luminescenza che il piattino aveva assunto tra le dita di Riven.
Colse, con l’istinto che sbandierava striscioni mentali che gridavano pericolo, un grottesco sorriso balenare al di là del vetro.
"Non mi piace".

In silenzio impotente, contemplò esterrefatto l’arancione vivace virare al verde brillante in un turbinìo di scintille dorate, mentre l’incantesimo si esauriva con il suono di una gioconda, goliardica e spietata pernacchia.






NdA : Salve creature! Come scritto nell’introduzione questa sarà una sorta di raccolta di Missing Moments sul mondo di Crack, una mia one-shot che sta seriamente rischiando di evolvere in long. Siete curiosi? Andate a dare un’occhiata! Alla fine Frederick ha avuto la sua vendetta…
p.s.: il banner l'ho fatto io, per questo prompt mancava ;)

blejan



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Istantanea credits: immagine di Sam Nielson

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Capitolo 2
*** Teaching Cyril ***


Prompt: 19 - GITA IN BICICLETTA
Titolo: Teaching Cyril
Autore: blejan
Fandom: Originale
Personaggi: Riven, Cyril, Alaros, Adriss, Frederick
Genere: Fantasy, Avventura, Comico
Rating: Verde
Avvertimenti: nessuno
Lunghezza: 882 parole







Teaching Cyril


Con un verso che ricordava molto il muggito di un bisonte, Riven si schiantò sull’asfalto, caprioleggiando con la grazia di un comodino.
Cyril sentì come la risata implorasse di uscire dalla gola del ragazzo alla sua destra, che si sforzava di non piegarsi in due sullo skateboard.
Occhieggiò una lacrima eludere il suo controllo, scintillando nella corsa verso il terreno; non potè trattenersi dal sollevare un angolo della bocca verso l’alto, vedendo il ragazzo moro riverso sulla strada rialzarsi con cautela, barcollando pericolosamente sui rollerblade.
In condizioni normali sarebbe stato più incline al riso o ad una battuta.
In condizioni normali, per l’appunto.
"Chi me l’ha fatto fare di voler imparare ad andare in bicicletta?"
Con nitidezza fotografica gli si ripropose l’espressione scioccata di Alaros, il ragazzo sghignazzante sulla tavola di fianco a lui.
Quando, per un’accidentale associazione di pensieri, partita da Riven con - Dove diavolo è finito il mio asciugamano? - e proceduta poi seguendo vie tortuose, aveva asserito di non esser mai andato in bicicletta, ricordava come Alaros avesse sgranato i grandi occhi verdi come germogli, con esilarata e stupita incredulità.

Ed eccolo lì, nel viale davanti a casa loro, piazzato su quello strumento infernale grigio satinato.
"Meno male che non ho detto di non saper pilotare un elicottero."
Al momento se ne stava con i piedi ben ancorati al terreno, ringraziando che fosse la bici di Alaros: con quella di Jvette avrebbe dovuto considerare il tubo orizzontale che sarebbe passato proprio dove ora sostava materiale ad alta rilevanza biologica.
Cercò di non farsi distrarre troppo dall’ilarità del ragazzo che ora stava ridacchiando senza pudore indicando Riven, il quale, dopo qualche metro, aveva deciso di assaggiare nuovamente il catrame, atterrando con un rumore di grissini frantumati ed un guaito perplesso.
- Alaros, so bene quanto sia subdolamente divertente aspettare che Riven si renda conto che Frederick si sta divertendo un mondo a fargli scomparire e ricomparire le rotelle dei roller. - sentenziò poco convinta la voce alla sinistra di Cyril - Ma siamo qui per un altro motivo. -
Alaros scosse la testa esilarato e con una spinta leggera si mise in movimento, scivolando in direzione dell’ammasso di membra riverse al suolo, i capelli color mogano imbrigliati in una treccia che ondeggiavano leggeri sulla maglietta giallo evidenziatore.
- Cyril. -
Si voltò in cerca di conforto verso il ragazzo che lo aveva chiamato e lo osservava con benevolenza nei lucenti occhi verde foglia: appoggiato con le braccia incrociate sul manubrio, Adriss, il fratello gemello di Alaros, gli sorrise dalla sua cavalcatura blu elettrica.
- Sei pronto? - chiese, raddrizzandosi e spostandosi con la bicicletta in modo da avvicinarsi, inforcando un pedale.
Cyril specchiò il movimento. Gli sudavano le mani.
Sogghignò, tremolando: poteva sventrare un orco con un ventaglio ma aveva paura di non rimanere in equilibrio su due camere d’aria.

Ricapitolò velocemente il da farsi con Adriss che annuiva gentile, la coda di capelli scuri sulla nuca che dondolava ad ogni cenno sfiorando la maglietta bianca sulle spalle, mentre poco più avanti Riven, tornato in piedi e particolarmente agguerrito, inseguiva Alaros, nel tentativo di falciargli un ginocchio. Interrotto ancora una volta da un brusco ritorno alla stazione quadrupedale, che tuttavia gli permise di focalizzare l’attenzione sulle ruote del roller di sinistra che svanivano in uno sbuffo di scintille dorate, carteggiò dolorosamente i gomiti sul marciapiede. Evento che scatenò la risata estasiata di Frederick, spanciato sulla cassetta delle lettere sotto un albero di glicini alle sue spalle.
Ciò che si riversò dalle labbra di Riven in seguito fu un susseguirsi di molteplici e variegate contumelie ed ingiurie che promettevano al folletto un futuro pregno di angoscia, tormento e, soprattutto, sofferenza.
Sofferenza che non tardò ad arrivare.
Alaros sollevò una mano verso Frederick, le punte delle dita crepitanti di luce argentea: con la velocità di un cobra, un sottile ramo del glicine gli schioccò una flessuosa frustata sul fondoschiena. Soddisfatto, Riven accettò la mano che il gemello gli porse dallo skateboard, issandolo.
- Bel colpo, Al. - si complimentò sporgendo il pollice, su cui il ragazzo poggiò il suo, ghignando.

Nel frattempo, Cyril aveva iniziato a pedalare, cauto e traballante.
Dopo qualche sbandata insicura, l’aggeggio diabolico lo condusse docilmente avanti e indietro lungo il viale, sotto lo sguardo verde e vigile di Adriss, quello smeraldino ed entusiasta di Alaros ed il sorriso orgoglioso di Riven.
Improvvisamente, così com’era partito, Cyril frenò, fissando il manubrio a testa bassa con insistenza.
I tre gli si avvicinarono, preoccupati, cercando di capire ciò che aveva appena sussurrato.
- Cyril, qualcosa non va? - chiese Alaros, zompettando con la tavola. Scoccò uno sguardo veloce al gemello, ma Adriss sembrava saperne quanto lui.
Il ragazzo scosse la testa ramata in segno di diniego.
- Cyril. - lo chiamò il moro, fermandoglisi di fronte, appoggiando le mani sulle corna del manubrio, curvandosi verso di lui.
Il silenzio, intervallato dal mugugnare del folletto da qualche parte in mezzo ai cespugli, li fece allarmare.

Lo videro inspirare per poi sollevare di scatto la testa, le ciocche sudate ed arricciate sulle tempie; i caldi occhi ambrati di Cyril si tuffarono, sgranati, nelle scure iridi cremisi di Riven.
- È… - iniziò, abbracciandoli con lo sguardo, incredulo.
Il sorriso che si allargava sul suo viso, tra le lentiggini chiare, luminoso ed euforico, non potè che contagiarli all’ istante.
- È una figata pazzesca! -





NdA : Salve creature! Alla fine quest’esperienza per Cyril è stata decisamente positiva, non credete? Frederick stavolta si è divertito un sacco a differenza di Riven. Debutto dei gemelli, spero vi siano piaciuti; non fidatevi della prima impressione, Adriss non è sempre l’angelo che sembra…
Anche stavolta il banner è una mia creatura, trovo che il prompt ci si adatti bene, non trovate?
Fatevi sentire, un recensione è sempre gradita!
See ya

blejan



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Istantanea credits: immagine di mjagiellicz

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Capitolo 3
*** Finding Isolde ***


Prompt: 4 - COLAZIONE
Titolo: Finding Isolde
Autore: blejan
Fandom: Originale
Personaggi: Jvette, Alaros, Adriss, Isolde
Genere: Fantasy, Avventura, Comico
Rating: Verde
Avvertimenti: nessuno
Lunghezza: 738







Finding Isolde



La prima cosa che colpì Jvette quando entrò in cucina fu un cornflake: in senso profondamente fisico perchè, materializzatosi dal nulla, cercò di esplorarle la cavità nasale destra con estrema e professionale perizia, prima che riuscisse a soffiarlo, sconfortato ed umidiccio, in un fazzoletto.

- ‘Giorno Jvette - la salutò un gemello, accovacciato su uno sgabello della penisola, armeggiando con il barattolo della crema di nocciole, parecchio indispettito dal fatto che quest’ultimo non gli concedesse il privilegio di aprirsi: portando la treccia, doveva trattarsi di Alaros.
Nonostante stesse grugnendo per lo sforzo, il palmo della mano opalescente per l’incantesimo di forzatura in atto, riuscì ugualmente a sorriderle solare, i capelli sulle tempie incollati dal sudore. Con un puff soffocato, il coperchio si arrese; il ragazzo sollevò un pugno chiuso verso l’alto in segno di vittoria.
- Sono il re degli scassinatori. - annunciò compiaciuto, assalendo il piccolo contenitore con un cucchiaio.
Jvette fece scorrere lo sguardo sull’ attrezzatura che precedentemente doveva aver provato ad usare nell’impresa, disposta alla rinfusa sulla tovaglia a quadri grigi e rossi: una forchetta, un coltello, un apriscatole, un cavatappi, un seghetto, tra le fette biscottate, ed un’ accetta.
- Sei il re dei casinisti. -

Un pugnale, lungo come il suo avambraccio, con la lama che spuntava di un paio di dita dal fodero, ricoperto da una sostanza bluastra e gelatinosa che aveva l’aria di essere tutto tranne commestibile, si faceva ammirare in equilibrio sul barattolo di marmellata d’arance.
Fu quest’ ultimo particolare a far tornare la sua attenzione ad Alaros, squadrandolo attenta con gli scuri occhi color cioccolato. Non era particolarmente disturbata dal fatto che il gemello avesse tentato di tranciare a metà un barattolo solo per cibarsi del contenuto, lo aveva visto esibirsi in numeri ben più inventivi e fantasiosi.
Come risvegliatasi da un sogno, notò ciuffi di muschio argentei impigliati tra i capelli scuri, una sbavatura umida di fango sul collo e, ovviamente, la corazza di cuoio scuro ricoperta di terra, sul cui petto campeggiava il segno annerito che testimoniava il passaggio di una fiammata.
- Goblin ad Hyde Park. Una discussione piuttosto… Articolata - snocciolò sintetico il ragazzo.
La voce di Jvette fece sembrare la creatura contro cui aveva combattuto una mammoletta.
- Se fai immediatamente sparire quello- indicò con un dito, sottile ma malintenzionato, il pugnale -dal tavolo, magari potrei considerare l’eventualità di non privarti temporaneamente della funzionalità articolare coxo-femorale. -
"Ambage delizioso, Jvette."
Nel battito di ciglia successivo l’arma era già al sicuro nella cintura del gemello, le iridi smeraldine sottili e circospette.
- Crema di nocciole?- offrì, sporgendo il barattolo - Scambiamo i nostri germi in segno di pace. - le sorrise.
Si accorse di aver trattenuto il respiro solo quando Jvette gli sfilò il contenitore di vetro dalle mani, accettando le sue scuse e ricambiando il sorriso.
- Sono troppo buona. - considerò, ficcando in bocca una generosa cucchiaiata.
Con un balzello si sedette sul bordo del tavolo, il pigiama di almeno tre taglie più grandi le svolazzò attorno come un mantello, facendola sembrare ancora più esile.
- È mio questo? - indagò Alaros, valutando un lembo della maglia di cotone blu cobalto.
- Veramente è mio. - constatò Adriss, entrando nella stanza.
Aprendo il frigorifero a caccia del cartoccio del latte, sbuffò divertito - Il vostro attaccamento a noi ragazzi ci gratifica, signorina Arabel. -
Alaros ghignò - Ti vogliamo bene anche se hai un malsano impulso cleptomane nei confronti dei nostri pigiami. -
Jvette sorrise loro sbarazzina, strizzando gli occhi ed esibendosi in una linguaccia affettuosa.

Un uggiolìo sommesso attirò la loro attenzione.
- Buongiorno anche a te, Isolde. - sorrise Adriss, poggiando il latte sul piano di granito dei fornelli ed immergendo le braccia oltre lo sportello dell’elettrodomestico.
Ne riemerse con un oighear, uno spiritello dei ghiacciai: una palla di candido pelo, grossa quanto una mela, che lo osservava coi grandi occhi neri rotondi come bottoni.
Era stato proprio lui ad averla scoperta ruzzolare nel giardino in mezzo alla neve la vigilia di Natale di due anni prima e da allora non se n’era più andata.
Con cautela la posò sulla tovaglia per andare a scaldare il latte, mentre Alaros ed Jvette le facevano sorseggiare del succo d’ ananas da una tazzina da caffè, ridendo delle piccole orecchie appuntite che tremolavano emozionate.

Lo schioppo del gas che si accendeva la fece sobbalzare ed i ragazzi sgranarono gli occhi mentre, con un singhiozzo inquieto, espelleva quelle che scoprirono essere, ad un attento e meravigliato esame, delle gelatine alla frutta.





NdA : Salve creature! Alaros non si smetisce mai e ci regala gag ogni volta, la considera una missione^^. L’oighear (che in gallese significa ghiaccio) è una razza inventata dalla sottoscritta, nel caso steste andando a cercare forsennatamente in giro riferimenti in materia. Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, il prossimo promette di avere toni più seri.
See ya

blejan



Istantanea credits: immagine di mintconspiracy

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Capitolo 4
*** Reaching Riven ***


Prompt: 1 − LIBRO
Titolo: Reaching Riven
Autore: blejan
Fandom: Originale
Personaggi: Riven, Cyril
Genere: Fantasy, Sentimentale
Rating: Verde
Avvertimenti: Slash
Lunghezza: 700 parole





Reaching Riven


Riven uscì dalla doccia in una nuvola di vapore caldo che si spanse nella stanza mentre zampettava sulle piastrelle in punta di piedi, lasciando una scia umidiccia.
Scosse la testa, scrollando i capelli scuri che si staccarono dal collo spargendosi in una corolla stropicciata, lanciando gocce d’acqua in ogni direzione.
Il vetro completamente opacizzato dalla condensa non gli restituì il proprio riflesso, anche se sapeva benissimo cos’avrebbe visto: il viso tirato più pallido del solito, gli occhi color amaranto scuri e distanti, cerchiati dalla preoccupazione e dalla stanchezza.
Senza pensare, artigliò l’accappatoio arancione di Cyril, avvolgendocisi in un gesto fluido ed urgente, strattonando con gentilezza i lembi, premendo il morbido tessuto contro la pelle.
Il grande cappuccio gli ammantò la chioma corvina mentre sprofondava con il viso nelle maniche, incrociate sul petto.
Inspirò lentamente, sentendosi incredibilmente stupido.
"Sono un citrullo." meditò, migrando in corridoio.
Il silenzio della casa, vuota eccetto lui, lo avvolse mentre entrava in soggiorno, con la notte di Londra che occhieggiava curiosa dalle finestre. Cyril era di ritorno da una missione in Russia durata tre settimane. E gli mancava. Terribilmente.
Prese uno dei tomi di incantesimi di Adriss, rilegato in spessa pelle scura, ricamato con cuciture verde acido coronate da scritte in caratteri argentati, spulciandolo con scarso interesse.
Passando di fianco allo stereo, premette il tasto circolare dell’accensione, il cui profilo si illuminò di un tenue bagliore azzurro.
La voce cristallina lo colpì come uno scappellotto.

Amazing Grace!
How sweet the sound
That saved a wretch
Like me!
I was once lost
But now I am found.
Was blind but now I see.


Un sorriso amaro gli si disegnò in volto, mentre appoggiava con delicatezza il volume sul basso tavolino davanti al divano, infossandosi in un angolo, il gomito appoggiato sul bracciolo. Chiuse gli occhi, tormentato.
"Che cosa mi hai fatto, piccolo guerriero?"
Quel ragazzo, gentile e determinato, era entrato nelle loro vite sconvolgendole con la forza di un colpo di cannone, esplosivo ed inarrestabile.
E lui più di tutti si era lasciato investire, come fosse stato del tutto naturale, in maniera spontanea ed inesorabile.

’Twas Grace that taught
My heart to fear.
And Grace my fear relieved:
How precious did that Grace appear
The hour I first believed!



Attraversando determinati le proprie corazze, avevano scavato a mani nude uno l’oscurità dell’altro, senza scudi né maschere, legandosi a doppio filo, indissolubilmente.
In certe situazioni erano in grado di leggersi come fossero libri spalancati.
Cyril era la parte migliore di lui; gli era sprofondato nel cuore, raggiungendogli l’anima con una delicatezza che non credeva potesse esistere e senza la quale, oramai, non riusciva più a vivere.

Through many dangers,
Toils and snares,
I have already come;
This Grace has brought me
safe thus fare,
and Grace will lead me home.



Polpastrelli freschi lo salutarono accarezzandogli le guance, sfiorandogli le ciglia, andando ad allacciarsi sulla nuca fradicia.
"Eccoti… Finalmente."
Cyril, risvegliandolo dal suo momento di lugubre estraniamento, accostò la fronte alla sua, col fiato increspato; Riven si curvò in avanti per non rompere il contatto, lasciando scivolare le dita ad intrecciarsi allo stesso modo, sprofondandole tra i capelli ramati arruffati.
I luminosi occhi paglierini, increspati d’ ambra, infransero i suoi cupi pensieri.

The Lord has promised good to me.
His word my hope secures;
he will my shield and portion be
as long as life endures.



Non fece caso alla tuta di grafene dell'altro ridotta a brandelli, alla pelle schizzata di cenere e fango: lo attirò a sé, in una morsa d’acciaio e seta, lasciando che l’odore della sua magia gli permeasse lo spirito e lo stordisse: sangue, gesso e stelle.
Ne aveva bisogno, in un modo disperato e folle.
Sentì le labbra screpolate del ragazzo posarsi sulla tempia, mentre lo circondava e lo stringeva.
"Sono a casa."

Yea, when this flesh
and heart shall fail,
and mortal life shall cease,
I shall possess, within the veil,
a life of joy and peace.



Il cuore tambureggiava sordo, pazzo e dolorante di euforia.

"Che cosa mi hai fatto, piccolo guerriero?"
Lo sentì sorridere contro la sua pelle.
Cosa gli aveva fatto? Aveva compiuto un prodigio.
L’aveva salvato.
L’aveva raggiunto.




NdA : Salve creature! Avevo promesso un capitolo serio ed eccolo qua, con tanto di presentazione della prima coppia: per me Riven e Cyril lo sono stati fin dal primo momento in cui la mia coraggiosa piccola mente ha iniziato a dar loro vita. Sono i primi personaggi che ho creato e ci sono particolarmente affezionata.
Ho deciso di fondere Amazing Grace in questo capitolo perché è semplicemente perfetta per rispecchiare tanti pensieri, sia di Riven che di Cyril. La mia versione preferita è quella di Leann Rimes, ma quella originale, nonchè quella scritta nel capitolo, è questa.
Spero vi sia piaciuto, fatemi sapere (soprattutto se ve l’aspettavate o no di vederli insieme ^^).
See ya

blejan

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Capitolo 5
*** Surprising Cristalline ***


Prompt: 5 - BAGNO
Titolo: Surprising Cristalline
Autore: blejan
Fandom: Originale
Personaggi: Adriss, Alaros, Jvette, Cristalline, Riven
Genere: Fantasy, Avventura, Comico
Rating: Verde
Avvertimenti: nessuno
Lunghezza: 1148 parole




Surprising Cristalline


La prima volta che Adriss aveva ritirato il bucato da quella lavatrice, aveva fatto subito caso ai calzini, che invece di essere neri se ne erano strisciati fuori asciutti, verdi a pois rosa, su diverse paia di novelle e sottili gambette realizzate all’uncinetto: di chi fosse l’uncinetto, su questo non ebbe mai la sicurezza mentale di investigare.
Per non parlare della maglietta giallo marker di suo fratello, un tempo pezzo forte del suo guardaroba, ora rosa Schiaparelli, pezzo forte del guardaroba di Jvette.
Ricordò di aver passato lunghi istanti in contemplazione mistica del suo presunto operato, domandandosi quali oscure ed a lui precluse leggi governassero la dimensione del ciclo per i capi misti, riflettendo sul significato profondo dei propri pensieri, scritti a chiare lettere luminescenti sulla piatta e scura lavagna della sua mente sconvolta.
Hai compiuto un abominio.
Alaros gli aveva cerettato le sopracciglia nel sonno.
Sostenendo per altro, mentre il fratello sguinzagliava senza remore il suo incipiente istinto omicida per vendicarsi dei peli brutalmente estirpatigli dal volto, di essere stato oltremodo magnanimo nella selezione della punizione.
La vendetta era un piatto che andava assalito freddo.
Jvette gli aveva fatto le feste una settimana, viaggiando orgogliosa con la sua maglietta nuova e luminosa come un led.
Riven aveva riso fino ad avere una crisi respiratoria da insufficienza diaframmatica.
Occorre tuttavia specificare che non fu effettivamente colpa di Adriss: egli fu soltanto l’ennesimo bersaglio su cui si abbatté, crudele ed impietosa, la Legge di Murphy.
Non avrebbe mai potuto prevedere un risultato del genere essendo all’oscuro del passato tenebroso dell’elettrodomestico.

L’excursus fu piuttosto complesso ed iniziò anni prima, con l’evidente sorpresa che colse Adriss e Cristalline nel vedere Alaros inviperito correre per il parco dietro ad un colombaccio, il quale si era preso la libertà di soffiargli i cereali dello yogurt.
Ora, non fu propriamente l’avvenimento in sé a destare lo sbigottimento dei due ragazzi; il gemello aveva un’abbondante serie di variazioni comportamentali a cui si erano abituati, volenti o nolenti. Stava svillaneggiando vilipendi all’indirizzo del pennuto quando, passando su un tappeto di trifogli, era semplicemente scomparso, come fosse evaporato.
Ricomparve una manciata di istanti dopo, zompando in quella che credeva la direzione giusta per acciuffare il malvagio volatile, scapicollando invece nel verso opposto, in braccio a Cristalline.
Adriss aveva esaminato a lungo la zolla incriminata, girando intorno al punto attraverso il quale il gemello era stato inghiottito e rigurgitato; nel frattempo Cristalline aveva cercato di persuadere le dita di Alaros ad uscire dal suo naso senza asportare frammenti di preziosi etmoturbinati.

Con una manciata di fazzoletti arrotolati nelle narici che lo rendevano molto simile ad un tricheco ed i capelli bianco neve trapuntati di fiori rosaceo-violetti, Cristalline aveva considerato brevemente e senza apparente stupore che si trattava di un portale dimensionale in formazione: per le aspettative di vita umane assistere ad un simile evento era piuttosto raro, ma essendo longevo, aveva avuto modo di presenziare a simili fenomeni diverse volte ed aveva riconosciuto la variazione dell’energia.
- Si accumula e si arriccia, come una sciarpa annodata. Per fare un esempio che sia per te intelleggibile, Alaros. - aveva spiegato al gemello, operando su di lui grande violenza fisica per impedirgli di riprovare ad attraversare il portale e finire dove nemmeno il Karma aveva la benché minima voce in capitolo.
Ed essendo un drago, antropomorfo ma pur sempre un drago, la determinazione del suo metro e novanta e dei suoi ottanta chili di muscoli fu sufficiente ad indurre Alaros a desistere.
- Sei una creatura brutale. - Aveva gnaulato, dolorante.
Mai fidarsi dei ragazzi che portano i capelli raccolti in uno chignon con uno spillone.

Un portale in quella zona era pericoloso; un po’ per i bambini che rischiavano di passare dallo scorrazzare nel prato al vagolare sperso in qualche dimensione alternativa, un po’ per chi si stesse facendo bellamente gli affari propri in quelle dimensioni alternative e finisse a scorrazzare in un prato.
Fu proprio il gemello a suggerire di costruirci attorno.
- Non siamo troppo vicini al centro di Londra né troppo lontani dai nostri distretti. Potremmo usarlo per arrivare direttamente al museo e viceversa, come punto d’appoggio quando non dobbiamo passare per forza dall’IMESCO, senza dover sempre compilare papiri interminabili. Con queste orde di pargoli e vegliardi erranti, rischieremmo un cataclisma. -
Cristalline l’aveva rimirato con i profondi occhi color ematite, concordando in pieno: Adriss comprese che ogni tanto il sangue di elfo che condividevano riusciva, almeno in parte, a sopperire alla mancanza di connessioni neuronali efficienti.

Così, nonostante le abbondanti rimostranze del vicinato furente, il fazzoletto verde venne soppiantato da quella che ad oggi era casa loro.
Si fecero perdonare demolendo l’orrendo capannone che torreggiava a qualche isolato di distanza, sostituendolo con un auditorium polifunzionale, una mensa per i senzatetto ed un parco giochi che avrebbe fatto sentire il Prater di Vienna un vasetto di ciclamini.
In base alle rilevazioni che avevano ripetuto fino alla nausea, il portale avrebbe dovuto stabilizzarsi in quello che era il soggiorno, perciò fu l’unica stanza ad essere lasciata sgombra, per permettere al passaggio di completare la regolarizzazione.
Precedentemente all’allacciamento di gas ed acqua in cucina ed al montaggio delle porte, il primo luogo ad essere arredato fu il bagno.
Con, oltre a due lavandini, ben due lavatrici, in funzione della volumetria di biancheria attesa, essendo previsti sei futuri inquilini.

Differenti e contrastanti sono le leggende sull’identità del responsabile della selezione accidentale dell’opzione ‘Speculare’ della stampa del progetto della casa, che localizzò il portale, all’oscuro di tutti, in bagno; esattamente dentro alla lavatrice.
Perciò, dato che in seguito la casa rimase vuota per tre settimane e nemmeno Alaros o Riven ebbero l’idea di provare a centrifugarsi, il passaggio ebbe tutto il tempo di plasmarsi, fondersi e stabilizzarsi con l’elettrodomestico, trasformandolo in tutto e per tutto in un portale interdimensionale.

I ragazzi decisero di provarlo dopo il primo mese di permanenza ed un sacco di incidenti di lavaggio. Riven ed Adriss attendevano in soggiorno Jvette, che sarebbe dovuta arrivare dall’Istituto.
Alaros era rimasto a discutere animatamente con dei folletti in giardino e dalla finestra ne videro un paio svolazzare nel vuoto seguiti da espressioni decisamente pittoresche.

Cristalline era in bagno a farsi la doccia, tentando di scrostarsi di dosso del muco di gremlin particolarmente adesivo e tenace. La sua fu un’espressione da oscar nel momento in cui, uscendo dalla doccia in uno sbuffo di vapore caldo e biancastro, vide l’oblò dello sportello della lavatrice aprirsi con uno scricchiolìo.
La ragazza, emergendo stupefatta con un paio di calze lunghe fino al ginocchio a strati arcobaleno che giurò strenuamente di non avere indosso fino a pochi momenti prima, si trovò con le guance che andavano velocemente in fiamme a contemplare il fisico statuario del ragazzo-drago, che ghermì con fulmineo stupore una salvietta striminzita per coprire quello che le foglie di fico si prodigavano ad occultare con solerzia e pudore.




NdA : Salve creature! Ecco a voi un nuovo personaggio, Cristalline! Sicuramente Jvette è stata quella più contenta di averlo conosciuto ^^.
E cosa dire della lavatrice-portale dimensionale: tutti ne vorremmo una.
Per chi si stesse domandando quale tonalità sia esattamente il rosa Schiaparelli .
Lasciatemi le vostre impressioni, fatemi sapere cosa vi piace o non vi piace della storia fin’ora, cosa vi ha fatto divertire di più, sono tutti preziosi consigli che per noi writer sono indispensabili.

Ricominciando l’università il tempo mi scarseggia (parecchio), ma cercherò tra un problema ed un altro ad aggiornare ogni settimana, percui rimanete sintonizzati!
P.s.: gli etmoturbinati sono delle formazioni ossee all’interno delle cavità nasali (dei mammiferi) e sono conformate proprio come se fossero un turbine. Sono ricche di recettori olfattivi e di terminazioni nervose per captare ed analizzare gli odori. Questo per dare l’idea della profondità a cui sono arrivate le dita di Alaros XD.
See ya

blejan



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Capitolo 6
*** Nagging Jvette ***


Prompt: 17 - VACANZA
Titolo: Nagging Jvette
Autore: blejan
Fandom: Originale
Personaggi: Riven, Adriss, Jvette, Cyril, Alaros
Genere: Fantasy, Avventura, Comico
Rating: Verde
Avvertimenti:nessuno
Lunghezza:777 parole


Nagging Jvette

Riven sentiva il sudore straripare dalla pelle, condensarsi e scivolare silenziosamente lungo il collo; con la punta della lingua fremente fuori dalle labbra, contratto in una smorfia di estrema attenzione, appiattì accuratamente le asperità della sabbia con i polpastrelli, cercando di essere il più delicato possibile.
"Sono una piuma, sono una piuma, sono una piuma."
Portò indietro il busto, passando un avambraccio sulla fronte, osservando con sguardo critico la coda di sirena che aveva plasmato sopra le gambe di Adriss, il quale dormiva profondamente, beato ed ignaro, sdraiato al sole caldo della spiaggia.
Rimirò compiaciuto le scaglie rotonde e sinuose, la curva morbida della coda che si allargava increspandosi e, ultime ma non per importanza, le due piccole e pittoresche conchiglie sui capezzoli.
Sentiva le lacrime spintonare per uscire e fu costretto ad addentarsi il labbro inferiore con forza per evitare di sbellicarsi senza riserbo, mentre nella testa i suoi neuroni squilibrati assembravano centinaia di esilaranti idee su maniere spassose con cui spacciare le foto.

Sentendosi un borseggiatore strisciò vicino all’ombrellone, a caccia della Nikon 1 di Jvette, non accorgendosi che in realtà la ragazza lo stava spiando curiosa dal suo lettino, occhieggiando da sopra le pagine di un rapporto: mestolò con le braccia in mezzo a costumi vivaci, infradito colorati e morbidi asciugamani, dubitando seriamente sul fatto che esistesse un fondo su cui raschiare.
In trionfante silenzio, estrasse lo strumento di un fulgido rosso papavero, tenendolo come una reliquia preziosa, avvicinandosi temibile al gemello, innocentemente assopito nella sabbia fine.
Jvette sollevò gli occhi scuri al cielo nella speranza che qualcuno, da qualche parte, almeno provasse a darle una spiegazione, più o meno razionale, sul perché Riven, a parte aver scattato talmente tante foto da aver surriscaldato il flash e prosciugato la batteria, si fosse poi messo a scavare con le sue mani una buca proprio sotto il suo lettino, acquattandovisi e ricoprendosi come una formica leone, mugolando malestruo.

L’energia che governa l’Universo si avvalse della facoltà di risponderle con una maestosa eruttazione.

Cyril riuscì a trasmetterle tutta la sua solidarietà, sedendosi sul bordo del lettino per ripararsi dai raggi ruggenti.
Sollevò il pince-nez dalle scure lenti di cristallo temprato dal naso, pinzando le pagine del rapporto alla cartellina tra le mani di Jvette, per bloccare il loro svolazzare malandrino alla debole brezza che li aveva investiti.
- Ho smesso da tempo di ostinarmi a voler trovare per forza una logica in parecchie situazioni. - decretò il ragazzo con semplicità ed un sorriso disarmante, esasperato e divertito, affibbiando un pestone alla mano di Riven, che dalla sua postazione segreta tentava di rifilargli un pizzicotto sul malleolo.

- Tana per Cyril! -
Con la prepotenza di una fucilata, la percezione di pericolo imminente gli fece rizzare i capelli sul collo, mentre tutto il suo corpo scattava come una corda di balestra, lanciandosi in aria.
Sfruttò l’elasticità della rete del lettino, che lo innalzò ad un paio di metri buoni dal punto in cui, fradicio come uno straccio imbibito e non strizzato, grondante d’acqua marina, Alaros si schiantò, travolgendo Jvette.
- Tana per Jvette, allora! - Esclamò con un latrato da battaglia.
In un groviglio di gambe, braccia, fogli masticati e sputacchiati ed articolazioni messe a dura prova, la ninfa si sprecò ad esaminare, con gomiti e ginocchia adorni di cattiveria, zone particolarmente sensibili del gemello, pungolandolo col becco dell’olecrano tra le costole e ficcandogli una tibiata alla bocca dello stomaco.
Alaros, ridendo e tossendo, cercò di non farsi colpire ancora, minacciando di scrollare i folti capelli color mogano ancora copiosamente gocciolanti, strappandole uno strillo di protesta.
- Frenastenico! - soffiò Jvette, la pelle bronzea impanata come una cotoletta grazie all’umidità generosamente donatale dall’elfo; sentiva la sabbia crepitare e sfrigolare in posti che non pensava di avere.
- Andiamo Jvette - iniziò il ragazzo dagli occhi di giada - sii un po’ goliardica, siamo in vacanza! -
Si abbassò con la rapidità di una mangusta sentendo lo schiaffo fischiare sopra la sua testa.
- Io ti decapito, troglodita! - ruggì la ragazza tentando, con l’unico spigolo ancora integro della cartellina, di eseguire su di lui una biopsia cerebrale.

A qualche metro da loro Cyril osservava con sguardo vacuo di fronte a sè le decine di frammenti di cristallo scuro riflettere la luce nella sabbiolina dorata.
- I miei occhiali. - constatò, lapidario ed imbestialito.
Alaros sentì con intensità una sensazione oltremodo disagiante.
- È stato lui a voler cominciare a giocare a nascondino! - si difese indicando il moro, insabbiato di fianco a lui, il quale percepì chiaramente il sangue ghiacciarglisi nelle vene alla vista degli occhi d’ambra trafiggerlo con furia cieca.

Adriss fece finta di continuare a dormire, cullato ed intimamente appagato dai guaiti lamentosi di Riven, subissato di badilate come un sacco da box.


NdA : Salve creature! Che dire, uno scorcio di vacanza degno dei miei ragazzi.
So che il mare e la spiaggia sono un cliché, ma spero di aver sopperito in qualche maniera ed avervi fatto divertire^^.
Adriss è semplicemente un genio del male.
Ed Alaros, da bravo casinista, si è preso una vagonata di botte; poverino, a suo favore gioca la sua fibra d’acciaio.
La mia deformazione professionale mi ha fatto inserire una parola che molto probabilmente è oscura a parecchi di voi: non arrabbiatevi né sentitevi analfabeti, è perfettamente normale non conoscere il becco dell’olecrano, perché è comunemente conosciuto come…la punta dell’osso del gomito. Non odiatemi, so che potevo scriverlo così, ma è stato più forte di me, chiedo venia XD.

Grazie per aver letto, vi invito se potete e volete a lasciarmi le vostre impressioni su questo capitolo, sono sempre bene accette, positive o negative che siano ;) See ya!

blejan



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Capitolo 7
*** Wrapping Adriss ***


Prompt: 9 - REGALI DI NATALE
Titolo: Wrapping Adriss
Autore: blejan
Fandom: Originale
Personaggi: Alaros, Adriss, Riven, Isolde, Cristalline, Jvette, Cyril
Genere: Fantasy, Avventura, Comico
Rating: Verde
Avvertimenti:
Lunghezza: 1920 parole






Wrapping Adriss

- So I wrote you a song, hope that you sing along, and it goes Merry Christmas!- cantò a squarciagola Alaros, fiondandosi in camera, scuotendo la chioma sciolta ed aggrovigliata dall’esagitazione, imbrigliata in cima alla testa, molto sommariamente, da quella che sembrava proprio una pinzetta per capelli, con un chiassoso e luccicante fiocco rosso fuoco al collo, grosso quanto un melone -Kiss My Ass! - Sottolineò le ultime tre parole esibendosi in tre zompi distinti, pestando i piedi sempre più rumorosamente, per poi fiondarsi a membra scomposte sul letto, in grembo al fratello, stritolandolo.
Riven, balzato in piedi guidato dall’istinto primordiale di conservazione che aveva percepito l’appropinquarsi del gemello, si godette placido per qualche minuto il turbinio di lenzuola che si scatenò, mentre il ragazzo tentava di impacchettare Adriss nel piumone.
- Buon Natale, fratellino mio adorato! - Sbraitò querulo il ragazzo col fiocco, per sovrastare la prolifica ondata di insulti inframezzata da un’altrettanto variegata scarica di colpi.
Riven sospirò profondamente, un sorriso largo ed entusiasta gli disegnò in viso un’espressione compiaciuta e sardonica.
- Buon Natale Adriss.- sussurrò più a se stesso che al gemello, avvicinandosi ai due, aiutando Alaros ad immobilizzarlo, legandolo come un insaccato con del nastro da pacco.
Pensiero Profondo, peccato che il Natale si abbatta su di noi una sola volta l’anno.

Isolde salterellò sul divano, andandosi ad accovacciare su un cuscino verde pino, strofinando il musetto delicato contro l’ammasso di coperta dal cui interno Adriss osservava con occhi di smeraldo il mondo, torvo ed inferocito.
Dopo una processione celebrativa per la casa, nella quale aveva assunto il ruolo di trofeo di caccia, era stato scaricato in mezzo ai cuscini nell’attesa che i compagni si assiepassero in soggiorno per il rito dell’apertura dei regali.
Avevano stabilito per esperienza che era meglio fare colazione dopo averli scartati, onde evitare incidenti che spesso coinvolgevano cibo ed apparecchiature tecnologiche, con esiti disastrosi; soprattutto perché Alaros e Riven sembravano possedere l’abilità innata di riuscire ad usare impropriamente qualsiasi cosa fosse commestibile.

Jvette arrivò con un sorriso smagliante, sfoggiando orgogliosamente un pigiama grigio scuro decisamente oversize per lei, visto il notevole esubero di tessuto che strabordava dall’esile figura. Dal modo in cui Cristalline la adocchiò, sedutosi accanto al gemello con Isolde in braccio, doveva trattarsi di uno dei suoi.
- Rassegnati. - sorrise Adriss dagli strati di stoffa, intercettando il suo sguardo -Almeno siamo sicuri che le piacerà. -
Rise sotto i baffi osservando il drago intento a non staccarle gli scuri occhi di dosso, mentre la ninfa sfrecciava urlando per la stanza inseguita dal fratello e Riven, impossessatisi della marmellata e ben decisi a servirsene per infilargliela nelle orecchie.
Cyril riuscì a ristabilire un minimo di equilibrio con un po’ di pazienza e molta ferocia, colpendo con le rotule i legamenti crociati del moro nel momento il cui lo superò, ignaro e berciante.
Lasciandolo ad accasciarsi sul pavimento come cera calda, scavalcò lo schienale della poltrona di fianco a lui facendo leva su un braccio, fluido e letale come un puma. Alaros ebbe a malapena il tempo di esprimere sonoramente il suo disappunto quando il ragazzo gli fracassò lo sterno sul bracciolo del divano, immobilizzandolo.

Isolde nel mentre era scesa dal giaciglio dei bicipiti di Cristalline, attraversando la baraonda per afferrare il fiocco blu metallizzato che avvolgeva un fagotto di carta opaca verde menta, trasportandolo ad Adriss.
- Ti ringrazio Isolde - le disse il gemello, agitandosi in maniera esplicativa nel suo involtino - al momento opporre i pollici mi risulta malagevole. - incitandola con gli occhi ad aprire il regalo per lui.
Jvette aiutò l’oighear in un impeto fanciullesco, facendo scrocchiare la carta con parecchio gusto, rivelando un maglione.
Un maglione orrido: senza contare il punto della maglia parecchio claudicante, non fu solo il color tortora investita da una colata di fango, tonalità dalle parvenze un po’ digerite, a catalizzare l’attenzione. Al centro, adorna di sciarpa scarlatta e cappellino con pon pon, una giraffa sorrideva con espressione beota ed ottusamente natalizia.
L’elfo cercò di lasciarsi inghiottire dal suo involucro di piume, agognando ad un riparo, soffiando all’indirizzo della ninfa, che andava approssimandoglisi con lo stomachevole capo d’abbigliamento, il trionfo ruggente negli occhi da cerbiatta.
- Non oserai. -

Tentando di riprendersi dal mastodontico attacco di ridarella che lo aveva aggredito sul tappeto, Alaros accarezzò grato Isolde quando lo spiritello gli spinse tra le gambe incrociate un sacchetto di stoffa argentata chiuso da un voluminoso fiocco di organza bianca.
Si sfilò il suo dal collo, avvolgendolo con delicatezza sul corpicino morbido della creatura, pigolante d’entusiasmo.
- Buon Natale Isolde! - esclamarono tutti insieme con un fragoroso applauso, per la gioia della palla di peluria.
- Paura che faccia lustrini con la carta e li costringa in posti molto personali? - considerò ghignando il gemello, rimirando il suo presente.
- Sono sicuro che ti inventeresti qualcosa comunque, Alaros. - rise Cristalline, gli occhi d’ossidiana divertiti, sinceramente un po’ allarmato dalle sue stesse considerazioni.
- La identifica come un’esternazione di fiducia, Cris. - lo ammonì bonariamente Adriss, mentre Riven importunava smanioso il suo ragazzo nel tentativo di conquistarsi un angolino della sua poltrona, ricevendo un’amorevole testata sul setto nasale.
- Ad, non cercare di difenderti con il tuo essere prolisso, quel maglione rende ogni tentativo imbarazzante. - lo lapidò il fratello, con un sorriso spietato, svolgendo con abilità il nastro e sollevando il sacchetto, rovesciando il contenuto in grembo.
Isolde sbatté più volte le palpebre nel tentativo di non rimanere abbagliata dall’ululante giallo fluorescente di cui rifulse la felpa materializzata, aggredendo visivamente le retine di tutti i presenti col suo splendore bellicoso ed irritante. Cui seguì un’aggressione uditiva ad opera dei latrati estatici del gemello, che inizò a sventolarla come una bandiera, esagitato.
- Ragazzi, vi amo profondamente ed infinitamente! - mugghiò saltando in piedi, calandosi l’indumento catarifrangente, tentando di avvinghiarsi ad ognuno di loro per esprimere a pieno la sua gratitudine.
Riconoscenza che impennò esponenzialmente quando, infilando le mani nella tasca frontale, ne estrasse un headset di cuffie e microfono integrato di un violento blu elettrico con prepotenti profili arancioni.
- Così ne hai un paio tutte tue e la smetterai di farne una malattia perché tutti le usano alla postazione per i portali. - bofonchiò Jvette, soffocando nella presa asfissiante di riconoscenza.
- Voi non capite, quelle cuffie sono sudate ed appiccicose come… -
- Sono assolutamente certo di non volerlo sapere. - sentenziò Cyril, mettendo un paletto virtuale molto convincente che impedì ad Alaros di dare fiato alle sue visionarie descrizioni.

L’oighear decise di intervenire, previdente, facendo rotolare un voluminoso pacco a caramella verso Jvette, la quale vi si lanciò contro squittendo eccitata, ghermendo la carta e strappandola con efferatezza: a Riven ricordò, con un fremito d'allarme, un cotechino squartato da una tigre.
La ninfa sguazzò ridendo nella matassa di pigiami che si riversò in una fontana di colore su di lei: il cotone blu oltremare di Adriss; la mussola rosso mattone della maglia lisa di Riven; il soffice mohair verde cadmio di Alaros; il batista di lino leggero color avorio di Cyril e la casacca di un iridescente damasco prugna scuro di Cristalline.
- Grazie, creature. - la visione le si offuscò velocemente mentre raccoglieva in un abbraccio grato i loro sguardi, esplodendo in una risata frizzante per occultare un piccolo singhiozzo.

Cristalline issò sulle ginocchia lo spiritello, che gli sporse, reggendola dal nastro giallo, una scatola sottile e lunga poco meno del suo avambraccio, di un legno tanto scuro da sembrar nero. Accarezzò con dita impalpabili il coperchio, intarsiato lungo il bordo da motivi cinesi in oro massiccio. Dal centro si sviluppava un bassorilievo in giada verde di un albero frondoso, dai cui rami occhieggiavano pesche realizzate con la stessa pietra, ma dalle opache tonalità bianche e rosse.
Sollevò lo sguardo concentrato sugli altri, accorgendosi di come lo stessero fissando, trattenendo il respiro.
- È meraviglioso. - sussurrò, spostando le mani ai lati del coperchio, stringendoli brevemente prima di sollevarlo con un movimento lento, leggero e solenne.
La sfumatura metallica degli occhi color tempesta gli illuminò lo sguardo, mentre prendeva e sollevava con reverenza il contenuto: uno spillone a forma pentagonale di quella che a prima vista sembrava ematite, del diametro di un chicco di melograno, lungo una ventina di centimetri, con un’estremità più appuntita ed una più svasata e piatta. Aveva la stessa tonalità dei suoi occhi. Non era ematite, ma sangue di drago, fossilizzato e forgiato, antico di migliaia di anni: poteva frantumare un diamante grosso quanto una mano come fosse gesso, o trapassare una lastra di piombo facendolo sembrare gelatina.
Su ognuna delle cinque facce scure unite da angoli smussati, i caratteri della lingua primordiale della sua specie mormoravano una preghiera.
Tra le sue dita, l’energia ancestrale sbocciò, pulsando, arcaica e sorprendente.
È semplicemente meraviglioso.
Sorrise, grato e strabiliato, senza parole.

Mentre Alaros sfilava un cuscino da dietro la schiena di suo fratello, facendolo collassare privo di sostegno, per accomodare le sue regali terga, Cyril, arresosi all’invasività opprimente del moro, riuscito ad appollaiarsi vittorioso sul bracciolo alla sua destra, inclinò il capo in segno di ringraziamento allo spiritello, prendendo la scatolina di cartone circolare di un bel rosso porpora. Sul coperchio spiccava, al posto del fiocco, un origami di carta opaca grigio perla, plasmato a fiore di loto.
- Qualcuno si sente molto in colpa. - ammiccò caustico con la coda dell’occhio ad Alaros e Riven, intenti ad osservare con dedizione e curiosità il tappeto, sprofondati nella vergogna.
Appoggiò con cura il coperchietto sul ginocchio del suo ragazzo, che colse al volo la minaccia silenziosa, sfiorando verecondo il fiore cartaceo.
Il ragazzo dagli occhi d’ambra estrasse una custodia grigio antracite, all’interno del quale un paio di pince-nez gli restituirono, sulle lenti scure come il petrolio, il suo riflesso.
Stringendoli sul ponte del naso, Cyril strabuzzò gli occhi. Nonostante i filtri schermanti, la luminosità dell’ambiente non era minimamente attenuata e poteva percepire con chiarezza ogni dettaglio: le sfumature dorate dei capelli di Jvette, il luccichìo del mantello ghiacciato di Isolde, il riflesso cinabro nelle iridi di Riven.
Si lasciò sfuggire un fischio stupito, mentre scorgeva in un angolo un indicatore gps con coordinate in tempo reale; una mano santa, vista la sua malsana incapacità di fornire le indicazioni di geoposizione quando Alaros gliele chiedeva per aprirgli un portale. Dovuta principalmente al fatto che fosse sempre in giro per il globo, era una condizione che ogni tanto lo metteva in dispotica confusione.
- Sperando che in questo modo smetterai di farmi impazzire a cercare di indovinare latitudine e longitudine tutte le volte. - ventilò l’elfo, ridacchiando. Cyril vibrò un gesto fortemente scostumato al suo indirizzo, ridendo della sua espressione, disorientata da tanta villania.

Riven stava rimirando orgoglioso la chioma ramata e rugginosa del ragazzo, quando le dita affusolate di Jvette gli celarono la visuale.
- E per finire il bellezza. - pronunciò sibillina, mentre un trambusto di passi, sussurri convulsi e sgambetti che mandarono nasi e zigomi a sbattere su spigoli, catalizzò il suo udito, distraendolo.
Per questo, quando i palmi abbronzati di Jvette gli permisero di ammirare nuovamente il mondo circostante, riuscì a trattenere la sua mandibola dal disarticolarsi solo grazie a Cyril, che gli richiuse la bocca, il sorriso strabordante negli occhi color miele.
Alaros aveva appoggiato sul tavolino una torta, che Riven riconobbe immediatamente: una setteveli.
Ammirò incantato il susseguirsi degli strati di cioccolato e pan di spagna, intervallati da creme di varia e golosa composizione, fondersi in un tripudio di bruna magnificenza.
Rapito dal corposo ed intenso profumo del cacao, trasognato nella contemplazione del miracolo culinario di fronte ai suoi occhi, fu incapace di proferire verbo.
Tutto ciò che riuscì ad articolare fu una serie di mugolii beati mentre sbavava abbondantemente sulla scritta di glassa bianca al centro del dolce.

Buon Natale, Riven!




NdA : Salve creature! Capitolo mastodontico rispetto ai precedenti, ma dovevo dare spazio ad ognuno dei personaggi, altrimenti non sarebbe stato un Natale equo.
Credo che gli All Time Low cantati da Alaros nelle prime righe siano perfette, sia per dare la giusta movimentazione, sia perché rispecchiano esemplarmente a mio parere il carattere giocherellone del nostro caro gemello. Il Karma ha dunque fatto girare la sua ruota e questa volta è toccata ad Adriss venir maltrattato.^^
La scelta dei regali è stata ardua e perigliosa, ma spero che vi sia piaciuto. Fatemi sapere qual’è stato il vostro preferito o magari cos’avreste voluto regalare voi ad uno di loro, chissà che non li possa mettere in futuro! P.s.: ho inserito l’istantanea in 'Nagging Jvette', ho dovuto cercare qualcosa che mi ispirasse XD.
Dedico questo capitolo ad Edward Therril che ha estratto il prompt, ma soprattutto ad Aven90, che fin dall’inizio mia ha aiutato e soprattutto sopportato nelle mie elucubrazioni mentali e nei miei viaggi impensabili, continuando a darmi fiducia: grazie Serpe^^!
See ya!

blejan



Istantanea credits: immagine di cookaround

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Capitolo 8
*** Activating Skydoor ***


Prompt: 8 - ANELLO
Titolo: Activating Skydoor
Autore: blejan
Fandom: Originale
Personaggi: Cyril, Riven, Wyatt, Alaros
Genere: Fantasy, Avventura, Comico
Rating: Verde
Avvertimenti: Slash
Lunghezza: 1.824 parole





Activating Skydoor

Il respiro scivolò nell’aria in un sussurro tremulo.
Cyril strinse la presa sulle impugnature, il corpo si bloccò in un fremito, pronto.
Ruotò il bacino verso sinistra di novanta gradi, divaricando e flettendo le ginocchia nei larghi pantaloni grigio ardesia, abbassandosi. Spostando il peso sulla gamba destra, sollevò la sinistra, portandola indietro. Mentre appoggiava il piede nudo in diagonale allineò le spalle e con movimento fluido stese le braccia come esili ali; i ventagli nelle mani si aprirono con uno scatto metallico e secco, spandendo vibrazioni tutt’attorno.
Richiamò i gomiti un istante per poi ridistendere le articolazioni, usando gli arti superiori come pendoli che lo guidarono in una capriola in avanti, da cui una volta rialzatosi, a gambe solidamente divaricate, attaccò frontalmente col braccio sinistro teso di fronte a sé, il destro ripiegato sopra la testa in posizione di guardia.
Scattò indietro, girando verso sinistra in tre piroette consecutive, la seta cinerina che avvolgeva le pagine d’acciaio affilato dei ventagli vorticava sferzano l’aria.
Un colpo secco in orizzontale, il cui schioppo non ebbe tempo di esaurirsi, venne seguito da un altro fendente rapido come un battito di ciglia, che rimbombò sonoramente al termine dell’ultima piroetta, quando il ragazzo si bloccò, immobile e micidiale, le armi seriche scintillanti come mezzelune sospese tra le mani.

Scosse i capelli di rame, arruffandoli in ciocche spennellate sul collo e sulla fronte come petali stropicciati. Inspirò, issando le mani sopra la testa, chiudendo i ventagli, stiracchiando la schiena mentre si sollevava sulle punte dei piedi e distendeva le braccia verso l’alto.
Qualche istante in apnea e lasciò fuoriuscire con lentezza l’aria, abbassando le spalle, permettendo ai muscoli di rilassarsi.
Una cintura di cuoio color testa di moro, alta quattro dita e spessa uno, gli avvolgeva la vita stretta scolpita da addominali ben visibili a causa della canotta inumidita dal sudore; i ventagli scivolarono obbedienti e silenziosi nei foderi, posizionati sulla schiena al livello delle vertebre lombari, guidati dalle mani sottili e guizzanti.
A gambe unite piegò le ginocchia in avanti, poggiandole sul parquet di legno chiaro della sala degli allenamenti. Caricando il peso sui pugni a terra mentre si sedeva, incrociò le tibie di fronte a sé, lasciando sfuggire un sospiro profondo e un po’ rauco, sollevando la testa verso l’alto, le palpebre scurite da un’ombra di stanchezza accarezzate dalla luce dei lampadari.

Rimase immobile, sentendo un tocco familiare scostargli un ciuffo dai riflessi di bronzo dalla fronte, accarezzandola, disegnandovi con lentezza un cerchio, in un movimento rilassante e dolce.
Aprì pigramente i grandi occhi d’ambra, mentre Riven ripercorreva il tragitto, sorridendogli mentre si abbassava, sedendosi dietro di lui, divaricando le gambe in modo da avvolgerlo con la sua presenza, i gomiti in equilibrio sulle ginocchia, le braccia che sfioravano timidamente le sue spalle.
Tra le mani reggeva un tessen sottile di un satinato e cupo grigio piombo.
Nell’anello delle sue braccia, Cyril gli intercettò lo sguardo, facendo sprofondare le chiare iridi in quelle di sangue dell’altro, per poi tornare a fissare rapito il ventaglio.
Lo prese con delicatezza, catturato dalle sottili incisioni sulle guardie: delicate volute ageminate si rincorrevano sulla lunghezza, i cui solchi precisi occhieggiavano di riflessi rossastri, attorcigliandosi attorno al rivetto, alla base del quale, attraverso un foro, passava uno spesso anello.
Percepì il respiro di Riven incespicare, concentrato su di lui, i palmi delle mani che scivolavano in una carezza lungo i fianchi, incoraggiandolo ad esaminarlo.
Aprendolo con gesto energico ed aggraziato, Cyril rimirò le pagine rigide, essenziali e triangolari, affilate come katane, occhieggiare di sfumature purpuree scure in fitti intrecci sanguigni damascati, un turbinio di riflessi infuocati danzanti nel metallo del colore del granito.
Riven osservò stregato gli occhi del suo ragazzo, scintillanti e stupefatti, accarezzare l’arma con reverenza e sbigottimento, in un silenzio di assoluta ed esterrefatta ammirazione.
Si schiarì la voce, rispondendo all’ interrogativo ancora inespresso che vedeva galleggiare nella sua espressione.
- Grafene e titanio temprati nel… -
La voce di Cyril lo interruppe, concentrato.
- Nel tuo sangue. - terminò la frase, le sopracciglia aggrottate, voltandosi verso di lui. Sentiva la sua energia permeare il metallo in una vibrazione a malapena percettibile, eppure vivida e persistente, che si diramava sotto la pelle in un sottile brivido bollente.
Le screziature rosse parevano scorrere vivaci attraverso il metallo mentre lo appoggiava aperto sul palmo della mano. Alzandolo con una spinta leggera lo sospese in aria a pochi centimetri dalla pelle, il tempo necessario per voltare la mano e farlo atterrare sul dorso, lanciandolo nuovamente in alto, imprimendogli una rotazione che lo fece volteggiare, tornandogli in mano esattamente in verticale, dove la mano sinistra lo accolse, pronta all’attacco.
Sulla superficie interna dell’anello riconobbe di sfuggita i caratteri della lingua dei demoni bisbigliargli parole che non era in grado di decifrare.
Improvvisamente trovò una ragione a tutte le volte che aveva visto il moro vagolare con un colorito più pallido del solito, da sei mesi a quella parte.
Immaginare la quantità di liquido vitale utilizzato per un’operazione simile, il tempo e la cura da adottare, gli fecero attorcigliare il cuore, lasciandolo stritolato e dolorante di riconoscenza.
Inutile dirlo: assolutamente perfetto.
Tornando in piedi per andare a recuperare ed indossare la tuta, Cyril porse la mano per aiutarlo ad alzarsi, investendo Riven con uno sorriso tanto luminoso da fargli dimenticare di respirare, per una manciata di secondi distorti all’infinito.

Chiudendo con cura la grande porta di quercia, sfregiata da borchie di metallo brunito, si infilarono nel corridoio alla luce grigiastra dei fuochi fatui, che correvano in orizzontale lungo le pareti, spandendo argentate marmoreggiature splendenti su di loro.
- Ripetimi di nuovo perché proprio la Russia. - brontolò Riven, sollevando lo sguardo dal pavimento in acciaio, percorrendo il sentiero centrale di lastricato mandorlato.
Cyril sfilò il ventaglio nel fodero di destra, porgendoglielo, per sostituirlo con il tessen scuro.
Sapeva che era preoccupato, glielo leggeva nel respiro nervoso, nelle spalle curve, nelle ombre torbide degli occhi di porpora.
Gli trattenne le dita quando le strinse attorno al manico, percependo la tensione scaricarsi attraverso i nervi in una scossa feroce.
Il suo turbamento lo investì, artigliandogli i polmoni come una tenaglia di ghiaccio, spezzandogli il fiato.
- Perché so di riuscire a mantenere la situazione sotto controllo. - gli rispose, senza interrompere il contatto sia visivo che fisico.
In fondo nemmeno a lui andava propriamente a genio l’idea di starsene da solo tre settimane ad occuparsi delle turbolenze energetiche che stavano sconvolgendo i delicati equilibri del cuore della Siberia, ma del resto quella era la prima missione disponibile e non potevano certo mandare una matricola in mezzo alla neve, con una temperatura massima di meno venti gradi.
- La mia preoccupazione al momento - iniziò, lasciando che Riven infilasse il ventaglio nella tasca interna della giacca mentre entravano nell’ascensore al fondo del corridoio, diretti alla postazione dei portali al piano di sotto - è quella di non distruggerlo. - considerò, sfiorando inconsciamente con il gomito sinistro il tessen, le sopracciglia aggrottate di apprensione.
- Mi sono applicato a renderlo sufficientemente resistente. - snocciolò il demone, spostandosi alle sue spalle - Inoltre sei l’unico a poter usare la mia energia, quindi non ho motivo di preoccuparmi. -
Poggiando la schiena alla barra di sostegno che avvolgeva il perimetro dell’abitacolo, rivestito di pratico acciaio scuro satinato, acchiappò le cinghie sul fianco destro della cintura di Cyril, che barcollò leggermente, indietreggiandogli addosso, osservandolo interrogativo.
Riven estrasse con cura entrambi i ventagli, scambiandoli nelle fodere intarsiate, con un sorriso criptico scarabocchiato in viso.
Intercettò la confusa e sorpresa realizzazione negli occhi di sole del ragazzo, ghignando.
- Tranquillo. - gli sussurrò staccandosi dalla parete, posando le labbra sulle sue in un fugace soffio, tenue e meditabondo.
- Solo io so che sei mancino. -

Le porte si aprirono sibilando, in una mirabile sciorinata di contumelie che si depose su di loro, seguite da colui che le aveva pronunciate, visibilmente alterato, gli occhi del colore della corteccia scurita dalla pioggia strabordanti di rabbia.
- Ehilà Wyatt. - salutò Riven, seguendo Cyril nel corridoio, mentre il ragazzo prendeva il loro posto con un sorriso sbuffante.
- Che hai combinato stavolta? - chiese il giovane coi ventagli, seguendo con lo sguardo la chioma simile alla livrea di un passero, bruna chiara screziata di ciocche biondo-dorate.
- Lasciamo perdere, stasera preferisco permanere a crogiolare nel mio incipiente ostruzionismo, Cyril. - sobbollì l’interessato, scornato.
- Devi averla combinata grossa a quanto pare. - constatò Riven, ridendo dello sguardo sperso e bisognoso di specificazioni dell’altro.
Scrollando le spalle, sintetizzò - Hai una divisa da cameriere e tutti e tre qui sappiamo bene che significa. Orpheus dev’essere incazzato nero per averti sbattuto di sopra con le matricole stasera.-
Cyril, al suo fianco, inclinò la testa di lato, osservando la scarsa rassegnazione con cui Wyatt pareva voler affrontare la serata.
- Posso dire tuttavia - iniziò, poggiando il dito sul bottone del piano terra - di aver vinto la guerra, pur perdendo una battaglia. -
Gli occhi di miele si insospettirono vedendo un trionfale e crudele sorriso sbocciare sul suo viso.
- Ora occupo indiscutibilmente ed indeterminatamente il vertice della catena alimentare nel mio distretto. - pronunciò sibillino, salutandoli con un occhiolino pochi istanti prima che l’ascensore mettesse una rassicurante distanza fisica tra di loro.
‘Catena alimentare?’
Rabbrividirono con prepotenza, cullati da crude immagini trasudanti perfidia e malvagità.

La sala portali, un hangar grande quanto un campo da rugby, era il fulcro della struttura sotterranea, con un ingresso ed una postazione su ognuno dei lati dell’enorme pianta quadrata.
La voce di Alaros li accolse da dietro quella più vicina a loro, innalzandosi da un anello di monitor grondanti informazioni e calcoli per il trasporto che lo rendevano appena visibile attraverso le file e file di comandi, codici e grafici in movimento trapuntati sulle superfici semitrasparenti.
- Il bagaglio del turista, zale zale le - canticchiava assorto, spippolando sulle tastiere, controllando a velocità inumana le informazioni che scorrevano a fiumi tutt’attorno a lui, gli occhi di smeraldo concentrati - l’ho lasciato sulla pista, zale zale le. -
Cyril si affiancò alla sua sinistra, in attesa.
- Skydoor operativa- annuciò l’elfo, sollevando gli occhi, attraversati da scaglie di magia pura e brillante in azione, di fronte a loro.
Ad una ventina di metri, il portale si aprì nell’area identificata da uno dei quattro cerchi dorati disegnati sul pavimento, che palpitò tre volte di luce bianca.
All’interno del perimetro circolare l’aria si distorse, condensandosi in un punto luminoso e dorato; allungandosi in orizzontale ed arricciandosi in volute e sbuffi come fosse ghiaccio secco, sparse nell’aria scintille baluginanti che iniziarono a vorticare come impazzite nello spazio circostante.
Con movimento lento e graduale, la linea si curvò ed aprì in un gigantesco occhio intarsiato di luce di un paio di metri di diametro, l’iride infiorata di simboli e circonvoluzioni in continuo mutamento che sfolgoravano d’oro e blu notte, rincorrendosi e lampeggiando.

- Vacci piano, piccolo puma. - lo salutò Alaros, la treccia spessa vorticante, mentre si voltava sulla sedia.
Le iridi paglierine sorrisero al gemello, oltre la barricata di monitor.
Riven occhieggiò le mani del ragazzo dai capelli di rame contrarsi e rilassarsi in un impalpabile sfarfallio d’ansia.
Con un bel respiro, Cyril prese la rincorsa.



NdA :Salve creature, eccomi risorta! Non potevo cercare un’arma convenzionale e dunque nulla di più adatto del Tessenjutsu per Cyril ^^.
Per capire più o meno com’è fatto, questa immagine si avvicina parecchio alla forma del tessen di Cyril.
Nonostante il ventaglio sia per noi occidentali un simbolo prettamente femminile, in oriente la concezione è diametralmente opposta, identificando questo oggetto come maschile: andate a dare un’occhiata alla spiegazione storica del ventaglio da combattimento, il Tessen.
Per chi non avesse un’idea molto chiara delle forme di questa disciplina, vi invito ad andare a visionare questo(dove oltre ai trick più semplici, al fondo la sequenza “Crouching Dragon Fangs Wings” della ragazza coi ventagli neri è quella che ho fatto eseguire a Cyril all’inizio del capitolo, mentre il “Back Hand Flip” lo esegue per testare il nuovo ventaglio).
Ordunque, questo capitolo è un punto di collegamento per due aspetti:
• Per chi avesse letto anche l’altra mia raccolta (al momento arenata ad un solo capitolo T_T)…ebbene sì, è proprio Wyatt di Crack! XD;
• Non vi siete del tutto rincretiniti se avete pensato di aver avuto un deja-vu del tipo “Ma Cyril in Russia non ci era già andato?”: sta partendo per la missione dalla quale tornerà in Reaching Riven, quindi non angustiatevi, avevate ragione, è proprio un flashback.
Non avete neppure sbagliato ad aver riconosciuto Zalele, ovviamente storpiata da Alaros^^.
Spero di avervi incuriosito almeno un po’ e di essere riuscita a sorprendervi scegliendo un’arma così particolare, quanti di voi avrebbero indovinato che Cyril avrebbe mai potuto combattere con dei ventagli?
See ya!

blejan

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Capitolo 9
*** Catching Wyatt ***


Prompt: 16 - COMPLEANNO
Titolo: Catching Wyatt
Autore: blejan
Fandom: Originale
Personaggi: Wyatt, Adriss, Riven, Alaros
Genere: Fantasy, Avventura, Comico
Rating: Verde
Avvertimenti: nessuno
Lunghezza: 1089 parole





Catching Wyatt

La sfilza di briosi vituperi si infranse nell’abitacolo della Jeep Wrangler JK rosso granato, in uno sciorinare di giaculatorie degno di un bestemmiatore professionista, nel momento in cui un pezzo di ghiaccio delle dimensioni di un vitello si abbatté sul lunotto, facendo guaire il vetro.
Nel caso specifico si trattava di Wyatt, impegnato a cercare di impedire al suo adorato mezzo di ribaltarsi nella neve nord-siberiana mentre tentava di salvare la pelle, lanciato a velocità folle lungo un pendio ai margini dell’altopiano dei monti Putorana, districandosi nella foresta di scure conifere svettanti.

- Maledizione Adriss, portami via di qui! - latrò al cruscotto, evitando un masso grosso quanto la macchina, pattinando sugli aghi di larice come una biglia sull’olio.
Invocando una serie di divinità che molto probabilmente non venivano nominate da secoli, grugnì nell’inutile sforzo di tenere dritto il veicolo, assistendo impotente alla virata che lo portò a scivolare in orizzontale.
La qual posizione gli permise di mettere bene a fuoco la lastra di ghiaccio del lago delimitato dalle cascate del fiume Kutaramakan, verso cui stava inevitabilmente dirigendosi.
Un brivido terrorizzato lo scosse mentre osservava una colonna di lava sbuffare in aria da un pertugio al centro della lastra, che si spalmò sulla superficie. Il rumore delle crepe che si rincorrevano nel ghiaccio riverberarono nell’abitacolo quando si fermò, ai margini della sponda.
La valanga alle sue spalle decise di non fargli contemplare oltre quello spettacolo magnifico e terribile, crollando velocemente nella sua direzione, reboando tra gli alberi nella furia della corsa che la portò ad infrangersi in una nube lattescente.

- Wyatt, devi darmi una posizione, accendi quel diavolo di gps. Aprire una skydoor non è esattamente come stappare una bottiglia di birra. -
La voce del gemello gli solleticò il timpano di destra attraverso la nano-ricetrasmittente, facendo scattare meccanicamente il piede del ragazzo sull’acceleratore; si fiondò in avanti, sgommando cristalli ghiacciati che si dipanarono in un sottile mantello di luce congelata, con uno sbuffo biancastro.
Scivolò sul tappeto candido con grazia, privo di attrito, alla deriva sulla superficie opaca.
Ebbe appena il tempo di scaraventare il palmo sul tasto del sistema di rilevamento, un grazioso bottone a forma di mirino, di un chiassoso e saccente blu elettrico.
Vilipendiò abbondantemente, eseguendo con naturalezza un drift da manuale; descrivendo un cerchio perfetto sulle quattro ruote, disegnando un elegante scarabocchio in sgommata, tentò di circoscrivere una nuova eruzione creatasi, questa volta caratterizzata da una fontana di quello che a prima vista, e successivamente all’assaggio incuriosito con prelievo furtivo dai residui sul vetro, si rivelò essere zucchero.
- La prossima volta che Cyril etichetta qualsiasi cosa con “Praticamente Innocuo”, se non sono presente, ficcategli una sprangata nei denti da parte mia. - borbottò, scornato.
- Se riuscirai mai a colpirlo, avrai tutta la mia ammirazione e soprattutto il mio rispetto, Wyatt. - sentì dire ad Adriss, prima che un gracchiare molesto tentasse di trapassargli il timpano e trafiggergli il cervello, insolente ed invadente.
Distinse tuttavia, piuttosto chiaramente, un “Che cazzo fai?” nel rumore bianco che gli offuscò la comunicazione.
Una vibrazione prolungata ed allarmante lo scrollò con prepotenza, facendogli ingranare la retromarcia ed aggredire l’acceleratore, schizzando indietro in uno sprizzo di neve scintillante.
Una crepa si stava allargando sotto di lui in una ragnatela dai riflessi blu scuro e grigi; le oscillazioni si trasmisero cupamente lungo la carrozzeria.
Il ragazzo dagli occhi color mogano passò diversi pericolosi secondi a domandarsi la causa primaria che aveva trasformato un lago sub-artico in una specie di piazzola lanciarazzi magica a tradimento con proiettili a sorpresa, prima di intravedere dallo specchietto retrovisore le linee dorate di una skydoor iniziare a definirsi ed arricciarsi alle sue spalle.
Adriss sbraitò nel suo orecchio, con voce stranamente stridula ed alterata, facendo fischiare il microfono in maniera raccapricciante.
- Posizione 68° 52’ 2.92’’N 92° 23’ 56.90’’E. - sentenziò, prima che un rumore sordo di placcaggio facesse piombare un bislacco silenzio.
Opera di Riven: riconobbe la voce nell’infervorata discussione che venne provvidenzialmente ovattata.
Wyatt trattenne il respiro vedendo un crepa galoppare zigzagando sotto di lui e superarlo, diretta esattamente verso il portale.
Sentendo il sudore raffreddarsi e scivolargli lascivamente lungo la schiena, violentò rabbiosamente la frizione, acchiappando la leva del freno, guidando la jeep in un testacoda nervoso.
- Adriss, non aprirlo! - ruggì il ragazzo alla guida, digrignando i denti per mantenere un controllo sufficiente del mezzo.
Sentì la voce dell’elfo urlare, distante, chiedendo - Cos’ha detto?- per poi minacciare - Riven, piantala o giuro che ti tiro un calcio nel culo talmente forte che mi rimarrà il piede incastrato! -
- Ha detto aprilo! - rispose Alaros, forte e chiaro, reprobo e malvagiamente esilarato.

Il paesaggio ruotò davanti ai suoi occhi, accompagnato dai gemiti delle gomme che graffiarono il sottile manto candido, mentre svicolava il passaggio magico, percependo il solletichìo familiare della magia del portale che tentava di richiamarlo, pizzicandogli la pelle con urgenza acuta.
Strabuzzò i grandi occhi scuri vedendo ma soprattutto sentendo la faglia spaccarsi e crollare con un preoccupante rumore di ossa rotte, rigurgitando una strabiliante quantità, assimilabile a parecchie decine di migliaia, di orsetti gommosi dall’aspetto succoso: arancione acceso, giallo limone, verde bottiglia e rosso lampone.
I quali, dopo essere rimbalzati più o meno disordinatamente ma molto gommosamente in tutte le direzioni, vennero inevitabilmente risucchiati nel portale, che si richiuse in un battito dorato dagli sbuffi rutilanti.

Sentendo le urla eccitate di Riven, se lo figurò intento a rincorrere le creaturine gelatinose, augurandosi che non stesse davvero tentando di mangiarle.
- Niente e nessuno riuscirà mai a convincermi che non sei un mentecatto, un imbecille, un esiziale criminale. - ringhiò Wyatt, scoprendo i denti - Stupida lampreda che non sei altro, esulterò con grande giubilo il giorno in cui sezioneranno il tuo cranio e troveranno la tomba del tuo unico neurone, morto di stenti in giovane età. -
Sentì Alaros sospirare divertito, comportamento che lo mandò irrimediabilmente in bestia.
- Wyatt, è sempre un piacere disquisire con te. - ventilò il gemello, fischiettando brioso, per poi trillare - Skydoor operativa! Ore due! -
- Ore due mie od ore due tue, rintronato? - domandò il ragazzo, guardandosi attorno, spaesato, ammirando la neve ed il nulla nella direzione indicata.
Buon Compleanno, Wyatt’ ponderò, esasperato.

Quando attraversò finalmente il portale, che aveva scovato dopo aver girovagato per una decina di chilometri, svariate imprecazioni, un copertone forato e molta rabbia accumulata, alle sue ore due, sommo fu il suo stupore nel trovare l’hangar vuoto, fatta eccezione per Adriss, legato ed imbavagliato alla sedia, rigorosamente tassellata al pavimento, ben distante dalla postazione.
Ghignò orgoglioso al gemello, che sventolava soddisfatto e piuttosto compiaciuto, nonostante la prigionia, il piede sinistro, privo di scarpa.

NdA :Salve creature! Dopo attenta analisi del territorio siberiano (e grazie al generoso e come sempre prezioso aiuto di Aven90) ho trovato il posto giusto: ebbene sì, le cascate ed il lago del fiume Kutaramakan esistono realmente e sono l’amena località della missione di Cyril dei capitoli precedenti, ma Wyatt ha dovuto tirare fuori tutto il meglio della sua guida sportiva per vendere cara la pelle! Ecco la meravigliosa Jeep Wrangler JK, in tutto il suo atletico ed eroico splendore.
Le coordinate 68° 52’ 2.92’’N 92° 23’ 56.90’’E riportano esattamente sul lago, il link ve lo dimostrerà^^. Attenti agli orsetti gommosi, non fatevi ingannare dalla loro succosità… p.s.: dove sarà finita la scarpa di Adriss, secondo voi? XD

See ya!

blejan



Istantanea credits: immagini di Beklagen e DA

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Capitolo 10
*** Signing Butts ***


Prompt: 13 - COMPUTER
Titolo: Signing Butts
Autore: blejan
Fandom: Originale
Personaggi: Jaden, Don, Garrett, Zane
Genere: Fantasy, Avventura, Comico
Rating: Verde
Avvertimenti: nessuno
Lunghezza: 942 parole




Signing Butts


- Computer, shampoo. Ve lo giuro ragazzi, non ho mai visto una cosa del genere - decretò Jaden, strofinando istericamente i capelli, frizionando il sapone opalescente, che gocciolò obbediente dal soffione, in una nuvola di schiuma - quello zombie era talmente accartocciato da sembrare un cubo di Rubick. -
Fissando con ansia vuota il miscelatore della doccia, sollevò la leva di acciaio lucente, ruotandola in modo da regolare la temperatura dell’acqua.
Rabbrividendo, serrò le palpebre un nano-secondo prima che lo shampoo riuscisse ad infilarglisi negli occhi, rannicchiandosi sotto il caldo getto a pioggia, alla ricerca di tiepido conforto.
Don si imbucò in scivolata nel box doccia alla sua destra, tra i separatori di plastica grigio scuro che arrivavano al livello della vita.
- Decisamente grottesca come immagine. Pur essendo un non-morto avrà comunque il suo bel da fare a ricomporsi. - valutò, ringraziando mentalmente che l’amico non l’avesse visto evitare per un pelo di rovinare a terra e frantumarsi il coccige: merito della copiosa quantità di bagnoschiuma che lo aveva accolto non appena aveva messo piede nel piatto doccia.
Alaros.
- Non ne hai idea. Zane gli si è lanciato addosso come una mietitrebbia. Computer, altro shampoo. - borbottò meditabondo, accanendosi sulle croste di fango scuro che si ostinavano a non mollare la presa dai suoi capelli. La testa aveva assunto le sembianze di un gigantesco cavolfiore di spuma traslucida, dal delicato profumo di lino.
- Una ginocchiata galattica, non gli ha fatto solo ribaltare la testa all’indietro - descrisse, concitato, sfiorando l’iperventilazione, gli addominali scolpiti contratti in uno spasmo - ma anche tutta la schiena. Gli ha dato il giro, completamente, facendolo aggrovigliare con quel suono orrendo. Una furia. -
Don occhieggiò una ciocca risplendere finalmente dell’originario rosso fuoco, nella massa di melma ancorata al suo capo.
- Computer, bagnoschiuma. Avrà fatto un rumore piuttosto… - iniziò, incerto, investito dal sapone che sfrigolò bollicine iridescenti sulle spalle larghe, ma Jaden finì la frase per lui.
- … Organico. -
Don si abbandonò ad un verso di incipiente disgusto, scuotendo la folta chioma di tenebra nel tentativo di centrifugare all’esterno la visione, mentre un subdolo tremore gli permetteva di percepire ogni pelo orripilare, ripugnato.
- Organico? - si sentì chiedere Jaden da Garrett, alla sua sinistra, intento molto probabilmente a meditare sulle sue parole; poteva immaginarselo, immerso sotto la bocca di erogazione nel cono di liquido bollente e vapore biancastro, il viso abbracciato dai riccioli scuri appiattiti rivolto in alto, ad occhi chiusi.
- Bel plie comunque, Don. - considerò Garrett, contagiandolo e facendolo sbuffare divertito, esultando quando un pezzo di melma grosso come una pigna liberò un ciuffo carminio con un risucchio arrendevole.
- Detto da un esperto, Garrett, lo considero un complimento. - rimbeccò il giovane, le iridi grigio tempesta sprizzanti di sarcasmo. Jaden sentì qualcosa fischiare combattivo alle sue spalle ed impattare su Don con un rumoroso sciac.
- Gar, non lanciare il tuo fango in giro, sto faticando già abbastanza col mio. - lo minacciò il ragazzo dalla chioma di fiamma, sostenuto dal giovane con le lentiggini, impegnato a prodigare con generosità effimeri ma ben più pesanti e corpulenti svillaneggiamenti al suo indirizzo, probabilmente intento a cercare l’oggettistica più adatta con cui rispondere al fuoco.
- Don, fai uscire a bastonate quell’idea dall’anticamera del cervello; la spugna mi è indispensabile, non voglio doverla estrarre da zone inconsuete di qualcuno di voi, non avrei più il coraggio di servirmene. -
- Veramente mi sto alambiccando per scovare uno strumento più crudele. - ventilò il moro, producendo un trambusto non indifferente e particolarmente battagliero.
Allarmato dal silenzio che seguì, calato come un drappo di velluto pesante, Jaden si passò le mani sugli occhi per eliminare la vaporosa aureola di spuma, osservando incuriosito i due, entrambi immobili come gargoyle, fissarsi intensamente, protesi con le mani ancorate alle paratie, frementi d’attesa.
La trepidazione della stasi in cui erano costretti rendeva lo scroscio dell’acqua assordante come una scarica di mortaio in uno sgabuzzino, corrodendo i nervi con fluida perfidia.
‘Non ho buone sensazioni.’
Nello spazio di un pensiero, rapido come un fotone, Garrett ghermì l’asciugamano arancione di Jaden, poggiato con cura sul divisorio, attorcigliandolo con mossa esperta e mirando con precisione chirurgica al naso di Don.
Il quale non si ritrasse in tempo, sentendo il morbido tessuto, reso gelido e micidiale dalla velocità, impattare ferocemente sulla punta dell’appendice facciale, facendolo ribaltare nel cubicolo in una fontana di schizzi e bollicine.
- Ehi! Il mio asciugamano! - ruggì Jaden, furente, riappropriandosi con rabbia del suo venerato telo sgargiante, affibbiando una vigorosa scudisciata, gagliarda ed infame, sul tendine crociato destro del bruno, che si afflosciò amorfo a terra con un guaito sofferente, il dolore ruggente negli scuri occhi indaco.

- Stamattina avrete bisogno di un bel po’ di buon senso da spalmare sulle fette biscottate, se non volete che vi atomizzi. -
La minaccia perniciosa oltre misura calamitò i loro sguardi verso la porta delle docce, sprofondandoli contriti nelle strabilianti iridi color ametista dell’esile ragazzo sotto l’architrave d’acciaio.
Zane, appunto.
Li squadrava con le braccia incrociate sul petto, le mani pinzate sotto le ascelle; la fatica con cui si tratteneva dall’assalirli contribuiva a renderlo ancora più aggressivo.
Mai la voce di un essere umano suonò tanto ottenebrata di malvagità come quella che sentirono scaturire dalle sue labbra, mentre, mellifluo, ordinava - Computer. Blocca la porta.-
Con un bip che prometteva diabolica crudeltà, la serratura si bloccò.

Nonostante il ben poco torreggiante metro e sessantasette, la risolutezza che dardeggiò su di loro lasciò segni di brutale violenza che a lungo impressero nelle loro menti, ma soprattutto sui loro corpi di matricole, l’ordine e la disciplina.
Per diverse settimane infatti, Jaden, Garrett e Don, portarono in luoghi accuratamente occultati dalla luce del sole il tirannico monito di Zane, non riuscendo più a dissociare la parola asciugamano da quella atrocità.


NdA :Salve creature!
Ecco a voi una valanga di personaggi; nuovi più o meno, dato che Garrett, Don e Jaden arrivano da Crack, come Wyatt ed Jvette ^^. In questo capitolo sono presentati in brevi pennellate ammassate, ma non temete, avrete modo di conoscere meglio ognuno di loro!
Ammetto che Zane (l’unico vero nuovo personaggio ) non appaia esattamente come una bella persona, ma la prima impressione non vi deve lasciare con l’amaro in bocca: è un tipo piuttosto tranquillo e ragionevolmente folle (quando non è incazzato :D).
Tutta colpa dello zombie, gli ha fatto girare le balle e di certo tre ragazzi che litigano come dei beoti nelle docce rischiando di fracassarsi la testa e di fracassarla a qualcuno ispirerebbero violenza a chiunque XD!
Fatemi sapere cosa ne pensate, quale matricola vi sta più simpatica?
Non siate troppo crudeli con Zane, vedrete, si riscatterà!
See ya!

blejan



Banner’s credits: immagine di Missrockstarr

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Capitolo 11
*** Healing Hearts ***


Prompt: 10 - LETTO
Titolo: Healing Hearts
Autore: blejan
Fandom: Originale
Personaggi: Riven, Jvette, Alaros, Wyatt, Cyril, Cristalline, Zane, Adriss
Genere: Fantasy, Avventura, Comico
Rating: Verde
Avvertimenti: slash
Lunghezza: 1993 parole






Healing Hearts


Le palpebre di Riven si sollevarono con lentezza sonnolenta mentre sentiva le lunghe ciglia morbide di Jvette accarezzargli il collo tremolando, impalpabili e fini.
Inspirò profondamente, trascinato nel selvaggio sbadiglio con cui la ninfa augurò un torpido buongiorno a lui ed il resto del mondo, le iridi di cioccolato sottili e sonnacchiose.
Lanciando un’occhiata spiccia al silenzioso ed anonimo orologio a led di fronte a loro, registrò brevemente le due e mezza del mattino.
Ogni vertebra si fece sentire in un tripudio di tracotante arroganza, facendogli notare con puntigliosa diligenza che dormire seduti sul pavimento di un ospedale non era un buon proposito da ripetere in futuro, né a breve né a lungo termine.

Infagottata dentro tre giacche, raggomitolatalesi in grembo al sicuro dal gelido linoleum, Jvette scosse l’ondulata criniera d’ossidiana, i riflessi dorati intiepiditi dall’alone smorto dei neon.
Un sorriso sfibrato sfilacciò le rughe che le impensierivano la fronte, la preoccupazione atterrita sulla cute ambrata.
Riven sapeva di non avere un’espressione molto differente, ma tentò comunque di essere il più rinfrancante possibile, stropicciandosi il viso mentre increspava le labbra, più stravolto di lei.
Strofinò benevolo le mani sulle sue braccia per allontanare i brividi del risveglio.
- Riv, sei un giaciglio niente male, sai? - bisbigliò, impastata ma riconoscente.
- Troppo gentile, Jvette. - la ringraziò, decidendo coscienziosamente di non metterla al corrente del fatto che, nel sonno, l’aveva sprimacciato e torturato come un vecchio cuscino, lasciandolo frusto e consumato, seviziando il suo già sufficientemente straziato dormiveglia.
Le porse la mano, su cui lei fece leva per alzarsi in un movimento aggraziato, nonostante, per merito degli strati di indumenti aggiuntivi, ricordasse visivamente un pomodoro con le gambe.
Incassato nell’angolo del muro, il demone si stiracchiò invadendo il bracciolo del divanetto alla sua sinistra, rubato dalla saletta ricreativa grazie alla perfida maestria di Alaros e Wyatt, stufi marci di pisolare come barboni sulle sedie e svegliarsi più esausti di prima, senza avere la più pallida idea di dove fossero finiti i loro fondoschiena.
Jvette indicò i due ragazzi, seduti scomposti e profondamente addormentati: con la treccia arrotolata attorno al collo come una sciarpa, il gemello aveva la testa franata sulla spalla sinistra dell’altro; dalla bocca socchiusa un leggero ma metodico russare seghettava l’aria.
Wyatt era appoggiato con la guancia destra sulla testa dell’elfo. Le sopracciglia aggrottate sembravano un gomitolo annodato, sotto i capelli screziati castano-dorati, schizzati ed aggrovigliati. Riven scorse la treccina sul ciuffo che la ragazza gli aveva fatto poche ore prima, un picco di disperato estro creativo in un pomeriggio mortalmente noioso.

Solo allora si rese conto che Cyril lo stava fissando, accasciato con le membra che parevano disossate, sulle gambe dei due ragazzi, mezzo torace spalmato sul bracciolo, cereo in volto.
Accanto al mobile, le cui gambe erano curvate in maniera anomala, al limite della resistenza, un’asta d’acciaio lucido faceva la guardia con il suo uncino alla sacca adagiata sul comodino di fronte a loro, collegata al ragazzo attraverso un catetere venoso nascosto sotto la felpa nera. Il suo sangue, rosso mattone, scuro e dall’apparenza vischiosa, occhieggiava all’interno, sfavillante di pagliuzze bluastre.
Gli occhi di miele erano cerchiati da un alone grigiastro, stralunati e lucidi di una febbre che sobbolliva minacciosa, in attesa del momento giusto per attaccare.
Il moro operò cospicua violenza psicologica ma soprattutto fisica su di sé per sorridergli, serrando la mascella della sua mente con rabbia, pregando le forze dell’Universo affinché quello fosse l’ultimo prelievo.
Vederlo ridotto in quello stato era devastante, uno spettacolo che dilaniava il cuore; considerando che durante gran parte della sua vita aveva strenuamente creduto di non averne uno, per Riven diveniva un carico emotivo dalle dimensioni distruttive.
Per non parlare di Jvette e degli altri ragazzi, in particolar modo l’elfo ed il bruno che gli facevano da alcova in quel momento.

Erano finiti in ospedale per Cristalline, già di per sé uno shock abbastanza robusto: Zane l’aveva ripescato in mezzo alle montagne, relativamente poco distante, nell’ordine di una manciata di migliaia di chilometri, dalle cascate Kutaramakan, dove qualche settimana prima Wyatt era sopravvissuto ad un’esperienza assai ostica e curiosa.
Un drago, una tra le entità più potenti di tutte le dimensioni magiche, una creatura eletta e straordinaria, era stato massacrato, ridotto ad un’ombra, trascinato in uno stadio molto simile al coma.

Appena l’aveva visto, inerme tra le braccia di uno Zane talmente sconvolto da rasentare l’afasia, il collegamento per Cyril era stato istantaneo ed automatico: era opera di un sintetico, un “sinth”, uno come lui, un’altra pedina del progetto TORQUE.
Con l’unica differenza che lui, ora, si trovava dall’altra parte della barricata.
Su come esattamente fossero riusciti a sopravvivere altri combattenti a parte lui, dopo l’incursione dell’IMESCO, che aveva distrutto il cuore della fucina operativa quattro anni prima, non aveva avuto ancora il tempo di interiorizzare.
Fortunatamente a suo tempo aveva interiorizzato piuttosto oculatamente le informazioni su se stesso, che avevano permesso loro di strappare Cristalline ai bramosi artigli della morte.

Si era profuso in una spiegazione parecchio circostanziata sul meccanismo di funzionamento del suo ‘Sistema di Recupero dell’Energia’, di cui avevano compreso, per sommi capi, quanto segue.
Cyril era una sorta di accumulatore e trasformatore: in grado di assorbire energia sia in forme semplici, come ad esempio l’extra-calore corporeo, l’elettricità statica o le vibrazioni meccaniche, sia più complesse, poteva convertirla immediatamente in energia magica da utilizzare per combattere o per rigenerarsi, con una velocità che avevano avuto modo di ammirare più di una volta.
Dire che ti lasciava a bocca aperta era piuttosto riduttivo: raccapricciante ma stupefacente era un buon compromesso con cui esprimersi.
Per evitare di trasecolare come Alaros, con il suo emblematico - E ‘sti cazzi!-

Per aiutare Cristalline, era necessario attivare la funzione di emergenza, che implicava il sequestro diretto dell’energia vitale. La stessa tecnica con cui il drago era stato attaccato, solo che in quel caso sarebbe stato lui stesso a farlo: attraverso una trasfusione, il sangue di Cyril avrebbe avviato il processo, rigenerando il flusso magico e, letteralmente, “ricaricandolo”.
Tuttavia, fu subito messo in chiaro che si trattava di un’azione non solo disperata, ma altamente pericolosa: il sangue aveva una tossicità talmente elevata che sarebbe bastato un errore di microlitri per uccidere il ragazzo-drago.
L’aggressione all’organismo sarebbe stata fatale se le dosi non fossero state accuratamente diluite e dilazionate nel tempo, per permettere l’assorbimento e la rigenerazione senza rischiare il rigetto.
Inoltre, l’attività degli eritrociti iniettati era talmente esasperata da costringerli all’apoptosi nel giro di qualche ora, visto il carico di lavoro abnorme cui erano sottoposti.

La qual cosa costringeva Cyril a rimanere trincerato in ospedale da quattro settimane.
Era un quadro ragguardevolmente avverso per lui: troppi ricordi, esperienze ancora troppo vivide, che in quei giorni sfumavano pericolosamente i loro contorni nella realtà, tra quelle pareti asettiche che somigliavano così tanto alla sezione del progetto che gli aveva dato la vita.
Era capitato più volte che si ritrovasse infilato negli anfratti più bui e solitari dell’edificio senza avere alcun indizio su come vi fosse giunto, rimanendo per ore in sola compagnia del porta-flebo, silenzioso alfiere argentato che vegliava sul suo sonno tormentato, perennemente leggero e febbrile.
Quella quotidianità lo ammantava in maniera asfissiante, stritolandolo nel lenzuolo della maledizione del suo passato, un trascorso turbolento affogato in reminiscenze di oscura sofferenza.

I cinque minuti peggiori erano stati quelli in cui avevano dovuto fissare l’ago del catetere sopra la clavicola; l’unico che si era potuto avvicinare, a malapena, era stato Riven, ed aveva dovuto agire molto celermente.
- So che sei tu, ma fa’ in fretta lo stesso. - aveva sussurrato al moro con una maschera di livida tensione in volto, ogni muscolo bloccato dall’aggredirlo in virtù di un autocontrollo che avrebbe potuto frantumare una montagna.
Del resto la prima volta che avevano provato a fargli un’iniezione, l’anno precedente, la siringa aveva attraversato la stanza come una freccia di balestra, piantandosi nel muro in una ragnatela di crepe e promesse di violenza.

Cyril lo faceva per Cristalline, per profondo rispetto nei suoi confronti, per ognuno dei ragazzi con cui viveva ed in qualche modo anche per se stesso, per poter guarire non solo il cuore che ora batteva malfermo nel petto del drago, ma anche il suo, piagato e rattoppato con mezzi di fortuna.
Per questo non poteva che ringraziare quella manica di scalmanati, che in quelle settimane avevano fatto acrobazie per non lasciarlo solo, a volte persino litigando, dandosi il cambio tra una missione e l’altra, mangiando con lui, dormendo con lui, stravaccati ovunque, pronti a fargli da materasso, perché di andare nel letto del reparto non se ne parlava.
Riven aveva passato ogni minuto disponibile al suo fianco, silenzioso e presente, pronto a cogliere un gesto di irrequieto bisogno, un tremito fragile nei capelli di rame, un sospiro spezzato nel sonno frammentato. Si concedeva il lusso di riposarsi solo dopo essersi assicurato che lui stesse dormendo, o che perlomeno non fosse preda di qualche incubo.

Il demone venne riscosso dai suoi pensieri dalla grossa tazza blu scuro a righe bianche che gli finì sotto il naso, avvolgendolo in un tiepido sbuffo di vapore.
Cannella, foglie di biancospino, zenzero, chiodi di garofano, pepe nero e cardamomo.
Inspirò profondamente, scontrandosi con il sorriso pallido di Zane, in piedi di fronte a lui con un’altra tazza in mano, esausto ma inarrestabile.
- Ti sto adorando, intimamente. - ricambiò il moro, soffiando con cura prima di sorbire lo scuro liquido caldo.
Le iridi di lavanda brillarono divertite, mentre il ragazzo si sedeva davanti al divano, usando le gambe di Alaros come schienale; le occhiaie potevano competere con quelle di Cyril, la maglia grigio piombo spiegazzata come un origami sbagliato.
- Adriss, sei il mio eroe. - bisbigliò Jvette, accettando con venerata gratitudine la chiccera fumante, verde scuro con stampigliato l’icona di un puntatore bianco, che il gemello le poggiò delicato, sbadigliano a bocca chiusa, tra le mani.
I lunghi capelli scuri imbrigliati nella coda annodata occhieggiarono d’argento quando la ragazza glieli scompigliò, operazione per cui lei dovette alzarsi sulle punte e lui abbassarsi piegando le ginocchia.
Sentendo Cyril ridacchiare, qualcosa dentro Riven si scosse tintinnando, allegramente.

Avvolti in quella bolla di quiete, percepirono tutti distintamente un palpito flebile attraversare l’aria, diramandosi in un flutto d’energia sottile, ma inconfondibile: il brivido fresco dei fiocchi di neve che ti sfiorano il viso, microscopiche carezze gelate che fluttuano danzando.
Fu un collidere immediato e caotico di pensieri, come un pallottoliere pieno di coriandoli.
Cristalline.

Alaros e Wyatt spalancarono gli occhi di colpo, contemporaneamente.
In perfetta sincronia, Cyril arraffò al volo la sacca che Zane gli lanciò dal tavolino, mentre veniva acchiappato per le spalle da Alaros e per le gambe da Wyatt, scattati in piedi, fulminei come tagliole.
Gli sguardi dei ragazzi si allacciarono tra di loro; Jvette sfrecciò alla porta della camera, entrando e tenendola aperta, in modo che Alaros, Wyatt e Cyril potessero entrare evitando di usare la testa di quest’ultimo come un ariete.
Adriss, Riven e Zane li spintonarono per stiparsi nella saletta.
In un silenzio trepidante, intervallato dal pigolio dei macchinari di monitoraggio biomedico, si avvicinarono al letto, assiepandoglisi attorno, taciti e premurosi.

Avvolto nelle lenzuola sottili, in un candido bozzolo di cotone e cuscini, il ragazzo giaceva ad occhi chiusi, immerso in quel sonno che lo aveva imprigionato lontano, in una cella senza muri né sbarre, ma non meno desolante e pericolosa.
In quella culla anodina sembrava quasi scomparire, coi lunghi capelli nivei che splendevano flebili, ordinatamente pettinati sul lato destro del viso, allacciati in una coda morbida fermata da un nastro di un delicato color avorio.
La pelle diafana era quasi vitrea: il disegno filigranato delle vene sul collo, sui gomiti e sui polsi scorreva in una esile rete bluastra e nitida sotto i loro occhi spossati e speranzosi.
Jvette aveva paura persino a respirargli vicino, col terrore che anche solo un fievole refolo avrebbe potuto portarselo via.
Ogni pensiero collimò in un singolo, unanime e vigoroso richiamo.
Torna da noi. Torna da me.”

E in una brezza ghiacciata che scintillò pulsando, Cristalline tornò.

NdA : Salve creature! Capitolo serio stavolta, mi diverto a sperimentare e spero che anche abbiate gradito anche questo capitolo.
Spero che non mi odierete troppo per aver fatto questo torto a Cristalline, ma lui è un tipo tosto e del resto credo fosse l’unico che sarebbe potuto sopravvivere a tutto questo^^.
Molti misteri si diramano attorno a Cyril, molte domande aleggiano ancora senza risposta, ma non temete, le delucidazioni arriveranno, abbiate fiducia XD
Nel frattempo, lasciatemi i vostri pensieri.

See ya!
blejan



Banner’s credits: immagine di BeciAnne

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Capitolo 12
*** Calling Buddies ***


Prompt: 14 - TELEFONATA
Titolo: Calling Buddies
Autore: blejan
Fandom: Originale
Personaggi: Orpheus, Zane, Alaros, Riven, Cyril, Jvette, Cristalline, Adriss, Wyatt, (Don, Jaden e Garrett nominati)
Genere: Fantasy, Avventura, Comico
Rating: Giallo
Avvertimenti: tematiche delicate
Lunghezza: 3877 parole






Calling Buddies



Il vento glaciale gli morse con ferocia la pelle, sotto il sole algido che rifletteva sfumature indaco ed argentate sui capelli scuri, nero-bluastri, strettamente legati in un codino, annodato dietro la nuca.
- Non mi stai tranquillizzando e ne sei perfettamente consapevole, immagino. - borbottò Orpheus, socchiudendo gli occhi, infastidito, quando la corrente lo investì come uno scudo di ghiaccio. Incassò la testa nelle spalle; persino l’auricolare sembrò rabbrividire, rintanato al sicuro vicino al timpano, gioiellino di nano-tecnologia costretto a sopportare quelle condizioni avverse.
Dall’altra parte del mondo, Zane non poté trattenere un sorrisetto dileggiatore, mentre si assicurava il balteo di pelle della balestra sulla schiena, stringendo la cinghia che gli attraversava il petto in diagonale, il cellulare bloccato dalla guancia sulla spalla sinistra.
- Ma sentilo, il Grande Capo si preoccupa così amorevolmente dei suoi dipendenti. - lodò, entrando nell’ascensore, litigando con un ardiglione piuttosto agguerrito, schiacciando con il gomito il bottone contrassegnato con la lettera “H”, che portava all’hangar, quattro piani sotto di lui - Come sei carino. -
- Zane. - si sentì minacciare, il segnale della comunicazione che crepitava, cercando di intimidirlo. Inutilmente.
“Che caratteraccio, amore.” meditò il ragazzo dagli occhi di iolite, ghignando.
- Orpheus. - rispose a tono, canzonandolo querulo - Sul serio, è ammirevole che tu riesca ad allarmarti per Alaros. - ridacchiò divertito - Sono fermamente convinto che ci seppellirà tutti. Quel ragazzo è indistruttibile, te lo assicuro. - decretò, sgusciando fuori dall’abitacolo quando le porte si aprirono in un soffice sibilo.
- Esattamente, come diamine ha fatto a fratturarsi una tibia? - chiese il demone, esasperato.
- Lo conosci, Fey. Il ventaglio di possibilità, a ben considerare, potrebbe essere pressoché infinito. - considerò il bruno, appoggiandosi sulla schiena di fianco all’ascensore, alla luce balenante dei fuochi fatui del corridoio.
Il portone, identificato dal numero tre, inscritto in un cerchio giallo che occupava entrambi gli ampi battenti, lo osservò placido.
- Voleva lanciarsi nel portello della lavatrice per vedere se poteva fare una…come l’ha chiamata - pensò, prendendo la base del naso tra pollice e medio - Oh sì, entrata ad effetto. Ti dico solo che Riven ha pensato bene di fargli lo sgambetto mentre prendeva la rincorsa, ma gli è rimasta la caviglia incastrata ed Al se l’è portato dietro. -
Dopo il breve silenzio costernato, la voce roca di Orpheus brontolò - Mi auguro che si siano ingiuriati parecchio. -
- Non prendevano una botta del genere da quella volta che han giocato a fare gli equilibristi sul bordo della piscina. -
- Sicuramente ne approfitterà per dedicarsi al suo passatempo preferito. -
- Coltivare margherite assassine? - Tentò Zane, appoggiando il bacino alla maniglia anti-panico di chiaro acciaio satinato, aprendo la porta.
Un flash bianco e lucente lo risucchiò in un’immagine talmente rapida che il giovane veggente non ebbe neppure il tempo di riflettere. Decise di ignorarla, probabilmente non era rilevante.
- Di certo non si lascerà sfuggire l’occasione di starsene comodamente in panciolle a tiranneggiare sulle matricole. - sbottò l’altro.
- Stai scherzando? Alaros è il ritratto del… - gli rispose, investito dalla musica a volume degenerato che gli esplose nel cervello, rimbalzando tra le pareti.

Nonostante la gamba destra fosse imbolsita da un gesso volutamente spesso, presumibilmente nel disperato tentativo di zavorrarlo, il gemello stava scorrazzando, salterellando a balzelloni sull’arto sano, da una postazione all’altra.
Invidiando con profondo odio la perfetta sincronia dei movimenti, ritmata dalla batteria, ma allo stesso tempo aborrendo lo spettacolo che gli si squadernava dinnanzi, Zane osservò l’elfo sculettare beato mentre si destreggiava tra tastiere e monitor, preda di un furore ballerino che, molto poco organico e razionale, lo ammise, era esilarante.
I suoi neuroni stavano piangendo dalle risate.

Shake it, shake it
And we're moving again
Been a long time coming for the working man
So shake it, shake it
And we're moving again
When the money is high, we can start to spend.


Salutandolo con entusiasmo baldanzoso, l’elfo si esibì in una piroetta trionfale e goliardica, estatico, mentre, volando sulla tastiera della postazione a cui si trovava, premette con gesto solenne in tasto invio.
Solo allora Zane si accorse dei quattro cerchi luminosi che palpitarono, dorati e rutilanti al centro della stanza.
Alaros era riuscito ad aprire quattro portali. Contemporaneamente. “Strepitoso.”
- … Perfetto lavoratore. - concluse il bruno, esterrefatto.
Senonché la cassa alle sue spalle decise che ne aveva abbastanza, esplodendo in una nube di cavi, relè e scintille elettriche.
Con un flash bianco e lucente.
Orpheus strabuzzò gli occhi grigi udendo la fontanella di insulti con cui il suo ragazzo annaffiò Alaros.
Optò per schiarirsi la voce in modo da attirare la sua attenzione.
- Alla fine dov’è che sei? Non me l’hai detto ieri quando sei partito. - chiese il veggente, l’autocontrollo ancora molto labile nella voce.
Sentì dei guaiti in sottofondo.
- Al momento lungo uno dei canyon minori del fiume Hikikal. -
- Bel posto? -
- Sì dai, la vista non è male.-


•••


La tromba ed il contrabbasso si punzecchiavano con garbo sulla pedana dell’orchestra del locale, mentre la voce della cantante, due giri di perle rosate al collo, avvolta nel suo sfavillante abito di crespo blu notte, accarezzava gli avventori del locale.
Dopo aver sfilato ticchettando sul parquet tirato a lucido, scintillante nel suo charleston dorato, Jvette andò ad accomodarsi su uno degli sgabelli imbottiti davanti al bancone ad angolo di mogano, rifinito con particolari semplici, lineari ma eleganti.
Con un sorriso degno di un raggio di sole ordinò un Gin Rickey al barista, un ragazzo sulla trentina coi folti riccioli fulvi e gli occhi di un caldo color nocciola, che annuì cordialmente. Non le sfuggì il leggero imporporarsi delle guance mentre si voltava a prendere la bottiglia di Tanquenray London Dry Gin alle sue spalle.
Cavalcò la folla di teste del Jay’s Joke, alla ricerca del bersaglio, accavallando con cura la gamba sinistra sulla destra.
“Luther, hai scelto un bel covo in cui nasconderti. Meriti tutte le quattro stelline su quattro del mio database mentale «Ricercati, ma con Classe».”
Era venuta a stanare Luther Luxhamermann, per gli amici ‘Lulux’; era uno dei trafficanti di oggetti magici illegali più impestati e geniali con cui avessero avuto a che fare dai tempi di Rumpelstiltskin.
Ogni tanto dava del filo da torcere con i suoi ‘Stramaledetti Amuleti Portasfiga’, come li chiamava Riven, e per la maggior parte del tempo se ne stava tranquillo, smerciando alla gente manufatti non più pericolosi di una ditata in un occhio.
Tuttavia, a livelli più profondi, aveva le mani invischiate con oggettistica di valore ben superiore. Le sue conoscenze, e soprattutto la sua lingua terribilmente lunga e manipolatrice, avevano permesso all’IMESCO di venire in possesso di artefatti oltremodo interessanti.
Diede tregua ai suoi pensieri per seguire qualche istante la voce voluttuosa della solista, prima di sentire un tocco fuggevole sull’avambraccio.
Nel lungo bicchiere d’argento, leggermente svasato sull’ageminato bordo superiore, una fettina di lime la salutò nello sfrigolare della soda.
- Ti ringrazio… - si sporse verso il ragazzo, avvicinando il bicchiere con le mani sottili, le unghie laccate d’oro.
- Rufus. Grazie a lei. - rispose lui alla domanda inespressa, con un cenno del capo incorniciato da un luminoso sorriso.
Si concesse qualche minuto per assaporare il cocktail, le sfumature di ginepro e coriandolo del liquore.
Sospirò cercando di non darlo a vedere.
Avevano dimesso Cristalline due giorni prima, ed il drago li aveva immediatamente spediti al lavoro, cercando di non farsi fregare dai loro scettici musi lunghi.
- Il tempo dell’indolenza è finito. - li aveva liquidati, con loro sommo dispiacere, per altro.
“Ma almeno adesso sta bene. Non voglio pensare che fino a quattro giorni fa sembrasse morto.”

- Signorina, una telefonata per lei. - le sussurrò all’orecchio un cameriere in impeccabile livrea, reggendo, su un vassoio d’argento coperto da un fazzoletto di seta color avorio, un telefono d’alabastro, nero e lucido.
“Sono intarsi d’oro questi?” valutò stupefatta, sollevando la cornetta.
Il cuore le si strizzò lieto, perdendosi un attimo per strada, riconoscendo la voce.
- Sarai bellissima con il vestito che ti abbiamo regalato. - la salutò Cristalline.
Sentiva le labbra distendersi gioiose, mentre cercava di considerare con un po’ di lucidità - Magnifica e superba è una terminologia in cui mi rispecchierei meglio, ma la tua sintesi, tutto sommato, non mi dispiace. -
Ringraziò con un cenno del capo il cameriere, che poggiò delicatamente il vassoio sul bancone, dietro di lei, scomparendo nella congerie di clienti.
Si divertiva un sacco a giocare a colpi di linguaggio forbito con lui; anche nei momenti meno opportuni, il drago si dimostrava sempre un giocatore paziente e disponibile.
- Come stai? - riprese, sentendo il tarlo della preoccupazione tornare a rosicchiarle la mente.
- Non nascondo che un po’ mi mancano le vostre attenzioni. - confessò lui, con voce tentennante.
La risata grata ed argentina di Jvette fu la migliore delle risposte.
- Qualche segno di Luxhamermann? - si informò spiccio. Rimaneva pur sempre ligio al dovere.
La ninfa vagolò coi vigili occhi di cioccolato, scandagliando meticolosamente, per poi soffiare sconfitta; Lulux se la cavava piuttosto bene, quando si trattava di sparire.
- Mi farebbero comodo un paio di occhi come i tuoi, Cris. - bisbigliò, concentrata - Lulux si impegna. -
- Fa un bel respiro. - le venne risposto, semplicemente.
Mentre inspirava, ebbe la chiara percezione che l’aria si raffreddasse impercettibilmente di qualche grado.
Quando espirò, un alito di vento, ghiacciato e sottile, le scorse sulle spalle, scivolando sulle clavicole scoperte, accarezzandole le guance, scendendo lungo le braccia e diramandosi in un fievole scintillio fra la gente, evaporando nella musica.
Dall’altra parte della stanza, nel turbine di melodia e tessuti, un profilo vibrò con un tremolio luminescente che nessuno, a parte lei, parve notare: un evanescente sfarfallio nei contorni, un’increspatura nei lineamenti della giacca.
“Tana per Lulux.” riflettè, adocchiando l’ineccepibilmente ordinata capigliatura biondo cenere dell’illusione sotto cui Lulux si cammuffava scomparire dietro la porta, i montanti intagliati in fini colonne doriche.
La bisca clandestina.
Concentrata com’era, non si era nemmeno resa conto che il telefono stava bippando mestamente il segnale muto.

It's the way that you know what I thought I knew

It's the beat that my heart skips when I'm with you.


- Non fargli troppo male quando lo interrogherai. -
Stavolta il cuore inciampò e ruzzolò come fosse scivolato da un’intera rampa di scale.
”Cristalline”.
Con delicatezza, si lasciò sfilare la cornetta dal ragazzo di fianco a lei: nello smoking grigio piombo che fasciava come una seconda pelle il fisico alto e proporzionato, con un papillon dorato annodato in modo ineccepibile, Cristalline le rivolse un sorriso sfavillante.
I capelli erano raccolti in una lunga treccia a spina di pesce, finemente elaborata, poggiata lungo la spalla sinistra.
Porgendole la mano, strinse delicatamente le dita affusolate attorno al polso, riaccompagnandola alla realtà.
Fu orgoglioso di lei mentre, sotto le spoglie dell’esile cerbiatta, la lince selvatica ruggì, raggiante.
- Nel frattempo, sarà un piacere ridurlo in mutande al tavolo da poker. - esultò, guerriera.

Yeah, but I still don't understand

Just how your love can do what no one else can.


•••


Riven sentì qualcosa vibrare con lagnosa ostinazione nel suo orecchio sinistro; gli ci volle un attimo a comprendere che si trattava del nano-auricolare, desideroso di renderlo partecipe del fatto che avesse una chiamata in entrata.
Flettendo sulle ginocchia, abbassandosi fin quasi a toccarsi i bicipiti femorali coi talloni, evitò la mazza chiodata che fischiò dove fino a pochi istanti prima c’era la sua testa.
Non poter vedere il suo corpo privo di appendice apicale non piacque particolarmente al troll contro cui stava combattendo.
Approfittando del fatto che la creatura bitorzoluta stesse esprimendo appieno il suo disappunto sventolando le braccia, mugghiando inferocito ed abbassando clamorosamente la guardia, inarcò la schiena all’indietro, poggiando i palmi a terra, caricandovi il peso. Raccolse le gambe al petto e con un colpo di reni coadiuvato da una poderosa spinta delle braccia, lo centrò a piedi uniti sul plesso solare, sgonfiandolo.
Il ronzio nel canale uditivo lo convinse che quello che stava per fare era l’unica opzione valida per aprire la comunicazione: prendendo la irsuta e bavosa testa grigiastra del troll con entrambe le mani per tenerla ferma, prese bene la mira e gli sferrò una granitica testata in piena fronte: l’impatto riuscì ad attivare il comunicatore, con sommo sollievo del suo timpano.
Stordito, l’energumeno color cenere crollò sulle ginocchia, fornendo al demone una base d’appoggio da cui balzare in aria ed aggrapparsi al lampadario boero del bar.
- Spero che essermi spalmato la faccia con muco di troll sia stato un degno sacrifico, perché se così non fosse verrò a cercarti, Alaros, e stai pur certo che non sarà la tua gamba fratturata ad impietosirmi. - ventilò minaccioso, abbarbicato sul trespolo luminescente. Tenendosi ad uno dei bracci con il gomito destro, le gambe saldamente ancorate alla catena di sostegno, passò la mano sinistra sul volto, profondamente disgustato sentendo la consistenza vischiosa e collosa della sostanza morata, dai riflessi opalescenti di un allarmante verde bollito. Cercò di non pensare a quanto gli ci sarebbe voluto per levarselo dal naso; quell’odore di cavolo marcio rasentava prepotentemente il suo limite di sopportazione.
- Sono io. - lo salutò Cyril, sintetico - E Alaros non riuscirà mai ad instillare in me neppure un’ombra di sentimento che si possa anche solo confondere con la pietà, non temere. -
Il sorriso che illuminò il viso di Riven spintonò a distanza sulla cornetta del cordless di casa per raggiungerlo; lo sentiva.
- Stai bene? - si informò subito, allarmato. Cyril non poté trattenersi dal sollevare un angolo delle labbra.
- Ammetto che fino all’altro ieri somigliassi più ad un vecchio asciugamano - considerò, entrando in bagno - e non fossi il ritratto della salubrità. -
Attivò il vivavoce, pigiando il tasto che si illuminò di un prorompente blu ceruleo, posizionando la cornetta sul piano di granito rosa dei lavandini.
- Sto bene, tranquillo. - lo rassicurò, abbassandosi per trafficare con l’armadietto sottostante, stipato accuratamente. Infilò la mano oltre la prima fila di garze, che lo salutarono solleticandogli il mento, afferrando una boccetta di vetro, poggiandola di fianco a lui sul pavimento lastricato di piastrelle grigio fumo, nere e rosa pallido. Il contenuto, un liquido trasparente al cui interno fluttuavano pagliuzze rosse, nere e dorate, scintillò alla tiepida luce della stanza.
Aggrottando le sopracciglia in un nodo stupito sotto il ciuffo mosso, ascoltò la musica fare a pugni nel sottofondo con lo strepitare della rissa che roboava.

I'm gonna take you down
Down, down, down
So don't you fool around
I'm gonna pull it, pull it, pull the trigger.


- Cosa sta succedendo? - chiese, sfilando il contenitore nero dell’iniettore Injex dalla scatola di cotone blu a strisce gialle incastrata tra le salviette vaporose, prelevando un’ampolla, una fiala adattatrice ed una siringa ipodermica da insulina.
Chiuse le ante scure del mobile appoggiandovisi di schiena, seduto a gambe incrociate.
Dalla cornetta una sfilza di rumori, la maggior parte dei quali tremendamente organici, facevano a gara per sorpassare le chitarre elettriche. - Ehm… - nicchiò Riven, mollando un calcio ad un goblin che cercava di afferrarlo saltando ripetutamente, centrandogli il muso marroncino coperto di scaglie - Scolaresca indisciplinata. Niente che una sana scarica di mazzate non possa risolvere. -
L’aria che si scaldava sotto di lui lo avvertì, facendolo scattare repentinamente; spostando il peso prima a destra e poi a sinistra, fece entrare in oscillazione il lampadario, evitando per un soffio la fiammata, resa molto flebile dal colpo ricevuto, con cui il goblin oltraggiato provò a vendicarsi.
Approfittò di un altro troll, o meglio del suo bastone orlato di uncini, che gli ondeggiò ad una spanna dal bacino. Artigliandolo e strappandolo al legittimo proprietario con un energico strattone, lo lanciò al suo aggressore, facendolo desistere definitivamente.
- Quanta ne è rimasta, Cyril? - domandò, lanciando una lampadina ad oliva fulminata allo gnomo che, rintanatosi sull’altro lampadario, ad un paio di metri da lui, reggeva un boomerang dal bordo molto affilato.
Infilandosi con uno schiocco battagliero nella larga narice destra dell’omino, il proiettile di vetro opaco lo disarcionò dal suo rifugio, sbalzandolo nuovamente nella ressa.
“La migliore lampadina da 4 Watt che abbia mai usato . Grazie Philips.”

Il ragazzo dagli occhi d’ambra prese la boccetta alla sua sinistra, osservandola a lungo. Nel flebile turbinio dei minuscoli granelli luminosi, i suoi pensieri sprofondarono per qualche istante, mentre valutava ad occhio il volume che occupava metà dello spazio della fiala, grossa poco meno di una bottiglietta d’acqua da mezzo litro.
- Resisterò. - estimò, controllando che il tappo di gomma butilica fosse ben fissato, prima di iniziare a farla ruotare lentamente a testa in giù e riportarla dritta, ripetendo l’operazione un paio di volte, rimescolando il liquido, che assunse una fioca colorazione, virando dalla trasparenza al giallo-dorato, per poi stabilizzarsi su una tiepida tonalità kaki.
- Comunque sappi che potevi rispondere usando il comando vocale. - sorrise, ribaltando il flacone. Montò l’ago sulla siringa, estraendo un centilitro che travasò nella fiala adattatrice. La inserì nell’iniettore, fissando all’estremità l’ampolla sterile attraverso cui il fluido sarebbe stato insufflato grazie all’aria compressa.
Posizionò l’anello di sicurezza esterno sulla testa dell’iniettore su safe off.
Sollevò la testa, alzando il viso verso l’alto, fissando il soffitto. Rilassò il collo e le spalle, sentendo le carotidi palpitare regolari sotto la pelle. Con gesto preciso e consumato da anni di esecuzione, appoggiò l’iniettore in perpendicolare sul trapezio sinistro ed esercitò una lieve pressione: in un soffio fievole, la droga penetrò nel sottocute.
Respirò a rilento, i polmoni che richiamavano l’aria a scatti per qualche secondo, prima di tornare a funzionare normalmente.
Ad occhi chiusi, Cyril attese un minuto prima di rialzarsi, cullato dagli improperi che Riven riversava al marasma in cui era immerso. Smontò l’iniettore e lo ripose con cura, infilando l’ampolla usata nella tasca dei morbidi pantaloni della tuta blu indaco, insieme alla siringa e all’ago.
- Ma così è più divertente. - commentò infine il moro.
Sapeva che stava tergiversando per aspettare che si riprendesse dall’iniezione, attento al minimo segnale di disagio nella voce, un insignificante ma per lui prezioso indicatore che qualcosa non stesse funzionando.

- Non smetterai mai di preoccuparti, vero? - chiese il ramato, prendendo il cordless e disattivando il vivavoce, dirigendosi in salotto. Con gesto compassato aprì lo sportello sotto il lavandino, riversando il contenuto della tasca nel cestino della spazzatura.
- Per niente a questo o a qualsiasi altro mondo. -

•••


- Guarda che gli elfi non utilizzano tutti solo arco e spade corte. Tolkien avrà fissato questa iconografia, ma ha incontrato una razza sola e nonostante il Sindarin sia una lingua con cui bene o male ci barcameniamo tutti, non credere che la situazione sia universalmente assimilabile. - si sentì in dovere di specificare Adriss, la cornetta nera quasi stritolata nella mano destra, fissando il borsone giallo da cui occhieggiava un flettente di legno di tasso.
- Non penserai che sia davvero tutta farina del suo sacco, Don. - gli diede manforte Wyatt, acchiappando il suo, blu elettrico, che si materializzò sopra le loro teste, dal tettuccio quadrato della cabina telefonica rosso fuoco in cui lui e il gemello erano stipati.
- Io…pensavo che… - incespicò Don dall’altra parte, smarrito.
Adriss sentì il trambusto metallico in cui si confusero le voci del ragazzo, Garrett e Jaden, intenti a trafficare nella sala delle armi, alla ricerca di quella giusta.
Sospirò, chiudendo la cerniera del fagotto color pulcino, sollevandolo da uno dei due manici e lanciandolo in alto: la sacca scomparve inghiottita dal soffitto.
- Non è colpa loro, Ad. Non ti hanno ancora mai nemmeno visto combattere. - li difese Wyatt, estraendo la sua frusta, composta da una lega metallica argenteo-rosata, formata da sottili filamenti fittamente intrecciati tra di loro in un intricato motivo di nodi e passaggi, lunga circa tre metri, spessa quanto un pollice. Un’iscrizione sul manico balenò di un riflesso turchese e blu petrolio, sfavillando alla luce del sole che filtrava dagli spicchi di vetro tutt’intorno a loro.
- Lo so, ma la precisazione era d’obbligo. - sintetizzò, appoggiandosi con il gomito destro al resto dell’apparecchio fissato alla parete.
Il bruno richiuse il borsone e lo ricacciò indietro; Adriss lo sentì atterrare sul tavolo al centro della stanza con un tonfo morbido.
Wyatt arrotolò velocemente attorno al polso sinistro la sua arma, che diminuì progressivamente di diametro fino a diventare poco più spessa di un bracciale snake, al sicuro da sguardi indiscreti e domande scomode; in passato gli era capitato di sentirsi chiedere se per caso stesse filmando un nuovo episodio di Indiana Jones.

Lui e Adriss stavano camminando tranquillamente per strada, quando, passando di fianco al gabbiotto di metallo scarlatto, il telefono al suo interno aveva ‘magicamente’ iniziato a squillare.
Chiamata d’emergenza.
Da quando l’elfo aveva sollevato la cornetta era stato un susseguirsi di frasi confuse tra Don e gli altri due ragazzi che parlavano tutti insieme, in una cacofonia assordante da cui non avevano estrapolato altro che “Adesso vi mandiamo le armi.”
L’unica risposta sensata che gli era venuta in mente era stata un balbettante assenso disorientato, qualche millisecondo prima che il borsone color limone gli franasse sulla testa, scatenandogli il neurone del vilipendio selvaggio e facendo sbellicare il bruno al suo fianco.
“Maledette cabine a recapito rapido.”

Wyatt sfilò la cornetta ad Adriss, impegnato a ricomporsi in una coda i fini capelli castano scuro arruffati dallo scontro, profondamente scornato, meditante vendetta.
- Dai qua, Don, ci penso io. Garrett , quella è una bombola di napalm, non un estintore. - intervenne Alaros dall’altro capo del filo, dopo un cricchiare ruvido - Qui IMESCO, lasciate un segnale acustico dopo il messaggio, grazie. -
Il ragazzo dagli occhi di corteccia scosse la chioma screziata, ridacchiando.
- Ciao Al, hai portato i bambini nella stanza dei giochi? - lo salutò, per poi lanciare il suo segnale acustico, un rutto dal riverbero talmente metallico che Adriss giurò di aver sentito il telaio della cabina entrare in risonanza.
Dalla risata che seguì, il gemello intuì che suo fratello doveva avergli risposto a tono.
Si riappropriò del ricevitore, borbogliando criptico; Wyatt, nonostante non masticasse ancora propriamente il dialetto elfico, fu comunque abbastanza sicuro che lo avesse appena insultato.
- Tálmuindor! Mani uma lle merna? - ‘Fratellino!Cosa ti serve?’ riuscì lo stesso a tradurre, sentendo la voce cristallina e divertita di Alaros gracchiare.
“Fratellino?”
- Falchonnami, uma lle merna... - ‘La mia scure, cosa ti serve…’ sbottò Adriss, chiudendo gli occhi, innervosito.
- Mani er, im pain? - ‘Quale esattamente, fra tutte?’ lo punzecchiò, imperterrito. Wyatt lo vide allargare le narici e mantenere stoicamente il suo aplomb: decenni di pratica nella gravosa, enigmatica e sfiancante arte della tolleranza e della sopportazione.
- Morn Falchonnami. - ‘La bipenne nera’ specificò, un lampo assassino negli occhi verde foresta.
- Pennen… - ‘Detto’ squillò il gemello, allontanandosi per qualche secondo. Adriss riconobbe i rumori soffusi con cui l’arma veniva sistemata nella borsa. - Telthennin! - ‘Fatto!’
Wyatt si appiattì il più possibile contro un lato, permettendo all’elfo di aprire le braccia e prendere al volo il vivace fagotto.
Stringendo la presa attorno al manico della sua arma, Adriss sentì un sollievo prepotente invaderlo; sollevò con reverenza la labrys, il manico di quercia lungo poco più di quaranta centimetri scuro ed intarsiato in circonvoluti motivi che si rincorrevano per tutta la lunghezza. Le lame splendettero della letale ossidiana elfica: considerando che una lama d’ossidiana normale é cinque volte più affilata di un bisturi chirurgico, un’arma come quella era da considerare come ogni possibile variazione di ‘pericolosa’.
La sistemò con cura nell’armacollo di cuoio nero che si avvolse sulla schiena, nascosta grazie all’ampia giacca con cappuccio, grigio ardesia. - Hannon le, Alaròs. - ‘Grazie, Alaros’ ringraziò il fratello, assorto.
Wyatt non riuscì a non sorridere sentendo la leggera flessione d’accento che subiva il nome del gemello quando Adriss gli parlava nella loro lingua, una dolce musicalità increspata d’affetto.

- Ho capito bene…Fratellino? - chiese il ragazzo, mentre uscivano dalla cabina, mischiandosi alla folla, sfumando nel caos cittadino.
- Lui è il maggiore? Alaros? - postillò incredulo, sgranando le iridi scure, i riflessi dorati alla calda luce che accarezzava le loro schiene lungo il cammino.
Adriss sollevò le spalle con uno sospiro rassegnato.
Passando di fianco ad un’auto ferma al semaforo dietro l’angolo, la calda voce di Phil Collins lo raggiunse attraverso il chiasso.

I'll be with you
I'll be there for ya always
Always and always
Just look over your shoulder


- Quarantasette secondi consecutivi di silenzio. -
“I peggiori quarantasette secondi della mia vita.” meditò, con un affettuoso sorriso che fiorì, nascosto dal bavero.

Just look over your shoulder
Just look over your shoulder
I'll be there
Always.



NdA : Salve creature! 69° 10' 23.77" N  92° 19' 34.37" E sono le coordinate del canyon dove si trova Orpheus, personaggio di cui avete sentito accennare nei capitoli precedenti, ma di cui non sapevate ancora molto, a parte il fatto che fosse il Grande Capo^^
Working Man, degli Imagine Dragons, è la canzone su cui Alaros si dimena nella prima scena, con suo immenso divertimento XD
Il Gin Rickey (gin, lime, zucchero e soda) era il cocktail preferito di Jay Gatsby, quindi non potevo non inserirlo^^
La canzone, che sicuramente qualcuno avrà riconosciuto, è ovviamente Crazy in Love, ma ho sfruttato la versione di Kid Koala feat. The Bryan Ferry Orchestra, dalla colonna sonora del film “The Great Gatsby”, uscito qualche mese fa, che è semplicemente perfetta per questa scena!
Ed ovviamente, nella terza scena, è proprio lei, Shoot to Thrill! Rende bene l’idea della confusione della rissa in cui il nostro caro Riven si sta destreggiando mentre parla tranquillamente con Cyril.
Cyril che avrà fatto sorgere qualche domanda in ognuno di voi immagino (come nel capitolo precedente, è pieno di angoli bui ^^): delucidazioni d’obbligo avverranno nei prossimi capitoli, abbiate fede XD
E se siete arrivati fin qui senza avere voglia di mandarmi una busta bomba vi ringrazio^^
Per quello che riguarda la frase di Adriss riguardo a Tolkien (prima che mi uccidiate):
Io ho un amore sconfinato per Tolkien e per tutto ciò che ha scritto, lo considero il padre del Fantasy moderno come lo conosciamo tutti, è stato lui ad inventare il genere anni fa. È grazie a lui che oggi tutti abbiamo l’idea degli elfi alti, longilinei che combattono con archi ed armi eleganti e leggere, dei nani bassi tarchiati con l’ascia e tutte le altre creature. Percui io non ho ASSOLUTAMENTE nulla contro Tolkien, anzi, lo considero uno dei più grandi mentori che bisognerebbe tenere in considerazione.
La mia voleva essere solo una considerazione su tutti quelli che, non sapendo tutto ciò, vedendo i film di LOTR ed altri fantasy, sbuffano “Uffa, sempre gli elfi così e gli orchi cosà”: ragazzi, Tolkien è quello che ha inventato tutto, siamo noi che in seguito non siamo mai riusciti a fare di meglio!
Non avete visto male (per chi sa riconoscerlo^^): Adriss parla proprio Sindarin (per la cui traduzione un gigantico grazie ad Aven90 che come sempre mi è di fondamentale supporto ^^)
Credo che You’ll Be in My Heart sia molto esplicativa del legame tra i gemelli, anche se al momento non è stato approfondito a sufficienza, ma avrò modo di lavorare anche su quello!

See ya!
blejan



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Capitolo 13
*** Aiming Alaros ***


Prompt: 7 - COLLANA
Titolo: Aiming Alaros
Autore: blejan
Fandom: Originale
Personaggi: Orpheus, Tecla, Zane, Ninives, Alaros, Jvette
Genere: Fantasy, Avventura, Comico
Rating: Verde
Avvertimenti: femslash, slash
Lunghezza: 1125 parole


Per una migliore “IMESCO Experience” vi consiglio di leggere ascoltando queste due tracce dell’OST di Anna Karenina (preferibilmente seguendo l’ordine): Kitty’s Debut
Dance With Me




Aiming Alaros


- Se continui a fissare Ninives in quel modo la consumerai, Tecla. - fece notare Orpheus, guidando la ragazza che aveva tra le braccia in una morbida piroetta sul parquet scuro. Sotto la collana di luce sfavillante dei quattro giganteschi lampadari di cristalli di Boemia disposti in circolo sul soffitto stuccato, il trillo dei tacchi sfumò nella soffice voce dei clarinetti e dei violoncelli, che avvolgevano in un valzer sussurrante la sala da ballo.
- Ma sentiti. - sbuffò lei, scivolando con grazia, appoggiando volutamente il corto stilo di sinistra pericolosamente vicino al suo piede destro - Stai guardando Zane come se considerassi i vestiti un affronto personale. - ghignò, uno scintillio divertito negli occhi da gatta, nocciola screziati di pagliuzze verdi che emergevano come muschio sulla corteccia.
Dall’altra parte del salone, accarezzati dalla calda luce infranta dai riflessi dei cristalli, i due interpellati roteavano, impegnati in quella che pareva una conversazione piuttosto fitta.
Zane, la cui agilità felina traspariva clamorosamente anche sotto al maglione infeltrito, sollevò in alto la mano destra, sul cui palmo le dita sottili di Ninives si appoggiarono per eseguire una giravolta leggera ed elegante.
- Va bene, ammetto che effettivamente quei vestiti sono un affronto personale. - considerò Tecla, sollevando in un sottile arco incredulo il sopracciglio destro, fissando poi le profonde iridi grigio roccia di Orpheus, infrante da schegge di un nero tanto profondo da far impallidire la notte - Ed anche la mia ragazza si difende. - concesse, sconfitta, soccombendo all’accennato sorriso con cui il ragazzo la schernì.
Cullati dalla musica, guidandosi alternativamente lungo tutto il perimetro, osservarono incuriositi i loro compagni.

Zane sembrava uno spaventapasseri tanto gli stava larga la felpa indaco, la cucitura delle spalle quasi a metà omero, lo scollo a V che avrebbe lasciato le clavicole scoperte al tepore dell’ambiente, se non fosse stato per la sciarpa azzurro cielo che lo avvolgeva in un morbido collier di lana.
I pantaloni marroni di una tuta che aveva sicuramente visto giorni migliori si stringevano attorno alla caviglia grazie ad una fascia elastica: l’altezza non era mai stata il suo punto di forza.
Mentre spostava il piede destro indietro per seguire una traiettoria curva, la suola della Converse verde acido fischiò infastidita, seguita a ruota da quelle arancioni di Ninives, pressapoco nella sua medesima tenuta.
Gli shorts lisi di cotone viola scuro, che lasciavano le diafane gambe asciutte e ben tornite a muoversi liberamente, erano quasi completamente nascosti dal pile orsetto blu navy e rosso amaranto, con l’ampio cappuccio che le sobbalzava placido sulla schiena.
Raccolti in uno chignon di fortuna, sfrangiati e sbavati in ciocche battagliere attorno allo spesso elastico giallo marker, i lunghi capelli di uno splendente bianco ghiaccio scintillavano come neve baciata dal sole.
Con un sonoro sbadiglio, seguita a ruota da Zane, strizzò gli occhi, le lunghe ciglia chiare sfarfallanti.
- Tutto questo è profondamente ingiusto. - borbottò con la voce arrochita - Zaza, cosa rappresenta il fatto di avermi sbattuto giù dal letto quando solo un’ora prima ero crollata dopo essere tornata dalla missione in Alaska, che mi ha tenuto sveglia tre giorni di fila? - domandò, scornata, il broncio adorabile sul viso da bambola.
- Considerati molto fortunata Niv, tu sei riuscita a dormire. - sospirò il bruno, annuendo comprensivo, le occhiaie scure imploranti.
- È tutta colpa del capo, che tra l’altro è il tuo ragazzo, Zane. - specificò la ragazza, pestandogli accidentalmente un laccio che aveva sconfinato a terra, slacciando il nodo della scarpa sinistra.
- La Corte delle Fate non gli da tregua con questa storia del Solstizio. - spiegò spiccio - Stiamo trincerando di incantesimi Richmond Park, Orpheus vuole evitare qualsiasi inconveniente. -
- Ma non capisco perché ballare il valzer. - insistette lei, esausta.
- Confida che in questo modo potremo tenere a bada almeno una creatura fatata a testa. - rimuginò il ragazzo - A quanto pare ballare con loro è uno dei modi migliori per farsele amiche. Anche se la cosa non mi convince affatto. -

- Ragazzi! Coraggio, un po’ di energia! - esclamò Alaros, sfrecciando di fianco a loro; coadiuvato da un’estatica Jvette piroettante, zigzagavano allegri, saltellando come petardi in una scatola di polvere pirica.
Le iridi color iris di Zane dialogarono a lungo con quelle di Ninives, dello straordinario colore rosato delle camelie, mentre nelle loro menti un’ingombrante serie di improperi collimava in un feroce, bellicoso proposito.
Il ragazzo puntò i piedi a terra, eseguendo un giro completo su se stesso. Sollevò il piede sinistro in rotazione, lasciando la scarpa a terra, che Ninives inforcò con la punta del piede destro e, con una flessione del ginocchio, la lanciò in aria in verticale.
Rigorosamente ed impeccabilmente a tempo.
Zane spostò all’indietro il baricentro, invertendo l’equilibrio, sferrando un calcio rabbioso alla All Stars, lanciando l’improvvisato proiettile color bruco, mirando al cranio del gemello.
La risata di Jvette squillò tra le pareti mentre, tirandosi dietro l’elfo in un caschè, evitava alla sua nuca una sgradevole collutazione.

Troppo tardi il veggente si rese conto che i due, ripresisi velocemente, stavano andando a recuperare la Converse; una sgradita sensazione si insinuò nell’anticamera del suo cervello: mai fidarsi di Alaros quando era in vena di goliardie.
Ninives, imperturbabile nella sua fiera aura combattiva, imbottigliata nel suo metro e sessantadue, si ricompose, appoggiando il braccio sinistro sulla spalla di Zane e prendendogli la mano.
Scattarono come saette, volteggiando sul tassellato di morado nella loro direzione.
- Ce l’ho sotto tiro. - lo informò.
Mentre danzava flessuosa, con un flebile scintillio, una rete di fini tatuaggi le fiorirono sulla pelle lattea; esili arabeschi che sbocciavano, attorcigliandosi nel fievole luccicare rosato.
Occhieggiando dal morbido cappuccio, alla base del collo, il simbolo di un torc attorcigliato splendette fioco del colore dei fiori di melo.
Sollevò il palmo da quello del ragazzo, stendendo il braccio niveo, allineandolo alla spalla; chiuse mignolo, anulare e medio, tenendo l’indice spianato ed il pollice sollevato in perpendicolare, mimando una pistola.
Le volute sul suo corpo palpitarono come fiammelle vive sotto la superficie nivea; in un’esplosione di scintille rosa scuro, un proiettile di energia sfrecciò nell’aria, fracassandosi in una nube rutilante, con la violenza di quello che sarebbe stato un brutale scappellotto, sulla nuca intrecciata di Alaros che, impreparato, dispensò per contraccolpo una mentata ad Jvette.
- Vergogna Zane! - latrò il gemello, massaggiando col pollice destro la fronte della ninfa, la quale si stava sbellicando dalle risate, immaginandosi la scena vista da fuori - Fai andare avanti una ragazza. Sut naa lle, Jvette? - ‘Come va?’ si sincerò con la mora, ridacchiando.
- Posso sempre nascondergli una delle mie pargolette sotto il letto. Si pentirà amaramente di avermi fatto scoprire la collana di riviste “Coltiva la tua Margherita Assassina”. - ventilò l’elfo, allacciando gli occhi di foglia, divertiti e guerrieri, a quelli di mogano ridacchianti della ragazza - Ho selezionato una cultivar estremamente aggressiva e sanguinaria, gli rosicchierà le dita dei piedi nel sonno con grande solerzia. -

Sogghignando molesti, decisero di rispondere al fuoco.

NdA : Salve creature! Ebbene sì, altri due personaggi nuovi, spero vi abbiano incuriosito (se non Tecla, quantomeno Ninives XD)
Considerate questo capitolo come un mio piccolo cadeau per le feste, un regalino di Natale per tutti voi che seguite le (dis)avventure dei ragazzi di IMESCO, che ridete e piangete con loro da settembre a questa parte.
Detto ciò, sarò brevissima con due precisazioni:
• questo è il torc, che Ninives ha tatuato attorno al collo. Se state pensando che questo nome l’avete già sentito in qualche altro capitolo, non sbagliate (u.u);
• Il morado è un tipo di legno molto scuro, usato per il parquet della sala in cui si svolge la scena^^

Bene, auguro a tutti Buone Feste (e a me buon compleanno [esatto, sono nata proprio il 25 Dicembre XD]): credenti o meno, usate questi momenti speciali per stare con le persone a cui volete bene e siate sereni. Anche se dovreste farlo durante tutto l’anno ;)

Sperando di riuscire a produrre ancora qualcosa prima della fine dell’anno, mi inchino con gratitudine e vi saluto, scampanellando gioiosa.

See ya!

blejan



P.s.: è Natale, siamo tutti più buoni… Una piccola recensione?

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Capitolo 14
*** Remembering Nina ***


Prompt: 3 - DIVANO
Titolo: Remembering Nina
Autore: blejan
Fandom: Originale
Personaggi: Alaros, Adriss
Genere: Fantasy, Introspezione
Rating: Giallo
Avvertimenti: tematiche delicate
Lunghezza: 760 parole




Remembering Nina

Alaros si beò della ruggente luce del sole, mentre scendeva lungo il dolce pendio.
Una vacca, il mantello fine di peli bianchi e neri che si amalgamavano in una tenue tonalità bluastra, lo seguì con i placidi occhi scuri; comodamente accovacciata su un morbido cuscino d’erba, intenta a ruminare pacificamente, non sembrò minimamente impressionata dal cerchio di luce sfavillante da cui il ragazzo venne rigurgitato.
L’alito tiepido del vento sudafricano abbracciò le spalle dell’elfo, mentre zompettava ai piedi di un alto esemplare di jaracanda, i cui luminosi fiori violetti iniziavano a trapuntare la chioma verdeggiante, l’ombra sinuosa che accarezzava teneramente il tessuto di un divano color crema, vivacizzato da motivi floreali.
Si abbassò, appoggiandosi alla spalliera con gli avambracci, divaricando i gomiti ed unendo le mani, intrecciando le dita. Caricando il peso sulla gamba destra, piegò il ginocchio sinistro, la punta della ciabatta di gomma azzurro ciano che sfiorò il sottile tappeto erboso.
Distendendo il collo, abbassò la testa lentamente, sentendo la treccia frusciare serica lungo la spina dorsale in una soave carezza.
Il sospiro che esalò fu prepotente, mentre scioglieva il groviglio delle falangi e con le punte delle dita della mano destra tamburellava tremolando sulla stoffa.
Adorava quel divano.
E lo detestava.
Con tutto se stesso.
Odiava ciò che gli ricordava, l’agghiacciante memoria che lo stritolava nella sua mordace, gelida ferocia.
Ed amava con prepotenza incredibile chi aveva condiviso con lui parte delle sue giornate sul quel mobile.
Il suo autocontrollo trasecolò, frantumandosi in una mostruosa e muta detonazione.
Artigliò il bracciolo di sinistra, mordendo con rabbia il labbro inferiore: il paesaggio si sciolse in una tavolozza annacquata, farraginosa, mentre scivolava sul seggio morbido.

Nina.

La sua prima missione.
Protezione speciale testimoni: una piccola mezza sirena, delicato frutto di un amore giudicato abominio tra una sirena ed un demone, orfana e minacciata, onerata dell’assurda colpa di esistere.
Nina, che a soli sei anni riusciva ad affrontare l’esistenza con un coraggio battagliero, che accettava la sua natura e combatteva il disprezzo del mondo con un sorriso di una potenza disarmante, gli occhi da bambina che coltivavano una saggezza profonda a chi sapeva vedere oltre che guardare.
Nina, che aveva intrattenuto con storie, molto più reali di quello che si possa immaginare, di magia e realtà, di draghi e nuvole, di fate ed oceani, nutrendo la sua fanciullesca sete di sapere, ammirando il suo animo forte e la sua fiducia prorompente.
Nina, che non era riuscito a proteggere, non potendo fare altro che stringerla tra le braccia, impotente, quel giorno maledetto, immerso nella rovente luce del mezzogiorno, sentendo la vita scivolargli tra le mani come minuscole scintille attraverso una rete grossolana e dissiparsi in un cielo sereno e ceruleo talmente nitido da parer surreale.
Massacrata in nome di un’idea crudele, ridotta ad una pezza per opera dell’ignoranza più obsoleta.
Aveva sollevato al cielo ogni preghiera possibile, aveva tentato il tutto per tutto provando ad infonderle la sua energia vitale; a nulla erano valsi i suoi sforzi, se non a sprecare il loro tempo, dissolvendolo nel sangue della giovane creatura, violetto, come i fiori di jaracanda.

Nina.

Ottantaquattro anni ed ogni volta che tornava era come se non fossero passate che poche ore: il respiro gli si strozzava nei polmoni, annodandosi in gola, raschiando la sua anima con il dolore invelenito dallo sconforto e dal senso di colpa.
Esattamente come quel mezzogiorno del 15 Maggio.

Perché torturarsi ogni anno?

Forse voleva illudersi che fosse solamente un incubo, un oscuro ed effimero incubo, che avrebbe aperto gli occhi e l’avrebbe vista seduta accanto a lui: la piccola Nina, i lunghi capelli indaco, morbidi come onde, che scintillavano simili a filamenti di cristalli; le esili gambette piegate, abbracciate al petto. La curiosità straripante dai grandi occhi pieni di stelle.

Si curvò inesorabilmente, gravato dalle emozioni che avvinghiavano crudeli la presa attorno al suo cuore.

- Nar lass. - ‘Sii la foglia’ - Alaròs. - mormorò gentile la voce baritonale di Adriss.
Strizzò i lucenti occhi di smeraldo, abbandonandosi nell’abbraccio caldo, silenzioso ed indistruttibile con cui il gemello gli avvolse le spalle ed il collo.
Sentì la fronte del fratello cozzare con premurosa decisione sulla tempia sinistra, mentre la punta della coda di mogano gli sferzava sussurrando la guancia destra.

Perse la cognizione dello scorrere del tempo, circondato nella bolla di affetto e consolazione che Adriss aveva avviticchiato su di loro, sentendo il sole splendere benevolo; osservò a lungo il mondo luccicare nella distorsione delle lacrime.
Artigliò spasmodicamente le sue braccia con le mani, affondando le dita tremolanti fra i bracciali di seta verde intrecciati.

“Hannon le, tàlmuindor.”


NdA : Salve creature! Un Alaros così non l’avevate ancora mai visto, spero di avervi stupito almeno un po’ (e di non avervi depresso troppo T_T)
Un po’ d’introspezione era d’obbligo, in ogni caso, dopo aver presentato i personaggi u.u
Capitolo molto triste, si scoprono delle carte del passato del nostro gemello casinista preferito.
Non odiatemi troppo, se vi riesce^^
Prima che mi dimentichi, ‘Hannon le, tàlmuindor’ significa ‘Grazie, fratellino’ in Sindarin.
‘Sii la foglia’ è un’espressione che ho pedestremente rubato al figlio di Aang in The Legend of Korra, a lui i credits ed il significato (la cui mia personale sfumatura verrà spiegata in uno dei capitoli restanti).
Ed quindi, galoppando nella stesura della prossima avventura (niente depressione stavolta, state sereni :D)

See ya!
blejan



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Capitolo 15
*** Red Alert ***


Red Alert




Ciao ragazzi, piccola precisazione.
Il capitolo 15 è stato postato come OS separata, causa rating rosso che mi avrebbe costretto a modificare quello dell'intera storia, precludendone la lettura ai minorenni, la qual cosa non mi garba per niente.
Perciò senza indugio alcuno (chi di voi può) andate a leggere "I.M.E.S.C.O.: Missing Red Moments - Greeting Amalia" e fatemi sapere cosa ne pensate ;)

P.S.: il “piccolo guerriero” vi aspetta e vi darà un assaggio delle sue capacità.


See ya!
blejan

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Capitolo 16
*** Inciting Zane ***


Prompt: 15 - DOLCI
Titolo: Inciting Zane
Autore: blejan
Fandom: Originale
Personaggi: Alaros, Zane, Jvette, Adriss, Riven, Cyril, Isolde, Cristalline, Orpheus
Genere: Fantasy, Sentimentale, Comico
Rating: Verde
Avvertimenti: slash
Lunghezza: 1281 parole

IMESCO Experience: Daily Life ( Manami Kiyota, Xenoblade OST [Meravigliosa, come il gioco: giocate a Xenoblade *_*]) Un loop molto appropriato




Inciting Zane


- Io vedo… - sentenziò Alaros - …dolore. -
Atterrò a palmo destro aperto al centro della glabella di Zane con un ovattato stunc. - E vedo… - constatò, ammirandolo tenersi la fronte con entrambe le mani, presumibilmente nell’ercolino sforzo di trattenere la furia ed i propositi omicidi che percepiva irradiarsi da tutto il suo essere - …rabbia. - sibilò, arraffando uno spiedino.

“Spero solo che non finisca del sangue sulle melanzane.” meditò Jvette, scuotendo i folti capelli da cui faceva capolino un sottile cerchietto di metallo scuro e lucente, con una piccola rosa dai riflessi argentati sul lato sinistro.
Dalla veranda, beandosi dell’alito estivo che le accarezzò allegro il viso e le fece svolazzare la minigonna a pieghe fini e sottili color cioccolato a pois crema e la plissettatura della camicetta smanicata della stessa golosa tonalità, si godeva la visuale dei ragazzi in giardino: Alaros, non accontentatosi del misero bottino, stava importunando Zane nel tentativo di distrarlo e sgraffignare un wurstel dalla griglia rovente su cui il veggente si stava affaccendando; Riven e Cyril si accapigliavano nell’erba, contendendosi la pallina di gomma celeste che Isolde aspettava le lanciassero, seduta su un cuscino di trifogli bianchi ad un paio di metri di distanza, attendendo con paziente speranza.

Adriss, sbattendoli tutti fuori per precauzione, si era barricato da una mezz’ora piena in cucina a preparare la sua fenomenale sangría.
- Riven, Alaros e gli alcolici non dovrebbero stare nemmeno nella stessa frase. - aveva asserito, persuadendo con calorosa decisione il fratello ad andare a farsi i fatti suoi, usando la carne sulla griglia come capro espiatorio.
- Potrebbero generare un cataclisma. Ti ricordi cos’è successo allo scorso compleanno di Zane? - le aveva chiesto. Al diniego confuso della ninfa, il ragazzo aveva annuito, i grandi occhi di foglia contriti e spersi. - Esatto. Nessuno di noi ricorda nulla. -

Assimilare ad un’emicrania il dopo-sbornia che si era abbattuto su di loro era come paragonare un bottone a Giove.

- Quando ti braccherò solo ed indifeso, mentre agonizzerai in cerca d’aiuto, avrò la misericordia di tatuarti il gruppo sanguigno sul petto con questo - ventilò Zane, estraendo dalla carbonella e dalla cenere un spiedo appuntito ed incandescente - per non averti sulla coscienza e fare in modo che chi ti troverà dopo la mia aggressione abbia almeno una mezza possibilità di salvarti la vita. - ringhiò.
- La morte è una liberazione, non una punizione. - esalò, puntando la maglietta dell’elfo, sul cui cotone bianco spiccavano formine di mele, pere ed arance stampigliate di colori chiassosi e vivaci.

Alaros si premurò di rispondergli con un rutto battagliero, a cui Zane rispose per le rime, facendolo indietreggiare, sconvolto.

Nel frattempo Cyril, braccando Riven in una presa articolare che sembrava davvero molto dolorosa, sollevò trionfale l’oggetto sferico a lungo conteso. Jvette sorrise osservando Isolde puntarlo, le grandi orecchie triangolari direzionate come parabole febbrili verso di lui, gli occhi immensi e scuri spalancati e concentrati.
- Vai Isolde, attacca! - la incitò il demone, dopo che il suo ragazzo l’ebbe scagliata con una parabola chirurgicamente perfetta al centro della piscina gonfiabile per bambini che avevano piazzato all’ombra del grosso tiglio piantonato in giardino, sul lato sud.
La seguì con lo sguardo correre, zompando e saltellando come una nuvoletta di panna che stesse cercando di spiccare il volo, sfrecciando in mezzo alle aiuole e schiantandosi a bomba nei venti centimetri scarsi d’acqua, addentando vittoriosa il gioco spugnoso.
Riven, approfittando del fatale momento di distrazione, riuscì a liberarsi in uno sbiettare amorfo che gli consentì di ribaltare le posizioni, placcando al suolo il ragazzo dagli occhi paglierini.
La ninfa non poté non farsi contagiare dalla risata che si sprigionò da Cyril, preda di un solletico spietato da parte del moro che, avvinghiatoglisi come una gomma ad una ciocca di capelli, non solo gli spillò le lacrime a furia di vellicarlo, ma lo portò addirittura ad una crisi di singhiozzo.

- Ai… Ah ah ah… Ai… - si contorse impotente il ramato, fiaccato dalla ridarella, scosso da un singulto - Ah ah ah… Aiuto! - pigolò, esanime.
- Riv, mollalo. - intimò Zane, mordendosi la guancia per non capitolare a sua volta di fronte allo spettacolo esilarante.
- È una delle rare volte in cui lo potremmo mai vedere indifeso, godiamoci il momento finché dura. - ghignò Alaros, alzando la voce per farsi sentire oltre i latrati esilarati che il giovane sollevava al caldo cielo estivo.
- Non sembra dispiacergli poi molto. - diede corda Riven, rimirandolo a lungo coi grandi occhi vermigli, lucenti di un amore sconfinato quanto folle.
- Se continui così tra cinque minuti lo dovremo rianimare, abbi pietà. - considerò il veggente, rivoltando le salsicce con gesto compassato ed impeccabile.
Riven, per tutta risposta, si bloccò quel tanto che bastò a Cyril per farlo annaspare e permettergli di ghermire una disperata boccata di ossigeno, catturandogli poi le labbra in un bacio talmente irruento, ardente e possessivo da costringere persino la piccola oighear a distogliere lo sguardo.

- Riven. - lo richiamò nembosamente Cristalline, emergendo alle spalle di Jvette dalle porte-finestre del salotto con una ciotola di lattuga.
- Mi stai davvero minacciando con dell’insalata, Cris? - domandò il demone, dando tregua al giovane tra le sue braccia, che tentò di rimettere insieme un briciolo di funzionalità diaframmatica con un verso rasposo - Sul serio, tutto qui quello che sai fare? -
Rivolgendo un morbido sorriso alla ninfa, Cristalline le porse con delicatezza la scodella di plastica gialle piena di foglie, arricciate e terrorizzate.
- Lascerò gambe, braccia e testa attaccate al resto del corpo. - promise il drago, meditabondo, sfiorandole il dorso delle mani sottili con i palmi in una delicata carezza.
Scendendo i tre gradini che lo separavano dal tappeto erboso, si arrotolò con cura fino ai gomiti le maniche della camicia grigio ardesia.

Orpheus imprecò quando la cerniera della giacca di pelle nera aperta si incagliò nel cestello della lavatrice mentre sgusciava fuori, strattonandolo, cercando di convincerlo a rimanere a farle compagnia. Giurò a se stesso che prima o poi avrebbe scovato il responsabile.
O meglio: avrebbe trovato le prove per inchiodarlo.
Rimirò dalle quattro porte-finestre del salotto il gruppetto berciante e chiassoso.
- Buongiorno, Orpheus. - salutò Adriss, travasando la sangría in una capiente caraffa ed impilando una torre di bicchieri colorati a fianco - Glisserò sul fatto che tu sia qui e non in ufficio, Capo, ed eviterò dunque di chiederti perché non sei a fare il tuo dovere. -
- Wyatt ha promesso di non fare stupidate nella mezz’ora di libertà che mi sono accaparrato con la forza. - illustrò spiccio il moro, alzando le spalle.
Essere il capo, dopotutto, qualche privilegio doveva pur fornirlo.
Lo sguardo smeraldino scontornò in un’espressione allarmata il viso di Adriss.
- Hai lasciato Wyatt da solo con la delegazione francese? Devo ricordarti quanto sono ancora incazzati per la storia del castello che Cyril ha sbriciolato? - gli fece pressione il gemello.
- C’è Ninives con lui. - si difese l’altro, confuso.
Adriss lo guardò come se gli fossero spuntate un paio di orecchie rosa fluorescenti. - Hai lasciato Wyatt, l’agente più rissoso che abbiamo - si abbracciò la testa con le mani, stringendo la lunga coda di capelli scuri - E Ninives, il tecnico armamenti dal grilletto facile, da soli con la delegazione di francesi? -
Il silenzio scrosciò su di loro, greve e risolutivo, mentre Orpheus faceva dietrofront.
- Sapiente decisione. Dammi la torta per Zane. -

Un’esclamazione particolarmente colorita del veggente tuonò dal parapiglia fino a loro, trapelando attraverso i vetri, facendo inarcare ad entrambi le sopracciglia, accompagnata da un forchettone che dardeggiò cimentoso nell’aria.
Il gemello prese la confezione della torta Zurigo dalle mani del demone, correndo a metterla al sicuro nel frigorifero, tirando fuori un vassoio di gelatine alla violetta.
- Se Riven la vede e tenta di gabbarla, la tua dolce metà lo scuoia vivo. -

Le iridi d’acciaio scheggiate d’ebano ammirarono il furore guerriero in quelle di ametista del bruno.
- Oddio, sì, ti supplico. - implorò.

 

NdA Salve creature! Chiedo venia per l’intervallo di tempo obrobioso, l’università ha il potere di uccidere…
Stavolta i ragazzi sono catturati in un vero e proprio scorcio di super-classica ‘slice of life’, come challenge vuole^^
Se avevate una sensazione di deja-vu, non vi state sbagliando: Jvette è vestita proprio come il cupcake del banner :D
La glabella non è altro che il centro della fronte, la parte liscia e piatta che chiama scuzzette a gran voce: chi è dunque Alaros per non rispondere?
Lo so, le gelatine alla violetta saranno un pallido diversivo per la Zurigo, ma almeno terranno Riven impegnato per un po’ (forse…).
Non sbavate troppo sui monitor, non sarebbe un bello spettacolo XD
Prometto che il prossimo capitolo arriverà più in fretta, se così non fosse abbiate pietà, sono in pausa esami T_T.

See ya! ;)
blejan



Banner’s credits: immagine di RoselineLphoto
Istantanea credits: immagine di Il Pasticcere (FB) e di theresahelmer

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Capitolo 17
*** Fooling Boys ***


Prompt: 2 - THE
Titolo: Fooling Boys
Autore: blejan
Fandom: Originale
Personaggi: Jvette, Alaros, Cristalline
Genere: Fantasy, Sentimentale, Comico
Rating: Verde
Avvertimenti: nessuno
Lunghezza: 1526 parole


IMESCO Experience: Memories ( Manami Kiyota, Xenoblade Chronicles OST [di nuovo, lo so, ma ragazzi…è bellissima])




Fooling Boys


Jvette mollò l’ennesimo sonoro starnuto, che levandosi dal divano rimbalzò tra le pareti del living.
Arraffò con stanca ferocia il timido angolo di fazzoletto che faceva capolino dallo sfortunato dispenser kleenex di turno, sfogandovi tutta la rabbia dell’influenza che l’aveva braccata a tradimento.
Sprofondata nel mobile ad angolo blu notte, incassata tra il bracciolo e lo schienale, era stata infagottata da Alaros, di ritorno da una missione notturna. Vedendola strombettare con gli occhi acquosi, l’aveva acchiappata ed avvolta con due coperte con le maniche, di cui una messa al contrario sulla schiena, in modo da racchiuderla in un bozzolo caldo, aggiungendo ancora una coperta di lana sottile ed una trapunta.
Soffocata piacevolmente nella sua morbida bolla di tepore, gli aveva sorriso grata.
- Non si dica mai che non sono un gentiluomo. - le disse, sorridendo a sua volta, rimboccando con cura i risvolti, sprimacciando un cuscino che le pose dietro la testa.
Jvette non fece caso agli scarponi che avevano lasciato una scia di fango sul parquet, alla treccia che andava sperperando rametti e semini sul tavolino su cui il gemello si era seduto per sincerarsi che stesse comoda.
- Hannon le, Alaros. Questo almeno te lo so dire. - biascicò Jvette, rintronata dalla febbre e dal mal di testa che sentiva farsi strada a calci nel cervello.
A quelle parole, gli occhi di germoglio del ragazzo si illuminarono, mentre un sorriso riconoscente gli si dipingeva in viso.
- Hannon le a te, Jvette. Ora che ti ho sistemato - considerò, resosi finalmente conto di non essere il massimo dell’igiene - Ti faccio una bella tisana e mi vado a lavare. Ne ho un disperato bisogno. -
Cercando di non spalmare troppa fanghiglia, zompettò fino al piano da lavoro della penisola. Lavandosi meticolosamente fino ai gomiti, dopo aver rivolto una smorfia alla sporcizia che scivolava nello scarico, spostò la sua attenzione ai mazzi di erbe essiccate ed ai sacchetti di yuta che spenzolavano sopra la sua testa.
Scrollando le mani, prese un pentolino, riempiendolo d’acqua e mettendolo su fuoco.
Sentendo i sottili brividi freddi lungo le ossa, ammirò la concentrata dedizione con cui Alaros sceglieva gli ingredienti, selezionando attentamente foglie, fiori e semi, miscelandoli accuratamente in un liscio e lucente mortaio di marmo.
Potè scorgere l’alone argentato di magia che dal palmo delle mani si irradiava lungo il pestello bianchissimo, evaporando in una serie di sbuffi rutilanti colorati quando si mescolava al composto che stava creando.
Valutando con occhio piuttosto critico, ritenendosi soddisfatto a giudicare dall’espressione, il gemello prese una bustina da infuso e con un sottile cucchiaino d’argento raccolse la polvere impalpabile che aveva ottenuto, chiudendola nel contenitore di cellulosa con il suo cordoncino di cotone.
Travasò il liquido bollente nella tonda chicchera di vetro elfico trasparente che aveva sistemato di fianco ai fornelli, tuffandovi il sacchetto con delicatezza. In un turbinio arricciato, l’acqua si tinse velocemente di uno scuro rosso amaranto, sprigionando un’avvolgente fragranza di spezie che raggiunse le narici di Jvette, iniziando a stapparle.
Scavando con le mani per farle uscire dal labirinto di tessuto, prese solennemente la tazza fumante.

Alaros era esagitato per la maggior parte del tempo, imprevedibile e caotico; potevi far fatica a cercare di intuire il corso dei suoi pensieri contorti, ma se c’era qualcuno su cui potevi contare, sempre, era proprio lui.
- Hi esta - le disse, allegro e perfettamente conscio del fatto che Jvette non avesse la più pallida idea di cosa le stesse dicendo - Echedich echedi men. - sillabò lentamente, beandosi della sua espressione disorientata ed adorabile.
In quel momento gli ricordava un po’ un cervo bloccato davanti ai fari di un fuoristrada.
Ridacchiò, alzando le mani in segno di resa e scusa: sapeva che era un colpo basso.
- Adesso riposati- tradusse ghignangdo, avvicinandolesi - fai fare a noi. -
La treccia gli scivolò dalla spalla destra, accarezzandole la guancia sinistra mentre il gemello sfiorava la chioma corvina, posandole un bacio affettuoso sulla fronte.
- Bene. Percependo piuttosto chiaramente delle foglie solleticare zone in cui avrebbero ben poca e, soprattutto, misteriosa ragione di essere - considerò il ragazzo, aggrottando le sopracciglia - e sentendo la sabbia ricordarmi che ho la pelle piuttosto sensibile da quelle parti, mi assento brevemente per la doccia. -
Jvette sorbì attentamente, seguendolo con lo sguardo mentre scollinava in corridoio, saltellando su una gamba sola, armeggiando con gli stivali.

Entrato in bagno, rimase qualche minuto seduto nel bidet a litigare con la maglietta gialla completamente incrostata di fango, erba e muco di gremlin, che trapassando il tessuto l’aveva praticamente incollato alla pelle, con suo immenso disappunto.
Ottenendo risultati parecchio sconfortanti, stava cercando di convincersi a liberarsi con uno strattone brutale, tenendo saldamente il lembo della maglietta con le mani incrociate davanti al petto. Preda di una ridarella terrorizzata, si diede del cretino: in fondo era solo una maglietta ricoperta di fluido adesivo.
“Peccato che sia coinvolto anche il capezzolo sinistro in questa spinosa faccenda.”
Chiuse gli occhi, stringendo la presa con le dita.
“Al tre.”
Inspirò.
“Uno.”
Strizzò le palpebre. Doveva cogliersi di sorpresa da solo o non ci sarebbe mai riuscito.
“Tre.”
Inarcò la schiena e, in uno strappo crudo e fulmineo, gridò al mondo il suo trionfo, sventolando vittorioso l’indumento, lanciandolo di fronte a sé. Le lacrime distorsero prepotenti la visione di Cristalline che, sbucato con la testa fuori dall’oblò della lavatrice, improvvisato attaccapanni della maglietta, lo osservava placido.
- Sto bene. - disse, rivolto più a se stesso che al drago, portando le mani, ancora tremolanti, a premere sugli occhi, sospirando dolorante.
Cristalline, vedendo la pelle del fianco sinistro coperta da quella che sembrava un’ustione di secondo grado, gli addominali contratti, rossastri e sicuramente agonizzanti, non se la sentì di dire nient’altro a parte - Passerà in fretta. -
La treccia folta si scosse mentre Alaros annuiva con una convinzione che era bel lungi dall’avere, ma con molta fiducia nel cuore.
- Jvette ha l’influenza. - mugugnò, massaggiandosi le tempie, cercando di non ascoltare troppo il capezzolo che ruggiva indignato il suo strazio, il quale tuttavia gli permise di nascondere il sorriso di fronte all’espressione allarmata dell’altro.
Si infilò sotto la doccia, sornione, mentre il ragazzo dai capelli argentati sgusciava il più velocemente possibile fuori dall’elettrodomestico e scompariva, avendo cura di richiudersi diligentemente la porta alle spalle.
“Deformazione professionale.”

Jvette aveva inglobato la tazza nella sua crisalide di coperte e si stava abbandonando al tepore del vetro ancora caldo, osservando rilassata il sole mattutino occhieggiare dalle tende chiare e riempire di una tiepida luce la stanza, quando Cristalline praticamente caracollò nel suo campo visivo.
- Come stai? - sfiatò ansioso, le iridi color ematite splendenti ed impensierite incorniciate dalla matassa di capelli nivei sparpagliati sulle spalle in una lunga corolla aggrovigliata.
Inspirò convinta di rispondergli, ma lo starnuto la sorpassò, infingardo e rapido, facendola sprofondare nella sua tana.
Il drago si avvicinò sorridendo, poggiandole lieve la mano sulla guancia. Era fresca e le dita erano delicate, un’autentica goduria; essere un drago del ghiaccio aveva i suoi bravi vantaggi in casi come quello.
- Adesso meglio Cris, ti ringrazio. - mugolò beata la ninfa, protendendosi estasiata verso quel contatto refrigerante.
- Presumo sia stato Alaros ad infagottarti in questa maniera. - considerò con un’occhiata ammirata - Riesci a respirare là sotto? -
- Altroché. Alaros è stato molto premuroso. - si sistemò lei, ondeggiando, con l’aria notevolmente appagata - Mi aveva promesso un the, ma poi è scappato in bagno. - disse, squadernando un broncio scornato ma incantevole.
“Sono una carogna.” ponderò , aprendo gli scuri occhi di cioccolato ed alzandoli supplichevoli verso il drago, sbattendo con enfasi le folte ciglia nere.
“Oh, diamine, è soltanto un the.” sbrigò a giustificarsi, glissando la sua coscienza che la ammantava di considerazioni del tutto inesprimibili a voce alta.
Lo vide sbuffare indignato, borbottando qualcosa di poco galante nei confronti dell’elfo mentre si dirigeva alla dispensa, aprendo un’anta e prendendo un contenitore di ceramica nera smaltata, incisa di delicate volute e disegni rosso rubino ed oro.
Con gesti misurati prese nella mano destra un filtro a pinza d’acciaio dalla rastrelliera di fronte a lui, mentre con la sinistra poggiava la sua tazza di maiolica grigio piombo decorata da sottili trame arricciate di qualche tonalità più chiara.

Quando l’acqua giunse ad ebollizione prese il pentolino e la rovesciò nel lavandino, riempiendo nuovamente il tegame e rimettendolo a scaldare.
Cristalline era un nostalgico.
- Lo so, non dovrei sprecare acqua in questo modo e credimi, mi disturba parecchio. - disse lui, con la voce bassa, spersa in un lontano passato - Tuttavia, per te, sono disposto a preparare il the alla vecchia maniera. -
- Come si faceva nella Cina imperiale, con le tecnica delle tre bolliture. - disse Jvette, ammaliata dai movimenti sicuri con cui il ragazzo sostituì ancora una volta l’acqua, per poi reimpirci la tazza, immergendoci il filtro.
Prendendola con solennità dalle mani sicure del drago, la ragazza gli sorrise radiosa.
- Lo prendo come uno dei complimenti migliori che tu possa mai farmi. - ringraziò, annusando emozionata l’infusione: the verde e petali di rosa.

Assolutamente meraviglioso.

- Lo è, infatti. - sussurrò il ragazzo, passandole delicatamente la mano destra dietro la nuca, attirandola a sé e poggiando le labbra morbide e ghiacciate al centro della sua fronte, per una manciata di minuti che si cristallizarono all’infinito.
Chiuse gli occhi, rapita; poteva sentire l’odore della neve, l’elegante carezza di ghiaccio sfiorarle premurosamente la pelle.

Assolutamente meraviglioso.



NdA :Salve creature! Chi ha atteso mezza challenge il bravo momento fluff tra Cristalline ed Jvette spero non si sia arreso lungo il cammino^^
Questi due mi piacciono un sacco, soprattutto perché sono per me importante metro di esercizio per non crollare nella subdola iperglicemia che tanto aborro XD
Ebbene sì, Alaros sa essere un vero galantuomo quando si impegna! Tra l’altro, il suo capezzolo sta bene, tranquilli, ha resistito egregiamente (anche se credo che sotto la doccia il nostro caro elfo abbia pianto come un vitello per il dolore).
Un hannon le (grazie) immenso ad Aven90 che mi ha aiutato col Sindarin (un po’ inizio a destreggiarmi, giusto qualche parola ;D)
Ragazzi, aggiornamento da record, non pensavo di essere così tempestiva, ma quando l’ispirazione chiama bisogna rispondere in fretta!
Il prossimo capitolo? Non sarò altrettanto tempestiva, ma prometto di essere il più celere possibile.
Vi ringrazio in anticipo per la comprensione T_T

P.S.: L’immagine nell’istantanea è proprio il the verde con i petali di rosa, esiste veramente e se volete lo potete anche comprare!

See ya!
blejan



Istantanea credits: immagine di Tea Ciok Shop

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Capitolo 18
*** Astonishing Kids ***


Prompt: 20 - BACIO
Titolo: Astonishing Kids
Autore: blejan
Fandom: Originale
Personaggi: Theodore, Alaros, Adriss, Juanito, Melissa, Amalia
Genere: Fantasy, Comico
Rating: Verde
Avvertimenti: nessuno
Lunghezza: 1926 parole

IMESCO Experience: Magic (B.o.B ft Rivers Cuomo) direi che calza come un guanto^^




Astonishing Kids


- E chi saresti, Dynamo? - chiese Theodore, il bambino più grande del gruppo, forte dei suoi dieci anni.
- Io non sono così stempiato. - precisò Alaros, sorridendo e sventolando la treccia con la mano destra, agitandola come una frusta in maniera decisamente esplicativa.
Adriss, seduto sulla bassa recinzione di mattoni scuri che incorniciavano il grande parco, osservava placido il fratello sommerso dalla folla di creature, chiassose ed estasiate, mandate in visibilio dalle sue performance.
Il gemello si divertiva un mondo ad intrattenere i bambini con delle piccole magie, esibendosi in brevi e spettacolosi sortilegi che stregavano le loro piccole menti, facendoli rimanere a bocca spalancata.
Anche se quel giorno il suo pubblico, a causa del tempo non proprio fantastico, era ridotto a soli tre spettatori.
Clienti fedeli.
Adriss aveva sorriso sentendo la domanda del piccoletto; era sgorgata a causa del fatto che il fratello, dopo essersi guardato la maglietta bianca, baciata da un’infingarda macchia d’erba, vi aveva messo sopra la mano destra, chiudendola a pugno, come volesse afferrare qualcosa di invisibile posatovisi sopra. Quando l’aveva tesa verso di loro, il cotone era lindo e splendente.
I tre si erano fiondati in avanti, come tigrotti famelici, mentre lui apriva le dita, nel cui palmo una biglia di vetro, verde come il prato, ondeggiava riflettendo la luce.

Alaros sosteneva di essere affascinato dalle espressioni che assumevano; per lui, farli sorridere era più di una missione: si trattava di una vera e propria vocazione.
- Non mi stancherò mai di vedere quelle facce da baccalà paffutelli, mi fanno morire. -

Al coro di un imperioso ‘Ancora, ancora, ancora!’, il gemello alzò le mani su di loro, cercando di sedare momentaneamente l’estasi prorompente.
Vide Juanito, il più piccolo, tutto occhi scuri e capelli ricci color cioccolato, fissarle rapito, in attesa spasmodica.
- Va bene, va bene, minuti ragnetti famelici. - acconsentì, guardandosi brevemente intorno, gli occhi verdeggianti concentrati.
Artigliandosi il colletto con l’indice della mano sinistra sbuffò, sventolandosi il viso con la mano destra in maniera teatrale - Con quest’afa c’è da sciogliersi, che ne dite di bere qualcosa? -
Il ruggito assertivo, Adriss ne era certo, non fece che gasarlo ancora di più.
Lo osservò infilare la mano destra nella tasca frontale sinistra dei larghi pantaloni cargo militari, con la faccia di uno che stesse cercando di arraffare una monetina restia a farsi catturare.
- Aspettate un po’, qui dovrei avere qualcosa che fa al caso nostro. - bofonchiò, esplodendo in un - Ah ha! Presa! Tieni Juanito. - Strizzò l’occhio, porgendogli la borraccia di plastica trasparente da mezzo litro che estrasse. Su entrambe le facce rotonde campeggiava una “J” celeste.
Mentre ridacchiava dello stupore del piccoletto, infilò nuovamente la mano nella tasca.
- Oh, ma qui ce n’è un’altra! - esclamò con un muso da oscar, tirandone fuori una identica, ma con due “T” gialle, dandola a Theodore, che strillò contento.
Poggiando il ginocchio destro a terra, tastò nuovamente in saccoccia, tirando fuori la lingua, assorto in quella che sembrava una caccia difficoltosa.
- Ed ecco qui, mademoiselle Melissa, la vostra. - flautò, offrendole la terza borraccia, con le “M” scarlatte, abbagliato dal sorriso che lo investì, come una secchiata di sole.
- Ok, minipesti, cosa vogliamo bere? - chiese, mettendo le mani sui fianchi, in attesa solerte.
Theodore fece sfrecciare in alto la manina sinistra - Coca Cola! - berciò, spalancando le dita e saltellando sul posto, la matassa di capelli mossi dorati selvaggia e danzante.

- Yep, una Coca per Theo. - confermò Alaros, iniziando a spostarsi verso la fontanella a qualche metro da loro. - Melissa? - domandò, affiancando la manopola di ottone, che in quel momento bloccava il flusso d’acqua.
- Succo d’ananas. - scelse, i grandi occhi grigi decisi incorniciati dalle lunghe ciglia e dal caschetto di ciuffi rossi come fiammelle.
- Affascinante. Vada per quello. - le fece l’occhiolino - Juanito? -
Prendendo fiato, elettrizzato, il piccolo esalò - Voglio il laffecatte. - aggiungendo poi, dopo una breve riflessione - con la panna! -
Il ragazzo lo fissò a lungo prima di detonare in una sonora sghignazzata.
- Benissimo, dunque laffecatte sia. - proferì, sbattendo rumorosamente i palmi - Chiudete gli occhi e concentratevi, nanetti. -
Adriss dovette mordersi le guance con ferocia per non sbellicarsi di fronte ai grugni in cui le faccette si storsero, mentre le piccole menti sfrigolavano.
“Sento i criceti di Theodore galoppare a velocità smodata.”

- Prima le signorine. - Chiamò l’elfo; Melissa non se lo fece ripetere due volte, posizionando con cura la bocca della contenitore sotto il rubinetto.
In un’esclamazione raggiante, la bambina sgranò gli occhi di neve, mentre il succo d’ananas spillava gorgogliando dalla fontana, riempiendo la borraccia.
- Grazie Alaros! - squittì, cedendo il posto a Theodore, che caracollò fremente.
- Pronto? - chiese il gemello, sorridendo allo scuotere forsennato della testolina e degli immensi occhi blu. Zigando come una rondine allegra, il bambino ammirò la cola riversarsi nella fiaschetta, riempiendola fino all’orlo e strabordandogli sulle mani in un manto di chiara spuma appiccicaticcia.
- Non tracannarla come un elefantino, capito Theo?- lo ammonì, facendo cenno al piccolo mulatto di avvicinarsi.
Poggiò la mano sinistra sulle minuscole dita per aiutarlo a reggere il peso che di lì a poco la borraccia avrebbe acquistato; lo sentì tremolare, emozionato.
Sgorgando con il goloso profumo del cacao, la ghiotta bevanda bruna satollò il piccolo recipiente.
- Manca ancora qualcosa. - meditò Alaros, osservando crucciato il caffelatte, spostando poi l’attenzione al bimbo - Ehi, cos’hai lì sotto? -
Cercando di non scoppiare a ridere vedendolo incrociare gli occhi per controllare, gli passò lieve un dito sotto le narici, sguinzagliando lo stimolo dello starnuto; quando Juanito riaprì gli occhi, una spennellata di panna non solo campeggiava sul collo della bottiglietta, ma anche sulla punta del suo naso.
Guidò esilarato i tre nanerottoli felici alla panchina velata dall’ombra di un tiglio sotto cui Adriss si era spostato. Dove li aspettava una loro comune conoscenza.

- Nonna Amalia, nonna Amalia! Guarda! - esclamò Melissa, tendendole in grembo la borraccia, ormai piena solo più a metà - Alaros ha fatto uscire del succo d’ananas dalla fontana! -
- E nella mia ci ha fatto scendere della Coca Cola! - garrì Theodore, tappandosi di corsa la bocca con la mano sinistra per evitare di spettinare qualcuno.
- A me ha messo il laffecatte. Con la panna! - si sentì in dovere di sottolineare il più piccolo, sollevando la sua bottiglia come un trofeo olimpico.
- Veramente quella l’hai starnutita tu, Juan. - gli fece notare la bambina, aiutandolo a sedersi accanto alla donna, per poi prendere posto di fianco a lui, battendo la mano sul lato libero, che Theodore si premurò di occupare celermente.
- Ragazzi miei, cosa farei senza di voi. - ringraziò la signora Dolowitz, all’indirizzo dei gemelli, che scambiandosi un sorriso complice, si sedettero a gambe incrociate sull’erba di fronte a loro.
- Signora Dolowitz, se la caverebbe egregiamente. - rispose Adriss, mentre il fratello gli franava addosso, agganciandoglisi al collo con il braccio destro, pinzando i lunghi capelli che aveva fatto il madornale errore di non legare quel pomeriggio - Non si sminuisca in questo modo. -
- Purtroppo gli anni passano per tutti e stare dietro a queste creature diventa sempre più difficile per una vecchia cariatide come me. - sorrise lei, scuotendo leggera la testa rigorosamente ed impeccabilmente in piega.
- Cos’è una cariatide? - Chiese Juanito, sbrodolando schiuma ovunque.
- Quanto di più lontano c’è dalla nonna di Melissa, Juan. - asserì sbrigativo Alaros, definitivo - L’Inghilterra cadrebbe senza di lei, Amalia. -
La risata lusingata e divertita con cui la donna gli rispose si spanse nell’aria estiva, scintillante attraverso le nuvole del pomeriggio che andavano diradandosi rapidamente, lasciando spazio ad un cielo azzurro e sereno.
- Vi ringrazio, miei cari. Purtroppo è ora di andare per noi, dobbiamo dirigerci a casa a preparare i muffin ai mirtilli per i vostri genitori, piccoli. - disse la signora: Adriss poteva giurare che nemmeno lei avesse voglia di andarsene.
Alle proteste cacofoniche che si levarono, le più rumorose delle quali generate da Theodore, che non smaniava particolarmente per i fornelli, i gemelli reagirono prontamente, balzando in piedi come una sola persona.
- Okay, okay, nano-tornado, calmatevi. - iniziò Alaros.
- Un’ultima volta, ma poi a casa, va bene? - finì Adriss, squadrandoli. Il gemello con la treccia vide la signora Dolowitz ridersela sotto i baffi, metaforicamente parlando, mettendosi comoda.
Lanciandosi in un’articolata discussione, fatta di occhiate, smorfie e gesti criptici, si misero d’accordo nel giro di una decina di secondi.

Si esibirono in un inchino, ringraziando il pubblico.
- Ordunque, dovremmo essere vestiti non dico meglio, ma almeno un po’ più in tema, non credi, fratellino? - disse Alaros, prendendo i lembi della maglietta bianca con le mani.
- Assolutamente, fratellone. - approvò Adriss, specchiando il movimento e stringendo quelli della sua, blu notte.
Come un unico riflesso, sollevarono le braccia, sfilando l’indumento dalla testa.
Ne riemersero entrambi con i capelli imbrigliati in una crocchia ordinata da un sottile nastro bianco.
- Un bell’applauso al nostro valletto! - ridacchiò Alaros, la maglietta nera con stampato il petto di una camicia bianca con tanto di papillon carminio, indicando Adriss, che guardò piuttosto sconcertato la sua T-shit, anch’essa nera, ma con il fronte completamente tappezzato di paillettes dorate e rosse.
Fissò il gemello, mettendolo chiaramente in guardia.
Appallottolando ciò che si erano tolti, i ragazzi si scambiarono di posto, passeggiando lentamente. - Bene, ora vorremmo che pensaste a qualcosa. - partì Adriss.
- Qualsiasi cosa, una pianta, un oggetto, un animale. - seguì Alaros - focalizzatelo in mente. -
Dopo aver ricevuto quattro segni affermativi con la testa, si avvicinarono, aprendo le mani. Alaros mostrò quattro penne blu; Adriss quattro post-it gialli.
Mentre i quattro spettatori, già abbastanza sbigottiti, cercavano di capire come avessero fatto a far diventare delle magliette delle sferografiche e dei pezzi di carta, Adriss continuò - Ora disegnatelo sul vostro foglietto. -
Il gemello fece alzare i bambini, osservando i loro incerti scarabocchi: Theodore aveva scelto un sole sorridente, Melissa una stella cometa, Juanito una morbida nuvola.
Amalia mostrò ad Adriss il disegno di una piuma delicata.
- Bravissimi, ora guardate, proprio sopra di voi, la chioma dell’albero. - spiegò Alaros.
- Scegliete una foglia e sbattete gli occhi. Una volta sola. - dichiarò il fratello.
Si sbirciarono, fulminei e sorridenti, osservando i piccoli e la donna fissare tramortiti la foglia prescelta staccarsi delicatamente dal ramo e piroettare leggiadra nelle loro mani.
- Fantastico. Adesso, tenetela davanti a voi. - li guidò Adriss - Prendete un bel respiro. -
- E ricordate. - sorrise Alaros - Voi siete la magia. -
- Soffiate. - recitarono all’unisono, gli occhi di smeraldo illuminati e splendenti.
Quando il respiro colpì la superficie di ognuna delle foglie, su di esse iniziarono a correre delle scie, argentate e rutilanti, come guidate da pennelli invisibili.
Dire che Amalia, Melissa, Juanito e Theodore rimasero di sasso non rese giustizia allo stupore esterrefatto che trapelò dai loro visi, mentre fissavano attoniti i disegni emergere davanti ai loro occhi, snodandosi in tracce luminescenti e flessuose tra le dita.

La signora Dolowitz ebbe il suo bel daffare, nonostante fosse coadiuvata dai gemelli, a convincere i tre nanerottoli che ora era davvero tempo di tornare a casa.
- Come si dice, bambini? - intimò gentilmente, nel modo in cui solo una nonna era in grado di esprimersi, ammantata di una placida autorità, inattaccabile.
Tre paia d’occhi allacciarono quelli di Adriss, che alle spalle di un ignaro Alaros, sollevò i pollici, dando il segnale.
- Hannon le, Alarós! - proruppero festanti, balzerellando intorno al gemello, il quale sentì i rubinetti degli occhi cigolare prepotentemente.
Iniziò a battere furiosamente le palpebre, svicolando con lo sguardo in ogni direzione.
- Hannon - fece per rispondere, abbassandosi, poggiando i palmi sulle ginocchia, recuperando disperatamente un po’ di autocontrollo.

Fu quando Melissa, slanciandosi ed appendendoglisi al collo, stringendo attorno alle larghe spalle le esili braccia velate di lentiggini, gli stampò uno schioccante bacio sulla guancia con le fini e soffici labbra, che Adriss scorse una lacrima perlacea e sfuggente brillare silenziosa, nascosta da una matassa di capelli del colore dei rubini.


NdA : Salve creature! Grazie all’ispirazione del fenomenale Dynamo ho potuto scrivere questo capitolo, quindi se vi è sembrato di aver già visto qualcosa di simile, non preoccupatevi, non è reminescenza magica XD.
Le tre piccole pesti sono decisamente divertenti e se a loro ci mescoliamo un Alaros galvanizzato, bhe, non poteva che uscire un capitolo esagitato ^^
Ho deciso di affrontare questo prompt in maniera meno prevedibile possibile, spero di aver stupito qualcuno, almeno un pochettino ;)
Ok, citazione da Sherlock per la frase di Alaros “L’Inghilterra cadrebbe senza di lei (Mrs. Hudson)” credetemi, è molto più vero di quello che possiate credere XD
Concordo con voi, anche io avrei voluto essere lì a soffiare su una foglia di tiglio T_T
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto ragazzi, personalmente mi sono divertita tantissimo a scriverlo (oltre ad averlo fatto con tempistiche olimpioniche XD)

See ya!
blejan



Istantanea credits: immagine di Kellyrea

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Capitolo 19
*** Reassuring Orpheus ***


Prompt: 6 - BICCHIERE DI VINO
Titolo: Reassuring Orpheus
Autore: blejan
Fandom: Originale
Personaggi: Orpheus, Zane
Genere: Fantasy, Avventura, Comico
Rating: Giallo
Avvertimenti: slash
Lunghezza: 1885 parole

IMESCO Experience: Wanderwall (Oasis)




Reassuring Orpheus


- Un bicchiere di vino? - domandò Orpheus, stringendo lentamente le palpebre, le iridi d’argento scheggiate di alabastro.
Assorbito dall’incantesimo che stava operando, aggrottò comunque le sopracciglia scure, mentre spostava l’attenzione sul ragazzo in piedi di fronte a lui.
Trasferì lo sguardo sui loro avambracci, poggiati uno sopra l’altro, quelli del veggente a faccia in giù, i suoi verso l’alto, la pelle in contatto delicato; Zane percepiva le dita del compagno stringere appena attorno ai suoi gomiti, mentre la magia scivolava silenziosa, imprimendo la sensazione di un nastro che gli si avviluppava lungo le braccia, risalendo sulle spalle ed avvolgendogli il collo.
Gli occhi violetti pizzicarono leggermente, costringendolo a sbattere le palpebre un paio di volte, per riabbassarli poi su quelli del demone.
Presumibilmente in quel momento stava cambiando il colore degli occhi; scegliendo una tonalità che doveva essere parecchio diversa, o il cambiamento sarebbe stato accettato più di buon grado dal suo organismo.
- Già, un bicchiere di vino, rosato-dorato per essere precisi, al centro di un tavolino di legno laccato di nero.
Zona defilata del locale, lontano dalla pista da ballo, forse nel piano sopraelevato, l’angolo più riservato. - rispose il bruno, spostando il peso sul piede sinistro, sollevando il destro per sfregarlo sul polpaccio che aveva deciso di prudergli con doviziosa insistenza da una decina di minuti.

Il moro annuì meditabondo, cercando di strangolare la sensazione di preoccupazione ingombrante che gli schiacciava il petto: gli ricordava la volta in cui Alaros, il Carnevale di due anni prima, con una ridicola tuta da conigletto, pelosa e dall’allarmante profumo di lamponi, lo aveva rincorso nel corridoio del suo ufficio minacciandolo di volerlo abbracciare; aveva resistito allo strenuo assedio solamente per il provvidenziale, dal suo punto di vista, passaggio del disgraziato di turno.

Lo sbuffo sopra di lui lo strappò a contorti ed acuminati pensieri, che avevano iniziato a rosicchiargli convulsamente un angolo della mente.
- Finiscila. - lo lapidò Zane, scuotendo la testa nel curioso tentativo di scoprire che sembianze avessero assunto i capelli; i morbidi ricci rossicci sballonzolarono ai margini della sua visuale.
Orpheus incassò impercettibilmente il collo nelle spalle, borbottando scornato.
Prese fiato ed aprì le labbra per iniziare un discorso incentrato sul fatto che No, non l’avrebbe finita.
Non gli andava a genio che il suo ragazzo fosse stato contattato tramite visione da qualcuno che non solo non si presentava, ma che indicava in maniera mastodonticamente troppo poco esplicita le proprie intenzioni.
Aggiungendo la straordinaria limpidezza della visione, più volte rimarcata da Zane, il quale aveva ripetuto fino alla nausea quanto incredibilmente ricca di particolari e sfumature fosse: il colore particolare del vino, la fattura del tavolo, i dettagli del bicchiere e del tovagliolo su cui esso poggiava: roba da professionisti, molto vicina alle capacità del veggente.
Optò per non dare adito alla sua vena polemica.
- Plurisoggettiva? - Sondò, ritenendosi soddisfatto della morbida tonalità nocciola scuro delle iridi, scurite con lentezza esasperante per evitargli un mal di testa per cui si sarebbe potuto vendicare con ferocia.
Lo osservò perdersi qualche istante in una serie di considerazioni, beandosi segretamente di essere solo con lui in quel momento.
- Più di due persone? Mh - smorfiò scettico - Sarebbe stato come guardare un 3D senza occhialini, le due visuali non combaciano mai perfettamente ed avrei visto oggetti diversi negli stessi punti in momenti diversi. -
Orpheus dovette stringere la sua camicia di forza mentale per non volargli addosso quando iniziò a mordicchiarsi il labbro, incapsulato nei ragionamenti.
- Gemelli? Può essere - tentò, sedendosi a gambe divaricate sulle ginocchia del demone, immerso nelle sue circonvoluzioni mentali; completamente estraniato dalla realtà, era del tutto incosciente di far vacillare rabbiosamente l’autocontrollo di Orpheus, che fu costretto a rimetterlo in piedi.
Non se ne rese neppure conto - Ma dovrebbero essersi allenati molto e nella maniera giusta. Ad e Al hanno lavorato anni con me per riuscirci e ogni tanto qualche sbavatura la noto ancora. -
Incurante del ringhio d’avvertimento, si risedette, procedendo con il ragionamento.
“Sul serio, perché?” meditò Orpheus, inspirando rumorosamente.
- In ogni caso ci sarebbero degli indizi sparsi che verrebbero inconsciamente innestati. - insistette Zane, grattandosi assente il mento, sfregandolo sulla spalla - Il tavolo è piccolo, troppo piccolo perché ci possano sedere comodamente più di due persone. Perché solo due persone? Perché c’è un bicchiere solo. Chi convoca non dev’essere un ignorante totale e nemmeno una persona di medio borgo, perché c’è un tovagliolo di lino bianco ricamato sotto al bicchiere, il tavolino è perfettamente laccato e anche se a prima vista sembra uniformarsi nell’ambiente non è così, emerge in qualche modo per la sua caratteristica eleganza, distante dalla bolgia e dal marasma del club. -
Il ragionamento non faceva una grinza.
- E poi ci sono solo due poltroncine. Dal colore del vino sicuramente è o un elfo o qualcuno di molto simile. Il bicchiere ha delle iscrizioni sul bordo e ho scorto scintillii anomali nel liquido. - terminò, sbattendo le palpebre un paio di volte, tornando alla realtà, mettendo finalmente a fuoco il compagno, proteso su di lui in esplorazione alla ricerca di eventuali ‘rifiniture’ da operare.
- Tutto a posto? - chiese, avvicinandoglisi, voltando il viso da una parte e dall’altra per facilitare l’ispezione. Sotto lo sguardo vigile di tenebra si ritrovò a pensare che la trasformazione era stata molto lenta e graduale.

Orpheus era un demone in grado di evocare incantesimi di modificazione morfometrica, volgarmente ed impropriamente detti “cammuffamento”: attraverso il trasferimento dell’energia magica poteva modificare a piacimento occhi e capelli in ogni particolare, forma, struttura, colore, taglio, cambiando il colore della pelle, cancellando o creando cicatrici e nei. Ad un livello più profondo poteva ridimensionare la fisionomia, in una trasformazione totale.
La metamorfosi richiedeva tanta più energia, ovviamente, quanto le nuove fattezze si discostassero dall’originale.
La fregatura toccava al ricevente: se si trattava di una creatura magica, una volta esaurita l’energia demoniaca che Orpheus instillava, l’incantesimo sequestrava automaticamente magia dall’ospite per mantenersi attivo, comportandosi come una sorta di parassita; si poteva decidere a proprio rischio e pericolo di continuare a mantenerlo operativo oppure dissolverlo.
Raggiunta una soglia di tempo, variabile in funzione della quantità di energia del ricevitore, per non interferire con i processi vitali, l’incantesimo si esauriva spontaneamente.

Diversamente, il processo era irreversibile per le creature non magiche, umani compresi, in quanto organismi impossibilitati a metabolizzare la magia, che rimaneva letteralmente fissata, rendendo necessario un secondo intervento per la rimozione o la neutralizzazione.
Se in prima considerazione poteva sembrare facile, era tutt’altra faccenda. Ancorare dell’energia, specialmente quella demoniaca, quella più potente ed instabile, ad un flusso vitale era tutto tranne che un’operazione sicura: bisognava calibrarla con estrema cautela, fondendola nella maniera più delicata possibile, per evitare che sfociasse in rigetti che potevano oscillare dalla nausea ad una frattura ossea o anche peggio, un’ampia variabilità di manifestazioni che Zane aveva in buona parte scontato sulla propria pelle quando aveva dovuto subire ‘plastiche d’emergenza’. Senza danni a lungo termine, per somma serenità di Orpheus.
Un aspetto fondamentale era inoltre la superficie attraverso cui veniva trasferita la magia: per questo il demone cercava sempre di avere la maggior quantità di pelle possibile a disposizione, in modo da non rendere il transito simile ad una cruenta innaffiata con un manicotto d’acqua, per evitare di lasciare ustioni, anche gravi, nei punti di contatto.
“Un bel casino insomma.” considerò Zane, rimanendo in attesa mentre percepiva l’incantesimo palpitare impercettibile dentro di lui, crepitandogli delicatamente nelle vene.
Concentrato al limite dell’ossessivo, Orpheus sigillò il sortilegio, issando i suoi avambracci verso l’alto per aiutarlo ad alzarsi.
Un sorriso sfuggì al veggente, vedendolo trattenere il respiro mentre si staccava da lui, con gesto misurato per non preoccuparlo.
Si trattava di una magia tremendamente complessa, assimilabile ad un’operazione chirurgica a cuore aperto. “È terrorizzato all’idea di farmi del male.”

Poteva capirlo.
Orpheus era un demone molto potente, e proprio per questo era stata dura convincerlo; Zane, per quanto forte potesse essere, rimaneva in parte umano: al confronto era poco più di una candela che tentava di lottare contro un vulcano.
I primi tempi era stata davvero dura, abituarsi all’energia oscura, la peggiore in assoluto, gli aveva fatto rischiare davvero grosso, alcune volte.
“Povero Fey, non si dava pace quando tentavo di farlo stare tranquillo mentre vuotavo l’anima nel cesso. Si mortifica ancora adesso, dopo anni, se si accorge che mi gira la testa.”
Sapeva che era pericoloso, ne era pienamente cosciente: quando, sei anni prima, l’incantesimo gli aveva fratturato l’omero destro, aveva impiegato mezz’ora buona a calmare Orpheus.
“Per non parlare della volta in cui mi ha fracassato tutt’e quattro le costole fluttuanti. Ma quella volta andavamo veramente di corsa. E mi è andata ancora di lusso.”

Sollevò entrambi i pollici verso l’alto, ridendo allegro osservandolo rasserenarsi sospirando. Poggiò le mani sui braccioli della poltrona, distendendosi verso di lui.
Chiuse gli occhi mentre il demone gli spostava una ciocca di riccioli molesti e troppo curiosi dietro l’orecchio sinistro.

Non avrebbe mai smesso di sorprendersi ogni volta nel percepire la venerazione profonda che trasudava dai suoi gesti, di come riuscisse a trasformare il tocco più anonimo e casuale in un atto di devozione: era sempre stato così, fin dalla prima volta in cui si erano incontrati.
Forse era per quello che aveva sempre riposto in lui una fiducia assoluta, senza riuscire subito a comprendere come potesse essere possibile una simile reazione, un abbandono totalizzante.
In fin dei conti, erano pur sempre un demone ed un essere umano: aveva fatto fatica a comprendere come avesse potuto scegliere lui, come potessero stare così bene insieme.
Era così assurdo.

La risposta lo aveva placcato con la forza di un cazzotto in pieno plesso solare un pomeriggio di fine autunno.
Salendo per la prima volta sulla terrazza dell’IMESCO, era stato sommerso nella luce abbacinante delle nubi, fino a poco prima grondanti di pioggia, squarciate dai raggi del sole, che affondavano artigli dorati di luce ambrata rifratta nell’aria, occhieggiando di riflessi nelle gocce trapuntate sulla cupola di cristallo che proteggeva il parquet di caldo legno color ciliegio.
Aveva seguito una forza invisibile, che gli aveva stretto i polsi, strattonandolo gentile ed urgente, come un bambino che trascina il genitore verso il parco giochi.

Orpheus era al centro esatto di quella cascata sfavillante, gli occhi chiusi, in piedi a gambe divaricate: immobile e fiero, concentrato e sommerso nella meditazione. Il respiro lento ed ampio espandeva il torace in un ritmo tranquillo, trasmettendo una pace tanto intensa da far venire i brividi.

Si era sentito piccolo ed insignificante.

I capelli del demone, imbrigliati in una coda cortissima ed indisciplinata facevano sembrare il grigio piombo del Kimono di cotone spesso acqua sporca.
Le braccia erano distese verso il basso, le dita diafane articolate in un sigillo: sinistra sopra la destra, indice medio ed anulare distesi, con la punta del pollice ripiegata verso l’interno a toccare la parte interna del mignolo, anch’esso arcuato.
L’ultimo punto del Maestro del Cuore. La Tranquillità.
Era rimasto in contemplazione a lungo; muoversi o parlare sembrava blasfemo.
Aveva fatto un passo indietro, per andarsene e non deturpare ulteriormente l’atmosfera.

La voce di Orpheus era rimbalzata come un colpo di gong, attorcigliandoglisi attorno come una sciarpa calda.
- Rimani. -
Il timbro penetrante e profondo parve tendersi verso di lui, implorando.
- La tua presenza mi rasserena. -

Immerso nella luce abbagliante del tramonto, tanto intenso, scintillante e nitido da ferire lo sguardo, aveva finalmente capito.

Non serviva conoscere la ragione, scovare il perché.

Loro Due Erano.

Semplicemente.

NdA : Salve creature! Ritardo mostruoso, ma eravate stati avvertiti, la pausa esami non perdona T_T (in cui ho racimolato voti molto buoni, ne sono molto lieta :D)
Altro capitolo di questa challenge/avventura che sembra essere giunta in vista della luce del traguardo, ma non abbiate timore! areon sta dispensando prompt bonus, quindi questi ridenti casinisti staranno con voi ancora per un po’ in attesa di…chissà XD
Due personaggi che a mio parere necessitavano di un momento tutto loro, spero vi sia piaciuto, lo reputavo obbligatorio, giusto per chiarificare alcuni aspetti.
Per chi l’ha riconosciuta sì, ho rubato pedestremente la battuta di Anakin in “Star Wars II: l’Attacco dei Cloni” [Rimani. La tua presenza mi rasserena {rivolto a Padme}] per farla utilizzare ad Orpheus, la trovo calzante come un guanto nel contesto della scena.
Frasi molto fluff, chiedo venia in anticipo per tutta l’insulina che avete dovuto assumere (me per prima XD), ma era necessaria.
Niente istantanea alla fine? Mi sembrava un capitolo sufficientemente carico u.u
Che dire, spero vi sia piaciuto anche questo capitolo e, galoppando a spippolare su Scrivener il prossimo vi saluto!
See ya!

blejan



Banner’s credits: immagine di TankPhotography

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Capitolo 20
*** Beginning Storytelling ***


Prompt: 18 - GITA IN MONTAGNA
Titolo: Beginning Storytelling
Autore: blejan
Fandom: Originale
Personaggi: Alaros, Riven, Frederick, Jvette, Garrett, Don, Jaden
Genere: Fantasy, Avventura, Comico
Rating: Verde
Avvertimenti: nessuno
Lunghezza: 822 parole


IMESCO Experience: Super Bell Hill ( Super Mario 3D World… Andiamo ragazzi, già solo perché è una colonna sonora di Super Mario era un dovere morale metterla! Abbiate fede, per questo capitolo è perfetta XD )




Beginning Storytelling


- Riv, non puoi dare fuoco ad un formicaio per stanare quel mentecatto di Frederick soltanto perché ha fregato il tuo muffin al cioccolato. - decretò Alaros, placcando Riven, mentre quest’ultimo si lanciava verso la montagnola di aghi di larice coi palmi che brillavano di luce rossastra e cupa.
- Lo arrostisco, giuro! Le sue carni cuoceranno lentamente sottoterra, maledetto. - ringhiò il demone, cercando di strattonarsi l’elfo di dosso, con l’unico risultato di sentirsi stritolare ancora di più.
- Credo che le formiche potrebbero sollevare qualche obiezione. - grugnì il gemello, stringendo la presa articolare in cui lo aveva avvolto: saltandogli sulla schiena, aveva passato le braccia sotto le ascelle, pinzandole con forza - Se continui ad agitarti te le slogo. - disse, rotolando sulla schiena nell’erba, tenendolo sopra di sé. Per tutta risposta il ragazzo iniziò a sventolare le braccia verso l’alto, simile ad una cimice agonizzante, cercando di rifilargli una gomitata in uno zigomo.
Bofonchiando, Alaros gli allacciò le gambe ai fianchi, schivando una testata destinata al suo setto nasale, che invece impattò sonoramente al suolo, ammortizzata debolmente dal sottile cotico montano, scatenando un turpiloquio encomiabile.
“Peccato, ha mancato il cardo.” considerò l’elfo, stringendo nelle sue spire un Riven intento a scuotersi come un lombrico.
- Al, non costringermi a farti male. - minacciò il demone.
- Riv, non costringermi a farti ancora più male. - rispose l’altro, serrando la presa: il moro sentì un rene urlare tutto il suo dolore e le sue promesse di vendetta.
Ruggendo come un drago, riuscì a ruzzolare sul lato. Alaros non diede segno di incertezza, rimanendogli avviluppato addosso: un pesante, rognoso, zaino organico.
“Ora so come si sente una tartaruga.” si trovò a realizzare il moro, dondolando e barcollando per il baricentro sbalestrato.
Stava per darsi la spinta e lanciarsi in un cespuglio di ginepro puntuto per sbarazzarsi del suo carapace, quando sentì mignoli umidi di bava viscida e schiumosa torturare i suoi canali uditivi, mentre il gemello garriva al cielo la sua supremazia.
- Sei un fottutissimo, ignavo, elfo bastardo. - abbaiò, sbatacchiando la testa, schioccando i denti come una tagliola, bramoso di staccargli almeno una falange.

- Se non avessi visto con i miei occhi Riven stendere un golem a testate e Alaros parare una fiammata di un drago evocando un muro di sabbia, sarei fortemente propenso a considerare l’idea che qualcuno mi abbia pesantemente drogato in quei momenti. - bofonchiò Garrett, l’avambraccio a coprire gli occhi dalla calda luce del sole che baciava placido l’altopiano su cui si erano stesi come lucertole lui, Don, Jvette e Jaden, abbracciati dall’erba rada e carezzati da una tiepida brezza.
- Quoto Gar, non mi sembra possibile che si riducano ad azzuffarsi come se non ci fosse un domani per un muffin, un nano da giardino e degli insetti. - diede manforte il ragazzo dai capelli di fiamma, scuotendo rassegnato la testa, steso accanto a lui con le braccia raccolte in grembo, brasato nel tepore pomeridiano delle Alpi Occidentali.
Don sospirò sconfortato.
- Sono come i bambini, dovete lasciarli giocare. - mugolò Jvette, rosolandosi goduta sotto i raggi dorati - prima o poi anche i coniglietti delle loro Duracell si arrenderanno. -
- Si faranno male. - brontolò Don, sbirciandoli da un ciuffetto di vulneraria che gli ingialliva la visuale. - Si faranno furbi. - sbottò Garrett.
- No, non credo proprio. - concluse Jaden.
La ninfa ridacchiò - Sono solo un po’ euforici e, considerando che non ci sono Adriss né Cyril a tenerli in riga a suon di badilate, possono salutisticamente scassarsi di legnate per i fatti loro. -
Al silenzio perplesso delle matricole, che calamitarono lo sguardo su di lei, sollevò emblematicamente le spalle.

Alaros guaiolò.

- Staranno bene, non preoccupatevi. - liquidò le loro preoccupazioni con gesti morbidi delle braccia bronzate - L’aria di montagna è un toccasana, non trovate? Soprattutto per il pisolino del dopo pranzo.- mugolò soddisfatta, stiracchiandosi pigramente - Godetevi la gita in montagna. -
- Lo farei, se non avessi vicino due ragazzi che giocano a chi sfascia più legamenti all’altro, latrando come beagle che vengono frustati. - Si sentì in dovere di precisare Garrett, grattandosi esasperato i riccioli bruni.

Riven mitragliò vilipendi che rimpallarono ululando, imbarazzanti, tra le pareti di roccia circostanti.

- Non so come faccia Cyril a non strangolarlo nel sonno. - querulò Don, osservandoli torvo con gli occhi di nuvola.
- Credo che ci abbia provato qualcosa come una quarantina di volte. - sbuffò divertita la ragazza - Quest’anno. -

- Jvette - proruppe Jaden - esattamente com’è che si sono conosciuti, lui e Riven? -
I ragazzi si alzarono uno dopo l’altro sui gomiti, osservandola curiosi.
La ninfa li passò in muta rassegna, sconfinando poi con lo sguardo verso le nuvole, oltre il cielo.
Lentamente, un sorriso dorato le illuminò il viso.
- È una storia lunga, creature. - prese fiato, issandosi a sedere, radunando le gambe in grembo, incrociandole - Ma credo che quei due scapestrati ne avranno ancora per un bel po’. -
La guardarono poggiare le mani sulle ginocchia; le morbide onde corvine dei capelli scintillarono d’oro, mentre se li ravviava dietro le spalle in un gesto fluido.
Inspirò profondamente.


- Dobbiamo partire da una festa… E da un tombino… -

NdA : Salve creature!
Siamo arrivati alla fine di questa avventura: 20 prompt che, quando ho iniziato a Settembre, mi sembravano eterni e invece^^ eccoci qua!
Mi sembra più che giusto e doveroso dover ringraziare in primis areon, per aver dato vita a questa challenge, seguendo oculatamente non solo me, ma ognuno nei partecipanti, ogni volta con entusiasmo e fiducia, con recensioni accurate e stimolanti, dispensando considerazioni e pareri per noi writers estremamente preziosi.
Ed ovviamente un grazie mastodontico al gentilissimo Aven90, fedele sostenitore nella stesura di ogni capitolo, perseverante spalleggiatore nei momenti gioiosi ed in quelli di crisi, nonché ispiratore prezioso. Hannon le, mellonnen.
Grazie anche a tutti coloro che hanno recensito (ordine alfabetico): BlackGirl91, DrogataDiApiFrizzole, Edward Therril, holls, jo_gio17, Martynachiko,Mery Pressywig, The Dark Writer (spero di non aver dimenticato nessuno XD).
Ed ancora, ringrazio tutti voi che mi avete seguito senza aver lasciato i vostri pensieri, ma che avete comunque vissuto questa bellissima esperienza: spero vi siate divertiti e che qualcosa di positivo vi sia rimasto e/o vi abbia fatto sorridere e divertire.

So cosa state pensando: ho detto che Areon ha inserito un prompt bonus e che i ragazzi vi avrebbero fatto compagnia ancora per un po’ … E ora, invece, grazie e tanti saluti?!
Non confondetevi, pensateci bene… ho detto che è finito solo Missing Moments
Stay tuned ;)

P.S.: ecco la vulneraria, nel caso non la conosceste :)

See ya!

blejan



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