Amore oltreoceano

di Lady Guineviere di Camelot
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


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24 luglio, 1804

Bristol, Inghilterra

 

Il problema, non era tanto il dover portare abiti strettissimi e scarpe scomodissime, ma sposare un uomo che parlava un'altra lingua.

Jacklynn si trovava al centro dell’enorme salotto, adiacente allo studio. Se ne stava lì, immobile e silenziosa come una statua di marmo, a guardare per l’ennesima volta, come sua madre decideva il suo futuro. Lady Charissa Mildred Bradford, era solita a prese di comando e molto ligia verso le regole. Tutte le sue decisioni, venivano prese secondo un unico criterio: tenere alto l’onore della famiglia. E niente l’avrebbe mai fermata. Nemmeno se significava sacrificare un membro della famiglia. Ma questa volta, Jacklynn, non si sarebbe piegata al suo volere.

<< …Quindi mia cara, Lord Boris Hans Gilbert Johan e il resto della sua famiglia saranno qui domani mattina, e mi aspetto che tu li riceva con le dovute maniere. Mi sono spiegata abbastanza? >> aggiunse infine Lady Charissa, con occhi che sprigionavano fierezza per l’ultima delle sue trovate. Jacklynn rimase a fissarla per alcuni istanti;

Non si era mai resa conto prima d’ora, di quanto sua madre sembrasse più giovane rispetto alla sua età. I capelli, che un tempo erano d’uno scintillante color ebano, erano rimasti tali, se non per alcune ciocche grigie. Il corpo non aveva subito molte variazioni. La stessa sottile vita, le mani affusolate, il collo eretto e le spalle aperte. Il viso, invece, ne risentiva molto di più, portando alcune rughe ai lati degli occhi. Però, era ancora una bella donna.

Jacklynn respirò a fondo, prima di rispondergli con una parola << No >>. Quel semplice suono, echeggiò in tutta la stanza, lasciando dietro di se un pesante silenzio. La voce ferma e decisa, che Jacklynn aveva usato, non accompagnò la madre pochi istanti dopo. Gli occhi, sebbene d’un blu intenso, erano fiammeggianti. Le mani, oramai grinzose, tremavano ai lati del busto, e il tic del sopracciglio sinistro era più pronunciato di prima. << Come sarebbe a dire no!? Come puoi solamente pensare una cosa del genere!? Tu devi fare il tuo dovere senza discutere! Lo vuoi capire che non puoi fare quello che vuoi!? Tu non sai cosa sia giusto o sbagliato per il bene della famiglia! >> Jacklynn, sebbene intimorita dalla sfuriata della madre, le ripose comunque. << E’ vero. Non so cosa sia giusto o sbagliato per il bene della famiglia. Ma so cosa è giusto per il bene di me stessa. E francamente… questa volta hai esagerato. Questa volta non posso proprio accontentarti >>. Mentre parlava, gli occhi di Lady Charissa, saettavano da un lato all’altro della stanza, senza posarsi un secondo. Sembrava sul punto di scoppiare. Se ci fosse stato Lord Beauregard, avrebbe sicuramente detto, che per lei era come un ammutinamento. << Io non ho solo un dovere verso la mia famiglia. Mamma… io ho un dovere anche verso il mio cuore! >>.

Fu un attimo, e un inteso bruciore premeva sulla guancia sinistra di Jacklynn. Istintivamente, si portò una mano al viso, mentre gli occhi cominciavano a farsi lucidi. Alzò lo sguardo verso quello della madre, fissandola intensamente. Come poteva farle una cosa del genere? Possibile che non gli interessasse quello che provasse? Perché, quello schiaffo che aveva ricevuto, era chiaramente un no. Un’azione negatoria per tutti i pensieri di Jacklynn che avrebbero voluto uscire.

Prima che Lady Charissa potesse pronunciare parola, uscì dal suo studio Lord Beauregard, che rimase visibilmente sconcertato dalla scena. Lui, non era solito a picchiare le figlie, e nemmeno a sgridarle. Nonostante fosse stato un marinaio per molti anni, non trovava giusto educarle come se fossero un reggimento di soldati. I suoi occhi, indugiarono prima su Jacklynn, poi sull’imponente figura della moglie, che stava sovrastando la figlia.

Avanzò con qualche passo, facendo suonare il tacco dei mocassini, sopra il pavimento in marmo. << Ebbene? Che motivo avevi di maltrattare Jacklynn? >>

<< Ah! Adesso non metterci anche tu. E’soltanto colpa tua, se nostra figlia fa così. Tu che le hai messo in testa cose che ad una ragazza non andrebbero insegnate! >>. Jacklynn guardò il padre, dopo quell’affermazione. Non riusciva a capire cosa c’era di sbagliato in quello che le aveva insegnato, e che tutt’ora gli insegnava;

Fin da piccolina, le raccontava le sue avventure di quando prestava servizio per la Royal Navy. Adorava ascoltare il timbro caldo della voce del padre, mentre entrambi seduti accanto al camino, parlavano per ore e ore di mari e avventure. Inoltre, andavano a cavallo insieme passando intere giornate in giro per boschi e prati. Per Jacklynn non c’era niente di meglio.

<< Non c’entra un bel niente quello che le ho insegnato >> decretò Lord Beauregard, che cominciava ad alterarsi. << Non puoi pretendere che sposi un uomo vent’anni più grandi di lei, straniero e che per di più non conosce ne ama! >>.

<< Non dire iddiozzie! Lo hanno fatto Hariett, Chantal e Corinne… ora lo deve fare anche lei! >>.

<< No. Jacklynn no! Lei non è come le altre! >>.

<< No invece! Sei tu che la vuoi diversa… tu con i tuoi stupidi racconti da scaricatore di porto, che non fanno altro che riempirle la testa di sciocchezze! >>.

<< IO non ho intenzione di stare a sentire le tue sciocchezze! >>, concluse infine, senza lasciare spazio ad eventuali repliche. Si avvicinò a Jacklynn e prendendola per un braccio la invitò ad uscire << Vieni Jacklynn… andiamo a prendere un po’ d’aria fresca >>.

Scesero insieme nella giardino di Villa Bradford, che si ergeva in tutta la sua bellezza in cima ad un colle, dal quale dominava la veduta di tutto il porto, del paese e dell’intera baia.

Era una giornata molto bella: gli uccellini cantavano, i prati d’un verde intenso, il cielo azzurro cristallino e il sole splendeva alto nel cielo, bagnando di calore tutto quanto. Una lieve brezza, ventilava l’afosa giornata di luglio, trasportando con se un dolce profumo di gelso.

Jacklynn si accomodò sul bordo del fontana, e immergendo una mano nell’acqua, chiuse gli occhi, immaginandosi d’essere ovunque, ma non lì. Lontano da quel Boris e famiglia. Lontano da quelli che volevano farglielo sposare. Ma quando lì riaprì, vide il solito giardino, che faceva da sfondo a molte delle sue cavalcate e il volto corrucciato del padre. Gli occhi verdi, che lei aveva ereditato, vagavano attorno. I capelli argentati venivano scompigliati dal leggero venticello, assieme alla giacca marrone. Le mani era giunte dietro alla schiena, ma dopo un attimo, la destra andò a toccare l’estremità d’un baffo. Gesto che era solito fare il padre, quand’era pensieroso.

<< Papà… >> lo chiamo con voce soave Jacklynn. Lord Beauregard si voltò nella sua direzione. La fissò per un istante, notando quanto fosse diventata bella la sua bambina, ormai donna. Una donna forte e coraggiosa, di cui andava enormemente orgoglioso. Andò a sedersi accanto alla figlia, prendendo una delle sue piccole mani diafane, tra le sue.

<< Sai… mi ricorderò sempre di quando disobbedii per la prima volta al mio capitano. Mi trovavo nell’Oceano Indiano, e a quel tempo prestavo servizio sull’Intrepid >> Jacklynn lo guardava, già rapita dalla storia che stava per raccontargli. Molte volte, si era giudicata ingorda di questi racconti. Avrebbero potuto superare la sua voglia di cioccolata alla menta. << Ci trovavamo in una situazione difficile: avevamo subito un attacco molto pensante, che ci aveva fatto perdere la randa e il fiocco. Per di più, infuriava anche una tempesta. Avevo ricevuto l’ordine di far sbarcare con delle scialuppe l’equipaggio superfluo e una quarantina di cannoni, in modo da rendere più leggera l’imbarcazione. Questo significava che chi venivano sbarcato aveva poche possibilità di sopravvivere. Così, rifiutai di eseguire l’ordine >> concluse Lord Beauregard, con una nota nostalgica nella voce.

Jacklynn, non resistette all’impulso di domandargli << E alla fine cosa ti hanno fatto? E gli uomini dell’Intrepid? >>

<< Alla fine è andato tutto bene. Per quanto riguarda me, bhè… fui obbligato a passare due mesi in isolamento, tagliando cipolle >>.

<< Ma… alla fine, ti sei pentito di quello che hai fatto? >>.

<< No, ma… le decisioni impetuose e audaci in un primo momento riempiono di entusiasmo, ma poi sono difficili a seguirsi, e disastrose nei risultati >>.

Jacklynn lo guardò con riconoscenza, e senza esitazione gli buttò le braccia al collo abbracciandolo fortemente. << Grazie papà. Ti voglio bene >>. Lord Beauregard ricambiò l’abbraccio affettuoso della figlia, rispondendole << Anch’io. Non preoccuparti, troveremo una soluzione >>.

Albeggiava. La giornata successiva, non sembrava affatto estiva. Gelide raffiche di vento accompagnavano il cielo minaccioso, che di lì a poco avrebbero rovesciato un torrente d’acqua.

Una cameriera camminava a grandi passi su e giù per la maestosa villa, che si stava preparando a ricevere i suoi ospiti.

Qualcuno bussò alla porta di Jacklynn, ed alcuni suoni echeggiarono sul legno di noce. << Avanti… >> rispose una voce insonnolita proveniente dall’interno della stanza. La porta si aprì, con un leggero cigolio. << Miss Jacklynn… Le ho portato l’acqua fresca per lavarsi >> disse solennemente la cameriera, poggiando su un tavolino finemente intarsiato, una brocca piena d’acqua, un asciugamano lindo e una saponetta alla lavanda.

Dal cuscino dell’elegante letto a baldacchino di legno massiccio, si sollevò una testa piuttosto arruffata. << Mildred…La vestaglia, per favore >>.

<< Subito, Miss Jacklynn >>.

Dal giaciglio discese una giovane donna. I capelli castani lucenti, le ricadevano sulle spalle in ciocche disordinate ed i suoi profondi occhi verdi gettarono il primo sguardo al risveglio del mondo attorno a lei. Mildred, scostò le tende color ocra che coprivano l’enorme finestra, cosicché la luce poté irradiare la stanza. << Mentre lei si lava, vado a prenderle un abito. La sarta ne ha mandato uno proprio ieri >>, aggiunse in tono piatto la cameriera, prima di lasciare la stanza.

Jacklynn comincio a preparasi per accogliere il suo promesso sposo, anche se con mala voglia. Non aveva ancora pensato come ritardare queste nozze forzate, ma sicuramente non sarebbe arrivata all’altare con quell’uomo.

Per l’occasione, decise di indossare un abito da giorno color pesca, ornato da pizzi e merletti dorati. Al collo portava una collana di bianchissime perle, come alle orecchie.

Si acconciò i capelli in una crocchia molto elegante, e per ammirare il suo operato, si guardò allo specchio;

La capigliatura castana splendeva lucente ed in netto contrasto con la pelle chiara del viso. Le labbra carnose erano ricurve in una specie di smorfia, e gli occhi, sebbene d’un verde intenso, parevano vitrei.

All’undici e mezza, la famiglia Bradford era schierata nell’ampio atrio della villa, pronta a ricevere gli ospiti. Per quest’occasione, erano presenti anche Chantal, Hariett e Corinne, assieme ai rispettivi mariti. Naturalmente, si erano mostrate fredde e distaccate nei confronti di Jacklynn. Specialmente Chantal, con la quale non era mai andata d’accordo.

Alcuni istanti dopo, il rumore d’una carrozza si stava avvicinando gradualmente. La prima persona che scese dal cocchio, fu un uomo abbigliato con più fronzoli possibili. Assomigliava ad un pappagallo che voleva in tutti i modi, ostentare il suo piumaggio variopinto. Il fisico, invece, riportava i tipici caratteri somatici svedesi: folti capelli biondi, denti grandi e protesi, mascella quadrata e pronunciata, pelle chiara quasi trasparente e piccoli occhi azzurri. Fu seguito immediatamente, da un ometto basso e tozzo, che si divertiva a far roteare il bastone che reggeva nella mano destra, ed una donna di costituzione robusta, che aveva raccolto i capelli in due palline, poste all’estremità della testa. Tutti e tre si guardarono attentamente attorno, analizzando con aria minuziosa qualsiasi cosa, prima che si presentassero.

<< Hälsningar. Io sono Lord Boris Hans Gilbert Johan >> disse, presentandosi il biondo, con un piccolo inchino. << Questo è mio padre, Lord Hans Bjorn Gilbert Joahn e questa mia madre, Lady Ingegard Frida Hilma Johan >> aggiunse infine. Quest’ultimi si fecero avanti, chinando leggermente il capo. Lady Charissa rispose con foga al loro saluto, protendendo la mano destra verso Lord Boris e Lord Hans, i quali le concessero immediatamente il baciamano.

<< Siamo onorati dalla vostra presenza Signori Johan. Io sono Lady Charissa Mildred Bradford e mio marito, Lord Beauregard Archibal Bradford >>.

<< Onorato >> si limitò a dire Lord Beauregard, con voce strascicata.

Lady Charissa, gli lanciò all’istante un’occhiata di fuoco, mentre faceva avanzare le figlie per presentarle << Questa è Lady Chantal, Lady Hariett, Lady Corinne ed infine… >>.

S’interruppe un momento, cercando di far avanzare Jacklynn, che stava il più possibile in disparte. << Perdonatemi >> disse con voce mielosa Lady Charissa, mentre tirava in avanti Jacklynn. << Questa è Miss Jacklynn Charissa Bradford >>.

Lord Boris la scrutò dall’alto in basso con occhio critico. Era una bella ragazza, oltre che un buon partito. Di certo, non era il suo genere, ma quel corpo così flessuoso, sarebbe stato suo prima del matrimonio. Le si avvicinò con fare sensuale. Lentamente, le prese una mano, che sfiorò delicatamente con le labbra, poi alzando gli occhi verso Jacklynn, disse:

<< Sono onorato di conoscervi. La vostra bellezza mi ammalia >>.

<< Vorrei poter dire lo stesso di voi! >>, ribatté acida.

<< Jacklynn! >> sbottò immediatamente Lady Charissa.

<< Oh… non preoccupatevi My Lady >>, disse senza togliere lo sguardo da Jacklynn. << Sono più che convito, che presto cambierà idea. O comunque… sarà costretta >>

Jacklynn gli rivolse un’occhiata torva, che venne ricambiata, con una altrettanto pungente. Istintivamente, si strinse nell’esili spalle, disgustata al pensiero, che quell’uomo viscido potesse avvicinarsi. Un brivido di repulsione, le attraversò tutto il corpo, mentre cercava di allontanare la ripugnante immagine di lei, tra le braccia di Lord Boris.

Nell’imbrunire, le nubi grigiastre, che avevano indugiato fino ad un momento prima, riversarono a terra un fiume d’acqua. Tutto si fece improvvisamente più buio, ed il fragore dei tuoni rimbombava tra le pareti della villa. Alcune gocce, cominciarono a picchiettare contro i vetri delle finestre, distogliendo Jacklynn dai suoi pensieri;

Stava riflettendo su ciò che era accaduto, durante le cena. Lord Boris le riservava occhiate languide e taglienti, lasciando intendere molto bene le sue intenzioni. Jacklynn cercava di stargli alla larga il più possibile, stando in silenzio e tenendo gli occhi fissi sul piatto. Qualche volta, la madre, cercava di far instaurare una conversazione fra i due giovani, ma Jacklynn era troppo risoluta ad impedire quelle nozze forzate.

Improvvisamente, nella penombra dell’enorme libreria, un’alta figura stava avanzando verso Jacklynn. La luce traballante delle candele, rendeva ancor più difficile il compito, di riconosce l’identità della persona. << Miss Jacklynn… cosa fa qui tutta sola? >>.

Jacklynn sussultò, ed alzandosi dalla sedia, guardò in direzione di Lord Boris che giocherellava con una porcellana di Meissen.

<< Ehm… io, ecco… >>, tentò di rispondere, riuscendo solamente a balbettare parole sconnesse. Deglutì, cercando di non farsi prendere dal panico. Dopotutto, pensò, non erano del tutto da soli. Al piano di sotto c’era la sua famiglia, non le sarebbe accaduto nulla. Nel mentre, Lord Boris, la stava fissando intensamente, attendendo una qualche risposta, ma Jacklynn non trovava altro da dire, se non quello di mandarlo al diavolo.

<< Evidentemente… Miss Jacklynn, non gradisce la nostra compagnia.… >>, disse lui, rompendo il gelido silenzio che impregnava la stanza. Posò la porcellana sullo scrittoio, cominciando ad avanzare verso Jacklynn. Gli occhi blu scintillanti.

D’istinto la giovane indietreggio. Non lo conosceva abbastanza bene, da poter dare un giudizio preciso, su cosa potesse fare se provocato.

Ma era sicura che non fosse un gentiluomo e temeva che potesse diventare violento, se contrariato.

Con suo enorme sgomento, il sofà in velluto blu, le arrestò la sua ritirata, e fu obbligata a fermarsi e ad incontrare gli occhi selvaggi e il ghigno di lui.

Cogliendone la paura, Lord Boris avvertì in sé, un senso di rinnovato potere. << Ma Miss Jacklynn dovrà ben presto ricredersi >>, disse quasi tenero.

Allungò una mano, afferrò il sottile polso avvolto in un morbido tessuto e diede uno strattone, facendola cozzare contro di lui.

<< Giù le mani! >>, gridò Jacklynn, mentre tentava di allontanarlo senza alcun successo. << Potrete anche aver chiesto la mia mano signore, ma di certo non mi possedete ancora! >>

<< A questo punto si può rimediare, mio bel bocconcino >>, decretò Lord Boris, mentre le sue labbra s’incurvavano in una smorfia presuntuosa.

<< Mai! Potete scordarvelo. Vipera schifosa! >>, disse stizzita Jacklynn.

<< Ma sentitela! Parlate proprio come uno scaricatore di porto. Nella vostra condizione, crea una gradevole simmetria >>, disse, andando a sfiorare i lunghi capelli, che parevano fili di seta.

Jacklynn si sentì oltraggiata da quel gesto, così tentò nuovamente di respingerlo, sollevando entrambe le braccia. Gli occhi di Lord Boris brillavano, per l’enorme tenacia che dimostrava la ragazza. Combatteva come una leonessa, nonostante avesse paura. Era orgogliosa e dura. Qualità molto rare da trovare, in una ragazza di quel periodo.

<< Non dovete angustiarvi troppo, Jacklynn >> la circuì Lord Boris, << Sono sicuro che riusciremo a trovare un accordo fra noi… >>.

Jacklynn, si accorse d’essere stretta maggiormente, e il viso di lui, si stava avvicinando lentamente al suo. Il panico l’assalì, offuscandole la mente. Non poteva permettere che ciò accadesse. Tentò ancora, invano, di spingerlo via, mentre una risata di scherno uscì dalla di Lord Boris. Il respiro le si fece affannoso, quando i loro nasi si stavano per sfiorare.

<< AHH!! >>. Un grido rabbioso si levò nella stanza. Lord Boris si premeva la guancia sinistra con una mano, là dove, un istante prima, Jacklynn lo aveva graffiato. Scrutò il palmo, ora rosso, poi si volse a guardare Jacklynn, in piedi davanti a lui.

Presa dallo stupore, per la sua azione così avventata, non riuscì a muoversi subito. Aveva appena graffiato un uomo, a mani nude. Ma quel che l’angustiava di più, era lo sguardo di fuoco che le rivolse subito dopo.

Spaventata a morte, si sollevò le gonne e cominciò a correre, senza guardare realmente dove stesse andando. Uscì dalla biblioteca e imboccò il primo corridoio che le si presentò davanti. Intanto Lord Boris la stava inseguendo, gridando come un pazzo. Nel mentre, al piano di sotto si accorsero del trambusto, e angustiati, si recarono di sopra.

Jacklynn, stava correndo velocemente, cercando un posto dove potersi nascondere. Giunse all’area del palazzo, riservata alla servitù. Sempre inseguita da Lord Boris, aprì la porta e corse lungo un altro corridoio, ma più malconcio. Scese delle scale, ed aprì un'altra porta ancora, che fungeva da entrata secondaria per la servitù.

Improvvisamente, si ritrovò in giardino, allagato dal temporale che stava infuriando in quel momento. Senza farci caso, continuò dritta per la sua strada, mentre sentiva in lontananza delle voci che le ordinavano di fermarsi. Ma ormai era troppo tardi per tornare indietro, perché senza essersene resa conto, era uscita dai confini della tenuta, ritrovandosi in mezzo ad una strada della baia.

Si guardò attorno disorientata, mentre la pioggia le bagnava gli occhi, facendole vedere tutto sfuocato. Le labbra irrigidite dal freddo e l’abito inzuppato.

Resasi conto, di dove si trovasse, Jacklynn volse uno sguardo nostalgico verso l’imponente villa, ma non poteva ritornare indietro. Sapeva che sarebbe scoppiato l’inferno, se fosse tornata a casa subito. In verità, non era pentita del suo gesto, ma sapeva che la madre non gliel’avrebbe fatta passare liscia.

Dopo cinque minuti, passati immobile sotto la pioggia, per trovare una possibile soluzione, costatò che, prima di tutto doveva trovare un riparo dove passare la notte, e la mattina dopo, tornare a casa per chiarire tutto.

<>, mormorò irrigidita, poiché incapace di controllare i brividi. S’incamminò per la stretta via, sapendo già dove andare. Ma con la pioggia e il freddo sempre più intensi che le si scagliavano contro, era tremendamente difficile.

Dopo un tempo, che le era parso quasi interminabile, i suoi occhi individuarono la meta tanto bramata, immersa nella lugubre oscurità del temporale. Con lo sguardo, scandagliò attentamente la banchina, in cerca degli alberi più alti che distinguevano i vascelli d’oltremare, dai piccoli pescherecci. A quelli vista, la voce calda del padre, si fece spazio nella sua mente, rimembrando una delle tante avventure passate tra gli oceani. Quel ricordo, la colmò di serenità, e facendole abbozzare un mezzo sorriso, continuò la sua marcia.

Finalmente, era arrivata. Lo confermava il fetido odore del fiume e scarti di pesce. Di tanto in tanto, canti stonati, recitati da qualche marinaio ubriaco la raggiunsero, ed il cigolio del legno di cui erano fatte le navi, la fece rilassare. In lontananza poté determinare gli alberi altezzosi delle navi più grandi. Incoraggiata dalla loro vista, affrettò il passo, per quanto fosse possibile con i piedi doloranti. Le scarpette di satin, erano inzuppate e le dita rigide e intirizzite dal freddo. Inoltre, era quasi congelata, mentre la stanchezza e il dolore l’avvolgevano come un sudario.

Il porto di Bristol era molto importante per il Sud dell’Inghilterra. Ogni anno, imbarcazioni d’ogni genere, attraccavano in quel molo. Solitamente, facevano soste di tre giorni, prima di salpare per l’oceano, affinché i marinai si potessero riposare, e le navi rifornire.

Quella sera, il porto era più carico del solito. La causa, probabilmente, era il temporale che aveva fatto ingrossare il mare, e di conseguenza tutte le navi costrette a rientrare.

Jacklynn aveva l’imbarazzo della scelta;

C’era una maggior presenza di vascelli e fregate. Alcune usate come mercantili, altre facevano parte della marina britannica. Si sorprese molto, quando notò quest’ultimo particolare. La maggior parte delle navi militari, erano impegnate oltreoceano, per sconfiggere la flotta di Napoleone.

Una folata di vento, la investì, tanto che fu costretta a stringersi nel vestito per opporsi al freddo: quello, era un chiaro avvertimento, che le suggeriva di cercare il più in fretta possibile un riparo.

Fece scorrere lo sguardo, sulle prue di tutte quelle prestigiose navi, ma solo una attirò la sua attenzione. Era dipinta di giallo e nero. Le vele, nonostante fossero state arrotolate, erano d’un bianco candido, mentre la prua era abbellita da una sirena, intarsiata nel legno. I tre alberi oscillavano nel vento, maestosi, mentre l’intero bastimento era abbellito da raffinate modanature in legno.

Incantata da tale bellezza, si diresse verso l’enorme vascello che aveva scelto per la notte. Quando vi fu abbastanza vicina, notò il nome dell’imbarcazione, dipinto a caratteri dorati lungo lo scafo. "H.M.S. Ember Rose", citava la scritta. La sigla H.M.S. specificava l’appartenenza del vascello, alla marina britannica. Istintivamente Jacklynn, dopo questa scoperta, guardò scrupolosamente il ponte, ora deserto, e le finestre, di cui solo una, irradiava un flebile luce. Come quella d’una lanterna. Ricordando ciò che le aveva insegnato il padre, riconobbe quella vetrata, come gli alloggi del capitano della nave. Rassicurata dal fatto, che un capitano non si sarebbe mai scomodato a scendere nella stiva in piena notte, salì lungo la passerella.

Facendo meno rumore possibile, osservò il ponte, rimanendo basita, scoprendo quanto fosse ordinato e pulito, rispetto a come se lo immaginava. Ma la cosa che la sbalordì ancor di più, fu scoprire che la sentinella di guardia, si era appisolata su un mucchio di corde.

Si tolse le scarpe, evitando così che il tacco facesse rumore sopra il legno. Sempre facendo molta attenzione a non svegliare la sentinella, cercò con lo sguardo la porta che portava sotto in coperta. Individuata, s’inoltrò silenziosamente nel ventre di quell’accogliente nave, che per quella notte gli avrebbe fatto da casa.

Finalmente, riuscì a raggiungere la stiva, ed appoggiandosi contro una delle pareti cerò di ristabilizzare il battito ed il respiro, ora irregolari, per l’agitazione provata in quel momento;

Era appena entrata di nascosto in una nave della marina. Lei era bagnata e malconcia, e si stava nascondendo dalla madre. Non si riconosceva più. Non avrebbe mai pensato, che un giorno avrebbe fatto una cosa del genere.

Infine, notò con piacere, che dopotutto, la stiva era calda ed accogliente, anche se piena di casse e barili. Vinta dalla stanchezza, cercò un’angolino in cui andarsi a sedere.

Trovato un posticino tra due casse, si lasciò andare al suolo, chiudendo le palpebre che si stavano facendo pesanti. Il cuore, che poco prima batteva furioso nel petto, si era finalmente placato, ed il respiro si era fatto regolare.

Il sonno, che minacciava di sopraffarla, s’intensificò, quando Jacklynn si lasciò andare, facendosi cullare dell’onde del mare, che stavano facendo ballare la nave. Ed improvvisamente si addormentò, accompagnata dal suono melodioso d’un violino.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


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Un uomo, se ne stava silenzioso, sul cassero di poppa. I suoi occhi penetranti, d’un azzurro profondo, scrutavano l’orizzonte perfettamente piatto. La brezza marina gli scompigliava i folti capelli, castano dorati, che erano stati raccolti elegantemente. Qualche ciocca ribelle, gli ricadeva sulla fronte, mentre la coda, si arruffava col vento. L’uniforme che portava, era stata indossata scompostamente;

La giacca blu, rifinita in oro, era slacciata sul petto, assieme al gilet ed alla camiciola, lasciando scoperta una parte di petto. Il bordo dei candidi calzoni, invece, spuntava dagli stivali neri lucidi, che arrivavano fin sotto il ginocchio.

Alcuni spruzzi d’acqua, gli bagnarono il volto, perfetto e candido, facendogli corrugare la fronte. Immerso profondamente nei suoi pensieri, non si accorse nemmeno d’una presenza alle sue spalle.

<< Cosa ti turba, Matthew? >>, chiese una voce, sgorgata dal nulla.

<< Chi ha il dominio del mare, ha il dominio di tutto >>, si limitò a rispondergli.

Aveva riconosciuto quella voce. Apparteneva al medico di bordo, il signor Joseph Beaumont, nonché, uno dei suoi amici più fidati.

Lentamente, si girò verso di esso, e guardandolo dritto negli occhi, disse: << I francesi stanno avendo la meglio. Secondo i miei calcoli, hanno un distacco dall’Ember Rose, di tre settimane >>. Il dottore lo guardò sbalordito. Era una cosa gravissima: se la nave francese sarebbe arrivata per prima, la flotta britannica che gli aspettava dall’altra parte, sarebbe stata spacciata.

<< Tre settimane? Signore Iddio… è terribile! >>.

<< Già… ma la cosa peggiore, è che l’Ember Rose non può permettersi di superare i 5 nodi, con il mare così irrequieto >>.

Joseph tentò di rispondergli, ma una voce estranea giunse alle loro orecchie. Entrambi si girarono, notando in piedi, davanti a loro, il secondo ufficiale Burton Howe. << Capitano Keller… la direzione e la velocità del vento sono cambiati. 3 nodi in direzione Sud Est >>, disse in tono formale, mentre porgeva un plico di pergamene. Matthew, cominciò a riflettere su ciò che doveva fare, rigirandosi scrupolosamente tra le mani, il pacco che gli aveva consegnato Howe.

<< Dica a Morgan di puggiare. Cazzate le vele di prua, e preparatevi a bordeggiare in direzione 30°15’ S e 10°25’ E. >>, ordinò Matthew.

<< Si signore >>, rispose Howe, lasciando il Capitano ed il dottore, per preparasi ad andare ad eseguire i nuovi ordini. Matthew intanto avanzò, mettendosi a fianco del timoniere. Scrutò i suoi uomini che attendevano con trepidazione, i suoi ordini. Preso più fiato possibile, e con tono di comando, disse << Fissare il tangone! Posizionare la sartie di sicurezza! Issare la randa e aprire di più la vela di trinchetto! Preparasi al bordeggio! Muoversi! >>.

 

Il dottore rimase stupito nell’osservare come i comandi del capitano, venivano eseguiti così velocemente ed alla perfezione. Era il più giovane Capitano della Marina inglese, aveva ricevuto molti onori direttamente dalla regina ed era magnifico nel suo lavoro. Matthew discendeva da una famiglia, che da generazioni si tramandava questo mestiere, così pericoloso, eppure così affascinante. Abitava in una villa poco fuori Bristol, vicino a quella dei suoi genitori, che negli ultimi anni lo avevano visto pochissimo. Matthew apparteneva al mare. Quando si trovava sulla sua nave, sapeva come ammaliare i suoi uomini. Lo ammiravano, ed eseguivano qualsiasi suo ordine, senza esitazione. Non era cattivo nell’impartire ordini, ma severo. Inoltre sapeva come farsi rispettare senza alzare la voce. Aveva tutte le qualità d’un gran leadership. Inoltre a bordo dell’Ember Rose, sua nave personale, aveva molti amici che facevano parte dell’equipaggio. Uno di questi era il dottore, poi c’era il secondo ufficiale, lo scalco, che veniva direttamente da casa sua e il guardiamarina.

In due minuti, l’Ember Rose, era pronta. Matthew suggerì a Joseph di rientrare con lui in coperta, mentre veniva eseguita l’operazione di bordeggio.

 

Nel mentre, nel pancia dell’Ember Rose, Jacklynn dormiva ancora beata. Improvvisamente,   due braccia robuste, la sollevarono di peso dal pavimento. << Ma guarda un po’cosa abbiamo qui! >>, disse un uomo con voce roca. Intontita da tutto quel trambusto, si svegliò di soprassalto, cercando di capire cosa stesse succedendo;

Davanti a lei, c’era un uomo rozzo e malconcio. Sul viso, aveva barba incolta e pungente. I capelli erano tutti arruffati ed unticci, mentre gli abiti pieni di macchie di grasso.

La stava guardando con un ghigno per niente rassicurante, ed una mano poco delicata, le si era avvinghiata attorno al polso per trascinarla via dalla stiva.

Jacklynn tentò di opporre resistenza, puntando i piedi sul pavimento. Ma il legno, evidentemente lucidato, le fece slittare i piedi. L’uomo rise di gusto, ed osservandola le disse:

<< Che cosa credete di fare? Siete così magra che potrei piegarvi come uno stecchino! >>.

<< La prego, mi lasci andare. Le prometto che scenderò immediatamente da questa nave >>.

<< Oh non si preoccupi Miss. Scenderà, scenderà… Eccome se scenderà! Ma prima venga a fare una visitina al Capitano! >>, rispose l’uomo, dandole un forte strattone per farla avanzare più velocemente. Jacklynn tentò nuovamente di opporsi, ma era tutto inutile.

<< Vi scongiuro, fatemi scendere e basta! >>, disse sull’orlo della disperazione. Voleva soltanto tornarsene a casa, e per farlo non doveva far altro che scendere lungo la passerella, dalla quale era salita. Ma quell’uomo non era dello stesso avviso. << Su andiamo, il Capitano rimarrebbe deluso, se prima di andarvene non passate a salutarlo! >>.

 

Matthew e Joseph, erano nell’accogliente alloggio del Capitano, intenti a sorseggiare un ottimo weasky. Un leggero bussare alla porta, li fece interrompere. Matthew, rivolse uno sguardo alla soglia, prima di dare il permesso di entrare. << Avanti! >>.

La porta si spalancò di scatto, facendo entrare il calafato Jeff Lewis, che teneva in braccio una donna. << Mi lasci! Mi metta subito giù! >>, urlò, dimenandosi Jacklynn.

<< Per Diana! >> esclamò stupefatto il dottore, che si alzò di scatto dalla sedia, facendola quasi ribaltare. Matthew invece, sbigottito, ma al tempo stesso infastidito dalla scena, domandò secco:

<< Che cosa sta succedendo? >>.

Lewis s’interruppe all’istante, e guardando il suo Capitano negli occhi, si affrettò a rispondere: << Signore, ho trovato questa donna nella stiva. Cosa devo farne? >>. A questo punto Matthew, notando che la ragazza si stava dimenando con fervore, ordinò con voce severa:

<< Lasciala andare! >>.

Il calafato, fece come ordinatogli. Non appena fu posata a terra, Jacklynn si scostò con uno strattone, e più furiosa che mai, si girò di scatto, incontrando due occhi, azzurri come il mare, fissi su di lei. A quella vista, l’ira, venne sostituita dall’imbarazzo. Non aveva mai visto un uomo così bello;

I suoi occhi, sapevano leggerti nell’anima, e il sopracciglio destro leggermente rialzato, gli conferiva un’aria tremendamente sexy.

 

<< Come vi chiamate? >>, domandò Matthew, continuando a scrutarla. Un brivido intenso attraversò il corpo di Jacklynn, sentendo quel timbro di voce così caldo e profondo. Deglutì, e chiuse gli occhi un istante, cercando di calmarsi.

<< Che cosa volete da me? >>, ebbe il coraggio di domandare, tenendo gli occhi fissi sul pavimento, evitando così di arrossire.

<< Prima di tutto, esigo che rispondiate alla mie domande. Ebbene? >>, disse Matthew avvicinandosi a Jacklynn, tanto che essa poté notare la pelle tonica del petto, resa visibile dalla camicia slacciata. A quel punto, il viso le andò in fiamme e il respiro divenne affannoso.

<< Io, sono… mi chiamo… Jacklynn Charissa Bradford >>, rispose balbettante.

<< Che cosa siete venuta a fare a bordo della mia nave? >>, domandò Matthew, cercando di tenere un tono minaccioso nella voce.

<< Niente! Assolutamente niente! Mi sono addormenta nella stiva. Ora la prego, mi lasci andare! >>

<< Ci tenete così tanto ad affogare? >>.

<< A-affogare? Ma cosa state dicendo!? >>, domandò confusa Jacklynn, non riuscendo a capire cosa volesse dire Matthew. Per la prima volta, riuscì ad alzare gli occhi su di lui, lanciandogli un’occhiata confusa.

Matthew, capì che c’era stato qualche malinteso. Infatti, si era immaginato che una creatura così bella, non poteva essere un clandestino.                                  

<< Miss Bradford… vi trovate a bordo dell’ammiraglia della flotta britannica… in pieno Oceano Atlantico. Cosa credete che vi accada se decidessi di buttarvi fuoribordo? >> disse, ammorbidendo il tono della voce.

Jacklynn rimase un attimo spiazzata da quella rivelazione. Rielaborò le parole del Capitano, con scrupolosità, cercando di capire in che situazioni si trovasse;

Si trovava  a bordo dell’H.M.S. Ember Rose, in pieno Oceano Atlantico, assieme a più di cento soldati capitanati da un uomo affascinante e tremendamente scontroso, lontano miglia e miglia da casa e senza che la sua famiglia sapesse dove si trovava.

Improvvisamente, le mancò il respiro.

<< Oh mio Dio… Capitano, io non avevo intenzione di salpare! >>, fece disperata Jacklynn, quasi sull’orlo delle lacrime.

<< Bhè, io non aveva intenzione di salpare con lei! >>, le rispose astioso, sentendosi accusato dal tono che aveva usato Jacklynn.

Jacklynn fece per ribattere, ma un tossicchiare alle loro spalle l’interruppe, facendoli voltare. Entrambi erano così presi l’uno dall’altra, che si erano completamente scordati della presenza del Dottor Beaumont. << Ehm, vogliate scusarmi… invece di discutere, perché non cominciamo sul da farsi per risolvere la situazione, alquanto imbarazzante della signorina? >>, disse Joseph, nel tentativo di aiutare Jacklynn a fronteggiare Matthew.

<< Sono mortificata d’avervi arrecato disturbo. Se mi riportaste indietro… >> disse Jacklynn.

<< Portarvi indietro? Tks… ha voglia di scherzare? Io ho una missione da compiere qui, e non intendo disobbedire ad un ordine per voi >>, le rispose duro Matthew, ma Jacklynn non si lasciò intimorire, ripartendo all’attacco. << Capitano, le chiedo solo di riportarmi a Bristol, non di rinunciare alla sua missione! >>.

<< Sentite, è gia tanto che non vi abbia buttata fuoribordo, quindi a meno che non vogliate tornare al porto di Bristol a nuoto, dovrete restare qui. Credetemi, neanche io impazzisco all’idea della vostra presenza qui a bordo >>. Jacklynn gelò sul posto, ascoltando quelle parole senza il minimo tatto. Mortificata, annuì con la testa bassa.

Dopo poco, il tossicchiare del Dottore si fece risentire nuovamente, mentre lanciava occhiate taglienti a Matthew. Poi rivolgendosi a Jacklynn, chiese:

<< Cosa ne direste, Miss Bradford, se l’accompagnassi nella nostra infermeria, in modo che possiate rinfrescarvi e rilassarvi un attimo? >>.

<< Le sarei molto grata. Sono in condizioni pessime >>.

Joseph le sorrise, poi successivamente le si avvicinò, porgendole un braccio, che Jacklynn afferrò immediatamente. Nel mentre, Matthew stava osservando tutta la scena, poi, prima che i due, lasciassero la stanza, richiamò l’attenzione del Dottore dicendogli: << Joseph, che sia solo in infermeria. Non ho piacere che gironzoli per la nave… non vorrei che l’intero equipaggio si rivoltasse >>.

E così dicendo, i due si voltarono per uscire, ma improvvisamente, Jacklynn si girò di scatto, facendo spaventare un poco il Dottore.

Alzò lo sguardo verso Matthew e gli domandò: << Capitano? Potrei sapere il vostro nome? >>. Matthew, sorpreso dalla domanda, la fissò intensamente, notando quanto affascinante potesse essere, nonostante fosse sporca e malconcia. L’abito, che un tempo doveva essere d’un rosa pallido, era pieno di fango, ma l’acqua che lo aveva ristretto, evidenziava  ancor di più le curve seducenti. Jacklynn sentì il suo penetrante sguardo su di lei, ed arrossì violentemente.

<< Matthew… Matthew Keller >>, gli rispose infine. Jacklynn, sollevata dall’aver ricevuto una risposta, alzò la testa, ed i loro sguardi si fusero. Rimasero così per alcun istanti, fino a quando Joseph non riscuotè Jacklynn, per lasciare la stanza.

 

Jacklynn, s’immerse in una vasca piena d’acqua riscaldata, dove finalmente si poté rilassare completamente. Nell’ultima mezz’ora, la sua vita era cambiata totalmente;

Non riusciva ancora a credere che fosse confinata su d’una nave, in rotta per la guerra, e che forse, non avrebbe mai più rivisto la sua famiglia. Improvvisamente, una lacrima solitaria le solcò una guancia. Con un dito, l’asciugò, come se fosse stata una mosca dispettosa. Non poteva permettersi di piangere e mostrarsi debole. Specialmente agli occhi del Capitano Keller, che sembrava non averla molto in simpatia.

Era un uomo molto affascinante. I suoi occhi blu indaco, le trasmettevano delle sensazioni indescrivibili, toccandola come una dolce carezza. Questo fatto, faceva confondere molto Jacklynn, poiché il carattere, sembrava l’opposto di quello che le trasmettevano gli occhi.

Scacciò bruscamente questi pensieri dalla sua mente, ed accorgendosi che l’acqua nella vasca si stava raffreddando, intuì che doveva essere a mollo da parecchio tempo. Con gli occhi, cercò l’asciugamano ed i nuovi vestiti che le avevano consegnato;

Sfortunatamente dei suoi abiti, era rimasta solo la biancheria. La gonna ed il corpetto, erano stati gettati, perché a causa della pioggia, s’erano completamente rovinati.

Jacklynn esaminò i nuovi indumenti, e se li provò. Magra com’era, non era però priva di curve femminili, che le crearono dei problemi con gli stretti pantaloni di cotone pesante simili, per colore, alle vele. Dovette faticare per infilarli sopra i mutandoni poiché non avrebbe mai indossato quel tessuto grezzo a diretto contatto con la pelle, che si sarebbe di sicuro irritata.

Dopo averli abbottonati, si esaminò sul piccolo specchio da barba per valutare il risultato. Girandosi di qua e di là, notò che il davanti era abbastanza volgare da farla arrossire, ma quando si guardò il dietro ansimò sbalordita: i pantaloni evidenziavano tutti i dettagli, separando le natiche come una seconda pelle e stringendosi nella fenditura nel mezzo. Fortunatamente, il dietro della camicia era lungo, anche se non molto, da coprile i fianchi, permettendole di indossare i pantaloni in modo decoroso, anche se le aderiva perfettamente al seno. Gli stivali fortunatamente, andavano benissimo.

 

Nel mentre sul ponte, se ne stava Matthew, piuttosto confuso. Non aveva mai provato delle emozioni simili per nessuna donna. Cosa aveva di diverso dalle altre?

Quando aveva incontrato per la prima volta quegli occhi, così profondi ed intensi, aveva avuto come la sensazione di essere da tutt’altra parte.

Intanto, aveva gia informato l’equipaggio della presenza di Jacklynn sull'Ember Rose, e che gli avrebbe accompagnati per tutta la durata del viaggio.

<< Allora? Cosa te ne pare di Miss Bradford? >>, chiese Joseph, riscuotendolo dai suoi pensieri. << Bhè, è una donna… >>, buttò lì sul vago.

<< Wow… ma che occhio! >>, lo schernì.

<< Non intendevo in quel senso. Era un modo piuttosto ristretto per dire che avrà delle serie difficoltà su questa nave >>, gli rispose, guardando l’immensa distesa blu davanti a loro.

<< Perché ti comporti così? Non ti ha fatto niente di male… >>.

<< Senti non posso permettermi di fare il galantuomo, invitandola ogni pomeriggio alle quattro a sorseggiare thè alla vaniglia con annesso cucchiaino d’argento! Io qui ho dei doveri! >> gli rispose con voce dura. Poi, accorgendosi d’essere stato piuttosto maleducato, nei confronti del suo amico aggiunse: << Scusami. E’ che… in verità non so come comportarmi. Ho paura che allontanandomi dal ruolo di Capitano, dopo non sia più in grado di ragionare razionalmente >>.

<< Capisco… anche se dubito che tu possa sbagliare >>.

<< Tu dici? E dimmi un po’... mi è sembrato che a te, Miss Bradford andasse a genio! >>, disse Matthew in tono scherzoso.

<< Naturalmente. E’ una bella donna, intelligente e simpatica. Non è come tutte le altre, quindi… insomma non voglio rimanere da solo per tutta la vita >>, gli rispose Joseph, tentando di non essere troppo sfacciato. Matthew avvertì che lo aveva detto a posta riferendosi a lui, così gli chiese:

<< Ti stai riferendo a me per caso? >>.

<< Bhè… sì! >>, rispose tranquillamente Joseph, poi notando che Matthew aveva alzato un sopracciglio aggiunse << Andiamo… quanti donne ha provato a farti conoscere tua madre? E quante hai rifiutato? >>.

<< Io la mia donna ce l’ho gia… >>.

<< Santo Cielo Matt… è una nave! >>, sbottò esasperato Joseph.

Matthew, si volse e guardandolo negli occhi disse << Lo sai come stanno le cose. Quando un uomo trascorre la propria vita sul mare, dopo non riesce più ad adattarsi alla vita sulla terra ferma >>. Joseph non rispose, limitandosi a guardarlo con rassegnazione, dispiaciuto per il destino del suo amico. Matthew ricambiò lo sguardo, posandogli una mano sulla spalla.

 

Repentinamente, il brusio sul ponte, creato dai membri dell’equipaggio cessò. Matthew e Joseph si voltarono dubbiosi, notando Jacklynn avanzare verso di loro. Tutti rimasero a bocca aperta, primo fra tutti Matthew, che si ritrovò cervello e respiro intrappolati, e non fu una sorpresa che Jacklynn avesse risvegliato i suoi appetititi maschili e quelli del resto dell’equipaggio.

Avanzò verso di lui, abbozzando un timido sorriso. << I vestiti di Flip sono sorprendentemente comodi >>. Matthew si sarebbe maledetto per aver concepito quell’idea;

Si trovava davanti un corpo molto attraente infilato in un paio di pantaloni. I calzoni da maschio avevano cospirato per renderla ancora più femminile e desiderabile. Era una donna d’una bellezza seducente. I capelli lunghi fino ai fianchi si arricciavano in brune onde brillanti intorno alla sua snella figura, mentre gli occhi grandi e morbidi, lo fissavano turbati. << E’ meglio che non si faccia vedere così dai mai uomini. Potrebbe essere troppo, per loro >>. L’espressione corrucciata di Matthew la fece quasi tremare. Non riusciva a capire la causa di tanta rabbia e azzardò:

<< E’ dispiaciuto perché me li sono messi? Eppure Flip mi ha detto che voleva che gli indossassi >>.

<< Dispiaciuto difficilmente descrive ciò contro cui sto lottando ora >>, poi accorgendosi di ciò che aveva appena detto, si riprese cambiando argomento << Spero si sia sentita a sua agio >>.

Jacklynn fece per rispondere, ma venne interrotta da qualcuno affianco a loro, che aveva fatto rotolare una palla di cannone. Matthew si voltò, notando il suo mozzo fermo goffamente a metà del ponte, incapace di dire una parola. La mandibola gli era scesa lentamente mentre fissava Jacklynn ammutolito.

<< Questo è Jed Rice >>, annunciò Matthew;

Quel giorno era gia stato sgridato abbastanza per aver mancato di etichetta. << E’ il mio mozzo, e una brava persona che di solito compie il suo dovere>>, diede una pacca sulla nuca del ragazzo, <>.

Le gote di Jed divennero rubizze. << Mi scusi Capitano, Miss… Lady… >>.

<< Miss va bene >>, lo informò Matthew. Non aveva mai visto nessun membro del suo equipaggio così colpito da un bel viso prima di allora. Poi però dovette ammettere che neanche lui era rimasto del tutto lucido quando l’aveva vista per la prima volta. <>.

<< Si signore. Vado subito Capitano >>, replicò il mozzo, ubbidendo con gran prontezza.

 

Matthew riportò la sua attenzione su Jacklynn, che lo fissava, in attesa. << Bene Miss Bradford, ora che vi siete sistemata… Avete fame? >>.

< Tanta! >>, rispose Jacklynn sorridendogli per aver intrapreso un argomento poco formale. << E voi? >>.

<< Affamato. Spero voglia accettare di unirsi assieme ai miei ufficiali per la cena… >>. A Jacklynn si spalancarono gli occhi, sorpresa da quell’invito, poi cercando di rimanere impassibile gli ripose << Certamente Capitano >>.

 

I tre ufficiali presenti quella sera, avevano un’età compresa fra i ventitré e i ventinove anni. Era presente Burton Howe, il commissario di bordo Bernard Diggory ed il tenente Cody Pullings. Oltre a loro naturalmente, c’era anche il dottore.

Gli occhi degli uomini brillarono compiaciuti alla vista di Jacklynn, ma mantennero una rispettabile riservatezza dopo che Matthew ebbe detto loro, che era sotto la sua tutela, e, con modi galanti, le baciarono la mano. I loro gradi furono subito accantonati quando la invitarono a chiamarli con i nomi di battesimo, e il gruppo entrò presto in un’amabile e tranquilla conversazione.

Le pernici, servite con una salsa delicata erano eccellenti;

Dopo averle assaggiate, Jacklynn chiese d’essere presentata al cuoco. Quando entrò, si fermò meravigliato vedendo finalmente Jacklynn. << Mademoiselle le è piasciuta la cucina plus raffinè che abbia mai gustato in tutta la sua vita? Leroy ha cucinato questo scibo specialment per lei… >>, annunciò un piccoletto energico con i capelli neri, occhi neri scintillanti, baffetti neri. Sorrise in apprezzamento di tanta bellezza e si premette una mano sul petto. << Mademoiselle, dovete perdonare le capitaine per non aversci pensato. Sono Leroy Fairfax, cuoco de le capitaine Keller >>. Fece con la mano un elegante svolazzo e interruppe ogni ulteriore presentazione.<< E voi siete Mademoiselle Bradford; le capitaine ha dimenticato di menscionare che siete la plus belle creatura del mondo >>.

Jacklynn rise divertita all’allegra esuberanza dell’impettito ometto, ma quando vide Matthew farsi scuro in volto, ebbe la precisa sensazione che fosse seccato con il cuoco. Si era forse risentito ad essere rimproverato per aver mancato di presentarli adeguatamente? Oppure non apprezzava che il cuoco stesse facendo tutti quei complimenti all’ospite?

Non trovando una giustificazione al malumore di Matthew, Jacklynn si rivolse al cuoco e rispose cordialmente: << Enchantè de faire votre connaissance, Monsieur Fairfax >>.

I baffi di Leroy fremettero con infinito piacere appena sentì parlare la sua lingua con tanta eleganza. Era ovvio che era stato un distinto francese ad insegnare alla signora a pronunciare le parole così divinamente.

Ansioso, cominciò a declamare un fluido francese, ma Matthew alzò subito una mano per fermare quel profluvio d’eloquenza. << Per favore! Parlate in inglese per noi poveri sfortunati che non conosciamo una gran varietà d’idiomi >>.

<< Excusez-moi capitaine… >>, cominciò il cuoco.

<< Leroy, ti prego! >>, lo rimproverò Matthew con impazienza, il sopracciglio sollevato e minaccioso.

<< Mi perdoni >>, si scusò il piccoletto umilmente. << Temo d’aver perso la testa, quando cette mademoiselle mi ha risposto nella mia lingua >>.

<< Controllati, se puoi >>, lo ammonì Matthew. << So che Miss Bradford è bella, Leroy, ma è mia ospite e preferirei che non venisse messa in imbarazzo dal tuo ardore >>.

<< Oh, non lo vorrei per niente al mondo >>, esclamò Leroy, e voltandosi fece un inchino a Jacklynn e lasciò la stanza.

 

Prima della fine della serata, tutti e cinque gli uomini si divertirono a veleggiare su vari argomenti per ottenere una risposta arguta da Jacklynn. Al momento di andarsene, i quattro ufficiali si esibirono di nuovo in un baciamano, sotto l’attento sguardo del Capitano, e salutarono felici ringraziando entrambi per la piacevole serata.

Subito dopo Matthew divenne pensieroso e Jacklynn osò chiedergli: << Ho fatto qualcosa di sbagliato Capitano? >>.

Lui emise un sospiro e si poggiò sullo schienale della sedia. << Penso che dovremmo chiarire un paio di cose… >>.

Jacklynn lo guardò in volto, notando che era ancora scosso. << Ditemi… non intendo certo prendermi delle libertà senza il vostro permesso >> gli ricordò.

<< Come ben sapete, passerete molto tempo con noi. E per cercare di rendere questo periodo il più piacevole possibile, dovremmo cercare di collaborare insieme >>.

Jacklynn fece un cenno d’assenso con la testa, e finalmente riuscì a calmarsi. Quando Matthew le aveva rivolto quello sguardo così pensoso, si era preoccupata, non riuscendo a capire cosa avesse potuto fare.

<< Condivido con lei Capitano. Cosa devo fare? >>.

<< Tanto per cominciare, esigo che obbedisca a qualsiasi mio ordine, non posso permettermi che interferisca nella missione. Secondo, le devo chiedere di vagare il meno possibile per la nave, potrebbe distrarre qualcuno… compreso me. Naturalmente, potrà essere scortata da Jed sul ponte, quando vorrà prendere un po’ d’aria fresca >>.

<< Si Capitano.>> rispose in tono formale Jacklynn, un po’delusa dalle parole di Matthew. Subito dopo le balenò in mente la questione dell’alloggio. Timorosa, alzò gli occhi verso Matthew e chiese: << Ehm… cosa… dove mi devo sistemare? >>.

<< Le cederò la mia cabina >>, disse alzandosi dalla sedia.

<< Ma se uso la sua cabina, lei dove dormirà? >>.

<< Legherò un’amaca negli alloggi del mio secondo >>.

Jacklynn sentì un moto di colpa. Non voleva costringere il Capitano a cedergli la sua cabina, solo perché lei era una donna. Alzandosi anch’essa dalla sedia, gli andò in contro e disse:

<< Capitano, non voglio che vi scomodiate così tanto, e poi, cosa ne penserà il signor Howe? >>.

<< Il signor Howe russa così sonoramente che non si accorgerà nemmeno di me >>.

<< Temo che la mia presenza a bordo le stia creando un gran disturbo, Capitano >>.

<< No se farà ciò che le dico senza discutere. Ora mi segua >>.

 

Matthew scortò Jacklynn sino hai suoi alloggi. Aprì la porta, e scostandosi la fece entrare per prima. Jacklynn, si ritrovò nuovamente nella prima stanza in cui era stata sull’Ember Rose. Matthew si avvicinò ad un armadio, e tirò fuori una vestaglia bordeaux, d’un tessuto pregiatissimo. << Sarebbe meglio che indossasse questa sopra gli abiti… >> disse passando il dorso della mano sulla vestaglia avvolta sul braccio.

<< Per adesso è il meglio che posso offrirle. Non appena avrò un po’ di tempo, ordinerò a Jed di trovarle qualcos’altro da indossare oltre alla mia vestaglia >>.

<< E’ una bella vestaglia >>, mormorò Jacklynn con un sorriso, accarezzandole la morbida manica ed indossandola. Lui lanciò un’occhiata alla sua snella figura, ammirando tutto quello che l’indumento conteneva. << Di sicuro non è mai stata così bella addosso a me >>.

Jacklynn sentì le guance imporporarsi, e Matthew, detto ciò, lasciò la stanza concedendo a Jacklynn l’intimità di cui aveva bisogno per raccogliere le idee.

Colta ad un tratto dalla consapevolezza di occupare il regno d’un uomo del quale era infatuata, si alzò dalla cuccetta e si guardò intorno con un senso di riverenza, mentre muovendosi fece oscillare l’abbondante vestaglia che lui le aveva lasciato.

Un’impercettibile profumo d’acqua di colonia, tenue eppure stranamente interessante le provocò certe deliziose fantasie su Matthew Keller.

Un sorriso le si disegnò sulle labbra alla sensazione di beatitudine che la invase. Con gli occhi che le brillavano, valutò il buon gusto degli interni e l’arredamento elegante che contribuiva al loro fascino maschile. Gli alloggi assomigliavano all’uomo: belli, puliti, distinti, eppure aperti al mondo e alle avventure, come le finestrelle poste sopra la passeggiata di poppa, da cui si aprivano spazi sconfinati.

Lo scrittoio imponente –di solido mogano intagliato a mano, con un piano di pelle- era il pezzo d’effetto. Matthew l’era apparso piuttosto solenne, lì dietro. Per un momento si accomodò fra i braccioli della sedia, e scoprì con sua grande sorpresa che riusciva a toccare il pavimento solo con la punta dei piedi.

Incuriosita, scorse i titoli dei libri attraverso le antine di vetro delle librerie poste ai lati delle finestre, e con stupore vi trovò un’eccellente collezione di biografie poesie e narrativa mescolate a testi sulla navigazione.

Nella cabina c’erano anche un tavolo e quattro sedie sotto una lanterna appesa al soffitto, e qua e là numerosa cassapanche, senza dubbio contenenti i beni del Capitano. Il cavalletto da barba, stava vicino ad un vano della parete, lasciato socchiuso.

Jacklynn stette un attimo in silenzio a guardarsi intorno ancora una volta. Era tutto così affascinante. Non avrebbe mai pensato che una nave potesse essere così accogliente.

Stanca, decisa che era giunto il momento di prepararsi per andare a dormire;

Si intrecciò i capelli, si tolse i vestiti e lavò la camiciola e la biancheria intima. Scivolare nel letto nuda era una cosa che non aveva mai fatto. Le sembrò peccaminoso, ma non aveva abbastanza abiti da usarne per dormirci.

Si sorprese invece, a scoprire che infilarsi fra le lenzuola era un’esperienza piuttosto piacevole, soprattutto con il profumo sfuggente di Matthew, che le provocò sensazioni mai provate prima.

 

RINGRAZIAMENTI:

Niacara07: Ti ringrazio moltissimo per le recensioni che hai lasciato nelle mie fanfic. Sei stata oltremodo carina e per quanto riguarda il gradimento dei miei scritti, ne sono davvero felice. Cercherò di aggiornare il più velocemente possibile, non vorrei farti morire di curiosità. Purtroppo tra il cavallo e i corsi di recupero di mate, ho ben poco tempo da dedicare alla tastiera ed al computer. Tutte le storie che ho pubblicato le avevo scritte anni fa. Le più recenti sono: In nome del Re e Corolle di Ciliegio. Mi auguro di riuscire ad entusiasmarti il più possibile! Alla prossima... baciotti.

Grazie anche a chi ha solo letto, perchè denota moooolto coraggio!!!!! :-)

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


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Nel frattempo, la contea di Bristol era molto in fermento, causa la scomparsa di Jacklynn Charissa Bradford. La famiglia, era incredula del fatto;

Lady Charissa, dal momento che aveva saputo che la figlia era scomparsa, era stata colta da malore. Il padre, Lord Beauregard, a differenza della moglie, vagava in tutti gli angoli del paese, per cercare la sua giovane figlia.

Quel pomeriggio ormai, avendo gia giocato tutte le carte, Lady Charissa, stava parlando disperata con Lord Beauregard.

<>.

<>, le rispose Lord Beauregard.

A quel punto, in maniera violenta e senza essere annunciato, un ragazzetto malconcio e malvestito di circa 17 anni, irruppe nella stanza.

Con aria spavalda e senza tener conto dell’urli del maggiordomo, riuscì ad intrufolarsi per parlare con Lady Charissa. Al suo cospetto, il ragazzetto, disse con voce sonora:

<< Buongiorno Lady, io so dov’è Jacklynn. O per lo meno, so con certezza dov’era 4 giorni fa >>. << Dimmelo subito! >>, esclamò Lady Charissa, << Altrimenti ti farò murare vivo! >>.

<< L’ho vista con certezza salire sull’Ember Rose >>.

A quel nome, un gelido silenzio piombò nella stanza, seguito da un sussulto di Lord Beauregard che minaccioso chiese: << Sei sicuro di quello che dici ragazzo? >>.

<< Assolutamente si Lord. L’ho vista con i miei occhi… >>, a quel punto Lord Beauregard, guardò la moglie con aria molto triste.

<< Perché mi guardi così? Cosa significa? Sai qualcosa che io non so? >>.

<< Temo di doverti dare una brutta notizia Charissa! >>.

<< Che cosa significa? >> chiese lei.

<< L’H.M.S. Ember Rose, ha lasciato il porto di Bristol giorni fa, capitanata da Matthew Keller, per andare in battaglia contro i francesi >>.

A quel punto Lady Charissa con un gemito svenne, cadendo a terra.

 

“Day 4 – 30°12’ N 45°3’ W

Sono quattro giorni che stiamo risalendo l’Oceano Atlantico. Non abbiamo ancora incontrato nessuna turbolenza che ci ralenti. Comunque, anche se abbiamo recuperato 4 giorni di navigazione dalla nave francese, siamo sempre troppo distanti.

Miss Bradford si sta ambientando bene, e la sua presenza non sta influendo sulla nostra missione. Alcune volte sono costretto a riprenderla, perché molto ingenua su come potrebbe farsi facilmente, male a bordo d’un vascello.

Per il momento non sono accaduti fatti importanti. Mare calmo e vento favorevole, ci aiuteranno a recuperare l’enorme distacco che ci separa dai francesi.”

Il sole splendeva alto nel cielo. Il mare era piatto come una tavola, ed il vento soffiava debole contro l’enormi e candide vele dell’Ember Rose. Tutti gli uomini dell’equipaggio, ormai svegli e scattanti, eseguivano i loro compiti con solerzia ed accuratezza.

Soltanto Jacklynn se ne stava ancora accoccolata tra la trapunta della cuccetta di Matthew. Preferiva riposare il più possibile, perché si sentiva ancora esausta per gli avvenimenti degli ultimi giorni, e non riusciva a pensare ad un miglior aiuto per il suo benessere fisico e mentale, se non un po’ di riposo.

Chiuse gli occhi, e la consapevolezza dell’assenza di Matthew cominciò a radicarsi in lei, mentre gonfiava il cuscino sotto la testa, e avvertiva ancor più il suo profumo;

Solitamente a quell’ora, scendeva giù per accompagnarla sul ponte a prendere una boccata. Fu come uno choc scoprirsi tanto sensibile alla sua assenza quanto alla sua presenza. Forse si era troppo abituata alla poche attenzioni che le prestava. Ma quando si esibivano quei giorni in cui aveva molto da fare, e non riusciva a fargli nemmeno una visitina, si sentiva persa.

Qualcuno bussò alla porta. Jacklynn si rizzò immediatamente dal giaciglio, guardando l’uscio, poi una voce disse:

<< Miss Bradford, vi ho portato la colazione. Posso entrare? >>.

<< Solo un momento >>, rispose Jacklynn, mentre afferrava ed indossava la vestaglia, sopra l’enorme camicia, che lei usava da pigiama. << Entra >>, disse infine.

Jed Rice entrò nella stanza, reggendo in mano un vassoio pieno di leccornie, che doveva essere appunto la colazione. Jacklynn storse il naso. Non aveva alcuna voglia di mangiare quando tutti i suoi pensieri erano rivolti a Matthew e la preoccupazione che la sua presenza a bordo della nave, avesse in qualche modo spinto il Capitano a cercare alloggio altrove.

<< Non vi sentite bene, signorina? >>.

<< Oh, si molto bene >>, lo rassicurò subito Jacklynn, non volendo suscitare domande alle quali preferiva non rispondere. << Mi sento meglio d’alcuni giorni fa >>.

<< Allora preferite qualche altre cosa? >>.

La giovane scossa la testa. Jed era molto premuroso e trascurava i suoi compiti per prendersi cura di lei, senza dubbio su ordine del Capitano. << E’ solo che non ho fame questa mattina, tutto qui. Frutta e thè saranno sufficienti Jed >>, insistette << Davvero >>.

Il mozzo le rivolse un timido sorriso. << Il resto vi farebbe sentire come un’anatra all’ingrasso, eh, signorina? >>.

Jacklynn rimase sorpresa e confessò titubante: << Odio mangiare da sola, Jed, ma, soprattutto temo d’aver cacciato il Capitano dal suo posto >>.

<< Oh, non deve dubitarne signorina, il Capitano lo ha fatto con piacere. Però, per favore, mangiate di più signorina >>, la persuase, << altrimenti il Capitano si chiederà se vi ho mai portato cibo >>.

<< In questo caso, farò meglio ad ubbidire… non voglio che tu abbia problemi a causa mia >>.

<< Di qualsiasi altra cosa abbiate bisogno, signorina, fatemelo sapere. Sarei felice di esaudire i vostri desideri >>, disse Jed arrossendo.

<< Grazie Jed. Se gli altri marinai sono galanti quanto te, allora non dubito che l’Ember Rose abbia un equipaggio di gentiluomini >>.

Il viso gli si illuminò, imporporandosi ancor di più, mentre le labbra si piegarono in una smorfia allegra.

Immaginò che il ragazzo avesse su per giù, diciassette anni, e sebbene la vita di mare possa a volte essere dura, nel caso di Jed era ovvio che fosse caduto in piedi. Malgrado fosse magro come uno stecco, sembrava ben nutrito, pulito e felice.

< >.

Prima che la porta si chiudesse alle spalle di Jed Rice, Jacklynn richiamò la sua attenzione.

<< Il Capitano starà sul ponte ancora a lungo? >>.

<< Oh, si signorina! Quest’oggi è molto impegnato. Dobbiamo revisionare e provare tutta l’artiglieria ed i cannoni. Ci vorrà parecchio tempo, l’Ember Rose possiede 104 cannoni >>.

<< Capisco… grazie >>.

La porta si chiuse dietro di lui, lasciando sola Jacklynn. Un’ora dopo, era gia vestita con i soliti pantaloni e la camicetta bianca, che dopo numerosi lavaggi era diventata quasi trasparente. Si era spazzolata anche i capelli fino a renderli lucidi, poi raccolti in un’alta coda, mentre nella solitudine osservava fuori dalle finestre il bellissimo oceano blu.

Udì bussare alla porta prima del previsto. Si accomodò nervosamente i capelli e la camicia ed attraversò la stanza sperando che Matthew fosse finalmente arrivato. Ma un uomo, forse sui ventitre anni, dai capelli biondi e un bel viso, apparve sulla soglia.

<< Perdonatemi Miss Bradford, ma il Capitano mi ha chiesto di scortarvi sul ponte >>.

Jacklynn non aveva dubbio che l’uomo fosse il secondo ufficiale, Burton Howe, che aveva conosciuto durante la cena, nella sala ufficiali.

<< Il Capitano ha detto perché mi vuole sul ponte? >> indagò.

<< Adesso il Capitano è molto impegnato nelle operazioni d’artiglieria >>, spiegò, << Ma ha pensato a voi ugualmente. Si chiedeva se avreste gradito un po’ d’aria fresca e di sole >>.

Reclusa nella cabina da troppo tempo, era più che mai desiderosa di avventurarsi all’aperto. Si fermò per avvolgersi nella vestaglia che Matthew le aveva dato, e seguì il secondo che le faceva strada lungo il corridoio e su per la scaletta di boccaporto.

 

Una leggera brezza soffiava sul ponte della nave, portando con sé il forte odore salino del mare. Nessuna nuvola offuscava la luce del mattino;

I raggi del sole erano brillanti, tersi, e si riflettevano sull’acqua irradiandosi come se attraversassero un cristallo. Piccole macchie prismatiche di luce coloravano il ponte, creando un effetto luccicante che quasi l’abbagliò.

Per un istante rimase incantata, immersa nella scena con estasi, desiderosa di imprimere nella mente ogni particolare, prima che quell’atmosfera incantata andasse persa per sempre.

< >, disse lasciandosi sfuggire un sospiro di stupore.

Il secondo, perplesso, alzò un sopracciglio guardandosi intorno, dal momento che non aveva idea di cosa lei gli stesse parlando. << Si, signorina, l’Ember Rose è una vera bellezza, altrochè >>.

Jacklynn sorrise allo sguardo limitato dell’uomo: la nave era certo motivo di fierezza per un marinaio e lo sarebbe stato anche agli occhi d’un novellino, visto la bellezza e il buono stato in cui era tenuta.

Al momento, gli uomini affollavano il ponte e l’armeria sottostante impegnati a controllare le armi a bordo. Un cannone veniva sollevato dalle sartie e abbassato laboriosamente sul ponte, per essere revisionato. C’erano un gran trambusto, e gli uomini vagavano frettolosamente da una parte all’altra del ponte, intenti ad eseguire le proprie mansioni.

Finalmente Jacklynn vide Matthew sul castelletto di prua: era vestito in modo formale, con la giacca dell’uniforme rifinita in oro. La camicia era aperta sul torace ben tornito rivelando la pelle abbronzata, ed i pantaloni leggeri accentuavano la muscolatura dei fianchi.

Stava parlando con un tipo più basso di lui, giovane. Jacklynn immaginò che si trattasse del capo armatori, poiché l’intero vascello era impegnato a manovrare cannoni.

La fermezza di Matthew nel parlare con lui era palese. Durante la loro conversazione fu risoluto, saldo, irremovibile, e scosse la testa finché l’interlocutore non alzò una pergamena, e con una penna segnò alcuni appunti, probabilmente dettati da Matthew.

Dopo che l’armatore se ne fu andato, Matthew guardò verso la scaletta di boccaporto, chiedendosi cosa stesse trattenendo Howe. Non che avesse bisogno di lui, in quel momento: voleva solo accertarsi che avesse condotto Jacklynn fuori dalla cabina.

Finalmente intravide il secondo avvicinarsi al castelletto fra gli uomini al lavoro, ma fu una chioma fluente dietro a Howe a colpirlo.

Di proposito si incamminò verso il parapetto da dove poteva ammirare Jacklynn senza intralci. La vista gli fece quasi balzare il cuore in petto per l’ammirazione. Da quando era salita a bordo  dell’Ember Rose, non era stato capace di togliersela dalla testa, e il fatto che quella ragazza fosse tanto deliziosa lo lacerava dentro. Nonostante avesse cercato il più possibile di starle lontano, la crescente infatuazione per Jacklynn lo lasciava di sasso.

<< Ho accompagnato Miss Bradford sul ponte, Capitano >>, lo informò Howe come se ce ne fosse stato bisogno.

<< L’ho notato >>, Matthew lanciò un rapido sguardo intorno per valutare la reazione dell’equipaggio: perlopiù i marinai tenevano un occhio sulla ragazza e l’altro sul lavoro che stavano eseguendo. << E anche gli uomini, a quanto sembra >>.

Burton Howe si schiarì la gola, reprimendo il bisogno di guardarla lui stesso. << Mi stavo chiedendo, se durante la navigazione la faceste uscire più spesso. Se volete la mia opinione, penso che non sia un bene lasciarla rinchiusa tutto il giorno in cabina >>.

Matthew freddò con lo sguardo il secondo. Di certo non l’aiutava. << State forse suggerendo, signor Howe, di lasciare che getti nel caos l’intero equipaggio per tutta la durata del viaggio? Dati gli sguardi languidi che lanciamo, sarebbe una vera fortuna se qualcuno di noi raggiungesse il porto sano e salvo. Me incluso >>.

L’aiutante guardò il Capitano con sospetto. << Ne deduco che non dormite da diverse notti >>.

<< Al diavolo! E’ talmente bella che potrei benissimo dimenticare d’essere il Capitano di questo maledetto vascello >>.

<< Vi sentireste meglio se scortassi la signorina in cabina? >>

<< No! >> urlò Matthew.

<< Pensavo solo di alleviare le vostre… >>.

<< Non pensate! >>, gli suggerì il Capitano, secco, con un gesto rabbioso. << Non sono dell’umore giusto per accettare la vostra fredda logica, signor Howe. Se proprio volete saperlo, poiché si da il caso che mi piaccia guardare la signorina, forse l’unico modo che ho di farlo tranquillamente è quando tutti ci guardano >>.

Il secondo abbassò la testa, soddisfatto d’averlo stuzzicato abbastanza, e si congedò dicendo: << Ricevuto Capitano. Torno al mio lavoro >>.

Con le mani dietro la schiena, Matthew si diresse al ponte principale e oltrepasso il parapetto per vedere come procedevano le operazioni d’artiglieria, mentre Jacklynn avvistò dei delfini saltare a lungo a fianco dell’Ember Rose. Era così intenta a guardarli da vicino, cha ad un certo punto scivolò con un piede fuori dall’impiantino sbilanciandosi sul parapetto.

Accorgendosi di ciò che stava per accadere, Matthew si lanciò sul ponte, l’afferrò al volo dal bastione in legno e la riportò in salvo, sgridandola.

<< Mi faccia la cortesia di non cadere >>, la riprese con uno sguardo torvo. Il pensiero che potesse venire colta di sorpresa da una raffica di vento o da uno sgroppo della nave, gli trafiggeva la mente con gelide fitte di terrore, anche se non ne comprendeva bene il motivo. << E’ un bel salto, e la vestaglia la trascinerebbe in profondità più velocemente di quanto io possa nuotare >>.

Jacklynn arrossì, consapevole della propria imprudenza. << Mi dispiace Capitano >>, mormorò, << Non ci avevo pensato >>.

Ammansito dalla scuse, lui ammorbidì il tono a quella d’una preghiera. << Per favore, non salga più sulla ringhiera mentre navighiamo, Miss Bradford. E’ pericoloso >>.

<< Sissignore >>, sussurrò lei docile.

Lui le sorrise. Il primo sorriso, solo per lei. Si fissarono intensamente, fin quando il secondo ufficiale, non richiamò l’attenzione di Matthew.

Jed rice, riaccompagnò Jacklynn in cabina, mentre soddisfatta di come procedevano le cose, se ne stava sdraiata nella cuccetta ad ascoltare il suono del mare, il cigolio del legno e della sartie, e alcuni passi che si rifrangevano sul pavimento del ponte.

 

“Day 7 – 12°09’ N 31°45’ W

Durante il settimo giorno di navigazione, l’Ember Rose si è imbattuta in una tremenda tempesta. La nave affronta bene le turbolenze, ma la velocità comincia a diminuire, e di conseguenza perderemo ben presto le tracce dei francesi.

In ogni modo, io e il signor Howe riusciremo a trovare una strategia per aggirarli, anche se ultimamente il vento e le correnti sembrano essere molto insidiosi. La risalita dell’Atlantico, non è sempre stata portata a termine da tutte le navi che hanno provato ad imbattersi in quest’Odissea. Comunque l’Ember Rose e il suo equipaggio sono determinati a non restare in balia di questi eventi. Tutti noi vogliamo ritornare a casa con la vittoria in mano.

Con oggi sono sette giorni che Miss Bradford, naviga con noi. L’equipaggio ormai si è abituato alla sua presenza, senza che io sia costretto a riprenderli.

La revisione dell’artiglieria è andata a buon fine, conteggiando solo 2 cannoni danneggiati, che per noi non sono una grave perdita. Ho ordinato al calafato Jeff Lewis di rafforzare lo scafo e di controllarlo ogni giorno, in modo da essere pronti a qualsiasi evenienza.

Non appena questa tempesta si sarà placata, ordinerò al commissario di bordo, Bernard Diggory di indire un’ispezione completa, in modo da avere un quadro dettagliato sul mio equipaggio e la mia nave.”.

 

 Jacklynn sollevò appena la testa dal cuscino, per cercare il catino, che Jed Rice le aveva premurosamente lasciato vicino alla cuccetta;

Fortunatamente era sempre corso ad aiutarla, portandole secchi e panni umidi con cui pulirle il viso. In seguito aveva provveduto di persona ai suoi pochi bisogni, portandole acqua fresca e ogni tanto una ciotola di brodo leggero, fornendole asciugamani puliti e svuotando furtivamente il catino insieme al cesto dei rifiuti della cambusa.

Singhiozzando Jacklynn, l’aveva pregato di non dire niente a nessuno, specialmente al Capitano. Jed si era dimostrato riluttante, considerando insensato nasconderglielo, ma alla fine si era rassegnato. Matthew, non era mai passato a trovarla, perché molto occupato a dirigere la nave su quel mare difficoltoso.

Le forze avevano continuato a diminuirle, e le labbra screpolate sanguinavano con facilità. Provò a bere acqua, ma anche questa risaliva appena ingoiata. Il sonno era il solo rifugio dalle infinite ore di tortura, ma al risveglio era difficile, poiché di solito avveniva per il bisogno di vomitare quel poco che aveva nello stomaco. Non riusciva ad indossare altro che la vestaglia. I capelli erano irrimediabilmente scompigliati, ma non le importava di niente, tanto meno del suo aspetto.

A peggiorare la situazione, era la cabina, che stava diventando sempre di più, una prigione logorante, a causa della pioggia violenta, che si stava scatenando assieme a tuoni e fulmini.

Avrebbe voluto scappare, ed il fatto che avessero incontrato mare grosso, le diede un buon motivo per far voto solenne di non mettere più piede su una nave… sempre che fosse riuscita a sopravvivere al viaggio.

Sembrava strano, ma negli ultimi giorni era riuscita in qualche modo ad accantonare il ricordo della sua fuga da Bristol. S’immaginò i suoi genitori cercarla in ogni dove, senza avvertirne alcuna traccia. Anzi, dopo tutto questo tempo, senza aver trovato indizi, l’avrebbero sicuramente data per morta o per dispersa, e questo fece deprimere ancor di più Jacklynn. Cosa ne sarebbe stato di lei?

Improvvisamente, un tuono fragoroso rimbombò nel cielo, suscitando in Jacklynn brividi di terrore;

Fin da piccola non le erano mai piaciuti i temporali. Ed ora che si trovava a bordo d’una nave, in piena tempesta, li odiava.

Sospirò, e chiuse gli occhi rimanendo immobile il più possibile nella speranza di evitare di vomitare. Ma ogni beccheggio e dondolio del vascello sembrava stimolare la nausea.

Raggiunse appena in tempo il secchio, e le sembrò di soffrire un’agonia interminabile prima di poter sollevare la testa nuovamente.

Tre colpetti sulla porta segnalarono il ritorno di Jed per riprendere la ciotola con il brodo che le aveva portato un’ora prima. Era ancora dove l’aveva lasciato, sul vassoio di fianco alla cuccetta.

Al suo debole invito, entrò in silenzio nella cabina, per poi fermarsi sbalordito. Era sicuro di non aver mai visto nessuno prima di allora così gravemente malato;

Le occhiaie erano pronunciate, e le incavavano il viso. Le guance erano emaciate, e le labbra, di solito morbide ed attraenti, erano rovinate dalla disidratazione.

Il mozzo si spaventò così tanto, che si voltò e corse a cercare il Capitano, sicuro d’aver buoni motivi per venire meno alla sua promessa.

Subito dopo Matthew era accanto alla cuccetta, le mani sui fianchi, i capelli lunghi, bagnanti e  scompigliati dalla brezza serale che aveva soffiato sul ponte, e una luce terribile negli occhi.

<< Dannazione, perché non ha detto a nessuno che stava male!? >>.

<< Buttatemi fuoribordo >>, frignò, stringendo le coperte mentre lui cominciava a spostarle. << Non voglio andare avanti così un giorno di più >>.

<< Forza, si sieda >>, la incitò, ignorando le sue suppliche mentre le faceva scivolare un braccio sotto le spalle. Jacklynn cominciò a scuotere la testa, ma subito decise che non era una buon’idea. << Non posso! Mi fa solo stare peggio. Mi lasci soffrire in solitudine >>.

<< Per lasciarla morire in pace? >>, rise Matthew. << Mai! >>.

<< Siete un bruto! >>.

<< Così dicono >>.

La sollevò a sedere sull’orlo della cuccetta e la fece appoggiare i piedi a terra.

<< Cosa mi sta facendo? >>, brontolò. << Mi sento male >>.

<< Faccia dei respiri profondi >>, la incitò lui, poi procedette ad infilarle le pantofole ai piedi. << Starà bene >>.

Quelle parole non servirono a placarle lo stomaco. Presa dal panico, Jacklynn ricadde all’indietro sul letto. Il panno umido che lui le passò sul viso, sulla gola e sul petto le diede un certo sollievo, ma non fece in tempo a riprender fiato, che Matthew la tirò su di nuovo per avvicinarle una tazza alle labbra.

<< Si rinfreschi la bocca >>, le disse impedendole di allontanarsi.

Arricciando il naso per il disgusto, Jacklynn eseguì le sue direttive e sputò l’acqua nel secchio. Sprofondò indietro nella cuccetta e sollevò una sguardo dolorante verso il Capitano. Vederlo così robusto e forte non le fu d’alcun aiuto.

<< Ora beva il resto >>, le ordinò lui, portandole di nuovo la tazza alle labbra. << E’ disidratata come uno scheletro dissotterrato >>.

<< Lei mi odia >>, mormorò contro l’orlo della tazza, ma senza berne più d’un sorso.

<< Non è vero >>. Continuava a bagnarle il viso e la gola, mentre lei prendeva la tazza con mani tremanti per bere piccole sorsate. << Ma sono arrabbiato con lei per non avermi detto nulla. Non fosse che voleva essere leale verso di lei, butteri Jed a mare per non avermi informato immediatamente delle sue condizioni >>.

<< L’ho pregato io di non farlo >>, mormorò Jacklynn dentro la scodella mentre lui gliela premeva insistentemente contro la bocca.

<< Beva! >>.

<< Oh, Capitano… Non posso! Non ne voglio più! >>.

<< Ho detto di bere! >>.

<< Mi torna su >>.

<< Non questa volta, mi creda >>.

<< Solo un po ‘ >>, brontolò lei in tono petulante, ma lui rifiutò di riprendersi la ciotola finché non ebbe bevuto fino all’ultima goccia.

Malgrado i suoi tentativi di abbandonarsi sul letto, la sollevò in piedi, la avvolse con il proprio corpo come in una coperta, e la prese in braccio. Spalancando la porta con un calcio uscì dalla cabina e la trasportò lungo il corridoio.

Jacklynn lanciò un’occhiata preoccupata da sopra le spalle e vide le scalette di fronte a loro. << Per favore, Capitano >>, supplicò, << Non voglio andare sul ponte dove tutti mi possono vedere >>.

<< Ha bisogno d’aria fresca. La farà sentire meglio. Inoltre, visto il modo in cui Jed è arrivato correndo da me tutto ansioso e tremante, i miei uomini si aspettano probabilmente di assistere ad un funerale in mare >>.

<< Ci sarà >>, assicurò lei afflitta. << Appena mi avrà dato il colpo di grazia se insiste con tutta quest’aria fresca >>.

Matthew le sorrise ma non si fermò. << La terrò calda io >>, mormorò.

 

Il luminoso tramonto estivo stava sprofondando lentamente, colorando l’acqua con tonalità calde di rosso, rosa e arancione, dopo che le nuvole si dissiparono. Una brezza fredda spazzava il ponte, facendo riprendere fiato a Jacklynn, ma non servì a risollevarla dall’angoscia.

<< Se non mi mette giù, se ne pentirà >>, lo minacciò.

Matthew l’accontentò solo quando raggiunsero la paratia più vicina. Jacklynn non aveva abbastanza forze per tenersi dritta, e sentendosi mancare appoggiò la fronte contro il collo di lui, poi posò la testa sulla sua spalla.

Se fosse stata meglio, avrebbe goduto di quelle braccia che la stringevano, facendola sentire calda e protetta, ma in una tale situazione aveva solo da temere.

<< Per favore, Capitano >>, gli sussurrò contro il collo. << Sto per sentirmi male di nuovo. Vorrei tornare in cabina. Almeno lì, non sarò in imbarazzo >>.

<< Rimanere la sotto la farà solo stare peggio >>.

<< Ma qui non sto per niente meglio >>, protestò lei.

La voltò di spalle, la tenne stretta a sé per sostenerla e proteggerla, mettendole un braccio intorno all’addome mentre le indicava il mare. << Guardi laggiù oltre la cima della paratia >>.

<< Noooo >>, gemette lei, e girò la testa angosciata. Era proprio senza pietà? L’ultima cosa di cui aveva bisogno era guardare l’oceano.

<< Non le onde >>, le sussurrò fra i capelli. << Guarda l’orizzonte. Fissa il tuo sguardo là >>.

Jacklynn socchiuse gli occhi nello sforzo di vedere la tenue linea scura fra il cielo e il mare. Dopo aver focalizzato il punto, le ci volle del tempo prima di accorgersi della sua stabilità.

<< Non si muove >>.

<< Esatto. La terra gira, ma per quanto può vedere è immobile >>.

<< Vorrei non muovermi io >>, si lamentò lei. Lui sorrise.

<< Non distolga lo sguardo dall’orizzonte. Tenga gli occhi fissi sulla linea, e continui ad inspirare >>.

Lei obbedì, al momento contenta di appoggiarsi a lui, stretta tra nel suo forte abbraccio. Il tempo passò veloce, e non si accorse di altro, se non del protettivo conforto del corpo virile di Matthew.

<>, disse lei sospirando con un gemito di piacere. Matthew rise, e l’avvolse nella sua coperta. <>.

Lei annuì, stringendosi a lui. <>.

Il mal di mare che l’aveva attanagliata, era rapidamente scomparso, ma al suo posto era subentrata una stanchezza molto intensa.

Appoggiò la testa nell’incavo fra il collo e la spalla di Matthew, e con un sospiro, chiuse gli occhi. Piano piano, il respiro divenne regolare.

Matthew non osò muoversi. Era contento di stringerla tra le braccia, mentre una dolce sensazione mai provata, gli si diffondeva in tutto il corpo, stordendolo. Improvvisamente, a contatto con quelle sensazioni, gli venne il sospetto che nella sua vita non fosse tutto perfetto.

Quando ci fu il cambio della guardia, Matthew riportò Jacklynn in cabina. Lei non si svegliò mentre l’adagiava sulla cuccetta;

Le tolse la vestaglia e ammirò l’impalpabile camicia, che indosso a lei faceva da abito. Non osò indugiare, oltre il semplice compito di rimboccarle le coperte, e posarle un delicato bacio sulla fronte.

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


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Nel mese seguente, Jacklynn era entrata in contatto con molti marinai, che sembravano apprezzare la sua presenza sul ponte, per il suo spirito vivace e amichevole. Con sollievo scoprirono che non era una sdegnosa aristocratica, incline a guardarli dall’alto in basso, anzi, era sempre pronta a scambiare due parole. E loro ricambiavano, attenti a mostrare il rispetto dovuto ad una signorina, chiamandola Miss Bradford, timorosi di prendersi troppa confidenza. Ma Jacklynn li faceva sempre sentire a proprio agio, anche quando usavano le maniere rozze.

Aveva imparato presto il loro gergo, e lo usava per imitarne le espressioni o il modo di parlare, suscitando risate fragorose quando faceva la voce cavernosa, infilava il pollice nella cintura, e avanzava con andatura a ciondoloni o con un’aria furbesca.

Iniziò a conoscere molti marinai per nome, e li assediava con mille domande. Scoprì che molti di loro, non avevano ne parenti, ne amici, ma solo il mare. Tutti si erano imbarcati molto giovani, e pochi erano cresciuti in fattorie, e appena giunta l’età, erano stati obbligati per servire nella marina inglese.

Nel frattempo, Matthew rimase a debita distanza, concedendo agli uomini il beneficio della compagnia della sua ospite;

Da quando si era imbracata, il suo umore era migliorato, rendendo anche i membri dell’equipaggio più attivi e svegli.

Dovette ammettere che sentiva la mancanza di Jacklynn. L’aveva pensata giorno e notte, finché si era bruscamente reso conto, di desiderare la sua compagnia molto più di quella delle donne con cui era entrato in intimità.

Appena iniziata la carriera da marinaio, Matthew aveva imparato che la navigazione verso Ovest era nota come la salita dell’Atlantico. Il viaggio in direzione contraria si poteva fare in un mese, ma al ritorno, potevano volerci anche tre mesi. Un periodo poco adeguato per un normale corteggiamento, ma forse sarebbe stato sufficiente per decidere quale tipo di impegno prendere con la giovane che aveva abbracciato.

 

Tre settimane dopo, Jacklynn si svegliò molto presto, al chiarore d’un’insolita alba rossa. I colori erano così accesi, che pregò Matthew di lasciarla salire sul ponte.

Quando Burton Howe le si fermò accanto, per ammirare anch’esso il bellissimo spettacolo che offriva la natura, Jacklynn non riuscì a frenare il suo entusiasmo.

<< Non è un cielo straordinariamente bello? >>.

<< Oh, si… bello, ma è il genere d’alba che un marinaio preferirebbe non incontrare >>.

<< Che cosa intendete? >>, trillò incuriosita.

<< C’è un vecchio proverbio che i marinai si tramandano. –Rosso di sera, bel tempo si spera. Rosso di mattina, la tempesta si avvicina- >>.

Jacklynn sbiancò a quelle parole. Il ricordo della tempesta, e del suo stomaco in subbuglio le riaffiorò prepotente nella testa.

<< Oh, no… non un’altra tempesta! >>, esclamò disperata, suscitando alcune risate nel comandate. << Perché ridete? >>.

<< E’ solo un proverbio Miss Bradford, non temete >>.

Risollevata dalla notizia, sorrise a Howe. Ma in ogni modo, sebbene il cielo fosse sgombro di nuvole, quell’uomo aveva molto più esperienza di lei in queste cose. Ma fortunatamente nessuno sembrava preoccupato dal presagio che portava con se l’aurora.

Con lo sguardo, cercò Matthew, che dopo poco le concesse una vista di cui avrebbe fatto volentieri a meno;

Sembrava molto pratico nel muoversi fra le corde sotto il pennone. Si issò in cima all’albero maestro e sembrò passeggiare piacevolmente, mentre ispezionava le vele che fluttuavano sotto di lui.

Jacklynn sentì un’ansia fremente travolgerla, e il cuore batterle furiosamente in petto. Per la paura, si portò una mano alla fronte, riuscendo così a restringere la visuale, poi corse lungo il ponte raggiungendo Howe.

Dopo poco, si rigirò cercando con gli occhi Matthew, finché, con suo immenso sollievo, lo videro parlare con il quartiermastro;

Un uomo brizzolato dai muscoli poderosi ed esagerati, con lo sguardo d’acciaio.

Sollevata, si volse verso Howe, che era alle prese con uno strumento che l’aveva incuriosita fin da quando l’aveva notato. Desiderando saperne di più, gli si avvicinò maggiormente e spetto pazientemente che interrompesse il suo lavoro.

<< E’ un sestante? >>, gli chiese con un sorriso, indicando il congegno metallico, un triangolo con una base curva e parecchi accessori interessanti.

<< Bè sì, è un sestante >>, rispose lui, sorpreso dalla sua competenza. << Con questo e un cronometro, un marinaio potrebbe anche trovare la strada per il paradiso >>.

<< Come si usa, se posso chiedere? >>.

Sorridendo per tanto interesse, il secondo cominciò a spiegare. << Permettetemi di mostrarvelo, signorina. Vedete, si guarda semplicemente qui attraverso il telescopio… e lo si punta su un oggetto nel cielo, come la luna>>. Indietreggiò alle sue spalle, stendendo le braccia per fare i vari aggiustamenti. <>.

Jacklynn ascoltò estasiata l’ottima spiegazione. Poi, non avendo ancora saziato del tutto la sua curiosità, domandò: << Potreste mostrarmi come si calcola un angolo? >>.

<< Certamente Miss Bradford >>.

Era in procinto di farlo, quando un’improvvisa consapevolezza colse Jacklynn;

Un attimo prima era intenta a conoscere il funzionamento del sestante, un attimo dopo aveva dimenticato tutto, tranne l’inspiegabile sensazione che Matthew fosse a portata di mano.

Un’aspra domanda, confermò la sua impressione.

<< Che state facendo Howe? >>.

Il secondo s’irrigidì preoccupato, allontanandosi immediatamente da Jacklynn. Benché senza colpa, cominciò a balbettare. << C-chiedo perdono Capitano, ma Miss Bradford, ha espresso interesse sul funzionamento del sestante >>.

<< Capisco >>, rispose Matthew, i cui occhi scandagliavano entrambi. Il vento gli arruffava i capelli color sabbia, mentre analizzava ciascuno di loro, mettendoli sempre più in imbarazzo.

Jacklynn si sentì dispiaciuta per aver coinvolto in quella situazione il secondo, seppur innocente, ma che aveva risvegliato l’ira di Matthew.

<< Forse non avrei dovuto interrompere il signor Howe, mentre era indaffarato. Non succederà più >>.

<< E siete riuscito a finire la vostra lezione? >>, disse rivolgendosi al primo ufficiale.

<< Stavo giusto mostrando a Miss Bradford come calcolare un angolo, ma non ho avuto modo di finire >>.

<< Allora continuate >>, lo incitò il Capitano.

<< G-grazie Capitano >>, bisbigliò sollevato il secondo.

Jacklynn osservò Matthew allontanarsi, avendo il sospetto che avesse deliberatamente deciso di spaventarli a morte solo per puro divertimento.

Si affrettò a chiedere congedo al secondo. << Scusate signor Howe, ma vorrei scambiare una parola col Capitano >>.

Allontanandosi, accelerò il passo per raggiungere Matthew, poi fronteggiandolo, lo affrontò con un sorriso timido ma seducente.

<< Presumo che tu ti senta piuttosto compiaciuto al momento, Capitano >>.

<< Scusa? Che stai dicendo? >>.

<< Sai benissimo cosa sto dicendo >>, lo sfidò, << Ti conosco da abbastanza tempo per riconoscere il tuo spirito da diavoletto. Hai molestato di proposito quel pover’uomo, facendogli pensare che eri geloso… >>.

Matthew la guardò in tralice, poi sollevò lo sguardo alle sartie sopra le loro teste. <>.

L’affermazione la sconcertò tanto che non riuscì a trovare le parole adatte per ribattere.

<>.

Jacklynn gli rivolse un sorriso dolce, sollevando lo sguardo verso quello di Matthew che la fissava a sua volta. Quando le fissò le labbra, Jacklynn ebbe la strana sensazione che stesse per baciarla, ma subito allontanò l’idea come una fantasia e si rimproverò perché nutriva simili, sconvenienti illusioni. Quando le pupille blu di lui catturarono le sue,  le divenne impossibile respirare.

<< Sarei onorato se vorrai cenare con me questa sera >>, mormorò Matthew, poi aggiunse << Anche il signor Howe cenerà con noi >>.

<< Naturalmente. D’altronde devo pur farmi perdonare in qualche modo >>, rispose facendo scoppiare entrambi a ridere.

Matthew la fissò nuovamente, scrutando il suo stupendo viso, poi sorridendole si congedò tornando accanto dal timoniere. << Ti aspetto allora >>.

 

Prima della cena, Jacklynn si raccolse i capelli in un elaborato chignon, sopra la nuca. Per l’abbigliamento, poteva fare ben poco, oltre che cercare di sistemare la camicetta, per lei indecente.

D’un tratto, qualcuno bussò alla porta. Incuriosita, andò ad aprire, rivelando un Jed Rice più contento che mai, mentre con un mano reggeva un sacco di tela. Sorridente, il ragazzo avanzò e disse: << So che questa sera siete invitata a cena dal Capitano, quindi ho pensato di cucire qualcosa di speciale per voi. Non potete andare sempre in giro vestita da uomo… >>, concluse infine. Poi prese il sacco di tela e lo aprì, tirando fuori un magnifico abito in broccato e raso bordeaux, rifinito con passamanerie dorate. Il taglio era alla moda, grazie alla maniche a palloncino e lo scollo che lasciava scoperte le spalle. Una fascia drappeggiata di un rosso più brillante saliva dalla parte destra della vita fino alla manica sinistra, dove si annodava elegantemente.

<< Oh, è bellissimo! >>, esclamò stupefatta Jacklynn.

<< Ho fatto quello che ho potuto. Non c’è molto su questa nave, per confezionare un abito da signora…>>, ripose tentando di non arrossire.

<< Siete un sarto eccezionale >>, disse lei.

Jed arrossì. << Potete indossarlo questa sera, se volete… >>.

<< Lo farò senz’altro, in modo che tutti possano ammirare il vostro lavoro >> rispose Jacklynn. Quando Jed Rice fu congedato, lei indossò il vestito, e rimase a lungo a rimirarsi nello specchio. Le mancavano così tanto quelle serate, in cui le gonne ti taffettà frusciavano su lucidi pavimenti in marmo, e odore di naftalina si mescolava assieme alle colonie di gelsomino, violetta e mughetto.

 

Matthew spalancò la porta al primo colpetto di nocche, e per un attimo si fermò davanti all’apparizione, inebriato da tanta bellezza. Jacklynn colse quel lento e scrupoloso esame, come un tacito complimento, poiché il calore di quegli occhi color zaffiro si intensificò quando giunsero alla morbida crocchia sulla testa.

Matthew sembrava divertirsi a indugiare a lungo su di lei, a giudicare dal sorrisetto ipnotico che le rivolgeva. L’espressione di Jacklynn rivelava ammirazione per l’abbigliamento del Capitano, come sempre nella sua pulita uniforme, solo che questa volta, indossata più formalmente.

<< Peccato che venga il signor Howe >>, sottolineò Matthew con un sorriso ostinato e furbo. Prendendole la mano, la condusse nella sala ufficiali, dove tutto era già pronto. Chiuse la porta dietro di lei, e le si avvicinò per sussurrarle: << Sei dolce abbastanza per essere assaggiata a cena? >>.

Jacklynn rimase stordita per un attimo, poi adagio Matthew l’attirò a se, finendo tra le sue braccia. Col fiato sospeso per la vicinanza di lui, rimase immobile, mentre Matthew chinò la testa e con dolcezza infinita le prese le labbra.

L’intensità del bacio lasciò Jacklynn sbigottita, ma non indignata. La voglia di lasciarsi sconvolgere era tale che non oppose la benché minima resistenza.

Matthew l’attirò ancor di più a se afferrandola per i fianchi, colto da una spirale di intense emozioni. Jacklynn invece, era in punta di piedi e si aggrappava con forza alla spalle di Matthew, mentre lui le massaggiava delicatamente la schiena con la mancina, e l’altra era stata portata dietro la nuca.

Quel bacio, così intenso, dolce, ma anche pieno di ardore, lasciò spiazzati entrambi. Quando terminarono, da come Jacklynn gli si appoggiò sopra sembrava che lei non avesse più forze.

<< Ancora >>, lo supplicò lei con voce da bambina. Matthew fece una piccola risata che fu seguita da un forte bussare alla porta, interrompendoli.

Matthew le scoccò un ultimo bacio sulla guancia, prima di allontanarsi per andare ad aprire alla porta.

Anche Howe si era dato da fare nel vestirsi. Si era sistemato la divisa appena lavata e stirata.

Con il suo arrivo si poté finalmente dare inizio alla cena, durante la quale il signor Howe deliziò Jacklynn con i racconti delle sue avventure in mare con il Capitano, e spesso la teneva col fiato sospeso per la conclusione della storia. Spessissimo la fece ridere con il suo umorismo.

Apprezzarono un'altra deliziosa cena del bravo Monsieur Leroy, e quando giunse il momento del porto, Jacklynn ebbe motivo di chiedersi quando era stata l’ultima volta che aveva riso così tanto. Matthew sembrava contento di lasciare al suo secondo il compito di intrattenerla, mentre lui per la maggior parte del tempo, sedette in disparte a guardarla.

<< Il che dimostra >>, disse il signor Howe, a conclusione di un altro racconto, << che puoi spaventare anche un moro un equipaggio come il nostro >>.

<>, osservò lei con una risata, poi aggiunse: << Ma sono contenta che non l’abbia fatto >>. Guardò Matthew, le cui audaci imprese l’avevano riempita di timore e di paura per i rischi che era portato ad affrontare. Voleva rimproverarlo per non essere più cauto nel salvaguardarsi la vita.

Al momento, il Capitano si era messo comodo sulla sedia, del tutto a proprio agio. Guardandolo furtivamente, si accorse che era molto giovane per essere gia un Capitano, ma comunque più maturo di ogni altro uomo della sua età. Portava il peso dell’autorità e dell’esperienza decisamente bene, ed accettava la responsabilità del comando, come se ci fosse nato. E la manteneva abilmente senza mostrarsi tirannico.

La luce della lampada gli illuminava i lineamenti, evidenziandone la linea decisa della mandibola e la nobile eleganza del viso. Gli occhi erano oscurati dall’ombra che gettava la lanterna, ma comunque poteva sentire su di sé il suo dolce sguardo.

<< Quando hai lasciato Bristol, Capitano, hai cercato di proposito una vita così avventurosa? >>, indagò lei pacata.

Matthew giocherellò con il bicchiere prima di rispondere. << Le nostre esperienze sembrano temerarie solo nei racconti >>.

<< Non è vero! >>, obbiettò con una risata Howe. << Ogni parola è vera, ed il Capitano lo sa >>.

<< Avete camminato sul filo del rasoio più volte >>, insistette Jacklynn.

<< Almeno un centinaio >>, si vantò il secondo. << In un’occasione abbiamo passato un mese a nasconderci a Majorca quando… >>.

<< Penso che questo basti, signor Howe >>, mormorò Matthew con un sorrisetto tollerante, ma anche un rimprovero così velato fu capace di zittire il compagno.

Matthew aveva appena sollevato la caraffa per riempire il bicchiere dell’altro, quando fu interrotto da un brusio proveniente dal corridoio. Si alzò molto tranquillamente, e spalancò la porta, scoprendo parecchi uomini guardarsi l’un l’altro piuttosto dubbioso. Uno di questi, venne spinto avanti per fare da portavoce.

<< Perdonate Capitano, ma c’è un piccolo problema di sotto >>.

<< Che tipo di problema? >>, chiese calmo Matthew. Burton Howe, si era già alzato, e si portò a fianco del Capitano.

<< Wilson è ubriaco, signore. Ha già ferito Grover con un coltello e adesso ha preso un’ascia. Sta spaccando le paratie sottocoperta, davvero, signore… lo trova divertente >>.

Fare buchi nelle paratie di una nave mentre è in mare aperto non sembrava divertente a Jacklynn, e neppure maneggiare un’ascia mentre si è ubriachi, o accoltellare un uomo. Eppure Matthew non mostrava segni visibili di allarme quando tornò verso di lei.

<< Ti prego di scusarci >>.

<< Certamente >>.

<< Torna in cabina, chiudi la porta dall’interno e non fare entrare nessuno finché non torno. Hai capito? >>.

<< Si >>, rispose lei incerta.                      

Si sentiva sollevata che lui fosse così ben preparato ad affrontare situazioni avverse, come avevano confermato i discorsi di Howe a cena.

Tenendo questo in mente,lo pregò dolcemente: << Per favore, stà attento >>.

Matthew era sul punto di uscire, ma si fermò per lanciarle uno sguardo da sopra le spalle. sorrise e lasciò la sala ufficiali con il signor Howe che faticava a stargli dietro.

 

Jacklynn ubbidì a Matthew tornando in cabina, e chiudendosi a chiave. Sospirò, consapevole di quanto fosse diventata ansiosa, non per se, ma per Matthew.

Howe non le aveva di certo fatto un piacere, raccontarle delle audaci imprese del suo Capitano. Da quello che aveva potuto capire da quei racconti, è che quando c’era un problema da risolvere, Matthew se ne faceva a carico.

Si premette una mano alla fronte e guardò le finestre della galleria. L’oscurità scendeva, ma al di là dei vetri persisteva un bagliore di tramonto.

La consapevolezza che Matthew era in pericolo la ridusse a un cumulo tremante di preoccupazione per l’uomo a cui teneva tanto. Rendendosene conto, si sedette sui cuscini, appena un attimo prima che le gambe le cedessero.

Era ancora attanagliata dall’angoscia quando sentì dei passi sulla scaletta. Senza pensare minimamente all’ordine di Matthew, si lanciò verso la porta, girò la chiave annaspando con le dita e la spalancò con uno strattone. Matthew aveva la mano alzata pronta a bussare, ma quando lei apparve, senza fiato e piena di paura, uno sguardo torvo oscurò la sua espressione.

<< Non ti avevo detto di non aprire la porta? >>.

Aveva ragione. Il suo comportamento era stato proprio stupido, avrebbe potuto esserci chiunque nel corridoio, ma non le importava in quel momento. Con il cuore in gola, si gettò su di lui e gli strinse le braccia al collo. << Oh, grazie al cielo stai bene! Ero così preoccupata… >>.

Le braccia di Matthew la circondarono e la strinsero forte, finché lei non gli si accoccolò addosso. Premette una guancia sui suoi capelli, spaventato dalla paura.

<>, le sussurrò all’orecchio.

Sollevata dagli abissi della sua preoccupazione, Jacklynn si sentì leggera come una piuma. Infatti quasi frastornata dal sollievo, in un istante gli prese il viso e ridendo di una gioia quasi infantile lo coprì di piccoli baci. Poco dopo si accorse di ciò che aveva appena fatto, così come scottata, si allontanò bruscamente da Matthew, che la guardava confuso. Perché si era fermata?

<< Scusami non avrei dovuto. E’ che ero così in pensiero, e… si, insomma… >>, disse provando a scusarsi.

<< Non è successo niente >>.

<< No, scusami >>, lo interrupe lei. Subito dopo comparve sulla soglia Howe, che rispettosamente interruppe i due.

<< Perdonate, Capitano, ma il quartiermastro vorrebbe definire alcune cose con voi, dato che il vento sembra aver cambiato bruscamente direzione >>.

<< Certo, vengo subito >>, rispose rivolto a Howe, per poi incamminarsi con lui verso la porta. Prima di uscire, Matthew si volse verso Jacklynn, sorridendogli dolcemente. << Buona notte >>.

 

Jacklynn fu sopraffatta dal sonno, non appena posò la testa sul cuscino. Ma un incubo, tormentò la sua notte, un’orribile illusione nella quale temeva disperatamente per la propria vita;

Correva in una casa buia, e stava fuggendo da qualcosa che le era sempre più vicina. Tentava di scappare e nascondersi, ma alla fine trovava sempre il suo nascondiglio, facendola sobbalzare e barcollare per la paura. Sembrava piombarle addosso come fiamme dell’inferno.

Con un grido strozzato si sollevò sul letto, agitando la mano. In preda al panico prese a lottare con un uomo che voleva immobilizzarla e seppellirla viva. << No, non puoi! >>, singhiozzò. << Non sono ancora morta! Non puoi seppellirmi… >>.

<< Jacklynn, svegliati >>, sussurrò una voce familiare. << Stai sognando >>.

Si guardò intorno con un’espressione selvaggia, ancora piena di terrore. Lo sguardo cadde su Matthew che sedeva a lato della cuccetta. Il desiderio di buttarsi nelle sue braccia e farsi coccolare, era talmente forte che non esitò. Avvinghiata a lui, si sfogò in un pianto liberatorio, cominciando a singhiozzare. Matthew, provò a calmarla, ma con molte difficoltà. Di certo non gli era mai successo che dovesse consolare un membro del suo equipaggio in lacrime.

<< Shh, era solo un sogno Jacklynn. Stai tranquilla… >>.

<< Oh, Matthew… è stato orrendo. Mi volevano seppellire viva, e io tentavo di dirgli che ero viva, ma loro non mi ascoltavano >>, disse disperata, mentre stringeva con forza la camicia di Matthew.

<< Ma ora è tutto finito, ok. Sdraiati sul letto, e riposa ancora un po’ finché non ti sei schiarita le idee. Mi sono spaventato a sentire le tue grida dal ponte >>.

<< Noooo >>, si lamentò lei. << Non ci riesco, ho paura >>.

Senza ascoltare le sue proteste, scese dalla cuccetta, afferrò una coperta da uno degli armadietti e tornò a sedere sul letto. Con calma si sdraiò accanto a lei, invitandola a rannicchiarsi nel caldo, piccolo spazio far lui e la parete. Stando attenta a non urtarlo, piegò le ginocchia sotto le sue e lo circondò con un braccio. Matthew le fece passare un braccio dietro la testa e le spalle, cossichè lei potesse accoccolarsi più vicino.

Prima che Morfeo gli investisse con la sua polvere magica, Jacklynn era ormai calma e tranquilla.

<< Come ti senti? >>, gli chiese premuroso Matthew.

<< Meglio >>, mugugnò assonnata. Poi, cercando una posizione più comoda, lo circondò con un braccio. La mano trovò un passaggio sino al suo torace, e in breve la mano di lui giunse a racchiuderla nella sua prese. Soddisfatta, si strofinò il naso sul suo torace, lasciandosi andare completamente.

Subito dopo il suo lento e leggero respiro fece capire a Matthew che si era addormentata, così molto più tranquillo, si assopì anche lui.

 

C’era qualcosa di molto intrigante nello svegliarsi con un morbido corpo femminile rannicchiato accanto, rifletté Matthew assonnato, mentre la prima luce del mattino filtrava dalle finestre di poppa. La cuccetta era illuminata da un’aura rossastra stranamente brillante che intingeva d’oro tutto ciò che colpiva, facendo scintillare di luce propria le brune ciocche accanto a lui. I lunghi capelli di Jacklynn erano scompigliati sul cuscino, e il loro delicato profumo lo invitava a strofinarsi le guance, e di svegliarla con dolci carezze, ma sapeva che se non si fosse allontanato subito, non avrebbe mai raggiunto il ponte di comando.

Di poca voglia si alzò dal letto, e si avviò verso il lavabo, dove si rinfrescò il viso con dell’acqua fresca. Si cambiò la camicia, e infilò gli stivali lucidi, ed in silenzio si diresse verso il fondo della cuccetta, dove rimase a guardare Jacklynn per un lungo momento. Sentì un nodo allo stomaco mentre gli occhi accarezzavano il delicato profilo sul cuscino. Nonostante gli sforzi, non poté resistere e sfiorò con il dorso delle dita, la gota delicata, baciata da alcune ciocche.

Sorrise, poi uscì per dirigersi sul ponte di comando.

Felice e rilassata, Jacklynn si alzò, per niente sorpresa di non trovare ancora nel letto Matthew. Di sicuro era gia salito sul ponte. Si lavò, e indosso i soliti abiti. Raccolse i capelli in un nodo alla nuca, e cercò di far nascere un po’ di colore alle guance.

Jed Rice arrivò con il vassoio della colazione, ma questa volta non era il sorridente ragazzo che lei conosceva. Era pallido e silenzioso, apparentemente in lotta con qualcosa.

<< C’è qualcosa che non va, Jed? >>, gli chiese Jacklynn preoccupata, mentre lui appoggiava il vassoio. Evitando il suo sguardo scosse la testa. << No signora, è tutto a posto >>.

Lei non era affatto convinta. << Stai forse male? >>.

<< Oh, no signor >>.

<< Jed, sei sicuro… >>.

Il ragazzo aveva fretta di andarsene ed era riluttante a rispondere a qualsiasi domanda. << Tornerò più tardi a prendere il vassoio, signorina >>. Esitò un attimo prima di aggiungere: << Farete bene a non muovervi, stamattina >>, e uscì.

Jacklynn fissò pensierosa il vassoio della colazione, mentre si sforzava di ascoltare, ma riusciva solo a sentire un silenzio più assordante di un rullo di tamburi. La curiosità ebbe la meglio su di lei: si avviò alla porta, l’aprì e rimase in silenziosa attesa. Quella quiete sinistra sembrava senza fine.

C’erano quasi 850 uomini a bordo dell’Ember Rose. Avendo poca esperienza della vita di bordo, se non quella raccontatagli da suo padre, Jacklynn non riusciva a spiegarsi tutto quel silenzio. Avevano una buona tabella di marcia, ma la momento non c’erano colpi né il fracasso dei lavori quotidiani, le urla della sentinella mattutina, i ritornelli di canzoni o il sommesso vocio. C’era solo silenzio.

Scivolò cauta nel corridoio finché riuscì a scorgere il ponte principale. Con grande sorpresa, vi trovò l’intero equipaggio  riunito in silenzio, schierato in riga davanti a lei. Stavano con le gambe divaricate, le mani serrate dietro la schiena, e guardavano oltre al castelletto di prua. Jacklynn non riusciva a vedere oltre loro e dovette salire alcuni scalini. Si pentì subito. Un uomo, nudo dalla vita in su, era legato al paterazzo dell’albero di trinchetto, contro la ringhiera di tribordo. I polsi erano stesi sopra la testa e stretti in corde. In piedi di fianco a lui, c’era un corpulento marinaio con le braccia grosse come un maglio. Da una dell’enormi mani, penzola un gatto a nove code.

Quella frusta era la cosa più perversa che Jacklynn avesse mai visto, e con sforzo distolse lo sguardo in cerca di Matthew. Anche lui era lì, nel castelletto di prua, alto, stoico, il suo corpo possente rigidamente eretto, una figura potente e autoritaria, eppure fredda e distante, priva di umanità. Mentre lo osservava, il cuore le balzò in gola.

Howe avanzò e con voce chiara, annunciò: << Il marinaio Redmond Wilson, essendosi reso colpevole di negligenza sul lavoro, di possesso e abuso di alcolici a bordo, e avendo compromesso la vita del signor Thomas Grover, e anche il benessere di tutto l’equipaggio e la condizione della nave, viene in questa sede condannato a ricevere dieci frustate, punizione che verrà eseguita all’istante >>.

Nessuno si mosse eccetto il marinaio con la frusta, che girò la testa in direzione di Matthew. Con un solo cenno del capo, il Capitano dell’Ember Rose diede inizio alla punizione. Il gatto sibilò nell’aria come un serpente, venendo a contatto con la carne e facendo emettere un ruggito di dolore al malcapitato. Jacklynn si rannicchiò, inconsapevole dell’urlo che le era sfuggito dalle labbra. Nel fosco silenzio che seguì, tutte le teste si voltarono verso di lei.

Il primo istinto fu quello di scappare, ma era troppo evidente quello che aveva fatto. L’orgoglio gli impedì di fuggire davanti alle conseguenze delle sue azioni. Respirando appena, salì sul ponte e spettò muta il rimprovero. Jed Rice le era vicino e la guardava con terrore, il resto dell’equipaggio con espressioni che andavano dall’incredulità alla simpatia.

Un varco, si aprì quando Matthew attraversò il ponte e si diresse verso di lei. Nemmeno per un momento Jacklynn, dubitò della sua rabbia. Le afferrò il gomito e, senza dire una parola, la condusse sino alla sua cabina.

<< Non dovevi salire sul ponte >>, brontolò aprendo la porta. << Jed non ti aveva avvertita? >>

<< Mi ha detto di rimanere dov’ero >>, ammise lei con un filo di voce.

<< Di solito c’è una ragione, per un ordine del genere >>, affermò pungente. << In futuro farai meglio a seguirlo >>.

<< Lo farò >>, sussurrò Jacklynn quasi scoppiando a piangere.

Voltandole le spalle, uscì dalla cabina e lasciò che fosse lei a richiuderla.

L’eco delle grida di Redmond Wilson la tormentava, e per quanto cercasse Jacklynn, non poteva escluderla. Sapeva che l’uomo aveva meritato la punizione, e poiché lei era un passeggero su una nave che non ne portava affatto, era un’intrusa. Si era intromessa negli affari di Matthew causandogli un forte imbarazzo davanti ai suoi uomini.

Alla fine le grida si zittirono, e in un tempo sorprendentemente breve gli usuali rumori della vita di bordo cominciarono di nuovo, ma nessuno venne alla sua porta. Jacklynn rimase reclusa nella sua cabina, e questa volta giurò di rimanerci finché non le avrebbero dato il permesso di lasciarla, o l’avrebbero trasportata via in cenere.

Al calare della sera, aveva i nervi tesi. Jed Rice non era neppure apparso con il pranzo. Non che ciò la turbasse troppo poiché dubitava di riuscire a mangiare. Con il passare del tempo, diventata sempre più agitata. Era ovvio che Matthew la stesse lasciando sola di proposito, a considerare la sua colpa per aver disobbedito a un ordine, sebbene ricevuto in modo informale.

Dei passi si avvicinarono alla porta, e lei si sforzò di alzarsi in piedi. Un’espressione cupa oscurava ancora il viso di Matthew quando entrò. Si fermò e si guardò intorno sospettoso.

<< Perché non hai acceso le lampade? >>.

<< Non ci ho nemmeno pensato >>, ammise lei esitante.

Rapidamente se ne prese cura lui, e presto la luce inondò la stanza. Quando finalmente si decise a incrociare il suo sguardo, Jacklynn capì che non era più arrabbiato.

<< Ti mando Jed con un vassoio di vivande >>, disse infine.

<< Non c’è bisogno di disturbare il ragazzo >>.

Matthew si guardò intorno sorpreso. << Ma non mangi da stamattina a colazione >>.

<< Ho mangiato molto a cena ieri sera >>.

<< Ti mangio giù un vassoio comunque >>.

<< Ho detto di non disturbarti >>, insistette lei, << Non ho fame >>.

<< Va bene allora! Lasciamo perdere! >>.

<< Perché ti sei arrabbiato con me per essere salita sul ponte? >>, sbottò lei, incapace di trattenersi. Lo fissò attraverso le lacrime. << Che male ho fatto? >>.

<< Hai idea di come sia la schiena di un uomo dopo una fustigazione? >>, le chiese. La mandibola serrata, i muscoli delle guance contratti. << La pelle è come scuoiata in brandelli sanguinolenti. Pensi che una donna debba assistere a questo spettacolo? >>.

Lei sbiancò e rabbrividì. << No, Matthew, certamente no. Avevi ragione a farmi restare in cabina, e io ho sbagliato a ignorare Jed. Ma che male ho fatto veramente? >>.

Matthew alzò la testa per guardare il soffitto un attimo prima di risponderle. << Hai interferito con qualcosa che non è affar tuo Jacklynn. A volte è necessario per il capitano di una nave comminare punizioni e fare cose che una donna potrebbe non capire. Senza la disciplina, i marinai non si sentirebbero obbligati a portare rispetto agli ufficiali di alcun grado e l’ordine sarebbe impossibile >>.

<< Non devi spiegarmi tutto questo. Non volevi che vedessi ciò che avevi ordinato >>.

<< Non c’entra niente >>, protestò Matthew.

<< Chi ha disarmato Wilson? >>, chiese insistente.

<< Io naturalmente. E’ la mia nave, ed io ne sono pienamente responsabile >>.

Esattamente quello che aveva pensato la sera precedente tremando dalla paura che si ferisse. << E allo stesso modo eri responsabile della sua punizione. Entrambe le azioni dovevano essere prese per proteggere gli altri >>.

Matthew sembrò a disagio.

<< Ti aspetti che ti ritenga un mostro perché hai la forza di perseguire la giustizia quando è necessario? Oh no, io no! Ho piena fiducia nelle tua capacità di essere giusto e allo stesso tempo duro quando le circostanze lo richiedono. Sei il Capitano di questa nave, e la tua responsabilità include tutti quelli che vi sono a bordo >>.

Lui le si avvicinò e le sollevò il mento per guardarla in faccia: i suoi occhi color zaffiro erano più gentili che mai. <>.

Improvvisamente, si sentì l’eco delle urla della sentinella. Matthew allarmato, scattò fuori dalla stanza, ma non prima di aver avvertito Jacklynn di non uscire finché non glielo avrebbe detto lui. E questa volta, Jacklynn, ci sarebbe rimasta

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


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5

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LEmber Rose navigava su un mare incerto. Tutto intorno a loro, un biancore grigiastro si stagliava sull’oceano. L’unica cosa che si riusciva a vedere, era il pennone di prua della nave che avanzava lentamente nella coltre biancastra.

Improvvisamente, la sentinella di dritta gridò: <>. A quel punto, un giovane nocchiere, il signor Calamy, si diresse verso la sentinella oltrepassando tutti gli uomini, che allarmati si sporgevano verso il parapetto.

<< Cosa c’è Slade? >>, gridò il signor Calamy, guardando dal basso verso il pennone di prua.

<< Mi è sembrato di sentire qualcosa…sembrava una campana >>, rispose diligentemente.

Il signor Calamy, gli rivolse uno sguardo dubbioso, poi soffermandosi a pensare, rifletté attentamente sugli utilizzi d’una campana.

<< Forse sono pescatori locali >>, suggerì infine.

<< O una boa che segnala uno scoglio >>, propose la vedetta.

<< Signor Barkley… il solcometro, prego >>, ordinò ad un giovane ufficiale costatando che la cosa migliore da fare, era scandagliare l’orizzonte anche se poco visibile.

Con un cenno del capo, il signor Barkley prese l’oggetto in questione, consegnandolo al nocchiero, che prontamente puntò verso il mare, ma non vide altro che la solita nube biancastra.

<< Al segno cinque braccia! >>, gridò un marinaio. Intanto Calamy continuava a far vagare il suo sguardo di fronte a lui, alla ricerca di qualche oggetto.

Un balenio scuro, attraversò repentinamente la foschia. C’era qualcosa li in mezzo…

Incredulo, Calamy abbassò il cannocchiale per osservare ad occhio nudo, ma non individuò alcun oggetto.

<< Sabbia e conchiglie rotte! >>, gridò l’addetto allo scandaglio del fondale.

Nel mentre, il secondo ufficiale raggiunse il ponte, andandosi ad affiancare al signor Calamy, che continuava a tenere lo sguardo fisso davanti a se come fosse in trans.

<< Cosa c’è? >>, chiese Howe.

<< Ehm…a 20° gradi dal mascone nella nebbia, signore >>, gli rispose porgendogli il solcometro.

<< Cosa c’è? Una vela? >>, domandò Howe.

<< Non so cos’era >>, ammise deluso Calamy, infine aggiunse: << Dobbiamo prepararci al combattimento? >>.

Howe scrutò gli uomini dietro di esso, che lo fissavano in attesa di ricevere ordini. Non sapeva che fare. Allarmare inutilmente l’equipaggio avrebbe solo peggiorato le cose.

Indeciso sul da farsi, disse: << Non ne ho la certezza >>.

<< Siete voi a scegliere >>.

<< AI POSTI DI COMBATTIMENTO !>>, gridò verso l’equipaggio, che prontamente scattò.

I fanti di marina cominciarono a rullare i tamburi, mentre gli ufficiali andavano ad occupare le rispettive postazioni.

<< IN PIEDI! SVEGLIA! >>, gridò il commissario agli uomini sotto coperta, che fulmineamente raggiunsero il ponte di comando affiancando i propri compagni, gia pronti.

<< POSTI DI MARINA! >>.

<< SBRIGATEVI! >>.

<< TUTTI A PRORA VIVA NELLA STIVA! >>.

<< SCATTARE RAGAZZI! >>.

<< PRENDETE LE ARMI! >>.

Matthew raggiunse velocemente il ponte di comando, e guardandosi attorno notò che il Signor Pullings gli si avvicinava.

<< Signore… avvistamento nella nebbia >>, gli disse mentre la sua voce veniva sovrastata da quella grossa e squillante del commissario che ordinava:

<< PIANO COL BOZZELLO DEI PENNONI! >>.

<< I GABBIERI ALLE COFFE! >>.

Con un cenno affermativo del capo, Matthew si avviò a passo spedito, verso il parapetto di prua dove si trovavano Calamy e Howe.

< < Da che parte? >>, domandò senza tanti complimenti.

<< Ehm… a 20° gradi dal mascone di prora, signore. A meno d’un miglio di distanza >>, rispose un po’ balbettante, a causa dell’impeto che aveva usato il suo capitano.

Nel mentre Matthew, tirò fuori dalla giacca con le gale un cannocchiale, e lo puntò nella direzione suggerita da Calamy.

Scrutò minuziosamente il paesaggio attraverso il cannocchiale, ma non vi trovò nulla.

<< Siete sicuro, Mr Calamy? >>, chiese continuando a scandagliare.

<< Sissignore >>.

<< Una nave da guerra? >>.

<< Non so signore >>.

Matthew si voltò per un istante a guardarlo, così Calamy si affrettò ad aggiungere: << L’ho vista solo per un attimo. Mi è sembrato di vedere una sagoma >>.

Matthew ritornò al suo cannocchiale, soffermandosi più volte su d’un punto preciso, nella speranza di intravedere qualcosa. Un bagliore.

<< GIU’! TUTTI GIU’! >>, gridò con quanto fiato aveva in corpo. Con una spinta, fece abbassare a terra Howe e Calamy che si trovavano al suo fianco, mentre il resto dell’equipaggio si buttava a pancia a terra sul ponte.

Un rumore assordante, cordame e legno che venivano infranti e una pioggia di schegge, annunciarono l’arrivo dell’Acheron, la temibile nave francese.

Gli uomini se ne stavano appiattiti contro il pavimento in legno del ponte, cercando di riparasi dalle schegge il viso, con le braccia e le mani.

Intanto l’Acheron, scagliava a raffica palle di cannone. Alcune riuscirono a colpire il parapetto e le modanature di poppa, altre affondavano nel profondo dell’oceano.

<< Tutti ai posti di combattimento. Mr Hollar rapporto sui danni >>, ordinò il signor Howe mentre avanzava verso Matthew, ma improvvisamente si fermò di colpo come il resto dell’equipaggio, che osservavano la nave dagli alberi neri, uscire dalla nebbia.

<< Cannoni da 18 libre >>, affermò Matthew rivolgendosi al suo secondo.

<< Per lo meno >>, asserì Howe angustiato.

<< Non possiamo permetterci uno scontro a fuoco, siamo troppo danneggiati. Questa volta agiremo d’astuzia >>, disse infine Matthew, poi con lo sguardo cercò il signor Howard e ordinò: << Nota per il giornale di bordo, Mr Howard. “Intercettata e iniziata battaglia con fregata nemica ai sei colpi” >>.

<< Gli ordini signore? >>, chiese Howe.

Matthew lo guardò con un ghigno furbesco, e disse: << Chiama i cannonieri. Portateci dentro quella nebbia Burton, a dodici nodi >>.

<< Ma… signore. Dovremmo spiegare tutte le vele per raggiungere i dodici nodi >>.

<< Spiegheremo anche i fazzoletti se necessario. Forza! >>.

<< Si signore >>.

<< VOGARE VERSO LA NEBBIA! DODICI NODI! >>, gridò il secondo al timoniere.

L’equipaggio si preparò, e scattante spiegò tutte le vele. I nocchieri invece, misurarono la velocità, e con grande successo riuscirono a raggiungere i dodici nodi.

<< Dodici nodi, signore >>, confermò il signor Calamy.

<< Ve bene >>, rispose Matthew con un sorriso compiaciuto sulle labbra.

<< Non riesco a capire cosa ci troviate di così tanto divertente in tutto questo >>, annunciò improvvisamente il dottore che aveva raggiunto in quel momento il ponte.

<< Non vi piace la velocità dottore? L’Ember Rose è ottima in questo genere di cose! >>, lo schernì Matthew, continuando a ridere.

<< Lo dite per farmi tacere, o perché conoscete bene questa nave. Da quello che ho sentito, c’è così tanto sangue vostro in questo legname, che la nave vi potrebbe essere parente >>.

<< Oh, dottore… Lo dico perché è la verita. E poi amo andare veloce con le vele >>, gli rispose Matthew voltandosi. Joseph, rassegnato se ne tornò in infermeria, con qualche difficoltà. Causa il beccheggio della nave, che non accennava a rallentare.

<< Signor Howe… >>, lo chiamò Matthew.

<< Si signore? >>.

< >.

<< Certo signore. Mr Hollar, avvisate gli uomini>>.

<< TUTTI GLI UOMINI ALL’IMPAVESATA DI DRITTA! TIRARE LE SCOTTE DELLE VELE DI GABBIA! >>.

In un baleno, l’Ember Rose incrementò più velocità, guadagnando un notevole distacco dall’Acheron che li inseguiva ancora. La velocità alla quale stavano navigando era altissima, tanto che vennero imbastite delle sartie lungo il ponte, in modo che gli uomini vi si potessero attaccare per non venire riversati a terra dal beccheggio della nave, e l’acqua delle onde, che lentamente allagava il ponte.

Soddisfatto Matthew, si posizionò sull’albero di belvedere ad osservare l’Acheron che cercava di stargli dietro. Ma in ogni modo, mancava poco, e sarebbero entrati nella coltre di nebbia.

<< Andiamo a tutta forza! >>, gridò un uomo dell’equipaggio.

<< Andiamo al creatore tran po’ se non sta attento! >>.

<< No, il Capitano conosce questa nave. Sa quanto può reggere! >>.

<< Mr Hollar, voglio delle cime di sicurezza a prua! >>, gridò Matthew.

<< Si signore! >>.

Dopo un quarto d’ora, passati a navigare alla massima velocità, finalmente raggiunsero la nebbia, e Matthew ordinò di diminuire la velocità e di ritornate alla navigazione normale.

<< Mr Barkley… può bastare. Velocità di crociera >>.

<< Si signore >>.

Dell’Acheron non c’era rimasta nemmeno l’ombra, e quando gli uomini se ne accorsero, un grido di vittoria si levò dal ponte.

<< Un urrà per il Capitano Keller! >>.

<< URRA! URRA PER IL CAPITANO KELLER! >>, gridò all’unisono tutto l’equipaggio entusiasta.

 

Ormai era tutto finito. L’Acheron aveva evitato di inseguirli anche dentro la nebbia, ma rimaneva sempre il fatto che alla fine si sarebbe scontrati.

Matthew, angustiato per i propri uomini corse verso l’infermeria, dove il dottore si stava dando da fare con parecchi feriti.

Quando vi entrò un fila d’uomini sanguinolenti e gementi lo accolse nella stanza. L’importante però, è che fossero vivi. Li superò, raggiungendo il dottore, occupato nel medicare una ferita sanguinate all’addome d’un uomo.

<< Qual è il conto? >>, gli chiese con ansia.

<< Tre morti e ventisette feriti >>, rispose Joseph. Ma solo in quell’istante, il dottore si accorse del pallore sul viso di Matthew, che lentamente diventava cinereo.

Matthew non riuscì più a proferire parole, e con un ultimo esalato respiro, cadde a terra privo di sensi. Il medico, lo soccorse immediatamente, notando una grossa macchia di sangue che si stava allargando sulla camicia bianca.

A quella vista, Joseph chiamò subito degli uomini per aiutarlo.

<< Presto! Presto! Aiutatemi, il Capitano è stato ferito! >>, gridò. Poi, dopo averlo adagiato su una branda, gli strappo la camicia di dosso, osservando la scheggia conficcata nel torace, vicino al cuore. << Dobbiamo operarlo immediatamente. Killik… preparate l’attrezzatura. Subito! >>, ordinò cercando di fare il più velocemente possibile per prepararlo all’intervento.

 

Dopo ore di duro lavoro da parte del dottor Beaumont, la scheggia era stata rimossa con successo, ma sfortunatamente, il paziente aveva perso una grossa quantità di sangue, rendendolo molto debole. Si decise di accomodarlo nei suoi alloggi, essendo molto più caldi e asciutti dell’infermeria, che durante l’attacco aveva subito alcuni danni. Il dottore, arrivò davanti alla porta dell’alloggio del Capitano, aiutato da Jed e Howe, che sostenevano una barella imbottita, in cui giaceva Matthew ancora inerme.

Joseph, bussò lievemente contro la porta, la quale fu subito spalancata.

Jacklynn aveva passato molte ore nell’attesa che qualcuno gli riferisse quant’era successo. L’unica cosa che era riuscita a capire, era che qualcuno gli stava sparando addosso, e che la nave dopo mezz’ora aveva  aumentato la velocità. Fortunatamente, i ponti superiori non erano stati colpiti, compreso quello dove si trovava lei, ma comunque aveva avuto una paura tremenda. Aveva ancora le mani tremanti e il viso pallido. Il cuore le batteva furioso in gola, ed il battito accelerato le rimbombava nelle orecchie, come un orologio impazzito.

Quando spalancò la porta con impeto, desiderò con tutta se stessa di ritrovare davanti a se Matthew per accoglierla a braccia aperte. Aveva un gran bisogno di essere coccolata e rassicurata, ma quello che le fu davanti agli occhi, le bastò per far si che il suo cuore smettesse di battere.

Inconsciamente, le sfuggì un grido acuto, che venne placato, portandosi una mano davanti alla bocca.

Joseph, conscio del fatto che Jacklynn era abbastanza sconvolta, le disse:

<< Miss Bradford, non allarmatevi. Il Capitano sta bene, ha solo bisogno di un po’ di riposo >>.

<< Cosa gli è successo? >>, domandò Jacklynn tenendo lo sguardo fisso sul volto di Matthew, che aveva un colore più vivace rispetto a quello di prima.

<< Una scheggia lo ha colpito vicino al cuore. Fortunatamente, siamo riusciti a estrargliela con successo, ma ha perso molto sangue, e di conseguenza è debole >>, rispose Joseph fissando Jacklynn.

<< Ma… ma. Si riprenderà… non è vero? >>, chiese balbettante, per paura di ricevere una risposta compromettente.

<< Certo Miss Bradford! Matt ne ha passate di peggio, mi creda. Ora, deve solo riposare un pochino e tornerà come nuovo, non preoccupatevi >>, disse con un sorriso Joseph.

<< E ditemi, posso esservi di qualche utilità? >>.

<< Bhè… se per voi non è un problema, potete prendervi cura voi del Capitano. Sono sicuro che gradirebbe molto di più la vostra solerzia che la mia >>, affermò ridendo. Anche Jacklynn abbozzò un lieve sorriso, poi scostandosi dall’uscio permise agli uomini di entrare e di sdraiare Matthew nella cuccetta. Vederlo in quello stato, inerme e debole, faceva star male Jacklynn, tanto che dopo poco dovette distogliere lo sguardo da Matthew, che riposava sopra il materasso della cuccetta.

Il dottor Beaumont, si sfregò le mani sulla camicia, poi prese un po’ di tempo prima di proferir parola;

Aveva notato le due lacrime che lentamente stavano solcando le guance di porcellana di Jacklynn. Con il suo “tossicchiare” richiamò l’attenzione di Jacklynn, la quale si voltò verso di lui, mentre tentava di scacciare le lacrime.

<< Ehm… bene Miss Bradford. Ora noi torneremo al nostro dovere. La nave è sotto il comando del signor Howe. Nel caso aveste bisogno di qualcosa… bhè… sapete cosa fare >>, disse il dottore, che con un cenno del capo lasciò la stanza.

 

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