Feeling Good

di Cumberbatch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Dead Poets Society ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - I Promise You ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - How are you? ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Beer? ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Mi manca casa, mi mancano i miei genitori, mi manca (anche se è strano) la mia pestifera sorella e quel gatto scorbutico che “accudisce”.
Ho vent’anni eppure dopo neanche un giorno lontana da loro sento già forte la mancanza, ma so che il mio amore e la mia passione per la recitazione è tanta che la lontananza da casa l’avrei sconfitta pur di continuare a fare ciò che mi piace. In realtà non riuscirò a stare senza Angelica, la mia amica da sempre, praticamente siamo cresciute insieme.
Ci siamo incontrate all’asilo e poi abbiamo continuato le scuole insieme. Siamo molte diverse. Lei è estroversa e riesce ad avvicinarsi alle persone con una semplicità e facilità allucinante, con una sciocchezza fa amicizia. Io invece sono tutt’altro; timida fino al midollo, il più delle volte mi rinchiudo in camera a leggere copioni o opere.
Le uniche volte  che riesco a essere spigliata e a mio agio è sul palco, perché mi piace interpretare altre persone e non me stessa. Sono come Dottor Jekyll e Mister Hyde: nella vita di tutti i giorni sono me stessa (timida e quasi asociale), sul palco sono tutto che me.
Comincia ad appassionarmi al teatro dalle scuole medie. Partecipavo ogni anno alle recite scolastiche anche se mi davano più che altro ruoli secondari.
Anche alle superiori non mi perdevo neanche un’attività extrascolastica di teatro, con la sola differenza che ricevevo sempre la parte da protagonista femminile e grazie a questo vinsi moltissimi premi che mi diedero la forza di andare avanti proseguendo con la mia passione. Infatti presa la maturità non volevo andare all’università, volevo seguire il mio sogno, perciò decisi di iscrivermi ad una scuola di recitazione. Solo che non avevo la minima idea di dove andare e cosa fare. Quindi decisi di chiedere aiuto al regista che avevo conosciuto alle superiore per mettere in scena i spettacoli e a dire la verità era molto bravo, secondo me avrebbe fatto molta strada. Lui mi consigliò due scuole: la RADA e la LAMDA. Tutte e due molto più che qualificate, però c’era solo un problema: tutte e due si trovavano a Londra. Per quanto io potessi amare quella città, ne fossi attratta e innamorata fin da quando mia madre me la fece conoscere attraverso le foto che aveva fatto e la conoscessi più della mia stessa città dove ero nata e vissuta, non mi sentivo pronta a fare questo passo grande e così presto.
Lui mi spiegò che erano le scuole adatte al mio livello di bravura e ha parer suo era molto alto.
Dovevo parlare di questa scelta con i miei genitori che non esitarono a darmi il loro appoggio e dissero che mi avrebbero assecondato in ogni cosa io volessi fare (anche perché di soldi non ce ne mancavano).
Si certo loro desideravano che io studiassi medicina, il mio futuro sarebbe stato più sicuro e stabile. Però per loro l’importante era che io facessi ciò che mi piaceva davvero. Mi diedero molto supporto, credevano in me più di quanto lo facessi io.
Gli dissi che mi sarei impegnata con tutta me stessa, che mi sarei guadagnata questa grande opportunità che mi stavano dando.
Anche se avevo l’okay dei miei e io, anche se non del tutto, mi sentivo pronta, sorse un ulteriore problema: io non sapevo spiccicare una parola di inglese, non ero mai stata molto brava con le lingue straniere a scuola e non mi appassionavano neppure, solo che dovevo cambiare idea perché per andare a Londra a studiare recitazione dovevo saperlo fare. Quindi decisi di frequentare una scuola serale per imparare a parlare l’inglese e durante il giorno andavo a lavoro. Non volevo dipendere del tutto dai miei genitori, volevo contribuire al mio futuro.
Passai tutto l’anno successivo la maturità a studiare, lavorare e organizzare il trasloco. Mi aiutò mio padre e un suo amico. Papà aveva un’agenzia immobiliare che trattava anche con l’estero e per mia somma fortuna fu molto facile trovare un monolocale, già arredato, che si trovasse più o meno vicino a tutte e due le scuole, perché ancora non sapevo dove sarei stata presa, e soprattutto ad un costo abbordabile, visto che una volta trovato lavoro a Londra avevo deciso di mantenermi da sola.
Il monolocale mi piaceva molto; dalle foto sembrava accogliente, luminoso e soprattutto lo sentivo mio.
Mi restava solo informarmi sulle scuole che mi aveva consigliato il regista, su cosa dovevo mandare e cosa avrei dovuto fare una volta li.
Il mio terrore era tanto. Una volta trasferita, sarei rimasta sola, avrei dovuto superare l’audizione per entrare ad almeno una di quelle scuole (di cui mi ero pazzamente innamorata perché da li erano uscite due dei miei attori preferiti). Potevano anche rifiutarmi e tutto il mio sforzo sarebbe andato sprecato. Però volevo tenermi positiva e continuare in ciò che stavo facendo, in fondo questa esperienza mi avrebbe solamente che fatto bene e rafforzata.
Mi rimaneva solamente inviare la mia iscrizione alle scuole, prendere il diploma del corso di inglese e poi salire su quel fatidico aereo.
                                                                                                                                     ***
Ed ora eccomi qui, con le mie valige e tanta speranza nel cuore a varcare le porte dell’aeroporto trovandomi di fronte alla mia nuova avventura tutta sola senza nessuno al mio fianco.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Dead Poets Society ***


Era il fatidico giorno della mia nuova vita lontana da casa. Avevo in corpo una forza che nessuno poteva togliermi. Sentivo di poter sfidare Hercules ad un combattimento e vincere.
 
Era passato circa una mese da quando era arrivata la lettera dalla LAMDA: mi aveva scritta il preside della scuola  in persona, già questo mi aveva elettrizzato molto e fatto sperare e mi disse che mi avrebbero accolta molto volentieri  perché avevano visto in me qualcosa di speciale, per come mi muovevo sul palco, per come pronunciavo le battute, per come mi ero calata nel personaggio e poi li avevo attratti con la mia storia, le mie origini e soprattutto l’accento che avevo.
Mi ricordo ancora quando aprii quella lettera. Ero tornata da un giorno molto frustrante. Ero stata tutto il giorno a cercare lavoro per tutta la città e nessuno voleva prendermi, non sapevo bene il perché o forse si ma non volevo che fosse quello, ma avrò ricevuto una trentina di no e non ce l’avrei fatta a sopportarne un altro, quello più importante, anche perché la RADA mi aveva rifiutata dicendo che avevano già scelto chi far entrare,  ma quando lessi la lettera della LAMDA non ci potevo credere, finalmente una cosa buona da quando ero arrivata in quella città.
 
Mi alzai dal letto e andai a prepararmi. Ero troppo eccitata al punto che il mio stomaco si chiuse e non feci colazione. Andai subito a lavarmi. Una bella doccia calda mi avrebbe calmata un po’, oppure mi avrebbero scambiata una pazza. La doccia non stava risolvendo niente perché nella mia mente vagavano mille pensieri di tutti i generi soprattutto cosa su avrei messo per il primo giorno di scuola. Avevo sempre avuto questo problema da quando decidevo da sola cosa indossare. Sbagliavo sempre qualcosa: o troppo pesante, o troppo leggero, o troppo scollato, o troppo trasparente oppure troppo scomodo e per il resto della mattinata ero nervosa. Questa volta dovevo scegliere bene cosa mettere. Optai per una maglia a maniche lunghe bianca con sopra un cardigan verde bosco, jeans e dei stivaletti dello stesso colore del cardigan (un piccolo regalo che mi ero concessa da quando ero li). Mi sentii soddisfatta quindi decisi di uscire di casa.
Presi la mia solita borsa, ci misi dentro un libro e un quadernino con una penna, il mio amico di viaggio. Li scrivo tutto quello che mi passa per la mente, quello che devo ricordare e alcune volte delle piccole storie che mi vengono in mente quando sono particolarmente ispirata, non che io sia una scrittrice, ma scrivo quei piccoli film mentali che ci facciamo un po’ tutti, e io li annoto li, in quel quadernino.
Misi il cappotto, sciarpa e mi avviai verso la scuola.
 
Non ero ancora abituata agli orari dei pullman e quindi fu logico che io lo persi. Decisi di avviarmi a piedi, per fortuna che ero in largo anticipo e così me la presi molto comoda. Intanto mi venne anche una certa fame. Proprio in quella via c’era un bar che avevo scoperto pochi giorni prima. Mi era subito piaciuto perché era piccolo, molto accogliente e emanava aria di tranquillità.
Andai a sedermi sui sgabelli del bancone, ordinai una pasta e un cappuccino. Mentre aspettavo che mi portassero la colazione vagai con gli occhi nel locale osservando ogni minimo particolare, era molto ben arredato, tutto era dove doveva stare.
Dopo pochi minuti portarono ciò che avevo ordinato. Presi un morso della pasta e un sorso dal cappuccino poi continuai a scrutare quel bar. Mi intrigava molto perché vedevo tutte quelle persone assorte nello scrivere al computer, oppure leggere libri. Cercavano tutte tranquillità e in quel posto l’avevano trovata. In effetti era il posto giusto perché l’unico rumore che si sentiva era quella della dolce musica di sottofondo, non troppo alta da dare fastidio, né troppo bassa da non poterla ascoltare.
All’improvviso i miei occhi furono attirati da un uomo che era seduto ad un tavolino in un angolo.
Lo riconobbi subito. Feci fatica a credere che era lui. Quel viso che sognavo quasi tutte le notti. Benedict Cumberbatch. Il mio attore preferito. Colui che mi fece amare le serie televisive grazie al suo ruolo di Sherlock. Quell’uomo che seguivo in ogni sua interpretazione e non me ne perdevo una. Quell’uomo che solo attraverso una foto scatenava in me qualcosa di inspiegabile.
Mi accorsi di stare tremando e ansimando. Ma d’altronde come potevo stare tranquilla quando a pochi passi da me c’era l’uomo che mi aveva sconvolto la vita.
Non sapevo cosa fare: finire la colazione senza che sia successo niente oppure avvicinarsi per chiedergli un autografo. In quel momento stavo maledicendo me e la mia maledetta timidezza che mi faceva perdere occasioni d’oro da una vita. Questa però non volevo perderla. No. Finalmente potevo realizzare il mio sogno di incontrarlo dal vivo e non volevo buttarla via. Presi un bel respiro e decisi di alzarmi e andare da lui.  Appena mi misi in piedi senti le gambe cedermi. Non ce l’avrei fatta. Sarei svenuta prima, ne ero convinta. Feci altri due bei respiri a pieni polmoni e mi avviai.
Vidi quelle mani affusolate che reggevano un libro e i suoi occhi azzurri con quelle venature oro assorti nella lettura di quelle pagine.
-Scusami se ti disturbo, ma ti ho visto e non ho resistito ad avvicinarmi.- e quelle parole da dove cavolo erano uscite? -Sei il mio attore preferito, ti seguo dal primo film che hai fatto! Soprattutto ti ho amato nelle vesti di Sherlock Holmes e volevo chiederti se potevi farmi un autografo?- ma tutto quel coraggio da dove lo avevo preso? Stavo forse recitando qualche personaggio?
Vidi le sue labbra dischiudersi in un perfetto sorriso, quello che mi smuoveva sempre qualcosa dentro, che mi trasmetteva gioia, felicità. Quel sorriso era unico. Per me.
-Certo cara che te lo faccio e grazie per i complimenti!- oddio come mi aveva chiamata? Cara?! E poi con quella sua maledettissima voce profonda che mi faceva impazzire. Io guardo i film in lingua originale solo per ascoltarla. Ero pazzamente innamorata di quella voce, l’avrei riconosciuta tra migliaia.
Gli diedi il mio quadernino e la penna. In un attimo lui li afferrò.
-Cosa vuoi che ti scriva?-
-Va bene anche solamente la firma!-
-No deve essere qualcosa di speciale per la mia assidua seguitrice!- e mi fece un occhiolino che mi fece sciogliere del tutto. -Allora decido io! Come ti chiami?-
-Ginevra!-
-Che bel nome! Non sei inglese?- mi stava scrutando con quegli occhi, aspettando pazientemente una mia risposta.
-No, mi sono trasferita da poco qui a Londra. Sono italiana.- la mia voce usci decisamente tremolante. Stavo per crollare da un momento all’altro. Non avrei sopportato il suo sguardo per una altro minuto.
-Bel paese, precisamente da dove?-
 -Firenze. Toscana.-
-Bei posti mi dicono!- e rieccolo spuntare quel suo sorriso dannatamente perfetto.
-Già!- gli sorrisi a mia volta, ma penso che invece di un sorriso mi usci una smorfia per quanto ero tesa.
-Da quanto tempo ti sei trasferita qui a Londra?- si stava interessando davvero della mia storia? Sapevo che era un vero gentiluomo, ma non così tanto da prendersi la briga di chiedere informazioni su di me, una perfetta sconosciuta.
-Quasi due mesi!-
Mi fece un altro sorriso, poi abbassò lo sguardo e iniziò a scarabocchiare qualcosa sul quaderno, ma non riuscì a leggere bene. Scriveva veramente veloce. Non mi accorsi che si era fermato e mi stava fissando. Mi sentì avvampare le guance, sicuramente erano diventate rosse.
Fini di scrivere e mi ridiede il quadernino.
“Ti auguro buona fortuna per questa tua nuova avventura. Con affetto tuo Benedict Cumberbatch.”
TUO. Davvero aveva scritto una cosa del genere!? Adesso era più che certo che fossi diventata rossa come un pomodoro.
-Grazie mille.- stavo tremando tutta. Dovevo andarmene da li oppure gli sarei saltata addosso come nei miei sogni.
-Figurati. Grazie a te che vieni a guardare i miei film!- e ancora un’altra volta sulla sua faccia si stampò quel maledetto sorriso che lo rendeva ancora più bello. -Io ora devo andare, spero di rincontrarti presto. Ciao Ginevra!- e mi diede un bacio sulla guancia con quelle sue labbra calde e morbide.
-Ciao.- ero definitivamente morta.
Prese i suoi occhiali, se li infilò e usci dal bar. Non potevo credere di averlo incontrato, finalmente. Avevo parlato con l’uomo che più ammiravo dopo mio padre. Però quell’incontro lasciò in me un senso di vuoto che già conoscevo e che non sarebbe andato via molto facilmente.
 
 
Ciao a tutti.. sono stata molto scortese nel prologo nel non presentarmi. Mi chiamo Cristina :3
Mi ha fatto molto piacere che avete lasciato due recensioni, sia con i complimenti che con dei consigli che a me fanno molto piacere. È la prima volta che scrivo una storia da sola e sono molto nervosa ogni volta devo scrivere un capitolo perché credo di non rappresentare al meglio ciò che vorrei raccontare.
Spero che vi piaccia il capitolo e fatemi sapere che ne pensate! 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - I Promise You ***


Ero rimasta impalata a guardare quella porta per una decina di minuti, non mi ero ancora ripresa da quell’incontro. Avevo due emozioni contrastanti dentro di me: sentivo un senso di vuoto e volevo rivederlo ad ogni costo, l’altra era l’euforia di averlo incontrato finalmente dal vivo e averci “parlato”.
 
Uno squillo di telefono però mi riportò alla realtà. Era il mio telefono. Lo presi dalla tasca e vidi la foto di Angelica, mi stava chiamando lei.
 
Da quando mi ero trasferita non ci sentivamo molto, io ero in giro tutto il giorno a cercare un lavoro e lei era sommersa dallo studio. Dopo la maturità lei si era traferita a Bologna per seguire i corsi di medicina. Fin da piccola sognava di diventare un dottore e non gli era mai passato questo sogno. Quelle poche volte che ci sentivamo era una vera impresa per tutte e due rimanere sveglie. Però ci volevamo ancora molto bene, non avremmo mai lasciato che le circostanze ci avrebbero diviso, ne avevamo passate troppe per permettere che la distanza e gli impegni ci allontanassero.
 
-Amore! Come stai?- mi chiese lei ancora con la voce impastata dal sonno.
-Tesoro! Benissimo adesso che ti sento. Tu? Tutto bene?-
-Oddio si! Che mi racconti di nuovo?- intanto mi avvicinai al bancone per farmi incartare la pasta, siccome non avevo mangiato quasi niente, e pagare.
-Oggi è il mio primo giorno alla LAMDA, sono elettrizzata. E poi non sai cosa mi è successo poco fa!- a quelle ultime parole il vuoto che era sparito sentendo la voce di Angelica ricomparì.
-Dai che bello! Allora in bocca al lupo per oggi.-
-Grazie chicca.- e mi avviai verso la scuola a passo molto lento. Ma quanto cavolo sono uscita presto questa mattina? Ero in grandissimo anticipo. Rallentai il passo e mi concentrai sulla conversazione con Angelica.
-Insomma che cosa è successo prima?- lo disse con un tono che non nascose la sua curiosità. Adoravo la sua voce.
-Ho incontrato in un bar il mio attore preferito e gli ho chiesto un autografo!- mi accorsi di avere un sorriso al quanto grande.
-Dici quello che fa Sherlock?- non si ricordava mai il suo nome.
-Esattamente, proprio Benedict Cumberbatch!- pronunciare il suo nome mi procurava ogni volta un brivido che attraversava tutto il corpo.
-OH MY GOD!- la sentì squittire.
-Ahahahah non puoi capire stavo per svenire. Da vicino è ancora più bello! E poi salutandomi mi ha dato un bacio sulla guancia, con quelle sue labbra calde. Comunque passiamo ad altro.- dissi un po’ rammaricata.
-Lo vorresti rincontrare, vero?-
-Si.-
-Ehi sei a Londra, sicuramente lo rincontrerai.- riusciva sempre a tirarmi su. –e nascerà una bellissima storia d’amore.- eccola l’Angelica che conosco.
Scoppiai in una risata sonora insieme a lei, le vecchiette che camminavano davanti a me si girarono e storsero la bocca, quasi scioccate.
-Ahaha certo.- ritornai seria. -Ti voglio bene!-
-Anch’io te ne voglio. Devo entrare in aula adesso. Ci sentiamo prestissimo, promesso.-
-Si, promesso.- e riattaccai.
Mi aveva fatto bene risentirla. Mi diede la carica giusta per proseguire la giornata.
 
Mi ritrovai davanti quel portone enorme di legno che tanto agognavo e sognavo da quando mi arrivò quella lettera.
Presi un bel respiro ed entrai. Era un edificio bellissimo, un luogo adatta per insegnare teatro, anche se prima era una scuola di ballo.
Mi avviai verso gli uffici per informarmi su cosa avrei dovuto fare perché ero veramente spaesata, non sapevo dove mettere le mani.
Entrai e una signorina davvero gentile, alta grazie ai tacchi e un tailleur nero che la sfinava molto,  mi accolse con un sorrisone. Mi prese “sotto le sue ali” e mi spiegò tutto. Ad un certo punto però mi sembrò che mi avesse preso per una deficiente, perché parlava piano e scandiva le parole. Comunque, a parte questo, fu molto chiara e io capì tutto ciò che dovevo fare.
Guardai il programma delle lezioni. Avevo 6 ore al giorno di materie alcune che non mi ero proprio sognata di dover studiare, soprattutto due, danza  e canto. Sarebbe stata più dura di quanto avevo pensato. Sapevo che non avrei studiato solo ed esclusivamente teatro e recitazione, però dover cantare o ballare anche non me lo aspettavo proprio. Oddio e se ci avrebbero fatto fare i musical?!? Ma in che guaio mi ero cacciata. Si quando recitavo ero tutt’altra persona, non mi vergognavo, però non sapevo se era la stessa cosa per i musical. Per un attimo rimpiangevo il fatto di non essere andata all’università insieme ad Angelica. Ma solo per un attimo, cacciai subito quel pensiero perché pur di recitare io avrei cantato anche le canzoncine dello Zecchino d’Oro e ballato il Pulcino Pio.
 
Quel giorno conoscemmo i nostri professori e tra di noi studenti, fu più che altro un’introduzione a noi matricole su ciò che sarebbe accaduto in questo anno. Dal lunedì al sabato avevamo ogni giorno 6 ore di lezioni e le materie che avremmo avuto erano un po’: commedia dell’arte, storia del teatro, dizione, movimento scenico, canto e musica, danza, doppiaggio, regia e tecniche di combattimento. Non tutte le materie avevano la stessa importanza, però dovevamo seguire tutte le lezione e non perderne neanche una.
Di primo impatto sembravano tutti delle brave persone. Mi colpi soprattutto una mia compagna, era uno scricciolo, mi ricordava molto mia sorella, bassa occhi azzurri, bionda e capelli ondulati, molto bella. Se non sbaglio si chiamava Alanis, o qualcosa del genere.
Anche i professori mi sembravano tutti molto bravi, sennò non erano li ad insegnare, che osservazione stupida. Non erano i soliti professori che si vedono nei film, stramboidi ed egocentrici o che si vestivano di iuta e fanno gli hippie, erano tutti molto professionali e non mettevano paura anzi dissero subito che loro volevano aiutarci a diventare attori di teatro come si deve. Forse mi sbaglio su di loro, o forse no, sarà il tempo a dirmelo.
 
Usci dall’accademia molto soddisfatta della scelta che avevo preso e della piega in cui stava andando la mia vita anche se ancora non avevo trovato un lavoro quindi prima di tornare a casa volevo provare ad andare in alcuni locali dove il giorno prima avevo visto il cartello che diceva che cercavano qualcuno.
Il primo dopo un lunghissimo colloquio mi disse che non avevo abbastanza esperienza. Ma che esperienza dovevo avere per pulire dei bagni? Bah proprio non capivo. Comunque passai al secondo locale che mi disse la stessa cosa, ma li dovevo fare cappuccini e potevo comprendere la loro decisione, d'altronde non mi ero mai avvicinata ad una macchina per il caffè in vita mia. Provai un ultimo locale, poi per oggi avevo dato abbastanza. Era un piccolo pub in un vicolo nascosto da tutti ma che aveva sempre molta gente la sera. Ero andata a mangiarci una volta e non ero male.
Finalmente arrivò il miracolo. Mi dissero che per adesso avrei iniziato come lavapiatti (sempre meglio di niente) e poi, forse, mi avrebbero promossa a cameriera oppure a fare le pizze.
-Ci vediamo lunedì. Mi raccomando sia puntuale. È fondamentale la puntualità nel suo lavoro!-
-Non si preoccupi. Grazie mille per l’opportunità!-
Finalmente era arrivato il lavoro che cercavo da tempo. Mi pagavano abbastanza da poter andare avanti, pagare l’affitto, le bollette e togliermi qualche sfizio ogni tanto.
 
Tornai a casa e come solito fui accolta dalla signora Green, una dolce vecchietta dagli occhi vispi, e ancora molto bella, che abitava sotto di me e che mi offriva sempre il tè alle cinque in punto, accompagnato da quei sui muffins che farebbero girare la testa a chiunque. Erano una delizia per il palato, soprattutto quelli al cioccolato con il cuore morbido. Era colpa sue se in due mesi avevo preso quasi quattro chili. A dirla tutta era anche colpa mia che non mi davo una regolata, ma erano così buoi. Mi consolavano dopo giornate andate male.
-Ginevra, oggi non c’è stata tutto il giorno!- mi disse curiosa affacciata dal pianerottolo mentre io ero intenta a cercare le chiavi di casa.
-Già, oggi ho iniziato i corsi all’accademia!-
-Uh già è vero, e come è andata?-
-Bene, ma non stia li che fa freddo venga su, le offro un tè, anche se è un po’ tardi!-
-Molto volentieri!-
La signora Green era l’unico contatto che avevo da quando ero arrivata a Londra. Non conoscevo neanche i miei vicini, a parte uno strano di cui non sapevo che aspetto aveva ma di cui sentivo solo la musica che produceva suonando il piano. Era molto bravo, infatti nessuno dei condomini si lamentava, era molto piacevole ascoltarlo e poi suonava a orari ragionevoli.
 
Erano  quasi le otto e stavo ancora chiacchierando con la signora Green, parlavamo di tutto, era una signora molto acculturata. Io non sopporto le persone anziane a meno che non siano come lei, cioè persone con una cultura e che parlino il giusto senza annoiarti o desiderare di sparire dalla faccia della terra. Parlammo ancora una ventina di minuti, fino a che lei dovette rientrare a casa perché aveva il figlio a cena. Me lo aveva fatto conoscere, era un bell’uomo, come la madre naturalmente, ed era anche divertente, ero stata molto bene quella sera che mi invitarono a cena insieme a loro.
 
Salutai la signora Green e andai anch’io a mangiare qualcosa, a colazione non avevo mangiato, a pranzo un panino al volo e non ci vedevo più dalla fame (si ok sembra la pubblicità della Fiesta ma è la verità). In frigo non avevo niente quindi dovetti ordinare dal cinese che avevo sotto casa, giusto per fare più in fretta perché non avrei mai mangiato niente da loro. Erano piatti cinesi e a me piaceva molto il cinese, ma avevo la vaga sensazione che ogni tanto al posto dell’anatra al mandarino mi avessero rifilato uno strano animale di cui non conoscevo l’identità. Comunque mi godei la cenetta (schifosa però andava bene così), guardai un episodio di Doctor Who e poi andai a letto. 
 
Proprio mentre stavo per addormentarmi ricevetti una chiamata dai mie. Mi chiesero del primo giorno di accademia, se avevo fatto amicizie (con il mio carattere era molto difficile) e mi chiesero dei professori.
-Papà oggi ho trovato un lavoro in un pub come lavapiatti, da lunedì non mandarmi più soldi, avrò il mio stipendio.-
-Va bene, se proprio vuoi così, non manderò più nulla.-
-Grazie mille.- i miei capivano che volevo avere una certa autonomia e indipendenza.
-Tesoro- questa era la voce di mia madre –però se ti serve qualsiasi cosa non esitare a chiedere, ti vogliamo bene e ci manchi da morire, persino a tua sorella anche se non lo vuole ammettere.-
-Anch’io vi voglio bene e mi mancate tantissimo anche voi!- un lacrima rigò la mia guancia. Dovevo agganciare prima di piangere a dirotto.
-Mamma, papà adesso devo andare. Ci sentiamo domani sera, vi chiamo io. Buonanotte!-
-Buonanotte amore e sogni d’oro.-
 
Non riuscì a prendere sonno facilmente. Mi veniva da piangere e mi mancava casa. Ero a chilometri di distanza dalle persone più care a me e solo adesso sentivo che avevo bisogno di loro più che mai.
Mi addormentai molto tardi quella sera, però feci un bel sogno.
 
 
 
 
 
 
Devo dire la verità questo capitolo è stato un vero e proprio parto, a parte il fatto che l’ho dovuto scrivere ben due volte perché la prima si è spento il computer all’improvviso e io non avevo salvato nulla di ciò che avevo scritto (grande stupidaggine, una lezione imparata). E poi perché non volevo dire cavolate su come funziona l’accademia, anche se qualcosa ho sbagliato sicuramente, quindi perdonatemi se ho sparato cavolate :3
Per me manca qualcosa a questo capitolo ma non so veramente cosa. L’ho letto e riletto mille volte ma non ne ho la minima idea. Vi prego di dirmi la vostra e delucidarmi del problema, forse voi lettori saprete dirmi cos’è questa cosa che per me manca o è solo un problema che mi faccio io.
Come ultima cosa, perché le mie chiacchiere vi staranno annoiando, volevo fare due ringraziamenti: primo va alla mia amica che mi sostiene sempre e ha fiducia che io scriva qualcosa di bello e sensato, secondo ringraziamento va a marthiachan che ad ogni capitolo mi lascia una recensione con qualche consiglio e complimento.
Un grande bacio a chiunque legga questo capitolo. Alla prossima.
Se volete lasciate anche qualche recensione ;)

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - How are you? ***


Non ricordo come fossi arrivata in quel ristorante seduta al bancone del bar vestita con un abitino da cocktail verde smeraldo e dei tacchi vertiginosi. Ero molto elegante, truccata bene e con un grazioso chignon.
Non ricordavo veramente come ero arrivata li. Mi avevano forse drogata?
Sentì una voce da lontano chiamarmi.  Guardai attorno ma non vidi nessuno.
All’improvviso sentì delle mani cingermi la vita. Conoscevo bene quelle mani. Mi facevano impazzire ogni volta che le vedevo. L’uomo alle mie spalle mi diede un bacio sul collo con quelle labbra calde e morbide e mi sussurrò che il tavolo era pronto. Mi prese una mano e mi accompagnò fino ai posti.
C’era un tavolino apparecchiato per due con una tovaglia che sembrava seta bianca, piatti rossi, posate argento e una candela al centro, la cosa sembrava molto romantica e non mi dispiaceva. L’uomo mi aiutò a sedere e mi ritrovai con un mazzo di rose rosse scarlatte davanti. Avevano un buonissimo odore, amavo il loro profumo, era molto delicato.
Il cameriere ci portò la cena e intanto noi parlavamo di tutto. Stavo bene insieme a lui. Ad un certo punto mi prese la mano, me l’accarezzo e si stava avvicinando con il viso però all’improvviso sentì un rumore fastidioso pensavo fosse l’allarme del ristorante. Non capì da dove arrivava, ma sembrava che fossi solo io a sentirlo. Svelato il mistero: era quella maledetta sveglia che ogni volta interrompeva i miei bellissimi sogni nel momento meno opportuno, però prima o poi ce l’avrei fatta ad arrivare fino alla fine di un sogno.
 
Non avevo proprio voglia di alzarmi, stavo così bene sotto il piumone, fuori faceva più freddo del solito e poi quel sogno mi aveva tolto le inibizioni. Perché dovevo sognarlo ogni notte? Era un uomo normale, perfetto, ma normale. E poi non avrei mai più avuto modo di incontrarlo anche se abitavo nella sua stessa città.
Comunque mi dovevo alzare perché avevo lezione e oggi sarebbe stato il primo giorno effettivo di corsi. Ero emozionata al pensiero che avrei imparato tante cose nuove sul teatro e come muovermi meglio sul palco.
Credo di essermi preparata in tempo record e anche fatto colazione in tempo record.
Comunque uscì in orario di casa e non presto come la mattina prima. Ecco mi era tornato in mente l’incontro, ma perché quell’uomo aveva così tanto potere su di me che al solo suo pensiero io mi scioglievo?!
 
Passai davanti il bar dove avevo fatto colazione la mattina precedente e involontariamente buttai un’occhiata dentro tante volte fosse di nuovo a fare colazione li. Ma niente. Rimasi un po’ delusa però passai avanti, avevo ben altro a cui pensare, tra cui il mio futuro.
 
Arrivai in accademia e mi diressi nell’aula di canto (esattamente quella mattina per la mia immensa gioia avevo ben due ore di canto), erano già tutti li mancavo solo io.
 
-Salve ragazzi. Ci siamo presentati ieri, ho letto anche le vostre schede, però oggi per conoscervi un po’ meglio volevo sentirvi all’opera. Uno per uno venite qui e mi canterete un pezzetto di una canzone a vostra scelta. Non è un esame è solo per capire cosa fare con voi. Bene iniziamo dalla prima.-  ci presentò il fatto in modo indolore, dritta al punto, questa cosa non mi tranquillizzò affatto. Intanto il mio cervello si arroventava per trovare una canzone facile, possibilmente, che potevo cantare senza alcun problema.  
–Signorina Alanis, venga qui sul palco, lei è la prima.- era quella ragazza che mi ricordava molto mia sorella,  aveva la mia stessa età però ne dimostrava molti di meno.
Non era affatto male la sua voce, molto delicata, quasi angelica. Cantò la mia canzone preferita ma di cui non ricordavo mai il nome, cosa molto normale non ricordare il nome di una cosa preferita.
Per quanto stavo pensando a cosa avrei cantato non mi accorsi che la professoressa stava chiamando me per salire sul palco.
-Signorina Rugiati è presente?-
-Si, mi scusi professoressa.- mi ripresi subito, dopo che un mio compagno mi diede una gomitata.
-Salga sul palco.-
Mi avviai e ancora non sapevo cosa presentargli.
-Cosa ci canta?-
Dissi il primo nome di una canzone che mi venne in mente.
-Stand by me di Ben E. King!- avevo un debole per quella canzone da quando ero piccolina.
Dopo un minuto la professoressa mi mandò al posto senza commentare, come aveva fatto anche con gli altri. Non era andata male, ma neanche bene.
 
-Ragazzi siete tutti abbastanza dotati, mi congratulo, non avevo mai insegnato ad una classe dove tutti cantavano bene. Sono orgogliosa.-
Le due ore passarono velocemente grazie anche alla professoressa che era molto brava e anche simpatica. Non facemmo una vera e propria lezione, ci parlo delle note e ci fece fare le scale.
 
-Alla prossima ragazzi!-
-Arrivederci!- dicemmo tutti insieme.
 
E le prime due ore erano andate, molto bene a mio parere, però adesso arrivava la parte più bella: avevo storia del teatro e a seguire recitazione.
Le due materie che più desideravo seguire. Una lo sapete il motivo, però storia dell’arte mi aveva sempre affascinato, perché in tutti questi anni il teatro si evolveva sempre pur rimanendo semplice.
 
Nessuno dei professori voleva perdere tempo quindi ci misero subito alla prova, come aveva fatto quella di canto.
Il professore di storia dell’arte ci fece un po’ di domande, per capire quanto sapevamo, tutti eravamo molto preparati  anche lui era  orgoglioso di aver trovato una classe preparata su quasi tutti gli argomenti. Quindi decise subito di iniziare le spiegazioni, fin dal principio, ma ci disse che non voleva soffermarsi molto sugli argomenti che conoscevamo. Passò anche questa ora velocemente e tutta l’accademia aveva una mezz’ora per pranzare e riposare un po’.
Non sapevo dov’era la mensa, però vidi questa folla di ragazzi che si avviavano tutti nella stessa direzione, sicuramente andavano li, quindi decisi di seguire la massa.
Mi ritrovai in questa stanza che occupava tutto un piano dell’accademia e in fondo c’erano i banconi con il mangiare. Presi il vassoio e ci misi due toast, una bottiglietta d’acqua, una mela e andai a pagare.
Mi voltai per cercare un posto libero e ne vidi uno in fondo alla stanza. Mi diressi il più in fretta possibile li però non feci comunque in tempo, lo avevano già occupato.
Guardai ancora poi mi sentì chiamare e vidi Alanis mi fece cenno che c’era un posto libero vicino a lei.
 
-Ciao Ginevra!- aveva un sorriso luminoso. Più la guardavo e più mi ricordava mia sorella, non c’è che dire.
-Ciao Alanis, giusto?-
-Si giusto.-
-Non sei inglese vero?-
-No sono italiana, si capisce molto vero?-
-Solo se qualcuno sa il tuo nome. Sai non è tipicamente britannico. Invece se ti sentono parlare puoi essere scambiata per una inglese!-
-Ho dovuto fare un corso per imparare l’inglese, mi hanno aiutata anche molto ad atteggiarmi da vera inglese e poi ho una vicina che da quando sono qui mi offre sempre tè e pasticcini alle cinque spaccate!-
-Beh ora ti resta solo che cambiare il tuo nome in uno comunissimo di queste parti e sarai una vera e propria cittadina della Gran Bretagna.-
Ci guardammo e poi tutte e due scoppiammo in una risata.
-Quale parte dell’Italia, precisamente.-
-Firenze in Toscana.-
-Sai ci sono andata in vacanza due anni fa. Mi è piaciuta molto, soprattutto la campagna. Ha dei paesaggi stupendi.-
-Si è vero.-
-Ti manca casa?-
-Un po’, non tanto il luogo, più che altro la mia famiglia e la mia amica Angelica.-
Alanis si accorse subito che stavo per cedere alle lacrime e infatti cambiò immediatamente argomento.
-Dopo abbiamo tre ore di recitazione. Non vedo l’ora!-
-Si  anch’io, da quando sono qui aspettavo solo quello!-
 
Passammo il resto del pranzo a parlare di come era nata la nostra passione per il teatro e la recitazione. Tutte e due avevamo iniziato a scuola, però lei partecipava anche ad alcuni spettacoli anche al di fuori e poi eravamo tutte e due andata a vedere moltissime opere in particolare quelle di Shakespeare e naturalmente la nostra opera preferita, per quanto scontato possa essere, era Romeo e Giulietta.
 
Stavano riiniziando le lezioni, così decidemmo di andare nel teatro dove dovevamo svolgerla. Eravamo così eccitate tutte e due e non vedevamo l’ora di salire sul palco. Piano piano arrivarono tutti i nostri compagni e alla fine il professore.
 
-Salve ragazzi, come sta andando il vostro primo giorno effettivo di corsi?-
-Bene!- rispondemmo tutti insieme.
-Perfetto! Allora iniziamo subito senza che ci stiamo a presentare, visto che lo abbiamo fatto ieri. Volevo prima di tutto vedere come vi muovevate sul palco e come recitavate. Ho visto i vostri provini per entrare in accademia, però vorrei vedervi dal vivo. Iniziamo da… la signorina Ginevra Rugiati!-
Mi alzai dalla poltrona e mi avvia verso il palco. Non ero agitata né avevo paura, il palco era il mio spazio ed ero a mio agio.
Salii le scalette e mi posizionai proprio al centro del palco e mi puntarono un riflettore contro.
 
-Scusate il ritardo!- entrò all’improvviso un uomo. Non vidi molto bene chi fosse con quella luce negli occhi. Lo vidi avvicinarsi al professore.
-Mi scusi ancora tanto, ma mi hanno bloccato ad un’intervista e non sono riuscito a liberarmi!- quella voce già la conoscevo, era una voce molto familiare ma non riuscivo a collegare a chi potesse appartenere.
-Non si preoccupi Signor Cumberbatch è arrivato in tempo, stavo giusto iniziando a far recitare qualcosa ad ognuno di loro.-
Se prima ero tranquilla e sicura di me, ora le gambe erano iniziate a tremare e il cuore a battere a mille. Era sicuramente una coincidenza, chissà quante persone a Londra hanno quel cognome.
 
-Ragazzi lui è Benedict Cumberbatch, sicuramente lo conoscerete principalmente per il ruolo di Sherlock.-
Nella stanza si alzò un brusio, come se ci fossero milioni di api. Intanto io ero rimasta bloccata sul quel palco e a dirla tutta anche dimenticata dal professore.
-Il Signor Cumberbatch…-
-Mi scusi mi dia pure del tu, mi fa strano essere chiamato signore. Anche voi ragazzi dovrete darmi del tu.-
-Come vuole.. scusa, come vuoi tu Benedict. Stavo dicendo che Benedict ci aiuterà a mettere in piedi lo spettacolo che faremo a fine anno e in più vi svelerà qualche trucco del mestiere. Bene adesso iniziamo la lezione, dovevamo vedere la Signorina Rugiati.- si voltarono tutti e due verso di me. -È libera di fare ciò che le piace di più. Può improvvisare oppure recitare un pezzo di qualche opera. Scelga lei.-
Mi ero completamente paralizzata, dalla testa ai piedi, non riuscivo a pensare e avevo bocca e gola secca. Che mi stava succedendo?
 
-Signorina è ancora tra noi?-
 
Riuscì a vedere quei due bellissimi occhi che mi stavano fissando e la sua faccia assumere una smorfia divertita da quel bel quadretto: il professore che voleva attirare la mia attenzione e io che non mi muovevo di una virgola. Che figura da perfetta idiota stavo facendo. Poi lo vidi salire sul palco, avvicinarsi a me e sussurrarmi qualcosa.
 
-Ehi Ginevra, come va?- mi prese le spalle e mi scosse leggermente.
Stavo per svenire me lo sentivo. Però dovevo riprendere la situazione in mano.
-Ehm… stavo pensando… a cosa dovevo recitare!- le prime parole che mi uscirono dalla bocca in modo molto forzato. Quasi boccheggiando.
-Ti serve una mano?-                                                               
-Non si preoccupi!-
-Dammi del tu.-
-A si scusa.-  e proprio in quel momento stavo arrossendo. Ma che potere aveva quell’uomo su di me anche se non lo conoscevo per niente, solo attraverso qualche intervista e soprattutto i suoi film?
 Mi lasciò e torno vicino al professore.
-Sta decidendo cosa deve recitare.- si scusò lui al mio posto con il professore.
-Mi scusi. Improvviserò.-
 
Mi presi alcuni di secondi per calarmi nel personaggio. Avevo pensato ad una ragazza che stava litigando con il padre perché l’aveva delusa, un’altra volta. Non era il mio caso quindi era una sfida immaginare una cosa del genere, però mi ero calata tanto nella parte che mi uscirono anche le lacrime. Avevo soppesato ogni parole che doveva uscire dalla mia bocca. Ero veramente arrabbiata con questo ipotetico padre che inizia ad urlare di disperazione per far capire che non avrebbe avuto un’altra opportunità con la propria figlia.
-NON VOGLIO PIU’VEDERTI, STAI LONTANA DA ME.-
 
Avevo il fiatone, mi accovacciai a terra per riprendere fiato e asciugai le lacrime o almeno quello che rimaneva di loro.
 
-Beh che dire, un portento. Non ho veramente parole sei stata eccezionale, tutto era soppesato nel modo giusto, le parole, le lacrime e i movimenti. Tutto molto azzeccato.- non era stato il professore a farmi questi complimenti, né uno dei miei compagni, ma LUI. Appena alzai la testa lo vidi che mi stava fissando con aria soddisfatta.
-Sono questi i livelli di bravura che vogliamo in questa scuola. Sei fatta per stare sul palco e trasmettere al pubblico!-  e poi sul suo viso si stampò qual suo sorriso a trentadue denti ed io cercai di ricambiare.
-Hai proprio ragione Benedict, questa ragazza ha talento da vendere, non c’è che dire, con questa performance ti diamo il benvenuto a questa scuola perché te lo meriti. Ora però vorrei vedere se i tuoi compagni sono altrettanto bravi.- le parole del professore calmarono il battito del mio cuore riportandolo quasi alla normalità. 
 Andai a sedermi vicino ad Alanis e anche lei mi fece molti complimenti.
 
 

 


BENEDICT POV


Lo so è da stupidi, ma voglio rivedere quella ragazza che mi aveva chiesto così gentilmente l’autografo la mattina precedente, che quasi involontariamente sono ritornato in quel bar dove l’avevo incontrata. Aveva qualcosa di speciale che mi attirava, non sapevo cos’era, ma qualcosa mi diceva che lei era diversa in qualcosa.
Ero così attento a chi entrava dalla porta che non sono accorto del ritardo che stavo facendo. Dovevo iniziare ad insegnare alla LAMDA. Anch’io avevo frequentato quell’accademia e essere chiamato per insegnare ad altri ragazzi mi elettrizzava, potevo aiutarli molto visto che mi ero trovato nella loro stessa situazione. Forse sono stati gli anni migliori della mia vita solo dopo l’anno in cui ho insegnato nel monastero tibetano.
Ero in un ritardo mostruoso. Parcheggiai di fretta sperando di non prendere una multa o farmi portare via la macchina  e iniziai a correre verso l’aula.
Aprii bruscamente la porta del teatro e mi scusai immediatamente, dandomi dello stupido nella mia testa e inventandomi una scusa per il ritardo, una scusa credibile. Mi avvicinai verso il Signor Williams che mi presentò ai ragazzi, mi diede del lei facendolo e io odiavo questa cosa, mi dava fastidio perché mi fa sentire vecchio. Non mi ero accorto della ragazza che era sul palco alle nostre spalle fino a quando non me lo fece notare lui. Era LEI. Oddio non pensavo di incontrarla proprio qui. Aveva un riflettore puntato addosso che le faceva risaltare ancora di più quei suoi capelli neri e quegli occhi grigi. Era perfetta per essere un’attrice, speravo fosse anche brava.
Il Signor Williams la chiamò più volte ma lei era come paralizzata, cosa non molto buona per un’attrice.
Aveva gli occhi fissi in un punto e i suoi muscoli visibilmente tesi. Volevo aiutarla a calmarsi, ma non sapevo cosa fare. Intanto, però, mi avvicinai a lei.
Ho avuto l’istinto di prenderla per le spalle e sussurrargli la prima cosa che mi venne in mente.
-Ehi Ginevra, come va?- domanda perfetta da dire ad una ragazza che è presa, molto probabilmente, da un attacco di panico. La scossi un po’ per farla riprendere, a me funzionava, forse anche a lei avrebbe fatto bene. Le aveva fatto bene perché mi rispose, con una voce un po’ spezzata ma almeno si era ripresa.
Scesi dal palco sperando che l’emozione non le giocasse brutti scherzi. Voleva improvvisare e per un attore era la cosa più difficile perché in poco tempo doveva trovare una situazione, un personaggio, le sue emozioni e poi calarsi nei suoi panni.
 
Rimasi a bocca aperta vedendola recitare. Sprizzava talento da ogni poro, era nata per stare su un palco. Era riuscita persino a piangere ed urlare di disperazione contro una persona invisibile che era solamente nella sua testa. Era qualcosa di strabiliante. L’accademia aveva fatto un ottima scelta.
-Beh che dire, un portento. Non ho veramente parole sei stata eccezionale, tutto era soppesato nel modo giusto, le parole, le lacrime e i movimenti. Tutto molto azzeccato.-  mi ero permesso di dire la mia prima del professore, ma dovevo assolutamente dirle che era stata fantastica.
-Sono questi i livelli di bravura che vogliamo in questa scuola. Sei fatta per stare sul palco e trasmettere al pubblico!-  gli feci un sorriso che lei subito ricambiò, un bellissimo, perfetto sorriso che il giorno primo avevo solo intravisto.
Anche il Signor Williams rimase sbalordito però doveva lasciare spazio anche agli altri e non si dilungò. I ragazzi che vennero dopo, si erano bravi, ma non all’altezza di Ginevra. Lei aveva qual qualcosa di unico. Quel qualcosa che solo una persona su un milione possiede. Non saprei come spiegarlo. È qualcosa che ti spinge ad ascoltarla anche se sta leggendo le istruzioni per montare un armadio.
Era speciale.
 
 



Eccomi qui con un nuovo capito, sono molto soddisfatta e mi è piaciuto molto scriverlo perché questa volta per la prima volta mi sono calata in Ginevra. Ho assaporato ogni sensazione che ha avuto e movimento fatto. Spero che vi piaccia il modo in cui li ho fatti incontrare un’altra volta e come li farò interagire altre volte, visto che dovranno “lavorare” insieme. Ben è rimasto ammaliato da questa ragazza perché sente che ha qualcosa di speciale e credo che in parte abbia capito il perché. Più avanti tutti noi scopriremo bene cosa ha di speciale Ginevra.
Ringrazio chiunque legge la mia storia e chi lascia una recensione. Spero che questa storia stia piacendo a voi quanto piace a me.

 

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 - Beer? ***


Quando scesi dal palco avevo ancora il fiatone. Non avevo mai recitato improvvisando, però in quel momento volevo dimostrare quanto valevo e quanto meritavo di essere entrata in quella scuola. In più sentirmi dire che ero stata un portento dal mio attore preferito è stata la ciliegina sulla torta, quelle parole me le ricorderò per sempre.
 
Il professore attirò la nostra attenzione salendo sul palco e schiarendosi la voce:
-Vorrei spiegarvi cosa faremo in questo anno di corso. Lavoreremo per mettere su uno spettacolo, grazie anche all’aiuto di Benedict. Da come prenderete a cuore il progetto, per come parteciperete e soprattutto se lo svolgerete bene e soppeserete ogni consiglio che vi daremo, dipende la vostra promozione a fine anno. L’opera che insceneremo lo saprete la prossima settimana, con già i ruoli assegnati.-
-Prof non faremo le audizioni per contenderci i ruoli?-  chiese un ragazzo.
-Mio caro ragazzo le avete già fatte, poco fa!-
-Sta scherzando?!- ok, eravamo tutti abbastanza sorpresi da quello che aveva appena rivelato il professore, ci aveva detto che quello che avevamo fatto prima era solo per conoscerci meglio.
-No, voglio dare i ruoli in base alla vostra bravura, molto alta per tutti devo dire. E poi non volevo mettervi l’ansia dei provini un’altra volta. Ah mi stavo scordando di dirvi che oltre a lavorare allo spettacolo, studieremo in generale come muoversi sul palco e miglioreremo la dizione. Per oggi è tutto ragazzi, potete andare a casa! A domani.- lui era molto tranquillo nel dirci queste cose, noi stavamo sclerando e ce la stavamo prendendo con i braccioli delle sedie, tra chi li graffiava e chi gli dava pugni. Da un momento all’altro le poltrone si sarebbero animate e picchiati tutti.
 
Tutti ancora molto sconvolti dalla notizia, uscimmo dal teatro. Volevo andare a bere qualcosa prima di andare a casa. Magari una birra. Si, era da tanto tempo che non bevevo una birra.
 
-Ehi Ginevra.- era Alanis che mi raggiunse correndo. –Ti andrebbe di andare a bere qualcosa?-
-Certo! Mi farebbe molto piacere. Avevo giusto voglia di una birra!-
-Bene allora ti porto in un pub qui vicino dove ha ogni tipo di birra esistente. Ti va bene?-
-Certo!-
 
Il pub non era molto distante, infatti in un baleno ci ritrovammo sedute al bancone a sorseggiare una birra rossa e parlare di tutto e di più.
 
-Oggi il prof mi ha lasciato di stucco, però è il miglior modo per assegnare le parti! Un modo alternativo senza metterti ansia.-
-Io ancora non riesco a crederci, è stato un po’ bastardo. Però la penso come te, perché tutti abbiamo recitato qualcosa che sapevamo già recitare quindi è come se eravamo già pronti ad un’audizione, solo non eravamo nervosi!-
-Ahahaha si forse questo è stato il lato positivo! Ehi guarda chi c’è là!-
 
Mi voltai dove stava indicando Alanis e vidi Benedict con un bicchiere di birra in mano che stava parlando con un altro uomo ma non sapevo chi fosse, molto alto e dalla vita sottile, con capelli rossicci e ricci.
 
-Un’altra sorpresa che ci ha fatto il prof per quest’anno!- mi disse lei, con degli occhioni grandi e la saliva che quasi gli scendeva dalla bocca. –Sai lui per me è l’attore più sexy che ci sia.-
 -Hai ragione!- mi scappò quasi involontariamente. La visione di Ben con un completo blu e una camicia che gli stava perfetta, quel sorriso che lo rendeva più bello, in un bar tipicamente inglese è qualcosa di letale per me.
-Piace anche a te?-
-Diciamo che ho visto tutti i progetti a cui ha partecipato. Mi piace molto come recita.- volevo rimanere più calma possibile e non far capire che io stravedevo per lui e che ne ero innamorata. Follemente.
 
Forse si è sentito osservato perché si è girato nella nostra direzione e ci ha salutato con la mano. Alanis sembra una foca in calore, stava agitando la mano più del dovuto, sembrava un ventaglio quella mano. Io mi limito a sorridergli per non sembrare troppo elettrizzata nel vederlo.
Ritorno a bere quel poco di birra che mi rimane più in fretta possibile perché voglio andare a casa per farmi un bel bagno caldo e telefonare ad Angelica e alla mia famiglia. Ho bisogno di sentire quelle voci, ho bisogno che mi raccontino la loro giornata e che mi domandino come era stata la mia. Voglio sentire la voce rotta di mia madre che ancora non si è abituata alla mia lontananza. Voglio sentire mio padre insistere sul fatto di mandarmi ancora dei soldi nonostante io ho trovato lavoro e voglio mantenermi da sola. E poi voglio sentire la voce di Angelica che mi racconta cosa ha fatto all’università.
 
-Alanis io vado, stasera devo chiamare i miei! Mi ha fatto molto piacere bere una birra con te.-
-Anche a me ha fatto piacere, dovremmo farlo più spesso.- non replicò sul fatto che volessi andare via, sapeva che mi mancava casa e non mi avrebbe mai impedito di andare via.
-Ovvio. Ci vediamo domani a lezione! Ciao Alanis.-
-Ciao Ginevra!-
 
Esco dal pub e mi sento chiamare. Decisamente non era Alanis, era una voce maschile.
 
-Ginevra!?-
Mi girai molto lentamente pensando a chi poteva essere.
-Stai già andando via?-
E mi ritrovai a pochi passi da me quel bellissimo uomo che era Ben che mi sorrideva beatamente.
-Ehm si, volevo chiamare la mia famiglia!-
-Ah allora non ti trattengo di più. Ciao!-
-Ciao.-
-Scusa un’altra cosa: quanti anni hai?-
-Ehm venti!- non capì molto bene del perché di quella domanda o del perché era corso fuori dal pub per parlare con me.
-Ah!- mi sembrava un po’ deluso della mia risposta. –Ci vediamo domani a lezione.-
-Si ciao.-
 
Non capii molto bene del perché fosse uscito dal locale per dirmi quelle poche parole, anzi penso che abbia immaginato ciò che era appena accaduto.
Rientrai a casa e mi preparai la vasca piena di acqua calda con tanta schiuma che emanava un odore di rosa. Mi immersi completamente nell’acqua e presi il telefono per chiamare casa.
Questa volta mamma fu molto più tranquilla del solito, perché appena gli raccontai dello spettacolo che avremmo dovuto fare a fine anno, lei già stava facendo tutti i preparativi per venire a Londra a vederlo, anche se né lei né papà sapevano una parola di inglese.
Papà, come immaginavo, mi parlò dei soldi. Fui molto ferma nel ripetergli che non doveva più mandarmeli perché pochi giorni dopo avrei iniziato a lavorare.
 
Finito di parlare con i miei ero stanchissima e mi addormentai sul letto senza mettermi pigiama o asciugarmi i capelli (cosa molto poco saggia per me) e soprattutto non avevo chiamato Angelica. Solo a pensarci mi piangeva il cuore, volevo parlare con lei delle cose straordinarie che mi erano accadute quel giorno e volevo sentire come stava.
  
BENEDICT POV
Non riuscivo a smettere di pensare alla sua interpretazione, era stata qualcosa di fantastico, mai visto. Non mi accorsi che il Signor Williams stava mandando a casa tutti. E mi era anche venuta voglia di una bella birra. Chissà se Ginevra vuole venire con me? Ma che vado a pensare. Quella ragazza mi rovinerà. Sono solo due giorni che l’ho conosciuta e non riesco a togliermela dalla testa. Eppure non è la prima volta che incontro una ragazza bella e con grande talento. Comunque il mio invito per una birra è assolutamente da bocciare. Anche qualche relazione con lei era assolutamente da bocciare, quanti anni può avere? Venti? Troppo piccola per me. Meglio che cacci via questi pensieri e vada a bere una birra con un amico.
Andai in un pub vicino all’accademia e li incontrai il mio amico Tom, sempre pronto per una birra e due chiacchiere.
 
-Allora come è andato questo tuo primo giorno da “professore”?- mise molta enfasi sul quell’ultima parola, per prendermi in giro visto che non mi ritenevo molto bravo ad insegnare e forse non lo ero veramente.
-Ahahah molto bene, quei ragazzi sono molto bravi. Soprattutto una ragazza è a dir poco fantastica!-
-È carina?- che faccia da schiaffi che aveva in quel momento.
-Oh si Tom, molto carina!-
-La ragazza ha fatto colpo! Ehehehehe.-
 
Ignorai quest’ultima cosa che disse Tom e mi girai di scatto verso il bancone del pub perché mi sentivo osservato. Quello che vidi non mi dispiacque affatto. Parli del diavolo e spuntano le corna. Salutai Ginevra e l’altra ragazza, se non sbaglio si chiama Alanis, con un gesto della mano. Lei mi sorrise solamente, l’altra stava agitando la sua mano molto velocemente, ero seriamente preoccupato che da un momento all’altro gli si staccasse.
 
-Tom è quella ragazza la giù, quella con i capelli lunghi neri!- mi girai verso Tom e gli indicai Ginevra.
-Uh carina! Anche l’amica non è male. Vagli a chiedere se vogliono bere qualcosa con noi.-
 
Ma si al diavolo tutto quello che mi ero proposto. Mi rivoltai verso il bancone dove era seduta ma vidi solamente la sua amica. Forse era uscita.
 
-Tom non c’è più!-
-Sarà uscita. Raggiungila e chiediglielo.-
 
 Corsi fuori e la vidi poco lontano.
 
-Ginevra!?- urlai.
Si girò molto lentamente. Sembrava terrorizzata da chi poteva vedere alle sue spalle.
-Stai già andando via?- io vorrei tanto sapere che razza di domande mi scappano quando la vedo, sembra che il mio cervello non riesca a elaborare qualcosa di più geniale da dire. Era logico che stava andando da qualche altra parte. Magari dal suo ragazzo. Meglio che mi calmi.
Mi avvicinai di pochi passi a lei per non dover urlare in quella via che al momento era trafficata.
-Ehm si, volevo chiamare la mia famiglia!- non potevo chiedergli di restare con me per bere un’altra birra.
-Ah allora non ti trattengo di più. Ciao!-
-Ciao.-
Mi avviai verso il pub però mi venne in mente un’ultima cosa che volevo sapere. Ormai era un pallino fisso che avevo in testa, quindi era meglio togliersi il dente e domandarglielo.
-Scusa un’altra cosa: quanti anni hai?- forse c’era qualche possibilità che ne dimostrasse molti di meno di quanti ne aveva!
-Ehm venti!-
-Ah!-. niente da fare, avevo azzeccato l’età.  –Ci vediamo domani a lezione.-
-Si ciao.-
 
Rientrai nel pub un po’ deluso.
 
-Insomma non ha accettato?-
-No doveva chiamare la famiglia, non potevo impedirglielo. Sai si è trasferita dall’Italia probabilmente per studiare recitazione.-
-Come sai queste cose?-
-Me le ha dette ieri mattina.- Tom mi stava guardando con un’aria molto spaesata. –Si ti spiegherò un altro giorno. Ora vorrei andare a casa.-
-Si tranquillo anch’io volevo andare.-
-Ci sentiamo.-
-Si!-
 
***
 
La mattina seguente, , la prima cosa che feci era chiamare Angelica. Non badai all’ora, magari stava dormendo ancora o si stava preparando per andare all’università. Queste supposizioni vennero troppo tardi perché aveva già risposto.
 
-Pronto.- avevo azzeccato, stava ancora dormendo.
-Angelica ti ho svegliata?-
-No tranquilla, tanto dovevo alzarmi! E poi lo sai che tu puoi disturbarmi quando vuoi. Allora come sono andati questi due giorni di corso?-
-Benissimo, soprattutto perché ci hanno fatto molte sorprese! Da rimanere stecchiti.-
-Uuuu sono curiosa!- già me la immaginavo con gli occhi che gli brillavano dalla curiosità.
-Innanzitutto il professore ha fatto delle audizioni a tradimento, senza avvertirci.-
-Che malvagio che è! E poi?-
-Beh poi…. Il professore avrà un assistente che lo aiuterà con lo spettacolo che faremo a fine anno!-
-Farete uno spettacolo? Allora devo organizzarmi per venire a vederti!-
-Come mai tutta questa gioia nel venire a vedere uno spettacolo interamente in inglese!?!?-
-Per vedere te! Molto semplicemente. Comunque tornando all’assistente: almeno è carino?-
-Beh direi proprio di si, cioè per me lo è, o forse anche per tante altre donne, riviste e giornali! Si penso che molto lo considerino “carino”!-
-Non mi dire è famoso?-
-Beh si, molto famoso.-
-Chi è? Aspetta voglio indovinare! Sicuramente è inglese… Orlando Bloom… no no aspetta… Jude Law… no no aspetta se c’è il mio attore preferito mi trasferisco subito, Michael Fassbender!-
-Per quanto io vorrei mentirti per farti venire qui con me, ti devo dire no.-
-Non è giusto però. Adesso dimmi chi è!-
-Ti sembrerà una bugia ma è Benedict Cumberbatch!-
Non sentii più nessun rumore, silenzio assoluto. Avevo attaccato per sbaglio? Vidi il display del telefono ma era ancora in linea Angelica.
-Angelica sei ancora li?-
-Si si ci sono ancora. Ma lo è lo stesso Benedict che fa Sherlock, lo stesso Benedict tuo attore preferito e lo stesso che hai incontrato in quel bar?-
-Penso proprio di si Angelica, a mano che non sia un sosia particolarmente uguale sia di aspetto sia di nome.-
-Ahahahahah perché non stai sclerando come lo sto facendo io?-
-Perché a me sembra ancora tutto un sogno! Ah ma non ti ho detto che ho trovato anche un lavoro.- volevo cambiare assolutamente argomento, perché potrei iniziare a fare una dichiarazione d’amore per quell’uomo.  -L’ho trovato in un pub qui vicino a casa, inizio lunedì!-
-Sono contenta per te. Senti sono in mega ritardo, devo iniziarmi a vestire e correre a lezione, stasera ti chiamo io, perché anch’io ho qualcosa da dirti.-
-Oh si scusa ti ho assillato con le mie cose, scusa. Aspetto la tua telefonata.-
-Ciao amore.-
-Ciao!-
 
Già mi mancava la sua voce. Quella sua allegria di prima mattina mi accompagnò per tutta la giornata, mi ci voleva perché quel giorno avrei fatto un’ora di tecniche di combattimento. Che bello avrei dovuto picchiare qualcuno, anche se per finta.




Beh gente sono tornata (non ve ne frega nulla lo so) e ho ripreso a scrivere. Ultimamente è l’unica cosa che mi rilassa oltre a leggere. Ho voluto riprendere la storia in mano e continuarla dopo tantissimo tempo, infatti ho dovuto rileggerla da capo e mi sono fatta un idea più o meno di come sta andando. Mi sono accorta che è molto lenta come la racconto, per voi è così? Comunque  ero anche indecisa se continuarla, a dire la verità, perché Ben si sta per sposare e mi fa un certo effetto scrivere una storia su di lui. Cerco di continuarla scansando questo pensiero, d’altronde è come se scrivessi una storia con personaggi che non esistono, no? Non so se mi avete capito. In questo capitolo ho inserito una special guest, si proprio Tom Hiddleston, giusto per far felice una mia amica. Spero di aver azzeccato le cose da far dire  sia a Ben che a Tom. Ogni capitolo che scrivo ci sto mettendo anima e corpo, soprattutto corpo visto che per colpa dell’ansia mi sono mangiata quasi un polpastrello. Non ho molto altro da dire. Volevo solo domandarvi se vi piacciono i BENEDICT POV! Io mi diverto molto a scriverli, perché devo fare un grandissimo sforzo per immedesimarmi in Ben. 
Bene smetto di parlare a vanvera e vi saluto. Spero vi piaccia questo capito e spero di trovare recensioni su cosa ne pensate, con critiche e consigli (che sono sempre accetti). Spero che anche questo capitolo vi piaccia. Alla prossima e buona lettura. x

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