Le streghe di Wawanakwa

di Morgana le fay
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio degli incubi. ***
Capitolo 2: *** L'inganno. ***
Capitolo 3: *** Sogni e incubi ***
Capitolo 4: *** Le tre volte in cui Heather... ***



Capitolo 1
*** L'inizio degli incubi. ***


 

CAPITOLO UNO: L’inizio degli incubi.

 

 

 

Lindsay Mills staccò le labbra da quelle del suo fidanzato Tyler Oldring per riprendere aria e chiedendosi se non le avesse pastrocciato tutto il lucidalabbra sul viso.

Per fortuna la sera a quell’ora, era solo mezzanotte, nel parco non c’era nessuno.

Pomiciare andava bene, ma non voleva che nessuno vedesse il suo viso maltruccato.

Con un rapido movimento estrasse dalla borsetta uno specchietto, mentre sorrideva a Tyler che le passava il braccio dietro le spalle e la attirava a sé.

Un sorriso dolce nacque sulle labbra della bionda, aveva un po’, ma solo un po’, perso la testa per quel ragazzo.

Aprì lentamente lo specchietto e lo sollevò all’altezza del viso.

No, era tutto a posto.

Stava per richiuderlo, quando notò la persona che era dietro di loro. Non ebbe il tempo di voltare la testa che Tyler crollò a terra.

La ragazza si chinò su di lui e fece per sollevare il viso, quando ritrasse di scatto la mano. Era bagnata.

Portò la mano davanti ai suoi occhi e vide il sangue che le colava dalle dita.

“Tyler!” prese a scuoterlo. “No! Ti prego!”

L’aggressore intanto era di fronte a lei. Notò distrattamente la lama che gocciolava.

Gocciolava sangue.

Il sangue di Tyler.

Voleva urlare, ma non poteva.

Voleva scappare, ma non poteva.

Conosceva quella persona.

Prima però che potesse aprire le labbra per emettere un suono, quella si scagliò contro di lei.

 

 

 

 

 

L’urlo le riecheggiava nella testa.

Il dolore le lacerava tutte le membra.

La paura le impediva di respirare e calmarsi.

Con mani tremanti strinse il suo Cristallo di Rocca così forte da volerlo quasi inglobale nella mano, per fortuna che fece effetto e le calmò i nervi in fretta.

Una visione così vivida non le succedeva da secoli, ma non era solo quella.

Aveva sentito qualcuno pronunciare delle parole.

Solo non capiva cosa era stato detto dalla figura.

Con un gesto della mano gettò indietro i capelli, si sistemò a gambe incrociate e respirò profondamente.

Calmare la mente, ascoltare il cuore e seguire la visione.

‘..ledizione, vero?, B…’

Strinse di più la sua pietra.

‘E’ così che si inizia una maledizione, vero?..

Maledizione?

Erano poche le creature che potevano davvero dar vita a delle vere maledizioni in quel posto e in quel tempo. Le streghe non erano che una manciata ormai rimaste.

‘…Vero? Beau..’

Un brivido le percorse la schiena.

No, fa che non sia..

‘Vero Beauchamp?’

La concentrazione s’infranse all’istante.

E così erano in pericolo? Non bastava già il prezzo che stava pagando?

Non poteva tornare. Ma se non lo faceva, allora..

Scattò in piedi e iniziò a preparare una borsa in fretta e furia.

Doveva essere a Wawanakwa entro la mattina successiva.

 

 

 

 

 

Heather Beauchamp sollevò lo sguardo dallo schermo del portatile per portarlo sull’orologio alla parete opposta che segnava le quasi sette del mattino.

Aveva di nuovo lavorato troppo.

Tolse gli occhiali da vista e si massaggiò gli occhi.

Fortunatamente oggi non aveva lezione fino il pomeriggio e poteva prendersela comoda quindi.

Chiuse lo schermo e lascò lo studio per andare in camera sua, dove si spogliò in fretta e si fece una doccia. Tornò poi in camera e, quasi accidentalmente, studiò la propria figura nuda allo specchio.

Per avere –dimostrare sarebbe forse il verbo più adatto- quarant’anni, aveva un bel fisico: alta più di un metro e settanta, con gambe lunghe, morbide forme e una pelle pallida.

“…E’ baciata dalla luna, tu sei come la notte. Lo sai, vero?”

Scosse il capo con forza.

No, non era il momento di pensare alle parole del Bastardo!

Indossò in fretta la biancheria e dei pantaloni skinny di colore scuro –forse non proprio adatti all’età che “dimostrava”, ma non le importava-, un maglioncino leggero color geranio e si sedette alla sua toletta.

Prese la spazzola e iniziò a pettinarsi con rabbia i lunghi capelli neri.

Quando pensava al Bastardo, finiva sempre infuriata con sé stessa e questo non andava bene. Doveva essere superiore. Lui non era niente per lei. Più niente.

I colpi di spazzola la rilassarono pian piano.

Si sfiorò con la punta delle dita la ciocca di capelli grigio ferro che le spuntava tra i capelli, ricordando quanto fosse passato dall’ultima volta in cui non tornava a casa. Per la Dea Madre, quanto tempo era passato!

Poi scosse la testa, ridendo da sola della sua stupidità: non sarebbe più tornata a casa! Che le prendeva oggi? Non era certo una persona che sta lì a rimuginar sul passato, quando ha un futuro da conquistare.

Dei rumori di passi, urla e colpi alle porte le fecero capire che le sue figlie erano sveglie.

Legò i capelli in una coda bassa e sospirò tra il divertito e l’irritato. Si allacciò la sua collana di rubino e scese le scale. Non sarebbero cambiate mai, almeno loro.

In cucina accese il fornello del gas per cucinare loro la colazione.

Sentì solo qualcuno entrare borbottando sottovoce e capì subito chi fosse, senza guardare.

“Buongiorno Courtney.”

“Giorno mamma!”

Sua figlia maggiore era seduta al tavolo, quando le portò il piatto con la colazione, che borbottava e scriveva frenetica al cellulare.

Guardarla le faceva male, però. Molto.

Assomigliava troppo al Bastardo.

I capelli castani erano lisci fino le spalle, portati in un caschetto ordinato e semplice. Era piuttosto alta e aveva un bel fisico formoso, con la pelle da latina che le risaltava le lentiggini sul naso e le labbra piene.

Però aveva qualcosa di mio: gli occhi neri da gatta.

Non marroni scuro o grigio ferro, ma proprio neri. Neri come la notte.

Ammise che avrebbe voluto si vestisse un po’ meglio. Non si può andare in giro come una segretaria zitella quando sei adolescente. No, proprio no.

Lo stridio di una sedia le fece notare l’arrivo della mia secondo genita: rannicchiata a braccia conserte sulla sedia col broncio, guardava la colazione davanti a lei senza alcuna intenzione di mangiare.

“Buongiorno Gwen. La colazione non si mangerà da sola, inizia che sei tardi!”

Uno sbuffo infastidito le uscì dalle labbra truccate di scuro, ma prese un pezzo del toast come per dire ‘guarda sto mangiando, vedi?’.

Gwen le assomigliava di più come aspetto fisico: pelle pallida, capelli neri tagliati in un corto carré alla mascella –con delle mesh turchesi che io disapprovavo pienamente-, le labbra sottili e gli immancabili occhi neri delle Beauchamp. Era però piuttosto bassa –sul metro e sessantacinque- e un po’ troppo magra per i suoi gusti di madre.

Il suo modo di vestire non accoglieva la sua approvazione come il trucco scuro: quegli abbinamenti fatti di neri, grigi canna di fucile e blu notte la facevano sembrare la morte. Ma chi a quel età segue i consigli materni?

Courtney scattò dalla sedia appena finito. “Mamma, stasera torno tardi: ho comitato studentesco e il turno in biblioteca.” Scorreva l’indice sullo schermo touch del cellulare mentre controllava tutti i suoi appuntamenti. Per avere solo 17 anni era un po’ troppo impegnata, ma le piaceva. Quell’ambizione e desiderio di fare, così simili ai suoi, la rendevano orgogliosa. Avrebbe distrutto qualunque concorrenza.

Salì su in camera sua a recuperare la borsa coi libri, Gwen la seguì rapida e silenziosa come sempre.

Sospirò con disapprovazione del piatto intatto della mia seconda figlia, un bel discorsetto le sarebbe servito sicuramente.

Non che non volesse bene a Gwen, ma le era così difficile trovare un modo di comunicare assieme che non comprendesse il mutismo della figlia e la cattiveria della madre.

“No, non mi sono dimenticata di te, entra” volse la sua attenzione alla gatta di famiglia.

Dal pelo nero e gli occhi ancora più scuri, Dubh (*nero in scozzese celtico), fece il suo ingresso sinuosa in cucina. Con un balzo arrivò accanto da Heather ondeggiando la coda come se ne sapesse una più del diavolo.

“Noi andiamo mamma. Buona giornata.” Courtney sbucò dalla porta e mi fece cenno con la mano.

Gwen tentò di defilarsi in fretta. “E tu a che ora torni?”

La ragazza puntò gli occhi a terra. “Dopo cena.” Sussurrò.

“Non è un po’ tardi?”

Gwen non rispose.

“Sarebbe meglio se…” il clacson dell’auto di Courtney fece scattare Gwen e con un ‘ciao’ biascicato uscì dalla porta.

Heather si voltò verso il gatto. “Hai dei buoni consigli? Ora sarebbero utili.”

Dubh si limitò a far ondeggiare la coda osservandola.

 

 

 

 

Courtney parcheggio l’auto al suo solito posto nel parcheggio della Wawanakwa High School e si rivolse alla sorella minore.

“Ti serve un passaggio al ritorno? Perché sarò qui fin le sei passate sicuro, ma poi sono disponibile.”

Scosse la testa corvina. “No, combino.” Si allontanò a grandi passi per raggiungere i suoi amici.

“Qual è il suo problema?”

Non capiva la sorella il più delle volte. Anzi, sempre.

Proseguì per l’ingresso della scuola, cercando il suo gruppo di amici. Intravide Gwen con quel suo gruppetto di amici strambi: Zoey Mamabolo, Noah Hayden, Leshawna Edwards e Duncan Nelson.

Che gruppo bene assortito!

Non poteva trovarsi altra gente, non so.. Un po’ più seria o almeno meno sfigata.

Incrociò gli occhi turchesi di Duncan che le fece l’occhiolino. Courtney volse il capo con indignazione. Che incontri!

“Courtney! Courtney!” Dakota Milton stava correndo verso di me il più veloce possibile, tacchi permettendo.

“Oh ciao Dakota!”

“Si si, ciao. Hai saputo?” i suoi occhi verde brillavano come due luci al neon.

“Saputo cosa?”

“Di quello che è successo a Lindsay Mills e Tyler Oldring!”

“Che è successo?”

“Pare che fosse al parco ieri sera, insieme e beh.. sai, che escono insieme da un po’ ma non era ufficiale.. poi…”

“Dakota! Arriva al punto!”

“Pare che siano stati aggrediti entrambi e colpiti ripetutamente con un coltello!”

Sentiva il respiro che le mancava. Dakota intanto si passava le mani tra i capelli biondo grano.

“E’ orribile! Nessuno sa chi sia stato e la polizia sta indagando.”

“Hei ragazze! Avete saputo?”

“Oh ciao Justin! Si, stavo raccontando a Courtney cosa è successo, giusto ora.”

“Che brutta cosa! Certo, potevano stare più attenti quei due!”

“Forse si.”

Smisi di ascoltare il loro parlare, mentre delle gocce di sudore mi scivolavano lungo la schiena.

Stava per succedere qualcosa di brutto.

Lo sentiva.

Ne era certa.

 

 

 

 

 

Gwen osservò di soppiatto i suoi amici, come tutti stavano parlando di Lindsay Mills e Tyler Oldring. Per quanto nessuno di loro li conoscesse erano tutti piuttosto abbattuti dalla notizia.

Ma lei non voleva dire nulla. Preferiva ascoltare.

“Hei Gwen, va tutto bene zuccherino?”

Leshawna le stava parlando con quella sua apprensione materna che tanto le piaceva.

“Si, sono solo stanca” le sorrise con più convinzione che poteva. “Ho dormito poco e questa storia mette i brividi. Tutto qui.”

“Oh hai proprio ragione, zuccherino! Da matti, dico è proprio da matti!”

“Non avrebbe senso poi aggredirli poi, di sicuro avevano soldi e glieli hanno dati subito.”

“Questo è ciò che farebbe chiunque Noah.”

“Ho saputo da mio padre, in via confidenziale, che avevano ancora i soldi nei portafogli.”

“Sul serio Duncan?”

Lui annuì. Zoey si portò le mani alla bocca e scosse il capo.

“Su su ragazzi, troveranno chi è stato e pagherà il suo debito.”

Tutti annuirono.

Noah, Zoey e Leshawna avanzarono nel corridoio per andare alla lezione di letteratura e Duncan le si affiancò.

“Stai bene?”

Gwen rivolse lo sguardo su di lui: alto, bel fisico, un viso da briccone con quegli occhi turchesi, i piericing e quella cresta color verde fluo questo era Duncan, il suo migliore amico.

Gli sorrise un po’ più rilassata. “Si, sono solo stanca.”

“Troppi sogni la notte?”

Il sorrise prese una piega amara. Sogni? Quali sogni? Lei aveva solo incubi.

“Si” rispose lentamente “troppi sogni la notte.”

Lui le sorrise in quel modo malizioso e le si avvicinò al viso. “Oh ma so cosa sogni!”

Questa vicinanza le fece battere il cuore un po’ fuori dal solito ritmo.

“Eh?”

“Ma certo, sogni il tuo bel Mc Cord!” ridacchiò.

Le guance di Gwen diventarono bordeaux e lo colpì al braccio. “Non urlare!”

Lui continuò a ridersela. “Guarda un po’ chi c’è laggiù poi”

Spostò lo sguardo davanti a sé e vide Trent Mc Cord salutarla con la mano.

“Vai e fammi divertire!” le diede una spinta e lei prese nota mentalmente di vendicarsi dopo.

Si avvicinò a Trent e pregò di avere un aria decente.

Trent era quel genere di ragazzi che ci si chiede da dove vengano: carini –alto, capelli corvini un po’ lunghetti e due occhi verde chiaro mai visto-, gentili e simpatici.

“Ciao Trent!”

“Gwen che bello vederti!”

Oh non aveva idea lui di quanto lo fosse per lei.

“Abbiamo lezione di letteratura, se non sbaglio. Mi mostri dov’è l’aula, temo di averlo scordato.” Le sorride con espressione un po’ dispiaciuta di crearle problemi.

“Oh ma certo! Ti ci porto io!” Si maledì per l’enfasi messa nel dirlo. “Cioè, si seguimi. Ci stavo andando proprio ora.”

Perché non si comportava in modo normale con lui?

Che aveva fatto di male per fare figuracce una dopo l’altra?

Si passò una mano tra i capelli.

La stanchezza iniziava a farsi sentire.

“Mi sembri stanca. Stai bene?”

Oh, ma certo che non stava bene.

Quegli incubi la uccidevano.

Scappare da quel.. quell’essere, non sapeva come altro definirlo, era faticoso anche in sogno.

Come se fosse vero.

“Oh, ma certo che sto bene.”

Gli sorrise pregando che entro fine giornata ci credesse pure lei.

 

 

 

 

 

Dubh stava dormendo acciambellata sulle gambe della sua padrona che stava scrivendo al computer con una rapidità sorprendente.

Era così bello stare lì, al calduccio con Heather che ogni tot le faceva un grattino.

Finché non si accorse della presenza alla porta.

Allora scattò su e infilò le unghie nelle cosce della padrona. Heather prese il gatto e lo poggiò furiosa sul tavolo, ma non si stupì quando sentì il campanello suonare.

Dubh aveva un sesto senso per gli avvenimenti importanti, nonostante il discutibile metodo per avvisarla per tempo.

Andò alla porta e appena aperta aveva già voglia di sbatterla in faccia al visitatore.

“Heather! Aspetta!”

La visitatrice alzò la mano da cui pendeva il braccialetto con il Cristallo di Rocca che ben conosceva. L’altra mano se la passò tra i capelli biondo chiari, un po’ come i raggi del sole e della luna, che tradì il nervosismo.

“Non abbiamo più nulla di cui parlare da almeno.. Beh, da un bel po’ di tempo, Dawn!”

Non riuscendo a chiudere la porta, fece volare la sua mano destra alla collana di rubino rosso scuro sangue, capendo cosa stava facendo Dawn.

“So che sei arrabbiata, sorella e non ti biasimo, ma..”

“Non siamo mai state sorelle, quindi risparmiati di dire così almeno!”

“Ok, scusami.. Heather. Ma dobbiamo parlare. E’ importante!”

Strinse il rubino con più forza. Avrebbe potuto vincere, senza sforzo.

“Pensi che sarei venuta, se non fosse per qualcosa di grave? L’ultima volta ci siamo lasciate male e sai che non posso mentire.”

La corvina lasciò lentamente il rubino a forma di stella a sei punte. “Si, hai ragione.” Le fece gesto di entrare.

“Grazie!”

“Le valigie stanno fuori. Ti ascolterò e basta.”

Dawn le riappoggiò a terra e seguì Heather in casa. Era stata ben arredata con mobili semplici e tutti di colore chiaro. C’erano molte finestre ed era ariosa.

“Hai una bella casa.”

“Grazie.” La corvina iniziò a preparare del tè dandole le spalle, mentre la bionda si accomodò al tavolo. Non sarebbe stato facile.

“Allora di che volevi parlarmi?”

“Ieri sera nella tua città c’è stato un omicidio.”

“Al telegiornale hanno detto solo che due ragazzi sono stati aggrediti e basta.”

Dawn scosse il capo, triste e rassegnata. “No, il ragazzo è morto.”

“Mi spiace per lui. Cosa centra?”

“Era un sacrificio.”

Heather si sedette davanti a lei e la scrutò con quei suoi occhi neri che mettevano paura. “Arriva al punto.”

“Un rituale di sacrificio. Heather, sai anche tu quali sono i cinque sacrifici che vanno fatti per compiere una vendetta. Rivolta verso la tua famiglia!”

“Non esistono streghe a Wawanakwa. Sono venuta qui apposta per questo motivo.”

“Però è stato compiuto lo stesso, quindi ci sono. Controlla i tarocchi se non mi credi.”

Ci fu un lungo silenzio da parte di Heather. Ecco spiegato il motivo della sensazione nostalgica avuta quella mattina. Doveva tornare ad essere una strega? Ok, in quel tempo non esistevano più roghi, né inquisizione, ma non voleva che si rovinasse tutto di nuovo.

“Non uso più la magia, Dawn.”

Ora la bionda sembrava arrabbiata. “Come no? E alle tue figlie cosa insegni? Non dirmi quelle cose newage senza senso. Sei una strega Heather per amor della grande dea!”

La corvina scosse il capo. Aveva preso una decisione e questa volta non avrebbe ripetuto lo stesso errore. “Non conoscono la magia. Né Courtney né Gwen.”

“Cosa? Perché?” Dawn assunse un’ espressione di rabbia che non le si addiceva. “Come si proteggeranno?”

“Con un corso di autodifesa, funziona bene in questo secolo e pare basti.”

“Sai cosa intendo.”

“Certo, che lo so! Ma questa volta non lo farò.”

“Non ha senso!”

Heather si sentiva stanca. “Dawn, sai che la mia maledizione comporta che ogni volta che le mie figlie appena arrivano a poco meno di vent’anni muoiano in modo orribile, no? C’eri pure tu quella volta e pure a te non è andata meglio! Sono stufa che mi vengano portate via ogni volta, nonostante la magia, quindi ho deciso che questa vita non insegnerò loro la magia e magari le terrà fuori dai guai.”

Dawn allungò la mano e gliela strinse.

Heather era sempre stata quella forte tra loro, ma tutti hanno un punto di rottura.

“Oh Heather, capisco il tuo punto di vista.”

Heather ricambiò la stretta di mano per un attimo.

“Però devi fare qualcosa. Una entità molto potente ha meditato vendetta contro la tua famiglia e non puoi lasciare che accada.”

“No, non posso. Lo farò!” la luce si riaccese nei suoi occhi.

“Puoi contare su di me.”

Ci fu un altro momento di silenzio.

“Grazie, accetto l’aiuto. Potrai restare qui.”

“Per le ragazze però andrebbe…”

“No, loro non verranno coinvolte! Tu ed io siamo abbastanza potenti da farcela.”

Dawn ricacciò le proteste in gola. Non era il caso di discutere ora, Heather accettava il suo aiuto per la prima volta nella vita e avrebbe avuto ancora tempo per convincerla che Courtney e Gwen andavano avvicinate in fretta alla magia.

“Come vuoi tu, Heather.”

 

 

 

Lindsay Mills aprì gli occhi.

L’odore di disinfettante, la luce dei neon, il sapore di sangue in bocca e il dolore che si propagò nel suo corpo funzionarono da sveglia.

Intravide, dopo aver sapientemente messo a fuoco, sua madre, suo padre, sua sorella Paula che parlavano con Beth e quello che le pareva lo sceriffo Nelson.

Aprì la bocca per parlare ma le uscì uno strano rantolo, che però attirò la loro attenzione.

“Tesoro!”

Sua madre corse più veloce di tutti. “Sei sveglia!”

Suo padre corse fuori a chiamare il medico che fecero uscire tutti, la controllò e lasciò rientrare lo sceriffo Nelson.

“Hei bambina, sei più forte del previsto.”

Lindsay fece una smorfia che avrebbe dovuto essere un sorriso. Di sicuro anche Tyler era stato forte.

“Devo chiederti una cosa, so che non sarà facile, ma voglio che ci provi. Ricordi cos’è successo?”

La testa della bionda si mosse in un assenso.

“Anche chi?”

Assentì di nuovo.

Sì, Lindsay Mills poteva fornire un nome. Di chi non si sarebbe mai aspettata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Era da una vita che non scrivevo qualcosa in questo fandom.

Dio, quanto mi era mancato!

Allora per prima cosa voglio ripetere che la storia è ispirata alla serie tv “Le streghe dell’East End”, però mi discorderò in alcune parti.

I personaggi non mi appartengono, invece sono della Teletoon.

Ora so che come inizio non è granché, ma ci vuole tempo per sviluppare la trama e non ho intenzione di bruciare le tappe. Tutto a suo tempo.

So che siete sconvolti da Mamma Heather (come me del resto!), ma ha senso. Non so bene neppure io come, ma ne ha.

Sappiate che sono una multishipper, quindi ci sarà di tutto e di più come pairings!

Spero vogliate lasciarmi un commento!

Il capitolo verrà betato entro breve.

 

 

Baci,

 

Momo

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Capitolo 2
*** L'inganno. ***


 

CAPITOLO DUE: L’inganno.

 

Il disegno mi appartiene (l’ho messo per sfizio!).U_U

 

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Dawn Medrek prese un profondo respiro, la stanza che le era stata assegnata d Heather non era esattamente la migliore della casa, essendo nella mansarda, ma non poteva biasimarla per questo.

Dopo quello che aveva fatto.. Dea, stava ancora male.

Forse la sua punizione non avrebbe mai avuto fine, ma almeno ora poteva ripagare il suo debito.

La stanza era spoglia con un letto singolo, un armadio vicino la porta e una scrivania accanto alla finestra. Le pareti tinte di chiaro e i mobili in legno sbiancato però rendevano la stanza adatta a lei.

Tutto quel bianco, era rassicurante.

Il contrario della sua infanzia così buia e spaventosa, dove tutto era così sporco e crudele.

Dawn si ritrovò a ridere da sola scuotendo il capo e facendo ondeggiare i capelli chiari, doveva davvero smettere di comportarsi in modo così melanconico.

Aveva modo di porre fine alla maledizione di famiglia finalmente e doveva sfruttare la situazione.

Chiunque minacciasse Heather e le sue figlie doveva essere molto potente, i rituali così avanzati erano poco usati, in quanto pochi erano capaci di tale livello.

A parte lei ed Heather c’erano solo loro.

I Burromuerto.

Ma non avrebbe avuto poco senso, se non nessuno!

Loro avevano dovuto subire la stessa punizione per ciò che avevano compiuto, per quel passato che aveva condannato due famiglie, e non servirebbe a nulla questa punizione.

Tanto più che le ragazze erano..

“Hai deciso di degnarti di darmi una risposta o stai lì a fissare fuori dalla finestra? E’ spaventoso che tu continui a farlo!”

Dawn sobbalzò. “Heather! Scusa, non ti avevo sentita.”

La corvina alzò gli occhi al cielo scocciata. “Volevo dirti che vado. Le ragazze tornano tardi, quindi se vuoi..” ci fu una pausa e Heather si sforzò di continuare “..prendere confidenza con la casa, fa’ pure.”

“Certo, grazie”

“Io sono a lavoro, ho lasciato il mio numero di cellulare sul tavolo in cucina. Chiamami per tutto.”

La bionda annuì sorridendo.

Heather la fissò ancora un po’, guardinga, finché Dubh le scivolò tra le gambe della padrona per balzare elegantemente sul letto e farsi accarezzare da Dawn.

“Staremo bene.”

“A dopo.” E chiuse la porta dietro di sé.

Dawn si sedette sul letto con un sospiro, erano ancora difficoltosi i loro rapporti, ma li avrebbe sanati. Accarezzava la testa della gatta distrattamente, non notando che un enorme corvo si era posato sulla finestra, finché Dubh non scattò soffiando e scacciando il corvo.

Dawn aprì la finestra elo vide volteggiare sulla casa, strinse il suo cristallo con brividi freddi lungo la schiena.

I corvi bianchi non girano liberamente per i cieli lì attorno senza che ci sia un cadavere a cui beccare il cuore.

 

 

 

 

Courtney camminava per i corridoi lanciando annoiati sguardi alle persone che le passavano accanto, quasi tutti avrebbero dovuto venir ripresi per ciò che facevano, ma non aveva la forza di farlo.

La riunione si sarebbe protratta anche troppo a lungo e lei e Dakota non avevano tutto questo tempo libero.

L’ultimo anno di liceo andava sfruttato per altro. Fin lì lei e la Milton erano d’accordo.

Il fatto che lei intendesse per studiare per entrare in un buon college e Dakota per dare gli ultimi festini più sensazionali della zona era puramente un caso.

A volte si chiedeva come potessero essere amiche due persone così diverse.

Non avevano poi tanti interessi in comune, eppure avevano un’ottima sintonia.

“Allora cosa ne pensi?”

“Di cosa?”

“Oh Courtney, ma è ovvio. Dell’aggressione ai nostri compagni di scuola!”

“Direi che è una brutta cosa.”

“Oh, ma è ovvio, però volevo sapere se avevi qualche.. Sensazione in proposito..”

Rabbrividì.

Cosa intendeva?

Che sapesse?

“Non credo finirà bene..” dissi prendendo tempo.

“Già pure io penso che quel maniaco finirà male, appena lo prenderanno.”

“Io non intendevo per lui…” ma Dakota non la ascoltava più.

 

 

 

Gwen amava l’oscurità, la calma e la musica. Anche non in questo ordine.

In questo momento però aveva paura di tutte e tre.

Era tutto cominciato qualche ora prima, quando Zoey aveva sussurrato a lei e Leshawna che voleva mostrare loro una cosa.

Le aveva portate nel bagno inutilizzato all’ultimo piano e aveva tirato fuori un libro.

“Ci hai portato qui, fatto saltare una lezione, pensare a chissà quale fosse il problema per un libro? Qual è il tuo problema, fiorellino?”

“Ma non è un libro qualunque, è un libro di magia.”

“Pff e chi ci crede, fiorellino!”

Gwen sentì improvvisamente una tentazione irresistibile verso quel libro.

Doveva toccarlo!

“E dove l’hai preso?”

“Ehm, nella biblioteca della scuola..”

“Che? Oh certo e ora insegnano anche magia in questa scuola!” Leshawna era stanca della cosa. Poi quel libro non le piaceva nulla. Aveva qualcosa.. Non capiva, ma voleva bruciarlo.

“Ma è vero!” si difese Zoey.

“Si, non è un falso.” Si scoprì a dire Gwen.

Da dove le usciva questa certezza?

“Si, insomma, sembra vero. Poi sarà una cretinata.” Cercò di salvarsi all’ultimo con del finto menefreghismo.

“Vedi! Avevo ragione!” rivolse uno sguardo a Gwen “E lei se ne intende.”

“Non proprio..” tentò Gwen, ma venne ignorata.

“Proviamo un incantesimo!!” squittì di gioia Zoey.

“Mhm..” Leshawna non era convinta.

“Suuu!” le sorrise Zoey.

“E va bene, non resisto al tuo dolce faccino fiorellino, ma non credo sia una buona idea ora.”

“No, dopo scuola. A fine lezioni ci troviamo qui!”

“Gwen?”

Dovevo andarmene da quella stanza, quel libro aveva uno strano fascino su di me.

“Oh si si, ci sarò.”

Ed è così che Gwen, poche ore dopo, si trovò nel bagno in disuso dove era pieno di candele e un pentacolo era seduto su una delle punte del pentacolo tenendo le mani a Leshawna e Zoey.

In quel istante però nel bagno lercio la gelida calma che pareva pervadere tutti e l’oscurità che appariva spaventosa, Gwen voleva fuggire e al tempo stesso sapeva cosa stava facendo.

Com’era possibile?

La litania che stavano pronunciando la conosceva, come fosse la sua canzone preferita.

Come se le parole le avesse scritta lei stessa.

Ma non poteva. Non aveva senso.

Cosa le stava tornando in mente..?

 

Courtney le si avvicinò silenziosa come sempre e Gwen si ritrovò a sorridere alla sorella al riflesso dello specchio.

“Allora sei pronta?”

“No, ancora un momento, devo finire di truccarmi.”

Passò un rossetto dal colore scuro come era solita fare e si sistemò il corpetto.

“Detesto arrivare tardi, lo sai Gwen. Poi siamo pure state invitate ad un tale ricevimento. E la mamma ci ha dato il permesso di andarci!”

“Lo so, non me lo aspettavo. Per fortuna c’è zia Dawn.”

“Si è l’unica che sa come convincere la mamma che non siamo delle bambine.”

Mi colpì la spalla con un ventaglio color turchese e Gwen lo prese.

Alzandosi l’abito morbido e le numerose sottogonne ondeggiarono con lei.

“Andiamo!”

 

Gwen balzò in piedi. Perché aveva appena visto sé e la sorella in abiti d’altri tempi? Eppure pareva così vivido il ricordo, come se fosse davvero accaduto.

A niente servirono i richiami delle sue amiche perché Gwen correva a perdifiato senza meta.

Uscì dalla scuola e attraversò il parcheggio fino all’auto di Courtney.

Accanto alla macchina c’erano sua sorella e Duncan che parlavano. Da quando si conoscevano?

Duncan si accorse della sua presenza e le sorrise.

“Hei! Che faccia! Hai visto un fantasma?”

“Gwen! Cosa è successo? E’ da un bel po’ che ti aspetto!”

La corvina continuò a spostare lo sguardo tra i due, ma niente aveva senso quel giorno. Scosse il capo e salì in auto.

“E dov’è il tuo zaino? Sappi che dopo non ti riporto qua a prenderlo!”

“E’ qui!” Zoey sorrise a Courtney. “L’avevi lasciato poco fa.”

Doveva averla seguita perché vedeva da lontano anche Leshawna col fiatone che borbottava qualcosa sul fatto che quella non era una cosa adatta a lei.

Zoey le porse lo zaino e le sussurrò “Scusa.”

Gwen la guardò dubbiosa. Ovviamente era riferito a quell’incantesimo-scherzo di prima.

Stava diventando una credulona.

Ora vedeva anche cose che non esistevano.

“Andiamo.” Disse alla sorella che la stava ancora guardando male e sbuffava per la sua maleducazione.

Courtney salì in auto e accese, lanciò ancora uno sguardo a Duncan e partì per la via di casa.

 

 

 

Heather era appena rientrata e aveva trovato Dawn presa a cucinare qualcuno dei suoi piatti vegetariani. Trattenne a stento uno sbuffo.

Ora erano costrette a convivere e lo faceva per le sue figlie.

Lo faceva per loro!

Ok, poteva farcela senza tentare di ucciderla.

Non era difficile, no? Semplice gestione della rabbia.

“Oh ciao, Heather.” Le sorrise la bionda.

“Dawn.”

“C’è una cosa che devo dirti..”

La corvina alzò gli occhi al cielo. Cominciamo bene. Non vorrà già iniziare della scadente terapia familiare?!

“Mamma! Siamo qui!”

Ed ecco il suo secondo problema: spiegare dell’esistenza di una zia.

“Courtney, Gwen! Venite in cucina, ora.”

Tanto valeva togliersi il problema dai piedi prima di complicare ancora la situazione.

Courtney entrò seguita da Gwen ed entrambe rimasero sbalordite dalla presenza della bionda.

“Ragazze, vi presento Dawn Medrek, vostra zia. Si fermerà da noi” le rivolse uno sguardo significativo “solo il minimo indispensabile.”

Lei sorrise nervosamente, Heather si era proprio meritata quell’appellativo di gioventù: era la regina cattiva.

“Salve ragazze. Heather mi ha tanto parlato di voi.”

“Oh noi invece non..”  Courtney pareva in difficoltà, ma si riprese. “Io sono Courtney e lei è Gwen, piacere.”

Dawn la fissava stranita e con una strana luce negli occhi e la castana le strinse la mano non più del dovuto e si voltò verso la sorella minore che fissava, bianca come un lenzuolo, la loro nuova zia.

“Gwen, è un piacere conoscerti.”

La corvina annuì. “Si, è un piacere.” Le tese la mano e gliela strinse.

Prima che a Heather venisse il latte alle ginocchia per riunione familiare che più temeva al mondo qualcuno ebbe la buona idea di suonare alla porta.

Heather andò ad aprire, stupita da chi c’era alla porta.

“Sceriffo Nelson?”

 

 

La figura si mosse silenziosa, la stanza era buia e il solo suono era il ritmico bip-bip delle macchine attaccate a Lindsay. Scosse il capo sorridendo: era così facile.

Si sedette sul letto accanto alla bionda e le accarezzo i capelli.

Lindsay aprì lentamente gli occhi e mise a fuoco.

Chi era?

Le figura le accarezzò il viso e fece scivolare la mano lungo il collo della ragazza e un piccolo lampo di luce illuminò per l’ultima volta la stanza.

Lindsay vide il volto della figura. Dio, aveva sbagliato non era lei!

Poi chiuse gli occhi e non li riaprì più.

 

 

 

Gwen sentì la voce di sua madre farsi più imperiosa, come capitava quando era furiosa. Provò l’impulso di andare a vedere, anche se le piaceva la compagnia della zia.

“Mamma, tutto bene?”

“Gwen, va’ nell’altra stanza.”

“Ma vorremmo solo farle qualche domanda, signora Beauchamp.”

“Per chi mi prende, sceriffo? Sono un avvocato, mica la prima degli idioti!”

“Signora Beauchamp non complichi le cose, faremo solo un paio di domande a Gwen su ieri sera.”

“Era a casa, lo testimonio io, quindi ora se ne vada.

Lo sceriffo Nelson fece un cenno ad un altro poliziotto con lui che entrò in casa.

“Hei! Ma come..?”

“Qui c’è il mandato.”

Entrarono altri agenti.

“Ooh ma bene e cosa le fa credere che mia figlia sia coinvolta nell’aggressione di ieri?”

Gwen seguiva la discussione in uno strato di trance.

“Ora è diventato omicidio, signora.”

Di cosa parlavano?

L’agente le sfilò lo zaino dalla spalla, mentre sentiva la madre litigare col padre di Duncan, la sorella che si univa alla madre e la mano della zia sulla spalla.

“Signora, la prego. Una testimone ha raccontato che sua figlia era lì ieri sera, se si rivelasse falso la cosa si risolverà senza problemi.”

“Solo perché lei..”

“Sceriffo.” Uno degli agenti lo richiamò.

Aveva in mano lo zaino di Gwen da cui estraeva un’oggetto che fece rabbrividire la corvina.

“Credo questo sia importante.”

E mostrò ai presenti un lungo coltello insanguinato.

Gwen si ritrovò a pensare di nuovo che quella giornata doveva essere un sogno.

 

 

 

 

 

 

Bene, c’è poco da dire su questo capitolo.

Per qualunque domanda o dubbio, scrivetemi. Però niente spoiler su come continua, sorry.

Ringrazio calorosamente tutti i lettori e coloro che seguono e hanno tra preferiti la storia.

Davvero grazie!

Non me lo aspettavo!

 

Un bacio,

Momo

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Capitolo 3
*** Sogni e incubi ***


Capitolo tre: sogni e incubi.

 

Heather aprì gli occhi e seppe dov’era. Di nuovo in quel sogno. Dove cominciava la sua lenta discesa.

Aprì gli occhi e si ritrovò nella sé stessa di allora, si sollevò dal letto e gettò le sue coperte giù dal letto, spalancò le tende e la luce entrò prepotente facendole chiudere gli occhi per riaprirli pian piano abituandosi alla luce.

La stanza si illuminò all’istante rivelando la sua fastosità che sfiorava l’opulenza nei colori dei rossi: la stanza della sua infanzia. La corvina provò un forte senso di nostalgia.

Un lieve rumore dietro di lei la fece voltare.

“Sorella, buongiorno.” Dawn la chiamò dallo spiraglio nascosta dietro la porta i capelli di luce che brillavano portati in una treccia e gli occhi cielo enormi per lo stupore che seppe nascondere molto bene. Doveva trovare strano che Heather non si fosse ancora preparata. “Il lord nostro padre desidera la nostra presenza per colazione e nostra madre chiede di vederci prima dell’incontro.”

Heather assottigliò gli occhi, provocando dei brividi nella bionda. “Volevi dire TUA madre e MIO padre”

Prima che la ragazza potesse dire nulla “vattene. Sarò puntuale.”

Si diresse verso la sua toiletta e si osservò allo specchio: quindici anni. Aveva di nuovo quindici anni. Odiava davvero questo sogno.

Si allacciò il suo rubino al collo e con una mossa della mano apparve il suo abito. Un abito semplice che rispondeva alla moda del regno color verde giada. Passò la mano tra i lunghi capelli neri che cadevano sciolti, pregustando gli sguardi che avrebbe ricevuto. Solo le donne sposate li portavano sciolti.

Uscì dalla stanza e infondo al corridoio incontrò Dawn che la aspettava con un delicato abito di un adorabile lillà più consono ai suoi quattordici anni.

“Sorella.” Si mosse verso di lei leggera come una fata “la lady mia madre ci aspetta.”

Lo disse con leggerezza, precedendola, cosa che fece sorridere Heather. Il gattino spaurito aveva delle unghiette. Arrivate in un salottino mentre uno dei numerosi domestici-spiriti apriva loro la porta con un inchino.

“Figlie mie! Quale gioia!”

La vacc.. Ehm, matrigna esultò come fosse vero, che la sua gioia fosse autentica. Heather trattenne una espressione stizzita.

Blaineley mosse oziosamente le braccia indicando alle due delle sedie, senza scomodare il suo sedere dalla poltrona in cui giaceva mollemente. C’era da dire che era una bella donna: lunghi capelli biondo oro, viso grazioso –nonostante l’età, dovette ammettere Heather- e occhioni azzurri. Dawn le poteva anche assomigliare ma aveva una grazia che alla madre mancava totalmente –e anche la capacità di tacere al momento opportuno, pensò Heather-.

“Figliole, sono davvero felice siate qui! E’ una importante giornata oggi!” assottigliò lo sguardo e lo puntò su Heather senza celare la sua irritazione per la figlia acquisita così.. Così dannatamente arrogante. Lo sguardo fisso, malizioso e il sorriso fantasma di eterno scherno, era ciò che odiava. La figlia invece rimaneva sempre impassibile e nascondeva qualunque pensiero in modo migliore.

“Il lord vostro padre ha delle grandiosi notizie per voi!”

Entrambe le adolescenti annuirono.

“Sarà una giornata memorabile.”

Certo come no!

Heather si alzò senza attendere l’ordine, non le importava, quella donna non era sua madre. La donna che l’aveva partorita se ne era andata da troppo tempo. E lei non aveva voglia di sprecare tempo con quella stupida donna.

“Il lord mio padre ci attende.” Uscì dalla stanza rapidamente e si diresse verso il salone principale.

“Che ragazza maleducata!” sbuffò Blaineley. “tu sì che sei una brava bambina, invece, tesoro.”

Accarezzò la testa come ad un cucciolo. “tu sì che sai come comportarti. Non come tua sorella che ci ha lasciate per sposare quel signorotto di bassa lega. Ah! Ahimé! Anche tu presto mi lascerai.”

Dawn sollevò per la prima volta lo sguardo verso la madre. Non provava nulla per lei né l’amava né l’odiava e questo le era sembrato sbagliato per anni, finché aveva Bridgette cosa le importava.

La sorella maggiore era quella che l’aveva cresciuta ed amata, mentre la madre andava a feste e cercava “un nuovo papà per le sue piccoline”. E Dawn l’amava molto. La dolce Bridgette dai suoi lunghi capelli biondi così luminosi e gli occhi di mare che la proteggeva sempre e che l’aveva abbandonata a sé stessa, anzi peggio, con sua madre e una nuova famiglia di sconosciuti.

Oh, certo, era felice che la sorella si fosse innamorata e sposata con un uomo buono che l’amava davvero. Dawn aveva sempre rassicurato la sorella su questo.

I suoi poteri erano correlati ai legami e poteva vedere i fili che li collegavano, così stretti e saldi.. quasi la invidiava. Lei non li aveva mai visti tra i suoi.

“Andiamo andiamo, figlia. Il lord mio marito ci aspetta.” Le sorrise, in quel modo che la piccola odiava.

Seguì il passo ancheggiante di sua madre ed entrarono in sala per trovarla già occupata dal lord suo padre e Heather.

“Lord adorato marito mio. Mi hai aspettata per dare le notizie spero!” esclamò gioiosa Blaineley.

“Ma certo che no moglie.” Chris McLean le sorrise e la fece cenno di sedersi accanto a lei come ogni giorno. Heather stava perdendo la pazienza. Aveva già una mezza idea di cosa fosse la comunicazione un parte di lei ne era felice, ma la spazientiva la mancanza di conferme.

“Heather” si voltò verso la figlia e si notarono le loro somiglianze: i capelli neri, gli occhi scuri e la fossetta sul mento. “ormai hai quindici anni e ovviamente saprai si sono presentati in molti per la tua mano, il tuo sangue Beauchamp è una grande risorsa” la ragazza non disse nulla, sapeva che la madre era l’ultima di una delle più antiche famiglie, imparentata strettamente con la famiglia reale e che avrebbe potuto considerare i suoi appartenenti dei lontani cugini. Questo era l’unico motivo per cui non era ancora andata in sposa a nessuno –la legge vuole che la ragazza debba avere 14 anni-. “Abbiamo, la tua lady madre ed io, valutato a lungo e attentamente per il tuo bene quale fosse il migliore degli spasimanti” leggi: mi hanno venduta al miglior offerente, pensò Heather disprezzando il padre. Per una vita era cresciuta con la consapevolezza che avrei potuto fare –sposare- ciò che –chi- volevo, come tutte le Beauchamp erano donne al di sopra, grazie alle loro abilità e ai poteri così potenti, ma soprattutto libere. E ora il padre la vendeva.

Fu troppo per lei. “Chi è?” tagliò corto.

Sperava seriamente fosse la persona che amava. Era testardo sì, ma non avrebbe mai permesso andasse ad altri.

“Chi vorresti che fosse?” la voce di Chris era dolce “Puoi scegliere lo sai. Se non ti piace, non importa.”

Oh, la voce così dolce, una proposta così attraente e così.. falsa.

Non avrebbe mai rivelato chi desiderava, finire in uno dei giochetti del padre, quegli squallidi trucchetti per usarla come una pedina. Allora Heather fece la cosa che sapeva fare meglio, la cosa più importante le avesse lasciato il padre nel DNA: mentire.

“Chiunque il mio lord padre ritenga sia alla mia altezza..” disse dolce.

“Oh sei una brava figlia, sei..”

“E che io concordi sul fatto che lo sai davvero. Come il mio amato lord padre ha detto posso sempre rifiutarlo.” Accentò il sorriso. “Vero?”

Blaineley sussultò indignata dalla sua arroganza. Il che non fece che fortificarla.

Eccolo, il momento della verità. Padre e figlia si fissarono per pochi secondi che però parvero un secolo, finché.. “Ovviamente Heather.” Sentenziò il padre.

Ora il silenzio si fece strano. Come mai non le rivelava il nome?

Come le avesse letto nel pensiero le disse “Alla festa di stasera verrà ufficializzato tutto e lo saprai.”

Heather trattenne la rabbia. Bastardo! Così non avrebbe potuto rifiutarlo, senza uno scandalo.

“Certamente, mio lord padre.” Riuscì a dire. “Mi ritiro nelle mie stanze affinché possa prepararmi per tempo. Con permesso.”

Si alzò e camminò lenta fino la porta, ma una volta chiusa alle spalle iniziò a camminare sempre più in fretta fino a correre a perdifiato e scappare nel giardino di rose, invece di andare in camera sua.

Con un movimento della mano le rose dietro di lei la chiusero in una specie di gabbia e finalmente si lasciò cadere a terra –tutto con molta grazia-.

Cercò di riprendere il controllo con calma e respirò lentamente. Doveva pensare. E in fretta!

Se fosse riuscita a scoprire chi era il suo promesso sposo in anticipo avrebbe potuto fare in modo che lui cambiasse idea e anche in fretta. Con i suoi poteri poteva.

Ma suo padre non era idiota e sapeva non avrebbe avuto l’informazione né da lui né dalla matrigna, probabilmente chiedere a Dawn sarebbe stato inutile.

Ringoiò un ringhio di frustrazione e chiuse la mani a pugno per evitare di sprigionare poteri che avrebbero potuto fare danni e rivelare la sua rabbia.

Aveva bisogno di aiuto, ma da chi..?

Doveva davvero calmarsi.

“Sono io. Apri.” Una voce da fiori il roseto la fece sobbalzare e scattare in piedi e pulirsi il vestito dalle tracce di erba e terra.

“ecco.” Aprì un varco. “Entra.”

“Ciao Scarlett.”

Heather si sentiva infinitamente meglio vedendo l’amica –non l’avrebbe mai ammesso però-, era l’unica persona che conosceva ad essere intelligente e scaltra come lei.

I capelli rossi legati in uno chignon, gli occhiali più per sfizio che per vera necessità le nascondevano gli occhi verdi. Era piuttosto alta e con un bel fisico –nulla comparabile ad Heather stessa-.

“Sono arrivata appena ho potuto. Uno degli uccellini di Dawn mi ha detto di venire veloce che c’è una emergenza.”

“Si e lo è davvero.” Si annotò mentalmente di ringraziare Dawn più tardi. “Mio padre ha deciso di farmi sposare.”

La rossa si fermò davanti all’amica –o almeno questa era la definizione più vicina che aveva trovato per descriverla- e la squadrò. “Chi è lui? Immagino non il tuo caro Burromuerto.”

“Infatti!” Scarlett era l’unica a sapere della sua.. definiamola relazione con il ragazzo. “Non so chi sia.” Si morse le labbra. “Ha detto che lo conoscerò alla festa di stasera e sarà dichiarato il fidanzamento.”

“Quindi ti ha tolto il potere di poterlo rifiutare, visto lo scandalo che causeresti. Il lord tuo padre è astuto.”

“Non me lo ricordare.” Si passò le mani tra i capelli. “Cosa posso fare?”

“Sperare che sia chi vuoi?”

“E’ sarcasmo?”

“No, ma dovresti essere più tranquilla, il peggior partito è il mio.”

Heather osservò la ragazza mentre cercava di mantenere la calma. Poteva benissimo capire perché fosse così amareggiata. Nonostante Scarlett fosse un componente della famiglia reale –terza in successione al trono- l’avevano promessa in sposa ad uno degli esseri più ripugnanti di sempre: Max.

Un nanetto tracagnotto del taglio a scodella coi capelli viola.. Viola! E credeva di essere pure il più cattivo e il più bravo nei giochi di potere. Per la Dea, le era difficile non provare ribrezzo.

“Sul tuo non ci sono dubbi.” Si morse il labbro. “Siamo messe male.”

La rossa osservò l’amica per un momento molto seria poi distolse lo sguardo e lo appuntò su una delle rose sanguigne.

“Avrei..” iniziò lentamente “una specie di idea per aiutarti.” I suoi occhi verdi brillavano.

Oh, Heather le conosceva bene le idee di Scarlett, oh sì, e le piacevano.

“Sentiamo.”

Un suono spezzò le immagini.. la sveglia stava suonando.

Si sollevò dal letto e con un colpo fece tacere il rumore molesto. Si asciugò il sudore che le colava sul viso e tentava di contenere il terrore che serpeggiava in lei. Ricordare quel mondo non le piaceva, specie da quel dannato giorno. Le creava una strana bolla di ansia e irritabilità, come se non potesse controllare nulla di ciò che accadeva, perdere il controllo sulle cose. E lei lo odiava.

Il fatto che sua figlia fosse in carcere ora non la aiutava. Certo aveva passato solo questa notte e oggi avrebbe chiamato il giudice suo amico per poter fissare una cauzione al più presto.

Si sarebbe andato tutto bene.

Si vestì in fretta e furia, senza fare caso a cosa indossava – diversamente dal solito-, scese in cucina e trovò Dawn sveglia e intenta a preparare la colazione.

“Buongiorno sorella.”

Heather si chiese come mai si ostinasse a chiamarla così, ma decise di non commentare. “Buongiorno a te. Courtney?”

“Sta dormendo. Le ho dato uno dei miei tè e si è addormentata. La rilascieranno?”


“Si, entro oggi, lo spero. Contatterò un giudice di mia conoscenza e spero lui mi aiuti.”

Le piazzò un piatto con una fetta di torta sotto al naso e una tazza colma di caffè nero e senza guardarla continuò a parlare. “Non maledire lo sceriffo Nelson. Fa’ solo il suo lavoro.”

“Non pensavo di farlo.” Oh sì che invece ci aveva pensato e lo avrebbe fatto con estrema soddisfazione personale, ma ora doveva rinunciare. Se gli fosse capitata una disgrazia sarebbe stato chiaro agli occhi di Dawn che era colpa sua e magari avrebbe anche sciolto la sua maledizione.

“Bene.” Interruppe tutto ciò che faceva per voltarsi a guardarla sorseggiando uno dei suoi famosi tè. “senti sorella, perché non parli a Courtney e Gwen della magia?”

Il sapere dolce della torta si trasformò in acido nella sua bocca. “No. Se avranno una vita fuori dalle trame magiche avranno più possibilità di sopravvivere e non morire giovani. Non di nuovo!”

La bionda scosse il capo. “Ma questa volta ci sono altre forze in gioco. Sono potenti e tu ed io” calcando su queste parole “non bastiamo. Non puoi tenerle all’oscuro, potrebbero aiutare.”

“Ti ricordo che è proprio per questo che è successo tutto. Perché ho scioccamente deciso di lasciare loro il destino nella mani senza pensare che in questo mondo non funziona così!”

“Nemmeno nel nostro funzionava così!”

“Si, invece. Lì è il nostro posto! Che questo piccolo mondo senza magia sia maledetto e basta!”

“Oh sì, certo.” Il tono sarcastico, quasi rancoroso, di Dawn le era nuovo “Lì andava tutto bene a te solo perché sei una Beauchamp! Anche se considerando tutto non è andata poi così bene visto cosa è successo!”

Heather sentì la rabbia montarle dentro, ma una parte di lei sapeva che le accuse erano vere. Il suo egoismo l’aveva portata dove era ora. Anche se tardi per cambiare le carte in tavola.

“Sei tu che hai voluto fare la vittima sacrificale, io non te l’avevo chiesto. Mai!”

“Sì sì, mea culpa! Sono stata molto stupida all’epoca.” Represse le successive parole in un mugugno.

Erano una di fronte all’altra, l’alta corvina dallo sguardo fiero e la piccola fatina bionda dagli occhi gelidi.

“Non ho mai capito perché tu l’avessi fatto.”

Heather lo disse più a sé stessa che all’altra.

“Ti volevo bene. Ti consideravo davvero mia sorella.”

Un moto di amarezza investì la maggiore. Quante cose si cambierebbero se si potesse tornare indietro..

“E sei tornata per questo?”

Gli occhi azzurri erano ancora gelidi. “No, solo per pagare il mio debito.”

“Chiaramente.”

Il silenzio calò nella cucina gelida. Diverso mondo, ma le regola magiche valgono: i debiti si pagano sempre.

“Mamma? Zia Dawn? Eravate voi a gridare?”

Courtney entrò in stanza con l’aria di chi non aveva chiuso occhio e la sua pelle olivastra più pallida e malaticcia del solito. Stava accarezzando Dubh lentamente.

“Si, una piccola discussione. Niente di che.” Si risedette con grazia e prese a bere il suo caffè. “Tra poco vado a riprendere tua sorella.”

Dawn piazzò la colazione davanti agli occhi della nipote. “Mangia qualcosina, cara. Starai meglio. Hai dormito?”

“Si un po’, ma senza il tuo tè non avrei mai dormito.”

Annuì sorridendo. “Sono felice ti sia stato di aiuto.”

Heather nel frattempo si alzò. “Serve un passaggio?”

Courtney scosse il capo. “Non vado a scuola oggi.”

La frase fece gelare la madre. Da quando sua figlia, la perfettina, non voleva andare a scuola? E da quando?

“Come mai?”

Aprì la bocca, poi la richiuse e scrollò le spalle.

Heather decise di lasciar correre. Non era poi così male che stesse in casa, sarebbe stato più utile per proteggerla. Prima di uscire colse un paio di frasi solo..

“Non temere lo sceriffo non ha concesso ai giornali la storia di tua sorella. L’ha assicurato.”

Le si strinsero le labbra. “Non è per questo: non mi vergogno. Solo.. non so se posso affrontare tutto da sola. Senza Gwen.”

Anche questo era inaspettato. Erano davvero molto legate. Erano un genere di legame che non aveva mai sperimentato.

Salì in auto e partì senza remore e decisamente velocemente verso il luogo in cui abitava la persona che poteva aiutarla.

 

 

Gwen si svegliò di soprassalto e si guardò intorno disorientata. Il respiro si fece più affannoso quando si ritrovò di essere finita in prigione.

Era solo la cella nella stazione locale, ma la cosa la terrorizzava molto.

Come ci era finito un arma del delitto nel suo zaino. La cosa la spaventava. Stavano succedendo cose strane ultimamente e non le piaceva.

Lei e sua sorella in abiti ottocenteschi, quelle strane visioni di un posto diversi, un’epoca diversa.. era troppo strano. Persino per lei!

Poi la sensazione che provava a volte, quella scossa sotto pelle che le faceva muovere le mani da sole come se conoscessero già cosa fare.. Oh sì, questo era strano.

“Hei! Come sta la mia ragazza preferita?”

La testa di Gwen scattò su e sorrise lentamente.

“Duncan!”

“Non ti aspettavi una visita eh?!”

“Non esattamente. Pensavo che tuo padre ti avrebbe arrestato per qualche bravata che avresti combinato senza me.”

“Ma no ma no ragazza. Sono un bimbo grande ormai. Non ho bisogno che mi controlli.” Duncan si appoggiò alle sbarre con nonchalance.

“Pff come se mi ascoltassi mai!” fece ruotare gli occhi e incrociò le braccia.

“Hei!” scattò offeso “io ti ascolto sempre! Solo non considero cosa dici. E’ diverso!”

Gwen si portò una mano sulla fronte, reprimendo un sorriso.

Cosa avrebbe fatto senza il suo migliore amico? Certo, aveva sua sorella –che nonostante tutto avrebbe fatto di tutto per lei e le voleva davvero bene- e sua madre –avete presente nei documentari quando mostrano le mamme di qualche animale davvero pericolo? Sapete cosa fanno se attaccate uno dei cuccioli? Ecco, mia mamma!-, ma non era lo stesso.

Conosceva Duncan da quando erano piccoli e per anni avevano fatto dispetti e danni a destra e a manca a chiunque e grazie a mia mamma e suo padre l’abbiamo sempre fatta franca.

A volte era convinta di avere una specie di, uff, era patetico da dire, cotta per Duncan.

Ma sapeva che anche se fosse stato vero, cosa avrebbe potuto farci?

Non avrebbe mai rivelato nulla ad un ragazzo così. Aveva già visto cosa succedeva nelle relazioni di Duncan e non voleva che la sua andasse così.

O forse si sbagliava ed era solo un legame profondo tra loro, di quelli che acquisisci dopo anni di conoscenza l’uno dell’altra.

Gwen scosse la testa e sorrise. Ma questo le morì presto sulle labbra, ricordandosi dove fosse. Era accusata di omicidio, mica di qualcosa di leggero.

Chi poteva aver messo quel coltello nel suo zaino?

Chi la odiava tanto?

Ma soprattutto, quanto ci avrebbe messo a distruggerla?

 

 

 

Rieccomi dopo una vita a postare.

Grazie a tutti e scusate le mie tempistiche bibliche!

Per prima cosa sappiate che appariranno i personaggi di td all star.

Li adoro! Specie Scarlett nel caso non si fosse notato. Si insomma me la vedo come migliore amica di Heather.

Il mondo dove vivevano prima è liberamente ispirato a il trono di spade.

La trama è più fitta di quello che pare ora, ma non vi preoccupate, questa volta dovrei aggiornare presto.

Un bacio,

Momo

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Capitolo 4
*** Le tre volte in cui Heather... ***


4. Le tre volte in cui Heather…

Heather attese con la poca pazienza le era rimasta che le aprissero la porta. Farsi aiutare non era la cosa che le riusciva meglio ma era la cosa migliore da fare. Un piccolo prezzo da pagare per impedire che le sue figlie morissero di nuovo –cosa che la mandava fuori di testa, quante volte era successo ormai?- e lo avrebbe pagato.

La porta si aprì. “Si?”

Heather strinse le labbra per reprimere il grido che si stava facendo largo in lei.

“Heather Beachump? Sei tu?”

Prese un respiro veloce e represse una smorfia. “Sierra, salve a te. Si, sono io. Devo aver sbagliato indirizzo, cercavo qualcun altro.”

Sierra si mise a ridere. “No, tranquilla mi fa piacere vederti dopotutto. Stavi cercando mio marito probabilmente. Sai Cody? Giusto?”

“Si cercavo lui.” Un moto di rabbia si mosse strisciando tra le sue viscere. Perché le succedeva sempre qualcosa di male?

“Entra entra. Arriverà tra poco. Ti offro un tè.”

Heather la seguì. Avrebbe voluto bestemmiare o lanciare qualche maledizione alla donna davanti a sé. Era alta sul metro e 80. Dai capelli corti violacei (tinti per gli umani, magia secondo Heather) legati in una coda bassa. Il viso non era diventato però più grazioso né lei aggraziata nei movimenti con gli anni, la sua voce invece pareva più squillante che mai.

“Accomodati arrivo subito.” Offrì a Heather una sedia accanto ad un bel tavolino bianco in una veranda che dava sul giardino.

La corvina si sedette e intrecciò le dita in grembo. Era sempre andato tutto male le tre volte in cui aveva incontrato Sierra Burromuerto.

La prima volta era accaduta il maledetto giorno in cui suo padre voleva presentarle al ballo il suo promesso sposo…

Lei e Scarlett erano vestite coi loro abiti migliori e chiacchieravano tranquillamente del più e del meno, come se non avessero pensato ad un piano diabolico poche ore prima.

I saloni del palazzo reale erano splendidi con uno stile raffinato, la musica risuonava ovunque con molte coppie che danzavano e il vino scorreva a fiumi. Molti nobili partecipavano al ballo, anche i Burromuerto per la gioia di Heather.

Poteva vedere Dawn che parlava con sua sorella e il marito che parevano radiosi. Per un secondo Heather fu quasi felice per la sorellastra che pareva essere finalmente rilassata in compagnia di qualcuno che non la usava come una pedina –cosa che succedeva a casa sempre-.

Scarlett sbuffò. “Arriva.” Le sussurrò acida.

“Mia dolce lady, mi concedi questo ballo?” Max in tutta la sua mancanza di grazia fece un inchino alla rossa e senza attendere risposta se la portò via.

Heather rimase sola, afferrò un bicchiere di vino e lo scolò a fiato. Suo padre era scomparso dalla vista con quella vacca bionda al seguito e non sapeva dove fosse. Per fortuna aveva un piano.

“Lady Heather vi sembra il modo di bere?”

La corvina si voltò verso la voce e lanciò uno sguardo omicida ad Alejandro Burromuerto.

“Vi sembra il modo di rivolgersi ad una lady?” raddrizzò la schiena e lo sfidò con lo sguardo a continuare a parlare.

“Fratello, ti prego, lady Heather stava solo bevendo.”

Alejandro alzò gli occhi al cielo infastidito dall’arrivo del fratello.

“Lord José quale piacere!” gli sorride Heather estasiata. Era arrivato!

“Permettetevi di presentarvi nostra cugina Sierra. Arriva da fuori e resterà con noi per un po’.”

La ragazza aveva circa la sua età e non aveva nulla del fascino tipico dei Burromuerto con la loro pelle olivastra e gli occhi verdi. Era alta con un fisico troppo in carne e dai lunghi capelli con una acconciatura fuori moda.

“Lady Sierra, sono molto lieta di conoscervi.”

“Oh lady Heather ho tanto sentito parlare di voi, i miei due cugini non fanno che parlare di voi.” E detto ciò la abbracciò. “Sono felice di avere una nuova amica in questo luogo.”

Heather mantenne il sorriso pensando che la ragazza dovesse essere un po’ tonta.

“Ma certo, lady Sierra.”

“Ora caro cugino vorrei danzare!” sorrise a José. “Per piacere! Mi piace molto questa canzone e siete il ballerino migliore in famiglia”

Lui chinò il capo con il suo sorriso da conquistatore. “Sarà un piacere.” Le porse il braccetto.

“A presto spero, cara lady Heather!” la salutò con la mano.

“Arrivederci.” Ricambiò con un cenno la corvina.

“A dopo, lady Heather.” Lei e José si scambiarono uno sguardo di intesa.

Poteva essere un segno? Che fosse a conoscenza del fatto che suo padre l’aveva portata al ballo per conoscere il suo futuro marito e che fosse lui? Stava iniziando a sperare e questo non era un bene.

“Sai forse dovreste chiudere la bocca quando lo guardate o tutti vedranno che sbavate”

Si voltò furibonda. “Siete ancora qui?”

“Mi diverto a tenervi compagnia.” Sorrise. Non aveva lo stesso sorriso abbagliante del fratello, il suo era solo irritante.

“Potete benissimo rinunciare a questo gravoso compito, posso benissimo cavarmela da sola.”

“Suvvia, non siate così.” Si avvicinò di pochi passi, un po’ troppo vicino rispetto al dovuto. “Ho una informazione per voi.” Il sorriso pareva meno divertito e non raggiungeva gli occhi.

“Non sono interessata a niente che possiate darmi o dirmi.” Il sorriso sul volto della corvina era scomparso lasciandovi solo la sua famosa espressione seccata e un pochetto arrabbiata.

“Io credo di si.” Sussurrò troppo vicino al suo viso. Heather si rifiutava di indietreggiare, anzi sollevò la testa per guardarlo meglio negli occhi, mentre le loro labbra erano davvero vicine.

“Alejandro..” sibilò furibonda.

“Heather, tu..”

“Heather! Vieni il tuo nobile padre ti cerca!”

Entrambi si voltarono verso Blaineley che li osservava senza una particolare espressione sul volto, Heather si mosse rapidamente e si avvicinò alla matrigna.

“Vieni.”

La corvina lanciò uno sguardo al ragazzo di straforo notando che pareva triste per qualche motivo.

Seguì la donna fino ad una stanza in cui il padre esultò appena la vide.

“Vieni figliola cara. Permettimi di presentarti il tuo futuro sposo… Lord Owen!”

Heather non riusciva a decifrare quale fosse l’emozione che prevaleva nel mare di quelle che provava. Come era successo? Owen era un gigantesco ragazzone che aveva decisamente bisogno di una dieta, un ripasso sull’educazione e sul come comportarsi!

“Oh ma sei più bella di quello che dicevano! Vuoi?” le porse un bicchiere di vino che rifiutò.

Owen parlava senza stop e la corvina lanciò uno sguardo al padre. Ma che aveva per la testa? Dea, lei era una Beachump mica una l’ultima delle prostitute del regno! Non poteva sposare quel.. quel abominio!

Poi si ricordò di una cosa… “Nobile padre, potete scusarmi necessito di uscire.”

“Certo figliola. Vai pure.”

“Cara, riprenditi pure da questa emozione.” Le sorrise la matrigna.

La ragazza uscì dalla stanza e cercò Scarlett disperata. Appena la trovò mentre si nascondeva dal suo promesso sposo.

“Ricordi quello che ci siamo dette oggi pomeriggio?” Non la salutò né altro.

“Si certo. Perché?”

“Facciamolo!”

Scarlett non disse nulla, ma aveva saputo da suo cugino chi fosse il futuro marito dell’amica e non serviva sapere altro. “Perfetto. Dovremo lavorarci su ancora un pochetto sui dettagli però, anche se a grandi linee è come te l’ho spiegato prima.”

“Bene.” Si strinsero la mano. L’accordo era sancito…

“Heather!” Sierra le mosse la mano davanti al viso. “Vuoi zucchero o miele?”

La corvina non si scopose. “Miele grazie. Uno solo.”

Quella sera era andata a rotoli e aveva mandato quella che sperava diventare una relazione seria con José in fumo come nulla. Era passato tempo ma a volte si chiedeva come sarebbe andata se non avesse accettato il patto con Scarlett –non se ne pentiva, non nel senso in cui lo si poteva intendere-, ma ormai sapeva non avrebbe più avuto risposta.

Prese la tazzina, annusò il profumo inebriante della tisana e la assaggiò: buona, almeno quello Sierra sapeva farlo.

“Vorresti parlarne con me? Cioè se centra la magia potrei aiutarvi, sai visto che…”

“No.” Rispose imperativa la corvina. “E’ una faccenda puramente legale, per questo sono qua.”

“Ah, io pensavo che..” balbettò Sierra.

“Cody è ancora avvocato?”

Sierra sorrise illuminandosi. “Oh certo! Il mio tesoro è il migliore, sai? Poi….”

Heather poté smettere di ascoltare. Non le importava.

Continuava a pensare a quel patto..

Era riuscito bene il piano –ci avevano meso meno di una settimana per idealo e curare i dettagli- e avevano potuto fare in modo che accidentalmente Max offendesse l’onore di Heather per cui Owen doveva difenderlo in un duello contro Max. Dato che il biondo era decisamente meglio in combattimento del violaceo, Scarlett avrebbe intinto la punta della lama del suo –ex, sperando- promesso sposo con un veleno e così si sarebbero eliminati a vicenda. Che piano perfetto!

“Sierra, dove sei?”

“Cooody! Siamo qui!”

Heather tornò al presente. Osservò Cody: era cambiato. E in bene aggiunse tra sé. Prima della transazione era un ragazzino bassino, magrolino e patetico, ora era alto, con dei bei muscoli asciutti, un bel viso e gli occhi azzurri che rendevano il tutto più affascinante. Portava i capelli castano chiaro in un taglio alla moda e aveva una leggera barbetta del giorno dopo che di sicuro gli avrebbe potuto portare delle donne più belle di Sierra Burromuerto! Aveva ancora la diastema (lo spazio tra i denti davanti NDA), ma questo lo rendeva meno perfetto.

La transazione fa bene a tutti i vampiri! Ora aveva un’età che poteva essere tra i 20 e i 30, ma non di più.

“Heather Beauchamp! Cosa.. volevo dire è un piacere rivederti. Come.. Ehm, serve qualcosa?”

Nonostante l’aspetto del principe dei vampiri ora gli rendesse giustizia, non aveva imparato nulla sul come parlare.

“Mi serve il tuo aiuto legale. Possiamo parlarne..” gli sorrise col suo sorriso più affascinante “noi due soli?”

Prima che Sierra dicesse qualcosa, Cody ne uscì con un “Certo, vieni nel mio studio.” E le fece strada in una stanza vecchio stile e chiuse la porta dietro loro.

Heather percepì subito perché l’avesse portata lì: un incantesimo gravava su quella stanza. Non si poteva né ascoltare cosa succedeva né irrompervi senza il consenso di chi vi era dentro.

“Dimmi pure, Heather.”

Lei sapeva che a Cody non era mai piaciuta, ma sapeva anche cosa poteva smuoverlo dal partire prevenuto.

“Mia figlia è stata arrestata per omicidio ma ovviamente è innocente, vorrei mi aiutassi a farla rilasciare e se potessi difenderla durante il possibile processo. Sai come sono gli umani. Non vorrei una caccia alle streghe.”

“Io.. Heather ascolta..” Cody pareva in difficoltà.

“Pensaci almeno prima di dire no.” Lo interruppe. “Non posso lasciare Gwen in quel posto!”

“Gwen?”

“Si lei.”

Un colpo alla porta li fece tacere. “Si?”

“Cody tesoro ho portato qualcosa da mangiare e del tè. E’ quasi ora di pranzo.” Si sentì Sierra da dietro la porta.

Heather si chiese se non fosse gelosa. Ridacchiò tra sé, probabilmente si.

“Entra.”

La corvina staccò l’audio a loro due che parlavano e accettò un tè- diverso da quello di prima più forte ma ugualmente buono- e sbocconcellò un tramezzino che le era stato offerto.

La terza volta in cui aveva visto Sierra era stato durante il giorno in cui avrebbe dovuto esserci il duello tra Max e Owen…

Heather cercava di mantenere la maschera di sconforto per la situazione, ma alla fin fine la pareva solo una liberazione. Probabilmente sarebbe stata giudicata senza cuore da tutti se avessero saputo tutto, ma non le importava. Lei e Scarlett si stringevano le mani come due povere ragazze troppo giovani per conoscere la morte.

Appena la regina Izzy apparve sullo spalto, nella stanza calò il silenzio. Accanto a lei c’era suo padre e la sua matrigna scuri in volto. I testimoni erano solo la famiglia Burromuerto con José, Alejandro e Sierra con le famiglie dei due ragazzi.

“Silenzio!” disse la regina, nonostante nessuno parlasse “Ho un annuncio importante: so che per legge i due contendenti devono essere i promessi sposi ma oggi ci sarà un’eccezione.” Ci fu un mormorio di sottofondo e io e Scarlett ci guardammo di sottecchi, non era una cosa buona. “Oggi a gareggiare non sarà il nobile Owen ma il padre della ragazza.”

Dovevo essere sbiancata tanto perché Scarlett mi strinse forte. “Rilassati” mi ordinò in un sussurro.

Aveva ragione, Chris McLean era bravo, uno dei migliori spadaccini al mondo e non sarebbe successo nulla a lui.

“Preparatevi cavalieri.” La regina ordinò.

I due si disposero uno di fronte all’altro con Max che si agitava spaventato e Chris calmissimo.

“Via!”

Lo scontro fu breve come aveva immaginato. Suo padre schivò un paio di colpi che le parvero troppo vicini comunque e colpì con un solo fendente l’avversario staccandogli la testa.

Il silenzio fu rotto solo dalle risate della regina –aveva una risata da pazza secondo Heather- e proclamò il vincitore.

A quel punto Chris McLean si voltò verso la figlia scuro in volto e lei notò qualcosa che non doveva esserci: un taglio sanguinante sulla guancia. Morì prima del tramonto.

Si riscosse appena in tempo per notare che Sierra non voleva uscire dallo studio e che lei non ne poteva più, voleva la sua risposta.

“Cody e la mia risposta?”

Il ragazzo parve pensarci su ancora un po’. “Va bene accetto.” Disse lentamente, come non fosse sicuro di volerlo dire o di sapere come si dice di si.

“Ottimo. Andiamo!” si alzò di scatto e gli fece cenno di andare. “Mia figlia non resterà in quel posto disgustoso un secondo di più.”

“Heather le udienze sono solo nel pomeriggio. Dovrai aspettare.”

La corvina avrebbe voluto sbuffare e battere i piedi come una bambina e invece se ne uscì con un “Alle 17 puntuale allora.”

Uscì dalla stanza per tornare all’ingresso a recuperare la giacca che aveva lasciato prima. Sentiva i due discutere sulla cosa ma non le importava.

Oggi aveva la testa da altre parti era sicuro, ricordando poi le tre volte in cui aveva incontrato Sierra Burromuerto. Le stava tornando in mente cosa era successo quando era stato avviato quel processo per la morte di suo padre. Il veleno sulla spada era stato scoperto e tutti erano curiosi di vedere quali teste sarebbero cadute. Era tranquilla in fin dei conti –sconvolta più di quanto avrebbe creduto per il padre- non avrebbero mai accusato lei visto la stretta parentela.

Fino al giorno in cui fu convocata a corte dalla regina in persona. Vi erano i Burromuerto –con José, Alejandro e Sierra, la famiglia di Max, Scarlett e Owen. Lei, Dawn e Blaineley in nero si inchinarono e attesero.

Scarlett cercava di attirare la sua attenzione e lei le rispose con un cenno, la rossa indicò sua cugina e il biondo e con le mani le mimò un ‘legati’. Aveva un aria preoccupata.

Legati? Cosa intendeva dire con questo? Osservò i due e notò la luce negli occhi e il modo in cui si guardavano. Oh Dea, no! Erano legati, erano amanti!

Ma allora perché suo padre aveva cercato di farlo sposare a lei? Ma certo, un piacere alla regina! Piacere che gli si era rivoltato contro quando lei aveva fatto in modo che venisse ucciso!

“Sono venuta a conoscenza di informazioni importanti alla ricerca per la verità su la morte del nobile McLean.” Annunciò la regina tornata seria. Aveva un luccichio negli occhi sinistro, da pazza in quegli occhi verdi. “Lady Mc Lean vuole parlare?”

Heather fece per dire che non sapeva nulla, ma Blaineley scoppiò in lacrime “Io.. Mia regina, non sapevo come stessero le cose né io né la mia adorata piccola Dawn!”

Di cosa parlava la vacca? Dawn mi guardava sorpresa.

“Lei..” indicò Heather tra i singhiozzi “Lei è cattiva, mia regina. Ha organizzato la morte del mio nobile marito con l’aiuto di qualcuno.”

Heather si trattenne dal lanciarle contro una qualche maledizione o da scatenare il suo potere su quella donna. Se si fosse dimostrata troppo agitata e rabbiosa avrebbero tutti pensato fosse colpa sua ma se avesse risposto in modo lucido e ragionevole avrebbe potuto convincere tutti che era la verità.

“Chi ha aiutato la sua figlia, nobile McLean?”

Heather pregò che indicasse Scarlett. Non voleva che l’amica finisse nei guai con lei ma almeno la regina avrebbe fatto cessare questa pagliacciata visto veniva accusata in modo così assurdo sua cugina.

“Il giovane Burromuerto.”

Heather era sconvolta e non riuscì a controllarsi. “Che stai blaterando? Non ho fatto nulla! Pensi che abbia ucciso mio padre?”

“Vedete? E’ cattiva!” singhiozzò più forte.

“Madre, ma non..”

La madre la afferrò attirò a sé. “Tesoro, non devi difendere quella ragazza.”

Dawn sembrava sconvolta per l’atteggiamento di sua madre.

“Lady Beachump cosa avete da dire?” la regina prese le redini quella farsa.

“Che questa donna mente e io non ho fatto nulla.”

“Quindi mente?”

“Si”

“Anche sul fatto che il vostro veleno fosse sulla spada?”

“Veleno?”

“Un veleno speciale che poche persone posso aver creato. La ricetta era di Lady Jasmine.”

Lady Jasmine era una strega molto avventuriera che aveva viaggiato per i mondi e aveva imparato tecniche uniche e insegnate a poche elette.

“Non sono l’unica allieva di Lady Jasmine.”

“Stai accusando la famiglia reale?”

Heather si morse le labbra: erano solo in tre ad aver imparato quelle ricette lei, Scarlett e Izzy. “No, mia regina.”

“Bene.” Fece una pausa. “Voi Lord Burromuerto cosa avete da dire?”

“Non centra nulla in questa storia!” la corvina non poté zittirsi dal dirlo.

“Davvero? Grazie per aver ammesso che la colpa è vostra Lady Beachump.”

“Non è quello che..”

“Testimoni e intercettazioni mi permettono di incastravi Lady. Il veleno è il vostro ovviamente e avete cercato di uccidere prima Lord Owen poi ucciso vostro padre. E’ grave.”

“Ma questo non prova nulla.”

La regina parve non ascoltare nemmeno le sue parole. “Ora voi proteggete il vostro complice. Che cosa romantica! Davvero! Ma questo non lo salverà.”

Heather ricordò che la sera del ballo Blaineley l’aveva beccata con Alejandro e doveva aver pensato fossero amanti. Stupida donna!

“No, lui non..”

“Non centra nulla lei, ho fatto tutto io!” le si parò davanti Alejandro.

Ma che diceva?

“Tu?” lo spinse via furiosa. “Ma che dici?”

“Vuoi tacere per un secondo?”

“Basta! Non mi serve altro! Heather Beachump, Alejandro Burromuerto siete esiliati nel mondo senza magia finché non deciderò altrimenti.”

“No!” urlarono all’unisono. Ma la luce era troppo forte e si era svegliata da un’altra parte.

“Heather! Ascolta vorrei parlarti di..”

Sierra era di fronte a lei e lei era di nuovo nel mondo senza magia. Doveva smettere di sognare ad occhi aperti.

“Digli di essere puntuale.” Ed uscì da quella casa.

**

Cody fu puntuale.

Salutò Heather che pareva molto distratta e molto più arrabbiata del solito. Gli aveva sempre messo un po’ di paura doveva ammettere –cosa poco virile da dire ma quella donna era un caso a parte- ma infondo era solo preoccupata per la figlia.

Aveva già fissato la cauzione ed erano andati alla centrale con l’assegno in mano.

Gwen parlava con un ragazzo dalla cresta verde e parve non infastidire Heather. Non pareva il genere di delinquente che si fa frequentare alla figlia.

“Lui è..”

“Il migliore amico di Gwen. Non chiedere, sono inseparabili.”

Cody non commentò.

Gwen era cambiata da quando l’aveva conosciuta – troppo tempo fa-, anche se l’espressione annoiata e le labbra imbronciate erano rimaste.

Rimaneva comunque una bella ragazza.

Quando i due teenagers si avvicinarono, Cody percepì qualcosa nel ragazzo con la cresta. Strano, conosceva quella sensazione ma non sapeva come spiegarla.

Per un attimo pensò di parlarne con Heather, ma vista la velocità con cui stava portando via la figlia non ci era riuscito.

Magari la prossima volta.

**

Sierra attese che Cody se ne fosse andato per afferrare il telefono e comporre il numero.

Le sarebbero stati grati tutti per quello. Attese qualche secondo.

“Ciao! Sono io, devo dirti una cosa..”

Nuovo capitolo e pure in tempo!

Non so quando il prossimo e non prometto nulla per sicurezza.

Dal prossimo capitolo in poi continuiamo col passato.

Lasciatemi un commento e grazie a tutti.

Un bacio,

Momo

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