Malaak-Al-Maut

di Yadorionis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo canto - I ***
Capitolo 2: *** Primo canto - II ***
Capitolo 3: *** Primo canto - III ***
Capitolo 4: *** Primo canto - IV ***
Capitolo 5: *** primo canto - V ***
Capitolo 6: *** primo canto - VI ***
Capitolo 7: *** primo canto - VII ***



Capitolo 1
*** Primo canto - I ***


"tu non credi, Constantine, tu sai!"

Costantine, A. Moore.



Le strade erano così affollate che la puzza della gente era quasi insopportabile. La maggioranza della popolazione era assiepata lungo la via principale, che dalla chiesa andava verso il portone delle esecuzioni. Il sole stava già arrossando il cielo. Le nuvole basse e strascicate sembravano ferite sanguinanti sopra un cielo spietatamente azzurro cupo.

Alamas sollevò appena lo sguardo sopra le teste rigorosamente velate. Sudbolo, il sussurro dei bambini precedette i mormorii e le grida. Attorno a lui, come un'onda dalla porta che si schiudeva e giù, lungo la città, avanti di bocca in bocca, una malattia contagiosa, una gioia folle e dolorosa.

Deglutì, ricacciando indietro la bile. La stessa esaltazione, la stessa lurida voglia istintiva, la stessa speranza folle e rivoltante.

Silenzio.

Le porte si aprirono lentamente, senza che nessuno le muovesse. E sottilmente, sottovoce, cominciò a sentirla. La folla sospirò d'amore. Quella melodia era tanto complessa che non se ne potevano cogliere tutti i suoni. Era leggera, poco più di un soffio o un bisbiglio nella sera, e scivolava via fra le gambe degli astanti, nelle loro orecchie, nelle loro voglie.

Occhi luccicanti di lacrime in facce nere di fuliggine e grasso, come voleva l'Ecclesia per le Grandi Venute. Il popolo non era che una massa dai colori smorti e lerci di fango, cenere, fuliggine. Un'assemblea silenziosa e senza volti.

Le porte davano sulla luce. E dalla luce policroma delle vetrate, dai suoi riflessi, uscirono loro.

Sorridevano ampiamente, le bocche a formare delicate O di canto. Le vesti dei primi sei Pais erano del colore del cielo stellato, ed il vento le agitava cambiando e confondendo le forme che stavano sotto. Il viso era un ovale rosa perfetto, gli occhi bistrati, i veli attorno alla testa una poesia di cristalli. Risero, avanzando lungo la strada.

Trattenne il fiato, incantato dalla magia.

Sotto i piedi scalzi dei fanciulli, nascevano piante di patate. Fiorivano aprendo i fiori, ed i frutti talvolta spaccavano la terra battuta per uscire. La gente attorno cominciò a gridare, a salmoidiare, a cantare con loro come riusciva.

L'uomo strinse più forte le mani. Fanciulli del cielo, semidei, portatori della luce e della vita della città.

E lui stava per ammazzarne uno.

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Capitolo 2
*** Primo canto - II ***


Come potrebbero non credere?

Bastava guardare quei ragazzi danzare mentre uscivano dalla chiesa. Le loro sete, i ricami e i campanelli suonavano assieme ai loro passi e allo sbocciare delle piante, al sospirare dei campi entro le grandi mura di detriti e lamiere bruciate.

L'intera città era circondata da quelle mura, alte più di dieci metri e costruite da... beh, nessuno lo sapeva sul serio. Alamas deglutì e cercò di schiarirsi la mente. Doveva rimanere concentrato.

Dalla luce della chiesa cominciarono a uscire altri Pais. Il verde dei loro abiti contrastava con tutti i colori attorno, era così assurdo che potessero splendere in quel modo quando tutto il mondo sembrava immerso in una polla di arancio vivo, eppure quelle fiamme verdastre, gelide e sorridenti, avanzavano fra la folla.

Passando, uno di questi si fermò. Guardò un uomo sulla cinquantina: l'occhio sinistro era coperto da una benda e l'infezione aveva già contagiato la pelle attorno, rendendola untuosa e rossastra. Il giovane tese la mano e la poggiò su quel viso sfigurato. Altri due si accostarono a lui, lo toccarono, e poi la piccola nube si allontanò.

Preda di violenti singhiozzi, l'uomo cadde in ginocchio piangendo. Era sano.

I Guaritori. Prese fiato, trattenendolo per qualche secondo, come gli era stato insegnato. Calma il respiro e non iperventilare. Resta saldo, resta calmo. Focalizzati sull'obiettivo, su quell'assassino, sullo sporco bastardo figlio di uno spargitore di sterco.

I primi Pais erano già arrivati oltre il suo campo visivo. lentamente, circospetto, cominciò a spostarsi fra la folla per raggiungere il secondo punto di appostamento.

La strada terminava in un largo spiazzo. Alamas riuscì a fermarsi nel punto in cui la strada si allargava a semicerchio per formare la piazza: in centro campeggiava la struttura semicircolare della loro forca. Alti spalti si marmo bianco stavano già accogliendo i Fanciulli del Raccolto, i blu, che sedevano con grandi svolazzi. Più in basso rispetto a loro, si stavano sistemando i Guaritori, che continuavano a sanare chiunque venisse loro portato. Si tendevano da una parte e dall'altra, come un mare attorno alle spiagge.

In centro alla costruzione c'era una larga piattaforma, anch'essa marmorea, con un foro grande approssimativamente come un uomo. Allineati in ginocchio, a capo chino, alcuni rattrappiti dal terrore, c'erano i condannati. Stavano dietro al buco, alla sinistra rispetto a come vedeva Alamas la piattaforma, e attendevano.

La campana rintoccò.

Una sola volta.

Il canto si disperse rapido e un silenzio greve e doloroso si gettò su tutti. La chiesa si fece buia.

Alamas tremò.

Non potè impedirselo, vedendo per la seconda volta nella sua vita i calzari d'oro, la fiamma rossa e cupa farsi strada tra le ombre dell'uscita. Una colonna di pura seta si rivelò agli occhi della popolazione, e la strada risuonò dei leggeri passi della Morte fatta a persona.

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Capitolo 3
*** Primo canto - III ***


Tap, tap, tap, tap....

Un passo dopo l'altro, solenne e leggera, la Morte attraversava la città.

La sua veste era un intrico di sete di varie tonalità di rosso, bordate di ricami d'oro finissimo e lucente. Gli ultimi raggi del sole la facevano apparire ancora più intensa nel suo colore e strappavano brandelli di riflessi. Non esitò neppure una volta, senza mai rallentare ma senza accelerare.

Dalla piattaforma, i gemiti si fecero raschianti e acuti, mentre due ragazze sulla ventina scoppiavano in un pianto irrefrenabile. Neppure loro ebbero però il coraggio di scappare. La Morte Rossa passò avanti ad Alamas, ignorandolo, e lui si sentì assurdamente sollevato.

Salì dolcemente sulla piattaforma, morbidamente avvicinò le sue vittime.

Si chinò lenta davanti alla prima donna, quella che più disperatamente inumidiva il marmo di lacrime.

-Di che cosa hai paura, figlia mia?-

Alamas tremò. La sua voce era un soffio di vento estivo, rassicurante e calda. Mani ornate di gioielli scostarono il velo rubino, rivelando un viso altrettanto alieno rispetto ai loro, scuri e lerci. Al-Maut aveva labbra rosate e piene, una pelle così bianca da non sembrare vera, ed era senza sopracciglia. Gli occhi erano due luminosi specchi d'acqua azzurri e pieni di compassione, bistrati di un rosso così scuro da sembrare sangue. Sorrise piano, accarezzandole la testa. Gli anelli e i bracciali tintinnarono soavemente.

-Guardami... Non ho intenzione di farti sentire alcun dolore. Sarà dolce, sarà un sogno meraviglioso, sarà la pace.-

Alamas poteva vederla così bene da distinguere le sue lacrime. Strinse il pugnale sotto la veste e lo tirò fuori, tenendolo nella manica. Gli dava sicurezza. Vide gli occhi bagnati di lei aprirsi per lo stupore e fissarsi in quelli dell'assassino. Sorrise a sua volta, stregata, appoggiandosi alla mano coperta d'oro. Al-Maut le carezzò gentilmente gli zigomi, e guidò il suo viso al proprio.

Le piccole labbra del Pais carezzarono la guancia ruvida e segnata di lei, la baciarono, e scesero lente verso la sua bocca. La baciò con gentilezza, tenendole il viso. La ragazza chiuse gli occhi.

Staccandosi, le loro labbra restarono incollate per qualche momento. Al-Maut le sorrise ancora, prima di lasciala scivolare a terra con un tonfo duro. Non se ne curò, rialzandosi con un fruscio innaturale e freddo.

La guardia si fece subito avanti e cominciò a rotolare il cadavere con una specie di grossa spazzola da pavimenti. Con tranquillità, la spinse fino al foro e oltre il bordo. Il morto cadde giù, deglutito dall'oscurità.

Alamas strinse i denti e scattò in avanti, iniziando la sua ultima corsa.

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Capitolo 4
*** Primo canto - IV ***


Il frusciare dei pantaloni stretti, il respiro appena accelerato dallo sforzo, il cuore che pompava con foga la paura e il coraggio, il suono diverso dei passi sul marmo, la presa delle suole sul pavimento troppo liscio. Scartare di lato la guardia e proseguire verso il Sole che dava la morte.

Vide il suo volto girarsi piano, la bocca aprirsi appena in un leggero atto di stupore. Era bellissimo, Al-Maut, fosse lui un uomo o una donna. In fondo non l'aveva mai saputo con certezza. Ma sapeva che era una splendida morte. Degna di essere adorata, si ritrovò a pensare, più che degna: era una Dea tragica e crudele con gli occhi di ghiaccio, con le mani già fredde, già bianche e il viso che era un teschio.

Il pugnale scattò in avanti. Alamas oramai era ridotto a un solo sfogo, un solo singolo punto nell'azione che doveva compiere, una sola entità con la sua decisione.

Lo trapassò ad altezza del cuore, ridendo impazzito.

Crollarono entrambi a terra, lui sopra la figura esile del Pais, rotolando fino a sentire il marmo e le mani della guardia che lo tiravano su per la schiena, che lo strattonavano in ginocchio.

Poi la lama sul collo.

Guardò il cielo rannuvolato e in fiamme e il tempo frenò. Chissà come si chiamava la ragazza sopra cui sarebbe caduto, nel pozzo, chissà perchè si stava comunque ribellando e stava afferrando il gladio quando una morte veloce era una soluzione più che accettabile, chissà se il bastardo, se Al-Maut stava soffocando nel sangue e stava morendo col terrore che lui sperava di avergli gettato addosso. Pregò di sì, pregò che i vermi gli mangiassero gli occhi, che gli intestini esplodessero e lui soffrisse come mai aveva sofferto un altro umano.

-No.-

La lama fremeva contro la pelle ma non tagliava. Alamas smise di agitarsi e storse la testa per guardare. Una ventina di Pais verdi erano assiepati attorno ad Al-Maut, ma lui già si alzava fra di loro. Lentamente, si erse di nuovo, allargando le braccia. Ripetè scandendo la sillaba.

-No. Non ucciderlo.-

Alamas conficcò le unghie nel cuoio dei guanti della guardia, gridando feroce. Muori, muori maledetto, non parlare con quella voce tranquilla, non osare vivere, smetti di respirare o rugggisci di rabbia e battiti. La presa era troppo salda per liberarsi. La belva in trappola fu costretta a guardare il Pais allargare la veste e scoprire lo squarcio. Non c'era niente sotto. non l'aveva neppure ferito... Quell'abito l'aveva confuso! Ringhiando, gli sputò addosso. Al-Maut non gli diede alcun peso, anzi. Si avvicinò e gli asciugò con un anello un po' di bava dall'angolo della bocca. Si trovò di fronte alle iridi chiare e curiose. Aveva lo sguardo luminoso di un bambino e seducente di una puttana consumata dal lavoro, una miscela indagatrice che gli scavava dentro. Lo guardò a lungo, in silenzio. Alamas digrignò i denti e sibilò.

-Muori, muori...-

-Tu desideri morire?-

Il tono era così calmo e rilassato che Alamas capì al volo che l'avrebbe ucciso se l'avesse chiesto. Improvvisamente si calmò. Al-Maut profumava di qualcosa di dolce e buono, la morte che gli avrebbe donato sarebbe stata altrettanto delicata. Lo seppe senza bisogno di parole. Le sue labbra articolarono per lui.

-Non voglio morire....-

-Allora dimmi il tuo nome e vivi.-

Deglutì. La guardia allentò la presa. Non riuscì neppure a pensare al secondo coltello nella cinta, nè al pugnale nello stivale o al veleno sotto le unghie. Come avrebbe potuto non rimanere incollato a quegli occhi, che lo guardavano mentre Al-Maut si alzava.

-Alamas di Malkut.-

Il sorriso di Al-Maut fu largo e tranquillo. Allargò le braccia e si voltò senza paura verso la folla.

-E' mio diritto scegliere il mio servitore. Così sia fatto e Alamas di Malkut sia fatto mio anima, corpo e proprietà.-

Cosa?! Alamas restò a bocca spalancata nel sentirlo parlare con quella solennità, prima di riprendere a uccidere come aveva fatto prima. Era tutto ovattato, dalla luce che scemava ai tonfi dei cadaveri nel pozzo. Restò inginocchiato sulla piattaforma senza potersi muovere, troppo sconvolto per parlare o agire. Quando l'ultimo corpo cadde giù, lo seguì con lo sguardo, senza realmente vederlo.

Vide solo la mano coperta d'oro che lo faceva alzare e sentì gli anelli sulle dita mentre la chiesa si avvicinava, poi l'oscurità e l'odore d'incenso.

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Capitolo 5
*** primo canto - V ***


La cosa più strana dell’intera città di Malkut era l’assoluta fiducia dei suoi abitanti nei Pais. Anche se in via del tutto teorica erano un culto, quindi si era liberissimi di non credere, nella realtà era impossibile non farlo.

I Pais erano senza alcun ombra di sospetto dei Fanciulli del Cielo, delle anime pure con poteri che andavano oltre l’immaginazione della gente comune. Erano emblema e certezza di purezza e santità, guide, saggi, guaritori, sanatori della terra, potenze, quasi dei. Provvedevano al suolo, al tempo atmosferico, alle nascite, alle morti, alle cure, all’istruzione.

Le porte della chiesa erano il limite tangibile e vero tra la realtà e la sacralità materiale delle loro vite. Tutti le avevano attraversate solo due volte nella vita: alla nascita, quando venivano purificati, e alla morte, prima di essere seppelliti. I riti erano spiati, bellissimi e solenni, da ragazzini imberbi. Passata quella fase, l’edificio diventava un monumento invalicabile e rispettato.

Era una struttura di proporzioni mastodontiche, rispetto alle altre in città. Caratterizzata da decine di guglie con sottilissime finestre colorate, era stata eretta in marmo grigio chiaro lucidato a specchio. Nessuno sapeva come fosse stata costruita, visto che non si vedevano giunture tra le pietre, nè malta sembrava tenerla in piedi. Era semplicemente lì, immutabile, ed era il solo ed unico edificio a estendersi fino alle mura di detriti e a sostituirne un pezzo con una parete.

E ora Alamas si fermava in mezzo alla navata, spostando lo sguardo attorno. I suoi piedi poggiavano sul marmo ma non vedeva niente altro. Poi di colpo un fruscio di stoffe e la luce. Spaventato, osservò freneticamente il soffitto. La luce pioveva da fori di varie dimensioni e si rifletteva ovunque: sulle colonne possenti che delimitavano la navata, sulle vesti dei Pais che volteggiavano attorno a lui mugugnando il loro canto ipnotico, sulle statue amorfe e sinuose, fino al bacile largo in metallo che si trovava al fondo della navata stessa. Cercò di capire meglio. Le navate erano almeno tre, e tutte convergevano in un abside liscio, al centro del quale stava il bacile interrato. Ovunque erano sparsi piccoli bracieri d’incenso profumato ed il fumo saliva e svaniva in larghe volute.

Era tutto alieno e assurdo, e non riusciva a muoversi. Al-Maut l’aveva lasciato e se ne stava rapidamente andando alla vasca assieme agli altri.

Solo quando una mano lo toccò, lui si riebbe. Vide un prete anziano e dai capelli ancora scuri, col tipico abito blu cupo a tunica e la pietra bianca al collo. Parlò con una voce finalmente umana.

-Seguimi.-

Fu portato in silenzio nella navata sinistra, e lì trovò numerose porte che conducevano agli altri ambienti della chiesa. La stanza in cui lo portò l’uomo era spoglia: un misero tavolo in legno, un cesto, alcuni panni piegati, un armadio.

-Spogliati e dammi tutto quello che desideri tenere con te. Sai scrivere, Alamas di Malkut?-

-Sì, so scrivere.-

-Allora lì c’è l’argilla e lo stilo. Andremo a casa tua a prendere ciò che desideri, se Malaak-Al-Maut acconsentirà. Indossa quel perizoma e riunisciti al tuo signore. E prego che ti faccia fare un bagno. Sei sudicio come un ratto di fogna.-

Lo spregio delle sue parole lo rianimò come una doccia fredda. Si spogliò sotto l’occhio del prete e schifato cercò di tenersi le armi.

-Quel metallo è talmente schifoso che il solo vederlo è un insulto. -

E così gli vennero requisite. Nudo, si infilò la collana d’argento stondata, poi il perizoma di lino pulito. Non aveva altro. Neppure denaro. Sbattuto di nuovo nella chiesa, per la prima volta cominciò a domandarsi in che diavolo di situazione si fosse andato a cacciare.

E lui che voleva solo ammazzarlo…

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Capitolo 6
*** primo canto - VI ***


Fuggire sarebbe stato impossibile. La porta era sigillata troppo pesantemente da pesanti barre di metallo e non c’erano finestre. Tutta la luce arrivava dal soffitto. C’erano altre porte, ma molte erano chiuse: sarebbe stato troppo rischioso imboccarne una.

Vide i Pais inginocchiarsi e lavarsi le mani tutti insieme nella vasca interrata. Si avvicinò a loro, dirigendosi verso l’unico rosso. Il suo signore, l’aveva chiamato il prete. Che diavolo volesse dire, non lo sapeva. Intuiva di non avere granchè diritti. Avvicinatosi, notò che in realtà la vasca era profonda poco più di una spanna e piena per non più di tre dita. Il liquido all’interno era incolore come l’acqua, ma aveva un odore tanto pungente da farlo tossire. I Pais sembravano non farci caso mentre lavavano le mani rapidamente, alzandosi una volta fatto.

Al-Maut si sollevò lentamente e si voltò verso di lui. Da vicino era abbastanza basso, arrivava a stento alle spalle di Alamas, come la maggior parte degli altri, in effetti. Non ci aveva mai fatto caso. Un verde si accostò alla Morte e gli appoggiò la mano sulla spalla.

-E’ lercio. Dovremmo lavarlo.-

-L’alcol gli farà male. Meglio l’acqua e la liscivia.-

-Ma è così sporco! Guarda le sue mani!-

Il tizio verde sembrava sconvolto, ma Alamas più di lui. Stavano parlando come persone normali. Gli Dei stavano parlando con lui e tra loro come ragazzi qualunque. Cominciarono ad avviarsi verso una porta più larga, nella navata destra. Al-Maut esitò.

-Lavati le mani e le braccia e i piedi, Alamas di Malkut, per favore. Attento a non toccarti il viso.-

Li guardò senza capire. Quella vasca gli sembrava ora minacciosa. Cosa conteneva davvero?

-No.-

- Non costringermi a chiamare le guardie. E’ per la tua e la nostra salute. Sei sporco, porterai quella roba in giro per la nostra casa.-

- E se non volessi restare qui?-

Ringhiò di rimando, mettendosi sulla difensiva. Davanti a loro, ai loro occhi, però, non riusciva a mostrarsi forte. Era in un terreno sacro e stava mandando di rispetto a quelli che in fondo lo avevano sempre mantenuto.

-Dovrai farlo. Ti ho salvato la vita e ora mi appartiene. Avanti. Non ti farà male.-

Gli sorrise rassicurante. O almeno così sembrava. Era strano. Più lo guardava, più aveva la sensazione di riuscire a capire meglio le sue espressioni, anche se non cambiavano poi di molto. Indietreggiò verso la vasca, interdetto. L’odore era tremendo.

-E se non lo faccio?-

-Dovrò darti ai preti. E non ne sarai contento. Fai meglio a restare con me: sei il mio primo servo ma prometto di trattarti bene.-

Sembrava sincero, anche se l’idea di fare da schiavo a quel coso non lo allettava poi molto. Una realizzazione lo colpì solo in quel momento. Al momento giusto avrebbe potuto ammazzarlo! Sarebbe stato così facile, quella notte stessa, spingergli la testa contro un muro e fracassargliela. Sì, sarebbe morto e la cosa si sarebbe conclusa come doveva.

Più rilassato, si chinò e guardò il liquido. Che odore ributtante. Gli sembrava di non aver mai sentito niente di così schifoso, gli faceva girare la testa. Titubante, si bagnò le dita. Non accadde nulla, e così sfregò le mani, le braccia, poi i piedi.

La puzza era tanto forte da stordirlo. Cominciò a sentirsi strano, come se avesse bevuto. La testa gli doleva e barcollò nell’alzarsi e retrocedere. Al-Maut sorrise compiaciuto. O forse era solo un’impressione. Cominciarono a camminare verso la porta alla destra, quando Alamas, vagamente ripresosi dalla strana sbornia, sentì dei passi soffocati.

Voltatosi, vide un ragazzino avvicinarsi un po’ alla vasca e accendere un’esca sferica di qualche materiale che non conosceva. Si fermò per guardare. Il ragazzo prese la mira e con una mossa abile lanciò la biglia infuocata nella vasca, facendole descrivere un arco elegante.

La vasca prese fuoco. Fiamme blu e violacee si innalzarono rapide verso il soffitto con un ruggito cattivo. Alamas urlò e si spinse verso la colonna più vicina, terrorizzato. Spiriti! Immondi spiriti! Cosa diavolo era quel liquido? Si guardò le mani, terrorizzato. Sarebbe bruciato! Le voltò più volte spaventatissimo. Il fuoco divampava e bruciava ma non c’era legna!

-Calmati… non è nulla.- La mano ingioiellata del Signore della Morte lo sfiorò sull’avambraccio. – E’ solo l’alcol che brucia.Vieni… Alamas? Alamas di Malkut… calmati, ti ho detto.-
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Capitolo 7
*** primo canto - VII ***


Atterrito, fissò il fuoco bruciare e le scintille vorticare verso il soffitto. Decine di specchi coprivano la parte interna della guglia che stava sopra la vasca.  Il fuoco ruggì rabbioso qualche secondo, poi si smorzò, fino a scomparire nel nulla.

La mano di Al-Maut lo tirava dolcemente. Si voltò a guardarlo: il trucco del bastardo era ancora più impressionante da vicino. Il rosso era così acceso e lucido da sembrare una lacrima di sangue, mentre le labbra erano di un rosa pallido e stonavano nella massa bianca della sua pelle coperta di biacca.

Deglutì e non capì perchè, ma iniziò a seguirlo. I suoi piedi si mossero e lo seguì nella navata, verso la porta. Oltre, vide un pavimento di marmo, un corridoio con diverse nicchie. Lo attraversarono in silenzio assieme al rumore delle scarpe di metallo di Al-Maut.

Poi vennero le risate.

Limpide, divertite, tintinnanti: Alamas sgranò gli occhi, quando davanti a lui passarono rapidamente due Pais nudi, sui dodici anni, intenti a rincorrersi. Li seguì con lo sguardo fin oltre l'arcata che vedeva davanti a sè e i suoi occhi incontrarono un'ampia sala rettangolare.In centro al pavimento si aprivano  tre vasche una di seguito all'altra. Da destra, l'acqua era più calda e fumava, prima di scivolare con un borbottio da vecchia comare nella vasca mediana e poi nella successiva.  Decine di ragazzi e ragazze nudi erano intenti a fare abluzioni o a giocare a palla o con delle piume lunghe e candide.

All'entrata di Al-Maut, si fermarono tutti qualche secondo per rivolgergli un breve inchino, per poi tornare a giocare.

-Certo che hai corso un bel rischio, con quella tua mossa di prima, tu.-

Alamas si ritrovò a fissare le spalle nude del tizio che era venuto con loro fin lì. Non seppe come, ma gli vide sfilare la parte superiore dell'abito di seta, lasciandolo cadere su una panchetta in legno lì vicina.

Affascinato,mentre li ascoltava parlare, si avvicinò  alla panca per guardare i muri. Erano completamente coperti di piccoli pezzi colorati, tenuti insieme da quella che gli sembrava una malta bianca.

-Non ho rischiato nulla, Israfil. Era mio diritto scegliermi un servitore, ed era anche momento che lo facessi. Sono anni che caldeggiano un servo.-

-Ah, non usare quel tono con me! E non ti azzardare, qui dentro, a chiamarmi Israfil! -

Si voltò a fissarli. Israfil, perchè così doveva chiamarsi, era un ragazzo. Chiaro, ora che era a torso nudo con solo un paio di pantaloni verdi addosso. Era un po' inquietante vedere lo stacco tra il trucco bianco e la sua pelle olivastra. Teneva le mani sui fianchi con aria di sfida e parlava veloce e con un tono che, da basso che era stato, tendeva ora verso l'acuto tenorile.

-L'hai fatto solo per indispettirli! -

Al-Maut sorrise appena.

-Forse un poco.-

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