Non sempre si combatte per ciò che è giusto.

di LilyOok_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16. ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17. ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18. ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19. ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20. ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21. ***
Capitolo 22: *** 22 - Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Non sempre si combatte per ciò che è giusto.
 



Aveva impiegato più tempo del previsto a giungere nella Contea. Non era stato difficile trovare la piccola e tonda porta verde. Lo stregone la stava attendendo, ma per quale motivo proprio in quel luogo così distante?
Trasse un sospiro e fece sbattere le nocche sul legno dipinto. Solo quando la porta si aprì si rese conto di non aver percepito i passi del Mezzuomo che sostava sulla soglia.
“Keira, al vostro servizio.”  Disse inchinandosi elegantemente “È qui che si trova Gandalf il Grigio?”
Lo Hobbit guardava la giovane confuso. Lui doveva essere il quattordicesimo compagno, a detta dello stregone, ma questa ragazza era giunta fino a Vicolo Cieco. Cosa avesse in mente quel vecchio pazzo non lo capiva proprio.
“Bilbo, vecchio mio, falla entrare. Dove sono finite le tue buone maniere?” L’arrivo di Gandalf sembrò risvegliare il signor Baggins, il quale fece un piccolo inchino di rimando e si scostò per lasciarla passare.
“Gandalf!” Keira si gettò tra le braccia del vecchio scomparendo quasi nell’abbraccio. Non vi era dubbio che fosse una Nana, ma qualcosa diceva a Bilbo che era diversa. Lo stregone emise una risatina divertita prima di lasciarla andare.
“Vieni, ti presento agli altri.”
 
 
“No.” La voce di Thorin echeggiò per la sala. Il suo tono autoritario aveva fatto rabbrividire Bilbo che si era agitato sulla sedia. Keira avrebbe voluto ribattere, indignata, ma Gandalf fu, fortunatamente, più svelto di lei.
“Devi fidarti di me, Thorin. È un’abile cacciatrice e conosce le Terre Selvagge. Lei saprà guidarci per la strada più sicura. Cos’hai da perdere?”
Seguirono un lungo silenzio e scambi di sguardi, da Thorin a Keira e viceversa. Il Nano la osservava. Nei suoi occhi scorse determinazione, forza. Nonostante il suo corpo esile forse...
“Gandalf, ancora una volte seguirò il tuo consiglio. Spero solo che non dovrò pentirmene.” Acconsentì alla fine, notando dipingersi sul volto della giovane un ghigno di vittoria. “Temo di doverti informare dell’assenza di un quindicesimo contratto e-”
“Non mi serve un contratto, non voglio il tuo oro, né altro che tu possa offrirmi con pezzo di carta.” Lo interruppe lei, guardandolo seria. Non le serviva dell’oro. C’era un solo desiderio che voleva si realizzasse da quando le avevano spiegato perché era lì.
“E cos’è che vuoi?”
“Solo ritornare a casa.”









-Angolino autrice-
Hi people! 
Eh si, farò una cosa un po' diversa da quel che faccio di solito. 
Questo primo capitolo è molto corto ma vi prometto che non saranno ASSOLUTAMENTE tutti così! Questo è diciamo molto introduttivo, anche se di lei non ho detto granché. Questo perché voglio che il suo personaggio, fisicamente e caratterialmente, venga fuori col tempo e con i vari capitoli, anche per non dare subito soluzioni a voi cari lottori e carissime lettrici :3
Ora, il motivo principale del perché il capitolo è corto è semplice: la storia la sappiamo tutti e non ho affatto intenzione di riprendere ogni singolo particolare! Almeno non nel primissimo capitolo u.u e poi, sinceramente, l'inizio del film non lo sopporto nemmeno più perché l'ho visto cos' tante volte....
Ma, comunque, spero di non mandare all'aria il lavoro del grande Professore né quello di Pj, mitico e insuperabile (anche se con Tauriella mi ha un po' deluso).
Vi lascio un bacio e spero di aver incuriosito i vostri cuori intrepidi ;)
Buonanotte <3
Lily :*

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


 “Credi che verrà?”
“Bilbo Baggins? Conosco quello Hobbit da quando era solo un bambino. Allora si lasciava trasportare molto dalla sua parte Tuc: era sempre in cerca di avventure. Metterei una mano sul fuoco che anche questa volta non saprà resistere a quel lato di se che cerca di tenere celato agli occhi degli altri.”
Keira guardò lo stregone con una scintilla divertita negli occhi. Gandalf la conosceva da molti anni; ricordava ancora cosa le disse durante il loro primo incontro: “un giorno capirai cosa sei e quale sarà la tua missione” come se sapesse già cosa l’aspettasse in futuro. In realtà non aveva mai dato peso a quelle parole, anche perché non in tutti quegli anni non si era posta alcun dubbio né aveva trovato uno scopo preciso. Ma quest’impresa...
Guardò avanti a se, in testa alla Compagnia, dove stata Thorin. La sera precedente aveva scorto nei suoi occhi fierezza, orgoglio, ma anche tanta sofferenza. Conosceva la sua storia, suo padre gliela raccontava spesso “per imparare a crescere” diceva.
La linea di pensieri che le avevano riempito la testa si ruppe non appena le sue orecchie percepirono un movimento in lontananza. Fermò il suo pony attirando l’attenzione degli altri.
“Cosa c’è, ragazza?” Le chiese Gloin, voltando il capo in direzione del suo sguardo. In molti lo seguirono.
“Si avvicina qualcosa.” Disse lei semplicemente.
“Alle armi, presto!”Gridarono i Nani, ma Keira li fermò immediatamente.
“Aspettate! Non è un nemico.” Sospirò sollevata. “È il signor Baggins.”
Dal piccolo boschetto sbucò la testa dello Hobbit. Velocemente venne fuori anche il suo corpo. Stava correndo nella loro direzione, gridando e sventolando in aria quello che doveva essere il contratto.
“L’ho firmato!” Esclamò Bilbo con il fiatone. Dopo aver esaminato la sua firma, Balin, su ordine di Thorin, diede lui in pony e, tra le proteste del signor Baggins, il cammino riprese tranquillo.
 
 
Al fianco dello stregone stava ora il Mezzuomo e Keira si ritrovò a cavalcare tranquillamente sola. Ma la quiete, si sa, dura sempre poco.
“Hei, Keira, giusto?” Fece una voce alla sua destra. Si voltò, incontrando due occhi scuri e profondi e un sorrisetto furbo. Subito le si affiancò a sinistra un altro giovane nano; capelli biondi, buffe treccine che gli ornavano i baffi.
“Fili e Kili, se non ricordo male.”
“In persona.” Assicurò Fili, ammiccandole amichevolmente. Keira roteò gli occhi al cielo, divertita, per poi direzionare lo sguardo nuovamente ai due, passando da un fratello all’altro. Quelli si guardavano, come se stessero comunicando tra loro attraverso lo sguardo. Nessuno proferiva però alcuna parola.
Poi, finalmente, Kili aprì bocca.
“Perché una giovane donna come te ha deciso di imbarcarsi in questa terribile avventura senza un lieto fine?” Mentre parlava, Kili gesticolava enfatizzando il tono sapiente che cercò di mostrarle.
“Come sai che non vi sarà lieto fine al termine di questa impresa?” Domandò lei di rimando, sorridendogli.
“Non dargli ascolto, mio fratello dice una marea di stupidaggini.” Si intromise l’altro “Piuttosto, ci chiedevamo se tu fossi stata davvero ad Erebor. Insomma, ecco... sembri molto più giovane di nostro zio, eppure hai detto di voler tornare a casa.”
Keira li guardò entrambi, poi guardò Thorin, in testa al gruppo.
“Ebbene sì, un tempo anche io camminavo per i corridoi della Montagna. Immagino che voi non abbiate la minima idea di come sia Erebor, vero?” I due giovani annuirono e lei riprese parola “Grandi sale, altissime e scolpite direttamente nella pietra. Ricordo che le pareti dei lunghi corridoi erano decorate con grandi arazzi, a volte vi erano delle incisioni nella pietra e altre volte delle decorazioni fatte con gemme e fili d’oro. Ma queste ultime generalmente si trovavano nel piano degli alloggi reali. Vostro zio non vi ha mai parlato della Montagna Solitaria?”
“Una sola volta.” Rispose Fili.
“Una sola?” Keira era stupita. Com’era possibile che gli eredi al trono non sapessero nulla del loro regno? Thorin davvero gliene aveva parlato così poco?
“A dire la verità, gli abbiamo cavato a forza qualche informazione di bocca. Secondo me lo angoscia così tanto il pensiero di ciò che accadde a causa di Re Thror che è come se si sentisse lui stesso responsabile. Nostra madre ci ha sempre raccomandato di non fare domande ma-”
“Ma Kili non ha resistito.” Concluse Fili.
“Senti chi parla! Anche tu morivi dalla voglia di saperne di più.” Ribatté l’altro.
“È vero, ma non sono io quello che ha esasperato lo zio fino al punto di...”
Fili e Kili continuavano a punzecchiarsi a vicenda. Ricordava che anche lei, molti anni prima, si ritrovava a battibeccare con sua sorella. La sua adorata sorella, quanto le mancava. Erano state divise ormai da un tempo che le sembrava infinito. Se solo quella notte...
“Hei, tutto bene?”
“Cosa?” Si voltò di scatto verso la voce che le aveva parlato. Guardò Kili, confusa. Un raggio di sole sfuggito alle fronde degli alberi le accarezzò il viso e soltanto allora il Nano si accorse del colore dei suoi occhi. Erano di un azzurro intenso, simili a quelli di suo fratello. Sembrava che il cielo vi si fosse tuffato dentro.
“Tutto bene?” Ripeté Fili, facendola voltare dalla sua parte.
“Oh, si, chiedo scusa. Stavo pensando ad una cosa e...”
“Voi due, credo che per oggi l’abbiate importunata abbastanza. Andate a farvi un giro da un’altra.” Una voce davanti a loro attirò l’attenzione. Un Nano con delle buffe trecce e un cappello altrettanto strano stava sorridendo al gruppetto. Due fossette si erano formate nelle sue guance. Lo rendevano tenero, dolce.
“Puoi chiamarmi Bofur, mia cara.”
 
 
Alcuni dei Nani ancora svegli sostavano intorno al caldo fuocherello, mentre altri dormivano ormai da alcune ore. Erano rimasti in pochi che ancora riuscivano a tenere gli occhi aperti: Fili e Kili, che se ne stavano in una nicchia di pietra abbastanza grande per entrambi, Thorin, che riposava le membra affaticate dal lungo viaggio sostenuto, Balin, intento a fare non si sa esattamente cosa, Gandalf, che invece se ne stava tranquillamente poggiato ad un masso a fumare la sua pipa, Keira e Bilbo, i quali erano seduti vicini accanto al fuoco.
Lo Hobbit mise una mano in tasca e vi trovò dentro qualcosa di grande e rotondo. Si alzò e si avvicinò al suo pony, Mirtle, dandole una mela. In quel momento uno stridio spaventoso riecheggiò nell’aria. Keira rizzò la schiera e tese le orecchie: erano...
“Orchi.” Fece Kili, rivolto a Bilbo. Non si era nemmeno accorta che lo Scassinatore aveva proferito parola.
“O-Orchi?!” Bilbo balbettava, spaventato. Non aveva mai visto un Orco in vita sua se non sui suoi amatissimi libri – e non ci teneva a farlo.
“Sgozzatori.” Precisò Fili “Ce ne sono a dozzine là fuori, le Terre Solitarie ne brulicano.” Alle parole dei nipoti, anche Thorin si era alzato a sedere e scrutava il paesaggio notturno con attenzione.
“Colpiscono nelle ore piccole quando tutti dormono. Lesti e silenziosi, niente grida. Solo tanto sangue.” Mentre Kili parlava, lo Hobbit si sentì mancare. Si guardò attorno, sperando di non ritrovarsi faccia a faccia con uno di quei ‘cosi’.
Alle sue spalle, Fili e Kili risero sotto i baffi. Per loro era stato uno scherzetto divertente vedere Bilbo contrarre il volto in un espressione di puro sgomento, ma altrettanto non si poteva dire per Keira o per Thorin. Quest’ultimo li rimproverò entrambi severamente. Alla giovane fece quasi una gran tenerezza l’espressione mortificata sul viso del minore dei fratelli, mentre porgeva le sue scuse.
“Non prendertela, ragazzo: Thorin ha più motivo degli altri per odiare gli Orchi. Vedi...” Balin raccontò della battaglia di Azanulbizar, di come i Nani si batterono valorosamente contro gli Orchi. Questi ultimi erano capitanati dal più temibile Orco di tutte le Ere: Azog il Profanatore, oltremodo chiamato ‘Orco Pallido’.
A quel nome, la giovane scattò in piedi, stringendo i pugni. Rimase comunque ad ascoltare in silenzio il racconto di Balin. Quando esso terminò, non vi era notizia di Azog. Ma a porre rimedio al dubbio che si era insinuato nella testa di Keira ci pensò Bilbo.
“E l’Orco Pallido? Che fine ha fatto poi?”
“Tornò strisciando nel buco da cui era fuoriuscito.” Era stato Thorin a parlare. Balin aveva esitato, ma poco importò. Le parole del principe dei Nani furono sufficienti a far scattare la ragazza.
“Tu hai ucciso l’Orco Pallido? Azog il Profanatore?” Chiese. Era a metà tra l’essere stupita e l’essere frustrata.
“Tu lo conosci?” Domandò il giovane Ori, con tono insicuro. Si voltarono tutti. Il resto della Compagnia era in piedi e fissava il gruppetto – o meglio, fissavano tutti Keira – con interesse.
“Quel bastardo ha ucciso mia sorella.”









-Angolino autrice-
Buonasera genteee :D
Eccomi qui, tutta per voi.
Aaallllooooora, da dove cominciare?
Innanzi tutto, abbiamo scoperto di che colore ha gli occhi e che Azog l'ha privata della sua adorata sorella. E Gandalf? Cosa potrà mai essere lei? (Noi lo sappiamo tesssoro, noi lo sappiamo - STA ZITTA!) Tanto non ve lo dico u.u
E Fili e Kili? Cosa pensate di loro?
Ma soprattutto, vi inizia a piacere la mia piccola *blablabla* (no spoiler!) Keira?
Lo spero, perché a me piace moltissimo :3

Ringrazio tutte coloro che hanno recensito il mio primo cpaitolo: siete fantastiche!! 
Inoltre, ringrazio chi ha aggiunto la storia alle seguite/preferite! Spero continuerete a seguirmi fino alla fine ^^
Detto ciò... E SUA SORELLA? Avrà o no un compito nella storia? O era solo per rendere tragico il suo passato? (ATTENZIONE: Chi mi conosce forse sa, ma potrebbe benissimo non sapere u.u)

Ora vi saluto tutti, buonanotte :*
Ps: Vi aspetto numerosi ^^

LilyOok_

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Keira amava sua sorella. Sarebbe voluta diventare grande e forte come lei. Bella come lei. Era un modello da seguire, un qualcosa a cui aspirare. Ma Azog gliel’aveva portata via e lei era rimasta sola, con un padre che la guardava con disprezzo. Si, suo padre la odiava. Keira non ne aveva mai compreso il motivo, nemmeno quando sul letto di morte le disse le sue ultime parole: “Ogni errore ha la sua soluzione.”
 
 
Pioggia. Le provviste? Bagnate. I pony? bagnati e puzzolenti. I Nani? Zuppi fino al midollo. C’èra chi aveva il cappuccio al suo mantello e quindi teneva protetta almeno la testa – per quel che riusciva – dalla furia che i Valar stavano mandando sul loro cammino e c’era chi era stato meno fortunato, come il povero Bilbo, il quale grondava acqua da ogni dove.
“Signor Gandalf? Non è che potete fare qualcosa per questo acquazzone?” La voce di Dori ruppe quel silenzio interrotto solo dallo scrosciare della pioggia. Il suo tono era spazientito e non ci pensò due volte ad alzare gli occhi al cielo quando lo stregone diede la sua risposta.
“Mi dispiace, mastro Nano, ma sta piovendo. E continuerà a piovere finché la pioggia non avrà finito. Se desideri cambiare il clima del mondo dovrai trovarti un altro stregone.” Sentenziò il vecchio, infine.
Keira, al suo fianco, rise silenziosamente. Se c’era una cosa che a Gandalf non piaceva, era ammettere di non saper fare qualcosa. Un po’ come quando da Bilbo, lo stesso Dori, gli aveva chiesto quanti Draghi avesse ucciso nella sua vita.
“Ce ne sono di altri, a parte te?” Chiese lo Hobbit, incuriositosi. Gandalf spiegò loro come fosse diviso il suo ordine. Cinque Istari in tutto.
“Anche Radagast è un grande stregone o è un po’ più come te?” Azzardò Bilbo. Keira si stava trattenendo; non poteva certo scoppiare a ridere in faccia a Gandalf! Quest’ultimo lanciò allo Scassinatore uno sguardo quasi offeso.
“Io credo che sia un grandissimo stregone.”
 
 
“Ci accamperemo qui.” Thorin bloccò la fila, fermando il suo pony. Erano giunti in una radura abbandonata con una casetta di legno della quale restava in piedi solo il tetto – per metà distrutto anche quello.
“Un vecchio fattore e la sua famiglia abitavano qui... forse sarà meglio continuare un altro po’.” Osservò Gandalf, guardandosi attorno. Lui e Thorin si allontanarono discutendo, fino alla piccola casa, mentre gli altri smontavano dalle cavalcature pronti a prepararsi per la notte.
Keira scese dal suo pony, stiracchiandosi. Si levò spada e arco di dosso, appendendoli alla sella, e si guardò intorno. Con le mani sui fianchi e una postura concentrata, ridusse gli occhi ad due piccole fessure fin quando non trovò ciò che stava cercando. Si slacciò il mantello, lo strizzò per bene e si avvicinò al grande albero che aveva puntato. Lo legò al ramo più basso poi, voltandosi verso la Compagnia e deducendo che nessuno aveva notato la sua assenza, si arrampicò fin dove poté.
In cima l’aria era fresca e un leggero venticello le scompigliava i capelli. Spostò una ciocca castana dietro l’orecchio e si mosse da un ramo all’altro, perlustrando ben bene con lo sguardo il territorio circostante. Nessun segno di pericolo.
“Dove credi sarà andata?”
Una voce conosciuta, ai suoi piedi, aveva parlato. Fili e Kili sostavano proprio sotto l’albero su cui era salita. Pian piano e senza fare rumore scese di qualche ramo, fino ad arrivare ad un’altezza da cui sarebbe potuta saltare senza spezzarsi l’osso del collo o qualcos’altro.
“Non lo so, ma questo è il suo mantello.” Osservò Fili, indicando l’oggetto in questione.
“Sarà andata a farsi un giro.” Sospirò il minore, buttandosi a sedere ai piedi dell’albero. Ci fu un breve silenzio durante il quale anche Fili sedette accanto al fratello. Poi quest’ultimo riprese. “Di un po’, fratello, ma tu ce la facevi così vecchia? Insomma, se li porta bene. Basta guardare Thorin per capirlo.”
“Stai attento a quel che dici, lo zio è un po’ suscettibile ultimamente. Comunque hai ragione su Keira. Chi se lo immaginava.”
“Non trovi sia diversa dalle altre Nane dei Monti Azzurri?”
“C’è qualcosa di strano in lei... non ha la barba, fratello.”
 
 
Keira artigliò il ramo a cui si stava reggendo. Non le piaceva quando si parlava di lei; non le piaceva affatto. E poi cos’era questa storia che non aveva la barba? Che c’era di male? Non le aveva mai detto nulla nessuno. Quei due impertinenti stavano parlando a sproposito e questo non poteva sopportarlo.
Sentì la voce Thorin chiamare i suoi nipoti e vide questi alzarsi. Allora fece per scendere, ma il ramo su cui aveva sostato tutto quel tempo si spezzò ad un suo minimo movimento. Cadde nel vuoto.
 
 
Quando riaprì gli occhi arrossì violentemente.
“Atterraggio morbido?” Scherzò Kili, schiacciato a terra dal peso della giovane.
“Dannazione!” Esclamò lei, rotolando di lato. Era in imbarazzo; sentì il sangue affluirle alle guance colorandole di un rosso intenso. Aveva fatto proprio una bella figura.
Fili le tese una mano per aiutarla che lei non rifiutò affatto.
“Da quanto eri lassù?” Le chiese il biondo.
“Abbastanza.” Sorrise Keira, spolverandosi i vestiti e stirando a schiena. “Mi dispiace molto, il ramo si è spezzato proprio mentre stavo scendendo.” Disse poi, rivolta a Kili. Allungò una mano e lui la prese subito aiutandosi ad alzarsi da terra. Dopo ciò, si voltò e sorridendo come se niente fosse tornò dal resto della Compagnia.
“Kili, levati quel sorriso ebete dalla faccia.” Lo richiamò il maggiore, trattenendosi dal ridere all’espressione del fratello.
“Sai una cosa? Chi se ne importa se non ha la barba o che so io.” Kili fece spallucce, guardando suo fratello con occhi furbi.
“Basta che non ti metti nei casini dai quali come al solito dovrò tirarti fuori io.”
“Quanta poca fiducia che hai in me, Fili! Credevo fossimo fratelli!” Dopo un momento in cui Fili pensò che realmente suo fratello si fosse offeso, scoppiarono tutti e due a ridere sonoramente. Sarebbero rimasti lì ad stuzzicarsi per chissà quanto ancora se non fosse stato per Thorin che li chiamò una seconda volta, spazientito e con tono molto irritato, affidando loro la custodia dei pony.
 
 
“Che profumino, ho una fame!”
“Devi sapere, mia cara ragazza, che mio fratello è il miglior cuoco in tutto il popolo dei Nani.” Le disse Bofur, circondandole le spalle con un braccio.
“Oh, lo so, il pasto di ieri era delizioso.” Sorrise Keira, sciogliendosi dal Nano.
Girò un po’ per il piccolo accampamento e solo allora si accorse di un importante particolare.
“Dov’è Gandalf?” Chiese ad alta voce cosicché tutti potessero sentirla.
“Se ne è andato.” Rispose la voce fredda di Thorin. Possibile che quel Nano dovesse essere sempre così scorbutico con chiunque?!
“Credi che tornerà? Tu lo conosci meglio di noi.” Chiese Bilbo, rivolto a lei. Keira lo guardò, indecisa su come rispondere. Alla fine optò per la realtà dei fatti.
“Non voglio scoraggiare le sue aspettative, mastro Hobbit, ma l’ultima volta che se ne andato non l’ho più rivisto per più di un secolo e mezzo.”
Bilbo rimase stupito, senza parole. Primo fattore: era davvero così vecchia?! Secondo: Thorin aveva fatto arrabbiare così tanto Gandalf da averlo persuaso ad abbandonarli? No, non era possibile.
“Hei, Bilbo, fammi un favore; porta questi ai ragazzi.” Gli disse Bofur, risvegliandolo con una pacca sulla spalla dalla specie di trans in cui era andato ad incappare pensando quelle cose.
“Lo accompagno.” E Keira, prendendo di mano allo Hobbit una delle due ciotole, sparì con lui dietro un paio di alberi.
 
 
“Com’è possibile che non vi siate accorti che un albero stava venendo sradicato e due pony sparivano?!” Keira si rivolse scioccata ai due fratelli che, dal canto loro, non sapevano cosa dire. Allora lei si massaggiò le tempie e ricominciò da capo. “Molto bene. Cos’è successo?”
“Non lo sappiamo e siamo scioccati quanto te di questo fatto.” Rispose Kili.
“Scopriamolo.” Fece invece Fili, iniziando a camminare verso dove vi era il tronco sradicato.
“Non dovremmo dirlo a Thorin?” Domandò lo Hobbit. Sinceramente non gli piaceva affatto l’idea di andare in avanscoperta con il rischio di essere mangiato, spellato, trucidato...
“Non credo gli piacerà.” Lo informò Keira, avviandosi dietro agli altri due. Bilbo si ritrovò costretto a seguirli.
Non molto dopo Bilbo fu lasciato a fronteggiare ben tre Troll che avevano intenzione di cenare con i loro Pony.
 
 
“Come avete intenzione di dirlo a vostro zio?”
“Stiamo ancora lavorando ai dettagli. Ma dobbiamo fare in fretta, Bilbo potrebbe essere in pericolo.” Fu Kili a risponderle. Keira si fermò e di conseguenza anche loro.
“Io torno indietro, voi avvertite gli altri. Svelti!”
 
 
Bilbo stava tentando in tutti i modi di liberare i pony ma la maledetta corda era troppo dura e spessa e le sue sole forze non bastavano.
Si guardò intorno cercando un aiuto e quando lo trovò per poco non gli scoppiò il cuore. Come avrebbe fatto a rubare quella specie di uncino dalla cintola di un Troll?
“Serve una mano?”
La voce della giovane rincuorò non poco il signor Baggins. Quando si girò a guardare Keira notò con sommo dispiacere che però era disarmata. Una spada avrebbe fatto comodo.
Bilbo le fece segno cenno col capo indicandole l’uncino.
“Oh...” Fu l’unica cosa che disse lei quando realizzò di non avere nulla con sé. Una spada avrebbe fatto comodo.
Tentarono insieme di sciogliere la corda mentre i Troll discutevano tra loro di cose poco importanti. Quando poi lo ho Hobbit cercò di rubare l’arnese a uno di quelli fu scovato.
“Lasciatelo andare!” Gridò la giovane, parandosi davanti ai tre. Erano dei giganti in confronto a lei – che era pure disarmata.
“Cosa dici, mocciosa?” Le chiese uno dei tre con la sua voce grottesca.
Ha detto di lasciarlo andare.” Kili sbucò alla sua destra, roteando la sua spada. I Troll lo guardarono confusi; nemmeno un istante dopo si ritrovarono attaccati da altri dodici Nani che menavano colpi a destra e a manca, colpendoli ma ferendoli solo lievemente.
“Keira!” La chiamò Fili e quando lei si girò, le lanciò la sua spada. A quel punto poteva divertirsi.
 
 
“Lasciami. Non mi toccare, Troll!” Esclamò la giovane, dimenandosi inutilmente.
“Lascia stare, Maso! Vorrà dire che la mangeremo con tutti i vestiti.” Ghignò malignamente quello che sembrava essere il capo.
“Non azzardatevi a torcermi un solo capello. E che schifo, toglimi quelle mani di dosso, mettimi giù!”
“Perché non la finisci di urlare, ragazzina?” Le chiese il Troll, portandola all’altezza del suo viso tenendola appesa per un piede e a testa in giù. Keira incrociò le braccia al petto e girò il capo da un lato. In che razza di svantaggiosa situazione era capitata. Perché diamine dovevano appendere proprio lei per i piedi?!
“Non parli più?” La stava provocando. Tentò di mordersi la lingua, ma fu più forte di lei.
“Non ti hanno insegnato l’educazione, razza di degenerato? Mettimi giù e smettila di blaterare a pochi centimetri dalla mia faccia, ti puzza l’alito.”
“Mi sa che questa c’ha voglia di essere mangiata subito!” Esclamò allora il Troll rivolto ai suoi compagni.
“Berto, perché non lasciamo che si disperi mentre tutti i suoi compagni vengono mangiati prima di lei?” Quello che sembrava essere il più stupido dei tre ebbe per la prima volta un’idea intelligente.
Lasciarono cadere Keira in mezzo ai sacchi dove erano stati messi dentro gli altri Nani e il primo di loro ad essere scelto come vittima fu il povero Bombur. Fu in quel momento che Bilbo prese coraggio e cercò di prendere del tempo.
Inizialmente i Nani non capirono il piano dello Hobbit. Quando infatti questo disse ai Troll che i Nani erano tutti infetti da parassiti ribatterono creando una gran confusione. Furono Keira e Thorin a capire per primi il suo scopo. Dopo un segno di quest’ultimo, i Nani si ripresero e cominciarono a gridare di essere infetti dai peggior parassiti di tutta la Terra di Mezzo.
Fu l’arrivo provvidenziale di Gandalf a salvare la situazione. Rompendo un masso col suo bastone, lasciò che la luce dell’alba colpisse in pieno i tre Troll che in pochi attimi divennero pietra.
 
 
“State tutti bene?” Domandò lo stregone, guardandosi attorno. Sembravano tutti intatti, perfino Bilbo, che era stato il più bistrattato fra tutti.
“Dove sei stato, Gandalf?” Gli chiese Thorin, avvicinandosi.
“A guardare avanti.”
“E cosa ti ha fatto tornare?”
“Guardare indietro.”








-Angolino autrice-
Buonasera :D
Due cose innanzitutto: 1) per me che sono abituata a scrivere FlashFic questo capitolo è già abnormemente lungo u.u e 2) L'ho diviso in questo punto perché se avessi messo anche il pezzo della caverna poi doveva spuntare il caro Radagasto e io sinceramente non ce la potevo fare u.u
Detto ciò... Perché suo padre la odiava? 
HAI HAI!! NON HA LA BARBA! Che Nana è senza la barba? *sorriso malvagio*
Allora... ma si iniziano a creare degli ship?? *-* Fatemi sapere se si XD Io non posso dire nulla o spoilererei D:
Vi saluto presto che ho un sonno bestiale ç_ç
Vi mando un bacio e spero vi sia piaciuto il capitolo. Eventuali errori non li ho ricontrollati, avvertitemi se ne trovate, li correggerò :)
Lily :3

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


La caverna dei Troll puzzava ed era tremendamente sporca e ricca. Vi erano tesori di ogni genere, da monete d’oro e d’argento ad oggetti preziosi ed armi di alta manifattura. Prime tra queste delle spade elfiche appartenute ai Gondolindrim, Elfi di Gondolin, il Reame Celato del re Turgon. Furono soprattutto quelle ad attirare l’attenzione di Thorin Scudodiquercia. Gandalf si avvicinò a lui, spiegandogli che quanto lama più bella non avrebbe mai potuto trovarne in nessun luogo.  
Altri invece, come Gloin, Nori e Bofur, si impegnarono per creare un deposito a lungo termine.
Keira e Kili si diressero insieme alla ricerca di altri tipi di armi. Trovarono alcuni archi e delle frecce. Molte di queste erano di manifattura elfica; Kili ne prese alcune, mentre Keira ricercò tra gli archi quello migliore, uno che avrebbe potuto sostituire il suo, vecchio e rovinato. Purtroppo però non fu abbastanza fortunata: nessuno di quelli aveva delle giuste dimensioni.
 
 
Usciti dalla grotta, Gandalf si fermò davanti allo Hobbit porgendogli una spada.
“Ricorda questo, mio caro Bilbo: il coraggio consiste nel sapere non quando togliere una vita, ma quando risparmiarla.” Gli disse lo stregone. Il signor Baggins non fece in tempo a ribattere che qualcuno gridò un segnale d’allarme.
Subito scattarono il posizione, spade salde nelle loro mani e frecce incoccate negli archi.
Nulla si mosse per qualche istante. Keira sentiva distintamente il fruscio del sottobosco aumentare a dismisura, finché qualcosa comparve dai cespugli avanti a loro.
“Fermi, fermi!” Gridò Gandalf “Deponete le armi. Lui è Radagast il Bruno.”
Lo sguardo dell’ultimo arrivato si posò sui presenti per poi soffermarsi sulla giovane. La osservò bene, poi sgranò gli occhi e portò Gandalf lontano da orecchie indiscrete.
Thorin invece si avvicinò a lei.
“C’è qualcosa che dovrei sapere?” Le chiese. Lei voltò il capo nella sua direzione, fissando gli occhi nei suoi.
“A proposito di cosa?”
“Di prima, di come ti ha guardata quello stregone e dell’espressione che ha fatto. Sembrava quasi spaventato. Cosa ha visto in te che noi non possiamo scorgere?
“Non so di cosa tu stia parlando. Io sono qui, così come mi vedete tutti. Non ho nulla di strano o di speciale... sono solo io.” Keira fece spallucce, sorridendogli confusa.
 
“...dall’oscurità è giunto un Negromante.”
 
Il sorriso scomparve però dalle sue labbra all’udire di questa frase. La sua espressione ora era preoccupata e non piacque per niente al Nano che aveva di fronte.
“Cos’hai?” Le chiese infatti.
“Non hai udito le loro parole?” Domandò lei di rimando, stupita.
“Quali parole? Che succede?”
Keira stava per rispondere  ma un altro rumore attirò la loro attenzione. Si udirono fruscii e ululati pericolosamente vicini.
“Ci sono i lupi?” Chiese lo Hobbit, stringendo l’elsa della sua spada.
“Lupi? No, questi non sono lupi.” Fece Bofur, voltandosi di scatto.
“Sono Mannari!” Esclamò Keira, scoccando una freccia con velocità. Questa si andò a conficcare nel fianco dell’animale che però non desistette e si diresse su Thorin, il quale riuscì ad ucciderlo prontamente.
Una seconda bestia spuntò alle sue spalle. Questa volta fu Kili a colpirlo con una freccia e Dwalin lo finì con un sol colpo.
“Un Mannaro ricognitore. Un branco di Orchi non è molto distante da qui.”
 
 
“Dove ci stai portando?”
Gandalf rivolse uno sguardo incerto a Thorin, ma non rispose.
I Nani e lo Hobbit continuarono a seguirlo e a correre da un mazzo ad un altro nella Valle del Bruinen, Eriador, cercando riparo dall’orda di Orchi che li stava inseguendo. Avevano scoperto il loro piano e ora gli erano alle calcagna.
D’un tratto furono circondati; Gandalf sembrò essere scomparso, lasciandoli al loro destino.
“Mantenete le posizioni!” Gridò Thorin. Due Mannari si fecero avanti, ringhiando. Kili e Keira pensarono a loro, uccidendoli con più frecce.
Solo dopo che Gandalf riapparve da un passaggio nella roccia, i Nani mossero i loro primi passi verso la salvezza.
Ma gli Orchi non desistono facilmente.
Il principe dei Nani ne uccide un paio, sporcando la lama di Orcrist con il sangue nero di quelle bestie.
Si misero tutti in salvo; rimasti erano solo Kili e Keira che cercavano di mantenere a distanza i Mannari scoccando frecce a non finire. Thorin li richiamò e i due corsero nella sua direzione. Dietro di lui, un’altra di quelle bestiacce si stava avvicinando minacciosa.
“Thorin!” Gridò Keira, parandosi davanti al Nano. Aveva bloccato le fauci dell’animale con il suo arco. Quest’ultimo, però, si spezzò in due e gli artigli del Mannaro le graffiarono il braccio sinistro. Fece in tempo ad estrarre la spada e a conficcarla nel suo cranio, prima che quello la azzannasse con forza.
Seguì Thorin e Kili all’interno del passaggio roccioso.
“Fammi vedere.” Thorin le afferrò il braccio ferito.
“Non è niente, andiamo via di qui.” Fece lei, sciogliendosi dalla sua presa ed avvicinandosi a Gandalf.
Un corno risuonò in lontananza. Erano arrivati gli Elfi.
 
 
“Mellon”
Erano giunti a Rivendell, la Valle Nascosta di Imladris, nota anche nella Lingue Corrente come Gran Burrone. Re Elrond offrì loro ospitalità, cibo e un luogo dove riposare le membra affaticate, anche se l’arrivo di Gandalf lo turbò non poco. Lo stregone, ovunque giungesse, era sempre portatore di qualche nefasta notizia.
Mangiarono su un grande terrazzo; ad un tavolo a parte sedevano re Elrond, Thorin, Gandalf, Bilbo e Balin; tutti gli altri avevano un lungo tavolo ricco di vivande. Anche se queste non erano delle migliori per i Nani. Dwalin, infatti, e il giovane Ori si lamentarono più volte dell’asse di carne, ma alla fine si rifocillarono ugualmente. Infondo ne avevano un gran bisogno.
Dopo pranzo la Compagnia si riunì in un piccolo spazio. In disparte, su una panca, se ne stava Keira, intenta a pulire la lama della sua spada con una pezza umida. Il braccio sinistro le doleva non poco, ma non voleva darlo a vedere. Odiava essere in difficoltà e soprattutto odiava avere l’attenzione di tutti puntata su di sé. Era socievole, non c’era che dire di questo, ma preferiva se possibile rimanere nel suo piccolo spazio in tranquillità. Purtroppo per lei però, Thorin non si era dimenticato della sua ferita.
Le andò vicino, sedendole accanto. Per un po’ rimase in silenzio, osservando i suoi movimenti lenti e delicati; poi fu attirato da una smorfia di dolore sul viso della giovane.
“Sei abile nel combattimento. Chi ti ha insegnato?” Le disse. Keira si fermò, posò la pezza e ripose la spada nel fodero. Lo guardò per qualche istante, poi parlò.
“Mio zio lavorava nella fucina; un giorno mi regalò una spada e mi insegnò ad usarla. Disse che dovevo essere sempre pronta per ogni evenienza. Aveva ragione.” Sorrise.
“Oggi, mi hai salvato la vita. Te ne sono grato.”
“Figurati.” Rispose lei. Fece per alzarsi, ma Thorin la trattene per un polso.
“Ti prego, fammi vedere la tua ferita.”
“Sto bene, non ho bisogno di cure.”
“Non è vero e lo sai bene. Togliti la giacca. E non ammetto repliche.”
Con un sonoro sbuffo, la giovane fece come le era stato ordinato e si sfilò delicatamente la giacca bordeaux , mostrando i graffi del Mannaro che l’aveva colpita. La parte lesa era rossa e gonfia. Thorin le lanciò un’occhiata d’ammonimento, poi chiamò Oin facendosi dare una strana erba. Fili e Kili si avvicinarono per vedere meglio.
“Cos’è successo?” Domandò quest’ultimo, guardando preoccupato la ragazza.
“Non è niente, è soltanto un gr- ahi!” Keira si voltò di scatto verso il Nano al suo fianco, rossa in volto e con gli occhi umidi. Bruciava da morire.
“Resisti.” Le disse solamente Thorin, sorridendo divertito.
Keira dovette mordersi la lingua per non insultarlo. Poteva almeno avvertirla prima di passarle quella... roba sulla ferita.
“È stato quel Mannaro, vero?” Le domandò Fili, scrutando con attenzione i graffi.
“Mh-hm.” Annuì lei, sperando che quella tortura finisse presto.
 
 
“Va meglio?”  Le chiese Kili dopo aver preso il posto di Thorin accanto a lei.
Keira annuì semplicemente, sistemandosi meglio la giacca.
“Sei stata coraggiosa, oggi. Hai salvato la via a mio zio e... beh... ti ringrazio.” Le disse poi, sorridendole impacciato. Gli occhi azzurri della giovane si posarono nei suoi. Si morse il labbro inferiore, non sapendo che dire.
“Beh, ho lasciato che il mio arco si spezzasse per la sua vita, non potevo certo lasciare Erebor senza un Re.” Disse infine, sorridendo di rimando. Lo vide tranquillizzarsi.
Kili si sentiva in difficoltà, veramente, ma cercò di essere naturale. Non era mai stato bravo con le ragazze, tutte lo lasciavano indietro o preferivano Fili a lui. Poi, l’assenza di barba non gli facilitava affatto le cose. Le Nane amano la barba. Forse amano addirittura più la loro che quella del Nano a cui si legano per la vita. Lei però era diversa dalle altre Nane, era... speciale. Non sapeva dire come, ma sentiva che c’era qualcosa di diverso in lei, qualcosa che la rendeva ciò che era. Ammetteva a se stesso che Keira lo interessava, gli piaceva. Ma sapeva benissimo come Thorin l’avrebbe presa se avesse saputo dei suoi interessi verso di lei. Lui era uno degli Eredi e doveva comportarsi come tale. Non aveva certo appreso tutti gli insegnamenti di Balin per divertimento. Ma lei...
“Kili?” La voce di Keira lo riportò alla realtà e si accorse solo in quell’istante che la stava fissando, probabilmente non con un’espressione che facesse trasparire tutta la sua intelligenza e serietà.
“Pensavo che, magari, potremmo-”
“Ah, Keira! Ecco dove ti eri cacciata.” Gandalf spuntò all’improvviso da dietro l’angolo e varcò la soglia seguito dal re di Rivendell interrompendo la frase del Nano. Kili sentì il suo cuore arrestarsi per un istante e poi ripartire a ritmo normale. Trasse un sospiro quasi sollevato.
“Gandalf. Sire Elrond.” Rispose lei, chinando il capo in segno di rispetto.
“Vedi, Keira, Gandalf mi ha raccontato cos’è successo nella Valle appena fuori da Imladris. Ho un piccolo dono per te.” Elrond portò le mani in avanti, porgendole un involto.
“Cos’è?” Chiese, prendendolo fra le mani. riconobbe subito l’oggetto involto e lo aprì immediatamente, alzandosi in piedi. Un sorrisetto divertito si apri sui volti di Gandalf e dell’Elfo.
Un arco, della sua misura, in legno pregiato, ricamato e decorato. Gli occhi le brillarono dalla felicità e dalla gratitudine.
Kili guardò la scena con tenerezza. Keira sembrava una bambina alla quale avevano regalato il suo primo giocattolo. Girava e rigirava quell’arco tra le mani mormorando ringraziamenti a non finire.
Il suo sorriso gli causò la perdita di un battito e fece nascere in lui la consapevolezza che forse aveva trovato ciò che nella vita un Nano desidera più di ogni altra cosa.
 
 
Lo stregone presenziò al Bianco Consiglio per tutta la notte. Il più grande del suo ordine, Saruman il Bianco, capo del Consiglio, non approvava affatto la sua decisione di aiutare il gruppo di Thorin a riconquistare la loro patria. Vi era Smaug il Terribile ad Erebor. Gandalf aveva solo paura: il suo sentore era che una forza più grande di quello che avrebbero potuto mai immaginare tramava nell’ombra per allearsi con il Drago. Voleva solo evitare questo danno. Voleva solo la salvezza della Terra di Mezzo.
Saruman continuava a negare; Dama Galadriel, signora di Lórien – foresta al di fuori del tempo –, gli chiese di mostrare l’oscuro oggetto che portava con sé. Era stato Radagast a porgergliela; era una spada Morgul, appartenuta ad Angmar, che non proveniva dal mondo dei viventi.
Si discusse a lungo su questo argomento. Saruman continuava a non credere ad una sola parola di tutto quello che Gandalf stava dicendo e ad accusare Radagast di essere stato annebbiato dai funghi allucinogeni.
Il Consiglio fu interrotto da Lindir, portatore della notizia che i Nani avevano lasciato la Valle Nascosta.
 
 
All’alba, Gandalf era ancora impegnato con la signora di Lórien. Ella gli chiese di Bilbo, ma ci fu una domanda in particolare che turbò l’animo dello stregone.
“Hai portato con te quella ragazza la quale forma è per metà ciò che è e per metà ciò che non sembra; è consapevole del peso che grava sulle sue esili spalle?”
“No.” Rispose Gandalf.
“Lei dovrà compiere il suo destino, che tu lo voglia o no.”
“La sua vita è l’unica speranza, non ci sono altre vie.”
“Molto bene. Fa ciò che devi al momento opportuno.” Queste furono le ultime parole della Dama, prima che ella scomparve.















-Angolino autrice-
Macciao a tutti/e :D Sono elettrizzata perché 1) sto postando e 2) il capitolo mi piace da morire u.u non è come uno dei miei soliti 'che schifo non mi piace ma lo posto ugualmente u.u' NAH, MI PIACE MI PIACE MI PIACE U.U
Detto ciò, Molto grata a chi legge, recensisce, preferisce, sicorda e segue la mia storia, è un piacere immenso per me!!
Chiedo scusa per eventuali errori di battitura ecc, è tardi, abbiate pazienza :')
Qualsiasi cosa fatemi sapere!

Ci terrei a dire a te, che stai leggendo assiduamente la mia storia, che la cara Keira non ha la barba per il semplice fatto che... lo ha detto Dama Galadriel! "la quale forma è per metà ciò che è e per metà ciò che non sembra" fatevene una ragione ^3^
E a conclusione di ciò, vi aspetto numerosi!
Bacio,
Lily :*

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


PREMESSA: CHIEDO PERDONO PER LA QUANTITA' DI VOLTE IN CUI LEGGERETE LA PAROLA "GOBLIN".








“Il piano era aspettare Gandalf alle Montagne.”
“Il piano cambia.”
Dopo aver lasciato Gran Burrone erano giunti sugli Ered Mithrin. Lì, molti di loro avevano rischiato la vita. Il sentiero era stretto e scivoloso e una tempesta infuriava. E nella tempesta, ben tre giganti di pietra si stava scontrando. Erano capitati sulle gambe di uno di questi: il terreno si era diviso sotto i loro piedi, proprio dove stavano Fili e Kili. Avevano tentato, i due, di restare uniti, ma tutto era successo all’improvviso. Keira era stretta tra Bilbo e Bofur e quest’ultimo la strinse a se con fare protettivo nel momento il cui la terra aveva iniziato a tremare. Quando tutto sembrava finito, poi, il povero Bilbo si era ritrovato appeso per la punta delle dita al bordo roccioso. Fortunatamente svariati Nani erano corsi in suo aiuto, ma era stato Thorin a salvargli la vita. Si erano poi riparati in una grotta che all’apparenza dava l’idea di essere disabitata.
A Bofur fu affidato il primo turno di guardia mentre gli altri si concedettero del riposo, dormendo vicini per scaldarsi.
 
“Keira.” La giovane si guardò intorno. Il bosco era deserto eppure una voce aveva chiamato il suo nome. D’un tratto le apparvero in un flash due occhi azzurri. Sparirono così velocemente come le erano apparsi nella mente.
“Keira.” Dal folto del bosco nacque una luce. Si avvicinò lentamente; le gambe erano diventati pesanti ed ogni passo era una fatica.
Una donna, immersa nella luce, le dava le spalle. Non appena Keira le giunse vicino, la donna si voltò: aveva un viso bellissimo, perfetto; gli occhi azzurri, come quelli che le erano apparsi nella mente poco prima, sembravano essere fatti di stelle e aveva un sorriso dolce. I suoi capelli erano lunghi e lisci, castani e lucenti.
“Avvicinati.” Le disse. Keira esitò un istante. Ebbe timore di andarle ancora più vicina. Alla fine fece come le era stato chiesto e quando mosse i primi passi, si accorse di quanto le sue gambe ora fossero leggere.
“Chi sei?” Chiese la giovane. La donna allungò una mano e la posò sulla guancia liscia dei Keira, accarezzandogliela con dolcezza. Un sorriso carico dello stesso sentimento le ornò il bel volto.
“Sei così bella, così forte.” Disse la voce melodiosa della donna.
“Sei forse una dea, una Vaia?” Lei scosse il capo, strusciando il pollice sulla gota di Keira.
D’un tratto tutto si fece buio: il bosco scomparve e la donna svanì.
 
Aprì gli occhi di scatto. Il pavimento venne a mancare sotto il suo corpo e non solo: stavano precipitando tutti.
 
 
Un orda di Goblin li assalì famelicamente. Non ebbero nemmeno il tempo reagire che furono catturati e trascinati su ponti di legno traballanti e sentieri nella roccia.
Purtroppo per Keira, quelle pareti le erano familiari.
Arrivarono davanti ad un enorme trono in pietra dove sedeva un altrettanto grande e grosso Goblin grasso e pustoloso. Quella vista la disgustò non poco. Aveva sperato, pregato di non rivedere mai più quella creatura e invece eccola lì, in tutta la sua orripilante forma.
“Chi osa entrare armato nel mio regno? Ladri, assassini?” Chiese la voce cavernosa del Grande Goblin.
Un piccolo e disgustoso esserino si fece avanti: “Nani, vostra malevolenza.” Rispose inchinandosi.
“Nani?!” Domandò l’altro stupito. Chiese alla Compagnia cosa stavano facendo nel suo portico anteriore, perché stavano attraversando le Montagne Nebbiose e dov’erano diretti. Nessuno rispose ad alcuna delle sue domande.
Keira si stava tenendo tra il gruppo, fuori dalla sua vista e in silenzio. Almeno finché quello non diede l’ordine di perquisirli. Furono privati delle armi e allora la voce della giovane risuonò tra le altre e il Grande Goblin la fece portare al suo cospetto.
“Guarda guarda chi abbiamo qui.” Disse con un sorriso malvagio. “Tu! Insulsa ragazzina, come hai fatto a fuggire?!” Gridò questa volta, infuriato più che mai. Il suo disgustoso volto era diventato rosso per la rabbia e gli occhi erano quasi esorbitati.
“Voi Goblin siete creature stupide e cieche; non è stato difficile eludere la tua sorveglianza.” Disse con risolutezza.
Quando, tempo prima, stava esplorando la catena degli Ered Mithrin, si era imbattuta in un gruppo di Goblin. Erano troppi e così l’avevano catturata. Ma nella loro tana aveva trovato presto una via d’uscita. I Goblin pensavano solo a litigarsi il cibo e nella loro stoltezza Keira era riuscita a fuggire.
“Osi considerarmi uno sciocco?!” Gridò ancora il Grande Goblin, alzandosi dal suo trono e avvicinandosi pericolosamente a lei. I due Goblin che la stavano tenendo strinsero la presa sulle sue braccia.
“Non lo siete, forse?” Domandò lei con aria di sufficienza. Il Grande Goblin allora si indignò e colpì la giovane – e i due Goblin che la tenevano – con il dorso della sua mano callosa. Keira finì a terra, vicino ai Nani i quali erano rimasti basiti dalla scena. Kili fece di tutto per liberarsi e nel momento in cui vi riuscì, si fece strada tra gli altri fino ad arrivare a lei. La aiutò ad alzarsi e le chiese se stesse bene, ma appena in piedi Keira si liberò dalla sua presa, ignorando le sue domande apprensive, e si pulì il sangue col dorso della mano. Aveva il labbro spaccato e un rivolo scarlatto le scendeva fino al mento. Guardò il Grande Goblin con occhi accecati dall’odio.
“Che siete venuti a fare qui?!” Domandò ancora il grasso re, più arrabbiato di prima. Li guardò bene, dal primo all’ultimo; nessuno si degnava di rispondere, così ordinò che fosse portato il maciullatore e che si iniziasse dai più giovani.
A quel punto fu Thorin a farsi avanti. Il Grande Goblin allora lo riconobbe e si beffò di lui poi disse: “Conosco qualcuno che pagherebbe un bel prezzo per la tua testa. Solo la testa, nient’altro attaccato.” Rise malignamente. Thorin continuava a guardarlo non capendo a chi si riferisse. Quello riprese dopo poco: “Un vecchio nemico tuo: un Orco pallido a cavallo di un Bianco Mannaro.”
Thorin e Keira sgranarono gli occhi. Non era possibile.
“Azog il Profanatore è morto! Thorin lo ha ucciso tanto tempo fa!” Gridò la giovane, agitandosi sul posto. Strinse i pugni quando Kili, ancora a fianco a lei, la prese per le spalle intimandole di calmarsi.
“Così credete che i suoi tempi da Profanatore siano terminati...” Rifletté un secondo, il Grande Goblin, poi si voltò ridendo con cattiveria e ordinò ad uno dei suoi sudditi di mandare un messaggio all’Orco Pallido. Aveva trovato la sua preda.
 
 
Ai Nani furono prese le armi e mentre il re di quegli esseri si dava al canto – beato Oin, al quale avevano calpestato il corno acustico – alcuni dei Goblin che erano tra le prime file si interessarono delle loro spade.
Quando Orcrist fu sfoderata di un paio di centimetri, il mostriciattolo che la teneva la lanciò a terra, come se questa scottasse. Il Grande Goblin indietreggiò inorridito; riconobbe quella spada: era la Fendiorchi.
Allora i Nani furono iniziati ad essere picchiati con forza e furia; era la paura a muovere le mani dei Goblin e gli ordini del loro signore.
Thorin fu messo al tappeto da uno di quelli e stava per perdere la testa se non fosse stato per un bagliore accecante che si propagò per la caverna: Gandalf era giunto, infine.
“Imbracciate le armi, combattete!” Gridò lo stregone e approfittando del momento favorevole, tutti riuscirono a riavere le loro armi. Allora iniziò una lotta corpo a corpo con i Goblin e anche durante la fuga, al seguito di Gandalf, essi non diedero tregua ai prigionieri.
Fecero tutto il possibile per scappare ed arrivare sani e salvi fuori di lì. Tagliarono i fili di uno dei ponti che stavano attraversando e stavano per giungere dall’altra parte quando dalla profondità del dirupo sottostante sbucò il Grande Goblin.
Ci fu un breve scontro a conclusione del quale Gandalf ebbe la meglio. Ma il corpo pesante del re Goblin fece si che il pavimento sul quale sostavano si rompesse e il gruppo dei Nani iniziò a scivolare reggendosi a mala pena.
Alla fine, fu con estrema fortuna che riuscirono a rivedere la luce del sole.
 
 
“...e naturalmente, Keira; e fanno quattordici.” Gandalf si guardò intorno. “Dov’è Bilbo?”
Bilbo non c’era. Erano stati talmente presi da quello che era accaduto che non si erano minimamente accorti che lo Hobbit era scomparso. E se gli fosse successo qualcosa? Cos’avrebbero potuto fare ora?
Thorin si fece avanti dicendo che Bilbo se l’era svignata appena vista l’occasione, ma alcuni come Bofur o Fili e Kili o la giovane Keira non lo credevano possibile. E lo stesso il vecchio Gandalf.
Infatti, Bilbo sbucò fuori dal nulla – fatto molto strano – spiegando a Thorin il perché era rimasto.
“...voi non ce l’avete una casa, vi è stata portata via e voglio aiutarvi a riprendervela, se posso.” Disse il signor Baggins. Thorin abbassò il capo, conscio di aver esagerato. Sul volto degli altri Nani, invece, un sorriso grato si era fatto strada e cominciarono a vedere lo Hobbit sotto una luce diversa.
Qualcosa però interruppe quel momento. Un qualcosa di terribilmente pericoloso.
Gli Orchi erano sopraggiunti.
 
 
Fu dura la corsa; le frecce non bastavano per uccidere tutti i Mannari che gli erano alle calcagna. Un terribile ululato scosse le viscere di Keira, che si apprestava a correre il più veloce che poteva per non lasciarsi azzannare. Ne aveva piene le tasche di Mannari. E di Orchi.
Ancora quell’ululato. Era inconfondibile. Le sue orecchie lo riconobbero subito e lunghi brividi la scossero. Non poteva crederci, non voleva crederci.
Gandalf ordinò loro di salire sugli alberi e più o meno tutti seguirono il suo consiglio. Bilbo rimase atterra; un Mannaro lo aveva puntato e caricava su di lui. Riuscì a difendersi per pura fortuna; andandogli addosso, il Mannaro si conficcò da solo la sua spada nel cranio, morendo ai suoi piedi.
Lo Hobbit guardava a scena inorridito e spaventato.
“Bilbo, muoviti!” Gli intimò Keira, da un ramo poco sopra la sua testa. Mastro Baggins sembrò risvegliarsi e salì di corsa sul ramo dove stava la giovane.
Pian piano, i Mannari iniziarono a saltare, arrivando quasi a loro. Dovettero salire più in alto e più in alto. Ma quando quelli iniziarono a prendere i tronchi a zampate, gli alberi si andarono addosso l’un l’altro e tutta la Compagnia si ritrovò su un solo albero, in pizzo al burrone.
Gandalf raccolse delle pigne e le infuocò con il suo potere, lanciandole a terra. I Mannari erano spaventati dalle fiamme che si propagavano e si allontanarono.
Esultanti, i Nani gridarono contro quelle bestie e gli Orchi che le cavalcarono. Ma l’entusiasmo durò poco: il grande albero sul quale stavano, iniziò a sradicarsi e a cadere.
In quel momento, Azog il Profanatore spuntò da dietro una roccia e li osservò ghignando.
Alla sua vista, Thorin si irrigidì, mentre Keira perse il controllo della sua mente. La immagini di quella notte affiorarono nella sua mente, le grida di sua sorella e il sangue. Iniziò a tremare e al successivo scossone dell’albero, perse l’equilibrio e cadde.
Fili, di fianco a lei, riuscì ad afferrarla in tempo, tenendola stretta per il polso.
“Keira, dammi l’altra mano!” Le ordinò, ma lei aveva gli occhi sgranati e sembrava non sentire quello che le stava dicendo. “Keira...” La richiamò allora, con tono quasi implorante, stringendo la presa sul suo polso.
“Non lasciarmi cadere, ti prego...” Sussurrò lei, con gli occhi fisi nei suoi, questa volta.
Fili scosse il capo, non l’avrebbe mai lasciata cadere nel vuoto anzi, strinse di più la presa e fece ricorso a tutte le sue forse per riuscire a tirarla su. E ce la fece.
Keira si strinse al Nano e nascose il viso nell’incavo del suo collo.
“Scusa.” Disse, stringendosi a lui. Fili ricambiò la stretta, non sapendo cos’altro fare. Non aveva idea di cosa le fosse preso.
“Thorin!” Il grido di Dwalin la scosse e sembrò risvegliare la sua mente. Si allontanò dal petto del giovane Nano ed egli poté guardare nei suoi occhi: il riflesso delle fiamme che ardevano, il riflesso di un odio che non credeva lei potesse provare.
Keira si alzò in piedi, mossa da una nuova forza; sguainò la spada e a passo pesante ma agile si incamminò verso l’Orco Pallido, che aveva atterrato Thorin.
“Tu” Disse con rabbia; Azog si voltò verso di lei “mi hai tolto ciò che di più caro avevo al mondo. Morirai per questo!” Gridò, avventandosi su di lui.
Il Bianco Mannaro aprì le fauci e tentò di azzannarla ma lei menò un colpo di spada, facendolo indietreggiare. Allora Azog la colpì con il suo uncino, mandandola a terra. Keira poteva sentire il sapore del sangue in bocca, ma non le importava.
Tentò di rialzarsi, ma un Orco, su ordine di Azog, le stava ora puntando la mazza alla gola. In quel momento fu sorpresa da Bilbo che con grande coraggio si gettò sull’Orco, salvandola da morte certa. Dopo un attimo anche il resto della Compagnia arrivò in suo soccorso e in quello di Thorin, ancora steso a terra. In quel momento, per lui, tutto si fece buio.
La giovane si avvicinò al Nano e solo allora si accorse che aveva gli occhi chiusi.
“No...” Sussurrò. Un forte vento si levò, facendole volteggiare i capelli. Alzò lo sguardo: delle grandi Aquile volteggiavano sulle loro teste, abbassandosi per respingere gli Orchi, gettando su di loro tronchi di alberi infuocati o spingendoli oltre il dirupo. Poi cominciarono ad afferrare i membri della Compagnia con i loro artigli. E quando tutti furono in salvo, le Aquile volarono verso Est.
In lontananza, un ruggito carico di frustrazione e rabbia riecheggiò per Valle sottostante.
 
 
Furono lasciati su un promontorio di roccia chiara; Gandalf, appena a terra, si precipitò da Thorin e grazie alla sua magia riuscì a rianimarlo. Questo, appena sveglio, chiese dello Hobbit e dimostrò al Mezzuomo quanto si fosse sbagliato sul suo conto. Poi si avvicinò a Keira che se ne stava in disparte dal gruppo a rimuginare su quanto accaduto.
“Stai bene?” Le chiese. La giovane voltò il capo di lato, annuendo solamente.
“È quello che penso che sia?” La voce di Bilbo attirò la loro attenzione e subito notarono con grande stupore che all’orizzonte una vetta solitaria spiccava fra le nuvole.
Erebor, la Montagna Solitaria.” Confermò Gandalf.
Ma mentre tutti era con lo sguardo rivolto verso Erebor, lei guardava indietro.
Un sentimento di vendetta le ardeva ora nel cuore.
Azog avrebbe visto la sua fine per mano sua, fosse stata l’ultima cosa che avrebbe fatto.

 










-Angolino Autrice-
Buongiornooo people!! 
Allora, innanzitutto mi dispiace per l'immenso ritardo ma la mia vita scolastica è alquanto ingombrante e non ho avuto tempo di scrivere.
Che mi dite della donna apparsa in sogno alla nostra Keira? Chi è secondo voi? 
E per il resto? Avete odiato la parola GOBLIN? Io SI!!
Non avevo idea di che diamine di sinonimo usare così non l'ho usato e l'ho ripetuto abbastanza troppo hahahahah *abbastanza troppo... evviva l'italiano*
Detto ciò vi saluto, con grande affetto io ringrazio le 12 persone che hanni messo la mia storia tra le preferite <3, le 2 che l'hanno messa tra le ricordate <3, le 2 che l'hanno messa tra le preferite <3 e tutte coloro che recensiscono <3!! Ovviamente ultmi ma non meno importanti RINGRAZIO CHI LEGGE INSILENZIO!
Tra questi vorrei ringraziare particolarmente Viviana per quello che sta facendo per me! *mistero :3*
Un bacio ragazzi, alla prossima!
Lily.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


PREMESSA: troverete dei " *** " che staranno ad indicare la contemporaneità degli eventi.





Il fuoco scoppiettava emanando calore. La Compagnia era riunita intorno ad esso; erano affamati e assetati ed erano stanchi.
Presero un po’ di calore, poi alcuni di loro si crearono un giaciglio improvvisato e vi si misero a riposare le membra stanche.
Bofur, ancora sveglio, alimentava le braci con dei legnetti. Era silenzioso, nonostante la sua solita ilarità, e dal suo sguardo doveva essere sovrappensiero.
Si smosse un poco dal suo smarrimento in chissà quale riflessione nel momento in cui Bombur gli si sedette accanto.
“Che succede, fratello?” Gli chiese, gettando un altro bastoncino tra le fiamme.
“Ecco... sono affamato e ho tanto sonno. Ma se provo a dormire, vedo nei miei sogni soltanto cibo. Cibo che vola, cibo che cammina, cibo ovunque, Bofur.” Rispose quello, mogio mogio. A Bofur fece tanta tenerezza. A volte gli sembrava che suo fratello fosse ancora quel Nanetto paffuto e imbranato al quale un po’ di affetto faceva sempre tornare il buon umore.
Gli circondò le spalle con un braccio e gli sorrise.
“Lo so, Bombur, ma vedrai che domani andrà meglio. Ci muoveremo e sicuramente i ragazzi cacceranno qualcosa.” Gli disse, cercando di confortarlo.
 
 
Il bosco questa volta era più luminoso e il sole filtrava tra le fronde. Keira era seduta sul prato a gambe incrociate, di fronte alla donna dell’altra volta. Era strano, sembrava che il sogno precedente stesse continuando. Non le era mai successo.
“Perché mi trovo ancora qui?” Domandò la giovane, specchiando i suoi occhi in quelli della donna. Erano occhi di ghiaccio che per qualche motivo le sembravano familiari, ma non riusciva a capire quale esso fosse. Non la conosceva, ne era certa, ma vi era qualcosa anche nella sua voce che le diceva di averla già udita, molto tempo fa, da qualche parte. Il suo volto però, le era sconosciuto.
“Stai sognando, Keira. Purtroppo posso richiamarti solo nei sogni; non ho il potere necessario per poterti seguire nel mondo vivente.” Rispose lei, sorridendole.
“Nel mondo vivente? Vuoi dire che sei...?”
“Morta? Non avere paura di pronunciare quella parola. Si, io sono morta.” Disse la donna.
“La morte non ha scalfito la tua bellezza.” Considerò Keira, rispondendo al sorriso. “Qual è il tuo nome? Conosci il mio e sembri sapere delle cose sul mio conto, ma io non so nulla di te.”
“Il mio nome è Calime* e trascorro la mia eternità nelle Aule di Mandos, in Valinor.”
“Valinor... le Terre Immortali?”
“Sì. Questo è il mio posto da ormai molti anni.” Spiegò la donna.
“Quanti?” Keira si chiese se non fosse stata troppo indiscreta, ma Calime continuava a sorridere.
“Cento ottantadue anni, esattamente quanto trascorso della tua vita, mia cara Keira.”
La giovane si stupì di quanto ella sapesse di lei.
“Come sai che-”
“Non c’è più tempo, devi andare.” La interruppe Calime e tutto scomparve.
***
“Cos’è stato?” Domandò Bofur, alzandosi in piedi.
“Io non ho sentito nulla.” Disse Bombur, guardandosi intorno.
“No, no: ascolta.”
Stettero in silenzio e in lontananza riecheggiarono feroci ululati.
***
Keira venne scossa con forza da Bofur, il quale gridava allarmato l’arrivo di Azog. Si svegliò di colpo e si alzò in tutta fretta. Era ancora confusa dal sogno appena fatto. Quella Calime... chissà se nelle prossime notti l’avrebbe rivista; voleva sapere di più. Con lei si sentiva a suo agio, si davano del tu ed era come se ci fosse un legame tra loro, un legame che lei non riusciva a comprendere. Sapeva solo che era forte, lo sentiva.
“Imbracciate la armi e seguitemi. Siamo tutti troppo stanchi per combattere, ma dobbiamo essere comunque pronti a tutto.” Gridò Gandalf, avviandosi par una stradina scoscesa, fatta di scalini di pietra alti e ripidi per i Nani e lo Hobbit.
Ai piedi della Carrok, il promontorio roccioso sul quale si erano accampati, vi era un fitto boschetto** nel quale si addentrarono. L’umidità della notte aveva dato vita a uno spesso banco di nebbia e vedere dove si andava era davvero difficile. Non potevano fermarsi, però, poiché i Mannari li avrebbero fiutati e sarebbero arrivati a loro in un attimo.
 
 
Corsero e corsero a perdi fiato finché non sentirono il silenzio circondarli. Allora si fermarono e restarono per un buon minuto immobili e in ascolto per accertarsi che non fossero più seguiti.
“Li abbiamo seminati?” Chiese d’un tratto lo Hobbit, riprendendo fiato.
“Le mie orecchie non percepiscono più alcun movimento.” Disse Keira, guardando Gandalf.
“Mio caro Bilbo, tu sei piccolo e silenzioso. Andresti ad accertarti della situazione? Sarebbe comodo sapere se sono in agguato per tenderci una trappola.” Considerò quest’ultimo, lanciando al povero Baggins un’occhiata eloquente. Il Mezzuomo sospirò affranto; non aveva poi così molta scelta. Non mancò però di chiedesi per quale oscuro motivo toccavano sempre a lui quei lavori pericolosi e a dir poco fastidiosi.
 
 
Tutti i Nani erano in attesa di notizie. Faceva freddo e la nebbia stentava a diradarsi. Nonostante questo però, Keira riconobbe a poco a poco con gli occhi quegli alberi, col naso l’odore di quel luogo e con le orecchie il rumore delle fronde che strusciavano tra loro.
“Gandalf.” Chiamò lo stregone, portandolo un poco distante dagli altri per potergli parlare.
Thorin si avvicinò ai Nani: “State allerta con quella donna; l’avvolge uno strano mistero e non sappiamo quanto questo gioverà alla nostra missione.”
***
“Cosa c’è? Qualcosa ti turba?” Domandò cautamente Gandalf.
“Sei mai stato da queste parti?”
“Sì, molte volte.”
“Conosci Beorn, il Mutapelle?”
“Soltanto di nome, ma so qualcosa sul suo conto.” Rispose lo stregone. Incredibile, pensò Keira, allora esiste qualcuno che Gandalf non conosce in questa Terra!
“Beh, io lo conosco. Non gli piacciono i Nani, ma tantomeno gli Orchi. E poi mi ha ospitata varie volte duranti gli anni passati e sono certa che aprirà la porta a...-”
“Non so fino a che punto possiamo fidarci di lei.”
“A chi?” Keira si era interrotta improvvisamente, qualcosa aveva attirato la sua attenzione. Era stata la voce di Thorin. Non si fidava di lei.
“Ad una vecchia amica.” Terminò, guardando Gandalf.
***
Bilbo corse dai suoi compagni. Era spaventato e quando cercò di spiegare che oltre ad Azog – che era molto vicino – vi era anche una specie di enorme orso, Gandalf e Keira si avvicinarono e calmi, iniziarono a spiegare il piano.
“Cosa faremo adesso?” Aveva chiesto Kili, cercando lo sguardo di lei.
“Innanzitutto dovete calmarvi.” Disse Keira, facendo zittire pian piano i borbottii.
“C’è una casa, non molto lontano da qui. Ma il suo proprietario potrebbe esserci amico come nemico. Nel primo caso andrebbe tutto bene; nel secondo...” Gandalf lanciò un’eloquente occhiata e la Compagnia comprese cosa volesse dire.
Alla fine, non avendo poi così tanta scelta, si avviarono svelti verso la direzione indicata dallo stregone. Nel frattempo la luce dell’alba aveva iniziato a far capolino dalla coltre  notturna e uno spiraglio di sole sbatté a terra, illuminando loro il cammino.
Appena usciti dal boschetto, videro subito la grande casa. Dietro di loro, uno spaventoso bramito. Dagli alberi, sbucò un grosso orso nero.
Erano nei guai.
 
 
Riuscirono ad entrare nella casa appena in tempo e chiusero la bestia fuori di lì.
Gandalf gli spiegò che quello era il loro anfitrione e che – diversamente da come credevano alcuni – non era affatto sotto alcun oscuro incantesimo. Era solo un Mutapelle, l’ultimo della sua specie.
Finalmente, poterono concedersi del vero riposo, trovando posto su delle paglie sparse sulle assi di legno del pavimento.
 
 
“Calime?” Keira ripeté più volte quel nome, ma Calime non rispose. Non vi era alcun bosco quella volta e alcuna luce. Era tutto buio, oscuro e la giovane non era per niente a suo agio. Anzi, provava un senso di nausea molto forte. Le arrivò odore di sangue e sentì un grido provenire alle sue spalle. Un grido molto familiare. Si voltò e tutto divenne rosso. Vide Azog a cavallo del suo Mannaro avvicinarsi, e tra le fauci della bestia vide il corpo esanime e macchiato di sua sorella.
Il Bianco Mannaro lasciò cadere a terra il corpo di Hailyn – così si chiamava la sorella di Keira – e lo sorpassò.
Keira non poteva muoversi. Era come se fosse incollata al terreno. Il ghigno stampato sul volto dell’Orco Pallido era spietato e quello si avvicinava sempre di più a lei, spronando il suo Mannaro a correre nella sua direzione.
Keira aveva paura. Cercava di rimanere calma, ma il panico le attanagliava le viscere.
Azog diede di tallone sul costato della sua bestia e quella le saltò addosso, spalancando le fauci.
 
La giovane si svegliò d’improvviso, sedendosi di scatto. Era sudata e aveva il fiato corto.
Si passò le mani sul viso. La casa era immersa nel silenzio più totale; nemmeno il russo dei Nani si sentiva. Erano talmente stanchi che non avevano la forza di fare nemmeno quello.
Si alzò; aveva bisogno di sgranchirsi le gambe e di bere un goccio d’acqua. Aveva la gola secca.
Passò tra i corpi placidamente addormentati dei suoi compagni e si diresse in cucina, per cercare un qualcosa per bere.
Si versò dell’acqua in un grosso bicchiere di legno e si sedette su una grossa e altra panca, anch’essa in legno. Dondolò i piedi, mentre sorseggiava la sua acqua. Questa era fredda e la svegliò meglio.
A mente più lucida, poté ripensare al suo ultimo sogno, o meglio, incubo. Non era la prima volta che le capitava di sognare una cosa del genere: già in passato, durante i primi tempi dalla morte di Hailyn, Keira aveva fatto sempre lo stesso e orribile incubo. Erano anni ormai che però non le succedeva più. Il rivedere Azog aveva forse scaturito nella sua mente il ritorno di quelle immagini? Sì, era successo, si disse. Ma rivedere il corpo di sua sorella tra le fauci di quel mostro aveva accentuato la voglia di vendetta che ormai macchiava il suo cuore di nero. Avrebbe distrutto Azog a tutti i costi e prima che quello fosse riuscito a distruggere lei.
Strinse con forza il bicchiere fino a sbiancare le nocche.
Dopo aver finito di bere, lo posò sul grande tavolo che aveva di fronte. In assenza di sonno, si rannicchiò sulla panca e cominciò a giocherellare con un laccio di una sua manica.
Ma a mano a mano che passavano i minuti, le palpebre divennero pesanti e senza accorgersene, si addormentò in quella posizione.
 
 
Quando la porta si aprì e Beorn entrò nella sua casa, egli si guardò subito in torno e vide accampati sul suo pavimento tredici Nani, uno Hobbit e un’Istari. A giudicare dalle vesti, doveva essere lo stregone Grigio, del quale però non ricordava il nome.
Il suo naso fiutò un odore familiare e si diresse al lungo tavolo. Su una delle panche ai lati di esso stava Keira, rannicchiata su se stessa. Sembrava una bambina, così minuta rispetto a quell’ambiente, così grande.
Il Mutapelle sorrise fra sé e sé; era un uomo di maniere rudi, ma aveva un gran cuore.
Passò oltre e si diresse verso la sua stanza per riposare.
 
 
Il mattino seguente, Gandalf spiegò a Beorn la situazione e si scusò per l’essere entrati senza permesso nella sua dimora. Dal canto suo, Beorn comprese bene le circostanze e non diede molto peso al fatto.
Disse loro esplicitamente che non aveva molta simpatia per i Nani, ma quando parlò con Thorin ebbe un’opinione diversa di quel gruppetto. Soprattutto, erano gli Orchi i suoi nemici. Era Azog, il suo nemico.
“Distrusse gran parte della mia gente, trucidata e mangiata. Altri vennero fatti prigionieri e costretti a combattersi. Per loro era soltanto divertimento.” Rispose così, il Mutapelle, alla domanda di Bilbo. Quest’ultimo aveva chiesto cosa fosse e quanti come lui esistessero nel mondo. “Ve ne erano molti prima, ora soltanto uno.” Aveva detto quello, sedendosi su una grande sedia intagliata accuratamente.
“Potrai aiutarci?” Domandò Keira, sorseggiando del latte. Beorn aveva dato loro cibo a sufficienza per rifocillarsi e riprendere le forze in vista della continuazione del loro viaggio.
“Cosa vi serve?” Domandò quello, voltandosi verso Gandalf in cerca di risposta.
 
 
Sellarono rapidamente i pony che il Mutapelle aveva dato loro in prestito e mentre i Nani, Bilbo e Gandalf si allontanavano dalla sua dimora, egli vegliava sul loro cammino, nella forma di un enorme orso nero, controllando anche che una volta arrivati alle porte di Bosco Atro – questo c’era a dividerli ancora da Erebor – questi sarebbero tornati dal loro padrone.
E giunti infine davanti all’entrata della Foresta, Gandalf, dopo aver ricevuto istruzioni precise da Dama Galadriel di recarsi sulle Colline di Rudaur, fece il suo annuncio.
“Amici miei, le nostre strade sono costrette a diversi qui per impegni che non posso rimandare oltre. Siete coraggiosi e forti, ve la saprete cavare anche senza di me. Ho da farvi una sola raccomandazione: non dovrete mai, mai, lasciare il sentiero; chi perderà la via, non la ritroverà mai più.” Disse loro, montando in sella.
Nessuno fiatò, anche se Bilbo guardò lo stregone con un’espressione un po’ spaesata.
“Bilbo Baggins, non sei lo stesso Hobbit che è partito dalla Contea.”
“Ecco, Gandalf, io... stavo per dirtelo.” Balbettò il Mezzuomo, mettendo una mano nel taschino della sua giacca bordeaux.
“Dirmi cosa?”
“Ho trovato qualcosa nella caverna dei Goblin...”
“Cosa? Che cosa hai trovato?” Chiese l’Istari, vedendo l’esitazione dello Hobbit.
Passò ancora qualche istante, poi finalmente Bilbo aprì bocca, ma non fu la verità quella che le sue parole espressero: “Il mio coraggio.”
“Bene, poiché te ne occorrerà molto.” Concluse l’altro. Bilbo non seppe mai se Gandalf gli ebbe creduto, ma una cosa era certa: aveva iniziato a piovere e Bosco Atro sembrava ancora più... atro.
Gandalf si avvicinò a Keira e fu l’ultima con cui parlò prima di ripartire.
“Fai molta attenzione, gli Elfi che abitano questi boschi non sono cordiali e amichevoli come quelli nella Valle di Imladris. Potresti trovarti davanti a qualcosa di totalmente inaspettato. Ricorda: qualsiasi cosa accada, ricorda sempre chi sei.” E detto ciò, spronò il suo cavallo ritornando sui suoi passi.
 
 
 
La Compagnia si addentrò nella Foresta e da lì iniziò il loro viaggio verso l’ignoto, con la sola speranza di non perdere la via né di perdere se stessi in mezzo a quella marmaglia di alberi fittissima e sorprendentemente tutta uguale.










-Angolino autrice-
*Calime=Chiara, (o Luminosa, Brillante)
**Il boschetto l'ho ripreso dal film, ho ripreso tutto dal film saltando la parte del bagno nel fiume sottostante la Carrok.
Signori miei, è tardi e ho sono, quindi sarò breve e diretta: CHE NE PENSATE??
Fatemi sapere <3
Notte a tutti,

Lily.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Premessa: Sono in ritardissimo, lo so! Volevo solo dirvi che sono stata molto impegnata e mi scuso se questo capitolo non sarà all'altezza delle vostre asettative. Buona lettura.






La foresta era buia, scura, e la natura era morta, malata, secca, non aveva nulla a che vedere con i luoghi che avevano attraversato nei mesi precedenti. Perfino l’aria era malata e pesante e facevano fatica a respirare.
Il tempo sembrava scorrere diversamente; tutto si muoveva a rallentatore, il giorno e la notte erano indistinguibili. Non uno spiraglio di luce il giorno, non uno spiraglio di luce la notte. Nulla.
Il sentiero era ancora sotto i loro stivali ma le foglie secche creavano uno spesso strato di copertura ed erano spesso costretti a fermarsi per assicurarsi di non averlo perso. Gandalf era stato chiaro, ma anche Beorn. Egli aveva detto loro di non bere assolutamente l’acqua del fiume che avrebbero dovuto trovare sul loro cammino. Sarebbero caduti in un sonno profondo e questo proprio non doveva succedere. Ma più camminavano, più l’idea di bere li allettava... ma questa era distante e loro così stanchi.
Si fermarono. Un altro giorno era passato – forse – e sentivano il bisogno di riposarsi. Non accendevano mai il fuoco nonostante le temperature fossero basse per paura che qualcuno o qualcosa li scoprisse o li attaccasse. Tutti si erano ormai accorti che quando si fermavano, piccoli occhi li osservavano nel buio fitto come tanti puntini rossi in un cielo notturno senza luna e senza stelle – nero.
“Non ce la faccio più, questo posto è infinito.” Borbottò Bofur, togliendosi il cappello per poi rimetterselo velocemente. Era stressato. Lo erano tutti.
“Mantieni la calma. Non lasciarti soggiogare dalla foresta.” Fu Keira a parlare. Lui la guardò, fissandola per un tempo indeterminato.
“Come fai ad essere così... così...” ‘...bella. Aspetta, che?’ In quel momento le avrebbe voluto dire che era bella, ma non lo fece. Non sapeva cosa stava facendo.
“Così come?” Domandò Kili, sedendosi accanto a loro. Aveva dei cerchi scuri sotto gli occhi, come tutti gli altri, ma cercava comunque di sorridere – come pochi ancora.
“Composta.” Rispose il Nano, abbozzando una smorfia.
Keira si strinse nelle spalle e si guardò intorno. I puntini rossi erano sempre lì, a guardarli, ma non si avvicinavano mai.
“Secondo voi, là fuori, c’è il sole?” Domandò il giovane Nano
“Non lo so. Non c’è modo per capirlo. Non c’è vento, non c’è luce, questo posto è un inferno!” Gridò Bofur. Si voltarono tutti verso di lui. In un men che non si dica, le mani di Keira erano sulle sue guance. Cercò il suo sguardo.
“Bofur, devi stare calmo, va bene? Usciremo da questo posto, devi solo pazientare un altro po’. Per favore.” Gli disse. Lui annuì debolmente, continuando a tenere fissi gli occhi nei suoi.
“Il sentiero!” Gridò d’un tratto Bilbo “Non c’è, non c’è!” continuava a urlare; sembrava impazzito. Ma il sentiero...  quello non c’era davvero.
Senza accorgersene lo avevano perso, perso! Gandalf aveva detto che non sarebbero più stati in grado di ritrovarlo e fu così. Vagarono a lungo, senza mai separarsi, di qui e di lì senza un risultato concreto. Si ritrovarono addirittura a vagare in tondo.
Keira osservava i suoi compagni, sembravano confusi, storditi... ma lei era attaccata al suolo con il corpo e con la mente. L’aria, sempre più pesante, le comprimeva la testa, ma riusciva a rimanere nella realtà.
 
 
Avevano superato il fiume con alcune difficoltà, specie quando Bombur era caduto nelle sue acque nere e turbinose precipitando così nel profondo sonno del quale aveva parlato il Mutapelle, tanto che per proseguire avevano dovuto portarlo in spalla a turni di quattro Nani alla volta.
Da questa parte del Bosco, tutto era ancora più scuro e confuso e uguale!
D’un tratto Bilbo ebbe un’idea: salì su uno dei grossi alberi e una volta in cima rise frenetico sentendo l’agoniata aria sul viso, il sole sulla pelle e vedendo i colori vivaci di un bosco infinito. Già, infinito. Vide anche la vetta della Montagna Solitaria, il fiume e il lago in cui sfociava.
Scese per dare la notizia qualche istante dopo, ma non trovò nessuno.
***
Ragni. Erano sbucati dal nulla, silenziosi, e li avevano colti di sorpresa, avvolgendoli in bachi appiccicosi e strettissimi che impedivano qualsiasi movimento.
 
 
Ringraziando i Valar, Bilbo arrivò in tempo evitando che i Nani divenissero pasti prelibati per quelle orribili bestiacce. Combatterono a lungo contro quelle creature finché non arrivò un gruppo di Elfi Silvani.
Inizialmente, gli Elfi sembravano aiutare Thorin e la Compagnia, ma quando furono abbattuti tutti i Ragni, questi circondarono il gruppo e un Elfo biondo si avvicinò a Thorin con fare altezzoso e di superiorità.
“Cosa ci fate nei domini di mio padre, Sire Thranduil?” Chiese il principe di Bosco Atro. Nessuno rispose.
Si avvicinò all’Elfo biondo un’Elfa dai lunghi capelli rossi e l’arco sulle spalle. Disse lui qualcosa in Sindarin e poi Legolas – così lo aveva chiamato lei – fece un cenno alle guardie e i Nani furono iniziati a ed essere scortati.
Un momento dopo, però, ad un cenno di Legolas le guardie si fermarono. Curiosi, puntarono tutti lo sguardo su di lui, compresa Keira, che sembrava essere proprio l’oggetto delle attenzioni del principe in quanto quello si rivolse proprio a lei: “Mio padre sarà molto contento di vederti.” Ghignò, dando segno alla guardia che potevano riprendere il cammino verso il palazzo reale.
 
 
Il palazzo reale era immenso, costruito tra maestosi e secolari alberi. Ed era illuminato da una luce chiara, limpida; lì non era affatto come nel resto del regno.
La Compagnia venne portata  nei sotterranei e ognuno di loro fu privato delle proprie armi e gettato in una cella piccola e fredda, con pareti in pietra e alcuna finestra, con l’unica fonte di luce che proveniva dal corridoio sul quale si affacciavano le porte a sbarre di ferro lavorato di ogni cella. E furono lasciati là.
Keira si guardò intorno. Lì dentro, seppur fosse una prigione, era comunque meglio che nel Bosco. Il ronzio nella sua testa era scomparso e ora riusciva a pensare più lucidamente. Il fatto di essere comunque rinchiusa non poté però non infastidirla, ovvio.
Dopo neanche un paio d’ore, vennero delle guardie e prelevarono Thorin.
E passò del tempo.
L’immobilità non era il suo forte, così Keira si ritrovò più volte a camminare avanti e in dietro per la cella, sedendosi e rialzandosi dopo poco. Alla fine, stanca, si sedette a terra e poggiò la testa sulle ginocchia. Chiuse gli occhi.
 
 
Lo scatto della serratura la svegliò di soprassalto. Si alzò subito in piedi.
“Il Re desidera vederti.” Disse un Elfo dai lunghi capelli castani e gli occhi verdi.
Sotto gli sguardi dei prigionieri – e di Thorin, che era stato rinchiuso nuovamente – la giovane venne scortata ai piani alti.
 
 
Sire Thranduil sedeva su un trono sontuoso, ricavato dal tronco di un albero robusto, e dall’altro della sua postazione osservava Keira con interesse, mostrandole però sempre un’espressione altera, riflessa anche nei suoi occhi. Questi ultimi erano freddi come il ghiaccio e avevano il colore della luce delle stelle.
Thranduil era sempre stato uno che dietro le sue sembianze eteree nascondeva una determinazione inflessibile e dura come l’acciaio. Egli non aveva mai nutrito molto interesse per i fatti che non riguardavano il suo popolo o il suo regno, ma lei faceva l’eccezione.
Thranduil era uno dei più antichi e rispettati sovrani di Arda ed era abbastanza saggio da comprendere che la lotta contro le forze del male non poteva essere ignorata per sempre.
Si alzò dal suo trono e scese con eleganza le scale ai piedi di esso. Con un cenno della mano congedò le guardie. Keira rimase immobile ad osservarlo, mentre lui le si avvicinava.
Le girò intorno, scrutando bene ogni particolare del suo corpo, mentre lei si chiedeva perché si trovava in quella situazione. Keira non era nessuno, Thorin si. Per questo riusciva a spiegarsi perché avevano interrogato lui ma non riusciva a fare lo stesso con sé.
“E così, finalmente ci incontriamo.” Esordì Thranduil, fermandosi di fronte alla giovane.
“Mi aspettavate, forse?” Domando lei,cercando un segno sul volto dell’Elfo che tradisse qualche emozione – ma vi trovò solo una lastra di marmo impassibile.
“Da molto speravo di vedere con i miei occhi la figlia della profezia.” Rispose quello. Keira sgranò gli occhi. Che?!
“Scusate?” Chiese confusa.
“Vi è una profezia su di te.”
“Una profezia?”
“Di morte.”
Keira non riusciva a credere alle sue orecchie.
“State mentendo, vero?” Domandò, con una punta di speranza nella voce. Per ben cento ottantadue anni aveva vissuto all’oscuro di tutto questo? Cosa mai poteva dire una profezia sul suo conto? Era davvero così speciale? E Gandalf? Gandalf lo sapeva e non le aveva mai detto nulla?
“Non osare darmi del bugiardo.” Si infervorò Thranduil, stringendo gli occhi a due fessure.
Disse qualcosa nella sua lingua e dal corridoio dietro alla ragazza spuntò Legolas, con in mano una pergamena arrotolata. La porse a suo padre, il quale la aprì con estrema lentezza.
Keira non stava più nella pelle – se così si poteva dire – e dovette frenare l’istinto di avvicinarsi ai due, strappare la pergamena dalle mani del Re e leggerla lei stessa ‘sta benedetta profezia.
Prima di cominciare la lettura, Thranduil le rivolse un ghigno che poteva essere interpretato a metà fra il divertito e il maligno.
Poi lesse:
“La spada della vendetta
spezzerà un animo fiero.
Sangue di Nano di Elfo
macchierà il terreno
e il volere dei Valar sarà compiuto.”
La sua voce solenne le rimbombava nella testa.
“Deve esserci un errore” Esordì “si parla di sangue misto e io non-”
“Lo sei, invece.” La bloccò lui.
“Ma io...” Le parole le morirono in gola. Stava succedendo davvero? Aveva vissuto davvero cento ottantadue anni nella menzogna?
Si prese il volto fra le mani. Solo in quel momento riuscì a comprendere finalmente le parole di Gandalf al momento del loro primo incontro. Una Mezzelfa, questo era veramente? E il suo destino era morire?
“Tua madre è stata la vergogna del mio popolo. Si è concessa ad un rozzo Nano!” Thranduil prese a parlare, il tono carico di disprezzo “era amata e rispettata, ma decise comunque di andarsene e seguire quell’essere inferiore nella città degli uomini di Dale. E poi...” Il lasciò la frase in sospeso, fissandola.
Keira abbassò lo sguardo. Aveva colto perfettamente il senso della frase. C’era ancora una cosa che però non capiva. Alzò gli occhi e incontrò quelli del Re che ancora la stavano fissando. Decise di porgergli quella domanda, tanto sembrava che tutti conoscessero la sua vita meglio dei ella stessa: “Avevo una sorella. Era una Mezzelfa anche lei?” Domandò con un fio di voce.
“No.” Rispose secco lui. Il mondo sembrava crollarle addosso. “Bene, adesso conosci il tuo destino e so che sarai abbastanza intelligente da comprendere che dovrai portare a compimento la profezia. Non ci si può sottrarre al volere dei Valar.” Aggiunse, per poi voltarsi e risalire i gradini che lo portarono a sedersi nuovamente sul suo trono. Accavallò le gambe e gustò l’espressione sconvolta di Keira per quale istante ancora, prima di affidare a suo figlio il compito di riportarla in cella.
 
 
Silenzio. Legolas la stava scortando guardandola, di tanto in tanto, senza mai proferire parola. Non aveva molto da dirle. Lei invece avrebbe voluto gridare molte cose, ma aveva la gola secca e una forte nausea. Suo padre la odiava, quando era in vita, ma ora era lei che odiava lui, il suo ricordo nella mente e il suo sangue nelle vene. Sua sorella? Oh, lei era una Nana in tutto e per tutto, bionda, occhi verdi... come suo padre. Chissà com’era stata sua madre. Una bellissima Nana di Erebor, ovviamente. Era morta anche lei oppure era stata semplicemente abbandonata dopo aver incontrato sua madre? Aveva così tante domande, ma non era più certa delle risposte. Non era più sicura di nulla.
Legolas si fermò di colpo e lei tornò con i piedi per terra. C’erano delle voci, una era di Kili, mentre l’altra sembrava essere dell’Elfa con i capelli rossi, Tauriel.
Il principe si era irrigidito. Geloso? ‘Oh, sì’ pensò Keira e non riuscì a frenare la lingua.
“Chissà, magari anche lei diventerà la vergogna del tuo popolo.” Sputò ironica. Legolas serrò a mascella e le diede una leggera spinta, intimandole di continuare a camminare. E lei lo fece.
La chiuse di nuovo nella sua cella e richiamò Tauriel con tono freddo e distaccato e insieme se ne andarono.
 
 
“Che volevano da te?” Le chiese Fili, dalla cella accanto a quella di Bofur, di fronte a quella di Keira.
Alcuni, compreso Thorin, si erano affacciati per ascoltare la risposta.
“Informazioni.” Mentì lei, alzando le spalle.
“E tu gliele hai date?” Domandò Dwalin. Il tono usato la mandò completamente fori di sé.
“Per tutti i Valar, certo che no! Cosa credi, che vada in giro a spiattellare i fatti nostri a tutta la Terra di Mezzo?!” la sua reazione, forse, era stata un tantino esagerata. Aveva gridato e lo riconosceva. Ma tutta la rabbia che in quel momento aveva in corpo minacciava di esplodere da un momento all’altro e dovette fare vari respiri profondi prima di calmarsi.
Gli sguardi degli altri erano puntati su di lei e le bruciavano sulla pelle, così si voltò e si andò a mettere nell’angolino più lontano e buio della cella, mugugnando un ‘lasciatemi in pace’.
 
 
“Morirò.”
Quella era la prima cosa che aveva detto a Calime nel momento in cui le apparse in sogno. Ella l’aveva abbracciata, ma la sua stretta dolce non affievolì il dolore che stava provando in quel momento Keira.
Calime, dal canto suo, la scostò un poco e la costrinse a guardarla negli occhi, alzandole delicatamente il mento. Le accarezzò le guance.
“Forse è il momento che io ti dica la verità.” Le disse. Allora Keira si strinse di nuovo al suo petto, nascondendo il volto tra le pieghe del vestito dell’Elfa, bianco come la una e luminoso.
“Vedi, quando ero ancora viva non credevo alle storie che mi raccontavano sui Nani. Il mio Re era sempre stato ostile verso di loro – anche se gli facevano comodo gli artefatti nanici. Non riusciva a farne a meno.
Con una delle spedizioni, un girono, giunse un Nano. Aveva un bell’aspetto ed era... gentile. C’era anche sua figlia con lui, una bellissima e dolcissima bambina. Dopo quella volta, ce ne furono altre e altre, finché non mi innamorai di lui e lui si innamorò di me.”
L’Elfa sospirò, come a preannunciare qualcosa di spiacevole nel suo racconto: “Re Thranduil si arrabbiò molto quando gli confidai le mie intenzioni e proibì ad ogni Elfo o Elfa del suo popolo di lasciare il regno se non sotto la sua autorizzazione. Fortunatamente, riuscii a fuggire grazie a mio fratello, che era nella guardia reale, e incontrai il Nano a Dale, dove ci stanziammo con sua figlia. Gli Uomini furono gentili con noi e ci procurarono ciò di cui avevamo bisogno. E noi ci amammo come non mai. E poi capitò una cosa bellissima.” E qui si fermò.
Keira tremava e piangeva.
“Cosa accadde dopo?” Sussurrò, anche se credeva di sapere già la risposta.
“Nascesti tu.”









-Angolino autrice-
Allora...
Buonasera-notte (?)
Questo capitolo non mi piace per niente, è campato per aria, secondo me... ma lascerò giudicare voi u.u mi fido dei miei lettori ;)
Voglio ringraziarvi tutte quante per le recensioni splendide che ogni volta mi lasciate, in particolare voglio dire un grazie speciale a
 Laura Eleonora Chiara Pola e alla magnifica Viviana che ci regala questo splendore. ECCO A VOI KEIRA (Stana Katic):
 (Spero vivamente si veda, altrimenti sbrocco!)
Nel caso non riusciate a vederla.... mi dispiace tanto, io ho fatto tutto il possibile ç______ç
Ora vi saluto che ho sonno!
Lunghe notti!
LilyOok_

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Aprì gli occhi. Aveva le guance rigate da lacrime amare. Amare come la verità.
La cella era buia, segno che fuori era ancora notte.
Aveva un forte mal di testa e le bruciavano gli occhi; non ricordava quando si era addormentava, ma aveva ben impresso cosa le aveva detto Calime, o meglio, sua madre. Sua madre... ecco spiegato il motivo della familiarità dei suoi occhi e della sua voce.
Le aveva raccontato che dopo il parto era divenuta molto debole e l’unica cosa che era stata in grado di fare, era stata guardare nei suoi occhi azzurri e sussurrare il suo nome.
Calime le aveva detto che era forte, ma Keira aveva perso la sua sicurezza dopo l’incontro con Thranduil e ora non sapeva più cosa fare. Forse, se non avesse saputo della profezia, sarebbe andata incontro al suo destino con l’unico pensiero che una ferita mortale sarebbe stata la causa di tutto, o forse, se fosse sopravvissuta, che la vecchiaia avrebbe provveduto a mettere fine alla sua vita a tempo debito; ora invece, era tutto diverso.
Non aveva chiesto nulla alla madre riguardo questo argomento essendo troppo scossa per farlo, ma voleva sapere. Ormai non aveva più nulla da perdere.
E aveva deciso di non dire nulla alla Compagnia, anche se prima o poi lo sarebbero venuti a sapere in qualche modo. Sperò con tutto il cuore che Thranduil non avesse proferito parola con Thorin di questo.
Si alzò e camminò un po’ avanti e indietro per la cella, tentando di scaricare il nervosismo e la rabbia. In quel momento avrebbe voluto avere il suo arco sotto mano, svuotare la mente e concentrarsi sulla preda da colpire. Era una cosa che di solito la rilassava, ma non poteva farlo e lo stare in gabbia era frustrante.
Quella notte sembrava infinita.
 
 
Il tempo passava lentamente e alle prime luci dell’alba Thorin fu di nuovo portato al cospetto del Re del Reame Boscoso per un altro interrogatorio – anche se tutti ben sapevano che con Thorin, Thranduil non avrebbe cavato un ragno dal buco nemmeno fra cento anni.
Verso sera – o pomeriggio, chissà – udirono un tintinnio di chiavi. Per chi erano venuti questa volta? Dall’alto provenivano delle note di melodie antiche, limpide e allo stesso tempo festose. Ma se vi era una festa, possibile che li volessero interrogare?!
Fu con somma gioia che scoprirono essere Bilbo, quello con le chiavi.
“Bilbo!” Esclamò Balin, tutto contento per la ricomparsa vittoriosa dello Hobbit.
“Fate piano, ci sono guardie nelle vicinanze.” Fece quest’ultimo, mentre una ad una apriva le varie celle.
Bilbo li condusse giù nelle cantine – e inutile dire le proteste dei Nani su questa scelta – obbligandoli ad entrare in alcuni barili messi su una piattaforma di legno. Ad un tavolo, due Elfi dormivano, evidentemente ubriachi, con accanto una bottiglia quasi finita di vino rosso.
Seppur borbottando, i Nani fecero come gli era stato detto e non appena dentro, Bofur chiese cosa dovessero fare.
E Bilbo rispose: “Trattenere il fiato.
 
 
Il suono di un corno. Li avevano già scoperti?!
La corrente era forte e le botti venivano sbattute di qui e di lì nel loro percorso.
Un piccolo ponte era davanti a loro. Sarebbero dovuti passarvi al di sotto se gli Elfi non avessero chiuso il passaggio. Sbatterono contro le sbarre del cancello, accalcandosi davanti ad esso.
Stavano per essere circondati quando un Elfo cadde nel fiume con una freccia piantata nel petto.
“Orchi!” Gridarono i Nani.
Un grosso Orco con un occhio cieco e il suo gruppo li aveva scovati; dovevano trovare una soluzione al più presto o ci avrebbero rimesso la pelle. Fu in quel momento che a Kili caddero gli occhi sulla leva.
Uscì dalla sua botte e si arrampicò sulla sponda rocciosa, tra Orchi ed Elfi che combattevano tra loro. Dwalin riuscì a rimediargli una spada per difendersi e andò bene per i primi minuti, ma fu inutile quando Bolg, figlio di Azog, scagliò una freccia dritta nella gamba del giovane.
“No, Kili.” Sussurrò Thorin, sgranando gli occhi.
Per un istante, Kili vide tutto andare al rallentatore: Elfi e Orchi si muovevano con estrema lentezza e i suoni arrivavano attutiti al suo orecchio; la vista era appannata. Un dolore lancinante lo invase e cadde in ginocchio. Ma fu con una grande, grandissima, forza d’animo che si rialzò e si aggrappò alla leva, tirandola e liberando la discesa alle botti.
“Kili?!” Lo richiamò il fratello, preoccupato.
Il moro si lasciò scivolare nella sua botte e nel momento in cui vi entrò la freccia ruppe la sua asta e il dolore fu atroce. Gridò, abbandonandosi poi al bordo del barile e lasciandosi trasportare dalle acque come tutti gli altri.
 
 
Quando arrivarono sulla sponda della foce erano stremati. Durante il tragitto avevano dovuto combattere contro gli Orchi che li avevano seguiti. Per fortuna si erano intromessi gli Elfi e la maggior parte di loro era stata uccisa, anche se un buon numero era ancora sulle loro tracce. Erano salvi per un pelo.
Appena fatti pochi passi, Kili cadde in ginocchio dolorante, stringendosi la ferita. Sanguinava, ma non molto, il dolore però era fortissimo.
“Fammi vedere.” Gli disse Keira, avvicinandoglisi.
“Non è niente, sto bene.” Sussurrò lui, facendo una smorfia.
“Smettila di fare il grand’uomo. Le frecce degli Orchi non sono uno scherzo: sono frecce Morgul, sono avvelenate. La ferita andrebbe pulita, disinfettata e curata.” Disse lei con tono di rimprovero.
Erano fradici fino al midollo e né vi erano bende asciutte né vi era nulla per medicargli la gamba. Così, Fili e Bofur improvvisarono una fasciatura con una striscia di stoffa.
Kili guardava fisso il viso di Keira, cercando i suoi occhi, me lei era troppo concentrata sul sangue che gli colava dalla ferita e non lo guardò seppur sentiva il suo sguardo addosso. La verità era che non aveva alcuna voglia di vedere la sofferenza deformargli il volto.
Bofur, dal canto suo, poggiò una mano sulla spalla del giovane, rivolgendogli uno sguardo apprensivo.
“Andrà tutto bene, ragazzo.” Cercò di rassicurarlo.
“Ce la fai ad alzarti?” Gli chiese Keira, senza ancora guardarlo. Aveva lo sguardo assorto, ma con la mente era presente e nel momento in cui lui non rispose, continuando insistentemente a fissarla, si girò e quel che vide non le piacque affatto. Era già diventato pallido e aveva gli occhi lucidi.
Kili annuì lentamente e con l’aiuto degli altri due riuscì a rimettersi in piedi.
“Appoggiati a me, fratello.”
 
 
“Chi siete?” Domandò l’uomo, l’arco puntato sulle teste dei Nani.
“Mercanti. Provenienti dalle Montagne Blu.” Rispose diplomaticamente Balin. “Tu sei di Esgaroth, non è così? Potremmo, per caso, noleggiare la tua barca?”
 
 
Bard, così aveva detto di chiamarsi a Bilbo, accettò un pagamento in cambio di traghettare clandestinamente  la Compagnia fino a Città del Lago, oltremodo chiamata Esgaroth o Pontelagolungo. Era una piccola città degli uomini, una volta ricco porto commerciale, ora povera, dove la gente stentava a sopravvivere ed era capeggiata da un avido Governatore.
Da clandestini quali erano, dovettero entrare non visti nella cittadella così Bard li fece rientrare nelle botti e li riempì di pesce fresco fin dentro le camicie.
Durante il passaggio al pedaggio ci furono dei problemi con un tale Alfrid, tira piede del Governatore, ma fortunatamente tutto si risolse per il meglio. Quando uscirono dai barili – o meglio, dal pesce –, il chiattaiolo pagò un tale il quale non aveva mai visto i Nani e poi si diresse a grandi passi verso la via di casa con la combriccola al seguito.
Purtroppo, la sua dimora era controllata dagli scagnozzi del Governatore e dopo un avvertimento dato da suo figlio, Bain, Bard dovette trovare un espediente per far passare Thorin e gli altri inosservati.
L’espediente era il gabinetto.
 
 
“Non saranno della vostra misura, ma vi terranno caldo.”
Le altre due figlie dell’uomo, Sigrid e Tilda, diedero loro dei vestiti, grandi, ma caldi. Erano infreddoliti e tremolanti, tutti fradici. L’unica che ebbe fortuna fu Keira, la quale ricevette un vecchio vestito della più grande delle due che le calzava a pennello. Fu accompagnata in un’altra stanza per cambiarsi lontano dagli ‘uomini’.
“Dovete aver passato un momentaccio nelle acque gelide sotto la città.”  Le disse Sigrid, osservandola curiosamente. Erano quasi alte uguali.
“Mai quanto ciò che abbiamo affrontato fin ora.” Sorrise lei, mentre si svestiva grondando acqua da ogni dove.
Mentre si infilava dalla testa il vestito della ragazza, quest’ultima notò un segno più chiaro risaltarle sulla pelle, nella parte destra del suo ventre. In quel punto la pelle era come lacerata da uno strappo e una cicatrice quasi circolare si faceva strada su di essa.
La curiosità vinse sulla figlia di Bard: “Come ve la siete fatta quella?”
“È solo una vecchia ferita. Risale a molti anni fa.” Rispose Keira, sistemandosi l’ampia gonna azzurra. Era così tanto che non indossava qualcosa di femminile che quasi non si ricordava com’era la sensazione di essere una donna. Guardò Sigrid e vide sul suo volto che la curiosità persisteva, così aggiunse: “Orchi.” tagliando corto la questione.
Quando tornarono nel piccolo salone, i Nani stavano lamentandosi di aver pagato per armi in ferro e non per aggeggi da maniscalco di poca qualità. Mentre quelli discutevano, Kili si sedette silenziosamente su una panca addossata alla parete, guardandosi preoccupato la gamba ferita.
Keira si avvicinò a lui.
“Come ti senti?”
“Sto bene.” Mentì, cercando di sorriderle.
“Ancora il grand’uomo, eh?” Fece lei, sorridendogli preoccupata. La giovane lo sapeva bene cosa succedeva se il veleno non veniva purificato per tempo; lo aveva sperimentato su pelle e la cicatrice sul suo ventre, quella che aveva visto prima la giovane Sigrid, ne era una prova. Allora era poco più grande di Kili, e vedere lui, adesso, in quelle condizioni la faceva stare male. Sentiva un peso nel petto che non riusciva ad alleggerire. Era preoccupata per la sorte di Kili. Molto preoccupata.
“Kili, ascoltami: devi essere sincero con me, devi dirm-”
“Quel vestito ti dona molto, si intona ai tuoi occhi.” La interruppe lui, sorridendo sornione. Lei arrossì violentemente, colta alla sprovvista.
“Razza di scemo, non intendevo...” Si concesse un sospiro rassegnato. “...Grazie.”
 
 
Era l’alba e la nebbia del mattino cominciava a diradarsi. L’aria fredda le solleticava il viso e le smoveva i lunghi capelli castani. I primi raggi del sole le incorniciarono il volto. Il boschetto era sempre lo stesso, nulla mutava mai. Si stava dirigendo verso gli Ered Mithrin; voleva oltrepassarli ed esplorare le terre al di là di essi. Ma si sarebbe tenuta ben lontana dagli Ered Nimrais, nella regione di Gondor. Non le piaceva affatto essere guardata dall’altro al basso e gli Uomini non facevano altro che quello. Tutti, nonostante pochi ne avesse incontrati.
Cercava un posto dove stare, dato che ora era totalmente sola. Non poteva stare a casa sua – non ce l’aveva più una casa per colpa di Smaug -, Dale era stata distrutta ma sia per lei che per Esgaroth valeva lo stesso principio che per Gondor. Uomini. Alti e slanciati Uomini. Puntava così alle Montagne Azzurre, dove stava il resto dei suoi simili. Ma quelli erano lontani dalla sua posizione e molto sarebbe passato prima che li avrebbe raggiunti. Sola e senza una guida, che pretendeva?!
Era sola, sì. Sua sorella era morta da anni ormai e suo padre l’aveva seguita qualche mese prima dell’arrivo del Drago. Era sola.
Avrebbe potuto recarsi a Imladris, ma la Valle Nascosta non si chiamava così per nulla.
Per il tempo che aveva passato a vagare nelle Terre Selvagge poteva considerarle casa sua, ma sentiva l’impellente necessità di un letto caldo, un pasto decente e un tetto sopra la testa, soprattutto durante le giornate fredde e piovose, come quella.
Un bellissimo acquazzone stava venendo giù che era una meraviglia. E lei, ovviamente, era zuppa come un pulcino.
Mentre si dirigeva a ovest, un rumore, al di sopra del ticchettio della pioggia sul terreno, attirò la sua attenzione.
Con quel muro di acqua era completamente impossibile vedere e fu forse per quello che non ne percepì né il rumore né la vide; un grosso dardo nero le si conficcò nel ventre. Gridò di dolore, accasciandosi a terra. La pioggia vorticava avanti a lei e le gocce che le cadevano addosso sembravano così pesanti. Inoltre, i suoni le arrivavano del tutto attutiti, anche lo stesso scrosciare dell’acquazzone.
Le sembrò di sentire un ruggito arrivare in lontananza ma non ne fu sicura. Comunque, quella fu l’ultima cosa che sentì prima di cadere a terra priva di sensi.
 
Quando poi aveva riaperto gli occhi, ci aveva messo un bel po’ a mettere a fuoco la stanza. Stanza? Ma non era nel bosco? Che era successo? Aveva provato ad alzarsi ma il ventre le aveva lanciato una fitta lancinante ed era stata costretta a rimettersi giù.
Poi aveva sentito una voce grottesca ma allo stesso tempo morbida provenire dalla sua sinistra. Si era voltata e aveva visto un omone grande e grosso, peloso, ma dall’aria non minacciosa.
Aveva mosso le mani, accorgendosi di essere su un comodo letto di paglia.
Quando poi gli aveva chiesto chi era e dove si trovava, aveva trovato la sua voce impastata. Quanto tempo aveva dormito? Non lo sapeva, la sua unica certezza era che aveva bisogno di bere. E quando aveva visto la sua immagine riflessa nell’enorme boccale di acqua fresca, aveva pensato che la morte, quella che aveva creduto di aver visto, fosse stata più bella.
 
Solo in seguito alla sua guarigione aveva conosciuto meglio Beorn. Le aveva spiegato ciò che era successo e le aveva parlato delle frecce Morgul.
Fu da quel momento che Beorn e Keira intrapresero una stravagante amicizia.
 
Se oggi Keira ripensava a quel giorno, il dolore che aveva provato riaffiorava come se la cicatrice potesse bruciare al solo ricordo della freccia conficcata nel suo corpo.
Sperò che Kili non arrivasse mai al punto di incontro tra la vita e la morte, quella soglia invisibile ma tanto dolorosa da farsi percepire, ma aveva i suoi dubbi. Perché più il tempo passava, più il veleno entrava in circolo e meno probabilità c’erano di salvarlo.
 
 
“Andiamo, dobbiamo procurarci delle armi al più presto e partire subito. Il Dì di Durin comincerà tra poche ore. Non c’è più tempo e noi abbiamo una sola possibilità di riuscire nel nostro scopo.” Disse Thorin, e nel frattempo tutti erano già in piedi.
“Non potete andare via!” Esclamò Bain, il primogenito del chiattaiolo. Quest’ultimo era uscito da un bel po’ e non sembrava intenzionato a tornare prima di un breve tempo.
“Levati dai piedi, ragazzino.” Fece Dwalin, scansandolo di lato.
Si era fatto buio. Bene, pensò Keira, nessuno ci vedrà se saremo abbastanza silenziosi.
 
 
Camminarono costeggiando i muri delle case, finché non trovarono la ‘fucina’. Era più un ufficio da fabbro, ma le armi potevano considerarsi buone.
Keira impugnò una spada dopo l’altra fino a trovare quella più adatta a lei.
“Con quel vestito le armi non le donano per niente, signorina.” Le disse Bofur all’orecchio, passandole accanto. Anche questa volta, la giovane Mezzelfa si ritrovò ad arrossire come una ragazzina. Si voltò di scatto, ritrovandosi il viso del Nano a pochissima distanza dal suo. Si osservarono un momento, poi lei disse: “Non le sembra di essere troppo impertinente, signore?” Domandò, stando al suo gioco.
Purtroppo per lei i suoi vestiti erano ancora fradici e non aveva avuto modo di cambiarsi.
Bofur stava per ribattere qualcosa quando un tonfo attirò la loro attenzione. Si voltarono all’unisono: Kili aveva perso l’appoggio sulla gamba destra mentre scendeva le scale ed era scovolato giù facendo cadere anche le spade che frastornarono a terra.
 
 
Era appurato: il Governatore e il suo scagnozzo per eccellenza Alfrid, facevano a gara contendendosi l’agognato premio di più viscido di sempre.
Erano stati scoperti non appena Kili era ruzzolato giù dalle scale scatenando il finimondo ed erano stati portati al cospetto del Governatore di Esgaroth, un uomo altro e grasso, con capelli – se quei quattro peli che aveva in testa potevano definirsi tali – unticci e appiccicati alla nuca con tanto di riporto.
Thorin riuscì a convincerlo, con l’Oro di Erebor, a dargli il Benvenuto e in pochissimo tempo si ritrovò una festa organizzata in suo onore e in quello della Compagnia che si portava dietro.
C’era da bere e da mangiare a sufficienza per un esercito.
“Quello non mi piace.” Fece Dwalin, mentre addentando un pezzo di pane teneva lo sguardo fisso sul Governatore che parlava con Thorin a capotavola.
“Avete visto la gente là fuori? Muoiono di fame e qui? Qui c’è cibo per dieci volte il loro numero.” Disse Keira con disprezzo.
“Purtroppo non possiamo farci nulla, bambina mia. Non ancora, almeno.” Intervenne Balin, sospirando amaramente.
“Se non altro ci riprenderemo per affrontare la partenza di domani.” Considerò Bofur, alzando le spalle. Cercava sempre di vedere il lato positivo delle cose ed era un bene. Era lui l’ottimismo del gruppo.
Keira cercò Kili tra i posti in tavola e lo trovò non molto distante, intento a parlare con suo fratello di chissà cosa. Sembrava felice, sorrideva, ma lei riuscì a vedere anche sotto quell’espressione serena i tratti del dolore che lo stava consumando dentro. Era pallido, molto pallido.
“Starà bene.” Era stato Bofur a parlare, accanto a lei.
“Cosa?”
“Vedrai, è un Durin: ha la pellaccia dura.” Le sorrise.
“No...” Si limitò a dire lei, abbassando lo sguardo. Gli angoli degli occhi le pizzicarono un poco, ma cercò di ricacciare indietro il pianto frustrato che le stava per uscire. Troppe cose si erano accumulate insieme e in troppo poco tempo e sentiva che tutte andavano a gravare sulle sue spalle: la profezia, sua madre, Thranduil, gli Orchi, e anche Kili. Prima o poi sarebbe esplosa, lo sapeva anche lei, ma sperava comunque accadesse il più tardi possibile.
Bofur le accarezzò una guancia, incurante del fatto che qualcuno poteva vederlo in quel momento, e cercò i suoi occhi, che trovò lucidi. Il suo cuore perse un battito. Era così bella, si ritrovò a pensare.
 
 
Il mattino dopo era tutti – o quasi tutti – pronti per partire. La barca li aspettava dondolando sulle acque calme. I Nani erano imbragati con armature più o meno resistenti e Keira aveva riavuto i suoi amatissimi pantaloni neri. Ora le era più facile muoversi, senza dover alzare la gonna per poter fare un passo.
Salirono uno ad uno sotto gli sguardi contenti degli Uomini del Lago, sotto applausi e risate.
“Tu no.” Thorin fermò Kili prima che questo potesse mettere piede sulla barca.
“Cosa? Non se ne parla, io vengo con voi!” Protestò il giovane, sconvolto.
“No, non ora. Rimani e riposati. Ci raggiungerai quando sarai guarito.” Gli disse ancora Thorin, negandogli di salire a bordo.
“Rimarrò anche io; il mio posto è con i feriti.” Fece Oin, tornando sulla terra ferma e affiancandosi al Nano.
“Zio! Siamo cresciuti con le storie della Montagna, storie che tu ci hai raccontato. Non puoi negargli questo.” Intervenne Fili. “Lo porterò in braccio se devo.”
“Fili, un giorno sarai Re e capirai. Ora come ora, non posso mettere a rischio la riuscita di questa impresa per un solo Nano, nemmeno se un parente.” Ribadì Thorin, convinto.
Allora Fili scese prepotentemente dalla barca, venendo subito fermato dallo zio.
“Non essere sciocco, Fili, il tuo post è con la Compagnia.”
“Il mio posto è con mio fratello.” Ribatté freddamente il biondo, strattonando il braccio. Thorin sospirò, vedendolo allontanarsi verso gli altri due. notò lo sguardo sofferente di Kili rivolto a qualcuno sulla barca e nel momento in cui si voltò, una forte consapevolezza si insinuò nel suo petto e prese la sua decisione.
“Keira, vieni qui.”
“Si?”
“Tu rimarrai con loro.”
“Cosa? Vorrai scherzare?!” Era decisamente incredula. Cos’era, Thorin aveva deciso di andare da Smaug da solo e farsi uccidere? Quanti altri ne voleva lasciare?
“Con Kili.” Aggiunse lui, dopo un attimo di esitazione.
“Che significa con Kili? Non puoi lasciarmi indietro, io devo venire.” Ribatté lei. Come poteva non andare sapendo quello che era scritto nel suo destino? Doveva andare e combattere, e morire. Morire per qualcuno. Perché non credeva affatto che la profezia le prospettasse una morte senza alcun fine. Ma come poteva, se Thorin voleva lasciarla là?
“Ho visto come ti ha guardata. È difficile ammetterlo, però... se tu rimarrai qui con lui, per Kili sarà più semplice accettare tutto questo.”
“Ma Thorin, tu non capisci! Non posso rimanere, io devo-” Keira non fece in tempo a finire la frase che Thorin la spinse fuori dall’imbarcazione, facendole mettere i piedi sulla piattaforma dal quale poi si allontanò smuovendo i remi. Dal coro degli applausi degli Uomini partì una musichetta festaiola e mentre i Nani si allontanavano vittoriosi, Keira rimase lì impalata a fissare il viso di Thorin che sembrava quasi dispiaciuto per la sua scelta. La giovane sentì l’ammontare della rabbia mentre si avviava verso Kili, Fili e Oin.
In quel momento, dalla folla sbucò un Bofur spaesato che quando li vide si aprì in un sorriso rincuorante.
“Anche voi avete perso la barca?” Domandò, credendolo davvero.
Keira stava per rispondergli in malo modo, ma tutta la sua rabbia scomparve nel momento in cui Kili quasi crollò a terra, se non fosse stato sorretto da Fili e Oin.
“Kili sta male.” Disse, preoccupata. Il sorriso scomparve dalle labbra del Nano che si avvicinò a loro in tutta fretta. “Dobbiamo trovare aiuto e alla svelta. Portiamolo da Bard, lui è l’unico che ci darà ascolto.”





-Angolino autrice-
SALVE GENTE!! SCUSATE IL RITARDO E.... VISTO CHE CAPITOLO LUNGO??
Mi sono superata, eh? :3
E vi è piaciuto?? A me si, tanto tanto. Questa volta sono soddisfatta del mio lavoro u.u
Spero non ci siano errori, nel caso segnalatemeli così li correggo.. comunque l'ho riletto e corretto e non dovrebbero esserci, ma posso sempre scappare u.u
se c'è qualche verbo sallato, tipo la figuraccia dell'altro capitolo, vi prego DITEMELO D: Grazie <3
Ora, spero che stavolta di veda,

e ringrazio infinitamente Viviana per questo capolavoro!! Ecco a voi Keira :3
Un salutonee Buona Pasqua a tutti <3

LilyOok_

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


PREMESSA: Questo capitolo è di passaggio, serve perché... non ve lo posso dire sennò vi spoiero u.u però serve. Purtroppo è più corto degli altri, ma spero vi piacerà ugualmente! Buona lettura!








L’esitazione scomparve dal volto di Bard non appena vide Kili bianco come un lenzuolo e con gli occhi cerchiati.
Condusse in casa il piccolo gruppo e con l’aiuto di Oin e Bofur, il giovane Nano fu sdraiato su una panca. Era ricoperto da uno strato di sudore freddo e tremava.
“Servono erbe medicinali.” Disse Oin, sciogliendo la stoffa intorno alla ferita. “E acqua calda.”
Bard elencò tutte le erbe che possedeva mentre le sue figlie si apprestavano a portare acqua e asciugamani ma nessuna di quelle andava bene.
“Non avete qualche Foglie di Re?” Domandò il vecchio Nano.
“Quella è erbaccia... la diamo ai maiali.” Fece Bard, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
“Vado io.” Disse Keira, allontanandosi dal capezzale del giovane. Non voleva sentire i suoi urli né vedere la sua sofferenza. Ma Kili le afferrò il polso, facendola voltare verso di lui.
“Rimani...” Sussurrò supplichevolmente, intrecciando le dita con quelle di lei.
“Andrò io.” Disse Bofur, poi guardandola mesto aggiunse: “Resta con il ragazzo, ha più bisogno di te di quando tu creda.”
 
 
Bofur era fuori già da un po’ e la situazione non era migliorata, nel frattempo. Kili aveva il respiro accelerato e gli occhi lucidissimi. Sudava freddo e la camicia gli si era appiccicata al petto, così come i capelli al viso e al collo.
Fili gli bagnava la fronte di tanto in tanto e Keira gli teneva la mano; avevano ancora le dita intrecciate e la Mezzelfa poteva sentire la sua temperatura alzarsi lentamente. Era bollente.
Bofur doveva sbrigarsi, non rimaneva molto tempo.
 
 
“Cos’e stato?” Domandò d’un tratto la piccola Tilda. Un rumore da fuori aveva attirato la loro attenzione.
“Forse nostro padre è tornato.” Ipotizzò Bain, alzando le spalle.
Fu Sigrid che andò a controllare.
“Pa’, sei tu?” Domandò, senza però ottenere risposta. Stava per rientrare quando un rumore la fece voltare.
All’interno della casa si udì prima un grido spaventato, poi videro la giovane rientrare in preda al panico seguita da un Orco.
Com’è possibile, pensò Keira, ci hanno seguito fin qui?!
 
 
“Presto, sotto il tavolo! Correte!” Gridò la Mezzelfa, spingendo le due ragazzine a sbrigarsi.
Lei e Fili afferrarono tutto quello che capitava loro a tiro e lo lanciavano contro gli Orchi per proteggersi, ma non serviva a un bel niente!
Così gli Orchi avanzavano e loro indietreggiavano.
D’un tratto, una di quelle orrende creature cadde a terra morta e dalla porta entrarono il principe di Bosco Atro e il Capitano delle guardie di Thranduil, Tauriel.
Approfittando del loro arrivo, si radunarono tutti ad un angolo vicino a Kili, cercando di proteggerlo.
Ci furono varie colluttazioni, comunque, e durante una di queste, Fili e Keira finirono a terra e l’Orco riuscì ad afferrare e trascinare via Kili per la gamba ferita.
Egli gridò dal dolore e si dimenò, finché Tauriel non uccise l’Orco liberandolo dalla sua presa.
 
 
“Li avete uccisi tutti?” Chiese la piccola Tilda con stupore.
“Si, ma ce ne sono altri in giro per la città.” Rispose Legolas, incamminandosi verso la porta.
“Kili? Kili, mi senti?!” Le parole di Keira riempirono la stanza. Si voltarono verso di lei, a terra con Fili, Oin e il povero Kili. Quest’ultimo era in preda alle convulsioni e gridava come un ossesso.
Legolas si irrigidì quando notò lo sguardo che la sua mellon rivolse al Nano.
“Tauriel.” La richiamò, sparendo fuori un attimo dopo con la speranza che lei lo seguisse.
Ed era intenzione dell’Elfa farlo, seppur avesse esitato qualche istante di troppo, ma quando sentì Oin dire che lo stavano perdendo si fermò.
Incontrò gli occhi lucidi e rossi del giovane steso a terra e si disse che non lo avrebbe mai potuto abbandonare.
Decise di restare, anche perché infondo era per trovare lui che aveva seguito gli Orchi.
 
 
Tauriel si mosse in fretta, pronta ad attaccare, ma il rumore che aveva sentito era soltanto Bofur con l’Athelas.
“Athelas!” Esclamò l’Elfa, strappandogli l’erba dalle mani.
“Che stai facendo?” Le chiese il Nano, abbastanza confuso.
“Io... sto per salvarlo.” Disse lei, sorridendo al solo pensiero.
 
 
“Tenetelo fermo.” Intimò loro Tauriel, mescolando la Foglia di Re in acqua, dopo averla ridotta ad una poltiglia.
Quando la poggiò sulla ferita, Kili gridò ancora; bruciava molto, anche se dopo che cominciò a recitare una strana formula nella sua lingua arrivò il sollievo e allora Kili si calmò.
Keira, Fili, Bofur e Oin e i figli di Bard si allontanarono da lui, mentre l’Elfa gli fasciava la ferita.
“Ho sempre sentito parlare dei miracoli della medicina elfica. Assistervi, è stato un privilegio.” Commentò il vecchio Nano.
 
 
“Keira...” Fu flebile il sospiro di Kili, ma abbastanza alto da essere sentito tutti.
“Va da lui.” Le disse Fili sottovoce. Lei lo guardò incerta, poi si avvicinò al giovane e gli posò una mano su un braccio.
“Sono qui.” Gli disse, scostandogli i capelli dalla fronte con l’altra mano.
Dall’altra parte della stanza, Bofur temette le parole che il ragazzo avrebbe potuto dirle.
Kili nel frattempo cercò la mano della Mezzelfa, anche se il suo sguardo si posò ugualmente su Tauriel, nonostante l’avesse trovata e ora la teneva stretta nella sua.
“Tu non sei Keira. Lei… lei ha la luce delle stelle nei suoi occhi; lei... ha un sorriso così dolce… Credevo fossi Keira, invece era solo un sogno. Credi che avrebbe mai potuto amarmi?”
Quelle parole spiazzarono Keira, spiazzarono Tauriel e tutti gli altri.
La giovane sentì la stretta sulla sua mano allentarsi: Kili si era addormentato.
 
 
“Lui... ti ama.” Mormorò l’Elfa, allontanandosi di un passo.
Lei indietreggiò finché non urtò la panca dove stava seduto Fili. Si sedette e si prese il volto fra le mani.
Kili l’amava? Sul serio? Avrebbe dovuto immaginarselo. Che ciocca era stata. E sciocco era stato Thorin ad imporle di restare ad Esgaroth.
Kili era un ragazzino al suo confronto, come avrebbe potuto mai guardarlo con occhi differenti? Inoltre, c’era la profezia; era destinata a morire, questo era il suo destino e non poteva permettersi di lasciarsi andare con nessuno, specialmente con Kili. Avrebbe solo spezzato i loro cuori.
Tauriel mormorò qualcosa sul seguire Legolas e gli Orchi, poi se ne andò, ma non prima aver gettato un’ultima occhiata al giovane steso sul tavolo.
Fili si avvicinò a Keira, mettendole una mano su una spalla.
“Lo respingerai?”
“Non ho altra scelta.”
 
 
Bofur l’aveva intuito già da tempo ormai, ma sentirlo con le proprie orecchie era stato ancora più devastante.
Sentì un peso scendergli sul petto. Keira... lei era diventata una costante. Ogni volta si sorprendeva a lei, a quanto era bella. Perché lo era sul serio. I suoi lineamenti erano così perfetti; nessuna Nana aveva un viso così delicato come il suo.
E anche Kili lo aveva notato ed era stato, come dire, incantato? dalla sue bellezza. E questo lo annientava. Voleva molto bene a quel giovane e come poteva ferirlo? Si sentiva frustrato in quel momento, perché se avesse rivelato i suoi sentimenti prima di lui, forse ora non si sentirebbe così... viscido.
E poi, considerò Bofur, Kili era molto più giovane e bello di lui, poteva forse competervi? No, si rispose.
Se avesse conosciuto Keira durante la loro giovinezza, magari sarebbero diventati amici o forse anche di più. Ma dopo questo pensiero si diede dello sciocco. Non avrebbe avuto speranze ugualmente. Perché lei meritava qualcuno di migliore di un semplice giocattolaio.
Quando alzò lo sguardo verso di lei la vide accanto a Fili. Il Nano le aveva detto qualcosa e lei ora scuoteva il capo, prendendosi il volto fra le mani. Non aveva sentito una parola, tanto era assorto nei suoi pensieri, ma pur non sapendo decise che avrebbe fatto di tutto per tenersi lontano dal suo cuore. Per il suo bene e quello di Kili.
E se il suo si era incrinato di un po’, nessuno ci avrebbe fatto caso.
 
 
Un rumore assordante, come l’eco di un ruggito smosse l’aria con violenza.
Smaug stava arrivando.









-Angolino autrice-

Allora, prima di tutto, non me ne vogliate per aver cambiato il discorso che Kili fa a Tauriel perché io quella NON la sopporto, KILI è il MIO Nano e lei ci tiene le zampe lontane u.u
Poi, come vi è sembrato? Bofur... non vi fa una gran tenerezza?? Io andrei là e me lo strapazzerei dalle coccole!! Insomma, poverino... lui... 
NON C'è GIUSTIZIA IN QUESTO MONDO ç_____________ç
Comunque... 
Beh, spero davvero che abbiate gradito il mio scritto.

AVVERTIMENTI: Dal prossimo capitolo, non essendoci un film a cui appendermi, dovrò lavorare di fantasia, non potendo nemmeno rifarmi al libo più di tanto D: PJ ha stravolto un po' di cose, ma spero di non fare casini e riuscire a cavarmela ugualmente u.u
Dopo di questo, vi saluto, tanti auguri ancora anche se le feste sono 'passate' e ci risentiamo al nuovo capitolo!

Lily :3

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


“Cosa facciamo?” Chiese la piccola Tilda. La Bambina tremava dalla paura e si stringeva al braccio della sorella maggiore.
Facevano tanta tenerezza quei ragazzi spauriti, che stavano per perdere tutto.
Perché Smaug sarebbe arrivato facendo strage, bruciando tutto ciò che avrebbe trovato.
Non avrebbe risparmiato niente e nessuno.
La furia di un Drago non è sedabile, purtroppo, e quella che Smaug sembrava avere dai suoi ruggiti non era certo poca.
‘Ma che hanno combinato, Valar?!’
Keira si alzò di scatto e Fili la seguì a ruota.
“Dobbiamo andarcene di qui, è pericoloso!” Esclamò la giovane, mentre anche Oin e Bofur si facevano avanti.
“Questo è certo, ma come facciamo con Kili? Non possiamo certo lasciarlo qui. Ma portarlo ci rallenterebbe. Non riusciremmo a fuggire in ogni modo.” Disse Bofur, abbassando subito lo sguardo. Per un attimo gli era passata di mente la possibilità di fuggire, ma senza rendersene conto aveva condannato la vita del giovane Durin steso sul tavolo e ancora addormentato. Si vergognò come non mai in quel momento.
Dopo il breve silenzio che era calato, interrotto solo dall’eco del vento che si era alzato in città, fu di nuovo Keira a parlare.
“Sentite, qui non possiamo rimanere. Ma... non voglio abbandonare Kili. Andate, Fili, Bofur, portate i ragazzi lontano da qui, il più che potete! Oin, tu dovrest...”
“No, io non ti lascio! Ma che vai dicendo?” Bofur quasi urlò pronunciando quelle parole. Inutile dire che tutte le teste erano girate verso di lui. “Troveremo una soluzione.” Aggiunse, facendo spallucce, come se quello che aveva detto prima non avesse alcun peso.
“Trovala allora!” Esclamò Keira, con tono duro.
Un altro ruggito, forte e vicino, scosse la casa e le assi di legno tremolarono scricchiolando.
‘Dannazione, dannazione! Valar, vi prego, proteggeteci.’
“Allora? Che state aspettando?” La voce di Fili attirò l’attenzione. Incredibilmente, il biondo reggeva il fratello in spalla e sostava sulla soglia, impaziente.
“Va bene.” Disse Oin, avviandosi.
Bofur e Keira lo seguirono subito. La giovane si fermò dai ragazzi di Bard: “Tilda, vieni.” Disse, allungando le braccia verso la piccola biondina.
Una volta presa fra le braccia, intimò agli altri due di seguirla, ma Bain si ricordò solo in quel momento che prima aveva una cosa urgente da fare.
“Non posso seguirvi, devo trovare nostro padre e portargli la Freccia Nera!” Esclamò il giovane, direzionandosi verso la parte opposta alla loro.
“Ehi! Fermati, ragazzo, dove credi di andare? È troppo pericoloso!” Gridò Oin, allungando una mano, come a volerlo riacchiappare.
“Senza quella freccia mio padre non potrà mai uccidere il Drago! Tornerò, ma vi prego: fate attenzione alle mie sorelle.” E detto questo, il giovane Bain scomparve dietro una casa.
“Bain!” Urlò Tilda, spaventata per il fratello.
“Tranquilla Tilda, andrà tutto bene...”
 
 
“Dove andiamo?” Kili aprì gli occhi, stancamente. Non riusciva bene a mettere a fuoco e non capiva nulla. Solo, si sentiva sballottato, segno che qualcuno lo stava portando sulla schiena, qualcuno che correva.
“Da un’altra parte, Kee. Qui è diventato pericoloso.”
 
 
Si alzò un forte vento.
Smaug era arrivato.
 
“Il Drago!” Gridò Tilda, allungando una mano nella direzione opposta alla loro.
Keira si voltò e rimase bloccata, come se una forza invisibile l’avesse incatenata al terreno.
Una luce rossastra le inondò il volto.
Nel cielo si alzavano colonne di fumo nero e l’unica cosa che tutti riuscirono a vedere fu una valanga di fiamme cadere da esso e bruciare qualsiasi cosa.
Una mano le si posò sulla spalla e voltandosi vide le fiamme disegnare strane ombre sul volto di Bofur.
“Andiamo, Keira, non fermarti.” Le disse il Nano, ma la giovane gli porse tra le braccia Tilda.
“Ma cos-”
“Bofur, non posso lasciarlo andare da solo. Portala con te, andate! Non fermatevi!”
“Keira, aspetta! Se adesso torni indietro... non c’è certezza che potrò rivederti!”
“Questo... è il mio destino.” Sussurrò la Mezzelfa. Incontrò i suoi occhi profondi e scuri. “Devo tornare là, non c’è tempo, Smaug si avvicina, porta in salvo le figlie di Bard!” Fece per ritornare sui suoi passi, ma Bofur le bloccò un polso e quando lei si girò, in un secondo fu sulle sue labbra.
Fu un bacio breve ma disperato e quando finì, Keira si rese conto di avere di nuovo in braccio Tilda.
Si voltò indietro, ma Bofur stava già correndo verso le fiamme.
 
 
Aveva raggiunto gli altri in poco tempo.
Quando gli chiesero dove fosse Bofur, lei non rispose subito.
Le ritornò in mente il bacio; le labbra del Nano erano ancora sulle sue. Scosse il capo.
“Ora non c’è tempo per le spiegazione, muoviamoci.” Rispose solo, riprendendo a correre.
Ma le fiamme erano vicine, troppo vicine, e quando un forte vento li investì, capirono che Smaug era sopra le loro teste.
Questo volteggiava nel cielo scuro di ceneri e li guardava con gli occhi da predatore.
Loro erano le sue prede.
 
 
“E così, ecco qui i compagni di Scudodiquercia. Morirete tutti.” Aveva ruggito Smaug.
Poi aveva lanciato una lingua di fuoco nella loro direzione e il legno del pavimento aveva preso fuoco all’istante.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Keira aprì gli occhi a fatica. Sentiva come un peso pressarle sul corpo, schiacciandolo a terra.
La luce del sole le inondò il viso e fu costretta a portarsi una mano alla fonte per proteggersi gli occhi.
Provò a muoversi, ma aveva i muscoli intirizziti.
Chiamò qualche nome, ma nessuno rispose.
Riprovò.
Riprovò ancora e finalmente qualcuno rispose.
 
 
“Ben svegliata, dormigliona.” Scherzò Kili. Il giovane era seduto accanto a lei.
Le porse una mano e con il suo aiuto Keira riuscì a mettersi seduta.
Aveva la gola secca e i crampi allo stomaco.
“Hai sete?” Le chiese il Nano e lei annuì.
“Ehi, fratello, porta dell’acqua per favore, si è svegliata.”
 
 
“Quanto ho dormito?”
“Sei rimasta priva di sensi per un bel po’... due giorni, per l’esattezza. Se non fosse stato per il tuo petto che faceva su e giù, avresti potuto benissimo sembrare morta.” Le disse Fili, sedendosi accanto al fratello.
“Due giorni?!” Chiese, sorpresa.
‘Ma che cosa è successo?’
Due braccia strinsero forte il collo della giovane che, girandosi, riconobbe la chioma bionda della figlia minore di Bard.
“Ti sei svegliata! Ho avuto paura che fossi morta!” Gridò la ragazzina, stringendosi a lei.
“Tilda, lasciala respirare, dai.” Questa era la voce di Sigrid.
Spostando lo sguardo, Keira vide anche Oin, che le sorrise bonario.
C’erano proprio tutti. O quasi.
E fu allora che le rivenne tutto alla mente.
Bofur che afferra il suo braccio e lei che si volta per sapere cosa c’è ancora.
Lui che le da un bacio e ne approfitta per mollarle di nuovo Tilda fra le braccia.
Keira che vede la sua schiena allontanarsi fra le fiamme mentre lei è salva.
“Valar! Dov’è Bofur?!” Gridò, portandosi le mani alla bocca.
Nessuno rispose.
Poi, Fili ruppe il silenzio.
“Sei stata tu l’ultima a vederlo, ricordi? Eravate rimasti indietro e tu sei torn-”
“Lo so cosa è successo,” ‘Mi ha baciata e mi ha salvata.’  “ma... insomma in due giorni non è tornato?” Un senso di panico la stata pervadendo. Panico. Preoccupazione. Colpa.
“Anche se fosse tornato, come avrebbe fatto a trovarci qui?” Le parole di Oin la colpirono come uno schiaffo in faccia. Si guardò attorno. Nient’altro che verde.
“Siamo... siamo in un bosco?!”
‘Madre, ti prego, appari davanti a me e dimmi che sto sognando...’
 
 
“È così che è andata, quindi.”
Fili, Sigrid e la piccola Tilda le avevano raccontato l’accaduto.
Nel momento in cui Smaug aveva sputato fiamme, si erano tutti gettati in acqua e per fortuna non si erano nemmeno feriti.
Nuotare con Kili sulle spalle non era stato facile per Fili, ma tutti insieme erano riusciti a passare sotto la città, cercando di evitare i buchi che si aprivano dai pavimenti e il legno delle case che infuocato cadeva in acqua, frizzava, e si spegneva sulla superficie mossa. Il ghiaccio si era tutto sciolto.
Avevano attraversato Pontelagolungo a nuoto, gelando per la temperatura dell’acqua.
Non sapevano quanto tempo avevano impiegato, ma le gambe facevano male, i muscoli bruciavano e i polmoni anche.
D’un tratto avevano avvertito un tonfo enorme e l’onda d’urto che ne era scaturita li sommerse, affogandoli quasi.
Tutti, perfino Kili, si erano poi risvegliati sulla riva opposta alla città, la riva dalla quale si accedeva alla strada per Erebor. Tutti tranne Keira.
 
 
“Due giorni.” Ripeteva fra sé.
Il pensiero di Bofur le invadeva la testa. Ma c’era anche dell’altro: non era morire tra le fiamme il suo destino.
Bene, questo significava che avrebbe rischiato la vita un’altra volta. Chissà, magari l’ultima.
Ma mise da parte questo discorso e tornò al Nano dalle buffe trecce e lo strambo cappello, quello sempre allegro, quello che quando sorrideva gli si formavano quelle dolci fossette. Bofur. Quello che l’aveva baciata, andando al suo posto a ricercare Bain e aiutare Bard, rischiando la vita.
Come aveva fatto a non accorgersene? Bofur si era preso una bella sbandata per lei e anche sotto al suo naso, ma Keira non ci aveva mai prestato attenzione. Perché non lo aveva mai fatto?
Sorrise, dopo tutto avrebbe potuto capirlo benissimo.
Ricordò come la guadava dalla sua cella, nelle segrete di Bosco Atro, cosa le disse nella fucina di Esgaroth e ancora, cosa accadde alla festa del Governatore.
Che sciocca era stata, povero Bofur.
Poi il sorriso scomparve quando ripensò a Kili e a cosa aveva detto a Fili.
La stessa cosa valeva per Bofur: non avrebbe avuto altra scelta che spezzargli il cuore.











-Angolino Autrice.-

NON MI PIACCHIATEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!
Lo so, questo capitolo fa schifo ed è in ritardo assurdo... D:
Vi chiedo perdono, in ginocchio, seduta, in piedi, sdraiata, sui carboni bollenti, nel ghiaccio, PERDONATEMI!
Ho avuto problemi con la scuola... D: E li ho ancora XD
Ma, parliamo di cose serie:
BOFUR E KEIRA SI SONO BACIATI.
Che ne pensate? Ditemiiiiiiiiiiii!!!
E criticatemi soprattutto!
Una sola cosa: Keira non si è scordata di Kili, tranquille :)
A propostio.... che fine ha fatto Bofur?? D:


Lily :*

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Premessa: Dopo secoli di tentativi a scaricare Moviemaker, il mio computer ha deciso di graziarmi. Perciò, signori e signore, ho fatto questo piccolo video in onore della mia storia. Ora, so che la prestavolto di Keira non Bridget Regan, ma purtroppo non ho trovato niente di Stana che potrebbe essere attinente alla Terra di Mezzo, quindi, non me vogliate u.u
Ecco a voi: https://www.youtube.com/watch?v=d_uBjMTZpII




“Keira”
La voce di Calime era dolce e delicata.
La giovane Mezzelfa si avviò verso la solita luce, dove scorse la madre con le braccia aperte.
Keira si strinse a lei, tirando un profondo sospiro.
“Mamma.” Mormorò, scostandosi da lei.
Si sedettero sotto il solito vecchio albero, lo stesso di tutti i suoi sogni. Non c’era vento e l’erba era soffice.
Un rumore, come lo spezzarsi di un ramo secco sotto uno stivale, attirò l’attenzione della ragazza. Si voltò di scatto, ma non c’era nulla.
“Cos’è stato?” Nessuna risposta.
Si voltò di nuovo verso sua madre, ma la scena del suo sogno era cambiata.
C’erano fiamme, grida e lamenti. Faceva caldo ed era rinchiusa in un cerchio di fuoco impenetrabile. Che stava succedendo?
Poi, una voce roca e gutturale chiamò il suo nome.
Si guardò attorno, ma vedeva solo il chiarore del fuoco che si espandeva in ogni dove.
“Keira.” Di nuovo quella voce.
‘Mamma, dove sei? Questo non doveva essere il nostro sogno?’
“Keira.” La voce, ora più vicina, proveniva dalle sue spalle. Si voltò di scatto ed ebbe solo il tempo di vedere due grandi occhi gialli prima che una fiammata la investì in pieno.
 
 
Keira aprì gli occhi e si tirò a sedere di scatto. Era sudata e aveva il fiato corto. Di nuovo.
Era il secondo incubo di quella nottata.
Aveva sognato prima ancora la morte di sua sorella, poi Smaug che la inceneriva in un respiro.
“Tutto bene?” Il sussurro di Kili, accanto a lei, la fece sussultare.
Si passò le mani sul volto, annuendo nella sua direzione.
“Era solo un incubo.” Mormorò, abbracciando le ginocchia al petto. “Tu come stai? Io... non te l’ho ancora chiesto.”
“Non ti preoccupare per me, niente può uccidermi.” Rispose il giovane, con un sorriso che lei ricambiò, rabbuiandosi dopo un attimo.
“Qualcosa non va?”
“No, no. Va tutto bene.” In realtà, Keira aveva pensato a sé stessa. No, non va tutto bene. A differenza di Kili, presto lei sarebbe morta. Dietro l’angolo si nascondeva la mano del destino che si era accanita su di lei cento ottantadue anni prima e che aveva quasi raggiunto il suo cuore.
“Non vedo l’ora di entrare nella Montagna.” Disse Kili. Keira si voltò verso di lui. “Le grandi sale dei nostri Avi... mi sarebbe piaciuto nascere tra quelle mura.”
“Già... anche a me.” Mormorò la giovane, un attimo sovrappensiero. ‘Tutto sarebbe stato più semplice...’
“Ma tu ci sei nata.”
“Non esattamente.” Represse un sospiro.
“Ma ci hai detto-”
“Lo pensavo, ma non è così. Ora dormi, è tardi e domani partiremo.”
 
 
Quella mattina, Keira pensò a Bofur.
 
“Cosa facciamo con loro?” Chiese Fili, mentre raccoglieva le ultime cose.
“Le portiamo con noi.” Disse Keira.
“Cosa? Non se ne parla. Due umane ad Erebor? Inammissibile.” Sbottò Oin.
Kili si affiancò alla giovane.
“Non possiamo certo abbandonarle.”
“Vi prego, non lasciateci qui. Moriremmo in meno di un giorno senza di voi.” Sigrid si fece avanti, stringendo la mano di Tilda.
“Sigrid ha ragione.” Fece Keira. “Moriranno se non le portiamo con noi.”
Oin le guardò, pensoso.
“E va bene, va bene.” Acconsentì infine, rimediando un abbraccio dalla giovane.
“Grazie, Oin, sei fantastico!”
 
 
Camminarono allungo, lasciandosi sempre più alle spalle il lago e la città mezza distrutta di Esgaroth.
In giro non volava una mosca. Non vi erano uccelli nel cielo, né animali selvatici sulla terra.
C’era solo desolazione.
 
 
Per ben quattro giorni camminarono, finché non scorsero le pendici di Erebor.
Ah, Erebor... si ergeva in tutta la sua imponenza sopra le loro teste.
Fili e Kili erano a bocca aperta, mentre Tilda e Sigrid sembravano affascinate. Per Oin fu una tale emozione che quasi non cadde a terra, sorretto da Keira.
“Siamo finalmente a casa.” Disse la giovane, puntando lo sguardo sulla vetta della Montagna Solitaria.
“È enorme!” Esclamò Kili.
“È una montagna!” Lo prese in giro Fili.
Ci fu un attimo di ilarità tra il piccolo gruppo, attimo che durò davvero poco: il cielo si oscurò all’improvviso e lampi e tuoni invadevano lo sfondo grigiastro sopra le loro teste.
“Dobbiamo trovare riparo e anche alla svelta!”
Trovarono una piccola rientranza nella parete rocciosa, piccola ma abbastanza grande per tutti. Lì, si strinsero l’uno con l’altra per scaldarsi, non avendo un fuoco.
Tilda e Sigrid si addormentarono quasi subito, strette tra Oin e Fili. Accanto a quest’ultimo c’erano il fratello e Keira.
Kili era appoggiato con la schiena alla parete, mentre la giovane Mezzelfa era rannicchiata tra le sue braccia. Non riusciva a prendere sonno, era come se ci fosse qualcosa che le imponesse di stare sveglia. I suoi occhi saettavano tra la pioggia, tra gli alberi del boschetto davanti a loro.
Si mosse lentamente, sciogliendosi dall’abbraccio di un Kili che dormiva beato, e si avvicinò all’entrata poggiandosi al muro di pietra. Dietro di lei, il giovane si rigirò, abbracciando il fratello. Erano così belli, quei due, insieme.
Tornò a guardare fuori, alzando lo sguardo al cielo nuvoloso e scuro, illuminato di tanto in tanto da lampi e fulmini che scagliandosi a terra producevano boati di grande portata.
‘Mahal, proteggilo, ovunque egli sia...’
 
 
Tra lo scrosciare della pioggia, Keira avvertì i passi di qualcuno che stava correndoe si stava avvicinando nella loro direzione.
Si guardò intorno allarmata: non avevano armi di nessun genere.
Raccolse un paio di pietre e si acquattò sul bordo dell’entrata, aspettando.
I passi erano sempre più vicini e lei sempre più pronta ad attaccare.
Tilda si mosse tra le braccia della sorella e allora, Keira si rese conto di non poter permettere a chiunque egli fosse – ammesso che fosse un chi e non un cosa – di mettere piede vicino al loro riparo.
Così corse incontro ai passi con la pioggia che le scivolava sulle ciglia appannandole la vista, i sassi stretti in mano.
Una figura apparve dal folto del bosco, davanti a lei.
Non sembrava affatto un pericolo dal modo in cui correva. Era goffo e sembrava avere sulle spalle un po’ di peso. Inoltre, appena udibile, a ogni passo produceva un rumore metallico, come di lame che si scontravano l’una contro l’altra.
Bene, pensò la giovane, questo tipo era armato e lei aveva in mano soltanto due pietre che gli avrebbero fatto un bel livido in fronte e niente più.
Decise infine che non era più ora di pensare, ma di agire. Lasciò andare le pietre e riprese la sua corsa.
Solo dopo esserglisi avventata contro e averlo scaraventato in mezzo al fango si rece conto che quello che aveva atterrato era un Nano, carico come un mulo di armi, che cercava riparo dalla pioggia. E che quel Nano era Bofur.
 
 
Si guardarono negli occhi, lui sorpreso e lei... lei non sapeva se ridere o se piangere dalla gioia.
“Bofur!” Esclamò, gridando, avventandosi poi al suo collo.
Lui la strinse forte, emozionato.
Quando si rialzarono, si abbracciarono ancora.
“Credevo non ti avrei più rivisto!” Disse Keira, affondando il viso tra le vesti bagnate del compagno di viaggio.
“Lo credevo anche io... non sai che spavento pensandovi tutti morti.”
 
 
Keira lo portò al riparo, dove stavano anche gli altri e lì, lasciò che posasse il tutto a terra e la stringesse ancora.
“Mi sei mancata così tanto.” Le disse tra i capelli bagnati.
Keira si allontanò dall’abbraccio per guardarlo in volto e notò i suoi occhi essere lucidi. Si fissarono e una strana forza li attrasse l’uno verso l’altra. Questa volta, fu un bacio lento e dolce.
















-Angolino autrice-
Si, lo so, è un capitolo corto.
Ho da dire due cose:
1) SCUSATE IL RITARDO! Ho avuto.... da fare D:
2) PER BACCO, NON CI SARò FINO AL 30/06 QUINDI HO INTERROTTO QUI IL CAPITOLO.
Bene, ora che ho detto queste cose passiamo a noi:
SECONDO VOI... cosa accadrà adesso? 
Entreranno nella montagna? 
Come ha fatto Bofur a rimanere vivo?
E le armi?
E le figlie di Bard che fine faranno?
E Kili? Kili verrà a sapere qualcosa di troppo? 
E Keira? Oh, per lei non è ancora finita ;)
SPERO VI SIA PIACIUTO E SPENDETELI DUE MINUTI A RECENSIRE <3
GRAZIEEEEEEEEEEE!!!
Lily ;)


Ps: scusatemi gli errori di battitura e se li vedete avvertitemi così corrego (y)

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


“No!” Esclamò Keira, scansandosi da Bofur.
Il Nano la guardò spaesato. Per un lungo attimo aveva creduto che quel bacio non si sarebbe mai interrotto e ora, invece, lei era lì di spalle che si teneva il volto fra le mani.
C’era qualcosa che non andava, ma cosa?
“Credevo che-”
“Non posso, mi dispiace.” Lo interruppe lei.
Keira era contenta di aver ritrovato il Nano sano e salvo; un attimo prima, aveva sentito il desiderio di avvicinarsi a lui e si era lasciata andare, ma...
“Perché no? È... è per Kili, non è così?” Chiese lui, stanco, sedendosi a terra.
Lei gli sedette a fianco e raccolse le ginocchia al petto.
“No, affatto. Non ho alcun interesse verso di lui, gli voglio solo un gran bene come fosse un fratellino. Non è per questo...”
“Allora cos’è? Io non ti vedo felice, Keira. Voglio aiutarti.”
“Bofur, vorrei tanto che qualcuno potesse aiutarmi ma...” Cominciò, fermandosi un minuto per riflettere sulle parole da usare. Alla fine, optò per una via molto vicina alla verità: “...ci sono cose in questo mondo che non possiamo ignorare, come il volere dei Valar. È per questo che non posso cadere preda dei sentimenti e che non sarò mai felice.”
Bofur ascoltò in silenzio, per la prima volta gli sembrava che Keira si stesse aprendo con lui e questo lo riempì di gioia, ma quando incrociò di sfuggita gli occhi della giovane tutta la gioia che aveva provato si affievolì fino a spengersi del tutto.
Keira, dal canto suo, avrebbe voluto liberarsi una volta per tutte di quel peso che portava dal giorno del colloquio con Thranduil. Le sarebbe stato utile parlarne, perché si sentiva implodere di impotenza e rabbia, ma non poteva.
“Cosa intendi per volere dei Valar?” D’un tratto, realizzando le sue parole, Bofur si accigliò guardandola incuriosito. Tutto si aspettava, tranne che gli dei avessero a che fare con l’infelicità della sua amica.
“Dimentica quello che ho detto, riposati adesso.” Lei fece per alzarsi, ma il Nano le si parò davanti inchiodandola al muro.
“Che significa, Keira?”
I loro occhi erano fissi gli uni negli altri. Quelli della Mezzelfa tremolavano e dopo poco, infatti, caddero sul pavimento come calamitati dal terreno.
“Non posso dirtelo.”
“Non puoi o non vuoi?”
“Ha importanza? Non posso e basta.”
“Perché no?!”
“Perché tenteresti di salvarmi!” Gridò infine la giovane, esasperata. Qualcuno si mosse, infondo alla cavità, ma nessuno dei due ci fece molto caso. “Non capisci? Nessuno può salvarmi.”
Keira si alzò in piedi, scansandosi il Nano di dosso e andò all’entrata della semi grotta in cui erano. Aveva voglia di piangere.
“Bofur?” Domandò Kili, aprendo un occhio dopo l’altro e sedendosi insieme al fratello, che chiese: “Che è successo?”
“Salve ragazzi.” Disse il Nano, andandogli incontro. Pian piano, anche Oin e le figlie di Bard si svegliarono, salutandolo sorpresi e al contempo felici.
 
 
“Tutto bene?” La voce di Kili arrivò dalle sue spalle e presto tutti si zittirono attendendo la risposta della giovane Mezzelfa.
Lei si voltò molto lentamente, guardandoli tutti. E non ce la fece.
Keira scoppiò in lacrime, mostrando la sua debolezza.
 
 
“Aspetta: stai dicendo che sei una Mezzelfa?” Erano stupiti, ma da questo compresero svariate cose, a partire dall’assenza di barba della ‘Nana’. Lei annuì, asciugandosi definitivamente gli occhi.
“Non c’è un modo per evitarlo?” Domandò Fili, sconvolto quanto gli altri. Alla fine Keira aveva vuotato il sacco, raccontando della profezia e del suo destino. Un destino il quale motivo non era ancora certo. Solo i Valar lo sapevano.
“Non si può eludere una profezia.”
“Quindi, morirai?” Chiese la piccola Tilda, visibilmente dispiaciuta. Sigrid le accarezzò il capo con fare protettivo.
“Chi dice che non si può fare nulla? Se noi ti proteggiamo-”
“Kili, ma non capisci? È scritto. Non posso essere salvata. Non dovrete azzardarvi a proteggermi, qualsiasi cosa accada! Non so nemmeno quando accadrà né come. Ma non dovrete fare nulla, chiaro?”
“Guardati, sei terrorizzata. Perché non ce ne hai parlato prima?” Intervenne Bofur.
“Perché sapevo sarebbe successo questo. Non volevo recarvi alcun dispiacere né preoccupazione. Ma soprattutto sapevo che vi sareste messi in testa l’idea di salvaguardare la mia vita. Non voglio che nessuno si intrometta in affari pericolosi che non li riguardano. Non deve andarci di mezzo nessun altro.”
“Ma non è giusto!”
Non sempre si combatte per ciò che è giusto, Kili.”
Seguì un lungo silenzio, opprimente, in cui nessuno seppe più cosa dire.
Infine fu Oin a chiudere la conversazione: “Rispetteremo la tua scelta, ragazza.”
 
 
Il mattino seguente raccolsero tutte le loro cose e ripartirono.
Bofur aveva dato loro le armi che era riuscito a rimediare dopo la caduta di Smaug, raccontando di come Bard lo avesse colpito nel punto esatto della legenda di Girion. Lo stesso fece con la sua venuta alla Montagna.
Girarono quasi tutto il versante est di Erebor finché, finalmente, arrivarono all’entrata principale. Ora che Smaug era morto potevano benissimo utilizzare quella invece che starsi a scervellare su dove fosse la porta nascosta – tralasciando il fatto che non avevano con loro la chiave.
Appena entrati gli si mozzò il fiato. Ad ognuno di loro.
Fili e Kili erano entusiasti della magnificenza di quella prima sala. Per loro, che era la prima volta che entravano ad Erebor, era tutto così nuovo che quello spettacolo poteva sembrare dei più stupefacenti.
Ma per Oin, Bofur e Keira non era affatto così.
“Ma che è successo?” Sussurrò Oin, sotto voce, tra sé e sé.
“Smaug...” Disse Keira, sospirando amaramente.
“Cosa c’è?” Chiesero i fratelli Durin, non capendo in realtà a cosa era dovuta tutta quella delusione dato che erano di nuovo a casa, almeno loro.
“Vedete, ragazzi, non è sempre stato così. Questa enorme lastra dorata non è affatto una decorazione fatta dai Nani per abbagliare chiunque entri nella Montagna.” Disse Bofur. “I nostri compagni devono aver combinato qualcosa ed ha ragione Keira se pensa, come ho intuito, che c’entri Smaug in tutto questo.”
I Nani si guardarono attorno esterrefatti. Quella non era più l’Erebor di una volta.
 
 
“Come facciamo a trovarli? Questa Montagna è così grande che potrebbero essere ovunque.”
Ed era vero. Kili aveva ragione.
“Dividiamoci.” Disse Keira. “Fili, Kili, andate con Oin fino alla sala del Tesoro, se ce n’è ancora una, e da lì perlustrate tutti i dintorni. Possibilmente senza perdervi.” Poi aggiunse: “E portate le figlie di Bard con voi.”
“Tu e Bofur che farete?” Chiese Kili. Il suo sguardo era speranzoso di qualcosa, un qualcosa che Keira comprese.
“Noi ci divideremo nei corridoi.”
 
 
I corridoi di Erebor erano sempre gli stessi. I colori dei tendaggi erano scuri, ricoperti da uno spesso strato di polvere. I drappeggi e gli arazzi decorativi erano anch’essi impolverati, ma si poteva ugualmente ammirare la loro magnificenza e la splendida manifattura.
Gli occhi di Keira saettavano in ogni dove, nostalgici.
L’odore di Erebor, l’odore di casa, era coperto da quello di fumo, legno bruciato e alito di Drago. Si poteva benissimo affermare che la Montagna Solitaria era una bomba di puzzo ad orologeria. Ma non importava. Era a casa.
 
 
“Vai verso il lato nord, io setaccerò il sud. Cerchiamoli dietro ogni porta, potrebbero essere ovunque.” Detto ciò, la Mezzelfa si incamminò, lasciando Bofur andare nella sua opposta direzione.
Non si erano detti una parola da quando avevano lasciato gli altri. Meglio così, aveva pensato la giovane, considerando che qualsiasi cosa l’avrebbe portata a spezzargli ulteriormente il cuore.
Bofur non lo aveva dato a vedere, ma lei lo aveva capito: stava soffrendo. Soffrendo per lei. Ma non solo.
***
Si tolse il cappello e si asciugò il sudore dalla fronte. Quell’aria satura rendeva afosa tutta la Montagna.
Si era separato da lei da poco più di dieci minuti ma subito Keira aveva riempito la sua mente.
Non poteva far nulla se non ammetterlo a se stesso: era innamorato di lei. E non poteva averla.
La scoperta del suo destino, della sua vera forma, della sua vera identità... troppe cose insieme che avevano travolto il suo cuore con una marea di tristezza e frustrazione.
La sua vita era sempre stata per i bambini. Fare il giocattolaio lo appagava e lo soddisfaceva ad ogni sorriso di ogni piccolo Nanetto o bambino umano a cui recapitava personalmente una sua creazione.
Qualche volta aveva pensato a come sarebbe stato rendere felice suo figlio o sua figlia, invece che il figlio di qualcun altro, ma poi aveva scacciato quelle idee. Non era tra i Nani più affascinanti e le Nane lo consideravano solo ed esclusivamente per il sorriso dei proprio bimbetti. E a lui stava bene.
Ora però, con Keira era diverso. Lei gli faceva battere il cuore e non si sentiva affatto egoista nell’affermare che, sì, glielo faceva battere più forte di quanto i bambini avessero fatto mai.
Però, ogni situazione ha i suoi pro e i suoi contro. E questa, di contro, ne aveva una marea.
Keira non accettava quel che era ed aveva paura di lasciarsi coinvolgere troppo dalle situazioni per non ferire nessuno. Ma lui era stato già ferito. Non da lei, no, ma da tutto quello che aveva scoperto; dal fatto che non si sarebbe mai lasciata andare, non avrebbe mai aperto il cuore.
Ma nessuno sapeva quanto tempo le rimaneva. Sarebbe potuta morire in quel momento, il giorno dopo o dieci anni dopo. Nessuno lo sapeva. Ma sarebbe morta e nessuno poteva evitarlo.
Lo aveva detto lei stessa che non sarebbe stata mai felice. Ma a Bofur non importava.
Si fermò davanti all’ultima porta. C’era silenzio, di certo i loro compagni non erano nei dintorni.
Si guardò intorno, indeciso sul da farsi.
Poi si riscosse e corse indietro, più deciso che mai ad andare fino in fondo.
Perché, lo sentiva, questa volta sarebbe andata bene. Keira avrebbe aperto il suo cuore.
***
Il lato sud era come lo aveva lasciato – come tutto il resto, d'altronde – e quella porta, quella tanto agoniata porta ora era davanti a lei e le tremò la mano quando la poggiò sulla maniglia.
Tutto era come una volta, con solo un bel po’ di polvere in più.
Le pizzicarono gli occhi quando, avvicinandosi al comodino di fianco al letto, vi trovò sopra un piccolo porta ritratti con due bambine. Il disegno era stato fatto da un amico di suo padre – su richiesta di sua sorella –, con abilità simili a quelle di Ori nel tratto e nelle sfumature. Due bambine, una con i capelli chiari e un’altra, più piccolina, con i capelli scuri tratteggiati a carboncino.
Accarezzò il viso di Hailyn con nostalgia, era così sorridente...
Ripose il porta ritratti nella maglia e continuò la sua visita al passato.
Alzò le coperte dal grande letto e si levò un forte odore di muffa che svanì non appena presero un po’ d’aria; si sedette sul morbido materasso e si lasciò scivolare sdraiata, allungando le braccia sulle lenzuola.
Ricordava ancora quando vi dormivano lei, sua sorella e suo padre. Hailyn era sempre nel mezzo, perché Naran non voleva nemmeno vederla la sua seconda figlia, figurarsi dormirci vicino.
Ora, finalmente, dopo ben cento ottantadue anni, Keira aveva capito perché suo padre la odiava. Aveva ucciso sua madre.
Ma lei non ne aveva alcuna colpa. Inoltre, conosciuta Calime, non avrebbe mai voluto nascere causando la sua morte. Sua madre era dolce, affettuosa, premurosa. Le voleva bene e l’amava da sempre, seppur non più in vita. Tutto il contrario di suo padre.
Sua sorella invece l’aveva sempre protetta e le aveva insegnato a voler bene a suo padre, nonostante tutto. Per questo Keira non lo aveva odiato e non lo odiava tutt’ora che era morto. Nemmeno dopo le sue ultime parole: Ogni errore ha la sua soluzione.
Keira si bloccò in quella posizione, sgranando gli occhi. ‘Ogni errore ha la sua soluzione.’ Quindi suo padre sapeva della profezia!
Beh,’ pensò ‘non c’è da stupirsi che non mi abbia detto nulla.’
 
 
Si riscosse quando avvertì in lontananza dei passi avvicinarsi velocemente.
Si alzò a sedere e aspettò, stringendo il palmo sull’impugnatura del pugnale che aveva preso dalle armi che Bofur aveva portato loro.
Sapeva che nella Montagna non c’era nessun altro eccetto loro, ma la prudenza non è mai troppa.
Tirò un sospiro di sollievo quando un affannato Bofur fece la sua comparsa sulla porta.










-Angolino autrice-
BUONA SERA. BUON MARTEDì! -> BUONGIORNO!
Lo so, mi odiate. 
Sono stata via quasi un mese... senza aggiornare...
E ora che vi dico una cosa mi odierete ancora di più: SABATO E DOMENICA NON CI SONO E POI SONO A LONDRA DAL 16/07 AL 30/07, quindi, miei cari lettori adoratissimi NON AGGIORNERò FINO AD AGOSTO!!
Sono una persona orribile, lo so.
Allora, passiamo alle cose serie adesso!
L'inizio del capitolo, miei romanticoni, ha mandato a puttane - passatemi il termine - il bel finale del capitolo precedente.
Sono cattiva? Naah, ve l'ho detto: non sarà tutto rose e fiori per loro due u.u
Poi, altra cosa 
importantissima, Oin, Bofur, Fili, Kili e, aggiungiamo anche loro, le figlie di Bard sanno della benedetta profezia.
Perché? Mi andava u.u
No, nèvvero! C'è un motivo, traaaaaanquilli ^^ 
Piccolo 
spoiler: per chi ha visto il video trailer messo nell'altro capitolo (Cap.11), troverà una bella sorpresa nel capitolo 13. Per chi non lo ha visto... sarà una sorpresona :'D
Poi.. che altro c'è da dire?
AH, SI!
Lo spezzone tra i "***", quello interamente su Bofur, vi è piaciuto?? Ho voluto catalizzare un momentino l'attenzione sulla sua 'storia', chiamiamola così, e mostrare i suoi sentimenti anche a voi - perché, belli miei, nella mia testa sono chiaissimi u.u
Ora passiamo ai convenevoli [ho quasi finito, tranquilli :')] ->
Un GRAZIE speciale quest'oggi va a:
leila91 che molto gentilemnte si è letta e recensita in pochi giorni TUTTA e dico tutta LA STORIA!!! SAPPI CHE TI AMO!!
Paola 
che è stata così dolciosamente dolciosa da realizzare questi CHIBI per me!


TROPPO DOLCE!!
E UN GRAZIE ANCHE A TUTTI I LETTORI, A CHI HA MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE, SIETE DIVENTATI 19!!!
A CHI L'HA MESSA TRA LE PREFERITE-RICORDATE E CHI RECENSISCE SEMPRE!!!
ANCHE A CHI NON LO FA MA MI PIAEREBBE AVERE NUOVI PARERI! 
TU, LO SO CHE STAI LEGGENDO!! DIMMI COSA NE PENSI PLEAAAAAAAAAAAAASE :*


E ora vi saluto, bacioneeeeeee <3


 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


ATTENZIONE: SPERO DI AVER RISPETTATO IL RATING ARANCIONE, NEL CASO AVVERTO CHE POTREBBE ESSERE ROSSO (?)





“Li hai trovati?”
“No.”
“Hai cercato in tutto il lato nord?”
“No.”
“E cosa ci fai qui, allora?”
Silenzio.
Per la prima volta in vita sua, Bofur non sapeva cosa dire. Cioè, lo sapeva benissimo, ma che parole usare? Cosa fare che non aveva già fatto? Cosa dire che non aveva già detto?
“Allora?” Keira lo incalzò, accentuando l’impazienza con un gesto del capo.
“Keira...” Cominciò il Nano, ma poi si bloccò. Quello che aveva pensato era davvero il modo giusto?
“Si, ti ascolto.”
“Keira, io credo che tu stia esagerando.” Fece una pausa durante la quale lei cercò di dire qualcosa ma subito Bofur seccò il tentativo di ribattere: “Non puoi confinare te stessa per due stupide frasi scritte su un pezzo di carta. Non mi importa se dovrai morire. Hai ancora del tempo, giusto? Non mi importa se non sai quant’è. Io voglio passarlo con te.”
Keira rimase in silenzio. Cosa diamine stava facendo Bofur? Era già abbastanza difficile affrontare quella situazione senza... questo! Perché doveva mettercisi anche lui?
“Senti, Bofur, apprezzo molto quello che fai per me, davvero... ma-”
“No!”
“Non ho neanche finito la frase, come puoi già dire ‘no’?!”
“Perché so già cosa vuoi dirmi e non ho alcuna intenzione di ascoltarti! Ora sarai tu che ascolterai me!” Esclamò il Nano, con convinzione.
Keira non lo aveva mai visto così serio.
“La prima volta che ci siamo incontrati, a casa di Bilbo, ti ho guardata, ma tu non lo hai fatto. Non te ne sei neanche resa conto. Durante il viaggio mi sono chiesto più volte cosa fosse quella sensazione che provavo quando vedevo il tuo sorriso, quando sentivo la tua voce... non capivo. Quando siamo entrati a Bosco Atro, la mia mente è stata deviata dall’aria intrisa di magia nera che aleggiava fra gli alberi e tutto quello che ho detto – di sensato – è stato un enorme sacrificio. La mia testa mi gridava cose che tu neanche immagini. Pensavo a quanto fossi bella, a quanto i tuoi occhi fossero freddi mentre il tuo sorriso irradiava calore. Quando mi mettesti le mani sulle guance e mi guardasti negli occhi, lo sai cos’ho pensato?” Fece una pausa. Ovviamente la domanda era retorica e Keira attese il continuo. “Ho pensato che non avevo mai visto una creatura dai lineamenti così delicati e belli come i tuoi. Le tue labbra e la voce che ne fuoriusciva, causavano un mare in tempesta nel mio stomaco. Quando poi siamo stati catturati dal principe e portati nelle celle, dopo il tuo colloqui con il Re, tu non hai più sorriso. E provavo malinconia, perché sapevo che c’era qualcosa che non andava. Ma non capivo cosa. E più ci pensavo, più mi arrovellavo sulla questione, e meno comprendevo. Ma nel frattempo iniziavo a capire cosa succedeva dentro di me ogni volta che alzavo lo sguardo su di te o che i nostri occhi si incontravano. A Esgaroth avresti dato la vita per salvare quella dei cittadini, ma non potevo permettertelo. Un fiore così bello e raro non poteva perire fra fiamme. Ho temuto di non rivederti mai più. Sono stati attimi terribili e quando credevo che tutto fosse perduto, ecco che mi salti addosso nel bel mezzo di un temporale credendo chissà quale cosa si stesse avvicinando.” Bofur sorrise, ripensando alla scena. “E poi... poi hai ricambiato i miei baci. Mi hai fatto credere qualcosa che non era. Dopo vengo a sapere della profezia e del tuo destino e che sei una Mezzelfa. Valar, Mahal solo sa quanto mi sono sentito ferito in quegli istanti. Avrei voluto asciugare le tue lacrime, ma sapevo mi avresti respinto.” Sospirò, lasciando un istante di silenzio.
“Bofur...” La voce della giovane era tremolante, i suoi occhi lucidi e il suo mento tremava come una foglia.
“Non ho ancora finito.” Disse lui, bloccandola ancora una volta. “Prima stavo riflettendo e mi sono reso conto che nei miei pensieri ci sei soltanto tu, Keira. Mi sono innamorato di te e voglio amarti per il tempo che ti resta.” Incatenarono i loro sguardi... “Accetterai il mio cuore?”
Keira era senza parole. Cosa avrebbe dovuto rispondere? Oh, lo sapeva benissimo. Ma era la cosa giusta?
Le lacrime che le avevamo reso gli occhi lucidi cominciarono a scendere, rigandole le guance.
Bofur le andò vicino, si sedette accanto a lei e la strinse a se. E mentre lei piangeva disse qualcosa. Qualcosa che scaldò il cuore del Nano.
Le alzò il viso, asciugandole le lacrime dalle guance e guardò nei suoi occhi limpidi come il cielo, sorridente. Il mento di lei tremava ancora.
Le accarezzò la fronte, portandole una ciocca di capelli scuri dietro l’orecchio a punta.
Non era mai stato felice come in quel momento.
I fatti che si susseguirono dopo che lei si fu calmata furono impressi nella mente di entrambi come l’unica occasione che avevano avuto per amarsi davvero.
 
 
Bofur fece toccare le loro labbra con delicatezza, come se avesse paura di sciupare la sua bellezza con un bacio.
Lei gli mise le mani sulle guance approfondendo il bacio un po’ per volta, schiudendo per lui le sue labbra lasciando così che le loro lingue si cercassero e si trovassero, danzando insieme.
Non c’era timidezza né rigidezza nelle loro azioni. Erano soltanto un Nano ed una Mezzelfa che suggellavano un amore sbocciato così, dal nulla, e fiorito nei mesi che si erano susseguiti sperando che non si sarebbe appassito mai.
Si creò un po’ di imbarazzo quando Bofur, accarezzandole i fianchi, fece scivolarle la maglia al di sopra della pelle liscia e con il pollice iniziò ad accarezzare quel lembo di pelle scoperto.
“Non dovremmo...” Sussurrò lei contro le sue labbra.
“Lascia fuori da quella porta tutte le tue preoccupazioni. Ci siamo solo io e te, nient’altro. Solo io e te.”
Quelle parole, sussurrate contro la sua pelle, fecero cadere tutte le sue difese.
Lasciò che Bofur continuasse ad alzarle la maglia fino a sfilargliela, mettendo in mostra le sue forme fasciate da una sottile stoffa bianca.
Lentamente, i baci del Nano si distribuirono sul collo della giovane.
Keira venne scossa da un brivido. Mise le mani sul suo petto e le impegnò a sciogliere i nodi che tenevano i tuoi vestiti.
Lei era del tutto inesperta; nella sua vita non aveva mai intrattenuto rapporti con nessuno, non aveva mai conosciuto l’amore se non quello per sua sorella, il suo cuore non aveva mai realmente battuto per qualcuno.
Senza spiegarsene il motivo, il suo pensiero andò alla profezia. Perché in un momento del genere? Semplice: perché in quel momento non contava cosa le avrebbe riservato il futuro. Aveva ragione lui sul fatto che in quella stanza, in quel momento, fra quei respiri e quelle sensazioni, c’erano soltanto loro due.
Bofur sussultò al tocco delicato delle dita di lei sul suo petto. Scorrevano lentamente sulla sua pelle mentre gettava il collo di lato permettendogli di lambire meglio la sua carne bianca e liscia.
Dai fianchi, le mani di Bofur scorsero invece alle fasce sul suo seno. Esitò solo un istante prima di iniziare a scioglierle.
Sentendo i suoi seni liberi, Keira percepì il sangue affiorarle alle guance, imporporandole. Ma scacciò quell’imbarazzo e lasciò che il Nano la toccasse, la accarezzasse e la baciasse laddove era più sensibile.
Senza neanche rendersene conto, le sue mani avevano già slacciato i nodi delle braghe di lui e scendendo lentamente verso le parti basse percepì la sua eccitazione sotto di esse.
Si staccarono per un attimo e il Nano colse l’occasione per togliersi gli stivali; si mise in ginocchio davanti alla Mezzelfa e con movimenti lenti le tolse anche i suoi.
Cominciò a sfilarle piano i pantaloni, baciando man mano ogni lembo di pelle che veniva scoperto.
Aveva qualche cicatrice di tanto in tanto, vecchie ferite non molto gravi ma che avevano lasciato il segno. Su ognuna di quelle vi lasciò un bacio.
Prima di risalire sul letto provvide a far scivolare via anche le sue braghe.
 
 
La catena di baci era ininterrotta e l’unione che ormai bramavano era diventata più che necessaria per l’eccitazione di entrambi.
E così avvenne.
Keira reclinò il capo all’indietro inarcando la schiena mentre Bofur lasciava che si abituasse ad un corpo estraneo dentro di lei.
Lentamente trovarono il ritmo giusto e il loro piacere crebbe d’intensità ad ogni spinta.
Leggeri gemiti si sparsero per la stanza, riempiendola del loro amore.
Le mani di Keira erano serrate sulla schiena del Nano mentre quest’ultimo si accingeva ad aumentare le spinte, arrivando sempre più vicino all’apice.
 
 
Con un lungo gemito da parte di entrambi si concluse il loro atto d’amore.
Ora stavano sdraiati l’uno accanto all’altra, con il fiato corto, le guance arrossate e il cuore che batteva frenetico.
Bofur si voltò verso di lei, osservando il suo profilo nudo, imperlato di sudore, pensando a quello che era appena successo. Guardò il suo viso, con gli occhi rivolti al soffitto di pietra, la bocca semi aperta e la fronte lucida. Era così bella e il suo destino così ingiusto.
 ***
Keira si sentì osservata ma non aveva la forza per voltarsi verso di lui. Cosa gli avrebbe dovuto dire? Non era brava in queste cose, non sapeva fare discorsi o robe simili. A lei bastava uno sguardo.
Quando sentì le dita di lui intrecciarsi con le sue voltò automaticamente il capo.
Le scappò un sorriso nel vedere le trecce scombinate del Nano e il suo viso accaldato.
“Dovremo darci una sistemata.” Disse sorridendogli.
Lui ricambiò il sorriso e si chinò su di lei per baciare ancora le sue labbra.
Rimasero ancora un po’ abbracciati, in silenzio, poi decisero che era ora di muoversi e tornare dagli altri. Non potevano rischiare che qualcuno li andasse a cercare.
 
 
“Siediti a terra, ti do una mano con le trecce.”
Le dita di Keira erano agili e veloci e in un batter d’occhio i capelli del Nano erano tornati a posto.
Quando Bofur di rialzò da terra la guardò in viso e le chiese se poteva farle un regalo.
“Che genere di regalo?” Domandò lei curiosa.
“Lascia fare a me.” E detto ciò le si sedette accanto e le prese una ciocca di capelli intrecciandola con cura. Fece lo stesso anche dall’altra parte e poi unì le due treccine in un’unica treccia dietro il capo.
“E per finire, il mio regalo per te.” Le mise davanti agli occhi un piccolo fermaglio argentato, ricamato da piccoli motivi floreali.
“È bellissimo.” Sorrise lei.
“L’ho fatto molto tempo fa, aspettando il giorno in cui lo avrei donato a chi avrei donato il mio cuore per sempre. Quel giorno è arrivato. E con questo fermaglio,” Disse, mentre lo chiudeva nei suoi capelli “il mio cuore ti apparterrà per sempre.” Le lasciò un bacio sulla guancia e poi l’abbracciò da dietro.
Lei chiuse gli occhi, cercando di reprimere la voglia di piangere. ‘Il mio sarà un per sempre molto breve...’
 
 
Si avviarono verso la sala grande, dove avevano stabilito il punto di ritrovo.
Prima di uscire, Keira buttò un’ultima volta un’occhiata all’interno della sua vecchia stanza.
Quella stanza che l’aveva vista crescere tra l’odio di suo padre e l’amore di sua sorella.
Quella stanza che l’aveva vista diventare donna con l’amore della sua vita.
Quella stanza che probabilmente non avrebbe più rivisto.







-Angolino autrice.-
Salveeeeeeeeeeeeee !!!
RIECCOMI QUI!
Allora... miei cari lettori...
Che ne dite?
VI PREGO DITEMI CHE NON FA SCHIFOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO ç____________________ç è STATO UN PARTO!!! QUINDI ANCHE SE NON VI PIACE FATEVELA ANDARE AHAHAHHAHAHAHAHHA 3:)
No ok, basta.
Che dire... non lo so, siete voi che dovete dire a me!

Vi aspetto numerosi nelle recensioni!!!
Bacio :*

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Kili era seduto insieme agli altri accanto al piccolo fuocherello che avevano acceso con tavole di legno che in un tempo molto lontano dovevano essere parti di sedie e tavoli.
Se ne stava lì, con lo sguardo fisso nelle fiamme che dipingevano strani giochi d’ombra sul suo viso.
Pensava, pensava e pensava a tutto ciò che era successo. Dalla partenza da casa di Bilbo, all’arrivo nella Valle Nascosta; gli Ered Mithrin, la fuga da Azog e la casa del Mutapelle; Il Bosco maledetto e la reggia di Sire Thranduil; poi la fuga, la ferita, il malore, il drago... da quel momento tutto era confuso e i ricordi tornavano nitidi solo al suo risveglio sulle sponde del lago. Ma c’era qualcosa, nei suoi ricordi sfocati dal veleno della freccia che lo aveva trafitto, qualcosa di importante che non riusciva a distinguere in quell’ammasso di eventi confusi e spezzati dalla sua memoria corrosa.
Di una cosa era certo, Keira c’entrava di sicuro.
 
 
“Ma dove saranno finiti quei due?” Alle parole di Oin, che gettò un altro legnetto tra e fiamme per ravvivarle, Kili alzò di scatto la testa e fu come se fosse tornato da un lungo viaggio nel tempo. Si chiese per quanto era stato fisso nelle fiamme. Il viso, ora più lontano dal fuoco, provava un certo fresco e gli occhi gli proponevano delle macchioline di forma indistinta in ogni dove lui guardasse. Troppo tempo, si rispose.
“Quanta impazienza, mastro Nano.” La voce di Keira riempì la stanza mentre entrava seguita da Bofur. Notarono subito che aveva una luce diversa negli occhi, sembrava... essere felice. Ma felice di cosa, proprio, non lo sapevano.
“A giudicare dal silenzio, nessuno ha trovato nessuno.” Sospirò la giovane, sedendosi a terra.
“Accidenti, ma dove saranno andati? Hanno lasciato la Montagna incustodita!” Disse Bofur, guardando gli altri.
“Forse... forse... ah, non lo so, non ne ho la più pallida idea!” Sbottò Fili, incrociando le braccia al petto.
“Io so dove potrebbero essere.” Intervenne il vecchio Nano. Tutti si voltarono a guardarlo con aria che esprimeva curiosità e sorpresa.
“Dove?” Chiese Kili, agitandosi sul posto.
“Collecorvo.”
 
 
“Se sono andati là, appena sapranno la notizia della morte di Smaug torneranno.”
“Già, ma chi gliela darà?” In effetti, Fili non aveva tutti i torti a domandarselo.
“Sai come arrivarci, Oin?” Chiese Keira, sfilandosi la giacca e alzandosi in piedi.
Fece qualche passo, fino ad arrivare alle due ragazzine addormentate dall’altra parte del falò.
“Beh, si ma non vorrai mica arrivarci? E se mentre andiamo loro stessero tornando? Non sarebbe  meglio aspettarli qui con la sicurezza che ci trovino?”
“Kili, te la senti di farti una bella camminata?” Chiese la giovane, ignorando le proteste del vecchio Nano. Avvolse la giacca intorno ai corpicini di Sigrid e Tilda e poi ritornò sui suoi passi.
“Allora?”
“Io... si, posso farlo.”
“Come pensavo. Fili, andrai tu.”
“Ehi!” Protestò Kili, colto sul vivo.
“Te l’ho detto un sacco di volte, smettila di fare il granduomo.
 
 
L’indomani mattina, Fili prese la via per Collecorvo. Kili e Keira, arco in spalla, lo accompagnarono fino a un pezzo di sentiero, poi tornarono indietro inoltrandosi nella boscaglia per cacciare qualche animale.
Tirava un venticello fresco che smuoveva i capelli di entrambi.
Keira si fece una treccia, notando solo allora quanto i suoi capelli si erano allungati. La treccia da un lato le scendeva perfettamente dalla spalla sinistra e le superava il seno.
“Dovrò tagliarli.” Disse fra sé e sé, venendo udita dal Nano dietro di lei.
“E perché mai, sono così belli.” Keira si voltò verso di lui, mettendo una mano su un fianco e inarcando un sopracciglio.
“Sono tutti rovinati.”
“Si ma... ti donano.” Le disse lui, abbassando lo sguardo per un secondo per poi tornare a guardarla negli occhi.
Keira si voltò di scatto, non lasciando che Kili vedesse il rammarico sul suo volto.
“Grazie.” Disse freddamente e si incamminò lentamente riprendendo la ricerca.
Kili si grattò il capo sospirando. Che aveva detto di male?!
“Keira, aspetta!” Le gridò dietro.
“Cosa c’è?”
“Che ti ho fatto?”
“Prego?”
“Si, insomma, da quando mi sono risvegliato non fai altro che evitarmi. Mi parli pochissimo e se ti faccio un complimento... diventi fredda.” Pian piano, il tono del giovane andava diminuendo.
“Senti, Kili...”
“No, stammi a sentire tu!” Si infervorò il Nano.
‘Ci risiamo... ma perché a me?! Valar, che ho fatto di male?!’  
“Non voglio ascoltarti.” Lo fermò lei. Era già così dannatamente difficile guardarlo in faccia e sapere che l’amava, sapere che gli avrebbe infranto il cuore, sapere che comunque sarebbero andate le cose lui avrebbe sofferto. Non poteva dirglielo. Come avrebbe potuto? Gli voleva troppo bene per confessargli una cosa simile. No, doveva evitarlo ad ogni costo.
“Ma perché?”
“Perché so già cosa vuoi dirmi e la mia risposta è...” Si fermò in tempo. Dannazione, tutte quelle motivazione stavano per andare in fumo con una frase.
“Sarebbe un no, giusto?” Kili si voltò, dandole le spalle.
“Kili...” Mormorò la giovane, abbassando lo sguardo. Ecco, ora non doveva più preoccuparsi di non dire niente dato che aveva combinato un bel disastro.
“Senti, Kili, ragioniamo insieme.”
“Cosa c’è da ragionare? Io mi sono innamorato di te, Keira.”
“lo so ma-”
“Lo sai?”
“Non ricordi?” Altro disastro. ‘Brava, Keira, complimenti. Continua così.’
“Ricordare, cosa?” Kili era confuso. Delle immagini sfocate gli si pararono davanti agli occhi; ricordi della convalescenza, parole sospirate, il delirio della febbre. “Lui ti ama...” la voce dell’Elfa di nome Tauriel...
“Vuoi dire che lo sapevi e non hai fatto niente?”
“E cosa avrei dovuto fare? Venire da te e sputarti in faccia la verità?!” Ora iniziava ad arrabbiarsi sul serio, anche se non avrebbe voluto.
“Sarebbe stato meglio che... questo!” Gridò Kili, guardandola negli occhi.
Keira sentì una stretta allo stomaco quando calde lacrime rigarono le guance del giovane Nano. Gli si avvicinò e lo strinse a sé. Era colpa sua, era sempre colpa sua. Forse morire sarebbe stato un bene.
“Mi dispiace, Kili, mi dispiace davvero. Tu per me sei come un fratello, un grande amico. Ti voglio bene e non voglio ti accada niente di male. Non vorrei arrecarti questa sofferenza, ma è inevitabile. Io non sono quella giusta per te. Pensaci bene, anche se non dovessi morire a causa della profezia, morirei comunque prima di te per vecchiaia. Sarebbe una vita triste, la nostra. Sono sicura che quando tutto si sarà sistemato potrai avere tutte le Nane che vorrai e tra loro, chissà, magari troverai il tuo unico amore. Ma non sono io.” Faticò a dirgli quelle parole. Gli accarezzò il capo come farebbe una madre con un figlio. A pensarci bene, in effetti, lei poteva essere sua madre. Il suo aspetto poteva ingannare la sua età, ma cento ottantadue anni troppi, per uno come lui.
“Tu lo hai già trovato, vero, il tuo unico amore?” Quella domanda la spiazzò completamente.
“Mi dispiace tanto, credimi.” Disse in risposta, senza lasciarlo andare.
 
 
“Caccia prosperosa!” Esclamò Oin sfregandosi le mani. Dopo tanto tempo finalmente avrebbero mangiato un po’ di carne fatta come si deve. Le tre lepri che i due giovani avevano portato sarebbero state un ottima colazione.
Ovviamente, a nessuno passò in osservato il fatto che i due giovani nemmeno si guardavano.
“Keira,” la chiamò la piccola Tilda, tirandole una manica. “perché sei triste?”
“Non sono triste.”
“Tilda, lasciala in pace, dai.” La rimproverò Sigrid, scusandosi poi con la Mezzelfa.
“È che lei mi ricorda molto la nostra mamma. Ha gli occhi azzurri come i suoi, anche la mamma aveva i capelli biondi. Ed è premurosa con noi.” Keira sorrise, quella bambina era adorabile.
“Scommetto che vostra madre era molto dolce e bella, per far venir su delle bambine così carine come voi.” Disse loro, accarezzando una guancia alla più piccola.
“Si, lo era.” Fece Sigrid, accennando un sorriso e stringendo la spalla della sorellina.
“Cosa c’è che ti preoccupa, Sigrid?” Le chiese la giovane, porgendo alle due il loro pasto.
“Mi chiedevo quando potremmo rivedere nostro padre e Bain.”
“Non appena ci ricongiungeremo con il resto della Compagnia farò in modo di riportarvi indietro. Ve lo prometto.”








-Angolino autrice-
LO SO. LO SO CHE FA SCHIFO.
Ma è solo un capitolo di passaggio, la verità è che non sapevo prorpio che scrivere D:
Non ho più idee, non ho più ispirazione... mannaggia.. non è per niente come me lo ero immaginato questo capitolo.... è bruttissimo, orrendo, il peggiore di tutta la storia D:
Ma non lasciatemi sola vi prego ç_________ç 
Punitemi in tutti i modi, accetto anche recensioni negative per questo capitolo qui ç_ç
SCUSATEMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII
Ora vado in castigo all'angoletto.... alla prossima :*

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


“Sono passati due giorni.”
“Diamogli ancora del tempo.”
“Gliene abbiamo dato abbastanza. Ci vogliono poche ore da qui a Collecorvo, forse una o due. E qui non parliamo di ore, ma di giorni.” Ribatté il vecchio Oin, alterandosi contro la Mezzelfa.
Keira incrociò le braccia al petto batté la punta del piede a terra. Passò in rassegna con lo sguardo tutti i volti dei suoi compagni.
“Beh? Che avete intenzione di fare, andare a cercarli? Uscire di qui è fuori discussione: non possiamo né lasciare la Montagna incustodita e né andare a zonzo per i boschi.” Ribadì infine.
“Ma non possiamo nemmeno lasciarli al loro destino. Insomma, magri sono in difficoltà o si sono cacciati nei guai o che so io e non sono riusciti ad arrivare in tempo...” Disse Bofur. Keira gli rivolse uno sguardo esasperato e sbuffò. Non capivano che il meglio per tutti era rimanere lì e aspettare? Erano guerrieri, tutti quanti, se la sarebbero cavata se fossero stati in pericolo. Secondo lei, avevano solo ritardato la partenza da Collecorvo per qualche motivo.
“Stiamo parlando dei nostri parenti e amici. Dobbiamo andare a cercarli e portargli il nostro aiuto.” Intervenne Kili.
“Ma non capite che-”
No, sei tu che non capisci. Non ti importa nulla di loro, non è così?!” Sbottò il giovane. Le figlie di Bard e il vecchio Oin i scambiarono uno sguardo, mentre Bofur si avvicinò ai due giovani.
“Ma che diamine stai dicendo? Come puoi pensare una cosa simile?! Per chi mi hai presa, eh?” Gridò lei, seriamente scioccata dalle sue parole. Davvero credeva che non le importasse nulla? Che anche lei non fosse in pensiero quanto gli altri?
“Kili, calmati adesso. Keira non voleva certo intendere quelle cose.” Fece Bofur, poggiando una mano sulla spalla del nipote di Thorin che però se lo scrollò subito di dosso.
“Non mi toccare!” Esordì con rabbia.
Come un fulmine a ciel sereno, lo schiaffo di Keira echeggiò nella sala, lasciando tutti – soprattutto Kili – attoniti dal suo gesto.
La gota del giovane era rossa e calda e pulsava dal dolore.
“Sei uno stupido!” Gridò, guardandolo con occhi feriti. Gli si avvicinò minacciosa. “Ti è andato di volta il cervello?” Continuò, spintonandolo violentemente sul petto. Kili barcollò all’indietro, ma non cadde. “Smettila di fare il ragazzino capriccioso e torna al tuo posto. Non azzardarti mai più a dire una cosa del genere, sono stata chiara? Per me voi siete tutto e sono preoccupata quanto voi, ma non possiamo lasciare la Montagna. Chiaro, dannazione?” Con un’ultima forte spinta lo sbatté a terra.
“Hei, hei. Adesso, basta ragazzi.” Oin si avvicinò a Kili, mentre Bofur trattenne Keira per l’avambraccio. Le sue narici erano dilatate e gli occhi mandavano lampi di rabbia.
“Vieni, devi sbollire prima di fare altri danni.” Le disse, tirandola via di lì.
 
 
Bofur portò la Mezzelfa in uno dei corridoi adiacenti alla sala.
Il passo di lei era pesante e le sue braccia conserte; lo sguardo aveva un cipiglio serio e frustrato.
“Allora?” Le chiese fermandosi a metà strada.
“Allora cosa?”
“Perché avete gridato in quel modo? Che sta succedendo?”
“Non succede nulla.”
“Keira, non è da te sbottare a quella maniere e tanto meno da Kili dire certe cose. Soprattutto su di te, poi. Vuoi dirmi che vi è preso?”
Keira sospirò e abbandonò stancamente le braccia lungo i fianchi.
Bofur le si avvicinò e le accarezzò una guancia. Il suo tocco delicato – per quanto potesse esserlo quello di un Nano – la fece rilassare.
“Kili mi ha rivelato i suoi sentimenti e io l’ho respinto. Mi spezza il cuore vederlo così, ma che posso farci? Non volevo certo ferirlo.” Cominciò, abbassando lo sguardo. “Cosa ho fatto ai Valar per meritarmi questo?!” Ora sembrava stesse sull’orlo di una crisi isterica. “Ho avuto una madre che è morta di parto e un padre che mi sempre odiato per questo; una sorella, forse l’unica persona che mi abbia davvero mai amato, che è stata sbranata da Azog e dal suo stramaledetto Mannaro albino; sono destinata a morire e non so né il perché né il percome di questa decisione dei Valar e per giunta, come se non bastasse tutto questo, devo anche essere odiata da Kili perché non riesce ad accettare che il mio cuore appartiene ad un altro?! Qualcuno lassù deve volermi davvero male.” Fece una pausa. “A volte desidererei che la profezia si avverasse subito. Sarebbe una vera liberazione.” Disse infine, lasciandosi scivolare contro la parete.
Bofur si chinò a fianco al ei e la strinse forte.
“Oh, Manwë, perché? Perché proprio io?” Sussurrò la giovane, scuotendo il capo.
Ci fu un lungo silenzio.
“Keira?”
“Mh?”
“Ti amo.” Le disse, baciandole una guancia.
 
 
Kili se ne stava seduto a terra con fare scocciato.
Si rigirava fra le mani una pietra nera, a volte accarezzandola, altre alzando lo sguardo e sospirando sommessamente.
Che sciocco era stato. Non bastava che lei non lo amasse, doveva peggiorare ancora di più le cose!
C’era rimasta male, lo aveva capito dai suoi occhi. E con la sua reazione, il giovane si era subito pentito di ciò che le aveva detto.
Guardò per l’ennesima volta l’oggetto tra le sue mani; pensò a sua madre e a quanto gli mancasse. Poi pensò di nuovo alla Mezzelfa. Lei non aveva nessuno che la aspettava a casa, nessuno che da qualche parte avrebbe pianto la sua morte. C’erano soltanto loro.
Decise di scusarsi. Le sarebbe stato vicino come un amico ed un fratello, mettendo da parte i suoi sentimenti.
Sapeva che era la cosa giusta da fare e l’avrebbe fatta.
 
 
“Cos’è quella?” Domandò la voce di Keira, facendo sobbalzare il moro, che non si era minimamente accorto del suo arrivo.
“Una pietra runica” Rispose, passandogliela.
Torna da me.” Mormorò la giovane, ridandogli la pietra nera e lucida. “Chi te l’ha data?”
“Mia madre: è una promessa.” Un’ombra balenò sul volto di lei, ma scomparve subito, lasciando il posto ad un lieve sorriso.
Era andata lì con l’intento di riappacificarsi con Kili. Era da sciocchi rimanere ammusati reciprocamente nella situazione in cui erano. Litigare, poi, non portava a nulla.
Fu però il giovane arciere a prendere parola per primo.
“Senti, Keira, mi dispiace. Hai ragione tu, sono uno stupido, non avrei mai dovuto dire quelle cose. So che non le pensi... ti chiedo scusa.” La guardò negli occhi. “Io ti sarò vicino, d’ora in poi, ma starò lontano dal tuo cuore.”
Keira sorrise alle sue parole, abbracciandolo forte. Poco distanti, i due Nani e le due ragazzine si guardarono sollevati. Fortunatamente si erano chiariti in maniera pacifica.
“Grazie.” Sussurrò lei, ringraziando mentalmente anche i Valar.
 
 
“Madre?”
“Keira, figlia mia.” La voce cristallina di Calime le accarezzò le orecchie. Era così tanto tempo che non la vedeva nei suoi sogni.
“Madre, è passato del tempo dall’ultima volta. Da allora solo incubi... è accaduto qualcosa?” Domandò, curiosa, abbracciando sua madre.
“Sono stata richiamata per portarti un messaggio da Manwë Signore dei Valar.” Cominciò l’Elfa con tono grave.
“Riguarda il mio destino, non è così?” Keira abbassò lo sguardo.
“Sì, tesoro mio.”
“Cosa dice il messaggio?” I palmi iniziarono a sudarle.
La profezia sta per compiersi, la battaglia sarà vinta, il trono riconquistato e un popolo salvato.”
“Di che battaglia sta parlando?” Domandò confusa. È così, quindi, che avrebbe perso la vita? In una battaglia? E cos’era quella roba sul popolo salvato e il trono riconquistato? Che volevano esattamente i Valar da lei?
“Keira, ascoltami bene: qualunque cosa accada, lascia che la profezia si compia. Non sconvolgere la strada che Varda ha scritto nelle stelle.”
“Non lo farò.”
























-Angolino autrice.-
Buonaseraaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!
Lo so.. non guardatemi così... ve ne prego D:
Non mi sono scordata di questa storia... ma sapete come vanno le cose.. l'estate uno parte, poi esce, poi non dorme mai a casa propria... il pc diventa un soprammobile e così via...
Ma ora, l'ispirazione sembra essermi sbocciata di nuov nella mente per cui...
Che mi dite di questo orrido capitolo? 
Brutto vero? Bello vero?
A me piace... ma non mi convince più degli altri u.u
Anyway... 


...daaaaaaaaaaaaaaiiii, lasciami un piccolo commentino :3 io ti voglio bene, lo sai che ti voglio bene!!!

Comnque, ringrazio tutti quelli che come sempre recensiscono e ringrazio anche i nuovi recensitori (?)
E quelli che verranno in futuro (I hope. I believe in yuo <3)
Un salutone genteeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!
Vostra, LilyOok_

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16. ***


Urla di gioia, passi frettolosi e rumore di armi che venivano gettate a terra con noncuranza. Questi furono i fattori causa del mal risveglio della Mezzelfa.
Sentì i suoi compagni ridere gioiosi e festosi.
Le arrivò anche la voce profonda di Thorin, quella fina di Ori e le risate di Bombur e Bofur e di Balin.
Per un istante credette davvero di star ancora sognando, ma quando aprì gli occhi definitivamente e vide tutto quel trambusto le salì automaticamente il sorriso alle labbra.
Si alzò di corsa e andò incontro al gruppo.
“Keira, ragazza mia, state tutti bene!” Le disse il vecchio Balin, abbracciandola.
“Questo dovrei dirlo io a voi. Ci avete fatto preoccupare! Perché tutto questo tempo?”
Pian piano le voci si quietarono e Thorin si fece vanti.
“Attendevamo un messaggio.” Disse serio.
“Il nostro cugino dei Colli Ferrosi, Dàin, sta radunando un esercito. Presto-”
Thorin, con un gesto della mano, bloccò le parole di Fili, e tutti si voltarono nella direzione del suo sguardo.
“Cosa ci fanno loro qui?” Domandò severo. Tilda e Sigrid si fecero piccolissime sotto lo sguardo del Nano.
“Le ho portate io con noi.” Disse Keira.
“Come hai osato portare due figlie degli Uomini nella nostra casa?” Thorin uscì fuori di sé. Solo ora, la Mezzelfa notò che qualcosa in lui era cambiato. Nei suoi occhi il gelo era aumentato e le sue parole serbavano un rancore immotivato.
“Calmati Thorin, non potevo lasciarle morire là fuori.”
“Avresti dovuto” Ribatté lui.
Keira gli rivolse uno sguardo stranito, ma prima che potesse dire qualcos’altro, Balin intervenne.
“Thorin, ma che stai dicendo? Sono solo due bambine.”
Anche Bilbo si fece avanti: “Thorin, io credo che forse... come dire... magari... no, no, no.”
“Cosa stai blaterando, Scassinatore?”
“Niente, Thorin, niente.”
“Zio...” Fili e Kili lo guardavano spaesati.
Il Re non disse più nulla, rivolse un ultimo sguardo alle due ragazze e si incamminò, sparendo imboccando un corridoio.
Un silenzio gelido calò nella sala di pietra.
“Chiediamo scusa. Noi... non volevamo creare disordini, ci dispiace.” Disse d’un tratto Sigrid, facendo un passo avanti.
La Compagnia le guardò. Facevano tenerezza.
“State tranquille, non è colpa vostra. È solo un momento difficile, perciò vi chiedo di scusare Thorin per le sue parole.” Disse loro Balin, sorridendo bonario.
 
 
Keira, Bofur e Kili si avvicinarono a Fili e Balin. La frase del biondo che era stata sospesa a metà risuonava ancora nella testa della Mezzelfa. Cosa ci sarebbe stato presto? Era forse...
“Fili.”
“Mh?”
“Cosa stavi dicendo prima che Thorin ti interrompesse?” Chiese diretta.
“Ah, sì! Vedete, Roäc, figlio di Carc, della stirpe dei Corvi Imperiali, è venuto a cercarci da parte di suo padre per avvertirci: Uomini ed Elfi si sono riuniti e stanno venendo in direzione di Erebor. Thorin allora ha mandato Roäc ai Colli Ferrosi e abbiamo aspettato la risposta di Dàin... preparerà un esercito e al più presto sarà qui.”
“Perché mai gli Elfi e gli Uomini dovrebbero venire qui?” Domandò lei.
“Perché quest’oro non è tutto nostro.” Disse Balin. “Smaug ha distrutto Dale e portato nella Montagna le ricchezze degli Uomini. Con la scomparsa della minaccia di Smaug, staranno venendo per riprendersi ciò che è loro.” Sospirò. “Spero solo che Thorin sia ragionevole.”
Bofur e gli altri si scambiarono un’occhiata, mentre Keira rimaneva fissa con gli occhi in quelli del vecchio Nano.
“Balin, devo dirvi una cosa.”
 
 
“Keira...” Il vecchio Nano era sconvolto. Non si aspettava della profezia. Nessuno se lo aspettava.
“Vi prego, non dite nulla, non ce ne è bisogno. È il mio destino. Ma ora c’è qualcosa di più importante a cui pensare: le parole che Manwë ha affidato a mia madre e quelle di Roäc più o meno coincidono. Ci sarà una guerra! Dobbiamo prepararci.”
“Il grande Signore Manwë ha anche detto che il trono sarà riconquistato e il popolo dei Nani salvato. La guerra è già vinta.” Disse Nori.
Bofur scosse la testa.
“Oh no...” Mormorò lo Hobbit.
“La guerra sarà vinta solo quando Keira morirà.” Disse il Nano, guardando la sua Keira.
 
 
Thorin aveva passato via un bel po’ di tempo con il Tesoro, probabilmente a cercare l’Arkengemma.
Quando era tornato, la Compagnia gli aveva raccontato la vicenda di Keira e trovando anch’egli dei riscontri con le parole di Roäc, aveva ordinato che la porta principale fosse sigillata con un muro.
“Usate tutto, qualsiasi cosa vi capiti a tiro, ma sigillate quella porta.” Aveva detto.
Bilbo aveva storto il viso in una smorfia.
Se Thorin si comportava in maniera strana, però, lo Hobbit aveva un atteggiamento ancora più bizzarro: era sempre agitato, si guardava spesso intorno e quando qualcuno gli parlava all’inizio sussultava, come spaventato; solo dopo che quello aveva esposto l’argomento si placava, riprendendo ad essere il solito signor Baggins.
“Tutto bene, mastro Baggins?” Gli chiese la Mezzelfa, e come previsto, lo Hobbit sussultò.
“S-si, grazie.”
 
 
I Nani si misero subito al lavoro e in poco più di quattro ore, l’impalcatura era già pronta.
Kili e Fili erano stati posti nella parte più alta della struttura, mentre in basso stavano Balin, Oin e Bifur.
Le figlie di Bard e lo Hobbit si erano appostati in un angolino in disparte. Le due ragazzine tenevano sempre indosso la giacca di Keira. Faceva molto freddo nella Montagna.
“Sapete, da dove vengo io non fa tutto questo freddo. Non vi è nemmeno un alito di vento gelido. Sembra sempre estate. He, he!” Disse Bilbo, ammiccando in direzione delle due.
“Da dove viene lei?” Chiese Tilda, sorridendo al Mezzuomo.
“Un posto molto lontano. Sottocolle è la mia zona, Hobiton la mia città.” Rispose lui con orgoglio.
“Ma non è a di là delle Montagne Nebbiose?” Domandò Sigrid, corrugando la fronte.
“Si.”
“Avete fatto molta strada.”
“Già, davvero tanta.”
“E, se posso domandarvi, cosa ci fa uno come voi, che sembrate tanto per bene, con un gruppo di Nani?”
“Oh, mia cara ragazza, è tutta colpa di uno stregone. Gandalf, è il suo nome.” Rispose Bilbo.
“Avete conosciuto uno stregone?!” Chiese Tilda con stupore.
“Un grande stregone. È il secondo del suo ordine. Sicuramente vi piacerebbe.” Sorrise lui.
Un tonfo li distolse dal discorso, facendoli voltare verso i lavori: un pezzo di pietra era scivolato dalle mani del giovane Ori ed era finito a terra.
“M-mi dispiace...” Gridò il giovane Nano, guardando in basso per assicurarsi di non aver ucciso nessuno.
“Stai più attento, ragazzo!” Lo riprese Dwalin, che per qualche centimetro non era diventato la vittima dell’incidente.
I lavori ripresero subito dopo, e si prolungarono per un paio di giorni.
Giusto il tempo per Elfi e Uomini di arrivare.
 
 
A grandi passi, Thorin si avvicinò al muro e guardò attraverso la fessura che avevano lasciato appositamente ad altezza Nano. Davanti alla porta stavano Bard, il chiattaiolo di Esgaroth, Thranduil, il Re degli Elfi Silvani, il principe Legolas e l’elfa rossa, Tauriel.
Vi era silenzio nella valle e Thorin li scrutò attentamente.
“Thorin, figlio di Thrain, figlio di Thor, rispondi al nostro appello. Mostrati.” Gridò Thranduil.
“Parlate, io vi ascolterò.” Gridò a sua volta Thorin.
“Siamo venuti a contrattare per la nostra parte di Tesoro.” Rispose l’Elfo.
“Quanto coraggio hai, Thranduil, a venir qui reclamando il mio oro dopo che hai tenuto me e i miei compagni prigionieri nella tua dimora per quasi un mese. Non ti sembra una richiesta presuntuosa, la tua?”
“Così mi offendi, Re sotto la Montagna; mi fai sembrare un ladro. Ciò che vengo a reclamare io sono le pietre bianche che rilucono della luce delle stelle. Pietre che tuo nonno non mi ha consegnato, venendo meno ai patti decenni fa.” Ribatté il Silvano.
Da un Re ad un altro, ti consiglio di andartene e di portarti dietro anche tutti gli altri. Da questa soglia non passerà una sola minuscola pietra preziosa del mio Tesoro.”Esclamò Thorin. I suoi occhi erano pozze chiare come il cielo nuvoloso e fredde come l’inverno.
“Thorin...” Provò Balin, ma venne fulminato a vista.
“Re sotto la Montagna, dove sono le mie figlie?” Chiese allora Bard.
“Sono qui.”
“Ti prego, lascia almeno che loro si ricongiungano con il loro padre e il loro fratello.”
Keira si avvicinò a Thorin.
“Ho promesso a quelle bambine che le avrei riportate dal loro padre. Devo mantenere la mia parola.” Sussurrò al Nano.
Quello la guardò male e poi sputò le parole con disprezzo: “Nessuno lascerà questa Montagna. Né noi, né loro.”
“Non puoi tenerle prigioniere! Credi che così facendo tu sia migliore di Thranduil? Ed è questo il ringraziamento che offrirai a Bard per la sua ospitalità? Ci ha salvati da morte certa. È così che vuoi ricambiare il suo gesto?!”
Zitta, femmina!
Calò il gelo.
Ora anche gli occhi azzurri di Keira erano diventati freddi come il ghiaccio.
Nessuno osò intervenire. Sapevano fin troppo bene che le cose sarebbero andate solo peggiorando. Speravano solo che Keira non avrebbe fatto qualche passo falso.
“Bene.” Disse infine lei, voltandosi e avviandosi verso le sue cose iniziò ad armeggiare con l’arco, le frecce e la spada, che legò alla cintola.
“Che hai intenzione di fare?” Le chiese Bofur, preoccupato.
“Me ne vado, semplice.”
“Ma, Keira, ragiona!”
“Ragionare? Bofur, davvero tu credi che si possa ragionare adesso? Questa non è la causa per cui mi sono unita a voi. Non vale la pena di restare, mi dispiace.” Le pizzicavano gli angoli degli occhi all’idea di lasciarlo, di lasciare tutti quanti. Ma era inevitabile.
Lo sguardo che il Nano le rivolse disse ogni cosa.
Keira gli diede un bacio su una guancia e sussurrò qualcosa al suo orecchio.
Poi andò dalle ragazze e le prese per mano.
Sotto lo sguardo di tutti, le tre arrivarono davanti alla porta. Davanti a Thorin.
“Lasciaci passare.”
“No.”
Avanti, facci passate, Thorin.”
“Ho detto che nessuno lascerà Erebor. Sapevo fin dall’inizio che non avrei dovuto fidarmi di te.”
“Stai mettendo in dubbio la mia lealtà solo perché sto rispettando una promessa?”
Da fuori, la voce insistente di Bard che chiedeva una risposta arrivò attutita dalla pietra.
“Avanti, lasciami passare.”
“Ho detto di no. Non costringermi ad usare le armi.” Disse Thorin.
Ci fu un movimento collettivo da parte della Compagnia. Volavano sguardi, silenziosi interrogativi. Cosa avrebbero dovuto fare? Andare contro il loro Re per una singola persona?
Keira valutava intanto la situazione.
Nonostante fosse in grado si sostenere uno scontro con Thorin, non era certo quello un bel modo per porre fine alla sua vita – ammesso che avrebbe perso e che la follia del Nano fosse a livelli stratosferici. Come seconda cosa pensò alle ragazze. Non poteva permettersi di metterle in pericolo.
“Va bene, hai vinto. Resteremo tutti qui dentro.” Disse infine, stringendo le mani delle due giovani umane.
Un’idea le era balenata nella mente e intendeva portarla a termine. Solo in quel modo avrebbe mantenuto fede alla parola data.
 
Bard fu ricacciato indietro insieme agli Elfi e la giornata finì in quel modo.
Una pesante giornata con una fine pesante.
Thorin era completamente uscito di senno.
La domanda che tutti si ponevano ora era: cosa ne sarebbe stato di loro, adesso?
 
 
Quella notte, Keira la passò interamente sveglia. Aspettava con ansia un determinato evento. E quello, fortunatamente, non tardò.
Thorin si alzò e si diresse verso la sala del Tesoro. Il resto della Compagnia russava profondamente. Era il momento.
Si alzò e si preparò per partire.
Si avvicinò silenziosamente ad Ori e gli sfilò da sotto al braccio la matita e il suo blocco da disegno.
Strappò un foglio e scrisse un biglietto in lingua corrente – unica che sapeva scrivere oltre l’elfico.
Poggiò lentamente ogni cosa al suo posto e lasciò il foglietto nella mano del suo amato.
Successivamente svegliò le due ragazzine e, con Tilda in braccio, si avviò verso la porta.
Finalmente lasciarono Erebor.













-Angolino autrice-
ECCOLO QUI!
Ora si che inizia l'azione, babies (?) (il mio inglese è uno schifini, lo so u.u)
Un paio di cosette e poi non vi rompo più <3
-Se i dialoghi vi sembrano banali, o simili, beh... mi spiace, ma a me il cpaitolo piace così com'è u.u
-
COSA IMPORTANTE: Lo so che Thorin non ha avuto molto tempo per rivelare a fondo la sua pazzia, ma sto accorciando i tempi, come avete visto, un po' perché ho in mente tante di quelle storie che se prima non ne finisco qualcuno non le posso iniziare, un po' perché si sta dilungando troppo e le idee sfuggono, un po' perché comunque tra un po' esce il film e NON VOGLIO che la battaglia del film influenzi la MIA battaglia!
Quindi tesssssssssssssssssssssssssssssoro che stai leggendo, non dico che finirà presto, ma ci stiamo avvicinando alla conclusione.
UN ULTIMA COSA E POI SCAPPO: per le dolci fanciulle a cui avevo spoilerato qualcosina.... beh, ho deciso che arriverà nel prossimo capitolo u.u
Un saluto a tutti e via ;)

Lily!

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Capitolo 17
*** Capitolo 17. ***


Bard non riusciva a chiudere occhio quella notte. Pensava alle sue figlie.
Thorin li aveva cacciati malamente e lui non aveva nemmeno potuto rivedere i loro visi.
Le sue ragazze... Tilda in particolare aveva strappato il volto alla sua cara e defunta moglie. Perdere la più piccola delle sue figlie, significava perdere di nuovo colei che un tempo aveva amato e la possibilità di rivederla ogni giorno della sua vita.
Si girò su un lato.
Le brande che gli Elfi avevano preparato per gli Uomini erano scomode, ma comunque migliori del pavimento terroso.
Thranduil si era portato dietro i soldati. Il perché di questa scelta era ancora oscuro al chiattaiolo di Esgaroth, che comunque sia aveva intuito le intenzione del Silvano.
Avevano allestito quell’accampamento ai piedi di Erebor; non si sarebbero arresi facilmente e se ce ne fosse stato bisogno, avrebbero usato la forza per ottenere ciò per cui erano venuti.
Ma a Bard tutto questo alla fin fine non importava. Lui voleva solo riavere le sue bambine.
Con il ricordo dei sorrisi delle sue figlie, tentò di chiudere occhio per l’ennesima volta, quando un fruscio lo destò immediatamente.
Fuori dalla tenda udì un movimento comune da parte degli Elfi e si alzò, afferrando il suo arco, correndo fuori a vedere.
 
 
“Lasciatemi, razza di degenerati!” Gridò Keira, che era stata sollevata per le braccia da un paio di guardie elfiche. Odiava essere alzata da terra. Il suo sguardo era truce e scalciava a mezz’aria. In un certo senso era... buffa.
“Che succede?” Chiese un uomo, uscendo da una delle tende dell’accampamento.
“Bard! Sono venuta a riportarti le tue figlie, fammi mettere giù immediatamente!” Esclamò la Mezzelfa, agitandosi.
“Tilda e Sigrid sono qui? Lasciatela, avanti!” Ordinò l’uomo. Le guardie si guardarono, senza muoversi. “Non avete sentito?”
I due si guardarono e lentamente riportarono Keira con i piedi per terra.
“Idioti, mollatemi adesso.” Ringhiò e con uno strattone si liberò della presa di entrambi.
“Potete andare, ci penso io a lei.” Con un cenno, Bard congedò i due che si allontanarono.
“Dove sono le mie figlie?” Chiese impaziente, mentre osservava la giovane risistemarsi la giacca.
“Sono lì.” Rispose lei indicando un paio di tende più in là. “Le hanno portate in quel tendone enorme che suppongo appartenga a quella sottospecie di vanitoso Re degli Elfi e al suo figlio ossigenato.”
“Io... non so cosa dire. Come posso ringraziarti per quello che hai fatto?” Disse Bard, sorvolando sulla cattiva ironia della Mezzelfa.
“Non ringraziarmi, non fare niente. Ho fatto solo la cosa giusta. Ma ora non posso tornare indietro, Thorin è fuori di sé, e ci sono cose che è meglio che sappiate anche voi.” Rivolse all’uomo uno sguardo serio. “Puoi portarmi da Thranduil?”
 
 
Papà!
Non appena varcarono la soglia del tendone, Bardo fu investito dall’abbraccio delle due ragazzine.
“Tilda! Sigrid!” Fece lui, baciando la fronte ad entrambe.
“Guarda, guarda, chi abbiamo qui.” Il commento di Thranduil interruppe il felice momento e Keira si voltò verso di lui, roteando gli occhi al cielo in maniera plateale.
“Chi si rivede...” Mormorò, inarcando un sopracciglio verso di lui.
“Cosa ti ha portato al mio accampamento, figlia della profezia?” Domandò lui, chinandosi in avanti dalla sua grande poltrona in legno.
“Sai, esiste una cosa chiamata onore... ma forse tu non sai cos’è; fatto sta che ho fatto una promessa e sono andata contro i miei compagni pur di mantenerla. Fine.” Disse con nonchalance.
“Bada a come parli, donna.” Intervenne Legolas, affiancandosi al ‘trono’ di suo padre. Con lui arrivò anche il Capitano della Guardia, Tauriel.
“Sire Thranduil, Keira ha qualcosa di importante da far presente, lasciatela parlare.” Si intromise Bard, rivolgendo poi alla giovane un’occhiata d’intesa. Era ora di smetterla di giocare.
“Parla, allora.” Acconsentì Thranduil, poggiando la schiena allo schienale di quercia e accavallando le gambe.
“Bene. Come avrete visto, Thorin ha iniziato a dare i numeri... il che non sarebbe un problema, se solo non avesse convocato l’esercito di Dàin dai Colli Ferrosi.”
Silenzio.
“Sta giungendo un esercito di Nani?” Domandò incredula Tauriel, spostando lo sguardo dal suo Re alla Mezzelfa e viceversa.
“Da quel che so io, Roäc, il figlio del Corvo Reale di Thror, avrebbe avvertito Thorin del vostro arrivo e lui ha pensato bene di chiamare i rinforzi.” Keira fece spallucce. “Ma la cosa che più mi preoccupa e che la guerra ci sarà. Non abbiamo scampo.” Abbassò gli occhi. Io non ho scampo, pensò.
“La guerra si può evitare, ma non credo sarà facile.” Disse Bard.
“No, ti sbagli.” Keira spostò poi lo sguardo, puntandolo in quello di Thranduil. “Thranduil, ricordi mia madre? Ebbene, Manwë mi ha mandato un messaggio tramite lei: ci sarà una guerra, non dice contro chi, ma parla di popoli salvati, troni riconquistati e... una profezia compiuta.” Abbassò per un istante gli occhi, per poi rialzarli, assumendo uno sguardo fiero.
Niente debolezze.
“Così Manwë avrebbe parlato con te tramite tua madre? E perché mai dovrei crederti?” Chiese Thranduil, scettico.
“Perché mai non dovresti?” Chiese invece lei, indignata. Dannazione, Thranduil sapeva bene come farsi detestare e la pazienza di lei non era certo infinita.
“Semplicemente perché in te scorre il sangue di una traditrice.”
“Alludi a mia madre? Non ha tradito nessuno,  ha solo seguito il suo cuore. E io ho fatto lo stesso. Ho mantenuto la parola data a quelle ragazze. Sto dicendo la verità.”
“Passerai la notte con Tauriel. Domattina vi voglio di nuovo tutti qui e discuteremo meglio sul da farsi.” Sentenziò in fine il Re degli Elfi, alzandosi.
Keira non riuscì a trattenersi.
“Eh no!” Si lagnò, sbuffando pesantemente.
“Cos’hai da obbiettare?” Si rivoltò quello.
“Perché con lei?” Domandò Keira, indicando l’Elfa che la guardò confusa. Probabilmente si stava chiedendo che aveva fatto per suscitare in lei quella reazione esagitata.
“Perché io ho dato un ordine. Puoi sempre decidere di essere spedita di nuovo nelle segrete di Bosco Atro. Come preferisci.” Sorrise Thranduil, sparendo dietro un separé di tela.
 
 
“Cos’hai contro di me?” Chiese Tauriel, non appena entrarono nella sua tenda.
Keira si limitò a guardare altrove. Si morse le labbra, mentre osservava irritata l’interno del tendone.
Una branda, una scrivania, una sedia, e le sue armi.
Ora che ci pensava, cominciò a sentire il peso dell’arco che stranamente nessuno le aveva levato dalle spalle.
Si accorse dopo un minuto circa che Tauriel la stava osservando.
Si mosse a disagio, poi decise che non le importava, ma che soprattutto, per quel lasso di tempo ultimo che le rimaneva, avrebbe messo da parte ogni conflitto con lei. Un’amica poteva farle comodo.
“Ti chiedo scusa.” Mormorò a bassa voce, infine.
“Cosa?” Chiese l’altra, che purtroppo per lei non aveva udito davvero.
“Ti ho fatto le mie scuse. Non le ripeterò di nuovo, sia ben chiaro.”
Tauriel sorrise.
“Che hai da ridere, adesso?” Keira era sconcertata.
“Nulla, è che sei... come dire... particolare, ecco. Ti invidio, mi piacerebbe essere come te.”
“Nessuno te lo vieta.”
“Sono il Capitano della Guardia Reale, tutto me lo vieta.” Ribatté l’Elfa.
“Beh, se potessi scegliere, io non sarei come me.” Disse Keira, facendo spallucce.
“Alludi alla profezia?” Domandò la rossa, afferrando delle coperte.
“Della profezia, del mio passato... forse è un bene che abbiano scelto me per salvare il mondo.” Constatò la Mezzelfa, afferrando le coperte che Tauriel le porse.
“Usa pure la mia branda, ne farò portare un’altra.” Le disse.
Keira la guardò, non sapendo cosa rispondere. Poi la ringraziò semplicemente e si stese supina sulla branda.
“Posso farti una domanda?” Chiese d’un tratto, e l’Elfa annuì con il capo. “Hai mai incontrato mia madre? Si chiamava Calime.”
“No. Ne ho sempre sentito parlare, ma non ho mai avuto il piacere di incontrarla.”
“Capisco... peccato, le saresti piaciuta.”
“Dici?”
“Dico. Ora, se non ti dispiace, sono molto stanca e gradirei riposarmi.” Con un cenno del capo, le due chiusero ogni discorso e Keira si girò di fianco, dandole le spalle.
Era incredula su quanto si fosse aperta con la donna. Tutto sommato, non era poi così male.
Decise che il giorno dopo l’avrebbe ringraziata ancora per aver salvato la vita di Kili.
Mentre si addormentava, sentì Tauriel mormorarle la buonanotte.

















-Angolino autore.-
EH Sì, L'HO FATTO HAHAHAHHAHAAHHAHA!!!
E' STATO PIù FORTE DI ME LO GIURO... XD 
"Perché con lei?" Hahahahhaha :'D 
Io odio Tauriel, per chi non lo sapesse u.u
Anyway, visto che l'ispirazione è sempre dietro l'angolo?? :D
Sono contenta di aggiornare così spesso *-*
E voi???
Vi piace l'andazzo che ha preso la storia???
Oh, devono succedere ancora un paio di cosette :3
E il capitolo 18 è già in cantiere Yaaaaaaaaaaaaiiii :D

Beh... ma tu proprio non me la lasci una recensione??? ç___ç Non ti faccio un pochettino pena???
HAHAHAHAHAHAHAH, sto scherzando :D 
(Ma se la vuoi lasciare..... mi rendi felice)
Un saluto ragazzuoliiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!
La vostra Lily <3

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18. ***


PREMESSA: Le frasi in elfico che troverete 1- sono tradotte a fine capitolo e 2- le ho costruite io senza declinare sostantivi ecc, quindi se qualche esperto ne risente, chiedo scusa, ma la traduzione dall'italiano non è proprio corretta (anche se le parole so quelle perché le ho cercate sul dizionario di lingue elfiche)
Buona lettura :) ci rileggiamo infondo!




Un vociare agitato di fuori, nell’accampamento, destò Keira dal suo profondo sonno. Erano giorni, forse mesi, che non dormiva così, stile sasso, e ora voleva proprio sapere perché tutta quell’agitazione tra Elfi e Uomini.
Si tirò a sedere, sbadigliando e stropicciandosi gli occhi.
Dopo essersi messa l’arco in spalla e spada al fianco, si precipitò fuori a grandi passi, con l’aria scocciata e il muso, ma appena mise piede oltre la soglia, una mano la spinse nuovamente dentro , bloccandole il passaggio.
“Che diamine fai? Fammi uscire.” Disse adirata. Se il buongiorno si vede dal mattino, quella era proprio una giornataccia.
Alzò lo sguardo verso l’Elfo che la bloccava e riconobbe il suo carceriere. I lunghi capelli castani, gli occhi verdi chiaro, tutto come allora, nella cella del Palazzo Reale.
“Ho l’ordine di tenerti qui dentro.” Disse quello, guardandola un po’ a disagio.
“Come, prego?”
“Pare che Thorin abbia scagliato un dardo a pochi centimetri dai piedi del mio Sire Thranduil, come avvertimento.”
“Valar... è un pazzo.” Mormorò la giovane.
“Così, una volta tornati, il mio Re ha ordinato che venissi sorvegliata sempre e che non ti fosse permesso di lasciare questa tenda.” Concluse l’Elfo.
“Frena un attimo. Di grazia, potrei sapere cosa c’entro io con Thorin e le sue follie cerebrali?” Domandò confusa, incrociando le braccia e inarcando un sopracciglio.
La guardia stava per rispondere ma lei mormorò qualcosa e voltò i tacchi, intenzionata ad andarsene.
“Ferma! Abácare inya indio!*Gridò lui.
Keira si fermò all’istante, sgranò gli occhi e si ricoprì di uno strato di sudore freddo.
Si voltò e lo guardò quasi spaventata.
“Come... come mi hai chiamata?” Domandò, deglutendo a fatica.
“Rispondimi!” Gridò, vedendo l’esitazione dell’altro.
Seler inya Calime nà**.” Disse allora l’Elfo.
Improvvisamente ogni rumore all’esterno scomparve.
Indio inya nà***.” Disse ancora lui, avvicinandosi.
“Non fare un solo altro passo verso di me.” Intimò lei. Il cuore le martellava il petto e aveva quasi il fiatone.
“Keira...”
“No, Keira un bel niente! Mi hai tenuta in cella per quasi un mese! Che razza di zio sei? E perché non me lo hai detto? Insomma, ho passato una vita a pensare di essere rimasta sola in questo mondo e ora arrivi tu e te ne esci che sei il fratello di mia madre, ti pare normale una cosa simile?!” Sbottò. Tirò fuori tutto d’un fiato e subito dopo si accigliò, poi mise su un’espressione adirata attese la sua risposta.
“Non sapevo fossi tu la figlia di mia sorella, mi dispiace.” Spiegò suo zio. “Dopo la morte di Calime non ho saputo più nulla di te. Tuo padre non si è mai degnato di farmi avere tue notizie, così ho creduto che fossi morta con lei.”
Keira sospirò, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi. Non la stupiva l’atteggiamento che aveva avuto suo padre. ‘Infondo avrebbe preferito la mia morte alla sua...’
“Qual è il tuo nome?”
“Almhir.”
 
 
Quando Keira infine varcò la soglia dell’enorme tendone di Thranduil, seguita da Almhir, trovò il Re Silvano che girava vanti e indietro nevroticamente per la ‘sala’, con Bard, Legolas e Tauriel che lo osservavano in attesa di qualcosa, forse una decisione o altro.
“Mi spiace, Sire, non sono riuscito a fermarla.” Disse subito Almhir, notando lo sguardo infervorato del suo Re non appena aveva visto la giovane.
“Che sta succedendo, Thranduil? Perché hai tentato di segregarmi in quella dannatissima tenda?” Chiese lei, arrabbiata. Quell’Elfo era uno stress per i suoi poveri nervi.
Tu!” Esclamò lui con disprezzo, avvicinandosi a lei, sovrastandola con la sua altezza. “È tutta colpa tua.” Le disse con cattiveria.
I fatti successivi si svolsero con una velocità incredibile: Thranduil sfilò la spada dal fianco di Almhir, cogliendolo di sorpresa, e fece per colpire la giovane. Legolas lo richiamò a sé, mentre Bard si mosse freneticamente sul posto e Tauriel emise un grido spaventato.
Quando la lama stava per trapassare la gola della Mezzelfa, il tendone fu investito da una luce bianca, abbagliante, che costrinse i presenti a coprirsi gli occhi.
Una figura avvolta in vesti azzurre apparve per un istante nella luce, i lunghi capelli bianchi fluttuavano in aria. Con un dito, egli toccò la lama della spada che brandiva il Re degli Elfi, mandandola in frantumi.
Quando la luce scomparve, tutti erano come imbambolati. Il tempo pareva essersi fermato.
 
 
Bofur aprì gli occhi, si sentiva strano. Una sensazione spiacevole si insinuò in lui, non appena si ricordò dei fatti della sera precedente.
Pensò subito alla sua Keira, che non vide dormiente accanto a sé.
Vi era uno strano silenzio nella Montagna. Si mise a sedere, e si portò le mani al volto per strofinarselo e svegliarsi del tutto, ma a svegliarlo, in realtà, fu qualcos’altro.
Insieme alle mani, al viso si portò anche un foglio di carta. Lo aveva sempre avuto in mano? Beh, in ogni caso non se ne rese conto fino a quel momento.
Se lo rigirò fra le mani e realizzò che la povertà della vita sugli Ered Lûin non gli aveva mai permesso di imparare a leggere.
Chiamò i suoi compagni, ancora addormentati – ecco perché tutto quel silenzio – e man mano che si svegliavano, inveivano contro di lui per aver interrotto il loro agognato riposo.
Quando finalmente anche Ori si riprese dal suo sonno, gli porse il pezzo di carta e lo pregò di leggere.
“È scritto in Lingua Corrente. Dalla mano direi che è una scrittura-”
“Ori! Vuoi leggere quel dannatissimo foglio?” Lo riprese il Nano, che nel frattempo aveva iniziato a sudare, avendo notato ancora una volta che Keira non si faceva viva.
“Va bene, va bene! Allora, dice:

La decisione che ho preso mi porterà ad essere vista come una traditrice, ma credetemi, sto solo mantenendo una promessa fatta sul mio onore. Ciò che sto per fare è riportare le figlie di Bard a casa. Thorin non è e non sarà in grado di capire la mia scelta, e me ne dispiaccio. Inoltre, credo lo abbiate notato anche voi, è accecato da quello stupido Tesoro, non ragiona più. Ebbene, una guerra è ciò per cui sono nata e destinata a morire, ma dovrà essere una guerra giusta. Non combatterò al suo fianco ma nemmeno contro di lui. Combatterò il mio nemico e porterò a termine la profezia. Morirò con onore, senza rimpianti. Voi siete diventati la mia famiglia e il vostro ricordo rimarrà vivo nel mio cuore anche al di là di questo mondo.
Grazie.
Vostra, Keira.
Ps: lunghi giorni al Re sotto la Montagna.
” Ori mise giù il foglio.
Gli sguardi sperduti dei Nani vagavano da un viso all’altro, scambiandosi occhiate e alzate di spalle.
“Perché non me lo ha detto?” Mormorò Bofur, cercando vanamente la risposta negli sguardi degli altri.
“L’avresti fermata.” Disse Kili, attirando l’attenzione su di sé. “Eppure era così chiaro...” Mormorò, ma capì dai loro sguardi che nessuno aveva afferrato. “Ragionate: per una come Keira, che ha un carattere forte e deciso, rinunciare ad una decisione presa è qualcosa di impensabile. Ebbene, ieri Thorin l’ha minacciata e lei non ci ha pensato due volte a lasciar perdere la causa.”
“Ma non l’ha mai lasciata perdere.” Concluse Fili, aggrottando la fronte. “È chiaro. Hai ragione, fratello.”
 
 
Con il foglio stretto nel pugno, Bofur corse da Thorin, cogliendolo a frugare nelle immense ricchezze della sala del Tesoro.
“Cosa ci fai qui?” Gli chiese il Re, senza nemmeno guardarlo.
“Leggi questo, Thorin!” Esclamò lui, porgendoli malevolmente il foglio.
Thorin lo prese, rivolgendo a Bofur un’occhiata di sbieco.
Lesse il nero su bianco e poi restituì con noncuranza il pezzo di carta al Nano che lo guardò voltarsi e continuare a frugare nel Tesoro.
“Beh?”
“Cosa?”
“Non dici niente?”
“Cosa devo dire? Mi padre sia tutto scritto su quel foglio. Keira è una traditrice, ha fatto bene ad andarsene.” Disse Thorin, rigirandosi fra le mani un cristallo color del sangue.
“Come puoi dire una cosa del genere? Dopo tutto quello che ha fatto per noi.” Ora Bofur iniziava ad arrabbiarsi ancora di più. Lo irritava la nonchalance che usava Thorin nel dire quelle cose, come se alla fine non gli tangesse più di tanto il fatto che un membro della Compagnia se ne fosse andato a causa del suo comportamento.
“Dov’è finito il Thorin che tutti noi abbiamo deciso di seguire?” Gridò.
Nessuna risposta.
“Davvero non ti importa niente?” Gridò ancora più forte.
Un altro silenzio.
“Thorin...” Mormorò allora Bofur, con rassegnazione. “Che ti è successo? Ti sei lasciato soggiogare dall’attrazione del Tesoro. Avevi giurato di essere diverso da tuo nonno, ma in realtà c’è più lui in te di quanto tu creda.”
 
 
Quando giunsero le ambasciate Elfiche, con Bard al seguito, venne intrapresa una discussione animata tra i due Re.
“Tu non hai alcun diritto di reclamare il mio oro!” Continuava a ripetergli Thorin, battendo i pugni sul muro di pietra.
“Sei caduto vittima del Tesoro proprio come tuo nonno, non sei degno di possedere tale ricchezza. La utilizzeresti solo per il tuo piacere, lasciando la gente morire di fame alle porte di quella che diventerà la tua tomba se non cambierai idea.” Disse Thranduil, non scomponendosi minimamente. Poi, riflettendo, decise di aggiungere qualcosa. “Perfino la figlia della profezia ha capito che non valeva la pena di morire lì dentro.”
In quel momento – forse perché fu Thranduil a dirlo, o forse semplicemente perché la sua testa gli disse di agire in quel modo – Thorin compì un gesto poco degno di un Re.
Afferrò l’arco di Kili e scagliò una freccia a pochi centimetri dai piedi dell’Elfo.
“Vattene di qui o la prossima volta non sarà solo un avvertimento quella freccia. Keira è una traditrice, nelle sue vene scorre il sangue della tua gente, il che fa di lei un essere indegno di stare a questo mondo. Tu e i tuoi soldati potete morirci in quella valle, non avrete mai niente da me. MAI.” Gridò Thorin, in preda ad una rabbia incontrollata.
Thranduil, indignato, girò i tacchi senza dire una parola e una volta tornato al campo diede ordine di tenere sottocontrollo la Mezzelfa e di non farle fare un passo fuori dai confini della tenda di Tauriel.
Era stato considerato la feccia di tutta la Terra di Mezzo a causa sua.
 
 
“Il potente Signore Manwë ha voluto punirmi.” Disse Thranduil, lasciando cadere a terra l’elsa della spada ormai distrutta.
“Padre..” Lo chiamò Legolas, vedendo sul volto dell’Elfo un’espressione quasi spaventata. Mai suo padre aveva avuto quegli occhi.
“Mio Re, che intendete per ‘punirvi’?” Domandò Tauriel.
“Stava per interferire con la profezia.” Disse Keira, che aveva ancora lo sguardo fisso sui frantumi della lama.





*NON FARLO NIPOTE MIA.
**CALIME è MIA SORELLA.
***SEI MIA NIPOTE.



















-Angolino autrice-
Allora, signori e signore, che ve ne pare?
Secondo voi è troppo l'apparizione ADDIRITUTRA di Manwe signore dei Valar? Beh, per me no. 
Ma fatemi sapere, criticate, sono aperta a tutto :D
Anyway, parliamo un po' del capitolo.
THORIN è FUORI DI SENNO E VABBEH, LO AVEVAMO CAPITO :'D
Thranduil è solito permalosone... non gli si può dire niente che subito se la prende... -_-"
Tauriella mi sa di oca quando Thrandy sta per colpire Keira XD Giuro, L'HO FATTO APPOSTAAAAAAAAAAAAAAAA MUAHUAHUAAUHAUHUHAUHAUAHA!!! Scusate, ma il mio dio per lei è incontrollato hahhahaaha.
Che altro dire? Mi spiace tanto per Bofur ç____ç piccolo amore mio tessssoro <3 (KILI, NO, NON TI STO TRADENDO, TRANQUILLO.)
Ok, scusate, mi sto dilungando XD
Fatemi sapere, aspetto le vostre recensioni *-*
Bacio a tutti e nuona serata :D
La vostra Lily.

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19. ***


Seduta sulla sua branda, Keira ripensava agli avvenimenti di quella mattina. Manwë si era apprestato a salvarle la vita dalla furia di Thranduil, ciò significava che il suo sacrificio era davvero importante e necessario e doveva essere durante la guerra.
‘Mettiti l’anima in pace, Keira, non hai scampo.’ Pensò.
Il telo che copriva l’entrata fu scostato, lasciando entrare Tauriel.
Le due si guardarono un istante, poi Keira spostò lo sguardo altrove.
L’Elfa le sedette accanto.
“Stai bene?”
“Servirebbe a qualcosa dire che non sto affatto bene?” Domandò di rimando la giovane, tenendo lo sguardo basso sulle mani raccolte in grembo.
“Probabilmente no... ma se vuoi parlare, sfogarti, non so, con me puoi farlo.” Disse Tauriel in tono amichevole.
“Ti ringrazio, ma ci penserà la guerra a liberarmi.”
“Capisco. Beh, per qualsiasi cosa chiedi pure.” Concluse l’Elfa, alzandosi e armeggiando con qualcosa sul tavolino di legno. Poi uscì di nuovo, esitando solo un istante sulla soglia per gettare un’ultima occhiata alla ragazza.
Keira si sdraiò. Forse più tardi sarebbe andata a cercare Almhir.
 
 
“Keira?”
...
“Keira?”
...
“Avanti, svegliati. Mi senti?”
“Mmmhh...” Mormorò la Mezzelfa, girandosi dall’altra parte.
“Giorni Celesti, Keira!
“Che c’è?!” Gridò stizzita, questa volta voltandosi di scatto.
Sorpresa di non vedere nessuno, si mise a sedere e si strofinò le mani sul viso. Probabilmente aveva sentito una voce nel sonno. ‘Ci manca solo che impazzisco...’
Stava per rimettersi giù, ma un fruscio catturò la sua attenzione.
C’era davvero qualcuno!
“Chi va là?” Chiese, mettendo la mano sull’elsa della spada.
“Aspetta, aspetta. Sono io, Bilbo.” Disse la voce, ora più chiara.
Bilbo? Fatti vedere!”
Lo Hobbit apparve dal nulla, proprio di fronte a lei.
“Cosa ci fai qui? Thorin lo sa?” Domandò subito, preoccupata, curiosa e confusa.
“Ti prego, non ho molto tempo: devi portarmi da Thranduil.”
 
 
Per la seconda volta in quella giornata, Keira fece il suo ingresso inaspettato nel tendone del Re Silvano.
“Thranduil, c’è qui Bilbo che... Gandalf?!”
 
 
“Dove sei stato per tutto questo tempo?” Chiese lo Hobbit, sorpreso quanto la sua amica.
“Sono stato trattenuto a Dol Guldur più del previsto.” Spiegò lo stregone. In effetti era un po’ ammaccato.
“Beh, è un piacere vederti!” Esclamò il Mezzuomo.
“Oh, Bilbo, ti trovo bene.”
“Si, perché il peggio deve ancora arrivare.”
Gandalf rivolse uno sguardo a Thranduil, poi nuovamente ai due.
“Cosa ci fate qui? Perché non siete con Thorin nella Montagna?” Chiese poi, accigliandosi.
“Beh...”
“Io me ne sono andata.” Keira anticipò lo Scassinatore.
“Come te ne sei andata?”
“Senti, Gandalf, Thorin è accecato dal Tesoro, ha perso la ragione e la sua causa non è più la mia. Io non combatterò per l’oro, ma per la salvezza dei popoli a cui appartengo.” Spiegò.
“Popoli? Sei una Nana.” Constatò il vecchio.
“La vogliamo smettere di prenderci in giro? Sarai anche uno stregone prestigioso e tutto quello che ti pare, ma sei anche un gran bugiardo. Tu lo sapevi fin dall’inizio, fin dal primo giorno che mi hai incontrata ‘per caso’ sapevi che ero una Mezzelfa e che avevo una profezia sulle spalle. E non hai fatto niente.” Lo accusò violentemente. Quello sospirò e parve invecchiare di mille anni. Il suo viso si fece scuro.
“Non potevo dirtelo allora, eri troppo giovane e non potevo rischiare di sconvolgerti. Avresti fatto qualcosa di avventato, così mi sono assicurato – tenendoti ben d’occhio – che non ti facessi uccidere da qualche Mannaro o Troll mentre te ne andavi a zonzo per la Terra di Mezzo.” Si giustificò.
“Credi che saperlo da Thranduil, a cento ottantadue anni, mentre ero sua prigioniera, non mi abbia sconvolta ugualmente? E poi cos’è questa storia che mi hai tenuta d’occhio?”
“Non era così che dovevi saperlo.” Disse Gandalf, guardando Thranduil che rispose con uno sguardo noncurante.
“Scusate?” Prima che Keira potesse sfogare ancora il suo disappunto, Bilbo si fece avanti, facendo notare che era ancora lì.
“Bilbo, non mi hai ancora detto perché sei qui.” Considerò Gandalf, mentre la Mezzelfa sbuffava sonoramente per il cambio repentino di argomento. Quando a lui le cose andavano scomode trovava sempre un modo per aggirarle.
 
 
Quando Bilbo lasciò la tenda, dirigendosi nuovamente verso Erebor, Keira lo seguì, richiamando la sua attenzione.
“Porta agli altri i miei saluti, fai sapere loro che sto bene.”
 
 
“Domattina verrò con voi, mostreremo la pietra a Thorin e lo metteremo alle strette.”
“Secondo te comprenderà?” Chiese il Re di Bosco Atro.
Gandalf sospirò.
“Keira, tu verrai?” Chiese, volgendo lo sguardo verso la giovane.
“No, grazie.” Rispose Keira con una smorfia. Non le andava di guardare gli sguardi feriti dei suoi compagni... soprattutto quello di Bofur.
 
 
La Mezzelfa se ne stava seduta a terra, accanto al fuoco, in mezzo ai soldati elfici di Thranduil e alcuni Uomini di Bard.
Guardava le fiamme volteggiare in aria: il fuoco l’aveva sempre affascinata.
I suoi pensieri volsero poi alle stelle, a come fossero belle e luminose come tanti piccoli diamantini sparati nel cielo.
La notte buia abbracciava al volta celeste e rendeva quei piccoli diamantini luminosi ben visibili.
Sbadigliò mentre qualcuno la guardò curioso.
‘Un’Elfa bassa. Dannato sangue misto.’ Pensò scocciata. Essere l’oggetto delle attenzioni di qualcuno non le era mai piaciuto.
“Dovresti dormire.” La voce chiara di Almhir la riscosse e notò gli sguardi dei suoi compagni, mentre l’Elfo prendeva posto accanto a lei.
“Non ho sonno.” Disse, buttando un legnetto nel fuoco.
“Se posso chiedere, a cosa stavi pensando?” Le chiese lui, sinceramente curioso. Per quel poco tempo che potevano trascorrere insieme, avrebbe voluto conoscerla meglio. Un buon inizio era partire dai suoi pensieri, anche se gli sarebbe piaciuto molto poter sapere di più sulla sua vita, dove l’aveva vissuta e come.
Keira gli rivolse involontariamente uno dei suoi sguardi, ma subito rilassò i muscoli del viso.
“Pensavo che le stelle somigliano agli occhi di Calime. O meglio, viceversa.”
“Tua madre era moto bella; tu possiedi i suoi occhi. Sono un dono di tuo nonno, sai?”
“Chi era mio nonno?”
“Non ne ho la più pallida idea. Io e tua madre abbiamo sempre vissuto con tua nonna, finché non è morta a causa di una malattia. Non so chi fosse mio padre.”
“Capisco. Tu, quindi, hai i suoi occhi.” Constatò la giovane, guardando lo zio in viso.
Quello sorrise e annuì con il capo.
Si guardarono ancora, poi qualcuno si avvicinò e all’unisono i due si voltarono, ritrovandosi Gandalf alle spalle.
“Vi siete ritrovati, quindi.”
“Chissà come mai non mi stupisco che sapevi anche dell’esistenza di un fratello di mia madre... c’è altro della mia vita che dovrei sapere prima di morire, oppure posso buttarmi tranquillamente nella mischia e farmi infilzare come una salciccia per i miei popoli e morire in pace?” Ultimamente Keira non riusciva a tenere a freno quella sottile ironia acida che sfoderava ogni qual volta possibile.
 “Keira...”
“No, Gandalf. Mi fidavo di te. Mi hai ferita profondamente.” Lo bloccò, alzandosi. Salutò Almhir e tornò alla tenda, ignorando i richiami del vecchio stregone.
 
 
Nonostante le poche ore che aveva dormito, quando si svegliò si sentì piuttosto riposata. Un dono dei Valar? Tanto dopo avrebbe avuto tutto il tempo che voleva per dormire, si disse nella mente.
Fece caso solo pochi minuti più tardi al silenzio che regnava fuori di lì.
Molto strano.
Uscì, venendo inondata da un raggio di sole in pieno viso.
Si parò con un braccio e mise a fuoco l’accampamento. Vuoto.
Un paio di uccelli attraversarono il cielo azzurro e un leggero venticello fresco si levò a scompigliarle i lunghi capelli castani.
Poi si diede una risposa: quella mattina Thranduil avrebbe mostrato l’Arkengemma a Thorin, portandolo ad una scelta.
Le corse un brivido lungo la schiena al solo pensiero di ciò che avrebbe potuto dire o fare Thorin.
Alla finfine, era pur sempre un suo compagno.
Non lo considerava il suo Re, come non considerava allo stesso modo Thranduil. Lei non aveva un Re.
Avendo sempre vissuto sola, con le sue regole e le sue abitudini, essere sottoposta a qualcuno non le andava giù.
Non sentiva di aver sbagliato, ad essere partita per tornare a casa, perché tornare a casa era sempre stato il suo sogno.
Ma ora si stava rendendo conto che per una come lei, una vita rinchiusa al buio della pietra di Erebor non era quello che voleva.
Quindi, date le circostanze, morire era la cosa migliore.
***
Quando Thranduil aprì la scrigno, l’Arkengemma brillò di luce propria.
Lo sguardo di Thorin si illuminò dapprima, poi divenne rabbioso e domandò come la pietra si trovasse nelle loro mani.
Era fuori di sé, incattivito da quella scena.
E quando Bilbo confessò di essere stato lui a portare il prezioso oggetto dei desideri del Re sotto la Montagna agli Elfi, quest’ultimo scatenò su di lui la sua furia.
Alla fine, disse: “Mi sono fidato di te e tu mi hai tradito. Vattene, stupido Mezzuomo, e non tornare mai più.”
E Bilbo se ne andò.
Lentamente raggiunse Gandalf, prendendo posto accanto a lui.
Lo stregone gli rivolse un’occhiata apprensiva.
“Thorin.” Disse Bard, alzando lo sguardo. “Mi chiedo ora, avrai guerra... o pace?”
Io avrò guerra.















-Angolino autrice-
Signori e signore, eccomi di nuovo qui.
Oggi ho fatto una riflessione triste. Una volta concluso questo capitolo, mi sono soffemata a rivedere quanti punti ancora mi mancano per arrivare alla fine di questa storia e... beh, il capitolo 22 si intitolerà
"Epilogo."
Sono tristissima ç__________________ç 
Mi mancherà la mia Keira, mi mancherete voi e.... BASTA. Queste cose nell'Epilogo le devo dire, non devo farmi prendere dalle emozioni *cerca di riprendersi*
Ebbene, che pensate di questo capitolo?
E' tornato il vecchiaccio
porta-guai-e-pestilenze.
Eh sì....
E Bilboa ha fatto la sua scelta idiota di portare via l'unica cosa che voleva Thorin.... I hate him.
Anyway, vi saluto, che devo andare a piangere in un angolino mentre penserò a come strutturare la il prossimo capitolo.....
Adios amigos 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20. ***


“Non posso crede che lo ha detto!” Esclamò Keira, guardando in basso.
Alla fine era giunta l’ora.
L’esercito di Thranduil si stava preparando, gli Uomini di Bard stavano indossando l’armatura. Mancava solo lei.
 “Non indossi l’armatura?” Le chiese infatti Bilbo.
“Io non ne possiedo.” Disse lei, voltando lo sguardo verso Lo Hobbit.
Lui la guardò senza sapere cosa fosse giusto dire in quel momento.
“Keira, presto vieni!” Gridò Gandalf, entrando di corsa nella tenda. Aveva lo sguardo preoccupato.
Fece per uscire, ma il Mezzuomo la richiamò.
“Sei molto coraggiosa, un’ottima persona.” Le disse.
Lei, di spalle, sorrise, poi si voltò e lo abbracciò forte.
Rucin.
*Sussurrò al suo orecchio.
“È elfico, che significa?”
Keira sorrise con gli occhi lucidi, poi uscì e raggiunse Gandalf.
 
 
“L’esercito dai Colli Ferrosi è giunto, infine.” Disse lo stregone in torno grave.
“Sono qui per appoggiare Thorin, non abbiamo speranze.” Commentò la giovane, sospirando.
“Prima di scendere in battaglia definitivamente, cercheremo di fare leva sulla ragione di Dàin.”
“Tu parli ancora di ragionare. Gandalf, loro non vogliono ragionare. Lo sai meglio di me quanto sono testardi i Nani.”
“Lo so, per questo Sire Thranduil ha qualcosa da darti.”
La Mezzelfa si girò verso il Re e vide accanto a lui un’armatura elfica delle sue dimensioni.
“Indossala, figlia della profezia, e combatti.” Le disse lui, porgendogliela.
“Ti ringrazio, Thranduil, e ti ricordo anche che il mio nome è Keira, non figlia della profezia.”
 
 
L’armatura le calzava a pennello. Non era dorata come quella dei soldati elfici, ma argentata, come quella del Re.
Era in prima fila con Thranduil, Legolas, Gandalf, Tauriel e Bard. Dietro di loro, Uomini ed Elfi marciavano in file ordinate verso Erebor.
Davanti alla porta sigillata della Montagna stava Dàin, con un numero spaventoso di Nani al suo seguito.
‘Come previsto...’
 
 
Le trattative non andarono bene fin dall’inizio.
Non appena lo stregone aveva aperto bocca, il Nano dei Colli Ferrosi lo aveva attaccato a parole, affermando che mai e poi mai si sarebbe schierato dalla sua parte, mettendosi contro di un familiare per giunta suo Re.
D’un tratto, stridii lontani riempirono l’aria e all’orizzonte comparve una nuvola nera che si avvicinava sempre di più, con velocità incredibile.
“Cosa diamine sono quelli?!”
“Sono pipistrelli!”
In poco tempo, lo stormo di pipistrelli si abbatté su di loro causando scompiglio tra le file.
Non appena passarono, Nani, Uomini ed Elfi non fecero in tempo nemmeno a fare un solo respiro:  dalla collina vicina scese giù un esercito nero.
Orchi e Mannari, comandati da Azog il Profanatore, tra urla e latrati spaventosi, si scontrarono con i tre eserciti.
La guerra era iniziata.
 
 
Seppur attutita, la voce della battaglia giungeva anche dentro la Montagna Solitaria; attraverso lo spiraglio della porta si intravedevano razze diverse che combattevano unite contro un solo nemico.
“Dobbiamo andare ad aiutarli.” Disse Balin, avviandosi con la Compagnia al seguito nella Sala del Tesoro, dove Thorin aveva messo radici da qualche giorno.
“Thorin.” Disse, attirando la sua attenzione. Spiegò la situazione e assimilata la notizia, in Nano impose di non uscire allo scoperto.
“Dàin è venuto qui per te, non possiamo lasciarlo combattere da solo lì fuori.” Ribatté Kili.
Il Re sotto la Montagna squadrò suo nipote e ribadì la sua decisione.
“Non puoi dirmi cosa devo fare, io sono il tuo Re.”
Profondamente ferito da quelle parole, Kili si sentì in dovere di ribattere ancora.
“No, hai ragione. Ma io non sono come te. Io non mi nasconderò mentre altri combattono la nostra battaglia per noi!
 
 
Keira si trovava proprio nel centro della mischia; Orchi e Mannari erano ovunque e gli attacchi provenivano da ogni dove.
L’armatura era leggera e non le bloccava alcun movimento. Considerando questo, Thranduil aveva fatto qualcosa di buono per lei, all’ultimo. ‘Incredibile...’
Un fendente le sfiorò la guancia, graffiandogliela. Per fortuna si era tirata indietro in tempo o le avrebbe straccato la testa.
Sentì un rivolo di sangue sgorgare dal taglio e scenderle sul collo, macchiandole i vestiti.
Scoccò una freccia dritta in mezzo agli occhi di quell’essere orrendo che cadde a terra morto.
Il terreno di battaglia era già impregnato del sangue di tre popoli unito a quello nero degli Orchi e delle loro bestie.
Parò un altro colpo con il suo arco che si incrinò appena.
Le si dilatarono le pupille ed ebbe un fremito quando la lama fredda di una spada le colpì un fianco.
 
 
Si udì un grido, poi un altro e un altro ancora.
Il muro costruito sulla porta di Erebor crollò e la Compagnia, con Thorin al comando, uscì di corsa gettandosi nella mischia.
Le loro armature dorate scintillavano nonostante il sole fosse coperto da una coltre di nuvole nere.
Presto sarebbe venuto a piovere.
Thorin, sopra una roccia, diede una rapida occhiata alla battaglia e constatò con rammarico che i cadaveri ricoprivano già il terreno, in un numero quasi superiore a quello dei vivi.
Allora richiamò a gran voce Uomini, Nani ed Elfi. Con le sue parole diede nuova forza ai tre eserciti che finalmente presero a combattere con più concentrazione e nuovo vigore.
Gli arcieri elfici erano disposti lungo il versante della Montagna e oscuravano il cielo con la moltitudine di frecce che scoccavano a non finire. Uomini e Nani, invece, erano impegnati nella lotta ravvicinata, spade contro mazze e alabarde e frecce Morgul.
Fili e Kili erano accanto a loro zio e combattevano con lui contro il nemico. Il resto della Compagnia era sparsa per il campo di battaglia.
All’improvviso si udì un ruggito feroce.
Dalla moltitudine di combattenti, Azog fece la sua comparsa agli occhi di Thorin e spronò il suo Mannaro Bianco nella sua direzione.
 
 
Il fianco le doleva e le bruciava e la stanchezza iniziava a farsi sentire. Le braccia erano pesanti, ma Keira faceva di tutto per tentare di sopravvivere agli attacchi che arrivavano da tutte le direzioni.
Quando udì un ruggito provenire alle sue spalle, si voltò, schivando dolorosamente un altro colpo, e vide l’Orco Pallido dirigersi verso Thorin.
Sentì un odio profondo nascere dentro di sé. Un odio di vendetta.
Rivide sua sorella tra le fauci del Bianco Mannaro e al posto di quell’odio montò una rabbia incontrollata.
Quella sarebbe stata la resa dei conti.
 
 
Bofur udì la voce della sua Keira che lanciava un grido di lotta e la cercò con lo sguardo senza trovarla.
Poi, quando finalmente la intravide in campo, constatò con felicità che era viva, ma quando si accorse che si stava dirigendo tra le fauci del Profanatore, il respiro gli si mozzò nel petto.
 
 
L’Orco Pallido la sovrastava sia in altezza che in forza.
Il promo colpo le distrusse l’arco, il secondo la gettò a terra.
Azog gridò, quando una freccia gli si conficcò nel braccio monco.
Keira ne approfittò per alzarsi e quando si voltò verso Kili gli lanciò lampi dagli occhi.
“Non ti intromettere!” Gli urlò dalla sua postazione. “Lui è mio.”
Estrasse la spada dal fodero e si lanciò di nuovo all’attacco.
Ignorava le fitte che la ferita le mandava e menava fendenti a destra e a manca nella speranza di colpire il Mannaro e far cadere il suo conducente.
Si intromise Thorin, che con un colpo ben assestato tagliò la gola alla bestia, la quale cadde a terra con il suo padrone.
“Thorin, non ti immischiare!” Gli disse la Mezzelfa, approfittando di quegli istanti per riprendere le forze.
Lui non rispose.
Poggiò la mano sul fianco sinistro e toccò l’armatura nel punto in cui era stata perforata dalla lama di quel maledetto Orco. Il suo palmo era ricoperto di sangue fresco.
“Keira!” Gridò Fili dalle sue spalle, e fece appena in tempo ad alzare il capo.
Schivò con difficoltà il fendente del Profanatore, sul quale invece si avventò il Re dei Nani.
La vista le si appannò e dovette sbattere più volte le palpebre per mettere a fuoco Thorin che veniva scaraventato a terra.
Azog stava per infliggergli il colpo di grazia.
 
 
“Per mia sorella!”
Bofur si voltò verso di loro e il suo cuore si arrestò.
 
 
Il tempo, per la Mezzelfa, si fermò nello stesso istante in cui la sua spada staccò di netto la testa dell’Orco Pallido, che cadde a terra privo di vita.
Lei lasciò scivolare le braccia lungo i fianchi.
Indietreggiò di un passo, lasciando cadere la spada che tintinnò sul terreno.
Poi cadde sulla schiena, la spada dell’Orco conficcata nel petto.






*HO PAURA











-Angolino autrice-
BUONASERAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA !!!
COME PROMESSO AD ALCUNE ECCO QUI IL CAPITOLO 20.
E ora ne mancano solo due D:
Ma anyway, pesiamo a questo.
LA BATTAGLIA.
Che mi dite a proposito della battaglia?!
E della morte di Keira?
A porposito... si sarà compiuta la profezia?
Devo scappare, mi piacerebbe dilungarmi sul capitolo ma è tardissssssimo tessssori!!
A prestoooo :*
La vostra adorabile (?) LilyOok_ 

 

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Capitolo 21
*** Capitolo 21. ***


Dedico questo capitolo alla mia nonnina che mi sta lasciando.
Ti voglio bene, nonna!
















La pioggia bagnava il terreno, lavando via il sangue dalla terra e dalla roccia.
Il campo di battaglia era ora desolato, se non si consideravano gli innumerevoli corpi che giacevano privi di vita.
Tra quei corpi, c’era anche il suo.
Keira era morta, infine, portando a termine la profezia.
Aveva salvato i tre popoli, poiché con la morte del loro capo gli Orchi si erano spaesati ed era stato più semplice abbatterli.
Il trono era stato riconquistato; Thorin era ferito, sì, ma fuori pericolo di morte e tutto grazie a lei. Keira aveva subito quello che di Azog doveva essere il colpo di grazia per lui.
Infine, era stata spinta dalla vendetta per sua sorella, come diceva una strofa della profezia.
Era tutto finito.
 
 
Accanto al corpo della giovane era inginocchiato Bofur.
Guardava il suo viso addormentato. Era pallida e il graffio sulla guancia saltava all’occhio a distanza. Per il resto, sembrava una bambola.
La pioggia le aveva lavato via il sangue dalla pelle, ma non dai vestiti.
Era sempre bellissima.
I capelli erano appiccicati al collo e alla fronte; Bofur glieli scostò con una carezza.
Era gelida.
Si abbassò sulle sue labbra e le baciò. Poi l’abbracciò e pianse sul suo petto.
 
 
“Bofur... ti prenderai un malanno.”
Era la voce di Bombur.
“Non voglio lasciarla sola.”
“Lo capisco questo, ma non puoi-”
“Lasciami in pace!”
Bombur non si sentì ferito né se la prese per la reazione del fratello. Anzi, gli andò vicino e gli poggiò una mano su una spalla per confortarlo.
Passò ancora qualche minuto, finché al più piccolo dei due non scappò uno starnuto.
“Torna all’accampamento, Bombur.”  Gli disse il fratello, tenendo sempre lo sguardo su di lei.
“Non torno senza di te.” Ribatté l’altro.
Allora Bofur si alzò.
“Va avanti, ora ti raggiungo.”
Bombur gli lanciò un ultima occhiata e con il cuore pesante si avviò sulla via del ritorno.
Bofur mise le mani sull’elsa della spada che la giovane aveva nel petto e la estrasse lentamente dal suo corpo.
La gettò a terra, poi si abbassò nuovamente su di lei e le mise al collo un ciondolo di rubino su una catenina di mithril che aveva preso dal Tesoro per lei.
Le baciò la fronte, poi raggiunse suo fratello, senza voltarsi nemmeno una volta.
 
 
Voci. Tante, tantissime voci.
Immagini sfocate...
Che strana sensazione si insinuò nel suo corpo.
Era come se fluttuasse in aria, ma in realtà era ben salda a terra.
Le immagini diventarono man mano più nitide.
Calime, Almhir, una donna, un’Elfa, dai lunghi capelli castani e lisci e gli occhi verdi e... Thranduil?
Cosa ci faceva con loro?
D’un tratto, il Re degli Elfi Silvani baciò la fronte a due bambini. Quei due bambini erano sua madre e suo zio.
Ma perché stava vedendo quelle cose? Che stava succedendo? Era tutto vero o stava sognando?
Non capiva.
L’immagine cambiò di colpo. Thranduil questa volta era con Legolas e un’Elfa dai capelli biondi, la più bella che avesse mai visto.
In lontananza, sua madre e suo zio piangevano l’Elfa che aveva visto in precedenza in loro compagnia. Ma perché?
La scena cambiò ancora e davanti a lei si estese il bosco dove di solito incontrava Calime nei sogni.
Raggiunse l’albero sotto il quale parlavano e la trovò lì, bella come sempre, con il sorriso sulle labbra ad accoglierla. Era a gambe incrociate sul prato e accanto a lei c’era...
“Hailyn, sorella mia!” Gridò, gettandosi tra le sue braccia.
“Keira, mi sei mancata tanto!” Le disse lei, stringendola forte.
“Keira.” Chiamò sua madre.
“Dimmi, madre.”
“Siediti e ascolta ciò che abbiamo da dirti.”
Fece come richiesto.
“Vi ascolto.”
“Prima devi dirci cos’hai visto.” Intervenne sua sorella.
“Cosa ho visto? Intendi prima di arrivare qui?”
Quella annuì.
“Ho visto te, Calime, e tuo fratello con un’Elfa dagli occhi verdi e insieme a voi c’era anche Thranduil. Poi ho visto Thranduil con Legolas e un’altra Elfa ancora, bellissima, capelli biondi, occhi azzurri... e mia madre e mio zio piangere l’altra Elfa. E basta.”
“Keira, ascoltami attentamente.” Le disse sua madre, prendendole le mani fra le sue. “Quando moriamo, ci vengono mostrate delle cose. A volte sono spezzoni del nostro passato, altre volte sono cose che sarebbero potute accadere ma che non potranno più.  Altre volte, come nel tuo caso, i Valar mostrano ciò che è stato di noi.”
“Ma io non visto me stessa.”
“No, ma hai visto il sangue che scorre nelle tue vene. I Valar ti hanno mostrato cosa sei in realtà.” Le disse la sorella.
“Non capisco dove volete andare a parare.”
“Thranduil era mio padre. Ma mia madre non era abbastanza nobile da essere considerata una Regina da mio nonno, così ci tenne nell’ombra. Mio fratello, Almhir, non ha idea che il suo Re lo abbia concepito. Io non gliel’ho mai rivelato. E non dovrai farlo nemmeno tu.”
“Io? Ma se sono morta, come farei mai?”
“Non è proprio esatto. Il grande Manwë ha ancora qualcosa in serbo per te.” Precisò Hailyn.
“Ancora? Non posso nemmeno riposare in pace?!” Sbottò Keira, adirandosi. Per un momento, dimenticò ciò che le aveva raccontato sua madre, pensando solo a cosa mai potessero volere ancora da lei.
“No, sorellina mia, perché tu vivrai.” Hailyn le prese il volto tra le mani e le baciò le labbra.
L’ultima cosa che Keira vide prima che tutto diventasse buio furono i suoi occhi smeraldo.
◦ ◦ ◦
Aprì gli occhi di scatto. L’aria le entrò nei polmoni con una violenza tale da farla tossire ripetutamente.
Rimase a terra qualche minuto. La pioggia le batteva sul viso costringendola a chiudere le palpebre.
Le immagini della battaglia le si ripresentarono nella mente. Ebbe come reazione di toccarsi le ferite, scoprendo con sorpresa che vi erano delle cicatrici al loro posto. Una sul fianco e una sul petto.
Indossava ancora l’armatura.
L’armatura che Thranduil le aveva dato. Ora che ci pensava bene, era strano che ne avesse una proprio della sua misura a portata di mano. Avrebbe chiesto spiegazioni non appena fosse arrivata al campo.
Quanti giorni erano passati? Se il suo corpo era ancora dove era morta, allora dovevano essere pochi.
Passò le mani sul viso, scoprendo un’altra cicatrice sulla guancia dove era stata graffiata.
Decise allora di alzarsi.
Una volta in piedi, qualcosa le ciondolò al collo.
Prese la catenina di mithril tra le mani e rigirò il rubino fra le dita. Bofur.
La strinse, facendo un bel respiro. Era vivo.
Tolse l’armatura rovinata e la prese in mano.
Si incamminò verso l’accampamento degli Elfi che scorgeva in lontananza, sfocato dalla pioggia fitta.
La notte sembrava ancora più scura.
 
 
All’accampamento, chi si accorse di lei rimase a bocca aperta. Alcuni si strofinavano gli occhi, credendo di star delirando.
C’era puzza di medicinali, disinfettanti e sangue.
“Keira?!” Quella voce stupita apparteneva al giovane Ori, che fermo davanti a lei, boccheggiava non sapendo cosa fare. La guardava stralunato, come se avesse visto un fantasma.
“Ori.” Lo salutò lei, sorridendogli.
“S-sei... Sei viva?” Balbettò il giovane, facendo un passo indietro.
“A quanto pare... sì.”
“Ma... Ma... Ma...” Ori la indicava tremante.
“Ehi, calmati. Sono qui, sono viva.”
Ma il giovane era scioccato. E come biasimarlo?
In preda a ciò che Keira definì spavento, egli corse via.
La Mezzelfa sospirò. Sicuramente era andato dagli altri, quindi decise di non perdere ulteriore tempo e andò alla tenda di Thranduil. Voleva le sue risposte.
 
 
Quella di entrare senza preavviso sembrava diventata ormai un’abitudine.
Ma questa volta il Re degli Elfi Silvani la guardò con orrore.
“Tu!” Disse la giovane, lanciandogli l’armatura ai piedi.
Egli era a torso nudo, seduto, con un paio di Elfi che medicavano le sue ferite.
“Dovevi essere morta.” Mormorò lui, con un filo di voce.
“Infatti, nonnino.” Affermò lei; l’astio che sprigionò con quelle parole era tangibile con un dito.
“Lasciateci.” Ordinò allora il Re e i guaritori si dileguarono in tempo record.
“Così hai saputo.” Disse poi alla Mezzelfa, con la naturalezza di chi sta parlando del più e del meno. Indossò una vestaglia e si alzò in piedi.
“Hai cercato in tutti i modi di convincermi a compiere la profezia, hai perfino cercato di uccidermi tu stesso. Perché? Non sono pur sempre la figlia di tua figlia?” Chiese lei, nera dalla rabbia.
“Tu sei uno sbaglio, proprio come lei.” Sputò Thranduil.
“Uno sbaglio che ti è piaciuto rifare. Che mi dici di Almhir? Anche lui è nato da uno ‘sbaglio’?”
Sire Thranduil tacque un istante di troppo.
“Cosa c’è, ti hanno strappato la lingua, Re?”
“Io amavo tua nonna, ma lei non era abbastanza nobile perché mio padre la accettasse sul trono accanto a me. Dal nostro amore sono nati tua madre e suo fratello, ma subito dopo la nascita di Almhir, mio padre mi unì in matrimonio con la madre di Legolas. Tua nonna si ammalò dopo la nascita dell’Erede e morì. Una parte di me morì con lei. Non ho mai amato nessun’altra. Ho sempre cercato di tenere in considerazione i miei figli illegittimi: Almhir è diventato ora Capitano della Guardia Reale – Tauriel è caduta in battaglia. Mentre tua madre... le ho fatto avere tutto e lei come mi ha ripagato? Unendosi ad un Nano. Come pretendi che avrei potuto ancora considerarla degna dei miei riguardi? E come pretendi che avrei potuto riconoscere te come sangue del mio sangue? Tu non sei nulla per me.”
Keira, era dura da ammettere, ma era sull’orlo delle lacrime.
“E l’armatura? Da quanto l’avevi pronta?” Domandò con voce tremolante.
“Anni. So della profezia dal giorno in cui nascesti. La feci fare subito. La feci forgiare dal miglior Elfo del mio reame, fina e leggera, in modo tale da non intralciare i tuoi movimenti, ma nemmeno l’affondo di un nemico.”
Le lacrime le rigavano ormai le guance.
“Va via di qui.” Le disse poi, dandole la schiena. “E non tornare mai più. Ricorda: non sei nulla per me.”
 
 
Era ferma sotto la pioggia. Ogni goccia che le cadeva addosso faceva eco nella sua testa svuotata.
Si stava chiedendo perché mai le avessero donato di nuovo la vita, se poi avrebbe dovuto sentirsi dire tutte quelle cattiverie.
Percepì dei passi alle sue spalle.
Riconobbe quel modo di correre. Si voltò non appena quelli si arrestarono, a pochi centimetri da lei.
I suoi occhi incontrarono quelli scuri e profondi di Bofur e tornarono le lacrime.
“Keira... sei proprio tu?” Le disse, allungando una mano a sfiorarle la guancia.
Lei annuì, con il labbro inferiore che tremava.
“Oh, Bofur!” Gridò, scoppiando a piangere mentre si lanciava tra le sue braccia.
Il Nano, un po’ scosso dalla situazione, la strinse forte, affondando il viso tra i capelli bagnati.
Inspirò profondamente e riconobbe il suo odore.
“Vieni con me, ti ammalerai se rimarremo qui fuori.” Le disse, prendendole la mano. Solo allora si accorse che vi era qualcosa di diverso in lei.
“I tuoi occhi... sono diversi.” Disse, scrutandola meglio.
“D-diversi?” Balbettò lei, cercando di calmare i singhiozzi.
“Non sono più color del cielo. Cioè, uno lo è ancora. Ma l’altro... l’altro è color smeraldo.” Spiegò lui.
Sulle labbra si Keira nacque un leggero sorriso.
“Ti spiegherò più tardi.” Rispose, seguendolo poi al riparo dalla pioggia.
 
 
La Compagnia era riunita nella tenda del Re e i Principi di Erebor. Tutti e tre erano stati feriti, ma per fortuna, tutti erano fuori pericolo.
“Ecco! Ve lo avevo detto che era viva!”Gridò Ori, mentre gli altri guardavano increduli la Mezzelfa entrare con Bofur.
“Per Mahal, com’è possibile una cosa simile?”  Mormorò il vecchio Balin, strizzando gli occhi.
“Beh... ecco...” Keira raccontò cos’era successo, tutto, ogni singola cosa. “Lei vive in me.” Aveva risposto alla domanda sul colore dei suoi occhi.
“Io lo ammazzo a quello là!” Esclamò Dwalin, gesticolando sé stesso che tirava il collo di Thranduil come fosse stato una gallina.
“Lascialo perdere, non voglio niente da lui. Ho già sofferto abbastanza a causa sua.” Sospirò lei, rassegnata.
Passarono ancora insieme una buona mezz’ora. Poi qualche sbadiglio spalancò le bocche dei suoi amici e considerò l’idea di lasciarli riposare.
Prima di andare, fu chiamata da Thorin e – incredula – ascoltò le sue scuse e tutto ciò di cui si pentì nei suoi confronti.
“Non scusarti Thorin, non eri in te.” Disse semplicemente, sorridendogli.
Passò da Fili e Kili, infine, baciando la fronte di entrambi.
Erano abbastanza ammaccati, tutti e due. Avrebbero collezionato le loro prime cicatrici da battaglia.
Nonostante tutto, però, era orgogliosa di loro.
 
 
Correndo sotto l’acqua che quella notte il cielo aveva deciso di versare incessantemente, Keira e Bofur raggiunsero l’ultima tenda dell’accampamento.
“Questa era di Tauriel.” Osservò la giovane guardandosi intorno.
Bofur non disse niente. La condusse alla branda e le sedette accanto.
“Non posso credere che tu sia qui. Ti ho visto cadere con quella spada nel petto con i miei stessi occhi. È un miracolo che il Signore dei Valar ti abbia ricompensato con la vita.” Considerò il Nano, prendendole mani fra le sue.
“Già...” Fece lei, con un filo di voce.
“Qualcosa non va?”
“No, niente.”
“Keira, lo sai, a me puoi dire tutto. Cosa ti turba?”
Keira sospirò.
“So che quello che sto per dirti ti farà male, ma la decisione l’ho già presa. Me ne andrò Bofur, non potrei mai vivere al buio di Erebor, soffocata dalla roccia che mi circonderebbe come una prigione. Tornare a casa era il mio sogno, è vero, ma quando sono entrata nella mia stanza ho provato un senso di vuoto. Io non appartengo alla Montagna Solitaria.”
“Perché? La morte ti ha strappato a me una volta. Ora che sei tornata... te ne vuoi andare?” Non si stupì del tono ferito che usò il suo compagno.
“Ti prego, Bofur, non fare così. Odio l’idea di dover dire addio a tutti voi, specialmente a te, che sei custode del mio cuore. Ma non è qui il mio posto, capisci?”
Ci fu silenzio. Un silenzio che le sembrò durare un’eternità.
“Allora verrò con te.” Disse d’un tratto lui.
“No, non te lo permetterò. Ci sono Bombur e Bifur che necessitano del tuo sostegno. Cosa accadrebbe se te ne andassi?”
Rassegnato, il Nano la guardò negli occhi.
“Se così hai deciso... sia. Ma lasciami amarti almeno un’ultima volta.”
 
 
Questa volta Bofur assaporò ogni angolo del suo corpo. La toccava con lentezza, in ogni dove, come a voler imprimere il suo ricordo nella mente. Ed era così.
Percorse più volte le cicatrici che stavano ora al posto delle ferite che l’avevano uccisa, due giorni prima, e ne osservò il chiarore sulla sua pelle già bianca.
I loro corpi sudati aderivano perfettamente e mugolii e sospiri carichi di un disperato desiderio riempivano l’aria.
Quello che stava accadendo in quella tenda era un disperato tentativo di aggrapparsi a qualcosa che non sarebbe più stato.
Nella sua mente, il Nano sapeva che doveva lasciarla andare. Ma il suo cuore si rifiutava anche solo di pensarla quell’ipotesi.
Quando, stanchi, si accasciarono l’uno sopra all’altra, Bofur nascose il volto nell’’incavo dei suoi seni e pianse.
A differenza degli altri, non aveva timore a mostrare le sue debolezze.
Keira gli accarezzò la nuca, sospirando per l’ennesima volta.
“Mi dispiace tanto, Bofur, ma quella vita non fa per me.”
“Lo so, lo so. È solo che credevo di averti persa per sempre su un campo di battaglia. Invece no, sei qui a condividere questo con me. Men lananubukhs menu*, Keira, e la verità è che non voglio lasciarti andare via da me.” Le disse, stringendola più forte.
“Anche io ti amo, è per questo che ho scelto di partire. La mia vita sarebbe incredibilmente triste tra la roccia fredda e cupa di Erebor e renderei triste anche la tua. Non voglio questo per te.”
Rimasero abbracciati e in silenzio per qualche minuto.
Poi, impercettibilmente all’inizio, il Nano iniziò ad accarezzare la sua pelle. E lo fece ancora e ancora.
Entrambi, finirono con l’eccitarsi di nuovo.
 
 
Fecero l’amore un’altra volta e una ancora, finché definitivamente privi di forse, tirarono le coperte sui loro corpi nudi e si abbracciarono.
Keira venne avvolta dalle braccia protettive di Bofur, che le accarezzava i capelli lunghi e scompigliati e ogni tanto le baciava la fronte.
“Che farai? Hai almeno una meta?” Le chiese, sbadigliando.
“No, ma del resto non ne ho mai avuta una.” Rispose la Mezzelfa, il fiato che solleticava il petto dell’altro.
“Keira.”
“Mh?”
“Verrai a trovarmi?”
“Ma certo che verrò!”
“ E dopo te ne andrai ancora?”
“Temo di si.” Sussurrò la giovane, prima di lasciargli un bacio sulle labbra.
 
 
Una volta certa che Bofur si fosse addormentato profondamente, Keira si alzò e si vestì, attenta a non fare rumore.
Andò verso la piccola scrivania che una volta apparteneva all’Elfa rossa e come sperato, sopra vi trovò i suoi pugnali. Li prese. Ne mise uno alla cintola mentre con l’altro riflesse se stessa sulla lama.
I suoi occhi facevano paura.
Uno azzurro come il cielo sereno dell’estate, l’altro verde come le fronde degli alberi in piena primavera.
Diede un’occhiata ai suoi capelli e senza pensarci due volte fendette la chioma con la lama del pugnale, ciocca dopo ciocca.
Quando si specchiò nuovamente scorse una nuova Keira, pronta per una nuova vita.
Si avvicinò a Bofur dopo aver assicurato alla cintola anche il secondo pugnale.
Si tolse la collana e la poggiò accanto alla sua testa. Baciò la sua guancia e uscì alla luce della luna, che nel frattempo aveva fatto capolino dalle nubi, senza voltarsi indietro.
 
 
“Silenziosamente, entrò nella tenda di Thorin e i suoi nipoti, dirigendosi da questi ultimi.
Dormivano.
Come saluto, baciò la fronte ad entrambi e trasalì quando la mano di Kili afferrò la sua.
“Mi hai spaventata!” Sussurrò la giovane, con il cuore in gola.
“Stai partendo?” Domandò lui, ignorandola. Guardava i suoi vestiti, poi il suo viso e di nuovo i suoi vestiti.
“Sono venuta a salutarvi.” Disse semplicemente lei.
“Bofur?”
“Dovrete stargli accanto.” Rispose.
“Sarà fatto. Dove andrai?” Le chiese ancora il giovane.
“Non lo so.” Keira fece spallucce. Sorrise a Kili e poi tornò seria. “Senti, salutami tu gli atri, eh?” Disse poi, uscendo svelta senza nemmeno dargli il tempo di rispondere, senza dargli il tempo di vederla piangere.
“Che succede, fratello? Era Keira quella?” Domandò la voce assonnata di Fili.
“Si... è andata via.”











 
-Angolino autrice.-
Mi dispiace essere di fretta come sempre ma sono in situazioni brutte e.. beh.. non vi sto ad angosciare.
Fatemi sapere!!!
AVETE VISTO CHE KEIRA è VIVA MUAHUAHUAHUA.
A proposito HO ESAGERATO CON THRANDUIL?
Ditemi tutto,
Bacio <3




PS:


 <- QUESTA ERA KEIRA PRIMA DELLA BATTAGLIA.



 <- QUESTA ERA KEIRA QUANDO HA RIVISTO BOFUR PRIMA DI ABBRACCIARLO.


 <- QUESTA è KEIRA ADESSO.

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Capitolo 22
*** 22 - Epilogo. ***



Epilogo

 


“Addio, amici miei, possano lunghi giorni attendervi nel vostro futuro.”
Keira pronunciò quelle ultime parole mentre ormai lontana, osservava la vetta di Erebor sparire oltre le nuvole che coprivano le stelle.
Si voltò verso il bosco alle sue spalle. Una nuova vita l’attendeva oltre quegli alberi, nuovi posti da scoprire ed esplorare, da vivere.
Perché era finalmente libera.












 
 
 
The End






 

-Angolino autrice-

Fine. 
Questa parola mi mette
tristezza, ma mi da anche soddisfazione.
Ho iniziato un progetto e l'ho portato a termine. E non c'è gioia più grande di quella che mi avete dato voi lettori, sostenendomi e incitandomi a continuare.
Ripeto che questa storia l'ho iniziata perché avevo bisogno di soddisfazioni in un periodo non molto tranquillo della mia vita, ma poi mi ha preso tantissimo. mi è piaciuto tanto tanto scrivere della nostra eroina testarda e orgogliosa, pronta a sacrificare la sua vita per gli altri, coraggiosa e forte ma allo stesso tempo fragile e sola.
Dirle addio mi costa molto, non vorrei finisse mai. Ma purtroppo, come be sappiamo tutti, qualsiasi cosa che ha un inizio... possiede anche una fine, che ci piaccia oppure no.
L'epilogo è di poche righe, ma queste bastano per dare un caloroso arrivederci alla nostra protagonista. Sono orgogliosa di me stessa e scusatemi se potrò sembrare sfacciata, ma credo di aver fatto davvero un buon lavoro.
Prima di chiudere definitivamente questo percorso intrapreso con voi, è proprio ai miei cari lettori che voglio dire grazie! 
Qualcuno mi ha abbandonato a metà strada, altri si sono aggiunti a me dopo, e poi c'è chi mi ha sguita dall'inizio. TUTTI fate parte del mio cuoricino, adesso! VI VOGLIO DAVVERO RINGRAZIARE.
Giuro che vi lascio, ma vorrei chiedere soltanto una cosa: ovviamente non siete obbligati a farlo, ma voi che state leggendo, che non avete mai dato un parere alla vostra scrittrice, vi andrebbe di darmi una visione generale della storia ora che è terminata? (Vi vorrò bene anche se non lo farete XD)
Ebbene, ora vi devo salutare.
Per chi fosse interessato a leggermi ancora, è in corso una nuova storia dal titolo "
Il tramonto è nei tuoi occhi." Se volete, passate :)
Allora ciao, amici miei, e buon viaggio a vederci.
Vostra,
LilyOok_ (Giulia)

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